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THROUGHTHE
GENEROUS
CONTRIBUTIONS OF
ST. MICHAEL' S ALUMNI
TOTHEVARSITY
FUND
DOCUMENTI
ALLA
STORIA UNIVERSALE
DI
CESARE CANTU
NONA EDIZIONE TORINESE
RIVEDUTA dall'autore
TOMO PRIMO
DOCUMENTI
ALLA
STORIA UNIVERSALE
m
CESARE CANTU
TOMO PRIMO
Croflologia. Geografia Politica. Archeologia.
TORINO
UNIONE TIPOGRAFICO-EDITRICE
1862
CRONOLOGIA
LETTORE CORTESE
Giustamente hanno chiamato occhi della storia la Cronologia e la Geogra6a.
Quella, coH'assegnare i tempi, dà agli avvenimenti l'ordine da cui traggono spesso
il significato, sempre l'esattezza : questa, descriveDdo la terra, mostra il teatro di
essi avvenimenti, e non di rado li spiega.
Noi pertanto cominciamo col soggiungere alla nostra Storia Universale
questo trattato di Cronologia. Perchè abbracciasse le teoriche e l'applicazione, lo
dividemmo in due parli: nella prima inseriamo le notizie indispensabili all'inlen-
diraento della storia, e sobrie discussioni sulle epoche piìi importanti e sui ponti
controversi, procurando non tralasciare cosa che l'esperienza ci abbia mostrata
opportuna a chi . senza fare special sua occupazione l'esame dei tempi e delle
date, voglia però nella storia procedere sempre dai nolo all'ignoto.
La seconda parte è composta di tavole e serie cronologiche, le quali c'inge-
gnammo avessero e l'opportunità e quell'esattezza, che è primo merito di sifalti
lavori, ma che non può mai essere assoluta.
Ldiamo da molle parti dire che l'opera nostra è grande, è troppa per un uomo.
Ebbene, avremo da discendere a scolpare il coraggio, qualità oggi sì rara? non
avremmo dovuto invece aspettarci almeno lode di questo? non gli ajuli de' va-
lentuomini che invocammo? non la tolleranza di chi, conoscendo le difficoltà e
l'immensa estensione, comprende che il fallare è inevitabile, e mera giustizia il
compatire? Nulla avemmo di ciò: ma tu, lettore, scarco delle basse passioni
letterarie e delle minute invidie patrie, tu favorisci all'impresa tanto più quanl'essa
è più ardita: e alle opposizioni che pur troppo udrai fare sull'ardimento del nostro
tentativo, rispondi, te ne prego: Le (franai opere si compiono meno colla forza
che colla perseveranza.
C. Cantò.
MB. Nella presente edizione si portarono le notizie e le date fin all'anno 1862.
NOTIZIE CRONOLOGICHE
PiiRTE TECNICA
§ i. — Divisione del tempo.
Cronologia (da xpó-^oi iempo, e ^670^ discorso) vuol dire scienza de' tempi.
Come la Geografìa divenne scienza esalta colTattaccarsi al sistema dell'universo,
anche la conoscenza de' tempi si appoggia allo studio astronomico; attesoché il moto
uniforme degli astri servi di misura al tempo, come il tempo di misura al moto.
Le divisioni del tempo altre sono naturali^ altre artifiziali. Naturali sono quelle del
giorno, del mese, dell'anno, dedotte da fenomeni celesti; artifiziali quelle di minuti,
ore, settimane, lustri, secoli, cicli, periodi, epoche e simili.
§ 2. — Giorno.
11 tempo (dice l'astronomo Laplace) è l'impressione che nella memoria ci è lasciata
da un seguito d'avvenimenti, di cui siamo certi che l'esistenza fu successiva. Il moto
è proprio a servirgli di misura ; giacché un corpo, non potendo essere contemporanea-
mente in molti luoghi, non arriva da un punto all'altro se nun passando successivamente
per tutti i luoghi intermedj. Se a ciascun punto della linea che descrive, esso è animato
della forza medesima, il suo movimento e uniforme; e le parti di questa linea possono
misurare il tempo impiegato a percorrerla. Si convenne di adoprare per tal uopo il
moto del sole, i cui ritorni al meridiano formano il giorno.
Più esatta sarebbe tale misura se ci potessimo con altrettanta comodità regolare sovra
il passaggio di qualche altra stella al meridiano ; giacché il sole non è per noi una stella
lìssa, ed oltre il movimento diurno, ne ha un altro, pure apparente, pel quale, in 365
giorni, percorre tutta l'ecliltica. Pertanto il giorno solare, dedotto dal passaggio del
sole al meridiano, è diverso dal siderale, che corrisponde ad una rivoluzione del cielo
stellato, 0 pili propriamente ad una rotazione della terra attorno al proprio asse.
Anzi i giorni solari non sono eguali tra loro, non essendo uniforme in tutto l'anno
il moto di rotazione della terra. Da sifatta disuguaglianza e dall'obliquità dell'eclittica
risulta la distinzione del tempo vero dal tempo medio. 11 primo corrisponde al movimento
diurno della terra, ed è indicato dalle meridiane: l'altro è quello de' movimenti artifi-
ziali d'un oriuoio. Per esempio alla metà di febbrajo , quando la meridiana segna il
mezzodì, il perfetto oriuoio dovrebbe indicare 12 ore, 14 minuti e 57 secondi; mentre
ai primi di novembre dovrebbe segnar solo 11 ore e 43 minuti.
Tali distinzioni importano però soltanto agli astronomi : né per la cronologia positiva
occorre tanta sottigliezza. Il giorno naturale è il tempo che il sole resta visibile ad un
emisfero: il civile è composto del di e della notte, cioè del tempo che la terra impiega
a far un'intiera rivoluzione sopra se stessa, e che dai Greci era ben espressa colla voce
notte-giorno vw-^nf^cpov.
Conosciamo quattro maniere diverse di computare il giorno: 1" la babilonica, seguita
dai Persi e Siri antichi e dai Greci moderni e nelle Oaleari, da una mattina all'altra;
2° la giudaica, da un tramonto all'altro, seguita già dagli Ateniesi, Ebrei, Germani,
Galli, ed ora dai Cinesi e da alcuni paesi italiani, laonde dicesi anche all'italiana. A
vespera usque ad vesperam celebrabitis sabbata vestra , aveva ordinato Dio agli Ebrei
{Lev. xxiii. 32); e la Chiesa serba ancora questa regola per le sue festività ; 3° l'arabica
od astronomica, usata pure dagli antichi Umbri, da un mezzodì all'altro; 4" Vegiziana,
seguila dagli Egizj, dai Romani e dalla più parte degli Europei, da una mezzanotte
all'altra.
Le ore nostre si dividono in antimeridiane e pomeridiane. I Romani le distinguevano
in diurne e notturne, talché variavano di lunghezza secondo la stagione, e contavano
ora prima, terza, sesta, nona, sera; poi vigilia prima, terza, sesta, nona, mattina.
§ 3. — Settimana.
Sette giorni costituiscono una settimana. In Omero e negli altri Greci, né negli scrit-
tori romani non parlasi della settimana; anzi questi ultimi ne mostrano aborrimento
e disprezzo, come da que' versi :
Nec te peregrina' morentur sabbata . . .
Culta palcBStino septima festa viro . . .
Septima quaeque dies turpi damnata veterno ;
Tamquam lassati mollis imago Dei.
Eppure questa divisione è tanto universale, che sembra derivare da tradizioni ante-
riori alla separazione dei popoli. Pare gli antichi Cinesi avessero una festa ebdomadale;
gl'Indiani distinguevano i giorni dal nome dei sette pianeti, come credesi facessero
anche gli Egizj. I Cristiani la cominciano colla domenica, gli Ebrei col sabbato, i Mao-
mettani col venerdì. 1 Greci in iscambio conlavano per decadi, come fanno pure i mo-
derni Cinesi; i Messicani e i popoli del Benin per semidecadi, per novene i Peruviani,
i Romani per ottave; i Muischi d'America per tridui, dieci dei quali formavano una
lunazione chiamata sana, cioè strada maestra, in grazia d'un sacrifizio che, al plenilunio,
si faceva s'una piazza pubblica di ciascun villaggio, a cui guidava uno stradone (smo) che
partiva dalla casa del capo-tribù.
g 4. — Mese.
Mese è il tempo, durante il quale la luna ci presenta successivamente tutte le sue
fasi, e propriamente l'intervallo di giorni 29, ore 12, 44 minuti primi, e 3 secondi;
ossia giorni 29.550S88. Questo mese chiamasi lunare: il mese solare poi è il numero
de' giorni che il sole sembra dimorare in ciascuno dei dodici segni dello zodiaco. 11
numero delle lunazioni in un anno è più di dodici e meno, di tredici ; talché l'anno
non corrisponde se non con difficili frazioni al numero de' mesi. Giudei, Latini, Arabi,
Greci ed anche i Romani fino a Giulio Cesare usarono il mese lunare-
JoANNis Alberti FArtaicii Menologium, sive libellus de mensibus, centum circiter po-
pulorum menses recensens, atque inter se conferens, etc. Amburgo 1712. A quest'opera,
d'erudito più che di buon critico, ricorra chi volesse estesa cognizione dei differenti
mesi. Qui daremo i più celebri, riferendoli ai nostri :
Giudei dopo la schiavitù babilonica, e Caldei.
i. Nisan 30 giorni Marzo e Aprile.
2. Jar 29 » Aprile e Maggio.
3. Sivan ZO n Maggio e Giugno.
4. Thamuz 29 » Giugno e Luglio.
5. Av 30 » Luglio e Agosto.
6. Elul 29 » Agosto e Settembre.
7. Thisri 30 » Settembre e Ottobre.
8. Marchesvan 29 « Ottobre e Novembre.
9. Chislev 30 » Novembre e dicembre.
IO. Tevet 29 •» Dicembre e Gennaio.
H. Sevath 30 » Gennajo e Febbrajo.
12. Adar' 30 " Febbrajo e Marzo.
13. Ve-Adar 29 » Marzo.
I mesi erano lunari, e l'anno di 5S4 giorni; e per ridurlo all'anno tropico vi si ag-
giungeva ad ogni tre anni il ve-adar o secondo adar. Cominciavano l'anno ecclesiastico
pai nisan, il civile dal thisri: lo che ne impaccia assaissimo la cronologia. Somiglia a
questo l'anno antico de' Cinesi, degli Arabi, degl'Indiani, insomma dell'Asia orientale.
•mSIONl I>EL TEVPO
Ateniesi, calendario olimpico.
il
8. Gamelion Dicembre e Gcnnnjo.
9. Anthesterion Gennajo e Feblìrajo.
10. ElMphebolion Febbrajo e Marzo.
11. .Vlunychion Marzo e Aprile.
12. Thargelion Aprile e M;iggo.
15. Scirophorion Maggio e Giugoo.
i. Hecatombeon Giugno e Luglio.
2. Metageitnion Luglio e Agosto.
3. Boedroraion Agosto e Settembre.
4. Maemacterion Settembre e Ottobre.
3. Pyanepsion(l) Ottobre e Novembre.
6. Poseideott Novembre e Dicembre.
7. Poseideon ii Dicembre, negli anni
embolismici.
Anch'essi avevano mesi lunari ed anno solare, onde tre volte ogni otto anni s'inseriva
il n Poseideon-; e cominciavano l'anno colla luna seguente al solstizio d'estate. Lacede^
moni, Beoti, e probabilmente altri, davano nomi diversi a lutti o ad «Icuni mesi.
Persiani,
i. Phesnardin
Settembre.
7. Mihi-
Mnrzo.
2. Ardebehast
Ottobre.
8. Aban
Aprile.
3. Chordad
Novembre.
9. Ader
Maggio.
4. Tbir
Dicembre.
10. Dbi
Giugno.
5. Mardad
Gennajo.
11. Babman
Luglio.
6. Sciacbiar
Febbrajo.
Arm
eni.
12. Asphendai
Agosto.
i.
Navasardi comincia
allMl Agosto.
7,
Miehiekì comincia al
7 Febbrajo
2.
Huerri —
20 Settembre.
8.
Arieki —
9 Marzo.
5.
Sahmi —
10 Ottobre.
9.
Anki —
8 Aprile.
4.
Drè Thari —
9 Novembre.
10.
Marìeri —
8 Maggio.
5.
Khaguets —
9 Dicembre.
il.
Margats —
7 Giugoo.
6.
Aracz —
8 Gennajo.
12.
Iluetits —
7 Luglio.
Sono per entrambi i popoli di 30 giorni ; e aggiungono 5 musteraca negli anni ordi-
narj, e 6 ne' bisestili.
Russi,
Col cristianesimo e colle lettere ricevettero dai Greci di Costantinopoli anche l'anno
romano: lo cominciavano a settembre, finché Pietro il Grande introdusse di cominciare
a gennajo. Ma negli antichi libri russi e schiavoni contasi dal settembre e dalla crea-
zione. I nomi de' loro mesi non sono dunque che modificazione dei nostri.
1 Tedeschi invece vi danno nomi nazionali, che un tempo èrano
Winter-manoth
Hornung-manoth
Lentzin-manoth
Oster-manolh
Winne-manoth
Brach-manoth
Ed ora sono
Jiinner.
Hornung.
Marz.
Sciaitra
Vaisckha
Gyaictha
Àsciadha
Sravana
Bhadra
mese d'inverno.
i> di fango.
» di primavera.
1 di pasqua.
n d'amore.
» di sole.
Aprii.
Mai.
Brachmonat.
Hewin-manoth
Aran-manoth
Wint-manolh
VVindume-manoth
Hrrbist-manoth
Heilag-raanoth
Heumonat.
Auguslmonat.
Erntmonat.
mese di fieno.
)' di messe.
i) di venti.
» di vendemmi!.
u d'autunno.
)) di morte.
Herbstmonat.
VVintermonat.
Cbristmonat.
/ndiatit (sanscrito)
Marzo.
Aprile.
Maggio.
Giugno.
Luglio.
Agosto.
Aswìna Settembre.
Cartika Ott(ii)re.
Margarisca o Agrahayana Novembre.
Panca Dicembre.
Maga Gennnjo.
Pblaguna Febbrajo.
(1) Alcuni cronologi pongono il Pyanepsioo prima d«l Maemacterion.
i2
Aotichi,
Macedoni
.
cioè d'Antiochia,
Naovi, 0 SiromacedoQJ
■gamo, Efeso
di Smirne e
Tiro
Comincia al
Dius
Hyperberetseus di
30 giorni
24 Settembre.
Apellseus
Dius
30
»
24 Ottobre.
Audynaeus
Àpellseus
31
»
23 Novembre
Peritius
Audyoaeus
30
»
24 Dicembre.
Dyslrus
Peritius
30
«
23 Gennajo.
Xanthicus
Dystrus
31
»
22 Febbraio.
Artemisius
Xanthicus
31
).
25 Marzo.
Dsesius
Artemisius
30
«
2S Aprile.
Panemus
Daesius
31
u
25 Maggio.
Lous
Panemus
30
>,
25 Giugno.
Gorpiaeus
Lous
31
H
25 Luglio.
Ilyperberetaeus
Gorpiaeus
30
))
25 Agosto.
1 cronologi occuparonsi molto de' mesi macedoni per l'importanza che hanno nella
storia d'Alessandro, ma non poterono mettersi d'accordo.
btrt.
Eloul
Thisri I
Thisri II
Canun i
Canun ii
Sebatb
Settembre.
Ottobre.
Novembre.
Dicembre.
Gennajo.
Febbrajo.
Adar
Nisan
Igiar
Haziran
Tbamuz
Ab
Marzo.
Aprile.
Maggio.
Giugno.
Luglio.
Agosto.
Africani.
Egizj
d'Alessandria
Copti Abissini
o Egizj cristiani o Etiopi cristiani Comincia al
Thot Tot Mascaram 29 Agosto.
Paophi Babà Ticmit 28 Settembre.
Athyr Hatur Hader 28 Ottobre.
Choiac Chiahac Tachsam 27 Novembre.
Tybi Tuba Thir 27 Dicembre.
Mechir Amshir Jacathit 26 Gennajo.
Pbamenoth Barmehat Magabit 25 Febbrajo.
Pharrauthi Barmoudah Miazia 26 Marzo.
Pachon Bashansh Ginboth 25 Aprile.
Payni Baune Sene 25 Maggio.
Epiphi Ahihi Hamit 24 Giugno.
Mesori Masari Nahase 24 Luglio.
Erano di 30 giorni ; e dopo il 24 agosto s'intercalavano i 5 epagomeni. 1 sacerdoti
egizj non ignoravano che così retrocedevasi di un giorno ogni quattro anni, ma vole-
vano che per tal modo venissero, col mutar delle feste, consacrati tutti i giorni del-
l'anno nei 1461 anni necessari perchè quest'anno vago, come lo chiamavano, coincidesse
col 1462 anno fìsso di 365 giorni e 1|4.
1 mesi degli antichi subivano moltissime varietà di nomi, ed anche di tempi, finché
rimasero vaghi. Dopo che Augusto li ridusse fìssi, ^.non è difficilejl trovarne la concor-
danza col calendario romano. A^ciò ajuta un prezioso documento,fconosciuto sotto il
nome di Emerologio di Firenze, scoperto il 1715 nella|bihlioteca Laurenziana da Gio-
vanni Masson , in seguito ai commenti di Teone suW Almagesto di Tolomeo. Ivi si
trovano messi in concordanza i calendarj di sedici popoli antichi col romano, onde ne
ricaviamo la corrispondenza del primo giorno dell'anno di essi popoli con quello del-
l'anno Giuliano, che è sifatta :
blVlSlOM DliL TEMPO
n
ÀlessaDdriDi
thot
29 Agosto.
Macedoni d'Egitto
dius
i Novembre.
Tirj
dius
18 Novembre.
Arabi
dius
18 Ottobre.
SidoDJ
dius
2 Gennajo.
Etiopolitani
nisau
24 Maggio.
Licj
dius
1 Gennajo.
Asiani
hecatonibeofl
23 Giugno.
Cretesi
dius
21 Febbrajo.
Cipro
Julius
24 Dicembre.
Efesini
dius
24 Settembre.
Bitinj
dius
21 Febbrajo.
Cappadoci
litanus
12 Dicembre.
Gaza
dius
28 Ottobre.
Ascalona
dius
27 Novembre.
Seleucia
audyn%us
1 Gennajo.
Singolari da tutti i popoli, i natii di Taiti dividevano l'anno in 13 mesi.
I Romani non contavano i giorni del mese progressivamente come noi, ma vi fissa-
vano tre punti distinti : le Calende, primo di ciascun mese ; le None, al 5 nei mesi di
gennajo, febbrajo, aprile, giugno, agosto, settembre, novembre, dicembre, e al 7 negli
altri; gli Idi, al 15 dei prenominati mesi, al 15 negli altri. I giorni intermedj si deno-
minavano dalla distanza loro da questi punti. Dalle calende trasse nome il Calendario,
tavola su cui i pontefici scriveano le feste di ciascun giorno, e i ben o male augurali,
i feriali, i solenni.
Chi voglia tradurre i giorni del mese romano nei nostri, deve alla cifra reale di cia-
scun mese aggiungere 2, poi da questo numero sottrarre la differenza tra la data che
si vuol convertire, ed essa cifra aumentata. Chiedasi a che giorno corrisponde il septimo
kalendas mai: aprile ha 30 giorni; se n'aggiungano 2, e si avrà 32; si sottragga il 7,
e resterà 25 d'aprile, giorno corrispondente al proposto. Se reciprocamente chiedasi
come si chiami in latino il 25 aprile, si sottragga questo da 32, e resterà 7 avanti le
calende di maggio. Pel sexto kalendas martii, ai 28 giorni di febbrajo s'aggiungano 2,
e dai 30 che risultano si levi 6, e resterà 24. Se l'anno fosse bisestile, si avrebbe pel
bis sexto il 25.
§ 5. — Anno.
Anno è il tempo che la terra impiega a far iljgiro attorno al sole, ed è di 365
giorni, 5h 48' 45" 30'". Questo è l'anno solare. ll|lunare è'eomposto di 12 lunazioni,
cioè di 354 giorni, 8h 48' 38" 12'". I quasi undici giorni di differenza formano le Epatte,
che esprimono quanti giorni ha la luna al primo dell'anno: e con quelli ogni terz'anno
si costituisce una tredicesima luna.
I Maomettani usano l'anno lunare, talché non conoscono stagione determinata da
cominciar l'anno. Noi lo apriamo poco dopo il solstizio invernale: i Romani da prin-
cipio lo cominciavano all'equinozio di primavera ; gli Arabi e i Greci, al solstizio d'estate;
Ebrei, Caldei, Egizj, Persiani, all'equinozio d'autunno.
S'accorsero gli antichi della diversità che correva tra l'anno solare ed il lunare; onde,
per metterli d'accordo, intercalavano i giorni di sopravanzo in differenti modi, secondo
la forma dell'anno e dei mesi; e perciò ciascun popolo aveva un calendario suo proprio.
I Romani che dapprima (al modo degli altri Italiani) usavano l'anno di 304 giorni in
dieci mesi, da Numa n'ebbero uno lunare di 355 giorni, che meltevasi iu accordo cól
solare intercalandovi ogni due anni 22 o 23 giorni. Tali intercalazioni facevansi dai
sacerdoti, che così poteano prolungare od accorciar le magistrature, giovare o nuocere
agli appaltatori. Quindi una confusione, che durò fin quando i saggi dell'Egitto sugge-
rirono a Giulio Cesare la riforma |del calendario, nel 45 av. C. ; per cui l'anno restò
ridotto a 365 giorni e 6 ore, delle quali ogni quarto anno componevasi un giorno che
faceva 366, e dicevasi bisestile.
14 CRONOLOGIA
§ 6. — Gioii e Periodi.
Secolo è il volgere di 100 aoDÌ. Gli antichi usavano questa voce in senso molto più
indeterminaio. il secolo degli etruschi era lo spazio che vivea il più longevo fra quei
che nascevano al tempo dell;i fondazione d'una città. 1 Romani lo determinavano colla
celebrazione de' giuochi secolari ; ma in effetto non si trova mai che tal festa corrispon-
desse al centenario. Incontransi essi nel 245 di Roma, nel 305, nel 505, nel 605, nel
737, 80), 8iO, 930, 100U, M53. Nel noto Carmen sceculare di Orazio, il secolo à fissato
di undici decine :
Certus undenos decies per annos
Orbis ut cantus referatque ludos.
Nell'anno 1700 nacque una quistione, che all'occasione dell'opera nostra fu ridesta
ed agitala da un sommo astmnomo e da un erudito; se il secolo cominci coiranno 100,
0 col lUI. Quasi tutti i giornali d'allora vi presero parte, chi volendo che il 1700 fosse
il primo anno del secolo xviii, chi l'ultimo del xvir, e fra gli altri si distinsero Malle-
nians, Messanges, l'avvocato Délaissement, un baccelliere di teologia innominato, e più
tardi il uiinimo Domenico Magnan provenzale. Délaissemenl sosteneva che corainciossi
a dir 100 solo dopo compiti cento anni; errore che poteasi correggere col solo dichia-
rare che il secolo XVII finiva al 31 dicembre 1G99, se no si accorcerebbe l'èra cristiana.
Gli avversarj facevano esordire questa coU'anno primo, e in conseguenza finire il primo
secolo coH'fjItimo giorno dell'anno 100. In fondo trattavasi di sapere se Dionigi il Pic-
colo partiva dall'anno che i matematici chiamano zero, o da quello che comunemente
chiamasi anno primo. Dionigi fa nascere Cristo ai 25 dicembre dell'anno zero; ma in
generale si suppose che, lasciando i primi oHo giorni dell'età del Salvatore fuor dell'era,
l'avesse cominciata solo coll'anno primo. L'opinione di quei che mettono l'origine d'un
secolo al principio dell'anno secolare, è favorita dalla denominazione italiana di Tre-
cento, Scimìto ecc., e Trecentisti, Secentisti ecc., datasi agli anni ed agli uomini di
quei secoli; e alla quale urterebbe il fire che l'anno 300 non appartenesse al secolo
che si dice il Trecento. Ma questa è opinione plateale. Insomma i primi 100 anni tras-
corsi dopo la nascita di Cristo, formano il i° secolo; al 101 comincia il ii; al 201 il ni;
così al 1801 cominciò il xix secolo, che finirà coll'anno 1900, quando chi vìvrà, deh
possa trovare i suoi simili più benevoli e generosi 1
I popoli orientali e i più antichi Greci numeravano per generazioni; indicazione
vaga, che comunemente si valuta di 30 a 53 anni ciascuna. Speciale uso era quel che
indicammo degli Etruschi: ogni città cominciava il secolo dal giorno della sua fonda-
zione, e lo finiva alla morte dell'ultimo tra quei che vivevano al principiare; allora
cominciava il secondo, che compivasi anch'esso dopo la morte di tutti quei che vive-
vano al suo principio, e così via.
Le Olimpiadi erano il tempo destinato dai Greci per celebrare i giuochi in Olimpia.
Restituiti ed ordinati l'anno del mondo 3:221 e prima di Cristo 770 (in luglio}, celebra-
vansi ogni quattro anni, e dicevasi anno i, ii, in, iv della tale olimpiade. Per ottenere
l'anno a cui corrisponde una data olimpiade, si moltiplichi questa per 4, e si aggiunga
a 3:224, e si avrà l'anno dtl mondo ; o si sottragga da 776, e si avrà l'anno avanti Cristo.
La guerra Peloponnesiaca cominciò l'anno ii della lxxxvii olimpiade; cioè erano tras-
sc(»rse 86 olimpiadi e un anno, ossia 86 X 4 = 34i -f 1 == 345 dopo la prima olim-
piade. Ossia 3424 -f 345 = 3369 del mondo; 776 — 345 == 431 av. C Bisogna però
riflettere che, se il fatto avvenne prima di luglio, la sottrazione si fa dal 776; ma dopo
quel mese dal 777.
LuHro è lo spazio di 5 anni, dopo i quali i censori romani rinnovavano il censo
de' cittadini e de' loro beni.
Indizione è la rivoluzione di 15 anni, introdotta dopo Costantino, dicono per Tesa*
zione d'una tassa. Se ne servivano già tutte le cancellerie; ora soltanto la romana. Lc
Indizioni si crede cominciassero nell'anno 312 o nei vicini, e procedono come se avesser
principiato tre anni avanti l'èra vulgare: onde, chi voglia trovar il numero d'Indizione
d'un tal anno dopo Cristo, deve a questo aggiungere 3, poi dividerlo per 15, e il residuo
iodica qual posto occupi nel ciclo delle Indizioni. Così 1863 + 3 === 1866 : 15 = 124
+ 6: oode il vegnente anno sarà 6° dell'Indizione 124,
MCLl E PERIODI iH
Queste divisioni chiamansi cidi o periodi, rivoluzioni d'anni, destinate a rinnovarsi
dopo finite. Altri molti se ne inventarono, di cui ecco i principali:
11 ciclo caldaico neros comprende 600 anni da 3G5 giorni, 5 ore, 51' 36", uguale esat-
tamente a 7i21 mesi lunari; ma non era che la suddivisione di un saros più esteso, di
3600 anni. Lunghissimi sono i cicli indiani, e il Calijug comprende 332,000 anni; ma
fu preceduto da altri che sono il doppio, il triplo ed il quadruplo di questo. Ulugh beg
c'informa che i Cinesi aveano un ciclo di 88,639,860 anni : ma nella loro storia positiva
ricorre il periodo di 60 anni, come anche per gl'Indiani.
Il periodo sotiaco degli Egizj riduce al medesimo giorno l'anno vago e l'anno 6sso
nel giro di 4460 anni fissi e 2461 vaghi.
Il ciclo de^li Ebrei è la rivoluzione di SO anni, dopo i quali celebravano il giubileo:
quadrato di 7 periodi sabbatici. Il ciclo pasquale risulta dal moltiplicar i 19 anni del
ciclo lunare pei 28 del ciclo solare-, formante 532 anni, dopo i quali tutti i piccoli
periodi cronologici si ripetono esattamente. Cosi l'almanacco del 1600 servirà appuntino
per il 2132.
Ciclo lunare, inventato da Metone ateniese, 433 anni av. C, è il giro di 19 anni,
dopo il quale le varie fasi della luna si rimettono nella stessa corrispondenza coU'anno
tropico. Gli Ateniesi lo fecero scolpire in lettere d'oro sulla pubblica piazza, e lo man-
darono a Roma sopra una lastra d'argento in lettere d'oro, lo perchè fu detto Numero
aureo. Siccome il primo anno dell'era vulgare avea per numero aureo il 2, così per sa-
pere qual numero aureo appartenga a un tal anno, vi si aggiunga l'unità, poi si divida
per 19; il residuo sarà il numero d'oro: e se non v'abbia avanzo, sarà il 19. Cosi
1863 + 1 = 1864 : 19 = 98 + 1 ; il numero d'oro dell'anno vegnente sarà il 21.
Il ciclo solare è un giro di 28 anni. 1 primi Cristiani, per formare un calendario
perpetuo che indicasse quali giorni dell'anno fossero domenica o lunedì o martedì ecc.,
segnarono i giorni d'una settimana colle prime sette lettere dell'alfabeto: per esempio
al 1 di gennajo premettendo un A, al 2 un B, al 7 un G, indi ancora all'S un A, poi
un B al 9, e così fino al termine dell'anno. Essendo l'anno composto di 52 settimane
e un giorno, le lettere precedono d'un passo ogni anno, talché se nell'antecedente l'A
denotava la domenica, nell'anno successivo denoterà il lunedì, e la domenica sarà se-
gnata dal G. In tal modo il ciclo si compirebbe in 7 anni, dopo i quali A tornerebbe
a segnar la domenica. Ma il giorno intercalare inserito fra il 23 e 24 febbrajo fa che la
lettera, negli anni bisestili, debba cambiarsi dopo il detto giorno; talché se, in uno
d'essi anni, A denotava la domenica fino al 24 febbrajo, dopo questo indicherà il lunedì.
Dicesi Lettera domenicale quella che in ciascun anno dinota la domenica: e ne' bi-
sestili si pone doppia, l'una servendo fino al 23 febbraio, l'altra dopo. Così l'anno
1863 ha per lettera domenicale D; il 1864 avrà la E. Affinchè si rinnovi la serie delle
7 lettere semplici e delle loro coppie, si richiedono 28 anni, che formano appunto il
ciclo solare.
Tacendo altri cicli men concludenti, accennerò il giuliano, inventato da Giuseppe
Scaligero, dotto del xvi secolo, per ridurre tutte le differenti ère ad una sua immagi-
naria. E di 7980 anni, prodotti dal moltiplicare i tre cicli più usuali, lunare, solare e
delle Indizioni, 19, 28, 15. Torna singolarmente vantaggioso questo periodo per ridurre
le epoche anteriori alla vulgare , senza incontrar le tante varietà provenienti o dalle
diverse ère o dal diverso principiar dell'anno. Il primo dell'era vulgare fu il 4714 del
periodo giuliano. Se si dica che la prima olimpiade corrisponde al 776 av. C , voi po-
trete fare 4714 — 776, e avrete l'anno 5938 del periodo giuliano; ed eseguendo le
opportune divisioni per 19, 28, 15, troverete che era 5 del ciclo lunare, 18° del ciclo
solare, 8° dell'indizione. Alessandro Magno morì il 1° anno della cxiv olimpiade : dunque
nel 113X4 = 452 dopo la prima olimpiade, ossia del periodo giuliano 3938 •+- 452
= 4390. Per riferirli all'èra vulgare basta vederne la differenza dal 4713: onde la
morte di Alessandro si noterà al 4714 — 4390 = 324 av. C. Per gli avvenimenti dopo
Cristo si somma, invece di sottrarre. Ad esempio, Carlo Magno fu incoronato l'SOO d. C.:
che anno era del periodo giuliano? Si faccia 4714 -h 800 = 5513.
Alcuni riprovano quest'era come immaginaria: ma toglie di mezzo alcune difficoltà.
Così il 1° anno delle Olimpiadi dagli astronomi è fissato al 775, dai cronologisti al 776
0 al seguente: ma tutti con\engoao nel porlo al 3938 del perìodo giuliano. Alcuni se-
16 CRONOLOGIA
gnano 0 l'anno che precedette l'era vulgare, ed altri 1 ; lo che porta negli anni succes-
s ivi una varietà, tolta di mezzo nel periodo giuliano.
§ 7, — Il grand' anno.
Trovasi frequente menzione fra gli antichi di un grand'anno, ma l'applicano a pe-
riodi differentissimì. Censorino dice che Orfeo lo valutava di 120,000 anni; Lino ed
Eraclito, di 10,800; Cassandro di 1,800,000; Arele di 5552: altri il dichiaravano
infinito : Aristotele intendeva per esso lo spazio necessario perchè il sole, la luna e gli
altri cinque pianeti ricominciassero insieme a corrispondere alle medesime stelle fisse;
anno il cui inverno è )in diluvio, e l'estate una conflagrazione. Cercando negli altri
autori, trovasi una differenza da 2 anni fino a 6,570,000. Vien di credere chei più inten-
dessero la rivoluzione, durante la quale un medesimo solstizio od equinozio corrisponde
successivamente a tutti i segni dello zodiaco, che sarebhe di 25,868 anni : ma gli
antichi non mostrano idea chiara di ciò, e variava secondo i popoli ; pei Persiani es-
sendo di liiO, per gli Egiziani di 1461, pei Cinesi e gli altri orientali di 3600, per
gli Etruschi di 12,000. Anche fra i primi Cristiani era sòrta l'idea di un anno mil-
lennario.
li numero di 36,000 è dato da Tolomeo come la misura della rivoluzione zodiacale;
e vuoisi notare che è la dodicesima parte del 452,000, numero a cui si riportano molti
cicli parziali. Ma da che fossesi dedotto questo numero, non si saprebbe dire.
§ 8. - Ère.
Era è il punto storico od astronomico, da cui move una serie d'anni civili, adot-
tata per contare i tempi. La determinazione delle ere avanti Cristo si trae da un passo
d'oro di Censorino, che nel libro De die natali, e. 31, quando ancora si contava se-
condo quelle, scrive così : « L'anno che serve di epoca e di materia a .questo lavoro,
cioè il consolato d'Ulpio e Ponziano (238 d. C), è il 1014 dopo la prima olimpiade,
contando dai giorni estivi in cui si celebrano quei giuochi ; il 991 dalla fondazione
di Roma, contando dalle Palilie, donde cominciano gli anni della città ; degli anni
giuliani è il 283 ; dal giorno poi delle calende di gennajo, ove Giulio Cesare collocò il
principio di sifatli anni, è il 265 di quelli degli Augusti, numerando sempre dal prin-
cipio di gennajo, quantunque solo al 16 avanti le calende di febbrajo l'imperatore Ce-
sare sia slato intitolato Augusto. Ma gli Egizj essendo venuti in dominio de' Romani
due anni prima, numerano quest'anno degli Augusti pel 267. Inoltre essi nelle lettere
si servono, come noi, della data di certi anni, come quelli di Nabouassar che comin-
ciano al l" anno del costui impero, e di cui contano il 986; o quelli di Filippo che
partono dalla morte d'Alessandro Magno, e di cui ora è il 562. Ma il principio degli
anni loro è desunto dal mese che gli Egizj chiamano Thot, e che in quest'anno fu il
settimo giorno delle calende di luglio ; mentre cent'anni fa, sotto il consolato d'Anto-
nino Pio e di Bruzio Presente, que' giorni corrispondevano al 13 [delle calende di ago-
sto, tempo in cui la canicola suol levarsi in Egitto ».
I Cinesi risalgono cogli annali loro a più di trenta secoli prima dell'era vulgare,
1 Bramini ammettono quattro età lunghissime, finite ciascuna con un cataclisma,
l'ultimo de' quali sarebbe avvenuto 3100 anni avanti l'èra vulgare ; coincidendo cosi
col diluvio di Noè secondo la versione dei Settanta.
I Persiani risalivano alla prima dinastia dei Picdadiani, il cui primo re visse 1000
anni, poi 2302 gli otto suoi successori ; indi una terza dinastia durò 250 anni, fino a
Ciro che comincia a regnare nel 553 av. C.
Le altre ère principali sono ;
Èra di Costantinopoli anni av, C, 5508
Gli Ebrei contavano dalla creazione del mondo . , . . » 3761
i Greci dalla prima olimpiade, luglio entrante >' 776
i Romani dalla fondazione della città (ab urbe condita) . . w 755
i Babilonesi, Caldei, Egiziani dall'era di Nabonassar (adoprata
dagli astronomi Ipparco e Tolomeo), 26 febbrajo , . . » 747
Are 17
Èra di Filippo e dei Lagidi desunta dalla morte di Alessandro
Magno, 12 novembre » 32 i
adopera Tanno vajo siccome la precedente.
Èra dei Seleucidi pei Siro-Macedoni, dal regno di Seleuco Nicànore >> 312
Èra cesariana d'Antiochia » 47
» giuliana, o dalla riforma del calendario » 4f5
« di Spagna, quando dal console Domizio Calvino fu ridotta in
poter de' Romani 38
» aziaca " 31
» degli Augusti » 27
» cristiana » 0
M dei Martiri o diocleziana d. C. 28i
» degli Armeni, cominciata dall'anno che il patriarca Mese II
staccò quella chiesa dalla comunità cattolica ...» 5K2
Egira degli Arabi e Maomettani » 625
Èra de' Persiani, dal regno d'Isdegerde 111, nipote di Cosroe (1} « 632
Su ciascuna di queste ère corrono diverse opinioni : a noi basterà
parlare delle più usitate.
% S. — Era della creazione.
La Santa Scrittura non fu data per soddisfazione della curiosità ; e la Chiesa, ohbli
gandoci a venerare tutto che in essa rapportasi al dogma, lascia alle dispute i punti
di mera scienza. Tal è quello dell'antichità del mondr). Se le sette giornate della crea-
zione sieno veramente sette rotazioni della terra o sette epoche d^lla natura, la Chiesa
noi risolse, e può ciascuno scegliere o la prima o la seconda opinione, la quale ogi^i
sembra prevalere. Più importante sarebbe determinare i tempi dopo la creazione d'A-
damo : ma la Bibbia neppur qui gli ordina altrimenti che col contare gli anni vissuti
dai dieci patriarchi aniediluvìani. In ciò corre diffi^renza fra i testi, e differenza fra
gì' interpreti sul modo d'ordinarne la serie, e in conseguenza varia il conto degli anni.
Per esempio dalla creazione al diluvio corsero,
secondo il testo ebraico anni J656
» il samaritano, (riferito da Eusebio] » 1307
« i Settanta, (nello stesso) » 2242
» Giuseppe Flavio « 2256
» Giulio Africano, sant'Epifanio, Pelau » 2262
Conviene avvertire che i primi Padri della Chiesa attenevaosi alla versione dei Set-
tanta, come attesta Eusebio, il quale pure dichiara corrotti i numeri della Vulgata. Al-
trettanta differenza è nei patriarchi successivi al diluvio, ossia in quella che chiamano
seiionda età del mondo ; talché da Sera alla nascita di Abramo, il testo ebreo vulgato
conta 292 anni ; quel dei Settanta e il samaritano 942 : sommando i quali tempi colla
prima, si avranno da Adamo ad Abramo,
secondo i Settanta anni 3184
» ì .Samaritani » 2249
la Vulgata » 1948
cioè i Settanta danno 933 anni più dei Samaritani, e 1236 più degli Ebrei. Venendo
poi a Cristo, la sua nascita sarebbe collocata, dopo Adamo,
secondo i Settanta anni 5228
j) i Samaritani " 4293
gli Ebrei « 3992
I testi s'accordano pei tempi succeduti ad Àbramo. Pezron ha supposto che le varia-
zioni nel testo ebraico fossero introdotte dagli Ebrei sotto Adriano imperatore, perchè,
accorciando i tempi, apparisse non giunta ancora l'età del Messia,
Molte ragioni militano a favore della cronologia dei Settanta. Gli autori di quella
(I) Ecco i nomi de' loro mesi: Afi'uaJin-iiieh ; Ardlsascht-nieh ; Cardi-meh-, Thir-meh ; MerJed-raeh ;
Schabarir-meh ; Mehar-meh; Adar-meh; Di-rach; Behen-raeh; Affier-meh.
Cantù, Documenti, Tomo I. 2
18 CRONOLOGIA
versione non avendo interessedi sorta ad alterare le date della Bibbia, è probabile le
ricopiassero come le trovavano. L'esemplare scelto da loro per la traduzione fu giudi-
cato il più genuino dal sinedrio degli Ebrei, che prima della venuta di Cristo era auto-
rità competente. Esso accordasi col testo samaritano nei 3100 anni circa che pone fra
il diluvio e Cristo, sebbene ne varii nelle particolarità. Questa differenza toglie il so-
spetto d'un accordo, e fa credere che quella sia l'espressione più fedele della verità.
Se i Settanta avessero alterato il vero, sarebbersi levati richiami contro di loro : al
contrario il dotto ebreo Giuseppe Flavio ne seguì la cronologia, egli che scriveva sul
lesto ebraico del tempio : le citazioni fatte dagli Apostoli e dagli Evangelisti sono per
lo più conformi alla versione greca, qualora differisce dal testo ebreo ; tutti i santi
Padri e scrittori ecclesiastici de' primi secoli s'attengono pure a quella cronologia.
Estrinsecamente giova seguirla, perchè io più largo campo si svolgono i tempi pri-
mitivi, e non v'è fallo certo nella stona degli altri popoli che non vi si possa annic-
chiare. Onde i Gesuiti ottennero da Roma di considerare come autentica la cronologia
dei Cinesi, fissando il regno di Yao al 2337 av, C, che, secondo la Vulgata, sarebbe
appunto l'anno del diluvio.
Ben centodiciassette sistemi s'inventarono per conciliare la storia sacra colla pro-
fana, tra i quali quello di Alfonso re di Casliglia e di Regiomontano pone la nascita
di Cristo al 698i del mondo ; mentre Luigi Lippomane veneziano la ritrae a 5616.
Il padre Riccioli stabilisce cinque canoni intorno a questi sistemi :
I. Dalla creazione del mondo a Cristo nessuno conta più di 7000 anni, né meno
di 3600.
II. Dal testo ebraico, dalla Vulgata e dalla storia umana , pare più probabile de-
corressero 418i anni : in tale ipotesi non possono essere più di 4330, né meno
di 3705.
III. Dai Settanta e dalla più vera storia umana appariscono 5634 anni : in tale ipo-
tesi è fatto non essere stati più di 5904, né meno di 5054.
IV. Per quanto taluni siensi ingegnati d'investigare l'origine del mondo da alcuni
caratteri del cielo e dalla posizione di stelle, ogni opera loro uscì indarno.
V. Probabile è aver Dio creato il mondo 5634 anni av. Cristo.
Noi a creato il mondo sostituiremmo creato Vuoino, giacché da Adamo soltanto co-
minciano i dati per valutare il tempo. E senza entrare in discussioni, diremo che i più
degli storici adottano il calcolo di Usserio, secondo il quale Cristo nacque nel 4004
dopo la creazione : e faremo osservare che questa varietà non reca più tanta confu-
sione quanta alcuno sarebbe tentato a supporne, attesoché si riferisce soltanto ai tempi
più antichi ; e quasi affatto la evita chi segna gli anni non dalla creazione, ma dalla
distanza da Cristo.
Principale fondamento della cronologia sacra, dopo la Bibbia, è la Cronaca d'Eu-
sebio Pamfilo vescovo di Cesarea (345), della quale non si ebbe che piccola parte fm
quando il vicario del patriarca nel 1784 ne scopri a Gerusalemme una traduzione ar-
mena, che portò a Costantinopoli verso l'87, donde fu mandata a Venezia una copia
nel 90, che servì per un'edizione fatta in Milano nel 1818. Ma più integra copia se
n'ebbe a Venezia nel 1793, su cui si esegui colà un'edizione nel 1818, colla traduzione
latina che empie il vuoto de' frammenti già conosciuti.
g 10. ~ Le Olimpiadi.
Ogni Stato di Grecia aveva un modo suo proprio di computare il tempo; ed il più
usato era quello delle generazioni, dai che la cura di unir sempre al nome proprio
quello del padre. Le liste dei sacerdoti, le iscrizioni funerarie, i tanti monumenti, la
serie de' vincitori ne' pubblici giuochi ajutavano a fissare i tempi. Soltanto dopo Ales-
sandro, Timeo storico siciliano riflettè che la serie appunto de' vincitori nei giuochi
Olimpici poteva diventare un' èra cronologica : onde abbandonando i tempi oscuri, si
prese per punto di partenza quella olimpiade, il cui vincitore Corebo eleo pel primo
ottenne una statua. La comune opinione fa coincidere il primo anno dell'ora volgare
col secondo della cxcni olimpiade ; vale a dire che il primo anno della prima Olimpiade
cadde 776 anni av. C. Si ridetta che gli anni delle Olimpiadi cominciano al plenilu-
ÈRE 19
nio che segue al solstizio d'estate, cioè verso luglio entrante. Quest'era, divenni»
la più comune in Grecia, cessò al fine del iv secolo d. C.
Tucidide e Senofonte usano spesso quella delle sacerdotesse di Argo.
g 11. — Èra di Roma.
L'èra della fondazione di Roma è posta da Varrone nel 3" anno della vi olimpiade;
da Verrio Fiacco nell'anno seguente, cioè nel 753 o 754 avanti Cristo ; da Catone poi
nel 752.
L'opinione di Varrone del 21 aprile 755, è seguita da Dione Cassio, Plinio maggiore,
Vellejo Patercolo, Claudio imperatore; ma Dionigi d'Alicarnasso e Tito Livio stanno
con Catone. Gli anni poi venivano notati più comunemente col nome dei due consoli
che reggevano.
Le ère degli altri popoli italiani, cui Varrone avea raccolte, vennero assorbite nel-
l'unità romana, e caddero in dimenticanza.
§ 12. — Era vulgare.
In che anno nacque veramente Gesù Cristo? Dal Vangelo di san Luca abbiamo che
Maria vergine andò a Bellem per farsi iscrivere nel primo ruolo personale ordinato da
Cirino preside della Siria ; che Erode, ingelosito del neonato, ordinò di uccidere tutti
i bambini di Betlem : ma Giuseppe trafugò il figliuol suo putativo in Egitto, ove udì
la morte di Erode. Flavio (lib. xviii) ne dice che Augusto mandò Cirino a vendere i
beni confiscati all'esigliato Archelao, e fare l'enumerazione del popolo, nel 759 di
Roma. Convien però credere che già se ne fosse fatta un'altra vivo Erode, la quale è
detta prima nel Vangelo. Nel governo della Siria, a Cajo Sentio Saturnino succedette
Quintilio Varo il 748 di Roma, e vi rimase i due anni seguenti, talché vi sedeva quando
Erode morì : imperocché abbiamo da Flavio che Sabino, intendente d'Augusto nella
Siria, andando a sequestrare i beni del morto Erode, scontrò in Cesarea Varo, che lo
pregò d'indugiarsi tanto che tornasse Archelao, ito a Roma a sollecitar il titolo di re.
Diremo dunque che Cirino quella prima volta non vi fosse preside, ma venuto con mis-
sione speciale. Erode mori alla pasqua del 750 di Roma, la quale cadeva quell'anno al
28 marzo, come appare anche per l'eclisse di luna avvenuto allora, secondo narra Fla-
vio. Se si rifletta che i magi ebbero tempo di venir dall'Oriente, e Giuseppe di rico-
verarsi in Egitto, si vedrà che Cristo dovea esser nato alcuni mesi prima. Sembra da
questi argomenti e da altri più sottili dimostrato che la nascita di Cristo previene di
4o 5 anni il cominciamento dell'era vulgare (1),
L'uso di contar gli anni da Gesù Cristo fu introdotto in Italia nel vi secolo da Dio-
nigi il Piccolo; in Francia sotto Pepino e Carlo Magno, Orientali e Greci poco se ne
valsero negli alti pubblici, mentre i Latini lo adottarono generalmente : però i Latini
stessi variarono nel tempo di cominciar l'anno, del che è necessario aver conoscenza
chi voglia mettere d'accordo date che parrebbero contraddittorie.
Alcuni lo cominciavano col marzo, secondo il calendario di Romolo ; altri col gcn-
najo, secondo il calendario di Numa ; altri al 25 dicembre, nativiià di Cristo, solen-
nità di .Mitra, e solstizio invernale ; altri al 25 marzo, tempo della concezione : nel
che poi alcuni anticipavano l'anno di nove mesi e sette giorni, mentre altri il ritar-
davano di tre mesi meno sette giorni. Alcuni il cominciavano a pasqua, variando se-
condo questa, la (juale cade sempre la prima domenica do|)o il plenilunio di marzo.
Ve n'erano altri che il cominciavano a gennajo, ma un anno prima del metodo comune.
L'anno al modo presente fu introdotto in Francia per ordine di Carlo fX nel 1563;
in Germania al tempo di Massimiliano I; in Ispagna a quello di Filippo li. In Isvizzera
nel XIV e xv secolo cominciavasi l'anno al 1" gennajo, eccetto la diocesi di Losanna e
il Pays de Vaud, dove al 25 marzo. In .\ragona nel 1350 fu ordinato di cominciarlo a
(I) H. Wallon, nei Mémoires de VAcadémie des Inscriptiuns el Beliti LeUret, 1858, pose una
dissertazione sugli anni di Cristo, ove tono a vedersi gii studj più recenti su ciò: esso ne pone la crocifis-
sione ai 2 oZ aprile del 782 di Roma.
20 CRONOLOGU
natale: così nella Castiglia il 1383, in Portogallo il 4 420. In Russia nel xi secolo co-
minciava a primavera, finché si adottò il calendario greco. In Cipro al natale: e così
in Inghilterra dal vii al xiii secolo, quando si diede principio dal 2S marzo, come si
mantenne finché si adottò il calendario gregoriano. Ne' Paesi Cassi e nell'Olanda cor-
reva gran varietà, ina in istile di Corte si datava dalla pasqua, siccome in Savoja,
Rispetto pili specialmente alla nostra Italia, Milano, Roma e la maggior parte delle
città lo aprivano col natale, 23 dicembre. Ma Firenze tardava smo al 23 marzo seguente,
uso che conservò fino al 1730, quando per ordine del granduca Francesco Stefano,
adottò il computo comune dal 1" gennajo : il qual ordine vedesi scolpito in rame sul
gran ponte di Firenze. Pisa pure movea dal 23 marzo, ma anticipando d'un anno: e
così Lucca, Siena, Lodi ed altre città. A Venezia l'anno civile cominciava col gennajo
da tempo immemorabile; ma il legale, notato negli atti, parti dal 1° di marzo, sin al
fine del secolo passato. In Sicilia pure, dall'invasione dei Normanni fino al xvi secolo
contavasi dal 23 marzo.
§ 13. — L'Egira.
L'Egira move dal giorno che Maometto fuggì dalla Mecca a Medina, IG luglio del 622
d. C. : gli astronomi anticipano d'un giorno. Gli anni sono lunari, onde non hanno
corrispondenza coi nostri. I mesi si alternano di 50 e 29 giorni, e l'ultimo, negli anni
intercalari, ne ha 30.
I nomi dei mesi turchi sono: Moharram, Sefer, Rahié 1, Rabié 2, Giumadi I, Giu-
madi 2, Rageb, Sciaban, Ramadan, Sciual, Dulcaada, Dulage. I giorni della settimana:
el-Ahad, el-Thani, el-Thaleth, el-Arbaa, el Khamis, el-Giumaa, el EITabt.
II 1863 é il 1279 de' maomettani e secondo l'uso di Costantinopoli comincia al
29 giugno.
g 14. — Epoche,
« Come nel considerare un mappamondo (dice Bossuet) voi uscite dal paese natale
per iscorrere tutta la terra abitabile, e l'abbracciate col pensiero, coi mari e i paesi
tutti ; così considerando il compendio cronologico, uscite dagli angusti limiti della vo-
stra età, e vi estendete in tutti i secoli. Ma come per ajutar la memoria nella cono-
scenza de' luoghi si ritengono certe città principali, attorno a cui si collocano le altre,
ciascuna secondo la sua distanza; così nell'ordine de' secoli bisogna aver certi tempi,
determinati da qualche grande avvenimento, ai quali si riferisce tutto il resto (i) ».
Questi chiamansi epoche dal greco irro/j, riposo, il periodo ripigliasi dopo finito il suo
corso: l'epoca apre o termina uno spazio nella durata. Le epoche sono o sacre o ec-
clesiastiche 0 civili, secondo sono tratte dalla santa Scrittura, dalla storia della Chiesa,
0 da quella degli Stati. Giusta le varie divisioni si distinguono anche i tempi dell'an-
tico e del nuovo Testamento ; della legge di natura^ l'^99s scritta, e legge di Grazia;
tempi oscuri, favolosi, storici; secoli d'oro, d'argento, di rame, di ferro; e così altre
denominazioni arbitrarie. I cronologi sogliono fissare le seguenti epoche :
STORIA ANTICA.
Anno del mondo Durala dell'epoca
I. Dalla'creazione ardiluvio 1636 1636
II. — alla presa di Troja . . . 2820 1164
IH. — alla fondazione di Roma . 3233 433
IV. — a Ciro 5468 215
V. — ad Alessandro .... 3674 206
VI. — alla distruzione di Cartagine 3839 185
VII. — a Cristo 4004 143
(I) Tantolcalra questo paragone della cronologia universale col niappaniondo, che si fpccro dei quadri
rappresentanti il corso degli avvenimenti coll'origine e la cessazione degli imperi, il confluire o separarsi
di loro, il perdersi un nell'altro ecc. In queste tavole sinottiche si tirano alcune lince orizzontali, the stabi-
liscono il sincronismo degli avvenimenti e de' personaggi; mentre le colonne verticali danno i princìpi egli
nomini illustri.
Bpocnt: 21
STORIA MODKRNA.
Addì di Cristo Uurata dell'epoca
I. Da Crislo a Costantino '311 3H
II. — ad Augustolo 476 165
ni. — a Maometto 622 146
IV. — a Carlo Magno 800 178
V. — alla prima Crociata 1095 295
VI. — alla presa di Cost.iutinopoli . . 1453 358
VII. — alla pace di Weslfalia . . . 1648 195
vili. — alla Rivoluzione francese . . . 1789 141
IX. — a noi 1862
Noi abbiamo diviso in xviii epoche la nostra Storia Universale: per sotto-
porre quasi in un panorama ai lettori il viaggio che in quella facciamo, offriremo
una tavola sincrona degli avvenimenti di ci;iscun'epoca. Non occorre ripetere che la
precisione cronologica è cosa nuova, e che, quanto ai tempi antichi, bisogna accon-
tentarsi di un press'a poco. Persone di gran merito presero a disporre per tempi gli
avvenimenti primevi, ma ciascuno fece un sistema proprio in contraddizione cogli altrui,
eppur dimostrato con argomenti di egual peso.
EPOCA 1.
Creazione, diluvio, dispersione degli uomini — Un'indicazione numerica non può
essere che approssimativa rispetto al diluvio ; e resteranno sempre molti secoli fra
questo cataclisma e le prime contezze della storia profana.
KPOCA li.
2514 Ciuenbio ; |)rime date storiche nella Cina.
2450. Mene o Menete, primo re d'Egitto.
2357. Yao regna alla Cina
2272. Osimandia? primo re della xvi dinastia egiziana.
2214. Thare, figlio di Nacor e padre di Abramo.
2151. Belo re d'Assiria, regna 65 anni.
21 4i. Nascita di Abramo nel 128 anno della xvi dinastia egiziana.
2117. Egialeo re di Sidone, regna 52 anni
2086. Nino succede a Belo, e regna 32 anni.
2082. Invasione dei Pastori in Egitto, fine della dinastia xvi; due dinastie contempo-
ranee in Egitto (quella dei Pastori, e la xvii dei Faraoni); sussistono 261 anni.
2069. Vocazione d'Abramo, di anni 75.
2065. Europo succede ad Egialeo, e regna 45 anni.
2044. Àbramo centenario genera Isacco, e muore 75 anni dopo.
2034. Semiramide succede a Nino di 42 anni.
2020. Telchino, successore d'Europo a 20 anni
2000. Api gli succede, e regna 23 anni.
1992. Zameis o Ninia, successore di Semiramide (38 anni). Comincia il regno di Creta?
1984. Isacco sessagenario genera Giacobbe, padre degl'Israeliti.
1975. Telesione succede ad Api in Sidone (52 anni).
1970. Colonia d'Inaco ad Argo.
1954. Ario, successore di Nmia (30 anni).
1945. Foroneo figlio d'Inaco.
1924. Arabo succede ad Ario (40 anni).
1923. Egidro, successore di Telesione (3i anni).
1916. Principio del regno di Creta, secondo l'opinione più probabile. Creteo primo re.
1894. Giacobbe nonagenario genera Giuseppe.
1889. Turimaco succede ad Egidro a Sidone.
1884. Serse succede ad Aratio in Assiria (30 anni).
1864. Giuseppe ministro in Egitto pei re Pastori che occupano Memfi, mentre i Fa-
raoni restano padroni d'una parte dell'alto Egitto e della costa d'Arabia.
22 CRONOLOCIi
1854. Giacobbe e i suoi figli migrano in Egitto, e vi ritrovano Giuseppe.
Armamitri successore di Serse (38 anni).
1845. Fondazione supposta di Sparta per opera di Sparto, figlio di Foroneo.
1837. Morte di Giacobbe.
1827. Misfra-Tutmosi, sesto re della xvii dinastia dei Faraoni in Egitto, che faceva la
guerra ai Pastori padroni del basso Egitto, giunge a rinchiuderli in Avaris.
1822. Amosi Tutmosi figlio del precedente , capo della xviii dinastia egizia , sale al
trono, e fa uscire i Pastori dal suo regno in conseguenza di un trattato.
1816. Beloco successore d'Armamitri (35 anni).
1796. Diluvio d'Ogige nella Beozia.
1790. Colonia di Pelasgi condotta in Italia da Enotro.
1784. Morte di G useppe figlio di Giacobbe, Schiavitù degli Ebrei in Egitto.
1744. Gli Etiopi s'avanzano dal mezzodì verso la frontiera d'Egitto.
1742. Agenore, sesto successore d'inaco in Argo.
1718. Nascita di Mosè.
1657. Colonia di Cecrope ad Atene.
1632. Uscita degli Ebrei dall'Egitto.
1594. Colonia di Cadmo a Tebe di Beozia.
1586. — di Danao ad Argo.
1580. Diluvio di Deucalione in Tessaglia.
1547. 1 primordj delle arti nella Grecia.
1500. Durante il xviii, xvii, xvi e xv secolo av. l'èra cristiana, i re egizj innalzano
i più bei monumenti, e scavano meravigliose grotte nell'Egitto e nella Nubia.
1473. Regno di Ramses il grande o Sesostri in Egitto.
1458. _ di Perseo ad Argo. Fondazione di Sagunto in Ispagna.
1423. Arriva Pelope nella Grecia.
1360. Spedizione degli Argonauti. Orfeo e molti altri poeti greci.
1351. Più antiche eruzioni dell'Etna. A cagione di queste i Sicani si ritirano verso
l'estremità dell'isola di Sicilia. I Pelasgi abbandonano la costa d'Etruria,
cacciali dalle eruzioni dei vulcani del centro e della costa d'Italia.
1330. Colonia di Evandro in Italia.
1329. Prima guerra tebana tra i figli d'Edipo.
1319. Seconda guerra lebana fra gli Epigoni.
1297. Regno di Agamennone.
1280. Presa e distruzione di Troja. Thuori, ultimo re della xix dinastia egizia.
1270. Cclonia di Enea in Italia.
1269. Principio della xx dinastiafin Egitto.
1202. Omero secondo Eratostene; 80 anni dopo, secondo altri scrittori greci; nel 1040,
seguendo Apollodoro; e giusta l'opinione comune verso il 900.
1137. Fondazione di Cartagine?
1101. XXI dinastia egiziana.
1092. Morte di Codro, ultimo re di Atene. Stabilimento degli arconti perpetui.
1076. Passaggio degli Jonj nell'Asia Minore.
1006. Salomone incomincia la costruzione del tempio di Gerusalemme
971. Sesonchi o Sesao, primo re della xxii dinastia egiziana.
966. Morte di Salomone. Divisione del suo regno.
962. Nel quinto anno del regno di Roboamo, Sesac re d'Egitto invade il regno di
Giuda, prende Gerusalemme, e saccheggia il tempio.
947. Fondazione di Samo e di Smirne.
930. Esiodo?
884. Giuochi olimpici ristabiliti da Licurgo re di Sparta, da Ifito nell'Elide, e da
Cleostene a Pisa. Alcuni storici si sono serviti dell'era delle Olimpiadi di Ifito.
867. Talete di Creta fa conoscere l'importanza della legislazione di Licurgo.
851. Principio della xxiii dinastia in Egitto.
841. Morte di Licurgo.
820. Arbace, distrutto l'impero d'Assiria, viene eletto primo re dei Medi.
816= Proca Silvio re dei Latini.
epocne 2d
813. Carano primo re di Macedonia. Alcamene re di Sparta.
798. Agameslore governa gli Ateniesi.
795. Amulio Silvio, re dei Latini, regna 43 anni.
778. Eschilo succede ad Agamestore in Atene.
EPOCA 111.
776. In luglio entrante, èra delle Olimpiadi di Corebo.
762. XXIV dinastia egiziana.
753. 21 aprile, èra della fondazione di Roma. Regno di Romolo.
747. 26 febbrajo, èra di Nabonassar re di Babilonia.
721. Eclissi di luna (19-20 marzo) osservato a Babilonia.
718. L'etiope Sabacone s'impadronisce dell'Egitto: è capo della xxv dinastia egiziana.
715. Numa Pompilio succede a Romolo, ed aggiunge due mesi all'anno che non ne
avea che dieci.
708. Fallante da Sparta conduce una colonia a Taranto.
684. Epoca del poeta Tirteo?
683. Gli arconti d'Atene diventano annui.
674. Principio della xxvi dinastia d'Egitto. Tulio Ostilio succede a Numa.
658. Epoca di Cipselo, che s' impadronisce del trono di Corinto. Fondazione di Bi-
sanzio fatta dai Megaresi.
642. Anco Marzio succede a Tulio Ostilio in Roma.
640. Talete.
624. Legislazione di Dracone, arconte di Atene.
619. Tarquinio Prisco re di Roma.
618. Distruzione del tempio di Gerusalemme fatta da Nabucodònosor. Schiaviti! degli
Ebrei.
600. Pitagora muore. Marsiglia fondata dai Focesi.
597. Eclisse di sole predetto da Talete.
594. Arcontato e legislazione di Solone.
593. Viaggi di Solone in Egitto, in Cipro, in Lidia.
592. Servio Tullio succede a Tarquinio Prisco in Roma.
581. Prima Pitiade per i computi storici.
580. Primo saggio della commedia in Grecia, fatto da Susarione, pochi anni prima
di Tespi.
560. Tirannia di Pisistrato. Ciro ascende al trono: principio del regno dei Persiani.
Anassimandro compone carte geografiche, ed Anassimene inventa il quadrante
solare.
548. Incendio del tempio di Delfo. Tarquinio Superbo succede a Servio Tullio a Roma.
529. Morte di Ciro: suo figlio Cambise gli succede.
525. Cambise occupa e devasta l'Egitto: è capo della xxvii dinastia, quella dei Persiani.
521. Dario succede a Cambise.
520, Edificazione del tempio di Gerusalemme fatta da Zorobabele: fine della schiavitìi
d'Israele : Aggeo e Zaccaria profeti.
513. Cacciata di Tarquinio Superbo: stabilimento della repubblica romana e dei consoli.
510. Dario assoggetta Babilonia ai Persiani.
508. Spedizione di Dario contro gli Sciti.
490. Battaglia di Maratona, vinta da Milziade.
485. Serse succede a suo padre Dario.
480. Combattimento alle Termopile: battaglia di Salamina. In Grecia la gloria delle
arti e della filosofia eguaglia quella delle armi.
469. Eschilo e Sofocle si disputano il premio della tragedia : è dato a Sofocle.
464. Artaserse Longimano succede a Serse, e regna 41 anno.
449. Cimone costringe quel re a trattato vergognoso.
444. Erodoto legge le sue Muse ai giuochi olimpici. I filosofi Melisso, Protagora ed
Empedocle fioriscono. Pericle ottiene potere quasi assoluto,
437. Costruzione de' Propilei nella cittadella d'Atene.
436. Democrito, Ippocrate, Gorgia, Zenone d'Elea e Socrate.
24 CRONOLOGIA
43i. I Fidenali devaslano il (errilorio romano in tempo di peste. Morte di Pindaro.
•432. 27 giugno, Melone osserva il solstizio d'estate. Fidia fa la sua Minerva del Par-
tenone in Atene.
431. Guerra del Peloponneso,
450. Peste ad Atene. Postumio trionfa degli Equi e dei Volsci.
429. Morte di Pericle,
428. Nascita di Platone.
424. Socrate salva la vita a Senofonte nella battaglia di Delo, vinta dai Beoti contro
gli Ateniesi. 1 Sanniti occupano Capua. Hegna Dario II Noto in Persia.
423. Prime rappresentazioni delle Nubi d'Aristofane.
421. Tre^'ua di cinriuantanove anni fra Atene e Sparta.
419. Sollevazione de^li schiavi a Roma.
416. Alene intraprende la guerra di Sicilia, comandata da Alcibiade, Nicla e La-
maco.
413. Disfalla degli Ateniesi in Sicilia.
412. Alleanza degli Spartani con Dario H di l'ersia.
410. Annibale, figlio di Giscone, mandato in Sicilia da Cartagine, alleata cogli Egiziani.
409. Selinunte presa da Annibale, Pilos dagli Spartani, Calcedonia da Teramene, e
Bisanzio da Alcibiade.
40G. Dionigi il vecchio sul trono di Siracusa. Morte di Sofocle. Incendio del tempio
di Minerva in Atene.
40*. Presa d'Atene, xxvm dinastia egiziana (Saitica). Morte d'Alcibiade.
402. Ristabilita la democrazia in Atene : arcontato di Euclide.
Spedizione del giovine Ciro.
399, Morte di Socrate.
398. XXIX dinastia egiziana (Mendesia*. Avvenimenti prodigiosi a Roma.
396. Alleanza d'Agesilao con Neferite re d'Egitto.
392. Grandi Giuochi in Roma. Vittoria di Trasibulo comandante degli Ateniesi.
391. Morie di Tucidide. I Galli in Italia: occupano Roma.
388. Dionigi di Siracu.^a concorre ai giuochi olimpici.
387. Callislene continua la Storia greca di Antalcide. Eudosso di Gnido pubblica le
sue opere.
386. Evagora, re di Cipro, fa alleanza cogli Egiziani contro Artaserse.
384. Nascita di Aristotele. Manlio è precipitalo dalla rupe Tarpea.
383. Guerra del re Dionigi contro Cartagine: successi diversi.
581. Vittoria di Camillo contro i Volsci.
380. Aminia, padre di Filippo, re di Macedonia.
377. Combattimento navale di Nasso : disfatta degli Spartani, xxx dinastia egiziana
(Sebeniiica).
375. Artaserse si dispone ad attaccar l'Egitto.
372. Apparizione di una cometa. Tremuoto nel Peloponneso.
371. A (.entra gli Spartani sono vinti dai Tebani.
3G9. Camillo dittatore a Roma.
366. Sesto, primo console plebeo in Roma.
363. Hrenno coi Galli nei dintorni di Bisanzio.
362. B;iltaglia di Mantinea. Morte di Epaminonda.
361. Terzo viaggio di Platone in Sicilia.
360. Filippo re di Macedonia. Morte di Senofonte. 1 Galli battuti alle porte di Roma.
S.'JS, Guerra Sociale.
3.06. Principio della guerra Sacra. Nasce Alessandro Magno.
3oO. Scuola di Aristotele.
3i7. Morte di Platone. Fine della guerra Sacra.
346. Alleanza tra Filippo e gli Ateniesi.
343. Trattalo fra Roma e Cartagine.
341. Nascita di Epicuro e di Monandro: cometa.
340, Imilcone cartaginese giunge alle isole Cassiteridi (la Gran Bretagna).
339. Battaglia di Cheronea. xxxi dinastia egizia, quella de' Persiani.
EPOCHE 25
336. Morte di Filippo. Alessandro re. Dario 111 re di Persia. Viaggio di Annone fin
al capo Bianco ed al capo delle Tre Punte.
33-2. Alessandro Magno conquista l'Egitto. Una mappa della sua conquista, sopra lastra
d'oro, viene deposta nel tempio di Giove Amnione.
330. Pitea di Marsiglia viaggia fino a Tuie.
328. Filemone: rappresentazione delle sue commedie.
327. Alessandro vince Poro re delle Indie.
326. Continuano le guerre dei Romani contro i Sanniti.
324. Morte di Alessandro il Grande. Tolomeo Solerò governa l'Egitto.
EPOCA IV.
323. La Cirenaica unita all'Egitto.
322. Il corpo d'Alessandro ricevuto in Egitto. Morte di Aristotele e di Demostene.
321. Nuova divisione degli Stati d'Alessandro fra' suoi generali. Le Forche Caudine.
318. Morte di Filippo Arideo, fratello di Alessandro il Grande; di Olimpia sua madre (316).
315. Tolomeo Solerò proclama la libertà delle città greche.
312. Principio del regno dei Seleucidi a Babilonia. Continuazione della guerra fra i
successori d'Alessandro.
305. Essi si dichiarano re.
301. Battaglia d'Isso, in cui Antigono perde la vita.
297. Tolomeo Solerò riconquista l'isola di Cipro, ed incomincia la costruzione del Faro.
296. Vittoria de' Romani contro i Sanniti.
293. Morte del comico Menandro.
288. Alleanza contro Demetrio re di Macedonia, il quale viene sbalzato dal trono.
287. Arrivo portentoso del dio Serapide ad Alessandria.
283. Morte di re Tolomeo Solerò. I Romani occupano Crotone.
282. Demetrio Falereo esiglialo dall Egitto. Sostrato termina il Faro.
276. Traduzione greca dei libri ebraici (versione detta dei Settanta).
275. Pirro battuto dai Romani in Italia.
272. Timocari fa tre osservazioni di venere. Vittoria dei Romani contro i Tarentini, i
Sanniti ed i Cartaginesi alleati.
269. Licone succede a Stratone come capo della scuola peripatetica.
258. Tolomeo Filadelfo in Alessandria : protegge le arti e i filosofi di quella scuola.
256. Vittoria navale de' Romani contro i Cartaginesi.
255. Dinastia degli Tsing nella Cina.
253. Secondo naufragio dei Romani nella lor guerra d'Africa.
251. Tolomeo Filadelfo aumenta la biblioteca d'Alessandria.
2i5. Principio d'una spedizione di Tolomeo Evergete re d'Egitto in Asia: scorre la
Babilonia, la Susiana, la Persia fin alla Battriana.
242. Eratostene, bibliotecario di Alessandria.
240. Tolomeo Evergete è dichiarato]protettore della' lega Achea.
237. Asdrubale, mandato in Ispagna, conduce seco Annibale di nove anni.
230. Tolomeo Evergete perfeziona la caccia degli elefanti, e li fa domare per servirsene
in battaglia. Guerra dei Romani contro l'Illiria.
229. Corcira, staccatasi dall'llliria, si assoggetta ai Romani.
228. Asdrubale succede ad Amilcare.
226. I Romani raccolgono grandi forze per resistere ai Galli.
223. Vittoria dei Romani contro i Galli: i Romani passano il Po per la prima volta.
219. Annibale prende Sagunto.
217. Battaglia di Rafia. Antioco, re di Siria, vinto da Tolomeo Filopatore. Al Trasi-
meno, i Romani vinti da Annibale,
216. Battaglia di Canne.
212. Morte dei due Scipioni in Ispagna.
207. Asdrubale in Italia.
206. Dinastia degli Han nella Cina.
202. Lepido, Nerone e Sempronio annunziano a Tolomeo Epifane la disfatta dei Car«
taginesi.
26 CRONOLOGI
200. Ipparco osserva l'eclisse lunare del i2 settembre.
198. I Romani occupano l'Eubea,
•193. Annibale induce Antioco a far guerra ai Romani.
194. Per la prima volta il senato romano assiste agli spettacoli pubblici separatamente
dal popolo.
191. Antioco III il Grande, re di Siria, e Roma si dichiarano guerra. Tolomeo Epifane
offre soccorsi ai Romani.
190. Disfatta di Antioco: i Romani entrano in Asia.
189. Tolomeo rinnova i trattati cogli Ateniesi. Gli Spartani abbandonano la lega Achea
per allearsi coi Romani.
187. Vittorie dei Romani nell'Etolia, nella Gallo-Grecia, in Liguria ecc.
18S. Alcuni inviati di Eumene e dei Greci portano querelerai senato contro Filippo re
di Macedonia.
183. Questi invia suo figlio Demetrio per iscusarsi davanti al senato. Morte di Annibale.
180. il giovine re d'Egitto Tolomeo Filometore è posto sotto la tutela di Roma.
179. Sempronio Gracco, pretore nella Spagna Citeriore, distrugge trecento città dei
Celtiberi.
177. Lite fra i Liei e quei di Rodi, decisa a Roma.
174. Perseo, successore di Filippo, muove guerra a Roma.
172. Due consoli plebei a Roma per la prima volta.
169. Morte del poeta Ennio.
167. La Macedonia provincia romana.
166. Popilio va in Egitto, ed obbliga Antioco IV Epifane redi Siria a sgombrarne,
163. Tolomeo Evergete II re d'Egitto a Roma.
163. Assedio di Gerusalemme, fatto da Antioco V Eupatore re di Siria.
161. Legge Fannia contro il lusso in Roma.
160. Continua la divisione fra i due re d'Egitto. 11 Filometore difende i suoi diritti
con fortuna; fa sottomano guerra al re di Siria.
159. Morte di Plauto poeta comico.
156. Vittoria dei Romani in Dalmazia.
154. I censori fanno costruire un teatro di pietra a Roma. Pacuvio tragico.
152. Guerra dei Romani in Lusitania.
150. Onia, sommo sacerdote degli Ebrei in Egitto, domanda pel loro culto il tempio
di Rubaste. Terza guerra punica.
147. Filometore muore. Evergete II ne sposa la vedova, uccide il figlio, e sale al trono.
Pei disordini vien cacciato; ritorna; studia la zoologia.
146. Cartagine distrutta da Scipione.
EPOCA V.
143. La Celtiberia si ribella. Metello console la torna al dovere.
141, Guerra di Numanzia.
138. Il proconsole Popilio è disfatto dai Numantini.
137. 1 Romani sconfiiti accettano una pace vergognosa.
135. Guerra degli schiavi in Sicilia.
134. Scipione in Ispagna.
133. Il regno di Pergamo ereditato da Roma. Numanzia distrutta da Scipione. Tiberio
Gracco.
130. Nuovo censo a Roma ; conta 368,633 cittadini.
125. Principio delle guerre de' Romani contro i Galli transalpini.
123. Ristabilita Cartagine con cattivi auspizj.
122. Dionigi mette in rotta gli Allobrogi e gli Alverni popoli Galli.
121. La Gallia Narbonesc provincia romana.
112. L'Egitto continua a prender parte ne' litigi della Siria.
111. Guerra fra Giugurta e i Romani.
109. I Cimbri scacciati dalle Gallie entrano in Italia.
106. Quinto Cepione prende Tolosa con grandi ricchezze.
104. Trionfo di Mario contro Giugurta.
EPOCHE 27
103. Morte di Turpilio poeta comico, e di Lucilio satirico.
102. Vittoria di Mario contro i Cimbri ed i Teutoni nei dintorni d'Aix in Provenza.
99. Doiabella sottomette il Portogallo.
96. f^a Cirenaica lasciata ai Romani per legato dal re Apione.
94. Siila rimette Ariobarzane sul trono di Cappadocia.
91. Guerra de' Romani contro i Marsi. Guerra Sociale.
88. Guerra contro Mitradate, il quale inquietava Ariobarzane e Nicomede.
87. Roma attaccata da quattro eserciti di rivoltosi, comandati da Mario, Cinna, Carbone
e Sertorio.
86. Lucullo, di ritorno da Cipro, va alla corte di Tolomeo Sotero II. Nasce Catullo.
85. Nuovo censo a Roma, che dà 463,000 cittadini.
82, Mario vinto da Siila a Preneste : si uccide. Nasce il poeta Terenzio.
81. Tolomeo Alessandro II, re d'Egitto: i disordini continuano in questa corte: Siila
protegge quel re che, dopo la morte del dittatore , viene scacciato. Pompeo
trionfa dell'Africa.
79. Siila rinunzia la dittatura, muore, ed è sepolto nel Campo Marzio.
75. La Bitinia eredità di Roma,
75. Guerra degli schiavi in Italia.
71. Primo scontro dei Romani cogli Scili.
70. Discussione a Roma sulla legittimità del re d'Egitto, Tolomeo Aulete. Vittorie di
Lucullo nel regno del Ponto : va quindi in Armenia.
68. Guerra di Creta.
66. Giulio Cesare e Marco Crasso disputano uovamente pei diritti di Roma sul possedi-
mento dell'Egitto: i disordini dell'Aulete l'obbligano a mettersi sotto la prote-
zione di Roma. Cicerone pretore. Congiura di Pisone, di Catilina e d'Antonio.
64. Fraate III, re dei Parti, contro Tigrane.
59. Giulio Cesare va a Roma per domandare il consolato.
58. Unione di Cipro all'impero romano. Cicerone esigliato.
55. Crasso comanda in Siria, Pompeo in Ispagna, Cesare nelle Gallie.
52. Morte di Tolomeo Aulete. Principio del regno di Cleopatra, ultima dei Lagidi.
Insurrezione delle Gallie contro Cesare, che prende Avarico, Alesia e Gergovia,
e fa prigioniero Vercingetorige.
48. Vittoria di Cesare a Farsaglia contro Pompeo, il quale si rilira in Egitto, ov'è uc-
ciso. Cesare vi approda poco dopo, vuole regolarne gli affari. Guerra d'Alessandria.
46. Cleopatra ed il suo secondo marito Tolomeo assistono al trionfo di Giulio Cesare
a Roma.
45, Cleopatra vedova regna sola. Riforma del calendario romano fatta da Giulio Cesare,
Èra Giuliana.
43. Uccisione di Giulio Cesare. Triumvirato di Ottaviano, Antonio e Lepido, assecon-
dato da Cleopatra.
42. Peste e carestia in Egitto. Cesarione, figlio di Giulio Cesare e di Cleopatra, vi as-
sume il titolo di re.
4i. Antonio va dalla Cilicia in Egitto con Cleopatra.
38. Fa guerra in Armenia.
37. Antonio e Cleopatra celebrano un trionfo in Alessandria, dopo occupata l'Armenia.
34. Ottaviano prepara la guerra contro Antonio: il senato la dichiara a Cleopatra.
31. Battaglia d'Azio ; Antonio e Cleopatra fuggono in Egitto.
30, Alessandria presa da Ottaviano. Antonio e Cleopatra si danno la morte. L'Egitto
provincia romana.
27. Il titolo di Augusto è decretato dal senato ad Ottaviano.
25. Anno deciniolerzo del regno d'Erode. Carestia in Palestina.
23. La tribunizia podestà del popolo ed il proconsolato dati ad Ottaviano Augusto.
2J. Costui invia una colonia a Siracusa, ricolma di benefizj gli Spartani, e maltratta
gli Ateniesi fautori di Antonio.
19. Vittoria di Agrippa sui Cantabri. Erode ristabilisce il tempio di Gerusalemme,
17. Giuochi secolari dati a Roma da Augusto.
14. Incendio del tempio di Vesta a Roma.
28 CROKOLOGI/k
13. Augusto è creato pontefice massimo.
a. Vittorie di Druso di là del Reno.
7. Vittorie di Tiberio contro i Germani.
6. Nascita di Gesù Cristo, secondo san Clemente; nel 5, secondo Giuseppe Flavio; nel
3, secondo Baronio.
2. Augusto ottiene il decimoterzo consolato.
1. 25 dicembre. Nascita di Gesù Cristo a Betlem in Giudea, secondo la cronologia vul-
gare. Augusto regnava a Roma già da trent'anni, incominciando dalla battaglia
d'Azio: Cicerone era morto: Virgilio, Ovidio, Orazio fiorivano: i Galli sottoposti
ai Romani.
Èra cristiana.
2-10. Morte di Erode : Giuseppe e la Vergine ritornano a Nazaret (2). Carestia a Roma
(7). Atene vuol sottrarsi al giogo romano (10). Lo studio delle lettere fiorisce
nelle Gallie.
11-20. Augusto rinnova il censo; a Roma si trovano 4,137,000 cittadini (13J. Tito Livio
muore a Padova (18). Tredici città dell'Asia, Efeso, Magnesia, ecc. sono rovinate
dal tremuoto.
El'OCA VI.
21-30. Tiberio nomina Ponzio Pilato [trocuralore della Giudea (20). Gesù Cristo predica
il vangelo (29).
31-40. Elegge i suoi apostoli (31). Sua passione e morte (32). San Paolo va a conferire
con san l'ietro a Gerusalemme (37). Moderazione di Caligola (38) : sua ferocia (40),
41 -SO. San Pietro a Roma (42j. il nuovo censo dà a Roma 6,844,000 anime (46). Alcune
Provincie della Gallia ricevono da Roma il diritto di cittadinanza (48j.
SI -60. Alcuni Gentili di Gerusalemme abbracciano il cristianesimo (51). Nerone regna
(54). Stazio Orsolo, retore di Tolosa, predica il cristianesimo (58).
61-70. Nerone incendia Roma (04). il regno di Cozzio nelle Alpi unito all'impero ro-
mano (GO). Martirio dei santi Pietro e Paolo (67). Indipendenza dei Galli procla-
mata da Giulio Vindice (08). Galba, Ottone, Vilcllio e Vespasiano si succedono (69).
71-80. Incendio del Campidoglio. Tito |)rende Gerusalemme (71). L'Acaja, la Licia,
Rodi ed altre contrade dell'Asia unite all'impero (74). Gabiniano retore professa
nelle Gallie (76). Grande mortalità in Roma, fino di diecimila uomini al giorno
(78j. Muore Plinio il vecchio (80).
81-90. Tito muore (81), e il senato gli decreta onori divini (83). Domiziano esige il
titolo di Signore e Dio (87); scaccia da Roma i filosofi ed i matematici ; fa innal-
zare molti edifizj [)ubblici (90j.
91-100. Domiziano moltiplica statue in proprio onore (93). I primi |)redicatori del van-
gelo compajono a Tolosa, Arles, Tours, Parigi, Narbona, Clermont e Limoges
(95). In Roma molti prodigi (97). Il senato colloca Nerva fra gli Dei per la sua
grande equità (99). Evaristo successore di san Pietro, Lino, Anacleto e Clemente,
primi quattro vescovi di Roma (100).
101-110. Trajano trionfa degli Sciti. (102), ed unisce la Dacia all'impero (107j. Plinio
il giovine compone il suo panegirico a Traiano (108). La religione cristiana si
diffonde nelle Gallie (110).
Ili 120. Trajano ad Atene riceve gli ambasciatori di Cosroe (113), s'impadronisce del-
l'Armenia (Hi), muore in Cilicia (117). Adriano gli succede: abbellisce Ales
sandria d'Egitto (US). Plutarco scrive le \itc degli uomini illustri (120J.
121-130. Adriano visita le Gallie (121) Alcune sette cristiane nascono in Oriente (124).
Adriano chiama Gerusalemme ^€lia capitolina dal suo nome (130).
131-140. Visita l'Egitto, e fonda Antinoc (131); stabilisce una biblioteca pubblica ad
Atene (133). IJibellioue e sommessione degli Ebrei di Palestina (135) : loro finale
dispersione (136). Galeno medico (140).
141-150. Nuove sètte cristiane in Oriente (141). Regno benefico di Antonino Pio (145).
Ottavi giuochi secolari a Roma (147). Molti scrittori, filosofie letterati celebri(150).
151-160. Crescenzio rinnova il cinismo in Homa (151). Concilio di Pergamo (152).
Marc'Aurelio e Lucio Vero dichiarati cesari ed credi dell'impero.
RPOcnE 29
lt)1-170. Succedono ad Antonino Pio: per la prima volta in Roma due imperatori sul
trono (161). 1 Romani battuti da Vologeso III re dei Parti, che s'impadronisce
dell'Armenia. Lucio Vero vi ristabilisce l'autorità di Roma (IGo). Spedizione ro-
mana contro i Normanni (170).
171-180. Marc'Aurelio solo: Oppiano poeta (172). Peste in Roma (173). Marc'Aurelio
in guerra cogli Alemanni (174): va in Oriente (176). Commodo succede all'im-
pero (180).
181-190. Sant'Ireneo predica a Lione (183). Crudeltà di Commodo. Materno devasta le
Gallie (188). Il Campidoglio percosso dal fulmine (189).
191-200. Un incendio devasta Roma. Commodo dà magnifici speltacoli al popolo ro-
mano (191), ed è strozzato (192). Pertinace, Oidio Giuliano, Settimio Severo
si succedono (193). Pescennio Nigro, competitore di Severo, è vinto (195). Al-
bino, altro competitore, muore presso Lione (197). Severo fa la guerra in
Oriente (200).
201-210. Severo vincitore ritorna a Roma (203). Clemente Alessandrino (20o). Severo
porta guerra in Inghilterra (208): fa costruire una muraglia (210).
211-220. Caracalla fa trucidare Geta e il giureconsulto Papiniano (212). Visita le Gallie
(213). Macrino gli succede (217). Elagabalo successore di Macrino (218).
221-230. Alessandro Severo imperatore dopo l'uccisione d'Elagabalo favorisce i Cri-
stiani, che ottengono di fabbricare tempj (225). Ulpiano celebre giureconsulto
(226). Dione storico è creato console (229).
231-240. Alessandro Severo muove guerra ai Persiani, e ritorna a Roma (234) : è ucciso
(235). Massimino. Cinque imperatori sul trono di Homa nello stesso anno, Gor-
diano padre, Gordiano figlio, Gordiano il giovine, Pupieno ed Albino (237).
Gordiano il giovine sopravive a tutti, e regna solo (238).
241-250. Prima vittoria de' Romani sui Franchi vicino a Magonza (241). L'arabo Fi-
lippo, capo di ladroni, prefetto del pretorio ed imperatore (244): si fa cristiano
(244) Primo millennario di Roma celebrato coi giuochi del circo (247). Insur-
rezione dei governatori delle Provincie (249).
231-260. Imperatori eletti a capriccio dai soldati (25i-2.j3j. Peste nell'impero (255).
Alcuni governatori di provincia si dichiarano iniperatori (260).
261-270. Postumo imperatore delle Gallie ("261). I Franchi devastano le Gallie, e pas-
sano in Italia ed in Ispagna (262). Vittorino succede a Postumo (267). Telrico,
governatore dell'Aquitania, proclamato imperatore dei Galli a Rordeaux (268).
Claudio Quintilio ed Aureliano si succedono all'impero (270).
271-280. Aureliano prende il diadema invece della corona (271): fa la guerra a Zenobia,
regina di Palmira, e la conduce prigioniera a Roma. Tetrico si dimette, e fa
riconoscere Aureliano (273). I Franchi ottengono da Probo alcuni stabilimenti
nelle Gallie (277). Probo permette ai Galli di coltivare le viti (28(1).
281-290. Probo, Caro, Carino e Numeriano imperatori. Diocleziano ottiene l'impero
(284). 1 Ragaudi, popoli galli, condotti da Salvio ed Ebano, insorgono contro
l'impero (285). Massimiano Erculeo scorre le Gallie (288), e ristabilisce la città
di Cularo (Grenoble).
291-300. Costanzo Cloro, associato all'impero, governa i Galli e v'introduce i Franchi,
Diocleziano si fa adorare come Dio (395): perseguita i Cristiani (298).
30J-310, Diocleziano stabilisce un limite per il prezzo delle derrate. Galerio, associato
all'impero, ne dilata i confini sino al Tigri (301). Abdicazione di Diocleziano e
di Massimiano Erculeo (305). Marcello papa, dopo tre anni e mezzo di sede va-
cante per la persecuzione (308). Massimiano si strozza a Marsiglia (310).
311-320. Diocleziano vive privalo a Salona (311). Costantino convertesi al cristianesimo
(312). Licinio e Costantino regnano insieme. Concilio d'Arles (314), Costantino
favorisce i Cristiani perseguitati da Licinio (317). Abolizione delle leggi contro
il celibato. Costantino scrive contro gli aruspici e gli auguri (320).
fPOCA VII.
321-330. Nuova guerra fra Costantino e Licinio, il quale abdica e ultiene la pace; è
strangolato (324). Costantino fa morire il figlio di Licinio, Crispo suo proprio
30 CRONOLOGIA
figliuolo, e Fausta sua moglie (326). Trasporta la sede dell'impero a Bisanzio
(329). Inaugurazione di Costantinopoli, ad abbellir la quale Costantino profonde
tutte le ricchezze dell'impero (330).
331-340. Editto di Costantino contro i tempj pagani (331). Privilegi ai medici ed ai
professori (333). Costantino giuniore governa le Gallie (33S). 11 dotto liberiano
vi è creato prefetto del pretorio (335). Costante, fratello di Costantino giuniore,
governa le Gallie (340).
341-350. Guerra di Costante contro i Franchi nelle Gallie (341). San Paolo primo ere-
mita muore, e la vita monastica incomincia (543). Magnenzio imperatore delle
Gallie a Autun (350).
351-360. Costui, vinto da Costanzo, si uccide a Lione (353). Diversi fatti d'armi nel
nord delle Gallie tra i Franchi ed i Romani (358).
361-370. Giuliano apostato (361). Gioviano, suo successore, fa accettare il cristianesimo
all'esercito (361). Tremuoto in Sicilia (366). Franchi e Sassoni invadono diverse
Provincie delle Gallie (368).
371-380. Ottantamila Borgognoni si portano sul Reno (375). Valentiniano, scoppiatagli
una vena, muore (375). Graziano riunisce i due imperj d'Oriente e d'Occidente
(376), 11 poeta Ausonio, suo questore, governa le Gallie (578).
381-390. San Martino vescovo di Tours si fa conoscere pe' suoi scritti (382). Graziano,
Massimo, Valentiniano e Teodosio si disputano il supremo potere (388). Teodosio
distrugge i tempj pagani a Costantinopoli (390).
391-400. Tutte le Gallie sono in rivoluzione. Gli uffìziali franchi sono incaricati di se-
darne i tumulti: uno di essi, Arbogasto, fa strozzare Valentiniano 11 a Vienna
nel Delfinato (392). Arbogasto riconcilia i Galli ed i Franchi : battuto da Teo-
dosio muore. Questi unisce i due imperj, di cui Roma è la capitale (394): muore.
Onorio gli succede in Occidente, e Arcadio in Oriente (395). Anastasio papa (398).
1 barbari del Nord minacciano invadere le Gallie (iOO).
401-410. Alarico ed i Goti in Italia (401). Alarico è vinto (403). 1 Vandali, gli Alani, gli
Svevi devastano le Gallie (406). Claudio Costantino vi è riconosciuto imperatore.
Alarico assedia Roma (408)-, ne ordina il saccheggio (409); vi nomina impera-
tore Prisco Atalo, che poscia vilipende.
411-420. Claudio Costantino riconosciuto prima da Onorio (409), è poco tempo dopo
decapitato; suo figlio Costante è assassinato a Vienna nel Delfinato. Giovino im-
peratore a Magonza, e suo fratello a Narbona (411), Principio della dominazione
dei Franchi nelle Gallie. Faramondo (418).
421-430. Muore san Girolamo (422). Giovanni riconosciuto imperatore nelle Gallie (423).
Valentiniano IH imperatore d'Occidente. A Faramondo succede Clodione (427).
Ezio toglie ai Franchi una delle provincie del Reno (429).
431-440. Morte di sant'Agostino (431). 1 Franchi vinti da Ezio, che loro accorda la
pace (432). Pubblicazione del codice Teodosiano. Nuovi successi di Clodione coa-
tro i Romani (438). Leone Magno papa (440).
441-450. Clodione, vincitore dei Romani, fissa in Amiens la sede dell'impero (445);
attacca l'Artois (446) ; muore, e Meroveo gli succede (448). Attila dispone guerra
ai Romani : domanda a Valentiniano la mano di sua sorella, colla metà del-
l'impero (450).
451-460. Attila, battuto dai Romani vicino a Chàlons (451), devasta l'Italia (452), la
abbandona e muore (453). Childerico succede a Meroveo : è deposto, e viene
stabilito un governatore provisorio. Il regno di Borgogna fondato dai Galli (457).
Un tremuoto rovina la ciltà di Cizico (460).
461-470. Childerico rimesso in trono (463). Nasce Clodoveo (465). Leone, imperatore
d'Oriente, esclude dalle pubbliche funzioni i non cristiani (468). Concilio di
Chàlons -sur-Saone (470)
471-480. L'imperatore Antemio è ucciso : Olibrio (472), Glicerio, Giulio Nepote e Ro-
molo Augustolo imperatori d'Occidente. 1 Barbari formano una monarchia in
Italia ; Odoacre se ne intitola re (476).
EPOCHE 31
EPOCA VIK.
481-490. Clodoveo consolida il dominio de' Franclii nelle Gallie (482). Felice II papa,
bisavolo del pontefice Gregorio Magno (48;{). Clodoveo vince la battaglia di
Soissons contro i Romani fine del costoro dominio nelle Gallie (486). Teodo-
rico, capo degli Ostrogoti, invade l'alta Italia (i89).
491-500. Guodemaro, terzo re di Borgogna, muore (491). Clodoveo vince gli Alemanni
(496). Teodorico pubblica le sue leggi, prolegge le arti, segue le usanze ita-
liane, e va a Roma. Clodoveo vince Gundebaldo presso Bigione (.jOG).
501-510. Gundebaldo, re di Borgogna, pubblica il codice, la legge G'o/n6e»a (SOSj.
Vittoria di Clodoveo contro i Visigoti ed Alarico (507). Sede dell'impero dei
Franchi stabilita a Parigi (508).
5H-520. Concilio d'Orleans sotto l'autorità di Clodoveo: morte di questo re (5H). Au-
relio Cassiodoro e Boezio (516). Concilj di Lione e di Vienne (519).
321-330. Guerra dei figli di Clodoveo contro il re di Borgogna fino al 524. Felice IH
papa, nominato da Teodorico e quindi dal senato. Belisario muove guerra ai
Persiani (526). Esaltazione di Giustiniano al trono (527). Prima pubblicazione
del suo Codice (529j.
531-540. Continuazione delle guerre contro la Borgogna, l'Alvergua e i Visigoti (533).
Fine del regno di Borgogna (534). I figli di Clodoveo signori di tutte le Gallie,
tranne la Linguadoca (536) Giustiniano conferma le concessioni fatte loro dagli
Ostrogoti (540).
341-5d0. Vittoria di Belisario contro i Persiani (542). Totila, re dei Goti, prende e
saccheggia Roma (547). Belisario lo scaccia (548). Totila vi rientra (549J, e
muore tre anni dopo.
551-560. 11 |)atrizio Giovanni doma i Mori io Africa (551). Fine del dominio degli
Ostrogoti in Italia : Giustiniano ne è solo padrone (553). La semenza dei bachi
da seta arriva dalla Cina. Clotario, solo capo della monarchia dei Franchi (558).
561-570. Parigi resta città comune tra i quattro figli di Clotario (561). Sigeberto, uno
di essi, sbaraglia gli Unni che devastano le Gallie (502J. 1 Longobardi passano
dalla Pannonia in Italia, e vi fondano un regno (568). Nascila di Maometto (569).
Il vajuolo fa strage nelle Gallie (570).
571-580. Sigeberto muore assassinato (575). Irruzione dei Longobardi nel mezzodì
delle Gallie ; sono sbaragliali (^576). Chilperico, figlio di Clotario, gravemente
ammalalo, fa abbruciare i registri delle pubbliche imposte (580).
581-590. Clotario 11, re di quattro mesi (584). Guerra continua fra i principi francesi,
re d'Orleans, di Metz, e di Soissons (587). Childeberto battuto nella sua terza
incursione in Italia (589j. Gregorio Magno papa (590).
591-600. Clotario li battezzato (501). Papa Gregorio Magno riforma l'uffizio della Chiesa
romana (599). Clotario è battuto vicino ad Au.xerre dagli altri principi fran-
cesi (600).
601-610. La Guascogna soggiogala dai re Teodorico e Teodeberlo (601). Questi inva-
dono i possedimenti di Clotario II (604). Alleanza de' Francesi coi Longobardi
d'Italia (608;. Gli Alemanni del Reno attaccano la Borgogna Iransgiurana. Era-
clio imperatore d'Oriente (610). Turbolenze religiose; sella di Maometto.
611-620. Teodeberlo vinto da Teodorico, ed ucciso (612). Clotario II regna solo sui
Franchi (61 3J.
EPOCA l.\.
621-630. Dagoberto associato all'imperio da Clotario. Maometto predica la sua dottrina :
l'èra maomettana o Egira il 16 luglio 622. Dagoberto re (628) ; fa pubblicare
le leggi dei Franchi rivedute e complete (630).
631-640. Muore Maometto (632). Omar suo suocero e secondo successore, conquista
l'Egitto, distrugge gli avanzi della biblioteca d'Alessandria (640).
641-630. Amru, luogotenente di Omar in Egitto, prolegge i Cristiani copti ; ristabi-
lisce il canale dal Nilo al mar Rosso (6i7j. Il tilolo di f'Ommi pontefici è dato
ai papi da un concilio d'.Africa ; Teodoro è il primo che porta questo titolo, e
l'ultimo chiamalo fratello da un vescovo (646).
Zt CRONOLOGIA
651-660. Clodoveo (I, figlio di Dagoberto, distribuisce ai poveri l'argento della coper-
tura della chiesa di San Dionigi vicino a Parigi (651). Clotario III, primogenito
di Clodoveo II, succede a Sigeberto ed a Clodoveo II nell'Ostrasia e nella Neu-
stria (6S6). Childerico II, altro figlio di Clodoveo, re dell'Ostrasia (660).
661-670. L'imperatore Costanzo II, scacciato da Costantinopoli, viene a Roma e la
spoglia delle sue ricchezze (665). Pertarito, re longobardo fuggitivo, va in Fran-
cia a domandare soccorsi a Clotario III. Introduzione degli organi nefle chiese
(666). Tierrico II è detronizzato. Childerico II re di tutta la Francia (670).
671-680. Childerico è assassinato dai signori della sua corte (675). 1 Musulmani ten-
tano impadronirsi di Costantinopoli per sette anni consecutivi : Callinico ab-
brucia i loro vascelli col fuoco greco (678). Morte di Dagoberto II: Martino e
Pepino suoi figli gli succedono (679). Tierrico gli attacca: Martino è uc-
ciso (680).
681-690. Pepino, maestro di palazzo, governa l'Ostrasia (682) : vince presso Testry
Tierrico III, prende Parigi, e a Tierrico lascia il solo titolo di re. Fine del do-
minio de' Merovingi in ^rancia (687). Pepino regola l'amministrazione del regno
d'Occidente, e ritorna nell'Ostrasia (088).
691-700. Tierrico muore: Clodoveo III succede col solo titolo, ma senza potere (691).
Childeberto III succede a Clotario col medesimo titolo, avendo questi due re di
Neustria a lato due maestri di palazzo nominati da Pepino (695). Giustiniano II
fa trucidare la popolazione di Costantinopoli ; è detronizzato (695). Fine della
dominazione romana in Africa: Cartagine presa dai Musulmani (697). Concilio
di VVorms (700).
701-710. Giovanni VI (701) e Giovanni VII (705), pontefici di origine greca. Sisinnio e
Costantino pontefici (708). Pepino move guerra agli Alemanni, e li sotto-
mette (709).
711-720. Tarik, capo dei Maomettani, dislrugge la monarchia de' Visigoti in Ispagna
(712). Morte di Pepino : sua moglie ne conserva il governo (714). 1 Francesi
la depongono, ed eleggono Carlo Martello. Nascita di Pepino, figlio di Carlo Mar-
tello (71.5). Pelagio re delle Asturie (718). Carlo Martello prende Parigi (719).
I Saracini occupano la Gallia Narbonese (720).
721-730. Eude scaccia i Saracini da Tolosa e dal suo ducato d'Aquitania (721). Rien-
trano essi in Francia, occupano Carcassona, Nimes, e saccheggiano Autun (725).
I Fiomani scacciano Basilio loro duca, e il pontefice Gregorio lì ottiene l'inten-
denza amministrativa di Roma (726). 1 Saracini in Provenza (729).
731-740. Carlo batte i Saracini nel Poitou, e riceve il sopranome di Martello (732);
s'impossessa dell'Aquitania (733 ; sottomette la Provenza (739).
741-750. Primi nunzj ponlifizj arrivati in Francia. Morte di (^arlo Martello che divide
gli Stati fra i suoi due figli Pepino e Carlomanno (741). Nascita di Carlo Magno
(742). Carlomanno veste l'abito monastico (747) Origine della dinastia dei ca-
liffi Abbassi di (750).
751-760. Pepino il Piccolo ricusa il titolo di re dei Francesi : il papa Zaccaria, con-
sultato, risponde che devesi dare il titolo a colui che tiene il potere. Pepino è
proclamato a Soissons : Childerico III è deposto e rinchiuso in un chiostro (752).
Fine della prima schiatta dei re di Francia. Il papa Stefano II va in Francia (753).
Pepino, consacrato da quel pontefice a San Dionigi, introduce la formola per
la grazia di Dio (754) ; fa conquiste in Italia, e le dona al papa. Principio
del dominio temporale dei pontefici (755). L'imperatore Costantino IV Copro-
nimo manda a Pepino il primo organo che siasi veduto in Francia (757 .
761-770. L'astronomia e la filosofia fioriscono presso gli Arabi sotto il califfato di Al-
manzor a Bagdad. Guerra di Pepino contro Vafro duca d'Aquitania : muojono
ambidue. Carlo e Carlomanno succedono a Pepino loro padre (768). Carlo sposa
la figlia di Desiderio re dei Longobardi in Italia (770).
771-780. Carlomanno muore, Carlo Magno regna solo (771). Prende Pavia, fa prigione
il suo suocero, e termina co.sì la potenza dei Longobardi in Italia : nuove dona-
zioni fatte al papa. Carlo Magno è proclamato re d'Italia (774). Concilio che
accorda a Carlo Magno il diritto di eleggere il pontefice, e il diritto d'investi-
EPOCHE 35
tura riguardo ai vescovi de' suoi Stati (775). Guerre quasi continue tra i re del-
l'Eptarchia inglese.
781-790. Irene governa Costantinopoli a nome del figlio. Pepino, figlio di Carlo Ma-
gno, consacrato re d'Italia, e suo fratello Luigi re d'Aquitania (781). Disfatta
totale dei Sassoni, vinti da Carlo Magno (783). Questi procura di ristabilire gli
studj in Francia (787), 11 califfo Aron al-Rascid fa tradurre in arabo molti au-
tori greci (790).
791-800. Contro Carlo Magno cospira Pepino il Gobbo, suo figlio naturale, il quale è
rinchiuso in un chiostro (792). Concilio di Francoforte sul Meno, convocato,
presieduto, confermato e pubblicato da Carlo Magno (79i). Leone III papa invia
a Carlo Magno lo stendardo di Roma (79G) : è installato sulla santa sede da
questo principe (799). Carlo Magno coronato imperatore a Roma il-2S dicem-
bre del 799. Egberto vuol riunire tutta l'Inghilterra in un sol regno. Aron al-
Rascid in corrispondenza con Carlo Magno (800).
80J-8I0. Aron al-Rascid cede i luoghi santi a Carlo Magno, e gl'invia ambasciatori
(801). Codice delle leggi fatto da Carlo Magno nel parlamento d'Aquisgrana (801).
I prelati e gli abbati sono dispensati dalla milizia (803). Carlo Magno divide i
suoi Stati fra tre suoi figli (806). Prima invasione dei Normanni in Francia (808).
8H-820. Carlo Magno stabilisce molte scuole pubbliche ; istituisce nel suo palazzo una
accademia, che fegli medesimo presiede, avendo per assessori Alenino, Pietro
da Pisa ed altri dotti. 11 concilio di Tours ordina che ciascun sacerdote abbia
una traduzione, sia in lingua romana, sia in lingua teotisca, delle omelie dei
santi Padri, non essendo ben inteso il latino (813). Morte di Carlo Magno.
EPOCA X.
Lodovico 0 Luigi il Pio gli succede (814). Questo re dona al papa la città
e il ducato di Roma, ritenendone per sé la sovranità (817). I Musulmani s'im-
padroniscono dell'isola di Creta, scacciandone le truppe di Michele il Ralbo (820).
821-830. Capitolare di Lodovico Pio, che restituisce alla Chiesa il diritto d'elezione (822).
II clero di Roma giura fedeltà agli imperatori Lodovico e Lotario (824). Aroldo,
re di iDanimarca, espulso dai suoi Stati, va in Francia e fa omaggio del suo
regno a Lodovico Pio (826). Egberto il Grande re di tutta l'Inghilterra (827),
831-840. Nuova ribellione dei principi franchi contro Lodovico Pio, il quale viene
deposto e chiuso in un monastero (833). È rimesso in trono (8.34). Invasione
dei Danesi in Inghilterra (837) ed in Francia sulla Loira (838).
841-850. Battaglia di Fontenay tra i figli di Lodovico Pio, Carlo di Francia e Lodo-
vico di Baviera, vincitori di Lotario e di Pepino. I Normanni devastano le rive
della Senna (841), e si estendono fin nelle provincie centrali della Francia (845).
Teodora, imperatrice in Oriente, reggente per Michele IH, fa uccidere più di
centomila eretici in Armenia (845). I Saracini marciano sopra Roma (847).
851-860. Vittoria del re d'Inghilterra contro i Danesi ad Ocklay. Morte d'Abderamo li
re di Cordova, lasciando ottantacinque figli (832). Vittoria degli Aquitani con-
tro i Saracini a Poitiers. Formazione del regno di Provenza (835). Tra i ponte-
fici Benedetto IH (855) e Nicola (858) vien collocata la pretesa papessa Giovanna.
861-870. La Chiesa greca separata dalla Chiesa latina (862). Carlo, re di Provenza,
muore a Lione senza successori (863). Conversione de' Bulgari e del loro re alla
fede cristiana (865). Carlo il Calvo s'impadronisce della Lorena (869), e ne di-
vide il dominio con suo fratello Lodovico (870).
871-880. Alfredo il Grande re d'Inghilterra (871). Carlomanno privato degli occhi per
indegni trattamenti contro il padre (875). Carlo il Calvo muore a' piedi del
Moncenisio, ritornando in Italia. I Saracini fanno capitolare il pontefice a Roma
(877). L'imperator greco Basilio l fa compilare i Basilici (880).
881-890. Carlo il Grosso succede a Lodovico ed a Carlomanno (884). Parigi assediata
dai Normanni (886). Eude eletto re di Francia (887). Sua vittoria sui Normanni
vicino a Parigi (889). Luigi re di Provenza è riconosciuto dal concilio di Va-
lenza nel Delfinato (890),
891-900. Carlo il Semplice riconosciuto re di Francia; Eude vi si oppone (893). Di-
Cantù, Documenti^ Tomo I. 3
54 CRONOLOGIA
visione della monarchia tra Eude e Carlo. 11 pontefice Stefano VI fa disepellire
il predecessore Formoso, e condannare e giustiziare come vivo (896), Morte del
re Eude. Carlo il Semplice, re di Francia, nuovamente riconosciuto (898). Morte
d'Alfredo il Grande (900j.
901-910, Leone V scacciato da Cristoforo dopo alcuni giorni di pontificato (903), Cri-
stoforo viene espulso da Sergio (904). Elevazione dei Fatimiti al califfato d'A-
frica. Vittorie d'Edoardo, re d'Inghilterra, contro i Danesi (909).
911-920. Rollone, capo dei Normanni, primo duca di Normandia (911). La schiatta di
Carlo Magno si estingue in Alemagna colla morte di Luigi IV. Corrado vien
eletto per succedergli (912j. I signori francesi riuniti a Soissons negano l'omag-
gio a Carlo il Semplice per re di Francia (920).
921-930. Roberto, duca di Francia, riconosciuto re dai signori ribelli a Carlo (922j :
è ucciso, Carlo fugge in Alemagna, e Rodolfo di Borgogna vien eletto re (923).
Cinque imperatori occupano insieme il trono di Costantinopoli. Morte di Carlo
in prigione (929). Principio del regno d'Arles (930?).
931-940. Rodolfo non è riconosciuto in Linguadoca se non dopo la morte di Carlo (932).
Sede vacante a Roma per tre anni : Leone VII pontefice. Rodolfo muore : Luigi IV
d'Oltremare è eletto (936). Nuova lega dei signori francesi contro il re (938).
941-950. L'ordine è ristabilito in Francia (942). 11 re Luigi prigioniero dei Normanni
(944), viene lasciato in libertà (946). Ugo il Bianco, capo dei signori ribelli, si
sottomette al re (950).
951-960. Luigi IV va in Alvergna per sostenere Guglielmo Testa-di-stoppa, nominato
per sua scelta (951). Lotario associato alla corona (952). Luigi muore vicino a
Reims nel cacciare un lupo (954). Morte di Costantino Porfirogenito, gran dotto
e infimo principe (959).
961-970. Ottone il Grande riunisce l'Italia all' Alemagna, dopo la deposizione del re Be-
rengario (961). L'impero d'Occidente passa ai principi alemanni, per mezzo di
Ottone. Origine dell'impero di Germania (962). 11 pontefice è deposto da Ot-
tone, che elegge in sua vece Leone VIII, semplice laico (963). Benedetto V eletto
dai Romani, non confermato dall'imperatore (964) : muore ; e gli succede Gio-
vanni XIII, il quale incorona Ottone il Giovane come successore all'impero (967).
971-980. Edgardo, re d'Inghilterra, stermina i lupi da' suoi Stati (973). Cessione della
Lorena come feudo all'imperatore (980).
981-990. Luigi V l'Infingardo succede a Lotario (986), Muore, ultimo rampollo di
Carlo Magno. Elezione di Ugo Capeto, capo della terza schiatta (987) : l'Aqui-
tania e la Linguadoca ricusano riconoscerlo. Gerberto (Silvestro II) inventa il
primo orologio e introduce l'uso delle cifre arabiche (990).
991-1000. Prima canonizzazione di un santo (s. Ulderico, 993). Ugo Capeto muore:
Roberto II suo figlio gli succede. Gregorio V pontefice (996) ; scomunica re Ro-
berto, interdice Berta moglie di lui, e il re trovasi costretto a ripudiarla (998).
Gerberto, primo pontefice francese (999). Stefano, re d'Ungheria (1000).
1001-1010. Danesi uccisi in Inghilterra (1002). Guerra per il ducato di Borgogna tra
Roberto e il conte Ottone. I Danesi devastano l'Inghilterra (1005). Boleslao re
di Polonia (1006). Hakem Bamrillah terzo califfo fatimita regna in Egitto, dagli
Arabi paragonato a Nerone (1010).
1011-1020. Svenone, re di Danimarca, proclamato re d'Inghilterra (1014). Canuto il
Grande, suo figlio, gli succede. Vladimiro, granprincipe di Russia, muore, di-
visi gli Stati fra dodici figli (1015). Introduzione del cristianesimo in Norve-
gia (1020).
1021-1030. Il concilio d'Orleans fa bruciare i capi di una nuova setta cristiana (1022).
Il re Roberto ricusa l'impero, Corrado II è eletto ; capo della schiatta salica
(1024). Guitton d'Arezzo sostituisce le note alle lettere per la musica (1028),
Decadenza dei Maomettani in Spagna (1030).
1031-1040. Morte del re Roberto (1031). Fine del regno d'Arles e di Provenza (1032).
Alla morte di Sancio il Grande il regno di Navarra è diviso in quelli di Navarra,
di Castiglia, d'Aragona e di Sobrarve (1035). Fine dei califfi Ommiadi di Spa-
gna (1036),
• Epoche 3S
1041-1030. Decadenza dei Danesi io Inghilterra (1042). I Normanni si stabiliscono a
Napoli (1043). Corpo di leggi dato all'Inghilterra da Edoardo III (10i4). Ferdi-
nando I scaccia i Saracini. Tre pontefici contemporanei a Roma: l'imperatore
Enrico li fa deporre, ed è nominato in loro vece Clemente II (1040). Abbocca-
mento di Guglielmo duca di Normandia, e di Edoardo HI re d'Inghilterra (1048).
1031-lOGO. Leone IX fa guerra ai Normanni d'Italia; è vinto, fatto prigioniero, rin-
chiuso in Benevento (1055). Nicola II, pontefice (1058), riceve come vassalli i
Normanni della Puglia. Origine del regno di Napoli (1059).
1061-1070. Abubekr getta i fondamenti del suo impero nell'Africa settentrionale (1061).
Conquista d'Inghilterra per Guglielmo duca di Normandia, assicurata dalla bat-
taglia d'IIasting. Fine del dominio anglo-sassone in Inghilterra (1060). Prima
crociata regnando Filippo, il quale non vi prende parte attiva (1070).
4071-1080. I Turchi vantaggiano contro l'imperatore d'Oriente (1071). Gregorio VII
papa (1076) estende il potere pontifizio : guerra tra il sacerdozio e l'impero
(1079). Proibisce definitivamente il matrimonio dei preti, e riserva al solo ve-
.scovo di Roma il titolo di papa : egli è scomunicato dal concilio di Utrecht.
Due cavalieri decidono con duello, in Ispagna, se l'uffizio romano sarà sosti-
tuito al gotico ; il campione del primo rimane ucciso, ma il re Alfonso VI abo-
lisce il secondo (1080).
1081-1090. Filippo, re di Francia, fa una croce invece della sua firma. Alfonso VI scac-
cia i Saracini da Toledo e da Madrid (1085). Guglielmo il Conquistatore, re
d'Inghilterra, move guerra alla Francia. Prima rivalità fra questi due Stati.
Morte di Guglielmo (1087).
1091-1100. Il re d'Inghilterra attacca la Scozia : questa guerra si termina con un trat-
tato di pace (1091). Enrico di Borgogna caccia i Mori dal Portogallo : è creato
conte di quel paese (1094).
EPOCHE XI E Xll.
Concilio di Clermont, in cui viene proclamata la crociata per Terrasanta (1095).
Principio del regno di Gerusalemme (1098). Creazione dell'ordine di San Gio-
vanni di Gerusalemifle (1100).
4101-1110. Scisma a Roma: tre antipapi durante il pontificato di Pasquale lì. Questi
va in Francia. Assodamento delle repubbliche italiane (1106). Luigi VI re di
Francia (1108) propone al duca di Normandia di decidere le loro querele con
un duello che il duca ricusa (1110).
4111-1120. L'imperatore Enrico V fa arrestare il pontefice a Roma, e lo conduce in
Germania: il pontefice, messo in libertà, incorona lo stesso Enrico (1111). II
diritto romano rimesso in vigore nell'Italia (Ilio). Pace fra il re di Francia e il
duca di Normandia (1120).
4121-1130. Enrico V marcia contro la Francia; Luigi VI fa portare alla guerra, per
la prima volta, l'orifiamma di san Dionigi (1124). Stabilimento dei Comuni in
Francia durante il regno di Luigi VI. Ruggero II, primo re normanno delle due
Sicilie (1130).
4131-1140. Folco, conte d'Anjou, succede a suo suocero nel regno di Gerusalemme
(1139). Alfonso Henriquez, re di Portogallo (1139).
4141-1150. Baldovino III, quinto re francese di Gerusalemme (1142). L'arcivescovo di
Bourges, nominato dal pontefice Innocenzo lì, non è riconosciuto dal re Luigi;
interdetto il regno, ribenedetto da Celestino II successore d'Innocenzo (1145).
I Romani ristabiliscono il senato, e danno l'autorità sovrana ad un patrizio,
dopo di aver ucciso il pontefice Lucio II (1145). Partenza di Luigi il Giovane
per la crociata (1146) ; suo ritorno (1150).
4151-1160. Morte di Suggero, abbate di San Dionigi (1151). Il duca di Normandia
ottiene l'Aquitania collo sposare Eleonora, divisa dal re Luigi (1152). Adriano IV,
inglese, pontefice. Esaltazione dei Plantageneti alla corona d'Inghilterra. Legge
del re Luigi per l'amministrazione della giustizia in Francia. Questo re è il primo
che usò i gigli (1154). L'Austria eretta in ducato (1156). Gli Svedesi s'impadro-
niscono della Finlandia (1157).
36 CRONOLOGIA
1161-H70. Il pontefice Alessandro III si ritira in Francia fl'lGI). La Sardegna eretta
in regno (1^61), Pasquale III e Calisto III antipapi. Federico Barbarossa prende
Roma (1167). Lega lombarda.. Alessandria in Piemonte, fondata in onore del
pontefice Alessandro III (1168).
1171-1180. Fine dei Fatimiti in Egitto. Noraddino, sultano d'Aleppo, loro successore:
Saladino suo luogotenente in Egitto (1171). Enrico II d'Inghilterra s'impadro-
nisce dell'Irlanda (1172). Saladino si fa sultano d'Egitto (1174). Fine della
guerra tra la Francia e l'Inghilterra (1177). Filippo Augusto re (1180).
1181-1190. Ai cardinali diritto esclusivo di eleggere il pontefice (1181). Filippo Augusto
scaccia gli Ebrei, fa lastricare Parigi (1185), Saladino sbaraglia i Franchi a Ti-
beriade, ed entra vincitore in Gerusalemme (1187). Filippo Augusto riscuole la
decima saladina per la terza crociata (1188): prende con sé l'orifiamma di san
Dionigi, ordina di circondare Parigi di mura, e parte per la Siria (1190).
1191-1200. Presa di San Giovanni d'Acri fatta dai Franchi (1191). Il regno franco di
Gerusalemme ridotto a quattro sole città (1192). Filippo Augusto perde i titoli
della corona in una battaglia contro gl'Inglesi, vicino a Blois (1194). Il pontefice
vende agli Ebrei il permesso di rientrare in Francia. Fondazione del regno di
Boemia. Innocenzo III pontefice (1198). Filippo Augusto, rappacificatosi con sua
moglie Ingelburga, abbandona Maria che egli avea sposata quattro anni prima
(1200).
1201-1210. il re d'Inghilterra perde la maggior parte delle sue provincie di Francia
(1203). Baldovino, conte di Fiandra, è eletto imperatore di Costantinopoli (1204).
L'Inghilterra messa sotto interdetto dal pontefice Innocenzo III (1208). Concilio
di Parigi che condanna ad essere bruciati quattordici discepoli del settario Amaury,
coi libri della Metafisica d'Aristotele (1210).
1211-1220. Concilio di Pamiers contro gli Albigesi. Alfonso IX re di Casliglia, vincitore
dei Maomettani in Ispagna (1212). Battaglia di Bouvines guadagnata da Filippo
Augusto contro Ottone ed il conte di Fiandra (1214). Concilio IV di Laterano, sta-
bilisce il tempo della confessione sacramentale (121S). I Franchi in Egitto (1218).
1221-1230. Il cancelliere di Francia ottiene il diritto di sedere fra i pari M223). San
Luigi IX: la regina Bianca, reggente (1226). Invasione di Gengis-kan (1227).
L'imperatore Federico II incoronato a Gerusalemme (1229), Riunione dei regni
di Leon e di Castiglia (1230).
1231-1240. Prima bolla pegli Ordini mendicanti, del pontefice Gregorio IX (1231),
San Luigi assoggetta gli ecclesiastici al giudizio del re e dei signori nelle cause
civili (1234). Lotte dei Guelfi e dei Ghibellini in Italia, gli uni favorendo il
pontefice, gli altri l'imperatore (1236). San Luigi reprime i tentativi del clero
sull'amministrazione temporale : ricusa la corona imperiale offertagli dal ponte-
fice a danno di Federico li scomunicato (1259).
1241-1250. Concilio di Lione, che accorda il cappello rosso ai cardinali (1245). Fra
Giovanni da Carpi penetra nella Tartaria (1246). San Luigi parte per Terrasanta
(1248): è sconfitto e fatto prigioniero (1250),
1251-1260. Suo ritorno in Francia (1254). Gl'inquisitori stabiliti in Francia (1255). La
Germania è senza capo. I baroni inglesi , ribelli al re Eurico III , lo obbligano
ad una riforma del governo (1258). Fondazione dell'ospedale dei Trecento ciechi
fatta da san Luigi. Alfonso X ordina di scrivere gli atti pubblici in lingua vul-
gare. La bussola è conosciuta ed usata in Francia (1260).
1261-1270. Concilio di Parigi contro i Catari. Il luogotenente di Michele Paleologo
prende Costantinopoli, scacciandone Baldovino II (1261). Le isole Baleari costi-
tuiscono il regno di Majorca (1262). Carlo d'Anjou, re di Napoli (1266). San Luigi
si suppone dia la Prammatica sanzione (1269): pubblica i suoi statuti , e parte
novamente per la crociata; arriva a Tunisi, e vi muore di peste (1270), Viaggi
di Marco Polo,
EPOCA Xlll.
1271-1280. Filippo III l'Ardito porta a spalle da Parigi a San Dionigi le ossa del re
Luigi suo padre (1271). Rodolfo di Absburgo, primo della casa d'Austria, eletto
EPOCHE 37
imperatore di Germania. Fine del dominio dei Franchi a Costantinopoli per la
morte di Baldovino li (1273). Filippo l'Ardito cede il contado venesino al pon-
tefice (!274j. 11 re Filippo fa appiccare Pietro de La Brosse divenuto suo primo
ministro, dopo di essere stato barbiere di Luigi IX (1278). Concilio d'Angers con-
tro il clero che disprezzava la scomunica (1279). I Veneziani inventano gli specchi,
1281-1290. Vespri siciliani : il pontefice scomunica tutti gli abitanti di Palermo (1282).
Leolino principe di Galles, è ucciso, e suo fratello viene escluso per ordine del
re d'Inghilterra Edoardo, il quale unisce questo principato alla corona (1283).
11 re d'Inghilterra rinuncia il Qucrcy in favore di Filippo il Bello (1290).
1291-1300. I Genovesi scoprono le Canarie. I Franchi abbandonano la Siria (1291).
Edoardo d'Inghilterra invade la Scozia, obbliga il re a consegnargli la corona,
e lo rinchiude nella torre di Londra; abbrucia gli archivj, e manda guarnigione
in tutte le città (1290). I cannocchiali sono conosciuti in Francia (1500). Risor-
gono le arti in Italia con Cimabue, Oderisi, Nicola da Pisa, Arnolfo, Gaddo Caddi.
1501-1310. Contese tra il pontefice Bonifazio Vili e Filippo il Bello, il quale rifiuta
riconoscere per superiore il capo della gerarchia ecclesiastica (1301). Assemblea
su ciò tenuta dal re a Parigi, ove i notabili delle principali città intervengono
(1502). li pontefice Bonifazio muore senza pubblicare una bolla, in cui dichiarava
i suoi diritti temporali. Benedetto XI suo successore (1303) disapprova le pre-
tensioni del suo predecessore. Guglielmo Teli; origine della Confederazione el-
vetica (1508). I pontefici trasportano la loro sede ad Avignone (1509). Dante,
Petrarca, Boccaccio.
1311-1520. Concilio di Vienne. Condanna dei Templarj (Ioli). Giovanni XXII pontefice
(1316). Legge Salica, che esclude le donne dal trono di Francia (1317). Scisma-
tici abbruciati. 11 re tenta introdurre in Francia l'uniformità dei pesi e delle
misure (1320).
1521-1530. Concilio d'Avignone contro gli avvelenatori ed incantatori (1321). Filippo VI,
primo dei Valois, nominato re dagli Stati (1328). Edoardo III, re d'Inghilterra,
va ad Amiens per ollrire omaggio al re di Francia (1329). Invenzione della
polvere da cannone, fatta da Bertoldo Schwartz (1330).
1331-1340. I Turchi s'impadroniscono di Nicea (1333). Abusaid, ultimo gengiskanide
di Persia: anarchia di venticinque anni. Nasce Tamerlano (133o). Nuova guerra
tra Francia e Inghilterra (1556). Edoardo III prende il titolo di re di Francia, ed
aggiunge i gigli allo stemma d'Inghilterra (1339). Primo uso del cannone (1340).
1511-1350. L'impero di Germania, offerto a quattro principi, tocca a Carlo IV, figlio
del re di Boemia. Edoardo IJl prende Calais. Cola di Rienzo (1347). Peste orri-
bile (1348). Il Delfinato e la contea di Montpellier uniti alla Francia. Edoardo
istituisce l'ordine della Giarrettiera (1349).
1351-1300. Carlo IV pubblica la Bolla d'oro^ opera del giureconsulto Bartolo (1356). Re
Giovanni prigioniero degl'Inglesi. Il delfino Carlo reggente convoca gli Stati
(1356). Cospirazione di Stefano Marcel a favore degl'Inglesi (1356). I contadini
si sollevano contro i signori, formando una confederazione, chiamata la /acqfuene.
Pace tra Francia e Inghilterra; liberazione del re Giovanni (1560).
lofi! -1370. I ducati di Borgogna, di Normandia, le contee di Tolosa e di Champagne
unite alla Francia (1561). Il parlamento d'Inghilterra ricusa al pontefice il tributo
(1366). Tamerlano comincia le sue conquiste in Oriente (1570).
1371-1380. Vittoria dei Francesi comandati dal connestabile Bertrando Duguesclin. Som-
messione del Poitou e della Bretagna (1373). Sbarco dei Francesi in Inghilterra.
Morte d'Edoardo III (1377). Duplice elezione di pontefici per quarant'anni (1378).
Morte di Carlo V : la sua biblioteca di novecento manoscritti fu la prima origine
della Biblioteca reale (1580),
1381-1390. 11 duca d'Anjou tenta salire sul trono di Napoli. Carlo VI infierisce contro-
i Parigini ribellatisi a motivo delle enormi imposte (1582). Venceslao vende la
libertà delle città d'Alemagna ad alcuni signori (1585). 11 re d'Armenia, scac-
ciato dai Turchi, arriva in Inghilterra. Si comincia il duomo di Milano (1586).
Bonifazio IX eletto pontefice, vivo ancora Clemente VII (1589). Gli Zeno scoprono
la Groenlandia e le parti più settentrionali dell'America,
38 CRONOLOGIA
1394-1400. Re Carlo VI demente: invenzione del giuoco delle carte (1393). Primo
concilia nazionale di Francia a Parigi (1393). La repubblica di Genova si dà alla
Francia. Battaglia di Nicopoli in Ungheria contro Bajazet, ove perisce il fiore
della nobiltà francese (1396). L'imperator greco Manuele Paleologo minacciato
da Bajazet; arriva a Parigi. I principi alemanni depongono Venceslao; eleggono
Federico di Brunswick, poscia Roberto conte palatino (1400).
1401-1410. Conquista delle Canarie, supposta fatta da Giovanni di Betancourt (1402).
Muore Tamerlano, partendo per la conquista della Cina (140o). Dissensione nella
famiglia reale di Francia durante la demenza di Carlo VI. 11 duca di Borgogna
fa assassinare il duca d'Orleans (1407). Genova riacquista la sua indipendenza.
Guerra civile in Francia (1410).
1411-1420. I principi francesi, armati contro la Corte, chiamano gl'Inglesi in Francia
(1412). Concilio di Costanza, che fa il pontefice sottoposto all'autorità dei concilj
(1414). Scoperta di Porto Santo (1418) e di Madera (1419), fatta dai Portoghesi.
Il re di Francia cede la corona al re d'Inghilterra Enrico V: il delfino vi si op-
pone, e vedonsi nel medesimo tempo in Francia due re, due regine, due reg-
genti, due parlamenti e due università di Parigi (1420).
1421-1450. Carlo VII tenta espellere gl'Inglesi dal regno. Enrico VI d'Inghilterra, fan-
ciullo, succede ad Enrico V suo padre, ed assume il titolo di re di Francia, che
ì suoi successori portarono fin al principio del corrente secolo (1422). Primo
lazzaretto istituito dai Veneziani (1425). Il sultano d'Egitto sbarca in Cipro, fa-
cendovi prigioniero il re Giovanni II (1426). Gli Inglesi assediano Orleans (1428):
Giovanna d'Arco gli obbliga a ritirarsi, continua le sue vittorie, e Carlo VII è
incoronato a Reims (1429). Giovanna prigioniera degli Inglesi (1450).
1451-1440. Gli Inglesi fanno giudicare Giovanna: è abbruciata viva a Rouen. Enrico VI,
re d'Inghilterra, consacrato re di Francia a Parigi. Il re Carlo VII continua la
guerra con vantaggio (1431). Carlo VII prende Parigi, e ne scaccia gl'Inglesi
(1456). Assemblea di Bourges, in cui viene stabilita la Prammatica sanzione, la
quale determina i diritti e le libertà della Chiesa gallicana (1438). Scissione defi-
nitiva della Chiesa greca dalla Chiesa latina. Invenzione della stampa con carat-
teri mobili (1440).
1441-14S0. Tregua tra Francia e Inghilterra (1444). Fondazione della biblioteca Vati-
cana (1446). Scoperta delle isole di Capo Verde (1449). Gl'Inglesi sono snidati
dalla Normandia e dalla Gujenna. La stampa produce molte grandi opere (1450).
Comincia la fabbrica di San Pietro Vaticano.
1451-1460. Costantino XII e Demetrio Paleologhi si disputano l'impero. Demetrio chiama
in suo soccorso l'imperatore ottomano Maometto II, che s'impadronisce di Co-
stantinopoli e mette fine all'impero d'Oriente (1453). L'incisione in rame trae
origine dai nielli. Maometto II assedia Belgrado (1456). I dotti greci rifuggono
in Italia, e vi propagano cognizioni. Sbarco dei Francesi in Inghilterra (1457).
1461-1470. Re Luigi XI sopprime la Prammatica sanzione. Cessione del Roussillon e
della Cerdagna alla Francia (1463). Il pontefice Paolo II conferisce il titolo di
cristianissimo al re di Francia. Guerra del Bene pubblico, ossia lega dei signori
francesi contro l'oppressione della Corte (1465). La stampa s'introduce in Fran-
cia (1470).
1471-1480. Fine della casa di Lancaster in Inghilterra. Edoardo IV, primo re della
casa di York. Istituzione dell' ordine di San Michele in Francia (1471). Riu-
nione della Gujenna alla Francia (1472). Prima alleanza tra Francia e gli Sviz-
zeri (1474). Sbarco d'Edoardo a Calais (1475). Riunione della Borgogna alla
Francia. I primi monti di pietà a Perugia (1477). I Turchi in Italia. Luigi XI
istituisce le poste. 11 titolo di maestà dato ai re (1480).
1481-1490. Luigi XI erede della Provenza (1481). Scoperta del Congo. Enrico VII primo
re della casa di Tudor in Inghilterra (1485). Scoperta del capo di Buona Spe-
ranza (1480). Fine dei re Franchi di Cipro per la cessione fattane da Caterina
Cornare ai Veneziani (1489).
EPOCHE 39
EPOCHE XIV E XV.
1491-1500. Scoperta dell'isola di San Salvador fatta da Cristoforo Colombo (1492), e
delle Antilie (1493). Carlo Vili si propone la conquista di Napoli (1495); prende
Napoli, e ritorna in Francia (1496). Istituzione del Gran Consiglio (1497). Sco-
perta dell'isola della Trinità, delle coste orientali d'Africa, della costa delMalabar
(1498), delle coste orientali d'America fatta da Amerigo Vespucci (1499), del
Brasile, del tìume delle Amazoni e di Terra Nuova da Giovanni Cabotto (1500).
1501-1510. Ismael Sofì, primo scià di Persia, ristabilisce la setta d'Ali (1501). I Fran-
cesi abbandonano Napoli, che resta alla casa d'Aragona (1503). Guerra tra i Ve-
neziani ed il sultano ottomano (1504). Scoperta del Madagascar e di Seilan (1506),
Lega di Cambrai contro Venezia (1508). Lega contro la Francia (1510). Rafaello,
Michelangelo, Lionardo da Vinci, Andrea del Sarto, altri rinomati artisti.
1511-1520. Scoperta delle isole della Sonda e delle Moluche (1511), della Florida (1512),
e del mare del Sud. Leone X pontefice: concilio di Laterano contro la Pramma-
tica sanzione di Francia (1515), Alla morte della regina Anna viene prescritto in
Francia l'uso del bruno pel lutto dei re, invece del rosso (1514). Concordato tra
Francesco I e Leone X, contro di cui protestano il clero, le università ed i par-
lamenti di Francia. Scoperta del Perù (1515), Lutero predica la riforma (1517),
Scoperta della Cina e del Messico. Riunione dell'Egitto all'impero ottomano (1518).
Magellano scopre la Terra del fuoco (1520), poscia le isole Filippine: primo giro
attorno al mondo.
1521-1530. Continua la guerra dei Francesi in Italia: Bajardo vi si segnala (1523), ed
è ucciso. Sconfitta dei Francesi (1524). Francesco I alla battaglia di Pavia pri-
gioniero (1525); ricupera la libertà col cedere molte provincie (1526). Concilio
di Bourges e di Lione contro Lutero. Fernet misura un arco del meridiano.
Boria ristabilisce la repubblica di Genova (1528). Dieta d'Augusta. Muore in Deli
il sultano Mirza Babur fondatore dell'impero del Granmogol (1530). S'introduce
la coltivazione del grano-turco.
1531-1540. Origine dei Medici di Firenze. Enrico VII! è riconosciuto capo supremo
della Chiesa d'Inghilterra dal parlamento (1531). Caterina de' Medici sposa Enrico
d'Orleans (1555). Spedizione di Carlo V in Africa, e presa di Tunisi contro Bar-
barossa Ariadeno, ammiraglio di Solimano II (1535). 11 decreto di Villers Cotterets
prescrive l'uso della lingua francese alla Corte e nei tribunali (1539).
1541-1550. Convocazione del concilio di Trento contro i novatori in materia religiosa.
Alleanza di Francesco I con Solimano II. Scoperta del Giappone (1542) e dei
Mississipi (1543). Battaglia di Ceresole, vinta dai Francesi contro gl'Imperiali
(1544). Apresi il concilio di Trento (1545). Lutero muore (1548). Protestanti
condannati al fuoco in Parigi (1549),
1551-1560. Le truppe di Solimano II invadono l'Ungheria (1552), 1 Francesi devastano
i Paesi-Bassi (1554). Carlo V abdica in favore del figlio e del fratello (1556): si
ritira in un convento dell' Estremadura (1557), dove muore. Morte di Maria la
Cattolica, regina d'Inghilterra. Elisabetta le succede, ad esclusione di Maria
Stuarda regina di Scozia (1558). Il parlamento inglese proscrive la religione
cattolica. L'inquisizione di Spagna condanna i Protestanti al fuoco (1559), Con-
giura d'Amboise fatta dai Protestanti (1560).
1561-1570. Caterina de' Medici governa in nome di Carlo IX. Colloquio di Poissy tra
i Cattolici ed i Protestanti (1561). Principio della guerra di religione in Francia.
Giovanna d'Albret, madre di Enrico IV, vedova, regna sola in Navarra (1562).
Esso Enrico principe di Navarra, di quindici anni, è creato capo dei Protestanti
da sua madre (1569). L'ammiraglio Coligny comanda il loro esercito (1570).
1571-1580. Cipro presa dai Turchi, che perdono la battaglia di Lepanto (1571). La
schiatta degli Jagelloni estinta in Polonia. Notte del San Bartolomeo. Enrico re
di Navarra (1572). Morte di Carlo IX (1574). I Cattolici malcontenti della tolle-
ranza del re verso i Protestanti, formano delle associazioni che diedero origine
alla Lega (1576). Gli Stati di Blois sostengono la Lega. Guerra contro i Prote-
stanti (1577). Istituzione dell'ordine dello Spirito santo (1579). Primo uso dei
40 CRONOLOGIA
petardi fatto all'assedio di Cahors da Enrico di Navarra (1580). Drake fa il giro
del globo. Ariosto, Tasso, accademia della Crusca.
1581-1590. Scoperta della Siberia fatta dai Cosacchi (1581). Riforma del calendario per
ordine del pontefice Gregorio XIII (1582). Per la morte del duca d'Anjou, Enrico
di Navarra diventa l'erede presuntivo della corona di Francia. Primo stabilimento
degl'Inglesi in America (1584). Sisto V pontefice fa innalzare da Domenico Fon-
tana l'obelisco, trasportato dall'Egitto a Roma sotto Caligola (1 586). Maria Stuarda,
regina della Scozia, decapitata (1587). l faziosi componenti la Lega domandano
al re di Francia il concilio di Trento, l'inquisizione e forme diverse di governo
(1588). Giacomo Clément assassina Enrico III. Enrico di Navarra, capo dei Borboni,
eredita la corona; i faziosi della Lega ricusano di riconoscerlo, e proclamano il
cardinale di Bourbon col nome di Carlo X (1589). Battaglia d'Ivry (1590).
1591-1600. I vescovi di Francia dichiarano nulle le bolle del pontefice contro Enrico IV
(1591). Sigismondo Wasa, re di Polonia, vi unisce la Svezia (1592). Enrico IV,
convertito alla fede cattolica (1593), entra in Parigi: vi è riconosciuto re di
Francia (159-4) , e sottomette a poco a poco le provincie occupate dai faziosi.
Editto di Nantes favorevole ai Protestanti (1598). Sully soprantendente delle
finanze (1599). L'Inghilterra stabilisce la Compagnia delle Indie orientali. Inven-
zione del termometro (1600).
1601-1610. Matrimonio di Enrico IV con Maria de' Medici (1601). Esaltazione degli
Stuart al trono d'Inghilterra in Giacomo. I Gesuiti richiamati (1603). Prima co-
Ionia francese al Canada (1604). Cospirazione di alcuni signori contro Enrico IV,
che perdona (1605). Quebec fondata da un francese (1608). Enrico IV è assassi-
nato da Ravaillac. Luigi XIII gli succede. Il parlamento di Parigi conferisce
la reggenza a Maria de' Medici , madre del re. Espulsione definitiva dei Mori
dalla Spagna. Osservazione delle macchie del sole e della sua rotazione fatta da
Galileo Galilei (1610).
1611-1620. Esaltazione della casa di Romanof al trono di Russia (1613). Ultima assem-
blea degli Stati generali a Parigi (1614 fino al 1788). Morte di Shakspeare. La
casa di Brandeburgo ottiene il ducato di Prussia (1618). Riunione del Bearnese
e della Navarra alla Francia (1620).
1621-1630. Guerra di religione in Francia (1621), Pacificazione e conferma dell'editto
di Nantes (1622). Il cardinale Richelieu nel consiglio di Luigi XIII (1624). Carlo
re d'Inghilterra (1625). Bill dei diritti accordato dal re (1628). Descartes fa co-
noscere la refrazione astronomica (1629). Peste in Italia: gli untori (1630).
1631-1640. Richelieu fa ogni sforzo per denigrare i grandi della Corte. Cristina regina
di Svezia (1632). Amurat JV permette ai Turchi l'uso del vino (1633). Urbano
Grandier, parroco di San Pietro a Loudun, abbruciato vivo come stregone (1634).
Fondazione dell'Accademia francese (1635). Insurrezione in Iscozia contro la
nuova liturgia (1637). Carlo si determina a muover guerra alla Scozia. Federico
Guglielmo succede a suo padre margravio di Brandeburgo. 11 Portogallo si stacca
dalla Spagna, e la casa di Braganza ne ottiene il trono (1040). Scoperta della
Nuova Olanda.
16Ì1-1650. Insurrezione in Irlanda. Il re Carlo ed il parlamento d'Inghilterra in guerra
fra di loro. Mazarino succede a Richelieu nel consiglio (1642). Luigi XIV. Bat-
taglia di Rocroy, vinta da Condè il Grande. Mazarino primo ministro. Barome-
tro di Torricelli (1643). Oliviero Cromwell si distingue fra i parlamentarj all'as-
sedio di York contro re Carlo (1644). Pace di Westfalia, che mette fine alla
guerra dei Trent'anni. L'Alsazia unita alla Francia. Libertà germanica. Equili-
brio dell'Europa (1648). Condannato Carlo I dal parlamento d'Inghilterra, si sta-
bilisce la repubblica inglese. Disordini della Fronda in Francia (1649).
EPOCA XVI.
^'¥51-1660. Ritirata di Mazarino (1651). Si avvicina di nuovo alla Francia, rientra in
consiglio, se n'allontana ancora (1652); ritorna trionfante a Parigi. Oliviero
Cromwell eletto protettore d'Inghilterra (1655). La regina Cristina di Svezia ab-
dica la corona, e si ritira a Roma (1054). Alleanza di Luigi XIV eoa Cromwell
EPOCHE 41
(1655). Questi rifiuta la corona offertagli dal parlamento. Sovranità della Prus-
sia riconosciuta dal re di Polonia, il caffè portato in Francia (1G57). Morte di
Crorawell ; suo figlio Riccardo gli succede (IU58). Pace de' Pirenei (lGo9). Kista-
bilimento degli Stuart in Inghilterra: Carlo H re. Rivoluzione in Danimarca (16GU).
1661-1G70. Morte di Mazarino. Luigi XIV governa da se medesiino, Colbert direttore
generale delle finanze (IGGi). Accademia delle Iscrizioni a Parigi. Riunione del
contado Venesino alla Francia. Il canale di Linguadoca è cominciato (16G4}. Ac-
cademia delle Scienze a Parigi (1G66). Abdicazione di Giovanni Casimiro re di
Polonia (1GG8). Ministero di Louvois; divise, bajonette, granatieri, esercito di
quattrocencinquantamila uomini. Giansenismo.
1671-1680. Cassini. Telescopio di Newton (1672). Giovanni Sobieski vince i Turchi :
viene eletto re di Polonia. Orologi a molla di Huygens (1674). Morte del gene
rale Turenne. Celerità della luce calcolata da Ròmer (1675). Pace di Nimega.
La Franca Contea unita alla Francia. Morte di Koproli, ministro ottomano (1678).
Pace generale in Francia. I Comuni d'Inghilterra ottengono il bill dell'/Zaòeas
corpus (1679). Primi atti del re d'Inghilterra contro i Protestanti (1680).
1681-1690. Assemblea generale del clero di Francia, che decreta le quattro proposi-
zioni della Chiesa gallicana sul potere ecclesiastico. Pietro il Grande di Russia
giunge al trono (1682). Rara Mustafà assedia Vienna ; è sbaragliato da Sobieski
re di Polonia (1683). Quietismo. Luigi XiV revoca l'editto di Nantes che pro-
teggeva i Protestanti. Giacomo II re d'Inghilterra. Federico Guglielmo, margra-
vio di Brandeburgo, accoglie ventimila Francesi protestanti (1685). Lega d'Au-
gusta contro Luigi XIV (1686). La corona d'Ungheria passa all'Austria. Mal-
contento in Inghilterra per causa di religione. Lo statolder vi sbarca. Giacomo II
abbandona il trono (1688). Guglielmo III, principe di Grange e statolder, eletto
re d'Inghilterra. Saccheggio del Palatinato per ordine di Luigi XIV. II mare-
sciallo Catinai in Italia (1690).
1691-1700. Costui vittoria a Marsaglia (1693) Stabilimento della banca di Londra(1694).
Cominciamenti della marina russa. Carlo XII re di Svezia. Querele dogmatiche
tra Bossuet e Fenelon (1697). Omaggio della Lorena a Luigi XIV (1699). Il duca
d'Anjou è istituito erede della corona di Spagna. L'imperatore riconosce la Prus-
sia come regno (1700). Estinzione della linea austriaca spagnuola. Guerra di
successione.
1701-1710. Federico si proclama re di Prussia, e s'incorona (1701). Pietro il Grande
fonda Pietroburgo (1703). Bossuet muore. Stanislao Lesczynski re di Polonia
(1704). Atto di unione dell'Inghilterra colla Scozia (1706). Carlo XII vinto dai
Russi a Pultava. Cattiva condizione di Luigi XIV a fronte delle potenze del
Nord (1710).
1711-1720. Ingrandimento del regno di Prussia (1711). Pace d'Utrecht tra la Francia
e gli Alleati. Federico il Grande re di Prussia. Bolla Unigenitusiìlió), Due prin-
cipi legittimati sono dichiarati atti a succedere alla corona di Francia in man-
canza di discendenti diretti. Giorgio, primo re della casa d'Annover (1714).
Morte di Luigi XIV.
EPOCA xvn.
Luigi XV succede al suo bisavolo. Reggenza del duca d'Orleans (1715). Banca
di Law (1716). Coltura del caffè introdotta al Surinam (1718) dieci anni prima
che alla Martinica. Gli stati della Svezia eleggono Ulrica-Eleonora a succedere a
Carlo XII (1719). 11 suo sposo Federico è associato al trono (1720).
1721-1730. Primato della Russia nel Nord dell'Europa. Pietro il Grande prende il titolo
di autocrata. Fondazione di Potsdam (1721). Morte di Pietro autocrato: Caterina
gli succede (1725). Accademia delle scienze a Pietroburgo (1726). Morte di New-
ton (1727). I Corsi si ribellano contro Genova (1730).
1731-1740. Un bill del parlamento d'Inghilterra introduce la lingua inglese in tutti gli
atti giudiziari (1731). Teodoro, barone di Neuhof, creato re di Corsica (1736).
La casa di Lorena chiamata al trono di Toscana (1737). Pace di Vienna, che
cede la Lorena alla Francia (1758). Libertà di commercio concessa dall'lnghil-
42 CRONOLOGIA
terra alle colonie (1739). Federico II il Grande, re di Prussia. Estinzione della
linea di Absburgo colla morte di Carlo VI. Esaltazione di Maria Teresa al trono
imperiale, e guerre della successione. Ivan VI, czar di Russia (1740).
1741-1750. Ivan è detronizzato, Elisabetta Petrowna proclamata (1741). Guerra dei
Turchi contro i Persiani, comandati da Thamasp-Kouli-kan (1743). Gli accade-
mici francesi dimostrano lo schiacciamento del globo (1744). Esaltazione della
casa di Lorena al trono imperiale (1745). Genova repubblica dopo scacciati gli
Austriaci (1746). Pace generale d'Aquisgrana (1748). Ercolano scoperta (1749).
Lamoignon succede a Daguesseau cancelliere di Francia (1750).
1751-1700. La casa di Gottorp chiamata al trono di Svezia. Luigi XV fonda la Scuola
militare (1751). Otman III rinnova la proibizione fatta da Maometto ai Turchi
di bere vino (1754). Tremuoto di Lisbona. Lo stabilimento francese di Scinder-
nagor, nelle Indie orientali, preso dagl'Inglesi : fondazione della potenza in-
glese nelle Indie (1757). Scoperta dei parafulmini (1757), e dei cannocchiali
acromatici fatta da Dollond (1758). Giorgio III re d'Inghilterra (1760).
1761-1770. Primi movimenti contro i Gesuiti in Francia. Patto di famiglia tra i Bor-
boni di Francia, di Spagna, di Napoli e di Parma (1761). Pietro III czar subito
detronizzato da Caterina II. Pace d'Amburgo e di Hubertsburgo. Decreti delle
Corti sovrane contro i Gesuiti (1762). Stanislao Poniatowski re di Polonia (1764).
Morte del delfino padre di Luigi XVI (1765). Cessione della Corsica alla Fran-
cia (1767). Scoperta dell'arcipelago dei Navigatori e di quello della Luigiana,
fatta da Bougainville (1768). Soppressione della Compagnia delle Indie fran-
cesi (1770).
1771-1780. Sommossa nei parlamenti di Francia, in conseguenza di nuovi editti fir-
mati dal cancelliere Maupeou (1771). Prima spartizione della Polonia. Una
rivoluzione in Isvezia accresce il poter reale (1772). Soppressione dei Gesuiti
fatta dal pontefice Clemente XIV (1773). Luigi XVI re di Francia, Franklin, Wa-
shington. Il congresso americano è aperto (1774). Principiano le ostilità fra
l'Inghilterra e l'America (1775). Lavoisier decompone i gas (1775). Confedera-
zione ed atto di unione delle colonie inglesi d'America (1776). La Francia tratta
colla Confederazione americana (1778). Scoperte di Cook (1774-1778). Giuseppe II
redi Boemia e d'Ungheria (1780).
1781-1790. Herschel trova il pianeta urano (1781). Saussure inventa l'igrometro a ca-
pelli, Mongolfier gli aerostati, Mesmer il magnetismo animale. L'Inghilterra ri-
conosce l'indipendenza degli Stati Uniti d'America (1782). La Crimea in potere
della Russia. Ministero di Fox. Pace di Versailles, che rende libero Dunkerque
(1783). Alleanza della Francia co' Paesi Bassi (1785). Origine dei tumulti nei
Paesi Bassi (1787).
EPOCA xvni.
Primi turbamenti politici in Francia (1788). Gli Stati generali, radunati a Ver-
sailles, si costituiscono in assemblea nazionale (1789). Confederazione dei Belgi.
Leopoldo II imperatore di Germania (1790).
1791-1800. Luigi XVI accetta la costituzione di Francia (1791). Pace di Jassy tra la
Porta e la Russia. Francesco II succede a Leopoldo imperatore. A Gustavo HI
assassinato succede Gustavo IV. La repubblica proclamata in Francia. Luigi XVI
arrestato (1792) e mandato a morte (1793). Confederazione dell'Europa contro
la Francia. Kosciusko si solleva contro la Russia in conseguenza di un nuovo
smembramento della Polonia, ma i suoi tentativi escono vani (1794). Aboli-
zione dello Statolderato (1795). Napoleone Buonaparte nominato generale in
capo dell'esercito d'Italia. Paolo imperatore di Russia. Diversi trattati di pace
tra la Francia e gli Stati d'Europa (1796). La Lombardia e le isole veneziane
in potere della Francia (1796). Conquista dell'Egitto fatta dai Francesi. Morte
di Stanislao Poniatowski, ultimo re di Polonia (1798). Gl'Inglesi s'impadro-
niscono del regno del Misere nell'India, e fanno morire Tippu-Saib. Governo
consolare in Francia. Morte di Washington (1799). Nuovo trattato di com-
mercio tra la Francia e gli Stali Uurti d'America. Schriitcr scopre la rotazione
EPOCHE 43
del pianeta mercurio (1800). Jenner trova la vaccinazione. Galvanismo, e pila di
Volta. Viaggio di Humboldt e lionpland.
1801-1810, Piazzi scopre la cerere. Irlanda riunita alla Gran Bretagna. Pace di Lune-
ville. Assassinio del czar Paolo (1801). Concordato a Parigi fra il papa e la Fran-
cia. Madera occupata dagl'Inglesi. L'Egitto sgombrato da' Francesi ; pace d'A-
miens (1802). Buonaparte console in vita. Comizj di Lione. Sennefelder trova
la litografia. Olbers scopre la pallade, poi la vesta, e Harding la giunone. I Va-
habiti in Arabia (1803) ; nell'India i Maratti vinti dagl'Inglesi che occupano
Agra e Deli. I Negri di San Domingo. Codice Napoleone (1804). Napoleone im-
peratore dei Francesi e re d'Italia. Cessa l'impero di Germania, comincia quello
d'Austria. Pace di Presburgo (1803). Guerre dei Russi in Persia. Battaglia di
Trafalgar, di Caldiero, di Austerlitz. Gl'Inglesi occupano il Capo (1806). Muore
Pitt. Russia e Prussia guerreggiano la Francia. Battaglia di Jena. Confedera-
zione del Reno. I Napoleonidi sui troni. Pace di Tilsitt (1807). Prima barca a
vapore. Guerra di Spagna (1808) e dell'Austria (1809). Pace di Vienna.
1811-1820. Federazione americana di Venezuela. Sterminio dei Mamelucchi in Egitto.
Concilio di Parigi. Guerra di Russia (1812). Battaglia di Lipsia (1813). Ripristi-
namento delle dinastie (1814). Pace di Tefflis tra la Persia e la Russia : guerra
degl'Inglesi contro il Nepaul nell'India. Congresso di Vienna (1815). Ritorno di
Napoleone ; battaglia di Waterloo. Santa Alleanza. Proibizione della tratta dei
Negri. Bernadotte fatto re, congresso (1818). Indipendenza dell'America meri-
dionale. Sollevazione di Spagna (1820) , d'Italia, degli Elleni, di San Domingo.
1821-1830. Morte di Napoleone (1821). Tipografia ad Alessandria d'Egitto. Immensi
progressi dell'industria e del pensiero nella pace. Fari a fuoco fisso di Mathieu
e Fresnel (1822). 11 capitano Franklin compie la scoperta d'America. Messico
indipendente ; si allea colla Colombia (1823). Bolivar dittatore. Battaglia di Aya-
cuco nel Perù (1824). Distruzione dei Gianizzeri. Ponte di ferro tra l'Inghil-
terra e l'Irlanda. Congresso di Panama. Guerra tra la Russia e la Persia (1827).
Battaglia di Navarino (1827). Indipendenza greca (1828). Pace d'Adrianopoli
(1829). Il re di Spagna abolisce la legge salica. Algeri presa da' Francesi. Rivo-
luzione di Francia, Paesi Bassi, Polonia, Romagna, Brunswick. I protocolli.
Strade di ferro. Macchine a vapore. Sansimonismo. Le banche. Giornalismo (1830).
1831-1840. Soffocate le rivoluzioni ; stabiliti i regni del Belgio e di Grecia. Cholera
(1831). Bill di riforma in Inghilterra. Gli Egiziani battono i Turchi (1832). Guerra
civile in Ispagna e Portogallo (1834). Lega doganale tedesca. La pace armata
(1835). Gli Arabi e l'Egitto. Socialismo predicato in Francia, attuato in Inghil-
terra (1835). Razionalismo sviluppato in Germania (1836), esteso in Francia (1840),
1841-1858. La nazionalità slava tende a ricostituirsi. Immenso movimento del pen-
siero e del sentimento. Pio IX eletto papa (1846). Guerra degli Stati Uniti
d'America contro il Messico (1847). Luigi Filippo è cacciato dalla Francia, la quale
si dichiara repubblica. Ne consegue un movimento di tutta Europa, politico e
sociale. L'Italia si riforma, e vuole intera la nazionalità e larghissima la libertà
(1848). La rivoluzione è soffogata in essa e tutt'altrove (1849). Luigi Buonaparte
mette il freno alla Francia, se ne fa presidente, poi imperatore (1852). Guerra
delle potenze occidentali contro la Russia, finita colla pace di Parigi (1857). La
Cina scossa da una rivoluzione interiore (1856). L'India sollevata contro l'In-
ghilterra (1857). Il sistema dei debiti portato all'esagerazione. Strade ferrate e
telegrafi elettrici sopprimono le distanze. Rivoluzione italiana (1859).
^ 15. — Concordanza della cronologìa sacra colla storia profana.
Alla cronologia sacra fu piìi volte opposta l'antichità dell'Egitto : ma questo paese è
ancora un enigma quasi insolubile 5 mute, come le sue mummie, ne sembrano le rovine;
e le investigazioni dei sapienti non ne hanno tratto che zodiaci ed obelischi, nulla pro-
fittevoli all'istruzione ed al progresso dei moderni. E che sperar di meglio ? Il popolo
egiziano, nudrito d'idee superstiziose, restò affatto ignaro di quanto riguardava la sto-
ria sua propria ; le cogaizioni chiuse nel recinto dei tempj, non si sparsero mai di fuori.
44 CRONOLOGIA
È facile comprendere quanto una tale pubblica educazione fosse atta a rendere la
storia oscura ed alterare la tradizione, più ancora che il lasso dei secoli. Né noi dob-
biamo giudicare antico un popolo perchè non ne conosciamo Torigine. Ognuno sa
che il regno della soperchieria non dura tanto, da poter supporre che un tale stato di
cose a lungo durasse in Egitto; né il moto intellettuale d'una grande nazione può
essere stato rattenuto a segno da mantenerla migliaja di secoli nell'ignoranza. La
barbarie di tutti i popoli che nei tempi antichi abitavano le rive del Mediterraneo,
è anch'essa una prova che di recente vi si erano stabiliti. Documenti confermano
quest'asserzione.
Giorgio Sincello, patriarca di Costantinopoli, ci lasciò una monografia preziosa, scritta
nell'viii secolo. La vecchia cronaca egiziana da lui riportata conta 56,S2S anni dal
regno del Sole, onde ha principio la monarchia d'Egitto fino a Nectanebo II, 22 anni
prima della dominazione d'Alessandro. Questa lunga serie di secoli, durante i quali gli
Egiziani dicevano aver avuto regno Dei e semidei, a giudizio dello stesso Sincello era
un puro simbolo, un periodo astronomico che indicava la tornata del punto equino-
ziale al primo grado della costellazione dell'ariete. È ben vero che noi ora sappiamo
che la rivoluzione della linea degli equinozj si compie in un tempo minore di quello
dato dal Sincello, cioè in 25,868 anni ; ma i moderni pervennero a conoscerlo me-
diante stromenli d'esattezza meravigliosa. I Greci, mancanti d'una misura molto pre-
cisa degli angoli, credevano che l'equinozio retrocedesse solo d'un grado ogni cento
anni, e dividendo la circonferenza di 360 gradi, contavano 56,000 anni per l'intera
rivoluzione della linea equinoziale. Gli Egiziani come i Cinesi dividevano lo zodiaco in
565", onde quel periodo riusciva di 36,500 anni : ma avendo il loro anno un quarto di
giorno meno del vero anno solare, vi aggiunsero il quarto di 36,500 giorni, cioè 25
anni ; dal che risultava il numero tondo di 56,525 anni, che essi presero per la durata
del mondo.
Di tutta questa serie di secoli la Cronaca c'insegna che 33,984 anni furono occu-
pati dai regni del Sole, di Saturno e di altre divinità. Non restano dunque che 2541
anno pel regno degli uomini, ossia per l'intervallo da Menete a Nectanebo II ; e poiché
da questo all'èra nostra numeransi 554 anni, ne risulta che la somma di 2895 anni,
segna la durata della monarchia egizia av. C.
Manetone, contemporaneo di Tolomeo Filadelfo, sacerdote del tempio d'Eliopoli,
lasciò una storia dell'Egitto, della quale ci rimangono pochi frammenti. Quest'opera,
posteriore all'invasione dei Greci e dei Barbari, scritta dopo che la filosofia orientale
era penetrata nei santuarj dell'Egitto, ci può dar solo un'idea sparuta dell'antica dot-
trina delle Caste sacerdotali : nondimeno olire ancora singolari riscontri colla storia
sacra. La lunghezza dei regni ivi è chiaramente espressa in anni di 365 giorni, e lo
stabilimento della monarchia egiziana vi si pone a 3900 anni prima dell'era nostra,
vale a dire 1012 anni prima di quello che la Cronaca suppone : è duopo però riflettere
che Manetone comprende nelle dinastie reali Osiride (il sole), Iside (la luna). Oro (l'uni-
verso), ed altre divinità anteriori ad Osiride, delle quali la Cronaca non fa parola, lai-
che le due date sembrano dover concordare.
D'altra parte Erodoto, sopra l'asserzione dei sacerdoti egiziani, computò la durata
di loro monarchia fino a Seto di 11,540 anni. Sulla fede dei medesimi sacerdoti, Dio-
doro Siculo numera 9500 anni dal primo re d'Egitto fino alla conquista di Cambise,
avvenuta l'anno 525 av. C.
Ora partendo Erodoto e Diodoro dal punto stesso, ed avendo Seto preceduto Cam-
bise, doveva lo spazio indicato da Erodoto esser piìi breve di quello di Diodoro; e
poiché avviene il contrario, è forza conchiudere che i sacerdoti consultati da Erodoto
avranno contato anni più brevi di quelli dei quali parla Diodoro. Vogliasi inoltre osservare
che i 9500 anni dati da Diodoro alla monarchia egizia, non erano anche a parer suo anni
ordinar], poiché egli stesso riduce quel tempo a meno della metà, e dice che molti
Egiziani riguardavano quegli anni come composti di soli quattro mesi : oltre quest'anno
di quattro mesi, un altro ve n'avea di tre soltanto, che divideva in quattro parti il
tempo che il sole impiega per ritornare all'equinozio di primavera. Ad Oro veniva at-
tribuita l'introduzione di questo periodo nel calendario, donde il nome di horos che i
Greci aveano dato in altri tempi all'anno. Gli 11,340 anni di Erodoto pertanto, presi
CONCORDANZA DELLA CRONOLOGIA SACRA COLLA STORIA PROFANA 4S
per stagioni di tre mesi, danno 2794 anni solari, ai quali aggiunti i 707 anni che pas-
sarono da Seto all'èra nostra, la monarchia egiziana sarehbe stata fondata 3S01 anni
av. C. Se i 9500 anni di Diodoro li computiamo per periodi di quattro mesi, avremo
2964 anni ordinarj e qualche frazione, ai quali aggiunti altri 525 da Cambise all'èra
nostra, la durata della monarchia egiziana sarebbe di 3489 anni.
Secondo questa interpretazione probabile, Diodoro ed Erodoto si troverebbero d'ac-
cordo, e le date loro corrisponderebbero a quelle della Cronaca 5 giacche la difl'erenza
di circa 600 anni verrebbe dall'avere quegli storici contato i regni delle divinità favo-
lose, quali sono Osiride, Iside, Tifone ed Oro.
A questa conghiottura, esposta da Melchiorre de L'Hermite, soggiungiamone un'altra.
Erodoto dovette scambiare i 541 regni in altrettante generazioni, e ciò esagera il suo
computo. Gli assicurarono i sacerdoti egizj che il sole, nell'intervallo fra Menete e Seto,
cambiò quattro volte di sito, sorgendo ove dechina e viceversa. Mal pratico di cose
astronomiche, egli dovette intendere così l'esposizione d'un fatto naturale. Usando gli
Egizj l'anno di 365 giorni, ogni 4 anni veniva ad anticipare d'un giorno l'equinozio,
e così le stagioni a percorrere tutti i mesi, ed aversi l'estate ov'era il fitto inverno.
Bastano a ciò 4304 anni, cioè tre periodi compiuti.
Quanto a Diodoro, dev'esservi corso errore di scrittura. Dice egli che il regno degli
Dei e degli uomini era durato 23,000 anni ; poi ne assegna 18,000 agli Dei, e un po'
meno di 15,000 agli uomini : sarebbero dunque 53,000. Esaminando però il testo vi
troviamo (lib. I. 44) : MuSo/o'/oùit 6k aùrwv Ttve;, tò fxh -pwTov àf^ai Tn; Ai'/'jTiTou
3soùi T£ zat Ytooa.^ 'ix-n ^anyy itcffovra twv ptupi'wv zai oV.Toziijj^t/iiuv . . . ùtt' av5pci-
iTMv Sk ^irfj ytlìo'jL) P-^u.oùixj'j^y.i ^affiv àr.Q y.'jpluSoi e'ttj ^p^yy ìeinovTx twv nvjra/.ia-
ydi'.i-j, niypi riì; i/.u.-o's-zr,^ v.'j.i ò'/^oriv.o'jxr,^ òl'ju.nid^Oi; cioè: « Favoleggiano alcuni
di essi (Egiziani) che in principio regnassero sull'Egitto gli Dei e gli eroi alquanto
meno di 18,000 anni ... ; sotto gli uomini dicono essere stati, dopo la miriade, un
po' meno di cinquemila anni, fino alla clxxx olimpiade ecc. « L'errore potrebbe con-
sistere nel leggere ^upia-Jo; invece di ^Msptàcjoj, e credere volesse dire dopo diecimila
anni invece di dopo Meride, varietà del nome del primo re d'Egitto. Fatta questa cor-
rezione, si concordano i due dati colla somma (18-t-5=23), e si viene a ridurre la
cronologia umana degli Egizj alla misura delle altre nazioni.
Il regno degli uomini essendo cominciato nell'Egitto 2888 anni prima dell'era no-
stra, precedette di 733 anni la vocazione di Abramo, avvenuta 2155 anni av. C. secondo
i Settanta. Dal diluvio ad Abramo, secondo gli stessi, sono 1251 anni. Il primo regno
pertanto cominciò 518 anni dopo il diluvio, cioè al tempo di Phaleg, ch'è pur quello
dello spartimenlo della terra, della formazione dei popoli in corpi politici, e dello sta-
bilimento delle monarchie.
Beroso, sacerdote del tempio di Belo in Babilonia, al tempo della conquista d'Ales-
sandro Magno pubblicò una storia de' Caldei, di cui leggiamo qualche estratto in Giu-
seppe Flavio. Quei frammenti ci offrono molti passi mirabilmente conformi alla Bibbia :
per esempio in termini precisi è fatta menzione dell'arca che al finire del diluvio si
fermò sopra una montagna dell'Armenia. Appoggiato non so a che, egli dava a Babi-
lonia 150,000 anni. Questo periodo però così lungo comprendeva i tempi poetici, il
regno degli Dei, la formazione degli esseri. Da Aloro, che fu il primo uomo, fino al
diluvio, accaduto sotto Xisutro, conta Beroso dieci regni che avevano durato 120 sari;
da Xisutro ad Eveco passarono soli nove sari e mezzo ; e da Eveco, che regnò 2473
anni prima dell'era nostra, si cominciò a numerare ad anni solari. Il punto essenziale
in questa cronologia sta nel determinare la durata del sarò : ora il greco scrittore
Snida, che viveva ai tempi di Alessio Comneno, determina precisamente questa lun-
ghezza a 223 lunazioni, secondo le cognizioni ch'egli ebbe dai libri caldei di astronomia.
11 celebre Halley, che studiò non senza frutto i monumenti della fisica antica, ap-
plicossi nelle Transazioni filosofiche ad indagare se queste 223 lunazioni presentassero
qualche periodo astronomico degno d'osservazione, attesoché un popolo di sua natura
osservatore non poteva prenderle a caso per misura del tempo. Trovò che 19 rivolu-
zioni del sole intorno al nodo della luna avvengono nello stesso tempo che 223 luna-
zioni, e che perciò il sole, la luna ed il nodo si trovano press'a poco nella stessa po-
sizione dopo 18 anni e 10 giorni. Gli eclissi di luna devono dunque riprodursi dopo
46 CRONOLOGIA
un tal tempo, e basterebbero per predirne il ritorno se l'analisi non ne offrisse mezzi
più esatti e sicuri. Il sarò dividevasi nel nero e nel rosso, che sono altri periodi scien-
tifici, determinati da leggi naturali. 11 nero era di tre anni, ed il rosso un mese in-
termedio tra il mese periodico ed il mese anomalistico che segna il ritornar della luna
all'apogeo. Il detto di Suida è pur confermato da ciò, che sarò in caldeo significa
ritorno ; onde possiamo dir francamente ch'era questo il ritorno dell'eclissi. Se dunque
il sarò era un periodo di 223 lunazioni, i 120 sari da Aloro fino a Xisutro daranno
2165 anni; da Xisutro a Cristo altri 2644; talché la cronologia caldea darà in fine
4809 anni al soggiorno degli uomini sulla terra prima dell'era cristiana. Questo risul-
tato è perfettamente conforme colla versione dei Settanta ; prova che la Caldea, patria
d'Abramo, aveva conservato nozioni giuste intorno alla cronologia.
I missionarj ci fecero conoscere parecchie particolarità degli annali cinesi , la cui
cronologia meravigliosa non ha altro fondamento che certe proprietà cabalistiche di
numeri; e fu immaginata per assegnar l'epoca di alcuni fenomeni celesti che non ac-
caddero mai. Essa venne peraltro costantemente rifiutata dalla scuola di Confucio, come
contraria alla purità della tradizione ed estranea ai sacri libri. Inoltre fu messa fuori da
tempo non molto lontano: il primo che ne parlò nella storia della Cina è Lie-u-hin, conti-
nuatore delle opere di Sse-ma-tan e di Sse-ma-tsian, il quale viveva 66 anni av. C. Questo
dotto assegnava ai tempi favolosi, che precedettero l'origine del suo paese, 443,127 anni.
II calendario cinese conteneva un periodo chiamato ciang, di 233 lunazioni o di 235
rivoluzioni della luna nella sua orbita, che facevano 19 anni solari. Confucio aveva
parlato delle grandi virtù del numero 81 ch'è il quadrato di 9, il quale pure è il qua-
drato di 3. Moltiplicato perciò il ciang per 81, ne risultò un altro periodo di 1539 anni,
che fu chiamato long. Tre tong o 4617 anni formarono Vyuene, che significa origine o
principio; ed il nuovo calendario fu detto San-tong. Né contenti a ciò, poiché Confucio
parlava altrove del numero 31 a cui attribuiva un senso mistico, moltiplicarono il pe-
riodo di 4617 anni per 31 , e ne formarono il ciang-yuene, alta suprema origo, per
averne così il numero tondo di 143,127 anni. Una data così sospetta fu tenuta per una
verità; e v'incapparono certe menti amanti del meraviglioso, e che speravano abbrac-
ciare la verità, senza prima rinunziare alle malevoli prevenzioni.
Nell'antichità di quella nazione taluni vollero scorgere un'objezione contro la Bibbia.
Ma supponendo esatte le date dei cronologisti cinesi, date contrastabili per l'incertezza
dei loro modi di determinarle e per l'imperfezione delle loro cognizioni astronomiche,
quella monarchia non risale ad epoca molto rimota. Le prime nozioni ci vengono da
Sse-ma-tan e da Sse-ma-tsian suo figlio, i quali, dopo il grande incendio dei libri ordi-
nato dall'imperatore Uang-ti , furono incaricati di rifare un corpo completo dell'antica
storia della Cina , sui frammenti trovati dei libri , e sulle ricordanze di vecchi. Dai
computi di questi due filosofi quel paese avrebbe formato una società politica 2527
anni prima dell'era nostra. Quando la sede dell'impero fu trasportata da occidente in
oriente, 25 anni d. C, fu riformato il calendario. Pan-cu, letterato famoso, di ciò inca-
ricato, fa vivere Hoang-ti primo sovrano della Cina, 2132 anni avanti l'èra cristiana.
Un'altra cronologia pubblicata da Hoang-fu-my, due secoli dopo Pan-cu, assegna il
principio dei tempi storici di questa nazione a 2156 anni prima dell'era stessa. Sotto
l'imperatore Suen-ti , Sse-ma-kuang, discepolo di Sse-ma tsian, scrisse nuovi annali,
che furono adottati dal tribunale di storia e di matematiche, e che sono ora seguiti
nella Cina: egli assegna al suo paese 2627 anni d'esistenza av. C.
Finalmente, alcuni secoli prima, era stato scoperto nella tomba di un principe un
libro antico, scritto su tavolette di bambù ed anteriore all'incendio dei libri, il quale,
fatto importante! dava una cronologia con narrazione degli avvenimenti, vantaggio che
non poterono offrire i frammenti dei King istorici. Supponendo che i fenomeni celesti
riferiti da quel vecchio libro, chiamato Tsu-cu, non siano aggiunte fatte posteriormente,
e che quanto riguarda il calendario negli annali cinesi non sia opera di un commenta-
tore dei xii secolo, come pretese De Guignes, possiamo con Fréret stabilire che l'ultima
data di questo libro, ch'è del resto la media fra tutte le altre, è la sola degna di fede,
l'unica che possa anche essere avverata. Diciamo però che i primi secoli della mo-
narchia cinese sono involti in grandi tenebre, e che a fatica possiamo conoscerne gli otto
precedenti all'èra nostra.
CONCORDANZA DELLA «RONOLOGIA SACRA COLLA STORIA PROFANA 47
Ma ammettendo la cronologia del Tsu-cu, il regno di Iloang-ti avrebbe di soli 2455
anni preceduto i tempi moderni. Ora, secondo il testo dei Settanta, il diluvio avvenne
J^SOO anni av. C, ossia ìOio avanti il regno di lloang-ti : secondo la stessa versione,
Phaleg nacque G29 anni dopo il diluvio. La monarchia cinese sarel)be dunque stata
fondata 416 anni dopo Phaleg. Questo spazio di tempo bastava, perchè i popoli potes-
sero dalla Caldea e dalle pianure di Sennaar passare nella Cina, ed esser giunti a tal
grado di civiltà, da unirsi in società politica governata da un capo. Tre secoli prima,
aveano gli Egiziani ed i Caldei riconosciuto l'autorità di un solo, e quelle monarchie
avevano già ricevuto grande incremento : del che fa ragione la geografica posizione di
quei popoli rispetto alla prima dimora degli uomini.
Quanto all'India, conta quattro età che abbracciano più di quattro milioni d'anni.
Ma tutte sono esattamente formate di periodi di 24,000 anni, aggiunti gli uni agli altri
in modo arbitrario, in numero più o men grande. L'elemento di 24,000 anni indica il
tempo dell'intera rivoluzione della linea equinoziale, la cui precessione è dall'astronomia
indiana supposta di S4 secondi ogni anno. Anquetil-Duperron ha dimostrato che queste
quattro età, chiamate dagl'Indiani yuga, sono un'invenzione dell'immaginazione araba,
senza eccettuare neppur l'ultima, detta cali-yuga, o èra di disgrazia, il cui principio
coincide coll'epoca del diluvio. Prima del xii secolo, nessun autore indiano ne aveva
fatto menzione ; neppure gli scrittori arabi, persiani e tartari , che descrissero le ère di
tutti i popoli. Con molta verosimiglianza ne fu attribuita l'origine ad Abulmasar, il
quale fondò nell'India settentrionale una scuola d'astrologia diventata famosa, e ne' cui
scritti troviamo il cali-yuga, sebbene sotto altro nome.
Le migliaja d'anni pertanto che gl'Indiani attribuiscono all'universo, sono immagi-
narie come quelle degli Egizj e de' Cinesi; e l'epoca ove segnano il principio dei loro
re umani, discesi dal sole e dalla luna, non risale di là dai quattromila anni. I loro
Veda comprendono un calendario che li farebbe ascendere a circa 3000 anni, se giudi-
chiamo dalla posizione dei coluri ivi indicata. Esistono pure tavole astronomiche an-
tiche, le quali offrono due epoche principali; una rimonta a 3102 anni, e l'altra a 1491
avanti l'èra nostra ; e poiché non possono essere state pubblicate se non dopo più secoli
di studio, sarebbero in contraddizione, dice Bailly, colle tradizioni sacre, rispetto all'età
del mondo. Ma Laplace provò che quella prima epoca delle tavole indiane era intiera-
mente supposta, ed in opposizione a quanto l'osservazione ed il calcolo c'insegnano
intorno al moto de' corpi celesti. Ai nostri tempi poi fu dimostrato che questo trattato
scientifico d'astronomia, attribuito a Suria , non può essere stato composto che circa
7o0 anni fa.
Quelli che tutto vogliono trarre dall'India, e trovare nei monumenti di essa i caratteri
d'una grande antichità, in tutt'altro ne cerchino le prove che nelle cognizioni astrono-
miche di quella nazione, i cui savj stessi confessano che da un popolo straniero appre-
sero quanto sanno intorno ai corpi celesti. Una tradizione racconta (secondo il p. Pons)
che un Greco, viaggiando nell'India, ed avendo imparato la scienza dei Bramini, loro
insegnò in ricambio un metodo d'astronomia. La cognizione dello zodiaco, da cui
dipendono tante importanti quistioni , fu loro data (come opina Montucla) dai Greci
0 dagli Egiziani. Nella lingua bramina o tamula, i nomi dei dodici segni sono:
Mecham, il cane marino, Tolam, la bilancia.
Uruchabam, il toro. Vruchicham, lo scorpione.
Mitunam, i gemelli. Danossu, la saetta.
Carcalacam, il granchio, Macaram, un pesce favoloso.
Simham, il leone. Cumbam, il vaso.
Cannij, la vergine. Mimam, il pesce.
Lo zodiaco indiano differisce dunque poco dal greco e dall'egiziano. Al capro fu sosti-
tuito il pesce cane, una freccia al sagittario, una specie di pesce al capricorno, un vaso
all'acquario, indicato anche col nome di amphora; un pesce a' due pesci. La maggior
differenza sta pel capricorno : ma si noti che il nostro capricorno è comunemente raffi-
gurato da un mostro che termina in pesce. 1 segni dello zodiaco pertanto o gli ebbero
gl'Indiani dai Greci, o questi da quelli : ma questo secondo caso ci parrà meno proba-
bile, se rifletteremo che nessuna relazione v'ha tra questi segni e quanto avviene nel-
l'India, allorché il sole gli occupa.
48 CRONOLOGIA
Le testimonianze storiche sembra dunque riconducano ad un tempo conforme alla
Bibbia l'origine di tutti i popoli. Possibile, dice Cuvier, che il caso solo dia un risultato
così meraviglioso, facendo rimontare a circa quaranta secoli l'origine tradizionale delle
monarchie assira, indiana e cinese? Le idee di popoli che hanno sì poche relazioni tra
loro, la cui lingua, la religione e le leggi nulla hanno di comune, si accorderebbero
intorno a questo punto, se non avessero per base la verità?
§ 16. — Sulla cronologia egiziana.
Le antiche discussioni intorno alla serie dei re d'Egitto perdettero valore dopo le
ultime scoperte fatte in quel paese. Noi compendieremo ciò che ne dice Champollion
Figeac neW Abrégé de chronologie.
Attestano gli scrittori classici, che gli Egiziani fondavano la loro cronologia nazio-
nale sopra documenti autentici, diligentemente raccolti negli archivj de'tempj, e sopra
l'autorità dei monumenti pubblici di cui l'Egitto era coperto. Allorché dunque i suoi
storici ci affermano aver lavorato sulla scorta dei numerosi documenti esistenti ancora
al loro tempo, non è possibile revocarne in dubbio le asserzioni. Abbiamo tuttavia
sott'occhio la maggior parte di questi medesimi documenti , e la moderna critica vi
riconosce anche i fatti che gli antichi ne hanno ricavato. Furono così rinvenuti ad un
tempo gli annali di un gran popolo, lo storico che ordinoUi, ed i monumenti che ne
esibiscono la più evidente prova.
Ma vi sono nella cronologia egiziana due cose distintissime: 4° il sistema generale
di questa cronologia storica, quale se lo erano fatto gli Egiziani, e quale ci fu trasmesso
dai loro annalisti; 2° la testimonianza di monumenti conosciuti, i quali mettono fuor
di dubbio la veracità d'una parte di questa medesima cronologia. Chiameremo dunque
parte storica i tempi della cronologia egiziana pei quali conosciamo monumenti con-
temporanei , e parte sistematica i tempi di questi annali pei quali non conosciamo
monumenti contemporanei. Le certezze della storia d'Egitto incominciano dove monu-
menti esistenti e contemporanei ai fatti aggiungono la loro testimonianza a quella degli
annali scritti.
Consistono questi annali 1" nella Vecchia cronaca; 2° nelle Liste delle dinastie reali
egiziane compilate da Manetone: v'ha altresì monumenti analoghi, come le liste di
antichi re d'Egitto scritte sui papiri, le tavole genealogiche di questi re, più o meno
compite, e per epoche differenti, scolpite fra i bassorilievi di molti tempj-, la più celebre
delle quali è quella che il signor Cailliaud copiò ad Abido, in cui l'ultimo re è Sesostri,
capo della xix dinastia, e i primi (i cui nomi scomparvero in conseguenza di mutila-
zioni) risalgono di là della xvi. Queste liste e queste tavole, per quanto spetta alla loro
testimonianza riguardo ai tempi anteriori all'epoca in cui furono fatte, e al loro grado
di autorità storica, hanno il medesimo valore storico della vecchia Cronaca e delle liste
di Manetone, avvertendo però, che la concordanza di tutti questi monumenti uniti dà
a ciascun di essi un'autorità individuale, la quale deriva dalla loro autorità comune;
e la critica storica, particolarmente parlando di epoche lontane, non appoggia sempre
la sua fede sopra un tale concorso di prove. Quindi segue senza difficoltà e senza oppo-
sizione, che fino dalla più remota antichità avea l'Egitto un sistema di annali nazionali,
uniformi nel loro insieme e nei loro particolari , e che Manetone ci avea fedelmente
trasmesso questo sistema egiziano nella sua integrità. Tale idea generale puossi formare
della cronologia storica dell'Egitto.
Quanto sia alla sua certezza (e qui cominciano i diritti del critico, libero di credere
0 non credere a questo sistema egiziano), noi chiamiamo i monumenti in soccorso della
nostra buona fede; e classificando fra le tradizioni scritte i monumenti che ricordano
fatti anteriori alla propria epoca, non interroghiamo gli altri se non pei fatti medesimi
di cui essi sono contemporanei. Così se la dedica scritta sulla porta d'un tempio, come
parte integrante della decorazione della porta stessa, ci indica che il tal re fece costruire
questo tempio ad un'epoca determinala del suo regno, in allora da questa iscrizione,
scolpita in rilievo sopra un pubblico monumento, io deduco molti fatti egualmente
certi : 1" l'esistenza del re il cui nome leggevasi già nelle liste scritte ; 2" la certezza
su questo punto della testimonianza appoggiata alle medesime liste ; 3" la prova che
CRONOLOGIA EGIZIANA 49
questo tempio venne fatto innalzare da questo re; i" che questo re stette in trono per
lo meno un numero li'annj eguale a quello indicato dalla data della medesima dedica.
Se avessimo una o molte testimonianze di quest'ordine per ciascuno dei principi nomi-
nati nelle liste di Manetone, non potrebbesi ricusare un certo grado di certezza a queste
medesime liste , e di verità alle conseguenze che ben naturalmente ne deriverebbero.
.Ma sifattc testimonianze mancano per la parte più antica di esse liste : noi le abbiamo
raccolte per le susseguenti epoche , dalle quali incomincierà la certezza degli annali
egizj fondati sui monumenti contemporanei.
Date queste spiegazioni, necessarie per molti riguardi, dobbiamo mettere sott'occhio
al lettore i documenti principali del sistema generale di cronologia storica, quale avealo
ammesso l'Egitto per i suoi proprj annali. Comincieremo dalla vecchia Cronaca, che
Giorgio Sincello ci ha conservata in greco, e perfino con nomi greci, i quali non erano
certamente scritti in tal modo nel testo egiziano, ove agli Dei conservavasi il loro vero
nome : Anni
Hephaistos (Vulcano) regnò in principio; ma ignorasi per quanto tempo. '^' "S"»
Ilelios (il Sole) figlio di Hephaistos regna in appresso 30,000
Cronos, colle altre dodici divinità, regnarono insieme 3,984
Gli otto re semidei regnarono insieme . . . 217
Dopo queste quindici generazioni contarono del ciclo sotiaco . . . 443
Dinastie Generazioni
La xvi i Taniti .... di 8 190
La xvii i Memfiti .... di 4 .... . 103
La xviii i Memfiti .... di 14 348
La XIX 1 Diospoliti ... di 5 194
La XX i Diospoliti ... di 8 228
La XXI i Taniti .... di 6 121
La XXII i Taniti .... di 5 48
La xxiii i Diospoliti ... di 2 19
di
8
di
6
di
5
di
2
di
3
di
3
di
7
di
3
La xxiv i Saiti
La xxv gli Etiopi .... di 3 44
La xxvi i Memfiti .... di 7 177
La xxvii i Persiani ... di 3 124
La xxvni i
La XXIX i 39
La XXX i Taniti .... primo re .... 18
Somma totale dataci dal testo greco 36,S25 (1)
Sincello fa osservare che questo numero di 36,S2S anni, diviso per 1461, dà esatta-
mente 2o periodi sotiaci : e detto periodo era infatti composto di 1461 anni vaghi, ossia
da 36S giorni per cadauno.
Un tale riscontro infirma singolarmente l'autorità della Nuova cronaca egiziana; e
sembrerà strana tanta precisione di venticinque periodi tra il principio del regno del
Sole ed il fine di quello del re Nectanebo, primo della xxx dinastia. Due cose però
crediamo noi ben certe in questo ravvicinamento; 1" la Cronaca egiziana, qualificata
come vecchia (nc/luiò-j ycÓM.y.ò-j) da Sincello , potrebbe benissimo essere stata inventata
dopo il regno di Nectanebo , od anche dopo quello de' due suoi successori , poiché
l'autore sapeva che eranvi stati molti re della xxx dinastia, ed avverte ch'egli com-
prende nel suo calcolo un solo de' principi Taniti che compongono questa dinastia.
2° Sui numeri anteriori alla xvi dinastia ha potuto esercitarsi l'arbitrio che produsse
la somma degli anni necessaria per formare i venticinque periodi sotiaci. In fatto era
indifferente che il Sole, gli Dei e i semidei avessero regnato alcuni anni di più o di
meno. La parte realmente storica di questa Cronaca non incomincia dunque se non
colla indicazione della xvi dinastia.
Le Liste di Manetone presentano un assai differente carattere. Ci furono conservate
e trasmesse da due scrittori cristiani, Giulio Africano del ni secolo, ed Eusebio Parafilo
del IV. Sincello aveva fortunatamente raccolto gli estratti di Manetone inseriti nell'opera
di Giulio Africano che andò perduta, e li riordinò con quelli di Eusebio, la cui cronaca
giunse fino a noi; cosi le liste dei re d'Egitto di Manetone ci sono note per mezzo di
Sincello, il quale le avea ricavate dall'Africano e da Eusebio, e per mezzo di Eusebio
medesimo.
Manetone, nato a Sebennito, gran sacerdòte e scrittore per gif archivj dei tempj
(^) S'intenda aggiungendo gli anni taciuti della dinastia xx^lii.
Cantù, Documenti, Tomo l. 4
50
CRONOLOGU
dell'Egitto, compilò in greco, per ordine del re Tolomeo Filadelfo, varj annali colla
scorta de' monumenti storici geroglifici. La sua opera era composta di tre parti, e
univa alla relazione degli avvenimenti il quadro delle dinastie reali egiziane. Il primo
volume comprendeva i tempi delle prime undici dinastie di uomini, le quali sommini-
strarono 292 regni : la durata fu di 23S0 anni e 70 giorni secondo Giulio Africano,
2300 anni e 70 giorni secondo Eusebio. La dodicesima dinastia e le seguenti fino alla
decimanona inclusivamente, le quali diedero 96 re secondo Giulio Africano, e 92 se-
condo Eusebio, nello spazio di 2121 anno, giusta ambidue i cronologisti, formavano
il soggetto del secondo volume. Nel terzo raccoglievasi la storia delle dinastie seguenti,
dalla ventesima cioè fino alla trentesimaprima, la quale termina colla conquista dell'E-
gitto fatta da Alessandro: la durata di queste dodici ultime dinastie è di 1050 anni
giusta Giulio Africano, e di 833 giusta Eusebio. Della grand'opera di Manetone non ci
restano dunque se non alcuni frammenti della sua relazione storica ed il quadro delle
dinastie reali; quadro che indica, per ciascuna di esse, il numero dei re e quello delle
generazioni formate dagli stessi re nella medesima dinastia , la durata del regno di cia-
scun re, col suo nome, la sua origine paterna e materna, ed infine la durata totale della
dinastia; e quand'anche abbrevia queste indicazioni per le dinastie dei re che nulla
fecero , non ommette giammai i dati più importanti per la cronologia. Tale almeno è
lo stato in cui giunsero fino a noi quelle liste; e non a torto s'imputa agli abbreviatori
loro il guasto che fanno alla storia le malaugurate loro soppressioni.
Nel riferire qui la lista delle trentuna dinastie egizie, le quali precedettero l'invasione
di Alessandro , noi seguiremo il testo di Eusebio, perchè non abbiamo che una sola
copia delle liste di Giulio Africano, mentre invece quelle d'Eusebio ci sono note per
tre differenti copie, la greca cioè raccolta da Sincello, la versione armena e la tradu-
zione latina di san Girolamo, dopo la xvi dinastia. Non crediamo opportuno di entrare
in discussione intorno ad alcune differenze che s'incontrano fra l'Africano ed Eusebio
per le succitate liste, e fra le tre copie di quelle d'Eusebio paragonate tra di loro;
poiché ciò ne condurrebbe troppo lungi , ed il risultamento sarebbe poco importante
relativamente alla durata totale di queste trentuna dinastie.
Nel presente quadro non comprendiamo se non il regno degli uomini. Il primo fu
Menete: sembra però che Manetone notasse pure come predecessori di Menete i semidei,
gli Dei ed Ephaistos, come faceva anche la vecchia Cronaca : è altresì certo che alcuni
frammenti di papiro egiziano, i quali sono evidentemente gli avanzi mutilati di una
cronaca scritta in geroglifico, ed i cui rapporti colle liste di Manetone non possono
soffrire eccezione alcuna , nominano quegli Dei e que* semidei , ed offrono così delle
supputazioni di anni analoghe ai prodigiosi numeri dati dalla vecchia Cronaca e da
Manetone a quei personaggi mitologici. Da tutto ciò noi ricaveremo una sola indicazione,
che cioè Manetone era l'istoriografo dell'Egitto secondo le dottrine nazionali egiziane,
e quanto alle liste dei re, che egli le dava secondo gli archivj de' tempj e colla scorta
de' monumenti pubblici, come afferma egli medesimo, e come varj monumenti giunti
fino a noi, e che Manetone ha verisimilraente veduti e studiati, non ci permettono più
di dubitare.
Quadro delle dinastie egizie j che Eusebio ricavò da Manetone.
Ordine
delle dinastie
Loro oiigine
Nam. dei re
I. .
. Tinite-tebana .
. . 8
n. .
. . Tinite-tebana .
. . 9
in. .
. . Memfitica . .
. . 8
IV. .
. Memfitica . .
. . 17 .
V. .
. . Elefantina . .
. . 9(1) .
. . 6 1) .
VI. .
. Memfitica . .
VII, .
. Memfitica . .
. . 5 .
Vili. .
. Memfitica . .
. . 5
IX. .
. Eliopolita . .
. . 4
X. .
. Eliopolita . .
. . 19 .
XI. .
. Tebana . . .
. . 47
xu. . .
. Tebana . . .
. . 7
xni. . .
. Tebana . . .
. . 60 :
XIV. .
. Xoitica . . .
. . 76 .
XV. .
. Tebana . .
»
XVI. . .
. Tebana . . .
. . 5
Dnrata
dei loro regni
. 252 .
. 297 .
. 197 .
. 448 .
. 248(1)
. 203 .
. 75 .
. 100 .
. 100 .
. 185 .
. 59 .
. 245 .
. 455 .
. 484 .
. 250 .
. 190 .
Principio
ar. C.
2272
H) Secondo Giulia Africano.
CRONOLOGIA EGIZIANA.
!»
Ordino
delle dinastie
Loro origino
N)im. dei re
Durata
dti loro regni
Principio
av. C.
xvn. . . .{Sh''^'"' : : : 6Ì • • 260 . . 2082
xviu. . . . Tebana '. .... il . . 348 . . ISas
XIX. . . . Tebana 6 . . 194 . , J473
XX. . . . Tebana 42 . , 178 . . 1279
XXI. . . . Tanite 7 . . 130 . . 1101
XXII. . . . Bubaslite 9(^)- • 120(1) . 971
xxm. . . . Tanite 4 (1) . . 89(1) . 851
XXIV. . . . Saitica 1 . . 44 . . 762
XXV. . . . Etiopica 3 . . 44 . . 718
XXVI. . . Saitica 9 . , 150 (1) . 672(2)
XXVII. . . . Persiana 8 . . 120 . . 524 (3)
xxviii. . . . Saitica 1 . . 6 . . 404
XXIX. . , . Mendesia 5 . . 21 . . 398
XXX. . . . Sebennitica .... 3 . . 38 (1) . 377
XXXI. . . . Persiana 3 . . 8 (2) . 339
Fine del suo regno 331
La conquista dell'Egitto fatta da Alessandro Magno, è fissata al 332 av. C.
Occorrono alcune osservazioni al quadro precedente :
1" Riguardo alla certezza storica, questo quadro dev'essere diviso in due parti: com-
prende l'una le prime quindici dinastie; per il numero dei re e per la durata di ciascuna
di esse , noi abbiam seguito Eusebio oppure Giulio Africano-, e non occorre discutere
sulle differenze che trovansi fra le cifre di questi numeri, trattandosi di epoche per le
quali i monumenti contemporanei mancano intieramente. L'altra parte del quadro pre-
senta un altro carattere : i monumenti esistenti danno alla xvi dinastia ed alle seguenti
una sufficiente autenticità; e se noi, mentre ci atteniamo a Eusebio, abbiamo talvolta
dato la preferenza a Giulio Africano, e se altresì alcuni dei nostri numeri non sono
esattamente né quelli di Eusebio nò f|uelli dell'Africano, ciò deriva da alcuni documenti
che non giova riferire né qui discutere , i quali ci hanno indotti sia a scegliere con
qualche fondamento fra l'uno o l'altro di quei due cronologisti , sia a non seguire
precisamente alcuno di essi.
2° Soltanto incominciando da questa xvi dinastia, noi abbiamo data la concordanza
delle epoche cogli anni giuliani anteriori all'era cristiana : secondo le nostre osserva-
zioni , la xxvit dinastia , che fu quella dei Persiani , incominciò coiranno 524 av. C. :
è noto d'altronde che nel 5:25 Cambise, capo di questa dinastia, s'impadronì dell'Egitto :
perciò all'anno 331 si riferirebbe la conquista di Alessandro, ed essa invece è unanime-
mente fissata all'anno 332. Ma non possiamo qui discutere né togliere questa differenza
di un anno relativamente alle suddette due epoche: alcuni monumenti giunti sino a noi
faranno sparire ogni difficoltà intorno a questo argomento. La xxvii dinastia incomincia
coiranno 525, e la xxxi coiranno 332 av. C. : noi qui dunque abbiam seguito il testo
medesimo degli autori, e ci accontenteremo quindi di far osservare che, in somigliante
materia e per tempi così lontani, la concordanza delle computazioni nostre, data anche
la differenza d'un anno in più od in meno, cogli avvenimenti di un'epoca conosciuta
e che servono di riscontro a queste medesime computazioni, è un risultamento di suffi-
ciente importanza e che può togliere molti dubbj che ancora impacciano gli annali
dell'antichità.
Fin qui Champolliou. Credo bene di soggiungere nelle pag. seguenti la tavola delle
ultime XVI dinastie d'Egitto, quale è data da Ippolito Rosellini, confrontando i nomi
storici con quelli trovati sui monumenti.
Il prof.e Seyffarth pubblicò a Lipsia Systema astronomice jEgyptiorum, interpretando
i segni astronomici sai sarcofagi , e da quelli deducendo le epoche. Secondo queste,
Amos 0 Tutmosi II, settimo della xviii dinastia, nacque il 1832 av. C., e regnò dal 1784
al 1774: il penultimo della dinastia medesima, Ramesse Miamum, nacque il 1693, sali
al trono di due anni nel 1691, e regnò fino al 1625: Ramesse IV (Sesostri), primo della
XIX, venne al trono del 160(), di venticinque anni, e morì nel 1555.
L'ultimo lavoro importante sulla cronologia egizia è di R. Lepsius, Ueber die xxn
^Egyptische Konigsdynastie nebsi einigen Bemerkungen zu der xxvi und andern Dynastien
des neuen Reichs. Berlino 1856.
{\) Secondo Giulio Africano.
(2) Secondo Giulio Africano, Eusebio e il Canone dei re confrontati fra di loro.
(8) La conquista dell'Egitto fatta da Cambise, è fissata al 525 av. C.
52
CRONOLOGIA
^ « 4,
Nome
Secondo
Anni
Avanli "fP^V
Dinastie
•S-ci
secondo
che ciascuno
della
Cristo '''''='^"''
a
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gli scrittori
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originali
regnò
anni
XVI
I
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III
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2272
IV
Osartasen l
Anesses
43
2088
V
Amenenihè I
Timans
Concharis
^
2082
196
XVII
I
Salatis
19
re Pastori
II
III
IV
V
Bseon
Apachnas
Apofis
Jantas
44
36 m. 7
61
50 1
VI
. . .
Assis, Apeth
49 2
. . .
259 10
XVII
I
Araenemhè II
contempo-
II
Osartasen II
ranea
III
» III
14
re legittimi
IV-V
44
VI
Amosis
Mifratutmosis
22
1822
xvm
I
Amenos I
Amosis
26 4
1922
re dispotici
II
Tutmes I
Chebron
13
1796
HI
» li
Amenofis
20 7
1783
IV
Amenses
Amenses coi mariti
21 9
1762
n
Tutmes III e
»
Amenemhè III
V
Tutmes IV
Mefres
12 9
1740
VI
Amenos II
Mifratutmosis
25 10
1727
VII
Tutmes V
Timosis
9 8
1702
Vili
Amenos III
Amenofis
30 10
1692
IX
Hor
Horus
36 5
1661
X
Traauhmot
Akcnceres
12 1
1625
XI
Ramses I
Batothis
9
1613
XII
Meneftah I
Akencheres
24 8
1604
XIII
Ramses II
Armesses
14
1579
XIV
» III
Rampses o Sesostri
66 2
1565
XV
Meneftah II
Armesses o Feron
3
1499
XVI
» III
Amenofis
19 6
1496
XVII
Uerri
. . .
2 5
1476
323 1
XIX
1
II
III
IV
V
Ramses IV
» V
» VI
» VII
» vili
Setos
Rampses
Ammeneftes
Rampses
Ammenemes
55
1474
VI
.. IX
Tuoris, Profed
1280
194
XX
I
lì
III
IV
V
VI
VII
vm
IX
X
XI
Ramses X
» XI
XII
XIII
XIV
XV
Amensi Pehod
. . .
33
XII
Pliiscian
, . .
1102
178
CRONOLOGIA
53
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IVome
Secondo
Anni
Aranti
ToUle
della
dioasUx
Dinastie
■o-s *
secondo
che ciascnno
i monumenti
originali
gli scrittori
regnò
Cristo
aoDi
XXI
i
Mandustet
Smerdis
26
1102
re Talliti
li
Vasen
Psusennes
m
1076
III
.
Neferchcres
i
1038
IV
Amenopthis
9
1026
V
Osochor
6
1017
VI
Psinaches
9
1011
VII
. . .
Psusennes II
30
1002
130
XXII
I
Sciscionk I
Sesoncliis
21
972
re Bubastiti
II
Osorkon I
Osorotli
15
951
III
IV
Sciscionk II
. . .
29
936
V
VI
Fakelot
Tucheilothis
25
«
VII
Osorkon II
VIII
...
. . .
. . .
120
IX
XXIII
I
Petubastes
40
852
re Taniti
II
. . .
Osochor
8
812
III
.
Psammus
10
804
IV
Zeth
31
794
89
XXIV
I
Bocchoris
U
793
re Saiti
XXV
I
Sciabak
Sabbakom
12
719
re Etiopi
II
Sciabatak
Sevechuhseton
12
707
III
Fahraka
Farakus
20
695
44
XXVI
I
Stefinates
7
675
re Saiti
II
Metepsus
6
668
III
Nechao
8
662
IV
Psametik I
Psammiticus
45
634
V
Neko
Necho
6
609
VI
Psametik II
Psammiticus
15
603
VII
Hofrè
Vafres, Apries
19
588
VIII
Aahmes
Amosis
44
569
IX
Psametik III
Psammenitus
6
150 6
XXVII
I
Kamboth
Cambise
3
525
re Persiani
lì
i Magi
» 7
522
III
Darinsc
Dario
36
IV
Chscirse
Serse
21
485
V
Artchscerse
Artaserse
40
464
VI
.
Serse li
2
424
VII
.
Sogdiano
7
VIII
. . .
Dario II
19
. . .
120 4
XXVIII
I
Mihort
Amirteus
6
404
re Saiti
XXIX
1
Nofroft
Nefercus
6
398
re Mendesj
II
Hakor
Achoris
13
IH
Psimuth
Psammises
1
379
IV
Hailìiul
, Neferites
4
V
, Muthis
1
; 378
21 4
54
CRONOLOGIA
•-1-2
Nome
Secondo
Anni
Avanti
Totale
Dinastie
ir
secondo
i mODumeuti
originali
gli scrittori
che ciascuno
regnò
Cristo
della
dinastia
anni
XXX
1
Nehscatanebf
Nectanebes
18
377
re
II
. . .
Theos
2
359
Sebenitani
IH
Crevanebes
18
357
38
XXXI
I
Oco
2
339
re Persiani
II
Arsele
3
337
III
. . .
Dario III
3
335
» 8
XXXII
I
Filippo Arideo
7
323
re Lagidi
"
Alessandro, figlio del Magno
12
316
39
III
Tolomeo Sotero I, figlio di Lago
20
304
IV
Tolomeo Filadelfo
38
284
V
Tolomeo Evergete I
25
246
VI
Tolomeo Filopatore
17
221
VII
'Tolomeo Epifane
24
204
»
Tolomeo Filometore
35
180
»
Tolomeo Evergete II, Fiscone
29
146
vili
Tolomeo Sotero li, Laturo
18
117
IX
Tolomeo Alessandro
18
99
X
Cleopatra o Berenice con
1)
Tolomeo Alessandro II
8
84
»
Tolomeo Aulete Dionisio
16
73
»
Berenice
2
57
»
Tolomeo Aulete ancora
3
55
n
Cleopatra con Tolomeo fratello
3
51
H
» coH'altro Tolomeo fratello
5
49
»
« col bastardo di Cesare
14
44
294
§ 17. -^ Sul tempo della presa di Troja, e in generale sulle epoche greche.
La presa di Troja è il punto più nonninato della storia classica, e di là partono o colà
mettono capo le principali genealogie greche. Importa dunque il determinare bene il
tempo; e al 1099 av. C. la pone Saint-Marlin, discorrendone così:
— La maggior difBcoltà nelle indicazioni trasmesseci sulla cronologia della storia greca
ne' tempi eroici, viene dall'ignorar noi la vera durata degli anni civili usali dai Greci.
Io sono giunto a trovare ch'essi avevano un anno medio di 375 giorni. La differenza
tra siffatti anni e quelli indicati dal corso del sole, è di 1137 circa: onde le varie date
del medesimo fatto differiscono tra loro in questa proporzione, o che gli antichi autori
abbiano conservato negli scritti le date originali espresse sui monumenti, e concepite
secondo i calendaij allora usati; o che abbiano tenuto conto della differenza dei calcoli,
riducendoli alla forma degli anni usati al loro tempo. Questi due sistemi seguirono
Eusebio nella Cronaca, e l'autore dei Marmi di Paro.
Ciò posto, le contraddizioni fra questi due monumenti più non sono che d'apparenza;
e nascendo da varietà di calcolo, scompaiono se di questa si tenga conto. Il che sarebbe
facilissimo qualora si trattasse puramente di operare su indicazioni della prima maniera,
cioè su date espresse giusta l'uso dei primi tempi ; giacché basterebbe sapere quando
siasi cessato di far uso del metodo antico. Ma le date vecchie, risultanti da riduzioni ,
sono molte, e complicano stranamente la quislione. In fatti, difficile si rendeva la ridu-
zione per le tante frazioni che impacciano i calcoli. Se non trattavasi che di suppulare
grandi spazj di tempo, si trascurava la frazione che poco guastava : ma se volevasi cal-
colare e disporre convenientemente una rispetto all'altra le date intermedie, il trascurar
CRONOLOGIA GRECA
le frazioni scompigliava la cronologia, e produceva grande discordanza fra i risultate
parziali e generali.
Sebbene l'altro metodo non fosse l'espressione della verità, assai minori inconvenienti
presentava, avendo il doppio vantaggio di conservare esattamente l'indicazione origina'^
dei fatti e la relativa loro posizione; sicché bastava ricordarsi che si trattava d'anni
della tal maniera. Le indicazioni cronologiche d'Eusebio, tolte da Eratostene, sono
espresse in anni di quest'ultimo modo. L'autore dei Marmi di Paro fece invece la ridu-
zione, ma non potò eseguirla anche nelle particolarità, onde nasce il divario fra queste
due opere nella cronologia, mentre nelle particolarità vanno di pari.
Per togliere il divario basta conoscere il tempo preciso in cui i Greci abbandonarono
l'antico calendario per sostituirvi una forma d'anno più conforme colle stagioni. Stabilito
questo, non si ha più che a risalire, tenendo successivamente conto della differenza dei
calendarj, e si ha l'esatta corrispondenza degli antichi anni greci coi giuliani, adoperati
per supputare il tempo avanti l'èra nostra.
Da tale pratica appunto si viene ad assegnare al 1 199 l'anno della presa di Troja, che
Eratostene colloca al il 83, e i Marmi di Paro al 1208, ed altri ad altro anno, secondo
i diversi sistemi cronologici, in cui si volle seguitare soltanto alcuni autori, senza oc-
cuparsi dei mezzi di render ragione delle differenze offerte dai monumenti dell'antichità.
Rispettoso al nome di Saint-Martin, ho riferito questa sua opinione; ma mi sia lecito
non accettarla. Nulla ripugna che un popolo adotti un anno di 375 giorni : ma pare strano
volesse adoperarlo in un sistema d'intercalazione. Questa si fa generalmente per correg-
gere il difetto d'anni troppo brevi, ed avvicinarsi possibilmente all'esattezza : ora sarebbe
senza esempio e senza ragione che, per emendare l'anno di 360 giorni, il quale dal vero
differisce solo di poco più che cinque giorni, se ne adottasse uno che varia dal vero nove
giorni e tre quarti.
§ 18. — Canone Cronologico per l'epoca dì Enotro e dell'incivilimento dell'Itali .
Petit Radei Luigi pubblicò nelle Memorie dell'Istituto di Francia, poi a parte, una
dissertazione sulla veracità del racconto di Dionigi d'Alicarnasso in ciò che disse dello
stabilimento delle colonie pelasghe in Italia. Quivi espone pure un sistema per trarre,
dai favolosi racconti anteriori alla guerra di Troia, una storia di quei tempi antichissimi.
Noi esibiremo qui appresso, del quadro di quel sincronismo, la parte singolarmente che
si riferisce ai primi dirozzatori dell'Italia :
56
CRONOLOGIA
Epoea di ENOTRO
secoDdo
ti
traduttore francese
di
Apollodoro
2 S.
II.
SUCCESSIONE
dei
re d'Argo
secondo
Taziano
III.
LIXEA
delle
due dinastie
dei
re d'Argo
IV.
Epoca di ENOTRO
dedotta dalla sua
lìnea ascendeste,
dalla fondazitne
di PsoU fati»
da un solo discen-
dente, e da (inolia
di Sagunto
Inaco
I
Foroneo
I
Niobe
.£ S
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So
« ^-
Pelasgo
I
Licaone
Nictimo. Enotro
I
Calisto
I
Arcade (e)
Afida (6)
Aleo
i
Licurgo (e)
I
Anceo
. I
Agapenore
20
19
18
17
16
15
14
13
12
11
10
9
8
7
6
5
3
2
1
1986
1926
1896
1866
1846
1790
1742
1678
1625
1572
1520
1510
1498
1462
1431
1397
1387
1322
1280
50
60
35
70
54
35
46
21
11
50
41
23
17
31
58
8
43
65
15
Inaco
Foroneo
Api
Argo
Criaso
Forba
Triopa
Crotopo
Stenelo
Danao
Linceo
Abante
S ( Preto
cS ( Acrisio
Perseo
Stenelo
Euristeo
■~ ( Atreo
3 )
^ { Tieste
Agamennone
Inaco
Foroneo
Niobe
Argo
Forba
Triopa
Agenore
Crotopo
{sic) Stenelo
Gelanore
Danao
Ipermestra
Abante
Acrisio
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Perseo
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20
19
18
17
16
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14
13
12
11
10
9
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6
5
4
3
2
1
Inaco
I I
Ezeo Foroneo
,. I I
Licaone Niobe
^ I I
Dejanira Pelasgo
Licaone li
... i '
Nictimo Enotro
I
Perifete (f/i
I
Partaone
1
Arista
Criniante
I
Arrone
I I
Dardano Psofi (e
Zacinto (/")
Fondazione di
Sagunto (^j
Migrazione pelasga
Guerra di Troja
{a) Dovrebbe trovarsi contemporaneo di Dardano.
(h) Come sua figlia avrebbe potuto sposare Preto ?
(e) La cui nipote avrebbe sposato Euristeo.
{d) Sarebbe lo stesso re che Perifante.
(e) Fondatore di Psofi d'Arcadia , riputato figlio
di Liraono, ma nel senso vago che mostra
tale distanza.
[f) Figlio di Dardano, partito da Psofi di Arcadia
per fondare Psofi di Zacinto.
[fj) Duecento anni jtrima della guerra di Troja,
dagli Zacinij. Altri, partiti d'Ardea fondala
da Danae figlia d'Acrisio , vennero poi a
l'iunirsi alla colonia di Sagunto.
Cronologia greca
57
V.
Epoca di E\0TRO
dedotta
(lai siorroDisini che
Icyaiio i gradi
ili s'ia discendenza
ruui|uelli
della siucessione
dei re d'Argo
VI
Epora di LELEGE
autortODO
sincrtnismi della
sna discendenza
coi re d'Arcadia
e d'Argo
VII.
Ep. di CECROPE
secondo
duo sincronismi
slaliiliti
di l'aiisania
e Apollodoro
Vili.
Epoca di LELEGE
egiziano,
e
rapporti laterali
della
sua discendenza
Iliaco
I
Foroneo
I
Paso, Niobe, Arcstore
I
Pelasgo
Licaonc
I I
Niclimo (h) Enotro
I
Eicadio
I
Dorico
I
Parbino
Celeo
I
Calisto {i)
Arcade {k)
Afida (/)
I
Aleo
I
Licurgo (m)
Aiiceo
Agapenore ed Echemo
d'Italia in Spagna [n)
1280 anni av. Cristo
20
19
18
17
16
15
14
13
12
11 I
10 i
9
Diluvio d'Ogige
Lelege autoctono (o)
I
Milo e Policaone (w)
I
Eurota
I
Lacedemone
I
Amicla {(A
Arsalo
Ci noria
I
Penerete (/•)
I
Ebaio (s)
I
Tindaro
I
Timandra {t)
{h) Morto improle.
((') Figlia di Ceteo, anclie secondo Ferecidc.
(k) Contemporaneo di Dardano padre di Zacinto.
(/) La cui figlia sposò Preto.
(m) La cui nipote sposò Euristeo.
(n) Che combattè contro Euristeo , e sposò la
figlia di Tindaro.
(o) Confuso coir egizio della colonna vili.
ip) Che sposò la figlia di Triopa.
(q) La cui figlia fu sposata in .\rcado.
(r) Figlio di Cinorta, e padre d'Ebalo.
Ogige (w)
Porfirione
Perifante
Colono {v)
Atteo
Cccrope {x)
Cranao
Amfìzione
Erittonio
Pandione
Eretteo
Cecrope II
Pandione II
Egeo
Teseo
Demofoone
20
19
18
17
16
15
U
13
12
11
10
9
8
7
6
5
4
3
2
1
Dopo Car
figlio di Foroneo
12 generazioni
Epoca
di Enotro
Tegeate (z)
Gortide(«a)
Diluvio di Deucalione
m
Lelege egiziano
I
Clesone
Pilante
Scirone [ce]
s) La cui figlia sposò Perseo.
t) Sposata in Echemo.
u) Mille e venti anni avanti la i Olimpiade
(v) Conduttore d'una colonia nella Messenia.
( X ) Centottantanove anni dopo il diluvio d'Ogige.
iy) Ammogliato colla figlia di Pilante.
(z) Fratello di Nictimo.
[aa] Figlio di Tegeate e fondatore di Gorlino, due
anni dopo la colonia di Xanto figlio di Triopa.
(bb) Sotto il regno di Cranao.
[ce) Sposato colla figlia di Pandione II.
58 CRONOLOGIA
§ 19. — Monumenti cronologici.
In questo trattato già mentovammo sovente i monumenti cronologici. Principali tra
questi sono i Canoni, o cataloghi di dinastie, di regni, di epoche, specialmente quelli
fatti da Eratostene nel in secolo av. Cristo e da Tolomeo nel ii secolo dopo Cristo, il
primo, lavorando nella biblioteca d'Alessandria, aveva messa insieme una cronaca com-
piuta della Grecia, molto stimala dagli antichi, ed una cronaca egiziana di cui ci resta
un frammento, contenente i trentotto primi re di Tebe.
Tolomeo pel suo Almagesto stese un canone che risale al 747 av. C, e vien fino agli
Antonini ; opera di molta esattezza, appoggiando a quella le osservazioni astronomiche.
Insigni monumenti cronologici sono per la storia greca i Marmi di Paro, e per la
romana i Marmi Capitolini, che danno i fasti consolari. La natura e la critica di tali
monumenti si veda nella nostra Archeologia § 178. Qui gli esaminiamo solo crono-
logicamente.
§. 20. — Marmi di Paro.
La Cronaca di Paro è cosi detta dall'isola ove fu scoperta, e portata in Inghilterra
(1627) dal conte Tommaso di Arundel, il cui nipote la depose nella biblioteca dell'acca-
demia di Oxford. Fu stampata la prima volta a Londra da Selden il 1629, indi da Pri-
deaux il 1676, poi altre volte più correttamente, e meglio che mai da Ricardo Chandler
a Oxford nel 1763.
È una serie di marmi, scolpiti nel 263 av. C, onde, per lo meno, va immune dagli
errori dei copisti. Neppur essa però ci porge la sicurezza dei tempi, non potendosi ac-
certare che le epoche fossero segnate man mano sopra il marmo, né senza sbaglio dello
scultore, né con piena notizia dei fatti stranieri.
•
Eccone un saggio :
1581. Dacché Cecrope (pel primo) regnò in Atene, e si chiamò Cecropia quella contrada che prima
si chiamava Attica da Atteo, anni 1318 (sino a Diogneto Arconte d'Atene il 263 av. C).
4.
1528. Dacché avvenne il diluvio, al tempo di Deucalione, e questi fuggì le pioggie, venendo dalla
Licoria in Atene a Cranao, e edificò uu tempio di Giove Fissio e Ohmpico, e fece sacrifizj per la con-
seguita salvezza, anni 1265, regnando in Atene Cranao.
5.
1521 . Dacché Amfizione figliuolo di DeucaUone, regnò alle Termopile, e ragunò i popoli ch'abitavano
i luoghi vicini, imponendo loro il nome di Amfizioni, e quello di Filea al luogo in cui anche ora essi
sacrilìcano, anni 1258, regnando in Atene Amfizione, l'anno secondo del suo regno.
1520. Dacché Elleno, figliuolo di Deucalione, regnò nella Ftiotide, e presero il nome di Fileni gli
aliitanli di quel paese, che dianzi si chiamavano Greci, ed istituirono i giuochi Panalenaici, anni 1257,
regnando in Atene Amfizione.
10.
1505. Dacché Erittonio re d'Atene, celebrati pel primo i giuochi Panalenaici, attaccò cavalli al
farro, siabilì un giuoco pubblico, e diede agli Ateniesi il loro nome, la statua della Madre degli Dei
apparve nei monti Cibeli, e .lagne frigio inventò il primo le tibie in Celene citlà della Frigia, e sonò
primo colle tibie la musica frigia e gli altri accordi della Gran Madre, di Dionisio, di Pane, degli Dei
patrj e degli eroi, anni 1242, regnando in Atene Erittonio.
FASTI CONSOLARI 59
12.
1408. Dacché Cerere, venendo in Atene, seminò le biade, e ne mandò ad altre nazioni per mezzo
di Trittolemo figlio di Celeo e Nerea anni 1145, regnando in Atene Eritteo.
24.
1217. Dacché i Greci intrapresero la spedizione a Troja, anni 954 regnando in Atene Menesteo,
l'anno decimoterzo del sno regno.
25.
1208. Dacché fu presa Troia, anni yi5, regnando in Atene Menesteo, l'anno vigesimosecondo del
suo regno, il giorno settimo del mese di Targelione (od il vigesimo quarto) prima del fine.
26.
1205. Dacché Oreste fu sanato dalla sua pazzia nella Scizia, ed accadde lite nell'Areopago fra lui
ed Erigone figliuola di Egisto, intorno ad Egisto, in cui vinse Oreste, essendo eguale il numero dei
sutfragi, anni 942, regnando in Alene Deinofonte.
37.
593. Dacché Saffo passò da Mitilene in Siciha fuggendo, anni 330, essendo arconte in Atene la
prima volta Crizia, ed essendo il reggimento di Siracusa in mano de' suoi vicini.
49.
490. Dacché si fece battaglia vicino a Maratona, dagli Ateniesi contro i Persi, in cui gli Ateniesi
vinsero il satrapo Artaferne, nipote di Dario, anni 227, essendo arconte in Atene Fenippo la seconda
volta. Nella battaglia combatté anche il poeta Eschilo, essendo allora d'anni trentacinque.
52. 1
480. Dacché Serse attaccò un ponte di barche nell'Ellesponto, e dai Greci si diede una pugna alle
Termopile, ed una battaglia navale contro i Persiani vicino a Salamina, in cui furono i Greci vittoriosi,
anni 217, essendo arconte in Atene Calliade.
73.
370. Dacché in Leutra si diede battaglia fra i Lacedemoni ed i Tebani, in cui rimasero questi vin-
citori, anni 107, essendo arconte in Atene Frasiclide; e morì allora il re dei Lacedemoni.
334. Dacché nacque Alessandro, re dei Macedoni, anni 91, essendo arconte in Atene Callistrato.
Nel qual tempo fiorì Aristotele il filosofo.
§ 21. — Tasti consolari.
Abbiamo insegnato in che modo ridurre si le Olimpiadi, si l'età di Roma all'èra nostra:
ma per risparmiare la fatica di tal riduzione, esibiamo c[ui una tavola colla corrispon-
denza. Abbandonammo gli anni del mondo, per le dubbiezze altrove esposte, e ci siamo
attenuti agli anni avanti e dopo Cristo. La prima colonna pertanto segna appunto questi;
la seconda le Olimpiadi, indicando con numero romano la serie di esse, coU'arabico il
numero del ciclo. Per la fondazione di Roma stiamo a Varrone. Nell'ultima colonna
poniamo i supremi magistrati che dieder nome a quell'anno. Non mirando noi che ad
agevolare l'intelligenza e i riscontri della storia, credemmo vano il segnare appunta
anche il giorno in cui assunsero la magistratura i consoli : e chi aspira a tale precisione,
dovrà ricorrere alle tavole che intorno a ciò offrono i cronologisti. Basti dire che, dopo
il 600 di Roma, i consoli entravano in carica col 1 gennajo; dal 532 al 600, il 15 marzo;
dal 454 al 532, il 24 aprile; prima d'allora a tempi vaghi, secondo le intercalazioni dei
sacerdoti. Aggiungiamo pure, che i fasti consolari vanno d'accordo dal 479 di Roma
'275 av. C.) innanzi ; ma prima di quel tempo sono discordi fra loro e cogli autori.
60
CKONOLOGIA
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Prima Olimpiade ; vincitore Corebo
I Anno di Romolo
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XXIV
XXV Consoli
Giunio Bruto — Tarquinio Collatino, Surrogati V.
Valerio Poplicola — Sp. Lucrezio Tricipitino, poi
Orazio Pulvillo
P. Val. Poplicola II — P. Lucrezio Tricipitino
P. Val. Poplicola III — M. Orazio Pulvillo
Sp. Larzio Flavo — T Erminio Aquilino
M. Valerio Voleso — P. Postumio Tuberto
P. Val. Poplicola IV — P. L. Tricipitino II
P. Postumio Tuberto II — Agrippa Menenio Lanato
Opitero Virginio Tricosto — Sp. Cassio Viscellino
T. Postumio Comiuio — T. Larzio Flavo, primo dit-
tatore
M. Tullio Longo — Ser Sulpizio Camerino
P. Veturio Gemino — T. Ebuzio Elva
T. Larzio Flavo II — Q. Clelio Siculo
A. Sempronio Atratino — M. Minucio Aug.
A. Postumio Albo Regillese (dittatore) — T. Virginio
Tricosto
Ap. Claudio Sabino — P. Servilio Prisco
A. Virginio Tricosto — T. Veturio Gemino
Sp. Cassio Viscellino II — T. Postumio Comino II
T. Geganio Macerino — P. Minucio Augurino
M. Minucio Augurino II — A. Sempronio Atratino II
Q. Sulpicio Camerino — Sp. Larzio Flavo II
C. Giulio Julo — P. Pinario Rufo
Sp. Nauzio Rutilo — Ses. Furio Fuso
C. Aquibo Tusco — T. Sicino Sabino
Sp. Cassio Vicellino III — Proculo Virginio Tricosto
Q. Fabio Vibulano — Ser. Cornelio Cosso Maluginese
L. Emilio Mamercino Cesone Fabio Vib.
M. Fabio Vibulano — L. Val. Poplicola Polito
C. Giulo Julo — Q. Fabio Vib. II
Ces. Fabio Vibulano II — Sp. Furio Fuso.
Cn. Manlio Cincinnato — M. Fabio Vib. II
Ces. Fabio Vibulano III — V. Virginio Tricosto , poi
Rutulo Pulvillo — T. Menenio Agrippa
L. Emilio Mamercino II — C. Servilio Strutto , poi
C. Cornelio Lentulo
C. Orazio .Pulvillo — T. Menenio Agrippa Lanato
A. Virginio Tricosto — Sp. Servilio Strutto
P. Valerio Poplicola — C. Nauzio Rutilo
L. Furio Medullino Rufo — M. Manlio Vulso
L. Emilio Mamerco III — P, Vopisco Giulio
FASTI CONSOLARI
67
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4
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319
320
321
L. Pinario Rufo — P. Furio Fuso
Ap. Claudio Sabino — T. Quinzio Capitolino Barbato
L. Val. Poplicola Potilo II — T. Emilio Maraercino
A. Virg. Celimontano — T. Numicio Prisco
T. Quinzio Barbato II — Q. Serv. Prisco
T. Em. Mamercino II — Q. Fabio Vibulano
Sp. Postumio Albo Regillese — Q. Servio Prisco II
Q. Fabio Vibulano II — T. Quinzio Barb. Ili
A. Postumio Albo Regillese — Sp. Furio Medullino
Fuso
P. Servilio Prisco — L. Ebuzio Elva
T. Lucrezio Tricipitino — T. Veturio Gemino Cicurino
P. Volumnio Amintino Gallo — Ser. Sulpicio Came-
rino
P. Valerio Poplicola II — C. Clodio Sabino Regillese
Q. Fabio Vibulano III — L. Corn. Maluginese Cosso
C. Nauzio Rutilo II — L. Minuzie
C. Orazio Pulvillo — Q. Minuzio Augurino
M. Valerio Massimo — Sp. Virg. Tricosto Celimon-
tano
T. Romilio Roco Vaticano — G. Veturio Cicurino
Sp. Tarpejo Montano Capitolino — A. Eterio Fontinale
Ses. Quintilio Varo — P. Orazio Tergemino
P. Ses. Capitolino — C. Menenio Agrippà Lanate
I decemviri
Ancora
Ancora ; poi consoli L. Val. Poplicola Polito — Orazio
Barbato
Lar. Erminio Esquilino — T. Virg. Tricosto Celimon-
tano
M. Geganio Macerino — C. Giulio Julo
T. Quinzio Barbato IV — Agrippa Furio Fuso
M. Genucio Augurino — G. Curzio Filone
Tribuni militari ; /joi consoli L. Papirio Mugillano —
L. Sempronio Atratino
M. Geganio Macerino li — T. Quinzio Barbato V
C. Fabio Vibulano — Postumio Ebuzio Elva Cornicese
C. Furio Pacilo Fuso — M. Papirio Crasso
Proculo Geg. Macerino — L. Menenio Lan.
T. Quinzio Barbato VI — Agrippa Menenio Lanato
Tribuni militari
Jieganio Macerino — L. Sergio Fidenate
M. Corn. Maluginese — L. Papirio Crasso
C. Giulio Julo II — L. Virginio Tricosto
C. Giulio Julo III — L. Virginio Tricosto II
Tribuni militari
-CRONOLOGIA
431
429
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Tribunali militari
T. Q. Penne Cincinnato — C. Giulio Manto
C. Papirio Crasso — L. Giulio Julo
L. Sergio Fidenate II — Ostio Lucrezio Tricipitino
T. Q. Penno Cincinnato II — A. Cornelio Cosso
C. Serv. Strutto Ahala — L. Papirio Mugillano II
Tribuni militari
id.
id.
Q. Fabio Vibulano
Numerio Fabio Vi-
C Sempronio Atratino
Tribuni militari
T. Quinto Capitolino Barbato
bulano
Tribuni militari
id.
id.
id.
id.
id.
id.
M. Coni. Cosso — L. Furio Medullino
Q. Fabio Ambusto — C. Furio Pacilo
M. Papirio Mugliano — C. Nauzio Rutilo
M. Emilio Mamercino — C. Val. Polito Voluso
Cn. Cornelio Cosso — L. Furio Medullino II
Tribuni militari
id.
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Tribuni militari
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L. Emilio Mamercino -
plebeo)
L. Gemicio .\ventinese
L. Sestio Laterano {pnin'>
■ Q. Servilio .^hala
C. Sulpizio Petico — C. Licinio Calvo Stolone
L. Era. Mamercino II — L. Genucio .\vcnUne.ffrri
Q. Servilio Aliala II — L. Genucio .\vent. Il
C. Licinio Calvo II — C. Sulpizio Petico II
M. Fabio Ambusto — C. Petilio Libone \mUt
M. Popilio Lena — Cn. Manlio Ca]iitolino
C. Fabio Ambusto — C. l'iauzlo Proculo
G. Marzio Rutilo — C. Manlio Capitolino II
M. Faljìo Ambusto II — M. Popilio Lena I[
C. Sulp. Petico III — M. Valerio Poplicola
M. Fabio Ambusto III — T. Quinzio Penno Capitolino
C. Sulp. Petico IV — M. Valerio Poplico.'.a II
P. Valerio Poplicola — C Marzio Rutile. Il
C. Sulpicio Petico V — T. Quinzio Pe uno Cincinn .
M. Popilio Lena III — L. Cornelio Sci pione
L. Furio Camillo — Ap. Claudio Crass' j
M. Popilio Lena IV — M. Valerio Co rvo
C. Plauzio Ipseo — T. Manlio Torq' jato Imperioso
M. Valerio Corvo lì — C. Petilio Li' none Visolo
M. Fabio Dorso — Set. Sulpizio C? .merino
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CRONOLOGIA
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C. Marzio Rutilo III — T. Manlio Torquato II
M, Valerio Corvo III — A. Corri. Cosso Ar\ina
C. Marzio Rutilo IV — Q. Servilio Aliala
C. PI. Ipseo II — L. Em. Mamerc. Privern.
T. Manlio Torquato III — P. Decio Mus.
T. Emilio Maraercino — Q. Publio Filone
L. Furio Camillo II — C. Menenio Nepote
C. Sulpicio Lungo — P. Elio Peto
L. Papirio Crasso — Cesene Duilio
M. Valerio Corvo IV — M. Atilio Regolo
T. Veturio Calvino — Sp. Postumio Albino
L. Pap. Cursore — C. Petilio Libone Visolo II
A. Corn. Cosso Arvinall — Cn. Domizio Calvino
M. Claudio Marcello — C. Val. Potilo Fiacco
L. Papirio Crasso li — L. Plauzio Venone
L. Emilio Mamercino II — Cn. o C. Plauzio Deciano
C. Plauzio Proculo — P. Cornelio Scapula
L. Cornelio Lentulo — Q. Publio Filone II
C. Petilio Libone Visolo III — L. Papirio Cursore
L. Furio Camillo HI — D. Giunio Bruto Sceva
DITTATORE L. Papirio Cursore
L. 0 G. Sulp. Longo II — Q. Aulo Cerretano
Q. Fabio Massimo'Rulliano — L. Fulvio Corvo
T. Veturio Calvino li — Sp. Postumio Albino II
L. Papirio Cursore II — Q. Publio Filone III
L. Pap. Curs. Ili — Q. Em. (o Aulo) Cerret. li
L. Plauzio Vennone — M. Floscio Flaccinatore
Q. Emilio Barbula — C. Giunio Bruto Bubulco
Sp. Nauzio Rutilo — M. Popilio Lena
L. Papirio Cursore IV — Q. Publio Filone IV
M. Petilio Libone — C. Sulpicio Longo 111
L. Papirio Cursore V. — C. Giunio Bruto li
M. Valerio Massimo — P. Decio Mus
C. Giunio Bruto III — Q. Emilio Barbula II
Q Fabio Massimo Rulliano II — C. Marcio Rutilo
DITTATORE L. Papirio Cursore
P. Decio Mus lì— Q. F. Massimo Rulliano III
Ap. Claudio Cieco — L. Volumnio Fiamma Violento
Q. Marzio Tremulo — P. Cornelio Arvina
L. Postumio Megello — T. Minucio Augurino, pm M.
Fulvio Corvo Pelino
P. Sempronio Sofo — P. Sulp. Saverrione
Ser. Corn. Lentulo — L. Genuzio Avenlincsc
M. Livio Destro — M. Emilio Paolo
DL'Ji DITTATORI Q. F. Mossiiiio, M. V. Corvo
FASTI CONSOLARI
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Q. Apulejo Pansa — M. Valerio Corvo
M. Fulvio Potino — T. M. Torquato, poi M. Valerio
Corvo
L. Cornelio Scipione — Gn. Fulvio Centumalo
Q. F. Mass. Rulliano IV — P. Decio Mus IH
Ap. Claudio Cieco II — L. Volumnio Fiamma Vio-
lento II
Q. F. Massimo PiuUiano V — P. Decio Mus IV
L. Postumio Megello — M. Atilio Regolo
L. Papirio Cursore — Sp. Carvilio Massimo
Q. Fabio Massimo Gurgete — D. Giunio Bruto Sceva
L. Postumio Megello III — C. Giunio Bruto Biibulco
P. Cornelio Rufino — M. Curio Dentato
M. Val. Mass. Corvino — Q, Cedizio Nottua
Q. Marzio Tremulo II — P. Corn. Arvina II
M. Claudio Marcello — Sp, Nauzio Rutilo
M. Valerio Massimo Pofito — C. Elio Peto
C. CI. Canina — M. Em. Lepido o Barbula
C. Servilio Tucca — L. Cecilio Metello
P. Corn. Dolahella Massimo — Gn. Domizio Calvino
C. Fabrizio Luscino — Q. Emilio Papo
L. Emilio Barbula — Q. Marcio Filippo
P. Valerio Levino — T. Coruncanio Nepote
P. Sulpizio Saverrione — P. Decio Mus
Q. Fabrizio Luscino II — Q. Emilio Papo II
P. Cornelio Rufino II — C. G. Bruto Bub. II
Q. Fabio Massimo Gurgete II — C. Genucio Clepsina
M. Curio Dentato II — L. Cornelio Lentulo Caudino
M. C. Dentato HI — Ser. Cornelio Merenda
C. Fabio Dorso Licino t- C. Claudio Canina II
L. Papirio Cursore II — Sp. Carvilio Mass. II
C. Quintilio Claudo — L. Genucio Clepsina
G. Genucio Clepsina II — Gn. Corn. Biasio
Q. Ogulnio Gallo — C. Fabio Pittore
P. Sempronio Sofo — Ap. Claudio Crasso '
M. Atilio Regolo — L. Giulio Libone
M. Fabio Pittore — D. Giunio Pera
Q. F. Mass. Gurgete IH — L. Mamilio Vitulo
Ap, Claudio Caudice — M. Fulvio Fiacco
M. Val. Mass. Messala — M. Otacilio Crasso
L. Postumio Megello — 0- Mamilio Vitulo
L. Valerio Fiacco — T. Otacilio Crasso
i. Scipione Asina— C Duilio Nepote
Ho Scipione — C. Equilio Floro
Gn. Corn.
L. Cornelio
A. Atilio Calatiiio — G. Sulpizio Patercolo
C. Atilio Reg. Serrano — Gn. Corn. Biasio li
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CRONùi.OClA
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A. Manlio Vulso Lungo — Q. Cedicio, poi M. Atilio
Regolo
Sen. Fulvio Pelino Nobiliore — M. Emilio Paolo
G. Corn, Scip. Asina II — M. Atil. Calai. Il
Gn. Servilio Cepione — C. Sempronio Bleso
G. Aurelio Cotta — P. Servilio Gemino
L. Cec. Metello II — C. Furio Pacilo
C. At. Regolo Serrano II — L. Manlio Vulso
P. Claudio Pulcro — L. Giuuio Pullo
G. Aur. Cotta II — P. Servilio Gemino li
L. Cecilio Metello III — M. Fabio Buteone Lucilio
M. Otacilio Crasso II — M. Fabio Licino
M. Fabio Buteone II — C. Atilio Bulbo
A. Manlio Torquato Attico — C. Sempronio Bleso H
C. Fundanio Fundulo — C. Sulpizio Gallo
G. Lutazio Catulo — A F*ostumio Albino
A. Manlio Torq. Attico — Q. Lutazio Cercone'
C. Claudio Centone — !\(. Sempronio Tuditano
C. Mamilio Turrino — Q. Valerio Falcone
T. Sempronio Gracco — P. Corn. Falcone
L. Corn. Lentulo Caudino — Q. Fulvio Fiacco
P. Corn. Lentulo Caudino — C. Lucinio Varo
T. Manlio Torquato— C. Atilio Bulbo II
L. Postumio Albino — Sp. Carvilio Massimo
Q. Fabio Mass. Verrucoso — M. Pomponio Matonc
M. Emilio Lepido — M Poblicio Malleolo
M. Pomp. Malone II — C. Papirio Masone
M. Emilio Barbula — M. Giunio Pera
L. Postumio Alb. II — Gn. Fulvio Centunnlo
Sp. Carvilio Massimo li — Q. Fabio Mass. Verru-
coso II.
P. Valerio Fiacco — M. Atilio Begolo
M. Val. Messala Levino — L. Apulio Fullone
L. Emilio Papo — C. Atilio Regolo
Q. Fulvio Fiacco II — T. Manlio Torquato II
C. Flaminio Nepote — P. Furio Filo
C. Scipione Calvino — .M. Claudio Marcello
P. Cornelio Scipione Asina — M. Miuucio Rufo
L. Velario Filone — C. Lutazio Catulo
M. Livio Salinatore — L. Emilio Paolo
P. Corn. Scipione — ■ T. Sempronio Longo
Gn. Servilio Gemino — C. Flaminio Nepote II, pot
Atilio Redolo
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Terenzio Varrone — L. Emilio Paolo II
Postumio Albino — T. Sempronio Gracco, poi
M Claudio Marcello II, e Q. F. .Massimo Verru-
coso III
F. Massimo Verrucoso IV — M. Claudio Mar-
cello III
Q. Fabio Massimo — T. Senipr. Gracco II
0. Fulvio Fiacco III — Ap. Claudio Pulcro
P. Sulpizin (Jalba Massimo — C. Fulvio Ccntumalo
M. Val. Messala Levino II — M. Claudio Marcello IV
Q. F. ^Massimo Verrucoso V — 0. Fulvio Fiacco HI
M. CI.' Marcello V — T. Quinzio Crispino
C. Claudio Nerone — .M. Livio Salinalore
Q. Cocilio Metello — L. Velurio Filone
P. Coni. Scip. Africano — P. Licinio Crasso
Cornelio Cetego — P. Sempronio Tuditano
Gn. Servilio Cepione — C. Servilio Gemino
T. Claudio Nerone — M. Serv. Pulice Gemino
Gn. Cornelio Lentulo — P. Elio Peto
P. Sulpizio Galba Massimo II — C. Aurelio Colla
L. Corn. Lentulo — P. Villio Tappulo
T. Quinzio Flaminino — Ses. Elio Peto Calo
C. Cornelio Cetego — Q. Minuzio Ilufo
L. Furio Purpureo — M. Claudio Marcello
.M. Porzio Catone — L Valerio Fiacco
P. Cornelio Scipione Africano II — T. Sempronio
Lungo
L. Corn. Morula — 0. Minuzio Termo
L. Quinzio Flaminino — Gn. Comizio Enolmrbo
M. Acilio Glabrione — P. Cornelio Scipione .Nasica
L. Cornelio Scipione Asiatico — ■ C. Lelio Nepotc
Gn. Manlio Vulso — M. Fulvio Nobiliore
C. Livio Salinatore — M. Valerio Messala
M. Emilio Lepido — C. Flaminio Nepolc
Sp. Postumio Albino — Q. Marzio Filippo
Ap. Claudio Pulcro — M. Sempronio Tuditano
P. Claudio Pulcro — L. Porzio Licino
Q. Fabio Labeone — M. Claudio Marcello
L. Emilio Paolo — M. o Cu P>el)io Tamfilo
P. Cornelio Cetego — M. Pebio Tamfilo 11
A. Postumio .Ubino — C. Calpurnio Pisene, poi Q.
Fulvio Fiacco
L. Manlio .\cidino Fulviano — Q. Fulvio Fiacco
M. (Hunio Bruto — A. Manlio Vulso
C. Claudio Pulcro — Tib. Sempronio Gracco
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CRONOLOGIA
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Auni
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Gn. Corn. Scipione Ispalo — G. Valerio Leva, poi
Q. Petilio Spurino
P. Muzio Scevola — M. Emilio Lepido II
Sp. Postiimio Albino — Q. Muzio Scevola
L. Postumio Albino — M. Popilio Lena
C. Popilio Lena — P. Elio Ligure (ambo plebei)
P. Licinio Crasso — C. Cassio Longino
A. Ostilio Mancini — A. Attilio Serrano
Q. Marzio Filippo II — Gn. Servilio Cepione
L. Emilio Paolo II — C. Licinio Crasso
Q. Elio Peto — M. Giunio Penno
C. Sulpizio Gallo — M. Claudio Marcello
T. Manlio Torquato — Gn. Ottavio Nepote
A. Manlio Torquato — Q. Cassio Longino
Tib Sempronio Gracco II — M. Giuvenzio Talna
P. Cornelio Scipione Nasica — C. Marzio Figulo
M. Valerio Messala — C. Fannio Strabene
L. Anicio Gallo — M. Cornelio Cetego
C. Corn. Dolabella — M. Fulvio Nobiliore
M. Emilio Lepido — C. Popilio Lena II
Ses. Giulio Cesare — L. Aurelio Oreste
L. Corn. Lentulo Lupo — C. Marzio Figulo II
P. Cornelio Scipione Nasica li — M. Claudio Mar-
cello II
Q. Opimio Nepote — L. Postumio Albino, poi M,
Acilio Glabrione
Q. Fulvio Nobiliore — T. Annio Losco
M. Claudio Marcello III — L. Valerio Fiacco
L. Licinio Lucullo — A. Postumio Albino
L. Quinzio Flaminino — M Acilio Balbo
L. Marzio Gensorino — M. Manilio Nepote
Sp. Postumio Albino — L. Calpurnio Pisone Cesonio
P. Corn. Scipione Africano Emiliano — C. Livio Ma-
miliano Druso
Gn. Coni Lentulo — L. Mummio Acaico
Q. Fabio Massimo Emiliano — L. Ostilio Mancino
Ser. Sulpizio Galba — L. Aurelio Cotta
Appio Claudio Pulcro — Q. Cecilio Metello Macedon.
L. Cornelio Metello Calvo — Q. Fabio Massimo Ser-
viliano
Q. Servilio Nepote — Q. Pompeo Nepote
C. Lelio Sapiente — Q. Servilio Cepione
G. Calpurnio Pisone — M. Popilio Lena
P. Corn. Scipione Nasica Serapione — D. Giunio
Bruto Callaico
M. Emilio Leiiido Porcino — C. Ostilio Mancino
FASTI CONSOLARI
75
Anni
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Anni
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657
P. Furio Filo — Sesto Atilio Serrano
Ser. Fulvio Fiacco — Q. Calpurnio Pisone
P. Corn. Scipione Africano Emiliano II — C. Fulvio
Fiacco
P. Minucio Scevola — L. Calpurnio Pisone
P. Popilio Lena — P. Rupilio Nepote Lupo
P. Licinio Crasso Muciano— L. Val. Fiacco
C. Claudio Pulcro — M. Perpenna
C Sempronio Tuditano — M. Aquilio Nepote
Gn. Ottavio Nepote — T. Annio Losco Rufo
L. Cassio Longino — L. Cornelio Cinna
M. Emilio Lepido — L, Aurelio Oreste
M. Plauzio Ipseo — M. Fulvio Fiacco
C. Cassio Longino — G. Sestio Calvino
Q. Cecilie Metello Baleario — T. Quinzio Flaminino
Gn. Domizio Enobarbo — C. Fannio Strabone
L. Opimio Nepote — Q. Fabio Massimo Allobrogo
P. Manilio Nepote — C. Papirio Carbone
L. Cecilio Metello Dalmatico — L. Aurelio Cotta
M. Porzio Catone — Q. Marzio Re
L, Cec. Met. Diademato — Q. Muzio Scevola
C. Licinio Geta — Q. Fabio Massimo Eburno
M. Emilio Scauro — M. Cecilio Metello
M. Acilio Balbo — C Porzio Catone
P. Cecilio Metello Caprario — Gn. Papirio Carbone
M. Livio Druso — L. Calpurnio Pisone
P. Cornelio Scipione Nasica — L. Calpurnio Pisone
Bestia
M. Minuzie Rufo — Sp. Postumio Albino
Q. Cecilio Metello Numidico — M. Giulio Silano
Ser. Sulpizio Galba — Q. Ortensio Nepote, poi M.
Aurelio Scauro
L. Cassio Longino — C. Mario Nepote, poi M. Emilio
Scauro II
C. Atilio Serrano — Q. Servilio Cepione
P. Rutilio Rufo — Gn. Mallio Massimo
C. Mario Nepote II — C. Furio Fimbria
C. Mario Nepote III— L. Aurelio Oreste
C. Mario Nepote" IV — L. Lutazio Catulo
C. Mario Nepote V — M. Aquilio Nepote
C. Mario Nepote VI — L. Valerio Fiacco
M. Antonio Nepote — A. Postumio Albino
Q. Cecilio Metello Nepote — T. Didio Nepote
Gn. Cornelio Lentulo — P. Licinio Crasso
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701
Gn. Dfimizio Enobarbo — C. Cassio Longino
L. Licinio Crasso — Q. Muzio Scevola
C. Celio Caldo — L. Doinizio Enobarbo
C. Valerio Fiacco — M. Erennio iN'epote
C. Claudio Fulcro — M. Perpenna Xepote
L. Marzio Filippo — Sesto Giulio Cesare
L. Giulio Cesare-— P. Rutilio Rufo
Gn. Pompeo Strabone - L. Porzio Catone
L. Cornelio Siila — Q. Pompeo Rufo
Gn. Ottavio — L. Cornelio Cinna, /;o('L. Coni. Merula
L. Cornelio Cinna li — C. Marie Nepote VII, poi L.
Valerio Fiacco
L. Coni. Cinna III — Gn. Papirio Carbone
Gn. Papirio Carbone lì — L. Corn. Cinna IV
L. Corn. Scip. Asiatico — Gn. Giunio Xorbano
C. Mario — Gn. Papirio Carbone III
M. Tullio Decula — Gn. Cornelio Dolabella
L. Corn. Siila II — Q. Cecilio Metello Pio
P. Serv. Vatia Isaurico — Ap. Claudio Pulcro
.M. Emilio Lepido — Q. Lufazio Catulo
D. Giunio Giuliano — Mani. Emilio Lepido
Gn. Ottavio — C. Scriboniano Curione
L. Ottavio — C Aurelio Cotta
L. Licuiio Lucullo — M. Aurelio Cotta
M. Terenzio Varrone Lucullo — C. Cassio Varo
L. Gellio Poplicola — Gn. Corn. Lentulo Clodiano
C. Aufidio Oreste — P. Corn. Lentulo Sura
M. Licinio Crasso — Gn. Pompeo Magno
Q. Ortensio — Q. Cecilio Metello Cretico
L. Cecilio Metello — Q. Marzio Re
C. Calpurnio Pisone — M. Acilio Glabrione
M. Emilio Lepido — L. Volcazio Tulio
L. Aurelio Cotta — L. Manlio Torquato
L. Giulio Cesare — L. .Marcio Figulo
M. Tullio Cicerone — C. Antonio .\epote
D. Giunio Silano — L. Licinio Murena
M. Puppio Pis. Calp. — M, Val. Mess. Nigro
L. Africano Nepote — Q. Cecilio Metello Celere
C. G. Cesare — M. o L. Calpurnio Bibulo
L. Calpurnio Risone Cesonio — A. Gabinio Nepote
P. Cornelio Lentnlo Spiiitere — Q. Cecilio .Metello
Nepote
Gn. Cornelio Lentulo ^Marcellino — L. Marzio Filippo
(in. Pouìpco Magno li — M. Licinio Crasso II
L. llomizio Enobarbo — Ap. Claudio Pulcro
(in. Doniizio Calvino — .M. Valerio Messala
FASTI CONSOLARI 77
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M. Vipsanio Agrippa — L. Caninio Gallo
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C. Ottaviano Cesare II — L. Volcazio Tulio
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C. Ott. Ces. IV — M. Licinio Crasso, ;;otC. Antonio,
poi M. Tullio, poi Lucio Senio
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C. Ott. Ces. V — Sesto Apulejo, poi Polito Valerio
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C. Ott. Ces. VI — M. Vipsanio Agrippa li
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C. Ott. Ces. VII — M. Vipsanio À^rippaIII
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C. Ott. Ccs. X — C. Xorbanno Fiacco
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C. Ott. Ces. XI — Aulo Terenzio Varrone, poi abdi-
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cando il primo, P. Seslio — C. Calpurnio Pisene
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M. Claudio Marcello Esernino — L. Arunzio Kepote
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M. Apulejo Nepote — P. Silio Nerva
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C. Senzio Saturnino — Q. Lucrezio Vispillo
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P. Corn. Lentulo — Gn. Corn. Lentulo
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CRONOLOGIA
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L. Domizio Enobarbo — P. Gorn. Scipione
M. Muzio Druso Libone — L. Calpurnio Pisene
Gn. Gorn Lentulo — M. Licinio Grasso
Tiberio Glaudio Nerone — F. Quintilio Varo
M. Valerio Messala — P. Sulpizio Quirino, poi G.
Valgio, /)o/ C. Caninio Piebilo
Q. Elio Tuberone — Paolo Fabio Massimo
Giulio Ant. Africano — Q. Fabio Massimo
Claudio Druso Nerone — T. o L. Quinzio Crispino
G. Asinio Gallo — G. Marcio Gensorino
Tiberio Claudio Nerone II — G. Calpurnio Pisone II
C. Antistio Vetere — Decimo Lelio Balbo
G. Ott. Ces. XII — L. Cornelio Siila
G. Calvisio Sabino II — L. Passiano Rufo
Gn Cornelio Lentulo — M. Valerio Messalino
C. Ott. Ces. XllI— M. Plauzio Silvano, poiC. Ca-
ninio Galba
Cosso Gorn. Lentulo — L. Calpurnio Pisone
G. G. Cesare Vipsanio — L. Emilio Paolo
L. Alfeno Varo — P. Vinuzio Nepote
L. Elio Lamia — M. Servilio Gemino
Sesto Elio Calo — G. Senzio Saturnino
Gn. Gorn. Ginna — L. Valerio Messala
M. Emilio Lepido — L. Arrunzio Nepote
Q. Cecilio Metello Cretico — A. Licinio Nerva
M. Furio Camillo — S. Nonnio Quintiliano
Q. Sulpizio Camerino — G. Poppeo Sabino, poJM.
Pappio Mutilo, Q. Poppeo Sec.
P. Cornelio Dolabella — C. Giulio Silano
M. Emilio Lepido — T. Statilio Tauro
T. Germanico Cesare — C. Fontejo Capitone, poi G.
Vitello Varrone
G. Silio Nepote — L. Munazio Planco
Sesto Pompeo Nepote — Sesto Apulejo Nep.
Druso Cesare — G. Nerbano Fiacco
T. Statilio Sisenna Tauro — L. Scribonio Libone, poi
G. Pomponio Grecino
C. Cecilio Rufo — L. Pomponio Fiacco
Tiberio CI. Nerone III — T. Germanico Cesare II
M. Giulio Silano — L. Norbanno Fiacco
M. Valerio Messala — M. Aurelio Cotta
Tiberio CI. Nerone IV — Druso Cosare II
Decimo Aterio Agrippa — M. Sulpizio Galba
(]. Asinio Pollione • — C. Antistio Vetere
Servio Cornelio Cetego — L. Vitellio Varrone
FASTI CONSOLARI
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Cosso Coni. Lentulo — M, Asinio Agrippa
C. Calvisio Sabino — (Sa. Coni. Lentulo Getulico
L. Calpurnio Pisene — M. Licinio Crasso
Ap. Giunio Silano — P. Silvio Nerva
C. Piubeliio Gemino — C. Fusio Gemino
M. Vin. Nep. Quartino — L. Cassio Longino
Tib. CI. Nerone Cesare Augusto — L. Elio Sciano ,
poi C Memmio Regolo, Fausto Corn. Siila,
SestidioCatulino, L. Fulcinio Tiro, L. Pomponio
Secondo
Gn. Domizio Enobarbo — A. Vitellio, poi M. Furio
Camillo
Ser. Sulpizio Galba — L. Corn. Siila, poi L. Salvie
Otone, Vibio Marso
L. Vitellio Nepote — Paolo Fabio Persico
C. Cestio Gallo — M. Servilio Gemino
Ses. Pap. Galliano — Q. Plauzio Plauziano
Gn. Acerronio Proculo — C. Ponzio Nigrino
M. Aquilio Giuliauo — P. Nonio Asprenate
C. Cesare Caligola II — L. Apronio
C. Cesare Caligola III — L. Gellio Poplicola
C. Cesare Caligola IV — Gn. Senzio Saturnino
Claudio Imperatore lì — L. Licinio Largo
Claudio Imperatore III — L. Vitellio II'^
G. Quinzio Crispino — T. Statilio Tauro II
M. Vinuzio Quartino II — T. Statilio Corvino
C. Valerio Asiatico — M. Valerio Messala
Claudio Imperatore IV — L. Vitellio Nepote III
A. Vitellio — L. Vipsanio Poplicola
C. Pompeo Longino Gallo — Q. Veranio Leto
C. Antistio Velere — M. Suillio Rufo Nerviliano
Claudio Imper. V — Ser. Corn. Scipione Orfito
P. Corn. Siila Fausto — L. Silvio Otone
D. Giunio Silano — Q. Aterio Antonino
Q. Asinio Marcello — M. Acilio Aviola
Claudio Nerone Ces. — L. Antistio Vetere
Q. Volusio Saturnino — P. Corn. Scipione
Claudio Ner. Ces. II — L. Calpurnio Pisone
Claudio Nerone Ces. Ili — Valerio Messala
C. Vipsanio Poplicola — L. Fontejo Capitone
Claudio Nerone Ces. IV — Cosso Corn. Lentulo
C. Cesonio Peto — G. Petronio Sabino
,P. Mario Celso — L. Asinio Gallo
L. Memmio Regolo — P. Virginio Rufo
C. Lecanio Basso — M. Licinio Crasso
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CRONOLOGIA
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851
852
853
854
855
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P. Silvio Xerva — C. Giulio Attico Vestmo .;
C. Svetonio Paolino — L. Ponzio Telesiiio
L. Fonfejo Capitone II — C. Giulio Rufo
G. Silio Italico — M. Celerio o Galcrio Tracale
Serv. Sulpizio Galba Cesare — T. Vinnio Crispiniano
F. Vespasiano Aug. Il — T. Vespasiano
F. Vcsp. Aug. Ili— M. Coccejo Xerva
F. Vesp. Aug. IV — T. Vespasiano li
FI. Domiziano II — M. Valerio Messalino
F. Vesp. Aug. V — T. Vesp. Ili, poi FI. Domi-
ziano III
F. Vesp. Aug. VI — T. Vesp. IV, poi FI. Domi-
ziano IV
F. Vesp. Aug. VII — T. Vesp. V, poi FI. Domi-
ziano V
F. Vesp. Aug. Vili — T. Vesp. VI, poi FI. Domi-
ziano VI
L. Cesonio Comodo Vero — L. Cornelio Prisco
F. Vesp. Aug. IX — T. Vesp. VII
T. Vesp. Aug. Vili— FI. Domiziano VII
M. Plauzio Annio Silvano — M. Asinio Pollione Ver-
rucoso
FI. Domiziano Vili — T. Flavio Sabino
FI. Domiziano IX — T. Virginio Paifo
FI. Domiziano Aug. X — Ap. Giunio Sabino
FI. Domiziano Aug. XI — T. Aurelio Fulvio
FI. Doni. Aug. Xll — Ser. Cornelio Dolabella
FI. Dom. .\ug. Xlll — A. Volusio Saturnino
FI. Dom. Aug. XIV — L. ^linuzio Paifo
F. .Aurelio Fulvio-- A. Sempronio Aratino
FI. Dom. Aug. XV — Coccejo Nerva II
M. Ulpio Trajano — M. Acilio Glabrione
FI. Dom. Aug. XVI — A. Volusio Saturnino 11
Ses. Pompeo Collega — Cornelio Prisco
L. Nonio Asprenate Torquato — M. Arricino Clemeiitp
FI. Dom. Aug XVII — T. Flavio Clemente
C. Fulvio Valente — C. Antistio Vetere
Coccejo Nerva Aug. Ili — T. Virginio Rufo 11
Coccejo Nerva Aug. IV — Ulpio Trajano Ces. II
C. Sosio Senecione — A. Corn. Palma
Ulpio Trajano Aug. Ili — M. (Cornelio Frontone
Ulp. Trajano Aug. IV — Sesto Articuleo Peto
C. Sosio Senecione II — L. Licinio Sura
Ulpio Trajano A. V — L. Appio Massimo
L. Licinio Sura 11 — P. Nerazio Marcello
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C. Calpurnio Pisonc — M. Vezio Balano
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872
Elio Adr. Aug. Ili — Q. Giuuio Paislico
120 1
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4
873
L. Catilio Severo — T. Aurelio Fulvo
21 \
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1
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138
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147 (
148 )
ccxxv
ccxxv
CCXXVli
ccxxv IH
CCXXIX
CCXXX
CCXXXl
871 i E. Anaio Vero II — L. Augure
875 i M. Acilio Aviola — G. Corn. Pansa
870 i Q. Arrio l'ctino — C. A'eranio Aproniano
877 M. Acilio Glabrionc — C. Bellico Torquato
878 P. Cornelio Asiatico — Q. Bezio Aquilino
879 M. Lollio Pedio Vero — Q. Ciunio Lepido Bibulo
880 Gallicano — D. Celio Tiziano
881 L. Asprenatc Torquato — M. Annio Libonc
882 P. Giovenzio Celso II — M. Annio Liboiie II
883 Q. Fabio Catullino — Q. Giulio Balbo
881 Ser. Ottavio Ponziano — M. Antonio Kullno
885 Scnzio Augurino — Arrio Severiano
880 Ibcro — G. Silano Sisenna
887 C. Giulio Servilio — C. Vibio Giovenzio Vero
888 Pompeiano Lupcrco — L. (iinnio Attico Aciliano
889 L. Cesonio Comodo — Sesto Vetuleno Civica
890 E. Elio Cesare Vero II — P. Celio Balbino
891 Sulpizio Camerino — Quinzio Negro Balbo
892 Antonino Pio Aug. II — C. Bruzio Presente
893 Antonino Pio Aug. Ili — M. Aurelio Cesare
89i M. Peduceo Priscino — T. Ennio Severo
895 L. Cuspio Ruilno — E. Stazio Quadrato
896 T. Belliccio Torquato — T. CI. Attico Erode
897 Eolliano Avito — C. Gavio Massimo
898 Antonino Pio Aug. IV— M. Aurelio Ces. II
899 Sesto Erucio Claro — (in. Claudio Severo
900 M. Valerio Lanzo — M. Val. Messaline
901 T. Bellicio Torquato 11 — C. Giuliano
Cantù, [hcumcìtti. — Tomo 1, Cruitulo'jia
CRONOLOGIA
149
J5J [ CCXXXII
i52 )
153
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174 (
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CCXXXIII
CCXXXIV
CCXXXV
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190 CCXLH
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941
942
943
944
945
Sergio Scipione Orfìto — C. Nonio Prisco
Romolo Gallicano — Antistio Vetere
Quintilio Condiano — Quintilio Massimo
M. Acilio Glabrione — M. Valerio Vernano Omollo
C. Bruzio Presente II — M. Antonio Rulìno
L. Elio Aurelio Comodo — T. Sestio Laterano
C. Giulio Severo — M. Rufino Sabiniano
M. Cesonio Silvano — C. Senzio Augurino
Vetulino Barbaro —Regolo
Q. Flavio Tei tulio — Claudio Sacerdote
Plauzio Quintilio — Stazio Prisco
T. Clodio Vibio Varo — Ap. Annio Atilio Bradua
M. Aurelio Cesare III — L. Aurelio Vero Cesare li
Giunio Rustico — C. Vezio Aquilino
L. Papirio Ebano — Giuuio Pastore
M. Pompeo Macrino — Giovenzio Celso
L. Ario Pudenfe — M. Gavio Orfito
Q. Servilio Pudente — L. Fusidio Pollione
L. Aur. Vero Ces. Ili — T. Numidio Quadrato
T. Giunio Montano — L. Vezio Paolo
A. Sosio Prisco — P. Celio Apollinare
M. Cornelio Cetego — C. Erucio Claro
L. Settimio Severo II — L. Alfidio Erenniano
Claudio Massimo — Cornelio Scipione Qrfito
M. Aur. Severo II — T. Claudio Pompejano
A. Treboniano Gallo — Fulvio Fiacco
Calpuriiio Pisone — M. Salvie Giuliano
T. Vitrasio 0 L. Fusidio PoUionellI — M. Flavio Apro
L. Aurelio Comodo — Plauzio Quintilio 11
Giuliano Rufo — Gavio Orfito
L. Aur. Comodo 11 — T. Annio Aurelio Vero . poi
P. Elvio Pertinace e M. Didio Severo Giuliano
C. Fulvio Bruzio Presente — Sesto Quintilio Condiauo
L. Aurelio Comodo HI — L. Antistio Burro
C. Petronio Mamcrtino — Cornelio Rufo
L. Aurelio Comodo IV — C. Anfibio Vittorino
L Eggio Marnilo — Gn. Papirio Emiliano
Triario Materno — M. Atilio Bradua
L. Aur. Comodo V — ■ M. Acilio Glabrione 11
Clodio Crispino — Papirio Ebano
C. Albo Fusciano — Duilio Silano
Giunio Silano — Q. Servilio Silano , poi Severo e
Vitellio
L. Aur. Coni. VI — M. Petronio Settimiano
Cassio Aproniano — M. Atilio Bradua li
L. Aur. Coni. VII — P. Elvio Pertinace II
FASTI CONSOLARI
i93 \
194
195
196 j
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CCXLIII
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CCXLIV
CCXLV
205 )
Iq^ gcxlvi
208 )
209 \
il, CCXLVII
212 )
213
2U l CCXLVIII
215
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CCXLIX
CCL
225 \
227 I «jI-'IjI
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979
980
981
983
984
985
Q. Sosio Flacone — C. Giulio Erucio Claro:
poi FI. Claudio Sulpiziano e Fabio Cilnne Setli-
miano, poi Silio Messala, poi Elio Probo
L. Setlimio Severo li — Glodio Albino Ces. II
Scopiila Tertullo — Flavio Clemente
Gn. Domizio Destro — L. Valerio Messala Prisco
App. Claudio Laterano — Mario Rufino
T. Aturio Saturnino — C. Annio Trebonio Gallo
P. Corn. Anujino — M. Aufidio Frontone
T. Claudio Severo — C. Aufidio Vittorino II
L. Annio Fabiano — M. Nonio Muoiano
L. Sett. Severo III — M. Aurelio Antonino
P. Setlimio Gela — L. Fulvio Plauziano
Fabio Cilone Sett. II — M. FI. Libone
M. Aurelio Antonino II — Publio Settimio Gela
M. Mummio Albino — Fulvio Emiliano
Flavio Apro — A Ilio Massimo
M. Aur. Ant. Ili — P. Settimio Geta li
Claudiano Civica Pompejano — Lolliano Avio
Man. Acilio Faustino— Triario Rufino
Q. Elpidio Rufo Lolliano Genziano — Pomponio Basso
C. Giulio Aspro — P. Aspro
M. Aurelio .Antonino IV— D. Celio Balbino, poiìA.
Antonino Gordiano — Bivio Pertinace
Silio Messala— Q. Aquilio Sabino
Emilio Leto — Anicio Cereale
C. Azio Sabino — Ses. Corn. Anulino
C. Bruzio Presente — T. Messio Estricato, poi Ma-
crino Aug. e Diadnmeniano Ces.
Antonino Eiagabalo— Q. M. Coclatino Advento
Ant. Elag-. II — Licinio Sacerdote
Ant. Elag. IH — M. Aurelio Eutichiano
Annio Grato Sabiniano — Claudio Seleuco
Ant. Elag. IV — M. Aur. Severo Alessandro
L. Mario Massimo— L. Roscio Eliano
Claudio Giuliano II — Claudio Crispino
Mezio Fusco — Turpilio Destro
M. Aur. Severo Alessandro II - C. Marcello
L. Albino — Emilio Emiliano
T. Manilio Modesto — Sergio Calpurnio Probo
Cassio Dione , poi L.
M. Aur. Severo Aless. Ili
Antonino Gordiano II
L. Calpurnio Virio Agricola— Sesto Cario dementino
M. Aur. Civica Pompejano — Peligniano
P. Giulio Lupo — Massimo
CllONOLOOlA
Aunì
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e
Anni
d. Cr.
"^
di Roma
233
1
980
Massimo li — Ovinio Paterno
234
cani
2
987
Massimo HI — C. Celio Urbano
23Ó
3
988
L. Catilio Severo — L. Kagonio Urinazio Quinziauo
23G
. 4
989
C. Giulio Massiniiiio — C. Giulio Africano
237 ^
CCLIV
1
990
r. Tizio Pcr|ielno — Rustico Corneliano, poi Giunio
Silano — Gli. Messio Gallicano, pui L. Seltimio
Valeriauo , poi T. Claudio (Giuliano — Celso
Eliano
238
)2
991
M. Ulpio Crinito — Proculo Ponziano
23'J
' 3
992
M. AnIonioGoriliano — M. Acilio Aviola
210 J
4
993
Vczio Sabino — Vcnuslo
2-il ]
212
1
994
M. Ant. Goni. Il — A. Civica Pompeiano II
CCLV
2
995
C. Vezio Attico — ■ C. Asinio Pretcstato
243 (
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990
C. (;iulio Arriano — Emilio Papo
244
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997
Peregrino — A . Fulvio Emiliano
245
1
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M. Giulio Filippo Anii. — T. Fabio Giunio Tiziano
2in
2
999
Rrnzio Prcsculc — Kumniio Albino
247
CCLVI
3
1000
M. Giulio Filippo Aui^. li — M. Giulio Filippo Cesare
248
4
1001
M. Giulio Filippo Aug-. Ili — M. Giulio Filippo Ce-
sare li
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/
1
1002
A. Inilvio Emiliano 11 — Giunin Emiliano
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J003
C. Messio Trajano Decio II — Annio Massimo Grato,
poi Gallo e Ulpiano
251
CCLVII
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1004
C. Messio Trajano Decio III — Q. Erennio Etrusco
Decio
252 '
'4
1005
C. Vibio Treboniano Gallo li — C. Vibio Volusiano
Cesare
■
253 ]
1
1000
C. Vibio Volusiano Aug. — M. Valcriano Massimo
254
2
1007
P. Licinio Valcriano Aug. Il - P. Licinio (Jallieno Aug.
255
CCLVIII
1 *i
1008
P. Licinio Valcriano Aug. III — P. Licinio Gallieno
Aug. II
256
i
1009
M. Valcriano Massimo II — Acilio Glabnoae,jjoi An-
tonino e Gallo
257
1
1010
P. Licinio Val. Aug. IV — P. Lic. Gallieno Aug. HI,
poi M. Ulpio Crinito H — L. Domizio Aureliano
258
^ CCLIX
1011
M. Aurelio Memmio Tusco — Pomponio Basso
259
1 3
1012
Fulvio Emiliano — Pomponio Basso II
2(JU
1013
Cornelio Secolare — (iiunio Donato
2(11
, 1
1.
1014
P. Lic. Gallieno Aug. IV — L. Petronio Tauro Volu-
siano
202
CCLX
1015
P. Lic. Gali. Ang. V — Ap. Pompeo Faustino
2()3
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/ 3
1010
M. Mummio Albino H — Massimo Destro
2G4
1
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1017
P. Lic. Gali. Aug. VI— Annio Saturnino
2G5
1
1018
P. Licinio Valcriano — L. Cesonio Macro Lucilio
liulìniaiKi
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CCLM
2
1019
P. Lic. Gallieno Aug. VH — Sabinillo
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1020
Ovinio Paterno — Arcesilao
208
1
[ 4
1021
Uvinio Paterno II — Marinianu
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Anni
(li Kuiiia
209
270
271
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CCLXIII
277 \
g'yo / LLLXIA
280 )
281
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283
284
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291
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298
299
300
CCLXV
CCLXVI
CCLXVII
CCLXYIII
GCLXIX
1 1022
1023
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1046
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1048
1049
1050
1051
1052
1053
M. Aur. CI. Aug 11 — Ovinio Paterno III
Flavii» Aiiliocliiano — Furio Orfilo
L. Diimiziii Valori» Aureliano H — Cesonio Viri(J
Basso
Quieto — Volduuiiano, poi Mezio Flacouio — Nico-
niaco
M. Claudio Tacito — M. Mezio Furio Placidiano
Valerio Aureliano III — C. Giulio Capitolino
Valerio Aureliano IV — T. Nonio Marcellino, poi M.
Aur. Gordiano, /joj Vezio Comincio Cord.
M. Claudio Tacito 11 — Fulvio Emiliano, poi Elio
Scorpiano
M. Aur Valerio Probo — M. Aur. Paolino
M. A. Valerio Probo II — M. Furio Lupo
M. A. Valerio Probo 111 — Ovinio Paterno
Ciunio Messala Grato
M. A. Valerio Probo IV— C. Giunio Tiberiano
M. A. Valerio Probo V — Pomponio Vittorino
M. Aurelio Caro II — M. Aurelio Carino, por M.
Aurelio Numeriano — Matroniano
M. Aur. Carinoli — M. Aur. Numeriano 11, poj' Dio-
cleziano— Annio Basso, poi M. Aurelio Massi-
miano — M. Giunio Massimo
C. Aur. Val. Diocleziano II — Aristobulo
M. Giunio Massimo II — Vezio .Aquilino
C. Aur. Val. Diocleziano IH — M. Aur. Valerio Mas--
simiano Erculeo
M. Aur. Valerio Massimiano Ere. Il — Pompofmio*
Gennaro
Annio Basso li — L. Ragonio Quinziano
C. Aur. Val. Diocleziano IV — M. Aur. Valerio Msis-
simiano Ercole III
C. Giunio Tiberiano — Cassio Dione
Afranio Annibaliano — M. Aurelio Asclepiodcit'iv
C. .\ur. Valerio Diocleziano V — M. Auy. Valerio
Massimiano Ere. IV
FI. Valerio Costanzio — G. Galerio Valericf Massimiano
Nunimio Tosco — Annio Corn. Anulìno
C. Aur. Val. Diocleziano VI — FI. Valerio Ck)Stanzo
Cloro li
M. Aur. Val. Massimiano Ere. V — C. Gaferioi "Val.
Massimiano II
.\nicio Fausto li — Severo Gallo
C. Aur. Valerio Diocleziano VII — M. AarelwVàìt rio
Massimiano Ere. VI
FI. Valerio Costanzo III — C. Galerio Val. M*^ si-
miano III
86
CRONOLOGIA
Anni
Olimpiade
e
B
ss
Anni
d. Cr.
-j;
di Roma
•
301 \
1
1054
Postumio Tiziano II — FI. Popilio Nepoziano
302
2
1055
F. Valerio Costanzo IV — C. Gdlerio Valerio Massi-
miano IV
303
CCLXX
'
1056
C. Aur. Val. Diocleziano Vili — M. Aurelio Valerio
Massimiano Ere. VII
304
4
1057
C. Aur. Val. Diocleziano IX —M. Aurelio Val. Mas-
simiano Ere. VIII
305
1
1058
Fi. Valerio Costanzo V — C. Galerio Valerio Massi-
miano V
306
CCLXXI
2
1059
FI. Valerio Costanzo VI — C. Galerio Val. Massim.
VI, /joiCorn. Anelino — Massimino Severo
307
3
1060
(1) M. Aur. Valerio Massimiano Ere. IX — FI. Vale-
rio Costantino
308,
4
1061
M. Aur. Valerio Mass. Ere. X — C. Galerio Val. Mas-
simiano VII.
309
1
1062
Anno I dopo il consolato di M. Aur. Val. Massimiano
X e C. Gal. Valerio VII
310
2
1063
II
311
CCLXXII
3
1064
G. Galerio Valerio Vili solo, poi C. Valerio Liciniano
Licinio, poi Stazio Vezio Paifino — C. Cejonio
Piufino Volusiano
312
4
1065
FI. Valerio Costantino II — Publio Valerio Liciniano
Licinio II
313
1
1066
FI. Valerio Costantino III — Publio Valerio Liciniano
Licinio III
314
CCLXXIII
2
1067
C. Cejonio Rufino Volusiano II — Anniano
315
3
1068
FI. Valerio Costantino IV — Publio Valerio Liciniano
Licinio IV
316
^
1069
FI. Rufio Cejonio Sabino — Q. Aradio Rufino
317
1
1 1
1070
Ovinio Gallicano — Settimio Basso, poi Adrio Sabino
Rufino
318
> CCLXXIV
1 2
1071
P. Valerio Liciniano Licinio V — FI. Giulio Crispo
319
1 3
1072
FI. Valerio Costantino V — Licinio giimiore
320
)
' 4
1073
FI. Valerio Costantino VI — FI. Valerio Costantino
giuniore
321
1
1
1074
FI. Giulio Crispo II — FI. Valerio Costantino giu-
niore II
322
CCLXXV
2
1075
FI. Petronio Probiano — Anicio Giuliano
323
3
1076
Cecilio Severo — Vezio Rufino
324
4
1077
FI. Giulio Crispo III — FI. Valerio Costantino giu-
niore III
322
.
/ 1
1078
Anicio Fausto Paolino — C. Cejonio Giuliano
323
/
1
F. Valerio Costantino Aug. VII — FI. Giulio Costant.
324
CCLXXVI
2
1079
FI. Valerio Costantino (fratello del Magno) — FI" Va-
^
3
1080
lerio Massimo
325
^
\ 4
1081
FI. Magno Gennaro — Fabio Giusto
(I) 1 .sei anni seguenti vanno confu.si in grazia dei diversi imperatori.
FASTI CONSOLARI
SU
Anni
li. Cr.
Olimpiade
©
s
Anni
di Konia
329
1
1082
330
331
332
CCLXXVII ^
1
2
3
4
1083
1084
1085
333
334
335 '
CCLXXVIII
1
«)
3
1086
1087
1088
336
337
338
339 \ CCLXXIX
340
341
342
343
344
345
346
347
348
349
350
351
352
353
354
355
356
CCLXXX
CCLXXXI
CCLXXXII
CCLXXXIII
357 \
359 CCLXXXIV
360
361 \
362
363 CCLXXXV
364 /
1089
1090
1091
1092
1093
1094
1095
1096
1097
1098
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1100
1101
1102
1103
1104
1105
1106
1107
1108
1109
Ilio
1111
1112
1113
1114
1115
1116
1117
FI. Valerio Costantino Aug. Vili — Fi. Valerio Co-
stantino ginniorc IV
Ovinio Gallicano — L. Aurelio Simmaco
Ann io Basso — Ablavio
Ovinio Pacaziano — Mecilio Ilariano
FI. Valerio Dalmazio — M. Aurelio Zenofilo
L. Aconzio Optato — Anicio Paolino
FI. Giulio Costantino Cesare — C. Cejonio
Albino
FI. Popilio Nepoziano — Facondo
Rufio
Feliciano — Tit. o Tib. Fabio Tiziano
Urso in occidente — Poleniio in oriente
FI. Costanzo Augusto II — Flavio Costante Augusto
FI. Settimo Acindino in oriente — L. Arcadio Valerio
Proculo in occidente
F. Antonio Marcellino in oriente — Celio Probino in
occidente
FI. Costanzo Aug. Ili— FI. Costante Augusto II
W. Mezio Mcmmio Furio Placido in occidente — FI.
Pisidio Romolo in oriente
Demetrio Leonzio — Sallustio
Postumio Amanzio in oriente — Cejonio Rufio .\lbino
in occidente
FI. Costanzo Aug. IV — FI. Costante Aug. Ili
FI. Rufino in occidente — FI. Eusebio in oriente
FI. Filippo in oriente — FI. Salia in occidente
Ulpio Limonio — Aco Fabio CatuUino, ambi in oce.
Sergio — Nigriniano id.
Magnenzio Augusto — Fi. Gaisone nelle Gallie, Italia
ed Africa
FI. Costanzo Aug. V. — FI. Costanzo Cesare ; e nelle
Gallie, Italia ed Africa Decenzio Cesare — Paolo
FI. Costanzo Aug. VI — FI. Cost. Cesare II
FI. Costanzo Aug. VII — FI. Cost. Cesare III
Arbezione — Mavorzio LoUiano, ambi in occidente
FI. Costanzo .\ug. VII — FI. Claudio Giuliano Cesare
FI. Costanzo Aug. IX — FI. Claudio Giul. Cesare II
Tiberio Fabio Daziano — Nerazio Cereale
Flavio Eusebio — Flavio Ipazio
FI. Costanzo Aug. X — Claudio Giuliano Cesare IH
FI. Tauro in occidente — Flavio Florenzio in oriente
FI. Mamertino — FI. Nevita, ambi in occidente
FI. Claudio Giuliano Augusto IV — Secondo Sallustio
in occidente
FI. Gioviano Aug. — Flavio Varroniano
Hi>
Anni
d. Cr.
Olimpiade
o
a
Anni
di Roma
365
366
367
368
► CCLXXXVI
( 1
1 2
1118
1119
1120
1121
369
370
/ 1
2
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1123
371
CCLXXXVII
3
1124
372
4
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373
374
375
376
CCLXXXVIII
1
1
1126
1127
1128
1129
377 \
1
1130
378
379
1
CCLXXXIX
12
' 3
1
1131
1132
380
'4
1133
381
CCXC
\ 1
1
H3i
382
383
384
2
3
4
1135
1136
1137
385
386
387
CCXCI
1
2
3
1138
1139
1140
388
4
1141
389
390
391
CCXCII
]
2
3
1142
1143
1144
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j
4
1145
393
394 1
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(
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1
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3
1146
1147
1148
396
) 1
4
1149
397
1
1150
398
399
400
CCXCIV.
2
4
1151
1152
1153
FI. Valentiniano Aug. — FI. Valente Aug.
FI. Graziano — FI. Dagalaifo, umbi in occ.
Fi. Liipicino in oriente — FI. Valente Gioviano in occ.
FI. Valentin. Aug. II — FI Valente Aug. II
Giulio Felice Valentiniano — Sesto Aurelio Vittore
FI. Valentiniano Aug. Ili in occidente — FI. Valente
Aug. Ili IH oriente
FI. Graziano Aug. II — Sesto Anicio Petronio Probo,
ambi in occidente
FI. Doinizio Modesto — Flavio Arinteo in oriente
FI. Valentin. Aug. IV — FI. Valente Aug. IV
FI. Graziano Aug. III — C. Equizio Valente in oriente
Anno dopo il cons. di Graziano e di Equizio
FI. Valente Aug. V — FI. Valentiniano giuniore Aug.
FI. Graziano Aug. IV. — Flavio Merobauile, ambi in
occidente
FI. Valente Aug. VI — FI. Valentin. giunioreAug.il
Decimo Magno Ausonio — Q. Clodio Ermogeniano
Olibrio, ambi in occidente
FI. Graziano Aug. V in occidente — FI. Teodosio
Aug. in oriente
FI. Postumio Siagrio in occ. — FI. Annio Eucherio
in oriente
FI. Antonio — Afranio Siagrio, ambi in occ.
FI. Merobaude II in occidente — FI. Saturnino in or.
FI. Ricimero in occ. — FI. Glearco in oliente
FI. Arcadio Augusto in or. — Flavio Bautoi« occ.
FI. Onorio — FI. Erodio in oriente
FI. Valentiniano giuniore Aug. Ili — FI. Eutropio in
oriente
FI. Teodosio Aug. Il — FI. Cinegio in oriente
FI. Timasio — FI. Promoto
FI. Valentiniano giun. Aug. IV — FI. Neoterio in or.
T. Fabio Taziano in oriente — Q. Aurelio Simmaco
in occidente
FI. Arcadio .\u§. II — FI. Rufino, ambi in or.
FI. Teodosio .\ug. Ili — FI. Abundanzio
FI. Arcadio Aug. Ili — FI. Onorio Aug. Il
Sesto Anicio Ermogen. Olibrio — Sesto Anicio Pro-
bino, ambi in occidente
FI. Arcadio Aug. IV — FI. Onorio Aug. Ili
Clodio Ermog. Cesario in oriente — Ponzio Attico in
occidente
FI. Onorio Aug. IV — FI. Euticliiano in oriente
FI. Eutropio in or. — FI. Manlio Teodoro in occ.
FI. Stilicone in occ. — FI. Aureliano in or.
t\Sii i:(»NS«>i.vui
.V
Anni
(1. r.r.
Olimpiade
401
/t02
403
404
405
40fi
407
408
CCXCV
CCXCYI
409 \
^jy I CCXCVIl
412 1
413
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425
426
427
428
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CCXCIX
CCC
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434
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436
1
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1 1 72
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1175
1176
1177
1178
1179
1180
1181
1182
1183
1184
1185
Ragonio Vincenzio in occidente — Fi. Fravita o Avito
in oriente
FI. Arcadiu Aiig. V — FI. Onorio Aug. V
FI, Teodosio giuniore Aug. — Fi. Riimorido in or.
FI. Onorio Aug. VI — FI. Aristeneto in oriente
Fi. Stiliconc II in occ. — FI. Antcmio in oriente
FI. Arcadio Aug. VI — Ses. Anicio Petronio Proiio
in occidente
FI. On Aug. VII — FI. Teod. ginn. Aug. II
Anicio Basso in oriente — FI. Filippo in occidente
FI. Onorio Aug. VIII — FI. Teodosio Aug. III
FI. Varane in oriente — FI. Tertullo in occidente
FI. Teodosio Aug. IV solo
FI. Onorio Aug. IX — FI. Teodosio Aug. V
Fi. Lucio in oriente — FI. Eracliano in occidente
FI. Costanzo in occidente — FI. Costante in oriente
FI. Onorio Aug. X — FI. Teodosio Aug. VI
FI. Teodosio .\ug. VII — Giunio Quarto Palladio in
oriente
FI. Onorio Aug. XI — FI. Costanzo II in occidente
FI. Onorio Aug. XII — FI. Teodosio Augusto Vili
FI. Monasso in oriente — FI. l'iinta in occidente
FI. Teodosio Xwj. IX — FI. Costanzo Cesare HI
FI. Eustazio in oriente — FI. Agricola in occidente
FI. Onorio Aug. XIII — Fi. Teodosio Aug. X
FI. Asclepio in oriente — FI. .\vito Mariniano in occ.
FI. Castine in occidente — FI. Vittore in oriente
FI. Teodosio Aug, XI — FI. Placidio Valentiniano
Cesare
FI. Teodosio Aug. Xll — FI. Placidio Valentiniano
Aug. II
Flavio Jorio — Flavio Ardaburio, ambi in oriente
FI. Felice in occidente — FI. Tauro in oriente
FI. Florenzio — FI. Dionisio, amìji in oriente
FI. Teodosio Aug. XIII — FI. Placidio Valentiniano
Aug. Ili
Anicio Basso in occidente — FI. Antioco in oriente
FI. Aezio in occidente — FI. Valerio in oriente
1186 FI. Teodosio Aug. XIV — FI. Anicio Petronio Massimo
1187 FI. Ariovindo in occidente — FI. Aspar. in oriente
1188 I FI. Teodosio Aug. XV — FI. Placidio Valentiniano
1 Augusto IV
1189 I FI. Antemio Isidoro — FI. Senatore, ambi in oriente
90
CRONOLOGIA
437
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CCCV
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CCCVII
CCCVIU
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CCCXI
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1228
1220
FI. Aezio II — FI. Sigisbuldo, ambi in occidente
Fi. Teodosio Aiig. XVI — Anicio Aciiio Glabrione
Fausto in occidente
FI. Teodosio Ano;. XVII — FI. Festo
FI. Plac. Valentin. Aug. V — FI. Anatolio
FI. Ciro Panopolita, solo
FI. Eudossio — FI. Dioscoro, ambi in oriente
FI. Anicio Petronio Massimo II — FI. Paterno ambi
in occidente
FI. Teodosio Angusto XVIII — Decio Cecina in occ.
FI. Placidio Valentiniano Aug. VI — FI. Nonio
FI. Aezio III — Q. Aurelio Simmaco, ambi in occ.
Falconio Probo Callipio — Flavio Ardaburio aìnbi in
occidente
Rufino Pretestato Postumiano — FI. Zenone
FI. Protogene — FI. Asturio
FI. Placidio Valentiniano Aug. VII — Gennadio Va-
lerio Corvino Avieno in oriente
FI. Marciano Aug. — Clodio Adelfio v'h occidente
Flavio Asporacio o Sporazio — FI. Erculano in occ.
FI. Vincomalo — FI. Opilio in occidente
FI. Aezio — FI. Studio m oriente
FI. Placidio Valentiniano .\ugnsto VIII--L. o FI.
Antemio
Varane in oriente — FI. Giovanni in occidente
FI. Costantino in occidente — FI. Rufio in oriente
FI. Leone Trace Augusto — Flavio Giulio Magioriano
Augusto
FI. Patrizio — FI. Ricimero in occidente
Magno in occidente — Apollonio
FI. Severino — FI. Dagalaifo
FI. Leone Aug. II FI. Vibio Severo
FI. Cecina Decio Basilio in ocridente — FI. Viviano
FI. Rustico — FI. Anicio Olibrio
Erminerico — FI. Basilisco, ambi in oriente
FI. Leone .\ug. Ili — Tito Fabio Taziano
FI. Puseo — FI. Giovanni
FI. Antemio Aug. II solo
FI. Marciano — FI. Zenone Isaurico
FI. Giordano in oriente — FI. Severo in occidente
FI. Leone Aug. IV — Anicio Probiano
FI. Festo in occidente — FI. Marciano in oriente
FI. Leone Aug. V solo
FI. Leone Aug. VI solo
FI. Zenone Aug. II solo
FI. Basilisco II — Armato, ambi in oriente
FASTI CONSOLARI
91
477
478
479
480
481
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483
484
485
485 \
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509 \
510
511 i
512 '
CCCXIV
cccxv
CGCXV
CCCXVII
CCCXVIII
497
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499 \ CCCXIX
500
cccxx
CCCXXI
CCCXXII
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1205
Dopo il secondo consolaio di Basilisco e il primo di
Armato
Fi. Ilio in oriente, solo
FI. Zenone Aug. HI solo
FI. Basilio in occidente, solo
FI. Placitlo solo
FI. Severino — FI. Trocondo
Anicio Fausto solo
Teodorico re dei Goti — Flavio Venanzio
Q. Aur. Simmaco in occidente, solo
Cecina Mauro Decio //( occidente — FI. Longino
A. Severino Boezio in occidente, solo
Claudio Dinamio — VI. Sigidio, ambi in occidente
Anicio Probino — Eusebio Cronlone, ambi in occ.
FI. Avieno Fausto in occidente — FI. Longino IIj
FI. Olibrio giuniore in occidente, solo
FI. Anastasio Aug. — Rufo o Rufino
Eusebio Cronione II in occidente — Decio Albino in
oriente
Turcio Rufo Aproniano Asterie in occidente — FI.
Presidio in oriente
FI. Viatore — FI. Emiliano
FI. Paolo in oriente, solo
FI. Anastasio Aug. II, solo
Giovanni Scita in oriente — Decio Paolino in occ.
FI. Giovanni Gibbo — FI. Asclepio o Asclepiade ,
ambi in occidente
FI. Patrizio — FI. Ipazio, ambi in oriente
FI. Pompeo in oriente — Rufio Magno Fausto Avieno
in occidente
FI. Probo — Rufio Magno Fausto Avieno giuniore in
occidente
FI. Dessicrate in oriente — FI. Volusiano in occ.
FI. Cetego in oriente, solo
FI. Sabiniano in oriente — FI. Manlio Teodoro in
occidente
FI. Areobindo in oriente — Ennodio Messala in occ.
FI. Anastasio Aug. Ili — Venanzio Decio in occ,
Basilio Venanzio — Flavio Celere
Importuno Decio, solo
A. Severino Boezio II in occidente — FI. Eutarico /«
oriente
Secondino in oriente — FI. Febee Gallo in occidente
FI. Muscbiano in orienti' — FI. Paolo
513
51 i
515
516
517
518
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543
544
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CCCXXIV
CCCXXV
CCCXXYI
CGCXXYIl
CGCXXVIII
CCCXXIX
CCCXXX
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3
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1
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2
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3
1276
4
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1
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2
1279
3
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o
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4
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1
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2
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3
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4
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1
1294
2
1295
3
1296
4
1297
FI. CIpmeiitino in oriente — Anicio Probo
M. Aurelio Cassindoro Senatore, soln
FI. Antemio in oriente — FI. Florenzio in occidente
FI. Tetro in occidente, solo
FI. Anastasio Aug. IV — FI. Atrapeto
FI. Magno in oriente — FI. Florenzio in occidente
FI. Anicio Giustino Aug. — FI. Euterico Amalo
FI. Vitaliano in oriente — FI. Rustico
FI. Anicio Giustiniano — FI. Valerio in occidente
Q. Aurelio Anicio Simmaco — A. Severino Boezio
giuniore in occidente
FI. Anicio Massimo in occidente
FI. Anicio Giustino Augusto II — Flavio Opilio
FI
Teodoro Filosseno
occidente
FI. Anicio Olilirio in occidente, solo
Vezio .\gorio Basilio Mavorzio in occ
FI. Anicio Giustiniano Aug. II, solo
Anicio Probo giuniore in
wlo
Cecina Decio in occidente, solo
Postumio Lampadio — Flavio Oreste
Anno 1" dopo il consolato di Larnpadio
Anno 2» id.
f/'Oreste
FI. Anicio Giustiniano Aug. IH
FI. Anicio Giustiniano Aug. IV — FI. Teodoro Paol.,
ultimo console d'occidente
FI. Belisario in oriente
Anno 1° dopo il consolato di Belisario
Anno 2°
FI. Giovanni
FI. Appione
FI. Giustino
id.
Flavio Basilio giuniore, ultimo privalo che sia stato
console
Anno \° dopo il consolato di Basilio
Anno 2° id.
Anno 3" id.
E cosi via fino al 565, 24" dopo il consolato di
Basilio. A quell'anno si suol cbiudere la serie dei con-
soli ; alcuni la prolungano sino al 688 di Cristo e
1421 di lionia, trovandosi nominato (pialcbo altro
console. Ma poicliè allora già era introdotto il com-
puto (lell'èra vulgare, perciò rarissima occorre l'in-
dicazione dell'anno per consoli, e (juindi crediamo
inutile l'allungare più oltre ([iiesti l'asti.
ANNO ANTICO ITALIANO 93
§ 22. — Dell'anno dei Homani antichissimi e degli altri Italiani (1).
L'anno antico romano era lunare, o Io rimettevano o tentavano rimetterlo in concor-
danza coiranno solare per mozzo dell'intercalazione d'un mese. Con quell'arguto vedere
che trasforma in testimonio della verità ciò che altri riferiscono senza capire, Giuseppe
Scaligero scopri il sistema di questa cronologia, e che si faceva un'inlercalaz/one trio-
terica, in periodi di 22 anni, ai quali si adattava, dieci volte per ciascuno, un mese
supplementare alternativamente di 22 e di 23 giorni, trascurando lultimo triennio.
Come cinque anni facevano un lustro, cinque di tali periodi facevano un secolo di 110
anni (2^.
Deponiamo il pregiudizio che l'Italia fosse immersa nella barbarie, e ricevesse le
scienze dalla Grecia; tanto più che, allorquando tale cronologia semplice e regolare
cadde in dimenticanza, Cesare trovò l'anno proceduto di 67 giorni oltre il vero punto
di partenza, e dovette ricorrere per correggerlo ai dotti stranieri. È probabile che sifatfo
disordine fosse causato già un pezzo prima da ignoranza delle matematiche e dell'astro-
nomia, di cui gli Etruschi avevano bensì comunicato ai Romani i risultamenti , ma non
(a scienza. Questo disoidiue fu messo a prolilto e singolarmente aumentato dalla mala
lede dei pontefici, che acquistato il diritto di fare intercalazioni ad arbitrio, favorivano
ora i consoli, ora i questori, prolungando l'anno della loro magistratura, o danneggia-
vanli coll'accorciarlo,
Si sa per le unanimi notizie date dagli antichi archeologi romani che l'anno di Roma
era di 304 giorni in 10 mesi (3). Quest'anno, discorde e dal corso del sole e da quello
della luna, parve talmente contraddittorio a chi non era avvezzo se non alle idee greche
0 recenti, che Plutarco dubitò se mai fosse esistito, e (ciò ch'è più mirabile) Scaligero
lo tratta di favola, supponendo che fin da principio l'anno romano fosse di 12 mesi (4),
e facendosi appoggio di Licinio Macro e di Fenestella, che non ne capivano niente di
più. Ma oltre queste indicazioni, precise al pari di qualunque altra sui tempi più anti-
chi, e che non può rigettare chi voglia conservar basi alla storia, si trovano anche prove
incontrastabili per assicurare che di fatto anticamente si usasse quest'anno: avvi anzi
traccio sicure della sua applicazione a un tempo più recente, in cui già più non era
conosciuto. Finalmente, pei rapporti ciclici di quest'anno col lunare intercalato, come
lo spiega Scaligero, e col suo periodo secolare, si vede che da una parte potea servire
di correzione perpetua, dall'altra era preferibile per l'uso scientifico.
La chiave di questo sistema ci è data da Censorino, ove dice che il lustro era l'anlicoanno
grande di Roma, e il ciclo in cui il coniinciamento dell'anno civile coincideva con quello
dell'anno solare. Vero è che Censorino, rispetto alla durata, mette il lustro del suo tempo,
la pentaeteride del Campidoglio, al posto dell'antico lustro, come i Greci facevano per le
Olimpiadi: ma se un dotto, vissuto nelle ultime età, colse male il senso dei dati antichi, ciò
non ne scema il valore e l'applicazione, massime quando lo scambio si tocca facilmente
con mano, siccome nel caso nostro (5).
Cinque anni solari egizj, da. 365 giorni, ne contengono 1823 ; sei anni di Romolo, da
304, fanno solo 1824; onde in cinque anni la cronologia romana perdeva un giorno a
fronte dell'egizia civile che non aveva anni bisestili, e che in capo a 1461 anno tornava
al suo punto di partenza colla perdila di un anno, siccome chi fa il giro del globo perde
un giorno tra via. La cronologia romana, a confronto coll'anno giuliano, perdeva circa
un giorno e un quarto; deviazione si forte, che se altre divisioni del tempo, nel sistema
medesimo dell'anno di dieci mesi, non avessero somministrato un'intercalazione siste-
matica facile e di evidente concordanza, bisognerebbe credere assolutamente inverosi-
mile l'uso ciclico di anno sifatto.
Queste divisioni di tempo sono il più grande e il più piccolo fra i periodi etruschi,
il secolo e la settimana di otto giorni. Il secolo era pure la misura dell'anno lunare in-
tercalato : la settimana si conservò presso i Romani, talmente che'ogni nono giorno era
mercato {nundince). Fra gli Etruschi, o a dir meglio, secondo il loro sistema, questo nono
giorno era pure chiamato non ce ; e in armonia con sifatta divisione di tempo, un tal
nome fu sempre appropriato al nono giorno prima degli idi. Ma le nundinai di Roma non
avevano relazione alcuna coll'anno, e le none erano semplicemente un giorno del mese;
mentre fra gli Etruschi erano vere divisioni di settimana, ogni nono giorno essendo quel
(1) Da NiEBUHR, Rnmische Ceschichie. (',) De cmcnd. Icmporum, p. 173.
(2) De emeìKÌalione lewponini, p. -tifi. (;,) J)e die iialali, 18. Scaligero tliniosliM die
(3) Censorlno, De die uuUdi, 20. — 3lACi;oiilu, il lustro coniponcasL di cinque anni civili.
Salurn, i. 12.
94 CRONOLOGIA
degli affari, e in cui i re davano udienza e rendevano giustizia (1). L'anno di 10 mesi e
di 304 giorni si risolve appunto in 38 ottave ; onde conta altrettante none, ed è precisa-
mente il numero de' giorni chiamati fasti nel calendario giuliano (2). Cosi questo numero
si conservò secondo la particolare abitudine dei Romani: ma essendo, insufficiente per
gli affari del fòro, molti altri giorni furono aggiunti con nomi diversi. Cominciandole set-
timane sempr ì al medesimo giorno del mese, anche i mesi intercalari doveano essere
divisibili per 8, altrimenti l'ordine andava a fascio. Ora, se nel secolo del periodo ciclico,
composto di 110 anni o 22 lustri, s'intercalasse all'll» e al 22" lustro un mese di tre ot-
tave, cioè di 24 giorni, ne risultava al fine del periodo un'approssimazione alla verità e
una correzione del ciclo lunare inaspettalissima; giacché, secondo il calcolo di Scali-
gero, che non aspirava ad esattezza maggiore di quella del calendario giuliano, i cinque
periodi di secolo facevano 40,177 giorni, mentre la somma degli anni ciclici, giusta
sifatta intercalazione, ne dava 40,176.
Questo ciclo è dunque più esatto che non la cronologia giuliana, ove l'anno tropico si
suppone di 365 giorni e 6 ore ; poiché quello lo fa di 363 giorni 3° 40' 22", cioè solo
8' 23" meno del vero, non di 11" e 15' come il giuliano. Non possiamo ammettere che il
calcolo sia disceso fino ai secondi, e faremo osservare che nessun popolo intraprese, né
poteva intraprendere di far accordare il suo anno civile coH'astronomico, siccome oggi
si fa con esattezza, neppure in un lunghissimo periodo ciclico, qual fu la dottrina di quei
savj intorno alla durala dell'anno astronomico. Non potrebbe assolutamente negarsi che
le 13° 22' io" che mancavano al periodo etrusco di 110 anni, e che in capo a 172 anni
producevano un giorno di perdita, non sieno slate supplite con ulteriori intercalazioni:
ma appunto perchè l'applicazione delle regole di calcolo, che finora compongono un sistema
compiuto, non può arrivare più in là, diviene molto verosimile che gli Etruschi abbiano
in un modo preciso determinato l'anno tropico a 363 giorni, 5 ore, 40 minuti.
Però Censorino e gli altri Romani non parlano di questa scienza profonda; ed Ennio,
citato da Censorino, conta 366 giorni per l'anno solare: ma con ciò egli non voleva dir
altro, se non che una parte del 366° giorno apparteneva ancora all'anno tropico, ovverà»
mente scriveva senza comprendere ciò che avea da altri appreso. Quanto a Roma, molto
grande era allora l'ignoranza astronomica; e se l'antico sapere non v'era estinto, come
il fu per uomini venuti dappoi, almeno non vivea più che nei risultamenti, fra' sacerdoti
etruschi. Cosi i Bramini si servono meccanicamente di formole, di cui ignorano affatto
la deduzione scientifica, o non la saprebbero comprendere.
Dalla scientifica esattezza di questo anno, che era una forma di cui eraSi perduto il
senso, consegue l'uso che se ne potea fare accanto dell'anno civile già costituito. Nell'ul-
timo periodo, invece d'un mese intercalare di 23 giorni, bisognava, per mantenere l'ar-
monia dei due sistemi, intercalarne uno di 22. Purché dal principio del secolo fino al suo
termine si contasse esattamente, la correzione succedeva; e per evitare la confusione
minacciata dal cominciar così vario dell'anno dei Fasti, si adottò la pratica di conficcare
un chiodo nel tempio del Campidoglio. A mezzo il vi secolo erasi dimenticato il senso
di questa solennità, che dappoi sembrò ridicola all'ignoranza, e che forse erasi abban-
donata da che il consolato passava senza interregno ai successori eletti : perciò Ciucio
dicea d'aver trovato gli stessi segni nel tempio di Norcia a Vulsinia, aggiungendo che era
l'indicazione degli anni nel tempo che raro si scriveva(3). Scopo di questa cerimonia era
di segnare quanti lustri fossero trascorsi dopo cominciato il secolo; e in tal modo s'in-
dicava certamente il lustro finito, lustrum conditum.
Tutto l'Oriente si valse del corso della luna pel suo calendario: all'Occidente appar-
tiene la divisione libera e scientifica dei grandi periodi , risultato delle osservazioni di
molti secoli in remota antichità. All'Oriente pure si collega quel mondo primitivo estinto
che noi chiamiamo Nuovo mondo; poiché gli Aztechi, il cui almanacco per l'uso civile
era il più perfetto di quanti furono adoprati prima del gregoriano, 'conlava un grand'anno
di 104 anni solari. Le loro divisioni facevansi conforme al loro sistema numerico, la
cui base è il 20 e il 5, che tenea luogo di progressione decimale. Anche in questo pe-
riodo intercalavasi due volto, e in tutto 23 giorni. Al vedere le feste messicane del fuoco
nuovo, celebrate al cominciar del periodo secolare, è impossibile non risovvenirsi delle
feste secolari romane, o propriamente etrusche; massime ove si rifletta che ad ogni
primo di marzo a Roma si rinnovava il fuoco di Vesta. Ciascuno può giudicar di queste
cose come l'intende, ma non bisogna trattare di vana ipotesi lo sviluppo dell'anno ciclico,
sotto pretesto che noi si potrebbe fiancheggiare di testi antichi. Ciò che risulta dall'es-
senza medesima di questa divisione di tempo con assoluta precisione aritmetica, cièche
{{) Macrobio, Salurn, I Wi. numero per via di calcolo, e senza cercarne la
causa.
(2) Manuzio, De dierum raiionc, trova questo (3) Ap. Tito Livio, vii. li.
ANNO ANTICO ITALIANO Qg
è in perfetta armonia con un altro sistema non contestato , non saprebbe essere mero
caso, come noi sono le fii^ure matematiche delineate sulla sabbia. Tanto più che bisogna
scegliere fra le due supposizioni seguenti : o i prischi Romani, ignoranti quanto sciocchi,
usavano un calendario non fondato su veruna analogia colla natura né colla scienza; o
i Romani adottarono un calendario , fruito d'un popolo addottrinato. Ammettere con
Macrobio (il quale mal conosceva il ciclo), che quando i mesi non si acconciavano più
colle stagioni, i Romani lasciassero passare un certo tempo senza denominarlo , è uà
farli più barbari degli Irochesi. Noi non porremmo i Romani fra gli astronomi, che Sca-
ligero ce lo vieta, ma il nome anno di Romolo non può né dee significar altro che il
primitivo anno ciclico.
Male però gli antichi archeologi ammisero due supposizioni; cioè che il calendario di
10 mesi fosse dapprima il solo usato, e poi fosse del tutto abbandonato. La prima non
è verosimile, giacché il calendario di 10 mesi é in relazione coiranno ciclico lunare,
per modo che non si può metterne in dubbio la formazione simultanea; e d'altro lato è
possibile che il più antico usato fra il popolo, fosse collegato ad osservazioni sulle fasi
della luna; in fine un calendario adattato alle stagioni dovette sempre esser indispensa-
bile, come l'anno del ricolto nell'Indie. Erronea é pure la seconda supposizione, essen-
dosi adoprato il calendario di 10 mesi molto dopo la cacciata dei re, e ne rimasero ap-
plicazioni, la cui origine non fu riconosciuta dalle generazioni successive.
Gli Etruschi, come regola di buona fede, avevano adottato di non concludere trattati
di pace che sotto forma d'armistizio e per un tempo prefinito. Quasi tutti i trattati con-
chiusi dai Romani con Vejo, Tarquinia., Cere, Capena, Vulsinia, sono qualificati per tre-
gue, esprimendo per quanti anni dovevano aver effetto; ma agli Etruschi non si rinfaccia
mai di aver violato la convenzione, benché le ostilità comincino quasi sempre prima che,
secondo i Fasti, gli anni dell'armistizio sieno compiti. Per sceglier un esempio, il trat-
tato con Vejo nel 280 si stipula che durerà 40 anni : ora nel 316 si parla della defezione
di Fidene che si unisce a Vejo, il che suppone che questa repubblica fosse già in guerra
con Roma; e i Romani, per quanto irritati della diserzione di Fidene, non accusano i
Vejenti d'aver fallito il patto. Più decisivo è l'udire Tito Livio dirci sotto il 347, che la
tregua di 20 anni conchiusa nel 329 era spirata ; mentre, secondo i Fasti, non sarebbero
trascorsi che 18 anni. Questi fatti non si possono spiegare se. non applicando l'anno di
10 mesi, quaranta dei quali equivalgono a 33 1|3, e venti a 16 2[3; cosicché nel primo
esempio la tregua era spirata col 314, nel secondo col 346.
I Latini e gli Ernici usavano singolari calcoli cronologici, e forse alcuno potrà indovi-
narne il sistema da ciò che Censorino ci riferisce intorno ai calendarj d'Alba, di Lavinio,
di Tuscolo, d'Aricia e di Ferentino, i cui mesi variavano dai 39 fino ai 16 giorni. Comun-
que sia stato disposto il calendario de' popoli Ausonj, era certo differente in tutto dall'anno
civile romano; e perciò Roma conchiuse con essi, coi Volsci e cogli Equi le tregue cal-
colate secondo gli anni ciclici. Quella giurata nel 323 per otto anni, non faceva in anni ci-
vili che 6 3|4, e per conseguenza finiva nel 330 : onde non furono tacciati di spergiuri i
Volsci che ripresero le ostilità l'anno seguente. Altrettanto era tra Romani e Falisci.
Inoltre l'anno di 1 0 mesi è prescritto alla durata del lutto, a pagare i legati e le doti, al
credito per la vendita dei frutti; e probabilmente regolava gl'imprestiti, come orala mi-
sura del più antico sistema degl'interessi.
Scaligero se dava ancora un passo, scopriva la natura di questi sistemi cronologici*
e forse ne fu raltenuto solo dall'apparente stravaganza, perchè non conosceva bene il ca-
lendario azteco. Secondo lui, ogni popolo della terra dotato una volta di scienza, diffon-
deva la luce sugli altri ; ed avverte egli stesso quanto sia strano il vedere le feste Satur-
nali e le Matronali (bellissime tra le antiche solennità domestiche, e inseparabili per loro
natura) celebrale le une al fine di dicembre, le altre al principio di marzo.
Quando Ennio conta 700 anni da Roma fondata fino al suo tempo, intende forse di
anni ciclici da 10 mesi, 700 de'qnali fanno 583 anni civili in circa; e appunto quel vec-
chio scriveva l'ultimo libro de' suoi Annali nel 582.
II 10 era il numero fondamentale dell'Elruria, essendo quello dei secoli promessi a
questo popolo; ma il numero di Roma era 12. Per la misura di esso spazio il vorsus àe^Vi
Etruschi e Cactus dei Romani sono nel rapporto medesimo, come per la misura del tempo
l'anno ciclico e il lunare intercalato.
Come ogni indicazione pel tempo che precedette la riforma del calendario, si riferisce
necessariamente a un tutt'altro giorno che quello nominato, cosi il numero degli anni
trascorsi sarebbe differente se uno Stato avesse cangiato di sistema cronologico, Ora gli
archeologi romani supposero che dapprincipio si fosse contato la durata della città per
anni di 10 mesi, e la più parte attribuirono a Numa ciò che essi risguardavano per ia-
troduzioue d'un calendario migliore. Pare dunque, come dovea succedere infallibilmente
secondo una tal supposizione, che Ciacio, per mettere la fondazione di Roma in relaziona
96 CRONOLOGIA
con un'altr'èra , riducesse in anni ordinarj la somma riferita sulla tavola de' pontefici.
I regni di Romolo e di Numa non avrebbero veramente prodotto che una differenza di
')3 anni; ma Giunio Graccano, eccellente archeologo, diceva che il calendario di 10
mesi erasi adoperato fin a Tarquinio Prisco.
N.B. Nuove ricerche e con tutt'altre conclusioni stampò Teodoro Mommsen , Ber-
lino 1358, chiarendo la Cronologia romana fino a G. Cesare.
§ 23, — Calendario giuliano-romano.
Adunque il calendario di Romolo in breve fu dismesso : (}uello di Numa durò fino a
Cesare, e riesce di grande dilTicoltà per la cronologia romana. Su di esso si potrà vedere
una lunga disquisizione nel volume iv della parte u de\['Art de vérifier les ilates des faits
historiques. Tale riforma (come si disse al § 5) fu fatta l'anno i'6 av. C, e l'anno restò
ridotto a 36lj giorni e 6 ore, delle quali ogni quarto anno componevasi un giorno, che
faceva 3Gf>, e dicevasi bisestile. Il calendario giuliano è sovra gli altri importante come
fondamento e legame di tutta la cronologia.
Ci parve dunque doverlo qui appresso esibire in disteso, quale è dato neW Enciclope-
dia mateìnatica, premettendo le seguenti avvertenze :
La 1* colonna nota il numero progressivo dei giorni, secondo usiamo noi moderni;
La 2» dà il nome che attribuivano ad essi gli antichi, desunto dalla loro distanza dalle
tre epoche principali, caletide, none ed idi ;
La 3" dà le lettere nundinali, vale a dire il periodo di otto giorni, segnati progressiva-
mente colle lettere A B C D E P" G II ; dopo i quali si facevano le nundime. In quel giorno
i campagnuoli venivano in città per sapere gli avvisi che si pubblicavano intorno alla
disciplina, alia religione, al governo.
La i' significa la natura di ciascun giorno. Non tutti i giorni poteasi dai Romani ren-
dere diritto, nò il pretore potea pronunziare la formola solenne do, dico, addico. I giorni,
in cui ciò potevasi fare, chiamavansi fasti; nefasti quelli che no; onde Ovidio:
llle nefastus erit, per quem tria verba silentur :
Fastus erit, per quemjure licebit agi.
Aveansi inoltre i dies atri, orninosi, religiosi, exempti, cioè di maluria ; auspicales,
in cui cogli auspizj assumevasi una magistratura o funzione pubblica; cognitiales, in cu
il pretore proclamava una sentenza o un editto; jasti o prceliares, quando dopo certe
proroghe si poteva procedere contro gli accusati od eseguire i giudizj proferiti contro di
essi; lustrici, in cui si purificavano; fanciulli, o imponevasi loro il nome, che era per
le bambine l'ottavo dopo la nascita, pei maschi il nono; pandiculares o communicarii,
quando si sagrificava a tutti gli Dei insieme; postalatorii, in cui presentavansi ai pretori
le petizioni ; utiles, in cui potevansi far valere i proprj diritti in giustizia ; donde il
Diutile, almanacco per gli avvocati.
Altri giorni chiamavansi cumitiales, in cui s'adunavano i comizj per eleggere i ma-
gistrati 0 trattar gli altri affari di loro spettanza. A questi doveva assistere tre volte l'anno
il rex sacrificulus, cioè il 24 di lebbrajo, marzo e maggio; e appena compite le funzioni
del pubblico culto, fuggiva a precipizio, in memoria dei Re cacciali. Inoltre il lo giugno
nettavasi il tempio di Vesta, operazione fatta con tanta cerimonia, che non potevasi in
quel tempo andar a tribunale.
Quando pertanto nella quaila colonna si trovi N, vuol dire nefastus dies, cioè chea
feria ne' tribunali : F, fastus, cioè che si possono trattar gli affari: F P, fastus prima,
cioè che si può giudicare solo nella prima parte del giorno : N P, nefastus prima, il con-
trario : E N, endutercisus o intercìsus, taglialo, cioè che certe ore son d'affari, certe no :
C, comitialis : Q R C F, quando rex (sacrificulus interfuit) comitiis fastus, cioè quando
il re del sagrifiziose n'andò, può trattarsi d'aifari : Q S TD F, quando stercus templi de-
latum fastus, cioè si può trattar d'affari civili dopo spazzate le lordure del tempio di Vesta.
Nella 5' colonna segnasi il numero d'oro, tratto dalla scoperta di Melone che accen-
nammo al § G. Nel calendario segnarono coU'l i novilunj avvenuti nel primo anno del
ciclo; col 2 quei del secondo; col 3 quei del terzo; cosi via fin all'ultimo, per modo da
presagire i novilunj seguenti di diciannove in diciannove anni, quindi le feste, assemblee
ed altri esercizj di[)endenti dallo fasi lunari.
La 6' colonna coalìene le fusle, di cui daremo la epiei^azione.
CALENDARIO GIULIANO-ROMANO
97
KOHl DEI GIORXI
Qualità
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giorni
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sollo hi protezione di Giunone
1
2-
Kalend. Jan.
4 Nonas.
A
B
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1
Sagrifizio a Giano, a Giunone, a Giov.'%
ad Esculapio.
Giorno disgraziato {dies ater).
3
3 Nonas.
C
C
9
Tramonta il Cancro.
4
Pridie Nonas.
D
C
5
6
Nonis Jan.
8 Idus.
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18
6
Leva la Lira. Tramonta alla sera
r Aquila.
7
' 7 Idus.
G
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6 Idus.
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14
Sagrifìzj a Giano.
9
5 Idus.
A
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3
Le Agonali.
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4 Idus.
B
EN
Metà dell'inverno.
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3 Idus.
C
NP
11
Le Carmentali.
12
Pridie Idus.
D
G
Le Compitali.
13
Idibits Jan.
19 K. Feb.
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19
8
I trombetti, vestiti da donna, fanno lo
pubblicazioni.
Giorno vizioso per decreto del senato.
15
18 Kal.
G
...
...
A Carmenla, Porrima e Postversa.
16
17
17 Kal.
16 Kal.
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A
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16
5
Alla Concordia. Alla mattina comincia
a tramontare il Leone.
Il sole in .Acquario.
18
15 Kal.
B
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14 Kal.
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13
20
13 Kal.
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2
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12 Kal.
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11 Kal.
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10
23
10 Kal.
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Tramonta la Lira.
24
9 Kal. .
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18
Le Sementine.
25
8 Kal.
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26
7 Kal.
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27
6 Kal.
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15
A Castore e Polluce,
28
5 Kal.
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4
29
30
4 Kal.
3 Kal.
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12
Corse de' cavalli al campo di .Marte
Le Pacali,
Tramonta la Lira.
31
Pridie K Feb.
G
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1
Alli Dei Penati.
(^aniù, Ihniimcììli. — Tnino 1, ('.ronologia
98
CRONOLOGIA
NOMI DEI GIORM
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Qualità
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FEBBRAIO
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soWo la protezione di Nettuno
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Kalend. Feb.
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A Giunone Sospita, a Giove, ad Er-
cole, a Diana. Le Lucarie.
2
4 Nonas.
A
N
17
Tramontano la Lira e metà del Leone.
3
3 Nonas.
B
N
4
Pridie Nonas.
C
N
6
Tramonta il Delfino.
5
Nonis Feb.
D
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Augusto soprannomato padre della
patria. Leva l'Acquario.
6
8 Idus.
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14
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7 Idus.
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3
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6 Idus.
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5 Idus.
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11
Principio della primavera.
10
4 Idus.
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3 Idus.
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Giuochi geniali. Leva Arturo.
12
Pridie Idus.
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Idibiis Feb.
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A Fauno e Giove. Disfatta dei Fabj.
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Levano il Corvo, la Tazza ed il .Ser-
pente.
15
15 Kal.
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5
Le Lupercali.
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14 Kal.
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11 sole nei Pesci.
17
13 Kal.
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13
Le Quirinali.
18
12 Kal.
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2
Le Fornacali. Le Ferali alli Dei Mani.
19
11 Kal.
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10 Kal,
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9 Kal.
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Alla dea Muta o Larunda. Le Ferali.
22
8 Kal.
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18
Le Carisie.
23
7 Kal.
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7
Le Terminali.
24
6 Kal.
G
N
...
La Rpgifuga. Posto del bisestile.
25
5 Kal.
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C
15
Leva alla sera Arturo.
26
4 Kal.
A
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4
27
3 Kal.
B
NP
Corse de' cavalli al campo di Marte.
28
Pridie K. Mar.
C
C
12
I Tarquinj vinti i.
{i) Quidifatti collocasi gcnornlniCTilp la Vittori,! sui Tarquinj: ma bisogna rifiellere clic allora
fflibrafo era rulliiiio mese ilcll'anno, marzo il secondo; e perciò il giorno avauti alle colende di
niurto non signllicava l'ultimo di febbrajo, ma di gennajo.
CALENDARIO GIULIANO-ROMANO
99
NOMI DEI r.IORM
Antichi
Qualità
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giorni
1 Kalend. Martii
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23
24
25
G Nonas
5 Nonas.
4 Nonas.
3 Nonas.
Pridie Nonas.
Nonis Martii
8 Idus
7 Idus.
6 Idus.
5 Idus.
4 Idus.
3 Idus.
Pridie Idus.
Idibiis Marlii
17 K. Ap.
16 Kal.
15 Kal.
14 Kal.
13 Kal.
12 Kal.
11 Kal.
10 Kal.
9 Kal.
8 Kal.
26
7 Kal.
27
6 Kal.
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30
3 Kal.
31
Pridie K. Apr
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12
1
MARZO
Solfo la protezione di Minerva
Le Matronali, A Marte. Le Ancili.
Questo giorno dicevasi anclic Fc-
minetc kalendm , perchè faceansi
doni alle signore.
A Giunone Lucina.
Tramonta il secondo de' Pesti.
Tramonta Arturo. Levano il Vendem-
miatore e il Cancro.
Le Vestaliane. Giulio Cesare creato
sommo pontefice.
A Vejove, al bosco dell'asilo. Leva il
Pegaso.
Leva la Corona.
Levano Orione e il Pesce settentrio-
nale.
Aprimento del mare.
Le seconde corse de' cavalli.
Ad Anna Perenna. Il Parricida. Tra-
monta lo Scorpione.
Le Liberali o Baccanali. Le Agonali.
Tramonta il Nibio.
Il sole al segno d'Ariete.
Le Quinqiiafrie di Minerva per cinque
giorni.
Primo giorno del secolo. Tramonta al
mattino il Cavallo.
Tiihiliislriìim.
Le Ilarie alla Madre degli Dei. Equi-
nozio di primavera.
Cesare prende Alessandria.
Le Megalesie.
.\ Giano, alla Concordia, alla Salute
ed alla Pace.
Alla Luna o Diana, sull'Avenliuo.
100
CRONOLOGIA
IVOMI DEI GIORNI
Qualità
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50//0 /a protezione di Venere
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25
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27
28
29
30
Kalend. Aprii.
4. Nonas.
3 Nonas.
Pridie Nonas.
JSonis Aprilis
8 Idus.
7 Idus.
6 Idus.
5 Idus.
4 Idus.
3 Idus.
Pridie Idus.
Idihus Aprii.
18 K. Mail
17 Kal.
16 Kal.
15 Kal.
14 Kal.
13 Kal.
12 Kal.
11 Kal.
10 Kal.
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8 Kal.
7 Kal.
6 Kal.
5 Kal.
4 Kal.
3 Kal.
Pridie K. Maii
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17
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11
19
16
5
13
2
10
18
15
4
12
1
A Venere con fiori e mirto. Alla For-
tuna Virile.
Tramontano le Plejadi.
Giuochi megalesj alla Madre degli Dei
per otto giorni.
Alla Fortuna Pubblica Primigenia.
Nascita d'Apollo e Diana.
Giuochi per la vittoria di Cesare in
Africa contro Giuba. Tramontano
la Bilancia ed Orione.
Le Cereali. Giuochi circensi.
La Madre degli Dei condotta a Roma.
Giuochi in onore di Cerere per otto
giorni.
A Giove Vincitore e alla Libertà.
Le Fordicille, 0 Fordicali.
Augusto salutato imperatore. Tramon-
tano le ladi.
Corse de' cavalli nel gran circo. Ab-
bruciamento delle volpi.
Le Cereali. Il sole nel Toro.
Le Pahlie. Fondazione di Roma.
Le seconde Agonali.
Le prime Vinalie a Giove e a Venere.
Rovina di Troja.
Le Rubigali. Metà della primavera.
Levano il Cane e i Capri.
Ferie latine al monte Sacro.
Le Floreali per sei giorni. Leva al
mattino la Capra.
Tramonta il Cane alla sera.
A Vesta Palatina. Le priuie l.arenlaii.
CALENDARIO GIULIANO-llOMAMO
101
AOMI DEI GIORW
Qualità
o
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dei
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MAGGIO
e
Antichi
«
giorni
B
3
Sotto la prutcz-ione di Apollo
1
Kaknd. Mail
A
N
9
Alla Buona Dea. Ai Lari Prestili. Giuo-
chi floreali per tre giorni.
2
6 >'onas.
B
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Le Compitali.
3
5 Nonas.
G
G
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Levano il Gentauro e le ladi.
4
5
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4 Nonas.
3 Nonas.
Pridie Nonas
Nonis Maii
D
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F
G
C
G
C
N
17
6
14
Leva la Lira.
Tramonta il mezzo dello Scorpione.
Levano le Plejadi alla mattina.
8
8 Idus.
H
F
3
Leva la Capriola.
9
7 Idus.
A
N
...
Le Lemurie di notte per tre giorni.
Le luminarie.
10
H
6 Idus.
5 Idus.
B
C
C
N
11
Tramonta Orione. Giorno di tristo
augurio pei niatrimonj.
12
13
4 Idus.
3 Idus.
D
E
NP
N
19
8
A Marte Vendicatore, al circo.
Le Lemurie. Levano le Plejadi. Co-
mincia l'estate.
14
Pridie Idus.
F
G
A Mercurio. Leva il Toro.
lo
Idibus Maii
G
NP
16
A Giove. Feste dei mercanti. Nascita
di Mercurio. Leva la Lira.
16
17 K. Jan.
H
F
5
17
16 Kal.
A
G
18
15 Kal.
B
G
13
19
14 Kal.
C
G
2
Il sole nei Gemelli.
20
13 Kal.
""D
C
21
12 Kal.
E
NP
10
Le Agonali di Giano.
22
Il Kal.
F
N
A Vejove. Leva il Cane.
23
10 Kal.
G
NP
18
Le ferie di Vulcano. Tubilustriiim .
24
9 Kal.
H
QBGF
7
25
8 Kal.
A
C
Alla Fortuna Pubblica. Leva l'Aquila.
26
7 Kal.
B
G
15
La seconda Regifuga. Tramonta .Ar-
turo.
27
6 Kal.
G
G
4
Levano le ladi.
28
5 Rai.
D
G
29
4 Kal.
E
G
12
30
3 Kal.
F
1 c
1
31
Pridie K. Jun.
G
C
9
102
CRONOLOGIA
\OMI DEI GIOU.M
Antichi
Qualità
(lei
giorni
10
11
12
13
li
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
28
29
30
Kalend. .liiiiii
4 Nonas.
3 Nonas.
Piidic Nonas.
Nonis Jimii.
8 Idus.
7 Idus.
C Idus.
5 Idus.
4 Idus.
3 Idus.
Pridie Idus.
Idibus Juiiii.
18 K. Julii.
17 Kal.
16 Kal.
15 Kal.
14 Kal.
13 Kal.
12 Kal.
11 Kal.
10 Kal.
9 Kal.
8 Kal.
7 Kal.
G Kal.
5 Kal.
4 Kal.
3 Kal.
Pridio K. .lulii
N
F
C
C
N
N
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N
NP
N
N
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N
N
QSTDF
C
C
C
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G
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C
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e
e
F
c
17
6
14
3
11
19
8
16
5
13
2
10
18
7
15
12
1
GIUGNO
sotto la protezione di Mercurio
A Giunone Moneta Alla Tempesta.
Fabaria. Leva TAquila.
A Marte. Alla dea Carna. Levano le
ladi
A Bellona.
Ad Ercole, al circo.
Alla Fede. A Giove Sponsore, o al dio
Fidio Sanco Seniipadre.
A Vesta.
Giuochi piscatorj, al campo di Marte.
Leva Arturo.
Le Vestaliane. A Giove Pistore. Inco-
ronazione degli asini.
Le Matraliane della Fortuna Forte.
Leva la sera il Delfino..
Alla Concordia. A Matuta.
A Giove Invitto. Le piccole Quin-
quatrie.
Comincia il caldo.
Spazzatura del tempio di Vesta. Le-
vano le ladi.
Leva Orione.
Leva tutto il Delfino.
A Minerva sul monte Aventino. Il sole
nel Cancro.
A Siimmano. Leva il Serpente.
Alla Fortuna Forte. Solstizio d'estate.
Leva il cingolo d'Orione.
A Giovo Statore.
A Quirino sul monto Quirinale.
A Ercole ed alle j\Iuse. La Poplituga.
CALENDARIO GIULIANO-ROMANO
103
NOMI DEI GIORM
Qualità
e
s
dei
o
QUINTILE 0 LUGLIO
•rs
Antichi
3
giorni
s
3
«E
sotto la prolezione di Giove
1
Kiilend. Jiilii
F
N
17
I mutamenti di casa.
2
6 Nonas.
G
N
6
3
5 Nonas.
II
N
4
4 Nonas,
A
NP
14
Tramonta la Corona al mattino. Le-
vano le ladi.
5
3 Nonas.
B
N
3
LaPoplifuga.
6
Pridie Nonas.
C
N
Giuochi apollinari per otto giorni. .Alla
Fortuna Muliebre.
7
Nonis Jiilii
D
N
il
Le none Caprotine; festa delle serve.
Sparizione di Romolo.
8
8 Idus.
E
N
Le Violazioni. Tramonta metà del
Capricorno.
9
7 Idus.
F
EN
19
Leva alla sera il Cefeo.
10
6 Tdus.
G
C
8
Cominciano i venti etesj.
il
5 Idus.
H
c
12
4 Idus.
A
NP
16
Nascita di Giulio Cesare.
13
3 Idus.
B
C
5
U
Pridie Idus.
C
G
Alla Fortuna Muliebre. Le .Mercuriali
per sei giorni.
15
Idibus Julii
D
NP
13
A Castore e Polluce.
16
17 K. Aug.
E
F
2
Leva il primo Cane.
17
16 Kal.
F
C
Battaglia di Alila [dies ater).
18
15 Kal.
G
G
10
Le Lucane per quattro giorni.
19
14 Kal.
H
NP
Giuochi per la Vittoria di Cesare. Il
sole in Leone.
20
13 Kal.
A
G
18
21
12 Ka\.
B
7
Creazione del Mondo.
22
11 Kal.
G
G
Giuochi di Nettuno.
23
10 Kal.
D
15
24
9 Kal.
E
N
4
Le Furinali. Giuochi circensi per sei
giorni. Tramonta l'Acquario.
25
8 Kal.
F
NP
Leva la Canicola.
26
7 Kal.
G
G
12
Leva l'Aquila.
27
. 6 Kal.
H
G
1
28
5 Kal.
A
G
29
4 Kal.
B
G
9
Tramonta IWquila.
30
3 Kal.
G
G
31
Pridie K. ,\ug.
D
C
17
lOl
CRONOLOGIA
IVOMI DEI G10R.M
Antichi
Qualità
dei
giorni
9
10
11
12
13
U
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
28
29
30
31
Kalend. Aug.
4 Nonas.
3 Nonas.
Pridie Nonas.
Nonis Aus;.
8 Idus.
7 Idus.
6 Idus.
5 Idus.
4 Idus.
3 Idus.
Pridie Idus.
Idibus Aug.
19 K. Sept.
18 Kal.
17 Kal.
16 Kal.
15 Kal.
14 Kal.
13 Kal.
12 Kal.
11 Kal.
10 Kal.
9 Kal.
8 Kal.
7 Kal.
6 Kal.
5 Kal.
4 Kal.
3 Kal.
Pridie K. Sept,
E
N
F
C
G
G
H
C
A
F
B
F
C
C
D
C
E
NP
F
C
G
G
H
C
A
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B
F
C
C
D
C
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F
C
G
FP
H
C
A
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B
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C
NP
D
C
E
NP
F
C
G
NP
H
F
A
F
B
F
C
G
6
14
3
11
19
16
5
1
2
10
18
7
15
12
1
17
6
SESTILE 0 AGOSTO
sollo la prolezione di Cerere.
A Marte. Alla Speranza.
Ferie. Cesare soggiogò la Spagna.
Leva la metà del Leone.
Alla Salute, sul monte Quirinale.
Alla Speranza. Tramonta la metà di
Arturo.
Tramonta mezzo rAcquario.
Al Sole Indigete, sul Quirinale.
Ad Opi e a Cerere,
Ad Ercole, nel circo Flaminio. Tr.i-
montalaLira. Comincia l'autunno.
Licnapsie.
A Diana, al bosco Aricino. A Vertunno.
Festa degli schiavi e delle serve.
Tramonta alla mattina il Delfino.
Le Portunnali, al porto del Tevere.
Le Consuali, Ratto delle Sabine.
Le seconde Vinalie. Morte dWugusto.
Tramonta la Lira.
Le Vinalie rustiche. I Gran misteri.
Le Consuali.
Leva alla mattina il vendemmiatore.
Le Vulcanali, al circo Flaminio.
Le ferie della Luna.
Le Opiconsive, al Campidoglio.
Le Volturnali.
Alla Vittoria in curia. Tramonta la
Freccia. Fine dei venti etesj.
Esposizione dogli ornamenti di Cerere.
Leva Andromeda alla sera.
CALENDARIO GIULIANO-ROMANO
105
NOMI DEI GIORM
"3
a
Qualità
B
S
dei
ra
£
Ci
SETTEMBRE
Antichi
giorni
9
sotto la protcìione di Vulcano
l
Kdlcnd. Sop.
D
N
14
A Giave Maimacte. A Nettuno.
2
4 Nonas.
E
N
3
n
3 Nonas.
F
NP
Vittoria d'Augusto. Ferie.
i
Pridie Nonas.
(;
C
11
l,e Dionisiache, o le Vendemmie.
o
Nonis Sept.
n
y
Giuochi romani per otto giorni.
()
8 Idus.
A
V
19
All'Èrebo, sacrifizio di un montone e
d'una capra nera.
7
7 Idus.
B
e
8
8
6 Idus.
e
e
P
5 Idus.
D
e
16
Leva alla sera la Capriola.
10
4 Idus.
E
e
5
Leva la testa di Medusa.
H
3 Idus.
F
e
Leva il mezzo della Vergine .
12
Pridie Idus.
G
N
3
Levali mezzo d'Arturo.
13
Idibus Sept.
H
NP
A Giove. Dedicazione del Campidoglio.
Il chiodo ficcato dal pretore. Par-
tenza delle rondini.
U
18 R. Oct.
A
F
Prova de' cavalli.
15
17 Kal.
B
...
10
1 Gran giuochi votivi circensi per cin
que giorni.
16
16 Kal.
C
C
17
15 Kal.
D
C
18
18
14 Kal.
E
c
7
Leva alla mattina la spica della Vergine.
19
13 Kal.
F
e
Il sole nella bilaocia.
20
12 Kal.
G
e
15
Mercato per quattro giorni. Nascita di
Romolo.
21
11 Rai.
H
e
4
22
10 Kal.
A
e
Tramontano .\rgo e i Pesci.
23
9 Kal.
B
NP
12
Giuochi circensi. Nascita di Augusto.
Leva al mattino il Centauro.
24
8 Kal.
C
c
1
Equinozio d'autunno .
25
7 Kal.
D
e
A Venere, a Saturno, a Mania.
26
6 Kal.
E
e
9
27
5 Kal.
F
G
A Venere Madre. Alla Fortuna di ri-
torno.
28
4 Kal.
G
C
17
Leva il fine della Vergine.
29
3 Kal.
li
F
6
30
Pridie K. Oct.
A
G
U
A Minerva. Le Meditrinah.
106
CKONOLOGIA
IVOm DEI GIORNI
"s
QuaUtà
o
o
•3
s
dei
«
Ci
«
OTTOBRE
o
ss
Antichi
<u
(jiorni
3
Sotto 1(1 protezione di Marte
1
Kalend. Oct.
B
N
O
2
6 Nonas.
C
F
...
Le Pianepsie.
3
5 Nonas.
D
C
11
Tramonta al mattino Boote.
à
4 Nonas.
E
C
Espongonsi gli ornamenti di Cerere.
5
3 Nonas.
F
c
19
Alli Dei Mani.
6
Pridie Nonas.
G
e
8
7
Nonis Oct.
H
F
Leva la stella brillante della Gorona .
8
8 Idus.
A
F
16
9
7 Idus.
B
C
o
Le Bamali.
10
6 Idus.
C
G
...
Le Meditrinali. Gomincia l'inverno.
11
5 Idus.
D
13
Le Augustali.
12
4 Idus.
E
KP
NP
2
Le Fontanali. A Giove Liberatore,
Giuochi per tre giorni.
13
3 Idus.
F
U
Pridie Idus.
G
EN
10
Festa de' mercanti a Mercurio.
15
Idihus Oct.
H
NP
...
Giuochi plebei ; sacrificasi un cavallo a
Marte. Tramonta Arturo.
16
17 K. Nov.
A
F
18
17
16 Kal.
B
C
18
15 Kal.
C
C
7
A Giove Liberatore. Giuochi.
19
14 Kal.
D
NP
L'Armilustro.
20
13 Kal.
E
G
15
Il sole nello Scorpione.
21
12 Kal.
F
C
4
Giuochi per quattro giorni.
22
11 Kal.
G
G
23
10 Kal.
H
G
12
Al padre Libero. Tramonta il Toro.
24
9 Kal.
A
G
1
25
8 Kal.
B
C
26
7 Kal.
C
G
9
27
6 Kal.
D
G
Giuochi alla Vittoria.
28
5 Kal.
E
C
17
I piccoli Misteri. Tramontano le Ple-
jadi.
29
4 Kal.
F .
G
6
30
3 Kal.
G
G
14
Le ferie di Vortunno. Giuochi votivi.
31
Pridie K. Nov,
H
G
3
Tramonta Arturo.
OALENDARIO GIULIANO-ROMANO
107
<
NOMI DEI GIOKM
a
Qualitìt
o
11
s
s
dei
o
NOVEMBRE
Antichi
»
■^
giorni
s
s
sotto la prolezione di Diana
1
Kalcnd. Nov.
A
N
Banchetto di Giove. Giuochi circensi.
Tramonta la testa del Toro.
2
■i Noiias.
B
'F
11
Tramonta la sera Arturo.
3
3 Nonas.
C
F
Leva alla mattina la Lira.
i
Pridie Nonas.
D
19
5
Nonis Nov.
E
F
8
Le Nettunali. Giuochi per otto giorni.
6
8 Idiis.
F
F
7
7 Idiis,
G
C
16
Esposizione degli ornamenti.
8
6 Idus.
H
C
5
Leva lo Scorpione.
9
5 Idus.
A
c
10
4 Idus.
B
e
13
il
3 Idus.
C
e
2
Chiudimento del mare. Tpamontano le
Plejadi..
12
Pridie Idus.
D
G
13
Idibm Nov.
E
NB
10
Banchetto comandato. I Lectisternj.
U
18 K. Dee.
F
F
...
Prova de' cavalli.
15
17 Kal.
G
C
18
Giuochi popolari al circo per tre
giorni.
16
16 Kal.
H
G
7
Fine della seminagione del frumento .
17
15 Kal.
A
C
18
14 Kal.
B
G
15
Feste dei mercanti per tre giorni.
Il sole in Sagittario.
19
13 Kal.
C
C
4
Cena dei pontefici in onore di Cibele.
20
12 Lai.
D
G
...
Tramontano le corna del Toro.
21
11 Kal.
E
G
12
Le Liberali. Tramonta la Lepre.
22
23
10 Kal.
9 Kal.
F
G
G
1
A Plutone ed a Proserpina.
2d
8 Kal.
H
G
9
Le Brumali per tre giorni.
25
7 Kal.
A
G
Tramonta la Canicola.
26
6 Kal.
B
G
17
27
5 Kal.
C
G
6
Sacrificio mortuario ai Galli e Greci
28
i Kal.
D
G
sepolti nel fòro Boario.
29
3 Kal.
E
' G
14
30
Pridie K. Dee.
F
F
3
1U8
CRONOLOGIA
mm DEI GIORNI
e:
Qualità
e:
s
■ir.
dei
"SS
o
DICEMBRE
Antichi
o
giorni
soliiì la protezione di Vesta
1
Kalend. Dee.
G
N
11
Alla Fortuna Muliebre.
2
4 Nonas.
H
3
3 Nonas.
A
...
19
4
Pridie Nonas
B
...
8
A Minerva ed a Nettuno.
5
Nonis Dee.
C
F
Le Faunali.
6
«e Idus.
D
C
16
Tramonta il mezzo del Sagittario
7
7 Idus.
E
G
5
Leva alla mattina l'Aquila.
8
6 Idus.
F
C
9
5 Idus.
G
C
13
A Giunone Jugale.
10
4 Idus.
H
G
2
11
3 Idus,
k
NP
•..
Le Agonali. I 14 giorni dell'Alcione.
12
Pridie Idus.
B
EN
10
13
Idibus Dee.
.c
NP
Gorse dei eavalli.
14
19 K. Jan.
D
F
18
Le Brumali. Le Ambrosiane.
15
18 Kal.
E
NP
7
Le Gonsuali. Leva alla mattina tutto
il Gancro.
16
17 Kal.
F
G
17
16 Kal.
G
Le Saturnali per cinque giorni.
18
15 Kal.
H
G
15
Leva il Gigno. Il sole nel Gapricorno.
19
14 Kal.
A
NP
4
Le Opaliane.
20
13 Kal.
B
G
...
Le Sigillarie per due giorni.
21
12 Kal.
C
NP
12
Le Di vali. Ad Ercole e Venere con
vino melato.
22
11 Kal.
D
G
1
Le Compitali. Ferie dedicate ai Lari.
Giuochi.
23
10 Kal.
E
NP
9
Ferie di Giove. Le Laurentali, Tra-
monta la Gapra.
24
9 Kal.
F
G
Giuochi giovenali.
25
8 Kal.
G
G
17
La fine delle Brumali. Solstizio d'in-
verno.
26
7 Kal.
i H
G
6
27
6 Kal.
1 A
G
...
A Febo per tre giorni. Leva alla mat-
tina il Delfino,
28
5 Kal.
' B
G
14
29
4 Kal.
G
F
1 3
Tramonta l'Aquila alla sera.
30
3 Kal.
D
F
...
Tramonta la Canicola alla sera.
31
Pridie K. Jan.
E
F
i H
CALENDARIO GIULIANO-ROMANO 109
Spiegazione di alcuni nomi indicati neWultima colonna del calendario precedente.
Agonali. Feste al 9 gennajo, 17 marzo, 22 aprile, 21 maggio e 11 dicembre io
cuore di Giano o di Agoaio che presedeva alle cose da farsi.
Alcione. Figlia di Eolo, la quale, dolente per la morte del marito Ceice, che gettato
da un colpo di vento in mare naufragò, ella pure vi si precipitò. Amfitrione avendoli
cangiati in uccelli, proibì ai venti di soffiare ne' quattordici giorni prossimi al solstizio
jemale, nei quali nidificano.
AUia. Rivo del fiume Mosso ne' Sabini, famoso per la rotta che vi toccarono i Ro-
mani dai Galli Senoni.
Ambrosiane, da Ambrosia, feste in onore di Bacco, dio del vino.
Ancile. Scudo caduto dal cielo per domanda di Nuraa a Giove. Nelle feste solenni
di Marte, i sacerdoti lo portavano con altri simili processionalmente al Campidoglio
saltando e cantando inni ; ivi giunti sedevano a sontuoso banchetto.
Angeronali. Feste in onore di Angerona Volupia , dea del piacere e del silenzio :
facevansi sacrifizj ond'essere esenti da angine, squinanzie ed altri mali di gola.
Anna Perenna. Ninfa del fiume Ncmi , che portò pane al popolo romano quando
erasi ritiralo sul monte Aventino : le si facevano sacrifizj onde ottenere lunga vita.
A questa meschina etimologia si oppone l'aver noi trovata questa dea fra le indiane
(Storia Univ., lib. II, cap. xiii).
ApoUinari. Feste in onore di Apollo, dio della poesia, della musica e dell'arte d'in-
dovinare, cui offrivasi il toro, il porco e l'ariete. Gli uomini assistevano ai giuochi
con una corona sulla lesta; le matrone visitavano tutti i tempj ; e le cittadine mangia-
vano in pubblico davanti le porte delle lor case.
Aprimento 0 Chiudimento del mare. Feste all'epoca in cui cominciava e cessava
la navigazione, dagli idi di marzo a quelli di novembre.
Aricino. Bosco sacro a Diana nella campagna di Roma.
Aroiiiustro. Giomo nel quale, con acque lustrali, si pulivano le armi a suon di trombe.
Augustali. Feste in onore d'Augusto, l'H ottobre. Non si devono confondere con
quelle che celebravansi nel mese piìi abbondante dei frutti, cioè nel sestile (agosto], la
cui istituzione perdasi nel bujo dei secoli, trovandosi anche fra' Greci sotto il nome di
giuochi nemei^ e fra i Sassoni sotto quelli di ivead monad (Vedi Consuali).
Baccanali. (Vedi Liberali).
Bellona. Dea delle battaglie, sorella di Marte, cui i sacerdoti sacrificavano col pro-
prio sangue.
Brumali, breves aut hiemales dies. Feste dedicate a Bacco.
Buona Dea. Dea della pudicizia, detta anche Fauna o Fatua, o Senta, cui al bujo
sacrificavano sole donne.
Caprotine. Le none Caprotine celebravansi in onore di Giunone sotto ficaje selva-
tiche dalle schiave e libere unitamente, in commemorazione del macello che i Romani
fecero dei Galli, avvertiti da una fantesca, la quale salita sur un fico selvatico, avea
potuto accorgersi che i nemici ubriachi stavano nel campo immersi nel sonno.
Carisie, da charis , voce greca equivalente a grazia: giorno di scambievoli visite
e doni in onore della dea Concordia.
Garmentali. Feste in onore di Carmenta, madre di Evandro, la quale, secondo le
infelici etimologie degli antichi, sempre parlava in versi, onde la parola carrnen, verso.
Carna 0 Cardìna. Dea 0 ninfa silvestre amata da Giano, la quale custodiva i cardini
delle porte, ed impediva alle streghe di accostarsi alla culla dei fanciulli.
Castore e Polluce. Figli di Leda e Giove. Simboli dell'amicizia: formano in cielo
una costellazione, e fu loro in Roma dedicalo un tempio per aver fatto trionfare la
cavalleria romana contro la latina. Erano invocati dai marinaj in occasione di procelle.
Cereali. Feste in onore di Cerere , e in commemorazione del ratto di Proserpina
figlia di lei.
Chiodo. Si conficcava un chiodo nella parte destra del tempio di Giove Capitolino,
0 pe'r segnare il numero degli anni, o per placare l'ira celeste.
Circensi. Giuochi ne' circhi od anfiteatri, appositamente costrutti per le corse dei
no CRONOLOGIA
cavalli, delle bighe, o quadrighe; pei gladiatori od atleti; pei combattimenti delle fiere
tra di loro, od altri spettacoli aggraditi molto al popolo romano (Vedi Giuochi romani).
Compitali. Feste in compids, cioè nei bivj, trivj, quadrivj ecc. in onore degli Dei Lari.
Consuali. Feste dei dodici consiglieri di Giove, protettore dei mesi e dell'agricoltura,
il cui preside era Conso. Celebravansi il 18 del mese sestile: in una di esse seguì il
ratto delle Sabine. Dopo che al sestile fu sostituito il nome di Augustus, vennero chia-
mate ferie agostane, da cui l'odierno feragosto, "celebrandosi anche a quel tempo con
pranzi, regali ecc. (Vedi Augusiali).
Dionisiache. Feste in onore di Dionisio, nome di Bacco.
Divali. Lo stesso che Angeronali.
Estiche, da assaggiare (Vedi Vinalie).
Etesj. Venti che spirano regolarmente alcuni giorni avanti la Canicola, o Sirio.
Fabaria, da favc. Nel mese in cui queste maturano, i Pagani se ne servivano per le
cose divine,
Faunali Feste in onore degli Dei campestri, delle selve e dei monti, figliuoli di
Fauna e di Saturno.
Ferali, da fercndis epulis. Giorni consacrati agli Deiìinfernali , nei quali portavansi
cibi ai sepolcri, credendosi che negli ultimi giorni di febbrajo vi potessero girare intorno
e cibarsi.
Ferie latine. I Latini d'ambo i sessi sul monte Albano sacrificavano per quattro
giorni, indi ritornavano alla città colle carni delle vittime sagrificate.
Fidio. Tempio dedicato a Giove da Tarquinio il Superbo nell'anno 284 di Roma
(Vedi Sponsor e).
Floreali. Dicesi chc Flora, gran meretrice, avendo nominato il popolo romano erede
delle molte ricchezze acquistate nell'esercizio della sua professione, C. Servilio avesse
ordinato che i frutti dell'eredità fossero impiegati in giuochi da farsi nel giorno nata-
lizio della testatrice. Col tratto del tempo il senato, per far dimenticare la vergognosa
origine dell'eredità, e rendere men disonesti essi giuochi, finse che fosse la dea dei
fiori, e pose nel tempio di Castore e Polluce il simulacro di lei fatto da Prassitele. Le
feste però proseguirono ad esser lascive ; nam prceter verborum Uceìitiam , flagilante
populo, nudabantur meretrices, qitce mimarum functcB officio iti conspeclu miiìtiludinis,
ad satietatein usque impudicis motibus detinebantur.
Fontanali. Feste in cui gettavansi nelle fonti corone tessute d'erbe e fiori in onore
delle ninfe.
Fordicille 0 Fordicali. Sagrifizj che SÌ facevano in onore della Terra, nei quali s'im-
molavano giovenche pregnanti.
Fornacali. Feste alla dea Fornace, che presedeva ai forni de'pistrini, nei quali si
abbrustoliva il grano prima che s'inventassero i mulini e le macine.
Fortuna. Figlia di Pallante e di Stige, la cui festa era celebrata dai possidenti, ossia
da quelli che vivevano senza alcun'arle. Molti templi eranle stati dedicati sotto diversi
cognomi, cioè di Primigenia, Forte, Virile, Visitalrice, Pubblica, ecc. Catulo per la
vittoria riportata contro i Cimbri, giusta il voto che avea fatto, le eresse un nuovo
tempio, sulla cui facciata pose, Foriunce hujusce diei. Così quantunque la prima inten-
zione riguardasse il solo giorno del combattimento, l'iscrizione però era applicabile a
ciascun giorno a perpetuità. Nell'anno di Roma 266, Marzio Coriolano avendo ceduto
alla deputazione delle matrone romane, il senato edificò un tempio che dedicò alla
Fortuna muliebre.
Furinali. Feste per placare Furina, dea delle tempeste e dei fulmini.
Geniali. Giuochi allegri e voluttuosi in onore dei Genj: ogni uomo fin dalla nascita
aveva un Genio particolare a sua tutela.
Giano. Presiedeva alle feste, e qual portinajo del mondo ne regolava i quattro car-
dini. Rapprcsentavasi perciò con un bastone, una chiave e quattro faccie.
Giovenali. Giuochi che si celebravano dalla gioventù la prima volta che si faceva
radere la barba.
Giuochi romani. I giuochi più Celebri erano quelli che facevansi in giro nelle piazze
0 negli anfiteatri, i quali per conseguenza erano chiamati Ludi magni, Ludi rontani^
0 Ludi circenses. Quelli in onore di Giove terminavansi con uno splendido banchetto.
CALENDARIO GIULIANO-ROMANO ili
Ne' priniordj di Roma, ad uno di questi spettacoli essendo concorsi anche i Sabini,
seguì il ratto delie donne.
Giuochi votivi. Celehravansi straordinariamente per placare l'ira degli Dei, ai quali
attribuivansi i tremuoti, le malattie contagiose, le perdite delle battaglie, ed altre pub-
bliche disgrazie. Sovente i generali , prima di partire per la guerra , e qualche volta
anche nel bollore della battaglia, facevano voti di far celebrare giuochi in onore degli
Dei, ove fossero usciti vittoriosi.
Ilarie. Allegrie per l'equinozio di primavera in onore di Cibele e di Pane, comuni
coi Greci.
Incoronazione degli asini (Vedi Pistore).
Indigeti. Dei patrj, ossia uomini indigeni deificati, come Romolo ed altri.
Jugale. Attributo di Giunone, che presiedeva ai matrimonj.
Larentali 0 Laurentali. Feste in onorc di Acca Laurenzia, moglie del pastore Fau-
stulo, la quale nodrì Romolo e Remo; e perchè faceva del suo corpo a tutti copia, fu
sopranominata Lupa. Queste feste celehravansi nel Velabro, ove oggidì è San Giorgio.
Lari. Figli di Larunda, Dei tutelari delle strade, delle case, ed in ispecie dei focolari
(Vedi Muta).
Larunda (Vedi Muta).
Lectisternj. Letti attorniati da vivande che i sacerdoti preparavano per i simulacri
degli Dei. I più sontuosi erano quelli disposti nel Campidoglio pel convito di Giove,
Giunone e Minerva. I cibi erano poi goduti dai sovrantendenti ai conviti, chiamati
epulones.
Lemurie. Feste chc celehravansi di notte per le Larve, Fantasmi, ecc. Chiudevansi
i templi, perchè ritenevansi giorni di tristo augurio pei contratti di matrimonio.
Liberali. Feste in onore di Bacco, detto anche Libero. Le donne in figure di ninfe
ballavano cogli uomini vestiti all'eroica. I giovani liberi (non schiavi) assumevano la
toga virile.
Licnapsie, Accetisio lucemarum. Tempo in cui cominciavasi a cenare coi lumi. Se-
condo Grevio, si dovrebbe scrivere Lijcnapsia, e meglio Lychnapsia, da /•jx'''o;.
Lucarie, da lucus. Feste nel gran bosco tra la via Salaria ed il Tevere, ove i Romani,
vinti dai Galli, si rifuggirono a salvamento.
Lucina. Nome proprio della Luna. Era anche sopranome di Giunone preside ai parti.
Lupercali. Feste, secondo alcuni, in onore di Luperca (Vedi Larentali) ; secondo altri
in onor di Pane, inventore della zampogna. Facevaosi ad uno speco sotto il monte
Palatino, ov'era adorato Fauno. 1 giovani correndo nudi, percuotevano con istaffili di
pelle caprina tutti quelli che incontravano. Le donne credendo che queste percosse
agevolassero i matrimonj e i parli, non le sfuggivano, anzi presentavano la mano per
ricevere il colpo.
Madre degli Dei condotta a Roma. Era Vesta, figlia di Demogorgone, moglie d'U-
rano, madre di Saturno, conosciuta anche sotto i nomi di Cibele, Berecinzia, Rea, Pale,
Opi, ed anche di Madre Idea, dal monte Ida, ov'era onorata con culto particolare. I libri
Sibillini dicevano che nessuno straniero avrebbe potuto impossessarsi colle armi del-
l'Italia, ove la Gran Madre degli Dei, che era a Pessinunte nella Frigia, fosse stata
trasportata a Roma. Nel 547 il senato pensò di spedire con cinque quinqueremi un'am-
basceria di cinque ragguardevoli personaggi ad Atalo re di Pergamo, onde ottenere il
trasporto della dea. Il senato avvisato dell'ottenuta domanda, e del giorno in cui la
Gran Madre sarebbe arrivata al Tevere, die' ordine al giovine Scipione di portarsi ad
Ostia con tutte le dame romane ad incontrarla e riceverla dalle mani dei sacerdoti di
Pessinunte, per indi passarla in quelle delle dame, le quali tutte vollero aver la gloria
di portare , fra addobbi , incensi ed acclamazioni dell'affollato popolo , sì prezioso
carico fin al monte Palatino, ove fu deposto nel tempio della Vittoria. Era una pietra
informe.
Maimactes. Gli Ateniesi, nel mese procelloso di maemacterion, celebravano feste in
onore di Giove, onde renderlo propizio e ottenerne un mite inverno. Anche i Romani,
nel 1° di settembre, porgevano suppliche al cielo, onde facesse cadere moderate pioggia
ed allontanasse le grandini, i fulmini e le procelle.
Mani. Le anime dei defunti.
112 CROMOLOCU
Mania (Vedi Muta).
MatralJare. Feste alla madre Matuta , delta anche Aurora, Leucotea, Alba, Ino e
Fortuna, figliuola di Cadmo, matrigna dei figli che Atamante ebbe da Nefele. A queste
feste, nelle quali mangiavansi focacce e torte fatte alla rustica, non potevano aver parte
le fantesche.
Matronali. Feste delle donne di casa nel 1° di marzo, cui non prendevano parte
i celibi; laonde Orazio; Martiis ccelebs quid agam calendis?
Matuta (Vedi Malraliane).
Meditrinali. Feste sacre a Mitrina, dea della medicina, nelle quali assaggiavasi il
vino nuovo, e faceansi libagioni col vecchio.
Megalesie. Giuochi in onore di Cibele. I sacerdoti nel sacrificare volgevano il capo
ed aggiravansi attorno, perchè supponevasi che questa dea facesse andar gli uomini in
furore. Rappresentavansi commedie; onde tutte quelle di Terenzio, eccetto gli Adelf-,
portano l'indicazione acia ludis megalensìbus.
Mercuriali. Feste de' mercanti in onore di Mercurio, figlio di Giove e di Maja, mes-
saggiero dei numi e dio dell'eloquenza.
Moneta, da moneo {avvisare). Sopranome dato a Giunone, cui da Camillo Furio
fu dedicato un tempio in occasione che la dea avvisò i Romani del giorno in cui doveva
succedere il tremuoto, onde si preparassero alle sue funeste conseguenze.
Muta, detta anche Mania e Larunda; dea madre dei Lari, alla quale fu strappata la
lingua per avere scoperta a Giunone l'infedeltà di Giove.
Nettunali. Feste in onore di Nettuno.
Opaliane. Feste in onore della dea Opi. Si faceano profumi con aglio.
Opi. Ninfa compagna e ministra di Cerere.
Opiconsive. Feste alla Terra, moglie di Saturno, opem et consilium ferens. Non en-
travano nel tempio di lei che i sacerdoti e le Vestali.
Pacali. Anniversario della consacrazione del tempio della Pace, eretto alle falde del
Campidoglio da Augusto, e perfezionato da Agrippa.
Parricida. Anniversario dell'assassinio di Giulio Cesare, padre della patria.
Palilie. Feste de' Pastori, in onore di Pale loro dea , onde ottenere la salute delle
pecore e la loro prolificazione. Queste feste celebravansi nel 21 aprile, quando furono
gettate le fondamenta di Roma.
Penati. Dei domestici di ciascuna famiglia,, da penus, provisione necessaria al vitto
che si conserva nell'interno delle case.
Pianepsie, COSÌ dette dalle fave che si offrivano ad Apollo.
Piscatorj. Giuochi chc il pretore dava ogni anno ai pescatori transteverini.
Pistore. Attributo di Giove. In questo giorno, dopo i sacrifizj, i fornaj e pistori mon-
tali su asini coronati di ghirlande correvano per le vie della città.
Poplifuga. Commemorazione del giorno in cui i Romani, essendo stati il dì innanzi
messi in fuga dai Toscani, riportarono sui nemici segnalata vittoria. Vogliono altri che
in questo dì si ricordassero altre circostanze, in cui il popolo si rifuggì sull'uno o sul-
l'altro dei colli di Roma.
Porrima e Postversa. Compagne di Carmeuta ; la prima cantava le cose passate,
l'altra le future. Postversa presiedeva anche ai cattivi parti, quando cioè uscivano i piedi
prima ilei capo.
Portunnali. Fcste in OHorc di Portunnio, dio marino, custode dei porti, figlio di
Atamante e Aurora, conosciuto anche sotto il nome di Melicerto e Palemone.
Prestiti, protettori. Attributo che ciascuna famiglia dava agli Dei Lari da essa fissati
a custodire e proteggere la propria casa,
Quinquatrie. Feste ìu onore di Minerva per cinque giorni: nel primo si facevano
de' sacrifizj, negli altri (|uattro i gladiatori si battevano nei teatri.
Quirinali. Fostc in OHore di Quirino, cognome di Romolo.
Ramali, od Oscoforie. Feste in onore di Bacco , nelle quali si portavano in pro-
cessiono tralci di viti, carichi di grappoli.
Ratto delle Sabine (Vedi Giuochi romani).
Regifuga. La cacciata dei Re.
CALENDAIIIO GIULIANO-ROMANO jiò
Rubigali, 0 Robigali. Fcstc istituite da Numa in onore della dea Robigo, affinchè
preservasse le biade dalla rubigine. Si sono conservate da noi nelle lìoyazioni.
Saturnali. Feste in onore di Saturno che presiedeva alla coltura dei campi. A questo
dio i sacerdoti sucrilicavano col capo scoperto, mentre in tutti gli altri tenevano il capo
velato. Nella libertà di tali feste sedea no ad egua.l posto le varie condizioni di persone;
onde Stazio
Una vescimur, omnis ordo, mensa :
Parvì\ [(vmina, plebs, eques, senatus.
Sementine. Fesle in occasione della seminajiicme dei campi.
Sigillarie. Giorni di visita fra i parenti ed amici, ne' quali scambiavansi immagini,
sigilli, piccole strenne. Seguivano immediatamente alle Saturnali.
Sospita, salvatrice o di buona speranza. Attributo di Giunone, alla quale i Consoli
sacrificavano onde averne buon consiglio.
Sponsore, malleradore e (garante. Attributo di Giove che presiedeva ai contratti nu-
ziali. I Sabini dedicarono un tempio sul monte Quirinale a questo dio, chiamato anche
Fidio, Sanco, Semipadre.
Statore. Attributo dato da Romolo a Giove per aver fermata la fuga de' Romani in-
seguiti dai Sabini, sopra i quali riportarono poi segnalata vittoria.
Summano , da Summus Manium. Cognome di Plutone, cui attribuivansi i fulmini
della notte, come a Giove quelli del giorno.
Terminali. Fcste del dio Termine, sotto la cui tutela erano i confini dei campi,
Tubilustrium. Giomo destinato a pulire con acque lustrali le trombe sacre a Mi-
nerva e a Vulcano, ed a provare il loro suono. Una consimile cerimonia praticasi
in oggi per la benedizione delle bandiere.
Vejove. Giove infante, a lato del cui simulacro ponevasi quel d'un agnello. 11 suo
tempio era al sacro querceto, ossia al bosco dell'asilo pei delinquenti.
Vertunno. DÌO italico corrispondente al greco Proteo ; amante di Pomona, che si
cangiava in tutte le forme, e sotto la cui tutela erano i frutti degli alberi.
Vestaliane. Feste in onore di Vesta, figlia di Saturno e della Terra, invenlrice del
fuoco, e dea della castità.
Vinalie. Feste che si celebravano due volte all'anno, in onore di Giove e Venere;
la prima nel 23 aprile, quando si spillavano i vini nuovi; l'altra nel 19 agosto, per
ottenere un tempo propizio alla vendemmia.
Vittoria. Figlia dello Stige e di Pallante. Giove, in premio dell'assistenza prestatagli
da lei nella guerra contro i Giganti, ordinò che quegli Dei che avesser giurato per Slige
madre di Vittoria, non potessero più bere il nettare, ove avessero infranto il giura-
mento. Durante la guerra dei Sanniti, i Romani fabbricarono un tempio a questa divi-
nità, in onore della quale Siila instituì dei giuochi. Nel tempio di Giove Capitolino
venne deposta la famosa statua d'oro di lei, pesante libbre 320, stata ai Romani man-
data in dono da Cerone re di Siracusa.
Vitulazioni. Feste in onore di Viiula, dea delle allegrie e della vita.
Volpi Dopo le corse dei cavalli si facevano correre le volpi con sarmenti accesi
alle code.
Volturnali. Fcstc in onore di Volturno dio del Tevere.
Vulcanali. Feste nel Circo massimo, cioè nell'anfiteatro di Tarquinio, in onore di
Vulcano, dio del fuoco e delle fucine. 1 suoi fabbri, chiamati Ciclopi, erano giganti
con un sol occhio in fronte, e fabbricavano i fulmini e le armature per Giove e per
altri numi.
Noi abbiamo in queste spiegazioni riferito e le favole e le interpretazioni degli scrit-
tori di fasti ; lasciando ai nostri lettori la cura di correggerle colle ben diverse che
esibimmo nella Storia Universale.
§ S^. — Riforma gregoriana del calendario.
La difficoltà de' calendarj venne in ogni tempo dalle feste solari e lunari. Le prime
erano fisse, mobili le altre; e si fatica a stabilire la coincidenza fra i movimenti dei
due astri. Ne conseguì, fra 1 popoli meno avanzati, un gran disordine nel (juadro delle
C.\NTii, Documenti. — Tomo 1, Cronologia. 8
114 CRONOLOGIA
feste: i più colti riuscirono a collocare solennità annuali alle congiunzioni ed opposi-
zioni di certe lune. Il problema restò viepiù complicato da altri periodi particolari,
come le none o le settimane, che non dividono esattamente né il mese né l'anno.
Sosigene, astronomo d'Alessandria, principale autore della riforma giuliana, fissò
l'equinozio di primavera al 23 marzo: ma la differenza di undici minuti e dodici se-
condi fra l'anno suo e il vero, ogni centoventinove anni faceva precedere d'un giorno
esso equinozio, sicché al tempo del concilio di Nicea (35!i) cadeva al 23 marzo. Già
agli antichi Ebrei, che rozzamente regolavano l'anno secondo le lune, era stato cagione
di darvi miglior ordine la celebrazion delle feste: imperocché a Pasqua doveano essi
mangiare l'agnello pasquale, e offrir le primizie dell'orzo ; a Pentecoste, due pani fatti
col frumento nuovo ; le solennità de' Tabernacoli doveano succedere dopo finita la ven-
demmia e raccolti gli ulivi: era duque necessaria l'intercalazione acciocché tornassero
tali feste in tempi da poter consumare quei riti. Per egual modo il doversi celebrare la
Pasqua nel plenilunio che succede all'equinozio di primavera, fece che i Cristiani po-
nessero mente all'accennata variazione, della quale i Padri, radunati nel concilio Niceno,
non seppero trovar la ragione.
Nel Ì2S7, la precessione era di undici giorni: tre anni dopo, l'astronomo inglese
Giovanni di Sacrobosco avvertiva la necessità d'una riforma; alcuni la tentarono nel
secolo XIV, principalmente Pier Filomena, Nicolò Gregora e Isacco Argira: se ne trattò
pure nel concilio di Costanza del 1414, e in quel di Basilea nel 1456 e 1459, senza
effetto. Papa Sisto IV, pensandovi efficacemente, chiamò a Roma il celebre astronomo
Giovanni Regiomontano; ma questi morì nel 1476, appena messa mano all'opera.
Si tornò ad avvisare gli errori del calendario giuliano nel concilio Lateranese nel 1517-
poi in quel di Trento, il quale ordinò la riforma. Molti scritti uscirono allora in propo-
sito, fin che Gregorio XIII, convocati a Roma i personaggi più versati in tali studj,
occupò dieci anni a discutere le varie formole a ciò presentategli, singolarmente dal
perugino Ignazio Danti domenicano, autore del gnomone di San Petronio a Bologna,
e dal gesuita Cristoforo Clavio di Bamberga. Intanto Luigi Lilio, medico calabrese di
nessun nome, ideava il metodo più spediente a corregger l'errore: ma morto prima
di darvi compimento, suo fratello Antonio terminò il lavoro e l'offerse al pontefice, che
nel 1577 ne mandò copia a tutti i principi, alle repubbliche e alle accademie cattoliche.
Avutane l'approvazione, Gregorio pubblicò il nuovo calendario l'anno 1582, soppri-
mendo dieci giorni tra il 5 e il 15 ottobre. In esso l'anno é fissato a 565 giorni, 5 ore,
49'; e che, ogni quattro anni, uno sia bisestile, tranne il quarto secolare come fu il
1800. Questa correzione s'approssima tanto al vero, che sol dopo 4238 anni i minuti
residui sommeranno ad un intero giorno, di cui sarà preceduto l'equinozio. Chi allora
vivrà ci proveda.
Per rispetto all'abitudine, il calendario gregoriano lasciò sussistere la divisione del
giuliano in mesi capricciosamente lunghi di 30 o di 31 giorno; e il cominciar l'anno
circa otto giorni dopo il solstizio, in modo che il principio dei mesi non corrisponde
coll'entrar del sole nei varj segni dello zodiaco. E semplicità e naturalezza e venustà si
sarebbe potuto ottenere cominciando l'anno col giorno solstiziale, e facendo i mesi
alternamente di 50 e di 51 giorno, eccetto l'ultimo di 29, e di 30 nei bisestili 5 0 meglio
ancora, facendo di 51 giorno i mesi tra l'equinozio primaverile e l'autunnale, di 30 gli
altri, e scemo il dicembre; col che i principj dei mesi avrebbero combinato quasi ap-
punto coll'ingresso del sole ne' segni dello zodiaco.
Però il calendario gregoriano, dopo viva opposizione, fu adottato da tutti gli Europei.
Primi per la bolla papale lo accettarono i cattolici Francesi, Italiani, Spagnuoli, Porto-
ghesi ; gli Ungheresi nel 1587-, l'anno avanti i Polacchi; nel 1699 gli Stati protestanti
di Germania; nel 1700 l'Olanda, la Danimarca e quasi tutta la Svizzera; gl'Inglesi nel
1752; l'anno seguente gli Svedesi; ed oggimai tutti gli Europei, eccetto i Greci si
Russi che, serbando il vecchio stile, aumentano un giorno ogni 128 anni, ed ora sono
in ritardo di dodici giorni.
Vuoisi ricordare che i Persiani nel secolo xi fecero una riforma di grand'csattezza;
poiché nel periodo di 33 anni intercalavano l'anno 4°, 8", 12", 16°, 20°, 24°, 28°, .55°,
come usano tuttora i Copti.
Presso i Messicani Irovossi l'anno di 565 giorni, distribuito in 18 mesi di 20 giorni.
METODO TER TROVARE LE FESTE MOBILI H5
più S epagomcni ; e poiché dividevano anche l'anno in periodi di 13 giorni, corrispon-
denti alle nostre settimane, un di questi aggiungevano al fine del ^2 anno, col che
rimettevano la concordanza fra l'anno civile e l'aslronomico.
§ 2S — Metodo per trovare le feste mobili.
Resta ora che assegniamo il modo di trovar la pasqua d'ogni anno ; il che costituisce
la chiave di tutte le feste mobili.
Per calcolare il giorno di pasqua richiedevasi una volta il concorso di molti cicli e
simboli, com'erano l'epatta , il numero d'oro, il ciclo solare, la lettera domenicale ;
e tuttora, per abitudine, si trovano registrate queste nei calendari: ma sono resi affatto
inutili dalla formola scoperta nel 1800 da Gauss professore di Gottinga, di cui, dice
Deliimbre, le poche linee suppliscono all'enorme volume di Clavio di 700 pagine in-
folio. Eccola:
Proposto l'anno di cui vuoisi cercar la pasqua, dividasi per 19, e sia a l'avanzo.
Dividasi il numero stesso per 4, e sia 6 il residuo.
l)ÌAÌdasi ancora per 7, e sia e il residuo.
Poi 19a-4- m dividasi per 50, e sia d il residuo.
Poi 26 -f- 4c -+- 6rf -»- n dividasi per 7, e sia e l'avanzo.
La pasqua nell'anno cercato sarà:
ai 22^d-+-e di marzo,
o ai d -t-e — 9 di aprile.
Spieghiamo il valore della m ed n. Se l'anno proposto è anteriore alla correzione
gregoriana, cioè al 1382, o se si riferisce a paese dove essa correzione non sia o non
fosse ancora ricevuta, m è =13; n = 6.
In paesi e in tempi ove sia stata fatta l'emendazione, il loro valore è rappresentato
dalla seguente tabella :
Dal 1382 al 1699 m = 22 n = 3
1700 1799 23 5
1800 1899 23 4
1900 1999 24 5
Esempio: Si cerchi in che giorno sarà la pasqua nel 1865.
Divido 1863 : 19, ed ho il residuo 3
: 4 » i
: 7 » 3
19X3^23 = 80 : 30 = 2 col residuo 20,
2H-12-+-120-t-4 = 228 : 7 = 32 col residuo 4.
Avrem dunque la pasqua ai 22 -«-20-1-4, cioè 46 di marzo, vale a dire ai 13 aprile;
ossia ai 20 -+■ 4 — 9 aprile, cioè ancora ai 13.
Qualora uscisse il 26 aprile, bisogna sottrarre una settimana, cioè portar la pasqua ai 19.
Trovata la pasqua, si han le altre feste mobili. Il 64 giorno avanti pasqua è la settua-
gesima; la domenica dopo questa è la sessagesima ; indi la quinquagesima: il mercoledì
seguente è il di delle ceneri alla romana; poi vien la domenica di quaresima; quaranta
giorni dopo di pasqua si ha l'ascensione ; dopo altri dieci la pentecoste ; e nel sessaotuno
il Corpus Domini. L'avvento comincia la domenica che cade fra il 27 novembre inclu-
sive, e il 3 dicembre inclusive anch'esso: l'avvento ambrosiano precede di due setti-
mane. Le tempora d'autunno sono il mercoledì , venerdì e sabbato immediatamente
posteriori al 14 settembre.
Corre volgarmente l'opinione che una legge vieti ai Cristiani di celebrar la pasqua
il giorno stesso che gli Ebrei, e ciò è scritto in diversi libri. Pure tal legge non sussiste,
né fu messa in pratica mai. Papa Vittore decretò bensì che la pasqua non si celebrasse
in qualunque giorno della settimana, come sogliono gli Ebrei, ma sempre in domenica.
Anzi l'anno seguente a quel del concilio di Nicea, cioè il 326, la pasqua dei Cristiani
H6 CRONOLOGIA
coincideva con quella degli Ebrei , e fu celebrata senza ostacolo di sorta. Altrettanto
accadde il 1602 e il leOQ, poi il -1805, il 1823; e nel secolo seguente avverrà il 1903,
1923, 1927, 19S4, 1981.
In questi anni la pasqua cadde o cadrà in domenica, e nel giorno appunto del ple-
nilunio. Erra dunque chi crede sia ordinato che quando la luna si compisce in dome-
nica, abbia a trasportarsi la pasqua alla domenica seguente. Al contrario il concilio
Niceno dichiara che in tal caso la domenica è eminentemente opportuna a questa solen-
nità. E per vero, il trasferirla recherebbe la pasqua al 22" giorno della luna, cioè
all'ultimo suo quarto, ciò che sarebbe in precisa contraddizione colla volontà de' concilj.
Nel secolo corrente la pasqua fu o sarà in giorno di plenilunio gli anni 1802, 1805,
1818, 1822, 182o, 1829, 1842, 1845, 1869, 1875.
Sarebbe per certo un miglioramento se si rendesse stabile la festa di pasqua come
le altre, e la Chiesa id, suo jure utens , libere facere posset (Romani calendarii a Gre-
gorio XIII p. m. restituii explicatio per Chiustopuoiìum Clavium. Roma 1G03). Oltre
però l'antica consuetudine, grand'ostacolo ad ogni innovazione, la Chiesa volle con-
servar mobile questa festa propter sacramentum et recondita mysteria quce in hujusmodi
celebratione paschw resurrectionis doininicce includunlur.
§ 26. — Di alcune date ecclesiastiche.
La pietà del medioevo, che associava ad ogni evento idee religiose, distinse spesso
le epoche col nome del santo che commemoravasi nel giorno in cui accadde ciascun
fatto. Così dicevasi che nel dì di san Lorenzo Ottone trionfò degli Ungheri-, che a
sant'Agnese fu sconfitto Lodrisio Visconti; che a san Sisinio i collegati Lombardi vin-
sero a Legnano ...
E carte ed alti sono spesso notati con forme desunte da usi ecclesiastici; come il
santo, ovvero le feste correnti, o l'evangelio che leggevasi quella domenica, ovvero le
prime parole dell'introito della messa; il quale stile dura tuttavia per contrassegnare
le domeniche di quaresima.
Soggiungiamo qui alcune di simili date:
A. D., ante diem^ ad diem , e fors'anche post diem. Il giorno medesimo indicato
dalla cifra. •
Ammalato di trentotCanni. Il venerdì della prima settimana di quaresima.
Anastasimus. Giorno di pasqua presso i Greci.
Antipascha. La seconda domenica dopo pasqua pei Greci, e la prima per noi.
Apparino Domini. 11 6 gennajo.
Baptisterium. Nome che danno gli Armeni all'Epifania.
Benedicta. Il giorno della Trinità, dalla prima parola dell'introito.
Bohordicum. La prima e seconda domenica di quaresima, da una giostra con bastoni
che in essa costumavasi.
Bordce , Brandones , Buroe. La prima domenica di quaresima e tutta la settimana.
Broncheria. La domenica delle palme; e anche Osanna^ Pascha competentium, Pascha
florum.
Calenes, Calendes., Chalendes. Il giorno di natale in Provenza.
Candela. La terza parte della notte, che divideasi in tre candele.
Candelatio, Candelaria. Il dì della candelaja, ossia della purificazione, 2 febbrajo ;
e anche Pentìiesis presso i Greci.
Capitilavium. La domenica delle palme, in cui lavavasi il capo ai battezzandi.
Caput jejutiii. Le Ceneri.
Carementranum, Caremprenium., Quadresmentanum, Carenientrant. Il martedì grasso;
e anche Carnicapium, Carni plarium.
Carniprivium. Il primo giorno di quaresima, e talvolta la domenica di settuagesima.
Charitas Dei. La pentecoste.
Chei'etismm. i^'annunziazionc della B. V.
Cieco-nato. Il mercoledì della (juarta settimana di (luarcsima.
M ALCUNE DATfi ÈflCLfiStASTJClIK HI
Clausum Pascha, La domenica in albis, cioè la prima dobietìica dopo pasfjua di
risurrezione.
Clausum Pentecostes. La festa delia Trinità.
Cfcna Domini. Il giovedì santo; e anche Natalis calicis, Dies absolutionis.
Consiglio degli Ebrei. 11 venerdì avanti la domenica delle palme.
Correzione fraterna. 11 martedì della terza settimana di quaresima.
Cruces ìiigrw. Processione di san Marco.
Dcemon mutus. I.a terza domenica di quaresima.
Deposilio. 11 giorno della morte d'un santo non martire.
Dies adoratus. Il venerdì santo.
Dies animarum. II 2 novembre.
Dies cegyptiaci, giorni creduti infausti. Dies pingues, i giorni grassi. Dies sancti^
la quaresima.
Dies felicissimus. Il giorno di pasqua ; e anche Solemnitas solemnitatum.
Dies mysteriorum. Il giovedì santo nella Siria e presso altri popoli del Levante, Vi-
ridiuìn, nel Nord.
Divisio Apostolorum. 11 15 luglio.
Domenica del Buon Pastore. La seconda domenica dopo pasqua.
Domenica prima che Dio fosse venduto. La sera delle Palme.
Dominica Asoti, ossia del Figliuol prodigo. La settuagesima presso i Greci.
Dominica de carne levario. La domenica di quaresima presso coloro che cominciano
il digiuno nel mercoledì che vien dopo questa domenica.
Dominica misericordice. La quarta domenica dopo pentecoste presso i Latini, prima
del XII secolo.
Dominica rosee, Dominica rosata. La domenica dell'ottava dell'ascensione, in cui il
pontefice benedice una rosa d'oro e la manda in dono.
Dominica vacans. Nella Chiesa latina le due domeniche fra natale e l'epifania: così
dicevansi Dominicce vacantes le domeniche che seguono i sabbati delle quattro tempora
e dell'ordinazione.
Feria calida; la fiera calda o di san Giovanni Battista a Troyes in Sciampagna. Feriai
frigida; la fiera del l" ottobre nella medesima città.
Festa paschalia. La natività, la risurrezione e la pentecoste presso gli autori eccle"
siastici greci e latini.
Festum asinorum. Il 2o dicembre a Rouen ; il ii gennajo a Beauvais.
Festum architriclini. La seconda domenica dopo l'epifania.
Festum campanarum. 11 2o marzo in alcune provincie della Francia.
Festum herbarum. L'assunzione della B. V. ; e anche Pausatio Sanctce Maricp.
Festum primitiarum, o primitivum. Il 1° agosto.
Festum stelke. 11 6 gennajo.
FeUum evangelismi. La quinta domenica dopo pasqua.
Festum stultorum. 11 i^ gennajo in molte città della Francia.
Festum valletorum. La domenica dopo san Dionigi.
Genethliacus dies Constant inopoli lance urbis. Vìi maggio.
Giouli. È il nome che dà Beda ai due mesi di dicembre e gennajo, perchè nell'anno
lunisolare degli antichi Anglo-sassoni il solstizio cadeva ora nell'uno ora nell'altro mese.
Hebdomada expectalionis. La settimana dopo l'ascensione.
Hebdomada magna, o muta, o aulhentica, o crucis, o indulgentice. La settimana santa.-
Hebdomas diacanesima. La prima settimana di pasqua presso i Greci.
Hypapanti, Hypante, Hypanta in latino Occursus. La presentazione al tempio di N. S=.
Indictum. La fiera del Lendit, in commemorazione di san Dionigi in Francia.
Lcetare. La quarta domenica di quaresima, dalla prima voce dell'introito.
Lardarium. 11 martedì grasso nel Limosino.
Martror. L'ognissanti nelle carte di Linguadoca,
Marzache. Così chiamano alcuni autori francesi l'annunciazione della B. V., p^ncHè"
cade nel 2o di marzo.
Mensis intrans, introiens. 1 primi sedici giorni d'un mese di 31 giorno, e i quindici
primi d'un mese di 30. AJensis exiens, astans, stans^ restaìis, gli ultimi quinditi giosni
]\8 CRONOLOGIA
del mese, retrogredendo nel contare. Così Acium teriia die exeunte mense septemhri
significa il 28 settembre.
Memis fenalis, luglio. Mensis magnus, giugno. Memis messionum, cioè della ricolta,
agosto. Mensis novarum, aprile. Mensis purgatorius, febbrajo.
Nox sacrata. La vigilia di pasqua.
Oleries. Così chiamansi in Francia gli ultimi sette giorni dell'avvento, dalle antifone
che si cantano ai vespri in questi di, e che tutte cominciano per 0.
Octava infantium. Così chiama sant'Agostino la domenica nell'ottava di pasqua.
Omnes gentes. La settima domenica dopo pentecoste, dalle prime parole dell'introito.
Parasceve. 11 venerdì santo, e talvolta i venerdì di ciascuna settimana.
Pascha rosarum. La pentecoste.
Pasqua comunicante, o scomunicante. Il giorno di pasqua in una carta di Carlo VI
di Francia, del 1387.
Pasqua di natale. Il giorno dell'epifania.
Petrus in gula Augusti. San Pietro in vincoli,
Puerperium. Il 26 dicembre presso i Greci e i Moscoviti.
Quasi modo. La domenica in albis, dalle prime voci dell'introito.
Quindena, quinquenna Paschce o Pentecostes. Gli otto giorni prima, e gli otto dopo
pasqua o pentecoste.
Quintana. La prima domenica di quaresima; e anche Quadragesima intrans.
Reddite qucB sunt Coesaris Ccesari. La vigesimaseconda domenica dopo pentecoste.
Relatio pueri Jesu de /Egypto. Il 7 gennajo.
Sabbatum Achatisti. Il sabbato della quinta settimana di quaresima presso i Greci.
Sabbatum luminum^ o mugnum. Il sabbato santo.
Septimana pcenosa. La settimana santa.
Sitientes. Il sabbato avanti la domenica di Passione, dalla prima voce dell'introito,
Tessaracoste. La quaresima presso i Greci.
Thore-maneth, luna di Thor. Gennajo per gli Svedesi, marzo per i Danesi.
Theophania. Feste di natale e dell'epifania , che in Oriente , nei primi secoli , si
celebravano insieme il 6 gennajo.
§ 27. — Calendario greco, arabo e turco.
Quelli che usano tuttavia l'anno giuliano, che sono i Russi, gli Armeni, i Greci, e
gli altri Greci scismatici sparsi in Ungheria, Transilvania, llliria, Gallizia, in questo
secolo sono in ritardo di 12 giorni; cosicché il loro ì gennajo corrisponde al 13
gennajo nostro.
Gli Arabi avevano imparato dagli Ebrei ad intercalar un mese ogni secondo o terzo
anno per ridurre gli anni loro lunari a solari. Maometto nell'ultimo suo viaggio alla
Mecca (652) vietò tale intercalazione, e scrisse nel Corano, cap. ix, § 56: «Quando
« l'Onnipotente creò cielo e terra, fissò l'anno di dodici corsi di luna, e questo numero
« fu scritto nel libro santo. Quattro di essi mesi sono sacri : tal è la fede. Fuggite
« sempre l'iniquità, ma in questi mesi specialmente; non trascurate però di combat-
te tere gl'idolatri. Dio è con quelli che lo temono ed obbediscono ».
Restò dunque l'anno lunare, per modo che il tempo del pellegrinaggio e del digiuno
fa il giro di tutte le stagioni, e di grave incomodo riesce a quelli che vogliono legal-
mente astenersi da ogni cibo e bevanda fin al tramonto, quando il mese di ramadan
cade in estate.
L'anno maomettano è quindi di 354 giorni, 8 ore, 48 minuti. 30 anni lunari som-
mano 10,631 giorni. In questo ciclo di 50 anni ve n'ha 11 embolismatici di 555 giorni,
formati con quell'avanzo di ore; e sono il 2, 5, 7, 10, 13, 16, 18, 21, 24, 26, 29.
Anticipando ogni anno di 11 giorni, in 53 anni solari il capo d'anno arabo passa per
le quattro stagioni, e raggiunge press'a poco il nostro.
Significativi sono i nomi dei loro mesi :
4. Moharram di 30 giorni, vuol dire mese sacro; e in esso era proibita ogni ostilità.
Ai 10 i Siiti commemorano la morte d'IIossein figlio d'Ali, nipote di Maometto.
CALENDARIO MAOMF.TTANO H9
2. Sefer di 29 giorni, cioè mese della partenza ; nel quale gli Arabi antichi uscivano
alle correrie. Il 26 è di penitenza, detto della tromba per la fine del mondo.
3. habi al-Eivwel o Rabiè /, di giorni 30, mese di primavera^ quando ancora faceasi
l'intercalazione. Nel 1 festeggiasi la fuga di Maometto : agli 11 dai Sunniti, e ai 12 dai
Siiti la sua natività.
4. Rabi al-Ettsang o Rabiè II, di giorni 29, significa seconda primavera.
5. Jomadah al-Eivivel, o Giumadi /, di 30 giorni ; e
6. Jomadah al-Ettsang, o Giumadi II, di 29; cioè primo e secondo mese dei ghiacci.
7. Rageb, di 30 giorni, mese desiderabile, perchè sospendevansi le corse e celebra-
vansi molte feste. Nella notte del S si commemora la concezione del Profeta.
8. Sciaban, di 29 giorni, germoglio degli alberi.
9. Ramadan, di 30 giorni, cioè caldo struggilore. Ora è dedicato al digiuno.
10. Sciual, di 29 giorni, accoppiamento dei camelli. Nel primo di rompesi il digiuno,
e si festeggia coi due seguenti.
M. Dulcaada, di 30 giorni, cioè riposo; in cui tornavano ai ricoveri invernali.
12. Dulage, di 29 giorni, e di 30 quando l'anno sia embolismatico. Trae il nome
da adqe pellegrinaggio.
Nell'astronomia però i Maomettani vaglionsi dell'anno solare, e denominano i mesi
dai segni dello zodiaco. I takuin dei Turchi segnano i gradi di longitudine d'ogni
provincia e città per trovare l'ora precisa delle preghiere canoniche.
§ 28. — Calendario ebraico.
Dapprima gli Ebrei cominciavano l'anno civile al solstizio d'estate o all'equinozio
d'autunno: ma essendosi liberati dalla schiavitù d'Egitto verso l'equinozio di prima-
vera, nel mese di Nisan, cominciarono di là il loro anno religioso. Però il loro anno
non appoggiavasi a verun calcolo astronomico; quando vedevano la luna nuova, con-
tavano un mese nuovo (neomenia); e perciò i mesi erano ora di 29 ora di 30 giorni.
Per mettere poi queste imperfette lunazioni in concordia coH'anno solare, aggiungevano
un mese intercalare (Ve-Adar). A tale riscontro erano obbligati dalla natura delle lor
feste, dovendosi a pasqua offrire gli agnelli neonati e le primizie dell'orzo ; a pentecoste
le primizie del frumento; alla festa de' tabernacoli la vendemmia e il ricolto degli ulivi.
Pare che dal 300 av. C. introducessero un ciclo di 24 anni.
Gli Ebrei computano dalla creazione del mondo, e dalle principali epoche della loro
storia. Onde l'anno corrente 1858 è
Dalla creazione 5618
Dal diluvio 3962
Dalla nascita d'Abramo 3670
•) d'Isacco 3570
» di Giacobbe 3510
Dalla migrazione in Egitto 3380
Dalla nascita di Mosè 3250
Dall'uscita d'Egitto e promulgazion della legge .... 3170
Dalla fabbrica del primo tempio 2690
Dalla sua distruzione 2280
Dalla fabbrica del secondo tempio 2210
Dalla sua distruzione 1790
Dalla compilazione della Misna 1717
» del Talmud 1354
Nei loro calendarj ogni sabbato è notato colta parola iniziale della lezione del Penta-
teuco che deve leggersi in quel dì. I nomi dei loro mesi non hanno significato nella
lingua ebraica, onde sono a credere importati da altra favella.
Ecco un sunto del calendario ebraico. L'asterisco * indica le feste, le mezze feste
e i digiuni tuttora in vigore fra gl'Israeliti: il resto appartiene alla storia.
Nisan. "-i. Morte dèi (igii ài Aronne; digiuno. -- 10. Morte di Msrìa, sòrdla di
Mosè; digiuno. Scelta dell'agnello pasquale. — 14. S'immola l'agnello pasquale tra
i due vespri. — 15. * Pasqua (pessah) , o festa degli azzimi per otto giorni. — 1G.
Oblazione nel tempio della manna [homer) d'orzo primaticcio. — 26. Morte di Giosuè
figlio di Nun-, digiuno. — In questo mese domandano le pioggie primaverili. 1 digiuni
che cadono in sabbato, sono differiti al domani.
Jar. — 10. Morte di Eli e de' figli suoi. Presa dell'arca santa; digiuno. — 14. * Se-
conda pasqua per quelli che non poterono celebrarla il mese precedente. — 18. Mezza
festa per la cessazione di un morbo che colpi parecchi insigni dottori del Talmud. —
2r>. Simone s'impadronisce di Gaza ^ festa. — 28. Morte di Samuele profeta; digiuno.
Sivan. — 6. * Pentecoste secondo i Talmudici; o festa delle settimane, cioè le sette
a computare dal domani di pasqua. Si commemora la promulgazione della legge sul
Sinai. Primizie del frumento. — 12. Pentecoste secondo i Caraili. — 23. Scisma di
Geroboamo; digiuno. — 25. Uccisione di Simeone figlio di Gamaliel, d'Ismaele figlio
d'Eliseo, e di Anani Sagan, vale a dire secondo dopo il sommo sacerdote; digiuno. —
27. Uccisione del rabbino Anania; digiuno.
Thamuz. — 17. * Le tavole della legge infrante da Mosè. Epistemon (Manasse) ab-
bruciò la legge, e pose un idolo nel tempio. Cessa il sacrifizio perpetuo (jugej ; digiuno.
Av. — 1. Morte di Aronne; digiuno. — 9. * Decreto divino, ai tempi di Mosè, che
i loro padri d'allora piìi non entrassero nella terra di promissione. Il tempio di Gerusa-
lemme dato alle fiamme prima da' Caldei, poscia dai Romani ; digiuno. — 15. * Mezza
festa per la calma dei mali cominciati ai 9. — 18. Digiuno per essersi estinta la lam-
pada vespertina ai tempi di Acaz. — 21. A'ylophoria : festa in cui portano al tempio
le legna pei sacrifizj. Offerta d'ogni specie di legno primaticcio (Altri interpreti collo-
cano questa festa nel mese seguente).
Elul. — 7. Dedicazione delle mura di Gerusalemme per Neemia. — 17. Morte degli
esploratori che diffamarono la terra promessa; digiuno. — 29. Si contano i capi d'ar-
mento di un anno, per offrirne le decime al Signore al principio dell'anno, cioè alla
neomenia Thisri.
Thisri. — 1. * RòS'haschanà, capo d'anno civile. Festa delle trombe per due giorni,
celebri in memoria della creazione dell'uomo. — 3. * Digiuno per la morte di Godolia
e Giudei ch'erano con esso in Masfa. — 5. Strage di venti Israeliti; il rabbino Acbiba
muore in carcere; digiuno. — • 7. 'Vitello d'oro, per cui i loro padri vennero condanuali
al ferro e alla fame; digiuno. — 10. * Gran digiuno delle espiazioni {kippnrim), unico
comandalo dalla legge, Lev. xxiii, 27; e si fa anche in sabbato. — 15. * Festa dei ta-
bernacoli (Scenopegia)y che si solennizza per nove giorni, in memoria delle tende sotto
cui i padri loro riposarono nel deserto. — 21. * Festa del grande Osanna, ossia dei
rami, in cui portano nel tempio rami di palme o di salici. — 23. * Letizia della legge,
per la compita e ricominciata lettura del Pentateuco. Festa dell'alleanza. Dedicazione
del tempio per Salomone.
Marchesvan. — 7. Gedecia re accecato, e i suoi figli uccisi da Nabucodònosor ; di-
giuno (Scaligero porta questo anniversario ai 7 del mese seguente). — In questo mese
gli Ebrei pregano nuovamente per la pioggia.
Chislev. — 7. Gioachino re arde il libro scritto da Paruch, dettante Geremia; digiuno
(MuUer e Seldeno portano questo digiuno ai 28). Morte di Erode. — 21 . Festa del monte
Garizim. — 25. * Mezza festa dei lumi [Encenia] per otto giorni. Giuda consacra il
tempio profanato da Antioco.
Tevei. —8. Digiuno per la versione della Bibbia fatta dai LXX: per tre giorni le
tenebre coprirono tutta la terra. — 9- Digiuno, di cui s'ignora il motivo. Vogliono
alcuni clic in questo dì sia morto Esdra. — "JO. * Gerosolima assediata da Nabucodo-
nosoi' ; digiuno.
Sevath. — 5. Morte dei seniori coetanei di Giosuè; digiuno (Lamy lo porta al giorno 8j,
— lo, * Capo d'anno degli alberi, cioè la rinnovata vegetazione nei climi di [Palestina.
— 23. Congiura delle tribù contro quella di Beniamin per la concubina violata in Gabaa,
e per l'idolo di Mica; digiuno. — 29. Morte di Antioco Epifane.
Adar. — 7. Morte di Mosè; digiuno. — 9. Cominciano le gare delle scuole di
Sciammai e di lllel. — 13. * Digiuno d'Ester, Giorno di Nicànore. — 14. * Giorno di
Mardoclieo. Festa maggiore delle sorti (purim) gettate da Amano, — lì). * Festa minore
delle sorti gettate in Susa. in questi giorni gli Ebrei fanno carnasciale. —23. Dedica-
zione del tempio per Zorobabele. — 28. Revoca dell'editto di Antioco.
Negli anni embolismici il mese di Adar non ba digiuni e feste, tranne i sabbati e i
Purim, cbe in questi anni si celebrano due volte, nel ii e 15 di Adar (festa minore},
e nel 14 e 15 di Ve-Adar (festa maggiore).
§ 29. • — Calendario repubblicano.
Benché il calendario della Repubblica francese breve durasse, sono con esso indicati
grandiosi accidenti dell'età nostra, e molti atti, istrumenti, fedi di morte o nascita di
persone or nel meglio dell'età. Merita dunque se ne faccia menzione.
Coi 22 settembre 1792, in cui fu proclamata detta repubblica, si promulgò una
nuova èra, cbe fu poi abolita col 1° gennajo 1806. Contava gli anni da esso 1792,
cominciandoli la mezzanotte del giorno che succede all'equinozio vero d'autunno per
l'osservatorio di Parigi. Qui pure si volle introdurre l'uniformità e l'euritmia, perfino
nella desinenza delle denominazioni. Pertanto i mesi erano
( Vendemmiale
Autunnali | Brumale
f Glaciale
Nevoso
Invernali ^ Piovoso
Ventoso
Germile
Primaverili { Fiorile
Pratile
S Messidoro
Termidoro
Fruttidoro
ciascun mese di 30 giorni, divisi in tre decadi; e 5 o 6 giorni complementari aggiun-
gevansi al fine. 1 giorni denominavansi primicU, duodì^ tridì^ quarlidi, ecc.: il decadì
dovea essere di riposo.
L'anno vii avrebbe dovuto esser comune, secondo l'ordine gregoriano : avendolo fatto
bisestile, si alterò la corrispondenza coiranno nostro.
Occorrendo spesso di cercare tal corrispondenza, l'offriremo qui appresso :
122
CRONOLOGIA.
MESI
MESI
AN. I.
AN. li.
AN. IH.
1° sestile
AN. IV.
AN. V.
REPUBBLICANI
GREGORIANI
1792-1793
1793-1794
1794-179o
179S-1796
1796-1797
Vendemmiale
Primidi
Decadi
Decadì
Decadi
1
10
20
30
Settembre, 30 g.
Ottobre, 31 g.
22 Sab.
L.
G.
21 D.
22 D.
Mar.
V.
21 L.
22 L.
Mer.
S.
21 Mar.
23 Mer.
V.
L.
22 G.
22 G.
S.
Mar. '
21 V. 1
Brumale
Primidi .....
Decadi
Decadi
Decadì
1
dO
20
30
Ottobre, 31 g.
Novembre, 30 g.
22 L.
Mer.
S.
20 Mar.
22 Mar.
G.
D.
20 Mer.
22 Mer.
V.
L.
20 G.
23 V.
D.
Mer.
21 S.
22 S.
L.
G.
20 D.
Glaciale
Primidi
Decadi
Decadi
Decadi .....
i
10
20
30
Novembre, 30 g.
Dicembre, 31 g.
21 Mer.
V.
L.
20 G.
21 G.
s.
Mar.
20 V.
21 V.
D.
Mer.
20 S.
22 D.
Mar.
V.
21 L.
21 L.
Mer.
S
20 Mar.
Nevoso
Primidi
Decadi
Decadi
Decadi
1
10
20
30
Dicembre, 31 g.
Genuajo, 31 g.
21 V.
D.
Mer.
19 S.
21 S.
L.
G.
19 D.
21 D.
Mar.
V.
19 L.
22 Mar.
G.
D.
20 Mer.
21 Mar.
V.
L.
19 G.
Piovoso
Primidi
Decadi
Decadi
Decadi ....
1
10
20
30
Gennajo, 31 g.
Febb.", 28 o"29g.*
20 D.
Mar.
V.
18 L.
20 L.
Mer.
S.
18 Mar.
20 Mar.
G.
D.
18 Mer.
21 G.
S.
Mar.
19 V.
20 V.
D.
Mer.
18 S.
Ventoso
Primidi ....
Decadi ....
Decadi ....
Decadi ....
1
10
20
30
Febb., 28 o 29 g.
Marzo, 31 giorni
19 Mer.
G.
D.
20 Mer.
19 Mer.
V.
L.
20 G.
19 G.
S.
Mar.
20 V.
20 S.
L.
G.
20 D.
19 D.
Mar.
V.
20 L.
Gerniile
Primidi ....
Decadì ....
Decadì ....
Decadi ....
1
10
20
30
Marzo, 31 giorni
Aprile, 30 giorni
21 G.
S.
Mar.
19 V.
21 V.
D.
Mer.
19 S.
21 S
L.
G.
19 D.
21 L.
Mer.
S.
19 Mar.
21 Mar.
li: '
19 Mer. 1
CALENDARIO nErUBBLICANO.
123
AX. VI.
AN. VII.
2" sestile
AN. Vili.
AN. IX
AN. X.
A\. XI
3° sestile
AN Xll.
AN. XIII.
AN. XIV.
1797-1798
1798-1799
1799-1800
1800-1801
1801-1802
1802-1805
180."5-180i
1801-180;)
180;j-1806
24 V
22 S.
23 L.
23 Mar.
23 Mer.
23 G.
24 S.
23 D.
23 L.
^^ d!
L.
Mer.
G.
V.
S.
L.
Mar.
Mer.
Mer.
G.
S.
D.
L.
Mar.
G.
V.
S.
21 S.
21 D.
22 Mar.
22 Mer.
22 G.
22 V.
23 D.
22 L.
22 Mar.
. 22 D.
22 L.
23 Mer.
23 G.
23 V.
23 S.
24 L.
23 Mar.
23 Mer.
Mar.
Mer.
V.
S.
D.
L.
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20 D.
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tmmioéih.
MESI
UEPUBBLICANI
MESI
GREGORIAM
.4N. 1,
1792-1795
AN, IL
1793-1794
AX, 111.
i" sestile
1794-1795
A\; IV.
1795-1796
.41 V.
1796-1797
Fiorile
Primidì 1
Decadì 10
Decadi 20
Decadì 30
Aprile, 30 giorni
Maggio, 31 giorni
20 S.
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20 D.
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20 L.
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19 Mar.
20 Mer.
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Pratile
Primidì 1
Decadì 10
Decadì 20
Decadì 30
Maggio, 31 giorni
Giugno, 30 giorni
20 L.
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18 Mar.
20 Mar.
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18 Mer.
20 Mer.
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18 S.
20 S.
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18 D.
Messidoro
Primidì 1
Decadì . . . , . 10
Decadì 20
Decadì 30
Giugno, 30 giorni
luglio, 31 giorni
19 Mer.
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18 G.
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19 D.
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19 L.
Mer.
S.
18 Mar.
Termidoro
Primidì 1
Decadì 10
Decadì 20
Decadì 39
luglio, 31 giorni]
Agosto, 31 giorni
19 V.
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19 S.
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19 D.
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19 Mar.
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17 Mer.
19 Mer.
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17 G.
Fruttidoro
Primidì 1
Decadi 10
Decadì ..... 20
Decadì 30
Agosto, 31 giorni
Settembre, 30 giorni
18 D.
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16 L.
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18 Mar.
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Giorni
eomplemeutari
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2
Settembre, 30 giorni
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Calendario REruBBUCANO,
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1799-1800
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22 D.
22 L.
126 CRONOLOGIA
g 30. — Degli almanacchi.
Calendario viene da kalende, nome che davano i Romani al primo giorno del loro
mese, nel quale gridavansi (xa)sw) i bandi pubblici.
Almanacco deriva dalla parola araba al-mienach, il computo ; o piuttosto da al-
menha regalo, presente, che facevasi al capodanno, l Turchi lo chiamano takuin.
Menologio, da vsv mese e loyo^ discorso, indica quadro dei mesi, ed è specialmente
applicato dalla Chiesa greca al catalogo de' santi, che a ciascun giorno si venerano.
Emeroloqio, da riixipy. giorno, si dice un calendario dove sono confrontati quelli dei
varj popoli. Se n'ha più d'uno antico, ma il principale contiene gli annuarj degli E-
gizj, Tirj, Sidonj, Macedoni, Siri, Liei, Efesj.
Efemeride, dalla stessa radice «f^tsoa ed zni, si dice specialmente un almanacco astro-
nomico, che indica per ciascun giorno la situazione dei pianeti e le variazioni di
tutti i moti celesti. Già se n'era fatto qualche tentativo, allorché Miiller di Konigsberga,
noto col nome di Regiomontano, nel 1475 pubblicò le Efemeridi astronomiche di detto
anno e dei seguenti fino al 1306. Altri, e principalmente Argoli e Keplero, pubbli-
carono le efemeridi pel xvi e xvii secolo. Nel 1610 Simone Mayer cominciò la Pro-
crea, serie di annuarj sifatti ; e in quello del 1612 trovansi indicazioni, per allora di
gran merito, sulle nebulose, sulla via lattea, le fasi di venere, i satelliti di giove. Ma
le piij importanti sono la Connaissance des temps, che l'Accademia delle scienze di
Parigi pubblica dal 1679 in poi.
Lido, nel vi secolo, diede un vero almanacco profetico, cioè da combinazioni acci-
dentali del tempo e dei pianeti deducendo congetture sugli avvenimenti futuri.
Nel medioevo per uso ecclesiastico compilavansi almanacchi, valevoli per una serie
d'anni, e quali si stampano ancora in testa de' breviarj, valendosi delle Lettere do-
menicali e degli altri computi che divisammo.
Il primo almanacco d'uso popolare sembra quello dell'anno bisestile 1636, fatto da
Matteo Laensberg a Liegi, pieno d'ubbìe, ma che segnava immediatamente il corso
dei giorni e dei mesi, come mai non erasi fatto. Pure sino al fin di quel secolo scarsi
rimasero tali libretti.
Eccetto la ciarlataneria delle predizioni meteorologiche e cabalistiche, noi spiegammo
tutti gli elementi degli almanacchi. E il lettore comprende che cosa significhi il dire
che quest'anno 1862 del calendario gregoriano corrisponde al
7371 dell'era bisantina, o periodo greco moderno ;
8S76 del periodo giuliano ;
2639 delle Olimpiadi, ossia 2' dell'olimpiade dclx, cominciante nel luglio;
261 S dalla fondazione di Roma, secondo Varrone ;
2611 dell'era di Nabonassar ;
1278 de' Turchi, cominciato il 29 giugno 1862 5
Numero d'oro 1
Epatta XXX
Ciclo solare 23
Indizione romana .... S
Lettera domenicale ... E
Lettera del martirologio . . P.
§ 31. — Degli oriuoli.
Non ci parrebbe compiuto un trattato di cronologia, ove ommettessimo il discorso
dei mezzi e degli stromenti impiegati a misurar il tempo, cioè a dividerne la durata
in intervalli eguali. Il periodico succedersi dei fenomeni naturali fu la prima misura;
e poiché le notti e i giorni variano a seconda delle stagioni, si trovò necessario par-
tire da un punto fii^so, qual è il mezzodì, dall'uno all'altro contando il giorno astro-
nomico. Sembra che gli Egiziani pei primi dividessero questo spazio in 24 ore; ma non
se n'introdusse l'uso nella vita civile, tanto che Greci e Homani adopravano il giorno
naturale spartendo in 12 ore il tempo che decorre fra il levare e il tramonto del sole;
ore di necessità disuguali all'inverno da quelle dell'estate.
DEGLI ORIUOLI. 127
Antico è l'uso del gnomone solare o meridiana^ il quale consiste in una linea retta
che traccia la sezione del meridiano celeste con un piano comunque inclinato, ma
soleggiato al mezzodì, o die, coll'ombra della sua cuspide, o con un fascelto di
luce traverso a un foro, segna il mezzodì vero. La Bibbia ne fa menzione nella storia
d'Ezechia re di Giuda : le storie cinesi lo mostrano adoperato in tempi remotissimi ad
osservazioni celesti : in Grecia dicono fosse introdotto da Anassimandro, che l'aveva
imparato da' Caldei : alla presa di Catania, i Romani trovaton'^ uno lo portarono nella
loro città, così ignoranti da non accorgersi che, mutala longitudine, piij non valeva.
Ma per conoscer l'ora quando il sole non splenda e le sue suddivisioni, si ricorse
a mezzi artifiziali, e il primo fu la clessidra, vaso da cui in un dato tempo scorre una
certa quantità d'acqua. Se in un altro vaso sottoposto si- collochi un galleggiante il
quale comunichi con qualche ruota esterna, e questa con un indice e un quadrante,
può ottenersi la cercata suddivisione e l'indicazione di essa.
Erravano però credendo che l'acqua scendesse con uniforme celerità ; poiché man
mano che, col discenderne, diminuisce la pressione, più lenta essa fluisce; e conge-
gni complicatissimi si vollero per ridurla a moto regolare. Dovevano esser tali gli oro-
logi descritti da Vitruvio, e che sembrano dovuti a Ctesibio ed Erone geometri ales-
sandrini sullo scorcio del ii secolo av. Cristo Già Archimede, o fors'anche Aristotele
aveva inventato le ruote dentate: poi si applicarono al congegno degli orologi, aggiun-
gendovi bizzarri giuochi e movimenti, talché chi le eseguiva avea fama di gran mec-
canico. Per tali ci son nominati Boezio e Cassiodoro ; poi Paolo I papa regalò uno di
sifatti orologi a Pepino il Piccolo, e Aron al-Rascid, califfo arabo, un altro a Carlo
Magno, con figure che uscivano a chiuder le finestre, mentre dodici palle di bronzo,
cascando, faceano risonare un vaso sottoposto.
In età moderne la clessidra fu perfezionata, e Amontons l'adattò alla navigazione
per conoscere la longitudine, come Ticho-Brahe alle osservazioni astronomiche. Si pre-
tende che a quest'ultimo uso la adoprassero i Cinesi antichissimamente, ì quali alcuno
pretende conoscessero anche orologi veri al modo nostro.
All'acqua talvolta si sostituì la polvere, e se ne formarono i polverini.
L'epitafio di Pacifico arcidiacono di Verona, morto r846, dice :
Horologium nocturnum nullus ante viderat.
Ma oriuoli notturni eransi veduti prima, come quello che Paolo I mandò a Pepino
(direximus excellentice vesirce ... horologium nocturnum) \ e se l'orologio di Pacifico
era invenzione nuova, non sapremmo dire qual fosse. Vero orologio notturno potea
dirsi quello con cui Alfredo il Grande d'Inghilterra misurava le sue notti, cioè una
candela divisa in tre parti.
Certo però attorno al Mille erasi pensato a un congegno migliore che la clessidra e
il polverino. Un grave che scendendo tiri dietro una corda avvolta a qualche ruota,
die' l'idea d'una nuova misura del tempo ; invenzione semplice, eppure sfuggita alla
sagacia di tutti gli antichi, finché balenò a Gerberto monaco che poi fu papa Silvestro II.
Vero è però che descrizioni d'orologi a contrappeso non abbiamo che nel xiv secolo,
e Dante nel e. xxiv del Farad, ne parla chiaramente, dicendo :
« E come cerchi in tempre d'oriuoli
Si giran si, che '1 primo a chi pon mente
Quieto pare, e l'ultimo che voli ».
Egli medesimo nel e. xv menziona oriuoli più antichi posti in Firenze :
La cerchia antica
Ond'ella toglie ancora e terza e nona 5
ove Benvenuto da Imola commenta : Ahatia Sancii Benedicti, ubi certius et ordinatius
pulsabantur horce, quam in aliqua alia eccleHa civitatis.
Ma un peso, attaccato ad una corda avvoltolata ad un cilindro, scenderà facendo
rotare il cilindro con movimento accelerantesi secondo la legge della caduta dei gravi.
Conveniva quindi rimediare in qualche modo a tal variazione di movimento, il che si
ottenne combinandovi un bilanciere, che con oscillazioni alternate regolasse il moto
di discesa del grave ; e ne venne il mirabile apparecchio che si chiamò scappamento
a corona, a ruote, a incontro. Né i perfezionamenti erano chiesti alla meccanica dai
bisogni del geografo e dell'astronomo come oggi, bensì dalle regole monacali, che im-
ponevano l'ora di sorger la ivtte e di and ire il giorno a cantar le laudi del Signore.
l!28 CRONOLOGIA
Per quanto rozzi fossero i modi allora adoperati a fronte dei raffinatissimi con cui
oggidì si superano le difficoltà, sono però più ammirabili, quanto è più facile il perfe-
zionare che l'inventare. E probabilmente non un uomo solo, ma molti e successiva-
mente arrivarono a costruire l'orologio a bilanciere, sebbene senza spirale.
11 primo orologio che si alzasse sopra una torre, fu quello che Giovanni Dondi, per
ordine d'Ubertino Carrara, il 154i collocò sulla torre del palazzo pubblico di Padova,
che inoltre indicava il giro del sole, della luna, dei pianeti, i mesi, i giorni, le feste.
Poco dopo, un altro fu posto su quella di Sant'Eustorgio a Milano ; e tre anni dappoi
un terzo a Monza, indi a Genova nel 1353, e nel 1356 a Bologna. Galvano Fiamma,
descrivendo quel di Sant'Eustorgio, dice in suo rozzo latino: Est ibi unum horolo-
gium adviirabile, quia est uìium tintinnabulum grossum vaìde, quod percufit unain
campanam vigintiquatuor vicibus, secundum numerum vigintiquàtuor horarum dici et
noctis, ila quod in prima hora noctis dai, unum tonum, in secunda duos ictus, in tertia
tres, et in quarta quatuor, et sic distinguit horas ab horis , quod est sunime neces-
sarium prò omni stata hominum. Avea dunque anche la batteria.
Altri orologi costruirono di quel tempo il benedettino Wallingford in Inghilterra,
Wick in Germania, ecc.; e tutti all'indicazione delle ore univano quella dei giorni, dei
mesi, delle fasi della luna, delle feste mobili. Quello di Wick, posto per ordine di
Carlo V nel 1570 sul palazzo civico di Parigi, sembra avesse unita una batteria per sonar
le ore, cosa nuova fuor d'Italia, giacché in molti paesi era destinato un uomo, che
dall'alto della torre gridasse le ore o le battesse, come ancora si pratica a Friburgo.
Famosi sono l'orologio di Enrico II, ove un cervo coi piedi batteva le ore, e una muta
di cani usciva abbajando ; (jucl di Strasburgo, compito nel 1580 da Corrado Dasipo-
dio, il più meraviglioso d'Europa; quel di Lione, da Nicolò Lippio; quel di Basilea;
e l'ammirato di Venezia, opera di Gian Paolo e Gian Carlo Rinaldi da Reggio.
Presto si vide quanto sarebbe comodo il fare orologi portatili. Il bilanciere, fin al-
lora sospeso orizzontalmente, poteva operare anche in posizione diversa, purché con-
venientemente collocato : ma come fare col contrappeso? L'ingegno suggerì di sup-
plirvi con una lama d'acciajo flessibile, rotolata a forza in un tamburetto, che per
l'elasticità tendendo a svolgersi, operava continuamente al pari del peso.
Ed ecco invenlato l'orinolo da tasca, potendosi e ridurre a piccol volume, e adattare
a qualunque posizione. Né l'autore né il tempo del felice trovamento è conosciuto :
ma le prime mostre d'orologi appajuno entrante il xv secolo ; ve n'era alle corti di
Carlo IX e d'Enrico 111 ; e alcune se ne conservano tuttora che possono andare più
giorni. Chiamavansi ova di Norimberga dalla forma loro e dal luogo ove prima e più
spesso furono fabbricate ; e per la loro grossezza sospendevansi al collo : però si rac-
conta che Carlo V di Francia n'ebbe in dono una non più grossa d'una nocciuola.
Qui pure il perfezionamento non era recato per servigio delle scienze, ma per como-
dità ; e in man di principi e cortigiani abbellivansi di frivoli ornamenti, senza gran
fatto migliorarsi ; talmente che il bilanciere mancava tuttavia di spirale, né alcun rime-
dio era opposto al diminuirsi progressivo della forza motrice collo sbandarsi della
molla; anzi il tamburo comunicava il movimento alle restanti ruote per via d'una
corda di minugia, ohe ognun sa quanto sia alterabile dalle variazioni atmosferiche.
Sullo scorcio del secolo xvi si rimediò a questi inconvenienti sostituendo la catena
metallica, e inventando la piramide, per cui la molla opera sopra una leva più lunga
quanto più la forza diminuisce. Anche qui ignoti i perfezionatori.
Col ridestarsi delle scienze erasi compreso che l'oriuolo, non solo alla curiosità, ma
poteva anche servire all'astronomia. Pertanto i Tedeschi ne fecero che, oltre le ore,
segnavano i minuti e fin i secondi. Dicono che Walther di Norimberga, allo spirare del
XV secolo, pel primo usasse l'oriuolo a mostra in osservazioni astronomiche; ottant'anni
dopo lui, Ticho Brahe ne avea diversi a tale uffizio.
Ma come potevano servire esattamente, grandi com'erano e con enormi sfregamenti?
Però vi si era rivolta l'attenzione degli scienziati, e potevasi sperare ogni raffinamento.
Il principale fu recato da Galileo col discoprire l'isocronismo del pendolo, cioè che
un grave, sospeso, dondolando produce oscillazioni di tempo eguale. Dicesi che tal
idea gli fosse suggerita dal veder in chiesa oscillare le lampade : onde usò il pendolo
così semplicemente per contare i minuti secondi nelle sperienze che faceva sopra la
caduta dei corpi, e forse in qualche os.eivazione astronomica. Riccioli, Mersenne,
I
190
DEC.Ll OniUOLI '■'''
Hevelii.s ed altri l'imitarono, poiché infatti le oscillazioni del ]J^"^\"Jj°' .*" ''^■^^^cìo.rc.
estesi, davano le snddi visioni del tempo assai più esatte che non gli oio f, ^^'^^^^^^ ^ ^^^
Galileo stesso pensò d'applicare al pendolo un sistema di ruote, e e " ' . • ' , ^^
modo dell'osservatore, pi' intervalli uguali notati dal movimento delia macc > ,
non arrivò al concetto di sostituir il pendolo al bilanciere. fiorar il movi-
Questo trovato fu merito di Tltiyscns. Il bilanciere era destinato Y"v-!,pontro ar-
mento impresso alle ruote dal grave o dalla molla. 1 denti della ruota a me .^^^j^_^. ^
landò un dopo l'altro nelle due pale dell'asse del bilanciere, le ^l\'"^/'^^p„o^ayano il
indietro, costrette così a fermarsi per tempi sensibilmente uguali che \» mosso
moto. Però non avendo il bilanciere in se stesso alcun principio d '^"^J^^"'^ ' i^j^H;^ .
com'era dal motore stesso dell'orologio, non potevasi aspettarne perteua ^ fe^^^^^^'
se invece esistesse nel regolatore un principio di movimento oscillatorio ^„^J^^\\
le ruote seconderebbero la forza motrice soltanto a ciascuna delle vinri^f-'O ^
del regolatore, e questo dalla forza riceverebbe soltanto l'impulso necessario p
tenere il proprio movimento. ,.
Ciò conseguì Huygens col sostituire al bilanciere il pendolo, e ali asse a i sos| -
sione di questo attaccare le palette, portate dall'asse del primo. ^^ °^^^ ^^ "j^jg^j^o
pendolo regolatore decrescono di durata come l'arco descritto ; ma dal "^j^^!*"*^ , ^
dello scappamento ricevette il leggiero impulso occorrente a rendergli la ve oci
perdeva ; e così il suo movimento perpetuossi finché la forza motrice gli presto questo
necessario supplimento. ,,
Nel J637 Huygens presentò il primo orologio a pendolo agli Stati <^'9''^" ', upf^^
dipoi ne pubblicava la spiegazione ; primo trattato di tal materia. Ne qui s accneto
Le oscillazioni del pendolo comune sono isocrone solo in quanto gli archi aescriu
sono estremamente piccoli o ei^uali fra sé : ma lo scappamento che allora si conosceva,
non dava le oscillazioni piccole; e benché la riazione del motore sopra il bilanciere
tendesse a mantenere la voluta eguaglianza, poteva essere da molte cagioni alterala;
perdevasi poi affatto quando fosse sopra un bastimento • a- • •
Huygens, che avea compreso quanto importasse il conoscere le longitudini in mar ,
sluJiossi di ottenere un pendolo esatto, malgrado il barcollamento della nave. Per
mezzo dunque della geometria arrivò a scoprire la cicloide, curva sopra cui un corp
pesante oscilla sempre in tempi eguali, qualunque ne sieno gli archi descritti, h qui
unendo la logica di scienziato all'abilità d'artista, formò un pendolo, la cui lente de-
scrivesse linee cicloidali. Rimase però troppo lontano dalla perfezione, come anche
nel pendolo giratorio immaginato all'uopo stesso : e l'un e l'altro furono lasciati quando
s'introdusse il bilanciere a spirale negli orologi murali, e un nuovo scappamento che
lasciava fare piccole oscillazioni. . • i- j
Huygens allora si volse ad applicare il suo perfezionamento anche agli orinoli da
tasca; e nel 1674 propose d'applicare al bilanciere una molla spirale. Per dare al bilan-
ciere, isolato dalle ruote, il movimento di va e vieni, egli ne attaccò l'asse ali estre-
mità interiore d'una spira d'acciaio, fissata all'altra estremità. Se si pieghi il bilan-
ciere, l'elasticità della spira gli fa fare delle oscillazioni isocrone, adempiendo l'ufrizio
che il peso nel pendolo ; ed a ciascuna vibrazione del bilanciere, lo scappamento lascia
libera l'azione del motore della mostra.
Il dottore Hook inglese e l'abbate di Hautefeuille francese contesero ad Huygens tale
invenzione sin davanti ai tribunali. E veramente Hook fin dal ICGO propose di sosti-
tuir al peso del pendolo una piccola molla dritta presso il bilanciere : ma le condi-
zioni volute non si poteano ottener che colla spirale ; e con questa fu fatto il primo
orologio a Parigi da Thuret nel 1674, sotto la direzione di Huygens.
Poco dopo si trovò la ripetizione, che, se non cresce l'esattezza, aumenta la como-
dità. Le batterie, che già usavansi agli orologi a acqua o a peso, producevano un suono
ad ogni ora, ma non sapeasi ottenere il suono quando si volesse ; il che si consegui
col meccanismo della ripetizione, trovato dall'inglese Barlow nel 1676 per gli orinoli
lissi, e dieci anni dopo da lui e da Quare pei portatili.
Più non aveasi dunque a inventare, ma molto a raffinare per conseguire la preci-
sione voluta dall'astronomia e dalla geografia. La prima ne ha bisogno per osservare
la posizione di certi astri a preciso momento, o misurare l'intervallo fra due feaomeu)
Cantò, Documenti, — Tomo I, Cronologia. 9
Ì30
CRONOLOGIA
o la durata d'un solo ; talvolta esige la perfetta concordanza fra due orologi distanti.
La geografia, per determinare le longitudini in mare, suol osservare l'ora precisa del
luogo ove la nave si trova, per via di metodi astronomici, e compararla con quella
indicata all'istante medesimo sotto il meridiano cui vuoisi riferire la longitudine : la
differenza fra queste due ore, ridotta in gradi e frazioni di gradi geografici, dà la lon-
gitudine cercata. Ora l'operazione è impossibile quando non s'abbia a bordo un oro-
) logio, che dal movimento non sia alterato. Pertanto i governi de' paesi marittimi in-
coraggiarono con premj sifatta ricerca ; in Ingliilterra, poi in Francia ne fu affidata
la cura all'Uffizio delle longitudini ; e il parlamento inglese propose ventimila sterline
a chi inventasse un orinolo, che in quarantadue giorni non variasse più di due minuti,
il che basterebbe a precisare le longitudini fin a un mezzo grado.
L'orologio astronomico fisso poteva esser mosso col peso, e regolato col pendolo ;
onde si pensò a raffinare i movimenti di questo. Stantechè le oscillazioni del pendolo
ordinario non sono abbastanza isocrone in archi grandi, bisognò ricorrere al pendolo
cicloidale d'Huygens, finché non si trovò un altro scappamento che permettesse piccoli
movimenti al pendolo. Tal è lo scappamento ad àncora, trovato nel 1680 da Clement
oriolajo inglese, e trent'anni dopo perfezionato da Graham, il quale, evitando il rim-
balzo che la ruota di scappamento fa ad ogni oscillazione del pendolo, ottenne lo scap-
pamento a riposo, cioè a cilindro, nell'orologio a pendolo, come già lo si aveva in
quello a bilanciere.
Le Roy e Le Paute francesi variarono gli scappamenti opportuni agli orologi astro-
nomici ; ma assai più procedette Berthoud. 11 movimento del regolatore è mantenuto
dall'azione prodotta sopra di esso dal motore principale ; ma se quest'azione si conti-
nua per mezzo d'uno sfregamento, mentre lo scappamento riposa, potranno divenire
irregolari le oscillazioni. A ciò riparossi in parte collo scappamento libero, ove il rego-
latore riceve dalla forza motrice soltanto un impulso istantaneo. Tale fu il passo dato
da Berthoud. Ma l'assoluta indipendenza del regolatore dalla forza motrice fu otte-
nuta mediante lo scappamento a rimonta, ossia a forza costante, per cui mezzo, fra
il sistema del regolatore e l'ultima ruota della macchina, viene stabilito un motore
particolare, che produce la battuta per via di un'impulsione, costante di natura sua,
e la cui azione è rinnovata bensì, ma non modificata dalla forza motrice.
Restava un altro raffinamento all'orologio astronomico, la compensazione. Tutti sanno
che i corpi, e i metalli specialmente, si dilatano e restringono a misura del calore.
Allungandosi dunque nel gran caldo il pendolo, rallenta il movimento, perchè descrive
circoli più ampj. Posero i fisici l'ingegno a calcolare le varie dilatazioni che soffrono i
varj metalli, e combinarli nella costruzione del pendolo in maniera, che dal loro allun-
garsi in senso opposto si ottenesse la stabilità del centro d'oscillazione dello stromento.
La natura del nostro lavoro non ci permette d'entrare in particolarità sopra i tentativi
fatti da Graham, Harrisson, Cassini, Le Roy, Berthoud, e sul modo onde al fine si
ebbe l'apparecchio a compensazione.
Or vediamo i miglioramenti recati all'orologio di mare, che produssero quelli delle
mostre usuali. In ruote sì delicate, spinte da motori men vigorosi, facilmente lo sfre-
gamento produceva alterazioni : onde il ginevrino Nicola Patio de Duiller nel 1700 a
Londra inventò d'imperniare nel rubino il bilanciere ; metodo adottato ben tosto dal-
l'oriolajo francese De Baufl're. Si estese quindi l'uso delle pietre dure ad altre parti
del movimento, più soggette a sfregarsi. ^
Il raffinare lo scappamento importava non meno nell'oriuolo marino che nel pendolo
astronomico : onde, alla fine del xvii secolo pare che l'inglese Tompion già evitasse il
rimbalzo ; poi De BaufTre eseguì il nuovo scappamento in diamanti. Infine Graham in-
trodusse uno scappamento a riposo, che è quello a cilindro, assai diffuso ma non appli-
cabile agli oriuoli di mare. A questi invece s'applicarono lo scappamento libero e
quello a forza costante variati, da Berthoud e Breguet in •«"rancia, da Mudgc e Arnold
in Inghilterra, da Punzait e Tavan a Ginevra.
Anche l'orinolo a mostra è soggetto alle variazioni di temperatura, prima coU'alte-
rare la dimensione del bilanciere, poi col mutare l'elasticità della spirale, talché nel
caldo si rallenta. Questo pure l'ingegno arrivò a correggere, massime accoppiando la-
mine di due metalli diversamente dilatabili. Harrisson pel primo usò tal congegno.
Stringendo o dilatando la spirale, e ravvicinando o rimovendo dal centro di sospen-
DEGLI OUIUOLl 131
sionc il corpo oscillante, a seconda della temperatura, in guisa che quest'influenza cor-
reggesse il disordino che tendeva a cagionare nel molo dell'oriuolo.
Agli oriuoli usuali da tasca si applicarono fra questi perfezionamenti tutti quelli
ond'erano capaci. Il danese Turgensen v'introdusse l'acciajo nelle ruote di scappamento;
Lepine gli assottigliò col levar via la piramide, supplendo coll'isocronismo della spi-
rale: e colla perfezione dello scappamento. La piramide era invenzione d'ingegnoso
meccanico, il sopprimerla fu opera di talento perfetto.
Breguet, discendente da uno de' tanti Francesi fuorusciti per la revoca dell'editto di
Nantes, e dimorante a Neufchàtel, paese famoso per oriuoli, al tempo della Rivoluzione
fece progredire quest'arte immensamente, nessuna parte dell'orologeria lasciando senza
migliorarla. Dilicatissimo quanto ingegnoso è il suo scappamento libero a forza co-
stante ; inventò uno scappamento naturale, dove non v'ha molla ; più mirabile ancora
è il suo scappamento doppio, ove la precisione dei contatti rende inutile l'olio, e la
perdita di forza fatta dal pendolo è compensata a ciascuna vibrazione.
Per rimediare alle scosse che provano continuamente i cronometri portatili, chiuse
tutto l'ordigno dello scappamento della molla in un inviluppo circolare, che fa un giro
intero ogni due minuti, tornando con ciò eguali in sì breve tempo tutte le ineguaglianze
di posizione, e compensandosi l'una coll'altra. Riparò perGno al caso che cascassero,
jnveutando un paracadute.
Accoppiò anche l'eleganza a ciascun particolare lavoro dell'orologeria ; e colla com-
pensazione del bilanciere, e col fare di rubino il cilindro di scappamento conseguì ciò
che gl'Inglesi avevano domandato con grosso premio, cioè un cronometro che non va-
riasse neppur d'un secondo al giorno. Un Inglese portò addosso un di tali cronometri
in lunghi viaggi a cavallo, al modo furioso che suole quella gente, e in sedici mesi
non trovò un ritardo diurno maggiore d'un secondo e mezzo, cioè della 57600' parte
d'una rivoluzione diurna.
Nel 1812 Lehonardt, oriolajo dell'Accademia delle scienze di Berlino, ne inventò
uno, che, oltro il resto, nota i millesimi di secondo, essendovi una sfera che in un
secondo scorre l'intero quadrante, non a scosse ma regolarmente procedendo.
Non si vogliono tacere gli orologi ad equazione, che ad ogni momento danno la dif-
ferenza fra il tempo medio e il vero. Perocché i giorni veri sono l'un dall'altro diffe-
renti, crescendo o scemando ; e quindi il mezzodì è sempre un poco prima o un poco
dopo che nel giorno antecedente e nel successivo, salyo in quattro giorni dell'anno,
cioè alla metà d'aprile e di giugno, in fin d'agosto e al solstizio invernale. Quello for-
nito dalla meridiana chiamasi tempo vero ; medio quello dato dagli orologi ; e talvolta
sono l'uno dall'altro distanti fin sedici minuti. La gente si vale del tempo vero, cor-
reggendo gli oriuoli secondo il sole al mezzodì ; del medio si valgono gli astronomi, e
perciò si fanno tavole d'equazioni, colle quali correggere dì per dì il divario dal mez-
zogiorno vero : ma ora nelle città va generalizzandosi l'uso del tempo medio.
All'uopo d'aver più preciso il tempo vero si perfezionarono anche le meridiane,
elevando di molto lo stilo o il foro. Nel duomo di Milano è posto nella volta, e manda
lo spettro sul pavimento : ammirate sono quella del Bianchini ne' Certosini a Roma, e
quella di San Sulpizio a Parigi, alta 80 piedi ; ma più di tutte quella di Firenze, posta
nel 1467 da Paolo Toscanelli, rifatta poi dal padre Ximenes per istanza di La Conda-
mine. La lamina metallica che dà passaggio al sole, è alta 267 piedi, 6 pollici, 9 linee
e Vio di Parigi sopra il pavimento della chiesa ; e piedi 277, pollici 4, linee 9 e ^s/j^^,
sopra il marmo solstiziale ove si fanno le osservazioni dell'obliquità dell'eclittica e dei
moti apparenti del sole.
Se invece d'una retta, la linea meridiana si curvi a seconda dello zodiaco in foggia
d'uno sconcio 8, potrà aversi anche il tempo medio.
L'industria ora si volge a fare oriuoli che si montino di per sé, ciò che darebbe il
moto perpetuo : e qualche saggio se ne vide, ove caricavansi col semplice moversi
della persona che li portava. Non si vuol tacere un orologio a' dì nostri e del nostro
paese costruito da Zamboni con un motore diverso, cioè la pila a secco : un corpo leg-
giero sospeso fra i due poli di questa pila, attirato e respinto continuamente dall'elettri-
cità, produce un movimento che si perpetua sino al consumarsi della forza motrice.
PARTI; SECOiNDA
TAVOLE CB OMOLOGICHE
Cronologia degli Ebrei.
Patriarchi.
Adamo creato il 4963 av
.C.
m. il 4033(1)
Pbaleg . .
nato il 2907 av.
C. m. i
1 2G66
Set . . nato
1 4834
»
393 i
Reù . .
. . 2777
»
2558
Enos . . .
4729
)i
382i
Sariig .
. . 2645
»
2415
Cainan. . .
4639
1)
3729
Nacor .
. . 2515
))
2367
Malaliel . .
4369
1)
3674
Thare .
. . 2430
1)
2291
Jared . . .
4504
»
3542
Abramo
. . 2366
»
2191
Enoch . . .
4342
1)
3978
Isacco .
. . 2266
»
2086
Matusalem
4277
»
3308
Giacobbe
. . . 2206
1)
2059
Lamech . .
4090
I)
3313
Levi
. . . 2H7
»
1980
.\oè . . .
3908
,.
2958
Cheat .
. . 2084
»
1951
Sem . . .
3408
»
2808
Amram .
. . . 2016
»
1879
Diluvio 3308.
Mosè .
. . . 1725
))
1605
Arfaxad . .
3306
11
2868
Uscita d'E(jitto 1645.
Cainan ilgiovineZWì
»
2841
Giosuè governa . . .dal
1605 a
1 1580
Saie . . .
3171
»
2738
Caleb e i seniori ; anarchia
1580
1562
Eber . . .
3041
«
2637
Frima schiavitù 1562-1554.
Giudici.
Ottonici . .
dal
1554 al 1514
Quii
afa schiavitù 1261-1243.
Sccnnrla
schiavitù
1514-1496.
Jefte .
.... dal
1243 al 1237
Aod e Samgar
1496 1416
Abesan.
1237
1230
Terza
'schiavitù
1416-1396.
Abialon
1230
1220
Debora e Barach . . .
1396 1356
Abdon .
1220
1212
Quarta schiavitù 13o6-1349.
Scs
ta schiavitù 1212 1172.
J^fMjeone . .
. .
13i9 1309
Sansone
1172
1152
Ahimeiech
■ • •
•
1309 1306
1306 1285
1283 1261
Eli . .
1152
092.
1092
1112
Tliola . . .
Interrcfjno 1H2-Ì
Samuele
Jair . .
.
1080
Re.
Sanile . .
1080 lOiO Mosci pretendente . . .
1040
1033
Davide. .
1040 1001 Salomone
Scisma delle dieci tribù 9
\. — Re d'Israele.
62."
1001
962
Ceroboamo 1
962 943
Zamri, 8
giorni
Nadab .
943 942
942 919
Amri .
918
907
907
Baasa . .
Acab .
888
Eia . . .
919 918
Ocosia .
888
887
(1) Non occorre ripetere quel clic s'è detto al g 9 della Parte tecnica sulla varietà dei sistemi iutorno
alla creazione dell'uomo, Qui si adotta quello MVArl de vérifler les dahs.
133
(lioram .... dall'SR? av. C. all'87n
Jeliu 87G » 818
Gioacas 8i8 » 852
Gioas ...... 852 » 817
Geroboamo II . . . 817 » 776
Interregno 77G-767.
Zaccaria .
Selliim .
Manahem
Faceja .
Facea
Osea . .
dal 7G7 av. C. al
700
766
754
755
726
700
7ri4
7ri3
726
718
Distruzione del regno d'Israele per Salmanasar re d'Assiria 718
II. — Re di Giuda.
Roboam ...*.. 962 « 946
Abiara 946 » 944
Asa 944 » 904
Giosafat 904 » 880
Gioram, dopo regnato
4 anni col padre . 880 » 877
Ocosia 877 » 876
Atalia 876 » 870
Gioas 870 » 831
Amasia 831 » 803
Osia 0 Azaria . . . 803 » 732
Distrutto il regno di Giuda, 587, da Nabucodònosor II re d'Assiria, padrone di Ge-
rusalemme nel 606. La cattività di Babilonia dura 70 anni, 606-536.
Profeti ebrei.
Gionatan o Gioatan . 752
Acas 757
Ezechia 723
Manasse 694
Amon 640
Giosia 639
Gioacas
Eliacim o Gioachim . 608
Gioachim o Geconia .
Sedecia 397
608
597
737
725
094
640
659
608
597
587
maggiori :
Isaia. . . nato l'824?av.C.m.il694
Geremia(con Baruch) 630 » 587?
Ezechiele v. 600
Daniele v. 550
minori :
Osea V. 800
Giona V. 800
Amos
. V.
780
Michea da Morasti ,
. V.
740
Gioele , . . . .
, V.
700
Nahura
. V.
700
Sofonia
. V.
650
Abdia
. V.
620?
Abacuch . . . .
. V.
600
Aggeo
. V.
520
Zaccaria . . . . .
. V.
510
Malachia
. V.
440
Inoltre :
Natan v. 1040
Gad V. 1040
Ahia V. 900
Addo V. 940
Semeja v. 940
Jehu V. 930
Azaria v. 930
Elia V. 900
Eliseo y. 880
ìiichea figlio di Jemia . v. 880
Obed V. 750
Olda profetessa . = . . v. G50
Mardocheo v. 590
Esdra v. 4ij0
Neemia v. 450
e molti altri.
Sommi sacerdoti.
Ai tempi dello storico Giuseppe, da mille anni trovavasi presso gli Ebrei tma tìoft
interrotta successione di sommi pontefici, eletti di padre in figlio. La lista non ci fu
trasmessa, e le ricerche dei dotti per supplirvi riuscirono infruttuose. Ci restringeremo
a ricordar nomi conosciuti, o l'epoca approssimativa in cui esercitarono il gran sacrifizio:
Aronne, 1G44 1605; Eleazaro; Finees-, Abisua; Bocchi; Ozi; Zaraja; Marajot; Amaria:
Eli, 1152; Achitob, 1112; Achia; Abiatar; Sadoch (regnando Salomone); Achimaas ;
Azaria I; Joacas; Joanib; Josafat; Giojada I (regnando Gioas); Zaccaria; Sedecia; Azaria II
(regnando Osia); Joatan; Uria; Neria; Odea; Selum; Elcia; Azaria III; Saraja (regnando
Sedecia); Josedech; Gesù o Giosuè, v. 556; Gioachino, 462; Eliasib, 462-441 ; Neemia
goveriìa, 415-455; (ìiojada li, 441-397; Gionatan, 597 550; Jesù, 597; Jaddo, 550-524;
Onia 1, 524-505; Simone I, 505-284; Eleazaro, 284 260; Manasse, 260-233; Onia II,
253-219; Simone II, 219-195; Onia 111, 195-170; Giosua oGiasone, 172-175; Menelao;
Lisimaco; AntiocOf re di Siria, s' imjMdronisce di Gerusalemme, 170; Matatia, 168-167,
134
CnONOLOGIA
Pontefici e re macabei.
Giuda Macabeo .... 167 — 161
Alcimo 163 — 160
Gionata 161 — 143
Simone III 143 — 136
Giovanni Ircano I . . . 136 — 107
Aristobolo I 107 — 106
Alessandro Janneo . . . 1.06 — 79t
Alessandra 79 — 70
Ircano II 70—40
Aristobolo II e Antigono . , 70 — 40
Re stranieri.
Erode il Grande . . . ,
Archelao, tetrarca . . .
Filippo, tetrarca . . . .
Erode Antipa, tetrarca . .
Ponzio Pilato, procuratore
Aristobolo III
Agrippa I, re
Agrippa giuniore . . . .
Continuazione de' sommi sacerdoti ebrei.
37 av. C
1
1 d. C.
6 0 9
1
36
1
39
26
36
34
37
U
44
90
d. C.
Antigono, 40-35; Ananel, 55-30; Gesù, 30-23; Simone figliuolo di Bonth , '2'5-Q'^
Mattia, 6-1 av. C. ; Joazar v. 4 d. C.; Eleazaro; Gesù figliuolo di Siali; Anano; Ismaele;
Simone; Caifas; Gionata; Teofilo; Simone Canteras (regnando Claudio); Mattia; Giu-
seppe Elioneas; Anania; Ismaele; Giuseppe; Cabi; Anano v. 61; Gesù figlio di Damneo;
Gesù figlio di Gamaliele; Mattia; Fanaja.
Ruina del tempio e dispersione degli Ebrei, 70 d. C.
§ 2. — Impero cinese.
Il padre Amiot spedì alla Biblioteca reale di Parigi nel 1769 una Tavola cronologica
di tutti i sovrani che regnarono nella Cina, disposta per ordine di cicli, ed esattamente
calcolata sopra i monumenti autentici, dal 61 anno dell'impero di Hoang-ti, vero suo
legislatore, fino all'imperatore attuale..., stampata a Peking sulla metà dello scorso se-
colo. Noi la porgiamo, estesa fino ai nostri tempi.
Ordine Anni
de' cicli av. C.
2637
2597
2514
2436
2366
2357
2337
2285
2277
2255
2224
2217
2205
2197
61
83
47
39
9
Anni del regno, e nomi degl'imperatori.
anno del regno di Hoang-ti.
Siao-hao.
Ciuen-hio.
Ti-ko.
Ti-ci.
» Tang-yao, o Yao.
21 » Yao.
Dopo Ti-ci gli anni chiamansi col nome di tsaiy e con quello di
nian come dapprima. Tsai indica ciò che è compiuto, finito,
vicino a ricominciare ; dal che si argomenta che l'anno termi-
nasse dopo tutti i ricolti.
Yao associa al regno Yu-sciun.
81 anno del regno di Yao.
9 dopo associato Sciun.
1 anno del regno di Sciun.
Sciun associa Yu.
39 anno del regno di Sciun.
8 dopo associato Yu.
Dinastia Hia.
i anno del regno di
Yu.
Ki.
TAYOi.r 135
Ordine
de' cicli
Anni
av. C.
Anni del regno,
c nomi degl'inipc-ratori.
2188
anno
del regno
di Tai-kang.
2159
)>
Ciung-kang.
9
2157
3
)ì
id.
2155
A quest'anno si
riporta l'eclissi notato nello Sciù-king.
21 46
1
anno
del regno
di Sciang.
2118
1
ì>
Sciao-kang.
10
2097
21
22
Ilan-tsu usurpatore.
Sciao-kang sbalzato.
2057
1
»
Giù.
2040
»
Hoai.
a
2037
4
ì)
id.
2014
1
»
Mang.
1996
1
»
Sie.
1980
))
Pu-kiang.
42
1977
4
u
id.
1921
1
»
Kiung.
iZ
1917
5
»
id.
1900
1
a
Kin.
1879
)>
Kung-kia.
14
1857
25
1)
id.
1848
1
n
Kao.
1837
»
Fa.
1818
11
Kie-kuei.
15
1797
22
u
id.
Dinas t
ia dei Ciang.
1783
1
anno
del regno
di Cing-tang.
Gli anni
i sotto
questa dinastia sono chiamati sse. cioè sacrifizio ,
perch
è Cing-
tan
g velie si contassero secondo i sacrifizj, e l'anno
reputavasi terminare dopo i quattro grandi sacrifizj clie offri-
vansi ai solsl
tizj
e agli equinozj.
1766
18
anno
del rej
^ao
di Cing-tang, che vince Kie-kuei.
1753
1
»
Tai-kia della dinastia de' Ciang.
16
1737
17
»
id.
1720
1
u
Wu-ting.
1691
»
Tai keng.
17
1677
15
»
id.
1666
1
»
Siao-kia.
1649
M
Yung-ki.
1637
»
Tai-vu.
18
1617
21
)>
id.
1562
1
»
Ciung-ting.
19
1557
6
»
id.
1549
1
»
Wai-gen.
1534
»
Ho-tan-kia.
1525
»
Tsu-y.
1506
»
Tsu-sin.
20
1497
10
M
Tsu-sin.
1490
1
»
Wu-kia.
1465
»
Tsu-ting.
21
1437
29
»
id.
1435
1
»
Nan-keng.
1408
M
Yiang-kia.
1401
Pan-keng della dinastia Yn mutò il nome di sua famiglia da Ciang
in quello di
Yn,
, usato spesso nel libro dei Versi.
>|3fi CRONoi.or.iA
Online
de' (.idi
Anni
av. C.
Anni ilei
rojjno, e nomi
ilcjjl'impcratori.
22
1377
25
auno del regno
di
Pan-keng.
d373
1
»
Siao-sin.
1552
»
Siao-y.
1524
»
Wu-ting.
23
4317
8
»
id.
1265
1
»
Tsu-keng.
1258
»
Tsu-kia.
24
1257
2
»
id.
1225
1
i>
Lin-sin.
1210
I)
Ken-ting.
1198
»
Wu-y.
25
1197
2
»
id/
1194
1
»
Tai-ting.
1191
1
»
Ti-y.
1154
»
Ceu 0 Ceu -sin.
26
1137
18
»
id.
Dinastia dei Ceu.
1134
1
anno del regno
di
Wu-uang.
1122
13
n
vince Ceu-sin.
1115
1
»
Cing-uang.
1078
»
Kang-uang.
Invece d
i sse, gli
anni sotto questi imperatori diconsi nian, che
indica
il tempo
in
cui i grani si mietono, il che accade una sol
volta 1
'anno, come
avverte un commentatore del Li hi.
27
1077
2
anno del regno
di
Kang-uang.
1052
1
»
Ciao-uang.
28
1017
56
»
id.
1001
1
»
Mu-uang.
29
957
45
»
id.
946
1
»
KuDg-uang.
934
»
Y-uang.
909
1
»
Hiao-uang.
50
897
13
»
id.
894
1
»
Y-uang.
878
»
Li-uang.
31
837
42
»
id.
827
1
»
Siuen-uang.
781
»
Yeu-uang.
32
777
5
»
id.
770
1
»
Ping-uang.
719
»
Hing-uang.
33
717
5
»
id.
696
1
»
Ciuang-uaag.
681
»
IJ-uang.
676
»
Hoei-uang.
34
657
20
»
id.
651
1
»
Sciang-uang.
618
»
King-uang.
612
»
Kuang-uang.
60G
»
Ting-uang.
35
597
11
}>
id.
585
1
»
Kieu-uang.
571
))
I>ing-uang.
544
i
«
Ling-uang.
i31
Ordine
de' cicli
Anni
av. C.
Anni del ropno, e nomi
do^jl'iniperatori.
36
537
519
8
1
anno
del
regno
di
i.ing-uang.
Keng-iiang.
57
477
475
468
440
425
43
1
1
1)
»
»
id.
Yuan-uang.
Cing-ting-uang.
Kao-uang.
Wei-lie-uang.
Alcuni
critici severi
cominciano solo a
quest'anno la cronologia
certa dell;
i Cina
38
417
401
375
368
9
anno
del
»
»
regno
di
Wei-lie-uang.
Nang-uang.
Lie-uang.
Hien-uang.
39
357
520
314
12
1
»
1)
id.
Scin-tsen uang.
Nan-uang.
40
297
18
))
id.
Nel 256 finiscono i Ceu.
Dinastia degli Tsin.
255 Comincia l'impero degli Tsin: 52 anno di Siang-uang.
250 1 anno del regno di Yao-uen-uang.
249 ') Ciuang siang-uang.
246 » Uang-cing.
41 237 10 » id.
221 26 » Tsin-sci-uangti.
Fin qui i regnanti della Cina si erano accontentati del nome di
heu (principe), uaìig (ve], o ti (imperatore); ma questi prese il
titolo di uaìig-ti, cioè signor sovrano, imperatore supremo. Il
titolo di tliian-seu (figlio del cielo) significa la subordinazione
più esatta, qual è quella del figlio al padre; ung-ti, l'autorità
assoluta. Uang-ti fa bruciare i libri-
209 1 anno del regno di Eul-sci-uang-ti.
Questo nome significa secondo imperatore del mondo.
200 1 anno del regno di Liu-pang-uang,
Han-uang, fondatore della dinastia seguente.
Dinastia degli Han.
202 5 anno del regno di Tai-tsu-kao-uang-ti, o del sublime impera-
tore capo della dinastia Han.
194 1 » Hiao-uei-ti.
187 ') Kao-uang-eu-liu-sci , o l'altissima impera-
trice Liu-sci.
179 » Hiao-ven-ti.
42 177 5 » id.
163 1 anno heu di Hiao-ven-ti.
Da quest'anno, ch'era il 17 di Ven-ti, gl'imperatori cominciarono
a dare agli anni nomi particolari, da cui soltanto contaronsi gli
anni. La storia, per es., dirà-, il tal falto accadde il 3' o 4" anno
heu, cioè dopo che Ven-ti diede agli anni del suo regno il nome
di heu. Heu vuol dire dappoi.
156 1 anno del regno di Hiao-king-ti.
Agli anni continuò il nome di heu.
149 1 anno ciung di Hiao-king-ti.
143 ì » heu }>
138
CRONOLOGIA
Ordine Anni
de' cicli av. C.
Anni
del regno, e nomi degl'imperatoi
140
1 anno
i kian-yuan di Hiao-wu-ti.
134
»
yuan-kuang
I)
128
I)
yuan-sciuo
I)
122
M
yuan-sceu
»
43 117
6 »
yuan-sceu
»
H6
1 ))
yuan-ting
»
110
M
yuan-fung
»
104
»
tai-tsu
»
100
1)
tian-han
»
96
»
lai- sci
1)
92
1)
cingilo
»
88
l>
heu-yuan
»
86
»
sci-yuan di Hiao-ciaoti.
80
»
yuan-fung
))
74
»
yuan-ping
»
72
»
pen-sci
di Suen-ti
69
1)
ti-kie
))
OS
»
yuan-keng
»
61
}J
scin-hio
I)
44 57
))
u-fung
)>
53
1)
kan-lu
»
49
))
hoang-lung
»
48
M
tsu-yuan
M
43
»
yung-kuang
»
38
»
kian-ciao
»
33
»
king-ning
»
32
1)
kieu-sci di
Haocing-ti.
28
1)
ho-ping
I)
24
»
yang-sciuo
»
20
»
hung-kia
»
16
))
yung sci
»
12
»
yuan-yen
1)
8
1)
sui -ho
1)
6
J)
kian-ping di
i Hao-ngai-ti.
2
»
yuan-sceu
M
1
2 «
)ì
»
Era vulgare
1
1 ..
yuan-sci (coniinciamento
45 4 4 » »
6 • 1 I) dell'interregno di Jiu-tseu-yng, sotto il patronato di Uang-
mang.
8 11 tsu-sci del regno di Jiu-tseu-yng.
9 1 anno del regno usurpato da Sin-mang o Uang-mang.
14 )> tian-fung »
20 » ti-hoang »
23 » kengsci del regno di Ti-yuan degli Han.
25 >' kian-wu del regno di Kung-wu-uang-ti.
Comincia la dinastia degli Han orientali, così chiamati perchè fu
trasferita la capitale, da Si-ngaa-fu nello Scen-si, ad Ho-mau-fu
nell'Ho-nan.
56 » kian-ivu-ciung-yuang del regno di Kung-wu-uang-ti.
58 w yung-ping del regno di Hiao-ming-ti.
46 C4 7 i> n »
76 1 » kian-tsu del regno di Hiao-ciang-ti.
84 » yuan-ho »
TÀVOLE 139
Ordine Anni ^^j^j j^j fggno^ e nomi ilegrimpciatori.
de' cicli u. C.
87 anno ciang-ho del regno di Iliao-ciang-ti.
89 » yung-yuaìig
103 » yuan-king »
106 » yen-ping »
107 » tjung-tsu »
114 » yuan-tsu »
120 » yung-ning »
121 » kian-kuang »
122 " yen-kuang »
47 124 5 » yen-kuang »
126 1 " yung-kieng del regno di Hiao-sciun-ti.
132 » yang-kia »
136 « yung-ho »
142 » hanngan »
144 » kian-king »
14o » yung-hia del regno di Hiao-ciung-ti.
146 » pen-tsu del regno di Hiao-ci-ti.
147 » kien-ho del regno di Hiao-iuan-ti.
150 1) ho-ping »
151 » yuan-kia »
lo3 ». yung-hing »
155 » yung-sceu »
158 " yen-hi »
167 » ìjung-keng del regno di Hiao-uan-ti.
168 » kan-ning del regno di Iliao-ling-ti.
172 » hi-ping «
178 )' kuang-ho »
48 184 '> ciun^/ p/n^r ,,
190 4 anno tsu-ping del regno di Hiao-ien-ti.
194 » hing-ping »
196 » kian-ngan »
220 » Comincia la divisione dell'impero in tre regni (San-koue).
221 1 » cian-ivu del regno di Ciao-lie-ti degli Han.
223 » kian-hing del regno di Eu-ciù degli Han.
227 » Miag-ti succede a Uen-ti nel regno di liei, e chiama tai-hao
gli anni del suo regno.
238 » yen-hi del regno di Eu-ciù.
239 » Tsao-fang succede a Ming-ti nel regno di liei ; e dà agli anni
del suo dominio il nome di ceng-sci.
49 244 7 » yen-hi del regna di Eu-ciù.
2S4 i ì> di Kung-ceng, discendente di Tsao-tsao.
2o8 n king-yo del regno di Eu-ciù.
265 I) yen-king »
Si estingue affatto la dinastia degli Han: Yuan-ti, discendente
di Tsao-tsao, è riconosciuto imperatore l'anno dopo.
264 » hien-hi del regno di Yuan-ti degli Uei.
Essendo l'unico di sua stirpe riconosciuto legittimo impera-
tore, non si formò una dinastia distinta, e lo collocano al
fine di quella degli Han.
Dinastia degli Tsin occidentali.
265 1 anno tai-sci del regno di Zu-wu-ti.
Comincia la dinastia degli Tsin occidentali.
275 » hien-ning del regno di Zu-wu-ti.
280 » tai-keng »
140 CRONOI.or.IA
Anni del regno, e nomi Jogl'imporatori.
Ordine Anni
de' cicli il. C.
290 anno tai-hi del regno di Zu-wu-ti,
Quest'anno Zu-wii-ti muore , e il suo successore cambia il
nome dell'anno da yungh-hi in tai-hi (gioja grande).
291 1 » yung-kang del regno di Hiao-lioei-ti.
300 » yutig-keng »
301 » yung-ning »
302 » tai-ngan »
50 304 » yung-hing »
306 » kuang-hi «
307 » yung-kia »
513 1 anno kien-hing »
317 » kien-icu »
Principia la dinastia degli Tsin orientali, così detti dall'aver
tramutato la corte da Ho-nan-fu a Nan-king. 11 soprannome
d'essa famiglia è Sse-ma.
518 1 » tai-king del regno di Vuen-ti.
322 » yung-ciang »
323 >> tai-ning del regno di Ning-ti.
326 » hien-ho del regno di Cing-ti.
33S » hien-kang »
343 )» hien-rjuan »
345 » yung-ho del regno di Mu-ti.
347 )) scing-ping »
362 » yung-ho del regno di Ngai-ti,
503 » hing-ning »
Si 364 2 .) » "
366 1 » lai ho del regno di Ti-y.
371 » him-ngan del regno di Kianuen li.
373 » ning-kang del regno di lliao-wu-li.
376 » tai-yuan »
397 )) lyng-ngan del regno di Ngan-ti.
402 1) yuan-hing »
40S » "i-hi n
419 » yuan-hi »
Finiti gli Tsin, succedono i Sung. La corte rimane a Nan-kÌDg.
Disiasti a dei Sung settentrionali.
420 1 anno yung-tsu del regno di Wuti.
423 » king-ping del regno di Yug-yag-uang.
52 424 » yuan-kia del regno di Uen-ti.
454 „ hiao-kien del regno di Hiao-wu-ti.
457 » ta-ning »
465' » /ai-sci del regno di Ming-ti.
472 » iai-yu »
473 )) yuan-huei del regno di Ciù-yu, detto anche Tsangwu uang.
477 I) scing-ming del regno di Sciun-ti.
Termina la dinastia dei Sung.
Di 71 astia degli Tsin.
1 anno kim-yuan del regno di Kao-ti.
ìjung-miìig del regno di Wu ti.
53
479
1
483
484"
2
494
1
498
499
kicn-ìvu del regno di Ming-ti.
yung-tai »
yung-yuan del regno di Ciu-pao kiuan, detto anche Tung-
huau-heu.
141
Ordine Anni ^^^^j ^^,1 regno, e nomi Jcgl'iraperalori.
d«' cicli ti. t.
501 1 anno ciung-hing del regno di Ilo-ti.
Termina la dinastia dei Tsi.
Dinastia dei Liang.
anno tian-ìdan del regno di Wu-ti.
» tsin-tung »
w ta-kung »
» tung-ta-tung »
» ta-tung »
M
502
1
520
527
529
535
5i4
10
546
1
547
550
552
555
556
ciung-ta-tung »
tai-tsing »
ta-pao del repno di Kian-uen-ti.
cing-scing del regno di Ilao-yucn-li.
ciao-tai del regno di King-ti.
tai-ping »
Termina la dinastia dei Liang.
Dinastia dei Gin.
557 1 anno yung-tin del regno di VVu-ti.
560 » fhian-kia »
566 » thiaìi-heng »
567 » koang-ta del regno di Ciu-pe-tsung.
569 » tai-kien del regno di Yiien-ti.
580 » Finisce questa dinastia.
Dinastia dei Sui.
581 1 anno kai-hoang del regno di Uen-li.
589 » 1 Gin intieramente distrutti.
601 » jin-sceu di Wu-ti,
55 604 4 »
605 1 » ta-ye del regno di Yang-ti.
607 » y-ning del regno di Kung-ti.
Finisce la dinastia de' Sui, e succede la grande dei Tang.
Dinastia dei Tang.
618 1 anno wu-tc del regno di Kao-tsu.
Tsu vuol dire principe, origine, stipite; kao, grande, sublime,
elevato-, tni ., grande, supremo. Questo nome è comune a
quasi tutti i fondatori di dinastia.
627 1 » cing-kuang del regno di Tai-tsung.
Tsung significa onorevole e il più stimabile fra gli avi dopo
il capo, cbe chiamasi Tsu.
retino di Kao-tsuns.
56
650
»
yung-hoei de
656
n
hien-lsing
661
»
lung-sciuo
664
»
Un- te
666
»
kian-fung
668
»
tsung-ciang
670
1)
hian-heng
674
»
sciang-yuan
676
»
i-fung
679
»
tiao-lu
680
»
yung-lu
681
}i
kai-yo
682
))
yurig-ciung
Wi
CRONOLOGIA
Ordine Anni à ■ j i • j n- . •
de' cicli d C regno, e nomi degl'imperatori.
683 i anno hung-tao del regno di Kao-tsung.
684 j) sse-cing del regno di Ciung-tsung.
L'imperatrice Vu-lieu sbalza suo figlio, e usurpa il trono: dà
agli anni del suo dominio il nome di kuang-cai. Dal 68i
al 703, Ciung-tsung sta esule, e sua madre regna, dando
spesso nome agli anni: ma qui non si riferiscono perchè
non designati nella tavola cinese.
"705 1 » scin-lung del regno di Ciung-tsung, richiamato.
707 y king-lung del regno di Ciung-tsung.
710 » king-yan del regno di Jui-tsung.
712 » tai-ki «
Muore poco dopo, e il resto dell'anno fu denominato scien-
tian dal suo successore Ming-hoang-ti.
713 I) kai-yuan del regno di Ming-hoang-ti.
57 724 12 ..
Ming-hoangti significa imperatore illuminato. È uno de' più
grandi imperatori della Cina : lo chiamano pure Yuan-tsung.
742 i » Ihian-pao del regno di Ming-hoang-ti.
756 , I) ci-te del regno di Su-tsung.
758 » kian-yuaìi «
760 1 anno sciang-yuun »
762 » pao-yung »
763 )) kuang-te »
765 » yungtai »
766 » la-li »
780 » kien-cìung del regno di Te-tsung.
58 784 w kien-ijuan »
785 » cing-yuan jj
805 » yung-cing del regno di Sciun-lsung.
806. » yiian-ho del regno di Hien-tsung.
821 » ciang-tsing del regno di Mu-tsung.
825 » pao-li del regno di King-tsung.
827 » tai-ho del regno di Ven-tsung.
836 )) kai-cing »
841 i> hoeì-ciang del regno di Vu-tsung.
59 844 4 » » »
847 1 » ta-ciung del regno di Yuan-tsung.
860 )) hian-tung del regno di Y-tsung.
874 )' kianfu del regno di Hi-tsung.
880 I) kuan-ming «
881 » ciung-ho »
885 « kuangki »
888 » loen-te »
889 )' lung-ki del regno di Ciao-tsuug.
890 » ta-sciun x
892 I) kingfu »
894 » kian-ning n
898 i> kuang-hoa «
901 » thian-fu . »
60 904 » thian-ij'U »
903 2 thian-yeu del regno di Ciao-suen-tsung.
Le cinque piccole dinastie.
1. — Liang posteriori.
907 1 anno kai-ping del regno di Taitsu.
TAVOLE 143
Ordine Anni ^^^^,1 j^, ^ nomi degl'imperatori,
de' cicli d. C.
9H i anno kian-hoa del regno di Tai-tsu.
914 I) kian-hoa del regno di Sciu-cing.
915 )) cing-mimj del regno di Cing.
921 » lung-te »
II. — Tanij posteriori.
923 1 anno tung-kuang del regno di Ciuiing-tsung.
926 " tian-cing del regno di Ming-tsung.
930 1 anno ciang-hing »
934 » yng-sciun del regno di Ming-ti.
935 » cing-tai del regno di Lu-uang.
III. — Tsin posteriori.
936 1 anno thian-fu del regno di Kao-tsu.
943 8 1) )) del regno di Sciu-sciung-kuei,
944 1 » kai-yun «
IV. — Han posteriori.
947 l!2 anno cing -tsing -thian-fu del regno di Kao-tsu.
948 1 M kien-ijeu del regno di Yu-ti.
V. — Ceu posteriori.
9M i anno kuang-sciun del regno di Tai-tsu.
9S4 w kien-te del regno di Sciu-tsung.
Dinastia dei Sung.
960 1 anno kian-lung del regno di Tai-tsu,
963 » kian-te »
61 964 2 >. )) »
968 i » kai-pao j>
976 1) tai-ping-king-kue del regno di Tai-tsung.
984 1 M yung-hi "
988 » tuang-kung »
990 I) ciun-hoa »
995 » ci- tao »
998 M hian-ping del regno di Cin-tsung.
1004- I) king-te »
4008 » ta-ciung-tsian-fu »
1017 » thian-hi »
1022 » kian-ìiing «
1025 » tian-scing del regno di Jin-tsung.
62 1024 2 » »
1032 1 ì> ming-tao »
4034 )• king-yeu »
1038 » pao-yuan »
4040 ') keng-ting »
4041 )) tsing-li »
4049 )) ìioang-yeu •>
4054 >' CI- /io »
4056 » kia-yeu «
4064 » ci-ping del regno di Yu-tsung.
4068 » hi-ning del regno di Scin-tsung.
4078 » ynan-fung »
63 4084 7 » » «
1086 4 « yuan-yeu del regno di Ci-tsung.
Mi
CKONOLOGIA
Online Anni i ■ i i ■ i .,.
de' cicli d. C regno, e nomi dcgriniperatori.
4094 1 anno sciao-scing del regno di Ci-tsung.
1098 » yuan- fu »
1101 » kiang-ciung del regno di Hoei-tsung.
1102 » Uuìig-ning «
1107 )) ta-kuan » ■ ■
1111 » cing-ho »
1115 » Il cupo dei Kin Tai-tsung prende il titolo di Ti imperatore.
1 Kin chiamavansi pure Ciu-ce, o Yu-ci, e si adoperavano
per possedere tutta la Cina, l Tartari Mansciù pretendono
discendere da questi Kin.
1118 1 1) ciung-ho del regno di lloei-tsung.
Jliy I) hiuan-ho »
Dinastia dei Kin, che regna contemporaneamente a quella dei
Sung.
1123 » thian-hoei dei regno di Tai-tsung dei Kin.
Benché i Kin fossero signori di quasi tutta la Cina, il titolo
d'imperatore è attribuito a quei della stirpe Sung.
1 126 » king-kang del regno di King-tsung dei Sung.
1127 11 kien-yeu del regno di Kao-tsung.
1130 » sciao-hing »
1131 9 » thian-hoei del regno di Tai-tsung dei Kin.
1135 13 » » del regno di Hi-tsung.
1158 J I) Ihian-kiuan »
Ili! » hoang-tsung »
Ci llii li » sciao-hing del regno di Kao-tsung dei Sung.
11 i4 -4 » lioang-tsung del regno di Hi-tsung dei Kin.
1150 1 ') ihìan-te del regno di Sciù-liang.
1153 » cing^yuan »
1156 1 anno cing-lung »
1101 » tU'ting del regno di Sci tsung.
1163 .) lung-hing del regno di Iliao-tsung dei Sung.
1165 j» kian-tao »
1174 1) Uun-hi »
1190 ') ctao-hi del regno di Kuang-tsung dei Sung.
1190 1 anno ming-ciang del regno di Cian-tsiing dei Kin.
1195 II tsing yuan dil regno di Ning-tsung dei Sung.
1106 I) cing-ngan del regno di Ciang-tsung dei Kin.
1201 1) kia-tai del regno di Ning-tsung dei Sung.
1201 » tai'ho del regno di Ciang-lsung dei Kin.
65 1204 4 » kia-tai del regno di Ning-tsung dei Sung.
1204 » tai-ho del regno di Ciang-tsung dei Kin.
1205 1 » kai-hi del regno di Ning-tsung.
1208 » kia-iing »
1209 » tangan del regno di Ciu-yung-ki.
1212 )' tsung-tsing »
1215 » ci-ning »
Morto Yung-ki, il suo successore Yuan-lsung mutò il nome
dell'anno.
1213 >' cin-yeu del regno di Yuan-tsung.
1217 » ìiing-iing »
1222 » yuang-kuang »
1224 1 » cing-ta del regno di Ngai-tsung.
1225 » pao-tsing del regno di Li-tsung dei Sung.
1228 » sciao-ting »
1232 » thian-hing del regno di Ngai-tsung dei Kin.
tavoli; , 145
Oi'diuc Addì i • j i • ■ h- ^ '
j , ■ |- , p Anni del regno, e nomi degl'imperatori.
1234 1 anno tuang-ping del regno di Li-tsung dei Sung.
Finisce l'impero dei Kio.
4^37 « kia-hì del regno di Li-tsung dei Sung.
4241 » ciun-yeu »
4253 » pao-yeu »
4259 » kai-tsing »
4260 » king-ting »
Comincia la dinastia degli Yuen o Mongoli.
4260 4 anno ciung-tung del regno di Sci-tsu degli Yuen o Yen.
66 1264 5 » king-ting del regno di Li-tsung dei Sung.
4264 4 » ci-yuan del regno di Sci-tsu degli Yuen.
4265 » hian-ciun del regno di Tu-tsung dei Sung.
Nel 1267 gli Yuen cominciano a stabilire la lor dominazione
sull'impero
4275 4 » te-yeu del regno di Ti-hien dei Sung.
4276 » king-yen del regno di Tuan-tsung.
4278 » tsiang-hing del regno di Ti-ping.
4279 Si estingue la dinastia dei Sung.
Dinastia mongola (sola).
4294 4 anno yuan-cing del regno di Cing-tsung degli Yuen.
4297 » ta-te »
4306 » ci-ta del regno di Wu-tsung.
4344 » hoang-tsing del regno di Jin-tsung.
4314 » yen-ijeu »
4320 1) cici del regno di Yng-tsung.
67 1323 » taiting del regno di Tai-ting-ti.
1328 .) ci-ho »
4328 » thian-li del regno simultaneo di L'en-tsung.
4330 » ci-sciun »
4353 M yuang-tung del regno di Sciun-ti.
4335 » ci-yuan »
4341 » ci-cing •>
Dinastia dei Ming.
1368 1 anno del regno di Hong-wu (il bonzo Giù).
68 1384 17 «
1399 1 B Rien-uen-ti, ristauratore dei Letterati.
1403 )> yung-lo del regno di Ciog-tsuuen-ti.
1425 )> hung-hi del regno di Jin-tsungciang ti.
1426 » hinan-te del regno di Yuen-tsung clangti.
1436 » cing-tung del regno di Y'^ng-tsung-jui-ti.
69 1444 9 « ). »
1450 1 » king-tai del regno di King-ti.
L'imperatore Yng tsung predetto, postosi a capo dell'esercito
che dovea combattere i Tartari, fu da questi fatto prigio-
niero: intanto governò suo fratello col titolo d'imperatore.
thian-sciun clie Yng tsung ricuperò l'impero.
cing-hoa del regno di Ciun-ti, o Hien-tsung-ciun-ti.
hung-ci del regno di Hiao-tsungking-ti.
70
71
4458
1 )
1466
«
4488
»
4504
17 1)
150G
1 )
1522
M
1564
43 «
rù, Documenti.
cing-te del regno di NVu-tsung-y-ti.
kia-tsing del regno di Sci-tsung-su-ti.
» »
• Tomo I, Cronologia. 10
146
CaONOLOGlA
Ordine
de' cicli
72
75
74
75
Anni
d. C.
1567
1573
1616
1620
1
1621
1
1624
4
1624
9
1627
1
1628
1636
1644
1662
1723
1736
1796
1820
1850
Anni del regno, e nomi degl'imperatori.
anno lung-hing del regno di Mu-tsung-ciuang-ti.
» uen-li del regno di Scin-tsuvg-hien-ti.
Dinastia dei Tai -tsing.
anno tian-ming (ordine del cielo) del regno di Tai-tsu-kao-uang-ti
dei Tai-tsing, o purissimi. È quella dei Tartari Mansciù, ora
regnante. Benché se ne assegni il corninciamento a que-
st'anno, non era peranco signora di tutta la Cina, durando
in guerra co' paesani.
» tai-ciang del regno di Kuang-tsung dei Ming.
I) tian-ki del regno di Ci-ti, o Hi-tsung dei Ming.
» )) »
» tian-ming del regno di Tai-tsu dei Tai-tsing, anzidetto.
» tian-tsung del regno di Tai-tsung dei Tai-tsing.
» tsuìig-cing del regno di Hoei-tsung dei Ming.
Tsung-te dei Tai-tsing.
Sciun-si dei Tai-tsing.
In quest'anno i Tai-tsing s'impadroniscono veramente del-
l'impero.
Kang-lii.
Yung-cing.
Kien-lung.
Kia-king.
Mian-ning, sornominato Tao kuang (splendor della ragione).
Yih-tsu, sornominato Hien-fung (felicità perfetta), che muore
il 24 agosto 1861.
g 3. — Re d'Egitto (]).
Menete o Mene, primo re, v. 2450. 1 suoi successori fino a Meride, v. 1990, nel nu-
mero di trecentotrenta, formano xvii dinastie, e il principio d'una xvni, che regnano
simultaneamente aTehe, This, Elefantina, Memfi, Eraclea, Diospoli, Xois e Tanis.
Ordine
Loro origine.
No
Durata
Ordine
Loro orif
N»
Dnrata
di queste dinastie
dei re
dei regni
di queste dinastie
'ine
dei re
dei regni
1 dinastia
Tinite-tebana
8
252
XI dinastia
Tel tana
17
59
Il . . .
Tinite-tebana
9
297
XII . . .
Tebana
7
245
Ili . . .
Memfi ti ca
8
197
XIII . . .
Tebana
60
453
IV . . .
Jlemfitica
17
448
XIV . . .
Xoitica
76
484
v . . .
Elefantina
9
248
XV . . .
Tebana
1)
250
VI . . .
Memfi tica
6
203
XVI . . .
Tebana
5
190
VII . . .
Memfitica
5
75
XVll . . .
1 Faraoni
teban
'^S
260
vili . . .
Merafitica
5
100
1 Pastori
IX . . ,
Eliopolita
4
100
XVIII . . .
Tebana
17
548
X . . .
Eliopolita
19
185
Fra i principi delle xvi prime dinastie, da Menete si annoverano diciotto re etiopi, il
che indica invasione e conquista.
Busiride ingrandisce Tebe e la circonda di mura, per custodirla dagli assalti degli Etiopi.
Timao termina la xvi dinastia.
Sei re Pastori o Icsos, il primo dei quali è Salatide, regnano per 261 anno, e terminano
la dinastia xvii. 1 cento primi anni della xviii sono paralleli ai cento ultimi dei Pa-
stori, i quali da Mispragmutosi e Dutmosi vengono cacciati dal paese, v. 2050. Citansi
H) Qui si offre la cronologia vulgarc: per la discussione e le scoperte più recenti vedi al ^ 16 della
Parte tecnica.
TAVOLE
Ul
fra i principi della xviii dinastia, Meride, Ucoreo o Acoride, Osimandia, Ramsete
e Amenofi.
Sesostri apre la xix dinastia, v. 1645. I suoi successori Perone, e dopo molte genera-
zioni (\) Proteo, V. 1280, Ramse, Ccope, Cefrem, Miccrino, Asichide o Boccoride
appartengono alle xix, xx, xxi, xxu, xxiir e xxiv dinastie, poste nell'ordine seguente:
XIX dinastia
XX
XXI
Tebana
Tebana
Tanite
XXII
XXIII
XXIV
Bubastite
Tanite
Saitica
La XXV, 0 dinastia Etiopica, presenta numerose lacune; né possono citarsi che i nomi
del cieco Aniside, d'un re etiopico Sabacone, e di Sete sacerdote di Vulcano, v. 713.
Anarchia, 673-671.
Governo dei dodici re, 671 -6b6.
Psammetico I 656
Necao II .617
Psammi 601
Dinastia Saitica (xxvi).
617 Apries o Ofra S95 570
601 Amasi S70 S26
59o 1 Psammenite 526 525
L'Egitto è conquistato dal re dei Persi Cambise, 525.
1^ ribellione, 486; 2* ribellione; Inaro re, 463-456; 5* ribellione; Amirteo dì Saide,
414-408 ; Busiride e Psammetico II, 408-389; Acoride, 389-377; Psammuti, 377-376;
Nefero, 376; Nectanebo I, 375-363; Tace, 363-362; Nectanebo II, 362-354.
I Persi rimangono padroni dell'Egitto: è conquistato da Alessandro, 352.
Re Lagidi.
Tolomeo I Sotero, figliuolo di Lago governatore dell'Egitto . 323
Tolomeo II Filadelfo 285
Tolomeo III Evergete 247
Tolomeo IV Filopatore 222
Tolomeo V Epifane 205
Tolomeo VI Filometore 181
Tolomeo Eupatore
Tolomeo VII Evergete Fiscone 146
Tolomeo VIII Sotero Laturo 117
Tolomeo IX Alessandro 107
Cleopatra
Tolomeo Laturo ristabilito 88
Tolomeo Alessandro li » . i ,• o.
„ [ pretendenti 81
Iserenice J
Tolomeo XI Aulete Dionisio 80
Tolomeo XII Dionisio, e Tolomeo XIII 52
Cleopatra e Tolomeo XIV Cesarione 52
L'Egitto è fatto provincia romana.
abd, 285 m. 285
247
222
205
181
146
146
117
107
81
80
52
47
29
§. 4. — Re d'Assiria.
Re di Babilonia e di Caldea.
Aloro.
Alaspar.
Amelon.
Daon.
Nerarod 2640
Evecoo 2575
Choraa Belo .... 2508
Poro 2431
Everodach. Amenon.
Otiarte.
Amfi, Motalar.
Xysustro.
Diluvio, 3308.
2575
Necube ....
. 2396
2351
2508
Abio
. 2351
2303
2431
Onibalo ....
. 2303
2265
2396
Chinziro ....
. 2263
2218
Conquista degli Arabi.
(!) 0 piuUoslo: Sesostri, v. 13-56; Perone; v. 1287; l'rotco, v. ^280, ecc.
448
CRONOLOGIA
Mardokenle .
Anonimo . .
Sisimordaco .
2218
2163
2123
2163
2123
2095
Nabio 2095
Faranno 20S8
Nabonnedo . . . . 2018
2058
2018
1993
Be di Ninive o d'Assiria (1).
Assur V.
Successori ignoti fino a Belo, che caccia gli Arabi dalla Babilonia nel
30° anno del recno suo
2640
1993
Primo impero assiro.
Belo . .
Nino . .
Semiramide
Ninia 0 Nino «7 giovine
Ario . .
Aralio
Serse
Armamitride
Beloco 1
Balco
Seto . .
Marnilo I
Manscialio
Sfero . .
Marnilo II
Spareto .
Ascatade .
Aminte .
Beloco li
Dagli avanzi del primo
Babilonia, e di Media.
993
966
916
874
836
806
766
736
698
663
611
579
549
521
499
469
427
379
334
impero
1966?
1916
1874
1856
1806
1766
1736
1698
1663
1611
1579
1549
4521
1499
1469
1427
1579
1334
1309
d'Assiria
Atossa 1309
Belatore 1297
Lampride 1279
Sosare 1249
Lamprao 1229
Pania 1199
Sosarmo 1154
Mitreo 1132
Teutane I 1105
Teuteo 1073
Arabelo 1029
Calao
Anabo
Babio
Teutane II ....
Dercilo
Sardanapalo I, o Assa-
raddon, o Eupacme,
0 Tonos Concoleros .
987
942
904
867
837
797
si formano i regni particolari di
1297
1279
1249
1229
1199
1154
1132
1105
1073
1029
987
942
904
867
837
797
759
Ninive, di
Re di Ninive.
Fui 0 Sardanapalo II 759
Tegiat-Falasar 742
Salmanasar 724
Sennacherib 712
Assaraddon 707
che s'impadronisce di Babilonia nel 680.
Saosducheo o Nabucodònosor I 667
Sarach o Chinaladan 647
Il regno di Ninive è unito a quello di Babilonia da Nabopolassar nel 625.
Re di Babilonia.
Belesis 759 7-47
Nabonassar 747 755
Nadio 733 751
Chinziro 731 728
Poro 728
lugeo 0 Baladan . . . 726
MardochempadooMerodach 721
Arciano 709
742
724
712
707
667
647
625
726
721
709
704
{\) Anche di questi, che chiauiauo imperi primitivi, seguimmo qui la cronologia vulgata; le varietà duovc
e le discussioni intorno ad esse le abliiam collocate nella nostra Storia Luivcrsale. L'assiro come po-
polo Histioto non compare che nella liihbiu.
Nelle Memorie delV Accademia delle hcrizinni e Belle lettere del 1851 sono ricerche di Saulcv sulla
cronologia degl'imperi di Ninive, Babilonia ed Ecbatana, dove con lunghissima erudizione cerca recar qual-
che luce in questo che confessa punto tenebrosissimo. Ivi stesso Quatrcmèrc dissertò intorno a Dario Mede
e a Baldassare.
U9
Interregno ..... 70i — 702
Belibo 702 699
Apronadio 699 693
Rigebelo 693 692
Mesessimordach . . . 692 688
Interregno 688 — 680
I re di Ninive s'impadroniscono di Babilonia; Nabopolassar, governatore di Babi-
lonia, assume il titolo di re nel 644, e s'impossessa di Ninivo nel 62r).
Secondo impero assiro.
Nabopolassar I . 625 603
Nabopolassar o Nabucodònosor II il Grande 605 562
Evilmerodacb 562 560
Neriglissor 560 555
Laborosoarcod 555 554
Nabonide, o Labinet, o Baldassare 554 538
L'impero d'Assiria è unito da Ciro a quello dei Persi, 538.
S5.
Re di Media.
Arbace 759
Anarchia, nella quale convien collocare i regni di Mandace, Sesarme, Artia, Arbiane
Arteo, Artine, Artibarne.
Dejocete 733 — 690 o 710 — 657
Fraorte o Arfaxad 690 655 657 634
Classare I 655 595 634 593
Astiage 0 Assuero 595 560
Classare lì o Dario Medo (?) 560 536
La Media è unita all'impero dei Persi da Ciro nel 536.
§ 6. — Impero dei Persi.
Codorlabomor re dei Persi v. 2300
La Persia diviene tributaria al regno d'Assiria.
Cambise, padre di v. 595
Ciro fondatore dell'impero dei Persi 560 530
Cambise suo figlio 530 522
Smerdi 522
Dario J 522 485
Serse I 485 472
Artaserse I Longimano 472 434
Serse II 424
Sogdiano 424
Dario II Noto o Oco 423 404
Artaserse II iMnemone 404 362
Artaserse III Oco 362 338
Arsele 338 336
Dario 111 Codomano 336 331
L'impero dei Persi è distrutto da Alessandro, 331.
Da questo calcolo degli scrittori classici differisce affatto quel degli orientali, che
nella Storia Universale noi procurammo combinare col primo. Qui riferiremo la
lista d'essi re, secondo Mirkond.
Prima schiatta.
Kajumarot .... regna anni 40
Sciamek.
Kajumarot di nuovo.
Uscenk )j 50
Tamurasb » 30
Scemscid.
Zoak.
Feridun.
Menugiar regna anni 120
Nodar >< 7
Afrasiab » "12
Zab.
ISO
CRONOLOGIA
Seconda schiatta.
Kaikobad regna anni 100
Kaikus )) ISO
Kaikosrii » 60
Lorasp » 120
Gustasp » 120
Ardescir regna anni
Ornai regina »
Darab I »
Darab II »
112
52
4
14
Secondo altri autori orientali, la lista è così fatta :
Prima schiatta.
Kajumarot .... regna anni 560
Sciamek, ucciso dopo breve regno.
Kajumarot dì nuouo . regna anni 30
Interregno » 200
Uscenk, detto Picsdad ...» 50
Tamurasb » 30
Scemscid
Zoak regna anni 1000
Feridun 500
Menugiar, detto Firuz . . . . " 120
Nodar » 7
Afrasiab » 12
Zab » 30
I» 700 Gersciap •> 30
Seconda schiatta.
Kaikobad regna anni 120
Kaikus ) 150
Kaikosru » 60
Lorasp » 120
Gustasp » 120
Ardescir, detto Baaman, regna anni 112
Ornai regina » 32
Darab I » 14
Darab II.
Re di Sìria.
Re di Sofene.
Rohob ' V. 1070
Adar-Ezer v. 1040
vinto da Davide re de' Giudei 1030
Re di Damasco.
Rezom v. 1030 v. 970
Ilezion V. 960
Labremone 945 926
Benadad I 926 900
Benadad II 900
Azael 876
Benadad HI 833
Razin 766
870
833
766
732
Il regno di Damasco soccombe agli sforzi congiunti d'Acas re di Giuda e di Teglat-
Falasar re di Ninive, 732.
Re di E mesa.
Tobi , . . ; V. 1040
Joram v. 1030
Il regno vieu soggiogato dai re di Ninive Sennacherib e Assaraddon nel 712 e 688.
Sorse poi un regno d'Emesa in conseguenza dei torbidi nati in Siria sotto gli ultimi
Seleucidi.
Sampsiceramo I ^ . . . 69 64
Giamblico I ^ 64 51
Alessandro , , 31 29
Giamblico II v. 19
Sampsiceramo II ) a» k/ a r
Soemo ,54 69
Il piccolo regno ^ allora conquistalo dqgli Arabi,
T A VOLT
451
Re di Gessur.
Tolmai V. 10"0
Il regno di Gessur è invaso da Teglat-Faiasar, re di Ninive, 733.
La Siria cade poi sotto il dominio dei re di Persia, 338, e dei re di iMacedonia, 352.
§ 8. — Regno di Troja,
1590
Tros
. . 1462
1402
1568
Ilo
. . 1402
1347
1537
Laomedonte . .
. . 1347
1311
1462
Priamo ....
. . 1311
1270
Scamandro 1614
Teucro 1590
Bardano re 1568
Erittonio . . .' • . 1537
Troja incendiata dai Greci, 1270. Vedi % 17 della Parte tecnica.
§ 9, — Regno di Lìdia.
Atiadi.
Meone o Matiete, v. 1579; Coti; Ati; Lido; Achiasmo, v. 1480; Ermone o Adremide;
Alcimo ; Camblite; Tmolo; Teoclimene; Marsia; Jardano; Omfalo, v. 1550; File-
mene, V. 1292.
Eraclidi.
Alceo, Belo, Nino, Argone v. 1292 1219
Diciotto re, fra cui si nomina Leone 1219 797
Ardis I 797 761
Aliatte I 761 747
Melete 747 735
Candaulo 735 708
Mermnadi.
Gige . 708 670
Ardis II 670 621
Sadiatte 621 610
Aliatte II 610 559
Creso 559 548
Il regno di Frisia risaliva a remotissima epoca, e tutti i suoi re portavano il nome di
Mida e di Gordio. Dopo la morte di Mida V nel 560, la Frigia diviene provincia del
regno di Lidia.
La Lidia è conquistata da Ciro, 548; e da Alessandro, 554,
Ligdami I .
Artemisia I
Pisindelo
Ligdami II
Ecatomne
Mausolo
§10.
520
450
373
Regno di Carta.
Artemisia lì 353
Idriceo 351
Ada , . ' 544
Pixidoro 340
Orotombate > „o«
Ada ricollocato da Alessandro '
3b3
La Caria è fatta provincia dell'impero d'Alessandro,
351
544
540
334
320
§11. — Regno di Tiro.
Tiro antica.
Abibal ...... 1080 1045
Iram 1045 076
Baleazar 976 969
Abdastarte 969 960
Anarchia ..... 960 — 948
Astarte 948 936
Aseri mo 956 927
Feles 927 926
152
CRONOLOGIA
926
894
Pafo V.' 832
Eluleo 826 712
Itobal II S91 572
Gli abitanti si ricoverano
Itobal 0 Etbaal I . .
Badezor 894 888
Margeno 888 879
Pigmalione 879 832
Tiro antica (Palce-Tyros) presa da Nabucodònosor, 572
nell'isola vicina, ed aboliscono la monarchia.
Sidone si sottomette a Nabucodònosor, e diviene più tardi tributaria ai Persi. Si
ribella contro Arlaserse Oco , e prende per re Tennete, 351 ; ma non riesce. Apre le
porte ad Alessandro, 332, che vi colloca in trono Abdalonimo.
Tiro nuova.
iMerbal 553 549
Iram 549 529
Mapene 529 475
Stratone v. 475
Azelmico v. 333
Tiro nuova presa da Alessandro 332
Azelmico ristabilito . . . 552
Non si fa più cenno dei re di Tiro sino ad Erode il Grande, quando Marione governa,
40 av. C.
§ 12. — Cartagine.
I Fenici fondano Cartagine, v. 1259. Zormo e Carchedone vi fanno alcuni ingrandi-
menti, 1231.
Didone v. 869
Suffeti.
Maleo, primo suffeto conosciuto 546 509
Magone I 509 489
Asdrubale I e Amilcare I 489 480
Contese con Cirene : i fratelli Fileni v. 480
Fra gli ultimi suffeti di Cartagine nomineremo
Annibale 1 . . .
Baal, suffeto o giudice .
. 572
562
Ecnibal
Chelbes ì
Abbaro ( suffeti . .
. 562
554
Mitgono (
Gerastrato )
Balator re ....
. 554
555
410
Imilcone I ^08
Asdrubale II 393
Magone lì 382
Amilcare II e Annibale II
Giscone
Amilcare III ... .
Bomilcare e Annone I .
Annone II ....
Annone III ....
Amilcare IV ... .
Amilcare V e Annone IV
340
339
511
509
264
262
260
257
Cartagine è distrutta dai Romani, 146.
Cartalone e Asdrubale III . 255
Annibale III 249
Aderbale 248
Amilcare VI Barca . . . 247
Asdrubale IV ... . 228
Annibale IV il Grande. . 221 m.l83
Asdrubale V 221
Maarbale 217
Imilcone II 215
Magone 111 e Asdrubale VI 206
Annone V 204
Asdrubale VII e Imilcone III 146
g 13. — Mauritania e Numidia.
La Mauritania e la Numidia erano governate a re fin dai più antichi tempi; ma la storia
non conservò che il nome di alcuni.
Re di Mauritania.
Ammone, v. 1000; Sesach, 973; Nettuno e Anteo o Atlante, 973-950? Bocce I, 107;
Ascali, 85; Bogud, 46 58; Bocco II, 38-33.
La Mauritania vien ridotta provincia romana.
Giuba di Numidia, 30? av. C. -25 d. C. ; Tolomeo, 23-38 ; Edemone, 38-42.
7?e di Numidia
Jarba (contemporaneo di Didone), v. 850; Narva, 247; Gala, 213; Siface, 212; Vermina
ed Ariobarzane; Desalce; Capusa e Mezetulo ; Massinissa, 203-149; Micipsa, 149-119;
TAVOLE
lìJS
Aderbale; Jemsale I e Giugurta, H8-106; Jemsale II e Mandrestale ; Giuba I, rjO;
Giuba II, 4G av. C; Tacfarinate, -11 d. C.
La Nuraidia è ridotta provincia romana.
§ 14. — Re di Cirene.
Batto 1 fondatore 630 591
Arcesilao I 591 575
Batto II 575 554
Arcesilao II 554 550
Batto 111 550 526
Arcesilao III 526 520
Feretinia, madre d'Arcesilao HI 520 514
Cirene si erige in repubblica.
Morto Alessandro Cireneo, diviene provincia dei Lagidi; re Ofelia, v. 310, Sotto To-
lomeo Fiscone, 131 (?), torna regno particolare. Appione, figlio naturale di questo
principe, la lascia in testamento ai Romani, 96, che la riducono a provincia, 65.
CRONOLOGIA GRECA.
Sulla cronologia greca de' tempi antichi nacque una folla di sistemi ; altrove ne discu-
temmo, e qui riferiamo, al solito, la vulgata.
Fra le primitive popolazioni della Grecia convien distinguere i Pelasgi, che dominano
la maggior parte del paese dal xx al xvi secolo; gli Elleni o Graj, che succedono alla
potenza dei Pelasgi ; ed i Lelegi o Cureti, che vengono a rifondersi nella razza ellenica.
Inaco regna sui Pelasgi .... 1986
Foroneo 1920
Api 1896
Argo 1866
Criaso 0 Piraso 1846
Forba 1790
Triopa 1742
Crotopo 1668
Stendo 1625
Re d'Argo.
Gelanore 1572
Danao d'Egitto . 1572
Linceo 1520
Abante 1511
Preto, fratello minore di . . . . 1498
Acrisio 1462
Questi è ucciso da Perseo . . . 1431
il quale edifica Micene.
Gli Elleni (Eolj, Jonj e Achei} piantano colonie nel Peloponneso dal 1480 al 1370.
§ 16. — Re di Micene e d'Argo (1).
Perseo 1431
Stendo 1597
(■{) Famiglie regnanti a Micene ed Argo da Preto sin alla guerra di Troja.
Prima divisione fra Acrisio e Prete. — Seconda divisione sotto Anassagora: dne principati cadono nella
famiglia de' Danai, e gli altri agli elleni fratelli Biante e Melampo.
Acrisio Prete
Perseo Megapente
Eraclidi
Pelopidi
Elettrionc
Stenelo
Alceo
Euristeo
AnGtrione
Ercole
Atreo e Tieste
Agamennone
I
Anassagora
Alettore
m
Eteocle
Stendo
Cilabaro, clie riunisce sul suo capo
le tre corone dell' Argolide.
Oreste
Melampo
Antifate
Oicleo
Aofiarao
Alcmeone e Anfiloco fratelli
Clii!
Biante
Talao
Adrasto
Egialeo
Cianippo
Diomede
iSi
CRONOLOGIA
Euristeo ^ 367
Ercole^ v. i330, m. 1310.
Atreo e Tieste, figli del frigio Pelope '1507
Gli Eraclidi vengono cacciati dal Peloponneso, v. 1300.
Agamennone, figlio d'Atreo ^280
Egisto, figlio di Tieste, con Clitennestra 1270
Oreste, figlio d'Agamennone, e padrone del Peloponneso 1263
Tisamene '1192
Pentilo e Comete 1190
Gli Eraclidi rientrano nel Peloponneso cogli Elleni dori.
Teraeno 1190
Ciso 1100
I loro discendenti, fra cui s'annoverano Medone e Lacide, regnano in Argo fino all'SSO,
gli ultimi de' quali sono:
Fidone 860
Erato 820
Oligarchia vii e vi secolo ; tirannie particolari ; democrazia dopo il v secolo.
Trovasi in Argo, v. 243, Aristomaco I, Aristippo e Aristomaco II.
Argo si congiunge alla lega Achea , v. 235. La Grecia è ridotta in provincia romana
nel 146.
^17. — Re di Sicione.
Sicione fondata v. 1920.
Egialeo regna sui Pelasgi . . . 1835
Api 1783
Egiro 17o8
Erato 1725
Plemneo ... : 1678
Ortopoli 1630
Corone 1S67
Epopeo 1512
Lamedone 1477
Sicione 1437
Polibio 1412
Gianisco 1372
Festo 1330
Adrasto 1322
Zeusippo 1318
Agamennone 1294
Ippolito 1271
Gli Elleni dori e gli Eraclidi s'impadroniscono di Sicione, 1175?
L'autorità è divisa tra Falcete e Lacestade. La monarchia viene abolita s'ignora quando.
Tiranni di Sicione.
Ortagora
Andreo .
Mirone .
distene.
664-564
Tirannidi particolari dopo il 360.
Abantita . . . )
Pasea . . . . [ v. il 260'
Nicocle . . . '
Arato libera Sicione nel 255.
18.
Re dì Corinto.
Efiro . . . .j
Maratone . . ( regnanti in epoca
Corinto . . . i ignota.
Polibio ... 1
Giasone e Medea 1550
Sisifo, elleno eolio 1334
Ornitione 1320
Toante ...
Damofonte .•(_.. 1320-1100
Propoda . . . C
Dorida e Jantida J
Gli Elleni dori e gli Eraclidi s'insignori-
scono di Corinto (1j.
Aleta 1160
Issione 1120
Agela 1 1084
Primnete 1047
Anonimo 1015
Bacchide 996
Agela II 0 Agelaste 961
Eudemo ....:.... 929
Aristodemo 896
(I) EpiJauro (in cui trovansi i Pclopiill v. 4380) e poscia govcinata «lai fi|;liuoli Ji Jone fino al regno
di Pitirco, -1190-, cade in potorc dei Dori; i re, i grandi, il popolo, a vicenda esercitano la sovranità.
JPplJauro e imita da Arato alla lega Achea nel 243.
TAVOLE
1!
Agemone ....;;.. 801
Alessandro 8i5
Telesso 820
Aiitomene 807
Corinto s'erge in repubblica, S84.
Sottoposta al dominio macedone, ne ò liberata da Arato, 243
/ Pritani, ma()istrati annuì 807 0^57
Cipselo tiranno .... GJj7 gSÌ)
Periandro G2r; 584
Psammitico 584
1577
1270
^19. — Re di Sparta o dì Lacedemonìa.
Spartone regna sui Pelasgi e sui Lelegi 1880
Lelege 1742
Mile e Policaone fratelli 1080
Enrota ....
Lacedemone . .
Amicla ....
Argalo ....
Cinorta ....
Perierete . . .
Ebaio ....
Ippocoone . . ,
Tindaro ....
Menelao. . . .
Gli Eraclidi cacciati dal Peloponneso v. 1300.
Oreste 1240
Tisamene 1192
Gli Eraclidi rientrano nel Peloponneso cogli Elleni dori.
Aristodemo 1190
Il regno va diviso fra Euristene e Prode, figli d'Aristodemo.
Primo ramo.
Euristenidi o Agidi.
1192
ll'H)
1180
Euristene regna
45 anni
ì
Cleombroto l . . ,
. 480
479
Agìde . . .
1186
986
Pausania
. 479
409
Echestrato .
Plistarco
. 469
406
Labota . .
Plistoanace ....
. 466
408
Dorisso . . .
986
957
Pausania
. 408
394
Agesilao . . .
957
909
Agesipoli I . . . ,
. 394
3.S0
Archelao , . .
909
853
Cleombroto II . . .
. 380
371
Teleclo . . .
853
813
Agesipoli II ... .
. 571
370
Alcaniene . .
813
776
Cleomene II ... .
. 370
309
Polidoro . . .
776
724
Areo I
. 309
265
Euricrate I . .
724
687
Acrotato
. 265
26 i
Anassandro . .
687
652
Areo II
. 264
257
Euricrate II . .
652
645
Leonida II ... .
. 257
243
Leone . . .
645
597
Cleombroto III . . .
. 243
259
Anassandride .
597
519
Leonida li ristabilito .
. 239
258
Cleomene I (solo, 503?)
o19
491
Cleomene III ...
. 258
219
Leonida I . .
.
491
480
Agesipoli III ...
219
Prode regna 42 anni
Soo
Euripone ....
Pritanide ....
Eunomo ....
Polidette ....
1186
Secondo Ramo.
Prodidi 0 Euriponidi.
Licurgo 898, m. 873.
Carilao .,,... 898
Nicandro 809
Teopompo 770
Zeusidamo 723
Anassidamo 090
898
809
770
723
090
054
156
CRONOLOGIA
Archidamo III ... . 296
Eudamida II 261
Agide IH 244
Euridamo 239
Epiclida 234
Fine degli Eraclidi.
Licurgo . .
iMacanida . . tiranni 219
Nabi . , .
261
244
259
234
219
192
Agasicle 645 597
Aristone 597 520
Demarato 520dep. 505?
Leotichida 492 469
Archidamo I .... 469 427
Agide I 427 400
Agesilao 400 361
Archidamo II .... 361 338
Agide II 338 330
Eudamida I 330 296
Sparla è unita alla lega Achea da Filoperaene, 191. La Grecia vien ridotta a provincia
romana, 146.
§ 20. — Re d'Arcadia,
Ezeo 1926
Licaone I 1896
Pelasgo 1866
Licaone II 1846
I figli di questo, fra i quali Arcade, v. 1500, Echemo e Agapenore, regnano per di-
ciassette generazioni, fino alla guerra di Troja. Cipselo regna, v. 1190, si sottrae agli
Eraclidi, e tramanda lo scettro a' suoi discendenti.
Abolita la monarchia il 671 o 668, dopo il supplizio del traditore Aristocrate 11 re
d'Arcadia.
Democrazia. L'Arcadia sotto il dominio macedone; congiunta da Arato alla lega Achea
V. 230.
§ 21 . — Re di Messene.
Policaone regna sui Pelasgi 4700 1680
Neleo elleno eolio .... 1320
Nestore 1280
Melanto 1190
che passa nell'Attica con Alcmeone, Pisistrato, e i figliuoli di Peone, discendenti da
Neleo e da Nestore.
Cresfonte cogli Elleni dori e gli Eraclidi 1190
Anarchia 1190 — 1178
Epito 1170
L'autorità è divisa fra Androcle ed Antioco.
Eufeo 744
Aristodemo . 744 724
La Messenia soggiogata dagli Spartani.
Aristomene 684 668
Abolita la monarchia; oligarchia, ecc.
La Messenia sottoposta al dominio macedone, è congiunta alla lega Achea da Arato,
V. 250.
g 22. — Re d'Atene.
Ogige regna sui Pelasgi v. 1869-1832.
Diluvio
Cecrope I d'Egitto . . 1643 1594
Cranao 1594 1585
Amfizione 1585 1573
Erittonio 1575 1556
Pandione I 1556 1525
Eretico 1525 14G0
Cecrope II 1460 1405
Gli Elleni jonj formano co-
lonie nell'Attica . . . 1440—1430
V. 1832.
Pandione 11
Egeo . .
Teseo . .
Menesteo .
Demofoone
Oxinte
Afida . .
Ti mete .
Melanto .
1405
1361
1561
1523
1323
1292
1292
1270
1270 1190
1190 1160
1S7
Parte della Messenia con Alcmeone, Pisistrato e i (igliuoli di Peone; donde le tre fa-
miglie degli Alcmeonidi, de' Pisistratidi e de' Peonidi, che primeggiano in Atene.
Codro UGO H32
Arconti perpetui, 1132-754.
Medone, Acasto, Archippo, Tersippo, Forba, Megacle, Diognete, Ferecle, Arifrone,
Tespieo, Agamestore, Eschilo, Alcmeone.
Arconti decennali, 7S4-684.
Carope, Ésimede, Clidico, Ippomene, Leocrale, Apsandro, Erisia.
Arconti annui, di cui son noti i nomi fino al 290 (1).
Creonte, primo arconte . 684
Bracone, arconte e legislatore 624
alone 612
Epimenide 596
Solone, arconte e legislatore 593
Pisistrato
Ippia e Ipparco
distene, arconte . . . 509
Isagora 508
Milziade v. 490
Temistocle v. 480
Aristide v. 480
tiranni . 561
510
Cimane v. 460
Pericle v. 436
Alcibiade v. 420
Nicia V. 415
Conone v. 406
Governo dei Trenta tiranni, 404.
Trasibulo v. 401
Trattato d'Antalcida, v. 388.
Demostene v. 344
Eschine v. 344
Focione v. 544 m. 31 7
(1)
Serie cronologica de*vincitori ai giuochi Olimpici, nelle cencinquantotlo prime olimpiadi,
776-U6.
I olimpiade. 776, Corebo; 772, Antimaco; 768; Androclo; 764, Policare; 760, EscLine; 756, Ebota;
732, Daicle da Messene; 748, Anticlc; 744, Senoclete.
X olimpiade. 740, Dotade; 756, Leccare; 732, Ozitcmi; 728, Diocle da Corinto; 724, Dasmonc e
Ipeno da Pisa; 720, Orsippo ; 746, Pitagora; 7t2, Polo; 708, Talli; 704, Menone.
XX olimpiade. 700, Atcrada; 696, Pentade; 692, Pentade II; o88, Icario; 684, Cleottolemo; 680,
Talpio; 676, Callistene; 672, Euribate; 668, Carmi; 664, Chionide.
XXX olimpiade. 660, Chionide II; 656, Chionide III; 632, Cratino; 648, Gige; 644, Stoma; 640,
Sfero; 636, Frinone; 632, Euriclide; 628, Olinteo; 624, Ripsolco.
XL olimpiade. 620, Olinteo II; 616, Cleonide; 612, Licota; 608, Cleono; 604, Gelone; 600, Au-
ticrate; 596, Crisamaso ; 592, Euriclete; 588, Glicone; 584, Licinio.
L olimpiade. 580, Epitdida; 576, Eratostene; 572, Agide; 568, Agnone ; 564, Ippostrato; 560,
Ippostrato II; 536, Fedro; 332, Ladronio; 348, Diogneto; 544, Archiloco.
LI olimpiade. 540, Apelleo; 536, Agatarco; 532, Erisia; 328, Parmenide; 524, Evandro; 520,
Apoca; 516, Ischiro: 512, Fana; 508, Iscoraaco; 504, Iscomaco II.
LXX olimpiade. 500, Niccsta ; 496, Tisicrate ; 492, Tisicrate II; 488, Astialo; 484, Astialo II;
480, Astialo III; 476, Scamandro; 472, Dandcte; 468, Parmenide; 464, Senofonte.
LXXX olimpiade. 460, Trimma; 436, Polimnaste ; 452, Lieo; 448, Crissone ; 444, Crissone II;
440, Crissone III; 436, Teopompo; 452, Sofrone; 428, Simmaco; 424, Simmaco II.
XC olimpiade. 420, Iperbio; 416, Esagento; 412, Esagento II; 408, Eubota; 404, Crocina; 400,
Menone; 596, Eupolemo; 392, Terineo ; 388, Sosippo; 384, Bicone.
C olimpiade. 380, Dionisiodoro ; 3T6 , Damone; 372, Damone II; 368, Pitostrato ; 364, Focidc
0 Eubota; 360, Pauro da Cirene; 336, Paure il Mallo; 332, Micrina; 348, Policlete; 344, Arlstoloco.
ex olimpiade. 340, Anticlc; 336, Cleomantide; 352, Grillo o Furila; 328, Clitone; 324, Micinna;
320, Daniasia; 310, Demostene; 312, Parmenide; 308, Androraene; 304, Androraene II.
cxx olimpiade. 300, Pitagora; 296, Pitagora II; 292, Antigono; 288, Antigono II; 284, Filomelo;
280, Lada; 276, Ideo; 272, Pcrigene; 268, Seleuco; 264, Filino.
cxxx olimpiade. 260, Filino II; 236, Ammonio; 232, Senofane; 248, Similo; 244, Alcida; 240,
Fratone; 236, Pltocle; 232, Menesteo; 228, Demetrio; 224, Jolaida.
CXL olimpiade. 220, Zopiro; 2i6, Doroteo; 212, Orate; 208, Eradito; 204, Eradide ; 200, Pirria;
•196, Micione; 192, Agemaco; 4 88, Acesilao; 184, Ippostrato.
CL olimpiade. 4 80, Onesistrato; 176, Timelo; 172, Deraocrite ; -168, Arisfandro; 164, Leonida;
160, Leonida II; 136, Leonida III; 152, Leonida IV; 148, Ortone. — 1 i6. La Grecia fatta provincia
romana nel o° anno della CLViii olimpiade.
1S8 CRO.NOLOGIA
Dominio macedone.
Demetrio Falereo, amministratore 316 507
Demetrio Poliorcete, figlio d'Antigono . . • 507 301
Leocare, tiranno 501 297
Demetrio Poliorcete di nuovo 297 288
Atene ricupera la propria libertà, 287.
E unita alla lega Achea v. 233.
g 23. _ Re dell'Elide.
Gli Elleni eolj fondano colonie in Elide 1440 — 1380
Endimione e Salraoneo v. 1440
Epeo 1590
Eleo 1530
Augia '1330
Enomao regna a Pisa d'Elide 1580
Pelope figlio di Tantalo, re di Sipilo fra la Lidia e la Frigia, s'impadronisce del regno
d'Enomao v. 1350.
Atreo e Tieste, figli di Pelope, fondano uno stato nella Trifilia al mezzodì dell'Elide
V. 1580.
Augia è ucciso da Ercole, il quale ne lascia il regno ad uno de' figliuoli di lui v. 1550.
L'Elide vien divisa in quattro piccoli regni. Oxilo etolio la invade nel 1190 cogli Elleni
dori (! gli Eraclidi. Fra i costui successori si nomina Ifito v. 900. La monarchia è
abolita nel 780. Gli Elei sostengono parte secondaria nelle vicende della Grecia.
§ 24. — Re dell' Acaja.
Gli Elleni jonj piantano colonie nell' Acaja dal 1440 al 1380. Jone e i suoi discendenti
vi regnano fino al tempo della conquista del Peloponneso pei Dori. Tisamene figlio
d'Oreste, cacciato di Lacedemonia, invade l'Acaja. Sotto l'ultimo de' suoi successori,
Gige, è abolita la monarchia, e l'Acaja divisa in dodici piccole repubbliche.
Verso il 280, queste cacciano i presidj macedoni, e conferiscono l'autorità sovrana a
strategi.
Arato V. 250
Filopemene e Licorta 185
Daniocrito, Dico, Critolao 146
quando la Grecia è soggettata ai Romani.
§ 25. — Re di Megara.
Car figlio di Foroneo v. 4900
Dodici generazioni gli succedono.
Lelege d'Egitto 1580
1 Pclopidi a Megara 1380
Pitico e Trezeno governano la Trezenia v. 1580
I Dori, guidati da Aleta re dei Corinti, invadono Megara v. 1155
Oligarchia.
Teagene tiranno^ nel v secolo.
Megara si toglie al dominio macedone v. 280
Congiunta come la Trezenia alla lega Achea da Arato v. 243
§ 26. — Re d'Etolia (1).
L'Etolia è da principio abitata dai Lelegi o Cureti, Etolo, Penco, Porteo,
(\] Focide^ Locride, Àcarnania.
l'iovasi nella l'ociJc Elato figliuolo di Licaonc v. lóoO, e Foco cupo di una colonia corintia. La dignità
TAVOLE J59
Gli Elleni eolj vi l'ormano colonie 1440 — 1580
Eneo V. 1330
Tideo »
Meleagro ( epoche incerte.
Diomede passa in Argo i
Toante v. 1280
Oxilo s'impadronisce dell'Epiro.
Gli Etolj si sottraggono al dominio macedone, ed acquistano grande importanza v. 270,
Nel 2i3 si congiungono alla lega Aclica ; cercano d'ingrandire v. 221 ; e divengono
una delle maggiori potenze di Grecia. Sono soggettati ai Ilomani nel 100.
g 27. _ Re di Tebe.
Ogige regna sui Pelasgi v. 1869
Diluvio, 1832.
Cadmo da Fenicia v. 1580
Penteo e Polidoro liilO
Nitteo e Labdaco 1478
Lieo e Lajo I 1477
Amfìone e Zeto 14S7
Lajo II 1419
Gli Elleni eolj formano colonie in Beozia 1440 — 1370
Creonte usurpatore 1363
Edipo, figlio di Lajo II 1554
Eteocle e Polinice 1315
Creonte di nuovo, come tutore di Laodamante 1512
Tersandro 1301 1280
PenelGo (all'assedio di Troja) 1280 1270
Tisamene ed Antesione, figli di Tersandro 1270 1210
Damasictone, elleno eolio i
Tolomeo | 1210 1126
Xanto )
L'oligarchia, conservata nell'viii secolo dal legislatore Filolao, sussiste al tempo della
guerra Medica.
Leonziade e Ismenia v. 386
Epaminonda e Pelopida v. 370
Dominio macedone 358
Tebe presa da Alessandro Magno 555
§ 28, — Tessaglia.
I Pelasgi occupano la Tessaglia nel xix secolo.
Deucalione, discendente di Giapeto e di Prometeo, posto dalle tradi-
zioni nella Scizia, regna in Licoria, vicino al monte Parnasso v. 1635
S'impadronisce della Tessaglia insieme cogli Elleni • 1620
Lascia una figliuola Protogenia, madre di Etlio, e due figli Amfizione
ed Elleno. Figliuoli di quest'ultimo sono Doro, Eolo, Xuto : da
Xuto nascono Acheo e Jone.
I Pelasgi non conservano che Larissa.
regia vi ù abolita verso il tempo dell'invasione dei Dori, ^i90. Nella guerra Sacra, ob'ó-540, i Focidesi
riconoscono per capi:
Filomelo 355 333 1 Faillo ) „„„ ^.^
Onomarco ooo oo^ \ raleco e Maasea . . J
La Locridc, dove regna Ajacc figliuolo d'Oileo, v. ] 280, e l'Acarnania, i cui più antichi re sono Alcmeone
ed Acarnano, adottano il governo repubblicano in epoca incerta.
Queste regioni, sottoposte al dominio macedone, ricuperano la libertà v. 280, per di nuovo perderla
V. 2U0.
160
CRONOLOGIA
Teutamio re • • ^'
Gli Elleni eolj fondano sette principati in Tessaglia v.
Nel tempo della guerra trojana, la Tessaglia contiene cinque piccoli
regni, uno de' quali, la Ftiotide, obbedisce ad Achille . . . v.
Fra gli altri capi Omero nomina Protesilao , Podane , Filottete , Po-
dalirio, Macaone e Protoo.
Invasione degli Elleni dori e degli Eraclidi v.
l,a famiglia di Ercole regna in Tessaglia. L'oligarchia viene sostituita
alla monarchia dall'viii sino al vi secolo. Distruzione delle oligar-
chie; tirannidi dopo il vi secolo; gli Aleuadi a Larissafin al periodo
macedonico, da Erodoto chiamati re di Tessaglia.
Sorge a Fere un tiranno, Giasone
che ha per successori Polidoro e Polifrone .
Alessandro, ucciso da Tebe sua moglie
Licofrone e Tisifono
Vengono cacciati da Filippo di Macedonia ad istanza degli Aleuadi ,
Molte città di Macedonia parteggiano per la lega Achea.
La Tessaglia è incorporata all'impero romano
1440
•1400
1280
H80
37b
371
371
369
369
357
357
552
352
146
29. — Re di Creta (1).
Minosse I, venuto dalVAsia (?) . v. 1500
Doro 1420
Tectamo 1390
Asterio 1360
Minosse li e Radarv.anto suo fratello 1520
Catreo 1290
Idomeneo 1270
Merione 1240
Serie di re Gno ad Etearco . . . 800
Abolita la monarchia, Creta conser-
va la propria indipendenza sin al
dominio romano 67
50.
Re di Rodi.
Tlepolemo, figliuolo d'Ercole 1280 1270
Doriceo ?
Damagete , 685
Diagora I 650
Evagora 591
Cleobulo 571
Erastide 520
Diagora II 520
La monarchia v'è abolita . . 480
Rodi si rivendica in libertà alla
morte d'Alessandro Magno . 323
e prende il partito di Roma . . 215
§31. — Regno di Macedonia.
Ripete l'origine suEt da una colonia
di Pelasgi 1392
Non abbiamo la serie de' suoi re
prima di Caraoo, ed accenneremo
soltanto Macedone, Pelagone ed
Asteropeo v. 1280
Carano, eradide .... 796 766
Ceno . 766 758
Tiri m ma 738 695
Perdicca 1 695 647
Argeo 1 647 609
Filippo I 609 576
Ageropa o Eropo .... 576 556
Alceta 556 558
Aminta 1 538 496
Alessandro I 496 452
Perdicca li 452 429
Archelao 1 429 405
Oreste 405 402
Eropo tutore d'Oreste, reggente 402 596
Archelao II 402 398
Aminla II 598 597
Pausania 597 396
Aminta 111 (oli) .... 396 390
(I) L'isola di Cipro, dapprincipio sottomessa ai Fcnicj, si ribella a questi v. 720: visi contano nove
piccoli regni tributar] all'Egitto nel baO, poi tributar] ai Persi, i quali durarono fino ai tem|>i d'Alessandro,
532. Trovasi a Salaraina, fondata da Teucro figlio di Telamone v. 1270, nell'isolctta di questo nome,
Ouesilo V. 500; Evagora 1, ■-l'<9; Evagora II, 400-390; Nicocle, 37'(; Protagora, 356; Nicocrcouc, liraimo
di CiprOj o2'(. I Tolomci d'Egitto s'impadroniscono dell'isola di Cipro nel oiO.
161
Argeo !l . , . . . . 3'JO
A min la 111 di nuovo . . 388
Alessandro II ... . 570
Tolomeo A lontano. . . 3G9
Perdicca lil oGG
Aminta IV (o Ili) . . . 3G0
Filippo li 559
Alessandro 111 .Varano . . 556
Filippo Arideo , procla-
mato dalla fanteria . 525
588
570
560
56(5
560
559
556 (1)
3-23
;ì17
Alessandro Ego, nato un mese
dopo la morte del Magno . 525 3H
nefjgmti: Perdicca ... 323 32i
Pitone 520
Antipatro 520
Polispercone 320 3H
La posterità d'Alessandro Ma-
gno è spenta per la morte
d'Ercole, figliuolo naturale
di lui 510
Cassandro, Tolomeo, Lisimaco, Seleuco e Antigono si contendono l'impero; battaglia
d'Ipso.
Nuovo regno di Macedonia.
Cassandro, signore della Macedonia oli
Filippo I
Antipatro } figli di Cassandro 298
Alessandro '
Demetrio I Poliorcete, figlio d'Antigono 295
Pirro re dell'Epiro 287
Lisimaco re di Tracia 286
Seleuco re di Siria 282
Tolomeo Cerauno, figlio di Tolomeo I re di Egitto 281
Meleagro, fratello di Cerauno ....
Antipatro, figlio d'un fratello di Cassandro
Sostene
Antigono da Coni, figlio di Demetrio I 278
Pirro di nuovo v.
Antigono di nuovo . . 272
Alessandro, figliuolo di Pirro
Demetrio lì 242
Antigono Dosone 252
Filippo IH (o V, contando Filippo Arideo e il figlio di Cassandro) . . 221
Perseo 178
è vinto dai Romani nel 167.
Andrisco 132
La Macedonia è fatta provincia romana.
298
295
287
286
282
281
279
279
274
267
242
242
232
221
178
168
148
§ 52. — Regno d'Epiro.
I Pelasgi occupano l'Epiro sotto i figli di Licaone sin dal xix secolo.
Verso il 1327 Filippo ed Antifo figliuolo di Tessalo, nipoti d'Ercole, in-
vadono l'Epiro, poi la Tessaglia, dalla quale cacciano Pirro e Neotto-
lemo figlio d'Achille, che va a fondare nell'Epiro il regno dei Molossi v.
Tredici suoi discendenti, chiamati Pirridi o Eacidi, gli succedono fino a
Admeto : ma non se ne conoscono i nomi, tranne Molosso e Pielo.
Admeto 480
Tarruta 429
Alceta I 395
Neoltolemo lì ed Arimba, poi Arimba solo 561
Alessandro I 542
Eacido 331
Alceta II ■ 312
1270
429
595
561
542
551
312
295
(I) La storia ci tramaaJò i nomi di Agi re de' Peonj, di BarJilli re dcli'IUiria. e di Alia re Scita, vint
da Filippo II Macedone nel 539 e 3o8; e quelli di Sirmo re de'Triballi popoli della Mesia, e di Glaucia
re de' Taulanzj, sconfini da Alessandro il Grande nel 336.
Ca.ntù, Documenti. — Tomo I, Cronologia.
11
162
CnONOLOOlA
Pirro li e Neottolemo III, poi Pirro solo 295 272
Alessandro 11 272 242
Tolomeo ì
Pirro HI [ 242 229
Laodamia o Deidamia . '
L'Epiro si governa a popolo finché è conquistato dai Romani nel 167.
§ 33. — Regno di Tracia.
Circa il ISSO vedonsi i Traci fare un'irruzione in Grecia, e stabilirsi ad Eleusi.
Nel 1280 Poltide regna in Tracia. Sembra che il paese sia stato diviso fra molti re tri-
butarj ai Persi.
Tere l
431?
428
Sitalce
428
4"i4
Sente I
424
—
Mesade
—
390
Medoco
390
—
Sente II . . . .
—
380
Tere II
—
380
Cotide I . . . .
580
356
Chersoblepto . . .
SeutellI . . . .
356
545
345
324
Lisimaco, governatore
della Tracia . .
323
282
Seleuco ....
282
281
Tolomeo Cerauno .
281
279
Invasione dei Galli .
280
— 278
Comontorio .
278
La Tracia è annessa al romano imperio.
Ariofarne . . . .
?
Cavaro
219 200
Seute IV ... .
200 171
Cotide II . . .
171 150
Dieguli
150
Zibelmio . . .
?
Sotimo ....
93 —
Sadolamo o Sadale 1
— 57
Cotide III . . .
57
Sadale II . . .
48
Sadale III . . ;
43 31
Cotide IV . . .
?
Remetalce I . .
. 16 7
Cotide V e Rescupo
ride ....
7av.C. 19
Remetalce II . .
. 19 47
d. C.
34. — Re Seleucidi di Siria.
Seleuco I capitano d'Alessaadro, governa-
ssi
260
247
225
222
186
174
tore di Babilonia nel 320.
312?
Antioco I Sotero . . .
281
Antioco II Dio . . .
260
Seleuco II Callinico .
347
Seleuco IH Cerauno .
225
Antioco III il Grande .
222
Seleuco IV Filopatore
186
Eliodoro
^
Antioco IV Epifane .
174
Antioco V Eupatore .
164
Demetrio I Sotero
162
Alessandro Baia . .
149
Demetrio II Nicatore o
Ni-
canore . . .
146
174
164
162
149
146
143
Antioco VI Dio . .
Trifone o Diodato .
Antioco VII Sidete
Demetrio II di nuovo
Alessandro Zebina .
Seleuco V . . .
Antioco Vili Gripo
Antioco IX Ciziceno
Seleuco VI Nicatore
Antioco X Pio . .
Antioco XI e Filippo
Demetrio III Euchero
Antioco XII Dionisio
Tigrane ....
Antioco XIII l'Asiatico
. 143
140
. 140
134
. 139
130
. 130
125
. 125
121
. 125
122
. 125
97
. 112
94
. 97
93
94 85
70
69
64
64(1)
La Siria è ridotta a provincia romana
g 35, _ Re dei Parti.
Arsace 1 Filelleno ... 255 . 254
Arsace II Tiridate ... 254 216
Arsace IH Artabano I . . 216 196
Arsace IV Friapazio .
Arsace V Fraale I
Arsace VI Mitradate I
196 182
182 164
164 139
(i) Fra lo smembranienlo dell'imperio de' Seleucidi trovansi iu Edcssa nove re, scile dei quali chiamati
Abgaro v. Ty-2\2 d. C. Allora queslo piccolo reguo vieu soggiogalo dai l{oni:ini.
JAVOLt
163
Arsace VII Fraate II . lo'J J27
Arsacc VIII Arlabano II 127 12i
Arsace IX Mitradatc II 124 86
Arsace X Mnoschirao
0 Pacoro .... 86
Arsace XI Sinatroche 77
Arsacc XII Fraate III . 70
Arsace XIII iMitradate III 01
Arsace XIV Orode I . 57
Arsace XV Fraate IV . 37 av.
Arsace XVI Fraatace . 9
Arsace XVil Orode II ì
Arsace XVIll Vonone I \ 14
Arsace XIX Artabano HI '
Arsace XX Vardane . 44
Arsace XXI Gotarze . 47
Arsace XXII Vonone II 50
I Parti sottomessi al nuovo impero dei Persi
0 90
77
70
01
57
37(1)
C. 9 d. C.
13
44
47
50
Arsace XX III Vologc-
so 1 0 Artabano IV.
Arsace XXIV Pacoro I
Arsace XXV Cosroe .
Partamaspate . . v.
Arsace XXVI Vologe-
so II
Arsacc XXVII Vologe-
so III
Arsace XXVIII Arda-
wan, 0 Artabano V,
0 Vologeso IV . .
Arsace XXIX Pacoro li
Arsace XXX Vologe-
so IV (o V) . . .
Arsace XXXI Artaba-
no IV (0 V, 0 VI) .
nel 226.
50 !»o
90 107
107 121
116
121
192
199
150
150 192
199
209
209 216 m. 220
216 225 m. 226
§ 36. — Re d'Armenia.
L'Armenia è governata da cinquantanove
questi, Vahè, è conquistata dai re macedoni
Artassia I ritorna in-
dipendente . . .
Artassia II ... .
Valarsace o Tigrane I
Tigrane li ... .
Artuasde o Artabazo l
Artassia III ...
Tigrane III ...
Artabazo II . . .
Tigrane IV . . . 2av.C. 2d.C.
Ariobarzane . .
189
159
159
118
118
95
95
66
66
34
34
20
20
5
5
3
2av
C.2
2
4
re Eganj, 2107-328. Regnante l'ultimo di
; passa quindi sotto il dominio de' Seleucidi.
Artabazo III . .
Vonone . . .
Orode (
Artassia IV (Zenone) )
Arsace 34
Mitradate ibero . . 28
Radamisto. ... 51
Tiridate .... 52
Tigrane V .... 60
Tiridate ristabilito . 64
L'Armenia tributaria ai Romani
34
28
51
52
60
64
73
§ 37.
Re della Piccola Armenia.
Zariadra 189 165
Mitrobuxane . . . . v. 161
Artane 95
La Piccola Armenia, dopo varie rivoluzioni, è fatta provincia romana v. 75 d. C
Dejotaro I re dei Calati
Dejotaro II . . . .
65
30
§ 38. — Re del Ponto.
La storia fa menzione di alcuni re della Colchide, fra cui ricorderemo Elio-Ete o Eia 1,
V. 1330; Ete II, 401 ; Salauce ed Eusubope; Oltace, v. 65-, Aristarco, v. 47.
La Colcbide fu posteriormente assoggettata ai re del Ponto , ed ai Romani imperante
Trajano.
Distinguonsi fra i re del Ponto :
520
Farnace 1 )
Artabazo i ' ' *
Ariobarzane 1 o Rodobate .
Mitradate I 402
480
363
Ariobarzane II .... 363 337
Mitradate II 337 502
Mitradate III 302 266
Mitradate IV ..... 266 222
(1) Re della Media Alropatenc,
Atropate scuole il giogo degli antichi re di Persia v. ooS; Tiinarco v. 162; Milradale V. 89; Dario
Artavasdo v. 3G-31. Questo regno e conquistato dai Parli nel 31.
Mitradate V ... 222
Farnacell. ... 186
Mitradate VI Evergete 157
Mitradate VII Eupa-
tore e Dionisio. . 123
11 Ponto è ridotto provincia romana.
CKONO
186
LOGIA
Farnace . . .
58 47
1o7
Dario
47
123
Polemone 1 . . .
47 H
Pitodori . . . .
11 38 d. C,
65 (1)
Polemone II, ultimo
re
38 63
§39.
Re del Bosforo Cimmerio.
Gli Archeanacidi o discendenti d'Archea-
nace I re del Bosforo Cimmerio , Peri-
sado I, Leucone, Sagauro, regnano qua-
rantadue anni . . . 480 438
Spartaco I 438 432
Seleuco 452 429
Spartaco 11 429 407
Satiro I 407 593
Leucone 395 353
Spartaco IH 355 348
Perisado II 548? Zìi
Satiro 11 311 310
Pritani 310 309
Eumete 309 304
Spartaco IV 304 289
Una serie di re, fra cui Leucanore, Eu-
boito , Perisado III che cede il regno a
Mitradate Eupatore, re del
Ponto 108 79
Macare 79 65
Farnace 65 47
Asandro 47 13
Scribonio ...... 13 12
Polemone 1 . .
12
11
Sauromate 1 . . .
11 av.
C. 30 d. C.
Fiescuporide I
30
58
Polemone lì . . .
38
42
Mitradate II . .
42
49
Cotide I . . .
49
83
Hescuporide II .
83
108
Sauromate II . .
108
115
Cotide II . . .
115
132
Remetalce . . .
132
155
Eupatore . . .
155
171
Sauromate III
180?
205
Rescuporide HI .
. 215?
225
Cotide 111 . . .
232?
234
Inintimevo . .
234
235
Rescuporide IV .
235
277
Teirane . . .
. 277
297
Totorse . . .
. 297
303
Sauromate IV
. 303
—
Sauromate V . .
—
321
Rescuporide V .
321
337
Sauromate VI
. 337
—
Il regno del Bosforo
è occupato dai Goti
§ 40. — Re di Cappadocia.
Farnace v. 507
Gallo, Smerdi, Ariaramne I,
Farnaspe, Anafa I, Ana-
fa II, Datame .... 445 424
Ariaramne II 424
Ariarate I Oroferne . . v. 370
Ariarato II 551 321
Ariaralo III 321 284
Ariaramne III .... 284 248
Ariarato IV 248 220
Ariarato V 220 166
Oroferne II . .
m. 154
Ariarato VI Fi/opa^ore 166
130
Ariarato VII . .
. 129
94
Ariarato Vili . .
94
Ariarato IX . .
93
Ariarato X . .
. 93
92
Ariobarzane 1
. 91
63
Ariobarzane II
. 63
53
Ariobarzane III .
. 55
43
Archelao . . ,
. 42
av. C. 17 d. C
La Cappadocia è ridotta provincia romana.
[\) La Paflagoaia conta alcuni re particolari:
Morzeo V. M9
Pileracne I . . . . . . . ^o\
Pilemcne li ^2«
che lega per testamento in quest'anno il suo regno a "Mitradate VI re del Ponto.
TAVOLE
16S
g 4i. — Regno di Battrìana (1).
Staccato dall'impero de'Seleucidi.
Teodoto I 2oG
Teodoto II 243
Eutidonio di Magnesia . . 221
2 io
221
195
Menandro 195 181
Eucratida I 181 147
Eticratida II 147 141
La Baltriana unita all'impero degli Arsacidi.
g 42.
Regno di Pergamo.
Smembrato anch'esso dall'impero dei Seleucidi.
Filetcro 283 263
Eumene I 263 241
Attalo I 241 198
Eumene H 198 157
Attalo II Fj7adc//"o ... 157 137
Attalo III Filometore . . 137 132
Aristonico 132 130
Diventa provincia romana nel 129.
g 43. — Re di Bitinia.
Fino a Desalceo trentanove re, fra cui si nominano:
Amico V.
Buteo, Mucaporide, Man-
drone v.
Prusia V.
Desalceo v.
Botira
Bias
Zipete
1330
935
550
410
370
320
500
230
Nicomede I 281
Tibite e Zibea )
Zela ^ . . » ' ' '
Prusia I (o II) .... 237
Prusia II (0 IH . . . . 192
Nicomede li 148
Nicomede III 91
che lascia eredi i Romani.
250
237
192
148
91
75
CRONOLOGIA ITALICA.
g 44. — Re di Sicilia.
Fra gli antichi re di Sicilia si annoverano Cocalo, v. 1295; Siculo, 1289; i figliuoli
d'Eolo, 1173.
Siracusa.
Governo aristocratico
s'im-
735
485
Sosistrato . .
. . . V.
317
320
Gelone re di Gela 491,
Agatocle . .
289
padronisce di Siracusa .
484
478
Democrazia .
....
289
—
266
Cerone 1 . . . .
478
467
467
466
Iceta stratego della repub-
blica
289
Trasibulo ....
280
Democrazia . . .
466 —
405
Tinione e Sosistrato . . .
280
278
Diocle
. v.
412
405
368
Pirro . . .
278
276
9.1(i
Dionigi il vecchio .
Cerone . . .
269
Dionigi il giovane .
368
356
Cerone II re .
269
21^
Dione
356
354
Geronimo . .
215
214
Callippo ....
554
353
350
333
350
347
Democrazia .
Andranodoro
Epicide e
e Temistio ;
Arpocrate ;
214
9.i<^
Ipparino ....
Nipsio
Dionigi il giovane di
nuovo
547
343
morte d'Archimede . .
212
Timoleone . . .
.
343
337
Ridotta in pro\
incia romana
210
(\) Le molte medaglie, poc'anzi scoperte de' regni macedoni di Scizia e d'Iadia, sjuteranno a costruire
nuove tavole genealogiche; finora il lavoro non è compiuto.
166
CRONOLOGIA
Governo aristocratico . . 582
Tiranni: Falaride . . . 566
Alcmane e Meandro . . 534
Agrigento.
566
534
Terone 488 480
Trasideo 480 470
Reggimento democratico . 470
45. — Re del Lazio.
Giano . . V, 1451
Saturno 1415
Pico 1582
Fauno 1335
Latino 1501
Enea 1250
Ascanio 1175
Silvio Postumo 1136
Enea Silvio 1107
Latino Silvio 1068
Alba Silvio 1018
Episto Silvio 979
Capi Silvio 953
Carpento Silvio 925
Tiberio Silvio 912
Archippo Silvio 904
Aremulo Silvio 863
Aventino Silvio 844
Proca Silvio 817
Amulio Silvio 796
46. _ Re di Re
Romolo .753 715
Numa Pompilio .... 714 671
Tulio Ostilio 671 639
Anco Marzio 639 614
Tarquinio Prisco . . . 614 578
Servio Tullio 578 534
Tarquinio il Superbo . . 534 509
Pei consoli, vedi Parte tecnica, g 21.
g 47. — Imperatori romani.
Vitellio
Lucio
Augusto
Tiberio .
Caligola
Claudio I
Nerone .
Galba, Ottone
Vespasiano
Tito . .
Domiziano .
Nerva . .
Trajano
Adriano
Antonino .
Marc'Aurelio
Vero . .
Marc'Aurelio solo
Comodo
Pertinace, Didio Giu-
liano, Nigro, Albino
Settimio Severo . .
Caracalla e Geta . .
Caracalla solo . . .
Macrino ....
Eliogabalo o Elagabalo
Alessandro Severo .
Massimino I . , .
1 due Gordiani, Mas-
simo e Balbino .
Gordiano ll( il Pio .
31 av
14
37
41
54
68
69
79
81
96
98
117
138
C. 14 d. C.
37
41
54
68
69
79
81
96
98
117
138
161
161 169
169 180
180 192
193
193 211
211 212
212 ■ 217
217
21 7 222
222 235
235 237
237
238
238
244
Filippo l'Arabo .... 244 249
Decio 249 251
Gallo e Volusiano ... 251 253
Emiliano . . ... 255
Valeriano 255 260
Gallieno; i Trenta tiranni . 260 268
Claudio II il Gotico . . 268 270
Quintino 270
Aureliano .... \ . 270 275
Tacito 275 276
Floriano 276
Probo 276 282
Caro 282 284
Carino e Numeriano . . 284
Diocleziano 284 abd. 305
Massimiano Erculeo, asso-
ciato a Diocleziano . . 286 abd. 505
Costanzo Cloro i succeduti a ì r.^.^, 306
Galeno . ^Diocleziano) 311
Massenzio 306 312
Massimino II Daza ... 307 313
Costantino I 306 337
Licinio 307 323
Costantino II 337 340
Costante 1 357 350
Costanzo II 357 561
Giuliano l'Apostata . . 361 363
Gioviano 565 564
Valeiitiniano I in Occidente 564 375
Valente in Ormite .
Graziano in Occidente
Onorio
Valentiniano III . .
Petronio Massimo .
Avito
Magioriano . . .
Libio Severo . . .
Interregno di 20 mesi
TiOi 37S I Valentiniano II m 0(?cù/e7?/é '9,7,
575 383 I Teodosio I in Orienle . . 379
Impero rumano d'Occidente.
1fi7
395
39o 423
423? 455
455
455 456
457 461
461 465
465 — 467
Antemio ...... 467
Olibrio
Glicerio 473
Giulio Nepote .... 474
Romolo Augustolo . . . 475
Fine dell'impero d'Occidente.
Odoacre eruloy re d'Italia . 476
472
Arcadio .... 595
Teodosio UH giovane 408
Marciano con Pul-
cheria, e solo . 450
Leone I . . . . 457-
Leone II il giovane
Zenone (e Basilisco) 474
Anastasio 1 . . , 491
Giustino I . . . 518
Giustiniano I legis-
latore .... 527
Giustino II . . . 565
Tiberio II . . . 578
Maurizio . . . 582
Foca 602
Eraclio I ... 610
Eraclio Costantino . »
Eracleone Costantino |
Costante II . . . 641
Costantino III Po-
gonato . . , 668
Giustiniano II . . 685
Leonzio .... 695
Absimaro Tiberio III 698
Giustiniano II rista-
bilito .... 705
Filepico Bardane . 711
Anastasio II . . 715
Teodosio III , . 716
Leone III Isaurico 717
Costantino IV Co-
pronimo . . . 741
Leone IV Cazaro . 775
Costantino V . .780
Irene madre di lui 790
Niceforo I ... 802
Staurace. . . . 811
Michele I Curopalata 811
Leone V VArir.enu 813
Michele II il Balbo 820
TeoQlo . . . 829
Impero romano d'Oriente (1).
408
450
474
457
474
491
518
527
565
578
582
602
610
641
641
668
685
dep. 695
698
705
711
713
dep. 716 ra.
717
741
719
abd.
775
780
797
dep. 802 m. 803
811
abd. 811 m,
dep. 813
820
829
842
812
842
842
867
Teodora reggente.
Michele III V U-
briaco . . .
Basilio I il Mace-
done, e Costan-
tino VI . . .
Leone VI il Filosofo 886
Alessandro . .911
Costantino VII Por-
fìrogeneta . . 911
Romano I Lecapene,
e i suoi tre figli
Cristoforo, Stefano
e Costantino VIII 919
Costantino VII, di
nuovo . . . 945
Romano II . . 959
Teofanone impera-
trice, reggente pei
figli Basilio II e
Costantino IX . 963
Niceforo Foca . 964
Giovanni I Zimisce 969
Basilio II e Costan-
tino IX . . . 976
Romano III Argiro 1028
Michele IV il Pa-
flagonico . .
Michele V Cala-
fata ....
Zoe e Costantino
X Monomaco .
Teodora sorella di
Zoe ... .
Michele VI Stra-
tiotico . . .
Isacco Comneno .
857
867
886
9H
912
1034
dep. 919
945
959
963
964
969
976
1025
1034
1041
1041 dep. 1042
1042
1054
1054
1056
472
474
475
476
493
e 1028
1056 abd. 1057
1057 abd. 1 059 m. 1061
Costantino XI Duca 1059 1067
Eudossia con Michele VII Parapinace, An-
dronico I e Costantino XI(òes)suoi figli,
dei Duca . .1067 1008
(I) Vedi Essai de Chronologìe hyzantine pour servir à Vexamen des Ànìiales du Bas-Empire^ et
parliculièrement des Ckronographes slavons de 393 à 1037, par Edi'ahd de Muralt. Pielrobiirgo ^855.
i68
CRONOLOGIA
Romano IV Diogene . .
Michele Parapinace f^olo .
Ni ce foro Botoniaie e Ni ec-
fore Brìenne . . . .
Alessio 1 Comneno . .
Giovanni II Comneno . .
Manuele Comneno . , .
Alessio II Comneno . .
-1068 1071
iOli al)d. \01S
'J078
1081
1145
liso
1081
1M8
1143
1180
1183
Andronico I Comneno (o
Andronico II) . . . 1183 118S
Isacco II V Angelo, o Lan-
gelo 118f)dep. 1195
Alessio III Langelo . . 1195 dep. 1205
Isacco II Langelo ristabi-
///o, col figlio Alessio IV 1203 1204
Alessio V Duca Murzuflo. 1204
Baldovino I conte
di Fiandra . . 1204
Enrico di Fiandra 1206
Pietro di Courte-
nay . . . . 1216
Imperatori franchi a Cosianlinopoli.
Roberto di Cour-
1206
1216
1219
tenay . . .1219 1228
Baldovino li . . 1228 dep. 1261 m. 1273
Giovanni di Brienne, tutore di Haldovino II
1229; imperatore 1231 1237
Teodoro Lascari 1 1206
Giovanni (III) Du-
ca Vatace . . 1222
Teodoro Lascari II 1255
Giovanni (IV) La-
Imperatori greci a Nicea.
1222
1255
1259
scari. . , . 1259 dep. 1260m.128i
Michele VIII Paleologo (o Michele Andro-
nico) a Nicea . 1260
a Costantinopoli 1261 1282
Ripigliano gl'imperatori a Costantinopoli.
Andronico II Paleologo (o Andronico III) il vecchio . . . 1282
Andronico III Paleologo (o Andronico IV) «7 i/jora?je . . 1328
Giovanni 1 (o V) Paleologo 1341
Giovanni (VI) Cantacnzeno assocm/o 1347
Giovanni Paleologo solo 1355
Matteo Cantacuzeno 1354
Manuele Paleologo 1391
Giovanni II (o VII Paleologo associato v. 1399
Giovanni HI (o Vili) Paleologo assocm^o 1419 .... 1425
Costantino XII Paleologo 1448
Nel 1453 i Turchi Ottomani s'impadroniscono di Costantinopoli.
dep.
32
1328 m. 1
1341
1347
abd. 1355
1391
abd. 1350 m. 1380
1425
abd. 1402
1448
1453
.^
48.
Papi
Anno
dell'
elez.
S. Pietro, galileo, principe degli Apostoli 32
Risedè prima in Antiochia, quindi dall'anno '(2 in Roma, ove
morì nel 07 (?), dopo i venticinque anni che la Cronaca di
Eusebio assegna al suo pontilicato.
S. Lino, da Volterra, martire 07?
S.' Anacleto o Cleto, di Atene, martire 78
S. Clemente I, romano, martire 91
S. Evaristo, di Betlem. martire 100
S. Alessandro I, romano 109
S. Sisto I, romano della gente Elvidia, martire . . . 119
S. Telesforo, di Turio nella Magna Grecia, martire . . 127
S. Igino, ateniese, martire 139
Durata
del
pontificato
annt
mesi giorni
23
» »
11
12
9
9
10
9
11
4
T.WO! F
Annn
<lell'
elcz.
S. Pio I, d'Aquileja, martire 142
S. Aniceto, d'Ancisa in Siria, martire 157
S. Solerò, di Fondi in Campania 168
S. Kleuterio, di Nicopoli, martire 177
S. Vittore, africano, martire 195
S. Zcfirino, romano, martire 202
S. Calisto I, romano della gente Domizia, martire . . 21!)
S. Urbano I, romano, martire 223
S. Ponziano, romano della gente Calpurnia, martire . . 230
S. Antero, di Policastro nella Magna Grecia, martire . . 235
S Fabiano, romano della gente Fabia, martire . . . 236
* Novaziano, primo antipapa 251
S. Cornelio, romano, martire 251
S. Lucio I, romano, martire 253
S, Stefano, romano della gente Giulia, martire . . . 255
S. Sisto II, ateniese, martire 257
S. Dionisio, di Turio nella Magna Grecia, martire . . 259
S. Felice I, romano, martire 269
S. Euticbiano, toscano, martire 275
S. Cajo, di Salona in Dalmazia, martire 283
8. Marcellino, romano, martire 296
S. Marcello I, romano, martire 304
S. Eusebio, di Cassano in Calabria 510
S. Melcbiade o Milziade, africano 311
S. Silvestro I, romano 314
S. Marco, romano 556
S. Giulio I, romano 337
S. Liberio, romano de' Savelli 352
S. Felice II, romano 555
Durante l'csijjlio di Liberio, o come vicario di lui, o creato pon-
tefice, forse illegittimamente; poi si ritirò a vita privala.
S. Damaso I, di Vimarano in Portogallo 566
" Ursicino 366
S. Siricio, romano 584
S. Anastasio I, romano 398
S. Innocenzo I, albanese 401
S. Zosimo, di Mesuraca nella Magna Grecia .... 417
S. Bonifazio I, romano 418
* Eulalio 418
S. Celestino, campano 422
S. Sisto IH, romano 432
S. Leone Magno, romano o toscano 440
S. Ilaro 0 Ilario, di Cagliari 461
S. Simplicio, di Tivoli 467
S. Felice III, romano 482?
S. Gelasio I, africano 492
S. Anastasio II, romano 496
S. Simmaco, sardo 498
* Lorenzo 498
S. Ormisda, di Fresinone in Campania 514
S. Giovanni I, toscano, martire 523
S. Felice IV, lìmbrio, di Benevento 526
Bonifazio II, di Boma, goto d'origine 530
Giovanni li, Mercurio, romano 532
109
Durat«
del
pontificato
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2
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11
470
CRONOLOGIA
Anno
dell'
elcz.
S. Agapito I, romano 535
S, Sìlverio, di Fresinone, martire 536
Vigilio, romano 538
Eletto ancora vivo Silverio: morto questo, fu riconosciuto.
Pelagio I, Vicariano, romano 555
Giovanni III, romano 560
Benedetto I, romano 574
Pelagio II, romano 578
S, Gregorio Magno, romano degli Anicj 590
Sabiniano, di Volterra 604
Bonifazio III, romano 607
S. Bonifazio IV, di Valeria ne' Marsi 608
S, Diodato, romano 615
Bonifazio V, napoletano 618
Onorio I, campano 025
Severino, romano 640
Giovanni IV, dalmatino 640
Teodoro I, di Gerusalemme, oriundo greco 642
S. Martino I, di Todi, martire 649
Eugenio I, romano 654
Creato col consenso del predecessore ancora vivente.
S. Vitaliano, di Segni in Campania 657
Adeodato, romano 672
Dono 1, romano 676
S. Agatone, di Reggio nella Magna Grecia 678
S. Leone II, da Piana di San Martino nella Magna Grecia 682
S. Benedetto II, romano 684
Giovanni V, d'Antiochia 685
* Pietro e Teodoro 686 » » »
Conone, siciliano, oriundo trace 686 » ìi »
S. Sergio I, palermitano, oriundo d'Antiochia .... 687 13 8 24
' Teodoro e Pasquale 687 » » »
Giovanni VI, greco 701
Giovanni VII, di Rossano 705
Sisinnio, siro 708
Costantino, siro 708
S. Gregorio II, romano dei Savelli 715
S. Gregorio III, siro 731
S. Zaccaria, di Santa Severina nella Magna Grecia . . 741
Stefano II, romano 752
Muore d'apoplessia il terzo giorno dopo la sua elezione, e prima
d'esser consacrato; onde presso alcuni cronologi non fa numero.
Stefano III (o li), romano 752
S. Paolo l, romano 757
' Teofilatto, Costantino, Filippo 767
Stefano IV (o HI), di Reggio nella Magna Grecia ... 768
Adriano l, romano dei Colonna 772
S. Leone III, romano 795
Stefano V (o IV), romano 816
S. Pasquale I, romano 817
Eugenio 11. romano 824
* Zizimo 824 » » »
Valentino, romano 827 » 1 10
Gregorio IV, romano 827 l(ì » »
Durala
del
pontific
ito
anni
mesi
gìorm
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10
19
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u
TAVoi.r ' 171
Anno Durata
dell' del ponliflcalo
elcz. anni mesi giorni
Sergio II, romano 844 3 » »
S. Leone IV, romano 847 8 3 6
Benedetto III, romano 855 2 6 10
* Anastasio 855 » » »
S, Nicola I, romano 858 9 G 20
Adriano II, romano 867 4 H »
Giovanni Vili, romano 872 10 » 2
Marino I, di (laliese nel Patrimonio di san Pietro . . . 882 1 4 »
Adriano III, romano 884 1 4 «
Crcdesi il primo che cambiasse nome salendo jiapa. Prima si
chiamava Agapito.
Stefano VI (o V}, romano 885 6 » »
Formoso 891 5 » »
Già vescovo di Porlo ; il primo trasferito da sede vescovile alla
papale.
* Bonifazio VI, toscano 896 » » 15
Fa numero tra i pontefici di questo nome.
Stefano VII (o VI), romano 896 1 2 »
Romano, da Gallese o Montelìascone 897 » 4 »
Teodoro II, romano . . . , 898 » » 20
Giovanni IX, romano 898 2 » 15
Benedetto IV, romano 900 5 « »
Leone V, di Ardea 903 » 1 9
Cristoforo, romano 903 » G »
Sergio III, romano 904 7 » »
Già eletto nell'89S.
Anastasio III, romano 911 2 2 »
Landone, sabino 913 » 6 10
Giovanni X, romano 914 14 2 (I)
Leone VI, romano 928 » 7 5
Stefano VIII (o VII), romano 929 2 1 12
Giovanni XI, romano de' Conti di Tuscolo .... 931 4 10 »
Leone VII, romano 956 3 6 10
Stefano IX (o Vili), dei duchi di Lorena 959 5 4 15
Marino II o Martino III, romano 942 5 0»
Agapito II; romano 946 9 7 »
Giovanni XII, de' Conti di Tuscolo ,956 8 ).- «
* Leone Vili, romano 965 » « «
Fa numero tra i pontefici omonimi.
Benedetto V, romano 964 1 « »
Giovanni XIII, romano 965 6 11 6
Benedetto VI, romano 972 1 3 »
* Bonifazio VII (Francane) 974 » » »
Dono li, romano, per breve tempo 974 » » »
Benedetto VII, de' Conti di Tuscolo 975 8 8 »
Giovanni XIV, Pietro Canepanova, di Pavia 983 w 9 »
Privato della vita da Bonifazio VII, che rioccupò la sede apo-
stolica.
Giovanni XV, romano, per pochi giorni 985 » « »
Giovanni XVI, romano , 985 10 » »
Gregorio V, figlio d'Ottone duca di Carinzia .... 996 2 9 12
(I) La cronolofjia aì'vilupptttìssìma di questi ultimi otto pontefici fu illustr.nta nei GeschichtsblUKer aut
(ler Srhweiz del 1 830 da Giuseppe Dcret, Chronolngic der Papste zu Anfany des zehnien Jahrhunderts.
nS CRONOLOr.lA
Anno
dell'
elez. anni
Nel 907 Giovann! Filafjato calabrese, vescovo di Piacenza, fu da
Crescenzio tiranno di Ironia collocalo violentemenlc sul soglio
pootilizio, col nome di
* Giovanni XVil 997
Silvestro II, Gerberto, d'Orillac in Alvernia 999 4
Giovanni XVil, Sicco, romano . 1003 »
Giovanni XVIII, Fasano, di Rapagnano presso Fermo . . "1003 5
Sergio IV, romano 1009 5
Benedetto Vili, de' Conti di Tuscolo 1012 11
* Leone Gregorio 1012 »
Giovanni XIX de' Conti di Tuscolo 1024 9
Benedetto IX, de' Conti di Tuscolo 1035 10
Rinunzia.
Nel 1043 *Silvestro III, poi "Giovanni XX, deposti nel
1046 da un concilio radunato a Sutri dall'imperatore
Enrico III.
Gregorio VI, Graziano, romano 1044 2
Clemente II, dei signori di MarcsIeve ed Horneburg in
Sassonia 104G »
Damaso II, Poppone, di Baviera 1048 »
Creato dopoché Benedetto IX di nuovo abdicò il pontiCcato , che
avca invaso alla morte di Clemente II.
S. Leone IX, Brunone, dei conti d'Egesheim in Alsazia . 10i9 Ti
Vittore II, dei conti Kew in Svevia 1055 2
Stefano X (o IX}, dei duchi di Lorena 1057 »
* Benedetto X, de' Conti di Tuscolo, detto Mincio . . . 1058 »
Da alcuni vicn reputato legittimo, e fa numero tra i pontefici di
questo nome. Abdicò il 18 gennajo -lO'iQ.
Nicola II, Gerardo, di Borgogna 1058? 2
Alessandro II, da Baggio, milanese 1061 11
* Cadaloo (vescovo di Parma), detto Onorio II ... . 1061 »
S. Gregorio VII, Ildebrando, di Soana nel Senese . . . 1073 12
* Guiberto (arcivescovo di Ravenna), detto Clemente III . 1080 »
Vittore III, Epifani di Benevento (già Desiderio abate di
Montecassino) : . 1086 1
Urbano II, de' signori di Cbàtillons, da Rcims . . . . 1088 11
Pasquale II, Ranieri, di Bleda presso Viterbo .... 1099 18
* Alberto, Teodorico e Maginulfo, detto Silvestro IV, dopo
morto Guiberto nel HOO
Gelasio II, Giovanni di Gaeta 1118 1
* Maurizio Burdino, detto Gregorio Vili 1118 »
Calisto II, de' conti di Borgogna 1119 5
Onorio 11, Fagnani, bolognese 1124 5
Innocenzo II, romano de' Papi o Papereschi, ora Mattei . 1130 13
* Pier di Leone, col nome di Anacleto II 1130 »
* Gregorio, col nome di Vittore IV 1138 »
Celestino II, di Città-di-Castello 1143 »
Lucio II, Caccianemici dall'Orso, bolognese . .... 1144 »
Eugenio III, Paganelli, di Montemagno nel Pisano . . 1145 8
Anastasio IV, romano 1153 1
Adriano IV, Breakspeare, di Langley nel contado d'IIart-
ford 1154 4
Alessandro III, Bandinelli, di Siena .• 1159 21
* Ottaviano di Roma, Guido di Crema, Giovanni di Strum
Durata
del pontificato
mesi giorni
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23
lAVOLL 173
Addo Durata
dell' del pontificalo
clcz, anni mesi giorni
e Landò Sitino, successivamente, coi nomi di Vittore
IV, Pasquale III, Calisto III ed Innocenzo 111.
Lucio HI, lII)aldo Aliungoli, lucchese . . ... 1181
Urbano HI, Uberto Crivelli, milanese ^85
Gregorio Vili, Alberto di Morra, beneventano .... 1187
Clemente 111, Paolino Scolari, romano 1187
Celestino HI, Giacinto Orsini, romano 1191
Innocenzo HI, Lotario dei conti di Segni, da Anagni . . 1198
Onorio HI, Cencio Savelli, romano 121 G
Gregorio IX, de' conti di Segni 1227
Celestino IV, Goffredo Custiglioni, milanese 1241
Innocenzo IV, Sinibaldo Fiesclii, genovese 1245
Alessandro IV, Rinaldo de' conti di Segni 1254
Urbano IV, Giacomo Pantaleon, di Troyes 1261
Clemente IV, Guido Fulcodi o Foulques, linguadochese . 126o
B. Gregorio X, Tibaldo Visconti, piacentino .... 1271
Innocenzo V, Pier di Tarantasia 1276
Adriano V, riesco, genovese 1276
Giovanni XXI, Pier Giuliano, di Lisbona 1276
Nicola IH, Giangaetano Orsini, romano 1277
Martino IV, Simone di Brion, sciampagnese 1281
Onorio IV, Giacomo Savelli, romano ... ... 1285
Nicola IV, Girolamo Musei, di Lisciano presso Ascoli . . 1288
Celestino V, Pier Morone, d'Isernia, rinunziò .... 1294
Bonifazio Vili, Benedetto Cajetani, d'Anagni .... 1294
Benedetto XI, Nicola Boccasini, trevisano 1303
Clemente V, Bertrando di Got, da Villandraut presso Bor-
deaux 1505
Giovanni XXIi, Giacomo d'Euse, di Cahors 1316
* Pietro di Corberia negli Abruzzi, detto Nicola V . . 1328
Benedetto XII, Giacomo Fournier, da Saverdun nella
contea di Foix 1334
Clemente VI, Pietro Roger, di Mauraont presso Limoges . 1342
Innocenzo VI, Stefano d'Aubert, di Mont presso Limoges 1332
Urbano V, Guglielmo di Grimoard, del Gevaudan . . . 1362
Gregorio XI, Pietro Roger, dei conti di Belford e Turenne,
da Maumont 1370
Urbano VI, Bartolomeo Prignano, napoletano .... 1378
* Clemente VII (Roberto di Ginevra) eletto a Fondi va a
sedere in Avignone, e comincia il grande scisma d'Oc-
cidente. Né questo né i successori suoi contano nel
catalogo dei pontefici 1378 » » »
Bonifazio IX, Pierino Tomacelli, napoletano .... 1389 14 11 »
* Pietro di Luna, col nome di Benedetto XllI .... 1394 » » "
Innocenzo VII, Cosma Meliorati, di Sulmona negli Abruzzi 1404 2 » 21
Gregorio XII, Angelo Correr, veneto 1406 » >» "
Il suo pontificato, se credesi terminato nella sessione xv del con-
cilio di Pisa, durò anni 2, raesi 6 e giorni 4 ; so si prolunghi
fino alla sessione Xiv del concilio di Costanza, nella quale ri-
nunziò, durò anni 8, mesi 7 e giorni 4.
Alessandro V, Pietro Filargo, di Candia 1409
Giovanni XXIH, Baldassarre Cossa, napoletano .... 1410
Slartino V, Ottone Colonna, romano 1417
"Clemente Vili (Gilles di Mui'ioz) eletto in Aragona dai
cardinali di Pietro di Luna, dopo la costui morte . . 1424
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174 cnoNOLOGiA
Anno Durata
dell' del pontificato
anni mesi giorni
elez.
Eugenio IV, Gabriele Condulmier, veneto 1431
* Felice V (già Amedeo Vili duca di Savoja); eletto dal
concilio scismatico di Basilea, rinunzia dopo 10 anni . 1439
Nicola V, Tommaso Parentucelli, di Sarzana .... 1447
Calisto III, Alfonso Borgia, di Valenza in Ispagna . . . 145S
Pio II, Enea Silvio Piccolomini, di Corsignano (Pienza) . 1458
Paolo II, Pietro Barbo, veneto 1464
Sisto IV, Francesco Della Rovere, nato presso Savona . 1471
Innocenzo Vili, Giambattista Cybo, genovese .... 1484
Alessandro VI , Rodrigo Len^ol Borgia , di Valenza in
Ispagna 1492
Pio III, Francesco Todeschini Piccolomini, senese . . 1503
Giulio II, Giuliano Delia Rovere, d'Albissola presso Savona 1503
Leone X, Giovanni de' Medici, fiorentino 1515
Adriano VI, Adriano Florent van TrifSen, di Utrecht . . 1522
Clemente VII, Giulio de' Medici, fiorentino 1523
Paolo III, Alessandro Farnese, romano 1534
Giulio III, Giammaria Ciocchi dal Monte, di Monte San
Savino 1550
Marcello II, Marcello Cervini, di Montepulciano . . . 1555
Paolo IV, Giampietro Caraffa, napoletano 1555
Pio IV, Gianangelo Medici, milanese 1559
S. Pio V, Michele Ghislieri, di Bosco presso Alessandria. 1566
Gregorio XIII, Ugo Buoncompagni, bolognese .... 1572
Sisto V, Felice Peretti, di Montalto presso Ascoli . . . 1585
Urbano VII, Giambattista Castagna, romano 1590
Gregorio XIV, Nicola Sfondrati, milanese 1590
Innocenzo IX, Gianantonio Facchinetti, bolognese . . 1591
Clemente Vili, Ippolito Aldobrandini, di Fano . . . . 1592
Leone XI, Alessandro Ottaviano de' Medici, fiorentino . 1605
Paolo V, Camillo Borghese, romano 1605
Gregario XV, Alessandro Ludovisi, bolognese .... 1621
Urbano VIII, Matteo Barberini, fiorentino 1625
Innocenzo X, Gianbattista Panfili, romano 1644
Alessandro VII, Fabio Chigi, senese 1655
Clemente IX, Giulio Rospigliosi, di Pistoja 1667
Clemente X, Emiliano Altieri, romano 1070
InnoceSzo XI, Benedetto Odescalchi, comasco .... 1676
Alessandro Vili, Pietro Ottoboni, veneto 1689
Innocenzo XII, Antonio Pignatelli, napoletano .... 1691
Clemente XI, Gianfrancesco Albano, di Pesaro . . . . 1700
Innocenzo XIII, Michelangelo Couti, romano .... 1721
Benedetto XIII, Pierfrancesco Orsini, romano .... 1724
Clemente XII, Lorenzo Corsini, fiorentino 1730
Benedetto XIV, Prospero Lambertini, bolognese . . . 1740
Clemente XIII, Carlo Bezzonico, veneto 1758
Clemente XIV, Gianvincenzo Antonio Ganganelli (già fra
Lorenzo), di Sant'Arcangelo presso Bimini .... 1769
Pio VI, Gianangelo Braschi, di Cesena 1775
Pio VII, Barnaba Chiaramonti, di Cesena 1800
Leone XII, Annibale della Genga, di Spoleto .... 1825
Pio Vili, Francesco Saverio Castiglioni, di Cingoli . , 1829
Gregorio XVI, Mauro Capellari, di Belluno 1831
Pio IX, Gio. Maria dei conti Mastai-Ferrelli, di Sinigaglia 1846
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lAVOLt
175
§49.
Re degli Unni.
Balamiro v. 376
Uldin 400 412
Donato 412
Caratone 412 424
Rolla . . .
Rua 0 Rugula
Biella e Attila
Attila solo .
424 432
432 433
433 444?
444 453
Irnak riconduce in Asia gli avanzi degli Unni v. 455.
g 50. — Re degli Svevi.
Ermenrico I .
Erniigario
Ermenrico li
Rechila . .
Rechiario
Frontano . .
Maldras . .
Frumario
409 427?
427 428
428 abd. 438 m. 441
438 448
448 456
457
457 460
460 463
Remisniondo 457
Rechila II , Teodemondo,
Ermenrico III, Riciliano
Cariarlco 550
Teodemiro 559
Miro 570
Eborico 582
Andeca 583
Leovigildo, re dei Visigoti, s'impadronisce del regno degli Svevi nel 585.
§51. — Re dei Vandali.
468
559
570
582
583
585
Godegisilo .... V. 406
Gonderico 406 428
Genserico 428 477
che nel 439 fonda il regno di Cartagine.
Unerico 477 484
Belisario conquista il regno di Cartagine nel 534.
Guntamondo 484 496
Trasimondo 496 523
llderico 523 530
Geli mero 530 534
§ 52. — Re ostrogoti.
Teodemiro nella Tra-
cia 460 475
Teodorico 475 , in
Italia .... 493 526
Atalarico .... 526 534
Teodato .... 534 536
Vitige 536dep. 540m.543?
Eldibaldo o Teode-
baldo .... 540 541
Erarico .... 541
Totila (Baduilla). . 541 552
Teja
I Greci, guidati da Narsete, rimangono padroni dell'Italia nel 554.
553
§ 53. — Esarchi dì Ravenna.
Narsete, duca d'Italia . . 554 568
Longino, primo esarca . . 568 584
Smaragdo 584 590
Romano 590 597
Callinico 597 602
Smaragdo (fi nuovo . . . 602 611
Lemigio 611 616
Eleuterio 616 619
Isacco 619 638
Platone 638 648
Teodoro 1 Calliopa ... 648 649
Olimpio 649 652
Teodoro Calliopa di nuovo . 652 666
Gregorio 666 678
Teodoro II 678 687
Piovanni Platino .... 687 702
Teofilatto o Teofilace ... 702 710
Giovanni Riz copo . . . 710 711
Eutichio 711 713
Scolastico 713 727
Paolo 727 728
Entichio di nuovo . . . 728 752
Astolfo longobardo pon fine all'esarcato
nel 752.
176
CJ;0.\0L0G1A
§ S4. — Re longobardi.
Alboino, vincitore dei Gepicli (l), chiamato
da Narsete in Italia . . 568 573
Clefi 575 575
Governo dei trenta duchi . 575 584
Autari ,584 590
Agilulfo 591 615
Adaloaldo . . . .615 dep. 625 m. 626
Ariovaldo 625? 63G
Rotari 636 652
Rodoaldo 652 653
Ariberto I 653 661
Gondiberto e Pertanto . . 661 662
Grimoaldo 662 671
Garibaldo 671
Carlo iMagno s'impadronisce del regno de'
Pertarito rimesso in trono.
Cuniberto il Pio, associato
dal 678
Luitperto o Liutperlo . ,
Uagimperto
Ariberto li
Ansprando
Liutprando o Luitprando .
Ildebrando, associato dal .
Rachi .
Astolfo
Desiderio
Adelchi 0 Adelgiso , asso-
ciato V.
Longobardi nel 774.
671
686
086 71)0
700 701
701
701 712
712
712 744
756 744
744 abd. 749
749 756
756
759 m. 788
Faroaldo 1
Ariulfo
Teodolapio
Attone
Trasimondo I ....
Faroaldo li
Trasimondo II ... .
Ilderico
Ansprando
Lupo 0 Lupone ....
Alboino
Gisolfo
Teodorico o Teodicio . .
Ildebrando
Vinigiso
Suppone 1
Adalardo ì
Mauringo [
Berengario '
Guido I
Lamberto I
1 duchi di Spoleto diventano
55. — Duchi di Spoleto.
Suppone II 871 879
Guido lì 879 880
Guido HI (re d'Italia, 889) 880-891 ra. 894
570
601
601
602
602
650
650
665
065
703
703
724
724
740
740
741
741
746
746
757
757
758
759
765
763
773
773
789
789
822
822
824
82-^
838
898
Lamberto 11 891
Guido IV
Agiltrude
Anonimo
Alberico
Teodebaldo 1 926
Anscario 935
Sarilone 940
Umberto 943
Bonifazio I e Teodebaldo II 946
Trasimondo III ... . 959
Pandolfo Testa di ferro . 967
Trasimondo IV .... 982
Ugo 1 il Grande .... 989
Bonifazio li 1001
Giovanni |
Uro II S
898
898
926
935
940
943
946
959
967
981
989
1001
1012
1012 1050
858 866
866 871
governatori mutabili ad arbitrio degli imperatori e re d'Italia.
g 5G. — Duchi del Friuli.
Grasolfo I 568 590
Gisulfo 590 611
Grasolfo II 611 621
Tasone e Cacone .... 621 635
Grasolfo II di nuovo . . 635 651
Alcuni cronologi mettono:
Gisulfo 568 615
Tasone e Cacone suoi figli . 615 635
Grasolfo fratello di Gisulfo 655 651
Agone 651 663
Lupo 663 666
Varnefrido 664
Vettari 666 67S
Laudari 678
Rodoaldo, Ansfrido, Adone 694
Fcrdolfo ligure .... 094 706
Corvolo 700
Pemmonc bellunese . . . 701) 73"
{{) Re dei GepiJi ; Turisiudo: poi Cuaimoudo, ucciso da Alboino ucl o67.
TAVOLE
d77
I suoi figli Rachi e Astolfo
re dei Longobardi . . 737 7-i9
Anselmo, loro fratello 749 abd. 751 ni. 803
Pietro
. 751
775
Rodgaiulo
. 775
776
Marcarlo (Marqiiard) .
. 77fi
—
Unrico (Ilurok) I . .
—
799
Cadaloaco
. 799
819
Bodrico 0 Balderico .
. 819
846
Evcrardo 846 868?
Unrico li suo figlio ... 868 874
nerengario(rfid7/a/ia,888j87i-878m.924
Gualfredo 878 895
r.riinoaldo 895 922
Enrico III , fratello di Ot-
tone Magno .... 922 952
Non appajono più duchi del Friuli.
57. — Duchi, poi principi di Benevento.
Zottone .... 571
Arigiso 0 Arechi I . . .
Ajone I
Rodoaldo
Grimoaldo 1 {re de' Longo-
bardi, 662) ... 6
Romoaldo 1
Grimoaldo li
Gisulfo I
Romoaldo II
Gisulfo 11
Andela
Gregorio . . . . .
Godescalco
Gisulfo II ristabilito . . .
Liulprando
Arigiso II, principe nel 774
Grimoaldo 111 (o I) . . .
Grimoaldo IV (o 11) . . .
Sicone
Sicardo
Radelgiso I
Radelgario
0 589
591
641
642
47-667 m
667
683
686
703
729
731
735
740
711
747
758
787
806
827
833 (1)
840
851
591
641
642
647
. 671
683
686
703
729
731
733
740
741
747?
758
787
806
827
853
840
851
853
Adelgiso
Gaideriso
Radelgiso li
Ajone (II)
Orso
Guido (IV duca di Spoleto) .
Radelgiso 11 ristabilito . .
Atenolfo 1
Landolfo 1 e Atenolfo lì . .
Landolfo 11 e Landolfo III .
Pandolfo I
Landolfo IV
Pandolfo II . . . . , .
Landolfo V
Pandolfo IH
Landolfo VI
Rodolfo
Pandolfo III e Landolfo VI
di nuovo
Pandolfo abdica, e Landolfo
gli sostituisce suo figlio
Pandolfo IV
Fine de' principi longobardi
853?
878
878?
881
881
884
884
890
890
894
894
896
896
900
900
910
910
943
943
961
961
981
981
982
982
1012
1012
1033
1033
1038
1038
1053
1053
1054
1054
1077
1059
1074
di Benevento.
§ 58. — Imperatori e re d'Italia.
Carlo Magno re dei Longobardi
incoronato imperatore .
Pepino re d'Italia ....
Bernardo re d'Italia . . .
Luigi 0 Lodovico il Pio asso-
ciato all'impero 813, re .
Lotario associato dair817
Luigi II associato dair8i9
Carlo il Calvo imperatore e re
Carlomanno re d'Italia . .
Impero vacante
Carlo il Grosso re 879, impe-
ratore
Guido da Spoleto re 889, im-
peratore
Berengario I re 888, imperatore
774 1
800
814
781
810
810
818
818
840
820
855
855
875
875
877
877
879
877-
-881
881
887
891
894
915
924
Lamberto imperatore e
re 894 898
Arnolfo imperatore e
re 896 899
Luigi IH re 899, im-
peratore .... 901 903 0 905
Rodolfo di Borgogna re 922 926
Ugo re 926 947
Lotario associato dal
931 , re . . . . 947 950
Berengario 11 e Adal-
berto, re .... 950 961
Ottone 1, re di Germania, riceve la corona
imperiale il 2 febbrajo 962 (Vedi Impe-
tori e re di Germania).
(^) Nell'SiO Ja quel di Benevento si slaccano i principali di Salerno e di Capila; il primo dei quali no
U)Tò è acquistato da lloberto Guiscardo duca di Puglia; l'altro, nel II 56 da Guglielmo il Malo re di Sicilia.
Cantò, Documenti. — Tomo I, Cronologia. 12
178
CRONOLOGIA
§ 59. — Conti e duchi di Puglia e Calabria.
Guglielmo I conte . . . 1043 -104^6
Drogone 1046 1051
Umfredo i05ì 1059
Roberto Guiscardo duca . 1059 1085
Ruggero 1085 UH
Guglielmo II .... illl 1127
^60 — Conti e re delle Due Sicilie.
Ruggero 1 conte di Sicilia 1 061 o 1 074-11 01
Ruggero II 1101
s'impadronisce della Pu-
glia 1127
re di Puglia e Sicilia col
nome di Ruggero I . . 1130 1154
Guglielmo 1 «7 il/(//o . . 1154 1166
Guglielmo II z7 fiuono . . 1166 1189
Tancredi conte di Lecce . 1189 1194
Guglielmo III .... 1194 1195
He di Sicilia.
1296
1337
Pietro d'Aragona . . .
Giacomo, nel 1291 re di Ara
gona
Federico I (o II), re di Tri
nacria
Pietro II
Lodovico 1342
Federico II (o IH) il Semplice 1 355
Maria 1577
Martino I 1392
Martino II 1409
Ferdinando I di Castiglia . 1412
Alfonso I (V d'Aragona) . . 1416
ottiene anche il regno di Napoli
Giovanni I ..... . 1458
1282 1285
1285 1295
Enrico VI (o i) di Hohen-
staufen 1194 1197
marito di Costanza, morta nel 1198.
Federico I (lì come impe-
ratore 1197 1250
Corrado 1250 1254
Corradino 1254 1258
Manfredi 1258 1266
Carlo I d'Anjou .... 1260 1285
perde la Sicilia nel 1282.
Re di Napoli.
Carlo IH7 Zoppo .... 1285 1309
(coronato nel 1288).
1557
1342
1355
1377
1402
1409
1410
1416
4458
Roberto (II) il Savio
Giovanna I . .
Luigi di Taranto
Carlo III (1) .
Ladislao . .
Giovanna II
Benato d'Anjou
1479
Ferdinando I
Alfonso II .
Ferdinando II
Federico II
Ferdinando II il Cattolico . 1479 1516
acquista anche il regno di Napoli, col nome di Ferdinando HI
Carlo V come imperatore, IV di Napoli, II di Sicilia, 1 di Spagna
Filippo I, II di Spagna
Filippo II, HI di Spugna
Filippo HI, IV di Spagna
Carlo V di Napoli, IH di Sicilia, Il di Spagna
Filippo IV, V di Spagna
1309 1345
1543 1381
1332 1302
1381 1586
1386 1414
1414 1435
1435 1442
1442 1458
1458 1494
1494 4495
1495 1496
4496 4501
4504 1516
1516 1354
1554 1398
1398 1621
1621 1665
4665 1700
1700 1707
Re di Napoli.
Carlo d'Austria, VI di Napoli e come
imperatore ....... 1707
ottiene anche la Sicilia 4720 o 1721
Re di Sicilia.
Vittorio Amedeo di Savoja .
1713
(1) Seconda Casa d^Ànjou.
Luigi I, adottato da Giovanna I ^580 ^òS'i 1 Luigi III.
Luigi II 1386 I.;i7 I Rinato .
Curio dpi Maine. spo(;lia(o d.i T,ui|;i XI
1417
I 'io 4
(li Fr
^iD4
-«542
TAVOLE 179
He delle Due Sicilie della Casa di Borbone.
Carlo di lìorbonc figlio di Filippo V, III di Spagna, VII di Napoli 473?) 17[i9
Ferdinando IV di Napoli, III di Sicilia 17^i9 dcp. 1798
ristabilito 1802 dep. 1805
Giuseppi', Duonaparte re di Napoli e Sicilia, 30 marzo .... 1800
Gioachino Murai, 15 luglio 1808 ucciso 1815
Ferdinando suddetto è ristabilito col titolo di Ferdinando 1 re del
regno delle Due Sicilie 1815 1825
Francesco I 1825 1830
Ferdinando II, 8 novembre 1830 1859
Francesco II, 20 maggio 1859spossess.18Gl
§ 61 . — Duchi di Parma e Piacenza.
Questi paesi formarono parte del ducato di Milano, fin quando papa Paolo III li investì
a suo figlio naturale Pier Luigi Farnese, primo duca .... 1545 1547
Ottavio 1547 1585
Alessandro 1585 1592
Ranuccio I 1592 1622
Odoardo 1622 1646
Ranuccio II 1646 1694
Francesco 1694 1727
Antonio 1727 1731
Estintasi con questi tre fratelli la casa Farnese, Elisabetta, figlia
d'Odoardo e moglie di Filippo V di Spagna, seppe far toccare
quel dominio a suo figlio don Carlo di Borbone 1731 1748
Don Filippo 1748 1765
Ferdinando 1765 1802
Luigi I 1802 1803
cede Parma e Piacenza alla Francia, ed ottiene la Toscana come
re d'Etruria.
Carlo Luigi II 1803 dep. 1807
Maria Luigia d'Austria, rìMc/iessa (?<■ Parma 1815 1847
Carlo Luigi suddetto 1847 abd. 1849
Carlo Ili 1849 ucciso 1854
lioheTlo {Luigia di Borbone reggente) '2,1 mdiVzo 1854spossess.l859
^ 62. — Marchesi, duchi e granduchì dì Toscana.
Bonifazio I (o II) marchese di Toscana 828 845
Adalberto I il Ricco 845 890
Adalberto il 890 917
Guido 917 929
Lamberto 929 931
Bosone i 931 936
Umberto 936 961
Ugo il Grande 961 1001
Adalberto III 1001 1014
Riniero 1014 1027
Bonifazio II (o III) 1027 1052
Federico 1052 1055
Beatrice 1055 1076
Matilde 1076 H15
morendo, fa donazione alla santa sede ; ma Enrico V imperatore
ne occupa i beni , e mette al governo della Toscana presidi e
marchesi amovibili, che durano 1116 — 1135
480
CRONOLOGIA
Enrico l'Orgoglioso, investito duca di Toscana dall'imperatore Lo-
tario II 1133
Ingelberto, eletto vicario del duca Enrico dal concilio Pisano, poi
scacciato dai Lucchesi H34 o H35
ristabilito da Lotario II 1137
Ulderico, creato marchese di Toscana dall'imperatore Corrado III 1139 4db3
Welfeste, fratello del duca Enrico, creato marchese dall'imperatore
Federico Barbarossa 1153 H9b
Filippo, quintogenito del Barbarossa, eletto marchese dall'impera-
tore Enrico VI 1195
Cominciano le fazioni dei Guelfi e Ghibellini 1198
La Toscana si regge a repubblica fino al . 1550
Carlo V soggiogatala, vi pone duca Alessandro de' Medici . . . 1531 1536
Cosimo I de' Medici 1537
ha il titolo di granduco di Toscana 15G9 1574
Francesco Maria 1574 1587
Ferdinando I 1587 1609
Cosimo II ; 1609 1621
Ferdinando II 16i21 1670
Cosimo III 1670 1723
Gian Gastone 1723 1737
Estinta la linea medicea, vi è surrogato Francesco Stefano di Lo-
rena {imperatore di Germania, 1745) 1737 1765
Un atto di Francesco I imperatore del 14 luglio 1765 stabili che il
granducato sarebbe una secondogenitura della Casa d'Austria.
Perciò gli succede il secondogenito Leopoldo 1765
Essendo questi eletto imperatore nel 1790, succede nel granducato
il secondo suo figlio Ferdinando III 1790
Nella pace di Luneville 1 801 , il granducato è dato all'infante Luigi
di Parma.
Elisa Buonaparte creata granduchessa di Toscana 1807
Ferdinando III ritorna 1814 1824
Leopoldo II 1824spossess.l859
che per abdicazione del duca Carlo Luigi di Lucca (1847), acqui-
sta anche questo ducato. Abdica a favore di suo figlio Ferdi-
nando IV, 21 luglio 1859
§ 63. — Duchi di Ferrara, Modena e Reggio.
La Casa longobarda dei principi d'Este si divise in due rami, 1097; uno con Guelfo si
stabilì in Germania, ove dominò il Brunsvvick-Luneburg, e salì al trono inglese; l'altro
con Folco stette in Italia. Borso, discendente da questo, fu da Federico IH imperatore
fatto duca di Modena e Reggio 1453 1471
Ercole I 1471 1505
Alfonso I 1505 1534
Ercole II 1534 1559
Alfonso II 1559 1597
Cesare 1597 1628
che nel 1598 perde il ducato di Ferrara.
.Modena, come feudo imperiale, fu data ad Alfonso III figlio
di Cesare 1628 abd. 1629m. 1644
Francesco I 1629 1658
Alfonso IV 1658 1662
Francesco II 1662 1694
Rinaldo 169i 17.37
Francesco IH 1757 1780
TAVOIK ' 181
Ercole IH Rinaldo 1780 dep. 179701.1805
la cui unica figlia Maria Beatrice nel 1771 sposa
Ferdinando Carlo arc/ciuco d'^us/rm 1803 1806
Francesco IV 180G
entra in possesso 1814
succede a sua madre Maria Beatrice nel ducato di Massa
e principato di Carrara , e diviene ceppo d'una nuova
Casa d'Este 1829 1846
Francesco V, 2 gennajo 1846spossess.18S9
— Dogi di Venezia,
Paoluccio Anafesto, primo doge 697
Marcello Tegagliano .... 717
Orso Participazio 726
Maestri della milizia . . . lol — 742
Deodato Orso, doge
Galla
Domenico Monegario
Maurizio Galbajo
. . 742
. . 7o5
. . 7S6
. . 764
Giovanni Galbajo 787
Obelerio
Angelo Participazio . . .
Giustiniani Participazio . .
Giovanni Participazio I . .
Pietro Tradonico o Gradenigo
Giovanni [figlio e collega).
Orso Participazio II . . .
Pietro, poi Orso [fratelli e colleghi)
804
810?
827
829
857
881
887
Pietro Candiano 1
Giovanni Participazio II,
Domenico Tribuno [da alcuni).
Pietro Badoero Tribuno , . . 888
Orso Participazio II (o IH) . . 912
Pietro Candiano II .... 952
Pietro Participazio o Badoero . 939
Pietro Candiano IH ... . 942 (1)
Pietro Candiano IV ... , 9S9
Pietro Orseolo I 976
Vitale Candiano 978
Tribuno ilemmi 979
Pietro Orseolo li 991
Ottone Orseolo 1009
Pietro Centranigo . . , . , 1020?
Orso Orseolo patriarca.
Domenico Flabanico , , . , 1052
Domenico Contarini , , . . 1043
Domenico Silvio 1071
Vitale Faliero 1084
Vitale Michiell 1096
Ordelafo Faliero 1102
Domenico Michiel 1117
Pietro Dolano 1130
Domenico Morosini .... 1148
Vitale Michiel H 1136
Sebastiano Ziani
Orso Malipiero
Enrico Dandolo
Pietro Ziani
Jacopo Tiepolo
Marino Morosini
Renier Zeno .
Lorenzo Tiepolo
Giacomo Contarin
Giovanni Dandolo
Pietro Gradenigo
Marino Giorgi .
Giovanni Soranzo .
Francesco Dandolo
Bartolomeo Gradenig
Andrea Dandolo .
Marino Faliero
Giovanni Gradenigo
Giovanni Delfino .
Lorenzo Gelsi . .
Marco Cornaro
Andrea Contarini
Michele Morosini .
Antonio Venier .
Michele Steno . .
Tommaso Mocenigo
Francesco F"oscari
Pasquale Malipiero
Cristoforo Moro .
Nicola Tron .
Nicola Marcello .
Pietro Mocenigo .
Andrea Vendramin
Giovanni Mocenigo
Marco Barharigo .
Agostino Barbarigo
Leonardo Loredana
Antonio Grimani ,
Andrea Gritti .
Pietro Landa .
Francesco Donato
Marcantonio Trevisan
Francesco Venier. .
1172
1179
1192
1205
1229
1249
12S2
1268
1275
1279?
1289
1311
1512:
1528
1339
1343?
1554
1335
1356
1561
1 365
1567.'
138^2
1382;
1400
iiìi
utz
1471
i47a
1474
147C
1478
1483
1480
1301
1321
1325
1559
1545
1553
1554
(<) Fin (jui la serie comune dei dogi varia da quella data dalla Cf onaca AUinate e da Martin da Canale,
li
CFIONOLOGU
Lorenzo Friuli 1b.%
Girolamo Friuli 1S59
Pietro Loredano iS67
Luigi Mocenigo iS70
Sebastiano Venier ^577
Nicola Da Fonte 1578
Pasquale Cicogna 'ISSS
Marino Grimani 1595
Leonardo Donato 'IBOG
Marcantonio Menimi 1612
Giovanni Bembo 161S
Nicola Donato 1618
Antonio Friuli 1618
Francesco Contarini 1625
Giovanni Cornaro 1624
Nicola Contarini 1630
Francesco Erizzo 1631
Francesco Molin 1646
Carlo Contarini 1653
Francesco Cornaro 1656
Bertuccio Valier . . .
Giovanni Pesaro . . .
Domenico Contarini . .
Nicola Sagredo ....
Luigi Contarini . . .
Marcantonio Giustiniani .
Francesco Morosini . .
Silvestro Valier ....
Luigi Mocenigo . . .
Giovanni Cornaro . . .
Sebastiano Mocenigo . .
Carlo Kuzzini ....
Luigi Pisani
Pietro Grimani ....
Francesco Loredano . .
Marco Foscarini . . .
Alvise Mocenigo . . .
Paolo Renier ....
Luigi Manin, ultimo Doge
1789-
1656
1658
1659
1673
1676
1684
1688
1694
1700
1709
1722
1732
1733
1741
1752
1762
1763
1779
797
gas. -
Questa repubblica è successivamente go-
vernata da consoli , podestà e capitani
del popolo, ed incomincia ad aver dogi
con Simone Boccanegra . . . 1559
Giovanni de-Murta 1344
Giovanni De- Valenti 1350
Genova si dà al signor di Milano . 1352
e ristabilisce il dogato con Simone
Boccanegra 1356
Gabriele Adorno 1363
Domenico Fregoso 1370
Antoniotto Adorno, deposto . . . 1578
Nicolò Guarco 1378
Leonardo Montaldo 1383
Antoniotto Adorno 1584
Giacomo Fregoso 1590
Antoniotto Adorno 1391
Antonio Montaldo 1592
Clemente Promontorio .... 1393
Francesco Giustiniani .... 1393
Nicolò Zoagli, Antonio Guarco e An-
toniotto Adorno I59i
Genova si dà alla Francia . . . 1396
poi al marchese di Monferrato . 1409
Giorgio Adorno, doge . . . . 1413
Barnaba Giano 1415
Tommaso Campofregoso . . . . 1413
Genova si arrende al duca di Milano 1 421
e dopo 15 anni nomina doge Is-
nardo Guarco 1436
Tommaso Campofregoso .... 1436
Battista Fregoso 1437
Tommaso Campofregoso .... 1457
Rafaele Adorno 1443
Genova.
Barnaba Adorno e Giovanni Fregoso 1447
Luigi Fregoso 1448
Pietro Fregoso 1450
Genova si rida alla Francia . . . 1458
Prospero Adorno, doge .... 1461
Spinetta Fregoso e Luigi Fregoso . 1401
Faolo Fregoso, arcivescovo . . . 1463
Genova soggetta al duca di Milano 1464
Prospero Adorno 1478
Battista Fregoso 1478
Paolo Fregoso 1 483
Genova soggetta al duca di Milano 1487
poi alla Francia 1499
Faolo da Novi, doge popolare . . 1507
Giovanni Fregoso 1512
Ottaviano Fregoso 1313
il quale dal 1313 al 1522 è go-
vernator regio.
Antoniotto Adorno 1522
Cacciati i Francesi , Genova adotta
il governo dei dogi biennali.
Oberto di Lazzaro Cattaneo . . . 1528
Battista Spinola 1531
Giambattista Lomellino .... 1533
Cristoforo Grimaldo-Rosso . . . 1533
Giambattista Doria 1557
Gianandrea Giustiniani .... 1539
Leonardo Cattaneo 1541
Andrea Centurione-Pietrasanta . . 1543
Giambattista Fornari 1545
Benedetto Gentile 1547
Gaspare Bracelli-Grimaldo . . . 1349
Luca Spinola 1531
Giacomo Promontorio .... 15t3
TAVni.F
483
Agostino Pinelli .....
15?)3
Pier Ciovanni Cybo-Chiavari . .
ÌÌ\'M
Gerolamo Vivaldi
1559
Paolo Hatlista Calvi-Giudice. . .
1501
Battista Cicala-Zonali
1501
Giambattista Lercaro
1565
Ottavio Gentile Oderico ....
1 505
Simone Spinola •.
1567
Paolo iMoneglia-Giustiniani , . .
1509
Gianotto Lomeilino
1571
Giacomo DurazzoGrimaldo . . .
1573
Prospero Pattinanti-Centurione. .
1575
Giambattista Gentile
1577
Nicola Boria
1579
Girolamo De-Franchi
1581
Girolamo Chiavari
1585
Ambrogio De Negro
1585
David Vaccaro
1587
Battista Negrone
1589
Giovanni Agostino Giustiniani , .
1591
Antonio Grimaldo-Cebà ....
1593
Matteo Senarega
1595
Lazzaro Griraaldo-Cebà, morto doge
1597
Lorenzo Sauli
1599
Agostino Doria
1601
Pietro De-Franchi, già Sacco . .
1605
Luca Grimaldo
1605
Silvestro Invrea, morto doge . .
1007
Girolamo Assereto
1607
Agostino Pinelli
1609
Alessandro Giustiniani ....
1611
Tommaso Spinola
1615
Bernardo Clavarezza .....
1615
Giangiacomo Imperiali ....
1617
Pietro Durazzo
1619
Ambrogio Doria, morto doge . .
1621
Giorgio Centurione, che rifiutò la
dignità
1625
Federico De-Franchi
1623
Giacomo Lomeilino
1625
Gian Luca Chiavari .....
1627
Andrea Spinola
1029
Leonardo Torre
1631
Giovanni Stefano Doria ....
1655
Gianfrancesco P.rignole ....
1635
Agostino Pallavicino .....
1637
Giambattista Durazzo . , . .
1 059
Giovan Agostino De Marini, morto
doge
lOil
Giambattista Lercaro
1642
Luca Giustiniani
1644
Giambattista Louiellini . . . .
1646
Giacomo De' Franchi
1648
Agostino Centurione
1650
Girolamo De-Franchi
1052
Alessandro Spinola
1054
Giulio Sauli
1656
Giambattista Centurione .... 1058
Gian Bernardo Frugone, morto doge 1060
Antoniotto Invrea 1661
Stefano Mari 1663
Cesare Durazzo 166S
Cesare Gentile 1667
Francesco Garbarino 1669
Alessandro Grimaldo 1671
Agostino Saluzzo 1673
Antonio Da-Passano 1675
Giovannettino Odone 1677
Agostino Spinola 1679
Luca Maria Invrea 1681
Francesco Imperiali-Lercari . . 1683
Pietro Durazzo 1685
Luca Spinola 1687
Oberto Torre 1689
Giambattista Cattaneo 1691
Francesco Invrea 1693
Bendinelli Negrone 1695
Francesco Maria Sauli, morto doge 1697
Girolamo Mari 1699
Federico De-Franchi 1701
Antonio Grimaldo 1703
Stefano Onorato Ferretto . . . 1705
Domenico Maria Mari 1707
Vincenzo Durazzo 1709
Francesco Maria Imperiali . . . 1714
Giananlonio Giustiniani .... 1713
Lorenzo Centurione 1715
Benedetto Viale 1717
Ambrogio Imperiali 1719
Cesare De-Franchi 1721
Domenico Negrone 1723
Girolamo Veneroso 1726
Luca Grimaldo 1728
Francesco Maria Balbi .... 1730
Domenico Maria Spinola .... 1732
Stefano Durazzo 1734
Nicolò Cattaneo 1756
Costantino Balbi 1738
Nicolò Spinola ... ... 1740
Domenico Canavero 1742
Lorenzo Mari 1744
Gian Francesco Brignole. . . . 1746
Cesare Cattaneo 1748
Agostino Viale 1750
Stefano Lomeilino, che abdicò . . 1752
Giambattista Grimaldo .... 1752
Gian Gioachino Veneroso . . . 1754
Giacomo Grimaldo 1756
Matteo Franzoni 1758
Agostino Lomeilino 1760
Rodolfo Brignole-Sale .... 1762
Francesco Maria Rovere .... 1765
Marcello Durazzo 1767
Giambattista Negrone, morto doge. 1769
1!
CRONOLOGIA
Giambattista Cambiaso, morto doge
Ferdinando Spinola, che abdicò
Pier Francesco Grimaldo
Brixio Giustiniani . .
Giuseppe Lornellini .
Giacomo Maria Brignole
Marcantonio Gentile .
Giambattista Airolo
Gian Carlo Pallavicini.
Raffaele Deferrari , .
Alerame Pallavicini .
Michelangelo Cambiaso
1771
1775
1775
4775
1777
1779
1781
1783
1785
1787
1789
1792
Giuseppe Maria Boria 1795
Giacomo Maria Brignole .... 1793
Giacomo Maria Brignole, nominato
dal generale Buonaparte a Mon-
tebello 1797
Francesco Cattaneo, per un mese e
mezzo 1802
Girolamo Durazzo, 50 luglio . . 1802
Girolamo Serra, presidente del go-
verno 1814.
Genova è unita al regno di Sardegna 1815
^66. — Signori e duchi di Milano.
Della Torre Mar-
è fatto duca .
1395
1402
tino . . .
1257
1263
Gian Maria . .
1402
1412
Filippo . . .
1263
1265
Filippo Maria .
1412
1447
Napoleone . .
1265
1277m
1283
Sforza Francesco,
Visconti Ottone.
1277
1295
duca nel 1450
1447
1466
Matteo I . . .
1295 abd
1322m
1523
Galeazzo Maria .
1466
1476
Guido . . .
1302
1511
Gian Galeazzo .
1470
1494
Galeazzo 1 . .
1522
1528
Lodovico Maria il
Azzone . . .
1528
1339
Moro . . .
1494 dep
1500 m. 1510
Luchino . . .
1559
1549
Luigi XII re di
Giovanni . . .
1549?
1354
Francia .
1H00
1512
Matteo II )
Galeazzo II [
1355
Massimiliano
1554
1578
Sforza . . .
1512
dep
1515 m. 1550
Bernabò . '
1385
Francesco I re di
Gian Galeazzo sue
.
Francia .
1515
1522
cedeaGaleazzoII 1378
Francesco II Sfor-
poi a Bernabò ed
za, ultimo duca
1522
e 1525 1535
§ 67.
Luigi di Gonzaga, signore
di Mantova .... 1528
Guido 1360
Luigi II 1369
Francesco 1382
Giovanni Francesco, mar-
chese nel 1455 . . . 1407
Luigi III 1444
Federico I .... . 1478
Giovanni Francesco II . 1484
Federico II, rfuca nel 1550 1519
Francesco IH . . . . 1540
— Mantova e Monferrato,
Guglielmo, duca
1560
di Monferrato
1569
nel 1573 . .
1550
1587
1582
Vincenzo I . .
1587
1612
1407
Francesco IV .
Ferdinando car-
1612
144i
dinale . . .
1012
1626
1478
Vincenzo II car-
148i
dinale . . .
1626
1627
1519
Carlo di Névers.
1627
1657
1540
Carlo II . . .
1637
1665
1550
Carlo HI , . .
1665
dep. 1703
g 68. — Savoja.
Cronologia incerta; la più probabile pare
questa :
Umberto Bianca-
mano, conte di
■ Moriana . . 1003
Amedeo I
Odone .
I05r.?
104t
1060?
Pietro I e Amedeo II
Umberto II il Rinfor-
zato , conte di Sa-
voja
Amedeo HI . . .
1060 1078 e 1080
1080
1105
Tommaso
1103
1148
Umberto HUd^a/o . 1148 1188
. 1188 1233
TAVoi.r;
185
Amedeo IV
Bonifazio .
Pietro II .
Filippo I ,
Amedeo V.
Edoardo .
Aimone
Amedeo
Conte
Amedeo
il
Verde) .
VII (il
Conte Rosso
Amedeo Vili, duca
nel 1416 . .
Lodovico . . .
Amedeo IX beato,
Filiberto 1 . ,
Carlo 1 ...
Carlo II . . ,
Filippo II . ,
Filiberto II . .
Carlo III . . ,
1233
1263
1268
1283
1323
1529
1343
1383
1592 abd.
1440
•1463
1472
1482
1490
1496
1497
1504
Emanuele Filiberto 1 555
Carlo Emanuele I
Covrat scuote il giogo degli
Avari (1) . , . .V.
Asparuk ..... v.
Suo fiatello Alezeco è chia-
mato in Italia da un duca
di Benevento.
Terbelli v.
Cormete v.
Telesi
Sabino
Pageno
Telerico o Tserico . . .
Cardamo
Crumo 0 Crem ....
Ducom
Dizeng 0 Tsoc ....
Mortagone
Baldimiro
Bogori
Presiamo e Voriso . . .
Simeone
Pietro I . . . .
Boriso
Samuele
1253
1263
1268
1285
1323
1329
1343
1383
1391
1439 m. 1431
1465
1472
1482
1489
1496
1497
1504
1553
1580
a Grande . . 1580 1630
Vittorio Amedeo I 1630 1037
FrancescoGiacinto1637 1638
Carlo Emanuele II 1638 1675
Vittorio Amedeo II
che nel '1713 pe
tiene la Sicilia ,
colla Sardegna ,
re ....
Carlo Emanuele HI 1730
Vittorio Amedeo III 1 773
Carlo Emanuele IV 1706 abd
11 Piemonte è unito alla Francia
Vittorio Ema-
nuele I . . .
Carlo Felice, ulti-
mo della casa di
Savoja . . .
CarloAlberto, del-
la casa di Savoja-
Carignano . . 1831 abd. e m. 1849
Vittorio Emanuele II, 23 marzo 1849
Re d'Italia per legge 17 marzo 1861
1675
trattato d'Utrecht ot-
e nel 1720 la cambia
avendone il titolo di
abd. 1 730 m. 1732
1773
1796
1802m.l819
1814 abd. 1821 m. 1824
1821
1851
§ 69. — Re dei Bulgari.
626
679
705
727
762
765
763
764
764
771
771 abd.
776
776
806
806
814
814
815
821
821
826
826
844
844
abd.
887
886
888
927
927
971
971
974
974
1014
Gabriele 1014 1015
Giovanni Ladislao . . .1015 1018
La Bulgaria è ridotta a pro-
vincia dell'impero d'O-
riente 1019
Asan I e Pietro II scuotono
il giogo dei Romani, e si
fanno proclamare re di
Bulgaria . . . 1186 1189 e 1190
Gioannicio {Calojanni). . 1196 1207
Vorilao 1207 1215
Giovanni Asan II . . 1215 1242
Calomano I 1242 1245
Michele 1245 1258
Calomano li 1258 1259
Milze 1259 —
La Bulgariaè teatro di continue rivoluzioni.
Costantino Tech, Lacana, Giovanni
Asan III, Giorgio Terterl . v. 1291
Smilzete, Suvestislao . - . v. 1525
Giorgio Terter II, Boesilao, Strasci-
miro I, Neda, Strascimiro II, Sis-
mano o Crajovich . . . . v. 1550
La Bulgaria è conquistata dagli Ottomani
nel 1396.
(1) Re degli Avari.
Gli Avari od Oguri, cacciati dalla Tarlarla dal kan Disabul, penetrano in Europa, e
si fermano nella Dacia, sotto il comando di kacan Varcuni v. 558
Kan Bajan fonda l'impero degli Avari 566 G2G
Dopo la sua morte il dominio degli Avari dura nelle due Pannonic, finche vien distrutto da Carlo iNFagno
nel 796.
186
cr.oNoi.ociA
§ 70. — Re crociati di Gerusalemme.
Gofredo di Buglione
Baldovino I . . .
Baldovino II . .
Folco
Baldovino ili . .
Amaury (Amalrico) I
Baldovino IV . .
1099
UGO
1118
1131
1142
1162
1173
UGO
1118
1131
11. i2
1162
1173
1185
Baldovino V 1185 1186
Guido di Lusignano . . 1186 1192
fonda il regno di Cipro.
Enrico di Champagne. . 1192 1197
Amalrico II di Lusignano 1197 120S
Giovanni di Brienne . . 1209 1237
I Cristiani cacciati di Palestina nel 1291.
§ 71. — Re di Cipro
Guido di Lusignano . . 1192 U9i
Amalrico (re di Gerusa-
lemme, ì 191). . . . 1194 120S
Ugo I 1205 1218
Enrico I 1218 1253
Ugo II 1253 1267
Ugo III 1267 1284
Giovanni I 1284 1285
Enrico U 1285 1324
Ugo IV 1324 1361
Pietro I 1561 1572
Pietro II (Pierino) . . . 1372 1382
Giacomo I 1382 1398
Giovanni II 1598 1432
Giovanni HI .... 1432 1458
Carlotto 1458 1464
Giacomo II 1464 1473
Giacomo III 1473 1475
Caterina Cornare . . . 1475 1489
cede il regno ai Veneziani.
1 Turchi se ne fanno padroni nel 1571.
§ 72. — Principi latini d'Antiochia e Tripoli.
Antiochia.
Boemondo I principe .
. 1098
1111
Boemondo MI . . .
. 1187
1201
Boemondo li . . .
. 1111
1131
Boemondo IV il Cieco.
. 1201
1255
Costanzo
. 1131
1136
Boemondo V . . .
. 1233
1251
Raimondo ....
. 1136
1149
Boemondo VI . . .
. 1251
1274
Rinaldo di Chatillon .
. 1149
1187
Boemondo VII . . .
. 1274
1288
Tripoli.
Bertrando conte . .
. 1109
1112
Raimondo II . . .
. 1152
1187
Ponzio
. 1112
1137
Raimondo III . . .
. 1187
1200
Raimondo 1 . . . .
. 1157
1152
Rupino
1200
La contea di Tripoli è unita al principato d'Antiochia.
11 sultano d'Egitto Kelaun s'impadronisce di Trijioli nel 1289.
75.
Re e Soli di Persia.
Sa^sanidi
Ardescir o Artaserse I . . . 223
Sciapur 0 Sapore I ... 258
Ormus od Ormisda I . . . 271
Varane, 1, o Baluam, o Wram 273
Varane li e suo (ìglio Varane 276?
Narsete 29i
Ormisda II 3G3
Sapore II 310
Artaserse II 380
Sapore 111 384
Varane 111 389
238
271
273
276
294
303
310
380
38 i
389
3i)9
Isdegardc I 399 420
Varane IV 420 440
Isdegarde lì 440 457
Firuz 0 Peroso I .... 457 488
Balasco 488 491
Cobad 0 Cavad 491 531
Cosroe il Grande .... 551 579
Ormisda IH (o IVj . . . . 579 589
Cosroe II 589 G28
Siroe 628 G29
Adeser 629
187
632
Snrl.asaz «-29
Turandokht G29 G32
Kosciansciadch |
Arzumidokht ) • • • •
Nel (i5i la Persia divien provincia dell'impero degli Arabi.
Dopo la dominazione di questi e la invasione mongola vi si forma il regno dei
Cosroe Ili . i
Firuz II. .[ f.32
Faruk Zad . '
Isdegcrde Ili G52 GliH
So fi.
Sciah-lsmael I pronipote
di Soli 0 Ssafi . . 1499 o ISOl 1S23
Thamasp 1523 1575
Ismael li 1575 1577
Kodavend 1577 1585
Emir-Amzeh .... 1585
Ismael III 1585
Abbas I iMirza il Grande . 1586 1028
Sam-Mirza (Sciali-Sefij . '1628 16 i2
Abbas il 1642 1666
Solimano 1666 1694
Hussein 1694 1722
Mir Mahmud usurpatore . 1722 1725
Aschraf usurpa/ore . . 1725 1729
Thamasp 11 1729 1732
Abbas 111 1752 1756
Thamasp kuli-kan (Sciah-
INadir) usurpatore . . 1736 1747
Ali-kuli kan (Adil-sciah) . 1747
Ibrahim 1748
Ismael-sciah titolare . . 1750 1761
Ali-iMerdan, Kerim, Mohammed-Hassan rcf/-
(jenti (icakilj.
Kerim-kan 1761 1779
Guerra civile .... 1779 — 1794
Aga-Mohammed kan, fondatore della di-
nastia de' Kagiari . . 1794 1797
Feth-Ali-sciah (Baba-kan) 1797 1834
iVlohammed-Mirza . . . 1854 1848
Aga-Mobammed-kan lì (Ne-
reddin-sciah) . . . 1848
S 74.
Arabia.
Si conservarono i nomi dei re arabi dal 2500 av. C. in poi. A quell'epoca, Jeetan
figliuolo d'IIeber governa gli Arabi; alla morte di lui i regni di Yemen e dell'Egiaz
si dividono.
Nell'Yemen, quarantasei re si S'iccedono, da Jareb sino a Yusef, 480 d. C, e Dhnjadan,
480-529, il quale è spossessato dal negusc d'Abissinia, che dà il trono al cristiano
Abyat.
Abrahah al-Asram m. 570
L'antica dinastia viene ristabilita da Cosroe 572
1 principi dell'Yemen si sottopongono a Maometto 630
Nell'Egiaz si annoverano quaranta principi da Joram fino ad Hashem capo degli
Hashemiti; cui succedono Abd-Motaleb ed Abd-Allah padre di Maometto . v. 570
Abutaleb;
Abu Sophian, delia tribìi di Koreisc.
La Mecca apre le porte a Maometto . 629
nato il 570; fugge {l'Egira) 622; muore 632
Califfi.
Abubeker, primo califfo
632
Omar 1 634
634
6i4
Otman
. . 644
656
Ali
. . 656
661
Asan
. . 661
Moaviah I ommiade
. . 661
680
Yezid I
. . 680
683
Moaviah li ... ,
. . 683
684
Ner^an 1 ....
. . 684
685
Abd el-Malek . . .
. . 685
705
Valid I
. . 705
715
Solimano .....
. . 715
717
Omar 11
. . 71 7
720
Yezid 11 720 724
Ilesciam 724 745
Valid li 745 744
Yezid Ili j 744
Ibraim [744 749
Merwan II, ultimo ommiade ' 750
Abul Abbas 750 754
Abu Giafar Almanzor . . . 754 775
Mohammed .Mabadi ... 775 785
Iladi 785 786
Aron al-Rascid 786 809
Amin 809 813
Al-Mamun 813 833
188
Motassem 853
Vatek Billah 842
Mothavakel 847
Mostanser 861
Mostain-Billah 862
Molaz 866
Mothadi Billah 869
Motammed Billah .... 870
Mothaded Billah .... 892
Moctafi Billah 902
Moctader Billah .... 908
Kaher Billah 932
Rhadi 934
Mothaki 940
Mostakfi 944
Bagdad è presa da Ulagù kan gen^
CRONOLOGIA
842
Mothi
946
974
847
lai
974
991
861
Kader Billah ....
991
1031
862
Kaiem Bamrillah , . .
1051
1075
866
Moctadi Bamrillah. . .
1075
1094
869
Mostader
1094
1118
870
Mostarseed
-1118
1155
892
Rasced
1135
1136
902
Moctafi
M36
1160
908
iMostandged
1160
1170
952
Mosthadi
1170
1180
954
Nasser
1180
1225
940
Daher
1225
1226
944
Mostanser
1226
1245
946
Mostasem, ultimo abbasside
1245
1258
giskanide nei 1258.
75. — Egitto.
Califfi fafimiti.
936
946
955
Óbeidallah, primo mahadi ' 909
Kaiera Abul Casem . . 956
Almanzor 946
Moez Ledinillah,pn>noca-
liffo 953 975
Aziz Billah 975 996
Hakem Bamrillah ... 996 1021
Daher Ledinillah . . . 1021 1036
Abu Jamin Mostanser
Abul Casem Moslalli
Abili Manzor Amer
Hafed Ledinillah .
Dafer Bamrillah .
Favez Ben Nasrillah
Adhed Ledinillah .
1050
1094
1094
noi
noi
1130
1150
1149
1149
1155
1155
1160
1160
1171
Sultani.
Nureddin Mahmud , . 1171
Saladino ...... 1174
Nalek el-Aziz Otman . . 1193
Malek el-Mansur . . . 1198
Malek Adel Seifeddin Abu-
bekr I, Safadino. . . 1200
Maled el-Kamel, Meledino 1218
Malek Adel Seifeddin Abu-
bekr II 1238
Malek Saleh 1240
Malek el-Moadham. . . 1249
Sciagereddur su/Zana . j
Malek el-Ascraf Musa . [ 1250
Azzeddin Mnez Ibeg . '
Nureddin Ali ... . 1254
Kuluz 1259
Bibars I Bondocar . . . 1200
Berekè Said 1 277
Selamesc 1279
KelauD Malek el-Mansur . 1279
Kald Ascraf 1290
Naser Moharamed . . . 1295
Ketboga 1294
Latgin 1296
Naser Moharamed dai nuouo 1299
Bibars II 1309
1174
1193
1198
1200
1218
1258
12i0
1249
1250
1250
1254
1257
1259
1260
1277
1279
1290
1295
1294
1296
1299
1509
1510
Naser Mohammed per la
terza volta . . . . 1510 1341
Abubekr MansurSeifeddin 1541
Kutciuc Ascraf . . . . 13il 1542
Ahmed Naser Scheabeddin 1542
IsmailelSalehOmadeddiu 1342 1544
Sciaban Kamel .... 1344 1546
Hagi 1346 1347
Ilassan Naser Seifeddin . 1547 1351
Malek el-Saleh . 1551 dep. 1554 m. 1501
Ilassan Naser Seifeddin di
nuovo 1534 1361
Mohammed Mansur 1561 dep. 1 303 m. 1378
Sciaban Ascraf
Ali Mansur Alaeddin .
Hagi Saleh ....
Barkok Daher . . .
Hagi Saleh di nuovo .
Barkok Daher di nuovo
Farag
Abdolaziz Malek el-Mansur
Farag di nuovo . . .
Mostain
Sceik Mahmud . . .
Ahmed
Thathar Daher Seifeddin
1365 1577
1577 1381
1581 1382
1582 1589
1389
1389 1399
1399 1405
1405
1405 1412
1412
1412 1421
1421
142i
TAVOLE
Mohammcd Saleh Nase
reddin
Biirsbai Ascraf Seileddin
Gemaleddin Yuf^uf
Abusaid Jacmac
Fakreddin Ofmaa
Al)ul Nashr Inai
Abiilfatli Alimed
Abusaid Kboskadani
Abnsaid Balbai . .
Abusaid Tamarborga
1421 14'22
1422 1438
1438
1458 1435
1455
1453 14G1
1461
1461 1467
1467
1467 1468
Ascraf Kaitbai .
Al)ussaadat Moliammcd
Kansu Khamsmiah
Abiissaadat Mobammed di
nuovo ....
Abusaid Kansu . .
Abul Nashr Jambalatb
Seifeddin Tumara bey
Kansu el Gawri. .
Tumani-bey . . .
1468 1496
d .
1496
1496
idi
1496 1498
1498 1499
1499 1501
1501
, ,
1501 1516
1516 1517
1 Turchi Ottomani s'impadroniscono dell'Egitto nel 1517.
76. — Turchi Selgiucidi.
I Selgiucidi si dividono in quattro rami:
I. Sultani di Carism :
Cotbbeddin Mohammed . ? 1127
Atziz 1127 1155
El-Arslan 1155 1172
SciàMahmud .... 1172 1186
Tagasc 1186 1197
II. ^elgiucidi di Persia, che tolgono
Mikail 1020 1038
Togrul Beig 1058 1065
Alp Arslan 1064 .1Q72
Maiekscià Gelaleddino . 1072 1093
Barkiaroc 1093 1103
Mohammed I . . . . 1105 1115
I sultani di Carism s'insignoriscono della
kan mongolo nel 1223.
III. Sultani d'Iconio (Konieh) o di R
Solimano I 1074 1085
Interregno
Kilige Àrslan I . . . . 1092 1107
Saisan 1107 1117
Massud 1117 1155
Kilige Arslan lì . . . 1155 1J92
Gajatheddin Kaikosru I . 1192 1198
Solimano II 1198 1204
Kilige Arslan III .. . 1204 1210
IV. Sultani d'Aleppo e di Damasco :
Tutusc 1085 1095
Reduansultanod'Aleppo(2} 1095 1114
Alp Arslan 1114 1115
Sultan scià 1115 1117
Cothbeddin Mobammed II 1197 1229
Gelaleddin Mohammed . 1219 1225
Soliman Scià .... — 1237
Togrul -padre di Otman ceppo della dina-
stia Ottomana ... — 1221
questa ai Gaznevidi (1):
Sangiar, Mabmud I, Mas-
sud e Mohammed 11 . 1115 1158
Mabmud li 1158 1160
Solimano 1160 1161
Arslan-scià 1161 1177
Togrul II 1177 1187
Persia , e ne vengono cacciati da Gengis-
Azzeddin Kaikau I . . 1210 12J9
Alaeddin Kaikobad . . 1219 1237
Gajatheddin Kaikosru II . 1257 1243
Azzeddin Kaikau II . . 1245 1261
Rokneddin 1261 1267
Gajatheddin Kaikosru III. 1267 1285
Gajatheddin Massud . . 1283 1294
ucciso dagli emiri ribelli, che ne sbra-
nano il dominio.
Ilghazi, figliuolo d'Orthok 1117 1121
Solimano 1121 1123
Balah 1125 1124
Timurtasc 1124 1125
(^)
Mahmucl fonda l'impero de' Gaznevidi in Persia 997
Massud
(2) A Damasco :
Dekak ^093
Toghti'j^hia I 105
Tage el-Muluk Buri . . UH
H27
H028
-1028
^038
Ismail Sciams el-MuIuk . -1)32 4'l5o
SceabcdJin Mahmud . . -H3a ■\\ó9
Gemaleddin Mohammed . -1139 M42
.Mogireddin H42 -1104
190
CKOiNOLOGIA
SancarBurski .... -1125 -1127
Massud 1127 1128
Omadeddin Zenghi 1 . . 1128 1145
Nureddin Mahmud . . 1145 1174
che nel li 54 s'impadronisce di Damasco.
Malek el Salek Ismail . . 1174 1181
Azzeddin Massud . . . 1181 1182
Omadeddin Zenghi II. . 1182 1183
Saladino s'impadronisce di Damasco, 1174,
e di Aleppo, 1183; muore nel 1193.
Gajatheddin Ghazi , sul-
tano d'Aleppo (1) . . 1193
Aziz Gajatheddin . . . 1216
Malek el-Naser Yusuf. . 1236
è vinto da Ulagù kan mongolo.
1216
1236
1260
Selgiucidi della dinastia Kadergian, dominanti nel Kerman:
Kaderd v. 1042
Sultan-scià . . ; 1073
Turan-scià 1085
Iran-scià 1096
Arslan-scià 1100
Mogajateddin ....;.. 1141
Togrul-scià 1156
Arslan-scià 1168
Baaram scià 1172
Turan scià 1179
Mohammed-scià 1187
che in quest'anno è detronizzato da To-
grul, quinto dei Salgaridi che domina-
rono nel Farsistan dal 1148 al 1263, e
furono vinti da Ulagù-kan mongolo.
§ 77. — Kan Mongoli.
Nome mongolo Sopranome mongolo Soprauome cinese
Temucin Gengis-kan Tai-tsu . .
Oktai Tai-tsung .
Cajuk Ting-tsung
Mangù Sian-Tsung
Cuhilài ...... Secen-kan Sci-tsu . .
si fa capo della xx dinastia cinese, abbandonando
la parte occidentale al fratello Ulagù.
Temur Olgaitu-kan Cing-tsung .
Kaiscian .... . Kulul-kan Wu tsung .
Ajur-Balibatra .... Bujantu-kan Jin tsung .
Sioda-Bala Gheghen-kau .... Yng-tsung .
Yssun-Temur Tai-ting-ti .
Assukeba (Ragiapika) Tienchun
Cusciala Kutuktu kan
Tot-Temur Gigiagatu kan
\lè-cebé (Rincenpal . .
Togan-Temur .... Ukagatu-kan
Ulagù-han , ceppo della dinastia persa de'
Gengiskanidi . . . . 12r)9 1265
Ahaka-kan 1265 1282
Ahmed kan 1282 128i
Argunkan 1284 1287
Cangiatukan .... 1287 1292
Baidu-kan 1292
Cassan-kan 1292 1304
Ming-tsung
. . . Uen-tsung . .
Ning-tsung
. . . Sciun-ti . .
Algiatu-kan
Abusaid-kan . . . :
Arpakan
Anarchia. Gli Ilkaniani,
i Modnfferiani . . .
Tamerlano
Eskander, figlio di Kara-Y
cipe del Monton nero (2)
1206
1227
1246
1251
1260
1294
1306
1311
1320
1323
1328
1329
1329
1332
1333
1317
1335
1304
1317
1535
i Giubaniani, e
1335 — 1560
1360 1403
'usuf, terzo prin-
1410 1435
(«) A Damasco: Malek el-Afdalil UQo V\9(> 1 Malek el-Naser Salahcddin Daud . ^227
Malek el-Adhel Seifeddin o Siifadin -1196 4218 Maiok el-Aseraf -1229
Malek el-Moadhara SccrfcdJin . -1218 1227 | Malek el-Salch Ismail .... 1237
Damasco si arrende al sultano d'Aleppo nel ^2b0, e cade in potere dei Mongoli nel t2C0.
(2) Scià Rokb, ultimogenito di Tamerlano, regna nella Transoxiana . . . i'id'i
Oliig Beig -•''•■*7
Abd el-Lathif ^'4■^'J
Abdallah l-i'^O
Abusaid, pronipote di Tamerlano, s'insignorisce della Transoxiana; ma nel l'<68 ne
da Lssum-Cassan.
dep.4 229
4 237
■12 4 9
-!.'<'. 7
4-549
4A31
e cacciato
TAVOLE
191
Geangir
1435
14G7
il cui figlio Ilassan-Alì
è detronizzato da
Ussum-Cassan, primo prin-
cipe del Molitori bianco.
U68
1478
Yekuf
1478
1485
Julaver 1485 1488
Baysingir 1488 1490
Ilustam 1490 1497
Ahttìed 1497
Alvand 1497 1499?
spogliato da Sciah-Israael sofì.
78. — Impero del Mogol.
Babur-Zehir-Eddin-Moliammed, quinto di-
scendente di Tamerlano. 1505 1550
Humajiim 1530 1541
Scir-sciah, Selim sciali, Feroz-sciah, Adel-
sciah, Ibraini-kan, Ahmed-kan usurpa-
tori
Humnjum di nuovo . .
Akbar il Grande, impera-
tore nel 1602 . . :
Geaoguir
Sciah-Giban I . ; . .
Guerra civile ....
Aurengzeb o Alemguir 1 .
Azem-sciah e Sciah-Alem
1541 1555
1555
1555 1605
1605 1627
1627dep.l656
1656 — 1659
1659 1706
o Aalem I . . . . 1706 1707
Sciab- Aleni so?o ... 1707 1712
Gibander-sciah . . . . 1712 1715
Faruksiar 1713 1716
Rafiuder-Giat .... 1716
Sciab-Giban II ... 1716 1717
Nekossiar competitore . . 1717
Mobammed-Abul-Modhaffer 1717 1747
Abmed-sciab . . . . 1747 1753
Alemguir li 1753 1759
Sciab- Aleni II ... . 1759
cede i suoi dominj alla Compagnia in-
glese delle Indie orientali nel 1768, e
muore nel 1806.
§ 79. — Imperatori Ottomani (1).
Otman o Osman I 1299
Creano 1526
Amurat 1 1560
Bajazet I il Folgore 1389
Solimano Chelebi ...... 1402
Musa Chelebi 1410
Maometto I 1415
Amurat II 1421
Maometto II il Conquistatore regna
in Costantinopoli dal 1453 . 1451
Bajazet II 1481
Selim I 1512
Solimano I (o II) «7 Legislatore . 1520
Selim II 1566
Amurat HI 1574
Maometto III 1595
Acmet I 1605
Mustafà I 1617
Otman II 1618
Mustafà I, rimesso in trono 1622dep.
m.
Amurat IV il Prode
Ibraim
Maometto IV . 1649 dep. 1687 m.
Solimano II (o III)
Acmet II ; .
Mustafà II .
Acmet IH
Mahmud I .
Otman HI .
Mustafà III .
AbduI Ilamid
Selim III . .
Mustafà IV .
Mabmud II ... .
Abdul-Megid, 2 luglio
Abdul-Azis, 24 giugno
1695 dep. 1705 m,
1705 dep. 1730 m.
789 dep. 1807 m.
1623
1630
1623
1640
1693
1687
1691
1704
1736
1730
1754
1757
1774
1808
1807
1808
1839
1861
S80.
Marocco e Fez,
Hassan Amet, primo sceriffo di Ma-
rocco 1516
Muley Mobammed 1544
nel 1552 acquista Fez.
Muley Abdaltah 1557
Muley Mobammed el-Mostanser . 1574
Muley Abd el-Melik, usurpatore . 1576
Muley Abmed Labass 157J
Muley Cbeikh
Muley Abmed II
Muley Aly, capo della dinastia dei^ 1603
sceriffi Filely
Muley Mobammed III . . • .
Muley Archyd 1664
(1) Vedi il § Turchi Selgiucidi.
192
CRONOLOGIA
Muley Ismael, imperatore . . . 1672
Muley Ahmed Dehaby .... 1727
Muley Abdallah II d729
detronizzato cinque volte dai pre-
tendenti, nel 1742 trionfa.
Sidy Mohammed I 1757
Muley Mohammed Madhi al.Tezid . 4783
Muley Haschem 1790
Sidy Soliman •1792
.Muley Al)der Rahman .... 1822
Sidy Mohammed II 184S
§ 81. — Imperatori e re di Germania (1).
Carlo Magno imperatore 800 0 799 25 die. 814
Lodovico il Pio imperatore 814 840
Lotario I imperatore 840 855
Lodovico II imperatore 855 875
Carlo il Calvo imperatore 875 877
Lodovico il Tedesco 0 il Bavaro^ primo re di Germania . 817 876
Lodovico III il Sassone . 876 882
Carlomanno re di Baviera 876 880
Carlo III il Grosso, re di Svevia dair876, di tutta Germania 882 dep. 887 m. 888
Arnolfo 887 899
Zventiboldo re di Lorena 895 900
Luigi IV il Fanciullo 899 911
Corrado I 912 918
Enrico I l'Uccellatore 919 956
Ottone I re d'Italia 961, imperatore 962 956 973
Ottone II imperatore 973 9G2 983
Ottone III imperatore 996 983 1002
Enrico II imperatore 1014 1002 1024
Corrado II Salico imperatore 1027, re di Borgogna 1032 . 1024 1039
Enrico III imperatore 1046 1039 1056
Enrico IV imperatore 1053 1056 1106
Enrico V imperatore 1111 1106 1125
Lotario II imperatore 1133 1125 1137
Corrado III di Ilohenstaufen 1J38 1152
Federico I Barbarossa imperatore 1155 1152 1190
Enrico VI imperatore 1191 1190 1197
Filippo di Svevia 1198 1208
Ottone IV imperatore 1209 1198 • 1218
Federico II imperatore 1220 1212 1250
Enrico il Ragione, di Turingia, antimperatore 1246
Corrado IV 1250 1254
Grande interregno 1254 — 1273
Guglielmo d'Olanda 1247 1256
Ricardo di Cornovaglia 1257 m.1272
Alfonso di Castiglia . . . . 1257 1273
Rodolfo I di Ilabshurg 1273 1291
Adolfo di Nassau . . ; . ' 1292 1298
Alberto I d'Austria 1298 1308
Interregno di sette mesi.
Enrico VII di Luxemburg imperatore 1312 1308 1313
Luigi V il Bavaro imperatore 1328 1314 1547
Federico HI il Bello 1514 abd. 1525 m. 1550
Carlo IV di Boemia imperatore 1355 1347 1578
Venceslao 1578 dep. 1400 m. 1419
Roberto 1400 1410
.Tosse 1410 1411
(<) VcJi il g Imperatori e re cf Italia.
I
TAVOLE 193
Sigismondo imperatore 1433 "J^IO 1437
Alberto II, d'Austria come i successivi 1437 1439
f'ederico III imperatore 145:2 ■'439 1493
Massimiliano 1 1493 1519
Carlo V . . ' . 1519 abd.155Gm. 1558
Ferdinando I 1536 1564
Massimiliano II 1564 1576
Rodolfo il 1576 1612
Mattia 1612 1619
Ferdinando II 1619 1657
Ferdinando HI 1637 1657
lìiterrt'(/nu di quiìKliri ìnesi.
Leopoldo I 1658 1705
Giuseppe I 1705 1711
Cario VI 1711 1740
Interrei/ììo di sei me^i.
Carlo VII d'Hannover 1742 1745
Maria Teresa e Francesco I di Lorena 1745 1765
Giuseppe II 1765 1790
Leopoldo li 1790 1792
Francesco II 1792 1855
nel 1806 rinunzia al titolo d'imperatore romano, e così l'Impero si scioglie.
§ 82. — Austria.
Carlo Magno uni alla Baviera tutto il paese sull'Ens fino allo sbocco del Raab nel
Danubio, chiamandolo Marca degli Avari (793). Gli Ungheri l'occuparono; ma vinti
essi (928^\ l'ebbe in dominio la Casa di Babenberg.
Leopoldo l'UluMtre, tito-
lato marchese nel . . 982
Enrico 994
Alberto 1 il Vittorioso . 1018
Ernesto 1056
Marchesi.
994
1018
1056
1076
Leopoldo il Bello . . .
1076 1096
Leopoldo 111 il Pio . .
1096 1136
Alberto II ì7 Devoto . .
1136
Leopoldo IV // Liberale .
1136 1142
Duchi.
Enrico II Jasomirgott ,
duca nel 1156 . . . 1142 1177
Leopoldo V 1177 1194
Federico il Cattolico. . 1194 1198
Leopoldo VI // G7or/oso . 1198 1230
Federico il Bellicoso . . 1230 1246
Estinta con lui la linea mascolina, Ven-
ceslao III di Boemia ne fa investire suo
figlio Premislao Ottocaro , che verso il
1272 è spossessato da Rodolfo signore
d' Habsburg f castello sull'Aar al nord
del cantone di Berna}, poi imperatore.
Costui ne investe suo figlio
Alberto I 1282 1308
Federico «7 Bello . ■ .
Alberto II il Savio o il
Zoppo con Ottone . .
Rodolfo IV V Ingeynoso .
Alberto 111 or col fratello,
or coi nipoti, or solo .
Guglielmo come tutore di
Alberto IV, poi solo .
Leopoldo IV ed Ernesto .
Alberto V
Ladislao Postumo . . .
Finito il primo ramo dei
della Casa d'Habsburg,
dei duchi di Carintia.
1308
1330
1358
1365
1395
1406
1411
1440
1330
1 358
1365
1395
1 406
1411
1 439
1457
duchi d'Austria
sottentra quello
Arciduchi
Federico V(llIcomeimperatore)erige l'Au-
stria in arciducato nel 1453; e morto La-
dislao Postumo, la occupa 1 !57 1493
Massimiliano I .... 1495
Ca.niù, Documenti. --Toni';' I, Cronologia
Da qui innanzi vedansi gV Iv^peratori e re
di Germania sino a Francesco li, che nel
ISOe-erige gli Stati ereditar] in impero.
13
194 CRONOLOGIA
Imperatori.
Francesco I 4806 183S
Ferdinando I 483S abd. 1848
Francesco Giuseppe, 2 dicembre *18'48
§ 83. — Sassonia.
L'Antica Sassonia comprendeva i paesi settentrionali fra l'Elba ed il Weser dal lato
del Heno. Al tempo di Lodovico il Tedesco n'era duca Landolfo: Enrico suo discen-
dente, detto l'Uccellatore, fu re di Germania nel 919. Finita la discendenza maschile,
l'imperatore Enrico V ne investì Lotario, il quale fatto imperatore, ne investi il suo
genero Enrico il Superbo 1128. Enrico il Leone suo figlio estese le conquiste lungo il
Baltico fin alla Vistola, ma ne fu spoc^liato da Federico Barharossa 1180; e, spartito
il paese, Bernardo d'Ascania figlio d'Alberto VOrso ebbe il ducato di Sassonia, che così
significò un altro paese. Più altri cambiamenti e divisioni subì il ducato, fin ad Ernesto
ed Alberto, che il 26 agosto 1485 fecero una divisione, e restarono capi delle due linee
principali, dette Ernestina e Albertina. Ernesto ebbe l'elettorato, e la più parte della
Turingia, il Vogtiand, Coburg; Alberto la maggior parte della Misnia e il resto della
Turingia. Ribellatosi Giovanni Federico a Carlo V, fu vinto 1547, spogliato della dignità
d'elettore e della più parte dei beni, trasferiti a Maurizio della linea Albertina 15i8.
Dalla Ernestina derivarono le Case principesche di Weimar, Gotha, Meiningcn, Alten-
burg, Coburg-Gotha. L'Albertina continuò nell'elettorato, e diede varj re alla Polonia.
Per la pace di Posnania (1806, 11 dicembre) la Sassonia fu eretta in regno, col ducato
di Varsavia, cui nel 1809 si aggiunse buona parte della Gallizia. Nella pace di Vienna
(1815), la Sassonia perde il ducato di Varsavia, tutta la bassa Lusazia, parte dell'alta,
e assai altri possessi.
Federico Augusto III 1827
Antonio -1827 1836
Federico Augusto IV 1836 1854
Giovanni, 9 agosto 1854
§ Si. — Baviera,
Il duca de' Bavari o Boj era eletto, nel vi secolo, dal duca d'Oslrasia, togliendolo
dalla razza degli Agilolfìngi, sinché Tassilone II fu deposto da Carlo Magno 788. Allora
sottentrano i Carolingi, finché l'imperatore Arnolfo investi di quel ducato Luifpoldo
0 Leopoldo suo cugino, cui succedette Arnolfo il Malvagio 912. Per donne arrivò pdi
ai Guelfi d'Este 1070. La linea mascolina dell'imperatore Lodovico il Bavaro si estinse
con Massimiliano III Giuseppe 1777. Per patto di famiglia successe Carlo Teodoro, il
quale cedette all'Austria il circolo dell'lnn. Spenta con lui (1799) la linea di Sulzbacb,
succede quella del Palatinato Due-Ponti con Massimiliano Giuseppe, che il 1 gennajo
1806 piglia il titolo di re.
Massimiliano I Giuseppe 1806 1825
Luigi Carlo Augusto 1825 abd. 1848
Massimiliano II, 21 marzo 1848
§. 85. — Wttrtemberg.
È così detto da un castello nelle vicinanze di Stultgard. La linea non più interrotta
dei conti comincia con Ulrico 1 v. 1250. Crebbero alla caduta degli llohenstaufen. ÌNel
1495 il paese fu eretto in ducato dall'imperatore .Massimiliano I a favore del conte Ebe-
rardo V. Eederico I Eugenio divette fuggire per l'invasione francese del 1796. Fede-
rico II Guglielmo nella pace di Luneville (1801, 9 febbrajo) cedette alla Francia i pos-
sessi sulla sinistra del Meno, ricevendone grossi compensi; nel 1803 prese la dignità
di elettore; e al 1 gennajo 1806 quella di re.
Federico I 1806 1810
Guuiielmu I, 30 ottobre 1816
TAVOLE
195
g 86. — Re di Ungheria.
Arpad, principe degli Un-
gheri . 887 907
Soìtan 007 Qfi!
Toxun 958 961
Gn/sa 961 997
Slefiino il Santo, re nel
1000 997 1038
Pietro 1058 1041
Siiiiiuele, detto Aba . . UHI 10i4
Pietro, rimesso in trono . 104idep.1046
ni. 10o5
Andrea I 1046 1061
Bela I 1061 1063
Salomone 1063dep.1074
m. 1087
Geysa I 1074 1077
Ladislao I 1077 l(19o
Colomano 109S 1114
Stefano II 1114 1151
Bela li 1131 1141
Cevsa II 1141 1161
Stefano 1111161 dep. 1101
ritornato 1163 1173
Ladislao II e Stefano IV
usurpatori . . . 116! 1162 e 1163
Bela III 1175 1196
Emerico 1196 1204
Ladislao III (o II) . . . 1204 1203
Andrea II 1205 1235
1270
1270 1272
1272 1290
1290 1301
1301 alid. 1505
ni. 1306
1305al)d.l508m.13l2
1542
Bela IV 1235
Stefano V (o IV) . .
Ladislao IV (o III) .
Andrea III ... .
Vcnceslao re di Boemia
Gitone di Baviera
Carlo I Roberto fCaroberto) 1508
Luigi , re di Polonia nel
1570 1312 1582
Maria I 1582 1392
Sigismondo associato . . 1588 1457
Carlo fi re di Napoli. . 1585 1586
Alberto d'Austria . . . 1458 1439
Elisabetta .... 1439 1442
Ladislao V 1439 o 1445 abd. 1457 m. 1458
Vladislao I fo Ladislao V
bis) re di Polonia . . 1440 1444
Gioimnni Vniade reggente 1444 1456
Mattia Corvino . . . . 1458 1490
VladislaoII(o Ladislao VI) 1490 1516
Luigi II 1516 1526
Ferdinando I . . . . 1526
Vedansi pV Imperatori e Re di Germania
dal 1556 sino a
Francesco II .... 1792 1835
Ferdinando 1830abd.l848
Francesco Giuseppe . . 1848
§ 87.
Samon, re dei Cesci o Boemi v.
Croco V.
Premislao, duca di Boemia . v.
Borziwoy ...... v.
... 895
650
700
722
894
Spitignew I
Vratislao I
Venceslao I
Boleslao I
Boleslao II
Boleslao III
921
925
956
967
Re di Boemia.
Vladislao II re . 1140 abd. 1173 ni. 1174
Sobieslao II duca 11 74 dep. 1178 m. 1180
Federico dal 1175 al 1174, poi 1178 1189
Corrado II 1189 1191
Venceslao II. . 1191 dep. 1192 m. 1194
Bretislao III Enrico . . 1195 1198
Vladislao III , ult » duca abd. 1198 m. 1222
Premislao Ottocaro 1 duca 1192, deposto
921
925
956
967
999
. 999 dep. 1002 m. 1057
Vladiboy 1002 1003
.Taromiro . . . 1005dep. 1012 m. 1058
Udalrico 0 Ulrico I . , 1012 1057
Bretislao I 1057 1055
Spitignew II .... 1055 1061
Vratislao II, re nel 1086. 1061 1093
Corrado I 1095
Bretislao II 1093 1100
Borziuoyll. . 1 100 dep. 1107 m. 1 124
Suatopulk 0 Swiatopolk . 1107 1109
Vladislao 0 Uladislao I . 1109 1125
Sobieslao I 1125 1140
1195. ritornato 1197, re 1198 1230
Venceslao III (o I) . . 12.^0 12f^5
Premislao Ottocaro II . 12.53 1278
Intprreqno 1278 — 1283
Venceslao IV, re di Polonia
nel 1501 1285 1305
Venceslao V, re d'Unghe-
ria e di Polonia . . . 1305 1506
Rodolfo d'Austria . . . 1306 1307
Enrico di Carintia 1307 dep. 1509 m. 1551
Giovanni di Luxemburg . 1310 1346
Carlo, imperatore nel 1347 1346 1378
Venceslao VI, imperatore
fino al 1400 .... 1378 1419
196 CnONOLOGlA
Sigismondo imperatore . ii]Q d437
Alberto d'Austria . . . 1437 i439
Ladislao I (o Viadislao IV} 1440 1457
Giorgio Podiebrado . . 1458 1471
Ladislao li (o Viadislao Vj 1471 1516
Luigi 1516 1526
Ferdinando I .... 1526
Vedansi gì' Imperatori e re di Germania
dopo il 1556 sino a Ferdinando IV d'
Austria abdl848
Francesco Giuseppe . . 1848
§ 88. — Re di Francia.
Faramondo 419 430 1 Clodione 430
451
Meroveo
Childerico I . . .
Clodoveo I ...
Clodomiro, a Orleans
Tierrico I, a Metz
Teodeberto I, a Metz
Teodebaldo, a Metz .
Childeberto I, a Parigi
dotarlo 1, a Soissons 511
558, solo . . .
Sigeberto I, in Ostrasia
Urunechilde . . .
Childeberto II, in Ostrasia
re d'Orleans e Borgogna
dal 593.
Teodeberto II, in Ostrasia .
Cariberto I, a Parigi . .
Centrano, in Orleans e Bor-
gogna
Tierrico II, in Orleans e Bor-
gogna
re d'Ostrasia dal 612.
Chilperico I, a Soissons . .
Fredegonda
451
457
457
481
481
511
511
524
511
534
534
5i8
548
5.55
511
658
558
561
561
575
628
575
596
612
561
567
561
593
596
613
561
584
ra
597
Merovingi,
dotarlo II , a Soissons 584-
613, solo 613
Cariberto II (o Ariberto), re
d'Aquitania 628 631
Dagoberto I, a Soissons 628-
631, solo 631 638
Sigeberto 11, in Ostrasia . . 638 656
Clodoveo II , in Neustria e
Borgogna 658 656
dotarlo 111 656 670
Childerico II, in Ostrasia dal
656, solo
Dagoberto II, in Ostrasia dal
656, solo
Tierrico III, in Neustria dal
673, solo 679 691
Clodoveo III 69! 695
Childeberto III .... 695 711
Dagoberto 111 (o 11} . . . 711 715
dotarlo IV 717 719
Chilperico II 715 720
Tierrico IV (o 11} . . . . 720 737
Interregno 737 — 742
Childerico III 742 752
m.613
596
670 673
674 679
Carolingi.
Pepino d'Heristal , maestro
di palazzo d'Ostrasia . . 687
Carlo Martello .... 715
Carlomanno .... 741 747 m.
Pepino il Piccolo 741, re . 752
Carlomanno 768
Carlo Magno 768-771, solo . 771
Lodovico il Pio .... 814
Carlo I il Calvo .... 8^0
Lodovico II il Balbo . . 877
Lodovico III, re di Neustria
e Ostrasia 879
714
741
755
768
771
814
840
877
879
882
Carlomanno, re di Borgogna,
Aquitania, ecc. 879-882,
solo
Carlo II il Grosso . .
Bude 0 Odone .
Carlo III 27 Semplice, procla-
mato re neir893, solo 898
lioberto /, duca di Francia .
Rodolfo coronato a Soissons
Luigi IV d'Oltremare
Lotario
Luigi V V Infingardo
Capeti
Ugo Capeto 987 996
Koberto II 996 1051
Enrico I ...... 1051 J060
Filippo I 1060 11 08
Luigi VI il Grosso .
Luigi VII il Giovane
Filippo II Augusto
Luigi Vili (7 Leone
882
884
884
887
887
898
98 925 m. 929
922
923
, 923
936
936
954
95 i
986
986
987
1108
11.37
1157
1180
1180
1223
1223
1226
t'AVni.r
tulgi IX i7 i^atìto .
Filippo 111 l'Ardilo
Filippo iV il Dello.
Luigi X «7 Rissoso .
Filippo VI di Valois
Giovanni II il Buoìiq
Carlo V il Saijgio .
Carlo VI l'Amato .
Carlo VII i7 Vi il arioso
Luiyi M . . . .
Carlo Vili . . .
Luigi XII della Casa d
H%
1270
1270
128.S
1283
131i
1314
13IG
1328
1350
1550
1304
1304
1380
1380
1422
1 4-22
1401
14G1
1483
1483
1 498
Giovanni I Posiimò
Filippo V «7 Lungo.
Carlo IV il Dello ,
Valois.
Or-
leans
1498
Francesco Idei ramo d' A n-
goulème
1515
Enrico II
1547
Francesco II . . ,
1559
Carlo IX
1500
Enrico III
1574
1310
151G 132-2
1322 13i8
1515
15i7
1559
1500
1574
1589
Borboni.
Enrico IV 1589 1010
Luigi XIII il Gimto 1610 1043
Luigi XIV 27 Grande 1643 1715
Luigi XV VAmato 1715 1774
Luigi XVI . 1774decap.l793
1792 Convenzione
1795 Direttorio
1795 1 1799 Consolato
1824 \ 1804 NapoleoneBuonaparle imperatore (j)
1814 Ristorazione
1815 1 cento giorni
Carlo X 1824
Luigi XVII 1793
Luiiii XVIII 1795
Rivoluzione dei 27, 28 e 29 luglio 1830.
Luigi Filippo d'Orleans, re dei Francesi 1830
Depubblica 1848
Luigi Napoleone, detto Napoleone HI, imperatore, 2 dicembre . . 1852
1830
1848
1852
§ 89. — Re di Borgogna.
Gundecaro 406 o 411 430
Gundioco 436 403
Gundemaro I ì 491
Chilperico [463 491
Godegisilo ^ 500
Bosone . . .
Lodovico il Cieco
Carlo Costantino
Gundebaldo .... 403 o 500 516
Sigismondo 510 523
Gundemaro II . . . . 525 534 m. 541
11 regno è conquistato dai Franchi nel 534.
Re della Borgogna Cisgiurana.
879 887
887 923
m.941?
Ugo 923, re d'Italia . . . 926 948
cede il regno di Borgogna a Rodolfo II
V. 933.
(1) Napoleone nasce . . . -13 agosto -1769
Tenente nel primo d'artiglieria
di La Fere 1 settembre 1785
Capitano 6 febbrajo 1792
Capo-battaglione .... 19 ottobre 1793
Generale di brigata ... 6 febbrajo 1794
Genernle di divisione . . . 16 ottobre 179o
Generale in capo dell'armata
d'Italia 23 febbrajo 1796
Primo console 25 dicembre 1799
Console in vita 4 agosto 1802
Imperatore ... . . 2 dicembre 1804
Coronato re d'Italia . . . 26 maggio 1805
Prima abdicazione a Fontaine-
bleau 14 aprile 1814
Ripiglia il governo .... 20 marzo 181ì>
Seconda abdicazione all'Eliseo 22 giujiio 1815'
Muore 5 maggio 182i
198
r.p.oNOi.or.u
Be della Borgogna Transgiurana.
Rodolfo I 888 912
Rodolfo II 9H 937
che verso il 933 unisce le due Borgogne,
formandone il regno d'Arles.
Corrado 937 993
Rodolfo III 995 1032
Nel 1032 Corrado il Salico, re de' Ger-
mani, eredita il regno d'Arles.
Duchi di Borgogna.
Dair843 comincia la non interrotta serie di questi duchi.
Filippo I di Rouvre 13-49
Il ducato è unito alla monarchia di Francia 1361
Filippo 11 r Ardilo, quartogenito di Giovanni 11 re di Francia, inve-
stitone per appanaggio 1363
Giovanni Senza-paura 1404
Filippo III il Buono 1419
Carlo il Temerario, ultimo duca 1407
1361
1404
J419
1467
1477
8 90.
Duchi dì Lorena.
La Lorena incomincia ad aver duchi particolari con
Federico I, cognato d'Ugo Capeto . 959
Tierrico I 984
Federico 11 1026
Gotelone 1033
Alberto 1046
Gerardo, primo duca ereditario. . 1048
Tierrico II 1070
Simone I 1115
Matteo I 1158
Simone 11 1176
Ferri I 1205
Ferri li 1206
Tibaldo 1 1213
Matteo 11 1220
Ferri III 1251
Tibaldo II 1304
Ferri IV 1312
Raoul 1328
Giovanni I 13i6
Carlo I 1391
Renato 1 ed Isabella 1451
Giovanni II 1453
Nicola I • ... 1470
Renato II e Jolanda 1 i75
Antonio 1508
Francesco I 1544
Carlo 11 1545
Enrico 1008
Francesco II 1624
Carlo III e Nicola II 1624
Carlo IV 1675
Leopoldo 1690
Francesco III 1729
Stanislao di Polonia 1737
La Lorena è unita alla Francia . . 1766
g 91. — Conti di Fiandra.
Baldovino I
. 862
Baldovino II
. 879
Arnoldo 1 e Baldovino III . .
. 918
Arnolfo II
. 965
Baldovino IV . . ...
. 989
Baldovino V
. 1036
Baldovino VI
. 1067
Arnoldo III
. 1070
Roberto 1
. 1071
Roberto II
. 1093
Baldovino VII
. 1111
Carlo I di Danimarca ....
. 1119
Guglielmo Cliton di Normandia
. 1127
Tierrico d'Alsazia
. 1128
Filippo
. 1168
Margherita I e Baldovino Vili di
Hainaut 1191
Baldovino IX (imperatore di Costan-
tinopoli 1204) IlOi
Giovanna e Ferrando di Portogallo,
poi Tommaso di Savoja . . . 1206
.Margherita lì e Guglielmo di Dam-
pierre 1244
Guido . 1280
Roberto HI l;^05
Luigi I 1322
Luigi II 1346
Margherita III e Filippo l'Ardilo di
Borgogna 1384
Giovanni Senza-paura .... 1404
TAvoi.r:
109
Filippo// Ruono 1419
Carlo 11 il Temerario 1407
Maria e Massimiliatw d'Austria . 1 i77
Filippo ?7 //(?//o 1482
Carlo 111 (Carlo V d'Austria) . . iìyHi
g 92. — Duchi di Normandia.
Rollone normanno
Guglielmo 1 . .
Hicardo I . . .
Hicardo II . . .
.... 912
.... 920
.... 943
.... 996
Ricardo Mi 1027
Roberto 1 : . 1028
Guglielmo II il Conquistatore . . 1055
Roberto II 1087
La Normandia è unita alla corona di Francia nel 1203.
Guglielmo HI 1096
Enrico I 1106
Stefano di Riois 1133
Gofredo Plantageneto 1144
Enrico II 1151
Ricardo IV Cuor-di-leone . . . 1189
Giovanni Senza- «erra e Arturo . . 1199
§ 93. — Bretagna francese.
La Bretagna, governata da
re sin dal 383, è
Nomenoè creato duca . .
... 824
Erisopoè
. . . 851
Salomone
. . . 857
Pasqiiiteno e Gurvand
... 874
Alano I e Giudicael . .
... 877
Gurmaglione ....
... 907
Giuel Berengcrio . . .
... 930
Alano II Darbatorla . .
... 937
Drogone
... 952
Hoel I
... 953
Guereco
. . . 980
Conano I
... 987
Gofredo l
. . . 1002
Alano III . .
. . . 1008
Conano II
. . . 1040
Hoel il
. . . 1066
Alano Fergente . . .
. , . 1084
Conano III
. . . 1112
soggiogata da Carlo Magno e Lodovico Pio.
Eude e Hoel HI 1148
Conano IV 1156
Gofredo II 1171
Costanza e Arluro I 1196
Pietro Mauclerc e Alice .... 12)5
Giovanni I 1257
Giovanni II 1286
Arturo II . 1505
Giovanni IH ?7 Suono 1512
Carlo 1541
Giovanni IV 1564
Giovanni V 1399
Francesco 1 1422
Pietro II 1450
Arturo HI 1457
Francesco II 1458
Anna, moglie di Carlo VIII e di
Luigi XII 1488
S94.
Aquìtania e Tolosa.
Duchi ereditar] d'Aquitania.
Boggis e Bertrando 631 i Unaldo .
Eude 688 I Vaifro .
L'Aquitania vien riunita alla Francia nel 769.
Conti ereditar] di Tolosa.
Fredelone : 849
Raimondo I 852
Bernardo 854
Odone 875
Raimondo II 918
Raimondo ili 923
Guglielmo IH 950
Pons 1037
Guglielmo IV 1060
Filippo HI re di Francia ne raccoglie la successione nel 1272.
735
745
Raimondo IV . .
1088
Bertrando . . .
1105
Alfonso I Jourdain
1112
Raimondo V . .
1148
Raimondo VI . .
1194
Simone di Monfort
1212
1218
Amairico di Monfor
t .
1218
1224
Raimondo VII . .
.
1222
Giovanna e Alfonso
H di
Fra
ncia .
1249
fcfiONOLOOiA
^ dS. ^^ Conti éréditàrj di Provenza,
Bertrando
1063
Stefunetto
1093
Gerberga e Cillìerto
1100
Raimondo Berengario 1 , conte di
Rarcellona
1112
Berengario
1130
Raimondo Berengario H . .' .
llii
Alfonso I e Raimondo Berengario 111
110G
Alfonso li
1 1 96
Raimondo Berengario IV , . .
1209
Beatrice e Carlo 1 d'Anjou (re delle
Due-Sicilie, 1266-8^2) ....
12iS
Carlo II il Zoppo re di Napoli . . 1288
Boberto di Napoli 1309
Giovanna di Napoli 1543
Luigi I d'Anjou, adottato . . . 1382
L'iigi II 138i
Luigi 111 1417
Menato il fìuotio Cduca di Lorena,
poi re di Napoli) 1 134
Carlo III, conte del Maine . . . 1480
Luigi XI re di Francia . . . . 1481
La Provenza è incorporata alla Francia
nel 1487.
§ 96. — Spagna.
lìe Visigoti.
Atanarico 369 382
Alarico 1 382 412
Alaulfo 412 jl\5
Sigerico 413
Valila (I) 41o 419
Teodorico I 419 451
Torrismondo 431 433
Teodorico II 433 466
Lurico 0 Evarico .... 466 484
Alarico II 484 307
Gesalico 307 311
Amalarico 311 331
sotto la tutela di Teodovico
(111) re degli Ostrogoti fino
al 326.
Teudi 331 348
Tendiselo 548 349
Agila 330 334
Atanagildo 354 367
Liuva I 367 572
Leovigildo, associato dal 369
Ermenegildo
Becaredo 1 il Cattolico . .
Liuva II
Viterico
Gundemaro
Siselìut
Becaredo II
Suintila .... 621 dep.
Ricimero, associato dal 625 .
Sisenand
Cliinlila
Tolga
Chidasuindo 642
Mecosuindo, associato dal 649
Va m Ita .... 672 abd.
lìrvige
Egiza
Viliza
Roderico o Bodrigo . . .
572
586
386
386
601
601
603
003
610
610
612
612
621
621
631 m
633
631
631
631
636
636
6iO
640
612
632 0
633
632
672
680 m
688
680
687
687
701
701
710
710?
71!
Califfato di Cordova.
La Spagna, conquistata dagli Arabi, vien
governata da yusefTì o viceré 712 — 736
L'ultimo vuseffè privato del potere da Abd
el Ranian (Abderamo), il quale fonda il
califfato onimiade di Cordova.
Abderamo I "36 788
Hesciam I "788 796
Al Ilakem I 796 822
Abderamo II .... 822 832
Maometto 1 832 886
Almundhir 886 889
Abdallah 889 912
Abderamo III . .
Al Hukem II . .
Hesciam II . . .
Mobammed al Mabadi
Suleimau
al-Mahad
Mobammed
nuovo .
Hesciam II di nuovo
Hamud ,
Kassim .
Yahia . ,
Hesciam 1
di
912
961
976
1006
1009
1010
1012
1016
1017
1018
1027 abd. 1031
961
976
1 00(5
1009
1010
1012
1015
1017
1018
1027
m.l036
()) Dis(niss(^ la nazinnc dogli Alani il -'(<8, ilei quali i soli re ronosriiiti sono Hcspcndial o ,\tace v. •'•15
t A t'Oli;
Bmétnbrainento tiel caliUato di' Cordova:
Regno di Badiijoz e Murcia . . 1010 Regno di Valenza.
— Cranata ... . . 1013 — .Sivijjlia .
— .Saragozza 101 i — Toledo .
— Majorca 10J5 — Cordova
Navarrci.
2oj
i02l
1025
1026
1051
Aznar conte di Navarra . 831
Saiicio Sancione . . . 81^
Garsimin» o Garzia Xiinenes 857
neirsCjO prende il titolo di re.
Forili Ilio ....
Sancio I . . . .
Garzia II ... .
Sancio 11 . . .
Garzia III . . .
lancio III il Grande
Garzia IV . . .
Sancio IV . . .
Sancio V \
Pietro I
Alfonso I
Garzia V ,
re d'Aragona
880
90o
926
970
994
1001
103.5
1 mi
1076
109i
1104
M5i
Sancio VI 1150
Sancio VII 1194
Tibaldo i di Champagne . 1234
Tibaliio 11 1253
Enrico I 1270
Giovanna I 1274
Filipi>o il Bello . . . 1284
Regno
Pelagio 718
Favilla 757
Alfonso I il Cattolico . . 759
Froila I 757
Aurelio 768
Silo 774
Mauregato 783
Berinudo I 788
Alfonso li il Casto ... 791
Ramiro 1 842
Ordogno I 850
Alfonso 111 il Grande . . 806
837
857
880
905
926
970
994
1001
1055
1054
1076
1094
1104
1134
1150
1194
1254
1253
1270
1274
1505
1305
1516
1.522
1528
1 328
13i9
1386
1425
1425
1.522
1328
1549
1343
158G
1425
1479
1441
Luigi il liiftsoso . . . 1305 1316
Giovanni I 1316
Filippo il Lungo .
Carlo 1 . . . .
Giovanna li . . .
Filippo d' Evreiix .
Carlo II il Malvagio
Carlo III . . . .
Giovanni II, re d'Aragona
nel 1458 . . .
Bianca ....
Eleonora 1479
Francesco Febo . . . 1479 1483
Caterina e Giovanni d'AI-
bret 1485 1510 e 1517
spo>;liati da Fernando il
Cattolico nel 1512.
Enrico II d'AIbrot. . . 1517 1.555
Giovanna III d'Albret e
Antonio di Borbone 1555 1572 e 1562
Enrico 111 di Borbone . 1572
che nel 1589 sale sul trono di Francia
col nome di Enrico IV.
di Leon e delle Asturie.
lai
759
757
708
774
785
7X8
791
8i2
850
866
910
Garzia l 910
Ordogno II 913
Froila II 923
Alfonso IV 924
Ramiro II 927
Ordogno IH 950
Sancio I il Grosso . . . 955
Ramiro 111 967
Bermudo II 982
Alfonso V 999
Bermudo III 1027
Re di Casti glia e di Leon.
Ferdinando o Fernando l succede in Ca-
stiglia a Sancio il Grande di Navarra, e
diviene re di Leon dopo la morte di Ber-
mudo 111 nel 1037
Alfonso VI re di Leon
Garzia re di Galizia
Sancio II il Forte re d
Cartiglia ....
Urraca con Alfonso I d
Navarra e d'Aragona
Alfonso VII (o Vili) .
1054
1065
1109
1126
1065
1109
1091
1072
1126
1157
Sancio IH re di Casiiglia
Ferdinando II re di Leon
Alfonso Vili // ^^obHe, fi-
gliuolo di Sancio IH .
Alfonso IX , figliuolo di
Ferdinando H re di Leon
Enrico I
Ferdinando HI, re di Ca-
siiglia nel 1217 e di
Leon nel 1230 . . .
Alfonso X «7 Savio . .
1157
1157
1158
1187
1214
1252
913
925
924
927
950
955
967
982
999
1027
1057
11.58
1187
1214
1230
1217
•1252
1284
202
Sancio IV -1284
Ferdinando IV ... . 1293
Alfonso XI 1312
Pietro il Crudele . . . 1330
Enrico II -1569
Giovanni I 1379
Enrico ili 1390
cnoNoi.or.iA
129S
1512
lonU
1569
1379
1390
1406
Giovanni H 1400
Enrico IV 1454
Isabella 1 1474
Ferdinando V il Cattolico
d'Aragona . . 1474 1304 m.
Giovanna la Pazza . . 1304 m.
Re d'Aragona.
Ramiro I 1033
Sancio Ramiro) ,- 1065
SI',- : I -™ ^
Ramiro II . . 1154 abd. 1137 m
Raimondo Rerengario. . 1157
Petronilla 1157
Alfonso II 1162
Pietro II 1196
Giacomo 0 Giaimo I . . 1215
Pietro III 1276
1065
1094
1104
1154
1147
1162
1172
1196
1213
1276
1285
Alfonso IH
Giacomo II, re di Sicilia .
Alfonso IV
Pietro IV
Giovanni I . . . . .
Martino
Ferdinando T . . . .
Alfonso V
Giovanni II, re di Navarra
Ferdinando II il Cattolico
1285
1291
1527
1556
1387
1393
1412
1416
1458
1479
1454
147i
150i
1316
1335
1291
i:^27
1336
1587
1595
1410
1416
1458
1479
1516
Ferdinando V il Cattolico,
147i, d'Aragona 1179, di
di INapoli 1 sui, di Navarra
Giovanna la Pazza . .
Filippo I il Dello . . .
Carlo 1 d'Austria, impera-
tore nel 1319 . . .
Filippo II
Filippo IH
Filippo IV
Carlo II
Filippo V della Casa di
fiorbone
I^uigi
Filippo V, di nuovo . .
Monarchi di Spagna.
Ferdinando VI il Saggio
re di Castiglia
Granata 1492,
1512; m. 1516.
1504 1503
1304 1306
151 6 abd. 1556
1556 1598
1598 1621
1621 1665
1663 1700
1700 abd. 1724
1724
1724 1740
§97. -
Alfonso VI di Castiglia e Leon dà le pro-
vincia di Tra-Duero e Mino e Tra-i-
monli a suo genero Enrico di Borgogna,
che prende il nome di conte di Porto-
gallo 1095 1112
Alfonso Henriquez re nel 1 1 59 dopo la bat-
taglia d'Orico, in cui vinse cinque re
Mori, icui scudi conservansi nello stem-
ma portoghese . . . 1112 1185
Sancio I 1185 1211
Alfonso II 1211 1223
Sancio II 1225 1248
Alfonso Ili 1248 1279
Dionigi 1279 1325
Alfonso IV 1525 1557
Pietro I 1357 1567
Ferdinando 1567 1585
1746 1739
Carlo 111 1759 1788
Carlo IV . . . 1788 abd. 1808 m. 1819
Ferdinando VII. . . . 1808
Giuseppe Buonaparte . 1808 1815 5 die.
Ferdinando VII, rimesso
in trono 1813 1833
isabella II, 29 settembre . 1855
nel 1 846 maritata con l'infante Don Fran-
cisco d'Assisi.
Don Carlo preti-ndente rinunzia i suoi di-
ritti al figlio principe delle Asturie e
conte di Monte Molino, nel 1845; muore
a Trieste nel 1855.
Portogallo.
Cessa la lìnea mascolina, e sottentra il figlio
naturale Giovanni, grunmaestro dell'or-
dine di Avis, che, vinto il pretendente
re di Castiglia nella battaglia d'Aljuba-
rotta, fu gridato re . . 1583 1433
Edoardo 1433 1458
Alfonso V 1458 1481
Giovanni II 1481 1493
Emanuele il Grande . . 1495 1521
Giovanni III .... 1521 1557
Sebastiano 1557 1578
Enrico cardinale, suo zio 1578 1580
Antonio pretendente, mentre il Portogallo
è occupato da
Filippo II re ri? S/)a^na . 1580 1598
Filippo III 1598 1621
Filippo IV 1621
Giovanni (IV) il Fortutiato, duca di fìrarjan-
ra,gii toj;lie il Portogallo IGiO 1656
Alfonso Vi . . 1656 al)(l. 1667 ra. 1683
Pietro II, reggente dail 667 1683 1706
Giovanni V 1706 1750
Giuseppe 1750 1777
Maria I 1777 1816
Pietro 111 1777 1786
Giovanni VI reggente 1792, si ritira nel
Brasile 1807;'^re di Portogallo 1816, ri-
torna in Lisbona 1821 ; muore 1826,
Pietro IV (Don Pedro) abdica in favore di
TATOLE 203
Maria 11 il 1826-, come imperator del
Brasile abdica nel 1831 a favore del suo
secondogenito Pietro II; muore nel 183i.
Maria II (Dona Maria), sposata con P'erdi-
nando Augusto di Sassonia-Coburgo-Go-
Iha nel 1826, muore nel 1853.
Don Miguel, dichiarato reggente da Pie-
tro IV nel 1827, s'impadronisce della
corona; vien cacciato nel 1833.
Pietro V in minore età, poi maggiorenne
al 16 settembre 1855.
§ 98. — Gran Bretagna.
Re d'Inghilterra.
sassoni
I.a Bretagna, soggetta ai Romani, tranne
la Caledonia , è invasa nel 449 dagli
Anglo-Sassoni, che successivamente fon-
dano i regni
( di Kent . . .
di Sussex . .
di Wessex . .
d'Essex. . .
del iNorthumberland
d'Èstanglia
di Mercia . .
conosciuti sotto
sassone.
Cerdico re di Wessex
Cbenrico
Ceolino
Ceolrico
Ceolvulfo ....
Cinegilo e Cwichelmo
Cenowalco ....
Sasburgo ....
Censo
Cedvalla
Ina
Adelardo
Cudredo
Sigeberto
Cmulfo
Britrico
Egberto il Grande . . .
riunisce l'eptarchia sot-
to le proprie leggi, dal-
l'809 air827 ....
Etelvolfo 836
Etelbaldo j
.... 8S8
455
491
519
526
547
571
584
nome di Eptarchia
519
, . 555
, . 560
, . 592
597
611
643
672
673
68S
689
726
741
754
755
784
800
836
857
860
Elelberto ) • • •
Etelberto solo .... 860 866
Etelredo I 866 871
Alfredo il Grande ... 871 900
Edoardo I il Vecchio . . 900 92 5
Atelstano 925 941
Edmondo I 941 916
Edredo 946 955
Edwy 955 957
Edgardo il Pacifico . . 957 975
Edoardo II il Martire . 975 978
Etelredo II 978 1015
Svenone, re di Danimarca 1013 1014
Etelredo II, rfj nuot'o . . 1014 1016
Edmondo il .... 1016 1017
Canuto ti Grande., re di
Danimarca .... 1017 1030
Aroldo 1 J036 1059
Ardicanuto i039 1041
Edoardo IH il Confessore 1041 1066
Cessa la discendenza di-
retta d'Egberto, e sot-
tentra il collaterale A-
roldo II di Ebsex . . ^066
Guglielmo I di Normandia
conquista l'isola, e pian-
ta la dinastia normanda 1066 1087
Guglielmo II il Rosso . . 1087 1100
Enrico I Beauclerc . . 1100 1135
Stefano di Blois . . . 1135 1154
Enrico II Plantageneto di
Anjou UU M89
che ha dal padre l'Anjou, dalla madre la
Normandia, dalla moglie la Gujenna e
il Poitou, e conquista l'Irlanda.
Kìcardo Cuor- di leone. . 1189 li 99
Giovanni Senza-terra . . 1199 1216
Enrico 111 1216 1272
Edoardo I 1272 1307
Edoardo II 1307 1527
Edoardo III 1527 1577
ebbe due figli, Giovanni Gand duca di
Lancastcr, che portava nello scudo una
rosa rossa; e Edmondo duca di York,
che portava una rosa bianca: donde due
^i)Ì
linee coiiaterali , che dispiutsrons
oUanl'anni il dominio.
Ricardo II . . 1377 dep. 1399 m. ^iOO
Enrico IV ..... 1599 1il3
Enrico V 1415 14-22
Enrico VI . . 1422. dep. 1'i61 m. 1471
Edoardo IV di York . 1461 e 1471 1485
Edoardo V l'iSS
Ricardo III 1483 148S
Enrico VII 1585 1509
die sposando Elisabetta di York nel 1486
riconcilia le due Rose. Egli era fijilio di
Edoardo Tiidor conte di Ricliemond ;
onde la linea fu delta dei Tudor.
Enrico Vili 1509 1547
Edoardo VI 1547 1555
Maria I la Cattolica o la
Sanguniana, sua sorella 1553 1558
Giovanna Grey, sua nipote 1553 1554
Elisabetta, figlia di Enri-
co Vili 1558 1605
Margherita, altra figlia d'Enrico Vili, avea
sposato Giacomo IV di Scozia, e generò
Giacomo V e Margherita moglie di Mattia
Stuart conte di Lenox. Maria, figlia di
Giacomo l e regina, prese in seconde
nozze Enrico Stuart figlio di Margherita,
e partorì Giacomo VI, che successe al
trono d'Inghilterra col nome di Giaco-
mo I 1 6U5 1 625
Carlo I 1625decap. 1619
Interregno ..... 1649 — 1655
Oliviero Cromwell , lord
protettore . . . . 1655 1658
Ricardo Crom^^•ell , lord
protettore. . 1658 abd. 1659 ra. 1712
Carlo II 1660 1685
Giacomo II . . 1685 dep. 1689 m. 1701
Guglielmo 111 di Nassau,
e Maria II figlia del pre
cedente 1689 1695
Guglielmo HI solo. . . 1695 1702
Non ha prole, e succede
Anna sorella di Maria li,
maritata con Giorgio
principe di Danimarca. 1702 1714
Giacomo Ili (il cavaliere
di San Giorgio) preten-
dente 1701
fìRONOLOtilA
per
Anna tìoH corisérVò figli; é il paria!iien(<)
dichiarò succedere Sofia nipote di Gia-
como 1, principessa palatina elettrice di
Hannover. Perciò al trono inglese sale
suo figlio Giorgio Luigi col nouie di
Giorgio I 1714 1727
Giorgio H 1727 1760
Giorgio 111 1760 1820
Giorgio IV (rp(/.7en/e 1810] 1820 1850
Guglielmo IV '. . . . 1850 1857
Vittoria regina, 20 giugno 1837
Stimiamo bene soggiungerei nomi de' primi
ministri inglesi, importanti più che i re:
Guglielmo PiU 1760
Conte di Rute 1761
Giorgio Grenville 1763
Marchese di Hockingam .... 1765
Guglielmo Pitt (ora conte di Cha-
tam) di nuovo 1766
Duca di Grafton 1768
Lord North 1770
Marchese di Rockingam di nuovo . 1782
Conte di Shelburne 1782
North e Fox [ministero della coali-
zione) ... 1785
Guglielmo Pitt (secondogenito del
precedente) 1783 o 1784
Enrico Addington 1801
Guglielmo Pitt il giovane di nuovo 180i
Guglielmo Grenville 1800
Duca di Portland 1807
Spencer Perceval 1809
Conte di Liverpool 1812
Giorgio Canning 1827
Visconte Goderich 1827
Duca di Wellington 1828
Contedi Grey 1850
Duca di Wellington temporaria-
mente 1831
Visconte di Melburne 1854
Sir Roberto Peel 1834
Visconte di Melburne di nuovo . . 1835
Sir lioberto Peel di nuovo , . . 1841
Lord Gioviinni Russell .... 1846
Lord Paimcrston 1848
Lord Derby 1858
Lord Palmerston 1859
Ottanta re incerti da Fer-
gus 1 sino a Malcolm HI,
successore di Machet .
Donakio VI
Duncano II 1094
Re di Scozia.
Donaldo VI di ìmovo .
. 1095
1098
Edgardo
. 1098
1107
1057
1093
Alessandro 1 ...
. 1107
1124
1095
1094
Davide 1
. 1124
1153
1094
1095
Malcolm IV ... .
. 1153
1164
TAVOI.K ' 205
Guglielmo Ilfiri 1214 j Giacomo I 1 iOfì 1437
Alessandro II ... . 11214 1249 Ciacomo II 14.^7 1460
Alessandro III .... 1249 1286 ' Giacomo III 1460 1488
Guerre civili dal l'iati al Ì310, dispulan- \ Gìiicomo W 1488 1513
dosi la corona i Bailleul, i tìruce e gli Giacomo V 1513 1542
Stuart. Maria di Lorena m;,(/m/e . 1542 1560
.Margherita 1286 1291 Maria Stuart 15i2al)d. 1507 decap. 1587
Giovanni Bailleul 0 Baliol 1292dep.1296 | Enrico Stuart (Darnley) . 1165 1567
m.1314 I Giacomo VI 1567
Roberto I Bruce . . . 1506 1529 j è fatto re d'Inghilterra col nome di Gia-
Davide II Bruce . 1329 o 1342 1347 comò I.
Edoardo Bailleul 1532 abd. 1356 m. 1363 ■ Nel 1707 ha luogo l'assoluta unione dei
Davide II di nuovo . . 1356 1370 due paesi, che formano il lìegno Unito
Roberto II Stuart . . . 1570 1590 della Gran Bretagna.
Roberto III 1390 1406
99,
Re di Danimarca.
La serie non s'accerta che dal ix secolo.
Olao III 809 810 m. 81 4
Emmingo
810
812
Sivardo Ringo
812
817
Araldo V .
817
8i3
Sivardo II .
843
846
Erico I . .
846
8i7
Erico II . .
847
863
Canuto I
863
873
Frolo .
873
889
889
Gormo II
897
Araldo VI .
897
919
Gormo 111 .
919
950
Araldo VII Blaatand .
930
980
Svenone 1 ed Araldo VII
980
1014
il primo, dei quali re
di Norveg
ia nel
1000, e d'Inshilterra
nel 1013.
Canuto II il Grande .
1014
1036
Canuto III (Ardicanuto)
1036
1041
Magno, re di Norvegia
1042
1047
Svenone II estritide .
1047
1074
Interregno ....
1074 —
\ 076
Araldo IX ... .
1076
1080
Canuto IV il Santo .
1080
1086
Olao IV (0 1) . . .
1086
1095
Erico III ....
1095
J103
Nicola
1105?
1J55
Erico IV
1135
1)57
Erico V
1 1 37
1147
Svenone III e Canuto V
1 1 47
1 1 57
Valdemaro I . . .
1 1 57
1 1 82
Canuto VI ... .
1182
1202
Valdemaro II .
1202
1241
Valdemaro III coreggente
! 1219
1251
Erico VI il Santo
1241
1250
Abele . . .
1250
12.52
Cristoforo I 1252 12.59
Erico VII 1259 1286
Erico Vili 1286 1519
Cristoforo li . 1320 dep. 1326 m. 1333
1326 — 1340
1340 1375
1.376 1387
1387
1412
Anarchia
Valdemaro IV ... .
Olao V (0 II) . . . .
Margherita, regina di Nor-
vegia e Svezia nel 1389
Erico IX 1 396, solo 1 41 2 dep. 1 459 m. 1 459
Cristoforo III ... . 14i0 1448
Cristiano o Cristierno I . 1448 1481
della Casa di Oldenburg, la quale pre-
tende discendere dal sassone Witikindo,
e che nel 1459 prese il titolo di Sleswig-
Ilolstein.
Giovanni 1
Cristiano II .
Federico I .
Interregno .
Cristiano III
Federico II .
Cristiano IV
Federico III
Cristiano V .
Federico IV
Crisi ia no VI
Federico V .
Cristiano VII
Per transazione del 1773, l'IIolstein passa
alla Casa reale, in cambio dell'Olden-
burg e Delmenhorst.
Federico VI .... 1808
Cristiano Vili (re di Nor-
1481
1513
. 1523m
.1559
1525
1553
1533 -
1534
1534
1559
1559
1588
1588
16i8
16i8
1 670
1670
1C99
1699
1730
1730
1746
1746
1766
1766
1808
vegia nel 1814) . . 1839
Federico VII, 20 gennajo 18 58
1839
1848
206
CnONOLOGlA
§ 100.
Re di Svezia.
VIU
solo
La cronologia dei re di Svezia, che diceansi
discendere dall'eroico Lodl)rok, non ac-
quista certezza che al secolo xi.
Olao III Skoetkonung
Anundo Giacomo
Emiindo III . .
Stenchill 111 .
Erico VII ed Erico
Acquino I . .
Ingo I . . .
Ahfano . . .
Filippo . . .
Ingo II dal 1H2,
Suercher !..
Erico IX il Santo
Carlo VII . .
Canuto Ericson
Suercher II . .
Erico X Canutson
Giovanni I . .
Erico XI io Scìlinqìiafo
Valdemaro dei Folkunger
(Birqer reggente) ]^^0 dep. 127b m. 1293
Magno I 1275 1200
Birger II . . 1290dep. 1519 m. 1326
Magno II, re di Norvegia 1319dep.13fi3
Erico XII 1350 1359
Acquino II, re di Norvegia 1 361 dep.1 565
m. 1380
Alberto . . . 1363 dep. 1389 m. 1412
Margherita, regina di Da-
nimarca 1389 1412
Erico XIII) re ( 1412dep.1459
Cristoforo 'di Danimarca» 1440 14i8
Carlo VIII Canuti^on 1448 1457 m. (470
Stenon Sture, amministra-
tore 1470 1497
1001
1026
1026
1051
1051
1056
1056
1066
1066
1067
1067
1079
1080
1112
1080
1090
1112
1118
1118
1129
1133
1155
1155
1161
1161
1168
1168
1199
1199
1210
1210
1216
1216
1222
1222
1250
Giovanni II, re di Dani-
marca 1497 1513
Stenon Sture, amministra-
tore di nuovo . . . 1501 1503
Svante Nilson Sture, am-
minif^tratore .... 1503 1513
Stenon Sture il Giovane
(o W), animinitfratore . 1515 1520
Cristiano, re di Danimarca 1520 1523
Gustavo I Wasa . . . 1523 1560
Erico XIV . . 1560 dep. 1568 m. 1578
Giovanni III .... 1568 1592
Sigismondo, re di Polonia 1592dep.1604
m.l632
Carlo IX 1604 1611
Gustavo II Adolfo. . . 1611 1652
Cristina . . . 1633 abd. 1654 m. 1689
Carlo X Gustavo . . . 1654 1660
Carlo XI 1660 1697
Carlo XII 1697 1718
Ulrica Eleonora, moglie di 1719abd.1720
m.l744
Federico I, landgravio dì
A<!Sin- Castel .... 1720 1751
Adolfo Federico II di Hol-
stein-Gottorp . . . 1751 1771
Gustavo III 1771 1792
Gustavo IV Adolfo . . 1792abd.l809
Carlo Xlll suo zio, re di
Norvegia 1814 . . . 1809 1818
Carlo XIV Giovanni (Bernadotie), soldato
francese, divenuto principe di Ponte Cor-
vo, e destinato successore nel 1810, re
di Svezia e Norvegia . 1818 1844
Oscar I, 8 marzo . . . 1844 1859"
Carlo XV, 9 luglio . . 1859
§ 101,
Re di Norvegia.
Araldo I, Hacer Focger .
Erico I Blodoexo . 931
Acquino I
Araldo II
Acquino II
Olao (Olof) I . . . .
Svenone, re di Danimarca
Erico II
Olao II il Grosso o il Santo
Svenone II
Magno I, re di Danimarca
1042
863 abd. 930
m. 954
dep. 936 m. 954
956
963
978
994
1000
1014
965
978
994
1000
1014
1018
1018dep.1029
m. 1055
1050 1036
1056
1047
Araldo III
Magno II
Olao III 1066, solo . .
Magno III
Olao IV
Eysten 1 1105, con Sigurd
Sigurd I 1103, solo . .
Magno IV e Araldo IV .
1047
1066
1069
1087
1103
1116
1122
1066
1069
1087
1103
1116
1122
1130
Araldo IV solo . .
Sigurd II e Ingo I
Eysten II . . .
Magno V . . .
Acquino III . . .
11
11 50 abd. 11 35
m.1159
1155 1156
36 1155 6 1161
1142 1157
1142
1161 1162
TAVOLE
207
Sigurd III 1462 1163
Magno VI 1165? 1185
Suerrer o Svert . . . 11 83 1202
Acquino IV 1202 120i
Ingo II compelitore . . 1202
Gultorm 1204 1203
Ingo II (0 III) . . . . 1203 1217
Acquino V 1217 1247
lìen . 1218
Siqurd IV 1220
Acquino VI 1247 1205
Miigno VII 1265 1280
Erico II 1280 1299
Acquino VII ....
Magno Vili, re di Svezia
Acquino Vili associato dal
13ì:ì
Olao V, re di Danimarca
1576
Interregno 1587
Margherita, figlia di Val-
demaro IV di Danimarca 1389
La Norvegia unita alla Danimarca sino al
1814, quando Cristiano Federico abdica,
ed è unita alla Svezia.
1299
1319
1319t
l)d.1530
m.
1374
1330
1580
1380
1387
1587
— 1389
1412
§ 102. — Grauprincipì, czar e imperatori di Russia.
Prima dinastia.
Rurik normanno , gran-
principe .... V. 860 879
Oleg recigenie .... 879 915
Igor, figlio di Rurik . . 913 943
Olga sua vedova, reggente 943 933 m. 968
Sviatoslaf I 943 973
Jaropolk I 973 980
Vladimiro I il Grande . 980 1013
Sviatopolk I . . . . 1013 1018
Jaroslaf I 1019 1034
]s\as\&n [deposto due volte) 1034 1078
Vseslaf 1067
Sviatoslaf II .... 1073 1076
Vsevolod I 1078 1093
Sviatopolk II . . . . 1095 1115
Vladimiro II .... 1115 1123
Msilislaf I 1123 1132
Jaropolk II 1132 1138
Viaceslaf 11.38 1154
Vsevolod II 1138 1146
Igor II 1146
Isiaslaf II 1146 1134
Juriè (Giorgio) I Dolgoruki,
dura di Suzdal ìì2o . 1147 1157
Rostislaf 1134 1162
Isiaslaf HI 1157 1167
Seconda dinastia.
Granprincipi di Vladimiria,
Andrea I Bogoliubski, prin
cipe di Suzdal
Michele I
Vsevolod III
Juriè II . .
Costantino .
Jaroslaf II .
Sviatoslaf HI
Andrea di Suzdal
1134
1173
1177
1215
1217
1238
1247
12i9
Alessandro I Newski . 1249 o 1231
1173
1177
1212
1238
1218
1247
1 249
1231
1263
Jaroslaf HI . .
VVasili (Basilio) I
Demetrio I . .
Andrea II . .
Daniele . . .
Basilio di Suzdal
Michele II . .
Juriè HI . . .
Demetrio H . .
Alessandro II .
1263
1272
1272
1276
1276
1294
1294
130i
1295
1304
1504
1519
1318
1524
1324
1327
1327
1559
Granprincipi di Mosca.
Ivan (Giovanni) I Kalita . 1528 1340
Simeone 1340 1333
Ivan H 1333 1359
Demetrio HI . 1359 dep. 1362 m. 1584
Demetrio IV (o III bis)
Donski ..... 1362 1389
Basilio II 1389 1425
Basilio IH il Cieco . . 1425 1462
Ivan HI (primo autocrato,
1494) 1i62 1303
1553
Basilio IV 1305
Ivan IV Wasilievitz (primo
czar, 1543) .... 1333 1584
Fedor (Teodoro) I . . 1384 1598
Con lui finisce la discendenza maschile di
Rurico : ma sua sorella Maria Iwanowna
avea sposato Fedor Nikitic della Casa di
Romanof, la quale così sottentrò col figlio
di lei Michele, dopo i seguenti
Boris Godounof . . . 1598 1605
CRONOLOGIA
Fedor li Godounof . . IGOo
Il fiilso Demetrio (Gregorio
Otrepiev) 1G05 IGOG
Terza dinastia
Michele III Fedorovitz . JGIS 1645
Alessio Michelovitz . . 1615 "1676
Fedor H (o III) Alessiovitz .1676 1682
Pietro «7 Grrade . . . 1682 172S
che nel 1721 prende il titolo d'iwpera-
tore, conservando quello A'autocrato di
tutte le Russie.
Sofia coreggente . . 1686 1689 m. 170i
Ivan V 168-2 1696
Caterina I 1723 1727
Pietro II Alessiovitz . . 1727 730
Si spegne la linea mascolina dei Romanof,
e succede la figlia di Ivan, fratello mag-
giore di Pietro 1.
Basilio V Sciuiski ,
Vladislao di Polonia
1606dep.16l0
11). 1611
1610 1613
dei Romanof.
Anna Ivanovna . . . 1750 17i0
Ivan VI . . . 1740 dep. 1741 m. 1762
Elisabetta Petrovna . . 1741 1761
che dichiara successore Pietro, figlio di
sua sorella Anna e del duca di Molstein-
Gottorp, onde una nuova linea sottentra.
Pietro III 1762
Caterina II 1762 1796
Paolo I 1762 0 1796 1801
Alessandro Ili (vulyarmen-
te I j, re di Polonia 1815 1 801 1 823
Nicolò I 1823 18o3
Alessandro II , 2 marzo
(18 fehbrajo) . . . . 1853
§ 103.
Re di Polonia.
1 Polacchi considerano primo re Lech
{Lecco), che regnò nel ìjOI ; ina la storia
non ci porge alcuna certezza sin alla
dinastia dei Piasti nel ix secolo.
Craco V.
Premislao I . . . . v.
Lecco II
Lecco III
Popiele I
600
730
.... 804
.... 810
.... 813
Popiele II 830
Interregno ....
Piast, duca di Polonia
Ziemovist ....
Lecco IV ....
Ziemomislaf ....
Mieczilaf o Micislao I
Boleslao I . . . .
Micislao II .
Anarchia . .
Casimiro I . . .
Boleslao II . . .
Vladislao I Hermann
840 -
842
861
892
913
962
. . . 992
1025 abd. 1032 m
. . . 1032 —
. . . 1042
. . . 105S
1081
Boleslao III 1102
810
815
850
840
842
861
892
913
962
992
1023
1037
10i2
1058
1081
1102
1138
Vladislao II . . 1138 dep. 1 146 m. 1 139
Boleslao IV 1146 1172
.Micislao III 1173 1177
Casimiro lì 1177 1194
Lecco V H9i 1227
con Micislao III ritornato 1199 1201
con Vladislao III . . 1202 1207
Boleslao V 1227 1279
Lecco Vi 1279 1289
Interreuno 1289 — 1293
Premislao II, re . . . 1293 1296
Vladislao IV Lo/t/e/e/c. . 1296 1300
Venceslao re di Boemia . 1300 1306
Vladislao IV rimesso in trono1306 1355
Casimiro III il Grande . 1333 1370
Luigi d'Anjou re d'Ungheria 1370 1382
Maria e Edvige . . . 1382 1584
Edvige sola . . . 1384 1386 m. 1399
Vladislao V Jagellone . . 1386 1434
Vladislao VI, re d'Unghe-
ria dal 1440 ... 1434 1444
Casimiro IV, granprincipe
di Lituania dal 1440(1) 1443 1492
(<)
Granprincipi di Lituania anteriori a Jagellone e a Casimiro IV.
Ringoili V.
1220
Mendog 1208 -1263
Tioinat 1263 -1261
Volstinik -1265 -1267
Suintorog -1268 1270
Gcimond 1270 I2T5
Giligin 1273 1278
Umnunil 1278 1279
Trnl) f280
Narimuiid 1280
TroiJou 1282
Wilcn H282 1
Gedimin -1315 1
Invnut 1328 dep. 1330 m. 4
OlgierJ 1350 1
Kitóistut -1381 1
Jagellone, poi re di Polonia. . -1381 I
Skirgcil 0 Casimiro . -1387 dcp. -1392 ni. 1
Yilold 1392 1
Svidrigt'Il 0 lìuieslao . 1-430 dcp. 1 '(32 ni. 1
Sigismondo ....... 1432 I
3(5
528
5(13
581
382
380
5'.)i
'.30
io 2
'. 10
TAVOLE
:20'J
Giovanni I Albert . . .
Alessandro I . . . .
Sigismondo I . . . .
Sigismondo II, o Augusto I
Interregno
Enrico di Valois . . .
Stefano Batori ....
Sigismondo III, re di Sve-
zia dal 1592 al i60t .
Vladislao VII ... .
Giovanni II Casimiro . .
Michele Wisniowiecki (Ko-
ribulh)
Giovanni III Sobieski . .
Augusto II
1492 4 SOI
1501 1506
150G 1548
1548 1572
1572 — 1573
1573dep.1574
1574 1586
1587 1632
1652 1648
1 648 abd. 1668
m.1672
1669 1673
1674 1696
1697 1704
Stanislao Lesczynski . .
Augusto II rimesso in trono
Stanislao I Lesczynski .
Augusto III
Interregno
Stanislao I Poniatowski .
Sbrano della Polonia.
Federico Augusto, gran-
principe di Varsavia .
Alessandro imperatore di
Russia
Nicolò
Alessandro II ... .
1704abd.l709
1709 1733
1733 abd. 1734
m.l766
1733 1763
1763 — 1764
1764 abd. 1795
0 1796 m. 1798
1806 1815
1815 1825
1825 1855
1855
g 104. — Re di Prussia.
Popolazioni vendale occuparono il paese di Boemia fin al Baltico sulla riva orien-
tale dell'Elba. Enrico di Germania, vintele, nel 926 nominò, per difesa, dei conti
della Sassonia settentrionale (Vecchia iMarca). Alberto VOrso conte d'Ascania che la
possedeva, dopo distrutti i Vandali, s'intitola margravio o marchette di Brandeburgo
1138. La sua linea governò sin al 1520 quando s'estinse. Allora Luigi V imperatore
diede la marca a suo figlio Luigi 1322. Carlo IV imperatore la donò a! proprio figlio
Venceslao, e questi a Sigismondo, che la diede in pegno a Jodoco marchese di Mo-
ravia. Alfine Federico governatore della marca Elettorale ebbe per quattrocentomila
fiorini la marca di Brandeburgo, la dignità elettorale, e il titolo di granciambellano
ereditario dell'Impero 1415. L'undecimo elettore Federico Guglielmo prese il titolo di
sovrano di Prussia pel trattato di Wehiau 1657 1688
Federico I re di Prussia 1701 1688 1713
Federico Guglielmo I 1713 1740
Federico II il Grande 1740 1786
Federico Guglielmo II 1786 1797
Federico Guglielmo HI 1797 1840
Federico Guglielmo IV, 7 giugno 1840 1861
Federico Guglielmo V, 2 gennajo 1861
§ 105. — Re di Hannover.
Imperante Carlo Magno, l'Hannover era occupato da popolazioni sassone. Nel x secolo
vi prevalsero le famiglie di Brunswick, Nordheim, Billung e Supplinburg. Enrico il
Superbo di Billung, duca di Baviera nel 1126, per matrimonio stese il dominio su
quasi tutto il paese. Ernesto Augusto, del ramo di Brunswick Luneburg, nel 1692
fu fatto elettore, e sposando Sofia nipote di Giacomo 1 d'Inghilterra, acquistò diritti
eventuali a q jel trono, su cui infatti salì nel 1714 Giorgio Luigi suo figlio col nome
di Giorgio I. Da quest'epoca al 1837 l'elettorato d'Hannover venne governato a parte
dai re della Gran Bretagna. Occupato dai Francesi nel 1805, restituito a' suoi antichi
signori nel 1813, nel 1815 9 giugno fu costituito regno. Nel 1837 salita al trono
inglese Vittoria nipote di Guglielmo IV, il regno d'Hannover seguì nella linea ma-
scolina, onde lo possedè il fratello minore d'esso Guglielmo, Ernesto Augusto duca
di Cumberland 1851
Giorgio V, 18 novembre 1851
Canili, Documenti. — Tomo 1, Cronologia.
14
m
CRONOLOGIA
§ 106. — Olanda.
Guglielmo 1 di Nassau-
Orange, slatolder . . 1559
Enrico Federico . . .
J oot
■1625 i
Guglielmo II , ; . .
1647 i
Soppresso lo statolderato
fino a Guglielmo III .
1672 i
Soppresso lo statolderato
fino a Guglielmo IV
MAI \
Guglielmo V . . . .
1751 \
abdica 1800, muore 1806
Repubblica democratica .
1795
Repubblica baiava . .
1798
158i
1625
1647
1650
1702
1751
1795
con un granpensionario
Scbimmelpenninck. . 1805
Luigi Buonaparte re . . 1806
Aggregata alla Francia . 1810
Guglielmo I s'intitola re
dei Paesi Bassi ... 1814
re d'Olanda .... 1831
rinunzia ..... 1 840 m. 1843
Guglielmo II re d'Olanda 1840 1849
Guglielmo III, 17 marzo 1849
il Belgio si separa dall'Olanda nel 1830.
Leopoldo di Coburgrede/
Belgio, 4 giugno . . 1832
g 107. — Montenegro.
Daniele Pétrovic eletto metropolita
a Celine 1097
Sava 1737
Vasile 1750
Pietro I 1782
Pietro II 1830
Daniele 1851
Nicola Pétrovic ^'jegosch . . . 18G0
§ 108. — Stati Uniti.
Washington , presidente del Con-
gresso 1789 1797
Adams 1797
Jefferson . ^ 1801.
Madison . * 1805
Monroe 1817
Quincy Adams 1825
Jackson 1829
Ruren 1837
Harrison, poi Tyler 1841
Polk 1845
Taylor 1849
Filìniore 1850
Pierce 1853
Buchanan 1857
Lincoln 1861
g 109. — Messico.
Montezuma imperatore m. 1520
Quetvalaca 1520
Gualimozin 1520 1522
Domi nazionespagnuola fino
all'agosto 1821
Iturbido Agostino I impera-
tore 1822abd.l823
Repubblica federale. Presi-
denti: Vittoria ... 1824
Pedrazza 1828
Guerrero 1828
Bustamente 1829
Santa-Anna 1832
Bustamente di' nuouo . . 1836
Governo centrale. Presi-
dente: Parcdcs . . . 1841
Santa-Anna dittatore . . 1843
Governo centrale. Presiden-
ti : Ilerrera .... 1844
Parèdes di nuovo . . . 1846
Repubblica federale. Presi-
denti: Santa-Anna di «uoro 18i7
Herrera di «uoro . . . 1848
Varie mutazioni finché al 6 gennnjo 18o3
la repubblica federale cessa, e al 20aprile
sotlentra la ditlaf ura di Santa-Anna. Que-
sti abdica nell'agosto 1855, e gli succe-
dono come presidenti:
Carré ra 1855
Alvarez ....... 1856
Comonfort 1857
r.cuilo Juiirez . . , 18.^8 e 18(^1
TAVOLE
211
§ MO. — Perù.
Manco-Ciipac I inca , e
Coya-Oclla
Sinchi-Roca
Lloqiie-Yiipanqui
Mayta-Capac
Capac-Yupanqu
Roca . . .
Yahuarhuacac
Viracocha .
Pachacutec .
HOO
Inca Yupanqui .... —
Tupa Yupanqui .... —
Ilunna-Capac .... iri26? iri29
Ataliualpa o Atabalipa . 1529 1533
Hua^car i529 1532
Manco-Capac II ... 1533 1537
Domi nazione spagnuolafinoalla repubblica.
Presidente: Ramon Castilla 1843
rieletto nel ... . 1855
poi ancora l'ottobre . 4858
§ HI. — Colombia,
Proclamata repubblica da Bolivar 17 dicembre 1819, vi si uniscono Caracas e la Nuova
Granata 18J9, poi Quito 1821, e Panama 1823. Nel 1831 si divide nei tre Stati di
Yenezuela, Nuova Granata, Equatore.
Venezuela.
Presidenti : Paez 1831
Vargas e Monagas si disputano il
seggio, e torna Paez.
Soubrette 1842
Monagas 1846
rieletto nel 1857
dopo datasi la nuova costituzione,
in cui la durata del presidente è
stabilita a 4 anni.
Manuele Filippo di Tovar . . . 1860
Nuova Granata.
Presidenti: Mosquera 1840
Lopez 1849
Obaldia 1855
Mariano Ospina 1857
Equatore.
Presidenti: Florez 1835
Roca 1843
Urbina 1845
Robles 1856
Jose Garda Moreno 18G1
§ 112. — Chili.
Repubblica per la costituzione del 1833, che porta un presidente quinquennale.
Presidente: Manuel Monti 1851
rieletto nel 1856
Giose Gioachino Perez 1861
§ 115.
America Centrale.
Dichiarasi indipendente, 21 settembre 1821 : si separa dalla Confederazione messicana,
luglio 1823: trattato di unione 7 ottobre 1842 fra Guatiraala, Ondura, Nicaragua, San
Salvador: vi si unisce Costa-Rica: al Nicaragua nel 1856 è unito il territorio dei
Mosquitos. Ciascuno Stato ha presidente proprio, con distinta costituzione.
§ 114.
Confederazione Argentina.
Presidente con residenza a Pàrana: Urquiza 1853
Santiago Derqui 18G0
212
CRONOLOGIA
iìb.
Buenos- Ayres .
Dalla Confederazione Argentina nel 4853 si stacca il Buenos-Ayres, ch'era la maggiore
delle quattordici provincie.
Governatore per tre anni : Alsina 4857
Per trattato H novembre 1859 è riunito alla Repubblica Argentina.
§ 116. — Uruguai.
Repubblica riconosciuta pel trattato di Montevideo 1828: si promulga la costituzione
il 10 settembre 1829.
Presidenti: Rivera 1830 Suerrez 1845
Oribe 1835
Ri\er di di nuovo 1838
Pereira 4856
Prudenzo Berrò ...... 4860
g 417. — Brasile.
Il Brasile è eretto in regno il 15 dicembre 4815; in impero l'il ottobre 1822.
Don Pedro I de Alcantara 1822 abd. 1831 ra. 1834
Don Pedro li, 7 aprile 4831 coronato 4844
§ 448. — Haiti.
Toussaint (Louverture) pre-
sidente a vita .... 1800
Giacomo I (Dessalines) im-
peratore 1804
Enrico I (Cristoforo) re .1811
Petion presidente ... 1816
Boyer 1818
presidente di tutta l'isola 1822
Herrard 1843
Guerrier 1844
Perrot 1845
4802
1806
1820
Ricbè 1846
Soulouque 4847
imperatore col nome di Faustino I 4849
Repubblica Domioicana all'est del-
l'isola nel 1844.
Presidenti: Santana 4844
Baez 4849
Santana dì nuovo . . ... 4853
Alfan 4856
Baez di nuovo 4857
Fabre Geffrard 4859
§ 419. — Giappone.
Sin-mu, primo dairi o imperatore spirituale, regnava il 660 av. C. Nel 4817 salì al
trono il suo cenventunesimo successore, e finché vive se ne ignora il nome. U Siogun,
principe temporale, è Mina Motto I.
TAVOLA ALFABETICA
D^IJ0M1!\I ILLUSTRI
PKINCIPALMENTE NELLE SCIENZE E NELLE LETTERE (^)
Aa (Van der) Pietro, giureconsulto fiam-
mingo, 1530-94.
Aagard Cristiano, poeta danese, 1616-64.
Aagesen Svend , storico danese, v. 1186.
Aaron d'Alessandria, medico, v. 622.
*Abacuch, uno dei xii profeti minori, v.
620.
Abailard (Abelardo) Pietro da Palais, sco-
lastico, 1079-1142.
Abancourt (Francesco d') , scrittor fran-
cese, 1745-1803.
Abano (Pietro d'j, medico italiano, 1250-
1516.
*Abarcida, filosofo scita, v. 1250.
Abbadie Giacomo, teologo bernese, -1727.
Abbone, abbate di Fleury, -1404.
Abbone, dotto francese, x secolo.
Abbone monaco, poeta francese, ix secolo.
Abbot Roberto, vescovo di Salisbury, 1560-
1617.
Abbracciavacca Meo, poeta italiano, xiii
secolo,
Abdallatif, storico arabico, 1161-1231.
*Abdia, profeta minore, v. 700.
Abdoul-Kerim, scrittore persiano, v. 1741.
Abdoul-Rahym, scrittore mongolo, -1627.
Aben-Hitar, botanico e medico arabo, -1248,
Aben-Ezra, dotto rabbino, 1179-1274,
Aben-Ragel da Cordova, astronomo arabo,
ix secolo.
Aben-Zoar da Pegnaflor, medico arabo, xii
secolo.
Abercromby Tommaso , dotto scozzese ,
1656-1726.
Abernethy Giovanni , teologo irlandese ,
1680-1740,
Abich Giorgio, orientalista tedesco, 1672-
1740.
*Abideno, storico greco, v, 330,
Abiidgaard Cristiano, medico e naturalista
danese, -1808,
Able, teologo inglese, -1540.
Abrabanel Isacco , rabbino portoghese ,
-1508,
Abulfaragio, storico e medico arabo, 1230-
1286,
Abul-Faragy d' Ispaan , scrittore arabo,
897-967.
Abul-FazI, scrittore arabo, -1604.
Abul-Feda, storico e geografo arabo, 1273-
1331.
AbulHassan-Ali , astronomo arabo, xiii
secolo,
Abul-Mahassan , storico arabo d'Aleppo ,
v, 1455.
Abul-Obaid al-Cascem, autore arabo, -838,
Abul Ola, poeta arabo, 973-1037,
Abul-VVesa, astronomo arabo, 959-98,
Abu-Osaibah, medico arabo, xiii secolo,
Abu-Ryhan, astronomo arabo, -941,
Acacio, vescovo di Berea, 522-432,
Acacio da Cesarea, biografo, -565,
Acacio, patriarca di Costantinopoli, -485,
Accarisi Alberto, grammatico italiano, v,
1543.
Accarisi Francesco, giureconsulto italiano,
-1622.
Acciainoli Donato, erudito fiorentino,1428-
1478.
'Accio Lucio, tragico latino, v. 190.
Accolti Francesco, giureconsulto aretino,
1418-83.
(\) NB. Prefiggiamo 1' * ai vissuti avanti Cristo, v, vuol dire ver$o. Due numeri distinti col - indi-
cano l'anno delia nascita e quello della morte. Il solo - si antepone all'anno della morte; n. a quello
della nascita. Pei regnanti si vedano le Tavole precedenti.
214
cnoNOLor.iA
Accolti Reroardo, poeta detto rUnico Are-
tino, XVI secolo.
Accoramboni Felice, medico e poeta ita-
liano, ìd.
Accorso Mariangelo, critico napoletano, id.
Accursio Francesco, giureconsulto italiano,
1151-1229.
Achard Antonio , predicatore ginevrino ,
1696-1772.
Achard Federico da Berlino , chimico ,
1754-1821.
Achenwal Goffredo, pubblicista prussiano,
1719-72.
"Acheo, poeta greco d'Erctria, 484-49.
Achermann G. Gr., medico tedesco, 175(5-
1801.
Achery Giovan Luca, benedettino francese,
1609-85.
Achille Tazio , scrittore erotico greco , v.
250.
AchilliniClaudio,poetaitaliano, 1571-1 640.
Achillini Giovanni Filoteo, dotto italiano,
1466-1538.
Acidalio Valente, poeta critico tedesco,
1567-95.
Aciudino, monaco greco, xiv secolo.
Acosta (Gian d'), teologo spagnuolo, 1539-
1600.
Acosta (Uriele d'), giudeo convertito, -1 047.
Acquaviva Andrea, scrittor italiano, 1456-
1528.
*Acrone d'Agrigento, medico, v. 4i4.
Acropolito Giorgio, storico greco, 1220-82.
*Acrotato, capitano lacedemone, v. 520.
Acton Giovanni, inglese, ministro napole-
tano al fine del secolo xviii.
Acuna o Acugna (Carlo d'), missionario
spagnuolo, 1597-1675.
Acuna (Francesco d'j, scrittore spagnuolo,
-1580.
Adalardo, vescovo francese, 753-826.
Adalberto, arcivescovo di Praga, -997.
Adam Giacomo, letterato francese, 1663-
1755.
Adam Melchiorre da Grotkar in Siberia,
scrittore, -1622.
Adamo da Brema, storico ecclesiastico, v.
1067.
Adanson Michele, botanico francese, -1806.
Addison Giuseppe , filosofo moralista in-
glese, 1672-1719.
Addison Luigi, scrittor inglese, 1632-1703.
Adelboldo d'Utrecht, dotto teologo, -1029.
Adelburner, matematico e medico tedesco,
1702-79.
Adelfo, filosofo platonico, ni secolo.
Adelman da Liegi, teologo e poeta, -1057.
Adelmo da Cantorbery, scrittore e poeta,
-709.
Adelung Giovan Cristoforo, letterato della
Pomerania, 1734-1806.
Ademar da Marjevols, trovatore, xiii secolo.
Ademaro o Aymar, storico francese, 998-
1030.
Adimari Alessandro , scrittore italiano ,
1579-1649.
Adimari Luigi, poeta satirico fiorentino,
1644 1708.
Adlerfeld (Gio. d'), storico svedese, 1071-
1709.
Adone (sant'), cronista francese, -875.
Adria G., storico siciliano, -1560.
Adriani Giambattista, storico italiano, 1513-
1579.
Adriani Marcello, traduttor italiano, 1533-
1604.
Adriani Virgilio, letterato italiano, 1464-
1521
Adriano, sofista greco, ii secolo.
AdricomoCristiano, scrittor olandese, 1 .'j33-
1585.
Affichart (Tommaso 1'), poeta comico fran-
cese, -1753.
Afflitto Matteo da Napoli, giureconsulto,
1430-1510.
Affò Ireneo, storico parmigiano, 1741-97.
*Afranio Lucio, poeta comico latino, v. 100.
Africano Sesto Giulio, storico e matema-
tico, V. 251.
*Afro Gneo Domizio, oratore latino, v. 15.
Aftonio, retore greco, m secolo.
Agapeto da Costantinopoli, scrittor greco,
V. 527.
*Agatarchide da Guido, geografo e storico,
V. 104.
Agatarchide, scrittor greco, ii secolo.
"Agatarco da Samo, pittore, v. 400.
Agatemero, geografo greco, m secolo.
Agatia, poeta e storico greco, 559.
*Agatone d'Atene, poeta, v. 422,
*Agelada d'Argo, scultore, v. 432.
♦Aggeo, profeta minore, v. 520.
Agileo, dotto greco, xvi secolo.
Agnello A., scrittore italiano, ix secolo.
Agnesi Maria Gaetana, matematica mila-
nese, 1718-99.
Agobart, arcivescovo di Lione, -840.
Agostino (sant'j, apostolo dell'Inghilterra,
VI secolo.
Agostino (sani') da Tagaste, dottor della
Chiesa, 554-426.
AgricolaGiorgio, mineralogo tedesco, 1494-
1555.
Agricola, pittore romano, -1857.
TAVOLA AI.PAnRTir.A p'rOMIM n.r.lISTRI
Agricola Rodolfo da Groninga, fi 1 oso lo ,
*Agri|)pa Marco Vipsanio, ministro d'Au-
gusto, 1 secolo.
*Agrippa, astronomo asiatico, i secolo.
Agrippa Enrico da Colonia , scienziato ,
1-486 1535.
Aguesseau (Francesco d'), cancelliere fran-
cese, 1668-1751.
Aguìllon (Francesco d'), erudito di Brus-
selles, 1567-1617.
Aauirra (G. d'), teologo spagnuolo, 1639-
^1699.
Ainsworth II., scrittore inglese, xvi secolo.
Ainsworth R., grammatico inglese, 1660-
17i3.
Aitzema (f>eone d'), storico olandese, 1600-
1669.
Akakia, scrittor medico e traduttore, -1 551 .
Alacocque Margherita, ascetica, 1647-90.
Alain, autore drammatico francese, -1720.
Alain de l'isle, dotto francese, xiii secolo.
Alaleona Giuseppe, letterato e giurista ita-
liano, -1749.
Alamanni Luigi, poeta fiorentino, 1495-
1556.
Alano, autore danese, -1594.
Alard, teologo olandese, 1532-74.
Alazene, matematico arabo, xi secolo.
Alba (duca d') Francesco, ministro di Fi-
lippo II, 15U8-82.
Albani Alessandro cardinale, scrittor ita-
liano, 16'J2-1799.
Albano Francesco, pittor bolognese, 1578-
1647.
Albano, giureconsulto italiano, 1504-91.
Albategni, astronomo arabo, -929.
Albergali, giureconsulto italiano, xvr sec.
Alberico da Aix, cronista francese, xii sec.
Alberico, legista italiano, xiv secolo.
Alberoni Giulio, piacentino, cardinale e
ministro di Spagna, 1644-1752.
Alberti G. d'Arlem, teologo, 1698-1762.
Alberti Leandro, storico italiano, 1479-
1552.
Alberti Leon Battista, matematico fioren-
tino, -1490.
Alberto da Strasburgo, cronista, v. 1375.
Alberto Magno, fisico ed ascetico tedesco,
1193-1280.
Albertolli Giocondo, ornatista di Lugano,
1742-1N39.
Albinovano, poeta latino del secolo d'Au-
gusto.
Albino, matematico tedesco, xvi secolo.
Albornos (Gilles-Alvarez Carillo), arcive-
scovo di Toledo, 1300-67.
21.^
Al Bucazis, medico arabo, -1107.
Al-Bumazar, astronomo arabo, 805-885.
Albiiquer(|ue Alfonso, navigatore porto-
ghese, 1452-1515.
Alcazar, scrittore spagnuolo, xvi secolo.
"Alceo da Mitilene, poeta, v. 604.
Alciato Andrea, giureconsulto milanese
1492-1550.
"Alcibiade, capitano ateniese, 456-404.
Alcifrone, scrittor greco oscurissimo , ii
secolo.
*Alcimada, filosofo e retore greco, v. 424,
Alcinoo, filosofo greco, ii secolo.
Alcionio, scrittore italiano, -1527.
Aickmaar, poeta tedesco, xv secolo.
"Alcmano, poeta lacedemone, v. 660,
"Alcmeone, poeta lirico greco, v. 659.
"Alcmeone, scrittor greco, v. 500.
Alcuino, teologo scozzese, -804.
Aldo Manuzio, tipografo e filologo romano
nel secolo xvi,
Aldred, scrittore da Worcester, -1069,
Aldrido, vescovo di Mans, ix secolo.
Aldrovandi Ulisse, naturalista bolognese,
1527-1605.
Aleander Girolamo di Carniola, cardinale
grecista, -1U2.
Aleman Matteo da Siviglia, scrittore spa-
gnuolo, 1550-1620.
Alemaud L. A., medico e letterato fran-
cese, -1728.
Alembert (Giovanni Le Rond d'), geometra
francese, 1717-72.
Alessandro Alessandri, giureconsulto ita-
liano, 1461-1525.
'Alessandro Polistore da Mileto, gramma-
tico, v. 46.
Alessandro d'Afrodisea, filosofo peripate-
tico, V. 150,
Alessandro di Traile, filosofo e medico, vi
secolo,
Alessandro, trovatore, xii secolo,
Alessandro, poeta scozzese, -1640,
Alessi, architetto italiano, -1592,
Alessi, empirico e viaggiatore piemontese,
XVI secolo.
Alessi Guglielmo, poeta francese, v. 1493.
"Alessio, poeta comico greco, iv secolo.
Alfarabio, filosofo arabo, v. 950.
"Alfeno, giureconsulto romano, v. 15.
Alfano Varo, scrittor italiano, -1086.
Alfieri Vittorio d'Asti, tragico, 1749-1803.
Alfragano, astronomo arabo, ix secolo.
Algardi Alessandro, scultore e architetto
bolognese, 1583-1654.
Algarotli Francesco, dotto veneziano, 471 2-
4764.
216
CRONOLOGIA
Alipio, filosofo plalonico, iv secolo.
Allacci Leone, erudito grecista, -leGO.
Allegri A., poeta italiano, xvi secolo.
Allegri Antonio (il Correggio), pittore par-
migiano, 1494-1534.
Allegri Gregorio romano, compositore di
musica, -1640.
Alletz Edoardo, scrittore francese, 1798-
1850.
Allioni Carlo, botanico piemontese, 1728-
1804.
Almeida, scrittor portoghese, 1722-1802.
Almon Giovanni, scrittore inglese, 1738-
1805.
Alpino Prospero, medico e botanico a Pa-
dova, 1553-1617.
'Alpino, poeta latino, i secolo.
ALsledio, teologo tedesco, 1588-1658.
Alstroemer, negoziante ed economista sve-
dese, 1665-1761.
Allhamer, teologo tedesco, xvi secolo.
Alvarez Diego, teologo spagnuolo, -1635.
Alvarez Emanuele, gesuita, grammatico
latino, 1526-83.
Alvarotto, giureconsulto italiano, -1546.
Amalrico Paolo, storico italiano, -1517.
Amalteo, poeta latino, xv secolo.
Amant (Saint-), poeta francese, xvii secolo.
Amaseo, letterato italiano, 1489-1552.
Amboise Francesco, scrittor francese, 1550-
1 620.
Amboise (Giorgio d') , ministro francese,
1460-1510.
Ambrogio (sanf), padre della Chiesa, 340-
397.
Ambrogio, traduttore italiano, 1378-1439.
Ambrogio Teseo , orientalista italiano ,
-1540.
Ameilhon Pasquale, dotto parigino, 1730-
1811.
Amelio, filosofo platonico, iii secolo.
Amelot de la Houssaie, storico francese,
1634-1706.
"Amilcare Barca , capitano cartaginese ,
-228.
Ammiano Marcellino d'Antiochia, storico
latino, 320-90.
Ammirato Scipione di Lecce, storico, 1 531 -
1601.
Ammonio, dotto italiano, 1477-1517.
Ammonio, grammatico greco, vi secolo.
Ammonio Sacca, filosofo greco, ii e ni
secolo.
Amontons Guglielmo da Parigi , fisico ,
1663-1705.
Amoretti Carlo , naturalista di Oneglia ,
1740-1816.
*Amos, profeta, v. 787.
Amsdorf, vescovo di Norimberga, 1483-
1565.
Amyot Giacomo da Melun, letterato, 1513-
1593.
Amyraut, teologo francese, 1596-1664.
*Anacarsi, filosofo scita, v. 580.
*Anacreonte da Teo, poeta greco, v. 530.
Anagnosta, storico greco, xv secolo.
*Anassagora, filosofo greco da Clazomene,
V. 490.
*Anassandride, poeta comico, v. 377.
*Anassarco d'Abdera, filosofo, v, 323.
*Anassilao da Larissa, id., v. 20.
'Anassimandro da Mileto, id., 610-546.
'Anassimene da Mileto, id., v. 543.
Anastasio bibliotecario, ix secolo.
Ancillon Carlo di Metz, scrittor francese,
1659-1715.
Ancre (Leonora Galigai marescialla d'),
-1617.
Anderloni Faustino di Brescia, incisore,
1766-1847.
Anderson, giureconsulto inglese, -1605.
Anderson, storico tedesco, xvii secolo.
'Andocide, oratore ateniese, v. 455.
Andrada, teologo portoghese, 1528-75.
Andrada, viaggiatore portoghese, -1634.
André, giureconsulto del Brabante, 1588-
1656.
André, riformato tedesco, 1586-1654.
André, scrittor francese, 1675-1764,
André, teologo tedesco, 1528-90.
Andrea da Pisa, architetto, -1345.
Andrea del Sarto (Vanucci), pittor fioren-
tino, 1488-1530.
Andrea (Giovanni d') da Mugello, giure-
consulto, -13i8.
Andreini Giambattista, attore e comedo
fiorentino, 1578-1630.
Andreini Isabella di Padova, attrice, 1562-
1604.
And reossi Anton Francesco, generale e
matematico francese, 1761-1828.
Andreossi Francesco di Tolosa, ingegnere,
1633-88.
Andres Giovanni, gesuita spagnuolo, scrit-
tor italiano, 1740-1817.
Andrieu di Strasburgo, letterato e poeta
francese, 1759-1833.
'Andronico, dotto greco rifuggito, -1478.
'Andronico, filosofo rodiano, v. 36.
*Andronico Livio, poeta latino, v. 240.
Anelli Angelo di Desenzano, poeta, 1761-
1820.
Angela Merici da Brescia, fondatrice delle
Orsoline, -1540,
TAVOLA ALFABETICA D*L'OMlNl ILLUSTRI
217
Angeli Pietro, poeta, detto Rargeus, -1596.
Angelico, il Beato, pittore fiesolano,-144j.
Angelo e Agostino da Siena, architetti e
scultori, V. 1350.
Angenncs, dotto francese, 1S38-1601.
Angliiera (Pietro d') , storico lombardo,
1453-1526.
Anguillara Andrea di Sutri, poeta italiano,
1Ò17-70.
*Anito, retore ateniese, -359.
Anna Conineno, storica greca, 'JOSS-HiS.
^Annibale, capitano cartaginese, 247-183.
Annio da Viterbo, erudito, 1452-1502.
"Annone, navigatore cartaginese, v. 1000.
Anquetil Duperron, orientalista parigino,
1723-18U8.
Ansaldi Innocenzo, archeologo sacro, se-
colo XVIll.
Anscario (sanf), monaco di Gorbia, apo-
stolo della Danimarca e della Svezia ,
-805.
Ansegiso abbate, che raccolse i Capitolari
di Carlomagno, -823.
Anselmo (sanf) d'Aosta, arcivescovo di
Cantorbery, teologo e filosofo, 1 033-1 1 09.
Auson Giorgio, ammiraglio britanno, 1697-
170-2.
Antemio da Traile, matematico, vi secolo.
"Antifane, poeta comico, v. 414.
"Antifone, retore ateniese, v. 417.
"Antigono, capitano d'Alessandro, -301.
'Antigono Socheo, capo de' Sadducei, v,
300.
'Antigono Garistio, scrittor greco, v. 255.
Antimaco, dotto italiano, 1475-1332.
"Anlimaco, poeta greco, v secolo.
"Antioco, filosofo greco stoico, v. 100.
Antioco, giureconsulto latino, v secolo.
Antioco, scrittore siriaco, xv secolo.
'Antipatro, capitano d'Alessandro, poi re
di Macedonia, -521 .
"Antipatro da Sidone, stoico e poeta, v.
156.
*Antipatro, governatore dell'ldumea, -43.
"Antipatro Lucio Gelio, storico latino, v.
124.
'Antistene, filosofo greco, v. 324.
Antoni (Rappacino d') , matematico pie-
montese, -1786.
Antoniano Silvio, autore italiano, -1603.
Antonides Van der Goes, poeta olandese,
-1684.
Antonino Liberale, scrittor greco, iisecolo.
Antonino (sanf), arcivescovo di Firenze e
scrittore, -1459.
"Antonio (Marc'), generale romano, 86-30.
"Antonio Musa, medico d'Augusto, i secolo.
Antonio (sanf) da Padova , di Lisbona ,
1295-1331.
Antonio (sanf), eremita della Libia, 25J-
336.
Antonius, giureconsulto tedesco, -1618.
Anville (liourguignon d'), geografo pari-
gino, 1697-1782.
Anwari, poeta persiano, v. 1200.
*Apelle, pittore da Coo, v. 332.
"Apellicone, filosofo greco, v. 86.
Apiano, astronomo tedesco, -1551.
Apione, grammatico egizio, v. 70.
Apollinare il vecchio, scrittore da Berito,
IV secolo.
Apollinare il giovane, icL, v. il 420.
Apollinare, grammatico cartaginese, ii sec.
"Apollodoro, grammatico greco, v. 140.
"Apollodoro, pittore ateniese, v. 504.
"Apollodoro, poeta comico, v. 347.
Apollonio d'Alessandria, grammatico, v.
138.
"Apollonio da Perga in Pamfilia, geometra,
n. 244.
"Apollonio da Rodi, poeta greco, n. 304.
"Apollonio da Tiro, filosofo, v. 74.
Apollonio Tianeo, filosofo pitagorico e tau-
maturgo, -97.
Apostolio, dotto greco, xv secolo.
Appiani Andrea, pittore, 1754-1817.
Appiano Alessandrino , storico greco , ii
secolo.
Aprosio, erudito italiano, -1581.
Apulejo Lucio, filosofo platonico, ii secolo.
Apulo Guglielmo, cronista dei Normanni
d'Italia, XII secolo.
Aquaviva, scrittore spagnuolo, .xvi secolo.
Aquilano, poeta italiano, 1466-1300.
Aquino, lessicografo italiano, 1654-1740.
Arabaschah, storico siro, -1430.
''Arato, poeta comico ateniese, v. 375.
"Arato, astronomo e poeta greco, v. 277.
"Arato da Sidone, capitano acheo, v. 272.
Aratore, poeta, vi secolo.
Arbuthnot Gio., medico scozzese, -1735.
"Arcesilao, filosofo platonico, v. 306.
"Arcesilao da Pitene, filosofo greco, v. 250.
"Archelao, id., v. 448.
"Archia, poeta greco d'Antiochia, v. 50.
Archigene, medico greco, v. 90.
"Archiloco, poeta greco da Paro, v. 700.
"Archimede da Siracusa, geometra, 287-
212.
Archinto , famiglia milanese che risale al
1228, ed ebbe personaggi illustri in ogni
genere.
"Archita, filosofo pitagorico da Taranto
v. 381.
318
CRONOLOGIA
Arcimboldi , famiglia parmense trasferita
a Milano, estinta il ] T2.1, che diede scrit-
tori, prelati, magistrati.
"Arcippo, poeta ateniese, v. 419.
Arron de Pontarlier, scrittore di cose mi-
litari, 1755-1800.
Arcq (d'j, letterato francese, -1779.
Arduino Giovanni di Quimper, erudito ge-
suita, 1646-17:29.
Arena, poeta francese, -1544.
Aresi, scrittore italiano, -1644.
Areteo, medico greco, v. HO.
*Areteo di Cappadocia, medico, v. 50.
Aretino, giureconsulto italiano, -1480.
Aretino Pietro, poeta toscano, 1492-15S7.
Aretino, storico italiano, 1570-1444.
Argand di Ginevra, fisico, -1803.
Argelati Filippo, dotto bolognese, 168S-
1755.
Argens (marchese d') d'Aix, scrittor fran-
cese, 1704-71.
Argentai (conte d') , amico di Voltaire,
1700-88.
Arguelles Agostino, statista e oratore spa-
gnuolo, 1775-1844.
Argyrio Isacco, matematico greco, v. 1035.
Argyropulo, commentatore e storico greco,
V. 1480.
Aria Montano, erudito spagnuolo, -1588.
Ario, eretico della Libia, v. 300.
*Arione, poeta lirico da Memmo, v. 650.
Ariosto Lodovico, poeta da lieggio, 1474-
1533.
"Aristarco da Samo, astronomo, v. 265.
*Aristarco da Samotracia, critico, 160-88.
"Aristea, storico greco, v. 275.
Aristenete, scrittor erotico greco, iv secolo.
Aristeo, matematico greco, v. 285.
"Aristide, capitano ateniese, detto il Giusto,
V. 485.
Aristide (sanf), ateniese, apologista cri-
stiano, V. 125.
Aristide, sofista da Mileto, n. v. 129.
"Aristione, sofista ateniese, v. 87.
"Aristippo, filosofo greco da Cirene, v. 450.
"Aristobulo, filosofo ebreo, v. 184.
*Aristofane, poeta comico greco, v. 427.
"Aristogitone e Armodio ateniesi, uccisori
d'Ipparco, 515.
"Arisiomene, capitano de' Messenj, v. 685.
"Aristomene, poeta ateniese, v. 456.
"Aristone, filosofo da Chio, v. 280.
"Arislosseno, filosofo greco, 324.
"Aristotele, filosofo greco da Stagira, 584-
322.
Arkwright Ricardo, meccanico inglese,
-1792.
Arlotto piovano di firenze, xiv secolo,
celebre per motti arguti.
Armenopulo, giureconsulto greco , 1320-
1585.
"Arminio, capitano de' Cherusci, v. 50.
Arminio, teologo olandese, 1560-1609.
Arnaldo di Brescia, settario, v. 1155.
Arnaldo di Mareuil, poeta provenzale, xu
secolo.
Arnaldo di Villanova , medico francese ,
XIV secolo,
Arnauld Antonio da Parigi, controversista,
1612-1694.
Arnauld d'Andilly , traduttore francese ,
1589-1674.
Arnobio, retore nùmida, iii secolo.
Arnobio di Galles, teologo, vi secolo.
Arnold, storico tedesco, xiii secolo.
Arnold, teologo tedesco, 1618-80.
Arnolfo di Lapo, architetto, -1500.
Arnolfo', storico milanese, x secolo.
"Arpalo, astronomo greco, v. 480.
Arriano da Nicomedia, storico, -175.
Arringhi Paolo, archeologo romano, xvii
secolo.
Arrivabene, famiglia mantovana, ricca di
bei nomi.
Artaud de Montor, storico parigino, 1772-
1849.
Arteaga Stefano, aragonese, scrittor italiano
di cose teatrali, 1747 99.
Artedi Pietro, ittiologo svedese, 1705-55.
"Artemidoro, geografo greco, v, 104.
Artemidoro, scrittor greco, v. 120.
Arundel (conte d') Tommaso, archeologo
inglese, V. 1622.
Ascelino, scolastico francese, xiii secolo.
"Asclepiade da Bitinia , medico a Roma
V. 80.
AsconioPediano, grammatico latino, v. 59.
Aselli Gaspare di Cremona, anatomista,
1581-1626.
"Aspasia, cortigiana in Atene, 425.
Assarotti Ottavio, genovese, educatore dei
sordimuti, 1753-1829.
Assemani Simone di Tripoli in Siria, orien-
talista, 1686-1768.
Assemani Luigi, id., 1710-82.
"Assioteo, dotto greco, v. 560.
"Astidama, poeta comico, v. 373.
Astruc Giacomo, medico francese, 1684-
1765.
Atanasio (sanf), padre della Chiesa orien-
tale, v. 373.
Atenagora d'Atene, filosofo, v. 177.
Ateneo, grammatico greco, ii secolo.
Ateneo, matematico greco, iii secolo.
1
TAVOLA ALFAIiKTICA D UOMINM ILLUSTRI
219
*Atenodoro, filosofo stoico, i secolo.
Aubery, storico francese, xvii secolo,
Aubespine, teologo francese, -1630.
Aubin (Saint-), teologo ed erudito fran-
cese, I(i7j-17i2.
Aubignac (Francesco d')da Parigi, letterato
e critico, i60i-76.
Aubigné (Teodoro Agrippa d') da Saint-
Maurice presso Pons, storico francese,
1530-1030.
Audifredi, astronomo e bibliografo italiano,
-1794.
AudouinVittore,naturalistafraacese,'1797-
1841.
Auger Edmondo, gesuita francese, lolo-
1S91.
Auger Atanasio, grecista parigino, 173i-
1792.
Augurello, poeta italiano, xv secolo.
Augustino, antiquario spagnuolo, -lo86.
Aulo Gelilo 0 A Gelilo, grammatico latino,
V. 150.
'Aurelio Cotta, filosofo romano, v. 63.
Aurelio Vittore, storico romano, iv secolo.
Aurispa, autor siciliano, xv secolo.
Aurivilio, erudito svedese, -1786.
Ausonio, poeta latino di Bordeaux, 509-74.
*Autolico , matematico greco da Pitana
V. 330.
Autreau Giacomo di Parigi, pittore e poeta,
1636-1 743.
Auvergne (La Tour d'), detto primo gra-
natiere di Francia, e linguista, 17-i3-
1800.
Auzout Adriano, matematico di Rouen ,
-1691.
Avancino Meda, teologo ed ascetico, xvii
secolo.
Avanzio, giureconsulto italiano, xvi secolo.
Avellino Francesco, archeologo napoletano,
1788-1830.
Aventino (Giovanni Thurnraaier d"), storico
tedesco, 1470-1334.
Abenzoar, medico spagnuolo, xii secolo.
Averani, matematico italiano, -1707.
Averroe da Cordova, medico arabo, v. 1206.
Avicenna, medico arabo, 980-1057.
Avieno Rufo Festo, poeta latmo, iv secolo.
Avila, storico spagnuolo, xvi secolo.
Avila (Giovanni d'j, missionario, ascetico
spagnuolo, -1569.
Avito da Vienna, scrittore, secolo v e vi.
Avogadro Giuseppe di Casanova, letterato
ed economista piemontese, -18J4.
Avogadro Amedeo di Quaregna, fisico pie-
montese, -1837.
Avrillon (Giambattista d'}, ascetico fran-
cese, -1729.
Avrigny (Giacinto Robilland d') , storico
francese, -1719.
Ayala Baldassare , scrittor militare d'An-
versa, -1584.
Ayala (Giovanni Iteriano d'j, monaco spa-
gnuolo, 1750.
Ayala, scrittor di Valenza, -1366.
Aymon frate da Fulda, ix secolo.
Ayraut Pietro d'Angers , giureconsulto,
1336-1601.
Ayrer, autore tedesco, xvii secolo.
Azara (Giuseppe Nicola d'}, scrittore spa-
gnuolo, 1751-1804.
Azario, cronista novarese, xiv secolo.
Azevedo, missionario portoghese, -1634.
Azolino, giureconsulto e satirico, -1670.
Azorio, teologo spagnuolo, -1603.
Azuni Domenico Alberto, sardo, giuris-
prudente e storico, 1749-1827.
Azzanello da Cremona, storico, xv secolo.
Azzo, giureconsulto italiano, v. 1220.
Awkvood (Acuto) Giovanni, inglese, capi-
tano di ventura, xiv secolo.
B
"Bacchilide, poeta da Geo, v. 461.
Bacchini Benedetto, storico italiano, 1631-
1721.
Dacci Andrea, scrittor medico, 1396.
Bacone Francesco da Verulamio, filosofo
inglese, 1361-1626.
Bacone Ruggero, dotto inglese, 1214-92.
Bacque, poeta francese, n. 1008.
Raglivi Giorgio, medico raguseo, 1668-
1707.
Bahrdt, scrittor tedesco, 1741-92.
Baier, teologo tedesco, -1694.
Baier Gian Giacomo, medico tedesco, 1677-
1735.
Baillet Adriano, scrittor francese, 1649-
1706.
Baillie, teologo inglese, 1660.
Bailly Gforgio Silvano, astronomo pari-
gino, 1756-93.
Bajus, giureconsulto da Lovanio, 1313-
1389.
Baker, scrittore inglese, j 368-1 643.
220 CnONOLOGIA
Balbi Adriano di Venezia, geografo e sta-
tista, 1782-1848.
Balbo Cesare, letterato piemontese, 4789-
185o.
Balboa, viaggiatore castigliano, n. iAlS.
Balbuena, poeta spagnuolo, xvi secolo.
Baldo G., scrittore e cardinale, v. 1334.
Baldo degli Ubaldi Pietro , giureconsulto
perugino, 1340-1400.
Baldelli Fr., letterato italiano nel xvisecolo.
Balderico, storico ecclesiastico, xii secolo.
Baldini, erudito italiano, xvi secolo.
Baldinucci Filippo, scrittor italiano, 1624-
1696.
Ballanche Pier Simone , filosofo lionese ,
1776-1847.
Ballenden, teologo scozzese, -1ù50.
Ballerini Pietro, teologo e controversista
di Verona, -1757.
Balliani, scrittor genovese, 1576-1666.
Balsamone Teodoro , canonista siriaco ,
-1214.
Balthasar, scrittor francese, 1588-1670.
Baltus Giovanni Francesco, gesuita fran-
cese, 1667-1745.
Baluzio Stefano da Tulle, erudito reli-
gioso, 1630-1718.
Balzac Gian Luigi, letterato francese,
1594-1655.
Balzac Onorato , romanziere francese ,
1799-1850.
Bambocci (Pietro di Laar), pittore fiam-
mingo, 1613-75.
Bamboccio Antonio da Piperano, scultore,
-1368.
Bandello Matteo , vescovo e novelliere
lombardo, 1480-1561.
Bandettini, improvisatrice lucchese, 1763-
1837.
Bandiera, grammatico e traduttore italiano,
xviii secolo.
Bandinelli Baccio , scultore fiorentino ,
1487-1559.
Bandini Angelo Maria, letterato italiano,
1726-1800.
Banduri Anselmo, erudito raguseo, 1670-
1743.
Bangio, teologo svedese, -1696,
Banier Giovanni Gustavo, feldmaresciallo
di Svezia, 1600-41.
Bank, scrittore inglese, xvii secolo.
Banks Giuseppe, naturalista inglese, com-
pagno al viaggio di Cook, 1740-J820.
Bannier (l'abbate) Antonio , mitologista
francese, 1673 1741.
Paraguay d'Hilliers Luigi, guerriero pari-
gino, 1764 1812.
Baranzano, barnabita matematico di Ver-
celli, -1622.
Baratier Giovanni Filippo, giovinetto scrit-
tore tedesco, 1721 -40.
Barbadillo, autore drammatico spagnuolo,
V. 1630.
Barbadino, erudito portoghese, xviii se-
colo.
Barbarigo famiglia dogale veneta. Gio-
vanni, procuratore di San Marco, nel
1378, introduce l'artiglieria ; Marco
doge, 1485, e Agostino, 14861501;
Agostino, vincitore a Lepanto, -1571 ;
Gregorio vescovo di Padova , erudito,
1625-97.
Barbaro Daniele veneto , diplomatico e
scrittore, 1514-70.
Barbaro Ermolao, erudito, 1455-93.
Barbaro Giosafatte, viaggiatore, -1494.
Barbaro Francesco, letterato e magistrato,
1398-1454.
Barbarossa Ariadeno (Kbair-Eddyn), cor-
saro, -1546.
Barbeau de La Bruyère, geografo fran-
cese, 1710-81.
Barbeyrac, medico francese, -1699.
Barbeyrac Giovanni di Beziers, giurecon-
sulto, 1674-1726.
Barbiano (Alberico da), capitano di ven-
tura italiano, 1409.
Barbiano (Gian Giacomo da), generale^
1565-1626.
Barbio du Bocage Giovan Dionigi , geo-
grafo parigino, 1760-1825.
Barbier Antonio Alessandro, bibliografo
francese, -1825.
Barbier iMarianna d'Orléans, poetessa tra-
gica, -1745.
Barbier d'AncourG. da Langres, letterato,
1641-91
Barbo, famiglia nobile veneta, donde fu-
rono Pietro, pontefice nel 1464 col nome
di Paolo II; Marco, cardinale e amba-
sciatore, -1490; Luigi, fondatore d'una
congregazione, -1440.
Barbosa Ario, scrittor latino, -15i0.
Barbosa, giureconsulto portoghese, -1590.
Barcker, antiquario inglese, -1760.
Barclay Giovanni, filosofo scozzese, 1582-
1621.
Barclay Guglielmo, giureconsulto scozzese,
15431604.
Barclay, quachero scozzese, 1618-90.
Barclay de Tolly , maresciallo russo ,■
1759-1818.
Barcoceba ebreo, pseudo-messia, -136.
Bardesane, scrittore siriaco del ii secolo.
TAVOLA ALIAllLTlCA u'UOMINl ILLUSTRI
2-21
Bardi Giovanni conte di Vernio, letterato
e matematico fiorentino, xvi secolo.
Bardi Giuseppe Benedetto, biblicista tori-
nese, -1824.
Baret, prima donna che facesse il giro del
mondo nel 17G6 con Bougainville.
Baretti Giuseppe, letterato torinese, 171G-
1789.
Barisone, serie di re di Torres in Sardegna.
Barlaam, teologo greco, xiv secolo.
Burland, scrittore olandese, -loi2.
Barleo, ellenista olandese, v. 1593.
Barletta Gabriele, predicatore, secolo xv.
Barlow Gioele, poeta e diplomatico degli
Stati Uniti, 17S5-1812.
Barnaba (san) da Cipro, i secolo.
Barnave Anton Giuseppe di Grenoble,
membro dell' Assemblea nazionale, 1761-
1795.
Barnaud, scrittore francese, xvi secolo.
Barneveldt Giovanni, granpensionario olan-
dese, 1S49-1617.
Barocci Federico, pittore d'Urbino, 1S28-
1612.
Baronie Cesare napoletano, cardinale, sto-
rico ecclesiastico, 1538-1607.
Baroni Lorenzo, letterato ferrarese, 1724-
1801.
Barrai, lessicografo francese, 1772.
Barras, rivoluzionario provenzale, 1755-
1829.
Barreme Francesco , aritmetico lionese ,
-1703.
Barrington, giurista inglese, xvii e xviii
secolo.
Barros (de) Giovanni, storico portoghese,
14961571.
Barrow Isacco, geometra inglese, 1630-77.
Barruel gesuita, scrittore francese, 1741-
1820.
Bartenstein, ministro austriaco, -1690.
Bart Giovanni da Dunkerque , marinajo
francese, 1650-1702.
Barth Gaspare, critico tedesco, -1658.
Barthas Guglielmo, poeta francese, 1544-
1590.
Barthélemy Gian Giacomo da Cassis, scrit-
tor francese, 1716-93.
Barthez da Montpellier, medico, 1734-
1806.
Bartoli Daniele, gesuita, scrittore italiano,
1608-85.
Bartoli Giuseppe, antiquario padovano,
1717-90.
Bartoli Pietro, incisore romano, 1635-1700.
B;irtolini Lorenzo, scultore toscano, 1777-
1850.
Bartolo , giureconsulto da Sassoferrato ,
1313-56.
I5artolocci, scrittor napoletano, 1613-87.
Bartolomeo (fra) della Porta, pittore fio-
rentino, 1469-1517.
Bartolomeo dei Martiri , teologo porto-
ghese, -1590.
Bartolomeo da San Concordio, scrittore
pisano, 1262-1347.
Bartolozzi Francesco, incisore, 1725-1819.
''Baruch, profeta minore, v. 620.
Baruffaldi Girolamo, letterato ferrarese,
1673 1755.
Barzelletti Giacomo, medico sienese, 1768-
1859.
Basilio (san) di Cesarea, padre della Chiesa,
529-379.
Basilio Valentino , alchimista tedesco ,
n. 1394.
Baskerville, tipografo ed incisore inglese,
-1 775
Basnage Giacomo, controversista francese,
1653-1723.
Bassano Giacomo da Ponte, pittore ita-
liano, 1510-92.
Bassano Francesco, pittore italiano, -1591.
Basseville Giovani Ugo, diplomatico fran-
cese, -1793.
Bassi Laura Maria , giureconsulta bolo-
gnese, 1711-78.
Bassi Martino, architetto milanese, 1542-
1591.
Basso, poeta romano, v. 40.
Bassompierre, maresciallo francese, scrit-
tor di Memorie, 1579-1646.
Basta Giorgio, generale e scrittore, -1607.
Bastiat Federico, economista di Bajona ,
1801-50.
Bastide (Chiniac de La), scrittor francese,
1741-1802.
Bastien, librajo editore parigino, -1824.
Balhurst, medico, poeta e teologo inglese,
1020 1704.
Battaglini, storico italiano, -1717.
Balteux Carlo, precettista francese, 1713-
1780.
Baudol di Juilly, storico francese, -1759.
Baudouin, giureconsulto francese, 1520-
1573.
Baudrand, geografo francese, xvii secolo.
Bauhin Gaspare da Basilea , naturalista,
1550-1624.
Baumé Antonio di Senlis, chimico fran-
cese, 1728-1804.
Bausset Francesco di Pondichery, cardi-
nale e biografo, 1748-1824.
Baxter, dotto tedesco, 1758-1807.
2^ CRONOLOGIA
Bayard du Terrail Pietro, cavaliere fran-
cese, V. 1476-1524.
Bayen Pietro, chimico francese, 1723-99.
Bayer, astronomo tedesco, xvii secolo.
Bayer, dotto tedesco, -1728.
Bayle Pietro, scettico francese, 1647-1706.
Bealtie Giacomo, poeta scozzese , 1733-
1803.
Beauchateau, poeta fanciullo francese, v.
16i5.
Beaufort (duca di) Francesco, da Parigi,
1616-69.
Beaulieu, teologo francese, -1675.
Beaulieti, generale austriaco, 172o-1820.
Beaumanoir, giureconsulto francese, v.
1300.
Beaumarchais (Caron di), autor francese,
1753.-99.
Beaumelle (La), letterato francese, 1727-73.
Beaumont, romanziera moralista francese,
1711-80.
Beaune, matematico francese, n. 1601.
Beaurain, geografo francese, n. 1696.
Beausohre, tpologo francese, 16S91738.
Beausoleil, astronomo tedesco, xvii secolo.
Beauvais 'monsignor di), predicatore ed
oratore francese, 1731-90.
Beauvais, storico francese, 1698 1773.
Beauzée Nicola , accademico francese ,
1717-89.
Becan, dotto del Brabante, -1572.
Beccadelii, scrittore italiano, -1572.
Beccafumi Domenico (Micherino), pittore
sienese, 1484-1549.
Beccari, poeta italiano, xvi secolo.
Beccaria Cesare milanese, giurista, 1738-
1794.
Beccaria Giambattista di Mondovì, fisico,
1716-81.
Becker Giovanni Gioachino , chimico di
Spira, 1628-85.
Becket Tommaso , arcivescovo inglese ,
1117-70.
Beclard, anatomico francese, 1785-1825.
Beda il Venerabile, teologo inglese, 672-
735.
Bedmar fmarchese di), cardinale vescovo
di Oviedo, 1578-1655.
Bedoyère, generale francese, 1787-1815.
Beethoven Luigi di Bonn, compositore di
musica, 1772-1827.
Beger, autore tedesco, 1653-1705.
Begon, erudito francese, -1726.
Beguillet, erudito francese, -1786.
Behaim, cosmografo tedesco, 1430-1509.
Behring Vitale, viaggiatore danese, a metà
del xviii secolo.
Bekker, teologo tedesco, 1634-98.
Belestat, antiquario francese, -1583,
Belhomme, scrittor francese, 1653 1727.
Belidor Bernardo , ingegnere francese ,
-1761.
Belin di Ballù, ellenista parigino -1815?
Belin, poeta francese, v. 1672.
Belisario, generale del Basso Impero, -565.
Bell Andrea scozzese, inventore del mutuo
insegnamento, 1653-1832.
Bellamy, poeta olandese, 1757-86.
Bellarmino Roberto, cardinale italiano,
scrittor ecclesiastico, n. 1542.
Bellay, poeta francese, v. 1524.
Belleforest, storico francese, v. 1583.
Belleval , naturalista francese , xv e xvi
secolo.
Bellin, ingegnere geografo francese, 1703-
1772.
Bellincioni, poeta italiano, xv secolo.
Bellini, famiglia di pittori veneti-, Giacomo,
v. 1430; Gentile, -1501; Giovanni,-1512.
Bellini Lorenzo , naturalista fiorentino ,
1634-1704.
Bellini Vincenzo di Catania, compositore
di musica, 1804-35.
Belsunce, arcivescovo di Marsiglia, 1671-
1755.
Beltrami cremonese, intagliatore in gemme,
-1854.
Belzoni Giambattista padovano, viaggia-
tore, 1778-1823.
Bembo Pietro veneziano, cardinale, sto-
rico e letterato, -1547.
Benedetti, poeta italiano, xvii secolo.
Benedetto d'Aniano, autore d'una regola
monastica, -821.
Benedetto Giambattista , matematico ita-
liano, V. 1490.
Benedetto (san), fondatore dei Benedettini,
480-543.
Bengel, autore tedesco, n. 1687.
Beni, scrittore italiano, 1552-1625.
Beniamino di Tudela, viaggiatore ebreo ,
V. 1174.
Beniowscki, avventuriere ungherese, 1741-
1786.
Benivieni, poeta italiano, xv secolo.
Benserade, poeta francese, 1612-91.
Benson, teologo inglese, -1762.
Bentivoglio Guido, cardinale, scrittore ita-
liano, 1579-1644.
Bentley, critico inglese, 1661-1743.
Béranger Pietro Giovanni, parigino, autore
di canzoni, 1780-1857.
Berardier di Bataut , erudito francese ,
1720-94.
TAVOLA ALE'ABETICA D UOMIM ILLU§TRI
223
Bergamasco Giambattista, pittore miche-
langiolesco in Ispagna, -1570.
Bergasse, pubblicista lionese, 1750-1 8ò2.
Bergerac (Cyrano de), autore comico, 1G20-
46S5.
Bergier Nicolò Silvestro , controversista
francese, 1718-90.
Bergier, ellenista di Transilvania, xvi se-
colo.
Bergmann Torbcrn , chimico svedese ,
1735-84.
Berigard, filosofo francese, 1578-1663.
Berille, vescovo di Bostra, v. 240.
Berker da Spira, chimico, v. 1682.
Berkiey Giorgio, vescovo Irlandese, 1684-
1753.
Berkiey, giureconsulto inglese, -1667.
Berlinghieri Francesco, poeta italiano, xv
secolo.
Bermudez, poeta spagnuolo, xvi secolo.
Bernard Giuseppe da Grenoble, poeta,
1710-75.
Bernard Samuele, banchiere, -1739.
Bernardin, teologo francese, 1649-1714.
Bernardo, astronomo inglese, 1638 84.
Bernardo da Mentone, fondatore dell'o-
spizio sul monte Sanbernardo, 923-1 008.
Bernardo da Padova, alchimista, v. 1406.
Bernardo fsan) , abbate di Chiaravalle ,
commentatore ed ascetico, 1091-1155.
Bernardo, trovatore, xv e xvi secolo.
Berni Francesco, poeta toscano, -1536.
Bernier, viaggiator francese, 1779 1804.
Bernini Lorenzo, artista napoletano, 1598-
1680.
Bernis (cardinale di) Gioachino , poeta
francese, 1715-94.
Bernoulli Giacomo, matematico da Basilea,
1654-1705.
Bernoulli Giovanni, id. 1667-1748.
Beroaldo Filippo da Bologna, letterato ,
1453-1505.
*Beroso, astronomo e storico caldeo, v.
284.
Berquin Arnaldo, scrittor francese, 1749-
1791.
Berriat-Saint-Prix Giacomo di Grenoble,
giureconsulto, 1769-1845.
Berruver Giuseppe gesuita, scrittor fran-
cese, 1681-1758.
Bersmann, dotto tedesco, -1611.
Bertaud Giovanni, poeta francese, 1594-
1611.
Berthauid, autore francese, -1681.
Bertheau, teologo francese, 1660-1732.
Berthier Alessandro, maresciallo di Napo-
leone, 1753-1815.
Berthicr, fisico francese, -1783.
Berthollet Claudio , chimico savojardo ,
1748-1822.
Bertholon, fisico francese, -1799.
Berli Alessandro lucchese, teologo -176G.
Berlin Antonio, poeta francese, 1752-90.
Berlin Luigi Francesco, scrittore politico
parigino, 1766-1841.
Bertinazzi Carlino, attore italiano, 1 71 3-83.
Bertram ginevrino, orientalista, -1594.
Bertrand-Moleville Antonio, ministro e sto-
rico francese, 1744-1818.
Bertrandi Giovanni , chirurgo torinese ,
-1775.
Berulle Pietro francese, cardinale, fonda-
tore dell'Oratorio, 1575-1629.
Bervic Carlo, incisore parigino, 1 756-1 822.
Berzelius Giacomo, chimico svedese, 1779-
1848.
Berw'ick (duca di) Giacomo , maresciallo
francese, 1671-1734.
Besly, antiquario francese, 1572-1644.
Besoigne, storico francese, 1686-1763.
Bessarione Giovanni greco, cardinale ve-
scovo di Nicea, 1395-1472.
Bessières Giambattista , maresciallo del-
l'Impero, 1766-1813.
Bella, giureconsulto italiano, 1526-99.
Bettinelli Saverio, letterato mantovano,
1718-1808.
Beza Teodoro, calvinista, teologo francese,
1519-1605.
Bezout Stefano da Nemours, matematico
francese, 1730-83.
Bianchini Francesco, dotto italiano, 1662-
1729.
*Bianle da Priene in .Ionia, v. 570, uno
dei Sette sapienti.
Bibliander (Buchmann) Teodoro, teologo
svizzero, 1504-64.
Bichat Francesco Saverio, medico francese,
1771-1802.
Bidloo Goffredo dall'Aja, anatomico, 1649-
1713.
Biel Gabriele, ultimo scolastico, 1420-95.
Bièvre (marchese di), maresciallo e poeta
francese, 1747-89.
Billaut, mastro Adamo da Nevers, -1662.
Bioersthal, dotto svedese, 1731 79.
Biondo Flavio, storico italiano, 1398-1463.
*Bione, bucolico greco da Smirne, v. 188.
*Bione, filosofo greco di Boristcne, v. 276.
Birago milanese, cancelliere di Francia e
cardinale, 1507-82.
Biscioni Antonmaria , erudito toscano ,
-1756.
*Bitone, matematico greco, v. 355.
224
CRONOLOGIA
Blacas d'Aulps, trovatore, xiii secolo.
Blackmore, scrittor inglese, -d729.
Blackstone Guglielmo, pubblicista inglese,
d723 80.
Blaew Guglielmo d'Amsterdam, geografo-
tipografo, 1571-1638.
Blainville (Ducrotay de), zoologo d'Arques,
47781850.
Blair Ugo, retore scozzese, 1718-1800,
Blake Roberto, ammiraglio inglese, 1599-
1657.
Blandrata Giorgio, eretico piemontese, xvi
secolo.
Bletterie (de La) Renato, scrittor francese,
1669-1772.
Blondel Francesco, architetto francese,
1617-86.
Blondel, teologo francese, 1591-1655.
Blosius 0 De Blois , ascetico benedettino,
1506-63.
Blount Carlo, deista inglese, 1654-93.
Blucher de Wahlstatt , feldmaresciallo
prussiano, 1742-1819.
Boccaccio Giovanni , novelliere toscano,
1313-75.
Boccage (Du) di Rouen, poetessa francese,
1710-1802.
Boccalini Trajano, poeta e satirico italiano,
1556-1615.
Bochard, erudito francese, 1730 93.
Bochart Samuele dar Rouen, archeologo e
geografo, 1609-67.
Bodin Giovanni, autor francese, 1530-
1596.
Bodley Tommaso, inglese che lasciò all'u-
niversità di Oxford la sua biblioteca,
detta Bodlejana, 1544-1612.
Bodoni Giambattista daSaluzzo, tipografo,
1740-1813.
Boecler, storiografo svedese, n. 1611.
Boehme Jacopo tedesco, illuminato, 1575-
1625.
Boétie (de La) Stefano , autor francese ,
1531-63.
Bogino Giambattista, ministro piemontese,
1701-84.
Boerhaave Ermanno , medico olandese ,
1668-1758.
Boezio Anicio Severino, autor latino, 470-
524.
Boileau Egidio, autore parigino, 1631-69.
Boileau Giacomo, teologo parigino, 1635-
1716.
Boileau (Nicolò Despréaux) , poeta fran-
cese, 1630-1711.
Boindin Nicolò, poeta drammatico fran-
cese, 1675-1751.
Bois Morand (Chéron di), poeta satirico
francese, 1680-1740.
Bois Robert, autore francese, 1592-1662.
Boissard Gian Giacomo, archeologo fran-
cese, 1528-1602.
Boissy (Luigi di), autor comico francese,
1694-1758,
Boiste Pier Claudio, lessicografo francese,
1765 1824.
Boivin Giovanni, autore francese, 1649-
1724.
Bojardo Matteo Maria, poeta italiano, 1434-
1494.
Bokhari, dottore arabo, -870,
Boldetti Marcantonio , erudito romano ,
-1750.
Bolingbroke Enrico, ministro e scrittore
inglese, 1672-1751.
Bolivar Simone di Caracas, creatore delle
repubbliche dell'America meridionale,
1775-1830.
Bolland Giovanni gesuita, agiografo fiam-
mingo, 1596-1665.
Bologna Giovanni , scultore fiammingo ,
XVI secolo.
Bon-Saint-Hilaire, autore francese, 1678-
1761.
Bona Giovanni da Mondovì , cardinale ,
scrittore sacro, 1609-74.
Ronald (visconte di), scrittore francese,
1753-1840.
Bonamici Lazzaro, autore italiano, v.l5b2.
Bonamici Castruccio, storico italiano, 171 0-
1761.
Bonarelli, poeta italiano, -1659.
Bonanno, architetto della torre di Pisa,
1174.
Bonaventura (san), di Bagnarea, mistico,
1221 74.
Bondi Clemente parmigiano, poeta, -1821.
Bondt, giureconsulto olandese, 1752-92.
Bonfadio Jacopo di Salò, storico, -1550.
Bonfinio Antonio d'Ascoli, storico, 1427-
1502.
Bonfrerius, autor francese, 1573-1643.
Bongars Giacomo, id., 1546-1612.
Bonifazio (san), arcivescovo di Magonza,
-754.
Bonifazio, veneto, poeta e giureconsulto,
1547-1635.
Bonnet Carlo, naturalista ginevrino, 1720-
1793.
Bontemps (madama), autrice francese,
1718-68.
Borbone, casa reale, che vorrebbe farsi di-
scendere da un prefetto romano delle
Gallie. Da Giacomo I conte de la Mar-
TAVOLA ALIABETICA I»' UOMINI ILLUSTRI
225
che, e da Giovanna dj Chàtillon Saint-
Poi, sposati il 1335, uscirono le varie
case di Vendùine, Montpensier, Soissons,
Condé, Conti, Francia, Spagna, Napoli,
Panna, Orleans. Carlo connestaliile di
Borbone, 1489-1527.
Borda Giovanni Carlo di Dax, fisico, 1735-
1799.
Borda Siro, medico pavese, 1761-18^4.
Borde fde La), artista e autore francese,
■1 733-9Ì.
Bordeu Tommaso, medico francese, 1722-
1770.
Borelli Gian Alfonso, matematico e fisico
napoletano, 1608-79.
Borghese, famiglia romana oriunda di Sie-
na, poi da Paolo V eretta in |)rincipesca.
Borghesi Bartolomeo romano, archeologo,
1781-1860.
Borghini Vincenzo, erudito toscano, 1515-
1580.
Borgia, famiglia spagnuola, di cui furono
Alessandro VI, Cesare duca di Valentino,
Lucrezia duchessa d'Urbino, e san Fran-
cesco gesuita, 1510-72.
Borgno (Bertrando delj, trovatore, xii sec.
Born, dotto tedesco, 17i2-9l.
Borneil, trovatore francese, xm secolo.
Borromeo (san Carlo), cardinale, arcive-
scovo di Milano, 1558 8i.
Borromeo Federico, id., 156i 1651.
Borromini Francesco, architetto , 1599-
1607.
Bory de Saint-Vincent , naturalista fran-
cese, 1780-1846.
Bos Lamberto, ellenista olandese, 1670-
J717.
Boscan Almogaver Giovanni, poeta spa-
gnuolo, 1500-45.
Boscovich Ruggero, matematico raguseo,
17 il -87.
Bosio Antonio, antiquario italiano, xvi e
XVII secolo.
Bosquet, vescovo di .Montpellier, autore
francese, 1605-76.
Bossi Gius., pittor milanese, 1777-1815.
Bossi Luigi milanese, polistore, 1758-
1835.
Bossu, critico francese, 1051-81.
Bossuet Giacomo Benigno da Digione, teo-
logo e vescovo, 1627-1704.
Bottero Giovanni , statista piemontese ,
1540-1617.
Botta Carlo di San Giorgio in Canavese,
storico, 1706-1857.
Bottari Giovanni Gaetano, erudito italiano,
16891775.
Boucher, dotto gesuita, -1665.
Boucher Francesco, pittore parigino, 1604-
1 070.
Boucher, priore della Sorbona, 1548-1644.
Boucheron Carlo piemontese , latinista ,
1775-1858.
Boucicaut, maresciallo di Francia, 1567.
Boudon, missionario francese, 1024-1702.
Boudot, tipografo e lessicografo francese,
-1706.
BoufTlers (Luigi Francesco duca di), ma-
resciallo di Francia. 1004-1711.
Bougainville Luigi Antonio , navigatore
francese, 1729-1811.
Bougeant Guglielmo, autor francese, 1 690-
1745.
Bouguer Pietro, geometra francese, 1698-
1758.
Bouhours gesuita, autore parigino, 1628-
1702.
Bouillard benedettino, scrittore francese,
1669-1726.
Bouillaud, matematico francese, xvii sec.
Boulainvilliers Ugo, autor francese, 1658-
1722.
Boulanger Nicolò Antonio, filosofo pari-
gino, 1722-59.
Bouland Antonio, bibliofilo parigino, -1825.
Boulay, storiografo francese, -1078.
Bouillier, teologo francese, 1099-1759.
Bouquet, autor francese, 1685-1754.
Bourdaloue Luigi da Bourges, predicatore
francese, 1632-1704.
Bourette, poetessa francese, 1714-84.
Bourgelat Claudio francese, fondatore delle
scuole veterinarie, -1779.
Bourgoing, autor francese, 1748-1811.
Bourignon Antonietta di Lille, visionaria,
1616 80.
BouvierGiovanni, cronista francese, -1586.
Bowdoin, filosofo americano, 1727-90.
Boxhorn, professore olandese, 1612 55.
Boyd, poeta scozzese, 1562-1601.
Boyer Abele di Castres, grammatico, 1664-
1729.
Boyer, autore drammatico, 1618-98.
Boyer Alessio, chirurgo, 1757-1855.
Boyle Roberto, chimico inglese, 1626-
1091.
Boze (Claudio Gros di) da Lione, archeo-
logo, 1680-1755.
Bracciolini dalle Api Francesco, poeta ita-
liano, 1566-1645.
Bradley Giacomo, astronomo inglese, 1 692-
1762.
Brahe (Ticho-), astronomo danese, 1546-
1601.
Ca.mù, Dùcamenli. — Tomo I, Cronologia.
15
226
CRONOLOGIA
Bramante dei Lazzari d'Urbino, architetto,
14Ì4-1514. Pare sotto questo nome si
confondano diversi artisti lombardi e
romagnuoli.
Brancas di Viiieneuve, geografo, -1758.
Brandob'ni Aurelio, autore italiano, -1 490.
Bcandt , giureconsulto d'Alsazia, 1454-
4520.
Brandt, teologo olandese, 1620-80.
Brandt, autore fiammingo, 1660-1708.
Brantòme Pietro, storico francese, 1527-
1614.
*Brasida, capitano lacedemone, v. 424.
Bréguet Abramo Luigi, oriuolajo, 1747-
1823.
"Brenno capo dei Galli, v. 340, o nome
generale dei loro capi.
Brequigny, erudito francese, 1716-95.
Bretonneau, grammatico francese, -1656.
Breugel Pietro, pittore fiammingo, 1565-
1642.
Brice G. di Parigi, autore, 1651-1767.
Bridaine Giacomo, predicatore francese,
1701-67.
Briganti, medico italiano, xvi secolo.
Brindley G., meccanico inglese, 1716-72.
Brinvilliers (marchesa dij Maria, avvele-
natrice, -1676.
Brisson Barnaba, giureconsulto, -1591.
Brissot di Chartres, rivoluzionario, 1754-
1793.
Brissot, medico francese, 1478-1522.
Brito (De) Bernardo, storico portoghese,
1569-1617.
Brito Guglielmo, poeta, xi secolo.
Brocchi Giambattista di Bassano, natura-
lista, 1752-1826.
Broglia , famiglia d'origine piemontese ,
che diede generali e marescialli alla
Francia nei secoli xvii e xviii.
Brongniart Alessandro , minerologo pari-
gino, 1770-1847.
Bronzino, pittore e poeta italiano, 1501-70.
Bresses (Carlo di), scrittor francese, 1709-
1777.
Brotier Carlo Andrea, traduttore francese,
XVIII secolo.
Broughton Roberto , navigatore inglese ,
-1821.
Broukhusius, dotto olandese, 1649-1717.
Broussais Francesco Vittore, medico fran-
cese, 1772-1858.
Brousson, teologo francese, 1647-98.
Brussonnet Maria Angusto, naturalista fran-
cese, 1701-1807.
Brown Giovanni, medico scozzese, 1756-
1787.
Bruca Giacomo , viaggiatore scozzese ,
1730-94.
Brucker Gian Ciac, dotto tedesco, -1770.
Druccioli, traduttore italiano, xvi secolo.
Brueys (Davide dij, poeta comico francese,
1640-1723.
Bruguières, erudito francese, 1750 99.
Brumoy Pietro, traduttore del Teatro greco,
1688-1742.
Brunelleschi Filippo, architetto fiorentino,
1377-1444.
Brunk, ellenista tedesco, 1729-1803.
Bruno Giordano, filosofo napoletano, 1550-
1600.
Bruno (san) da Colonia, istitutore dei Cer-
tosini, 1030 noi.
Brusanlini, autore italiano, -1670.
Brute, cronologo francese, 1699-1762.
*Bruto Lucio Giunio , espulsore de'Tar-
quinj, 509.
*Bruto Marco Giunio, uccisore di Cesare,
V. 43.
Bruto, storico fiorentino, 1515-93.
Bruyère (Giovanni de La), letterato fran-
cese, 1644-96.
Bruys, storico francese, n. 1708.
Bruzen de LaMartinière, lessicografo, 1 749.
. Buache Filippo, geografo parigino, 1700-
1773.
Buat, scrittore francese, 1732-87.
Buchanan Giorgio, poeta e storico scozzese,
1506-82.
Buddeo, filosofo tedesco, 1667 1729.
Bude Guglielmo, erudito parigino, 1467-
1540.
BuffierClaudio, erudito e geografo francese,
1661-1737.
Buffon Giorgio Luigi, naturalista francese,
1707-88.
Bugeaud, maresciallo di Francia, 1784-
1849.
Bullef, teologo francese, 1699-1775.
Biilliard Pietro, naturalista francese, 1742-
1795.
BuUinger, riformatore svizzero, 1504-75.
Bunyan, autore inglese, 1628-88.
Buoramattei Benedetto , grammatico to-
scano, -1647.
Buonaccorsi Filippo, storico italiano, -1 496.
Buonafede Appiano di Comacchio, filosofo,
1716-93.
Buonarroti Michelangelo aretino, pittore,
scullore, architcUo, 1474-1564.
Buonarroti il giovane, letterato italiano,
1564-1640.
Buonincontri, astronomo e storico italiano,
n. 1 5!l.
TAVOLA ALFABETICA b'uOMI.M M.LCSfRI
227
*Bapa!o, sciiltor greco, vi secolo.
Burcliiello, poeta toscano, -14i8.
IJurcldiard Giacomo di Sulzbacb, erudito,
iG81-17.-)3.
Burette Pietro, erudito parigino, 1665-
ilil.
Biirger Goffredo Augusto, poeta tedesco,
1718 9i.
Buridan Giovanni da Betliune, filosofo sco-
lastico, 1300-60.
ISurignv (Levesque di], storico francese,
1(iW-l785.
Burke Edmondo, politico irlandese, 1730-
1 797.
Burlamachi Gian Giacomo ginevrino, pub-
blicista, 1694-1748.
Burmann Pietro, critico olandese, 1668-
1741.
Burnet Tommaso scozzese, controversista,
1643-1713.
Burns Boberto, poeta scozzese, 1759-96.
Burnouf Gian Luigi , filologo francese ,
1775-1844.
Busbecq ( Auger-Gislen di), viaggiatore
olandese, 1522-92.
Buscb, erudito da Luneburgo, 1728-1800.
Buschclto, arcbitetto del duomo di Pisa,
10^2-2 80?
Buscbing Antonio Federico, geografo \vest-
faliano, 1724-93.
Busenibauni, teologo tedesco, 1600-08.
Bussières, autore francese, 1007-78.
Bussv-Babutin (Ruggero di), scrittor fran-
cese, 1618-93.
Buller Samuele, poeta inglese, 1612-80.
Duttmann Filippo, grammatico tedesco,
1764-1829.
Buttner Cr. G., naturalista tedesco, 1616-
1701.
Buttura Antonio, letterato italiano, 1771-
1855.
Buxtorf Giovanni, lessicografo ebraistasviz-
zero, 156Ì-1629.
Bvneo Antonio, antiquario olandese, 1654-
^1698.
Bvng Giovanni, ammiraglio inglese, 1663-
'l733.
Byron Giorgio, poeta inglese, 1787-1824.
Bzovio Abramo, erudito polacco, 1567-
1637.
c
Cabanis Pietro Giorgio, medico materiali-
sta francese, 1757-1808.
Cabasila, scrittor greco, xiv secolo.
Cabassut, scrittore francese, 1604-85.
Cabestano o Cabestaing, trovatore, sec. xiii.
Caliot Giovanni, e suo figlio Sebastiano,
navigatori veneziani, xv secolo.
Cabrai Pietro Alvarez , navigator porto-
ghese, XV secolo.
Cabrerà Giovanni Tommaso, storico spa-
gnuolo, -1655.
*Cabria, capitano ateniese, v. 392.
Cacciaguerra Monsignore, ascetico, xvi sec.
Cadamosto Luigi , navigator veneziano ,
1432-70.
"Cadmo da Mileto, primo prosatore, vi sec.
Cadoudal Giorgio, capobande bretone,
1769-1804 ,
Caffarelli (Gaetano Majorano) di Bari, so-
prano, 1710-83.
CalTaro Andrea, cronista genovese, n. 1080,
Cagliostro (il conte di), avventuriere sici-
liano, 17Ì3-95.
Gagnola Luigi, architetto milanese, 1762-
1833.
Cahusac (Luigi di) da Moutauban , lette-
rato, 1700-59.
Cailleau Andrea, tipografo, scrittor fran-
cese, 1751-98.
Calile (i\. de La), astronomo francese, 1713-
1 762.
Calabro Quinto Smirneo, poeta greco, in se-
colo.
Calamy, teologo inglese, 1600-66.
^Calano, filosofo indiano, v. 525.
Calas Giovanni, negoziante francese, 1698-
1762.
Calasanzio (san) Giuseppe, spagnuolo, 1600.
Calcagnini Celio e Alfonso, critici italiani,
xvi secolo.
Calcidio, filosofo platonico, ni secolo.
Calco Tristano, cronista milanese, xv sec.
Calcondila Demetrio, erudito greco, 1424-
1511.
Calcondila Leonico, storico ateniese , v.
1499.
Calderon de la Barca, poeta spagnuolo,
1600-77.
Calendario Filippo, architetto e statuario
veneto, secolo xiv.
Calepino Ambrogio bergamasco, lessico-
grafo, 1433-1511.
Calignon Ambrogio, storico francese, 1 550-
1006.
228
CRONOLOGIA
Calisto, storico greco, v. 1526.
Calisto, teologo tedesco, 1 586-1 6S6.
*Callicrate, architetto greco, v. 4-i4.
*Caliicratide, capitano lacedemone, v.406.
*Callimaco, scultore, pittore e architetto
greco, V, 539.
*Callimaco, poeta greco, v. 250.
Callimaco il giovane, poeta, v. 145.
"Callipido, attore greco, v. 420.
Callipido da Cizica, astronomo, v. 530.
Callistene, filosofo greco, v. 327.
Callot Giacomo da Nancy, intagliatore e
pittore, 1593-1635.
Calmet Agostino, erudito monaco francese,
1672-1757.
Calmo Andrea, commediante veneziano,
XVI secolo.
Calonne, controllore delle finanze francesi,
1734-1802.
Calprenède (Gualtiero de La), poeta fran-
cese, 1610-63.
Calprenède, romanziere francese, -1661.
Calvino Giovanni da Noyon , eresiarca ,
1509-64.
Calvisio, cronologo tedesco, 1556-1617.
Cambacérès, principe dell'impero francese,
1755-1820.
Camden Guglielmo di Londra, archeologo,
1551-1625.
Camerario, erudito tedesco, xvi secolo.
"Camillo (Marco Furio), dittatore romano,
V. 365.
Camoens Luigi di Lisbona, epico, 1517-
1579.
Campan (madama) , letterata educatrice
francese, 1752-1822.
Campanella Tommaso, filosofo napoletano,
1568-1639.
Campano Giannantonio, scrittore italiano,
XVI secolo.
Campano, matematico novarese, xii secolo.
Campistron Giovanni Gualberto da Tolosa,
tragico, 1656-1723.
Camuccini Vincenzo, pittore romano, 1775-
1844.
Camus, scrittori francesi del xvi , xvii e
xviii secolo.
Carausat, scrittore francese, 1695-1732.
Cancellieri Francesco, archeologo romano,
1775-1826.
Candido Matteo, storico siciliano, v. 14i0.
Candolle (Agostino De), botanico ginevrino,
1778 1841.
Canina Luigi, architetto e archeologo pie-
montese, 1795 1850.
Canisio di Nimega, scrittore ecclesiastico,
-1597.
Canitz, poeta prussiano, -1699.
Canning Giorgio, ministro inglese, 1771-
1827.
Cano Melchior, teologo spagnuolo, 1523-
1560.
Canova Antonio veneto da Possagno, scul-
tore, 1747-1822.
Cantacuzeno Giovanni, storico greco, v.
1360.
Cantemiro Antioco, fondatore della poesia
classica russa, -1744.
Cantemiro Demetrio, principe di Moldavia,
storico, 1673 1723.
Cantero, critico olandese, 1542-75.
Capaccio Giulio Cesare, erudito italiano,
-1651.
Capece Scipione, poeta latino, xvi secolo.
Capella Marciano, scrittore latino, vi sec.
Capilupi Lelio, scrittore italiano, sec. xvi.
Capistrano (san Giovanni da), missionario
abruzzese, -1456.
Capitolino Giulio, biografo latino, v. 325.
Capodistria Giovanni di Corfij, diplomatico,
1780 1851.
Caporali, poeta italiano, 1531-1601.
Capodivacca Girolamo, medico padovano,
-1589.
Cappel, ebraizzante francese, xv secolo.
Capriata Pier Giovanni genovese, storico,
XVII secolo.
Capua (Andrea di), giureconsulto italiano,
XIII secolo.
Caracci Luigi, Agostino ed Annibale, pit-
tori bolognesi, xvii secolo.
Caracciolo, molti scrittori e uomini illustri
italiani, dal xv al xviii secolo.
Caraffa, illustre famiglia napoletana, da cui
papa Paolo IV, dodici cardinali, due
patriarchi, ventisei vescovi.
Caramueledi Lobkowic, casista spagnuolo,
1606-82.
Caravaggio (Polidoro Caldara da), pittore
italiano, 1495-1543.
Caravaggio (Michelangelo Merighi da), id.,
1569-1609.
Carbonnel, trovatore provenzale, xiii sec.
Cardano Girolamo, medico e astrologo ita-
liano, 1501-76.
*Carete, capitano ateniese, v. 367.
*Carilao da Locri, poeta tragico, v. 326.
Carissimi G. G. veneziano, compositore di
musica, secolo xvii.
Caritone d'Afrodisia, romanziere greco,
secolo v.
Carleton, politico inglese, 1575-1651.
Carli Gian Rinaldo di Capodistria, anli-
t|uario ed economista, 1720 95.
Tavola Ai.FAnF.Tir.v d lomim ii.i.tistni
220
Carlier, scrittor francese, 172^-87.
Carmagnola (Bussone conte di), capitano
di ventura, • 14-32.
*Carmì da Marsiglia, medico empirico,
V. 20.
'Cameade da Cirene, v. 520.
Carnot Lazzaro borgognone, membro della
Convenzione, 1753-1824.
Caro Annibale, letterato italiano, 1507-G6.
*Caronda, legislatore della Magna Grecia,
V, G;iO.
Carpani Giuseppe, poeta drammatico ita-
liano, 1752-1823.
Carpentier Pietro, dotto benedettino fran
cese, 1697-1767.
Carranza Bartolomeo, autore spagnuolo,
arcivescovo di Toledo, 1503-76.
Carrer Luigi, poeta veneziano, 1801-30.
Carrera Francesco, scrittor siciliano, 1371-
1647.
Carrion-Nisas (barone Enrico) , letterato
francese, 1767-1840.
Carron, pio e dotto ecclesiastico francese,
1760-1820.
Cartari, filosofo e medico italiano, -1393.
Carteret Filippo, navigatore inglese, v.
1766.
Cartheuser, dotto tedesco, 1704-77.
Cartier Giacomo, navigatore francese, v.
1533.
Cartouche , masnadiero parigino, 1693-
1721.
Carvalho, scrittore portoghese, 1630-1713.
Carlwright, scrittori inglesi, xvi, xvii e
xviii secolo.
CarvajaI, cardinale spagnuolo, 1469.
Carve, scrittore irlandese, -1664.
Carver, scrittore americano, 1732-80.
Casa (monsignor Giovanni della), scrittore
italiano, -1336.
Casali, antiquario romano, 1746 67.
Casanova Gian Giacomo, avventuriero ve-
neziano, 1723-1803.
Casanova Marcantonio, poeta latino, -1327.
Casas (Bartolomeo di Las), missionario
spagnuolo, 1474-1566.
Casati, matematico italiano, 1617-1707.
Casaubon Isacco, erudito ginevrino, 1339-
1614.
Ca'ssandra Fedele, erudita veneziana, 1463-
1367.
Cassiano , scrittore ascetico della Chiesa
latina, v. 434
Cassini Giandomenico da Nizza, astronomo,
1623-1712.
Cassini Giacomo, da Parigi, ic/., 1677-1736.
Cassiodoro Aurelio, scrittor latino, 470-362.
Castaldi, poeta italiano, 'im\-\nòG.
Castalion, erudito francese, 1313-63.
Castellosa (Dona), poetessa provenzale, .\iii
secolo.
Castelvelro Lodovico, critico italiano, 130S-
1371.
Casti Giambattista, poeta italiano, 1721-
1803.
Castiglioni Baldassarre, scrittore italiano,
1478-1529.
Castiglioni Ottavio, erudito milanese, 1785-
1849.
Castilhon G. da Tolosa, letterato francese,
1719 99.
Castlereagh Boberto marchese di London-
derry, diplomatico inglese, 1709 1823,
Castro (Giovanni di), medico portoghese,
1363-1637.
Castruccio Castracane, signore di Lucca,
1281-1330.
Catalani Angelica di Sinigaglia, cantante,
1779-1849.
Caterina da Siena (santa), ascetica, 1347-80.
Caterina de' Medici, 1319-89.
Caterino, teologo italiano, 1487-1333.
Cathelinau Giacomo, capo de' Vandeani,
1759-95.
"Catilina, cospiratore romano, -65.
Catinai Nicola, generale francese, 1637-
1712.
*Catone (Cajo Porcio) Uticese, 93-46,
*Catone (Marco Porcio) il vecchio, 254-149.
Catone, poeta romano, v, 130.
Catrou (il padre), scrittor francese, 1639-
1737.
"Catullo Cajo Valerio da Verona, poeta Fa-
tino, 86-46.
Cauchy Agostino, matematico parigino,
1789-1857.
Caus (Salomone di), primo applicatore deJ
vapore alle macchine, 1580-1630.
Caussin, dotto francese, 1383 1631.
Caux de Montrebert, letterato e poeta drami-
matico, 1683 1733.
Cavaignac Eugenio, generale francese ^
1802-57.
Cavalca fra Domenico, classico italiano^
XIV secolo.
Cavalcanti Bartolomeo, scrittore fiorentino,
1503-62,
Cavalcanti Guido, poeta fiorentino, v, 1300,
Cavalier G, , capo dei Camisardi , 1669-
1740,
Cavalieri Bonaventura milanese, matema-
tico, 1398 1647.
Cave Guglielmo, scrittore ecclesiastico in-
glese, 1637-1713.
230
CrONOLOGlA
Cavendish Enrico, fisico e chimico inglese,
-1731 1810.
Cavour Camillo, statista ed economista to-
rinese, 1810-1861.
Caylus Carlo, archeologo parigino, 1692-
ITtìo.
Cazot G. di Bigione, poeta, 1720 92,
Ceba Ansaldo, scrittore italiano, 1S65-1 723.
*Cebete Tebano, filosofo, v. 39o.
Cecchi Gianmaria , comico italiano , xvi
secolo.
Cecco Stabili d'Ascoli, astrologo, 12S7-
4527.
*Cecilio, poeta comico latino, v. 259.
*Cefisidoro, poeta ateniese, v. 433.
'Cefisidoro, scultor greco, v. 360.
*Celio, orator romano, v. 70.
Celio Aureliano, medico africano, v secolo.
Cellamare (Antonio di), italiano, ministro
di Spagna, 1657-1755.
Cellario Andrea e Daniele, cosmografi del
XVI secolo.
Cellario Cristoforo, dotto tedesco, 1638-
1707.
Cellario Giacomo, teologo, 1568-1631.
Cellario (Kellner) Giovanni, erudito tede-
sco, M96-lo42.
Cellini Benvenuto, artista italiano, 1500-70.
Celso Aurelio, medico, v. 56.
Celtes Protucius Corrado da Yurzburgo,
poeta latino, 1459-1508.
Censorino, grammatico e filologo latino,
V. 238.
Cerutti G., gesuita torinese, amico di Mi-
rabeau, 1738-92.
Cervantes Saavedra Michele, scrittore spa-
gnuolo, 1547-1616.
Cesalpino Andrea, medico d'Arezzo, -1605.
"Cesare, dittator romano, 100-45.
Cesari Antonio, dell'Oratorio, scrittore ita-
liano, -1828.
Cesario (san), vescovo d'Arles, v. 542.
Cesarotti Melchior, poeta padovano, 1730-
1808.
Cesio Basso, poeta latino, -79.
Cessart Luigi, ingegnere francese , 1715-
1800.
Ceva Tommaso, scrittore milanese, 10i8-
1736.
Chabanon, poeta francese, 1732-92.
Chaduc, antiquario francese, 156i-1638.
Chalotais (Luigi Renato de La), magistrato
francese, 1701-85.
Chambers Efraiino, scrittor inglese, -1640.
Chambert, erudito inglese, 1757-1802.
Chamfort Sebastiano, autor francese, 1741-
1794.
Cliainillard, scrittore francese, 1656-1730.
Champeaux, scolastico francese, xii secolo.
Championnet Stefano, generale francese,
17021800.
ChampoUion il giovane, spiegatore de' ge-
roglifici, francese, 1790-1852.
Chandler, ellenista inglese, 1738-1810,
Chantal beata Francesca, francese, fonda-
trice delle Visitandine, 1572-1641.
Chapelain Giovanni, poeta parigino, 1595-
1674.
Chapelain, predicatore francese, -1779,
Chapel Claudio, scrittore francese, 1626-
1686.
Chappe Claudio, francese, inventore dei
telegrafi, 1765-1805.
Chappe d'Auteroche Giovanni, astronomo
francese, 1722-09.
Chaptal Giannantonio , chimico francese,
1756-1852.
Chardin Giovanni, viaggiatore francese,
1043-1715,
Charlevoix (F. di), missionario francese,
1682-1761,
Charnoix (di), letterato francese, -1792,
Charpentier, autor francese, 1620-1705.
Charrette (de la Contrie), capo di Vandeani,
1763-96,
Charron Pietro, scrittore parigino, 1541-
-1603.
Chartier Alano, poeta francese, 1386-1458,
Chartier G., biografo francese, v. 1462.
Chasles, autor francese, 1659-1730.
Chassé, attore ed aulor francese, 1698-1 786,
Chastelet (Du), autore francese, 1 592-1 636,
Cbastelet (Emanuele marchese di), geo-
metra francese, 1706-79,
Chastellux (Francesco marchese di^, autor
francese, 175Ì-88,
Chateaubriand Francesco Henato , poeta
francese, 1768-1818.
Chatelain Giorgio, poeta fiammingo, -1475.
Chatterton Tommaso , letterato inglese ,
1 752-70.
Chaucer Goffredo, poeta inglese,! 328-1 iOO.
Chaulieu (Guglielmo Amfrye di), lirico
francese, 1639-1720.
Chausse, anti<|uario francese, 1710.
Chaussée (Pietro de La), scrittor dramma-
tico parigino, -1751 .
Chauvin, teologo francese, 1610-1725.
Chazelle (G. M. di), matematico francese,
1657-1710.
Chemnitz, teologo tedesco. Ir 22-88,
Chenier .\ndrea, poeta francese, 1762-94,
Chenier Maria Giuseppe, id., 1761-1811.
Chennier, diplomatico francese, 1723-90.
TAVOLA Al.r.\t)KTlCA Il'lJOSIIM IILCS-TP,!
231
Cherefeddin Ali, storico persiano, v. HiàS.
"Cliersia d'Orcoiiienc, poola, v. 5ri(;,
Cliesterlicid fFilippo conte di}, autor in-
glese, IG9i 1779.
Chevreau, politico svedese, 1 (il 5-1 701.
Clievrier, satirico francese, -1762.
Chezy, orientalista francese, 1775-1852,
Chialirera Gabriele di Savona, poeta, 1552-
1637.
Chigi, famiglia romana, di cui fu Ales-
sandro VII.
*ChiloDe, lacedemone, uno dei Sette sa-
pienti, V. 542.
*Chionide, poeta ateniese, v. 488.
Chirac Pietro, medico francese, 1G52 1732.
*Chirillo da Samo, poeta, v. 479.
"Chirillo, poeta tragico ateniese, v. 534.
Chishull, antiquario inglese, 1680-1733.
Choiseul (Stefano Francesco di), ministro
francese, 1719-85.
Church Hicardo, inglese, generale in Gre-
cia, -1858.
Churchil Carlo, poeta inglese, 1751-64.
Ciaconio, autore spagnuolo, 1540-90.
Ciaconio, critico spagnuolo, 1525-81.
Ciampini, erudito italiano, 1665-98.
■^Cicerone Marco Tullio, console, filosofo e
oratore romano, 116-45.
Cicognara Leopoldo da Ferrara , storico
della scultura, 1767-1854.
Cid (Rodrigo del Bivar, il), da Burgos,
1040-99.
Cienfuegos, botanico spagnuolo, xvi secolo.
Cimabue, fiorentino, ristoratore della pit-
tura, 12i0 1310.
Cimarosa Domenico, compositore di musica
napoletano, 1754-I80J.
*Cimone, capitano ateniese, v. 460.
*Cinea, filosofo greco, v. 338.
Gino da l'isloju , giureconsulto italiano ,
1270-1557
Cinonio, grammatico italiano, xvi secolo.
Cinq Mars, favorito di Luigi Xlil, 1620-Ì2.
Cipriano da .Mosca, storico, v. 1388.
Cipriano (san), padre della Chiesa, -258.
Cirillo (san), padre della Chiesa, -444,
Cirillo, botanico e medico italiano, 1671-
1734.
Cirillo Lucar, patriarca di Costantinopoli,
1572-1658.
Cirino, autor siciliano, 1618-50.
Clairaut Alessio, geometra parigino, 1713-
1765.
Clairon Clara, tragica francese, 1725-1803.
Clancy, autore irlandese, xviii secolo.
Clapperton Ugo, viaggiatore inglese, 1788-
1827.
Clarendon Edoardo, autore inglese, 1008-
167i.
Clario, teologo itali.ino, 1495-1555.
Ciurla; Edoardo, viaggiatore inglese, 1768-
1825.
Clarice Samuele, teologo inglese, 167S-
1729.
Claudiano Claudio, poeta latino, v secolo.
Claudiano Mamerto da Vienne, v. 474.
Clavio Carlo da Bamberga, matematico,
V. 1612.
Clayton, medico botanico americano, 1693-
1775.
"Cleante, filosofo greco stoico, v. 240.
Clémencet, autor francese, 1703-78.
Clómenges Matteo, autor francese, -1435.
Clément, benedettino francese, 1714-95.
Clemente Alessandrino (san), dottore della
Chiesa greca, -217.
Clemente, autor ginevrino, 1707-67.
Clemente Giacomo da Digione , autore,
1742-1812.
Clemenza Isaura da Tolosa, istitutrice dei
giuochi Floreali, v. 1568.
*Cleobulo da Lindo, uno de' sette Savj,
V. 550.
*Cleobulino da Lindo, poeta, v. 497.
*Cleofante da Corinto, pittore, v. 840.
*Cleone, capitano ateniese, v secolo.
*Cleostrato, astronomo greco, v. 495.
Clerc (Daniele Le), medico ginevrino, 1 652-
1728.
Clerc (Giovanni Le), erudito, 1657-1736.
Cleveland, poeta inglese, 1615-59.
Cliilord, navigatore inglese, 1558-1605.
Climaco (san Giovanni) , dottore mistico,
525-605.
Clisson, connestiibile francese, -1407.
*Clilomaco, filosofo cartaginese, v. 208.
Clive (lord;, generale inglese, 1725-74.
Clopinel, 0 Giovanni da Meliun, poeta fran-
cese, n. 1280.
Cluverio o Cluver, geografo (edesco, 1580-
1023.
CobbetGuglielmo, demagogo inglese, 1766-
1855.
CobentzeI Luigi, diplomatico tedesco, 1753-
1808.
Coccejo, giureconsulto romano, i secolo.
Coccejo Giovanni, teologo da Brema, 1603-
10(39.
Cocchi Antonio, medico di Benevento, 169b-
1758.
Cochetdi Saint- Vallier, giureconsulto fran-
cese, -1738.
Cochin Enrico , giureconsulto francese ,
1687-1747.
232
CRONOLOGIA
Cochrane Alessandro, ammiraglio inglese,
1748-1822.
Coclejo, scrittor tedesco, 1 479-1 bb2.
Coeleo, medico ed astrologo italiano, 1467-
1504.
Coco Vincenzo , pubblicista napoletano ,
1773-1824.
Cocuen, autore irlandese, -17-49.
Coello Alonzo, pittore portoghese, -1590.
Cffiur Giacomo, banchiere francese, -1461.
Collier, notomista olandese, n. 1534.
Coke, pubblicista inglese, 1549-1634.
Colbert Giambaltista da Reims, ministro
francese, 1019-83.
Coleridge Samuele, lirico inglese, 1772-
1834.
Colet Giovanni, autor inglese, 14C6-1529.
Coligny (Giovanni di), ammiraglio francese,
1517-70.
Collenuccio Pandolfo, scrittor italiano, xv
secolo.
Colletta Pietro, storico napoletano, 1775-
1831.
Collings, teologo inglese, 1623-90.
Collins Antonio, filosofo inglese, 1670-1 729.
Collins Giovanni, poeta inglese, 1720-56.
Collot Filippo, medico francese, 1595 1650.
Colombano (san) , missionario irlandese ,
VI secolo.
Colombière, ascetico francese, 1641-82.
Colombo Cristoforo, ^-enovese, 1441-1506
Colonia fOomenico di), gesuita francese,
1600 1741.
Colonna, famiglia italiana, della quale fu-
rono papa Martino V e molti generali,
fra cui Prospero celebre nella spedizione
di re Carlo Vili, e Marcantonio vincitore
a Lepanto; — lìgidio , detto il Dottor
fondatissimo, 1247-1316 ;— Fabio, eru-
dito botanico, 1507 1650; — Vittoria ,
poetessa, -1541.
Columella Lucio Moderato da Cadice, agro-
nomo latino, 1 secolo.
Coluto, poeta greco, v secolo.
Combefis Francesco, ellenista e critico sa-
cro, 1605-79.
Comber, teologo inglese, 1045 99.
Combes-Dounous, giureconsulto francese,
1758 1820.
Comines (Filippo di), storico francese,
1446-1509.
Commandino, matematico italiano, 1509.
Commendone, cardinale e scrittor vene-
ziano, 1524 8 i.
Commodiano, poeta Ialino, vi secolo.
Comneno, famiglia imperiale di Co.stanti-
nopoli nel secolo xii.
Compagni Dino, cronistafiorentino, XIV sec.
Concina Daniele, friulano, teologo, 1686-
1756.
Concina Nicolò, friulano, giureconsulto
erudito, 1692-1762.
Condamine (Carlo de La), viaggiatore e
geometra parigino, 1701-74.
Condé, maresciallo di Francia, 1621 86.
Condillac (Stefano Honnot di), metafisico
francese, 1715-80.
Condorcet (Nicola di), filosofo francese,
1743-94.
^Confucio, filosofo cinese, vi secolo.
Congrève Guglielmo, poeta drammatico in-
glese, 1672-1729.
*Conone, autor greco, v. 45.
*Conone, capitano ateniese, v 594.
*Conone da Saino, astronomo, v. 300.
Conring, dotto tedesco, 1000-81.
Conslant Beniamino, pubblicista francese,
1767-1830.
Consta ntin Roberto , ellenista francese ,
-1605.
Contarini, famiglia veneta, di cui furono
i dogi Giacomo -1280; Andrea -1582;
Francesco -1625; Nicola -1631; Carlo
-1656; Domenico -1075; Luigi -1684;
Gaspare cardinale 1483-1542.
Conti Antonio, autor veneziano, 1677-1748.
Conti, famiglia principesca di Francia.
Contile, scrittor italiano, 1505-74.
Convennole o Convenevole , grammatico
toscano, xiv secolo.
Cook Giacomo, navigatore, 1728-79.
Cook, giureconsulto inglese, v. 1634.
Cooper, anatomico inglese, 1768 1841.
Cooper, autor inglese, 1723-67.
Cooper, romanziere americano, -1851,
Cootwyk, giureconsulto olandese, xm sec.
Copernico Nicolò , astronomo da Tliorn ,
1475-1545.
Coray Adamante, ellenista da Smirne, 1748-
1833.
Corbinelli, letterato italiano, xvi secolo.
Cordara (padre), satirico col pseudonimo
di Quinto Sellano, 1704-84.
Corday Carlotta, tirannicida francese, 1768-
1 793.
Cordier, autore francese, xv secolo.
"Corinna da Tebe, poetessa, v. 495.
Corio Bernardino, storico milanese, 1459-
1519.
*Coriolano, capitano romano, v secolo,
Cornaro, famiglia illustre di Venezia, che
diede molli dogi e uno scrittore,
Cornaro Piscopia, erudita veneziana, 1046-
1684.
TAVOLA ALI AUFTICA D' UOMINI ILLUSTRF
233
Corneìlle Pieiro di Rouen, poeta dramma-
tico, lG0(ì-84.
Corneiile Toniiiiaso di Houen, jc/., 1625-
1709.
"Cornelia, madre dei Gracchi, ni secolo.
"Cornelio Nepole, storico latino, v. 39.
'Cornelio Severo, scrittor latino, v. 39.
Corniani Giambattista, letterato italiano,
-1813.
Cornwallis Carlo, generale inglese, 1738-
1805.
Coronelli, geografo veneziano, xviii secolo.
Corrado Q. Mario, autore italiano, 1508 75.
Corrado Sebastiano, letterato italiano, -1556.
Correggio (Allegri Antonio), pittore italia-
no, 1-Ì94- 155/1..
Corsini, autore italiano, 1702 65.
Corso Donati, fiorentino, xiv secolo.
Corso Henaldo, letterato italiano, 1525-82.
Cortes Ferdinando, spagnuolo, conquista-
tore del Messico, 1485-1554.
Cortusj, cronisti veneti, .xiv secolo.
Corvisart Nicola, medico francese, 1755-
1821.
Cosma (Frate), chiriJrgo francese, 1703-81.
Cossart, poeta francese, .wii secolo.
Costantino, medico, detto l'Africano, n.
1070.
Costantino Manasse, storico greco, v. 1150.
Costanzo (Angelo di), storico e poeta ita-
liano, 1507 92.
Coster, poeta olandese, xvn secolo.
Cotelier, autor francese, 1627-86.
Cotta Giambattista, poeta italiano, 1668-
1758.
Cottin (madama), romanziera francese,
1773-1806.
Cotton, gesuita francese, 1564-1629.
Coulange, autore francese, xviii secolo.
Courayer, apostata, traduttore francese,
1681-1776.
Courier Gian Paolo, ellenista e umorista,
1774-1825.
Court di Gebelin Antonio, scrittor francese,
1 725-84.
Courtiltz de Sandras, parigino, 1644-1712.
Cousin Giovanni, pittore francese, 1550-90.
Courtanvaux, erudito francese, 1718-81.
Coutel, poeta francese, 1622-93.
Conto Diego, storico portoghese, 1 542 1616.
Cowiey Abramo, poeta inglese, 1618-67.
Cowper Guglielmo, id., 1752-1800.
Cox Ricardo, storico irlandese, 1650 1733.
Crabbe Giorgio, autore inglese, 1754 1832.
Craig Giovanni, geometra scozzese, -1685.
Cramail Adriano, autore francese , 1568-
1646.
Crajiior Adriano, erudito tedesco, 1723-88.
Cramer Gabriele , matematico ginevrino
1704-52.
Cranmer, arcivescovo di Cantorbery, 1489-
1556.
"Crantore, filosofo di Cilicia, vi secolo.
Crassei, ascetico francese, 1648 92.
"Grate, filosofo ateniese, v. 501.
"Grate, filosofo tebano, v. 328.
"Grate, poeta comico, v. 459.
"Gratino, autor comico ateniese, v. 452.
^Gratino da Mitilene, peripatetico, v. 50.
Crebillon (Joliot di), autore francese, 1707-
1777.
Crebillon (Prospero Joliot di), da Bigione,
1 674 1 762.
Crellio, socciniano tedesco, 1590-16.52.
Cremonini Cesare, filosofo italiano, -1631.
Crescente, filosofo cinico, ii secolo.
Crescentini Girolamo d'Urbino, soprano,
1769-1846.
Crescenzio Pietro, agronomo italiano, xiii
secolo.
Crescenzio, tribuno romano, v. 998.
Crescimbeni Giovan Mario, critico italiano,
1605-1728.
Crévier Giovan Luigi, storico parigino,
1693 1765.
Greuzer Federico di Marbourg, archeologo,
1771-1858.
Crinito, autore italiano, n. 1465.
"Crisi ppo, filosofo stoico, 280-207.
Crisolora Emanuele, erudito greco, xvsec.
Cristiano Fiorente da Troyes, poeta e ro-
manziere, XII secolo.
Cristina di Pisan , autrice veneziana, v.
1411.
Cristina regina di Svezia, 1622-89.
"Critolao, filosofo peripatetico, v. 156.
"Gritone, filosofo ateniese, v. 389.
'Crizio, poeta ateniese, v. 413,
Croce (Giulio Cesare della), autore bolo-
gnese, secolo xvi-xvii.
Croese Gerardo, teologo olandese, 1642-
1710.
Croeser Ermanno, traduttore olandese, n,
1510.
Croiset, ascetico francese, -1730.
Cromer Martino di Warmia, storico po-
lacco, -1589.
Cronegk, poeta tedesco, 1731-58.
Crouzas (Giovan Pietro di), da Losanna,
autore, 1663-1750.
Crudeli Tommaso, poeta italiano, -1745.
"Ctesia da Guido, storico greco, v. 337.
'Ctesibio d'Alessandria, matematico, v. 120.
Cudworth, dotto inglese, 1617-88.
234
CRONOLOGIA
Coeva, poeta spagnuolo, xvi secolo.
Cujaccio Giacomo da Tolosa, giureconsulto,
•J 520 90.
CuUen Guglielmo, medico scozzese, 1712-
1790.
Cumberland Ricardo, autore inglese, 1632-
1718.
Cuneo, autore olandese, 1586-1638.
Cunich Raimondo di Ragusa, poeta latino,
1719-94.
Cunitz 0 Cunizia, erudita tedesca, '1264.
Curione Celio Secondo, autore piemontese,
iriOó 69.
Curzio Quinto, storico latino d'età incerta.
Cusa (Nicolò da), scrittore tedesco, 140J-
1464.
Cuvier Giorgio, naturalista francese, 1769-
1832.
Cygne (Du), erudito francese, 1619-69.
1>
Dacier Andrea, erudito francese, 1 6S1 -1 722.
Dacier Anna, erudita francese, 1651-1720.
Daguerre , francese , inventore della foto-
grafia, 1788-1851.
Dalin (Olao di), poeta svedese, 1708-63.
Dalrvmple Alessandro, autore scozzese,
1737-1808.
Dalton, autore inglese, 1709-63.
Damaselo, filosofo eclettico, v secolo.
Damiano (Pier), cardinale italiano, 988-
1073.
Damiens, regicida francese, 1714-57.
*Damone, filosofo pitagorico della Sicilia,
IV secolo,
Dampier Guglielmo, viaggiatore inglese,
1652-1722^.
Dancliet Antonio, autor francese, 1671-
1748.
Dancourt Fiorente Carton, autor comico
francese, 1601 1726.
Dandini, giureconsulto italiano, 1695-1747.
Dandolo Andrea, doge e storico veneziano,
-1354.
Dandolo Vincenzo, agronomo ed econo-
mista veneziano, -1819.
Daneau Lamlierto, autor francese, 1530-96.
Danes Pietro, erudito francese, 1497-1577.
Danet Pietro, grammatico francese, 1640-
1709.
Danhaver, teologo tedesco, 1603-60.
Daniel Arnaldo, trovadore, xii secolo.
Daniel P>anccsco , storico ed antiquario
napoletano, -1812.
Daniel Gabriele, gesuita, storico francese,
1649-1728.
Daniel Samuele, poeta e storico inglese,
1552-1619.
"Daniele, profeta maggiore, 600.
Dante Alighieri, poeta fiorentino, 1265-
1321.
Danton Giorgio, rivoluzionario, 1769 94.
Dantz, teologo tedesco, 1664-1727.
"Darete frigio, storico supposto, v. 1209.
Darwin Erasmo, medico e poeta inglese,
1731-1802.
'Datarne, capitano cario, iv secolo.
Dalhevatsi, erudito armeno, 1340?-1410.
Dati Carlo, filologo italiano, 1619-76.
Dati Giorgio, traduttore di Tacito, 1503.
Dati Gore, autore italiano, 1563-1436.
Daubenlon Guglielmo , autor francese ,
1648-1723.
Daul»enton Luigi Giovanni , naturalista
francese, 1716-1800.
Daunou Claudio, letterato francese, 1761-
18-40.
Davanzali Bernardo, letterato fiorentino,
1529-1606.
Davenant Giovanni, poeta inglese, 1605-68.
"David, re de' Giudei e poeta, v. 1040.
David, pittor francese, 1750-1825.
Davies Giovanni, erudito inglese, -1732.
Davila Enrico Caterino di Cipro, storico
italiano, 1576-1631.
Davity Pietro, autor francese, 1573-lt>35.
Davoust, principe di Eckmuhl, generale di
Napoleone, -1825.
Davy Unfredo, fisico inglese, 1778 1829.
Decembrio Pier Candido, cronista italiano,
1399-1477.
Decio Filippo, icL, 1454 1535.
Decker, poeta fiammingo, 1610-66.
Dee Giovanni, astrologo e matematico in-
glese, 1527-1607.
Delfant (marchesa di), 1697-1780.
Defoe Daniele, autore inglese, 1663-1731.
Deken Agata, autrice olandese, 1741-1 80 i.
Delambre, astronomo francese, 1749 1822.
Delaroche Paolo, pittore francese, 1797-
1856.
Delavigne Casimiro, scrittore drammatico
francese, 1793 1843.
Delille Giacomo, poeta francese, 1 738-1 81 3.
DelisleGuglielmo, geografo francese, -1726.
TAVO(.,\ MFARr:TICA lì' UOMINI ILLUSTRI
57,S
Delisles di Snlles, filosofo francpso, I7'i3-
■1810.
Delonne Filiberto, arcliitetlo francese,
-1577.
Dell'io Martino, gesuita fiammingo demo-
nologo, Joo 1-1008.
Deluc Giovanni Andrea, fisico ginevrino,
17-27-1817.
Deluca Giambattista di Venosa, giurecon-
sulto, i(il4-83.
*Deuiade, demagogo ateniese, -3:28.
"Demetrio Falereo, filosofo e retore, v, 296.
Democrate, oratore ateuiese, iv secolo.
*Democede da Crotone, medico, v. S20.
"Democrito d'Abdera, filosofo greco, 460-
371 .
^Demostene, capitano ateniese, v secolo.
"Demostene, oratore ateniese, 381-322.
Demster Tommaso, dotto scozzese, 1579-
fQ-2o.
Denham, poeta irlandese, 1615-68.
Denina Carlo, storico piemontese, 1731-
1815.
Denisart Giambattista, giureconsulto fran-
cese, 1712 65.
Dennis Giovanni, critico inglese, 1657-
1 755.
Denon Domenico, erudito francese, 17i7-
1823.
Derham Guglielmo, fisico inglese, 1657-
1733.
Derossi Gian Bernardo, orientalista pie-
montese, 1742 1851.
Desaguliers Tommaso, fisico francese, 1 683-
1745.
Desault Pietro Giuseppe, chirurgo francese,
1744-93.
Descartes (Cartesio) Renato, filosofo fran-
cese, 1596-1630.
Desessarts (Lemoyne), bibliografo ed autor
francese, 1744-1810.
Desfaucheret, autor francese, -1808.
Desfontaines Pietro di Uouen, critico, 1685-
1745.
Desforges P. , autore e attore francese, 1746-
18U6.
Deshoulières (madama), poetessa parigina,
1633-94.
Desmaretsdi Saint Sorlin, accademico fran-
cese, 1593-1676.
Despaze Gius., poeta francese, 1769-1814.
Dessaix Giuseppe Maria, generale francese,
1768-1800.
Destouches Filippo Nericault da Tours,
scrittor comico, 1680-1754.
Destutt deTracv, ideologo francese, 1754-
1856.
Dosvignnios, cronologo francese, v. 1714.
Devoti Giovanni, canonista italiano, 1744-
1820.
De Witt, uomo di Stato olandese, 1623-72.
D'IIozier Paolo, generale francese, 1592-
1 660.
Diagonio Francesco , storico spagnuolo ,
-1613.
"Diagora, filosofo greco da Melos, condan-
nato per ateo, v, 416.
Diaz Bartolomeo, navigatore portoghese,
XV secolo.
Dibdin Tommaso, bibliofilo inglese, 1775-
1847.
*Dicearco, storico e filosofo greco da Mes-
sina, v. 293.
Diderot Dionigi di Langres, enciclopedista,
1713-84.
"Didimo d'Alessandria, critico, i secolo.
Didimo il Cieco , dottor della Chiesa, m.
393.
Didot Francesco, Ambrogio, Firmino, eru-
diti tipografi parigini del sec. xviu e xix.
Diemen (Antonio van), navigatore olan-
dese, 1593-1643.
Dieu, teologo olandese, dotto orientalista,
1590 1642.
Digby Keneira, autor inglese, 1603-03.
Dillen Giangiacomo , botanico tedesco ,
1687-1747.
"Dinarco, orator greco da Corinto, 560.
Dino, giureconsulto italiano, xiii secolo.
*Dinocrate, filosofo greco, v. 550.
"Dinoloto, poeta comico siculo, v. 418.
"Dinostrate, geometra greco, v. 400.
"Diocle, medico greco, v. 315.
"Diocle, poeta ateniese, v. 452.
Diodati Giovanni, letterato lucchese, -1632.
"Diodoro Siculo, storico greco, v. 43.
Diofaute, geometra greca, v. 529.
"Diogene, filosofo cretese, v secolo.
*Diogene il Cinico, filosofo greco, 523.
Diogene Laerzio, storico greco, ni secolo.
Dione Cassio, storico greco, v. 239.
Dione Crisostomo da Prusa, oratore, v. 96.
"Dione, espulsore del tiranno Dionigi, 557.
"Dionigi d'Alessandria, astronomo, -241.
*Dionigi d' Alicarnasso, storico greco, v. 50.
*Dionigi da Mileto, storico, v. 521.
"Dionigi da Sinope, poeta comico, v. 579.
Dionigi il Piccolo, scita, introduttore del-
l'era cristiana, v. 530.
"Dionigi, nome d'alcuni tiranni di Sicilia.
Dionigi (san), apostolo francese, ni secolo.
Dionigi (san) Areopagita, ateniese, i secolo.
Dionis de Séjour, erudito geometra fran-
cese, n. 173i.
236
cno.Noi.or.u
Dioscoride, medico greco, n. 64.
Diplovazio, giureconsulto italiano , 1468-
1541.
Dithmar, autore tedesco, 1677 1737.
Dithmar, vescovo di Mersburgo , crona-
chista, -1018.
*Dilti Cretese, storico supposto, v. 1280.
DittoD Umfrido, matematico inglese, 167S-
1715.
Djamy, poeta persiano, 1414-92.
Dod.-ley Roberto, poeta inglese, 1703-64.
Dodwel Enrico, erudito inglese, 1 641 -171 1 .
Dolce Carlino, pittore fiorentino, 1616-86.
Dolce Lodovico, scrittor veneziano, 1508-
1566.
Dolcino (frate), eresiarca italiano, xiv sec.
Dalet Stefano, letterato e tipografo fran
cese, 1509-46.
Dolomieu Diodato , naturalista francese ,
1750-1801.
Domai Giovanni, giureconsulto francese,
1625-95.
Domenichi Lodovico , letterato italiano ,
1564.
Domenichino Zampieri, pittore italiano,
1581-16Ì1.
Domenico (san) di Gusman, 1170 1221.
Domergue, grammatico francese, 1745-
1810.
Dominis (Marc'Antonio De), dalmata apo-
stato, 1556-1624.
Donato, grammatico latino, iv secolo.
Donato, scismatico africano, iv secolo.
Donato Vitaliano, naturalista italiano,-! 763.
Dondi Giovanni, medico e matematico pa-
dovano, xiv secolo.
Doni Anton Francesco , autore italiano ,
-1574.
Donizetti Gaetano di Bergamo, compositore
di musica, 1798-1848.
Donne, matematico inglese, 1718-46.
Doppel-Mayer, matematico tedesco, 1671-
1750.
Dorat, poeta ed erudito francese, -1588.
Doria, famiglia di Genova, da cui fra altri
usci Andrea ammiraglio generale, 1468-
1560.
Dorset, poeta inglese, -1705.
Dousa Giovanni, erudito olandese, 1545-
1604.
Dow Gerardo, pittor olandese, 1613-74.
Dowal, erudito scozzese, 1590-1653.
Downham, teologo inglese, -1634.
*Dracone, legislatore ateniese, -624.
Dragut-rais, capo di corsari di Barberia,
-1565.
Drake Frane, navigatore inglese, 1545-96.
Drakenbork , critico e storico olandese,
1684-1747.
Drayton Michele, poeta inglese, 1563-1631.
Drebbel Cornelio, fisico olandese, 1572-
1634.
Drélincourt, teologo francese, 1595-1609.
Drexelio Geremia, gesuita tedesco ascetico,
1581 1638.
Droz Pietro, meccanico svizzero, 1721 90.
Drusio (van der Driesche] , erudito fiam-
mingo, n. 1550.
Dryden Giovanni, poeta inglese, 1681 -1701,
Duaren Francesco, dotto francese, 1309-59.
Uubellay Gioachino, poeta francese, 1524-
1560.
Dubellay (il cardinale), letterato francese,
v. 1560.
Dubois Guglielmo, cardinale e ministro
francese, 1656-1723,
Dubos (l'abbate), erudito francese, 1670-
1742.
Dubraw, storico boemo, -1553.
Ducange, erudito francese, 1610-88.
Ducas Michele, storico greco, xv secolo.
Duchat Giacobbe, erudito francese, 1658-
1736.
Duchàlel Paolo, letterato francese, 1480-
1552.
Duchàlelet (madama), autrice francese, v.
1749.
Duché di Vancy, poeta francese, 1 668-1 704.
Duchesne Andrea, storico francese, 1584-
1640.
Ducis Giovanni Francesco, poeta tragico
francese, 1733-1816.
Uuclos Carlo, letterato francese, 1704 72.
Duclót Giuseppe, dotto ecclesiastico savo-
jardo, 1725-1821.
Dudith, teologo ungarese, 1353 1439.
Dugay-Trouin , marinajo francese, 1673-
1736.
Duguesclin Bertrando, connestabile fran-
cese, 1314-80.
Duguei Giovanni, controversista ed asce-
tico francese, 1649 1733.
Duhalde Giambattista, autor francese, 1 674-
1743.
Duhamel Giambattista, dotto oratoriano,
1624 1706.
Dumarsais Cesare, grammatico francese,
1676-1756.
Dumas Luigi, grammatico francese, 1676-
1726.
Duns (Duncano) Scot Giovanni, teologo
scozzese. 1275-1308.
Dunstan (san), arcivescovo inglese, 924-
988.
TAVOLA ALl'AUtTICA D UOMIM ILLUSTRI
237
Dupaty Giambattista, autor francese, 1744-
1788.
Duperron Giacomo, cardiriiilo, autor fran-
cese, 1556 1618.
Dupin Ellies Luigi, teologo parigino, 1657-
1719.
Dupin, giureconsuilofrance.se, 1681 -17i5.
Diipleix Scipione, storiografo francese,
1569-1661.
DuportiluTertre, storico francese, 171 5-59.
Duprat Antonio, cancelliere francese, 1463-
1535.
Dupré di Saint-Maur, erudito francese,
1695-1774.
Dupuis Carlo Francesco, td.y 1742-1809.
Dupuvtren Guglielmo, chirurgo, 1778-
1835.
Duquesne Abramo, marinajo francese, 1 61 0-
1676.
Durand di Saint-Pourcain, autore francese,
-1333.
Durante, maestro di musica italiano, 1718-
1780.
Dureau de Lamalle, aiilore francese, 1742-
1807.
Durer Alberto, pittore di Norimberga, 1461 -
1528.
Duryer Pietro, autore francese, 1605-58.
Dutrochet Gioachino , fisiologo francese,
1776-18Ì7.
Duval Alessandro, autore drammatico fran-
cese, 1767-1842.
Duval Amalrico , erudito francese, 1760-
1857.
Duval Valentino, antiquario francese, 1695-
1775.
Dyche, lessicografo inglese, n. 1750.
JB
Earle, filantropo inglese, 1740-96.
Echellense Abramo, dotto maronita della
Propaganda, -1664.
Eckhard Giacomo, autore francese, 1644-
1724.
Eckhard Giorgio, storico tedesco, 1674-
1750.
Eckhel Giuseppe, antiquario tedesco, 1756-
1798.
Eckio Giovanni, teologo tedesco, 1486-
15i3.
Eclusesdes Loges, autor.francese, 1715-83.
Ecolampadio Giovanni, teologo tedesco,
1482-1551.
Ecumenio, autor greco, x secolo.
Edelink Gerardo, incisore fiammingo, 1641-
1707.
Edgeworth Maria, moralista irlandese, 1 770-
1846.
Edoardo, principe Nero, 1330-76.
Edris (Ben), geografo arabo, v. 1156.
"Efestione , favorito d'Alessandro Magno,
-325.
Efrem (sanf), siro, scrittore ascetico, -579.
Egesippo, storico ecclesiastico, -180.
Eginardo, storiografo di Carlomagno, -859.
Egnazio, erudito veneto, 1478-1555.
Eguiara, autor messicano, xviu secolo.
Eich (Uberto van) da Liegi, pittore, 1366-
1426.
Eisen Schmidt, matematico d'Alsazia, n.
1656.
*Elia, profeta, 900.
Eliano Claudio, scrittor greco, 242,
Elio Lampridio, biografo, v. 336.
Elio Sesto, giureconsulto romano, v. 260.
Eliodoro da Emesa, romanziere greco, v.
400.
^Eliseo, profeta, 900.
*Ellonio da Mitilene, storico, v. 450.
El-macino, storico arabo, 1223-73.
Elmen-horst, critico tedesco, -1621.
Elphinston Giacomo, grammatico scozzese,
-1809.
Elstol), teologo inglese, 1675-1714.
Elvezio Adriano, filosofo francese, 1715-71.
Elvico Cristoforo, scrittor tedesco, 1581-
1617.
Elvio, erudito svedese, xvni secolo.
Elzevir Luigi, Bonaventura, Abramo, Da-
niele, tipografi da Leida, xvii secolo.
Emerson, matematico inglese, 1701-82.
Emery Giacomo Andrea, scrittore francese,
n. 1752.
Emmio Ubbo, storico olandese, 1547-1626.
^Empedocle agrigentino, filosofo pitago-
rico, -473.
Empereur (Costantino 1'), orientalista olan-
dese, -1648.
"Enea lo Strategico, autor greco, iv secolo.
Enfield, teologo inglese, 1741-97.
Engel Gian Giacomo, poeta drammatico
tedesco, 1741-1802.
Engel Samueleda Berna, geografo, 1702 84.
Engeibrecht, missionario tedesco , 1599-
1651.
258
CaoNOLOGlA
Eogelniann Goffredo da Mulhouse, lito-
grafo, 1788-1839.
Enjedim, erudito ungarese, -1597.
Ennio da Huntington, storico inglese, v.
1154.
"Ennio Quinto, poeta latino, 236-169.
Ennodio , vescovo di Pavia e scrittore,
473-521 .
Entik, autor inglese, 1713-53,
Entrecasteaux (Giuseppe d') , navigatore
francese, -1795.
Enziua, poeta spagnuolo, n. v. 1446.
Eou (cavaliere di), spia francese, travestito
da donna, 1728-1810.
"Epaminonda, capitano tebano, -565.
Epée (Abbate de L'}, educatore di sordi-
muti, 1712-89.
"Epicarmo, poeta e filosofo greco, v. 440.
"Epicuro, filosofo greco, 542-270.
*Epimenide, id., v. 598.
Epifanio lo Scolastico, vi secolo.
Epifanio ( sant' ) , autore e dottor della
Chiesa, 405.
Episcopio Simone, teologo olandese, 1583-
4645.
Epitteto, filosofo stoico, ii secolo.
Eponina, eroica moglie di Giulio Sabino,
galla, -78.
Eppendorf, letterato tedesco, -1553.
Equicola Mario da Alvito, filosofo, xvi sec.
*Eraclide da Ponto, ù/. , v. 557.
"Eraclito, filosofo greco d'Efeso, v. 500.
"Erasistrato, medico greco, v. 300.
Erasmo Desiderio da Rotterdam, autor la-
tino, 1465-1556.
Erasto, medico tedesco, 1524-85.
"Eratostene, astronomod'Alessandria, -194.
Ercilla-y-Cuniga, epico spagnuolo, 1525-
1600.'
Eriberto da Cantù, arcivescovo di Milano,
-1045.
Ericeyra Francesco Saverio, storico porto-
ghese, 1614-99.
"Erinna, poetessa lirica greca, v. 612,
Erizzo Sebastiano , letterato veneziano ,
1525-85.
Ermanno Contratto cU Svevia , storico e
ascetico, -1034.
Ermia, filosofo platonico, i secolo.
"Ermippo, poeta comico, v. 450.
Ermogene da Tarso, retore greco, v. 140.
*Ermogene di Caria, famoso architetto, vi
secolo.
Ermogene, eretico, ii secolo.
Ermogene, giureconsulto, iv secolo.
Ernesti, varj dotti tedeschi dal xv al xvni
secolo.
Ernst, dotto giureconsulto tedesco, 1605-
1665.
Erodiano, storico greco, in secolo.
"Erodoto d'Alicarnasso, id., n. 484.
"Erone detto il vecchio, matematico greco,
n. 334.
Erpenio Tommaso, grammatico olandese,
1584-1624,
Errerà Ferdinando, poeta spagnuolo, xvi
secolo.
Errera-Tordesillas Antonio, storico delle
Indie, -1625.
Erskine Tommaso, oratore inglese, 1750-
1825.
Escherny,' autore svizzero, 1754-1815.
"Eschilo, tragico greco, -477.
"Eschine, filosofo ateniese, v. 395.
"Fschine, oratore ateniese, 587-312,
Escobar Antonio, casista spagnuolo, 1589-
1669.
Escoiquitz don Juan, ministro spagnuolo,
1762-1820,
"Esculapio, padre della medicina, 1321-
1243,
"Esdra, sacerdote ebreo e storico, v secolo,
Esichio d'Alessandria, filologo, v. 609.
"Esiodo, poeta greco, v. 900.
Esmenard, poeta francese, 1770-1811.
"Esopo Clodio, commediante romano, V, 84,
"Esopo frigio, favoleggiatore, v, 582.
Espen (Bernardo van) da Lovanio, cano-
nista, 1646-1728.
Espence (Claudio d'}, erudito dottore della
Sorbona, 1511-71.
Espinasse (madamigella de L'), autrice
francese, 1723-74.
Esprit, autore francese, 1611-78.
Estio Guglielmo (van Est), teologo braban-
zone, 1542-1613.
Etienne Carlo Guglielmo, pubblicista e au-
tore drammatico francese, 1778-1845.
Etoile (deL'), cronista, 1540 1611.
"Eubulide, filosofo greco, iv secolo.
*Eubulo, poeta comico ateniese, v. 374.
"Euclide Alessandrino, matematico, v. 285.
"Euclide di Megara, sofista, v. 390.
Eudossia, poetessa, moglie di Teodosio il
giovine, -460.
"Eudossio da Gnido, geometra, v. 405.
"Euforione, poeta greco, -220.
"Eufranore, pittore ateniese, iv secolo.
Eugenio fprincipe di Savoja) , generale,
1663-1736.
Eugesippo, geografo, v. 1040.
Eulero Leonardo, matematico da lìasilca,
1707 83.
"Eumene, capitano lacedemone, v. 315.
TAVOF.A AM'AItKTlCA D UOHIINI ILLUS'Cni
239
Eumenio, panegirista latino, -5H.
*Eumcto, poeta greco da Corinto, v. 741.
*Eumolpo, trovatore o introdultorc di riti
sacri in Atene, i quali poi cuslodivansi
da' suoi discendenti, detti Euniolpidi.
Eunapio, medico e autor greco, iv secolo.
Eunapio da Sardi, sofista e storico, v secolo.
*Eupoli, poeta comico greco, v. -iiO.
*Euripide da Salamina, poeta tragico greco,
480 407.
Eusebio da Cesarea, ecclesiastico scritlor
greco, -358.
Eustachio liartolomeo, medico e naturalista
salernitano, -1574.
Eustazio, romanziere greco, v. 500.
Eustazio, vescovo di Tessalonico, -UGO.
Eustrale, commentatore greco, xii secolo.
Euticbe, eresiarca, v secolo.
Eulichio, medico e patriarca d'Alessandria,
V. 9i0.
*Euticrate, scultor greco, v. 500.
Eutocio, matematico assiro, v. 540.
Eutropio, storico latino, iv secolo.
Evagrio lo Scolastico, storico greco, v. 536.
*Eveemero, filosofo, .510.
Eveillon, teologo francese, 1572-1651.
Evelio Giovanni, astronomo da Danzica,
1611-87.
Evrart da Ratisbona, storico, v. 1506.
Expilly Gio.Gius., autor francese, 1719 95.
"Ezechiele, poeta tragico ebreo, v. 120.
"Ezechiele, profeta maggiore, v. 590.
Ezelino da Romano, tiranno di Padova,
1194-1259.
Ezio, generale romano, -454.
*Ezione, pittor greco, v. 332.
JF
Fabbre Guido, letterato francese, 1541-
1616.
Fabbri, teologo francese, 1607-88.
Faber Samuele, autore tedesco, 1 657-1 71 6.
Faber Ernesto, orientalista tedesco, 1745-
1774.
"Fabio Massimo, dittator romano, -204.
"Fabio Pittore, primo storico romano, v.
216.
Fabre d'Eglantine, autore francese, 1755-
1794.
Fabre d'Olivet, orientalista francese, 1767-
1825.
Fabretti Raffaello , antiquario d'Urbino ,
1618-1701.
Fabricio, entomologo tedesco, 1742-1807.
Fabricio Giorgio, storico e poeta tedesco,
1516-71.
Fabricio Giovanni Alberto, bibliografo te-
desco, 1668-1736.
Fabricy Gabriele , bibliografo francese ,
1723-1800.
Fabrini Giovanni, grammatico italiano,
1516-80.
Fabroni Angelo, toscano, biografo, 1732-
1805.
Fabroni Giovanni di Firenze, naturalista
e statista, 1752-1822.
Fabrot Carlo Annibale, giureconsulto fran-
cese, 1580-1659.
Facciolati Jacopo, filologo italiano, 1682-
1766.
Faerno Gabriele da Cremona, poeta latino
del XVI secolo.
Fagan, autor comico francese, 1702-55.
Fagiuoli Giambattista, poeta comico fioren-
tino, 1660-1742.
Fagon, medico francese, 1638-1719.
Fahrenheit Gabriel Daniele, fisico tedesco,
1686-1736.
Faille, storico francese, 1616 1711.
Faini Diamanta, poetessa bresciana, -1770.
Fairfax Tommaso, politico inglese, 1611-
1671.
Falbaire (Fenouillot dej, autor drammatico
francese, 1727-1800.
Falcando Ugo, cronista siculo, v. 1175.
Falconieri Ottavio , antiquario romano ,
xvu secolo.
Falletti Girolamo, storico italiano, n. v.
1518-64.
Falloppio Gabriele, medico italiano, 1523-
1662.
"Fannio, poeta latino, v. 40.
Fanshaw Riccardo, diplomatico e poeta
inglese, -1666.
Fantin Desodoards, storico francese, 1738-
1820.
Fantoni Giovanni, detto Labindo , poeta
italiano, 1755-1807.
Fantuzzi Marco da Ravenna, erudito, 1740-
1806.
"Faraone , appellativo dei re sacerdoti di
Egitto.
Fardella Michelangelo , filosofo italiano ,
1650-1718.
Farei Guglielmo, calvinista francese, 1489-
1565.
240
CllONOLOGU
Farla y Souza Manuele, storico e poeta ca-
stigliano, 1588 J 647.
Farinacio Prospero, giureconsulto italiano,
1564-16J8.
Farinata degli Uberti, v. ISSO.
Farinelli (Carlo Broschi), musico napole-
tano, 1705-82.
Farmer, teologo inglese, 171 4-87.
Farnese , famiglia italiana , sollevata da
Paolo IH alla sovranità di Parma e Pia-
cenza. Ebbe molti prodi : Pietro, gene-
rale dei Fiorentini, -1564; Pier Luigi,
tiranno, -1547; Ottavio, generale di
Carlo V, -1586; Alessandro, generale
contro i Fiamminghi, -1592.
Farquhar, autore drammatico inglese, 1678-
1707.
Fatio (de Duiller) da Basilea, geometra,
1755.
Fauchet, autor francese, 1529-92.
Fauque (madama di Valchiusa), autrice
francese, -1777,
Fauriel Claudio, critico francese, 1772-
1844.
Faust Giovanni da Magonza, uno degl'in-
ventori della stampa, v. 1450.
Fausto da Riez, dottore della Chiesa latina,
V. 480.
Favart Carlo, autore comico francese, 1710-
1792.
Favorino, filologo italiano, -1557.
Favre o Fabro Antonio, giureconsulto sa-
voiardo, 1567 1624.
Fawkes, poeta inglese, 1721-77.
Faydit (l'abbate), autore francese, 1640-
1709.
Fayette (Madama di la), autrice francese,
1652-95.
Fazio, storico latino, m. v. 1547.
Febronio (Gio. Nicola de Hontheim), ca-
nonista tedesco, 1701-90.
Fecht 0 Feczio , teologo tedesco, 1656-
1716.
Federici Camillo da Garessio, autore co-
mico, 1751-1802.
"Fedone d'Elea, filosofo greco, v. 570.
Fedro, favoleggiatore latino, i secolo.
*Fedro, filosofo greco, v. 588.
Félibien Andrea, autore francese, 1619-95.
Feller Francesco Saverio, gesuita, autor
belgico, 1735-1802.
Fénélon de la Molte, vescovo di Cambray,
1651-1715.
Fenton Eliseo, poeta inglese, -1730.
Ferdinando da Cordova, erudito spagnuolo,
1420-80.
Ferdussi, poeta jicrsiano, 91 (ì 1020.
^Ferecide da Siro, filosofo greco, v. 560.
*Ferecide, storico greco, v secolo.
*Ferecrate, poeta comico ateniese, v. 400.
Fergusson Adamo, scrittore scozzese, 1 724-
1S01.
Fergusson Giacomo, astronomo scozzese,
1710-76.
Fermai, giureconsulto francese, 1650 90.
Fermai Pietro da Tolosa , matematico ,
1595-1665.
Fernel Giovanni, medico francese, 1497-
1558.
Ferrari Bartolomeo, milanese, fondatore
dei Barnabiti, -1544.
Ferrari Gaudenzio , pittore piemontese ,
1484-1550.
Ferrari Guido, gesuita, storico latino, 1717-
1791.
Ferrari Ottavio, antiquario italiano, 1607-
1682.
Ferrariis (De), giureconsulto pavese, v.
1345.
Ferraris, lessicografo canonista italiano,
XVII 1 secolo.
Ferreira, poeta portoghese, 1528-69.
Ferreras, storico spagnuolo, 1652-1735.
Ferreto, storico italiano, xiii secolo.
Ferretti, antiquario italiano, 1659 82.
Ferrier Armando, poeta francese, 1652-
1721.
Ferrière Claudio, giureconsulto francese,
1659-1715.
Ferrucci Francesco , patriota fiorentino ,
-1530.
Feuerbach Luigi Andrea, razionalista te-
desco, 1804 55.
Feuerbach Paolo , criminalista tedesco ,
1775-1855.
Feuillè, botanico ed astronomo francese,
1660-1732.
Feuquières, scrittore diplomatico francese,
-1640.
Févre (Giovanni d'Élables, detto Le), teo-
logo francese, 1455-1537.
FOvre (Tanneguy Le), dotto francese, 161 5-
1672.
Fevret di Fontette, magistrato e letterato
francese, 1701-72.
Feyoo Montenegro Benedetto, critico spa-
gnuolo, 1701-64.
Fiamma Galvano, storico milanese, 1285-
1344.
Fibonacci Leonardo da Pisa, matematico,
1202.
Fichard, giureconsulto francese, 1512-81.
Fichte Gian Teofilo, filosofo tedesco, 1762-
1814.
TAVOLA ALFABETICA D'IìOMIM ILLUSTRI
241
ricino Marsilio, filosofo platonico fioren-
tino, 1433-99.
Ficoroui Francesco , antiquario italiano ,
166Ì-I7-Ì7.
*Fidia, scultore ateniese, v secolo.
Fielding Enrico, romanziere inglese, 1707-
17S4.
Filangeri Gaetano , leggista napoletano ,
1752-87.
Filelfo Francesco, grammatico italiano,
1598-1481.
Filemone, filologo greco, vi secolo.
'Filemone, poeta comico greco, v. 346.
*Fileterio, id., v. 380.
Filicaja Vincenzo, lirico fiorentino, 1642-
1707.
'Filillio, poeta comico, v. 430.
'Filippide, poeta comico ateniese, 510.
Filippone Herveng, teologo francese, -1 172.
'Filisto, storico greco, v secolo.
*Filistone, poeta comico da Nicea, v. IS.
Filleau de la Chaise, autore francese, 1650-
1695.
Filleul, poeta francese, n. 1530.
Fillips Giovanni, puela inglese, 1670 1706.
*Filoclete, poeta comico, v. 434.
*Filolao, filosofo da Crotone, 584.
Filone Alessandrino, autore ebreo del i
secolo.
'Filone Bisantino, arcbitetlo greco, v. 500.
Filone da Biblo, storico, v. 18i.
*FiloDÌde, poeta ateniese, v. 427.
'Filopemene, capitano acheo, -190.
Filopono, filologo greco, vii secolo,
Filosseno, id., v. 525.
*Filosseno, poeta ditirambico, v. 382.
Filostorgio, storico ecclesiastico di Cappa-
docia, IV secolo.
*Filostrato, retore ateniese, iii secolo.
Fineo Oronzio, matematico francese, 1494-
1555.
Finiguerra Maso, orefice fiorentino, 1452.
Fioravanti Valentino, romano, compositore
di musica, 1764-1837.
Firenzuola Agnolo, letterato italiano, 1495-
1548.
Firmico Materno, autor latino, iv secolo.
Fischer, filologi tedeschi dal xvii al xix sec.
Flacé , ecclesiastico e letterato francese,
1530-85.
Flacius (Mattia Illirico Francowitz), diret-
tore delle Centurie di Magdeburcjn), 1521-
1575.
Flammei Nicola di Pontoise , alchimista,
1400.
Flaminio Antonio da Verona, poeta latino,
1464-1536.
Cantù, Documenli. — Tomo I, Cronologia.
Flamsteed Giovanni , astronomo inglese ,
1646 1719.
Flassans, poeta provenzale, xiv secolo.
Flavigny, letterato francese, 1740-1808.
Flechier Spirito , predicatore francese ,
1632-1710.
Fleetvood, letterato inglese, v. 1695.
Flegone Tralliano, autor greco, ii secolo.
Fleischer, naturalista tedesco, 1537-93.
Fletcher Giovanni, poeta inglese, 1586-
1627.
Fleury Andrea Ercole, cardinale e ministro
francese, 1653-1743.
Fleury Claudio, scrittore francese di Storia
ecclesiastica, 1640-1725.
Flodoart o Frodoart , cronista francese ,
894-966.
Florez, dotto spagnuolo, 1701-75.
Florian G P., letterato francese, 1755-94.
Florida Bianca, ministro spagnuolo, 1730-
1808.
Florio, autore inglese, 1540-1625.
Floro (.Auueoj, storico latino, u secolo.
Fludd (de Fluclibus), medico e filosofo iu-
gleàc, 155i-i637.
"Fucilide da Milelo, poeta morale, v. 547.
*Focione, capitano e politico ateniese, -518.
Foglietta Uberto, storico genovese, 1518-
1581.
Foix (Gastone di), capitano francese, 1489-
1512.
Folard Giovanni, ingegnere francese, 1669-
1752.
Folengo Teofilo (Merlin Coccai) da Man-
tova, poeta maccheronico, 1487-1544.
Folques, antiquario e matematico inglese,
1690-1754.
Foncemagne (Stefano di), storico francese,
1694-1779.
Fontaine, critico inglese, -1753.
Fontaine (Giovanni de La), favolista fran-
cese, 1621-95.
Fontainelle (Dubois), autore francese, 1737-
1812.
Fontana Domenico , architetto italiano ,
1543-1607.
Fontanes Marcellino, poeta e letterato fran-
cese, 1751-1821.
Fontanini Giusto, antiquario italiano, 1666-
1736.
Fonte Moderata (Modesta Pozzi), poetessa
veneziana, 1555 92.
Fontenay (di Bonafous), letterato francese,
1737-1806.
Fonlenelle (Le Bovier de) da Rouen, autore
francese, 1657-1757.
Fontius(Fonti), dotto fiorentino, 1445 1515.
16
242
CRONOLOGIA
Foote Samuele, autor comico inglese, -1 111.
Forbes, giureconsulto scozzese, 1683-') 747.
Force (madamigella de La), poetessa e ro-
manziera francese, -1724.
Forcellini Egidio, dotto padovano, 1688-
1768.
Foresti Jacopo Filippo , storico italiano ,
1434-1520.
*Formione, capitano ateniese, v secolo.
Forster Giovanni, naturalista, 1729-98.
Forster, grammatico tedesco, 1495-1556.
Forster, teologo e filosofo inglese, 17J7-57.
Forstner, giureconsulto tedesco, 1598-
1667.
Fortia d'Urban, erudito francese, 1756-
1843.
Fortiguerri Nicolò (Nicolò Carteromaco),
poeta italiano, 1674-1733.
Fortis Alberto, naturalista e antiquario pa-
dovano, 1741-1803,
Fortunato (Venanzio) da Treviso , poeta
cristiano latino, v. 606.
Foscarari Egidio, bolognese, prelato e scrit-
tore, 1512-64.
Foscari, famiglia illustre nella storia ve-
neta. Francesco fu doge, 1423-57.
Foscarini Marco , veneziano , scrittore e
doge, 1695-1763.
Foscarini Michele, storico veneziano, 1632-
1692.
Foscolo Ugo, poeta italiano, 1776-1827.
FosterGiacomo, inglese, teologo dissidente,
1697-1753.
Fotino, eresiarca greco, -376.
Foucault, antiquario francese, 1645 1721.
Fouché Giuseppe, ministro di Napoleone,
1753-1820.-
Foucher Paolo, autor francese, 1704 78,
Fougeroux, dotto francese, 1732-98.
Fouquet (madama), empirica, xvii secolo.
Fouquet Nicolò, ministro francese, 1615-
1680.
Fourcroi (Antonio di), chimico parigino,
1755-1809.
Fonder Carlo, capo dei Forieristi, 1772-
1837.
Fourmont Stefano , orientalista parigino ,
1683-1745.
Fowler, teologo inglese, 1611-76.
Fox Carlo, ministro inglese, 1748-1806.
Fox Giorgio, fondatore della setta dei Qua-
keri, 1624 90.
Fozio, patriarca di Costantinopoli, autore
dello scisma orientale, e compilatore di
una Biblioteca, -886.
Fracastoro Girolamo di Verona, medico e
poeta latino, 1485 1555.
Frachetta Girolamo , pubblicista italiano ,
1560-1620.
Francesco d'Assisi (san), 1182-1226.
Francesco di Paola (san), calabrese, fonda-
tore de' Minimi, 1416-1507.
Francesco di Sales (san), vescovo d'Annecy,
ascetico, 1567-1622.
Francesco Saverio (san), spagnuolo, apo-
stolo delle Indie, 1506-52.
Franckenstein, storico tedesco, 1643-97.
Franco Nicolò da Benevento, emulo dell'A-
retino, 1505-69.
Francois (don Giovanni), dotto benedettino
'francese, 1722-91.
Frangipani, famiglia romana, illustre nei
secoli XII, XIII, xi.v.
Frank Giovanni Pietro , medico tedesco ,
1745-1821.
Franklin Beniamino , fisico americano di
Boston, 1706-90.
Franz Giuseppe, medico tedesco , 1771-
1842.
Franzio, teologo francese, 1564-1628.
Frauenlob, trovatore tedesco, -1217.
Frayssinous Dionigi, francese, vescovo di
Ermopoli, apologista, 1765-1842
Fredegario lo Scolastico , storico borgo-
gnone, VII secolo.
Fregoso Federico, cardinale e poeta geno-
vese, -1541.
Fregoso Paolo, cardinale e scrittore, -1498.
Freind Giovanni, medico inglese, n.l675.
Freinshemio Giovanni, erudito tedesco,
1608 60.
Freret Nicolò, storico e critico parigino,
1688 1749.
Freron Elia, critico francese, 1719-76.
Fresnaye (Vauquelin de La), poeta fran-
cese, 1556-1606.
Trine da Mitilene, cortigiana, iv secolo.
"Frinico, poeta tragico ateniese, v. 512.
Frisi Paolo da Monza, matematico e fisico,
1728-84.
Froben Giovanni, tipografo tedesco, -1527.
Frobischer Martino, navigatore inglese,
XVI secolo.
Frodoardo da Reims, cronista, v. 910.
Froidmond, dotto teologo belgico, 1587-
1655.
Froissard da Valenciennes, cronista, 1333-
1402.
Friilich Erasmo, antiquario tedesco, 1700-
1758.
Frontino, autor latino, 45-106.
Frontone Marco Cornelio, oratore Ialino,
V. 160.
Frugoni Carlo, genovese, poeta, 1 692-1 768.
TAVOLA ALFABETICA D UOMINI ILLUSTHl
>A3
Fuga Ferdinando di Firenze, architetto,
ÌG99-1782.
Fugger, famiglia di negozianti d'Augusta
protettori de'leitcrati. Ulderico, 1528-84.
Fulgenzio (san) da Lepti, 4G3-533.
Fuller , ecclesiastico e letterato inglese,
1()08-6I.
Fulton Roberto , meccanico americano ,
1767-181S.
Fumagalli Angelo, erudito milanese, 1728-
1804.
Funcio 0 Funk, erudito tedesco, 1G95-
1777.
FiJssli Enrico di Zurigo, pittore, 1758-
1825.
Fiissli Giovanni Corrado di Wezlar, storico
della riforma, 1704-75.
O
Gabriele Sionita, maronita orientalista, xvi
secolo.
Gaddi Gaddo, pittore, 1239 1312; Taddeo,
1300-1552; Angelo, 1524 87.
Gaetano Tiene (sanj, italiano, 1480, fonda-
tore dei Teatini.
Gaetano Tommaso Da Vio, cardinale na-
poletano, 1469 1534.
GafTarel, teologo francese, 1601-81.
Gagliardi Paolo, bresciano, dotto ecclesia-
stico, 1695-1742.
Gagliardo Achille, padovano, dotto gesuita,
1637-1707.
Gagliuffi Faustino, raguseo, poeta latino,
-1834.
Gagnier, orientalista francese, 16701 740.
Gaillard, lessicografo francese, 1634-95.
Gajo, giureconsulto, v. 161.
Galanti Giuseppe .Maria, letterato napole-
tano, 1743-1806.
Galeno Claudio, medico da Pergamo, 131-
200.
Galeotti Alberto, giureconsulto di Parma,
-1285.
Galeotti Marzio, filosofo di Narni, -1494.
Galerone Antonio, grammatico e traduttore
piemontese, secolo xvm.
Galesini Pietro di Ancona, storico, 1520 90.
Gaietti Giorgio Augusto, storico tedesco,
1750-1806.
Galiani Ferdinando , economista napole-
tano, 1728-87.
Galileo Galilei da Pisa, astronomo, 1564-
1642.
Gali Francesco, fisiologo da Baden, 1758-
1828.
Galland Antonio, orientalista di Picardia,
1646-1715.
Galliccioli Giambattista, orientalista e sto-
rico veneziano, 1733 1806.
*Gallo Cajo, poeta elegiaco latino, 66-26.
Gallonio Antonio, dotto oratoriano di Pioma,
1617.
Galluzzi Riguccio di Volterra , storico ,
1755-1801.
Galuppi Pasquale, filosofo calabrese, 1770-
1846.
Galvani Luigi, fisico bolognese, 1737-98.
Gama (Vasco de), ammiraglio portoghese,
-1524.
Gambara Veronica da Brescia , poetessa ,
1485-1518.
Ganilh Carlo, economista francese, 1758-
1856.
Gans Eduardo, pubblicista di Berlino, 1 798-
1839.
Garasse Francesco, gesuita francese, 1585-
1651.
Garat Pietro, musico francese, 1764-1823.
Garay Gio. , poeta ungherese, 1812-53.
Garcilasso de La Vega, poeta spagnuolo,
15()5-36.
Gardin-Dumesnil Giambattista, 1720-1802.
Garnier, poeta tragico francese, 1545-1601.
Garnier, storiografo di Francia, 1729-1805.
Garofolo (BenvenutoTisio), pittor ferrarese,
1481-1559.
Garrick Davide, attore drammatico inglese,
1716 78.
Garth Samuele, poeta e medico inglese,
1718.
Garve, filosofo tedesco, 1742-98.
Garzoni Giovanni, scrittore italiano, 1549-
1589.
Garzoni Pietro, storiografo veneto, 1652-
1719.
Gassendi Pietro, filosofo francese, 1592-
1655.
Gaston (M. di) da Rodez, poeta francese,
1767-1808.
Gattinara (Mercurino Arborio di), piemon-
tese, cancelliere di Carlo V, -1530.
GaubiI Antonio, erudito francese, 1689-
1759.
Gauchat Gabriele, teologo apologista fran-
cese, 1709-79.
244
CRONOLOGIA
Gaudenzi Pellegrino, poeta e letterato ita-
liano, 1749-84.
Gaurico Luca, astrologo napoletano, 1476-
-1558.
Gauss Carlo Federico, matematico di Bruns-
wick, 1 777-1855.
Gay Giovanni, poeta inglese, 1688 1743.
Gay-Lussac Nicola, chimico francese, 1778-
1850.
Gaza Teodoro, erudito greco, -1478.
Gazet Gazeo, storico ecclesiastico francese,
1554-1612.
Gelasio da Cizico , storico ecclesiastico
greco, V. 480.
Geldenhaur Gerardo, storico olandese,! 542.
Geleo Claudio lorenese, pittore, -1678.
GellertC, letterato tedesco, 1715-69.
Gelli Giambattista , scrittore fiorentino ,
1498-1563.
Gemelli Carreri , viaggiatore napolitano ,
1651.
GemistioPletone, filologo grecista, v. 1480.
Genehrardo Gilberto, benedettino francese,
1537-97.
Genesio, storico del Basso Impero, x secolo.
Genlis (madama di), autrice francese, 1746-
1830.
Gennari Giuseppe, erudito padovano, 1 721-
1800.
Gennaro Giuseppe Aurelio, giureconsulto
napoletano, -1761.
Genovesi Antonio, filosofo italiano, 1712-
1769.
Genson o Jenson Nicola, tipografo, -1498.
Gentile Alberico, giureconsulto italiano,
1551-1611.
Gentile da Fabriano , pittore sotto papa
]\lartino V.
Gentile Giovanni Valentino di Cosenza, an-
titrinitario, -1566.
Genzio, orientalista tedesco, 1618-87.
Geoffrin (madama), colta parigina, 1699-
1777.
Geoffroy Giuliano di Rennes, critico fran-
cese, 1745-1814.
Geoffroy Saint- Hilaire Stefano, zoologo
francese, 1772-1844.
GeofTroy Stefano Francesco, medico pari-
gino, 1672-1731.
Cerando (Giusepjie Maria De), filosofo lio-
nese, 1772 1842.
Gerberon Gabriele, dotto benedettino,! 628-
1711.
Gerbier [Metro, avvocato di lli'nnes, 1725-
1 7.S8.
GerbillonCiovan Francesco, geometra fran-
cese, 1654-1707.
Gerdil Sigismondo, savojardo, cardinale e
filosofo, 1718 1802.
'Geremia, profeta maggiore, v. 620.
'Germanico Cesare, generale romano, 17
av. C, 19 d. C.
Germano (san) di Autun, vescovo di Pa-
rigi, 496-576.
Gersen, monaco da Cavaglià in Piemonte,
V. 1237, supposto autore àeW Imitazione
di Cristo, che i più attribuiscono a
Gerson (Giovanni Charlier di), cancelliere
dell'università di Parigi, 1565-1429.
Gesenio, orientalista tedesco, 1786-1842.
Gessner Corrado da Zurigo, naturalista,
1516-65.
Gessner Giovanni, erudito tedesco, 1691-
1761.
Gessner Salomone da Zurigo, poeta, 1730-
1788.
Gherardo da Cremona, astrologo, 1114 87.
Ghezzi Francesco, gesuita italiano, 1685-
1766.
Ghilini Girolamo, letterato italiano, 1589-
1670.
Ghirlandajo (Domenico Corradi, il), pittor
fiorentino, 1451-95.
Giacomelli, letterato italiano, 1695-1774.
Giambliòo, filosofo platonico, iv secolo.
GiambuUari Pier Francesco, letterato fio-
rentino, 1495-1564.
Gianni Francesco, improvisatore romano,
1760-1825.
Giannone Pietro, storico napoletano, 1677-
1758.
Gianotti Donato, pubblicista italiano, 1494-
1563.
Giansenio Cornelio, vescovo di Gand, bi-
blicista, 1510-76.
Giansenio Cornelio di Lovanio , vescovo
d'Ypri, 1585-1638.
*Giasone, capo degli Argonauti, v. 1292.
Gibbon Edoardo, storico inglese, 1757-94.
Gibelin Spirito, antiquario francese, n.
1759.
Gibert Baldassare , erudito francese , n.
1662.
Giberti, dotto vescovo italiano, 1495-1543.
Gigli Girol., letterato italiano, 1660-1722.
Gilbert Nicola , poeta satirico francese ,
1751-80.
Gilberto da Montreuil, trovatore, xiii sec.
Gildas da Dumbrittou, autor latino, 494-
570.
Gilles, viaggiatore francese, 1490-1555.
Gillies, storico inglese, v. 1786.
Ginguené Paolo, letterato francese, 1748-
1815
Tavola alfabetica d'uomini iLLUSinr
i>4J)
Gioachino, abbate calabrese, fatidico, n,
H50,
Gioberti Vincenzo, filosofo torinese, 1801»
d852.
Giocondo (fra), veronese, dotto e architetto,
-1530.
'Gioele, profeta, v. 800.
Gioja Flavio d'Amalfi, scopritore della bus-
sola, secolo XI.
Gioja Melchiorre , piacentino , statistico ,
1 757-1829.
Giolito de' Ferrari da Trino, tipografo-li-
brajo a Venezia, xvi secolo.
"Giona, profeta, v. 800,
Giordani Pietro di Parma, letterato, 1774-
1848.
Giorgi Domenico, dotto italiano, -1747.
Giorgio da Pisidia, poeta greco, v. (530.
Giorgio da Trebisonda, autor latino, 1397-
1486.
Giorgio, frate greco, storico, 1020.
Giorgio il Sincello, cronologo, v. 820.
Giorgione, pittore trevigiano, 1477-1511.
Giornandes, storico dei Goti, -552.
Gioseffo Flavio, storico ebreo, 57-95.
Giotto, pittore fiorentino, 1265-1556.
Giovanna d'Arco, eroina francese, 1410-31 .
Giovanni da Bielaro, cronista latino, v.590.
Giovanni da Capua, traduttore, xiii secolo.
Giovanni Damasceno (san), dottore della
Chiesa, 670-754.
Giovanni da Meung, poeta, v. 1364.
Giovanni da Milano, medico poeta, v. 1101.
Giovanni da Novogorod, storico, v. 1250.
Giovanni da Ravenna, erudito italiano, v.
1582.
Giovanni d'Arras, romanziero, xv secolo.
Giovanni da Salishury, cronista, xii secolo.
Giovanni da Siviglia, autore spagnuolo,
XII secolo.
Giovanni da Troyes, storico francese, xv
secolo.
Giovanni di Matha (san), fondatore de' Tri-
nitari, 1161-1215,
Giovanni ( De ) , giureconsulto siciliano ,
1699-1753.
Giovanni (san) di Dio, portoghese, fonda-
tore dei Fate-bene- fratelli, 1495-1550.
Giovenale da Carlencas, autore francese,
1669-1760.
Giovenale Decio Giunio, satirico latino,
42124.
Giovenale degli Orsini, biografo, v. 1474.
Giovio Benedetto, storico di Como, 1471-
1544.
Giovio Paolo, vescovo di Nocera, storico,
1483-1552.
Giraldi Giambattista , letterato italiano ,
150Ì-73,
Giraldi Lilio Gregorio, erudito e poeta ita-
liano, 1479-1552.
Giraldo Cambrense (Barry), autore, xii sec.
Girard da Villethierry, autore ascetico fran-
cese, -1709.
Girard (l'abbate), grammatico francese,
1677-1748.
Girard (il padre Gregorio), istitutore sviz-
zero, 1765-1850.
Girardon Francesco , scultore francese ,
1630-1715.
Giraud Giovanni, conte romano, comedio-
grafo, 1776-1834.
Girodet Luigi, pittore francese, 1767-1824.
Girolamo da Praga, eretico, -1416.
Girolamo (sanj, Padre della Chiesa, 340-
420.
Girolamo Emiliani (san), fondatore dei
Cherici somaschi, -1557.
Giuda Hakkadosch, dotto rabbino, ii sec.
.Giuda Leone, dotto protestante di Zurigo,
-1542.
Giulini Giorgio, erudito milanese, 1714-80.
Giulio Africano, autor latino, v. 240.
Giulio Romano, pittore, 1492 1546.
Giusti Giuseppe, poeta satirico fiorentino,
1809 50.
Giustiniani, famiglia veneta, di cui molti
prelati e magistrati, e il doge Marcan-
tonio, -1688.
Giustiniani, grammatico, v. 1556.
Giustiniani, orientalista genovese, 1470-
1531.
Giustiniani (san) Lorenzo, ascetico vene-
ziano, -1465.
Giustiniani, vescovo d'Ajaccio, 1568-1627.
Giustiniano , imperatore e legislatore del
Basso Impero, 483 565.
Giustino (san) martire , filosofo e dottor
della Chiesa, ii secolo.
Giustino, storico latino, v. 158.
Glaber Rodolfo, storico francese, xi secolo,
Glaovil Giuseppe, giureconsulto inglese,
-1661.
'^Glauco, filosofo ateniese, v. 386.
Gleichen (Francesco di) , naturalista da
Bareuth, 1717 83.
Gleim Giovanni, poeta tedesco, 1719-1803.
Glica, storico greco, xii secolo.
Glover Ricardo, poeta inglese, 1712-85,
Gluck Cristoforo, musico tedesco, 1712-87.
Gmelin Giovanni, botajiico tedesco, 1709-
1755.
Goar, erudito domenicano francese, 1601-
1653.
246
CRONOLOGIA
Godeau, prelato e letterato francese; 1605-
1672.
Godescard, erudito ecclesiastico francese,
47-28-1800.
Codinot da Reims, teologo francese, 1661-
1749.
Godwin Tommaso, storico inglese, v. 1603.
Goeree , erudito librajo olandese, less-
ali.
Goertz Enrico, politico svedese, -1719.
Goesio (Goes), filosofo olandese, 1611-86.
Goez Damiano , storiografo portoghese ,
1501-60.
Goffredo da Viterbo, cronista, v. 1180.
Goffredo di Buglione, crociato, -1100.
Goffredo Dionigi, giureconsulto parigino,
1540-16^2.
Goguet Antonio, erudito parigino, 1716-
'17o8.
Goldast Melchiorre, giureconsulto svizzero,
-1655.
Goldman Nicola, matematico tedesco, 1 623-
1665.
Goldoni Carlo , poeta comico veneziano ,
1707-93.
Goldsmith Oliviero, autore inglese, 1728-
1764.
Golio, erudito olandese, 1599-1667.
Goltzio da Venloo, erudito, 1526 1583.
Gomar Francesco, teologo fiammingo capo-
setta, 1565-1641.
Gomberville Marino le Roy, ?d., 1600-47.
Gomez Alvaro da Toledo, poeta latino,
1488-1558.
Gongora y Argote, poeta spagnuolo, 1561-
1627.
Gonsalvo da Cordova, capitano spagnuolo,
1445-1515.
Gonzaga, famiglia italiana, dominatrice di
Mantova, che die' molti illustri, fra cui
san Luigi, -1591.
Goodwin, teologo inglese, 1595-1665.
Gordon, letterato e pubblicista irlandese,
-1750.
Gore, autor inglese, 1631-84.
*Gorgia Leonlino, sofista siciliano, v, 354.
Cori Antonfrancesco , erudito italiano ,
1691-1757.
Gorleo Abramo, erudito fiammingo, 1549-
1609.
Gòrres Giuseppe, scrittore tedesco, 1776-
1848.
Goselini Giuliano da Roma, storico, 1525-
1587.
Gosselin, erudito francese, 1518-1604.
Gosselin Carlo Roberto, letterato francese,
-1820.
Gòthe Wolfango di Francoforte, poeta te-
desco, 1749-1832.
Gotti Vincenzo, dotto cardinale apologista,
-1742.
Gottleber, erudito critico tedesco, 1735 85.
Gottsched da Kònigsberg, poeta e gram-
matico, 1700-66.
Goudelin, poeta guascone, 1579 1649.
Goujet, bibliografo francese, 1697-1767.
Goiijon Giovanni, scultore francese, -1572.
Goulart, autor protestante francese, 1543-
1628.
Goulu, grecista francese, 1550-1601.
Gourdan, autore ascetico francese, 1646-
1729.
Goussainville, erudito francese, -1683.
Goutières, antiquario e giureconsulto fran-
cese, -1638.
Gouye, matematico francese, 1650-1725.
Govea, giureconsulto portoghese, 1505-65.
Gozzi Carlo veneziano, drammatico, 1722-
1806.
Gozzi Gaspare veneziano, poeta e prosatore,
1713-86.
Grabe Gian Ernesto, teologo prussiano,
1627-86.
*G racco Cajo, tribuno romano, 154-125.
"Gracco Tiberio, id., 169-133.
Grafeo, autor fiammingo, 1482-1558.
Graffigny (madama) da Nancy, autrice fran-
cese, 1694 1758.
Grain d'Orge, benedettino francese, 1760-
1805.
Gramaye, storiografo olandese, -1635.
Granada, predicatore spagnuolo, 1505-88.
Grancolas Giovanni, erudito teologo fran-
cese, -1752.
Grandet, biografo francese, 1646-1724.
Grandier Urbano, curato di London, con-
dannato per stregone il 1654.
Grand vai, poeta ed attore francese, 1670-
1753.
Granelli Giovanni, gesuita genovese, pre-
dicatore, -1770.
Granger, medico e poeta scozzese, 1723-
1767.
Granucci Nicola, novelliere italiano, n.
1530.
Crassei Giacomo, autor francese, 1757-
1810.
Grassetti, agiografo italiano, 1577-1657.
Grassi Giuseppe, filologo torinese, -1831.
Gratarola Guglielmo, medico bergamasco,
-1568.
Gravesande Guglielmo, matematico olan-
dese, 1688-1742.
Graville, autor francese. 1727-64.
TAVOLA AI.FARETICA d' DOMIMI ILLUSTtll
247
Gravina Gian Vincenzo, giureconsulto ita-
liano, I6Ì4-17I8.
Gravio (Greaves), orientalista inglese, 1602-
Gray Tommaso, poeta inglese, 1716-71.
Graziani Anton Maria, prelato e letterato
italiano, 1537-1611.
Graziani Girolamo, poeta italiano, 1604-
1673.
Graziano Baldassare , dotto gesuita spa-
gnuolo, -1658.
Graziano di Cliiusi, giureconsulto italiano,
v. 1160.
Grazio Falisco, poeta latino, v. 15.
Grazioli Pietro, bolognese, barnabita eru-
dito, 1700-53.
Grazzini Anton Francesco (il Lasca), poeta
italiano, 1503 83.
Grécourt Giambattista , poeta francese ,
1684-1743.
Grégoire Enrico, scrittore francese, 1750-
1831.
GregoraNiceforo, storico greco, 1295-1 359.
Gregorio da Tours, storico francese, 544-
595.
Gregorio Magno (san), dotto papa, 550-604.
Gregorio Nazianzeno (san), dottor della
Chiesa, 328-389.
Gregory, teologo inglese, xvi secolo.
Gresset Giambattista, poeta francese, 1709-
1777.
Gretry Andrea da Liegi , compositore di
musica, 1741-1813.
Greuze, pittore francese, 1726-1805.
Grevio, erudito olandese, -1520.
Grevio Gian Giorgio, critico sassone, 1632-
1705.
Gribaldi Matteo, giureconsulto di Chieri
apostata, -1564.
Gribner, giureconsulto tedesco, 1682-1 734.
Grierson, erudito irlandese, 1706-33.
Griffet Enrico, gesuita erudito francese,
1608-1771.
Grifio Sebastiano, svevo, tipografo a Lione,
1493-1556.
Grignon, metallurgo e antiquario francese,
-1785.
Grijalva Giovanni, spagnuolo scopritor del
Messico nel 1518.
Grillenzoni Giovanni, erudito modenese,
1521-51.
Grimaldi, famiglia genovese guelfa.
Grimani , famiglia veneta, da cui i dogi
Antonio -1323, e Marino -1606.
Grimarest, autore francese, -1720.
Grimm Federico tedesco, enciclopedista,
1723-1807.
Grimm Giacomo, n. 1785,
Grimtn Guglielmo, filologo tedesco, 1786-
1859.
Gringore Pietro, poeta francese, 1480-1 547.
Grisologo (san Pier), dottore della Chiesa
latina, v. 430.
Grisolora, dotto greco, -1415.
Crisostomo (san Giovanni) d'Antiochia,
dottore della Chiesa, 344-407.
Grobeodougue, gesuita fiammingo, 1600-
1072.
Grognier, agronomo ed ippiatro lionese,
-185i.
Gronovio Gian Federico, critico tedesco,
1611-71, e Jacopo, 1645-1716.
Gropper Giovanni, teologo tedesco, 169S-
1738.
Gros Antonio, pittor francese, 1747-1835.
Grosley Pietro, autor francese, 1718-85.
Grossi Tommaso, letterato milanese, 1791-
1853.
Grotto Luigi (Cieco d'Adria), poeta e idrau-
lico, 1541-85.
Grouchy o Gruchio, erudito francese, -1572.
Grouvelle, autor francese, 1738-1806.
Grozio, giureconsulto olandese, 1397-1662.
Grozio Ugo, erudito olandese da Delft ,
1583-1643.
Grudio (Klaus Everta), giureconsulto olan-
dese, 1442-1532.
Gruner, teologo tedesco, 1723-78.
Gruter Giovanni, filologo fiammingo, 1560-
1627.
Grynoeus Simone, teologo tedesco, 1493-
1541.
Gryph, erudito tedesco, 1649-1706.
Gryphe Andrea, autore drammatico tede-
sco, 1616-64.
Gua da Malves, matematico francese, 1712-
1786.
Guadagni Leopoldo di Firenze, giurecon-
sulto, 1703-83.
Guadagnini Giambattista bresciano, prete
controversista, 1722-1806.
Guadagnoli Antonio di Arezzo, poeta ber-
nesco, 1798-1858.
Guadagnolo Filippo, erudito ecclesiastico
italiano, 1596-1635.
Gualberto (san Giovanni) fiorentino, fon-
datore dei Vallombrosani, -1075.
Gualdo Priorato Galeazzo, storico italiano,
J 606-78.
Gualther da Chatillon, poeta da Lilla, xu
secolo.
Guarini Camillo di Modena , architetto ,
162483.
Guarini Giambattista daFerrara,1537-1612.
u»
CnONOLOGIA
Guai'ioi Guarino, dotto veronese, ^570-
1460,
Guarnacci monsignor Mario di Volterra,
erudito, 1701-83.
Guasco da Pignerol, autore francese, 1712-
1781.
Guazzo, poeta e storico italiano, -1556.
Guenée Antonio, dotto abbate francese,
1717-1803.
Guénebaud, antiquario e medico francese,
-1650.
Guercino (Francesco Barbieri, il), pittore
italiano, 15<J7-1666.
Guerick Ottone , meccanico prussiano ,
1602-86.
Gueudeville, autore e traduttore francese,
1650-1720.
Guevara, poeta comico spagnuolo, 1574-
1646.
Guglielmini Domenico, matematico da Bo-
logna, 1655-1710.
Guglielmo Apulo, storico, xii secolo.
Guglielmo da Jumiege, storico normanno,
XI secolo.
Guglielmo da Lorris, trovatore, v. 1265.
Guglielmo da Nangis , cronista francese ,
-1502.
Guglielmo da Tiro, storico delle Crociate,
V. 1180.
Guglielmo il Bretone, storico francese,
V. 1180.
Guglielmo il Piccolo, storico inglese, 1136-
1215.
Guibert Giacomo, maresciallo e scrittore
francese, 1745-00.
Guicciardini Francesco, storico da Firenze,
1482 1540.
Guichard di Savoja, storiografo, -1607.
Guichenon Samuele, storico francese,
1607-64.
Guidi Carlo Alessandro, lirico pavese, 1 650-
1712.
Guidiccioni Giovanni di Viareggio, scrit-
tore e diplomatico, 1500-41.
Guido d'Arezzo, inventore delle note mu-
sicali, -1028.
Guido delle Colonne, storico, v. 1516.
Guido, pittore italiano da Bologna, 1575-
1642.
Guignes (Giuseppe De), orientalista fran-
cese, 1721-1800.
Guilbert Carlo, autore drammatico fran-
cese, 1775-1844.
Guillard, poeta drammatico francese, 1752-
1814.
Guillemain, autore francese, 1750-99.
Guilleville, poeta francese, 12901560.
Guillon Nicola di Parigi, vescovo letterato,
1760-1847.
Guillotin, medico francese, inventore della
ghigliotina, 1758-1814.
Gui-pape, giureconsulto francese, -1476.
Guiraudet, autor francese, 1754-1804.
Guittone d'Arezzo, poeta italiano, -1294.
Guldenstaed, viaggiatore russo, 1745-80.
Gundiing, storico tedesco, 1673-1731.
Gunter b^dmondo , matematico inglese,
1581-1626.
Gunther, poeta tedesco, 1695-1723.
(juntz, anatomista sassone, 1714-54.
Guthrie Guglielmo , geografo scozzese ,
1708-70.
Guttemberg da Magonza, uno degl'inven-
tori della stampa, 1400 68.
Guyand di Berville, autore francese, 1697-
1770.
Guyet Francesco d'Angers, filologo e poeta
latino, 1575 1655.
Guymon de La Touche, poeta francese,
1725-60.
Guyon (madama) da Montargis, quietista,
1648-1717.
Guyton-Morveau Bernardo da Dijon, chi-
mico, 1757-1816.
H
Haas Matteo, geografo tedesco, 1684-1742.
Ilabert da Cerisy, dotto francese, 1610-55.
llaberl Luigi, teologo francese, -1718.
Habert Susanna, erudita francese, -1655.
Hachette Giovanna da Beauvais, eroina,
V. 1472.
Hackspan, orientalista e teologo luterano,
1607-59.
Haen ( Antonio de ) , medico olandese ,
-1776.
Haendel G., musico tedesco, 1684-1759.
Hafiz, poeta persiano da Chiraz, -1389.
Hagedorn (Federico di), poeta tedesco ,
1708-54.
Haguenbuch , teologo e antiquario sviz-
zero, 1700-65.
Hahn Simone, storiografo tedesco, 1692-
1729.
Hahnemann Samuele di Meisscn, fondatore
dell'omeopatia, 1755-1843.
TAVOLA ALFABETICA d'UOMINI ILLUSTRI
249
HailIaD, storiografo i'rancese, 1535-1610.
Ilakluyt Ricardo, storico inglese, 1553-
161G.
Halle, avvocato e poeta francese, 1 Gì 1-89.
IIaller(Aib. d'j, medico di Berna, 1708-77.
Ilaiier Luigi, pubblicista di Berna, 175G-
185i.
llalley (Edoardo d'), astronomo da Londra,
1G36 1742.
Ilamann Gian Giorgio, poeta tedesco, 1730-
1788.
Hamilton Guglielmo, ministro e antiquario
scozzese, -1803.
Hammer (Giuseppe Du) di Gratz, orienta-
lista, 1 774-1 85G.
Hampden Gio., patrioto inglese, 1594-1 G 43.
Ilancarville Ugo, erudito antiquario fran-
cese, 1729-1800.
Ilanckins, erudito filologo tedesco, 1G35-
1709.
Hans Sachs di Norimberga, poeta, 1494-
157G.
Hardouin Giovanni, erudito francese, 1646-
1729.
Hardy Alessandro, poeta drammatico fran-
cese, 1 560-1652.
Hariot, matematico inglese, 1560-1621.
Hariri, retore arabo, 1121.
Harlay (Achille di) , magistrato francese,
1536-1616.
Harmer, teologo inglese, 1715-88.
Harney, autore olandese, 1654-1704.
Harpe (de La), critico francese, 1739-1803.
Harrington, autor politico inglese, 1611-
1677.
Harriott Tommaso, matematico inglese del
secolo XVI.
Harris Giac, metafisico inglese, 1709-80.
Harrison Giovanni , meccanico inglese ,
1695-1776.
Hartsoeker Nicola, fisico olandese, 1656-
1723.
Hartzheim, erudito tedesco, 1694-1763.
Hartung, grecista tedesco, 1505-79.
Ilarvey Gugl., medico inglese, 1578-1658.
Hase di Brema, erudito, 1682-1732.
Ilasselquist, naturalista svedese, 1722-52.
Hastings, erudito inglese, 1735 1818.
Havercamp, erudito olandese, 1683-1745.
Hauy (l'abbate), mineralogista francese,
1743 1822.
Hawkins, autore inglese, 1719 89.
Haydn Gius., musico tedesco, 1732-1809.
Haym Francesco Nicolò, romano, editore
a Londra, 1729.
Hayton d'Armenia, storico, 1271-1313.
Hecht, autore tedesco, 1696-1748.
Hedelin d'Aubignac, autor francese, 1604-
1676.
Hederic, filologo tedesco, 1675-1748.
Ileercn Arnoldo d'Arberg, storico, 1760*
18i2.
Hegel Giorgio Federico di Stuttgard, filo-
sofo, 1770-1852,
Heidegger, teologo svizzero, 1655-98.
Heineccio Giovanni Teofilo, giureconsulto
tedesco, 1681-1741.
Heineccio (Heineke), teologo tedesco, 1674-
1722.
Heinsio Daniele, filologo fiammingo, 1580-
1665.
Heinsio Nicolò, filologo olandese, 1620-
1781.
Heiss Giovanni, storico tedesco, -1688.
Helgaud, biografo, v. 1056.
Hell Massimiliano tedesco, gesuita, astro-
nomo, 1720 92.
Helladio d'Antinoe, filologo, v. 400.
Helmont (Giambattista van), medico di
Brusselles, 1577-1644.
Hemelard, autore olandese, -1640.
Hemsterhuys Francesco, filosofo olandese,
1720-90-
Hemsterhuys Tiberio, filologo da Groninga,
1685-1766.
Hénault (il presidente) Francesco, storico
francese, 1685-1770.
Henkel Giovanni Federico, erudito chimico
tedesco, 1679-1744.
Hennepin, missionario francese, 1640 97.
Henninges, giureconsulto tedesco, 1645-
1711.
Ilenrion de Pansey Nicolò, magistrato fran-
cese, 1742-1829.
Henriquez, gesuita portoghese, 15201600.
Henry, erudito teologo inglese, 1662 1714.
Henschenio, erudito fiammingo, 1600-81.
Herbart Giovanni Federico, filosofo tede-
sco, 1770-1841.
Herbelot (Bartolomeo d'), orientalista fran-
cese, 1625-95.
Herberay des Hessarts, traduttore francese,
-1552.
Herbert da Chirbury, autor inglese, 1581-
1646.
Herbin Augusto , orientalista francese ,
1733-1806.
Herbinio, erudito della Slesia, 1655-76.
Herder (Giovanni d'), erudito tedesco,
1744 1803.
Ilerensbach, jd., 1509-76.
Herentais, scrittore del Brabante, 1320-90.
Héricourt Luigi, giureconsulto francese,
1687-1752.
2 so
CRONOLOGIA
Héritier (L'), poeta francese, -iGSO.
Herlicio Davide, poeta, medico e astro-
nomo tedesco, i 557-1 636.
IIermanContratto,storicotedesco,10I3 54.
Hermann Goffredo di Lipsia, filologo, 1772-
1848.
Hermann, matematico svizzero, 1678-'! 733.
Hermant Giovanni, storico francese, 1650-
1725.
Herminier fi'), teologo francese, 16571735.
Herrera Antonio, storico spagnuolo, 1559-
1625.
Herrera (di) Ferdinando, poeta spagnuolo,
1516-95.
Herschell Guglielmo, astronomo annove-
rese, 1758 1822.
Hersius, giureconsulto tedesco, 1652-1710.
Herson, autor francese, 1622 1724.
Hérouet, vescovo di Digne, poeta francese,
XVI secolo.
Hervet, teologo francese, 14991584.
Hervey G., teologo inglese, 1714-58.
Heshusio, teologo tedesco, l5i6-88.
Heylin, autore inglese, 160U-62.
Heyne Cristiano, dotto tedesco, 1729 1812.
Hiches, antiquario inglese, 1642-1715.
Hildeberg da Lavardin , autor francese,
1057-1154.
Hincmar, arcivescovo di Reims, -882.
Hincmar, vescovo di Laon, 871.
Hobbes Tommaso, filosofo inglese, 1588-
1679.
Ilocschelio, erudito tedesco, -1617.
Ilochstetter, autor tedesco, xvu secolo.
Hodid'Oxford, erudito inglese, 1659 1706.
Hoffmann Ernesto Teodoro, scrittore umo-
ristico tedesco, 1766-1822.
Hoffmann Federico, medico tedesco, -1742.
Hoffmann, filologo tedesco, 1 635-1 7U6.
Hogartli (juglieliuo, pittore e incisore in-
glese, 1697-1764.
Ilolbach (barone d'j, sofista tedesco, 1723-
1789.
Holbein Giovanni, pittore svizzero, 1495-
1554.
Holberg Luigi, comico di Bregen, 1684-
1754.
Holdsworth, letterato inglese, 1688 1746.
Holingshed, cronista inglese, v. 1580.
Holland Giorgio, (ìlosofo tedesco, 1742-84.
Holmes, archeologo inglese, 1662-1748.
llolstenio Luca, erudito tedesco, 1696-
1 661 .
Home Enrico, autore scozzese, 1696-1782.
Hommel, giureconsulto tedesco, 1722-81.
Hondio, geografo ed incisore fiammingo,
1546-1611.
Hontan (La), viaggiatore francese, 1666-
1715.
Hontheim Nicolò, teologo e diplomatico
tedesco, 1701 90.
Hooper, riformatore inglese, 1495-1535.
Hoornobseck, erudito olandese, 1617-06.
Hoppers (Hoppero), id., 1525-76.
Hopton, matematico inglese, 1588-1614.
Hornio, storico e geografo tedesco, 1620-
1670.
Horrebow, astronomo danese, 1679-1764.
Hortensio, astronomo olandese, xvi secolo.
Hosio, teologo polacco, 1504-79.
Hoste (L'), matematico francese, 1652-
1700.
Hotman, giureconsulto parigino, 1524-90.
Hottinger, orientalista svizzero, 1620-
1667.
Houbigant Carlo parigino , oratoriano ,
ebraicista, 1686-1785.
Houssaye (Amelot de La), storico francese,
1654-1706.
Houteville, apologista sacro, 1688-1742.
Howard Giovanni, filantropo inglese, 1726-
1790.
Howell, autor inglese, 1594-1666.
Hozier (D'), genealogista francese, v. 1660.
Huber Francesco, naturalista ginevrino,
1750-1801.
Hubert, erudita ginevrina, 1693-1755.
Hubner Giovanni , storico e geografo te-
desco, 1668-1751.
Hudson Enrico, navigatore inglese, -1611.
Hudson Giovanni, filologo inglese, 1662-
1719.
Iluet Pietro, dotto teologo francese, 1 630-
1721.
Hugues abbate di Flavigny, cronista, xii
secolo.
Humboldt Alessandro , naturalista prus-
siano, 1769-1859.
Ilume Davide di Edimburgo, storico, 1 71 1 -
1766.
Hunt, orientalista inglese, 1696-1774.
Hunter, chirurgo ed orientalista inglese,
1760-1815.
Hunter Guglielmo, medico scozzese, 1718-
1783.
Huntington, teologo inglese, 1656-1701.
Huon de Villeneuve, trovatore, xni secolo.
Huot Giangiac, geografo francese, 1790-
1845.
Iluskisson, statista ed economista inglese,
1760-1830.
lluss Giovanni, eresiarca boemo, -1425.
Hutcbinson Giovanni, filosofo ed ellenista
inglese, -1737.
TAVOLA AIIABETICA D'I'OMINI ILLUSTHl
asi
Hùtten (di), teologo e poeta tedesco, 1488-
Hutton , letterato e viaggiatore scozzese,
4723-1815.
Huygens Cristiano di La Ilaye, astronomo,
1629-9ì>.
Huzard, veterinario francese, xviii secolo.
Hyde Tommaso, orientalista inglese, 1G3G-
1703.
*Ibico, poeta greco, v. 5i0.
Idacio, vescovo e cronista spagnuolo, v
secolo.
Ideler Luigi brandeburghese, cronologo,
1706-1846.
Ifland Augusto, drammatico tedesco, 1759-
18H.
*lficrate, capitano ateniese, v. 590.
Igino, mitologo latino, contemporaneo di
Ovidio.
Ignazio (sanf) d'Antiochia, martire, -107.
Ignazio (sant'j di Lojola, spagnuolo, fon-
datore de' Gesuiti, 1491-1556.
Ilario (sant'j da Poitiers, dottore della
Chiesa, -368.
lllel, commentatore ebreo, v. 50.
Imbert Bartolomeo, poeta francese, 1747-
1790.
Imhof Giacomo, storico e genealogista te-
desco, 1651-1728.
Inchbald , attrice ed autrice drammatica
inglese, -1821.
Inchofer Melchiorre, dotto gesuita tedesco,
1584-1648.
Inghirami Giovanni di Volterra, astronomo,
1779-1851.
inghirami Tommaso, poeta e orator latino,
1470-1516.
Ingrassia Gian Filippo, medico siciliano,
-1590.
Ingolfo, cronista inglese, 1030-1109.
Interiano d'Ayala , religioso spagnuolo,
1656-1750.
Intorcetta Prospero, gesuita siciliano, mis-
sionario e storico della Cina, 1625-96.
Tpazia, figlia del filosofo Teone d'Alessan-
dria, -415.
*Iperide, oratore ateniese, v. 321.
Iperio, teologo fiammingo, Ioli 64.
*lpparco, astronomo greco da Nicea, v. 108.
*lppia d'Elea, filosofo, v. 398.
*lppocrate, medico greco da Coo, v. 404.
*Ipponasso d'Efeso, poeta lirico, v. 559.
*lpsicle, matematico d'Alessandria, ii sec.
Ireneo (sant'), autor ecclesiastico, 140-202.
. Irnerio (Werner), giureconsulto italiano,
v. 1140.
*Isaia , il primo de' quattro profeti mag-
giori, V. 700.
Isamberto, teologo francese, 1565-1642.
Isardo, poeta francese, -1073.
Isaiira Clemenza da Tolosa, v. 136S.
Iselino, teologo ed erudito filologo sviz-
zero, 1681-1737.
*lseo, orator greco, v. 597.
Isernia (Andrea d'), giureconsulto italiano,
1290.
Isidoro da Gaza, filosofo platonico, vi sec.
Isidoro da Mileto, matematico, vi secolo.
Isidoro da Siviglia, erudito teologo, 570-
656.
Isidoro Mercatore, autore delle false De-
cretali, -805.
Isidoro (sant') da Pelusio, ermeneutico bi-
blico, 4i0.
Israel (Menasse ben), erudito rabbino, 1 657.
Ittigio (Ittig), teologo tedesco, 1643 1710.
Ives di Chartres, dottor della Chiesa, 1113.
Iveteau, poeta francese, -1649.
Izarn, trovatore, xii secolo.
Jablonski, letterato e giureconsulto prus-
siano, 1665-1731.
Jablonski D. Ernesto, teologo prussiano,
1660 17i2.
Jablonski P. Ernesto , orientalista prus-
siano, 1693-1757.
Jacob ben-Haim, rabbino italiano, -1525.
Jacob de Saint-Charles, carmelitano, bi-
bliografo francese, 1608-70.
Jacobeo, erudito danese, 1630-1701.
Jacobs Federico di Gotha, ellenista, 1764-
18i7.
Jacopone da Todi, poeta ascetico italiano,
-1306.
im
cronologìa
Jacquart Nicolò, meccanico lionese, -17^2-
1854.
Jacquemart, autor francese, 1733 99.
Jacquier Francesco minimo, matematico
francese, 1711-88,
Jago, poeta inglese, 171S-81,
Jaillot, geografo francese, ■1640-1712.
Jamin, benedettino francese, 1730 82.
Jamyn, poeta francese, -1585.
Jansens, autore fiammingo, 1685-1762.
Janson Forbin, teologo, 1621-1713.
Jarchi (Rasci) Salomone , dotto rabbino ,
1040-1105.
Jardins (Des), autor francese, 1640-83.
Jaubert Amedeo , orientalista francese ,
1779-1847.
Jault , medico ed orientalista francese,
1700-57.
Jauregui, poeta e pittore spagnuolo, 1566-
1650.
lavello, teologo italiano, -1540.
Jeannin, magistrato francese, 1540-1622.
Jefferv di Monmouth , cronista inglese,
1180.
Jefferv, teologo inglese, 1647-1720.
Jenisckius, autore fiammingo, 1647.
Jenkin, teologo inglese, 1656-1727.
Jenner Edoardo, medico inglese, 1749-
1823.
Jephson, poeta drammatico irlandese, 1736-
18U3.
Jerocle, filosofo platonico, vi secolo.
"Jetino, architetto greco, v. 450.
Jobert, antiquario francese, -1719.
Jodelle Stefano, poeta francese, 1532-75.
Johnson Samuele, letterato inglese, 1709-
1784.
Johnstone, uomo di Stato inglese, -1787.
Joinville (Sir de), cronista francese, 1223-
1317.
Jonas, teologo protestante, -1555.
"Jone da Scio, poeta tragico, v. 458,
Jones, erudito inglese, 1555 1636.
Jones, erudito giureconsulto inglese, 1746-
1794,
Jones, marinaio anglo-americano, 1736 92.
Jonghe, dotto olandese, 1648-1726.
Jonsio, erudito filologo tedesco, 1624-59.
Jonson Beniamino, poeta drammatico in-=-
glese, 1574-1637.
Jordaens Ciac, pittore fiammingo, 1594-
1678.
Jordan Giovanni Battista, maresciallo fran-
cese, 1762-1833.
Jouennes, bibliografo francese, -1741.
Jouffroy Teodoro, filosofo francese, 1796"
1842.
Jouin, poeta francese, 1686 1757.
Jourdain, benedettino francese, 1 696-1 782,
Jourdan Ant., traduttore parigino, 1788-
1848.
Jourdan, giureconsulto francese, 1791-
1826.
Jouvency (il padre), grammatico parigino,
1643-1719.
Joiiy Stefano, letterato francese, 1 764 1 846.
Jovellanos Gaspare, poeta spagnuolo, 1 744-
1811.
Juda-Ching, grammatico ebreo, n, v. 1040,
Judex (Richter), dotto tedesco, 1.528-64.
Juenin, teologo francese, 1650-1715,
Juncker, erudito tedesco, 1668-1714,
Jungermann, filosofo tedesco, -1610.
Junio, dotto tedesco, 15891678.
Junot Andoco , duca d'Abrantes , mare-
sciallo francese, 1771-1813.
Jurieu Pietro, teologo protestante, 1639-
1715-
Jussieu , botanici francesi : Antonio di ,
1686-1758; Bernardo 1699-1777; Giu-
seppe 1704-79; Antonio Lorenzo, 1748-
1856,
Justi, mineralogista tedesco, -1771.
Juvara Filippo da Messina, architetto ba-
rocco, 1685-1735.
Juvareg Gioachino, architetto spagnuolo,
1685-1735,
Juvencio Vezio Aquilino, poeta cristiano,
IV secolo.
K.
Kccmpfer Engelberto, medico e viaggiatore
tedesco, 1651-1716.
Kahler, erudito teologo tedesco, 1 649 1 729.
Kampen Nicolò Goffredo, storico olandese,
1776-1800.
Kant Emanuele, filosofo tedesco, 1724-
1804.
Karamsine Nicolò, storiografo russo, 1765-
1827.
Katavacia da Novogorod, cronista, -1534.
Kaufmano Angelica, pittricegrigiona, 1741-
1807,
Kautz, erudito tedesco, 1735-97.
Kazinczy Fr., poeta ungherese, 1759-1 831.
TAVOLA ALIAUETICA D UOMINI ILLUSTRI
253
Kean Edmondo , attore tragico inglese ,
1787-1833.
Keble, giureconsulto inglese, 1632 1710.
Keill Giovanni, matematico scozzese, 1671-
1721.
Kelgren, filosofo, letterato e poeta svedese,
17o1-95.
Kellermann, maresciallo di Francia, 173S-
1 820.
Kempis (Tommaso a), ascetico da Colonia,
1380-1471.
Kennicolt Beniamino, teologo inglese,
1718-83.
Kepler Gio., astronomo tedesco, 1 571 -1 650.
Keralio (Felice di], letterato francese, 1751-
1793.
Khiikos, storico russo, -1718.
Kilian del Brabunte, erudito, -1607.
Killigrew, poeta inglese, xvii secolo.
Kimkij (David Radac), dotto ebreo, -1192.
Kioepping, viaggiatore svedese, 1650-67.
Kipping, filologo tedesco, 1725-1822.
Kippis, autor inglese, 1723-93.
Kircher Atanasio, filosofo tedesco, 1602-
1080.
Kirchmann,erudito archeologo fiammingo,
1373-1 6 i3.
Kirchmeier (Naogeorgos) , autore prote-
stante, 1511-63.
Klaproth Giulio, orientalista tedesco, 1783-
1855.
Klaproth Martino, chimico prussiano, 1 743-
1817.
Kléber Giambattista, generale francese di
Strasburgo, 1754-1800.
Klee Enrico, teologo tedesco, 1800-40.
Kleist Enrico, poeta drammatico tedesco,
1777-1811.
Klopstok Federico di Quedlimburg, poeta,
1724-1803.
Kluber J, L, , pubblicista tedesco, 1762-
1839.
KnoUes, storico inglese, xvi secolo.
Knorr von Rosenroth, dotto tedesco, 1657-
1689.
Knox Giovanni, riformatore scozzese, 1505^
1572.
Koch, erudito pubblicista d'Alsazia, 1737-
1813.
Kosci usko Taddeo, generale polacco, 1 755-
1817.
Koenig Samuele, dotto matematico tedesco,
1712 57.
Koerner Teodoro, poeta tedesco, 1 788-1 81 3.
Koestner Abramo , matematico tedesco ,
1719-1800.
Kondemir ben Horaameddin, storico per-
siano, -1508.
Kornmann, giureconsulto tedesco, xviisec.
Kotzebue Augusto Federico, commedio-
grafo tedesco, 1761-1819.
Kotzebue Ottone, viaggiator russo, 1787-
1846.
Kraft Giorgio, fisico tedesco, 1701-54.
Krantz Alberto, cronista tedesco, 1723-77.
Krause Carlo, (ilusofo tedesco, 1781-1832,
Kreutz, poeta tedesco, 1721-70.
Kreutzer Uodolfo, musico francese, 1767-
1831.
Krudner (baronessa di) Giulia, mistica di
Riga, 1766-1823.
KrugTraugott, filosofo tedesco, 1770-1841.
Krummacber Federico Adolfo di Brema,
scrittore, 1768-1843.
Krusenstern Adamo, viaggiatore russo,
1770-1846.
Kugler Fr. Teodoro, archeologo tedesco,
1808-58.
Kuhn Carlo , medico scrittore tedesco ,
1734-1840.
Kuster Lodolfo , filologo tedesco, 1670-
1716.
Kydderminster, antiquario inglese, -1531.
Labbat Giambattista, viaggiatore francese,
1663-1738.
Labbe, dotto gesuita francese, 1607-67.
Labbe, giureconsulto francese e filologo,
1582-1637.
"Laberio Decimo, cavalier romano, poeta
ed attore, -44.
Laboureur Fr. Massimiliano, scultore fran-
cese, 1767-18-22.
Lacai Ile Nic. , astropopio francese, 1 71 3-62.
Lacépède Stefano , naturalista francese ,
1736- 1823.
Lachaise (Francesco di), dotto gesuita fran-
cese, 1024-1709.
Lacide da Cirene, filosofo platonico, -243.
Laclos (P. Ambrogio De), generale e scrit-
tore francese, 1741-1803.
Lacretelle P. L., letterato francese, 1731-
1824.
I.acroix (Nico)a De), geografo^ 1704-60.
2S4
CRONOLOGIA
Lacroix Silvestro , matematico francese ,
1763-1843.
Lacroze (Matteo De), orientalista francese,
1661-1739.
Lacry, attore ed autore drammatico in-
glese, -1681.
Ladvocat Giambattista , dotto francese ,
1709-65.
Laet (Giovanni De), geografo e filologo
fiammingo, -1649.
Lafare, poeta francese, 1644-1712.
Lafayette Gilberto, generale francese, 1757-
1834.
Lafitau P., prelato teologo da Bordeaux,
-1740.
Lafont Giuseppe, autore drammatico, 1686-
1725.
Lafosse (A. di), poeta parigino, 1653-1708.
Lafosse padre e figlio, ippiatri francesi,
xviii secolo.
Lagerbring, storico svedese, 1707 88.
Lagerloef, erudito svedese, 1648-99.
Lagny Tommaso , matematico francese ,
1660-1734.
Lagomarsini Girolamo, filologo genovese,
1698-1775.
Lagrangia Luigi, matematico torinese,
1756-1813.
Lagrive, ecclesiastico, geografo francese,
1689-1757.
Laharpe Giovanni Francesco, critico fran-
cese, 1739-1803.
Lahire Filippo, matematico parigino, 1640-
1719.
*Laide, cortigiana sicula, -340.
Lainez, poeta francese, 1650-1710. '
Laire, autore francese, 1738-1801.
Lalande Francesco, astronomo francese,
1752-1817.
Lalli Giambattista, poeta e giureconsulto
italiano, -1572.
Lally Tommaso Arturo, generale irlandese,
1702-66.
Lamanon, naturalista e viaggiatore fran-
cese, 1752-87.
Lamare (M. di), giureconsulto francese,
1661 1723.
Lamarque Massimiliano, generale francese,
1770-1832.
Lambecio Pietro, bibliografo tedesco, 1628-
1680.
Lambert Enrico , matematico francese ,
1728-77.
Lambert (marchesa Anna Teresa di), scrit-
trice francese, 16i7 1733.
Lambini Dionigi, filologo e critico fran-
cese, 1516-72.
LamblardieG., matematico francese, 1747-
1 797.
Lami Bernardo, prete dell'Oratorio fran-
cese, 1645-1715.
Lami Fr., scrittore benedettino, -1711.
Lami Giovanni, archeologo italiano, 1697-
1770.
Lamoignon, poeta latino, n. 1584.
Lamoignon (Guglielmo di), magistrato
francese, 1617-77.
Lamotte Houdard, letterato francese, 1672-
1751.
Lampe, teologo tedesco, 1683-1729.
Lampredi Giovanni Maria, giurista fioren-
tino, 1752-93.
Lampridio Elio, biografo latino, v. 356.
Lana Pier Francesco, bresciano, inventore
degli areostati, -1670.
Lancelìotto Gian Paolo, giureconsulto ita-
liano, -1591.
Lancelot Antonio, letterato francese, 1675-
1740.
Lancelot, grammatico francese, 1615-95.
Lancisi Gian Maria, medico italiano, 1654-
1720.
Laudi Ortensio milanese, agostiniano apo-
stata, -1550.
Landino Cristoforo, critico italiano, 1424-
15U4.
Landolfo, storico italiano, ix secolo.
Lanfranco, chirurgo italiano, xiii secolo.
Lanfranco da Pavia, arcivescovo di Can-
torbery, teologo, -1089.
Lange Giovanni Michele, orientalista e teo-
logo tedesco, 1664-1731.
Langebek, erudito danese, 1710-74.
Languet Giovanni, curato di San Sulpizio
a Parigi, filantropo, 1675-1750.
Languet Uberto , diplomatico francese ,
1518-81.
Lantara Simone, pittore francese, 1745-78.
Lantier, poeta e letterato francese, 1756-
1826.
Lanzi Luigi italiano , storico delle arti ,
1732-1810.
Laperouse Giovanni Francesco, viaggiatore
francese, 1741-88.
Laplace Simone, geometra, astronomo di
Francia, 1749-1827.
La-Porte (Dutheilde), erudito francese ,
1742-1815.
Larcher P., erudito francese, 1726-1812.
Lardner, teologo inglese, 1684 1768.
Larive (G. Mauduit de), autore tragico
francese, 1749-1827.
Larrey Giovanni Domenico, chirurgo mi-
litare francese, 17661842.
TAVOLA ALFABETICA D UOMINI ILLUSTRI
2S5
Lasca fAntonio Grazzini, il), poeta italiano,
1503-83.
Lascari Costantino, erudito greco, -1493.
Lascari Gianandrea, letterato greco, -1535.
Las Casas fra Bartolomeo, spagnuolo, 1474-
15(ì6.
Las Cases Diodato, erudito francese, 17C6-
1842.
Lasena, avvocato napoletano, 1590-1636.
*Laso, poeta greco, v. 501.
Lastesio o Dalle Laste Natale, erudito ve-
neto, 1707-92.
Latini ser Brunetto, grammatico fiorentino,
1220 94.
Latino Latini, erudito da Viterbo, 1515-95.
Lattanzio Lucio Celio, autore cristiano,
V. 500.
Laubrussel (Ignazio di), autor francese,
1663-1750.
Laud Guglielmo, arcivescovo inglese, 1 573-
1645.
Laudon Gedeone, generale austriaco, 1 71 6-
1789.
Launav Francesco, pubblicista francese,
1612-95.
Launoy (Giovanni di), teologo francese,
1603-78.
Lauremberg, erudito olandese, 1547-1612.
Laures (De), poeta di Linguadoca, 1707-79.
Laurière Eusebio, giureconsulto francese,
16j9-1728.
Lavater Gaspare da Zurigo, fisiognomonico,
1741-1801.
Lavater Lodovico, teologo svizzero, 1527-
1586.
Lavoisier Ant., chimico parigino, 1745-94.
Law Giovanni, finanziere d'Edimburgo,
1671-1729.
Lawrence P. Tommaso, pittore inglese,
1769-1850.
Lazio, erudito tedesco, 1514 65.
Lazzarelli Gian Francesco, poeta italiano,
1710-94.
Lazzari, erudito italiano, 1710-89.
Lebeau Carlo, storico francese, 1701-78.
Lebeuf abbate, id., 1087-1760.
Leblanc, autor francese, 17U7-8I.
LeblondG., matematico parigino, 1704-81.
Lebrixa, erudito spagnuolo, 1444-1522.
Lebrun Carlo, pittor francese, 1619-90.
Lebrun Ecouchard, poeta lirico francese,
1729 18U7.
Lecchi Antonio , dotto gesuita italiano ,
1702-76.
Lecomte, storico francese, v. 1582.
Leczio ( Lect ) , giureconsulto ginevrino ,
1560-1611.
Lee Natanaele, poeta drammatico inglese,
-1090.
Lefebvre (Tanneguy), grecista francese,
1015-72.
Lefort Francesco da Ginevra, ammiraglio
russo, 1656 99.
Legendre Adriano Maria, geometra fran-
cese, 1752-1834.
Legouvé Giambattista, poeta francese,
1764-1813.
Legouvé, giureconsulto francese, 1730-82.
Legrain o Legrin, storico francese, 1565-
16i2.
Legrand d'Aussy Giambattista, letterato
francese, 1737-1800.
Lehoc, diplomatico e letterato francese,
1743-1810.
Leibniz Gotofredo Guglielmo di Lipsia ,
filosofo, 16Ì6-1716.
Leich G., filologo tedesco, 1720-50.
Lejay Gabriele Francesco, retore e tradut-
tore francese, -1731.
Lejay Giuseppe , orientalista parigino ,
1588-1694.
Leland Giovanni, erudito inglese, v.1552.
Lelong Giacomo, erudito prete dell'Ora-
torio francese, 1665-1721,
Lemaire Giovanni, storico e poeta francese,
1475-1547.
Lemaistre Ant., avvocato francese, -1658.
Lembin, letterato francese, v. 1560.
Lemery Nicola, chimico francese, 1645-
1715.
Lemierre Antonio, poeta drammatico pa-
rigino, 1733 93.
Lemolinier Carlo, astronomo da Parigi,
1715-99
Lemonnier Pietro, autor francese, 1675-
1757.
Lémontey Edoardo , letterato francese ,
1762-1826.
Lenau Nicola, poeta tedesco, 1802 50.
Lenclos (Ninon de), parigina, 1616-1706.
Lenfant Jacopo, storico francese, 1661-
1728.
Lenglet-DufresnoyN., abbate erudito fran-
cese, 16741755.
Lennep (van), etimologo ellenista olandese,
-1771.
Lenólre Andrea, architetto francese, 1613-
1700.
Leo Leonardo, compositore di musica ita-
liano, 1694-1744.
Leone da Modena, dotto rabbino, 1574-
1654.
Leone da Orvieto, cronista, .\iii secolo.
Leone, dotto frate spagnuolo, 1527-91.
256
CRONOLOGIA
Leone Giovanni, geografo arabo di Spagna,
XVI secolo.
Leone (il diacono), storico greco, x secolo.
Leone il Grammatico, storico bizantino,
V. 1013.
Leone (san) il Grande, dotto pontefice, -461 .
Leoniceno Nicola, medico da Lonigo, 1428-
1S24.
Leonio, poeta latino di Parigi, da cui i
versi leonini, xii secolo.
Leonzio, grammatico, v. 1536,
Leonzio, poeta latino, v. 1159.
Leopardi Giacomo di Recanati , filologo
e poeta, 1798- 1837.
Léotaud, matematico francese, 1595-1672.
Leowicz Cipriano, astronomo e astrologo
boemo, -1574.
*Lepido, triumviro romano, i secolo.
Leprotti Antonio da Correggio, fisiologo,
1685-1746.
Lequien, erudito domenicano francese,
1661-1733.
Lernuzio (Lernout,\ poeta latino, xvi sec.
Lesage Alano Renato , autore fraucese ,
1 068-1 747.
'Lesbonace, filosofo da Miti lene, i secolo.
Lescailles, poetessa d'Amsterdam , 1649-
17H.
Lescalopier da Nourar , autore francese ,
1709-79.
Lesley, vescovo scozzese, 1527 96.
Lessi ng Efraimo, letterato tedesco, 1729-
1781.
Lessio, gesuita del Brabante, 1554-1623.
Lestrange, autore inglese, 1616-1704.
Lesueur Eustacliio, pittore francese, 1617-
1655.
Leti Gregorio, storico italiano, 1650-1701.
Letronne Gianantonio, viaggiatore e geo-
grafo parigino, 1787-1848.
*Leucippo, filosofo greco, v. 428.
Leuliette, autore francese, 1767-1808.
Leunclavio (Loewenkiau) Giovanni, orien-
talista tedesco, 1533-93.
Leunsden Gio., erudito olandese, -1699.
Leutinger, storico tedesco, 1547-1612.
Leuwenhoeck Antonio , naturalista olan-
dese, 1632-1723.
Levaillant Francesco, viaggiatore e natu-
ralista, -1824.
Levesque de La Reveillière, storico fran-
cese, 1697-1762.
Levesque di Poully, erudito francese, 1691-
1750.
Levesque P. C, erudito francese, 1736-
1812.
"Levio, poeta latino, v. 100.
Levis M., autore inglese, 1773-1818.
Leyda (Luca di), pittore, 1494-1533.
Lhomond C, grammatico francese, 1727
1 794.
L'Hopital Guglielmo, matematico francese,
166M70Ì.
L'Hopital Michele, cancelliere francese,
1505 73.
Libanio, retore greco, 514-390.
Liceti 0 Liceto Fortunio, filologo genovese,
1577-1657.
Lichtenberg Giorgio, fisico tedesco, 1742-
1799.
*Licinio, oratore romano, i secolo.
^Licinio, poeta Ialino, in secolo.
*Licinio, tribuno romano, in secolo.
'Licone, filosofo peripatetico, v. 275.
*Licofrone, poeta greco, n. v. 250.
*Licurgo, legislatore spartano, v, il ix sec.
Lieutaud, astronomo francese, 1660-1755.
Lieutaud Gius., medico francese, -1779.
*Ligario Quinto , proconsole d'Africa , i
secolo.
Ligne (principe di) da Bruxelles, 1735-
1814.
Ligorio Pirro , antiquario napoletano ,
-1583.
Liguori (sant'Alfonso de'), moralista ed
ascetico napoletano, 1696-1787.
Lilienlhal M., filologo tedesco, 1686-1740.
Lilio Luigi, medico calabrese, riformatore
del calendario $otto Gregorio XIII.
Lillo, autor drammatico inglese, 1693-
1739.
Limborg Filippo, teologo olandese, 1632-
1712.
Lindano Guglielmo, teologo fiammingo,
1525-88.
Lindsay (sir David), poeta scozzese, 1490-
1567.
Lingard Giovanni, storico inglese, 1851.
Lingendes Claudio , predicalor francese ,
1591-1660.
Lingendes (di), poeta francese, 1580-1616.
Linguet Simone, autore francese, 1756-94.
Linière (Payot de), poeta satirico francese,
1628-1704.
Linnant, medico letterato francese, 1708-
1749.
Linneo Carlo svedese, naturalisla, 1707-78.
Linschoten E., viaggiatore olandese, 1565-
1633.
Linsey Davide, poeta scozzese, -1557.
Lippi fra Filippo, pittore fiorentino, 1412-
1469.
Lippi Lorenzo, pittore e poeta fiorentino,
1606-64.
TAVOLA ALKAIIETICA li'UoMIM ILLUSTRI
257
Lippomani Marco, erudito vendo, 1500-
1 559.
Lipsio Giusto, filologo fiammingo, 15i7-
'1GU6.
Liron, dotto benedettino francese, 1665-
iliS.
'Lisandro, capitano lacedemone, v. i05.
*Lisia, oratore ateniese, v. 578.
*l>isippo, scultor greco, v, 300.
Lisle de La Drovetière (di), autor dram-
matico francese, -175G.
Lisle (di,\ astronomo francese, 1688-1768.
Lisle (Guglielmo dij, geografo francese,
1675-1726.
Lisola (dij, pubblicista francese, n. J613.
Lissoir, religioso francese, 1730 1806
Lilla Pompeo, geneologo milanese, 1781-
■1852.
Littleton Adamo, erudito inglese, 1627-94..
Livonière (C. di;, giureconsulto francese,
1652 1726.
Liutprando, prelato e storico lombardo,
X secolo.
Llovd Guglielmo, vescovo inglese, storico,
1627-1717.
Lobau (conte di) Giorgio, maresciallo di
Francia, 1770 1838.
Lobineau Guido Alessio, erudito francese,
1666-1727.
Lobo Girolamo, gesuita e missionario por-
toghese, 1595-1678.
Lobo Rodriguez Francesco , poeta spa-
gnuolo, -1568.
Locke Giovanni, filosofo inglese, 1632-
1704.
*Lockman, filosofo e favolista etiope, dei
tempi favolosi.
Loheostein, autore della Slesia, 1635-85.
Loisel Antonio, giureconsulto da Beauvais,
1536-1617.
Lollard, eresiarca tedesco, xiv secolo.
Lollino, dotto prelato veneto, n. 1557.
Lollio Alberto, erudito fiorentino, -1569.
Lolme (Giovanni di) , autor ginevrino ,
4749-90.
Lomazzo Gian Paolo , pittore ed erudito
italiano, 1538-92.
Lombardo Pietro, novarese, detto il Maestro
delle sentenze, -1160.
Lomenio da Brienne, autor francese, 1631-
1698.
Lomonosoff, poeta russo, 17M-65.
Londe (de La), dotto francese, 1685-1765.
Long (Giovanni Le), bibliopola parigino,
1665-1721.
Longepierre Bernardo, drammatico fran-
cese, 1659-1721.
Longhi Giuseppe, incisore milanese, 1766-
1831.
Longiano (Fausto da), moralista e tradut-
tore italiano, xvi secolo.
Longino Dionisio, scrittore e retore greco,
210-273.
longo Sofista, romanziere greco, iv secolo.
Longomontano Cristiano, astronomo da-
nese, 1 562-1 C47.
Longiieii Cristoforo di Malines, giurecon-
sulto, 1490 1522.
Longueil , medico e letterato olandese,
1507-13.
Longuerue (Luigi di), erudito francese,
1652 1733.
Longueval, storico francese, n. 1680.
Longucville (duchessa di), 1619 79.
Lonicero Giovanni, erudito tedesco, 1499-
1569.
Loos, teologo olandese, -1595.
Lope de Vega Felice , drammatico spa-
go uolo, 1562 1635.
Lopin, benedettino francese, 1655-93.
Loreduno, famiglia veneta, di cui furono
i dogi Leonardo 1501 , Pietro 1567, e
Antonio difensore di Scutari.
Lorenese Claudio, pittore francese, 1600-
1682.
Lorens (di), satirico francese, -1655.
Lorenzi abbate Bartolomeo, improvisatore,
1732 1822.
Lorenzini Francesco Maria, poeta romano,
1680-1728.
Lorenzini Lorenzo, matematico fiorentino,
-1721.
Loriti (Glareanus) Enrico, autore svizzero,
1188 1563.
Lorris (Giovanni di), poeta francese, -1240.
Lorry, giureconsulto francese, 1719-66
Losana Matteo, teologo ed agronomo pie-
montese, -1833.
Lotich Secondo, autor tedesco, 1528-60.
Louvencourt ( madamigella di), poetessa
francese, -1712.
Louvet di Couvray , religioso ed autore
francese, 1764-97.
Louvois (Fr. Letellier di), ministro fran-
cese, 1641-91.
Lovolace, poeta inglese, xvii secolo,
Lovibond, letterato inglese, xviii secolo.
Loypr (Pietro Le), autore francese, 1550-
1631.
Lovseau Carlo , giureconsulto francese ,
1566-1627.
Lovseau di Mauléon, autore francese, 1728-
1771.
.uberi (m.lla), autrice francese, 1715 80,
Cantò, Documenti. — Tomo L Cronologia. 17
2S8 CRONOLOGIA
Lubia, filologo tedesco, ISeS-iGSl.
Luca (Carlaotonio De) di Molfetta, cano-
nista, 1676.
Luca da Bruges, teologo francese, -^619.
Lucano Anneo di Cordova, poeta latino,
38-6S.
Lucas Paolo, viaggiatore francese, 1664-
1737.
Lucchesini Gian Vincenzo, letterato luc-
chese, -1744.
Lucchesini Cesare, antiquario e filologo
lucchese, 1736-1832.
Lucchi, cardinale ed autore italiano, 1744-
1802.
Luciano da Samosata , satirico greco , ii
secolo.
*Lucilio Cajo, cavaliere romano, 149-103.
Lucrezio, poeta latino, 93-51.
Ludolfo, dotto orientalista tedesco, 1624-
1704.
Lugo (cardinale De) Giovanni, teologo spa-
gnuolo, 1383 1660.
Luini Bernardino, pittore lombardo, 1460-
1530? Altri pittori seguirono dell'egual
cognome.
Lulli Giambattista, compositore fiorentino,
1658 87.
Lullo Baimondo di Palma in Majorca, filo-
sofo alchimista, 1235-1315.
Luneau de Boisgermain P., letterato fran-
cese, 1732-1801.
Lunig G. Cr., diplomatico tedesco, -1740.
Lupi Anton Maria, antiquario fiorentino,
-1737.
Lupo monsignor Mario di Bergamo, eru-
dito, 1720-89.
Lupo Cristiano, teologo francese, -1681.
Lurbe, cronista francese, -1613.
Lutero Martino d'Eisleben, eresiarca, 1484-
1546.
Luxemburg (duca di), maresciallo di Fran-
cia, 1628-93.
Luzerne (cardinale Della) Cesare, scrittore
francese, 1738-1821.
Lydia, cronista e matematico inglese, 1372-
1646.
Lyonnet Pietro, naturalista da Macstricht,
1707-89.
Lyttleton, uomo di Stato e letterato inglese,
1709-73.
ITI
Mabillon Giovanni, dotto benedettino fran-
cese, 1652-1707.
Mably Gabriele, dotto pubblicista di Gre-
noble, 1709 85.
Macartney Giovanni, diplomatico inglese,
1737-1806.
Macaulay Graham, autore inglese, 1733-91.
Maccarthy Giacomo, geografo irlandese,
1783-1835.
Macdonald Alessandro, maresciallo fran-
cese, 1765-1840.
Macé Frane, autor francese, 1640-1721.
Macedo Fr., dotto portoghese, 1595-1681.
Macedonio, epigrammista greco, v. 550.
Macfarlane Boberlo, autore inglese, 1734-
1804.
Machau, poeta francese, xiii secolo.
Machiavelli Nicolò , politico fiorentino ,
1469-1527.
Mack Carlo, generale austriaco, 1732 1828.
Mackensie Giorgio, autore e giureconsulto
scozzese, 1636 91.
Maclaurin Colino, matematico scozzese,
1698-1746.
Macpherson Giacomo, scozzese, 1758-96,
autore de' supposti poemi d'Ossian.
Macquer, autor francese, 1720-70.
*Macone da Sicione, poeta comico, v. 318.
Macrino, poeta latino, -1557.
Macrobio Aurelio, filologo latino, v. 420.
Macropedio Langeveld, autore olandese,
-1338.
Madden o Maddain, ecclesiastico irlandese,
1687-1703.
MalTei Bernardino cardinale, autore ita-
liano, 1514-53.
Maffei Gian Pietro, erudito gesuita berga-
masco, 1535-1603.
Maffei Scipione, archeologo e letterato ve-
ronese, 1675-1735.
MalTeo Veggio da Lodi, poeta italiano ,
1406-38.
Magalotti Lorenzo, erudito italiano, 1637-
1712.
Magellano (Magallianes) Ferdinando, navi-
gatore portoghese, -1321.
Maggi Carlo Maria, poeta milanese, 1630-
1699.
Maggi Girolamo d'Anghiari, erudito scrit-
tor militare, -1372.
Magini Giannanlonio, astronomo italiano,
1335 1617.
Magliabechi Antonio, bibliofilo fiorentino,
1633-1714.
TAVOLA ALKAULTICA d' UOMINI ILLUSTIU
359
Magnan, erudito francese, 1731-96.
^Magnete, poeta ateniese, v. 498.
Magneo A., storico irlandese, 1663-1730.
Magnon, poeta francese, -1662.
Magno Olao, storico svedese, 1^68.
Magri Domenico, lessicografo sacro, -1672.
Malie de La Cordonnaie, navigatore fran-
cese, 1699-1755.
Mahudei, medico ed antiquario francese,
1675 1747.
Maignan Emanuele, fisico francese, 1601-
1676.
Maiilet (Benedetto di), erudito francese,
1656 1758.
Mailiy, letterato francese, -1724.
Maimbourg Luigi, storico francese, 1620-
1686.
Maimonide, rabbino e filosofo di Cordova,
1159-1209.
Maintenon (Francesca madama di), moglie
di Luigi XIV, 1636-1719.
Mairan (Giovanni di), fisico da Beziers,
1678 1771.
Mairault, autor francese, 1708-46.
Mairet Giovanni, poeta francese, 1604-86.
Maironis, erudito francese, xiv secolo.
Maistre (contedi) Giuseppe, pubblicista da
Chambéry, 1753-1821.
Maittaire Michele, bibliografo ed ellenista,
-1 747.
Maizeroi Paolo di Metz, tattico, 1719 80.
Majoragio (Marcantonio Conti) , commen-
tatore italiano e latinista, 1514-55.
Makrisi, storico arabo, v. 1442.
*Malachia, ultimo profeta, v. 440.
Malacrida Gabriele, gesuita comasco, 1689-
1761.
Maiala Giovanni, cronista greco di Siria,
V. 534.
Malaspini Ricordano, cronista fiorentino,
-1281.
Malatesta, famiglia regnante a Rimini fin
al 1528.
Maldonato Giovanni, spagnuolo, commen-
tator biblico, 153^-83.
Malebranche Giovanni Nicolò da Parigi,
filosofo, 1658-17J5.
Malesherbes Crist., ministro di Luigi XVI,
1721-94.
Malespines, autor francese, 1700-68.
Malfilatre, poeta francese, 1753-67.
Malherbe (Francesco di), poeta francese da
Caen, 1556-1628.
Maliemans da Messanges, erudito matema-
tico francese, 1653-1723.
Malingre, storiografo francese, 1580-1653.
Mallet, storico ginevrino, 1730-1807.
Mallet Du Pan, pubblicista ginevrino, 1749-
1800.
Mallevine, poeta francese, 1597-1647.
Mallinkrot, erudito benedettino francese,
xir secolo.
Malpighi Marcello , medico bolognese
1628-94.
Malte Brun Corrado, erudito geografo da-
nese, 1775-1826.
Malthus Tommaso Roberto, economista in-
glese, 1706-1834.
Malus Luigi, fisico francese, 1775-1812.
Malvai Francesco di Marsiglia, mistico,
1627-1715.
Malvezzi Virgilio, letterato italiano, 1599-
1654.
Mamachi Tommaso Maria di Scio, archeo-
logo sacro, 1713-92.
Manasse Costantino, storico greco, v. 1179.
Mancini Maria, nipote di Mazarino , ro-
mana, 1659-1715. Ortensia e Marianna,
sue sorelle.
Mandeville Giovanni, viaggiatore inglese,
1300-72.
Mandeville Bern., autore olandese, 1670-
1733.
Manete, eresiarca del ni secolo.
*Manetone, sacerdote egizio, v. 278.
Manetti Gianozzo, erudito italiano, 1396-
1459.
"Manilio, poeta latino, v. 31.
Manfredi , casa regnante a Faenza fino al
1500.
Manfredi Eustachio da Bologna, matema-
tico e poeta, 1674-1739.
Mangeart, antiquario francese, 1695-1762.
Mangenot, poeta francese, 1694-1768.
Manget Gian Giacomo di Ginevra, medico,
1652-1742.
Mangold, erudito tedesco, 1716-87.
Mansard Francesco , architetto francese
1598-1666.
Mantegna Andrea, pittore padovano, -1 51 7-
Maoraetto, profeta degli Arabi, 570-633.
Maraldi Giovanni da Nizza, matematico,
1664-1729.
Maran, dotto benedettino francese, 1683-
1762.
Marat Giovanni Paolo, medico svizzero,
rivoluzionario, 1744-93.
Maratta Carlo, pittore anconitano, 1625-
1713.
Marbffiuf, poeta francese, xvi secolo.
Marca (Pietro di), dotto prelato francese,
1564-1662.
Marcantonio Raimondi, incisore bolognese
del 1500.
260
CRONOLOGIA
Marc' Aurelio, imperatore filosofo, -180.
Marcel, cronologo francese, 1647-1708.
Marcellin (il conte), storico, v. 52S.
Marchand Prospero, letterato e bibliografo
francese, 1 673-1750.
Marche (de l.a), poeta e cronacista fran-
cese, 1426-1301.
Marchetti Alessandro , erudito italiano ,
16.53-1 71 i.
Marchi Francesco , bolognese , architetto
militare, v. 1360.
Marchion d'Arezzo, uno dei primi archi-
tetti, -1205.
Marconville, autor francese, n. 1540.
Marculfo, storico, v. 672.
Marcuzzi, dotto italiano, 1725-90.
"Mardocheo, zio d'Ester, vi secolo.
"Mardonio, capitano dei Persiani, v secolo.
Maréchal Silvano, letterato, poeta e filosofo
francese, 1750-1803.
Maret, generale francese, 1763 1839.
Marets Samuele, calvinista picardo, 1599-
1673.
Margaritone , pittore e scultore aretino,
-1275.
Margherita di Valois, regina di Navarra,
1492 1549.
Mariana Giovanni da Talavera, storico spa-
gnuolo, 1537-1624.
*Mario Cajo, capitano romano, 153-86.
Marillac, giureconsulto francese, v. 1632.
Marinelli Lucrezio, poeta veneziano, 1571-
1653.
Mario da Tiro, geografo greco, v. 100.
Marini (cav. Giambattista), poeta italiano,
1569-1625.
Marini Gaetano di S. Arcangelo, antiquario,
1742 1815.
Marino da Napoli, filosofo platonico, vi sec.
Mario d'Avenche, cronista latino, v. 495.
Mariotte Edmondo, fisico francese, 1620-
1684.
Marivaux (P. Charlet de), letterato fran-
cese, 1688-1763.
Markiand, erudito inglese, 1693-1776.
Marlbourough (Churchill de) Giovanni, ge-
nerale inglese, 1650 1722.
Marlowe Cristoforo, drammatico e letterato
inglese, -1593.
Marmoniel Giovanni Francesco, letterato
francese, 1728-99.
Marnesia Lezav , diplomatico e letterato
francese, 1770-1814.
.Marolles (M. di), traduttore francese, 1600-
1681. "
Marot Clemente, |)oeta francese, 1 495-1 54 i.
Marot Giovanni, id., 1465 1523.
Marquart Freher, poligrafo tedesco, 1565-
1614.
Marracci Ippolito, bibliografo devoto, di
Lucca, 1604 75.
Marracci Luigi di Lucca, orientalista, 1612-
1700.
Marrier, dotto benedettino francese, 1572-
1644.
Mars (madamigella), attrice francese, 1778-
1847.
Marsham Tommaso, storico inglese, 1602-
1683.
Marsigli Luigi Ferdinando, geografo bolo-
gnese, 1638-1750.
Marsilio da Padova, giureconsulto, v. 1 520.
Marsollier Giacomo, storico parigino, 1647-
1724.
Martelli Pier Jacopo, poeta italiano, 1665-
1727.
Marlene Edmondo, dotto benedettino fran-
cese, 1654 1759.
Martens Guglielmo Federico, diplomatico
tedesco, 1756-1821.
Martin-Aimé, letterato francese, 1786 1847.
Martin (dom), erudito benedettino fran-
cese, 1684-1751.
Martinengo, famiglia bresciana, illustrata
da molti personaggi.
Martinez, diversi pittori spagnuoli : Seba-
stiano 1602-67.
Martinez Pasquale, portoghese, istitutore
de' Martinisti, -1779.
Martini Antonio, arcivescovo di Firenze,
interprete biblico, -1809.
Martini , gesuita e missionario italiano ,
1 61 4-61 .
Martini Lorenzo, medico e letterato pie-
montese, 1785-1844.
Martinière (P. de La), viaggiatore francese,
-1746.
Martino delle Battaglie, pittore francese,
1659-1735.
Martino (san) da Braga, dottore della Chiesa
latina, v. 580.
Martino (san), vescovo di Tours, 516 400.
Martino Polacco , cronista da Troppau ,
-1278.
Marucelli , dotto prelato italiano, 1625-
1713.
Marullo, dotto greco, xv secolo.
Marziale d'Eraclea, geografo, v secolo.
Marziale Marco Valerio, poeta latino, 40-
104.
Masaccio (Tommaso Guidi), pittore fioren-
tino, 1401-43.
Masaniello (Tommaso Aniello), rivoluzio-
nario d'Amalli, 1622 47.
TAVOLA ALFAÈETlCA d' UOMINI ILt.L'Sfnr
^i
Mascagni Paolo, iiotomista italiano, 1732-
1813.
Mascardi, dotto genovese, Io9l-lfii0.
Mascaron Giulio , predicatore francese ,
•1 Coi- 1703.
Mascheroni Lorenzo, poeta e matematico
italiano, 1730-1800.
Masclef Francesco, dotto ebraizzante fran-
cese, 1003-17-28.
Masenio (Masenj, dotto gesuita tedesco,
1606-81.
Maskeleyne Nevil, astronomo inglese, RÓS-
IS11.
Maso Finiguerra , orefice fiorentino , v.
1430.
Mason Guglielmo, poeta inglese, 1723-97.
Masoudi, storico arabo, x secolo.
Massena Andrea da Nizza, maresciallo fran-
cese, 1738-1817.
Massieu Gugl., dotto francese, 1663-1722.
Massillon Giambattista, predicatore fran-
cese, 1603 1742.
Massimiano, poeta latino, v. 330,
Massimo da Tiro, filosofo platonico, v, 184.
Massimo (sanj, vescovo di l'orino, dottore
della Chiesa, v. 463.
Masson, storico francese, 1344-1611.
Massucco Celestino genovese , letterato e
traduttore, -1830.
Massuet, dotto benedettino francese, 1066-
1713.
Mathieu da Westminstcr, cronista, v. 1380.
Mattei Saverio, poeta e giureconsulto na-
poletano, 1742-93.
.Matthieu Pietro, storiografo e poeta fran-
cese, 1365-1621.
Mattioli Pietro Andrea da Siena, medico e
botanico, -1577.
Maubert da Gouvert , letterato francese ,
1721-67.
Mauclerc, trovatore, xiii secolo.
Maucroix, letterato e traduttore francese,
1619-1708.
Mauduit, dotto matematico francese, 1751-
1813.
Mauduit, oratoriano francese, biblicista,
-1709.
Maultrot Giovanni, giureconsulto francese,
1714-1803.
Maupeou lienato , cancelliere francese ,
1714-92.
Maupertuis (Moreau de), geometra fran-
cese, 1098 1739.
Maurepas (Giovanni di), ministro francese,
1701-81.
Mauriceau Francesco , chirurgo ostetri-
cante parigino, -1709.
Maurocordalo, principe valacco, -ITI^O.
Maurolico Francesco, matematico siciliano)
1494-1375.
Miiury (cardinale), arcivescovo di Parigi,
1746-1817.
Maussac Fili|)po Giacomo, grecista fran-
cese, -1630.
Mayer, astronomo tedesco, 1723-62.
Mayer, matematico tedesco, 1716-82.
.Maynard, poeta francese, 1582-1046.
Mayr, gesuita, ellenista ed ebraista, -1623.
Mazzarino Giulio da Piscina, cardinale, mi-
nistro francese, 1602-61.
.Mazzei Francesco, giureconsulto italiano,
1709-88.
Mazzocchi Alessio, antiquario napoletano,
1684-1771.
Mazzola Giacomo (il Parmigiano), pittore,
1303-40.
Mazzoni Girolamo, filosofo italiano, 1348-
1398.
Mazzuchelli Giovanni Maria, biografo ita-
liano, 1717-63.
"Mecenate Cajo Celio, ministro d'Augusto,
V. 29.
Méchain, astronomo francese, 1744-1805,
Meckitar Pietro di Sebaste, fondatore de'
Meckitaristi, 1076-1749.
Medici, famiglia fiorentina, cultrice e pro-
tettrice delle lettere. Di Lorenzo e Lo-
renzino restano lavori letterarj.
Medici (Caterina de'), regina di Francia,
1;ì19-89.
*Megastene, storico greco, v. 292.
MéhuI, musico francese, 1763-1817.
Mei Cosimo, erudito italiano, 1728 98,
Meibomio, erudito da Lubeka, 1038-1700.
Meibomio Giovanni Enrico, dotto medico
tedesco, 1390-1635.
Meibomio .Marco, filologo tedesco, 1630-
1711.
Mela Pomponio, geografo latino, i secolo,
■^Melanippide, poeta tragico, v. 318.
Melanclon Filippo da Bretten, riformatore,,
1497-1560.
"Meleagro, poeta greco, v. 100.
Melezio-Sirico, teologo greco, 1386 1664,
Melendez-Yaldez, poeta spagnuolo, 1754-
1817.
"Melisso da Samo, filosofo, v. 468.
*Melito, poeta greco, -400, uno degli ac-'
cusatori di Socrate.
Mellin da Saint-Gelais , poeta e musico
francese, 1491-1358.
Melzi d'Eril, vicepresidente della Repub-
blica italiana, 1776-1816.
Memmi Sim., pittore coetaneo del Petrarca,
262
CRONOLOGIA
Menage Egidio d'Angers, letterato, 1613-
1692.
'Menandro d'Atene, poeta comico, 542 290.
Menaridro, storico bizantino, vi secolo.
Mendoza (Diego Ilurtado de), guerriero e
scrittore spagnuolo, 1573.
Mendoza, poeta spagnuolo, 1398-1458.
*iVlenedemo, filosofo greco, v. 292.
Menestrier Claudio , gesuita , archeologo
francese, -1659.
Mengs Rafaello, pittore sasso-boemo, 1728-
1779.
Meninski Francesco, dotto orientalista lo-
renese, 1623-98.
Menochio Giacomo, giureconsulto pavese,
-1607
Menot Michele (lingua d'oro), cordeliere
francese, 1S18.
Mentelle Edme, geografo di Parigi, 1730-
1815.
Menzini Benedetto, poeta italiano, 1646-
1704.
Merati, teatino liturgista, -1744.
Mercatore Gerardo da Ruremonda , geo-
grafo, 1512 94.
Mercatore (KaufTmann), geometra tedesco,
-1687.
Mercier abbate di Saint -Léger, bibliografo
francese, 1754 99.
Mercuriale Girolamo., dotto medico ita-
liano, -1606.
Meriao, filosofo svizzero, 1725-1807.
Menile, giureconsulto francese, 1579-1647.
Merlin Filippo Antonio, giureconsulto fran-
cese, 1754- 18:38.
Merlino, profeta o mago caledonio, v sec,
Mersenne padre Marino, erudito francese,
1588-1648.
Merula Giorgio, dotto italiano, 1424-94.
Merville Michele, autore drammatico fran-
cese, 1696-1733.
Mery G., notomista francese, 1645-1722.
Mesenguy, autore ecclesiastico francese,
1677-1765.
Meslier, curato d'Estrepigny in Sciampa-
gna, 1678-1733,
Mesmer F. A., medico di Merseburg, 1734-
1815.
Meston, poeta scozzese, 1688-1745.
Metastasio (Trapassi Pietro), poeta romano,
4698-1782.
'Metello, capitano romano, ii secolo.
Metio, geometra olandese, 1571-1035.
Metodio da Tessalonica, v. 898 ; inventa i
caratteri slavi.
Metodio (san) vescovo, poeta, -312.
'Melone, astronomo ateniese, v secolo.
'Metrodoro, filosofo ateniese, v secolo.
'Metrodoro , filosofo e pittore ateniese ,
Il secolo.
Mettrie (OlTredo de La), medico e filosofo
francese, 1709-31.
Meung (Clopinel), poeta francese, v. 1280.
Meursio Giovanni 1, antiquario olandese,
1579-1639.
Meursio Giovanni II, letterato da Leida,
1615 53.
Mey, giureconsulto francese, 1712-96.
Mezeray (Francesco di), storico francese,
1610-83.
Mezirac (Bachet di), dotto autore francese,
1381-1638.
MezzabarbaCarlambrogio, legato nella Cina,
-1740.
Mezzabarba Francesco, antiquario pavese,
1643-97.
Mezzofanti Giuseppe bolognese, cardinale,
poliglotto, 1774-1849.
Micali, erudito toscano, -1845.
'Micerino, fabbricatore d'una delle pira-
midi d'Egitto.
Michaelis Giovanni Enrico, orientalista te-
desco, 1668-1738.
Michaelis Giovanni David, id., 1717-91.
Michaud Giuseppe, storico francese, -1839.
'Michea, profeta minore, v. 700.
Michelangelo delle battaglie, pittore, v.
1661.
Micheli P., botanico fiorentino, 1679-1757.
Mickle, poeta scozzese, 1734-88.
Micrelio, filosofo e teologo tedesco, 1597-
1658.
Middleton ( Conyers ) , letterato inglese ,
1685-1750.
Middleton Cristoforo , navigator inglese ,
1770.
Migliara Giovanni d'Alessandria, pittore,
1783-1857.
Mignard Nicola, pittore francese, 1608-96.
Milante, dotto autore napoletano, -1749.
Miller, poeta drammatico inglese, 1705-44.
Milletière (l.a) , controversista francese ,
1596-1663.
Millevoye Carlo Uberto, poeta francese,
1782-1816.
Millin Luigi, naturalista ed archeologo pa-
rigino, 1759-1818.
Millot Claudio, storico francese, 1726-85.
'Milone Crotoniate, atleta, v. 508.
Milton Giovanni, poeta londinese, 1608-74.
'Milziade, capitano ateniese, v. 489.
'Mimnermo, poeta da Colofone, v. 594.
Mina Francesco, generale spagnuolo, 1784-
1854.
TAVOLA ALFARmCA I) UOMINI If.I.fSTRr
ìm
Minuzio Felice, orator latino d'Africa, iii
secolo.
Minzoni Onofrio, poeta ferrarese, 1734-
1817.
Miraband (Di), letterato francese, 1675-
1760.
Mirabeau (marchese di), economista fran-
cese, d7lo-89.
Mirabeau (Onorato di), oratore francese,
i 749 91 .
Mirandola (Giovan Pico della), autore ita-
liano, 1 i65-9i.
Mirkhond Mohammed, storico persiano,
1433 98.
*Mirone, scultore greco, celebre per la sua
vacca, V secolo.
Mizault , medico e astronomo francese ,
1520-78.
Mockari, storico russo, v. 1572.
Modestino Erennio, giureconsulto romano,
111 secolo.
Mohabed (Ibn Batuta) , viaggiatore arabo
del XIV secolo.
Molay Giacomo, borgognone, ultimo gran-
maestro dei Templari, -1314.
Mole Matteo, magistrato francese, 1584-
1656.
Molesworth, diplomatico olandese, 1656-
1725.
Molière (Giambattista Pocquelin di), dram-
maturgo parigino, 1622-73.
Molière di Tarascon, matematico francese,
1677 1742.
Molina Luigi, teologo spagnuolo, da cui i
Molinisli, 1555- 1601.
Molinet (Di), antiquario francese, 1620-87.
Molinos Michele, teologo spagnuolo, capo
dei Quietisti, 1627-96.
Moller, filologo tedesco, 1642-1712.
Molloy, drammatico irlandese, -1767.
Molza Frane, poeta modenese, 1489-1544,
Molza Tarquinia, poetessa italiana, 1542-
1617.
Mombrizio Bonino, agiografo, xv secolo.
Moncada (Ugo di), capitano spagnuolo,
1528.
Moncey, maresciallo di Francia, 1754-1 842.
Monconis (Di), viaggiatore francese, 1601-
1665.
Monge Gaspare, geometra francese, 1746-
1818.
Monk Giorgio, generale inglese, 1608-70.
Monod, dotto gesuita savojardo, -1644.
Monstrelet (Enguerrando di), cronista fran-
cese, 1390-1455.
MoDlagiie Maria, autrice inglese, introdut-
trice dell'innesto, 1690-1762.
Montaigne Michele, filosofo francese, 1533-
1592.
Montano, eresiarca del secolo ii.
Montano Giambattista, medico italiano,
-1551.
Montazet, teologo, arcivescovo di Liotae,
-1788.
Montecuccoli Raimondo modenese, capi-
tano e scrittore, 1608-81.
Monteggia Giambattista, medico milanese,
1762 1815.
Monteil Alessio, storico francese, 1769-
1850.
Montemayor (Di), poeta spagnuolo, 1520-
1562.
Montespan (marchesa di), cortigiana di
Luigi XIV, 1641-1707.
Montesquieu Carlo, giurista francese, 1689-
1755.
Monte-Ubaldo (Guido di), matematico ita-
liano, 1540-1601.
Montfaucon Bernardo, dotto benedettino
francese, 1655-1741.
Montgaillard (Di), storico francese, 1722-
1825.
Montgollìer Giuseppe Michele, meccanico
francese, 1740 1810.
Monthyon (barone di), filantropo francese,
1 735-1 820.
Monti Yinc, poeta di Fusignano, 1733-
1828.
Montine Biagio , maresciallo francese e
scrittore, 1502 68.
Montmorency, baroni di Francia, suddivisi
in più rami. Fra gl'illustri accenneremo
Aoneo, connestabile di Francia, 1493-
1567.
Montmort (P. di) , matematico francese ,
1678-1719.
Montucla Giovanni Stefano , matematico
lionese, 1725-99.
Moore Giovanni, medico e letterato scoz-
zese, 1730-1802.
Moore Giovanni, generale inglese, 1761-
18U9.
Morabin, erudito francese, protettore di
Champfort, -1762.
Morales da Cordova, erudito, v. 1593.
Morand (Di), chirurgo francese, 1697-1773.
Moratin iSicolò, drammaturgo spagnuolo,
1730-80.
Morcelli Antonio da Chiari, epigrafista,
1757-1821.
Moreau Vittorio, generale francese, 1763-
1813.
Morel, grammatico francese, 1725-1812.
Morell, numismatico svizzero, 1646-1703.
CRONOLOGIA
Morellet, autore francese, 1727-1819.
Morelli Jacopo , bibliografo veneziano ,
1745-1819.
Moreri Luigi, erudito francese, l6i5-80.
Moreto Agostino, drammatico spagnuolo,'
1600-69.
Morgagni Giambattista, medico da Forlì,
168-2 1771.
Morgan lady, scrittrice irlandese, 1783-
1859.
Morglien Raffaele, incisore napoletano,
1761-1833.
Morhoff Giorgio, filologo tedesco, 1639-
1691.
Morigia famiglia milanese, da cui Bonin-
contro cronista 1350. Giacomo Antonio
fondatore de' Barnabiti 1497 1546. Gia-
como Anton io cardinale 1632-1 708. Paolo
storico 160i.
Morillo Paolo, pittore spagnuolo, 1618-82.
Morin Giovanni, dotto oratoriano, 1591-
1659.
Morin Stefano, orientalista francese, 1625-
1700.
Morisot Moberto, botanico scozzese, 1620-
1683.
Morlacclii Francesco, musico di Perugia,
1784-1 8 il.
Morland (sirj, meccanico inglese, 1625-97.
Mollino, giureconsulto napoletano, xvi sec.
Mornay (Filippo di), autore protestante,
154Ò 1623.
Moro Tommaso, dotto cancelliere inglese,
1480-1535.
Morone Girolamo, diplomatico italiano,
145U-1529.
Morone Giovanni, cardinale.
Morosini , antica famglia veneta , da cui
quattro dogi, Andrea storico, 1558-1618,
ed altri.
Morozzo, dotto prelato italiano, 1045-1729.
Morrison Roberto di Morpetb, sinologo e
missionario protestante, 1782-183Ì.
Mortier Edoardo , maresciallo francese ,
1768-1835.
Moscati Pietro mantovano, medico e diplo-
matico, 1739-1824.
*Mosco, poeta greco di Siracusa, v. 180.
Moscopolo, grammatico greco, xiv e xv
secolo. ,
*Mosè, legislatore ebreo, 1725 1605?
Moscr Giangiacomo, pubblicista tedesco,
1701 85.
Mosbeim Lorenzo, teologo tedesco, 1694-
1755.
Motbe-le-Vayer (Francesco de La), autore
francese, 1588-1672.
Motte (Houdard de La), id., 1672-1713.
Motte-piquet (La) , ammiraglio francese ,
1728 91.
Motteville (signora di), autrice francese,
1621-89.
Moulin (Du) Carlo, giureconsulto francese,
1500-66.
Mounfort, autore ed attore drammatico in-
glese, 1659-92.
Mouradgea d'Ohsson, diplomatico svedese,
1740 1807.
iMourgues, dotto francese, 1742-1813.
Mozart Vulfango da Salisburgo, composi-
tore di musaica, 1756-91.
Muis (Marolte di), erudito francese, 1587-
1644.
Moller Andrea, orientalista prussiano, 1 630-
1694.
Miiller Gerardo, dotto viaggiatore e storico
tedesco, 1705 83.
Miiller Giovanni (Regiomontano) , astro-
nomo prussiano, 1456-75.
Miiller Giovanni da Coblenza , fisiologo,
1801-58.
Miiller Giovanni , storico svizzero, 1752-
1 809.
Miiller Ottofredo, erudito tedesco, 1797-
1840.
Munioh Cristoforo, tedesco, generale dei
Russi, 1685-1767.
Muiioz Sebastiano, pittore spagnuolo, 165i-
1690.
MuBster Sebastiano, ebraista tedesco, 1 489-
1552.
Muratori Lodovico Antonio, storico ita-
liano, 1672-1750.
Muret Marcantonio limosino, critico e poeta
latino, 1526 85.
Murpby, drammatico inglese, 1727 1805.
Murtola Gaspare, poeta genovese, -162i.
Musscbenbroek Pietro, fisico da Leida,
1092-1761.
"Museo, poeta greco del iv o in secolo.
Museo Grammatico, poeta greco, v. 500.
Muss;ito Albertino, storico padovano, 1261-
1330.
Musso Cornelio, predicatore italiano, 1511-
1574.
Musuro, dotto greco, 1470-1517.
Muzio Girolamo giustinopolitano, letterato,
1496-1575.
Mydorge (Claudio, dotto geometra francese,
1585-16 i 7.
TAVOLA AI.PAttKTICA n'iIOMlM ILMISTtlt
2r.fi
IV
'Nahiim, profeta minore, v, 700.
Naigeon, letterato e filologo francese, i 738-
1810.
Nangis (Guglielmo di), storico, v. 1293.
Nani Giambattista, storico veneziano, 1016-
1678.
Nannio Pietro, dotto olandese, -1500-57.
Manquier (Nanquerus) , poeta latino , xvi
secolo.
Nanteuil Roberto, scultore francese, -1678.
Napier Giovanni, scozzese, inventore dei
logaritmi, 1550-1617.
Napione Gian Francesco , letterato pie-
montese, 1748-1830.
Nardi Jacopo, dotto fiorentino, n. 1476.
Nassir-eddin Goussy, astronomo persiano,
v. 1214.
Natale Alessandro di Rouen, domenicano,
storico della Chiesa, 1639 1724.
Natali, teologo italiano, 1750-91.
Natanael , rabbino contemporaneo degli
Apostoli.
Nauclero Vergen, cronista tedesco, 1450-
1510.
Naudé Filippo, geometra francese, 1654
1720.
Naudé Gabriele da Parigi, erudito, 1600-
1653.
Nausea Fed., teologo tedesco, 1480-1550.
Nauze (Jouard de La), dotto gesuita fran-
cese, 1696-1773.
Navagero Andrea, autor veneziano, 1483-
1529.
Navarete Ferdinando , missionario spa-
gnuolo, -1689.
Navarra, teologo spagnuolo, 1493-1586.
Neander, dotto tedesco, 1525 95.
*Nearco, capitano d'Alessandro, naviga-
tore, v. 350.
Nebel, botanico tedesco, 1664-1753.
Necker Giacomo, ginevrino, economista e
ministro, 1732-1804.
Needbam Marchamont, pubblicista inglese,
1620-78.
Needbam Giovanni , fisico inglese, 1713-
1781.
"Neemia, governatore de' Giudei, -430.
Neercassel Giovanni, vescovo di Castorio,
autore olandese, 1623-86.
Negri Palladio, grammatico italiano, 1520.
Negrisoli Francesco Maria, medico e filo-
sofo ferrarese, -1727.
Nelli Pietro, poQta sanese, xvi secolo.
Nelson Orazio, ammiraglio inglese, 1757»
1 805.
Nemesiano, poeta latino, nato a Cartagine,
111 secolo.
Nemesio, vescovo d'Emesa, filosofo greco,
v. 400.
*Neofrone, poeta tragico, v. 335.
Nepomuceno (san) Giovanni, canonico di
Praga, 1350-83.
Nepveu, autore francese, 1639 1708.
Neri Antonio, chimico fiorentino, xvi sec.
N^ri (san Filippo), 1515-95.
Nerli Filippo, storico italiano, 1486-1556.
Nesbit, antiquario scozzese, 1672-1725.
Nessel, bibliografo tedesco, 1644-99.
Nesseirode, diplomatico russo, 1780-1802.
"Nesso da Chio, filosofo, v. 409.
Nestore da Kiof, cronista, 1056-1116.
Nestorio, eresiarca del v secolo.
*Nevio, poeta latino, v. 250.
Neubof (Teodoro di), re di Corsica, 1690-
1755.
Neuville (Claudio Frey di) , predicatore
francese, -1774.
Newcommen, ingegnere francese, xvii se-
colo.
Newton Isacco da Wooldstrop , filosofo
inglese, 1642-1727.
Ney Michele, maresciallo francese, 1769-
1815.
Nicaise Claudio, antiquario francese, 1 623-
1701.
*Nicandro , grammatico , medico e poela
greco, v. 139.
Niceforo Gregora , storico greco, 1295-
1359
Niceron Gian Pietro, biografo parigino,
1685-1758.
Niceron Gian Francesco, matematico fran-
cese, 1613-46.
Niceta Coniate, storico greco, m. v. 1206.
Niceta Eugeniano, romanziere greco, xir
secolo.
*Nicia, capitano ateniese, v secolo.
*Nicocrate, poeta comico greco, v. 426.
Nicolai, dotto gesuita italiano, 1706-8i.
Nicolai , erudito matematico veneziano ,
1726 93.
Nicolai, filologo sassone, 1660-1708.
Nicolai Federico, filosofo tedesco, 1733-
1811.
26G
CRONOLOGIA
*iNicolao da Damasco , poeta e storico ,
V. 42.
Nicole, geometra francese, -1683-1758.
Kicole, poeta francese, 1611 86.
Nicole Pietro, moralista e controversista
francese, 1625-93.
Nicolini Nicola, giureconsulto napoletano,
1772 1857.
Nicolle de la Croix , geografo francese ,
1704-60.
Nicolò di Lira, commentatore biblico nor-
manno, -1340.
Nicolò da Malia, musico francese, 1777-
1818.
Nicolson Guglielmo , erudito bibliografo
inglese, 1655-1727.
Nicolson Guglielmo, chimico inglese, 1753-
1815.
*Nicomaco, poeta tragico ateniese, v. 457.
Nicon, prelato russo, erudito storico, 1613-
1681.
Nicol Giovanni, lessicografo francese, 1530-
1600.
Niebuhr Carsten, danese viaggiatore, 1 733-
1815.
Niebuhr Bertoldo Giorgio, storico e statista
tedesco, 1777-1831.
Niebuhr Giacomo , storico e giureconsulto
danese, -1857.
Nieremberg Giovanni Eusebio , ascetico
spagnuolo, 159U-1658.
Nieupoort, antiquario olandese, 1670-1 730.
Nieuwenlyt Bernardo, erudito olandese,
1654-1718,
Niewland, erudito matematico olandese ,
1764 94.
Nifo Agostino, filosofo italiano, 1473-1538.
Nilo (sanj, dottore della Chiesa, v. 435.
Nina, poetessa sicula, xiii secolo.
Nipote Cornelio, biografo latino, i secolo.
Nithard, storico francese, m. v. 856.
Nivernois (duca di) , letterato francese,
1716-98.
Nizolio Mario, letterato e filologo italiano,
1498-1566.
Noble (Eustachio Le) , autore francese ,
1643-1711.
Nocito Girol., semplicista siciliano, -1611.
Nodier Carlo, letterato francese, 1780-
18ii.
Nogarola Lodovico, dotto veronese, 1554.
Noghera Giambattista di Valtellina, critico
ed apolof^ista, -1784.
Noinville (Durydi), magistrato ed autore
francese, 1683-1768.
Nollet (l'abbate), fisico francese, 1700-70
Nonio (Nunez), medico e matematico por-
toghese, 1492-1577.
Nonnotte (l'abbatej, autor francese, 1711 -
1793.
Nonno Panopolitano , poeta greco, v se-
colo.
Noodt Gerardo, giureconsulto olandese,
1647-1725.
Norbert (Pietro Parisot), cappuccino lore-
nese, missionario, -1769.
Norberto (sanj, arcivescovo di Magde-
burgo, 1092-1134.
Norden Federico, viaggiatore danese, 1708-
1742.
Norés Giasone da Nicosia, letterato, -1590.
Noris Enrico, cardinale, erudito e critico
italiano, 1651-17(j4.
Norris Gio., teologo inglese, 1657-1711.
Norris, poeta drammatico veneziano, 1640-
1708.
North Federico, oratore e ministro inglese,
1640-85.
Nostradamus Michele da Saint-Remy, astro-
logo, 1303 66.
Nota Alberto, autore comicotorinese, 1775-
1847.
Nòtre 0 Nostre (Le), architetto francese,
1613-1700.
Notturno, poeta napoletano, -1519.
Noue (Giovanni de La) , poeta francese,
1701 61.
Novalis Federico Hardenberg, poeta te-
desco, 1772-1801.
Novara, astronomo italiano», 1464-1514.
Novato , prete cartaginese eresiarca , in
secolo.
Numenio d'Apamea, filosofo greco, n se-
colo.
o
Oates, ecclesiastico inglese, 1019-1705,
OatesTito, intrigante inglese, 1019 1705.
Oberkamps Cristoforo di Weissenbach ,
fonda la manifattura delle tele dipinte a
Jouy, 1758-1815.
Oberlin Geremia , antiquario e filologo
d'Alsazia, 1735 1806.
Obrecht Ulrico, giureconsulto e filofogo
d'Alsazia, 1646 1701.
Obsequens Giulio, autor latino, iv secolo.
TAVOLA AI.FABF.TICA D UOMINI ILLUSTRI
2G7
''Ocello Lucano, filosofo pitagorico, v. 500.
Ochiiio Bernardino sienese, frate apostato,
1487-I5GÌ.
Ockam Guglielmo, teologo inglese, ISSO-
Ocklei, orientalista inglese, ÌG78-I720.
O'Connel Daniele, agitatore dell'Irlanda,
1774-1847.
Oddi (Nicolò degli), poeta italiano, 1510-
1G10.
Oderico da Pordenone, missionario fran-
cescano, -133] .
Odilon, abbate di Cluny, 962-1048.
Odone (sant'J, id., 879-942.
OEhlenschlager Adamo , poeta danese ,
1779-1850.
OErstedt (Giovanni Cristiano, fisico danese,
1777-1851.
Olao Magno, storico svedese, -1568.
"Olavides Anton Giuseppe , ministro spa-
gnuolo, 1725-1803.
Oleario Adamo, viaggiatore tedesco, 1600-
1671.
Oleario Goffredo , filologo tedesco, 1672-
1715.
Olesnicki-Zbigniew, cardinale e letterato
polacco, 1589-1455.
Olier, fondatore del seminario di San Sul-
pizio a Parigi, 1608 57.
Olimpiodaro, filosofo greco, vi secolo.
Oliva, letterato spagnuolo, 1497-1522.
Oliver (Thoulier d'j da Salins, gramma-
tico, 1682 1768.
Olivier Guglielmo , entomologo francese,
1756-1814.
Oliviero della Marca, storico, v. 1491.
Olstenio Luca, dotto tedesco, -1661.
*Omero, poeta greco, 907?
Oraodei Sigoorolo, giureconsulto vercel-
lese, xiv secolo.
*Onesicrito, poeta ateniese, v. 540.
Opie Giovanni, pittore inglese, 1 761 -1 807.
Opitz Martino, poeta tedesco , 1597 1659.
Opitz Enrico, orientalista tedesco, 1642-
1712.
Oporino (Ilerbst) Giovanni, dotto tipografo
di Basilea, -1568.
Oppiano, poeta greco della Cilicia, ii se-
colo.
Optato, vescovo di Miliève in Africa, 584.
Orange, casa regnante nei Paesi Bassi, che
fra molti illustri diede Guglielmo di
Nassau, 1533 84; Maurizio di Nassau,
capitano e uom di Stato, 1567-1625.
Ora pollo, matematico greco, nato in Egitto,
IV secolo.
"Orazio Coclite, romano, vi secolo.
"Orazio Quinto Fiacco, poeta latino, GG-9.
Oresio Agostino, filosofo e teologo fioren-
tino, -1655.
Orellana, viaggiatore spagnuolo , xvi se-
colo.
Ordii Giovanni Gaspare, filologo svizzero,
J 787-1849. "
Oresme Nicola, autore francese, -1582.
"Orfeo, poeta di Tracia, v. 1550.
"Orfeo di Crotone, poeta, v. 5i6.
Oriani Barnaba, astronomo milanese, 1752-
1832.
Origene d'Alessandria, dottor della Chiesa,
185-253.
Orioli, antiquario romano, 1782-1856.
Orléans (p. Pier Giuseppe d'), storico fran-
cese, v. 1698.
Orobio Isacco, autore ebreo, 1687.
Orosio Paolo, storico da Tarragona, v. 41 4.
Orsi Giuseppe Agostino da Firenze, storico
ecclesiastico, -1761.
Orsini , principi italiani , da cui celebri
capitani e un erudito v. 1595.
Ortelio Abramo, dotto geografo fiammingo,
1527-98.
'Ortensio Quinto, oratore romano, 114-50.
Orto (Alberto dell'), giureconsulto luila-
nose, V. 1170.
Orville (D'), filologo francese, 1696-1751 .
Osbnrne Francesco, autore inglese, 1589-
1659.
*Osea, il primo dei profeti minori, -800.
Osiander Andrea , teologo tedesco , 1498-
1522.
Oslo Stanislao di Cracovia, teologo, -1579.
Osorio Girol., storico portoghese, 1506 80.
Ossat (Arnaldo d'), cardinale francese, di-
plomatico, 1556-1604.
Ossian, bardo scozzese del in secolo.
"Ostane, filosofo persiano, v. 486.
Osterwiild , teologo protestante svizzero ,
1662 1747.
Otfiid, teologo e poeta d'Alsazia, ix secolo.
Otho, orientalista tedesco, 1634-1715.
Olt, teologo svizzero, 1617-1782.
Olter, orientalista svedese, 1707-48.
Otto, diplomatico francese, 1754-1817.
Otto Everardo, giureconsulto tedesco, 1 685-
1 756.
Ottoboni Gian Francesco, scienziato vene-
ziano , -1575. Di questa famiglia fu
Alessandro Vili.
Ottomano Francesco , giureconsulto pari-
gino, 1524-90.
Ottone da Frisinga, cronista, xii secolo.
Ottone da Guericke di Magdeburgo, fisico,
1602 80.
^(^H
CP.ONO?.OfilA
Ottone (sant'), opostolo'deila Pomerania ,
1060-H39.
Otway Tommaso, tragico inglese, 165Ì-85.
Oudinet Marcantonio, numismatico fran-
cese, 1G43-1712.
Oudinot Nicola, maresciallo francese, •! 767-
1847.
"Ovidio Publio Nasone , poeta latino , 43
av. C. M d. G.
Oviedo Gonsalvo , viaggiatore e storico
spagnuolo, n. 1478.
Owen Giovanni, poeta latino del paese di
Galles, -1622.
Owen, ecclesiastico inglese, 1765-1822.
Oxenstierna (Axel conte dij , cancelliere
svedese, 1583-1654.
Ozanam Giacomo, matematico francese,
1640-1717.
Overbeck Bonaventura, pittore fiammingo,
1660-1706.
"Ozia, profeta, v. 970.
p
Pacchioni Antonio, anatomico di Reggio ,
1664- 1726.
Paccioli Luca di Borgo San Sepolcro, ma-
tematico, -1508.
Pachimero Giorgio, storico greco da Nicea,
1242-1510.
Paciaudi Paolo Maria, antiquario da Torino,
1710-85.
Pacifico (fra), compagno di san Francesco
e poeta, xn secolo.
Pacomio (san) , istitutore dei Cenobiti ,
292 348.
*Pacuvio Marco, poeta latino, v. 153.
Padilla don Giovanni , casligliano rivolu-
zionario, -1522.
Paez Francesco Alvaro, teologo portoghese,
-1352.
Paganini Gaudenzio da Poschiavo , lette-
rato, 1596-1648.
Paganini Nicolò genovese, violinista, 1781-
1840.
Pagi Antonio, dotto francescano francese,
1624-90.
Pagnini Luca di Pistoja , erudito, 1737-
1814.
Pagnino Sante da Lucca , orientalista ,
1470-1541.
Paisiello Giovanni napoletano, compositore
di musica, 1741-1816.
Paixhans Enrico, perfezionatore di can-
noni, 1784-1855.
Pajou Ag., statuario francese, 1730-1809.
Palafox Giovanni, vescovo e moralista spa-
gnuolo, -1659.
Palaprat Giovanni da Tolosa, autor dram-
matico, 1650-1721.
Paleario Aonio, latinista ed eresiarca da
Siena, -1590.
"Palefato, mitografo greco, v. 300.
Paleologo, famiglia d'imperatori d'Oriente
nel XIV secolo, trasferita poi in Italia.
Palestrina Giambattista, romano, compo-
sitore di musica, 1529-94.
Palisot di Beauvais, naturalista francese ,
1752-1820.
Palissotdi Montenoy, poeta francese, 1730-
1814.
Palissy Bernardo d'Agen , smaltista fran-
cese, 1500 89.
Palladio Butilio , agronomo latino, ii se-
colo.
Palladio Andrea da Vicenza , architetto ,
1518-80.
Pallas Simone, viaggiatore e naturalista e
linguista prussiano, 1741 1811.
Pallavicini Sforza, romano, cardinale e
storico, 1607-67.
Pallavicino Ferrante di Piacenza, letterato
stravagante, 1618-44.
Palma Jacopo, pittore bergamasco, 1518-
1566.
Palma il Giovane, pittor veneziano, 1540-
1588.
Palmieri Matteo, storico e politico italiano,
1405-75.
Palmieri Vincenzo dell'Oratorio, apologista
genovese, 1753-1820.
Palomino de Velasco, pittore spagnuolo,
1633 1726.
Panciroli Guido da Reggio, giureconsulto,
1523-99.
Panckoucke Carlo da Lille, librnjo pari-
gino, 1736 98.
Pandolfini Agnolo, moralista fiorentino,
XIV secolo.
*Panezio, filosofo di Rodi, v. 130.
"Panfilo, pittore macedone, v. 350.
Paniasi, poeta, v. 476.
Panigarola Francesco , predicatore mila-
nese, 1548-94.
Panin Niceta, uom di Stato russo, 1718-
1783.
TAVOLA ALFABETICA I> COMIM ILLUSTH1
269
Pannartz Arnoldo un dei primi stampatori
tedeschi, i i76.
Panormita (Antonio I?eccadclli), letterato
siciliano, 1504-1471.
Panteo, storico siciliano, v. 180.
Panvinio Onofrio, antiquario italiano, 1 529-
15(58.
Paoli Pasquale, generale còrso, 17'25-1807.
Paoli padre Sebastiano, conlroversista luc-
chese, 1G84-1751.
Paolino da Périgueux (san), poeta latino,
V. 485.
Paolino (san), vescovo di Nola, 353-431.
Paolo da Samosata, patriarca greco, iii se-
colo.
"Paolo Emilio il Macedonico, capitano ro-
mano, 111 secolo.
Paolo Giulio da Padova , giureconsulto ,
V. 193.
Paolo (san), apostolo da Tarso, -GO.
Paolo Silenziario, autor greco, vi secolo.
Paolo Warnefrido , diacono di Cividale,
storico de' Longobardi, 790.
Papebroeck Daniele, gesuita di Anversa,
uno dei compilatori degli Ada Sancto-
rum, 1628 171 4,
Papendrecht, teologo fiammingo, 1686-
17o8.
Papi Lazzaro, poeta toscano, -1834,
Pa|)in Dionigi, medico e meccanico fran-
cese, -1710.
Papiniano, giureconsulto romano, v. 212.
Pappenheim Gotifredo , generale tedesco,
159 i-I 632.
Pappo, matematico greco d'Alessandria,
IV secolo.
Parabosco Girolamo, poeta comico italiano,
xvi secolo.
Paracelso Aurelio Teofrasto Bombast, al-
chimista svizzero, 1i93 1541.
Paradisi Agostino, poeta reggiano, 1763-
1837
Paradisi Paolo, erudito veneziano, d'ori-
gine ebreo, -1559.
Parck (Mungo), viaggiatore inglese, 1771-
1805.
Pardessus Gian Maria di Blois , legista ,
n. 1772.
Pardies Ignazio Gastone, geometra fran-
cese, 1656-75.
Pare Ambrogio, medioo francese, 1390.
Pareo Voengler, teologo tedesco, 1548"-
1622.
Parfait Francesco, storico da Parigi, 1G98-
1753.
Panzer Giorgio Volfaogo di Siilzbacli , bi-
bliografo, 1729-1805.
Parini Giuseppe, poeta milanese, 1729-99.
Paris (Francesco di), diacono, taumaturgo,
1690-1727.
Paris Mattia, benedettino inglese, cronista,
-1259.
Paris-Duverney, finanziere francese, -1 770.
Pariset Stefano , dotto medico francese ,
1770 1847.
Parker Matteo, arcivescovo di Cantorbery,
1504-75.
■^Parmenide d'Elea, filosofo greco, v. 436.
Parmentier Antonio , agronomo francese,
1757-1813.
*Parmenione , capitano di Alessandro ,
V. 530.
Parny (Evaristo Desiderato di), empio
poeta francese, 1755-1814.
ParrasioGiano, grammatico italiano, 1470-
1554.
*Parrasio, pittore d'Efeso, v. 575.
Parry, viaggiatore inglese, 1790-1855.
Parsons (Personio), dotto gesuita inglese,
1547-1610.
Partenay Anna e Caterina sua figlia, erudite
francesi, xv e \vi secolo.
Partenio da Nicea, scrittore, v. 40.
Parola Paolo, storico veneziano, 1540-98.
Pascal Biagio da Clermoot, autor francese,
1625-62.
Pascasio Ralberto , benedettino francese ,
IX secolo.
Pasquier Stefano , magistrato parigino ,
1529-1615.
Passavanti fra Jacopo, domenicano fioren-
tino, -1357.
Passeri Giambattista , antiquario napole-
tano, 169M780.
Passeroni Gian Carlo da Tenda, poeta, 1 71 5-
1802.
Passionei ( iT cardinale ) , dotto italiano,
1682-1761.
Pasta Giuseppe, medico bergamasco, 1742-
1823.
Patin Guido, medico francese, 1601-72.
Patrizio Frane, filosofo dalmata, 1530 97.
Patrizio (san) scozzese, dottore della Chiesa,
V. 493.
Patrizio, storico greco, v. 550.
Patuzzi Gian Vincenzo da Corneliano, teo-
logo, -1769.
*Pausania, capitano lacedemone, -474.
Pausania, storico greco, ii secolo.
Paw (Cornelio di), erudito olandese, -1799.
Pavne Tommaso, pubblicista inglese. 1757-
1809.
Pearce, dotto evangelista inglese, 1690-
1773.
270
CRONOLOGIA
Pearson Giovanni , vescovo inglese , eru-
dito, 1613-86.
Pechmeja, letterato francese, 1741 -80.
Pecorone Giovanni, novelliere fiorentino,
1378.
*Pedo Albinovano, scrittor romano, v. 42.
Peel Roberto, uom di Stato inglese, 1778-
1850.
Pegolotti, mercante fiorentino del sec. xiv.
Peguilain, trovatore francese, xii secolo.
Peignot Stefano Gabriele, bibliofilo fran-
cese, 1767-1849.
Peiresc Nic, erudito francese, J.'d80-1657.
Pelagio d'Oviedo, cronist.i, v. 1170.
Pelagio, eresiarca, v secolo.
Pellegrino Cam. da Capua, erudito, -1548.
Pellegrino Simon Giuseppe da Marsiglia,
drammatico, 1661S-1745.
Pellegrino Tibaldi , architetto milanese,
1527-92.
Pellico Silvio da Saluzzo, scrittore italiano,
1789-1854.
Pellisson Fontanier da Beziers , politico
francese, 1624-93.
Pelloutier, dotto tedesco d'origine fran-
cese, 1694-1757.
"Pelopida, capitano tebano, v. 380.
Penn Guglielmo di Londra, capo dei Qua-
keri, 1644-1718.
Penna (Francesco della) da Macerata, mis-
sionario al Tibet, 1680-1747.
Penni Giovan Francesco, pittore fiorentino,
1488-1528.
Percy Pier Francesco, pubblicista francese,
1754-1825.
*Perdicca, capitano d'Alessandro, -322.
Perefìxe (Giovanni di), biografo francese,
-1670.
Pereira Goniez, medico spagnuolo,xvi sec.
Perez Antonio, dotto spagnuolo, v. 1598.
Perfetti Bernardino, improvisatore senese,
-1747.
Pergola (Angelo della), generale italiano,
-1426.
Pergolesi Giambattista da Jesi , composi-
tore di musica, 1704-57.
*Pericle, capitano ateniese, 494-429.
Perier Casimiro, ministro francese, 1777-
1832.
Perizonius Giacomo, dotto filologo olan-
dese, 1651-1715.
Perkins Eliseo, medico americano, -1795?
Perotli Nicolò, grammatico italiano, 1430-
1480.
Pcrrault Carlo, autore parigino, 1628-1703.
Perraull Claudio, architetto parigino, 1013
10G8.
Perrier (Carlo di) d' Aix, poeta latino, -1692.
Perron (Giacomo di), cardinale scrittore,,
1556-1618.
Perrot Nicolò d' Ablancourt , traduttore
francese, 1606-64.
Perruche Michele, scultore francese, 1685-
1779.
Persio Fiacco, satirico latino, 34-62.
Perticari Giulio, filologo romagnuolo, 1 799-
1822.
Pertusati Francesco, traduttore e scrittore
ascetico milanese, -1823.
Perugino (Pietro Vanucci), pittor romano,
1446-1524.
Peruzzi Baldassare , pittore e architetto
fiorentino, 1481-1556.
Pescetti, grammatico toscano, xvi secolo.
Pestalozzi Enr., educatore svizzero, 1745-
1827.
Petau Dionigi d'Orleans, gesuita, teologo
e cronologo, 1583-1652.
Petit Gian Luigi, chirurgo francese, 1674-
1750.
Petit Giovanni, teologo francese, -1411.
Petit Paolo, matematico francese, 1594-
1677.
Petit Samuele, antiquario protestante, 1 594-
1643.
Petit-Pied Nicola, teologo controversista
parigino, 1665-1747.
Petit-i^adel Filippo, medico parigino, n.
1749.
Petit Radei Francesco, dotto francese,
1756-1836.
PetitotGio., smaltista ginevrino, 1607-91.
Petòfi, poeta ungherese, 1823-48.
Petrarca Francesco d'Arezzo, poeta, 1304-
1 574.
Petronio Arbitro, autor latino, -66.
Peurbach Giorgio, astronomo austriaco,
1423-64.
Peulinger Corrado d'Augusta, dotto tede-
sco, 1465-1547.
Peyrère (La) di Bordeaux, teologo, -1676.
Peyrols, trovatore francese, xii secolo,
Peyssonel, antiquario francese, 1700-77.
Pe«ay (marchese di), autor francese, 1741-
1777.
Pezron Paolo, cronologo francese, 1659-
1706.
Pfeiffel Federico , giureconsulto francese,
.1726-1807.
Pfeifi'er, dotto orientalista tedesco, 1640-
1G98.
Philip Arturo, navigatore inglese, -1814.
Philipon de La Madelaine, letterato fran-
cese, 1734-1818.
TAVOLA ALI ADE! ICA D UOMINI ILLUSTRI
271
Pbranza Giorgio, storico bisantino, 1401-
1477.
Piazza Calisto, pittore lodigiano, -ISriC?
Piazzi Giuseppe, astronomo italiano, 1746-
4826.
Pibrac (Guido Dufaur), autor francese,
1529-84.
Picard Giovanni, astronomo de La Fiòche,
1G56-83.
Picard L. Benedetto, drammatico francese,
1769-1828.
Picard F. Benedetto, storico francese, 1680-
1720.
Piccini Nicolò, compositore napoletano,
1728 1800.
Piccolomini famiglia senese , che diede
molti illustri, fra cui Enea Silvio, dive-
nuto papa Pio II, 1 403-64 ; un cardi-
nale, letterato, 1422-79; Alessandro,
dotto italiano, 1308-78; Ottavio, gene-
rale imperiale, 1o99-1656.
Pichegru, generale francese, 1761-1801.
Pichler Weith, teologo tedesco, -1736.
Pichon, teologo francese, 1731-1812.
Picot abbate Michele, scrittore francese ,
1770-1841.
Pictet Benedetto da Ginevra, teologo, 1663-
1724.
Pictet Carlo da Ginevra, erudito, 1733-
1824.
Pier delle Vigne, cancelliere di Federico II,
-1246.
Pierin del Vaga (Buonaccorsi), pittore ita-
liano, V. 1347.
Pierio Valeriano di Belluno , letterato ,
-1338.
Piermarini Giuseppe da Foligno, archi-
tetto, 1734-1808.
Pierson, critico olandese, -1739.
Pietro Comestore, erudito francese, xii sec.
Pietro Crisologo (san), v. 432.
Pietro da Cortona (Berettini), pittore, 1009-
1669.
Pietro delle Fontane, giureconsulto fran-
cese, V. 1269.
Pietro des Vaux, storico francese, v. 1212.
Pietro di Blois, id., v. 1200.
Pietro di Cluny, il Venerabile, 1091-1136.
Pietro Eremita d'Amiens, -1113.
Pietro Martire Vermiglio, apostato italiano,
XV secolo.
Pietro .Martire (san), -1236.
Pietro (san) d'Alcantara, 1499-1362.
Pietro (san), principe degli Apostoli, -66?
Pigafetta Antonio da Vicenza, descrisse i
viaggi di Magellano e suoi dal 1319 al 22,
Pigalle, scultore francese, 1714-83.
Piganiol de La Force, storico francese,
1673 1765.
Pigault-le-Brun , romanziere francese,
1733-1833.
Pighio, antiquario olandese, 1320-1604.
Pigna, storico e letterato italiano, 1329-73.
Figneau di Behaine, missionario francese,
1 741 -99.
Pìgnorio, erudito italiano. 1371-1631.
Pignotti Lorenzo, favoleggiatore e storico
Uiscano, 1739-1812.
Pikler, famiglia tirolese, da cui molti in-
cisori su pietre dure nei sec. xviii e xix.
'Pilade, pantomimo romano, i secolo.
Pilato Leonzio, filologo grecista, v. 1570.
Pilatre de Rosier, fisico francese, 1736-86.
^Pindaro, poeta lirico da Tebe, -442.
Pindemonte Ippolito, poeta veronese, 1733-
1828.
Pi nel, medico francese, 1743-1826.
Pinelli, bibliografo napoletano, 1333-1631.
Pingone Emanuel Filiberto, dotto savo-
jardo, 1323-81.
Pingré Alessandro, astronomo parigino,
1711-96.
Pinheiro-Ferreira Silvestro, pubblicista
portoghese, 1769-1847.
Pinkerton Gio., erudito scozzese, 1738-
1826.
Pino Ermenegildo, naturalista milanese,
1739-1823.
Pins (Giovanni di), vescovo di Rieux, 1470-
1357.
Pinsson Francesco, giureconsulto francese,
1612-91.
Pinturicchio Bernardino, pittore, -1383.
Piranesi Giambattista, intagliatore veneto,
1 720-78.
Piron Alessio, poeta francese da Bigione,
1089-1773.
^Pirrone d'Elide, filosofo scettico, v. 276.
Pisan (Cristina di), veneziana, scrittrice
francese, 1363-1413.
*Pisandro, poeta greco, v. 648.
Pisano (Tomaso di) da Bologna, astrologo,
V. 1330.
'Pitagora, filosofo greco, 580-300.
*Pitea, astronomo e navigatore di Marsi-
glia, V. 348.
"Pitea, orator ateniese, v. 338.
Pithou Francesco da Troyes, giureconsulto,
V. 1631.
Pithou Pietro da Troyes, scrittore, 1 339-96.
Pitisco Samuele, dotto filologo olandese,
1361-1613.
Pitt Guglielmo, ministro inglese, 1708-78 ;
suo figlio del nome stesso, 1736-1806.
272
CRUNOLOGfA
*Pittaco da Mitilene , uno de' Sette savj,
649-579.
Pizzarro Francesco, ammiraglio spagnuolo,
J 465-1 541.
Place (0. de La), poeta francese, 1707-93.
Piacentino, giureconsulto, xii secolo.
Plantin Cristoforo d'Anversa, tipografo,
XVI secolo.
Planude Massimo, monaco greco, xiv sec.
Platina (Bartolomeo Sacchi detto), storico
italiano, 1421 81.
*Platone, filosofo greco d'Egina, 450-347.
*Platone il giovane, poeta comico, v. 500.
"Plauto Marco Accio, poeta Ialino, 222-184.
Playfair Giovanni, matematico e geologo
inglese, 1749 1819.
Plessis fDu), dotto benedettino francese,
1689 1767.
Plinio il vecchio, naturalista romano, 23-79.
Plinio Cecilio, autor romano, G2-11o.
Plotino, filosofo alessandrino, 205-270.
*Plozio L., retore gallo, i secolo.
Pluche Natale, autor francese, 1688-1761.
Pluquet Francesco, id., 1716-80.
Plutarco, filosofo platonico, v. 400.
Plutarco, storico e filosofo greco, 50-119.
Pocock Edoardo , dotto teologo inglese ,
1604-91.
Pococke Rie, viaggiatore inglese, 1704-
1765.
Poggiani Giulio, letterato novarese, 1522-
1568.
Poggio Bracciolini, dotto italiano, 1580-
1459.
Poinsinet di Sivry, drammaturgo francese,
1733-1804.
Poiret Pietro, autore protestante francese,
1646-1759.
Poisson Raimondo, attore ed autore dram-
matico francese, -1690.
"Polemone, filosofo ateniese, v. 315.
Poleni Giovanni, matematico da Venezia,
1685-1761.
'Polibio, medico greco, v. 420.
^Polibio, storico greco, 205-148.
*Policleto da Sidone, scultor greco, v. 461 .
'^Policrale, tiranno di Samo, vi secolo.
Polidoro Virgilio, storico d'Urbino, 1470-
1555.
Polidoro da Caravaggio, pittore, 1 495-1 545.
Polieno, storico greco, v. 16i.
Poliuto, martire armeno del in secolo.
Polignac (Melchiorre di), cardinale e au-
tore francese, 1661-1741.
*Polignoto da Taso, pittor greco, v. 420.
Politi Catarino , giureconsulto e teologo
italiano, 1487-1553.
Poliziano Angelo da Montepulciano, lette-
rato, 1454 95.
*Pullione Cajo Asinio, oralor latino, v. 50.
Pollione Trel)ellio, storico romano, v. 500.
Polluce Giulio, grammatico greco, n sec.
Polo Marco, viaggiatore veneziano, 1250-
1323.
Polo Reginaldo, cardinale inglese, 1 500-58.
Ponibal (il marchese di), mmistro porto-
ghese, 1699-1782.
"Pompeo Magno, capitano romano, 1 06-48.
Pompignan ( Lefranc di), poeta francese,
1709-84.
Pomponazzi Pietro, filosofo e medico ita-
liano, 1463-1525.
"Pomponio Attico, dotto romano, v. 50.
Pomponio Feslo, grammatico, v. 358.
Pomponio Leto, dotto letterato napoletano,
1425-97.
Pomponio Mela, geografo, v. 78.
Pomponio Sesto, giureconsulto romano.
Il secolo.
Pontano Gioviano, filosofo italiano, 1426-
1505.
Pontano o Da Ponte, grammatico fìammin
go, 1480-1530.
Pontoppidan Erico, autor norvegio, 1698-
1764.
Pontormo (Giacomo Carrocci), pittore to-
scano, 1493-1536.
Pope Alessandro, poeta inglese, 1688-1744.
Popma (Ausonio di], filologo e giurecon-
sulto tedesco, -1615.
"Poramone, filosofo alessandrino, v. 279.
Porcacchi Tommaso aretino, storico, -1585.
Pordenone Giulio, pittor veneziano, 1500-
1561.
Porfirio, platonico greco, 255-305.
Porpora Nicola, musico napoletano, 1685-
1767.
Porporati Carlo, incisore torinese, 1741-
1816.
Porta Carlo, poeta milanese, 1776-1821.
Porta (Giacomo della), architetto milanese,
1530-95.
Porta (Giambattista della) , fisico napole-
tano, 1540-1615.
Portalis Stefano Maria, giureconsulto fran-
cese, 1746-1807.
Porte du Theil (de La), autore francese,
1742-1815.
Portes (Des) , protestante francese, 1546-
1606.
Porzio Camillo , storico napoletano, xvii
secolo.
*Posidippo, poeta comico njacedone, v.
330.
TAVOLA ALFABETICA d'UOMINI ILLUSTRI
273
*Posidonio, filosofo stoico, i secolo.
Possel Giovanni, filologo tedesco, -1591.
Postel Guglielmo, dotto francese, 1510 81.
"Postumio, dittator romano, v secolo.
Potamone, filosofo greco d'Alessandria, ii
secolo.
Potemkin, ministro russo, 1736-91,
Pothier Roberto, giureconsulto francese,
1690-1772.
Potter Roberto, grecista e poeta inglese,
1721 -180i.
Pouqiieville Francesco Carlo, viaggiatore
e diplomatico, 1770-1838.
Pouschkine Alessandro, poeta russo, 1799-
1837.
Poussin Nicola, pittore francese, 1594-
1665.
Pozzodiborgo Carlo Andrea , diplomatico
còrso, 1764 1842.
Pradon, poeta tragico francese, 1632-98.
Pradt (monsignore di), arcivescovo di Ma-
lines, 1759-1837.
*Prassagora, storico ateniese, iv secolo.
*Prassilla da Sidone, poeta, v. 470.
'Prassitele, scultor greco, v. 320.
*Prativa, poeta tragico, v. 500.
Preti Girol., calabrese, secentista, 1613.
Prévot d'Exiles Antonio, autor francese,
1697-1763.
Pricseus o Price, dotto scoliaste inglese,
1600-76.
Price Ricardo, autor politico inglese, 1723-
1 791 .
Prideaux, dotto teologo inglese, 1 578-1 650.
Prideaux Umfredo, antiquario e storico in-
glese, 1648 1724.
Prierio (Silvestro Mazzolino di), domeni-
cano controversista, -1523.
Priestley Giuseppe, fisico inglese, 1733-
1804.
Primaticcio Francesco, architetto e pittore
italiano, 1490-1570.
Prince, teologo e biografo inglese, 1643-
1723.
Prior Matteo, poeta inglese, 1664-1721.
Prisciano, grammatico da Cesarea, v. 525.
Prisciano da Costantinopoli, poeta latino,
v. 560.
Priscilliano, eresiarca, iv secolo.
Prisco di Panio, storico bizantino, v secolo.
Prisco, giureconsulto romano, v. 106,
Procaccini, pittori bolognesi: Ercole, 1520-
1591 ; Camillo, iriiO-1626; Giulio Cesare,
1548-1626-, Ercole, 1596 1676.
Precida (Giovanni da), gentiluomo napole-
tano, n. 1225.
Proclo, filosofo platonico, -487.
Procopio da Cesarea, storico greco, -565.
Procopio da Gaza, dottor della Chiesa greca,
v. 640.
*Prodico, sofista greco, v. 400.
Pronv Gaspare, ingegnere francese, 1755-
1839.
'Properzio Sesto Aurelio , poeta latino ,
52-12.
Prospero (san) d'Aquitania, poeta cristiano
latino, 403-63.
Prospero Tiro, poeta gallo, v secolo.
'Protagora d'Abdera, sofista greco, 489-
408.
*Protogene, pittor greco, v. 336.
Proyart (l'abbate), autor francese , 1743-
1808.
Prudenzio Aurelio Clemente , poeta cri-
stiano latino, V. 405.
Psaume, dotto prelato francese, 1518-75;
Psello Michele, autor greco, -1079.
'Publio Nigidio Figulo, filosofo pitagorico,
V. 50.
'Publio Siro, poeta mimico latino, v. 36.
Pucci Francesco, controversista italiano,
-1600.
Puffendorf Samuele, pubblicista e storico
tedesco, 1632-94.
Puget Pietro, ingegnere, pittore e scultore
francese, 1622 94.
Pulci Luigi, poeta italiano, 1432-87.
Purchas, itinerografo, v, 1526.
Purchas Samuele, teologo inglese, 1577-
1628.
Puricelli, dotto compilatore italiano, 1589-
1659.
Puteano (Erico Dupuy), filologo fiammingo,
1574 1646.
Putschio Elia, id., 1580-1605.
Puy (Claudio Du), giureconsulto francese,
1583-1651.
Pyle, teologo inglese, 1674-1756.
Pujati Giuseppantonio , medico friulano ,
1701 60. Giuseppe Maria suo figlio, teo-
logo, 1733-1824.
Cantò, Documenti. — Tomo I, Cronologia.
XS
274
CRONOLOGIA
«
Quadrio Francesco Saverio di Valtellina,
letterato, 169S-1756.
Quarin Giuseppe, medico austriaco, 1774-
1814.
Quatremaire Roberto, benedettino francese,
1611-71.
Quatremère de Quincy Crisostomo, erudito
francese, 1 753-1849.
Quattromani Sertorio , letterato italiano ,
1851-1606.
Qiiensted Giovanni Andrea, teologo tede-
sco, 1617-88.
Querenghi Antonio, poeta italiano e latino,
1546-1653.
Querini Angelo Maria, cardinale veneziano,
1680 1736.
Querno Camillo, poeta burlesco latino, v.
1528.
Quesnay Francesco, medico ed economista
francese, 1694-1774.
Quesne (Abramo Du), pilota francese, 1610-
1688.
Quesnel (l'abbate), storico francese, 1699-
1774.
Quesnel Pascasio, teologo francese, 1634-
1719.
Quetif Giacomo di Parigi, domenicano sto-
rico, 1618-98.
Quevedo Francesco de Villegas, poeta e
letterato spagnuolo, 1580-1645.
Quien (Le), erudito domenicano francese,
1661-1753.
Quinault Filippo, poeta francese, 1635-88.
Quintiliano Marco Fabio, retore ed uma-
nista latino, sotto Adriano.
Quintinie (Giovanni de La), agronomo fran-
cese, 1626-88.
Quinto Calabro Smirneo, greco continua-
tore d'Omero, secolo v.
Quinto Curzio, storico latino d'età incerta.
Quinziano Gian Francesco, poeta Italiano,
1484-1357.
Quiros (Pedro de), ammiraglio spagnuolo,
-1614.
K
Raban Mauro, dotto vescovo di Magonza,
776 856.
Rabelais Francesco, autof francese, 1483-
1553.
*Rabirio, poeta latino, v. 15.
Rabutin (Bussy) da Nevers, autore, 1618-
1693.
Rricine Bonaventura, storico ecclesiastico,
1678-1745.
Racine Giovanni, poeta drammatico fran-
cese, 1639 99.
Racine Luigi, poeta francese, 1692-1763.
RadclilTè Anna, moralista inglese, 1764-
1823.
Raimondi Giambattista, orientalista cremo-
nese, 1340 1627?
Raimondi Marcantonio, incisor bolognese,
1488-1546.
Raimondo (san) di Pegnafort, compilatore
delle Decretali, 1185-1273.
Rainaldi, storico ecclesiastico, 1595-1671.
RaleighGuglielmo,navigator inglese, 1532-
1618.
Kameau Gian Filippo, compositore di mu-
sica francese, 1683 1764.
Ramler Carlo, poeta tedesco, 1725 98.
Ramsay (Andrea di) , letterato francese ,
1686-1743.
Ramsden Jesse, ottico e meccànico inglese,
1755 1800.
Ramus Pietro, filosofo francese, 1502 70.
Ramusio o Ramnusio Giambattista, storico
italiano, -1557.
Rancé (Armando di), abbate riforinatore
della Trappa, 1626-1700.
Rapiu di Toiras Paolo, storico francese,
1661-1725.
Rapin Nicolao^ poeta francese, 1540 1608.
Rapin Renato, letterato francese, 1621 87.
Rflsori Giovanni di Parma, medico, 1766-
1837.
Rases, storico arabo di Spagna, v. 928.
Rfltramno, frate francese, ix secolo.
Ranch, scultore di .Arolsen, 1777-1857.
Rawlinson, autor inglese, -1715.
Ray Gio., naturalista inglese, 1628 1705.
Raymaro Ursus, matematico danese, v.
1600.
Raynal Guglielmo, storico francese, 1713-
1796.
TAVOLA ALFABETICA D UOMINI ILLUSTllI
27»
Raynaud Teofilo, scrittor ecclesiastico fran-
cese, 1583- I(i63.
Raynoiiard Francesco Giusto, erudito e
poeta francese, Ì76I-I836.
lìeal (di Curban), pubblicista francese,
1082-1752.
Iléaumur Renato, fisico francese, 1683-
1767.
Redi Francesco di Arezzo, dotto medio© e
naturalista, 1020-94.
Reginone, cronista tedesco, -915.
lìegis Pietro Silvano, filosofo francese,
1632-1707.
Re;.'ius Urbano (Lerov) , dotto francese ,
-^1577.
Regnard Giovanni, poeta comico parigino,
1647-1709.
Regnault Giambattista, pittore parigino,
17541829.
Regnier Maturino, poeta satirico, 1575-
1613.
Regnier Desmarais Francesco , letterato
francese, 1632 1713.
Reid Tommaso, filosofo scozzese, 1710-96.
Reigny (RelTroy di), autor francese, 1757-
1810.
Reimann Giacomo, bibliografo da Gronin-
ga, 1668-1 7 i3.
Reinesio Tommaso, filosofo ed autore da
Gota, 1587 1667.
Reinhard Francesco, predicatore tedesco,
1753 1813.
Reinhold, metafisico tedesco, 1758-1823.
Reiske Giangiac, dotto tedesco, 1716-74.
Reland Adriauo , orientalista olandese ,
1666-1718.
Rembrandt van-Rein , pittore olandese ,
1606-74.
Remigio (san), arcivescovo di Reims, 438-
533.
Remusat Abele, orientalista e sinologo fran-
cese, 1788-1832.
Renano Beato, filologo tedesco, -1547.
lìenaudot Eusebio, orientalista, 16i6-1720.
Renaudot, storico francese, 1730-80.
Renaudot Teofrasto, primo giornalista fran-
cese, 1584-1653.
Renazzi Filippo Maria, giureconsulto ro-
mano, 1747-1808.
Remici Giovanni, uffiziale inglese, geo-
grafo, 1742 1830.
Rennio Giovanni, ingegnere inglese, 1761-
1822.
Requenoy Vives, letterato spagnuolo, 1743-
1811.
Resnel de Bellay Giovanni, letterato fran-
cese, 1692-1761.
Restif de La Bretonne, autor francese,
1734 1806.
Retz (Pietro di Gondy, cardinale di), di-
plomatico, 1614-79.
Reucbiin Giovanni, filologo tedesco, 14S5-
1522.
Reynolds sir Giosuè, pittore inglese, 1723-
1792.
Rhazis Maometto, medico arabo, 850 923.
Ribera Francesco, poeta spagnuolo, 1580-
1629.
Ricard Domenico, letterato francese, 1741-
1803.
Ricardo Davide, economista inglese, 1772-
18Ì3.
Hiccati Vincenzo, dotto matematico trevi-
sano, 1707-75.
Ricci (padre) Matteo, missionario da Ma-
cerata, 1552-1610.
Ricci Michelangelo, matematico italiano,
1619 82?
Ricci Scipione, vescovo di Pistoja, 1741-
1810.
Riccioli Giovanni, astronomo da Ferrara,
1593 1671.
Riccoboni Luigi di Modena, comico fran-
cese, 1674-1753.
Riccoboni (madama), attrice e autrice pa-
rigina, 1714-92.
Richard , gesuita francese , matematico
1589 1664.
Richardot, dotto vescovo d'Arras, 1507-74.
Ricbardson Samuele, tipografo e roman-
ziere inglese, 1689-1761.
Richelieu Armando Giovanni Duplessis
(cardinale di), ministro francese, 1585-
1642.
Richer Edmondo, teologo francese, 1560-
1631.
Ricbter Giovan Paolo, umorista tedesco,
1763-1825.
Rienzi (Nicola Gabrino di Lorenzo), tri-
buno romano, 1310-54.
Riga, poeta greco, 1753-98.
Rigaud Giacinto, ritrattista francese, 1659-
1743.
Rigault Nicolò, filologo francese, 1577-
1654.
Rigoley di Juvigny , letterato francese ,
-1788.
Rinuccini Ottavio, poeta fiorentino, -1621.
Riperda, uomo di Stato, v. 1737.
Riquet (Pietro di), ingegnere francese,
1604-80.
Risbeck Gaspare, autore tedesco, 1750-86.
Rittenbouse, astronomo americano, 1732-
1796.
276
CRONOLOGIA
Rivarol (Antonio di), letterato francese,
1754 1801.
Rivault (David de Fieurance), autor fran-
cese, 1571-1616.
Robert d'Auxerre, cronista francese, -1212.
Roberti Giambattista, gesuita italiano, po-
ligrafo, 1712-86.
Robertson Guglielmo , storico inglese ,
1721 93.
Roberval (Gilberto di), geometra francese,
1602-75.
Robespierre Massimiliano di Arras, rivolu-
zionario, 1759-94.
Robilan Benedetto di Torino, minerologo,
1724-1801.
Robins, matematico inglese, 1707 51.
Robinson Maria, commediante ed autrice
inglese, 1758-1800.
Robortello Francesco , fdologo italiano ,
1516-67.
Rochefort, letterato francese, 1731-88.
Rochefoucauid (Francesco de La), mora-
lista francese, 1613-80.
Rochester (Giovanni Wilmot di), poeta in-
glese, 1648-80.
Rochon Alessio , astronomo e navigatore
di Brest, 1741-1817.
Rochon de Chabannes, autor drammatico
francese, 1750-1800.
Rocque (A. de La), poeta da Marsiglia,
1672-1724.
Roderer Pier Luigi, magistrato e storico,
1754-1835.
Rodia, medico e archeologo danese, 1587-
1659.
Rodigino Celio, filologo italiano, 1450-
1525.
Rodney Giorgio, ammiraglio inglese, 1717-
1792.
Rodriguez (b. Alfonso), ascetico spagnuolo,
1526-1616.
Roe, viaggiatore inglese, 1560-1644.
Roger di Howeden , storico inglese , v.
1199.
Roger Fr., letterato francese, 1776-1842.
Rohan (Enrico duca di), capitano e scrit-
tore militare, -1638.
Rollin Carlo, storico francese, 1661-1741.
Romagnosi Gian Domenico piacentino,
giurista, 1771-1835.
Romano (san), eremita francese, 425 460.
Romano (san), vescovo di Rouen, 639.
Rome de Lisle, fisico francese, 1736-90.
Romer Olao , astronomo da Copenaghen ,
1644-1710.
Romiily Samuele, giureconsulto inglese,
1758-1818.
Romme Carlo, geometra francese , 1744-
1805.
Romualdo (san) di Ravenna, fondatore de'
Camaldolesi, 956-1027.
Rondinelli, letterato fiorentino, 1589-1665.
Rondolet Guglielmo, naturalista di Mont-
pellier, 1507-66.
Ronsard (Pietro di), poeta francese, 1525-
1586.
Rosa Salvatore , pittore e poeta italiano ,
1615-97.
*Roscio Quinto, comico latino, v. 50.
Roscoe Guglielmo, storico inglese, 1752-
1831.
Roscommon Wentworth , poeta inglese ,
1653-84.
Rosellini Ippolito , antiquario italiano ,
1800-43.
Rosello Lucio Paolo, giureconsulto italiano,
1580-1466.
Rosmini-Serbati Antonio da Roveredo, fi-
losofo, 1797-1855.
Rosselli Cosmo, pittore fiorentino, 1416-84.
Rossetti Gabriele, poeta napoletano, 1792-
1854.
Rossi Bastiano , uno dei fondatori della
Crusca, 1582.
Rossi Gian Vittorio (Janus Nicius Ery-
ihrcBus) , filologo e biografo romano,
-1 647.
Rossi Pellegrino di Carrara, economista e
diplomatico, 1787-1848.
Rossi Properzia, pittrice bolognese, 1495.
Rossi Quirico, poeta e predicatore italiano,
1696 1760.
Rossignol, dotto gesuita francese, 1726-
1807.
Rosso (il), pittore fiorentino, 1496-1541.
Rostopchin Teodoro, generale russo, 1765-
1826.
Rota Bernardino, poeta napoletano, -1575.
Rotrou (Giovanni di), poeta francese, 1609-
1650.
Rotteck Carlo di Friburgo in Brisgovia,
storico e statista, 1775-1840.
Roucher Giovanni, poeta francese, 1745-
1794.
Rouget de l'Isle, autore della Marsigliese,
1760-1836.
Rousseau Giambattista, poeta francese,
1670-1741.
Rousseau Giangiacomo di Ginevra, filosofo,
1712-78.
Rowe Nicola, poeta drammatico inglese,
1673-1718.
Roy Pietro Paolo, poeta francese, 1683-
1764.
TAVOLA ALKABETICA D UOMINI ILLUSTRI
277
Royer-Collard , oratore e filosofo francese,
1763-1843.
Royon , giornalista ed autore francese ,
1741-92.
Rozier Gio., agronomo francese, 1734 93.
Rubens Pietro Paolo, pittore fiammingo,
1577-1640.
Rubruquis Guglielmo (Ruysbroeck), fran-
cescano olandese , viaggiatore del xiii
secolo.
Rncellai Gio., poeta fiorentino, 1473-1523.
Rue (Carlo de la) , predicatore e retore
francese, 1643-1725.
Rufino d'Aquileja , storico ecclesiastico,
v.^OS.
Rufo Pesto, storico latino, v. 370.
Ruhnkenio Davide, filologo tedesco, 1723-
1798.
Ruinart Teodorico, dotto benedettino fran-
cese, 1657-1709.
Rulhière (Claudio di), storico francese,
1735-91.
Runiford Beniamino , fisico degli Slati
Uniti, 1753 1814.
Rumpt G., botanico tedesco, 1626-93.
Rupert (il principe), generale inglese,
1619-82.
Ruperti (abbate), scrittore ecclesiastico,
XIII secolo.
Ruscelli Girolamo da Viterbo, critico ita-
liano, -1566.
Rushworth Giovanni, autore inglese, 1607-
1690.
Rutilio Numaziano, poeta latino, v. 420.
Ruysck Francesco dall'Aja, anatomista,
1638-1731.
Ruyter Michele Adriano, ammiraglio olan-
dese, 1607-76.
Rymer Tommaso, storico inglese, 1650-
1713.
8
Sa 0 Saa, dotto gesuita portoghese, -1596,
Saa de Miranda, poeta portoghese, 1495-
1558.
Saadi da Schlraz, poeta persiano, 1195-
1296.
Saas, bibliografo francese, 1703-74.
Saavedra Faxardo, moralista e storico spa-
gnuolo, 1584-1648.
Sabatier Antonio, letterato francese, 1742-
1817.
Sabatier Rafaele, chirurgo francese, 1732-
1811.
Sabatino Andrea, pittore salernitano, -1 480.
Sabellico Marcantonio, storico veneziano,
v. 1506.
Sabellio, eresiarca, iii secolo.
Sabino Giorgio, poeta brandeburghese,
1508-60.
Sablier, letterato francese, 1693-1786.
Sablière (madama de La), -1680.
Sacchetti Franco , novellista fiorentino
1335-1410.
Sacchi Giovenale, milanese, scrittore di
musica, 1726-89.
Saccbini, napoletano, compositore di mu-
sica, 1755-86.
Sacrobosco Giovanni, astronomo inglese,
v, 1226.
Sacy (Le Maistre di), commentator biblico,
1613-84.
Sacy (Luigi di), letterato francese,- 1654-
1727.
Sacy Silvestro, orientalista parigino, 1758-
1838,
Sade (marchese di), autor francese, 1740-
1814.
Sadoleto Giacomo , cardinale e letterato
modenese, 1502-47.
*Saffo, poetessa greca, n. v. 612.
Sagittario Gasp., storico sassone, 1643-94,
Sagredo Giovanni, storico veneziano e
doge nel 1675.
Saint-Allais (Viton de), genealogista fran-
cese, 1773 1842.
Saint- Amand (di), poeta francese , 1594-
1660.
Saint-Cyran (abbate di), teologo francese,
1581-1642.
Saint-Evremont (Carlo di), autor francese,
1613-1703.
Saint-George, letterato francese, 1745-99.
Saint-Lambert (Carlo Francesco ili), poeta
francese, 1717-1803.
Saint Martin Claudio d'Amboise, teosofista,
1743-1803.
Saint-Non (Ricardo abbate di), 1727-91.
Saint-Pavin Dionigi, poeta francese, 1600-
1670.
Saint-Pierre Bernardino , autor francese ,
1737-1814.
Saint-Pierre Carlo, pubblicista e moralista
francese, 1658-1743.
Saint-Simon (conte di) Claudio Enrico ,
capo dei Sansiraonisti, 1760-1825.
278
Saint Simon (duca di) Luigi, autor fran-
cese, 1 675-1 75S.
Sainte-Beuve, casista francese, 1Glo-77.
Sainte-Croix Guglielmo , dotto scrittore
francese, 1746-1809,
Sainle-iVJarthe, famiglia francese, illustre
per varj scritlori.
Saiote-Palaye Giambattista, erudito fran-
cese, 1697-1781.
Salandri Pellegrino, poeta italiano, -1771.
Sale (de La) Antonio, romanziere francese,
1598-1462.
Salinas y Cordova, dotto peruviano, -1635.
Salis Ulisse, grigione, storico e guerriero,
1594-1674.
Salisbury (Gio. di), dotto inglese, -1180.
Sallengre, autor olandese, 1694-1723.
Sallier Claudio, filologo francese , 1685-
1761.
Sallo (Dionigi di), francese, primo esten-
sore del Journal des Savans^ 1626-69.
^Sallustio Cajo Crispo, storico latino, 86 38.
Sallustio, lìlosolo platonico, vi secolo.
Salomes, poeta aploellenico, -1857.
Salutato Coluccio , dotto italiano, 1330-
14U6.
Saluzzo Diodata , poetessa piemonlese ,
1774-1840.
Salviani Ippolito, ittiologo italiano, 1514-
1572.
Salviano, dotto prete di Marsiglia, 590-484.
Salviano, giureconsulto latino, v. 148.
Salviati Leonardo , biologo fiorentino ,
1540-89.
Salvini Antonmaria, id., 1053-1729.
Salvino degli Annali, borentino, inventor
degli occbiali, -1517.
SaiuOuc Giovauui, meif^co e storico unghe-
rese, 1531-84.
Sanchez Tommaso, teologo da Cordova,
1550-1610.
*Sanconialone, scrittore fenicio, n. 1040.
banders iNicula, teologo inglese, 1527 80.
Sandio Ciisioforo , socimano prussiano ,
1644-80.
Sandis Edwin, viaggiatore e poeta inglese,
1576 1643.
Sangallo Antonio , architetto borentino ,
-1546.
Sanmicbeli Michele, architetto veronese,
1484-1559.
Sannazaro Giovanni , poeta napoletano ,
1458-1550.
"Sannirio, poeta greco, v. 429.
Sansevero (llaimondo di Sangro), principe
napoletano, architetto, -1771.
Sanson INicolò, geografo francese, 1600-67.
CRONOLOGIA
Sansovino Francesco, letterato italiano,
1521-86.
Sansovino (Giacomo Tatti da), architetto
toscano, 1479-1570.
Santeuil (Giovanni di), parigino, poeta la-
tino, 1630-97.
"Santippe, capitano ateniese, v secolo.
''Santippe, capitano lacedemone, v. 255.
Santorini Gian Domenico, anatomista ve-
neziano, -1737.
Santorio da Capo d'Istria, medico, -1636.
Sanuto Marino, storico veneziano, 1466-
1551.
Sanvitali, matematico italiano, 1704-61.
Sanzio Rafaele d'Urbino, pittore, 1483-
1520.
Sarasa Alfonso Antonio, gesuita fiammingo,
-1667.
Sarmiento da Gamboa, navigatore spa-
gnuolo, XVI secolo.
Sarpi fra Paolo, teologo veneziano, 1552-
1623.
Surrasin, autor francese, 1603-54.
Sassi Giuseppe Antonio, critico milanese,
1675-1751.
Sassonia (Maurizio di), generale francese,
1696 1750,
Saumaise (Salmasius) Claudio, dotto fran-
cese, 1588 1658.
Saunderson iNicolò, matematico inglese,
1682-1759.
Saurin Bernardo, poeta drammatico fran-
cese, 17u6 81.
Saunn Giac, predicatore francese, 1677-
1750.
Sauriii Giuseppe da Gourtaison, matema-
tico, 16ò9 1757.
Saussay Andrea, dotto ecclesiastico pari-
gino, 1598-1675.
Saussure (Benedetto di), fisico ginevrino,
1740-99.
Sauvuge Dionigi, letterato francese, -1587.
bauvage Francesco , medico e botanico
francese, 1706-67.
Sauveur Giuseppe, matematico francese,
1653-1716.
Savary Ciac, negoziante di Douai, 1622-
1690.
Savary Nicolò, viaggiatore ed orientalista
lìanceso, 1750-88.
Savary ilenato, duca di Rovigo, generale
liauceso, 1774-1833.
Saviguy Carlo, giurista tedesco, 1779-1838.
Savioli Lodovico bolognese, poeta, 1729-
1804.
Savouaj'ola (fra Girolamo) di Ferrara, pre-
dicatore e palrioto, 1452-98.
TAVOLA AtTARrTICA D'UOMIM II r ISTRI
279
Saxo, grammatico e storico danese , xm
secolo.
Say Giambattista di Lione , economista
francese, 1 707- J 852.
Scaligero Giulio Cesare, filologo italiano,
1 484- J 558.
Scaligero Giuseppe Giusto, filologo fran-
cese, 1540 J6()9.
Scamoz^i Vincenzo, architetto vicentino,
XVII secolo.
Scanderbeg Giorgio Castrioto, capitano al-
banese, 1414-02.
Scapala, (ìlologo tedesco, xvi secolo.
Scarpa Antonio, anatomico friulano, 1747-
1852.
Scarron Paolo, poeta parigino, 1010-00.
*Scevola Cajo Muzio, giureconsulto ro-
mano, V. 507.
Scbadow Giovanni Goffredo, scultore prus-
siano, 1704-1850.
Scheiner Cristoforo, gesuita e astronomo
tedesco, 1575 -1050.
Schelestrate, autor belgico, 1049-92.
Scbelhorn biovanni Giorgio , bibliografo
tedesco, 1094-1775.
Schelling Federico del Wurtemberg, filo-
solo, J 775-1854.
Schickard Giovanni, orientalista tedesco,
1592-1055.
Schiller Gian Federico , poeta tedesco ,
1759 1805.
Schilling di Soletta, storico, v. 1480.
Schlegel Federico, critico e storico d'Han-
nover, 1772-1829.
Schlegel Guglielmo, critico e poeta, 1767-
1852.
Schlegel Gio. Elia, poeta tedesco, 1718 49.
Schleiermacher Federico, filosofo tedesco,
1708-1634.
Schlosser Cristiano, storico tedesco, 1770-
1801.
Schmeitzel, storico ungherese, 1079-1747.
Schmidt Michele Ignazio, storico tedesco,
1750-94.
Schmidt Cristoforo, td., 1740-1801.
Schoeider Giovanni, filologo tedesco, 1750-
1822.
Schott Gaspare, fisico tedesco, -1000.
Schroeder Gioachino, orientalista tedesco,
1080-1750.
Schultens Alberto, id., 1080-1730.
Schulze J. H., medico e filologo tedesco,
1087-1744.
Schulze Ernesto, filosofo tedesco, 1701-
1855.
Schwantbaler Francesco, scultore tedesco,
1800-54.
Scbwartz Bertoldo , francescano fribur-
gbese del secolo xm, cui attribuiscono
l'invenzion della polvere.
*Scilace, geografo greco, -o2o,
^Scimmia da Rodi, poeta lirico, v. 319.
"Scimmia, filosofo tebano, v, 416.
'Scimno da Chio, geografo e poeta, v. 92.
Scinà Dom., fisico di Palermo, 1705-1837.
Scioppio (SchoppJ Gaspare, critico tedesco
1570-1049.
'Scipione Publio Cornelio, detto Africano
230-172.
Scolari Giorgio, dotto greco, patriarca di
Costantinopoli nel 1453.
"Scopa, architetto e statuario greco, n. 460.
Scopoli Gianoantonio, naturalista italiano
1723-87. '
Scott Erigena, dotto irlandese, ix secolo.
Scott (sir WalterJ , romanziere scozzese ,
1771-1832.
Scotto Michele, dotto scozzese, xm secolo.
Screvelio Cornelio, grammatico olandese
1015-07.
Scribani Carlo, autore belgico, 1561-1629.
Scriverlo ( Schryver ; , autore olandese
1570-lObO.
Scuderi (madamaj, autricq francese, 1607-
1701.
Scupoli Lorenzo, ascetico teatino, -1610.
Sebastiani còrso, maresciallo ui Francia
-1851. '
Seckendorf (Vito Luigi dij, autor tedesco,
1020-92.
Second Giovanni dall'Aja, poeta latino
1511-50. '
Sedaine, autor drammatico francese 1719-
1797. '
Sedillot Giangiacomo, astronomo e orien-
talista francese, 1777-1 «52.
Seduiio Cajo Celio, poeta latino, v secolo.
Segato Girolamo, naturalista bellunese,
1793-1830.
Segaud Guglielmo, predicatore parigino,
-1 748.
Segueri Paolo da iNettuoo, gesuita, predi-
catore ed ascetico, 1024-94.
Segni Pietro, storico italiano, -1538.
Segrais (Giovauni Rinaldo dij, poeta fran-
cese, 1024-1701.
Seguier Pietro, magistrato parigino, 1388-
1072.
Seguier Pietro, antiquario e naturalista
francese, 1705-84.
Segur Filippo , maresciallo di Francia ,
1724-1801.
Segur Luigi Filippo, suo figlio, autore di
Me/none, 1753 1853.
280
CRONOLOGIA
Selden Giovanni, archeologo inglese, 1584-
1654.
*Semiramide, regina assira conquistatrice,
XIX secolo.
Semonville Carlo Luigi, pari di Francia,
d 754-1 839.
Senac Giambattista, medico di Luigi XV,
i 693-1 770.
Senancourt Stefano, filosofo parigino, 1770-
1846.
Sénault Gian Francesco , prete dell'Ora-
torio, autor francese, 1600-72.
Senebier, naturalista ginevrino, 1 742 1809.
Seneca da Cordova (Marco Anneo), retore
latino, 58 av. C. -32 d. C.
Seneca (Lucio Anneo), filosofo, 2-65,
Senecé (Antonio Bauderon di), poeta fran-
cese, 1643 1737.
Senefelder Luigi di Praga, inventore della
litografia, 1771-1834.
Sennert Daniele, medico di Slesia, 1572-
1637.
Sennert, dotto orientalista tedesco, 1606-
1689.
*Senocrate, filosofo greco, 406 314.
'Senofane, id., 617 517.
Senofonte da Efeso, scrittor erotico greco.
Il secolo.
'Senofonte , storico e capitano ateniese ,
445-355.
Sepulveda (J. Ginez de), storico spagnuolo,
1490-1573.
Serao Giannandrea, autore italiano, 1731-
1799.
Serassi Pierantonio, biografo da Bergamo,
1721-91.
Serbelloni Gabriele di Milano , generale
imperiale, 1508 80.
Serdonati Francesco , classico fiorentino ,
XVI secolo.
Sereno Sammonico, poeta e medico ro-
mano, 111 secolo.
Sergardi Lodovico (Quinto Settano) da
Siena, satirico latino, 1660 1726.
Seripando (cardinale Girolamo), dotto ita-
liano, 1493-1563.
Serlio Sebastiano, architetto da Bologna,
1475-1552.
Serra Ant. da Cosenza, economista, -1599.
Serres Oliviero, agronomo, 1539 1619.
Serres Giovanni, filosofo e teologo fran-
cese, 1540 98.
*Sertorio Quinto, capitano romano, -73.
Serurier Filiberto, maresciallo di Francia,
4742-1819.
Servandoni Girolamo, pittore e architetto
fiorentino, 1695 1766.
Serveto Michele, spagnuolo, antitrinitario,
1509-53.
Servio, grammatico e commentatore latino,
v. 430.
*Sesostri , re e conquistatore egizio , xvii
secolo.
Sestini Domenico, antiquario fiorentino,
1720 1832.
Sesto Empirico, filosofo scettico, ii secolo.
Settala Lodovico, medico milanese, -1633.
Severino Marc'Aurelio, giureconsulto cala-
brese, 1580-1666.
Severino (san), apostolo dell'Austria, -482.
Sévigné (Maria di Rabutin marchesa di),
autrice francese, 1627 96.
Sevin Francesco, filologo francese, 1682-
1 741 .
Seward, poeta inglese, 1747-1809.
Seybold, filologo tedesco, 1747-1804.
Seyssel (Claudio di), storico francese, 1450-
1520.
Shaftesbury (Antonio di), autore inglese,
1671-1713.
Shakspeare Guglielmo, poeta drammatico
inglese, 1563-1616.
Sharp Giovanni, matematico inglese, 1651-
1742.
Shaw Giorgio, naturalista inglese, 1751-
1813.
Shaw Tommaso, viaggiatore inglese, 1692-
1751.
Shelley Percy, poeta inglese, 1792-1822.
Sheridan Riccardo, oratore ed autor in-
glese, 175M8I6.
Sheridan Tommaso, autore inglese, 1721-
178K.
Sherlok, predicatore inglese, 1678-1771.
Shirley, viaggiatore inglese, 1565 1631.
Sicard Claudio, missionario francese, 1677-
1726.
Sicard Rocco Ambrogio, educatore dei sor-
dimuti, 1742-1822.
Sicardo, cronista del xii secolo.
Sidney Algernon, uora di Stato inglese,
161783.
Sidonio Apollinare di Clermont, autore,
430-489.
Sieyès Giuseppe Emanuele, politico, 1748-
1836.
Sifilino, compendiatore di Dione Cassio,
XI secolo.
Sigaud de I afond, chirurgo e fisico fran-
cese, -1810.
Sigiberto (frate) da Gemblouns, cronista,
secolo.
Signorelli, autore napoletano, 1731-1815.
Sigonio Carlo, storico modenese, 1520 84,
TAVOLA ALFABETICA D UOMINI ILLUSTRI
Siguenza, poeta e matematico spagnuolo,
1645 1700.
Silio Italico, poeta latino, i secolo.
"Siila Lucio Cornelio, dittalor romano,
137-78.
Simeone Gabriele, autore italiano, 1509-70.
Simeone Metafraste, autore di Vite di santi,
94-2.
Simeone Stilila (san), anacoreta, 390 460.
Simmaco Quinto Aurelio, uom di Stato e
di lettere, vi secolo.
Simon Mago ; taumaturgo samaritano , i
secolo.
Simon Riccardo, autore francese, 1638-
1712.
Simon Tommaso, medico e letterato fran-
cese, 1740-1818.
Simone da Genova, medico, 1288.
"Simone, filosofo ateniese, v. 392.
Simonetta Bonifazio, storico italiano, n.
1491.
*Simonide da Geo, poeta greco, 558-468.
'Simonide l'Antico, id., v. 489.
Simplicio filosofo platonico, vi secolo.
Simpson Tommaso, matematico inglese,
1710-61.
Simson, matematico scozzese, 1687-1768.
Sincello Giorgio, cronografo greco dell'vui
secolo.
Sinesio, scrittor greco del v secolo.
Singlin Antonio, moralista ed ascetico pa-
rigino, 1674.
Sinner Giovanni, filosofo da Berna, 1730-
1787.
Siret, grammatico francese, 1745-98.
Siri Vittorio, storico italiano, 1608-85.
Sirmond Giacomo, dotto gesuita francese,
1559-1651
"Sisenna, scrittor latino, v. 51.
Sisibut, re e poeta de' Visigoti, iv secolo.
Sismondi Carlo Simondo, storico ed eco-
nomista ginevrino, 1775-1842.
Sisto da Vesoul, dotto orientalista, 1736-
1792.
Sitoni Giambattista, filosofo e medico mi-
lanese, XVII secolo.
Sleidan Giovanni, storico tedesco, 1 506-56.
Sloane Hans, naturalista irlandese, 1660-
1752.
Smetio (Smit), antiquario olandese, -1615.
Smith Adamo, economista scozzese, 1723-
1790.
Smith Giovanni, navigatore inglese, 1579-
1631.
Smith Tommaso, letterato inglese, 1 51 4-77.
Smollet Tobia, storico e romanziere scoz-
zese, 1720-71.
281
Snellius (Snell), geometra di Leida, 1591-
1626.
Snorro-Sturleson, storico islandese, 1178-
1241.
Snyders Sartorio, retore olandese, -1570.
Soave Francesco, luganese, scrittore ele-
mentare, 1743-1806.
Soccino Fausto, eresiarca, 1559 1604.
Soccino Lelio, id., 1525-62.
"Socrate d'Atene, filosofo, 470-400.
Socrate lo Scolastico, storico, v. 440.
Sodoma (Antonio Razzi), pittore berga-
masco, -1549.
*Sofocle, poeta tragico greco, 4957-4Ò5.
*Sofonia, profeta minore, v. 600.
Solari, famiglia d'architetti e scultori lom-
bardi nel XVI secolo.
Solignac (di), autor francese, 1687-1773,
Solino Cajo Giulio, geografo latino, iiisec.
Solis (don Antonio de), storico e comico
spagnuolo, 1610-86.
'Solone, uno dei Sette sapienti, 640-559.
Sommer, antiquario inglese, 1598-1669.
Sommonte Giovan Antonio, storico napo-
letano, XVI secolo.
Sonnenberg Federico, poeta tedesco, 1779-
1805.
Sonnerat P., viaggiatore francese, 1745-
1814.
Sonnini Carlo Nicolò, naturalista francese,
1751-1812.
Sorbon (Roberto di), dottor francese, 1201-
1274.
Sordello, trovatore italiano, xiii secolo.
Sorel Carlo, letterato francese, 1599-1674.
"Sosigene, astronomo d'Egitto, i secolo.
"Sostrato, architetto greco, v. 285.
*Sotade, poeta greco lascivo, ni secolo.
Soto Domenico, teologo spagnuolo, 1494-
1560.
Soufllot Giacomo, architetto francese, 1 71 4-
1781.
Soulavie Gian Luigi, ecclesiastico e lette-
rato francese, 1751-1813.
SouliéFed., romanziere francese, 1800-47.
Soumet Alessandro, poeta francese, 1780-
1845.
Southey Roberto, poeta inglese, 1 774-1 843.
Souwarof Alessio, maresciallo russo, 1750-
1800.
Souza Boteiho, letterato portoghese, 1735-
1825.
Soyouthi (Al-), autore arabo, 1445-1505.
Sozomene Ermia, storico ecclesiastico gre-
co, V. 450.
Spagnuoii Battista, autore italiano e poeta
latino, 1436-1516.
CHONOLOGU
Spalding Giovanni Gioachino, predicatore
tedesco, -1804.
Spallanzani Lazzaro, naturalista italiano,
1729-99.
Spanheim Ezechiele, filologo e numisma-
tico ginevrino, 1629 1710.
Spanheim Federico , teologo protegtapte
tedesco, 16U0 49,
"Spartaco, capo di gladiatori romani, -72,
Sparziano, uno degli scrittori ùeW Historia
Augusta, iv secolo.
Spedalieri iNicola , pubblicista siciliano ,
1740-93.
Spelman Enrico, antiquario inglese, 1698-
4768.
Spencer Giovanni , dotto teologo inglese,
1630-95.
Spener, fondator dei Pietisti, 1635-1703.
Spenser Edmondo di Londra, poeta, 1555-
1598.
Speroni Sperone, autore italiano, 1500 88.
**peusippo, filosofo ateniese, -339.
Spinelli Matteo da Gioveuazzo , cronista
napoletano, xiii secolo.
Spinola Ambrogio , capitano genovese ,
-16Ò0.
Spinosa Benedetto, israelita d'Amsterdam,
panteista, 16-32-77.
Spohn Fr., filologo tedesco, 1792-1824.
Spon Giacomo , medico ed antiquario da
Lione, -1685.
Spondano Enrico, guascone, storico e teo-
logo, 1Ò68-1645.
Spontini, maestro di musica, -1851,
Sprengel, medico tedesco, xviu secolo.
Sprengel Alatila Cn&liano, storico tedesco,
174U-lfc>u3.
*Sse-matsian, storico cinese, n. 143.
Sse-iiia-kuang, ministro e storico cinese,
JUl8-«6.
Stabili Cecco d'Ascoli, poeta e astrologo,
I2i57-J3:i7.
Stael llolsiein (madama di), critica pari-
gina, J7U6 I8i7.
Stabi Giorgio Ernesto , medico tedesco ,
1660-17Ò4.
Stanley Tommaso, filosofo inglese, 1020-78.
Stappher da Zurigo, teologo moralista pro-
testante, 1708-75,
Staplelon Tommaso, controversista e mo-
ralista inglese, 1533-98,
Starle Giovanni Augusto, storico e filosofo
tedesco, -1816,
Stay benedetto, poeta Ialino, 1714-1801,
Stazio l'apiuio, id., -96.
Steele Uicardo , letterato inglese da Du-
blino, 1672-1729.
Stefani (Étiennes), famiglia di stampatori
parigini del xvi secolo, Enrico, Rolierto,
e un altro Enrico.
Stellini Giacomo, moralista friulano, -1 770.
Stenon Nicolò, medico danese, 1638-86.
Stephenson Giorgio, inglese, introduttore
delle locomotive a vapore, 1781-1848.
Sterne Lorenzo, bizzarro autor inglese,
1713-68,
"Stesicoro. poeta greco, v. 556.
Steuchio, teologo italiano, 1496-1349.
Stevip Simone, matematico del secolo xvi,
Steward Dugaldo scozzese, filosofo, 1733-
1828,
Stewart Giacomo , economista scozzese ,
1713-80.
Stewart M., matematico inglese, 4717-85.
Stigliani Tommaso, poeta contemporaneo
del Tasso,
Stilicone, generale d'Onorio imperatore,
IV secolo,
Slillingfleet, dotto teologo ipglesp, 1633-
1699.
"Siilpone, filosofo da Megara, v, 514.
Slobeo Giovanni, compilatore greco, v. 450,
Stolller Giovanni, astronomo tedesco, 1452-
1531,
Stolberg Federico Leopoldo, letterato te-
desco, 1750-1819,
Stow Gio,, antiquario inglese, 1325-1005.
Slrabone, geografo greco d'Aijiasea, n. 50.
fetrada Famiano, storico latino, 1572 1649,
Stradella Alessandro veneziano, composi-
tore e cantore, n, 1650,
Stratl'ord (conte dij Tommaso, ministro
inglese, 1593 1641,
Strozzi, famiglia fiorentina di molti illustri:
Pietro, maresciallo di Francia , -1558;
Filippo, guerriero, 1541-81; Pullaute,
erudito, -1462; Vito ed Ercole, poeti,
XV secolo.
Struensee Gian Federico di Halle, medico
e ministro danese, 1737-72,
Slruvio, dotto tedesco, 1671-1758.
Slruvio Giorgio Adamo, giureconsulto te-
desco, 16iy-92,
Slurm Cristoforo Cristiano, predicatore
tedesco, -17ò6.
Sturm Giovanni, fisico tedesco, 1655-1703,
Suarez Fr,, teologo spagnuolo, 1348-1617.
Sue Eugenio di Parigi, romanziere frap-
cese, 1804-57.
Sueur (Eustachio Le), ijudoriuSf autore e
filologo francese, 1540-94
SuUreu, marioajo francese, 1726-88.
Suger (.l'abbalej, ministro di Luigi IX di
Francia, 1082-1152.
TAVOLA AI.FAIIETICA n'COMINl II-I.L'STRl
28r,
Suida, scrittoi' greco del x secolo.
Sally (duca di) Massimiliano, ministro di
Enrico IV di Francia, 15d910ì).
Sulpizio Severo d'Agen , storico ecclesia-
stico, 3(>3-4-29.
Sulzer Giovanni Giorgio, autore tedesco,
1720 79.
Sumorokof, poeta e autor drammatico
russo, 1718-78.
Surena, nome generico de' capitani parti.
Surio Lorenzo, ascetico, -1378.
*SusarioDe da Megara, autor comico, V. 570.
Svetonio Cajo Tranquillo, biografo latino,
Il secolo.
Swammerdam, notoniista olandese, 1G57-
l(i80.
Swedenborg, misticista svedese, 1G88-1 772.
Swift .lulinatan da Dublino, autor inglese,
1()G7 MiH.
Suze (Enrichetta contessa de La), autrice
francese, -1675.
Sydenhum Tommaso, medico inglese, i 62 i-
1689.
Sydney (sir), autor inglese, 'J5S4-86.
Tacito Cornelio, storico latino, -13S.
Tagliacozzi Gaspare, filosofo bolognese,
-1699.
Tagliazucchi Girolamo, retore modenese,
1674-1749.
*Taide, cortigiana greca.
Taillepied i.\atale, storico e teologo fran-
cese, 1540 J589.
*Talete joQio, uno dei Sette sapienti, 639-
5i8.
Tallemant des Kéaux Francesco , storico
francese, 16::i0-93.
Tallemaui Gedeone suo fratello, autore di
Meìiiorie, 1621 -98.
Talleyrand Carlo Maurizio, diplumatico
francese, I7ò4-1838.
Talma, attore drammatico parigino, 1765-
1826.
Taloo (Omer), autor francese, lo95-1632.
Tamagna, teologo romano, -1798.
Tamburini Fielro, teologo bresciano, 1757-
1827.
*Tamiri, poeta e musico greco, d'età in-
certa.
TansiUo Luigi, poeta italiano, 1510-68.
Tanucci Bernardo, toscano, ministro di
iSapoli, 1698-1783.
Tarcaguota Giovanni , storico italiano ,
-1566.
Targioni-Tozzetti, fisico fiorentino, 1755-
1829.
Tartaglia Nicolò, matematico bresciano,
-1557.
Tartagni Alessandro, giureconsulto ita-
liano, -1477.
Tartini Giuseppe, istriota, maestro di mu-
sica, 1692-1770.
Tassin, dotto benedettino francese, 1697-
1777.
Tasso Bernardo da Bergamo, 1493-1569, e
Torquato da Sorrento suo figlio, poeti,
1544-95.
Tassoni Alessandro, poeta e critico da Mo-
dena, 1563-1655.
Tatishchew Basilio, storico russo, -1750.
Tatti Jacopo, vedi Sansovino.
Taubmann , poeta latino e filologo tede-
sco, 1565-1613.
Taveruier Giambattista , viaggiator fran-
cese, 1605-86.
Taziano, filosofo platonico, n. in Siria v.
150.
Tazio Achille, romanziere greco d'Ales-
sandria, v secolo.
Taylor Giovanni, matematico inglese, 1 685'
1 751 .
"Teano, moglie di Pitagora, v. 530.
Tebakleo Aot., poeta italiano, 1456-1538.
Tegner, poeta svedese, 1782-1846,
Teissier Antonio, autor protestante francese,
1632-1715.
"Teleclide, poeta comico ateniese, v. 444.
''Telesilla d'Argo, poetessa, v. 462.
Telesio Bernardino, filòsofo italiano, -1588.
*Teleste, poeta ditirambico, v. 408.
Temistio, retore e sofista greco, iv secolo.
"Temistocle, capitano ateniese, 533-470.
Tempesta Antonio, pittore e scultore fio-
rentino, -1650.
Tempie (il cav. Guglielmo), autor inglese,
1628-98.
Tencin (madama di) da Grenoble, 1681-
1749.
Teniers il Vecchio, pittore fiammingo,
1582-1649.
Teniers il Giovane, id., 1610-94.
^Teocrito, poeta bucolico, n. a Siracusa v.
252.
Teodolfo, vescovo d'Orleans, autor fran-
cese, vili secolo.
284
CRONOLOGIA
Teodoreto di Ciro, scrittore ecclesiastico
greco, 387-458.
Teodoreto, vescovo di Mopsuesta, 330-^28.
Teodoro il Lettore, storico greco, vi secolo.
Teodoro Prodomo, monaco greco, xii se-
colo.
Teodoro Studita, abbate di Saccudion, 759-
826.
*TeofaDe, storico e poeta greco i secolo.
Teofane Giorgio, uno degli scrittori della
Storia bizantina, 75Ì-818.
Teofilo, giureconsulto greco, v. 553,
Teofilo, vescovo d'Antiochia, padre della
Chiesa, ii secolo.
*Teofrasto di Lesbo, moralista greco, 571-
286.
*Teognide, poeta greco, secolo vi.
Teone il Vecchio, matematico greco, ii se-
colo.
Teone il Giovane, id., v. 401.
*Teopompo, oratore e storico da Chio,
-358.
*Teramene, orator ateniese, v secolo.
"Terenzio Publio Africano, comico latino,
192-149.
Teresa (santa), riformatrice dell'ordine
Carmelitano, 1515 82.
''Terpandro da Lesbo, poeta e musico, v.
645.
Terrasson Gaspare, dell'Oratorio, 1680-
1752.
Terrasson Giovanni , filosofo e scrittore
francese, 1670-1750.
Terrasson Matteo, giureconsulto francese
1669-1754.
Terray (l'abbate), controllore delle finanze
in Francia, 1715-78.
Tertre (Du), missionario ed autor francese,
1610-87.
Tertulliano, padre biella Chiesa, 160-245.
Tervhitt, dotto filologo inglese, 1730-86.
Tesauro Emanuele, autore italiano, 1591-
1677.
*Tespi, creatore della tragedia greca, v.
536.
Testi Fulvio, poeta italiano, 1595-1646.
Théveneau, matematico e poeta francese,
1759-1821.
Thévenot Giovanni, viaggiatore parigino,
1633-67.
Thibault di Sciampagna, trovatore, 1201-
1254.
Thiers Giambattista, teologo da Chartres,
1636-1701.
Thomas Ant., letterato francese, 1732-85.
Thomassin Luigi, teologo francese dell'O-
ratorio, 1619-95.
Thompson Edoardo, poeta inglese, 4700-
1748.
Thoresby, antiquario inglese, 1658-1725,
Thorwaldsen Bartolomeo, scultore danese,
1 769-1 84-i.
Thou (Giovanni De), Thuanm^ storico da
Parigi, 1553-1617.
Thisio, storico e filologo olandese, 1603-
1665.
'Tibullo Aulo, elegiaco latino, v. 49.
Tiedemann, dotto tedesco, 1745-1803.
Tiepolo, pittor veneziano, 1692-1769.
Tillemont(Le Nain di) Sebastiano, storico
parigino, 1637-98.
Tillet (Giovanni di), letterato e storico
francese, v. 1590.
Tillotson, predicatore inglese, 1630-94.
Tilly(conte di), generale imperiale, -1652.
*Timagene, retore alessandrino, v. 55.
''Timante da Sidone, pittore, iv secolo.
*Timeo da Locri, filosofo pitagorico, v. 480.
*Timeo, retore e storico greco, n. in Si-
cilia, 550-254.
"Timocarete d'Alessandria, astronomo, v.
272.
'Timocreone da Rodi, poeta, v. 474,
"Timone il Misantropo, ateniese, iii secolo.
"Timoteo, generale ateniese, v. 576.
"Timoteo, poeta greco, v secolo.
Tintoretto (Giacomo HobustiJ, piltor vene-
ziano, 1512 94.
Tiraboschi Girolamo, erudito bergamasco,
1751-94.
Tiraquello Andrea, giureconsulto francese
sotto Francesco 1.
"Tirone, liberto di Cicerone, inventore
delle noie stenografiche.
"Tirteo, poeta greco, v. 654.
Tissot Simone Andrea, medico svizzero,
1728-97.
*Tito Livio, storico latino, 59 av. C. -14
d. C.
Tiziano Vecellio, pittor veneziano, 1477-
1576.
"Tobia, ebreo della tribù di Nettali, v. 712.
Tochon, antiquario e numismatico savo-
jardo, 1772 1820.
Tofinodi San Miguel, astronomo spagnuolo,
1740-1806.
Toland Giovanni, autor inglese, 1670 1722.
Tolomeo Claudio, astronomod'Alessandria,
V. 130.
Tolomeo da Lucca, storico, v. 1306.
Tomasio Cristiano, giureconsulto tedesco,
1655-1728.
Tomasio Giacomo, filologo tedesco, 1622-
1684.
TAVOLA AH ABUICA U'COMINI ILLUSTRI
285
Tomitano Bernardino, scrittore e filosofo
padovano, -1576.
Tommasi Giuseppe, cardinale e teologo
siciliano, 1Gi9 1721.
Tommaso d'Aquino (san), detto l'Angelico,
domenicano e teologo, 1227-74.
Torelli Lelio, giureconsulto italiano, 1489-
1576.
Toreno (José de) d'Oviedo, storico spa-
gnuolo, 1786-1843.
Tornielli Girolamo Francesco, gesuita pre-
dicatore novarese, -1732.
Torquemada (Giovanni di), inquisitore spa-
gnuolo, 1420-92.
Torre (Della), archeologo italiano, 1657-
1717.
Torricelli Evangel., fisico italiano, 1668-47.
Torrigiani Pietro, pittore, -1522.
Toscaiielli Paolo, astronomo italiano, 1597-
1482.
Tostai Alfonso, teologo spagnuolo, -1454.
Toup, filologo inglese, 1715-85.
Tournefort Giuseppe d' Ai.\, botanico, 1 656-
1708.
Tournemine (il padre), autore francese,
1661-1739.
Tournon (Francesco di), cardinale e prelato
francese, 1489-1562.
Tourreil (Giacomo di), letterato francese,
1636-1716.
Tourrette (M. de La), naturalista francese,
1729-93.
Tourville (Di), ammiraglio francese, 1642-
1701.
Toustain, dotto benedettino francese, 1700-
1734.
Traballesi, pittore fiorentino, 1724-1812
Trebazio Cajo, giureconsulto romano, i
secolo.
Treilhard Giambattista, giureconsulto fran-
cese, -1810.
Trembley Abramo, naturalista ginevrino,
1700-84.
Tremellio, teologo italiano, 1510-80.
Tremouille (de La), capitano francese,
1460-1523.
Trenk (barone di), letterato prussiano,
1726-94.
Tressun (conte di), autor francese, 1 703-83.
Triboniano, giureconsulto del Basso Im-
pero, V. 529.
Trincarelli Vittore, medico veneto, 1491-
1373.
Trissino Giorgio, poeta italiano, 1478-
1550.
Tristan, dotto e numismatico francese,
-1056.
Tristano l'Eremita, poeta drammatico,
1601-58.
Tritemio Giovanni, storico da Treves,
1462-1518.
Trivisan Zaccaria, letterato italiano, 1652-
1720.
*Trogo Pompeo, storico latino, v, 40.
Tromp Cornelio, marinajo olandese, 1629-
1691.
Troya Carlo, storico napoletano, 1773-
1858.
Truchet (il padre Sebastiano), meccanico
lionese, 1657-1729.
Trudaine, matematico francese, 1703-69.
Tschudi Egidio, storico svizzero, 1505-72.
*Tuberone, giureconsulto romano, v. 80.
^Tucidide, storico greco, 471-391.
Turcbi Adeodato, predicatore, vescovo di
Parma, 1724-1803.
Turen ne H. , maresciallo francese; 1 61 1 -75.
Turgot Roberto, ministro francese, 1727-
1781.
Turnebo Adriano, erudito filologo francese,
1512-65.
Turner Sharon, storico inglese, 1768-1847.
Tursellino Orazio, gesuita romano, retore
e storico, -1599.
Tycho-Brahe, astronomo danese, 1546-
160J.
Tzetzes Giovanni , poeta e grammatico
greco, 1120-85.
U
Ubaldini Petruccio, storico italiano, xvi
secolo.
Uezio Pier. Daniele di Caen, erudito, 1630-
1721.
Ughelli Ferdinando, dotto cistercese fio-
rentino, 1595-1670.
Ugone, erudito gesuita da Brusselles, 1568-
1629.
Ugolino Bartolomeo , canonista italiano
sotto Sisto V.
Ugolino della Gherardesca, tiranno di Pisa,
-1288.
Ulfila goto, traduttore della Bibbia, v.
370.
Ulioa Antonio, pilota e viaggiatore dotto
spagnuolo, 1716-95.
266
CRONOLOGIA
UlpiatìO da Tiro, giureconsulto romano,
-216.
Urceo Codro, dotto italiano, 1446-'1500.
Irfé (D'j Gnor,, autor francese, 1567-1625.
Urville (Dumont d'), ammiraglio e viag-
giatore francese, 1791-1842.
Usserio (Usber) Giacomo, cronografo di
Dublino, 1580-1656.
Vacca di Gusman, poeta spagnuolo, 1S45-
1605.
Vacca Flaminio, scultore romano, xvi sec.
Vacca Berlinghieri Francesco, medico pi-
sano, 1732-1812.
Vacca Berlinghieri Andrea, chirurgo to-
scano, 1772-1826.
Vaccario, giureconsulto italiano, v, 1149.
VaccaroAndrea, pittornapoletano, n. 1598.
Vaillant Giovanni Foy, numismatico fran-
cese, 1632-1706.
Vaillant Sebastiano , botanico francese ,
1669-1722.
Vaissette Giuseppe, benedettino, storico
francese, 1685 1756.
Valckenaer Luigi, filologo olandese, 1715-
1785.
Valdo Pietro, capo dei Valdesi, v. 1180.
Valentino, eresiarca egiziano, m secolo.
Valeriano Pierio, letterato italiano, 1477-
1558.
Valeriani Molinari Luigi, da Imola, econo-
mista, 1758-1828.
Valerio Fiacco, poeta latino, -111.
Valerio Massimo, storico latino, i secolo.
Valesio, medico spagnuolo, secolo xvi.
Valla Lorenzo, filologo romano, 1405 1457.
Vallarsi, antiquario italiano, 1702-71.
Valle (Pietro della), viaggiatore romano,
1586-1652.
Vallemont Pietro, scrittore francese, 1649-
1721.
Valiière (madamigella de La) Luigia, asce-
tica francese, 1644-1710.
Vallisnieri Antonio, medico e naturalista
padovano, 1661-1730.
Valniont de Domare Giacomo, naturalista
francese, 1731-1807.
Valois (Adriano di), storiografo francese,
1607-92.
Valois (Fnrico di), Valesius, storico e gre-
cista francese, 1605-76.
Valpi^rga di Caluso Tommaso, critico pie-
montese, 1737-1815.
Valsalva Antonio, anatomista italiano,
1 666-1 72;ì.
Valsecchi Antonio da Verona, apologista e
predicatore, -1791.
Vancouver Giorgio, navigatore inglese,
1750-98.
Van Dale Antonio, antiquario olandese,
1638-1708.
Vandermonde, matematico francese, oriun-
do olandese, 1735-96.
Van-Dvck Antonio, pittore fiammingo,
1598 1640.
Van EfTen, letterato olandese, 1684-1755.
Van-Evck Giovanni, pittore olandese,
-1 426.
Vanini Lucilio, filosofo italiano, 1 585-1 61 9.
Vanloo Giambattista, pittore francese,
1684-1745.
Vanloo Carlandrea, «d., 1705-65.
Vannetti dementino, letterato da Rove-
redo, 1754 95.
Van-Swieten Gerardo, medico da Leida,
1700-72,
Vanvitelli Luigi, architetto napoletano,
1709.
Vaquette di Cardonnov, poeta francese,
1658-1739.
Varagine (Jacopo da), storico italiano,
1236-98.
Varano Alfonso, letterato e poeta ferra-
rese, 1705 88.
Varchi Benedetto, storico italiano, 1S02-
1565.
Varenio Bernardo, geografo d'Amsterdam,
xvii secolo.
Vargas (Francesco di), giureconsulto spa-
gnuolo, -1!)60.
Varignon Pietro, geometra francese, 1654-
1722.
Varillas Antonio, storico francese, 1624-96.
"Varo Quinto, capitano romano vivente
sotto Augusto.
*Varrone Marco Terenzio, scrittor latino,
116-26.
*Varrone Publio Terenzio , poeta latino
delle Gallie, n. 82.
Vasari Giorgio, pittore e scrittore aretino,
1512-74.
Vasques Gabriele, teologo spagnuolo,
-1604.
Vassalli-Eandi Antonmaria, fisico torinese,
-1825.
TAVOLA ALFABETICA b'DOMI.M ILLISTRI
287
Vatable Francesco, ermeneutico francese,
-\M1.
Vauban (Sebastiano di), maresciallo fran-
cese, Ì653-1707.
Vaucanson (Giovanni di), meccanico fran
cese, 1709-82.
Vaugelas (Claudio di), grammatico fran-
cese, 1 583-1 6S0.
Vauvenargues Luca, moralista francese,
'1710-87.
Vega (Lope de) da Madrid, poeta dram-
matico, 1 560-1 63S.
Vegezio Flavio, scrittor latino di cose mi-
litari, IV secolo.
Velasquez Diego, pittore spagnuolo, 1594-
1660.
Velasquez Giacomo Rodrigo, icL, 1599-
1660.
Vellejo Patercolo, storico latino, v. 51.
Vellutello Alessandro, letterato lucchese,
XVI secolo.
Velly Paolo, storico francese, 1709-59.
Venanzio Fortunato di Valdobiadene, poeta
latino, -609.
Vence (Luigi Francesco de), commentatore
della Bibbia, 1 676-1 7i9.
Vendòme Giuseppe (duca di), generale
francese, 1654-1712.
Vcnini Ignazio , predicatore gesuita da
Como, 1711-78.
Venturi Pompeo senese, spositoredi Dante,
1693-1752.
Vergier Giovanni, autor francese, 1655-
1720.
Verazzani (fratelli), viaggiatori veneziani,
XVI secolo.
*Vcrcingetorige, capo gallico, i secolo.
Vergerlo Pier Paolo, vescovo di Capodi-
stria, apostato, -1565.
Vermiglio Pietro Martire, apostato fioren-
tino, 1.500-62.
Vcrnet Claudio d'Avignone, pittore di ma-
rine, 1714-89.
Vernet Carlo di Bordeaux, pittore di ca-
valli, XIX secolo.
Vernet Orazio, pittore, 1789-1863.
Veronese (Paolo Caliari), pittor italiano,
1530-88.
*Verre, pretore romano, 119-43.
Verri Pietro, economista e storico mila-
nese, 1728-97. Suoi fratelli, Carlo agro-
nomo e Alessandro letterato.
*Verrio Fiacco, grammatico latino, v 18.
Verrochio Andrea, pittore fiorentino, 1422-
1488.
Vertot Renato, storico francese, 16S3-
1735.
Vesalio Andrea, anatomico da Brusselles,
1514-04.
Vespucci Amerigo, navigatore fiorentino,
1441-1512.
Vestri Luigi, attore comico fiorentino,
1781-1841,
Vettori Pietro (Vidorim), filologo e cri-
tico italiano, 1499-1585.
Vico Giambattista, filosofo napoletano,
1068-1744.
Vicqd'^Azyr Felice, medico francese,
1748 94.
Vida Marco , poeta latino da Cremona,
1490-1566.
Vieta Francesco , matematico francese ,
1540-1603.
Vigano Salvatore da Napoli, coreografo,
1769-1821.
Vigilio, vescovo di Tapso, v secolo.
Vignola (Giovanni Barozzio da), architetto
italiano, 1507-73.
Vignoles (Des) Alfonso, cronologo francese,
1649-1744.
Viguiers Pier Francesco, orientalista fran-
cese, 1745 1821.
Villa Teodoro, letterato italiano, -179i.
Villani Giovanni, storico fiorentino, -1348:
lo seguitarono Matteo e Filippo.
Villaret Claudio, storico francese, 1717-66.
Villars (duca di) Luigi, maresciallo fran-
cese, 1655-1754.
Villegas (don) Manuele, poeta spagnuolo,
1595-1669.
Villehardouin Goffredo, storico delle Cro-
ciate, 1167-1215.
Villenave Matteo, letterato francese, 1762-
1846.
Villoison (Anse di), grecista francese
1750-1805.
Villon Francesco, poeta francese, 1431
1500.
Vimercato Francesco, aristotelico italiano
154070.
Vicenzo di Beauvais, scrittore domeni
cano, 1200-64.
Vincenzo di Lérins, religioso gallo, -450
Vincenzo di Paolo (san) di Dax, fondatore
dei Preti della Missione e dei ricoveri
per l'infanzia, 1576^1660.
Vinci (Lionardo da) , pittor fiorentino
1452-1519.
Vinnio Arnoldo, giureconsulto olandese
1588-1657.
Viotti Giambattista, violinista torinese
1755-1824.
Virev Giulio, dotto naturalista francese
1776-1847.
288 CRONOLOGIA
*Virgilio Publio Marone , poeta latino,
70 i8.
*Viriato, capo lusitano, v, ■150.
Visconti Ennio Quirino, antiquario ro-
mano, 1751 1818.
Visconti Giambattista, antiquario italiano,
1722-84.
Visdelou Claudio, missionario francese,
1656-1737.
Vital, canonista ed antiquario francese,
1708-74.
Vitré, dotto stampatore parigino, -1674.
Vitringa, dotto orientalista tedesco, 1659-
1722.
"Vitruvio Marco Pollione, architetto ro-
mano, V. 15.
Vitry (Ciac, di), storico francese, v. 1244.
Viltoreili Jacopo da Bassano, poeta, 1749-
1835.
Vittore l'Africano, cronista latino, v. 490.
Vittore Sesto Aurelio, biografo latino, v.
384.
Vittorino da Feltre, erudito, xv secolo.
Vittorino, grammatico latino, iv secolo.
Vives Giovanni Lodovico, dotto spagnuolo,
1490-1540.
Viviani Quirico, letterato trevisano, 1776-
1835.
Viviani Vincenzo, geometra italiano, 1622-
1703.
Voezio (Voet) Gisberto, teologo olandese,
1595-1680.
Vogel Giovanni, mineralogista tedesco,
1657-1725.
Volture Vincenzo, autor francese, 1598-
1648.
Volney (Chasseboeuf di) Costantino, id,,
1757-1820.
Volpato Giovanni di Bassano, incisore in
rame, 1733 1802.
Volpi Giovanni Antonio e suo fratello Gae-
tano, editori e letterati di Padova, xviii
secolo.
Volta Alessandro, fisico comasco, 17-45-
1826.
Voltaire (Arouet di) Francesco Maria, autor
francese, 1694-1778.
Volterrano Rafaele, dotto italiano, xv sec.
Vopisco Flavio, storico latino, iv secolo.
Voss Giovan Enrico, poeta e critico tedesco,
-1726.
Vossio Gerardo, dotto olandese, 1577-1 6 i9;
Isacco, 1518 89.
Voyer d'Argenson, ministro francese,
1696-1764.
MT
Wading (Luca di), autore irlandese, 1588-
1657.
Wagenaar, storico olandese, 1709-75.
Wagenbare, dotto frate fiammingo, 1599-
1662.
Wagenseil Gian Cristoforo, orientalista te-
desco, 16-55-1705.
Wakefiel, teologo e critico inglese, 1756-
1801.
Wallenstein Alberto Eusebio, generale te-
desco, 1583-1634.
Wallis Giovanni, matematico inglese,
1616-1703.
V^alpole (Roberto di), ministro inglese,
1676-1745.
Walsb Guglielmo, poeta inglese, 1663-1 709.
Warburton Guglielmo, autor inglese, 1698-
1779.
Warton Tom., storico inglese, 1728-90.
Washington Giorgio, uno dei fondatori
della repubblica degli Stati-Uniti, -1799.
Waterloo, cronista fiammingo, 1107-72.
Watt Giacomo, ingegnere scozzese, 1736-
1819.
Weber (Carlo di), compositore di musica
tedesco, 1786-1826.
Weisse Cristoforo, poeta tedesco, 1720-
1804.
Wellington Arturo, ammiraglio inglese,
1769-1852,
Welser, storico e filologo tedesco, 1558-
1614.
Wendelin, geometra ed astronomo del
Brabante, 1580-1660.
Werner Federico, poeta tedesco, 1768-
1823.
Wesseling, filologo tedesco, -1764.
Whiston, matematico e teologo inglese,
1667 1752.
White Giuseppe, dotto orientalista, 1746-
1814.
Wicherley Guglielmo, autor comico in-
glese, 1640-1715.
Wiclef Gio., eresiarca inglese, 1314-87.
Wicquefort Abramo, diplomatico e pubbli-
cista dandolo, 1598-1682.
Wieland Cristoforo, autor tedesco, 1753-
1813.
TAVOLA ALI'ALEilCA d'uOMIM IlXlSiril
28U
Wilkcs Giovanni, autor inglese, 1727-97.
Wiikins Giovanni, dolio predicatore in-
glese, 1014-72.
Williams Anna, autrice inglese, 1700 83.
Willis, anti{]uario inglese, 1082 1700.
Willugby, naturalista inglese, 1035-70.
Wimpheling, teologo dell'Alsazia, 14t)0-
1528.
Winckelmann Gian Gioachino, antiquario
tedesco, 1717-08.
Winseniio, poeta e storico tedesco, 1580-
104i.
Winslow Giacomo Benigno , anatomista
danese, 1009-1700.
Wissowazio Andrea lituano, sociniauo ,
1008-78.
Witikindo, benedettino di Gorbia, cronista,
X secolo.
Wilt (Giovanni di), ministro olandese,
1625 72.
Willonbacli Daniele, filologo da iJcrna,
1749-1820.
Wolcott Giovanni, detto Peter-Pindai\ li-
rico inglese, 1738-1819.
WolIT Giovanni, filosofo tedesco, 1679-
i704.
Wolsey Tommaso, cardinale e ministro in-
glese, 1401-1530.
Woltmann Luigi, storico tedesco, 1770-
1817.
Wood Antonio, archeologo inglese, 1632-
1095.
Woolston Tommaso, filosofo inglese, 1069-
1753.
Wordsworth Guglielmo, poeta inglese,
1770-1850.
Wouwermans Filippo, pittor olandese,
1020-08.
Wren Cristoforo, matematico inglese,
1632-1721.
Wright Edoardo, id., 1500 -1620.
Ximencs Francesco, ministro spagnuolo, 1 Xvlander Guglielmo, dotto tedesco, 1532-
1437-1515. I ^1576.
Young Eduardo, poeta inglese, 1081-1705.
Young Arturo, agronomo inglese, 1741-
1820.
Yriarte Tommaso, poeta sjiagnuok», 175::
1791.
K
Zimara Marcantonio, filosofo napoletano,
-1532.
Zabarella Jacopo, filosofo italiano, 1533-89.
*Zaccaria, profeta minore, v. 520.
Zaccaria da Lisieux, missionario francese,
1582-1000.
"Zaleuco, legislatore dei Locresi, v. 000.
Zamagna Bernardo da lìagusi, poeta la-
tino, -1820.
Zamet Sebastiano, finanziere lucchese,
1343-1014.
Zanipieri Camillo, poeta italiano, -1784.
Zanchi Bergamasco, poeta latino, 150J-
1558.
Zanobi, poeta fiorentino, secolo xiv.
Zanon Antonio di Udine, agronomo, -1770.
Cantò, Documenti. — Tomo I, Cronologia.
Zanoja Giuseppe, di Omcgna, poeta e ar
chitetto, -1817.
Zanolti Eustachio, matematico bolognese,
1709-82.
Zanotti Francesco Maria, letterato bolo-
gnese, 1092-1778.
Zajìata, cardinale spagnuolo, 1550-1035.
Zappi Giambattista, poeta imolese, 1007-
1719.
Zarate Agostino, storico spagnuolo, xvi
secolo.
Zendrini Bernardino, idraulico bresciano,
10791747.
Zeno Apostolo, poeta drammatico e lette-
rato veneziano, 1008-1750.
*Zenone d'Elea, filosofo, n.536.
19
290
CnONOLOGIA
'Zenone, stoico di Cizio, 302-264.
Zenone (san), vescovo di Verona, -380.
"Zeusi, pittor greco d'Eraclea, 478-590.
Zimmermann Giovan Giorgio, filosofo sviz-
zero e medico, 1728-9.5.
Zingarelli Nicolò, musico napoletano,
1752-1837.
Zinzeling (Jodociis-Sincerus), filologo te-
desco, 1S90-1G18.
Ziska 0 Zizka, capo degli Ussiti, 1580-
1424.
'Zoilo, critico greco d'Amfipoli, v. 270.
Zollikofer, predicatore e moralista prote-
stante, 1730-1788.
Zouara Giovanni, storico greco, xii secolo.
'Zoroastro, riformatore persiano, 1080.
"Zoroastro il Giovine, v. 484.
Zosimo, autor greco, v secolo.
Zscbokke Daniele, scrittore svizzero, 1771 -
18i8.
Zuinglio Ulrico, riformatore svizzero,
1i8i 1551.
Zurita Gerolamo, storico spagnuolo,1512-
1581.
Zurla cardinale Placido di Crema, geografo,
1769-183Ì.
Zurlauben (barone di), storico svizzero,
1720-95.
Zypeo (Van dcn Zip), dotto benedettino
liammingo, 1578-1059.
,i
TAVOLA SINCRONA
D'UOMIM ILLUSTRI
SECOLI PRIMITIVI.
Dei e semidei; patriarchi delle varie religioni. Foroneo. Semiramide. Ogige. Pelasgo.
Enotro. Mosè. BeseleeI ed Ooliab fabbricatori del Tabernacolo nel deserto. Tot o Mer-
curio Trismegisto. Orapollo. Sesostri. Cecrope. Giosuè. Le Sibille. Cadmo. Danao. Mi-
nosse. Anfione e Lino. Museo. Pelope. Ercole. Giasone. Orfeo. Teseo. Chirone. Eteocle
e Polinice. Atreo e Tiestc. Eumolpo. Agamennone. Menelao. Achille. Ajace. Diomede.
Nestore. Filoltete. Ulisse. Idomenco. Priamo. Ettore. Paride. Enea. Codro. Samuele
profeta. Zoroastro. Sanconiatone. Lockman favoleggiatore etiope. David. Salomone.
Asaph, Eman, Iditun coregi degli Ebrei. Iram re di Tiro. Annone cartaginese. Xaca
fondatore del buddismo.
SECOLO X.
Gcroboamo. Sedecia. Omero. Esiodo.
SECOLO i\.
Licurgo. Fidone d'Argo inventore dei pesi e delle misure. Ermogone primo archi-
tetto. Dibutade inventor della plastica. Aretino poeta. Giona , Osea , Gioele profeti.
Fan-pe, Yui-pe poeti cinesi. Didone. ,
SECOLO vili.
Eumelo poeta. Archiloco, Romolo. Numa. Isaia, Amos, Abdia, Michea, Nahum pro-
feti. Sardanapalo o Assaraddon ultimo re d'Assiria. Corebo, primo vincitore de' giuochi
Olimpici. Kia-fu poeta cinese. Belesis fondatore del nuovo regno di Babilonia. Nabo-
nassar. Dcjocete primo re dei Medi.
SECOLO VII.
Giuditta. Tirteo. Arione. Alcmano. Alceo. Saffo. Dracene. Zaleuco. Caronda. Pisan-
dro. Terpandro. Periandro. Geremia, Baruch, Sofonia, Abacuch profeti. Tobia. Stesi-
coro. Reco di Samo fonditore e architetto. Psammetico, capo della xxvi dinastia d'E-
gitto. Sin-mu primo dairi del Giappone. Kaikobad capo della ni dinastia di. Persia.
Dracone legislatore di Sparta. Sigovcso e Belloveso galli. Ezechiele profeta. Lao-tseu
fondatore dei Tao-ssc nella Cina.
SECOLO VI.
Ciro. Creso. Sette sapienti. Talete. Solone. Pittaco. Biante. Periandro. Chilone. Cleo-
bulo. Epimenide. Esopo. Zoroastro IL Anassimandro. Anassimene. Anacreonte. Pitagora.
Anacarsi scita. Susarione e Dolone rappresentano le prime commedie ad Atene. Teo-
gnidc. Focilide. Daniele, Aggeo, Zaccaria profeti. Papirio giureconsulto romano. Tespi
primo tragico.
SECOLO V.
Serse. Coriolano. Milziade. Aristide. Temistocle. Cimone. Pericle. Alcibiade. Amil-
care. Leonida. Rustam persiano. Eraclito, Erodoto. Eschilo. Ippocrate. Pindaro. Metone
autore d'un ciclo. Anassagora. Aristofane. Euripide. Sofocle. Empedocle. Socrate. Tu-
292 CRONOLOGIA
cidide, Fidia. Parrasio. Zeusi. Corinna. Timeo di Locri. Simonide. Confucio. Zenone di
Elea. Lisia oratore. Gorgia sofista. Esdra. Isocrate. Aspasia. Libone architetto del Giove
olimpico.
SECOLO IV.
Dionigi il Vecchio. Filippo. Alessandro. Tolomeo Solere. Conone. Camillo. Pelopida.
Epaminonda. Dione. Timoleone. Focione. Ctcsia. Antisfene. Eudosso. Democrito filosofo.
Senofonte. Platone. Pirrone. Diogene. Aristotele. Demostene. Demetrio Falereo. Apelle.
Prassilele. Aristippo di Cirene. Aristofane. Cebete. Euclide. Archita. Scopa. Meng-tseu
cinese. Menandro comico. Epicuro. Pitea geografo. Callislene. Teofrasto. Eveemero.
Annone cartaginese viaggiatore.
SECOLO III.
Demetrio Poliorcete. Pirro. Tolomeo Filadelfo. Agide. Cleomene. Eumene di Pergamo.
Arato capo della Lega achea. Uegolo. Fabio Massimo. Menandro, Teocrito. Euclide. Bc-
roso. Manetone. Timocare. Zenone. Livio Andronico. Archimede. 1 settanta interpreti.
Zoilo critico. Fabio pittore-primo storico romano. Aristarco astronomo. Licofrone tra-
gico. Nevio comico romano. Arcesilao capo della seconda Accademia. Callimaco da
Cirene. Ennio. Lisippo. Sotade poeta osceno. Ilan-uang fondatore della dinastia cinese
degli Han.
SECOLO li.
Filopemene. Annibale. Paolo Emilio. Gli Scipioai. I Gracchi. Polibio. Eratostcne.
Plauto. Dione. Mdsco. Ennio. Terenzio. Ipparco astronomo. Sadoch capo de' Saducei.
Aristarco critico. Cameade capo della nuova Accademia. Pacuvio tragico latino. Lucilio
poeta latino. Cossuzio architetto romano finisce il Giove olimpico.
1 SECOLO AV. cnisio.
Mitradate. Giulio Cesare. Ottaviano Augusto. Mario. Siila. Sertorio. Lucullo. Pompeo.
Spartaco. Catilina. Mecenate. Agrippa. Sse-ma-tsian padre della storia cinese. Scevola
oratore romano. Pan-ku storico cinese. Asclepiade. Terenzio Varrone. Lucrezio. Cor-
nelio Nepote. Sosigene matematico. Tibullo. Catullo. Diodoro Siculo. Cicerone. Trogo
Pompeo. Sallustio. Manilio. Dionigi d'Alicarnasso. Vitruvio. Virgilio. Orazio. Properzio.
Ortensio. Alfeno Varo giureconsulto. Partenio di Nicea. lllel l'Antico, rabbino. Filone
ebreo.
I SECOLO D. CRISTO.
Germanico. Nerone. Vespasiano. Agricola. Labeone giureconsulto. Simon mago. Gli
Evangelisti e gli Apostoli. Tito Livio. Strabene. Ovidio. Vellejo Patercolo. Seneca. Va-
lerio Massimo. Celso. Fedro. Columella. Persio. Dioscoride. Lucano. Petronio Arbitro.
Silio Italico. Pomponio Mela. Plinio il Vecchio. GiosefTo ebreo. Dione Crisostomo. Gio-
venale. Apollonio Tianeo. Stazio. Tacito. Quintiliano. Pilade e Batillo pantomimi.
SECOLO 11.
Trajano. Marc'Aurelio. Darcokeba. Plinio il Giovane. Marziale. Floro. Plutarco. Tolo-
meo geografo. Svelonio. Arriano. Apulejo. A. Gellio. Appiano. Epitteto. Sesto Empirico.
Ateneo. Luciano diSamosala. Galeno medico. Sant'Ignazio vescovo d'Antiochia. Areico
medico. Salvio Giuliano giureconsulto. Favorino d'Arles. Quadrato apologista. San Giu-
stino apologista. Frontone oratore. Gajo giureconsulto. Pausania. Celso. Asciba e Si-
meone ben Jocai fondatori della Cabala. Giuda Ilakadosc autore della Misnah. Ciang-kio
cinese, capo dei Berretti gialli. Solino Polistore.
SECOLO 111.
Settimio Severo. Zenobia. Sapore re di Persia. Diocleziano. Arlabano ultimo re dei
Parti. Zu wu-ti apre la. dinastia cinese degli Tsin occidonlali. Papiniano, ripiano,
Ermogeniano, Modostino, Paolo giureconsulti. Diogene Laerzio. Diofanlc. Krodiano.
Oppiano poeta. San Clemente Alessandrino. Panteno filosofo stoico. Ammonio Sacca.
TAVOLA SINCRONA D'UOMINI ILLUSTRI 293
Giustino storico. Dione Cassio. Giulio Africano. Plotino filosofo. Eliano. Tertulliano.
Origene. Longino. Manote. San Cipriano. Porfirio filosofo. Stobeo. Arnohio. Rabbi Sa-
muele fonda l'accailcinia di Naliardea. Censorino gratiimalico. Lao-lsc fonda la setta
cinese dei Quietisti. Achille Tazio romanziere.
SECOLO IV.
Costantino. Giuliano apostata. Teodosio. Radagaiso capo degli Unni. San Basilio.
Sant'Atanasio. San Gregorio Nazianzeno. Sant'Ambrogio. San Giovanni Crisostomo.
San Girolamo. San Paolo primo eremita. San Pacomio. Sant'Antonio. San Gregorio
Nisscno. Ario e Donato eresiarchi. Lattanzio. Elio Lampridio. Sant'Ilario. Ausonio.
Eusebio da Cesarea storico. Giamblico. Alipio architetto. Aurelio Vittore. Ammiano
Marcellino. Teone. Eutropio. Libanio. Salviano. Simmaco. Vopisco. Prudenzio poeta.
San Martino di Tours. Vegezio strategico, Ipazia. Paolino da Nola.
SECOLO V.
Alarico. Genserico. Attila. Leon Magno. Odoacre. Wu-ti fonda la dinastia cinese dei
Sung settentrionali. Romolo Augustolo ultimo imperatore di Roma. Vortigerno re dei
Bretoni. Sant'Agostino. San Cirillo. San Patrizio apostolo dell'Irlanda. Simmaco. Rufino.
Sinesio. Macrobio. Paolo Orosio. Claudiano. Socrate Scolastico. Sozomene. Teodoreto.
Proclo. Pelagio eretico. Teodoro di Mopsuesta. Giovanni Cassiano. Nestorio. Simeone
Stilita. Marciano Capella. Sidonio Apollinare. Zosimo storico. Merlino mago. Senofonte
d'Efeso e Caritone romanzieri. Quinto Calabro Smirneo. Rabbi Asèh autore della Ghe-
mara o Talmud di Babilonia.
SECOLO VI.
Clodoveo re de' Franchi. Teodorico re degli Ostrogoti. Giustiniano. Cosroe Nuscirvan
di Persia. Alboino longobardo. Gregorio Magno. Amalasunta. Clotilde. Gondebaldo
legislatore de' Borgognoni. Artù re favoloso de' Bretoni. San Benedetto. Belisario. Nar-
sete. San Fulgenzio. San Medardo. San Mauro. San Giovanni Climaco. Sant'Agostino
apostolo dell'Inghilterra. San Colombano. Ennodio. Boezio. Cassiodoro. Gilda. Conte
Marcellino storico. Triboniano. Dionigi il Piccolo. Giornandes. Procopio. Gregorio di
Tours. Prisciano grammatico. Antemio ed Isidoro architetti. Alessandro di Traile medico.
Agatia. Fortunato poeta. Esichio grammatico. Cosma viaggiatore. Giovanni Lidio.
SECOLO vii.
Maometto. Eraclio. Rotari legislatore dei Longobardi. Sisibut visigoto. Li-sci-min eroe
cinese. Abubekr capo dei Sunniti. Ali capo degli Alidi o Sciiti. Fredegario. Marculfo,
Callinico. Isidoro di Siviglia. Paolo d'Egina medico.
SECOLO vili.
Pepino d'Heristal. Leone Isaurico. Liutprando. Carlo Martello. Pelagio primo re dcl-
l'xVsturia. Abderaman primo califfo di Spagna. Pepino il Piccolo. Aron al-Rascid. Beda
il venerabile. Giorgio Sincello. Giovanni Damasceno. Alenino. Abu-Naval poeta persiano.
Paolo Warnefrido. Acmet ben-Anbal capo degli Anbalisti, setta dei Sunniti.
SECOLO IX.
Carlo Magno. Al Mamun. Alfredo il Grande. Olda principessa russa. Rurik primo
granprincipe di Russia. Eginardo. Adon. Giovanni Scoto. Incmaro. Albategui. Ansegiso
raccoglie i capitolari. Alfragan astronomo. Rabano Mauro. Sant'Ignazio. Fozio patriarca
di Costantinopoli. Anastasio Bibliotecario. Metodio di Tessalonica inventa i caratteri
slavi. Isidoro Mercatore autor delle filse Decretali. Benedetto d'Aniano. Pascasio Rat-
berto. Guido da Ravenna geografo.
SECOLO X.
Ottone il Grande. Ugo Capeto. San Dunstano. Crescenzio romano. Costantino il Filo-
sofo. Alfonso il Grande di Spagna. lìollone capo dei Normanni. Bernardo di Mentone
fonda l'ospizio del San Bernardo. Frodoardo. Eutichio. Snida. Alfragan. Ebn .lunis.
294 CRONOLOGIA
Abul Wesa. Razi medico arabo. Liutprando vescovo di Cremona. Roswita poetessa
tedesca. Witikindo storico dei Sassoni. Hosein capo dei Karmati. Simeone Metafraste.
. SECOLO XI.
Stefano d'Ungheria. Gregorio VII. Canuto il Grande. Guglielmo il Conquistatore. En-
rico IV. Contessa Matilde. Gerberto papa. Gelaleddin Selgiucide di Persia. Roberto
Guiscardo. Pietro eremita. Gofredo di Buglione e gli altri Crociati. Hassan scià, fonda-
tore degli Assassini. Lanfranco. Sant'Anselmo. San Brunone, fondatore dei Certosini.
Ditmaro. Fulberto. Firdussi persiano. Avicenna. Glaber. Adamo di Brema. Michele
Psello. Giovanni Scylitze curopalata. Boschetto architetto di Pisa. Guido d'Arezzo.
Sant'Odilone abbate di Cluny. Abul-Ola-Ahmed poeta arabo. Michele Celulario autore
dello scisma orientale. Berengario eretico. Sse-ma-kuang storico cinese. Pier Damiani.
Wipone storico. Ives di Chartres. Papia grammatico. Ermanno Contratto.
SECOLO XIl.
Federico Barbarossa. Riccardo Cuor-di-leone. Filippo Augusto. Saladino. Enrico
Dandolo. San Bernardo. L'abbate Sugero. Tommaso Becket. Nestore. Abelardo. Arnaldo
da Brescia. Anna Comneno. Guglielmo da Tiro. Ugo Falcando. Pier di Valdo. Roberto
Wallace. Giovanni da Milano medico, llariri oratore arabo. Nestore cronista rus.so.
I Trovadori. Irnerio giureconsulto. Pier Lombardo. Giovanni Tzetses. Giovanni di
Salisbury. Eustathio commentatore. Bonanno e Guglielmo architetti della torre di Pisa.
Maimonide.
SECOLO xin.
Innocenzo HI. Giovanni Senzaterra. Gengis-kan. Federico II. San Luigi di Francia.
Filippo il Bello. Simone di Monfort. Kubilai-kan, Manco Capac primo re del Perù.
San Domenico. San Francesco d'Assisi. Saxo grammatico. Averroe. Villehardouin.
Nasireddin. Abulfaragio. Abul-IIassan. Giorgio Acropolita. Saadi. Ruggero Bacone.
Guglielmo di Nangis. Jacopo da Varagine. Marco Polo. Cavalcanti. Giovanni de Malha
fondatore de' Trinitarj. Marchione d'Arezzo scultore ed architetto. Dante. Petrarca.
Roccaccio. Francesco Acursio giureconsulto. Pier dalle Vigne. Giovanni da Sacrobosco.
Roderico Ximenes storico spagnuolo. Vincenzo di Beauvais. Nicolò di Pisa architetto
e scultore. Tommaso d'Aquino. Bonaventura. Alberto Magno. Mattia Paris. Raimondo
di Pegnafort. Margaritone d'Arezzo architetto. Cimabue. Martin Polacco. Ervino di
Steinbach architetto della chiesa di Strasburgo. Arnolfo di Lapo architetto. Dino giu-
reconsulto. Rubruquis e Giovanni Piano da Carpi viaggiatori. Flavio Gioja.
SECOLO XIV.
Margherita di Waldemar. Rajazet IL Carlo V di Francia. Ines di Castro. Tamerlano.
Caterina da Siena. Giovanni Nepomuceno, Castruccio. Dolcino settario. Cola di Rienzo.
Duguesclin. Guglielmo Teli. Gino da Pistoja. Albertino Mussalo. Bartolo. Joinville.
Marsiglio di Padova. Giovanni Scoto. Marin Sanuto. Giovanni Dondi. Abulfeda. Baldo
giureconsulto. Giovanni Froissard. Mandeville chirurgo di Filippo il Bello, e un viag-
giatore. Planude grammatico. Guglielmo Ockam medico. Lorenzo Ghiberto. Wiclef.
Raimondo Lullo. Pietro d'Abano. Cecco d'Ascoli.
SECOLO XV.
Maometto IL Carlo VII. Luigi XI. Enrico VII. Fernando il Cattolico. Carlo il Teme-
rario. Giovanni Uniade. Scanderbeg. Giovanni Vasiliewitz. Gonsalvo di Cordova. Xime-
nes. Cristoforo Colombo. Gilianez. Vasco de Gama. Vasco Mugnez. Mngcllano. Amerigo
Vespucci. Francesco Sforza. Giovanna d'Arco. Sant'Antonino. Acmet bascià inventore
de' bastioni. Enea Silvio Piccolomini. Lorenzo de' Medici. Savonarola. Sceik Aidar
ristoratore degli Sciiti. Giovanni IIuss. Nicolò di Clemangis. Caloondila. Gerson. Lio-
nardo aretino. Arab-scià storico di Tamerlano. San Francesco di Paola. Filippo Co-
mines. Ariosto. Alano Chartier. Giovenale degli Orsini. Chaucer. Poggi. Dojardo. Bes-
sarione. Teodoro Gaza. Giovanni Argiropulo. Costantino Lascaris. Poliziano. Brunelleschi
architetto. Filelfo. Agricola. Leon Battista Alberti. Vincenzo Ferreri. Ermolao Barbaro.
TAVOLA SlNCnONA D' L'OMINI ILLISTHI 29j
Nicola Flamel alchimista. Pico della Mirandola. Pomponio Leto, lllug l»cg. Giorgio
Purbach. Giovanni Muller Regiomontano. Pietro Soluioncr. Giovanni Faust. Guttcmberg.
Aldo Manuzio. Maso Finigucrra. Bramante. Giorgione. Fra Giocondo. Giovanni Yan
Eyck fondatore della scuola fiamminga. Gentile e Gian Bellino pittori veneziani. Andrea
Mantegna. Lionardo da Vinci. Platina. Andrea Vcrrocchio pittore. Corio. Annio da
Viterbo. Calepino.
SECOLO XVI.
Leone X. Luigi XIL Francesco I. Enrico VIIL Ismael Sofì. Ibraim re di Deli. Cuati-
niozin imperatore del ^Jessico. Carlo V. Solimano. Sisto V. Filippo IL Caterina de' Me-
dici. Enrico Vili. AnnaBolena. Maria Stuarda. Elisabetta. Duca d'Alba. Caterina Cornaro
regina di Cipro. Bajardo Senza-paura. La Trimouille. Marchese di Pescara Andrea
Doria. Wolsey. Tommaso Moro. Las Casas. Ignazio di Lojola. Conte d'Egmont. Fran-
cesco Pizzarro. Ferdinando Cortes. Pigafetta, Verazzanl viaggiatore. Coligny. Michele
L'IIùpital. Scei-beck kan degli Usbek. Don Giovanni d'Austria. I Guisa, Francesco,
Enrico. Drake. Barnewelt. Anton de Leyva. Francesco Saverio. Santa Teresa fondatrice
delle Carmelitane. Carlo Borromeo. Filippo Neri fondatore dell'Oratorio. Lutero. Calvino.
Meiancton. Zuinglio. Michele Serveto. Teodoro Beza. Giovanni di Leida capo degli Ana-
battisti. Ecolampadio. Pietro Martire da Firenze. Knox apostolo della Riforma in Iscozia.
Fausto e Lelio Socino. Torquemada inquisitore. Giordano Bruno. Campanella. Bohme.
Paracelso. Erasmo. Francesco Rabelais. Francesco Guicciardini. Budeo. Cardinale Sa-
doleto. Montaigne. Cujacio. Giacomo Amyot. Cluverio. Roberto ed Enrico Stefano.
Giulio Cesare Scaligero. Brantòme. Giambattista Ramusio. Tiraquello giureconsulto.
Andrea Cesalpino. Aldrovandi. Fracastoro. Andrea Vesalio. Gesner naturalista. Clemente
Marot. Garcilasso de La Vega. Camoens. Tasso Torquato. Guarini. Kondemir storico
persiano. Sannazaro. Machiavelli. Boscano di Barcellona. Firenzuola. Paolo Giovio.
Pietro Aretino. Della Casa. Tartaglia matematico. Giovanni Dorat. Paolo Paruta. Limong-
yang poeta cinese. Copernico. Falloppio. Tycho Brahe. Viète. Giovan Leone di Granata
viaggiatore. Giusto Lipsio. Baronio. Perugino. Rafaello d'Urbino. Alberto Durer. Luca
di Leida. Andrea del Sarto. Correggio. Licinio da Pordenone. Giulio Romano. Giovanni
Ilolbein. Michelagnolo. Tiziano. Filiberto Delorme. Palladio. Paolo Veronese. Tintoretto.
Bassan da Ponte. Caravaggio. Caracci Luigi, Agostino, Annibale. Sebastiano Serlio ar-
chitetto. Benvenuto Cellini. Barozzi da Vignola. Pellegrino Tibaldo. Clemente Birago
incisore in pietre dure. Domenico Fontana.
SECOLO xvu.
Gustavo Adolfo. Cronnvell. Luigi XIV. Carlo XII. Pietro il Grande. Guglielmo d'O-
range. Cristina di Svezia. Wallenstein. Tilly. Richelieu. Masaniello. Oxenstierna. Akmet
Koproli visir. Montecuccoli. Blake. Mazarino. Giovanni de Wilt. Turenne. Ruyter.
Cardinale di Retz. Colbert. Condé. Duquesne. Louvois. Luxemburg. Giovanni Bart.
Catinat. La Vallière. Newton. Keplero. Cassini. Galileo. Grozio. Descartes. Gassendi.
Spinosa. Locke. Bossuet. Francesco Bacone. Mabillon. Bourdaloue. Massillon. Fléchier.
Fénéion. Malebranche. Leibniz. San Vincenzo di Paolo. Bellarmino. San Francesco di
Sales. Fra Paolo Sarpi, Mariana. Giansenio. Arnauld. Nicole. Baluzio. Dupin. Campa-
nella. Molinos quietista. Claudio Saumaise. Usserio. Bollando. Fox capo dei Quakeri.
Puffendorf. De Balzac. Vossio. Bayle Chardin. Cervantes. Shakspeare. Stanley. Gongora,
Boileau. Lope de Vega. Alonso Ercilla. Molière. Milton. La Rochefoucauld. Corneille.
Bacine. Chapelain. Chapelle. Quinault. La Fontaine. Madama di Sévigné. La Bruyère.
Dryden. Régnard. Addison. De Thou. Rinuccini. Giambattista Marini. Chiabrera. Ilob-
bes. Ilarvey. Redi. Bellini. Pascal. Iluygens. Flamsteed. Prospero Alpino Brown. Ottone
Guerike. Boyle. Bernoulli. Magalotti. Oliviero de Serres. Gobelin tintore. Cavalieri.
Elzevir Abramo e Bonaventura stampatori. Marino. Cureau de La Chambre. Stefano Paolo
di Riquet ingegnere. Lulli e Gorelli musicanti. Magliabechi. Rubens. Domenichino.
Vaodyck. Guido. Eustachio. Le Sueur. Spagnoletlo. Poussin. Wouwermans. Rembrandt.
Salvator Rosa. Giacomo Callot. Breughel. Algardi. Guercino. Bernini. Le Brun. Pelitot
smaltista. Marali. Bartoli.
296
CRONOLOGIA
SECOLI XVm E XIX.
Clemente XIV. Pio VI. Pio VII. Pio IX. Tharaasp Kulikan. Maria Teresa. Federico
di Prussia. Gustavo III. Luigi XVi. Berwick. Villars. Eugenio di Savoja. Duguay-Trouin.
Maurizio di Sassonia. Turgot. Menzilioff. Law. Coibert. Guglielmo Pitt. Piiperda. Penn
capo dei Quakeri. Alberoni. Teocìn. Giovanni Calas. Giorgio d'Anson viaggiatore. Daun
generale austriaco. Ali Bey abissino. Pombal ministro di Porlogallo. Tanucci ministro di
Napoli. Potenikin ministro russo. Pitt, Peel , NYellington, Castelreagh , Russel, Pai
nierston, Canning, ministri inglesi; francesi Talleyrand, Perrier, Thiers, Guizot; italiani
Prina, Cavour, Consalvi. Cagliostro. Paoli. Robespierre. Danton. Mirabeau. Barnave
Pethion. Suvarof. Kleber. Dessaix. Toussaint Louverture, capo dei Negri di San Do
mingo. Necker. Nelson. Ali Tebelen bascià di Giannina. Anckastrom. Napoleone Duo
naparle e tutti i suoi marescialli. Quesnel. Dacier. Fleury. Zeno. Metaslasio. Parini
Frugoni. Alfieri. Monti. Goldoni. Muratori. Passeri. Lami. Fontanini. Gravina. Visconti
Borghesi. Giannone. Beccaria. Filangeri. Romagnosi. Clarke. Montfaucon. Gray. Pope
Vertot. Giambattista Rousseau. Rollin. Swift. Le Sage. Tompson. Fréret. Bolingbroke
Fielding. Puchardson. Montesquieu. Fontenelle. Crébillon. Young. Winckelmann. El
vezio. D'Alembert. Duclos. Chesterlìeld. Hume. Basnage. Abbadie. Sanadon. Terrasson
Lavater. Vauvenargues. Berkeley. Tatischew. Lenglet Dufresnoy. Mosheim. Smollelt
La Blelterie. Le Beau. Mably. Tliomas. Galiani. Ilolbach. Washington. Franklin. Smith
Howard benefico. Blair retore. Bentham. Burlamachi. Wolf. Barthelemy. Florian. Ray-
nal. Macpherson. Reid. Laharpe. Klopstock. Gessner. Schiller. Gothe. Gresset. Gian-
giacomo Rousseau. Voltaire. Kant. Condillac. Diderot. Robertson. Gibhon. Saint-Pierre.
Sterne. Condorcet. Cuvier. Lavoisier. Mongolfier. Montucla. La Ilire. Lancisi. Leuve-
noek. Marsigli. Vallisnieri. Boerhaave. .Senac. Le Camus. Vicq-d'-Azir. Ilalley. Eulero.
Lalande. Cassini. Dumarsais. Béaumur. Galvani. Volta. Piazzi. Spallanzani. Lord Anson.
Saussure. Clairaut. Pothier. La Condamine. Linneo. Cook. BufTon. Fahreneit. Jussieu.
Tommaso Sinipson. La Calile. Haller. Tronchin Teodoro. Tissot. Broussais. Brown.
Boscowich. Arago. La Pérouse. Bonnet naturalista. Humboldt. Ilorschell. Bailly. La-
grangia. Tartini maestro di musica. Jomelli. Antonio Sacchini Gluck. Pergolesi. Mozart.
Rossini. Bellini. Donizetti. Garrik comico. Rachel, Ristori tragiche. Ilandel. Rameau.
Juvara. Scamozzi. Carlo Vanloo. Canevari. Mengs. Bibiena. Ilogarlh. Piranesi. David.
Piermarini. Cornelius. Bohsi. Albertolli. Gagnola. Canova. Thorwaldsen. Schwantaler.
Berzelio. Midler. Schelling. Rossi. Rosmini. Gioberti. Pellico. MiUler. O'Connel. Ste-
phenson. Wealhstone. Daguerre. Brunel. Arago. Ampère. Humboldt
INVENZIONI E NOVITÀ
Le arti di edificare, di filare, di tessere, di lavorar i metalli sono anteriori al
diluvio, secondo iMosè. Alcuni citano libri di Enoch e colonne, sulle quali
i discendenti di Set, prima del diluvio, avrebbero scritto per memoria a chi
verrebbe dappoi.
3000-2000 av. C. I Cinesi conoscono l'astronomia, le lettere, i tegoli, i ponti, la mo-
neta, l'organo, le campane, i pesi e le misure.
2100. Già usa l'oro in moneta e in vezzi. Eleazaro ofTre a Rebecca orecchini da due
sicli, e braccialetti da dieci ; Abimelech dà ad Abramo mille sicli per comprare
un velo a Sara.
1880. Le carovane scontrate dai fratelli di Giuseppe mostrano come già fosse vivo il
commercio.
1630. Primi libri scritti da Mosè — Si vuole che a quest'ora già i Cinesi conoscessero
l'uso della bussola, ed esistessero sì i loro libri religiosi e morali, che i monu-
menti religiosi degl'Indi e degli Egizj; il che suppone in loro cognizioni di
disegno, d'architettura, di scultura, di pittura, di geometria, d'astronomia,
di fdosofia, di poesia e di musica: così i canali aperti per l'irrigazione, che
derivavano l'acqua dal Nilo, e l'imbalsamazione dei corpi provano negli Egizj
cognizioni d'idraulica e chimica. Da loro appresero queste arti gli Ebrei ;
BeseleeI della tribù di Giuda ed Ooliab della tribìi di Ì)an sapevano far ogni
opera in argento, oro, bronzo, marmo, gemme, legno, sicché prepararono nel
deserto il tabernacolo, l'arca e i sacri arredi; Mosè poi era istrutto in talta
la scienza degli Egizj.
1o80? Cadmo dalla Fenicia trasporta in Grecia le lettere dell'alfabeto.
1350. 1 Fenicj trovano la polvere. — Epoca storica della nascita delle arti in Grecia.
1S00? Prometeo, primo operatore della civiltà greca.
13S0'? La spedizione degli Argonauti prova i progressi della navigazione presso i Greci;
come i vantati portenti della lira di Lino, d'Orfeo e d'Anfiooe esprimono
i progressi della civiltà. — Prima instituzione dei giuochi Olimpici. — Amfi-
zioni. — Gli Etruschi inventano le trombe; Lino il filar le budella e farne
corde sonore.
1320? Minosse, legislatore di Creta.
1270? Guerra di Troja ; arti ausiliarie della guerra. — La Grecia divisa in varj Slati,
congiunti in unità nazionale dalla religione, dai giuochi, dalla favella.
1200. Omero, secondo Eratostene; lOiO secondo Apollodoro; 907 secondo i Marmi
di Paro. Da' suoi poemi impariamo qual fosse la religione dei Greci, quale lo
stato di coltura, in quanto pregio tenuta non solo la forza fisica, ma anche la
morale; come già fosse sviluppato il sentimento estetico, onde a sì alto grado
salirono nella Grecia le arti belle.
1000. Tempio di Salomone, costrutto da artefici fenicj. — i Fenicj inventano il vetro
e la tintura della porpora.
906. Pamfilia di Coo insegna a lavorar la seta.
894. Prime monete d'oro e d'argento ad Argo.
880? Licurgo, legislatore di Sparla.
298 CRONOLOGIA
840. Cleofante da Corinto trova la pittura monocromatica.
809. Debutade da Sicione inventa la plastica.
786. I Corintj fanno galee a tre ordini di remi.
770, Corebo, vincitore nei giuochi Olimpici, pel primo ottiene una statua : da quel
punto lo storico Timeo siciliano, vissuto dopo Alessandro, prese a contare l'èra
delle Olimpiadi.
753. Fondazione di Roma; già fioriva d'arti l'Etruria.
740. Bularco, primo tra i Greci a dipingere a varj colori.
718. Teodoro da Samo trova la squadra e il livello, mentre fin allora s'adopravano il
compasso e il regolo.
K97. Talete di Mileto predice un eclisse di sole.
f)90. Solone, viaggiato in Egitto e in Lidia, dà leggi agli Ateniesi.
530. Pitagora da Samo, viaggiato nell'India e nell'Egitto, si fa maestro di sapienza agli
abitanti della Magna Grecia o dell'Italia meridionale, ove detta precetti di
morale, di politica, d'astronomia e di geometria. — Marsiglia fondata dai Fo-
cesi, causa potente d'incivilimento l'.er la razza gallica.
540. Anassimandro e il suo discepolo Anassimene insegnano ai Greci l'uso del qua-
drante solare e la divisione del zodiaco in dodici case o costellazioni, cogni-
zioni già antiche presso gli Egizj^ — compongono le prime carte geografiche.
530. Ciro introduce le poste in Persia.
52G. Prima biblioteca pubblica in Atene, fondata da Pisistrato.
506. Prima statua eretta in Roma, ad onore d'Orazio Coclite.
500. .Comincia la gloria della Grecia, come nelle armi, cosi nelle arti e nella filosofia.
4G9. Eschilo e Sofocle si disputano il premio della tragedia.
450. Morte del poeta Pindaro.
450. Agatarco applica la prospettiva alle decorazioni teatrali.
444. Erodoto nelle feste Panatenee legge la sua storia. — Fioriscono i filosofi Melisso,
Protagora ed Empedocle.
439. Parmenide divide la terra in cinque zone.
457. Costruzione de' Propilei di Atene. Ippocrate medico.
43:2. .Metone ateniese avverte il solstizio d'estate, e trova il numero aureo. — Fidia fa
la sua Minerva pel Partenone, Prassitele la Venere per Guido. — Costruzione
de' più bei monumenti di Atene : Pericle.
423. Prima rappresentazione delle Nubi d'Aristofane.
401. Arcesilao di Paros inventa la pittura sulla cera e sullo smalto.
400. Platone risolve il problema della duplicazione del cubo. — Morte di Socrate: Seno-
fonie e Platone suoi discepoli ne raccolsero e ampliarono gl'insegnamenti.
350. Nascita d'Alessandro Magno. Il tempio di Efeso incendiato da Eroslrato.
350. Aristotele fonda la scienza della storia naturale e un sistema di filosofia sopra
l'esperienza dei sensi; dà precetti di politica, di eloquenza e di poesia. —
Epicuro filosofo; Menandro poeta comico. — Zeusi, Apelle e Prologene portano
la pittura al più alto grado di perfezione.
310. Viaggio di Imilcone cartaginese alle isole Cassiteridi (la Gran Bretagna); di Pitea
da Marsiglia fino a Tuie (Islanda o Scandinavia); d'Annone fin al capo Bianco
in Africa.
332. Le conquiste fatte da Alessandro in Egitto vengono disegnate sopra una lastra
d'oro, che si depone nel tempio di Giove Ammone.
328. Calippo fa ritratti con modelli di plastica, in cui fonde la cera.
320. Primi saggi d'anatomia di Erasistrato.
300. Primo quadrante a Roma.
300. Erofìlo trova il modo di abbassar le cateratte dagli occhi. — Callistene aveva rac-
colto in un libro le cognizioni astronomiche de' Babilonesi, ed Euclide gl'in-
segnamenti geometrici de' predecessori.
270. Versione dei Settanta. — Sotto i Tolomei fioriscono le scienze in Alessandria. A
quei tempi riferiscono alcuni l'invenzione delle clessidre, od orologi a acqua,
e degli organi idraulici; ma si può ragionevolmente crederla pi>i antica; di
organi parla già Davide nei Salmi, ma s'intende ogni stromento a fiato.
INVENZIONI E NOVITÀ 290
203. La carta pergamena trovata da Eumene I re di Pergamo.
220. Archimede di Siracusa inventa gli specchi ustorj, la vite perpetua, le tanaglie;
determina il peso specifico dei corpi, pesandoli in un liquido (corona del re
Cerone).
20!. l Cinesi trovano la carta di seta, l'inchiostro, i pennelli da scrivere.
200. Musaici di vetro e di metalli.
180, Ipparco da Nicea inventa l'astrolahio (sfera armillare; ; numera le stelle conosciute,
determinandone la posizione; osserva un eclissi di luna; avverte la |»reces-
sione degli equinozj ; designa la posizione dei paesi colla longitudine e lati-
tudine.
03. Tirone inventa le ahhreviature o ìiote.
fio. S'introduce l'ordine toscano.
Del tesoro dell'antica sapienza furono depositarie Roma, Alessandria e Costanti-
nopoli, poi nel medio evo gli Arabi, e sul finire di questo ed al principio dei
tempi moderni gl'Italiani.
Roma, poco curando le arti, dall'architettura in fuori, ed ancor meno le scienze,
si tenne quasi solo contenta a ripetere ed imitar quello che nella filosofia e
nelle lettere avevano fatto i Greci. Negli ultimi anni della repuhhiica molti
illustri scrittori produsse. In tanta grandezza di conquiste non conosceva né
vetri, né camini, né carta, né poste, ne carrozze, né alberghi o panattieri
pubblici, od oriuoli; non calze, né camicie, od altra biancheria: dormivasi
su foglie secche, mangiavasi in legno o terra: un lachezzo era il pan di segale;
le case erano capanne.
Al tempo dell'impero crebbe il lusso, più che le comodità. Letti d'avorio e d'ar-
gento cesellato, coltrici di piuma fina e coperte di porpora; vasellame d'ar-
gento, d'oro, di pietre fine; in tavola cinghiali intieri ripieni di gru e pavoni;
vivaj d'ostriche e murene, e pranzi che costavano l'uno cinquantamila dramme;
addosso perle e gemme; la bellezza femminile rilevata con mille manteche e
vernici; l'India mandava per loro le sete, la Scizia le pelliccie, l'ambra il
Baltico ecc.
43 d. C. Coll'opera principalmente dell'astronomo Sosigene d'Alessandria, Giulio Cesare
riforma il calendario.
79, Plinio il Vecchio muore osservando da vicino l'eruzione del 'V^csuvio: la sua Ilisto-
ria naturce contiene nozioni curiosissime, benché raccolte a caso ed inesatte.
1 iO. Tolomeo insegna che la terra è centro del sistema planetario; l'evezione della
luna; la refrazione dei raggi delle stelle ecc.
1G0. Galeno, il più gran medico dell'antichità dopo Ippocrate. — Cornelio Celso, altro
lume della medicina.
200. La giurisprudenza coltivata da Ulpiano e Papiniano. — Plotino e il suo discepolo
Porfirio, della scuola alessandrina, insegnano la filosofia platonica in Roma.
Al cristianesimo son dovuti gli ospizj pei pellegrini, gli spedali pei malati,
i ricoveri pei trovatelli. Per convocare i fedeli s'inventano le campane da
san Paolino di ^o!a nel v secolo, o da papa Sabiniano nel vii. Dapprima da-
vansi i segni battendo due assicelle. La campana più grossa è a Mosca, del
giro di quattordici metri, del peso di mille quattrocento quintali.
393. Invenzione dei caratteri armeni, georgiani, albanesi.
300. Boezio e Cassiodoro, segretari di Teodorico re dei Goti, sostengono l'onore delle
lettere in mezzo alle tenebre del medio evo.
320. Dionigi il Piccolo, monaco scita, introduce l'èra cristiana.
330. L'imperatore Giustiniano fa raccorre da dotti giureconsulti le leggi romane.
333, La semenza de' bachi da seta viene trasportata dall'India in Europa. — Di quel
tempo si sostituiscono le penne per iscrivere alle cannuccie che i Romani
adoperavano,
030. Mulini a vento, inventati dagli Arabi.
037. Primi organi nelle chiese.
078. Invenzione del fuoco greco, con cui Callinico abbrucia i vascelli dei Musulmani
che assediavano Costantinopoli.
300 CRONOLOGIA
720. Gli Aral)i sotto i califfi Abhassidi coltivano prosperamente le scienze e le arti;
aprono pubbliche scuole in Asia, in Africa ed in Ispagna.
800, Sotto Aron al-Rascid fioriscono tra gli Arabi l'astronomia, la filosofia, la chimica
e le arti. Da essi ci vengono l'acquavite, l'alcool, le essenze, l'alambicco ecc.
— Carlo Magno ristabilisce gli studj in Occidente.
820. Pacifico, prete veronese, introduce in Italia gli orologi a ruota: ma già Aron
al-Rascid ne aveva mandato uno in dono a Carlo Magno. Altri ne fanno in-
ventore Boezio.
933. I Cinesi inventano la stampa.
9C0. Scavo delle miniere d'argento dell'Hartz, le più ricche d'Europa.
990. Il monaco Gerberto, divenuto poi papa Silvestro II, e detto per la sua dottrina
Mirabilia mundi, porta dalla Spagna in Francia ed in Germania l'uso delle
cifre arabiche, che in breve si diffonde per tutta Europa. Egli fa il primo oro-
logio a bilanciere, e gli organi a vapore {per aquce calefacUe violentiam, implet
ventus emergens concavitatem, etc.)
1000. Stile lombardo dell'architettura.
1028. Fra Guido d'Arezzo inventa le note musicali, nominandole dalle iniziali dei
primi emistichi dell'inno in onore di san Giovanni Battista, su cui prima-
mente adoprò quelle note :
Ut queant laxis re sonare fibris
Mira gestorum /"a-muli tuorum,
Sol \e polluti la-hìi realum,
S-ancte /-oannes.
1100. Le crociate in Asia ed in Egitto ridestano il gusto per le arti in Europa, e il
commercio; e trapiantano fra noi molti usi di quei paesi, e nuo\i gusti e co-
modila. Forse allora si conobbero i mulini a vento. La canna di zucchero
dall'Arabia, Nubia ed Egitto fu trasferita in Sicilia, donde in Portogallo, e di
là alle due Indie. — S'introducono le osterie, i camini, i vetri alle finestre.
Cominciasi a scrivere le lingue vulgari. S'adottano gli stemmi delle famiglie.
1120. Poeti provenzali, detti Trovadori.
1150. In Europa domina la filosofia scolastica. — Salgono in gran nominanza le scuole
di medicina di Salerno e di Montpellier. — Architettura di stile gotico.
11GI. Citansi lettere di cambio sopra Messina e Costantinopoli, tratte da mercanti di
• Messina.
1171. A Venezia fondasi il banco di deposito, detto di San Marco.
1210. Primi saggi di poesia siciliana.
1246. Innocenzo IV, col mandato di cambio più antico che si conosca, trasmette all'an-
ticesare Raspon venticinquemila marchi d'argento, che una casa di Venezia
gli fa pagare a Francoforte.
1250. I fratelli veneziani Nicolò e Maffio Polo intraprendono i primi viaggi nell'Asia
orientale; ai quali si aggiunse Marco figlio di Nicolò, che nel suo Milione
narrò i viaggi di tutti e tre fin dopo il 1300, facendo conoscere all'Europa
i paesi da loro visitati in Asia ed in Africa.
1260. Ruggero Bacone inglese costruisce specchi ustorj ; parla dell'esplosione del sal-
nitro chiuso in una sfera ; si pretende conoscesse il telescopio.
1270. Rinnovamento della pittura in Italia.
1296. Alessandro Spina da Pisa trova gli occhiali. — A questa età risale l'invenzione
degli specchi di cristallo, di cui forse non a ragione si attribuirono l'onore
i Veneziani, sebbene per lungo tempo ne fossero i soli fabbricatori, facendo
di quest'arte un segreto. Le dame portavano specchietti a cintola, come oggi
si fa degli orologi. — La carta di cenci di lino pare già fosse nota agli Aralti;
i Cinesi adoperavano carta di cotone e di seta; gli antichi scrivevano su fogli
di scorza d'alberi (papijrus), su tavolette di legno cerate, su pelli di pecora
(pergamena), e d'altri animali. Nel xii secolo, a Padova principalmente si
estendono le fabbriche di carta di lino.
Belgi e Liegesi si disputano a chi primo scoprisse il carbon fossile. — Un'asso-
ciazione di frati fabbrica molti ponti in Francia. — Si selciano le vie, uso
INVENZIONI E NOVITÀ oOl
airutlo dimenticalo fuor d'Italia. Cordova era selciala neirSoO; Parigi soltanto
nel XIII secolo; Milano lo fu sotto Azzone Visconti. Filippo l'Ardito noi 1285
ordina che ciascuno spazzi il selciato avanti alla propria casa 5 e solo nel 1G09
si nettarono a pubbliche spese. Galline e porci vagavano, come ora i cani:
uno si attraversò fra le gambe del cavallo del giovane re Filippo (|uando tor-
nava d'essersi fatto coronare a Reims, sicché cadendo morì. Le vie di Berlino
non erano ancora ripulite nel 162^, e i porci si ravvoltolavano tra le pozze
e i rigagni. ÌNel 1671 si ordinò che ogni villano, venendo al mercato, portasse
via una carretta di spazzatura.
1302. Flavio Gioja d'Amalfi insegna e perfeziona l'uso della bussola per dirigere le navi
in mare. Risorgono in Italia le arti con Cimabue, Giotto, frate Oderisi, Nicola
da Pisa, Arnolfo, Gaddo Caddi; come pure la filosofia e le lettere con Tom-
maso d'Aquino, Dante, Petrarca e Boccaccio.
Sotto Filippo il Bello questi mestieri aveansi in Parigi: venditrice d'agli, fabbri-
cator di mozzette, di piatti di slagno, di coreggie; pittore di blasoni, fabbri-
catore di fibbie, ricamatrice, tappezziere, mercante di legna, zoccolajo, fab-
bricatore di calze e calzoni, vetturale, la rivendugliola, il conciatore di cuojo
cordovano; giardiniere, trippajuolo, fabbricator di nastri, di corazze in lamine
di ferro, di piatti metallici a martello, di ferro grosso; fabbro-ferrajo, bruni-
tore d'armi, pasticciere, facitore di cofani, cuoco, lavandajo, mandeliniere,
che fa tazze di pietre fine, il santese delle chiese, fabbricator di ostie, rostic-
ciajo di oche, fabbricatore di stufe e padelle, che fa corone di rosarj , erbiven-
dola, giojelliere, mercante di sacchi, barbiere, mercante di sale, sartore,
panaltiere, fabbricatore di cosciali, che fa immagini, che fa brache ecc.
Il medico Arnaud a Montpellier sottopone le vinacce a fuoco vivo, il quale ne
fa svaporar l'acqua, lasciandovi solo la parte spiritosa, e ne ottiene l'acqua
di ferro, 0 acqua di morte, infine detta acquavite. — Le candele di sego erano
un lusso; dapprima usavasi l'olio 0 legni resinosi, e nelle chiese la cera. —
Gli antichi andavano col capo scoperto e a cappuccio. I cappelli vennero di
Spagna ; e Tristano Salazar biscaglino, ì^scovo di Sens, dicono gl'introducesse
in Francia, invece dei berretti e dei tòcchi. Carlo VI fu il primo re che portasse
cappello alla campagna: sotto Carlo VII portavansi quando piovesse; sotto
Carlo Vili in ogni tempo. — Per dare spasso a Carlo VI di Francia s'introdusse
il giuoco delle carte, già conosciuto da prima ; e per istampar queste si fecero
le prime incisioni in legno. — Agli Ebrei son dovute le lettere di cambio,
e gl'Italiani ed i negozianti d'Amsterdam le introdussero in Francia, al tempo
di Filippo il Lungo.
J520. Prima moneta d'oro battuta in Occidente dopo i Barbari.
1540. Invenzione della polvere da cannone, attribuita a Bertoldo Schwartz , monaco
di Friburgo 0 di Colonia. Applicata alle armi, muta faccia alla tattica di terra
e di mare; e ricchezze diventano necessarie per mantenere eserciti e (lotte.
Ì3U. Giovanni Dondi pone in Padova il primo orologio da torre.
J346. Invenzione delle bombe e de' mortai.
15S0. Bartolo e il suo discepolo Balbo ristaurano la scienza del diritto in Italia; per
loro salgono in onore le università di Pisa, di Bologna, di Perugia, di Padova
e di Pavia.
1401. Luigi di Berguera da Bruges inventa il tagliare i diamanti.
1405. Giovanni Belhencourt normanno scopre le isole Canarie.
1407. Fondasi a Genova il banco di San Giorgio, sul modello di quel di Venezia.
1410. Invenzione della pittura a olio, attribuita al fiammingo Giovanni Van-Eyck, dal
quale l'avrebbe appresa e portata in Italia Antonello da Messina. Gli antichi
stempravano i colori nell'acqua più 0 meno gommata. — Fin dalla prima
crociata pare fosse nota la pittura sul vetro, che fiorì in questo secolo. —Gio-
vanni delle Corniole fiorentino trova l'incisione all'incavo.
1412. Il caffè è portato dalla Persia in Arabia.
1416. Guglielmo Beukoltz trova il metodo di salare le aringhe, ricchezza del Nord.
1432. Gilianez volta il capo Non. I Portoghesi scoprono le isole Azzore.
502 cnoxoLocu
ii55. A Darcellona pubblicasi l'ordinanza sulle assicurazioni marittime; codice molto
esteso, che dicesi in uso nelle Fiandre fin dal 1310.
1140? Invenzione della stampa con caratteri mobili per opera di Pietro Schffiffer, Gio-
vanni Faust e Giovanni Guttenberg.
14S0. Tommaso Finiguerra, orefice di Firenze, trova l'arte d'incidere in rame. — I Ci-
nesi e gl'Indiani da immemorabile fanno intagli in legno per le loro stoffe
stampate. I Cinesi fin prima del Mille adopravano pei libri la stereotipia. Presso
gli anticbi popoli colti era conosciuta soltanto l'incisione in pietra ed in cri-
stallo, sì in incavo che in rilievo. — I-uigi Berguem da Bruges avendo osser-
vato che due diamanti stropicciati fra sé s'intaccano, raccolse la polvere che
ne veniva, e se ne valse per tagliare e levigar i diamanti. Gli antichi traevano
i diamanti dall'Etiopia-, poi ne vennero dall'India, Arabia, Cipro, Macedonia;
ora soltanto da Golconda e dal Bengala.
14S7. La regina di Francia riceve dal re d'Ungheria una carrozza sulle molle; novità
che fece meravigliare Parigi. Gl'Italiani v'applicarono i vetri agli sportelli.
14G0. Bovillas trova la curva cicloidale. — S'introducono i Monti di pietà a Perugia:
Paolo II, poi Leone X nel 1515 gli approvano. — Caduto l'impero d'Oriente,
i dotti Greci rifuggiti in Italia vi propagano la cognizione de' classici.
1483. VOrfeo del Poliziano è il primo dramma regolare in lingua moderna, non reli-
gioso. L'Euridice del Rinuccini è il primo messo in musica. A mezzo il se-
colo XVI Perrin l'introduce a Parigi, e ottiene di stabilire un'accademia per
l'Opera. Fino al 1681 nessuna donna v'avea cantato.
I486. I Portoghesi, che da un pezzo cercavano la via per andare alle Indie orientali
girando intorno all'Africa, dopo avere scoperto le isole di Porto Santo, di
Madera, le Azzore, quelle di capo Verde, la Guinea, il Congo, condotti da
Bartolomeo Diaz, pervengono finalmente al capo di Buona Speranza.
1492. Cristoforo Colombo salpato da Palos, porto di Spagna, il 5 agosto, la notte dall'H
al 12 ottobre scopre l'isola di San Salvatore; nel 95 le Antilie; nel 98 il conti-
nente d'America.
1498. Vasco de Gama, dato volta al tapo di Buona Speranza, scopre le coste orientali
dell'Africa, e giunge alle Indie. Nei seguenti anni crescono le scoperte in
America e nel mare Indiano, per opera specialmente di Amerigo Vespucci,
Giovanni e Sebastiano Cabotto, Alvarez Cabrai, Alfonso Albuquerque, Balboa,
Ferdinando Cortes, Magellano ed altri.
Dalle terre scoperte ci arrivano molte nuove produzioni, l'indaco, il tabacco,
il cotone, la vaniglia, il cacao, la china, la cocciniglia ecc. Dai Messicani im-
pararono i Gesuiti a far la cioccolata, che nel 1520 fu portata dal Messico in
Europa: in Francia pel primo ne fece uso l'arcivescovo di Lione, fratello del
cardinale Richelieu. Ora si consumano in Europa da ventitré milioni di lib-
bre di cacao ogni anno. — Si estende l'uso del caffè in Oriente, or proibito,
ora permesso, finché dopo il 1660 gl'Italiani, e specialmente i Veneziani, ne
mettono botteghe nelle principali città d'Europa.
1500. Copernico determina il sistema del mondo. — Epoca più gloriosa delle arti in
Italia, Rafaello, Michelangelo, Lionardo da Vinci, altri rinomati artisti —
Fiorisce la tipografia per opera degli Aldi in Venezia e a Roma.
1503. Prime mine alla presa di Castel dell'Ovo.
1504. Pittura su smalto, inventata in Italia.
1518. Incisione all'acquaforte.
1520. Magellano compie il primo viaggio attorno al mondo. — Telajo per tessere, in-
ventato da un francese. — Re Francesco porla le prime calze di seta.
1526. La chinachina è introdotta in Europa.
1528. Fernel misura un arco del meridiano.
1553. Primo orlo botanico a Padova: vi succedono quelli di Firenze, Pisa ecc.; nel
1568 a Montpellier; nel 159! a Parigi.
1547. Gli aranci portati dalla Cina in Portogallo.
1549. Giambattista Porta inventa il telescopio e la camera oscura;
1553. Oliviero Aubry batte monete col mulino e il bilanciere.
INVENZIONI K NOVITÀ 303
'J5G0. Il tabacco è introdotto in Europa. Nicol, ambascialorc di Francia alla Corte di
Portogallo, ne riceve da un mercante fiammingo, e lo presenta al granpriorc
a Lisbona, poi a Caterina de" Medici in Francia; e perciò è detto nicoziana^
erba del gran priore , erba della regina , ovvero erba di Santacroce , erba di
Tornabuona dal nome dei due cardinali che lo mettono in uso in Italia: gli
Spagnuoli lo chiamano tabago perchè prima lo trovarono a Tabago, una delle
Antdie. — Di questo tempo s'introduce il grano turco, che sembra derivi dal-
l'America, non dall'Asia.
1563. Editto di Parigi, pel quale L'Itòpital istituisce tribunali di commercio.
itìGi. Clemente Birago milanese trova come incidere sul diamante.
i57i. S'applica il mercurio per affinare l'oro e l'argento.
1580. Viaggio dell'ammireglio Drake attorno al mondo. — Fioriscono in Italia le lettere.
Ariosto, Tasso. Accademia della Crusca. —Viete, Mecord, Stifelio introducono
1 segni algebrici.
1582. Papa Gregorio XIII riforma il calendario.
1584. Don Pedro Ponce spagnuolo inventa un metodo per istruire i sordimuli.
158G. Walter Raleigh porta in Inghilterra il pomo di terra, di cui tardi si comprende
l'immensa utilità.
•J590. Antonio De Dominis spiega la rifrazione della luce e l'iride. — Sistema astrono-
mico di Ticho-Brahe. — Si perfe'zionano gli orologi, facendoli per tasca: bombe
e mortaj s'applicano all'espugnazione delle città: a Pìstoja inventansi le pi-
stole, a Bajona le bajonette. — Gl'Inglesi trovano gli spilli, mentre prima
s'adopravano spine d'avorio o di legno.
1600. Guglielmo Lee inventa il telajo da calze. — Giovanni Kepler, precursore di Des-
cartes nell'ottica e di Newton nelle scienze fisiche, dimostra le vere leggi del
sistema del mondo, e le forze centrifughe e centripete. — Francesco Bacone
da Verulamio, filosofo, teologo, storico e giurista, indovina l'elasticità ed il
peso dell'aria, intravede l'attrazione newtoniana, segna nuove orme nello
studio della filosofia.
Il gelso era stato introdotto in Francia sotto Carlo Vili: Enrico IV ne favorisce
la coltura, e coll'ajuto di Oliviero De Serre ne fa piantare quindicimila nel
giardino delle Tuileries. — 11 cardinale De Lugo gesuita insegna l'uso della
chinachina.
IGOl. Alto del 43" anno del regno di Elisabetta, che istituisce la tassa dei poveri.
1605. Giusto Byrge inventa i logaritmi e il compasso di proporzione.
1609. Scoperta della grande circolazione del sangue, attribuita all'inglese Ilarvey, ma
già avvertita dagli italiani Sarpi e Cesalpini. — Galileo Galilei inventa o per-
feziona il telescopio; scopre i satelliti di Giove; dimostra il moto di rotazione
e di rivoluzione della terra intorno al sole; trova la teoria del pendolo ed il
compasso di proporzione; — filosofia sperimentale. — Banco d'Amsterdam, il
più celebre di deposito.
1610. Gli Olandesi introducono il the: nel I63G conosceasi in Francia, nel 1670 in
Inghilterra.
1616. Luigi XI avea già nel li64 introdotto le poste, che erano corrieri portanti gli
spacci reali. Ma le regolari furono stabilite dal conte Tassi della Torre di Val-
sassina nel 1616 in Germania: onde la sua famiglia ottenne come feudo eredi-
tario il grado di mastro delle poste imperiali.
lOiO. Prime parrucche.
1621. Termometro, inventato dall'olandese Cornelio Dressel. Beaumur lo perfezioua.
— A Venezia s'introducono fogli che annunziano le novità, un per settimana,
e del valore d'una gazzetta. Il medico Rcnaudol nel 1631 le dà alla Francia,
e n'ebbe lungamente il privilegio. — SpeVimenti della bacchetta divinatoria.
1628. Ritrovamento dei Marmi di Paro, che l'inglese conte di Arundel trasporta ad
Oxford.
1630. Renato Descartes fa conoscere la rifrazione della luce, apre una nuova via allo
studio della natura. — Gobelin trova la tintura in iscarlatto, da cui le famose
tintorie nel sobborgo di San Marcello a Parigi.
50i CnOXOLOGlA
1034. Un'assemblea di dotti a Parigi fissa il primo meridiano all'isola del Ferro.
163S. Bonaventura Cavalieri da Milano, nella sua Geometria degli indivisibili , fonda il
calcolo infinitesimale.
1637. Gli Olandesi portano i tulipani: cenventi bulbi sono venduti novantamila lire.
1643. Barometro, inventato da Evangelista Torricelli fiorentino.
1650. Macchina, pneumatica, inventata secondo gl'Inglesi da Boyle, secondo i Tedeschi
da Ottone Guerrick. — Nelle cave del carbon fossile di Newcastle si usano
strade ferrate a cavallo.
1056. Si stabiliscono in Francia le prime manifatture di calze sotto la direzione d'Hin-
dret. Prosperando, nel 1666 egli forma una compagnia tanto fiorente, che fra
sei anni potè istituirsi una maestranza di calzetta].
1657. Fondasi in Firenze l'accademia del Cimento, che precede di Ire anni quella delle
Scienze di Londra, e di nove quella di Parigi.
1660. Scoperta della Nuova Olanda. — Si misura la velocità della nave secondo i nodi
che fila. — Atto di navigazione, che esclude tutte le bandiere dai porti delle
colonie inglesi, e vieta di portare in Inghilterra altri prodotti che quei del
loro paese.
1662. Invenzione delle pompe da fuoco.
1664. Tournefort classifica le piante secondo la corolla.
1607. Auzout inventa il micrometro.
1669. Brandt trova il fosforo.
1670. Huygens applica il pendolo al movimento degli orologi, sostituendolo al bilan-
ciere. — Scopre l'anello di saturno.
1076. Barlow fa orologi a ripetizione. — Il barone Bòltcher fabbrica la prima porcel-
lana in Europa.
1680. Newton dà la teoria dell'attrazione universale; fa varie scoperte nell'ottica; com-
pone il telescopio di riflessione. — Domenico Cassini, tra i più celebri che si
volsero ad esaminar il cielo, scopre quattro satelliti di saturno, spiega il moto
delle comete, scioglie i più difficili problemi astronomici. — Sotto Luigi XIV
si mettono vetture a nolo in città a Parigi La prima chiamavasi carrozza da
cinque soldi, perchè tanto la si pagava allora; faceva stazione sotto un taber-
nacolino di San Fiacre, donde prese il nome che le rimane. — Apresi il canale
di Linguadoca, cominciato nel 1663.
1683. Jourdan a Stuttgard inventa il sifone, e lo confida al duca di Wurtemberg. Ma
uditone gli effetti, il famoso navigatore Giovanni Davis e Dionigi Papin ne
fecero altri. — Ilomberg inventa l'areometro o pesa-liquori.
168i. Leibniz introduce il calcolo differenziale.
1688. Luca di Nehor fonde grandi lastre da specchi.
1689. Papin inventa la prima macchina a vapore a pistone e cilindro, ma a due corpi
di pompe.
1692. Primo uso delle bajonette come arma decisiva.
1694. Banca d'Inghilterra, che opera di sconto, di circolazione e di finanza.
1700. Bernoulli trova il calcolo integrale.
1701. Cassini termina la meridiana, e s'accorge che la terra è oblunga. — Istituzione
delle camere di commercio in Francia.
1705. Luigi XIV adotta i fucili in luogo de' moschetti e dell'archibugio: alle picche si
surrogano generalmente le bajonette. — I Prussiani caricano i fucili con bac-
chette di ferro.
1706. Con carta della regina Anna si stabilisce in Inghilterra la prima compagnia di
assicurazione sulla vita.
1710. Bameau di Bigione riforma la musica.
1715. Il barometro viene applicato da Laplace alla misura delle altezze.
1716. Banca di Law in Francia.
1720. Inventasi l'incisione a colore, — Lady Montagùe porta l'innesto del vajuolo da
Costantinopoli in Europa.
1724. Wodward scopre l'azzurro di Berlino.
1728. Bradley scopre l'aberrazione delle stelle fisse.
INVENZIONr E ^OVIT.Ì 305
1730. Linneo, nafmalista svedese, crea il sistema sessuale. — Brandt cliimico svedese
scopre il cobalto.
1736. Lacondamine, Bouguer, Godin e Jussieii misurano un arco del meridiano sotto
l'equatore, mentre altri ne misurano uno sotto il polo, e cosi determinano la
periferia della terra.
1738. Mirabili automi di^Vaucanson da Grenoble.
17i3. iMicroscopio solare di Lieberkuhn.
17'ir». Bottiglia di Leida.
1747. Eulero trova le lenti acromatiche.
17,10. .\fontfaucon, poi Winckelmann spargono'gran luce"negli sfudj archeologici, e
maggiore in appresso l'italiano. Ennio Quirino Visconti.
17f>2. Esperienze di Franklin sull'elettricità.
1754. A Napoli si fonda una cattedra d'economia politica per Antonio Genovesi.
17o7. Parafulmini perfezionati da Chappe e Bertholon.
1760. Spallanzani e Buffon spiegano l'universa natura.
1765. Un tal Boulanger di Parigi apre bottega di trattore, e scrive per insegna: Venite
a me tutti che soffrite di stomaco, ed io vi ristorerò. Di là il nome di ristoranti.
1767. Apertura del canale di Bridgewater, primo d'Inghilterra, costruito dall'ingegnere
Brindley.
1769. Arkwright perfeziona la macchina per filar il cotone. — Watt inventa la prima
macchina a vapore a un sol corpo di pompa.
1772. Viaggio di Cook intorno al mondo ; di La Perouse nel 1786.
1773. Guyton-Morveau scopre i mezzi di disinfettare l'aria.
1775. Lavoisier decompone l'acqua e l'aria, crea la nuova chimica.
1777. William inglese trova il modo di dare il color verde al cotone.
1780. Nell'istituto del cavaliere Paulet per gli orfani militari a Parigi s'introduce prima
il mutuo insegnamento. È poi esteso in Inghilterra, e migliorato dal dottor
Bell e dal quakero Lancastre.
1781. Elerschell scopre il pianeta urano. — Saussure inventa l'igrometro.— L'Epée
perfeziona il modo d'istruire i sordimuti.
1782. Samuele Taylor inventa la stenografia.
1783. Ascensione dei primi palloni aerostatici (Lunardi, Montgolfier, Landriani, Zara-
beccari). — Herschell fa il più forte telescopio, lungo 13 metri, al quale soa
dovute le maggiori scoperte.
1784. Mesmer divulga il magnetismo animale.
1786. Hauy istruisce i ciechi. — Bernardo Jussieu dà il sistema di classificazione natu-
rale delle piante. — Lebon ingegnere stabilisce a Parigi il primo apparecchio
d'illuminazione a gas.
1790. Claudio Chappe inventa i telegrafi, di Francia passati a tutti i popoli civili; Ar-
gan, le lampade a doppia corrente; Hargravt, la filatura del cotone. — Si ap-
plica la chimica alle arti ; Chaptal migliora così i vini ; Parmentier, l'arte dei
panattiere, introducendo pure la patata; Rumfort, i metodi di scaldare; Lowitz,
Rouppe, Morozzo insegnano a purificar l'acqua; Seguin, a conciar le pelli:
altri, a raffinare la polvere fulminante ; Berthollet e Vauquelin, a migliorar
le tintorie e l'imbiancatura : Thénard e Brongniart somministrano nuovi colori
alla pittura e allo smalto. — Jacquart inventa i telaj de' broccati, che creano
la ricchezza di Lione.
1792. Vancouver scorre i mari australi.
1793, Galvani di Bologna scopre l'elettricità, che egli pretende animale. Volta comasco
inventa la pila.
1795. Introduzione del calcolo decimale.
1796. Laplace dà il sistema del mondo. Jenner trova la vaccinazione.
1797. Montgolfier inventa l'ariete idraulico; e Didot la stereotipia.
1798. Gay Lussac, Thénard, Davy, Berthollet fanno grandi scoperte e applicazioni delia
chimica. — Prima esposizione dei prodotti dell'industria francese.
1801. Davy colla pila voltiana decompone l'acqua ecc. — Piazzi scopre il pianeta cerere.
Cantù, Documenti. — Tomo'I, Cronologia, 20
306 CRONOLOGIA
Hauy pubblica un nuovo sistema mineralogico. — Adottasi in Francia il sistema
metrico.
1802. Berte di Tolosa inventa il bilanciere per battere monete. — Garncrin trova il pa-
racadute per gli aerostati. — Olbers scopre il pianeta pallade. — Sennefelder
inventa la litografia. — Delessert raffina gli zuccheri.
1803, Harding scopre il pianeta giunone. — Fondazione della banca di Francia.—
Prime penne d'acciajo.
180S. Gali pubblica le sue ricerche sulla craniologia.— Beyer trova i solfanelli fosforici.
1807. Olbers scopre il pianeta vesta. — Primo liattello mosso a vapore da Fulton negli
Stati Uniti : macchina di Walt.
-1808. Lagrange dà la soluzione delle equazioni numeriche di qualunque grado.
1809. Herschell scopre altri satelliti di urano.
1811. Prime illuminazioni a gas in Inghilterra, — Trovasi il modo d'estrarre lo zuc-
chero dalla barbabietola. — Accendi-lume pneumatici.
1813. Courtois scopre il jodio.
18U. Il chinino. — Ferrovie. — Ponti sospesi. — Giornalismo. -^ Studj sull'Oriente e
sull'Egitto.
1816. Fondazione della banca degli Stati Uniti.
1817. Col canale del lago d'Eriè gli Stati Uniti preludono all'estesissimo sistema di vie
di comunicazione.
1818. Prima cassa di risparmio in Francia: in Inghilterra cominciarono nel 1810.—
I caleidoscopj.
1820. S'introduce l'uso medico della segale cornuta.
1823. Concessione della ferrovia di Saint-Etienne, la prima di Francia (1).
(1) Cronologia delle macchine a vapore-
-120 av. C. Erone alessandrino inventa l'eolipila, in cui l'acqua convertita in vapore da molo ad una ruota.
80 d. C. Vitruvio (lib. !. cap. 6 scrive cbe l'colipilii produrp un soffio violento.
990. Cerberto (cbe fu papa Silvestro II) col vapore move un orologio, e soffia nelle canne degli orgaui
[Speculum hiatorkum, part. il, cap. 93).
1343. Blasco di Garray presenta a Carlo V una niaccbina a vapore applicabile all« navi; sperimento felice
nella rada di Barcellona il 17 giugno 1 j4ó sopra la Sartia Trinila^ nave di ducente tonnellate.
Il tesoriere Ravago levasi contro al progetto, trovando probabile lo scoppio doUa caldaja, e troppo
celere il moto delle ruote (Nav.ìrretk, Registri degli archirj reali di SaUnianca. Madrid 1826).
Isso. Matbesio descrive un meccanismo, simile alTeolipila di Erone.
1570. Scappi col vapore mette in moto uno spiedo.
1615. Salomone di Caux pubblica Les raisons de$ forces mouvanles avec diverse» machìnes, in cui
tratta ampiamente del vapore acqueo.
1629. Giovanni Branca di Sant'Angelo presso Pesaro studia l'applicazione del vapore alle macchine ([.e
macchine. Roma 1629).
I6S7. Gaspare Scott gesuita scrive sullo stesso argomento (Macchina idraulica pneumatica. Wnrtzburg
1657).
1663. Enrico Sommcrsct, marcbese di VVoreester, ripete e loda quanto avca scritto Caux intorno al vapore
acqueo.
1689 Dionigi Papin di Blois cimbina la forza elettrica del vapore colla sua proprietà di condensarsi per
raffreddamento, e l'applica ad uno stantuffo. Propone i battelli a vapore, o presagisce l'impor-
tanza di questo motore (Jcta erudilorum Lipsia; IfiOO. Angusta, p. 410).
1696. Savery capitano inglese pubblica col suo nome il libro del Sommcrsct, con nuovi commenli ed ap-
plicazioni all'arte dei minatori (The wiwer'j friend. Londra 1096).
176S. Newcomen e Cawley modificano l'invenzione di Papin, costruendo la macchina atmoiferica ., in cui
il vapore, condensandosi nel corpo delle pompe mediante l'acqua fredda, produce il vuoto, e lo
stantuffo discende per la^prcssione almosfeiica. Savery tenta rapirgli il merito dell'invenzione.
1737. Gionata llutls pubblica in Londra la descrizione d'un battello a vapore, con cui proponeva di rimor-
chiar le navi.
1757 Serafino Serrali toscano pone in corso sull'Arno un battello a vapore.
4767. Giacomo Watt di Glasgow scopre il condensatore, rocipiente separalo dulia pompa, e comunicante
con essa per mezzo d'un tubo.
4785. Jouffrois d'Arras ne sperimenta un altro sulla Saona.
4791. Una nave a vapore compare per la prima rotta a Leith nella Scozia
INVENZIONI E NOVITÀ 307
1827. Fresnel costruisce fari, visil)ili a grandi distanze. -- Filature del lino a macchina.
1828. Unione doganale tedesca.
1830. Soubeiran trova il cloroformio.
1833, Reiclienbacli estrae la croosola dal catrame.
1855. L'elettro magnetismo: si tenta applicarlo alla meccanica.
1837. Telegrafi elettrici, inventati in Inghilterra da Wheatstone.
1838. Lega inglese contro i vincoli nel commercio dei grani. — lUiolz inventa la gal-
vanoplastica.
183i). Daguerre trova il modo di (issar i contorni degli oggetti su lamine metalliche per
solo elTetto della luce.
ISiO. Strade a propulsione atmosferica. — Estensione delle penne metalliche.
1811. Teoria chimica della pila per Faraday.
1843. Ilenke scopre il pianeta aslrea. — Applicazione dell'etere solforico a istupidire la
sensività , dai dottori Jackson e Morton americani. Dappoi vi si surroga il
cloroformio.
ìSii). Leverrier pei puri calcoli assegna il posto ove si trovò in fatto da Galle il pianeta
nettuno. — PeeI fa decretare in Inghilterra la libertà del commercio del grano.
— Teoria degli equivalenti chimici.
1847. Applicazione dell'elettricità a fondere il rame. — Scopresi da Schonbein l'ozono
e il cotone fulminante. — Jackson introduce l'anestesia mediante l'inalazione
dell'etere e del cloroformio. — Piscicoltura.
1848. Lassel a Liverpool trova l'ottavo satellite di saturno.
1849-o0. Annibale De Gasparis scopre a Napoli due altri asteroidi piccolissimi fra marte
e giove, che intitola l'igea borbonica e lapartenope.
i8o4. Scoperta dell'alluminio da Saint-Claire Deville.
1856. Carte ecli[)tiche di Chacornac. — Trovansi sempre nuovi asteroidi. — Gli ste-
reoscopj ecc. ecc.
1858. Conservazione della luce.
1859, Braid scopre l'ipnotismo,
1861. L'analisi spettrale, mediante le strie della luce decomposta. — Formazione del-
l'alcool colla semplice reazione dell'acido solforico col gas illuminante. — 11
telestereoscopio.
<802. Fulton americano sperimenta uà piccolo battello a vapore fatto di euojo. La prova riesce felicemente
sulla Senna, |ireseDti alcuni membri dell'Istituto di Francia 1803)
1804. Wolf propone modificazioni alle uiacchioe a vapore, ed ottiene patenti per quelle a doppio effetto.
IS07. Fulton introduce l'uso delle navi a vapore negli Stati Luili, e costruisce il primo piroscafo a Nuova-
York, per trasportar uomini e mercanzie: in questo stesso anno spcrimcnlansi in Inghilterra le
locomotive.
1811. Trewitick, come Wolf, [iropoue migiiiiranienti alle macchine a \apoic.
^812. Gli Inglesi adottano l'uso de' piruscaD.
1816. La Francia gli adotta, e li rendo più comodi pei viaggiatori.
1832. In Francia, da Lioue a Saiut-Elienue. si provano le prime locomotive su strada ferrata.
INDICE
PARTE TECNICA
i
2,
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
II.
12.
13.
a.
13.
16,
17.
Divisione del tempo , pag. 9
Giorno » ivi
Settimana » 10
Mese ;. ivi
Anno . • )> 13
Cicli e Periodi . . . >. 14
Il grand'anno . . . . >j 16
Ère » ivi
Èra della creazione ... « 17
Le Olimpiadi .... » 18
Èra di Roma .... » 19
Èra volgare .... « ivi
L'Egira >. 20
Epoche » ivi
Concordanza della cronolo-
gia sacra colla storia pro-
fana I) 13
Sulla cronologia egiziana •> 48
Sul tempo della presa di
Troja, e in generale sulle
epoche greche ... « o4
S 18.
19.
20.
21.
23.
2i.
25.
26.
27.
28.
29.
30.
31.
Canone cronologico per l'e-
poca di Enotro e dell'in-
civilimento dell'Italia . pag.
Monumenti cronologici . »
Marmi di Paro ...»
Fasti consolari ...»
Dell'anno dei Romani anti-
chissimi, e degli altri Ita-
liani )).
Calendario giuliano-romano "
Riforma gregoriana del Ca-
lendario »
Metodo per trovare le feste
mobili »
Di alcune date ecclesiastiche
Calendario greco , arabo e
turco »
Calendario ebraico . . »
Calendario repubblicano »
Degli almanacchi ...»
Degli oriuoli .... »
o5
58
ivi
59
93
96
113
ilo
116
118
119
121
126
ivi
TAVOLE CRONOLOGICHE
§ 1. Cronologia degli Ebrei .
pay.
132
g 20.
Re d'Arcadia
pay.
156
2. Impero cinese . , .
>ì
134
21.
Re di Messene . .
»
ivi
3. Re d'Egitto . . .
»
li6
22.
Re d'Atene . . .
»
ivi
4. Re d'Assiria . . .
»
1 i7
23.
Re d'Elide
»
158
5. Re di Media . . .
»
149
24.
Re dell'Acaja
w
ivi
6. Impero dei Persi . .
»
ivi
25.
Re di Megara
»
ivi
7. Re di Siria ....
„
150
26.
Re d'Etolia
»
ivi
8. Regno di Troja . .
h
131
27.
Re di Tebe
»
159
• 9. Regno di Lidia . .
)/
ivi
28.
Tessaglia
»
ivi
10. Rtìgno di Caria . .
»
ivi
29.
Re di Creta
n
160
11. Regno di Tiro . . .
»
ivi
30.
Re di Rodi
»
ivi
12. Cartagine ....
))
152
31.
Regno^di Macedonia\
»
ivi
13. Mauritania e Numidia
«
ivi
32.
Regno d'Epiro . .
»
161
14. Re di Cirene . . .
»
155
33.
Regno di.Tracia . .
n
162
15. Re d'Argo ....
»
ivi
34.
Re Seleucidi^di_Siria
n
ivi
16. Re di Micene e d'Argo
w
ivi
35.
Re dei Parti . . . .
»
ivi
17. Re di Sidone . . .
»
154
36.
Re d'Armenia . . . .
»
163
18. Redi Corinto . . .
u
ivi
37.
Re dellalPiccola Armeni
a »
ivi
19. Re di Sparta e di Lac(
;de-
38.
Re del Ponto . . .
»
ivt
monia ....
)(
155
39.
Re del Bosforo
Cimmerie
) »
16i
310
§40.
41.
42.
43.
44.
45.
46.
47.
50.
51.
52.
53.
54.
55.
56.
57.
58.
59.
60.
61.
62.
63.
64.
65.
66.
67.
68.
69.
70.
71.
72.
73.
74,
75.
76.
77,
78,
79,
80,
Re di Cappadocia . . pag.
Regno di Battriana . . »
Regno di Pergamo . . »
Re di Bitinia .... «
Re di Sicilia . . . . »
Re del Lazio .... »
Re di Roma .... »
Imperatori romani . . ->
Papi "
Re degli Unni . . . . »
Re degli Svevi . . . '»
Re dei Vandali ...»
Re ostrogoti .... »
Esarchi di Ravenna . . >'
Re longobardi .... »
Duchi di Spoleto . . . »
Duchi del Friuli ... «
Duchi poi principi di Bene-
vento )
imperatori e re d'Italia . »
Conti e duchi di Puglia e Ca-
labria »
Conti e re delle Due Sicilie »
Duchi di Parma e Piacenza »
iMarchesi, duchi egranduchi
di Toscana .... »
Duchi di Ferrara, Modena e
Reggio »
Dogi di Venezia ...»
Genova »
Signori e duchi di Milano ->
Mantova e Monferrato . »
Savoja I)
Re dei Bulgari . . . o
Re crociali di Gerusalemme »
Re di Cipro . . . . »
Principi latini d'Antiochia e
Tripoli »
Re e Sofi di Persia . . »
Arabia »
Egitto «
Turchi Selgiucidi ... »
Kan Mongoli . . . . o
Impero del Mogol . . »
Imperatori Ottomani . . «
iMarocco e Fez . . . . »
164
§81.
Imperatori e re di
Germa-
165
nia . . . .
. . pag.
192
ivi
82.
Austria ....
. ' . 1)
193
ivi
83.
Sassonia ....
. . »
194
ivi
84.
Baviera ....
'>
ivi
166
85.
Wiìrtemberg . .
»
ivi
ivi
86.
Re di Ungheria .
. . >'
195
ivi
87.
Re di Boemia . .
n
ivi
168
88.
Re di Francia . .
>'
196
175
89.
Re di Borgogna .
»
197
ivi
90.
Duchi di -Lorena .
»
198
ivi
91.
Conti di Fiandra .
»
ivi
ivi
92.
Duchi di Normandia
»
199
ivi
93.
Bretagna francese
'>
ivi
176
94.
A(|uitania e Tolosa
»
ivi
ivi
95.
Conti ereditar] di Provenza»
200
ivi
96.
Spagna . . . <,
»
ivi
97.
Portogallo . . .
»
202
ili
98.
Gran Bretagna . .
»
203
ivi
99.
Re di Danimarca .
»
205
100.
Re di Svezia . .
»
206
178
101.
Re di Norvegia .
. . »
ivi
ivi
102.
Gran principi, czar
c impe-
179
retori di Russia
»
207
103.
Re di Polonia . .
»
208
ivi
104.
Re di Prussia . .
»
209
105.
Re di Hannover .
»
ivi
180
106.
Olanda . .' . .
»>
210
-181
107.
Montenegro . .
>>
ivi
182
108.
Slati Uniti . . .
>'
ivi
184
109.
Messico ....
»
ivi
ivi
110.
111.
Perù
^^
211
ivi
Colombia . . .
i>
ivi
185
112^
.Chili
»
ivi
186
1 -^
113. America Centrale .
»
ivi
ivi
114.
Confederazione Argentina »
ivi
115.
Buenos Ayres . .
»
212
ivi
116.
Iruguai . . .
i>
ivi
ivi
117.
Brasile ....
»
ivi
187
118
Haiti ....
»
ivi
188
119.
Giappone . . .
»
ivi
189
Tavola alfabetica d'uomini
illustri,
190
principalmente nelle. scienze e
191
nelle lettere . . .
. . »
213
ivi
Tavola sincrona d'uomini
illustri n
291
ivi
Invenzioni e novità . .
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GEOGRAFIA POLITICA
<i La jjcograpliie dc consiste pas Beulemcnt dans Ics derniers
renseigQcmcnts oblcnus sur le globe quc nous habitons,
mais clic est la réunion dc toiites Ics connaissances acqui-
ses sur ce sujct depuis Ics premicrs tcmps de l'histoirc
jusqu'à nos jours. C'cst par cct ensemble dc notions quc
nous pouvons avoir quelquc idée dcs rógions où Ics mo-
derncs n'ont pas pcnctré, quc nous recucillons les dctails
plus circonstanciés et plus cxacts sur ccllcs qui, souvcnt
parcourus dans Ics sicclcs passés, ont aussi, à différcntcs
époques, étc micux décritcs qu'elles ne pcnvcnt l'ctrc dans
le siede qui s'ccoulc. C'cst aussi par la scule ctude des
tcnips prórédcnts quc nous pouvons assigncr aux nations
qui ont vécu dans les difrércnis àgcs la place qu'elles ont
occupóc sur le globe, et connaìtrc Ics divisious et Ics dé-
noniinations dcs divcrses contrécs dc la terre, seloa les
tcmps, Ics licux, Ics dialccts » . WaLkeaaer.
Canti), Documenti. — Tomo I, Geografia politica.
i
PREFAZIONE
La geografia è indispensabile accompagnamento alla storia, giacché, col designarne
i luoghi, rende piìi chiara e precisa la cognizione degli avvenimenti, e qualche volta
anche ne dà la ragione.
Sebbene noi neghiamo l'onnipotenza del clima e le virtù misurate ai gradi di latitu-
dine; sebbene respingiamo le nubi di Hegel, pel quale anche il mondo fisico è un pro-
dotto dello spirito, è la base del movimento storico; crediamo però che molto influisca
il clima, molto la conformazione del suolo. Essi spiegano l'origine, il prosperare, il
decadere d'alcune città, i motivi delle guerre, talora perfino la libertà o la schiavitù :
i pendii determinano il corso, non solo de' fiumi, ma de' popoli conquistatori o educa-
tori. 1/ abitante dei deserti libici dissomiglierà sempre da quel della Siberia : il cuore
dell'Asia chiude gli arcani cominciamenti della civiltà, la quale ne scese a seconda
della corrente dei fiumi. Nel mondo primitivo Babilonia è designata come un centro
importante, cosi ai conquistatori che vennero dall'Oriente in Occidente, quali i re di
Assiria e di Persia, come a quelli che si dirigevano in senso opposto, quale Alessandro.
Egli infatto, quando mori, pensava ridurla capitale del suo vasto impero ; sebbene quel
punto fosse meno centrale dopo che la bilancia traboccava verso il mondo occidentale.
I Seleucidi l'ebbero, ma preferirono Antiochia presso al Mediterraneo, e ciò fu non ul-
tima causa del loro cadere. Cartagine, men centrale di Roma, soccombette a questa.
II Bosforo arrestò gl'invasori, i quali distrussero l'impero Occidentale, e le orde di Timur.
La geografia spiega la nascita e la decadenza di Venezia, e le incancellabili divisioni^he
furono la piaga e la vita dell'Italia. I paesi attorno al Mediterraneo raggiunsero il più
insigne aggrandimento intellettuale; e quest'equilibrio delle stagioni favorisce i pro-
gressi dell'Europa, ove il pendìo che piega al Mediterraneo è d'incivilimento diverso da
quel che volge al Baltico. Senza tornare ai sofismi del Campanella e del Montesquieu,
il signor Passy esponendo, non ha guari, all'Accademia delle scienze morali e politiche
di Parigi le cause che operano suW andamento della civiltà ìielle diverse parli del globo,
attribuì gran parte al clima e alla situazione de' paesi.
Non poteva dunque un corso di Geografia mancare alla nostra Storia Universale.
A disporre i moltissimi fatti presentati dalla geografia, vuoisi un metodo. E perchè,
come le altre scienze, questa si perfezionò col suddividersi, essa è distinta in
Geografia matematica, la quale considera la terra come un pianeta, e nelle sue rela-
zioni col sole e cogli altri corpi celesti :
Geografia fisica, che studia del nostro pianeta la sola natura materiale; cioè l'origine,
la sostanza, la forma, le dimensioni, le proprietà, gli accidenti, le attinenze presenti,
passate, future; al che le coadiuvano l'astronomia, la chimica, la geologia, la filosofia
naturale :
Geografia politica, descrizione della terra considerata come stanza degli uomini, che
fa conoscere le disposizioni e i cangiamenti riguardanti la specie umana, i grandi corpi
politici, le divisioni dei popoli.
4 GEOGRAFIA POLITICA
Ciascuna di queste fu trattata diversamente secondo il genio e gli studj speciali degli
autori. Gli uni s'appigliano a un punto unico, e lo svolgono sotto ogni aspetto : altri
indagano, tra i frantumi dell'erudizione, popoli e paesi scomparsi, e dove fossero si-
tuati -, altri descrivono per filo e per segno le contrade che visitarono: altri estesero le
loro corse a gran parte della terra, così acquistando quel supremo stroraento di verità,
il confronto : altri, senza moversi dal proprio gabinetto, raccolsero relazioni altrui, per
tesserne l'intera descrizione dell'orbe. Benché tali compilazioni non possano aspirare
all'originalità né ascriversi alla scienza, tornano di grandissimo uso agli studiosi, quanto
i dizionarj e i libri elementari (1).
In tali descrizioni, alcuni non osservarono che le razze e le divisioni loro ; altri la
conformazione naturale della crosta del globo, coordinando secondo i monti e le valli;
altri si tennero strettamente alle distribuzioni politiche, per quanto queste separassero
genti sorelle, o ne riunissero di dissomiglianti.
Era desiderio di Gian Domenico Romagnosi « una geografia che potremmo dire pro-
gressiva, della quale non sappiamo se mai sia stato immaginato il progetto e tentata
l'esecuzione. Con le nuove ricerche storiche, che dall'Islanda si estendono sino al Me-
diterraneo, si tengono sotto mano tutti i dati per tessere una Geografia storica, la quale '
incominci dai tempi di notizie storiche dei diversi paesi..... Questo lavoro sarebbe de-
gno del secolo presente. Questa geografia dovrebb'essere distribuita in periodi o età, e
rimontando indietro, per esempio fino ad Erodoto ed Omero, e anche secondo le me-
morie asiatiche conservate, dire, per esempio, la tal contrada in quest'età era selvaggia;
dell'altra tale contrada non si sa nulla 5 di questa non si avevano che le tali imperfette
0 strane notizie ; e qui segnare le rubriche, ossia i capi delle geografie abbozzate
a norma dello stato assegnabile di quella data età Tutto dovrebb'essere annesso ai
fasti storici più importanti Ecco in succinto il lavoro da noi desiderato, e che sa-
rebbe pure infinitamente utile per la storia, per l'economia, per la filosofia e per la
politica » (2).
Il metodo da lui indicato restava a noi prefisso dal nostro lavoro -, e come nella Sto-
ria Universale seguimmo l'umanità ne' varj suoi periodi, così dovevamo, per ciascun
di questi, descrivere i paesi abitati dalle nazioni che lasciarono storia. Mal potrebbe in-,
tendere, per esempio, la formazione de' feudi, de' Comuni, dei nuovi regni dopo il me-
dioevo chi non avesse sott'occhio la nostra Geografia delle epoche XI, XII e Xlll.
1 limiti di ciascun'epoca saranno gli stessi che prefiggemmo nella nostra Storia
Universale. Nominare non dovevamo tutti i paesi, ma stimarne l'importanza a norma
della storia.
Questa costante unione della storia colla geografia ci tolse lo sconcio troppo comune
di dare un semplice itinerario 0 un'arida nomenclatura: e benché il nostro compendio
non potesse esser pittoresco come in Malte-Drun, c'ingegnammo che anche nella geo-
grafia lavorasse qualch'altra facoltà oltre la memoria; ed eravamo portati a continui
confronti, e ad esporre gli elementi di prosperità materiale, che sono valutabili a cifre,
cioè la statistica nel suo senso migliore.
Nell'esibire la popolazione nei diversi tempi, non vogliamo illudere i nostri lettori,
come chi di questa scienza fa una ciarlataneria e un'arte di cabala. Oggi che la stati-
stica divenne scienza, oggi che quasi dapertutto sono introdotte le anagrafi, che si regi-
strano rigorosamente i nati e i morti, è ancora incerta la popolazione delle città meglio
sistemate, per esempio Milano 0 Parigi. Quanto più quella delle provincie e degli Stali !
(I) Per OS. Grundriss dcr Gengraphie di IìehG- ìiairc iinivcrscl de Gcographie poUlique, hislori-
IIAUS; i Conipcndj di Burktte, di Cavx et Poinson, quc ci comincrciak'., 2 voi.
di Balbi, di Delica, di Mabmocciii, ecc.; lo Enei- (2) Annali di Statislica, xviii, ^5.
clopcdic ; e principalmente Mac Cahthv, Diclion-
PREFAZIONE 5
Come dunriue fidarci a numeri dati dagli storici per incidenza, e in tempi che norme
precise mancavano ?
Chi volesse conoscere l'incertezza della scienza su questo punto, non ha che a vedere
le nozioni che Adriano Balhi prepose al suo Compendio e agli Elementi^ e ancor più il
modo che egli teneva, porgendo una media delle popolazioni, fra dati disparatissimi.
Ravvisava egli la scienza in tutte le generalità puramente geografiche; seppe estendere
un sistema a tutto il mondo, e preparare un Manuale che fu adottato come il più com-
piuto, e ch'egli ehbe la diligenza di arricchire continuamente colle ultime scoperte,
non lasciando che della sua perseveranza trionfasse l'ostinazione d'un amor proprio
mal inteso. Ora egli, sulla Biblioteca italiana del 1838, ragionò della popolazione della
Spagna antica e moderna, adducendo le opinioni di moltissimi storici e geografi, i
quali, da Osorio y Redin che le assegna settantotto milioni di abitanti prima dei Romani,
fino al cardinale Zapata che nel secolo xvii la restringeva a tre milioni, variano per modo,
da toglier credito alla scienza. Or che sarà quando si pretenda dare la popolazione dei
paesi barbari, o quella di tutto il mondo, o quella degli Zingari, ovvero degli Ebrei ?
Né qui intendiamo spargere sulla geografia quello scetticismo che altri ha applicato
alla storia 5 ma solo premunire il lettore contro le asserzioni troppo assolute in questo
fatto, e preparare a noi stessi una difesa quando ad un numero che togliamo da uno
storico, se ne opponga uno differente, tolto da un altro. L'esempio dell'indefesso geo-
grafo or ora citato ci sarà sempre di scusa. Basti l'asserire che noi ci valemmo de' mi-
gliori (3), e nella geografia contemporanea ricorremmo alle statistiche più reputate e più
recenti, ogni giorno aggiungendo quel che di nuovo acquistavamo.
Una volta chiunque imprendeva a trattar di una scienza, dovea dire : — Nessuna ve
n'ha più estesa, più utile, più bella di questa; le altre son chiamate a giovarla della
loro potenza ». Oggi si tiene che ogni scienza, considerata nella sua estensione, dee
valersi di tutte le altre, non come di ancelle, ma come di coadjutrici. Così fece la geo-
grafia, e per tal modo arrivò alla presente ampiezza.
Se la consideriamo nella sua parte grafica, mappamondo chiamansi le carte quando
rappresentano i due emisferi terrestri, projettati sul piano d'un dei grandi circoli del
globo, che per lo più è il meridiano principale; planisferio, quando l'intera superficie
della terra vi è rappresentata s'una projezione piana 0 ridotta. Dii;esi generale 0 parli-
colare la carta secondo racchiude grand'estensione di paese, 0 si limita ad uno speciale;
corografica, se un paese solo ; topografica, se solo un luogo, in modo che vi sian notali
non solamente gli accidenti del terreno, ma anche le abitazioni. Le corografiche richie-
dono maggior esattezza valeudo ad usi economici ed amministrativi ; e si distinguono
in stradali, idrografiche, amministrative ecc. Di utilità più immediata sono le topografi-
che ; sicché nel farle richiedonsi maggiori cautele, e particolarità e precisione di misure
e di termini (4).
Le idrografiche 0 marine offrono le rive e le coste, cogli scandagli, i banchi, i bassi
e alti fondi, gli scogli e quanto può importare alla navigazione: le orografiche, il con-
catenamento e la disposizione delle montagne: le fìsiche danno i caratteri esteriori del
(3) Oltre gli autori citati nel corso dell'opera, ci nRACONMER , Application de la géographie à
siamo giovati de' seguenti; Vhistoire. Parigi IS'id.
.Ax.sART, Préds de Géographie ancienne et mo- Annali di geografia e di statistica, pubLIicati
dcrne comparée, %\ cih. ''a Graeberg (Genova 1802;, in cui Icggesi una
L0E^^E^BERG, Geschichte der Géographie. Ber- '^f' ''^"^ Seog^ana dalla sua origine fin al se-
]• ,o-n colo XIX.
Otto Hlbner, Jahrbuch der VolksuHrthschafl
Malte-Brin, Précis de Géographie. Parigi 1836 ^^d Stalislili. Lipsia 18od c seguenti.
e seg., con correzioni e supplementi di Huolealtri. (4) Sul che potranno vedersi Pi'lSSAXT e Fran-
Desjardins, Physisch-slalislisch-politisch und coeur , Tratte de geodesie, de (opographie el
historiscli,er Alias von Europa. Vienna 1838. d^arpenlage.
6 GEOGRAFIA. POLITICA
suolo: le geologiche, la natura de' terreni ; che divengono poi mineralogiche se indicano
la giacitura de' varj minerali : al modo stesso se ne fa di botaniche, di fitografìche, di
zoologiche. Per gli usi civili servono le politiche, le amministrative, h postali, le ìnili-
tari. Le storiche rappresentano un paese in un dato tempo ; le uranogra fiche, l'aspetto
del cielo.
Quella suddivisione dei lavori che reca al perfezionamento, introdusse nuovi rami in
questa scienza. Gli uni ci diedero la geografìa delle piante (3), cioè la distrihuzione di
esse secondo la distanza dall'equatore e l'elevazione sopra il mare, accompagnata ne-
cessariamente dalla meteorologia e dallo studio del calor radiante del suolo (6) ; altri
la geologica e mineralogica (7) e quella degli animali -, altri la militare (8) -, e chi la com-
merciale e l'industriale.
Ma perchè si richiedono tante cognizioni, difficile è l'aver carte perfette, sulle quali
cioè tutti i luoghi sieno segnati nella vera lor posizione rispetto ai principali circoli
geografici, e serbino tra loro la stessa proporzione di grandezza e distanza come
nel vero.
Due cose sono a considerarsi nelle carte; e potremmo paragonarle al canovaccio ed
al ricamo che vi si fa sopra. La prima è quel graticolato di linee, costituite dai meri-
diani tirati dal polo all'equatore, e dai paralleli. Una carta è tanto migliore, quanto più
fedelmente rappresenta le distanze, le superfìcie e la figura de' paesi : ma la carta è piana,
mentre la superficie della terra è convessa; laonde i geografi cercarono metodi per
render minima tale alterazione, e perchè i quadrilateri formati dall' incrociarsi dei me-
ridiani coi paralleli, rappresentino al piiì vero possibile le faccette in cui si può sup-
porre compartito il solido sferoidale. A tal uopo, o ricorsero alla prospettiva; o suppo-
sero che la descritta porzione di terra fosse rappresentata da una corrispondente della
superficie del cono o del cilindro, che si suppongono tangenti alla terra. Nel primo
metodo rappresentasi per proiezione; nel secondo per sviluppo.
Le visuali, tirate dall'occhio ai diversi punti del globo, incontrandosi con un piano
che si suppone tangente alla superfìcie di questo, danno la projezione prospettica, che
perciò varia secondo che varia la distanza dell'occhio da esso piano. I geografi suppo-
sero tal distanza o infinita, o eguale al raggio o al diametro del globo. Da ciò la proie-
zione ortografica e la stereografica. Projezione ortografica è quella dove la superfìcie di
una sfera è rappresentata dal piano che la taglia in mezzo, l'occhio essendo collocato
verticalmente a distanza infinita : stereografica, dov'essa superficie sia figurata sul piano
d'uno de' suoi grandi circoli, supponendo l'occhio al polo d'esso circolo. 11 metodo pili
consueto per raffigurare un intero emisfero è lo stereografico, pel quale, al modo delle
{">) HUMBOLDT, Saggio sulla geografia delle matematica e fisica. II colonnello Denaix, nel A'ou-
pianle. — De distributione gcographica pianta- veau cours de Gèngraphie generale, diede una
rum secundum cali lemperiem et altitudinem raccolta Ji carte sloriche, alcune delle quali riguar-
monlium, -1817. — Maven, Grundriss der Pflati- dano specialmente le piazze forti, gli assedj, le bal-
zengeographie mit ausfùhrlichen Untersuchun- taglie. Nel -1803 Hommeyer imprese una geografi.i
gen uber des Yalerland, der Anbau, und der militare degli Stali d'Europa, ma non compi che la
Niilzen der vorznglichsten Kulturpflanzen. Ber- Svizzera. La prima completa è quella di Hahnzog
lino Ì9ZG; — Le pilole fran^ais di Beautemps- di Magdeburg, Lehrbuch der militare Geographie
Beai;prÉ. ton Europa, <820. Lavallée ne fece un corso per
(G) HiMDOLDT, Asie Centrale; rerherches sur le scuole di Francia, con molta applicazione delia
les chames de montagnes et la climalologie com- matemaliea, affine di darvi l'accordo e la certezza
parée. Parigi I8'(3, delle scienze esatte. Il vurtemberghcse Kausler puli-
(7) Vedasi la carta geologica della Francia di blicò l'atlante delle più memorabili battaglie e ossi-
lìcaumont et Dufrcsnoy, di cui nel <8S5 comparve dioni de' tempi antichi, niedj e nuovi, in 200 fogli
una seconda edizione ridotta a i : iiOOOOO. Per l'I- (Carlsruhc 1830-50). ionissime carte diede il corpo
talia se ne sta preparando una da illustri cultori di del genio del Regno d'Italia, e finche lavorò a Mi-
questa scienza nuova. lano, e dopo trasferito a Vienna. E insigne la gco-
(8) Lacroix fece un'introduzione alla geografia grafia militare di Hudtorffer.
PREFAZIONE 7
prospettive, da un punto di vista si considerano le intersecazioni delle rette col piano
di projezione. Per projettarc tutto o in parte un emisfero si suppone clic l'occhio si
trovi in un punto della superficie terrestre, e che il piano di projezione sia quello del
circolo massimo, di cui è polo esso punto. Pertanto o l'occhio trovasi all'un de' poli, e
la projezione accade sul piano dell'equatore (projesjone polare): o trovasi sull'equatore,
0 la projezione cade sul piano d'un meridiano (projezione meridiana): o fra il polo e
l'equatore, e la projezione si fa sul piano del rispettivo orizzonte (proje2Ìone orizzontale].
Lasceremo a trattati particolari il discorrere dei differenti metodi con cui si correg-
irono le projezioni, acciocché più s'accostino al vero. Qualunque sieno i metodi, hanno
e pregi e difetti, ma in generale l'errore cresce quanto più si va lontani dal centro della
carta. Perciò ove si tratti di grandi distanze, meglio varrà dedurle dalle longitudini e
latitudini, che non dall'apertura del compasso. L'errore poi che sulle superficie è pro-
dotto dalla projezione, si evita con tabelle che danno la valutazione dei quadrilateri
risultanti dalle intersecazioni dei meridiani coi paralleli. Nelle projezioni di Lorgna e
di bonne le superficie mantengonsi eguali alle vere. Perciò è desiderabile che in ogni
carta sia indicato di qual projezione si fece uso.
Per le carte particolari, dove molto lunghi sono i raggi de' meridiani e dei paralleli,
alle stereografiche si preferiscono le projezioni per isviluppo, il quale è o conico o cilin-
drico. La projezione cilindrica, di cui oggi si fa uso generale, fu introdotta da Merca-
tore, poi resa regolare da Eduardo Wright ; e si fonda sul fatto che i gradi dei meridiani
son sempre eguali fra loro, mentre qne' dei paralleli si vanno restringendo quanto più
si allontanano dall'equatore. Per rappresentare dunque nelle carte marine i meridiani
con rette parallele (cosa importantissima per agevolare la delineazione del viaggio), si
fa che, quanto è maggiore la latitudine, si allarghi la distanza dei paralleli, in progres-
sione correlativa all'aumento di spazio dei meridiani; in modo che, sulla carta ridotta,
i luoghi conservino la reale positura relativa.
Pinax cioè pittura dai Greci, tabula cioè quadro o anche mensa dai Latini furon dette
le carte geografiche ; mappa da noi e dagli Spagnuoli, perchè si facevano sopra stoffe.
Ne' libri più antichi se ne trova menzione, benché i Greci, che tutto voleano indigeno,
faccian le prime carte disegnate da Anassimandro scolaro di Talete ; ma non doveano
essere che delineazioni corografiche, ottenute con una grossolana combinazione delle
linee odometriche e della relativa positura dei paesi. La graduazione geometrica pare
nascesse nella scuola d'Alessandria, e che Eratostene pel primo costruisse su tal base
il planisferio del mondo conosciuto. Invece della projezione piana, Ipparco usò una rete
di meridiani convergenti, tenendo conto dello impicciolirsi de' gradi di longitudine a
proporzione del restringersi delle latitudini. Marin da Tiro tornò alla carta piana, e To-
lomeo ricostruì stereograficamente i risultamenti corretti da esso. A lui si attennero i
Piomani, né ce ne restano monumenti che attestino verun progresso ; tal non potendo con-
siderarsi la rozza Tavola Peutingeriana, lunga ventun piede e larga un solo ; e della,
quale doveano essere migliori gli Itineraria pietà che Vegezio raccomanda di aver sot-
tocchio nelle spedizioni militari. Molte carte son mentovate e alquante conservate del
medioevo e degli Arabi, che sono piuttosto oggetti di curiosità, fin al tempo che acqui-
stano importanza per le scoperte progressive nelle due Indie. Ben tosto la stampa fece
che non fossero più monumenti isolati ciascuna; le notizie divennero comuni, e così
i metodi per migliorar le carte; alle quali ogni perfezionamento della calcografia, del-
l'astronomia, della geodesia, dell'erudizione giovò.
Stabilita la rete matematicamente, l'astronomia, la geodesia, la pratica de' ragguagli,
la storia, la critica soccorrono a situarvi precisamente i paesi ; e sovente lo studio di
un anno non basterà per collocare un solo punto, e conciliare i dati diversi; indi se-
guirà la fatica del metter insieme le particolarità, sicché formino un tutto. Della critica
geografica i migliori modelli restano De l'Isle, D'Anville, Rennel, Humboldt, Ritter.
8 GEOGRAFIA POLITICA
II bulino dell'artista corona l'opera col dar nettezza ai contorni, precisione alle ombre,
posto conveniente ai nomi.
Anche dopo tanti raffinamenti, resta molto a desiderare rispetto all'orografia, non
conoscendosi un metodo chiaro insieme e vero, sicché anche i meno esperti possano
prontamente distinguere il carattere de' monti. Da principio si copiava il terreno qual
si presenta all'occhio ; indi vi si surrogò la ìnezza prospettiva, che ancora può adoprarsi
con vantaggio in alcuni casi, come nel render più evidenti le gole di montagne. Altri
rappresentano le montagne nel supposto che sieno illuminate sotto un angolo di 43
gradi. L'effetto del chiaroscuro dà a scorgere immediatamente il vario rialzamento del
suolo e l'andamento delle catene; ma conviene che il disegnatore corregga l'effetto vi-
suale, il quale carica le tinte dov'è minore la pendenza. Se questa è più pittoresca, la
rappresentazione geometrica non può ottenersi che colla projezione ortogonale delle;
diverse linee di pendenza -, nel che si richiede occhio esercitato per discernere la forma
dei monti. Le più belle sono quelle del territorio francese, per ordine della Repubblica
e di Napoleone; quella delle coste occidentali di Francia, cominciata nel 181G sotto la
direzione del signor Beautemps-Beaupré; quelle d'Olanda per Jansson e Vankeulen ;
delle coste di Svezia per Nordenmarck; dell'altopiano del Messico per Humboldt; del
Danubio e del Reno di Marsigli e Wiebeking; le foci dell'Elba e del Weser, e i mari
Baltico e del Nord, per Ileather; dell'isola Borbone per Bory; dell'Isola di Francia per
Freycinet; le carte marittime pubblicate il 1837 dall'Uffizio idrografico di Londra;
quelle del Corpo topografico già residente a Milano, poi a Vienna ; quella della Gran
Bretagna dall'Uffizio d'artiglieria; l'atlante del mare Adriatico, per l'Istituto geografico
austriaco (1821 ) e The Mediterraman dell'ammiraglio Smylh (1854), Oggi a Lipsia escono
carte di esattissime forme e di nettissima scrittura a tenui prezzi. Lo stabilimento di
Giusto Perthes a Gota, che pubblica pure un eccellente giornale {Miilhcilungen aus Ju-
stus Perthes geographischer Anstalt iiber ivichtige neue Erforschungen auf dem Gesamm-
gehiete der Geographie von D. Petermann), raccoglie e comunica i progressi tutti di
questa scienza; e in esso giornale del 1856 il signor Sydow espose un ragguaglio di
tutte le carte geografiche d'Europa (9).
Non è chi non veda quanto importi alla geografia odierna l'aver ottime carte, e alla
storia il confronto delle vecchie. Una preziosa raccolta geografica fu in pochi anni fatta
nel Cabinet des cartes et plans di Parigi , per cura del signor Jomard, defunto or ora
(1862 7bre). Oltre le carte originali, potè egli ottenere copia delle più curiose che le
altre biblioteche possedono, quali il mappamondo circolare di Torino del x secolo;
quel della biblioteca di Lipsia del xi; il mappamondo rettangolare, citato da Playfair
del tempo stesso; una carta itineraria tedesca, dei primi tempi dell'invenzione della
stampa col legno; le carte di Marin Sanuto del 1321 ; la copia del famoso atlante Cata-
lano del 1575; della carta di fra Mauro, che sta a Venezia; del mappamondo di Mar-
tino Beheim di Norimberga, disegnato l'anno stesso della scoperta d'America; porzione
della carta di Giovanni de la Cosa, piloto di Cristoforo Colombo ecc. Al secolo seguente
spettano la cassetlina all'agiamina trovata a Milano, molti portolani, e le carte più pre-
ziose che si stampassero. Inoltre carte arabe del x secolo di Abu-Isac ed Istakar: la
serie quasi compiuta delle edizioni di Tolomeo, dove si soleva aggiungere man mano
le scoperte: molte carte autografe, come quelle di d'Anville; quella del mar Caspio, di
mano di Pietro il Grande ; quella che La Bourdonnais tracciò stando in prigione e
senza mezzi di scrivere. Vi sono poi le migliori moderne, alcune anche dell'estremo
Oriente; altre in rilievo ; e molti istromenti vecchi, come astrolabi! arabi, bussole cinesi,
il globo celeste di Milano del 461. Una raccolta d'egual genere si fa al Lloyd di Londra.
(9) Un estratto se ne diede nella Rivisla conterà- formazioni si trovano nel Rèpertoire des Carles,
foranea di Torino in dicembre 1857. Ampie in- pubblicato dall'Istituto reale nccrlandese.
PREFAZIONE 9
Ben lontana dunque dall'essere un catalogo di paesi e un registro di numeri, la geo-
grafia elevasi al paro delle scienze più insigni, e di tutte si giova per isciogliere i pro-
blemi che da una parte riguardano l'economia del nostro pianeta, dall'altra gli ordini
dell'incivilimento. Non piccola fatica è per essa il tener dietro alle scoperte die ogni
giorno si fanno. In un quarto dì secolo noi vedemmo penetrare arditamente nel centro
dell'Asia, dell'Africa, della Nuova Olanda; assicurare d'un passaggio nel mare al Nord;
al polo Sud riconoscere un nuovo continente, biirnes esplora l'Indo, Chesney ed Helfcr
l'Eufrate, Wilcox il Bramapulra, Wliitelock il golfo Persico. Le esplorazioni nell'India
di Ilannay, Johns, Wilcox, Burllon.... s'avvicinarono assaissimo alla Cina, e poco
manca che possan congiungersi con quelle che i missionarii spinsero fino all'Yun-nan.
Ingegneri inglesi han teso la rete trigonometrica sull'India, e ne pubblicano carte pari
a quelle d'Europa; e la scienza loro ispira sgomento ai principi di colà.
Intanto Ermann ci descriveva la Siberia, Ellis e Pritchard la Polinesia, Drege l'Africa
australe, De Angelis il Rio della Piata, Miigel il Cascemir, Buchanan il Missur, Corn-
wallis, Harris, Galinier e Ferret l'Abissinia; Codazzi determinava non meno di lO'ii
altezze sull'ampio territorio di Venezuela. Wood risale alle sorgenti dell'Odo, e trova
esatto il calunniato Marco Polo; le peregrinazioni di Pentland, d'Orbigny, Tesier, Rose,
Murchison, Russegger, Schimper, Blume, Forbes, Schow, Vigne, La Marmora, Pelet
estendono i dominii della geografia: Leichart trova nell'inesplorato interno della Nuova
Olanda laghi e prati opportuni al cotone e al riso, ed alle razze di bovi e di cavalli. Le
società scientifiche tedesche e svizzere mandano fisici e naturalisti su tutti i continenti:
l'Austria fa esplorare il Cascemir ed il Brasile; il re dei Paesi Bassi la Malesia; la To-
scana, l'Egitto e l'America; molti ne invia la Norvegia, altri il Piemonte; altri il desi-
derio di convertire alla fede nostra (10). Le ultime guerre in Crimea, nella Cina, nel
Giappone porsero occasione di eccellenti lavori geografici.
I viaggiatori più non ci raccontano corse avventurose, ma profondi nella scienza che
vogliono ampliare, dirigono le ricerche secondo le idee; così accumulano documenti
per riconoscere la fisica del globo; compiono la geografia degli esseri viventi, mostrando
come le specie e le famiglie d'un continente si riflettano in forme analoghe nell'altro,
per modo da supplirsi nella gran serie degli organismi.
Altri intanto nella quiete del gabinetto profittano delle ricerche, come Zeune, Mahl-
mann, Stieler, Strantz, Zimmermann, Worcester, Darby, Baumgartner, Jomard, Ha-
milton, Moreau de Jones...: Humboldt associò a lunghissimi viaggi una cognizione
portentosa di lingue e di arti: Giovanni Schmidt di Pietroburgo cercò le lingue e i mo-
vimenti dei popoli dell'Asia interna: Klaproth applicò la cognizione delle lingue e delle
razze all'estremo Oriente e agli altipiani asiatici: Berghaus, nelle dissertazioni sull'A-
tlante dell'Asia e nell'Atlante fisico, oflrì veri portenti di pazienza, d'erudizione, d'e-
sattezza. Gli studj della terra in relazione colla natura e colla storia dell'uomo, di
Carlo Bitter, alle vedute della geografia comparata diedero solidità e splendore qual
non mai prima; dov'egli segnò i caratteri della fisonomia del nostro globo, gli effelli
che l'esterna sua configurazione produce vuoi sui fenomeni fisici della superficie, vuoi
sulle migrazioni e l'indole dei popoli e le loro avventure principali. Le sue ricerche
sull'Asia rimangono di somma opportunità anche dopo che a quelle sul centro dell'A-
frica la tolsero le nuove indagini.
Si direbbe che per utile della geografia durasse lunga pace e il commercio giganteg-
giasse: per essa rafTinaronsi l'architettura navale e la potenza del vapore e la telegrafia:
(JO) Sono de'pììi utili lavori in fatto (li geografia frica equatoriale; nen[li altri Pallegois vescovo ili
gli Ànnalet de la Propagalion de la foi^ e il Mis- Siam descrisse quel paese, l'abliatc Boilat il Senegal,
sionary inlelHgencer . In quest'ultimo Krapf e Reb- Knoblecher le fonti del Nilo,
raana esposero testé importantissime scoperte nell'A-
10 GEOGRAFIA POLITICA
l'arte lungamente tentata di dirigere i palloni non ajuterà a riconoscere gli arcani in-
terni dell'Africa e della Nuova Olanda?
11 perfezionamento delle matematiche, dei cronometri, dei cannocchiali, la fotografia,
la conoscenza più perfetta delie leggi della rifrazione atmosferica, valsero a precisar le
conquiste della geografia. Vuoisi ch'essa studii il confronto delle misure celesti geode-
tiche, itinerarie; valuti la credibilità dei viaggiatori e degli statisti; il valore dei me-
todi astronomici adoperati nel precisare la postura dei luoghi. Se ancora non basta,
percorrevasi l'equatore magnetico, e se ne assegnavano i poli, i meridiani, i paralleli.
Si meditò anche l'equatore termometrico, indicando e ormai assegnando i poli di mi-
nima temperatura: poi si determinano gli angoli sotto cui questi due equatori interse-
cano il geografico. L'altezza dei monti si fa meglio precisa correggendo la misura ba-
rometrica colla diminuzione che cagiona il moto ascensivo delle correnti calde. Colla
geologia si riconobbe la natura dei terreni; conosciam bene le ampie zone vulcaniche
che costeggiano il Grande oceano, e fendono i continenti d'Asia e d'Europa; si segnano
i letti del carbon fossile, oro dell'età nostra, e la possibilità dei pozzi artesiani. La for-
mazione dei banchi di corallo è studiata io guisa, da assegnar leggi a questa quotidiana
creazione.
Le correnti dell'atmosfera lasciaronsi sottoporre a regole dalla fisica generale: fu se-
gnata la zona delle calme, la direzione de' venti periodici e de' continui, quella delle
correnti atmosferiche polari, i punti d'incontro e d'opposizione di esse coi venti alisei.
Abbiamo dissertazioni sugli uragani, e sulle cause di questi enormi vortici atmosferici:
cercasi se le variazioni della pressione atmosferica spieghino il tempestar del mare ad
aria calma: con moltiplicati osservatori e colle osservazioni contemporanee procurasi
stabilire le dottrine meteorologiche, tanto vaghe finora eppur tanto importanti. I tempi
e la forza delle maree in tutti i mari son preveduti : si esaminarono le correnti sotto e
sopra-marine, confrontandone la temperatura con quella del mare adjacente; le cause
della fosforescenza: si delineò fin dove giunga il fuco natante. Fin a tredicimila metri
tentaronsi gli abissi dell'oceano, e si disegnano esattamente i fondi, ogni scoglio, ogni
correntìa, ogni fonte d'acqua dolce.
In questi ultimi lustri gl'Inglesi scandagliarono un gran tratto del mare del Nord,
tutte le coste della Sardegna, e può dirsi tutto il fondo del Mediterraneo, a segno da
poter offrirne la carta sottomarina (H). Una società inglese (Trinity-house) si formò nel-
l'unico intento di mettere segnali nel mare, indicare i luoghi dove gettare e dove rac-
cogliere la zavorra, chiamar i piloti, ergere fari. Le reti trigonometriche, ornai dilatate
per tutta Europa dai bisogni del censimento, danno preziosi elementi di buone carte.
Nel misurare l'Irlanda pel censimento, il governo inglese ingiunse che si ponesse atten-
zione anche alla geologia, alla storia naturale, alle antichità.
La botanica deve alla geografia tante piante, che ebbe a crear nuovi metodi scienti-
fici per distribuire l'incommensurabile vegetazione. L'etnografia le deve la conoscenza
de' linguaggi, e di usi e superstizioni nuove, di cui giovossi alle sue grandi classifica-
zioni e a riconoscere la fratellanza di popoli lontanissimi. La geografia trapianta l'in-
daco sul Mediterraneo, il the in Provenza, la quercia tintoria in Francia ; guida il com-
mercio nelle sue speculazioni ; indicando le pelli dei vitelli marini, rese qualche scoglio
importante quanto la Cina; colla pesca delle perle su varj punti della Malesia e del
Crand'oceano fece abbandonare le poco proficue delle Antilie e della California,
Associata alle scienze morali la geografia ne' suoi ragguagli smette le insane divisioni
di classi produttive e improduttive, i bilanci di entrata e uscita: nel calcolar la ric-
chezza si ricorda che il credito, esteso dagli Stati ai Comuni e perfino ai privati (12) ,
(11) RoniQUET, Carle generale de la mer Mediterranée. Parigi 18'Ó0. — Smith, The lUedilerranenr).,
n Ulemoir physical^ hislnrical and nauHcal. Londra 1854.
(12) Por c8em|iio, il prestito Eslerliazy del 1826 e 1829, e le lotterie.
PREFAZIONE H
rompe ogni confine di regno e di proprietà, e fa ondeggiare irreparabilmente i possessi.
Sa che i calcoli proporzionali del debito pubblico dei di/Terenti Stati, è fallace qualora
non tenga conto di elementi spesso trascurati; se vi abbia fondo d'ammortizzazione;
se questo operi su tutte o su alcune parli soltanto; se estingua le carte ritirale dallo
Stato, 0 le serbi per proprio conto; a quanto ascenda l'interesse; se al debito nazio-
nale si uniscano debiti provinciali. Altrettanto dilficili sono i paragoni sulla gravezza
delle tasse pagate e sui delitti, fin sull'incremento della popolazione: giacché la tiran-
neggiata e miserabile Irlanda offre pure quel portentoso aumento, che ha la florida e
libera America. La geografia presta molta attenzione alle posizioni militari, e alle linee
d'operazione e di difesa: accompagna insomma tutti i fatti di sapienza e i fatti di forza,
ma sa che il raccoglierli è nulla, se vi manchi il necessario compimento dell'applica-
zione e delle conseguenze.
Ecco di quanta importanza sia la geografia, e se a buon diritto pretenda posto fra le
scienze più elevate e più utili. Perciò società geografiche formaronsi a Parigi, a Lon-
dra, a Berlino, i cui Annali danno a conoscere i progressi della scienza; suppliscono
in parte a quella mancanza delle opere originali, che tanto sentesi in Italia e da chiun-
que studia isolato; offrono quantità di documenti originali, e divengono eco alle voci
di accademie lontanissime o di sparsi coltivatori.
Deh sorga chi unisca erudizione, pazienza, coraggio, amore per tracciare con pie-
nezza il quadro di questa scienza, tanto utile quanto dilettevole ; e ch'è vergognoso non
abbia ancora un posto decente nelle nostre università.
1
ETIMOLOGIE DI JNOMl DI PAESI
I nomi primitivi de' paesi ebbero una significazione, di cui si smarrì la chiave sia
per l'alterarsi delle radici, sia per essersi perduta la lingua di cui queste furono. Nelle
lingue che comportano la composizione, e dove in conseguenza gli elementi rimangono
inalterati accanto un all'altro, è più facile conoscere un significato ai nomi. In altri si
mutarono stranamente col venir sulla bocca di stranieri invasori che parlavano diver-
samente. È però studio curioso il cercar quelle etimologie, ed anche importante, perchè
alcune ci offrono voci di lingue, di cui altro vestigio più non resta, e servono a indi-
care le migrazioni o i passaggi de' popoli.
Qui noi soggiungeremo poche radici che più spesso ricorrono nella geografia.
Aa acqua, aar corso d'acqua (celtico); trovasi in molti nomi di fiumi: hara^ Arari,
Aade, Aach, Aar, Argeìit.
Ab (persiano), abi (sanscrito) acque: Pendgiab i cinque fiumi, Abikuren il fiume di
Kur 0 di Ciro.
Abad casa (persiano e indiano): Nussesutabad città della vittoria, Sciaabad casa reale,
Korsabad città di Cosroe, Narensciabad città degli aranci.
Abbe e appe dal latino abbas: Appenzell, Abbeville cella o città dell'abbate; e in
inglese Abbot'sford guado dell'abbate.
Aber apertura; è prefisso a molti nomi inglesi di paesi posti all'imboccatura d'un
fiume: Aberdeen imboccatura del Dee.
Ac e ak bianco (tartaro) : Aklau montagna bianca, Aksou fiume bianco.
Acro sommità, alto (greco) : Acrocorinto, Agrigento, Acropoli.
Adel nobile (tedesco) : Adelsberg, Adelsdorf.
Ago terminazione comunissima nell'Alta Italia e nei paesi cimrici transalpini : Tor-
nacum (Tournai), Massacum (Maeseck), Paciacum (Paci).
Al, el articolo arabo: Al-Gezair le isole, El-Arisch la cuna. Restò a molti paesi domi-
nati da Arabi: Alcamo in Sicilia, Alcantara il ponte, Alcazar il palazzo, Algarve
il ponente.
Alb e aip luogo elevato (celtico) ; onde le Alpi,
Albus bianco (latino) : Albano, Auberive, Aubin, Aubeterre.
Aid e alt vecchio (tedesco): Altkirch chiesa vecchia, Allenbriik vecchio ponte.
Allah Dio : sta in composizione in moltissimi nomi arabi, turchi, persiani ecc.: Mar-
sala in Sicilia, porto di Dio.
Also (ungherese) indica posto al disotto.
An acqua (celtico) : Ancoìia, Olano, Lugano (Logh-an acqua tranquilla).
Ano, an terminazione frequentissima di nomi derivati da aggettivi di possesso latini:
Mariano, Ultrano, Romano, Boviano.
Anti ri m petto (greco): Antiparos, Anticyra, Antilibuno.
Aqua, aquae, aigues , aix , agua, ac, acco secoudo i paesi: Aquapetidente, Veragua
acqua verde in Spagna, Aigues-morles , Aix-la-Chapelle ( Aquisgrana) , Airagucs ,
Polignac.
14 GEOGRAFIA POLITICA
Arde, aerde desinenza olandese, dal tedesco erde terra: Oudenarde terra antica.
Argue, ergue finale di molti nomi francesi, dal latino ager campo: Bouergue paese
delle roveri, Aymargues, Camargues.
As principio, sorgente (celtico): Asso, Ascona.
Asta rupe (basco): Asturie, Astorga, Asteasu.
Au isola (tedesco) : Lobau, Petersau ; o prato, campagna verdeggiante (aue) : Auerbac
riva del prato.
Augusta è attaccato a moltissimi paesi sorti dove accampamenti o altre memorie di
imperatori romani : Augusta, Autun (Augustodunum), Aosta, Ausburg, Ccesarea Au-
gusta (Saragozza), Pax Augusta (Badajoz).
Ba fiume (africano): Gioliba il gran fiume.
Bah porta, corte (arameo) : Babilonia corte di Belo, Bab el-mandeb porta del duolo,
Bah el-abrad.
Bach ruscello (tedesco): Schivarzbach, Anspach, Magerbach.
Bad bagno (tedesco) : Carlsbad, Bade, Baden, Badenvilliers.
Bahr fiume (arabo) : Bahr el-azrek il fiume azzurro, Bahr cl-abiad Nilo bianco, Bahr
el-irak.
Bar paese (sanscrito): Malabar paese di montagna.
Bar da barra, barriera, porta, come posti in confine: Bar-le-Duc, Bar-sur-Aube.
Bela, bielo, bialy (russo e polacco) bianco cioè bello : Belgrado, Belligrad, Belozerck,
Bialystock. Baltico in lituano vuol dire bianco.
Beled pesce (arabo): Beled el-gerid paese dei datteri.
Bender porto (turco): Benderruijk porto della sabbia.
Bereaza betulla (russo) : Berezina, Berezof, Berezan.
Berg monte (tedesco) : Schneeberg monte della neve, Konigsberg monte regio.
Beth casa (arameo): Bethlem, Bethania ecc.
Bir pozzo; è aggiunto a varj nomi arabi ed ebraici di stazione nei deserti.
Borgo in italiano, borg in svedese e danese, borough in inglese, burg in tedesco,
bourg in francese , propriamente è terra munita , ma comunemente prendesi per
grossa terra: Magdeburg borgo della fanciulla, Strassburg borgo della strada, Edim-
burg borgo di Odino. Brandeburg è corrotto dallo slavo bor, foresta di pini.
Botn, boden profondo (tedesco) : onde Botnia, Bodensee lago profondo.
Brig fortezza (celtico) : Brixia, Brixen.
Briga terminazione frequente che i Latini diedero ai nomi di paesi iberici, equiva-
lente a città : Segobriga Segovia, Coimbriga Coimbra.
Briv ponte in celtico, che i Latini dissero briva: donde Samarobriva ponte sulla
Somma (A.miens), Eburobriva, Brives sulla Corrèze, Brives-la-Gaillarde in Francia,
Brivio in Lombardia. Da qui il tedesco prùck e bruck, come Innspruck, Osnabruck;
il fiammingo brugge; l'inglese bridge; Cambridge ponte del Cara.
Brod guado (slavo): onde Brod, Brody.
Brunn fontana (tedesco): Schijnbrunn bella fonte.
Bud fabbricare (tedesco) : Buda, Budweis.
Bujuk grande, prefisso a molti nomi turchi.
Bury residenza (inglese): Canterbury città di Kent, Abbotsbury residenza dell'abbate.
Caleh, kalah (arabo e turco) castello: Jenicaleh Castel nuovo, e molti nomi in Sicilia
in cala e calata.
Campo, champ ecc. : Champagne, Campaldino, Campbeltoivn, Champeaux.
Car e caer luogo forte (ccltico) : Cardignan, Caernarvon, Carailz; e in Italia Cairo,
Caravaggio, Cavate, Chieri.
Carta, certa e cirta città in semitico: Cartha-hadath Cartagine, città nuova: Tigra-
noceria ecc.
Casa e ca trovasi in parecchi composti italiani; e così Caddea Lega de' Grigioni (Ca-
de-Deo), Cìiaise-Dieu casa Dei.
Castello entra in composizione di moltissimi nomi italiani 5 nei francesi Chateaubriand
(castello del brenno, del capo), Chdtellerault, Chàtelet, Chùtillon; nei tedeschi Cassel,
h'essel; negl'inglesi Castle, Castlebar.
ETIMOLOGIE DI NOMI DI l'AÉSI 1^
Castra diccansi gli accampanietili latini , donde sorsero più paesi clic ne trassero il
nome 0 la desinenza; fra i Greci Kastro, Kastri; nei francesi La CluHre, Caslrcs;
in italiano Castro, Neocastro; in inglese, Glocester, Wincester.
Cerny nero, io molti nomi slavi: Cernikof, Cernovitz.
Cesare trovasi in moltissimi paesi ad onor de' Cesari : Ccssarea^ Saragozza (Casarca
Augusta), Cherbourg, h'aiserberg, Kaiseru-erth ecc.
Chat fiume (arabo): Chat el-harab fiume arabo.
Cheher casa, città (turco) : Allah-cheher casa di Dio, Cheheristan paese 0 città, Pon-
dichery città nuova.
Cherso terra incolta (greco): Cherson, Chersoneso, Cherso.
Città, Civita, ciudad, ciotat : diverse forme del latino civilas.
Colonia e le sue alterazioni in Kliln, Coulanges, Coulonges, Carogna, Coloniola, indi-
cano la sede di qualche colonia romana.
Cordeliera catena : Cordeliera delle Ande.
Corte e cors, cour, court derivazione dal latino curtis, trovasi in Harcourt, Corbeton.
County contea (inglese): Kings-County contea del re, Queens-Countg contea della
regina.
Curia abbreviato in cur e cour: Courcelles, Coirà, Cordova, Corta, Courmayeur,
Courtraì, Corbella (Curiapicta).
Dagh montagna (turco): Tdiar-dagh monte Scardo, Eminch-dagh monte Emo.
Dale. — Vedi Thal,
Dan» anteposto, viene da dama o da damnum: Dammarie domina Maria, Dampierre
petra damni. Posposto in nomi tedeschi e olandesi, significa chiusa: Rotterdam,
Amsterdam (Amslelodamum) indicano le chiuse con cui furono frenati il Rotter e
TAmstel, e così guadagnato quel terreno. Lo stesso esprime dych.
Decimo e COSÌ quarto, quinto, sesto, vigesimo, triginto ecc. derivano dagli Ordinali
latini, indicanti a quante miglia quel villaggio stava dal capo-provincia. Però Ven-
timiglia vien da Alba Intimelium.
Deir casa (arabo) : Deir el-kamar casa della luna.
Den città (gotico), terminazione comunissima : Lunden, Minden.
Dib e div isola (indiano) : Maldive, Lachedive, Serendib,
Djebel e gebel monte (arabo) : Gebel el-Tarik Gibilterra, Gebel el-Mousa monte di Muse,
Beled el-Gebel Mongibello.
Domus casa (latino) : Domodossola, Domremy, Dommartin.
Dorf villaggio, in moltissimi nomi tedeschi: Altdorf villaggio vecchio, Dusseldorf
villaggio del Dussel.
Dun in celtico è altura, collina, e i Latini ne fecero la terminazione dunum; Au-
guslodunum Autun , Dunkerque chiesa delle dune. In molti nomi inglesi derivali
dallo scandinavo ha per radice down basso-, e cosi in Danimarca piano al basso.
Es e eis preposizioni greche significanti in. I Turchi per ignoranza le innestarono
a varj nomi di paesi greci , es Thivai , es Athinai , e ne fecero Stives , Selines ,
Stamboul bì t»2v tto/iv, Spalatro es palatium.
Est, aest oriente: Essex Sassonia dell'est, Estanglia.
Eto, edo terminazione di molti nomi latini e italiani, indicanti spazio già coperto di
piante: Carpineto, Albaredo, Roveredo.
Eu bene (greco): Eusino buono agli stranieri, Eupatorio in Crimea ecc.
Ex, ey, aye; con queste terminazioni i Celti indicavano un luogo piantato d'alberi:
Ferney, Aulnay , piantagione di roveri, di alni; Onex querceto; e così Vaudrey ,
Cerisaye.
Ey isola (scandinavo): Anglesey isola degli Angli.
Feld (tedesco) , field (inglese) campo : Feldkirk chiesa del campo , Lilienfeld campo
dei gigli, Southfield campo del sud.
Fels, fieli, field (scandinavo) e felsen (tedesco) rupe: Dofrepeld rupi triste, Weissenfels
rupe bianca.
Ferté derivato dal basso latino fìrmitas fortezza; è prefisso a molti nomi francesi:
la Ferie-Bernard, la Ferté-sur-Aube, la Ferté-Jouare.
I
1Q GEOGRAFIA POLITICA
Fiord stretto, braccio di mare, io molti nomi scandinavi.
Fold terra, contrada (tedesco): Westfold; donde Westfalia, paese occidentale.
Folk gente (inglese) : Nordfolk popolo al nord,
Fons fontana: Borgofoìitana, Fontarabia^ fontaincbleau.
Ford guado (inglese): Oxford guado dei bovi, Herfford guado dei cervi.
Forum mercato in molti nomi derivati dal latino: Forlì forum Livii, Friuli e Frejus
forum Julii, Fossombrone forum Sempronii, Forcalquier forum calcarium.
Franco, Frank libero; Castelfranco, Franconia.
Free (inglese) e frey (tedesco) libero : Freetoivn città libera , Freeport portofranco ,
Friburgo, Freyemlein, Freysingen.
Frith stretto (inglese) corrisponde al latino f return , al tedesco furi; Frankfurt pas-
saggio libero.
Fu in cinese terminazione delle città di primo ordine e delle Provincie, come ceu
(tcheu) indica i dipartimenti, e hian i distretti.
Gamia antico (svedese): Gamia- Carleby antica Carolina.
Gar e gard città forte, nelle lingue germanica, slava, persiana: Kasgar città delle
montagne , Stargard città antica , Darubgherd città di Dario , Parsagard città dei
Parsi. Vi corrispondono grad e gorod in slavo: Novgorod città nuova, Camengrad,
Visgorod, e i dirninuiivi Gorodetz, Gorodisch, Gradiska, Graditz, Gratz ; e in boemo
hrad, onde i diminutivi Hraditz, Hradisch.
Gate porta (nordico) : Kategat.
Gau cantone (tedesco): Thurgau , Aargau, cantone del Thur , dell'Aar; IViingau ,
Wildgau.
Gebel. — Vedi Djebel.
Geblrge montagna (tedesco): Riesengebirge monti dei giganti , Ertzgebirgc , Fichtd-
gebirge.
Ghiri montagna (sanscrito): Dhaicalighiri monte bianco.
Gold oro (tedesco) : Goldbaeli rivo d'oro.
Gora montagna (slavo) : Gorizia, Gorlitz.
Great (inglese), gross (tcdesco) grande: Great-iron-mountains grandi montagne del
ferro, Grosstvardein.
Green (inglese), groen (germanico) verde: Greenfield, Grcemvich, Groenland, Groe-
ningen campi verdi.
Raff (germanico), baven, havn porto, golfo: Le Hdore, Curischehaff golfo de' pescatori
curlandesi , Frischehaff golfo, delle acque , Karlshaven , Kioebenhavn (Copenaghen)
porto de' mercanti. Hamn in svedese: Freidrichshamn.
Hall (inglese) sala, ostello, stabilimento o proprietà.
Haus (tedesco), house (inglese), huus (scandinavo) casa: Schaffhausen, Mullhausen,
Karltoicnhouse palazzo della città di Carlo, Aarìnms, Wardhus.
Heide campo, piano (tedesco): Heidersbach fiume del piano.
Hejlig santo (tedesco): Helgoland isola santa.
Heim finale di molti nomi tedeschi indicanti casa: Mannheim dimora degli uomini,
Ildesheim. E così i derivati ham e honne in inglese: Durham, Buckingham.: hem
in svedese ecc. Sentesi anche in Bergamo, Berg-hom abitazione sul monte (Orobio).
Hieu al fine de' nomi cinesi, indica città di terzo grado.
Hill collina (inglese).
Ho fiume, canale (cinese): IIoa7ig-ho fiume giallo.
Hoch alto (tedesco): Hochstadl città alta,
Hof corte (tedesco) : Hofheim residenza della corte.
Hohe alto (tedesco): Hohenstadt, Hohenlinden.
Holl cavo, basso (tedesco) : Holland paese basso.
Horn corno (tedesco): Ilornberg monte del corno, Fiìisteraarhorn.
Ili paese (turco) : Roumili paese de' Romani.
Inge campo (tedesco) : Turinge, Zepfingen, Tubingen, Croningen.
Inter preposizione latina, che sentesi in Terni e Teramo Inter amncs, Enlrevaux,
Entraigues, Interseen fra due laghi.
ETIMOLOGIE 1)1 NOMI 1)1 PAESI 17
Is basso (celtico): Is-Ombria Insubria, Iseo^ Isera.
Jar riva (russo): Jarosla f nva degli Slavi, Kraftnojarsk città della riva rossa.
Jeni nuovo (turco): Jenicheher città nuova (Larissa). Jenicaleh Castel nuovo.
Julius in Friuli (forum Julii), Lillebonne (Julia bona).
Kamen, kanaien pietra (slavo) : Kamin, h'amientz, h'aminiec.
Kara nero (tartaro) , ed esprime anclie schiavo , brutto : Karamania paese di Neri ,
Karahaliìaks kalpak tributar].
Khota (mongolo) e khoton (manciuo) città.
Ki'ang fiume (cinese): Yang-tse-kiaììf) fiume figlio del mare.
Kin oro (cinese): Kin-chan monte dell'oro.
King (inglese), konig (tedesco) re: Kingston e Kdnigstadt città del re, Kònigingràtz
città della regina.
Kirche (tedesco), kirk (inglese), kerke (fiammingo) chiesa: Steenkerke, Kirchenlauter
chiesa chiara, Kirkxoood bosco della ciiiesa, Kirchheim.
Kloster chiostro: Neukloster nuovo chiostro.
Kol e koul (tartaro) lago: Baikal gran lago, lethkoul lago del cane.
Kreis circolo (tedesco).
Kreml fortezza (tartaro): Kremlin.
Land paese (tedesco): England terra degli Angli, Neerland paesi bassi, Island paese
del ghiaccio.
Lang lungo (tedesco): Langhau, Langport, Langenburg ecc.
Licht luce (tedesco): Liclitenivald foresta chiara.
Liman derivato dal greco , che unito a molti nomi russi e turchi significa il porto
formato dall'imboccatura d'un fiume.
Lin città (estonio): Talliti o Danilin città dei Danesi (Revel).
Lipa liglio (slavo): Lipsia.
Magde fanciulla (tedesco): Magdeburg, Magden.
Maha grande (sanscrito): Mahanoddij gran fiume.
Male montanina (albanese).
Maloe piccolo (russo): Mahiarossia Piccola llussia.
Mandala paese (sanscrito) : Coramandalam regno di Coro (Coromandel).
Mark frontiera (tedesco): Markenslein pietra della frontiera, Marca d'Ancona, Marca
Trivigiana.
Mate terminazione di molti nomi alla gotica, indica uomo: Sarmati.
Mikla grande (slavo): Meklemburg.
Medineh città (arabo): Medineh el-nabi città del profeta, Medina C celi , Medina
Sidonia.
Middle (inglese), mittel (tedesco) medio: Middlesex Sassonia di mezzo, Mittelgard,
Mcdiolano, Mediterraneo.
Minster, munster, moutier monastero: Wesiminster monastero all'occidente, Munster-
thal valle di monastero, Formoutiers, Noirmoutiers.
Mons, mont, monte, mount è frequentissimo nelle lingue romane: Monfppulciano ,
Piemonte, Montigny monte infiammato, Muntjie.llier monte delle fanciulle, Mont-
martrc monte de' martiri, Mountpleasant bel monte, Montreuil, Monlvtlliers.
Mor mare (celtico e slavo): Pomeriani sul mare, Armorico al mare; fors'anche Morea
e Marmara (Mar-mori in sarmato è mar Nero).
More finale irlandese di montagne.
Mota, motha in basso latino un'altura, un fòrte: onde Motta, Lamothe.
Mouth (inglese), mund (tedesco) bocca, e indica l'imboccatura d'un fiume: Falmouth,
Plymouth, alla foce del Fale, del Ply; Dendermonde bocca del Dender.
Nagor, nagar città (sanscrito): Bisnagar città della vittoria, Chandernagar città della
luna.
^*sy grande (ungherese), e il suo opposto kis, sono prefissi a molti nomi.
Nahr fiume ; prefisso arabo.
Nan meridionale (cinese): Nanking residenza del sud.
Nant ruscello (celtico): Nantes, .\antua, Nanterre.
Castù, Documenti. — Tomo I, Geografia politica. 2
18 (JEOGRAFIA POLITICA
Naus nave (greco) : Naucrati, Nauplia.
Neo, nea (greco) ; novus (latinoj ; neu (tedesco) ; new (inglese); nieuw (olandese);
novoi, novaia (russo) ; novy (slavoj ; neuf (francese); nuevo (spagniiolo) ; ny (scan-
dinavo) nuovo: Neapolis (Napoli) città nuova, Neocastro caste! nuovo, Neuburg e
ChcUeaimeuf o Neufchdtel, Newca^tle castel nuovo, Neustadt o Neuville o Villeneuve,
Novgorod, Novgrad città nuova, Neukirch^ Nieuwkerk chiesa nuova, Nylaiid terra
nuova.
Neso isola (greco): Peloponneso isola di Pelope, Chersoneso, Micronesia piccole isole,
Melanesia isole nere, Polinesia più isole.
Ness promontorio; finale scandinava.
Nieder (tedesco), nijnei (russo) inferiore, in moltissimi nomi.
Nor lago (tartaro): Hohonor lago azzurro.
Norr, nord, nort settentrione: Normanno, Norige (Norvegia).
O vecchio (ungherese), opposto di ui.
Ober superiore (tedesco) in moltissimi nomi ; per opposto di nieder o unter.
Oe affisso a molti nomi scandinavi di isole : Feroe.
Oest, est e oost per est in vecchio tedesco e olandese: Oestreich (Austria) regno dei
Franchi orientali, O^imark.
Ola, oola montagna (mongolo).
Olden e old vecchio (tedesco e inglese) : Oldland vecchia terra, Oldham, Oldenswort,
Oldendorf, Oldenburg; oude in olandese: Oudenard vecchia terra.
Ort (tedesco) villaggio.
Ostrog, affisso a molti nomi russi di fortezza.
Ostrov, affisso a nomi russi di isole: Lissie-ostrov isole delle volpi.
Oula fiume (manciuo) : Zakaline-oula fiume nero, quel che chiamasi Amour o Sa-
ghalien.
Oural cintura (russo).
Ozerò lago (russo) : Belozerck città dal bel lago.
Ovest, wast, uest occidentale: ìf'estfalia, Westminster.
Pao fortezza (cinese).
Patam, patnam finale di molte città dell'India: Seringapatam città di Srivanga (Visnù),
Massalipatam., Negapatnam.
Pe (cinese) il nord: Peking residenza del nord.
Pei bianco (cinese): Pei-ho fiume bianco.
Pen testa, sommità (celtico): Apennino, Alpi Pennine, Penochsen vetta del bove.
Pendgi cinque (sanscrito): Pendgi-ab cinque fiumi, Pendgi-chehr cinque città.
Philos amico ^greco) : Filadelfia.
Pico, pizzo, pitz cima di monte: Picco di Teneriffa, Ortìerspilz,
Pile porte (greco): Termopile porte calde, Ecatompila dalle cento porte.
Polis città (greco): Nicopoli città della vittoria, Stauropol cittadella croce, Napoli
città nuova, Empoli., Grenoble (Gratianopolis).
Pons ponte (latino), alterato in varie guise: Porrentruy ponte del Rheinter, Pontirolo
ponte d'Aureolo, Pons, Pontevedra Pons vetus.
Ponto mare : Ellesponto, Propontide.
Poulo isola in malese; piccolo in greco moderno: Poulosamo.
Pour, poura città (sanscrito): Singapour, Royapour città del re.
Ras festa, prefisso arabo a nomi di promontorj.
Reich, rik ricco 6 regno (tedesco) : lìeichstadt città ricca, Osterreidk regno orientale.
Reka fiume (russo); Tchernaia-reka fiume nero (Cernaja).
Rio fiume (spagnuolo): Rio Negro, Rio de la Piala fiume dell'argento.
Rocca , roche piccola fortezza : Roccaforte , Roquamadour rocca dell'amante , Rocroy
rocca del re, Rochefort.
Roth rosso (tedesco): Rothn-eil villaggio rosso.
Roum romano, io nomi turchi ; Romelia, Erzerum, Charzel-roum paese di Romani.
Ruhe luogo di riposo (tedesco) : Karhruhe.
Salz sale (tedesco), indica le saline: Salzburg Salisburgo,
ETIMOLOGIA PI .>OMl DI PAESI l'J
Schnee (tcdesco), snee (danese), snow (inglcsc) neve: Schneeberg monte di neve,
Sneehattan berretto di neve.
Schon bello (tedesco) : Scldinbrunn bella fonte.
Schwarz nero (tedesco) : Schicarzenberg monte nero.
See lago, mare (tedesco) : Bodensee^ Seeland.
Selo villaggio (russo) : Tzurkoeselo villaggio imperiale.
Semlia terra (slavo): Novaia Seinlia Nuova Zembla.
Serai palazzo (tartaro) : Bakhtcheserai palazzo dei giardini.
Shah, scià re (persiano) : Shah-gi'hanpour città del re del mondo.
Shire contea; divisioni dell'Inghilterra.
Si occidente (cinese) : Si /fa? mare occidentale, Cho-si terra occidentale.
Sierra sega, e per metafora montagna (spagnuolo) : Sierra- Leona , Sierra-Calderona ,
Sierra-Nevada.
Skoe, skaia e contratto sk, finale russo che rende adjettivi i nomi proprj applicati
a paesi : Alexandrotosk città d'Alessandro, Tobolsk città del fiume Tobol.
Slaf e slav tinaie di molti nomi russi, indicante l'origine slava.
Spring sorgente (inglese): S[iringfìetd campo delle sorgenti, Lippspring.
Stadt, stad città (tedesco), comunissimo.
Stati paese (sanscrito), terminazione comune in oriente: Daghistan paese di montagne.
È contratto in Curassan paese del sole, Aderbigian paese del fuoco, Boutan paese
di IJudda.
Stanitza significa villaggio, accampamento, unito a denominazioni russe; proprio dei
luoghi abitali da triliù cosacche.
Staroe (russo), stary fpolacco) vecchio : Starygrad città vecchia.
Steen ffìammingo), stein (tedesco), stone (inglese) pietra roccia: Frankenstein pietra
de' Franchi, Steitibach fiume dalle pietre, Stonehaven porto delle pietre,
Strom corrente d'acqua (tedesco) : Mahlslrom vertice.
Sund stretto, golfo (tedesco).
Sutber , south , sud il mezzodi : Southivark bastione del sud , Sutherland terra del
sud. In olandese zuider-. Zuidersee mar meridionale.
Sviatoe (russo), szent (ungherese), agios (greco) santo.
Ta grande (cinese) :. Ta-c/inn montagna grande.
Tag monte (tartaro): Mustag monte della neve.
Tana, tania terminazione di molti nomi nelle lingue orientali ed europee, e significa
paese, luogo posseduto: liagepotana paese del figlio dei re, Mauritania paese dei
Mori. Anche il basco ha etania : Lusitania, Aquitania.
Thal, date valle (tedesco) : Pusterthal valle del Puster , Kirkdale valle della chiesa.
Tong orientale (cinese): Tong kong palazzo orientale.
Torre, turris, tour, thur ecc. : Torquemada, Tiralo, Tirreno, Winterthur.
Town, ton città (inglese): Nnvtoicn città nuova, Washington città del lavare. In da-
nese tuna : Eskilstuna , Sigtuna. Talvolta è contratto da stuna pietra , come in
Brighlon; o invece di don collina, come in Taunton.
Trecht , tricht, drecht in parecchi nomi alemanni, dal latino trajectum passaggio:
Utrecht, Dordrecht, Maestricht passo della Mosa.
Unter disotto (tedesco), opposto a ober: Unterlaken, Unterwald.
Ura acqua (basco).
Val, valle, vau trovasi in Vaucluse, Va'.romey vai romana, Vaudiable valle del diavolo.
'Vatn lago (islandese): Tingvallavàtn, Apavaln.
Veliki grande (russo), opposto a maloe.
Vicus e le sue contrazioni vìe, wìck , wy , wì villaggio: Viesvic vecchio villaggio,
Longinj villaggio lungo, Alnicy villaggio sull'Alno, Sovico , Vimercate , Vignano,
Videscrto , Vigevano (Vicus Levum , cioè dei Levi), Brunswick (Vicus Brunonis),
Bardeirìjck.
Ville città (francese): Hauteville, Abbevilìe, Neuville.
Wad, wady valle, letto d'un fiume (arabo): Wad el-kebir (Guadalquivir) il gran Game,
U'adyeìana (Guadiana) il fiume Anas, Guad ai-Lete.
20 GEOGRAFIA POLITICA
Wald foresta (tedesco) : Schivarzwald foresta nera, Unterwald, Oberwald.
War guerra e guardia (germanico e ungherese) : Warese. Varburg, Varebridge ponte
della guardia , Temeswar fortezza del Teraes , Petenvardein , Ungtvar , Kolowsar ,
IVardhus.
Warm caldo (tedcsco): Worms, Warmbrum; e in inglese Warminster, Warmsprings.
Weiler villaggio (tedesco): Badenweiler villaggio dei bagni.
WeJsse bianco (tedesco) : Weissenburg.
Well pozzo (inglese): Tidestvell pozzo a marea.
Wood selva (inglese): Sherjnvood.
Yuen paese (cinese): Kiang-yuen, paese dei fiumi.
GEOGRAFIA POLITICA
EPOCA PRIJflA
PROPEDEUTICA
§ 1. — Cosmologia.
La mano di Dio sparse nell'infinito spazio un numero immensurabile di Soli, ciascuno
de' quali può considerarsi come fisso rispetto ai pianeti che gli girano attorno, e ciie
con lui costituiscono altrettanti sistemi solari.
Un'ottantina di pianeti conosciuti , venti satelliti , e un numero indeterminalo di
comete gravitano attorno al nostro sole, ricevendone luce e calore. I pianeti sono mer-
curio, venere, terra, marte, cinquantadue asteroidi, poi giove, saturno, urano e nettuno.
I pianeti fino a marte sono di grandezza media, senza satelliti eccetto la terra, molln piamoti
densi, e circolano sopra se stessi in tempi quasi eguali, cioè ventiquattr'ore. Quelli
dopo gli asteroidi sono enormemente più grossi, rotano almen due volte più presto, (^
hanno molti satelliti; cioè quattro giove, sei urano, otto saturno oltre un anello lumi-
noso, uno nettuno.
Ecco sii elementi dei nostro sistema solare :
22
fiF.OGIlAFIA — EPOCA PPIMA
PRINCIPALI ELEMENTI
Durata delle rivoluzioni side-
rali, giorni
Disianze medie dal Sole . .
Eccentricità
Longitudine del perielio . .
Longitudine media dell'epoca
Longitudine del nodo ascen-
dente
Inclinazione
Epoche
Diametri reali
Volume
Massa
Densità
Peso alla superficie ....
Luce e calore
Rotazione in giorni, ore e mi-
nuti
MERCURIO
87,97079
0,5870985
0,2036063
74" 20' 42"
H2° 16' 4"
45° 57' 38"
70 0' 5"
1 genn. 1800
0.391
0.060
-I
2025810
2.94
i.\n
0.67
0. 24. 5
224,70080
0,7233317
0,0068618
128° 43' 6"
146° 44' 56"
74° 51' 41'
3° 23' 29"
1 genn. 1800
0.985
0.957
4
401847
0.92.5
0.91
1.91
0. 23. 21
365,25637
1 ,0000000
0,01679226
99° 30' 29"
100» 53' 30"
0° 0' 0"
0° 0' 0"
1 genn. 1800
1.000
1.000
25493G
LOCO
1.00
1
0. 24. 50
686,97961
1,523691
0,0932168
332° 22" 51 '
255" 5' 34"
47" 59' 38"
1" 5i' 6"
1 genn. 1800
0.519
0.140 "
2680337
0.948
0..50
0.45
0. 24. 37
Cinque di questi pianeti furon noti all'antichità, che non tramandò memoria del loro
scoprimento, e che, unendovi la luna e il sole, formavano il numero di 7, destinalo
alla divisione settimanale, i cui giorni traevan nome appunto dai pianeti. Urano fu
scoperto da Herschell a Londra nel 1781 : nettuno nel 18i6 fu trovato mediante calcoli
da Leverrier a Parigi. Fra marte e giove esiste poi un numero indeterminalo di aste-
roidi 0 piccoli pianeti, de' quali il primo, cerere ferdinandea, fu scoperto da Giuseppe
Piazzi a Palermo nel 1801. Dapoi se ne trovarono e trovano moltissimi; ma essendo
tutti telescopici, ci limiteremo a darne i nomi e gli scopritori.
Nome
Scoperto da
a
1.
Cerere
Piazzi
Palermo
2.
Pallade
Olhers
Brema
3.
Giunone
Harding
Lilienthal
4.
Vesta
Olhers
Brema
5.
Astrea
Ilenke
Driessen
6.
Ebe
id.
id.
7.
Iride
Hind
Londra
8.
Flora
id.
id.
9.
Meli
Graham
Markree
40.
Igea
De Gasparis
Napoli
Epoca
1801
1 gennajo
1802
28 marzo
1801
1 settembre
1807
29 marzo
1845
8 dicembre
1847
1 luglio
—
15 ago.«to
—
18 ottobre
18i8
26 aprile
1849
12 aprile
COSMOLOGIA
23
)EL SISTEMA SOLARE
GIOVE
SATUBNO
URANO
NETTUNO
SOLK
LUNA
4532,58480
10759,2198
30686,8205
00 127
M
n
5,202767
0,558950
19,1824
30,037
1)
»
0,04816
0,05615
0,0466
0,0086
»
}>
11° 7' 38"
89" 8' 20"
167° 50' 24"
48' 21' 3"
M
»
81^ 54' 49"
123" 6' 29"
173° 30' 37"
528° 31' 56"
»
»
98' 25' 45"
IH" 56' 7"
72° 59' 21"
130° 4' 35"
»
1)
1" i8' 52"
2o 29' 56"
0° 46' 28"
1° 46' 59"
»
»
1 genn. 1800
1 genn. 1800
1 genn. 1800
i genn. 1847
ì)
»
11.225
9.022
4.344
4.8?
112.06
0.264
1414.2
734.8
82.0
111?
1407124.0
0.018
1
^330
2.;ooo
-13800
1
i
-1050
354936788
0.258
0.138
0.242
1)
0.252
0.019
2.45
1.09
1.05
u
28.36
0.163
0.037
O.OH
0.003
0.001
»
1
0. 9. 55
0. 10. 30
))
»
25. 12.-0
27. 7. 43
Nome
Scoperto da
a
11.
Partenope
De Gasparis
Napoli
12.
Vittoria
Hind
Londra
13.
Egeria
De Gasparis
Napoli
14.
Irene
Hind
Londra
15.
Eunomia
De Gasparis
Napoli
16.
Psiche
id.
id.
47.
Teti
Luther
Bilk
48.
Melpomene
Hind
Londra
19.
Fortuna
id.
id.
20.
Mas^alia
De Gasparis
Napoli
21.
Lutezio
Goldschmidt
Parigi
22.
Calliope
Hind
Londra
23.
Talia
id.
id.
24.
Temi
De Gasparis
Napoli
25.
Focpo
Chacornac
Marsiglia
26.
Proserpina
Luther
Filk
27.
Euterpe
Hind
Londra
28.
Anfitrite
Marth
id.
29.
Bellona
Luther
Bilk
1850
1851
1852
1853
1854
Epoca
11 maggio
12 settembre
2 novembre
19 maggio
29 luglio
17 marzo
17 aprile
24 giugno
22 agosto
19 settembre
15 novembre
16 novembre
15 dicembre
3 aprile
6 aprile
5 maggio
8 novembre
1 marzo
u
fiEOfiRArfA'--«!P0CA fRIMA
30. Urania
31. Eufrosine
32. Pomona
33. Polinnia
34. Leucotoe
35. Circe
36. Atalanta
37. Fede
38. Leda
39. Letizia
40. armonia
41. Da/'ne
42. /Side
43. Arianna
44. Msa
4'5. Eugenia
46. Hertia
47. Aglaja
48. Dorj
49. /'a/e
50. Virginia
51. A^e?»jausa
52. Europa
Scoperto eia
Hind
Ferguson
Goldschmidt
Chacornac
id.
Luther
id.
Goldschmidt
Chacornac
id.
Goldschmidt
id.
Pogson
id.
Goldschmidt
id.
PogSOQ
Luther
Goldschmidt
id.
Ferguson
Laurent
Goldschmidt
Londra
Washington
Parigi
id.
id.
Bilk
id.
Parigi
id.
id.
id.
id.
Oxford
id.
Parigi
id.
Oxford
Bilk
Parigi
id.
Washington
Niraes
Parigi
Època
— 22 luglio
— 2 settembre
— 26 ottobre
— 28 ottobre
1855 16 aprile
— 19 aprile
— 5 ottobre
1856 12 gennajo
— 8 febbrajo
— 31 marzo
— 22 maggio
— 23 maggio
1857 15 aprile
— 27 maggio
— 11 luglio
— 16 agosto
— 15 settembre
— 19 settembre
— 4 ottobre
1858 22 gennajo
Dopo d'allora altri asteroidi vennero scoperti da Goldschmidt, Luther, Chacornac,
Forster, Ferguson: ed è notevole che dal 9 al 15 settembre 1860 quattro diversi astro-
nomi scoprirono ciascuno un diverso asteroide. Al 13 agosto 1861 Luther scoprì il
settantunesimo asteroide, chiamato niobe.
Si suppone che il nostro sole faccia parte d'uno strato di stelle isolato, di forma len-
ticulare schiacciata, il cui asse maggiore sarebbi^ grande come 700 in 800 volte la di-
stanza da Sirio alla terra, e il minore come 130. Si sa che la luce da sirio a noi tiene
pili di tre anni. Pare che il sole stia quasi nel mezzo dello strato nel senso della gros-
sezza, ma eccentricaniente nel senso della lunghezza, e piìi vicino a sirio che all'aquila.
Luce Appartiene inoltre alla sfera d'azione del nostro sole un anello di materia nebulosa,
zodiacale ani „,ata da movimento di rotazione, e situata probabilmente fra marte e venere; e che
produce quell'apparenza di splendore piramidale, che si chiama luce zodiacale. Un'in-
finità di asteroidi piccolissimi colle orbite loro tagliano quella della terra o poco se ne
scostano, e con essi spiegansi i fenomeni delle stelle cadenti e degli areoliti.
Comeic Poco tempo è che si apprese a calcolare le rivoluzioni delle comete. Certo ve n'ha
delle miriadi, ma di tre sole si sa preciso il ritorno; quella di Ilalley in 75 anni, quella
di Biela in 6 ^j,,, e quella di Enke in 1207 giorni. Si calcolò l'orbita di forse ducento,
metà dirette, metà retrograde. Esse non vanno per orbite circolari intorno al sole cojne
i pianeti, ma formano elissi estremamente allungate, apparendo perciò da prima picco-
lissime, indi via via crescendo, e talora strascinando lunghissima coda. Variabilissima
è la dimensione delle lor code: quella del 1680 l'avea di 41 milioni di leghe, di 16
milioni quella del 171)9, di 36 quella del 1811 ; quella del 1744 aveva sei code spiegate
a ventaglio sulla lunghezza di 30 gradi. La densità delle comete è sì scarsa, che la luce
delle stelle le attraversa senz'essere rifratta. La massa della parte più compatta, che
chiamasi nucleo, in nessuna arrivò ai cinquemillesimi di quella della terra. Eppure il
vulgo teme, e qualche dotto calcolò l'urto che possono dare alla terra.
Coltella^. Innumerevoli sono le stelle; ad occhio nudo possono contarsene 4100: Herschell col
suo gran telescopio ne numerò .^^10,000 in una zona larga 2 e lunga 15 gradi. Vennero
distribuite in cvsti'llazioni di figure arbitrarie, cui si attribuì il nome di animali o di
personaggi o di strumenti. 48 ne contavano gli antichi; 1:2 ne agj^iunsero Bavere Ile-
velius, 8 Halley, 16 Lacaille, 12 altri moderni; talché ora sono lOS. Costellazioni zo-
diacali sono quelle che ci appajono successivamente dietro al sole nel moto annuo della
GfMfMK ih
terra, e chlaiiiansi {'aride, il (oro, i gemelli, il granchio, il leone, la rergine^ la 6i7an-
ci'a, lo scorpione, il sagittario^ il capricorno, rocquario, i pese».
§ 2. — Geodesia,
Il pianeta che noi abitiamo, detto terra, è una massa del diametro medio di 6875 mi- La terra
glia, di 21,600 di circonferenza, e di 148,321,609 miglia quadrate di superficie; ossia
in misure metriche ha
il raggio all'equatore di metri 6,376,851
il semiasse » 6,3oo,943
il raggio a 45" di latitudine .... » (i,366,407
La superficie del globo è minametri quadrati 5.098,837
e il suo volume miriametri cubi. . . . 1,082,634,000
La prima misura scientifica della terra fu fatta dall'abbate Picard in Francia, uscente Misura
il secolo XVII. Ecco da che viene dedotta. Più ci avanziamo verso il nord, vediamo il
polo maggiormente innalzarsi, crescere l'altezza meridiana delle stelle poste a setten-
trione, e diminuir quella delle opposte. L'elevazione o depressione delle stelle dà a
conoscere l'angolo che, al loro punto di convergenza, formano le verticali innalzate alle
estremità dell'arco percorso sulla terra: il qual angolo è eguale alla differenza delle al-
tezze meridiane d'una medesima stella, trascurando rinfioitesima piccolezza della pa-
rallassi d'esso arco. Si misuri dunque quest'arco con esattissime operazioni, e queste
daranno la lunghezza d'un grado; e moltiplicandola per .560, quella dell'intera perife-
rìa. Di tal modo Picard trovò che l'arco compreso fra le parallele che passano per
Amiens e Malvoisine, era lungo 78,850 tese: e l'elevazione corrispondente d'una stilla
di cassiopea 1" 22' 33"; onde conchiuse che un grado era lungo tese 37,060.
Col ripetere questa misura sotto difl'erenti latitudini, le piccole diversità fecero ac-
corgere che la terra non fosse precisamente sferica. L'Accademia delle scienze di Parigi,
rettamente argomentando che, se tal fatto sussisteva, dovea sentirsi maggiormente col
paragonare gradi misurati vicino ai poli e all'equatore, nel 1736 mandò Uouguer, La-
Condami ne e Godm sotto la linea, e Maupertuis con altri quattro sotto al circolo polare.
I primi trovarono per lunghezza d'un grado tese 36,733^ gii altri non ebbero buon
esito: ma dotti Svedesi la determinarono poi di 57,693. Moltiplicate operazioni prova-
rono che la figura della terra fosse elissoide, sebbene le più fine osservazioni facciano
riconoscere d'estrema diffigoltà l'accertare laditlerenzafra' due suoi diametri, che prima
erasi determinata in 1/312-
Il peso, cioè la gravitazione dei corpi verso il centro della terra, varia secondo le
latitudini; e avvicinandosi a' poli, cresce in proporzione del quadrato del seno della
latitudine; e in tutto il quarto del meridiano cresce di 0.0034 del valore equatoriale.
Nuovo argomento della depressione ai poli.
Questo mezzo istesso diede a conoscere che il globo della terra non è omogeneo.
Ingegnosissimi esperimenti chiarirono che la densità media della scorza del globo sia
a quella dell'acqua come 5 a 1.
Benché la terra sia sferoidale e piena di cavità ed elevazioni, i globi, nei quali si rap-Rotomlità
presenta, si fanno perfettamente rotondi e lisci; giacché la differenza fra idue diametri
è minima, cioè di soli metri 20,908, e le montagne e valli sono un nulla a petto di
tanta massa, poiché la montagna più alta arriva a 8000 metri verticali, il che è appena
i/ioo del diametro medio terrestre ; le scavazioni più profonde delle miniere non scen-
dono a 800 metri verticali sotto la superficie della terra ; la maggior profondità del mare
non passa le maggiori elevazioni: onde queste ondulazioni rappresentate sopra un
globo del diametro di 16 pollici, non apparirebbero maggiori che le scabrosità di una
scorza di melarancio.
La terra è tutta abitabile ; e le genti che tengono le piante dei piedi rivolte contro le
nostre, diconsi nostri antipodi.
La terra gira sopra se stessa in 24 ore da occidente in oriente, sicché presenta alter- iìì\„1iiz.
namente al sole una delle due faccie, la quale dicesi aver giorno, mentre notte ha l'op-
posta, e mattino e sera i punti intermedj. Inoltre, nello spazio di giorni 563, ore 5,
2G
onoCRAFIA — ÉPOf.A PRIMA
minuti 48, secondi 48, gira elitticamente attorno al soie, presentando successivamente
ai diretti raggi di questo i punti di sua superficie compresi fra i due tropici, il che pro-
duce la varietà delle stagioni.
Ogni corpo girando sopra se stesso, rota attorno a una linea ideale che passa pel cen-
tro, e chiamasi asse. Le estremità dell'asse nel globo terrestre diconsi poli; e come
avviene nell'asse delle carrozze e de' mulini, stanno fermi rispetto al movimento rota-
torio, sicché possono servire di punti fissi per le misure. La stella polare, perpendico-
lare al polo ar/?co, insegna questo; antartico dicesi l'opposto. Il primo segna il setten-
trione 0 nord, l'altro il mezzogiorno o sud. Giù guardi al primo, avrà a destra Variente
0 est, cioè la parte che prima riceve il sole 5 e a sinistra Voccidente od ovest, quella cioè
che ultima al sole si asconde.
Orientaz. Queste indicazioni servono a determinare la posizione dei luoghi sul nostro globo :
ma per più precisarli, vennero esse plaghe divise in quattro altre, denominate dai due
punti cardinali più vicini, cioè nord-est e nord ovest, sud-est e sud-ovest. Queste ven-
nero suddivise di nuovo, sin ad avere trentadue aree 0 rombi che formano la
Rosa dei venti.
0 3)U0pMa0 pò 3JH3U0J
È convenuto che nelle mappe il settentrione tengasi sempre in allo, abbasso il mez-
zodì, a destra il levante, il ponente a sinistra. Tanto non bastando a determinare la po-
sizione dei luoghi, si ricorse a divisioni che non esistono in natura, ma solo sulle carte
geografiche e sui globi artifiziali.
Equatore Su questi SÌ tira da oriente ad occidente una linea egualmente distante dai poli, e che
denominano equatore perchè divide la terra in due parti eque, emisfero meridionale ed
emisfero settentrionale; od anche linea equinoziale, perchè quando la terra presenta
direttamente al sole i paesi posti in quell'altezza, eguali sono i giorni e le notti in tutta
la terra (21 marzo, e 21 settembre).
Questo circolo attorniante il globo si divide in trecensessanta parli eguali, che di-
consi gradi.
Orizzonte è la linea della superficie terrestre fino a cui arriva la nostra vista, e dove
pajono congiungersi la terra e la vòlta aerea: varia dunque secondo le posizioni.
Il punto che la terra prespiila al sole a mezzo il suo corso, dicesi meridiano; e la Meridia-o
sequela di tali punti segnasi con una linea tirata da un polo all'altro. Ciascun paese piij
ad oriente o ad occidente dovrelibe averne uno particolare, giacche, per l'incessante
moto di rotazione, varia l'istante preciso del mezzodì; ma per non fare soverchio in-
gomhro, si segna un meridiano ogni grado, ovvero ogni 10 gradi dell'equatore. Se ne
fissa poi uno per principale, da cui si cwntano le distanze: Tolomeo lo poneva nello Longìid.
isole Fortunale, oggi Canarie: gli Olandesi lo fissarono al picco diTenerifTa, allora cre-
duto il più alto del mondo ; Luigi Xlll ordinò si facesse passare per l'isola del Ferro,
la più occidentale delle Canarie; Gerardo Mercatore scelse quel che passa per l'isola del
Corvo, una delle Azzore, percaè allora su quella linea l'ago magnetico non provava
alcuna deviazione. E veramente questi punti sono i più comodi per la divisione dei map-
pamondi : ma anche qui si mescolò la vanità nazionale; e mentre gl'Italiani conserva-
rono quel dell'isola del Ferro, gl'Inglesi preferirono quel che passa per l'osservatorio di
Greeuwich, i Francesi quel di Parigi, i Kussi quel di Vilna, i Nord americani quel di
Washington, gli Spagnuoli quel di Cadice ecc. Ora vorrebhero accordarsi a prendere
per meridiano principale universale quello che passa pel capo Horn.
Si potrà dunque dire che un paese è distante 20, 30, 50 gradi dal meridiano princi-
pale: e dividendo il grado in 60 minuti e questi in 60 secondi, si dirà che Milano è 26
gradi, 51 minuti primi, e 57 minuti secondi discosto dal meridiano dell'isola del Ferro;
e Torino, 5 gradi, 21 minuti primi, e 25 secondi da quel dell'osservatorio di Parigi.
Ciò chiamasi la lonyiiudim d'un paese; e contando sull'equatore solamente fin al 180",
distinguesi la longitudine orientale e la occidentale. Parigi sta 19" 53' 45" più ad oriente
che il meridiano dell'isola del Ferro; ma, per comodità di riduzione. De l'Isle stabilì
di supporvi la dillerenza di 20".
Anche il meridiano si divide in 360 gradi, e qui pure ogni 10 od ogni 15 segnasi un Latitudine
circolo sul globo, e serve a dinotare l'altezza d'un paese, che sarà settentrionale o me-
ridionale secondo che sta da un lato o dall'altro dell'equatore. Così dicendo che Milano
è a 45° 2«' 0" 24'", e Torino a 45' 4' 81", indico che di tanto appunto sovrastano al-
l'equatore. Ciò dicesi la latitudine d'un paese.
11 grado di longitudine d'un luogo può determinarsi dal sapere qual ora vi fa quando Oie
è mezzogiorno sotto il meridiano principale. La rivoluzione della terra si compie in 24
ore, entro le quali essa presenta al sole tutti i 360 gradi. Dunque la differenza d'un'ora
porta la distanza di 15 gradi, ossia un grado la differenza di quattro minuti. Se in due
punti distanti si osservi lo stesso fenomeno celeste, poi si paragonino i minuti precisi
in cui apparve, si avrà la distanza esatta dei due luoghi, ossia la loro longitudine. Ov-
vero si determina precedentemente l'istante preciso che in luogo noto avverrà il tal
fenomeno, come una posizione della luna, o un eclisse; e chi se ne trova lontano, nel
vedere questo fenomeno, calcola dalla dilfereuza di tempo la distanza dei luoghi. Con
buone tavole astronomiche ed esatti cronometri si può dunque ottenere la longitudine
d'un paese: l'averne l'esattezza è opera d'arte e di calcolo diflìcile, massime sul mare.
La latitudine si fissa osservando la differenza fra l'altezza massima o culminazione di
un astro dall'orizzonte, e la declinazione sua già conosciuta, ossia la distanza dall'equa-
tore. Anche senza conoscere la declinazione delle stelle si può trovare la propria latitu-
dine servendosi di un quadrante diviso.ed esattamente collocato nel pian del meridiano.
È chiaro che, per determinare la posizione d'un luogo sulla terra, non bastano la
longitudine e la latitudine, ma è duopo saperne anche la verticale altezza sopra il livello
del mare.
Siccome la terra non è perfettamente rotonda ma sferoidale, un circolo meridiano
non è ampio quanto un equatore. Mentre poi i circoli paralleli all'equatore dividono i
meridiani in parti sempre uguali, i meridiani al contrario convergono al polo; onde si
restringe il loro interstizio quanto più s'innalzano, fino a divenire zero.
Dai meridiani dunque si deduce l'unità di misura; valutando che un grado di esso
sia 60 miglia italiane, ossieno 25 leghe francesi, o 20 leghe manne; cioè ogni minuto
primo equivale a un miglio, o a 950 tese. E secondo il sistema metrico, il polo è distante
dall'equatore 10 milioni di metri; cioè un meridiano ha la periferia di 40 milioni di
metri ; un grado medio di latitudine vale metri 411,111 Vy; un minuto, metri 4752;
un secondo, metri 51, o circa 100 piedi parigini.
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30
GEOGRAFIA — EPOCA PIUMA
§ 3. — Climatologia,
La terra nel suo giro annuale non presenta costantemente al sole la parte più lontana
?o:ie(lai due poli, cioè l'equatore, ma ora un polo or l'altro più direttamente; onde Vedittica
(come si chiama la linea centrale del circolo che la terra pprcorrei non è perpendico-
lare all'asse, ma inclinata di gradi 66 i/j. Pertanto nella rivoluzione annua la terra dee
ricevere i raggi diretti del sole dai due lati dell'equatore fin a una distanza da questo,
eguale all'apertura dell'angolo formato dal piano dell'equatore con quello dell'eclittica.
Quest'apertura è di 23" ZIO': onde i paesi collocati dall'equatore sin al 23^' 50' di lati-
tudine boreale od australe, ricevono successivamente il sole a perpendicolo; epperciò
chiamansi la zona torrida. »
Le due estremità di essa zona segnansi sul globo artifiziale con due circoli detti tro-
pici da rpinivj rivolgersi, perchè quando la terra si è girata al sole fin a quel punto,
cambia di piega per esporgli altre parti; e poiché in .quel tempo il sole ci si mostra
davanti alle costellazioni del capricorno e del cancro, chiamasi tropico ad cancro quel
dell'emisfero boreale, dd capricorno l'opposto.
Stagnili 11 tempo che la terra presenta al sole direttamente i due tropici, diconsi sohliz] : d'e-
state quello pel nostro emisfero, d'inverno quel per l'opposto; perchè sembra che il
sole s/ta^dall'ascensinne sua verso il polo, per ridiscendere verso l'equatore.
Dal 2o" al 50' sin al 66" 30' di latitudine australe o boreale, dicesi ■zona temperata^
perche il sole non vi dà mai né a perpendicolo né troppo obliquo, ond'essa non pa-
tisce gli eccessi del freddo né del caldo. Di là dalla linea che si traccia a quel punto,
e che chiamasi circolo polare, sta la zona gelata, che ricevendo il sole sotto angolo molto
ottuso, ha lunghi inverni; perpetui poi al polo.
Pertanto al 21 dicembre la terra offre al sole dirèttamente il tropico del capricorno,
e a noi comincia l'inverno: al 21 marzo il sole presentasi all'equatore, e abbiam la
primavera e i giorni uguali alle notti: poi al 21 gugno il sole trovasi sopra al tropico
del cancro, e l'estate s'apre: al 21 settembre la terra comincia a presentare l'emisfero
australe, e noi entriamo nell'autunno.
Quando al sole è esposto direttamente l'equatore, il che avviene al 21 marzo e 21
settembre, le notti sono lunghe quanto il giorno; ma tosto uno o l'altra prevale. L'ine-
guaglianza è maggiore quanto più si avanza verso il polo: sotto il tropico la maggior
differenza non eccede 1 ora e m minuti. Al circolo polare il sole non tramonta il 21
giugno, e non si leva il 21 dicembre. Al polo il giorno dura quanto il sole sta in quel-
l'emisfero, cioè sei mesi; altrettanto la notte.
Per gli abitanti della zona torrida la sfera dicesi drifta, perché il sole par che monti
nel cielo sempre perpendicolarmente all'orizzonte. Nei paesi dove il sole sta allo zenit,
1 corpi non fanno ombra a mezzogiorno; negli altri l'ombra è ora a sinistra, ora a de-
stra, secondo il sole è al nord o al sud dell'equatore.
Nelle zone temperate il giorno può essere da 13 ore e V2 fi" a 24; la sfera è obliqua,
cioè il corso del sole è sempre obliano all'orizzonte.. Nella nostra l'ombra è a sinistra
di chi guarda a oriente; a destra nella temperata australe.
Fino al 15" di latitudine ai due lati dell'equatore, il calore conservasi quasi uniforme,
e più temperato che non sia al tropico del cancro, ove in fatti si trovano la più parte
dei deserti inabitati. La zona tropicale sfendesi variamente: (ino al 40» di rado vedesi
nnve alla pianura: di là fino al 60", cioè da Madrid a Stockolm, la temperatura scema,
ma non così che gli abitanti non conservino un tenor uniforme di vivere: dipoi fin al
78° i freddi crescono sì stemperati, che la terra gela fin a cento piedi di profondità.
Quattro stagioni non sono determinale che in una parte delle zone temperate fra il 35»
e il 60"; sotto l'equatore e fin verso i tropici, due sole ne ha, la cocente e secca, e la
piovosa; quando il sole passa al sud della linea, viene la stagione piovosa; mentre la
socca comincia al nord. Dal 60" al 78" si trovano le stagioni delle nevi e quella dei
fiori: questa che dura appena sei settimane, è una continua festa, talora di calori in-
tensi mercè la lunghezza delle giornate.
Sotto la zona torrida il sole innalzasi verticalmente sul capo dell'osservatore; le due
DI.niATOI.OClA 31
orse s'abbnssano sull'orizzonfc fino a scomparire; mentre dal lato opposto elevasi il
polo antartico, ricco di bellissime costellazioni, quali la croce australe, lo sfavillante
canopo, la splendidissima quercia di Carlo, i piedi del centauro. Ivi un vento che du-
rerà quanto il mondo; ivi la gran corrente intertropicale, così costante e variata; ivi a
tratti un'atmosfera nel)|)iosa, infocata, umida, un mar di pioggia, e i turbini (lornados)
delle Canarie; alternantisi poi con un clima incantevole; tramonti che altrove neppur
si possono immaginare, e notturne aurore, e luce zodiacale, e brezze ricreanti.
Però le linee isotermiche, cioè indicanti egual calore medio per tutto l'anno; le /'^o- climi fisici
teri, cioè d'egual calore estivo; e le isochimene, cioè d'egual calore invernale, variano
le inflessioni per molte cause, come l'elevazione sopra l'oceano, senza che vi siano
estesi pianori ; la direzione delle catene dei monti, che impediscono i venti caldi o i
gelati; la vicinanza di picchi isolati, che determinano correnti fredde notturne; la fre-
quenza di paludi, che compongono piccoli ghiaccia] sotterranei ; un cielo nebbioso, che
diminuisce l'azione dei raggi solari ; un ciel sereno invernale, che favorisce la perdita
di calore pel radiamento. Quindi è diversa la linea delle nevi.
I mari liberi di ghiaccio elevano la temperatura lungo le coste, e la abbassano ri-
spetto ai vasti paesi ove predominano le masse fluide. Nei due emisferi separati dall'e-
quatore, le terre sono nel rapporto di 3 a 1. Le terre appartenenti alle zone temperate
sono, negli emisferi boreale ed australe, come 13 a -1 ; le torride, come 5 a 4. Dividendo
pel meridiano di Parigi in orientale ed occidentale l'Europa, la orientale ha molto più
terre che l'altra. La legge generale della temperatura indica dunque una graduai dimi-
nuzione man mano che si procede da levante verso ponente , dalla costa europea
dell'Atlantico fin alle montagne Rocciose.
Foreste, steppe verdeggianti, marazzi abbassano la temperatura; l'infocano i deserti
di sabbia e le nude rupi. Il Sahara, che occupa un'area di 194,000 leghe marine qua-
drate, cioè più del doppio del Mediterraneo, è cagione dell'elevata temperatura media
non solo dell'Africa ma dell'Europa meridionale. Però la maggior lemperatura media
non trovasi in Africa soltanto: e a Pondichery è di 29 gradi del centigrado, mentre al
punto più cocente dell'Abissinia non pare arrivi a 3J ; e l'isola di Maleville all'estre-
mità boreale dell'America del sud l'ha di 18 gradi, come Algeri. Quifo che è sotto l'e-
quatore, gode di primavera eterna, mercè l'altezza sua. Costantinopoli e Peking stanno
quasi alla medesima latitudine; ma mentre i venti d'Africa ricreano Costantinopoli di
una temp'Tatura dolcissima, i settentrionali irrigidiscono quella di Peling, In generale
la gran massa di terre rende l'emisfero boreale men rigido dell'australe, sicché non
offre ghiacci galleggianti che a G.^" o 70" gradi, mentre in questo se ne trova fino
a 50. Sugli Imalaja. all'altezza di 5000 metri, cioè quanto la sommità del Monbianco,
regna ancora la più ricca vegetazione, con immensi alberi da frutti, e pioppi della
circonferenza di quattro metri.
La quantità delle pioggie, come il calore, diminuisce allo scostarsi dell'equatore.
Colle acque che cadono alle Antilie in un anno si coprirebbe il globo a 508 centi-
metri d'altezza ; con quelle di Calcutta, a 505; di Parigi, a 53; di Pietroburgo, a 46:
al polo non piove. Ma anche tal legge è alterata dalle circostanze, e in qualche luogo
dell'Alta Italia, come Tolmezzo nella valle del Tagliamento , cadono 418 centimetri
d'acqua, cioè più che nelle Antilie; poco meno a Bergen in Norvegia, e assai di più
nel centro del Portogallo.
L'Europa è mirabilmente disposta anche per riguardo al clima. La sua porzione
orientale forma un immenso piano ove il mare non penetra, sicché partecipa alquanto
della temperatura dell'Asia boreale: ma l'occidente e il centro di essa sono profon-
damente tagliati da golfi e separati da alte catene, che ogni passo variano le esposi-
zioni e in conseguenza i climi, dando all'abitazione dell'uomo un carattere più ac-
concio alle fasi successive e alle funzioni molteplici della civiltà.
Al contrario il centro dell'Asia ha temperatura freddissima ed eccessiva, cioè che
-passa da un estremo all'altro. 11 polo del freddo asiatico sembra posto fra il 78" e r87''
di longitudine orientale. L'aria dell'Asia centrale e boreale è più secca che in verun
luogo: dal Tibet alla Siberia fu trovata non contenere che ^^/iiHjdi vapore. Invece in
quasi tutta la Siberia costante è il gelo sìdo a quindici piedi nel terreno.
52
GEOGRAFIA — EPOCA PKIMA
§ 4. — Meteorologia.
L'atmosfera è lo strato d'aria che circonda il globo, e che si crede estendersi da
SO a 80 chilometri fé pesa H trilioni 229 mila bilioni di chilogrammi). A 7000 metri
già è sì rara, che non vi si potrebbe vivere a lungo.
È composta d'una quantità molto variabile di vapore acqueo; di 2301 parti d'ossi-
gene in peso e 7699 di azoto, e di 2081 di ossigene in volume, e 7919 di azoto, oltre
un poco d'acido carbonico, d'idrogene, e forse d'acido cloridrico. Al livello del mare
ha il peso medio di una colonna di mercurio alta metri 0,762, ossia 28 pollici.
L'umidità che noi sentiamo, è in ragion composta del vapore acqueo che l'aria con-
tiene e della sua freddezza; onde d'inverno l'aria ci sembra più umida. In generale
il vapore acqueo, misurato co' più squisiti igrometri, è massimo al levar del sole, ma
l'aria è umidissima quando la temperatura è bassa. Crescendo il sole, l'aria si carica
più di vapori, ma si fa più secca. In gennajo hawi la minor quantità di vapori, la
quale va crescendo fin in luglio, poi scema (in a gennajo. La quantità del vapore
diminuisce elevandosi dall'equatore al polo. Sul mare l'aria n'è quasi satura, onde
basta un piccolo abbassarsi di temperatura perchè il vapore passi in istato liquido.
Estrema è la siccità nelle grandi pianure della Russia, dell'Orenoco, dell'Africa. Secca
è l'aria sui monti, ma s'impregna di vapori quando cinti di nubi.
Il vento nord contiene la minor quantità di vapori, ma è più umido perchè più
freddo. Nel verno il vento d'est è il più umido, e quello d'ovest più secco; il con-
trario all'estate. Abbassandosi la temperatura di notte, l'aria abbandona il vapor acqueo
che forma la rugiada; masgiore nelle notti serene e tranquille, più sulle piante che
sulla terra, sulla sabbia mobile che sul sodo, sul vetro che su metalli-, più ne' paesi
vicini al mare. Se il vapor acqueo si condensa, prende il nome di mbhia alla superficie
della terra, di nube in alto. Se le vescichette di questa crescono, cadono in pioggia.
Contansi in un anno giorni di pioggia 1^2 in Inghilterra e nella Francia occidentale,
147 nel centro della Francia, Hi nel cuor della Germania, 172 a Buda, 90 a Kasan,
180 a Milano.
L'aria riflettendo i raggi del sole levante e ponente, produce i crepuscoli mattutini
e vespertini. La durata di questi è in proporzione colla durata del giorno ; brevissima
all'equatore; al polo di sei settimane, lo che vi diminuisce la lunghezza delle notti.
Inoltre queste son rallegrate talvolta dalle aurore boreali. Qualche ora dopo tramontato
il sole, compare verso il polo una nube densa semicircolare, appoggiata sull'orizzonte;
poco a poco la sua circonferenza si colora, e raggi luminosi dardeggiano dal suo seno
a guisa di lampi. Allo zenit formasi una corona splendente, che sembra il centro del
fenomeno, e il suolo resta magnificamente illuminato. Tal è l'aurora boreale, ma non
_ può vedersi intiera che al di là del 60".
L'atmosfera è sottoposta a movimenti regolari e irregolari, come l'oceano. I venti
ah'sei spirano da oriente a occidente nei limiti stessi della corrente equatoriale; ipo-
lari vengono al posto dell'aria dilatata dal sole nella zona torrida. I venti polari artici
sono dal mar delle Indie respinti per le elevate montagne dell'Asia: gli alisei non co-
minciano a dominarvi che al 10- di latitudine australe, per causa ignota. Fra questo
limite e il continente regnano i mon.'ioni, venti di periodo semestrale, dipendente dal
corso del sole Da aprile a ottobre, quando quest'astro è quasi sempre al nord dell'e-
quatore, regna un vento di sud-ovest accompagnato da pioggie e nembi, e dicesi il
monsone piovono: da ottobre ad aprile dominando il sole al sud della linea, un vento
di nord -est reca la serenità, e dicesi il monsone secco. Qnesle due stagioni sono se-
parate da tempeste fìerissime, quali i tifoni della Cina, i colpi di vento del Bengala ecc.
Negli altri paesi non vi ha venti regolari, eccetto le efesie o venti di state nel Me-
diterraneo, e i venti freschi (brise) di terra e di mare.
Moderato è il vento quando percorre 2 metri per secondo: nei» temporali ne per-
corre 2S e fin 43. L'incontrarsi di due venti produce le trombe o sifoni, formidabilis-
sime nelle Antilie e sulle coste orientali dell'Asia. 1 temporali sono spaventevoli fra i
tropici. DI là del bS" di rado si vedono lampi.
lUKOISTICA 33
Un vento è secco qucindo percorse i continenti ; ardente quando passò sui deserti ;
gelato quando su regioni fredde; piovoso quando sulla superficie dei mari. Il vento di
levante è piovoso per la Cina, e secco per la Francia. É spaventoso il simum, vento
cocente del deserto, che soffoca intere carovane (1).
§ 5. — Idroistica.
Dio separò le acque dalla terra asciutta. Le prime, dalle loro sorgenti fluendo in Acque
ruscelli, torrenti, fiumi, fermatesi talvolta in stagni e laghi, scendono al mare: il quale
in alcun laogo penetra fra le terre, e dicesi mediterraneo; altrove le circonda, e dicesi
oceano; o ne frastaglia i contorni, formando golfi, seni, rade.
Chiamano traverse il banco di sabbia che s'accumula dove l'acqua d'un fiume s'in-
contra con quella del mare, e barra l'onda che gli si solleva intorno al venire della
marea. Col crescer del fiume la traversa portasi in giù; in su nelle maggiori maree.
A Rouen la barra alzasi un metro e mezzo; nel fiume di Calcutta fin cinque metri e di
più in quello delle Amazzoni.
La dritta e la sinistra di un fiume si riferiscono alla direzione delle acque verso la
foce. E foce è il luogo dove un fiume sbocca nel mare; confluente dove sbocca in un
altro fiume.
Bacino dicesi il complesso delle acque del mare, e più spesso tutte le pendenze di
acque che tributano ad un fiume nel suo corso. Thaliveg con nome tedesco si deno-
mina il filone della corrente d'un fiume.
Linea di divisione delle acque è la cresta culminante d'un paese; e i terreni in pen-
denza contraria che la formano, diconsi pendii o pioventi; il loro piede, falda. Le cara
pagne vicino al mare chianiansi maremme.
Le acque del mare han colore verdognolo: ma o per piante marine, o per animali Mare
microscopici, o per terre coloranti, o fors'anche per rifrazione della luce, talvolta nel
Mediterraneo appajon rosse, bianche nel golfo di Guinea, nerastre al capo Comorin,
giallastre fra la Cina e il Giappone. Nella zona torrida talora sembrano in fuoco, per
efTetto della fosforescenza, che qualche fiata vedesi anche sul Mediterraneo.
Le acque marine contengono da 48 millesimi di sale, il che le preserva dalla putrefa-
zione: ma l'amarezza le rende imbevibili, ed è maggiore verso il 22' di latitudine nord
e il il° di latitudine sud; diminuisce verso l'equatore, e più verso i poli in grazia dello
sgelo. Nello stretto di Gibilterra l'acqua a 600 metri è quattro volte più salata che alla
superficie; meno salsa è nel mar Bianco, nel Nero, nel Giallo, nel Caspio; assai più
nel Mediterraneo.
La temperatura ne scema a misura che si approfonda, e alcuno asserisce che di là
da 1200 metri cresca in grazia del calor centrale: pure essendo d'inverno più calde e
d'estate più fredde che i terreni circostanti, le acque marine temperano il clima.
In grazia della marea il mare monta verso le rive per sei ore; resta alto per un quarto
d'ora {marea alta), poi per sei altre discende {marea bassa). Questo fenomeno compiesi
due volte in 24 ore e 48 minuti; talché ogni volta cambia d'ora. Nel Grande oceano
monta appena di qualche metro, ma nell'Atlantico s'eleva fin 22 metri sulle coste bri-
tanniche, e 25 su quelle dell'America e di Terranuova. Che se sia secondata dai venti
e dalla corrente, diviene nìinacciosa, e copre fin isole. L'angustia dello stretto di Gi-
bilterra fa che poco se ne sentano gli effetti nel Mediterraneo; così nel Baltico. L'azione
che risulta dalle forze attrattive del sole e della luna, varia in un luogo medesimo colle
posizioni che i due astri prendono ciascun giorno rispetto al meridiano di esso luogo.
L'evaporazione impedisce che il mare cresca pei tanti fiumi che vi sgorgano. E poi-
ché quella è maggiore sotto l'equatore, vi affluiscono le acque del polo, determinando
le correnti polari. Un'altra corrente equatoriale da oriente in occidente regna a 30" di
latitudine boreale e australe, sulla larghezza di 0000 chilometri, vero fiume marittimo.
(-1) Vcdansi Lecoq , Elementi di fisica del globo; lady Sommerville , Geografia fiiica (ingl.);
PODiLLET, Trattalo di meteorologia ; Kasitz, Corto completo di meteorologia; e i lavori di Muhl-
maoD, di Schouw ecc.
Cantù, Documenti. — Tomo 1, Geografia politica. 3
54 GEOGRAFIA — EPOCA PIUMA
Correnti Toccando il Continente americano, dividesi in due: ed una costeggia il Brasile, respinge
marittime |jj corrente polare artica, volta il capo Horn, e raggiunge la corrente equatoriale nel
Grande oceano ; l'altra corre il mare delle Antilie, il golfo del Messico e lungo gli Stati
Uniti (ov'è chiamata Gulf-stream o fiume caldo per la temperatura delle sue acque ce-
rulee), e parte va a perdersi sulle coste settentrionali d'Europa, parte ri|)iegandosi sulle
Azzore e le Canarie raggiunge l'altra corrente dopo corsi 142 mila chilometri in tre
anni. Nel Pacifico, la corrente è franta dalle tante isole, poi vi ripiglia al golfo di Ben-
gala, circuisce il Madagascar, urta la costa australe d'Africa, volta il capo di Buona Spe-
ranza, e trova la corrente equatoriale dell'Atlantico. Si attribuisce alla corrente la for-
mazione dell'immenso banco di Terranuova, e che ora questo la spezzi in modo, che più
non costeggi il Groenland e l'Islanda: da ciò l'abbassata temperatura di questi paesi,
che minacciano di tornare disabitati.
Due correnti scontrandosi cagionano terribili vortici, e ad esse pajono da attribuirsi
le sformate tempeste attorno ai capi llorn e di Buona Speranza. Esse recano talvolta
sulle spiagge del Groenland, della Siberia, dell'Irlanda cumuli di legna, di cui non si
saprebbe dire la provenienza, e ghiacci estesissimi, alti fin più di iOO metri sopra il
mare, e che cagionano freddo. La corrente antartica non essendo arrestata all'ovest della
Nuova Olanda dalla equatoriale, fa sentirsi fin nel mare della Cina, ove produce grosse
tempeste nel respingere le artiche.
Onde Che che dicano i poeti delle onde alte come montagne e delle valli sin all'abisso in
cui son approfondate le navi, i grandi bastimenti di ferro han permesso ultimamente
di ridur al vero quelle dimensioni: e il dottore Scoresby, son pochi anni, nell'attraver-
sare l'Oceano studiò le onde, e trovò che la loro altezza media è di 7 metri, e di rado
passano i 9; la maggior lunghezza è di 200 metri, di lUO in una commozione ordinaria,
e circa 40 in un vento fresco.
Fondo II fondo del mare è disugualissimo, e Laplace, dagli effetti che sul globo nostro pro-
duce l'influenza lunare, deduceva non poter esso in nessun luogo sprofondarsi più di
8000 metri: la maggior profondità riconosciuta cogli scandagli per l'addietro era di
4680 metri nell'oceano settentrionale, mentre il meridionale è tutto a bassi fondi. Parve
strano quando Giacomo Boss asser'i avere svolto 8412 metri di scandaglio senza toccar
fondo: e nel 1854 il capitano Denham trovò al capo di Buona Speranza la profondità di
metri 13623.
Il fondo dell'Adriatico, che ora ben si conosce, può somigliarsi a una gran valle, che
scende blandamente verso la punta d'Otranto coll'inclinazione di 150 metri su 400 chi-
lometri, cioè di 0,000225 per metro: i lati penderebbero alquanto più, cioè 0,001788
per metro. 11 Po da Torino alla foce ha pendenza doppia del fondo dell'Adriatico: e il
suolo di Lombardia dalle falde dell'Alpi sin verso il Po è inclinato 0,002755 per metro,
cioè più che le sponde dell'Adriatico ; onde il fondo di questo è più piano che non la
pianura lombarda.
Livello II livello del mare serve di putito fisso a misurar le altezze-, non è però veramente
del mare assoluto, essendo il mare un'elissoide, la cui superficie è turbata dalle maree, dalle tem-
peste e dalle correnti. Ma attesa l'immensità di tale elissoide, può la superficie consi-
derarsene come orizzontale ; onde basta fissar il punto ove tal superficie si trova a mare
quieto, il che s'ottiene sommando sopra una costa le alte e le basse maree, e prendendo
la media proporzionale.
Ma le maree, i venti, e forse cause a noi ignote portano diversità di livello fra i varj
mari, tanto che il Bosso sovrasta al Mediterraneo non metri 8, come si dicea fin ora,
ma circa 2; l'oceano Pacifico sovrasta 7 all'Atlantico-, il quale poi, sospinto dai venti
alisei, nel gulfo del Messico alzasi quasi 7 metri sopra il Pacifico, da cui non lo separa
che l'istmo di Panama.
I mari sono le principali frontiere e la miglior difesa degli Stati; i fiumi sovente de-
terminano i limiti fra regni e provincie, ma gli strategi li considerano men difendibili
che non i mari e le montagne. Sulle rive de' grandi fiumi si accolgono le popolazioni,
il commercio, l'industria; meglio ancora sui mari ; e più un paese abbonda di coste,
di golfi, di stretti, di penisole, ha maggiori clementi di prosperità e di gloria.
Fiumi Riflette Carlo Bitter che il minimo fiume può essere della massima importanza pel
paese a cui appartiene. Così il piccolo Isar in Baviera riceve 860 riviere sulla sinistra,
OKOLO«1A 35
di cui 4i direttamente; e sulla dritta 433, in TiO letti ; onde è alimentalo da lofi laf,'lii
e 'J293 riviere, che vi si buttano in 103 letti: epi)ure non è che uno dc':54 aflhicnti del
Danubio, che egli stesso occupa solo il terzo posto fra i maggiori fiumi della terra.
Alcune volte i (iunii non vanno al mare, ma si perdono. Il Rodano scompare per
ricomparire, come vorj rivi nel Devonshire. L'Arve tributario del Rodano cresce tal-
volta in modo, che respinge il Rodano nel lago di Ginevra, sin a far movere i mulini
in senso contrario. Un gran vento e un gran freddo uniti arrestano talvolta un fiume
perchè rac()ua ne iiela alle sorgenti ; al contrario in Siberia, ove scorrono da mezzodì
a settentrione, l'acqua è talora sgelata alle fonti, e non ancora allo sbocco, per modo
che inonda la campagna.
il mare può distribuirsi in cinque grandi regioni : liegloni
I. Ocrano Artico attorno al polo boreale, che comunica cogli altri mari per lo stretto "^^"^''™''
dì Behring, il mare di Baffin, il gran canale che dalla punta del Groenland s'allunga
fino alle Orcadi.
II. Oceano Antartico attorno al polo australe, non limitato da verun ampio continente
che finora si conosca, e pieno di foche e grandi cetacei.
III. Oceano Atlantico fra le due Americhe all'ovest, l'Africa e l'Europa all'est, e i
due mari predetti a settentrione e mezzodì.
IV. Oceano Indiano^ detto anche mar d'olio per le grandi calme, rotte a tratto a tratto
dalle più sformate procelle, è stretto dall'Africa all'ovest, dall'Asia meridionale al nord,
dalle isole della Sonda e dell'Australia al sud.
v. Oceano Pacifico, dall'Atlantico separato per l'America, all'ovest ha l'Asia orientale
e l'Oceania, al nord ed al sud i mari polari. Benché in fatto pacifico, è reso diffìcile a
navigare dalle molte madrepore e dai bassi fondi ond'è seminato, e che crescono
tuttodì.
§ 6. — Geologia,
•
Basta un'occhiata alla superficie della terra, per accorgersi che fu In pfeda a viò- Rìvolnz.
lente rivoluzioni: sulle più elevate cime si scontrano conchiglie ; variamente iùclinati '•^'■'■^^'■■'
sono gli strati delle roccie; talvolta sulle vette posano enorifli pietrodi isolati {trovanti,
erratici)-^ scavando appajono frammisti al terreno e alcuna volta chiusi nei màSsi^
avanzi di vegetali e d'animali, anche in quantità sterminata.
La scienza ha potuto classificare i varj terreni a norma dei corpi organici che con- Terreni
tengono; indicando per primitivi quelli che racchiudono animali e vegetali piiì gros-
solani, felci, molluschi; indi quei delle palme, de' pini ecc., cui corrispondono nel regno
animale i primi Vertebrati, pesci, rettili, lucertoloni. Ne' successivi, gli esseri presero
una struttura più complicata e perfetta.
Per la formazione terziaria si valuta fin a 7 od 8 miglia la grossezza degli strati fossi-
liferi, e un tempo immenso vi volle a tali depositi. Tutti i fiumi portano sabbia, fango,
gbiaje al mare; il Gange depone più di 7U0,000 piedi cubi di limo all'ora; il fiume
Giallo nella Cina 2,60it,000; e di più ancora il Mississipi. Ebbene, il nostro Manfredi
calcolò che, se il sedimento di tutti i fiumi del globo fosse ripartito equamente sul letto
dell'oceano, vi vorrebbero milb^ anni per alzarlo d'un solo piede. Laonde 3,960,000
anni basterebbero appena ad elevarlo della grossezza degli strati fossiliferi. L'opera-
zione vorrebbe quadruplo tempo se si tratti, non del solo vano dell'oceano, ma dell'in-
tero globo, supponendo uniformi i letti, e non valutando che spesso questi furono
trascinati nel mare, e sollevati di nuovo al di sopra di esso da eruzioni sotterranee.
UUtinto maggior tempo non si richiederà alle formazioni granitiche e metamorfiche?
Sol ne' terreni più l'ecenti si trovano i mammiferi oggi viventi e l'uotno: sicché la
geologia conferma che la creazione dell'Uomo sia avvenuta tìellà siéslft grortìata, cioè
dopo gli altri esseri.
Ma fu l'ncqtia o il Tuoco, che sovvertì la faccia della terra, e non cbd In superficie,
ne sommosse le viscere? L'opinione tietliinira è insnflìciente a spiegar la formazione
della (erra, atteso che, per mezzo dellfi bilancia di torsione, sia provato cbe la massa
di questa pesa cin<ìue volte ima sfera eguale d'acqua, e tutte le acque del globo pesano
36 GEOGRAFIA — EPOCA PRIMA
appena un cinquantamillesimo dell'intero globo, sicché era impossibile vi stesse disciolta
tutta la materia.
Più ricca di risultamenti e di spiegazioni è l'ipotesi vulcanica^ cioè che la terra
stesse infusione, prima di assumere la forma sferoidale, e che poc'a poco la crosta si
raffreddasse. Dico la crosta, giacché per sempre nuovi argomenti si prova che sotto di
essa divampa. Quest'idea d'un fuoco centrale è attestata anche dalla temperatura, cre-
scente quanto più si scende sotterra, nella proporzione di almeno un grado ogni 2S metri.
Stando a tale misura, 3000 metri sotterra s'avrebbe la temperatura dell'acqua bollente;
alla quarantesima pnrte del raggio terrestre si avrebbero i 100 gradi del pirometro di
Wedgwood, necessarj a tener in fusione tutte le lave e parte delle roccie conosciute;
il centro della terra dovrebb'essere a 230 mila gradi del termometro centigrado, ed ogni
cosa esservi fluida. Ma è altrettanto provato che questa legge d'aumento non procede così
proporzionale.
La crosta medesima della terra non è consolidata affatto, e forse galleggia sopra il
mare di fuoco, or elevandosi, or cedendo, talvolta col peso e coi crepacci determinando
il sollevamento delle roccie o l'eruzione,
iioccie Le roccie possono, secondo l'origine loro, distinguersi in
1° Roccie d'eruzione (porfido, granito, basalte, serpentino, raelafiro), uscite dalla
terra in istato di fusione odi ammollimento; irregolari, non stratificate, spesso cristal-
line, e senza corpi organici.
2" Roccie di sediuiento, precipitate da un liquido in cui erano sciolte o sospese;
come sono i terreni secondar] e terziarj, i travertini; in strati sovrapposti, con reliquie
di corpi organici.
3" Roccie metamorfiche o trasformate, di cui la testura e la stratificazione fu al-
terata pel contatto o la prossimità d'una roccia d'eruzione, o più spesso per l'azione
dei vapori e delle sublimazioni, che accompagnano lo sbocco di certe masse in fluidità
ignea.
40 I rottami delle roccie predette formano i conglomerati, le puddinghe, i gres di
grana fina 0 grossolana, le breccie.
Dallo studio di tali fatti si arguì che la scorza solida della terra abbia uno spessore
medio di 20 leghe ; ineguale però, e questa disuguaglianza contribuisce assai alla tem-
peratura anche della superficie ; e forse da essa viene se le coste della Norvegia haa
freddi moderati.
Aulcani H focolajo centrale potè tratto tratto squarciare quella scorza, sollevando e rove-
sciando montagne, od innalzar lunghi tratti di essa crosta. Sfiatatoj continui 0 a tempo
ne sono i vulcani che eruttano vapori densissimi, qualche volta anche infocati, e con
essi cenere, sabbie, lapilli, scorie simili a quelle dulie fucine, pomici leggerissime, e
talora grandi massi.
Sembra che alcuni vulcani comunichino tra loro, anzi formino catene, la cui azione
appare corrispondente: e immensa dev'essere la forza di projezione per lanciare a gran-
dissime altezze molti milioni di metri cubi di materia.
Ultimamente Girardin contava vtjcani
in Europa, continentali 4 insulari 20
Asia il 29
Africa 2 9
America 86 28
Oceania — 108
Altri li somma a SS9, di cui 22 in Europa non contando l'Islanda, 126 in Asia, 25 in
Africa, 204 in America, '182 nell'Oceania.
Quelli d'Europa sono, nella Geologia di Philipps, ridotti a sei centri : 1° L'Islanda,
ove l'Ekla, lo Skapta .lukull, lo Skapta-Syssel, Leyfialla-Jókull, il Krabla, il Kattalgiaa
sono potentissimi fino ad innalzare intere spiagge: oltreché v'ha vulcani di fango e
d'acqua bollente. E notevole che quando uno d'essi vulcani erutta, gli altri taciono.
2" Le Azzore, ove a tempo sorgono e scompajono isolette. 3" La Sicilia, ove l'Etna mi-
naccia sem|)re Catania che altre volte sobbissò, e dalle acque vicine emerse nel 1831
l'isoletla Ferdinandea, formata di materie incoerenti, raccoltesi agli orli d'un cratere
sottomarino, e scomparsa ancora nel 33. 4" Le isole Eolie, ove a Stromboli, ch'è il più
r.roLociA 37
basso de' vulcani conosciuti, la lava si spinge quasi perennemente fino all'orlo del cra-
tere, sicché arde continuo come un faro al Mediterraneo, 5" Il Vesuvio, che nella prima
sua eruzione storica del 79 d. C. lanciò in aria mezzo il monte Somma, il quale rica-
dendo in ceneri e lapilli, sepelli Ercolano, Pompej e Stabia sotto uno strato incoerente
che in qualche luogo è da 3U a 40 metri : tacque dappoi dal 1500 al 1031 quando
eruppe con una furia proporzionata al lungo silenzio, distruggendo 50 paesi e da 4000
persone; d'allora continua le eruzioni più miti e più frequenti. V'appartiene i'ipomeo
dell'Isola d'Ischia, cinto da dodici vulcani secondarj, ma che non erullò più dopo il
1302. 6" Tera nell'Arcipelago, l'olrehbero aggiugnersi i vulcani fangosi della Crimea.
Dal trovar tulli i vulcani in isole o presso il mare, erasi argomentato che questo fosse
necessario alle eruzioni: ma in Asia molli vulcani eruttano nelle parti interne, lonta-
nissimi dal mare, come il Pe-scian nella Cina, il Cibel Coldanghi nel Kordofan, il De-
mavent nella giogaja di EIhurz. Più frequenti sono vicino al mare, e massime sulla linea
tra il golfo di Bengala e il mar Polare.
Dell'Africa è poco nolo l'interno j ma le isole che la circondano offrono molte bocche
ignivome, tra cui va distinta Lanzerotta pel vulcano a superGcie piana. In America
frequentissimi sono i vulcani, e più rivoluzioni vi produssero, e tuttodì mutano aspetto
a vaste superficie. L'Oceania è un continuo teatro dell'azione vulcanica, che s'impronta
nelle roccie e scorie di tutte le isole aite, mentre le basse son formate di coralli, aventi
radice sul labbro dei coni vulcanici sottomarini.
Nessuna combinazione chimica arriva a produrre le lave vomitate dai vulcani: il che
prova sempre più ch'esse formansi fuori di quell'ordine di corpi onde la crosta della
terra è composta.
L'altezze del cono vulcanico si proporziona alla forza d'impulsione che ricevette dal-
l'interno; e non generalmente, ma per lo più la frequenza delle eruzioni è in ragione
inversa dell'altezza. Stromboli, alto 70" metri, arde continuo dai tempi d'Omero; i
colossi delle Cordiliere appena una volta al secolo.
Sottomarini diconsi i vulcani, la cui bocca non arriva alla superficie dell'acqua.
Alcuni hanno il cratere largo (in 2 chilometri, lalvolla si videro lanciar una colonna
di fumo alta 900 e 1000 metri, da sentirne il rumore a 800 chilometri. Dal cratere di
Timor neirOceania per molli mesi esala un vento sì forte, che non si può accostarvisi.
I vulcani di fango o salse erompono sempre con violenti segni, dapoi seguitano quie-
tamente, come la salsa di Macaluba presso Girgenti, descrittaci già da Solino. Alcuni
portano seco gran quantità di pesci.
L'Ekla, il più conosciuto fra i moltissimi vulcani dell'Islanda, ha il cono diviso in
tre punte da crepacci pieni di neve: dal 4004 al 1766 ne son ricordate ventitre grandi
eruzioni, una delle quali durò sei giorni, desolando un territorio fiorenlissimo. L'ultima
eruzione dello Skapla-Jòkull, prenunziata da un gran tepore, cagionato dall'avvicinarsi
della vampa vulcanica alla superficie, scoppiò VS maggio 1785, e durò fin all'agosto:
per più giorni il sole restò ottenebralo da vapori che si stesero fin in Inghilterra e io
Olanda: e le materie vulcaniche vomitate si calcolarono da 150 a 1«0 milioni di piedi
cubi: alcuni fiumi bollivano, altri diseccarono, il vapore condensato cascava in neve
e in torrenti di pioggia: l'orribile scena finì con un violento tremuoto, a cui seguirono
fame e malattie, talchèperirono 1500 uomini e 150,000 cavalli e montoni,
11 fuoco centrale che elevò le montagne, è pur la causa delle fonti termali, delle Forni
esalazioni di gas acido carbonico {mofette) e di vapori sulfurei, e de'tremuoli. Del gas ««'•■mali
idrogeno carbonaio, avuto per via di pozzi profondissimi, valgonsi nella provincia ci-
nese del Szu-sciuan per iscaldare e illuminare, e fu applicato testé ai medesimi usi a
Fredonia nella Nuova-York. Le mofette abbondano nei terreni vulcanici, come ultimo
sforzo dell'attività vulcanica: la gran quantità che dovette uscirne ne' primitivi secoli
produsse la vegetazione esuberante, di cui ora non restano che le traccie nei letii del car-
bon fossile. La combinazione dell'acido carbonico colla calce produsse le roccie calcaree.
Fonti termali incontransi in ogni sorta di terreni; e le più calde sono discoste dai
vulcani. Tali acque, cariche d'acido carbonico e di gas solforoso, co' loro depositi pro-
ducono il travertino in strati orizzontalmente sovrapposti o anche monlicelli conici.
Coll'ultimo grande cataclisma la terra prese la configurazione che ha di presente: Csmbiam,
non però così che sulla sua siiperficie non siensi operati cangiamenti notabili, lemsiri
38 GEOCriAFIA — EPOCA PRIMA
L'ucf|ua e i venti ne sono una causa; poiché i fiumi trasportano terreni alle lor foci,
e le onde del mare accumulano dune di sabbia sui lidi, Aquileja, Ravenna, Adria stanno
ben discoste dal mare sul quale s'aprivano; Venezia si conserva marittima a gran fa-
tica: cosi furono interriti i porti un tempo famosi di Ostia, Taranto, Frejus, Aigues-
Mortes Narbona, Nauplia, Candia, i\lileto, Efeso, e tutti quei della costa fenicia. Forse
tutta la Lombardia è formata dai sedimenti del Po, come da quei del Nilo il Delta egizio,
dall'Arno il pisano, ecc. Sulle coste francesi del golfo di Guascogna le dune s'avanzano
ogn'auno 20 e più metri fra terra, sulla lunghezza di 150 miglia, sepellendo borghi e
città. Altre volte il mare invase provincia intere, riducendo a golfo una valle, o spez-
zando un istmo: così fu dello Zuidersee. Le montagne franandosr mutano aspetto alle
pianure : a tacere il lento trasportarne che fanno le acque.
"Violente mutazioni producono i vulcani, distrussero e sepcllirono città intere, for-
marono nuovi monti; presso Napoli emerse il monte Nuovo nel 1558; nel .Messico il
Jorullo vulcano spaventosissimo, sorse dopo 50 giorni di tremuoti nel 1759; mentre
a Giava nel 177^2 si sprofondò quello di Papadayang, sobbissando quaranta villaggi.
I tremuoti alzano od abbassano vastissimi tratti, operazione che altrove succede per
lenta onera della natura. Le forze vulcaniche si manifestano continuamente; e chi
avesse notizia d'ogni paese, troverebbe che forse nessun giorno passa senza qualche
tremuoto. In alcuni territorj poi manifestansi maggiormente, qual è la linea che dalle
isole Aleutine scende lungo il Giappone, le Filippine, le Molucche, l'arcipelago della
Sonda e perdesi nel gulfo di Bengala; l'altra che venendo dal Giappone, traversa la
Cina, sottopassa la catena dell'lmalaya, traversa 1 altopiano della Persia, l'arcipelago
ereco l'Italia meridionale, il Mediterraneo, la Spagna centrale, e termina a Lisbona.
Le madrepore e i coralli formano dei banchi che ricingono uno spazio, il» ijuale ben
presto riempiuto da spoglie del mare, diviene un'isola, e vi cresce la vegetazione.
L'Asia principalmente fu teatro di cambiamenti meravigliosi. Il mar ^'ero aprì 120
miglia di monta"ne per correre nel Mediterraneo. 11 Caspio e l'Arai non si sa come
siensi formati né come sussistano, alimentati da scarsi fili d'acqua e in mezzo a sabbie
che dovrebbero assorbirli o farli svaporare, l deserti di Siria, Arabia, Persia, pregni di
sale e d'avanzi marini ; il golfo Persico che si spinge fra terra per mille leghe quadrate,
sono testimoni di grandi rivoluzioni: e tuttodì ne fanno i tremuoti, i quali al tempo di
Tiberio cancellarono molte città. Da pochi secoli l'Oxo mutò la foce dal Caspio nel-
l'Aral come in minori dimensioni e a memorie storiche, la Chiana che tributava sue
acque' al Tevere, le voltò nell'Arno. Bagdad, Mossul, le città di Georgia, Armenia,
Aderbician immensamente soffersero; Tauris fu distrutta HO anni fa. L'antica Ninive
credeasi perita ma poc'anzi (1845j le grandiose sue rovine furono scontrate da Emilio
Botta a 04 chilometri nord est di Singara, e 560 nord ovest di Babilonia. Nel luglio
18^0 un tremuoto rovesciava Nakscivan, guastava Erivan e due distretti dellArraenia;
e uno scoscendimento dell'Ararut sepelliva il popoloso villaggio di Akuli.
Coniinenii La superficie della terraferma sta a quella dell'acqua come 1 a 2 ^/j ; o secondo
altri come 100 a 1270, o a 1284. Le isole unite formerebbero appena 1/33 dei conti-
nenti- e son ripartite disugualmente, tanto che sull'emisfero boreale hanno tre volte
maggior superficie che sull'australe. Dal 40'^ di latitudine sud fino al polo antartico è
quasi tutt'acqua se pur non è vera l'esistenza della terra Adelia : così domina l'actiua
fra le coste orientali del vecchio continente e le occidentali del nuovo.
U terra offre due vasti continenti, ciascuno in due porzioni, riunite mediante un
istmo angusto. Il primo continente abbraccia le tre parti del mondo antico, Asia ed
Europa unite, Africa congiunta all'Asia per l'istmo di Suez. L'altro continente son le
due y1mmc/ie settentrionale e meridionale, aderenti per l'istmo di Panama. All'estremità
sud-est dell'Asia sorge un'infinità d'isole, e tra esse la Nuova Olanda, che formano il
mondo nuovissimo, intitolato Oceania. Or pare sia ad aggiungere un continente australe
sotto al polo antartico.
Pianure Steppe, savane, lande, brufjìiiere, scopeti sono pianure incolte, coperte d'erbe e di
arbusti, ma senza piante. I di'serli son tutta sabbia, senza vegetazione, fuorché in al-
cune come isole, chiamate oaf^i. Nelle grandi pianure si risolvono le maggiori battaglie,
come a Maratona, Arbela, Farsaglia, Marengo, Wagram,,Austerlilz, Waterloo.
Orografia Collina è una piccola montagna ; costa una picoola oùlima; dune i monlicelli di sai)-
firni.ociA 39
bia che trovansi su alcune spiaggie, ammontala dal mare; periufiio, passo, gola, ftlretla
un passaggio angusto fra due montagne. I.c gole hanno importanza storica per le di-
fese che i pojioli vi oppongono agl'invasori; come i Galli ad Annihuic nelle Alpi, i
Greci ai Persiani alle Termopile e ai Galli nel passo del Parnaso, i Circassi ai Hussi nel
Caucaso. Tra un monte e l'altro scendono le valli.
Sulle montagne s'arriva a un limite, ove le nevi non si sciolgono mai \ e questo è sotto
la Linea, a metri 4b00
a 20° di latitudine >. 4GU0
45° 2or)0
6S" ). 1500
La precisione di (|ueste indicazioni non resse alla scienza moderna, secondo la quale,
il limile inferiore delle nevi non è l'andamento di una sola linea isometrica determinata
dallo zero, ma che oscilla fra il -♦- ]" 7 e il — 6'^ 8 centigrado ; e la maggior altezza non
è sotto l'equatore, ma nella catena settentrionale dell'Jmalaya alla latitudine di 51°, e
nella Cordiiiera orientale della Bolivia a 17".
Dalle nevi perpetue slaccausi talvolta enormi volumi, che rotolandosi a precipizio
rovesciano ogni cosa sul loro passo, e diconsi valanghe.
Lo squagliarsi della neve nelle più alte montagne produce le ghiacciaie o mari dj c.liiacciajo
ghiaccio: entro valloni o crepacci inaccessi al sole, ve n'ha di alte centinaja di metri,
e di 40 chilometri di lunghezza su 15 di larghezza, colla superficie scabra come un
mar in tempesta che di colpo fosse gelato. Quelle sulle cime dei monti sono meno estese
e maestose. Di là nascono la più parie dei tiumi.
Vuoisi che, non contando le ghiacciaje de' Grigioni, v'abbia nella soia catena alpina
1500 miglia quadrate di ghiaccio, di 25 a 20U metri di profondità. Alcune sono stazio-
narie da tempo immemorabile, altre occupano terreni un tempo coltivati o boscosi.
Dalle alte montagne scendono nelle valli, talvolta formando arco sopra gli abissi, tal
altra empiendoli ; poi nelle valli ove una temperatura più mite le squaglia, depongono
ammassi di terriccio e di ciottoli, che chiamano murene e le cui curve, simili a quelle Morene
che l'onda lascia in riva al mare, segnano i diversi punti ove il ghiaccio arrivò. V'ha
ghiacciaje nelle Alpi che s'avanzano 8 metri Tanno 5 altre si ritirano. Secondo Agassiz,
che fece i maggiori studj in proposito, la valle di Chamouny fu una volta ricoln)a da
una ghiacciaja, che s'era mossa verso il colle di Balme: e a San Maurizio a 050 metri
sopra il Rodano trovasi una morena, la quale mostra che verano ghiacciaje a 700 metri
di sopra del lago di Ginevra.
Entro i monti si trovano ampie spelonche. Alcune sono arlifiziali, quelle cioè donde Grotte
si trassero i metalli, il sale e il carbon fossile : tra cui ve n'ha di meravigliose sia per
belle stallatiti e per ischerzi di luce; e fra esse insigne quella di Adelsberg nelle vici-
nanze di Trieste. Altre son naturali, più 0 meno profonde, molle volte riempiute di
avanzi di ossa d'ogni specie, e principalmente antidiluviane: la più famosa è la grolla
di Mammolh nel Kentucky, con lunghissime gallerie, dilatantisi or ad ora in ampie sale
0 gentili gabinetti, aventi sofiìlte e volte d'ogni maniera; e che salendo e scendendo
estendonsi per molte miglia, finché arrivano ad un vasto lago, dal quale partono tre
fiumi, su cui navigando per più d'un miglio, trovansi altre gallerie e sale e camere,
insomma un mondo sotterraneo.
Una continuazione di monti dicesi giogaja 0 catena. Varie catene costituiscono un Catene
gruppo. Nell'antico continente le maggiori catene vanno dall'occidente all'oriente, nel
nuovo dal sud al nord ; onde il primo è più lungo, l'altro più largo. Questa direzione
però intendasi accennala^iu digrosso, divergendone esse più 0 meno, poi spingendo
varj bracci in diramazioni dillerenli. 1 mari mediterranei non sono che grandi vaili di
essi monti, riempiute dalle acque in tempi dillerenli; e forse quando si sollevò l'im-
mensa spina di monti che occu|)a il litorale occidentale dell'Auierica e le parli orien-
tali e meridionali dell'Asia, e che traversa l'Africa orientale, le acque del Grande oceano
precipitaronsi fra l'Africa, l'Europa e l'America, sobbissando l'Atlantide.
La distribuzione della geografia fisica secondo il concatenamento delle giogaje e la
separazione delle acque, accettata dalla pluralità de' geografi, ora vien impugnata, e
massime dallo svedese Giovan Augusto ILizelius, appoggiandosi a ciò: 1'^ che gli spar-
litori delle acque non ebbero tanta importanza quanta si vuol credere circa alla forma-
40 GEOGRAFIA — EPOCA PRIMA
zione della superficie terrestre ; 2" che quelli noa costituiscono sempre una giogaja o
spina continuata; 3" che la giogaja principale non segue sempre le acquapendenze,
ove da ampie regioni montuose sieno queste separate-, 4" che il concetto della concate-
nazione delle giogaje riunisce molte masse, affatto eterogenee per essenziali riguardi ;
5" che esso concetto al contrario separa sovente masse tra loro omogenee.
Età Le grandi schiene di monti son come l'ossatura della terra nostra, sollevatesi in
de' monti tempi diversi, e di cui la scienza arrivò, o almeno pretese determinare le età rela-
tive. Noi le cercheremo pei soli monti d'Europa.
Ammessa la formazione delle montagne per via di sollevamento, i geologi hanno a
chiedere se tutte le grandi giogaje siano sorte ad un tempo stesso, o quale sia la rela-
tiva loro antichità. Di tali quistioni ebbe ad occuparsi il signor Elia di Beaumont.
Secondo lui, il sistema dell'Erzgebirge in Sassonia, della Costa d'oro in Borgogna, e del
monte Pilas nel Forez, fu, tra le montagne da esso studiate, il primo sollevato. 11 si-
stema de' Pirenei e degli Apennini, ancorché più esteso e alto, è molto meno antico.
Il sistema delle Alpi occidentali, del quale fa parte il Monbianco, sorse gran tempo dopo
i Pirenei. Un quarto sollevamento posteriore diede origine alle Alpi di mezzo (il San-
gotardo), ai monti Ventoux e Leberon, vicino d'Avignone, e giusta ogni probabilità,
airimalaya dell'Asia e all'Atlante dell'Africa.
l terreni propriamente detti di sedimento sono in tutto o in parte composti di tri-
tumi, menati dalle acque, simili alle bellette dei nostri fiumi o alle arene delle rive
del mare. Queste stritolature più o meno minute, saldate insieme da cementi calcari
ò silicei, formano le rocce arenarie chiamate gres.
Alcuni terreni calcari sono parimenti posti fra quelli di sedimento, ma solo le rare
volte che non lasciano alcun residuo sedimentoso dopo sciolte nell'acido nitrico; pe-
rocché i frammenti di conchiglie che racchiudono mostrano, di un altro modo e forse
anche meglio, che la formazione loro ebbe luogo in grembo all'acque.
I terreni di sedimento sono sempre composti di strati successivi molto visibili. Dei
più recenti possono farsi quattro grandi divisioni, e per ordine d'antichità sono: il cal-
care colitico, ovvero calcare del Giura; il sistema del gres verde e della creta; i ter-
reni terziarj; finalmente le prime deposizioni d'interrimento o di trasporto (j).
Sebbene questi terreni siano stati deposti dalle acque, e si trovino ne' luoghi stessi,
e gli uni sugli altri, il passaggio da una specie alla susseguente non si fa per insen-
sibile gradazione, ma v'apparisce perpetuamente un variare subitaneo e dtciso nella
natura fisica del deposito e degli esseri organizzati de' quali contiene i frantumi. È
quindi manifesto che, fra il tempo nel quale il calcare del Giura si deponeva, e quello
della precipitazione del sistema gres verde e creta che lo ricopre, vi ebbe sulla super-
ficie del globo un intero rinnovamento dello stalo delle cose. Altrettanto si può dire
del tempo che ha separato la precipitazione della creta da quella de' terreni terziarj ;
ed è in egual modo palese, che in ciascun luogo la natura del liquido, dal quale i
terreni si precipitavano, ebbe interamente a mutare fra il tempo della formazione ter-
ziaria e il tempo degli antichi terreni di trasporto.
(\) Per lo scopo qui propostoci, e inutile un'e- ora agglomerato di granellini rotondi detti ooliti,
satta definizione di cotesti terreni. Sarebbcsi pure dal che la designazione di calcare colitico,
potuto non denominarli, e restringersi a designarli II terreno di sedimento, che comprende il gres
♦ per mezzo dei numeri •!, 2, 3, 4; il numero i verde e la creta, iì una successione di strati di gres,
avrebbe per esempio indicato il terreno di sedi- misti sovente a qu|^tità di granellini verdi di sili-
mento l'antichissimo dei quattro, quello che dagli calo di protossido di ferro, e sormontati da grossis-
altri è coperto, in una parola il calcare del Giura, simi strati di creta. Gli strati dell'una specie e del-
e quindi il numero 4 si sarebbe trovato apposto al l'altra che formano le alte spiaggie della Manica,
terreno superiore, vale a dire ai deposili d'allu- sono il tipo di questo genere di terreni,
tione. Daremo nondimeno alcune brevissime no- Terreno di sedimento terziario e quello delle vi-
zioni intorno alla natura e all'aspetto di questi di- cinanzc di Puiigi, associazione variatissima di strati
versi generi di depositi. d'argilla, di calcare, di marna, di gesso, di gres e
Humboldt ha chiamato calcare del Giura quel d'alberese,
vasto sedimento, del quale il Giura è in gran parte Finalmente gli anlichi terreni d'interrimento sono
composto, formato di un calcare biancastro, ora cosi chiamati dulia somiglianza agli interrimenti pro-
compatto ed eguale come la pietra litografica, ed dotti dalle correnti ne'tempi attuali.
REOLOGIA 41
Queste notabili variazioni, ricise e non graduali, nella natura delle successive depo-
sizioni formate dall'accjua, sono dai geologi considerale siccotiie ellelti delie rivoluzioni
del globo. E ancorché potesse parer diflicile il dire esattamente in che sifFatte rivolu-
zioni consistessero, non, sarebbe nien certa l'esistenza loro.
Ho toccato dell'ordine cronologico, nel quale i diversi terreni di sedimento furono
deposti: però conviene dica che cotest ordine fu determinato col seguire senza inter-
ruzione ciascuna natura di terreno sino nelle regioni, dove era possil)ile l'avverare po-
sitivamente e sopra una grande estensione orizzontale, che il tale strato stava sopra un
tal altro. Gli scoscendimenti naturali, quali ad esempio appariscono lungo il lido del
mare, i pozzi comuni, i pozzi trivellati, l'aprimento dei canali, furono a ciò di gran
giovamento.
Ho avvertito che i terreni di sedimento sono stratificati. Nei paesi di pianura, come
era a credere, gli strati sono disposti quasi orizzontalmente ^ ma via via che ci acco-
stiamo ai montagnosi, l'orizzonlalilà viene ad alterarsi: e finalmente sul pendio dei
monti, alcuni di quegli strati sono inclinatissimi, altri fansi persino verticali.
Cotesti strati di sedimento inclinati sui pendii hanno essi potuto deporvisi in gui.-^a
obliqua o verticale? o non è più naturale il supporre che forojasfero primitivamente
dei banchi orizzontali, come gli strati contemporanei delia stessa natura onde le jiia-
nure sono coperte,, e che fossero sollevati e addirizzati nel punto che emersero le mon-
tagne sul cui fianco s'appoggiano?
In tesi generale, egli non sembra al tutto impossibile, che le montagne sieno sialo
nell'attuale loro posizione intonacate e incrostate di deposizioni sedimentose, atteso che
quotidianamente vediamo pur le pareti verticali de' vasi, dentro i quali si evaporano
delle acque selenitiche, coprirsi di uno strato salino, che fassi via via più denso. .Ma la
nostra quistione non è di tanta generalità, perchè solo trattasi di sapere se gli strati
conosciuti dei terreni di sedimento siano stali deposti nel modo suddetto. Ora a questo
s'ha da rispondere di no, e lo proverò mediante due ordini di considerazioni total-
mente diverse.
Osservazioni geologiche incontrastabili dimostrano che gli strati calcari, che costi-
tuiscono le cime, alte da 3 in 4000 metri, del Buet in .Savoja e del monte Perduto nei
Pirenei, sono stati formati nel tempo stesso che le crete dell'alte spiagge della Manica.
Se la massa dell'acque, dalle quali cotesti terreni vennero precipitati, si fosse alzata a
3 0 iOGO metri, la Francia sarebbe stata per intero coperta, e analoghi depositi esiste-
rebbero sopra tutte le alture minori di óuOU metri. Ora per l'opposto nel settentrione
della Francia, dove sifatti depositi sembrano essere stati pochissimo rimescolati le crete
non giungono mai a 200 metri sopra il mare attuale, offrono precisamente la dispo-
sizione di un deposito che si fosse fatto in una gran vasca piena di un liquido il cui
livello non avesse toccato nessuno dei punti oggi più ahi di 200 metri.
Una seconda prova tolta da Saussure, mi pare convincentissima. i terreni di sedi-
mento chiudono spesso certi ciottolini arrotolati, di forma presso a poco elittica. Nei
luoghi dove la stratificazione del terreno è orizzontale, gli assi maggiori di quei ciot-
toli sono tutti orizzontali, per la stessa ragione per cui un ovo non può star ritto sulla
sua punta ; ma dove l'angolo d'inclinazione degli strati sedimentosi sia di 45 gradi, gli
assi maggiori di moltissimi di quei ciottoli fanno parimenti coll'orizzonte un angoìo
di 45 gradi; quando gli strati fansi verticali, gli assi maggiori di molli ciottoli sono
pur verticali.
È dunque dimostrato, che i terreni di sedimento non sono stati deposti nel luogo
da essi occupato né nella 'presente loro giacitura, ma furono alzati più o meno nel-
l'atto in cui le montagne, delle quali coprono le pendici, uscirono dal grembo della
terra. Per convincersi che, nell'alto del dirizzarsi d'uno strato orizzontale, non era
mestieri che tutti i grandi assi de' ciottoli in esso contenuti divenissero verticali, basta
segnare delle linee in diverse direzioni sopra un piano orizzontale, e quindi farlo
girare come intorno a una cerniera: in questo movimento le linee parallele alla cer-
niera rimarranno continuamente orizzontali; per l'opposto le linee perpendicolari ad
essa cerniera s'inclineranno all'orizzonte di tutta la quantità della quale il piano verrà
a moversi, in guisa che al momento in cui toccherà la verticale , le linee saranno
pur esse verticali; le linee poste primitivamente in direzioni intermedie a quella dei
42 GEOGRAFIA — l'POCA miMA
detti due sistemi, faranno coU'orizzonte degli angoli compresi fra 0 e 90°. Fedele
immagine della disposizione dei grandi assi dei ciottoli negli strati dirizzali.
Ciò posto, è manifesto che i terreni di sedimento, i cui strati saranno sul pendio
delle montagne in direzioni inclinate o verticali, esistevano prima dell'alzarsi di quelle
montagne. 1 terreni del pari sedimentosi, che si prolungheranno orizzontalmente sino
al cominciare dei pendii stessi , saranno per lo contrario di data posteriore al for-
marsi della montagna; perocché non sarehbe possibile concepire come, uscendo dalla
terra, essa non avesse a un tempo levato seco tutti gli strati esistenti.
Venendo a particolari, fra le quattro specie di terreni sedimentosi da noi distinte,
ve ne ha tre, e sono le più alte e vicine alla superficie del globo, o diremo le più
moderne, le quali si prolungano in istrati orizzontali fino ai monti della Sassonia,
della Costa d'oro, del Forez -, una sola che è il calcare del Giura, ovvero oolitico,
vi apparisce sollevata. Dunque l'Erzgehirge, la Costa d'oro e il monte l'ilas del Forez
sono sorti dopo la formazione del calcare oolitico, e prima della formazione dei tre
altri terreni di sedimento.
Sulle pendici dei Pirenei e degli Apennini trovansi due terreni sollevati, cioè il
calcare oolitico, eél terreno gres verde e creta: il terreno terziario e il terreno al-
luviale che lo copre, hanno conservato la primitiva loro orizzontalità. Sono dunque
i Pirenei e gli Apennini più moderni del calcare del Giura e del gres verde che
hanno sollevato, e più antichi del terreno terziario ed alluviale.
Le Alpi occidentali (fra cui il Monbiauco) hanno, come i Pirenei, sollevalo il cài-
care oolitico e il gres verde, ed oltre a questi il terreno terziario: il terreno alluviale
soltanto nella vicinanza di queste montagne è orizzontale. La nascita del Monbianco
vuol essere dunque posta fra la formazione del terreno terziario e quella del terreno
alluviale.
Finalmente sul pendio dell'ordine dei monti, del quale il Ventoux fa parte, nes-
sun terreno di sedimento è orizzontale, "bensì tutti e quattro sono sollevati. Quando
adunque sorse il Ventoux, il terreno alluviale s'era già pur esso depositato. •
1 terreni di sedimento, tanto per la natura loro, come per la disposizione regolare
dei loro strati, sembrano essere stali deposti in tempi di tranquillità. Trovandosi ogni
terreno contrassegnato da un ordine peculiare di esseri organizzati vegetali ed animali,
era assolutamente da supporre che fra i tempi di tranquillità corrispondenti al precipi-
tarsi di due di que' terreni sovrapposti, avesse la lena patito una grande rivoluzione
fisica. Noi di presente sappiamo che tali rivoluzioni sono consistite, o veramente furono
contrassegnale dal sollevamento d'un sistema di monti. Non essendo i due primi solle-
vamenti di cui tratta Beaumont, i più notabili dei quattro da lui classificati, ben si vede
che non si può dire che il globo invecchiando divenga meno atto a provare catastrofi
di tal natura, né che il tempo nostro di tranquillità non sia per terminare come i pre-
cedenti coll'improviso emergere di qualche immensa giogaja.
Stabilito non avere tutti i monti terrestri forato il globo in un medesimo temi)0, fu
naturale l'esaminare se i monti contemporanei non offrissero tra loro qualche relazione
di postura. E s'è trovato quanto segue.
Le direzioni dell'Erzgebirge, della Costa d'oro e del Pilas sono parallele a un cerchio
massimo del nostro globo, il quale, passando per Bigione, facesse col meridiano di que-
sta città un angolo di 45° circa.
Le montagne contemporanee della seconda sollevazione, vale a dire i Pirenei e gli
Apennini, i monti della Dalmazia e della Croazia, e i Crapac, i quali appartengono a
uno stesso sistema, come si può dedurre dalla descrizione datane da parecchi geologi,
sono tutti disposti parallelamente all'arco di un cerchio massimo, del quale può esser
designala la posizione con dire che passa per Nalchez, e l'imboccatura del golfo Per-
sico. Però qualunque esser ne possa la cagione, i monti che in Europa sono sorti
dalla terra nel tempo medesimo, formano sulla superficie del globo delle catene, vale
a dire degli sporti longitudinali, e paralleli tulli a un certo circolo della sfera. E se
suppongasi, come sembra niturale, che colesla regola sia applicabile pur fuor dei li-
miti dentro i quali ostata avverata, inclinerassi a credere che gli Allegani dell'Aiiierica
settentrionale, giacché la direzione loro è pur parallela al cerchio massimo che con-
giuuge Natchez e il golfo Persico, appartengono per età al sistema dei Pirenei. E pare
01,01. oci A 43
potersi dire, senza gran rischio di dar in fallo, clic i monti della Grecia, qnelli a sot-
tentrione deirEulVatc, e la gioyaja della [tenisola dell'India, che pur rispondono esat-
tamente all'additato parallelismo, siano, come gli Allegani, sorti coi IMr(yici e cogli
Apennini.
Il terzo sistema di montagne, per rispetto d'antichità, quello di cui fanno parie
le Alpi occidentali e il Monhianco , è una lunga prominenza, parallela a un circulo
massimo che passasse per Marsiglia e per Zurigo. Per tutto l'intt-rvallo fra queste diie
città tal regola s'avvera con esattezza notevolissima. E poiché la giogaja che separa
la Norvegia dalla Svezia e la Cordiliera del Brasile sono entramhe del pari parallele
allo stesso cerchio, egli è altresì probahile che ahhiano forato la corteccia del globo
a un tratto col Monhianco.
Quanto al ipiarto ed ultimo sistema studiato dal signor di Beaumont, il cerchio mas-
simo al quale può essere raffrontato, passa pel regno di Marocco e l'estremila orientale
dell' Imalaya. 11 parallelismo fu avverato sui monti Ventoux e Leheron presso Avignone,
la Santa-Baume e parecchie sommità della Provenza, e finalmente sulla giognja cen-
trale delle Alpi, del Valese fino all'llliria: e se il parallelismo è quivi pur indizio di
data, come par conveniente il pensare, noi |)orremo in questo meno antico sistema di
monti il Balkan, la grande catena del Caucaso, l'imalaya e l'Aliante.
Dapoi Beaumont estese i sistemi di sollevamento a tredici principali, ed altri mir
Dori : ma a tutto fu dato importunza e defernnnazione più precisa dall'esame dei corpi
organici che son compresi nei dilferenti terreni.
Di strani errori ci tramandarono gli antichi sull'altezza delle montagne. Così GiosefTo Altezza
Ebreo fa il monte Tabor aito 30 stadj, ed è appena 3. Aristotele dice che il Caucaso è'^'^'™""''
per un terzo della notte illuminato dal sole; ed altri, che dal monte Atos il disco del
sole vedeasi tre ore prima che dalla marina dell'Egeo. Ora dal picco di Teneriffa, dup-
pio almeno dell'Atos, non si vedrebbe il sole che 12 minuti prima di chi stesse al
mare; e per ottenere quel fenomeno, avrebbe l'Atos dovuto esser alto 1423 miglia
geogr., cioè mille cinquecento volte più del vero.
Uno dei monti più elevati della Svizzera centrale è il Piiat, e il più alto d'Kuropa il
Wonbianco Se sul primo si ponga lo Schreckhorn, o sull'altro la Schneekoppe, non
s'arriva ancora all'altezza del Cimborazo. Questo passò gran tempo per la montagna
più alta: ma è JiOa metri più basso del Sorata nell'Alto Perù, il quale pure è di metri
ioi inferiore al Giawahir, la più gran montagna finor misurata nell'lmalaya, e che
pare inferiore di 803 metri al Uawalagiri. Per eguagliarla bisognerebbe dunque sovra-
porre al Cimborazo il Righi e il monte Atos.
Oggi l'altezza dei monti si determina esattamente colla livellazione, la triangolazione,
il barometro; e apprussiniativainente col grado termometrico a cui bolle l'ucciua di-
stillata col calcolo della distanza da cui se ne vede la cima, colla temperatura dimi-
nuentesi, colla linea delle nevi.
Nella zona torrida,
ni e tri
Sistema delle Ande Nevado di Sorata, nella Bolivia 7897
Nevado d'Illimani, ivi 7474
Vulcano d'Aconcagua, nel Chili 7299
Cimborazo, nella repubblica dell'Equatore . 6722
Zona temperata.
Sistema dell' Imalaya... Dawalagiri, al nord dell'India 8oS6
Giawahir, o Nanda-Dewi , ivi 7951
). delle Alpi Monhianco 4810
Monrosa 4G36
Finsteraarhorn 4362
Jungfrau ' 4180
« de' Pirenei Cerro de Mulhacen, nella Sierra-Nevada . . 3356
Picco di Nethu, ne' Pirenei 3403
Monte Perduto, ivi 5559
44 CEOCnAFlA — EPOCA rniMA
mefri
Sistema delle Canarie.. Picco di TenerifTa . . . < 3713
Zona fredda.
Sistema Scandinavo.... Sulitelma, nella Lappoiiia svedese .... 1883 (1j
Le altezze si computano, come abbiam detto, dal livello del mare: ma la varietà
nelle misure risultanti suggerì di cercarvi un punto fisso, come s'è fatto colle longitu-
dini e col calore. Alfonso Decandolle propose di pigliare per unità di misura la più alta
montagna del globo, riducendo le altre a frazioni decimali: così facendo iOO° la mag-
gior vetta deirJmalaya, il Nevado di Sorata sarà 98" 4, il Monbianco 61° o ecc. Ma
oltreché non è ben determinata l'altezza di quel picco, chi assicura se esso non cresca
o scemi?
Jomard, conservatore che fu del Museo geografico della Biblioteca imperiale di Pa-
rigi, dava un metodo più razionale. Si segnino le latitudini di un grado del meridiano
terrestre, per modo che, prendendo sopra qualsiasi meridiano un arco di C, cioè la
novecentesima parte del quarto di circolo, e svoltolo verticalmente qual prolungamento
del raggio del globo, questa sia la scala delle altezze, partendo dal livello dell'oceano,
e riferendovi l'elevazione de' luoghi, determinata coi metodi geodetici, le misure baro-
metriche e le osservazioni trigonometriche. Così, prendendo due luoghi italiani, avremo
le tre seguenti coordinate :
Monbianco Croce di San Pietro a Roma
longitudine da Parigi 4° 41' 22" est 10° 6' 41" est
latitudine 45" 49' 58" nord 41" 54' 8"
altezza 2' 33" 52'" 5" 12"'
Che se si chieda il valore assoluto, si troverà che, assumendo il grado medio, cioè
del 45" parallelo, un grado equivarrà a metri 111,111 i/q, cioè ogni minuto primo
= metri 1851. 85185M8; ogni secondo = metri oO. 8641975; ogni terzo = melri
0. 5144033: sicché il Monbianco corrisponderà in altezza a metri 4810. 7.
Tornando alle protuberanze del nostro globo, appare che il mondo antico offre una
massa i»iù larga, quasi a parallelogrammo, ma dove s'insinua un'infinità di golfi e me-
diterranei, moltipllcando le coste, e in conseguenza il contatto col mare e le comuni-
cazioni : l'Africa e l'Asia centrale e settentrionale non dieder passo all'oceano, il nuovo
mondo è meno frastagliato dal mare, ma fiumi immensi corrono dall'ovest all'est,
fecondando le solitudini. Tale configurazione operò granderuenle sull'incivilimento e
sulla storia dei popoli.
E appunto alla storia de' popoli stessi importa il conoscere la geografìa fisica, perciiè
una valle, un fiume, un monte segnano fra le nazioni i confini che la spada non riesce
a svellere, dividono una civiltà da un'altra, e danno ragione di grandi avvenimenli
anche a chi , come noi , neghi che i gradi di latitudine determinino stabilmente la na-
tura dei popoli e la loro coltura e bontà.
§ 7. — Ecdidastica.
Gcoprafia Animali e vegetali sono distribuiti sul globo a norma dei climi; e ottantamila specie
botanica di piante, centomila d'animali vi furono distinte. Pomposa è la vegetazione nella zona
torrida, coi palmizj, l'immenso baobab, le felci arborescenti, l'erba tra cui s'ascondono
gli elefanti, l datteri non maturano di qua del 35" di latitudine; la vigna fra il ."0" e
il 45" ; il frumento, la segala, l'orzo, l'avena, fra il 40 e il 60 vedonsi uniti; il frumento
giunge al 30; l'orzo e l'avena maturano fin nella Siberia. E via via nelle zone temperalo
(1) Lo pili esteso quadro è a wdersi nella Me- par le Bureau des.longiiudes ; per cs. il ISevailn
moria di Adriano Balbi, Delle primarie alliludini di Sorala non ha che metri 0488; 8187 il Dawnhi-
del globo. Milano 1845. Ma nella determinazione giri; e 8588 il Kunchinginga nella parte occiden-
di queste altezze v'ha molta varietà, e affatto di- tale dell'Imalaya.
verse sono date aeWAnnuaire pour 4858 publié
ECDIOASTICA 45
si trovano, dal nord al sud, prima soli muschi, poi licheni, betulle, salici nani, pini,
abeti, querce, tigli, ciliegi, olivi, fichi, agrumi. Sulle montagne riproducesi la mede-
sima legge di vegetazione, e il palmizio può maturare al pie di alcune, sulla cui sommità
si coglie la germandrea del settentrione. Tournefort trovò alle falde del monte Ararat
Je produzioni dell'Armenia, al mezzo quelle d'Italia e Francia, in vetta quelle della
Scandinavia.
Nel Messico v'ha cipressi di 16 metri di circuito. Presso Astoria, i maggiori pini
conosciuti, alti più di 100 metri, e della circonferenza fin di 19; uè i rami cominciano
che ad 80 metri. Ad Altixco un cipresso ha 25 metri di circonferenza; e 36 uno ad
Oaxa, che credesi formato di tre. Sull'Ohio v'è platani di 20 metri di circonferenza:
a Cuba acagiù che danno tavole di 7 metri sopra 2: i cacti delle aride pianure di Cu-
niaoa somigliano colonne nel deserto.
A Giava ha felci alte 25 metri, e muschio di spessezza portentosa. Il museo Britan-
nico conserva il tronco d'una felce arborescente (alaophila brutioniana Wall.) lungo
15 metri, e che cresce nei monti di Stilhet al nord-ovest di Calcutta. A Borneo si ha il
betel, il cavolo-palma, l'albero del sandragone, la sandraca: alle Celebi l'ebano, il san-
dalo, l'albero del pane, il cocco, il zenzero, e insieme il terribile upas, che uccide
tutte le piante in giro, e del cui veleno ungono le loro freccie i Macassari.
I moscati che si coltivano a Banda danno circa 250 mila chilogrammi di noci l'anno,
e 150 mila i garofani d'Amboina, dove si raccoglie pure Vhenne, profumo cercatissimo
dalle belle d'Oriente. Sumatra dà eccellente cannella, e vi si vede il più gran fiore, la
rafflesia, di 5 metri di circonferenza, e pesante 8 chilogrammi. Solor abbonda di bambù.
Nelle Savane l'erba elevasi fin 5 metri-, e gli alberi della senna, della gomma, del
banano, del burro, il tamarindo, il fico d'India ristorano d'ombra e di cibo. Il baobab
è il gigante della vegetazione, e taluno ha fin 55 metri di circonferenza. Vuoisi che un
fico della Carolina ne abbia 70 : l'albero del pane v'è preziosissimo, e i frutti di tre
basterebbero a nutrir un uomo.
Ne' paesi temperati prosperano la magnolia, la sassifraga, l'acacia ; ne' torridi l'albero
del cocco, il cotoniere, il mogano, il cacto, la vaniglia, il banano, il cavolo-palma, alto
fin 70 metri. Alle Antilie si ha il sandalo, il campeggio, il brasile, il bambù, il tama-
rindo, l'ananas, il legno ferro, il velenosissimo manseniliere.
Carciofi, cipolle, tartufi sono squisiti al sud del -15° ; al nord di questo valgon meglio
i cavoli, le rape, i piselli. Nei paesi orientali d'Europa, la vigna, il grano turco, il
gelso s'innalzano al nord molto più che nell'occidente, ove la vigna non passa il 50'.
II frumento vuoisi originario della Persia e dell'India: l'orzo cresce spontaneo in
Ceorgia" e sull'Arasse: il bananiere credesi dell'India, donde seguì le migrazioni : le
biade del Marocco, meglio coltivate, potrebbero bastare a nodrir tutta Europa. Di Bar-
beria ci vengono i datteri, e gli ulivi ne son più belli che quei di Provenza: il dura,
specie d'orzo, è il cibo de' Mori. L'Abissinia è coperta di selve di agrumi: a Benin gli
Europei trovarono il pimento, che per secoli le carovane portarono a Alessandria co!
nome di grano di paradiso.
Nelle regioni settentrionali non vi s'incontra pur una delle centrentasette specie di
felci sinora conosciute. In Lapponia le betulle son appena alle un metro; il salice er-
baceo allo Spitzberg non elevasi più che l'erba. I pini e gli abeti mostransi fin al 67°,
i tigli e il faggio a 65", la quercia a 62', il pioppo a 60 , dove ancor trovasi qualche
macchia di nocciuole. Al Groenland, appena allorché la state rapida e cocente fé sparir
i geli, verdeggiano le lande d'un'erba corta e magra con qualche scarso fiore, mentre
al Chili e alla Piata essa alzasi in modo, da nascondere gl'infiniti armenti che se ne
pascono. I pini, le querele, i faggi, i cipressi differiscono da quelli d'Europa.
Le cure dell'uomo naturarono i prodotti a climi non loro; così in Fraacia e in Italia
recò igeisi, i limoni, l'uva, l'albicocco, il castagno, i cedri, i ciliegi, i peschi, i prugni,
i ranuncoli, le ortensie, le rose, l'orzo, il grano, il miglio, gli asparagi, le zucche dal-
l'Asia. L'arancio venne dalla Cina in Portogallo, donde al resto d'Europa; il cavolofiore
da Cipro; il cocomero, il marrone, il fagiuolo, il riso, il gelsomino dall'India; la segala
dalla Siberia; dall'Africa i fichi; il melogninato da Cartagine; il prezzemolo e i cavoli
dall'Egitto; i mandorli dalla Mauritania ; dall'America il tabacco, le robinie, i jìlalani,
i pomidoro, le potate, ecc.
i
46 GEOGRAFIA — El'OCA l'RIMA
g 8. — Metalli.
L'oro, l'argento, gli altri metalli si trovano dapertiitto, ed è pregiudizio antico che
i paesi caldi abliondino maggiormente di metalli preziosi. Le più ricche miniere sono
agli Orali, al Perù, al Messico, alla California; ma una cava di carbon fossile oggi si
valuta più che una d'oro. Nell'India e nel Brasile raccolgonsi diamanti ; rubini e mala-
chiti nella Siberia; e per dir qui d'altre sostanze preziose come ornamento, perle nel
golfo Arabico e Persico; corallo nell'Oceania, men bello però di quel del Mediterraneo;
ambra sulle coste del F3altico.
L'Ural offre la più grande varietà di sostanze cristalline, accumulata sopra piccola
estensione. La piccola catena dell'ilmen esibisce essa sola ventotto specie di minerali.
L'altura fra Orsk e Bogoslovsk ne chiude più di centodieci, di cui venti non si trovano
in verun'altra regione del mondo. Poi ad ogni passo s'incontrano il berillo, il topazio,
grandi cristalli di feldispato, smeraldi, i graniti e i porfidi più belli, e anche diamanti.
Dal 181 i al 39 le arene lavate diedero 166 mila libbre d'oro, oltre quel che si cava da
filoni : v'abbonda pure il platino. È favolosa la quantità d'oro che in questi ultimi anni
diede la California; ed altrettanto ne promette l'Australia.
§ 9. — Zoologia.
Gnocrafia L'elefante, la tigre, il leone, il rinoceronte appartengono a' paesi torridi ; l'America,
animale -^^ |q^^ ^g^g 1^,^ jj tapjf^ jj giagar, la vigogna. La zona glaciale porta animali di ricche
pelliccie, volpi azzurre, ermellini, zibellini, vaj, martore, e gli utili reoni. L'orso bianco
abita solo le regioni polari: il renne non vien di qua del 50°: dal 22" al S5° vive il ca-
mello ad una gobba, mentre il dromedario passeggia la zona torrida: le sdraie stanno
sugli alberi de' paesi caldi.
Quanto a uccelli, le zone fredde nutrono i cigni, le anitre, le oche di morbidissima
piuma: le temperate i pavoni, i fagiani, gli usignuoli: le torride i colibrì, gli uccelli
mosche e da paradiso, lo struzzo, i papagalli, il casnar. L'aquila e l'avoltojo sorvolano
alle montagne eccelse, ma evitano i geli polari. Nelle più elevate cime de' monti, ove
balzellano lo stambecco e il camoscio, fa nido il condor.
Le aringhe popolano l'oceano artico, donde sciamano periodicamente lungo i con-
tinenti. Nei mari australi abbondano mostri; nei boreali i vitelli marini; fra f tropici
le dorate, i pesci volanti. La gran balena del nord, differente da quella del sud, evita
la Linea: il balenotto (cachalot) colla testa grossa dei mari dell'india non è quel de'gla-
ciali : il pesce-cane preda in tutti i mari. I pesci son rari in alto mare; più ne contiene
il Grande oceano. Fa meraviglia ai naturalisti il trovar foche ne' bassissimi bacini salati
del C;is|)io e dell'Arai, e nel lago Baikal in Siberia, alto 114 metri, ed ampio un terzo
dell'Adriatico, eppur d'acqua dolce.
Enormi tartarughe strascinansi nella zona torrida. I zoofiti si fanno più numerosi
avvicinandosi all'equatore, e formano quasi una cintura al globo: cosi è di molti mu-
luschi marini. Nei paesi caldi vivono i serpenti più micidiali, come il boa d'America,
il pitone della Malesia, il crotalo e la vipera gialla delle Antilie.
l)ovunque sieno maremme e paduli, foreste intatte, pianure incolte molestano nugoli
di moscerini e zanzare.
In Africa le rive de' fiumi son coperte di cocodrilli e d'icneumoni, che dicesi mangino
le ova di fpielli, e che in riconoscenza di ciò erano adorati dagli Kgizj. Il cavallo di
Barberia, il bufalo del Capo, il nudo del Senegal sono vantati: i bovi d'Abissinia hanno
corna fin d'un metro di lunghezza, e vi si avvicinano quei di Sicilia. Comuni sono i
cinghiali e i lupi; ne' deserti le antilopi, le gazelle, gli sciarali, le jene, le giraffe; sui
fiumi gli ippopotami; oltre le zebre, le scimie ecc. il rinoceronte e l'elefante cedono
di forza e statura a quelli d'Asia. 1 Romani traevano d'Africa leoni, tigri, leopardi, pan-
tere, jene pei loro anfiteatri. Il camello a un gibbo solo nel iv secolo passò ad occi-
dente del Nilo, e sarebbe di grande importanza il naturarlo alCapo.
ZOOLOCIA 47
L'aquila, l'avoltojo, la pernice, le cicogne, i bengali, la pintada o gallina numida sono
uccelli d'Africa; eie ova e le penne dello struzzo vi son cercalissimi. Il serpente boa
sgomenta per la sua forza; mollissiini altri pel veleno. La conchiglia che dava la por-
pora a Tiro e Cartagine, si pescava in abbondanza sulle coste del Madagascar. Enormi
sono le tartarughe dell'isola dell'Ascensione, come sulle coste del Coromandel. Gli scor-
pioni son pericolosi: le cavallette, sovente micidiali ai prodotti, talora servono di cibo.
In Siberia i cani menano le slitte, facendo sin cinquanta miglia al giorno; e su tutte
quelle coste trovansi l'orso bianco, conigli del nord, pernici, oche selvatiche. A Seilan
sono begli elefanti, e più stimati i bianchi. In India trovasi il tigre reale, e nel Cabul
cani che lottano con esso. Abbondano le scimie nelle selve dell'India. Vantansi le ga-
zelle di Siria, le capre d'Angora e del Tibet, le asine di Palestina, gli onagri di Dauria.
I nomadi tengono moltissimi camelli e innumerevoli greggi.
1 cavalli del Corassan sono men leggieri, ma pu'i belliche quei di Arabia; alcuni capi
ne possedono fin diecimila, ed un figlio di Gengis-kan ne regalò a questo centomila.
Nell'isole della Cocincina la rondine salangana fa i nidi, lacchezzo dei ghiotti della
Cina. Nelle selve dell'India abbondano i pavoni; i fagiani dorati in quelle del Caucaso:
i più magnifici uccelli in (juelle d'America, come papagalli, colibrì rossi, ecc. Le perle
delle isole Baharein hanno un'acqua più bella che quelle del Seilan e del Giappone. Da
Canton e da Maniglia viene il cane senza pelo.
L'America, prima dell'arrivo degli Europei, non avea cani delle nostre razze, né gatti,
né cavalli, o bovi ; ma que' che noi vi recammo si moltiplicarono meravigliosamente,
e talvolta tornarono selvaggi, come i cavalli e i cani oggi formidabili nei pampa del
sud. In quei della Piata i cavalli selvaggi errano a torme fin di diecimila, custoditi dai
Gauchos, Spagnuoli divenuti anch'essi selvaggi. Il cane del Perù somigliava al nostro
da pastore: quei del Messico non latravano, e furon mangiati dagli Spagnuoli prima
che vi s'introducesse gli armenti : quel di Terranuova è prezioso perchè ripesca chi cade
nell'acqua.
Indigeni d'America sono altresì il bue moscato, l'alce, il lama, il colibrì, gli orsi
bianchi, le volpi rosse e azzurre. Il bue moscato o bisonte è diverso dal zebus dell'India
e dall'auroch o bue primitivo dell'Europa settentrionale. L'alano è più grosso del ca-
vallo. Dicesi che qualche orso al Croenland pesi fin 800 chilogrammi. Sulle Ande scor-
rono bei capriuoli , cervi simili ai nostri; e nel nord si colgono lontre, màrtore,
castòri, de' quali un'immensità edificava sui fiumi e laghi del Canada. Alla foce dell'A-
niazone abbondano serpenti e cocodrilli enormi, mentre le vicine selve sono gremite
di scimie. Fra i serpenti ve n'ha fin di 20 metri di lunghezza, e 1 di circonferenza.
Lucertole, scorpioni e moscerini infestano le regioni basse ; e la luciola splende per
modo, da rischiarar le notti.
Innumerevoli specie nuove d'uccelli presentò l'America, dal condor delle Ande fin
all'uccello mosca delle Antilie. Il tachino ci viene di là, e così il cardinale, il papa-
gallo, il jabira. Al banco di Terranuova raigliaja di pescatori van ogni anno a pescare
il merluzzo. Alle terre boreali ed australi si prendono le balene, le foche, i vitelli ma-
rini. Il can marino è il pasto degli Escbimali.
Indicibilmente variata è la natura nell'Oceania. Alle Molucche son le farfalle più
grandi, a Borneo lo scoiattolo volante, e l'orangotang, fra i quali il pongo ha forza di
resìstere a sei uomini; il rinoceronte ha due corna come a Giava, mentre a Sumatra
non n' ha che uno. Alla Nuova Olanda destano meraviglia il kangurù, l'echidne, l'or-
nilorinco che ha corpo peloso, becco d'anitra, piedi con sproni velenosi, e fa ova. Il
mare è ricco di pesci, che in alcuni luoghi si crederebbero isole natanti. Sulle rive si
raccolgono le più grandi e variopinte conchiglie. Gli uccelli di paradiso son pompa della
Nuova Guinea: nell'Australia il cigno nero e il loriot, che fu chiamato dagl'Inglesi p»*m-
cips reggmte per la bellezza. Un piccolo serpente di Borneo dà morte istantanea. A
Mindanao alcuni pipistrelli son grossi come galline. Enormi ippopotami frequenl ino le
bnje della Nuova Olanda. Le isole Nicobar danno un'infinità di nidi di salangana.
L'uomo seppe conquistare per uso e servigio proprio alcune specie d'animali, che Animali
diconsi domestici, e che passando a tal condizione, canìbiarono natura. Queste sono fra ^•'"'«'''"
i mammali, il cavallo, l'asino, il mulo, il bove, il porco, la pecora, la capra, i' cane,
il gallo, il coniglio ; cui possono aggiungersi il camello e il dromedario, il bufalo, la
48 GEOGRAFIA — El'OCA PRIMA
vigogna, il renne: dell'elefante si domesticò l'individuo, non mai la^ specie. Fra gli uc-
celli, il gallo, il tachino, l'oca, l'anitra, i piccioni; e più rari il pavone, il fagiano, il
cigno, la gallina faraona. Fra gl'insetti le api, i bachi da seta, la cocciniglia.
Gli animali domestici seguono l'uomo in quasi tutti i climi, ma le loro specie differi-
scono secondo la regione cui s'acconciano. All'equatore il cane più non latra; al nord
i bovi perdono le corna.
♦
§ 10. — Commercio.
Antico quanto la società è il commercio. Dapprima si fece per baratto, il pastore dando
la lana o la carne delle sue pecore, per ricevere dall'agricoltore frutti e grani ; poi s'in-
ventò un rappresentante comune dei valori, il denaro, tardi agevolato mediante le let-
tere di cambio.
Il più antico commercio dovette farsi per carovane, conformi alle abitudini di popoli
nomadi: dapoi si avventurò sul mare; e i mezzi se ne perfezionarono sin alla presente
raffinatezza. Talora per estendere il commercio si formano compagnie, con privilegi o
prerogative, e che talvolta divennero perfin sovrane, come la Co^npagnia inglese delle
Indie orientali.
Scali chiamano in Levante i porti o villaggi dove i mercanti d'Europa fan posata e
tengono magazzini ; nell'india, in Persia, in Africa diconsi banchi, loggie, palizzate,
ecc. Nei porti-franchi \e navi d'ogni bandiera possono entrare cariche di qualsia merce
senza pagar dazj.
Sulle fìpre unisconsi a tempi stabiliti i mercanti, protetti da certe concessioni, per
vendere e comprare. Le più importanti son quelle di Jj'psia e di Nijni-Novogorod.
Gli oggetti principali del commercio di lungo corso sono il the della Cina, il cotone
dell'India e dell'America settentrionale, le spezie dell'Oceania, i coloniali delle Antiiie,
le pelliccie del nord, le stoffe fine del sud, i tessuti dell'India e dell'Inghilterra, gli aromi
d'Arabia, i legni tintorj, le lane del Tibet e la seta della Cina e della Persia, che si tes-
sono con finezza incomparabile; le porcellane del Giappone, i cuoj dell'America me-
ridionale; dipoi le balene, i vitelli marini.
§ H. — Antropomorfologia.
L'uomo L'uomo abita sotto tutti i climi ed in tutte le altezze, e v'ha città che superano le
più erte cime d'Europa, quali Taklakot e Curi nell'lmalaya. Deba, principal terra del
paese di Undes, donde ci vengono le lane di Cascemir, è più alto del monte Cervino,
ch'è il terzo fra gli Europei. Più alte del Finsteraarhorn, dell'Etna, del picco di Te-
neriffa sorgono le città di Pasco nel Perù, e di Polosi (4.166 m.) nella Bolivia. La ca-
panna Indren sul Monrosa, il fòrte dell'Infernet, l'albergo del Faulhorn, il casino dei
Rulteri sullo Stelvio, l'ospizio del Gran Sanbernardo, il villaggio d'Ancois sono le più
alte stanze d'uomini in Europa. La villeggiatura fastosa dei re di Spagna a Sant'ldel-
fonso sta a 115S metri, cioè più alto che il Broken di Germania, e che lo Snowdon, il
più elevato monte d'Inghilterra.
Civiltà Gli uomini sono o civili o barbari, il barbaro può aver un governo regolato, canti
nazionali, qualche arte, moltissima attitudine; ma non letteratura, infimo grado dei
barbari sono i selvaggi, molti de' quali (aniropofagi) mangiano carne umana. Essi vanno
nudi 0 quasi, e si dipingono o punteggiano il corpo, non hanno nozze stabili, non pro-
prietà riconosciuta e garantita, non tutti gli altri modi di assicurar i proprj diritti e
d'arrivare al proprio perfezionamento.
Fra i civili distinguonsi generalmente a. la classe co//a, cui sono affidate la religione,
la giustizia, il governo, la scienza; 6. de' ^werr/er/, che protegge lo Stato; e. de'pro-
prietarj e indusiri, che lo nudrisce e veste; d. la classe serrile, che offre servigi liberi.
Fra alcuni esiste ancora la vera schiavitù, come nelle colonie: o la serviiù obbligata
a certe prestazioni e servigi di corpo (corvée, comandate).
Razze Derivati da un ceppo solo, molte circostanze introdussero gran varietà fra gli uomini,
ANTROPOMORFOLOGIA.
49
talché possono fra loro distinguersi molte razze. Fra i sistemi tentati per classificar
queste razze e la distribuzione loro sulla faccia della terra, gli antropologi non s'accor-
dano in alcuno. Gli uni dedussero le distinzioni da caratteri sociali, cioè il linguaggio
eia figliazione storica; gli altri da caratteri naturali^ cioè la forma e il colore: i quali
attribuirono chi ad una originaria disparità, chi a cause posteriori. Senza entrar nelle
quistioni, diremo come la più vulgata è la classificazione di Dlumenbach, che distingue.
la razza Bianca o Caucasiana^ cui appartengono gli Europei, gli Arabi, le genti del
Caucaso, gli Indi, i Persiani, gli Africani de' paesi del Nilo, del Sahara e dell'Atlante;
la razza Gialla o Mongolica, dei popoli dell'Asia più orientale, di cui sono princi-
pali i Cinesi, Mongoli, Tibetani, Manciui, Giapponesi, e quei dell'India transgangetica ;
quella color di Rame o Aìnericaìia, che comprende gl'indigeni delle Americhe, ec-
cettuandone quei delle due razze precedenti che vi migrarono in tempi storici;
la Olivastra o Malese, che abbraccia i popoli dell'arcipelago Indiano, detto Malesia,
e della Polinesia, e quelli dell'Isole Madagascar e Formosa, della penisola di Malacca e
d'altri ;
la Negra o Etiopica, non solo stabilita in Africa, ma diffusa molto in Asia e nell'O-
ceania, oltre quelli trasportati in America.
I frutti della mescolanza di queste razze han nomi diversi: mulatto il figlio d'un
Bianco e d'una Negra; meticcio quel d'un Europeo con un'Americana; samòo d'un
Negro con un'Americana; creolo il nato in America da genitori europei.
II seguente Quadro è appoggiato alla relazione di Omalius d'Halloy all'Accademia
delle Scienze di Bruxelles nel marzo 1844, e il genere umano v'è diviso in razze^ rami
e popoli, col numero approssimativo :
I. Divisiom in razze e rami.
Razza bianca
Razza gialla
Razza bruna
Razza rossa
Razza negra
Ramo europeo
arameo
persico
scitico
Ramo iperboreo
mongolo
sinico
Ramo indo
etiope
malese
Ramo settentrionale
meridionale
Ramo occidentale
orientale
Ibridi, cioè meticci,
260,000,000
26,050,000
23,050,000
21,000,000
312,000
2,280,000
216,000,000
124,000,000
10,100,000
16,000,000
500,000
4,500,000
40,000,000
1,000,000
mulatti, zambos ecc.
330,000,000
218,592,000
150,100,000
5,000,000
41,000,000
10,000,000
Totale 754,692,000 (1)
(I) Computi recenti sembrano estender molto più
il numero degli abitanti della terra, numerando pel
•I8b8 in Europa 272,000,000
Asia 750,000,000
Africa 200,000,000
America 59,600,000
Australia 2,000,000
d'abitanti, divìsi così:
Razza caucasea . .
mongola .
etiopica (nera)
americana
malese . .
E secondo le religioni
Cristianesimo .
Ebrei
Heligioni asiaticbe .
Islam .... I
In tutto >l ,283,000,000
L'ultima statistica generale cL'io conosca e quella
di Dietrici direttore dell'uffizio di statistica a Ber-
lino, pubblicata negli Annali di quell'accademia.
Stima egli la popolazione del globo -1288 milioni
Cantù, DoQmmti, — Tomo I, Geografia politica.
369 milioni
552 »
-196 »
4 »
200 n
555 milioa
5 »
eoo »
-160 »
Politeismo ..... 20O
bO GEOGRAFU — EPOCA PRIMA
IL Suddivisione del ramo Europeo in famiglie e popoli.
l Svedesi 3,000,000
Scandinavi | Norvegi 1,000,000
I Danesi 1,500,000
Famiglia tentone < (j^^mani \ ^IZZt.i ! 43,500,000 > «2,500,000
Neerlandesi
f p. . \ Gallesi 500,000 1
„ ... „. l uran ) Bassi bretoni 1,000,000 ( .,» iwwninn
tauiigha celtica ^ ,r,ajjjjggi 8;000;000 1^,000,000
( ^^"' ^ Highlandesi 500,000 '
i Francesi proprj i
Francesi Valloni [ 35,000,000
( Romani }
Famiglia latina < Spagnuoli } pSJfoghesi ( 22,S00,000 > 8^.^00,000
Italiani 22,500,000
Valachi 0,500,000
., . ,. \ Greci 2,500,000 ( , -.n^ ,w,n
Famiglia greca j ^jj^^^^^j 1 1500,000 i -i>000,000
\ Russi proprj ì
Russi Rusniaci 47,000,000
( Cosacchi )
Bulgari 4,000,000
\ Serviani /
Serbi Bosniaci [ 3,500,000
( Dalmati ecc. '
Famiglia slava ( Carni 2,000,000 > 70,600,000
Vendi 200,000 '
( Boemi I
Cesci Slovachi 8,500,000
I Anaki '
Polacchi ....:.. 9,000,000
l >-"-- S UUoSi """"'i ^'''^•'^ ì
Famiglia basca Baschi 400,000
Totale 260,000,000
HI. Suddivisione del ramo Arameo in famiglie e popoli.
. Arabi 16,000,000 /
Famiglia semitica Ebrei 4,000,000 20,500,000
I Siri 500,000 \
Ìi Calibi 1,000,000
iipri.pri ) Amazirgi 4,000,000
Derueri i Tuariki 300,000 > 5,550,000
( Tibbù 100,000
Copti . 150,000
Totale 26,050,000
IV. Suddivisione del ramo Persico in famiglie e popoli.
Tagichi 9,500,000
Afgani proprj 3,500,000
Famiglia persiana ì ^^„.^^. \ ^jjjuf i 2,000,000 \ 20,000,000
■D"
lì*^,'""- 5,000,000
Fataai ecc. \ ^»'^"^>""'^
ANTROPOMORFOLOOU SH
i Curdi 1 ^Z^' l*'^«l""j'' j J,5U0,0UU i
Famiglia persiana ^^^^^. _ / ^"'| _ ^^^0000^3 2,550,000
f Osseli 50,000 '
( Georgiani i
Famiglia georgiana | Mingrelj | 500,000
I Lasi \
Totale 23,050,000
V. Suddivisione del ramo Scilicu in famitjlie e poi)oli,
\ Circassi 600,000 ì
Famiglia circassa Teescinzeri 200,000 1,200,000
ì Lesghi 400,000 \
Famiglia magiara j ^'^'S'^ari ........... j 4,^00,000
( Osmanli 4,000,000 \
l Turcoraani 1,600,000 J
Carttlpaki \ 3,000,000
Famiglia turca ^ Kirghizi 2,000,000 ; 12,200,000
J Kumisci I 1
ìì%lf 1.^00,000 ]
\ Turanianiecc.) '
/ , Teleuti
Finni
Siberia ) Voguli
f Ostiaki
Finni \ Sagaisti (
di l Cacinzi } 120,000
/ Baschiri 140,000
l Tepliari 105,000
\ Meceriaki 10,000
Finni 1 Giuraci 370,000
Famiglia / della Russia \ Cermissi 190,000 > 1,110,000 \ .. iniimui
Unnica \ orientale ] Morduani 90,000 ( / '*,iyy>"uu
Permiaki 54,000
Siriani 50,000
Voltiaki 141,000
e Livi
\ Fsti
Finni ) Iscori v , ^-.. ., ,,,
del Baltico Kyriali ^ 1, «70,000
/ Ymi
l Quaini
!'■ i
Totale 21,000,000
VI. Suddiviaione della razza Gialla.
nigi
lia lappone
Lapponi
16,000
1)
sauiojeda
Samojedi
20,000
»
jenissea
Jenissei
08,000
»
jacuta
Jakuti
88,000
»
canisciadala
Camsciadali
9,000
»
coriaca
Coriaci
8,000
i>
giukagira
Giukagiri
■ Sciukci ]
5,000
»
eschiraala
\ Sciugasci (
\ Aleuli (
/ Eschiraali '
50,000
»
? kuriliaaa
Àiaos
50,000
Ramo ^ » coriaca Coriaci 8,000 \ -.a mqq
ll)Erl)OrGO ' " rrìiil'Ofrirn l^ìiiL'Qrrirì '^ f\C\Ì\ f >
t)2
Karao
mongolo
I{amo
sinico
Famiglia mongola
„ tongusa
Famiglia cinese
,) coreana
Ramo
indo
Ramo
etiope
Ramo
malese
GEOGRAFIA — EPOCA PRIMA
500,000
4,000,000
120,000
60,000
000,000
160,000,000
8,000,000
25,000,000
12,000,000
4,000,000
giapponica
indo-cinese
tibetana
Mongoli
Eleuti
Boriati
Tongusi
Mancini
Cinesi
Coreani
Giapponesi
Annamìli
Siamesi
Peguani
Birmani
Tibetani
5,000,000
2,000,000
Totale
2,280,000
216,000,000
218,592,000
VII. Suddivisione della razza Bruna.
Famiglia
inda
Famiglia
malabara
Famiglia
abissina
Famiglia
fellala
Famiglia
malese
Famiglia
micronesia
Famiglia
tabuana
Seiki
Ragiaputi
Maratti
Bengali
Zigeuni ecc.
Malabari
Tamuli
Telingi
Cingalesi ecc.
Abissini
I Galla ecc.
I Fellati
1 Ova ecc.
Malesi
[ ^ Batta
Giavanesi
Macassari
Bugi
Turagia
Daja
Binajos
Tagali ecc.
Mariannesi
Caroliniani
Mulgraviani
Neozelandesi
Tungani
Bougainvilliani
Cookiani
Taitiani
Pomoluani
Marchesani
Sandwicesi
74,000,000
( 50,000,000
j 5,000,000
l 5,000,000
15,000,000
124,000,000
10,000,000
^, \ 16,100,000
100,000 ì
1,000,000
Totale 150,100,000
Vili. Suddivisione della razza Rossa.
Famiglia kaliuga
Famiglia lennapc
Ramo / Famiglia irochese
settentrionale \
Famiglia sciua
Famiglia apaca ed allix
Kaliugi
Aidas
Knistenali
Cippewai
Algonchini ecc.
Uroni ecc.
Dacota
Assiniboini
I Pani
Osagi
Apachi ecc.
)00,000
Fani, azteca
Il chiscia
Ramo
meridionale
cbisciuana
antisìana
araucana
pampana
cichiteana
moxaiia
guaraniana
AMROPOMORFOLOr.IA
Aztechi ecc.
Maja, Chisci ecc.
Chisciiia
Aimara ecc.
Tacani ecc.
Arauci
Fuegiani
Patagoni
Macobi ecc.
Cichitos ecc.
Moxos ecc.
Guarani
Butecudi ecc.
Altre 216,000
Totale
83
2,r;oo,ooo
100,000
1,315,000
15,000
3i,O0O
32,000
19,000
27,000
[ 242,000
4,500,000
IX. Suddivisione della razza Negra.
Ramo
occidentale
Ramo
orientale
Famiglia cafra
» ottentota
)) nesra
Famiglia papuana
Famiglia andamana
popolazioni varie, la piiì
parte sconosciute
Figiani
Neocaledonj
Neobridiani
Salomoniani
Papusj
degli Andaman
deirindo-Cina
di Lucon
della Nuova Guinea
della Nuova Olanda
del Van-Diemen
,000,000
40,000,000
1,000,000
Totale 41,000,000
^ 12. — Etnografia d'Europa.
Unica in principio dev'essere stata la lìngua; poi si suddivise in tre gruppi, giape- Le lingue
tica, semitica, camitica; e in questi un'indefinibile varietà di lingue e di dialetti. Sono
da duemila le lingue conosciute, ma quindici possono guardarsi come le principali, per-
chè estese su maggiori contrade: cioè in Asia il cinese^ Varabo, il turco, il persiano,
Vebreo, il sanscrito: in Europa il tedesco, Vinglese, il russo^ il greco, il latino, il portO'
ghese, lo spagnuolo, il francese; nell'Oceania il malese.
Come pili a noi importante, qui daremo la
DIVISIONE ETNOGRAFICA DELL'EUROPA.
L'Europa, di sì angusti confini fisici, abbraccia tutto il globo, stante che le sue genti
antiche e moderne fondarono innumere colonie in tutte le altre parti del mondo. Genti
straniere troviamo in Europa stanziate di buon'ora ; asiatiche nella parte orientale,
come gli Ottomani che dominano la Turchia europea; gli Ebrei sparsi dapertutto ; gli
Zingani e gli Armeni diffusi molto, ma in assai minor numero; i Calmuchi e i Samo-
jedi. L'etnografia non trova orme d'antiche invasioni d'Africani sul fcuolo d'Europa,
benché la storia le accenni.
]. FAMIGLIA DELLE LINGUE IBERE ,
diusa in
Lingue antiche f, idiomi deiTurdelani,
Carpetani, Lusitani ecc. (1)
Lingue antiche vive: Escuara o basca.
II. FAMIGLIA DELLE LINGUE CELTI-
CHE, divisa in
Lingue antiche f, idiomi de' Biturigi,
Edui, Senoni, Calati.
Lingue antiche fwc; Gallico, Gaelico
(t) Segneremo col f le lingue morte; col ? quelle la cui classificazione è incerta; col «e quelle miste
ad altre.
u
GEOCnAFU — EPOCA PRIMA
0 Celtico proprio, Cimro, Celtobel-
gico.
IH. FAMIGLIA DELLE LINGUE TRACO-
PELASGICIIE 0 GRECO LATINE in quat-
tro rami:
Tracf.-ili.irico, idiomi dei Frigi, Tro-
jani, Lidj, Traci, Macedoni, Illirici
antichi.
Albanese, Skipo moderni.
Etrusco t-
PErASGo-ELLENico, idiomi de' Pelasgi ,
Cretesi, Enotri, Arcadi ecc.
Ellenico o Greco antico,
Romeico , Apio-Ellenico o Greco
moderno.
Italico, idiomi degli Aborigeni, Luca-
ni , Piceni ecc.
Latino f .
Romano.
Italiano.
Francese.
Spagnuolo.
Portoghese.
Valaco.
IV. FAMIGLIA DELLE LINGUE GERMA-
NICHE in quattro rami :
Teutonico, idiomi de'Quadi, Marco-
manni, Ermonduri , Catti.
Alto-tedesco antico f.
Sassone, idiomi de' Cimri, Angli, Sas-
soni ecc.
Basso-tedesco antico o Sassone an-
tico.
Basso-tedesco moderno o Sassone
moderno.
Frisone.
Neerlandese o Datavo moderno.
Scandinavo o normanno gotico, idiomi
degli Joti , Goti , Ostrogoti , Vandali?
Eruli? Borgognoni?
Mesogotico f.
Normanno f.
Norvegio.
Svedese.
Danese.
Anglo-britannico, Anglo-Sassone.
Inglese.
V. FAMIGLIA DELLE LINGUE SLAVE in
tre rami :
Russo-illirico , Slavone , Slavenscki ,
Serviano, Serbo, Illirico o Ruteno.
Russo , Ruski 0 Russo moderno.
Croato.
Windo.
BoEMO-poLACCo, Bocmo 0 Ceko.
Polacco.
Serbo o Sorabo.
Wendo-lituano, Wendo.
Pruczo 0 Prussiano antico.
Lituano.
Letto 0 Lettwa.
VI. FAMIGLIA DELLE LINGUE URALIE,
dette Finniche o Ciude, in cinque rami:
FiNNico-GERMANizzATO : Fiunìco pro-
prio.
Estonio.
Lappone.
Livo.
WoLGAico: Cermisso.
Morduino.
Permiano: Permiano.
Wotiaco.
Ungherese o Ugriano ; Ungherese o
Magiaro.
VVogolo.
Ostiaco 0 Obiostiaco.
Incerto : Unnico? \
Avaro ? \
Bulgaro? f
Kazaro ? f
I. FAMIGLIA PELASGA.
A. lìAMO TRACIO (Adelung, Vater ,
Gatterer).
i. Frigi in Asia; Brizj in Europa f.
2. Lidj, di cui una colonia in Etruria ?
* Lidia, distretto della Macedonia.
* Tirreni di Macedonia.
3. Trojani, e loro migrazioni f.
4. Bitinj, cui discendenti i Tini oo
(Mannert).
5. Carj, colonie in Laconia , ecc. |
(Raoul-Rociiette).
6. Traci propriamente detti f (vedi
Slavi, ecc.).
*Maidi in Tracia? (Ramo dei Medi.
Maltebrun).
*Pel'jgoni io Macedonia , Pehlau-'an ?
(Maltebrun).
B. RAMO ILLIRICO.
\ . Myù 0 Moesii, popolo misto.
2, Baci 0 Ceti ? oo (vedi Valachi).
3, Dardani? oo.
4. Macedoni antichi , almeno in par-
te 00.
5. Illirj antichi oo (vedi Albanesi).
a) Phartini (bianchi in albanese).
/3) Taulantii.
7) Molossi.
ETNOr.RÀFU nnLL'P.UROPA
3) Arà(pi (Eordir ì in Macedonia).
e) Dalmati.
6, Pannoni o Pawies f (Mann^rt).
7. \eneti, colonia illirica in Italia oo
(Fnr.iiET).
8, Siculi, idem oo.
9. Japtjgi^ idem f.
C. RAMO PELASGO-ELLENWO.
1. Pelasgi , o indigeni primitivi della
Grecia e d'Italia oo.
2. Lelegi , colonia asiatica venuta in
Grecia t (Raoui-Rochette).
3. Cureii, idem? f
4. Perrhebi, Pelasgi di Tessaglia f-
J). Tesproti, idem in Epiro f.
fi. Etolj (forse Illirj).
7. Ellenij nominati anteriormente GrcBci
in Epiro e Graz in Tracia.
a) Achcei 0 Achivi, vale a dire li-
torani dei fiumi.
/3} Jones o Jaones , cioè lancia-
frecce.
'/) Dores o Dori, cioè portalance.
j) Aioli, Eolj, cioè erranti, scor-
ridori.
8. Arcadi, Pelasgi del Peloponneso oo.
9. Enotri, migrati in Italia oo,
10. Tirreni; migrati in Italia oo (Raoul-
RocnETTE).
Lingue antiche di questi
tre rami
A. LINGUE TRACE f o oo.
i. Tracio proprio, rassomigliante al
persiano, pei nomi proprj.
2. Frigio, idem; una delle origini del
greco e dell'illirico o albanese.
3. Lidio, forse ramo frigio.
4. Cario, forse pelasgico misto di fe-
nicio.
* Licaonio di san Paolo.
B. LINGUE ILLIRICHE oo ?
1. Illirico proprio, una delle origini
dell'albanese.
2. Getico, prima della dominazione dei
popoli slavi.
* I Siginni , popolazione meda o
indostana, da cui trassero origi-
ne gli Zingari, e che parla pro-
babilmente un idioma asiatico.
C. LINGUE ELLENICHE, greco antico
(TiERscH e Maltebrun).
1. Ellenico primitivo, rassomigliante al
pelasgico f.
a. Arcadico f.
b. Tessalico, col greco macedonico
antico? 00.
e, Enotrico, trasportato in Italia e
misto al latino ce.
2. Ellenico dei tempi storici.
a. Eolico antico rassomigliante al-
l'enotrico; lingua degli Dei in
Omero oc.
b. Dorico antico, derivante dal-
l'eolico; lingua di SafTo, Pin-
daro ecc.
a) Laconico, idioma separato.
j3) Dorico recente di Siracusa;
lingua di Teocrito,
e. .Ionico antico, o l'ellenico rad-
dolcito dalle nazioni com-
mercianti; lingua d'Omero,
rimasta classica per la poesia
epica.
a) Ionico d' Asia , ancor più
raddolcito ; lingua d' Ero-
doto.
P) Ionico d' Europa , piij ma-
schio : ne è la derivazione
principale V idioma attico,
lingua classica degli oratori
e del teatro.
d. Greco letterale comune , o l' i-
dioma antico purgato ed as-
soggettato a regole dai gram-
matici d'Alessandria; comune
a tutta Grecia, all'Oriente, alle
persone civili di Roma, e fino
a Barbari.
e. Idiomi locali, poco conosciuti.
a) L'alessandrino vulgare.
p) Il Siro-greco, lingua del Nuovo
Testamento.
11. FAMIGLIA ETRUSCA 0 ITALICA.
1. Aborigeni o Opici (figli di Ope ,
la terra) , nomi generici (Malte-
brun).
a. Euganei, prima dei Veneti f.
b. Liguri, divisi in molte tribù,
e. Etruschi, la totalità della nazione
ctrusca (Maltebrun).
d. Piceni coi Sabini.
e. Marsi^ ecc.
f. Umbri (Dionigi d'Alicarnasso).
g. Sanniti, forse Samones ; abi-
tanti delle alte terre (Samos),
divisi in
i. Irpini, cacciatori dei lupi.
2. Caudini , armati di tronchi
d'albero.
86
GEOGRAFIA — EPOCA PRIMA
o. PmtTì, da pmnus, punta
4. Caraceni, vestiti di caraca.
5. Frentani, armati di fionda.
h. Latini, ecc. <»
ì. ^usones oo.
k. Sjcu?t (Dionigi).
1. Lucani e Brutta o Eretti.
2. Colonie, storicamente probabili.
a. Orientali, cioè:
«} Pelasgi d'Arcadia, 1400 av.
C, +.
§) Greci antichi e Pelasgi di Tes-
saglia f .
7) OEnolriij divisi in
j. OEnotrii proprj, vignaiuoli.
2. Chonii, agricoltori.
^) Daunii, Japygi, ecc.
e) Tirreni della Lidia macedo-
nica, UGO a 1200 av. C. f.
?) Trojani, che forse parlavano
r eolico antico, 900 av. C,
(Maltebrun).
ri) Colonie achee, doriche, calci-
diche in Sicilia e nella Magna
Grecia a».
b. Settentrionali, cioè:
a) Siculi , secondo 1' opinione
dei moderni 00.
P) Veneti , tanto Illirici che
Slavi 00.
7) RasencB {Rceies), tribù con-
quistatrice dell' Etruria?
S) Peligni? {Pela, rupe in ma-
cedonico).
e. Occidentali, cioè:
«) Colonie celtiche co (Freret).
1. Umbri? Vedi pili sopra.
2. Senones.
3. Liguri? Vedi sopra.
4. Insubri (Isombri).
5. Volsci (Volcce?) f.
^) Colonie ibericheobasche (Mal-
tebrun).
1. Sicani.
2. Oschi 00.
3. Corsi propriamente detti,
4. /h'ensi in Sardegna ( G.
Humboldt).
5. Balariy ecc.
Lingue antiche di questa
famiglia.
A. LINGUE ITALICHE (Merula e Mal-
tebrun).
1. Lingua cfrusca 00, probabilmente
divisa in sacra e vulgare-, oltre i
dialetti, quali
Il r etico.
Il falisco.
Vumbrico (Merula).
2. Lingua «7aZ/ca centrale 0 opscica oc,
in cui
Il sabello 0 sannj^jco.
11 sabino, ecc.
Il latino.
3. L'ausonjo col sìculo, il lucanio, ecc.
B. LINGUE STRANIERE ALU ITA-
LICA.
i. Dialetti celtici ed illirici:
a. Il ligure 00 .
b. Il gallo-cisalpino 00.
e. Il veneto.
d.H volsco?
e. L'idioma degli Iapigi?
2. Dialetti iberici o òasc/te (G. Hum-
boldt).
a. L'osco {eusce 0 basco).
b. il sicanio, ecc.
3. Dialetti ellenici 00.
a. Il dorico (Merula).
1 . Il siracusano 0 siciliano.
2. Il tarantino (laconico).
b. L" acheo-jonico (Maltebrun).
4 , Il sibaritico.
2. Il crotoniate.
e. L'eo/o-dorìco.
* Il locrino.
Lingue moderne dai rami
pelasgo- elleno -etruschi.
1. Greci-moderni 0 Romei, misti di Ro-
mani, Slavi, Asiatici, ecc.
Lingua greca moderna (Romeika, Apio-
ellenica).
ì. Eolio-dorico rimodernato.
2. Tzakonito, avanzo del dorico.
3. Cretese 0 candioto.
4. Greco-epiroto ed albanese.
5. Greco di Valachia , di Bulga-
ria, ecc. (Adelung).
2. Albanesi 0 Skipetari, miscuglio d'an-
tichi illirici, Greci e Celti (Masei
e Maltebrun).
Lingua skipa 0 albanese.
a. Lo skipo 0 albanese proprio ,
coli' idioma dei Gheghi, dei
Mirditi, deiToski, dei Chamu-
ri, dei Japy.
b. L'albanese misto, dove
l'albanese grecizzato d' Epiro;
ETNOGRAFÌA DELL'EUROPA
67
r italo-albanese di Calabria;
l'albanese di Sicilia.
3. Valachi o Romani , raiscuglio dei
paesani di Dacia e di Tracia , colle
colonie militari romane, slave ed
altre.
Lingue valacà, o slavo-latina,
0 daco-Romana.
a. Romanico o valaco proprio.
b. Moldavo.
e. Valaco d'Ungheria e di Transil-
vania.
d. Kutzo-valaco o valaco di Tracia
e di Grecia.
4. Italiani ì ,.„ ,.
-o. Francesi ^eaiqm avanti
Q. SpagnuoliS ^ mo\^ celto-romam.
Lingue celto-latine.
a. Italiana.
h. Romanica o provenzale.
e. Francese.
d. Spagnuola.
Ili, FAMIGLIE SLAVE 0 WINIDICHE.
Rami antichi conosciuti
dai Greci e dai Romani.
A. POPOLI PADRONI DI PAESI
SLAVI.
i. Sciti, divisi in Caste e tribù.
a. Sciti reali. Casta dominante, che
parlava lo zend o altro idioma
dell'Aita Asia. Quattordici vo-
caboli medo-scitici si hanno
presso Erodoto,
b. Scili agricoltori , tribù vas-
salle , forse slave , vendute
come schiave. Si ha l' idioma
scitico in Aristofane, alcune
parole in Plinio , e le iscri-
zioni d'Olbia.
e. Sciti pastori, tribù vassalle, forse
finniche o ciude (Bayer).
2. Sarmati, orda conquistatrice d'a-
spetto mongolo-tartaro ( Malte-
brdn).
a. Sflrmatì proprj.
b. Jaxamati [Jazigi?].
e. Exomati.
d. Thisomati (iscrizione di Prota-
gora).
5. Ostrogoti, vincitori dei Sarmati.
B. POPOLI SLAVI ANTICHI SENZA
DENOMINAZIONE GENERALE.
i. Popoli slavi del mezzogiorno,
a. Eneli in Paflagonia? f (Sestren-
CEWICZ).
b. Cappadoci? ("idem).
e. Crobizy (Chrowitzyj, in Tra-
cia 00 (Maltebrun).
d. Ressi (idem) oo,
e. Triballi (Drewaly) ? t
f. Dardani, da darda lancia (Mal-
tedrun).
g. Diverse tribù delle montagne
della Grecia,
h. Carili cogli Istri.
i. Veneti, secondo alcuni.
2. Popoli slavi del settentrione.
a. Serbi coi Vali presso i Rha
(Volga) t.
b. Rossolani oo , più tardi cono-
sciuti sotto il nome di Ros.
e. Budini, popolo 0 goto o slavo f.
d. Bastarnce coi Peucini.
e. Daci, 0 tal altro popolo, che
diede alle città della Dacia
i suoi nomi slavi desinenti in
ava 00.
f. Olbiopoliti del 11 secolo, misti di
Greci.
g. Pannoni {pan signore) ?
h. Carpi nei monti Biecziad.
i. Sabogues, ecc.
1. Lijdii OD, dipoi Licechi, ecc.
m. Mongilones ed altri in Stra-
bone.
n. Venedi o Venedce , dipoi nomi-
nati Wendi, alle imboccature
della Vistola.
0. Semnones, fra l'Oder e l'Elba? f
p, Vindili di Plinio.
q. Osi di Tacito [Otsclii, i padri).
Nazioni e lingue slave
conosciute dopo Attila.
1. Slavi propriamente detti.
A. Ramo orientale e meridionale.
(DOBROWSKl, VaTER).
1. Russi, popoli misti di Rossolani, Sla-
vi, Goti, ecc.
a. I grandi Russi di Novogorod ,
Mosca, Suzdal, ecc.
b. I piccoli Russi di Kiovia ed
Ucrania.
e. I Rusniaci 0 Orosz, nella Gallizia
e nell'Alta Ungheria.
S8
CEOGRAHA — EPOCA TRIMA
d. I Cosacchi, misti ai Tartari, ecc.
Lingua ruxsa.
a) Dialetti delia grande Russia
(lingua scritta).
/3) Idioma di Suzdal, il più ete-
rogeneo di tutti.
7) Dialetto d'Ucrania 0 della pic-
cola Russia.
(?) Il rusniaco, antichissimo dia-
letto.
e) 11 russo-lituano , avanzo del
krùritzo? Vedi i Wendi.
K) 11 russo-cosacco.
2. Serviani 0 Slavi del Danubio.
Lingua serviana (serbska).
a. Dialetto serviano proprio (lingua
scritta e pulita).
* Antico slavo , lingua della
Chiesa russa, quasi identica
al serviano.
b. Dialetto bosniaco.
e. — raguseo e dalmata (ita-
lianiz.).
d. — montenegrino.
e. — uscocco misto di turco.
f. — slavo, purissimo.
g. — bulgaro-slavo, ecc.
3. Croati 0 Chrobati 0 Slavi narici.
Lingua croata.
a. Dialetto croato 0 chrobato, vale
a dire delle montagne.
b. — sloveno, parlato nel-
l'ovest della Bassa Un-
gheria (dialetto scritto).
e. — windo, parlato dai Win-
di meridionali , popolo
misto:
a) windo di carniola , cogl* i-
diomi dei Karts , Tzizsch ,
Porjk, ecc.
P) ìfindo di Stiria e di Carintia.
d. Dialetti dei Podlusacki in Mora-
via, e forse dei Chartcati.
. Ramo centrale ed occidentale
(DOBEOWSKi),
1 . Polacchi 0 Liaich.
Lingua polacca scritta e lette-
raria.
a. Dialetto della grande Polonia.
b. — piccola Polonia.
e. I Mazuri in Mazovia e Podla-
chia: il dialetto mazuro è im-
purissimo.
d. I Corali nei monti Crapack.
e. I Cassubi in Pomerania?
f. Gli Sleso -Polacchi , col dialetto
medziboriano ^ antico polacco
misto di tedesco.
2. Boemi 0 Ceki (Tchekes).
a. Ceki propriamente detti.
b. Ceki di Moravia.
Lingua ceka, scritta e puli-
ta, quasi senza dialetti.
3. Slovachi o Slavi dell' Ungheria set-
tentrionale.
a. Dialetti slovachi delle mon-
tagne.
b. Dialetto delle sponde del Da-
nubio,
e. L'idioma hanaco in Moravia.
d. — straniaco idem.
e. — selagsciaco idem ; tutti
avanzi del mahrairany 0
slavo della grande Moravia.
* Dialetto ceko , usato come
lingua scritta.
IL Wendi 0 Slavi del Baltico.
A. Wendi proprj (Windili? Winidoe).
Wagri (Ilolstein orientale) f.
Obotriti 0 Afredi ( Mecklem-
burgo).
Jìani f.
Rugiani misti di Scandinavi 00.
Lutilzi. . .
Wilzi . . .
Welatabi . .
Havelli , ecc.
Milzieni. . .
Serbi 0 Sorabi. . \
Wendi di Altenburgo 00.
, Regio Slavonum in Franco-
nia 00.
Luzinki . .
Brandebur-
go 00.
Sassonia.
Zpriawni . . .\
Polabi 0 Linoni 00,
Lusazia.
B. Wendi-Lituani (Vened.v, yEstii).
1. Pruczi 0 Wendi-Goti (Gudai).
Lingua prucza t 1G85.
2. Litìcani 0 Lituani.
a. Lingua litewka, scritta.
\. Dialetto di Vilna.
2. — sc/iammìoodiSa-
mogizia.
3. — prussiano.
1). Idioma kriìcitzo, nella Russia
Bianca 00.
e. Letone 0 letttoa, con'
11 letone di Livoni.a,
11 semgallo in Semigallia, e i
Dialetti dei Rhedi , dei Tra-
vineki, ecc.
ETNOGRAFIA
IV. FAMIGLIE FINNICHE 0 CIUDE.
Nazioni antiche
che occuparono le contrade
Unniche.
1. Sciti d'Europa, f 200 d. C.
2. Sarmati? f 400 d. C.
3. Jazigi (Jatìringi della storia polac-
ca); t 1268.
4. Fermi di Tacito, Zoumi (Suomi) di
Strabene (Mai.tebrun).
5. JEstii 0 Ehstii? Vedi più sopra.
6. Scyri, Eruli, ecc.? (Lelewel).
7. Unni europei, o Ounni e Chuni del-
l'antica geografia classica. Razza
turco-mongola.
8. Razze ignote, sottomesse agli Fnni.
Nazioni e lingue odierne.
A. RAZZA FINNICA PURA (Adelunc,
PORTHAN, PaLLAS).
1 . Finlandese o Suome.
a. Dialetto finlandese , pulito nel
mezzogiorno (lingua scritta).
b. Dialetto tatcastiano, diviso in
a) taìvastiano.
/3) satacundiano.
V) ostroboinico.
e. Dialetto careliano o kiriala ,
diviso in idioma di Savolux ,
d'Ingria, di Hautalamb, di Ca-
relia e Olonetz, ecc., di Ca-
yanien o quòne.
2. Ehsti, forse un avanzo degli iEstii.
a. Ehsto proprio , diviso in dia-
letto di Reval o della Har-
ria, di Dorpat o à.'Ungannia,
d'CEsel.
b. Liici 0 Livoni. Col dialetto
anlico-Lixco , e il kreiicina-
no, ecc.
B. POPOLI FINNICI MISTI.
ì. Permiaci o Biarmj , schiatta poco
conosciuta, mista di Finni e di
Scandinavi?
Lingua permiaca in dae dialetti ,
permiaco, e siriano.
2. Magheri o Magyar, Finni soggiogati
dai Turchi e da una razza ignota
deiTnonti Ural (Gyarmaty, Laino-
vicz).
Lingua magiara scritta, coi dia-
letti di Raab o occidentale
(Adelung) , Debrezin o orien-
tale, degli Szekler tribù di
Transil Vania.
dell'europa ►iO
3. Lapponi, ramo finnico misto con una
tribù unnica (Unni di Scandinavia
di Graberg)?
V. FAMIGLIA GERMANICA.
A. RAMO TEUTONICO Sl'L RENO
E Sl'L DANUBIO.
Tribù ed idiomi antichi.
Rastarna>\? . Idioma ignoto (Vedi
Slavi).
Svevi 0 nomadi, f Idioma svevico antico,
ignoto.
Marcomanni J , tj-
Quadi . ' t Idioma alto
Taurisci . \ . \ '. \\ teutonico.
BoiQivarì. Dialetto misto
di celtoboico.
Istevones , più tardi Fran-1
chi / Dialetto
Hermonduri o Her- \ [rancico
miones l (Gley).
Catti )
Alemanni. Dialetto alemannico (Hebel).
Tribù moderne
ed idiomi esistenti.
1. Svizzeri (Svevi venuti al luogo dei
Celto-Elvetici).
a. Idioma di Berna e d'Argovia.
b. — della valle d' Hasli.
e. — di Friburgo.
* Vernacolo icelsc di Misten-
lach.
d. Idioma d'Appenzell.
e. — dei Grigioni.
2. Renani.
a. Dialetto àeWAlsazia.
b. — di Svevia.
e. — del Palatinato.
3. Danubiani o ramo marmonnico.
a. Bavaresi, coi dialetti di Mona-
co , Hohen-Schwangen, Salis-
burgo.
b. Tirolese, coi dialetti della valle
di Zill, della valle d'/nn, della
Lientz , dei così detti Cimri
del Veronese e del Vicentino^
(Hormayr).
e. Austriaco.
d. Boemo-Slesiano.
i. Franco-sassone o media Germanica.
Lingua scritta universale Volto te-
desco, 0 dialetto di Misnia sottc-i
posto a regole.
B. RAMO CIMRO-SASSONE nelle pia
60
GEOGRAFIA — EPOCA PRISfA
nure che costeggiano il mar Baltico e
del Nord-
Popoli antichi.
Cimbri oo (secondo altri, Joti-Scandinavi).
Angli 00, idioma anglico antico oo.
Saxones (Ingoevones dei Romani).
Heruli? f
Longobardi o Vinuli di Cimbra oo ; idioma
vinulico.
Semnones? f? (piuttosto Slavi-windi).
Cherusci, misti ai Franchi oo.
Bructeri e Caucij idem, oo.
Frisones.
Baiavi, secondo 1 Romani, colonia dei
Calti.
C. RAMO SCANDINAVO
Menapj, ecc. oo.
Tungri.
Nazioni moderne.
1, Sassoni, o abitanti della Bassa Ger-
mania.
a. Sassone propriamente detto ,
idioma della Bassa Sassonia.
b. Sassone orientale.
e. Westfaliano o sassone occiden-
tale.
2. Frisoni, dove l'antico frisone, e molti
dialetti moderni:
^a. Frisone propriamente detto,
b. Neerlandese o baiavo moderno.
0 NORMANNO-GOTICO.
Ioti, Goti, Manni , Vanni; popolazione
anticamente stabilita nella Scandinavia.
Alani? Rhos o Roxolani, Golhones [Godatj
dei Lituani), Heruli?, Segri, Longo-
bardi oVinuli emigrati, Vandali, Juthun-
gi, Burgundiones; popoli di razza scan-
dinavaj misti di Slavi, di Wendi e d'altre
nazioni soggiogate.
Popoli ed idiomi antichi.
lotico antico, basso scandinavo.
Gotico antico, alto scandinavo.
Manheimico, dialetto medio , origine delle
lingue moderne.
Vandalico ?
Alanico, simile al gotico f.
a. Rhos-alanico (oo nel russo). Gotico
antico di Vater.
b. Ostrogotico (oo in Ucrania ed in
Italia).
0. Visigotico (oo in Polonia ed in Ispa-
gna).
d. Mesogotico (dialetto d'Ulfila).
Erulo, incertissimo, misto, secondo alcu-
ni, di lituano.
Longobardico , forse derivante dal jotico o
dal cirarico.
Burgundico, forse normannico , misto al
wendo.
Divisioni moderne.
11 normanno o lingua generale dei se-
coli vili e IX (usata dagli Scaldi e
nell'Edda : alt-nordisch di Grimm).
1 . Il norvegio (norrena) dei secoli x e xi.
2. Lo svedese (svensk), dal 1400 in qua,
distinto in
a. Svedese (lingua scritta),
b. Gotico moderno.
3. Il danese fdansk) dal 1400 in poi ,
distinto in
a. Danese (lingua scritta),
b. Jullandese o jotico moderno.
D. RAMO ANGLO-BRITANNICO.
Popoli e idiomi antichi.
Belgi. . . I Vedi più avanti famiglie cel-
Cumbri . . i liclie.
Gallo-Romani. Lingua romana rustica.
Germani o Scandinavi. Antico dialetto
gotico 0 scandinavo (Tacito). 100
av. C. 00.
Lingua anglo - sassone ,
449-900 00.
a. angla al nord
del Tamigi.
b. sassone al sud
del Tamigi.
c.jotica nella con-
tea di Kent.
Danesi. Lingua dano-sassone, 800-1040 oo.
Normanni. Idioma franco-nmstriano, dopo
il 1066 00.
Dialetti odierni,
a. L' inglese propriamente detto
(lingua scritta).
Angli . .
Sassoni .
Jutlandesi .
ETNOGRAFIA DELL'CUROI'A
61
h. V inglese norlumbriano (dano-
inglese).
e. Lo scozzese (anglo-scandinavo).
d. V anglo-americano , che va sco-
standosi dall'inglese.
VI. FAMIGLIA CELTICA.
Popoli e idiomi antichi (Malte-
bhun).
i. Celti del Danubio. Idiomi ignoti.
Elvetii, BoiiosjScordisci, Albani A' W-
liria? Aoci celtiche nell' Alhanese,
Catini in Sarmazia, ecc. (Tacito).
2. Celli d'Italia oo. Idiomi poco noti.
Ligures o Ligyes fino al Rodano, In-
subri, Cenomani , ecc., Rhasence o
Etrusci? voci nella lingua etru-
sca 00, Umbri, ecc. (vedi più sopra
Pelasgi italiani).
3. Celti delle Gallie oo. Lingua celtica o
gallica degli storici romani.
Salyes, Allobroges, ecc. (sulle Alpi),
Volcce forse Belgi , Arverni (ausi
Latio se dicere fratresj, J^dui, Se-
quani, Helvetii , Bituriges , ecc.
Pictones, Seniones , ecc. Carnutes ,
Cenomani, TuroneSj ecc. (la celtica
dei Druidi ) , colonie alle isole
britanniche? * Pitti dai Pittoni?
Colonie in Ispagna. Lingua celti-
berica.
a) I Celtiberi divisi in sei tribù : Be-
rones, Lusones , Pelendones, Belli,
Arevaci, Dittili.
/3) I Celti.
4. Celti dell' Ibernia.
lerni (Iverni , Iliberni) nell' Irlanda ,
lingua ersa antica?, Scoti passati
Iscozia, Silures nel paese di Galles
meridionale oo, Damnonii nel Corn-
eali 00, Celtici Galizia, Oystrimnes.
5. Cello-Germani. Lingua belgica o celto-
0 Belgi. germanica oo.
a. Belgi del continente oo.
b. Belgi oltramarini, o Celto-Bretlo-
ni, 0 Cumbri oo. Lingua celtobre-
tona, cumbrica o cambrica.
e. I Gallazj 0 Galli d' Asia (San Gi-
rolamo) f.
Popoli e idiomi esistenti.
4. Celti propriamente detti
a. GV Irlandesi , (
0 Ires. g S 'i
b. I Caledonj '«^3 ,
o Highlan- ^ §>'
ders.
a. Dialetto
erso 0 eri-
nach.
b. — Cal-
donach.
u) ncirilighland.
P) nell'Ulster,
v) idioma mank
neir isola di
Man.
6) — di Walden
nella contea
d'Essex.
2. Cumbri o Celto-belgici.
a. I Gallesi Lingua icelscia.
0 Welsc. a. Dialetto di ÌVallis.
h. — di Cornvall a>.
Lingua bassa' bret-
tona.
a. Il tr econico.
b. Il leonardo.
c. L'idiomadelCorn-
wal 00.
d. — di Vannes.
VII.' FAMIGLIE IBERICHE.
i. I Turdetani. Idioma ignoto, e col-
tivato 6000 anni fa
(Stradone).
2. 1 Eonii (Cyneles,
Cynesii). Voci finniche e slave?
* 1 Soìicani, ecc.
b. Brettoni
0 Breyzad.
5.
I Lusitani.
Dialetto ignoto f.
4.
I Calaichi.
Forse Celti di un ra-
0 GallcEci.
mo ignoto 05.
5.
Gli Astures.
idem !•
6.
I Vacccei.
idem.
7.
I Vettones.
idem.
8.
l Carpetani .
j
9.
Gli Oretani .
/Dialetti ignoti della
10.
Gli Editani .
> lingua iberi-
H.
I Basietani .
\ ca oo.
12.
I Contestani .
'
13.
Gli Ilergetes
Idioma osco, dialetto
del bosco t (Mal-
tebrln).
* La vescitania
» con Osca.
14.
Gli Ilercaones. .
15.
I Latetani. . .
Dialetti iberici ignoti.
16.
I Cerretani . .
17.
Gli Aquitani.
Dialetto basco.
18.
I Cantabri.
idem.
19.
I Vascones.
Lingua basca o iberica
(Humboldt).
a. Dialetto
del Lampurdan.
b. —
di Guipuscoa.
e. —
di Discaglia.
Vili. LINGUE CELTO-LATINE.
A. ITALIANO.
* La lingua romana-ruslica, stipite
comune al 1000.
62
GEOGRAFIA — EPOCA PRIMA
1. Italiano settentrionale.
a. Dialetti italo- francese:
a) Dialetto del Piemonte.
/3) — del Friuli colle va-
rietà di Fassa, Livinalun-
ga, ecc.
b. Dialetti liguro-italici.
a) 11 genovese.
P) Dialetto di Monaco,
v) — di Nizza.
S) — d'Estragaolles, ecc.
e. Dialetti lombardi:
a) Milanese.
/3) Bergamasco,
y) Bresciano,
ò') Modenese.
e) Bolognese.
?} Padovano.
2. Italiano meridionale ed orientale.
a. Dialetti veneziani :
x) Veneziano proprio scritto e
pulito.
/3) Dalmato -italiano.
y) Cor fiotto.
S) Zantiotto.
j) Italiano di alcune isole del-
l'Arcipelago.
b. Dialetti toscani :
a.) Toscano puro.
|3) Fiorentino vulgare.
V) Senese.
S) Pisano.
s) Lucchese.
K) Pistoiese.
«) Aretino, con molte varietà.
* Dialetti dell' Umbria e delle
Marche ?
e. Dialetti ausonj.
a) Romano civile.
* Transteverino vulgare.
J3) Sabino negli Abruzzi.
y) Napoletano.
d) Calabrese.
s) Pugliese.
?) Tarenlino o greco-pugliese
•/)) Idiomi di Bitonto.
3. Italiano delle isole :
a. Siciliano.
«) Siciliano del xii seco/o (lingua
scritta poetica) oo.
§) — moderno ( lingua
scritta).
* Dialetti poco noti.
b. Sardo:
a) Sardo diviso in Campidaneso
(dialetto scritto), e al Capo
di ^oprot
/3) Toscano di Sassari, ecc.
y) Catalano o d'Alghero,
e. Córso.
B. ROM. ÌN ICO (Provenzale, Occitanico).
4. Romanico delle Alpi.
2. Retico 0 romanico dei Grigioni e del
Tirolo.
a) Dialetto dell' alto paese dei
Grigioni^ cioè: Schams; di
Ileinzerberg ; di Domlesch -,
di Oberhaibstein-, di Tusis.
|3) 11 rumonico delle pianure e
delle montagne,
y) Il ladinum a Coirà, con l'alto
engadino , e il basso enga-
dino.
3) L'idioma gerdena o della valle
di Groden.
a. Valesano , antico idioma cello-
romano del Basso Valese.
b. Elvetico 0 romanico di Fri-
burgo.
a) Il gruverin, nell'alto paese.
(?) Il quetzo, nel centro.
v) 11 broyar, nel basso paese.
3. Provenzale.
a. Il provenzale proprio ( lingua
scritta).
a) Dialetti d'Aix.
f) — di Berry.
b. Il linguadochese proprio.
«) Dialetto tolosano o il moundi
(lingua scritta).
fi) — di Nimes.
y) — dei contorni di Nizza.
(J) Il rovelgat.
e) Il valayen.
e. Il delfinese più misto di celtico
(lingua scritta).
«) Dialetto della Bresse.
|3) — del Bugey.
d. Il guascone.
a) Il guascone di Guascogna.
P) 11 tolosano popolare distinto
dal moundi.
y) 11 bearnese di Francia.
(j) Il limosino attuale , col dia-
letto del Perigord.
4. Romanico-iberìco.
a) 11 limosino antico.
p) Il caialaììo.
y) Il valenziano (lingua scritta).
di') Il major eluse.
* Lingua franca^ idioma mi-
sto, la cui maggior parte
ETNOGRAFIA DELL'EUROPA
63
formano
limosiDO.
rabo.
il catalano, il
il siciliano e l'a-
C. SPAG^'UOLO diviso in due rami.
1. 11 castigltano (lingua scritta e pu-
lita, chiamata nelle provincie
el romanze).
a. Dialetto puro di Toledo.
b. — di Leon e Asturie.
e. L'aragonese.
d. L'andalusiano.
e. 11 mur ciano.
2. Il galiziano o galega.
a. 11 galego propriamente detto.
b. 11 portoghese ( lingua scritta e
letteraria ) , diviso nelle va-
rietà é'Alentejo^ di Beira e di
Minho.
e. 11 dialetto d'Algarve.
D. FRANCESE.
Lingua del medio evo.
u. La romana del nord o franco-
romana (dei Troveri) oo.
b. La celto-romana all'ovest ed al
centro oo.
e. La vasco-romana nella Guasco-
gna 00,
d. La Romana pura o l'antico pro-
venzale (dei Trovadori) oo.
Lingua moderna.
1. Il francese- accademico (lingua scrit-
ta, sociale e diplomatica dell' Eu-
ropa).
2. Dialetti parlati.
a. Dialetti francesi del nord:
i. Il wallon o\
rouchi a Namur/
e a Liegi . .[ Rami della lingua
2. Il fiammingo\ franco-normanna
francese . . .1 del nord.
3. Il /)2ccar(/o col -\
l'artesiano . .)
b. Dialetti moderni del nord.
i. 11 normanno.
2. II francese vulgare (dell' isola di
Francia e di Sciampagna).
3. Il lorenese col vogesico.
4. Il borgognone.
5. Vorleanese ed il blesese.
6. U angiovino ed il manese.
7. Il francese di Berlino, di Frederi-
cia, ecc.
8. Il francese canadese, venuto dalle
sponde della Loira.
e. Dialetti del centro e deW ovest:
i. Dialetto del-
l'^/yernea. .
2. — del Poitout
0 pictavo .
3. — della Fanrfeal
4. — basso-bret-}
tone francese.'
5. — del Berry.
6. — di Bordeaux ed altri dialetti
guasconi.
d. Dialetti deWest:
i. Dialetti deWdi Franca-Contea, colla
varietà di Basilea , e di Neufcha-
tel.
2. — di Vaud o reman (romano).
0. — di Savoja col ginevrino, idioma
pulito.
4. — di Lione,
b. — delle città del Dclfìnato.
avvicinanlisi
per l'accento
al celtico.
I. — Famiglia delle lingue basche e celtiche.
Queste lingue primitive, dominate un tempo nella piìi gran parte dell'occidente e del
mezzodì d'Europa, formano due famiglie, fiasca e Celtica, e si parlavano una nella pe-
nisola Ispana e di qua da' Pirenei, l'altra da' popoli conosciuti sotto il nome generico
di Celti 0 Galli, che occupavano la maggior parte delle Gallie, il Belgio, le isole Bri-
tanniche, parte dell'Alemagna, della Svizzera, dell'Italia, della Spagna e dell'Asia Minore.
Abbandonando quasi affatto le lingue degli avi per quella de' conquistatori, le succe-
dute popolazioni si associarono alle dottrine e al genio di questi, e costituirono nuove
lingue, illustrate dalle meraviglie delle scienze, delle lettere e delle arti.
FAMIGLIA BASCA.
A. Fra le LINGUE DA TEMPO ESTINTE, e poco tra sé differenti, sembra devano
collocarsi gli idiomi che parlavano gl'Iberi nella penisola Ispana, nel sud delle
Gallie, in alcune parti d'Italia e nelle grandi sue isole. 1 principali popoli di questa
famiglia, tutti cstiuli eccetto uo solo, sono :
64 GEOGRAFIA — EPOCA PRIMA
a. I Turdetant nella Betica, pare inciviliti meglio di tutti gl'lberi.
b. I Lusitani fra il Iago e il Duero, rinomati per agilità e coraggio.
e. I Cantabri al nord della penisola, selvaggi, che difendevano con eroico coraggio
la loro indipendenza fra montagne di difficile accesso.
d. I Carpetani, cui capoluogo era Toletum, celebre per lavori d'acciajo.
e. 1 Celtiberi nell'interno della penisola, mescolanza d'Iberi puri con Celti, molto
inciviliti, dediti al commercio e all'industria, e numerosissimi.
f. I Vasconi, padri de' moderni Baschi.
g. Gli Asiuri, Turduli, Ilergeti ed altri nella Spagna presente,
h. Gli Aquitani, che occupavano il sud-ovest delle Gallie.
ì. Gli Oschi? stanziati in Italia, e che Maltebrun crede della famiglia degli Ilergeti.
Sembra che i Turdetani, i Celtiberi ed altri di questo ceppo possedessero antichi mo-
numenti di poesia e storia, e un alfabeto speciale di cui non si conoscono tutti gli ele-
menti, per quanti dotti vi si sieno industriati onde spiegare le iscrizioni ibere trovate
su pietre, lastre metalliche, vasi di terra, medaglie, che, colla lingua basca, sono i soli
avanzi di questi popoli.
B. Delle LINGUE ANTICHE, unica vive I'Escuara o Basca, parlata dagli Escualdunac,
ossieno Bascongados o Baschi nelle campagne della Biscaglia e della Navarra in
Ispagna, in Francia, nella Bassa Navarra francese, nei paesi di Labour e Soule
(dipartimento de' Bassi Pirenei). L'escuaro, che non somiglia a verun altro idioma
d'Europa, benché abbia adottato molte voci latine e tedesche, sembra avesse af-
finità colle lingue semitiche, e nella conjugazione somiglia alle americane (1). È
fra le europee quella che meno cangiò, e le cui forme grammaticali più rivelano
una lingua primitiva ; ricchissima, armoniosissima, senza scontro sgradevole di
consonanti, massime al principio e fine dei vocaboli; non ha generi, affigge l'ar-
ticolo alle parole, per es. egun giorno, eguna giorno il, egimac giorni i; coU'ag-
giungere certe particelle, può cambiare un nome in verbo, avverbio ed altre parti
del discorso, e colle terminazioni tasuna e queria, aggiunte ai nomi, esprimere la
qualità buona colla prima, cattiva colla seconda. Conjugazione difficilissima quanto
ricca, non esprimendo solo la significazione attiva e passiva, ma potendo dare
gradazioni che le altre lingue non fanno se non col riunire molti verbi o con frasi
intere. Le grammatiche basche contano non meno di undici modi, indicativo, con-
suetudinario, potenziale, volontario , forzato, necessario, imperativo, soggiuntivo,
ottativo, plemìudinario, infinitivo: i sei primi hanno ciascuno sei tempi, due pre-
senti, due passati, due futuri; gli altri cinque, un numero minore.
La letteratura basca possiede solo libri ascetici, grammatiche, dizionarj e qualche
poesia, li più manoscritti. L'opera basca più interessante è la Collezione dei proverbj,
pubblicati in francese e basco da Orienhart , con frammenti di canzoni popolari. La
canzone Lelo il Lelo credesi la più antica d'ogni lingua spagnuola o portoghese. I paschi
scrivono coU'alfabeto latino e l'ortografia non è diversa dalla pronunzia. Secondo l'ab-
bate Bidassouet, l'idioma basco può declinare e verbizzare (siami lecita la parola ne-
cessaria) i caratteri alfabetici, verbizzare i pronomi declinabili ed anche i verbali, can-
giar i participi in nominativi, e declinarli come i nomi ordinarj, avendo ciascuno fin
sedici casi diversi, prodotti da desinenze nuove; può declinare tutto ciò che è indecli-
nabile nelle lingue moderne, come preposizioni, avverbj, interjezioni, e anche verbiz-
zarli; coniugare ogni verbo radicale sino a ventisei volte, senz'aumentarne né variarne
l'unità indivisibile, e sempre con desinenze nuove; cambiar tutti gl'infiniti e participi
in nominativi, e declinarli poi come nomi ordinari coi loro undici casi; in fine non
v' ha né verbi difettivi, né rifiessivi. Ha quattro lingue dilferenti nell'unità indivisibile
della medesima conjugazione ; cioè un linguaggio infantile q diminutivo, uno adulto o
d'eguaglianza, uno di maggioranza o di rispetto, uno femminile; e ognuno de' suoi
(\) Guglielmo HumljoliU [Prufung dcr Vnlcr- d Italia, o le tre maggiori isole del Mediterraneo,
tuchungen uherdic Urhewohner Hispaniens ver- apparlcnevano alla lingua ibcra di cui e avanzo la
milleht dcr vasckischen Sprachc) riconobbe che Lasca. Klaprolh trovò nel basco molte forme appar-
gl'idiomi do' varj popoli anlicbi che abitavano la tenenti alle parti aclteutrionali ed occidentali dcl-
pcuisola Ispanica, le Gallie uieridiouali, ukune parti l'Asia,
fcTNOGRAFÌ\ dell'europa 65
nomi sostantivi ha fin dodici casi differenti, e sei gradi di nominativo ; ed ogni adjet-
tivo fin venti casi diversi. Abbiate un esempio de' sei gradi di nominativo: 1 ait padre,
2 aitaren quel del padre, 3 aitarmarcna quello di quel del padre, 4 aitarenarengani-
cacoarena quello di quel di quello di quel del padre, 5 aitar enarenganicacoarenarena
quello di quel di quello di quel del padre, 6 aitarenaretiarenganicacoarenarena quello
di quel di quello di quel di quel del padre; nell'ablativo fixaìtarenarenarenganicacoare-
narenarequin, quarantadue lettere 1 Bidassouet fa pure riflettere, che la nomenclatura
basca è desunta dalla posizione topografica : così una casa chiamasi bidartia, perchè
posta fra due vie ; bidegaina, perchè fabbricata su una strada; bidekhuruchia, perchè
situata ad un crocicchio; hegìiasia, perchè esposta al mezzodì; ipharraguerria, perchè
esposta al nord; aizheotchenia, perchè dominata dal vento freddo; bidegorrieta, perchè
fondata sopra una strada rossastra. Il grammatico stesso calcola che, mentre la lingua
francese ha 2,119,000 sillabe, il basco non ne ha meno di d, 592, 448, 000 ; divario nato
dal coDJugarsi ogni verbo basco in ventisei maniere, e perchè, potendo ogni nome di-
venir verbo, può somministrare altrettante sillabe quante ne somministrerebbe un verbo
passando per tutte le modificazioni delle ventisei conjugazioni.
Questa lingua si parte in tre dialetti principali:
a. Il biscaglino, che passa pel più puro, e che possiede le migliori grammatiche, par-
lasi nella Discaglia propria.
b. Il guipuscoo, parlato nelle provincie di Guipuscoa e d'Alava, e che ha il miglior
dizionario.
e. Il basco o lampurdam, parlato nella Navarra spagnuoia e francese, e nei paesi di
Labour e Soule.
FAMIGLIA CÈLTICA.
A. Alle LINGUE ESTINTE sembra appartengano gl'idiomi usati dai Celti nelle Gallie,
nel Belgio, nelle isole Britanniche, in parte della Germania, dell'Italia, della Spa-
gna, dell'Asia Minore.
B, Fra le LINGUE ANTICHE ANCOR VIVE, la Gallica, Gaelica, o Celtica propria
è parlata in varj dialetti dai discendenti de' veri Celti, nella più gran parte dell'Ir-
landa, in quasi tutto l'IIighland (Alta Scozia), nelle isole Western o Ebridi, e nel-
l'isola di 5Ian. La declinazione del celtico, che ha i sei casi del latino, si fa in gran
parte per flessione, in parte per preposizioni. La conjugazione è ricca di modi,
ma povera di tempi, perchè ha un modo negativo che adopera dopo le negazioni
n«, cha ed altre, e perchè, eccetto il verbo bi, non ha che due tempi, il passato
indeterminato e il futuro, formando gli altri tempi semplici o composti per via di
perifrasi, coH'ausiliario 6«, preceduto dalla preposizione ag o iar: per es. ta mi
ag bualadah, io batto, e letteralmente, io son appresso a battere; ta tu ag bualadah,
tu batti, 0 tu sei appresso a battere.
" Come il kimbro, questa lingua ha tre ausiliarj; 6/, che fa gran parte della conjuga-
zione; dean, fare; rack, andare, che come l'ausiliario ober in kimbro e do in inglese,
serve a crescere l'espressione alla frase: per es. doan suidhe, siedi, e alla lettera, fa di
sedere ; rinn e seasham, era in piedi, e alla lettera, egli faceva d'essere in piedi. Questi
due stessi verbi, uniti ad altri, formano una quantità di frasi particolari. Il gallico fa i
verbi passivi come il latino senza ricorrere ad ausiliarj, eccetto che nei modi ottativo
e congiuntivo. Secondo Ahwardt, i soli tempi dei modi congiuntivo e imperativo hanno
in ciascuna persona terminazioni differenti, come in greco, in latino, in francese e in
altre lingue. Nell'indicativo la terminazione resta uguale al singolare e al plurale per
tutte le persone, e il pronome personale è posposto al verbo. La seconda persona del
singolare dell'imperativo è la radice di ciascun verbo, come in tedesco, in persiano, in
turco ed in altre lingue. Come il latino e l'italiano, può conjugare i verbi attivi senza
i pronomi personali; ha molte particelle o sillabe che si potrebbero dire semipreposi-
zioni, come di, ao, ea, ew, eas, mi, nco,^ an ecc., e che unite ad un aggettivo, a un so-
stantivo, a un verbo, ne cambiano o modificano il senso. L'articolo, tutti i verbi ei
pronomi possessivi sono anteposti al sostantivo, ma il nominativo o il soggetto si col-
loca per lo più dopo il verbo: le preposizioni precedono sempre il loro complemento.
Cantù, Documenti. — Tomo I, Geografia politm. £>
[
66 GEOGRAFU — EPOCA PRIMA.
Ha diminutivi e molti composti, e come il greco, il tedesco, il persiano ed altri, ne può
fare illimitatamente : per es. oglach servo, beau donna, banoglach la serva, uisge acqua,
fior vero, fioruisge acqua di fonte ecc. Il gallico adopera l'alfabeto latino, ma sole di-
ciotto lettere, non occorrendogli mai le k, q, v, w, x, y, z. Anticamente scriveasi con
varj alfabeti, inventati dai frati, e su cui i dotti emisero le piìi assurde opinioni; più
tardi vi fu surrogato l'alfabeto anglosassone. Le vocali o, o, m, seguite o precedute da
m, mh, n, nn, hanno suono nasale; la pronunzia dellV avanti queste tre vocali è dif-
ficilissima. Non pone vocali mute al fin delle parole, e ha molte lettere aspirate. La
pronunzia differisce di molto dall'ortografia, giacché leggendo non si pronunziano
molte consonanti scritte, o si cangiano in più dolci.
Il gallico parlasi ora in tre dialetti principali, suddivisi in molte varietà; e sono:
a. L'erso, ms/i, erinach, parlato nella maggior parte dell'Irlanda.
b. Il caldonach, parlato nelle valli dell'Alta Scozia e nelle isole Ebridi,
e. Il manck nell'isola di Man.
L'erso, coltivato di buon'ora, è più pulito, e pare che al ix secolo risalgono >
suoi manoscritti più antichi: il vii e viii furono l'età più splendida della letteratura
ersa, dovuta in gran parte a dotti cristiani, che cercando un asilo in Irlanda, vi
fecero fiorire le scienze e le arti allora accreditate nei paesi meno incolti dell'Eu-
ropa meridionale. Scaduto all'invasione dei Normanni, Terso fu poi sempre ne-
gletto. Poverissima n'è la letteratura odierna, non contando altro che libri asce-
tici 0 grammaticali. Il dialetto caldonach, men raffinato e più puro, acquistò gran
celebrità ultimamente pei brani di poesia su cui Macpherson fabbricò i suoi poemi
di Ossian. Il dialetto manck è il più incolto e misto. La Bibbia fu tradotta in ciascuno.
C II KIMBRO, 0 KUMBRO, o CELTO -BELGICO, parlato anticamente dai Kymri o Belgi
nel Belgio e nella Bretagna, ed ora limitato ad una porzione dell'Inghilterra e della
Francia, forma la declinazione al modo del francese; modificando l'articolo; non
ha che due generi, e nelle dinotazioni generali si serve del genere femminile, come
l'ebraico ; per es. divezad eo anezhi è tardi ; parola per parola, tardi è di lei. Il
plurale del sostantivo differisce molto dal singolare, ma gli aggettivi non variano
mai di terminazione per genere o numero. Ha molti diminutivi, fatti coll'aggiun-
gere iìcoig al primitivo; conjugazione difficilissima, ma ricca di tempi che si fanno
per flessione come in latino. Ha due maniere di conjugar tutti i verbi: al perso-
nale, omettendo il pronome e dando terminazione diflerente a ciascuna persona ;
all'impersonale, adoprando uno dei verbi ausiliarj al personale coU'infinito del verbo
principale ; anzi, pel presente di tutti i verbi neutri e aitivi ha quattro differenti
conjugazioni. Il kimbro come il gaelico ha tre verbi ausiliarj, beza essere, con cui
si formano i passivi; kaout avere, che serve pei passati composti; e ober fare, che
annunzia il compimento o la confermazione dell'azione.
In questa lingua si distinguono tre dialetti principali:
a. Il welsc 0 gallese, parlato e scritto dai Gallesi discendenti dai Bretoni sottomessi
da Cesare, che stanno nei principati di Galles in Inghilterra e nelle montagne di
Galloway (?) in Iscozia.
b. 11 cornisc, parlato nell'arcipelago di Scilly, e un tempo nella Cornovaglia da Kymri,
ove si estinse dopo la metà dell'ultimo secolo.
e. Il breyzad o basso bretone o cello -br clone, parlato in Francia dai bassi Bretoni, che
nel V secolo cercarono un ricovero nell'Armorica e vi si stanziarono. Distinguonsi
nel breyzad quattro varietà, cioè il leonardo parlato nella diocesi di San Paolo di
Leon, che credesi il più regolare, onde il signor Legonidec ne scrisse un'eccellente
grammatica; il trecoriand o bretone bretonante, parlato nella diocesi di Tréguier,
che pare men corrotto degli altri ; il cornovalliese parlato nella diocesi di Quimper-
Cotentin; il vannetoso della diocesi di Vannes, che è il più guasto.
Scrivesi il kimbro colTalfabeto latino di ventidue lettere, che bastano per tutti i suoni
mediante certe composizioni. Vi si distingue la n nasale, la /, il eh, e la l mouillèe dei
Francesi, la eh de' Tedeschi. La pronunzia poco differisce dall'ortografia quando siano
scritte le consonanti mutabili, (b, k, d, g, m, pe, te) ; altrimenti differisce assai, do-
vendosi cambiarle secondo certe regole per addolcire la pronunzia, il che forma la mag-
gior dilTicoUìi di ({uegta lingua. 11 kimbro è un idioma misto, foruiatoiji forse prima-
ETNOGRAFIA DELL'CUnOPA (j7
niente dalla mcscolan/a del basso tedesco col celtico puro: nel weisc la metà delle
parole vengono dal latino e dal francese, il resto dal tedesco e gaelico. Il weIsc e il
breyzad (in dal xvi secolo possiedono grammatiche e dizionari a stanipa, ma la loro
letteratura si riduce a poche poesie più o meno antiche e a lihri ascetici. 11 weIsc però
fu coltivato prima che il breyzad, e pare possano farsi ascendere fino all'xi secolo al-
cune sue cose più antiche: e il Cyireithieu Hyvcl Dda ac Eraill o codice gallese, fin a
mezzo il X. Il weIsc possiede pure molte poesie anteriori al secolo xiv. Secondo Owen,
vi sarebbero non meno di duemila manoscritti nel solo principato di Galles, e i soli
brani in versi sarebbero almeno tredicimila. Fra le numerose produzioni delle orde gal-
lesi, le più celebri sono quelle che si riferiscono al famoso re Arturo, eroe loro princi-
pale, e che pare sia stato un dei capi più coraggiosi nelle lunghe loro guerre contro i
Sassoni. Da alcuni anni si pubblica un giornale letterario e una gazzetta in questo dia-
letto, che conta già ducento opere stampate.
Le lingue di questa famiglia, e massime i dialetti della gaelica, sono parlati da nii-
gliaja di coloni inglesi nell'America settentrionale, principalmente a Perth, Glengary,
e altri luoghi ultimamente fondati dagli Scozzesi e Irlandesi nell'Alto Canada, nella
Nuova-Brunswick e Nuova-Scozia ; e da assai più abitanti della confederazione Anglo-
americana, massime nella Pensilvania, nel Maryland, nella Nuova-York, Nuova-Ham-
pshire, Nuova-Jersey, Kentucky, Virginia e due Caroline: ma quasi tutti que' che usano
tali lingue, parlano più o raen bene, e per lo meno capiscono l'inglese.
II. — Famiglia delle lingue traco-pelasgiche o greco-latine.
Si distingue in quattro rami:
A. TRACE ILLIRICO, ove si comprendono le lingue anticamente parlate dai popoli
traci e illirici stanziati nell'Asia Minore ad occidente del fiume Alis, e in Europa
in tutta la parte orientale, dal Norico sino alle foci del Danubio e del Dnieper, e
anche di là. Da gran tempo perirono o si confusero. Principali erano :
a. I Frigj\ che occupavano il centro dell'Asia Minore, dominata da essi e i loro fra-
telli Brigj abitanti nella Tracia. Dicesi abbiano i Frigj insegnato ai Greci parte del
loro culto, la musica, la danza.
b. I Trojani, immortalati da Omero.
e. I Bitinj, che tennero il regno di Bitinia.
d. I Lidj, che si fanno inventori della moneta, dei giuochi ginnastici e di molte arti.
Nel VI secolo av. C. dominavano nell'Asia Minore, e Creso loro re osò disputare a
Ciro l'imperio dell'Asia.
e. I Carj, famosi per marina: la loro lingua era la frigia e la lidia, la più diffusa
nell'Asia Minore prima che le colonie greche vi avessero sparsa la propria.
f. I Licj nella Licia, il cui alfabeto fu illustrato da Saint-Martin.
g. I Cimmeri, i più settentrionali e orientali dei Traci, al nord del mar Nero e della
Meotide, ne' paesi che ora corrispondono al governo della Tauride di Kerson, di
Jekaterinoslaw, e a parte del territorio dei Cosacchi del Don.
h. I crudeli Taurj^ che dieder nome al Chersoneso taurico (Crimea).
i. I Traci proprj, che coi Mesj abitavano la Tracia.
1. Molte tribù di Baci o Geli occupavano la presente Bessarabia, la Transilvauia, la
Moldavia, la Valachia, e parte dell'Ungheria fino al Theiss.
m. I Macedoni.
n. Gli Illirj stanziati lungo l'Adriatico, e divisi in molte genti , fra cui i Dalmaii e
gVhtri.
0. I Pannoni o Peoni nella Pannonia.
p. I Venetiy che sembrano una colonia illirica stabilita nell'Italia settentrionale lungo
l'Adriatico,
q. I Siculi. che, dopo posseduta gran parte della penisola italica, presero stanza nella
Sicilia.
Pare a riporre in questa famigliala lingua Albanese, o Skii-, o Scipa, parlata nell'Alba,
nia e in altri paesi dagli Skipetari arvenesei, detti Arnauti dai Turchi, e conosciuti gene-
ralmente col nome d'Albanesi. Formano la popolazione principale dell'Albania, e sono
68 GEOGRAFIA — • EPOCA PRIMA
sparsi per tutta la Turchia europea, massime nella Romelia, Bulgaria e Macedonia. Altri
Albanesi, detti Clementini, vivono a Herkoveze e Niknieze ne' Confini militari slavi del-
l'impero d'Austria, ove si stanziarono neH737 : altri, detti e creduti a sproposito Greci,
stanno ne' contorni di Celso, Regio, Lecce ed altri paesi del reame di Napoli, e presso
Messina in Sicilia, ove si ritirarono nel 1461, "1532 e 1744. Malgrado le somiglianze col
latino, col greco e collo slavo, l'albanese è molto men ricco di forme che 1 due ultimi,
e di men regolare derivazione ; non ha né le parole composte del greco, né le costruzioni
ardile del latino ; adopera molte voci ausiliarie: l'aggettivo ha articoli prepositivi, la de-
clinazione dei pronomi è molto compita e regolare, e tiene qualche analogia col latino
nella prima e seconda persona. L'imperfetto, il passato, il futuro condizionale, l'impe-
rativo, l'infinito, il participio si formano per flessione, gli altri tempi cogli ausiliarj
avere ed essere. Questo forma il passivo coU'infinito attivo. L'infinito è sempre preceduto
dall'articolo me quando il senso è attivo, e meon quando è passivo o reciproco.
Tre alfabeti usano gli Albanesi, cioè Valbanese o ecclesiastico, composto di trenta let-
tere, da un pezzo disusato. 11 greco, di cui si servono nella letteratura, ma dando un
valore speciale a certe combinazioni di lettere. Nell'alfabeto moderno, in cui sono i libri
pubblicati dalla Propaganda, si aggiunsero quattro lettere particolari per rappresentare
il suono delle due th forte e dolce degl'Inglesi, Vu francese, la II degli Spagnuoli, e un
altro suono molto sibillato,
B. ETRUSCO. La lingua etrusca oo fu parlata dagli Etruschi o Raseni, uno dei popoli
più insigui dell'antichità. Formavano una gran federazione, che al tempo suo più
bello abbracciava, oltre l'Etruria, il paese degli Umbri, dei Liguri, degli Oschi e
de' Campani, e stendeasi sui mari e le isole vicine,
C. PELASGO -ELLENICO, detto così perchè vi si comprendono gl'idiomi usati antica-
mente dai Pelasgi ed Eileni, nazioni incerte che da gran pezzo perirono o si con-
fusero. Pajono a collocare in questo ramo :
a. I Pelasgi, forse gl'indigeni primitivi della Grecia e dell'Italia.
b. 1 Lelegi, forse colonia asiatica venuta in Grecia.
e. I Perrebj, che occupavano parte della Tessaglia.
d. I Tesprozj e i Molossi, principali popoli dell'Epiro, famosi sotto il re Pirro.
e. I Cretesi, che dovettero la potenza a Minosse.
f. Gli Enotri, che migrarono in Italia.
g. Gli Arcadi, abitanti nell'Arcadia.
h. I Tirreni, che possedettero parte dell'Italia,
i. Gli Ellmi, piccola gente di Tessaglia, che diede poi il nome a tutta la celebre
nazione che parlava la lingua.
Ellenica o Greca antica oo usata pure nei paesi dipendenti, e poi in gran parte della
Sicilia e della Bassa Italia, e dell'Asia Minore, della Siria, dell'Egitto e sue dipendenze,
in parte della Gallia Narbonese ecc. Durante la dominazione macedone, la lingua elle-
nica si parlò a tutte le corti degli Alessandridi, e dalle persone colte in tutti i paesi a
loro soggetti 5 più tardi fu coltivata dai Romani, e dominò nell'Impero d'Oriente fin
alla sua caduta, quando con ardor nuovo fu studiata in Occidente. La sua letteratura
è delle più ricche, e la più insigne del mondo, ed offre lo spettacolo quasi unico d'una
serie di scrittori seguitisi da Omero fino a mezzo il secolo xv. È delle più flessibili, ric-
che ed armoniose del globo; con forme grammaticali quasi identiche a quelle del latino,
alla cui formazione e perfezione contribuì ; ha il duale e l'articolo che a questo man-
cano, più ricca e più regolare conjugazione, costruzione più conforme all'ordine logico
grammaticale, e facoltà illimitata di far composizioni di parole.
Maltebrun dislingue nel greco antico due idiomi differenti rispetto al tempo che fu-
rono parlati :
a. L'ellenico primitivo, vicino al pelasgico, e che egli suddivide in tre dialetti prin-
cipali, arcade, tessalo col greco macedone antico? e Venoirio trasportato in Italia e
misto col latino.
b. L'ellenico ne' tempi storici, suddiviso in quattro dialetti principali e molte varietà:
a L'eolio antico, vicino all'enotrio, che Omero chiama lingua degli Dei.
/3 II dorico antico, disceso dall'eolio , lingua di Saffo , di Pindaro ecc. ; e com-
prende il laconico di Sparta, e il dorico gentik di Siracusa, lingua di Teocrito eco*
ETNOCRAriA DELL'EUROPA 69
y II dorico antico o ellenico addolcito dalle nazioni trafiìcanti • è la lingua d'O-
mero, rimasta classica per la poesia epica, e comprende lo jonico d'Asia, ancor
pili molle, che è quel d'Erodoto, e il jonico d'Europa, restato più maschio, e
di cui il ramo principale è l'attico, lingua classica degli oratori e del teatro.
S II greco letterale comutie, o idioma attico , depurato e fissato dai grammatici
d'Alessandria; lingua comune di tutta la Grecia, dell'Oriente e dei Romani
eleganti, fino all'invasione de' Barhari. L'alfabeto primitivo dei Greci non avea
che sedici lettere, identiche con quelle degli Etruschi e de' Latini; poi ne ven-
nero aggiunte otto altre, onde furono ventiquattro, di cui sette vocali. È l'al-
fabeto stesso con cui si scrive il romaico, e servì a formare gli alfabeti slavo,
russo ed altri. Declinata la letteratura greca antica, la lingua parlata dal po-
polo nelle provincie greche dell'impero romano s'elevò poco a poco alla di-
gnità di lingua scritta, come la latina rustica nelle provincie occidentali. Oggi
è conosciuta col nome di
Lingua RoMEiKA, Aplo-ellenica o Greca Moderna. La parlano i Greci d'oggidì, e
le isole joniche. Non potrebbe dirsi con precisione in che tempo il romeiko, sepa-
randosi dall'ellenico, prese forma di lingua nuova e indipendente. Certo è che tutti
quei che parlavano più particolarmente al popolo, allontanavansi dalla lingua scritta,
e servivansi della parlata, che è proprio la lingua d'oggi, salvo certe modificazioni.
Le opere più antiche ne sono omelie popolari, traduzioni od imitazioni di romanzi
di cavalleria del medioevo, o delle opere d'immaginazione allora più diffuse, come
il Sindbad, le favole di Bidpay, i Sette Sapienti ecc. ; cronache metriche, come quella
che Buchon pubblicò sullo stabilimento de' Franchi in Morea; e canzoni relativo a
tutte le abitudini della nuova società. Nel nostro secolo i Greci tradussero le migliori
opere francesi, inglesi, italiane e tedesche, e ne scrissero d'originali.
D, ITALICO. Comprende le lingue degli Aborigeni od Opici d'Italia. Distinguonsi in
a. Latino oc -^ lingua scritta e comune alle persone colte dell'impero romano, assai
differente dalla plebea o rustica, usata nelle campagne della penisola e dalle classi
inferiori nelle provincie. Le sue forme grammaticali sono greche, sebben meno
perfette. La sovversione dell'impero romano nei v secolo fé nascere una specie
di latino corrotto e mescolato di voci barbare, detto la bassa latinità, che fino
al XIV secolo Cu quasi la sola scritta dell'Occidente. Nel xiv e xv, la letteratura
latina rifiorì, massime in Italia, ma quasi non per altro che per contribuire al per-
fezionamento delle lingue moderne, che con ardore e fortuna coltivate dagli autori
nazionali, giunsero a relegare la latina a sole opere d'erudizione. Ora, eccetto la
Polonia e l'Ungheria, ove molti parlanlo abbastauza puramente nella vita comune,
può il latino considerarsi per morto, sebbene usato nella liturgia cattolica, nella
medicina, per molti affari alla corte di Roma, e nella letteratura di tutte le na-
zioni civili.
b. Bomanzo o romano rustico, parlato ne' bei tempi di Roma dalle classi basse
della società in tutto il mezzodì dell'Europa romana, eccetto la Grecia e qual-
ch'altro paese. Subite modificazioni più o meno considerabili, sembra che il ro-
manzo sussista ne' dialetti vulgari che parlansi in gran parte della Spagna, della
Francia, della Svizzera, e in alcuni luoghi d'Italia. I suoi principali" dialetti ,
classificati secondo quattro regioni, sarebbero:
I. In Ispagna si parla il catalano nella Catalogna, e ad Alghero in Sardegna ;
in cui nel x e xui secolo fu scritto l'antico codice marittimo. II valenziano
nel regno di Valenza, che si distingue per dolcezza ed armonia. 11 majorcano
nelle isole Baleari.
II. In Francia si parla il linguadochese ne' dipartimenti del Card, dell'ITe-
rault, parte de' Pirenei orientali, in quelli dell'Ande, dell'Arriège, dell'Alta Ga-
ronna, del Lot e Garonna, del Tarn, dell'Aveyron, del Lot, del Tarn e Garonna;
dolce e grazioso. Il provenzale nei dipartimenti della Dróme, di Valchiusa,
delle Bocche del Rodano, delle Alte e delle Basse Alpi, del Varo, e in Italia nella
contea di Nizza; vivo ed aspro. Il delfinese nel dipartimento dell'lsera, dia-
letto, come il lionese, monotono e strascicato, e partecipa di questo, del savo-
iardo e del provenzale. 11 lionese ne' dipartimenti del Rodano e dell'Aio, e in
70 fìÉOGRAriA — ÈPOCA PRIMA
parte di quello di Saona e Loira. L'alvergnate nei dipartimenti dell'Allier,
della Loira, Alta Loira, Ardèche, Lozère, Puy-de-Dóme e Cantal : alcune sue va-
rietà rendono i suoni di questa lingua più ingrati e duri. 11 limosino nei di-
partimenti della Corrèze, Alta Vienna, Creuse, Indre, Cher, Vienna, Dordogna,
Charente, Charente inferiore, e in parte di quello dell'lndre e Loira; men ar-
monioso del linguadochese. 11 guascone, strascicato e stridulo, ne' dipartimenti
della Gironda, gli Alti e Bassi Pirenei e del Gers,
IH. In Isvizzera usasi il romancio o celto-ro manico (romanisch, chur-
walsch, rhetischj, in cui bisogna distinguere il reto, parlato in più di metà del
canton Grigione e in una valle limitrofa nel Tirolo; il rumonico dei piani e delle
montagne, che è il romancio più puro, e usasi verso le sorgenti del Reno, il
ladino parlato a Coirà e nell'Engaddina, e più analogo coU'italiano; il gardena
nella valle di Gròden nel circolo di Bolzano in Tirolo , Velveiico in parte del can-
ton Friburgo, colle tre varietà dette gruverin, quatzo e broyar nel paese alto, nel
medio e nel basso : il valesiano in parte del Valese.
IV. Negli Stati sardi il savojardo corre in Savoja con moltissima varietà; il
vodese nelle valli di Luserna, Perosa, elusone e san Martino nelle proviucie di
Pinerolo.
Potrebbe aggiungersi quel gergo detto lingua franca, misto principalmente di
catalano, limosino, siciliano ed arabo, e che si usa nelle grandi città mercantili
lungo la costa del Mediterraneo nell'impero ottomano e negli Stati barbareschi
dagli Europei e dagl'indigeni dati al traffico.
Là letteratura romanza, che potrebbe anche dirsi dei Trovadori dal nome dei suoi
poeti, contribuì non poco alla formazione dell'italiana, francese, spagnuola, porto-
ghese, e anche dell'antica tedesca alta. Le carte de' Comuni, ed alcune traduzioni di
libri devoti sono le sue prose più antiche; versi e composizioni dei Trovadori, e se
ne trovano già nel x secolo. Il linguadochese, il provenzale, il limosino, il catalano,
il valenziano, sono i dialetti di più ricca letteratura.
Dalla mescolanza del latino coi varj idiomi germanici, slavi ed altri, dopo il x se-
colo, si formarono le cinque lingue seguenti:
e. Italiano, che si suddivide in molti dialetti, di cui sono principali il piemon-
tese e genovese, misti d'assai vocaboli francesi, ed il secondo vicino al pro-
venzale ; il milanese o lombardo, che ha l'eu, l'w, e la n nasale de' Fran-
cesi; il basso lombardo del Bresciano, Cremonese, Mantovano, Parmigiano,
Modenese, Ferrarese, che perde i suoni francesi del milanese, benché nel resto
gli somigli; il bolognese e bergamasco, più aspri di tutti; il veneziano
dolce, ed in cui si distingue il proprio parlato in Venezia e nel contorno, il conti-
nentale della terraferma fino al Mincio , ed il marittimo nelle città dell'Istria , sul
litorale ungherese, nella Dalmazia, nelle isole Jonicheed in alcune dell'Arcipelago;
il furiano, misto di molte voci romancie, francesi e slave; il tirolese delle
altre valli di Fassa o Evaes, di Livinalo o Buchenstein, di Enneberg,* di Badia,
differente molto dall'italiano parlato nel restante Tirolo, e che è forse il più cor-
rotto di tutti i dialetti italiani; il toscano vulgare, parlato con molte varietà
nel granducato di Toscana, nel Perugino, e in qualche angolo di Sardegna, ri-
pulito e perfezionato divenne la lingua della letteratura e della buona società in
Italia, ma singolarmente nella pronuncia fiorentina si distingue per le forti gut-
turali ha, he, hi; il romano parlato a Roma, e con molte varietà nella parte
meridionale degli Stati pontifìzj, il più puro dopo il toscano, e più dolce di questo
nella pronunzia ; il s a b i n o coll'a bruzzese, il calabrese ed il pugliese,
molto incolti ed aspri; il tarantino, misto a molte espressioni greche; il na-
poletano, parlato in molti soddialelti a Napoli e nelle vicine provincie, e che
ha una letteratura più ricca d'ogni altro; il siciliano con molte voci d'origine
araba, greca e provenzale; il sardo, usato in quasi tutta Sardegna, misto di
voci greche, francesi, tedesche e spagnuole. Pressoché tutti questi dialetti pos-
sedono libri stampati, alcuni dizionarj, grammatiche, commedie, e fin poemi.
d. Francese, parlato dai Francesi in quasi tutta la Francia settentrionale, dai
Valloni e Fiamminghi nelle provincie neerlandesi della Fiandra orientale , del-
ETNOr.RAFU dell'europa 71
rilainault, di Naniur, di parte del Luxemburg, del Limburg, di Liegi, e del
Brabante; dagli Svizzeri nei Cantoni di Ginevra, Yaud, Neufchàtel, e quasi tutto
quel di Friburgo; inoltre dagli abitanti delle isole di Gersey e di Guernesey, di-
pendenti dall'Inghilterra; in alcune parti dell'impero russo e austriaco e della
monarchia prussiana da coloni francesi ; nell'Asia, Africa, America francesi ; nelle
isole Seichelles, di Francia, Santa Lucia, Tabago; nel Basso Canada, nell'Africa
e America inglesi; nella parte occidentale della repubblica d'Haiti, in molti degli
Stati Uniti, massime in quelli della Luigìana, d'Illinese, del Mississìpi. La grande
influenza politica de' Francesi, specialmente all'età nostra, e la ricca loro lette-
ratura, resero il francese scritto o accademico la lingua sociale e politica del-
l'Europa, e per conseguenza di tutto il globo.
Un quinto delle sue parole pare derivato dal basso tedesco; ed è forse la sola fra le
lingue vive che sia fissata. Di ritmo delicatissimo, ma reale, povera d'aggettivi e par-
licipj, mancante dei diminutivi, aumentativi, superlativi che abbondano nelle sue so-
relle, è ricchissima di modificazioni di tempi, e le vince tutte in precisione, e dispone
sempre le frasi giusta l'ordine logico-grammaticale. Le tante sue voci di differente ac-
cettazione, benché analoghe o simili nell'ortografia e nella pronunzia, la rendono, come
l'inglese, attissima a giocherelli spiritosi ed epigrammi. Le desinenze francesi sono uno
de' principali suoi elementi, quelle anzi che soffrono men eccezioni. La lingua scritta
differisce assai dal vecchio francese e dai dialetti vulgari quali parlansi nelle campagne,
benché questi ultimi sensibilmente dileguino nelle città in grazia dell'educazione, del
teatro e dei giornali : la lingua parlata s'accosta ognidì più alla scritta, che è quasi
identica colla parlata dalle persone educate.
Principali dialetti del francese sono il picardo, il fiammingo, il normando, e
il vallone di Rouchi, parlati nella Picardia, Fiandra francese e neerlandese, nella
Normandia e nelle provincie neerlandesi di Namur e di Liegi, i quali dialetti sono il
ceppo di questa lingua, avendole dato i primi scrittori; il francese vulgare, il
bretone francese, lo sciarapanese, il lorenese, il borgognone, il
franco-con tese , il n usciate lese , l'orleanese, 1' angevino, il manso,
parlati nell'isola di Francia, in parte della Bretagna, nella Sciampagna, nella Lorena,
in parte della Borgogna, nella Franca-Contea, nel cantone Neufchàtel in Isvizzera, nel-
rOrleanese, nell'Angiò e nel Maine. Tutti possedono opere di varj generi in prosa ed
in verso, e taluno anche dizionarj. Potrebbesi aggiungere il gergo degli schiavi negri
delle colonie francesi, notabile per le tante voci straniere che adottò, l'alterazione che
fece subir al francese, e la mancanza di costruzione grammaticale.
e. Spagnuol 0 o Castigliano^ usato dagli Spagnuoli nella piìi parte della
Spagna, e con qualche varietà di pronunzia e mistura di voci straniere, dai loro
discendenti nell'Oceania, Africa, America spagnuola ; inoltre dai tanti Ebrei spa-
gnuoli, diffusi nell'impero Ottomano e in altri Stati d'Europa e della costa setten-
trionale dell'Africa, e dagli abitanti d'origine spagnuola dell'isola della Trinità
nell'America inglese, delle Floride, d'alcuni posti della Luigiana negli Stati Uniti,
e della regione occidentale di San Domingo nella repubblica d'Haiti. Questa lingua
è pur comune a tutti gli abitanti delle città di Spagna, ove parlansi le lingue basca
e romanza. La scritta è quasi identica nelle forme grammaticali alla romanza e
portoghese, e differisce poco dall'italiana ; ricchissima e armoniosa, benché abbia
suoni gutturali e aspiranti, venutile dal, parlar arabo donde tolse assai voci.
Sembra che all'xi secolo ascenda l'origine d'essa lingua, giacché si pretende che in
quello fosser composte le romanze, che unite formano il Sid: questo poema, quello in
onore di san Domenico di Silo, scritto da Berceo all'entrare del xiu secolo, e le poesie
del principe don Juan Manuel, sono le più antiche composizioni di essa lingua, che avea
raggiunta la perfezione nel xiii secolo regnando Federico HI e Alfonso X : il primo la
introdusse nei pubblici affari, e vi promulgò il suo codice; l'altro la usò in parte delle
sue composizioni. La letteratura spagnuola è ricchissima quanto variata. I regni di Carlo
Quinto e di Filippo H ne sono l'età dell'oro, quando molti stranieri coltivavano una
lingua che dominava e nella letteratura e nella politica. Da poi scadde, risorse sotto Fi-
lippo V e massime sotto Carlo HI, quando produsse tante opere di bella letteratura e di
Scienza. La rima assonante è caratteristica della poesia spagnuola.
72 GEOCRAFIA — EPOCA PRIMA
I dialetti del castigliano poco differiscono fra loro. Ecco i principali e che piìi si
scostano dalla lingua scritta : il toletano che è il più puro, e che dopo Carlo V di-
venne lingua della Corte e del bel mondo; quello di Leon e delle Asturie, padre
della lingua spagnuola; l'aragonese, il più vicino ai dialetti romanzi catalano e
valenziano, ha inflessioni particolari, e la sua letteratura era in gran fiore prima di
Carlo V; l' andaluso, che ritenne molte radici arabe; il murciano, che partecipa
del castigliano insieme e del romanzo ;ilgalizianoogalego, che riguardasi come
fonte della lingua portoghese, e che in effetto ha più analogia con questa che non col
castigliano; 1' ultra-atlantico, parlato in tutti i possedimenti d'oltremare, si di-
stingue per l'adozione di molte parole straniere, e per notevoli differenze di pronunzia.
La- spagnuola è delle lingue più difl'use del mondo; in America è, dopo l'inglese, par-
lata dal più di abitanti, e la sola europea usata su tutti gli altipiani del Nuovo mondo.
f , Portoghese adii Portoghesi nel Portogallo e nell'arcipelago delle Azzore ; e con
qualche varietà di pronunzia e adozione di voci forestiere dagli Ebrei portoghesi
stabiliti ad Amburgo, Amsterdam, nel Tirolo, e in altre parti d'Asia, Africa ed Eu-
ropa; inoltre dai discendenti de' Portoghesi in Asia, Africa, Oceania, e nell'Ame-
rica portoghese. Lingua ricca e concisa quanto qualunque delle sue sorelle, tolse
alcuni vocaboli dall'arabo e dal francese ; pare anche deva a questo il gotaj e le
nasali ; è sonora, dolce, ed esente dall'aspirazione e dai suoni gutturali dello spa-
gnuolo; ma i frequenti iati e il nasale moderno in «o nuociono all'armonia.
Anche di questo idioma può collocarsi l'origine all'xi secolo: e le opere più antiche
ne sono i frammenti d'un poema sull'occupazione della Spagna fatta dagli Arabi , che
si attribuisce a re Rodrigo; una canzone di Gonzalo Ilermigues, composta all'entrar di
quel secolo; un'altra di un anonimo sotto il conte Enrico ; quella d'Egaz Moniz Coelho,
scritta regnante Alfonso I; molte antiche leggi ed altri componimenti anteriori al re
Dionigi; infine i frammenti del Cancioneiro. Questa lingua progredì grandemente re-
gnando Dionigi, che la scriveva con eleganza: fu fissata poco dopo il regno d'Edoardo;
nel secolo xvi ebbe la sua età dell'oro. La letteratura portoghese, che deve a Camoens
una delle più belle epopee, è variata e quasi ricca quanto la spagnuola, benché assai
meno conosciuta.
Può dirsi che il portoghese non offra differenza di dialetti ma solo varietà. Quelle che
più si scostano dalla parlata sono le varietà del Minho, degli Algarve e delle Azzore in
Europa, del Brasile in America, del Congo e di Mozambiche in Africa, di Goa e Macao
in Asia! Potrebbe aversi come dialetto del Portogallo la lingoa geral che parlasi lungo
le coste orientali ed occidentali dell'Africa massime nella Senegambia e Guinea, e lungo
quelle di Seilan e delle Indie, gergo che in Africa ed in Asia riproduce il fenomeno della
lingua franca sulle rive del Mediterraneo, e attesta l'antica potenza de' Portoghesi in
quelle regioni remote,
g, Valaco 0 Daco-Latino parlato dai Rumani o Rumni, o vogliam direValachi,
che pajono un misto di antichi coloni romani stabiliti nella Dacia e nella Tracia,
con nazioni slave ed altre che v'abitarono. La conjugazione di questa lingua è più
complicata che delle altre sorelle : il plurale del nome differisce grandemente dal
singolare; innesta i pronomi personali al verbo; ha pure assai accrescitivi e di-
minutivi come lo spagnuolo, l'italiano e il portoghese, ma forma i comparativi e
superlativi al modo francese; esprime il passivo coi pronomi riflessivi.
La sua letteratura consiste in libri ascetici, dizionarj, grammatiche, alcune poesie
popolari, e la traduzione della Bibbia nel dialetto che parlasi in Moldavia. La più parte
dei Valachi scrivono coll'alfabeto latino : quei della Moldavia, dopo l'ospodaro Alessan-
dro II (1450), usano l'alfabeto serbo.
Tutte queste lingue servonsi dell'articolo per distinguere i casi, e dei verbi ausiliarj
per formare il passivo e molti passati dell'attivo ; eccetto la francese ed in parte la va-
aca, tutte possono far senza de' pronomi nella conjugazione. Poverissime tutte di voci
composte, ma l'italiana, poi la spagnuola e la portoghese hanno molti diminutivi, au-
mentativi, superlativi, che mancano quasi affatto alla francese. Il valaco e il rumanico,
che formano come questa il superlativo, abbondano d'accrescitivi e diminutivi. Tutte,
ranne la francese, offrono riunioni dei pronomi al verbo. Nella rumanica, italiana e
^alaca la scrittura nott differisce dalla pronunzia; molto nella francese; meno nella
ETNOCnAFIA DELL'éHROPA 73
spagnuola e portoghese. La spagnuola contiene assai radici latine: la francese le alterò
più delle altre : la valaca ne ritenne di quelle che non si trovano nelle sorelle.
III. — Famiglia delle lingue germaniche.
Gridionii germanici sono divisi in quattro rami:
I. TEUTONICO che comprende gl'idiomi parlati già dai Bastami, Svevi o Nomadi,
Taurisci, Bojovari, Quadi, M ar cornarmi ; gli Ermonduri o Ermioni ; che pajono i
padri de'Tunngi; i Catti che occupavano l'Assia e i dintorni; gli Alemarmi, che
sotto Caracalla erano una confederazione di popoli del sud-ovest dell'Alemagna, cui
s'unirono poi gli Svevi; gVIstevoni detti poi Franchi, che uniti ad altri popoli, for-
marono la più poderosa confederazione della Germania, e principali erano i Franchi-
Saliciy che condotti da Clodoveo misero fine alla dominazione romana nelle Gallie.
L'etnografia distingue in questo ramo le seguenti lingue :
A. t ALTO TEDESCO ANTICO (ALTHOCHDEUTSCH), parlato già in varj dialetti
per tutta ìa Germania meridionale, Svizzera, Alsazia, Assia, Turingia, Wetteravia,
parte dei paesi soggetti ai Franchi. Può tenersi come morto da un pezzo. Poveris-
sima n'è la letteratura, massime del dialetto francico, in grazia dell'impero quasi
esclusivo esercitato dal latino quando l'alto tedesco parlavasi. Yi si distinguono
tre dialetti principali :
a. Il francico tedesco era parlato alle corte dei Merovingi e de' Carolingi fin a
Carlo il Calvo; dopo il quale fé luogo al vecchio francese in Francia, ma continuò
ad esser lingua della corte in Alemagna fin al tempo degli Hohenstaufen. Le prin-
cipali e più antiche composizioni che ce ne restino, sono frammenti d'una tradu-
zione del trattato d'Isidoro De nativitate Christi, del principio dell'viu secolo ;
frammenti del poema d'Ildebrando e Adubrando, che pajono della fine di quel
secolo ; la traduzione àeìV Armonia dei Vangeli di Taziano, che sembra del ix en-
trante ; il giuramento di Carlo I re di Francia neir842; e il codice de' Franchi.
b. Dell' a I e m a n n i e 0 le più antiche produzioni sono : la traduzione della regola di
san Benedetto, fatta verso il 720 da Kero ; la parafrasi poetica dei Vangeli, fatta
neir865-72 da Otfrido benedettino di Weissenburg in Alsazia; la traduzione dei
Salmi, eseguita sul fine del x secolo da Naker monaco di Sangallo.
e. Sotto il nome d'alto tedesco medio comprendiamo la lingua in cui furono
composte molte opere degli Svevi, Bavari, Austriaci, Svizzeri, e altri della Germania
Media e Bassa dall'xi al xv secolo, e massime alla splendida età degli Hohenstaufen
(iiù6-i2oi), delta pure dei Minnesingeri, che sono i Trovadori e Troveri della
Germania. I Niebelungen la miglior produzione epica in questa lingua, si suppone
composta da Corrado di Wurzburg verso il 1290.
B. ^eìV ALEMANNO proprio, detto anche ALTO TEDESCO MODERNO non usato
in nessun luogo dal popolo, si formò al tempo di Lutero, rifiutando l'alto tedesco
medio e il basso tedesco medio, e preferendo il dialetto della Misnia che più tardi
erasi cominciato a scrivere. Quest'ultimo divenne in breve la lingua de' libri e
della buona società, comune a tutti i Germani educati, e la lingua dotta di tutto il
Nord e di gran parte dell'Europa orientale. Vince le altre in numero d'opere, emu-
landole in merito.
11 tedesco è per avventura l'idioma europeo più ricco di parole, in grazia delle tante
radici monosillabiche con cui crea termini nuovi per derivazione o per composizione ;
prerogativa che solo il greco possiede in tanta estensione. I dialetti parlati possono ri-
dursi a quattro :
a. Lo svizzero che, col tirolese, è il più puro di tutti.
b. Il renano, coi sottodialelti dell'Alsazia in Francia; e del Westerwald, paese
diviso fra la Prussia e il ducato di Nassau.
e. Il danubiano, suddiviso in bavarese, tirolese, austriaco, hoemo-ungaro-silesiano.
d. 11 franconeo medio tedesco, suddiviso in nove sottodialetti e molte varietà,
fra cui il più notevole è l'alto sassone moderno, preferito da Lutero. Potrebbero
aggiungersi
74 GEOGRAFIA — EPOCA PMìlK
e. Il tedesco ebreo, formato dai Giudei polacchi, adoperato per l'educazione
de' Giudei tedeschi.
f. Il r 0 t h w e I s e h , parlato dagli Jonisch o Jaumr, ladri e vagabondi, che ha una
folla di espressioni e frasi affatto stranie al tedesco.
11. SASSONE 0 CIMRICO, che comprende gl'idiomi parlati già dai Cimri; dagli Angli;
dai Brutterì e Cauci ; dai Cherusci potenti sotto Erminio; dai Menapj^ Tungri, Ba-
iavi, Frisoni ed altri men notevoli; dai Sassoni; dai Longobardi?
L'etnografia distingue in questo ramo i quattro seguenti idiomi:
A. t BASSO TEDESCO ANTICO (ALTNIEDERDEUTSCH), detto sassone antico. Pare
che anticamente e nel medio evo fosse usato in tutta la Germania settentrio-
nale e ne' Paesi Bassi, ove non stavano Frisoni e Angli. Per le forme grammaticali
bisogna distinguere il basso tedesco antico e il basso tedesco medio.
Le più vecchie produzioni del basso tedesco antico sono dall' viii all'xi secolo, e
principali 1' Evangelien Harmonie che pare del ix secolo entrante , e le Glossce
Lipsii del secolo stesso. Il basso tedesco medio comprende tutti gli scritti dall'xi
al XVI secolo. Pare che questa lingua fiorisse alla corte di Brunswick.
B. BASSO TEDESCO MODERNO ( NEUENIEDERDEUTSCH o NEUEPLATT-
DEUTSCHJ, 0 sassone moderno , parlato in molti dialetti in tutto il nord della
Germania e quasi tutta la Prussia. Dopo Lutero gli successe l'alto tedesco ne' tri-
bunali, nella liturgia, nei documenti pubblici, onde cessò d'essere scritto dal se-
colo XVII. Poverissima è la letteratura, benché abbia varie poesie popolari e qualche
cronaca, fra cui quella della Livonia di Riissou. I suoi dialetti sono più dolci che
quei dell'alto tedesco, ed evitano l'accumulazione di consonanti e la frequenza di
suoni gutturali, meno ricchi di forme grammaticali ma più di radici.
C. FRISONE, parlato già lungo le coste dal Reno all'Elba, dai Frisoni e Cauci. Po-
chissime opere sono scritte in questa lingua: le più antiche sono il Brokmer ìViìkii-
ren, non anteriore al xii secolo, e VAsegabuch del xiii.
D. NEERLANDESE o B ATAVO MODERNO con due dialetti principali:
a. Il fiammingo, parlato nelle provincie meridionali della Neerlandia, ove non
usasi tedesco o francese. Affinatosi ben prima dell' olandese, era generale nelle
diciassette provincie sottomesse ai conti di Borgogna; finiti i quali, e dominando
gli Spagnuoli, cedette al nord all'olandese, e al sud al francese, talché restò escluso
dagli affari e dalla letteratura, e poche opere produsse.
b. L'olandese è parlato nelle sette provincie del nord e in alcuni cantoni di quelle
del sud limitrofe, e con varietà e mescolanza nell'Africa, Oceania, America olan-
dese. Solo verso il fine del secolo xvi divenne lingua scritta. È mista di frisone
antico , francico, basso tedesco, vicino molto a questo per rispetto alle parole, e
al tedesco scritto per la costruzione e le forme grammaticali, superandolo però in
suoni gutturali; e strascica i suoni vocali più di ogni altro idioma d'Europa. Le
più antiche opere olandesi sono la cronaca rimata di Nicolò Kolyn, che dicesi
composta verso il 1156, ma che par più recente; e quella di Melis Stocke, che è
del principio del secolo xiv. Il xvu fu l'aureo per la letteratura olandese, che però
cede assai alla tedesca, francese, inglese per numero di produzioni.
111. SCANDINAVO o NORMANNO GOTICO, che comprende gl'idiomi parlati anticamente
dagli Jotì, Goti, 0 Giitz, Manni, Vanni, e altri popoli conosciuti dalla razza gotica
pura; e gl'idiomi parlati già ne' paesi più meridionali dai popoli di razza scandinava,
disseminati fra Slavi e Finnici, e divenuti celebri per le incursioni nell'Europa orien-
tale, fra cui i più famosi sono i Gotoni presso la foce della Vistola; gli Ostrogoti,
tribù dominante principalmente alle rive del Dnieper, e nocciolo della vasta monar-
chia fondata nel iv secolo da Ermanrico; i Visigoti, che fondarono la monarchia in
Ispagna; gli Eruli? i Vandali? i Borgognoni?
Vi si distinguono cinque idiomi:
A. MESOGOTICOf, parlato già dai Goti stanziati nella Mesia. È la lingua germanica
più ricca di forme grammaticali. È morto da molti secoli; ha composizioni più
antiche d'ogni altro idioma germanico, che sono il Codex argenteus di Upsal, e
il Codex carolinus e alcune versioni della Bibbia fatte tra il 360 e il 376 dal ve-
scovo Ulfila.
ETNOCnAFfA DELL'EUROPA 7r>
B. NOMfANNICO f, lingua àeWEdda e della Voluspa^ e d'altre poesie di data incer-
ta, e idioma generale della Scandinavia nei secoli vni, ix e x-, possiede i più
vecchi monutnenli del Nord, e per dovizia di forme grammaticali non cede che
al niesogotico.
C. NOIiVEGIO proprio, o antico, ben distinto dal moderno (nork)^ che è un dialetto
del danese. Vi si possono distinguere questi principali dialetti:
a. L'islandese, parlato dopo il secolo ix in Islanda dalle colonie norvegie ivi sta-
bilitesi neirsei, e celebre per ìeSaga o memorie storiche, in prosa mista di versi,
e per la letteratura degli Scaldi, che è delle più ricche e curiose del medioevo.
Gli altri dialetti viventi sono:
b. 11 norvegio proprio parlato nelle valli centrali della Norvegia, e molto simile
di parole all'islandese.
e. Il dalska della Dalecarlia occidentale.
d. Lo tàmtelandese nella Svezia.
e. Il feroe dell'arcipelago delle Feroe, mischiato di voci islandesi, norvegiane, da-
nesi, sfigurato da inflessioni particolari e stranie.
f. Il no r so, parlato nelle isole di Shetland, misto col dialetto anglo-scozzese.
D. SVEDESE, parlato dagli Svedesi nella maggior parte del regno di Svezia, nell'isola
di San Bartolomeo in America, nelle principali città della Finlandia, e nell' isola
Rune dell' impero russo. Come il danese, può considerarsi figlio del normannico,
e si fissò nelle forme presenti soltanto nel secolo xv ; la sua letteratura è del regno
di Gustavo Wasa. Due dialetti principali:
a. Lo svedese propriamente detto, fra' cui sottodialelti è quello di Upland, che
nel XV secolo divenne la lingua scritta e comune.
b. Il gotico moderno della Svezia meridionale, suddiviso in molti.
E. DANESE, parlato dai Danesi nella Danimarca, nell'Asia , Africa, America danesi ,
dalla classe educata delle isole Feroe e dell'Islanda, usato pure e scritto nella Nor-
vegia. Nel secolo xv fu fissato nella odierna sua forma , danneggiato però dalla
predilezione data dalla Corte alla letteratura e lingua tedesca fin all' entrare
del xviii secolo. Gli scrittori danesi e norvegi con zelo e fortuna attesero a formar
una letteratura nazionale, che or grandeggia nella poesia e nelle scienze. Conser-
vando le finezze principali delle lingue di questo ramo, offre la più gran sempli-
cità nelle forme grammaticali, nel che vien tosto dopo l'inglese, il più semplice
fra i parlari germanici. Men maestoso ed armonico che lo svedese, ha più grazia e
agevolezza; e tiene dell'inglese e del francese più che del teutonico; né alcun Te-
desco riesce a parlarlo o scriverlo bene.
IV. ANGLO -BRITANNICO, il quale comprende due linguaggi:
A. ANGLO-SASSONE f, mistura degl'idiomi de'Sassoni, Angli e Juti. Ricco di radici
e immagini, povero di forme grammaticali, ma la sua letteratura è delle più im-
portanti e curiose del medioevo, quando molte opere sue furono voltate in fran-
cese e tedesco antico. I monumenti primi sono il Caedmonische paraphrase, spo-
sizione del Vecchio Testamento, che si suppone composta nell'viii secolo, benché
volgarmente si ascriva a un tal Cedemone morto nel 681)5 la traduzione alliterata
del trattato De consolatione di Boezio; quelle d'Orosio, Beda e altri, del re Alfredo
verso la seconda metà del ix secolo; i viaggi d'Others e Wulfstans, dell'epoca stessa ;
la meditazione della sacra Scrittura dell'abbate Alfrick; il poema di Boewalf, com-
posto nel X secolo, prima d'ogn' altro poema moderno; quello degli Skialdunghi;
la cronaca anglo-sassone del secolo xu. Nella sintassi l' anglo-sassone s'accosta di
più al tedesco e al latino che all'islandese, massime nell'età più antica, il che
venne 0 in grazia de' monaci, 0 per l'influenza delle prische forme grammaticali
del sassone primitivo e del dialetto degli Angli ; ortografìa incerta.
B. INGLESE, parlato dovunque dominano gì' Inglesi, poi per tutto il mondo in grazia
dell' importanza sua letteraria, politica e commerciale; è misto d'anglosassone e
di francese neustriano 0 franco-normanno , con alcune parole celtiche, e molte
romane. Ricchissimo e di gran forza, è il più semplice e monosillabo degli euro-
pei, e quello in cui la pronunzia più differisce dalla scrittura. Sta accanto alle
lingue più compite, e primeggia per energia; la concisione non vi toglie nulla alla
76 GEOGRAFU — EPOCA PRIMA
grazia. La sua letteratura, cominciata nel secolo xn con traduzioni e cronache,
toccò il più alto punto nel xvii e xviii: ricca quanto variata, gareggia colle più
celebri. I più antichi monumenti ne sono un inno alla Vergine, d'un certo Godric
morto nel H70; la traduzione del romanzo del Bruto di Wace di Layamon o La-
zamon, e la parafrasi de'Yangeli di Owen Ormin del xu secolo; il Castel of Love
di Roberto Groslhead della prima metà del xiii, e la cronaca di Roberto Gloucester
della seconda metà del medesimo secolo; le opere di Roberto Brunne , Chaucer,
Adamo Davie, John Gower e Roberto Langeland, autore della satira Visioni di
Pietro Ploughman che sono del secolo xiv.
Pare vi si possano distinguere quattro dialetti:
a. L'inglese proprio, che forbito da Chaucer nel xiv secolo, divenne lingua scritta
e generale di tutta la nazione.
b. L'inglese northumberland, che potrebbe anche dirsi dano-inglese , tante
voci danesi conservò.
e. Lo scozzese o anglo- scandinavo, distinto in scozzese-proprio, parlato già
alla corte dei re di Scozia, e in cui Giacomo V scrisse poesie molto graziose ,
Ramsay compose una pastorale che ricorda V Aminta del Tasso, e Burns stese pur-
dianzi poesie popolari.
d. L'inglese ultro-europeo, parlato nelle colonie.
Carattere di queste lingue è l' accento tonico, voglio dire quella particolare intona-
zione con cui si pronunzia ciascuna parola. Eccetto l'inglese, la pronunzia poco diffe-
risce dalla scrittura; in svedese e danese è identica, benché varii alquanto nel discorso
famigliare: ma tranne gl'idiomi moderni del ramo scandinavo, è in tutti più o men
dura; la pronunzia dell'olandese, del ramo sassone, e quella degl'idiomi teutonici più
ancor delle altre, specialmente nei dialetti svizzero, tirolese, alsaziano, svevo, bavarese,
ove strabbondano i suoni gutturali e l'accumulamento di consonanti. Lo svedese, ricco
di vocali sonore, è il più musicale. Dopo lo svedese viene l' islandese, poi il danese,
massime parlato coU'acceuto norvegio; il danese rigetta o trasforma, come il basso-
sassone e l'olandese, le consonanti sibilanti e raddoppiate. La vocale e vi predomina,
come \'a nello svedese. Il suono wh o ha è particolarmente conservato nell' inglese e
jutlandese. 11 mesogotico, il normannico, l'alto e basso tedesco antico, per ricchezza di
forme grammaticali, hanno il primato; poi l'inglese ; ultimo il danese.
La declinazione degl'idiomi germanici, eccetto questi due ultimi e l'olandese e sve-
dese, è ricca; molto vi fa l'articolo, che in quei del ramo scandinavo, tranne il meso-
gotico, è posto come suffisso dopo il nome, siccome in copto, in valaco, ecc. 11 tedesco,
l'olandese, lo svedese hanno tre generi; due il danese e il basso-tedesco, uno per le
persone, uno per le cose; nessuno l'inglese. 11 mesogotico, l'alto e basso tedesco antico,
l'anglo-sassone, il normannico, l'islandese e il dialetto di Feroe hanno il duale ne'pro-
nomi personali. Le lingue germaniche formano il comparativo per flessione; povera
n'è la conjugazione , che ricorre a tre ausiliarj per esprimere i tempi e modi onde
manca; eccetto però gl'idiomi scandinavi, fra cui il mesogotico ha il duale e il vero
passivo compiuto , e gli altri in cui trovasi pure quest' ultimo , benché limitato a
quattro tempi. Le lingue scandinave hanno eziandio molti verbi ausiliarj particolari
per variare e arricchire la conjugazione, ma non possono, come il tedesco, liberamente
creare aggettivi nuovi coli' unir un nome al participio attivo, benché facilmente colle-
ghino i nomi e gli aggettivi o fra loro o gli uni cogli altri. Possedono tutte la prero-
gativa di poter formare parole nuove secondo regole fisse, prerogativa comune col
greco e lo slavo, ma negata al latino e a' suoi figli ; essa in ricambio fa trascurar i giri
e le finezze dello stile. La costruzione del tedesco e dell'olandese è molto artifiziale;
meno quella delle altre lingue; semplicissima nell'inglese. Forse nessuna famiglia etno-
grafica offre altrettanta varietà nell' uso de' pronomi personali che servono a diriger la
parola, trovandosene quattro differenti.
Quanto alla scrittura, 1' alfabeto runico, non si sa quando inventato, era in uso in
tutta Scandinavia e fra gli Slavi-Vendi prima del cristianesimo. Valfabeto islandese è
quasi identico del runico, ed ha una lettera particolare per esprimere il ih. Valfa-
beto mesogotico fu formato da UHila a imitazione del greco. L' alfabeto anglo-sassone
era già adoperato in Inghilterra e Scandinavia. L'alfabeto gotico è il latino ridotto a
KTNOcnxFi.v dell'europa 77
forma quadrata, e carico di ghirigori dagli scrivani del medio evo, adoprato da quasi
tutti i popoli dell'Europa latina dal xiii al xv secolo. 11 preteso alfabeto tedesco è il go-
tico alquanto modificato: usasi dai Germani, Boemi, Sloveni, e alternato col latino dagli
Svedesi, Olandesi, Danesi; e fu unico agli Inglesi e Olandesi fin al secolo xvi. IJ alfa-
beto latino usasi da quei che parlano inglese e olandese, si estende in Isvezia, e co-
mincia in Danimarca, in Germania e ne' paesi fuori di questa ove parlasi tedesco.
IV. — Famiglia delle lingue slave.
Dai contorni di Udine, da Siliam nel Tirolo, e dal Bohmerwald nel cuore della Ger-
mania, fino alle estremità più remote dell'Europa e dell'Asia e alla costa nord-ovest
dell'America, sono diffusi popoli d'origine slava, su circa un sesto della superficie
abitabile del globo. E mentre mostrano le più grandi differenze fisiche e morali oppo-
sizioni, le lingue sì poco differiscono che potrebbero riguardarsi come dialetti d' un
solo idioma.
Queste nazioni , che tanto figurarono nel medioevo, in parte si estinsero, e quasi
tutte perdettero l'indipendenza. I Russi e alcune popolazioni della Turchia europea sole
conservano l'esistenza politica, le altre sono soggette alla Russia, all'Austria, alla Prus-
sia, alla Turchia. Da alcuni anni gli Slavi partecipano al movimento generale degli
Europei verso la coltura, una nuova attività gli anima, e fra alcuni rapida procede la
civiltà. Ma i Russi che dominano il più vasto impero che finora sia in realtà esistito,
primeggiano fra le genti slave pel numero di popoli che incivilirono e convertirono al
cristianesimo, come per tante istituzioni letterarie, e perfezionamenti e produzioni
in ogni genere, e grandi servigi prestati alla geografia, svelando regioni affatto
ignote.
Pare vadano fra loro collocati i Sarmati? implacabili nemici degli Sciti e dei Roma-
ni; i Rossolani, detti poi Ros; gli Jazigi di Strabone, celebri nel medioevo col nome
di Jativinges e di Pollexiani , i quali amavano meglio perir coli' armi che perdere
l'indipendenza: i Moravi che, prima di tutti, abbracciando il cristianesimo, godet-
tero la civiltà che lo accompagna; 1 Venedi o Vendi, distinti per coltura, e tra' quali
sono segnalati la potente federazione repubblicana dei Lutizii e il regno degli Obotriti;
i Serbi, il cui re Stefano Duchan nel secolo xiv conquistò gran parte dell' impero
d'Oriente, e solo da morte fu impedito di sedersi su quel trono ; i Pruczi, che dife-
isero contro gli Alemanni con incredibii valore i loro Dei e l'indipendenza; i Kuri che,
uniti con altri sotto il nome di Kureti, colle piraterie sgomentarono i naviganti del
Baltico; i Rusniaci ; i Novogorodi, repubblicani spertissimi del commercio e delle bat-
taglie ; i Cosacchi Zaporoghi, Spartani moderni per la singolare costituzione, il modo
di vivere, e la meravigliosa intrepidezza; i Cosacchi; i Ragusei, piccola gente che da
più secoli coltiva le scienze e le lettere, e conserva costumi dolci e raffinati tra nazioni
abbrutite; i Montenegrini, cui le rupi e il coraggio e il semplice costume proteggono
l'indipendenza, non obbedendo che agli anziani e ai vescovi. Troviam pure in questa
famiglia i Boemi, si possenti e civili ; i Polacchi; i Lituani, che entrante il secolo xiv,
fondano un vasto impero che diviene primo nel Nord sotto il grande Olgierd e Si-
gismondo Augusto; finalmente i Russi.
Ci pare poter in tre rami distinguere le lingue di questa famiglia:
I. RUSSO-ILLIRICO, detto dai Russi e dagli Ulirj , nome dato alla più parte dei po-
poli che parlano serbo o croato. Sue lingue sono:
A. SLAVA, SERVI ANA, SERBA e ILLIRICA o RUTENA, parlata in molti dialetti
dagli Slavi meridionali che chiamansi illirici, viventi negl'imperi turco e austria-
co, eccetto pochi coloni della Russia meridionale. Questa lingua, una delle più
ricche di vocaboli e forme grammaticali, è pure armoniosissima. La lunga domi-
nazione dei Turchi, Germani , Ungheresi , Veneziani introdusse nei suoi dialetti
molte parole di questi, ignote alle antiche produzioni. Da alcun tempo gli autori
studiano di scriver puro , ed evitando queste espressioni , avvicinarsi al .russo.
Benché la letteratura slava sia men ricca che la boema, la polacca e la russa, è
però più antica, e distinguesi in stot-ens/a e s/auo. La letteratura slava è variata assai,
possiede grammatica e dizionario, poemi epici, drammi, tragedie, commedie ori-
78 CEOGHAriA — EPOCA PRIMA
ginali, oltre assai traduzioni dal greco, latino, italiano, tedesco, su quasi ogni
soggetto anche di scienze. Quasi tutte però sono dovute a Ragusei o Serbi del-
l'impero austriaco, e furono pubblicate a Venezia, Ragusi , Buda, Vienna. La let-
teratura dello slawenski, cioè dell'antico russo, è poverissima. I monumenti più
antichi sono la versione di libri sacri, alcuni fin dell'863 ; il codice di Jaroslaf I
del principio dell' xi secolo; il testamento di Vladimiro il, morto nel H25; il
poema d'Igor e la cronaca di Nestore, del xii, continuata fino al xvii. In questa
lingua sono scritti tutti i libri pubblicati in Russia fino a Pietro il Grande. Escluso
dalla letteratura profana, losla-svenski restò sempre in Russia lingua della religione
e della liturgia. Il serbo scritto, che poco differisce fra i varj popoli, differisce
assai se si consideri qual è parlato.
I dialetti che più ci pajono diversi tra loro e dall'antico slavo e dalla lingua
parlata fin al medio evo, sono:
a. Il servi ano proprio o serblin, parlato dai Serviani, detti impropriamente
Illirj, Raczen, o Rhaces, che occupano quasi tutta la Servia coli' Erzegowina nella
Turchia europea, e sono diffusi anche nella Croazia, come nell'Ungheria e paesi
limitrofi.
b. Lo slavo italianizzato delle coste di Dalmazia dalla Narenta al Litorale un-
gherese, delle isole limitrofe, e dell' Istria.
e. L'use 0 00, parlato dagli Uscochi o Morlachi, che da sé diconsi Serbli, Vlahe o
Lahe, o Vlahe, nomadi coraggiosi e selvaggi, sparsi nella Servia, Bosnia, Dalmazia,
Croazia, Litorale ungherese e Carniola. È misto di molti vocaboli Turchi.
d. Il bulgaro, in Bulgaria, dai discendenti de' famosi Bulgari, di cui disimpara-
rono la lingua, e ora è un serbo misto di forestiere, massime di Turco. Pare
abbia un articolo, che colloca dopo il nome. È poco noto.
B. RUSSA MODERNA, parlata nell'impero russo dalla nazione dominante, e dalle
persone colte delle nazioni suddite; inoltre nella più parte della Gallizia e in parie
dell' Ungheria. Da che, sotto Pietro il Grande , si abbandonò lo slawenski per
iscrivere in ruski, questa divenne lingua dei libri e degli affari in tutto l'impero.
Da alcun tempo i letterati procurano sostituir parole slave alle straniere introdot-
tesi. Men libero nella costruzione che non lo slawenski, senza duale, né passati
composti che forma coli' ausiliario essere, il ruski può far diminutivi e accrescitivi
per flessione; quasi tutti i nomi hanno uno o due accrescitivi e tre diminutivi e
più; gli aggettivi hanno solo diminutivi. La letteratura ruska, nata sotto Pietro il
Grande, progredì straordinariamente in ogni genere, ma primeggia per le liriche
e per lavori di geografia e statistica. Il dizionario russo per ordine di radici, pub-
blicato al fine dell'ultimo secolo dall'Accademia, è, malgrado i difetti, la miglior
opera in tal genere che abbiano le lingue vive.
L'etnografia segna i seguenti dialetti, poco tra loro differenti ;
a. 11 veliki ruski o russo della Gran Russia, e che a Mosca parlasi più puro ed
elegante.
1). Il maloruski o russo della Piccola Russia, differentissimo dal primo non solo
per la pronunzia, ma per la grammatica e l'accettazione di molte parole.
e. Il suzdaliano, che prese molte voci slave.
d. L'oloneziano , con molte voci finniche.
e. Il rusniaco, dialetto antichissimo della Gallizia e di parte della Polonia.
C. CROATA, dai Korbati che la chiamano illirica. Poco se ne conoscono i dialetti, e
scarseggia di libri.
D. TFMD^, parlata da molti popoli slavi sottoposti all'impero d'Austria, impropria-
mente chiamati Windi. Sembra se ne possano distinguere questi dialetti:
a. 11 carniolino nella Carniola, usato anche dagli Sciavi che abitano all'est di
Udine nella valle di Resia.
b. 11 carintio.
e. Lo stiriano pochissimi libri ha, ma una delle migliori grammatiche della
lingua slava.
II. BOEMO-POLACCO, divisione che corrisponde a quella che Dobrowski chiama Sla-
vANiSKi od Occidentale. Gli appartengono le lingue:
ETNOGRAFIA DELL'EUROPA 79
A. BOEMA 0 CEKA, in cui
a. Il boemo grosso è parlalo in molti dialetti ; quel di Praga divenne lingua
scritta.
b. Lo slovako, parlato dagli Slovaki in Moravia, Slesia e Ungheria,
e. L'hannaco nella Moravia centrale.
d. Lo straniato nell'estrema Moravia verso l'Ungberia.
e. Il passekarscio, parlato dalle Settanlacinque-capanne (Passeken) presso
Frankstadt.
f. Il sai lasci asco, dalle Ventinove-capanne (Sallaschen) nel circolo di Radisc.
g. Lo szotaco misto di slovaco, rusniaco e polacco.
La lingua boema è ricca e armoniosa, e prestasi molto al canto. Le tante relazioni
coi Tedeschi v'introdussero molte voci loro. La letteratura, più antica che la polacca,
ebbe l'età dell'oro sotto re Carlo IV e Rodolfo 11, poi scadde nelle guerre religiose.
Ultimamente rivisse, ed è coltivata in giornali ed opere. I monumenti suoi prischi sono
un inno, composto dal vescovo Adalberto verso il 990; il salterio latino-boemo di Wit-
teraberg, che credesi del xii o xin secolo ; del qual tempo si giudica pure un codice
in pergamena, non ha guari trovato dal signor Ilanka di KòniginhotT, con poesie sto-
riche ed altre; seguono la cronaca di Dalemil del 1510, e la traduzione della Bibbia.
Il governo fece stampare a Vienna trecento canzoni popolari, fra cui alcune antichis-
sime. Per alcun tempo il boemo fu la lingua dotta e diplomatica di tutta Germania,
dopo che Carlo IV nella Bolla d'oro ordinò che ciascun elettore dovesse impararla.
B. POLACCA, dai Polacchi detti Lechi nel medio evo. Parlasi ne' paesi che già forma-
vano la Polonia. Adottò molte voci tedesche e latine, e i principali suoi dialetti sono:
a. quel della Grande Polonia, che raffinato divenne lingua scritta.
b. quel della Piccola Polonia, parlato in Cracovia e nella Gallizia.
e. quel della Prussia orientale.
d. Il kassubo sulle rive della Leda, dalle reliquie de'Kassubi, numerosa gente che
occupava già buona parte di essa provincia.
e. Il mazuro nella Mazovia e Podlachia.
L II polacco silesiano.
g. Il gora li ano de' montanari dei Crapaki.
La preferenza data al latino ritardò i progressi del polacco, che fiorì poi da Sigismon-
do I a Vladislao VII, quando ingegni eletti collocarono questa letteratura fra le prime.
Caduta in disuso fra le guerre civili, risorse sotto Poniatowski: nel 4801 a Varsavia si
fondò un'accademia per conservare e incoraggiare la lingua e la letteratura polacca,
ma tante sventure troppo la contrariano. Il dizionario di Linde è il pili dotto e impor-
tante di tutte le lingue slave.
C. SERBA 0 SOR AD A, parlata fino al xiv secolo dai Serbi che abitavano dalla Saal
all'Oder nell'Osterland, la Misnia, il ducato d'Anhalt, il circolo di Wittemberg, la
parte australe della marca di Brandeburgo, piccola parte della Franconia, e le due
Lusazie. Si spense poi, né pili si parla che in pochi villaggi. Non ebbe libri fin al
principio del secolo xviii ; ora possiede dizionario, grammatica, traduzione della
Bibbia nel dialetto di Cottbus e di Bautzen, nel quale fu tradotta parte della Mes-
siade di Klopstock.
in. WENDO-LITUANO o GERMANO SLAVO. Sue lingue sono:
A. ìVENDA t parlata fino al secolo xiv in varj dialetti per tutto il nord della Germa-
nia, misto di dialetti.
B. PRUCZJ 0 ANTICA PRUSSIANA t, parlata in undici dialetti differentissirai da
altrettante genti che costituivano la nazione dei Pruczi, fra la Vistola e il Pregel.
Per quanto facessero i cavalieri Teutonici onde estinguerla, usavasi ancora al tempo
della Riforma nel Samland, nel Natangen e in parte dell'Oberland. Verso il fine del
secolo xviii pili non parlavasi che da vecchi, poi morì, né ha libri che una gram-
matica, il catechismo e ì'Enchiridion pubblicati a Kónigsberga nel secolo xvi, in
dialetto di Samland. La lingua prucza si discerne dalle sorelle per la prevalenza
del tedesco sopra lo slavo, massime nelle declinazioni e nelle forme del participio:
ha due articoli, sei casi, e la sintassi molto simile al tedesco , senza i sibili del
polacco 0 lituano, ne le voci Unniche di quest' ultimo.
80 GEOGRAFIA — EPOCA PRIMA
C. LITUANA, parlata già dai potenti Lituani, ed ora dal solo vulgo.
D. LETTA, LETTWA, LETTONE, dai Lettoni, che sono il grosso degli abitanti del
governo di Mittau, di Riga, e di parte di quel di Witepsk nella Russia, e pochi
nella Prussia orientale. I più antichi monumenti sono del secolo xiii. : il primo
saggio letterario fu la versione d'alcuni cantici eseguita nel 1530 da Nicolò Ramm,
poi quella della Ribbia di Gluck nel IGSO, e racconti della santa Scrittura,
libretti d'istruzione o ascetici. Ora si traducono altre opere, e si stampano giornali
pel popolo.
Queste lingue abbondano più che le tedesche di consonanti, che accumulano al
principio delie sillabe, massime il polacco e boemo; molte sono molli, e in fine di
sillaba addolcite da un suono tutto particolare. Eccetto gl'idiomi serbo, wendo, pruczo
eccito, e il bulgaro, nessuna ha articolo ; si declinano per flessione, e quasi tutte
hanno sette casi, cioè i sei del latino e V istromentale. Il boemo, il polacco, il russo
distinguono nella declinazione gli esseri vivi dagli inanimati. La più parte di queste
lingue sono ricche di aumentativi e diminutivi per flessione, e formano cosi i compa-
rativi e i superlativi.
Nessuna famiglia etnografica, fuor della semitica , della sanscrita e della malese ,
offre tante differenze d'alfabeti per rappresentar suoni quasi identici. Usano gli Slavi:
il cir UH ano 0 serbo o ruteno, più antico di tutti, inventato dal greco Cirillo nell'SeS,
coU'aggiunger nuove lettere a quelle dell'alfabeto greco. I suoi più antichi monumenti
sono un'iscrizione su pietra a Kiof del 996; libri di chiesa manoscritti del 10S6, con-
servati a Pietroburgo o ne' conventi del monte Atos. Ila quarantadue lettere, e chi dice
quarantotto. V alfabeto glagolitico- schiavone-bukountza o diviuca, detto anche di san Gi-
rolamo, poiché lo pretendono inventato da questo santo, pare posteriore al cirilliano,
e trovato da un prete dalmata; e differisce molto dal primo pei ghirigori onde sono
cariche le sue quarantadue lettere, che lo rendono discomodissimo. Il suo più antico
monumento è un salterio del secolo xiii, in pergamena, e si usa da pochi in libri asce-
tici. L'alfabeto russo o di Pietro il Grande, è il cirilliano, modificato da questo impe-
ratore col toglierne alcune lettere inutili e arrotondarne altre. Ila trentacinque lettere,
di cui due si adoprano di rado, e si usa in tutto l'impero russo. I Servi, i Roemi,
parte degli Slovachi, ed altri che parlano dialetti boemi, i Cassubj e gli Slavi silesj
che parlano dialetti polacchi, si servono di lettere tedesche; gli altri di latine: combi-
nandone due 0 più, e con alcuni accenti o segni particolari, s'ingegnarono di rap-
presentar i suoni speciali al loro idioma, cui non basterebbero i pochi caratteri latini
e tedeschi. A questi cinque alfabeti si possono aggiungere il runico-ivendo, usato già
dai Wendi settentrionali, gran tempo prima che vi s'introducesse il cristianesimo, ed
i cui caratteri vedonsi sugl'idoli di Retra, non lungi da Neustrelitz : il greco, adottato
nel secolo vii dagli Slavi stabilitisi nel Peloponneso: il bulgaro, imitato dal glagolitico,
che ha trentuna lettera, quasi tutte a linea doppia come i glagolitici.
V. — Famiglia delle lingue uraliane o finniche.
Dalla costa nord-ovest della Norvegia sino all' Ural , e da questa lunga catena lìn
presso a Jenissei nel centro della Siberia, poi dalla Leila al Seret, e dai Crapak al Da-
nubio , vivono nazioni uraliane, fra popoli differenti conservando da secoli i costumi,
le abitudini, la favella propria. Come la razza slava, l'uraliana offre moltissime varietà
sia nella statura, nel color de' capelli, ne' lineamenti, nella forza, sia nei costumi, nella
religione, nello sviluppo intellettuale. Fra i tratti differenti delle nazioni onde si com-
pone questa famiglia, gli Ungheresi e gli Ostiachi pajono esibirne le estremità fisiche e
morali, malgrado la grande affinità delle lingue. Le nazioni uraliane, generalmente più
indietro nella civiltà, e fra gli Europei le solo dove alcune tribù languiscano nell'ido-
latria, mostrano però nel costume una certa civiltà, che trapela traverso il silenzio
della storia, le favole e le esagerazioni delle cronache e de'viaggiatori. I molti termini
relativi a pesca, navigazione, agricoltura ed a certe comodità della vita , che varj
idiomi settentrionali tolsero dal finnico; la bussola; la gran fiera annuale che leaevasi
nella capitale della famosa Riarmia, ne sono prova.
Rispetto alle lingue, possono disiiuguersi in ciaque rami :
ETNOGRAFIA DELL'EUROPA 8i
I. FINNICO, detto germanizzalo per le tante voci venutegli dalle lunghe relazioni dei
popoli Ciudi 0 Finnici coi Goti, Norvegi, Svedesi, Tedeschi, poi coi Russi. L'etno-
grada pare vi distingua quattro lingue:
A. FINNICA propria o Si'OMENh'IELI, parlata dai Suomi o Finlandesi, che sono
la maggior parte del granducato di Finlandia, e parte dei governi di Olonetz e
Pietroburgo. Suoi dialetti:
a. Il finnico, che divenne lingua scritta di tutti i Finlandesi.
b. Iltawasino della Finlandia centrale e settentrionale.
e. Il care Mano dell'orientale.
d. L'olonetziano nel governo d'Olonetz.
e. Il watialaiset dei Watlander, popolo un tempo numeroso, ora ridotto a pochi
abitanti presso Narva.
Riunita la Finlandia svedese alla Russia, la letteratura Unnica progredì, ed ora è la
più importante di questa famiglia dopo l'ungherese. I suoi monumenti più antichi sono
i Runotz, canzoni, pubblicate in tedesco da Schrotternel 1819; ed iproverbj, pubblicati
l'anno stesso a Viborg: sulle prime Ganander formò hmitologia finnica. Oltre la tradu-
zione della Ribbia e molti libri ascetici, bisogna noverare fra le produzioni più antiche
la versione del libro d'Erasmo De civiiitate morum puerilium, fatta nel 1670; fra le
moderne, molti libri d'istruzione, grammatica, dizionarj, altri componimenti originali
0 tradotti, il codice svedese e la Ribbia.
B. ESTONI Aj dagli Esten, i cui avi erano formidabili corsari, e che ora abitano il
governo di Revas ed i circoli di Pernau e Dorpat in quel di Riga. Dialetti princi-
pali il revas e il d orpat.
C. LAPPONE, dai Sami o Lapponi, abitanti 1' estremità settentrionale dell' Europa
nella monarchia svedese e russa.
D. UVA t parlata già dai Liwen, numerosa nazione della Livonia, prima che v'arri-
vassero i Tedeschi-, terribili corsari che occupavano il terreno fra il Baltico, la
Duna e il Salis. Avendo poco a poco abbandonato il loro idioma per parlare quello
dei Letti, può riguardarsi come morto, sebbene lo usino tra loro, misto però di
moltissime espressioni forestiere.
II. VOLGAICO, che parlasi lungo il Volga e i suoi confluenti , misto assai di turco.
Comprende
A. La CERMISSA, parlata dai Mari o Cermissi, viventi lungo il Volga e isuoi confluenti
a sinistra, alcuni ancor idolatri, agricoltori insieme, pescatori, cacciatori e pastori.
Alcune centinaja vivono come coloni nel governo del Caucaso: altri sono sparsi
fra altre nazioni. La lor lingua, di cui è una grammatica, ha due declinazioni con
sei casi , ove i pronomi hanno declinazione propria: il plurale si forma coH'ag-
giungere schaniuts, il comparativo coll'aggiunger rafc, e il superlativo col preporre
pesch. La conjugazione ha tre tempi, presente, imperfetto, trapassato, che forma
quasi al modo delle lingue slave; esprime il futuro coll'aggiunger un avverbio al
presente; ha quattro modi, infinito, passivo, neutro e casuale, ognuno con conju-
gazione particolare quando il senso è negativo ; le preposizioni son aggiunte alla
fine della voce che reggono.
B. MORDUINA, dai Morduini, divisi in varie tribù, ciascuna con un dialetto: quasi
tutti cristiani, viventi di caccia e pesca. Vi fu tradotta non è guari la Bibbia.
III. PERMIANO, parlato dai Komi-maart o Permiani, e dai Sireni, che usano due dia-
letti distinti. Il permiano può riguardarsi come quasi morto, avendo i più adottato
il russo. Anche il sire no parlasi da pochi.
Il wotiaco è parlato dai Wotiachi, che vivono principalmente fra il Rama e la Viatka
e luogo la Bielaga; tutti cristiani, molto sudici, e industriosi più degli altri di lor
razza nell'impero russo, eccetto i Finnici, e forse gli Estonj. La grammatica wotiaca
ha molte particolarità notevoli; declina il nome in sei diverse guise secondo i sei
pronomi possessivi che li precedono ; anche i pronomi presentano molle difficoltà
e anomalie nella declinazione; il verbo ha due conjugazioni, cinque modi, ed or
più or meno tempi; la negazione intercalala nella conjugazione vi i)roduce molti
cambiamenti; le preposizioni seguono sempre il loro reggimento, e alcune hanno
' fin tre diverse terminazioni, non secondo i generi, che questa lingua non distin-
Cantù, Documenti. — Tomo I, Geografia politica. 6
82 GEOGRAFIA — EPOCA PRIMA
gue negli oggetti che naturalmente ne sono privi , ma secondo le persone. Vi fu
tradotta la Bibbia.
IV. UNGHERESE. Sue divisioni sono:
A. UNGHERESE o MAGIARO, parlato dai Magiari o Ungheresi, che sono circa un
terzo della popolazione dell' Ungheria e un quarto della Transilvania, oltre altri
nella Bukovina, Gallizia, Moldavia. Gli Ungheresi non sono sparsi che in quaranta
comitali del regno d'Ungheria. Quattro dialetti principali vi si distinguono: il
paloczen, quel dei magiari di là dal Danubio, quel dei magiari del Teiss,
quel degliszekli, che sembra il meno raffinato, e che strascica eccessivamente
le parole.
L' ungherese è armonioso per la proporzione di vocaboli e consonanti, e la cura di
schivar l'incontro di consonanti doppie. Ila molte voci straniere, massime slave, tede-
sche, latine, quasi tutte relative a idee morali e scientifiche, e altre importate dalle
nazioni che incivilirono il paese e che v' ebbero a fare. Non ricco come il tedesco, lo
vince in energia e concisione, e può crescer le sue parole per flessione o per composi-
zione. È attissimo alla poesia, come lo mostrano i saggi fattine da Revai, Zabo, Rajnis,
che v'introdussero i metri greci e latini. Come l'inglese, non ha generi; due declina-
zioni e otto casi. La conjugazione abbonda di modi e tempi , benché deva ricorrere al
verbo essere per esprimere il piuccheperfetto, e ad un altro pel futuro; ed ha tre parti-
cipj , uno pel presente, uno pel passato, uno pel futuro. In alcune sue forme somiglia
alle conjugazioni semitiche pifiele hifrìil. 11 verbo attivo ha la singolarità d'esser coniu-
gato in due modi differenti, secondo che si usa in un senso generale o in uno deter-
minato: per es. tudok io so in generale; adok io do in generale; (iidom so una tal cosa;
adom do una tal cosa. Come l' italiano , il latino e altre lingue, non ha bisogno d'ag-
giungere i pronomi personali al verbo, se non quando voglia darsi maggior espressione
al discorso: colloca sempre le preposizioni dopo il loro complemento. Fin al 1792 limi-
tato ai soli usi della vita comune, ed escluso dai tribunali, dall'amministrazione, dalle
scuole ove usavasi il latino, 1' ungherese non poteva perfezionarsi, onde la sua lettera-
tura, benché antica, è ancor poco ricca. Un decreto di Francesco 1 sanzionò l'uso della
lingua nazionale nei tribunali e nelle amministrazioni del regno, e l'insegnamento in
tutte le scuole pubbliche, salvo quelle di teologia e di medicina. Allora, e massime in
questi ultimi anni, venne in gran fiore, ponendosi non solo al primo posto tra le lingue
di sua famiglia, ma, sotto l'aspetto poetico, in un distinto fra le altre d'Europa. Vi
furono tradotte le migliori opere d'Inglesi, Tedeschi, Italiani, Francesi, Greci, Latini,
e in sì breve tempo vi comparvero molte opere originali, oltre almanacchi e giornali.
B. WOGULO dai Mansi o Woguli, quasi tutti cristiani e viventi di caccia e pesca nelle
alte valli dell' Ural e nel governo di Toboisk e di Tomsk. Secondo Klaprotb,
cogli Osliachi dell' Obi discendono dagli abitanti della famosa Juguria, di cui
occupano una parte. Egli distingue in essi quattro dialetti, denominati dai cantoni
ove si parlano.
C. OSTIACO 0 ODIOSTIACO, distinto dagl'idiomi della famiglia Jenissei. Gli A$-jach
0 Ostiachi dell' Obi che lo parlano, son per lo più cristiani, vivono di caccia e pe-
sca, e discendono dagli abitanti dell' Ingovia.
V. INCERTO. Chiamiamo così una classe che comprende lingue classificate solo per
congettura :
A. L'UNNICA? t parlata già dagli Unni.
B. AVARA? \ parlata dagli Avari.
C. BULGARA? \ dai Bulgari della Gran Bulgaria, paese lungo la Kauna e il Volga
nell'odierna Russia centrale.
D. KAZARA? t dai Kazari, nazione bellicosa, guerresca e commerciante, il cui nome
trovasi nel ii secolo nei racconti degli autori armeni.
Gl'idiomi di questo gruppo sono in genere dolci e armoniosi , e poco singolari le
grammatiche. Le finniche proprie distinguonsi per gran numero di casi, che sono sette
nell'estonio, tredici in alcuni dialetti del lappone, e quindici nel finlandese. Da tal do-
vizia sono ben lontani gli altri rami, eccetto l'ungherese, cui le antiche grammatiche
attribuivano tredici casi, otto le moderne. In generale le lingue uraliane non ricono-
scono sesso negli oggetti che non ne hanno naturalmente; formano per flessione il
FORME DI GOVERNO 83
comparativo, superlativo e diminutivo; la conjugazione povera di tempi, onde ricorrono
ad ausiliari; la negazione intercalata nella conjugazione, rende quella d'un verbo ne-
gativo differente assai da quella del positivo ; e le preposizioni seguono, invece di pre-
cedere il loro complemento. Per la scrittura valgonsi dei caratteri tedeschi e latini ,
esprimendo con gruppi di lettere i suoni a loro particolari, che non potrebbero rap-
presentarsi con quelle semplici. Alcune grammatiche e dizionarj delle nazioni più
incolte furono pubblicate dai Russi colle lettere loro proprie.
La lingua è il carattere più stabile delle nazioni, fratellanza di popoli, quantunque Nazioni
distinti per religione e civiltà e modo di governo. Così una è la nazione italiana, benché
divisa fra tanti dominj; e inglesi diconsi quelli stabiliti da secoli nelle colonie. Politi-
camente si dà invece il nome di nazione a quelli tutti che son compresi in una sola
unità governativa, come i Francesi, benché ve n'abbia di Tedeschi, d'Italiani, di
Baschi.
S/ató chiamasi geograficamente un tratto di terra, i cui abitanti son legati socialmen- Stati
te, e sottoposti alla medesima potestà civile. Alcuni Stati sono sovrani, cioè indipendenti
da ogn'altro; alcuni son ristretti da altri nell'esercizio dei loro diritti, come vassalli, o
tributar], o protetti : così l' Inghilterra è Stato indipendente, ed ha vassalli molti Stati
dell' India, sudditi alcuni altri, io protezione le isole Jonie.
Talvolta uno Stato è compreso fra limiti naturali, come 1' Inghilterra e la Spagna;
talaltra fra artiGziali, come il Belgio e la Svizzera.
I governi possono essere o monarchici o repubblicani, secondo che l'imperante è una
persona fìsica e stabile, o una morale ed eleggibile. Nei monarchici il re talvolta con-
centra in sé il potere legislativo, l'esecutivo e il giudiziale, e tutti i diritti maestatici
senza restrizioni positive, e allora dicesi assoluto: che se anche è arbitro degli averi,
della libertà e della vita de' sudditi, chiamasi dispotico. Monarchia costituzionale o tem-
perala si ha dove il capo strinse un patto coi sudditi, e non può far leggi senza il con-
corso de' rappresentanti di tutta la nazione o d'alcune classi. L'effetto giuridico di tale
limitazione è che l'imperante non oltrepassi i confini assegnatigli.
Nel governo repubblicano, il potere supremo risiede, o nell' assemblea generale di
tutti i cittadini naturalmente capaci di votare, e allora chiamasi democratico ; o in alcune
classi 0 persone privilegiate, e chiamasi aristocratico. La democrazia può degenerare in
oclocrazia, quando la feccia del popolo delibera per capriccio ; o in oligarchia, quando
pochi prevalgono, in modo di surrogare la propria alla volontà di tutti.
Nel governo /eurfa/e v'è un capo supremo, che concede porzione dell'autorità, della
giurisdizione e delle proprietà ad alcuni, e questi la sublocano ad altri, in modo da
formar una concatenazione di dipendenze, obbligate a certi servigi e prestazioni, mas-
simamente militari.
Gli Stati monarchici prendono i varj nomi di impero, regno, arciducato, granduca-
to, ducato, principato, contado, landgraviato, margraviato o marchesato, banato, ecc.
Questi nomi non esprimono una gradazione, essendo il piccol principe di Monaco indi-
pendente quanto l'imperatore di Russia: la diplomazia assegna i titoli da dare a questi
signori, che si conservano talora anche cessata la cosa, come avviene dei re di Gerusa-
lemme e di Cipro.
Molti Stati indipendenti possono formare una confederazione. Talvolta questa è di
Stati repubblicani, come la Svizzera e gli Stati Uniti d'America; talvolta di Stati rego-
lati diversamente , come la Confederazione germanica. Una confederazione non forma
uno Stato solo, giacché vi manca l'elemento essenziale d'un comune imparante.
§ 13. — Religione.
Non si è trovato popolo che non avesse una religione, cioè là credenza in qualche Religioni
essere superiore, efficace sugli avvenimenti della terra, e perciò invocato e propiziato.
Declinando dalla prima rivelazione, gli uomini cangiarono più o meno di credenze; ed
oggi — I. alcuni riconoscono il Dio vero rivelato. — ii. altri un Dio creatore e reggitore,
ma gli attribuiscono e nome e forme differenti 5 — ni, altri adorano le creature.
84 GEOGRAFIA — EPOCA PRIMA
Sono tra i primi
a. gli Ebrei, tenaci all'Antico Testamento, rifiutando il Nuovo. Non hanno più sede
fissa, ma trovansi diffusi per tutto il mondo. Non effigiano la divinità : raccolgonsi a
canti e preghiere nelle sinagoghe: santificano il sabbato; e distinguonsi in tre sette
princidali, Talmudisti, Rabbinisti, Caraiti.
b. i Cristiani , seguaci del Vangelo, portato da Gesiì Cristo figliuol di Dio in-
carnato. Venerano la domenica, s'adunano in chiese o cappelle; ed occupano la parte
più colta del mondo intero, sempre più crescendo. Distinguonsi in moltissime chiese,
di cui ecco le principali:
La Cattolica, che oltre il Vangelo e i libri canonici, riconosce la tradizione con-
servata nell'adunanza de' fedeli, a cui capo è il papa. Ammette molte diversità di di-
sciplina e di riti, ma sta ferma all'unità di credenze, chiarite dalle decisioni de' Concilj (1 ).
La Greca od orientale, cui appartengono gli Ortodossi dell'impero russo, della
Grecia, della Turchia, sotto capi non dipendenti fra loro ne dal papa; i Nestori ani o
Caldei; i Monofisiti, suddivisi in Giacobiti, Copti, Armeni; i Maroniti del Libano.
La Luterana o protestante, e
La Calvinista o riformata ; nate nel xvi secolo, e che proclamarono la personale
interpretazione de' libri sacri, talché può dirsi che ogni credente ha una fede sua pro-
pria ; né ormai sono più tenuti ai simboli che in origine avevano fissato.
In questo esame individuale altri spinser più innanzi la negazione, e ne vennero i
Socciniani che impugnano la Trinità, e in conseguenza la divinità di Cristo; la più
parte di questi stanno nell'impero austriaco. Altri proclamarono la personale ispira-
zione, donde le varie sètte àei Metodisti, numerosissimi nelle possessioni e nelle colonie
britanniche; i Mennonisti o haHis\i ; i Fratelli Moravi o Ernutti, diffusi moltissimo,
benché in piccol numero; gV Indipendenti o Congregazionisti, che uscirono dai Calvi-
nisti di Scozia; ed ora i Mormoni in America.
La chiesa Anglicana è piuttosto uno scisma della cattolica, avendone conservato le
principali credenze, ma togliendo la supremazia spirituale al papa, per darla al re.
e. i Musulmani vengono dall'arabo Maometto; tengono per codice civile e re-
ligioso il Corano, santificano il venerdì, adorano nelle moschee, e contano gli anni lu-
nari dal 622 d. C, anno dell'egira, cioè della fuga del loro profeta. Le principali sètte
ne sono i Sunniti, che olire il Corano, accettano la tradizione, e son diffusissimi nel-
l'Asia ; i Siiti, che venerano i primi imami ed Ali genero del profeta, e dominano prin-
cipalmente nella Persia. Ciascuna setta è suddivisa in altre moltissime, e a tutte porta-
rono guerra 1 Vahabiti, sorti in Arabia a mezzo il secolo passato, e che tentano ridurre
l'islam alla primitiva semplicità.
Fra le religioni della seconda classe poniamo
a. il Culto degli spiriti, religione antichissima del Giappone, della Corea,
del Tonkin, della Cina ;
6. la Religione di Confucio, razionalismo da questo dottore introdotto nella
Cina, e diffuso nei paesi ove dominavano la religione predetta e quella del Sinto ;
e. il Bramismo, religione dell'India, cui testo sono i Veda, e varietà l'adora-
zione di Siva, di Visnù, d'altri Dei, ne' quali è personificata la potenza dell'unico Iddio;
d. il Buddismo uscì dal precedente dieci secoli av. C. con precetti più sem-
plici, e metafisica più complicata, la quale conchiude al panteismo. Ha un'infinità di
seguaci nelle Indie, nella Cina, nell'Oceania. Ne è varietà il Lamismo, che vi innestò
una gerarchia regolare, e signoreggia l'elevato centro dell'Asia;
e. da una mistura dell'islam e del buddismo si formò il Nanekismo o religione
dei Siki, professato nell'India;
f. la religione dei Magi ha per codice lo Zendavesta, per simbolo il fuoco, per
cultori i Parsi o Guebri, stanziati nella Persia e nell'India.
Alla terza classe appartengono le varie forme del politeismo. Se si adorano efTigie
delle varie divinità, chiamasi Idolatria, e questa formò un panteon coltissimo in
Egitto, in Grecia, nell'Italia antica. Se si adorano i corpi celesti, appellasi Sabeismo,
(I) L'Orbe Cattolico, ossìa Aliante geoqra/ico, storico, ecclesiastico. Opera del comni. Girolamo
Preti, Roma 185b (P. 1", Italia e Svinerà).
RELIGIONI
85
forma diesi mescolò a lutti i culti. Sci corpi naturali, animati o no, dicesi Feticismo,
ed è la forma più grossolana cui sicno discesi i barbari e i selvaggi. Al fondo però di
tutte queste religioni si trova ancora la credenza in un Dio creatore, e conservatore, e
talvolta rimuneratore.
Quelli che negano la divinità, chiamansi Atei. Quelli che accettano un Dio, ma senza
influenza sulle cose umane, non rivelatosi, non rimuneratore, diconsi Deisti. Chi iden-
tifica Iddio colla creazione, cosicché il mondo sia Dio, chiamasi Panteista. Chi alla ri-
velazione 0 al sentimento surroga i raziocinj, e riserva a ciascuno il diritto d'interpretar
come vuole le credenze e i precetti, dicesi Razionalista-.
Comparazione numerica presuntiva delle principali credenze
dsgli abitanti del globo.
Maltebrcn
Graberg
PiNKERTOIV
Balbi
Hassel
luìlioni
Crisliancsimo (Chiesa latina 1
139 milioni? greca e dira- /
mazioni 62 milioni? prò l 228
testante e sue suddivisioni l
59 milioni?) ]
mìlioDi
236
milioni
235
milioni
262
252,000,000
Giudaismo tutt'al più .... 5
5
5
4
3,930,000
Islam co' suoi rami 120
120
120
00
120,105,000
Dramismo co' suoi rami ... 60
00
60
60
111,353,000
Buddismo co' suoi rami ... 150
150
180
170
315,977,000
Credenze di Confucio, di Sinto,
culto degli Spiriti, credenza
dei Siki , Magismo, Fetici-
smo ecc 100
115
100
147
134,490,000
Totale 653
686
700
739
937,855,000
14. — Epeìrografia.
Passiamo ora a considerar la terra come reale stanza dell'uomo, e secondo gli spar- Divisione
timenti in cui penetrò successivamente la nostra stirpe, migliorando e migliorandosi, «iella terra
Le presenti divisioni del globo terracqueo non sono storiche, e i nomi applicativ
letterariamente sono spesso ignoti ai popoli medesimi. Europa un tempo chiamavasii
solo un piccol paese vicino al mar Nero ; Asia un lembo delle coste occidentali dell'A-
natolia (Asia Minore) 5 Africa una parte della costa meridionale del Mediterraneo. So
quattro secoli av C. s'incontra questa divisione in tre parti, mal determinate. 11 Medi-I
terraneo segnava limiti naturali fra l'Africa e l'Europa ; ma fra questa e l'Asia, fra l'Asia
e l'Africa erano irresoluti. Si assegnavano in Europa il Don 0 il Volga; in Africa il
Nilo ; anzi la valle di questo (Egitto) fu gran tempo tenuta per asiatica. Da poco in qua
i limiti son determinati, per convenzione più che per ragione -. ma non tutti gradirono
l'idea d'attaccar le isole alla parte cui trovansi più vicine; il che ne separerebbe dal-
l'Europa alcune, che la storia vi connette.
86 GEOGRAFIA — EPOCA PRIMA
^ j5. — GeograGa fìsica dell'Europa.
L'EunopA fra il 55° e il 70" dì lat, sett., e fra illO occid. e il 60 or. sulla superficie
di 2,793,000 miglia geografiche, ossia 10 milioni di chilom., è conterminata al nord dal-
l'oceano Artico, all'ovest dall'Atlantico, al sud dal Mediterraneo e dal mar Nero; all'est
si unisce coll'Asia, e sui confini suoi variarono i geografi, ma oggi ritengono il corso
del Kara, i monti e i fiumi Ural, la costa occidentale del Caspio, e la sommità del Caucaso.
Mari Oltre gli oceani predetti, la bagna il Mediterraneo dallo stretto di Gibilterra a quel dei
Dardanelli, variando nome secondo le terre che lambe o fra cui s'ingolfa. Per lo stretto
de' Dardanelli va a comunicare col mar Nero, che i monti della Crimea separano dal
mare d'Azof.
Un altro mediterraneo al settentrione, cioè il Baltico^ s'insinua fra la penisola Scan-
dinava, le coste di Germania e di Russia ; poi, col nome di mare del Nord, separa le
isole Britanniche da Francia, Germania e Norvegia.
Golfi Copiosissima di golfi è l'Europa, quali sono — a. Nell'Oceano Artico il Cerskaja e il
mar Ì3ianco, il Waranger-Fiord, il West-Fiorden. — 6. Nell'Atlantico il golfo di Gua-
scogna (mare Cantabricum). — e. Nel Mediterraneo i golfi di Lione, di Genova, di Ta-
ranto, l'Adriatico, quei del Quarnero, di Patrasso o Corintio, di Corone, di Nauplia,
d'Egina, di Salonichi, d'Odessa, di Perekop; ultimo il mare di Azof o palude Meotide,
il quale forse un tempo attaccavasi col Caspio (1). — d. Nel Mediterraneo nordico, i golfi
di Botnia, di Finlandia, di Livonia, di Danzica, di Cristiania, di Bergen, di DoUart, dello
Zuidersee, e i tanti sulle coste inglesi.
Molti stretti pongono in comunicazione queste acque.
Monti È l'Europa tagliata in due parti da una spina di monti, che dal capo Finistere in
Galizia s'allunga fino al mar Nero. Al sud se ne staccano perpendicolarmente varj rami,
che formano le tre penisole di Spagna, Italia e Grecia. Al nord le corre parallela un'altra
linea di montagne più basse, separatane per le valli del Danubio e del Rodano ; e dietro
di essa scende una gran pianura verso il mare, la quale avanzando verso l'Asia dilatasi
a segno, che fra il mar Nero e l'oceano Artico copre tutto il continente per l'ampiezza
d'oltre 2060 miglia. Poi sollevasi ancora il terreno nelle alture delle isole Britanniche
e della Scandinavia, che dirigendosi dal nord al sud, accostansi al continente, col quale
formano gli stretti di Calais e del Cattegat.
Pertanto possiam in Europa designare quattro sistemi di montagne: a. Vesperio pe-
ninsulare ; 6. Valpino continentale, che potrebbe dirsi attaccato al primo per via delle
Sevenne ; e. lo scandinavo, e d. il britannico oceanici. 1 Pirenei non hanno altissime cime
di perpetui ghiacci, ma i passaggi vi sonpoco meno elevati che nelle Alpi. Quest'ultime
hanno la maggiore altezza del continente nostro, e determinano la disposizione dei ter-
reni dell'Europa centrale, acquapendendo verso i quattro mari europei, e dando ori-
gine ai principali fiumi, mentre spartono il clima, i venti, la flora e la fauna del Set-
tentrione da quelle del Mezzodì, e anche in molti rispetti le lingue e la civiltà. Sopra
uno sviluppo di 7o0 miglia, stringonsi in cinque gruppi principali: il centrale che co-
mincia appo Savona, e stendesi fin alle sorgenti della Drava ove si biparte; il gruppo
orientale da Fiume sin alle fonti della Livenza, poi fin al mar Nero ; il gruppo meri-
dionale 0 degli Apcnnini, che staccansi dalle Alpi presso Savona, e traversano Italia fin
all'estremità; il gruppo occidentale, cioè il Giura, le Sevenne e i Vogesi ; il gruppo
settentrionale, ossieno le montagne di Germania e d'Ungheria.
Altipiani Tra questi monti giaciono alcuni altipiani, come sono il centro della Spagna, gran
parte della Svizzera occidentale e settentrionale, le alture del Poitou e dell'Orleanese,
la Boemia, e sovratutte la Russia.
Le pili grandi pianure sono la già detta da' Pirenei occidentali all'Ural; le pantanose
dell'Ungheria; quelle della Svezia orientale, dell'Inghilterra orientale, e dell'Irlanda;
(<) Quest'asserzione ci fu impugnata da alcuni, crede tale diversità venuta solo da .diminuzione di
allcgaDdo che tra il Caspio e il mare d'Azof corra acque nel Caspio dopo separatosi | e ritiene che que-
una differenza di livello di ni. -108, comeasserirouo sto fosse una volta unito col mar Nero: altra asser-
Parrot e Engclhart. Ma i viaggi di lloraniaire nel zionc nostra, di cui un benevolo critico ci appuntò.
-I8Ì3, riducono questo slivcllo a m. -18. 505. Kgli
1
GEOGRAFIA FISICA DELL'EUROrA
87
poi la Russia mcTÌdionaìe, larga il doppio della Francia. I contorni del mar Caspio,
l'Olanda e alcune parli della Germania settentrionale stanno più depresse che il livello
dell'Oceano.
Tra le valli la più ricca è quella del Po, le più belle quelle del Reno e del Rodano, la Valli
più lunga quella del Danubio. Le maggiori valli delle Alpi e del Giura sono longitudi-
nali, mentre ne' Pirenei, ne'Carpazj, negli Apennini, nelle Sevenne, e nei Vogesi le
dirette in quel senso son le più piccole.
Quattro grandi penisole vedonsi in Europa: la Spagna^ fra l'Atlantico e il Medi- renisele
terraneo; l'Italia, fra il mar Tirreno e l'Adriatico; la Grecia, fra l'Adriatico e l'Arci-
pelago; la Scandinavia, fra il Baltico e il mare del Nord. Secondarie sono il Giutland,
fra il Baltico e il mare del Nord; la Bretagna^ fra la Manica e il golfo di Guascogna;
la Crimea, fra il mar Nero e quello d'Azof.
Delle isole le principali sono : nell'Atlantico le britanniche, Parcipelago delle Feroe, Isole
quelle sulle coste di Francia, le Azzore ; nel Mediterraneo meridionale le Baleari, le
sardo-corse, le italiane, colla Sicilia, Malta, le jonie, l'arcipelago greco ; nel Mediterraneo
settentrionale le isole olandesi di Valchern, Beveland, le danesi di Seeland, Fionia,
Laaland, Falster, Bornholm, l'arcipelago di Aland, nell'oceano Artico le innumerevoli
attorno alla Norvegia, la Nuova Zembla, l'arcipelago dello Spitzberg ecc.
Dalle montagne scendono fiumi, che secondo il pendio di quelle scorrono ai mari. Fiumi
Quelli che versa il sistema alpino da Toulon a Costantinopoli, cadono nel Mediterraneo :
quelli che piovono dalla catena parallela a questa, dai Pirenei sino al Pruth, se scendono
dal pendio orientale o meridionale, sono portati dal Rodano nel golfo di Lione, o dal
Danubio nel mar Nero, o dal Reno nel mar Germanico; se scendono all'ovest o al nord
d'essa catena, mettono nell'Atlantico e nel Mediterraneo settentrionale, e alcuno nel
mar Nero. Nel sistema esperico, le catene Iberica e Peno-betica separano gli affluenti
del Mediterraneo da quei dell'Atlantico. Gli altri sistemi essendo più semplici, i fiumi
piovono pei due pendii.
Origine
Pirenei
Catena iberica
Altura centrale
Catena penobetica
QUADRO. DEI FIIMI PRINCIPALI D'EUROPA.
Fiumi del sistema esperico.
Nomi odierni Nomi antichi Lungh. in leghe Sbocco
IMinho Minius 65 Atlanticc
Garonna Garumna
Adur Athurus
Ebro Iberus
i Duero Durius
( Xucar Sucro
S Segura Tader
) Tago Tagus
Guadiana Anas
Guadalquivir Boeiis
Gruppo centrale :
pendio meridionale^
pendio settentrio-
nale
e occidentale
Fiumi del sistema alpino.
Po Padus
Ticino Ticinus
Adda Addua
Oglio Ollius
Adige Athesis
Rodano lihodanus
Isera Isara
Durenza Druentia
Reno Khenus
Reuss . . .
Aar Arola
Lech Licus
Isar Isargus
Inn GEnus
Drava Braus
Muhr Murius
Sava Savus
65
Atlantico
130
})
70
1)
150
Mediterraneo
165
Atlantico
90
Mediterraneo
70
3>
225
Atlantico
200
»
120
»
100
Adriatico
40
Po
50
»
40
))
90 .
Adriatico
190
Mediterraneo
68
Rodano
80
])
330
Mare del Nord
50
Reno
60
»
50
Danubio
70
»
100
»
160
»
80
Drava
HO
Danubio
GEOGRAFIA — ÈPOCA PRIMA
Origine
Gruppo orientale:
pendio meridionale
Nomi odierni
Narenta
Drin
Vojussa
Aspropotamo
Rufia
Vasilipotarao
Vardari
Mari za
Struma
Salembria
pendio settentrionale Morava di Ser
ÌArno
Tevere
Volturno
Ofanto
Mosella
Mosa
Schelda
Somma
Senna
Marna
Orne
Vilaine
LofVe
AUier
Cher
Vienne
Creuse
Charente
Dordogne
Lot
Tarn
Nomi antichi Lungh. in leghe Sbocco
Naro CO Adriatico
Drinus 70 »
Aous 40 »
Achelous 50 Mediterraneo
Alpheus 50 »
Eurotas 30 »
Axius HO Arcipelago
Hebrus 90 »
Strymon 40 »
Peneus 30 »
via
Gruppo occiden-
tale:
pendio occidentale
e settentrionale
pendio sud
dei Vogesi
e ovest del Giura
Gruppo settentrio-
nale :
pendio meridionale
pendio settentrio-
nale
Saone
Doubs
Danubio
March o Morava
Waag
Theiss
Maros
Aluta 0 Alt
Sereth
Pruth
Meno
Necker
Lippe
Ems
Allèr
Weser
Sprea e
Saala
Elba
Oder
Warta
Netze
Vistola
Dniester
llavel
Margus
Arnus
Tiberis
Vulturnus
Aufidus
Mosella
Mosa
Scaldis
Samara
Sequana
Matrona
Olena
Vindana
Liger
Elaver
Caris
Vigenna
Crosa
Carantonus
Duranius
Oltis
Tarna
Saucona
Dubis
Ister
Mar US
Cusus
Tibiscus
Murisus
Aluta
Araris
Hierasus
Mcenus
Nicer
Luppia
Amisis
Visurgis
Albis
Viadrus, Oderà
Vistula
Tyras
70
60
60
50
30
120
160
86
40
no
97
50
45
220
90
78
75
60
85
106
60
75
HO
90
680
60
60
165
150
90
100
200
70
70
40
80
50
120
90
70
270
220
150
50
260
200
Danubio
Mare di Toscana
»
Adriatico
Reno
Mare del Nord
»
Manica
»
Senna
Manica
Atlantico
»
Loire
Vienne
Atlantico
Garonna
Rodano
Saone
Mar Nero
Danubio
Reno
Mare del Nord
Weser
Mare del Nord
Elba
»
Mare del Nord
Baltico
Odor
Warta
Baltico
Mar Nero
GEOGRAFIA FISICA DELL'EUROPA
89
Fiumi del pianoro sarmatico.
Origine
pendio oslro-
occidentale
pendio ostro-
orieniale
Nomi odierni
Peciora
Dwina
Mezen
Onega
Duna
Nienien
Bug
Narew
Dnieper
Bog
Desna
Pripet
Don
Khoper
Manitsch
Donetz
Volga
Mologa
Oka
KM asma
Rama
Ural 0 Jaik
pendio orientale-
meridionale
pendio orientale
d' Inghilterra
e Scozia
pendio occidentale
pendio occidentale
d'Irlanda
Nomi antichi
lìhubon?
Chronus?
Borysthenes
Ilypanis
Tanais
Rha
Ocharius
Rha orieìitalis
Jaxartes
Lungh. in leghe
330
\m
150
90
180
160
130
70
2ì)0
240
200
140
520
160
190
UO
■Fiumi del sistema scandinavo.
Tornea
Dal
Kemi
Glommen
Goetha o Elf
Fium,i del sistema britannico.
Tamigi
Trent o Ilumber
Tay
Saverna
Shannon
Tamesis
Abus
Sabrina
Sacana
89
90
bO
93
83
Shocco
Oceano artico
Ballico
n
Vistola
Bug
Mar Nero
n
Dnieper
»
Mare d'Azof
Don
840 Caspio
100
280
130
350 .)
580 »
140 Baltico
HO
100
120
120
Cattegat
Mare del Nord
Atlantico
I maggiori laghi sono in Russia, quei di Ladoga, Saima, Pajana, Onega, Peipìi ; poi Laghi
quelli di Vener, Melar e Vetter in Isvezia-, vengono in terzo luogo i così pittoreschi di
Svizzera e d'Italia, e il Balaton d'Ungheria.
Talora l'acqua fermandosi, massime ne' paesi poco elevati, forma grandi paludi. Tali Paludi
sono in Russia gli stagni di Pinsk sulle due rive del Pripet, e quasi tutto il nord-est
della Russia europea; altri nella Crimea settentrionale, e lungo le coste di Kerson e di
Bessarabia, e alle foci del Danubio. Aggiungi le torbiere di Lapponia, di Finlandia e
della Svezia settentrionale; le bassure del litorale della Germania settentrionale; le
rive del Danubio in Ungheria ; le paludi della Vandea, e alcune nella Guascogna ; e le
maremme di Toscana e di Romagna.
II clima d'Europa io generale è dolce ; anzi caldissimo fin al 45", ove rare le nevi, e clima
breve il verno, e la vegetazione ricomincia in gennajo : di là dal 55" è rigido. Ma le
circostanze variano questa condizione generale: a Bergen fa men freddo che a Vienna;
a Londra meno che a Edimburgo, che a Copenaghen, che a Ginevra; in Lapponia più
che allo Spitzberg; e sullo Stelvio e sul Sanbernardo più che all'estrema Norvegia. Il
mare d'Azof sta gelato la maggior parte del verno, eppure è alla latitudine di Venezia.
I giorni più lunghi a Cadice sono di 14 ore V?» di 16 a Parigi, di 16 e Vs a Londra,
di 17 a Copenaghen, di 18 V2 a Pietroburgo, di 22 a Tornea, di 24 in Islanda, di 2 mesi
m
GEOGRAFIA — EPOCA PRIMA
a Wardhus, e di 4 allo Spitzberg. Altengaard in Norvegia è l'ultimo paese dell'Europa
settentrionale coltivato; Ilammerferst l'ultima città; Wardhus l'ultima fortezza.
Durata
dei giorni alle diverse latituc
ini (1).
Latitudini geografiche
Giorni più lunghi
Giorni
)iu Lrevi
0°
121' 0'
121» 0'
5"
12. 17
11.
43
10'^
12. 55
11.
25
15°
12. 53
11.
7
20'^
13. 13
10.
47
25"
13. 34
10.
2G
30"
13. 56
10.
4
35°
14. 22
9.
58
40"
14. 51
9.
9
45"
15. 26
8.
34
50"
16. 9
7.
51
55"
17. 7
6.
53
60"
18. 50
5.
30
65"
21. 9
2.
51
66" 32'
24. 0
0.
0
Non credasi inutile alla storia la cognizione fisica del terreno, atteso che spesso vi
si trova la ragione dei fatti e la spiegazione di lunghe resistenze o di facili conquiste.
I mari ond'è cinta e frastagliata l'Europa, vi temprano gl'inverni e i calori cui la sua
posizione l'esporrebbe, e vi agevolano le comunicazioni a vantaggio del commercio e
della civiltà. La posizione poi de' paesi influisce sulle razze che vi abitano, sì col se-
gnarne i confini, si col provedere ai bisogni e ai diletti loro.
Divisione E poiché l'Europa, oltr'essere la terra nostra, è il campo piìi splendido della Storia e
dell'industria dell'uomo, non ci spiaccia l'esaminarla più partilamente (2j.
I. Al nord troviamo dapprima la penisola Scandinava, le cui coste occidentali soa
tutte rotte da seni, mentre le orientali van liscie e con pochissimi seni. Principali monti
sono le alpi Lapponiche e il Kiolen che separa la Svezia dalla Norvegia, prolungandosi
coi nomi di Dofrefield, Langfield, Sognefield, Mardangerfield. Poi all'estremità boreale
il suolo s'avvalla verso il mar Bianco o golfo di Lapponia; e verso il sud-est forma i
laghi Vener, Vetter, Melar, Uirlmar. Dal fianco orientale scendono grossi fiumi, pochis-
sime acque dall'opposto. Le cime dei monti allargansi in pianure, con larghi. Dal lato
occidentale il clima è umido e nebbioso, come avvien delle isole, con verni miti e
fredde estati 5 dall'orientale è secco e con freddi e calori sensibili. A Enontekis, che sta
a 68° di latitudine, talor gela il mercurio, cioè il freddo passa il— 31°. La penisola è
tutta boschi d'abeti, pini, betulle. Le biade maturano molto alto, fin al 70"; le mele e
le ciliegie fin al 03». 11 renne vive nella Lapponia ove altri animali domestici poco reg-
gono. Agricoltura, pastorizia, caccia, metallurgia formano le occupazioni della razza
scandinava, dalla quale distinguesi la lappone, piccola e giallognola, errante e che non
coltiva le terre gelate.
II. La Svezia, ricca di laghi, ma senza fiumi né monti notevoli, ha molte foreste an-
che di faggio sino al 58", e querele pertutto: nella Scania prospera il grano.
(I) Nella teorica Jei climi si suppone, come in
questa tavola, che il sole sia compcnctrato al suo
centro di figura, e viene inoltro trascurata l'in-
fluenza che l'atmosfera terrestre esercita sulla luce.
(2) Vedasi F. Scnuow, VEuropa-, facile quadro
fisiologico (danese). Copenaghen 1832, con atlante
di sci mappe orografiche e climatograiìchc.
GEOGRAFIA — EPOCA PRIMA 01
III. La Finlandia le assomiglia assai; ma la temperatura n'è più bassa, e più sensi-
bile la differenza delle stagioni.
IV. L'Islanda, ai confini dell'oceano Glaciale, è montuosissima con molle acque e
sorgenti calde e fin bollenti come quella di Geyser; e frequenti vulcani. Clima umido,
incostante: onde non altri alberi vi fanno che la betulla e il sorbo, e questi pure rat-
trappiti, mentre v'abbonda il lichene; non frutti, non grano; legna somministrano i
tronchi galleggianti spintivi dal mare; molte pecore, moltissimi uccelli marini, mas-
sime le anitre che offrono la piuma più fina (Eder-dun).
V. Le isole Feroe di là dal 61" parallelo, scogliose ed elevate, hanno carbon fossile
e opali; non boschi, e l'orzo non sempre matura. Gli abitanti s'occupano delle pecore
e del lanifizio.
VI. Le isole di Shetland e le Orcadi, al sud-ovest delle precedenti, vi somigliano.
VII. Le Britanniche fra il bO» e il 59" e ^Jz- La Scozia è assai montuosa, ma nessuna
altura passa i 1400 metri, e le pianure interposte sono torbose. Nell'Inghilterra i monti
sono tutti ad occidente; il resto è colline e late pianure, tantoché i canali mettono in
comunicazione parti lontanissime. Nell'Irlanda i monti circondano le coste. Queste e la
Scozia abbondano di laghi, mentre ne manca affatto l'Inghilterra: le miniere di stagno
del Cornwall, già famose ai secoli antichi, cedono d'importanza al carbon fossile. Il
clima è umido e piovoso pertutto , ma più verso occidente: a Dublino contano 208
giorni di pioggia fra l'anno, 178 a Londra. La Scozia s'inselva di pini e betulle, e venso
mezzodì anche di querele e faggi ; ma il più de' monti son nudi. In Inghilterra e Ir-
landa tutto prospera, salvo alcuni frutti meridionali. L'agricoltura e la pastorizia vi sono
una ricchezza, sebbene più si cerchino il commercio, la navigazione e le manifatture.
vili. Una Pianura settentrionale stendesi a mezzodì del Baltico e del mare del Nord,
comprendendo il Chersoneso cimbrico, le isole danesi ; e ad occidente va fin all'Atlan-
tico, abbracciando la Francia settentrionale, il Belgio, l'Olanda, la Germania settentrio-
nale, Danimarca, Prussia, Polonia. Nessuna gran montagna vi sorge: il calore medio
diminuisce verso levante e più si scosta dal mare : i venti di ponente vi dominano.
Querele e faggi allignano nella Francia e ne' Paesi Bassi, come sulle coste del Baltico;
alberi coniferi nelle parti arenose della Germania boreale. Grandi pianure incolte sten-
donsi dal centro dell'Hannover alla penisola danese. Il frumento vi prospera, ma la
segala dà il pane più comune; l'orzo serve alla birra.
IX. Monti centrali G\Q\tix\s\ fra questa pianura e le Alpi, come quelli dell'Alvernia, le
Sevenne, il Giura, i Vogesi, l'IIartz, i monti Boemi. Questi tolgono in mezzo la Boemia,
come l'Ungheria è circonvallata dai Carpazj, aperta solo dove entra ed esce il Danubio.
Abbondano selve di pino marittimo, di faggi, querele, castagni, abeti : la vigna massi-
mamente nelle valli del Reno e del Rodano.
X. La Pianura orientale estesissima va a congiungersi con quella dell'Asia boreale;
senza monti alti, ma pianori, attraversata dai maggiori fiumi, e formata da terreni d'al-
luvione : non vi piove molto, ma nevica, e la terra riman coperta di ghiaccio da mezzo
novembre a mezzo aprile ; il gigantesco Volga presso Kasan sta gelato dal fin d'ottobre
all'entrare d'aprile, e serve di strada maestra. A Pietroburgo la Neva dura gelata da ot-
tobre a marzo, e col ghiaccio si fecero case e persino cannoni: a Kasan il termometro
scende fin a— 40°; il porto d'Arkangel non è libero di ghiacci che per tre mesi. I
mercati del nord son particolari perchè tutto vi si vende gelato, bovi, montoni, ma-
jali, polli, ova, burro, pesce; e ciascuno fa le provigioni per tutto l'anno, che conser-
vansi in cave.
Il settentrione abbonda di selve, che danno la resina, il catrame, magnifico legname
di costruzione. La foresta di Voikonski (Tver) ove nasce il Volga, è la più vasta d'Eu-
ropa. Gli avanzi della foresta Vergine di Bialowicza alle sorgenti della Narew e sulle
frontiere della Lituania, han pini e abeti e querele alte fin 50 metri : mancano affatto
al mezzodì, ove invece verdeggiano le steppe. La Russia meridionale fin all'altezza di
Mosca è coperta di un metro e mezzo di terra vegetale, che non ha bi.sogno d'ingrasso,
e simile a quella della valle del Gange; donde la ricchezza della Volinia. Gli animali
domestici vivono bene, ma l'asino soltanto nelle parti meridionali : ad oriente siede la
razza calmuJca, differente dal resto d'Europa.
XI. La Crimea è affatto piana -, e massime verso la costa meridionale, mite così, che
i
92 GEOGRAFIA — EPOCA PRIMA
vi prosperano l'olivo, l'alloro, il cotone, il frassino, la vite, non che i grani. La Bcs-
sarabia produce le pesche e le albicocche migliori ; Wladimir e Mosca pomi trasparenti,
alcun de' quali pesa fin 2 chilogrammi, \oronega ha foreste di pruni, Wladimir di ci-
liegi, di nociuole altre città: deliziose uve produce Astrakan e la Crimea: rinomati sono
i grani della Russia meridionale, i lini di Curlandia e Livonia, i cereali dell'Ucrania.
XII. 11 Balkan e le alpi Dinariche che lo congiungono alle Alpi nostre, non sono
abbastanza conosciute : roccie calcari aride.
XIII. Delle Alpi parlammo poc'anzi. La parte occidentale v'è piìi elevata che l'orien-
tale, il fianco meridionale è più ripido del settentrionale, e ne scendono grossi fiumi.
La massa centrale si compone di granito, scisto micaceo, arenaria, pietra calcare; ra-
rissime le roccie vulcaniche, e dominante il ferro. Nella pianura lombarda l'inverno fa
più rigido che ad Edimburgo, ma più calda l'està : a Milano il maggior calore toccò,
nel giro di molt'anni, appena il -+- 28°, e il freddo il — •12°. Sul San Gotardo e il San
Bernardo trovi una temperatura inferiore a quella del capo Nord nella Lapponia. Sulle
falde australi delle Alpi abbondano le pioggie, e la linea delle nevi eterne incontrasi a
5070 metri dal mare, sul pendìo settentrionale a 2G40: sul primo gli alberi allignano
fin a metri 2070, mentre sul settentrionale cessano a metri 1820.
XIV. Ne' Pirenei la temperatura è più dolce verso il Mediterraneo che verso l'Oceano:
sul fianco settentrionale la neve si perpetua a 2560 metri, e gli alberi vi s'incontrano
fin a 2150, mentre sul meridionale arrivano a 2260 metri, e la neve si eterna a 2820.
Pascoli men copiosi che nelle Alpi.
Seguono le tre grandi penisole dell'Europa meri-dionale :
XV. L'Iberica ha nel centro un gran pianoro, fiumi di poca portata, e nessun lago
importante. A mezzodì l'autunno e l'inverno son piovosi, le coste ridono di verde per-
petuo, e vi fanno il sughero, il leccio, varie specie di quercia e rovere, oltre l'alloro, il
mirto, il lentisco, il corbezzolo, il cipresso ; ma poche le selve. 11 riso viene nella Va-
lenza e sulle coste lusitaniche-, la vigna dà squisiti vini ; l'olivo egli agrumi sulle coste;
il cotone nelle parti meridionali, come il fico, il mandorlo e la cannamele. Rinomate
sono le pecore, che han diritto di pascolare sul grande altopiano, il quale perciò non
può abbastanza coltivarsi. Poche bestie bovine, e molti cavalli, e ottimi asini e muli.
XVI. L'Italia, circonvallata al nord dalle Alpi e corsa al lungo dall'Apennino, presenta
a settentrione la vasta pianura lombarda, valle del Po; altre nella Puglia, attorno a
Roma, a Pisa, e in Terra di Lavoro. Molti vulcani vi sono, e acque termali : gli Apen-
nini, di calcareo cinerognolo, han poche petrificazioni e pochi metalli, salvo l'isola
d'Elba, ricchissima di ferro; mentre abbondano di marmi, massime verso Carrara. Il
clima a mezzodì dell'Apennino tiene più della natura del Mediterraneo, e l'estate vi si
prolunga: all'estremità meridionale si gode e si soffre d'un clima caldissimo l'està, e
piovoso nell'inverno: lo scirocco proveniente d'Africa produce spesso una caldura op-
primente. La malaria nell'estate e nell'autunno genera morbi micidiali, massime in
luoghi paludosi come le Maremme, o ignudi come la Puglia e la Campagna di Roma.
xvii. La penisola Ellenica sporgesi in punta ad ostro, ed ha le coste molto frasta-
gliate; del resto montuosa, di fiumi e laghi piccoli ; e in generale più fredda che Italia
e Spagna meridionali, cui somiglia per vegetazione.
È dunque ben distinta l'Europa settentrionale dall'australe; la prima con grandi pia-
nure basse, mentre l'altra è ricca di monti, e questi più alti, in guisa che salendovi tro-
viamo i climi e le produzioni del Nord. Al settentrione delle Alpi stanno i maggiori
laghi, e le miniere più abbondanti in Inghilterra, in Scandinavia, in Ungheria, in Sas-
sonia. Le estati vi son meno differenti che non gl'inverni, come può scorgersi da questa
tabella dei calori medj :
Latitadine
Inverno
Estate
Palermo
58»
-f- 9
.+. d9
Firenze
-43
-+- s 1/2
+ 18 1/2
Vienna
47 1/2
0
H- 17 1/2
Londra
SI 'Iz
-»- 3
■+■ 13
Amburgo
531/2
0
-t- U
Copenaghen
55 1/2
-i V2
-H 14 1/2
Stoccolma
59 1/2
- 5
-¥■ 15
GEOCnAFIA FISICA DELL'aSIA 93
Presso ai monti cadono più copiose le pioggie, e in generale maggiori nell'Europa
meridionale; e più si procede al sud, minori sono le estive, e crescono le invernali:
pure i giorni piovosi sono di più al settentrione. Quivi frequenti le nevi, (juasi scono-
sciute al sud, ove invece ricorrono le gragnuole, e dove i temporali accadono in
qualsiasi stagione: di cento temporali all'anno, se ne contano a
Copenaghen d'inverno 1, primavera 18, estate 70, autunno 11
Palermo » i5 « 1b » 22 « 48
Al sud l'aria è più serena ; e il quotidiano alternarsi dei venti di terra e di mare fa che
di giorno la terra sia più calda che il mare, e il contrario la notte. 1 scirocchi e la ma-
laria, llagello del mezzodì, sono ignoti al settentrione.
Invece degli alberi sempre verdi del mezzodì, ne' paesi settentrionali sono i prati più
verdeggianti, ove pure la segale, mentre da noi s' ha il frumento e il granoturco; di
qua il vino e l'olio e i frutti e gli erbaggi, di là la birra e il burro e molta carne; di
qua la seta e il cotone, di là il lino e le canape.
Mentre al settentrione le vaste pianure dan Juogo a grandi imperi, a mezzodì le pe-
nisole restano ben separate: ma i tanti fiumi e monti secondarj, se non tolgono affatto,
impediscono l'unione di popoli che vi sono fratelli.
§ 16. — Geografia fìsica dell'Asia.
L'Asia occupa una superfìcie di 13 milioni di miglia quadrate o circa 42 milioni di
chilometri, fra il 24" e il 172" di longitudine, e dall'equatore al 78.^ di latitudine bo-
reale. Legata all'Europa pei monti Ural e Caucaso, e all'Africa per l'istmo di Suez,
non è dall'America separata che per lo stretto di Behring. La bagnano al nord l'oceano
Artico, all'ovest il Mediterraneo e il golfo Arabico, al sud l'oceano Indiano, all'est il
Pacifico.
Questi mari ottennero particolari denominazioni ; e nell'oceano Artico si disse mar Mari
di h'ara quello fra la Nuova Zembla e la costa asiatica; nell'Indiano, mare d'Oman fra
l'Arabia e l'India, e golfo di Bengala dall'altra parte dell'India; nell'oceano Pacifico, il
gran Mediterraneo che bagna le parti orientali dividesi in mar della Cina al sud, mare
della Corea e del Giappone al centro, d'Okolsk al nord ; il mare di Behring ondeggia
fra l'America, l'Asia e le isole Aleutine; una parte del mar di Corea verso la Cina di-
cesi Giallo.
Molti golfi frastagliano le rive, ma non s'addentrano tanto come in Europa.
Secondo i monti, al nord e all'est scorrono il più de' fiumi d'Asia. Il Tigri e l'Eu- Fiumi
frate, tanto ricantati nella storia, congiungonsi col nome di Sciat-el-Arab per cadere
nel golfo Persico. I nostri fiumi sono un nulla a petto agli asiatici. L'IIoang-ho, che
devasta la Cina colle mal frenate inondazioni, ha fin 12 chilometri di larghezza. L'Yang-
seu-kiang, che la irriga per un corso di quasi 4000 chilometri, ha quasi sempre 2
chilometri di larghezza, e fin 30 allo sbocco; la marea vi si risente a GOO chilometri;
e le navi grosse la rimontano per 1000 chilometri. Il Bramaputra in India si dilata fin
20 chilometri fra le sterili sponde.
Il mar Caspio e il lago Arai sono il fondo.d'una gran bassura, tanto che il pelo delle Altopiano
lor acque è molto di sotto da quel dell' liusino. Il Caspio ha le acque più amare e sa- centrale
late che si conoscano, in grazia delle tante sorgenti di nafta: è il più gran lago del
globo, coprendo S270 miriametri quadrati: non ha maree, ma violente procelle: me-
diocri ne sono i porti, e in quello di Bakù stanzia la flottiglia russa.
L'Asia centrale, di cui ci diede un'insigne descrizione Alessandro Humboldt, è oc-
cupata da un vasto terrazzo , che da sud-sud-ovest a nord-nord-est si estende dal
Turkestan orientale fino ai Kalka orientali e alla catena del Kang-kai, fra i meridiani
79" e 116" ad oriente da Parigi, e fra il 36" e il 48" parallelo settentrionale. La ca-
tena de' monti di Kouen-lun lo divide dal Tibet, unito col quale formerebbe una lun-
ghezza trasversale di 520 leghe marittime, e una superficie gonfia di 62,000 leghe
quadrate, ch'è la maggior continuità di elevamento di suolo che sia al mondo.
Dopo gli studj di Homboldl non è più possibile considerare tutte le montagne asia- Montagne
tiche come derivate dal solo altopiano centrale, come faceva Pallasj e le vette dell'Aitai
94 GEOGRAFIA — EPOCA PRIMA
trovansi affatte indipendenti da quelle del Camsciatka, ed entrambe dall' Imalaya; la
bassura del Caspio e dell'Arai separa i monti Ural ; e i deserti dividono il Libano dal
pianoro centrale della penisola arabica.
Un'immensa linea prolungasi dalle isole di Rodi, Samo e Lesbo pel Tauro fin al Cau-
caso ; e n'è nodo geologico l'Armenia. Di là s'irradiano al nord le montagne dell'istmo
caucasio: al sud il Libano e l'Antilibano, rami del Tauro, traversano Siria e Palestina;
un altro ramo perdesi ne' deserti della Mesopotamia ; un altro per la Media e la Persia
tocca le rive del golfo Persico ; un quarto volgesi ad oriente per raggiungere le im-
mense masse dell' Imalaya e dell'Aitai.
Potremo dividerle in — a. sistema tauro-caucasiano che è l'anzidetto, e dove l'Ararat
s'eleva a 4292 metri, e l'Elbruz nel Caucaso a 5457. Il Caucaso è composto di tre linee
di montagne, suddivise in numerosi bracci da valli profonde e strettissime, mercè delle
quali ogni pianoro è come un paese indipendente, proletto da copiosi torrenti; quindi
difficilissimi gli attacchi. — 6. sistema uraliano, lunga catena dal Caspio (in al mare di
Kara, poco elevata e ricchissima di metalli. — e. sistema altaico, poco conosciuto, e al
quale si legano — d. il sistema sinico — ed e. ì'imalayano. La più alta cima di questo
(il Dawalagiri) supera di 3746 metri il Mombianco, e tutt'insieme occupa da 5 a 000,000
miglia quadrate. Ivi sono abitazioni d'uomini sin a 4223 metri d'elevazione, belle fo-
reste di betulle a 4548, e arboscelli fino a 5522. — f. il sistema indostanico, non molto
elevato, è diviso dal precedente per la valle del Gange e pei deserti all'est dell'Indo.
Fra i sistemi altaico, sinico, iraalayano restano rinserrali molti acrocori o piani ele-
vati del centro dell'Asia, quali sono il Tibet, il Kuku-Noor, la Mongolia, la Bukaria, la
Dzungaria, alti da J 299 a 3248 metri. Questi ad oriente; ad occidente sta l'altopiano
dell'Iran o Persia, 1202 metri più basso. Li congiunge un istmo, steso fra i piani della
P.ukaria e quelli dell'India.
Pianure Una gran pianura paludosa nell'impero russo continua quella che trovammo in Eu-
ropa. Sulla costa orientale, da Peking al fiume Kiang se ne stende un'altra fertilissima.
Le steppe de' Kirghizi e del Turkestan ; il deserto di Cobi e della Mongolia fra il sistema
altaico e il sinico; il deserto sabbioso o Tarim ; quei di Carism e dell'India settentrio-
nale; il gran desorto salato della Persia, formano una fascia di 130U leghe quasi affatto
sterile, dove errano popoli pastori e cacciatori, disposti sempre ad invasioni, delle
quali sentesi lontanissimo il contraccolpo.
Penisole Fra mare spingonsi alcune penisole, quali l'Arabia, il Decan, Malacca, la Corea, il
Camsciatka, l'Asia Minore, la penisola dei Samojedi. D'innumerevoli isole ne è coronato
lutto il contorno: le sole isole della Sonda passano il mille.
Clima Le alture dell'Asia centrale, chiuse da catene enormi, sovente nevose, benché poste
fra il 40" e il 48' parallelo, sono di temperatura bassissima, salvo pochi giorni estivi
cocenti; nei deserti d'Arabia e di Persia il calore può più stemperatamente che in qual
altra siasi parte. Il pianoro centrale, ch'è il più alto del globo, arresta i venti del sud
che raddolcirebbero il clima della Siberia, e quelli del nord che guasterebbero l'eterna
primavera del Cascerair. La Russia asiatica, aperta ai venti del polo, mentre da quei
del mezzodì la schermiscono i monti, è tutta solitudini gelale. Clima felice e lussureg-
giante vegetazione beano per contrario la penisola indostanica, bagnata da grossi fiumi
e da periodiche pioggie.
[ caratteri dunque dell'Asia sono le grandi penisole ed isole al margine; al centro
la vasta unione di terre, la cui elevazione o bassura forma grandissime varietii clima-
teriche; la posizione de' paesi occidentali al centro del mondo antico, donde la grande
efficacia sulla civiltii.
§ 1 7. — Geografia fisica dell'Africa.
L'ArnicA posta fra il "5" di lai. boreale e il 35" di australe, o fra il 20» di longit. occid.
e il 50" di orientale, è una penisola, lunga 1700 leghe, e rcstringcntesi in forma di tri-
angolo, attaccata all'Asia per l'istmo di Suez, e circondata al nord dal Mediterraneo,
ove da Suez allo stretto di (Gibilterra offre una costa di 1000 leghe; all'ovest dall'At-
lantico su cui incurvasi la costa per 2600 leghe; all'est dall'oceano Indiano, su cui ha
2400 leghe sul golfo Arabico.
GEOGRAFIA FISICA DELL'AFRICA 9S
Sulla superficie di chilometri quadrati 30 milioni pochi golfi la rompono e pochis-
simi fiumi, giacché è orlata alle coste da montagne o da deserti sabbiosi. I principali Fiumi
sono il Nilo, che scende traverso l'Egitto; il Niger oGioliba nella Senegambia ; il Cuango
nel Congo ; l'Orange nell'Africa meridionale; il Zanibese, che gittasi nel canale di Mo-
zambiche ecc.
Parità di circostanze fa che anche gli altri fiumi scendano, come il Nilo, per cate-
ratte, e crescano periodicamente. Lo Zairo è profondo fin 30 metri ; il Senegal, che di-
laga, respinge fin le maree dell'Atlantico ; la Cambia, nella stagione delle pioggic, è
violentissima; a somma distanza odesi il fragore delle cascate della Coanza.
Pochissimi laghi deve pur avere ; ma di recente si scoperse il grandioso di Ciad nel Laghi
Sudan. Ciò rende dilficili le comunicazioni coll'interno paese, che perciò resta pochis-
simo conosciuto.
Così de' suoi monti non si conoscono che alcuni'del litorale. Ìj' Aliante, argine meri- Monti
dionale del Mediterraneo, e parallelo alle Alpi, stendesi dal capo Bogiador sin all'estre-
mità della reggenza- di Tripoli, e pare che nelle maggiori altezze arrivi a 4000 metri.
Le montagne dell' Abissinia formano un secondo sistema all'altra estremità dell'Africa,
che forse ad occidente si prolunga fin ai monti della Luna, se pur è vero che sussistano,
e da cui spingonsi verso il nord, traverso al Sennaar, le montagne che fiancheggiano
il Nilo. Pare s'unisca ai medesimi l'altro sistema dei monti del Sudan, della Guinea,
della Senegambia. Un quarto sistema offresi nel Congo; un quinto all'estremità meri-
dionale, detto monti del Rame o di Nemceld; finalmente i monti Lupaia.
11 picco di Teneriffa è il vulcano più alto, salendo a 3713 metri. Tutta vulcanica è
l'isola dell'Ascensione, coperta afl'atto di cenere e roccie calcinate. Vulcanica è pure
l'isola di Sant'Elena, di clima temperato e di mirabile vegetazione.
L'immenso deserto del Sahara pare il fondo disseccato d'un mare, alla cui estremità n Sahara
occidentale comincia una successione di solitudini sabbiose, che stendesi fin all'estre-
mità orientale del Cobi. Vogliono che l'estensione di esso sia eguale a metà dell'Europa,
0 piuttosto, al doppio del Mediterraneo; dandogli l'area di 72,000 miglia qiiadr. geo-
grafiche, compreso le oasi ; e 50,000 senz'esse ; la lunghezza di 450, e la larghezza di
300 miglia geografiche (Ritteh), misure soltanto approssimative. Son ammassi di ciot-
toli 0 di sale sparso di conchiglie, uniformemente stesi sul suolo, e che tratto tratto
lasciano luogo a roccie nude, per lo più calcari, raramente di granito o basalto. Il vento
move continuamente la sabbia quarzosa di quella superficie, togliondovi l'aggregazione,
prima condizione d'ogni vita organica. Dalla parte orientale vi sono molte oasi, e quelle
della Nubia chiamansi giardini del tropico. L'oasi di Syouah, dove si scopersero le ro-
vine del tempio di Giove Ammone visitate da Alessandro, è ricca di datteri, larga 4
chilometri, nò mai vi piove, giacché le nubi son tosto disciolte da colonne d'aria infocate.
L'equatore taglia l'Africa in due parti disuguali; pure il clima non v'è sì cocente Clima
come darebbe a presumere questa posizione, atteso le molte alture e i diluvj di pioggia
che periodicamente ingrossano i fiumi intertropicali. 11 maggior caldo fa nel Sahara e
nelle pianure confinanti, ove s'eleva sino a 45".
La valle del Nilo è infesta da crudeli malattie durante l'inondazione. Delizioso e sa-
lubre è il cielo di Marocco ; ed una delle più sane situazioni è San Salvadore al Congo:
mentre invece sono delle più insalubri le foreste e le paludi del Mazaga, insuperabile
frontiera all'Abissinia; e le coste occidentali, massime della Guinea. Negli altipiani la
temperatura è talvolta fredda; a Murzouk il termometro varia fin di 40 gradi di R. Le
brezze di mare mantengono dolcissima la temperatura alle Azzore; alle Canarie talvolta
è soffocante pei venti del deserto.
Il calore del Sahara determina forti correnti d'aria dal mare ; talché fra il capo Bo-
giador e lo sbocco del Senegal domina il vento occidentale, invece degli alisei d'est.
Sanissimo e temperato è il clima all'isola Borbone, se non che la scuotono frequenti
uragani. Sulle montagne dell'Africa australe dura la neve metà dell'anno, e nell'Atlante
v' ha cime a 4000 metri di nevi eterne, come ve n' ha nelle Canarie. Dolce è la tempe-
ratura del capo di Buona Speranza, ma vi sono estreme la siccità e le inondazioni.
L'Egitto d'inverno pare un giardino ; d'estate è sferzato dal sole e tutto arido e a cre-
pacci. L' Abissinia, come elevata, ha calori moderati, ma i paduli la infestano. Nei de-
serti il caldo giunge fin a 44*^ di R. Venti pericolosissimi sono il siraum del deserto, il
96 GEOGRAFIA — EPOCA PRIMA
kamsin d'Egitto, il samiel d'Arabia, l'hermaton del Benin, il tornados di Guinea. Per
nove mesi il vento spira da nord a nordovest; sicché le colline di sabbia si avan-
zano 5 0 4 metri ogn'anno, mentre nel vero deserto non rimangono che ciottoli escheg-
gie; e selve di palme, fontane, villaggi, palazzi, piramidi vengono sepolti.
^18. — Geografia fisica dell'America.
Non v'è argomento a persuadere che I'America siasi formata dopo le altre parti del
mondo (i). È bagnata dall'oceano Artico al nord, dall'Atlantico all'est, dall'Antartico
al sud, dal Pacifico all'ovest, e distinta in settentrionale e meridionale, congiunte per
l'istmo di Panama. La settentrionale posta fra illO" e il 75" di lai. boreale, e fra il 60"
e il 170" di long, occidentale lira 15Ó0 leghe dallo stretto di Barrow a Rio Verde, e 200
da Rio Verde alla punta Burica, su H50 di larghezza sotto il 53" parallelo boreale, dal
capo San Carlo all'arcipelago di Pitt: la meridionale è lunga altrettanto in figura di
trapezio fra il 10" di lat. boreale e il 35° d'australe, e fra il 57^^ e l'SS" di longitudine
occidentale.
Monti Una spina di monti continua dallo stretto di Behring a quello di Magellano lungo
l'oceano Pacifico, coi nomi di montagne Rocciose nell'America settentrionale, e delle Atide
nella meridionale: sulle coste dell'Atlantico elevansi i monti Allegani; nell'America
meridionale le cime della Gujaua e del Brasile.
Le montagne equatoriali d'America abbondano di ricche miniere. Nelle Ande sono le
montagne più alte del globo dopo l'Imalaya. La gran Cordiliera, che forma la spina di
tutto l'emisfero occidentale, si estende 7tJ00 miglia: ma possono considerarsi come di-
stinte le Ande del sud e la Cordiliera del nord per mezzo della bassura dell'istmo di
Tebuantepetl o di Panama.
Piani Fra le Rocciose e gli Allegani ergesr il più vasto acrocoro del mondo, traversato dai
gran fiumi del Mìssuri e del Mississipi : l'altro del Brasile, solcato dalla Sierra dos Ver-
tentes, uguaglia in estensione, se non in altezza, quelli dell'Asia centrale. Almeno 260
mila leghe quadrate è il caldo e umido piano delle Amazoni, e i35 mila quello del Rio
della Piata. Le valli abitabili sono a tale elevazione, che scemano l'altezza relativa delle
montagne. (1 piano di Quito, base delle Cordiliere, è più alto de' Pirenei; e le eccelse
montagne stanno coronate d'eterne nevi anche sotto alla Linea.
Il bellissimo monte Cayambè presso Quito è notevole perchè l'equatore passa pel suo
vertice. Il Cimborazo è alto 6722 metri ; ma la vetta più sublime è il picco Nevado di
Sorata a metri 7897. Il Cotopaxi è il vulcano più alto del globo, dopo l'Antisana, supe-
rando il 900 metri quel di Teueriffa; e nell'eruzione del 1718 le sue fiamme sorsero a
più di 800 metri sopra il cratere.
Il più faticoso passo delle Cordiliere è fra la città d'ibaga e di Cartago, di dieci giorni
di marcia fra deserte foreste, per un calle largo 4 o 5 decimetri e 3500 metri sopra il
mare. Da Bogota a Popayan voglionsi ventidue giorni a percorrere 76 chilometri. Vi è
ammirato, nella valle d'icononzo, l'arco naturale di metri 12 e 1/2 d'apertura sovra un
torrente a 98 metri di profondità.
L'immensa caverna di Mammouth presso l'Ohio, che ancora non s'è potuta percor-
rere tutta, e ch'è piena di scheletri, dà una quantità di nitro. Presso Drurango trovasi
un masso di ferro, che peserà 1900 miriagrammi, e forse è un areolito.
1 llanos si valutano 10 milioni di chilom. q. ; e nella stagion delle pioggie divengono
un lago ; dipoi verdeggiano sempre, se pure, come in quei di Caracas, il sole non le
brucia. Negli Siati Uniti si distendono molte savane, coperte d'erba altissima, fin a
centinaja di miglia, senza una ondulazione di terreno.
Fiumi In America scorrono i maggiori fiumi; quali il San Lorenzo, che traversa la serie di
laghi, detti mare del Canada; il Mississipi, che riceve il Missuri e l'Ohio e il Rio Ros-
so, l'Orenoco, che per un braccio raggiunge il Rio delle Amazoni. Questo è il fiume
più grosso del mondo, avendo 5400 chilometri di corso, e allo sbocco una larghezza
di 288; la media profondità di 325 metri, e in alcuni luoghi non vi si trova fondo:
(\) Le ragioni sono in Hlmdoldt, Yuc$ des Cordillcres.
CEOfìnAFlA FISICA DEI.L'AMKRir.A 97
respinge a iZo chilometri l'acque dell'Oceano; onde la marca alta è formidabile, for-
mandosi montagne d'acqua enormi, che in pochi istanti percorrono OriO chilometri
fpororoca). La corrente che l'Orenoco forma tra la costa e la Trinità è così rapida, che
1 vascelli a piene vele non possono vincerla. Il fiume Nero, tra l'Orenoco e il Cassi-
chiaro, è tinto da una soluzione di carburo d'idrogene e dalle piante circostanti: tal-
ché non ha pesci nò cocodrilli, |)ochi moscerini e gninde freschezza.
Alla famosa cascata di Tequendama presso Santa Fé, il fiume è largo H metri e prò- CaieiaiiR
fondo 175, ed è posta 2467 metri sopra l'Oceano. La cateratta del Nlagara è larga
G40 metri, alta 45; e le roccie che la formano, crollano di tempo in tempo, per modo
che è già indietreggiata di molti chilometri. Le cateratte più belle del mondo credonsi
quelle del Missuri, traverso a enormi prismi basaltici, ben più vasti che quei d'Irlanda
e di Scozia. Questi fiumi sboccano nell'Atlantico; nell'oceano Artico mette il Maken-
zie; nel mare d'Hudson il Curchill e il Nelson; nel Pacifico l'Oregon o Colombia,
1 fiumi lasciano una quantità d'immensi laghi nell'America settentrionale, scorrendo laghi
da nord-ovest a sud-est, mentre nella meridionale non formano che temporarie paludi.
Pure fra i laghi il più memorabile è il Titicaca o Chucuito nel Perù , alto più del
picco di Teneri.fTa, e cinto dalle montagne più eccelse del nuovo continente. De' mol-
tissimi laghi dell'America settentrionale, quello dello Schiavo, largo 1G0 sopra 4iO chi-
lometri, è coperto di ghiaccio sei mesi dell'anno. Nel lago Superiore, nell'Huron, nel
Michigan le tempeste sono fiere. Il Maracaybu è coperto di vapori bituminosi, che tal-
volta divampano.
Seni e golfi e mediterranei molti ha l'America, fra cui i primarj sono, sulla costa Mediter-
oecidentale, il mare di Behring e il golfo di California; sull'orientale, il mare di Baffin ''^"c'
e la baja d'Hudson ; il mediterraneo Colombiano, formato dal golfo del Messico e dal
mar delle Anlilie; e il Canadiano, cioè il golfo di San Lorenzo.
Poco largo, molto allungato verso i poli, cinto dall'oceano, la cui superficie è domi- Clima
nata dai venti alisei, esposto a correnti d'acque violente, con montagne elevatissime e
d'eterna neve, con deserti sabbiosi e foreste impenetrabili, il continente americano
nelle parti basse ha un clima ben più fresco e umido che l'Africa sotto il medesimo
parallelo; ciò che produce una vegetazione ricca e succulenta. In generale la tempe-
ratura è 10 gradi più bassa che nel nostro emisfero ad egual latitudine. La grande *
elevazione rende temperate le pianure del Messico e del Perù, benché sotto la zona
torrida. Potosi è la città più alta del globo, sorgendo a 4166 metri sopra il mare, cioè
quasi il doppio dell'ospizio del Gran Sanbernardo. Mite è la temperie delle Floride,
eterna la primavera a Quito, delizioso il clima della California e a P»io Janeiro.
Da novembre a maggio, pioggie periodiche cadono nelle vaste pianure fra le Ande e
l'Atlantico; ma non nelle ristrette fra le Ande e il Grand'oceano. Verso il polo la neb-
bia è cosi densa, da toglier affatto il vedere: sulle montagne invece l'aria è tanto tras-
parente, che Humboldt assicura avere, nella provincia di Quito, distinto a occhio
nudo il mantel bianco d'un viaggiatore a cavallo, alla distanza orizzontale di 30 chi-
lometri.
In giugno, luglio, agosto gran neve cade sulle Ande, e mettonsi con forza venti ge-
lati di sud. Il pamparos, vento d'ovest, irrigidisce spesso l'aria a Montevideo. Nel Chili
da settembre a dicembre è primavera, e tutto l'anno un clima dolce e salubre. Venti
e pioggie lavano spessissimo la Patagonia. La Gujana è insalubre; ma meno di quel che
si dica. Nelle Antilie non vi sono che la stagione secca da ottobre ad aprile, e la pio-
vosa in cui tuona e diluvia, e i fiumi dilagano. Nella Nuova Bretagna il freddo è
rigido ; così al Canada, ove piove moltissimo.
§ 19. — Geografia fisica dell'Oceania.
L'Oceania comprende tutte le terre sorgenti da quell'immenso mare delle Indie, che
copre più di mezzo il globo nostro; e stendonsi dall' estremità nord-ovest dell'isola di
Sumatra verso il S" di latitudine nord e il 93" 51' di longitudine orientale fino al 105"
ad occidente delle coste d'America ; e in altezza, dalle isole del Vescovo e San Clerc
in 55" di latitudine meridionale, fin al 10° al sud delle isole Aleutine, poste verso il 40°
Cantù, Documenti. — Tomo 1, Geografìa politica. 7
98 GEOGRAFIA — EPOCA PRIMA
di latitudine boreale, e appartenenti all'America. Larghezza di 2375 leghe, e lunghezza
di 4650; superficie 500,850 leghe quadrate.
Lo stretto di Malacca, fra la penìsola di questo nomee l'isola di Sumatra, e lo stretto
delle isole Baschi o Babujane tra le Filippine e Formosa, separano l'Oceania dall'Asia.
Dall'isola di Sala che lo termina all'est verso il 107" di longitudine occidentale, vi sono
600 leghe marittime ad arrivare al continente americano,
Dumont d'Urville divise l'Oceania in quattro grandi spartimenti, non tanto secondo
le distinzioni fìsiche del paese, quanto secondo il carattere degli abitanti, il color della
pelle, ecc.; divisione etnografica insomma piuttosto che geografica.
a. 11 primo racchiude le ricche ed am|)ie regioni dette arcipelago d'Asia, o anche
Malesia dalla principale nazione che lo occupa; e comprende le isole della Sonda, Cla-
va, Sumatra, horneo, le Celebi, le Molucche e l'arcipelago delle Filippine.
6. Nella seconda divisione, detta Melanesia^ verso mezzodì, trovasi l'Australia o
Nuova Olanda, continente vasto quanto l'Europa, e su cui sono sparse le tribù di razza
negra, che s'incontrano nell'isola di Van Diemen, nella Nuova Guinea, e in tutte le
terre verso oriente, come la Nuova Islanda, la nuova Bretagna, le isole Salomone,
le Nuove Ebridi, sino alle Fidgi verso il i80' di longitudine orientale.
e. 1 numerosi arcipelaghi clella Polinesia verso levante sorgono di mezzo al mar
Pacifico, popolati da una razza che si estese dalla Nuova Zelanda al sud fino alle isole
Sandwich al nord; e fra questi due punti estremi occupa da occidente in oriente l'ar-
cipelago dì Tonga , le ridenti ìsole dì Taiti , 1' arcipelago scoperto dallo spagnuolo
Mendana, quello di Po-Moutou e l'isola di Pasqua.
d. Nell'emisfero meridionale, sin verso il 40" parallelo, stendesì una catena d'iso-
lette formanti la Micronesia, dal 126" dì longitudine orientale al 167' di longitudine
occidentale. Le principali sono quelle di King's Mìll , le Marianne, le Caroline, le
Pelew, ecc., con una popolazione varìatìssìma di lingua, d'usi, dì governo, di
civiltà.
Le infinite isole della Polinesia, la cui superficie somma appena quanto la Sardegna,
la Corsica e la Sicilia unite, dìlTuse sopra una superficie marittima di 23,330,000 mi-
glia quadrate, cioè 1/7 dell'area totale del globo, non hanno alture notevoli, eccetto
che negli arcipelaghi d'iiawai e di Tahiti.
Moltissimi sono i vulcani : il Tomboro a Sumatra, più terribile di tutti, dal 5 al
7 aprile 1816 lanciò una quantità incredibile di cenere, e fino alla distanza di 1200 chi-
lometri, e distrusse la vicina città di dodicimila abitanti.
Questi arcipelaghi non offrono alcuna uniformità di aspetto. Alcune isole le più
grandi del globo, sono granìtiche, sollevate forse nelle prime giornate del mondo; altre
son masse calcari di data più recente ; e alcune a fior d'acqua sì formano ora per opera
di milioni d'animali microscopici ; alcune non sono che ammassi di pesci , di con-
chìglie, d'altri animali acquatici.
Clima Accanto a valli saluberrime, rinfrescate dalla brezza, ombreggiate dal benzoino, dal
betel, dal sandalo, dall'albero del pane, dall'arancio, in cui s'annida l'uccello di para-
diso, fra monti che nel seno covano l'oro e il diamante, e al cui piede si raccolgono
le perle, trovansi pianure omicide, con piante velenosissime, e pesci la cui carne
reca la morte.
Il cielo più puro s'inazzurra sopra le isole dell' oceano Pacifico, con perpetua prima-
vera, non turbata da uragani. Nell'Australia la costa meridionale è arsa dal sole; fa
inverno da giugno ad agosto ; segue la primavera, poi l'estate in dicembre. Le rugiade
somigliano a pioggia; e le pioggie abbondano in autunno. Alle Molucche, isole vulca-
niche, il calore sarebbe insopportabile senza le molte pioggie; e così alle Celebi, spesso
scosse da tremuotì. Trombe e sifoni imperversano non di rado nell'Oceano, che talvolta
mostrasi color di fuoco, talaltra di latte 0 di sangue; e magnifici vi sono gli effetti
della fosforescenza.
EPOCA H
DALLA DISPERSIONE DEI' POPOLI FINO AL 77G av. C.
I primi paesi che ci presenta la storia, sono V Assiria, Vlnclia, V Arabia, VEgUto, la
ralestina, la Cina, la Grecia. Della Cina favelleremo alla IV Epoca quando vi compare
Confucio: dell'Arabia, al venire di Maometto.
§ 1. — Assiria.
La civiltà del genere umano si mostra primamente ne' paesi fra il Ponto Eusino, il
Caucaso, il mar Caspio al nord, l'Arabia e il golfo Persico al sud.
Mancano documenti per descrivere lo stato de' primi regni che si succedettero nei
paesi bagnati dall'Arasse, da! Tigri e dall'Eufrate. Qualcosa ci è raccontato della Caldea
e dell'/tssnva.
La Caldea abbracciava il paese in riva al Tigri e all'Eufrate, detto poi Babilonia
e Mesopotamia, e dominato da Nemrod, al quale s'attribuisce la fondazione di Babilo-
nia. Tutto è mistero su questo popolo, anzi si disputa se popolo fosse o non piuttosto
una Casta che divenne dominatrice.
L'Assiria, ove Nino fondò o crebbe Ninive, conservò il primato, mentre Babilonia,
caduta in potere degli Arabi, stentò a rifarsi. I re di Ninive la liberarono dai re Pastori
0 Icsos, indi osteggiarono prosperamente VArmeìiia o paese dell' Ararat, la Battriana,
la Media, ecc. Il più illustre fra essi fu Belo, deificato ; indi Semiramide dominò a
Babilonia, mentre Nino suo sposo regnava a Ninive : essa stendeva l'impero fin di là
dall'Armenia, traverso l'Egitto, l'Asia Minore e nell'Alta Asia, ove die di cozzo ne' Saci
0 Sciti. Semiramide allora si volge a sottomettere l'Armenia e quasi tutta l'Asia cono-
sciuta. Con Ninin suo figlio comincia la decadenza dell' impero assiro, che perduta l'E-
tiopia, l'Egitto, la Fenicia, la' Siria, lìnisce a Sardanapalo (759?j.
Sei province formavano l'impero assiro: al nord V Armenia; poco sotto la Media, che
lambe l'Assiria e corre fin alla Persia; al sud dell'Armenia V Assiria; al sud di questa
la Babihnia; all'ovest dell'Armenia la Mesopotamia; in fine la BaUriana all'est del de-
serto medico.
']. La Babilonia 0 Caldea confianva al nord coll'Assiria e la Mesopotamia ; all'ovest
coll'Arabia; al sud ancora coH'Arabia e col golfo Persico-, all'est colla Susiana. Capi-
tale n'era Babilonia sull'Eufrate che la traversava da nord a sud. Le sue mura erano
alte 92 metri, grosse 23, e del giro di i5 miglia in un gran quadrato; e meraviglie si
contano dei giardini pensili, de' ponti, degli argini, sopratutto della' torre, vasto edi-
lizio di otto torri una sopra l'altra, decrescenti; tempio di Belo e osservatorio. Era fab-
bricata a mattoni, e una via sotterranea traversava da una parte all'altra del fiume. Ora
ne cercano le rovine a Cil-Minar.
2. L'Assiria aveva al nord l'Armenia, all'ovest la Mesopotamia, al sud la Caldea,
all'est la Media. Capitale n' era Ninive, sul Tigri, non inferiore di grandezza e lusso a
Babilonia. Giona le dà il giro di tre giornate: altri una mura lunga 30 miglia, alta
29 metri, larga tanto da corrervi sopra tre carri di fronte, con mille cinquecento torri,
alte ciascuna 58 metri.
3. ]j' Armenia confinava al nord coi paesi del Caucaso; all'est colla Media; al sud
colla stessa, e coll'Assiria e Mesopotamia; all'ovest coi monti TeeCie e Scidisse. Resistè
lungamente all'armi assire, finché Semiramide la domò, ed in riva al lago Arsissa fab-
400 CnOCRAFU — EPOCA SECONDA
bricò Semiramocerta, suo riposo estivo. Le solide mura non poterono esser distrutte da
migliaja d'anni.
-i. La Mesopotamia o paese in mezzo ai fiumi, così detta dall'esser posta fra il Tigri
e l'Eufrate, incliti fiumi, aveva al nord l'Armenia e il Tauro; all'est l'Armenia e l'Assi-
ria; al sud la Siria; all'ovest il mar Inferiore. Tr, patria di Abramo, sorgeva forse ove
poi_Antiocbia indi Edessa: altri la collocano presso Assw.
5. La Media, paese assai dilatato da nord a sud, ha all'occidente l'Armenia e l'Assi-
ria; al sud la Susiana e la Persia; all'est grandi deserti e il mar Caspio ; al nord i paesi
caucasei. Dejocete, verso il 700, aveva circondato di settemplice mura Ecbatana, fab-
bricata ad anfiteatro in collina presso il monte Oronte. Astiage Csecondo Erodoto} fu
l'ultimo signore distinto della Media (560).
6. La Battriana, arricchita dal commercio dell'India che vi passava, confinava al
nord colla Sogdiana; all'ovest colla Margiana e il paese dei Parti; al sud col Caucaso
indiano o monte Paropamiso ; all'est colle montagne dell'Indo. Bailra, capitale sull'0\o,
era forte di mura, che arrestarono lungo tempo Nino. Le tradizioni orientali la chia-
mano Omm el-Biddan, madre delle città, quasi sia la più antica del mondo.
Altre città vi fabbricò Sardanapalo, che in un giorno ne fece piantar due, dove poi
si disse la Cilicia, cioè Tarso e Anchiale.
11 medo Arbace, arrivato al trono, restrinse tutta l'attenzione alla Media; onde nelle
altre provincie varj governatori si resero indipendenti. I re di Ninive tentarono poi riu-
nirli, e portarono le armi sin in riva al .Mediterraneo. Nalìucodonosor li , signore degli
imperi di Ninive e di Babilonia, doma la Giudea, prende Tiro dopo undici anni d'as-
sedio, sottopone l'Egitto.
Dallo smembrarsi del primo impero assiro tre regni principali si formano, d'Assiria,
di Babilonia , di Media. Gli ultimi due collegatisi contro il primo, l'annichilaro-
no; Ninive fu distrutta; ma Tacito parla dell'uri?; Xinos, vetustissima sedes Assijrice
come ancora sussistente a'suoi tempi. Credesi riscontrarne le rovine ad oriente del Ti-
gri , in faccia a Mossul. Secondo Mannert, sarebbe diversa la Ninive della Scrittura ,
posta al mezzodì della .Mesopotamia, poco discosto da Babilonia. Ora se ne fa un gran
parlare delle mine trovatene a Khorsabad ; ma nulla se ne può dire con sicurezza. La
Media si stese conquistando nell'Asia superiore; e alla Babilonia formarono confine le
coste orientali del Mediterraneo, il Tigri e la Susiana. A Carchemis sulla sinistra del-
l'Eufrate (Circesium), Nabucodònosor battè Necao 11 re degli Egiziani (602?).
Gli storici classici per lo più sotto il nome d'Assiria abbracciano la Babilonia^ la Me-
sopotamia, VAluria e VAgiabene, e talvolta l'estendono fin a tutta V Asia Minore; più
spesso confondono Assiria e Siria.
Nel Tigri si gettano il Lycus o Zabatus (Zab maggiore), che Senofonte passò coi Die-
cimila presso al conduenle; e il Caprus (Zab minore), che parimente dovette varcare
Senofonte, sebbcn noi ricordi. Nascono nei monti Zagro, e traversano il Curdistan.
g 2. — India,
Questo nome, dal fiume Indo, applicarono gli stranieri al vastissimo paese che siede
dietro le più alte montagne del globo, dette Imahnja cioè nevose. Le cognizioni degli
antichi arrestaronsi al gran deserto di sabbia che stendesi fra l'Indo e il Paddair. È
l'India una vasta penisola formata dal sistema indostanico dei monti d'Asia, curvantisi
in angolo: al nord la catena poco elevata dei Vindia corre da occidente in Oriente; i
Gati occidentali, alti in molti luoghi più di 2924 metri, coprono la costa all'ovest sin
al capo Comorin; i Gati orientali staccansi dai precedenti al sud di Misore e rimon-
tano verso r estremità orientale de' monti Vindia, seguendo la costa di levante, alla
distanza media di 100 miglia. L'ampia valle del Gange, il quale scende dall'Imalaya,
e i deserti ad oriente dell'Indo e al sud del Gharra (IfasiJ suo influente, la separano
dal sistema imalayo, ove trovansi i monti più elevati, giacché una cima di essi su-
pera di 3476 metri l'altezza del iMonbianco.
Tult'insieme è più vasta che la nostra Europa cominciando dai confini settenlrio
nali verso la Bukaria sino al |)romontorio in cui finisce al sud, e all'isola di Seilan,
l.NDl\ — EGITTO lui
alla quale |)arc doversi aUiibiiirc l'anlieo nomo ili Taprobam, cioè luogo ove nasce
il sole.
Terra originaria della nazione considerano la settentrionale e la media, comprese IVa
i'imalaya e i monti Vindia. LV/n/o e il (lange, due de' maggiori fiumi del mondo, ne
formano il' vanto, e vi otlencano venerazione divina. Il primo corre da oriente in occi-
dente, poi da nord a sud, l'altro da occidente in oriente, parallelo all'lmalaya da cui
piovono entrambi. Famoso era pure il Dramapulra, che, venendo dal paese de'Bor-
kamti, si mesce col Gange.
Il clima vi è felicissimo, e la terra vestita degli alberi più preziosi, talché da imme-
morabile tempo i popoli occidentali vi andarono a provedersi di droghe. Di smgolar
bellezza ride al nord-ovest la valle di Cascemir^ Tessaglia dell'India, formata dall' Ima-
laya, ove dividesi in due coi nomi di Paropamiso e d'imavo. Colà sorge il monte Werù,
reputato centro del mondo, e ne scorrono i quattro gran fiumi Indo, Gange, Oxo (Giìion)
e Bramaputra, sicché alcuni lo credettero il paradiso terrestre.
I Greci conobbero solo il Pendgiab, cioè il paese seltentrionale bagnato da cinf|ue
fiumi, fra cui l'Indo; nò Alessandro si avanzò oltre l'idaspe. Però di Sesostri dicesi vi
penetrasse fin alle sponde del Gange, e passatolo, non si arrestasse che all' oceano
Orientale. I Fenicj fecero regolare commercio col paese, e navi arabe e persiane fre-
quentavano da antichissimo V isola di Seilan , abbondante di tutte le naturali ric-
chezze.
Poiché la sua storia non s'è ancora potuta disporre per tempi, noi non seguiremo
le mutazioni sue politiche, se non quando venga a contatto con altre genti di stona
meno incerta.
§ 3. — Egitto.
Chiamavasi Chemi dai natii, e il7«sra«m dagli Ebrei quel che i Greci nominarono
yEcjìjpios^ cioè la valle del Nilo e il Delta che esso forma presso alle foci. Essa valle
non è larga più che da 5 in 15 miglia, e circa 160 alla base del Delta, e lunga circa
il triplo. Deserti di sabbia la separano verso levante dulia Siria, banchi d' arena dal
mare a settentrione, vasti deserti ad occidente, e dal seno Arabico inabitabili solitudini.
Kascc il Mio nei monti dell'Abissinia; e dalla Nubia, come chiamano il deserto su-
periore, trabalzandosi per varie cateratte, più famose di nome che mirabili di fatto,
entra nell'Egitto, sempre correndo a settentrione; presso Cercasoro si divide in due
rami, che scendono al mare per molte foci. Le maggiori sono oggi quelle di Rosetta e
di Damielta o Damiata (Tamialliis) : anticamente se ne contavano sette principali, che
erano, cominciando da occidente, la Canopica, o Eradeotica^ o A'cucralica, detta così
da città vicine, e che oggi corrisponde al profondo lago Madieh; la IJolbiiina, corri-
spondente a quella di Rosetta; la Sebmitica che shocca nel lago Burlos ; la Fcttmica,
corrispondente a quella di Daniietta; la Mendesia; la Tanitica e la Pelusiaca, che oggi
mettono nel lago Menzaleh. Esso fiume ha 500 chilometri di dominio, contando gli
affluenti, le cascate dei quali hanno talora il salto fin di 90 metri, mentre le celebri
del Nilo non eccedono i 5.
L'Egitto appartiene alla zona temperata, ma la vicinanza del tropico settentrionale
rende l'alto paese caldissimo e quasi sempre asciutto: benché sìa falsa l'opinione che
non piova mai neanche nel Basso Egitto, pure a differenza degli altri paesi tropicali
non v'ha l'alternamento di stagione secca e stagione piovosa; ma il suo adacquamento
proviene dalle periodiche alluvioni del Nilo. Generalmente comincia questo a crescere
al giugno; in agosto e settendtre inonda i piani; allora le acque prendono a scemare,
finché uscente ottobre rientrano nel loro letto. Fertile pertanto non è se non la parte
irrigua, cioè la valle del Nilo e il Delta.
Savary, nella lettera 1-4* del voi. ii, così descrive la festa che si fa tuttavia al crescer
del Nilo:
« Il Nilo comincia ogni anno, entrante giugno, a crescere quasi insensibilmente,
finché nel solstizio si fa sensibile l'aumento delle sue acque, che ingrossano fin presso
al terminare d'agosto. Anticamente il nilometro posto ad Elefantina serviva ad indicare
la futura inondazione; ed alcuni segni, autenticati dalla esperienza di più secoli,
102 GEOGHAFU — EPOCA SECONDA
annunziavano di affrettarsi ad avvisare i prefetti delle provinole, i quali avvertivano i
popoli perchè pensassero al meglio dell'agricoltura.
Il Allorché gli Arabi conquistarono l'Egitto, il nilonietro era situato nel villaggio di
Ilokiàin, rimpetto a Memfì ; avendo però Ainru rovesciata quella superba capitale ed
ereita la citià di Fostat , i governatori dei califfi vi stabilirono la loro residenza, e vi
situarono pure il nilometro. Alcuni secoli appresso fu stabilito il Mekios, od Osserva-
torio alla punta dell'isola di Raudah, ove fu pure situata la colonna indicante l'eleva-
zione delle acque, che non ha più cangiato di posto. Oggi gli uffiziali destinati ad
osservare il crescer^del Nilo, ne avvertono i pubblici banditori, i quali proclamano
per le strade la prossima inondazione.
« Il momento di tale annunzio è il punto in cui nasce la maggior allegrezza, ed il
più espressivo brioche immaginar si possa. Scende il bascià dal castello, accompa-
gnato da tutta la sua Corte, e si reca in gran pompa a Fostat, dove comincia il canale
che attraversa il Cairo, e dove egli prende posto sotto un magnifico padiglione, in faccia
alla diga. I bey, preceduti da una l)anda di musicali strumenti, e seguiti dai loro ma-
melucchi, formano il suo corteggio; ed i ministri della religione compajono anch'essi
alla festa su cavalli riccamente bardati. Tulti gli abitanti, chi a piede, chi a cavallo, chi
in barca, concorrono per assistere alla solennità-, ed i battelli graziosamente dipinti, ed
ornati d'un ombrello, fanno allegra pompa di varie banderuole a diversi colori. I na-
vigli che servono alle donne, sono facili a conoscersi per la eleganza e ricchezza; gli
stolli che sostengono l'ombrella, sogliono esservi dorati ; vi s'aggiunge la gelosia per
decenza. Un mirabile silenzio tiene tutti gli astanti immobili lin al momento in cui
il bascià dà il consueto segnale: e ueiristante di questo, rimbomba l'aria di grida di
gioja, e strepiti di trombe, di cembali e d'altri moreschi strumenti.
Il Vedonsi allora montar sulla diga diversi opera] per rovesciare nel fiume una statua
di terra, che chiamano la Sposa, avanzo dell'antico culto degli Egiziani, i quali consa-
cravano una vergine al Nilo. Poi si disfà la diga, eie acque non trovando più ostacolo,
scorrono libere verso il Gran Cairo. 11 viceré getta nel canale delle monete d'oro e
d'argento, e in tutti cresce allora l'entusiasmo a segno, che li diresti ebri d'allegrezza.
Intanto una folla di danzatrici mena tripudio sul margine del canale, ed accresce il
brio e il giubilo negli spettatori con lieti balli, che non sono però i più decenti.
« Tutto quello é giorno di dissipazione per ogni classe di persone, e fino i più men-
dichi si danno alla crapula. Le notti seguenti poi offrono uno spettacolo ancor più
giocondo, essendoché il canale riempie d'acqua le piazze della capitale, e vi richiama
ogni sera il concorso delle barche, guarnite di ricchi tappeti e di cuscini, e tutte biz-
zarramente illuminate. E si fa ordinariamente il maggior concorso a Sosebeckiè el-
Elzbekieh, piazza la più grande della città, che gira quasi mezza lega. Forma essa un
immenso Iracino, circondato dai palazzi del bey, che sono allora tutti con bellissima
varietà illuminati -, ed un tal colpo d'occhio sorprende qualunque Europeo, il quale
non isperi altrove un sì imponente spettacolo.
« Cresce ancora il piacere di questa notturna scena il vedere che la calma dell'aria
è poche volte turbata dal soffio impetuoso dei venti. Imperocché essi si acquietano sul
tramontar del sole, e quindi un leggiero zefiro agita, nel corso della notte, sì dolce-
mente l'atmosfera, che invita i ricchi a diportarsi sull'acqua, ed a passarla in feste e in
tripudio fino al sorgere del nuovo giorno, nel quale poi cercano riposo.
« Le escrescenze del Nilo non sono però sempre eguali, né tutto l'Egitto gode quindi
i vantaggi delle benefiche sue inondazioni. Hanno queste colle loro torbe alzato il suolo
in modo, che è facile il trovare qua e là degli obelischi interrati fino a 15 e 20 piedi,
e dei portici per metà scpelliti.
« Le città costruite sopra luoghi elevati artifizìalmentc, e le dighe opposte in varie
parti all'impeto del fiume, ci fanno manifesto che gli antichi Egiziani temevano più le
grandi escrescenze, che non le scarse. Oggi che il terreno è considerabilmente rialzato,
rare volte l'inondazione arriva a un punto da nuocere alla coltura della campagna.
« Allorché le acque si elevano dai IS fino ai 22 cubiti, si può generalmente contare
sull'abbondanza del ricolto ; ma vi è da temere fame, se non giunge o sorpassa di poco
i 16 cubiti. La scarsa escrescenza fa sì che i campi un po' troppo elevati rimangono
senza produrre; e l'eccedente, facendo che le acque restino troppo a lungo sopra i ter-
EGITTO 103
reni, iiDpediscc che possano seoiinarsi a tempo. Se si scavassero ilei canali, se si rista-
bilissero le dighe, ed una maggior industria, animala da più eque leggi, sollecitasse i
coltivatori a cercare il proprio bene, una più gran parte di quel bel paese godrebbe i
vantaggi del Nilo, e sarebbero le sue raccolte periodicamente assai più abbondanti e più
felici. A ciò s'ingegna il presente viceré, quanto lo permette la forma del suo reg-
gimento ».
Al cominciare dell'inondazione, il ricolto è già fatto , poiché le biade non maturano
nei mesi estivi, bensì in quelli d'inverno e primavera, non facendovi mai gelo; sicché
in quella temperie di clima, ricchissimo vegeta il terriccio deposto dal Nilo. In gennajo
s'allegrano del più bel verde le pianure, che all'estate sono arse e screpolate. Il vivo
calore però non toglie che l'aria vi sia sana, e tranne le oftalmie, non v'è quasi altra
malattia endemica ; la peste v' è portata.
Savary dà l'Egitto per un paradiso terrestre, Volney pel più infelice paese del mondo.
È il caso del notissimo adagio Distingue tempora, et concordabis jura. llozière, membro
della spedizione francese in Egitto, così ne parla :
« Oltre ogni dire pittoreschi sono i dintorni di Siene e delle cateratte; ma il restante
Egitto, specialmente il Delta, è di monotonia tale, qual sarebbe forse impossibile incon-
trare altrove ... I campi del Delta olirono tre quadri diversi secondo le tre stagioni
dell'anno egiziano; cominciando dalla metà di primavera, non si mostra che una terra
bigia e polverosa, cosi profondamente screpolata, che uno appena oserebbe percorrerla.
All'equinozio d'autunno, ecco un immenso strato d'acqua rossa e salmastra, da cui
sporgono palme, villaggi, anguste dighe per comunicazioni : ritirale le acque, che i)oco
tempo sostengonsi a quell'altezza, sino al .fine della stagione più non iscorgeresli che
un suolo nero e fangoso. Nella vernata, la natura spiega la sua magnificenza ; allora la
freschezza, la forza della vegetazione novella, l'abbondanza delle produzioni che rico-
prono la terra, superano quanto mai si ammira nei nostri paesi più vantati. Durante
quella beata stagione, l'Egitto da un capo all'altro è una splendida prateria, un campo
di fiori od un oceano di spighe; fertilità cui cresce spicco il contrasto dell'aridità
assoluta che la circonda; e questa terra tanto scaduta, ancor giustifica le lodi che un
giorno le diedero i viaggiatori. Ma a malgrado del magnifico spettacolo, la monotonia
ne scema l'incanto; l'animo per difetto di sensazioni rinnovate, prova un certo vuoto;
e l'occhio, prima rapito, presto si smarrisce ìnditTerente su quelle pianure sterminate,
le quali da tutti i lati, quanto l'occhio arriva, presentano sempre e poi sempre i mede-
simi oggetti, le tinte slesse, gli slessi accidenti.
« Tutto concorre ad accrescere un simile effetlo. Il cielo, non m»no della terra uni-
forme, non offre che una vòlta cosiantemenle pura, durante tutto il giorno piuttosto
bianca che azzurrina; l'atmosfera è inondata d'una luce che l'occhio appena vale a
sostenere; ed un sole scintillante, di cui nulla tempera il calore, arde quant'è lungo
il dì, quell'immensa pianura quasi scoperta; essendo carattere dei siti egiziani l'esser
nudi d'ombre senz'essere nudi d'alberi.
« Tuttavia qual è, l'Egitto ancor piace agli stranieri, e bea gli abitatori, possedendo
ciò che gli uomini più pregiano, suolo ubertoso e bel cielo. Sotto quel clima felice,
dove l'acqua non gela mai, ignota è la neve, gli alberi non lasciano le foglie che per
produrne di nuove, la vegetazione non rimane mai sospesa ; e l'agricoltore, colmi i suoi
voli, non conterebbe che una stagione perpetuamente produttiva, se le circostanze del
traripamento del Nilo non limitassero la coltura ad una parte dell'anno. Quindi, allor-
ché le opere degli uomini suppliscono alle inondazioni, la terra può in un anno dare
due 0 tre ricolli ...
« Il Said sfoggia una coltura ancor più ricca del Basso Egitto. Quivi immense messi
dorale di grano, d'orzo, di mais; campi di fave fiorite a tiro d'occhio; verdeggianti
pianure di trifoglio e di lupini; quivi campi di lino e di sesamo, che somministrano
l'olio al paese; il kennà, onde da tempo immemorabile le donne tingonsi di rosso le
unghie ; l'indaco, il cotone erbaceo, quei cespi di tabacco, quelle zucche rampicanti
che coi verdi loro frutti coprono le piagge arenose. Se ha meno risaje di quel che com-
portino terreni bassi e sommersi, maturanvi perfettamente le selve di canne da zuc-
chero; meglio vi fa il cotone: havvi di più il cartamo, il cui fiore rosso e prezioso
raccogliesi con cure tutte particolari: il bamia, che dà un frutto verde e viscoso; so-
l
ÌO'i GEOGRAFIA — EPOCA SECONDA
pratutlo il durra, o sorgo clic vogliam dirlo, dalle lunghe foglie arcuate, dagli elevati
fusti, che popolano le altre terre della Tehaide, e nelle lunghe loro pannocchie portano
il cibo principale del paese.
(I 11 Kayoun ha campi di rose, che somministrano l'essenza più soave. Quivi il loto
dagli antichi riverito, e che nel Said più non si trova, lascia sulla superficie delle acque,
durante l'inondazione, sbocciare quei brillanti fiori rosei, o bianchi o cilestrini, tanto
comuni nei canali e nei terreni inondati del Basso Egitto, il nopal o fico indiano spi-
noso, colle foglie d'un verde fosco, grosse più dita, forma siepi somiglianti ad alte mu-
raglie: vi si vede l'olivo che dal rimanente Egitto disparve; la vite ed il salice quasi
altrettanto rari.
'I Nella Tebaide colpisce particolarmente la vista la palmadum, albero di singolare
aspetto: il fusto, alto da iO in 12 piedi, biforcasi costantemente, al pari de' suoi rami,
pochi. di numero, corti ed inflessibili, che portano all'estremità pinocchi assai grossi,
duri, legnosi, di forma irregolare, del colore e del gusto del panpepato, con larghi
fascetti di foglie lunghe e rigide, spiegate a ventaglio.
« La Tebaide, ricca specialmente di monumenti e di memorie, sembra un paese in-
cantato. Venti città e molti luoghi disabitati offrono al viaggiatore stupefatto quei grandi
cdifìzi antichi, capolavori dell'architeltura, per le imponenti loro moli non solo e pel
carattere grave e religioso, ma eziandio per il bello e semplice ordinamento, per l'ele-
zione e saggia distribuzione delle scolture emblematiche che li decorano, e per l'in-
concepibile ricchezza degli ornamenti non mai senza significato.
<' Tebe, posta sossopra da tante rivoluzioni, Tebe, ora deserta, stupefa ancora coloro
che hanno veduto le meraviglie di Roma e d'Atene. Tebe, al cui aspetto i francesi eser-
citi, vittoriosi di tanti paesi, celeberrimi nelle arti, arrestaronsi spontanei, gittando un
grido unanime d'ammirazione; Tebe, da Omero celebrata come prima città del mondo,
dopo ventiquattro secoli di devastazioni è ancora la più stupenda. Ti crederesti il-
luso da un sogno quando contempli l'immensità delle sue rovine, la grandezza e maestà
degli edifizj suoi, e gli avanzi innumerabili dell'antica sua magnificenza . . .
« Così, malgrado la miseria e il degradamenlo odierno, l'Egitto serba le traccie d'una
fortuna splendida un tempo e prospera; ed il contrasto continuo di quello che fu
e di quello che è, quantunque in se stesso doloroso, non è per l'osservatore senza
grandissimo interesse. Egli domanda perchè quell'antica prosperità sia cessata, e tro-
vando la natura quella medesima in tutte le cose come per lo passato, avvisa nella dif-
ferenza delle istituzioni sociali la cagione di sì prodigioso cangiamento: vasto argo-
mento e degno di meditazione per coloro che tracciano la storia dei popoli, e per quelli
che son chiamati al glorioso quanto difficile uffizio di governarli ».
1 primi abitanti dell'Egitto, venuti dall'Asia, e potenti nella Bassa Nubia, indi nel-
l'Alto Egitto, si diffusero man mano che le paludi del fiume disseccavansi, e fondarono
successivamente le città di Elefantina^ This e Tebe. Le valli impinguate dal Nilo si po-
polarono e distribuironsi tra varie colonie, onde venne la divisione dell'Egitto in
a. Tebaide o Alto Egitto, da Siene a Chemnis;
b. Eptanomide o Medio Egitto, composto di sette nómi o distretti, da Chemnis a
Cercasoro dov'era Memfi;
e. y/asso E(jilto, chiamato anche Delta per la somiglianza con questa lettera greca
A, ove si fondarono Mcndes, Bubastc, Sebmita.
Sotto Menete, primo re d'Egitto (2ìj0?), o personificazione della primiera civiltà, fu
fondata Meiufi, e Avari o Pelusio alla foce della bocca pelusiaca del Nilo.
Alle invasioni etiopiche tenner dietro (|uelle degli Arabi, che, allettati dalle ricchezze
del paese, accorsero, e tolsero ai primieri possessori il Basso Egitto: ma i vinti che
conservarono il resto, finirono a cacciarli di là dall'istmo di Suez.
La schiatta tebaica, forte di quest'espulsione, alzò città e palagi. Meride (lOOO'!*) co-
struisce un lago artifiziale, fondo 97 metri, e del giro di 3G00 stadj, con due piramidi
in mezzo, per serbare le acque del Nilo e moderarne a voglia le piene ; sicché la pianura
p(jtè sicuramente coltivarsi e abbellirsi.
Sesostri (1015) portò le armi dell'Egitto sin di là dal Gange; poi ne' deserti della
Scizia, nell'Asia Minorr, nelle isole dell'Arcipelago, e per la Tracia invadeva l'Europa,
quando gl'interni tumulti il richiamarono in Africa, senza conservare le conquiste. Li-
EGITTO lOy
miti pertanto del suo impero erano al sud l'Etiopia, al nord il Mediterraneo, all'ovest i
deserti della Libia, all'est il golfo Arabico. Lo divise egli in trentasci nómi; cioè dieci
nel Basso, sedici nel Medio Egitto, dieci nella Tebaide. Dipoi variarono, e Tolomeo ai
suoi tempi ne contava ventisei nel Delta e sue adiacenze, cioè Mareotico, Alessandrino,
Menelaito, Andropoiilc, Latopolile, Ftcnoti, Cabasite, Saile, Prosopite, Sebcnite inferiore,
Gioite, Ftegmuchi^ Anufite, Atribitc, Mendesio, Scbenile superiore, Busirite, Leontopolite,
Ncutite, Tanile, Farbetile, Setroile, Arabico, Bubastite, Eliopolite.
Ultima città al sud era Elefantina, in un'isoletta cbe fronteggiava l'Etiopia. Poco
lungi, sulla destra del Nilo, sorgeva Siene, vicin della quale, sul pendìo d'una collina,
trovavasi un pozzo, cbe al solstizio di estate era illuminato sin al fondo. Più in su l'^l-
pollinnpolt superiore e l'inferiore occupavano le due rive, adorne di magnifici edifizj.
Alquante leghe discosto dalla grande Apollinopoli eraJeraconopoli, delta dal culto che
vi si rendeva agli sparvieri ; poi Latopoli, ov'era tra l'altre cose uno zodiaco dipinto sul
lacunare d'un tempio, che tanto diede a dire ai nostri tempi. Di Tebe, o Diospoli ma(j-
giore, ampliata da Busiride li, vedonsi vaste reliquie sulle due rive del Nilo; e i vil-
laggi di Carnack e di Luxor, divenuto famoso per l'obelisco trasportato a Parigi, erano
quartieri della città, insieme con A/emnonio, Medinet-Abù e Curnà. Abido, poco discosta
dal Nilo, dove sorgeva il tempio di Memnone, fu invasa dalle sabbie. Seguivano This,
Tolemaide , Chemnis o Panopolis sulla destra del Nilo, dove avea tempio e giuochi
Perseo.
Dopo LicopoU 0 città dei lupi, s'entrava n^W Eptanomide ; e prima incontravasi Er-
mopoli 0 città di Mercurio, non lungi dalla quale cominciava un canale parallelo al
fiume, cbe congiungeva questo al lago Meride, e cbe diceasi costruito da Giuseppe
ebreo, ministro d'un faraone. Sopra questo canale era edificato Oxirinco, detto così
da un pesce dal naso aguzzo (o'^ìi; p'iv) onoratovi ; e vi abitavano molli sacerdoti. Presso
Eracleopoli stava il labirinto, immensa fabbrica destinata a raccogliere i capi dei nómi
a concilio generale. Infine trovavansi Crocodilopoli e Memfì : questa, fondata da Ucoreo
e sede dei faraoni, è famosa per le piramidi e pei sepolcri dei re cbe sono nella valle
di Biban-el-Moluk, e pel palazzo d'Osimandia. Partiva di là la strada che conduceva
all'oasi di Giove Ammone, cbe Belzoni suppose nella piccola Oasi, confutato in ciò da
Minutoli ; Heeren lo colloca a Siwah.
Dopo il piano delle piramidi comincia il Basso Egitto o Delta, creazione del Nilo.
Principali città n'erano Cercasoro sulla sinistra del Nilo, e rimpetto ad essa Babilone',
fabbricala dai prigioni di Sesostri. Qui il Nilo si divide.
Eliopoli, 0 città del sole, vedeva la fenice ardersi e rinnovarsi : Sesostri v'alzò una
mura cbe interchiudeva agli Arabi l'Egitto. Atribi sul ramo pelusiaco del Nilo al par
di Bubaste, presso la quale accampavano i Greci, che rimisero in trono Psammetico.
Leontopoli sul ramo mendesio, detto così da Mendes presso la quale scorre.
Tanis e Farbeto erano capi di nùmo. Dafne era posto avanzato verso Pelusio, per
frenare le incursioni arabe. Magdolo stava presso il muro di Sesostri. Tmuis capo di
nònio. Rinocolura, detta così perchè fabbricata da esigliati, cui un re d'Egitto avea fatto
tagliar il naso, era fuori dal muro di Sesostri, allo sbocco del Torrente d'Egitto.
Sebenita e Busiri, capi di nómi. Butus in mezzo alla palude Elearcbia, ove si ricoverò
Psammetico, cacciato dagli undici suoi collegbi. Questi egli vinse poi presso Monemfi.
Segue Sais, ov'era un tempio d'un pezzo solo, in tre anni condotto dalle cave d'Ele-
fantina. Al collegio de' sacerdoti ivi raccolti venivano ad istruirsi i sapienti di Grecia.
Ove il Nilo si separa nei rami canopico e bolbilino, stava Naucrati, scalo del com-
mercio milesio; Canopo, detta poi Abukir, ad una delle foci del Nilo; e No-Ammon,
dove fu fabbricata Alessandria. Marea, presso il lago Mareotide, era un quartiere per
difesa verso la Libia. Ad Anisi nacque il re cieco del nome stesso; a Sru/" nacque
Amasi. Ramesse e Cabasa erano capi di nómi ; PJtam e Aisma porli sul golfo Arabico.
Tra le molte isole, erano principali Elbo rifugio di re Anisi ; Chemni nel lago Bu-
lico ; Faro, poi congiunta al continente con una diga, e cbe die il suo nome alle lan-
terne di mare, perchè ivi fu eretta quella del porto d'Alessandria.
lOG GEOGRAFIA — ErOCA SECONDA
§ 4. — Palestina.
Per attestato di Plinio maggiore, di Strabene, di Giuseppe Ebreo, la Siria, anche
ne' tempi storici, era teatro di grandi rivoluzioni terrestri. Se ne ba la prova nella
forma delle montagne di Palestina, ne' crepacci delle loro spalle, nelle acque termali
attorno al Libano e al lago di Tiberiade, e nei molti prodotti vulcanici sparsi. Ila pa-
recchie montagne: la principale nasce nel deserto, traversa il paese da nord a sud, poi
curvasi verso nord-ovest per terminare verso il mare al Carmelo.
Lungo il gran piano d'Esdraelon son situati monti scoscesi e isolati, Gelboa, il pic-
colo Ermon, il Tabor. La catena del Libano comincia più al nord; e dopo le lievi on-
dulazioni attorno a Nazaret, s'eleva accostandosi alla catena vulcanica del Safed, fin
alle erte vette, propriamente dette il Libano. Tutte sono calcari: la catena centrale è
coperta d'arbusti odoriferi j come l'oleandro, l'arbuto, la rosa selvatica.
All'oriente delle montagne il paese più non è fertile, ma sparso di colline calcari
aride, ove non si vede macchia o fil d'erba, se non intorno a Gerico. All'oriente di
quest'arido paese s'apre la profonda valle del Giordano, che racchiude pure il n)ar di
Tiberiade largo 6 miglia, poi il mar Morto: è tutta molto inferiore al livello del Medi-
terraneo in iil metri. Il mar Morto, ove non v'è conchiglie, non uccelli acquatici, è
lungo 40 su 6 in 8 miglia ; non barca -, l'acqua ha un verde cupo ; non ha sbocco.
Recentissime indagini ci mettono in grado d'attestare un fatto di geografia fìsica, im-
portantissimo riguardo alla valle del Giordano. Burkhardt avea studiato la lunga valle
del Wadi el-Araba (ignota ai geografi nostrali anteriori], che dalle fonti del Giordano
stendesi al mar llosso, e servì anticamente di comunicazione fra Gerusalemme e i paesi
dipendenti al sud. Non sapeasi dapprima spiegare dove si perdessero le acque del
Giordano, innanzi che la distruzione della Pentapoli aprisse loro il vasto cratere che
divenne il mar Morto ; allora si credette che la valle del Wadi el-Araba servisse di scolo
a quel fiume verso il mar Rosso Ma Giulio di Berton, con lunghe osservazioni dimostrò
che non potea sostenersi l'esistenza d'una tal via del Giordano, e che il lago Asfalte ha
sempre dovuto ricevere le aciiue della valle di Siddim; e colle osservazioni barometri-
che accertò che esso lago sta sotto al Mediterraneo, dodici volte più basso che non il
mar Caspio sotto al Nero.
11 monte Sinai (Gebel Ilousa) è alto da 2814 metri; cinto da montagne più elevate,
coperte di neve l'inverno, e sparso di sorgenti e verzura. All'estremità sua settentrio-
nale s|)iegasi il deserto El-Teh, lungo 70, largo 50 miglia, dove gl'Israeliti vagarono
quarant'anni ; coperto di lunghe catene di rupi, triste a vedere e interrotte da profondi
spacchi, poco larghi e con pareli naturali alte fin mille piedi. Tal è l'aspetto di tutta
l'Arabia Petrea, o Edom.
Al monte Cavio, elevantesi a picco dal mare ove vi sbocca l'Oronte, comincia la ca-
tena del Libano, la cui vetta più elevata è a 4800 metri; poi alle fonti del Giordano
si parte in due rami, che, rinserrano la Celesiria. L'Antilibano comincia al monte Er-
mon, traversa la Palestina, e si perde fra le roccie del deserto del Sinai.
Le valli e le pianure di Siria son piene di terra vegetale, e particolarmente il piano
di Damasco splende di lieta verzura, benché contornato di deserti. I deserti dell'Assiria
in primavera si vestono di fina erba; ma presto dissecca, e non appare più che deso-
lazione. Più si fa arida la regione accostandosi a Terrasanta ; benché vi s'incontrino le
selvose montagne del Carmelo (I), di Basan, del Tabor, e qualche valle fertile, come
(I) L'inglese Carne, ebc rcccnlcmcntc sali sul parla dell'eccellenza, ossia degli splendidi orna-
Carmclo, cos'i lo descrive: « Vi s'incontrano duo o nienti del Carmelo; l'autore del Conlieo de^cantici
Ire villaggi ed alcuni casali sparsi i[iia e là; pochi (vii, ii), che paragona la vaghezza dol capo della
i hoschetti ma lussureggianti; non vi sono nò dirupi sposa alla vaghezza del (darmelo, celchre anche per
ne precipizi n'e roccie per le capre selvatiche; ma di l'uherlh de' suoi pascoli, e perciò degno di reggere
ricca 0 costante verdura rivestesi la sua superficie al confronto dei pingui boschi di Basan. La sua
(LuKcrs, li, 119). In ciì> vanno d'accordo i ving- struttura è di compatta pietra calcare, e perciò ab-
gialori collo hrillantl descrizioni che i lihii sacri ci honda di ca\ernc, clic sorpassano, a quanto dicesi,
lasciarono del Carmelo, per es. Isaia (xxxv, 2), che il numero di mille. In un tratto, che chiamasi la
PALESTINA
107
quella del Giordano, simile ad un gran parco. Una riva del lago di Galilea è del lutto
selvatica ; l'altra mostra piccole colline, valli agresti con palme e ulivi e sicomori. Pro-
cedendo a mezzodì, ogni cosa si fa più trista; le valli restringonsi, le colline diven-
gono sassose e nude.
Da Ur in Mesopotamia, Abramo padre degli Ebrei venne nella Cananea, così detta da
Canaan figlio di Can di Noè. Quivi trovò molti re, e, nella valle di Siddim o dei boscbi,
fiorenti le città di Sodoma, Gomorra, Segor, Adama, Seboim, in riva al Giordano, le
prime quattro delle quali furono sobbissate dall'Asfalte.
Alcuni Ebrei migrarono in Egitto coi figli di Giacobbe, donde numerosi tornarono a
ricuperare la patria antica. La trovarono occupata dai discendenti di Canaan, divisi
in undici tribù, denominate secondo il loro genio.
Al nord appiè del Libano gli Evei (astuti). Cacciati dai Filistini, si collocarono fra i Cananei
monti EbaI e Garizim; e un de' loro capi fondò Sichem. antichi
Sotto di loro i Cananei proprj, ad occidente del Giordano, che forse erano i Sidonj,
dilatatisi sulla costa fino al Carmelo al sud-ovest, e al Giordano al sud-est. All'oriente
di questi stava forse Us, patria di Giobbe.
Sulla sinistra del Giordano e del lago di Genesaret, i Gergesei detti così dalla qualità
argillosa del loro territorio: per le vittorie di Giosuè migrarono in Africa. All'est del
loro era il paese di Bazan, seconda conquista degl'Israeliti.
Poi i Feresei, popolo nomade, stranio alla razza di Canaan. 1 Gcbusei (sdegnosi) al
sud de' precedenti; la cui ben collocata capitale Gebus fu poi detta Gerusalemme. Gli
Elei (guerrieri) al sud di questi fra le montagne e intorno a Betsabea. Ivi erano la valle
di Mambre o del Terebinto, stanza di Abramo, il pozzo del Giuramento, e la città di
Arbea, fondata da Arbeo padre dei giganti Anakim, sette anni prima di quella di Tanni
in Egitto. Fu poi delta Ebron da un dei capi degli Amorrei (comandanti), cbe coi Moa-
biti e gli Ammoniti, discendenti da Lot, dispulavano ai Cananei la Palestina meridionale.
Madianiti, Amaleciti e Idumei o Edomiti stavano alle frontiere meridionali, minac-
ciosi al paese de'Gebusei. I Filistini o Pales tini àieder nome a tutta la terra di Canaan
all'estremità sud ovest, sulle coste del mar Interiore: venivano governati da cinque re,
sedenti in Gaza, dov'erano il tempio di Dagon e un porlo sul mare: A^calona porlo e
fortezza, Azot ove si fermò l'arca, Acaron celebre pel tempio di Belzebut, e Gat.
Questi popoli, cominciando dai paesi in riva al Giordano, furono vinti dalle dodici Tribù
tribù d'Israele, le quali ivi presero stanza. E prima le tribù di Gad e di lluben otten- ^^'^^^
nero lor porzione da Mosè medesimo, dopo sconfitto Og re di Bazan, e Selion degli
Amorrei. In quel vasto paese voleano menar vita nomade, con mezza la tribù di Ma-
nasse che si fé loro compagna. Sulla sinistra del fiume pertanto stavano
o. La mezza tribù di Maìiasse, limitata al nord dall'Ermon maggiore e minore,
all'est dairidumea orientale, al sud dalla tribù di Gad, all'ovest dal Giordano. La città
di Astarot era già capitale dei Bazani ; al nord di essa Edrai, ove fu vinto Og.
b. Al sud della precedente era la tribù di Gad col Giordano ad occidente, il paese
degli Ammoniti ad oriente, la tribù di Piuben al sud. Sue città Jahes Galaad ove Saul
vinse gli Ammoniti, Masfa patria di Jefte, Jazer presso un lago del nome stesso.
Caverna del monaco, ve ne sono ben qualtroccnto,
attigue le une alle altre, fornite Ji finestre e di gia-
cigli, servienti ad uso di letti, intagliati nel sasso.
Il viaggiatore Schulz nota una particolarità intorno
a parecchie di cotcsta caverne , e si è che il foro
d'ingresso vi è tanto angusto, da non potervi entrar
carponi che una persona alla volta; e che le caverne
stesse sooc incavate in guisa che la persona entrata,
se non le si stia daccanto, si perde imnicdialamcntc
di vista. La quale osservazione ci porge il filo a ben
intendere le parole di Amos (ix, 3) : E se si saranno
nascosti nel vertice del Carmelo, frugando indi
gli eslrarrà, ]ier indicare che mal si attenta uomo
vivente a celarsi e sottrarsi colla fuga alla punizione
che gli e dovuta. Le grotte o caverne antichissime
del Carmelo furono nei tempi remoti il ricovero dei
profeti, per esempio di Elia e di Eliseo (3'^ Rcg-i
XVII, 19, .i2; A° Reg., n, 25; iv, 23), più lardi di
molti religiosi eremiti, ed oggidì del pari. Vienvi
ancora additata una caverna, detta la spelonca di
Elia, un po' al disotto della suranientovata Caverna
del monaco, ed è al presente un santuario musul-
mano. Si scorgeva sulla vetta un'antica abitazione
di monaci Carmelitani, il cui ordine trasse appunto
il nome suo da questa montngna. L'iinlico convento
fu distrutto da Abdallah pascià, che ne destinò i
materiali a suo proprio uso; ma da qualche anno
venne ristauralo sopra un disegno piuttosto gran-
dioso, merce delle contribuzioni dell'Europa ».
108 GEOGRAFIA — EPOCA SECONDA
c. La tribù di Ruben aveva al nord la precedente, all'ovest il Giordano e il mar
Morto, all'est il paese degli Amorrei non occupato, quel de' Moabiti al sud. Città: Ese-
bon, prima conquista degli Israeliti; Sitlim, ove accampò Giosuè prima di prender
Gerico : Jussa, ove le tribù vinsero gli Amorrei.
Delle tribù che passarono il Giordano, presero stanza primamente il resto di quella di
Manasse, e le guerresche à'Efraim e di Giuda: le altre sette indugiaronsi tanto sul
campo di Silo, che Giosuè ne le svergognò. Alfine s'assisero così:
d. Neflali aveva al nord il Libano, ad ovest la tribù di Azer, ad est i monti Er-
mon, al sud la tribù di Zàbulon, colle città di Madom fortezza al settentrione, Cedes ove
Giaele uccise Sisara, Azor ove Giosuè vinse il re Giabin.
e. ^-er stendeasi sul litorale del mar Interno che le facea confine ad occidente, fra
le tribù di Neftali, Zàbulon e Isacar, togliendosi in mezzo la Fenicia indipendente. Sue
città Aco (San Giovanni d'Acri) il miglior porto di Palestina; Acaf e Gabara.
f. Zàbulon fra Azer, Neftali, Isacar e il Giordano:, colla fortezza di Sefori e He-
tulia patria di Giuditta.
(j. Isacar fra Zàbulon, il Giordano e la mezza tribù occidentale di Manasse, avca
le città di Gesrael ove Gedeone vinse i Madianiti, ^fec fortezza, Eìidor ove Saul con-
sultò l'indovina.
h. La mezza tribù occidentale di Manasse stendeasi dal Giordano al mar Interno,
stretta fra Isacar al nord ed Efraim al sud. Ivi erano Dora porto -, Mageddo ove fu sepolto
Giosuè; Teòe ove Abimeloch fu ucciso; Efra patria di Gedeone; Dotaim presso'cui Giu-
seppe fu venduto.
i. Efraim andava dal Giordano al mare, toccando le tribù di Manasse, Dan e Be-
niamino. Sue città erano Stc/iem, luogo di rifugio dove furono fatte le prime promesse
ad Abramo; Silo, ove Giosuè cominciò lo spartimento della Cananea; 5aron fortezza.
l. Beniamino aveva al nord Efraim, all'est il Giordano, al sud Giuda, all'ovest
Dan ed Efraim. Sue città Gerusalemme; Gàlgala primo accampamento degli Israeliti,
passato il Giordano , Gerico presa da Giosuè ; Ai e Betes già esistenti al tempo d'Abramo ;
Nobi e Gabaon città levitiche; Rama e Masfat.
m. Dan aveva attorno Efraim, Beniamino, Simeone, il mare e le terre de' Fili-
stini. Sue città: Tamna ove Sansone sposò Dalila; Gedor ; Joppe sulla costa e porto,
formava il confine settentrionale: celebre per la favola di Perseo ed Andromeda.
n. Simeone era limitato dal paese de' Filistini, e dalle tribù di Dan e Giuda. Sue
città: Betsabea dove Abramo s'attendò co' suoi armenti; Siceleg ove gli Amaleciti fu-
rono respinti.
0. Giuda, confinato al nord da Beniamino, all'est dal mare Morto, al sud dal ter-
ritorio idumco, all'ovest da Simeone. Città: Efrala o Betlem patria di David, Gabaa,
Lobna, Ebron cMik di rifugio, Masfa sede di Samuele:
La tribù sacerdotale di Levi non ebbe territorio unito, ma quarantotto città sparse,
sei delle quali erano asilo per gli omicidi involontarj. Le principali erano Gioob, Eleat,
Abdon, Masal, Astarot, Gaulon, Maanaim, Ramot, Jaser, Esebon, Jaffa, Basar, Ademot,
Mefaat, Sichem, Gerusalemme (1).
In quasi tutte le tribù si mantennero misti alcuni Cananei. Gli abitanti di Gessur e
Machat non furono sterminati; Giuda non potè snidare i Gebusei, né impadronirsi del-
l'assegnatogli paese de' Filistini ; Efraim lasciò ({uelli stabiliti a Gazer ; Manasse non potè
occupare molte delle sortite città, né Azer quelle di Tiro e Sidone. Così i Fenicj al nord,
i Filistini al sud conservaronsi indipendenti, ristretti fra le tribù di Simeone, Dan e il
mare.
La Palestina fra 52" e S4 '/z t'' longitudine, e fra 31° e 33 1/2 di latitudine nord, era
in superficie la metà della Svizzera ; con all'ovest una costa inospita e baje mal sicure,
ove furono Tiro, Sidone, Gaza, Acri ; un vasto deserto di sabbia alla estremila meridio-
nale, asilo de' Beduini. Verso oriente il debole ma rapido Giordano la separava dallo
sterile paese de' Moabiti: la frontiera settentrionale variava secondo la fortuna. Oggi la
vigna ne sparve quasi ; restano rari gruppi d'ulivi e melagrani; il Giordano s'impoverì
e cangiò direzione.
(I) La licscrizionc ili Gcnisalciumc votlasi niirEpoca XI, g 2. Può servire LeoìS DK LauoUDE, Commcn-
taire géographique sur l'Exode el Ics Pfomhrvs, iii-fol. con 15 carte, l'arigi 18 il.
PALESTINA — FENICIA 109
Su questi terreni allurgaronsi gli El)rei poco a poco, sicché (|uanclo David successe Regno
a Saul (lOiO), i popoli già doiuinalori del Canaan trovavansi sterminali o respinti dalle'" "'»^'''
frontiere, o ridotti a non dar più timore. Al suo regno facevano confine al nord il monte
Libano, all'est l'idumea orientale e i deserti arabici, al sud la grande Idumea, all'ovest
il mare interno.
Domati i Filistini e gli Amaleciti, tolto agli Idumei i porti di Elat e d'Esiongaber sul
golfo elamitico di Giudea, abbatte i Moabiti che volevano abbarrargli la via, e messosi
vincente per le pianure di Siria, dilatò le conquiste fin in riva all'Eufrate presso Ta-
psaco: nel ritorno vince gl'fdumei presso al luogo ove poi Salomone fondò Tadmor.
ossia Palmira. Al sud dominò i popoli estesi fin al golfo Arabico, e apri le vie al com-
mercio. Salomone, terminata la conquista col sottoporre le reliquie degli Amorrei, Elei,
Ferezei, Evei, Gebusei, signore di tutto il paese fra l'Eufrate, le arene d'Arabia e il mar
Intcriore, vi si consolida : ma tosto cominciano le divisioni, per cui la Cananea è par-
tita (902) nei due regni d'Israele e di Giuda.
Il regno di Giuda comprendeva le due tribù meridionali di Giuda e Beniamino, ca-
pitale Gerusalemme. Quello d'Israele stendeasi sull'altre tribù, e ne fu capitale Sichem,
poi Terza, indi Samaria fondata verso il 912 da re Amri sulla montagna d'egual nome.
La popolazione dei due regni era quasi uguale. Filistini, Amaleciti, Idumei, Moabiti,
Ammoniti, e i regni della Siria, già sottoposti da David, tornarono indipendenti.
Allora cominciarono le invasioni degli Assiri: Teglal-Falasar distrusse i regni giu-
daici, e nuove genti sostituì a quelle menate in ischiavitù; donde non rimpatriarono
che per magnanimità di Ciro nel 536. Così rapidamenie decrebbe il dominio degli Ebrei.
Vuoisi che l'intero paese sottoposto a David sommasse a 70,000 miglia quadrate, colla
popolazione di nove milioni e mezzo. Adriano Balbi ridusse gli Ebrei a questi termini:
All'uscir dall'Egitto e al fine del viaggio. . . 2,500,000
Al fin del regno di David 7,000,000
di Salomone 8.000,000
Alla nascita di Cristo 5,000,000
Nel 1 853 4,000,000
di cui 2,200,000 in Europa.
§ 5. — Fenìcia.
Al crescere degli Ebrei, uno de' popoli della Cananea s'era ristretto dietro al monte
Carmelo fra le catene del Libano e il mare, e fu detto de' Fenicj. Anch'essi di stirpe
aramea, crebbero in (|uiete e silenzio sulle 50 leghe di costa, larghe appena iO, ove i
conquistatori della Palestina li dimenticavano; e giovandosi della felice disposizione del
terreno orlato d'infinite baje, delle isole poste innanzi al continente e difese da scogli,
dalle montagne ricche di legname, si diedero alla navigazione, e fabbricarono molte
città.
Sidone già era grande ai tempi di Mosè: essa pose una colonia che fu Tiro, divenuta
centro del commercio d'Oriente e d'Occidente. Assalita dai Babilonesi, si trasportò so-
pra un'isola. Altre città fecero altrettanto, giacché mal bastando alla loro prosperità
quel lembo, versavano il soverchio della crescente popolazione nelle isole vicine: una
delle più antiche loro fondazioni fu Arado, la più settentrionale, sopra angusto scoglio,
sicché le case vi si edificarono a molti palchi.
Rimpetto, sul continente era Antarado; venti miglia più lontano, Tripoli che ancor
sussiste, detta così perchè fabbricata da coloni di Tiro, Sidone, Arado. Seguiva il tempio
d'Apollo, attorno al quale alzavasi Biblos. Di là dal fiume Adora erano le reliquie del-
l'antica Biblos 0 Palebiblos; al sud veniva Derito; poi qua e là Botri, Sarepta, Ortosia;
ultime, le più ricche. Tiro e Sidone.
Ma l'importanza de' Fenicj consistea nelle colonie, che, nei mille anni dalla venuta Coionio
di Cadmo fin alla conquista de' Persiani, piantarono in tutto il mondo. Le molte isole fenicie
che incontravano ne' primi viaggi, furono da essi popolate, e ne rimasero traccie anche
dopo distrutte dai Greci. Forse per rifarsi di queste perdite si spinsero innanzi nel Me-
diterraneo, varcarono lo stretto di Cadice , e salirono fin alle Sorlinghe , pertutto la-
sciando floride colonie.
no GEOGRAFIA — EPOCA SECONDA
Sulla costa d'Africa ne posero tardi, e solo dal 40» di longitudine orientale da Parigi,
verso occidente. La più antica fondazione loro è Ulica, scala alle relazioni colla Spagna.
Sulla costa, al nord della piccola Sirli, si trovavano Adrumeto-Tùdro, la grande e la
piccola Lepti, ed altre di minor importanza. Fra Adrumeto e Utica fu poi fabbricata
Cartagine (v. 869), colonia di Sidone, sopra l'istmo d'una penisola, del circuito di 45
miglia, in ottima posizione per difendersi e per trafficare: il suo porto diviso in esterno
e interno, conteneva da ducento darsene per ricoverare i vascelli.
La Sicilia fu anch'essa popolata da colonie fenicie, trattevi dalla meravigliosa sua
fertilità e posizione; e fondaronvi Panormo sulla costa settentrionale, sulla sud-ovest
Lilibeo.
Altre ne posero sul lido meridionale della Spagna, la maggior fonte di ricchezze alla
metropoli. Strabone vi conta ducento colonie fenicie nel paese che or chiamasi Anda-
lusia e dai due lati dello Stretto, dalle bocche dell'Anas (Guadalquivir) e del Beti, (in
ai moderni regni di Granata e Murcia. I Turdetani natii, mistisi coi Fenicj, formarono
il popolo detto Basluli. Principali città n'erano Gade (Cadice) in un'isola artifiziale,
Carteja presso lo stretto, Malaca, if«spo/Js (Siviglia), Tartesso pur in un'isola allo sbocco
del Beti.
§ 6. — Siria.
Alla razza di Aram figlio di Sem, stanziata fra l'Eufrate e il Mediterraneo, apparteneva
pure la Siria propriamente detta; limitata all'est dall'Eufrate, al nord dal Tauro e
dall'Armenia, all'ovest dalla Fenicia e dal Mediterraneo, al sud dalla Palestina.
Principali regni n'erano quelli di Hamaih sulla destra dell'Oronte; di Tsobah nel
paese che poi fu detto Celesiria o Siria cava, sulle rive del Leonte; di Damasco più an-
tico degli altri; di Gessur vicino alla mezza tribù di Manasse. Più tardi vi sorsero le
città di Tadmor o Palmira, Eliopoli^ ed Elath.
% 1 . — Grecia.
Dalla nazione principale fu V Eliade chiamata Pelasgia: poi Grecia dai Greci che
abitavano attorno a Dodona coi Selli ; indi Ellenia o Eliade da Elleno re della Ftiotide.
Trovansi gli abitanti chiamati anche Achei, Argivi, Danai, pei popoli prevalenti.
La Grecia è una vasta penisola, opportuna a comunicare coi tre mondi, di mezzo ai
quali è posta. Confina al nord coi monti Cambuni che la separano dalla Macedonia;
all'est coH'Egeo, che la bagna pure al sud, congiungendosi col Jonio che la bagna al-
l'occidente. Dividesi in Grecia settentrionale, Grecia centrale, Grecia meridionale, ed
Isole.
I. La Grecia settentrionale stendesi dall'Olimpo al nord, fin alla catena dell'Oeta e
del Pindo, al sud ; fra il golfo d'Ambracia all'ovest, e il Maliaco all'est. La compongono
la Tessaglia al nord, l'Epiro all'ovest.
La Tessaglia^ dapprima detta Emonia, era chiusa tra i favolosi monti Cambuni, Pindo,
Otri, Olimpo e il mar Egeo. Vuoisi che la spedizione degli Argonauti introducesse in
Tessaglia i fagiani, detti così dal Fasi da cui li portarono. 1 principali pojìoli al nord
erano gli Eniani in riva all'Orco fiume infernale; al disotto i Perebj : loro prime città
Dodona, Cifo, Oloosson^ Argissa, Home, Tricea, patria d'Esculapio. Al sud i Mirmidoììi,
gli Achei, il regno àc' Magneti, i Ftiotidi, la penisola di Magnesia; colle città di Fere,
Jìebe, Melibea, Glafira, Elia, Larissa, Magnesia.
L Epiro cioè continente, fu cosi detto per opposto all'isola di Corcira che lo fronteg-
gia. Aveva al nord l'Illiria, all'est la Tessaglia, al sud il golfo d'Ambracia, all'ovest il
mar Jonio. Popoli suoi, i Caoni al nord, i Tesprozj al sud, i Molossi all'est; città //«-
Iroto, Dodona, Chiamerà, Ambracia.
II. La Grecia centrale o Eliade stava fra il golfo d'Ambracia, il monte Oeta e il mar
Egeo. Suoi paesi erano al nord :
a. V Acarnania scarsa di gente, colle città di Amfilochia e Strato.
b. VEtolia all'est della predetta, con Pitene, Oleno, Pleceron, Calidone.
GRECIA IH
c. I Locri Ozolj occidentali e Opuìizj orientali, in riva alI'Euripo e al golfo di Co-
rinto: città Ainfìs^a, Oputìto, Cino, Scarfca, Naupatlo, detta così perchè ivi gli Era-
clidi costriissero le navi per ritornare nel l'eloponneso ;
d. La Focide all'ovest toccava i Locri, al sud-est la Beozia: città Delfi e Cipari
sul Parnaso, la ricca Crissa col porlo di Cirra, Anemorea; luoghi rinomali pei culto
delle muso. Il Parnaso alza due punte scoscese: dalla orientale //;/am/)eagettavansi i rei
d'empietà; dopo che ne fu ingiustamente dirupato Esopo, si servirono dell'altra detta
Nauplea. Su quelle vette ricoveraronsi gli abitanti di Delfi nel diluvio di Deucalione,
Anticira, città marittima, era famosa per l'elleboro;
e. La Beozia al sud-est della Focide, paese montivo e paludoso, abbonda di miti
religiosi, d'intellettuali ricchezze, di poetiche tradizioni. Posta sul cammino delle tribù
del nord, risenti di tutte le invasioni, e la sua popolazione fu più volte rinnovata. Ila
molle città, quali Tebe dalle sette porte, fabbricata da Cadmo, distrutta dagli Epigoni,
poi capo d'un paese particolare, che per forza dominava sopra il Comune beotico ;
Coronea, presso la quale era il tempio di Minerva Itonia, ove il Comune de' Beoti teneva
le sue adunanze. Presso Midea^ detta poi Lebadea, parlava l'oracolo di Trofonio. Che-
ronea acquistò nome dalle due battaglie di Filippo e di Siila, e v'era venerato lo scet-
tro d'Agamennone. A Orcomene, una delle città più ricche, erano i tempj d'Apollo e
delle Grazie, il sepolcro d'Esiodo, il tesoro di Minia. Medeone, Tespia, nel cui territorio
era Leutra, famosa per la rotta de' Lacedemoni ; Aulide donde salpò la flotta per l'as-
sedio di Troja; P/a^eo celebre per la vittoria d'Aristide; Tisbea ; Cope dà nome al lago
Copai, formato dal Cefiso, dal Permesso e altri fiumi che scaricansi nel mare d'Eubea
per meati sotterranei, i quali essendosi ostruiti, ne venne il diluvio (1832),
f. La jUe;;a(ù/e unisce l'Attica al Peloponneso.
g. L'i/^ca è all'estremità della prima penisola; Atene era già importante. La po-
polazione dell'Attica era divisa in dieci tribù, dette dagli eroi dell'Attica, Ip|)otoonlide,
Antiochide, Ajantide, Leonilde, Eretteide, Egeide, Oineide, Acamantide, Cecropide,
Pandionide; poi vi s'aggiunsero dai successori d'Alessandro l'Attalide e la Tolemaide,
e dai Romani l'Adrianide. Ciascuna tribù divideasi in demi, che fra tutti erano censet-
lanta o censettanquattro.
All'Etulia si ascrivevano le tribù agresti che da questo lato coprivano il territorio
greco: tali erano, cominciando dall'occidente, gli Anfdochi, gli Agrei, gli Apodoti, gli
Euritani, gli Ofiesi.
IIL La Grecia meridionale o Peloponneso, cinta dai mari Egeo e Jonio, non s'attiene
al continente che per l'istmo di Corinto; ed era divisa in molti regni :
a. Quel à' Argolide, di Corinto^ di Sidone, d'Egìalea, dominio d'Agamennone, che
stendeasi su tutta la costa del golfo di Corinto, colle città di Micene, Corinto, Regio,
Sidone.
b. Quel deW Argolide meridionale e di Tirinto, che abbracciava tutta la penisola
fra i golfi d'Argo e Saronico. Città Argo, Tirinto, Trezene, Epidauro, Ermione ; poi
l'isola d'Egina e altre intorno.
e. Il regno d'Arcadia, unico del Peloponneso che non toccasse il mare, chiuso fra
l'Argolide, l'Egialea, l'Elide, la Messenia, la Laconia. Città Mantinea, Orcomene, Par-
ra^ia, Stinfalo sul lago d'egual nome, Feneos.
d. Il regno d'Elide al nord-ovest del precedente, ov'erano la rikca Olenia, Bu-
prana, Elide.
e. Quello di Trifilia e Messenia, obbediente al savio Nestore ; steso al sud del pre-
cedente fin al golfo di Messenia, colle città di Pilos, Ciparissa, Anfigenia.
f. La Laconia, regno di Menelao, confinato al nord dall'Arcadia, all'est dal golfo
d'Argo, al sud dal mare, all'ovest dalla -Messenia: Omero lo chiama dalle cento città,
fra cui Sparla, Amicle, Elos, Brisea.
§ 8. — Asia Minore.
11 nome d'Asia Minore è recente, non essendosi che sotto gl'imperatori romani
adoperato a designar la penisola che oggi diciamo Anatolia, avente al nord il mar Nero,
H2 GEOGRAFIA — EPOCA SECONDA
all'ovest l'Egeo, al sud il Mediterraneo, all'est dilatandosi fin all'Eufrate e all'Armenia.
Fu delle prime sedi dell'incivilimento.
Dei molti popoli che stabilironsi nella grande penisola dell'Asia Minore (Erodoto ne
accenna fin trenta), i più importanti sono i Cari all'ovest; i Frigj nell'interno presso il
fiume Ali; i Siri-Cappadoci o LeucoSiri di là d'esso fiume: i Traci sulle rive meri-
dionali della Propontide.
La musa d'Omero diede eterna fama al regno frigio di Troja, che aveva al nord la
Propontide. all'est l'Esepo o il Tarso, al sud il Caico, all'ovest il mar Egeo ; e divideasi
in otto principati.
La Troade al sud-ovest aveva il promontorio Lecto, al nord il Sigeo, presso cui era
il porto Acheo ove sbarcarono i Greci. Troja o Ilio, colla sua ròcca Pergamo, stava fra
il monte Ida e il mare, poco sopra al confluente del Simoenta col Xanto o Scamandro.
Là intorno era Colone, il cui re Tennes, cacciato da Cigno suo padre, passò nella vi-
cina isola di Leucoforis cui denominò Tenedo, e vi fabbricò una città sacra ad Apollo
Sminteo ; Larissa, colonia pelasgica, presso la costa ; Crise, sotto la protezione di
Apollo Sminteo.
Alla guerra di Troja (1280 ?j preser parte anche le isole di Rodi, Carpato, Coo, e le
dipendenti.
A questa confederazione ellenica, che armò quattrocentotrenla vascelli, montati da
almeno trecentomila uomini, Priamo ne oppose un'altra di gente Pelasga. Dominava
egli dalla Propontide al mare di Licia, senza togliere l'indipendenza ai varj popoli, che,
dalla parte dell'Asia Minore più accostala all'Europa, accorsero a soccorrer Troja. La
quale allora fu distrutta; ma dopo qualche tempo una nuova se ne fabbricò, 30 stadj ad
occidente della prima, poco considerevole quando Alessandro Magno vi si recò a ve-
nerare la famosa tomba del fiero Achille; Cesare ed Augusto meditarono farla capitale
dell'impero romano.
§ 9. — Strade commerciali.
L Strade delle carovane arabico -fenicie.
Esse si dirigono sopra Petra nell'Arabia settentrionale, e di là in Fenicia.
i. Della s^raiia dall' /irabia Felice a Petra l'esistenza è attestata da Strabene (p. 1119),
che ne determina e la direzione e le giornate.
2. La strada dall'Arabia Felice a Gerra è ugualmente conosciuta da Strabene, che
ne indica le giornate.
3. Sulla strada da Gerra a Tiro non abbiamo nulla di positivo ; ma non potrebbe
esser posta in dubbio, poiché da una parte Gerra è rappri^sentata come una città ricca
di commercio, e dall'altra le testimonianze del suo commercio continentale trovansi
esposte in Agatarchide (Geogr. min. i 60) e Strabene (p. LHO). I profeti parlano delle
sue relazioni con Tiro (Is. xxi, 13; Ezech. xxvii, 15), e si ammette come certo che
il Dedan degli ultimi sia una delle isole vicine di Gerra nel golfo Persico (probabil-
mente una delle Baharein). La direzione della via da Gerra a Tiro è incerta. Essa
divide in due metà uguali il gran deserto dell'Arabia moderna: le vie commerciali
partono da Hegiar, traversano la fertile Neged, e vanno in linea occidentale alla .Mecca,
l'antica Massoraba. In tal caso la via si sarebbe riunita con quella dell'Yemen, il che
l'avrebbe resa più lunga, ma meno pericolosa.
4. La strada per l'Egitto, sopratutto per Memfi. 11 commercio tra la Fenicia e Car-
tagine e questo paese non soffre dubbio, ed evidentemente è anche quella una via di
carovane, colle stazioni medesime d'oggi. Le indicazioni di Erodoto moslrano vera-
mente essere la strada commerciale fra l'Alto Egitto ed il Fezzan, fra Cartagine e questi
paesi, giungendo fino alle spiaggie del Niger. Movendo dall'Egitto, questa via traversa
il deserto della Tebaide, conduco fino al tempio d'Ammone, poi parte del deserto di
Barca e i paesi aridi dei monti Aradusc, fiede al Fezzan, donde par che si perda nello
terre che oggi formano i regni di Kasna e Bornù.
Il tempio d'Aminone era anche un santuario, tanto più arricchito, quanto erano
maggiori i pericoli che avea superati chi vi arrivava ; ed un carovanserraglio fra la
Nigrizia e l'Africa settentrionale.
STRADE COMMF.Rr.lAI.l 113
Ma dov'era questo tempio? IJrown pel primo, indi Ilornemann scopersero le ruine
d'un tempio, che a prima vista riconobbero per quello d'Ammone, ed è Siwah d'oggi:
la cosa fu confermala dal generale Minutoli. Le molte catacombe che vi stanno d'at-
torno, e le mummie che di loro reli(|uie empiono le colline circostanti, attestano quello
che eli antichi aveano già detto, non essere l'Ammonio soltanto un tempio, ma un
piccolo Stato, fondato da Egizj ed Etiopi insieme, con un re particolare. L'oasi ha un
10 miglia di lunghezza, né mai più di 5 di larghezza, e il terreno n'è ubertoso. Forma
anche oggidì uno Stato di quattro o cinque città, fra le quali Kebir, che è la più con-
siderevole, è retta da sceichi particolari, e solo nel 18i6 fu sottomessa al viceré d'E-
gitto. Minutoli, nella tavola xi del suo viaggio, dà la pianta delle ruine del tempio, che
i paesani chiamano ancora Birbe (tempio) o Umeleda ; e sono coperte di geroglifici
indicifrati e di bassorilievi al modo di quei di Tebe, colla processione e la nave sacra,
rituale nel culto d'Ammone. Ancora vi si discerne la fontana e il sale perfettissimo.
Se non che, mentre Erodoto colloca l'Ammonio a dieci giornate da Tebe, Siwah n'è
discosta almeno venti, se si valutino le giornate di carovana per sei o sette leghe cia-
scuna. Forse nel greco fu ommessa qualche stazione.
5. La strada per cui i Fenicj facevano commercio con l'Armenia e i paesi del
Caucaso, non è determinata. Siccome non c'erano qui che paesi abitati e colti, non ha
verosimilmente esistito strada comune.
IL Strade delle carovane babilonico- perse.
A. Strade per VAsia occidentale.
1! La strada dalla Lidia a Susa in Persia non è dubbia, poiché Erodoto (v, 52}
ne descrive e la direzione e il numero delle stazioni, valuta stazioni centoundici, mentre
nelle indicazioni parziali. non ammontano che ad ottanluna. Si è ingannato egli nel
raccorre la somma, od è fallo de' copisti?
2. La strada da Babilonia alla Fenicia non è in alcun luogo designata, e forse ne
esistevano molte. Due ragioni fanno però arguire passasse per Palmira: prima, l'esser
il cammino più naturale, perchè altrimenti avrebbero dovuto fare un gran giro verso
il nord, oppure passare per un deserto vasto ed interamente sprovisto d'acque; inoltre
Palmira è città già antica, e non potè aver avuto da principio altra destinazione che di
stazione alle carovane. La strada andava poi a Tapsaco, la più importante città di com-
mercio sull'Eufrate, che si varcava a Circesio; dirigevasi in fine verso il sud, per il
Muro medo, e riusciva a Babilonia.
3. La strada da Babilonia alla Siria appare esattamente in Strabone (p. 1084).
Sole carovane poteano viaggiarvi, essendo forza fendere la Mesopotamia, deserto pieno
di orde erranti, da cui si comprava il passaggio. Attraversando la Siria, essa trovava
Antemusia sull'Eufrate, che si varcava in questo luogo: da lì si andava per Bambica
a Edessa, e poi, a tre giorni dal fiume, per le steppe popolate degli Sceniti o nomadi,
e proviste di qualche cisterna, nella città di Scene, sulle frontiere di Babilonia, a di-
ciotto scheni (2S leghe) da Seleucia sul Tigri. Si vuole che questa strada fosse già
frequentata dai Fenicj ; ma non citando Strabone le sue autorità, non sappiamo a qual
epoca essa appartenga.
B. Strade per VAsia orientale.
Strada da Babilonia e da Susa verso l'India. La strada che parte dalle due capitali,
può riguardarsi come una sola. V'erano tra esse facili comunicazioni, ed il cammino
dall'una all'altra attraversava paesi popolatissimi e ben colti (Arriano, ih, 16}. Ma
i cammini verso i paesi situati sopra l'Indo non potevano andare proprio dritti verso
l'est, perchè sarebbe bisognato passare pel gran deserto tra la Perside e la Media. La
strada grossa passava per la Media, lasciando al nord il deserto. Essa seguiva dunque
in prima, sulla riva sinistra del Tigri, la regia strada maestra fattaci conoscere da Ero-
doto, che conduceva nell'Asia Minore, e si riuniva sulle frontiere della Media colla
strada dell'India , di cui Strabone e Plinio ci hanno tracciate le principali stazioni.
Questi due autori cavarono i loro dati da più antiche sorgenti; Strabone da Eratostene,
Plinio dai rapporti dei compagni d'Alessandro Magno, cioè dai geografi Belone e Dio-
gneto (BcaaTtijTxi, itinerum dimensores) uniti all'esercito del re. Non si possono dunque
CaiMÙ, Documenti. — Tomo I, Geografia politica. 8
114 GEOGRAFIA — ÈPOCA SECONDA
metter in dubbio né la direzione né l'anticbità di questa strada; pure è difficile fissare
esattamente la posizione di tutti i luoghi ch'ella toccava, perchè le cifre sono spesso
falsate negli autori, e le nostre carte moderne di queste contrade sono difettosissime.
All'uscire della Mesopotamia, la strada si dirige pel 36" di latitudine nord, sempre
dritta sopra Ecbatana, capitale della Media (Tolomeo, i, 22), e da lì per Rages verso le
Porte Caspie (Uv/^t Kà77Tta(). Tuttociò che dall'occidente dell'Asia si trasportava verso
l'oriente, dovea passare per queste strette, perchè più al nord il cammino diveniva
inaccessibile a motivo delle montagne Ircanie e de' suoi abitanti, ed al sud cominciava
il deserto. È dunque importante determinare la posizione di queste strette, che felice-
mente non è soggetta a controversie. Esse trovansi nelle montagne Caspie, e separano
la Media dall'Aria al 35" latitudine, 51" longitudine, ove sono indicate sulla carta. Se-
condo Plinio (vi, 17), la strada era strettissima, aperta fra le roccie, e lunga 8 miglia
romane.
Di là delle Porte Caspie si rendevano a Ecatompilos nella Partia, ad Alessandria in
Aria, Proftasia nel paese dei Drangi, Aracoto, Ortospana, sino all'Indo. In quanto a
queste stazioni, i dati d'Eratostene in Strabene (p. 782 e 1053), di Belone e di Diogneto
in Plinio (vi, 17, 21), si accordano perfettamente; ma essi differiscono qualche volta
nella determinazione delle stazioni, e non è sempre facile fissarne la jiosizione. Perù
la differenza è poco sensibile quanto alla determinazione di tutta la lunghezza della
strada dalle Porte Caspie sino all'Indo. Le distanze partendo dalle Porte Caspie sono
fissate dai due autori come segue:
Plinio Stp.abone «
Miglia rom. StaJj Miglia roiu.
Ecatompilos 133 1960 2i5
Alessandria in Aria .... 566 4550 566 2/,
Proftasia 199 1600 200
Aracoto 515 4120 515
Ortospana 250 2000 250
Alessandria sul Paropamiso . 50
Peucela sull'Indo .... 227 1000 125
1940 15210 1901 2/,
6i7 leghe 635 leghe
La differenza è ben poca; ma Plinio osserva che variano le indicazioni dei mano-
scritti, il che ci mostrano ugualmente i nostri manoscritti moderni. Il totale di 635
leghe sembra pure soverchio, giacché, secondo la situazione dei luoghi sulle carte mo-
derne, non eccederebbe le 500 leghe. Ma le nostre cognizioni geografiche non sono
ancora precise quanto basti per ridurre d'accordo tutte le misure.
La prima stazione è Ecatompilos, ca|)itale dei Parti. L'incertezza delle misure non
lascia fissarne la situazione che confusamente. Il nome di Cento porte è senza dubbio
greco, e proveniva, secondo Plinio, dal conlluirvi altrettante strade. Il luogo dovette
dunque essere importante per transito. La seconda stazione è Alessandria in Aria. Stra-
Itone dice espressamente (p. 1053), che la strada, sin lì una, si divide in due bracci,
dei quali uno riesce nella Battriana, mentre l'altro inclina al sud verso l'Indo. Deside-
rerebbesi poter determinare esattamente la posizione d'Alessandria; ma il solo dato che
possediamo è che questa città è 566 miglia all'est da Ecatompilos, e situata sul fiume
Ario (Plinio, vi, 23), che mette nel lago dell'islesso nome (oggi Zere). Bisogna dunque
cercarla al nord o nord-est del lago; e poiché (secondo Strabone, p. 1083) la strada
che vi conduce è tutta diritta e press' a poco sotto la stessa latitudine che le Porte
Caspie, é l'antica capitale Artacoane o l'ilerat moderno. Indi la strada piegava verso
il sud per mettere alla terza stazione Proftasia nel paese dei Drangi, che forse è il Se-
gestan d'oggi. La distanza era, secondo i due autori, di circa 70 leghe. La staziono
seguente è Aracoto nel paese dell'islesso nome, che si è conservata nell'attuale Arocagio.
La sua posizione non iiuò esser determinata a punto; come pure, senza una conoscenza
più particolarizzuta del paese e de' suoi abitanti, non si saprebbe dire perchè la strada
STRADE COMMFftCIALI 115
inclinavasi tanto verso il sud. Sifatta inclinazione cessava andando al nord verso Orto-
spana e verso Alessandria, discosta poche leghe. Quest'ultima città è situata alle falde
del Paropamiso, per cui le diedero il soprannome di Alessandria sul Paropamiw. Alcuni
la presero pel Caudaar attuale : ma secondo le moderne geografie è verosimile che
l'antica Alessandria sia Ortospana, collocata JG leghe circa al sud del Candaar. Era una
stazione importanle pel commercio, perchè il cammino della lialtriana vi riusciva, e
riunivansi tre strade {h iy. Dax.rpwu Toto'Jo;). Di qui varcando il fiume Clioes, arrivavano
a l'eucela e Ta.\ila, dove passavano ordinariamente l'Indo per entrare nell'India.
III. Strade per la Battriana e Samarcanda.
1. La strada dalVAsia occidentale a Battriana, sino ad Alessandria in Aria seguiva
quella dell'India; quivi girandosi verso la Dattriana, faceva 3000, o, secondo un'altra
lezione, 2870 stadj, e continuando per Maracanda lino allo Jossarte, 5000 stadj; e fino
alla frontiera dell'Asia centrale o della Gran Tartaria, abitata dagli Issedoni o ìlassageti
(Strabo.ne, p. 782).
2. Strada dalla Battriana alV India. Strabone (p. -1033) riguarda questa strada
come una continuazione dell'ultima, di modo che essa era praticata ugualmente da
coloro che venendo dalla Media per le Porte Caspie, erano arrivati ad Alessandria d'Aria,
e volevano evitare la strada meridionale, cui rendevano più lunga le sue curvature. La
strada andava dalla Battriana al sud del Paropamiso, e si riuniva ad Ortospana coll'altra
strada dell'India; ciò che fece chiamare questa città Trivio di Battriana. Si può inten-
dere perciò che, oltre le due strade che conducono nell'India e nella Battriana, n'era
anche una terza che metteva verso il sud dell'Indo. Ma non è che una congettura:
d'altronde si forma proprio un trivio ad Ortospana, se riguardiamo questa città come
il centro delle Ire strade per l'India, la Battriana e l'Asia occidentale.
3. La strada dalla Battriana alla piccola Bucaria ed a Serica ci è indicata da
Gtesia dove parla delle carovane indiane del Piccolo Tibet, e stabilisce in maniera tanto
evidente le relazioni commerciali tra' Battriani ed Indiani, che non bisognano altre
prove dell'esistenza della strada proveniente dalla Battriana. Essa riunivasi con quella
che veniva dall'India, e tutte due avevano una stazione principale presso la Torre di
Pietra, la quale trovasi sotto la latitudine di 42" come Bisanzio e la capitale dei Seri.
In riguardo della strada da Serica al Gange, noi non abbiamo che congetture.
IV. Strada commerciale per l'Asia centrale.
L'esistenza di questa strada, che andava dalle città greche sul mar Nero pei monti
Urali sino agli Agrippini o Calmuchi nella Gran Tartaria, è fondata sulle relazioni d'E-
rodoto, e sopratutto sul passo del libro iv, 24. Noi la crediamo prolungata di là dai
confini degli Issedoni; perchè questo popolo trafficante, vicino di Serica, dovea aver
relazione coi Seri, i quali facevano gran commercio cogli altri popoli. Stendendosi gli
Issedoni all'est fino a Serica e al sud fino allo Jassarte, dove finisce la strada delle caro-
vane provenienti dall'India, e menzionata più alto secondo Strabone, si vede chiara-
mente per qual via aveva luogo la permuta delle mercanzie dell'oriente e del mezzodì
dell'Asia. Come avrebbe potuto Erodoto acquistare un'esatta conoscenza degl'immensi
popoli sparsi come nomadi nella Sogdiana, se non vi fosse stato commercio?
Viaggi marittimi.
La navigazione dei mari asiatici si limitava un tempo ai golfi Arabico e Persico e al
mar delle Indie. Non può dubitare che questi viaggi non si eseguissero, chi consideri
le circostanze che rendevanli facili, perch'essi facevansi ordinariamente lungo le coste,
le distanze non erano grandi, e infine essi erano favoriti dai venti periodici. La dire-
zione dei venti spiega quanto queste vie agevolavano, nelle differenti stazioni, i viaggi
per la penisola di qua del Gange e pel ritorno.
Il porto Barigaza (Beroach; era il principale al tempo del Periplo, Ma inoltre Pattala,
pel Delta dell'Indo, sembra essere stata, dai tempi più remoti, una piazza importante,
e si presenta come tale nelle spedizioni d'Alessandro. La navigazione da questo porlo
sino a Taprobana o Seilan, e lungo la costa orientale della penisola sino al Gange,
bisogna credere non fosse che un semplice cabotaggio.
116 GEOGRAFIA — EPOCA SECONDA
§ 10. — Le carovane.
Le carovane, destinate a traversare regioni deserte o mal sicure, sono composte da
varj padroni di camelli, i quali si obbligano in società a trasportare da luogo a luogo,
a proprio rischio e pericolo, le mercanzie affidate. Formata la carovana, i capi eleggono
fra di loro uno sceJk o comandante, il quale dirige i movimenti, ordina gli accampa-
menti, conserva il buon ordine, veglia alla sicurezza comune, comanda da padrone,
ed all'occasione dev'essere il primo a farsi contra il nemico. 11 prezzo per le merci
e pei viaggiatori è regolato un tanto per camello; e varia secondo le stagioni o le cir-
costanze di guerra, per il maggiore o minor numero d'archibugieri, ch'è necessario
assoldare, come pure pei doni che si prevede dover fare in viaggio alle tribù erranti,
secondo le regioni per le quali bisogna passare. I capi sono a cavallo, camminano
sempre alla testa della carovana, talvolta la precedono per esplorare il paese e vedere
se vi abbia accampamenti ; e quando ne ravvisano, se si credono superiori vanno loro
incontro; ma se avvi qualche pericolo, ritornano alla carovana per meglio preparare
i mezzi di difesa. I fucilieri sono d'ordinario a piedi, e non si allontanano mai dal
convoglio. Quando poi devesi accampare, lo sceik pianta una bandiera, attorno alla
quale ciascheduno innalza la sua tenda, collocandole circolarmente. Le balle e le casse
delle mercanzie, poste all'esterno le une sopra le altre, formano una guisa di trincea.
Appena il campo è formato, si mandano a pascolare i camelli, accompagnati da alquanti
servi e fucilieri; di notte s'internano nel campo.
Prima del levar del sole tutte le tende si abbassano; e fatto il primo naìnaz o pre-
ghiera, lo sceik dà l'ordine della partenza; ciascuno s'incammina un dietro all'altro,
né troppo vicini, né troppo discosti. I soli cavalieri, e i viaggiatori senza mercanzie,
possono precedere a lor talento. D'ordinario le persone libere d'impaccio vanno di
conserva ; e fatte alcune miglia, smontano per aspettare la carovana, per far colazione,
o soltanto pel piacere di pipare a lor agio e bere il caffè, che preparasi all'istante racco-
gliendo alcuni arbusti, ai quali si appicca il fuoco. Giunta la carovana, rimontano essi
a cavallo, la precedono di nuovo fino a che sieno arrivati all'accampamento. Esso è
scelto a preferenza, per quanto è possibile, nel sito ove altre carovane siansi fermate;
precauzione importantissima, perchè vi si trovano sempre gli escrementi de' cavalli e
dei camelli necessarj per accendere il fuoco e preparare gli alimenti; quegli escrementi
servono specialmente a cuocere il pane. Mentre che ardono, s'impasta un poco di farina,
si leva la cenere, si pone la pasta sul suolo, e la si copre con una lamina di rame calda;
e così cuoce senza abbruciarsi. Il pane di tal fatta è molto cattivo, ma par buono per la
fame : sì gli Arabi che i Tartari se ne accontentano. I viaggiatori meglio agiati portano
sempre seco sufficiente biscotto. Gli Arabi non accendono fuoco che per abbrustolire
e fare il caffè, o per cuocere il pane. Quelle due operazioni ripetonsi ogni giorno,
perchè il loro pane vecchio è molto peggiore del fresco. Altri cibi non si mangiano,
fuorché datteri, uva passa, fichi secchi, e cascio chiuso nelle pelli d'agnello.
Nelle regioni asiatiche, e segnatamente in Arabia, non vi sono strade, e neppur ponti
sopra i fiumi o torrenti che scorron lontani dalle città, quantunque necessarissimi in
tempo d'inverno. Di città in città le relazioni si mantengono col mezzo di camellierì,
i quali non hanno mai giorni stabili per la partenza, a motivo che non possono mettersi
in cammino che per carovane: nessun viaggio da solo, a cagione della poca sicurezza
delle strade. Bisogna attendere che molti viaggiatori o mercadanti vogliano andare allo
stesso sito, ovvero profittare del transito di qualche gran personaggio, come sarebbe
d'un governatore (pascià o agà), il quale d'ordinario si fa protettore della comitiva.
Vi sono però delle carovane che hanno tempo fìsso per la loro partenza : fra le princi-
pali è quella che ogni anno da Costantinopoli parte per Damasco, e da questa città alla
Mecca, ove arriva alcuni giorni prima della festa yairon-aI-nahhr, o, come dicono i
Turchi, kurban beirain, la (juale cade nel giorno 10 del mese dulage. Una carovana
simile parte da Marocco, traversa la Mauritania e la Libia per unirsi a quella degli Lgizj
che si raduna al Cairo, onde poi, per la via di Suez, recarsi alla Mecca per la stessa
solennità. Un'alira gran carovana parte dalla Persia, e via via ingrossandosi a Bagdad
ed a Bassora, perviene essa pure alla stessa mela: senza contar quelle che provengono
LE CAROVANE UT
dalla Nubia e dall'interno delTAfrlca varcando il mar Rosso, come pure quelle che
conducono i pellegrini musulmani delle regioni dell'lndostan, e die giungono io Arabia
dalla parie dell'Oman, traversando il golfo Persiano.
Oltre le sopra indicate grandi carovane composte di devoti pellegrini, a cui nulladi-
meno si unisce gran quantità di viaggiatori e mercadanti, partono dal Cairo due o tre
carovane all'anno per la Nubia, otto o dieci per la Libia e Barbcria, trenta o trenta-
cinque per Gaza e la Siria. Da Damasco escono circa ogni quindici giorni sei carovane,
cioè per Bassura, per Bagdad, per Aleppo, per l'Egitto, per l'Armenia e per la Mesopo-
tamia. Da Bagdad, ogni mese si mettono in moto alcune piccole carovane di camelli,
asini e muli, in numero di circa seicento, le quali difTondonsi nel Curdistan, nell'Ar-
menia, nella Siria, nella Caramania ed in Natòlia, e spingonsi fino ad Ispaban ed a
Costantinopoli; quest'ultima sta in viaggio più di quattro mesi. Si sono vedute talvolta
delle carovane arrivare a Borsa, le cui bestie da soma erano quasi tutti camelli, in
numero persino di cinquemila. I proprietarj di quelle che provengono dall'Arabia per
la via di Damasco e di Aleppo, vendono i loro camelli, non riservandosi ordinariamente
se non il numero assolutamente necessario al trasporto delle poche mercanzie che tro-
vano pel ritorno, se pure il loro arrivo non coincida colla prossima partenza de' pelle-
grini per la Mecca.
Non sempre le carovane pernottano alla serena : sferzati dal caldo e dalla sete, ab-
battuti dalla fatica e dalla stanchezza, talvolta traversato un mare di sabbia, che il vento
agita e scompiglia, scorsa una regione deserta, senz'alberi, senza coltura, senza luogo
di riposo e di rinfresco, i viaggiatori godono di trovarsi uniti in uno di que'gran fab-
bricati kan 0 kam ed anche kerban che i Turchi e Persiani appellano kervan-seraiy e
volgarmente caravanserragli. Quegli edifizj, dopo le moschee, sono i più sontuosi che
vedansi nei paesi musulmani. Costrutti da pie persone, e talvolta ancora dai governi,
sono sempre aperti; ed i viandanti e le carovane entrano ed escono alla libera senza
chieder licenza, rimanendovi quanto ognun vuole, senza scotto. Questa istituzione è
dovuta al principio di morale religiosa che obbliga tutti i Musulmani ad esercitare
l'ospilalilà verso il pellegrino o viandante, di qualunque nazione o culto egli sia. In
conseguenza di tale principio sonovi dei kam in tutti i luoghi abitati, e talvolta nelle
campagne ove si presume che i viaggiatori sieno costretti a fermarsi.
Nelle città, il numero dei caravanserragli è in proporzione del commercio e delle
mercanzie che vi devono passare. Sono poi tutti fabbricali sopra strade frequentate,
a 20 0 23 miglia l'uno dall'altro, e per quant'è possibile collocati vicino ad acque lim-
pide 0 a fontane. In quella specie d'alberghi non vi ha mobili; il viaggiatore è costretto
a portare il suo letto e l'occorrente per la cucina: si trova però dapertutto paglia ed
orzo per i cavalli, e per gli uomini pane, riso, latte, carne e frutta, a prezzo modico
e fissato. Non è che in alcuni distretti dell'Arabia, cioè fra i popoli più ospitalieri del
mondo, che trovinsi stabilimenti, ove il viaggiatore sia ricoverato e nutrito senza il
menomo pagamento. Principalmente nel Tehama e negli Stati dell'imam di Sanale, cioè
nell'Yemen, abbondano tali pii stabilimenti, i quali portano il nome di simserè o mansal.
Colà il viaggiatore, qualora voglia accontentarsi, viene trattato secondo l'usanza del
paese; e chi viaggiò in quelle felici contrade, provò sovente quanto generosa sia l'araba
ospitalità. Bisogna però che gli Europei portino con sé il vino. Il danese Niebuhr, tra-
versando il Tehama, e passando per il villaggio di Menagrè, cosi si esprime: « Menagrè
ci divenne rimarchevole per il primo mansal che noi incontrammo: è una casa in cui
i viaggiatori sono ricevuti gratuitamente; la stanza o capanna in cui sono alloggiati,
è mobiliata d'un serir (sedia) ; viene lor dato del kisdier, del pane caldo di miglio, del
latte di camelia, del butirro e del caffè. Quando poi il padroue di quel benefico stabili-
mento fu avvertito ch'erano giunti alcuni ospiti europei, corse immantinente a vedere
se i suoi servi ci trattavano bene; e se noi vi fossimo dimorati più lungo tempo, voleva
far uccidere un montone. Ci fece cuocer del pane di frumento, il quale è raro in ([uella
provincia; fece recar latte di vacca, quando vide che quello di camelia non ci andava
a genio per la sua viscosità. I nostri servi arabi ci dissuasero d'offrire un regalo al
padrone di quella casa, per tema di disgustarlo: ma un costui servo venne a noi in
luogo da non esser veduto, ed accettò la piccola ricompensa che gli demmo». Anche
in Siria e uell'Irak trovansi talvolta simili benefìci stabilimenti. In Khoug, citlà di
H8 GEOCnAFIA — EPOCA SECONDA
Siria suirOronte, che da taluni vieti cliiamata Shogle, vi ha un heliissimo caravanser-
raglio, in cui i viaggiatori senza veruna distinzione sono ricevuti ed alimentali gratui-
tamente per un'intera giornata.
1 caravanserragli hanno presso a poco la stessa forma: fabhricati in quadrato con
ampio cortile nel mezzo, e talvolta con due cortili, attorno ai quali vi sono le scuderie
e al di sopra molte camere; nel mezzo una piccola moschea o semplice cappella per
le preghiere. Vi si entra per una gran porta, che chiudesi in tempo di notte. Le camere
formano un quadrato di 12 in 15 piedi ; si danno a scelta e sempre senza distinzione,
al primo che arriva. Le scuderie ricevono luce da fìnestruole molto alle; le camere or-
dinariamente non l'hanno che dalla porta d'ingresso. Nell'inverno la maggior parte dei
viaggiatori si colloca nelle scuderie, assai pulite, e più calde delle camere, anche per
vegliare sui cavalli o camelli : i servitori delle carovane stanno sempre vicini alle bestie
e mercanzie affidale. In quelle scuderie lungo tutto il muro corre dappiedi un assito
largo cinque o sei piedi , sul quale i viaggiatori adagiansi in faccia ai loro cavalli :
simile tavolato è nel cortile, e serve in tempo d'estate come nella scuderia. Nella bella
stagione di rado le carovane si recano in un caravanserraglio, preferendo accampare,
ove non si tema di ladri.
La custodia di quegli ampj e maestosi edifizj è commessa a persone responsali d'ogni
furto di merci, cavalli e bestie da soma, che potesse accadere nel loro recinto. Il cu-
stode abita vicino alla porta, ed è altresì incaricato di mantenere chi la spazzi; con-
segna la chiave della camera, ed una sluoja, se vien domandata. In quelle gratuite celle,
come si accennò, non si trovano che nude pareti, ed il viaggiatore deve portare con sé
tutto che possa rendergli agiata la dimora: ond'è che gli Orientali danno ai loro arnesi
da viaggio la massima semplicità e la forma più facilmente portatile. Il corredo d'un
viaggiatore che di nulla manchi, consiste in un tappeto o stuoja, un materasso, una
coperta, due casseruole coi loro coperchi, una entrante nell'altra, sei piatti, una caffet-
tiera, un bossolo di legno pel sale e pepe, due tazze da caffè senza manico in una pelle,
una tavola rotonda di cuojo, che si attacca alla sella del cavallo; alcune piccole otri
0 sacchi di cuojo per l'olio, il burro fuso, l'acqua e l'acquavite se non è musulmano;
finalmente una pipa, un accendifuoco, una lazza di cocco, riso, uva passa, datteri, for-
maggio, e sopratutto caffè in grani, col tamburo per torrefarlo ed un macinino. I ne-
gozianti e viaggiatori europei non si adattano facilmente a tanta semplicità , quindi
i loro viaggi sono dispendiosissimi, e per tal ragione rarissimi; ma gli Asiatici, anche
i più ricchi, non fanno difficoltà di passare una parte di loro vita in tal modo sulle
grandi vie da Costantinopoli a Damasco, da Ispahan a Peking, dal Cairo a Marocco, e
da quest'ultima città a Tombuclu ed alle interne regioni del Sudan. I viaggi formano
la loro educazione e la loro scienza: dire che una persona è un negoziante, è lo stesso
che indicar un viaggiatore. Essi hanno il vantaggio di comperar le merci alla fonte ove
sono prodotte, di averle a miglior mercato, di vegliare alla loro sicurezza lungo il
viaggio, e d'ottenere persino dei ribassi sui moltiplicali pedaggi; finalmente imparano
a conoscere i pesi e le misure, la cui grande diversità rende cotanto complicalo il ne-
goziare. Ogni città ha peso proprio, sovente eguale pel nome, ma diverso in valore.
Col sistema dei caravanserragli i viaggi in Oriente riduconsi a moderato dispendio;
le spese pel trasporto sono lenuissime, poiché il nutrimento delle bestie da soma costa
poca cosa, jìascolando esse gratuitamente ne' campi incolti, presso i quali si ferma la
carovana, e non mangiando nei caravanserragli che paglia ed orzo, i (]uali si hanno per
lutto a buon patto : l'alloggio è sempre gratuito.
li: p o e A 111
DAL 770 AL 323 AV. e.
§ 1 , — Impero persiano.
I cotKiuistatori niniviti e babilonesi soccombettero ai re della Persia, che più stabile
dominio posero. Prima che fra questi sorgesse Ciro a creare un vastissimo impero,
moltissimi popoli di razza e lingua diversa abitavano nella penisola asiatica vicina al-
l'Europa, e caddero in soggezione di Creso re della Lidia. J'ali erano la Frigia inferiore Hoauo
e la superiore, in tutta la larghezza della penisola fin alla Cilicia; la Paflagonia sulla '^' ^'■""
costa del Ponto Eusino; ad occidente delle Frigie la Alisia, la Lidia, la Caria o Doride:
all'estremo mezzodì la Pisidia, la Licia, la Panfilia, la Cilicia-, dalla Cappadocia arri-
vavasi agli altri paesi dell'Armenia, Mesopotamia ecc.
I. La Lid ia fra l'Ermo e il Meandro, ebbe nome di Meonia da Meone re della stirpe
degli Atiadi, dalla quale uscì pure Lido, onde il nome di Lidia. I Lidj assistettero
Priamo nella guerra di Troja. Da Gige fin a Creso crebbe questo regno, a scapito delle
colonie greche orientali, assoggettando Smirne, Mildo, Colofone^ la Troade, Prime.
Creso, soggiogata la più parte dell'Asia Minore, ebbe per confini al nord l'Alis in Cap-
padocia, all'ovest il mar Egeo, al sud la Cilicia. Sardi, sul Pattolo dalle arene dorate,
a pie del monte Tmolo ricchissimo di miniere, fu capitale del regno : altre città im-
portanti erano Efeso; Smirne sul mar Egeo; Colofone, colonia greca caduta la prima
in man de' Lidj; Eraclea, città dorica come Alicarnasso; Prusa in Bitinia; limbrea al
sud-est della Frigia dove fu dato il crollo alla potenza lidia.
II. Arbace sottrasse (759) alla dominazione assira la Media, che conservò la nazio-
nalità finché, pel matrimonio di Cambise e Mandane, annestandosi alla Persia, dominò
sul resto dell'Asia. Le vittorie da Arbace a Ciro dilatarono q^pl territorio fino all'Alis
e alle frontiere lidie. Città principali Ecbatana, una delle più floride dell'Asia, cinta da
settemplice muro ; liages, Larissa.
MI. Malgrado le conquiste di Nabucodònosor II, la Babilonia conservò le antiche
frontiere, che erano al nord la Media e l'Armenia, all'ovest il mar Interiore, al sud l'A-
rabia, all'est la Persia.
IV. Quest'ultima, quasi ignota fin a Ciro, fu detta Elam, Iran, Achemenia, poi Persm Persia
o Perside, e abitata, credesi, dagli Elamiti di razza semitica. Da nomadi scorreano le
sterili lande, senza quasi città ; sebbene si nomini Pasargada o Persagarda come centro
delle erranti tribù.
Ingrandì essa allorché Ciro (536) si propose d'assoggettare tutta l'Asia conosciuta ;
e in meno di venl'anni stese i confini al nord sino al Ponto Eusino e alle valli caucasee,
al mar Caspio ed al paese dei Messageti ; all'ovest sino ai mari Egeo ed Interiore; al
sud fin all'Arabia, al golfo Persico e al mar Egeo; all'est fin all'Indo : tirando da oc-
cidente in oriente non meno di 5600 miglia, e più di 1500 dal sud al nord.
Né a ciò stettero contenti i successori di Ciro ; e Cambise, penetrato in Africa per
l'istmo di Suez, conquistò l'Egitto; ma volendo spingersi fra i deserti, vi restò sepolto
dalle arene. Dario, suo successore (522), traversato l'Indo, aggiunse all'impero il paese
dei Seri; indi lo spartì in venti satrapie o governi, di cui alcuni restarono si può dire
indipendenti, pagando grosse imposizioni.
La P satrapia, all'estremo occidente dell'Asia, detto Asia Minore, abbracciava l'£o- Satrapie
Ha, la Jonia, la Caria, la Licia, la Miliade e la Panfilia, cioè la più parte delle colonie
greche. Città principali Cuma, Smirne, HJileto, Magnesia, Alicarnasso, Xanto, Milia.
All'est di questa era la 2=' satrapia o Grande Misia, composta della Misia, Lidia, Ca-
balia, I genia, Lasonia, Città Pergamo e Sardi,
120 GEOGRAFIA — EPOCA TEF.ZA
La 3" abbracciava i paesi al nord e al centro dell'Asia Minore-, la Piccola Misia in
riva all'Ellesponto; la Bitinia, divisa in orientale ed occidentale sulle rive del Ponto
Eusino; la Pajlagotiia all'est della precedente e sul mare stesso; la Frigia, altura nel
cuor dell'Asia Minore, cui s'addossavano le altre provincie, cioè al nord la Bitinia e la
Patlagonia, all'ovest la Misia e la Lidia. Più tardi questa provincia divisa prese i nomi
di Galazia, Pisidia, IJcaonia. Poi tutto il paese verso l'Armenia, abitato da popoli siri,
fu detto Cappadocia maggiore e minore o ponlica. Fra le città si distinguevano Cizico,
Lampsaco, Dascilio, Apollonia^ Prusa, Eraclea, Celene, Colosso Sagalasso, Comana
ponlica.
La Cilicia formava la 4" satrapia, al sud della Cappadocia e al nord del mar Interiore,
con grandi e ricche città, quali Tarso, Soli, Anch'ale.
Componevasi la 5" di provincie fra l'Eufrate e il mar Interiore, come Siria, Fenicia,
Palestina, Isola di Cipro, colle città di Tripoli, Damasco, Tadmor.
la Egitto, le Oasi e la Cirenaica componevano la 6'.
La 7-' era il paese ad occidente dell'indo, abitato da Gandari, Allacidi, Dacidi.
8" la Susiana, all'est della Babilonia ; capitale Susa.
D'I la Babilonia, Assiria e Mesopotamia ; caititale Babilonia.
iO' la Media con Ecbatana.
W" il litorale al sud-est del Caspio, ove i Caspi, i Pausici, i Pantimali, i Bariti.
La 12* constava della Ballriana con Battra.
La 13" ùeW Armenia e due altre piccole regioni non ben determinate.
La 14* delle regioni Sagarisiana, Sarangiana, Tamaniana, Wmna all'est della Per-
sia, colle città Proftasia, Agriaspe, Caramana.
Estrema orientale era la 15'', composta dal paese dei Saci e Casi, tribù messagele al
nord-est della Battriana.
La 16* chiudeva la Sogdiana, la Partia, la Corasmia, VAria, colle città iVEcatom-
pila, Maracanda, Artacoana.
La IT'' in riva all'Eritreo, comprendeva la Gedrosia, la Paricania, le Oriti.
La 18', il paese degl'lberi, Albani, Alarodi.
La 19', i Moschi, Macroni, Tibareni, ad occidente de' predetti.
La 20'' abbracciava le conquiste indiane di Dario, ove Sere capitale della Serica.
La Persia, cui capitale era Perscpoli, in fertile piano, al confluente del Medo coH'A-
rasse, oltre Pasargada, dipendeva immediatamente dal re, e non pagava imposte.
Fiedono alla Persia fre strade, rinomate nella storia. La più orientale staccasi dal
porto di Bender-Abassi o Cabrun presso l'imboccatura del golfo Persico, e mena verso
borea alla Caramania (Scirman). La media comincia a Buscire sulle sponde del golfo
stesso, e di sopra una giogaja inferiore a Cazrun, mena a Sciapur, sede dei Sassanidi;
poi scendendo una montagna dirupata a Sciraz, già residenza dei califfi, indi per la
valle ove fu Persepoli, volge a tramontana per gole anguste, donde sbuca nel grande
acrocoro ove sta Ispahan. La strada montana occidentale comincia a Bagdad, passa per
le Porte Medie nella catena detta Zogros, traversa Cliersonmansciar, Besittun, gli avanzi
del tempio di Kangiaor, e riesce ad Ecbatana {Amadaìi} nella Media.
g 2, — Grecia al tempo della guerra Medica,
Allorché la Grecia tornò a contesa coll'Asia (490), in parte conservava, in parte avea
mutato la condizione sua di quando sostenne la prima lolla generale nella guerra di
iroja.
iXclla Grecia settentrionale erano:
La Tessaglia, già Emonia, bagnata dal Penco, celebre per cavalli, onde nac(|ue
la favola de' Centauri, l-a dividoano in Pelasgioti.le, Esliotide , Tessaliotidc, Fliotidc,
Magnesia. La Pclasgiotide al nord-est occupava le jìcndici dell'Olimpo e dell'Ossa, fra i
quali la beata valle di Tcnipc: n'era capitale Lar^ssrt. L'Esliotide, all'ovest della pre-
cedente, avea le città di Gomfi e Tricca. Al sud delle predette era la Tessaliotide con Far-
saglia. Al sud di questa la Fliotide sul margine del golfo Maliaco fino al golfo Sagasitico,
e verso le rivo del lago Bebé: sue città, Fere, dominata da Alessandro tiranno; Aniicira,
r.UECIA AL TEMPO DELLA CLEURA MÈDICA iìi
rinomata per l'elleboro: Eraclea di Trachinia, vicino della quale aprivasi la gola delle
Termopile, (|uelle mortali strette, così famose che altro non ne san dire le storie. Fra
Aipeoo e la foce dello Sperchio, Icvansi a mancina rupi inaccessibili, api)endice del
monte Callidromo, una delle punte dell'Oeta ; a destra impaludano fiumi scendenti al
mare; e traessi e il monte non rimane che un sentiero anj.'usto e fangoso, largo talvolta
appena per un carro, altrove sin a 16 metri. Dopo Alpeno veniva il sasso Melampifjc^
poi la sedia de' Cecropi, indi le sorgenti calde, sacre ad Ercole. Queste davan il nome
al passo, detto Portecalde (Termopile), perchè quivi un muro fin da antico chiudeva il
passo ai Focesi, salvo una porta. Segue il confluente del Fenice ncll'Asopo, e dove
questo sbocca in mare, sorgeva il borgo d'Antela, di là dal quale il tempio di Cerere
Amfizionia, dove sedea il consiglio degli Amfizioni. Quivi fu alzato il sepolcro agli
Spartani che caddero « obbedendo alle sante leggi della patria ». Veniva poi la dirupala
Trachis, che die nome alle Trachinie di Sofocle. Cinque stadj più oltre scorre il Melas ;
e a venti stadj va al mare il Diras, poi ad egual distanza fluisce lo Sperchio, un dei
jìrincipali fiumi di Grecia.
L'Epiro, V Acarnan ia, V Etolia già ci furono descritte.
La Doride o Driopid e, piccolo paese montuoso chiuso dall'Etolia, dai Locresi
e dalla Focide, patria dei Don che invasero il Peloponneso; era detta anche Tetrapoli
in grazia delle quattro sue città Pindo o Clfardo, Erinea, Beo e Citinio.
1 Locresi si dividevano in Ozolj all'occidente, con Naupalto; Opunzj e Epicnemi-
diani a oriente, con Gino e Oponto sull'Euripo rimpetto all'Eubea, Augea e Tarfe nel-
l'interno.
La Focide, avente i Locresi al nord-ovest e la Beozia al sud-est, era celebrata pel
tempio di Delfo, città sul pendio del Permesso. Vantavasi inoltre della città di Crissa,
e Elatea, Cirra a pie del monte Cirfi, Anticira al sud sul golfo.
La Beozia al sud-est della predetta, tutta cinta da monti sicché un solo de' suoi
fiumi giungeva al mare, gli altri stagnavano in laghi, di cui erano principali il Copai
e rilica, era rinomata per fecondo terreno e grossi ingegni. Sue città, Tebe, patria di
Pindaro; Platea, Cheronea, celebri per due battaglie; Delio, ove Socrate, combattendo
coi Tebani, salvò la vita a Senofonte.
La Meg aride, piccolo paese tra il Cilerone e il golfo Saronico. Megara stava sul
golfo col porto di Nisea. Poco discosto erano le rupi Scironidi, traverso le quali fu aperta
la strada che tagliava l'istmo.
U Attica occupava la penisola triangolare all'estremità sud-est dell'Eliade, larga al
più 30 miglia da occidente in oriente, e lunga 43 da nord a sud, cioè dal Citerone al
capo Sunio. Dalla Beozia separavala il Citerone; del resto circondata dall'Egeo, e pel
Cefiso divisa in occidentale ed orientale. Questa penisola secca e montuosa partivasi in
Diacria o terre alte al nord, Paratia o paese a mare, Pedion o pianura. La popolazione
n'era divisa per tribù, suddivise in demi o borghi: le tribù dapprincipio furono IO,
indi li ; i borghi 170 o 174.
In un piano che verso sud-ovest stendeasi fin al mare, dall'altro lato era cinto da Ueue
montagne, stava Atene, la sede della più bella civiltà, edificata da Cecrope egiziano il
1643? av. C, e così denominata dal culto di Atena (Minerva). Divideasi in Acropoli o
cittadella primitiva, detta Cecropia dal fondatore, e posta s'una collina, al cui piede
stendeasi VAstu o città propria, compreso il colle dell'Areopago, e parte di quelli delti
Museo e Licabetto, fra i quali e l'Acropoli scendeva la valle del Ceramico interno. L'A-
cropoli sulla sommità era larga da 576 metri, e lunga il doppio, sicché pareva appro-
priata a sostenere i monumenti che da lungi annunziassero la gloria d'Alene, e fra i
quali soUevavasi il Partenone- A piò dell'Acropoli s'incontravano da un lato l'Odeonc
e il teatro di Bacco; dall'altro il Pritaneo, ove davansi banchetti gratuiti ai principali
magistrati e ai cittadini più degni. Dapertutto erano sparsi tanti monumenti, che si
fatica a credere potessero capire in sì angusto spazio.
Atene aveva tre porti; l'antico di Falero, e due di Munichia e del Pireo: e gli abi-
tanti di questi formavano tre demi distinti. Due braccia di muro amplissime furono
edificate da Temistocle per unire i porti alla città, lunghe 40 stadj, e dette i muri lun-
ghi 0 le gambe. Distrutti nella tirannia dei Trenta, furono ricostruiti con minor rego-
larità da Conone; abbattuti da Siila, né più riedificati : oggi uon ne rimangono che la-
122 GEOGRAFIA — EPOCA TERZA
ceri avanzi, lambiti da una strada di ferro. Per la porta P«Va?ca uscivasi al Pireo, per la
Falerica al Falere: sulla via del Palerò era il monumento di Antiope, ed una cella sacra
a Giunone che fu bruciala da Mardonio figlio di Gobria; sopra quella del Pireo erano
sepolcri, fra' quali i più celebri il cenotafio d'Euripide e la tomba di Menandro. — Da
Atene al Pireo in linea retta contavansi 55 stadj: le sue fabbriche e i tre porti in cui
suddividevasi, erano architettura d'Ippodamo di Eurifonte nativo di Mileto, o secondo
altri Turio. Questi tre porti nomavansi il porto Grande o Cantaro, Afrodisio e Zea: il
secondo prendea nome da un tempio di Venere eretto ivi, presso il mare, da Conone
dopo la vittoria di Gnido : sul porto Cantaro era il sepolcro di Temistocle. Veniva chiuso
da due rupi dette Eetion ed Alcime, che ne rendevano l'ingresso angusto e difficile. Le
sue fortificazioni, intraprese da Temistocle durante il suo arcontato (477), furono com-
piute da Pericle, che le portò a quaranta cubiti, o 20 mftri circa d'altezza: giravano
tutta la città del Pireo: distrutti dagli Spartani a suon di tibie nel 40 i, furono rialzate
da Conone; e finalmente rovesciate da Siila, il Pireo fu ridotto a semplice borgata. Esi-
stevano pure in questa città l'arsenale costrutto da Filone; il fòro marittimo o portico
lungo; il fòro interno ; il recinto sacro di Minerva e di Giove con statue dì bronzo di
queste divinità, e pitture di Arcesilao rappresentanti Leosfene co' figli; ed il teatro:
presso il porto eranvi le statue di Giove e del Popolo, opera di Leocare. Oggi de' tre
porti solo il Grande è accessibile, gli altri due si riconoscono; i Greci lo chiamano porto
Drar.o; i Franchi porto Lione, per un leone di marmo che ivi esistette fino all'anno lt)87,
donde fu trasportato in Venezia. — Munichia, fornita pure di porto particolare, appel-
lavasi la penisola o promontorio, che separa il Falero dal Pireo: essendo un colle de-
serto e forte, servì di difesa a Trasibulo nella guerra contro i Trenta: ivi fu un tempio
di Diana soprannoraata Munichia, del quale rimangono avanzi, e l'ara di Diana Fosforo:
il porto è oggi interrato.
La pianura d'Atene era da tre lati cinta di monti, e dominavasi tutta dall'alto dell'A-
cropoli; vedendo ver levante rimetto dalla doppia cima; a settentrione il Pentelico,
ricco di marmi ; verso sud-est le miniere di Laurio; a sud-ovest i porti e il golfo Sa-
ronico, e le isole di Salamina e d'Egina, e via sin alla cittadella di Corinto.
Oltre il piano propriamente detto Attica, se ne apriva un altro, denominato da Eelusì
al nord-ovest, ove celebravansi le misteriose iniziazioni: nel campo Bario credeasi fosse
la prima volta da Trittolemo seminato il frumento. Un altro piano comprendeva Mara-
tona al nord-est, ove (490) cendiecimila Persiani furono vinti da diecimila Greci: le
fortezze di File, Decelia, Enoe proteggevano la frontiera settentrionale.
Popolaz. La popolazione dell'Attica dividevasi in
di Atene j_ Ateniesi propriamente detti, che soli partecipavano al governo;
II. Metechi o Meteci, stranieri domiciliati in Atene colle loro famiglie, protetti dal
governo senza parteciparvi;
in. Schiavi fra greci e stranieri : imprimi erano i vinti in guerra ; gli altri, comprati
nella Tracia e in altri paesi barbari.
Ateneo [Convito, lib. vi) cita un Ctesicle, il quale dice che, nel censo fatto per ordine
di Demetrio Falereo, si trovarono ventunmila cittadini, diecimila metechi, quallrocen-
tomila schiavi. Wallace adunque, supponendo che^ciascun libero rappresenti una fa-
miglia di quattro teste, computò nell'Attica liberi 124,000
schiavi 400,000
in tutto 524,000
0 meglio valutando di sei leste ogni famiglia 580,000
Dume invece leva uno zero dal numero degli schiavi, ma suppone che cia-
scuno avesse famiglia, onde moltiplica sì questi sì i liberi per quattro, e ot-
tiene liberi 12i,000
schiavi 160,000
in tutto . . 281,000
Correzione affatto arbitraria, e conchiusione falsa, non avendo famiglia gli schiavi.
Altri hanno trattato di questo soggetto, ma meglio di tulli Lclronne nel volume vi delle
Memoria dell' Accademia delle iscrizioni e belle lettere. Primieramente egli revoca in dubbio
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GRECIA AL TEMPO PEI.LA GUERRA MEDICA 123
l'autorità di Ateneo. In fatto i qualtrocentomila schiavi ch'esso nomina non sarehbero
tutti quei dell'Attica, ma quei soli che lavoravano le miniere : onde almeno un altro
terzo converrebbe aggiungerne per le arti e l'agricoltura, il che li porterebbe a seicen-
lomila, non contando i vecchi, i fanciulli e le donne: numero la cui esorbitanza fa du-
bitare dell'esattezza. Il dubbio cresce chi consideri che l'Attica era non più di 80 leghe
quadrate, montuosa, sterile, tanto che un quarto almeno non è abitabile; sicché sul
restante sarebbero vissuti tredicimila schiavi per lega quadrata, tredici volte il doppio
della Francia.
Eccessivo inoltre sembra Ateneo in altre indicazioni sul numero degli schiavi, men-
tre dice che solo in Corinto n'avea quattrocensessantamila ; che nell'insurrezione degli
schiavi in Sicilia (J33 av. C), un milione ne perì; in quella avvenuta al tempo stesso
nell'Attica, ventimila schiavi nelle miniere uccisero i loro capi ; che Egina contava
quattrocensettantamila schiavi, Egina non più estesa di 4 leghe quadrate; infine che
ogni Romano avea diecimila, ventimila e più schiavi per corteggio. Non si può dunque
accettare alla cieca il testimonio d'Ateneo.
Confrontando però i passi di varj altri autori, quasi concordemente ne risultano i
ventimila cittadini liberi incirca. Secondo gli statistici, le donne stanno agli uomini
= 22: 2I;i minori di venti anni ai maggiori = 2 : 5 (più esatto =4018: 3981). Fa-
cendo dunque diciannovemila cinquecento i cittadini, cioè quelli che, avendo passato
i vent'anni, aveano prestato il giuramento nella cappella d'Aglauro, e godevano dell'in-
tiera cittadinanza, si avrebbero dodicimila novecento minori, e in tutto trentaduemila
seicento maschi. Onesta somma avrà variato fra tante guerre, ma forse la costituzione
limitava il numero di quelli che poteano godere della piena cittadinanza.
Indeterminato era al contrario il numero dei metechi, e nessun dato abbiamo per
trovarlo. Sembra però da varj ravvicinamenti fossero undicimila, intendendo però solo
quelli fra i venti e i cinquanta che poteano essere arruolati, il che darebbe un totale di
ventimila maschi, e così si avrebbe, raddoppiando per le donne,
ateniesi 70,000
metechi 40,000
libera popolazione totale dell'Attica .... 110,000
Fermiamoci più sugli schiavi, non soltanto per determinarne il numero, ma per com-
prenderne la condizione. Senofonte (De vecltgal., iv, il), suggerito un modo d'avere
schiavi, soggiunge: « Che se la mia proposta si accetti, ne verrà questo solo cambia-
« mento, che al modo onde i particolari comprando schiavi si procureranno una rendita
« perpetua, anche lo Stato ne comprerebbe per proprio conto, fm che ve ne fossero
« tre per ciascun Ateniese ». Se qui Senofonte intese di spingere ad avere tre schiavi
per ciascun abitante dell'Attica, voleva egli portarli a trecentrentamila : ciò che già indi-
cherebbe che non erano seicentomila, come s'inferisce da Ateneo. Ma siccome il nome
d'Ateniesi non fu mai esteso ai metechi, più probabile è ch'esso abbia inteso soltanto
de' ventimila cittadini, cioè di sessantamila schiavi. E poiché altrove suggerisce di
comprarne diecimila, quasi tanti appunto mancassero a compier la somma da lui sug-
gerita, possiamo contare cinquantamila schiavi al tempo di Senofonte.
Egli però non intendeva che i più robusti e capaci di quei tali lavori ; non i vecchi,
le donne, i fanciulli. Però le donne e i fanciulli erano pochissimi, per quanto vediamo
dalle arringhe degli oratori. Cinquantadue schiavi adopràva Demostene nelle sue fab-
briche (Demostene cantra Aphob.}, e non v'appare pur una donna: Timarco n'avea una
sola sopra dodici schiavi. (Éscuine contro Tim.), nel testamento di Teofrasto, neppur
una sopra quattordici schiavi, (Diogene Laerzio): due e un fanciullo trai sedici schiavi
del testamento di Licone (id) : e Demostene {contra Mid.) considera come segno di ma-
gnificenza l'aver molte schiave, giacché non le s'adopravano ai lavori, ma solo nel gi-
neceo e nell'economia domestica. Poche dunque se ne compravano, e le più eran nate
tali 0 prese in guerra.
Questo ci dà la ragione per cui la popolazione schiava scemava di più in più nell'Ai
lica, onde erano costretti sempre a trarne di fuori. Due passi di Demostene (contro
Everg. — Petit ^ Leg. Attic. — Plctarco, Maral. — Senofonte, Econom. i\) provano
che agli schiavi non consentivasi il matrimonio se non dopo affrancati; e benché Solone
i2i GEOCnAFlA — EPOCA TERZA
l'avesse permesso, i padroni vi si opponevano, forse perchè non venissero distraiti dal
lavoro, 0 perchè conoscessero già il calcolo de' nostri piantatori delle colonie, che uno
schiavo costa assai più quand'è allevalo in casa, che a comprarlo già fatto. Oltreché
importava il tenere un equilibrio fra i cittadini e gli schiavi, che mai questi non alzas-
sero la testa. Col dar loro una famiglia, si sarebbe dato una moralità, e questa è la ma-
dre della libertà.
Errò dunque Ilume nel calcolo sopra riferito, supponendo ogni schiavo capo d'una
famiglia di quattro; e quando si raddoppiasse il numero de' cinquantamila sarebbe ij
massimo.
Senofonte però racconta di Nicla figlio di Nicerato, il quale possedeva nelle miniere
d'argento mille schiavi, ch'e' noleggiava a Sosia trace, colla condizione che gli paghe-
rebbe un obolo netto per testa al giorno, e gli renderebbe l'egual numero d'uomini.
Ipponieo ne aveva seicento, che dava ai patti stessi, e ne ricavava una mina al giorno.
Di qui non si può argomentare uno sterminato numero di schiavi, ma che di essi face-
vasi speculazione, come di qualunque altra mercanzia, tenendo schiavi da nolo per le
occorenze della mietitura o della seminagione, o per le miniere, o per servizio di quei
che ne avevano nessuno o pochi. Secondo Aristofane (Nubi vs. 24 e 1227}, un cavallo
costava dodici mine; e in Demostene, abbiamo che Meriade tolse a prestito quaranta
mine dal padre di Demostene, e gli diede in cambio venti schiavi ; il che vuol dire
che uno schiavo valeva due mine. Questo nolo d'uomini fruttava assai. In fatti uno
schiavo operante valeva ducento o ducencinquanta dramme. Aggiungetevi l'interesse
del dieci per cento, trattandosi di capitale vitalizio, e avremo, tenendo il più, per ogni
schiavo il valore di ducensessantacinque dramme, ossia mille seicencinquanta oboli.
Vedemmo che ne ritraevano un obolo al giorno, e sappiamo altronde che non v'era
giorno escluso; quindi il prodotto netto di mille seicencinciuanta oboli era trecenses-
santacinque oboli, cioè il ventidue per cento.
Altre ragioni adduce I.etronne per sostenere che gli schiavi non eccedettero nell'At-
tica i cenventiiuila. Gli pare impossibile che potesse un maggior numero tenersi in freno,
colla facilità che avevano di camparsi alla patria vicina. Ma che un solo capo tenga in
freno centinaja d'uomini, non è cosa poi tanto strana, neppur nelle società moderne
e fra gente non schiava. Non abbiam veduto eserciti grossissimi, strappati dal dome-
stico focolare, e spinti a morire mille miglia lontano dalla patria pel cenno di un solo?
Inoltre fra gli Stati greci il diritto pubblico imponea di non ricettare gli schiavi un del-
l'altro ; e gravi lamenti leggiamo portati contro chi vi mancasse. Nelle guerre poi ec-
citavansi alla sollevazione sì, ma non per restituirli alla libertà, se pur non fossero quei
soli che appartenevano alla potenza guerreggiante. Senza ricorrere ad eserapj lontani,
abbiam veduto, nell'ultima rivoluzione della Polonia, sollecitarsi i campagnuoli all'in-
surrezione ; eppure una delle prime provigioni prese fu che non si parlasse della libe-
razione degli schiavi.
Continua Letronne, e asserisce che alle miniere del monte Laurio non doveano usarsi
più di dieci 0 dodicimila schiavi. Per vederne il ricavo, facciamo i calcoli addosso a
quel trace Sosia, cui Nicla dava a nolo mille schiavi. Pagava un obolo per giorno; in
tutto, all'anno, oboli 360,000
Calcoliamo al 5 1/2 per centj le spese di malattie e le eventualità di morie . 50,000
pel vitto un obolo almeno 360,000
il 25 per cento del prodotto in ispese di combustibile eco 200,000
Spesa totale . . . 970,000
ossia dramme . . . 162,000
Quanto ritraeva? Nelle fabbriche di Demostene, Irenlatre schiavi ppoducevano tremila
dramme nette l'anno, cioè dramme novanta i)er schiavo; altri venti schiavi di minor
valore, sessanta dramme ciascuno ; medio seltantacinque. Nella fabbrica di Timarco,
alcuni guadagnavano tre oboli al giorno, 0 cencinquanta dramme l'anno ; altri, due oboli
0 cento dramme; medio cenventicinque : e medio dei quattro prodotti, cento dramme.
Non meno di quest'ultimo valore doveano fruttare le miniere all'impresario. Converrà
dun(|ue, alle sommate censcssantaducmila dramme aggiungerne centomila per avere il
prodotto lordo d'una miniera lavorata da mille schiavi. Dumiuc ducensessauladuemilu
GRECIA \L TF.MPO DELLA GUERRA MEDICA 125
dramme, ossiano mille cen(|iiarantascltc cliilogr. = quattromila secensessanta marchi
d'aryento. Ogni schiavo dovea quindi pel minimo cavare e purgare quattro marchi e
due terzi d'argento (Oggi se ne ha tre volte e mezzo di più; la miniera d'ilimmelsfurst
in Sassonia, lavorata da settecento manovali, dà diecimila marchi, cioè quattordici e due
settimi per testa). Se, giusta Ateneo, v'erano impiegati quattrocentomila schiavi, doveano
l'anno ricavare un milione ottocensessantaseimila marchi d'argento. È troppo, e porta
a credere esagerato il computo di Ateneo; sehhene non guidi con altrettanta sicurezza
a conoscere la popolazione dell'Attica, la quale,- dalla guerra Peloponnesiaca alla hatta-
glia di Cheronea, da esso Letronne vorrehbe restringersi ad ateniesi . . . 70,000
metechi . . . 40,000
schiavi . . . 110,000
in tutto . . . 220,000
olire forse un ventimila stranieri. — Popolazione minore di moltissime città odierne :
eppure tanto operò !
11 Peloponneso divideasi in sei parti :
1. L'Acaj a, lungo il golfo di Corinto, dal capo Arasse fin alla Sicionia, già detta
Egialia : abbracciando gli antichi paesi di Corintia, Sicionia, Egialo, Sidone, aveva
un porto e ricchi tempj. Più famosa è Corinto fra paese montuoso ma fertile, che posta Corinio
presso l'istmo, dominava il seno Corintiaco verso occidente, e il Saronico verso oriente
per mezzo di due porti denominati da Leche e Cencria figli di Nettuno e Pirene, delta
perciò òjmarjs da Orazio: nell'occidentale (Lec/ieo) era il tempio di Nettuno con statua di
bronzo; nell'orientale (Cencrea) un tempio di Venere con statua di marmo; sull'ante-
murale un Nettuno di bronzo; ed all'estremità del molo i tempj di Esculapio e d'Iside.
Rimpetto a Cencrea era il lavacro d'Elena ; fra quello e Lecheo il tempio di Diana, con
un'antica statua di legno ; e andando di là a Corinto trovavansi sepolcri, fra cui presso
la porta quello del cinico Diogene. Ivi erano pure il Craneo, il sacro recinto diBellero-
fonte, il tempio di Venere Melenide, il monumento di Laide. Sessanta stadj dall'Acroco-
rinto verso scirocco fu Tenea, con tempio celebre di Apollo : essa die nome ad una
porta di Corinto, presso la quale eravi un tempio di Lucina. Sul mare Saronico fra
Tenea e Cencrea era il porto detto degli Ateniesi, ed il porto Bucefalo.
Da Corinto e da' suoi porti andando verso oriente ai confini della Megaride, traversasi
l'istmo che unisce il Peloponneso coU'Ellade. In esso celebravansi giuochi istmici ad
onor di Nettuno, onde vi si vedevano il teatro e lo stadio, di marmo bianco, ed il tem-
pio di Nettuno, non molto grande ma ricco di statue. Gli acroterj erano ornati di tri-
toni di bronzo; nel pronao due statue di Nettuno, una d'Amfitrite ed una del Mare,
ancor esse di bronzo : e nella cella un carro a quattro cavalli d'oro colle unghie d'a-
vorio, fiancheggiato da due tritoni delle stesse materie; sul carro stavano Nettuno e
Amfitrite, e sopra un delfino Palemone, tutt'oro ed avorio. Questo tempio sorgeva in un
recinto sacro di bellissimi pini ; ove pure il tempio di Palemone e un sotterraneo, nel
quale se prendevasi un giuramento, era riputato inviolabile sotto pena di morte; un
tempio antico chiamato l'ara de' Ciclopi, presso a cui i sepolcri di Sisifo e Neleo.
Patra e Dime sono al fondo d'un piccolo golfo.
2. VE lide all'est dell'Acaja, bagnata da moltissimi fiumicelli e molto fertile, divi-
devasi in Pisatide al centro. Elide propria: e Trifilia. In Egio'seùeva. il consiglio degli
Achei ; Olimpia era famosa pei giuochi che vi si celebravano ; Elide, metropoli non
mentovata da Omero, formossi dopo la guerra de' Persiani col riunire varj borghi dello
stesso distretto; a Paleopoli, moderno borgo, vedonsi ancora poche rovine dell'antica
città.
3. VArgolide, quasi tutta nella penisola formata dai golfi Saronico ed Argolico,
dividevasi in Arg^olide, Epidauria, Trezenia, Ermionia. Città Argo, Micene, Ermione,
Nauplia. Epidauria, sul seno Saronico, era sacra ad Esculapio.
4. U Arcadia già Pelasgia, al centro del Peloponneso, paese tutto cinto di mon-
tagne, con valli ed eccellenti pasture, colle città di Mantinea, Orcomene, Megalopoli,
Caria. Gli abitanti di quest'ultima lasciarono memoria della loro servitìi nelle caria-
tidi degli edifìzj. La situazione tolse all'Arcadia d'aver esistenza esteriore. Pelasgi fu-
rono i primi suoi abitanti , come lo attestano le mura di Licosura e di iMantinea , e
Ì2G GEOGRAFIA — EPOCA TERZA
le tradizioni che, mercè della postura, conservarono più che altro popolo, mentre la
civiltà ellenica non v'ebbe mai gran fiore. Il paese era pieno di memorie: l'Alfeo, bel-
lissimo fiume, fu testimonio degli amori di Apollo con Dafni: il monte Liceo è ri-
nomato pel culto di Pane; il Gortinio, per la freschezza delle acque; l'Acheloo e il
Platanisto, per le iniziazioni che vi si celebravano: da Pallanzio partì Evandro per
menar una colonia in Italia: Tegea ebbe un insigne tempio di Minerva; Orcomene
un delle Grazie; Mantinea il monumento d'Epaminonda: nel lago Stimfale Ercole uc-
cise certi uccelli malefici : e la rinomanza delle delizie alpestri fece dell'Arcadia nn
tipo poetico, come la Svizzera o gli highlands di Scozia,
5. La Messenia^ all'ovest della Laconia di cui anticamente formava parte, al sud
dell'Elide, bagnata all'ovest e al sud del mar Jonio, era paese molto fertile e mon-
tuoso. Il valore piìi costante non bastò a sottrarla alla servitiì di Sparta. Sue città
Messene sul Pamiso, sotto il monte Itome, rifabbricata da Epaminonda; Pilos, regno
del vecchio Nestore, ora Navarino vecchio; Ira, fortezza; Limna con un tempio di
Diana, che diede origine alla prima guerra messenica; Melone o Modone rimpetto al-
l'isole Enusse; Corone sulla costa orientale del golfo di Messenia.
6. La parte piìi meridionale del Peloponneso, detta anticamente Lelegìa , poi
Laconia, avea l'Arcadia al nord, la Messenia e il suo golfo all'ovest, il mar Egeo
dall'altre parti. Distinguevasi in territorio Lacedemonio dipendente da Sparta, e paese
degli Eleuterolaconi, che formavano una confederazione di Comuni. V Eurota sorgeva
ai confini della Laconia, e scendea nel golfo Laconico, oggi Kalokyihia. Il promon-
torio più meridionale chiamavasi Tenaro, oggi Matapan. Alle falde del Taigeto, presso
Crocece , cavavasi bellissimo serpentino. Nell'andare da Amicla a Sparta, distanti 20
stadj, incontravasi dapprima il tempio delle Grazie, sotto i nomi di Faenna e Gleta,
Sparta eretto da Lacedemone. Sparta, metropoli della Laconia, e per gloria e possanza ca-
pitale di tutto il Peloponneso, avea avuto nome da un figlio di Amicla, o da una
figlia dell'Eurota, o dall'essersi ivi raccolti i Lelegi pria disseminati e sparsi: altri il
derivavano dai seguaci di Cadmo, nati dai denti sparsi del dragone, i quali cacciati
dalla Beozia ivi rifuggirono : poscia fu detta anche Lacedemone dal re di questo
nome, che forse ampliolla (1577). Estendevasi lungo la riva destra o occidentale
dell'Eurota, in una pianura in parte paludosa, e comprendeva cinque colline poco
considerabili, sulla più alta delle quali posteriormente fu edificata l'acropoli. Impe-
rocché, durante la sua gloria, essa non fu difesa da mura né da cittadella: ma nelle
scorrerie di Cassandro, Demetrio e Pirro, vennero fortificati i luoghi posti alla pia-
nura, fortificazioni accresciute da Nabide tiranno, a' cui tempi Sparta era forte d'ogni
apparato guerresco. Mislra, succeduta a Sparta, è a mezz'ora di cammino verso mae-
stro. Porto e arsenale di Sparta era Gizio. Gli abitanti di Melos furono ridotti servi
col nome di Iloti.
Isole Circondavano la Grecia un'infinità d'isole, quali erano nel mar Jonio le Echinadi
alla foce dell'Acheloo, di cui la più importante era DuUchio. Dal golfo di Ambracia
a quel di Corinto erano disposte le isole di Itaca regno d'Ulisse: Lcucade divenuta
isola dopo che i Corintj tagliarono l'istmo, e famosa per un sasso da cui gl'innamo-
rati dirupavansi in mare, sperando guarire; Cefalonia, Zacinto, Corcira. Idomeneo
regnava sulla grande isola di Creta nel mar Egeo, dove sorgevano cento città, fra cui
le principali Gnosso, Gortino, Cidonia (Canea), e il monte Ida ove Giove fu nodrito.
Famosi n'erano i vini e le saline. Ebbe presto colonie orientali, poi leggi da Minosse.
Ajace Telamonide dominava Salarnina.
Le Cicladi, son cosi dette da /uz/o?, circolo, perchè contornano Belo, già Ortigia,
una delle maggiori dell'Arcipelago ov'era nato Apollo. Nasse dei Carj, al sud di
quella, è più di tutte ampia e fertile, e sacra a Bacco come Andros. l'aro, famosa
por marmo statuario, passò dai Fenicj ai Carj, da (|uesti agli Arcaj.ii e ni Cretesi al
tempo di Minosse: vi naG(|ue Archiloco satirico. Melos, presa e colonizzata dagli Ate-
niesi, fu patria di Diagora ateo. Ceos, molto fertile, avea quattro città: .Aristoo vi
condusse le prime greggie, e vi era statuito che l'uomo giunto a sessant'anni si desse
morte o migrasse: vi nacquero Simonide e Bacchilide poeti, Prodico oratore. Andros
è l'ultima delle Cicladi.
Isole del Peloponneso, oltre Salamina, erano Citerà sacra a Venere Urania; Sferia
COLONIE cnixiiE 127
rimpetto al porto di Trezene, unita per un l)anco di sabbia all'isola di Calauria; Egina
rinipetto al['E|)idauria in mezzo al golfo Saronico, popolata da Argivi. V'ebbe regno
Eaco, posto giudice dell'inlerno, e die vi fabbricò il te(npio di Giove Fanellenio, le scul-
ture del cui frontone sono di tanta importanza alla storia delle arti , e trovansi nel
museo di Monaco.
Isole della Grecia propria, VEuhea dalla Tessaglia al promontorio Sunio, popola-
tissima, colle città di Alalanta , Isliea, Calcide, Eretria, ('aristo, e col capo Arte-
misio, celebre per la battaglia di Serse: Sciro all'est di quella; Eudemia al sud.
Al nord del mar Egeo erano Lenmo, colle città di Lumno^ Efesiia, Mirene ; Irnbro,
Taso, Samotracia, rinomata per le cerimonie sacre.
Secondo i calcoli di Arow Smith la Grecia antica°estendeasi :'_5G7i miglia quadrate
inglesi la Tessaglia; G28S l'Eliade; J410 l'Eubea ; 7779 il Peloponneso: 1080 le isole
minori; in tutto 22,25J.
§ 3. — Colonie greche.
La grandezza della Grecia appariva singolarmente nelle colonie, nate dal crescere
della popolazione, dall'allargarsi del commercio, dal fuoruscire delle fazioni vinte, e
che davano alle città il vanto di essere metropoli e d'avere primazia sopra una con-
federazione. In esse i Greci, come la moderna Europa, mostrarono l'insigne feno-
meno d'una federazione di piccoli popoli, che tengono in rispetto immense contrade.
Conosciuta l'Asia nella guerra di Troja, gli Elleni delle tre principali stirpi, Eolj ,\a Asia
Jonj, Dori, piantaronsi sulla costa occidentale dell'Asia Minore, donde diffusero
le lor colonie nelle isole vicine, sulle coste settentrionali e meridionali della penisola,
e sull'occidentale dell'istmo caucaseo.
I Pelopidi, respinti dal Peloponneso, dal IJSO al 1120 occuparono le isole di Tènedo, eoUe
Macaria, Ecatoneso: in fine si restrinsero sulla costa, che dal nome loro fu detta
Eolide, fra il golfo Adramiti e l'Ermeo.
Nell'isola triangolare che finisce coi promontori Maleo, Sigrio e Argenno, detta suc-
cessivamente Issa, Pelasgia, Macaria, dalle colonie pelasgiclie che vi si posero, e poi
Lesbo da un capo eolio, fondarono e crebbero MitHene lor principale colonia al sud-
est ; oltre Pirra, Eresso, Antissa, Metinma, tutte indipendenti, e con particolare co-
stituzione interiore.
Sul continente edificarono Smirne in fondo al golfo Ermeo ; Magnesia a piò del
monte Sipilo: Larissa sulla sinistra dell'Ermo; Temno sulla destra; Cyme sul golfo
d'egual nome, non seconda che a Mitilene; Neontico sua colonia; Mirinjj.; Elea al-
Timboccatura del Caico; Pergamo su questo fiume; Adramilio fondato dai Pelasgi in
fondo al golfo cui die nome.
Sulle coste meridionali avevano costrutto Sida nel gran golfo di Panfilia.
Gli Jonj, venuti verso il 1140, occuparono la costa del fondo del golfo di Jasso sin jonio,
al fiume Ermo e al promontorio che chiude il golfo Elaitico o di Cyme; tolsero agli
Eolj Smirne, Magnesia, Larissa, e diedero alle conquiste il nome di Jonia, aggiun-
gendovi le isole di Chio e Samo.
Delle loro città sul continente erano principali Focea sui due porti di Lampetra
e Naustatmo, che dilatava il suo commercio ad occidente ; Clazomene, al sud , sul-
l'istmo della penisola omonima; Eritrea, fondata dai Cretesi avanti la guerra di Troja,
come Colofone; Teo ; Efeso sulla sinistra del Caistro, col tempio di Diana; tra la (]uale
e Priene era il tempio di Nettuno, ove adunavasi il Panjonio; Miunte sul Meandro;
Milfto all'entrata del golfo Latmico, che gareggiava con Tiro e Cartagine, Latmos o
Eraclea in fondo al golfo. Le città di Chio e Samo salirono a grandissima prosperità.
Mileto stese colonie sulle coste dell'Ellesponto, della Proponlide, del Ponto Eusino,
tra cui distingueremo Lampsaco sull'Ellesponto; Cizico in un'isola della Proponlide,
già detta Dindimene perchè vicina al monte Dindimo, su cui gli Argonauti avevano
fabbricato un tempio alla Madre degli Dei; Sinope, pur fondata dagli Argonauti, e
divenuta la principale delle colonie greche dell'Eusino ; Cotiora, Cera<'onte, Trapezonle
nel paese de' Cappadoci ; Faso alla foce del Fasi, sulle coste della Colchide; Dioscu-
ria, fondata da Castore e Polluce.
i
^28 GEOGRAFIA — El'OCA TERZA
doriche Dal 1131 al 1116 i Dori successivamente si collocarono nelle due penisole separate
dal golfo Ceramico, e nelle isole di Coo e Rodi. Nel continente occuparono Alicar-
nasso, sul golfo predetto; come Guido, presso la quale, sul promontorio Triopio,
sorgeva il tempio di Nettuno, ove adunavasi l'amlìzionia dorica, composta dalle due
predette città, e da Coo, Jalisso , Camiro e Lindo, nell'isola di Rodi. Altre città
molte vi fiorivano, fra le quali Sole, dal cui difettoso parlare trasser nome i sole-
cismi ; Tarso, fondata dagli Argivi in traccia di Io ; Calcedonia sulla Propontide.
Anche Cipro ricevette di molte colonie, fra cui Salamina, Pafo sacra a Venere, ed
Epea.
Delle colonie greche in Italia parleremo al § 9.
§ 4. — Regno di Filippo il Macedone.
Prima Emazia, poi Macedonia intitolavansi tutte le provincie finite all'est
dal monte Rodope, al nord dall'Orbelo e dallo Scapio, all'ovest dai Candavi, al sud dai
Cambuni e dal mar Egeo. Queste erano:
a. L'Emazia al nord del golfo Termaico fra l'Axius (Vardari) e l'Aliacmon (Indie-
Karasou], i cui re divennero poi padroni di tutta Macedonia. Edessa (Vodina) o Egea
era capitale del regno, prima che Filippo facesse Fella (Palatisia).
b. La Miydonia, divisa nelle valli di Amfazitide e Crestonia, all'est dell'Emazia.
Terma (Salonichi) dava il nome al golfo Termaico, su cui era piantata.
e. La Pelagonia o Peonia, al nord ovest dell'Emazia, avea le città di Deuriope sul-
l'Erigone, Stoli o Ociolofe.
d. La Pieria sulla costa occidentale del golfo Termaico, con Pidna capo della pro-
vincia, e Melone al cui assedio Filippo perdette un occhio.
e. V Elimiotide, all'occidente della Pieria, con Elimea ed Ermonia.
f. La Orestide al nord delle precedenti, colla città di Celetra sul lago Castorio.
g. La Stimfalide al sud delle precedenti , sulla frontiera tessala : città Ericene e
Milibea.
h. VEordea al nord dell'Orestide, colla capitale d'ugual nome.
i. La Lincestide n più de' monti Candavi, ad occidente della Pelagonia; con Eraclea.
l. La Medica al nord della Crestonia; capitale Stobi s'un atlluente dell'Axio.
w. La Sintica all'est della predetta; capitale Eraclea sullo Strimone. Al nord di
questo paese erano i Bessi selvaggi.
n. La Bisaltica al sud della Sintica; capitale Euporia.
0. L'Edenide sul golfo Strimonico, con Amppoli, detta anche Cmo/jo/i per le miniere
d'oro del monte Pangeo, e famosa nelle lotte fra la Grecia e la Macedonia. Porto suo era
Eione, difeso dallo storicoTucidide. All'est d'Amfipoli sorge Filippide, gik detta Crenide.
p. La Calcidica al sud della Macedonia, composta della Calcidica propria, e delle
tre penisolettedi Pallene, Sitonia e Aclea fra i golfi Strimonico e Termaico. Città : Olinto,
capo della confederazione delle città calcidiche, eternata nelle arringhe di Demostene;
Enia in faccia a Metone ; Calcide, che dà il suo nome alla penisola ; Stagira patria d'A-
ristotele ; Potidea, colonia corintia nella Pallene, cagionò la guerra Peloponnesiaca, e
tenne occupati tre anni gli Ateniesi ; Scione, Singus, Cleone in Sitonia e in Actea.
Dall'ereditato regno che comprendeva soltanto l'Emazia, la Migdonia, la Pelagonia,
Filippo s'allargò su tutto il resto, poi sulle vicine llliria e Tracia.
Il Uria chiamavasi tutto il paese al nord dell'Epiro e al nord-ovest della Macedonia
e della Dardania: confinava inoltre all'ovest col mar Adriatico, al sud col monte Alsio,
ossieno alpi Dinariche, al nord col fiumicello Arsia ; abitata da molti popoli, quali
erano gli Atintani vicini all'Epiro, con Ùrico sul mare, colonia degli Abanti ; al nord
di essi i Pimntiniani, capitale (ìerranio sull'Aoo ; i Pene.tti al nord-est di questi, ca-
pitale Uscana; i Taulanti all'ovest de' precedenti, con Apollonia fondata dagli Abanti ;
i Parlini al nord de' predetti, con Dirrachio o Epidamno colonia corcirese; i Dassareti,
dal lago Licnide ai monti Candavi, con Licnide sul lago.
Tracia fu detto dapprima tutto il paese ad oriente dell'Axio, ma ben presto la
Peonia se ne staccò; le alte valli donde scende quel fiume, popolate da Pelasgi, ebber
REfìNO DI FILIPPO IL MACEDONE 129
nonicdi Pelagonia; e questi, e la Dcuriopia nella valle dell'Erigone, e al nord l'Almopia,
e gli Agriani nelle gole dell'Orhelo e dei monti ove nascono lo Strimone, il Nesto,
l'Ebro, formarono genti distinte, separate dalla Tracia mediante lo Strimone [Struma).
Al tempo d'Aristotele v'era ancora leoni in Tracia. Famosi erano i cani molossi del-
l'Epiro, quanto per piccolezza e grazia i cani di Melibea a' piedi dell'Ossa. In Epiro, in
Macedonia, in Tracia i Greci venivano a comprare schiavi, come anche legnarne da co-
struzione, lane, cuoj, vini, altre merci di prima necessità: dal mar Nero i grani, che
facevano scala a Bisanzio. Le miniere del Pangeo, che Filippo tolse ai Traci, rendevano
cinque milioni l'anno.
Al tempo di questo, la Tracia confinava all'ovest colla Macedonia, da cui separavala
il Rodopc; al nord col monte Emo; all'est coll'Eusino; al sud colla Propontide, l'Elle-
sponto e il mar Egeo. Posta non lontano dall'Asia, fu la prima invasa dai Persi; come
doveano traversarla tutti i conquistatori che venissero dall'Egeo o dall' Eusino. Dario
gettò un ponte sul Danubio a jEgisso (Isakscia).
Sulle coste meridionali s'erano assise ed arricchite molte colonie; al nord abitavano
robuste tribù di famosi cavalcatori. Tali erano i Bessì in riva all'Ebro sin nelle gole del
Rodope e in un canto della Macedonia; di sotto i Traci proprj : ad oriente de' predetti
gli Odrisi, che aveano fondato un potente impero; e i fransi al sud de' Traci. Città,
Filippopoli sull'Ebro, fabbricata da Filippo per frenar i Barbari ; e detta anche Pone-
ropoli cioè de' ribaldi, perchè v'erano stati deportati i profanatori del tempio di Delfo;
0 Trimoìitio, per le tre colline che chiudeva. Orestia, detta poi Adrianopoli, al con-
fluente dell'Ebro, dell'Arpeso e del Tonso, cosi chiamata perchè Oreste venne in quel-
l'acqua a purificarsi dall'incesto e dal parricidio.
Ricche e fiorenti erano le coste; e su quelle dell'Egeo stavano i Bistonj sul confine
della Macedonia, i Ciconj all'est de' predetti. Città, Abdera colla foce del Nesto, patria
di Democrito, d'Anassagora, di Protagora, eppur in fama di leggera e spensierata; Ma-
ronea all'est d'Abdera presso il monte Ismaro, sulle pendici del quale coglievasi un fa-
moso vino, da cui restò ubriacato Polifemo nell'Odissea. Alquanto più all'est stendesi
il Campo Dorisco, nel cui mezzo Serse fece la rassegna; Enos nel paese de'Ciconj.
All'estremità di quest'ultimo sporgeasi il Chersoneso tracio, ove l'ateniese Milziade e
Io spartano Lisandro fecero prova di lor valore ; Cardia sul golfo Melane; Sesto rimpetto
ad Abido d'Asia, ricantato per l'avventura d'Ero e Leandro.
In riva alla Propontide stavano le città di Perinto o Eraclea, da Alcibiade conquistata
nella guerra Peloponnesiaca; Selimbria ad oriente di quella. Sul Bosforo di Tracia sor-
geva Bisanzio, che Focione difese contro Filippo, e che stava presso un golfo detto il
Corno d'oro, come oggi ancora si chiama. Sul Ponto Eusino era il paese deW Astica, con
molte colonie greche; e Bizia, antica città de' re traci.
Questi paesi ridusse Filippo sotto il proprio giogo; poi acquistata una marina, s'ap-
propriò parecchie isole sull'Egeo, come Taso rimpetto alla città di Filippide in Edo-
nide, Lemno ed Imbro nell'Arcipelago.
§ 5. — Conquiste d'Alessandro Magno.
CoU'opinione che Filippo aveva procacciata alla Macedonia, coll'esercito e il tesoro
da questo raccolti, e con talenti ed ambizione molta, Alessandro s'accinse a più larghe
conquiste. Sceso in Tessaglia, entrato a Corinto, acquista il titolo di generalissimo della
Grecia; torna a soggezione la Tracia e l'Illiria; e tanto si spinge afsettentrione, che la
Grecia lo crede perduto nelle pianure del Danubio: ma ben tosto ricompare, e assog-
gettata la Grecia, va a Dio ad offerir libazioni e voti al cielo per averlo propizio nella
impresa che assume di repulsare l'Oriente minaccioso e trafiggerlo nel cuore.
Primo intento d'Alessandro fu di allontanare i Persiani dalle coste, poiché nelle inva-
sioni traevano la principal forza dalla marina. In tre anni soggiogò l'Asia occidentale,
e le città grnche e fenicie, eraporj del commercio asiatico.
Sul piccolo stretto che separa Sesto da Abido, traversò (ZZi) l'Ellesponto con qua-
rantamila uomini, e presto ebbe sottomessa Lampsaco. A Zeleia intanto i satrapi per-
siani occidentali aveano raccolto da centomila uomini; e malgrado l'avviso del rodio
Cantò, Documenti. — Tomo I. Geografìa politica. 9
430 GEOGRAFIA — EPOCA TERZA
Memnone, vollero combattere sulla riva del Cranico, che scende dal monte Ida per
gettarsi nella Propontide. Alessandro vincitore, trovossi aperta l'Asia Minore; e tosto
la Misia, la Jonia, la Lidia, la Caria, la Frigia, e tutte le provincie ad occidente dell'Alis
sono sua preda ; Sardi, Efeso volontarie, MUeto, Alicarnaf^so per forza se gli apersero.
Da Alicarnasso spedì in Macedonia ordine ad Antipatro di spedirgli nuove truppe, e
seguitò sua strada verso il sud della penisola asiatica, mentre Parmeninne assodava la
conquista della Lidia e della Frigia. In questa poi raggiunge Parrnenione traverso le
gole della Licia. Da Faselis costeggia la Pamfilia fino a Side; \)Q\ risalendo per Af^pende
e Perga, giunge tra i Pisidj e davanti a Cekm in Frigia, che per due mesi sostenne l'as-
sedio. Allora scende ad ytnctVa capitale della Calazia,ove gli si sottomette la Paflagonia;
soggioga la Cappadocia, entra per le Porte Cilicie nella Cilicia, e doma Tarso.
Mentre qui stava sicuro dietro le montagne, Dario s'avanzava fuor delle pianure della
Mesopotamia, e giungeva alle Porte Armeniche. Avendo ripigliato hso, ne esce per dar
battaglia in un piano chiuso fra le montagne al nord e il mare al sud. Alessandro vince,
e trovasi dischiuse la Siria, la Fenicia, la Palestina.
Entrato nella Siria costeggiando prende Damasco, poi le fenicie città ù' Arado, Biblo,
Sidone, Tiro; anche Gerusalemme, che non resiste: ma Gaza, antica capitale de' Fili-
stini, lo arresta per due mesi, dopo i quali il vincitore si difila verso l'Egitto. CU abi-
tanti, cui i Persiani aveano privati delle leggi civili e religiose, favorirono il conqui-
statore, che in sette giorni fu a Pelusio, e ben tosto a Memfì. Poi imbarcato sul Nilo
(552), vien a porre le fondamenta d'una città ottimamente disposta, Alessandria.
Alessan- Sta questa sul lago Mareotide, formato dal Nilo e comunicante col mare, sicché è
«•"a porto capacissimo e sicuro, che mette in contatto l'Egitto col Mediterraneo, e per poco
spazio è divisa dal golfo Arabico. La città fu, informa di clamide macedonica, tracciata da
Alessandro Magno, architettata da Dinocrate, abbellita poi dai Tolomei. Due grandi strade
lagliavanla ad angolo retto, larghe 32 metri, e fiancheggiate di bellissimi edifizj. Era
divisa in cinque quartieri; quel della reggia fu detto Bruchion , e contenea pure il
Museo, collegio di filosofi e filologi, fondato dal Filadelfo, colla biblioteca di quattro-
centomila volumi. Attorno al tempio di Serapide era il Serapeo, secondo appena al
Campidoglio in magnificenza, e con una biblioteca di trecentomila volumi. 1/acqua
v'era portata da lontano, e per condotti sotterranei diffusa a tutta la città. Diodoro vi
contava un milione d'abitanti, di cui trecentomila liberi.
Un miglio verso settentrione eravi l'isola di Faro, sopra un cui scoglio fu eretta la
lanterna, una delle meraviglie; costò 800 talenti egizj. Tolomeo di Lago che la fece
alzare, congiunse quell'isola al continente con un argine-acquedotto detto eptastadion,
che divideva in due l'ampio bacino del porto; cioè il Porto Crande a settentrione, e
l'Eunosto 0 del buon ritorno, a maestro, ciascun de' quali ne conteneva altri minori.
Nei quattro anni successivi Alessandro si dirige al cuor dell'impero. Varcato l'Eufrate
a Tapsaco, costeggia il Migdonio, dalla Mesopotamia passa in Assiria: Dario fattosegli
incontro, è vinto ad Arbela (331), e abbandonando esercito e famiiilia, fugge tra i Bar-
bari in riva al Caspio.
Babilonia, Susa, PersepoU schiudonsi allora al vincitore, che vi prende immensi
tesori. Udito. che Dario tornava a rinforzarsi in Ecbatana, vi si spinge in dodici giorni,
invece dei trenta che di solito vi si tenevano; ma noi trovando, manda Parmenione
a rincacciarlo in Ircania, ed egli entrato trionfante nella capitale della Media, procede
sopra Tagea.
Qui cominciano le spedizioni verso il nord, meravigliose anche senza i [irodigj onde
le circondarono i narratori. E prima occupa l' Ircania e la Partia: da Ecatompilos giunge
a Susia , ove ode la morte di Dario e l'usurpazione di Hesso. Move nell'Aria , e vi fab-
brica un'altra Alessandria ; poi piega verso oriente pel paese dei Drangiani , dalla cui
capitale Proflasia marcia ad Ariaspe, al paese degli Evergeti. Nell'Aracosia pianta una
terza Alessandria ; poi voltando a settentrione affronta i geli del Paropamiso.
Per faticosissime marcie, pili disastrose che sconfitte, giunge a lìatira, e tosto ha
tutta la Battriana; e fabbricata una quarta Alessandria, avanza verso settentrione. Var-
cato rOxo, invasa la Sogdiana , procacciasi cavalli a Maracanda , mentre a Nantaca
Desso paga il fio del suo tradimento. Giunge alfine allo Jassarte, ove trova gli Sciti,
centra cui non vale la fortuna sua o l'arte. Di mezzo a ciò reprime alcune sollevazioni
CONQUISTE D'ALESSANDRO MAGNO 131
tra i sublimi monti che chiutlono l'India, finisce di conquistare quant'è fra lo .lassarle
e il mar Caspio, e fonda ancora una quinta Alef<sandn'u.
Ormai spingesi in regni, dove mortali conquistatori non penetrarono, ma solo Bacco,
Ercole, l'rometeo, ch'cf^li vuol emulare. Calatosi fin di qua dei Paropamisadi, varca le
nuvolose vette della più alta catena, e calasi nella favolosa India. Dalle rive del Cofc
risale Xiza e Ari geo ; soggioga gli Assaceni, e prende la loro capitale Massaga; e va
a passar l'Indo a TaxHIa.
Poro, re del paese, tenta arrestarlo sull'Idaspe, ma è vinto (327); e s'innalzano in
memoria le città di Bnccfalia e Nicea. Traversati i fiumi Acesine e Idraote, move per
passar anche Tifasi, quando l'esercito ammutinatogli dichiara che più oltre non proce-
derà. Allestita pertanto immensa flotta, v'imbarca armi ed armati, e abbandonasi alla
corrente dell'Indo che lo reca sin a Xilenapoli, lungo il paese dei MciUi^ degli Oxi-
dracJu, Sabrachi, Sogdi, Musicani, lasciando sul passaggio altre Ales'^andrie.
Rivolge allora verso Babilonia l'esercito affaticato e spesso affamato pel paese degli
Oriti; da Ora va a Rambacia, traversa la Gedrosia, la Caramania, e giunge in Persia;
donde, percorsa la Susiana, esplorato il golfo Persico, dà una volta a Ecbatana, e torna
a Babilonia per trionfare, godere e morire (323).
La flotta intanto, da lui confidata a Nearco di Creta per costeggiare sin al fondo del
golfo Persico, sarpato da Xilenopoli, superati i fiotti e i banchi di sabbia in quella foce
dell'Indo, va a ripararsi in una sicura baja, detta perciò Porto d'Alessandro. Bordeg-
giano poi lungo glMnospiti Oriti, giungono nella Gedrosia e fra gli Ittiofagi, ove niun
altro cibo trovano che pesci: un piloto esperto tolse a guidarli fin al golfo Persico.
Non potendo passar la notte su fragili e stretti navigli, sbarcano, con frequenti pericoli;
sinché in capo a settanta giorni la flotta raggiunse l'estremo punto del paese degli
Ittiofagi. Entra allora nel golfo Persico, e cessano le privazioni; voltato il capo Arabico,
che con quel di Gedrosia chiude questo golfo, costeggia la Caramania; indi volto alla
Persia e alla Susiana, entra nella foce ove s'uniscono l'Eufrate, il Tigri, l'Euleo e altri
fiumi ; fatte da quattrocento leghe.
Cosi ne' dieci anni che stette fuor di Macedonia, l'esercito d'Alessandro percorse tutta
l'Asia che aveva una storia; e l'impero di lui toccava al nord in Europa al Danubio, in
Asia al Ponto Eusino, al Caucaso, al mar Caspio e allo Jassarte, allargandosi dall'Adria-
tico all'Indo, e finito al sud dai mari Egeo e Mediterraneo, dall'Etiopia, dall'Arabia e
dai due golfi che la chiudono, infine dal mar Eritreo.
§ 6. — Italia.
La penisola italica fra il 4" 15' e il 16° 15' di longitudine orientale da Parigi, e il
36° 3i' e 47' 8' di latitudine, chiusa dal Mediterraneo, dall'Adriatico e dalle Alpi, e
tagliata per lo lungo dall'Apennino, va restringendosi dal settentrione verso mezzodì
ove finisce in una punta, dalla quale staccasi la Sicilia. Le stanno d'accosto altre isole,
come le vaste di Corsica e Sardegna, e le minori di Elba, Giglio, Capraja, Gorgona,
Lipari, Stromboli, ecc. Le Alpi la chiudono al nord e all'ovest, dette marittime dal
Mediterraneo sino al Monviso, poi cozie sin al Cenisio, graje sin al Monbianco, pennine
fino al Sangotardo, leponzie od elvetiche fino al Sanbernardi no , indi retiche , carniche,
noriche, e giulie o dinariche.
La catena alpina porge, nel suo aspetto generale, una linea incessante di nevose
giogaje, diverse nell'ampiezza, lunghezza e direzione delle ramificazioni loro, e digra-
danti nella loro altezza da 4,782 a 2,340 metri, secondo Humboldt. Essa si stende lungo
12 gradi di longitudine, ovvero fra il 6" e 18" est, ed ha una larghezza variante, fra
i paralleli del 44" e 48° nord, da 80 a 241 chilometri. L'intiero sistema alpino credesi
copra un'area di 193,080 chilometri, ed è popolato di almeno 7,000,000 abitanti, la
più parte de' quali d'origine germanica.
I passaggi delle Alpi sono chiamati dai loro abitatori colli o gole di monti, e dai To- Passaggi
scani varchi. Se oggi non trovansi in migliore stato che ai tempi dell'impero romano, a'p'"'
sono certamente in maggior numero, e fra essi ve ne ha taluni che non mai da' più
recenti secoli si pensò a praticare.
132 GEOGRAFIA — EPOCA TERZA
Quattro passaggi soltanto erano conosciuli da' Romani a' tempi di Polibio: 1" quello
del litorale che conduceva da Antibo a Pisa passando per Nizza ; 2° quello del Monginevro
da Brianzone a Cesana; 3" quello del Piccolo San Bernardo da Moiìtiers ad Aosta;
4° quello dello Spluga o del Septimer da Coirà a Milano.
Venticinque sono le grandi comunicazioni o le vie maestre che mettono dall'Italia
ne' paesi limitrofi; novantolto le strade secondarie-, cenventuno i sentieri bastanti alle
bestie da soma. Fra le strade carreggiabili o di primo ordine si contano oggi le seguenti:
a) Nelle Alpi marittime. 1" Quella da Oneglia a Ceva pel colle di Nova ; 2" da Nizza
a Cuneo pel colle di Tenda; 3° da Barcellonetta a Cuneo pel colle dell'Argenterà.
b) Nelle Alpi cozie. i° La strada da Brianzone a Cesana pel colle del Monginevro;
2" da Ciamberì a Torino pel Moncenisio.
e) Nelle Alpi graje. La strada da Moiìtiers ad Aosta pel Piccolo San Bernardo.
d) Nelle Alpi perniine. 1" La strada da Martigny ad Aosta pel Gran San Bernardo;
2" da Ginevra a Milano pel Sempione.
Ecco i più frequenti varchi alpini negli Stati Sardi, colle loro altezze:
Nelle Alpi marittime.
i° Colle di Nova, tra la vallata della Centa e quella del Tanaro . , metri 955
2" Colle di Tenda, sulla via da Nizza a Torino » 1,795
3" Colle delle Finestre, che conduce da San Martino di Santona al villaggio
d'Entraque » 2,288
4" Colle di Longet, tra la vallata dell'Ubaja e quella della Yraita per venire
a ponte Chiaccale 3,154
Nelle Alpi cozie.
5" Colle deir Agnello, a ponente del Monviso, tra il Guil e la Vraita . . » 3,246
6° Colle di Servières, a scirocco del Monginevro, tra la Duranza e la Dora
Riparia » 2,333
7° Colle del Monginevro , a levante di Brianzone, tra la Duranza e la Dora
Riparia » 1,975
Nelle Alpi graje.
8" Colle del Moncenisio, tra le valli dell'Orco, dell'Are e della Dora . » 2,064
9° Colle del Piccolo San Bernardo, tra la valle dell'lsero e quella d'Aosta » 2,195
10" Colle della Seigne, tra il Piccolo San Bernardo e il colle di Buonomo » 2,462
Nelle Alpi pennine.
11° Colle del Buonomo, tra la vallata dell'Orco e quella dell'lsero . . » 2,446
12° Col di Ferrei, a greco del Monbianco » 2,329
13° Colle del Gran San Bernardo, tra la valle di Entremont e quella del
Buttier >' 2,429
14" Colle del monte Cervino, tra il Piemonte e il Vallese » 3,384
Nelle Alpi leponzie.
15" Colle del monte Moro, tra il Piemonte e il Vallese » 2,725
16° Colle del Sempione, tra il Piemonte e il Vallese » 2,006
17° Colle del monte Grìes, tra il Piemonte e il Vallese » 2,384
18" Pas'^o della Forca del Bosco, Ira la vai Formazza e il canton Ticino » 2,343
1 varchi che stanno coperti di nevi perpetue, sono i seguenti principali :
1» Nelle Alpi leponzie. Il passo d'y(/ro/o, il colle Auf der Mark, il passo del Carro,
quello del Gries, il colle della Rossa, il passo di San Hocco, e quello di Monte Moro.
2" Nelle Alpi pennine. il passo del Vallese, quello d'Ollen, il colle della Cresta
ITAMA. — CATENA ALPINA
133
Secca, (jucllo della Balma, quello delle Finestre, di Meìiove, il colle di Ferrei^ e il passo
del Gigante.
3° Nelle Alpi graje. I colli di Uhéme<:, di Galisia, del Carro, di Girard, di Sea,
del Collarin, d'.-lras, àeW Autaret, di Roccia Melone, del Moncenisio, della /focca d'Am-
bia, della Roche Molle, di Etiache, di Valmeyner, di Galibier, di Goleon, della /Wi/e,
della Fréche.
4" iVeWe yl//n" cos/e. Il colle di Tzso o delle Traversette, quello di Vallanta, e (juello
di Soustra.
5" iYe//0 -'l//n" marittime. Il colle della Ruina, quello dei Goias d« Belvedere, ed
alcuni altri di minor conto.
Restano sgombri dalle nevi in alcuni mesi dell'anno i passaggi seguenti :
1" Nei soli mesi di luglio ed agosto:
a) Nelle Alpi leponzie. Colle d' Arbola, passo del Forno, colle di Forca, passo
ù'Autrona, passo di Pontimia, colle di Saas, e colle d'Antigene.
b) Nelle Alpi pennine. Colle del Barascone, colle del Gran San Bernardo, ed
altri di minor rilievo.
e) A''e//e ^//n' graje. Colle del Buonomo, colle dell'^Z/ee Bianche, colle di ì1/o;ì/,
colle di Cloux, e colle di Sau??ie.
d) A'e//e y^//n' cozic. Colle Rodoretto, colle dei Deserts, e qualche altro.
2° INei mesi di giugno, luglio, agosto e settembre, ed alcuni anche in maggio:
a) Nelle Alpi pennine. 1 colli del San Gotardo, di Forca e del Sempione.
b) Nelle Alpi graje. Quello del Piccolo San Bernardo.
e) Nelle Alpi cozie. I colli del Piccolo Moncenisio, del monte Froid, di Pelouse,
di Fréjus, di Sestrières, di Clapier, della l'a/, del Grand Vallo7i, di Thures, d'EcJtelles,
d'Acles, del Monginevro, di Bourget, della Terra Rossa, di Thurra, della J/a?7, d'^òrtes
»iuoro e d'yl6r«e3 vecchio, della Croce, della Vittona, di Chevalleret, ed altri di minor
conto.
d) ^Ye//c yi?pi marittime. Da luglio a settembre, i colli dell'/lpne/Zo, di Feraw,
di Louget, daWAutarel; e da giugno a settembre, i colli del Mulo, di Maurin, della
Portola, delle Monic, del 5ufi, di Feuillas, e di Roburent.
Il colle della Maddalena o delIMrg'enfera è da molti anni sgombro di nevi da maggio
a ottobre ; e da giugno a settembre resta libero il transito pei varchi di Pouriac, del
Ferro, del colle Lungo, di Santanna, della Lombarda, Fronca morta, e del Sabbione.
Da maggio a settembre sono agevoli i passi di Margaria, di Tenda, delle Caserne,
delle Saline, del Pezso, d'OrjJzea, del Pean de Termini e del Casotto; da maggio a ot-
tobre restano liberi i colli di Tavarello e della iiossa ; e da aprile a ottobre tutti quei
passaggi delle Alpi marittime e degli Apennini, che dal colle di Nova s'incontrano sulle
giogaje ehe cingono la Liguria sin al monte Bastione, ultimo punto confinante cogli
Apennini di Toscana.
Ora colle strade ferrate già fu aperto il varco fra Trieste e la Stiria, e fra Verona e il
Tirolo: si lavora al gran traforo del Cenisio, e si disputa se la via che deve raggiunger
la Germania deve varcare il Lucmagno o le Alpi retiche.
Le Alpi, quantunque di ragguardevole mole, non sono che di terza categoria per
elevazione in confronto degli altri monti della terra. Abbiam veduto che le più alte
montagne stanno in Asia nella catena dell'lmalaya-, poi le Ande in America.
Tavola delle altezze principali delle Alpi misurate sulla linea delle sommità.
Alpi marittime.
Monte Pelvo del Mulet . . metri 3,034
Varco di Maurin » 2,982
Varco di Montariolo .... » 930
Varco di Borghetto .... » 920
Sorgenti della Corsaglia . . » 2,020
Monte d'Eza " ool
Varco di Braus » 978
Varco di Brouis .... metri
Poggio del Moro »
Varco del Colle di Tenda . . »
Alpi cozie.
Monte Viso >'
Monte Ginevro »
Monte Tabor "
1,290
550
1,795
3,835
3,592
5,171
13i
GEOGRAFIA — EPOCA TERZA
metri
Monte Chaberton . .
Monte Abhergian »
Monte Freidoiir »
Picco di Servières .... »
Varco di Traversetta ...»
Monte Visolotto »
Varco delle Finestre .... »
Sorgenti del Po '>
Alpi graje.
Varco di Valdobbia .... »
Varco d'Ollen »
Monte Vallesano >
Monte Iserano »
Roccia Micbele »
Lago del Cenisio »
Roccia d'Asse sul Cenisio . . »
Varco della Hella presso l'ospizio
del Cenisio »
Monte Gramont >
Monte Gregorio »
Monte Soglio »
Alpe Mussa »
Varco della Cervella .... »
Alpi della Porlia »
Monte Musinetto »
Monte Ci V rari »
Roccia Melone »
Ghiacciaja d'Ambino ...»
Roche Chevrière »
Monte Perron des Encombres . »
Monte Cenisio »
Pie du Frène »
Monte Jouvet )
Monte Bellachal »
3,128
5,056
i,U\
2,921
2,524
5,556
2,216
1 ,95 1
2,409
2,802
3,332
4,045
2,800
1,914
2,896
2,800
2,734
1 ,955
1,967
1 ,676
1,265
1 ,965
1,158
2,204
3,583
3,373
3,273
2,820
2,816
2,796
2,551
2,477
Monte Trelod metri
Monte Granier »
Alpi pennine.
Monte Rosa »
1" punta »
punta
punta
punta
punta
punta
Cima bruna del Breithom . . »
Picco bianco »
Alpe di Pedriolo »
Monte Cervino »
Monte Combino »
Monte Velano »
Il Harassone »
Gran San Bernardo >
Monte Maledetto »
Varco del Gigante .... »
11 Gigante »
Monte Bianco >
Alpi elvetiche.
Cima del Gries »
Monte Leone o Sempione . . »
Pizzo del Ruse »
Tagliaferro »
Pizzo del Moro »
Varco d'Equa »
Monte Camera »
San Gotardo «
2,173
1 ,926
4,656
4,218
4,434
4,553
4,557
4,598
4,616
5,902
5,106
2,119
4,522
4,505
3,372
2,982
3,469
3,508
3,405
4,206
4,810
3,074
5,518
2,654
2,966
2,337
2,152
2,758
3,225
Le molte acque scendenti dal pendìo meridionale delle Alpi vengono le più a per-
dersi nel Po, il quale attraversa l'Italia da ponente a levante per ducensettanta miglia (1)
dal Monviso o monte Vesolo, fino all'Adriatico. De' suoi confluenti i principali sono, a
sinistra, la Dora minore o Riparia, la Stura, \a. Dora Ballea, \a Sesia, il Ticino, VAdda,
VOglio, il Mincio. Questi ultimi quattro formano nel loro corso i laghi Maggiore o \'er-
bano, Lario o ài Como, Sebino o d'Iseo, Benaco o di Garda. Sulla destra il Po riceve
dagli Apennini il Tanaro, la Scrivia, la Staff'ora, la Trebbia, il Taro, il Galjecello
(Gabellus), il Panaro (Scuìtena), la Parma, VEnza, la Nura, la Secchia. 11 Reno che
vi sboccava, fu inalveato nel vecchio Podi Primaro il 1770; ramo abbandonato quando
unico braccio sin al mare rimase il Po di Lombardia. Esso Po, per bocche cambiate
sovente, perdesi poi nell'Adriatico, che colle sue alluvioni va sempre più restrin-
gendo. Dall'Alpi scendono al mare stesso V Adige, il Baccìnglione, la Brenta, (Medoa-
cus minor et major) , la Piave, il Tagliamento (Tilaventum) , V Isonzo (Sontius) , il
Timavo, VArsa.
Dove le Alpi avvicinano il mar Ligure, se ne staccano gli .Apennini, che corrono per
lo lungo fin alla Puglia: ivi partonsi in due rami, che riescono l'uno all'estremo del-
l'Abruzzo, l'altro nel paese de' Salenlini. Verso oriente, ove i)iù s'accostano al mare.
(1) In linea retta; ma calcolando le tortuosità,
viene a 286 j ossia I>28 chilometri. Vedi Le Alpi
che clnijono l'Italia, Torino I8<;>. .; e Sciii.AGEN-
>\EiTii, Geografia fisica delle Alpi, Lipsia, ÌS'óÙ,
ITALIA. — FIUMI iZ'i
spargono di colline e torrenti quella parte, mentre vaste campagne e più tranquilli fiumi
vanno dalle loro radici occidentali, talvolta così piane che vi stagnano infauste maremme.
Da quei monti piovono al mar Toscano la Magra, VArno, VOmbronp, la Marta e
VArone, che escono dai laghi di Bolsenu (\'uhini'nsisj e di Bracciano (SabatwuaJ ; il
Tevere, che riceve la Chiana (ClanisJ^ la A'errr, il Teverone (AnioJ^ e più di quaranta
altre acque minori ; il Gariijliuno (Lirh), il Volturno^ il Sele (SHaroa), il Imo. Mettono
nel golfo di Taranto il Sinno (Siris) e VAgri (Aciris). Bell'Adriatico cominciando dal
Po, il Savia, il Pisatello (Rabico), il Foglia (risaurus), il Metauro, VEsino (Oesis), il
Tronto, la Pescara (Alermui), il Sangro, il Tiferno, il Fortore (Fronlo) , VOfanlo
(Aupdas).
Seguendo l'ossatura principale della penisola e il corso de' suoi fiumi, abbiamo un
pendio delle Alpi e due degli Apennini, clie possono considerarsi come le tre principali
divisioni di essa. Il primo nordico o alpino, che finisce nel Po e nell'Adriatico, suddi-
videsi ancora ne' pendii occidentale dal Tanaro alla Sesia
de' laghi dalla Sesia all'Oglio
atesino dall'Oglio all'Agoa
orientale dall'Agna all'Arsa.
È il più unito, proporzionato in lunghezza e larghezza, e popoloso.
Il |)endio dell'Apennino orientale è il più oblungo, avendo fin 750 miglia di lunghezza,
e al più 75 di larghezza, e si divide nei clivi
padano dal Tanaro all'Enza
adriaco-padano dall'Enza alla Cattolica
grecale dalla Cattolica al Tronto
centrale dal Tronto al Gargano
siroccale dal Gargano al capo Spulico.
Il piovente occidentale o Apennino lirrenio, è il men vasto e popolato, e scende al
Mediterraneo, suddiviso ne' pendii
boreale dal Varo al Lavenza
amico dal Lavenza al Fiora
tiberino dal Fiora a capo Circello
vesuvico dal Circello al Palinuro.
Rimane poi l'estremità montuosa, detta Calabria, che comprende i monti fra i capi
Palinuro, Ipalico e il mare.
Frastagliata da tanti fiumi e valli, parve l'Italia disposta da natura a restar divisa in
piccoli paesi, senza unità di governo e di capitale, ma al tempo stesso a formare una
sola nazione, franca da stranieri, dai quali la separano il mare e le montagne.
% 1. — Popolazione d'Italia.
Quali fossero le prime colonie venute in Italia, è tuttavia disputato, contraddicendosi
fra sé gli storici. Noi ne abbiam discusso nella nostra Storia Universale: qui por-
giamo l'opinione più comune.
A) Diciasette secoli av. C. Pelasgi e Illir], venendo da settentrione, occuparono tut-peiasni
l'Italia, ai quali attribuiscono le costruzioni ciclopiche di moltissime città in riva al-
l'Adriatico fra il Po e l'Aterno e lungo il mar Tirreno. Da essi sarebbero uscite le varie
popolazioni che sono: nella .Japigia dal Liri fino al Gargano, i Messapj, divisi in Sa-
lentini e Calabri ; nell'altra penisola di Lucania e del Bruzio, gli Enotri, i Conj, gVI-
tali, i Morgeti ;sop'ca. la Japigia, i Peuceli o Pediculi, e i Danni.
Rimontando verso settentrione, fra gli Apennini e il mar Superiore incontravansi i
Liburni; e dietro loro, al nord del Po, sulle rive dell'Adriatico da Aquileja ad Adria,
i Veneti, cui capitale era Patavium. I Siculi, anch'essi pelasgi o illirici, popolarono al
medesimo tempo parte della valle di Po e le coste occidentali d'Italia.
B) Verso il 1500, le tribù ibere dei Sicani e dei Liguri, sospinte da un'invasione jj^^^f
celtica, si diffusero lungo tutto il Mediterraneo, dalla foce dell'Arno sino ai Pirenei, e
con diversi nomi occuparono in Italia le alpi Marittime, e i due pendii degli Apennini
fino al Ticino e al Po. Essi, e principalmente i Sicani loro colonia avanzata verso sud-
136 GEOGRAFtA — EPOCA TERZA
est, molestavano i Siculi, che dicevansi Autoctoni per attestare l'antica possessione, e
che si videro forzati a scostarsi dalle rive dell'Arno.
Celli C) Un secolo i)iù tradi sopragiunsero i Galli, formanti un'umbra ossia fratellanza di
nobili 0 prodi, che dopo fiere battaglie occuparono quanto i Siculi tenevano nelle pia-
nure del Po : indi respinsero in giù i Liburni, non restandone che qualche reliquia in
riva all'Aterno, col nome di Pretuzj e Peligni , e passando anche l'Apennino, dai paesi
fra il Tebro e l'Arno scacciarono i Sicani e i Siculi. Così i Galli Umbri possedevano
quant'è fra l'Alpi, il Ticino, il Tevere, il Nar, il Tronto, l'Adriatico, e quello dei Veneti;
il paese fu diviso in humbria (Bassa Umbria, cioè le pianure del Po; Ollumbria (Alta-
Uinhria) fra l'Adriatico e gli Apennini ; Vilumbria (Umbria Marittima) fra gli Apennini,
il Tevere, l'Arno e il mar Inferiore. Molte città vi sorsero, e principali Ravenna^ Ari-
minOy Ameria.
I Siculi spossessati furono assaliti da altri popoli della penisola ; e gli Aborigeni, ca-
lati dalle montagne al nord-est del Lazio, li spinsero verso il paese degli Eiìotri, che
anch'essi li costrinsero coi Morgeti a ricoverare nell'isola cui diedero il nome. Pari
sorte corsero i Sicani; ma altri di loro razza si mantennero nelle montagne di Liguria.
Tirreni D) Ne' paesi fra il Tevere e l'Arno era venuta, non si sa come, una razza pelasga
detta dei Tirreni, che abitava le città di Crestone (Grotona), Agilla (Coere), Pisa, Alsio,
Pyrgi, Tarquinii.
Elleni E) Poco prima, e al tempo della guerra di Troja, giunsero diverse colonie dalla
Grecia, arrivo abbellito da favolose tradizioni. Evandro si piantò a Pallanzio^ antica
città de' Siculi ; un figlio di Anfiarao a Tibur-, Enea nel Lazio. Suo figlio Ascanio fab-
bricò Alba long a ; sul golfo di Taranto all'ovest Petilia fu fondata da Filottete, al nord
Me.taponto da Nestore di Pilo, all'est Salento da Idomeneo. Molte città nella Daunia sta-
bilirono Diomede e suoi compagni; Siponto sul golfo Urias ; Argos Hippium (Argi) al
sud-ovest dell'anzidetta; Sa/a/j«a (Salpi) al sud-est; Canusmm al sud-ovest; Maleven-
tum (Beneventum) all'ovest; e isole di Diomede furon dette alcune al nord del monte
Gargano,
Queste colonie, divise dalla madre patria, non acquistarono grande importanza, e
presto si confusero co' natii. Cuma però, fondata sulle coste di Campania verso il 1300
da una colonia eolia venuta da Calcide d'Eubea, e da Cyme d'Eolia, sorse a molta gran-
dezza, occupò le isolette di Prochita, Nesis e Caprea, e fondò Dicearchia (Pozzuoli)
per porto; Partenope, ossia Paleopoli, detta poi Napoli; e Zancle o Messina in Sicilia.
Anche Ajace d'Oileo dicesi conducesse una colonia di Locresi al sud-ovest della pe-
nisola dopo distrutta Troja.
F) Nel centro della penisola gli abitanti si dicevano Autoctoni, antichissimi, ma spo-
stati sovente dalle invasioni straniere. Nelle provincie che dipoi si chiamarono Lazio,
Osclii Campania, Sannio, due stirpi abitavano, Oschi e Sabellj. 1 primi, detti anche Opicj e
SabcUj ,4usonj, tenevano il fertile paese dal Tevere sin alle montagne di Cales e di Benevento.
Già vi aveano avuto stanza i Siculi ; ma allorché questi perdettero le pianure del Po e
dell'Etruria, i Casci, tribù degli Oschi, detti anche degli Aborigeni, scesero dalle mon-
tagne di Beate, e occuparono la dritta del Tevere, e misti con Umbri, Tirreni, Ausonj,
formarono il nuovo popolo da' Latini, così detto da Inalino re di Laurento. Al tempo
stesso le altre popolazioni ritoglievano ai Siculi le pianure di Campania e del Lazio me-
ridionale, onde i Latini trovaronsi daccosto al sud i lìutuli, i Volsci, gli Ernici, gli
Aurunci. I pastori Sabellj costituivano ancora un solo popolo de' Sabini, abitanti nei
paese settentrionale, che dipoi fu detto il Sannio.
Pertanto undici secoli prima dell'era vulgare, al nord dell'Italia abitavano gli Umbri.
che dicesi possedessero trecencinquantotto città e villaggi nelle sole Isumbria e Ollum-
bria, ma che erano minacciati dai Tirreni al sud-ovest. In fondo al golfo adriatico sta-
vano i Veneti; i L«(;uri a quel di Genova: Oschi e Sabellj nella parte montuosa cen-
trale; ad oriente sull'Adriatico le reliquie dei Liburni e g\'\ stabilimenti pelasgi della
Japigia; ad occidente gli Enotri nella Lucania e nel Bruzio, che allora propriamente
dicevasi Italia.
Etrusclii G) ^^^ corrente l'undecimo secolo giunsero in Italia i Raseni, detti anche Tusci, poi
Tirreni (]uando si furono mescolati con una colonia lidia, piantala in riva al mar Infe-
riore. Pure entrassero dalle montagne della Bezia, e traverso alla valle di Po e agli
AUTOCTONI DEI, LAZIO 137
Apeonini, soggiogati i Tirreni, piantarono nell'Umliria marittima dodici città, che fu-
rono Cere, Taniuinii, Populonia, Volaterra, Arretium, Perusia, Clusium, liusella', no-
minate da Tito Livio ; le altre probabilmente sono Veii, Volsiniuw, Cortona, Vetulonium.
Con cura le fortificarono, tenendo dipendente tutto il paese; indi allargaronsi ai nord e
al sud. Come già i Siculi, cosi allora gli Umbri furono cacciati dalla Vilumbria e dalle
trecento borgate sul Po, e costretti a rifuggire tra' Liguri e fino tra gli Elveti e gli Edui
di là dall'Alpi. Alcuni si mantennero fra il Ticino e l'Adda, per fronteggiare i quali fu
dagli Etruschi fabbricata Me.lpum. Sull'altra riva del Po i Liguri si difesero dietro la
Trebbia e nelle culline del Piacentino e del Tortonese. I Galli dell'Ollumbria, assaliti
dai Raseni ad occidente, e a mezzodì dai popoli del centro della penisola, furono rin-
cacciati fino in riva dell'Esis, né più tornarono poderosi. A conservar le conquiste in
vai di Po, gli Etruschi fabbricarono altre dodici città, Briria, Verona, Mantua, Mel-
pum, Fehina o Bononia, Hatria. . . unite pur esse in federazione come le dodici
metropoli.
Un otto secoli avanti l'ora vulgare, gli Etruschi passarono il Tevere, occupando Fi-
dene nella Sabina; per alcun tempo dominarono sopra i Volsci all'estremità del Lazio;
poi nella ricca contrada fra il Volturno e il Silaro fondarono una terza confederazione di
dodici città, fra cui principali erano Nola, Vuliurnum, Atella, Acerrcp. Di là si stesero
ben anco nella Corsica e Sardegna e nelle minori isole attorno all'Italia, da Uva ricca
di ferro, sino alla fumante Lipari nido di pirati. Fors'anche fondarono nel Piceno
Adria, Cupra marittima, Capra montana, e tennero altre isole dell'Adriatico, sicché
tutta la penisola stava a lor dominio, mentre scorrevano i mari, di cui alcun tempo
tenner l'impero. Ma a' loro danni sovrastavano Galli e Sanniti, finché giungesse Roma
a sterminarli.
^8. — Autoctoni del Lazio, della Campania e del Sannìo.
Le succedentisi invasioni e colonie non spostarono le primitive popolazioni italiche
dell'Italia centrale. Fra queste erano al sud del Tevere i Latini dal mare al monte Al- Latini
bano, e dal Tevere al Numicio. Principali città n'erano Laurentum e Laviniuni sulla
costa; Lanuvium a pie del monte Albano ; Pallantium sopra una collina lambita dal
Tevere; sul monte Albano Alba longa, che fu quasi capitale di trenta città latine, e si-
gnora d'altrettante borgate. Già allora sussistevano Bovillce, Tellene, Ficana, Lubicum,
Pedani, Ortona, Preneste, Gabii, Arida. Nel tempio di Venere fra Lavinio e Ardea con-
venivano tutti i popoli latini ; in quel di Diana ad Aricia gli abitanti di Tusculo, Lanu-
vio, Laurenio, Cora, Tibur, Pomeiia, Ardea.
A mezzodì del Lazio slavano molte tribù ausonie. Quelle dei Butuli formavano un Ausonj
regno avente Ardea per capitale: quelle dei Volsci possedevano ventitre città nelle pia-
nure ora infeste dalle paludi Pontine, tra le quali Anzio, celebre pel tempio della For-
tuna, e ricovero di terribili pirati, come un tempo Formia, asilo de' Lestrigoni. Gli
Aninci abitavano in Fundi, città di mura ciclopiche. Ad oriente nella montagna erano
gli .Equi, estesi all'est di Tusculo e del monte Albano, razza ausonia come gli Ernici
al sud di essi. I Sedicini abitavano pure dapprima nel Lazio, poi cacciati da Latini ed
Etruschi, piantaronsi sulle frontiere del Sannio, della Campania, del Lazio, intorno a
Teano.
Dei primitivi abitanti della Campania non restano che incerte tradizioni. Nominano Campani
come tali gli Opicj, che alcuno confonde cogli Ausonj, e che avevano casa attorno al
golfo che curvasi da Sorrento a Miseno. Indeboliti dagli Enotri, furono dagli Etruschi
spogliati della più fertile parte di lor paese, di cui la parte meridionale fu occupata dai
Picentini, gente sabellia.
Adunque ai resti della grande stirpe degli Opicj, che vantavasi autoctona, non rima-
nevano più che il Lazio e porzione di Campania, a stento difendendosi dagli Etruschi.
Pure erano destinati a tanto impero.
I Sabelij frattanto popolavano le cime degli Apennini, cancellando i nomi delle stirpi Sabcllj
pelasghe o illiriche dell'oriente e del mezzodì. In tempi antichissimi mossero dalle
montagne vicine ad Amiterno, respingendo al nord-est e al sud-ovest gli Umbri e gli
138 GEOGRAFIA — EPOCA TERZA.
Aborigeni, e col nome di Sabini piantaronsi fra il Tevere e l'Anio. La parte meridio-
nale della Sabina, cbe dipoi fu delta Sannio, era allora abitata dagli Ausonj, die, me-
scolandosi coi Sabini, formarono i Sanniti. Questi spedirono a levante e a mezzodì co-
lonie, che coi nomi di Ferentani, Picentini, Lucani si posero in riva all'Adriatico, al
mezzodì della Campania e nell'antica Enotria.
Dai Sabini discendevano pure i Marsi, accasati attorno al lago Fucino; i Mamicini
sulla destra, e i Vestini sulla sinistra dell'Aterno; gVIrpiiii al sud del Sannio fra la
Campania e i Danni. Sembra tutte queste colonie cominciassero prima di Roma.
^9. — Colonie greche in Italia.
Importantissime alla civiltà furono le colonie greche, le quali, dalla metà del secolo
vili av, C. fino a metà del v, si sono stabilite nell'Italia meridionale, detta iv'of/naGreaa,
e nella Sicilia.
Sicilia La Sicilia sta di mezzo fra l'Italia e l'Africa; ma dalla prima dista appena 3 mi-
glia, quante sono dalla punta del Faro a Sciglio o punta del Cavallo, mentre dal capo
Boco 0 Marsala sono 80 miglia per giungere al capo Bona in Africa. Ha 630 miglia di
giro: 180 di lunghezza est-ovest, dal Faro al Boco; e 133 da nord a sud.
I tre apici del triangolo in cui è conformata sono i tre capi, Peloro o capo del Faro
verso l'Italia; Pachino o capo Passaro verso la Morea ; Lilibeo o capo di Boco verso
l'Africa.
Dentro la dividono in tre valli, di Démona, di Noto, di Mazara ; il primo ricco d'al-
beri e frutti, gli altri di cereali, che acquistavano alla Sicilia il titolo di granajo d'Italia.
V'abbondano acque termali, pietre fine ed, oro suo, lo zolfo; ricco di pesci il mare,
massime anguille del Faro, tonno e pesce-spada.
Quest'isola mutò il nome di Sicania o Trinacria in quel di Sicilia quando vi migra-
rono grillirj Siculi. Fecondissima di terreno, opportunissima alla navigazione, fa
tosto cercata da' Fenicj, Cartaginesi e Greci. I Dori e gli Jonj si collocarono principal-
mente sulle sue coste. Siracusa, colonia corintia, posta ad oriente, divenne principale
della Sicilia. Fu fondata sull'isola Ortigia, donde stese palagi e templi sulle collinee
pianure circostanti.
Agrigento (Acragas) era centro d'un vasto commercio, e fu eretta da coloni di Gela
(582). Famosi furono 1 suoi tiranni, i carri ed i cavalli, e la magnificenza de' suoi abi-
tanti che salirono fino ad ottocentomila. Sulla costa medesima era Gela colonia cretese,
la più importante dell'isola prima che crescessero Siracusa ed Agrigento.
I Messenj, fuggenti dalla vinta patria, ricoverarono a Zancle, mutandone il nome in
Messana o Messina (667), dove la costa è pili vicina all'Italia. Imera fu pure colonia di
Zancle. Al sud di essa Tauromenium, colonia jonica, era famosa pei suoi vini. Alquanto
fra terra, al nord di Siracusa, era Leontium. Fra Siracusa e Tauromenium sulla costa
orientale, Catania in fondo a un bel golfo, già vasto porto. Fra essa e l'Etna stava
Hgbla, celebrata pel suo miele, che non cedeva a quel dell' Imetto. Camarinay colonia
di Siracusa, sulla costa sud-est.
Selinunte, colonia d'Ibla, all'ovest d'Agrigento (645), fu sterminata dai Cartaginesi
trecentonovantasei anni dopo fabbricata. 1 templi scoverti, non ha molt'anni, attestano
un'antichità, per lo mono contemporanea a' più vetusti monumenti architettonici di
Atene. Altre ragguardevoli antichità si trovano a Segesta, sulla costa nord-ovest del
mar Inferiore, fabbricata dagli Elimi, abitata poi da Segesta compagno di Enea, e colo-
nizzata da Tessali: importante è il teatro, ivi pure era Panormo^ cioè tutto porto, per-
chè il mare toccava la città che ora n'è un miglio distante. Sul promontorio Lilibeo
sorgeva una città del nome stesso, colonia fenicia ; l'unica che stette franca dalla domi-
nazione di Dionigi il vecchio, il quale erasi recata in soggezione tutta la Sicilia e parec-
chie città della Magna Grecia.
Attorno alla Sicilia stanno molte isole, fra cui quelle di Eolo e di Vulcano al nord,
dove principale era Lipari colonia di Gnidj; le Egati al nord-ovest rimpetto a Dre-
pano ; al sud Gaulos e Melile (Gozo e Malta), ove i Fenicj aveano lasciato colonie e
monumenti.
COLONIE GRECHE IN ITALIA 139
Altre colonie piantaronsi ncH'llalia meridionale che n'ebbe il nome di Magna 6're-Ma(]na
eia: s'ignora donde Iralto, e durò fui verso il v secolo di Roma, dopo del quale i pò- ^^rccia
poli s'indicarono dalla contrada che ciascuno occupava. Non si sa bene quanto quel
nome si estendesse, ma reputano abbracciasse otto regioni, Locrese, Caulonite, Scillc-
tica, Crotoniate, Sibaritica. Kraclese, Metapontina, Tarantina.
a. Verso il 1^2o Sibari sorse sulla costa occidentale del golfo di Taranto, in territorio
che rendeva il cento per uno, e in capo a cent'anni popolato di venticinque città: po-
teva armare trecentomila uomini. Corrottasi pel lusso, fu distrutta da' Crotoniati. Figlie
di Sibari erano Posidonia o Pesto al sud del Silaro (510), oggi rovinata affatto, ma dove
un secolo fa si scopersero i famosi templi che misero in moda l'ordine pestano. Rino-
mate n'erano le rose. Essa tìglio Pandosia sulla costa occidentale della penisola all'es-
tremità sud-ovest dell'Italia. Terina al sud ovest della precedente, Laus in fondo al
golfo, S cidr US su\ mar Jonio, erano pur colonie di Sibari.
6. Al sud di Sibari fu fondala Crotone dagli Achei verso il 753, pronta crescendo, fin
quando i tiranni di Siracusa la presero e ripresero. Famosi n'erano gli atleti.
e. Verso il 707 sorse Taranto, con un porto immenso ma poco sicuro, emula delle
precedenti, e più a lungo indipendente. Nel tempio di Delfo depose trofei di sue vit-
torie sopra gli Jopigi, i Messapj, i Peucezj. Piantò le colonie di Heraclea ad occidente
in riva all'Aciris, di Drundusium ad oriente sulla costa di Calabria, ove minor acqua
separa Italia dalla Grecia.
d. Locri al sud di Crotone, presso il promontorio Zefirio, fu edificata o ripopolata nel
683 dai Locresi Ozolj, e prosperò fin quando Dionigi il giovane le die il crollo, llip-
ponium al sud di Terina era colonia de' Locresi.
e. Beggio all'occidente di Locri, sullo stretto di Messina, risale al 723, e dominò fino
a Dionigi il vecchio. Vorrebbero che il nome suo indicasse lo strappamento della Sicilia
dall'Italia,
f. Elea 0 Velia al sud-est di Pesto, fondata dai Focesi dopo che la lor città fu presa
dai Persiani (o36), venne in fama per scuola filosofica.
g. Verso il 44i Tliurii fu posta dagli Ateniesi allato all'antica Sibari,
h. I Siracusani, fuggenti la tirannia di Dionigi il vecchio, fondarono Ancona nel Pi-
ceno il 393,
§ 10, — Invasioni galliche.
Nuove tribù galliche furono da interni moti spinte sopra l'Italia, eBellovesobiturige,
verso il 587, superò il Monginevro, e traversate le terre de' Liguri Taurini, sconfisse
un esercito etrusco in riva al Ticino, e prese quant'è fra questo fiume, il Vo e il Serio;
indi i suoi, dal nome degli Umbri rimasti indipendenti, come dicemmo, fra l'Adda e
il Ticino, tolsero il nome d'Insubri. Nel mezzo di quel paese fu fondato Uediolano,
nelle cui vicinanze gli Orobj aveano già fondato Como, Bergamo e Bara città d'ignoto
luogo.
Altri Galli seguirono l'esempio; e una banda di Aulerchi, Carnuti e Cenomani cacciò
gli Etruschi dalla Transpadana, e si stanziò fra gl'Insubri e i Veneti, cui principali città
furono Brescia e Verona sua figlia. Poi Salii, Levi, Libici si fissarono ad occidente
degli Insubri sulla destra del Ticino. Boi, Anamani, Lingoni, scesi dall'Alpi Pennine,
e trovando la Transpadana già occupata dai compatrioti, passarono il Po, e gli Anamani
si posero ad occidente dei Liguri fra lo Jala (Staffora) e il Taro, fondandovi Placentia ;
i Lingoni alla foce del Po; i Boi, più poderosi, fra il Taro, il Po, gli Apennini e l'Utis
{Montone), fabbricarono Dononia sulle rovine dell'antica Felsina. Nel 520 i Senoni si
collocarono dall'Utis all'Esi, ove poi sorse Sena dei Galli [Sinigaglia). Pure alcune re-
liquie d'Etruschi ed Umbri sussistettero; e Mantova, Melpo, Dutrio, Ravenna, Arimino
restarono quasi libere, sebbene tributarie e minacciate.
§ 11, — Movimenti degli Itali,
Alquanto più tardi, all'estremo dell'Italia si formò il nuovo popolo de' Bruzj, mesco-
lanza di schiavi fuggiaschi di varie razze. Nell'altra penisola fu detto Apulia il paese
140 GEOGRAFIA — EPOCA TERZA
dei Dauni e de'Peucezj, e talvolta tutta la penisola orientale dal Sannio e dalla Luca-
nia fino all'estremità della Calabria. Alcuno crede quel nome significhi senza porti, e
quello di Campania i profondi seni di essa (■/.y.fir.r,).
La Campania anch'essa mutò faccia, poiché una nuova invasione di Galli nella Cisal-
pina, respinse la gente fra gli Apenninl e in Toscana e verso la Campania, ove emulò le
città della Magna Grecia: Cuma principalmente ne fu di continuo bersagliata. Però gli
Etruschi stessi erano minacciati dai Sanniti, che allettati dal clima, né più paghi di cor-
rerie, nelle pingui pianure dell'Apulia, del Lazio meridionale, della Campania, scesero
ed occuparono Nola, Nocera^ Pompcj, Ercolano^ e finirono la dominazione etrusca col
espugnare Volturno ch'essi denominarono Capua. Anche Cuma presero nel 420, poi me-
scendosi agli antichi abitanti e adottandone i molli costumi, formarono il nuovo popolo
dei Campani, steso da Sinuessa al Silaro, e nell'interno sin alla frontiera del Sanzio.
Più tardi i Romani v'incontrarono tre soli popoli, Campani, Sedicini, Picentini,
§ 12. — Primordj dì Roma.
Roma nacque (723) sul colle Palatino, cui presto fu aggiunto il Tarpeo da Romolo,
da Numa il Quirinale, da Anco Marzio V Aventino e il Gianicolo, da Servio il Viminale
eVEsquilino. Contemporaneamente estendevasi il suo territorio: Romolo sottomise i
paesi dei Cennini, Crustumeri, Antemnati, posti sopra al confluente dell'Anio col Te-
vere; Curii, città sabina al nord-est delle predette, riconobbe Roma per metropoli;
colonia romana fu posta in Fidene, dissotto dal confluente dell'Anio col Tevere ; in
Etruria Vejo cesse il paese de' Sette Rorghi [Sept^m Pagi). Sotto Tulio, distrutta Alba,
il territorio ne fu unito al romano, che sotto Anco arrivò al mare fondando Ostia alla
foce del Tevere. Regnante lui e il successore, la Sabina occidentale e l'antico Lazio
vennero in dominio di Roma, che con Tarquinio Superbo si stese traverso al paese dei
Volsci sin al promontorio Circeo.
Stabilita la Repubblica, dalla battaglia del lago Regillo, e da un trattato d'alleanza
cogli Ernici rimase assicurato il Lazio ai Homani. Caduti i Decemviri, si dilatano le
conquiste : i Volsci perdettero Suessa Pomeiia loro capitale nel 495, poi Coriolo, e la
marittima Anzio e Fidene; da ultimo Equi e Volsci furono ridotti ad ubbidienza de' Ro-
mani, che presero Vejo, la città primaria degli Etruschi, e Falari (Falisca) nel 394.
I Galli Senoni irruppero fino ad occupar Roma ; ma rifabbricala, essa conquistò molte
città latine ed etrusche, sicché la confederazione d'Etruria restò disciolta; e quando
furono espugnate Satrico nel Lazio antico, Sera all'estremità sud-est del paese de'Vol-
sci, Roma vi restò dominatrice dell'Italia centrale.
Allora i Galli stavano divisi: i Liguri ristretti fra l'Alpi e l'Apennino; i Veneti fra le
paludi e la laguna; gli Umbri più non erano un popolo. L'Etruria avea perduto lo scet-
tro dei mari e gli stabilimenti di Campania e le città meridionali. La Magna Grecia era
snervata dal lusso, nel commercio turbata dalla concorrenza di Cartagine e di Marsiglia,
ed assalita dai tiranni di Sicilia e dai popoli del Rruzio, della Lucania, del Sannio. Fra
il decadere di queste rimanevano, robusti di gioventù, i Romani e i Sanniti, che, ben
tosto venuti al cozzo, sovvolsero tutta Ualia.
DAL 323 AL 134 AV. e.
g 1 . — Divisioni deirimpero macedone,
Alessandro non avea trovato l'impero di Persia regolato da amministrazione unica,
nò gli era bastato tempo di stabilirla; in altri paesi lasciò l'autorità ai re precedenti,
come a Poro e Tassilo; e tante generazioni, così diverse di carattere, costumi, favella,
non potevano facilmente piegarsi sotto una sola volontà. Morto appena il conquistatore
(323), si sottrassero dunque al giogo per ripristinare le nazionali unità, mentre l'ambi-
zione dei generali d'Alessandro procacciava dominj parziali.
Prima la Grecia si rivoltò, e ne venne la guerra Lamaica; ben tosto i capi delle
varie provincie se le presero in proprietà, e venner tra loro a uno sparti mento di
quelli che i re sogliono, senza interrogare la volontà né i bisogni dei popoli. Alle pro-
vincie ove Alessandro non era pervenuto in persona, non furono cangiati i governatori,
il che del resto non sarebbe stato agevole in paesi lontani. Le satrapie dell'Asia Ante-
riore e dell'Africa, principali dell'antico impero di Persia, furono spartite in modo, che
Tolomeo di Lago ebbe l'Egitto, Laomedone di Mitilene la Siria, Pilota la Cilicia, Pitone
la Media; ad Eumene furono affidate da Paflagonia, la Cappadocia e le provincie vicine,
dove Alessandro per l'intemperie non aveva potuto arrivare; ad Antigono la Pamfìlia, la
Licia e la Frigia Grande; a Cassandro la Caria, a Meleagro la Lidia, a Leonato la Frigia
Ellespontica. Delle provincie d'Europa fu data a Lisimaco la Tracia e i paesi vicini al
Ponto Eusino; ad Antipatro la Macedonia. Perdicca non ebbe porzione, sperando do-
minare su tutti; ma gli altri il contrariarono, sinché morì (321).
• Allora a Trisparadi in Siria si fa un secondo scomparto, poco diverso dal primo, ove
le Provincie di Eumene sono attribuite ad Antigono, la Licia a Clito ammiraglio mace-
done, la Frigia ad Arideo, la Babilonia a Seleuco che dapprima avea solo un comando
militare.
Antipatro incatenò gli altri colla sua ambizione; ma lui morto, più chiare apparvero
le dissensioni, e in Grecia e in Asia vennero a fronte Cassandro con Polispercone, Eu-
mene con Antigono. Polispercone ed Eumene sostengono con gloria ma senza fortuna
la discendenza del Magno; morti loro, Antigono pare concentrar in sé la dominazione
d'Alessandro in Asia, se non che gli altri si collegano contro. Per quindici anni di mi-
rabili sforzi tiene le sfuggenti provincie, sostenute dal valore del (iglio Demetrio Polior-
cete, che con dotte macchine assedia Rodi.
La sorte dell'Asia e della Macedonia fu decisa a Isso (301) ; ove, morto Antigono, i
principi e re vincitori spartonsi di nuovo l'impero. Tolomeo aggiunge all'Egitto la Ce-
lesiria e la Palestina; ma Tiro e Sidone tengonsi fedeli a Demetrio. A Lisimaco fu data
l'Asia Minore sin alle frontiere della Cappadocia e del Ponto. Il resto fu unito alle pro-
vincie di Seleuco. Cassandro per suo fratello Plistarco ottenne la Cilicia.
Da qnel momento possono considerarsi distintamente le provincie uscite dallo smem-
bramento dell'impero macedone:
\° U Egitto, sotto i Tolomei, era ad oriente protetto dal mare, ad occidente dalle
sabbie. Oltre l'Egitto proprio questo regno possedeva la Cirenaica sulla costa del Medi-
terraneo, la Palestina, la Fenicia, la Celesiria, parte d'Arabia, alcune Cicladi, e il li-
torale della Tracia.
2° Al regno di Siria dava grand'importanza l'estendersi dall'Eufrate all'Indo; e
comprendeva la Siria propria, la Cappadocia e V Alta Asia, conquistata nelle ultime im-
prese d'Alessandro.
3' La Tracia vicina alla Macedonia, oltre la Tracia propria e il^suo Chersoneso,
142 GEOGRAFIA — EPOCA QHARTA
abbracciava la Mista, VEoUde, la Lidia, la /onm, la Caria, la Doride, la Paflagonia,
la Grande Frigia e la Licaonia. Lisimaco vìionàò Lisimachia ; Antigono aveva in Bi-
tinia fondato Antigonia, die poi fu detta Nicca.
4" 11 regno di Macedonia componeasi delle provincie europee (salva la Tracia)
d'antica dominazione macedone. Erano la Macedonia propria, V Epiro, la Tessaglia,
VAcarnania, molte città di Grecia e del Peloponneso. V'appartenne alcun tempo la Ci-
licia, naturalmente aggregata alla Siria.
Queste divisioni si conservarono, benché temporariameute alterate. Nel regno di Siria
formaronsi sette principati, di Cappadocia, del Ponto, della Battriana, de' Parti, del-
V Armenia, di Galazia, di Pergamo. Le repubblicbe greche vennero ricuperando l'in-
dipendenza, e altri popoli l'individualità.
Demetrio e Pirro tornarono ad agitar l'urna sanguinosa, finché si formarono tre sta-
bili divisioni. L'Asia Minore, staccata dal regno di Tracia, viene ai Seleucidi-, la Frigia
settentrionale è occupata dai Calati , che si piantano fra le pianure del Sangario e
dell'Alis; la Tracia ricupera i re proprj; e la Grecia l'indipendenza.
Allora restano :
1" Il regno di Siria sotto i Seleucidi, formato di otto provincie dell'Asia Minore e
di tutte quelle dell'Asia Alta.
2° U Egitto, regnato dai Lagidi, che dalla Grande Sirte giungeva alla Celesiria,
unita alle già dette provincie l'isola di Cipro.
3" Regno di Macedonia, ove poi si pose la discendenza d'Antigono e Demetrio,
di confini sempre variati, ma sempre steso dall'Adriatico alla Tracia, dai monti Orbello
e Scardo alla Grecia centrale.
^2. — Italia superiore al tempo della guerra sannitica.
La parte superiore dell'Italia, tra le Alpi al nord e all'ovest, il Varo al sud-ovest,
l'Arsa all'est, la Macra, gli Apennini, il Rubicone al sud, essendo il più abitata dai
Galli, fu detta Gallia Cisalpina, e suddivisa in Cispadana e Transpadana secondo il
fiume Po. Davasi più particolarmente il nome di Liguria alla parte montuosa del
sud-ovest, e di Venezia ed Istria a quella del nord-est.
Liguri A. I Liguri fra le Alpi, l'Apennino, la Macra e il mare, toccavano all'est e al nord
le possessioni dei Galli, al sud-est quelle degli Etruschi, al sud il mar Ligustico; ad
occidente il Varo li separava dai Liguri della Gallia , che abitavano il pendìo occi-
dentale delle Alpi marittime, e il litorale dal Varo al Rodano , col nome di Salii o
Saluvii, Oxyhii, Deceates, Suetri, Quariates, Adunicates.
Ad oriente dell'alpi Marittime si trovavano:
i" In riva al mare da ovest in est i Vediantii, capitale Cemenelium (Ciraies) al nord
dei due banchi massalioti di Nizza e Monaco (Herculis Monetici Portus) ; gV Int>7nelii,
capitale Alhium Intimelium ( Ventimiglia ) ; gV Inganni, capitale Albium Ingaunum
(All)cnga), all'est dei quali trafficava Ge7iua porto dei Liguri, forse indipendente da
tutte le tribù. All'est di Genova e sulle due rive della Macra stavano gli Apuani,
capitale Apua (Pontremoli), verso le fonti della Macra, cui pare che Lucca appartenesse.
Sulla riviera da occidente in oriente, fra Nizza e Genova si trovavano Tropcea Au-
gusti (Turbla), monumento a onore d'Augusto al varco dell' ^//j?'s Maritima, al nord-
ovest di Monaco, dov'erano sculti i nomi di tutti i popoli vinti da Augusto fra l'Alpi,
dal Varo all'Adriatico; Olivula Portus (Ospizio o Villafranca), Avisio Portus (Eza),
Costa Balenai (Torre di Larma) , Tavia (Taggia) , Portus Maurici (Porto Maurizio),
Lucus Bormani (Burgonzo), Vada Sabatin (Vado), Saro (Savona), Vico Virginis (Le-
gine), Alba Docilia (Albissola) , ad Navalia (Laban), Hasta ad Figlinas (Feggino).
Ad oriente di Genova, Ricinum (Recco) , Portus Delfìni (Porto Fino), ad Salaria
presso Campi, Segesta Tiguliorum (Sestri di Levante), Tegolata (Trigoso), ad Monilia
(Moneglia), Bodetia (Bonassola), Portus Veneris (Porto Venere), Eryx (Lerici) presso
la Macra.
2" Negli Apennini, sul pendìo meridionale, gli Ercati, i Lapicini, i Caruli, i Fri-
niati presso gli Apuani ; sul settentrionale , fral o Jala (StatTora) all'est e le Alpi
ITALIA SUPERIÓRE i43
all'ovest, 1 Vibeìli, i Mafìelli , gli Emburiati , i Casmonati , gli Illuati, i Ceklati, i
Cerdiciati; ad occidente sul Tanaro gli Slalielli più poderosi; sul corso superiore
del Po i Vcneui ; e alle fonti d'esso fiume i Vagiani d'origine celtica.
Loro principali città erano da ovest in est lungo il Po Saìuvii (Saluzzo); presso
il Tanaro Casmoìiates (Casotto), Augusta Vagiennorum (Vasco), Asta Colonia (Asti);
presso il Feòo.s (Belco), Epanderii (Bardinetto), Levi (Levico), Aqucc Staliellcp (Acqui),
fra Ilvalea (Ovada) al sud e Car>jxtus TCarrosio) al nord. Presso Ira^, Briniate^ (Bri-
gnolo), Ccrdiciates (Ceretto), Retovium (Retorbido), celebrato pel lino; presso lo Jala
Dertona (Tortona), e al sud, accostandosi agli Apennini, Celeates (Celle), Garuli (Ca-
reglio), Lepicini (Bucena), Hercates (Arcen).
Altre città lungo il Po da ponente a levante , Cerialis (Ceresole), Carea (Chieri),
Industria presso Verrua, Ce.s/o (Moncestino?) Rigomagus (Rinco), ad Medias, Valen-
tiììum (Valenza). Al sud di esse presso il Tanaro Diovia (Mondovi), Potenfia (Carrù),
Polentia, Alba Pompeja. Presso al Belco Calanicum (Calizzano), Ceba (Ceva), Crixia
(Bocchetta del Censio), Nicea Palcea (Nizza della Paglia), Urbs (Orba), Libarna (Mon-
techiaro). Al sud presso Ercate Boacce (Bozzolo), Rubra Terra Rossa.
o° Seguendo la curva dell'Alpi, le cui vette erano occupate da genti galliche, tro-
vavansi nelle valli inferiori i polenti Taurini, al confluente della piccola Dora col
Po. Ivi era Saltus Taurinorum, passaggio de' Galli in Italia; inoltre Taurasia, detta
poi Augu<tta Taurinorum (Torino), e Grajoceli (Bragella), Magelli (Maniglia), ad Fines
(Avigliana), ad Duodecimum (Giaconera), ad Octavum (?), Vibiforum Colonia (Pine-
rolo). Al nord e all'est de' Taurini abitavano i Libici sulle rive della Sesia, capitale
Vercelloe ; e i Levi sul Ticino, capitale Ticinurn o Papia. V'erano inoltre Randa (Rotta),
ove i Campi Baudj , famosi per la disfatta de' Cimbri ; Coltala (Cozzo) , Carbantia
presso La Castagna, Laumcllum Durii (Doma), Quadrata, Lambrus (Castel Lambro).
Tres Tabernce presso Borghetto, ad Rota (Orio).
La disabitata isola Gallinaria, in faccia ad Album Ingaunum, apparteneva alla Li-
guria marittima.
B. Sovra i predetti, nell'alte valli dell'Alpi erano:
io I Segusiani con Segusio (Susa), che dominava tutta la valle della piccola Dora -, Galli delle
Ocelum (Oulx) presso la Dora, Sincomagus (Sezanne). Alpi Cozie,
2° 1 Salassi nella valle della Dora maggiore; dov'erano Salassi (la Sala), e dove pennme
Augusto fondò Augusta Prcetoria (Aosta) per vigilare sulle due strade dell'alpi Graje
e Pennine. V'avea inoltre Eporedia (Ivrea) fondata per un oracolo sibillino, Vitri-
cium (Verres), Ariolica (Arpetta), Arebrigium (Art).
3» I Lepontini dieder nome alle Alpi fra il Mourosa e il Sanbernardino ; e sebbene
appartenessero ai popoli della Rezia, possedeano nella Gallia Cisalpina alcune città,
come Summum Penninum, Eudracinum (Entraune), Ictimolum (Pedemulo) alle fonti
della Sesia, Umana (Omegna).
C. Insubri e Cenomani dividevansi la Gallia Traspadana. I primi ad occidente ave- Galli Tras-
vano in dipendenza i Marici che abitavano fra i Levi intorno al Ticino, e le tribù P^Ja"»
stanziate a Novaria, a Como e a Bergamo col nome di Vertacomagores e Orobii. Oltre
Medioìanum capitale, avevano Melpum, Laus (Lodi) detta Pompeja dopo che ricevette
colonia da Pompeo, Forum Diuguntorum (Crema), Acerrce (Pizzighettone) , la città
più forte degl'Insubri; al nord di Laus era Spina (Spinazzino), e all'est Minervium
(Manerbio) detto Buddig dai Galli : all'estremo meridionale del paese degl'Insubri ,
ove l'Adda confluisce col Po, era Cremona^ già de' Cenomani , poi colonizzata dai
Romani; aggiungiamo Tetellus (Rovato?), Sebum (Iseo), Tolleyata (Telgate), Leucum
(Lecco?) ove l'Adda esce dal lago di Como, Argentia (Crescenzago) , Pons-Aureoli
(Pontirolo), Modicia (Monza) sul Lambro, Sibrium (Castel Seprio). Gli Orobj , oltre
le principali città di Bergomum e Comum , detto novo dopo colonizzato da Pompeo
e da Cesare, avevano Forum Licini (Incino), Coronata^ Campus (Cornate). I Cenomani,
nemici agl'insubri, s'erano piantati ove già le città etrusclie di Brescia, Verona, Man-
tova, limitati al nord dai Reti, all'ovest dagl'Insubri, al nord-est dagli Euganei, al-
l'est dai Veneti, al sud dal Po, dove sorgeano Beneventum (Castel Venzago), Ariolica
(Oliosi) all'estremo del lago di Garda, Garda, Bedriacum, ad Castoris (Canseroj, Ho-
stilia sul Po. Dipoi Brescia e Verona ebber colonia romana.
ÌM GEOGRAFIA — KPOCA QUARTA
D. Al nord-est della Traspadana.
Veneti, lo La Venezia comprendeva i paesi fra il Po, l'Adige, l'alpi Gamiche, il limavo e
Carni, |'Adriatico. Ad occidente lungo l'Adige abitavano gli antichi Euganei o Bechuniani,
forse fondatori di Padova e Verona, respinti poi nella parte montana che ne conserva
il nome (Colli Euganei). Principali loro città da sud-ovest a nord erano l'antica Atrio
fra il Po e l'Adige, Ateste (Este) sul Ruteno, Patavium sul Medoacus minor (Bacchi-
glione) potente di commercio, Vicentia (Vicenza). In riva all'Adriatico ad oriente di
Padova Aliinum; più al nord Vedinum (Udine); all'est sulla spalla orientale dell'alpi
Giulie .Emona (Laibach), città d'importante commercio.
2" Al nord de' Veneti stavano i Carni a pie delle alpi Gamiche, la cui capitale fu
poi detta Julium Carnicum.
Moltissimi paesi sono ricordati dei Veneti e dei Gami: Vicus Varianiis presso Le-
gnago, Annejanum (Montagnana), Forum Alieni (Alende), Maria (Loreo) presso Adria,
Fosm Clodia (Chioggia), Edron (Castello in vai di Pozzo), Medoacus minor (Porto di
Malamocco), Mons Ilicis (Monselice), ad Fines (Avigliana), Cadiana (Caldiero?), Au-
rati (Montebello), Atina (Tine), ad Cepasias sul Sile (Albaredo), Tarvisium (Treviso),
Acelum (Asolo), Opitergium (Oderzo), Concordia all'est di questa, Apicilia presso Lat-
tisana, e Portus Rumatinus (Portogruaro) , Marianum (Mirano), A'^uileja fabbricata
dai Romani per custodir quell'entrata. A settentrione fra Vicenza ed Aquileja erano
Smonnia (Savogna?), Cencta, Feltria sulla sinistra della Piave, Belunum abitata dai
Reti, Ccehna, Ibligo (Ipplis) e Glemona (Geniona) città de'Garni, Forum Julii (Friuli)
fortificata e colonizzata dai Romani, Pucioli (Pozzolo). Più al nord erano Menocakni
(Monfalcone), Quarqueni (Gorizia), Larice (Ladra) sull'Isonzo, Carnium (Kraynburg),
Nauportos (Ober Laybach), ecc. È difficile determinare quali de' paesi che nominiamo
esistessero da antico, quali fosser fondati dapoi.
3" GV htrioti , di stirpe illirica come i Veneti, abitavano la penisola d'Istria, cui
l'Arsia separava dall' llliria. Gittà principali, Tergeste (Trieste) divenuta importante al
tempo d'Augusto; Parentium porto di mare frequentato fra Trieste e Pola ; Hesactium
(Refonzi), che generosameute resistette ai Romani ; Pala, antica quanto importante.
Calli E. I Galli Gispadani abitavano il paese cb'è fra gli Apennini, lo .Tala, il Po, l'A-
Cispailani driatico e l'Esi. Gli Anamani e i Boi possedevano moltissime borgate e città, eclis-
sate dalle colonie romane. Placentia capitale degli Anamani, Parma, Mulina, Bono-
nia erano in piccolo stato, da cui dovevano rialzarsi sotto i Romani 5 più importanti
erano Clastidium ad occidente in riva al Po, Janrae^um all'est di Parma; di Rhegium
Lepidi (Reggio), s'ignora il nome bojo. Aggiungiamo Fidentia (San Donnino?), 5ar-
derafes (Bardi) presso l'Apennino, Comillomagus (Gicognola), Florentia (Firenzola) ,
Buxeta (Busseto), Forum Noiium (Fornovo), ad Tarum (Castel Guelfo), Nuceria (Luz-
zara), Colicaria (Roncaglio di sotto), Cornelium (Imola) fondata da Lucio Cornelio
Siila, e Flaventia (Faenza).
L'antica Spina sorgeva sul territorio de' Lingoni; Ravenna poco discosta dal Po e
dall'Adriatico, ai quali fu da Augusto congiunta per via d'un porto e d'un canale.
Ferrarla non è nominata che tardi da Paolo Diacono.
I Senoni abitavano molte città della Cispadana, fra cui la più importante pare Ce-
sena; ma essi dilatavansi principalmente al sud del Rubicone nell'Umbria. Contansi
pure Forum Livii (Forlì) sull'Utis, Forum popoli (Forlimpopoli), Cwreviani (Torre di
Cervia).
§ 3. — Italia propria.
L'Italia propria, confinata al nord dalla Macra, dall'Apennino e dall'Utis, all'ovest
dal mar Inferiore, al sud dal Silaro e dal Tronto, all'est dall'Adriatico, suole partirsi in
sei regioni, Etruria, Umbria, Piceno, Sannio, Lazio, Campania.
Eiruria ^' ''' ^fi^w'^'^ Stava fra il mar Inferiore all'ovest, il Tevere al sud e all'est, al nord
gli Apennini e la Macra, la cui sinistra però era occupata dai Liguri. I suoi dodici po-
poli erano così disposti :
1. Ad oriente verso la frontiera umbra dal nord al sud gli Arretini^ in forte posizione
ITALIA PHOPniA Ì4S
a' pie dogli Apennini ; i Cortoniati, ove Cortona, fondata dagli Umbri, tenuta lunga-
mente dai Pelusgi ciie la cinsiTO di mura ciclopee; i Clmini, i Perugini, i Vulsinii
(Bolsena).
2. Ad occidente verso la costa, dal nord al sud, i Volaterrani, le cui mura giravano
quattro miglia: i Veiulunii, i Ru^ellani, i Coselani.
3. Kella parte più stretta e meridionale, al sud della foresta Ciminia, fra i laghi Vol-
sinio e Ciminio, i Falerini, la cui capitale Falera, presso Civita Castellana, era stata
fondata dai Pelasgi, abitata da gente estrania agli Etruschi; distrutta dai Romani, la
Confederazione etrusca le sostituì i Cosetani. Al sud est de' Falerini stavano, i Vejenti ;
ad occidente di questi i Ceretani, la cui capitale Cere era santuario del popolo romano;
al nord di essi i Tarquinii alla sinistra del fiume Marta fin al lago Sabazio (di Bracciano).
Secondo l'opinione meglio accettata
I. I Chiusini (Chisini) comprendevano oltre la città di Chiusi, una parte del terri-
torio di Siena e di quello d'Orvieto.
M. I Perugini [Perusini) estendevansi dalle sorgenti del Tevere fino al Trasimeno.
IH. I Cortonesi (Corlonenses) occupavano una parte dell'odierno territorio fiorentino
al disopra dell'anzidetto lago.
iv. Gli Aretini [Arreiini] da Arezzo dilatavansi nei dintorni di Fiesole e di Firenze
fin a Pistoja.
V. 1 Volterrani [Volaterrani] da Volterra ingombravano la costa mediterranea di Pisa
e di Livorno.
VI. 1 Vetulonii, da Vetulonia, ora distrutta, dominavano una parte del Senese e lo
Stato di Piomltino.
VII. 1 Rosellani (Rusellani) erano abitatori della maremma Senese e del paese di
Castro, avendo per capitale Rosella.
vili. 1 Tarquinii, dal capoluogo denominato Tarquinia, occupavano le contrade di
Corneto e Civitavecchia.
IX. 1 Vulsci [Vuhimi), centralizzati nella città di Bolsena, e di là sparsi nei territorj
di Montefiascone e d'Orvieto.
X. I Ceretani, che aveano per capoluogo l'antica Cere, oggi Cervetri, e signoreggia-
vano su Palo e Bracciano.
XI. l Falisci, che dall'estinta Faleria davano leggi ad una parte dell'attuale provincia
del Patrimonio di San Pietro.
XII. I Vejenti, che dalla città di Vejo imperavano agli abitanti del monte Cimino ed
a quei di Nepi, Sutri e Baccano, infine al suburbicario di Roma.
Oltre le dodici capitali erano altre città:
1" Al nord fra la Macra e l'Arno, Luna porto e mercato frequentissimo; Macra (Monte
Morello) ; Pisa fondata dai compagni di Nestore. Stava anticamente sull'angolo formato
dal confluire dell'Arno a destra e del Serchio [Auser, Esar) a sinistra; onde Rutilio
Numaziano cantava :
AlphecB veterem cuntempior originis urbem,
Quam cingunt geminis Auser et Arnus aquis.
Conum pyramidis coeuntia [lumina clucunt,
Intratur modico frons patefacta solo . . .
Sed proprium retinet communi in gurgite nomen.
Et pontuni solus scilicet Arnus adit.
Nell'interno erano Pistoria, Fesulce rinomata por la scienza degli auguri, Florentia.
2° Fra l'Arno e il Tevere sulla costa Portus Labronici (Livorno), Populonium presso
Piombino, e Telamon aveano porti e fonderie pel ferro dell'Elba. Tra loro stava Rusellce.
Presso Cossa era Portus Comnus o Porto Ercole; ad oriente di Cossa, Saturnia; al sud,
Graviscce, Caslruni i\ovum, ecc. Fra Alsium (Palo) e Fregena; (Castel Guido) Hegisuilla
era sede d'un capo pelasgo. L'isola d'Elba è detta da Virgilio Insula inexaustis chahjbum
generosa metallis. La principale è la miniera di Rio, da cui oggi si cavano cinquantatre
milioni di libbre di vena ogni anno. Rimpetto sorge l'isola Gorgona, ben tracciata da
Rutilio Numaziano :
Assurgit ponti medio circumflua Gorgon
Inter pif.anum cyrniacumque latus.
Caktù, Documenti. — Tomo J, Geografia politica, 10
146 GEOGRAFIA — EPOCA QUARTA
3° Nell'interno, e lungo e vicino al Tevere, Saxa Rubra (Grotta Rossa) a sei miglia
da Ponte Milvia (Ponte Molle); Capena (Civitella?) presso il monte Soratte, sul cui
vertice stava il tempio della dea Feronia, attorno a cui si formò una città; al nord del
Soratte, Nepe (Nepi) antemurale a Roma contro i popoli settentrionali; Sutrium (Sutri)
presso Trossuli (Trosso), e Ferentinum al sud di Vulsinii; Sena (Siena) al nord di Vola-
terra, e all'est Salpis (Monte Alfino).
Drabrìa B. Confini dell' Umbria pei Romani erano al nord il Rubicone, all'ovest il Tevere
e il mare, al sud l'Esis, all'est l'Adriatico; ma prima di loro questo paese era occupato
dagli Umbri al sud-ovest nella parte montuosa, dai Smani al nord-est sul litorale.
Quest'ultimi, nel paese al nord dell'Umbria fra l'Utis e il Rubicone, possedeano molte
città : gli Umbri pure stendeansi oltre il Tevere sin alla foresta Ciminia e al Clanis, sulle
cui rive alzavasi la loro città di Aharna (Bargiano).
Nell'Umbria propria erano, sulla costa dal Rubicone all'Esis, Ariminum, antica e
fiorente città ; Pisaurum (Pesaro) che pretendeano denominata dall'oro che vi si pesò
per riscattar Roma da Brenno; Fanum Farlunce (Fano) dapprincipio tempio, allo sbocco
del Pisauro e del Metauro ; Seno o Senogallia allo sbocco della Sena. Nell'interno presso
la via Flaminia, al sud Mevania (Bevagna) bella e forte città al confluente del Clitumnus
e del Tinia; Hispellum (Spello) all'occidente sulla via di Perugia; Spoletum al sud delle
predette; Interamna (Terni) sul Nar; Ocriculum (Otricoli) al sud-ovest presso il con-
fluente del Tevere e del Nar; Sentinum presso l'Esis, Iguvium negli Apennini (Gubbio),
Snrsina sul Sapi. Mentano pure menzione Fo?*um Sempronù' (Fossombrone), Fulginium
(Foligno), Trebiales (Trevi), CarsuloB (Monte Castrilli), Assisium^ Tifernum Tiberinum
(Tifi) verso le sorgenti del Tevere; Urbinum Hortense (Urbino), e Urbinum Metaurense
(Urbania), Camerinum, fondato ai tempi di Siila sull'Esi dagli abitanti della distrutta
Camerta; Nequinum, che poi i Romani denominarono Narnia.
Piceno C. Chiudevano il Piceno al nord l'Esi, al sud il Matrino (Piomba), all'ovest l'Um-
bria, la Sabina, il paese de' Marsi e dei Vestini. 11 litorale diceasi più pròpriamente
Ager Adrianus; il piano, Ager Prcetutianus ; la montagna, Ager Picenus.
Sulla costa dal nord al sud incontravasi la coionia siracusana di Ancona, Numana
allo sbocco del Miscus, Potentia sul Flosis, Firmum (Fermo) ; più a mezzodì l'antica
Cupra maritima, Caslrum Novum allo sbocco del Batino, Hadria (Atri) fondata dai
Liburni. Fra terra, Juximum (Osimo) la più forte del Piceno, Asculum (Ascoli) sulla
montagna, Jiora famosa per l'oracolo di Marie.
Sannio D. Il Sannio, paese montuoso, chiuso al nord dall'Umbria e dal Piceno, all'est
dall'Adriatico, al sud dall'Apulia e Lucania, all'ovest dalla Campania e dal Lazio, com-
prendeva quattro popoli fra gli Apennini e l'Adriatico, quattro negli Apennini e nel
pendio occidentale.
\. 1 Vestini fra il Matrinus (Piomba) al nord e VAternus (Pescara) al sud ; con Pinna
(Penna) presso la costa, Amiternum presso San Vittorino, ad occidente fra le montagne
Pitinum presso Vasteo sul Novanus, Privernum e Aveja perite.
2. i Marrucini al sud dell' Aterno; con Aternum (Pescara) città sulla costa, con un
porto comune ai Marrucini, Vestini e Frentani ; Teatce (Cliieti) città forte sopra un'erta
collina appo l'Aterno.
3. I Peligni al sud ovest de' precedenti negli Apennini. Città, Corfìtiium (Pellino)
fortissima, tre miglia al sud dell'Aterno, che poi fu detta Italica quando gl'Itali la scel-
sero capitale nella guerra Sociale; Sulmo (Sulmona), anticamente fondata da un com-
pagno di Enea, sette miglia da Corfinio.
4. I Frentani in riva al Tiferno e al nord del Frento che li separava dall'Apulia.
Città, Oriana, un de' porti più sicuri della difficile costa; Anxanum (Lanciano) poco
lungi dalla costa; Histanium (Vasto d'Amone), Buca (Termoli nella Capitanata), e La-
vinum capitale.
5. I Sabini sul pendio occidentale degli Apennini, fra il mar Superiore al nord, il
Tevere all'ovest, l'Anio al sud, le sommità dell'Apennino all'est. Avevano poche città
e molti villaggi, come agricoli e pastori : Fidene, quaranta sladj al nord da Roma, co-
lonia aliiana; al lìord-esi Ficaìnea antichissima; al sud-est di questa Cornicuìum, Ca-
nina, Nomenturn, al sud di Crustamerium, di cui s'accennano le rovine al nord di Fi-
dene sopra la collina da cui scende l'AUia ; Eretum, convegno de' popoli della Sabina ;
ITALIA PnOPRIA 1^7
Cures (Corresc) presso ilei Tevere; Regillum, stanza di Alta Clausiis prima clic traspor-
tasse a Roma i numerosi suoi clienti; Trclula, antica e ragguardevole città sul Velino;
Beate (Rielij, e la fredda Xurcia presso le sorgenti del Clitunno.
6. 1 Alarsi sulla riva orientale del lago Fucino. Oltre Marrutium antica capitale,
v'erano Alba Fucentia, Carseoli e Clilernum. Attorno al Fucino stavano i Fucenses e
Lucenses verso il bosco di Angizia; più lontano gli Anxatani presso i Uri, e gli Anti-
nati verso Civita d'Antina.
7. Gl7r/)m?, abitanti il pendio orientale del monte laburno e le colline che s'alzano
fin ai piani di Puglia. Città: Calli fa, Avellinum, Rufrium, Taurasia Oeca (Troja di
Capitanala?), Herdonia (Ordona), Trivicum^ Aquilonia (Cedogna), Cominium, Roinulea
(Morrò) piazza fortissima, Compsa (Gonza nel Princi|)ato Ulteriore), iFquotalicus (Ariano),
e a tre miglia da essa Maleventum, fondata da Diomede all'angolo formato dal confluente
del Sabato col Calore, e che poi dai Romani fu detta Benevento. Fra questa e Capua
trovavasi Appiola; sul monte laburno.
8. i Sanniti proprj occupavano il paese selvoso e montuoso al sud de' Peligni, e la
loro federazione componeasi
a. Dei Peutri. Città, Telesia al confluente del Vulturno e del Sabato, /Esernia (Sergna)
presso la frontiera de' Peligni, Alipe sulla riva settentrionale del Vulturno, Trevcntum
(Trivenlo), Tifetnum al nord-est d'.-Esernia verso le fonti del Tiferno e del Trino, Sepino
(Sipisciano), Morgantia, Bovianum capitale popolosissima e ricchissima.
6. I Caraceni, piccolo popolo all'ovest de' Frentani, in paese sterile e montuoso, cui
capitale e forse unica città era Aufidma nell'Abruzzo Citeriore, sul Sagro.
e. 1 Caudini sul pendio occidentale del Taburno. Città, Caudium (Ariola) nella valle
traversata dal piccolo fiume Iscloro, al cui mezzodì stanno le Forche Caudine, stretto
selvoso fra due colline del monte Taburnus (Rocca RainolaJ; Saticula, Trebola, Com-
pulteria.
d. GVIrpini e i Frentani già detti.
E. Il nome di Lazio s'allargò poco a poco dal Tevere al Liri. Vantico Lazio com- Lazio
prendeva tutto il paese al nord ovest fra il Tevere e il promontorio Circello; il nuovo
aveva confini al sud la città di Sinuessa sulla costa, nell'interno Suessa, all'est il Sannio.
1 varj popoli che l'abitavano, non poterono difendere la propria indipendenza contro
Roma. Loro città principali erano:
1" Lungo il Tirreno dal nord al sud, Ostia fondata da Anco Marzio; Laurenium
(Torre di Paterno), e Lavinium (Patrica) che presto perdettero l'importanza; Ardea
capitale de' Rutuli sulla sinistra del Numicio; Antiwn ne' Volsci, al par di Ardea e di
Tusculo fondata da un figlio d'Ulisse e di Circe, sopra un promontorio del mar Tirreno,
e che più volte presa e saccheggiata dai Romani, rialzossi al fine della Repubblica mercè
la libertà del commercio marittimo; Interamna al confluente del Liri e del Cassino;
Circcei (Santa Felice), colonizzata da Tarquinio Superbo; Anxur o Terracina, dove al
termine delle paludi Pontine finisce nel mare l'erta montagna, sulla cui sommità era
il tempio di Giove Ansuriano; Arpinum, sulla sinistra del Liri; Fundi era fra gli Au-
runci, come Cajeta sul golfo dello stesso nome, FormicB nel centro d'esso golfo, Min-
iurnce alla foce del Liri; e più a mezzodì sulla sinistra del fiume stesso Sinuessa, a pie
del monte Massico, e dapprima chiamata Siìiope.
2> Oltre gli A pennini che fronteggiano il Lazio, e donde staccansi i monti Lucretilis
e Simbruini, nell'interno paese levavansi tre gruppi di montagne; al nord i monti
Albani, col tempio di Giove Laziale, centro della Confederazione latina; all'est le mon-
tagne degli Equi, da Tibur a Preneste; al sud-est quelle dei Volsci da Preneste a Pri-
verno. All'est di quest'ultima slendeasi l'ampia valle degli Ernici ; all'ovest sin al mare
le paludi Pontine, il cui disseccamento fu più volte tentato invano.
3° Sul monte Albano e sue colline al sud di Roma erano Ficana sul Tevere, Tellence^
Politorum, Lanuvium; più all'oriente Alba longa sull'altura, poco lungi da Albano;
al sud ed all'est Arida, celebre pel tempio di Diana e la grotta d'Egeria; il delizioso
Tusculuni presso Frascati, vicino al quale i Romani fabbricarono il forte Carventana
per fronteggiare i Volsci ; al nord est Gabii fra Roma e Preneste, antica colonia d'Alba
lunga; Collatia, Medullia, Preneste (Palestrina) di fondazione pelasga.
4 I Volsci furono i più terribili nemici di Roma, pieni di città indipendenti una
US GEOGRAFIA — EPOCA QUARTA
dall'altra. Nel loro paese trovavausi dal nord al sud Longula, Pollusca, Corioli all'est
di Anzio che die nome a Conolano; Velitrce ai sudest di Aricia, e presto entrata nella
Confederazione latina; Sacriportus al nord di Signia (Segni), posta, come Cora (Corij,
fra le montagne e cinta di mura ciclopee; Verriigo, Ecetra, Suessa Pometia più ricca
di tutte le confederate; Norba, antica città latina, unita alla lega de' Volsci, e attenta-
mente fortificata dai Romani sin dal 493; Salmo (SernionetaJ sull'Ufento, già diroccala
al tempo di Plinio il vecchio; Setta (Sezzaj presso l'Ufento; Privernum sopra una mon-
tagna lambita dall' Amasenus; al sud-ovest di Priverno , Ausona capitale de' Volsci
Ausonj.
La più parte di queste città stavano nelle montagne de' Volsci ; sulle rive del Liri
erano Sora? la più orientale; Atina al sud ovest presso Melpi ; Casinum, la cui citta-
della sorgeva dove ora il monastero di Monte Cassino; Fregelle al nord di Priverno
(Ceprano o Pontecorvo) ; Fahrateria sul Trero, affluente del Liri; Arpino &\i\ Fihreno;
Aquino con mura ciclopee; Interamna sulla via di Teano; Vescia che pare la Suessa
Aurunca de' Romani.
5' Fra gli Ernici, Anagnia ove teneansi le assemblee di tutte le piccole città degli
Ernici ; Ferentino con mura ciclopiche; Frusino (Prosinone) nella valle del Cosa.
6" Nel paese degli /Equi, ViteUia città antica all'est di Preneste ; Sublaqueum (Su-
biaco) in riva all'Anio, importantissima; Carseoli sul Turanio che donvinava un passo
degli Apennini; Boia città importante fra le montagne; Tthur traversata dall'Anio, un
cui quartiere conservò nel nome di Siculion la memoria de' suoi fondatori.
Campania F. La Campania, cinta dal Lazio, dal Sannio, dalla Lucania e dal mar Tirreno,
era popolata da un misto di tutti i popoli vicini, e divisa in piana e montuosa. La
prima stendeasi dal Liri al Vesuvio, su una superficie di 40 miglia quadrate attorno
a Capua. Le montagne, rotte da valli ubertose, slendeansi dal nord al sud in semicir-
colo di 18 0 20 miglia. Tre popoli vi abitavano: Campani alla pianura, Sidicini nei
monti al nord-est, Picentini in quelli del sud ovest. Sulla sinistra del Liri abitavano
pure gli Aurunci a Suessa e Sinuessa.
Primarie città erano :
V Sulla costa dal nord al sud, Vulturnum, Linternum, Cuma al nord del promon-
torio Miseno, città delle più forti d'Italia; Bajce, Puteoli porto di Cuma, e villeggiatura
de' Romani, che non contenti di coprir di casine le falde del vitifero monte Gauro,
fabbricavano anche nel mare; Neapolis divisa in due; Resina a pie del Vesuvio; Her-
cuhmum e Pompeii fondate dagli Osci e sepolte dal Vesuvio. Quest'ultima, in riva al
Sarno, serviva di porto alle interne città di Noceria, Nola ecc. Stabice era fortezza fon-
data dai Campani sul mare; a Sorrentum finiva la Campania meridionale.
Nelle terre dei Picentini, piccolo popolo che possedeva unicamente Picenlia al sud
di Salerno, trovavansi pure Marsina e Salerno, destinata a fortuna più alta.
2° Nell'interno da nordest a sud ovest, Venafro, Teanum Sidicinum (Teano), capitale
de' Sidicini al sud-ovest del monte Callicula che ergevasi dalla fertile pianura degli
Stellates; Cales (Calvi) capitale degli Ausonj; Caleni al sud di Suessa; Casilinum sul
Vulturno, donde i Romani protessero il Lazio contro Annibale che teneva Capua; Ca-
latia (Gajaza) all'est della predetta; Capua sulla sinistra del Volturno, a pie del monte
Tifala; Atella sulla via da Capua a Napoli, celebre per le sue commedie, dette Favole
atellane; Saticula, Trebua, Suef^sula fra Capua e Salerno; Totella e Acervo all'ovest
delle precedenti ; Nola, piazza forte della Campania, fondata dagli Ausonj, popolata dai
Calcidesi, amica di Napoli e Cuma, con cui ostò ad Annibale: vasi fittili di immenso
pregio si disottcrrarono intorno ad essa.
§ -4. — Magna Grecia.
La .Magna Grecia era s|»arlita in Ire regioni : Apulia, lAicania, Rriizìo.
Apiilia A. U Apulia, divisa dal Sannio pel Frento e dalla Lucania pei monti del Vultur,
comprendeva la Daunia tra il Frento e l'Aufido, la Peucezia fra l'Aiilido, il Rradauo
e la- Calabria, la Japigia divisa in Messapia all'occidente, Calabria al nord, paese dei
Salcnlini al sud e all'est.
MAGNA oniXlA 'J i')
Sulla cosl;i, da Irainontana a mezzodì, trovavansi Sipontum e Salaria (Salpi) al sud
del monte GariL'ano, Aufìdenum (Torre dell'Ofanto) all'imboccatura dcH'Aufìdo che se-
parava i Dauni dai Pediculi, fìariwn (Harij, Eijìiatia (Agnazzo) termine del territorio
de' Pediculi, ove poi riusciva la via Appia. Nella Calabria Brundusium posta dai Cretesi
o dagli Etolj, e donde con un tragitto di !223 miglia varcavasi in Grecia; Htjdrunlum
(Otranto), che dovca poi succedere a Brindisi.
Procedendo verso la Japigia, gli A pennini si abbassano poc'a poco per rialzarsi verso
il paese de' Salentini, ove il promontorio di Japix frange le onde jonie, e sostiene la
cittadina di Leuca (Santa Maria di l.euca). Ad occidente sulle rive del golfo di Taranto,
che dal promontorio .lapigio al Lacinio piegavasi in semicerchio, molte cittadine sorge-
vano, e Taranto, la più poderosa fra quelle della Magna Grecia, colonia dorica, che
fondò Brindisi sull'Adriatico ed Eraclea in Campania.
Nell'interno paese dal nord al sud Teanum Apuluin sul Trento, Lucerla, antica e
potente, al sud-ovest Arpi in fertile pianura, Jlerdonia (Ordona) al sud-est, Asculum
Apulum (Ascoli di Satriano) al sud, Canusium sull'Aufido, d'amplissimo giro; al nord-
est Cannce presso Vergello; al sud-ovest Venusia antica città degli Irpini presso il
Vultur, città delle meglio fortificate d'Italia, donde i Romani custodivano l'Italia me-
ridionale.
B. La Lucania sta fra il Silaro al nord, il Laus al sud, il monte Vultur e il Era- Lucania
dano al nord est, il golfo di Taranto al sud-est, il mar Tirreno all'ovest. Sue città:
a. Sul mar Tirreno, dal nord alsud. Pesio o Posidonia, colonia di Sibari, prosperata
per la mina della sua metropoli ; Helea o Velia, colonia focese, non discosta dallo
sbocco dell'Helos, patria del filosofo Zenone, onde la setta elealica; /^uj^en^wm (Poli-
castro), fondata nel 467 da Micito tiranno di Messana.
6 Sul golfo di Taranto dall'est all'ovest Metaponto al nord della foce del Casucntum
(Basiento); Heraclea (Policoro) a qualche distanza dalla costa, cui la piccola e antica
città di Siris serviva di porto; al sud d'Eraclea Thurium, poco distante dall'antica
Sibari e dalla frontiera del Bruzio, che ricevette leggi da Caronda.
e. Al centro della Lucania sola città importante era Grumentum verso le fonti del-
l'Aciris,
C. Il Bruzio nella punta che si spinge verso lo stretto di Sicilia obbediva a Dio- Bm/io
nigi. Principali città dal sud del Laus e del Grati sin all'estremo della penisola, erano:
a. Sulla costa occidentale, ferina alquanto discosta dal mare; Thempsa fondata forse
dagli Ausonj : Hipponium o Vibona Valentia (Bibona, distrutta dai tremuoti nel 1783)
sul mar Inferiore, coll'//ercu/<s Portus sul golfo Ilipponiates; Scijllfesum (Scilla) all'es-
tremità della penisola, fabbricata da Anassilao di Beggio per custodia contro i pirati
etruschi; Co/um/ja ov'era l'ultima pietra migliare d'Italia; Rhegium (l5egio) rimpelto
a Messina, prima città caduta in potere di Dionigi.
6. Sulla costa orientale dal sud al nord, Locres al nord del promontorio Zephyrum,
che avea avuto leggi dal pitagorico Zaleuco; Caulonia (Castel Vetere); Croton sull'CE-
sarus, colonia achea, rivale di Sibari, famosa per la scuola pitagorica e per gli atleti,
fra cui Milone; Petilia (Strongoli) presso la costa al nord di Crotona.
e. Nell'interno, Acherontia (Acri) e Pandosia sull'Acheronte; Tisia (Tasitano) in forte
posizione sul monte Alibano; e maggiore di tutte Consentia (Cosenza) verso le sorgenti
del Grati.
Delle isole parliamo altrove.
§ 5. — Conquiste dì Roma in Italia.
Lasciammo Roma vicina a domare i Sanniti, supremo sforzo, dopo il quale non dovea
più bastarle il conquisto di tutta Italia. Or ci resta a seguirne le conquiste nella peni-
sola e fuori.
Nel 343 essa occupava solo le più forti piazze del Lazio, parte della Sabina e dell'E-
truria meridionale, e poteva armare cencinquantamila uomini: ma al 285, consumata
la guerra sannitica, dominò tutta Italia dallo Stretto al Rubicone, e aggiunse cinque-
centomila ausiliari alle sue truppe. Le popolazioni tenne docili con una gradazione di
150 GEOGRAFIA — EPOCA QUARTA
privilegi; col mandare colonie (cinquantotto già n'avea fondate alla seconda guerra
punica), le quali alle nazionalità surrogassero i costumi, le leggi, gli ordinamenti ro-
mani; coll'aprir grandi vie.
Lazio I. l Latini tentarono ancora una volta di ricuperare l'indipendenza ; ma vinti a Vezeris
appiè del Vesuvio, poi fra Sinuessa e Minturno, dovettero piegarsi al giogo. Diritto di
cittadinanza ebbero le città più prossime a Roma, Laurentum , Lanuvium, Arida,
Tuacidum, Pedum, Nomentum. Seguiva una seconda linea di città meno privilegiate-,
Tibur e Prcenn^te furono scemate di territorio; le città degli Ernici, ridotte a municipj
senza diritto di suffragio; Anagnia fu città di prefettura; Verulanum e Fermiinum,
conservatesi in fede, serbarono le proprie leggi.
Vengono poi le colonie, poste in città importanti, ovvero in situazioni militari, e sì
ben fortificate cbe le mura d'alcune sussistono ancora. A Norba e Setta, colonie anti-
chissime, furono aggiunte quelle di Velitrce e Antium nel 338; à\inxur e Fregellai nel
329; di Sora, Amona, Minturnce, Vescia nel 315; di Atina, Casiniirn, Interamna, Svesta
Àurunca nel 314 ; di Sinuessa nel 30i, di CarscoH nel 301 , di OEsulum nel 247, ba-
luardi di Roma. Più tardi furono colonizzate Fabrateria, Aquinum, Lavicum, Prcenesie,
Cora. Alle altre città del Lazio venne concesso lo jus Latii, con divieto di tener as-
semblee generali, far guerra, o contrarre nozze fuor del loro territorio.
Campania n. Coll'egual arte fu ordinata la Campania. Capua, datasi ai Romani nel 3i3, venne
trattata duramente in grazia delle sue pretensioni, e mandato un pretore a governarla
(319). Anche gli Aurunci furono costretti a ricever colonie a Minturno, a ]'escia, a
Suessa Aurunca ; mentre a municipj furono erette Fundi, Formice, Cajeta, Suessula,
Cuma, quest'ultime due con diritto di suffragio; ridotte a prefetture Venafriim, Alella,
Calatia. Una colonia posta nell'isoletta di Pontia (313), ove, dopo conquistata la Cam-
pania, s'erano stabiliti alcuni Sanniti, custodì il litorale. Napoli restò libera nella sua
alleanza; Nola, presa nel 314, fu trattata rigidamente; Acerrai ottenne la cittadinanza.
Quando poi ebbe presa Calatia (314), spedito due colonie a Teanuìn Sidicimim, a Cales,
a Salicula (312) sulla frontiera del Sannio, e data la cittadinanza senza suffragio ai ca-
valieri campani nel 337, e alle altre città nel 334, Roma si trovò al sicuro possesso del
paese. Più tardi furono mandate colonie a Salernum, VuUurìium, Lintcrnum, PuteoU
nel 195; a Atella, Acerce, Nuceria sotto Augusto; a Nola nel 123 d. C. ; ad Abella sotto
Vespasiano.
Sannio H'- Finita la conquista del Lazio e della Campania (3i3-31l), Roma cinse di posti
militari tutta la frontiera de' Sanniti, poi una ad una ne occupò le piazze (3I2-29i},
e ne ricevè la sommessione (291). Fiaccato da sì lunga guerra, poche colonie bastarono
a tener in dovere il Sannio. Dal forte Benevento (269j il senato custodiva la Campania,
il Sannio meridionale e la Magna Grecia, sicché vi mettevano capo tutte le grandi strade
del mezzodì. OEsernia presso il paese de' Peligni (2G3), poi J4lha Facentia ne' Marsi
(263) ebber altre colonie. Le città a mare presto furono occupate dai Romani; nel 52(3
Bruto avea già tolte tutte quelle de' Vestini, senza però che meritassero colonie apposite
per custodirle, bastando isolarle e concedere lo jus italicum. Solo i Sabini per la vici-
nanza di Roma ottennero il diritto di cittadinanza e di voto (269). Più tardi furono
colonizzate Abellinum e Ferentinuvi (118), Bobianum e Ali fa (89).
Piceno '^" L^e principali città del Piceno vennero occupate da colonie: Hadria rìe\ 285;
Castrum Nomun e Firinum nel 264; più tardi Asculum, Sulmo, Auximum, Riciìia,
Potentia.
Lmbria ^- ^-^ prima colonia nell'Umbria fu a Narnia (298), un'altra nella capitale propria
de' Senoni (263), poi a Spoleto (241) e Arimino (269). A quei di Camerino fu assentito
il titolo di socj, per aver tradito la causa nazionale.
Etniria ^''- ^^"^ guerra del Sannio gli Etruschi fecero una nuova e sciagurata prova di loro
forze; e sebbene nella pace serbassero l'indipendenza, presto si trovarono affatto sog-
getti a Roma. Già colonie eransi piantate a Nepi nel 381, a Sutrium nel 383; C(vrc
godeva il diritto di cittadinanza; Cosa ebbe una colonia noi 273, Ahium nel 246, Fre-
gelles nel 24 i: onde il mezzodì restava servo, il nord impotente. In appresso furono
ridotte a colonie Pisa, Lucca, Fiesole, ]'olterra, liosella, Saturnia, Graiusca, Arezzo,
Clusio, Vulsiìiia, Biturgca, Sena Julia, Faleria che allora fu denominata Junonia Fati-
scorum, Perusia, Cortona, Florentia, Pirgos.
CONQUISTE DI ROMA IN ITALIA 1J51
vit. Le guerre contro Pirro associarono il dominio di Roma sulla penisola meridio- Magna
naie. Napoli, Turio, Renio, Locri, Eraclea, Arpi, Taranto si conservarono indipen- Grecia
denti col titolo d'alleate; Luceria (515), Venosa (292), Pe^to (272), Brindisi (244),
Valeìitia (239) ricevettero colonie; e più tardi Umsento, Siponto, Tempsa, Crotone (19K);
Scilace, Mimrvio, Taranto, Nettunia (123). Le altre ottennero lo jus italicum.
Per vigilare la penisola, il senato la divise in quattro grandi spartimenti, assegnando Provincie
ciascuno ad un questore provinciale, residente a Ostia, a Cales, nell'Umbria e nella quesiono
Calabria. A giurisdizione del primo stavano l'Etruria, la Sabina, il Lazio fino al Liri ;
del secondo, la Campania, il Sannio, la Lucania, il paese de' Bruzj ; del terzo, l'Umbria
col territorio tolto ai Senoni, il Piceno, il paese de' Frentani e le adjacenze fin al lembo
dell'Apulia; del quarto, l'Apulia col territorio de' Salentini, de' Messapj, de' Tarantini,
uniti sotto il nome di Calabria.
L'amministrazione e la marcia degli eserciti era pure agevolata dalle grandi strade, strado
di cui le quattro principali furono costruite dal 312 al 220. Cioè
a. La via Appia, dal censore Appio Claudio, che stendevasi da Roma a Capua per
d42 miglia, passando per Ad-Novar, Bovillae, Alba, Aricia, Lavinio, Taberna^; traver-
sava le paludi Pontine sino a Terracina, poi per Fondi, Formine, Minturno, Slnuessa,
Urbana, Casilio, Capua.
6. Via Aurelia, dal censore Aurelio Cotta, che uscendo dalla porta del Gianicolo,
traversava le città marittime dell'Etruria meridionale, Alsio, Pyrgos, Gravisca, Centum-
cellae. Forum Aurelii, per 85 miglia. In apprpsso fu continuata traverso le città marittime
della Toscana e Liguria fin a Marsiglia con una deviazione verso Tortona.
0. Via Flaminia, dal console Flaminio, lunga 360 miglia, dal campo Marzio ad Ari-
mino, traverso la Sabina, l'Umbria, il paese de' Senoni.
d. Via /Emilia, dal console Emilio, da Arimino a Piacenza, per Bologna, Modena,
Parma. In seguito varcò anche il Po, e corse da Ivrea ad Aquileja per Vercelli, Novara,
Milano, Bergamo, Brescia, Verona, Vicenza, tutta la Gallia Traspadana.
e. Dopo la guerra punica s'apersero i passi delle Alpi già detti (pag. 132).
f. Domata la Grecia e la Macedonia, fu costruita traverso ad esse la Via Egnatia,
che traversava le città di Durazzo, di Lichnidos, Eraclea, Pelagonia, Edessa, Pelle,
Tessalonica, Amfipoli, Filippi, e a Dicea entrava nella Tracia.
§ 6. — Guerre puniche. — Cartagine.
L'Africa settentrionale forma una vasta altura che dal Mediterraneo , cui corona per
500 0 600 leghe di costa, alzasi di piano in piano fin alle vette dell'Alto Atlante (Daran);
poi sull'opposto pendio cala gradatamente verso il Sahara. Potrebbe dirsi una grande
isola, cui il Mediterraneo abbraccia al nord, l'Atlantico all'ovest, al sud il mar di sabbia
cioè il Sahara, all'est verso le Sirti le montagne dechinano, e il deserto e il Mediterraneo
si confondono. Di là da questo stretto, in riva al Mediterraneo, sorge una seconda isola
men vasta e più piana, che è l'antica Cirenaica. Quivi i Greci piantarono una colonia;
mentre i Fenicj posero molti banchi a Ulica presso lo sbocco del Bagradas, Adrumeto,
le due Lepti, Tisdro, e principalmente Cartagine.
Questa, sòrta verso r869, lentamente crebbe per quattro secoli, fin a toccare il fiume
Tusca e la frontiera dei Cirenaici. Allora gli indigeni dovettero cessar la vita errante
e fabbricare città, ove mescolavansi ai coloni cartaginesi. Le altre fenicie dovettero
piegarsi alla primazia di Cartagine, cui le tribù erranti de' Lotofagi, Nasamoui, Gara-
manti portavano le derrate dell'interno. Stese ella i suoi banchi sulla costa settentrio-
nale e occidentale dell'Africa, sulla sud-est e sud-ovest di Spagna; scoprì nell'Oceano
le Canarie e Madera, e mandava trafficare fino al Senegal, alle isole Sorlinghe e al Bal-
tico; occupò le Baleari, la Sardegna, parte della Corsica e della Sicilia.
Pel possesso di quest'ultima lottò contro Dionigi, Timoleone, Agatocle, Pirro (480-
264) , e alfine n'occupò due terzi. In Africa assodò il dominio sopra gli indigeni e la
preponderanza sulle colonie fenicie ; sinché scontrò Roma, che già sua alleala, ora giunta
fin allo stretto di Messina, le si metteva emulatrice. Nella prima guerra punica, Carta-
gine perde la Sicilia, la Corsica, la Sardegna e l'impero del Mediterraneo.
132 GEOGRAFIA — EPOCA QUARTA
Passessio- A). Al rompersi della seconda guerra punica (219), Cartagine dominava in Africa so-
ni cartagi- pra una lunghezza di sedicimila stadj (da 2000 miglia) dalle Are Filene alle colonne
jiesi m A- ^>j7|.gj^|g^ Ql|.|.g jg gaigari e la Spagna. Ad oriente, nella grande e piccola Sirti erravano
trihù indomite; ad occidente, poco lungi dalla capitale, i due regni indipendenti di
Numidia, e i nomadi di Mauritania minacciavano Cartagine.
1 possessi suoi in Africa avanti il 219 possono dividersi in tre regioni: le due Sirti;
il territorio proprio di Cartagine; le coste di Numidiae Mauritania.
a. LaLi'egione delle Sirti (reggenza di Tripoli), fra le Are Filene all'est, e il lago Tri-
tone all'ovest, era un'estensione di 500 miglia, sabbiosa, traversata da pochi fiumi , al
cui sbocco eransi poste colonie fenicie o cartaginesi, come Automala fortezza presso
l'Are Filene; Euphranta che facea vivo commercio con Cirene; all'ovest del Cinyps le
tre importanti città di Leptis magna (Lepida), Oea (Tripoli), Sabrata, onde il nome di
Tripolitana a quella regione.
Nell'interno, da ponente a levante, cominciando dal lago Tritone, erano molte tribii
nomadi: i Maclili, che in parte lavoravano la terra; i Lotofagi dall'isola di Meninx fin
attorno alla grande Lepti ; i Maci in riva al Cinyps ; i Nasamoni presso la frontiera cire-
naica. Se di poco arricchivano la metropoli, la difendevano però dai Greci di Cirene, e
mandavano carovane nell'Alto Egitto, nell'Etiopia, e sino al Niger,
b. Costituiva il territorio di Cartagine l'ubertoso paese dal fiume Tusca alla piccola
Sirti, e dal capo Bon al lago Tritone, lungo 223 miglia, largo da 180. Qui consisteva
il nerbo di Cartagine. Le antiche tribù dei Maxi, Zaueci^ Gizanli, assoggettate e miste
a colonie cartaginesi, avevano formato il nuovo popolo ùe' Libifenicj ^ dati all'agricol-
tura e viventi in molte borgate, cui non poterono cinger di mura; onde, per rassicu-
rarsi dalle loro rivolte, Cartagine lasciavasi esposta alle invasioni nemiche. Emporio,
cioè mercato, chiamavansi i dintorni ubertosi del lago Tritone pel traffico delle caro-
vane e i magazzini di Cartagine; e appartenevano alla provincia di Bysacium, stesa sia
al nord d'Adrumeto ove cominciava la Zeugitana.
Bisacio, pianura creata dalle alluvioni del Bagradas, era rinomatissimo presso gli
antichi per l'abbondanza di biade; e colle derrate d'Europa vi si vedevano le africane,
il dattero col frumento.
Fra le colonie agricole poste da Cartagine nell'interno paese, le piìi conosciute erano,
verso Numidia, dal nord al sud, Adis poco discosto dal Bagradas; Salerà al sud-est
d'ippona Diarrhytus; Vacca città di commercio, non lungi da Mutimi; Bulla sul Ba-
gradas; Sicca presso quello; Zama sopra uno de' suoi affluenti, e ben fortificata contro
i nomadi ; Sufetula e Capsa al sud ; Tisurus sul lago Tritone.
Queste città aperte restavano protette da una linea di piazze, che erano le piìi antiche
colonie fenicie venute sotto Cartagine. Principali erano Cartagine stessa sopra un'an-
gusta penisola, a 100 miglia dalla Sicilia, in fondo d'ampissimo golfo, fra il promontorio
d'Apollo (capo Zibid) e quel di Mercurio (Rus-Addar, o capo Bon); difesa verso terra
da triplice muro, alto 26, largo 10 metri, e dalla cittadella di Birsa donde vedeansi
litica a 9, e Tunisi a 6 miglia.
Cartagine racchiudeva tre città murate: Birsa suddetta in cima a una collina, con
case a sette piani attorno alle angustissime vie; il Colon coi magazzini e il porto mili-
lare, scavato a mano, e capace di ducenlo vascelli da guerra; Magara, città campa-
gnuola, ove le case erano distinte da giardini, fruiteti e canali.
Al sud di Carlagine e sulla costa seguivano Tunisi, Aspis o Clypea, Adrumeto (Ila-
maniett), liuspina, Leptis parva, Thapsus al sud d'Adrumeto. Queste città erano emule
di Cartagine, poi Itoma le lasciò libere. Ulica restò sempre indipendente in riva al Ba-
gradas. Hippona-Diarrhìjlus o Zarytos stava sul golfo d'egual nome. In riva al fiumi-
cello Tusca, confine della Zeugitana ad occidente, sorgeano le Are sacre al Sole, dai
Bomani e Greci dette tempio di Apollo.
e. Due maniere di colonie fondò Cartagine secondo la duplice sua natura: 1" nella
Zeugitana e Bisacena stabilimenti agricoli per nutrire i numerosi eserciti e l'immensa
popolazione, che al cominciare della terza guerra punica (149), dopo un secolo di dis-
astri, passava ancora le scttecentomila persone; 2'^ sulla costa, banchi fortificati. Tali
erano le città sul lembo della Numidia e della Mauritania.
Di là dalle Colonne d'Ercole avevano i Cartaginesi esplorato l'Africa a mare sin ai
GUERRE PUNICHE — CARTACINl. 153
paesi auriferi dei Senegal e della Cambia; ed Annone con sessanta vascelli cariclii di
triMitaiiiila coloni fondò sulle coste di Fez e di Marocco sette città, la più meridionale
delle quali nella isoletta di Cerne, nel golfo di Santa Cruz. Ma queste colonie tenute
con gran gelosia, mai non potevano trafficare per conto proprio, e caddero con Car-
tagine.
B;. La Spagna, posta all'estremità dell'Europa fra l'Oceano e il Mediterraneo, lia la Posscss.
lunghezza di 220 leghe da est a ovest, e di 190 da mezzodì a settentrione; il Mediter- '" Spagna
raneo ne bagna 315 leghe di costa, l'Oceano 285. Tutte le temperature come tutte le
produzioni si trovano in essa; tropicali a. Cadice, nordiche nell'altopiano della Casti -
glia. È traversata da molte montagne e valli. Dai Pirenei che curvansi fra la Calila e la
Spagna e lungo il. golfo Cantabrico, sin al promontorio Nerium (Finistcrre), spiccasi
Vldubeda che da nord-est a sud-est prolungasi parallelo all'Ebro sin a Valentia: poi alle
fonti del Iago staccasi la nuova catena dell'Or/o^perfa dal nord al sud, che coll'ldubeda
cammina e si congiunge. Separano esse le acque che cadono nell'Oceano da quelle che
nel Mediterraneo, e ne nascono tre catene secondarie da nord-est a sud-ovest fra quattro
grandi fiumi: il Durius (Duero) fra' Pirenei della Galizia e la catena che corre da Se-
gontia a Olisippo; il Tago, fra la precedente catena e quella di Segobriga al promon-
torio Sacro (capo San Vmcenzo); VAnas (Guadiana) fra la catena predetta e il monte
Mariano; il Dcetis (Guadalquivir) fra questo e l'Ilipula.
Quest'altura continua è ricca di miniere, che buon'ora vi chiamarono popoli traffi-
canti, come Focesi, Rodj, Massalioti, Zacintj, Fenicj. Gades, principal banco de' Fenicj
nella Betica, preponderò sulle altre, ma Cartagine venne dominatrice delle città litorali;
poi Amilcare, .\sdrubale, Annibale (236-219) conquistarono anche l'interno. Le tribù
di là dal Duero e nella valle superiore dell'Ebro, bellicose e ineducate, fecero sempre
parte da sé, e conservaronsi libere fin ad oggi. Del resto Cartagine comandava ai mon-
tanari della parte orientale dei Pirenei e dell'ldubeda, a quei dell'Ortospeda e dell'lli-
pula, alle genti delle grandi valli dell'Ebro inferiore, del Beti, dell'Anas, del Iago, della
sinistra del Duero.
I. Ne' Pirenei orientali da occidente in oriente si trovavano:
a. i Ceretani all'oriente de' Vasconi;
b. i Castellani ;
e. gVIndigeti sulla costa e nei valichi delle montagne, sul cui territorio i Massalioti
aveano fondato Emporia (Ampuriasj, e i Rodiani Rodes (Roses).
d. Al sud de' precedenti erano i Laceiani , e gli Ausetani, nel cui paese trovavasi
Bcecula.
e. Sul litorale sud-est abitavano i Laletani, di cui erano Barcino (Barcellona), fatta
poi colonia romana.
II. Nella valle inferiore dell'Ebro :
a. Sulla sinistra gVllergeti di molte e poderose città fra l'Ebro e i Pirenei, quali llerda
(Lerida), Osca (lluesca), Atanagia forse capitale primitiva.
b. Sul corso inferiore dell'Ebro i Cosetani, capitale Tarraco (Tarragona , una delle
più antiche colonie fenicie in Spagna; e più in giù
e. GV llercaoni, con Dertosa (Tortosa) e IntibUis.
d. Sulla destra, al nord ovest e al sud degl'Ilercaoni stavano gli Edetani, nazione
poderosa che possedeva quanto è fra il mar Balearico, gl'llercaoni, l'Ebro e l'Idubeda,
dal Salo fino al Turi. Città Salduba, nominata poi Ccesaraugusta (Saragozza) quando fu
colonizzata nel 2G av. C. ; Ibera distrutta dai Romani nella seconda guerra punica.
Greci di Zacinto e Rutuli di Ardea aveano sulla costa fondato Sagunto presso al mare.
III. Sul pendio orientale dell'Ortospeda e dell'llipula, dal nord al sud fra le montagne
incontravansi: ,
a. i Lobetani piccola gente.
b. gli Olcadi, più forti, colle città di Carteja e Munda, e che forse furono poi confusi
nel nome slesso cogli Oretani.
e. Sul litorale i Contc^tani al sud del Sucro , ove Asdrubale fondò Cartagine nova
(Cartagena)', che poi divenne colonia romana; la quale, posta al centro del litorale
della penisola sul Mediterraneo, col porto più sicuro della Spagna, con miniere sì ricche
che una sola rendeva ad Annibale trecento libbre d'argento il giorno, e colle forti mura,
154 GEOGRAFIA — EPOCA QUARTA
parve opportuna ai Barca per formarne il centro d'una nuova dominazione che medi-
tavano contro la madre patria.
d. Al sud de' Contestani erano i Bastitani.
e. Più al sud fra l'Ilipula e il mar Ibero sin alla rupe di Calpe, con Bigerra e Basti
(Baza), i Basiuli, mescolati di buon'ora con coloni fenicj , sicché gli altri Ispani non li
riconoscevano fratelli. I.a loro costa era coperta di colonie straniere, quali Malaca,
Carteja, Calpe fondata da' Fenicj, ^òdara (Adra), la più occidentale colonia focese.
IV. Nella valle superiore del Beli stavano i Turduli , e nell'inferiore i Turdetani , le
cui principali città sorgeano sul fiume, come llitufgis, Corduba di gran commercio, e
fatta poi colonia romana; come Hispalis (Siviglia) aventi leghe dal mare; poi all'estre-
mità Gades^ metropoli delle colonie fenicie di Spagna , e cui Cesare concesse diritto di
cittadinanza.
V. L'Anas, traversato il paese degli Oretani, passava per quel dei Celtici, e lambiva
al sud quello dei Cunici. 1 primi stendeansi sulla destra dell'Anas fino al Iago, e sulla
sinistra fino al monte Mariano. Città principali Pax Julia (Baja), Ebora (Evora), Moron
piazza d'armi dei Romani nelle guerre di Lusitania. Capitale dei Cunici o Cinesj era
Cunaca.
VI. Sul Iago abitavano tre popoli: Carpetani verso le sorgenti, Vettoni a mezzo, Lu-
sitanì sulla parte inferiore e sulla costa: capitale la piccola ma forte Toletum ; la vasta
Ilelinantica (Salamanca) nell'altura che separa quel fiume dal Duero; e Olisippo (Lisbona)
alla foce del Iago.
VII. Ad occidente degli Arevachi rimasti indipendenti, verso le fonti del Duero, sta-
vano i potenti Vaccej , che coi Carpetani e li Oleadi opposero centomila guerrieri ad
Annibale, il Duero nel basso corso separava Vettoni e Lusitani da' Bracari, tribù gallica
che sembra possedesse alcune città al sud d'esso fiume. Città dei Vaccej erano Albocela
(Villa Fasilla), e Pallentia.
vili. Sul pendio occidentale delTOrtospeda sedevano i Ceìtiberi al nord, gli Oretanì
al sud. Nel paese de' primi nascevano il Duero, il Iago, la Guadiana, sicché facilmente
comunicavano coi varj popoli della penisola, il che, unito alla loro valentìa, li faceva
il popolo più temuto di Spagna. Arevachi, Beroni, Pekìidoni, Lusoni al nord. Belli e
Tittiani al sud erano tribù cellibere, di cui sol l'ultima soccombette ai Cartaginesi. Città
principali dei Ceìtiberi erano Contrebia verso Albarracin, Bilbilis verso l'Ebro, Sego-
briga: degli Oretani, Castula (Cazorla), e Bigerra} (Becerra).
Isole Pei trattati del 241 e 237, perduto due terzi della Sicilia e le isolette vicine, la Sar-
degna e il più della Corsica, restavano a Cartagine, al principio della seconda guerra
punica, tutte le isole del Mediterraneo occidentale, e quelle tra l'Africa e la Si-
cilia, cioè :
a. Sulla costa di Spagna l'isola d'Ercole rimpetto a Cartagine, Planesia nel golfo
Ulicitano, Plumbaria presso il promontorio di Diana, Alona in faccia alla città d'ugual
nome, Colubraria poco lontano dalla costa degli Edetani.
6. In alto mare le Baleari, Majorica con molte città e princijialmente Palma; Mino-
rica; e al sud-ovest di esse le isole Pitiuse (Iviza e Formentara), nella più grande delle
quali i Cartaginesi avevano fondato la città di Erezus, rinomata pel sicuro porto come
Palma.
e. Sulla costa d'Africa nomineremo da occidente in oriente Hidras, Calata rimpetto
a Trabaca, Draconthius al sud della Sardegna, le Are d'Egimuro 30 miglia da Carta-
gine, i due scogli di Larmiesiw rimpetto a Tunisi, Lopadusa (Lampedusa) in faccia a
Tapso, Elhusa al nord della predetta, Cercina con città e porto, Menix sulla costa dei
Lotofagi, Misynus, Ponlia, Cada nella grande Sirti.
d. Fra la Sicilia e l'Africa Cossyra (Panlalaria) , Lampas, Gaplos e Melita (Malta),
principale officina de' tessuti cartaginesi, e porto buono.
§^7. — Viaggio dì Annone.
Biferiamo la descrizione del viaggio di Annone cartaginese, probabilmente figlio del-
l'Amilcare morto in Sicilia nel 480, quale si trova nel voi. i dei Geografi greci minori:
VIAGGIO DI ANNONE 1S5
n I Cartaginesi risolsero clic Annone navigasse di là dalle Colonne, e vi fondasse
città tibie fenici. Annone pose alla vela con ..una flotta di sessanta legni da cinquanta
remi, carichi di trentamila uomini e donne, provigioni ed altre necessità.
« Entrati nell'alto, e navigato due giorni fuor dello Stretto, fondammo una città chia-
mata J/ìj//»2<7/erjon ; aveva a lato una gran pianura. Di là continuando ad occidente,
arrivammo al capo di Libia detto Soruc, coperto di folti boschi, e v'alzammo un temi)io
a Nettuno. Poi una mezza giornata navigamnìo verso oriente, finché venimmo a uno
stagno vicino al mare e pieno di giunchi ; quantità di elefanti e altre bestie vi strameg-
giavano. Costeggiammo per una giornata questo slagno, e fabbricammo sul mare delle
città che chiamammo Caricum-Teichos, Gytte, Aera, Melitta, Aravibe.
« Continuando, giungemmo al gran fiume IJxo, che viene dalla Libia. Sulle rive di
questo i Lixiti nomadi pascolavano gli armenti: vi dimorammo alcun tempo, con-
traendo con essi alleanza. Sopra di loro vivono Etiopi selvaggi in paese montuoso e
pieno di belve, ove il Lixo ha sorgente. Le montagne erano abitate da Trogloditi di
strana sembianza, che al corso vincevano 1 cavalli , per quanto diceano i Lixiti. Presi
interpreti tra i Lixiti, seguimmo per due giorni una costa deserta che stendeasi a mez-
zodì. Piegando poi ad oriente, in un giorno di navigazione, trovammo al fondo d'un
golfo un isolotto del circuito di cinque stadj, che chiamammo Cerne, e vi piantammo
coloni.
« A Cerne calcolammo la via fatta, e trovammo che quest'isola era all'opposto di Car-
tagine riguardo alle Colonne; giacché la nostra navigazione da Cartagine alle Colonne
era durata quanto dalle Colonne a Cerne. Risalendo un gran fiume detto Chretes, giun-
gemmo ad un lago ov'erano tre isole più grandi di Cerne; e arrivammo al suo fine
navigando una giornata.
« Quivi sorgevano alte montagne abitate da gente Sflvaggia, vestili di pelli di firre,
e che avendoci assaliti a sassi, ci costrinsero a dar indietro. Entrammo poi in un altro
fiume, larghissimo, pieno di cocodrilli ed ippopotami. Di là ci tornammo a Cerne. Da
Cerne riprendendo via a meriggio, vogammo dodici giorni lungo la costa abitata da
Etiopi, che parevano evitarci, e fuggivano al venir nostro. 1 Lixiti nostri interpreti non
ne capivano il linguaggio.
« il dodicesimo giorno ci trovammo vicini a grandi montagne vestite d'ogni sorta di
alberi fragranti : navigato due giornate, eccoci in un immenso golfo cinto di pianure;
la notte si vedeano da ogni parte sfavillare fuochi or più or meno elevati. Facemmo
acqua, e costeggiato cinque giorni il golfo, arrivammo a una gran baja , che i nostri
interpreti chiamarono Corno di ponente, {s'intenda non promontori ., come fecero Gos-
selin e Bougaiìiville, ma fjracci di fiumi). Era in esso una grand'isola, ed in questa un
lago salato, che comprendeva un altro isolotto. Presa terra, non vedemmo tutto il
giorno che foreste; ma la notte vedemmo brillare molti falò, e udimmo risonar (lauti,
cimbali, taballi ed urli spaventosi, onde restammo atterriti, ed i nostri indovini c'im-
posero di lasciar tosto l'isola.
« Partiti, vogammo lungo una costa arsa, detta Tymiamala, donde torrenti di fuoco
sboccavano per tutto il mare; il suolo v'era sì bollente, che i piedi noi comportavano.
Ci ritirammo subitamente, e per quattro giorni che restammo al largo, la terra ci parve
tutte le notti piena di fuochi. Di mezzo a questi ne sorgeva uno maggior degli altri; e
sembrava giungere alle stelle: ma di giorno non si discerneva che un'alta montagna
detta Carro degli Dei.
« Perire giorni passammo presso questi fuochi, poi arrivammo a una baja detta Corno
di mezzodì. In fondo a questa sedeva un'isola, che anch'essa conteneva un lago, dove
un altro isolotto abitato da selvaggi. Le donne, maggiori in numero degli uomini, ave-
vano il corpo villoso, e i nostri interpreti le chiavano gorille. Non potemmo pigliare
nessun uomo, perchè fuggivano traverso ai precipizj , e si difendevano a pietrate; ma
ghermimmo tre donne: rompevano esse i lacci, mordevano, graffiavano furibonda-
mente; perciò noi le uccidemmo, e scuojate, ne riportammo la pelle a Cartagine. Non
potemmo procedere più oltre per mancanza di provigioni ».
Fin qui la narrazione. Dalla cui semplice lettura appare , che non è una relazione
di viaggio qual noi l'intendiamo, sibbene un monumento della spedizione, scolpito in
un tempio principale; e di fatti v'è sottoscritto* Periplo d'Annone, che lo espose nel
1B6 GEOGRAFIA — EPOCA QUAUTA
tempio di Crono. Era usanza conuine ai Cartaginesi di porre ne' tempj sifTatte memorie
di loro imprese.
Sarà stata in punico, ma un Greco innominato la voltò in greco: forse un mercante,
certo un indotto, cbe in parte l'alterò, in parte l'alterarono i lunghi anni, traverso ai
quali è gran meraviglia cbe siasi conservata. Le alterazioni però non autorizzano a
negarle fede.
Moltissimi critici vi lavorarono intorno; e chi la fa risalire alla guerra di Troja, chi
la pone ai tempi d'Alessandro Magno, chi a quei d'Erodoto, forse con miglior ragione.
Disputano anche fin dove giungesse questa navigazione, lasciata incerta dall'avere il
traduttor greco ora accennate or taciute le giornate, che nel testo non saranno mancate
mai. Possono vedersi le opinioni loro riassunte in Mai.tebuln, Histoire ile la Géotjra-
phie, lib. IV, pag. 85 e seg. ; ediz. di Parigi 'I83G; e in Hi:eren, Idee sulla politica e
sul commercio cartaginesi. Pare che il paese del fuoco sia la Senegambia, la cui natura
mostrò Rennel come ben s'accordi coi fenomeni veduti da Annone.
g 8. — Marcia di Annibale.
Annibale, come capitano di ventura, con forze proprie combatte nella seconda
guerra punica, e reca il terror dell'armi sue (ino all'estremità dell'Italia. Invece d'una
spedizione per mare, l'assale per terra ; nel santuario di Gades offre sacrifizio al dio
nazionale Ercole Fenicio; poi movendo da Cariar/ena, traversa le città di Ihiar, Ilici,
Aspis, Adsllum, ad Statua^, Suerun, Saguntum dianzi da lui distrutta, Sepelarum,
Uduba, Ildum, Intibilis; passa l'Ebro fra Tortosa e il punto ove esso fiume si divide;
lambisce le città iVOkaslrum, Tarracoti, Cartago vetus , Barcino ; poi staccandosi dal
litorale, procede verso le montagne per Prcelorium, Seterrce, Vocone, Gerunda, Cinniana,
Juncaria, Declaìia^ e pel promontorio Cervaria entra nelle Gallie, dopo un viaggio di
quasi eoo miglia.
A Ruscino adunansi i capi Galli, che gli consentono libero il passo ; onde egli avanza
verso il Rodano per liliberis, Ruscino., Combusta, Salsulce, JXarbo, Beterrce, iSextaritio,
Ambrussum, lungo il golfo di Gallia. Qui volta a settentrione, traversa Nemausus, e
passa il fiume all'altura d'/trousjo (Orangej, dissi|)ando la resistenza de' V old Ar ecomici.
Allora in su pel fiume alla riva sinistra, onde evitare l'esercito di Scipione sbarcato a
Marsiglia, per Senomago, Acunum^ Valentia, legna, L'rsoke, Figlinai, giunge a Vienne;
poi piega ad oriente verso Burgusium e Augustum nella valle del Rodano.
Quivi arrestalo dalle alpi Graje e Pennine, per cercare un passo più agevole, calasi
al sud sino ad Eburodunum (Embrunj per Morginum, Catoriasium, Mellosectum , Du-
rotracum, Stabatio, Vapincum (Gap), Caturiges.
Gli storici retori non rifinano di parlare del difficilissimo passo delle Alpi, per le
quali, dice Cornelio Nepote, non era venuto nessuno dopo l'Ercole Grajo, e appena
vi potea passare un uomo disimpacciato, non che un esercito. Consta invece, da' loro
stessi racconti, che erano popolatissime, e que' montanari servirono di guida all'av-
venturiero.
Da Embrun risale al nord, e per Rama, Brigantia (Brianron), Ocelum (Oul.\) entra
nella valle della piccola Dora. Disputatissimo è il luogo dove realmente varcò l'Alpi
Annibale, quali ponendo il Monginevro, quali il Monviso, (|uali il Cenisio , quali il
Piccolo 0 il Grande Sambernardo; e in conseguenza variando tutti l'itinerario da Ro-
queraaure ove passò il Rodano, fin al suo arrivo a Torino ; dove cinque mesi dopo
mosso di Spagna, arrivò con venliuìila fanti, di cinrjuanta che n'avea. Al Ticino
(a Pavia o a Sesto Calende) vince i Romani, poi passa il Po presso Clastidium , uc-
cide trentamila Romani presso la Trebbia, e lascia dai Cisalpini saccheggiare Victumvice.
Svernato nelle ricche pianure del Po, la primavera del ili valica gli Apennini ,
passa l'Arno presso la cittadina delta ad Aquileja, e con gran fatica traversale le ma-
remme dell'Arno e del Clanis, balte Flaminio ai Trasimeno, e non osando assalire la
ben munita l'ioma, volgesi all'est verso l'Umbria, e costeggia l'Adriatico. Non avven-
turandosi a tentare il cuor dell' lliilia ben riparato, desta nella Magna Grecia le mal so-
pite ire degli antichi Uali contro Rouìa. Tutto allora va in marcie e ritorni, e operazioni
AFRICA E SPAGNA NF.L Ì4G AV. C. 157
Strategiche d'ogni modo, e assedj delle cillà di Campania, del Sannio meridionale,
della Magna Grecia, consumandovi qualtordici anni: a Canne in riva all'Aufido rompe
affullo i Romani ('2Ì6) , ma la loro costanza alfine trionfa. Portasi allora la guerra in
Africa, e Cartagine stessa è vinta e distrutta (140).
§ 9, — Africa e Spagna al fine delle guerre puniche.
Caduta Cartagine, la Zeugitana e le poche città marittime del sud est che le erano
restate, vennero ridotte a provincia. A questa, dopo la caduta di Giugurta, furono riuniti
molti cantoni dell'antico regno numidico di Massinissa. La Numidia e la Mauritania
conservaronsi buona pezza indipendenti, con re indigeni.
La Numidia stendeasi dalla Tusca alla Malva, ed era dall'Ampsagas divisa in dueNumi.lia
parti, l'occidentale abitata dai Ma^sesilj sudditi di Siface, l'orientale dai Massilj sud-
diti di Massinissa. Dopo la battaglia di Zama (202), quest'ultimo riunì le due Numidie,
facendo capitale Cirta, città forte sopra un'altura dirupata, che più tardi ebbe dai
Romani colonia e il nome di Costantina. Hippo Regius (Bona) era il porto principale
della Numidia raassesiliana ; la ricca e grande città di Siga era residenza di Siface,
poi colonia romana (presso Tlemecen) ; Portus Magnus era il migliore di quella costa
(Merzel-Kibir).
La Mauritania, regno di Rocco, confinava al nord col Mediterraneo, ad ovest Mauritania
coll'Atlantico, al sud colla Getulia, all'est col fiume Malva o Molocath. Cillà principale
n'era Tìngis (Tanger) sullo stretto d'Ercole.
La Cirenaica, detta anche Penlapoli per le cinque sue grandi città di Berenice, CWermìca
Arsinoe, Tolemaide, Apollonia, Cirene, fu legata ai Romani dall'ultimo suo re Apione
nel 96, ma solo nel 66 il senato la ridusse a provincia, unendovi Creta, conquistata
quell'anno da Metello.
Quanto alla Spagna, quattro anni dopo finita la seconda guerra punica, il senato la
divise in due provi ncie. Citeriore all'est {Tarraconense), e Ulteriore al sud-ovest {Lusi-
tanta e Betica), con due pretori che la governassero. Ma ben tosto una generale solle-
vazione ruppe il giogo, e un secolo di guerra si volle perchè, presa Numanzia ,
sottomessi i Celtiberi dell'ldubeda, i Galleci e i Vaccej, potesse dirsi vinta. Pure con-
servaronsi indipendenti ancora i Guasconi fino a Pompeo, gli Asturi e i Cantabri fino ad
Augusto.
La Spagna romana, oltre i popoli già soggetti a Cartagine, abbracciava
a. 1 Gallaici all'estremità nord della penisola (Galizia), divisi in Bracarli al sud fra
il Duero e il Mino, e Lucemes al nord, quelli di ventiquattro, questi di sedici genti ;
colle capitali Bracara (Braga) al nord del Mino, e Lucus (Lugo) all'estremo della gran
catena de' Pirenei. Sul territorio de' Lucensi , verso il promontorio ^"erio , abitavano
molte genti celtiche, di cui la più considerevole erano gli Artabri.
b. I Vasconi ne' Pirenei, fra i Cantabri all'ovest, e gl'Ilergeti all'est. Capitale Cala-
gurris (Calahorra) suH'Ebro, città importante, la cui presa terminò la guerra di Serto-
rio (72j; poi fu colonia romana.
e. 1 Celtiberi dell'ldubeda, cioè gli Arevachi, capitale Numanzia sopra un colle ba-
gnato dal Duero, e i Pelendoni, i Beroni, i Lugani.
d. Le isole Baleart, assicurate ai Romani dalla spedizione di Metello e dalla fonda-
zione di Palma e Pollèntia in Majorica.
§ 10 — Gallia Cisalpina.
Dopo la prima guerra punica, Roma cominciò la conquista della Cisalpina; ma inter-
rotta da Annibale, non potè avere che poche città ove pose guarnigioni e colonie.
Furono nel 224 .l/u//na, Clastidium, Tannetum; nel 218 Placeìitia e Cremona, propugna-
colo dell'Alpi. Più tardi furon poste colonie ad Asta Colonia, Dertuna per Emilio Scauro;
lìhegium Lepidi per Emilio Lepido; Taurasia per Augusto; Vibri forum, Colonia, Laus
Pompeja pel padre di Pompeo Magno; Verona, Ateste, Concordia, Forum Juiii, Emoni
fra Veneti, Tergeste nell'Istria, per Vespasiano.
1^8 GEOGRAFIA — EPOCA QUARTA
Inoltre! Romani possedevano parte del territorio senone al nord del Rubicone;
alquante terre di là dal Po, avute dai Galli per la pace del 222; tutta l'Istria, occupata
nel 221, donde padroneggiavano quell'entrata d'Italia, e dall'llliria minacciavano le
Provincie macedoniche.
Col pretesto di vendicarsi del favore dato ad Annibale, Roma rinnovò guerra all'Italia
superiore per trentasette anni (200-'165), colla quale prese le Alpi a barriera, e spedì
molte colonie, e moltiplicò le strade. Nel 161, seimila famiglie crebbero le antiche co-
lonie di Cremona e Piacenza; tremila uomini ricevette Bologna nel 189; ventimila
Parma, e altrettanti Modena nel 184. Cosi munitisi centra i Boi, duemila coloni spedi-
rono (184) ad Aquileja per vigilare sulla Venezia; altrettanti a Lucca (178) contro i
Liguri; più tardi a Tortona, freno della Liguria interiore, mentre Cajo Sestio fondava
ad Aquas Sexlias la prima colonia fuor d'Italia per frenare i Liguri della Gallia (122j.
È il paese ove furono sconfitti poi i Galli da Mario. Dopo di che Eporedia (Ivrea) ,
chiave dell'Alpi pel frequentato passo della Dora grande, ebbe l'ultima colonia che
Roma fondasse per intento i)olitico ; giacché le successive erano ricompense date ai
veterani. Dopo la disfatta de' Cimri (101), la Cisalpina e l'Italia furono ridotte a
provincia.
g Jl. _ Sicilia.
Quando scoppiò la prima guerra punica, Cartagine possedeva due terzi della Sicilia,
restando a Cerone le coste orientali, e ai Mamertini la città di Messina. Non bene deter-
minarsi può il limite fra i territorj de' Cartaginesi e dei Siracusani, ma pare apparte-
nesse a questi il paese a levante de' monti Herei e del fiume Herminus che rimase
indipendente nella pace del 241, quando la Sicilia cartaginese cadde ai Romani.
Ivi erano
a. Sulla costa meridionale da oriente ad occidente, Camarina all'ovest dell'Ermino,
Àcrilke sul Drilon, Gela presso il fiume del nome stesso, Achetuin (Alleata), Dcedalium
(Castel di Palma), Agrigentum (Girgenti), tra il quale e Gela trovasi il monte Ecnome ;
Heraclea lUinoa, Selinus (Torre di Polluce), Mazara.
b. Sulla occidentale, Liltbeo, a venti leghe dall'Africa, e perciò importantissimo ;
Drepanum (Trapani), Eryx (Trapani al monte).
e. Sulla settentrionale, da occidente in oriente, Segesta sullo Scamandro, Parthenicum
sul Telmisco, Hiccara, Ercta (Iraci), Panorunis (Palermo), cioè iutto porto, detto così
a cagione dell'ampiezza del suo porto allo sbocco dell'Oreto ; Solunlum (Solante), Hi-
mera allo sbocco d'un fiume d'egual nome; distrutta dai Cartaginesi, fu ricostruita
sulla destra d'esso col nome di J/iermce (Termini); Cephaledium (Cefalù\ Alesa (Torre
di Pitineo), Calacte, Agathirna (Sant'Agata), Aluntium (Capo di Orlando), Bricinnice
(Brizzi), Tyndaris (Santa Maria in Tindaro), MìjIcb (Milazzo), Artemisium o Fanum
Diame, Facellincs, Abaccenuvi (Pace), Nautochus. Poi di là dal promontorio Pelerò,
Messaìia sullo stretto di Messina; nell'interno Enna in Val di Noto, sopra una mon-
tagna centro dell'isola, e col celebre tempio di Diana ; Engioìi a pie de' monti Nebrodi
(Cangi Vetere) al nord-ovest di Enna ; Erbita (Erba Spina) al sud-est, fra i monti Erei ;
Camicos all'occidente dell'Imera, vicino ad Agrigento (Camastro); Erbessus e Inyx al
nord d'Agrigento; Entella al nord-ovest di Selinunte, come Icrta (lato). Macellagli
nord delle predette; Triocale fortezza sul Cremissus, Ancijra sull'alto Imera (Fiume
Grande).
La Sicilia fu la prima ridotta a provincia, essendo omai Roma abbastanza forte
per non voler più alleati, ma sudditi e provinciali. Alcune città ottennero privilegi,
come Tauromenium ch'ebbe titolo di federata e di colonia, Catania, Panormus, Termo::
arte solita di Homa per eccitare le gelosie.
Anziché ia seconda guerra punica finisse, Roma prese possesso degli antichi Stati di
Cerone, di cui erano confini all'est i monti Erei e il fiume Erminio. Colà dal nord al
sud si trovarono Tamaricio, Palma, Catlipolis, Tauromenium (Taormina), Naxos, Catana
alle fidde dell'Etna ; Morgantia, Leontini (l.entini) nel campo de' Lestrigoni, Xiphonia
(C;ipo Santa Croce), Megara già detta Hgbla Parva, Thapfius s'una penisola, Myke
(Melili). Siracuice divisa in cinque città separate da forti mura : cioè Visola Ortigia
SARDEGNA E CORSICA d59
ove il palazzo di Cerone, molti lempj e la fonte d'Aretusa; VAcradiìia, parte più bella
e più forte delia città; Ticha la più popolata; VEpipoli sopra una collina scoscesa che
dominava la parte occidentale della città; e Neapolis. Inoltre Dascon sul promontorio
Pleiìimyrium; Helorum e Motya presso il capo Facilino. Sulla costa meridionale fra
questo capo e l'Ermio, Eclissa o Plaga Herceo. Nell'interno dal nord al sud, Elna,
jdranum (Aderno), Hybla Major (Paterno) rinomata pel micie, Herbessus (Grutti presso
Lentini), Aeree (Palazzola), Neetum (Noto Vetere), Casmena (Cacciola) al nord-est di
Plaga Heraeo, Mutyca (Modica) al nord-est di Acri, Hercea Hybla (Chiaramonte) nei
monti Erei. Tutte furono annesse alla provincia siciliana.
• § 12. ■ — Sardegna e Corsica,
Le due isole di Sardegna e Corsica, medie fra l'Italia, la Calila, la Spagna e l'Africa,
dovettero buon'ora stimolare l'ambizione romana : e Cartagine che, uscendo della prima
guerra punica, le aveva conservate, dovè cederle nel 237 acciocché Roma non desse
mano ai mercenari rivoltati.
Nella Sardegna, abitata già da Iliani, Tarati, Sossinati, Balari, Aconiti, fiorivano
molte città, fra cui Caralis o Calaris (Cagliari) al sud, sopra ampio golfo, fondata dai
Cartaginesi; Olbia a\ nord, Cornus (Corneto) sulla costa occidentale, a qualche tratto
dalla riva ; \ova (Nurri) al nord di Corno, Ilienses (Iliola) al sud di Cornus, Balari
(Porta Paglia), Sala colonia cartaginese all'estremità sud ovest dell'isola.
La Corsica al tempo di Plinio chiudeva trentatre città, di cui le più importanti
erano :
o. Sulla costa orientale dal nord al sud Clunium (Santa Caterina) presso il promon-
torio Sacro; Nicea fondata dagli Etruschi sul Colo, detta Mariana Colonia quando Mario
la colonizzò , Aleria Colonia fondata dai Focesi allo sbocco del Tavignano ; Siracusa-
nus Porlus (Porto Vecchio), Palla (Porto Palio).
6. Sulla costa occidentale Alalia Urcinum (Orcine) , Attium (Ajaccio), Marianum
(Castel-campo di Moro).
Colla pace del 241 Cartagine cede tutte le isolette fra la Sicilia e l'Italia, cioè: 1° Le
Eolie Strongyle (Stromboli), Phcenicusa (Felicudi), Ericusa (Alicudi), Euunimos (Panaria),
Didyme (Salina), Hycesia (Lisca Bianca), Basilidia (Basiluzzo), Osteodes Biera che sorse
dal mare nel 183, Lipara, la più grande, già stazione dei pirati etruschi, e trafficante
di bitume. 2" Le Egati verso il Lilibeo, Phorbantia (Levanzo), ,Egusa (Favignana),
Hiera (Maretimo). 5" L'isola d'Ustica ad occidente delle Eolie.
§ 13. — Grecia, Illiria, Macedonia.
Domata Cartagine, Roma rimane incontrastata dominatrice dell'Occidente, onde ri-
volge le armi e la politica verso Oriente.
La Grecia era formata di ventotto Stati, che, se avessero ristretta la federazione loro
e postala sotto l'autorità militare della Macedonia, poteano certo resistere ai Romani:
al contrario ebbero gelosia di quella per memoria dell'antica dominazione, e così Roma
potè profittarne per soggettarsele divise.
La Macedonia era cresciuta rapidamente dopo la battaglia d'Ipso, fin a padroneggiare
su quasi tutta la Grecia. Etolj e Lacedemoni aveano sempre conservato la libertà; Te-
bani. Ateniesi, Megaresi, Focidesi, Achei, Argivi la ricuperarono ben presto.
Antigono di Goni tornò in grandezza la Macedonia; ma gli Etolj ben presto l'ebbero
superato. Al re e al popolo, minacciosi all'indipendenza di Grecia, s'oppone Arato,
che frange la potenza macedone nel Peloponneso, libera Corinto, Megara ed altri paesi,
dei quali forma una robusta confederazione, detta la lega Achea (281).
Presto la lega Etolia, che con essa erasi confusa, torna a meditare ingrandimenti nel Leghe
Peloponneso, invano assistito da Filippo HI di Macedonia; fra le quali discordie Roma «^"'""'cbe
spedisce le sue legioni (215).
Come colle leghe avea cominciato, così colle leghe finì dunque la Grecia : poiché i
460 GEOGnAFIA — EPOCA QUARTA
popoli dell'Eliade e del Peloponneso si strinsero in federazioni per respingere la signo*
ria romana; se non che rivivendo tra loro le niinicizie di paese, indebolironsi a vi-r
cenda, e divennero stromento d'oppressione al senato.
a. La Lega Achea comprendeva il nord e il sud-ovest del Peloponneso; cioè Dime,
Patrasso, Tritea, Phares, .Egio, Dura, Cerinea, Sicione, Corinto, Megara, Trezene, Epi-
dauro, Cleone, jMegalopoli, Argo, Demione, Fliunte, la Messenia, l'isola d'Egina.
b. La Lega Etolia abbracciava l'Etolia propria, capitale Termo; la Tessaglia meri-
dionale, cioè le città d'Eraclea, Lamia, Hypata ; Naupatto in Locride, Figalea in Arca-
dia, Tegea e Mantinea, e l'Acarnania meridionale, mentre la settentrionale era occupata
dagli Epiroti.
e. La Lega Beolica, in cui tutta la Beozia antica.
d. Le ventidue città della Focide, i cui membri si raccoglievano nel Phociseum,
vasto edifizio sulla via tra Delfo e Dauli.
e. Il varj popoli Acarnani, che raduoavansi a Turio e a Leucade loro città principali.
f. In Epiro i Molossi, i Caoui, i Tesprozj, abolita la monarchia alla morte di PirrolU
(229), unirono le settanta loro città in federazione, e tenevano le assemblee a Fenice.
Al tempo dunque dell'invasione de' Romani tal era la geografia politica dell'impero
macedone :
Grecia I. In Grecia, la Macedonia preponderava dall'Orbelo al mar di Creta, indarno
contrastata dagli antichi repubblicani dell'Eliade e del Peloponneso. Essa sola poteva
tener testa ai Romani, e avea per confine al nord i monti Scardj e Orbelo, all'est il
paese solcato dallo Strimone sin al fiume Nesto, all'ovest il lago Licinde, al sud il mar
Egeo: teneva soggette la Tessaglia e l'Eubea, guarnigione all'Acrocorinto e ad Orco-
mene, e alleanza con tutti i popoli greci, eccetto gli Elei, gli Spartani, gli Ateniesi, gli
Etolj e gli Atamani che stavano fra la Tessaglia, l'Epiro e l'Etolia.
Ma l'Olimpo e il Pindo piìi non proteggevano la libertà, anzi davano asilo a una folla
di tirannelli. Nella Tessaglia figurarono nelle prime imprese dei Romani contro Filippo,
Larissa capitale, presa da Flaminio dopo la giornata di Cinocefalo, valle posta al suo
mezzodì ; Falena dalla cui presa cominciò la fortuna de' Romani; Demetriade, ultima
che resistette a Flaminio. Molte piazze forti v'avea pure, principalmente Metropoli.
Di là dal Pindo s'aprivano le valli dell' £'p«ro, sottoposte anch'esse alla Macedonia.
Fra quei popoli i più importanti erano gli Atamani, con cui sovente s'erano confusi i
Molossi e Tesprozj antichi. La vittoria della gola d'Antigone, vicin dell'Aoo, aperse ai
Romani l'Epiro.
Al sud di questo era V Acarnania, capitale Leucade, sopra un'isola d'ugual nome; i
cui abitanti furono ultimi a lasciare il partito macedone,
L'Acheloo separava dull'Acarnania V Etolia, che aveva all'est la Locride Ozolia, al
nord il monte Ótro, al sud il golfo di Corinto. Gli Etolj collegati sperarono coH'ajuto
de' Romani predominare, e perciò li favorirono. Principale loro città era iSauputto s,u\
golfo.
All'est dell'Etolia era la Focide, anch'essa obbediente ai Macedoni che teneano guar-
nigione in Elatea. Ivi era Delfo, città santa, presso le cui alture i Galli furono rotti,
prima d'andar a piantarsi nelle pianure di Frigia. Alla Focide facevano corona i Lo-
cresi Ozolj e Opunzj, le cui città Oponto e Anticira appena resistettero alle legioni
romane.
Senza ostacolo cadde in mano di Flaminio la Beozia, all'est della Focide.
\j Attica, al sud della Reozia, aveva da buon tempo cangiato la vita politica in voluttà
e dispule filosofiche, né più curava la gloria delle lettere né il vanto della libertà.
Nella Penisola molti popoli obbedivano a Filippo III di Macedonia; cioè V Acaja, ca-
pitana degli altri paesi per situazione geografica come per prevalente influenza, e che
fu centro della lega Achea. Ora, per salvare l'indipendenza nazionale, sosteneva Filippo,
che teneva guarnigione in Corinto; dove poi fu proclamata bugiardamente la libertà
della Grecia. Arato, eroe d'essa lega, nasceva in Sidone.
Al sud-est VArgolide, incerta ne' suoi procedimenti, ma facilmente occupata dai
Macedoni.
All'ovest di questa V Arcadia, f|uasi sempre consorte di casi coll'Acaja. Guarnigioni
macedoni slavano nella città di Megalopoli, Erea, Orcomene.
GRECIA, ILLiniA, MACEDONIA 101
Al sud dell'Arcadia la Messenia lenevasi, per la sua posizione, quasi fuor di contesa.
Questi paesi riconoscevano l'autorità militare di Filippo, e avrebber potuto sostenere
la causa nazionale se uniti. Quanto aW Elide, come vicina all'Etolia e soggetta alla sua
influenza, si congiunse ai Homani ; e presso Elis sua capitale, Filippo andò sconfitto
dalle legioni romane.
La Laconia, scaduta dalla fierezza e magnanimità antica, serviva al tiranno Nabi,
che volca consolidarsi appoggiandosi ai Romani.
L'isola A'Euhca nell'Egeo sorresse costante il partito di Filippo, difendendo Calcide
sua capitale. Orca cadde prima in potere di Flaminio, poi l'altre città di Carisio ed
Eretria.
IL Fra i monti Bcbio, Candavi ed Acrocerauni, e l'Adriatico si estende l' Illir ia , iiiiria
ove prima i Romani entrarono di verso il nord. Un'altra Illiria, da molto tempo sog-
getta ai Macedoni, toccava all'Epiro e alla Macedonia propria, e dicevasi Illiria greca.
a. Neirilliria propria, dal fiume Arsia al nord, sino ai monti Acrocerauni al sud,
stavano, a pie del pendìo occidentale dell'Albio, i Giapidi, domati soltanto al tempo
dell'impero. I Liburni al sud est dei predetti, avendo Jailera (Zara) per capitale. 1 Dal-
mati al sud-est de' Liburni, suddivisi nelle piccole popolazioni dei Daorizi, Antariates,
Ardcei, Vardcei: in faccia al loro paese era l'isola di Faro, resa celebre da un Demetrio
traditor della patria. I Laheati in riva a un lago d'egual nome, al nord del Drilon. I
Partini coi Taulanti e gli Atinlani popolavano quel che oggi dicesi Albania.
Fra i Dalmati eranvi le città di So/ona da cui i Romani vigilavano l'Illiria, Epidaurus^
Risano, sul golfo di Cattaro, Ulcinium (Dulcigno). Fra i Partini al nord trovavasi Epi-
damno colonia greca, il cui nome parendo di mal augurio, i Romani lo mutarono in
Dyrraclnum (Durazzo), donde movea la via Egnatia. Dimallum, forte, credesi slesse in
riva al Genuso, e fece vigorosa resistenza ai Romani (219). Fra i Taulanti, non lungi
dall'Adriatico, era Apullonia, che Demetrio di Faro assoggettò ai Romani. A pie degli
Acrocerauni, fra gli Atintani, era Oricum (Orto)
ò. Neirilliria greca abitavano i Candavi, i Penesti, i Dassareli: loro città importanti,
Antipatria fra i Penesti, Lichnide sul lago di egual nome, Pelio al sud.
L'ampio golfo tra le due penisole era jìopolato d'isolette, fra cui le principali erano
P/ìaros (Lesina), e Corcijra Nigra (Curzola), detta così per distinguerla da quella nel
mar Jonio. Aggiungi le isole Brattica (Brazza), Issa (Lirsa), Melila (Meleda). 11 golfo
del Quarnero chiamavasi Flanaticus sinus.
Pleurale, re dell' Illiria greca, spogliato da Romani e da Macedoni, non conservò più
che il paese de' Labeati.
III. La Macedonia non avea cambiato delle divisioni e denominazioni precedenti Macedonia
(pag. 128).
§ 14. — Conquiste dei Romani in Grecia.
Lunga durò la guerra de' Romani coi collegati ; ma dopo la vittoria di Cinocefalo
(197), il senato ridusse alle strette Filippo IH Macedone, dichiarando liberi e franchi da
tributo Corinlj, Focidesi, Locresi, Eubei, Achei, Ftioti, Magnesj, Tessali, Dolopi, Perrebi.
Le città di Grecia e d'Asia ov'egli tenea guarnigione, poterono governarsi con pro-
prie leggi, quali erano Eurome, Pedaso, Bargilio, Jasso in Caria; Mirina in Eolia e in
Tracia ; Ahido sulla costa asiatica dell'Ellesponto ; Perinlo su quella di Tracia ; Taso nel-
l'isola del nome stesso, in faccia allo sbocco del Nesto ; Espetia nella Tracia. La tribù
macedone negli Orestini sollevatisi nella guerra, ottenne pure l'indipendenza (193).
Dopo sconfitto Antioco (190), anche la potenza degli Etolj restò distrutta, e il senato
prese possesso di Cefaknia all'entrata del golfo di Corinto (189).
Rotto Perseo a Pidna (168), la .Macedonia e l'Illiria greca cessarono d'esistere come
regni, e furono divise in distretti che doveano restar liberi, a patto di non aver rela-
zione né tra sé, né con stranieri. I quattro distretti macedoni, mediante i quali cono-
sciamo l'estensione successiva del paese, furono : a. Tutto il paese conquistato in Tracia,
fra lo Strimone e il Nesto, capitale A in fi poli ; b. Tessalonica col paese fra l'Assio e lo
Strimone, di conquista anteriore; e. Pella col paese fra l'Assio e il Peneo al sud, fra
l'Aseio e il monte Derno o Bora al nord, cioè l'Emonica primitiva j d. Pelagonia o
Cantò, Documenti. — Tomo I, Geografia politica. il
462 GEOGRAFU — EPOCA QUARTA
Eraclea col resto delle provincia occidentali, l'Eordea, la Lincestide, la Pelagonia, l'Atin-
tania, la Sinfalide, cioè l'Elimiotide. Anche il rejj-no di Genzio fu partito in tre distretti,
e rase le settanta città dell'Epiro (167). Vent'anni dipoi Macedonia e Grecia furon ri-
dotte a provincia.
§ 15. — Asia Minore e Alta.
Nel 200, l'impero de'Seleucidi stendevasi ancora sovra i paesi fra l'Indo e il Medi-
terraneo ; ma varj regni se n'erano formati con terre tolte ai confinanti :
a. Ad oriente il regno di ììattriana, che pare si estendesse dall'Arasse alla foce del-
l'Indo.
6. Al nord-est quei dei Parti, che comprendeva la Partiene e l'Ircania.
e. La Media Atropatene al sud-ovest del Caspio.
d. All'ovest di questo la Georgia.
e. f. L'Armenia divisa in due regni : Grande Armenia dalle montagne della Georgia
al corso superiore dell'Eufrate ; Piccola Armenia all'est della predetta fra l'Eufrate e
la Cappadocia.
g. Regno di Cappadocia.
h. Regno del Ponto sulle coste del mar Nero, unito colla
i. Paflagonia, che verso il 179 formò regno particolare.
l. La Galazia fra la catena che corre dal Sanyario all'Alis al nord, il monte Dindimo
0 Adoreo al sud, il territorio di Tavio all'est, all'ovest quel di Pessinunte, toccando la
Paflagonia, il Ponto, la provincia sira di Frigia, il territorio di Pergamo e la Ritinia ;
onde i Galati poteano mettere a ruha e taglia tutta l'Asia Minore.
m. La Bitinia avea per capitale Nicomedia., fabbricata poc'anzi in fondo al golfo
Astacene.
n. Pergamo nell'antica provincia di Misia.
I successori di Seleuco non bastarono a tener unite sì lontane regioni. E prima, sotto
Antioco li, se ne staccò il regno degli Arsacidi, e le città della Rattriana si rivoltarono.
La Celesiria è occupata dall'Egitto. L'Asia Minore si costituisce in regno sotto Antioco
.Terace ; e tosto i popoli d'Oriente ricuperano l'indipendenza. Antioco III torna all'ob-
bedienza alcuni paesi, ma alfine ne accelera lo smembramento.
Sempre col sistema di proleggere i deboli contro i forti, Roma sostenne i re di Per-
gamo e di Ritinia contro Antioco e i Galati.
Quando re Antioco rimase vinto a Magnesia nella Lidia (190), tali erano i paesi del-
l'Asia Minore e dell'Alta:
a. L'impero de' 5e/euc?c//, fra il Tauro, l'Armenia, l'Atropatene, i Parti, i Greco Rat-
triani al nord; all'est i monti Rarlìitani; al sud il mar Eritreo, il golfo Persico, il de-
serto Arabico; all'ovest il mar Interno.
b. i^a repubblica di Rodi., dov'erano state rinnovate Stratonicea da Antioco Sotero,
e Arsinoe da Tolomeo Filadelfo.
e. Il regno di Pergamo, che comprendeva la Lidia, la Misia, le due Frigie, la Pisidia,
la Licaonia, il Chersoneso di Tracia. Alcune città greche delle coste occidentali del-
l'Asia Minore conservavano una specie d'indipendenza sotto la protezione romana.
d. Il regno di Bitinia.
e. La piccola repubblica di Eraclea.
f. Il regno di Paflagonia, capitale Gangra. La colonia greca di Sinope formava una
repubblica indipendente.
g. La Galazia, occupata dai Galli chiamati in soccorso da Nicomede I, e divisi in
tre tribù: Tolistoboi, capitale Pessinunte; Tectosagi, capitale ^nctra, Trocmii, capitale
Tavio.
h. Regno di Cappadocia, capitale Mazaca.
i. Regno del Ponto.
l. La Colchide e la Iberia occidentale.
m. Regno d' Iberia o di Georgia, capitale Mitsketa.
n. L'Albania.
ASIA MINORE E ALTA 163
0. Regno d'Armenia, di solo nome sottoposta ai Seleucidi ; capitale Artaxata sul-
l 'Arasse.
p. Regno d'Atropateìie, capitale Fraaia.
q. Regno dei Parti o degli Arsacidi.
r. Impero greco- bai Iriano, che comprcndea la Rattriana, Sogdiana, Margiana, Aria,
Drangiana, Aracosia, Paropamisia, e i paesi bagnati dall'alto Indo e da' suoi affluenti.
s. Regno di Koian all'estremità occidentale del pianoro asiatico, che abbracciava il
paese dei Casi e degli Issedoni, e parie di quel dei Seri.
t. Impero de' Vrasi o Gangaridi, steso (in alle bocche del Gange e dell'Indo ; capi-
tale Palibolra.
u. Il paese di Darhinabad, cioè la restante penisola indiana, spartita fra molti regni
indipendenti.
V. Regno di Traprobane, capitale Anurogrammum.
Nel trattato fattosi allora, ecco com'era disposta l'Asia :
1. Nell'Asia Minore i Romani non lasciarono ad Antioco che la VanfiUa e la Cilicia Asia
al sud-est. La Panfilia abbracciava tutta la riva del golfo dello stesso nome: quivi erano '^^'°<""®
venute colonie greche per mercatare sull'Egeo dei prodotti dell'Oriente e dell'Occidente,
come Sida, ^spendo, Pergu. La Cilicia, divisa in Trachea e dei piani era ricca di po-
polose città, e dal Tauro al mare stavano disposte Olba, Omanada, Selinunte, e lungo
il lido Seleucia, Tarso, Sole, Malie, A7iabarso.
IL La Celeairia, conquistata da Antioco, era la provincia piìi importante, come
avamposto verso l'Asia. Da/zinisco città ricchissima, traeva pagliuzze d'oro dal Criseroo;
Eliopoli era santuario del culto del Sole.
Ili. La Siria abbracciava provinole di grand'importanza : al nord la Comagene, al
sud di questa la Cirrestica, confinante al nord colla Seleucide e la Palmirene.
a. La Comagene separata pel Tauro dall'Armenia e dalla Cuppadocia, era dall'Eu-
frate confinata verso la Mesopotamia; onde restò indipendente anche dopo che la Siria
fu ridotta a provincia romana, e sin al regno di Vespasiano. Sainofiata sull'Eufrate era
sede dell'antico governo.
6. La Cirrestica era cosi chiamata dalla città di Cirro; v'erano pure Berea o Calibon
oggi Aleppo, e Calcide.
e. La Seleucide o Telrapoli fu così detta dalle quattro città che Seleuco Callinico vi
fondò, vaghissimo delle belle valli tra l'Antilibano e il gran Mare, e che denominò An-
tiochia, Seleucia, Laodicea, Apamea, dal nome suo e del padre, della madre, del fra-
tello. Antiochia, occhio della Siria, regina dell'Oriente, stava poco lungi dalla foce del-
rOronte, e la sua gloria durò fin ai primi secoli dell'era cristiana. Dal magnifico porto
di Laodicea partivano i vini rinomati di quel territorio, per tutti i paesi a meriggio
dell'Asia Minore. Sopra una penisola fra l'Oronte e un lago, tra pingui pascione ove
svernavano la cavalleria e gli elefanti di Seleuco, sorgeva Apamea. Seleucia era pur
sull'Oronte, poco lungi d'Antiochia. Aggiungi Epifania a pie dell'Amano ; ed Emesa
che si eresse in regno indipendente.
d. Palmira traeva nome dalle palme che ricreavano i deserti sabbiosi di quella pro-
vincia. La sua ricchezza è dovuta alla situazione, a tre giornate dall'Eufrate, sopra una
delle principali strade del commercio fra l'India e l'Europa pel golfo Persico. La sua
magnificenza antica è attestata dalle ruine, e da quelle immense schiere di colonne che
di mezzo alla sconfinata pianura tagliano l'orizzonte. Il tempio del Sole supera tutti
quelli di Grecia, non per correzione e grandezza, ma dovizia d'ornati e precision di
lavoro. Del triplo portico trionfale restano in piedi cenventinove colonne; e ve n'avea
due trionfali, alte 20 metri. *
IV. La Fenicia e la Palestina erano da gran tempo desiderate dai Lagidi e dai Seleu-
cidi, essendovi i migliori porti e il più bet legname di costruzione pei vascelli. Oltre
Tiro, Sidone, Gerwialemrne scaùule dall'antica grandezza, nomineremo Aco detta Tote-
maide da Tolomeo Filadelfo che la ingrandi; Rafia importante per la sua posizione sul
Mediterraneo, presso cui Antioco il Grande fu battuto da Tolomeo Filopatore (217). i
V. Benché esso Antioco tornasse al freno molte provincie che aveano ricuperato l'in- Alta Asia
dipendenza col negare il tributo, alcune si dissoggettarono affatto, quali la Partia, l'Ir-
cania, la Battriana, la Sogdiana.
164 GEOGRAFIA — EPOCA QUARTA
All'impero de' Seleucidi appartenevano ancora la Mesopotamia, la Caldea memore, dei
patriarchi e degli astrologi, la Babilonia decaduta dalia gloria antica. Le due Medie, la
Susianu, la Perside, VAria, la Curamania , la Gedrosia, la Drangiana, VAracosia, la
Paropamisia non eransi ribellate; ma lontane e coperte di genti errabonde, non s'ac-
corgeano del padrone.
§ 16. — Egitto alla morte di Tolomeo Evergete.
Sotto i Tolomei l'Egitto dilatò alcuna volta la sua potenza fuori dell'istmo di Suez,
ma dalle antipatie di razza fu sempre ricacciato ne' suoi confini. Allora i Tolomei vol-
sero l'ambizione e la curiosità verso i deserti di Libia e le coste dell'Africa. L' Evergete
spedì ad esplorarle Eudosso di Cizico, astronomo, che percorse tutte le coste orientali
per trovare una via di giungere ai paesi del mezzodì; ma non osò spingersi tanto avanti,
da voltare l'estremo capo dell'Africa; pure ei)be mostrato agli Egizj la via dell'Indie.
Anche Tolomeo Filadelfo avea speditr» in Etiopia arditi viaggiatori, che penetrarono
fino a Meroe, poi si avanzarono in paesi mai più visitati. Importanti banchi eransi
stabiliti sulle coste del golfo Arabico e del mar Eritreo, che giovavano al commercio,
se non estendeano il dominio.
Internamente questo fiaccavasi per opera di Roma, che s'era mescolata de' fraterni
dissidj ; e Popilio spartì il regno assegnando a Filometore VEgitlo è l'isola di Cipro,
ad Evergete la Libia e la Cirenaica.
Città principali in quel tempo erano Ale^^sandria , regina del Mediterraneo, abbellita
di monumenti da Tolun)eo Lago e Filadelfo. Pelusio sul Mediterraneo, sopra una delle
bocche del Nilo, ebbe grand'incremento dai Lagidi: quasi porta dell'Africa, stando
sull'istmo di Suez, vide più volle cozzare i due mondi. Al sud di Pelusio, più addentro
stavano Buba'^te, presso cui fu fabbricato il tempio ebreo detto Onion da Onia pontefice
rifuggito in Alessandria, che ne ottenne licenza da Tolomeo Filometore.
Memfi non era più capitale dell'Egitto; ma conservava le religiose ricordanze, e v'e-
rano coronati i re. Ancor più basso era Tebe, devastata irreparabilmente per la sua ri-
bellione sotto Tolomeo Lago. Al posto di Crocodilopoli sorse Arsinoe, e vi sta ancora
l'immenso obelisco di Filadelfo. Da un'altra Arsinoe partiva un canale, che congiungeva
il mar Uosso con Bubaste, e così il Nilo col Mediterraneo.
Sul golfo Arabico s'aprivano molti porti ; Filolera, Berenice al sud di essa, città ab-
bondanti pel commercio dell'Arabia e dell'India, e piene d'elefanti allevati per la guerra.
Nell'interno, Copio sul Nilo riceveva le merci da diffondere per tutto l'Egitto. Così
Tolemaide.
Sebben dunque scaduto d'esterna potenza, l'Egitto conservava grandezza e prosperità.
§. 17. —Cina.
Tardi gli Europei ebber contezza di quest'impero, che nell'estremità orientale del-
l'Asia, indipendentemente dal mondo occidentale, sviluppava un'antichissima civiltà
in un linguaggio e con una scrittura che riportano fin ai primordj delle società civili.
Però Indiani, Persiani, Arabi lo conobbero al(|uanli secoli prima dell'era volgare; e
nelle leggi di Mimù trovasi nominato Cina, nome dedotto da quello dei Tsin, antico
regno feudatario deirim|)ero, collocato nella parte occidentale, e donde usci la dinastia
dei Tsin o Tsing che regnò dal 'ìi'.) al 2i)"2 av. C. Pari origine ebbe il nome di Sin dato
dagli Arabi, e con poca variazione adottato da lutti gli Europei. Since trovansi detti
dai geografi antichi gli abitanti della parte meridionale, e Seres quei della settentrio-
nale dell'Alta Asia. Nel medio evo, Giovanni da Carpi lo nomina Calai. 1 Cinesi poi
lo intitolano impero di mezzo (Cion(i-kae), il disotto del cielo (Thian-hia), e se slessi
Han-jin, gente della dinastia degli Ilan, la quale regnò dal ±0ì av. C fino al 2o d. C,
ed è considerata come rigenilrice dell'impero. Spesso denominano l'impero dalla di-
nastia regnante, come Hia, Ceu, Han ... ed oggi Tsing.
Sotto la diuaslia degli Hia l'impero cinese terminava all'est colla parte settentrionale
I
CINA 163
del Tung-hai, o mare Orientale ; al sud coH'Yang seiikiang; all'ovest col Mukua ho,
che si scarica nel Kia-ling kiang confidente dell'Yang seu, e coll'IIoang-ho superiore
e il lago Si-hai o mare Occidentale ; al nord con una linea che si tirasse dall'estre-
mità nord del golfo di Leao-tung fin al corso più settentrionale del lloaog-ho e al
lago Si-hai.
Dividessi in nove provincie: tre al nord, tre all'est, due al sud, una al centro. Le
settentrionali erano Vong, dove la città di Cing ki-ti patria di Fo-i. Ki all'est della
predetta, ove Vìdng gang-fu. Fan al sud-est della precedente con Seu-yhian, ove l'im-
peratore Cingnong trasferì la sua Corte nel 2S22 ; Coa-yavg-cm^ resa capitale da Ciuen-
hio nel 2512, Le tre provincie orientali erano dal nord al sud, Tsing^ Su, Yang. Le
due meridionali King al sud-ovest, Leang all'ovest. Nella provincia centrale o Yu ,
era Cin-tu-ti, fahhricata da Fo i per sua capitale il 3468. A un miglio di là mostrano
ancora la tomha di lui fra alti cipressi, e cinta di mura.
Qui conviene avvertire che le città cinesi non hanno propriamente nomi, ma si
designano con quel della provincia (fu), del circolo (cew) , del distretto (hian) o della
dipendenza diretta (c/-/jj di cui sono capoluogo, l-a città ove la Corte siede chiamasi
King-sse, capitale. Quando v'ehhe diverse dominazioni simultanee, o la Corte camhiò
di residenza, si designarono solo colla loro posizione: Pe-king Corte del settentrione;
Nan-king CoYle del mezzodì; Tung-king Corte orientale.
I Ciang e i primi Ceu ingrandirono l'impero cinese, tanto che sotto il xiv di questa
dinastia (759) toccava all'est il mar Giallo e l'Azzurro, al nord i monti In-chan , al-
l'est il lago Siai e il fiume Kin-scia kiang, e aveva conquistato parte del paese al sud
del Kiang.
Divideasi tra un'infinità di principotti, che ricevevano l'investitura dall'imperatore,
e ogn'anno venivano ad offrirgli doni ed omaggio. Furono sin mille ottocento; nel
centro de' quali stava il dominio imperiale dei Ceu. Prima loro patria e capitale sin
al 1109 fu Fong Imo fu, poco discosto dalla riva destra deH'Iloei-ho , affluente del-
l'iloang-ho. Cing uang, fahhricata Chig pe-fa nel ILil, vi trasportò la Corie. Come
poi si fece con tutte le città cinesi , questa era circondata da un vasto recinto di
mura, con torri e fossi, che formavano un quadrato perfetto di dodici miglia in giro.
Come in tutte le capitali, pei sacrifizj al Tien e le cerimonie dell'investitura feudale,
si alzò nel palazzo un monticello, composto di cinque sorta di terre, verde all'est,
rossa al sud, hianca all'ovest, nera al nord, gialla al centro. Ancor vi si mostra l'os-
servatorio, e il gnomone alto circa due metri, di cui quell'imperatore servivasi per
misurare l'omhra solsliziale e l'elevazione del polo.
Cresciuta ancora per conquiste sopra i Barbari, fu la Cina divisa in ventun regni
indipendenti (722) , dominati solo di nome dagli imperatori, sedenti in Lo-i. Allora
cominciò a dirsi Ciurtg hoa cioè fior di mezzo, o Ciong-kue cioè regno del mezzo,
nome serhato poi sempre alla Cina, e che i presenti dominatori Manciù tradussero in
tartaro col nome di Tulimpa corù.
Verso il tempo che morì Alessandro macedone (."123), in undici regni era smembrato
l'impero di mezzo, ridotto ai due soli principati di Lo i e N-pao.
Lo tornarono all'unità e ingrandirono le conquiste di Tsin sci-uang li (221), sicché
lo confinavano al nord i monti Sian-pi, in-chan e Olong sciang , che lo dividevano
dagli Yuan e dagli Yun-nu; all'ovest i monti Kuen-lun, il lago Si-hai, l'Ya-long-kiang
e il Mei-cong, dietro cui stavano gli Yue ci , gli L-sun, i Si kiang; al sud i monti
Ma-tiang-ling e il Nan-hai o mare del sud ; all'est il Tung hai e il regno di Ciao-sian.
Era diviso in quaranta provincie; trentasei suddite aveano ciascuna un viceré , un
governatore e un vicegovernatore ; delle quali diciasetle fra l'IIoang ho e le frontiere
settentrionali dell'impero, una sulle due rive dell' Hoang-ho inferiore, tredici fra
l'Iloang-ho e il Kiang, quattro fra il Kiang e i monti Nan-ling e Tang-ling, una sulle
due rive del Kiang inferiore, le altre quattro fra i monti Nan-ling e Tang-ling e il
Nan hai. Fra le città nomineremo Li nello slato feudale di Tsu, che oggi è la pro-
vincia di Ha-ìian, patria di Lao-seu fondatore dei TdO-sse : come nel regno pur tri-
butario di Lu nacque il maggior filosofo Confucio.
Raccogliamo qui i dati statistici sulla Cina:
k
166 GEOGRAFIA — EPOCA QUARTA
Famiglie Boccile
Nel i" secolo di C. si confarono .... 13,233,062 S9,594,978
Nel 740, sotto la dinastia dei Taog . . . 8,-412,800 48,U5,600
Nel 1393, sotto Ilong-vu 16,052,860 60,545,812
Nel 1-491, sotto liiao-tsung 9,113,446 52,281,158
Nel 1578, sotto Scing-tsung 10,621,436 60,692,856
Nel 1790, secondo la gran Geografia pubblicata nella Cina 141,840,091
Nel 1795, secondo Macartney • . . . . 553,000,000
Nel 1815, secondo il censo generale fatto il diciottesimo
anno del regno di Kia-king 461,221,348
Questi ultimi numeri pajono esagerati dalla boria dei Cinesi, ben rappresentata in
quell'aneddoto ove si dice che, raccontando un Inglese ad un Cinese che il suo re
in certe circostanze va a tiro di otto cavalli, il Cinese soggiunse : — E il nostro di ven-
tiquattro ».
Lord Macartney, come ambasciatore dell'lnghiterra nel 1795, ottenne dal mandarino
Ciu-ta-zin questo specchietto della Cina propria :
Provincie Mijjlia qiiadr. Acri
Pe-ci-li 5S,949 37,727,360
Kiang su (due provincie) . 92,901 59,495,040
Kiang-si 72,176 46,192,640
Tse-kiang 59,150 25,056,000
Fu-kiaa 53,480 34,227,200
Hu-kuang \ ""'P^ l . 144,770 92,652,800
" \ Hu-nan \
Ilo-nan 65,104 41,666,560
Sian tung 65,104 41,666,560
Scian-si -. 55,268 35,171,520
Scen-si proprio ( . . ^g^oOS 98,565,120
Kansu \ ' '
Szu-sciuan 166,800 106,752,000
Kuang-tung 79,456 50,851,840
Kuang-si 78,250 50,080,000
Yun-nan 107,969 69,100,160
Kuei-tseu 64,554 41,314,500
1,297,999 830,529,360
Stando a Rienzi, l'impero celeste avrebbe oggidì la popolazione
( Di teste 145,471,000 ^
„. . ) Viventi sull'acqua 2,418,000/ ,,f,„„^„«,
Cina propria ^^,^^,,i^-, j; 9^,1,5^; , i^^pi^g^^; .^^^^.^^. '^^g;,,^^ 148,897,000
{ Esercito di terra e di mare .... 906,000 )
Corea 8,463,000
Tibet e Bulan 6,800,000
Manciuria, Mongolia, Dzungaria , Turkestan cinese, ed altri paesi tri-
butarj 9,000,000
Colonie 10,000,000
185,160,000
Alcuni hanno portato fin a 1,800,000 i soldati: ma bisogna distinguere fra i veri e
quei che figurano soltanto nei quadri; giacché gli uffiziali li danno in nota per goder
le paghe, poi nelle riviste mettono in fila i moltissimi loro servi, e così ingannano e
godono. Questo rillcsso è di RIaproth.
CINA 167
Secondo Rienzi, nella Cina si spendono per l'amministrazione
civile fr. 28,91 9,"22i in 9,222 impiegati
militare » 100,498,728 in 1,259,200 uomini
senza contar le spese della marina, troppo incerte. S'aggiungano fr. 16,000,000 per
l'annua riparazione delle rive dell'IIo;ing-ho, e 8,000,000 per quelle dei giardini Yuen-
ming e Gi-hu ; e s'avrà una somma di fr. 2l9,il7,9o2 per le spese, che sottratte dal-
l'entrata, lasciano a questa l'eccedente di fr. 60,420,784.
In tasse e diritti in danaro s'incassano l'anno fr. 279,838,736
In tasse di grani e riso lib. 758,407,725
In grani e riso conservato ne' pubblici granaj » 5,605,587,875
Totale 6,363,995,600
che dà il valore circa di fr. 590,161,264
Onde l'entrata dell'impero può sommarsi a » 870,000,000
Aggiungasi l'imposta prelevata a Canion sopra i forestieri, e da
Rienzi stimata di ....... fr. 6,000,000 \
e quella che colpisce varj tessuti di seta ed i 56,000,000
altri per » 50,000,000 \
Si avrà l'entrata totale di fr. 926,000,000
Sempre secondo Rienzi, la città di Pe-king ha la popolazione di 1 ,700,000
Nan-king 51 i 000
Kang-ceu 700,000
Ou-ciang 580,000
King-ciu 500,000
Foh-han 320,000
Nang-ciang 320,000
Su-ciu-fu 214,017
Kuang-ceu-fu (Canton) . . 845,729
Macao 32,268
L'esercito sarebbe diviso così:
Fanteria regolare 300,108
Cavalleria regolare 227,000
Artiglieria 47,000 ) 581,000
Seguito dell'esercito regolare . . 30,000
Ufliziali delle truppe regolari . • 6,892
Fanteria irregolare 400,000 \
Cavalleria irregolare 273,000 S 678,200
Uffiziali delle truppe irregolari . . 5,200 )
Marina 32,440
1,291,640
Le guerre e i trattati recenti (1862) avendo aperta la Cina agli Europei, si possono
averne più esatte notizie che daremo a suo luogo.
£PO€A V
DAL 134 AV. C. AL 4 DOPO C.
§ 1 . — Regni d'Asia. Mitradate.
Ai regni di Pergamo, Bitinia, Ponto, Cappadocia, Armenia, ecc. la disfatta d'An-
tioco porse il mezzo d'acquistare o consolidare la loro indipendenza, finché Roma
non ebbe tempo e forze per sofTocarli nel f.itale suo abbraccio. Eumene di Pergamo
ottenne il resto della Misia, la Frigia dell'Ellesponto, la Frigia grande, la Lidia, la
Ionia, Telinesso in Licia, e in Europa Lisimachia e il Chersoneso Tracio. Ai Calati
Roma consentì la libertà e il territorio, dopo distruttane la forza militare.
Tenuti sessiint'anni nell'umiliazione i re dill'Asia Minore, finalmente (129) il senato
ridusse a provincia romana il regno di Pergamo col nome d'Asia. Dopo altri cin-
quanlacinque anni Nicomede gli lasciò la Cappadocia; nel 6S Pompeo rese provincie
la Bitinia, la Paflagonia, il Ponlo, la Panfilia, la Cilicia, l'isauria, La Licaonia, con al-
cune diocesi dell'antica provincia d'Asia, cui fu dappoi riunita la Fenicia e la Siria,
cioè i paesi che hanno l'Eufrate ad est, Cappadocia e Cilicia al nord, Palestina al-
l'ovest, Arabia al sud.
„ j. Mitradate il Grande non avea dal padre ereditato (123) che il regno del Poìito fra
Mitrailaie l'Alis e il Fasi, della Pajlagonia orientale, della Cappaiocia settentrionale, della Magna
Frigia, che gli fu tolta ben tosto dai Romani. Egli v'aggiunse :
1. La città e il territorio di Chersoneso, repubblica fiorente, fondata dagli Eracleoti
sulla costa sud-est della Tauride.
2. 11 regno greco del Bos>foro Cimmerio nel Chersoneso Taurico, paese fortissimo
e granajo d'Atene: fra le cui ricche città nomineremo Panticapea , vasta il giro di 20
stadj, e Fanagoria nella Sarmazia asiatica in riva a un lago che comunicava col mare.
3. La Paflagonia, ch'ei divise col re di Bitinia.
4. La Cappadocia, che acquistò a forza di delitti, ma che dovette ben tosto rendere
ad Ariobarzane.
5. I paesi all'oriente di Trebizonda sin ai confini della Colchide, cedutigli dal
principe Antipatro, e abitati da' Macroni, Tzani, Lazi.
6. La Colchide, che sottomise coH'artni, avente l'Iberia ad oriente, al nord il
Caucaso e il fiume Corax, a occidente l'Eusino, il Fasi a mezzodì.
7. Le regioni Caucasie. Passato il Caucaso, Mitradate vinse molte genti scitiche,
e dominò tutti i paesi che bagna il Ponto Eusino orientale, dal Chersoneso Taurico
alle frontiere della Bitinia. Come genero di Tigrane re d'Armenia e Siria, e alleato
delle tribù sarmate e germaniche d'in riva al I)anubio, slese l'influenza molto larga-
mente, fino in Tracia da un lato, e dall'altro fin nel mezzo dell'Asia; monarchia senza
unità politica, ma che gli dava il modo di soldare numerose orde di barbari coi te-
sori somministratigli dalle città della costa o dell'interno , ricche dalle pesche del-
l'Eusino, dall'ubertà della Tauride , dai cambj cogli Sciti, e massime dal commercio
coirindia, che passava per l'Oxo, il mar Caspio e il Caucaso,
Lusingatosi di Cacciari Romani dall'Asia (88j, con quattrocento vascelli custodisce
il Ponto Eusino, e distrugge la flotta romana all'entrata del Bosforo di Tracia ; poi con
trecentomila Sciti, Bastami, Traci, Sarmati, gettasi sulla Cappadocia, sconfigge il re di
Bitinia in riva all'Amnias, fiume della Paìlagonia tributario dcll'Alis; il [iroconsole
Aquilio nelle gole dei monti Scoboras, che separano la Paflagonia dalla Bitinia; e il
generale Oppio sulle frontiere di Cappadocia. Cosi padrone di tutta l'Asia Minore e
delle isole dell'Egeo, a Belo rajìisce il tesoro del tempio di Apollo, a Coo quelli che
d'Egitto avea portati Tolomeo Alessandro 1; ma Rodi il batte più volte. Dritto allora
REGNI d'aSIA. MITRADATE 1G9
sopra la Grecia, sbarca cencinquanta mila uomini nell'Attica; ma dalle vittorie di Siila
n'è snidato, e privato di tutte le conquiste nell'Asia Minore, eccetto la Paflagonia e
parte della Cappadocia (85j.
Nella nuova guerra, Mitradate assedia Cotta governator di Bitinia in Cukedonia antica
capitale della Bitinia sul Bosforo Tracio rimpetto a Bisanzio; ma Lucullo governatore Spedizione
di Cilicia snida Mitradate di là e da Cizico città marittima, lo batte al passo del Ryn- «li Lucullo
dacus, fiume che separava la Bitinia dalla provincia di Asia, traversa rapidamente la
Bitinia e la Galazia, e penetra nel regno del Ponto fin ad Amho, all'est della foce del-
l'Alis sopra un golfo dello stesso nome. Insegue Mitradate nelle montagne fra il Ponto,
la Colcbide e l'Armenia, poi si ritira sulla sacra città di Gorbia alle frontiere della pic-
cola Armenia e del Ponto presso l'Alis, ove colla fame e co' replicati assalti distrugge
l'esercito del Posto (71).
Allora s'avanza fin nella Cappadocia dietro al fuggiasco Mitradate; poi come questi
si ricovera presso Tigrane, Lucullo sottomette la piccola Armenia, il paese de' Calibi
e de' Tibareniani fra il promontorio di Giasone e il territorio di Trebizonda; prende
Amiso e Sinope città di Paflagonia sopra una lingua di terra protetta dal promontorio
di Syrias, e antica residenza di Mitradate. Traverso la Cappadocia si drizza all'Eufrate
per assalire nella Siria e nella Mesopolamia Tigrane; entra nella Piccola Armenia, passa
l'Eufrate nella provincia di Sofene, e assedia Tigvanocerla nella Gordiana, posta sopra
un monte lambito ai piedi dal Niceforio affluente dell'alto Tigri. Presala, vince Tigrane
sul Tigri ; poi signore della Gordiana, sottomette molle provincie dell'Assiria, e pro-
cede contro i due re accampati fra il Tauro, e snidatili, batte Tigrane in riva all'Arsa-
nias ; ma l'indisciplina dei soldati lo costrmge a prendere quartieri d'inverno nella
Mesnpotamia, ove soggioga la Migdooia (nord est della Mesopotamiaj , e occupa Nisibi
capitale di essa alle falde del monte Masio.
La gloria de' finali trionfi gli è rapita da Pompeo, che (63) sconfigge Mitradate nelle
montagne dell'Acilisene, provincia della Grande Armenia, e fonda la città di Nicopoli
dove avea tenuto il campo, riduce Tigrane alla pace, doma gl'lberi e gli Albanesi, ri-
mette Ircauo li sul trono di Gerusalemme, penetra al nord-est fin di là dal Caucaso, al
sud-ovest fino al mar Bosso; e quando parte, non lascia nell'Asia Anteriore che quattro
piccoli Stati indipendenti, Armenia, Cappadocia, il Bosforo, la Giudea.
Più tardi Augusto ridusse la Galazia in provincia; alla Siria unì parte della Giudea;
estese l'influenza romana in Asia dando un re all'Armenia ed uno ai Cimmerj. Tentò
soggiogare l'Arabia, ma non riuscì.
§ 2. — Gallìa propria.
Sotto il nome di Gallia intendevano gli antichi quanto oggi forma la Francia
continentale, oltre i paesi sulla sinistra del Beno e parte della Svizzera; difesa al nord
e all'ovest dall'Oceano, al sud dai Pirenei e dal golfo di Gallia; le alpi centrali dalle
Marittime al Sangotardo la proteggevano al sud-est; all'est e al nord-est il Reno la di-
videa dalla Germania.
I Galli non indicavano se stessi cou nome comune, ma ciascuna tribù il suo; pure
le molte possono disporsi in tre grandi famiglie. Al sud-ovest fra i Pirenei e la Garonna
erano gli Arecomici , che i Bomani dissero Aquilani: al sud-est i Liguri o Ligi dalle
bocche del Rodano all'Etruria, dal Mediterraneo alla Durenza: fra loro, dai Pirenei
orientali sin alle rive della Senna e della Marna, stavano le ricche e bellicose tribù dei
Celti 0 Galli. 1 Belgi, mescolanza di Germani e Celti, possedevano il paese al nord est
fra la Marna e il Reno.
I Bomani, invitati dai Massalioti contro i Liguri (loo), pensarono a vincere per sé;
e rotti gli Allobrogi e gli Arverni (121), vollero formare una provincia di là dalle Alpi.
Dapprima abbracciò essa tutti i paesi ad oriente del Rodano, dal punto ove entra nel
Lemano fin dove sbocca in mare; poi s'ingrandì unendovi ad occidente il territorio
degli Elvi, dei Volchi Arecomici e de' Sordi: all'est i passi delle alpi Marittime e Graje
erano occupati dalle legioni. Al tempo dell'invasione dei Cimri, Cepione prese Tolosa,
capitale dei Tectosagi , i paesi dei quali e degli Arecomici e Liguri furono uniti alla
170 GEOGRAriA — EPOCA QUINTA
Provincia (Provenza), e fondate le due robuste colonie di Aquce Sextice (Aix) e Narbo
Martius (Narbona).
Confinava la Provincia al sud col golfo di Gallia, dal Varo sin al tempio di Venere
Pirenea e al promontorio Cervaria- all'ovest coH'Aquitania; al nord col Rodano supe-
riore; all'est colle Alpi.
Sette popoli erano prevalenti : all'ovest del Rodano
a. Bebìici o Sardotii ne' Pirenei e lungo la costa sin presso Narbona.
6. Volchi, divisi in Teciosagi e Arecomici , separati pel fìimie Orbis, e che tenevano
dipendenti molti popoli, fra cui principali gli OEtacini. Città dei Tectosagi , Narbo
Martius^ Tolosa, anch'essa colonia romana e c'entro del commercio fra il Mediterraneo
e l'Oceano, fra Burdigalia e Massilia ; Carcassa (Carcassona). Degli Arecomici era città
principale Nemausus (Nimes), dipoi colonia latina indipendente dal pretore della Pro-
vincia, e capo di ventiquattro cantoni che godevano io jus Lalii.
e. Helvii (dipartimento dell'Ardèche).
All'est del Rodano
d. Gli Allobrogi fra il Rodano e l'Isera, con Vienne presso il Rodano, e Ginevra
all'estremità del lago Lemano. Agli Allobrogi possono unirsi i Trìcastini fra Aosta e
Grenoble, gli Euganei sul lago di Ginevra, i Nantuati, i Veragri, i Sedunii, i Vtberi
nel Valese : loro città Oc^otlurus (Martignyj, Sedani (Sion), lìòeri (Vispach) ; da ultimo
i Centrones nella valle Tiiranlasia. Tutti, eccetto i Tricastini, furono uniti alla Proviacia
solo durante la guerra de' Gn\\\.
e. 1 Cavavi fra il Rodano, la Durenza e l'Isera. Città Avenio (Avignone), Vindalium
(Vedène), Carpentoracte (Carpentras) ove Cesare pose una colonia, Arausio (Grange) co-
lonia romana. Cabelio (Cavaillon) n'era capitale, secondo Plinio.
/. 1 Vacontii popolo potente, privilegiato dai Romani di molti diritti, e fra gli altri
di conservar le antiche consuetudini e portare il nome di alleati. Città \'asio (Vaison) e
Dea (Die), colonie romane.
Ai due primi popoli erano soggette tutte le tribìi fra l'Isera e la Durenza, cioè Me-
mini nelle Basse Alpi, Vulgenti all'occidente di quelli, Se.galauni clienti de' Cavari,
Tricorii sulla riva orientale del Tricus (Drac) colla città di Cujaroj delta poi Gratiano-
polis (Grenoble), Calurigi (Chorge), Brigiani intorao a Brigantio (Briancon). Altri pic-
coli popoli stavano fra il Verdon che scende dall'alpi Marittime, e la Durenza che viene
dall'alpi Cozie; cioè Alpicsci, Avantici, Bodiontici , Nemaloni, Esubiani, Savincati.
g. Saiiiy 0 Salava, Salici, dominavano il paese al sud del Verdon e della Durenza.
Fra loro abitavano i Commoni, i Suelteri, gli Oxybii, i Suetri, i Vediantii fra l'.^lpi e
la Durenza. I Nerusii stendeansi fin al Varo, frontiera tra Gallia e Italia: nelle Alpi i
Vergummi (Vergons), e gli Ectini (Estène). Colonie fenicie, greche, romane entrarono
presto sul loro territorio, misti alle quali erano i Massalioti , rimasti liberi sulla costa;
e nell'interno Arelate (Arles), Aquce Sextice (Mk), Forum Voconii (Vidauban?).
Marsigliesi I Massalioti , presi in mezzo dalla nuova Provincia, col titolo di alleati conserva-
rono piena indipendenza, e mercè l'amicizia dei Homani sopravissero a tutte le antiche
repubbliche commerciali. 11 litorale del Mediterraneo dai Pirenei alle Alpi era coperto
di banchi massalioti; come all'estremo delle alpi Marittime Porlus Moneci (Monaco),
sulla sinistra del Varo, Niccea (Nizza); lungo il golfo di Gallia Antipolis (Anlibo) che
dovea tener in freno i Deceati , gli Ossibii e i Nerusii; Athcnopolis (Napoule), Olbia
(Aube), Tauroentum (presso Toulon) , Heraclea Cacabaria (Saint Gilles] all'ovest di
Massiglia; Rhodanusia presso la foce occidentale del Rodano; Agatha (Agde) alla foce
deirilérault; in Ispagna lìhoda (Wnses) , Emporice (Ampurias), Dianium (I)enia). Alla
foce del Rodano aveano pure alcuni stabilimenti militari, ed oltre ciò le isole vicine, di-
sputatele talvolta dai pirati liguri, cioè le Sta^cades (di llyères), Planasia o Lerinus (Saint-
Ilonorat), Leron (Sainte- Marguerite).
Gallia in- Inetto della Gallia sottomessa ai Romani o ai Massalioti, vediamo qual era la indi-
dipendente pendente, allorché (tesare la minacciò, CO anni av. C. I quattrocento popoli e le
mille cinquecento città sue formavano confederazioni, ove i più deboli eransi ag-
gruppali attorno ai prevalenti, e talvolta diverse federazioni univansi in leghe este-
sissime, come quella dei Relgi che potè accampare duecenlottantamila uomini contro
Cesare. L'esame di questi gruppi c'informerà della geografia politica della Gallia,
CALLI A PUOPnlA Mi
I. II territorio dei Relgi era conterminato dalla Senna, dalla Marna, dai Vogesi, dal BeI(jio
Reno e dall'Oceano. I popoli più potenti erano, ad occidente fra l'Oise e la Sonna.
a. I Bellovaci che poteano armare centomila guerrieri, e avevano per capitale lìra-
tuspantium (presso Breteuil, dipartimento dell'Oise e della Somme).
6. Attorno a loro sedevano all'ovest, sulle rive della Senna, i VoUocassi , capitale
Rotomaguf, al nord sulle coste dell'Oceano ; i Caleti (paese di Caux), capitale Caletes
(Caillys.)
e. Al nord-est gli Ambiani sulle due rive della Somma, capitale Samarobriva (Amiens)
e Amhiliali (Abbeville).
d. All'est i yeromandui, capitale Veromandui. I primi due popoli armavano diecimila
uomini ciascuno; gli altri cinque.
e. Al sud dei precedenti i Suessioni, capitale Noviodumim, le (;ui dodici città da-
vano cinquantamila combattenti, e per alcun tempo tennero il primato sopra tutta la
Gallia settentrionale, e assalsero fin l'isola di Bretagna.
f. All'est de' precedenti i Remi fratelli de' Suessioni , e cresciuti poc'anzi con
alcune clientele perdute dai Sequani. Città Durocorturum o Rpmi (Reims) , e Bihracc
(Braine o Bièvre o Pont-à-Vesle). Come gli Edui, favorirono i Romani, aprendo alle
loro legioni l'entrata del Belgio.
Tra Te frontiere degli Edui, de' Sequani, de' Treviri e dei Remi stavano varj popoli,
forse a clientela di questi ultimi; quali erano
g. Al sud i Catalauni (Chàlons).
h. Al sud-est i Verodwiensi (Verdun).
i. All'est ancora di questi i Medio matrici (Metz).
/. Al sud dei tre precedenti i Leuci (Toul o Grand-Nancy).
m. I Vadicasii (Vassy) ; e vicin di loro
n. I potenti Lingoni (Langres).
0. La poderosa gente dei Treviri^ capitale Treveri, stendeasi sulle due rive della Mo-
sella fra il Reno e i Remi, e dominava all'est, come all'ovest dominavano Bellovaci ,
Suessioni e Remi, e al nord i Nervii ; e sulle prime somministrarono ai Romani la mi-
glior cavalleria della Gallia. Sotto la loro clientela erano i Segìii^ i Condrusi, i Ceresi ,
i ? emani , reliquie di tribù germaniche rifuggite sul territorio gallo, ove a titolo di
tributar] dei Treviri occupavano la parte della foresta Arduenna fra gli Aduatici , i
Nervii, i Veromandui , i Remi e i Treviri; e unendosi gli Eburoni poteano dare qua-
rantamila combattenti.
p. Al nord i Nervii ([hìaauM) armavano sessantamila uomini. Sulla costa del Belgio,
al sud della foce della Schelda , al nord de' Nervii, e in loro clientela erano i Cen-
troni, i Gradii, i Levaci, i Pleumoxi, i Geiduni . . .
Aggiungiamo q. fra il gruppo predominato dai Bellovaci e quello dei Nervii, gli
Atrebati (Arras) e i Morini (Pas-de-Calais), che armavano quelli quindici, questi venti-
cinqueraila uomini.
r. Fra i Nervii e i clienti de' Treviri gli Aduatici (Brabante meridionale) con dician-
novemila guerrieri.
s. All'est di questi fino al Reno gli Eburoni (Limburg).
t. Al nord degli Eburoni, al nord-est de' Nervii fra il Reno e la Mosa, i feroci
Menapii (Brabante settentrionale); ultimi Belgi a resistere a Cesare.
u. Sulle due rive del Reno e della Senna erano molti popoli non appartenenti pro-
priamente al Belgio, come i Tribocci nell'Alsazia, i Vangioni da cui dipendeano i Ca-
racati e i Nemeti; poi gli Ubii, i Baiavi, i Caninefati.
II. La Celtica, tra la frontiera del Belgio, l'oceano Germanico, laGaronna, il Ro- Celtica
dano, l'Alpi e il Reno, era in due parti divisa dalle Sevenne e dalle montagne che se
ne staccano al nord-ovest fino ai Vogesi. All'ovest e al nord-ovest di questa catena
erano le immense pianure traversate dalla Senna , dalla Loira , dalla Garonna e dai tanti
loroatTluenti; all'est la profonda e lunga valle del Rodano, nella cui parte superiore domi-
navano gli Edui; alla destra, nel prolungamento delle Sevenne, gli Arverni; alla sinistra
nel Giura, i Sequani; e nelle Alpi i numerosi Elvezii. Erano centro di quattro federazioni
potenti, che da occidente a settentrione stringevano le frontiere della provincia romana.
Nella Celtica dei piani, le tribù più temute erano le città Armoriche nella penisola
172 GEOGRAFIA — EPOCA QL'lMA
fra la Senna e la Loira. I Carnuii sulla Loira, i Senoni suU'Yonne e la Senna, erano
pure importanti fra i Galli.
a. Le quattro trilni deH'TT/wsm stavano tra il Reno e il Giura, il Rodano, il Le-
mano e le alpi Pannine, in dodici città e quattrocento villaggi; legati d'amicizia con
molti popoli dell'Alsazia meridionale, della riva destra del lieno, della Svevia e della
Baviera {Rauraci , Latobriges, Tulmyes , Boi]\ insieme coi quali meditarono migrare,
unendosi in cinquecentomila, di cui ducensessantatremila Elveti.
h. I Se^uani eransi estesi un tempo fin alle sorgenti della Senna; all'arrivo d'Ario-
visto possedevano ancora il ricco paese confinato tra il Giura, la Saona e il Rodano
(Franca Contea e Borgogna meridionale), dov'erano le città di Vofiontio (Besangon) e
Amagetobriga (Madebroge). Ariovisto con cenventunila Svevi occupò un terzo del lor
paese; un altro terzo voleva dare alla tribù germanica degli Arudi.
e. Gli Edui, incalzati all'ovest dagli Arverni, all'est dai Sequani, cercarono in ajuto
i Romani. Dominavano essi sui paesi fra l'Allier, la Loira media e la Saona, e com-
merciavano coi Carnuti e i Namneti ; poi soccombettero ad Ariovisto. Città Bibracte
(Autun) , Cabillonum (Chàlons surSaòne) , Arebrinus pagus (Arnay), Noviodunum
(Nevers).
Molti clienti avevano, cioè al nord i Mandubi con Alesia (Alise presso Sémur); al
sud-est gli Ambarri con Ainbivareti (Amberien), e gli Jsombri verso il confluente della
Saona col Rodano; al sud i Segusiani; all'ovest i Biturigi (Berry) un tempo podero-
sissimi. La capitale de' Segusiani ne portava il nome (Cuzieux) ; quella dei Biturigi era
Avaricum (Bourges). Disfalli gli Elveti, gli Edui, con permissione di Cesare, pianta-
rono sul loro confine occidentale i Boi, affinchè questi valorosi, che avevano fatto
parte della migrazione, li difendessero contro gli attacchi degli Arverni: loro città fu
Boi (Boyen o Beaujeu).
d. Gli Arverni occupavano il paese montuoso che ne serba il nome, e dominavano
sopra gli abitanti delle Sevenne settentrionali , capitale Gergovia. Clienti avevano i
Velluvi, capitale Vellauni (PuyenVelay? ), i Cabali (la Lozère), i Ruthfni (Houergue).
Ausiliarj consueti alle loro imprese erano i Cadurci e i Nitiubrigi. 1 Nitiobrigi ci son
poco noti; i Cidurci furono gli ultimi della Gallia che resistessero a Cesare: loro città
Cadarci (Cahors), Uxelloduìium (Capdenac o Puèche d'Isselon).
e. La confederazione degli Armorici, nella quale primeggiavano i Veneti, compren-
deva, dalla foce della Loira a quella della Senna, i Namneti con Corbilo (Coueron), i
Veneti (Morbihanj con Venetia (Vannes), i Curiosopiti (Quimper-Corentin), gli Osismii,
i CuriosoUti (Corseuil), gli Abrincaiui (Avranches) che dipendevano dagli i'nelli (dipar-
timento della Manica), i Boioca^si (Bayeuxj, i Lexovii (LisieuxJ, nel centro i potenti
Bedonei (llle e Vilaine).
Questa confederazione aveva gran potere su tutta la Gallia occidentale, e traevasi
dietro altri popoli fra la Loira, l'Oceano, la Garonna, quali i Santones (Saintonge) con
Sesuvii (Soubise), i Petrucorii (Perigord), i Lemovici (Liraousinj, i Pictones (Poitoujcon
Limonum o Pictavi (Poitiers).
All'insù della Loira, dopo il paese de' Namneti, si trovavano gli Andi o Andegavi
(Anjou) con Andea (Angersj; so|)ra di loro fra terra la piccola confederazione Aulerka,
che abbracciava i Cenomani (dipartiuiento della Sarlhe), la cui capitale fu poi chiamata
Subdinum e Vindinum (M'àns) \ gli Eburovici (diparliriienlo dell'Lure), capitale Aulerci
Eburovices (Evreuxj; i Diablinti, capitale Diablinti (Jublainsj e A'ocodunuiìi (Alenc^on);
nel nord del dipartimento della Muyenne slavano gli Arvii.
f. All'est della confederazione armorica trovavansi i Carnuti d'importanza politica e
religiosa fra le genti galle. La loro capitale Carnutum o Autricum (Cbartres) conside-
ravasi centro del territorio gtillico. V'era inoltre sulla Loira Genabum (Orleans), che
teneva relazione di commercio con Corbilo e con Noviodunum. Al sud-est de'Ciirnuti,
fra le due rive della Loira, stavano i Turones (Tours).
(/. Al sud-est de' Carnuti, fra hi Loira e la Senna, abitavano i Senoni, con Agendicum
(Sens), Vellnunodunum (Cbàteau-Landon), Melodutìuin (Wdun).
Cesare chiama alleati de' Senoni i Parisii, che abitavano al nord-ovest dei procedenti
sulle due rive della Senna: città, Lulctia Parisioruvi (Parigi), AJetioseduni (iMoudon).
AU'orieale de' Parisi! erano i Mddi (Aleaux) ; al sud di questi i Tricassi (Troyes).
BnETACNA i73
III. Limitavano l'Aquitania il corso della Garonna, l'Oceano e i Pirenei ; ma delle Aqultania
trenta sue popolazioni a fatica si rintracciano i nomi. I più potenti erano gli Ausci, i
più illustri gli Aquitani; aggiungansi i Tarbelli, gli Elusati, i Sottiati primo popolo at-
taccato dal luogotenente di Cesare.
a. Nella parte occidentale verso il mare, i Tarbelli stendeansi lungo l'Oceano, dai
Pirenei alla foce della Garonna. Capitali de' varj popoli erano Garites (Garrìs) , Sihuzates
(Sobusse), Tarusate^ iTartas), Coequosa (ChalosseJ. All'estremità settentrionale era un
popolo di razza gallica, detto Biturigi liben, di cognome Ubisci ; capitale Burdigalia
(Bordeaux); evicin di essi i Vacati; città P/vc/anj (Hrezacj.
b. Nella parte meridionale verso i Pirenei, gli .4usc< stavano all'altro estremo dell'A-
quitiinia fra la Garonna e l'Adouf . Al sud sulla Garonna e al pie dei Pirenei i Convena:,
che Pompeo collocò a Lugdunum Convenarum (Saint Bertrand de Comminges). Fra
questi e i Tarbelli, ne' monti che ora diconsi Alti Pirenei, erano i Bigerrones, i Cam-
poni, i Tornates: all'est, sul lembo della provincia romana i Consorauni verso Saint-
GiroDS.
e. Nella parte settentrionale verso la Garonna, al nord-ovest degli Ausci erano gli
Eludati, capitale Elusa (Eùze), e i Lacturati;; al nord-est deyli Elusati i Sotiati (Sòsj.
All' Aquitania calla Celtica appartengono queste isole: 1° Nel golfo Aquitanico Uliarua
(Oleron), Ogia (d'Yeu), Saiìinitum (Noirmoùliers) , Vindilis (Belle-Isle), Sena (Sein),
Uxantius (Ouessant). 2" Nello stretto Gallico Sarnia (Guernesey), Ccesarea (Jersey},
Riduna (d'Aurignyj, Borsa (Gers).
§ 3. — Bretagna.
La Bretagna fu primieramente abitata da' Galli. 1 Fenicj vi venivano, sbarcando soli-
tamente nella baja di Falinouth, massime per averne lo stagno delle isole Sorlinghe,
perciò dette grecamente Cassiteridi : da poi i Cimri vi si piantarono, talché i Calli in-
digeni si ridussero nel paese settentrionale e occidentale: più tardi vi venne un'altra
stirpe cambrica, i Logriani, dal nord-ovest della Gallia. Primamente visitiita in armi
da Cesare, la Bretagna al par della Gallia die gran fatica all'impero. A' tempi di quello
due popoli l'abitavano :
a. In iscozia i Galli, divisi in tre grandi confederazioni, cioè Mujati al piano, al sud
del Forlh; Albani al monte, al nord d'esso fiume; Caledonii nelle foreste, al sud dei
monti Grampian.
b. Nel paese di Galles e sulla costa dell'ovest i Cimri.
Nel resto dell'isola i Belgi, che i Romani chiamavano Bretoni insieme coi Cimri.
I Bretoni erano suddivisi in molte genti, di cui principali
a. Sulla costa meridionale, dall'imboccatura del Tamigi fin all'estremo della Corno-
vaglia da oriente in occidente, i Kantii, capitale Durovernum (Cantorbery) ; i Begni e
i Belgi, capitale Venta Belgaruni (Vinchester) ; i Durotriges, capitale Muridunum (Dor-
chester); i Damnonii, capitale Isca Damnoniorum (Axminster).
b. Fra il Tamigi, l'Abus Ouse), la Seteja .Estuarium (Dee) e la Saverna, gli Atrebatii
sull'alto Tamigi, capitale Caleva presso Silchester ; i Trinobanli, capitale Londinium
(Londra); gVIceni, capitale Venia Icenorum (Lynn); i Cattjeuchlani a\ nord e all'ovest
de' predetti, dal golfo di Wash (.Estuarium Metaris) fin verso il Tamigi, capitale Veru-
lamiuin, una delle prime colonie romane nell'isola; i Duboni in riva alla Saverna, i
Coritani al sud dell'Ouse.
e. Fra la Saverna, la Dee e il mar d'Irlanda, da nord a sud, i Cornavii, capitale Deva
(Chester); gli Ordovicii rimpetto all'isola di Mona, santuario della religione druidica;
i Demetce all'estremità sud-ovest del paese di Galles; i Siluri sul golfo della Saverna.
d. Al nord dell' Abus ove l'isola è più ristretta, i Brigantes, il popolo più numeroso
di Bretagna : all'estremo del loro territorio i Piomani alzarono la mura d'Adriano. Città
Eboracum (York, Luguvallium (Carlislej, Camalodunum (Almond Burryj, Manucium
(Manchester). Nella parte sud-est del territorio dei Briganti stava la piccola gente dei
Parisii, capitale Pr(jetorium (Preston).
174 GEOGRAFIA — EPOCA QUINTA
§ 4. — Germania.
La Germania antica avea per confini il Reno e il Danubio all'ovest e al sud, il mare
degli Sveci al nord, i Carpazj e la Vistola all'est, Plinio divide quei popoli in Istevones
(Ist-wohn) abitanti dell'ovest ; Ingevones (Eigion, mare) al nord; Hermiones (Hehr, alto)
al centro e a levante ; Vindili (Vand, frontiera, costa) al nord est.
Istevoni A). Sotto il nome à'Islevoni andavano
1. I Brutteri al nord della Lippe fra l'issel e i paesi bagnati dal Weser. Più tardi
forse si riunirono ai Franchi, poi si confusero coi Sassoni.
2. I Marni, antica rinomata tribù verso Munster (Bogadium) ; fra cui era il tempio di
Tanfana.
3. 1 Tubanti fra il Reno e l'Issel. Cacciati dagli Usipj durante la guerra delle Gallie,
si piantarono al sud della Lippe, e poi nella parte meridionale del paese de' Marsi,
dopo che questi furono rotti da Germanico.
4. Gli Usipj, che fuggendo innanzi agli Svevi, riuscirono nell'interno della Germania
(56 av. C.), e si fissarono in riva al Reno, ove Tacito li considera per la tribù più me-
ridionale.
5. I Dulgibini nella foresta di Teutberg verso Paderborn, indi sulla destra del Weser.
6. Gli Am^ibarj alle sorgenti dell'Ems.
7. I Chamavi sul Reno, donde cacciati dagli Usipj, si posero fra il Weser e l'IIartz.
8. I Tenetevi ai sud degli Usipj, poi presso ai Sicambri, indi fra questi e i Catti, la
cui fanteria non era men rinomata che la cavalleria dei Tencteri.
9. I Sicambri, potenti più di tutti gli Istevoni, fra il Sieg e la Lippe.
Occupavano dunque tutto il paese fra il Reno, il Lahn {Langona), il Weser e il paese
marittimo de' Frisoni e dei Cauci; ed entrarono nella lega fatta dai Cherusci contro i
Romani. Più tardi soa nominati i Maltiaci ira il Meno e il Lahn, paese occupato da-
poi dagli Alemanni.
Ingcvoni R). GVIngevoni, o popoli marittimi del nord-ovest, erano
1. I Frisj minori^ al nord dell'isola dei Datavi, e i maggiori fra l'Issel, l'Ems e i
Rrutteri.
2. I Cauci, la più nobile nazione germanica, abitante fra le foci dell'Ems e del
Weser, e ostile alla lega cberusca, come i Frisoni.
3. Gli Angrivari sulle due rive del Weser,
4. I Sassoni al nord dell'Elba.
5. I Cimri nella penisola cimrica (Giutland).
G. I Teutoni sul seno Godano.
Eiraloni C). Le tribù dell'alto paese, o Ermioni, erano
1. I Catti 0 cacciatori, che Cesare trovò alle fonti del Weser, e Druso e Germanico
fra il Meno e il Lahn ; poi occuparono le montagne della Turingia e le terre Decumale^.
2. 1 Cherusci nella maggior loro potenza occupavano tutto il paese coperto dallo
montagne dell'IIartz, e si fecer capi d'una lega formidabile: vinti poi da Cauci e
Catti, si divisero nelle piccole popolazioni de' Turani, Marvingi, Teuriochcemi, Fosi.
3. Gli Ermunduri nelle montagne al nord della Boemia e sul corso superiore dell'Elba:
per sottrarsi ai Marcomanni si piantarono in riva al Meno.
4. I Marisci tra le montagne settentrionali della Boemia e la Rednitz,
Alla nazione degli Svevi, la cui confederazione abbracciava gran parte della Germa-
nia, appartenevano.
5. I Marcomanni, gloriosi e potenti, che dapprima sedeano fra il Reno, il Meno e il
Danubio:, poi vinti da Druso, migrarono nel paese de' Boi, gran tempo minacciosi ai
posti romani del Danubio.
G. I Quadi, nel sud-est della Boemia, dove ora dicesi Moravia e Austria, donde le
colonie romane d'in riva al Danubio traevano i grani.
7. Al nord-est della Boemia i Marsingi.
8. All'est de' precedenti i Ligi divisi fra molte cittiì, come gli Arj, gli Elveconi, i
Manimi, gli Elisj, i iNaharvali.
«
GERMANIA 475
9. Al nord della Boemia fra l'Elba e l'Oder i Semnones, antichissimi fra gli Svevi,
de' quali reputavansi capi, tenendo ben cento cantoni.
D). Vindili^ 0 popoli del litorale, erano Vindill
'J. I Burgundiones, che dal basso corso dell'Oder e della Vistola snidati dai Gepidi,
portaronsi parte nell'isola che denominarono Burgundaholm (Burnholmj, parte verso il
centro della Germania, donde corsero frequente sulla Gallia.
2. I Guttones sulle due rive e alle foci della Vistola. Poco discosto era l'isola Abaio,
ove si raccoglieva l'ambra gialla, che g'i abitanti vendevano ai Teutoni loro vicini, i
quali traverso il paese de' Quadi la recavano sin alle città romane del Danubio.
3. 1 Rayi all'est dello sbocco dell'Oder, coi Sciri, i Turcilingi e gli Eruli, loro
tribù.
4. I Sidini fra la Trave (Chalusus) e l'Oder (Viadrus).
5. I Varini, popolo svevo in riva alla Warna (Suebus), che poi migrò nella Turingia.
G. Sulle due rive dell'Elba stavano molte tribù sveviche, quali i Longobardi gloriosi
d'esser pochi ed ardimentosi, i Beudigni, gli Avioni, gli Angli, gli Eudosi, i Suardoni,
i Nuitoni, protetti da fiumi e da foreste, e che tutti adoravano Erta o la madre Terra.
Alcuni dovevano poi divenir famosi nella migrazione, e dar nomea paesi. Cosigli Angli,
dalla sinistra del Danubio cacciati dai Longobardi parte nel Chersoneso Cimrico, parte
nella Turingia ove si mescolarono coi Sassoni, conquistarono poi la Bretagna, cui die-
dero il proprio nome. 1 Longobardi, dai contorni di Magdeburg, mutaronsi sulla destra
dell'Elba dopo rotti da Tiberio; Tolomeo li riscontrava nel territorio de' Cherusci e dei
vicini, dall'Llba e dal Weser fino al Reno: respinti poi ad oriente dalle leghe de' Fran-
chi, de' Sassoni, degli Alemanni, nel v secolo abitavano l'Ungheria superiore, nel vi la
Pannonia, infine l'Italia settentrionale che ne serba il nome.
Prima dunque che i fiomani passassero il Reno o il Danubio, la parte di Germania fra il
Reno, il mare del Nord, l'Elba e il Meno era occupata dagli Istevoni e dagli Ingevoni. Dietro
di loro, dall'est al sud, dal Reno superiore e dal Danubio sin al Baltico, traverso tutta la
Germania mediterranea, era la vasta confederazione degli Svevi, i cui due popoli prin-
cipali stavano all'estremità, cioè i Semnoni al nord fra l'Elba e l'Oder, e i Marcomanni
al sud-ovest fra il Meno e il Danubio. Di là gli Svevi minacciavano la Gallia, che già con
Ariovisto aveano invasa quando Cesare li ricacciò di là dal Reno. All'est degli Svevi
erano i Vandali agli estremi della Germania, i Borgognoni e i Goti, primi popoli che
dovevano piombar sull'Impero.
Quando i Romani signori della Gallia minacciarono la Germania, vi si opposero due Nuove
confederazioni poderose: al nord quella de' Cherusci, che nella foresta di Teutberg pro-'^"'.*Ì°°'
tesse la germanica indipendenza; abbracciava i Dulgibini, parte dei Catti, i Camavi, i P° '"*^ *'
Tubanti, i Marsi, i Brutteri, iTencteri, i Sicambri. Al sud della Boemia, la lega dei
Marcomanni minacciò la linea del Danubio sotto il poderoso Maroboduo.
Fra il I e il m secolo i Flomani conquistarono la Germania al sud-ovest, ove il Reno
e il Danubio sono ancora debole barriera. Que' paesi furono detti Agri decumates, abi-
tati da avventurieri Galli.
A mezzo del in secolo altre leghe si fecero in Germania, Alcuni Svevi col nome d'A-
lemanni invadono le terre decumati, e occupano tutto il sud-ovest della Germania. Al
nord degli Alemanni fra il Meno, il Reno e il Weser, i Cauci, gli Amsibari, i Cheru-
sci, i Camavi, i Brutteri, i Catti, gli Attuariani, i Sicambri formano la confederazione
dei Franchi, minacciosa ai posti del basso Reno, come la prima a quei dell'Alto e della
Rezia. Al nord-est, dalle frontiere de' Cherusci fin alla penisola cimrica', appajono i
Sassoni, corsari. All'est i Goti, arrivati sul Danubio, sottentrano ai Daci vinti da Tra-
jano. Le tribù Vandale serbano ancora le rive dell'Oder e del Baltico. Gli Svevi sono
nel cuore della Germania, ma indeboliti e mescolati coi popoli vicini,
§ 5. — Popoli delle Alpi e sulla destra del Danubio.
Per dare naturali confini all'Impero, Augusto dovette condur molle guerre-, e per
ischermire l'Italia, rmchiuder nell'Impero le Alpi, e stanziar legioni sul Danubio, come
fece col conquistare la Rezia, la Vindelicia, il Nerico, la Pannonia.
d76 GEOGRAFIA — EPOCA QUINTA
Rczia A). La Rezia stendeasi dall'alpi Pennine sino alle Gamiche, fra l'Elvezia all'ovest,
il Norico all'est, al sud la Venezia e la Cisalpina, al nord la Vindelicia. I molti suoi
popoli erano :
1. Al nord delle Alpi i Leutienses sul Danubio; i Vùiìioìies ^ capitale Brigantia che
dava nome al lago di Costanza; gli Estioìies all'est de' predetti suWllargus (lller), ca-
pitale Campodunum (Kempten).
2. Nelle Alpi e sul pendio meridionale i Lepontii con Oscela (Domodossola) e Focuna-
tes (Vocogna); i Venosti sulle sommità donde scendono l'Inn e l'Adige, capitale Veno-
stium Caput (Finstermunz), oltre Teriolis che die nome al Tirolo.
3. I Camuni stavano dal Lario all'alpi Pennine.
4. I Triumpilini sul Renaco.
5. 1 fireunj sull'Adige superiore, coi Brixentes {'Qv'w^n).
6. I Ge.nauni sulla destra dell'Adige, al nord del lago di Garda.
7. 1 Tridentini al sud-est de' Breuni sulla sinistra dell'Adige (Trento).
Vindelicia ^J- Alla V indelicia faceano confine al nord il Danubio, all'ovest il lago di Co-
stanza, al sud la Rezia, all'est l'inn. Principali popoli, in sul Danubio i Bunimtce ; s\.\\
Lech i Licales, capitale Augmta Vindelicorum (Augsburg) allo sbocco del Vindo (Wer-
tach) nel Licus (l.echj; sull'lnn gli hard, capitale Oeni Pons (Innspruck).
Norico C). 11 Norico confinava all'ovest coll'lnn , al sud colla Sava e coll'alpi Gamiche,
all'est col monte Cetio (Kahlenberg), al nord col Danubio. Due principali popoli n'erano:
nel Norico fluviale (Norico Ripense) i Boi, uelle montagne (Alpes Noricce) i Taurisci,
suddivisi in molte genti.
Pannnnia D). La P annonia era così detta dai Pceones, abitanti al nord della Macedonia,
dal monte Emo fin alle alpi Giulie. Stendeasi all'est del Norico, al nord dell'llliria, al
sud-est del Danubio; il Piaab (Arrabo) la divideva in superiore ed inferiore, cioè occi-
dentale e orientale. Di questo gran popolo erano tribù principali, nella valle della Drava
da occidente ad oriente, i Strreti , i Serrapilli, gli Jasi, gli Andizeti ; in quella della
Sava, i Colapiani e i Brcuci.
Città nella Pannonia superiore, Vindobona (Vienna), antica città celtica, poi stazione
principale dei Romani; Siscia sulla Sava, la più forte della provincia. Nella Pannonia
inferiore, Acincum sul Danubio, antica e forte città colonizzata dai Romani; AJursa
major (Essek) sulla Drava; sulla Sava Sirmium, antemurale dell'Impero contro i Daci ;
Taurunuin (Semlin) al confluente dei due fiumi,
Mesia Ej. La Mesia, paese paludoso, era limitato all'ovest dall'Illiria, al sud dalla Mace-
donia e dalla Tracia, all'est dal Ponte Eusino, al nord dal Danubio. Il fiumicello Ciabvos
(Zebritz) la divideva in superiore ad occidente, e inferiore all'oriente. Nella superiore
abitavano Tricornesii presso la Dalmazia, Moesii sul Ciabros, Picentii fra i due predetti,
Dardani verso la Macedonia, Scordisci che a vicenda sedettero nella Pannonia, nella
Mesia, nella Tracia, nella Dacia: città principali Singidunum (Belgrado) allo sbocco
della Sava nel Danubio, nell'interno paese Naissus (Nissa), e Sardica (Triaditzaj. Nella
Mesia inferiore slavano all'occidente i Triballi , all'oriente i Peucini, al sud-est i Chro-
bici Sciti 0 Ceti nella parte orientale della Mesia inferiore, detta piccola Scizia: città,
sul Danuljjo Oiscos Triballun (OreszovitzJ ; Odessus (Varua), colonia milesia sull'Eusino,
Tomi (Toìnisvar), confine d'Ovidio.
Questi paesi non ebber ordine nuovo da Augusto, ma sottoposti a regime militare,
furono custoditi da otto legioni di oltantottomila uomini, sparsi io molte città della
Rezia, della Vindelicia, del Norico, della Pannonia, della Mesia, della Dalmazia, oltre
una buona flotta sul Danubio.
KPOCA VI
DAI. 4 AL 525 D. C.
§ 1. — Impero romano, suoi limiti.
All'impero romano faceano confine, al nord ed all'ovest il Ponto Eusino, il Danu-
bio, il Reno, l'Oceano dalle foci del Reno fino alio stretto di Cadice; nell'Asia Minore
giungeva sino alla Colchide e all'Armenia; in Siria sino all'Eufrate e ai deserti del-
l'Arabia, in Africa sino all'Atlante, alle arene libiche, ai deserti che separano l'Egitto
dall'Etiopia.
Nell'interno sussistevano ancora alcuni Stati indipendenti alla morte d'Augusto. Nelle
alpi Cozie il re Cozio manteneva le sue dodici città, di cui era capitale Segusia (Susa).
Leggi proprie conservavano Corcira, Scio, Rodi, Samo, Bisanzio; e proprio governo
Nimes, Marsiglia, Lacedemone, e varie genti di Gallia e di Spagna. Egual privilegio
aveano ottenuto molte delle cinquecento città d'Asia, principalmente quelle della Pan-
filia, Tracia e Licia mantenevansi libere ; re proprj avevano la Cappadocia, parte della
Cilicia, la Comagene, Palmira, la Giudea, la Mauritania, il Ponto. Indipendenze di puro
nome, giacché re e repubbliche erano strumenti di Roma.
^2. — Conquiste degli Imperatori.
Negli ottantaquattro anni da Augusto a Trajano, gl'imperatori tolsero il governo na-
zionale ad alcune provincieche l'aveano serbato: la Cappadocia, la Comagene, la Cilicia
Trachea furono riunite all'Impero da Tiberio; da Claudio la Licia, la Tracia, la Mau-
ritania, la Palestina ; da Nerone il piccol regno di Cozio nell'Alpi e il Ponto. Vespasiano
tolse i privilegi a Rodi, a Bisanzio, a Samo, a Marsiglia, condannò di nuovo la Grecia
al tributo da cui l'aveva assolta Nerone. La Bretagna fu conquistata da Agricola, che
penetrò fin tra i Maeti e i Caledonj ; e tutto il paese de' Bretoni dal capo di Cornovaglia
sin al Clyde fu diviso in tre provincie: Britannia prima al sud-est; Britannia secunda
al sud-ovest; Maxima Ccssariensis al nord delle precedenti. Vespasiano, mentr'era
generale di Vitellio, avea conquistato l'isola di Vectis (Vight) sulla costa meridionale
della Bretagna : Agricola soggiogò quella di Mona (Anglesey) sulla costa occidentale, e
le Orcadi al nord della Caledonia.
Sotto Trajano, l'Impero giunse alla massima sua estensione, da cui decadde ben tosto.
Cinque nuove provincie egli aggiunse alle antiche romane :
i. Fra l'Egitto e la Siria V Arabia Petrea, che assicurò il commercio fra l'Asia e
l'Africa.
2. L'Armenia, che posta fra la Media e il Caspio all'est, l'Iberia e l'Albania al nord,
la Cappadocia e l'alto Eufrate all'ovest, la Mesopotaraia e la Siria al sud, serviva
di baluardo all'Asia Minore o all'Alta Asia, secondo n'erano padroni i Romani o
i Parti.
5. La Mesopotamia fra il Tigri all'est, il monte Masio o la Grande Armenia al
nord , l'Eufrate che la separava dalla Siria e dall'Arabia deserta a ovest , al sud la
Babilonia.
4. Ij' Assiria fra la Media all'est, l'Armenia al nord, la Mesopotamia all'ovest, la
Susiana al sud.
5. In Europa la Dacia fra il Theiss all'ovest, i Crapak {Carpates) e il Dniester
(Danaster o Tyras) al nord il Danubio al sud, il Ponto Eusino e il Dniester all'est;
abbracciando cioè quel che ora è il banato di Temeswar, l'Ungheria all'est del Theiss,
Cantò, Documenti. — Tomo I, Geografìa politica. 12
478 GEOGRAFIA — EPOCA SESTA
la Transilvania , la Bukovina, l'estremità meridionale della Gallizia, la Moldavia ad
occidente del Pruth, e la Valachia. Città Tibiscum (presso Karavan sul Temes) , la
quale ebbe titolo di municipio; Tierna (Orzova) fortezza, che nelle Pandette è chia-
mata Colonia Zernensium; Z armizegethusa capìlaìe di Decebalo, poi di tutta la Dacia,
col nome di Ulpia Trajana. Come provincia fu di\isa in Dacia Ripmsts a riva del Da-
nubio, Dacia Alpensis a pie dei Carpazj , Dacia Mediterranea nel paese interno. Oltre
quindici tribù daciche che v'abitavano, al tempo della conquista vi furono portati molti
coloni romani.
§ 3. — Divisioni amministrative.
Per cancellar la memoria delle costituzioni antiche, Augusto introdusse nuove divi-
sioni amministrative in molte provinole.
Spagna '-^ Spagna fu da lui pacificata col sottomettere gli Anturi e i Cantabri. Quelli abita-
vano le valli del monte Vendio fra i Galeci all'occidente e i Cantabri all'oriente; e i
ventidue popoli furono divisi in Transmontani al nord, e Augustani al sud d'esso
monte. Asturia, sopranominata Augusta (Astorga), ebbe un tribunale di provincia. I
Cantabri, sull'oceano Cantabrico, aveano per capitale JuUobriga.
Allora la Spagna fu divisa in tre grandi provincie: a. l.a Lusitania ad occidente fra
il Duero, la Guadiana, l'Atlantico e il paese de' Carpetani. 1 Conventus juridici erano
posti ad Augusta Emerita (Merida), Pax Julia (Beja), e Scalabis (Santnrem).
b. La Betica al mezzodì fra la Guadiana, l'Oceano e il Mediterraneo sin al capo di
Caridemo (Gata) con settantacinque città, di cui due libere, quattro con diritto di
cittadinanza romana, sette municipj, undici colonie, cinque città stipendiarle. Tre
Conventus juridici sedeano a Corduba (Cordova), Hispalis (Siviglia), e Astigi (Ecija).
e. La Tarraconese o Celtiberia abbracciava il resto della Spagna, con censettantanove
città grandi e duecennovantaquattro piccole. I Conventus juridici sedevano a Carta-
gena, Tarragona, Ccesaraugmta (Saragozza), C/un«a (presso Corogna) , yls/or^a, Lucus
(Lugo), Bracara Augusta (Braga).
Tre legioni erano acquartierate in Spagna.
Gallia Alla GalliaNarbonese, antica Provincia, Augusto conservò i vetusti confini. I Romani
fondarono Aquce Sextice (Aix), che divenuta colonia sotto la protezione di Giulio Cesare,
prese il nome di Colonia Julia; Forum Julii (Fréjus), il cui porto fu perfezionato da
Augusto; Apla Julia (Apt). Per le colonie spedite, Narbona prese il nome di Narbo
Marlius, Lodève di Forum Neronis, Nìmes di Colonia Augusta.
Nell'Aquitania innestò quattordici grandi popolazioni celtiche, portandone così i con-
fini dalla Garoona alla Loira.
La Celtica ridotta a metà col nome di Lugdunese, abbracciò solo i paesi fra l'Oceano,
la Loira, la Senna, la Eresse, la Marna e la Saona.
Con terre tolte al Belgio formaronsi altre due provincie: a. la Germania superiore àa
Arzenheim (Argentovaria) sino a Worms (Borbetomagus), e dal Reno alla Mosella; e b.
la inferiore da Worms al Wahal, e dal Reno e dalla Mosella sin alla Schelda. 11 Belgio
non serbò che i paesi fra le due Germanie e la Lugdunese.
Otto legioni e una piccola flotta stavano a guardia del Reno.
In tale mutazione molte città perdettero l'importanza e il nome, altre crebbero.
Così nella Narbonese, Orange, Carpentras, Cavailloo, Valence, Nìmes, Vienne, Fréjus
divenuto un degli arsenali dell'Impero; Aoust, Apt, Viviers ebbero o coloni o titolo
di colonie romane; Marsiglia perdi-tte Antiboe Agde, dichiarate quella colonia, questa
città romana. Nell'Aquitania, nella Belgica e nella Lugdunese, Lugdunum (Lyon) fu
fabbricata a pie dell'Alpi per sede^dell'amministrazione imperiale nella Gallia Chiomata;
capitale degli Arverni non fu più Gergovia, ma Nemetum (Clermont) ; così Bratwipan-
sium cedette a Ccesaromagus (Beauvais) l'esser capo de' Bellovaci; le capitali de' Sues-
soni, de' Veromandui, de' Tricassi, de' Rauraci, degli Ausci, dei Treviri, dei Lemovici
presero il nome d'Augusta; Turones (Tours) mutossi in Cesarodunum, e Bibracte in
Augustodunum (Autun). Variando di privilegi, gli Edui e i Remi conservarono il titolo
d'alleati, concesso pure ai Carnuti acciocché all'ovest e al nord tre popoli potenti aves-
DIVISIONI AMMINISTRATIVE 179
sero interesse a consolidare il nuovo ordinamento. Arverni, Biturigi, Treviri, Suessoni
mantennero l'autonomia; il gius latino ottennero gli Ausci , i più polenti dell'antica
Aquitania.
L'Italia non restò circoscritta dalla Macra, dal Rubicone e dal mare, ma giunse ad Italia
oriente fin all'Arsia, a settentrione all'Alpi, al Varo verso occidente. Fu divisa in undici
regioni: 1. Lazio e Campania^ ove Pozzuoli era centro di tutto il commercio del Me-
diterraneo-, 2. il paese dei Picentini e degli Irpini; 3. la Lucania, il ìiruzio, VApulia,
la Calabria, ove Brindisi prevaleva; 4. il paese spopolato dei Morsi Frentani , Sabini,
Satiniti; 5. Piceno; 6. Umbria;!. Etruria] 8. Gallia Cispadana, con Ravenna posta
fra canali del mare; 9. Liguria; IO. Iene: (a ed Istria ;\\. Gallia Transpadana. Roma
formava un governo a parte sotto il prefetto della città. La Sicilia ebbe da Antonio la
cittadinanza romana, ma era una provincia sola colla Corsica e la Sardegna; Siracusa
non era più che un borgo.
La Grecia, caduta d'ogni importanza, era divisa in due provincie: Grecia
a. L'Acaja comprendeva al sud il Peloponneso, vuoto d'abitanti, ove da cento le
città erano ridotte a trenta, con due piccole repubbliche vassalie di Roma, Lacede-
mone e il cantone degli Eleuteio-Laconi; inoltre la Messenia, l'Elide, l'Arcadia, l'Acaja,
la Sicionia, la Fliasia, l'Argolide, la Corintia, ove Cesare con una colonia avea rideste
le ruine di Corinto; al nord l'Eliade, cioè la Megaride, l'Attica, la Beozia, la Focide, la
Doride, la Locride, l'Etolia, l'Acarnania.
6. La Macedonia abbracciava la Tessaglia, l'Epiro, dove rapidamente crebbe Nicopoli
(Prevesa vecchia) fondata da Augusto, e la Macedonia ove Tessalonica eclissava Edessa
e Pella.
Le isole Egee formavano una provincia , di cui ben presto si considerò per capi-
tale Bodi. Delo sottentrò nel commercio a Corinto,
L'Asia Romana fu ripartita in molti governi: Asia
1. Asia Proconsolare, antico regno di Pergamo, con Efeso per capitale.
2. Le Provincie imperiali di Bitinia, Paflagonia, Ponto.
5. Galazia, Panfilia, Cilicia, hauria, Licaonia, Isola di Cipro.
4. Fenicia e Celesiria, cioè le tre grandi vaili formate dal Libano e dall'Antilibano
all'est di Tiro, al sud-est e sud-ovest di Eliopoli, sin alla fertile pianura di Dama.sco. La
Celesiria fu annessa alla Fenicia, chiamandola Phcenicia Libanesia o Salutaris.
5. La Siria divisa in nove regioni, alcune delle quali serbarono re indigeni: la Ca-
siotidesnì litorale del Mediterraneo fra il Casio e il Libano, capitale Laodicea ; V Apamene
suirOronte, capitale Apamea: la Calcidica sulla destra dell'Oronte, capitale Calcide ; la
Seleucide, capitale Se?euaa all'occidente d'Antiochia; la Pieria ai nord-est della pre-
cedente sul golfo d'Isso; la Comagene al nord sulla destra dell'Eufrate, capitale Sa-
mosata, riunita all'Impero soltanto al tempo di Vespasiano; la Cìrrestica , capitale
Hierapolis, tra Antiochia e la Comagene; la Calibonite, capitale Chahjbon presso l'Eu-
frate, al nord della Palmirene; finalmente la Palmirene, capitale Palmira. Parte del
regno d'Erode restò pure indipendente, e divisa in tre tetrarchie: Galilea e Perea, Iturea
e Traconitide, Abilene.
I Conventus juridici posti da Augusto in Asia sussistettero fin al iv secolo, a Sardi in
Lidia, a Smirne, ad Apamea in Frigia, ad Alabanda in Caria, a Cibira in Frigia. Quattro
legioni accampavano in Asia.
Dopo la morte di Cleopatra, Augusto avea ridotto l'Egitto in provincia, e spedito Africa
armati nell'Etiopia, che passarono 300 leghe di là dal tropico, senza far però stabile
conquista. La Numidia e la Mauritania furono da Cesare ridotte in provincie: ma Au-
gusto ripristinò Giuba II, dandogli la Mauritania Tingitana sin al Malva, e la Numidia
Massiliana che allora fu detta Ccesarea; la Numidia occidentale, fra l'Ampsagas e il
Tusca, fu assolutamente riunita all'Impero.
Colla sommessione dei Garamanti, potentissimi fra le genti libiche, le possessioni ro-
mane in Africa trovaronsi allargate dalle fonti del Bagardas fin alla palude Nuba. Allora
fu partita in quattro provincie: V Egitto, la Cirenaica, l'Africa propria, cioè l'antico
territorio di Cartagine, e la Numidia. Ed era custodita da quattro sole legioni, di cui due
in Egitto.
Delle ventinove provincie dell'Impero, Augusto cedette al senato l'amministrazione Provincie
Senatorie
180 GEOGRAFIA — EPOCA SESTA
(li dodici: Sicilia, Sardegna e Corsica, Narbonese, Betica, Macedonia , Acaja, Creta,
Asia proconsolare, Bitinia, Paflagonia e Ponto, Numidia, Africa, Cirenaica.
Imperiali A sè riserbo diciassette, la più parte di frontiera, e dov'erano eserciti : Lusitania,
Tarraconese, Aquitania, Lugdunese, Belgica, le due Germanie, la Rezia, la Vindelicia,
il Norico, la Pannonia, la Dalmazia, la Mesia, la Siria, la Fenicia, la Galazia, la Pan-
filia, la Cilicia, Vlsauria, la Licaonia, Cipro e V Egitto. L'Italia non consideravasi
come provincia.
§ 4. — Strade, accampamenti.
Strade Per portare rapidamente i cenni e gli eserciti imperiali a tutti i punti dell'Impero,
s'aveano grandi strade militari, continuazione di quelle della Repubblica. Per ordine
d'Augusto, tutte quelle d'Italia furono rimesse in buono stato; recata fino a Cade quella
che traversava i Pirenei orientali, mentre Agrippa ne conduceva altre per la Gallia. Trajano
ne fece una traverso le paludi Pontine da Forum Appii a Terracina, e compì la via
Appia da Benevento a Brindisi. Gli altri imperatori ne apersero di nuove per tutto l'Im-
pero. La via Aurelia, che tagliava l'Etruria , la Liguria e la Narbonese fin ad Arles, fu
continuata per Narbona, Tarragona e Cartagena sin a Cade; e di là dallo Stretto riusciva
a Tanger. La Flaminia, da Roma per l'Italia settentrionale, Pannonia, Mesia, Tracia,
Asia Minore, Siria, Egitto, Africa, giungeva all'oceano Atlantico, passando per Rimini,
Bologna, Modena, Piacenza, Milano, Verona, Aquileja, Siscia, Sirmio, Singiduno, Naisso,
Sardica, Filippopoli, Adrianopoli, Eraclea, Costantinopoli, Dadastane, Ancira, le città
di Cappadocia e di Pisidia; e passato il Tauro, per Isso, Antiochia, le città marittime
dell'Africa, Alessandria, Cirene, Cartagine, Tanger.
Altre diramazioni raggiungevano le grandi città ove sboccavano altre minori. Come
Roma era centro della bassa Italia, così era Milano per la settentrionale; Arles per la
Narbonese; Bordeaux \)%v l'Aquitania; Lione per l'antica Celtica; Reims pel Belgio;
Treveri per la Germania; Augusta per la Rezia e per l'alto Danubio; Sirmio per la
Pannonia; D arazzo per la Grecia; Naisso perla Mesia; Ancira, Tavio, Damasco per
l'Asia Minore e la Siria; Alessandria e Cartagine, per l'Egitto e l'Africa ; Mericla,
Astorga, Saragozza, Cordova per la Spagna; Londra per la Bretagna ecc.
L'Italia avea quarantotto strade, che sviluppavansi per 3000 leghe da Roma fin alle
estremità di Brindisi, Regio, Aquileja, Verona, Como, Aosta, Nizza, le Alpi e i porti;
la Spagna trentuna, di 2600 leghe; la Bretagna quindici, di 870 leghe; l'Asia ad occi-
dente dell'Eufrate trentotto ; la Sicilia nove, di 40 leghe ; la Sardegna sei ; la Corsica una
di -iO leghe; quelle d'Egitto stendeansi SOO leghe, quelle d'Africa più di 5000. Lungo
esse vi erano disposte pietre miliari, e come dice Numaziano
Intervalla vice fessis prcestare videtur
Qui notai inscriptus millia crebra lapis;
inoltre stazioni ed alberghi, con ogni opportunità pei viaggiatori e pel cambio de' ca-
valli; talché Tiberio potè in ventiquattr'ore far 200 miglia da Lione in Germania.
Canali Pochi canali si facevano, non conoscendosi le chiuse; pure la Fossa Drusiana met-
teva in comunicazione il Reno col lago Elevo ; la Fossa Corbulonis stendeasi per 28
miglia fra la Mosa e il Reno ; e al tempo di Nerone, Lucio Veto tentò congiungere la
Mosella che cade nel Reno colla Saona che va nel Bedano, unendo così l'Oceano col
Mediterraneo.
Castra La maggior parte delle venticinque legioni furono da Augusto spedite alle frontiere,
stativa Qyg posero campi, che poc'a poco crebbero in città importanti lunghesso il Rodano e
il Danubio; quali Castra /{p'/ma. (Ratishona), Botava Cas/ra (Passau), Prcesidium Pom-
peii (Maschina), Castellum (Kostendil-Karaul). Anche in Asia, nell'Osroene, lungo l'Eu-
frate e nell'Arabia v'ebbe una linea di fortificazioni, che poco durarono, eccetto Nisibi,
Amida poi Daras.
Trincera- Ove natura avesse abbastanza munito un paese, collocavasi una semplice linea di
'"®"'' posti fortificati, come i cincpianta castelli costrutti da Druso lungo il basso Reno, e gli
altri sull'alto Beno e sul Danubio. Se poi nessuna barriera naturale proteggea dai Bar-
bari, ergevansi lunghe muraglie; tali erano
1
l'impero fin a COSTANTINO 18
1. La mura di Bretagna, detta d'Adriano, tra lo sbocco della Tinna (Tync) e ì'Ituna
wstuariuin (Solway-Frilh). Sottomessi i Bretoni, Agricola elevò fra il Mar d'Irlanda e
l'oceano Germanico una linea di castelli, che Adriano congiunse con una mura,
lunga 32 leghe; Antonino e Severo la portarono più verso il nord. Erano due linee
parallele di trincea, ciascuna con un fosso, e tra esse una strada militare. La mura
settentrionale era alta 4 e larga 3 metri, con otiantuna torri da 21 metri di diametro
e moltissimi bastioni; ventitre castelli servivano di riparo alle truppe custodi delle mura.
2. La trincea frail Reno e il Danubio, estesa 140 leghe, cominciata da Druso, fu
continuata da Tiberio e Germanico sin al monte Taiinus (ileyrich fra Wiesbadcn e
Gomburgo), da Trajano sin al Meno, e da Antonino, Adriano, Severo, Caracalla, Aure-
liano e Probo sin al Danubio. Stendeasi dal nord al sud da Bonn fino a Magonza lungo
il Reno; staccavasi dal fiume per risalire al nord da Wiesbaden (Aquce ^Jatt^acce) fin di
là da Bucinobantes ; poi calava ancora al sud verso Laiiriacum (Lorcb), donde correva
all'est finché incontrava il Danubio non lungi dalla foce dei Nablis (iNaab). Era una mura
con torri ad ogni miglio, e colla fossa, o palizzate sul margine d'un fosso, custodite da
castelli.
'ò. Men importante la trincea dacica, era un terrapieno con palizzate traverso tutta la
valle settentrionale del Danubio; cominciando poco sotto al ponte di Trajano, e termi-
nando presso lo sbocco dello Hierasus (Pruth) nel Danubio.
§ 5. — L'Impero fin a Costantino.
Da Trajano a Costantino l'Impero acquistò e perdette a vicenda. Adriano rinunziò le
Provincie del Tigri conquistate dal predecessore, protesse lOsroene con una fila di for-
tezze, e sull'Eufrate fece confine dell'Impero Nisibi a pie del monte Masio nella Migdo-
nia. Severo dilatò in Bretagna la frontiera romana, 30 leghe più al nord della muraglia
d'Adriano. Aureliano abbandonò la Dacia, ma conquistò la Palmirene, centro di potente
Stato.
Sotto Diocleziano, i Persiani vinti lasciarono che Roma collocasse un re vassallo sul
trono d'Armenia, nominasse quello d'Iberia che per loro proteggesse le gole del Cau-
caso; cedettero anche le cinque provincie di là dal Tigri, cioè VArzanene sull'Eufrate,
capitale Amida; la ZabJicene sulle due rive del Tigri, all'est del monte Masio, capitale
Bezabde; la Moxoene , la Gordiem , vasto paese montuoso al nord dell'Arzanene ; della
quinta non si conosce il nome né il posto. Sotto lo stesso furono rialzate le fortificazioni
di frontiera; tolte dalle mine Treveri, Autun, Grenoble, Winterthur; rifabbricati e
muniti i posti, dalle bocche del Reno a quelle del Danubio; nuove fortezze nella Sar-
mazia; e una linea di campi fortificati si stese lungo l'Eufrate, e da questo all'Egitto.
Da Diocleziano a Costantino l'Impero non perdette nulla, restando suoi confini ad occi-
dente l'Atlantico pel continente, i golfi del Clyde e del Forth per la Bretagna; al nord
il mar Germanico, poi il corso del Reno e del Danubio, colla trincea che proteggeva le
terre Decuraati; in Africa il deserto libico; in Asia le Arene arabiche, la Babilonia,
l'Assiria, la Media, il Caspio, il Caucaso.
§ 6. — Tetrarchìa, e nuovo ordinamento amministrativo.
Diocleziano divise (286-92) l'Impero in quattro, tenendo per sé l'Oriente, vale a dire
le possessioni asiatiche, l'Egitto, e in Europa la sola Tracia, A Galeno, suo cesare, as-
segnò la Mesia superiore o Dacia d'Aureliano, la Macedonia, l'Epiro, l'Acaja; e ne fece
capitale Sirmio. Massimiano Erculeo che sedette in Milano, ebbe l'Italia, colle isole del
Mediterraneo, le due Rczie, i due Norici, la Pannonia, l'Illiria e parte dell'Africa. Il suo
cesare Costanzo Cloro ebbe la Gallia, la Spagna con porzione d'Africa e la Bretagna ro-
mana, e sedeva in Treveri nel Belgio, o ad Eboracum (York) nella Grande Cesariana.
Per rendere men pericolosi i governatori, Diocleziano avea comincialo a frangere le
grandi provincie, e Costantino compì l'opera. Parti l'Impero in quattro prefetture (I):
(^) Vedi la NolUta dignilalum utriutque Jmperii nei Documenti di Legislazione e Diplo.
in a zi a, N^ XIV.
182 ' GEOGRAFIA." — EPOCA SESTA
1" Delle Galli e, colla Gallia, la Bretagna, la Spagna, le Baleari, la Mauritania occiden-
tale fra il iMalva e l'Oceano. 2' Quella A' Italia^ coH'ltalia la Rezia, la parte dell'A-
frica che è tra la Cirenaica e la Mauritania Tingitana. 3" Quella ^' Illiria , cioè No-
rico, Pannonia, llliria, Grecia, Mesia. 4' Quella ù' Oriente teneva il resto dell'Impero.
Ciascuna fu suddivisa in diocesi, e queste in provincie.
[.Prefettura delle Ga/Z« e, in tre diocesi:
A. Diocesi della Gallia, fra il Reno, l'Alpi, i Pirenei e l'Oceano, con diciassette Pro-
vincie, di cui cinque nell'antica Belgica, aggiuntovi il paese de' Sequani e degli Elveti,
cioè le due Germanie lungo il Reno, capitali Colonia e Magonza; le due Belgiche for-
mate col resto della Belgica antica, capitali Treveri e Reims; il paese de' Sequani e degli
Elveti, detto Maxima Sequanorum, capitale Besancon. Quattro nella Lugdunese, cioè
Gallia Lugdunensis Prima, capitale Lione; Secunda, caldàie Rothomagus fRouen);
Tertia, capitale Civitas Tur o?ium (Toms); Quarta, capitale Civiias Senonum (Sens). Tre
nell'Aquitania, cioè Aquilania prima, capitale Avaricum (Bourgesj ; Secunda^ capitale
Burdigala (Boììi'iieiìnx); Tertiao Novempopulonia, capitale jEiusa (Eiìze). Cinque nella
Narbonese, cioè Narbonensis Prima, capitale Narbona ; Secunda, ciì\)\l<i\e ^quce Sextice
(Aix) ; Alpes Marilimce, capitale Eburodunum (Embrun) ; Provincia Viennensis, capitale
Vienne; Alpes Grajce, capitale Darantasia (Cen\.TO&),
B. La Diocesi di Spagna comprendeva sette provincie: le antiche di Lusitania e Be-
tica, capitali Merida e Siviglia ;_ e tre formate a spese della Tarraconese, cioè la Gal-
lecia ai nord-ovest, capitale Braga; la Cartaginese, capitale Cartagena; la Tarraconese
fra le due precedenti, capitale Tarragona; infine le Baleari e la Mauritania Tingitana
fra l'Atlantico e il Malva, capitale Tanger.
C. Diocesi di Bretagna, in quattro provincie: Britannia Pr mia sulle coste orieiitali,
capitale Canterbury ; Secunda sulle coste occidentali; Flavia Ccesariensis al mezzodì fra
il mare e l'alto Tamigi ; Maxima Ccesariensis al nord, lungo la mura d'Adriano, capi-
tale York. Dipoi 'V^alentiniano formò la nuova provincia Valentia fra il muro d'Adriano
e quel di Severo.
II. Prefettura d' Italia, m due diocesi :
A. Diocesi d' Italia , con quindici provincie: Campania, Samnium, Lucania e Bru-
tium, Apulia e Calabria, Etruria, e Umbria, Picenum Suburbicarium che comprendeva
l'occidente dell'antico Piceno e il sud ovest dell'Umbria, Picenum e Flaminia fra Mo-
dena e Rimini con tutto il litorale dell'antica Umbria, Venetia, yEmilia fra il Po e l'Apen-
nino, Liguria, Sicilia, Sardinia, Corsica, Alpes Cottice, Betia unita alla Vindelicia.
B. La Diocesi d'Africa abbracciava il proconsolato di Cartagine e una viceprefettura
che contenea cinque provincie : la Binacene fra il golfo della Piccola Sirti e quel d'Adru-
meto , capitale fiysacjum; la Numidia propria, Cii\)\lai\e Comtantina ; la Tripolitana ,
capitale Leplis Magna; la Mauritania Ccesariensis fra il Malva e il Serbelo , capitale
Cwsarea; la Mauritania Sitifensis, capitale Sitin tra il Serbelo e l'Ampsagas che la di-
videa dalla Numidia propria.
l\l. Prefettura d' llliria, in due diocesi:
A. Diocesi d' llliria, divisa in dieci provincie: Noricum Ripense lungo il Danubio, ca-
pitale Lauriacum; Noricum Medilerraneum, capitale ]'irunum ; le due Pannonie, capi-
tale Sabaria e ììregelio ; la Valeria, piccolo paese sul Danubio, ad oriente delle due
Pannonie, capitale Acincum; la Savia, parte della Pannonia antica fra la Drava e la
Sava, capitale Siscia; la Dalmazia, capitale Sa/ona; la Mesia Prima o superiore, ca-
pitale Viminiacium; la Dacia Ripensis e la Mediterranea, cioè la porzione compresa fra
la Mesia Supcriore e l'inferiore, detta cosi in memoria degli antichi possessi di Roma
nella vera Dacia al nord del Danubio: capitale Ratiaria e Sardica.
B. La Diocesi della Macedonia abbracciava sette provincie: Macedonia, capitale Tes-
salonica; Tessaglia, capitale Larissa; Grecia, capitale Corinto; antico e nuovo Epiro,
capitali Nicopoli e Durazzo; Prevalitana, porzione meridionale della Dalmazia, dove
erano Scodra e Lissus ; e la Creta.
IV. Prefettura d'Oriente, in sei diocesi :
A. Diocesi del proconsolato d'Asia, colle tre provincie dell'^lsm Propria antico regno
di Pergamo, Ellesponto già Misia, e le Isole.
B. Diocesi 0 contea d'Oriente, in quindici provincie: h Palestina, suddivisa in Prima
NUOVO ORDINAMENTO AMMINISTRATIVO 183
governata da un consolare sedente in Cesarea, Securìda, capitale Samaria, e Salutare ^
capitale Gerusalemme ; l'Arabia, capitale lìoslra; la Fenicia marittima, capitale Tiro; la
Siria Consolare, capitale Antiochia; la Cilicia, capitale Tarso; l'isola di Cipro; la Fe-
nicia del Libano, capitale Damasco; V Eufratina, capitale llierapolis; la Siria Salutare,
capitale Apamea; VOsroene, capitale EJessa ; la Mesopotamia, capitale Amida ; la Cilicia
Secuìida, capitale Anazarbe; V Isauria, capitale Seleucia Trachea.
C. Diocesi d' Egitto, in cinque provincie : Libia Inferiore, cap'\lai\e Paraatonium ; Libia
Superiore, ad occidente della predetta, capitale Cyrene; Tebaide, capitale Tebe; Egitto
(Delta), capitale Alessandria; e Arcadia.
D. Vicariato d'Asia , in otto provincie: Panfilia, capitale Aspenda; Lidia, capitale
Sardi; Pisidia, capitale .hi ^ioc/na; Licaonia, capitale Iconio, Frigia Pacatiana, capi-
tale Laodicea; Frigia Salutare, capitale Synnade; Licia, capitale it/i/ra; Caria, capitale
Alicarnasso.
E. Diocesi del Ponto, colle nove provincie di Calazio, capitale Andra; Bitinia, capi-
tale Nicomedia; due Cappadocie, capitali Cesarea e Tiane ; Ellenoponto, parte occiden-
tale dell'antica provincia del Ponto, capitale Amasea; Ponto Polemoniaco, capitale Tre-
bisonda; due Armenie, capitali Sebaste, Meliteìie e l'antica Cabira; Paflagonia, capitale
Gangra. Teodosio formò una Galazia Salutare, capitale Pessinunte, ed una Onoriade,
capitale Claudiopoli presso le coste dell'Eusino.
F. Diocesi di Tracia in sei provincie ; Europa lungo il Bosforo Tracio e la Propontide,
capitale Eraclea, già Perinto; Tracia, ch'era l'estremità occidentate della Tracia antica,
capitale Filippopoli ; Monte Emo, capitale Adrianopoli ; Rodope, capitale Abdera; Se-
conda Mesia, capitale Marcianopoli ; Piccola Scizia, capitale Tomi.
Tra queste provincie era una gradazione di dignità, come negli impieghi amministra-!-
tivi, e le une erano amministrate da proconsoli e consoli, altre da presidi e correttori:
1" Provincie Proconsolari erano l'Acaja, l'antico regno di Pergamo sotto il
nome d'Asia Proconsolare, l'Africa Cartaginese sotto il nome di Proconsolato di Car-
tagine,
2° Province Consolari erano trentasette: la Prima Palestina, la Fenicia, la Siria,
Cipro, la Cilicia nel contado d'Oriente-, la Panfdia, l'Ellesponto, la Lidia nella diocesi
d'Asia; la Galazia, la Bitinia nella diocesi del Ponto; l'Europa, la Tracia nella diocesi
di Tracia; la Creta, la Macedonia, la Dacia Mediterranea nella diocesi d'illiria; la Ve-
nezia e l'Istria, l'Emilia, la Liguria, la Flaminia e il Piceno Annonario, la Toscana e
l'Umbria, il Piceno Suburbicario, la Campania, la Sicilia nella diocesi d'Italia; la Bi-
zacene e la Numidia in Africa ; la 'V^iennese, la Lugdunese Prima, la Belgica Prima e
Seconda, le due Gernnnie.
3° Settantuna erano \e Provincie Presidiali: le due Libie, la Tebaide, l'Egitto
proprio, l'Arcadia in Egitto; la Palestina Salutare, la Palestina Seconda, la Fenicia del
Libano, l'Eufratina, la Siria Salutare, l'Osroene, la Mesopotamia, la Cilicia Seconda nel
contado d'Oriente; la Pisidia, la Licaonia, la Frigia P;icatiana e la Salutare, la Licia, la
Caria, le Isole nella diocesi d'Asia; l'Onoriade, le due Cappadocie, l'Ellenoponto, il
Ponto Polemoniaco, le due Armenie, la Galazia Salutare nella diocesi del Ponto; il
monte Emo, il Rodope, la Mesia Seconda, la Scizia nella Tracia; la Tessaglia, i due
Epiri, la Dacia Ripense, la Mesia Prima, la Prevalitana, la Dardania, la Macedonia Sa-
lutare, la Dalmazia, la Pannonia Prima, le due Rezie, il Sannio, la Valeria, la Sardegna,
la Corsica nell'Italia; la Mauritania Sitifense , la Tripolitana in Africa; la Tarraconese,
la Cartaginese, la Tingitana, le Baleari in Ispagna ; le alpi Marittime, Pennine e Graje,
la grande Sequanese, l'Aquitania Prima e Seconda, la Novempopulonia, la Narbonese
Prima e Seconda, la Lionese Seconda e Terza, la Lionese de'Senoni nella Gallia; la Bre-
tagna Prima e Seconda, la Flavia Cesariense.
4" Quattro erano Provincie Corretto r iati: Paflagonia, Apulia e Calabria,
Lucania e Bruzio, e Savia. Roma e Costantinopoli, governate da un particolare prefetto
della città, non appartenevano a veruna provincia.
Separate le funzioni militari dalle civili, v'ebbe uffiziali destinati a custodir la fron-
tiera; le legioni, ridotte a mille cinquecento uomini, vennero ripartite fra le principali
città interne, sotto otto conti e venticinque duchi. L'impero d'Oriente avea due conti
militari , uno nell'lsauria, l'altro in Egitto; sei quel d'Occidente, in Italia, in Africa,
184 GEOGRAFIA — EPOCA SESTA
nella Tingitana, a Strasburgo, nella Bretagna, e uno per custodire il lido sassonico. A
duchi erano sottoposte la Libia, Tebaide, Fenicia, Eufratina, Siria, Palestina, Osroene,
Mesopotamia, Arabia, Armenia, Scizia, Mesia prima e Seconda, Dacia Ripense, Mauri-
tania Cesariense, Tripolitana, Pannonia Prima, Norico Ripense, Valeria Ripense, Pan-
nonia Seconda, le due Rezie, la Sequanese, l'Armorica, il paese de'Nervii, la Belgica
Seconda, la Germania Prima, la Bretagna e il territorio di Magonza.
Città Ng| grai2(jg uguagliamento introdotto da Diocleziano e Costantino erano scomparsi
indusirìg]j antichi privilegi delle città, e resa uniforme la servitiì in tutto l'Impero. Solo distin-
guevansi le città ov'erano manifatture imperiali.
Nella Gallia, Strasburgo fabbricava ogni sorta armi, freccie Macon , corazze Autun,
scudi, balestre, spade Soissons, spade Reims, scudi e balestre Treveri, spade e scudi
Amiens. In Italia, freccie a Concordia, scudi e ogni arme a Verona, corazze a Mantova,
scudi a Cremona, archi a Pavia, spade a Lucca. Neirillirico e nel Norico, a Sirmio
scudi, baliste e ogni specie armi; a Acinco, a Carnunto, [a Lauriaco scudi, a Salona
ogni arme. In Asia, scudi e altr'arme a Damasco e Antiochia; scudi ed altri arnesi a
Edessa, uno dei grandi arsenali dell'Impero; picche a Frenopoli di Cilicia ; spade a Ce-
sarea di Cappadocia; tutte armi a Sardi, Nicomedia, Adrianopoli, Marcianopoli, Tessa-
lonica, Naisso, Ratiaria, Horreum Margi.
Altre città aveano manifatture pubbliche, ove faceansi e tingeansi slofTe di lana e seta
per uso particolare degl'imperatori, vesti militari, vele e cordami per le navi, Arles,
Vienne, Lione, Reims, Tournay, Treveri, Autun, Metz, Salona, Sirmio, Spalatro, Aqui-
leja, Milano, Ravenna, Roma, Canusio, Venosa, Cartagine, Venta in Bretagna avevano
telaj ; Taranto, Salona, Siscia, Siracusa, Tolone, Narbona, molte città dell'Africa e delle
Baleari, tintorie.
Cesellature e dorature facevansi nell'impero d'Occidente in tre sole città della Gallia;
Arles, Reims, Treveri. Moneta battevasi a Siscia, Aquileja,Roma, Lione, Arles, Treveri.
Tesori pubblici teneansi a Salona, Siscia, Sibaria, Aquileja, Milano, Roma, Augusta,
Lione, Arles, Nimes, Treveri.
EPOCA VII
DAL 323 AL 476 D. e.
§ 1 . — Impero romano.
Il dio Termine è stato smosso; già i Barbari d'ogni parte restringono i confini del-
l'impero di Roma. Il discendente di Costantino, da Bisanzio mandava i suoi ordini al
nord fin all'oceano Germanico, al Reno e al Danubio; all'ovest fin all'Atlantico, poi
nell'isola Britannica sino al golfo della Clyde e del Forth ; in Africa sino alla Getulia,
alla Libia, e ai deserti di Siene; in Asia fino al porto d'Ailath sul mar Rosso, a Susa
sull'Eufrate, dove al gomito che forma questo fiume sotto il 34° di latitudine, sorge-
vano le are indicanti i confini dell'Impero; a Circesio, e alle frontiere dell'Armenia.
Inoltre la grandezza antica e la religione il faceva molto influente soprai Lazi, abitanti
fra il Ponto Eusino e il Caucaso, e sopra gli Iberi e le città mercantili di Dandaca,
Cherson, Teodosia, Bosforo, Fanagoria, sul lato meridionale del Chersoneso taurico.
A quest'Impero ancora sì vasto mancano la forza e la ricchezza vera, cioè la popola- Popolai,
zione, giacché dapprima la conquista, poi la lenta oppressione del fisco n'avea snidato
gli abitanti; e tutti gli scrittori s'accordano a deplorare le intere provinole vuote di
gente. Plutarco dice: «Gli oracoli cessarono perchè distrutti i luoghi dond'essi profe-
« tavano: a fatica in Grecia troveresti tremila uomini da guerra». E Strabene: <tlo non
« descriverò l'Epiro e i luoghi circostanti, perchè affatto deserti. Lo spopolamento, co-
« minciato già da un pezzo, prosegue di modo, che i soldati romani mettono il campo
« nelle case abbandonate ».
Più compassione facea, pel paragone dell'antica grandezza , l'Italia. In alcune Pro-
vincie eransi già annidati i Barbari : Scoti e Pitti occuparono la Valenzia ; Franchi Sa-
lici, l'isole de' Batavi e la Toxiandria (Anversa) ; Franchi Ripuarj, la sinistra del Reno
intorno a Colonia ; Alemanni, le terre decumati; Silingi , la Pannonia ; Visigoti, la
Mesia Seconda, le due Dacie, la Tracia; Ostrogoti, la Galazia: altri Barbari minaccia-
vano l'Impero, altri gli prestavano infelice servigio come ausiliarj.
Più volte erasi già diviso l'Impero romano, ma definitivamente dopo morto Teodosio Divisione
(395) formaronsi i due imperi d'Oriente e d'Occidente, tra cui erano confine in Africa
la Tripolitana e la Pentapoli , in Illiria il corso del Brino affluente della Sava, e quel
della Barbana, che al nord di Scodra gettasi nel lago Labeati. Ecco lo specchio di quella
divisione:
Prefetture Diocesi Provincie
( 3 Palestine, Fenicia,
j 2 Sirie, Cipro, Arabia.
! 2 Cilicie, Mesopotamia.
\ Egitto proprio, Tebaide.
2 Libie, Arcadia, Augustanica.
Panfilia, Ellesponto.
Lidia, Licaonia, 2 Frigie.
Licia, Caria, isole.
2 Galazie, Bitinia, Ponto,
2 Cappadocie, Paflagonia,
2 Armenie, Ellesponto, Poleraonia.
Europa, Tracia, Rodope.
Emo, 2 Mesie, Scizia.
Acaja, Macedonia.
Creta, Tessaglia.
Epiro antico,
Epiro nuovo.
Dacia interiore.
Dacia ripense.
Mesia I.
Dardania.
S \ l Prevalitana.
I' Oriente
IF Illiria
(orientale)
Diocesi
I Oriente
lì Egitto
III Asia
IV Ponto
V Tracia
I Macedonia
II Dacia
186
Prefetture
P Italu
IF Gallie
GEOGRAFIA -
Diocesi
I Italia
suddivisa in
diocesi d'Ita-
lia e diocesi
di Roma.
II Illiria
(occidentale)
III Africa
I Spagna
V'
Gallia
EPOCA SETTIMA
Provincie
Venezia Liguria, 2 Piacentini.
Toscana e Umbria, Campania.
Sicilia, Apulia e Calabria.
Lucania e Bruzio.
Alpi Cozie.
2 Rezie, Sannio.
Valeria, Sardegna.
Corsica.
2 Pannonie, Savia.
Dalmazia, 2 Nonci.
Tripolitana, Bizacena.
Numidia.
2 Mauritania.
Betica, Lusitania, Galizia.
Tarraconese, Cartaginese.
Isole Baleari, Tingitana in Africa.
Narbonese I Metropoli Narbona (I)
ili Bretagna
Narbonese II
Viennese »
Alpi marittime »
Alpi Pennine »
Afjuitania I »
Aquitania II »
Aquitania III o
Novempopulonia»
Lionese I »
Lionese II «
Lionese III »
Lionese IV »
Lionese V o
Sequanese »
Belgica I »
Belgica II >>
Germania I »
Germania II »
Bretagna i e H.
Massima Cesariense,
Flavia Cesariense.
Valenzia.
Aix (2).^
^MenDe (3).
Embrun (i).
Tarantaise (S).
Bourges (6).
Bourdeaux (7).
Eiìze (8).
Lyon (9).
Rouen (10).
Tours (11).
Sens (12).
Besancon (13).
Treves (14).
Reims(15).
Mayence (16).
Nimègue (17).
(<) Alta Garonna, Ariège, Pirenei orientali, AuJe,
Tarn e Garonna, Tarn, Herault, Gard, Lozère, Ar-
dèchc.
(2) Bocche del Kodano, Varo, Valchiusa, basso e
alte Alpi, Iscro.
(o) Bocche del Rodano, Dròme, Valchiusa, Ain,
Isero, Savoja, Ginevra.
(•'() Conica di Nizza, dipartimento del Varo,
basse e alte Alpi.
(5) Savoja, cantone del Valcse.
(6) Cher, ludre, Crcnse, alta Vienna, Corrczc,
Puy-dc-Dòmc, Allicr, Lozere, Cantal, Avcyron, Lot,
Tarn e Garonna.
(7) Loirc inferiore, Maine e Loire, Vandca, Due
S'evres, Vienne, Charcntc inforiorc, Charente, Gi-
ronda, Dnrdojna, Lot e Garonna, Gers.
(8) Gironda, Landes, Gcrs, alta Garonna, alti e
bassi Pirenei, Ariègc.
(9) Alta Marna, Góte d'Or, Ni'evre, Allier, Saone
e Loire, Rodano, Loire, Ain.
(IO) Seine e Oise, Scine inferiore, Euro, Calva-
dos, Oine, Manche.
(H) Finislbre, Còtes du Nord, Ile e Vilainc,
Morbihan, Loirc inferiore, Mayennc, Sarthc, Maine
e Loire, Indre e Loire.
(12) Senna e Marna, Senna, Senna e Oise, Euro
e Loire, Loire e Cher, Loiret, Nièvrc, Yonne, Aube.
(15) Alta Saona , Doubs, Jnra, Saonee Loire, Aiu.
(14) Granducati del basso Reno e di Liisseni-
biirgo, dipartimento della Mosa, Mosella, Meurthc,
Vogesi, aita Marna
(lij) Paesi Bassi, Fiandra, Ilainaut, dipartimento
Nort, passo di Caiais, Somme, Oise, Aisnc, Marne,
Ilauti'-Marne.
(16) Assia Darmstadt, Baviera renana, diparti-
mento dell'alto e basso Reno.
(17) Paesi Bassi, Olanda meridionale , Gueldria
meridionale, Brabante seltcntrionalc, Zelanda, An-
versa, Limbiirgo, Liegi, Naraur, granducato del
bosso Reno.
BARDARI SETTENTRIONALI 187
§ 2. — Barbari settentrionali.
Circuendo i confini dell'Impero, si sarebbero trovati d'ogni parte vicini minacciosi.
Al nord i Pitti piombavano dai monti Granipian sopra la Bretagna, le cui coste erano
devastate da Franchi e Saswni. In Germania, Marcomanni ^ Quadi , Jazigi usavano le
ultime forze a guastar le provincie del Danubio. Intanto in riva al Reno s'erano formate
le confederazioni dei Franchi e quella degli Alenianni; la prima abbracciando gli anti-
cbi Amsivari^ i Cherusci, i Chamavi, i Brulteri, i Catli, gli Attuari, i Sicambri, i Salj
e Ripuarj; l'altra le tribù sveve, massime Usipj, Bucinobanti, Caracasiani , Elveti^ In-
tuergi, Rucinati^ Tenetevi.
Dietro dagli Alemanni, sulle sponde del Danubio, stendeansi da occidente in oriente i
borgognoni, scesi dal Baltico alle sorgenti del Meno; gli Svevi assisi tra le fonti del-
l'Elba e del Weser; all'est di questi i Marcomanni nella Boemia; i Quadi nell'Unghe-
ria; sotto di essi i Giutungi sul Danubio; tra il quale e il Theiss i Sarmati Jazigi.
Anche i popoli più settentrionali si accostavano ; e i Longobardi erano venuti dal Bal-
tico sull'Elba; i Gepidi, loro fratelli, ad oriente della Boemia; i Vandali nella Transil-
vania. Ai Sassoni, pirati terribili fra il Weser e l'Elba, s'erano confederati altri popoli
adottandone il nome, come i Cauri, i Brufteri, gli Angli. Al mar del Nord, tra il lago
Elevo e le foci dell'Ems, restavano immoti i Frisoni; al nord-est i Bugi in riva al-
l'Oder, e nella parte superiore di questo i Ligi; al nord-est della Vistola i Venedi, sul
golfo Venedico; al nord del Niemen i Borussi ; al nord della Dvina gli Estj, razza
finnica.
Nel Chersoneso cimbrico stavano al nord i Giuli; i Dani nelle isole vicine e nella
Scandinavia meridionale; nel resto di questa Goti al sud, Sujoni al centro, Finni nel
Einnmark e sul continente nella Finlandia e nella Russia settentrionale.
I Goti aveano le prime stanze alla foce della Vistola; donde nel ii secolo calaronsi
verso il sud, nel in si piantarono nella Dacia, di dove una porzione passarono sulla riva
settentrionale del Ponto Eusino. Gepidi, Grentungi, Tervingi, Tai falli, Victovali, Ue-
sogoti erano le precipue tribù sedenti nella Dacia e nella Mesia inferiore. Le uni il
grande Ermanrico, che stese la spada e l'impero (352-72) sopra gli Bruii del mare
d'Azof, i Rossolani della Russia orientale, gli Estj del Baltico, ed altri Slavi e Venedi
della Russia e Polonia..
Spezzarono quell'impero gli Unni, che venuti dal Caspio, sottomisero gli Akaziri in
riva al Volga, gli Alani al nord del Caucaso, gli Fruii ad occidente della palude Meo-
lide; e cacciaronsi innanzi i Vandali, che salirono in su pel Danubio; i Visigoti, che
piantaronsi nella Mesia, e dal Volga al Theiss sommossero le genti gotiche. Più allar-
garono le conquiste allorché Attila (441-55) li menò a minacciare Costantinopoli e
Roma, ed estese la dominazione sua dal Reno al Caspio, dal Baltico ai monti della Gre-
cia settentrionale.
Dietro gli Unni, verso gli Urali stavano sul lembo dell'Asia genti turche ; tra i Finni
e i limiti della Siberia, i Magiari, gente turca o tartara: di sotto i Magiari, dal nord al
sud gli Avari, i Pacinati, i Cumani; sulla riva settentrionale del Caspio gli Akaziri e
Cazari; sul Volga i Bulgari.
§ 3. — Barbari d'Asia e d'Africa.
Alcuni Alani, fuggenti innanzi agli Unni, s'annidarono presso il Caspio; gli Zichial
nord-est del Ponto Eusino, e i Goti Tetraxiti nella Crimea, furono dalla posizione pro-
tetti contro gli Unni Nell'istmo del Caucaso, i Lazi in riva al Fasi, ^Vlberi sul Ciro,
pendevano per gl'imperatori; gli Armeni pei Persi.
L'Armenia stendevasi, ad oriente dell'Eufrate, da Satala fin alla spina di monti che
costeggia il Caspio ; avendo città principali Artaxata sull'Arasse, sede dei re, che poi
trasportaronsi a Tibion; Ani fortezza sull'Eufrate; Teodosiopoli fondata il 415 e delta
poi Azel Roum paese de' Romani (Erzerum), avea perduto i re proprj.
188 GEOGRAFU — EPOCA SETTIMA
L'impero dei Sassanidi in Persia al fine del iv secolo terminava al nord coll'Oxo e
rOcho, che lo separavano dall'impero degli Indo-sciti o Ine-ci, col Caspio e colle porte
Albane, per dove sbucavano tratto tratto gli Alani; all'ovest col regno di Georgia e
d'Armenia orientale, e colle frontiere romane; al sud-ovest col regno arabico di Ira o
dei Mondar, da cui lo divideva l'Eufrate; al sud colle coste meridionali del golfo Per-
sico e col mar Eritreo; all'est coi monti Barbitani e Parsyeti, che lo sceveravano dagli
Indo-sciti. Ctesifonte era capitale di tutto l'impero sassanide.
Ad oriente della Palestina stavano i Nabatei, e a levante di questi i Saracini, bersa-
gliando l'impero romano.
Blemmj e Nubj combattevansi tra loro fra Siene e Meroe , dove erano perite le ses-
santotto città, un tempo famose, non rimanendo che Napata sul Nilo; Cartagine, che
per otto strade comunicava colle città marittime dell'Africa proconsolare e colle medi-
terranee della Numidia; Ippoìm, città forte e trafficante, popolata da molti Ebrei-, Co-
stantina, donde quattro vie dirigeansi alle precipue città numide.
Il resto dell'Africa romana era popolatissimo e fiorente per civiltà e cristianesimo,
con almeno quattrocensessantasei vescovadi : ma gli Austuritani devastavano già la Tri-
politana, e sotto Valentiniano l misero a rovina Lepti ; Teodosio respinse gli Isaflensi
al sud della Mauritania Cesariense, ma senza poter ottenere rispetto dalle tribù vicine
al monte Ferrato (JuriuraJ.
§ 4. — Invasioni.
Questi popoli stringono l'Impero, costretto a dar indietro man mano che essi ne oc-
cupano qualche porzione. 1 Goti sotto Fritigerno ed Alarico, gli Alemanni sotto Rada-
gaiso, Svevi, Vandali, Alani soUo Godegisilo moltiplicano le scorrerie. Poi Borgognoni,
Svevi, Vandali formano regni. Dai frantumi dell'impero d'Attila sorgono i brevi do-
minj degli Unni Uturghi e Cuturghi, dei Longobardi, Gepidi, Bugi, Turingi , Eruli . Gli
Ostrogoti occupano l'Italia; Franchi e Sassoni la Gallia e l'Inghilterra. Gli Slavi appa-
jono sulle terre abbandonate dai Germani ; le orde turche vengono dagli Urali sopra la
Russia. Anche i Finni giungono dai paesi iperborei fino al Volga, mentre i ranrfa/i in-
vadono l'Africa, e i Sassanidi l'Armenia , che nel 428 fu divisa tra essi e l'Impero,
restando a quelli la ricca ed estesa Persarmenia, a questo il contado d'Oriente, che fu
poi partito in cinque provinole : la Grande Armenia, capitale Erzerum-, V Armenia
Prima Q la Seconda, capitali Sebaste ^ Melitene ; la Quarta, coi cantoni di Anzitene,
Ingilene, Belabitene, Sofene; la Terza o Ponfo Po/emon«aco sul mar Nero, capitale Tre-
bisonda.
EPOCA Vili
DAL 476 AL 622 D. e.
gì — Basso Impero.
L'impero Occidentale è sciolto (476), e spartito fra varie genti che avviano una nuova
civiltà. L'Orientale o /?o/»anm ha per confini, in Europa al nord il Danubio dalla foce fin
all'Esco, ad occidente di Nicopoli, a nord-ovest il corso dell'Esco, indi i paesi ad occi-
dente di Sardica e Stobi, e a settentrione di Dirrachio : in Africa possedeva l'Egitto e
la Libia, fin ai limiti occidentali della Pentapoli: in Oriente aveva acquistato la Col-
chide e il contado d'Armenia, e stendevasi dal Caucaso al mar Rosso, passando per Teo-
dosiopoli, Martiropoli, sul Ninfeo affluente del Tigri; l'inespugnabile Merden nel monte
Masio; Darà al nord de' monti Singiar: verso l'Arabia, le fortezze di Siria e Palestina
mal frenavano gl'irrequieti Saracini.
Quivi Tiro, Berito, Sidone, Antiochia conservavano l'antica industria; l'Egitto era
granajo di Costantinopoli, ma la Grecia e la Tracia giacevano spopolate; Sciri, Satg,'ji,
Alani, Goti accampavano sulla destra del Danubio, inutile schermo a Slain , Gepidi ^
Bulgari, irruenti; la muraglia, eretta da Anastasio per 18 leghe dalla Propontide al mar
Nero onde proteggere Costantinopoli, ne mostrava la debolezza; Darà rimpetto a Nisibi,
Teodosiopoli verso le sorgenti dell'Eufrate, Amida al varco del Tigri opponevano l'arte
delle fortificazioni e i vantaggi della disciplina al furore persiano.
Tutte le rinforzò Giustiniano (527-65), che coprì di ottanta forti le rive del Danubio, Impero
ristaurò Palmira, munì le città della Bisacene e della Numidia meridionale. Le sue con- ^.'"sii-
quiste parvero tornar grandezza all'Impero, avendo occupato
o. Il regno de' Vandali in Africa, salvo le Mauritanie Tingitana e Cesariense, rimaste
ai Mori ;
b. 11 regno degli Ostrogoti, eccetto la Provenza e la Baviera, da Vitige cedute ai
Franchi ;
e. Valenza e la Betica in Ispagna, cedutegli da un re visigoto: onde l'impero suo avea
per confini in Africa all'ovest l'Atlantico; al sud il grande Atlante e il deserto; in Eu-
ropa la catena occidentale dell'Alpi , il Danubio dal confluente dell'Ems fino al mar
Nero; in Asia gli antichi: oltreché possedette le isole del Mediterraneo, e nella Spagna
Valenza e la Belica. Ma tali conquiste indebolivano il centro, senza poter rendersi du-
revoli, e mal si proteggeano colle fortezze.
§ 2. — Impero persiano.
Come l'impero orientale dai Germani, così il persiano era minacciato dai Tartari,
che cercavano passare il Caucaso. Gli Unni Eftaliti, varcatolo nel 473, lo ridussero a
pagare un tributo, da cui lo redense Cobad nel 505, che munì le gole del Caucaso.
Le principali sono quella di Dariel, per cui si va da Mozdok a Tiflis ; e quella di Derbend
in riva al Caspio, nel Daghestan. La prima è una valle approfondata fra due catene di
erte montagne, che taglia l'istmo del Caucaso. La gola di Derbend è una steppa, dove
erano le porte Caspie, e Cosroe Nuscirvan la chiuse con una muraglia, lungo tutta la
catena del Tabasseran.
Al sud-est la Persia era minacciata dai Saracini, che correvano la Mesopotamia e la
Siria; le provincie al nord est dagli Unni Ajateliti, situati nella Transoxiana ; e le sa-
trapie orientali dal re dell'India marittima, che mandava sue flotte a saccheggiare il
litorale del golfo Persico.
490 GEOGRAFIA — EPOCA OTTAVA
g 3. — Irlanda, Bretagna, Gallia, Africa.
Irlanda L' Ibemia 0 Irlanda era divisa in tribù o sept, i cui capi dicevansi confinnies\
e varj sept costituivano uno Stato. Questi erano cinque: di VUoniadX nord, di Connacia
0 Connaught all'ovest, di Momonia o Munster al sud, di Leinster o Lagenia al sud-est,
di Midia 0 Meath sulla costa orientale; il qual ultimo aveva primazia sugli altri, e il
suo capo, detto ardriagh, raccoglieva gli altri riagli a consiglio in Teamor sulla costa
orientale. Il cristianesimo v'avea portato monasteri e scuole floride.
Bretagna 1 monti Grampian dividevano i due Stati de' Caledonj : gli Scoti al nord-est e nelle
Ebridi e Orcadi-, i Pitti al sud-est e nelle pianure della bassa Scozia. Da questi mole-
stato, il pendragon dei Bretoni chiamò in ajuto i Sassoni (449), cui assegnò in com-
penso il paese di Thanet all'estremità nord 'est del paese di Kent. Fu allettamento ad
altri, che fondarono
Eptarchia a. Nel 453 il regno di Kent, al sud-est del Tamigi, ove stanziarono i Giuti ; ca-
Anglo- pitale Cantorbery.
sassone ^ ^^^ ^gj q^jg||Q ^jj Sussex, 0 Sassonia meridionale: capitale Chichester.
e. Nel 519 quel della Sassonia occidentale o ìVessex, avente all'est il Sussex, al nord
il Tamigi, all'ovest la Saverna o Cornovaglia, al sud il mare, compresa l'isola di Wight;
capitale Winchester.
d. Nel 526 il regno di Sassonia orientale o Essex; capitale Londra.
Contemporaneamente gli Angli vennero in riva all'Umber, ove formarono altri tre
regni :
e. Northumberland (547), avente al nord il Forth, al sud l'Umber, diviso talvolta nei
due regni di Bemicia tra il Forth e il Tees, e di Deira fra il Tees e il Trent.
f. Estangìia (571), che comprendeva il Norfolk, Suffolk, Cambridge e l'isola d'Ely.
g. Merda (584), che comprendeva l'interno dell' isola, dalle frontiere dell' Essex e
dell' Estangìia, sin alle montagne di Galles.
GÌ' indigeni si restrinsero sulle coste dell' ovest, nella Cornovaglia, nel paese di Galles,
fra i golfi di Bristol e Chester, nel Cumberland e nel Galloway, cioè nel paese ad oc-
cidente delle montagne che fendono l'Inghilterra dal nord al sud.
Gallia Nel paese che ora è Francia varj popoli stanziarono :
A. Regno de' Borgognoni. Alani, Svevi, Quadi, Vandali, Borgognoni, traversato il
Reno a Magonza e devastati i contorni, penetrarono nella Spagna : soli i Borgognoni
fermaronsi presso Magonza e nell' Ehass (Alsazia), così delta dal fiume III. Quivi nel
decader dell'impero s' afforzarono, e stesero il dominio su buona parte della Gallia del
sud-est, fra la Loira ad occidente, la Durenza al sud, le Alpi all' est ; al nord e nord-
ovest abbracciarono il territorio di Nevers, Langres, Besanzone e la Svizzera occiden-
tale, onde comprendevano le antiche città di Besanzone sul Doubs, Lione, Vienne e
ta/en:o sul Rodano, Embrun tra l'Alpi; oltre Ginevra sul Lemano, che allora ac-
quistò importanza.
B. Ostrogoti. Teodorico, tolta ai Borgognoni la Prima Narbonese al sud della Durenza,
r aggiunse al resto della Provenza. Marsiglia governavasi a repubblica, trafficando sin
nell' Egitto.
C. Bretoni. Migrati dalla Bretagna, vennero essi nell' Armorica, cui diedero il proprio
nome, e rinnovarono la lega delle città Arraoriche, cui s' unirono molte della Seconda
e Quarta Lionese.
D. Altri popoli germani occuparono diversi paesi : gli Alemanni l'Alsazia e i paesi
fra il Reno e la Mosella ; Alani al sud est di Rennes in riva alla Vilaine; Sassoni a
Bayeux. Siagrio a nome dell' Impero comandava a Beauvais, Soissons, Amiens, Troyes
e Beims.
E. Franchi. Loro principi sedevano a Mans, Cambrai, Terouane, Colonia, Tournai.
Re di quest'ulliuia era Clodoveo (481-511), che colla vittoria di Sojssons acquistò
quant'è fra l'Oisa e la Loira; con quella di To/ò/ac, i possessi degli Alemanni in (iallia,
più quelli in Germania, il Meno, il Beno e il Neker; con quella di VouUlé [Voclade], i
paesi de' Visigoti fm u' Pirenei, i Bretoni gli porsero omaggio, tributo i Borgogaoui ; e
GALLIA — ITALIA 191
coir uccidere gli altri re Franchi compiè la conquista delle Gallie, non restando ai Vi-
sigoti che la Settimania, cioè Carcassona, Narhona, Béziers, Agde, Maguelonne, Nimes,
Lodèvfr. Al regno dei Rorgognoni faceano confine il corso dell'Ardèche e della Loira
sin a Nevers, donde il Reno. Ui là da f|ueslo i Franchi possedevano il paese che già
era stato degli Alemanni, avente al nord il Sieg, all'ovest il Reno, al sud il Danubio,
all'est la frontiera de' Turingi.
I figli di Clodoveo non crebbero questo dominio, ma al modo germanico se lo divi-
sero formando quattro regni:
a. Ad occidente il regno di Parigi, che comprendeva I' Isola di Francia, Picardia,
Normandia, Bretagna, Poitou, Limosino, Perigord, Gujenne, Guascogna.
6. Al centro il regno d' Orleans, formato del Maine, dell'Anjou, della Turena e del
Berrì. Fu poi diviso tra il precedente e il seguente.
e. Al nord il regno di Soissons, steso da Soissons e Amiens fin al Reno, e che com-
prendeva la Picardia orientale, la parte nord-est dell'Isola di Francia, l'Artois, la
Fiandra, i Paesi Bassi, fra la Mosa, il I^eno e l'Oceano,
d. Ad oriente il regno di Reims o 3Jeiz, che abbracciava la Champagne' orientale, la
Lorena, 1' Alsazia, i paesi fra il Reno, la Mosella, la Mosa e le possessioni dei Franchi
di là dal Reno.
Le città dell' Aquitania, sgombrate da Goti, né occupate da Franchi, furono com-
partite : al re di Parigi le Provincie marittime a mezzodì della Loira; a quello d'Orleans
il Berrì ; a quel di Metz l'Albigese, il Quiercy, il Rouergue e l'Auvergne -, il resto a quello
di Soissons.
I quattro regni furono riuniti in ClotarioI (5b8), già cresciuti colla Turingia, la Bor-
gogna, la Provenza meridionale e il paese de' Bavari ; poi (56'1) di nuovo divisi in tre
regni piìi durevoli ; Borgognoni, Franchi ripuarj, Franchi salici. 11 primo compren-
deva il paese fra le Alpi, il Mediterraneo e la Loira; il secondo quel che i Franchi pos-
sedeano sulla destra del Reno; il terzo stendeasi lungo l'Oceano, dal Reno alla Loira.
L' Aquitania era ancora composta di città sconnesse e spartite fra essi re.
Sotto Dngoherto I (631) riuniti i tre regni, tocca al colmo la potenza meroviugia,
dilatandosi dal Weser a' Pirenei, dall'oceano Occidentale alla Boemia; ma tosto decade,
e Sasmni, Turingi, Frisoni, Alemanni, Bretoni ricusano obbedienza, i Venedi ingran-
discono in Carintia, i Serbi devastano la Turingia.
Gli Alano-Vandali nel 429 abbandonano la Spagna a Svevi e Visigoti, e passano nella Africa
Mauritania, ceduta loro dal conte Bonifazio; a cui Genserico unì in breve la Numidia
e l'Africa proconsolare; poi Valentiniano III cesse tutta l'Africa romana, sicché il regno
dei Vandali giungeva sin ai confini orientali della Tripolitana. Cartagine ne divenne
capo ; e soggette furono Sardegna, Corsica, le Baleari, il Lilibeo in Sicilia, e tutte l'isole
fra questa e l'Africa. Le rivolte de' Mori sobbalzavano il paese, talché facilmente fu
conquistato da Giustiniano.
§ 4. — Italia.
Ostrogoti e Bugi, dopo vagato nelle provinole inferiori al Danubio dalla Pannonia Italia regia
alia Tracia, invadono l'Italia con Teodorico (488), e vinto Odoacre, l'occupano tutta,
e v' uniscono la Sicilia, la Rezia, le due Pannonie, e fors'anche il Norico e la Vinde-
licia; oltre le due Narbonesi, tolte ai Franchi, per le quali Teodorico congiungeva i
suoi dominj con quelli del nipote suo in Ispagna; cosicché ai Coti reslava sottomesso
quant'èda Gibilterra ai monti della Macedonia.
Teodorico pertanto trasmise a sua figlia (526) un regno che comprendeva, al sud
tutta Italia e Sicilia, eccetto il Lilibeo; il Danubio gli faceva confine da Ratisbona a Ni-
copoli, separando da Turingi, Cesci di Roemia, Longobardi d'Ungheria, Gepidi della
Dacia; al nord-ovest lo confinavano il corso del Lech, il lago di Costanza, la frontiera
dell'antica Elvezia. Quivi, e precisamente nell'antica Vindelicia, aveva egli raccolto
molti Alemanni ; Boi, Fruii, Bugi, Svevi, col nome di Bavari, abitavano fra il Lech e
l'Ens, sotto duchi dipendenti da Teodorico: nella Gallia avea pure la parte di Provenza
a mezzodì della Durenza. Sua sede erano Ravenna, Verona, Pavia, Terracina.
492 GEOGRAFIA — EPOCA OTTAVA
Sarebbesi dunque detto che i Goti fossero per prevalere agli altri Barbari. Ma vent'anni
dopo morto Teodorico, l'edifizio suo era sovverso. I Greci venivauo a ricuperar 1' I-
Longo- talia (569), poi con Alboino scendevano i Longobardi a conquistarne gran parte. I capi
bardi (jella nazione si divisero il paese in trenta o trentasei ducati, fra cui erano Trento, il
Friuli, Ivrea, Torino, Liguria, Brescia, Lucca, Toscana, Castro, Ronciglione, Perugia,
Spoleto e Benevento. Pavia era capitale del regno: importanti erano pure Verona, Tre-
viso, Lucca] indi Spoleto e Benevento, che divenner poi capitali di due ducati indipen-
denti, sopravissuti al regno longobardo.
Roma Roma e i paesi a mare conservaronsi all' Impero, il cui esarca sedente a Ravenna,
imperiale governava
a. La Pentapoli, cioè il territorio delle cinque città di Ancona, Rimini, Pesaro, Fano,
Sinigalia, confinante al nord colla Marecchia, all'occidente col Tevere, al sud col Mu-
sone, all'est coir Adriatico;
b. L' Esarcato, cioè le spiaggie della Venezia, con Oderzo, Treviso, Padova^ e il paese
fra l'Adige inferiore al nord, la Scultenna e gli Apennini all'ovest, la Marecchia al sud,
l'Adriatico all'est, e dov'erano Ravenna, Bologna, Imola, Faenza, Forlimpopoli, Fer-
rara, Adria, Comacchio, Forlì, Cesena, Bobbio, Cervia.
Questi paesi governava direttamente; poi soprantendeva ai duchi che amministra-
vano Roma, Napoli, Gaeta, Amalfi, Sorrento e la Calabria meridionale. L' llliria pure
era provincia greca; le Isole venete professavano una dipendenza di puro nome; la Si-
cilia stava sotto un patrizio.
Continuo intento dei Longobardi fu lo spossessare i Greci: ma con ciò nimicaronsi i
ponteflci, che invitarono i Franchi, dai quali fu distrutto il loro dominio (774).
^5. — Barbari indipendenti.
I popoli che aveano dovuto piegarsi ad Attila, alla morte di lui formarono molti
regni efimeri.
r.ermani Nella Germania occidentale abitavano lungo il Reno: 4. Frisoni in riva all' Oceano
del nord, tra le foci del Reno e dell' Elba ; 2. Sassoni, aventi al nord i Frisoni, all' est
1' Oder inferiore, al sud la riva sinistra della Lippe, all' ovest il Reno ; 3. Turingi , forse
gli antichi Ermanduri, nel cuor della Germania fondarono un regno, che per alquanto
tempo si estese dal Reno alle montagne di Boemia e dal Danubio all'IIarz; poscia gli
Alemanni e i Franchi tolser loro la parte occidentale del regno, respingendoli fra'Sud-
deti; 4. Alemanni nell'Alsazia, nella Svevia e in parte della Franconia, il cui ducato
era sottoposto ai Franchi, come ai Visigoti quel di Baviera fra il Lech e 1' Ens.
Nella Germania meridionale, sulla sinistra del Danubio stavano : 1. ad est de'Turingi
i Cesci, gente slava che tenea parte della Boemia; 2. a sud-est della Boemia, dove
ora dicesi Austria e Moravia, i Rugi, il cui regno fu distrutto da Odoacre. Ben presto
occuparono quel paese i Longobardi, stendendosi fino al Theiss; 3. Di là cominciavano
i Gepidi, posati sulla Dacia antica fra il Theiss, il Danubio, i monti Crapak; 4. Fra il Da-
nubio e il Theiss erano pure gli Jazigi Metanasti.
Slavi I paesi lasciati vuoti dalle tribù germaniche erano occupati dagli Slavi, che nel vt
secolo abbracciavano, dall' Elba al Tanai, la gran pianura che ora è Russia, Polonia,
Prussia. Dividevansi in tre tribù : 1. Anti all'oriente, in riva al Danubio, al mar Nero e
al Dnieper; 2. Slavini al centro; 3, Venedi a ponente, che suddivideansi in Obotriti,
Vilzi 0 Volatabili sull'Oder, Serbi fra la Saal e l' Oder, Cesci o anteriori in Boemia,
Slesj 0 posteriori in Slesia, Lusizj in Lusazia, Moravi in Moravia, Gravati o monta-
nari ne' monti Crapak.
Gli Slavi in riva al lago llmen aveano alzato Novogorod] i Krivici Smolensko presso
le sorgenti del Dnieper; e altri Slavi yuo/"sulla diritta d' esso Dnieper, e santuario dello
religioni slave.
Turchi Anche i Turchi dall'Ural eransi mossi fin al Tanai. Tra questo e il Volga accampava
la più formidabile loro tribù, quella degli Avari, che eslesero le conquiste fino all' Ens,
sottoposero tutti gli Slavi meridionali, e sgomentarono per due secoli la Germania e
l'impero d'Oriente.
BARBARI INDIPENDENTI 193
Al nord e al sud-ovest degli Avari sedeano i Bulgari, misti di Slavi e Turchi ; sulla Scandinavi
Palude Meotide al nord-ovest gli Unni Cutriguri, e al sud gli Unni Uturguri ; al nord
del Caspio gli Akaziri o Cazari -, sullo laik i Pacinali ; nell' Ural gli Uzi e i Comani -^
sui confini di Siberia i Magiari od Ungari.
Al nord della penisola Cimrica, al sud della Scandinavia e nelle isole frapposte, erano
piccoli Stati dei Danesi, soggettati poco poi al re di Lethra, nell'isola di Sioeland. Il
resto della Scandinavia meridionale e della Norvegia era abitato dai Goti e Sujoni, ob-
bedienti a varj iarl, fra breve sottoposti da quello di Upsala.
Al nord di questa, nel Finmark, che è la parte più settentrionale della Svezia e Nor-
vegia colla Lapponia, nella Biarmia fra il mar Bianco e la Duina, nel Quaeland che è
porzione della Finlandia, stavanvi Finni, alcuni de' quali procedettero a mezzodì fino
al Volga e al Niemen. Nella Curiandia, Livonia, Estonia erano i Ciudi e gli Esti^ i Meri
presso le fonti del Volga, i Murami nel governo di Mosca, i Morduini in quello di
Wladimir.
Cantù, Documenti. — Tomo I, Geografìa politica. 43
EPOCA IX
DAL 622 all'800 d. C.
^1. — Impero arabo.
La penisola araba è cinta dal golfo Persico, dal mar delle Indie e dal Rosso, e at-
taccata all' Asia per aridi deserti. Antichissima n' è la civiltà, riscontrata fin nella
Genesi, ove si mostra come vi abitassero insieme i figli di Cam, razza negra, e quelli
di Sem. Alla prima appartenevano Canaan o i Fenicj 5 Mesrim 0 l'Egitto:, Phut, cioè i
popoli della Mauritania; e /i7ìms cioè gli Etiopi, i quali, olire 1' Abissinia, eransi stesi
sul lido orientale del mar Rosso, e sul lembo dell'Arabia da Bah el-Mandeb sino al
paese di Madian presso al Sinai. Da Sem nasceva Eber, primo anello della parentela
fra Arabi ed Ebrei. Le tribù primitive sono chiamate al-Arab al-Ariba, cioè Arabi veri,
a distinzione degli al-Arab al- Mosiareha, Arabi misti, cioè gl'Ismaeliti, razza d'A-
bramo, che prevalsero in potenza, e formarono dodici tribù, Nabajot, Kedar, Adeel,
Mibsani, Mishma, Dumah, Massa, Haclar, Tema, Fetur, Nafish, Kedemak.
I due paesi più popolati ne sono V Egiaz al nord ovest, 1' Yemen al sud-ovest,
formati dal prolungamento delle montagne di Palestina. La vicinanza delle Indie e del
golfo Persico raccoglie gente sulle coste del Bahrein, di Lahsa, dell' Oman ; il resto è a
vasti deserti.
Sui lembi pascolosi errano i Beduini, uniti in tribù sotto sceichi, e senza legame d'una
coH'altra. Pure al nord-ovest verso l'Eufrate trovavasi il regno di Hira; all'est lungo
il golfo Persico, i regni di Bahreìn e di Jemamah; al sud, quello ò' Yemen; ad ovest,
lo scerifato della Mecca; a nord-ovest vicin di Damasco e di Bosra, il regno di Ga^san.
Nessuno straniero potè tenervi stabile dominazione, ma alcuni l'eblìero temporaria, e
da ultimo Cosroe Nuscirvan esercitava l'alto dominio sopra le coste del golfo Persico, e
del Grand' oceano.
I Beduini orientali 0 Saracini abitavano il deserto di Siria e porzione della Meso-
potamia : altri avevano attraversato il golfo Persico, piantandosi sulle sponde orientali
di questo.
L'idolatria e il culto degli astri dividevano gli Arabi : poi il cristianesimo avea gua-
dagnato i paesi di Ailah, Domai al-Giandal, Gassaìi, Hira, e le tribù beduine dei
Tonchiti e Taglebìti, oltre Y Jemamah e molti dell' Yemen: i vicini alla Caldea aveano
conservato il sabeismo; il culto del fuoco quei di Bahrein: nell' Egiaz abbondavano gli
Ebrei. Ma il culto fondamentale era la credenza in un Dio, il cui tempio sorgeva alla
Mecca, ove però, recando ciascuno gì' idoli cui era devoto, introdussero l' idolatria.
Solo la parte occidentale possedeva città, di cui le primarie erano, nell'Yemen, Sanaa
emula della Mecca; nel Teama lungo il mar Rosso, Occarf, ove i poeti disputavansi il
premio nella gran fiera annuale; nell' Egiaz, 2't7je/' centro del commercio de' Coreisciti
coir Yemen ; la Mecca discosta due giornate da Gidda^ suo porto sul mar Rosso; Jatreb
0 Medina, in una valle fra aride montagne, sulla via di Siria, talché sovente le caro-
vane de'Coreisciti v'erano arrestate dai natii, per lo più ebrei; al nord sorgeva Kaibar
città forte, e sede d'un re de' Giudei; Ano, non guari discosta dalla riva destra del-
l'Eufrate, era sede dei principi Almondar, al sud di Babilonia.
Attorno di Medina succedono le prime scene dell'islam: nella grotta à' TIera presso
la Mecca, il Profeta riceve la prima rivelazione; alla Mecca forma i primi proseliti; a
Bedr, posta al sud est, tocca una gran rotta; ad llonain, tre miglia al sud della Mecca,
riporta l'ultima vittoria; Domai al-Giandal, a sedici giornate da Medina sul confine di
Siria, è il punto più lontano al nord dove egli giungesse. Ben tosto tutta l'Arabia è a
lui obbediente, salvo Gassan e Hira, che conservano l' indipendenza e il cristianesimo.
CONQUISTE DEI MUSULMANI 195
g 2. — Conquiste de! Musulmeni fìn allo smembramento del califfato.
L' unità politica e religiosa che sempre era mancata agli Arabi, fu loro data da Mao-
metto (010-52), e con ciò un'immensa potenza. Morto il profeta, i suoi califfi ne esten-
dono coU'armi la religione, che in meno d'un secolo giunge ad oriente fin all'indo, ad
occidente fìn ai Pirenei,
A). Provincie al nord e all'est delV Arabia.
4° La Siria, compresavi Fenicia e Palestina, avea al sud l'Arabia, al nord il monte
Amano (Alma Dagh), all'ovest il Mediterraneo, all'est l'Eufrate. Qui gli Arabi conqui-
stano ben tosto il porto d' Ailath sul mar Rosso, Bostra all'est del Giordano, Damasco
paradiso terrestre. Emesa al nord sull'Oronte, Eliopoli o Balbek sul pendio occidentale
del Libano, infine Gerusalemme terza città santa dell'islam. Nella Siria settentrionale
prendono Aleppo e Antiochia; poi senza difficoltà riducono le città della Fenicia, Lao-
dicea, Cabala, Tripoli, Berito Sidone, Tiro, Tolemaide, Cesarea, Joppe, Ascaluna, Gaza.
Parte della Cilicia orientale occuparono; ma dall'Asia Minore, li tenner fuori lungamente
i Mardaiti, bellicose genti che tenevano il Libano, e le Montagne fra Mopsuesta e la
quarta Armenia.
2'^ Mesopotamia. Questo paese al nord-est della Siria è detto dagli Arabi al-Gezirah la
penisola, pei due gran fiumi Tigri ed Eufrate che la bagnano. La Migdonia e 1' Os-
roene a settentrione son de' paesi più popolati e ubertosi dell' Asia ; al sud è tutto arena.
L' Osroene apparteneva all'impero greco, e avea città principali Edessa al nord-est;
yl»Ta«, anticamente Carré, al centro 5 Bara all'est: la Migdonia, la cui capitale era
Nesbin (Nisibi), obbediva allo scià di Persia. Ben presto conquistate, Modar si stabilì
neir Osroene, Rabia nella Migdonia, Bekr nella Sofrene al nord dell'Osroene, ov'era
Amido; sicché quelle provincie chiamaronsi Giar-Modar. Giar-Rabia, Giar-Bekr.^eUà
Me.^opotamia meridionale, che propriamente dicevasiai-Gestraft, non v' avea città impor-
tanti.
3° La Babilonia, nel qual nome comprendonsi le regioni bagnate a oriente e occidente
dal Tigri e dall'Eufrate, chiamavasi dagli Arabi Irak-Arabi. Entrativi essi, ad Ambar
sulla destra dell'Eufrate al nord delle rovine di Babilonia, ad Hira, a Cadesiach posta a
due giornate al sud di questa, vinsero i Persiani, poi presero Modain, cioè le due città
di Seleucia e Ctesifonte, congiunte sulle due rive del Tigri, ad oriente di Babilonia.
Isdegerde III, vinto ancora a Gialula all' est del Sciat el-Arab, cioè del fiume Tigri ed
Eufrate riuniti, ritirossi da questi due fiumi, e gli Arabi invano impediti, passarono le
gole del monte Zagros, e penetrarono nella
4" Media, al nord della Susiana e all'est dell'Assiria. La vittoria di Neawend al sud
d'Ecbatana, circa al 34° di latitudine, diede loro V Ir ak- Agemi (Media) e V Aderbi gian
(Media Atropatene) sulla costa sud-ovest del Caspio: poi presero Ispahan ^\ sud-est
delia Media, Anxadan (Ecbatana) al centro, 'Casòm al nord- est, Tebris (Tauris) al sud-est
dell'Aderbigian : indi passato il Tigri aj¥ossu/, rimpetto alle rovine di A'mtue, raggiun-
sero l'esercito di Siria, che avea occupato il Gezirah.
5" Uniti, rincacciarono lo scià, rifuggito fra i monti della Perside 0 Farsistan, e tra
via ebber soggette le principali città della Susiana (Kusistan), Avuz al sud-ovest
dell'antica Susa, Custer presso questa, e Giondisciapur al nord -ovest di Custer. Isde-
gerde espulso di Persepoli (652), porta le reliquie dell'esercito e il fuoco sacro nel Co-
rassan.
6" Persia orientale. All'est del Farsistan è la Caiamania (Kerman), e al sud-est di
questa la Gedrosia (Mekran) lungo il mare delle Indie. Subito furono sottomesse dagli
Arabi, che allora si volsero alle provincie settentrionali, presero Reij al nord-est del-
l'Irak-Agemi , che robustamente proteggeva il Corassan, cioè le provincie A' Aria,
Jcaria, Margiana, Battriana, Paropamiso, Aracosia. Vi tenne dietro la sommissione
de' principi dipendenti di Mazandaran e Gilen al sud del Caspio; poi del Segesfan
(Drangiana) fra l'Aria e la Gedrosia. Isdegerde, ridotto al solo Corassan, sollecitati in-
vano i soccorsi de' Cinesi e de' Turchi della Transoxiana, Sogdiana e Battriana, vide
gli Arabi entrare in Merù (Antiochia di Margiana) , in Herat (Alessandria d'Aria) al
19G GEOGIIAFIA — EPOCA NONA
sud-est della precedente, in Balk (Battra) al nord-est del Corassan, in Nisciapur al
sud-ovest.
7° Provincie al nord e aWestdelVOxo (Giun). Mezzo secolo tardarono a varcare l'Oxo,
finché nel 707 l'emir Kotaiba invase la Transoxiana (Mavarelnhar) fra l'Oxo al sud,
r lassarle (Siun) al nord, e il lago d'Arai all'ovest. Da Alessandro in poi il commercio
fra l'India e 1' Europa passava per Bokara, Samarcanda s\ìv un affluente del Giun, Ka-
risma suU'Oxo, Queste furono prese da Kotaiba, come altre città della provincia stessa,
e il Kovaresm all' occidente di essa, e il Turkestan al nord del Siun : poi penetrando
nella Cina, occupò varie città del Cian-hian-nan-lu o Piccola Bucarla; e il suo luo-
gotenente Kasim sottometteva la destra dell'Indo e parte della sinistra verso la foce.
8° Armenia e Regioni Caucasie al nord del Diarbekr edelF Aderbigian. Dai Mardaiti
furono arrestati mezzo secolo gli Arabi sulle frontiere della Cilicia; su quelle dellaCap-
padocia e Armenia romana dai Cristiani di Siria colà rifuggiti; e nell' Aderbigian dai
Cazari. Ma quando Giustiniano li obbligò i Mardaiti ascender al piano, gli Arabi occu-
parono la Cilicia fin oltre Seleucia ; indi Moslem prese Tiane, Cesarea in Cappadocia, e
parte dell'Armenia romana e del Ponto; i Cazari furono respinti dall' Aderbigian sul-
1' altro lato dell'istmo, fortificato Derbend, e assegnato per confine dell' impero il
Caucaso.
B). Conquiste all' ovest dell' Arabia.
1° Amrù, mosso da Gaza all'estremità sud-ovest della Palestina, prende Farmah an-
temurale dell' Egitto, e spingendosi avanti , occupa Metsra residenza del governatore
greco, e rimpetto ad essa Memfi, sulla riva occidentale del Nilo. I Copti, disgustati
dalle persecuzioni religiose degl' imperatori di Costantinopoli, il favoriscono, sicché as-
sedia Alessandria, e presala, ha tutto l'Egitto : d' onde penetrano nella Nubia.
2" Nell'Africa settentrionale gl'impedirono i Bereberi dell'Atlante, sicché non po-
terono che devastarla. Dipoi sotto Otmano fu conquistata la Cirenaica-, uscente il vii
secolo, vinti i Greoi e Bereberi, si impadronirono di tutte le piazze della Tripolitana e
dell'interno dell'Africa, e tolsero ai Greci le città marittime della Numidia e Mauritania,
Byserta (Ippozaritos), Culla, Cesarea, e distrussero Cartagine.
0° Avuta a tradimento Ceufa nella Tingitana, varcarono in Spagna, e vincitori al fiume
Lete (Guad ai-Lete) nelle pianure di Xeres in Andalusia, prendono Cordova sul Guad
al-kibir, Toledo sul Iago nel cuor della Spagna, Merida sulla Guadiana; tutta insomma
la penisola, eccetto i paesi montuosi del nord-ovest, Navarra, Biscaglia, Cantabria.
4" Passati i Pirenei orientali, gli Arabi soggiogano le città della Settimania, e scor-
razzano fino a Tours al nord dell'Aquitania, a Autun nella Borgogna, a Sens nella Cham-
pagne: ma sconfitti da Carlo Martello a Poitiers (732), non tengono più che il paese
già posseduto dai Visigoti al nord de' Pirenei.
C). Conquiste marittime.
Dai porti delia Fenicia e delle coste meridionali del Mediterraneo, poterono gli Arabi
spingersi a spedizif)ni marittime, e occuparono le grandi isole del Mediterraneo, Cipro,
lìodi, le Baleari ; corseggiarono sopra le Cicladi, la Sicilia, la Corsica, la Sardegna.
L'impero arabo, al tempo dell'ultimo califfo Ommiade (730), toccava l'Indo e l'Atlan-
tico all'est e all'ovest; al sud in Spagna l'Oceano slesso, in Africa il deserto, in Asia il
mar delle Indie; al nord in Asia il corso del Giun che lo separava dall'impero dei Tang,
il Caucaso, e una linea stesa da Lazica all'lsauria, lungo le rive dell'Acampsis passando
a occidente d'Erzerum, di Melitene, e lungo l'Antitauro sin al mare. Erano compresi in
questi limili
1. Tutta la penisola arabica, divisa in sette contrade principali, cioè VEgiaz inferiore
al nord, e superiore al sud; VYeìnen; VAdramaut , detto così dagli Adramiti, antichi
abitanti; l'Oman, colle città di Moscate al fondo d'una baja del mar d'Arabia, e à'Oman
o Burka; il Bahrein o Lahsa ; il Neged e il Berriah deserto interiore.
2. Il paese di Cam al nord-ovest, cioè Palestina e Siria, parte della Cilicia, l'Armenia
Terza , la Lazica, con Messis (Mopsuesta) e Malatia (Melitene) rifabbricata da Almanzor.
3. Al-Gezirah, cioè la Mesopotamia.
4. V Irak-Arabi, cioè Babilonia, con Cufa^ capitale dell'impero.
5. Il Kusistan al sud-est, o Susiana.
6. Il Moladah o Curdistan, cioè l'Assiria e parte della Media occidentale.
COLONIE ARABE 197
7. r regni tril)utarj di Georgia e Armenia: dei primo era capitale Tiflis sulla destra
del Ciro; dell'altra Ani o Anisi (Alinicuni).
8. il Daghestan e lo Scirvan (Albania), colla capitale Bah-al-abvad.
9. Ìj Aderbi gian e il Dilem o Gliilan, già Media Alropatene, e paese dei Cardusi.
40. 11 Tabaristan e il Mazanderan, già paese dei Tapiri, e parte dell'lrcania e della
Partia.
M. Belcd-al-Gebel, o Irak-Agemì^ ch'è la maggior parte dell'antica Media, colle città
di Ispahan, Sfaan, Rei (Arsacia).
-12. il Farsistan, già Perside, con Istacar (Persepoli) e Zalai Ziad, fortezza sopra una
rupe inaccessibile, detta dai Persiani Calaa-dive-sefìd, castello del demonio bianco; e
dove collocano molte imprese di Rustam.
i3. Il Herman e il Mecran, o vogliam dire la Caramania e Gedrosia.
\i. Il Singi sulle due rive dell'Indo inferiore , e la parte meridionale del Pengiab ,
con Multan, antica capitale dei Malli detta Deral-zeheb dagli Arabi, cioè casa d'oro,
per le immense dovizie trovale in quella pagoda.
do. Il Seistan, parte dell'Aria e della Drangiana.
16. Il Karism , il Corassan, i paesi di Balk e di Cabul , parte del Maivarannahar,
colle città di Tus, di Candaar^ Cabul, Balk, Bocara, Samarcanda.
il. In Europa l'antico regno visigoto.
18. In Africa VEgitto e V Africa settentrionale.
Così in ottant'anni acquistano un impero più vasto che non i Romani in otto secoli
di vittorie.
§ 3. — Colonie Arabe.
Per assodarlo, piantarono dapertutto colonie militari, agricole, commerciali, che spar-
sero la civiltà a loro modo, sicché quell'immensa estensione divenne araba dileggi, di
culto, di lingua.
a. Più che altrove se ne posero in Spagna. La legione di Damasco si stabilì a Cor- in Spagna
dova, divenuta capitale della Spagna musulmana; quella di Hems a Siviglia sul Gua-
dalquivir, e a Niebla all'ovest di Siviglia; quella di Kinnesrin (Colchide di Siria) a Jaen
al sud-est di Cordova; quella di Palestina a Medina Sidonia all'ovest di Cadice, e ad
Algeziras sullo stretto ; quella di Persia a Xeres de la Fron^era al nord di Cadice; quella
dell'Yemen a Toledo sul Iago, a Huetta nella provincia di Cuenoa ; quella d'irak a
Granata al sud-est di Jaen; quella d'Egitto a Murcia al nord-est di Granata, e a
Lisbona aWA foce del Iago: diecimila cavalieri dell'Egiaz spartironsi le più ubertose
terre dell'interno.
Avvezzi in patria all'agricoltura e al tradìco, secondati dagli Ebrei, de' quali ben
cinquantamila famiglie trapiantaronsi in Spagna, volendo profittare delle produzioni
del ricco suolo e soddisfare al lusso orientale, introdussero eccellente agricoltura, ripo-
polarono paesi incolti, fecero strade; e le pelli di Cordova, i panni di Murcia, le sete
di Granata e d'Almeria, la carta di cotone di Salibah, vennero ricercatissime per tutto;
nell'Andalusia si coltivò lo zucchero, il cotone, lo zafferano, i gelsi ; Valenza produsse
tutti i frutti del mezzodì; dai porti di Cadice e Barcellona uscirono ricchissimi pro-
dotti. Contansi meraviglie del prosperare di quelle città: Toledo numerava ducentoniila
abitanti, e trecentomila Siviglia, che ora ne hanno appena venticinque e novantamila:
Cordova misurava 8 leghe di circuito, con sessantamila palazzi e ducentottantatremila
case, mentre oggi conta solo cinquantaseimila abitanti: la diocesi di Salamanca chiu-
deva cenventicinque città o borghi, invece dei tredici d'oggi: in Siviglia sola battevano
sessantamila telaj per la seta. Facciasi deduzione alle esagerazioni orientali, e rimarrà
ancora assai.
6. L'Africa, spopolata dai Barbari e dalle prime correrie degli Arabi, fu poi da jq Africa
questi ristorata; e crebbero da occidente in oriente, :1/arocco sopra un'altura del grande
Atlante, al sud est del capo Bianco ; Fez al nord di Marocco; Tanr/er sullo stretto ; Oran
e Algeri sulle coste di Mauritania : quando la prima di queste fu conquistata dal cardi-
nale Ximenes, dice un contemporaneo, vi si contavano più botteghe che non in tre delle
198 GEOGRAFIA — EPOCA NONA
migliori città di Spagna. Aggiungi Kairoan nell'antica Bizacene, 12 leghe dal mare, e
piazza d'arme de' Saracini ; Maadia prima capitale de' Fatimili, sulla costa ad oriente
di Kairoan; Tripoli, sorta dalle rovine; il Cairo nelle arene, poco lungi da Postai
(vecchio Cairo), sulla destra del Nilo che gli serve di porto; Tenneso o Tennis sopra
un'isola della laguna Menzaleh, non lontana dalla nuova Damietta, e operosa di ma-
nifatture.
Quando poi si spinsero di là dallo stretto di Bab el-Mandeb, sulla costa orientale
dell'Africa, molte città fondarono sulla costa di Zanguebar , floride lungo tempo, poi
deserte; quali Magadoxo , Brava, Mdinda , Mombaza, Quiloa, Mozambiche, Sofala.
Anche dell'isola di iMadagascar occuparono molti punti, donde giunsero all' Indostan; sicché
a mezzo del ix secolo, ottocentomila Musulmani popolavano la costa del Coromandel.
11 paese di Sous, dell'impero di Marocco, e l'antica Tingitana gareggiavano in fiorire
colla Spagna;e ad^/^eri, Bona, Tunisi, Tripoli prosperavano il commercio e le lettere.
V Egitto tornò granajo del mondo, e avendo Amrù riaperto il canale di Kolzum fra
il Nilo e il mar Bosso, e Ahmed Tulun quello di Cleopatra fra il Nilo ed Alessandria,
se n'agevolò il commercio verso le Indie,
in Asia e. Asia occidentale. Ma glielo disputarono le città dell'Irak-Arabi, ove si posero
le colonie più ricche:
Basra, sotto al confluente del Tigri coU'Eufrate, poco disgiunta dal golfo Persico;
Cìifa sulla riva occidentale dell'Eufrate, al sud di Babilonia ; Ascemia all'est di Ambar,
presso l'Eufrate, fu alcun tempo capitale degli Abbassidi, che prima l'aveano tenuta a
Cufa, dipoi a Bagdad : 'Moamedia sulla destra di esso, al sud di Racca capitale del Giar-
Modar e sede prediletta di Aron-al-Bascid ; Arunia fra l'Eufrate e l'Antitauro: sul Tigri
Weset, ma principalmente Bagdad, difesa da sessantatre torri.
Le tribij di Bekr e Rabia ripopolarono le antiche Amida e Nisibi col nome di Diar-
bekr e Ne.sbin. Bezabde nella Migdonia fu antemurale dell'impero. Ad Erzerum in Ar-
menia capitava il commercio fra il mar Nero e il golfo Persico. Aggiungi Thoss nel
Corassan, presso Mesced che ora n'è capitale; Bokara, Samarcanda sulla strada della
Cina; Balk su quella dell'India; Sciraz nel Farsistan, tutte fiorenti.
11 vasto commercio, steso dal cuor dell'Africa sin al Baltico, dalla Cina alla Francia,
i pellegrinaggi alla Mecca e alle tombe degl'imami, dieder vita e fiore a molti paesi
nuovi, da cui l'industria e la civiltà diffondeansi nel contorno.
La potenza e la gloria maggiore ebbe l'impero musulmano sotto Aron al-Bascid (786
809), quando stendeva i confini sin all'impero dei Tang e sin all'Idaspe, che lo sepa-
rava dai regni indipendenti dell'india settentrionale. Allora n'era capitale Bagdad fon-
data dal califfo Almanzor in riva al Tigri, e centro delle scienze, delle arti, come del
commercio. Kascian fabbricata da Zobeida, sposa d'Aron, presso al gran deserto salato
di Naubendan: Tauris pur da lei fabbricata presso l'antica Gauzaca: Jiacca^ l'antico
Nicephorium, sede prediletta di Aron che l'abbellì.
§ 4. — Impero greco.
Le conquiste fatte dai generali di Giustiniano vanno perdute nella Spagna e altrove;
i Barbari passano il Danubio: Sorabi o Serbli, progenitori dei Servi moderni, occupa-
vano sotto principi indigeni la più parte della Dalmazia; i Bulgari eransi dilatati sulla
dritta del fiume sin al monte Emo; altri Slavi erano penetrati sin nella Tessaglia, nel
Peloponneso, e nella Mesia; Croati e Serbi aveano occupato la Dalmazia, la Servia, la
Bosnia, la Macedonia. Appartenevano all'Impero le città marittime dell'illiria franca,
singolarmente Tran, Zara, Spalatro, oltre la Sicilia, la Calabria al sud del Sebeto, la
Terra d'Otranto, Amalfi, Napoli, Gaeta. Sull'isole venete serbava una supremazia nomi-
nale. La Sardegna era disputata con Arabi e Franchi. L'Africa era perduta, e dell'O-
riente non gli restava che l'Asia Minore: gli Arabi aveano occupato Cipro, e minaccia-
vano la capitale.
In luogo dell'antica divisione in diocesi e provincie, erasene introdotta una per /emt,
che in Europa erano dodici, fra i quali l'Italia formava il teme di Lombardia, gover-
nato da un calapaa residente a Bari, e un teme la Sicilia,, capoluogo Regio.
IMPERO DI CARLO MAGNO 199
^5. — Impero di Carlo Magno.
Mentre la potenza de' Merovingi "decadeva soilevavasi la famiglia dei Pepini nel
Belgio e sul Reno, tra' Franchi Ripuarj, ricca di clientele e possessi. Fatti maggiordomi,
regnarono a nome dei re titolari, e presero il titolo di duchi e principi di Francia, in
fine quello di re. Nel 7C8 il regno che Pepino il Piccolo lasciava ai due suoi figliuoli,
confinava ad occidente coll'Oceano; al sud coi Pirenei, col Mediterraneo e le Alpi ; al
nord col Reno inferiore, la Lippe, l'Unstrutt; ad oriente colla Saale, le montagne orientali
di Boemia, il Danubio e l'Ens; a sud est il confine passava per la valle superiore della
Drava e il pendio meridionale dell'Alpi, chiudendo la Carintia, parte del Tirolo, Val
d'Adige sin a Bolzano, Però la Baviera non era che tributaria ; i Goti della Seltimania
conservavano leggi e amministrazione nazionali; la Bretagna era indipendente nella
parte che restava a ponente d'una linea che passasse per Vannes, Rennes e Saint-
Malo; e così la Guascogna al sud della Garonna. 1 Frisoni non erano sottoposti che di
nome.
Spartito questo dominio, a Carlo Magno toccano la Turingia, l'Ostria, la Neustria e
la più parte dell'Aquitania •, a Carlomanno la Baviera, l'Alemagna o Svevia, l'Alsazia, la
Borgogna, la Provenza, la Settimania.
Carlo Magno nel 771 riunì il regno paterno, e colle conquiste il crebbe d'assai. Con- Regno di
fini gli erano a settentrione e a ponente l'Oceano, dalla foce dell'Elba alla riva spa- Carlo
gnuola del golfo di Guascogna, salvo la penisola Armorica, tributaria soltanto; a mez- '*''°°
zodì il corso inferiore dell'Ebro nella Spagna, in Ralla il Garigliano e la Pescara , ad
eccezione di Gaeta soggetta ai Greci e di Venezia indipendente, e la Cettina in llliria ;
ad oriente aveva la Cettina stessa, poi la Bosoa e la Sava, sin al confluente di questa
nel Danubio, tranne le città marittime, e specialmente Tran, Zara, Spalatro obbedienti
ai Greci; il Theiss, dal suo confluire col Danubio, sin dove riceve l'Hernath; allora
piegando ad occidente, traversavasi la Moravia, per una linea equidistante dal Danubio
e dai Crapak fin alle montagne della Boemia , cui lasciava ad oriente per prendere a
settentrione il corso della Saale, poi dell'Elba. Queste provincie erano amministrate da
conti Franchi.
Altri popoli stavano tributar], in maggiore o minor dipendenza. I Franchi erano pe-
netrati nella Spagna da due parti: ad ovest, prendendo Pamplona, e sottomettendo là
Navarra ; ad est si assisero fra la Segra, l'Ebro ed il Mediterraneo. Quivi dunque tribu-
tavano a Carlo Magno la Navarra e l'alta valle dell'Ebro: seguendo a mezzogiorno,
trovavasi in Italia il ducato di Benevento, il Sannio meridionale , la piij parte della
Magna Grecia. Erano state devastale non sottomesse, a levante la Boemia, a ponente la
penisola Armorica, che non avea città notevoli, ma molte piccole fortezze tra paludi e
alture. A4 nord est dell'Ebro fino all'Eyder nell'IIolstein, i Sassoni Nordalbingi erano
stati soggiogati, ma gli Obotriti alle loro spalle erano alleati incontentabili. I Wilzi che
abitavano la Pomerania fino all'Oder, interruppero, non cessarono le ostilità. 11 conte
di Turingia guardavasi per conte della marca de'Sorabi, i quali, sulle due rive del-
l'Elba superiore, non erano sottoposti alla giurisdizione imperiale. Le isole grandi del
Mediterraneo erano disputate tra Greci, Franchi e Saracini.
Ai Longobardi, agli Alemanni, agli Aquilani, ai Bavari, ai Turingi , ai Frisoni tolse Ammini-
Carlo i re; i capi ai Sassoni e ai Goti della Settimania; le amministrazioni particolari sirazione
alla Borgogna, Neustria, Ostria; onde l'impero tutto soggettò al medesimo ordine poli-
tico. Contadi e legazioni rinnovarono allora l'antica divisione territoriale in città e pro-
vincie. Baviera, Alemagna, Turingia, Sassonia, Franconia formarono allrettanti missa-
tici, 0 paesi governati da un messo; quelle fra il Reno e la Mosa, patria della gente
dominatrice, non pare fossero sottoposte a un messo. Presto le legazioni, al par dei
contadi, divennero ereditarie col nome di ducati.
Poi pe' figli suoi Carlo Magno istituì i regni à'Aquitania e d'Italia, che poteano con-
siderarsi come grandi legazioni.
I paesi di confine o marche aveano governatori particolari col nome di marchesi o
margravi; ed erano la marca Orientale (Austria) ; la marca di Carintia o ducato del
200 GEOGRAFIA — EPOCA NONA
Friuli ; la marca dì Spagna o contea di Barcellona ; e sulla frontiera bretone, quella di
Rennes, Nantes, Angers. Marche in Italia erano quelle di Susa nelle Alpi, della Liguria,
di Trento, di Treviso, oltre il Friuli.
In marcie era diviso militarmente l'interno dell'impero , chiamandosi cosi il punto
da cui cominciavansi a contare i novanta giorni, pei quali i capi erano obbligati a por-
tar viveri, vesti, armi nell'esercito. Pe' Franchi Ripuarj e Salici, le marcie erano alla
Loira se si moveva verso i Pirenei, al Reno se verso la Germania. Gli Aquitani e i Ger-
mani al contrario erano obbligati traversare a loro spese tutto il regno prima d'arrivare
al punto della marcia; sebbene si risparmiassero col destinare i primi alle guerre di
Spagna, gli altri a quelle contro gli Slavi,
Obbedienti a Carlo Magno erano, Germani fra la Loira e l'Elba; Italiani nella peni-
sola; Gallo-romani nell'Aquitania fra la Loira e i Pirenei.
Germania A. I Germani abitavano Francia, Germania, Borgogna: cioè la Neustria ad ovest,
VOstria al centro, Sassonia e Frigia al nord, Turingia e Baviera ad est, Alemagna e
Borgogna al sud.
o. La Neustria dal sud-ovest al nordest dilatavasi fra la Loira e la Mosa, e tra l'O-
ceano e l'antica frontiera di Borgogna per Nevers e Langres. Reims, Parigi, Soissons,
antiche città romane, eran ancor popolose e ricche, ma gli atti politici consumavansi
nelle ville regie, e vi si accoglievano le truppe e le assemblee; tali erano Atligìiy sul-
l'Aisne, Quiercy sull'Oise, Verberie presso il fiume stesso, Laon e Compicgne. A Boulogne,
sul passo di Calais , e a Gand , ove confluiscono la Lys e la Schelda, Carlo Magno pose
arsenali.
b, VOstria, o antica Francia, occupava le due rive del Reno, dalla Schelda e dalla
Mosa fin alla Saale. Quella a destra del Reno divideasi ancora in Francia neustriana ,
che poi fu il Palatinato, e ostriana, che si disse Franconia. Quest'era il cuore dell'im-
pero carolingio, con città importanti, quali erano, lungo la sinistra del fiume dal sud
al nord. Spira, Worms, Magonza al confluente del Reno col Meno; Ingelheim alquanto
ad ovest di Magonza; Coblenzaal confluente della Mosella col Reno; A^we^-a sul Vahal;
Metz e Treves sulla Mosella; Francoforte a levante di Magonza , sulla destra del Meno;
Wurzburg sul Meno.
Tra le ville imperiali, primeggiava Aquisgrana o Aix-la-Chapdle, così denominata
dalle acque termali e dalla cappella che vi pose Carlo Magno (775j, il quale vi faceva
ordinaria residenza, vi aprì una fiera, ed alzò fabbriche, abbellendole con colonne e
statue tolte a Ravenna. Ivi fu coronato Lodovico il Pio , e dopo lui trentacinque re e
dieci regine, sin a Francesco II; vi si tennero dieci diete dal 953 al 1580, e altrettanti
sinodi dal 799 al -1022. All'est di Aquisgrana, altra villa imperiale era Duren , e al
nord-est Heristal o Herstall, primitivo dominio dei Carolìngi ; al nord di Metz, Tfiion-
ville (villa Theodonis) ; Valenciennes s\ confluente del Rodanello colla Schelda; Tribur
al sud-est di Magonza; Weiblingen presso al confluente del Necker nel Reno ; Salz verso
le frontiere della Turingia ; Gondreville sulla Mosella al sud di Metz ; Remiremont nel
dipartimento dei Vogesi, ecc.
e. La Sassonia steodevasi dall'Elba al Reno d'oriente in occidente , a mezzodì fino
all'Unstrutt e alle montagne poste a meriggio della Lippe. All'ovest abitavano i West-
falj, all'est gli Ostfaìj, al centro gli Engriani, i Nordalbingi fra il corso inferiore del-
l'Elba, l'Eyder, il Baltico e gli Obotriti. Tietmelli, cioè assemblea del popolo, è il nome
corrotto poi in detmold, dal paese ove tenevano la generale adunata. Ai Franchi oppo-
sero molte castella, principalmente Sigiburg ed Ehresburg, al sud della Lippe, ove sor-
geva l'irminsul (Irmensàule), idolo nazionale.
La guerra di trentatre anni con Carlo Magno spopolò il paese, e molti rifuggirono
nella Scandinavia. Carlo il ripopolò di castella, monasteri, vescovadi; come Lippspring
alle sorgenti della Lippe, Paderborn al nord di quello, Herstell sul Weser, Halle sulla
Saale, Magdeburgo sull'alta Elba, Hochburg (Amburgo) e altre alla foce di questo. Pro-
teggevano essi le educatrici fatiche de' vescovi di Minden, Brema sul Weser, Verden
sull'Aller, Osnabruck sull'IIase, Munster sull'Aa, Paderborn, IJildesheim sull'lnnerste,
Halberstadt sull'IIolzemme.
Può considerarsi dipendente dalla Sassonia la Frisia, ov'erano Deventer sull'Yssel,
celebre poi per una società monastica ivi istituita per diffondere gli studj; e Rustringen
ÌMPERO di CARLO MAGNO 201
presso le bocche del Weser. I Frisoni verso ponente aveano passalo il lago Flcvo , ma
sulle coste erano continuamente minacciati dai Normanni.
d. La Turinnia stava al sud della Sassonia, separata per l'Unstrutt; ad ovest e sud
n'aveano distaccato molli l)rani; la parte occidentale della Verrà era incorporata colla
Francia orientale; e un cantone distinto del Nordgau era formato dai paesi collocati
fra il Rednitz, l'Altmulil, le montagne di Boemia. Città imperiali erano Ingolstadt sul
Danubio, Lutrahahof nel Nordgau interno.
e. La Baviera, antico ducato posto al sud est della Turingia fra il Lech e l'Ens, era
divisa fra molti conti Franchi; ed eranvi città principali^/Ja/isòona e Passau, sul Da-
nubio, Freysingen sull'Iser, Salzburg sulla Salza. Sulle due rive del Danubio al nord-
est della Baviera stava la marca Orientale (Austria), coi due nuovi vescovadi di Fa-
viana sul Danubio ad occidente di Vienna, e Nitra (Neutra) in Ungheria a levante di
Presburgo.
La Pannonia antica, detta Unnìa o Avaria, ad oriente dell' Ens, e i paesi fra il Danu-
bio e il Theis, giacevano deserti ; onde Carlo Magno lasciò che le reliquie degli Avari
si stabilissero di là dal Theiss, sotto principi nazionali, che obbligaronsi al battesimo e
al tributo. Ivi pure stanziossi qualche tribù di Venedi, di cui resta memoria nell'idioma
della Carniola e della Stiria.
f. V Alemagna, compresa la Rezia e l'Alsazia, stendevasl dal Lech ai Vogesi ad ovest
dell'Alsazia; al nord, dal confluente del Lech col Danubio sin al Reno sopra Spira; a
mezzodì alle Alpi centrali. Città sue: Coirà (Curia Rhetica) sull'alto Reno; Sangallo al
sud del lago di Costanza, città sorta attorno ad un monastero fondatovi dal santo Irlan-
dese di cui porta il nome; Costanza sul lago del suo nome, celebre poi per la pace ivi
conchiusa nel 1183 fra i collegati lombardi e Federico Barbarossa, e pel concilio tenu-
tovi dal 1414 al 1418 ; Augusta sul Lech ; Basilea e Strasburgo sul Reno. Kircheim al-
l'occidente di Strasburgo ne' Vogesi, era residenza reale.
g. La Borgogna, lontana troppo dai confini dell'Impero, scadde dall'importanza sua.
Principali città: Arles, Lione, Vienne, Ginevra lungo il Rodano, sulla Saona Chàlons.
Ville reali erAno Mantailles sul Rodano fra Vienne e Valenza, Payerne nel paese di Vaud.
B. Italia. Consumata la conquista di Carlo Magno, alcuni paesi restarono ai Greci, Kalia
altri ai Longobardi; altri dipendettero dai Franchi, altri formarono il nuovo Stato della
Chiesa.
a. Coll'impero greco stettero ancora la Sicilia, la Calabria inferiore, disotto dal Se-
beto, la terra d'Otranto, Amalfi, Napoli, Gaeta e qualche volta la Sardegna.
b. I Longobardi conservarono il ducato di Benevento al sud del Garigliano e della
Pescara fin al Sabato, ora tributario, ora indipendente dai Franchi; avendo per città
principali, Benevento, Capua, Boviano.
e. Il restante paese, già appartenente a' Longobardi, formò il regno d'Italia, asse-
gnato ad un principe della famiglia.
d. Roma e il suo territorio, cioè la Sabina e il Lazio antico erano governati a nome
dell'imperatore di Costantinopoli, fin quando, avendo Leone Isaurico fatto guerra al
culto delle immagini, la repubblica romana scosse l'indipendenza, e diede al pontefice
anche il primato temporale su quanto è da Viterbo a Terracina, e da Narni ad Ostia.
Re Pepino e Carlo Magno (734, 799) confermarono quest'ordine, aggiungendovi in dono
la Pentapoli e l'Esarcato. Così formossi il Patrimonio di San Pietro.
Ad oriente della Longobardia, Carlo Magno stabili la marca di Carintia o ducato del
Friuli, che abbracciava i paesi a mezzodì della Brava nella Pannonia inferiore e l'Istria,
la Liburnia, la Dalmazia; salvo le città di costa e le isole illiriche, appartenenti all'im-
pero greco. Francocorion, cioè paese de' Franchi, si nominò lungamente la parte orien-
tale della terra fra la Sava, la Drava e il Danubio: ma vi abitavano Slavi o natii, che
stretti fra' Bulgari e i Franchi del Friuli, rimasero in fedeltà.
C. VAquitania all'ovest e al nord toccava l'Oceano, all'est la parte meridionale AquUanla
della Turena e il Rodano inferiore, al sud il Mediterraneo, abbracciandovi la Settima-
nia, la marca di Spagna e la Guascogna, dipendenti dal re di Tolosa.
0. Aquitania. Pepino e Carlo Magno mandarono a rovina questo paese, insoflercnte
del giogo; poi vi posero conti in quindici città, che erano, al nord Bourges e Poitiers;
ad occidente Saintes e Angouléme sulla Charente, Bordeaux sulla Gironda ; al sud Agen
202 GEOGRAFU — EPOCA NONA
e Tolosa sulla Garonna, Alby presso il Tarn, funestamente celebre per l'eresia cresciu-
tavi e combattuta a furore; ad oriente Bhodez sull'Aveyron, Mende sul Lot, Le Puy nel
Velay presso la Loira, Clermont in Alvergna, ove (1095) si tenne il concilio famoso per
la prima crociata che vi si bandi; al centro Limoges sulla Vienne, Perigueux sull'lsle,
Cahors sul Lot, celebre per banchieri. Residenze reali, Doué nel dipartimento di Maine
e Loira; Chasseneuil in quel di Lot e Garonna, dove si tenne l'unico campo di maggio
raccolto in Aquitania.
b. Guascogna. Quel ducato, circoscritto dal corso della Garonna, era posseduto da
capi Merovingi , sempre avversi ai Carolingi ; sicché affatto precaria era la costoro do-
minazione da questa parte. Ne' Pirenei , al sud di Bajona, era Roncisvalle, dove Carlo
Magno fu sconfitto, e morto Orlando.
e. Marca di Spagna. Ad oriente i conti Franchi, posti a Barcellona capitale, ad Am-
puria sul Mediterraneo, a Gìrona, ad Aufiona (Vich), a Urgel^ custodivano il passo dei
Pirenei. Tortosa fu tolta agli Arabi ma per poco; Lerida sulla Segra, Tarragona al sud
di Barcellona, furono distrutte da Lodovico Pio.
d. Settimania. Le sette sue città erano governate da conti, non avendo Carlo Magno
riconosciuto i privilegi garantitile da Pepino.
Colle conquiste esso Carlo aggiunse appena un terzo all'impero lasciatogli dal padre;
ma soggettò meglio l'interno, giacché le varie genti germaniche affatto disunite e indi-
pendenti, allora furono unite alla stessa assemblea , sotto le medesime leggi , ammini-
strazione medesima, e gerarchia religiosa e politica.
Per quanto però Carlo Magno procurasse un'amministrazione regolare, non era pos-
sibile ridurre all'unità queste differentissime nazioni. Le città d'Italia e della Francia
meridionale non aveano perduta atfatto l'antica prosperità; quelle della Francia setten-
trionale, del Reno, del Danubio erano la più parte cadute al fisco reale, o date in be-
nefizio a vescovi e grandi Cessano dunque d'ogni influenza, ch'è acquistala invece dai
possessori di benefizj o d'allodj , ai quali unicamente compete il formar l'esercito, se-
dere nei parlamenti, ecc. Invece d'assidersi nelle città, piantansi in ville, che i>oi si
mutano in castelli, alfine in città. Anche Carlo Magno stava sempre in ville regie, avendo
una sola volta visitato Parigi, sede dei re merovingi.
Le continue guerre di Carlo impedirono la prosperità che egli cercava, e moltiplica-
rono le fortezze. Intanto il settentrione della Francia restava sodoo boscoso, boscose la
Germania, la Boemia, la Turingia orientale e la meridionale; mentre la Germania meri-
dionale, il paese degli Avari, i Paesi Bassi, la Fiandra erano invasi da paludi.
Centri di civiltà erano i monasteri e i vescovadi ; e i nuovi fondati da Carlo Magno
colla religione estesero la dottrina nella Sassonia, nella Carintia, nell'Austria, mentre la
conservavano nell'Oslria e Neustria antiche. Eginardo, storico di Carlo Magno, crebbe
di libri il convento di San Vandrillo presso Caudebec sulla Senna inferiore; Angilberto
ne pose altri a San Richerio , al nord-est di Abbeville , dipartimento della Somma,
scuola de' figli illustri; altri n'avea a Ferrières; a Etaples nel dipartimento del Passo-
di-Calais; a San Lupo di Troyes in Champagne ; a Saint-Josse sul mare ; a San Martino
di Tours; a Fleury sulla Loira, ove affluivano scolari a migliaja ; all'isola Barbe a Lion;
a Beichenau presso Costanza; ad Utrecht sul Reno inferiore, frequentata da scolari di
Germania e di Inghilterra; ad Ilirsauge nella diocesi di Spira; e principalmente a Fulda
nella Francia orientale. Come gl'ingegni, così le terre vi si coltivavano,
L'Aquifania e la Provenza aveano visto, nelle correrie de' Franchi e de'Saracini,
perir le scuole, famose al tempo dell'Impero. l'Italia riceveva e dava incoraggiamenti e
maestri agli sludj, e v'erano stabilite scuole.
§ 6. — Stati indipendenti da Carlo Magno.
Bretagna A. Isole britanniche:
a. V Irlanda era ancora divisa fra cinque regni paesani: l'Ulster [Ullonia] al nord;
il Connaugbt [Connacia] di nord ovest; il Meath (Midia) al centro; il Munster al sud-
ovest; il Leinster al sud-est. Re d'Irlanda consideravasi quello di Meath, ma i capi dei
clan esercitavano di fatto l'autorità, che quelli di nome; e peggio fu dacché i Normanni
vennero a devastazioni annue.
STATI INDIPENDENTI DI CAHLO MAGNO 203
6. Scozia. Al fine del vii secolo i Pitti, respinti dagli Anglo-sassoni sino al Forth e
alla Clyde, aveano vinto i Nortunibri, e posto il Tweed per confine tra le due razze. Poi
Pitti e Scoti s'uniscono in un sol regno (833) , steso dal settentrione estremo fino al
Tweed. Jona, una delle Ebridi, era popolata di conventi, che spargevano apostoli di
fede e di civiltà.
e. Inghilterra. Dell'eptarchia sassone restano solo i regni di Northumberland al nord,
Wessex al sud, Merda in mezzo. A questo ultimo s'erano riuniti VEslanglia, VEssex al
nord e il Kent al sud del Tamigi, sicché abbracciava tutto il mezzo dell'isola. Egberto
sottomise poi tutti i capi anglosassoni, e s'intitolò re d'Inghilterra (827j.
d. Nel Paese di Galli'S dimorava l'antica stirpe bretone, che per fronteggiare Angli e
Pitti avea fabbricalo Diimbarton, città de' Bretoni. Molte tribù di Cambrì aveano trovato
rifugio nell'angolo montagnoso bagnato dal golfo di Solway, ma di questi gli Angli con-
quistarono poi la costa meridionale; e di colonie sassoni si coperse il paese fra la Sa-
verna e la Wye tolte ai Bretoni; e quelli da (|uesti restavano divisi per un terrapieno
ed una fossa di cento miglia, dalle foci della Wye a quella della Dee. Egberto tolse l'in-
dipendenza anche ai Bretoni della punta di Gornovaglia.
B. Spagna :
a. Regno d'Oviedo. I Visigoti che, nel 58b, aveano acquistato il paese degli Svevi, Spagna
furono spodestati dagli Arabi, salvo un lembo montagnoso al nord-ovest della penisola,
ove Pelagio regnava sopra ventisette miglia di lunghezza e dodici di larghezza. Questo
doveva essere il nocciolo della monarchia spagnuola; e già nelI'SU il regno d'Oviedo
0 delle Asturie arrivava al sud fino al Onero, al nord ed all'ovest fin al mare Nel regno
delle Asturie vedeansi Leon, già così detta perchè stanza d'una legione; Astorga, Lugo,
città ricinte di m.ura romane; Braga, piena di anticaglie; Oviedo fondata il 701 da
Frolla; Zamora fortificata sul Duero; Gijon sul golfo cantabrico, sede di Pelagio; Pra-
via edificata da Silo.
All'est, fra le montagne ove l'Ebro nasce, e quelle ove sullo scorcio del ix secolo fu
fabbricata Burgos, i conti di Castiglia visigoti mantenevansi indipendenti contro i Mori.
Apparteneva alle Asturie la proviuiùa biscaglina d'Alava , separata dalla Discaglia pro-
pria per la catena principale de' Pirenei.
b. Navarra. I Franchi di Carlo Magno presero e smantellarono Patnplona a pie dei
Pirenei, ma Calahorra sull'Ebro tentarono invano.
e. 11 resto della Spagna formava l'emirato di Cordova: moltissime colonie vi si pian-
tarono, come già si disse (pag. 197) e la portarono a gran prosperità materiale.
C. Danimarca e Scandinavia erano divise tra molti piccoli re, detti Sma^ Danimarca
kongar; ma uno superiore a tutti, detto Theodkongar, sedeva a Upsala e Leithra, fin e Scandi-
alla morte di Regnardo Lodbrok nel 794, quando Danimarca e Svezia furono ancora °*^"*
separate.
Nel regno di Leithra erano compresi il Giutland, le isole Danesi, la Scania colle
Provincie di BlekiìigaeHalland. Tra gli smalkongar i piìi potenti erano quelli dell'isola
Bornholm, indipendenti sino al 900, e quelli del Giutland meridionale, che ajutarono i
Sassoni nelle guerre contro Cario Magno. Un di essi, saccheggiata Ròrich presso Lubeka,
mercato allora di tutta Europa, ne arricchì Sleswig sua capitale, e lungo l'Eyder scavò
un fosso di difesa da un mare all'altro. Re delle isole (A'a'sfcon(/ar) dominavano levarle
isole del Baltico, del Kattegat e del mare del Nord ; ed essi, come i re inferiori (Unterkon-
gar) del Giutland, dello Sleswig, della Scania ecc. dipendevano dall'alto re (Oberkon-
gar) di Leithra. l re del mare (Soekongar) faceano come indipendenti. Ciascuno Stato
mandava uomini o ivikings a scorrere i mari del nord, devastando le coste; e già ave-
vano ridotta la Frisia, si può dire, tributaria al re di Leithra.
I pirati di Svezia e Norvegia erano detti Wareghi nel Baltico , e Normanni nel mare
del Nord e sulle coste di Francia che devastavano. Ma l'interno del paese era ripopolato
da nuove immigrazioni. Nel ÌVermeland, vicino al gran lago Wernern, nell'viii secolo
alcuni. discendenti dai re di Upsala aveano fondato uno Stato nuovo, indi si resero po-
tenti su tutta Norvegia. Altri Norvegi penetrarono nella Svezia settentrionale, e presero
stanza nelle foreste del Giamteland e deWHelsingland.
D. S arma ti. Degli Slavi parliamo altrove. Nelle vaste contrade fra i monti Boemi Sarmati
e l'Ural, all'oriente dei Venedi, che col nome di Obotriti, Wiizi, Sorabi, Cesci, Moravi,
201 GEOGRAFU — EPOCA NONA
formavano il confine orientale dell'impero Carlovingio, dominavano i GlioechihaW Bug
e roder; i Lituani fra il Bug e la Dvina ; i Krivici sul corso superiore della Dvina ; gli
Sloveni presso Novogorod ; i Dregovici sul Dnieper; i Belodovati sui monti Crapak.
I Bulgari aveano steso il nuovo regno fra questi monti al nord, il Theiss all'ovest, il
Danubio al sud, il Dnieper all'est. I Kazari aobracciavano quant'è fra il Volga all'est,
il Dnieper al sud est, e a nord-ovest il Dnieper superiore. Fra loro abitavano Slavi ed
Ungheria cbe dall'lngria eransi calati a dilungo del Dnieper inferiore. Ad oriente vaga-
vano orde turche. I Finni erano rimasti al posto.
EPOCA IL
dall' 800 AL 1096 DOPO C.
§ i, — Divisioni dell'impero di Carlo Magno.
Le varie nazioni che Carlo Magno aveva unite senza spegnerne le leggi, la lingua, le
consuetudini, aspiravano a ricuperare la nazionalità; i signori tendevano a farsi indi-
pendenti ; nuovi Barbari sopravenivano: dal che fu scomposto l'impero del Magno.
Nei settantatre anni (814 887} fra la costai morte e la deposizione di Carlo il Grosso,
in Ispagna la Navarra si rende indipendente; i Saracini occupano la contea d'Ausone e
i territorj di Lerida e di Tarragona; nell'illiria i Crobati e i Liburni, posti al di sotto
della Sava, ricusano obbedienza ai marchesi del Friuli e della Carintia. Di rimpatto Lo-
dovico il Tedesco conquista tutta la Moravia dal Danubio fin alle sorgenti della Morava,
la Boemia e il paese de' Sorabi.
Conservava dunque l'Impero a un bel circa l'antica estensione, ma di dentro scom-
ponevasi la potenza reale, mentre le genti facevano tentativi di acquistare i naturali
confini ; e ne furono conseguenza le varie divisioni avvenute fra i Carolingi.
1 =» Carlo Magno morendo lascia a Lodovico il Pio l'impero ; il regno d'Italia a Pepino,
poi a Bernardo figlio di questo.
2* Nell'SlTad Aquisgrana si fa divisione tra i figliuoli di Lodovico il Pio: e Lotario
primogenito è associato all'impero; Pepino ottiene l'Aquitania e la Guascogna coi terri-
torj di Nevers, Autun, Avallon ia Borgogna; Lodovico la Baviera, la Carintia, la Boe-
mia, la Moravia, la Pannonia.
3=* Neir830, in nuovo scomparto, Lotario ottiene l'Italia; Pepino l'Aquitania, la Gua-
scogna, i paesi fra la Loira e la Senna, e sulla destra d'esso fiume Chàlons, Meaux,
Amiens e il Ponthieu. Lodovico il Tedesco alle precedenti possessioni unisce la Turin-
gia, la Sassonia, la Frisia, la Fiandra, il paese de' Ripuarj (Bassa Lorena) il Vermaudese.
Carlo il Calvo ha l'Alemagna, la Rezia, la Borgogna, salvo i possessi di Pepino, la Gotia
(Settimania e marca Spagnuola), e quel che dipoi fu Lorena Mosellana.
4» L'837 ad Aquisgrana, i tre primi dovettero cedere varj brani a Carlo il Calvo,
che allora ebbe tutta la Frisia, i paesi fra il Reno, la Mosella, la Senna e il mare ; la
parte settentrionale di quel che fu poi ducato di Borgogna ; il sud della Champagne e
dell' Isola di Francia; il Gatinese, e 1' Orleanese settentrionale.
b^ Nella divisione dell' 859 a Worms, Lodovico il Tedesco possiede come nelPSH;
Lotario (salvo il ceduto al precedente] ebbe tutte le provincie all' est della Mosa, del
Giura, del Rodano ; Carlo, quelle ad ovest.
6' A Verdun nell'843 si fa un'altra distribuzione; cioè a Lotario Italia, Provenza,
Delfinato, Savoja, Svizzera francese, Franca Contea, la Borgogna all'est della Saona,
l'Alsazia, la Lorena, il Cambresis, e quant'è fra il Beno, la Schelda e la Mosa, eccetto
Spira, Worms, Magonza, Ingelheim ; poi sulta destra del Reno, da Bonn sino alla Frisia
l'antica Francia Ripuaria dal Reno alla Sassonia; aggiungi sulla destra del Rodano il
Lionese, il Vivarese e l'Uzège. A Lodovico il Tedesco toccò la Francia transrenana con
Worms, Spira, Magonza, Ingelheim, scemategli però la Frisia e la parte di Francia Ri-
puaria data al precedente. Carlo il Calvo sortì la Francia occidentale, vale a dire i paesi
ad ovest della Schelda, della Mosa, della Saona, del Rodano, sin ai due mari che sono i
confini conservati dal regno di Francia fino al secolo xiv.
Adunque: a. Lotario teneva l'Italia e la Francia centrale, cioè i regni d' Italia, Lo-
rena e Borgogna. Questi spartironsi tra' suoi figli. Lodovico II, re d'Italia e impera-
tore, muore senza prole. Lotario II, re di Lorena e Borgogna, muore anch' egli senza
figli. Carlo li è re di Provenza, ossia d'Arles. 1 tre dominj toccavansi all'ospizio del
206 GEOGRAFIA — EPOCA DECIMA
Sanbernardo : poi morto Carlo, i due fratelli se ne divisero l'eredità, ponendo a con-
fine il Rodano
b. Lodovico il Tedesco dell' ^/emof/na, cioè della Francia orientale, alla morte di
Lotario li (869) ottiene le contee sulla destra della Mosa, dell' Ourthe e della Mosella
superiore, e all'est del Doubs, della Saona e del Rodano, Ha tre figli: Carloraanno re di
Baviera, poi d' Italia (877); Lodovico il giovane re di Sassonia, poi anche della Baviera
alla morte del precedente-, Carlo il Grosso, re d'Alemagna, che alla morte dei primi
eredita Italia e Francia (882).
e. Carlo il Calvo, signore della Francia occidentale, poi re d' Italia e imperatore, ha
successori Lodovico il Balbo, poi Lodovico IH, e Carlomanno. Infine alla morte di questi
riconcentrasi il regno in Carlo il Grosso, re d' Italia, Baviera, Germania, Sassonia, Lo-
rena e della Francia occidentale; tutto insomma l'impero di Carlo Magno, eccetto il
regno di Provenza posseduto da Bosone.
Malgrado di questa riunione, i popoli s'erano in fatto staccati ; la Baviera unita alla
Carintia e Boemia ; 1' Alemagna con Rezia, Alsazia ecc. ; la Sassonia con Frisia e Tu-
ringia-, l'Ostria, cioè la Lorena e la Neustria, restarono distinte con re proprj. Solo dei
paesi di lingua latina l'Aquitania fu colla Bretagna unita alla Neustria: 1' Italia fu dis-
putala fra gli scaltri e i forti.
^2. — Provincie invase dai Barbari.
Alcuni brani erano stati spiccati dai nuovi Barbari :
i. I lYormanni devastarono corseggiando le provincie marittime di Francia e Germania,
dalle foci dell'Elba a quelle dell' Adour, spingendosi dentro fino ai pie delle Sevenne,
dei Vogesi, de' monti Germanici, col qual nome intendo la serie delle alture cui so-
vrastanno le piccole catene derivate dal Fichtelgebirge all' estremità occidentale della
Boemia, dirigendosi pel nord-ovest a raggiungere le alture della sinistra del Reno verso
Coblentz e Treveri.
Sperperavano campagne e città, poi ritraevansi; né fermarono il piede se non in isole
allo sbocco dei fiumi, come Valchern e Bettau fra i rami della Schelda e della Mosa,
altri puuti alla foce della Somma e della Senna, Noir-Moutier in faccia alla Loira ecc.
Li fortificavano per isvernarvi e deporre il bottino, e di là spargevansi sul contorno.
Fuggendo la popolazione atterrita, trasportaronsi anche in terraferma; e i pirati della sta-
zione della Schelda occuparono la Frisia, la Fiandra, la Bassa-Lorena ; quei della Senna la
Normandia; quei di Noir-Moutier, Cbartres, Blois, Tours, Nantes, In Germania tentarono
piantarsi in riva all'Elba; ma furono cacciati dai Sassoni. In Ispagna il re d'Oviedo li
respinse dalla Galizia, ma dopo ch'ebber saccheggiato Gihon : devastarono pure paesi
soggetti agli Arabi, Lisbona, Cadice, Siviglia; e passato lo Stretto sotto la condotta di
Ilasting, molestarono Italia e Provenza. Contro l'Inghilterra principalmente si drizza-
rono, ove fecero importanti stabilimenti.
2. I Saracini eguale strazio faceano delle coste del Mediterraneo, Prese le isole di
Malta, Sicilia, Corsica, Sardegna, le Baleari, s'affìssero anche al litorale. Da Frassineto
{Garcle-Frénety al nord di Grimaud nel dipartimento del Varo) a pie delle alpi Marit-
time, lanciaronsi a baldanza sulla Provenza e la Liguria ; la Camargue fra i due bracci
del Rodano li rese arbitri di questo fiume. A Taranto, a Bari, al monte Gargano, sul Ga-
rigliano posero altre stazioni, donde guastavano la Bassa Italia; finché Lodovico li im-
peratore li snidò da Bari, e papa Giovanni X dal Garlgliano (916).
§ 3. — Grandi feudatarj.
Per grandi feudatarj intendo quelli che immediatamente rilevano dalla corona. Già
verso r880 i duchi di Gua"^cogna fra laGaronna e i Pirenei ; i duchi à' Aquitania, i conti
di Poitou, del Limonino, del ['eriyord ; i conti di Tolosa che dominavano dai Pirenei fin
all' Alvergna; i duchi di lìre.tagna nella penisola Armorica ; i duchi di Francia fra la
Somma e la Loira ; quei del Friuli tra la Carniola e l'Adige ; di Spoleto fra il Musone e
DISSOLUZIONE DELL'EUROPA GERMANICiV 207
il Tiferno; il marchese di Toscana fra la Marta e la Magra; tutti insomma i grandi vas-
salli ambivano l'indipendenza. Già l'avea ottenuta il regno di Borgogna, che compren-
deva Savoja, Franca Contea, parte di Borgogna, il Lionese, il Forez, il Delfinato, la Pro-
venza, col Vivarese e l'Uzège sulla dritta del Rodano, cioè il paese che ha da un lato
la Saona e il Giura, dall'altro 1' Alta Loira e le Alpi.
% 4. — Dissoluzione dell'Europa germanica.
Carlo il Grosso fu deposto nell' 887, e il dominio suo spartito fra sette; regnando
Arnolfo in Germania, Eude in Francia, Bosone nella Borgogna Cisgiurana, Guelfo nella
Borgogna Transgiurana, Zventiboldo nella Lorena, Fortunio nella Navarra, Guido e Be-
rengario in Italia.
A. Il regno di Germania era elettivo e poderoso, essendogli annesse, sotto Arnolfo, Rogro di
la Lorena, iedue Borgognee l'Italia. Poi sotto Enricoll,i marchesati di Misnia, Sassonia ^«■'"'^"'^
settentrionale e Sleswig si formano a spese degli Slavi ; la Boemia è ridotta tributaria ;
gli Ungheri sconfitti, i quali poi sotto Ottone I battuti ancora al Lech, cessano le cor-
rerie. Gli Slavi sino all'Oder, la Polonia, la Danimarca pagano tributo; l'Italia è unita
al Germanico impero, che si allarga dalla Schelda e dalla Saona fin alla Vistola e alle
montagne d' Ungheria, e dal Limfiord nel Giutland settentrionale fino ai temi di Lom-
bardia o Calabria nell'Italia meridionale.
Decadendo i re Sassoni, sottentrano i Salici, che pajono vicini a rinnovar l'impero di
Carlo Magno; ma tosto anch'essi decadono.
Al" fine dell'epoca, l' Impero confinava al nord coll'oceano Germanico, l'Eyder, il
Baltico; all'est coll'Oder, il Gesenkergebirge fra la Slesia e la Moravia, e la catena che
spiccasi dai Crapak occidentali verso il Danubio fra la Moravia e il Waag : al sud del
Danubio, da Haimburg all'ovest di Presburgo, tirava quasi retto fin all'Adriatico, vicino a
Fiume: In Italia dominava quanto l'antico regno: verso Francia toccava il Rodano,
la Saona, la Mosa superiore e la Schelda.
Comprendeva sei arcivescovadi : a) Magonza coi quattordici vescovadi di Worms,
Spira, Strasburg, Costanza, Coirà, Augusta, Eichstadt, Wurzburg, Olmutz, Praga, Hal-
berstadt, Ilildesheim, Paderborn e Verden; 6) Colonia coi cinque vescovadi di Liegi,
Utrecht, Munster, Osnabruck, Minden ; e) Treverì coi tre vescovadi diMetz,Toul,
Verdun; d) Magdeburgo, coi cinque di Brandeburg,Havelburg, Naumburg, Merseburg,
Meissen ; e) Brema con Oldenhurg, dappoi Lubeka, Mekiemburg, dappoi Schwerin,
Ratzhurg; f) Salzburg coi cinque vescovadi di Ratisbona, Passau, Frisinga, Brixen e
Gurk. Bamberg dipendeva direttamente dal papa, eCambrai dall'arcivescovo di jReims.
Oltre questi treotasette vescovi, v'avea settanta prelati, abbati o badesse, tre ordini re-
ligiosi, formanti più di cento Stati ecclesiastici. Gli Stati laici erano: quattro elettori,
compreso il re di Boemia: sei granduchi, di Baviera, Austria, Carintia, Brunswick,
Lorena, Brabante, Limburg; da trenta contee con titolo principesco di duca, margravio,
landgravio, burgravio; da sessanta città imperiali, che formano cento stati laici.
Le maggiori divisioni del territorio erano:
a. Sassonia, dall'Oder fin presso la riva destra del Reno, e dalla Frisia e Danimarca fin Sua divi-
alla Turingia. Ducati distinti formavano le antiche divisioni di Weslfalia, Engria o s'o°e
Angria, Ostfalia: la parte orientale fra l'IIarz e l'Oder formava i ,due marchesati di
Nordmark (Brandeburgo) al nord e A'Ostmark at sud (Lusazia). La casa di Billung ne
possedeva come allodj gran parte fra il VVeser e l'Elba nel Brunswick e Hannover: e
quella di Nordheim nell'Assia. Un Guelfo di Baviera sposò l'ultima erede dei Billung, e
suo figlio quella del Nordheim e di Brunswick, onde quella casa si trovò superiore a
tutti i principi dell'Impero. Le città più notevoli erano Bardewick e Magdtlurg sul-
l'Elba, Brema sul Weser.
Consideravasi come a lei annessa la 6. Turingia, avente la Boemia al sud-est, al nord
la Sassonia, all'ovest il Turingerwald e l'Eichsfeldgebirge. Abbracciava il langraviato
di Turingia al nord-ovest, colle città di Warlburg, Eisenach, Erfurt, Weimar; il mar-
graviato di Merseburg al centro, con Alla, Merseburg. Lipsia; il margraviato di Misnia
all'est, con Misna, Budissin, Gorlitz.
208 GEOGRAFIA — EPOCA DECDfA
c. Boemia e Moravia, al sud-est della Turingia, riconosceva la supremazia dell'Im-
pero, e spesso la esercitava sopra i re di Polonia. Città: Praga quasi nel cuor della
Boemia, Olmutz, Znaym in Moravia.
d. Lsi Baviera aveva al sud il contado di Trento e il ducato di Carintia, all'ovest il
Lech, all'est stendeasi fino a Presburgo. Città: Ratisbona, Passau, Salzburg, Frey-
sìngen, Brixen. Ne facevano parte sulla sinistra del Danubio il Nordgau con Eichstadt,
Norimberga, Sahbach, e i paesi tra i detti fiume, la Boemia e la Moravia. Quelli fra
l'Ens e la Leitha diceansi marca Orientale o Austria. La casa di Merania possedeva tutta
la parte sud-est della Baviera, cioè il Tiralo.
e. Carintia al sud delle Alpi orientali: questo ducato abbracciava i paesi che bagna
il corso superiore della Brava e della Snva; e oltre la Carintia propria sull'alta Brava
con Villach, comprendeva la marca di Pulten sulla Leitha; la marca Superiore o del
fìaab sulla Mur, con Judenburg e Grcetz ; la marca Inferiore o di Cilly sulla Brava,
all'est della Carintia, con Peitau e Cilly; la marca di Carniola sulla Sava, con Lubiana.
Sotto gl'imperatori di Sassonia vi furono annessi il contado di Trento, le marche di
Verona, Aquileja ed Istria, per vigilare la Lombardia e proteggerla dagli Ungari e as-
sicurar sempre il passo in Italia agl'imperatori tedeschi. A quest'uopo tutte le alte Alpi
erano state inchiuse in ducati tedeschi; poiché la Baviera stendevasi fin a Bolzano,
l'Alemagna fin a Bellinzona.
f. Alemagna fra il Lech e i Vogesi, Città: Sangallo, Costanza, Ulm, Augusta, Basilea,
Strasburg. La casa Guelfa vi possedeva grandi dominj fra il Lech e il lago di Costanza,
e nella bassa Baviera.
g. La Franconia aveva al sud la Svevia, all'est il Nordgau e la Turingia, al nord la
Sassonia, all'ovest il Reno ; oltreché sulla sinistra di questo fiume abbracciava 'ì di-
stretti di Worms, Spira, Magonza. Sì vasta provincia divideasi in Francia renana all'oc-
cidente con Francoforte e Francia orientale con Bamberga. Nella prima era V Assia con
Fritzlar, nell'altra il Grobfeld che oggi forma il Sassonia-Coburg ecc.
h. Lorella a occidente della Franconia e Sassonia fin alla Schelda e fin di là dall'alta
Mosa; spartivasi in mosellana eripuaria. La prima tra i Vogesi, la Borgogna, la Cham-
pagne e la Franconia transrenana, aveva le città di Toul, Metz, Thionville, Treveri sulla
Mosella, Verdun sulla Mosa: l'altra fra la precedente, la Sassonia, il Vermandese, la
Fiandra e la Frisia, comprendeva Givet, Namur, Liège sulla Mosa, Bonn, Colonia, Ni-
mega sul Reno, Aquisgrana ecc. Il loro confine tirava fra Bouillon al nord e Arlon al
sud, indi correa parallelo alla Mosella finché incontrava il Reno fra Bonn e Andernach.
Dipoi variò. La Lorena formò regno distinto sotto Zventiboldo, poi nel 900 fu unita
alla corona di Germania, e a mezzo il x secolo data all'amministrazione di due duchi
particolari; restando però sottomessi immediatamente all'Impero le contee dell'Alta e
Bassa Lorena, e i vescovati di Treveri, Toul, Metz, Verdun.
i. Il regno à'Arles o della Borgogna Cisgiurana, fu fondato da Bosone (879) ; esteso
fra il Reno, la Reuss, il Giura, la Saona, la valle del Rodano e le Alpi, racchiudeva la
Franca Contea, la Borgogna meridionale, il Delfinato, la Provenza, il Vivarese, l'Uzège
e porzione di Savoja. Neir888 Rodolfo eresse il regno della Borgogna Transgiurana,
cioè la Svizzera fino al Reuss, il Valese, parte della Savoja, Ginevra, il Bugey ecc. Suo
figlio Rodolfo 11 nel 953 vi unì quel della Borgogna Cisgiurana, Basilea e suo territorio,
poi l'Argovia sull'Aar con Muri ed Eglisau, cedutigli da Enrico Uccellatore, Gli Un-
gheri, che corsero traverso alla Rezia sino al Rodano, e i Saracini delle Alpi svigo-
rirono il nuovo regno, che poi Rodolfo III cedette a Enrico II di Germania. Disputato
da varj pretendenti, restò infine ai signori e vescovi, indipendenti sotto la supremazia
nominale dei re di Germania. Perciò conti o principi dell'Impero intitolavansi gli ar-
civescovi di Lione, di Besancon, ù' Embrun, di Vienne, e i vescovi di Basilea, Gine-
vra, Losanna, Belley, Grenoble, Valenza, Gap, Die, avendo giurisdizione sulle città e parte
del territorio. Su quell'esempio i conti di Provenza fra il Rodano, il Mediterraneo, le
Alpi e la Durenza superiore, regnarono per la grazia di Dio : ma a vicenda si sottrassero
da loro i conti di Baux, signori di trenta o quaranta piazze forti ; i conti di Forcalquier
eàiSisteron, i baroni ài Castellane, i principi d'Orange, i signori di Sabran e d'^-
gout ecc. Già Marsiglia e Avigìione governavansi a popolo, e il desideravano Arles e
Nizza. I conti di Tolosa, dal line del secolo x ereditarono il Marchesato di Provenza
DISSOLUZIONE DELL'EUROPA GERMANICA 209
fra l'isero e la Durenza. Nel Delfinato, i conti di Die, Valenza, Albon estesero la supre-
mazia su quasi tutta la provincia.
La Franca Contea, già divisa in cinque, fu unita verso il IIOO nel solo contado di
Borgogna superiore, il cui possessore avea dovuto render omaggio a Enrico 111. In
Savoia alzavasi la Casa di Morienna, che raddoppiò i suoi possessi acquistando la Ta-
rantasia e il marchesato di Sufia (106ij. Il paese di Vaud, lo Sciablese, il Faucigny, il
Bugeij, parte della valle d'Aosta e del i'alese che si unirono in questa Casa, fecero il
conte di Savoja un dei più potenti feudatarj dell'Impero.
B. Al cadere de' Carolingi, l' Italia meridionale era disputata fra i Greci, i Saracini, Itali»
i principi di Salerno e di Benevento, e il conte di Capua. Nel centro il papa dominava
l'antico ducato di Roma, la Pcntapolie l'Esarcato; nell'Umbria meridionale, nel Piceno
e in parte del Sannio signoreggiava il duca di Spoleto; nell'Etruria il marchese di To-
scana; al nord-est il duca del Friuli possedea fin a Mantova; al nord-ovest i marche-
sati A' Ivrea e di Sma abbracciavauo tutto il pendio orientale delle alpi Pennine, Craje
e Marittime. Benché dunque avesse titolo di regno, andava partita fra molti feudatarj.
I varj pretendenti alla corona, le incursioni di Ungheri, Normanni, Saracini impedirono
che qui si stabilisse un re unico, mentre gli avanzi del sistema municipale e delle di-
visioni longobardiche agevolarono lo sminuzzamento feudale e i governi a comune. E
Genova ^\k cresceva fra i marchesati di Savona e di Genova che presto dovea trarre a sé; Repub-
Pisa signoreggiava la Corsica, e disputava a Genova la Sardegna; Venezia era padrona tl'c'i«
del litorale fra le bocche del Po e quelle della Livenza, e d'un ducato sulle coste di
Dalmazia.
Al nordovest i marchesati di Susa e d'/yrea erano posseduti dalla casa di Savoja ; Signori»
fra gli Apennini, il Po, e le alpi Marittime era quello del Vasto; quel del Monferrato
fra il Po, gli Apennini, il Tanaro e Tortona; fra i tre predetti il contado d'Asti. Fra il
lago di Garda e la marca di Carniola stavano i grandi feudi di Trento, Verona, Acjuileja.
La Lombardia che aveva al nord le Alpi, ad occidente la Dora Baltea, il Po e il Mon-
ferrato, al sud gli Apennini, all'est la Lenza, il Mincio, il lago di Garda, formava il
marchesato di Milimo, forse di puro titolo: e dove Milano, Vercelli, Novara, Como,
Bergamo, Brescia, Cremona. Pavia sulla sinistra del Po, e Tortona, Parma, Piacenza
sulla destra, formavano contadi particolari, posseduti per lo più dai vescovi delle stesse
città, che ben presto assunsero governo a popolo.
Al sud della Lombardia, la contessa Matilde possedeva i marchesati di Toscana e di
Luni, le contee di Lucca, Modena, Reggio, Mantova, Ferrara, e forse anche Parìua e
Piacenza, e ne fé dono alla Santa Sede (I077j. Al sud della Toscana, da Clusio, la Sa-
bina e il Lazio fin a Sora e Fondi, era il Patrimonio di san Pietro. Quasi tutte le città
ad oriente del Lazio, nell'antico ducato di Spoleto e al nord-ovest della Toscana, nella
Romagna da Ferrara a Pesaro, costituivano altrettanti ducati, amministrati da vescovi.
Al sud della Romagna, fra la catena centrale degli Apennini e l'Adriatico, da Pesaro ad
Osimo incontravasi il marchesato di Guarnieri, daOsimo alla Pescara quel di Camerino
0 di Fermo dalla Pescara a Trivento quel di Peate.
Di quivi cominciava il ducato di Puglia o di Calabria, che nuovamente ('1043) ave-
vano fondato i Normanni, giovandosi delle discordie de' Greci e de' Longobardi, e lo
divisero in dodici contadi ; poi ebbero tutta Italia meridionale, tranne Benevento hscialai
al papa, e Napoli rimasta ai Greci almen di nome. Anche la Sicilia fu conquistata da
Roberto Guiscardo (1058).
C. Ai discendenti di Carlo Magno non era in Francia rimasto ornai che la città reale Francia
di Laon, finché sottentrò loro Ugo Capeto (987), la cui casa possedeva il ducato di Francia
fra la Loira e la Somma. Questi nuovi re per un secolo furono ristretti fra la Loira e la Dominj
Senna. Il ducato di Francia neir887 comprendeva il Maine, l'Anjou, la Turena, l'Or- '"'*
leanese, quasi tutta l'isola di Francia, come chiamavasi il contado di Parigi, perchè
circuito tra i fiumi Senna, Marna, Ourcq, Aisne e Oise ; il sud-est della Picardia fin alla
Somma. Ma l'increnifnto dei conti d'Anjou, di Blois, di Chartres ridussero Filippo I
nel 1095 alle sole contee di Parigi, Melun, Etampes, Orléans e Sens; e la comunica-
zione fra esse gli era impedita, sorgendo fra Parigi ed Etampes il Castello del signor di
Montlheri (capo dell'IIurepoix, aG leghe da Parigi); fra Parigi e Melun la città di Corbeil
(nell'Hurepoi.x, al confluente della Juigne colla Senna) ; tra Parigi ed Orleans il castello
Cawtù, Documenti. — Tomo I, Geografìa politica, 14
210 GEOGRAFIA — ÈPOCA DÈCIMA
di Puiset; attorno poi a Parigi avea i signori di Montmorencij e di Dammartin, all'ovest
i conti di Moììtforl e Meulent e Mantes, tutti indipendenti e turbatori de' viandanti.
Poderosi vassalli del re, come duca di Francia, al nord erano i conti di Ponthieu fra
la Clianclie e la Somma, con Montreuil per capitale; di Amiens al sud di Ponthieu; di
Vermandois e Valois unite all'est del precedente, capitale Cre/jy; di Soissons al sud delle
due predette; di Clermont nel Beauvaisis al sud-est d'Amiens.
F«uJ' Attorno ai dominj del piccolo re, fra la Loira, l'Oceano, la Schelda, la Mosa superiore
e la Saona, erano vasti principati feudali; cioè al nord il contado di Fiandra; all'ovest
i ducati di INormandia e Bretagna; al sud-ovest il contado d'Anjou; all'est il contado
di Champagne; al sud-est il ducato di Borgogna.
a. Fiandra diceasi dapprima il solo contado di Bruges, poi abbracciò da oriente in
occidente dalle foci della Schelda fin a Térouanne, da nord a sud dalle coste della Ma-
nica fin al contado di Saint-Poi e d'Artois. I conti già erano ereditarj sotto Carlo il
Calvo, poi acquistarono feudi tedeschi, onde faceano omaggio e al re di Francia e al-
l'Impero. Baldovino IV il Barboso del 989 ottenne da Enrico 111 l'a/e/jcrnme sulla Schelda,
il castello di Gaìid al confluente della Lys colla Schelda, l'isola di Valcheren e tutta
Zelanda di qua dalla Schelda; poi da Enrico IV Baldovino di Lille ebbe il paese fra
questo fiume e il Dender, cioè la contea di Alost e il territorio fra Gand e Anversa,
detto i Quattro distretti. Fra la Schelda e la Lys crescevano per commercio Gatid al-
l'est, Bruges al nord-est, Ypres al centro, e Lille testé fondata.
Vassalli immediati del conte di Fiandra erano i conti di /le ras al sud-est della Fiandra,
di Saint-Poi all'ovest dell'Artois, di Esdin ai sud di Saint-Poi, di Térouanne al nord-
ovest di Saint-Poi, di Boulogne sullo stretto di Guines al nord di Boulogne.
b. Kollone, pirato normanno, col trattato di Saint-Clair sull'Epte nel 912, ottenne
porzione dell'antica Newitria, colla sovranità sulla Bretagna, che però non potè eser-
citare. Al 1066 quei duchi divennero re d'Inghilterra. Varj signori particolari lottarono,
ina al fine soccombettero alla Normandia.
e. 11 titolo di duca di Bretagna fu disputato un pezzo fra i conti di Nantes, Vannes,
Cornouailles (Quimperj, TJennes, sinché gli ultimi prevalsero. La parte settentrionale
formò la contea di Ponihieu, appartenente a un ramo cadetto della casa di Bretagna.
d. 1 due contadi, separali dalla Mayenne, furono nell'SSS riuniti in mano dei conti
d'Anger?, che già possedevano il Gatinais, poi .acquistarono le signorie Loc/tes, Ml-
landri, la Haie, e la città di Loudun e Tours ; onde l'/ln/oustendeasi dal ducato di Bre-
tagna al contado di Blois. Dipoi tolsero al duca d' Aquitania la Saintonge, esercitarono
potere larghissimo sul Maine. 1 conti di Champagne, gelosi di tanto incremento degli
An^evini, s'appoggiarono ai re, che attribuirono loro la dignità di gran siniscalco, e
n'ebber ajuti e ne prestarono.
e. Dal 1032 in poi il ducato di Borgogna apparteneva a un ramo cadetto della casa
di Francia. Al sud di quello il conte di Forez, che avea per capitale Roanne, stendea
la giurisdizione sul Beaujoluis al nord-ovest, sul Lionese all'est; mai baroni di Beaujeu
vi si sottrassero presto; e gli arcivescovi di Lyon che pretendeano dipendere dall'Im-
pero e non dalla Francia, trassero a so il governo della città e del territorio.
/. 11 contado di Troyes o di Champagne fu posseduto dal 9i5 al 1020 dai discendenti
di Uberto di Vermandois;* allora passò ai conti di Z//o2s, che già possedevano Chartres,
Meaux, Provins. Imbaldanzito da tanti possessi, Eude il si trovò signore dell'antico
regno di Borgogna, e pensava farsi coronar re di Lorena, quando fu ucciso (J037).
L'antico regno d'Aquitania racchiudea quattro feudi dominanti : ducato d'Aquitania
al nord; contado di Tolosa al sud-e.st; ducato di Guascogna al sud-ovest; contado di
Barcellona al sud e al nord de' Pirenei orientali. Ma com'essi erano indipendenti dal re,
così aveano vassalli che intitolavansi signori per la grazia di Dio.
a. Lodovico il Balbo neir877 diede a Bainolfo 1 conte di Poitiers il titolo di duca
d'Aquitania, e giurisdizione sul Poitou, il Saintonge, l'Angoumois. Già quei conti pos-
sedevano Tolosa, poi aciiuistarono \Wunis e il Limosino, indi comprarono il ducalo di
Guascogna (1038) colle contee di Bordeaux e d'Agen. Signori sì potenti ebbero corte
fiorita d'ogni cortesia, e abbellita dalla letteratura provenzale.
b. 11 ducalo di Guascogna, fra la Garonna e i Pirenei, stette a lungo indipendente
sotto ai duchi merovingi, avente per capitale Bordeaux e molli vassalli. Nel 1032 passò
DISSOLUZIONE DELL'EUROPA GERMANICA 211
in eredità a iin conte d'Armngnac, die però dovette vendere al conte di Poitiers il ti-
tolo di duca di Guascogna; onde i signori di questa provincia pretesero esser posses-
sori delle loro (erre per grazia di Dio, non d'altri.
e. Alla contea di Tolosa, resa ereditaria nell'85;2, fu unita spesso la dignità di duca
d'Aquitania, e crebbe acquistando i contadi di lììwilcs, Querct/, Albi], il ducato di iVar-
bona 0 Settimania, e il marchesato di Provenza. L'autorità n'era limitata dai privilegi
delle molte città chiuse fra' suoi feudi, dalle rivalità dei conti di Barcellona, e dalla
potenza dei visconti di Carcassona.
d. Lodovico il Pio neir 817 eresse in ducato la Se/Z/manm unita alla marca di Spagna;
Carlo il Calvo nell'SBi la divise in due marchesati, di Narbona che nel 918 cadde nella
casa di Tolosa, e di Barcellona che stendeasi dall'Aude all'Ebro. Nel 1083 ;i potenti vi-
sconti di Carcassona piegaronsi a far omaggio ai conti di Barcellona. Principali vassalli
di questi erano i conti di Roussillon, che spesso v'univano i contadi di Ampurias e di
Pierrelate; i contigli Ctrdagna colla capitale Puycerda, di Iksala al nord di Barcellona,
d'b'rgcl all'ovest di Puycerda.
Anche la Chiesa tenea posto ragguardevole nella gerarchia feudale. L'arcivescovo diFeucliec-
Reims avea titolo di conte nella sua città, e supremazia su' conti di Betel e i signori''®^'"''"
di Sedan, e possedeva Mouzun in allodio. Il vescovo di Auch partecipava alla signoria
della sua città col conte d'Armagnac, che gli dava omaggio e ricognizione, al par dei
migliori signori di Guascogna. A quel di Narbona spettava mezza questa città, e la su-
premazia sul visconte che amministrava l'altra metà.
Signori delle città vescovili e di parte del territorio con titolo di con!e e diritti regj
erano i vescovi di Chàlons-sur- Marne in Champagne; d'/lm/ms e Nuijon in Picardia;
à' Arras e Autun in Borgogna; di Quimper-Corentin, di Saint-Poi de Leon, di Treguier,
di Dol in Bretagna; di Lizieux in Normandia; di Cahors, di Rhodes, di Saintes, d' Uzés,
à'Agde, à'Oleron, di Conserans.
Il vescovo di lieauvais era conte di questa città, visdomino di Gerberoy, signore di
Bresle. A quel di Langres toccava la signoria temporale di tutta la sua diocesi e l'o-
maggio dei conti di Bar-sur-Seine e di Dijon, oltre quel dei conti di Champagne e dei
duchi di Borgogna per varj possessi. 11 vescovo di Troyes avea fra suoi vassalli sei ba-
roni, quatiro quel di Nevers, cinque quel à'Orleans^ tre quello ù'Angers; (|uello di
Auxerre tutti i beneficiati di sua diocesi, della quale era stato un pezzo signor tempo-
rale. Il vescovo d'Hvreux possedea in proprio quattro baronie; quel di Mende intito-
lavasi conte di t^evaudan ; quel del Pid/, conte. Ottocento minori feudi rilevavano dal
vescovo di Lodéve, signor temporale della sua città, conte di Montbrun ecc.; Mont-
pellier era alto signore di questa città, e proprietario di Aiais; quel di Tolosa teneva la
città di Lavaur; quel d'Angouléme, intitolato Barone del Piano, avea larghi diritti si-
gnorili e supremazia su molti grandi feudi della sua diocesi; quei di Nantes, Vannes,
Béziers partecipavano coi visconti alla signoria.
Nelle città di loro titolo aveano dominio parecchi abbati , oltre signorie particolari.
Quelli di San Ormano, Santa Genovieffa, San Vittore aveano ciascuno sotto il loro
censo un quartiere di Parigi.
§ 5. — Spagna.
Lentamente, ma di continuo i Cristiani allargavano i loro dominj, e toglievano for-
tezze e città agli Arabi. Ordogno 1 neil'8GI occupa Salamanca sul Tormés confluente
del Duero; sul corso inferiore di questo sta Lamego, presa da Alfonso 111 successore di
Ordogno (866), al par di Coimbra sul Mondego, e Viseu in mezzo ad esso; egli pure
fortificò tutta la linea del Duero, Zamora, Toro, Portogale alla sua imboccatura ecc.
Suo figlio Garzia (910), munendo Rueda, Coca, Osma all'oriente di Salamanca, assicurò
al regno d'Oviedo la valle tutta del Duero.
Le montagne fra la Vecchia e la Nuova Castiglia furono passate dai Cristiani a mezzo
il X secolo, che occupato Madrid, ebbero stanza nella valle del Iago, e continuo cor-
seggiarono fin alle porte di Toledo e di Lisbona, questa all'imboccatura del l'ago, quella
sull'alto suo corso. Ordogno 11 trasportò la sede da Oviedo a Leon, donde ebbe nome il
212 GEOGRAFIA — EPOCA DECIMA
regno, la cui fortuna fu restaurata dalla vittoria di Calatanazor (998) al nord-ovest di
Osnia, sulla dritta dell'alto Duero; e più quando nel 1037 le corone di Leon e Casliglia
furono unite nella persona di Ferdinando. Il Sid iinpadronivasi (109i) del regno di Va-
lenza sulle coste del Mediterraneo. 1 re mori di Saragozza sull'Ebro, Toledo sul Iago,
Cordova e Siviglia sul Guadalquivir, Badajoz sulla Guadiana, furono ridotti tributarj :
poi, preso Toledo, i Cristiani si trovarono padroni di tutta la valle dell'alto Iago.
Così la croce era rialzata su tutta la linea de' Pirenei, le valli del Miiìo e del Duero,
dell'Ebro e del Iago, cioè in mezzo alla penisola; la quale però restava divisa tra molti
principi. Ad oriente fra il Mediterraneo e la Segra, dominava il conte di Barcellona,
che nel 1088 conquistò larragona^ ma senza poter occupare Prades, Balaguer e Lerida
sulla sinistra dell'Ebro. I paesi uniti di Navarra e Aragona stendevansi fra la Segra,
l'Ebro e i Pirenei, eccettuato Fraga al sud-ovest di Lerida, e la parte del territorio di
Saragozza ch'è sulla sinistra d-ell'Ebro. Le provincie di Biscaglia ed Alava appartenevano
alla Navarra: quella di Ritija al sud dell'Alava e sulla destra dell'Ebro, al regno di Ca-
sliglia, il quale avea per confini all'est le montagne donde sorgono il Duero e il Iago,
al sud questo fiume. Alfonso VI (109o) diede il Portogallo a suo genero Enrico di Bor-
gogna.
^6. — Isole britanniche.
Irlanda Dalla metà del secolo vni i Danesi erano comparsi sulle coste d'Irlanda, poi si
piantarono allo sbocco de' fiumi grossi; sulla costa orientale a Dublino, che presto fu
■ rinomata per esteso commercio ; al sud-est a Waterford; al sud-ovest a'Limerik: onde
per le battaglie fra loro e i re paesani perì la coltura e la civiltà del paese.
L'isola di Man fra l'Irlanda e l'Inghilterra fu capo d'un regno, che per alcun tempo
abbracciò anche le Ebridi, Dublino e parte della Scozia; ma ben presto fu fatto a pezzi,
e reso tributario alla Norvegia,
Scozia I due regni de' Pitti e Scoti furono uniti nell' 838 sotto re Kenneth li; poi Malcolm I
(945-58) fu investito del Cumberland ; e la Scozia allargossi al sud-ovest fino alla
contea di Lancaster, mentre al sud est fermavasi al Tweed. Le città più importanti
erano già Edimburgo e Glascoiv. 11 re delle Isole, sotto la supremazia della Norvegia,
possedeva alcune isolette all'occidente e a settentrione.
Inghilterra 1 Danesi cominciarono fin dal 787 a corseggiare suWInghilterra; e neir832 già
si erano postati nell'isola di Thanet e in quella di Sheppey allo sbocco del Tamigi;
nell'Sol incendiarono le due città principali, Londra e Cantorbcry ; e crebbero tanto,
che Alfredo il Grande non si trovò, quando salse al trono (871), che il Wessex. Ma dopo
cinquanta battaglie ricuperò anche il Sussex, il Kent, la Merda. Edoardo sottomise
VEstanglia e VEssex tra la foce del Tamigi e il golfo di Boston ; rese tributarj i Gallesi.
Atelstano conquistò le isole Scilhj al sud-ovest della Cornovaglia. Finalmente sotto
Edredo (946-53) tutta l'Inghilterra, dal Tweed al capo di Cornovaglia, si trovò unita,
eccetto il Cumberland che apparteneva alla Scozia, e il paese di Galles solamente tri-
butario.
I pirati ricomparvero ben tosto, e tre re successivi regnarono a Londra (101-341) fin
quando fu di Normandia richiamalo Edoardo 111 il Confessore. Ma egli trovò il regno
diviso fra potenti signori, talché poca resistenza ebbe Guglielmo il Normando quando,
colla battaglia di Ilastings nel Sussex (1066), soggettò tutta la parte sud-est dell'Inghil-
terra; poi col prendere Exeter capitale del Devonshire, ebbe la Cornovaglia, infine
anche il centro e il nord. Sotto il successore di Guglielmo, fu tolto alla Scozia il Cum-
berland ; e Carlisle fortificata, fu antemurale dell'Inghilterra contro la Scozia, come lo
era, dall'altro lato delle montagne, Bam^ourou^/i nel Northumberland, al sud del Tweed.
11 paese di Galles fu più volte invaso, ma Guglielmo li dovette contentarsi di confi-
narne gli abitanti fra le loro montagne con una schiera di castelli affidati ai lord delle
marche.
SCANDINAVI, SLAVI E TARTARI 213
§ 7. — Scandinavi, Slavi e Tartari.
A). Fra gli Scandinavi all'uscire del ix secolo già l'unità monarchica erasi stabilita
nella Danimarca, Svezia e Norvegia, coi confini che poco variarono dipoi. I tre regni
La Danimarca comprendeva il Giutlancì, le isole Danesi, la Scania, e le due Pro-
vincie di Dlekinga e Halland. Città principali erano Slesirig e Aarhuus nel Giulland
orientale, Rippen sul lido opposto, U'iborg al nord nell'interno, Lunt e Dalhij nella
Scania, lioskild nell'isola di Seeland, residenza del re. Nel 1026 Corrado Salico e Canuto
il Grande convennero che l'Eider fosse confine tra la Danimarca e l'impero germanico,
onde un'antichissima iscrizione sulle porte di Rendshurg, città di confine, dice Eidori
romani termini imperii, e fu cancellata nel 1806 quando cadde l'impero.
La Si'ezta, al nord della Scania e all'est dei Dofrini, possedeva il Wermelatul al
nord-ovest del gran Iago Wener : ed erasi aggiunto parie della La p poni a , delle coste
occidentali della Finlandia e deW Estonia, colle isole ù'Oeland e Gottland. Sue città;
Linki'ìping fra il Welter e il mare, Eskilstuna al sud del lagoMelarn, Sigtuìm e Upsala
al nord di questo.
La Norvcg ia ahbracciava le coste occidentali della penisola scandinava e la provincia
di Bohus, ad occidente del Wenern. Città sue: Drontheim al nord, Bergen sulla costa
del sud-ovest, Opslo (Cristaniaj al sud-est.
Di là correvano a prede e scoperte lontane; e i pirati svedesi cercarono le terre ad Scoperte
oriente del Baltico; i Danesi le coste di Germania, Francia, Inghilterra; i Norvegi pe-
netrarono oltre il circolo polare, e di conserva coi Danesi predarono le coste europee,
formidabili col nome di Normanni. Stabilmente durarono nel nord dell'Inghilterra e
nelle isole. Occupata l'Irlanda, conquistarono pure la provincia di Caithness all'estremità
settentrionale della Scozia, la penisola di Cantire a occidente. Man, le Ebridi, le Or-
cadi, le Shetland, che costituirono il regno delle isole, sotto la sovranità della Norvegia.
Le Feroe al nord-ovest delle Shetland, e VI slanda {Sneelaìid) al nord-ovest delle
Feroe, furono scoperte verso r861 : verso il 982 trovarono il Groenland , grande
isola, che lo stretto di Davis separa dall'America settentrionale: poi al principio dell'xi
secolo la tempesta gittò un Irlandese sulla costa dell'America settentrionale, che
chiamò Vinland in grazia delle vigne salvatiche che vi trovò.
Colonie norvegie si trasportarono in quei paesi; e massime nell'Islanda i nobili, che
colà nella pace conservarono i costumi, le tradizioni e la religione scandinava, e creb-
bero sino a centomila in repubblica indipendente.
Anche sul mar glaciale s'avventurarono i Normanni, e voltato il capo Nord, penetra-
rono nel mar Bianco, e trafficarono coi Permiani (Samojedi) ; nel Baltico contrastarono
coi pirati della Finlandia e coi Barbari della Prussia. Queste piraterie si mutarono poi
in commercio, massime da che altri Scandinavi ebber fondato l'impero russo. Dai fiumi
di questo arrivavano nel Baltico le derrate d'Oriente e fin mercadanti arabi.
B). Gli Slavi, divisi in moltissime tribù, furono repressi ad occidente dai Franchi eSlaTì
dall'ordinamento militare della Germania sotto gl'imperatori sassoni; al sud da terribili
invasioni e prolungate, che tolsero loro la sinistra del Danubio e le rive del mar Nero.
Spinti dai Tedeschi di là dell'Oder e dagli Ungheri al nord dei monti Crapak, gli Slavi
costituirono due potenze.
a. La catena dei Crapak, che corre dal sud-est al nord ovest, da Brahilof nella Vala-
chia sin a Dresda nella Sassonia, separava le stanze certe degli Slavi dai paesi su cui
succedevansi le orde asiatiche degli Unni, Avari, Bulgari, ecc. Questi, girando attorno
all'estremità orientale della catena, penetrarono per la Moldavia nella valle inferiore del
Danubio, mentre gli Siavi all'opposta estremità popolavano la Boemia e la Moravia, e
calavano sin alle rive del Danubio, donde si diflusero nella Pannonia, nel Norico, n?l-
ruiiria, nella Mesia e nella Tracia, e rinnovarono la popolazione della Grecia. Nel 659 i
Serbi occuparono la parte del sud-est della Pannonia (Bosnia), e la Mesia superiore
(Servia), e parte della Dalmazia, di cui il restante apparteneva agli Slavi Corwati, cioè
la parte fra il Kulp e laSavaal nord, il Verbas all'est, la Cettina al sud , che oggi dicesi
Croazia. Altri Slavi si trovano sullo Striraone, intorno a Tessalonica, nella Mesia e nella
214 GEOGRAFfA — EPOCA DÈCIMA
Macedonia, donde si diffusero su tutto il Peloponneso ed altri in Asia, ove ducentomila
piantaroQsi nella Bitinia il 7o8. Le conquiste dei Franchi nell'viii secolo, e nel ix l'ir-
ruzione degli Ungheri nella valle del Danubio, arrestarono le migrazioni degli Slavi di
là dei Crapak; e le colonie loro sulla destra del Danubio perdettero l'indipendenza.
Gli Slavi di Carintia e i Croati si assoggettarono alla supremazia di Carlo Magno ;
quelli della Bosnia e della Servia agl'imperatori bisantini. Ma la dipendenza era incerta
e mutabile, tanto che nell'xi secolo i Serbi ebbero un re che sedeva a Scodra, e regnava
sul paese compreso tra il Serbas, la Cettina e l'Adriatico all'ovest, la Sava al nord, la
Morava all'est, la Bojana al sud. Il capo dei Croati nel 970 prese il titolo di re; ma
poi gli Ungheri conquistarono quel regno (1091-1 102j, salvo i paesi montani e i ma-
rittimi.
Della Mo- b. In questo tempo gli Slavi sulle frontiere orientali della Germania esercitarono
rayia, Boe- spesso le armi degl'imperatori tedeschi. Sulla gran linea che occupavano tra il Baltico
mia, ecc. ^j j| [ja,^y|,jo^ furono costretti cedere nel centro le marche dell'est e del nord-, ma agli
estremi fondarono due Stati potenti. Uno comprese per alcun tempo la Moravia, la
Boemia e la Pannonia; ma Arnolfo ben presto la sconciò. L'altro si formò nell'xr secolo
•fra la Bilie, l'Elda e la Peene, col nome di regno di Slavonia, abbracciando il paese
degli Obotrili, la cui capitale Ikric fu detta Miktinburg, cioè la gran città; il paese dei
Polabi sull'Elba; la Wagria all'est dell'Holstein, con Starigard, che i Tedeschi chiama-
rono Altenburg (Oldenburg) o città vecchia; infine il paese de' Uedariani, la cui capitale
R'^thra era santuario venerato dagli Slavi. Sembra v'appartenessero anche i Pomerani o
popoli marittimi fra l'Oder e la Vistola.
fra roder c 11 paese dei teschi, che nell'xi secolo fu detto Polonia, cioè quant'è fra la Vi-
e l'Ural gtola all'est, la Nelze al nord, i Crapak al sud, il Bober all'ovest, fu nelI'SiS unito sotto
un solo duca. Questi duchi, cercando sottrarsi al vassallaggio dell'Impero, conquistarono
la Pomerania orientale, a ponente della Vistola; la Masovia fra il Bug, la Vistola e la
Prussia ; e al sud-est spinsero le frontiere sin ai confini delle provincie russe di Ilalitsch
e di Vladimir (Galli/ia e Lodomiria}. Città principali: nella Pomerania polacca Danzica
presso la foce della Vistola ; in Polonia Grudek, Vladislaiv, Sandomir, Cracovia su per
quel fiume; Krmwicz residenza di Piast, e Gnesne sede del metropolita di Polonia,
ambe fra la Warta e la Vistola ; Glogau e Breslau sull'Oder nella Slesia. Hestavano indi-
pendenti i Prussi fra la Vistola e il Memen, e i Lituani fra questo e la Ovina.
Rumi Ai moltissimi popoli tra cui era spartita la pianura fra il Bug e l'Uras, diedero unità
politica gli Scandinavi. Il normanno Hurik verso l'SBO sottomise Novogorod sul lago
d'ilmen, Polotsk sulla Dvina, Itostow e Murom sull'Oka ; Smolensho^ LinbeUch e Kiof
sul Dnieper furono conquistate da suo figlio Igor. Sviatoslaf e Vladimiro il Grande
(945-1015) dilatarono il nuovo impero all'ovest sino al Bug e al San, tributar] della
Vistola: al sud fin sopra le cascate del Dnieper e al Caucaso; all'est sin al Volga; al
nord fin al lago di Laduga. I paesi però bagnati dal Donetz e dal Don presto furono
occupati dai Comani e dagli Uzi, cui confine all'est diventò la Zna, affluente deli'Oka.
Ma già altri principi Vareghi, fomentando le antiche gelosie delle tribù slave, avevano
fermato varj principati, sicché al gran principe di Kiof non restava che l'ombra del
potere: Novogorod conservava l'ordinamento a popolo, e le serviva di porto Aldeiguburg
sul golfo di Finlandia. Ciò doveva agevolare le conquiste de' Mongoli.
Tartari ^'- ^^ ''''^'^ asiatiche, che dopo Attila continuavano a versarsi sull'Europa, vi giun-
gevano traverso la Russia meridionale, lungo il mar Nero e il Danubio; e non potendo
penetrare nella Germania e nell'Italia fermavansi ne' paesi meridionali degli Slavi, im-
pedendo che questi s'assodassero.
a). Primi vennero i Bulgari dalle rive del Volga, ove presso Kazan mostransi ancora
gli avanzi della loro ca[)itale. Sottomessi gli Slavi sul basso Danubio, al principio del
[Avarivi secolo invasero più volte la Tracia. Ma gli Avari ^ che nel 557 apparvero in riva al
Don, domarono i lUilgari e gli Anti ; e traverso la Moravia e la Boemia penetrarono fin
nella Turingia (5051, abbatterono il regno de'Gepidi, e occuparono la Pannonia abban-
donata dai Longobardi ; colle correrie resero deserta l'Illiria, e spesso assalsero Costan-
tinopoli ; poi conquistarono la Dalmazia (605), salvo le città marittime, assalsero il Friuli
(610), e minacciarono l'Italia.
Allora stendeano essi l'impero dall'Ens e dall'UnstruU fin oltre il Tanai, ed ai paesi
SCANDINAVI , SLAVI E TARTARI 'tiK
che separano le acque pioventi nel mar Baltico e Bianco, da quelle che scendono al mar
Nero, eccettuate le regioni del Dniepcr superiore. Tosto i Venedi della Carintiae della
Boemia, e i Serbi della Turingia orientale si sollevarono (030); poi i Bulgari sul Don:
onde gli Avari rimasero stretti nella Dacia, Moravia e Pannonia, finché essendosi alleati
con Tassilone duca di Baviera, Carlo Magno prese i loro accampamenti, e recò il suo
impero fin oltre il Theiss (799).
6). Di là del Theiss sorgeva il nuovo regno dei Bulgari, che resisi indipendenti (634), Bulgari
si dispersero ; e parte sulle due rive del Don caddero in balia dei Cazari, parte tornarono
nella Dacia e nella dominazione degli Avari, parte, varcato il Danubio, domarono i Serbi
della Mesia, e costrinsero l'imperatore d'Oriente a cedere il paese fra il Danubio e l'Emo
(679). Nel 71-4 fu aggiunta a (]uesto regno porzione della Tracia ; poi la rivolta de' Bul-
gari nella Dacia lo allargò al nord fin ai monti Crapak. Nel ix secolo furono respinti
sulla destra del Danubio, ove lungo tempo minacciarono l'impero bisantino, cui occu-
parono l'Epiro, la Tessaglia, laServia, le due Mesie, parte della Macedonia e della Tracia;
e avevano per capitale Acride, sulle frontiere della Macedonia e dell'Epiro. Alfine, dopo
trentasette anni di guerra, furono sottomessi dall'imperator greco Basilio li (1018) -, ed
ora il loro nome rimane solo a una provincia al sud del Danubio.
e. Entrante il vii secolo, i Cazari, nemici dei Persiani, poi degli Arabi, occupavano Cazari
i paesi al nord-ovest del Caspio, donde correano fin di là dal Caucaso. Nel 679 doma-
rono i Bulgari del Don e gli Ungheri del Volga, che allora varcarono nella Lebedia
(L'krania; ; poi stesero l'impero col sottometterei Poleni verso Kiof, i Badimizi e iViatizi
al nord e nord-est de' predetti 5 sicché arrivava all'est fin di là dal Bug, al nord sin alle
fonti del Volga. Ma la rivolta degli Ungheri, l'arrivo de' Pecinechi, de'Comani, e degli
Uzi, e l'ingrandirsi dei Russi ebbero ridotto i Cazari alla sola Crimea. Loro città: Ba-
langiar 0 Atei alla foce del Volga, Tanai celebre per commercio, Sarkes fortezza co-
struita per essi da ingegneri greci in riva al Don.
d. Gli Ungheri 0 Magiari, che lunga stagione erano abitati tra i Finni, scesero lungo t-'ugh
l'Ural, e all'viii secolo accostaronsi al Don e alla palude Meotide. 1 Cazari si traspor-
tarono nella Lebedia all'occidente del Don superiore, donde furono cacciati dai Peci-
nechi (888); allora si assisero parte nei Crapak orientali a Munkaz Ungtoar, ecc., parte
sul Danubio inferiore. Altri costretti dai Pecinechi a ritirarsi verso occidente, risalirono
il Danubio nella Dacia, abbatterono il regno dei Moravi (908), e presero al nord del
Danubio i paesi fra la Morava e il Gran, e al sud l'antica Pannonia.
Quindi spinsero le corse per l'Italia, la Germania meridionale, la Francia, e sin là dai
Pirenei ; ma le vittorie di Enrico l'Uccellatore e di Ottone il Grande li rinchiusero nelle
Provincie che preser nome da loro, e cui confini furono: al nord i Crapak: all'est la
Moravia e le marche di Baviera e Carintia ; al sud la Mur, la Brava, il Danubio, fin al
suo confluente coll'Alt, che separa la Transilvania dalla Valachia; all'Alt non arrivò se
non quando Stefano I ebbe conquistato l'Ungheria Nera (1002); poi (1079) l'occupazione
del Sirmio e della Slavonia fra la Sava inferiore e la Drava, aperse a Ladislao I la Croazia,
conquistata al fine dell'xi secolo, tranne le città rimaste ai Veneziani. Città principali:
Presburgo, Gran, Buda sul Danubio, Alba Reale al sud-ovest di Buda, Pecks 0 Cinque
c/i/ese al sud di Alba Beale.
D'allora la Pannonia, il paese degli Jazigi e la Dacia furono salve da nuove invasioni,
e i Crapak segnarono il limite alle orde asiatiche, tumultuanti in riva al mar Nero,
e. 1 Pecinechi verso r83i aveano tolto ai Cazari la parte orientale del vasto loro ter- Peciuechi
ritorio. Mezzo secolo dipoi, cacciati dagli Uzi dalle rive del Don, respinsero gli Ungheri
fra i monti Crapak, e si stesero traverso la Russia meridionale e le moderne provincie
di Moldavia e Valachia, dal paese del Don sin a Orsowa sul Danubio. Solo dopo il 1070
gli Ungheri sottoposero il paese fra l'Orsovva e l'Alt: allora le reliquie dei Pecinechi
migrarono nella Bulgaria greca, dove furono sottomessi.
f. Gli Uzi e i Cumani, che già padroneggiarono le regioni fra il Volga e il Tanai, a Uzì e
mezzo l'xi secolo occuparono il paese già posseduto dai Pecinechi dal Don all'Alt. Comam
Adunque sulle rive del Danubio erano passati fin nove popoli diversi: Goti, Unni,
Gepidi, Avari, Bulgari, Ungheri, Pecinechi, Uzi, Comani; aggiungete i coloni romani
anticamente trasportati da Trajano nella Dacia, e avrete la ragione della gran varietà fra
quel popolo.
216 GEOGRAI lA — ErOCA DÈCIMA
^8. — ' Smembramento dell'impero arabo.
L'impero Arabo, cominciato coli'unità, si scompose anch'esso al pari dei regni de'
Barbari, e ne vennero tre califTati : degli Abbassidi che regnarono sull'Asia e l'Africa sino
al 909, poi sull'Asia sola fin al 1258; dei Fatimiti nella Siria ed Africa dopo il 909;
degli Ommiadi signoreggianti nella Spagna e talvolta nell'Africa occidentale [Magreb).
Califfi 1. Del califfato degli Abbassidi consuete divisioni amministrative erano: a. Ad occi-
albassidi jgj^^g Y £gillQ cqU^ Cirenaica, la Palestina e la Siria di Damasco, b. Al nord-ovest la
Mesopotamia colla Siria di Aleppo. e. Al nord V Aderbigwn coU'Armenia e regioni cau-
casee. d. Al nord-nord est V Ìrak-Agemi col Tabaristan e il Giorgìan al nord di quello,
e. Al centro V frak-Arabi colle due città sante di Medina e della Mecca, f. Al sud-ovest
l'Yemen con gran parte dell'Arabia meridionale, g. Al sud-est il Farsistan col Kuzislan
all'ovest, il Lorestan al sud, il Kerman all'est, h. Al nord-est il Corassan col Mazan-
deran sulle coste meridionali del Caspio all'ovest, al nord il Karism e la Transoxiana,
al sud il Segestan.
La lontananza ed estensione di questi governi fece potenti gli emiri a segno, che ben
presto si resero indipendenti, e ridotto il califfo a sommo pontefice, varie dinastie si
stabilirono: in Egitto e Siria i Tulonidi nell'868, poi nel 905 gli Iksiditi^ da ultimo i
Fatimiti. Gli Amadanidi possedevano il Gezireh e il nord-est della Siria, cioè Mossul e
Aleppo.
1 Pagraditi ricuperarono l'indipendenza nell'Armonia, e un di loro, sovrano dei
principi ed emiri dell'Armenia, della Georgia, dell'Albania, assunse il titolo di re dei
re. I Dilemiti regnavano nel Giorgian e nel Tabaristan. I Bovidi nell'Irak-Agemi , nel
Kuzistan, nel Farsistan e nel Kerman: e come emiri al-omra dominavano a Bagdad e
sopra rirak-Arabi. Gli Zijatidi governavano l'Yemen. 1 Samaridi le provincie orientali,
Mazanderan, Corassan. Il Segestan, vasto paese di molti deserti, ebbe principi Soffaridi,
ora vassalli, ora indipendenti dalle varie dinastie; finché nel 1544 fu annesso alla
Persia.
I Samunidi^ più potenti degli altri, signori di quant'è fra l'Indo e il Tigri, sovrani
per alcun tempo anche de' Bovidi della Persia, e i cui sudditi andavano a trafficare fin
sul Baltico, parca dovessero raccorre tutta l'eredità dei califfi quando gli abbatterono i
Turchi Gaznevidi. Questi (detti da Gazna nel regno di Cabul) sulle rovine di essi fon-
darono un impero, che la spada di Mahmud (997-1028) dilatò dal Tigri fin all'Indo.
Ma le orde turche, ritenute dagli Arabi, poi da Mahmud di là dal Sihun, vennero a
sostenere gli emiri rivoltosi, e in compenso occuparono le contrade al nord del Gihun.
I Selgiucidi, più degli altri potenti, penetrarono nel Corassan, respinsero i Gaznevidi di
là dall'indo, e sotto Malek scià [Gelaleddino] dominarono dal Caucaso e dal Sihun fino
all'Yemen, dal Mediterraneo fin alla Cina, sulle cui frontiere ebbero tributario il re di
Casgar. Tosto però i principati indipendenti ripullularono, e i successori di lui (1093)
furono nulla più che capi mal rispettati di potenti vassalli.
ratimiii IL In Africa s'erano stabilite varie dinastie. Edris alide, rifuggito nel Magreb, si fece
proclamare iman a Velili (789), al nord-est della quale suo figlio fabbricò Fez, e dominò
sopra Tanger, Centa, Tlemecen^ Algeri, cioè tutta l'antica Mauritania. Il governatore di
Cairoan non tardò a rendersi indipendente nell'antica Numidia, nell'Africa propria e
nella Tripolitana, e i successori suoi s'allargarono fino a Gran; al nord occuparono le
grandi isole del Mediterraneo, Sicilia, Corsica, Sardegna, Malta, devastando le coste
d'Italia.
1 Fatimiti sottoposero questi varj principi, e sedettero fin al 690 a Mahdia, città fab-
bricata sopra l'antico Afrodisio, in un'isola 30 leghe al sud di Tunisi, Allora, conqui-
stato l'Egitto fondarono presso Fostat la città del Cairo cioè della vittoria, capitale del
loro califfato in Africa. AII'Kgitto aggiunsero ben presto la Siria, ma intanto nell'Africa
occidentale ne usurpavano i dominj gli Zeridi nel Magreb (979); gli Amadidi in Bugia
all'est d'Algeri (997); i Sanagidi o Badisidi di là dove ora sono Algeri e Tunisi (972):
poi anche la Siria era tolta ai Fatimiti, sebbene agli Orkiadi ritogliessero la Palestina e
Gerusalemme (1096).
SMEMBRAMENTO DELL'iMPERO ARABO 217
111. Il califfato omraiade di Cordova (7S6) emulo di quel di Bagdad, copriva la Spagna Ommiadl
de'monumenti d'arti e di scienze. Di Spagna Abd ei-Haman il Grande si spinse venti
volte negli Stati cristiani, ebbe alleati gl'imperatori di Costantinopoli e di Germania.
Sotto di lui (-788) gli Arabi spagnuoli dominavano Ceufa, Tanger, Fez, e tutto il Ma-
greb'ìn Africa, di là da' Pirenei Tolosa; pirateggiavano la Provenza -, e piantavansi anche
tra le Alpi da Nizza marittima fin a San Maurizio nel Valese.
Ma varj d'origine e di setta, non si tennero in pace, e i governatori di vaste e ricche
Provincie ambirono l'indipendenza, onde quel califfato andò a pezzi (1010-1031. Gio-
vandosene i Cristiani occupavano già metà della penisola, restringendo i Musulmani al
sud del Iago e dell'Ebro, dove anche il Sid conquistò Valenza. Quivi erano spartiti in
molti regni, cioè : a. Al nord Huesca fra l'Ebro e i Pirenei ; Lerida sul Segro ; Saragozza
e Tortosa sull'Ebro. 6. All'est Denta, Marcia, Cartagena, Almeria, Algezira lungo il
Mediterraneo; Oriuela poco discosto da Alicante fra Murcia e Denia, in un piano deno-
minato il giardino di Spagna; Jaen all'est di Cordova, e. AI sud Siviglia sul Guadal-
quivir; Granata al sud di Jaen ; Xeres all'est di Cadice, d. All'ovest Badajoz sulla Cua-
diana; Lisbona alia foce del Tago; ed altre Provincie, i cui governatori s'erano eretti
re. Anche le Baleari avevano principe proprio.
Perciò sarebbero presto soccombuti se non avesser ricevuto rinforzi dall'Africa: cosi
gli Almoravidi, venuti di là nel 1086, ridestarono l'entusiasmo religioso e guerresco
de' Musulmani, e posero a gran punto i regni di Leon e Castiglia.
In Sicilia entrarono i Saracini d'Africa (Aglabiti) neir827; nelI'SSl presero Messina,
l'anno seguente Palermo, nelI'SiS Motia, nel successivo Lentini , Agrigento nell'858,
nell'878 Siracusa e Taormina; distrussero Siracusa, e posero capitale Palermo. Divisero
il paese in tre valli: vai di Mazara all'occidente, vai di Demona al nord-est attorno
all'Etna, vai di Noto al sud-est.
£POCIlJE XI £ XII
DAL 1096 AL iÓOO D. C.
Il mondo civile sta diviso tra l'islam e la cristianità, l'uno all'altra nemici, e cercanti
di reciprocamente distruggersi. Onde prevenire il colpo, ma diretta non tanto da ra-
gionamenti, quanto da quel senso popolare di opportunità che rado s'inganna, l'Europa
s'armò nelle crociate, e precipilossi sull'Asia. 11 cozzo cui vennero allora i nostri col
popol misto d'Asia e d'Arabia, preparò il nodo che le sparse genti d'Europa raccolse in
unità di credenze e d'interessi.
$ ì. — I Musulmani e ì regni turchi.
Africa. Nella Mauritania signoreggiano gli Almoravidi o Morabeth , che poi inva-
sero la Spagna; nella Bizacene, Zeugitana, Numidia (or reggenze di Algeri e TunisiJ i
Badìsidi, che dominarono Malta, Sicilia, Corsica, Sardegna ; in Egitto i Fatimiti, signori
della Cirenaica e della Palestina.
Asia. La più potente signoria è quella de' Seìgiucidi , che, al tempo della prima
crociata, teneano la più parte dell'Asia occidentale, e anch'essi eransi spezzati in cin-
que dinastie, le quali dominavano dall'Arcipelago fin ai monti Belortagh, e dai confini
dell'Arabia settentrionale fin al Caucaso.
A). Superiore alle altre riguardavasi la suitnnia di Persia: in Bagdad risedeva un
califfo, capo dell'islam soltanto di nome, giacché l'autorità sacerdotale gli era dispulata
dai Fatimiti e dall'eretico Assan-ben-Sabab, e la politica dalle nuove signorie piantatesi
attorno a lui. Le città di Rei, Amadan, Ispaan, Marv-ciagian furono ad ora ad ora re-
sidenza di sultani selgiucidi. Al centro di questa sultania , nelle montagne di Dema-
vend, s'era stabilita la setta degli Assassini o Ismaelidi, il cui capo (Vecchio della Mon-
tagna) sedeva nel castello di Almout presso Casbin.
li). La sultania di Kerman abbracciava la più gran parte del Farsistan , il Laristan
e il Kerman. Gli abitanti di Ormuz, vinti dai Selgiucidi, lasciarono il continente, e sulla
vicina isola fabbricarono la nuova Ormuz , venuta ben presto in gran prosperità di
commercio.
C). La sultania di Rum (Iconio) avea tolto all'impero greco tutti i possessi asiatici,
salvo le isole, alcune fortezze sulla costa occidentale e parte della costa meridio-
nale del mar Pontico, ove erano rimaste greche le città di Sinope e Trebizonda. Così
allargavasi da Laodicea di Siria fin al Bosforo di Tracia, e dalle fonti dell'Eufrate sia
all'Arcipelago. Capitale Nicea. Smirne e il piccolo suo territorio formavano uno Stato
turco tributario del sultano.
D). La sultania di Aleppo, tra le due precedenti, e
E). Quella di Damasco, stesa dall'Eufrate al Mediterraneo, con Damasco ed Emesa.
Questi Stati, in guerra fra sé e dentro di sé, mutavano ogni tratto forma ed esten-
sione. I tre figli di Melek-scià dopo lunga contesa spartironsi l'impero (1105), sicché il
più giovane sortì il Cora^san ; il secondo V Aderbi gian colla sovranità sopra l'Armenia,
il Diarbek e la Siria; il primogenito il resto. Nel 1094 Tutusc avea unito Damasco,
Aleppo, il Gezireh, l'Aderbigian : ma disfatto, non lasciò ai figli che le due sultanie di
Siria. L'emir d'Antiochia occupò Edessa. I principi ortocidi possedevano Diarbek, Mar-
din, Mcjafarekin, e anche Gerusalenvne.
Lo Stato ortocidedi Gerusalemme, confinante al nord colla soldania di Damasco, al
sud colle possessioni asiatiche dei Fatimiti d'Egitto, chiudea Gerusalemme e Ramla.
Nel 1096 l^u ripreso dai Fatimiti.
Nell'Armenia signoreggiavano tuttora i Pagratidi.
TERRASANTA 219
§ 2. — Terrasanta.
La Sìria è una vasta regione, confinante a oriente coIl'Eiifrate, a ponente col Me-
diterraneo, a tramontana con la Cilicia, e a mezzodì con l'Arabia , il mar Rosso e l'K-
gitto. In due 'a dividono l'alte montagne del Libano, dell'Antilibano e del Carmelo.
Nella parte orientale e mediterranea regnavano i re o soldani di Aleppo, di Mossul e di
Damasco, tribntarj al gran soldano di Persia: nell'occidentale o marittima dominavano
confusamente Turchi, Saracini, Egiziani. I pellegrini, seguitando la pronunzia de' Greci
orientali, chiamavano questa lunghissima costiera Sorìa. Essa facea quattro provincie:
la Celenria dalle montagne della Cilicia fino a Gibello; la Fenicia fino a Caifa; la Pa-
lestina 0 Terrasanta fino ad Assodi; e l'antico paese de' Filistei fin al distretto di Gaza,
ultima città di Soria, verso l'Egitto.
Antiochia « occhio di Siria, |)erla d'Oriente» giace nella Celesiria, e i Greci l'aveano Antiochia
intitolata regina d'Oriente e Tetrapoli, cioè raccolta di quattro città. Ma per guerrieri
devoti le memorie più preziose erano, che ivi san Pietro pose la prima sua sedia, e che
i seguaci del vangelo si chiamarono quivi la prima volta Cristiani. Ila due cerchie di
mura estese 9 miglia, e una fortissima cittadella. Alte montagne, ma così incurvate che
rassomigliano a fertili colli, la dominano dentro, fuori, intorno, salvo dalla parte volta
a libeccio, ove mutando direzione, s'inoltra l'Oronte, e trascorrendo placidamente al
mare, divide per mezzo un amenissimo piano di 40 e più miglia. I Greci ritolta l'a-
veano a' Fatimili d'Egitto, e i Turchi Selgiiicidi ai Greci. L'emir Baghisian comandava
la guarnigione maomettana di settemila cavalli e ventimila fanti; il resto della popola-
zione era un misto di Siri, Armeni, Arabi, Egiziani e Greci , che fra tutti sommavano
a duecentomila persone.
Il Musulmano va in pellegrinaggio alla Mecca, a Medina, a Damasco, a Gerusalemme; Gerusa-
l'Ebreo a Gerusalemme, Tiberiade, Sufed ed Ebron; il Cristiano a Betlem, Nazaret, Gè- lemme
rusalemme, Roma: sicché in Gerusalemme come nel suolo comune s'incontrano i sen-
tieri delle divote pellegrinazioni del Musulmano, dell'Ebreo e del Cristiano. Gli Ebrei la
chiamano Salem, cioè la città della pace ; gli Arabi Cod, vale a dire la santa. Era stata
distrutta da Tito; Adriano ne disperse gli abitanti, vi piantò gl'idoli pagani, ed in parte
ricolmò le tre valli attorno alla città , sicché men diffìcile era accostarla, massime dal
nord. Fu tra le prime conquiste dei Musulmani, che a vicenda tolleranti e persecutori,
faceano pesare il loro giogo sopra i Cristiani che vi abitavano, e i molti più che anda-
vano a visitarla.
Novant'anni prima della conquista de' Crociati , nella fiera persecuzione di Ilakem
Bamrillah, furono distrutti il santo Sepolcro e il tempietto della rupe del Sacrifizio sul
Moria. Ai califfi egiziani fu tolta Gerusalemme dai Selgiucidi , che molestando i pelle-
grini cristiani diedero impulso alla prima crociata. I calilfì la ritolsero quando l'eser-
cito di Kerboga fu sconfitto dai Crociati innanzi ad Antiochia: poi i Crociati la con-
quistarono (1099), ma dopo ottantanove anni Saladino la rioccupava.
Di città così importante e visitata da miglinja di pellegrini e viaggiatori, è strano che
finora non si possieda un piano esatto del ricinto e dei contorni. Ducent'anni fa Des-
hayes ne diede uno, che finora è il migliore, ma non sapeasi allora per anco rappre-
sentar esatto coll'incisione le disuguaglianze del terreno. D'Anville lo riprodusse tal
quale nella dotta sua Dissertazione sull'estensione dell'antica Gerusalemme (ìlil) e nella
carta di Palestina: lo riprodusse pure Michaud nella Storia delle Crociate, sulla scala
di 1 : 20,000. Nella carta della Palestina, data da Krause a Magdeburgo il i83.^, c'è un
piano di Gerusalemme; ed uno molto circostanziato pubblicarono alcuni ecclesiastici
greci; altri ne sono nelle opere di Sbaw, Pococke, Muriti, Clarke, Scliolz, Buckingam,
ma i più informi, e tanto diversi da quel di Deshayes, da togliere ogni fiducia. Eppure
quest'ultimo differisce dai precedenti scrittori, e da ciò che essi ci dicono della dire-
zione delle profonde lavine che da tre lati cingono la città; appena segnata è la valle
del Siloe tra il monte Sion, l'Aera e il Moria; confusa l'estremità settentrionale della
valle di Efraim a pie del Golgota ecc.
220 GEOGRAFU — EPOCA UNDECIMA É DUODÈCIMA
Sotto un arido ciel, morto, che infonde
Una tristezza al cor grave, affannosa;
Fra squallide montagne , erte, infeconde;
In una terra sterile e inacquosa
Siede Gerusalemme-, e le profonde
Piaghe ancor mostra della salda, annosa
Ira, che ogni regal lustro ne ha spento,
E la pietà vi spira e lo spavento.
Par che le rupi intorno e le caverne
Rispondan lamentando tuttavia
Al gemito che fea sulle materne
Mura un di l'atterrito Geremia:
Il pellegrin commosso ancor discerne
L'antro ove il mesto a profetar venia ,
Ancor l'altura addita, onde la rea
Città mirando, il iXazaren piangea.
Sovra due colli povera si stende
Di quadrati ahituri edificata:
De' minareti a loco a loco splende
Qualche aguglietta a hei color screziata;
Ma su tutte gigante in alto scende
Di gran mole una cupola lunata,
Che d'oro sfolgorante a' rai del giorno
Par che insulti ai tuguri che ha d'intorno.
Dell'araho Profeta è la moschea,
La qual vasta torreggia all'oriente
Sul terren dove il tempio un dì sorgea
Che votò Salomone al Dio vivente'.
Qui di Giosafat s'apre la vallea
Entro cui scorre al verno ampio torrente
Il Cedron, devolvendo i misti rivi
Che versa il Moria e il colle degli Olivi.
Aspra difende alla città le spalle
In ver meriggio di Sion l'altura;
All'occaso il dirupo d'una valle
D'ogni approccio guerresco l'assecura;
Ma dolcemente per agevol calle
Dal lato horeal vassi alle mura
Ivi più alte e sode, e da quadrate
Spesse torri e da macchine guardate,
GKossr,
Gerusalemme sta dunque sovra due monti separati da una valle; sul meridionale e
più alto, chiamato Sion, la superiore; nel settentrionale e più basso (Aera) la inferiore,
dalla parte orientale dell'Aera spiccasi il Moria; il Golgota dall'occidentale. Sul Sion,
chiamato fin da Davide la cittadella cagione della sua fortezza, sorgeva il castello d'E-
rode; sul Moria, il tempio di Salomone ; poi sulle fondamenta di questo la moschea di
Aksa. A levante il Moria dirupasi nella valle percorsa dal Cedron, di là dal quale sor-
gono due monti, l'Oliveto e quel dello Scandalo, su cui è fama che Salomone sacrifi-
casse a Moloch. Al pie meridionale del Moria scaturisce il Siloe, la più rinomata delle
sette fonti di Gerusalemme, che sono quelle di Betsabea, di Neemia, d'Ezechia, della
beata Vergine, il Gihon e il Cedron. Il Gihon, omonimo del terzo fiume dell'Eden,
scorre tra i due stagni che si nomano da esso ; percorre la valle occidentale nella parte
esteriore della città, poi valle meridionale di Inom, detta dagli Arabi valle dell'inferno,
sul cui fianco drillo stendonsi rupi sepolcrali, che portano la greca iscrizione della
santa Sionne.
•Tra i sepolcri di Gerusalemme, dopo quello di Cristo sul Golgota e di Maria nell'orto
di Getsemani, distinguonsi quelli di Giosafat, di David, di Zaccaria e di Assalonne. 11
TERRASANTA 221
pellegrino visita ì primi cinque; il Musulmano scaglia pietre contro quello di Assa-
lonne, figlio disubbidiente. 11 pellegrino visita pure le selle grolle del sudor di Siinguo,
di Cristo, di Lazzaro, degli Apostoli, di Geremia dov'è fuma che questi abbia scritto i
suoi Treni^ del signore Gesù nella moschea Aksa, e quella della valle di Inom.
L'antico muro che circondava Gerusalemme fu distrutto da Tito; il presente fu in-
nalzato da Solimano 1 neliSoi. Di quello ond'era cintala citliì al tempo delle crociate,
non altro conservossi che il nome d'alcune torri sopra la loro rovina, come (juelle di
Antonio e di Marianna, d'Ippico Fasaelo Psefico, di Kisto, del Galileo, dove, nel mo-
mento dell'ascensione, furon veduti due uomini bianco-vestiti.
Esdra vi contava otto porle nella cinta fatta da Neemia, ma non si potrebbero deter-
minare. Quelle del recinto di Solimano erano: a. la porta di Giafa o di Betlemme;
fìab el-Kalil ; Bah el-Milarab; b. di Sion o di David; e. de' Mograbini ; d. dorata, già
porta delle tribù, forse la più vetusta, e doppia come solcasi negli antichissimi tempi;
sotto i re latini aprivasi solo per la processione della domenica delle palme; i Musul-
mani la fecero murare; e. d'oro, diversa dalla precedente; f. di Cedar o di Giosafat;
g. antica di santo Stefano al nord ; h. d'Erode o dei Turcomani ; i. di Damasco e d'E-
fraira ad ovest.
Più sante sono pel Musulmano le orme impresse dal Profeta quando fece la sua not-
turna ascensione al cielo ; la stanza di Chisr custode della fonte vitale, il trono del
signore Gesù, la capanna sotterranea di Salomone, il suo trono, il tempietto dell'ascen-
sione del Profeta, il luogo dove fu legato il Borak (cherubino dell'islam) per l'ascen-
sione al cielo, il tempietto della rupe Sacbara, sulla quale Abramo volle immolare suo
figlio al Signore.
La moschea Aksa, degna di particolar descrizione non men di quella degli Ommiadi
in Damasco, è un quadrilungo di 273 metri sopra 470 da tramontana a mezzodì, e
verso oriente le sorge incontro il monte Oliveto. La pietra del sacrifizio di Abramo, e
l'oratorio di Davide sono i due luoghi più santi di questo santuario dell'islam. La vera
Aksa si stende per 60 metri in lunghezza da nord al sud, per 46 in larghezza da ovest
ad est. In lunghezza è divisa da quarantasette colonne in selle gallerie, cui corrispon-
dono nella parte settentrionale selle porte, di cui la mezzana è di bronzo: la parte orien-
tale dove orano gli uomini, chiamasi di preferenza la moschea d'Omar; l'occidentale,
moschea delle donne.
Il grande altare nella parte meridionale della moschea d'Omar passa per l'Altare di
Davide, sebbene alcuni tengono per tale un'altra nicchia fuori della moschea, vicino
alla culla di Gesù. Allato sorge il pulpito, al quale è contigua una cappella circon-
dala da un cancello di ferro, che si appella l'angolo della circoncisione. Il pulpito
d'ebano e d'avorio onde Nureddin il Giusto aveva ornalo la gran moschea di Aleppo,
fu, dopo la conquista, tras|)ortalo a Gerusalemme da Saladino. Al lato occidentale
di esso è la casa dei predicatori, dove nel venerdì si recita la preghiera del prin-
cipe regnante. Rimpetto all'aitar maggiore, dal lato della porla grande è il pozzo
della foglia, santificalo dalla leggenda di Maometto: per mezzo del quale al tempo di
Omar è fama che un Arabo sia salito al paradiso, e n'abbia al suo ritorno descritto
le meraviglie.
Fuori dal recinto della moschea di Omar havvene un'altra più piccola, edificata
dallo stesso, e chiamata la moschea dei Magrebi, cioè dei Maurilani, i quali nella con-
quista di Gerusalemme si segnalaroao, e furono primi tra gli assalitori. Dal lato set-
tentrionale sono i quartieri di Esdra e di Zaccaria; dall'orientale la culla di Gesù e
il mercato della scienza, non lungi dalla porta del pentimento.
Tutto il gran recinto ha sette porte verso ponente, tre a tramontana , due murale a
levante, e nessuna a mezzodì. Nel mezzo del tempietto di Sachara evvi l'altare della
rupe, il più grande santuario della moschea Aksa ; edifizio ottagono, con cupola alta 50
metri, sostenuta da otto pilastri e sedici colonne. Valid II, figlio di Abd el Malek, lo
eresse sullo scorcio del primo secolo dell'Egira, in un cogli oratorj dell'ascesa al cielo,
della bilancia della giustizia, della catena, e del dì del giudizio, sorgenti fuori del po-
ligono. Sotto la rupe scendesi verso mezzodì in una grotta ; e il Musulmano crede, sotto
di quella, siavi il pozzo onde tulle derivano h sorgenti. Il pavimento e le pareti dell'e-
difizio ottagono sono di marmo screziato.
222 GEOGRAFIA — EPOCA UNDECIMA E DUODECIMA
Acri L'ultimo rifugio dei Cristiani dopo perduta Gerusalemme, fu Acri. Gli Ebrei la chia-
mano Acco, gli Arabi Acca, i Greci e i Romani Tohmaide; i moderni viaggiatori, con
ordinaria mutazione del nome arabo, Acre o San Giovanni d'Acri. Giace all'estremità
d'una fertile pianura lunga sei ore, larga due, attraversata dal fiume Belo, rinomato per
l'invenzione del vetro, e chiamato dagli Arabi Naanian. A levante questa pianura ba le
montagne di Galilea: a mezzodì vicino al mure, il Carmelo. Il Kiscion (oggi iMocattaa,
vale a dire il tagliato), sceso dal Tabor, e attraversala la pianura d'Israele o Esdraelon,
mette nel mare a pie del Carmelo. A mezzogiorno della città sorge il monte Turon,
lungo un quarto d'ora di cammino, largo un ottavo, scosceso da tutti i lati fuorché
dal meridionale: gli Arabi lo chiamano il colle de' preganti. A tramontana bavvi il
colle Agiadiget, cbe le cronacbe delle crociate chiamano Mahumeria, dal nome d'una
moschea ivi innalzata. Quello ai Cristiani, questo ai Musulmani odersero luogo oppor-
tunissimo per accamparvisi nell'ultimo assedio; e la pianura posta frammezzo, uno stu-
pendo campo di battaglia.
La città è situatalo fondo d'un seno, che penetra fra terra quasi due ore di cammino.
Doppia muraglia con profondi fossati e gagliarde torri difendeva la città dalla parte di
terra; la più celebre fra le torri è la makddla all'estremità della muraglia verso greco,
così intitolata percbè, secondo la tradizione, vi si coniarono i trenta denari pe' quali
Giuda tradì il Hedentore. L'ingresso del porto era difeso da due torri, una delle quali
posta sulla rupe, si diceva la torre delle mosche. Le tre torri a destra della ma/ede^^a
verso il mare erano sul muro esterno : la torre di san Nicolò, del ponte e del patriarca :
dietro quella, nel muro secondo, la torre degli stranieri e de' Tedeschi : a manca della
maledetta stava l'inglese, quindi quella del cappello de' Veneziani, cui seguivano fin giù
al mare altre torri affidate ai Sangiovannili ed ai Templarj.
§ 3. — Regni cristiani,
I Crociati fondarono in Asia diversi Stati al modo feudale. Il regno di Gerusa-
lemme abbracciava gran parte di Palestina e di Fenicia, confinando da un lato col fiume
Adonis, dall'altro con Ascalona e coi deserti d'Arabia. Dipendevano da esso la contea di
Edessa nel Gezireb alle due rive dell'Eufrate e sull'opposta parte del Tauro, con im-
portanti città, quali Edessa, Samosala, Serugia ; il principato di Galilea e Ttberiade in
Palestina; la contea di Tripoli e di Tortosa sulla costa della Fenicia, che poi fu riunita
al principato ù'A7itiochia sul basso Oronte, lungo il mare, dal golfo d'Isso fin a quel
di Laodicea, da Tarso alle porte d'Aleppo, dal Tauro ad Emesa e Palmira : città, An-
tiochia, Laodicea. Le signorie di Markah (.Maratus), di Gebileh (Cabala), di Bairut (Be-
rito), di Kaisarieh (Cesarea), di Naplusa (Sichem), sulle coste di Fenicia e di Palestina;
di Krak (Petra) al lembo del deserto; il contado di Joppe e d\4scalona sul litorale.
Aggiungasi il regno d'Armenia nella Cilicia e nella Piccola Armenia, ove dal 109u re-
gnavano i discendenti di Rupen; e quel di Cipro, conquistato sopra i Greci da Ricardo
Cuor di leone, e da lui dato a Guido di Lusignano (U92). Questo si conservò indi-
pendente fin all'uscire del xv secolo: l'Armenia Cilice fu sottomessa ai Mamelucchi
d'Egitto nel 1373: ma Gerusalemme soccombette tantosto; poi dal 1262 al Ì2M i Ma-
melucchi d'Egitto ritolsero ai Cristiani le ultime loro possessioni in Siria e Palestina.
% i. — Impero latino in Grecia,
Presa Costantinopoli, l'impero Greco fu diviso tra' Veneziani e i capi delle crociate.
Baldovino imperatore ebbe un quarto di tutte le possessioni dell'impero greco, cioè la
Tracia coi due palazzi di Riacberne e di Bucaleone. Venezia ebbe tre degli otto quartieri
della città, e metà dei tre quarti dell'impero, cioè la più parte del Veloponnesu e delle
isole dell'Arcipelago, Efiina, Curcira, Candia, il chersooeso di Tracia, le coste della
Propontide, le città di Friijia non occupate dai Turchi: aggiungcano una catena di
banchi; lungo le coste, da Ragusi fin allo stretto di Costantino|)oli. A Bonifazio III
marchese di Monferrato toccò la Tessaglia e parte della Macedonia; al conte di Blois
IMPERO LATINO IN GRECIA 223
il ducato di Bitinia oNicea; a Guglielmo di Cliamplilte della casa di Champagne il
principiito à'Acdja, da cui rilevavano i ducati di Tebe e ò'Aiene conquistali da Ottone
de La Iloche; a Giacomo d'Avcsncs l'isola di Negropontc; a Raniero di Trilli il du-
cato di Filippiiijuli in Tracia; a un conte di Saint-1'ol il principato di Demotica pur
nella Tracia.
Venezia, trovando costoso il conservare i possessi suoi ch'erano la miglior parte di
quella conquista, abbandonò li più a' suoi nobili, sotto condizione d'omaggio feudale.
Così i Sanuto fondarono il ducato di Nasso, che abbracciava anche le isole di Paro,
Melo, Saniorììw; i Navagero ebbero il granducato di Lemno ; i Michiel il principato di
Ceo; quel à'Andros i Dandolo; i Ghisi quel di Teun; altri le signorie di Meldino e
Lesbo, di Focea, di Enos, le contee di Zunte, Corfìi, Cefaìonia, il ducato di Durazzo;
poi i Viari fondarono quel di Gallipoli nel chersoneso di Tracia. Venezia aveva già
acquistato Zara, poi da re Bonifazio comprò l'isola di Candia.
Alcuni paesi evitarono la conquista. Così Leone Sguro greco restò signore di Corinto
eXau/jlia; Michele Comneno occupò Dumszo, V Epiro, V Etolia, VAcarnania, e parte
di Tessaglia. In Asia Teodoro Lascari erasi conservato la Bitinia, la Frisia, la Alisia, la
Jonia, la Lidia; un Comneno fondò l'impero grecodi TrebisonJa sulle coste del Ponto
e della Colchide ; poi la notte del 25 luglio 1261, l'imperatore di Nicea ricuperò Co-
stantinopoli. Pure i Veneziani possedevano ancora le isole con Modone e Corone in
Morea : Tebe, Atene, Corinto, Patrasso, Pilo costituivano un principato indipendente,
come V Etolia, VAcarnania, V Epiro, e porzione della Tessaglia: in Asia non apparte-
nevano all'impero che alquante città della costa di Paflagonia, la Misia, la Lidia, la
Jonia, porzione della Frigia e della Bitinia: in Costantinopoli stessa i Veneziani e
i Genovesi potevano più che l'imperatore.
V Egitto e la Siria appartenevano ai Mamelucchi : l'impero di Trebisonda rimaneva
indipendente al sud del Ponto Eusino : la sultania d'Iconio, sottoposta ai Mongoli, ab-
bracciava la maggior parte dell'Asia Minore.
Adunque l'impero non possedeva in Asia che la Paflagonia, la Misia, la Bitinta, la
Frisia grande, la Caria, parte della Cilicia ; in Europa il regno dei Bulgari, novamente
eretto (1186) da Isacco l'Angelo, tra il Danubio al nord e il monte Emo al sud, colle
città di Sofia, Trinobo, Varna. 11 regno di Servia, fondato dai Sorabi al tempo d'E-
raclio (630j, stendeasi dalla Bulgaria, dal Danubio, dalla Sava e lungo il Drin bianco fm
a Durazzo. I principali stabiliti dai Crociati al centro e al mezzodì della Grecia, sta-
vano tuttavia, sol avendo il Paleologo ripreso le coste sud-est del Peloponneso.
§ 5. — L'Islam.
Nella Spagna continuava la lotta di Cristiani con Musulmani; ma la battaglia del
Pian di Tolosa, al nord di Jaen verso le montagne che separano la Guadiana dal Gua-
dalquivir (1212), abbattè l'impero degli Almoravidi. Allora gli emiri di Spagna si scos-
sero dalla costoro obbedienza: in Africa gli Abuaflìani si resero indipendenti in Tunisi,
gli Zianidi in Tlemecen (1248). I Merinidi o Zeneli, che fin dal 1213 s'erano rivoltati,
occuparono Marocco nel 1270, e fondarono potente dinastia, in continua relazione coi
principi arabi di Spagna, cui soccorsero onde prolungarne la durata; ma per tali soc-
corsi si fecero cedere nel 1509 Algeziras e altre piazze.
Contro gli AbuafTiani di Tunisi fu diretta l'ultima crociata di san Luigi. Allora ogni
resto di civiltà si spense sulle coste d'Africa.
Un generale di Nureddin terminò nel 1171 la dominazione dei califlì fatimiti in
Egitto; il qual paese passò nel 74 a Saladino, che spodestando i tìgli di Nureddin e i
Crociati di quanto teneano in Siria, dominò dall'estremo Egitto sin a Mossul sul Tigri
e sin al Tauro nell'Asia .Minore. Mentre san Luigi stava in Egitto, i Mamelucchi sbalza-
rono l'ultimo discendente di Saladino; poi dal 1288 al 12'JI, un dei loro capi prese
Tripoli, Sidone, Tiro, Tolemaide, ultime città rimaste ai Crociati in Asia.
Ma nuovo nembo arrivava, i Mongoli. Gengis-kan (1206-27), raccolte le bande tutte Monijoli
che accampavano fra il Volga e la Gran muraglia, conquistata porzione della Cina,
vinto il soldano di Carism, sottomessa la Transoxiana e il Corassan, morì tornando nella
224 GEOGRAFIA — EPOCA UNDECIMA E DUODECIMA
Cina. I suoi successori ne continuarono le conquiste; e Ulagù kan nel -1209 prese
Bagdad, e fondò un nuovo impero persiano, che durò fin al 1405, e si estese dalle
rive dell'Indo fin al cuor dell'Asia Minore. 1 Selgiucidi d'Iconio sussistettero, ma tri-
butar], onde nel loro indebolimento profittarono molti emiri turchi per ritirarsi fra le
montagne dell'Asia Minore in perfetta indipendenza. Tra quelli sorse poi Osman, che
cominciò (1299J la dinastia ottomana, oggi in decadenza.
^6. — L'Asia alla morte di Gengìs-kan.
Tra molti principati restava partita l'Asia al morire di Gengis-kan :
a. L'impero greco di iVicea, fra il mar Pontico, la Propontide, l'Arcipelago, il Meandro
e il Sangario; con Nicea, Brusa, Smirne, Efeso, Filadelfia, Antiochia.
b. L'impero greco di Trebisonda, sulle rive meridionali del mar Pontico.
e. La soldania d'Iconio, con Erzerum.
d. il regno della Piccola Armenia, con Sis, Tarso e Seleucia.
e. I principi cristiani vi possedevano: i° il regno di Cipro, con Leucosia, che rac-
chiudeva trecento chiese e una magnifica reggia; Famagosta sopra uno scoglio, rin-
forzata da Guido di Lusignano; 2' il principato à' Aritiochia, unitovi Tripoli, che non
abbracciava piti se non alcune fortezze lungo il mar di Siria, come Laodicea, Gebail,
Bairut, oltre le due principali Antiochia e Tripoli, desolate dal tremuoto del 1170;
5° il principato di Tiro, con Tiro, Sarepta e Sidone; 4" le città di Tolemaide, Cesarea,
Giaffa ed altre men importanti.
/. Gli Ajubiti aveano smembrato il regno di Saladino in sette: \° regno di Damasco.
La capitale era protetta da altissime mura, e da un castello di cui narrano meraviglie,
e massime d'una sua muraglia di vetro, con trecensessantacinque finestre. Ascalona era
stata distrutta da Saladino. Nelle valli del Libano s'erano piantati i Drusi. 2° il regno
d'Emesa; 3" quel di Ama; 4" di Aleppo ; ti" di Meiafarekin ; 6" di Kelat, uno dei più
potenti; 7" dell' Femm, con Zobaid bellissima città in amena valle, e Aden porto dei
più frequentati d'Arabia.
g. Gli Ortocidi possedevano il regno d'Emed e di Caifa, e quello di Mardin.
h. I principi Atabek dominavano cinque regni: i° Geziret el-Omar, la cui capitale
era stata fondata da Omar in una sabbiosa valle del Tigri ; 2° Mossul; 5" Arbel; 4" Far-
sistan ; 5° Laristan.
i. L'impero di Deli istituito da Cothbeddin afgano, emir dei Guridi, aveva Lahor an-
tica capitale de'Gaznevidi; Silkota ingrandita da Mohammed Ghuri.
/. L'impero dei Sung meridionali.
m. Quello dei Kin, assai ristretto dalle conquiste di Gengis-kan.
«.Quello dei Mongoli abbracciava il regno vassallo della Corea; la più parte del-
l'impero dei Kin; quello dei kan di Tongut; il regno vassallo di Tu-fan ; i regni di
Hoei-hu, di Kotan, di Kao ciang; il paese di Kirgbiz ; il vasto impero di Carism; i regni
vassalli di Armenia, Scirvan e Georgia. Capitale Caracoru7n.
Alla morte di Cubilai-kan (1294), l'impero mongolo va diviso in quattro indipen-
denti :
a. Impero degli Yuen o Mongoli della Cina, che comprendeva le nove provincie della
Cina propria, capitale Kan-ceu fu, detta Kam-pion o Kan-pian da Marco Polo; dodici
governi esteriori ; nove regni vassalli.
6. Impero di Ciagatai, capitale Casgar o Ordu-kend.
e. Impero del Capciak. Grand'Orda o Orda d'oro chiamavasi un impero fondato dai
Mongoli nella Cumania, che gli Orientali denominavano Capciak, e che dilatarono al
nord-est a danno de' Russi, tanto che dominava sino al Voroneia, alTluente delia si-
nistra del Tanai. Nel secolo seguente fu smembrato, e nel 1453 era diviso in cinque
kanati: kanato dei Tartari Nogai sulle rive settentrionali dei mari d'Azof e Nero, fra il
Don e il Dniester; kanato di Crimea nella penisola di questo nome; kanato d'/ls/rafran
fra il Volga, il Don e il Caucaso; kanato di Cape ju/c fra il Volga e l'Ural ; kanato di
Casan al nord del predetto.
d. Impero dei Mongoli di Persia, capitale Tebriz, la quale acquistò lo splendore che
andava perdendo Bagdad.
IMPERO CINESE 225
I regni d'Armenia, Georgia, Maredin e Piccola Armenia aveano conservato re na-
zionali, sebbene tributar].
Taraerlano (1360-140o) rinnovò poi le devastazioni di Gengis-kan: ma la crescente
potenza dei sofì di Persia, degli Ottomani e dei gran-principi di Russia frenò i
Tartari.
§ 7. — Impero cinese.
La dominazione mongola ci riconduce all'impero di mezzo. I ventun regni indipen-
denti fra cui lo vedemmo diviso (pag. 165), furono riuniti nel 2i7 av. C, sicché la
Cina arrivava al sud fino al Nan-hai ; all'ovest sin al ramo orientale dell'Irauaddy e al-
l'impero degli Jung-nu; al nord fin oltre la Gran muraglia, che da vicino al mare sten-
desi per tutto il nord della Cina, dalle rive del golfo Pe-ce al Si ning, per 18 gradi
e mezzo, ossiano 1,400 miglia.
È alta 8 metri, grossa altrettanti alla base e 4. 80 alla piattaforma; tutta merlata,
con una torre ogni due tratti di freccia. Secondando le ineguaglianze del terreno, elevasi
fin a 160 metri sopra il mare; e avendo la solidità di 1,440,000 metri cubi, si calcolò
che coi materiali di essa potrebbe fabbricarsi un muro alto quasi 2 metri, grosso cen-
timetri 04, in doppio giro attorno a tutto il globo. Duhalde la fa fabbricare nel 215
avanti Cristo dal primo imperatore della dinastia Tsin : Bell la porterebbe al 1160 d. C.
I geografi orientali anteriori al trecento non ne fan menzione; né Marco Polo. I Ge-
suiti ne mandarono in Francia un esatto disegno su raso, con tutta l'estensione e le
giravolte.
Per mettere in comunicazione paesi tanto discosti, fu fatta la strada sospesa, che
attraversa fiumi e monti e precipizj.
Accanto all'impero stavano gli Jung-nu distinti in due accampamenti principali,
l'ala destra ad oriente, e la sinistra ad occidente, sotto capi che riconoscevano la
supremazia del Cen-yu, residente sul Seleuga superiore.
L'impero cinese sotto gli Ilan (202 av. C ) arrivò alla maggior sua grandezza, e dalla
nuova capitale Ho-nan-fu o Lo-i abbracciava, oltre la Cina propria, i regni vassalli e
tributar] del centro dell'Asia, posti sotto la protezione e vigilanza d'un governatore
militare cinese; fra cui vanno annoverati il regno degli Jung-nu meridionali, e quel
di Ta-van; inoltre il paese de' Sian-pi e degli U-van, succeduti agli Jung-nu setten-
trionali; e l'impero degli Vue-ci.
Fu poi (220 d. C.) diviso in tre regni d'inegual estensione: a. Euhan, che occu-
pava le due rive del Kiang a mezzo il suo corso; 6. il regno d'U, che comprendeva
tutta la Cina all'est dei monti Miaoling e al sud del Kiang; e. quello di Goei, che com-
prendeva i regni del centro dell'Asia.
Al cadere della dinastia degli Tsin (419), si divide la Cina in due imperi, meridio-
nale e settentrionale, oltre alcuni regni indipendenti : il settentrionale, o degli Yuen-Goei,
occupava la parte fra la Gran muraglia e l'IIoang-bo; capitale Lai: il meridionale, o
dei Sung, estendevasi al sud dell'Hoang-ho e dei monti Pe-ling; capitale Nan-king.
Verso il 560, l'impero meridionale governato dai Tsin piìi non abbracciava che il
paese al sud del Kiang e del Hoai-hoe inferiore, capitale Nan-king. il settentrionale
era cresciuto colla conquista de' piccoli regni circostanti, ed erasi partito in due ira-
peri indipendenti, quello dei Pe-tsi all'est, capitale Siang-cen\ quello degli Eu-cen
all'ovest, capitale Ciang-ug.
Acquistò poi grand'estensione sotto Kao-lsung, terzo della dinastia dei Tang (650),
e comprendeva :
1" L'impero cinese proprio, dalla Gran muraglia sin all'impero dei Tu-fan , in dieci
Provincie, composte di trecencinquantotto spartimenti, con mille ottocensessantanove
città.
2° 11 regno delle isole Lieu-kieu, capitale Zeu-ly.
5° Quello di Kao-li o Corea centrale e settentrionale, capitale Phing-yang.
■4" 11 Liao-tung.
5'^ L'impero vassallo e tributario dei Tu-kiti o Turchi orientali , Ira le montagne
Bianche e i monti Urgan-tagh e Aitai.
Cantò, Documenti. — Topio I, Geografìa politica. ìb
226 GEOGRAFIA — EPOCA UNDECIMA E DUODECIMA
6' li paese degli Uiguri orientali, in ventuna orde, che menavano le loro mandredai
monti della Dauria sin verso le fonti dell'lrtisc.
7° Il regno di Kao-canr/, o degli Uiguri occidentali.
8" L'impero vassallo e tributario dei Tu kiu occidentali, dalle sorgenti dell'lrtisc alle
rive settentrionali del lago di Carism e ai monti Urali.
9" I quattro Cm, o governi militari dell'Asia centrale.
iO° Gli ottantotto Fami o principali feudatarj, che dall'impero riceveano patenti,
suggelli e cinture.
Allo estinguersi della dinastia dei Tang (907), la Cina fu partita in tredici Stati
affatto indipendenti. Attorno a quelli sussistevano altri regni; quello degli Hoeihu,
ossieno Uiguri occidentali ; quel del Cao ciancia o Uiguri orientali; quel del Kitan.
Sotto l'ultimo regnante (1260), l'impero de' Sung stendevasi al nord fino ai monti
Pe-IÌDg e airiloei-ho e IJoang-bo, ad oriente al Tung-hai, a sud al Sanghoi, ad ovest
al regno di Ta-li ; e si dividea in venti provincie.
L'impero che vi fondò la dinastia mongola degli Yuen (-1260) terminava al nord
coi monti Stanovoi, Baicali, piccolo Aitai, Ulug-tag; ad occidente cogli Zambal che
lo separavano dal Capciak, e con un ramo dei monti di Zungaria, i Mustag, l'Iraa-
laya, il Sohenryka, che lo separavano dall'impero di Ciagatai, dal regno di Cascemir,
dall'impero di Deli, e dal regno di Nepal; al sud toccava il golfo di Bengala e i
regni di Siaìn, Camboja e Dziamba; all'est il Grande oceano. Abbracciava in si vasta
estensione: a. la Cina propria, divisa in nove provincie; 6. dodici governi esteriori;
G. nove regni vassalli.
§ 8. — Europa cristiana.
L'Europa cristiana è divisa in sedici Stati principali:
i° Scozia perde il Cumberland, e dal re delle Isole lasciò occupare molte delle sue
penisole all'ovest e al nord.
2'i Inghilterra non s'acconciò ancora alla conquista dei Normandi.
3° In Francia i successori di Ugo Capeto han poco più che il nome di re, bilan-
ciati dai possessori dei grandi feudi
4° 1 regni uailì d' Aragona e iVararrc, colla Discaglia e l'Alava.
S** I regni uniti di Leon e Castiglia, colle Asturie al nord, la Galizia all'ovest, la
eontea di Portogallo al sud-ovest, il regno di Toledo al sud-est.
6^* L'impero Germanico è turbato dalla questione delle investiture.
7" Venezia colle coste di Dalmazia.
S" 11 ducato di Puglia, Calabria e Sicilia, compresa Malta.
9° La Danimarca, cioè il Giutland, le isole danesi e la Scania.
10» La Norvegia, col regno delle Isole, ossia conica delle Orcadi, le Feroe, ecc.
i\° La Svezia colle isole d'OEland e Gotland, parte della Lapponia, delle coste di
Finlandia e dell'Estonia. Vanno smettendo la pirateria, ma son troppo discoste per
esercitare molta |)aite nella politica europea.
12° Regno di Slavunia in riva al Baltico.
13" Ducato di Polonia, colla Pomerania orientale e la Masovia.
ii° Granprincipato di Russia, spartilo in molli principati emuli.
i5° 11 regno d'Ungheria, colla Slavonia, quasi tutta Croazia, il Sirmio e l'Ungheria
nera.
•IO" L'impero d'Oriente teneva ancora in Europa la vasta penisola al sud del Da-
nubio e della Sava tra l'Adriatico, l'Egeo e il Nero, salvo la Croazia di fresco presa
dagli Ungberi; e nell'Asia Minore quasi tutte le coste e alcune città forti. Tolto in
mezzo dai Normanni d'Italia, dagli Arabi d'Egitto e d'Africa, dai Turchi dell'Asia Mi-
nore, dai Russi che di frequente assediano Coi^tanlinopoli, dai Pecmec/jj che poc'anzi
occuparono la Tracia, è costretto ricorrere all'infido soccorso di Barbari occidentali.
Secondar] sono:
17° Nell'isole britanniche i piccoli regni irlandesi e il paese di Galles.
18° In Ispagna il regno di Valenza, conquista del Sid.
IMPtrtO GÈRMAMCO 227
49° Nell'antico regno d'Arles e al nord-ovest dell'Italia i possessi del sud della
Savoja.
20° In Italia le repubbliche di Pisa e Genova, le molte di Lombardia, gli Stati
della contessa Matilde, il Patrimonio di san Pietro.
21° Nell'antica Sarniazia, al nord il paese de' Prussiani e dei Lituani, al sud quel
degli Uzi.
§ 9. — Impero germanico.
L'Italia e il regno d'Arles staccavansi sempre più dall'Impero; e così la Lorena,
come cessata n'era la supremazia sull'Ungheria, la Polonia, la Danimarca. Però nel H82
gli era stata incorporata la Pomerania ; e i granmaestri dei due ordini militari dei
cavalieri Teutonici e Portaspada riconoscevano dall' imperatore la Prussia e la Po-
lonia.
1. Le Case che principavano in Germania al 1170 erano: Feudi laio
a. la Gup.lfa, nel ducato di Sassonia, eccetto la marca di Brandeburgo ; nell'antico
regno di Slavonia; nel ducato di Baviera; nella porzione di Svevia fra il Lech e il
contado di Costanza ;
h. di Hohenstaufen, che aveva la più parte della Svevia, la contea palatina di Bor-
gogna e il Voiglland ;
e. di Zabringen, col granducato di Baden e il ducato della Piccola Borgogna o Sviz-
zera borgognone;
d. di Ascanio^ nella marca di Brandeburgo, parte di quella di Lusazia, e nel prin-
cipato di Anhalt;
e. di WettiTì, sul resto della Lusazia, eccetto le marche di Gòrlitz e di Budissin, e sulla
Misnia;
f. dei Carlovhigi, nell'Assia e nel landgraviato di Turingia;
g. di Merania, io paite della Franconia orientale, nel Tirolo e nell'Istria;
h di Stiria^ nella Stiria e nell'antico ducato di Carintia, tranne la Carintia propria
che spettava alla casa;
i. di Orlenburg, con porzione della Carniola:
/. di Bamberga, che aveva l'Austria.
Le prime due erano prepotenti ed avverse: i Guelfi padroni della Toscana, Bavièra,
Sassonia; e gli Ilohenstaufen duchi di Svevia e Franconia, re d'Italia e d'Arles, e
imperatori. Una di queste famiglie rovinò, l'altra finì; e al fine della contesa loro né
i duchi, capi antichi delle grandi tribù germaniche, né l'imperatore rappresentante
l'unità dell'inìpero, restavano vittoriosi, ma sibbene n'uscì una folla di principati
ereditar] e sovrani, che proseguirono la guerra civile e lo sminuzzamento, mentre la
Francia traeva al centro le parziali autorità.
I tre grandi ducati di Svevia, Franconia e Sa'isonia nel cuor dell'impero si estinsero;
quel di Baviera fu dato a una casa nuova, ma fatto a pezzi; il ducato delle due Lo-
rene fu di puro titolo; né il regno d'.(4r/es ebbe più capo.
Degli altri gran feudi laici ,
a. Nella Lorena mosellana dominavano il duca di Lorena e i conti di Vaudemont e
di Bar; nella bassa il conte d'Olanda e di Zelanda e il duca di Brabante al nord;
al nord-est il conte di Gueldria fra la Mosa e il Reno, dallo Zuidersee fin alla giu-
risdizione del vescovo di Colonia; al nord-ovest la contessa di Fiandra, signora del-
l'Hainault e del marchesato di Namur; al sud il duca di Limburg e il conte di
Luxemburg; all'est, lungo il Reno, i conti di Cieves, Berg e Juliers.
b. Caduto Enrico il Leone (1180), nelle provincie sassoni di ^Vestfalia ed Angria
esercitava la dignità ducale l'arcivescovo di Colonia; il clero ne possedeva moltissimo;
de' secolari feudalarj, principali erano i conti di Mark, Arensberg, Waldeck al sud, di
Lippe e Ravensberg all'est, di Falkenburg e Oldenburg al nord. Nella Sassonia orien-
tale sorgeva la marca di Brandeburgo, anticamente detta il Nordmark. Da che di questo
erano stati investiti nel 1102 i conti d'Ascanio, avevano estesa la supremazia sulla
parte orientale dell'antico regno di Slavonia, e su tutto il ducato della Pomerania
228 GEOGKAFU — EPOCA UNDECIMA E DUODECIMA
occidentale; v'aggiunsero parte della inarca di Misnia, il ducato di Sassonia che
abbracciava solo il Lauenburg e il Wiltemberg, la sovranità sopra l'Holstein, oltre
il principato di Anbalt, loro patrimoniale. I ducati di Brunswick e Luneburg
erano proprietà allodiali de' Guelfi. 1 duchi di Mecklemburg, tornati indipendenti
dopo la caduta d'Enrico il Leone, erano divisi (122G} in quattro rami. Al nord della
Sassonia, che anticamente diceasi Nordalbingia, sorgea il contado d'IIolstein, dove
aveano governo quasi indipendente Lubeka, Anjburgo e i Ditmarsi, gente delle coste
fra l'Elba e l'Eyder. Anche la Frisia area serbato forme repubblicane, eccetto la por-
zione sottomessa al vescovo di Utrecht.
e. La casa di Wettin, feudataria del marchesato di Misnia e di Lusazia, vi unì lì
marchesato di Turingia o Osterland (Lipsia) fra la Misnia e la Saale, il contado pa-
latino di Sassonia, la provincia di Plisnia al sud ovest della Misnia, il landgraviato
di Turingia, ed altri dominj della foresta Turingia sin all'Oder, interrotti però dai
feudi de' molti vescovi immediati e da quei di molti conti poderosi.
d. I duchi di Boemia e Moravia, dopo il M98, intitolavansi re; e Premislao Ot-
tocaro li, coU'acquistare i ducati d'Austria e Stiria all'estinguersi della casa di Ba-
benberg (1246), e i ducati di Carintia e Carniola ceduti da lirico di Ortemburg, si
trovò il signore più potente di Germania, finché (1278) Rodolfo di Habsburg non lo
sbalzò per erigere la propria casa.
e. Nel 1180 la casa di Wittelsbach che già possedeva il Nordgau e il palatinato del
Reno, ottenne la Baviera, ma ridotta ai paesi fra l'Inn e il Lech ; dichiarando Batisbona
città imperiale, e feudi immediati i margraviati di Stiria e d'Istria, i dominj dei conti
d'Andech nel Tirolo, e i vescovadi della Baviera. È vero che quella casa riunì ben
presto a' suoi i dominj delle principali famiglie che vennero ad estinguersi; ma la ten-
nero debole la divisione in Baviera inferiore e superiore, e l'essersi concessa giurisdi-
zione civile e criminale ai signori laici ed ecclesiastici. Al sud della Baviera, i conti del
Tirolo e di Gorizia, palatini di Carintia, ed eredi di parte dei beni della casa di Me-
rania, avvocati de' vescovi di Trento e di Brixen e del patriarcato d'Aquileja, riusci-
rono i pili potenti signori del paese,
f. Spenta la dignità ducale della Svevia colla casa degli Ilohenslaufen (1268), ve-
scovi, abbati, conti, dinasti di Svevia usurparono i dominj e le ragioni degli antichi
conti. Fra essi citeremo solo il conte palatino di Turingia, i conti di Dillingen, di
ÌNellenburg, di llohenberg, di Kiburg, di Ileiligenberg, di Calw, di Fiirstenberg, di
Gruoingen, di Wiirtenberg. Della casa Zahringen, la più poderosa dopo gli Staufen,
restavano solo i rami cadetti. Al sud fra l'Aar e il lago di Costanza cresceva la casa
d'Habsburg, il cui capo Rodolfo era avvocato di Strasburg, Schwitz, Uri, Unterwald,
Zurigo, landgravio dell'Alta Alsazia, burgravio di Rheinfeld.
(/. Nella Franconia renana dominavano i conti palatini del Reno di casa Wittels-
bach , i margravj di Baden , i conti di Nassau ; nella Franconia orientale i burgravj di
Norimberga, erede di porzione degli allodj della casa di Merania in Franconia; i
conti di Ilenneberg, Ilohenlohe, Wiltberg, ecc. Tra la Franconia e la Weslfalia, i
landgravj d'Assia eransi appropriata la più parte dell'Assia franconiana.
h. Il re di Francia e il conte di Savoja traevano a proprio ingrandimento le spoglie
del regno ò'Arles: e questi già avea preso la Eresse; quegli stabiliva procuratori suoi
sulle rive della Saona e del Rodano.
i. Principi dell'Impero intitolavansi pure i granmaestri dell'ordine Teutonico e dei
Portaspada, che possedevano quello la Prussia tra la Vistola e il Memel , questo la
Livonia e porzione (\dV Estoiiia.
Nel cuore e all'occidente abbondavano gli Stati immediali: le provincie orientali dal
Baltico alla Sassonia erano quasi tutte occupate dal marchese di Brandeburgo o dal re
di Boemia. Il detto marchese acquistò al pari dei duchi d'Austria, il diritto di sotto-
porre alla propria giurisdizione i nobili del suo margraviato; e il re di Boemia tenne
in dipendenza il clero; opera continuata da Rodolfo d'Ilabsburg quando vi succe-
dette. E tanto più che questi, col Patto di famiglia, impedì le divisioni tra' figli,
mentre le altre s'andavano crescendo.
P'fuili ec- II- Mezza la Lorena mosella?ia apparteneva ai vescovi di Toul, di Verdun, di Metz,
clesiastici ^ all'arcivescovo di Treveri che comandava alle due rive della Sarre inferiore e della Mo-
IMPERO GERMANICO 229
sella. Nella bassa Lorena il vescovo di Liège giiidioava da C.ivet a Maestricht; l'arci-
vescovo di Colonia, tutta la sinistra del Heno dall'Aar sin verso Meurs; e il duca di
Westfalia ed Angria possedeva sulla destra di quel fiume Deu/s, Reklinhausen, Essen,
^Verl, Siisi, Brilon ecc. Il vescovo d'Utrecht, signore della olandese provincia da cui
traeva il titolo, fra il Reno e lo Zuidersee, teneva sull'altro lato della Gueldria, fra
l'Issel e rilunte, metà della Frisia da Deventer a Groninga.
La Sassonia occidentale andava tutta in feudi ecclesiastici dei vescovi sovrani di Co-
lonia, Munster, Osnabruck, Minden, Paderborn, Hildesheim : il paese fra l'Aller, il
AVeser e l'Elba era occupato dal vescovo di Werden e da"irarcivescovo di Brema. Nella
orientale minori di numero e ricchezza erano le possessioni ecclesiastiche: ma vanno
distinti il vescovado di Ila'.berstadt, la nobile badia di Quediimhurg, l'estesissimo ar-
civescovado di Magdeburg fra il Weser e l'IIavel, e i minori vescovati di Havelberg,
Brandeburg, Schwerin, Lubeka ecc.
In Turingia erano i vescovadi poco potenti di Merseburg, di Neuburg, di Misnia.
L'arcivescovo di Praga signoreggiava nove città in varie parti della Boemia, e parecchi
distretti sul Danubio in Austria.
In Baviera poco era rimasto ai vescovi di Frisinga e Ratisbona -, mentre quel di Pas-
sau allargavasi fin alla frontiera di Boemia ; e l'arcivescovado di Salzburg a quasi tutte
le due rive della Salza, da Burghausen sin all'alta valle della Brava dal nord al sud, e
dairinnalla Traun da ovest ad est. Allo spegnersi della casa d'Ortemburg, i vescovi
di Bamberg, Frisinga, Brixen e l'arcivescovo di Salzburg ottennero molti dominj nella
Stiria, Carintia e Carniola.
In Svevia, quasi tutta la sinistra del Lech, e molto territorio a manca del Danubio
verso Dillingen appartenevano al vescovado d'Augusta: sul Reno, dalle sue sorgenti
sin alle frontiere della Lorena trovavansi nella Svizzera le badie di Dissentise Sangallo,
il vescovato di Coirà, e poco discosto dal fiume quei di Costanza e Basilea: dell'Alsazia
un quarto spettava al vescovo di Strasburgo: nel Yalese sul Rodano erano il vescovado
di Sion; nel paese di Vaud quel di Losanna, e la ricca badia di Kempten suU'lller. 11
vescovo di Wurzhurg era duca di Franconia, conte di Waldsassen, di Badengau, di
Gotzfeld, deiriffìgau, del Rangau e di parte del Grabfeld orientale; quel di Bamberga
possedeva Rednilz; quel d'Eichstadt era conte di Suabfeld : gli abbati di Fulda e di
Hersfeld erano signori del Grabfeld occidentale; e coi vescovi di Spira, di Worms e
l'arcivescovo di Magonza, dominavano gran parte dell'antica terra dei Franchi.
III. Quanto sia alla giurisdizione ecclesiastica, l'arcivescovo di Colonia la stendeva Giuvisdi-
sulla bassa Lorena, la Frisia, la Westfalia, sin alla Huute: quel di Treveri, sulla Lorena ^''"'.'' ''•''
mosellana e piccola parte della Franconia renana: quel di Magonza sui distretti fran- *^'"'^''"''
coni della sinistra del Reno, l'Alsazia, la Svizzera tedesca, la Svevia, alcuni distretti
bavari, la Franconia, la Turingia fin alla Saale, l'Assia, la Sassonia fra la Ilunte e l'Elba,
cioè su tutta la Germania centrale: quel di Brema sulle contee di Oldenburg e Holstein,
sul Mecklemburg e la Polonia tedesca: quello di Magdeburg sui margraviati di Brande-
burg, Lusazia e .Misnia: quel di Praga sulla Boemia e la Moravia: quello di Salzburg
sulla Baviera, il Tirolo, la Carintia, la Carniola, la Stiria, l'Austria.
IV. Il dominio della corona era formato da terre ancora libere, cioè non dipendenti nomini
che dal re. Le piìi trovavansi nella Svevia e Franconia, e principali erano: a) il imperiali
Voigtland, o avogaderie proprie, cioè i possessi della casa di Reuss, le signorie di Ron-
neberg e Hof, il circolo del Voigtland nel regno di Sassonia, quel di Neustadt nel gran-
ducato di Sassonia-Weimar; b) la provincia A' Egra; e) il Voigtland di Spiregau ;
d) quello del Nachgau e del Rhingau superiore fra Worms e Magonza; e) la Terra del
re al sud-ovest del Nachgau; f) il Wildgau nel governo prussiano di Treveri.
Nella Svevia apparteneva all'imperatore il landgraviato dell'Or/enaurimpetto a Stras-
burg, e gli avanzi dei dominj patrimoniali de' Guelfi, tra il contado di Costanza e
il Lech.
V. Per appoggio contro i grandi feudatari, gl'imperatori crescevano di numero e forze Ciicà
quei che naturalmente favorivano il poter centrale; e immunità e ricchezze accorda-
rono a vescovi ed abbati, e sottrassero le città ai signori. A quelli e a queste consenti-
rono d'esser immediali, cioè rilevare unicamente dall'imperatore: dal che venne poi
la superiorità territoriale degli Stati; onde i vescovi diventarono principi sovrani, e
230 GEOGRAFIA — EPOCA UNDECIMA F. DliODEClMA
molte città si fecero repubbliche, con amministrazione municipale piij o meno aristo-
cratica.
Per lo stesso interesse o costretti, i principi dovettero far concessioni alle città dei
loro dominj. Le più importanti città imperiali o privilegiate erano:
Nella Lotaringia, jWeiz, Verdun, Colonia: quest'ultima metteva in piedi trentamila
armati, e partecipava le sue legyi a tutte le città del sud-est di Germania; come quelle
di Sost erano siale aduliate dulie citià di Weslfulia e de' Paesi Bassi, e quelle di Luheka
e i/a^deòurt/o dalle città al nord-est. Inoltre Kaiserwerl; Aqmsyrana , reputata quasi
capitale dell'Impero; Bruxelles, che solo nel r23i ricevette l'ordinamento municipale;
Dordrecht, bentosto deposilo del commercio de' Paesi Bassi coll'lnghillerra; Cambrai,
in continua guerra col proprio vescovo ecc.
In Sassonia SUst città di gran traffici; Stade, Brunsivick, Luneburg , dotate di pari
privilegi ; Hannover, che d'importanti n'ottenne il 1241 ; Goslar, che non era obbligata
a servigio più che di quindici giorni, qualunque fosse la guerra; Magdeburgo; Brema,
che dopo il trattato del 1229 coil'arcivescovo, era sommessa a un'aristocrazia borghese;
Lubeka, ch'era franca di pedaggio per tutta Sassonia, Svezia, Danimarca, Inghilierra;
esente da servigio militare, se non fosse per propria difesa; diritto che i suoi cittadini ,
dovunque fossero dell'Impero, venisser giudicati con proprie leggi; Amburgo, Kiel ,
Oldenburg in Vagria ; oltre le città prussiane di Brunnsberg, Elbtng, Kuhn, Tfiorn ecc.
In Boemia Praga. In Austria Vienna, fatta città imperiale nel 1237, e centro di gran
commercio. In Turingia Erfurt. In Baviera Ratisbona, città imperiale dopo il 1180;
Innsbruk, Brixen.
Nell'Alemanna quasi tutte le città avevano titolo d'imperiali. Distingueremo Augusta
sul Lech; Hodislàdt, Lavingen, Ulm, Sigmartnyen sul Danubio; Frtburg in Brisgovia,
dotata d'uno dei più notevoli statuti di tutta Germania; Halle, Reutlingen, Basilea,
Berna che nel 1218 fu sciolta d'ogni aggravio verso l'impero; Zurigo, Winterthur , e
le dieci città imperiali d'Alsazia, Hagenuu, Colmar, Strasburgo ecc.
Nella Franconia orientale, IVurizbury, emancipata dui vescovo; Norimberga città im-
periale che dagli imperatori aveva fatto sanzionare un articolo del suo statuto che di-
ceva: « Nessuno può contro un cittadino invocare il diritto feudale »; Francoforte sul
Meno e Wetzlar città imperiali; Lorch, Amceiler , Spira, Worms , cui il vescovo con-
servava rilevanti prerogative; Magonza, ove l'arcivescovo non poteva entrare che colla
scorta che gli consentissero i cittadini; ed altre.
In queste città ricoveravano quei che fuggivano la tirannide dei signori, e se ne for-
mava una classe distinta, staccata dall'ordine feudale come dal capo dell'Impero, che
non potè però mai divenire ordine, né fondersi col resto per formar la nazione.
g 10. — Italia.
Le molte città di cui erano sparse la superiore e la media parte dell'Italia, si rialza-
rono, appena rallentata l'oppressione dei Barbari; e arricchite coll'industria , e adde-
stratesi all'armi nelle incursioni e nelle lotte feudali, costituirono i Comuni, che presto
si risolsero in repubbliche, quasi tante quant'esse città.
Le più importanti erano:
A. Alla sinistra del Po da occidente in oriente: Vercelli, dominatrice della riva si-
nistra della Sesia; Novara, il cui territorio era limitato dalla Sesia, dal Ticino, dalle
Alpi che s'alzano fra il Monrosa e il Grimsel, e dalle montagne che formano il pendio
occidentale del bacino del lago Maggiore; Mtluno, signoreggiava la pianura fra l'Adda,
il Ticino, il lago Maggiore e alcune terre di là da questo ; Como abbracciava le rive
del suo lago sin a quelle del lago di Lugano, e del Maggiore sin alle alpi Leponzie e
Retiche, che ora sono gran parte della provincia di Como e del canton Ticino e la Val-
tellina. Fra le montagne di questa, l'Adda e il lago d'Iseo, dominava Bergamo; Brescia,
daU'Oglio ad Asola e al lago di Garda; Lodi, fra il Po e l'Adda inferiore; Crema, sul
basso Serio; Cremona, sulla destra dell'Oglio dal Bergamasco a Cusalmaggiore; Man-
tova, sulle due rive del Mincio e del Po, da Asola sin al territorio della Mirandola;
Verona, sul bacino dell'Adige inferiore da Avio nel territorio retico di Uoveredo
ITALIA fSI
sin a Lendinara nel Polesine di Rovigo; Vicenza, Padova, Treviso , fra l'Adige e la
Piave.
B. Al sud del Po, Asti dominava da questo fiume al Tanaro; Alessandria sulle due
rive del Tanaro e della Bormida; Tortona sulla Scrivia; Pavia sulle due rive del Po, tra
i dominj di Vercelli, Novara, Lodi, Tortona, Monferrato. L'antica Gallia cispadana fra il
Po, gli Apcnnini, la Trebbia e il Reno era partila fra Piacenza (le due rive della Treb-
bia), Parma, Reggio, Modena (quasi fin al Reno) ; i^errara possedeva porzione de' paesi
fra i rami del Po vicino all'Adriatico; Bologna, Ravenna, Faenza, Rimini nella Roma-
gna, Camerino nella marca d'Ancona.
C. In Toscana Lucca sulle due rive del Serchio e della Lima. Pisa dominava gran
parte del litorale toscano, le vicine isole di Capraja, Gorgona, Giglio, Elba, Pianosa, ecc.
e porzione della Sardegna , e contava sin cencinquantamila abitanti. La emulava Fi-
renze, che stendeva il dominio dalle alture cbe separano l'Elsa e l'Era affluenti del-
l'Arno, sin all'altro pendio degli Apennini in Romagna da occidente a oriente, e dalla
valle superiore del Reno fino al sud di Colle. Da Colle a Montepulciano signoreggiava
Siena. Fra le tre era ristretto il dominio di Volterra. Al nord-est di Siena era ^Ireszo;
al nord-ovest di Firenze Pistoja. Ben tosto Firenze obbligò Pistoja, Arezzo, Siena a far-
sele alleate o piuttosto ligie; nel 1254 smantellò Volterra; infine prevalse anche a Pisa.
Queste repubblichette guerreggiavansi l'una l'altra, nimicandosi sotto il titolo di
guelfe e ghibelline. Guelfe erano ordinariamente Milano, Vercelli, Novara, Lodi, Ber-
gamo, Brescia, Verona, Mantova, Vicenza, Padova, Treviso, Alessandria, Tortona, Pia-
cenza, Bologna, Faenza, Firenze; ghibelline Pavia, Cremona, Parma, Modena, Reggio,
Lucca, Pisa.
D. Ai due lati stavano due potenti repubbliche marittime: Genova che signoreggiava
il litorale del suo golfo e parte della Corsica e Sardegna, oltre molti possedimenti in
Levante, come Gaffa, Azof, Smirne, Scio, Metelino, Tenedo, Pera e Calata. Venezia si
formò colle rovine delle città di Terraferma , poi dal procacciarsi sicurezza passò ad
avere dominio. E prima soggiogò Pola, Capodistria e le altre cittadine dell'Istria, rifugio
di ladroni; poi in Dalmazia Zara, Salona, Sebenico, Spalatro, Trau, Ragusi,Narenta. Ma
la Dalmazia le fu tolta il 1117 dagli Ungheresi, eccetto Zara. Questa pure le si ribellò
nel 1181, ma coil'ajuto de' Crociati la ricuperò nel 1202. In quella crociata Venezia ot-
tenne pure tre ottavi di Costantinopoli, la più parte del Peloponneso e delle isole del-
l'Arcipelago, Egina, Corcira, Candia, il chersoneso Tracio, le coste della Propontide, le
città di Frigia non occupate dai Turchi, ecc. Allora potè veramente dirsi sposa dell'A-
driatico, quale l'avea dichiarata Alessandro IH; e inipose un tributo su qualunque nave
mercantile passasse al nord d'una linea tirata da Ravenna al golfo di Fiume, e vietò
affatto quel mare a navi di guerra.
E. La libertà delle città non avea distrutto i feudi, massime nei paesi montuosi dove
i signori s'erano potuti munire. Fra quelli al nord-ovest del lago di Como annidavansi
i Rusco, che talvolta padroneggiarono Lugano e Bellinzona ; sul Bergamasco e nella
valle che ne serba il nome, i Calepi; sul Mantovano i Bonacossi, poi i Gonzaga; nel
Padovano le case A'Este e di Carrara; nel Vicentino e nella marca Trivigiana i Col-
lalto, ì Camino, i Romano; nel Veronese gli Scala e i San Bonifazio; sul Reggiano i
Correggio, i P?co, i Fogliani, i Carpineti; sul Parmigiano i Rossi verso l'Apennino, e i
Pelavicini verso il Po; sul Piacentino gli Scotti e i Landi; nel Pavese al nord del Po i
Langoschi, i Gambarani, ì LomeUìni.
Nella riviera e fra le balze della Liguria aveano conservato signorie i Boria, i Fìeschi,
i Grimaldi, gli Spinola; i Malaspina negli Apennini della riviera di Levante; i Porcari
fra le montagne di Lucca; i Segatori e quei della Gherardesca nel Pisano; nel Senese
gli Ardenghi a occidente, gli Scalenghi ad oriente, i Giulieschi al settentrione; nel Fio-
rentino gli Ubaldini al nord-est, i conti Guidi fra gli Apennini ad est, gli Vberti e i
Pazzi sull'Arno superiore, ad ovest i Certaldi e i Capraja . . .
In questi signori era continuo il desiderio d'acquistare o ricuperare il dominio sopra
le città; e vi riuscirono, talché, quante repubbliche, tante tirannie si stabilirono. Poi
a poco a poco vennero assorbite dalle signorie maggiori, come quelle de' lorriani e
Visconti a Milano, degli Scaligeri a Verona, degli Estensi a Modena.
Alcuni feudi più potenti serbavansi ai due estremi di Lombardia: ad oriente il pa-
232 GEOGRAFIA — EPOCA UNDECIMA E DUODECIMA
triarca à'Aquileja, che possedeva il Friuli e parte dell'Istria; ad occidente la casa di
Savoja, cui appartenevano il Bugey (Bellay), la Savoja {Cliamléry),\o Sciablese sulla si-
nistra del lago Lemano, parte del Faucigny, del Valese e del Paese di Vaud, il ducato
d'Aosta, la Tarantasia, cioè la valle superiore dell'lsero, il marchesato di Susa e Torino.
Avrebbe dunque padroneggiato le Alpi se non fosse slata divisa in varj rami, e quindi
tenuta dipendente dalla Francia.
Confinavano con essa il marchesato di Saluzzo e quel di Monferrato; dal quale sin
alla costa ligure stendeasi il marchesato di Finale e Carrello.
F. Il tempo aveva assodalo la dominazione temporale del papa che per diritto signo-
reggiava la Romagna, la marca d'Ancona, il ducato di Spoleto, la Toscana meridionale,
la Sabina, il Lazio sin a Terracina e Fondi. Ma nelle città, massime delle tre prime
Provincie, erano sorti varj tiranni, che inalberando il vessillo imperiale per sottrarsi alla
santa sede, in fatti non obbedivano a nessuno: cos'i a Ravenna aveano dominio i Po-
lenta; a Rimini i Malatesla: a Bologna i Lambertazzi, i Geremei, i Pepali; a Urbino i
conti di Montefellro; a Camerino i Varano; a Imola i Manfredi. Nella stessa campagna
di Roma erano sorte famiglie, che il papa non poleva tener in freno: gli Orsini fra le
montagne all'est del Teverone; i Colonna ad occidente di Frenesie; i Savelli nel Lazio
antico verso i! monte Albano; i Frangipani verso Anzio al nord delle paludi Pontine;
i Farnesi ad occidente del lago di Bolsena; gli Aldobrandini al sud-est della Toscana.
Men corsi dai Barbari, v'erano rimaste più vestigia del governo municipale antico,
onde ogni villaggio pretendeva formare uno Stato da sé; e quindi lo Stato della Chiesa
non era che l'incondita aggregazione di tanle città, corpi, signorie indipendenti.
G. 11 resto d'Italia al sud da Ascoli sul Tronto, e da Terracina sul golfo di Gaeta,
eccetto Benevento rimasto al papa, formava il regno di Napoli. Comprendeva esso gli
Abruzzi (Aquila, Sulmona, Teramo, Chieti, Ortona, Pescara); il contado di Molise (Iser-
nia); la Terra-di-lavoro (Sora, Aquino, Fondi, Capua, Napoli, Nola); il Principato (Be-
nevento, Nocera, Amalfi, Salerno, Policastro); il ducato di Calabria, cioè l'antico Bru-
zio; la Capitanata (Foggia, Lucerà, Manfredonia); il principato di Bari (Bari, Bitonlo,
Barletta); quel di Taranto (Brindisi, Otranto, Taranto); la Basilicata (Potenza, Melfi), e
tutta Sicilia.
Quando le vittorie di Benevento (i26S) e di Tagliacozzo (1268), al nord-ovest del lago
Fucino, ebbero assicurato il regno a Carlo d'Anjou, parca dover crescere a grande po-
tenza. 11 re di Tunisi era tributario a Carlo, che come senatore di Roma e vicario del-
l'Impero in Toscana e Romagna, godeva su tutto il centro d'Italia un'autorità mai più
usata. AI suo contado di Provenza unì molte città di Piemonte, qual vicario imperiale,
propose alle città lombarde di riconoscerlo signore, e meditava la conquista dell'im-
pero d'Oriente. I Vespri Siciliani (1282) sovvertirono i suoi divisamenti, e il regno
restò diviso in due, di Terraferma e di Sicilia.
Ma la monarchia non avea potuto spegnervi la feudalità, radicatasi al tempo de' Nor-
manni; e i baroni ebber sempre parte importante nelle tante vicissitudini del regno.
Principali erano i Sanseverini, che possedevano la più parte della Basilicata, il ducato
di Amalfi, le contee di Sanseverino, di Marsico nel Principato, di Bassignano in Cala-
bria, di Matera nella provincia di Taranto; i Pipino, che dominavano su molta parte
della Capitanata e sulle parti montuose del principato di Bari. La parte occidentale della
provincia di Taranto ed alcun che della Basilicata orientale apparteneano ai Balzi; ai
Ruffo la costa nord^est del Bruzio ; ai Cantelmi il pendìo occidentale degli Apennini, dal
lago Fucino sin a Venafro. Gli Orsini romani erano conti di Tagliacozzo e Monupella
negli Abruzzi, conti di Nola e principi di Salerno, e dipoi successero nel ducato di
Amalfi ai Sanseverini, e ai Balzi nella provincia di Taranto. 1 Colonna, romani anch'essi,
ereditarono nel Bruzio i beni di casa Ruffo.
Oltre questi , si trovavano negli Abruzzi sulla costa il contado di Atria degli Aqua-
viva, il marchesato di Pescara degli Avalos , il marchesato del Vasto; nell'interno le
contee di Montorio dei Gambahsa, e di Celano dei Savelli; nelia Terra-di-lavoro il con-
tado di Fondi dei Gaetani, il ducato di Sessa dei Marsano; nel Principato i contadi di
Martino dei Tocco, di Cerreto dei Sanframondo , d'Aviano dei Sovratio; in Calabria
quelli di Nicastro degli Origlia, di Gerace dei Caraccioli, ecc.
rBANCiA 233
$ ii. — Francia.
Tra la prima crociata e quella di san Luisi, la Francia non mutò confini, se non che
dal lato dei Pirenei orientali, col trattato del d258, esso Luigi rinunziò ogni diritto
sovrano sopra la marca di Spagna. D'allora i conti di Barcellona e Rossiglione rileva-
rono dalla corona d'Aragona; e il Rodano, la Saona, l'alta Mosa, la Schelda segnavano
il limite fra la terra di re e terra d'impero.
Mentre la feudalità soccombeva in Ralia ai Comuni, e in Germania prevaleva alla mo-
narchia, qui dovea cedere al re alleato coi Comuni, il quale sgombravasi lo spazio at-
torno al primitivo suo ducato. Feudale affatto era ancora la proprietà; grossi feudi re-
stavano tuttora, Fiandra, Borgogna, Bretagna: pure il re e suoi agenti s'insinuano
pertutto, e fanno sentire al popolo l'azione tutelare della monarchia.
Ai cinque contadi di Parigi, j\Jelun, Etampes, Orléans e Sens^ retaggio del re di Fran-
cia al tempo di Filippo I, furono successivamente aggregati, al nord il Vermandois e il
Valois (1213), VArtois (1180), il contado di Clernvmt in Beauvaisis (1218). Ad occi-
dente la signoria di Montlhéry (ili 8), la contea di Meulant (■120;ì), il Vexin (120o); le
contee di Dreux (sotto i-uigi VI) e di Evreux (J200), la Normandia, il Maine, VAnjou
(i20i), le contee di Alen^on e di Perche (1221). Al sud le contee di Corbeil (sotto
Luigi VI), di CJiarires, Blois, Sancerre ('12oi), la città di Montargis, le signorie di Gien
e di Pont Sainte-Maxence (sotto Filippo II), il viscontado di Bourges (1100), la contea
di Macon (1239), la parte della città di Lyon ch'è sulla destra della Saona (1183), le
contee di Poitiers e A'Auvergne (1205), di Tolosa colla dipendenza (1270), di Carcas-
sona e Béziers (1247).
Pertanto de' sei grandi feudi fra la Schelda e la Loira , il ducato di Normandia e il
contado d'Anjou più non esistevano, due altri erano decimati a prò della monarchia.
IVel 1191 il conte di Fiandra cedette Arrasy Bapaume, Aire, Saint-Omer, Hesdin, Lens,
cogli omaggi di Boulogne, Guines e Saint-Poi d'Ardres. Nel 1234 il conte di Champa-
gne vendette a san Luigi le contee di Biois, di Sancerre, di Charlres, e la viscontea di
Chàteaudun. Il ducato di Borgogna e il contado di Bretagna erano posseduti da due rami
cadetti della casa di Francia. Al sud della Loira, la contea di Tolosa, e i ducati d'Aqui-
tania e Guascogna erano estinti: il contado di Barcellona, quarto gran feudo dell'antico
regno d'Aquitania, più non apparteneva alla Francia.
Anche la Chiesa era esposta a continue usurpazioni de' nobili, degli uffìziali regj e
de' borghesi, mentre scemavano le pie istituzioni ; sicché se nel xii secolo s'erano fon-
dati settecentodue monasteri, nel xiii se ne dotarono soli duecentottantasette, nel xiv
non più di cinquantatre.
Questi cresciuti dominj della corona non erano dai Capeti ripartiti, come solevasi dai Appanafgi
Merovei e dai Carolingi; pure davansi provincie intere in appanaggio ai figli di Fran-
cia, col che elevavasi una nuova feudalità ancor più pericolosa. Luigi VI diede al suo
terzogenito la contea di Dreux; Filippo Augusto quella di Dammarlin al figlio Filippo
Hurepel; i tre fratelli di san Luigi ebbero, Roberto la contea d'Artois, Carlo il Maine e
VAnjou, Alfonso la contea di Poitiers con parte dell'Auvergne, e tutta la contea di To-
losa. Anche san Luigi infeudò molte provincie ai suoi figliuoli: a Giovanni Tristano il
Valois, a Roberto il contado di Clermont nel Beauvaisis, a un altro le contee A' Alengon
e di Perche.
Gli effetti degli appanaggi restavano elisi dacché s'andò stabilendo che, in mancanza
di maschi, gli appanaggi ricadessero alla corona, al contrario dell'uso che negli altri
feudi s'insinuava di ereditarne anche le donne.
Per quest'uso gli antichi feudi suddivideansi, e passavano in altre famiglie. Sussiste- FeaJi
vano ancora :
0. Al nord della Loira, la contea di Fiandra, che in quel tempo s'unì coWlIainaut,
e che pel doppio matrimonio di Roberto di Dampierre e suo figlio, acquistò le contee
di Rethel e ^'evers, le baronie di Don-y e Biceys; inoltre le contee di Guines e Sainl-
Pol; quella d' Eu, posseduta dalla casa di Brienne; quella di Bretagne, aumentata coi
beni confiscati alla casa di Penthièvre; la signoria di Lavai, posseduta da un ramo dei
234 GEOGRAFIA — EPOCA L'NDECIMA E DUODECIMA
Montmorency -, la contea di Vendóme; quella di Montfort VAmaury, che stava per pas-
sare ai conti di Bretagna; la baronia di Montmorency ; le contee riunite di Champagnej
Brie, Bar-sur-Seine, il cui signore aveva ereditato il regno di Navarra; le contee di
Joigny, di Grand-Pré, di Boussy, di Soissons della casa di Nesles; la baronia di Coucy;
la signoria di Joinville; il ducalo di Borgogna.
b. Al sud della Loira, le contee riunite della Marche e ù' AngouUme ; il viscontado di
Turenne; i lenimenti della casa à'Auvergne, ristrelli benché avesse acquistalo la contea
di Boulogne; le baronie di Bourbon e di Beaujeu; i contadi di Rouergue e di Foix; il
viscontado di Narbona.
Possessi ai e. 1 feudi tra la Garonna e i Pirenei restavano indipendenti, o ligi al re d'Aragona,
stranieri jj fg d'Inghilterra aveva conservato in Francia il ducato à'Aquiiania, sebben di puro
nome; il Bordelais^ VAgenois, il Quercy, e supremMia sopra la contea di Perigord e la
viscontea di Limoges. A un ramo cadetto delia casa di Castiglia ; dopo il Ì2S2 , appar-
tenevano il contado di Aumale , le baronie di Montgomery e di Noyelles, la signoria
à'Epernon ecc. La casa d'Aragona era signora di Montpellier.
Comuni Accanto alla feudalità sorgevano i Comuni e le città municipali, che doveano repri-
merla e infine distruggerla. 1 Comuni più gloriosi furono Beauvais (1099j, Noyon (HTS),
Saint-Quentin (11(J2J, Laon (HI 2), Amiens (Mia), Soissons (1116) in Picardia ; Reims
(H58), Sens (1146) in Champagne; in Borgogna, Vezelay (sotto Luigi VII).
A questi voglionsi aggiungere Abbeville (1100), Corbia (sotto Luigi VI), Chamoilles,
Cerny e Verneuil (1184), Montreuil (1188), Saint-Riquier (1189), i borghi dipendenli
dalla chiesa di San Giovanni di Laon (1196), Athyes (1212) in Picardia,Chaumont(1182)
e Dijon (1183) in Borgogna, Baune, Chevy, Cortone (1184), Bourg , Coiiiin e Crespy
(1184) Bois-Commun nel Gatinais , e Lorris (118(3), Voisines (1187), Saint-André
presso Macon, Pontoise (1188), Dimont-Chéry (1201), Pont Audemer (1204), Ferrières
(1203), Bray (1210), Chaulny (1215), Crespy nel Valois (1215), i borghi dipendenti dalla
badia di Aurigny nella diocesi di Laon (1216), Poissy, Triel, Saint-Léger, Niort (1230),
AiguesMorles (1246) . . .
Tra le città municipali le più importanti erano Tolosa, Narbona, Mmes, Périgueux,
Bourges, Reims, Parigi. Seguivano Agde, Angoulème, Arras, Auch, Auxonne, Autun,
Auxerre, Bavay, Bayeux, BesanQon, Bourdeaux, Boulogne, Cahors, Chàtons-sur Marne,
Chàlons-sur-Saone, Chartres, Evreux, Langres, Limoges, Lyon, Macon, Maguelonne,
Mans, Meaux, Nantes, Nevers, Poitiers, Puy, Hennes, Rouen, Seez, Senlis, Tours, Tro-
yes, Usez e molt'altre; tante che all'assemblea del 1249 vennero cinquantadue deputa-
zioni di città della sola Linguadoca per giurar fede al nuovo conte di Tolosa Alfonso,
fratello di san Luigi.
Moltissime altre città non erano né municipj né Comuni, pure godeano privilegi, ot-
tenuti al tempo delle crociate o in altri bisogni de' lor signori. Fra essi n'era di pri-
marie, come Orleans, e Parigi stessa che non conservò i diritti dell'antica curia.
g 12. — Spagna.
Respìnte le nuove invasioni degli Almoravidi e degli Almoadi, i Cristiani crescevano
grandemente nella Spagna : Cordova, Jaen, Siviglia e le altre dodicimila città o villaggi,
di cui dicono popolate le rive del Guadalquivir, erano state da Fernando III lolle ai
Mori; da Alfonso X il Savio Niella al sud-ovest di Siviglia: l'Aragona ricuperò il regno
di Valenza e le isole Baleari, e divise colla Castiglia il regno di Marcia: il re di Porto-
gallo sottopose Lisbona e gli Algarvi; talché ai Mori non restava più che il regno di
Granata, cioè i paesi del sud-est della penisola che traversano gli altissimi monti della
Sierra-Nevada e Sierra- Loxa. Ma tra le fortezze naturali di questi monti e le artefatte
di Granata, Gibilterra, Algeziras e Tarifa, affollate d;illa gente uscita dai paesi perduti,
e soccorse dal re di Marocco, due secoli ancora resistettero.
I regni cristiani erano :
i. Ad occidente il Portogallo dal Mino sin allo sbocco della Guadiana ; ove tro-
vavansi, dal nord al sud, le città di Braga, Porto sul Duero, Coimbra sul Mond^go, ^an-
tarem e Lisbona sul Tago, Faro all'estremità degli Algarvi.
INGHILTEBRA, IRLANDA, SCOZIA 23?»
2. Al centro i regni uniti di Casti gli a e Leon^ che comprendeano la Ga/jzm fin
al Mino (Liigo, San Jugo, Tuy); la Guifiùscoa (Villoria, Bilhao, San Sebastiano); la Vec-
chia Castiijiia (Biirgos, Calaliorra, Santillana, Oviedo, ooria, Segovia, Avila, Leon, Cur-
non, Valladolid, Salamanca, Zaniora, Toro); la Nuuva tastii/lia (Madrid, Toledo, Si-
guenza, Cuenca, Ciudad Real); V Estremadura (Badajoz e Caceres); V Andalusia (Siviglia,
Niebla, Cadice, Cordova, Jaen); la provincia di Marcia nella capitaneria generale di
Valenza (Marcia e Cartagena sul Mediterraneo).
5. Al nord-est il regno d' Aragona, allora posseduto dai conti di Barcellona, e
formato dalla riunione t\^\V Aragona (Saragozza, Caspa, Huesca) colla Catalogna (Bar-
cellona, Lerida, Girona, Urgel) e col Rossiglione (Perpignano). Giacomo I v'aggiunse
poi il regno di Valenza (Denia , Valenza, Peiiiscola sul Mediterraneo, Morella al nord-
ovest di Valenza), il sud di Marcia e le Baleari ; ma quando il regno di Murcia, eccetto
solo Alicante, fu ceduto alla Castiglia, l'Aragona non trovandosi più in contatto coi
Mori, cessò dal guerreggiarli, e sola rimase in campo la Castiglia, Dipoi l'Aragona, per
proteggere il commercio de' Catalani, volgeva tutta l'attenzione al Mediterraneo, tanto
più daccbè ebbe reso sua provincia la Sicilia.
4. Al nord la Navarra (Pamplona e Viana, fortezza sull'Ebro per fronteggiar la
Castiglia), piccolo regno, da cui erano state staccate la Discaglia, VAlava^ la Guipuscoa.
K'erano re i conti di Champagne.
§ 13. — Inghilterra, Irlanda, Scozia.
Limiti fra l'Inghilterra e la Scozia erano ancora al nord il Tweed ; ma quella preten-
deva dominare, questa ricusava obbedire. Airo\est il paese di Galles fu solo tributario,
sinché Eduardo 1 lo conquistò. Di là dal canale di San Giorgio, l'Irlanda piana era stata
sottomessa, mentre le parti montuose dell'ovest e le paludose del nord erano ricovero
agl'indigeni sofferenti del giogo. 1 nobili normanni che aveano fatta quella conquista
sotto Enrico II, se la spartirono senza vantaggio della corona. Questa possedeva grossi
feudi in Francia.
Dopo l'invasione normanna, l'Inghilterra era stata divisa in sessantamila ducente- Dominio
quindici feudi di cavalieri, dei quali il re aveva presi mille quattrocentosessantadue pos- reale
sessi e le principali città, per formaisene il dominio particolare. Il resto fu distribuito Femii
fra più di seicento signori seguaci: 45u feudi a Odone fratello del Conquistatore; 973 immediati
al conte di Mortagne; 28U al vescovo Gofredo; 242 a Alano Fergent conte di Bretagna;
298 a Guglielmo di Varennes; 171 a Kicardo di Giare ecc. Ma acciocché tanta potenza
non divenisse pericolosa, Guglielmo avea disperso quei dominj ne' varj contadi.
I conti furono resi ereditarj, ed erano la prima dignità dopo il re, con giurisdizione r ,•
regia nelle provincie, vasti territorj, e il doppio carattere d'ulfizialidelre e grandi vas-
salli. I contadi erano :
a. Al sud del Tamigi da oriente in occidente Cornovaglia (Falmouth); Devon (Exeter,
Plymouth); Dorsei (Dorchester) ; Somerse^Glastonbury, Bath) ; Glocester (Bristol, Glo-
cester) ; ire/is (Salisbury, Clarendon); Hamps (Winchester, Ramsay, Southampton,
Portsmouth); Sussex (Cbichester, Arundel, Lewes, Perensey, Hastingsj; Kent (Canter-
bury, Dover, Sandwich, Rochester); Surrey [GuWàiorà) -^ Berks (Windsor).
6. Fra il Tamigi al sud, il Wye e il Dee all'ovest, il Trent al nord, il mare del Nord
all'est, erano E->sex (Colcliester); Middlesex (Londra); Buckingam; Hertford (Sant Al-
bano); Bedford; Huntingdun sull'Ouse; Cam6r«c/(/e abbracciava molta parte delle ma-
remme fra rOuse, il Welland e il golfo di Boston (Cambridge, Ely, Thorney) ; Suffotk
(Ipswich, Bury, Saint Edmond); Aorfulk (Korwick, Yarmoutb); Ox/'ord (Oxford, Wood-
stock, Uambury); Hereford sul Wye (Hereford, Ross); trorces/ersullaSaverna (W^orcesler,
Evesham); Shrup sullaSaverna (>chre\vsbury); It'ant'jcfe (Warwick, Kenilworth, Co-
ventry) : Leicester (Leicester, Bosworth) ; Northampton (NorthamptonsulNen, Naseby);
i{u</a«d (Stamford) : Lincoln (Lincoln, Grimsby, Spalding, Crowland)
Le città furono rovinate dalla conquista e dal sistema feudale. Di 1607 case che York ci(,j,
aveva, fu ridotta a 967; Oxford, da 721 a 243; Chester, da 487 a 282; Derby, da 243
a 140; e così le altre. Pure poco a poco si rifecero, e cominciando da Enrico li, ot-
236 GEOGRAFIA — EPOCA UNDECIMA E DUODECIMA
tennero dal re o dai signori carte che assicuravano il commercio e quindi la prosperila,
sicché arricchite, acquistarono alcun peso nello Stato. 1 cittadini di Londra e dei cinciue
porti Dover, Sandwich, Hythe, Ilastings, e Romney, oltre i larghi privilegi munici-
pali, ebbero titoli di nobili e baroni. Poi il 24 dicembre 1264 furono invitati al Par-
lamento gli abitanti di tutte le città inglesi: nel 1283 fu determinato dovessero elegger
deputati al Parlamento quelle tutte ove teneasi un mercato ; e cenventi spedirono rap-
presentanti nel 129S.
Nobili I piccoli nobili e i liberi possessori unironsi alle città, il che ne crebbe l'importanza;
imnudiati e trovandosi minacciati dal re e dai baroni, si strinsero fra sé ed opposero un corpo,
di spiriti eguali perché d'eguali interessi, e giunsero ad ottenere la garanzia de' loro
diritti.
Scozia I re di Scozia riperdettero il Northumberland, ma dal re di Norvegia acquistarono
Man e le Ebridi (126G); se non che alla morte di re Alessandro HI comincia lunga
anarchia (1286 1370] . Città importanti e forti erano Roxburg, Jedeburg, Dericick sulla
frontiera inglese; Edimburg capitale del paese; Stirling n\ nordovest di esso.
Assicurata l'indipendenza, si trovò in preda all'anarchia feudale. Le terre basse
(/o?o/a/?ds} riconoscevano l'autorità del re; ma le alte [highlands)^ cioè la parte setten-
trionale montuosa, era occupata da uomini indipendenti. 1 montanari divideansi in
dan^ nominati ciascuno da un antico capo, e di cui i principali erano i Duglas, i Gregor,
i Donald, i Campbel. Al sud verso l'Inghilterra stavano altri clan indocili formati
da avventurieri dei due regni, chiamati Borderers, che scorrazzavano sulle terre con-
finanti.
Le Ebridi obbedivano a un lord delle Isole.
§ 14. — Scandinavia,
Col cristianesimo s'introduce nella Scandinavia un vivere civile, cessa l'errabonda
fierezza, e invece delle conquiste armate, cercansi quelle della civiltà.
11 Giulland, la Scania, le isole Danesi, fiugen, Dornholm, l'Estonia settentrionale
formavano la monarchia danese, la quale, già potente sotto i primi Valdemari, fu dal
clero e dai nobili mutilata.
La Norvegia stendeasi dall'estremità della provincia di Bohus (Marstrand) sin tra
i geli del Finnmark. Acquino VI (1247) la ripopolò, rifornì di mura le città, assodò l'alto
dominio sull'Islanda, sul Groenland e sulle isole del mare del Nord, eccetto Man e le
Ebridi. Ma lo stabilimento d'un banco di Lubeka a Bergen e i privilegi concessi ai ne-
gozianti anseatici, furono seme di turbolenze.
La Svezia comprendeala Golia propria, la Svezia, le isole di Oeland e di Gothland
della Finlandia, e parte della 'Lapponia finlandese. Jarl Birger reggente del regno (12S0)
fabbricò Abo sulla costa del Finland, e fortificò Stockolm.
Le città nei tre regni erano ancora deboli; ma i villani, rimasti sempre liberi, en-
travano alle diete e agli alTiiri. Feudi come s'intendeano altrove, non ebbe mai la
Norvegia; due soli contadi vi furono istituiti al fine del medioevo, quando i re danesi
la possedevano.
§ 15. — Stati slavi.
Un nuovo dominio piantavano i cavalieri Teutonici sulle rive del Baltico tra la Vi-
stola e il golfo di Finlandia, nella Prussia, nella Curlandia e nella Livonia. Gl'indi-
geni, sostenuti dai Lituani, resistettero, ma ben tosto si trovarono incatenati dai nu-
merosi castelli de' cavalieri,
Lituania I Lituani si tolsero nell'xi secolo dall'obbedienza de' principi russi; nel xui ebber
conquistato larghissimo paese, che al nord abbracciava i paesi bagnati dalla Dwiiia a
mezzo il suo corso, all'est quelli attraversati dal Dnieper, al sud tutto il bacino del l'ri-
petz ove sono le più vaste paludi d'Europa, all'ovest poca parte del bacino del Bug e
quasi tutto quello del Niemen, ove le città di Polotsk sulla Dwina, Minsk verso le sor-
STATI SLAVI 237
genti del Niemen, Novogorodek all'ovest di Minsk, Grodno sul Niemen, Pinsk presso il
Pripetz.
I ducati di Masovia e Cujavia, cioè quasi tutta la parte polacca del bacino della Polonia
Vistola, pretendeano essere indipendenti, ciò che indeboliva il regno e produceva guerre
civili. Ne profittavano i cavalieri Teutonici, i Lituani, gli Ungheresi, i Mongoli, che
devastarono tutta la Polonia meridionale, saccheggiarono Sandomir e Cracovia; sicché
fa meraviglia come tra divisioni esterne e interni attacchi, la Polonia divenisse potenza
prevalente del Settentrione.
La Russia era anch'essa divisa in principati {Suzdal, Ttcer, Casan, Smolensk, Kiof, Russia
Cernicof), e in repubbliche poderose, come Pskof sul lago Peipus, Novogorod domina-
trice della Russia settentrionale. Perciò i Mongoli la ridussero serva, ponendo una capi-
tazione sujili abitanti, pur conservando al granducato di Vladimiria il titolo di capo
supremo, dipendente dalla Grande Orda che dominava tutta la Russia orientale sino al
Voroneja, affluente della sinistra del Tanai.
AW'Ungheria fu aggiunta tutta la Dalmazia, salvo Zara che i Veneziani recuperarono angheria
nel 1202, e il palatinato di Machoiv stabilito nel 1247 a spese de' Servj lungo la destra
del Danubio, da Belgrado fin presso Widdin. I Cumani rozzi e idolatri che, avendo i
Mongoli conquistato la Russia meridionale, rifuggirono in Ungheria-, i Sassoni stan-
ziati in Transilvania ove fabbricarono Hermanstadt, con molti privilegi ; e le conces-
sioni fatte ai magnati divenner causa di turbolenze, tra le quali i Mongoli invasero
il paese.
La Boemia si rese indipendente nel Grande interregno (1234-73), formando un regno Boemia
elettivo. Nel 1268 vi s'aggiunsero i ducati d'Austria, Stiria, Carinlia, Camicia, per-
duti nel 1276. Carlo IV imperatore v'innestò come feudi la Lusazm, l'alta e bassa Slesia,
la contea di Glalz.
Sulla destra del Danubio da Belgrado in giù stavano Serbi e Bulgari. La Servia, la Servia
cui parte nord-est cbiamavasi anche Bascia, comprendea pure il litorale dell'Adriatico® ^"'s*"**
dal territorio di Hagusi a quel di Sculari; e al sud stendeasi fin alle montagne di Mace-
donia. Fra il Danubio e l'Emo dominavano i Bulgari, che aveano testé conquistato la
Tracia, ma mal si reggevano contro Ungheri e Mongoli.
EPOCA ILIII
DAL 1300 AL 1492 D. C.
In questo tempo gli Stati prendono l'assetto che poi, con lievi alterazioni, con-
servarono nell'età moderna: giova dunque descriverli con qualche particolarità.
$ì. — Asia.
Quando Tamerlano comparve (1560), l'Asia era divisa cosi :
1° Il regno degli Ottomani abbracciava l'occidente dell'Asia minore; città principali
Brusa, Marmora, Pergamo e Smirne rifabbricata da Giovanni Comneno.
2" I regni se/gmcùh' di Soliman Bascià, capitale Co&tamun ; di Ghermian, capitale
Kutahieh ; ài Zakaria, capitale Karaliissar ; di Caramanio, capitale Caraman; d'A-
merkhan, capitale Ak-serai; di Siva, capitale Siva.
3" Regno degli Ilkaniani, avente al nord il Caucaso che lo separava dal Capciak,
all'est il Caspio, al sud il Bar el Irak e altri fiumi che lo separavano dagli Arabi liberi,
all'ovest l'impero dei Mamelucchi baariti ; capitale fia^rfarf.
4° Impero de' Moda (feri ani, diviso in quattro Stati principali nominati dalle loro ca-
pitali Ispahan, Sciraz, Kerman, Yezd.
b" Regno de' Sarbedari, capitale Sebzavar.
6" Quello dei Kurt all'ovest toccava i due predetti, e all'est l'Indo: capitale Herat.
1° L'impero di Delhi al nord confinava coll'lmalaya, all'est col Bengala, al sud col-
l'impero dei Bamani, all'ovest coU'Indo; capitale Delhi, abbellita d'insigni edifizj,
8° Regno di Malva, paese montuoso sui due pendii dei monti Yindia; capitale
Mandò.
9" L'impero de' Bamani abbracciava tutto il Decan musulmano; capitale Calberga.
Ivi erano pure le città sante di Ellora famosa pei templi scavati nel granilo, e di Gia-
grenat sul golfo di Bengala, con un' immensa pagoda, al cui idolo accorrono ogn'anno
innumerevoli pellegrini.
10. Regno di Bisìiagar, capitale Vigianagara, o città della vittoria.
11. Quello dei Belala abbracciava il resto della penisola, diviso in moltissimi princi-
pati dipendenti.
12. Quello di Bengala, capitale Porniah, presso la sinistra del Maanada, con bel-
lissima moschea, fabbricata da llias Agi, secondo re maomettano del Bengala.
13. Impero dei Ming, capitale Nan-king.
14. Quello degli Yuen del Nord o Mongoli, capitale Carakorum.
15. e di Ciagatai, che Tamerlano tornò all'unità.
§ 2. — Impero mongolo alla morte di Tamerlano,
Tamerlano lasciava (1405) un impero esteso al nord fino ai monti Beczka e Ulugtag,
al Caspio e al Caucaso; all'ovest sin all'impero di Trebisonda, all'Eufrate superiore,
agli Stati tributari de' principi selgiucidi da lui ristabiliti, e all'mipero dei Mamelucchi
Borgiti, signori della Piccola Armenia dal 137i; al sud fin al reguo degli Ilkaniani;
all'est fin all'impero dì Delhi e a (jucllo dei Ming e ai Mongoli indipendenti. Cillà ca-
pitale era Sama/7ianc/a, centro d'immenso commercio : fìokara era tornata ricca e in
fiore: di Herat furono diroccale le fortificazioni, e le porte, rivestile di lastre d'acciajo
con fregi e iscrizioni, trasportate a Rese: a hpahan settantamila cittadini vennero
scannati per ordine di Tamerlano.
REGNI M118ULMAM 239
La Cina stendevasi ancora per grande ampiezza, toccando al nord i Mongoli indipen
denti e l'impero del Timur ; all'ovest questo slesso ; al sud l'impero di Delhi « i regni
di Nepal e di Dengala, da cui la separavano gl'lmalaya ; all'est i popoli Ainos, Com-
prendeva dunque: i. Cina propria, divisa in quattordici provincie;2. il regno di
Ngan-nan, o Kiao-ci e Tang-king , conquistato dopo estinta la famiglia reale dei
Cin (4408); 3. Il Tibet, governato da otto piccoli re sotto la supremazia civile dell'im-
peratore, e la spirituale del Dalai-lama residente nel famoso tempio di Palata; 4 l'antico
regno di Kamil e le varie tribù suddite, disperse dalle frontiere nord-est del Tibet e
dai monti Bajan-k^ fin alle montagne Bianche,
Alla morte di Tamerlano, tutta l'Asia si solleva. I paesi fra il Giaik, il Siun, i monti
Kuen-lu e Tang-nu, già nel 1408 sfuggiti alla sua famiglia, formano gli Stati indipen-
denti degli Usbeki nomadi, Monpoli Uirat, Eleuti o Calmuki^ dei kanati gengiskanidi
di Camil-kotan e Casgar. Del Carism, Transoxiana, Persia e provincie settentrionali
dell' Indostan formansi i kanati di Mavcarannaar, Fergana, Badakcian, Cabul, Can-
dahar, Spgestan, Corassan.
La Georgia recupera l'indipendenza sotto i re Giorgio VII e Alessandro I. Nell'India di
qua dal Gange, il regno di Mulian è fondato da un principe afgano (1412). Da un altro
l'impero di Delhi (1450), da cui dipendono più o meno i regni mongoli di Cascemir e
Sindi. La maggior parte della penisola sta divisa fra molti piccoli Stati ; più o meno in-
dipendenti. Il regno di Seilan comincia fin dal S43 av. C,
Nel resto dell'Asia, i sultani borgiti d'Egitto sottomisero la Siria fin all'Eufrate e al
Cidno, e parte dell'^rafcm settentrionale fin al tropico (1402 20), e resero tributario il
regno di Cipro, che poi nel 147S venne sotto la protezione dei Veneziani.
^ 5. — Regni musulmani.
Maometto lì (1451-81) toglie ai Genovesi l'isole di Metelino e Scio; il principato di
Lesbo; conquista lo Stato selgiucide di Sinope e di Amerkan; l'impero di Trebizonda,
e il principato di Caramania, cioè tutta l'Asia Minore fin al Tauro e alla foce del Cidno.
Distrutto l'impero romano orientale, formò l'ottomano (14S3), il quale dalla capitale
Costantinopoli estendeasi al nord fino al mar di Marmara e al mar Nero ; all'est fino
all'Antitauro, al Tauro, al Cidno, che lo separavano dall'impero dei Turcomani del
Monton bianco e dei Mamelucchi Borgiti, cui non tardò a soggiogare; al sud fino al
Mediterraneo; all'ovest fin all'Arcipelago, di cui abbracciava le isole, salvo iiìoJt tenuta
dai Cavalieri che aveano fabbricata Budrun sulle mine dell'antica Alicarnasso.
Primarie città erano Brma, devastata da Tamerlano, rifabbricata da esso Maometto ;
Smirne, distrutta da questo, e ricostruita da Amurat li; Amastra, tolta ai Genovesi da
Maometto, che vi trasportò due terzi della popolazione di Costantinopoli; Amasia, ab-
bellita da Bajazet II, che vi fece la magnifica moschea e il collegio celeste ; Trebisonda.
consci porte, le mura elevate di sasso sul margine di profondi precipizi; la sua chiesa,
chediceasi fabbricata da Giustiniano, fu ridotta a moschea da Maometto.
In Europa l'impero ottomano stendeasi dal mar Nero all'est fino al Timok, che al-
l'ovest lo separava dalla Servia; e dal monte Tatra, che al nord lo separava dall'Un-
gheria, sino all'Arcipelago al sud. Comprendeva dunque al nord la Valachia, al sud
di questa la Bulgaria, al sud ancora di questa la Romelia, la Livadia al sud-ovest
della precedente, e all' ovest di questa il ducato di Giannina ; oltre la Moldavia tri-
butaria.
1° Il regno di Bulgaria fondato dai KutzoValachi fra il Danubio e il Balkan (1186),
era stato conquiso dai Turchi Ottomani il 1396. Città Nicopoli, Silistria sul Danubio,
Varna sul mar Nero, Sofìa sulla Bochana.
2" Nella Valachia rifuggirono i Kutzo-Valaohi dopo distrutto il regno di Bulgaria,
fondandovi un ospodarato, dipendente or dall'Ungheria or dalla Polonia, infine incor-
porato nell'impero ottomano. Città Tergoivitz sulla Jalomnisza.
3" La Romelia o Romania formavasi delle antiche provincie greche di Tracia e Ma-
cedonia, alle quali infine trovavasi ridotto l'impero greco. Città Stavibul (Costantino-
poli), Misiori (Mesembria), Siliori (Selembria).
240 GEOGRAFIA — EPOCA DECIMATERZA
4» La Livadia, o antica Tessaglia, stendeasi al sud fin al ducato d'Atene. Città Tri-
cala sulla Salampria.
5" Il ducato di Jannina (Etolia e Acarnania) avea per città principale /anta/i su piccol
lago.
6° La Moldavia era ospodarato fondato dai Vaiachi, migrati di là del Seret, verso
il 1332, e mescolati a un resto di Cumani, che, al tempo della conquista dei Mongoli,
eransi posti fra il Dniester e il Pruth, guidati da Bessarab, onde il paese fu detto Bessa-
rabia. Snidati dai Vaiachi, si chiamarono jl/o/rfafta tutte le terre fra il Seret, la Moldava
suo affluente e il Dniester, distinguendo la Moldavia propria all'occidente e la Bessa-
raòm a levante. Città, Jassi verso il centro; Semeìidroica aà occident^ul Seret; Choczitn
al nord sul Dniester; Suczaiva al sud-ovest di quella.
Indipendenti si mantennero alquanto tre principati, staccati dall'impero greco, ma
poco durarono: il ducato d'Atene, che comprendea l'Attica e la Beozia, e spettava alla
famiglia Acciajuoli fiorentina; la despotia di Morea, divisa fra due principi Palcologhi;
e la contea di Cefalonia, composta delle isole di Cefalonia e Zante, e delle coste d'Epiro
ed Acarnania.
Vicini e minacciati erano la Bosnia, fatta regno nel xiv secolo, al sud dell'Ungheria;
la Servia, all'est della Bosnia, da cui la separava il Drin; e dopo che Belgrado era
stato ceduto al re d'Ungheria, capitale n'era Semendria al nord del Danubio; come
Croja àeW Albania.
§ 4. — Germania,
L'Impero germanico stendevasi ancora dal Baltico alle Alpi, dalla Mosa e dalla Saona
fin alla Boemia, Polonia e Prussia, abbracciando oltre l'Alemagna propria, le reliquie
degli antichi regni di Lorena e d'Arles.
Alemagna L Alemagna. L'Alta comprendeva :
a. L'Austria eretta in arciducato il 6 gennaio 1433; composta delle contee di Ilabs-
burg e Kyburg, e del landgraviato dell'Alta Alsazia o Sundgau, patrimonio della casa
dominante; delle contee di Stiria, Carintia, Carniola, Austria, Tirolo, prefettura di
Svevia; capitale yt/^or/". Non chiudeaverun feudo immediatodell'impero; e tutte le terre
signorili ivi comprese rilevavano direttamente da duchi ch'erano pure avvocati {land-
vogts) d'Alsazia.
6, Il Palatinato del Reno, come il Nordgau o Alto Palatinato, era posseduto da uno
dei due rami della casa di Wittelsbach; il quale nel 1410 erasi suddiviso in tre: ramo
Elettorale, ramo di Neuburg, e ramo di Simmern.
Nel Palatinato erano compresi i grandi baliaggi di Heidelberg, Linderfels, Bacarach,
Alzey, Neustadt sotto Hart, le contee di Due Ponti, di Spanheim, eibaliaggidi Mosbacb,
Ladenburg, Bozberg, Bretten, Germersheim, Utzherg, Umstadt, Oppenheim.
e. Ducato di Baviera, composto dalla Bassa Baviera, e appartenente all'altro ramo di
Wittelsbach. Questa casa ducale nel 1382 era divisa in quattro rami: di Straubingen
e Ingolstadt, estintisi nel 1430 e 47; di Landshut e di Monaco, suddiviso ancora
in due.
d. Contea di Wilrtemberg, formata di parte degli Stati dell'antica casa di Svevia, e
che nel 1493 fu eretta in ducato. Al 1441 erasi partita in due: contea di Stuttgard, e
Alto Viirtemberg colla contea di Muntbéliard,
e. Margraviato di Baden fra il Reno e la Foresta Nera. Nel 1190 fé i due rami di
Hochberg e di Baden : nel loOO il primo si suddivise in due altri, di Hochberg-Hochberg
estinto nel 1418, e Hochberg-Sauenberg.
f. Burgraviato di Norimberga, di cui i conti di Hohenzollern furono investiti a ti-
tolo ereditario da Rodolfo d' Ilabsburg, poi da Carlo IV elevati a principi del sacro
impero.
Della Bassa Alemagna i principali Stati erano:
a. 11 ducato di Saasonia. Nel 11 80 Federico Barbarossa l'avea dato alla casa d'Ascanio,
la quale nel 1260 ebbe due rami, di cui il primo tenne il ducato di Sassonia fin al 1422,
(juando fu conferito al margraviato di Misnia, della casa di Welfin; il secondo ebbe il
principato di Anhalt. Un terzo ramo ebbe il ducato di Sassonia- Lauenburg.
GERMANIA 241
b. Landgraviato di Turingia staccato nel 1481 dalla Sassonia,
e. Contado di Reuss, ne' tre rami di Cera, di Weida, di Plauen.
d. Landgraviato d'Jsùa, formato di parte della Turingia, e nel 1292 eretto in prin-
cipato del sacro impero.
e. Contea di Hanau, che nel 1431 fu divisa ne' due principati di Hanau-Munzenberg
e HanauLìchtenberg.
f. Quella di Nassau, dopo il 12S4 distinta in ramo di Walram e ramo di Ottone.
Nel 1366 furono creati principi del sacro impero.
g. Quella di Lippe, nominata anch'essa principato da Federico III.
/(. Margraviato di Brandeburg, i cui possessori della casa d'Ascanio furono elevati a
principi dell'impero nel 1142. Passò poi alle case di Baviera nel 1320, di Luxemburg
nel 1373, di Hohenzollern nel 1415.
i. Ducato di Pomerania, nel 1107 diviso in principato Ulteriore o Citeriore, che fin
al 1181 rilevavano dai duchi di Sassonia. Nel 1186 furono assoggettati dal re di Dani-
marca ; poi liberaronsi nel 1223; ma ricaddero sotto la sovranità dei margravj diBran-
deburgo.
/. Ducato di Mecklenburg, composto della maggior parte del regno di Slavonia ces-
sato nel 1168. Chiamavasi allora principato di Venedi, i cui principi, vassalli dei duchi
di Sassonia, erano stati sottomessi dal re di Danimarca nel 1201 ; liberaronsi nel 1223;
nel 1236 il paese fu suddiviso tra quattro rami, de' quali l'unico superstite prese il titolo
di conte Schwerin o di Mecklemburg. Fu eretto in ducato nel 1347.
m. Ducato di Slesivig-Holstein , fondato a spese della Sassonia nel 1106, e conferito
alla casa di Schaumburg, dichiarato feudo imperiale nel 1180, sottomesso alla Dani-
marca nel 1201, ritornò indipendente nel 1223.
71. Ducato di Brunsicick, già patrimonio della casa di Sassonia; composto dei princi-
pati di Brunswick e di Luneburg^ fatti immediati da Federico II nel 1235.
0. Contea é'Oldenburg, divisa fra il re di Danimarca e il ramo cadetto di casa
Schaumburg.
p. Quella d'Ostfrisia, una delle sette Zelande di Frisia.
q. Signoria d'/erern.
II. I paesi dell'antico regno di Lorena che rilevavano dall'Impero, erano; Lorena
a. 11 ducato àeWAlta Lorena.
b. Quello di Brabante, appartenente ai duchi di Borgogna, al par dei ducati di Lu-
xemburg e Limburg, delle contee di Olanda, Zelanda, Frisia, Namur, Fiandra, del mar-
chesato d'Anversa, della signoria di Malines e delPHainaut.
e. 11 margraviato di Juliers, eretto in ducato e principato dall'imperatore Carlo IV,
1556.
d. il ducato di Gueìdria^ spettante ai duchi di Juliers.
e. Il contado di Cleves, colla contea della Mark, erette poi in ducato dall'imperatore
Sigismondo, 1417.
IH. Dall'antico regno A' Arie s erano venuti all'Impero: ^rle,
a. La Franca Contea o contea di Borgogna ;
b. La contea di Montbéliard ;
e. Le contee di Ferrette e di Neufchàtel;
d. Il ducato di Savoja.
Entravano inoltre all'Impero molti principi ecclesiastici, cioè: Nell'Alta Àlemagna gli Principi
arcivescovi di Magonza e di Salzburg; il vescovo di Wurzburg, che nel 1452 avea preso "'='^""'
il titolo di duca di Franconia; quello di Strasburg, che dal 1365 in poi possedeva il
landgraviato della Bassa Alsazia; quei di Bamberg, Eichstadt, Passau, Augusta, Fia-
tisbona, Coirà, Costanza, Basilea, Spira, Worms. Nella Bassa Àlemagna, gli arcivesco-
vadi di Magdeburg e di Brema, i vescovi di Minden, Halberstadt, Hildesheim, Werden,
Lubeka , Osnabruck , Paderborn e Munster. Nella Lorena, l'arcivescovo di Colonia
che avea ottenuto i ducati di Westfalia e d'Angria; quel di Treveri ; i vescovi di Liegi,
Metz, Toul, Verdun, Cambrai , Tournai , Utrecht. Nel regno d'Arles , l'arcivescovo di
Besanron, e i vescovi di Basilea, Ginevra, Lausanne e Sion.
Quanto all'ordinamento politico della Germania, gli Stati dell'impero erano divisi in
quattro classi, cioè il collegio elettorale, il collegio de' principi, il corpo delle città li-
Cantìj, Documenti. — Tomo I. Geografìa poliiica. 16
342 GEOGRAFIA — ICPOCA bKCUIATERZA
bere e imperiali, il corpo della nobiltà immediata. Gli elettori erano tre ecclesiaBtici,
gli arcivescovi di Maqonza^ Colonia, Treveri; e quattro secolari, il re di Boemia, il conte
Palatolo, il duca di 3a<<!^onia, il marchese di Brarulphiirrio. Il collegio de' principi com*
ponevasi di tutti i prandi vassalli che ritraevano direttamente dalla corona.
l'L-ghe j] corpo delle città lihere e imperiali formava alle diete il banco del Reno e il banco
di Svevia. Del banco del fieno emno Colonia, Aquisgrana, Ltibeka, Worms, Spira, Fran-
coforte, Goslar, Brema, Mulhausen, Nordhausen, Dortmund, Wetziar, Gelnhausen. Del
banco di Svevia, Ratisbona, Augusta, Norimberga, Essiingen, Ulm, Reutlingen, Nordlin-
gen, Rotenburg, Halle, Rotweil, Uberlingen, Heiibronn, Cemunde, Memmingen, Lin-
dau, Rauensluirg, Scbweinfurt, Ken-pten, Windsheim , KaiifTbeuren, Weil , Wangen ,
Pfuilendorf, OtTenburg, Leutkirch, Wimpfen, Weissenburg, Giengen, Gegenbak, Zeli,
Buchorn, Aaien, Buckau. Roffìngen, Donawerth.
Rappresentavano essi le due leghe, formate dalle città per propria difesa: cioè la
Confederazione del Reno, stretta da prima fra Magonza , Colonia, Worms e Strasburgo
C1247), poi cresciuta d'oltre sessanta città sul Reno da Zurigo a Colonia; e la Gran
lega o Lega di Svevia, costituita nel 1380 dalle città di Svevia, e in cui entrarono quelle
di Franconia,
Quasi una repubblica disfinta formava V Ansa ienlonica o Lega anseatica, fondata
verso il 12i1, poi cresciuta nel xv secolo, entrandovi le città trafficanti dall'imboccatura
della Scbelda sin in fondo alla Mvonia. In un'assemblea generale a Colonia nel ISOl
si compilò il primo atto conosciuto di federazione tra queste città che erano ripartite
ne' quattro circoli di Lribeka, Colonia, lìrunsicike Danzica. La prima riguardavasi come
capo della Lega, e ogni tre anni vi si teneano le assemblee generali.
Più 0 men numero di città comprese l'Ansa: nel 1360 erano 52, poi crebbero a 72,
e sin a 80. Principali erano, oltre le predette, Amburgo, Brema, Wismar, Rostok ,
Stralsund, Stettin, Thorn, Riga, Munster, Osnabruk, Magdeburg, Utrecht . . , Aveano
inoltre banchi a Bergen in Norvegia, a Novogorod in Russia, a Londra in Inghilterra,
a Brugps in Fiandra.
Njliltk La nobiltà immediata era sorta all'estinguersi dei ducati di Svevia e di Franconia,
immediata quando i nobili possidenti in essi cessarono dalla dipendenza, e i loro feudi divennero
allodj. A modo delle città libere, formarono delle piccole associazioni per guastar il
commercio e la potenza di quelle: tali erano lo scudo di San Giorgio, il Leon d'oro.
San Guglielmo, il Santo Spirito ecc. Erano distribuite io tre circoli: uno di Svevia in
cinque cantoni ; due di Franconia in sei cantoni; tre del Reno iti tre cantoni.
§ b. — Svizzera.
A scapito dell'Impero germanico si stabili fi 31 5) la Confederazione elvetica,
che da |)rincipio contava otto cantoni o IVahlstcetlen, cioè: Schivitz , Uri, Inlervalcl
nel centro, attorno al lago dei Quattro cantoni; Lucerna, Zurigo, Glaris, Zug, Rema.
Tolsero ai duchi d'Austria le città di Zofjingen, Aarau, Hrigg , le contee di Ausburg,
Lensburg, e il meglio ùcW'Argovia: per forza con(iuislarono i baliaggi liberi, col con-
tado di Baden, e le città di Mellmgen e BrmgarUn.
Nel 1400 conquistano la Turgovia, e aggiungonsi cinque altri cantoni, cioè Friburgo
e Soletta nel 1481, Basilea e Sciaffuni nel 150! , Appcnzcll nel 1jI3. Mescendosi alle
guerre d'Italia acquistano di qua dall'Alpi i balinggi di BeUinzona, Riviera, Val Rrcgno
nei Ì5U0; di Lugano., Locamo, AJendrisio, Val Maggia nel 1512.
Si consolidò la Svizzera coll'unirsi nel 1497 ai Grigioni. Le leghe grigie erano tre:
la Superiore 0 Grigia pro|)riauioiite detta, ad occidente; la Caddea (Ca de DioJ al sud;
le Dieci drilture i\] nord. Anch'essi conquistarono di qua dall'Alpi Bormio nel 1498,
Chiavenna e la Valtellina nel 15.^0, e le tennero come baliaggi.
Nel 15o0 s'aggiimsero alla federazione i paesi di Vaud, di Ginevra e del \'alese. L'in-
dipendenza della Svizzera non fu riconosciuta formalmente che nel 1648, alia pace di
Westfalia.
1 KA.NCU 243
§ 6. ^ — Francia.
Ormai sgombra di stranieri, la Francia avvicinasi all'unità territoriale, benché la
ritardi la formazione dogli appanaggi, donde erano sorti altri grandi vassalli. I princi-
pali erano: I. Il duca di Borgofjna^ pari al re in potenza, che di ampj Stati circondava
la Francia all'est e al nord. 2. La casa di Borbone, nel I^.So unita alla contea di Cler-
niont nel Heauvoisis ; suddivisa poi tra varie. 3. Quella d'Or/e'ans, proveniente da Luigi
duca d'Orléans, fratello di Carlo VI; e possedeva, per parte di Valentina Visconti, la
contea d'Asti in Italia e diritti sul [Milanese. 4. La casa d'Aììjou, con possessi estesi
quanto quella di Borgogna, ma men compatti e omogenei: capo stipite ne fu Carlo fra-
tello di Luigi IX. 5. Quella di Bretagna, discendente da Pietro Mauclerc.
Altri vassalli inferiori eppur potenii erano spesso in guerra aperta colla corona: e
principali i conti d' Armagnac, i siri à'Albret, i conti di Foix e d' Orange al mezzodì:
al centro i conti d'Auvergne e i duchi di Aleticon ; al nord i conti di Soissons e i si-
gnori di Secìaìi.
A metà del secolo xv, il dominio reale si riduceva alla Normandia, Isola di Francia,
parte di Picardia, Champagne, Orleanese, Berry, Turena, Poitou, Saintonge, Aunis,
Guienne, contea di Cominges in Guascogna, la Linguadoca, il Lionese, il Delfinato. Ma
nel mezzo secolo tra Luigi XI e Francesco 1 fu diroccata la feudalità e ridotto uno il
regno.
Luigi XI unì alla corona i ducati di Nemours e Borgogna, la Franca Contea, l'Artois,
le città della Somma (1477), la contea di Etampes (1478), l'Anjou (1480), il Maine, il
ducalo di Bar, il contado d'Armagnac (1481) : dal re d'Aragona fé cedersi il Rossiglione
e la Cerdiigna (I4G2)
Questi due ultimi abbandonò Carlo Vili, come l'Artois e la Franca Contea all'arci-
duca Massimiliano (1493); pure aggregò la Provenza (1487), e preparò l'unione della
Bretagna, compita poi da Luigi XII. Il quale incorporò alla corona il proprio ducato
d'Orléans; come Francesco I l'Angoumois (1515). I principi che conservarono appa-
naggi, come il signore di Seclan, il conte di Nevers e Rethel, il duca di Borbone, più non
furono sovrani assoluti nel proprio dominio.
§ 7. — Gran Bretagna.
V Inghilterra comprendeva a. tutta la parte meridionale della Bretagna fino al
Tweed e al golfo di Sohvay, cioè V Inghilterra propria all'est e il principato di Galles
all'ovest, aggregato il 1285; b. Y Irlanda, conquistata il 1172; e. l'isola d'AngUseij, le
iSorlinqhe, le isole di Wight, d'Aurignij, di Guerneseìj, di Jersey nella Manica; d. la
città di Calais col suo territorio sul continente francese.
La Scozia abbracciava la parte settentrionale della Gran Bretagna, l'isola di Man,
e le Ebridi comprate dalla Norvegia il 126(j: presto s'accrebbe coU'acquisto del Ber-
wich al sud delle Orcadi, e delle Shetlaìid al nord.
Le Ebridi formavano un principato sovrano, sotto il lord delle Isole conte di Ross,
§ 8. — Scandinavia,
I re di Danimarca, che sottomesso tutto il litorale sud e sud-est del Baltico
sin al golfo di Finlandia, avean assunto il titolo di re di Vandalia, al fine di questa età
non possedeano più che il nord del Giutland, parte delle isole danesi, le isole di Burn-
holm e di Rugen. La meridionale del Giutland, cioè il ducato di Sleswig e la contea
d'Hulstein, formavano un principato indipendente, come le isole Femera, Laland,
Falster.
Però essi re avevano acquistato la Nurvegia , le Orcadi , \e Shetlaìid, \e Feroe e
V Islanda, che insieme colla Svezia furono aggiunte a quel regno nell'unione di Calmar
(1397) e vi rimasero anche dopo che la Svezia se ne staccò ne! 1448.
244 GEOGRAFIA — tPOCA DECIMATtRZA
La Svezia, ridotta a monarchia nel 1278, comprendeva la Gulia al sud, la Svezia
propria al nord di essa, la Lapponia svedese al nord della Svezia propria, la Botnia at-
torno al golfo cui dà nume , la Finlandia all'est del suo golfo. Ne dipendevano pure
l'arcipelago delle isole Aland, e l'isola OEland. Della Gotlandia disputava il possesso
colla Danimarca.
^ y, — Penìsola iberica.
Il Portogallo reso indipendente, prese i confini che poi conservò, cioè al nord
il Mino, all'ovest e sud l'oceano Atlantico, all'est le città di Miranda sul Duero, d'Elvas
sulla Guadiana, l'Elga, la Chanza. Tali erano le sue provincie, successivamente conqui-
state: Entre Duro-e-Mino e Tras osmontcs (1094 1112), lieira ed Estremadura (1112-
8Sj, Jlentejo cioè al sud del Iago (1203), Algarve (12Ì2-51).
C astiglia e Leon formarono due regni dal 1157 al 1230: uniti, crebbero a spese
de' vicini allargandosi dal golfo di discaglia al nord sin al Mediterraneo al sud-est e
all'Oceano al sud-ovest.
h' Ar agona pure si estese, sottomettendo quattro regni musulmani di Saragozza,
Tortosa, Baleari e Valenza; poi altri, in modo da divenire il più potente Stato cristiano
di Spagna. Aggiunse la Sicilia dopo i Vespri (1282), la Sardegna tolta ai Pisani (1320),
Napoli acquistata da Alfonso V (1442).
La Navarro, tornata indipendente nel 1134, stette unita alla Francia dal 1284 al
1322; infine fu innestata al regno d'Aragona (1458).
Il regno di Granata era ridotto alle coste del Mediterraneo da Gibilterra al
capo Gata.
Il matrimonio di Fernando d'Aragona con Isabella di Castiglia uni queste due co-
rone (1479); il regno di Granata fu conquistato (1492); tolta la Navarra alla casa d'AI-
bret (1512); sottomesso il regno di Napoli (1504). Allora (1515) la monarchia spagnuola
comprendeva la Galizia, le Asturie, le due Casiiglie, la Navarra, V Aragona, la Catalo-
gna, i regni di Valenza, Murcia, Granata, l'Andalusia, V Estremadura , le Baleari, la
Sardegna, la Sicilia, il regno di Napoli.
g 10. - Italia.
Entrando in Italia, sui due pendii delle Alpi incontrasi la Savoja, appartenente ai
conti di Morienna, creati conti del sacro Impero il 1111 , e che per matrimonio avean
acquistato il marchesato di Susa, il ducato di Torino o Piemonte, e conquistata la Ta-
rantasia; da Enrico VII ebber titolo di principi dell'Impero (1510), e il feudo di Aosta
dipendente dal regno d'Italia (1313). V'aggiunsero la Bresse, le baronie di Faussigny,
di Gex e di Vaud (1356); il Bugey, il Valromoj, (1559), le contee di Nizza, Ventimi-
glia, Tenda, Beuil, con Villafranca e la valle di Barcellonetta, staccate dalla Provenza
(1388); infine il Generese (1401). L'imperatore vSigismondo ne fece un ducato (1416),
investendo il Piemonte (1418), fin allora appanaggio di cadetti, al duca Amedeo Vili,
che dal duca d'Anjou (1419) si fece confermare il possesso delle terre smembrale dalla
Provenza, e cedere dal duca di Milano Vercdìi (1427).
All'est del ducato di Savoja e all'ovest del Milanese, il marchesato di Monferrato
fin al 1305 appartenne alla stirpe d'Aleramo, passò poi ad un ramo di Paleologlii. La
casa era divisa in marchesi di Monferrato e njarchesi di Saluzzo.
Genova s'avvicendava fra tirannia e franco stato, costretta dalle turbolenze a sot-
toporsi a Milano (1352), a Francia (1596), al marchese di Monferrato (1409), ancora al
duca dì Milano (1421), da cui si sottrasse il 1436, per ritornarvi il 1487. Sulla terra-
ferma possedea la costiera ligure da Ventimiglia fin oltre Sarzana, divisa in Biriera di
Levante e Biviera di Ponente. Qualche tempo tenne il porlo di Livorno in Toscana, che
poi nel 142! vendette ai Fiorentini. In mare possedea la Corsica lolla ai Pisani; Fa-
magosfa nell'isola di Cipro; .Sevo, conquistata nel 15 i6; il sobborgo di Pera a Costan-
tinopoli, poi anche quel di Golata: ylso/" sul mare dello stesso nome; Coffa in Crimea;
ITALIA 24 Ji
Amastro sul mar Nero. L'isola di Lesbo con quella di Imbros, Lemno, Thasos e la citlà
di Eìios sulle coste di Tracia, erano signoria di casa Gatilusi. Aveva inoltre banchi a
Nìmes, Aiguesmortes, Majorca e Tunisi.
Il HJ ilanese fu a signoria de' Visconti, che poi ottennero il titolo di duchi (1393),
indi passò a Francesco Sforza (14i7j e sua famiglia. Tra la Sesia e l'Adda, il ducato
comprendeva i territorj di Milano, Pavia, Lodi, Cremona, Parma, Piacenza, Alessan-
dria, Tortona, Xovara, Como, Belliìizona, la contea ó'Anghiera, la Geradadda; crebbe
poi (in ad abbracciare tutta l'Italia settentrionale fra la Sesia, l'Alpi, la Brenta e il Po;
anzi di là dal Po acquistò Siena e Pisa, Bologna e Perugia, Spoleto e la marca à' Ancona.
Luigi il Ijavaro confermò il Mantovano a casa (Jonzaga (1528J unendovi PiCggio
per poco (J552); Sigismondo ne fece un marchesato (1435) che comprendeva le si-
gnorie di Sabionetae Bozzolo. Altri rami di casa Gonzaga signoreggiavano a Ca'^tiglione
delle Stiviere, a Xovellara , a Solferino, a Guastalla, la quale nel LiOo fu unita colla
contea di Monlechiarugolo.
La signoria di Venezia erasi per sua sciagura, estesa sulla terraferma, dominando
sin all'Adda; sicché comprendeva: a. il Dogato, cioè le lagune e il litorale dell'Adria-
tico fra Adige e Piave; b. il Friuli, tolto nel 1 i21 al patriarca d'Aquileja; e. le città e
i territorj di Cadore, Belluno, Feltre, Treviso, formanti la marca Trevigiana, tolte ai
Della Scala il -1587; d. il Padovano, tolto ai Carrara il 1588, e incorporato il 1405 alla
signoria con Vicenza e Verona; e il Bresciano, Bergamasco, Cremasco, ceduti il li28 dai
duchi di Milano; /'. la Dalmazia, ritolta il 1420 al re d'Ungheria. Però 7?a(;ws/ formava
repubblica da sé, sotto la protezione dei Turchi (1445). Inoltre la signoria possedeva sul
continente d'Italia Cervia, Ravenna tolta ai Polenta liiO; nell'Adriatico le isole Dal-
mate fin a Caltaro ; nel .Tonio Corfù; nell'Arcipelago Candia, Xegroponte e le minori
isole frapposte; e Tenedo , ceduta ai Genovesi nel 1."22 dall'miperatore Andronico II
Paleologo; in Grecia Patrasso e Lepanto, da cui dominava il golfo di Corinto.
Casa d' Este regnava a Modena, Reggio e Ferrara, e sulla penisola fra il Po e l'A-
dige che dicono Polesine di Rovigo, Borso d'Este ottenne da Federico III il titolo di
duca di Modenese Reggio e conte di Rovigo e Comacchio (1453J; cui papa Paolo II ag-
giunse quello di duca di Ferrara (1471).
La Toscana era divisa tra le repubbliche di Lucca, Pistoja, Siena, Pisa, brezzo,
Piombino, ]'olterra, Firenze. Lucca fu eretta in ducalo da Lodovico il Bavaro (1327),
venduta a varj , e pur conservò la libertà quando le altre l'ebbero perduta. Pisa, rovi-
nata dalle guerre con Genova , soccombette a Firenze il 140G. Piombino fu capo di un
piccolo principato, cui apparteneva anche l'isola d'Llba, tolta ai Genovesi. Firenze do-
minava su Pisa, Volterra, Arezzo, Livorno, Pistoja. Siena ne rimase franca, e le sopra-
visse quand'essa soccombette ai iMedici.
Innocenzo Ili acquistò per la Santa Sede la marca d'Ancona e il ducato di Spoleto
(1212); il suo successore si assicurò l'eredità della contessa Matilde: sicché lo Stato
della Chiesa stendeasi da Bologna a Terracina, e da Ancona a Civitavecchia, com-
prendendo la Romagna (Esarcato), la marca tV Ancona fPentapoli), il ducato di Spoleto,
il Patrimonio di san Pietro, cioè i beni allodiali della contessa Matilde: nel 1229 eragli
stato ceduto il contado Venesino , e nel 1.348 venduta la città d'Avignone, ove alcun
tempo tennero sede i papi. Fin dall'xi secolo po.'^sedea Benevento.
Ma varie famiglie aveano eretto principati particolari ; come i Benlivoglio a Bolognoy
i Manfredi a Faenza, i Riario ad Imola e Forlì , i Malatesta a Rimini , i Montefeltro a
Urbino, Montefeltro e Gubbio, i Fogliani a Camerino, i Varano a Fermo, i Baglioni a
Perugia, i Vitelli a Cività-di-Castello, uno Sforza a Pesaro, ecc. Ferrara apparteneva a
casa d'Este; Ravenna ai Veneziani. Francesco Sforza conquistò nel 1433 la marca d'an-
cona, con Jw* , Osimo , Fermo, Recanati, Ascoli; ma vi rinunziò divenendo duca di
Milano.
San Marino, al sud-ovest di Rimini, restava repubblica.
Altre piccole signorie erano il principato di Monaco al sud del Piemonte; la si-
gnoria di Massa al nord-ovest della Toscana; la contea della Mirandola al nord-
ovest di Modena.
24G Gror.RAFiA — ppoca dkcimateuza
§ 11. — Russia e Gapcìak.
Era stato fondato dai Mongoli nel '123i nella Cuniania o Capciak un vasto impero,
ch'essi chiamarono Orda d'oro o GrarnVorda. Ma nel xiv e xv secolo decrebbe, e alfine
trovavasi partito in cinque kanati; dei Tartari Nogai ^ della Crimea, d'Astrakaìi, del
Capciak, di Casari.
Nell'Europa settentrionale, il ducato di Mosco via, composto da quei di Vladimiria
e Suzdal, si scosse alTatto dal giogo dell'Orda d'oro per opera di Ivan HI (1480); e
crebbe coi territori di Novogorod e Fskof, e dei piccoli principati ancora indipendenti.
§ 12. — Polonia,
Alla Polonia fu unita la Lituania (1386), in modo che abbracciava al nord fin alla
Dwina, al sud fino ai Crapak e al Dniester, all'ovest sin all'impero di Germania, all'est
sino all'alto Donetz, all'Oka superiore e all'Ugra, che la divideva dalla Russia; al nord-
ovest sin al Baltico per la Sainogizia, al sud-esi fin al mar Nero per la Podolia.
Comprendeva la Cujavia, la Grande e Piccola Polonia, la Masovia, ducato distinto e
quasi indipendente. La iiilesta era stala abbandonata alia supremazia del re di Uoemia.
Le pro\incie sul Baltico appartenevano all'ordine Teutonico. L)i tali perdite erasi risto-
rata la Polonia acquistando la Bussia rossa (1340j, la Podolia e Volinia (1549) tolte ai
Russi e Lituani.
Il granprincipato di Lituania non racchiudeva che piccolissima parte della Samo-
gizia e della Lituania propria; ma nel xui e xiv secdlo fu cresciuto colle conquiste
successive, togliendo ai Russi la Pudtachia, Polesia, Russia nera e bianca, i principati
di Eiof e di Sìnolensko, quello nella piccola, questo nella grande Russia ; la Russia
rossa, la Podolia, la Volinia, la Samogizia intera-, onde slendeasi dSl mar Baltico al
Nero.
§13, — Prussia e Livonia.
L'ordine Teutonico e quello dei Portaspada, uniti nel 1257 sotto un solo granmae-
stro, dominavano tutto il litorale del Baltico, dal golfo di Finlandia allo sbocco del-
l' Oder, cioè la Pomerania orientale, Prussia, Hamoyizia, Curlandia, Livonia, Estonia.
Perdettero poi la Samogizia, parte della Prussia e la Pomerania occidentale.
La Pomerania orjen/a/e o di Danzica, conquistata il 1511, stava all'est della Vistola,
e dicevasi anche Pomerelia.
La Prussia, all'est della Pomerelia ed al nord della Polonia, conquistata il 1230, di-
videasi nelle undici proviucie di Sambia, Nadrovia, Sudai-ia, Sculavonia, Natangia,
Sartia, Galingia, Warmia, Ogerland, Pomerania, Culniia, A'bniysberg era slata fon-
data il 1255 sul Pregel ; Culm sulla Vistola il 1261 ; Marienburg sul Nogat il 1280.
La Curlandia era abitata da Curi e Semigalli, tribù vendoletloni.
La Livonia dai Livi, tribìi finnica; conquistata dai cavalieri Portaspada il 1220, tornò
indipendente il 1227. Riga, sede arcivescovile, formava una specie di sovranità indi-
pendente.
V Estonia dagli Esti, confederazione finnica, fu conquistata dai Danesi il 1219, e
il 1347 venduta da loro all'ordine Teutonico.
^ \\. — Viaggio d'Ibn Batuta.
Abu Abd Mohammed Ibn Abd Allah el-Lawati, noto sotto il nome di Ibn Ratuta, la-
sciò Tanger sua patria per compiere il pellegrinaggio nel 72S dell'egira, 132i-o d.C.
Viaggiando per pie intenzioni, cerca in particolar modo chi era in conto di santo, vivo
MAf.f.io ii'iBN nvTi'TA ;B47
0 morto clie si fosse. Uno ile' nioggìori santi di Alossandiin, al suo piuri'er colò, era il
dotlu e nio iiiiaiii lioruu Oddiii el-Aarag, che uvea la facoltà di far miracoli. Quando ibn
IkilLitaandò un yiorno a fur^-li \ibitii, l'imam gli dibse: — Vedo tlie ardete dui desiderio
«' di visitare [laesi lontani : andrete a vedere mio IVuteilo FaridOddm nell'india, e mio
« fratello lìokn Oddin ibn Zaliaria nella Sindia, ed anche mio fratello liarun Oddio nella
« Cina; presentate loro i miei saluti ». 11 nostro jìellej^rino, tocco a queste parole, de-
liberò di visitare quelle contrade; né desistè che non ebbe alle tre persone indicate
presentato i saluti dell'imam.
Percorse alcun tempo le città del Delta, giunse al Cairo. A propogitodeIJSilo, una breve
digressione prova le sue cognizioni geogratìcbe ; 'i il iNilo die scorre per ([uesto paeae
vince di gran lunga gli altri (lumi per dolcezza d'accjue, lungliezza di corso e utilità; è
uno dei cinque gran liunii del mondo, di cui gli altri sono TLufrate, il Tigri il aiune
il Gion. Avvene altri cinque che possono a (]uebli essere paragonati, cioè il Sindia
(l'Indo) chiamato il Pcngiab o cinque tiuini ; il Gange, cui gl'Indiani vanno in pellegri-
naggio, e nel quale gettano le ceneii de' morti quando sun arsi, e dicono che scende
dal paradiso; il liume Jun (o Jumnaj, il (iume Alhil (il Volga) nei deserti del Kipsiak,
e il liume Saro nella Tartaria, sulla cui sponda è la citlà di Kant Balikh (Feking), e
scorre da quel luogo a El-Kansa, e quindi alle citlà di Zailun nella Cina. 11 corso del
Mio è diretto da mezzogiorno a settentrione, al contrario di tuiti gli altri tìumi».
Dal Cairo procedette attraverso rLgillo sin alle frontiere della INubia; ma le turbo-
lenze di quel paese non lasciandolo continuare verso mezzogiorno, tornò giù pel Mio e
andò a Gaza, dove vide i sepolcri d'Abramo, Lacco e Giacobbe, e loro mogli. Da Tiro,
che trovò meravigliosamente forte e circondata da tre parli dall'acqua, s'afl'reltò alla
volta di Tiberiade, che bramava parlicolarmenle vedere; ma non vi scòrse che sorgenti
d'acque calde e vaste ruine (J).
11 nostro viaggiatore volse quindi al Libano, passando per le fortezze dei Fedaviab
0 Assassini. Il Libano è la montagna più fruttifera del mondo, abbonda di varie specie
frutte, sorgenti d'acqua, e ombrosi recessi, ed è coperta di celle di romiti. Da (juesto
andò per Balbek a Damasco : sgraziulaiuente il suo abbreviatole ci ha privati di un
ragguaglio di quelle rinomate città; tuttavia gli aneddoti religiosi hono scrupolosa-
mente conservati, tra cui il seguente è singolare: Fuori di Damasco, sulla via dei pelle-
grinaggio, havvi la inuscliea del piede tenuta in gran venerazione, e vi conserva una
pietra che porta l'impronta del piede di Mosè. In (juella moschea si fanno preghiere in
tempi di calamità, lo stesso era presente nel 74G (J345j, allurchè la gente radunata pre-
gava d'essere liberata dalla peste, e la peste cessò quel medesimo giorno. Ventimila
morivano ogni dì in Damasco; me presente, ne erano morti giornalmente ventiquattro-
mila: tuttavia dopo le preghiere la peste cessò », La niorialilàqui accennata è meno cre-
dibile che il miracolo: ma la pietra coll'impronta del piede merita qualche considera-
zione. Si suppone generalmente che i monumenti di questa sorta siano avanzi di bud-
dismo; ma è possibile siano da attribuire a più remota antichità. L'impronta di un
piede veduta da Erodoto presso il fiume Tira, era ascritta ad Ercole: una simile nei
Seilan o fra i Birmani prendeva nome da Budda : in Damasco si credeva il piede di
Mosè. La gran distanza fra le contrade nelle quali questa singolare specie di monumenti
venne trovata, e la sua esistenza a Damasco, tendono ugualmente a provarne la grande
antichità.
Lasciando Damasco, Ibn Batuta pellegrinò alla tomba del Profeta a Medina, e passò
per la città di Meshed Ali, arricchita dalle offerte dei pellegrini. « 11 17 di rajah (dice
H) Quelle sono più lungamente dcscritle da El- ticaraentc da dedici lunghi, ciascuno dei quali era
Harawi: » I bagni di Tiberiade (dice qucs(o sciit- destinalo alla cura di quuUhc malaKia ; onde cljiun-
tore), meraviglie del mondo, non sono giìj qucllf que ne era affetto, vi si lavava e guariva. Qucst'ac-
presso le porte della città dalla parte del hgo, che qua è assai calda, purissima e gralissima al gusle e
di simili a questi se ne possono vedere allrove: ma all'odorato. Le sorgenti versano in un largo e bel
i meravigliosi si trovano in una valle all'orieutc serbalnjo, in cui la gente va a bagnarsi. L'utilità di
della città, nominata El-Hosainya. La costruzione questi bagni è evidente, n'e ci "e avvenuto di veder
che gli abliraccia e di grande antichità, e diccsi allrove alcuna cosa che sia loro da paragonarsi,
opera di Salomone: consiste in un grande edilizio, salvo le Terme vicino a Costantinopoli» .
dalla cui facciata esce l'acqua. Questa scaturiva an- ,
248 GEOGRAFIA — EPOCA DEClMATERZA
il viaggiatore) arrivavano storpi dai paesi di Fars, Rum, Corassan e Irak, e si raduna-
vano in brigate da venti a trenta uomini ciascuna: tosto dopo il tramonto del sole
vengono posti sulla tomba di Ali; e parte pregando, parte recitando il Corano, parte
prostrati, aspettano la guarigione ».
Invece di Medina andato a Bassora, fece il giro dell'Irak, trattato con onore, rice-
vendo dal principe denaro per sé e compagni. « Avendo in dieci giorni finito il giro dei
distretti appartenenti al re d'Irak », entrò in quelli d'Ispahan. Né su questa città né in-
torno a Sciraz, che visitò le prime, non lasciò alcun particolare ; confessa bensì che a
cercar l'ultima null'altro il trasse se non la brama di vedere lo sceico Magd Oddin,
modello dei santi e taumaturgo. Era pure in Sciraz la tomba dell'imam Abu Abd Allah,
il quale, secondo l'autore osserva, ha insegnata la strada dall'India alla montagna di
Serendib, ed errò fra le montagne nell'isola di Seilan: dal che dobbiamo forse inferire
fosse il primo a mettere in credito quel pellegrinaggio fra i Maomettani. Mentre l'imam
vagava fra le montagne di Seilan, in compagnia forse di trenta fachiri, i suoi tormentati
dalla fame, si arrischiarono contro il suo consiglio ad uccidere un elefante e cibarsene.
Quando tutti s'erano posti a dormire, gli elefanti vennero in frotta, e, annasatone uno,
lo misero a morte; s'accostarono poscia allo sceico, e odoratolo anch'esso, non gli fecero
alcun male ; anzi uno d'essi levatolo di terra colla proboscide, lo portò ad alcune case
dove pianamente lo depose e se n'andò. Questo fece che lo sceico fosse grandemente
onorato dagli abitanti di Seilan.
Ibn Batuta passò quindi a Bagdad, la quale, sebbene avesse poco prima patiti molti
danni, era ancora di grandissima importanza. Di là visitò Tebriz, viaggiò fra i Curdi, e
poi diresse il corso verso Medina e la Mecca, dove soggiornò tre anni. Dalla Mecca si
pose in cammino coi mercatanti che andavano all'Yemen ; dove visitate le città prin-
cipali, passò da Aden a Zaila porto dell'Abissinia, « città dei Berberi, popolo del Sudan,
della setta Safia. Il loro paese é un deserto di due mesi di cammino. La prima parte si
chiama Zaila, l'altra Makdashu ». Questa è la Magadocia dei Portoghesi, Il popolo ci-
basi di carne di camello e di pesci; onde il paese è insopportabile pel fetore del pesce
e del sangue dei camelli scannati nelle strade. A Magadocia, quindici giorni di navi-
gazione da Zaila, pare fosse abbondanza di cibi delicati ; però il nostro autore parla con
compiacenza d'elkushan o fricassea, delle piantagioni bollite nel latte fresco, del cedro
confettato, dei baccelli di pepe e del zenzevero verde: ghiottornie che non si toccavano
finché non si erano moderati col riso gli stimoli della fame. << Gli abitanti di .Makdashu
sono assai curpulenti e gran mangiatori ; uno di essi logora quanto basterebbe ad una
brigata ».
Da Makdashu procedeva per mare al paese degli Zanug (Zingi o abitanti del Zan-
guebar), e di là all'isola di Mambasa, o Mombas, donde tornando a Kulwa sulla costa
del Zanug, fece vela per Zafar, « ultima città dell'Yemen, situata sulla spiaggia del
mare indiano » che trovò sudicia, sebbene assai frequentata, e piena di mosche per la
gran quantità di pesce e di datteri esposti in sul mercato. Qui si pascono pure il be-
stiame e le greggie col pesce, usanza dall'autore in nessun altro luogo riscontrata. Da
Zafar si asportavano cavalli per l'India, e con un buon vento si faceva il tragitto in un
mese : oggidì richiederebbe appena dieci giorni. Mezza giornata di là da Zafar trovò la
città di El Akaf, nelle cui vicinanze erano magnifici giardini in tutta la pompa della
vegetazione indiana, e si vedeva il betel avviticchiarsi in torno al tronco dell'albero del
cocco. Procedendo lungo la costa arabica verso Aman o Oman, vide per la prima volta
a Hasik l'albero dell'incenso, dalla cui corteccia scarificata geme un umore simile al
latte, che in breve indurisce e prende il nome di lobati o incenso. Le case erano co-
strutte con ossi di pesci, e coperte con pelli di camelli. Nelle città dell'Oman man-
giavasi dell'asino domestico, e vendevasi nelle strade come cibo permesso.
Lasciando l'Arabia, passò a Ornius, sulla spiaggia del mare, « rimpetto a cui v'ha la
Nuova Ormus, isola la cui capitale vien chiamala Harauna ». Qui Batuta vide la più
strana cosa che mai; la testa d'un pesce « che poteva paragonarsi ad una collina; gli
occliicome due porte, sicché la gente avrebbe potuto entrare dall'uno e uscire dall'altro ».
Esagerazione appena da paragonarsi con quella dei Greci guidati da Nearco, i quali,
verso il finire della navigazione loro nel golfo Persico, ebbero l'opportunità di misu-
rare una balena rimasta sul lido presso Mepambria (forse sulle sabbie alla punta di
VIAGGIO d'ibn batiJta 249
Rohilla), la quale aveva cinquanta cubiti di lunghezza, la pelle grossa un cubito, piena
di conchiglie e d'alche, ed era attorniala da deilìni maggiori di quelli che si vedono
nel Mediterraneo. Dalle relazioni degli antichi scrittori parrebbe che la balena altre volte
visitasse frequentemente il golfo Persico.
Partendo da Ormus, Batuta passò qualche tempo nella provincia persiana di Fars, e
vide pescar le perle; quindi da Siraf, uno dei principali porti n)ercantili del golfo Per-
sico, andò a Bahrein, dove le case sono spesso schiacciate dalla sabbia del deserto; e
di là a Kotaif, dove i datteri così abbondano da essere il principal nutrimento del be-
stiame, l'oco dopo intraprese il secondo suo pellegrinaggio alla Mecca, e vi giunse
nel 733 (1332), tre anni dopo la prima visita. Compiuto il pellegrinaggio, si pose nuo-
vamente in cammino per Judda, coll'intenzione di tragillarsi per mare dall'Yemen al-
l'India; ma i venti contrarj lo respinsero ad un porto chiamato Ras Dawair; e siccome
sembra che per lui fosse indifferente l'andare da una parte o dall'altra si unì ad al-
cuni Arabi Beduini, e passato un deserto pieno di struzzi e di gazelle, giunse nell'alto
Egitto, e successivamente al Cairo. Riposatosi alcuni giorni, si avviò verso la Siria,
Gerusalemme, Tripoli, poi per mare al paese di Rum, e al distretto della Natòlia.
Fra i Turcomani nella Natòlia sembra esistesse una forma di antica ospitalità, che il
viaggiator moro mal comprese; poiché un'usanza qual è la seguente, non è verosimile
che nascesse in Oriente da una associazione volontaria. « In tutte le città turcomane
(egli narra) esiste una confraternita di giovani, uno dei quali è particolarmente chia-
mato/"ra/e//o. Non v'ha gente che più di loro sia cortese verso gli stranieri, con mag-
gior sollecitudine li sovvenga di alimenti e delle altre cose necessarie, e sia più nemica
de' soprusi. La persona chiamata fratello presiede, attorno al quale si raccolgono indi-
vidui che hanno una medesima occupazione, od anche stranieri privi d'amici. Tosto
eletto, e' fabbrica una cella, e vi mette un cavallo, una sella e tutto il bisognevole; è
servizievole verso i compagni, e la sera si radunano tutti, portando quanto hanno po-
tuto raccogliere ad uso della cella. Se sopragiunga uno straniero, di buona voglia lo
mantengono finché non lasci il paese. 1 socj chiamansi giovani, e il presidente fra-
tello ». Ibn Batuta in Natòlia sperimentò la cortesia di questa società. Un uomo gli si
presentò per invitare lui e i suoi compagni ad un banchetto, ed egli si maravigliò che
uno il quale pareva sì povero, pensasse a convitare tanta gente; ma venne informato
che costui era della confraternita di ducento mercatanti da seta, i quali avevano una
cella loro propria; ond'egli consentì, e fu testimonio della rara loro amorevolezza e li-
beralità. A simili banchetti egli intervenne poi frequente fra i Turcomani. Una volta
entrando in una città si trovò improvisamente attorniato da molte persone, che diedero
di piglio alle redini del suo cavallo, con non poco suo spavento; ma un di loro che
sapeva di arabo, fattosegli dappresso, gli disse com'essi appartenevano alla società dei
Giovani, e contendevano fra loro pel comune desiderio di convitarlo. Allora conobbesi
in mani amiche: i giovani gettarono le sorti, e Batuta co' suoi compagni avviossi alla
cella dei vincitori.
Visitando le principali cittadella Natòlia o Asia Minore, pervenne ad Erzerum. Quivi il
re gli domandò se avesse mai veduto alcuna pietra caduta dal cielo; e rispondendo egli
di no, il re soggiunse esservene caduta una nelle vicinanze della città, ed ordinò fosse
arrecata. Era di sostanza nera, lucente e durissima al martello, del peso di più d'un
talento. Né questa è la sola menzione di aeroliti che s'incontri negli scrittori arabi;
parlano d'una pioggia di sassi nell'Africa propria, la quale uccise quanti ne furono col-
piti ; e che un giorno fu recato al califlb Motavvakkel un sasso caduto dall'aria nel Ta-
baristan, del peso di 8i0 roti (620 libbre da 16 oncie): il rumore che fece cadendo fu
udito tutt'intorno alla distanza di quattro parasanghe, e il sasso penetrò nel terreno fin
alla profondità di cinque cubiti. Citano altri casi di simile natura, e le osservazioni mo-
derne non lasciano dubitare dell'esattezza delle relazioni loro. Ma .lahed ricorda un fe-
nomeno meteorico molto più straordinario. A Aìdag tra Ispahan e Cuzistan videsi una
densa e nera nuvola così vicina a terra che quasi sarebbesi toccata col capo, dalla quale
uscivano suoni simili a quelli de' camelli maschi: squarciossi, e versò una si terribile
pioggia che parve la terra fosse per esser inondata da un secondo diluvio: dopo ciò
mandò fuori rane e certi pesci detti shabutt di straordinaria grossezza, dei quali gli uni
furono mangiati dal popolo, e gli altri messi io serbo. È incontestabile che i vulcani
§50 r.F.or.RAFiA — epoca nr.r.iMATEnzA
delle Cordigliere vomilano quantità di pesci ; e sebbene una pioggia di pesci non possa
facilmente spiegarsi senza l'azione d'un vulcano, tuttavia la natura è così piena di por-
tenti, che, anche nello stato attuale della scienza, sarebbe presuntuoso il negare afiatto
questo fenomeno.
Pare Ibn Batuta visitasse le città principali e i principi turchi della Natòlia; ma per
mala sorte ci ha soltanto lasciato breve cenno di uno dei più valenti e fortunali della
famiglia ottomana, che ne' suoi tempi crescea rapidan)ente. « Andai (dic'egli) a Brusa,
vasta terra governata da Iktiyar Oddin Lrkan Beg, figliuolo di Olman Juk, uno de' più
grandi e ricchi re turcomani, non meno per estensione di paese che per poderoso eser-
cito. Egli ha costume di visitare continuamente le sue fortezze e le varie parti dello
Slato, ed esaminarne la condizione. Dicesi non dimorò mai un mese nel medesimo
luogo ».
Da Kastemuni Batuta andò a Crim pel mar Nero. Descrive il deserto di Capciak sic-
come verdeggiante ed ubertoso, ma senz'alberi o montagna, collina o bosco di sorta.
Vi si viaggiava in una specie di carro detto arila, e vuleansi sei mesi a traversarlo. Ba-
tuta noleggiò uno di codesti carri per recarsi alla città diEI-Kafa soggetta a Mohammed
Usbek kan, il quale era allora accampalo col suo seguilo in un luogo dello Btsc lag o
cinque mo7i lagne, dove il viaggiatore giunse il primo dì del ramadan, e rimase attonito
dallo spettacolo d'una città movibile, quul gli si offeriva il campo colle sue moschee e
le cucine il fumo delle quali lasciava dietro una striscia mentre quelle si avanzavano.
11 sultano lo accolse grazioso, e gli mandò una pecora, un cavallo ed un sacchetto di
pelle pieno di kumis o latte di giumenta, bevanda prediletta dei Tartari.
Ibn Batuta anelava la città di Buigar per avere opportunità di verificare il rigore del
clima e l'ineguaglianza dei giorni e delle notti. Giaceva a dieci giorni dal campo tar-
taro. Accompagnalo da una guida datagli dal sultano, si pose in cammino, e là giunto,
trovò che le relazioni dei viaggiatori erano in ogni parte esalte. Correva la stale quando
visitò Buigar, e le notti erano così brevi che, prima di aver finita la preghiera del tra-
monto del sole veniva il tempo di quella della sera che era costretto a recitare frello-
losamente; poi la preghiera della mezzanotte e quella delta el-Witr; ma prima che ter-
minasse, si vedeva sorpreso dall'aurora.
In Bul-'ar udito della terra delle tenebre, ebbe gran desiderio di andarvi. « Richiede-
vansi quaranta giorni di cammino, ed io fui distolto da quest'impresa tanto pel gran
pericolo che si correva, quanto pel poco vantaggio che potevasi ricavare. Mi fu dello
non vi si viaggiava che su piccole slille traile da grossi cani, e in tulio il viaggio le
strade sono coperte di ghiaccio, sul (luale né piede d'uomo né zampa d'animale può
stampar orma : ma cotesti cani hanno unghie, per cui camminano sul ghiaccio di passo
fermo ed agevole. Niuno entra in (|uella contrada tranne mercatanti facoltosi, ciascuno
dei quali ha forse cento di tali slille cariche di provigioni, bevande e legna, poiché non
vi s'incontrano né alberi nò pietre né case. Prendesi per guida in (juel paese il cane
che abbia fatto più volle il viaggio, e il suo prezzo può ascendere a mille denari. Gli si
allaccia al collo la slilla, e gli si aggiungono altri tre cani, dei quali egli è guida. Se-
guono gli altri con slitte, e quando quello si ferma fermansi anch'essi. 11 padrone non
lo percuote né sgrida; e quando vuol mangiare, i primi a nutrire sono i cani; perciocché
altrimenti si stizzirebbero, e forse dandosi a fuggire lascerebbero che il padrone perisse.
Compiute le quaranta giornale o stazioni per (|uel deserto, i viaggiatori arrivano alla
terra delle tenebre, e ciascuno lasciando ciò che ha portato seco, torna indietro al luogo
stabilito. Il mattino seguente vanno a vedere le loro merci, e vi trovano invece pelli di
zibellino, d'ermellino e singiab. Se il mercante è contento di ciò che trova, se lo
prende: in caso contrario lo lascia, evi si suol fare qualche aggiunta. Avviene tut-
tavia che talvolta gli abitanti si ripigliano le merci loro, e lasciano quelle dei merca-
tanti. In (|ueslo modo si compra e si vende, e i mercatanti non sanno se abbiano a
fare con uomini odemonj, non vedendosi anima viva durante tali permute. E proprietà
di coleste pelliccerie il non andar soggette alle tarme «.
Fallo questo giro, Batuta tornò al campo del sultano, che accompagnò ad Astrakan
sull'Atil 0 Volga, uno de' maggiori fiumi del mondo. Quivi il sultano dimorava nel ri-
gore dell'inverno; e quando il Volga e i vicini fiumi erano gelali, i Tartari spandevano
sul ghiaccio migliaja di fastelli di fieno, e sovr'esso passavano.
vU(.f.io d'iiìN iiMlTA 2rj4
Una delle mogli del kan tartaro era figliuola dell'imperatore di Costantinopoli. Avendo
questa principessa ottenuto di visitare suo padre, fu concesso ad Ibn Batuta di accom-
pagnarla. La regina, die colà chiamasi baiìun, era convogliata nel viaggio da cin-
quemila soldati del kan, fra i quali circa cinquecento cavalieri. « Ad una giornata da
El-Sarai (dice l'autore) sono montagne dei Russi, brutta e perfida genie, con capelli
rossi, ed occhi cilestri, che professa la religione cristiana. Hanno miniere d'argento,
e dal loro paese vengono i micam o verghe d'argento, ognuna delle quali pesa cinque
oncie ».
Quando la cavalcata giunse alla fortezza di Matuli sulle frontiere dell'impero (che a
quanto pare, stendcvasi tuttora a venlidue giornate di cammino verso settentrione)
l'imperatore, seguito dalle dame di sua Corte, si pose in viaggio con numeroso esercito
per incontrare la principessa. Elia traeva seco una moschea, che nella prima parte dei
viaggio faceva mettere in ordine ad ogni stazione; ma la lasciò a Matuli e cessato
l'uffizio del muezio, cominciò a ber vino e mangiare carne di porco: insomma tosto
che pose piede nei dominj di suo padre, tornò alle sue antiche usanze. Tuttavia rac-
comandò caldamente agli uffizialiche vennero a riceverla, di trattare con ogni riguardo
il nostro Batuta.
Allorché la principessa si trovò presso Costantinopoli, la piij parte degli abitanti
uomini, donne e fanciulli in abito da festa venner fuori a piedi o a cavallo, sonando
tamburi e mandando grida di gioja. Allo scontrarsi delle comitive, sì fìtta era la calca
che il nostro viaggiatore dichiara non aver potuto, se non a rischio della vita, vedere
in parte l'incontro della principessa co' parenti. Entrarono in Costantinopoli verso
il tramonto, ed era tanto lo scampanìo « che a quel fragore lo stesso orizzonte tre-
mava ».
Poco dopo l'arrivo della principessa a Costantinopoli, Batuta, in riputazione di gran
viaggiatore, fu introdotto a Corte. « Al quarto giorno do[)0 il nostro arrivo (dic'ef'lij fui
presentato al sultano Takfur (Andronico lllj figliuolo di Giorgio redi Costantinopoli.
Quando giunsi alla quinta porta del palazzo che era custodita da soldati, mi frugarono,
temendo non celassi qualche arma; la qual cosasi fa tanto al cittadino quanto allo
straniero che brama essere presentato al re; lo stesso si pratica presso gl'imperatori
dell'India. Introdotto resi il dovuto omaggio. L'imperatore sedeva in trono con la regina
e con la figliuola nostra signora; i fratelli di lei sedevano appiè del trono. Fui gra-
ziosamente accolto e interrogato delle cose mie e del mio arrivo, come pure intorno a
Gerusalemme, al tempio della Risurrezione, alla culla di Gesù, Betlemme e la città
d'Abramo (o EbronJ ; quindi di Damasco, dell Egitto, dell'Irak e del Rum: alle quali
cose tutte diedi convenienti risposte-. Ln Ebreo faceva da interprete. 11 re fu maravi-
gliato al mio racconto, e disse ai figliuoli: Trattisi amorevolmente quest'uomo, e gli si
dieno lettere di salvucondutto. Quindi mi pose in dosso una veste d'onore, e comandò
mi si desse un cavallo bardato con una delle sue proprie ombrelle; la qual cosa è fra
essi segno di protezione, lo lo piegai allora di deputare qualcuno che meco cavalcasse
pei diversi quartieri della città, onde li potessi vedere. Egli esaudì la mia domanda ed
io andai cavalcando per alcuni giorni coll'utlizfale datomi, esaminando le meravi"lie
del luogo. Di tutte le sue chiese la più vasta è Agia t'ofia, di cui vidi soltanto l'esterno ;
internamente no, perchè all'entrata trovasi una croce che lutti sono obbligati adorare:
dicesi fondata da Asaf figlio di Barachia e nipote di Salomone. Le chiese, i monasteri
e gli altri luoghi destinati al culto nella città sono innunierevoli ».
1 Turchi divenendo padroni di Costantinopoli tolsero d;ii Greci molte delle loro usanze
e cerimonie, e sin la foggia del vestire. La pompa della Corte ottomana fu in gran
parte imitazione di quella degl'imperatori greci, ed è curioso osservare che l'odioso
costume di frugar le persone ammesse alla presenza imperiale (costume che tuttavia
esiste in parte presso la Porta, anche trattandosi di ambasciatori; appoja essere uno di
quelli che i Turchi copiarono dai Greci. E pure singolare che nel xiv secolo la credenza
popolare dei Greci attribuisce la fondazione del loro tempio principale ad Asaf nipote di
Salomone {)).
(1) Il cenno cbe Batuta ne dà, si limita alla sua uilirela relazione che ne fa un altro scrittore arabo,
parte esterna, onde non sarà discaro al lettore El-Hara-vvi precitato, cbe \Ì6Ìiò Costantinopoli nel
2o2 GEOGRAFIA — EPOCA DECIMATEPZA
Dimorato un mese e sei giorni in Costantinopoli, Ibn Batuta tornava ad Astrakan ,
dove si fermò alcun tempo. Lasciando poi la Tartaria, continuò il suo viaggio al Kho-
waresm o Koaresm, per un deserto scarso d'erbe e d'acque. Ma in questa parte del suo
racconto vi è un tal difetto di particolari, sia per la fretta del viaggiatore stesso, sia per
colpa del suo abbreviatore, che niente invita a seguire le sue tracce, e non si prova
altro interesse se non quello che desta il suo instancabile amor di viaggiare. Koaresm era
città popolosa, e gli parve la più vasta che possedessero i Turchi ; la gente cortese ed
ospitale. Prevaleva nondimeno fra loro un'usanza singolare: coloro che mancavano alle
pubbliche preghiere, venivano frustati dal sacerdote in presenza della congregazione,
ed erano di più condannati in cinque denari. In ogni moschea vedevasi appesa una
frusta pei negligenti. Quest' usanza è tuttodì in vigore a Bokara, dove il popolo è ra-
dunato alla preghiera per mezzo del frustino. La setta scismatica, o di coloro che ne-
gavano la predestinazione, era la più numerosa a Koaresm ; ma non si curavano di pro-
pagare la loro eresia.
Da Koaresm Batuta passò a Bokara, nella qual città trovò ancora molti indizj della
desolazione ch'ebbe a patire da Gengis-kan. Poscia venne a Samarcanda, ricca e vaga
città sanlilicata agli occhi del divoto viaggiatore dalle tombe di molti santi. Traversato
il Gion, entrò nel Koaresm, e viaggiando un giorno ed una notte per un deserto privo
d'ogni abitazione, arrivò a Balk, grande citlà un tempo, ma allora in ruine. Gengis-kan
l'avea sì fattamente distrutta, che sebbene il sito di essa manifestamente si ricono-
scesse, era impossibile formarsi idea dell'ordine de' suoi edifizj. Afferma il Maomettano
che la moschea era delle più grandi del mondo, e le sue colonne impareggiabili; ma
queste furono distrutte dal barbaro conquistatore, iudotto dalla popolare credenza
che sott' esse fosse sepolto un gran tesoro, destinato alla restaurazione dell' edifizio.
Lasciando Balk, il viaggio durava sette giorni per le montagne del Kubistan, paese
montuoso tutto popolato di villaggi. Batuta passò quindi a Herat, città la più grande
del Korassan dopo le devastazioni di Gengis-han. Di là capitò a Barwan, « sulla cui
strada s'incontra un'alta montagna coperta di neve, delta Indù Cush », vale a dire,
secondo la fantastica traduzione dell'autore, «l'uccisore degli indù, perchè la maggior
parte degli schiavi trasportativi dall'India vi muojono pel rigor del freddo » . Nella mon-
tagna detta Bashai v'era una cella abitata da un vecchio chiamato Ata Evlia, cioè il
padre dei santi. Diceasi avesse trecencinquant'anni, quantunque a Batuta non sembrasse
averne più di cinquanta. Egli narrava di sé che ogni cento anni gli si rinnovavano i ca-
pelli e i denti, e che fu già il raja Aba Uaim Batan dell'India, stato sepolto a Multan
nella provincia di Sindia. Le quali fole e strane fantasie trovarono poca fede nel super-
stizioso Musulmano, che si dimostrò questa volta alquanto scettico, mancandogli l'ar-
ditezza della credulità indiana.
11 Candaare il Cabul erano entrambi desolati quando Ibn Batuta li visitava: « que-
st'ultimo (dice) è abitato da gente venuta dalla Persia, che porta il nome di Afgani ».
La sua testimonianza intorno alla derivazione di questo popolo è di qualche rilievo. Gli
Afgani stessi pretendono esser discesi dagli Ebrei; e sebbene tutto ciò che è nolo in
Europa del loro linguaggio smentisca quest'asserzione, tuttavia dotti orientalisti si at-
tengono all'autorità delle storie afgane. Ma queste sono intrinsecamente di così poco
valore e così moderne, che l'asseveranza d'un istruito viaggiatore orientale del xiv se-
colo riesce di qualche peso. Batuta ce li descrive come gente violenta e poderosa, e
vivente da masnadieri.
L'instancabile viaggiatore qui s'imbarcava sul Sind, che chiama il maggior fiume del
mondo, e scendeva a Labari (forse Larry Bunder) alla sua foce. A poche miglia da
secolo Xiii: « In questa ciUà sono statue Ji bronzo di lui si racconta » . Harawi promette parlare in ai-
e di marmo, colonne, portentosi talismani, ed altri tro hio(;o della particolare disposizione di questa
monumenti senza eguali al mondo. Qui pure ì; Agia chiesa, della sua ampiezza, altezza, porte e colonne
Sofia, il maggior tempio die aliliiano. Jjkut ehn- che \i sono ; come pure delle maraviglie della città,
Allah mi disse rsservi stato dentro, e averla trovata dell'ordine che vi regna, del pesce che vi si trova,
appunto quale io la descrivo. Nell'interno v'ha tre- della porta doro, delle torri marmoree, degli rlc-
ccnsessanta poi te, e dicono che nn angelo vi di- fanti di bronzo e di lutti i suoi monumenti e cose
mora. Intorno al luogo ch'egli abita, si sono co- mirabili,
strutti cancelli d'oro ; e stranissima è la storia che
VIAGGIO d'ihn batlta 253
questa si vedevano le ruine di un'altra città, in cui trovavansi infinite pietre, scolpite
in figura d'uomini e bestie. Era opinione che qui sorgesse una gran città, ma che i
suoi abitanti divennero così empj e scellerati, che Dio trasformolli con gli animali e le
erbe in sassi. Hecavasi quindi a Multan capitale della Sindia, dove vide come presso
gl'Indiani si levino i soldati. Nel giorno della leva o rivista, l'emir avea dinanzi varj
archi di diverse dimensioni, e quando alcuno presentavasi per essere arrolato come ar-
ciere, doveva tirarne uno di forza, da quello dipendendo il grado che gli veniva poscia
assegnato. Parimenti coloro che si offerivano per cavalieri, dovevano correre a briglia
sciolta verso un tamburo sospeso a mo' di bersaglio, ed ottenevano posti corrispondenti
ai colpi che in quello lasciavano le loro lancie.
Descrive Delhi siccome la città più grande dell'islam nell'Oriente, e di bellezza pari
alla forza; composta di quattro città che allargandosi erano venute a formarne una
sola. Tuttavia osserva che la più vasta città del mondo aveva più scarso numero d'a-
bitanti che le altre; avendola gli abitanti abbandonata per isfuggire alla crudeltà del-
l'imperatore, né valevano a ripopolarla gl'incoraggiamenti dati a chi venisse a di-
morarvi.
Questo terribile sovrano era l'imperatore Mohammed, figliuolo di Giat Oddin Toglik,
disceso dai Turchi che si erano stabiliti nelle montagne della Sindia. « Mohammed (se-
condo l'autor nostro) era uno dei più generosi e munifici, dove fosse di lieto umore;
in altri casi era dei più impetuosi ed inesorabili, e ben di rado accadeva che alla sua
collera seguitasse il perdono ». Era pericoloso accostarsi a un tal uomo; ma il dotto
Ibn Batuta fu ricevuto con singoiar favore, raccolse i frutti della generosità dell'impe-
ratore, e fu abbastanza avventurato per non incorrere l'ira sua. Allorché fu chiamato
alla presenza imperiale, ed ebbe reso i dovuti omaggi, il visir gli disse: — 11 signore
« del mondo vi nomina all'uffizio di giudice in Delhi, donandovi nello stesso tempo
« una veste d'oro con un cavallo bardato e dodicimila denari pel vostro immediato
« sostentamento; di più l'annuo stipendio di altri dodicimila denari*, ed una porzione
« di terreni nei villaggi che produrranno annualmente una tal somma ». Il viaggiatore
a questa inaspettata nomina rese omaggio secondo l'uso, e si ritirò. Né qui si limitò la
munificenza dell'imperatore, il nuovo giudice di Delhi ricevette altri dodicimila de-
nari, eduna casa fornita del bisognevole fu messa a sua disposizione. Tuttavia sì grandi
furono le spese cui dovette sottostare per seguire la Corte nelle spedizioni dello impe-
ratore, che in breve si trovò il debito di cinquantacinquemila denari. Da questo imba-
razzo pensò uscire con un artifizio orientale : « Composi in arabo un panegirico in
lode dell'imperatore, e glielo lessi. Egli stesso se lo tradusse, e se ne compiacque gran-
demente: perocché gl'Indiani sono amanti della poesia araba, e godono moltissimo
d'esservi rammentati. Allora lo informai del debito che avevo, ed egli ordinò fosse
pagato del suo, dicendomi : Badate in avvenire di non eccedere i limiti delle vostre
entrate.
Non andò guari che il viaggiatore e giudice fece esperienza dell'ansietà in cui vive
chi dipende da un capriccioso tiranno. Per non so qual cagione uno sceico, che era
stato onorato della confidenza dell'imperatore, se n'era attirato il risentimento. Fattesi
indagini intorno alle persone che usavano coll'inviso personaggio, il giudice Batuta fu
tra gli accusati. Per quattro giorni questi stettero alla porta della reggia mentre un
consiglio vi era radunato per deliberare sulla loro sorte: la situazione era dolorosa pel
nostro giudice, il quale avea veduto le vittime dei sospetti dell'imperatore lanciate in
aria da baliste, e calpestate da elefanti coi piedi armati di coltelli. Pertanto egli ebbe
ricorso ad un continuo digiuno, e non assaggiava altro che acqua. Nel primo giorno
ripetè trentatremila volte il motto — Dio è nostro sostegno e prolettore eccellentis-
simo % e dopo il quarto fu salvo; ma lo sceico e tutti gli altri che lo aveano visitato,
furon messi a morte.
Atterrito da questo crudele despotismo, Ibn Batuta rinunziò alla carica di giudice,
diede quanto possedeva ai fachiri, e indossando l'abito di quell'ordine, passò pe' varj
gradi del mistico noviziato, finché potè reggere a un digiuno continuato di cinque
giorni. Allora fece colazione con un po' di riso. Dopo ciò mandato a chiamare dall'im-
peratore, e recatosi alla reggia con la rozza tunica, fu ricevuto con più favore che mai.
Mohammed gli disse: — Bramo inviarvi in ambasciata all'imperatore della Cina, perchè
2b4 OLOGRAFIA — EPOCA DECIMAI LKZA
« SO a voi piace viaggiare in paesi stranieri », Consentiva egli di buona voglia, e
immediatamente gli erano date vesti d'onore, cavalli, denari, ed ogni cosa necessaria
pel viaggio.
L'imperatore della Cina aveva a quel tempo mandato presenti di gran valuta al sul-
tano, chiedendo gli permettesse di riedificare un tempio d'idoli nel paese vicino alia
montagna di Korah, sulle alture inaccessii)ili della quale dicevano allungarsi una pia-
nura di tre mesi di cammino. « Qui (dice l'autore) dimoravano molti re indiani infedeli.
Gli estremi confini di quelle parti si stendono fino alle montagne del Tibet, dove si
trovano le gazelle dal muscliio. Avvi pure miniere d'oro su quelle montagne, e un'erba
velenosa; e quando le pioggie vi cadono, e scorrono a torrenti nei fiumi vicini, non
v'ha chi osi bere di quell'acqua finché i fiumi sono gonfi; che se alcuno ne bevesse,
sarebbe còlto da morte improvisa. Il tempio degli idoli chiamavasi Rud Khana (Budda
Khana) ; slava al piede della montagna, ed era stato distrutto dai Maomettani, quando
si erano impadroniti della pianura. Ma siccome i montanari non potevano procurarsi il
vitto senza possedere il piano, erano ricorsi all'imperatore della Cina perchè intercedesse
in lor favore presso il re dell'India. Oltre a ciò i Cinesi erano avvezzi a far pellegri-
naggi a questo tempio degl'idoli, che era posto in un luogo detto Semhal «. È facile il
comprendere che quel tempio o Budknna, di cui si fa qui menzione, era situato
sulle frontiere del Budtan, la cui aria pestifera, effetto della troppo rigogliosa e sovrab-
bondante sua vegetazione, ha potuto dar origine alla storia dei fiumi avvelenati.
A questa domanda l'imperatore di Delhi rispondeva che nessun tempio poteva esistere
in un paese soggetto a Maomettani, se non dove si pagava un tributo; a questa sola
condizione potersi riedificare il tempio. Ibn Batuta era nominato ambasciatore per por-
tare questa dura risposta; nel tempo stesso eransi preparati regali di gran valore, af-
fidati a due favoriti dell'imperatore. Mille cavalieri scortavano l'ambasceria sin al luogo
dell'imbarco. i>a spedizione nel procedere verso la costa passò per un paese lutto scon-
volto da turbolenae: qui trovarono una banda d'insorgenti che misero pienamente in
rotta, perdendo però nel conflitto uno degli uffiziali cui erano affidati i presenti. Pochi
giorni dopo si sparse l'allarme che gl'Indiani assalivano un villaggio maomettano nelle
vicinanze; e Ibn Baluta co' suoi accorse alla difesa dei Musulmani. Al primo atlacco
gl'Indiani furono in rotta: ma come videro il nostro malarrivato ambasciatore rimaner
indietro con soli cinque compagni, tornarono alla carica, e riuscirono a tagliargli
la ritirata. Fuggiva egli di tutta lena, ma ridottosi in una valle ingombra da folti
macchioni, e da cui non era modo di scampare, scese di cavallo e si rese prigio-
niero.
1 masnadieri, de' quali non capiva il linguaggio, spogliatolo d'ogni cosa e legato,
lo condussero seco per due giorni con intenzione di ucciderlo: finalmente lasciaronlo
andare, ed egli si mise in cammino non sapendo per dove. Temendo poscia non cam-
biassero pensiero e tornassero a levargli la vita, si nascose in una foresta foltissima, e
colà rimase alcun tempo cautamente celato. Ogniqualvolta si avventurava sulle strade,
gli pareva lo guidassero o nei villaggi degl'Indiani o ad altre mine, quindi gli era forza
tornar indietro; e in tal modo passò sette giorni in agonia. Krano suo cibo i frutti e le
foglie degli alberi della montagna. Al settimo giorno finalmente gli venne veduto un
Negro, che portava una brocca d'acqua, ed aveva un bastone colla punta di ferro. Sa-
lutatisi a vicenda, il Negro gli domandò il suo nome; rispos'egli Mohammed; e il
Negro similmente inlerrogato disse chiamarsi El Kalh el-Karih; diede all'infelice viag-
giatore pochi legumi e acipia da bere, e il richiese d'accompagnarlo. Batuta si provò a
camminare, ma non potè moversi, e cadde a terra. Allora il Negro se lo tolse sulle
spalle, e mentre camminava, il suo estenuato compagno si addormentò. Sul far del se-
guente mattino svegliatosi, si trovò alla porta del palazzo imperiale.
Un corriere aveva già recato a Delhi novella dell'accaduto. L'imperatore, riparando
con animo benigno alle sventure del suo inviato, gli diede dodicimila denari, nominò
un altro utfiziale che avesse cura dei presenti in luogo del morto, e poco dopo la spe-
dizione si pose di nuovo in viaggio. Passarono per Kul, dove prima avevano incontralo
tanti accidenti, e proseguirono per Canoge, Merua eCualior fortezza dell'India notevole,
di cui il nostro autore dà una descrizione curiosa; indi capitarono a Barun, piccola
città abitala da Musulmani.
VIAGtilU DIBN BATliTA 255
Nelle sue vicinanze trovavansi distretti d'Infedeli, infestati da fiere che frequente-
mente entravano nella città e nocevano agli abitanti. Narravasi tuttavia non esser vere
belve, bensì magbi detti Joghi, che hanno il potere di prendere qual forma loro piace.
Batuta ripete la storia nariiita da Ctesia diciasette secoli prima, quando all'erma che gli
Joghi possono astenersi allatto dal mangiare per molti mesi. « Molti di essi (dic'egli) si
scavano case sotterra, ed è lecito a chicchessia di fabbricarvi sopra, purché si lasci uno
spiraglio suflìciente pel passaggio dell'aria. In queste case gli Joghi rimangono talora
mesi senza mangiare o bere; ed io ho udito d'uno che vi stette un'intero anno. Essi
hanno il potere di predir il futuro »,
Tra le qualità miracolose attribuite dall'autore a cotesti Joghi, havvi il potere ucci-
dere un uomo collo sguardo, proprietà più frequente nelle donne, che in tal caso chia-
mavansi Goftare. Le crudeltà praticate nell'India sopra le infelici che diventassero og-
getto di superstiziose paure, erano simili alle adoperate contro le streghe in Europa.
Mentre Batuta sedeva giudice a Delhi, una pretesa Goftaragli fu condotta, accusata d'a-
ver ucciso un ragazzo collo sguardo. Il giudice la mandò al visir, il quale ordinò fosse
gettata nel fiume Giumna con quattro grandi orci appesi al i;orpo. Essa galleggiò tuttavia,
e il visir la fece ardere. 11 popolo si divise le sue ceneri, credendo preservasser tutto
l'anno dalle malie delle Goftare. Waab e Ahuzaid, viaggiatori arabi del ix secolo, osser-
varono pure che nel settentrione dell'India si praticava la prova del fuoco come in Eu-
ropa. L'accusato portava una spranga di ferro rovente ad una data distanza; indi gli
si fasciava la mano, e il magistrato ne sigillava la fasciatura: se dopo alcuni giorni i
segni del fuoco erano scomparsi, l'accusato era dichiarato innocente; in caso con-
trario, tenevasi il delitto per provato.
L'ambasciatore avviavasi quindi pel Malahar. Tutta la via per terra era ombreggiata
da alberi, e ad ogni mezzo miglio una casa di legno con camere da alloggiare i vian-
danti. Nella città di Mengiarun contavansi quattromila mercanti musulmani: al con-
trario in Pattan, abitata da Bramini, non v'era un solo maomettano.
A Calicut, gran porto frequentato da mercatanti d'ogni nazione, Batuta si fermava
tre mesi per aspettare la stagion favorevole a far vela per la Cina. La descrizione sua
delle grandi navi cinesi, dette giunche, è accurata. « Le vele di questi bastimenti sono
di canne, intrecciate insieme a foggia di stuoja, e quando entrano in porto le lasciano
spiegate al vento. In alcune di esse navi contansi persino mille uomini, seicento dei
quali sono marinari, gli aUri soldati. Ciascuna delle navi maggiori è seguitata da tre
altre di minor dimensione. Bastimenti di questa fatta non si costruiscono se non ne' più
lontani porti della Cina. Adoperano remi smisurati, paragonabili a grossi alberi da
nave, e ad alcuni di essi sono destinati venticinque uomini che vogano stando in piedi.
11 comandante di ciascuna nave è un grande emir. Nei bastimenti maggiori seminano
ortaggi e zenzevero, che coltivano in corbelle disposte lungo i fianchi. In questi v'ha
pure camere di legno, nelle quali gli utfiziali superiori dimorano con le loro mogli ; di
modo che ogni vascello sembra una città. Uomini privati nella Cina talvolta posse-
dono buon numero di navi di questa sorte, poiché i Cinesi sono il più ricco popolo del
njondo ».
Venuto il tempo di far vela, erano nel porto tredici grosse giunche, una delle quali
fu destinata a recar l'ambasciata. I presenti imperiali già erano imbarcati, e Batuta
che preferiva valersi d'un vascello più piccolo aveva mandato ogni sua cosa a bordo,
rimanendosi ancora a terra per assistere alla preghiera nella moschea. La floita doveva
salpare il giorno seguente; ma la notte scoppiò un violento uragano, il mare gonfiò e
distrusse quasi tutti i maggiori vascelli del porto, e fra gli altri la giunca che portava
il tesoro. L'equipaggio e gli uffiziali dell'imperatore perirono tutti, ed ogni cosa andò
perduta. La nave, su cui Batuta avea imbarcato le sue sostanze, era riuscita a pren-
dere il largo ; onde null'altro gli avanzava se non il tappeto per le prostrazioni e dieci
denari che gli diedero alcuni devoti.
Dopo questa sventura non osando più tornare alla corte di Delhi, Ibn Batuta solle-
citò ed ottenne la protezione del re d'IIinaur, col quale si badò breve tempo, passando
poscia alle isole Maldive, che, egli dice, sono circa duemila, e formano una delle me-
raviglie del mondo. La gente, secondo egli descrive, n'è ollremodo pulita, ma debole
e delicata della persona; e una donna reggeva le isole principali: osservazione fatta
256 GEOGRAFIA — EPOCA DECIMATEKZA
eziandio dai viaggiatori arabi del ix secolo. Il loro traffico primario consisteva in una
specie di filo tratto dalie fibre del noce di cocco, macerato nell'acqua, e battuto poi
con una maciulla fincbè diviene molle; quindi sì filano le fibre, e si torcono in funi.
Queste vengono adoperate a cucire insieme i legnami delle navi dell'Yemen e del-
l'India.
Batuta venne in gran riputazione nell'isola di Mohl, dal cui nome suppone che tutte
le isole del gruppo siano state cbiamate Maldive (1). Accettovvi la carica di giudice,
sposò tre donne, e andava a cavallo; onore comune col solo visir. Ma questo gran per-
sonaggio che era pure marito della regina, ingelosì della crescente influenza di Batuta;
ond'egli già stanco forse di rimanere lungamente nello stesso luogo, stimò prudente il
ritirarsi; fatto divorzio con due mogli, fece vela per Maabar, nome che gli Arabi danno
alla parte meridionale della costa del Carnatico e del Coromandel, e che non vuol con-
fondersi con Malabar.
Dal bel principio della navigazione il vento imperversò, e portò la nave verso Seilan.
Afferma l'autore che la gran montagna di Serendib era visibile alla distanza di nove
giorni di navigazione, come una colonna di fumo attorniata da nubi alle falde. Allorché
la nave entrò nel porto, con difficoltà si concesse ai Maomettani di scendere a terra;
ma Batuta dicendosi parente del re di Maabar, fu trattato con rispetto. Ammesso alla
presenza del re, dichiarò esser venuto nell'isola per visitare la sacra pedata del nostro
comun padre Adamo ». il re acconsentiva a questo pellegrinaggio, deputava Joghi e
Bramini ad accompagnare il Maomettano, con servi che portassero provigioni. Vassi
alla montagna di Serendib o Picco d'Adamo per due strade; l'una detta dagli abitanti
via di Babà o Adamo, l'altra via di Maina o Eva. La seconda era più agevole; ma
poiché il merito del pellegrinaggio cresceva in proporzione dell'asprezza del cammino,
la via di Babà fu preferita. Il precipizio che é immediatamente al di sotto della vetta,
si ascende per mezzo di catene di ferro, assicurate a caviglie piantate nella ròcca. Di
queste catene ve n'ha dieci, l'una sopra dell'altra, l'ultima delle quali si chiama la ca-
tena del testimonio, perchè coloro che vi giungono, guardando in giù, sono cólti da gran
paura di dover cadere. Alla decima catena sta la spaziosa caverna di Kizr, nella quale
i pellegrini lasciano le loro provigioni, onde ascendere poi per circa due miglia sulla
cima della montagna alla rupe ov'é l'impronta detta piede di Budda dagl'Indiani, e piede
di Adamo dai Maomettani. •( La lunghezza dell'impronta (dice Batuta), è di undici
palmi. 1 Cinesi ci vennero un tempo, e tagliarono da questo sasso la parte occupata dal
pollice, e la posero in un tempio nella città di Zaitun, ove si va in pellegrinaggio dalle
più remote parti della Cina. Nella rupe che contiene l'impronta, si scarpellarono nove
piccole buche, ove i pellegrini mettono oro, rubini ed altri giojelli ; quindi i fachiri,
che giungono alla caverna di Kizr, corrono a gara per dar di piglio a ciò che conten-
gono ». La descrizione che Ibn Batuta fa àe\ piede di Adamo, differisce essenzialmente
da quella fatta nel ix secolo da Waab, il quale non avea compito egli stesso il pellegri-
naggio, ma forse ne udì soltanto la descrizione dagli abitanti; e dice che l'impronta
non é di undici palmi, ma di settanta cubiti di lunghezza; ed aggiunge questa curiosa
circostanza, che mentre Adamo poneva l'un piede sulla montagna, coH'altro stava
nel mare.
Nei boschi intorno alle falde del Picco d'Adamo vide quantità di scimie di colore
scuro, e con barbe somiglianti a uomini. Siccome i Greci dell'antichità, pare fosse in-
dotto a credere questi animali una varielà della specie umana. Lo sceico Otman e suo
figliuolo, persone pie e fededegne, lo assicurarono che le scimie hanno un capo che
trattano da re; porta un turbante fatto di foglie d'alberi; quattro scimie con una verga
in mano costantemente lo servono, e gli provedono la tavola di noci, limoni e altri
frutti della montagna. Colà fu pure mostrato al nostro viaggiatore un elefante bianco,
posseduto dal re.
L'irrequieto maomettano scioglieva da Seilan per la costa del Coromandel. A mezzo
il viaggio per violenta burrasca il legno rischiò di andare perduto. Dal Coromandel passò
(I) E più pi(il)aliilc la congi'ttura di coloro che supponfjono quel nome, come quello delle I-nccadive,
significare le millt isuk. Mal nei dialcUi e lacca io sanscrito significano entrambi mille; e dip o dipa
isola.
VIAGGIO d'ibn batuta 257
per terra al Malabar; e poco poi s'imbarcò a Kulan por tornare a Ilinaur. Nuove cala-
mità lo attendevano. La nave fu presa dai pirati ; e tolto quanto possedeva, venne la-
sciato pressoché nudo sulla spiaggia. In tale slato giunse a Calicut, dove andò a rifug-
girsi in una moschea, (ìuchè alcuni mercatanti conosciuti a Delhi vennero in suo soccorso.
Kivedute le Maldive, passò al Bengal, che gli sembrò il paese più fertile che avesse mai
veduto, e in cui si potesse vivere a miglior mercato, il principale oggetto di questo suo
viaggio era di visitare un gran santo nelle montagne di Kamru , adjacenti a quelle del
Tibet, e frequentate dalle gazzelle del muschio. Lo sceico Gialal Oddin, come chiama-
vasi il santo, trattò il nostro pellegrino cortesemente , e alla sua partenza gli pose in-
dosso la bella veste di pelo di capra che portava egli stesso.
Tornato al mare, Batuta trovò una giunca in procinto di far vela per Sumatra, Non
sapendo resistere alla tentazione di fare quel viaggio, s'imbarcò, e dopo cinquanta
giorni di navigazione approdò al paese di Baranakar (verosimilmente una delle isole
Nicobar), dove gli uomini hanno bocche da cani, e case di canne lungo il lido. In quin-
dici giorni arrivò a Sumatra, che aveva allora per re un principe generoso, affeziona-
tissimo ai Maomettani. Perlaqual cosa Batuta fu amorevolmente accolto alla sua Corte:
ma non vi rimase più di quindici giorni , e il re gli diede provigioni , frutti e denaro
pel suo viaggio alla Cina. Dopo una navigazione di trentaquattro giorni trovossi nel così
detto Mare tranquillo, di color rosso, senza né vento né flutti né movimento: però giun-
gendo in quelle acque, le giunche cinesi devono esser rimorchiate da più piccoli legni.
Avendo navigato per trentasette giorni in quelle tranquille acque, che in parte somigliano
a quella porzione dell'Atlantico detta haja della Madomia (Lady's Bay), il viaggiatore
giunse ad un paese che dal nome del suo re chiamavasi Tawalisi, e della cui posizione
è impossibile il formar congettura. Quel re, dic'egli, era abbastanza potente per tener
testa all'imperatore della Cina: la gente vi era idolatra, bella d'aspetto, e somigliante
ai Turchi; di colore rossastro di rame, e di gran forza e valore. Le donne cavalcavano,
erano destre nel lanciare giavellotti, e combattevano al pari degli uomini. Kailuka, una
delle città principali, porto in cui era entrata la nave, era governata dalla figliuola del
re. Essa, mandato pel viaggiatore, lo salutò cortesemente in lingua turchesca, e fattosi
recare carta e inchiostro, scrisse in sua presenza il Bismillah. Partendo di quivi, Batuta
giunse in sette giorni alla prima provincia della Cina, di cui descrive con parole d'alta
ammirazione l'industria, l'opulenza, la coltura ed il buon ordine.
Osserva pure che i contratti dei Cinesi si fanno per mezzo di carta. «Essi non com-
prano né vendono col dirhem o denaro; e se alcuna di queste monete capitasse loro
nelle mani, la fonderebbero immediatamente. Quanto alla carta, ogni pezzo è circa della
larghezza della mano, ed è improntato col bollo del re. Allorché queste carte sono la-
cere 0 logore, si portano ad una casa, che tien luogo delle nostre zecche, e il re ne fa
dare delle nuove in cambio. Ciò si fa senz'interesse, contentandosi il re del vantaggio
che proviene dalla loro circolazione.
1 Cinesi gli parvero i più valenti artefici del mondo ; nella pittura non aveano chi li
pareggiasse; e in prova di ciò si fa a narrare un grazioso aneddoto: <• Entrai un giorno
in una loro città solo un istante; e dopo alcun tempo avendo occasione di tornarvi,
quale non fu il mio stupore nel vedere me e i miei compagni effigiati sui muri e sopra
fogli di carta affissi nelle vie! Questo si suol fare di tutti coloro che passano per le loro
città; e se uno straniero commettesse cosa per cui gli fosse forza fuggire, mandando
essi il suo ritratto in tutte le provincie, verrebbero necessariamente a scoprirlo».
La prima città in cui ponesse il piede nella Cina, chiama egli El-Zaitun (1). 11 porto
gli parve dei più belli del mondo. Eranvi circa cento giunche delle più larghe; piccoli
legni innumerevoli; mercatanti maomettani in buon numero e facoltosi; e quando al-
cuno di lor religione vi capitava, trattavanlo con tanta liberalità, che in breve lo face-
vano ricco quanto essi medesimi. Da Zaitun Ibn Batuta , navigando per ventisette
giorni, venne a Sin-kilan , una delle principali città della Cina. Qui pure trovò una
(^) Questa città, crciluta da molti essere Canton, mente Tsen-tung, da cui gli Arabi fecero Zaitun, e
è la Thsìuan-ceu-fu dei Cinesi, situata a più di Marco Polo Zaitum. Rlapboth , Journal atiat.,
centoventi leghe al nord-est di quella città ed nn voi. v, pag. Ai.
poco a tramontana di Naukin. Chiamavasi antica-
Camò, Documenti. — Tomo I, Geografia politica, 17
258 eEOGRAFlA — EPOCA decìmaterza
moschea ed un giudice maomettano ; come in ogni grande città cinese, v'erano merca-
tanti maomettani, con un giudice ed uno sceico el-lslam per comporre le loro liti. Ivi
ebbe notizia che di là di Zaitun non v'era città di rilievo. « Tra essa e l'impedimento
di Gog e Magog havvi, a quanto mi fu detto, sessanta giornate; la gente che v'abita,
mangia tutti coloro cui può mettere le mani addosso; quindi nessuno frequenta quelle
parti ». Per questo impedimento di Gog e IVIagog taluni hanno supposto si deva inten-
dere la Gran muraglia; ma siccome Batuta ha cura d'informarci che né egli stesso l'a-
rea veduta, né avea favellato con alcuno che di là venisse, è verosimile che egli dubi-
tasse di questa parte del suo racconto. A Fangianfur trovò un natio di Cauta che aveva
conosciuto in gioventù, ed aveva pure avuto una carica nella reggia di Delhi ; venuto
poi nella Cina, vi avea accumulate grandi ricchezze. Qualche tempo dopo, Batuta in-
contrando il fratello della medesima persona nel Sudan, esclamava: — Che distanza fra
questi due fratelli ! » Ma ai tempi d'ibn Batuta i mercatanti maomettani frequentemente
stendevano il loro traffico dalla Cina all'Atlantico.
Dieci giorni di navigazione sul fiume conducevano il viaggiatore a El-Kansa (forse
Chen-si), che descrive come la città più vasta della terra. Siccome ogni casa vi è cir-
condata da un giardino, la lunghezza della città è di tre giorni di strada, divisa in sei
cittadine, ciascuna attorniala da un muro. Nella prima stavano dodicimila guardie. Nella
seconda, che era la più bella, dimoravano gli Ebrei, i Cristiani, i Turchi e gli adoratori
del sole. 1 Cristiani qui accennati erano probabilmente nestoriani penetrati nella Cina
dalla Persia, o Cristiani di san Tommaso del Malabar. La terza divisione era principal-
mente occupata dagli uffiziali del governo. La quarta era il quartiere dei ricchi. Nella
quinta, che era la maggiore, abitava la gente minuta. Fra le rare manifatture che Batuta
vi vide, fa particolar menzione di piattelli formati di canne incollate insieme, e dipinti
con colori vivaci e durevoli. La popolazione della sesta città era composta di marinari,
pescatori, maestri da calafato e da legnami, insorsero in questo tempo dissensioni fra i
membri della famiglia regnante, che menarono ad una guerra civile ed alla morte del
kan. 11 defunto monarca fu sepellito con gran pompa, secondo l'usanza dei Tartari: si
scavò una gran fossa, nella quale si distese un bel letto, su cui fu deposto colle sue
armi e i ricchi abbigliamenti: il vasellame d'oro e d'argento della sua casa, quattro
schiave e sei prediletti mamelucchi furono con lui sepolti: quindi vi si ammonticchiò
terra all'altezza di un monticello, e sul colmo s'impalarono quattro cavalli. Per queste
turbolenze Batuta affrettossi a lasciar il paese.
Da Zaitun navigò a Sumatra, e quindi a Calicut e a Ormus. Fatto poscia il giro della
Persia e della Siria , compiè per la terza volta il Pellegrinaggio della Mecca nell'anno
749 (1548). li seguente anno tornò a Tanger, e visitò il paese natio: ma l'amor del
viaggiare non era ancora spento in lui. Poco poi partì per la Spagna, e corsa la parte
meridionale di quel paese, tornò a Marocco andando al Sudan o contrada del Niger.
Lasciando Segelmessa, in venticinque giorni giunse aTagari « villaggio in cui non v'ha
nulla di buono, perchè le sue case e le moschee sono fabbricate di pietre di sale, e co-
perle di pelli di camelli ». Gli abitanti del Sudan comperavano questo sale tagliato in
pezzi regolari, e se ne valevano in luogo di denaro.
Avendo traversato il Gran deserto, venne ad Abu Latin, primo distretto del Sudan, i
cui abitanti erano principalmente dati al commercio, e traevano i loro abili dall'Egitto.
Le donne poi parvero al nostro viaggiatore assai leggiadre. « Nessuno qui pigliali nome
dal padre, ma dallo zio materno. 11 figliuolo della sorella succede sempre nell'eredità,
a preferenza del figlio; usanza che non ho veduta altrove, salvo fra gl'Indiani in-
fedeli del Malabar ».
La Abu Latin a Malhi trovò le strade ombreggiate da alberi così enormi, che una ca-
rovana avrebbe potuto mettersi a coperto sotto uno di essi; e passando vicino ad uno
di quelli, vide un tesserandolo lavorare al suo telajo nel vuoto del tronco. Mentre era a
Malhi, avvenendogli un giorno d'incontrare il re ad un banchetto, si levò in piedi e
disse: — Ho percorso tutto il mondo, ed ho veduto i suoi re; ed ora son quattro mesi
« che abito ne' tuoi doniinj, né ho ricevuto da te regalo o provigione alcuna: che cosa
(I dovrò io dire di te quando sarò interrogato su questo proposito? » A tale rimostranza
il sultano gli destinò una casa con tutto l'occorrente.
Lungheggiando il Niger, ch'egli chiama Nilo, Ibn Batuta vide numero d'ippopotami
VI ACCIO DI CLAVIGO J59
sulle sponde di un gran golfo o lago che si fosse. Qui fa informato che in alcune parti
del Sudan gl'infedeli mangiano carne umana, ma solo di Negri, slimando la carne dei
Bianchi malsana [ler non essere ahbaslanza matura. Dopo alcuni giorni giunse a Toni-
Luctii, intorno alla quale non entra in alcun particolare.
La città di Kakau, più oltre, era stimata la più bella del Sudan. Passò quindi a Bar-
dama, e poscia-Q Nakda, città di vago aspetto, fabbricata di pietra rossa, nelle cui vici-
nanze erano ricche miniere di rame. Da questo luogo tornò à Fez, dove fissò sua dimora
l'anno 75i (1353), ventott'anni dacché si era mosso per la prima volta in viaggio. In-
tanto aveva adempiute tutte le obbligazioni che emsi imposto nel corso delle sue pere-
grinazioni; visitato i tre fratelli dello sceico Boran Oddin-el-Aaraj, che dimoravano uno
in Persia, l'altro nell'India, il terzo nella Cina; ed al fratello dello sceico KawanOddin
incontrato fra i Cinesi, portò novelle del suo parente fin nel cuore dei Sudan.
§ IS, — Viaggio di Clavigp.
La fama delle conquiste di Tamerlano essendosi sparsa in Europa, Enrico IH di Ca-
stiglia volle mandar ambasciadori a rendergli omaggio, ed esplorare i costumi e la forza
delle nazioni nell'interno dell'Asia, la condizione dei vinti e il carattere del conquista-
tore. Due gentiluomini della Corte, Pelagio de Sotomayor e Fernando de Palazuelas,
partirono nel 1595 pel Levante, giunsero al campo di Tamerlano, e furono testimonj
della totale sconfitta dell'esercito di Bajazet. 11 conquistatore congedò gli Spagnuoli ca-
richi di presenti, e mandò con essi un'ambasceria per onorare maggiormente il re di
Castìglia.
Il buon esito incoraggiò Enrico a una seconda ambasceria nel 1403, alla testa della
quale si trovò Buy Gonzales di Clavigo, che tornato io Ispagna nel 1406, scrisse una
relazione dell'accoglimento avuto a Samarcanda, e di ciò che avea osservato nelle varie
contrade percorse.
Soggiornò qualche tempo a Costantinopoli, che descrive come vasta di otto miglia di
circonferenza, benché non popolata in proporzione, e conteneva, dic'egli, tremila chiese,
tutte ricche di reliquie. Dopo un tedioso viaggio nel mar Nero, giunse nel 1404 a Tre-
bisonda, dove Genovesi e Veneziani occupavano ciascuno un forte o castello. Traversò
l'Armenia, il settentrione della Persia e il Corassan ; spesso passava le notti in mezzo
dei deserti, o sotto le tende di un'orda errante, ch'e' chiama Ciacatais. Ad Arsigna ossia
Erzerura l'ambasceria fu coi maggiori onori festeggiata per parecchi giorni, e prove-
duta d'ogni necessario a terminare il suo viaggio. Procedendo verso oriente, passarono
il fiume Corras, e a sette od otto leghe dal monte Ararat, giunsero a Calmurin città
grande e fortificata, che si fé credere agli ambasciadori spagnuoli essere stata la prima
fabbricata dopo il diluvio.
A Iloy 0 Choi sui confini della Persia e dell'Armenia, Clavigo incontrò l'ambasciadore
del sultano di Bagdad, diretto anch'esso alla corte di Tamerlano, e portatore di molti
presenti, non men pregevoli che rari. Fra questi un animale che riempì gli Spagnuoli
d'ammirazione; con corpo di cavallo e testa di cervo, ma principalmente notevole per
la straordinaria lunghezza delle gambe anteriori e del collo, di sedici palmi di altezza;
dimodoché quando portava la testa alta, era un vero prodigio, potendo con facilità pa-
scersi delle foglie dei più alti alberi. Clavigo chiama questo animale jornufa, ed è chia-
ramente la giraffa o camellopardo, che abita l'Africa centrale, ed è per conseguenza og-
getto raro nel centro dell'Asia.
Tauris o Tebriz viene descritta da Clavigo come gran città di commercio, contenente
ducentomila case, quantunque fosse in decadenza: aveva molti superbi edifizj, e poco
prima ch'egli vi giungesse, potea vantarsi di possedere uno dei più splendidi palazzi
dell'Oriente, che diceasi aver contenuto ventimila appartamenti, ed era allora ridotto
in rovine. Tamerlano aveva affidato il governo di questa parte della Persia al suo pri-
mogenito Miassa Miraxa, principe debole e caparbio, che non sapeva segnalarsi se non
col distruggere ciò che era stato ambizione di altri d'innalzare, atterrava tutti gli splen-
didi palagi che si trovavano nelle contrade soggette alla sua autorità, ed aveva appunto
compiuto la sua distruzione in Tebriz, riducendo a rovine il vasto edifizio succennato,
260 GEOGRAFIA — EPOCA DEClMATERZA
quando gli fu annunziato die Tamerlano veniva per metterlo a morte. Sapendo impos
sibile il fuggire, si alTretlò incontro al padre irritato per implorar perdono; e ad inter-
cessione degli amici ebbe salva la vita, ma Tamerlano lo privò d'ogni grado ed autorità,
e lo costrinse a vivere da privato.
In Tauris i Genovesi godevano grandi privilegi pel commercio; v'erano stabiliti quasi
colonia commerciale che dirigeva il traffico fra l'Europa e le Indie, conttutti i vantaggi
d'una posizione intermedia.
Da Tauris Clavigo passò a Sultania, la quale, sebbene inferiore in grandezza e in po-
polazione, faceva tuttavia traffico piìi attivo. Ogni anno fra giugno e agosto, vi giunge-
vano carovane dall'India; altre venivano da Yedz e da Serpi; e stoffe di cotone d'ogni
colore eranvi portate dal Corassan. Le perle e le pietre preziose ci capitavano per un
cammino di sessanta giorni da Ormus, dove, secondo Clavigo, i mercatanti del Catai
recavano bei rubini e gioje di varie specie. Le carovane vegnenti dall'India erano ca-
riche di preziosi aromi, di garofani, macise noce moscada, pei quali il miglior mercato
era Sultania. Clavigo è il primo o forse il solo scrittore che indichi questa linea di co-
municazione fra l'India e l'Europa. Forse non fu seguitata se non dopo distrutta Bagdad
dai Mongoli : e non pare che Sultania continuasse ad esser sede di questo florido com-
mercio molto dopo i tempi di Clavigo ; perciocché i viaggiatori che vi passarono verso
il finire del xv secolo, non vi osservarono altro che le torrette d'una moschea, costrutte
di metallo, e lavorate con rara delicatezza.
Pel settentrione della Persia l'ambasceria giunse finalmente a Domghaun, allora capi-
tale militare del regno. Quivi ebbero a vedere, monumento nuovo e terribile, la piazza
del mercato ornata di quattro torri, alte un trarre di mano, e formate di teschi umani,
uniti con fango. Per innalzarle, Tamerlano avea messo a morte sessantamila Turcomani,
0 Tartari bianchi siccome chiamavansi, vinti in battaglia. Lasciato questo luogo, gli
ambasciadori provarono i sofTj cocenti del deserto ; e giungendo ad una città chiamata
Vascal, non ottennero tampoco un sol momento per ristorarsi, ma furono obbligati a con-
tinuare immediatamente il viaggio; tale essendo la volontà del terribile Tamerlano.
Alquanto più oltre, ad un luogo detto Jagero , ebbero opportunità d'osservare il si-
stema delle poste stabilito da Tamerlano. Ad una giornata l'un dall'altro si erano eretti
caravanserragli, bastanti per cento a duecento cavalli ; coiài corrieri al servizio dell'im-
peratore ricambiavano le bestie, ed erano investiti della facoltà di valersi dei cavalli di
tutti coloro che incontravano, e d'impiegare qualunque forza per affrettare le loro corse.
Giunto a Samarcanda, Clavigo, dopo qualche ritardo di cerimonia, fu ammesso alla
presenza dell'imperatore. Lo trovò seduto sovra cuscini di seta ricamata , coi gomiti
appoggiati a guanciali, e con un zampillo d'acqua dinanzi. Fu introdotto da gentiluo-
mini della Corte, i quali lo istruirono come piegar il ginocchio e fare le altre riverenze.
Ad ogni genuflessione si avvicinava all'imperatore, il quale volle che Clavigo e i suoi
compagni gli si facessero in questo modo assai vicini , per soddisfare la sua curiosità
esaminando da presso gli Spagnuoli, poiché gli occhi suoi erano oramai quasi chiusi, e
le lappole ne erano cadute per la vecchiaja.
L'ambasciata fu ben accolta; Clavigo potè vedere la rozza magnificenza dell'ospita-
lità tartara, e descrive con ammirazione prolissa le feste dategli alla Corte. Gli ospiti
furono in quelle occasioni suntuosaniente trattati con carne di cavallo a lesso ed ar-
rosto, con riso e castrato allestiti in molte guise. Pecore e cavalli erano trasportati a
dosso di camelli dalle cucine agli scalchi; la carne lessata era chiusa in grandissimi
otri di cuojo, che a gran fatica si strascinavano nelle sale del banchetto, colà squarcia-
vansi, e le vivande erano tosto ridotte a pezzi dalle persone di servizio. Tutto ciò che
apponevasi, apparteneva ai convitati, i servi dei quali potevano portar via gli avanzi ; e
gii apparecchi erano cosi straordinariamente copiosi , che se i servi di Clavigo avesser
voluto valersi del privilegio, avrebbero, dai soli rilievi d'un festino, raccolto vivande
per mezz'anno. Non vino se non in rare occasioni e con espressa permissione dell'im-
peratore ; allora era somministrato in gran copia, e pare si considerasse qual prova di
devozione non meno che di civiltà il berne con quella larghezza con cui era servilo.
V'erano servi destinati solo a riempier le tazze; e coloro che intendevano bere alla sa-
lute dell'imperatore, doveano vuotarle di un fiato. Clavigo fu presente a banchetti dati
da due principesse, la moglie principale e la nuora dell'imperatore; e in queste occa-
VIAGGIO DI CLAVIGO 261
sioni si versava il vino con insolita abbondanza, le donne stesse dando esempio di bac-
canale allegria, e più volte vuotando le loro tazze in onore dei convitati. Colui che più
d'ogni altro beveva a questi festini, era onorato del titolo di liahìdar.
Tamerlano cambiò frequentemente di residenza mentre la legazione stava olla sua
Corte; ed ogni nuovo palazzo visitato da Clavigo vinceva il precedente in magnificenza.
Ma lo sfoggio più imponente della grandezza imperiale segui all'orc/a ossia campo, al-
lorquando Tamerlano e i suoi nobili spiegarono ventimila tende in una vasta pianura.
Alcune di esse erano di seta e di tessuti d'oro a perle , rubini e pietre preziose. In
quelle dell'imperatore vedevansi tavole d'oro, e tutti gli utensili erano d'oro, d'argento
0 della più fina porcellana.
Samarcanda parve a Clavigo non più vasta di Siviglia, ma infinitamente più popolosa,
1 suoi sobborgbi , che racchiudevano molli giardini e ampie vigne, si stendevano in
ogni direzione a gran distanza. Tamerlano vi aveva trasportato per forza cencinquanta-
mila anime da' paesi conquistati, scegliendo sempre i più ingegnosi artigiani d'ogni spe-
cie. Inoltre aveva dato ordine a' suoi ufTìziali di raccogliere tutte le persone indigenti e
senz'asilo, e mandarle alla sua capitale, di cui intendeva fare la maggiore città del-
l'Oriente. Le case di Samarcanda erano insufTìcienti ad alloggiare l'immensa popola-
zione raccolta con questo mezzo dispotico, laonde molti dei più poveri erano ridotti la
grotte 0 in capanne temporarie ne' sobborghi. Ma siccome gli sciagurati, che il tiranno
aveva in tal modo costretti ad abbandonare i loro luoghi natii per mettersi a Samar-
canda, tentavano continuamente fuggire, tutti i passi del fiume Gihon ossia Oxo erano
gelosamente custoditi , e senza permissione dell'imperatore nessuno varcava il gran
ponte di barche.
A malgrado delle guerre e delle rivoluzioni che avevano desolate le circostanze, Sa-
marcanda faceva ancora gran traffico. Tartari e Russi vi portavano pelli , pelliccerie e
panni; dalla Cina venivano drappi di seta, muschio, perle, ])ietre preziose e rabarbaro.
Da Samarcanda a Cambalù o Pekino teneansi sei mesi, dei quali due interi solamente
nel traversare i deserti. Vi giungevano pure carovane dall'India cogli aromi fini, cioè
garofani, macis e noce moscada ; e Clavigo ripete qui un'osservazione già da lui fatta a
Sultania, che spezie di questa qualità non si trovavano sui mercati d'Alessandria.
Passati parecchi mesi in feste a Samarcanda, finalmente fu da Tamerlano fissato un
giorno nel quale gli ambasciatori dovevano ricevere risposta e congedo. Venuto il
giorno, furono informati che l'imperatore era malato e non poteva riceverli ; in una se-
conda visita ebbero una simile risposta ; e quando fecero un terzo tentativo per otte-
nere udienza, gli ufiìziali della Corte disser loro che il tempo della partenza era venuto
e i preparativi del loro viaggio compiuti. Ma Clavigo era determinato di non lasciare
Samarcanda senza prender congedo con le solite formalità ; né, benché fosse assicurato
che l'imperatore era in punto di morte, si potè indurre il puntiglioso Spagnuolo a cam-
biar di risoluzione, finché i principali utfiziali non gli comunicarono un ordine di par-
tire in termini così perentorj da non dar più luogo ad esitanza. Pertanto egli partiva,
e al suo arrivo a Tebriz apprendeva che Tamerlano era morto, e che i figliuoli e i ni-
poti di lui si contendevano la possessione dell'impero. Egli stesso provò quivi i tristi
effetti di quelle turbolenze, essendo spogliato d'ogni sua roba, e tenuto alcuni mesi ri-
gorosamente prigione. Finalmente Omar Miraz nipote di Tamerlano, rimasto al governo
della Persia, diede libertà agli ambasciadori e ogni cosa stata loro rapita, e mercè i suoi
passaporti poterono ritornare sani e salvi in Europa.
EPOCA XIV
COMMERCIO E SCOPERTE
§ 1. — Commercio del medioevo.
Mentre alcuni Stati ingrandivano per le armi, altri doveano la prosperità al com-
mercio, come le città dell'Ansa, della Fiandra, delle rive del Reno e del Danubio, e
ancor più quelle d'Italia, di Provenza e di Catalogna. Quest'ultime, genti latine, tratB-
cavano nel Mediterraneo; gli altri di lingua tedesca, sulle coste del Baltico, del mar
Nero, lungo il Reno e il Danubio, in Germania, Francia, Inghilterra. Gli Arabi appar-
vero anch'essi a concorrenza, ed eclissarono il commercio dei nostri, ma per breve
tempo quanto la loro civiltà.
Il commercio del Mediterraneo tendeva a procurare all'Europa le delizie di vesti ed
aromi dell'Asia. Marsiglia, già fiorente sotto l'impero romano, continuava a trafficar
coU'Egilto, e i suoi mercanti, come quelli di Lione e d'Avignone, andavano, due volte
l'anno, a cercare ad Alessandria le derrate d'Arabia e dell'India; le quali poi su pel
Rodano, la Saona e il Doubs, indi scendendo per la Mosella e pel Reno fin ad Aquis-
grana, erano vendute e cambiate. Barcellona nella marca di Spagna, e le città marit-
time d'Italia ebbero principal parte in questo commercio. Crebbe esso di molto al
tempo delle crociate, agevolato dal trovarsi in tutti i porti del Mediterraneo orientale dei
banchi, ove le merci potessero in sicurezza aspettare l'arrivo delle flotte mercantili, e
consoli che prevenissero e raccomodassero i litigi.
I principali banchi erano :
o. A Costantinopoli. I Veneziani n'ebbero sin dalla prima crociata; poi Pisani, Ge-
novesi, Amalfitani, Barcellonesi.
6. Nel mar Nero. Genovesi e Veneziani n'erano unici dominatori; quelli a Cafla sulla
costa di Crimea, questi a Trebisonda e Sinope sull'altra riva dell'Eusino.
e. Sulle coste di Siria. Venezia possedeva un terzo della città di Acri, Genova un
altro terzo, nel resto Italiani, Marsigliesi, Siri. Venezia tenne banchi a Biblos, Berito,
Antiochia; Pisa a Laodicea, Tiro, Tripoli; Genova aveva a Tiro un console per tutta la
Siria; e Marsiglia in tutti quei porti godeva di larghi privilegi.
d. In Egitto. Venezia tenevasi in buona relazione coi sultani Ajubiti e i Mamelucchi
a loro succeduti ; onde faceva, si può dire, monopolio del commercio di Damielta ed
Alessandria.
e. Sulla costa d'Africa. Pisa, Genova, Venezia aveano trattati di commercio coi re-
gnanti.
strade A questi banchi dirigevansi le merci dal cuor dell'Asia e dell'Africa, e sboccavano le
grandi strade di commercio traverso ai due continenti. Una venendo dalla Cina, scen-
deva lungo l'Oxo, ove scontrata la strada dell'India, proseguivano insieme traverso al
mar Caspio, al Volga, al Don, al mare d'Azof, sboccando a Gaffa. Un'altra dietro l'Indo
e l'Oxo, radeva al sud del Caspio, poi calava pel Fasi fino al mar Nero per raggiungere
Sinope e Trebisonda. Una terza fendeva l'oceano Indiano e il golfo Persico, risaliva
l'Eufrate fino a Bagdad, donde le carovane trasportavano le merci ad Aleppo, a Da-
masco e nei porti di Siria. I mercanti dell'India diretti all'Egitto, invece d'entrare nel
golfo Persico, giravano l'Arabia, melteansi pel mar Rosso, e affidavano il carico a ca-
rovane che lo portavano sin al Nilo, donde calavano al Cairo e ad Alessandria.
Ne vennero potentissime Genova, Amalfi, Pisa, Firenze. Barcellona, emporio dell'in-
dustria araba in Ispagna, s'arricchi di molto, come Narbona, Arles, Marsiglia, Nizza,
Montpellier, che però non poterono ergersi in reiiubbliche, atteso la vicinanza dei conti
della marca di Spagna, di Tolosa, di Provenza. Tran, Zara, Spalatro, Ragusi, sulla riva
COMMERCIO DtL MEDIO EVO 263
orientale dell'Adriatico, facevano pure vivo commercio; ma la pirateria propria e l'altrui
le impedi di prendere gran volo.
Nelle basse terre a settentrione della Francia e della Germania, coperte d'acqua e
rotte dai fiumi, le città prevalsero al feudalismo; e giovandosi del vicino mare e dei
molti fiumi, si diedero al commercio. Invece di emularsi e nuocersi come le italiane,
fecero accordi per proleggersi a vicenda; e la lega Anseatica dominò lunga pezza il
nord d'Europa, e raccolse in unico interesse commerciale tutte le città sul Baltico e i
grandi Comuni di Fiandra. Da Londra a Novogorod non veleggiavano clic navi d'An-
seatici; essi le pesche, le miniere, l'agricoltura, l'industria di Germania; sui loro mer-
cati baratlavansi le pelliccie, i seghi, i cuoj di Russia, i grani, la cera, il miele di Po-
lonia, l'ambra di Prussia, i metalli di Sassonia e di Boemia, i vini del Reno e di Francia,
le lane e lo stagno d'Inghilterra, le tele d'Olanda e di Frisia, i panni di Fiandra ecc.;
e Italiani e Provenzali recavano le derrate d'Oriente all'immenso deposito di Bruges.
1 banchi più importanti erano quelli di Wisby nell'isola di Gotland, di Novogorod in
Russia, di Skanacer e di Falsterbo in Scania, di Bergen in Norvegia, di Bruges nei
Paesi Bassi, di Parigi, di Londra ecc.
Queste pel commercio; per l'industria fiorì la Fiandra, la quale nel xvi secolo chiu-
deva ben seicencinquantaquattro città; e gli Spagnuoli, quando l'invasero con Filippo li,
la credettero uua città sola.
La Frisia portava fuori le sue tele, che doveano poi utilmente nelle biancherie sur-
rogarsi alle lane degli antichi e al cotone degli Arabi. Un dilagamento dell'Oceano, nel xiu
secolo, congiunse al mare lo Zuidersee che prima era golfo separato, e Amsterdam fu
ridotta a porto. Un'altra fisica rivoluzione trasportò nel secolo seguente, l'aringa dalle
coste scandinave su quelle d'Inghilterra e di Olanda, di che venne la prosperità di
quest'ultima.
Gl'infiniti armenti d'Inghilterra porgevano lana finissima; ma quel paese, occupato
ad acquistare la libertà politica, non agognava ancora la prosperità commerciale. L'a-
gricoltura vi fioriva, mercè dei tanti conventi; e a diversità delle altre città di com-
mercio, accanto ai negozianti ergeva i proprietarj stabili, donde uq equilibrio di ric-
chezze e di diritti che costituì la sua grandezza.
3 2. — Portoghesi in Africa.
I Portoghesi apersero il corso delle scoperte moderne (1 ) dalle coste d'Africa . La prima
spedizione del 1412 guadagnò loro Ceuta, tolta ai Merinidi. Nel 1418 due capitani por-
toghesi sono spinti dalla tempesta sopra un'isola, che chiamano Porto Santo; nel 1419
approdano a Madera, più all'ovest; enei 1424 altri alle Canarie, già trovate da Geno-
vesi, poi nel 1404 da Giovanni Bethencourt gentiluomo francese. Nel 1432 Van der Berg
toccò a Santa Maria, una delle Azzore.
Più arditi divennero quando voltarono il capo flogiudor (1 433), esi formò a Lagos (1444)
una compagnia d'Africa. Passato il tropico, voltano il capo Bianco e approdano all'i-
sola di Arguin (144S), ove nel 1461 fu fondato un banco pel commercio dell'oro: su-
perano la foce àdSenegal, toccano capo Verde (1449), indi riconoscono la Cambia, Rio
Grande, la costa di Sierra-Leona, della Guinea, dell'Oro (1471); e Fernando Po scontra
l'isola che ne serba il nome.
Nel 1472 varcano la Linea, e formano stabilimenti alle isole del Principe, di San
Tommaso, d'Annobon: nel 1484 riconoscono il regno àiBenin, e s'avanzano a trecento
leghe di là dall'equatore, scorrono le coste del Congo, risalgono il Zairo, e muniscono
di fòrti le coste della Guinea. Finalmente Bartolomeo Dias il 1486 voltò il capo estremo
che fu nominato di Buona speranza, e Vasco de Gama condusse per quello una flotta
nell'India il 1497.
Nel 1468 Gama visitò parte delle coste di Cafreria, che chiamò Terra di Natale; ap-
prodò alle isole di Mozambico, Mombaza, Melinda; e riconobbe la costa di Zanguebar.
{\ ) Ho compilato questa parte in modo, che nno possa sulla carta seguitare con progressione di spazio «
di tempo le scoperte. Apporrò la N ai moltissimi paesi cb'ebbcr nóme di nuovo.
264 GEOGRAFIA — EPOCA DECIMAQUARTA
Nel J500 Cabrai scoperse l'isola di Quiloa, visitò la costa di Sofala avanti a cui Gama
era passato senz'avvedersene, e vi pose banchi, siccome a Mozambico. Quiloa fu presa
nel 1506, e finito il regno di cui era capitale. Anche gli altri piccoli re di qnel litorale
e del Zanguebar furono sottomessi. Albuquerque nel 1508 conquistò Socotora, e fu es-
plorata la grand'isola di Madagascar. Tutti questi possessi formarono il governo di Mo-
nomotapa, uno dei tre viceregni dell'impero portoghese in India.
^5. — Stabilimanti in Asia.
Quando i Portoghesi voltarono il Capo, trovarono grandeggianle in quei mari la po-
tenza musulmana,_erettasi sulle rovine dei regni indiani e mongoli. Potentissimo era
però l'impero indiano di Bisnagar, i cui due re Narsinga e Crisna dominavano tutto il
Camatico, e teneansi tributar] i principi della costa del Malabar, di cui principali erano
quei di Travancoi\ Cochin, Curgo^ e lo zamorino di Calicut.
I Portoghesi sottomettono i piccoli regni arabi di /Idert e il/asca^e (1507), di Goa(ÌMO),
di il/a/flcca (1511), à'Ormus (1514), di Dm(1536j -, fondano A^e^a/ja/am sulla costa orien-
tale della penisola, ed occupano tutta la occidentale dall'imboccatura dell'Indo sin al
capo Comorin.
Ivi devono sostenere l'inimicizia d'Akbar il Grande, che li caccia dal golfo Persico;
ma in mezzo alle discordie dei piccoli principi della costa di iMalabar si reggono: sulla
costa orientale di qua dal Gange fondano San Tommaso (1545); mettono uno stabili-
mento al Giappone nella città di Nangasaki (Ì5A9); ottengono dall'imperatore cinese la
penisola di Macao (1580). A quel tempo possedevano inoltre Daman, Ciul, Bossein^
Salietta, Bombai, Goa, e aveano banchi a Dabol, Onor, Barcelor, Mangalor, Cananor,
Cranganor^i Calicut, Cochin, Quiloa; altre sulle coste del Seilan, e nel golfo di Ben-
gala, a Mazulipatam, Aegapatam.
Dominavano dunque lungo le coste del mare d'Oman e del golfo di BengaladalBab-el-
Mandeb fin allo stretto di Malacca. Città principali erano Moka, che allora acquistò im-
portanza-, Aden, che la perdette ben tosto; Mascate, cui i Portoghesi fortificarono, e vi
condussero acqua danna montagna vicina; Dia, da essi fabbricata e inespugnabilmente
munita ; Daman, ove i Parsi aveano trasportato il fuoco sacro quando i Musulmani con-
quistarono la Persia; Tanna, di tempj venerati con due colossi di Budda; Bombai ce-
duta dal raja di Salsetta (1530) col miglior porto del mondo» sicché divenne centro di
gran commercio marittimo; Goa, dall' Albuquerque tolta al re di Visapur, e fatta ca-
pitale dei possessi portoghesi in Oriente; Cranganor, che dal 490 stava in mano degli
Ebrei; Malacca, fondata il 1252 da un principe malese cacciato.
JNel 1560 i possessi portoghesi furono divisi in due viceregni: deW India sulle
coste del mare d'Oman, dal capo Guardafui fino a Seilan; e di Malacca da Seilan alla
Cina.
A tanta grandezza nocquero gli acquisiti degli Olandesi e Inglesi. I primi, postisi a
Sadras (1550) e Palicate (1609), s'accordano col re di Seilan (1632) per cacciare i Por-
toghesi dalle coste dell'isola; soppiantaronli a Nangasaki (1640), tolser loro Ma-
lacca (1041); nel 1634 presero Formosa e le isole vicine; al principio del .wiii secolo
vennero al colmo di loro grandezza.
Gl'Inglesi fecero stabilimenti a Surate, Cambaja, Ahmed-Abad (1613), Bender-
Jòassi (1622), il/advas (1639), Bengala (1640); altro banco posero a Caricar; acqui-
starono Bombaja ben fortificata ; fra i tre villaggi di Calcutta, Cottanotty, Gobindpore
ottennero di porre un banco (1690) che tosto fortificarono.
Anche i Danesi si collocarono a Serawpor e Tranquebar (1616).
Nel corso del secolo, i Portoghesi van decadendo, non conservando che Goa, Din,
Daman, Salsetta, e i banchi di Mangalor, Calicut, Mosulipatam. (;li Olandesi, cacciatili
dalle coste di Seilan (16."j6), fanno guerra incessante col re di Candi padrone dell'in-
terno dell'isola: li snidano pure da Onor, Darcelor, Negapatam, che scelgono a capitale
di loro possessioni nell'India (1660); da Cochin (1663), da Cranganor che vendono al
raja di Travancor ; occupano anche Culan e Cananor (1664J; couìprano San -Tome Ùl'aì
Francesi (1672;.
OCEÀNU 265
Questi ultimi comprarono Pondichery (1672) sul golfo di Bengala, e Chander-
nagor (1676) in bella posizione sulla destra dell'Ugli.
•■
§ 4. — Oceania.
Solo nel secolo passato allargaronsi le scoperte nel mare Antartico, tanto, da for-
marne una ([uinta parte del mondo, detta Oceania, a cui si ascrissero molti paesi,
dapprima considerati come asiatici.
La parte più anticamente conosciuta è la Malesia, che indicavasi col nome di ar- Occident.
cipelago delle Indie.
Nel lolO i Portoghesi comparvero a Sumatra, isola che racchiudeva sei regni prin-
cipali: dei Batta al nord est, d'Achin al nord-ovest, di Menanykabou al centro, dei Re-
yiang al sud-est del precedente, dei Lampong al sud, e dei Palembang alsud-est.
Il re d'Achin seguitò tutto il secolo xvi a contrastarei Portoghesi, che pervennero a
fondare il banco di Padang sulla costa occidentale dell'isola: poi verso il 1640 esso
regno andò in decadenza. Quel di Palembang, che nel secolo xiv era slato sottomesso
dai sovrani di Giava, recuperò l'indipendenza verso il 1500. Gli Olandesi, sottentrati ai
Portoghesi nelle Indie orientali, e che a Sumatra fondarono molti banchi, sottoposero
esso regno e quello di Menangkabou e di Lampong. Poi nel secolo xviii gl'inglesi po-
sero scali a Bencoulen, Indrapura, Padang, Natal, Toppanuhj ; dai quali tentarono an-
nichilar la potenza olandese a Sumatra. Però i trattati del 1815 assicurarono agli Olan-
desi il possesso dei loro stabilimenti ; oltre la sovranità del regno di Lingan, composto
dell'isola di questo nome, di quella di Bintang, e di altre attorno a Sumatra.
Giava al principio dell'era cristiana comprendeva il solo regno d'Astina. Verso l'SOG
la sede del governo fu trasferita a Kediri, poi il regno di Kediri staccato in due, di
Brambanan e Peng' ging. Furono nel 1002 assorbiti nell'impero di Mendang-Kamulan,
suddiviso poi anch'esso nei quattro regni di lang-gaìa, Kediri, Ngaraca7i, o Karaoang
e Singasari. Verso il lòOO, la città di Magiapait divenne sede d'un nuovo impero, che
nel 1325 riunì tutta l'isola, ed ebbe riverenti quei delle isole di Bali e Borneo, e quel
di Palembang. Al principio del xvi secolo esso impero è distrutto, succedendovi quel
di Demak fondato dai Musulmani; e i re suddetti ricuperarono l'indipendenza. L'im-
pero fu poi diviso nelle due suitanie di Demak e Sceribon : la prima formò gli Stati di
Pravata, Japara, Pajang, o Materem, Madura, Gipang ; la seconda si suddivise nei
tre principati di Sceribon, Jacatra e Bantarn. Però molti capi rendonsi indipendenti,
e formano nuove sovranità. Ma sullo scorcio d'esso secolo, i sovrani di Matarem sten-
dono la dominazione su quasi tutta l'isola, col titolo di imperatori.
In quel tempo i Portoghesi v'aveano posto fattorie: poi gli Olandesi nel 1595 si fis-
sano anch'essi a Giava; nel 1598 piantano uno stabilimento a Sumatra; poi (1618) di-
strutta l'antica città di Calappa o Giakatra, sulle sue mine nel 1621 fondano Batavia,
che divenne capitale dei loro possessi in questi paesi. 1 quali possessi erano divisi in
cinque governi, di cui il più importante fu quel di Giava, ora distribuito in diciassette
Provincie.
11 commercio diede agli Olandesi grandissima influenza nell'isola, e nel 1722 tenta-
rono farsene anche signori; ma con ciò dieder di cozzo agli imperatori di Matarem.
Quindi guerra, ove l'impero finì coH'essere diviso (1758) tra il susunan di Matarem
sedente a Sura Karta o Solo, e il sultano di Giokio-Karta sedente nella città omonima.
L'impero di Matarem sussiste ancora di nome, benché gli Olandesi nel 181-i siano di-
venuti signori di Giava.
Nelle Molucche i tre principali regni erano Ternate, Tidor, Gilolo, il qual ultimo
aveva la primazia, e teneva in qualche dipendenza le isole vicine: ma nel 1377 pre-
valse quel di Ternate, che nel secolo xv dominava la più parte delle Molucche.
I Portoghesi stabilirono molti banchi in quelle isole, poco a poco rendendosene pa-
droni. Da poi ne li snidarono gli Olandesi, che nei 1607 si impossessarono di Tidor e
Amhoina, e divisero quei possessi in due governi, di Ternate e d'Amboiìia. Vennero a
disputargliene il dominio gl'Inglesi, ma con sanguinose lotte ne furono cacciati (1623):
solo al fine del secolo passato vi ricomparvero, ed occuparono Amboina ; ma la pace
266 GEOGRAFIA — EPOCA DECIMAftUARTA
del 1814 rintegrò gli Olandesi. 11 sultano di Ternate che lasciarono sussistere, comanda,
sotto la supremazia loro, a Gilolo e Macassar.
Le FUiirpine furono scoperte da Magellano (1S2I), che approdò a Mindanao^ isola
divisa tra molti piccoli regni; e la chiamò, colle vicine, isole de los Pintados per l'uso
dei natii di pingersi il corpo. Filippine s'intitolarono poi quando gli Spagnuoli ne pre-
sero possesso pel loro re Filippo II (1S64). Conquistata Lwcon (1571) principale fra esse,
vi fondarono Manilia, il cui nome si estese a tutta l'isola; e le città di Fernandina
e N. Segovia. A Luron, quando i Portoghesi v'arrivarono, abitavano sulle coste i Ta-
gali, oriundi di Borneo e della penisola di Malacca; nelle montagne e nei boschi in-
terni, i Negri divisi in Igoletti e Iraja, i Tinghian e i Zambali. Gli Spagnuoli la parti-
rono in undici provinole, e Mindanao in sette.
Gl'Inglesi le tolsero agli Spagnuoli nel 1762, e le resero l'anno appresso. Allora le
Filippine formarono una capitaneria generale, dividendo i possedimenti spagnuoli in
ventisette alcadie, di cui quindici a LuQon, tre a Panai, tre a Mindanao, una a
Negros, una a Leyte, una a Samar, una a Mindoro, una per Zebiì e Bohol, una pei
Calamajani.
Sono esse collocate nel punto più opportuno al gran commercio. Singolarmente Ma-
nilla sta, al centro dell'isola di Lucon, in fondo d'un'imniensa baja, che riceve grandi
fiumi, pei quali essa comunica con tutte leprovincie dell'isola; e fu presto popolata da
Cinesi, industriosissimi ma irrequieti.
Borneo fu scoperta nel 1512; ma gl'indigeni ne vietarono sempre l'entrata, sicché è
poco conosciuta.
Celebe fu visitata dai Portoghesi il 1525, poi nel 1660 presa dagli Olandesi, che quindi
l'ebberoin piena soggezione. Alcuni principi indipendenti, come quel di Boni, ài Oagiu,
di Luca, di Goa, di Turate, di Bolan, di Mandar, erano alleati degli Olandesi.
Centrale Dell' /l M s ir a ha 0 iV. Olanda la parte settentrionale fu visitata dal 1530 al 1540 dai
Portoghesi, che la chiamarono Giara la grande. Meglio fu riconosciuta da poi, ma poco
più che le coste ce ne son note. Solo nel 1614 ebbe dall'olandese Abele Tasman il nome
di N. Olanda.
Sulla costa settentrionale, da est in ovest, partendo da capo York si trovano: la terra
di Carpentaria, scoperta nel 1638; quelle di Arnheim, di Van Diemen e di Witt. Sulla
costa occidentale, da nord a sud, le terre di Endracht o della Concordia (1616), d'E-
(le/s(1619), della Liona (1622). Sulla meridionale, da ovest in est, le terre di Auj//2(1627),
di Flinders, di Baudin, di Grant, la N. Galles del sud, dove gl'Inglesi deportano i
malfattori: questa è la sola parte ben conosciuta, divisa in diciannove contee.
Mendana, partito dal Perù, nel 1568 scopre il nuovo arcipelago che chiama di Sa-
temone; Quiros, suo compagno, nel 1606, le A^. Ebridi: ma non trovandovisi oro, ar-
gento, diamanti, que' posti non furono colonizzati.
Tasman nel 1642 approda alla N. Zelanda, da esso detta Tasmania; visitata quindi
da Cook nel 1769 e da altri.
Orientale Le Marianne furono scoperte da Magellano che le intitolò delle Vele latine, in grazia
dei bastimenti a vele, con cui gl'indigeni vi vennero incontro ; poi de' Ladroni per
furti che vi soffrì: infine ebber quel nome da Marianna d'Austria, regina di Spagna.
Le isole Hawai o Sandwich, già scoperte il 1542 dallo spagnuolo Gaetano, e chia-
mate degli Amici o dei Giardini, furono dimenticate sin quando il capitano Cook le
trovò di nuovo nel 1778 obbedienti ciascuna a un capo supremo (arii-rahi), sotto cui
erano diversi arii. Quale ordine sussiste ancora, e il capo risiede ad Haicai^ sotto l'in-
fluenza dell'Inghilterra.
Una feudalità quasi simile incontrasi nell'arcipelago delle Caroline o A^. Filippine^ e
il re supremo siede a Lamorsek.
L'arcipelago di Taiti fu trovato nel 1606 da Quiros, che l'isola principale nominò
Sagittaria. Poi nel 1766 v'approdò Wallis, e ne ebbe cessione dal re d'Inghilterra, a
cui onore l'intitolò di Giorgio. Bougainville il 1768 ne prese possesso a nome della
Francia. L'isola era divisa in tre principati, che il 1817 furono uniti sotto l'autorità di
Pomarè II.
Le isole Marchesi, scoperte da Mendana nel 1595, furono dette cosi ad onore del
marchese di Mendoza viceré del Perù.
AMERICA 267
§ y. — America.
Le prime scoperte dell'America pajono da attribuire agli Scandinavi, che fin daH'SGS
si piantarono nell'Islanda, scopersero il Groenland (982j, e si spinsero nella Caro-
lina (Ij. Paesi di civiltà inoltrata erano l'altura di Anahuac al Messico, il Perù, e l'al-
tura di Cimdinamarca.
L'impero del Messico, abbracciato fra il vasto golfo di questo nome al nord-est, e
il Grand'oceano al sud-ovest, comprendeva l'impero proprio degli Aztechi, diviso in
trenta provincie o principati, governati da cassichi ; i regni più o meno indipendenti
di Campegio, Quichè^ Guatimala, Zachiia, Cuernavaca, Mechoacan, Xatisco ; e le re-
pubbliche indipendenti di Tlascala e Tepeaca. Tenochtitlan o .Messico, città capitale,
sovra un gruppo d'isole unite al continente per tre selciate, di cui la principale era
lunga tre miglia, conteneva centomila abitanti : altrettanto ne contava Tlascala a pie
d'alta montagna.
L'impero degli Tnca, che gli Europei denominarono Perù, nel continente meridio-
nale, dapprima limitavasi alla valle di Cuzco; ma undici Inca con successive conquiste
l'estesero sui due pendii delle Ande, fra l'equatore e il 55' di latitudine sud, e il 65"
e 84'^ longitudine ovest da Parigi. Cuzco, città capitale, stava in un piano cinto di
monti, difesa da ampia fortezza in grosse pietre, chiudente moltissimi palagi e un me-
raviglioso tempio; e ne partivano due strade, che per cinquecento leghe riuscivano a
Quito, una pel piano, l'altra per le montagne. Titicaca, in un'isola omonima, era stata
sede dellinca Manco-Capac.
Il regno di Muischi o di lunga, men avanzato dei due precedenti, stava sul
terrazzo di Cundinamarca, a più di 2700 metri sopra il mare, fra il 4" e il dO" di la-
titudine nord,
Fuor di questi tre, alcun ordine civile mostravano iiVoicestin riva al Mississipì, gover-
nati monarchicamente, e all'altra estremità gli Araucani fra il Biobio e il Grand'oceano,
le Chibe e le Ande.
^ — 6. Scoperte e conquiste in America.
Colombo trovò nel primo viaggio Guanahani o San Salvatore, Cuba, Haiti o la Ispa-
iiiola (1492)-, nel secondo la Dominica, Maria Galanta, la Guadalupa, Monserrato, An-
tigoa, Portoricco, la Giamaica ('1493) ; nel terzo la Trinità e la Costa Ferma sin alla
punta à'Araja (1498;; nel quarto la Martinica, il seno di Portobello, il litorale di Co-
staricca e di Onduras (1502-6).
Altri corsero sull'orme di lui. Giovanni e Sebastiano Caboto veneziani trovarono una
grand'isola, che chiamarono Baccalà dal pesce che vi abbonda, e ne presero possesso
a nome d'Enrico Vili d'Inghilterra, ed esplorarono le coste del continente dal 56" al 38"
di latitudine nord (1496-97). Due anni appresso. Alonzo d'Ojeda e Amerigo Vespucci
riconobbero la Co-ita Ferma sin al capo della Vela.
Vincenzo Pinzon trova lo sbocco del fiume delle Amazoni, e visita seicento leghe di
costa prima d'arrivare ad Haiti (1500). Poco dopo il portoghese Alvares Cabrai s'im-
batte nel Brasile, che occupa col nome di Santa Croce; e l'altro portoghese Gasparo
Cortereal visita la costa orientale di Terranova e lo stretto d'Anian, e approda alla pe-
nisola del Labrador (1501). Rodrigo Bastidas e Giovanni della Cosa compiono le sco-
perte d'Ojeda, scorrendo cento leghe di costa dopo il capo della Vela. Il 1505 Ovando
avea sottomessa tutta l'isola d'Haiti, detta San Domingo dalla città fondatavi il 1495.
Il 1506 Giovanni Dias de Solis e Vincenzo Pinzon determinano le coste di terraferma
dell' Onduras e di Yucatan. D'allora si tende a precisare, più che ad ampliar le sco-
perte ; poi cominciano le imprese de' conquistatori.
Una colonia posta alla Giamaica (1509), la assicuraagli Spagnuoli: così Cuba (1511),
(I) Vedi la nota A in fiae del Libro XIV delia Storia Universale.
268 GEOGRAFIA — EPOCA DECIMAQUARTA
di cui Sebastiano Oampo fece il giro (1507). Giovanni Ponce de Leon finisce la con-
quista di Porto-ricco (1512), e sbarca nella penisola della Florida, nome che gli Spa-
gnuoli applicarono a tutta la parte orientale della Nord America. Nel 1513 Vasco Nu-
gnez di Balhoa dalle montagne dell'istmo di Darien vede il Grand'oceano.
Fernando t'ortes conquista la N. Spagna o Messico (1S18), scoperto allora da Giovanni
de Grijalva ; trova sulla costa occidentale una lunga penisola che chiamò California, e
il profondo golfo detto mar di Cortes; e fa esplorare tutte le coste, in cerca d'un pas-
saggio al Grand'oceano.
Giovanni Ponce de Leon fin daHS26, partendo dal luogo ove poi si fabbricò Panama,
seguitò la costa occidentale fin al golfo di Nicoya. Sei anni appresso. Gii Gonzales Da-
vila e Andrea Nino procedettero fin alla baja di Fonseca: e il primo occupava la pro-
vincia di Nicaragua; il secondo arrivò nell'Onduras, ove fondò Truxillo.
Nel 1524 Pedro Alvaredo e Cristoforo d'Olid, luogotenenti di Cortes, conquistarono
il Guatimala; Fernando di Cordova sottomise il Nicaragua e Costaricca. L'anno se-
guente Cortes venne a metter riparo a' guaj recati dalle costoro nimicizie, e fondò un
altra volta Truxillo.
Nell'America centrale penetrarono gli Spagnuoli mercè di Giovanni Peres, Dardon,
Francesco di Montejo e il Missionario Las Casas; e se ne formò una capitaneria gene-
rale, dipendente dal viceregno del Messico, creato il 1535; poi ne fu staccata nel 1544.
D'ogni parte cresceano intraprendenti e scoperte. Marco deNiza missionario s'addentra
nel Messico, e scopre il paese di Cibala (1559), conquistato poi da Coronado (1557).
Nel 1542, Gian Rodrigo Cabrillo arriva sin al capo Mendocino, e quivi essendo perito,
Bartolomeo Ferrela suo piloto spingesi fin al capo Bianco a 43» 23' di latitudine nord.
Nel 154G Francesco de L'iloa riconosce di nuovo la costa occidentale della California,
e Alarcon risale il Rio Colorado per ottantacinque leghe. Andrea Ardanieta nel 1556 ar-
riva presso allo stretto, che fu poi scoperto da Behring.
In questo mezzo, Pamfilo Narvaez, Alvaro Nugnez, Cabeza de Vaca (152G-30), Fer-
nando di Solo conquistatore della Florida (1539-42), e Moscoso de Alvaredo (1542-5)
crescono le cognizioni sull'interno dei paesi fra il Messico eia Florida.
Quanto alle coste orientali, Stefano Comes, spedito da Carlo V per cercare un pas-
saggio alle Indie orientali, toccò a Baccaleo, e visitò minutamente la costa sin al 40" di
latitudine nord (1524-5). L'anno stesso il fiorentino Verazzano, per commissione di
Francesco J, esplorò gran parte delle coste della Nordamerica, e in nome di quel re
prese possesso della penisola d'Jcatim e dell' isola di Terranova. Nel 1553 Giacomo Cartier
ne continuò le scoperte, visitando la baja di San Lorenzo; dipoi (1535) rimontò questo
fiume sin a cento leghe dalla foce, e chiamò N. Francia i paesi che bagna, e vi fondò
la prima colonia francese. Nel 1540 La Roque de Roverbal risali lo stesso fiume, ed
eresse il forte Charlebourg.
Nell'America meridionale, fin dal 1516 Giovanni Dias de Solis penetrò primo pel Rio
della Piata. Quattr'anni appresso Magellano riconobbe esso fiume, scoperse la Patagonia
e l'arcipelago che chiamò Terra de^ Fuoco, ed entrò nello stretto che porta il suo nome.
Francesco Pizarro invade il Perù (1531), e lo conquista facilmente, il suo compagno
Diego Almagro scopre il Chili, e procede sin al fiume di Coquinbo, a 30" di latitudine
sud: Benalcazar suo luogotenente, occupata Quito, penetra fin in riva al mar delle .un-
tine, traversando tutta la A". Granata, cui dal lato opposto già assaliva Quesada, che
ne compì la conquista.
Pizarro manda nelle varie parti del Perii a fare o accertare scoperte. L'alto è presto
conquistato ; Gonzalo Pizarro da Quito arriva sul Napo, scende per questo, ed è abban-
donato da Orellana, che dietro (|uel fiume giunge in quel delle Amazoni, cui scende fin
al mare (1541), sbarcando all'isola della Trinità, ove gli Spagnuoli fin dal 1532 aveau
inesso colonie. VOrcnoco è da Girolamo Ordas risalilo fin allo sbocco del Meta.
Molti avventurieri, spinti dalla lusinga di trovar V Eldorado, percorrono la Gujana e
le rive di (]uei due (lumi. Carlo V vende ai Welser la colonia spngnuola di Caracas, tra
la foce deirOrenoco e l'isola della Margherita; poi, perchè la loro tirannide irritava i
natii, ne li priva, formandone una capitaneria generale (1550).
Nella parte meridionale, sull'orme d'Almagro si mette Valdivia, che scorre il Chili,
fonda Sa/Uia(/o e \<x Concezione, penetra neir^rauca«m e vi stabilisce laWjt'm (1541-55)
SCOPERTE E CONQUISTE IN AMERICA 2G9
verso il 40" di latitudine sud. Nel lSo8, Garzia di Mendoza scopre l'isola àiChiloe, e le
piccole del golfo di Guaiteca. Sull'opposto lato del continente, dopo perito Solis, Se-
bastiano Caboto scopre il Parnna e il fiume Paraguai, e pianta il forte Santo Spi-
rito (IS'^S-SO) die gl'indigeni distruggono.
Fedro di Mendoza, govcrnator generale a nome di Carlo V, sulla destra del Piala
fonda Nostra^ Donna di Buenos Aijres (Ì33G), e manda Giovanni d'Ayala e Domenico di
Irala ad esplorare l'interno paese: i quali penetrano nel fiume Paraguai fin alla laguna
Xarayes (1557). L'anno dipoi Gonzalo Mendoza e Giovanni di Salazar fabbricano l'As-
sunzione in riva quel fiume. Nugnez Cabeza de Vaca, succeduto al Mendoza, fa ricono-
scere il Tucuman, il Cuyo, il nord delle Pampas, e compie la conquista del Paraguai.
Undici anni dopo, i Gesuiti vi poser principio alla loro dominazione (irioG).
I Portoghesi fra ciò colonizzano o conquistano il Brasile (1531-Ó-4}: re Giovanni io
divide in dodici capitanerie; e Tommaso da Souza governator generale edifica San Sal-
vatore {\Si9). 1 due gesuiti Nobrega e Anchieta fanno prodigj incivilendo, e piantano
San Paolo e la colonia de' Paolisti (1554). Gli stabilimenti che i Francesi tentarono nel
Brasile, uno a Fernambuco il 1551, l'altro nella bajadi Rio Janeiro il 1555, non ressero.
Alla morte di Carlo V l'America spagnuola, fra il 30° di latitudine nord e il 41° di
latitudine sud, e fra il 56" e il 120° di longitudine ovest, era partita in due grandi vi-
ceregni, sotto l'amministrazione del Consiglio delle Indie, residente iu Ispagna.
I. 11 viceregno della X. Spagna comprendeva:
a. I paesi immediatamente sottoposti al viceré e alla giurisdizione dell'udienza reale
del Messico, cioè il Messico^ la A'. Galizia e la N. Biscaglia. Messico, fondata da Cortes
dopo distrutta l'antica, formava un quadrato di cinque leghe di giro. A lui stesso è do-
vuta Vera Cruz:, moltre altre citlà a suoi compagni. 6. La capitaneria generale di Gua-
timala che comprendeva il Guatimala, il Nicaragua e VOnduras. Capitale Santiago,
fabbricata il 1324 da Alvarado, presso al luogo dov'era Tecpanguatemala appiè di due
vulcani d'acqua e di fuoco: dalle acque del primo sobbissata il 1541, fu rifabbricata con
maggior magnificenza, e. Le isole di Cuba, Giamaica, Ispaniola, San Domingo, Borica
0 Porto-ricco.
IL II viceregno del Perù abbracciava:
a. Il Perù proprio: capitale Lima nella bella valle del Riraac, fondata da Pizarro
111533. b. 11 Chili: c\llìi Santiago, la Concezione, Valdivia, Villa-ricca, e. Il governo Chili
di Buenos Aijres, con Nostra Signora e V Assunzione, d. I governi della Casiiglia d'oro
0 N. Granata e di Terraferma, e. La capitaneria generale di Caracas: capitale San-
tiago de los Caballeros. L'isola Margherita fu celebre per le perle.
L'America portoghese constava del Brasile, diviso in dodici capitanerie sotto un go-
vernator generale.
§ 7. — Scoperte posteriori.
Altri vennero a concorrere co' primi conquistatori , e infine gli eclissarono. Fran-
cesco Drake penetra nell'oceano Pacifico, desolando le coste del Perù (1578) : il suo com-
patrioto Davis scopre le isole Maluine (1392): AYalter Raleigh s'impadronisce dell'isola
della Trinità, e risale l'Orenoco per ducento leghe. Tra ciò. Martino Ruiz Gamboa
prende possesso dell'arcipelago di Chiloe, e fonda le città di Castro e Chacao (1563):
due anni appresso, Diego di Losada fabbrica Santiago di Leon di Caracas per capitale
della capitaneria generale.
II Brasile venne col Portogallo a signoria della Spagna (1580), la quale cercò di metter
colonie anche sullo stretto di Magellano, ma furono distrutte dalla fame; donde il nome
a Porto-Fame (1584).
Al cominciare del secolo xvii, i Gesuiti hanno già allargate le loro parrochie nel Pa-
raguai: crescono anche le colonie del Brasile, ove i Paolisti spingono arditissime esplo-
razioni fin in riva all'Amazone e sui limiti del Perù (1560-1016). I francesi Razilli e
La Ravardière posero una colonia efimera nell'isola di Maranham. Réfaut, Devaux, Mo-
quet, Planque penetrano nell'Amazone. Raleigh va a bruciare la capitale della Gujana
Spagnuola (1616); e l'olandese Lemaire l'anno stesso scopre lo stretto fra la Terra degli
270 GEOGRAFIA — EPOCA DECIMAQUARTA
Stati e la Terra del Fuoco, e voltando il capo Horn, insegna una via più breve per l'o-
ceano Pacifico.
Al nord gl'Inglesi proseguono le scoperte con Frobisher, il quale cercando il pas-
saggio settentrionale, riconosce le coste meridionali del Groenland, e vede lo stretto da
lui denominato (1577). Drake va alquanto piìi in là che Cabrillo (1578), e Davis giugne
fin al 72" (1587); ma non riescono a colonizzare Terranova^ e le coste fra quest'isola e
Florida, e il paese cui Raleigh die nome di Virginia ad onore della regina Elisabetta
(1584-87).
Dipoi gl'Inglesi, condotti da Bartolomeo Gosnald, fanno un primo stabilimento nel
Massacius'^et (1602), ove diciott'anni dipoi si pose una colonia di Puritani nel terri-
torio di Plymouth. La Virginia ne riceve nel 1607 e 10; le Bermude nel 1609 e 12.
Miglior fortuna accompagna gli Spagnuoli, che al Messico aggiungono il N. Messico,
occupato da Antonio di Espejo nel 1581, colonizzato da Giovanni di Onate nel 1595:
Sebastiano Yiscaino visita a minuto le coste della A^ California (1602).
1 Francesi dilatansi nel Canada, e pongono colonie sulla boja di Fundy e A'Acadia,
mercè le cure di Samuele Champlain, che percorse il fiume di San Lorenzo, scoprì i
grandi laghi dond'esce, ne diede la carta, e gettò le fondamenta di Quebec (1603-15).
Al tempo stesso moltiplicavansi scoperte al nord: e Davis varcò lo stretto che ne
porta il nome (1607); BafTin penetrò sin al fondo del golfo, detto mare di Baffin, Hud-
son, inglese al servizio dell'Olanda, scoprì e denominò il mare di Hudson (1609-15).
Nel 1614 l'avventuriero Giovanni Smith arriva all'isola di Manhegin , esplora la costa
della baja di Penobscot fino al capo Cod, e fonda una colonia, che col nome diiV. Lnco-
nia fu conceduta al capitano Giovanni Mason nel 1623, poi nel 29 fu delta N. Hampshire,
e nel 40 unita al Massaciusset.
]\el 1622 una colonia scozzese spedita nell'Acadia, che Giacomo I avea ceduta a Gu-
glielmo Alessandro di Neustria , la chiamò N. Scozia. L'anno che venne, Tommaso
Warner stabilì una colonia inglese nell'isola di Liamniga o San Cristoforo, e unitosi a
una colonia di Dieppesi condotti dal capitano Desnambuc, fecero guerra a morte ai Ca-
raibi. Trenta Inglesi, condotti da Dean, si posero nell'isola della Barbada, che Giacomo I
avea donata al conte di Marlborough, e vi cominciarono Jamestou-n (1624-26).
Gli Olandesi dal 1612-14 aveano fondato un forte sull'Hudson e nell'isola di Manhatta,
che chiamarono N. Amsterdam ; e subito vi s'aggiunse il paese fra il Delaware e il Con-
necticut, che fu intitolato N. Belgio, concesso dagli Stati generali alla Compagnia delle
Indie occidentali nel 1621. Dopo due anni colonizzarono parte del territorio di Dela-
ìcare; il resto fu occupato da una colonia di Svedesi e Finlandesi (1627). L'anno suc-
cessivo gl'Inglesi fermano piede nell'isola di Nevis , colonizzano la Providenza delle
Lucajè, e prendono Quebec.
Nel 1631 Roggero Williams puritano pianta la colonia del Bhode Island , che nel 44
ebbe governo particolare. Guglielmo Clayborne forma un piccolo stabilimento nell'isola
di Kent, e nel 1652 Giorgio Calbert, lord Baltimore, Guglielmo Penn cominciano sulla
costa vicina una colonia detta Mariland a onore d'Enrichetla Maria, moglie di Carlo!,
estesa ben tosto dalla riva settentrionale del Polomac fin al 40" di latitudine nord, enei
1659 ordinata con governo particolare. Anche le isole di Monserrato e Antigoa ebber
una colonia inglese di San Cristoforo.
Dal 1655 datano i primi stabilimenti sul Connecticut e il golfo di Long Island, presto
cresciuti dissipando affatto gl'indigeni (1657).
Nel 16i3 le (juattro colonie di N. Aveo, Connecticut, Plymouth, e Massaciusset si fe-
derarono col nome di Colonie Unite della N. Inghilterra; e Carlo H vi diede una carta
nel 1662: tre anni dopo furono ristrette in una sola colonia, detta Connecticut.
Una inglese, posta nel 1657 nell'isola di Santa Lucia, fu l'anno seguente distrutta
dai Caraibi ; e quella della Providenza dagli Spagnuoli nel 1641. Da Santa Croce gl'In-
glesi cacciarono gli Olandesi, ma ne furono cacciali dagli Spagnuoli, e questi dai Fran-
cesi. Gl'Inglesi se ne vendicarono togliendo agli Spagnuoli la Giamaica, e devastando
Cuba (1(560).
Fin dal 1650 essi aveano occupato Anguilla. Nel 1652, ducente Flessinghesi stabili-
ronsi nell'isola di Tabago, ma ne furono snidati dagli Spagnuoli. Nel 1035 gli Olandesi
colonizzano l'isola di Sant'Eustachio, e avvicendansr i padroni.
SCOPERTE POSTERIORI 271
I Francesi, ricuperato Quebec e la N. Scozia fl632), stendonsi nel Canada, e me-
diante i missionari, inciviliscono gli Uroni, ed altri abitanti sui laghi Erte, Huron, e
Michigan (163S-48). Lollive e Duplessis s'impossessano della Martinica (1635), ove si
fonda San Pietro (1638); la Guadalupa è colonizzala dal 1035 al 38; Maria Galanla^
i Santi, la Desirada, la Dominica nel i647 e 48; la Granata, le Granatine, Santa Lu-
cia, la parte settentrionale di San Martino, nel Ì6b0.
I due stabilimenti della Tortola e di San Domingo divengono nido de' Filibustieri; e
corsari inglesi ed olandesi devastano la capitaneria di Guatimala, molestata pure da in-
digeni Moschiti e Poya. I missionarj spediti nel 16i2 in California, vi fanno il primo
stabilimento.
Gli Olandesi cacciano gli Svedesi dal Delaware (1655), distruggono gli stabilimenti
spagnuoli della Margherita (1662), prendono due volte Maria Galanta , ricuperano Ta-
bago (1677), disputato dai Francesi sinché nel 1748 è dichiarato neutro; e così alter-
nansi i possessori delle Antilie nelle guerre e nelle paci.
Nel 1764 Bougainville stabilisce nell'isola di Soledad, nell'arcipelago detto Falkland
o Mainine, la colonia di Porto Luigi, che tre anni appresso è venduta alla Spagna.
Sul continente, Lasalle diede prosperità agli stabilimenti francesi nella Luigiana , e
stabilì comunicazione fra questa e il Canada per Vlllinesee rO/H"o(1679 83); ma la cat-
tiva amministrazione della Campagnia francese d'Occidente, e le continue guerre cogli
indigeni, massimamente i Natcesi, fece languir la colonia, sicché il commercio ne fu
dichiarato libero per qualunque francese (1731). Allora crebbe, ma la rovinarono le
ostilità degli Inglesi, sicché al fin del secolo la Francia non tenea piìi in America che
il piccol gruppo delle isole di San Pietro, Grande e Piccolo Michelone, la parte occi-
dentale di San Domingo, la settentrionale di San Martino, la Martinica, la Guadalupa,
Maria Galanta, la Desirada, e Santa Lucia.
I Russi, entrati in questo secolo fra gli scopritori e colonizzatori dell'America, ac-
certano la sua separazione dal continente asiatico. Behring nel 1728 scopre lo stretto che
denomina, e dodici anni dipoi esplora la costa nord-ovest, la penisola d'Alaska, le isole
Shumagin. Altri navigatori scoprono maggiori coste, e le isole Aleutine, delle Volpi, di
Mednoi Ostrof (1740-66). Cheicgof (1760) prende possesso àiKodiak, e vi fonda il primo
banco della Compagnia russa d'America, la quale tosto scese verso il sud fin al 50' pa-
rallelo, avvicinandosi agli stabilimenti spagnuoli,
II governo spagnuolo cede la Florida agli Inglesi in cambio di Cuba (1763), stabilisce
nella N. California otto missioni e duepresidj (1763-70); e i navigatori Giovanni Peres,
Vincenzo Vila, Giovanni de Ayala, Quadra, Canizares, Arteaga, Manuele par che rinno-
vino le antiche imprese di quella nazione, esplorando le coste settentrionali del Grande
oceano.
Gl'Inglesi, cacciati gli Olandesi dall'Isola Tortola, occupano la più parie delle isole
Vergini (1666), e stabiliscono un'altra colonia alla Providenza; poi vinti i Filibustieri,
sommettono le Lucaje (1718).
Nel 1661 , una colonia di migrati dalla Virginia si ferma al capo Fear-Iìiver, chia-
mandolo Albemarle. Dopo due anni Carlo II concesse a lord Clarendon e a sette altri
l'Albemarle e la Carolina; i quali fabbricarono Brunsivick (1665), il vecchio e nuovo
Charlestown, dove accorsero migrati protestanti francesi, fratelli moravi, presbiteriani :
ma le continue invasioni degli Indiani, massime Tuscarora e Cheroki, indussero i si-
gnori compadroni a vender le terre al governo, che le divise in Carolina delnorde Ca-
rolina del sud.
Il colonnello inglese Nichols prese N. Amsterdam (1664), col che ridusse a sottomet-
tersi tutta la colonia olandese de' N. Paesi Bassi, di cui si formarono ^.V. Jork e A'. Jer-
sey. Quest'ultima, data in feudo ereditario alle famiglie Berkley e Carteret, fu divisa in
orientale e occidentale (1667). Entrambi stettero sotto la giurisdizione della N. In-
ghilterra.
Nel 1670 si stabili la Compagnia della baja d'Hudson pel traffico delle pelliccie.
Il quachero Guglielmo Penn, ottenuti (1681) da Carlo li i paesi che denominò Pemil-
vania dal nome suo e dalle molte selve, die agl'Indiani esempio di lealtà comprandone
il territorio, fabbricò Filadelfia (1682), e dettò statuti e costituzione alla colonia.
Nel 1733 censedici avventurieri; condotti dal generale OgIethorpe, fondano tra Sa-
272
GEOGRAFIA — EPOCA DECIMAOUARTA
vannah e V Alatamaha una colonia, detta Georgia^ ad onore di Giorgio II che ne con-
cesse loro la proprietà, e dove s'introdussero coloni tedeschi e scozzesi: dopo dician-
nove anni la Compagnia ne cedette la proprietà alla corona (1752), che la dilatò fin al
San Mary. Nel 1749 un'altra colonia della N. Scozia avea fabbricato Halifax.
Il Kentuckìj ^ visitato primamente da Giacomo Macbridge {175'4) e Giovanni Finlay
(1767) e dal colonnello Daniele Boone (1771), fu da quest'ultimo colonizzato, sotto la
protezione della Virginia.
Cook avea nel ■1764 rilevato la carta del corso del San Lorenzo e delle coste di Terra-
nova ; poi giovò più che tutti i predecessori alla conoscenza della costa nord-ovest.
Ilearne, mandato dalla Compagnia della baja di Hudson, scoperse il Coppermine, esce-
solo sin alla foce, vide primo il mar Polare (1769-72).
Al tempo poi che l'Inghilterra perdeva le sue colonie dell'America settentrionale, ne
la ristoravano altre scoperte. Il capitano Cook scopriva ÌVilliam's Suncl e il fiume del
suo nome, visitava le Aleutine, la penisola d'Alaska, e al nord procedea sin al capo dei
Ghiacci (1776-78). Per trafficarvi di pelliccie si formò la Compagnia del nord-ovest, i cui
sforzi svelarono altri paesi. 11 banco stabilito a Nolka nel 1786, fu occupato dagli Spa-
gnuoli neirSO, che però dovettero abbandonarlo agli Inglesi nel 92.
Portlocke e Dikson nel 1787 scoprono le isole della Regina Carlotta, e Giorgio Van-
couver nel 1790 riconosce la costa nord-ovest dal 59' al 52" 18' di latitudine nord. Poi
nel 93 e 9i procedette fin al 56", vide l'isola Cirikov, esplorò a minuto la N. Georgia,
il N. Hannover, la N. Cornovaglia, la N. Caledonia, l'arcipelago di Giorgio HI e del
principe di Galles, e l'isola dell'Ammiragliato.
Rottasi intanto la guerra, l'Inghilterra profitta della sua superiorità in mare per oc-
cupar moltissime isole a Francia, Spagna, Olanda, parte rese nelle paci, parte no. Fi-
nite le guerre, nel 1818 fonda la colonia d'Hopparo sulla punta sud-est della Terra del
Fuoco, per asilo ai navigli balenieri. Crescono coi migrati le sue possessioni, e nell'A-
merica settentrionale Lewis e Clarke giungono al Grand'oceano traverso le montagne
Mocciose (180Ì-5). 1 viaggi di Ross (1818-19-52), di Parry (1819-21-27), di Franklin e
Richardson (1820-24-26], di Beechey (1825-28), di Back (1836-7), di Wrangel, di Du-
mont d'Urville chiarirono abbastanza la geografia delle terre polari. Del che riparliamo
nell'Epoca XVHL
EPOCA XV
DAL 1S00 AL 1648 D. C.
Dopo la presa di Costantinopoli , il movimento d'invasione verso l'Europa può dirsi
cessato; le nazioni presero assetto definitivo-, né più i grandi spostamenti dei secoli an-
teriori distrussero l'equilibrio delle genti europee. Noi distrussero ma ondeggia ancora,
e la Geografia politica deve seguitarne il movimento , benché meno sensibile , per de-
terminare la situazione geografica e politica di ciascun popolo. La centralità va preva-
lendo, e la monarchia è la forma cui più generalmente s'acconciano le nazioni europee:
tanto che in più d'uno successivamente potè sorgere l'idea d'una monarchia universale,
e l'opporsi a questo tentativo è l'intento della diplomazia e delle guerre, da cui sono ad
or ad ora alterati i limiti dei differenti popoli.
§ 1, — Italia,
La pace di Lodi (1434), suggerita dallo sgomento dei Turchi, pose una specie d'e-
quilibrio fra gli Stati italiani.
11 Milanese comprendeva Milano, i contadi d'Angerae Pavia, le città di Parma e Pia-
cenza; al sud e sud-est toccava Castelnuovo tolto al duca di Modena, Pontremoli,
Tortona tolto ai Gonzaghi, Alessandria resa dal marchese di Monferrato. Con quest'ul-
timo paese i confini stavano di qua d'Alessandria: col ducato di Savoja, tra Vercelli e
Novara alle rive della Sesia. Ai Veneziani Francesco Sforza cedeva il Cremasco, ma ser-
bava Cremona, Soncino, Caravaggio Castiglione e la Geradadda ; il marchese di Mantova
gli abbandonava Ròcca, Budrio e qualch'altro paese.
Venezia ha molto a fare coi Turchi; rinunzia ai suoi possessi nell'antico impero greco
(1479), ma acquista Cipro (1474). Dominava l'Istria e la costa di Dalmazia, eccettuate
Trieste e Ragusi; le isole di quel litorale, quelle del mar Jonio, e la più parte di quelle
dell'arcipelago, massime Candia e Negroponte; sulle coste del Peloponneso, Argo, Na-
poli di Romania, Patrasso, Modone, Corone; in terraferma, il Friuli, il Cadore, Feltre,
Belluno, Treviso, Vicenza, Verona, Padova; il Polesine di Rovigo lasciatole in pegno
dal duca di Ferrara (1484); Lonato, Valeggio, Peschiera, cedute dal marchese di Man-
tova ; il Bresciano, il Bergamasco, il Cremasco ; inoltre Cervia in Romagna e Ravenna.
Firenze dominava tutta Toscana, tranne le repubbliche di Siena e Lucca, e compreso
Massa e Carrara, Piombino, e l'isola d'Elba.
il ducato di Savoja occupava i due pendii delle Alpi dalla Saona alla Sesia, e dal Me-
diterraneo al lago di Neufchàtel, colla Savoja abbracciando il Bugey, il Valromey e la
Eresse, i paesi di Gex, di Vaud, di Sciablese, di Faucigny, di Ginevra, parte del Valese,
e verso l'Italia Aosta e il Piemonte. Ne restavano però indipendenti il marchesato di Sa-
luzzo, la contea di Tenda, il marchesato di Monferrato, il principato di Monaco ; oltre
le grosse porzioni assegnate in appanaggio ai principi della Casa.
I ducati di Modena e Reggio, e le contee di Cornacchia e Rovigo, elevate a tal dignità
nel 1452, e la signoria di Ferrara dipendente dal papa, ed elevata in ducato nel 1471,
appartenevano a casa d'Este.
II marchesato di Mantova nel 1S30 fu eretto in ducato, e Federico II Gonzaga acqui-
stò il Monferrato (1553).
Altri piccoli principati sussisleano fra il Mantovano e gli Estensi, cioè Correggio, la
Cantù, Documenti, ~ Tomo I, Geografìa politica. 18
l
274 GEOGRAFIA — EPOCA DECIMAQUINTA
Mirandola^ i contadi di Guastalla e Montechiarugolo dominati da casa Torelli, poi al
nord-est del Veneto verso l'Ii^tria il patriarcato ù'Aquileja.
Genova, spesso suddita altrui, dominava nel mar Nero e a Calata, e le isole di Scio e
Lesbo, Famagosta nell'isola ^i Cipro, la Corsica e il Finale. Dalla potenza turca le fu
rovinata la sua colonia di CafTa (1475j.
La Romagna e i regni di Napoli e Sicilia stavano quali nell'età precedente.
Quest'assetto durò finché l'ambizione di Lodovico il Moro chiamò Carlo Vili, erede
delle pretensioni degli Angioini su Napoli : gli tenne dietro Luigi XII, che con Venezia
patteggiò la divisione del Milanese, cedendole il Cremonese e la Geradadda. Ma contro
Venezia soUevossi allora la vendetta o l'invidia universale, stringendo la lega di Cam-
brai (1508), dalla quale essa non si salvò che col abbandonare tutti i possessi di Ter-
raferma, recuperandone però gran parte nella pace delle Dame (1329).
2. — Germania.
La divisione della Germania in circoli, per mantenere la pace pubblica, già proposta
da Venceslao e da Alberto II, fu effettuata dalla dieta d'Augusta nel 1S00. Sei erano i
circoli: di Baviera, di F ronconi a , di Sassonia, del Reno, della Svevia, di Westfalia.
Dapprima restavano fuori gli Stati austriaci e di Borgogna, né vollero entrarvi gli elet-
tori dell'impero, i re di Boemia e l'ordine Teutonico. La dieta di Treveri e Colonia nel
1512 v'aggiunse i quattro nuovi circoli d'Austria, Borgogna, Basso Beno, Alta Sassotiia;
i quali ultimi furono una suddivisione degli antichi circoli di Reno e Sassonia, allora
intitolati Alto Reno e Bassa Saf<sonia.
Questi circoli potevano dirsi repubbliche federative, con Stati e assemblee generali, e
capi proprj. Ciascuno ebbe direttori che presedevano agli St&t'\, principi convocanti che
li radunavano, colonnelli che comandavano alla milizia.
i. 11 circolo d'ylus^rm comprendeva V Arciducato, la Stiria, Carintia, Carniola, Go-
rizia, Svevia austriaca, Tirolo.
2. Il circolo di Baviera a ponente del predetto, comprendeva la Baviera, l'arcivesco-
vado di Salisburgo, i vescovadi di Ratisbona, Passau, Frisinga.
5. Il circolo di Svevia ad occidente del predetto, abbracciava il Wiirtemberg, il mar-
graviato di Baden, la contea di Fiirstenberg , i vescovadi di Costanza e Augusta, e la
badia di Kempten.
4. Il circolo di Franconia al settentrione dei due precedenti, comprendeva i margra-
viati di Anspach e Baireuth, i vescovadi di Bamberga, Wurzburgo, Aichstett, le città di
Norimberga, Schiceinfurt, Wind<Jteim, Rothenburg.
5. Il circolo del Basso Reno o Elettorale, a occidente del predetto, comprendeva i tre
elettorati ecclesiastici e il palatino.
6. Il circolo deiry4//o Reno abbracciava parte dei dominj della casa Palatina, il land-
gravialo d'Assia, i principati di Nassau, Hanau, Waldeck, i vescovati di Worms,Spira^
Basilea, l'abbadia di Fulda, e la città imperiale di Francoforte.
7. Il circolo di Westfalia, al nord-ovest dell'anzidetto, abbracciava parte degli Stati
di Nassau, i ducati di Clèves, di Juliers, di Oldmburg, VOstf risia, la contea d'Hogay i
vescovadi di Munster, Liegi, Paderborn, Osnabruck.
8. Il circolo della Bassa Sassonia al nord-est del precedente, coi ducati d'Holsteiìi,
Sassonia- Lauf.nburg, Mecklemburg, Bnmsivick, e i vescovadi d'Hildesheim e Lubeka.
9. Il circolo dcW Alta Sassonia, al sud-est del precedente, cogli elettorati di Sassonio
e Brandeburg, la Pomerania e i dominj della casa d' Anhalt.
10. Il circolo di Borgogna, ali'occidenie di quello di Westfalia, occupava i paesi che
casa d'Austria ereditò da Carlo il Temerario, cioè Fiandra, Brabante, e gli altri detti
Paesi Barasi o Neerland, VArtois e la Franca Contea,
La Boemia è una specie di dipendenza feudale dell'Impero, finché non viene in-
corporata ai possessi austriaci (1526).
La Lega Anseatica e la Confederazione Renana cadono in decadenza.
La Prussia diviene Stato secolare (1525J sotto la sovranità della Polonia; il qual
CASA D'AUSTRIA 27S
nuovo ducato, unito poi all'elettorato (li Brandebiirgo (1618), nella pace di Westfalia
(1648) cresce d'importanti possessi.
Dalla Prussia si slaccò la Livonia, che liberatasi dall'ordine Teutonico (1521), si
dà ai Polacchi.
La Polonia così ingrandita, viene di gran peSo negli affari del Nord; sottomette i
Cosacchi (lo76\ che fin dal 1S16 erano uniti in orde; e toglie ai Russi molle Provin-
cie ad oriente (1018).
L'Ungheria parea dover prevalere nel bacino del Danubio, dove occupava la parte
più considerabile al nord, fra i monti Sudeti e i Crapak e quel loro prolungamento che
comprende la Transilvania. All'est dei Crap.ik e al sud di quell'altura che separa il
Pruth dal Dniester, stavano la Moldavia e la Valachia.
L'altra parte della gran pianura slava era anch'essa divisa fra quattro Stati , la Bul-
garia, la Servio^ la Bosnia, la Croazia, addossale al Balkan o al suo prolungamento.
Queste tre ultime furono suddite dell'Ungheria 5 tributarie la Bulgaria (1.562) e la Va-
lachia (1390): la Moldavia dipendeva piuttosto dalla Polonia. Però non sepper mai
unirsi in modo da costituire una nazione grande, e doveva anche qui dominare casa
d'Austria.
^3. — Casa d'Austria.
Al primo acquisto del ducato ù'Amtria, formato da due brani della Baviera e del-
l'Ungheria, di sopra e di sotto dell'Eos, questa Casa unì ben presto allri Stati, in parte
posseduti dalla Baviera sotto Enrico il Leone: la Stiria unita da Alberto !•, la Carinlia
da Alberto II nel I55G; il Tirolo e la Carniola nel 136.". Ritardarono il suo incremento
le divisioni; delle quali la prima fu fatta nel 1379, un'altra nel 1411. Tre rami domi-
navano nel 14o5: la linea Albertina in Austria; e due linee Leopoldine, una in Carin-
tia, una in Tirolo.
Alberto V successe nel 1437-38 io Ungheria e Boemia alla casa di Luxenburg: dopo
lui, queste e le unite Lusazia, Slesia^ Moravia obbedirono a Ladislao Postumo; ma l'im-
matura sua morte (1457) lasciò la Boemia a Giorgio Podiebrado, l'Ungheria a Mattia
Corvino, e l'Austria a Federico di Carintia.
Restaurò la casa d'Austria Massimiliano (1493), che riunì i possessi della linea del
Tirolo, Gorizia, parte dell'Istria, il resto della Carniola, e molti brani della Baviera. Pel
matrimonio di lui colla erede di Borgogna, e d'un suo figlio colla erede dell'immensa
monarchia di Spagna, parea quella Casa dover assorbire tutta Europa; tanto più dopo
che stette come tutrice della cristianità contro i Turchi, e delcattolicismo contro i Pro-
testanti. La politica dunque si volse ad umiliarla, donde le prime lotte tra Francesco I
e Carlo V, che pareano mirar solo al possesso dell'Italia, ma dopo la pace di Madrid
(1326) presero aspetto di europee.
Carlo V possedeva :
i' L'Aragona, il Rossiglione, la Cerdagna, la Sardegna e il regno delle Due Sicilie, Regno di
come dipendenti dalla Casliglia; Orano, Bugia, Tripoli conquistate da Ximenes sulle Carlo V
coste di Barberia (1509) ; le Canarie e il Nuovo Mondo,
2" L'eredità della casa di Borgogna, cioè la Franca Contea, i Paesi Bassi, che poi for-
marono le diciassette provincie unendovisi il vescovado diJUtrecht e la Gueldria, e che
erano i ducati di Brabante, Limburg, Luxemburg e Gueldria, le contee di Fiandra, FJai-
nault, Artois, Olanda, Zelanda, Namur, Zutfen, il tnarchesaio d'Anversa, le signorie di
Malines, Frisia, Utrecht, Groninga, Over-Yssel, Carlo occupò quindi (1543) la città di
Cambrai.
3' L'eredità di Massimiliano, cioè gli Stati austriaci in Germania, ch'egli però cedette
al fratello Ferdinando. Carlo V fu pure eletto imperatore (1519).
L'Italia che avea parteggiato per Francesco I, da questo fu abbandonata a Carlo V
nel trattato di Cambrai, e sagrificati que' che lo aveano favorito, i Fregosi a Genova,
gli Orsini a Roma, il partito Angioino a Napoli, Firenze, Venezia, Ferrara. Carlo, che
possedeva già il regno di Napoli, sottomise la restante Italia alla sua influenza. Al papa
fece rendere Parma e Piacenza occupata da Francesco I , Cervia e Ravenna tornai» a
276 GEOGRAFIA — EPOCA DECIMAQUINTA
Venezia; promise anche Reggio, Modena, Robiera, ma non si die cura di ritorle dal duca
di Ferrara. I Medici alzò sulle ruine della repubblica di Firenze, ma per non ingran-
dirli di troppo lasciò il ducato d'Urbino a casa della Rovere che n'avea preso possesso
a danno di quelli. Siena, Luca, Genova serbaronsi indipendenti. Venezia fu trattata con
rigore, ed oltre Cervia e Ravenna, dovette restituire all'Austria Riva di Trento, Rove-
redo e Gradisca, i porti occupati nella Puglia, e cessò le pretensioni di dominio esclu-
sivo sull'Adriatico. Il ducato di Milano, ristabilito un istante, fu presto congiunto ai
possessi austriaci. De' principi minori Carlo dispose a suo talento. Per deprimere laSa-
voja, lasciò che il duca di Mantova raccogliesse l'eredità del Monferrato.
Ma una forte opposizione a Carlo V si sollevò in Germania, dove il protestantismo
diede unione a quelli , cui non l'avea mai data la politica. L'elettore di Sassonia sì fé
principale sostegno di Lutero, e anche la linea Albertina ne adottò le credenze (1539);
il landgravio d'Assia ne fu caldo difensore; le abbracciarono i principi d'Anhalt, e così
i rami d'Anspach e di Baireulh della casa di Brandeburgo, benché l'elettore rimanesse
fedele. Nella casa di Brunswick la linea di Grubenhagen si rese protestante il dS3l,
mentre la principale fu sostenitrice del cattolicismo : nella linea di Gottinga venner
protestanti i principi del ramo di Luneburgo; gl'imitarono i principotti di Mansfeld ,
Nassau, Waldeck ecc. e molli vescovadi, sazj di ricevere da gran tempo per vescovi i
cadetti delle grandi case regnanti. Così il protestantismo regnava sulle rive del mare del
Nord e del Baltico, nell'Ostfrisia, Oldenburgo , Holslein, Mecklemburgo, Pomerania;
la Prussia fu secolarizzata; Danimarca e Svezia divennero colonne a quel partito. Al
nord non restavano cattolici che i duchi di Sassonia, di Brunswick, "NVolfenhuttel, Ca-
lenberg, l'elettore di Brandeburgo, ma tra' loro sudditi cresceva il luteranismo.
Cattolici stettero la più parte de' paesi al sud, cioè Ferdinando d'Austria, che domi-
nava l'Austria, la Stiria, la Carintia, la Carniola, il Tirolo, Gorizia, l'Istria, Trieste, l'Al-
sazia, la Svevia austriaca; inoltre il ducato di Wiìrtemberg, che esso comprò dalla Lega
Sveva; e l'eredità della Boemia e dell'Ungheria; i quali paesi erano dunque regolati
dalla politica dell'imperatore. Fedele alla Chiesa rimaneva eziandio la Baviera; così
l'elettor Palatino della casa di Wittelspach, benché condiscendente ai Protestanti ; e il
ramo dei Due Ponti. Poi il protestantismo s'introdusse qui pure, come nei ducati di
Baden e di Wurtemberg, e nelle città libere: a stento se ne preservarono gli elettorati
ecclesiastici. La Lorena serbossi cattolica: la Svizzera variò; e i cantoni aristocratici di
Berna, Zurigo, Basilea, Soletta, ScialTusa furono protestanti; cattolici i democratici di
Uri, Schwitz, Unterwald, Glaris; diviso il democratico di Appenzel.
Uniti nella Lega Smalcaldica, i Protestanti di Germania opposero barriera insormon-
tabile all'imperatore, giovata dai movimenti della Francia e della Turchia. Carlo vi op-
pose una Lega Cattolica e l'attività politica e guerresca, e parve un momento trionfare;
ma infine l'Impero dovette adattarsi alle paci d'Augusta (1555) coi Protestanti, e di Ca-
teau-Cambresis (1559) colla Francia.
Intanto la Riforma si era viepiiì dilatata ; l'elettore di Brandeburgo aumentava i suoi
dominj a spese della Chiesa; il duca di Wolfenbuttel, da caldo difensore di questa, l'a-
veva abbandonata; così anche al mezzodì, i tre rami della casa Palatina e i duchi di
Baden e Wiìrtemberg.
La divisione dei due rami austriaci, tedesco e spagnuolo, confermata all'abdicazione
di Carlo V (155G), cominciò la decadenza di quella casa. I Paesi Bassi rivoUaronsi con-
tro Filippo IL Enrico iV, calmate le inquietudini del suo paese, non cercò che a de-
primere gli Austriaci. 1 principi di Germania protestanti continuavano ad estendersi di
dominj e d'influenza; due Leghe cattolica e riformata si contrariavano, né l'Austria
aveva saputo mettersi a capo della prima: poi la successione di Juliers diede motivo
alla guerra dei Trenl'anni, finita col trattato di Westfalia (1048), di cui può considerarsi
come complemento quello de' Pirenei (1G59).
La Spagna riconobbe l'indipendenza delle sette provincie dell'unione d'Utrecht, cioè
Groìiinga, Over-Ysscl, Gucldria, Utrecht, Olanda, Zelanda, Frisia; ma rinunziava alla
naturale barriera che la Mosa ponea fra quelle e le provincie sue, cedendo ad esse molte
parti del Brabante, del Limburg e della Fiandra, che furono appellate Papsi delta Gene-
ralità ; la città di Grave, il territorio di Kuitk sulla iMosa, liuis-le-Duc, Berg-op-Zoont,
Breda ecc.; la città e giurisdizione di Miistricht; la comproprietà dei tre quartieri di là
FRANCIA 277
della Mosa , Fauquemont, Dalem e Rolduc, il qual ultimo poi restò alla Spagna: i
baliaggi di Hulstz e Axel in Fiandra \ e le fortezze del paese di Vaes. Consentendo
tener chiusa la SclieUla, la Spagna sagrilìcava il commercio delle proprie provincie
agli Olandesi, ai (juali inoltre lasciava le conquiste fatte nelle Indie orientali e occi-
dentali.
Alla Spagna non restavano che frantumi de' Paesi Bassi ; Aire e Saint- Onicr ncH'Ar-
tois; Lilla, Donai e Orchies nella Fiandra francese; la Fiandra da Dunkerque al forte
dell'Ecluse e Anversa; la città di Cambrai, VHainault, parte del Luxenburg, il paese di
Xamur, il Limburg, il Brabante ; e dell'eredità di Borgogna, \d. Franca Contea, Besan-
zone fm allora immediata.
g i, — Francia.
La Francia ridotta all'unità territoriale, tenia conquiste. Carlo Vili occupa e perde il
regno di Napoli. Luigi XII due volte acquista il Milanese e il Napoletano (1499-'1S01),
ma quest'ultimo gli è tolto dalla Spagna (1S03J: dee pure cedere il Milanese (1513)
dopo datone quattro baliaggi agli Svizzeri ; e nel trattato di Cambrai rinunzia alle pre-
tensioni su di esso, e alla sovranità sulla Fiandra e l'Artois. Internamente sussistevano
le case principesche di Bretagna, à'Albret, di Bourbon, di Necers e Rethel, di Melun,
Tonnerre ecc. Ma quantunque Carlo V procurasse fare stabilire l'indipendenza d'alcuni,
pure venivano assorbiti poco a poco nella monarchia. Vera sovranità formava il princi-
pato A'Oraìige; e così quello di Sedati.
Nelle guerre rinnovatesi a mezzo il secolo xvi, la Francia toglie all'Impero i Tre ve-
scovadi di Metz, Toni e Verdun (1552), Calais all'Inghilterra (1558), e acquista la Na-
varra francese (1589). L'assunzione di Enrico IV al trono unisce alla corona il ducato
di Vendóine, il regno di Navarro, il Béarn, la contea di Foix ecc. ; poi nel secolo se-
guente la Francia s'impadronisce della Savoja e della Lorena (1601, 1631) ; infine nella
pace di Weslfalia le son confermate le sue conquiste sull'Impero, cioè la sovranità dei
Tre vescovadi ; in Italia Pinerolo ; diritto di guarnigione in Philippsbarg, che restava
alla sovranità del vescovo di Spira; il Xecchio Brisac; il landgraviato dell'Alta e Bassa
Alsazia col Sundgau e la prefettura delle dieci città imperiali.
Così Francia allargava le frontiere ad oriente ; al nord e al sud prosegui la guerra
colla Spagna, finché la pace de' Pirenei pose che la Francia serbasse al nord la contea
d'Artois, Hesdin, Thérouanne, LilUers, Bethune, Saint-Poi, Arras, Bapauine, Lens: poi
nelle attigue provincie una serie di città da Calais a Thionville ampliavano la sua fron-
tiera, cioè Graveline, Bourbourg, SamMenanf in Fiandra ; nell'Hainault Landrecies e
Le Qaesiioy ; fra la Sambra e la Mosa Avesìie, Marienburg, Philippeville; nel Luxenburg
Carignan, Chauvancy, Mont-Medy, Marville, Damvillers, Thionville: inoltre il duca di
Bouillon, per farsi perdonare la complicità nella congiura di Cinq-Mars (1642), cedette
Sedan e Rancourt. La Lorena fu resa al suo duca, ma riservandosi Moyenvich, il Bar-
rois, la contea di Clermont, Dan, Stenay, Jametz, Così la Mosa restava barriera della
Francia. Ad oriente la Franca Contea e il Contado Venesino ne erano ancora esclusi ;
ma assicurati il Rossiglione e la Cerdagna, cioè dati per confine i Pirenei.
Sotto Luigi XIII la Francia era divisa in dodici grandi provincie: i Parigi e Isola di
Francia; 2 Picardia coi paesi conquistati dell' Artois; 5 Normandia; 4 Bretagna;
5 Champagne; 6 Borgogna; 7 Orleanese, compreso il Poitou, l'Angoumois, l'Anjou, la
Turaine, il Maine, il Berry, parte del Nivernese; 8 Lionese, compreso l'Auvergne, il
Bourbonnais, la Manche e il resto del Nivernese; 9 Guyenne; 10 Linguadoca che ab-
bracciava tutto il mezzodì; 11 Deljìnato; 12 Provenza, Col trattalo di Weslfalia le fu
ceduta VAlsazia.
^5. — Penìsola ìbera.
11 Portogallo si dà tutto a scoperte ed ac(|uisti marittimi, che lo rendono potenza
prevalente la Europa, e priaiaria ia Asia. Caduto il 1580 sotto la Spagna, vi dimora
278 GEOGRAFIA — EPOCA DECIMAQUIMA
sessant'anni, finché la casa di Braganza (1640) gli torna l'indipendenza, e ricupera le
antiche frontiere, salvo Ceuta in Africa, rimasta alla Spagna.
La Spagna, unita un istante all'Impero, sgomentò l'Europa; pure, malgrado i pos-
sessi del Nuovo mondo, decade. Filippo it che già aveva il Milanese e le diciassette Pro-
vincie de' Paesi Bassi colla Franca Contea, all'abdicazione di suo padre vi unì le corone
di Napoli, Sicilia, Spagna, coi possessi d'Africa, d'Asia e d'America.
Sette Provincie de' Paesi Bassi emancipandosene, proclamansi indipendenti e riunite
a Utrecht neH 579, e sono riconosciute nel 1609, poi nell 648; non restando alla Spagna
che le dieci provincie, cioè Brabante, Luxenburg, Limburg , Gueldria meridionale, le
contee di Fiandra, di Hainault, di Namw, d'Arlois, e le signorie di Malines e d'in-
verso.
Nel Mediterraneo la Spagna teneva ancora le isole principali, e la Sicilia e l'Elba; e
nella penisola italica Napoli collo Stato de'Presidj, e il ducato di Milano.
Da Carlo V erano state cedute ai cavalieri di Rodi, come feudi della corona sici-
liana, le isole di Malta, Gozo, Cornino, e Tripoli in Africa, che fu ripresa dai Musul-
mani il 1551.
^ C. — Gran Bretagna,
La Scozia si dibatte ancora nella confusione feudale: fra le montagne sostengonsi
i capi dei clan; nelle isole settentrionali il conte di Boss; altri nelle marche e nelle
terre basse. Però o per guerra o per successione que' paesi vengono riuniti alla corona;
e il matrimonio di Giacomo I con Margherita d'Inghilterra prepara l'unione dei due
regni (1603J.
L'Irlanda già era soggiogata,
L'Inghilterra perdette i suoi possessi sul continente; anche Calais fu ceduto nel
1558. Più tardi Dunkerque in assicurato all'Inghilterra da Cromwell , il quale ostentò
pretensioni di supremo dominio sul mare. La guerra civile rimescolò il paese ; ma
alfine Irlanda e Scozia furono rimesse in soggezione, dando al paese il nome di Gran
Bretagna àopo che vennero al trono gli Stuard (16Uij.
Pertanto VI ni pero della Grati Bretagna era formato delle isole Britanniche
(Inghilterra, Irlanda, Anglesey, Man, Western, Orcadi, Shetland, Sorlinghe e Wight),
delle isole Norniande (Aurigny, Guernesey, Jersey), della fortezza di Gibilterra in Ispa-
goa, e dei possessi in Asia, Africa, America. Colla incoronazione di Giorgio 1 (i7i-i)
vi fu unito l'elettorato di Hannover.
L'Inghilterra dividevasi in quaranta contee, oltre dodici del principato di Galles. Di
esse, trentasette sussistevano fin dall'xi secolo; vi s'aggiunsero Norlhumberland, Du-
rham, Westmoreland. Possono distribuirsi così:
Sei al nord : Norlhumberland, Cumberland, Durham , Westmoreland, York, Lan-
caster.
Diciotto al centro : Chester, Derby, Nottingham, Lincoln, Shrewsbury, Stafford, Lei-
cester, Rutland, Hereford, Worcester, Warwik, Northampton, Iluntingdon, Glocester,
Oxford, Cuningam, Bedford, Monmouth.
Sei ad est : Norfolk, Suffolk, Cambridge, Herlford, Essex, Middlesex.
Dieci al sud : Kent, Susscx, Surreij, ìlant o Southampton, Berks, Wilts, Somersef,
Dorset, Devon, Cormvall.
Le dodici del principato di Galles erano Anglesey, Caernarvon, Denbigh, Flint, Me-
rionelh. Montgomery, Cardigan, Radnor, Brecknok, Caermarthen, Pembroke, Glamorgan
e Landaff.
La Scozia pel Tay è divisa in settentrionale e meridionale: la prima comprende
tredici contee, ventidue l'altra.
Le tredici della settentrionale erano , da nord a sud : Caithness, Stratnavern, Su-
therland, Fioss, Lochabir, Braid-Albain, Alhol, Murray, Buchan, Marr, MerniSf Angus,
Ferth.
Le ventidue della meridionale, da nord a sud: Strathern, Fife, Mentheith, Stirling,
Lothian, MerSf Tiveedale, Tifedule, Lidisdalc, Eskedale, Annandak, Nythsdak, Galloway,
SCANDINAVIA, RUSSIA 279
Carrick, Kyle, Clydsdalc, Cunningham, Lennox, Argyle, Lorn, Cantyre, Arran. Il ducato
di Bothsay era nell'isola di Bute.
L'Irlanda partivasi in quattro provincie, formanti trentadue contee:
i. L'Ulster comprendeva le dieci contee di Dunghal, Fermanagh, Tyrone, London-
deny^ Antrim, Doicn, Armagh, Monaghan, Loioth, Caxcan.
2. 11 Leinster o Lagenia colle undici contee di Longford, IVestmeath, Easf-Meat,
Dublin, Wiklow, Wexford, Kildare, h'aterlagh, King's-County, Queen's-County^ Kil-
kenny.
3. Il Munster o Momonia colle sei contee di Waterford, Tipperary, Liìnerick, Cork,
Kerry, Clave.
4. Il Connaught o Connaccia colle cinque contee di Gahoay^ Roscommon, i!/ayo, Sligo,
Leitrim.
g 7. — Scandinavia.
Nella Scandinavia è rotta l'unione di Calmar; Svezia e Dan^narca contendono,
finché questa prevale (1520). Ma la Svezia si sottrae (1523), Gustavo Wasa l'alza assai,
e ancor più Gustavo Adolfo: nella pace di Bromsebro (16iS) toglie alla Danimarca le
Provincie al sud della Scandinavia e le isole Gotland ed Oesel; in quella di Westfalia
(1648) molto dilatasi verso Germania, acquistando la Pomerania Citeriore da Stral-
sunda all'Oder, e parte della Ulteriore; l'aspettativa di tutta la Pomerania quando si
estinguesse la casa di Brandeburg-, l'isola di Rugen come principato ; ad occidente, la
città e il porto di ìVismar, coi due baliaggi meklemburghesi di Poi e Neukloster ; l'ar-
civescovado di Brema e il vescovado di Werden come principati. Anche verso la Russia
erasi dilatata conquistando di là dal golfo di Finlandia, dove occupava la Carelia e
ì'Ingria, resele dalla Russia nella pace di Stolbova (1617). Nel 1656 avea tolto ai Po-
lacchi V Estonia e la Livonia.
Cosi essa, come la Danimarca per VHolstein che possedeva fio dal 1459 e che le fu
reso nel 1640, venivano a far parte della confederazione Germanica,
g 8. — Russia.
La Russia contrasta con Tartari, Polacchi e Svedesi; umilia i primi riunendo Kasan
(lbS2) e conquistando Astrakan (1.'5o4); disputa la Livonia e VEstonia alla Polonia,
Vlngria e la Carelia alla Svezia: ma dovendo rinunziar queste nelle paci di Kiwerowa-
Horka (1580) e Stolbova (1617), perde la comunicazione col Baltico. Di rimpatto stendesi
al nord, scoprendo il mar Bianco nel ISSo, e stabilendovi un porto: la Siberia, pro-
vincia grande quanto l'Europa, le è data da un capo di Cosacchi: poi ingrandisce a
spese della Polonia, cui toglie Smoìensko, Cernicofy Novogrodek.
La Russia compreadeva, ad occidente del mar Bianco, bi Lapponia divisa in Mure-
manskoi all'ovest, Terskoi all'est, Mureskoi al sud; ad oriente di esso mare. Divina
capitale ^r/ia?ì5fe?, Condora all'est, lvhorf;ki al nord, Peciora a\ nord-est, Permski al
sud-est. Di là da queste comincia la Siberia. Al sud del Bianco e attorno al lago Onega,
Cor^apo/, cioè la Carelia moscovita ; Wologda a\ sud; Bielozera, Novogorod, Pleskof
all'est dell' Ingria e della Livonia, ancora spettanti alla Svezia. Nel centro, Jaroslaf,
Bostof, Tver, Biella, Worotinsk, fin alla piccola Tartaria; Suzdal al sud est di Wo-
logda; Mosca, Biasan, VUcrania; Wladimir e Nijni-I\'ovogorod M'est del Suzdal ; i
Cermissi suWe due rive del Volga; Viatka e Casan all'est; i Morduali idolatri nelle
foreste all'est del Don; il Fole o deserti all'occidente; i Vachini e il regno d'Astrakan
sul Volga al sud-est.
280 GEOGRAFIA — EPOCA UKCIMAQUÌNTA
§ 9. — Turchia.
Sotto Solimano I, l'impero ottomano tocca il colmo di sua grandezza. Lemno fu toKa
ai Veneziani nel 1479. Selim 1 nel 1514 toglie a Ismael Soli parte dell'Armenia e del
Diarbekir, nel 1516 la Siria ai mamelucchi Borgiti , di cui l'anno appresso distrugge
l'impero in Egitto, e sottomette gli sceichi della Mecca e Medina. Solimano conquista
Badi, fa tributario il princi|)e georgiano dell' Imerezia, e stende i confini verso la Persia
sin al golfo Persico e alle montagne del Curdistan (1555-36); spiega la bandiera otto-
mana sul golfo Arabico e i mari dell'india, e conquista il regno d'Yemen (1538).
Allora l'impero di Solimano toccava al nord il mar di Marmara, il Caradergbiz, il
Caucaso occidentale-, ad oriente il Caucaso centrale, il lago di Van, i monti del Curdi-
stan, e il Tigri che lo dividea dall'impero dei Sofi, la parte orientale della penisola
arabica rimasta indipendente sotto varj sceichi; al mezzodì il mare d'Oman, il Bar-
Kolzum, il Mediterraneo ; ad occidente l'Ac-Denghiz e le isole asiatiche di questo mare.
V'erano comprese (oltre il regno georgiano A' Imerezia che ne riconoscea la sovranità
pagando annualmente quaranta garzoni e altrettante fanciulle) le possessioni proprie di
Solimano, ch'egli divise in quattordici ejaleti o principati, suddivisi in liva e sangiacati,
e governati i primi da bascià da tre code, gli altri da mirmirani o bascià da due code:
1. L'Arcijjelago che comprendea tutte le isole di questo mare. 2. L'Anatolia, capitale
Kutaieh. 3. La Caramania, capitale Konieh, dove Selim avea fabbricato un tempio sul
modello di Santa Sofia. 4. Rum, o Siva o Amasia, capitale Siva. 5. Trebisonda. 6. Diar=
bekir. 7. ]'an. 8. Haleb. 9. Damasco. 10. Bagdad. 11. Mossul. 12. Bosra; ciascuna
colla capitale del nome stesso, 13. La Mecca e Medina. 14. V Yemen e Aden aveano
qualche modo d'indipendenza, governati, l'Yemen da principi nazionali, la Mecca e
Medina da' sceichi che riconosceano solo l'alta protezione del sultano.
In Europa furono successivamente conquistati all'Impero ottomano il ducato à' Atene
(1456), la despotia di Morea (1457), la Servia (1458) i possedimenti dei Genovesi nel-
l'antico Impero orientale (1462-76), la Bosnia (1463), VAlbatiìa (14^66), la cui capitale
Croja fu un pezzo disputata da Scanderbeg (1478), la Croazia (I486), i possedimenti
veneziani dell' Arcipelago e della Morea (1 470-1 540), la il7oWat;m(l 530), Cam/m (1 644-68):
ritolta .'l:o/ ai Cosacchi (1642). Più volte i Turchi invasero l'Ungheria, staccandone
Belgrado il 1521, Buda e molti cantoni orientali dieci anni dopo: onde l'impero restò
dilatato dal mar Nero all'Adriatico, dal Pruth al Mediterraneo.
. Sotto Solimano i possessi ottomani in Europa formavano quattro governi, suddivisi io
sangiacati: cioè il Buinili, V Arcipelago, Ofen o Buda, Temeswar. Sullo scorcio del
secolo \vi crebbero a otto, aggiunti quei di Bosnia, Semendria, Gaffa, Candia; oltre i
(jualtro paesi tributar] di TransUvania, Vulachia, Moldavia, Bagusi.
§ 10. - L'Asia.
Nel resto dell'Asia, Ismael Sofi si rivoltò contro i Turcomani del Monlon bianco, e a
capo de' settari d'Ali prese il titolo di scià nello Scirvan, poi conquistate le provinole
della Persia, del Corassan e del Carism, fondò la dinastia dei Sofi di Persia
(1499-1510).
I discendenti di Timur si osteggiano tra loro , finché Sciaibek kan degli Usbeki ne
sottomette molti; poi è vinto da Ismael Sofi, e non restano che i kanati usbeki di Bu-
kara, Badakcian, Candahar e del Carism.
Mentre i Timuridi soccombono altrove, un d'essi Babur-Zebir-Eddin Mohammed, cac-
ciato dall'avito regno di Fergana, conquista i kanati di Cabul e Candaar, unisce l'impero
afgano di Delhi, e fonda quello del Gran Mogol (1505-30).
Questo estendcvasi al nord fino all'Imalaya, che lo divideva dai regni di Cascemir,
Tibet, Nepal, Bengala; all'est al Bogmotti e alla Sobenrica, che lo separava dal Bengala;
al sud aveva i Mehenedi e i monti Ganduana, che lo separavano dai regni di Orissa,
Berar, Ahmednagar e il mare d'Oman; il Mekran, che io spartiva dall'impero dei Sofi.
Asu 281
Città principali: Agra^ capitale degli ultimi principi afgani; h'anm, Lahor sede del
governo sotto i due primi mongoli, che la ornarono; Cabul residenza di Babur per
alcun tempo; Tatta, fondata il 1485 da Gihan-Mundel sul posto dell'antica Pattala, e
fiorente per commercio e manifatture.
Sulle rovine dell'impero dei Bamani ergonsi cinque regni musulmani di Begiapur,
Ahmednagar, Gokonda, Berar, Bider. L'impero indiano di Bisnagar aumenta sovra i
principi della costa di Malabar, di cui primarj erano quelli di Travancor, Cochìn, Curgo,
il zamorino di Calicat. Indipendenti conservaronsi i regni mongoli di Cascemir, Nepal
e Bengala.
Abbas il Grande, settimo dei Sofì, riconquistò il Mazanderan e il Corassan invasi dagli
Usbeki (1397), ritolse agli ottomani le conquiste fatte sull'impero suo, e Bagdad (162S);
e la pace del 1638 assegnò ai due imperi i limiti che tuttora conservano. Ispahan fu da
Abbas cresciuta e resa capitale (lo90}, con una mura di 12 leghe di circuito, e mezzo
milione d'abitanti.
Vlmpero cinese sotto gli ultimi imperatori Ming era dalla Gran muraglia al nord
separato dai regni dei Manciiì, dei Calmuki, del Carail e del Cotan; all'occidente l'ima-
laya lo divideva dal Gran Mogol, e al sud dal Nepal e dai regni di Assam, Mian, Laos,
Cocincina: all'est aveva il Tuug hai e Hoang hai. V'appartenevano la Cina propria in
quindici provincie, i regni vassalli di Tiao-Tibet e Ugan-nan, e le isole di Lieu-ming.
Ma era fiacco per discordie interne e per gli attacchi incessanti dei Manciù.
La Corea è tributaria. 11 Giappone non cangiò.
EPOCA XVI
DAL 1648 AL 1700 D. e.
La pace di Westfalia (1648) diede nuovo assetto all'Europa, che si trovò divisa in
ventidue Stati principali.
§ 1. — Germania.
Nella Gran Bretagna nulla si cambiò. La lunga guerra, e la pace che la chiuse,
molti cambiamenti recarono alla Germania. I circoli dell'Impero erano ridotti a nove,
dopo l'emancipazione dei Paesi Bassi.
I. Circolo deW Austria. 1 dominj austriaci nel 1648 erano divisi fra il ramo del Tiralo
e quello di Stiria. Questo, che occupava pure il trono imperiale, oltre l'Austria, la
Stiria, la Carintia, la Carniola, l'Istria e il vescovado di Salisburgo, possedeva: 1. il
regno di Boemia colla Moravia e la Slesia. UAlta e Bassa Lusazia erano state cedute
all'elettor di Sassonia; 2, il regno d'Ungheria, coWIlliria, la Croazia, e parte della
Dalmazia. Ma porzione dell'Ungheria restava ai Turchi; il resto era mal sottoposto; la
Transilvania n'era stata staccata (1622) pef darla a Betlilen-Gabor in principato eredi-
tario, confermato a Giorgio Ragotzki (1648).
La casa del Tirolo possedea la contea del Tirolo coWe fortezze di Kuffstein, il baliaggio
di ilioMsee, molte signorie nell'Alta Austria, le contee di Neuburg sull'lnn, il marchesato
di Rurgau, la contea di Kirchberg, piìi signorie in Svevia, l'avocheria delle chiese di
Salzburg e Passau. L'Alsazia le fu tolta dalla pace di Westfalia, la quale rese alla Casa
imperiale i contadi di Hauenstein, la Foresta nera, il Brisgau, l'Órtenau, le Città foreste,
vale a dire le quattro della Svevia austriaca sul Reno, Waldshutt, Seckingen, Lauffen-
burg, Rhinfeld.
Il matrimonio dell'arciduchessa Claudia coll'imperatore Leopoldo (1673) riuni i due
rami.
II. Circolo di Baviera. I duchi di Baviera della linea Lodovica di Wittelsbach non
poterono conseguire intera l'eredità dei ramo di Landshut; ma altri acquisti fecero, di
cui i più importanti sono VAlto Palatinato (1621; e il landgraviato di Leuchtenberg
(1646). Ebbero alcun tempo anche il Basso Palatinato, ma nella pace fu ritolto, for-
mandone un ottavo elettorato.
III. Circolo di Svevia. Massimiliano I eresse in ducato la contea di Wiirtenberg (149S) ;
Carlo V la confiscò e riunì ai possessi austriaci (1519); poi la pace di Westfalia con-
fermò quel ducato immediato, e ripristinò i diritti della casa di Wiirtenberg. Crebbe
questa collo smembrare altre delle molte piccole signorie di Svevia.
I dominj della casa di Baden formavano due Stati: VAllo margraviato, appartenente
al ramo Baden-Baden ; e il Basso margraviato della ca a Baden-Durlacb.
IV. Del circolo di Franconia i due Slati più rilevanti erano i margraviati di Anspach
e di Baireuth della casa cadetta di Brandeburgo.
V. Nel circolo del Basso Reno teneva i principali possedimenti la casa Palatina : aveano
conservato la religione e i conlini antichi i tre elettorati ecclesiastici di Colonia, Ma-
gonza, Treveri. Colonia sottrattasi alla secolarizzazione nel 1582 unicamente per le pre-
mure della Baviera , ne attestò la riconoscenza col chiamar sempre a quella sede un
principe di essa casa.
VI. Nel circolo deWAlto Reno si trovano i dominj dei rami di Simmern e Due-Ponti;
la casa langravialed'Jssta, e quelle di Nassau e dì Hanau ; i vescovadi di Spira, Worms,
Strasburgo, Fulda; la città di Franco forte.
PRUS»U E nRANDEBURGO 283
VII; Nel circolo dì Westfalia erano i dominj di Nassau-Sicgen e Nassau-Dillenburg .
Il possesso della sede episcopale di Osnahruck fu stabilito si alternasse fra Cattolici e
Protestanti, l vescovadi di Muii'ilcrn, Paderborn, Liegi si sottrassero alla secolarizzazione
pronunziata contro Minden e Werdcn.
Vili. Nel circolo della Bassa Sassonia, VHohlein apparteneva per metà alla casa re-
gnante di Danimarca-, il resto era della linea IIolstein-Gottorp e di varj altri rami. Al
sud-est deirilolstein era la contea di Sassonia - Laucnhur g , la cui linea fini nel 1689;
all'est il Mekleinburg, diviso in ducati di Schwerin e di Gusiroìi: ; al sud-est del Mek-
leinburg, il Brunsicick, dominato dall'unica linea superstite di Luneburg, cioè la casa
Zeli, suddivisa pure ne' due rami da cui vennero le case di Brunswick e Hannover.
Nella pace di Westfalia perdette i tanti vescovadi cui soleva porre i proprj figli, non
restandole che ad alternare con un cattolico nel vescovado d'Osnabriick.
Sole dell'antica lega Anseatica restavano libere Brema, Amburgo, Lubeka.
IX. Nel circolo dell'Alta Sassonia primo posto aveano le case di Brandeburg e di
Sassonia 5 poi quella di Anhalt; e inferiori quelle di Mansfeld, Reuss, Scwartzburg, ecc.
La casa di Brandeburg s'ingrossava, mentre suddividevansi quelle di Anhalt e di Sas-
sonia. In Sassonia la linea Albertina elettorale acquistò VAlta e Bassa Lusazia, e quattro
baliaggi dell'arcivescovado di Magdeburg: la linea Ernestina si sminuzzò.
Di quel tempo in Germania contavansi fin trecento principi sovrani.
§ 2. — Prussia e Brandeburgo,
Il granmaestro Alberto di Brandeburg secolarizzò la Prussia (152b}; onde l'ordine
Teutonico si trasferi in Franconia, fissando la sede del suo dominio a Mergentheim 0
Marienthal sulla Tauber. La Prussia eretta in ducato sotto la sovranità della Polonia, e
cresciuta col ducato di Crossen cedutole dalla Boemia il 1348, all'estinguersi dei di-
scendenti di Alberto (16I8j passò alla casa elettorale di Brandeburg. Questa nella succes-
sione di Juliers (1609) avea ottenuto il ducato di Cleves , le contee di Mark e Ravens-
berg, mentre Juliers, Berg e Ravenstein furono date al conte Palatino di Neuburgo ;
inoltre raccolse (1637) i due ducati pomerani di Stettin e Volgasi. Tanto cresciuta,
prese posto tra le primarie potenze.
In tre circoli era divisa: di Samland a.\ nord; di Matangia al sud 5 di Oggerland
all'ovest.
La pace di Westfalia staccò dal Brandeburgo la Pomerania Citeriore, attribuendola
agli Svedesi; ma in co)npenso le assegnò i vescovadi di Halberstadt e di Minden, e
l'aspettativa dell'arcivescovado di Magdeburg.
A cagione della Prussia, su cui la Polonia e la Svezia aveano rinunziato ogni pre-
tendenza, il ducato di Brandeburgo formava uno Stato indipendente e sovrano; i pos-
sessi suoi sul Baltico e sul Reno l'implicavano nelle rivoluzioni del nord e del sud
d'Europa, dove esercitando l'influenza, poteva andar crescendo. Per lo che Federico III
potè far riconoscere la dignità regia da lui assunta, colla quale si pose capo del partito
protestante in Germania. Alla fine della guerra di religione, in iscambio del principato
à" Grange acquistò V Alta Gueldria, che arrotondava le sue provincie renane di Cleves,
Mark, Ravensberg; il paese di Kessel, e il baliaggio di Krieckenberg, oltre la sovranità
di ^eufchàtel e Vallengin, ereditata alla morte della duchessa Longueville di Nemours
nel 1707.
§ 3. — Francia.
Colla pace de' Pirenei (I6b9) la Spagna cedeva alla Francia: a. quasi tutto il con-
tado d'Artois, b. molte città nella contea di Fiandra, e. molti possessi in quella di Hai-
nault, d. altri nel ducato di Luxenburg, e. Marienburg e Pbilippeville tra la Sambra e
la Mosa, f. la contea di Rossiglione e Conflans: e in compenso riceveva altre città e
terre, massime la contea di Charolais. Nella pace d'Aquisgrana (1668) Luigi XIV, resti-
tuendo le grandi conquiste che avea fatte nella Franca Contea e nei Paesi Bassi, con-
284 GEOGRAFIA — EPOCA DECIMASESTA
servò alcune terre. Altre variazioni si fecero ne' trattati di Nimega (1678-79) e di
Hyswick. (1697), che infine ritolsero alla Francia quasi tutti gli acquisti nuovi, salvo
Strasburg e sue dipendenze sulla sinistra del Reno.
Malgrado le sventure degli ultimi anni del gran re, al morir suo (1715) la Francia
conservava quasi i confini assegnatile dalla pace di Ryswick ; cioè al nord-ovest la
Manica e il Passo di Calais; al nord-est i Paesi Bassi spagnuoli, ove il trattato della
Barriera (1715) diede all'Olanda le città di Namur, Tournai , Menin, Ypres , Werwick,
Warneton, Comines, Knocke per tenervi guarnigione. Da quel lato confinava la Francia
anche il ducato di Lorena^ in cui però essa possedeva i tre vescovadi, e le città di Sar-
reburg, Sarrelouis, Longwy. All'est il Reno dal confiuente della Lauter sin a Uninga,
il Giura, il Rodano dal suo uscire dal Lemano sin al gomito che fa al sud di Belley, le
Alpi e il Varo ; al sud il Mediterraneo e i Pirenei; all'ovest l'Atlantico. Più non resta-
vano a' forestieri che la Lorena, il contado Tenesmo e il principato di Dombes, colla
contea di Eu. All'unità di territorio s'aggiungeva quella d'amministrazione, di finanze,
di militare, d'ecclesiastico.
Tutto il territorio divideasi in trenta governi : Fiandra (Lille) , Picardia (Amiens),
Normandia (Rouen), Bretagna (Rennes), Poitou (Poitiers), Aunis (La Rochelle), la
Saintonge (Saintes), la Gayenne (Bordeaux), il Bearn (Pau), il contado di Foix, il Ros-
siglione (Perpignano), la Linguadoca (Tolosa), la Provenza (Aix), il Delfinato (Grenoble),
il Lionese (Lyon), la Franca Contea (Besan(;on), Y Alsazia (Strasburgo), la Champagne
(Troyes), Vlsola di Francia (Parigi), il Maine (Mans), VAnjou (Angers), la Touraine
(Tours), la Marche (Guéret), il Limosino (Limpges), VAuvergne (Clermont), il Borbonese
(Moulins), la Z/or^o^na (Dijon), il Xivernese (Nevers), VOrleanese (Orléans), il Bemj
(Bourges).
V'aveva inoltre sei governi particolari di città, cioè quei di Parigi, Dunkerque, Le
llavre, Sauraur, Toul, Metz, Verdun. ,*,
Eranvi 12 parlamenti, 12 corti de' conti, e 12 corti de' sussidj. 1 Parlamenti sedevano
a Parigi, Rouen, Rennes, Bordeaux, Pau, Tolosa, Aix, Grenoble, Besanron, Dijon,Metz,
Cambrai. Le Corti de' conti a Parigi, Rouen, Nantes, Pau, Montpellier, Aix, Grenoble,
Dòle, Dijon, Aire, Lille, Blois. Le Corti de'sussidj a Parigi, Rouen, Rennes, Bordeaux,
Pau, Montauban, Montpellier, Aix, Grenoble, Clermont, Dijon, Metz.
Sedici università erano a Aix, Angers, Bordeaux, Besanron, Bourges, Caen, Cabors,
Douai, Montpellier, Nantes, Orléans, Parigi, Poitiers, Reims, Tolosa, Valenza; oltre
quelle di Lovanio e Avignone.
Secondo la geografia di Dangcau, stampata il 1677, la Francia aveva 18 arcivescovadi,
Aix, Arles, Alby, Auch, Besanron, Bourges, Bordeaux, Cambrai, Embrun, Lyon, Nar-
bonne, Parigi, Rouen, Reims, Sens, Tolosa, Tours, Vienne; 112 vescovadi, 50 princi-
pati, 100 ducati, 12 governi di provincia, 12 giurisdizioni che comprendeano almeno
100 presidiali; 150 principali baliaggi, 900 prevostati, viscontati, avogadrie o altre giu-
stizie reali.
11 clero aveva 140 deputati, la nobiltà 132, il terzo stato 192
Nell'ecclesiastico si numeravano 40,000 curati, 30,000 vicarj, 16,000 canonici, 13,000
cantori, 6000 fanciulli da coro, 15,000 ca|)pellani, 20,000 Benedettini, 10,000 Bernar-
dini, altrettanti Carmelitani, 40,000 altri monaci con rendite, 20,000 Cappuccini, 12,000
altri frali mendicanti, 1500 eremiti, 80,000 monache.
Contavansi 4000 famiglie nobili antiche, e 46,000 meno antiche, che a cinque per
casa darebbero 250,000 nobili; 50,000 uffiziali di giustizia, 100,000 finanzieri, 200,000
mercanti, 600,000 albergatori o taverna], 3 milioni d'artigiani, operaj, garzoni, 1 mi-
lione di agricoltori proprietarj, 2 milioni d'agricoltori non proprietarj, 1,500,000 servi-
tori, 2 milioni di mendicanti o poveri.
Si raccoglievano 59 milioni di staja di grani, 36 milioni di botti di vino (muids).
Stimavasi la rendita del clero a 300 milioni di lire; agli uffiziali di giustizia, magi-
strati, impiegati dello Stato andavano 40 milioni in onorarj; 10 milioni ad avvocati,
procuratori, nota], pratici; ai servitori 30,000,000; ai negozianti un guadagno di 40
milioni ; agli artigiani un'entrata di 500 milioni ; ai proprietarj, agricoltori e fittajuoli
1200 milioni.
SETTENTRIONE 28L
Settentrione,
La Svezia, per la pace di Westfalia rimasta prevalente nel Nord, crebbe ancora di
possessi nella pace d'Oliva del 1660, per cui la Polonia le cedette \'Esto7iia e la Livonia
settentrionale (in alla Duna; e nel trattato di Copenaghen dell'anno stesso ebbe dalla
Danimarca le Provincie di Bahus, Scania^ Bleking, Halland.
Da quella grandezza artifiziale presto cade, ed ha bisogno del sostegno della Francia.
Risorge sotto Carlo XII, ma a'ia sua morte s'affretta a cercar pace ad ogni costo. Per-
tanto col trattato di Stockolm (1719) cede all'Hannover i paesi di Brema e Werclen ;
alla Prussia abbandona Steltin col distretto fra l'Oder e la Peene, le isole di TT"o//m e
Usedon, le imboccature della Swiene e del Dievenow, il Frisch-haff in fondo al golfo di
Danzica, e l'Oder fin dove sbocca nella Peene, e di là da esso le città di Damm e
Golnau.
La Danimarca s'arricchì delle spoglie della Svezia in Germania, ma nella pace
dovette abbandonarle, ricevendo invece i paesi che al duca d'Holstein-Gottorp erano
stati confiscati perchè alleato alla Svezia; presto però l'imperatore lo fece rinlegrare
nella parte che dipendeva dall'Impero.
La Russia^ col trattato di Nystadt (1720) acquistava la Livonia svedese, VEstonia,
Vlngria, con parte della Carelia e col distretto di Wiborg; le isole di Oesel, di DagUo,
di Moen e le vicine : col che restavale riaperto il Baltico.
Alla Polonia era stato nel IbOl incorporato il granducato di Lituania; poi vi si
aggiunsero 1. la Prussia occidentale, cioè le città e territorio di Culm, Marienburg, El-
bing, Thorn, Danzica e della Pomerelia ; 2. le provincie di Smolensko e di Cernicof, tolte
ai Russi, e cedute coi trattati di Diwilina (1618) e Viazma (1634); 5. VUkrania,^ il
paese occupato dai Cosacchi di là dal Dnieper (1576). Abbandonava però alla Svezia la
Livonia ed Estonia (1635).
Divideasi in tre provincie e principati :
a. \di piccola Polonia al sud con 10 palatinati o waivodie, di Cracovia, Sandomir,
Lublino, Chelin, Beh, Lemberg, Lucko o Volinia, Cernicof, Breslaf, Caminieczo Podolia.
b. la grande Polonia con li palatinati, di Posen, Kalicz, Gnesne, Sieradz, Lenezyga,
Brzesc-Cujazcski o Cujavia, Inowroczlaf o Wladislaf, Ploke^ Bava, Masovia, Podlachia,
Pomerelia, Marienburg, Culm.
e. La Lituania con 11 palatinati, ài Samogizia, Vilna, Troki, Novogrodeck, Brzesc-
Litewski, Minsk, Mstislaf, Witebsk, Polutsk, Livonia, Smolensko.
Dipendea dalla Polonia come feudo ereditario il ducato di Curlandia e Semigallia,
riservato da Gotardo Kettler granmaestro dei Portaspada, allorché cedette la Livonia a
Sigismondo-Augusto re di Polonia (1561), e che l'Ordine fu soppresso, al pari dell'ar-
civescovado di Riga, e suoi vescovadi di Dòrp, Pilten, Revel.
Venula in guerra colla Russia per occasione della Svezia, la Polonia sofferse molte
perdite, confermate dalla tregua d'Andrussof (1667); per la quale i Cosacchi di qua dal
Dnieper restarono alla Polonia; in dominazione comune colla Russia i Cosacchi Zapo-
roghi, collocali verso la foce di quel fiume.
La pace di Mosca (1672) confermò quella tregua; e la Polonia cedette alla Russia
Smolensko, Bialla, Dorogohoj, Cernicof, Starodub, Novgorod, Severskoi e tutta la Pic-
cola Russia, cioè il paese sulla sinistra del Dnieper, oltre /uo/' sulla destra ; e i Cosacchi
Zaporoghi furono abbandonati alla Russia.
La Russia crebbe rapidamente, sottomettendo i principati e le repubbliche di ?\ov-
gorod e Pskof: riconobbe il mar Bianco, e unì i paesi tra gli Urali e la Finlandia. Nel
1648 l'impero stendeasi dall'oceano Glaciale al Caspio, e confinava al sud col kanato di
Crimea e l'impero Ottomano che gli chiudeva il mar Nero; ad occidente avea perduto
le coste del Baltico; ad oriente acquistò la Siberia.
Così formava otto governi, due al nord, sei al sud: a. il governo à'Arkangel, che
comprendeva nella parte occidentale le provincie di Divina e Vaga, Kolskoi, Ouslioug,
Vologda, Galicz, e nell'orientale la Juguria e la Peciora ; b. il governo di Novgorod,
con 7 Provincie di Novgorod, Pskof, Bielozero, Olonetz, Kargapol, VeUki-Louki, Tver ;
286 GEOGRAFIA — ÈPOCA DECIMASÉSTA
c. quello di Mosca in H provincie, di Mosca, Uglicz, Jaroslaf, Kostroma, Pereshf-Za-
levskoi, Juref-Polskoi, Suzdal, Vladimir, Pereslaf-Iìiazatiskoi, Tuia, Ka'.uga; d. quello
di Kiof, con Pultava; e. di Bielgorod in 4 provìncie, dì Bielgorod, Sevsk, Orel, Kourk;
f. di Kasan; g. di Nijni-Noogorod, in 3 provincie, di Nijni-Novgorod, Arsamas e Alatyr;
h. di Astrakan.
Indicammo gl'incrementi che verso l'Europa le diede Pietro czar. Colla Turchia nel
1700 stipulò di restituire le città conquistate sulle rive del Dnieper, ma demolite-, e di
conservare Azof e il suo territorio, col che fu aperto alla Russia il mar Nero, come già
il Baltico: ma noi potè conservare. In quella vece crebbe verso il Caspio, quando la
Persia fu costretta cederle le città di Derbeni e Bakù, colle loro dipendenze lungo quel
mare, e le provincie di Ghilan, Mazanderan, Asterabad che lo costeggiano al sud.
Dei paesi settentrionali possiam dunque segnare così i limili:
La Danimarca comprendeva la penisola danese fin ai confini dell'Holstein -, Jever, e il
contado à'Oldenburg a occidente dei doniinj d'Hannover; Bornholm., e le isole com-
prese fra le due penisole; la Norvegia, che confinava all'est colla Svezia e la Lapponia
settentrionale, per cui mezzo toccava alla Lapponia svedese e alla moscovita ; e le isole
Feroe e Islanda.
La Svezia avea ad ovest la Norvegia ; al nord la Lapponia danese ; al nord-est la Lap-
ponia moscovita; al sud-est stendeasi nella Finlandia sin al distretto di Wiborg. Inoltre
serbava alcuni resti dei possessi in Germania, Wismar, Stralsund, la Pomerania Ante-
riore, fin alla Pecne e all'isola di Hugen.
La Polonia al nord toccava il Baltico, possedendo tutta la Prussia reale dalla Pome-
rania alia Curlandia; ad occidente avea per confine la Slesia; al sud i Crapak la dìvi-
deano dall'Ungheria; al sud-est il Dnieper separava la Podolia dai possessi ottomani 5
all'est il Dnieper sej^nava quasi pertutto i suoi confini colla Kussia.
Quest'ultima confinava a occidente colla Danimarca e la Svezia nella Lapponia, colla
Svezia nella Finlandia sopra Wiborg, colla Polonia; al nord col mar Glaciale; all'est
coU'indeterminata Siberia e la Gran Tartaria ; al sud col Caspio; e di là dal Caucaso
colle Provincie cedute dalla Persia; attorno al mar Nero colle steppe de' Tartan, tribu-
tar] alla Porta.
^ 5. • — Impero ottomano.
I minacciosi incrementi dell'impero Ottomano indussero l'imperatore di Germania a
prender le armi. Una prima guerra (1664] poco fruttò; in un'altra (1683) gl'Imperiali
ricuperarono Buda e tutta la parte d'Ungheria già soggetta ai Turchi; colla battaglia
di Mohacz (1687) tornarono alla dominazione austriaca la Transilvania, la Schiavonia ;
poi la pace di Carlowitz (1699) regolò le relazioni fra la Turchia, l'Impero e' suoi alleali.
L'Impero conservò V Ungheria, la Transilvania, la Schiavoiìia, eccetto i banali di Te-
mesivar e di Belgrado lasciati alla Porta, restando per confini la Marosc , il Teiss, la
Sava e l'Unna. La Polonia ricuperò la fortezza di Kaminiecz, la Podolia e i Cosacchi
deirUkrania. Venezia riebbe la Morea, le isole A' E g ina, e di Santa Maura, e alquanti
fòrti di Dalmazia, riconoscendo però indipendente Ragusì. Alla Russia fu assicurato Azof,
che avea conquistato nel 1096.
Pertanto al nord formavano confine alla Turchia le frontiere di Russia e Polonia;
verso l'Ungheria e la Venezia, la pace di Passarowilz (1718) ne restrinse il limile. La
Moldavia e la Valachia conservavano i limiti antecedenti ; ma la parte della Valachia
sulla destra dell'Aiuta, come il banato di Temeswar, restarono all'Austria, colle princi-
pali fortezze del Danubio: sicché il nuovo confine era determiuato dall'Aluta, da dove
esce di Transilvania fin dove sbocca nel Danubio; indi il Danubio fin al confluente del
Tiraok sulle frontiere della Servia ; poi da un punto di questo fiume a IO miglia dalla
foce, prolungavasi il confine traverso la Servia, in modo da lasciare all'Ungheria Bel-
grado e le due rive del Danubio ; inoltre le fortezze sulla Sava, dalla Dwina alI'Unna,
la qual ultima era l'antico limite, mentre ora di là da essa l'Ungheria possedeva diversi
fòrti nella Croazia turca.
La Turchia di tante perdite non fu compensata che verso la Grecia, tenendo la Morea
ITALIA ^ 287
tolta a Venezia, alla quale più non restavano che Cerigo nell'Arcipelago, Butrinto,
Prevesa, Vonizza sulle coste dell'Albania ; e ne'possessi illirici confinava coll'Erzegovina
mediante un angusto lembo di riva, segnato coi fòrti d' Imoski, Tiscovatz, Sternizza,
Anìsta. Venezia dovè pur cedere varie piazze , cbe impedivano alla Turchia la libera
comunicazione con Ragusi.
Raglisi serbavasi indipendente col pagar tributo alla Porta, a Venezia, al |)apa ,
all'imperatore, alla Spagna: per timore di sorpresa chiudeva le porte a quattro ore in
estate, a una e mezzo in inverno ; e di notte rinserrava a chiave gli stranieri.
§ 6. — Italia.
Colia pace di Cateau-Cambresis (loo9) era stato dato ordine all'Italia. La Francia ce-
dette la Savoja ed il Piemonte, compresi la Eresse e il Bugey, ed eccettuati Torino,
Pinerolo, Cherasco, Chivasso, Villanova d'Asti, il marchesato di Saluzzo; poi nel trat-
tato del 1362 non serbò che quest'ultimo, con Pinerolo, Perosa e Savigliano, che furono
quindi nel 1S74 ceduti da Enrico III. Poi per trattato con Enrico IV, il duca ebbe Sa-
luzzo, cedendo la Eresse, il Eugey, il Valromey, e le due rive del Rodano da Ginevra a
Lione, e il baliaggio di Gex (1601). Nel 1630 la casa di Savoja si divide in due rami,
(lucale e di Carignano. Le susseguenti guerre civili danno alla Francia Pinerolo (1651),
in cambio di Trino ed Alba.
La Spagna possedeva il ducato di Milano e il regno delle Due Sicilie; e li trattava
come conquiste.
Minacciati dalla Spagna,' i piccoli principi attorno al Milanese stringeansi colla Francia,
volenterosa sempre di mescolarsi alle loro querele, e che piìi d'una volta meditò spartir
il Milanese, massime colla Savoja.
I Medici acquistarono anche Siena e ottennero il titolo di granduchi (1369).
La Spagna si riservò Porto Ercole, Orbitello, Telamone, Monte Argentare, Porto
Santo-Stefano, Porto Longone e Piombino, chiamati i Presidj. Lucca, Piombino, Massa
e Carrara restavano di propria balla.
Genova, riordinata in libertà da Andrea Doria, in quella pace recuperò quanto i Fran-
cesi le avevano tolto della Corsica; poi nel trattato di Moncon (1624) ebbe assicurata
l'indipendenza propria e il possesso di Zuccarello minacciatile dalla Savoja.
II principe di Monaco per aver abbandonato il partito spagnuolo ottenne da Luigi XIII
il ducato del Valentinese e il baliaggio delle Baronie nel Delfmato (1642).
Paolo 111 eresse (lo4o) Parma e Piacenzain ducato vassallo della Santa Sede, a favore
del suo figlio naturale Pier Luigi Farnese: nel 1398 la Chiesa recuperò parte di quello
Stato.
La Santa Sede uni al suo patrimonio il contado di Montefeltro, il ducato d'Urbino
(1631), il ducato di Castro e Roncilione, abbandonatole dal duca di Parma nel 1649, e
nel 1661 incorporato alla Camera apostolica. Le famiglie papali eransi formate diverse
signorie nel paese. Allora lo Stato ecclesiastico era diviso così : Campagna di Roma
(Roma), Patrimonio di san Pietro (Viterbo), ducato di Castro, l'Orvietano, il Perugino,
l'Umbria (Spo/e^o), la Sabina (il/aghano), la marca d'Ancona, il ducato d'Urbino, la
Romagna (Ravenna), il Ferrarese, il Eolognese. Possedea pure il ducato di Benevento
e il principato di Pontecorvo nel regno di Napoli; e il contado Venesino in Francia.
San Marino restava repubblica.
A Venezia i Turchi tolsero Cipro nel lo71, e'Candia nel 164o.
Essendosi la stirpe dei Gonzaghi di Mantova estinta nel 1627, un principe Paleologo,
che per matrimonio aveva acquistato il ducato di Nevers in Francia, viene a pretendere
all'eredità, malgrado dei duchi di Savoja e dei Gonzaghi di Guastalla, i quali nella pace
di Cherasco (1631) ottengono lieve parte dell'eredità, col titolo di ducato.
Gli Estensi di Modena e Reggio, privati nel 1398 del Ferrarese per aver favorito l'Im-
pero nella guerra dei Trent'anni, ricevono nel 1635 i principati di Carpi e Correggio.
La pace d'Utrecht (1713), come tutte, aumentò la Savoja, dandole il Monferrato e
varj paesi verso Francia, colla quale diventava confine la cresta dell'Alpi verso Savoja;
inoltre la Sicilia, che fu poi cambiata colla Sardegna, portante il titolo di re. Al ramo
288 GEOGRAFIA — EPOCA DECIMASESTA
austriaco tedesco toccarono il Milanese, il regno di Napoli, gli Stati de'Presidj e la
Sardegna, cambiata poi colla Sicilia.
§ 7. — Asia.
L'impero de' Sofì ripiglia il Candaar (1649), e frena le incursioni incessanti degli
Usbeki.
Quello di Delhi sale al colmo sotto Aurengzeb (I6o9-1706), che respinge gli Afgani,
batte i Maratti,* domma quasi tutto il paese fra il iO'^ e il 36" di latitudine nord. La
capitale, rialzata dalle ruine da Sciah-Gihan I (1631), or divenne gloriosa, con due mi-
lioni d'abitanti: il palazzo imperiale d'un miglio di circonferenza costava i4 milioni in
soli arredi.
I Manciù, signori di Pe-king e della maggior parte della Cina, alfine tutta l'ottengono
spossessando i Ming (1016-44). Comprendeansi nel loro dominio: a. la Cina propria,
coH'isola Formosa tolta agli Olandesi ; 6. i regni tributar] delle isole di Lieu-Kieu e
Corea; e. la Manciuria ; d. ì quattro kanati tributarj dei Kalka; e. il paese di KuIìu-
noor; f. il Tibet.
Le tribù de'Calmuki e Usbeki e Oleti mutano stanza a capriccio, ma cresce ai loro
danni l'impero russo, che sottomette il Camsciatka (1697-1706), e possiede tutta la parte
settentrionale del continente asiatico fra gli Urali e il Giaik ad ovest, il mar Glaciale al
nord, all'est il Grande oceano, al sud i monti King-gan e Kentei, il piccolo Aitai, l'Ir-
tisc: al qual paese dieder nome di Siberia, capitale Tobolsk sulla sinistra dello
Irtisc.
§ 8, — Possessi europei in Asia.
In Asia gli Spagnuoli più non avevano che le Filippine; e quanto essi decadevano,
tanto crescevano gli Olandesi. Nel 1661 conquistata Malacca, vi posero una Compagnia
dell'Indie che si estese sulle isole vicine, Amboina, Tidor, Paliacate,Seilan, la più parte
delle Molucche, le isole della Sonda, e fin sulle coste del Giappone (1639). La pace di
Westfalia non decise nulla su tali possessi, giacché allora la Spagna cercava piuttosto
sottomettere il rivoltato Portogallo, e ai Portoghesi stava a cuore più l'indipendenza
propria che le lontane colonie. Se ne valsero gli Olandesi per dilatarsi sulla costa occi-
dentale dell' Indostan, conquistando Calicut (16S8), Cochin e Cananor (1661), Xegapatam,
le Celebi (1660). Tali possessi divisero in cinque governi, dipendenti da Batavia fon-
data il 1621, e che erano Giava, Amboina, Ternate (Molucche), Seilan, Macassar (Ce-
lebi). Nel 16S3 costituirono un sesto governo al capo di Buona Speranza.
I Portoghesi cacciati dapertutto, conservavano ancora Dm nell'Iodostan; Chauì,
Dahul, Goa sulla costa del Malabar nel regno di Visapur : l'isola di Macao all'entrata del
golfo di Canton nella Cina ; sulle rive orientali d'Africa la costa di Sofala nel Monomo-
lapa ; la costa di Melinda nel Zanguebar.
Gl'Inglesi non possedevano che banchi a Bantam nell'isola di Giava, a Surate sul
golfo di Cambaja, e il piccolo fòrte San Giorgio costruito nel 1620 presso Madera; e
restavano esposti alla superiorità degli Olandesi, che in caso di guerra in Occidente li
danneggiavano senza pietà; nel 1623 li trucidarono tutti ad Amboina ; nel 1683 tolsero
loro Bantam. Uscente il secolo, la Compagnia inglese non possedeva che Surate e pochi
stabilimenti nuovi, Beneulen nell'isola di Sumatra, Huyly e Calcutta al sud est dell'ln-
dostan, e Bombay nel regno di Visapur, avuto da Carlo 11 in dote di sua moglie Caterina
di Portogallo, e da lui donato il 1670 alla Compagnia, la quale poi essendosi fusa con
un'altra, cominciò progressi meravigliosi.
I Francesi poco s'avanzarono, e la Compagnia delle Indie fondata da Colbert, a stento
pose un banco a Surate nel 1675; nel 1688 comprò Candernagor da Aurengzeb; nel
1679 fondò Pondichery sulla costa del Coromandel , che poi fu preso dagli Olandesi
nel 1689, e nella pace di Ryswick (1697) restituito più robusto di prima. Sulla via
per alle Indie i Francesi ebbero qualche stazione nell'isola ài Madagascar (Delfina), e
POSSESSI EUROPEI IN AMERICA 289
nella prossima di fioròone (1642): l'isola di Francia (Maurizio) che fu la miglior loro
colonia, non occuparono se non quando gli Olandesi più non la vollero (1713).
1 Danesi nel IfilS comprarono Tranquebar dal raja di Tangor.
§ 9. — Possessi europei in America.
In America restava ancora il più e il meglio alla Spagna e al Portogallo. Quest'ultimo
fé prosperare il Brasile dopo che ehbe perduto i possedimenti in Asia. La Spagna con-
servava quasi tutto il resto dell'America meridionale, la Terraferma, il Perù, il Chili e
il Paraguai. Il paese delle Amazoni, né la terra Magellanica non erano colonizzati. Le
divisioni sue erano a un bel circa le indicate nell'Epoca XIV, tanto sul continente che
nell'istmo e nelle isole.
Ma le isole principalmente erano state attaccate da' suoi nemici, che v'avevano fatto
anche molti stabilimenti. Così gli Olandesi a Cura(;ao (1634) nelle isole Sottovento; e
nelle Piccole Antilie a SanV F.uHachw (1632) e a Saba (16-iOj. Gl'Inglesi occupavano
la Barbada, parte di San Cristoforo insieme coi Francesi (162o), Barbitela e Nieves
(1628), Monserrato e Antigoa nelle Piccole Antilie; primi si piantarono nelle isole di
Bahama e della Providenza^ importantissime al commercio, e tolsero agli Spagnuoli la
Giamaica.
Francesi privati aveano acquistato varie delle Piccole Antilie, cioè la Martinica, la
Guadalupa, Santa Lucia , la Granada , Maria Galanta, San Cristoforo, San Barto-
lomeo, San Martino, la Tortola. Colbert le comprò pel governo; e l'acquisto della parte
occidentale di San Domingo, occupata dai Filibustieri, poi tolta in protezione dalla
Francia il 167i, e assicurata colla pace di Ryswick, diede importanza alle colonie fran-
cesi. Lo stabilimento di Cayenna (1664), isolotto vicino alla Gujana, poco prosperò.
I Danesi possedevano l'isola San Tommaso (1671) nelle Piccole Antilie ; nel 1719 po-
sero a frutto risoletta di San Giovanni, e nel i733 comprarono dalla Francia quella
di Santa Croce.
Gli Olandesi, invidiando il Brasile, occupano Bahia (1624), poi Fernambuco (ÌG^O),
indi le Provincie di Hamania, Parahiba, Rio grande del Nort : e Maurizio di Nassau
viene per sottometter l'intero paese (1637). La pace col Portogallo assicura agli Olan-
desi le conquiste fatte; però vi si rendono talmente odiosi, che il popolo li riduce a
rinunziare ai Portoghesi (l6o4). Allora nel Brasile si scoprono le ricche miniere di
Minas-Geraes ; combatlonsi continuamente natii e avveniticci, i quali escludono ogni
forestiero, e vi piantano il più tirannico sistema coloniale.
Gl'Inglesi nel 1640 s'erano stabiliti nella pai te della Gujana detta Swrma??i,- ma sin al
i7lo non vi possedevano che il piccolo forte di Marony^ avendoli gli Olandesi privati di
tutti i loro possessi in quelle parti (1667), e conservatili nel trattato di Westminstcr, in
cambio del N. Be.'gio, detto poi N. York ; e nel 1679 vi fabbricarono Paramaribo.
Gl'Inglesi moltiplicarono stabilimenti nell'America settentrionale. Nella Virginia ot-
tennero privilegio di colonia due Compagnie : la Compagnia di Londra ebbe la parte
meridionale dal 34° al 41°, detta propriamente Virginia; quella di Plymouth, la set-
tentrionale dal 42" al 43°, col nome di N. Inghilterra. Da Puritani fu fondata la co-
lonia dei Massaciusseti (1621), da cui alcuni si disgiunsero per istituire la Previdenza
a Rhode-l^and (1631) : altri dissidenti fondarono la colonia di Connecticut (1633), re-
spingendo gli Olandesi d;l N. Belgio e dai N. Paesi Bassi. La pace di Breda nel 1667
avendo assicurato ngl'lnglesi le colonie già olandesi, essi ne formarono gli Stati di
N. York e N. Yersey; mentre altre colonie staccate dai Massaciusseti formavano quelle
dì N. Hampshire e di Maine. Ciò al nord : quanto al sud, lord Bultimore nel 1632 creò
la provincia di Maryland, con una città di Cattolici; nel 1663, per concessione di
Carlo II, sorse la Carolina, che nel 1729 fu divisa in meridionale e settentrionale, e da
cui si separò nel 1732 la Georgia; nel 1681 Guglielmo Penn ottenne dal 40° al 42",
ove fondò la Pensilvania.
Protestanti francesi, guidati da Giovanni di Ribault, aveano posta nel 1362 sulle coste
della Florida la colonia della Carolina, che però fu distrutta dagli Spagnuoli nel 1S63.
Domenico di Gourges nel 1S67 viene a punirneli, ma lo stabilimento è abbandonato.
Cantò, Documenti. — Tomo I, Geografia politica. 19
290 GEOGRAFIA ■— EPOCA DÈCIMASESTA
Jl Canada, a lungo disputato, fu nel iGQi dagl'Inglesi ceduto alla Francia, che aveva
i migliori posti sul golfo San Lorenzo; e si stese fino ai gran liiglii Cliamplain, On-
tario, Erié, degli Uroni, Michigan, e Superiore, e alle sorgenti delMississipì. Con questi
potea sperare di congiungere la Luigiana e il Canada; ma ciò le fu tolto dall'indebo-
limento della marina, prodotto dalle ultime imprese di Luigi XIY.
glO. — Africa.
I geografi divideano l'Africa in otto parti principali: VEgitto al nord-est; la Nubia^
V Etiopia, VAbissinia, dal nord al sud; la Barberia al nord-ovest; la Nigrizia e VAlla
Guinea da nord al sud nell'emisfero boreale; e di là dall'equatore la Bassa Guinea al-
l'ovest, la Cafreria al sud est.
V Egitto dominato dai Turchi o piìi realmente dai Mamelucchi, era diviso In do-
dici governi di bey, sotto un beglierbeg residente al Cairo.
Della Nubi a i Turchi possedevano -A sud alcune parti della costa, dette regno di
Sennaar, obbedienti a capi particolari, colle città di Dongola e Sennaar.
V Ab issi ni a aveva ad (iriente il mar Rosso e lo stretto di Rab el-Mandeh, e sten-
deasi indeterminatamente verso la Nigrizia all'occidente e la Cafreria al sud. La oc-
cupavano molle tribù dipendenti dal gran negusc, ed altre da capi particolari, come il
regno di TigréAun^o il mar Rosso; il regno di Scianyala a occidente; quello di Goiam
al sud; quello di Adel da Bah el-MandebaI capo Cuardafui, estremità orientale del-
l'Africa; quello di .l/a^adoa;o sulla costa d'Ajan ; quei di Machida e Alaba nell'interno
verso oriente, ed altri.
La Barberia comprendeva sei regni marittimi, oltre varj minori all'interno, [ma-
rittimi erano Tripoli, Tunisi, Algeri, FeZy Marocco, del qual ultimo facea parte il regno
di Sus. Dietro di essi stava il Biledulgerid paese de' Berberi, che comprendeva il
Biledulgerid o regione dei datteri, il paese di Zoo, il Tegorarin, i regni di Tafìlet, di
Fezzan, d'Ayr, di Gibadù. A loro spalle stava il Gran deserto.
Di là da questo incontravasi il paese de' Negri, detto Nigrizia o Sudan mal co-
nosciuto nell'interno, ma sulle coste occidentali popolato di colonie europee. V'erano
od eranvi stati varj regni, di Senegal, TombuctUy Gubur, Agades, Canà, Zanfara, Van-
gara, Burnii, Goaga verso il nord ; a mezzodì quei di Mandinga, Gongo, Caffaba,
Yaurri, Cororea, Goran da ovest in est. 11 regno di Pule stava nella Guinea.
L' Alta Guinea al sud della Nigrizia divideasi in tre coste principali : di Mala-
guette, dei Denti, e d'Oro. Altri regni trovavansi nell'interno, come il Benin, ecc.
La Bassa Guinea le tien dietro, sulla costa che forma il golfo di Guinea, e ab-
bracciava sei regni principali : a mare Loango, Gongo, Angola, Benguela; nell'interno
Macoco o Anzico, e Malamba.
Nella Cafreria, alla punta meridionale, poteansi distinguere la Cafreria propria,
dov'erano i Namaga e gli Oltentoti; il Monomotapa, sotto un imperatore dell'oro, come
1 Portoghesi lo chiamavano; la costa diZanguebar; e nell'interno il Nimeamaia, e la
terra di laga-Camngi.
Principali isole erano, nel mar delle Indie Madagascar, Comora, Socotora, dell'Am-
miragliato, Borbone, Maurizio; nell'Atlantico Sanf Elena, l'Assunzione, San Matteo,
San Tommaso, del Principe, quelle del Capo Verde, le Canarie, le Azzore. '
■ Sulle coste stanziavano parecchie colonie europee, principalmente pel trafTico dei
Negri. 1 Portoghesi nel 1578 fondarono SanPaolo di Loanda, da cui si stesero sul regno
di Angola, su quel di Benguela e parte del Congo, ove edificarono .San Salvador. Pos-
sedevano pure le isole à'Annobon, di San Tumma'^o, del Principe lungo le coste della
Guinea, e presso all'Europa Madera e le Azzore. Gli Olandesi nel 1()37 toL^ero loro Sati
Giorgio di Mina sulla costa d'Oro. I Francesi occupavano sulle coste della Nigrizia il
forte San Luigi, l'isola di Gorea presso Capo Verde. Gl'Inglesi nel i07o vi piantarono i
forti di San James e di Sierra Leona, e tenevano una stazione nell'isola di Sanl'Elena,
della quale i Portoghesi non avevano conosciuto l'importanza. Gli Spagnuoli posse-
deano le Canarie; poi nel 1778 comprarono dal Portogallo le isole d'Annobon e di Fer-
nando Po. Il capo di Buona Speranza era in mano degli Olandesi.
EPOCA JLJf II
DAL 1700 AL 1789 D. e.
Le complicatissime relazioni diplomatiche di questo secolo, e le molte guerre dina-
stiche e d'ambizione trassero più volle i paesi europei da un padrone all'altro, di-
visi, permutali senza dignità. Noi non seguiteremo queste variazioni; solo indiche-
remo le principali nel designare lo stato in cui si trovavano i diversi paesi allorché
scoppiò la Rivoluzione francese, che dovea tutti sovvertirli.
§ 1. — Gran Bretagna e Scandinavia.
Il regno della Gran Bretagna rimase immutato; i cangiamenti delle sue colonie es-
porremo più avanti.
Quello di Danimarca e Norvegia componeasi della penisola danese, delle isole vi-
cine e di quella di Bornholm più lontana, della Norvegia colle sue dipendenze nell'At-
lantico; ed avca rinunziato ad ogni pretensione nella Svezia.
Avendo la casa di Ilolslein-Goltorp receduto dalle possessioni dello Sleswig ("1720),
e cambialo quelle dell'Holslein col ducato di Oldenburg (1773), tutta la penisola da-
nese obbediva al re di Danimarca, che avea per capitale Copenaghen. Abbracciava essa
tre parti: 1. il Giulland settentrionale colle diocesi di Aalborg^ IViborg, Aarhuus e
Bippen; 2. il Giutland meridioaale o Sleswig; 3, e VHolstein al sud dell'Eyder. Inoltre
le isole poste fra le due penisole, cioè di Fionia, di Seeland, di Langeland, di Laland,
di Falster., di AJoon.-
Nella penisola scandinava, la Norvegia era divisa in tre regioni naturali, cioè i
Sonden-neUs o piani del sud, i Xorden-fields., e il Nordland, che formò un viceregno,
finché nel 1734 ebbe un sotto- governatore e un tribunale superiore per ciascuna delle
quattro sue diocesi di Cristiania, Cristiansand, Bergen e Drontheim.
Aggiungansi la Lapponia settentrionale e le isole Feroe, V Islanda y il Groenland.
Gustavo III ripristinò in Isvezia l'onnipotenza reale. Coi trattati di Slockolm (1719-20)
erano stati ceduti all'elettore d'Hannover i ducati di Brema e Werden ; al re di Prussia
Steltin e parte della Pomerania; poi alla Russia la Livonia svedese, l'Estonia, la Carelia.
Così il regno comprendeva la Svezia propria, capitale Stockolm ; la Gtzia, al sud; il
Xortland al nord e la parte meridionale della Lapponia; e al sud-est di questa, le due
Botnie e la Finlandia; nel Baltico le isole di Gothland e Oland; sul continente ger-
manico la città di Wiimar, i baliaggi meklemburghesi di Poi e Neukloster, e la Pome-
rania citeriore.
§ 2. — Polonia.
Russia, Prussia, Austria nel 1772 fecero il primo smembramento della Polonia. Al-
l'Austria restava il territorio sulla destra della Vistola sin di là da Sandomir e del con-
fluente della San, e ai limiti della Volinia e della Podolia fino al Dniester. Alla Russia
la Livonia polacca e la parte del palatinato di Polotzk di là dalla Dwina; il palaiinato
di Witepsk, in modo che la Dwina divenisse confine ai due paesi: procedendo poi,
restavano alla Russia il palatinato di Micislaf, le due estremità di quello di Minsk, Kiof
e il suo distretto. Alla Prussia la Gran Polonia di qua dalla Netze, che diveniva confine
sin alla Vistola; la Pomerelia tutta, eccetto Danzica, e quanto la Polonia conservava
ancora della Prussia.
292 GEOGRAFIA -- EPOCA DECIMASETTÌMA
Il resto del regao dividevasi in grandi regioni, ciascuna delie quali coraprendea di-
versi palatinati: cioè la Grande Polonia al nordovest ; la Piccola Polonia colla Podolia
al sud-, il granducato di Lituania; inoltre la città di Thorn sull'Oder e Danzica, else
le assicuravano il commercio del Baltico.
L'impunità della prima divisione incoraggiò alla seconda nel 1793, quando la Prussia
ebbe per sua parte Danzica e Thorn e il più della Gran Polonia, e la città di Czen-
tochau nella Piccola; la Russia occupò metà della Lituania. Alla Polonia restavano di-
ciotti palatinati: cioè nella Po/onm Cracovia, Sandomir, Volinia, Chelm, VIodzimirsz,
Lublino, Masovia, Varsavia, Ciechanof, Podlachia; nella Lituania Vilna, Bratziaf, Troki,
Samogizia, Merelzk, Grodno, Brzesc, Novogrodek.
Fallilo il tentativo di restaurazione di Kosciusko, la Polonia subì una terza divisione
nel 1793, quando «la Bussia prese il resto della Lituania e della Volinia, la maggior
parte della Samogizia, della Curlandia e della Semigallia: la Prussia parte dei palatinati
di Masovia e di Podlachia sulla destra del Bug, e in Lituania la parte del palatinato di
Troki e della Samogizia ch'è di qua dal Niemen : l'Austria la più parte del palatinato di
Cracovia, gl'interi palatinati di Lublino e Sandomir, la parte dtl distretto di Cbelm e
dei palatinati di Brzesc, di Podlachia, di Masovia che sono sulla sinistra del Bug (Gal-
lizia occidentale).
§ 3. — Russia.
La Russia era divenuta un colosso, preponderante nel nord e presto nell'Europa. La
pace di Nystadt (1720) le diede le coste del Baltico; nuovo incremento la divisione
della Polonia; il trattato di Pietroburgo (1725) le attribuì verso la Persia il Ghilan, il
Mazanderan^ V A^terahad ; verso la Turchia sottomise del tutto i Cosacchi Zaporoghi. e
colla pace di Kainargi (1774) assicurossi i porti e il territorio di Azof e lagunrog, le
due Cabardie, varie fortezze e la steppa fra il Dnieper e il Bug, dove nel 1778 fu fondata
la città di Kerson; poi col trattato di Costantinopoli (1784) ebbe la sovranità della
Crimea, dell'isola di Taman, di tutto il Cuban alla destra del fiume di questo nome.
Pertanto a occidente il lago Enara e il fiume Paez la dividea dalle possessioni da-
nesi in Lapponia; e dalla Svezia una linea mal determinata, che pei laghi di Finlandia
raggiungeva il fiume Kymen; dalla Podolia la Dwina e il Dnieper. La Finlandia fu poi
tutta occupata dalla Russia nel 1808, in cui compenso la Svezia ricevette tutta la Nor-
vegia e la Lapfionia svedese, e congiunse così l'intiera penisola scandinava. Verso
la Turchia i confini restavano indeterminati in grazia della guerra; poi la pace di
Jassy (1792) confermò quella di Kainargi, e pose il Dniester come perpetuo confine fra
i due imperi. All'est la Bussia toccava il mar Caspio e il Caucaso da una parte, dall'altra
le estremità orientali dell'Asia settentrionale. In questa si dilatò grandemente aggiun-
gendosi le piccole Kurili (1713 20), le isole di Mednoi e di Behring (1740), San Lorenzo
e San Matteo (1764), il gruppo della N. Siberia (17G0-1809) : dipoi la Giorgia fu ridotta
a provincia (1802).
Quest'amplissimo impero divideasi in "ììuma europea e asiatica. La prima abbrac-
ciava trentuna provincie; cioè:
0. Gran Russia, 1 Mosca, 2 Vladimir, 3 Pereslaw-Riasanskoi, 4 Kaluga, 5 Tuia, 6 Ja-
roslaf, 7 Kostrom, 8 Novogorod,9 01onetz, 10 Tver, 11 Vologda, 12Arkangel, 13 Nijni
Novogorod, 14 Voronesch, IS, Tombof, 16 Ekaterinoslaf; composta delle ultime con-
quiste sopra i Turchi.
b. Nella Piccola Russia, il Kiof, 18 Cernicof, 19 Novogorod-Severskoi, 20 Kursk, 21
Charkof, 22 Orel.
e. Rwisia bianca, 23 Smolensk, 24 Pleskof. 23 Polotzk, 26 Mohilew.
d. Nei paesi tolti alla Svezia, "il Biga, 28 Revol, 29 Pietroburg (Ingria), 30 M'iborg.
e. Parte della Crimea^ 31 Chersoneso taurico.
L'alto Volga e il Don inferiore consideravansi confine tra l'Asia e l'Europa ; e all'est
di essi stava la Russia asiatica. In questa
f. L'antico paese dei Tartari formava le provincie di 32 Kasan, 33 Sinbirsk, 54 Pensa,
SS VViatsk, 36 Perma, 37 Astracan, 38 Saratof, 39 Ufa (Oremburg).
g. E nella Siberia, 40 Tobolsk, 41 Kolywan, 42 Irkutsk.
PRUSSIA , CASA d'austriA 293
§ 4. — Prussia.
Questo regno rapidamente aumentato chiudeva:
a. la Prussia orientale, o antico ducato.
b. la Prussia polacca, o reale, o occidentale, venutagli nel primo sbrano della Polonia,
e. il ducato di Siettin, e la parte di Pomerania cedutagli nella pace di Stockolm.
d. le quattro marche di Brandeburg.
e. il ducato di Slesia colla contea di Glatz, acquistati da Federico II nel 174],
f. parte della Bassa Lusazia, tolta all'elettore di Sassonia.
g. il ducato di iMagdeburg, in virtù dell'aspettativa stipulata per la casa di Brande-
burgo nella pace di Westfalia.
h. il territorio di Halt, e metà del contado di Mansfeld, sequestrati come feudi del
duca di Magdeburg.
i. il ducato di Cleves, e le contee di La Mark e Ravensberg.
l. il principato di Murs confiscato alla morte di Guglielmo III re d'Inghilterra, come
dipendente dal ducato di Cleves.
m. la pane spagnuola della Gueldria, colla città di Gueldria e il paese di Kessel, ag-
giudicalo alla Prussia dal trattato di Utrecht in compenso del principato d'Orange ce-
duto alla Francia.
n. le contee di Lingen e Tecfc/enòurflf acquistate nel 1707, e quella di Ostfrisia invasa
nel 1744 alla morte dell'ultimo sovrano.
0. il principato di Neufchdtel e Vallangin, datosi alla Prussia alla morte della du-
chessa di Nemours Longueville (1707),
Nella pace di Tescben (1779) era inoltre stata confermata alla Prussia l'eventuale suc-
cessione ai margraviati di Anspach e Culmbach.
La Prussia orientale divideasi io due parli: la tedesca, dove Kdnigsberg, e la lituana
dove Gumbinnen. La occidentale abbracciava quattro circoli; di Marienburg, di Pome-
relia, della Xelze, di Culm. La Slesia prussiana componevasi della Bassa Slesia, conte-
nente i principati di Bresiau, Schweidnitz, Brieg, Jauer, Liegnitz, Crossen, Glogau,
Sagan e Oels; e dell'Alta Slesia, coi principati di Ratibor, Neisse, Oppelen.
§ 5. — Gasa d'Austria.
Questa casa aveva superato le altre di Germania mediante nuovi acquisti. I rami di
Stiria e Tirolo erano stati riuniti al principale nel 1673, che inoltre aveva acquistato
ad est, per lo s|)artimento della Polonia, i paesi di cui l'ormò il regno di Gallizia e
Lodomiria; al sud est pel trattato di Belgrado (1739) il banato di Temesirar, cui ag-
giunse i paesi ottenuti nella pace di Carlowitz, e la Bucovina staccata dalla Moldavia
per la pace di Kainargi; al sud la pace di Rastadt le assicurò i ducati di Milano e
Mantova; e al nord-ovest i Paesi Bassi austriaci. Aggiungi la generalità di Bourg-
hausen, composta dei distretti bavaresi fra il Danubio, l'inn e la Salza, fattisi cedere
nella pace di Teschen.
Comprendeva dunque:
a. Varciducato d'Austria o Austria inferiore, divisa in paese di sotto delVEns,
e. Vienna; e paese di sopra c/e//' fns, e. Liotz.
b. Austria inferiore, composta 1 del ducato di Stiria, diviso in alta (Judeoburg) e
bassa (Gratz); 2 del ducato di Corintia, divisa pure in bassa (Klagenfurt), e alla
(Willach); 3 ducato di Carniola, divisa in alta (Lubiana), bassa (Gurkfeld), media
(Gottschee). interiore (Duino); 4 il Friuli, che comprendeva i contadi di Gradisca e di
Gorizia; u il litorale o Istria austriaca (Trieste).
e. Austria superióre o contado del Tirolo, unitivi la contea di Brixen, il Trentino, le
sei signorie del Voralberg, e. Innspruck,
d. Svevia austriaca o Austria anteriore, composta di paesi inchiusi nel circolo di
Svevia, ciò erano il Brisgau (Friburgo e Brisac), le ruatiro città foreste, il vescovado di
294 GEOGRAFIA — KPOCA DECIMASETTIMA
CoHanza, il landgraviato di Nellenburg, la contea di Hoenberg, il marchesato di Burgau,
la prefettura di Svevia.
e. i Passi Bassi austriaci, composti di sette provincie, cioè ducato di Brabante, du-
cato di Luxemlmrg, ducato di Limburg, Gueldria meridionale. Fiandra austriaca,
Hainault austriaco^ contea di Namur.
f. il regno di Boemia, diviso in sedici circoli; e in cinque altri il marchesato di
Moravia.
g. la Slesia austriaca, dove la Oppa serviva di conline colla parte cedutaalla Prussia.
h. il regno di Gallizia e Lodomiria in diciotlo circoli.
i quello d'Ungheria co' suoi annessi, cioè Transilvania, Bucovina, Schiavonia,
Croazia.
l. la Dalmazia lungo l'Adriatico.
m. il ducato di Milano.
n. Quello di Mantova.
§ 6. — Casa di Baviera.
Anche la Baviera avea fatto notevoli incrementi, dacché la casa Palatina riuni al suo
elettorato quel di Baviera nel 1777, Pertanto gii Stati del Palatino abbracciavano:
a. nel circolo del Basso Reno, il flasso Palatinato sulle due rive del Reno, con Man-
heim, Heidelberg e Bacarach,
6, il principato di Sammern, metà della contea di Weldenz, la parte superiore del
contado di Sponheim.
e. nel circolo di Baviera, VAUa Baviera e Bassa, VAlto Palatinato, il ducato di iYeu=
burg e il principato di Sulzbach.
d. nel circolo di Svevia, la contea di Mindelhdm.
e. nel contado di Weslfalia, i ducati di Berg e di Juliers.
f. nel Brabante olandese, la signoria di Ravenf<tein.
Il duca di Birkenleld teneva il resto dei possessi delle case Palatina e Bavarese; cioè
nel circolo dell'Alio Beno, il ducato di Due Ponti, il principato di Birkenfeld, metà
della contea di \Velde7iz, la città di Sponheim, e quella di Trauerbach in comune col
margravio di Baden.
§ 7. — Germania.
1 possessi delle tre Case predette erano sparsi nei varj circoli ; de' quali or diviseremo
i cangiamenti sopravvenuti.
i. 2. Circolo à' Austria e Borciogna. Già ne abbiam parlato.
3. (circolo di Baviera. Oltre i possessi dell'antica casa di Wittelsbach, v'era il vesco-
vado di Salisburgo, il prevostato di Berchtoldsgadeh, i vescovadi di Frisinga, di lla-
tisbona, di Passau. Le iisseuiblee tenevansi a Wassemburg suU'lnn, sotto la direzione
dell'eleltor Palatino e dell'arcivescovo di Salisburgo.
i. Circolo di Svevia. I duchi di Wiirtembergaveano ereditato i dominj della linea di
Montbeliard. l due margraviati di Baden eransi riuniti nel J771 nella casa di Baden-
Durlach. 1 vescovi d'Augusta e Costanza e l'abbate di Ketnpten risedevano altrove, cioè
il primo a Uiilingen in I5aviera, il secondo a Merseburg, l'allro alla badia di Sanl'llde-
garde. Eranvi trentuna città imperiali. Le assemblee si congregavano a Ulm.
5. Circolodi Franconia. Nel 1770 eransi riuniti i beni della casa di Cuimbach a
quelli d'Anspach. Le assemblee teneansi a Norimberga.
6. Circolo del Bas^o lìmo. Oltre i già delti dominj della casa Palatina, gli elettori vi
aveano possessi, inseriti in quelli d'altri; l'arcivescovo di Magonza ne era direttore, e
le assemblee si univano a iMagonza.
7. Circolo ^qW Alto Reno. Nuove divisioni avea subito la casa di Assia-Cassel ; quella
di Nassau si restrinse in tre rami, d'Orange, di Nassau-Usingen e di Nassau-Weilburg.
Le assemblee sedevaao a Francoforte sui MeDo,
GEKMAINIA 295
8. Circolo di ^Vestfalia. Molt* paesi appartenevano oll'eleltor Palatino; il resto ri-
parliti fra molte case. Direttore del circolo era il re di Prussia, e le assemblee tenevansi
a Colonia.
9. Circolo della Bassa Sassonia. I dominj della linea di Gustrow erano passati a quella
di Scljwerin, della stessa casa di Mekleniliurg. Il ramo di Brunswick-IIannover, della
casa di Brunswick, avea nel i(VM avuto la dignità elettorale, indi era passato al trono
d'Inghilterra. Pertanto il re della Cran Uretu^ua era membro di questo circolo ; come
il re di Prussia pel ducato di Magdeburg, e il re di Danimarca per quello dì Sleswig-
Ilolstein. Le assemblee si univano ad Amburgo.
JO. Circolo dfW'AUa Saì^sonia. II Brandeburg e la Pomerania appartenevano alla
casa di Prussia; l'altra parte, cioè la Sassonia, ai due rami Ernestino e Albertino, e
alle altre case di Anhali, Reuss, Schwarzburg. Direttore n'era il duca di Sassonia, e le
assemblee si tenevano a Lipsia.
Giovi riassumere le divisioni dei dieci circoli germanici come Stati d'impero, dandone
più a minuto la composizione;
i. Il circolo d'Au<i(ria spettava tutto alla casa d'Austria, tranne i vescovadi di Trento
e Brixen, alcuni baliaggi dell'ordine Teutonico, e la signoria di Trasp.
2. Del circolo di Borgogna è altrettanto.
3. il circolo del Basso Reno è convocato dall'elettore di Magonza, che vi ha il primo
posto; e dopo lui gli elettori di Treveri, di Colonia e Palatino; il duca d'Aremberg;
il principe della Torre Taxis, benché non possieda Stati ; il baliaggio dell'ordine Teu-
tonico a Coblentz ; il principe di Nassau-Dietz; il basso Yssenburg, per cui l'elettore
di Treveri avea un altro voto; il burgraviato di Reineck, rappresentato dal conte di
Zinzendorf.
4. Il circolo àeWAlto Reno, convocato dall'elettor Palatino come principe di Sim-
mern e dal vescovo di Worms, contava: i vescovadi di Worms, Spira, Strasburg, Ba-
silea, Fulda; il granpriorato di San Giovanni; la badia di Prùm, il prevostato d'O-
denheim; l'elettor Palatino per Simmern, Lantern e VVeldenz; il conte Palatino di Due
Ponti; Assia Darmstadt; Hersfeld, della casa d'Assia Cassel ; Sponheim, diviso fra la
casa Palatina e i duchi di Baden ; Salm e Kirburg; i Nassau, divisi in quattro rami, di
Weilburg, Usingen, Yistein, Saarbrùck; Ilanau-Munzenberg, Hanau-Lichtenberg; della
casa di Solms nella Weteravia i quattro rami di Ilohensolms, Rraunfels, Bòdelheim,
Laubacb; l'arcivescovo di Maponza per Kònijistein; il conte Stolherg pel paese mede-
simo, disputato fra loro; quattro rami d'Isenburg, cioè Birstein, Budingen, Wàchters^
bach , Meerholtz; sedici comitati o ringravi ; le città libere di Worms, Spira, Franco-
forte, Friedberg, Wetzlar.
5. Circolo di Svetta. I suoi Stati divideansi in cinque banchi : o. Principi ecclesia-
stici, i vescovi di Costanza, Augusta, Ellwangen, Kempten. b. Principi secolari, il duca
di Wurtemberg che convocava il circolo e vi presedeva; i duchi di Baden-Baden, e
Baden-Durlach; il contedi Ilobenzollern-Hechingen, e di Ilchenzollern Sigmaringen ;
le badie secolari di Lindau e Burchau; il ramo cadetto di Auersberg; la casa di
Schwarzenberg; il principato di Lichtenstein; la casa di Fiirstenberg. e. Prelati sedici,
e quattro badesse, d. Conti e sigìiori, cioè ventisei contee che costituivano iliritti
nuovi, univansi ai vecchi, e. Città libere imperiali, che erano trenta: Augusta, Ulma,
Essiingen, Reuliingen, Nordlingen, Halle, Abertlingen, Rotweil, Heilborn, Geraimd ed
altre, brani della casa di Ilohenstaufen.
6. il circolo di Baviera, dove di convocare e presedere aveano diritto il duca di Ba-
viera e l'arcivescovo di Salisburgo, i! quale possedeva anche qualche baliaggio nel cir-
colo d'Austria. Inoltre il vescovo di Frisinga; i duchi di Neuburg e Sulzbach; il ve-
scovo di Ratisbona; il landgravio di Leuchtemberg; il vescovado di Passau; la contea
di Sternstein; il prevostato di Berchtuldsgarden; la contea di Haag; l'abbadia di Sant'E-
meran ; la contea di Ortenburg; l'abbadia di Nieder-Munsler; la signoria d'Ebrenfels;
l'abbadia di Ober-Munster ; le signorie di Salzburg Pyrbaum, Ilobenwaldeck, Breteneck;
la città di iiatisbona.
7. il circolo di Franconia era convocato dal vescovo di Bamberg e dai margravj di
Anspach e Baireulh. i suoi membri distinguevansi in a. Principi ecclesiastici, cioè i
vescovi di Bamberg, di Wurtzburg ed Eiclistadt, e l'ordine Teutonico; 6. Principi se-
296 GEOGRAFIA — EPOCA DECIMASETTIMA
colari, cioè Braodeburg-Baireuth, Brandeburg-Anspach, Ilenneberg-Scbleusingen e
Roomild-Smalkalden, Schwarzenberg, Lowenslein-Werlheim, Hohenlohe-Waldenburg ;
e. Conti e signori, come HoheDlohe-Neuenstein, Wertheim, Reineck ecc.; d. Città im-
periali di Norimberg, Rolhenburg, Schweinfurt, Weissenburg.
8. Il circolo àeWAlla Sassonia conteneva l'elettor di Sassonia; l'elettore di Bran-
deburg, re di Prussia, che col precedente divise il diritto di convocazione; i ducati
di Sassonia- Weimar, Eisenach, Coburg, Gota, Altenburg, Querfurth ; la Pomerania an-
teriore e l'ulteriore con Camin; casa d'Anhalt; Quedlimburg, Genrode, Walkenried,
Schwartzburg-Sondershausen, Schwartzburg-Rudolstadt, Mansfeld, Wernigerode, Barby,
Reuss, Schonburg.
9. Circolo della Bassa Sassonia. Magdeburgo e Brema, per cui la Prussia e l'Hannover
aveano il diritto di dirigere; Zeli, Grubenhagen, Calenberg, per cui la casa di Bruns-
wick era condirettrice; AVolfenbuttel ; Halbersladl; Mecklemburg-Schwerin ; Mecklem-
burg-Gustrow; Holstein-Glucksladt e Holstein-Gottorp (re di Danimarca); Hildesheim 5
Sassonia-Lauenberg; vescovado di Lubeka ; principato di Schwerin; Ratzpburg, Blan-
kenburg, Rantzau; le città imperiali di Lubeka, Goslar, Mulhausen, Norclhausen, Am-
burgo, Brema.
^ÌO. il circolo di Westfalia comprendeva Munster, Cleves, Juliers, che alternativa-
mente aveano il primo posto-, Paderborn, Liegi, Osnabruck, Mindene Werden ; le badie
di Corvey, Stablo e Malmedy e Werden ; Cornelli-Munster, Epen, Thoren, Hervorden,
Nassau -Siegen, Nassau-Dillenburg, Ostfrisia, AVied, Sain, Schauenburg, Scbauenburg-
Lippe, Oldenburg, Delmenhorst, Lippe, Bentheim, Tecklemburg, Diepholz, Hoya ecc.;
le città imperiali d'Aquisgrana e Dortmund.
Inoltre tutto il corpo della nobiltà germanica era diviso in tre circoli : circolo della
nobiltà di Svevia in 3 cantoni; — della nobiltà di Franconia in 6 cantoni; — della
nobiltà del Beno in 5 cantoni.
Restavano fuor dei circoli alcune piccole signorie, come Montbéliard possesso dei
duchi di Wùrlenberg, Asch, Wasserburg ecc.
g 8. — Svizzera.
Lodetìoli s'intitolavano i Cantoni nelle relazioni colle altre potenze, e Lodevole corpo
elvetico in faccia ai loro alleati 0 sudditi. Erano ancora tredici, cioè enumerandoli se
condo l'ordine che doveano tenere nelle diete, Zurigo, Berna, Lucerna, Uri, Schicitz
Unterivald, Zug, Glaris, Basilea, Friburgo, Soletta, Sciaffusa, Appenzell. Cattolici erano
Uriy Unterwald, Sclnvitz, Zug democratici, e Friburgo, Soletta, Lucerna aristocratici
misti Glaris e ^ppenze/i democratici; riformati e aristocratici Zurigo, Basilea, Sciaf-
fusa, Berna. Quest'ultimo era il più vasto, e dominava VArgovia e il paese di Vaud
Voglionsi aggiungere i sudditi egli alleati:
Sudditi erano 1" verso Germania la contea di Baden, posseduta dagli otto Canton
antichi, e dopo il 1712 da Zurigo e Berna; gli Uffizi liberi, la cui parte settentrionale
apparteneva, dopo il 1712, a Zurigo, Berna e Glaris, e la meridionale agli otto Cantoni
Turgovia agli otto Cantoni ; il Rheinthal agli otto cantoni; e a quello d'Appenzell; la
contea di Sargans agli otto Cantoni; il Gaster ai Cantoni di Schwitz e Glaris; il Bap
perschwill, già dipendente da Sclnvitz, Uri, Unterwald e Glaris, e dopo il 1712 da Zu
rigo e Berna. 2'' Verso Francia i quattro baliaggi di Marat, Granson, Orbe e Echalans
e Schwarzenhurg, dipendenti da Berna e Friburgo. 5" Verso Italia i sette baliaggi con-
quistati al principio del xvi secolo, cioè Bellinzona, Riviera, Val Bregno, Lugano, Lo
carno, Mendrisio, Val Maggia. I Grigioni dominavano la Valtellina coi contadi di
Bormio e di Chiavenna.
Dieci erano gli alleati degli Svizzeri; cioè la badia di San Gallo; la città di San
Gallo, divisa dalla precedente per una muraglia; le tre leghe Grigie; il Valese; la re-
pubblica di Ginevra; il principato di Neufchdtel e Vallangin ; la città di Bienne; e
quella di Mulhausen in Alsazia.
PROVINCIE UNITE, SPAGNA, PORTOGALLO, FRANCIA, ITALIA 297
§ 9. — Provincie Unite /Spagna, Portogallo.
Non cambiarono le divisioni politiche delle Provincie Unite; e lo statolderato ,
abolito nel 1702, fu rimesso come ereditario nel 1747; né poterono sottrarsene nel 1787.
Giuseppe II tentò ridurre a provincia austriaca il Belgio, e con questo vi destò un'in-
surrezione (1789).
Colla pace di Utrecht (1715) la Spagna restò ridotta alla penisola, perdendo Minorca,
la Sardegna, la Sicilia e tutti i possessi d'Italia. Anche Gibilterra era stata occupata
dagl'Inglesi, Sotto il ministero dell'Alberoni (1715-20) tentò rifarsi delle perdile occu-
pando Sicilia e Sardegna, ma dovette ancor rinunziarvi, ricevendo solo l'aspettativa di
Toscana, Parma, Piacenza, che in appresso mutò colla corona delle Due Sicilie, ma
non unita alla Spagna. Minorca fu ritolta agl'Inglesi nel 1782.
La Spagna divideasi in tredici provincie: Galizia al nord-ovest, Asturie, Biscaglia^
regno di Navarra, regno d'Aragona, Catalogna, regno di Valenza, Nuova Castiglia,
Vecchia Castiglia, regno di Leon, Andalusia, regno di Granata, regno di Murcia.
Il Portogallo in sei, e ciascuna in molte comarche: 1. Entre-Douro e Miìo, presso
l'Oceano, molto popolata, con 1460 parrochie e 1130 conventi, e. Braga. 2. Tras-os-
montes al nord-est, e. Braganza. 3. Beira al sud, e. Coimbra. 4. Estrernadura, e. Li-
sbona, o. Alem-Tejo, e. Evora. 6. Algarve, e. Tavira.
§ 10. — Francia.
La Francia acquista nel 1766 la Lorena, compra la Corsica nel 1768 dai Genovesi.
Formava quaranta governi: 32 grandi, cioè di provincie, 7 di città, e la Corsica.
Al nord la Fiandra, capitale Lille; VJrtois, e. Arras; la Picardia, e. Amiens; la
Normandia, e. Bouen ; V ìsola di Francia, e. Parigi; la Champagne, e. Troyes; la Lo-
rena, e. Nancy ; V Alsazia, e. Strasburgo.
Al centro la Bretagna, e. Rennes; il Maine, e. Mans ; VAnjou, e. Angers; la Tou-
raine, e. Tours; VOrleanese, e. Orléans; il fìerry, e. Bourges; il Nivernais, e. Nevers;
la Borgogna, e. Dijon ; la Franca Contea, e. Besanoon ; il Lionese, e. Lyon; il Bor-
bonese, e. Moulins; VAuvergne, e. Clermont; il Limosino, e. Limoges; la Marche,
e. Guéret; il Poitou, e. Poitiers; VAunis, e. la Rochelle; la Saintonge, e. Saintes,
coW Angoumois, e. Angoulème.
Al sud e sud-ovest, la Guienna, e. Bordeaux, colla Guascogna, e. Auch; il Bearn,
e. Pau ; la Linguadoca, e Tolosa; la contea di Foix, e. Foix ; il Rossiglione, e. Per-
pignano; il Delfmato, e. Grenoble; la Provenza, e. Aix.
Gli otto piccoli erano i governi di Boulogne, Havre, Parigi, Metz e Verdun, Toul,
Sedan, Saumur, la Corsica.
§11.— Italia.
Lo spegnersi di molte famiglie dinastiche italiane, apriva il campo ad ambizioni e
trattati. E prima quella di Mantova, cui ad onta dei pretendenti Giuseppe I riunì al
Milanese (1708), abbandonando al Gonzaga di Guastalla i ducati di Sabioneta e Boz-
zolo, il marchesato d'Ostiano, la contea di Pomponesco; e al duca di Savoja il Mon-
ferrato. Il ducato di Mirandola col marchesato di Concordia era stato confiscato ai
Pico (1709), e dato al duca di Modena nel 1710. I Gonzaga di Castiglione e Solferino
furono spogliati dall'imperatore, e ricevettero un compenso. Quei di Novellarasi spen-
sero nel 1728, e i loro Stati furono dall'imperatore infeudati al Modenese (1737). La
famiglia Cybo, dominante a Massa e Carrara, finiva in una femmina, che li portò in
dote al duca di Modena nel 1743.
A. U regno di Sardegna formato nel 1720, divenuto il più poderoso d'Italia, ab-
298 GEOGRAFIA — EPOCA DECIMASETTIMA
bracciando gli antichi possessi della casa di Savoja, parte ;]del Milanese e l'isola di Sar-
degna, può dividersi in Savoja, Piemonte, Monferrato, Acquisti nuovi.
La Savoja comprendeva: lo Sciablese, e. Thonon •, il Geneve$e, e. Annecy; il Fau-
cigny, e. Bonneville; la Savoja propria, e. Chambéry; la Tarantasia, e. Moutiers; la
Morienna, e. Saint-Jean.
Nel Piemonte, \. 11 Piemonte proprio, e. Torino, dov'erano compresi l'antico mar-
chesato di Susa^ l'antico principato di Carignano, le Quattro valli colle fortezze di
Pinerolo, ExilleSf Fenestrelle, Castel Delfino; oltre Cuneo, Mondovì, Cherasco, il Ca-
ìiavese, e. Ivrea. 2. Il ducato cV Aosta. 5. La Signoria di Vercelli^ in cui restava chiuso
il principato di Masserano dei Ferrari, feudatarj della Santa Sede. 4. La contea d'Asti.
5. Jl marchesato di Saluzzo. 6. La contea di Nizza, dove rimaneva indipendente il
principato di Monaco, passato nel 1759 dai Grimaldi ai Matignoni.
Il Monferrato, nel trattato di Cherasco, era stato diviso in savojardo colle città d'Alba
e Trino, e mantovano con Casale ed Acqui; ma nel 1708 fu riunito. Al sud di Alba
ed Acqui trovavansi le Langhe, cinquanta piccoli feudi che rilevavano dall'imperatore,
il quale gli aveva ceduti nel 175G al re di Sardegna. Dal Milanese erano slaccati la
Val Sesia (Varallo), V Alessandrino, la Lomellina (Valenza), il Vigevanasco, ceduti dal-
l'imperatore al duca di Savoja nel 1708; il Novarese e il Tortonese cedutigli nel 1755;
la parte occidentale del territorio di ^/jg-era (Domodossola) ; e molta parte del Pavese,
cioè Voghera e Bobbio, ceduti nel 1748, con molli feudi imperiali.
La Sardegna, ricevuta io cambio della Sicilia nel 1720, dividevasi nei due capi di
Cagliari e Logudoro (Sassari).
Il re sardo possedeva pure il contado di Oneglia nella riviera di Genova. Questa re-
pubblica stendeasi ancora sulle due Riviere; e nel 1748 avea recuperato il marchesato
(li Finale.
B. Il ducato di Milano divideasi in sei territorj: Milanese, Comasco^ contado à' Alì-
gera, di Pavia, Lodigiano, Cremonese.
C. Il ducato di Mantova era composto del Mantovano proprio, e del principato
di Castiglione e Solferino.
D. Venezia contava in Italia 14 provinole, cioè il Dogato da Grado a Cavarzere, il
Padovano, il Polesine, il Trevisano, il Viceìitino, il Feltrino, il Cadorino, il Friuli, l'/s-
tria veneta, il Veronese, il Bresciano, il Bergamasco, il Bellunese, il Cremasco; sulla cosla
di Dalmazia, Nona, Zara, Sebenico, Tran, Salona, Spalatro, Cataro; su quella d'Al-
bania, Aria, Prevesa, Butrinto. In mare non le restavano che isole sulla costa di Dal-
mazia; alcune jonie, quali Corfù, Santa Maura, Cefalonla, Zante, Cerigo ecc.; e Tina
nelle Cicladi.
E il ducato di Modena aveva acquistato il principato di Massa e Carrara; e com-
prendeva, oltre i ducati di Modena e Beggio, i principati di Carpi e di Correggio;
il ducato della iJ/trondo/a vendutogli dall'iiiqieratore nel 1710; il principato di Novel-
lara, ereditalo dall'imperatore, che ne investi il Modenese nel 1757.
F. Il ducato di Parma pel trattalo d'Aquisgrana (1748) fu assicurato a don Filippo
infante di Spagna, e divideasi in ducalo di Parma a oriente; ducato di Piacenza a
ponente colla vai di Taro; marchesato di Busseto, o Stato Palavicino al nord; e du-
cato di Guastalla, coi principati di Sabiuneta e Bozzolo nel Mantovano.
G. Il granducato di Toscana occupava il pendio occidentale degli Apennini da
Siena alle Maremme; a nord ovest avea la repubblica di Lucca e gli Stati di Modena,
e tutt'altrove gli Stati pontifizj.
Comprendeva il Fiorentino, dov'erano l'arcivescovado di Firenze, i vescovadi di Pi-
stoja, Fiesole, Borgo, Arezzo, Montepulciano e Cortona, e le badie di Vallombrosa e
Camaldoli; il Pisano coll'arcivescovado di Pisa, il vescovado di Volterra e il porto di
Livorno; il Si'enesc coll'arcivescovado di Siena, i vescovadi di Pienza, Chiusi, Grosseto.
Inoltre possedeva il territorio di Pieirasanta Ira Massa e Lucca, quel di Pontrcmoti,
l'isole di Gorgona e Giglio, e la città di Porto Ferrajo nell'Elba; mentre il resto del-
l'isola con Piombino formava un principato iodipendenle sotto i Buoncompagni. Lo
Stato de' Presidj, cioè i porti del Sienese, restavano al Napoletano.
II. Lo Stato della Chiesa non si mulo; e la repubblica di Son il/arinogli fu
sottomessa solo per un istante nel 1759.
STATI MUSULMANI 299
J. Il regno delle Due Sicilie era stato assicurato a un ramo cadetto dei Borboni
di Spagna. I.a parte continentale o Regno di A'a/jo/i componeasidi quattro provincia,
ciascuna suddivisa in tre: "l" Terra di Lavoro, suddivisa in Campania Felice. Principato
•citeriore, Principato ulteriore; 2" Abruzzo, suddiviso in contado di Molise, Abruzzo
citeriore, Abruzzo ulteriore; 3" Puglia, suddivisa in Capitanata, Terra di Bari, Terra
d'Otranto; 4° Calabria, suddivisa in Basilicata, Calabria citeriore, Calabria ulteriore.
La Sicilia partivasi nei tre valli di Demona, Noto, Mazara.
Appartenevano al regno le isole àUschia, Capri, Lipari, le Egati. Malta rilevava da
quella corona.
^12. — Stati musulmani.
La Turchia scapitò verso l'Europa, come vedemmo; e dopo i trattati di Carlo- Turchia
witz (1699) e di Passarowitz (1718), cessò d'esserle minacciosa; pure possedeva più
che l'antico impero romano. Dopo abbandonate le conquiste in Ungheria, conservava
ancora, al sud della Sava, tutta la Bosnia e parte della Croazia; a settentrione dominava
fin nei deserti della Tartaria bagnati dal Bug e dal Dniester. Venezia le disputava le
coste di Dalmazia.
La Turchia divideasi in settentrionale, e meridionale o Grecia. La settentrionale chiu-
deva 7 Provincie: la Bessarabia abitata dai Tartari d'Oczakov e di Budziac; ìa Mol-
davia; la Valachia; queste provinciedi là dal Danubio non erano comprese nella si-
stemazione per pascialati; il pascialato di ììulgaria ; qneì di Romelia; quel di Servia;
quei di fiosnm, che abbracciava la Croazia e Dalmazia turche. La meridionale formava 4
pascialati: di Salonichi, comprendente la Macedonia; di Gianina, comprendente l'Al-
bania 0 Arnauta, divisa naturalmente in Albania alta con Gianina, Croja, Durazzo, e
bassa con Aviona e Delvino ; di Livadia, antica Grecia propria; di Tripolizza conte-
nente la Morea.
Le isole dell'Arcipelago Candia, Egripo (Negroponte), le Cicladi, le Sporadi, erano
gotto il comando diretto del capudan-pascìà. Alla Turchia spettava pure la parte del
Cuban, fra la sinistra di questo fiume e il Caucaso.
In Asia essa possedeva :
i° La Natòlia o Asia Minore, che abbracciava la Natòlia propria, l'Amasia, l'AIduIia,
la Caramania. L'isola di Cipro formava un pascialato, con parte della costa.
2° L'Armenia o Turcomania, coi pascialati di Erzerum, Van, Kars, Cildir.
3° La Georgia fra il mar Caspio e il Nero comprendeva la Mingrelia (Colchide), il
Guriel sul mar Nero, l'imereto e il Carduel al centro. Quest'ultimo era feudale al re di
Persia ; le tre altre tributarie al gransignore, sotto principi particolari. 11 Daghestan [Der-
bent) fu in parte ceduto alla Russia.
4' Il Diarbekir al sud dell'Armenia {Assiria e Mesopotamia) conteneva i pascialati di
Diarbekir, Piika, Mossul.
5" Del Curdistan, al sud-est dell'Armenia, la parte orientale spettava alla Persia,
l'altra formava il pascialato di Sceheresul.
6" L" Irak-Arabi al sud del Curdistan, coi pascialati di Bagdad e di Bassora.
7" La Siria o Soria lungo il mar Interiore, chiudeva la Siria propria o pascialato di
Aleppo, la Fenicia o pascialato di Damasco, la Giudea o pascialato di Gaza.
Spettavano inoltre alla Turchia le isole del litorale asiatico.
Anche in Asia decadde quest'impero per le guerre contro la Russia, la Persia e i go-
vernatori rivoltosi. L'ultimo re tributario del regno giorgiano é'Imerezia si riconobbe
vassallo alla Russia nel 1783.
L'Arabia Petrea era sottomessa al gransignore, che vantava supremazia anche su Me- Arabia
dina e la Mecca, benché vi dominasse uno scerifo indipendente. Kella Deseria fu sempre
impossibile ogni stabile dominazione. La Felice comprendeva i regni di Gamama al
nord, di Tehama all'ovestj di Yemen Q Adramaut ìì\ sud-ovest, di Sieger d\ sud di Oman,
al sud-est, di Lasa all'est. Questo e l'Yemen appartenevano alla Porta, formando due
pascialati ; alla Persia il paese e le isole di Bahrein sulle coste di Lasa.
Nel cuor dell'Arabia, a mezzo il secolo xvui, Mohammed-ben-Abd-el-Wahab fondava
300 GEOGRAFIA — EPOCA DECIMASETTIMA
la nuova setta dei Vahabiti, che nel 1804 trovavasi signora degli Stati di Agiar, Lesa,
Mecca, Medina, e della più parte d'Arabia; nel 1818 il bascià d'Egitto la distrusse.
Persia Fra la Georgia e il mar Caspio al nord, il paese degli Usbeki nella Tartaria indipen-
dente al nord-est, il Gran Mogol all'est, al sud il mare delle Indie e il golfo Persico, al-
l'ovest l'Impero ottomano, estendevasi la Persia, divisa in sedici Provincie:
Sei lungo il mar Caspio : 1. il Daghestan (Derbent) conquistato nel 1720 dalla Russia,
2. il Scirvan (ChamaquiJ; 3. VAderbigian (TebrizJ; 4. il GhUan (Recbt) ; 5. il Taba-
ristan o Mazanderan ; 6. il Corassan.
Sei al centro, cioè da oriente in occidente: 7. il Candaar al nordest dell'Indo: 8. il
Sablestan (Gazra); 9. il Segestan (Zarang) al sud est; 10. Vlrak-Agemi, dove Ispaan ca-
pitale dell'impero; 11. il Laristan parte del Curdistan, di cui i Turchi occuparono il
resto; 12. Virati (Erivan) al nord ovest.
Quattro sul golfo Persico e l'Oceano, cioè da occidente in oriente; 13. il Cusistan
fShuster) ; 14. il Farsistan (Chiraz e l.ar); 15. il Kerman, dove gl'inglesi avevano
nel 1613 fondato il porto di Bender-Abassi; e 16. il Mekran.
L'impero de' Sofì è tormentato da guerra intestina e forestiera, finché Baba-kan
(Feth-Ali-sciah) dà alla Persia i confini presenti (1802J. Ma le sue frontiere sono con-
tinuamente bersagliate da tribù mal sottomesse.
L'imam di Mascaie resistè ai Vahabiti, e conquistò le isole di Kism e Ormus, e parte
del Farsistan e del Maggistan, tenendole sotto la sovranità del re di Persia; l'isola di
Socolora e parte della costa di Zanguebar in Africa.
§ 15. — Cina e Tartaria.
L' Impero cinese crebbe sottomettendo gli Eluti (1746-59), sicché tiene la più
parte dell'Asia orientale e centrale fra il 70" e il 140" di longitudine est, e il 19° e 55°
di latitudine nord. La Corea è tributaria. Dal 1750 è da generali cinesi governato il
Tibet, benché il Dalai-lama ne sia riconosciuto sovrano.
La Gran Tar taria abbraccia un terzo dell'Asia fra il mar Glaciale, la Russia
europea, la Piccola Tartaria, il Caspio, la Persia, il Gran Mogol e la Cina.
Dividesi in Tartaria moscovita o Russia asiatica, di cui già parlammo, e dove i prin-
cipali popoli erano i Samojedi, i Kirghisi, i Tungusi. 11 kanato indipendente di Karism
fu distrutto, succedendogli quel di Kiva, fondato nel 1802 da Mohammed-Raim capo
usbeko.
La Tartaria indipendente, partita fra molle orde, obbedienti a kan particolari ; come
gii Almaduneri, i Mongoli gialli, i Mongoli neri, il Grande e il Piccolo Tibet, il Tur-
kestan, il regno di Lassa (L'Hassa), i Baskiri, i Calmuchi, i Turcomani del Caspio,
gli Usbeki della Gran Bucarla ecc. Tre orde di Kirghisi e Turcomani indipendenti er-
ravano nel paese fra l'Ural, il Caspio, il mare d'Arai, il Siun, le fonti dell'lrtisc e i
monti Algidim.
La Tartaria cinese fra il regno di Lassa e la terra di Vesso, dove erano ad ovest i regni
Calka, il Tangut e parte del paese dei Mongoli ; all'est il Bogdoi o Tartari di Kim, gli
Yupi, i Tagagriuski, il Niulan.
§ 14. — India.
Il resto dell'Asia meridionale fra la Persia e la Cina costituiva le Indie di qua e di
là dal Gange.
L'India di qua dal Gange obbediva la più gran parte al Gran Mogol, cui antica ca-
pitale era Delhi, e che da Aurengzeb era slato portato alla massima grandezza. Alla sua
morte (1700) comprendeva quaranta provincie: Agemir, Adoni, Concan, Conddapah,
Doivlatabad, Candeish, \ì'isapur, che ora formano l'impero dei Maralli ; Cabul, Ca-
scemir, Candaar, Sindo, che or sono TAfganistan ; Agra, Jud, Behar, Bednore, Bengala,
Canara, i 3irkar, Carnate, Cochin, Caimbetor, Delhi, Dindigul, Allahabad, Gotich, Gu-
zerate, Madura, Malabar, Malicah, Multan, Mijsore, Orissa, Tinnivelli, Travancor, ora
EMANCIPAZIONE DELLE COLONIE AMERICANE 301
possessi immediati degli Inglesi -, ììerar e Serinagor mediatamente sottomessi a questi ;
Assam e Butan indipendenti, ma con un tributo alla Cina, Nepal indipendente; Pend-
giab appartenente ai Selki.
Aurengzel) sottomise anche il Decan, impero fondato nel 1317 da Ilassan-Baku, capo
della dinastia dei Bhamini; e nel 1520 si divise nei cin(|ue regni di Ahmedabad, di
•Berar, di Ahmednagor, assorti poi negli altri di Wisapur e Gokonda.
La più antica tribù del Decan sono i Maraiti, che allora cominciarono un impero,
divenuto poi principale a danno di quello d'Aurengzeb.
L'impero di Dellii, morto Aurengzeb, declina, finché nel 17S0 gl'imperatori trovansi
ridotti alla sola capitale; poi gl'Inglesi prendono anche questa nel 1805. E la potenza
inglese succede ai varj dominatori alzatisi sulle rovine di quel grande impero e alle
colonie europee (I).
L'India di là dal Gange, detta anche penisola Orientale, chiudeva sette paesi princi-
pali: il regno d'/lracon a occidente in fondo del golfo di Bengala, tributario al regno
d'Ava; il regno d'^i'a o del Birraan, da cui dipendevano i piccoli regni d'Asem, Tipra,
Pegù ; il regno di Siam, che abbracciava la penisola di Malacca ; il regno di Camhaja^
all'est del golfo di Siam ; il regno di Laos al nord-est di quello di Siam ; il regno di
Cocincina, da cui dipendea quello di Ciam-po; il regno di Ton-kin al nord del predetto.
§ 15. — Emancipazione delle colonie americane.
Per respingere le arroganze della madre patria, le colonie inglesi insorsero (1774);
e cinquantun deputati, uniti in Filadelfia, decretarono (4 luglio 1776 l'atto di confede-
razione degli Stati Uniti, i quali erano 1 ilassaciusxet, 2 /Y. Hamphire, 5 Bhode-
Island, 4 Connecticut, 5 N. York, 6 N. Yersey, 7 Pensilvania, 8 Delaicare, 9 Maryland,
10 Virginia, 11 Carolina del nord, 12 Carolina del sud, 15 Georgia.
Secondati da Francia e Spagna, difendonsi, e costringono l'Inghilterra a riconoscerli
liberi e sovrani (1785j, abbandonando loro tutto il paese alla sinistra del Mississipì, e
al nord del 3" parallelo.
Nel 1787 riunironsi, eccetto Rhode-Island ; potesse qualunque Stato esser ammesso
alla federazione tosto che contasse sessantamila anime: perciò v'entrava il Vermont,
col nome di N. Connecticut. Da altri paesi ceduti dagli Stati si formò (1796) il Terri-
torio al sud dell'Ohio; e da quelli ceduti dagli Inglesi, il Territorio al nord-ovest
dell" Ohio.
L'Ohio ne fu staccato per divenire Stato dell'Unione (1802). La parte settentrionale
ossia Michigan ne fu separata il 1805, e ammessa nell'Unione il 1825; mentre il centro
e il sud rimangono occupati dagli Ottaway, Pottowattami, Miami, l'ovest dai Meno-
raoni, il nord dai Chippaway.
L'Indiana divenne Stato dell'Unione il 1816; Vlllinese nel 1818.
La Spagna nel 1798 cedette all'Unione Natchetz ed altri posti al nord del 31" pa-
rallelo; e nel 1800 eresse in governo del Mississipì il territorio tra questo fiume e la
frontiera occidentale della Georgia; che poi cresciuto, fu nel 1817 diviso, e la parte
occidentale formò lo Stato del Mississipì, la orientale il Territorio d'Alabama ammesso
nel 1819.
L'anno stesso il Maine fu staccato dal Massaciusset per formare uno Stato.
La Luigiana a destra del Mississipì, colla N. Orléans resa dalla Spagna alla Francia,
e da questa venduta agli Stati Uniti per ottanta milioni (1805), fu prima divisa in due
Territori, di cui quello al sud fu detto Luigiana e unito agii Stati (1812); l'altro pure
unito col nome di Missuri (1821), ma gran parte resta tuttora agl'Indiani selvaggi.
La N. Albione e la N. Georgia cedute (1815) dall'Inghilterra all'Unione, nel 1822
formarono il Territorio di Columbia o Oregon, abitato quasi soloda Indiani indipendenti.
La Florida disputata alla Spagna, che la cedette per venticinque milioni (1821), fu
ammessa all'Unione nel 1822,
Per tal modo la repubblica federativa degli Stati Uniti d' America abbracciò
(1) La serie degli acquisti della Compagnia inglese daremo nell'Epoca seguente.
302 GEOGRAFIA — EPOCA DECIMASETTIMA
quanto è fra il 24" SO' e 52" 26' di latitudine nord, e il 69° 10' e 2260 42' di longitu-
dine ovest, divisa in ventiquattro Stati : Massaciusset, N. Hampshire, Rhode-lsland,
Connecticut, .Y. York, N. Yersey, Pensilvaìiia, Delaivare, Maryland, Virginia, Carolina
del nord, Carolina del sud, Georgia, Vermont, Kentucky, Tennessee, Ohio, Indiana, 11-
linese, Mississipì, Alabama, Maine, Luigiana, Missuri; e sei Territorj : Michigan, Uis-
consin, Arkansas, Missuri, Colombia o Oregon, Florida. Nel distretto /^ec/era/erf( Colombia'
è chiuso Washington, e l'immenso distretto occidentale è abbandonato agli Indiani.
Molti di questi si conservano indipendenti.
L'Arkansas fu Territorio uel 1819, e Stato nel 1836. L'Yowa fu Territorio nel 1838.
11 Michigan, Territorio nel 1823, e Stato nel 1836; quando anche l'Uisconsin fu fatto
Territorio. Onde l'Unione si compose di ventisei Stati, oltre i Distretti di Oregon, Ozagi,
Ozark, Siux.
11 trattato di Pietroburgo del 1824 assegnò per confine colla Russia il 54° di latitu-
dine nord : il confine colla Francia fu determinato a Washington nel 1842. Le contese
coll'Inghilterra per l'occupazione dell'Oregon furono combinate pur ivi nel 1846. Trat-
tavasi della regione tra il 42' e il 34" parallelo, vasta come due Francie, non percorsa
che da popolazioni selvagge e cacciatori intrepidi. Per limite delle due possessioni fu
preso il 49° parallelo a occidente delle montagne Bocciose fin allo stretto della regina
Carlotta, donde procede a levante per lo stretto di Fuca, in modo che all'Inghilterra
rimane l'isola di Vancouver, e il Colombia è libero alla Compagnia della baja d'Hudson
fin al cessar della carta d'essa Compagnia. Non è ancora ben determinata l'immensa
frontiera dai Grandi laghi al Grande oceano.
Così gli Stati Uniti, in meno di un secolo, hanno quintuplicato la popolazione, tri-
plicato il territorio, decuplicato la potenza produttiva; e ciò senza esercito né con-
quista, tranne quella dell'ultima guerra col Messico nel 1848. La quale procacciò agli
Stati Uniti altre 851,398 miglia quadr., ossia più d'un terzo del territorio che aveano
prima: sono esse il Texas, il iV. Messico e VAlla California, importantissima per le
inesauribili miniere d'oro, e più per 970 miglia di litorale sul mar Pacifico, col porlo
di Monterey e la baja di San Francesco, che è la migliore sulla costa occidentale
d'America.
EPOCA XVIII
DAL 1789 AL 1862.
§ i, — Impero francese.
La Rivoluzione francese in origine erasi proposto di non aiterare i confini della
Francia; ma costrella uscirne, caml)iò quelli di quasi tutta l'Europa. Sarebhe lungo il
seguitarne le vicende, comandate dalla spada e dai tmttali; e ci limiteremo a descri-
vere qual fosse, nel ten)po di sua maggior grandezza, l'impero francese col regno d'I-
talia. Comprendeva esso tutta l'antica Francia; l'Italia, salvo Lucca e Napoli; parte
della Germania occidentale; il Beljjio, l'Olanda.
A. L'Impero Francese era diviso in loO dipartimenti: So formati delle antiche
Provincie francesi : 17 di conquiste riconosciute dalla pace di Luneville (1801); e 28
d'acquisti posteriori.
Degli 85 primitivi dipartimenti, 23 erano al nord, cioè; nella Fiandra il Nord
e. Lille, - Artois, con Calais e Boulogne, il Pas de Calais e. Arras. — Picardia la
Somme e. Amiens, — Normandia la Senna inferiore e. Rouen; V Bure e. Evreux; il
Calvados e. Caen : VOrnc e. Alengon; h Manche e. Saint-Lò. — Isola di Francia l'^a'swe
e. Laon; VOise e. Beauvais; Scine et Oise e. Versailles ; Seine e. Parigi: Seine et Marne
e. Melun. — Champagne le Ardenne e. Mézières; la Marne e. Chàlons sur Marne;
VAube e. Troyes; la Haute Marne e. Chaumont. — Lorena la Mense e. Bar sur Or-
nain; la Moselle e. Metz; la Mcurthe e. Nancy; i Vogesi e Epinal. — Alsazia VAlto
Reno e. Colmar; Basso Reno e. Strasburgo.
35 al centro, cioè: nella Bretagna il Finistére e. Quimper ; le Coste del nord e. Saint-
Brieuc; il Morbihan e. Vannes; la Latra inferiore e. Nantes; Ville et Vilaine e. Rennes.
— Maine la Mayenne e. Lavai; la Sarthe e. Le Mans. — Anjou il Maine et Loire
e. Angers. — Touraine ì'indre et Loire e. Tours. — Orleanese il Loir et Cher e. Blois;
VEure et Loir e. Chartres: il Loiret e. Orleans. — Berrì il Cher e. Bourges; Vlndre
e. Chateauroux. — Nivernese la Niévre e. Nevers. — Borgogna, VYonne e. Auxerre;
la Còle dar e. Dijon ; il Saune et Loire e. Macon ; l'Ain e. Bourg. — Franca Contea il
Jura e. Lons-leSaulnier; il Dov.bs e. Besanron; VAlta Saóne e. Vesoul. — Lionese il
Rodano e. Lione ; la Loira e. Montbrison. — Borbonese VAllierc, Moulins. — Auvergne
il Puy-de-Dóme e. Clermont ; il Cantal e. Aurillac. — Limosino la Corrège e. Tulle;
VAlta Vienne e. Limoges. — Marche la Creuse e. Guéret. — Poitou la Vienne e. Poi-
tiers ; le due Sèvres e. Niort; la Vandea e. Napoléonville. — Aunis, con parte della
Saintonge, la Charente inferiore e. Saintes, — Augoumois, con parte della Saintonge,
la Charente 'e. Angoulérae.
27 al sud, cioè: nella Gujenna la Gironda e. Bordeaux; la Dordogne e. Périgueux;
il Lot et Garomie e. Agen ; il Lot e. Cahors ; VAveijron e. Rodez. — Guascogna le
Lande e. Mont-de-Marsan; il Gers e. Auch; gli Alti Pirenei e. Tarbes. - Bearn ì Bassi
Pirenei e. Pau. — Linguadoca VAlta Garonnac. Tolosa; il Tarn e. Albi; VAude e. Car-
cassona ; VHérauH e. Montpellier: il Card e. Nimes; VArdéche e. Privas; la Lozère
e. Mende; VAlta Loire e. Le Puy. — Contea di Foix VArriège e. Foix. — Rossiglione
i Pirenei Orientali e. Perpignano. — Delfinato V Isera e. Grenoble; la Dróme e. Va-
lenza; le Alte Alpi e. Gap. Provenza le Basse Alpi e. Digne ; le Bocche del Rodano
e. Marsiglia; il Varo e. Brignoles. — Corsica il Gaio e. Bastia; il Liamone e. Ajaccio.
l 17 dipartimenti confermati nel trattato di Luneville erano : nel contado Venesino,
unito nel 1791, il dipartimento di Vulchiusa e. Avignon. — Savoja e territorio di Gi-
304 GEOGRAFIA — EPOCA DECIMOTTaVA
nevra il Lemano e. Ginevra; il Monbianco e. Chambery. — Contea di Nizza col princi-
pato di Monaco, uniti nel 1793, le Alpi marittime e. Nizza. — Paesi Bassi Austriaci o
Belgio la Lys, formata della Fiandra occidentale, e. Bruges; la Schelda o Fiandra orien-
tale, e. Gand 5 Jemmapes e. Mons; Sambre et Mense e. Namur; le Foreste e. Luxemburg;
ì'Ourthe e. Liège; la il/oso inferiore e. Maestricht; la Dyle e. Bruxelles -, le Due Néthes
e. Anversa. Alla sinistra del Reno la Sarre e. Treveri ; il Mont Tonnerre e. Magonza;
il dipartimento di Reno e Mosella e. Coblentz; il Roer e. Aquisgrana.
Dei 28 dipartimenti novamente conquistati, cinque erano nel Piemonte, riuniti il 1802,
cioè la Dora e. Ivrea; il Po e. Torino; la Stura e. Cuneo; Marengo e. Alessandria;
Sesia e. Vercelli. — Liguria, rìun'dk il 1S05, Montenotte e. Savona; Genova e. Genova;
gli Apennini e. Chiavari. Ducato di Parma, unito il 1808, il Taro e. Parma. — To-
scana, unita l'anno stesso, VArno e. Firenze; il Mediterraneo e. Livorno; VOmbrone
e. Siena. Nella parte sud-ovest degli Stati Romani, unita il 1809, il Tevere e. Roma; il
Trasimene e. Spoleto. — Olanda meridionale, al sud del Wahal, unita l'anno stesso, le
Bocche della Schelda e. Middelburg ; le Bocche del Reno e. La Aja. — Regno d'Olanda,
riunito il 1810, le Bocche della M osa e. Bois le-Duc; lo Zwtdersee e. Amsterdam ; VYssel
superiore e. Arnheira; le Bocche dell' Yssel e. Zwolle; la Frisia e. Leuwarden; VEms
occidentale e. Groninga; VEms orientale e. Aurik. — Hannover e Westfalia, uniti
il 1810, la Lippe e. Munster; VEms superiore e. Osnabruck; le Bocche del Weser
e. Brema; le Bocche dell' Elba e. Amburgo. — TaZese unito il 1810, il Sempione e. Sion.
B. Il Regno d' /< a/» a abbracciava la parte settentrionale e l'orientale della peni-
sola dall'Alpi al Tronto, diviso in 24 dipartimenti, e in 6 divisioni militari. La divi-
sione di Milano comprendeva i dipartimenti ùtW Agogna e. Novara, dell'O/ona e. Mi-
lano, del Lario e. Como, dell'adda e. Sondrio. Quella di Brescia quattro, àtW Alto
Adige e. Trento, del Serio e. Bergamo, del Mella e. Brescia, dell'^/<o Po e. Cremona.
— Di Mantova aveva i dipartimenti del Mincio e. Mantova, dell'Adige e. Verona, del
Basso Po e. Ferrara. — Di Venezia sei, della Brenta e. Padova; à^W Adriatico e. Ve-
nezia, del Tagliamento e. Treviso, del Passeriano e. Udine, della Piave e. Belluno, del
Bacchiglione e. Vicenza. — Di Bologna quattro, del Crostolo e. Reggio, del Panaro
e. Modena, del Reno e. Bologna, del Rubicone e. Forlì. — D'Ancona tre, del Metauro
e. Ancona, del Musone e Macerata, del Tronto e. Fermo.
Erano rimaste indipendenti la repubblica di San Marino e il principato di Lucca,
dato con Piombino, Massa e Carrara ai Baciocchi.
Alleati dell'Impero erano:
1. La repubblica Elvetica di venti Cantoni.
2. La confederazione Renana, che comprendeva trentaquattro Stati, di cui i princi-
pali erano i regni di Baviera, WUrtembery, Sassonia, Westfalia; i granducati di Baden,
Berg, Assia- Darmstadt e Franco forte.
3. 11 regno di Napoli, in mezzo al quale erano i nuovi principati francesi di Bene-
vento e Pontecorvo.
4. Le Provincie illiriche.
§2.
Il trattato di Vienna (1815) diede all'Europa l'assetto, che poi conservò fin quando
nel 1848 furono rimessi in quistione i destini europei, i confini dei popoli, le naziona-
lità, sicché tutto è ora incerto e indeterminato.
Divideremo l'Europa in meridionale, media e settentrionale. Questa divisione, come
tutte le puramente artifiziali, è tutt'altro che esatta, e, per esempio, si troverà nella
settentrionale la Russia, che si stende fin al mezzodì; nella media 1' Hannover e il Me-
cklemburg, che è più settentrionale di Londra ; e così via. Pare tra le varie divisioni
adottate questa ci parve meglio opportuna all'intento storico dell'opera nostra.
PENISOLA IBERICA 303
EUROPA MERIDIONALE.
Penìsola iberica.
È fra il 36" e il 44o di latitudine, il 1" orientale e il 12° occidentale di longitudine;
lunga 580 miglia, larga 502; cinta dal mare fuorché al nord-est, i Pirenei la separano
dalla Francia. Comprende la Spagna, il Portogallo, la repubblica d'Andorra, e Gibilterra
posseduta dagl'Inglesi,
A. La Spagna ha confini naturali da tre parti; all'occidente tocca il Portogallo,
a guisa di piramide dal mare elevasi verso il centro fin 6U0 metri ; e il suolo ad ogni
piano ha natura differente. Alla base temperatura calda, inesauribile la terra, naviga-
bili i fiumi. Questi al primo scaglione sono rotti da scogliere, e le montagne ofCrono
un labirinto boscoso, opportunissimo alla difesa; poi s'inalza su su fin alla Maledetta,
a più di 3300 metri, con nevi perpetue, agli Alpuxarras e alla Sierra Nevada. Da questi
giganti diramansi molte sten*?, aperte con gole famose nella storia della difesa del paese.
Al centro stanno i parameras, pianure deserte e sabbiose, di clima aspro, donde le
acque scendono o spumeggiando fra le roccie, o riposando nelle huertas, fertili pianori.
Sifatta natura di suolo spiega la storia della penisola.
La razza celtica, venendo da occidente, toglie alla primitiva iberica il fertile bacino
del Duero, del lago, della Guadiana, spingendo gl'indigeni verso il centro montuoso.
1 Fenicj, giunti da mezzodì, occupano la costa, somigliante alle africane: ma le irru-
zioni di montanari gli obbligano a una lotta continua, prolungata sotto i Cartaginesi, i
Greci, i Romani. Quest'ultimi non si credettero padroni della penisola se non dopo la
presa di Kumanzia, che dava loro le sorgenti dei fiumi; pure scelsero per sede Toledo,
già centro della potenza fenicia, e poi de' Visigoti. 1 Mori si piantarono a Cordova, il
che ne limitava la dominazione, e rendeva impossibile l'unità. I Cristiani invece aveano
occupato le cime, inabitabili agli Africani; e padroni dei fiumi, ben presto scesero su
questi a Toledo, e via e via al resto della Spagna. Per dominare il centro si fabbricò
Madrid in un'alta solitudine: ma né poterono ottenere lo sbocco de' fiumi, cioè il Por-
togallo, né avere in piena obbedienza le forti città della costa; sicché la lotta nazionale
può dirsi non ancora terminata.
Oltre li milioni di Spagnuoli proprj, v'ha 800 mila Baschi in Navarra e Biscaglia.
Vuoisi che negli Alpuxarras vivano tuttora moltissime famiglie moresche, e nella Sierra
Morena colonie tedesche, piantate da Olavides nel 1767.
Sul primo piano delle montagne coltivansi il riso, il mais, gli olivi ; e sulle coste la
vite ed il grano, I piani sabbiosi della Casti^lia sono sferzati dal sole; come dal solano,
vento d'Africa, le coste meridionali. In Andalusia prosperano il banano, la palma, il
cacto, lo zucchero, il caffè; a Granata e Valenza i gelsi ed il cotone; a Malaga, Cadice,
Murcia immense piantagioni di nopal resero indigena la cocciniglia; la cannamele ar-
ricchisce Malaga, Valenza, Granata; e dapertutto vigne, aranci, lauri, granati; né si ri-
chiedono che braccia per ottenere di nuovo le biade, che ne facevano il vanto sotto i
Romani. 11 miele di Cuenra è bianco ed aromatico; nel centro della penisola raccol-
gonsi ghiande dolci ; rinomate sono le vigne di Malaga, e gli aranci di Tarifa. Partico-
lari sono i cavalli andalusi, i bovi del Guadalquivir e i merini : di questi contansi og-
gidì da otto milioni stabili e cinque migranti, che in ottobre lasciano le alpi della
Vecchia Castiglia per andar a pascolare nei piani dell'Estremadura e nell'Andalusia a
mille e più per branco, con libertà di pascere dove passano, poi in maggio tornano per
la tosatura. Mesta chiamasi una società di proprietarj di bestiame, che sotto la condotta
di quindicimila pastori fa viaggiare merini, col diritto a pascolar sulle strade a 2} piedi
di larghezza, nei luoghi abitati tagliare un ramo d'ogni albero per far fuoco ecc. ; ha
tribunale speciale per le controversie fra pastori e proprietarj.
Negli Alpuxarras sono le maggiori miniere di piombo d'Europa; e dopo perdute le
colonie d'America, si tornò a cavare quelle d'oro e d'argento, ricchezza de' Cartaginesi
e de' Romani antichi. Han rinomanza le tele dell'Estremadura, i marocchini di Cordova,
CantO, Documenti. — Tomo I, Geografia politica, 20
306
GEOGRAFIA — EPOCA DECIMOTTAVA
le Stoffe di Granata, le sete di Valenza, di Murcia e della Catalogna, i pannilani di Bur-
gos e Barcellona, i merletti d'Almagro, il tabacco e le orerie di Siviglia. Catalogna è
importante per gli olj, i grani e le manifatture crescenti: Alicante ed Alcoy fioriscono
per cartiere e panni: Malaga primeggia per commercio di piombo, mercurio, saponi:
l'Andalusia abbonda di miniere di rame, ferro, piombo, mercurio, argento: la Galizia,
l'Asturia, la Biscaglia hanno letti di carbon fossile e di ferro: l'acciajo da antico lavo-
rasi nelle provincie basche. Rinomate sono le fiere di Cartagena; Siviglia è il centro del
gusto e delle arti.
Insomma il paese darebbe ogni ben di Dio se potesse alfine assodarsi nella libertà. La
peggior mancanza è quella di comunicazioni pronte e sicure; e il trasporto degli olj da
Malaga a Madrid costa sette volte più che da Malaga a Pietroburgo, cioè nel primo caso
52 centesimi per chilogramma, nel secondo appena 7 Va- Pochi canali, e solo per l'ir-
rigazione. Nel conto del commercio spagnuolo del '184.3, l'ultimo che si conosca, l'aspor-
tazione non dà che S milioni e mezzo in lane; 2 1/4 in seta tessuta; uno in tessuti di
lana, cotone, lino; 10 in minerale d'argento; 41/3 in piombo; 5 in frutte secche;
4 1/2 in cocciniglia e robia; poi olj, zafferano, sovero, limoni, aranci, grani, bestiame;
arrivando fra tutto a 55 milioni.
Il doblone di 8 scudi vale lire 81 51 ; la pistola 11. 21 ; la piastra 11. 5 40; 34 raara-
vedi fanno 50 cent, il piede è metri 0.282; la libbra, granirne 460; la lega comune,
metri 6680. La legge del 31 maggio 1847 fa unità il reale , del peso di 25 grani, e del
valore di 28 centesimi; 10 reali fanno mezza piastra.
Gravissimo è il debito pubblico, montando a 16,227,474 922 reali nel 1844; e nel
1857 era ridotto a 750 milioni, ma sottoponendosi all'annua gravezza di 22,657,214
reali ; oltre 700 milioni di debito lluttuante; talché il debito sommerebbe ancora a 4000
milioni di franchi, il bilancio del 1856 dà la rendita di 1,471,896,257 reali; ma tutto è
disordinato.
In istile di cancelleria quella penisola dividesi in paese della corona d'Aragona , e
della corona di Castiglia; militarmente in 12 capitanerie generali; e amministrativa-
mente, dopo il 1853, in 49 provincie, denominate dal loro capoluogo, eccetto la Na-
varra, l'Alava, la Biscaglia propria, e la Guipuscoa, che conservano questi nomi antichi,
e godevano grandi privilegj, pei quali a lungo combatterono. Eccole :
Antiche provincie
Nuova Castiglia .
. 1,233,587
Mancia . .
270,700.
Vecchia Castiglia
1 ,609,948
\
Nuove Provincie
Madrid
Toledo
Guadalajara
Cuen^a
Ciudad-real
Burgos
Logrogno
Santander
Soria
Segovia
Avila
Palencìa
Valladolid
ÌLeon
Za mora
Salamanca
Asturie [ Oviedo
i La Cotogna
Galizia l Lugo
1,776,879, ì Orense
( Pontevedra
10
Slip, in leghe qiiadr.
(la 20 al grado
257. 06
438.
444.
728.
666.
00
14
04
436
152.
162. 18
258.
224.
275.
217.
256.
593.
261.
386.
398.
257. 09
258.
194.
424, 47
Popolazione
nel maggio -1857.
483,795
3i0,635
242,171
243,200
277,788
347,693
183,203
232,523
178,615
162,082
187,156
205,660
255,116
354,295
262,451
280,722
555,215
573,114
4i6,801
406,994
464,969
PENISOLA IBEnir.A
:^n7
Estremadura . , . . |
707,115. I
Andalusia. .
2,927, 3o7.
TVIurcia . .
582,087.
Valenza . . .
1 ,246,383.
Aragona J
8,806,473. j
Catalogna )
1,652,291.
Provincie Basche o \
Vascongadi . . . . <
710,892. )
Badajoz 5593.
Caceres 607. 08
Siviglia 378. 02
Cadice 236. 18
Iluelva 277.
Cordova 420. 10
Jaen 430.
Granata 283.
Almeria 275. 08
Malaga 2.'i5,
Murcia 423.
AllìQcete 529.
Valenza 346.
Alicante 213.
Castiglion del Piano 241.
Saragozza 536.
Iluesca 538. 08
Teruel 434.
Barcellona 252.
Tarragona 205.
Lerida 386.
Gerona ' 190.
Navarra 337. 18
Biscagiia (Bilbao) 95, 10
Guipuscoa 51. 10
Alava (Vittoria) 110.
Isole Baleari .
— Canarie
Totale del continente .
Totale delle isole
15,670.
76
82.
69
151.
56
234.
23
2,309.
188,
73
6,
75
810.
Capitaneria generale di Cuba 2,309
— — di Portorico . . .
Le Vergini spagnuole
San Domingo
Totale dell'America. . . 3,314. 50
Asia e Terre australi. Capitaneria generale
delle Filippine 2,507.
Africa 24. 50
Totale della popolazione in Europa circa 17 milioni,
— — nelle colonie 3
427,032
313,912
501 ,030
397,701
184,110
362,538
301,190
461 ,240
326,040
471 ,554
387,377
211,402
622,677
392,990
312,748
397,366
270,157
230,616
750,804
339,012
316,868
328,736
308,622
160,470
164,991
100,750
15,807,753 (1)
266,952
227,146
494,098
1,449,462
380,000
2,600
200,000
2,032,062
2,679,300
17,071
Madrid capitale ha 300 mila abitanti; Barcellona 232 mila; Siviglia 152 mila; ma
tutti i computi statistici sono stranauiente variati da anno ad anno, e da libro a libro*
Fatto è che la fertile Spagna conta 50 abitanti per chilometro appena.
Essa ebbe già un dominio più esteso che la moderna Russia, che l'antica Roma o
la Macedonia, cioè su quasi 24 milioni di chilometri di superficie, che è un quinto
del mondo conosciuto allora. Adesso , perduta la maggior parte delle sue possessioni,
le restano in Africa le Canarie, le isole della Guinea e i Presidj, le fortezze della costa
di Marocco fra cui Ceuta; nelle Anlilie Portorico, Cuba la maggiore e una delle più fer-
tili e meglio situate; nell'Oceania gli arcipelaghi delle Marianne e delle Filippine, parte
(I ) A BÌDìstra ponemmo le eifre complessive deU'iàUimo cmsìracnto.
308 GEOGRAFIA — EPOCA DECIMOTTAVA
dell'isola di Mindanao e di quella di Palmcaìi, formanti la capitaneria generale delle
Filippine, dov'è Lmson o Manilia, la città piij grande dell'Oceania (1).
B, Monarchia portoghese. Nel 1801 gli Spagnuoli tolsero al Portogallo la città
d'Olivenza, in modo che laGuadiana restò confine dei due regni, e la conservarono nei
trattati del 1813: ai Portoghesi rimasero sulla sua sinistra Mourao e Serpa. Dal 1835
il Portogallo è diviso nelle 6 provincie di Minho, Tras-os-montes, Beira, Estremadura,
Alem-Tfjo, Algarve^ che formano 17 distretti civili, aventi la superficie di 91,000 chi-
lometri quadrati, e 3,560,000 abitanti.
Giusta una relazione del conte di Tojal, tant'era difficile l'esazione, che nel 1845
restavano d'arretrato 15 milioni di franchi. Egli stesso per quell'anno valutava le spese
25 milioni, e l'entrata 11 milioni di franchi; onde enorme il disyuaglio. Il debito con-
solidato calcolavasi allora a circa 33,000 milioni di reis l'interiore, e 48,000 milioni
l'esteriore; oltre 10,175 milioni di debito non consolidato. 11 conto del 1802-67 mette
d'entrata circa 14 milioni di milreis, cioè 100 milioni di franchi ; ma il disavanzo va
sempre crescendo: il debito sale a 131,247 milioni di reis, e nel 1852 si fece la ridu-
zione forzata degl'interessi del 5 al 3 f/^.
L'antica moneta d'oro era il doblone di lire 169. 23 5 il nieda-douro di 11. 34; la
meja-doubra di II. 45. 27: la vecchia crusada valea 11. 3. 30; la nuova 11. 2. 90. 11
contos fa un milione di reis: il millereis è qualcosa più di 7 franchi, il piede è di me-
tri 0,328; la lega marina di metri 5555.
Nel bacino della Guadiana inferiore provasi un calore equatoriale, solo temperato dai
venti di mare. Dolce è la temperatura sulle alture, e così nel bacino del Tago; e sulla
montagna di Souza raccolgonsi il ghiaccio e la neve pel consumo di Lisbona. Da otto-
bre a gennajo dominano le pioggie; in luglio e agosto calori stemperati, ma fresche
notti. La fertile riva della Guadiana inferiore è capace d'eccellente coltura, e così la
valle del Tago; ma giaciono quasi spopolate. La vigna è preziosa, e dà i vini di Porto,
i moscati di Setubal , i bianchi degli Algarvi, i rossi di Lisbona. Bella è la razza dei ca-
valli, d'origine araba; eccellenti i muli. Vuoisi che Giovanni de Castro nel 1520 por-
tasse il primo arancio in Portogallo, donde col nome di portogalli si diffusero al-
l'Europa.
Lisbona ha 250 mila anime; provò quindici tremuoti, e quello dell'Ognissanti nel
1755 abbattè seimila case, uccise trentamila persone; il suo porto è de' migliori del
mondo, e l'acqua vi giunge per un stupendo acquedotto lungo 2000 metri. Oporto, se-
conda città del regno, ha 90 mila abitanti. ACoimbra è l'università, e vi sedettero molti
re. I primi, come pure gli antichi proconsoli romani, e i re alani, vandali, visigoti,
arabi sedevano a Evora.
Perdute le colonie, cessò il traffico che rendeva importantissima Lisbona: pure il
paese va emancipandosi dal despotismo mercantile dell'Inghilterra. Biechissima è la
fiera di Viseu, e quella di vini a Peso da Begoa : da Villareal asportasi per milioni in
vino, e da Setubal in aranci , oltre il sale e le concie. Né vi mancano miniere. Il pro-
getto di render navigabile il Tago da Lisbona a Toledo fu studiato fin dal tempo di Fi-
lippo II, e potrebbe mutar faccia alla penisola.
Bestano al Portogallo in Africa le Azzore f2i0 mila abitanti), e il gruppo di Madera
(107 mila) e di Capoverde (85 mila) ; inoltre alcuni stabilimenti nella Senegambia, al-
cune isole nel golfo di Guinea, la capitaneria generale à' Angola e di Congo^ e il go-
verno di Mozambiche (268 mila) che comprende tutta la costa dell'Africa orientale dalla
baja di Lagna al capo Delgado, colla sovranità su la più parte dell'antico Mononiotapa:
in tutto un milione d'abitanti. In Asia, il viceregno dell'India, costituito di ViUanova
sull'isoletta di Goa ; Damaor e Dm nel Guzerate, città famose ora perite: 582 mila
anime; Macao nella Cina. Nell'Oceania, parte dell'isola di Timor che è il possesso più
rilevante, e le due isolette di Sabrao e Solor: 380 mila anime. Le colonie sui lidi d'A-
frica non erano che stazioni sulla strada verso l'Asia. Nulla conserva nell'America, ove
avea fondato l'impero più ricco del mondo. Le colonie dell'Africa orientale e dell'lndo-
Cina sono passive : utili soltanto quelle dell'Africa occidentale, e i pochi avanzi di Goa,
Diu, Daman.
(\) Della forza militare di questo e degli altri Stati parliamo nei Documenti sulla Guerra.
ITALIA 309
C. La Repubblica d' Andorra è una valle de' Pirenei , con trentarjuattro vil-
laggi, di cui principale Andorra, sotto la protezione della Francia e del vescovo d'Urgel,
cbe vi nominano ciascuno un dei giudici. Jo mila abitanti.
D. Gibilterra non ha d'importante che la posizione. 16 mila abitanti.
g 3. — Italia.
L'Italia di cui abbiani dato la descrizione geografica a pag. 190, ha da ventotto mi-
lioni d'abitanti, tutti cattolici e parlanti italiano, salvo pochissimi comuni albanesi, te-
deschi, valdesi. Eppure fu sempre divisa fra molti Stati; grande varietà nell'unità in-
distruttibile. Eccone il prospetto negli ultimi tempi del vecchio assetto.
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3J0 GEOGRAFU — EPOCA DECIMOTTAVA
A. Il Regno di Sardegna comprendea l'isola di Sardegna e i dorainj di Terra-
ferma. La maggior larghezza della Sardegna è di miglia geogr. 77 ijo, è la maggior
lunghezza di miglia 144 1|4, formando un circuito di miglia 800: dei dominj in Ter-
raferma la larghezza maggiore è miglia 148, la lunghezza 176.
Lo statuto monarchico-rappresentativo, fu sanzionalo da re Carlo Alherto il 4 marzo
1848.
Lo Stato era distribuito in 14 divisioni amministrative, di cui 3 in Sardegna: ciascuna
amministrata e governata da un intendente generale, assistito da un consiglio consultivo
e contenzioso 5 e suddivisa in provincie, rette da un intendente. Eccone i nomi : l'' di-
visione di Torino, provincie: Torino, Pinerolo, Susa. — 2* di Genova, prov. Genova,
Chiavari, Novi, Levante. — 3^ di Ciamherì, prov. Ciamberì, Alta Savoja, Moriana, Ta-
rantasia. — A^ di Alessandria, prov. Alessandria, Asti, Voghera, Tortona, Bobbio. —
5* di Cuneo, prov. Cuneo, Saluzzo, Mondovi, Alba. — 6=* di Nizza, [)rov. Nizza marit-
tima, Oneglia, Sanremo. — 7* di Novara, prov. Novara, Lomellina, Ossola, Pallanza,
Valsesia. — B^" d'Annecij, prov. Genevese, Chiablese, Fossignì. — 9* d'Ivrea, prov. Ivrea,
Aosta. — 10" di Savona, prov. Savona, Acqui, Albenga. — 11^ di Vercelli, prov. Ver-
celli, Casale, Biella. — 12" di Cagliari, prov. Cagliari, Iglesias, Isili, Oristano. — 13" di
Sassari, prov. Sassari, Alghero, Ozieri, Tempio. — 14'' di Nuoro, prov. Nuoro, Cu-
glieri, Lanusei.
Ogni provincia comprendeva un determinato numero di Comuni, che sono 2711 in
Terraferma, 388 nell'isola di Sardegna. A capo del Comune sta un sindaco, ufficiale go-
vernativo e amministratore del Comune. Un consiglio generale elettivo delibera sugli
interessi comunali; ed è rappresentato in sua vacanza da una giunta. Un consiglio pro-
vinciale ed un altro divisionale sono pur chiamati a discutere sovra le esigenze di
ciascuna provincia e di ciascuna divisione, deliberare il suo bilancio, vederne i conti.
Per l'amministrazione della giustizia civile e criminale ordinaria, lo Stato era ripar-
tito in sei distretti (Torino, Genova, Ciamberì, Nizza marittima. Casale, Cagliari), in
ognuno dei quali sedeva una Corte d'appello, sotto cui esercitavano le funzioni giudi-
ziarie in prima instanza i tribunali provinciali, e subordinatamente a questi i giudici
mandamentali, incaricati di conciliare 0 decidere le contestazioni piìi ovvie. In alcuni
distretti esisteano speciali tribunali di commercio: dove questi non sono, ne fanno le
veci i tribunali provinciali. Suprema direttrice della disciplina giudiziaria e custode
della legalità sedeva in Torino la Corte di cassazione. Il contenzioso amministrativo avea
giudici speciali nei Consigli d'intendenza generale, e in grado d'appello nella regia Ca-
mera dei conti. La giustizia militare esercitavasi dai Consigli di guerra e dall'Uditorato
generale.
Torino, capitale del regno, nel 1838 numerava 117 mila abitanti; nel 18i8, 136 mila,
nel 1837, 170; oggi Genova contava 120 mila anime; oggi
Dal 1848 al 58 si contrassero debiti per 571,152,133, portanti l'interesse di
25,837,339; sicché il debito era di 720,600,000 lire, pel cui servizio si stabilirono 40
milioni e mezzo.
Pesi e misure legali sono i metrici. La ferrovia tra Genova e la capitale, lunga 166
chilometri, costò al governo 142 milioni di franchi. Un'altra per la Francia penetrerù,
presso Susa, nelle viscere del Moncenisio per 13chilom. Più altre se ne apersero 0 sono
in progetto.
La Sardegna aveva 2 milioni di abitanti sotto la dominazione romana; ma a poco a
poco decrebbe fino ad 800 mila; ed ora non ne ha più di 574 mila. Il terreno coltivabile
si eleva a più di due milioni di ettari. I Romani la chiamavano il granajo ji Homa e le
raccolte ne erano talmente abbondanti, che vennero fatti costruire espresso magazzini
per accoglierle; e il prezzo talmente basso, che le derrate erano vendute pel valor delle
spese e del trasporto.
All'esposizione internazionale di Londra del 1862, nella categoria cereali, la provin-
cia di Cagliari ha fornito essa sola 79 espositori, cifra fuori di proporzione con quelle
delle altre provincie del regno. Nella categoria mineralogica e metallurgica, ha esposto
molto più di (|ualunque altra provincia d'Italia. 1 progressi che sarà per farvi l'agri-
coltura prolitteranno non solo all'isola, ma a tutta l'Italia.
B. Nella divisione di Nizza era chiuso il principato indipendente di Monaco, che,
ITALIA 3H
prima della Rivoluzione, stava sotto la protezione del re di Francia, e poi dei re di Sar-
degna, il quale avea diritto di tenervi una guarnigione. 11 principe risiede a Parigi.
Sono 7600 gli abitanti. Mentone e Hoccabruna, che ne formavano parte, nel 1848 vol-
lero aggregarsi al regno sardo, poi passarono alla Francia.
C. Il Regno Lombardo Veneto era formato degli antichi Stati di Milano e Man-
tova, di Venezia colla sua Terraferma, della Valtellina, già spettante ai Grigioni. Occu-
pava la superficie di miglia geografiche quadrate 13,182, divisa in due. Stati, lombardo
(3,000,000 abitanti), e veneto (2,500,000); e. Milano (170 mila) e Venezia (106 mila).
Il primo era suddiviso nelle 9 provincie di Milano, Pavia, Lodi, Bergamo, Brescia ,
Mantova, Cremona, Como, Sondrio: il secondo nelle 8 di Venezia, Padova, Verona, Vi-
cenza, Rovigo, Belluno, Udine, Treviso. Paese ubertoso in generale, avvivato da molti
fiumi, e arricchito dall'industria deiruomo, che condusse canali irrigui, e fecondò le
lande e gli scopeti ; strade ferrate uniscono Milano e Venezia fra loro e con Mantova,
col lago di Como, col Tirolo, colla Germania, col Piemonte e colla media Italia.
D. Il Ducato di Parma e Piacenza, indipendente, abbracciava gli Stati an-
tichi di Parma, Piacenza, Guastalla; diviso ne' 5 distretti di Parma, Piacenza, Borgo-
sandonnino , Valdilaro , Lunigiana. Il debito pubblico nel 184o era di 4,700,000, nel
1858 di 12 milioni.
Fu dato a vita alla moglie di Napoleone; morta lei (1847) vi sottentrò il duca di
Lucca, cedendo a Modena il ducato di Guastalla e i distretti sulla diritta dell'Enza, ri-
cevendo in compenso i distretti di Villafranca, Treschietto, Castevoli, Molazza da Mo-
dena, e dalla Toscana i distretti di Pontremoli, Bagnone, Filatierra, Groppoli, Lusuoli.
E. Il Ducato di Modena, indipendente, formato dagli antichi dominj di Modena,
Reggio, Mirandola, Massa e Carrara, principati di Carpi, Correggio e Novellara, e della
signoria di Garfagnana. Si divideva nelle 6 provincie di Modena, Reggio, Garfagnana ,
Massa e Carrara, Guastalla, Frignano. Estensione miglia geogr. quadr. 1670; popola-
zione 60i,510, di cui 450,000 rurale.
Nel 1847, pel patto che or ora si disse, Modena perde i distretti sunnominati, in com-
penso ricevendo Fivizzano, Guastalla e i distretti sulla diritta dell'Enza. Il conto si bi-
lanciava sugli 8 milioni e mezzo di franchi. Paese ubertosissimo in frumento e grani
diversi, olio d'ulivo, uva, filugelli.
F. La Repubblica di San Marino (superfìcie di 16 miglia geogr. quadr.) fra le
legazioni pontifizie di Pesaro, Urbino, Forlì, sul monte Titano elevato 270 metri sopra
il mare, e di sette piccoli colli che il circondano. È divisa in 8 parrochie, sei dipen-
denti dal vescovo di Montefeltro, due da quello di Rimini. L'estimo è di scudi 112,737:
e la tassa prediale, il testatico, le privative costituiscono la rendita di 6000 scudi: metà
tanti sono la spesa fissa della repubblica. Non ha debito pubblico.
Il potere sovrano risiede in un generale Consiglio principe di 20 nobili, 20 cittadini,
20 possidenti di campagna, maggiori dei 25 anni, nominati a vita dal Consiglio stesso.
In seno a questo formasi il Consiglietto di 12, che ogni anno si rinnova per due terzi,
ed è corpo intermedio fra il Consiglio generale e i due capitani reggenti, scelti uno fra'
cittadini, uno fra' villici, per sei mesi, cominciando al 1^ aprile e al i° ottobre. Nel
1848 si riformò affatto democraticamente.
San Marino, in vetta al Titano, è cinta di vecchie mura e torri , con belle chiese e
teatro. Il Borgo, posto alle falde, è l'emporio dello Stato. A circa 3 miglia presso i con-
fini trovansi i castelli di Serravalle, Mongiardino, Faetano.
G. Granducato di Toscana, indipendente. Il congresso di Vienna del 1815 vi
unì lo Stato dei Presidj e la porzione d'isola d'Elba che dipendevano dal Napoletano;
il principato di Piombino, venduto a prezzo dal principe Ludovisi Boncompagni ; e gli
antichi feudi imperiali di Vernio, Montauto, Monte Santamaria. Nel 1847 vi fu aggre-
gato il Ducato di Lucca, esteso miglia geogr. quadr. 328, con 160,000 abitanti.
Allora lo Stato fu diviso nelle prefetture di Firenze, Lucca, Pisa, Siena, Arezzo f
Grosseto, e i governi di Livorno e dell'isola d'Elba. Il conto del 1858 batte sui 38 mi-
lioni di lire. La marina avea 184 legni a vele quadrate, 779 a vele latine, 959 ba-
stimenti.
Capitale Firenze, con 103,000 abitanti. Le gallerie, ricchissime di capidarte, attirano
molti forestieri. Vi si parla la miglior lingua d'Italia. In tutto lo Stato, la popolazione
312 GEOGRAFIA — EPOCA DECIMOTTAVA
nel 1820 era di 1,172,542, nel 1831, di 4,363,705, nel 18ol di 1,761,140. Un terzo del
paese è maremme; il resto floridissimo. A Volterra son le cave d'alabastro e del sale per
quasi tutta Toscana, e i lagoni del borace.
H. Stato della Chiesa è l'antico dominio papale, eccettuati Avignone tenuto
dalla Francia, e alcune porzioni del Ferrarese, tolte dall'Austria. La superficie totale è di
12,120 miglia geogr. quadr., ossia 41,162,652 tavole censuarie, ognuna delle quali equi-
vale a 100 metri quadrati.
Dal 1824 fu diviso in 21 Provincie : 1 comarca di /?oma,.2 legazione di Velletri ,
5 delegazioni di Prosinone, 4 di Benevento, 5 di Civitavecchia, 6 di Viterbo, 7 di Rieti,
8 di Spoleto. Più liete per situazione, fertilità, industria sono le delegazioni di 9 Orvieto,
10 Perugia, Il Camerino, i 2 Macerata, ìò Fermo, 14 Ascoli, 15 commissariato di Lo-
reto, 16 delegazione di Ancona, 17 legazioni di Urbino e Pesaro, 18 di Forlì, 19 di lla-
venna, 20 di Bologna, 21 di Ferrara. Nel 1850 fu diviso, almeno per decreto, in 4 le-
gazioni: Bologna eoa Ferrara, Forlì, Ravenna; Urbino con Pesaro, Macerata, Ancona,
Fermo, Ascoli, Camerino; Perugia con Spoleto e Rieti; Velletri con Frosinone e Bene-
vento. Quest'ultimo e Pontecorvo erano chiusi nel regno di Napoli.
Governo monarchico-costituzionale, unico d'Europa elettivo.
A Roma si contano 11 biblioteche; 99 istituti di beneficenza, cioè 20 ospedali, e 79
pie associazioni; 71 stabilimenti d'istruzione, oltre le grandi, anzi uniche raccolte di
libri, d'oggetti d'arte, d'antichità. Lo scudo equivale a franchi 5, 40, ed è diviso in 10
paoli, ed ogni paolo in 10 bajocchi.
Una statistica generale fu ordinata nel 1852 e pubblicata; la Rivinta del Nigrisoh
tende a mostrare in incremento anche le industrie; a Viterbo si fabbrica il vitriolo
tanto apprezzato, e ferri agricoli; Spoleto è ricco di pastorizia, mandorle, ghiande; a
Prosinone si han selve bellissime, da cui molta scorza per concerie ; agrumi, fichi, pi-
stacchi, carrubi, castagni e cristalli ad Ascoli ; a Fermo, pelli e crivelli da grano; car-
tiere a Fabriano; rìcino a Forlì; majoliche a Faenza: rinomatissima è la pineta di Ra-
venna: il Bolognese dava 25 milioni in canape, oltre i corami, l'aceto, la carta, le acque
odorose.
1. Il Regno delle Due Sicilie era cinto da tre mari, in cui sboccano fiumi
di piccol corso.
Divideasi in dominj di qua dal Faro e di là dal Faro, e in 22 provincie. Di qua erano :
1 Primo Abruzzo ulteriore; 2 Secondo Abruzzo ulteriore; 5 Abruzzo citeriore; 4 Mo-
lise; 5 Terra di Lavoro, dove Caserta, stupenda residenza reale, e AJontecassino dal ce-
lebre convento, culla de' Benedettini ; 6 Napoli, colla più grande città d'Italia, in vista
del Vesuvio, e per situazione non comparabile che a Costantinopoli; 7 Principato ulte-
riore; 8 Principato citeriore, con Salerno; 9 Capitanata, con Foggia; 10 Terra di Bari,
ove il porto di Bari sull'Adriatico fa molto commercio ; 1 1 Terra d'Otranto, e. Lecce, ove
Brindisi ha perduto affatlo la sua importanza; 12 Basilicata, la più povera provincia del
regno; 13 Calabria citeriore, e. Cosenza; 14 Seconda Calabria ulteriore; 15 Prima Ca-
labria ulteriore, con Reggio sullo stretto di Messina. Di là dal Faro le provincie son no-
minate dal capoluogo : 16 Palermo va crescendo di commercio; 17 Messina sullo stretto;
18 Catania a pie dell'Etna; 19 Siracusa con piccol porto; 20 Caltanisetta; 21 Girgenti;
22 Trapani.
L'amministrazione comunale era composta da un decurione, un sindaco e due magi-
strati, eletti da ciascun Comune. Per le cause civili vi erano undici tribunali di prima
istanza, quattro Corti alte e la suprema a Napoli; per le criminali, quindici Corti alte.
Nel 1856 il conto bilanciavasi su 52 milioni di ducati, da fr. 4. 60: il debito in 159
milioni (li ducali.
Secondo il censimento del 18i9, la città di Napoli avea 410,499 abitanti, di cui
204,010 maschi, non contando i forestieri, la guarnigione e i carcerati; nacquero
14,667 persone, morirono 14,535, vi furono 2,757 matrimoni; allo stabilimento del-
l'Annunziata si ricevettero 2227 gettatelli.
Nel regno si contano da 89 mila Albanesi , discendenti da quelli che vi rifuggirono
quando la loro patria fu con(iuistata dai Turchi; e circa 18 mila Greci; dei quali una
colonia è pure stanziata nella Corsica , oltre quelli che servono nei porti di Venezia ,
Trieste e Livorno.
ITALIA 313
Fermiamoci particolarmente sulla Sicilia, il cui reddito netto ragguagliavasi a
75,000,000 di franchi. Or fa cinquant'anni il terreno apparteneva a circa 2000 fami-
glie; ma spezzati i grandi possessi, ora i proprietnrj son circa 20,000, e 1000 i pro-
prietarj di miniere. In questi cinquant'anni la popolazione crebbe di circa il 25 per
cento, e il valore della proprietà è raddoppiato. Il clero ridotto da 200,000 a 20,000
membri. La popolazione, sciolta dai vincoli feudali, comprende tre classi indipendenti,
proprietarj fondiarj, proprietarj delle miniere, e braccianti in generale.
11 cibo delle classi operaje consiste in rozzo pane di frumento, fave o cipolle, olio di
oliva; invece di carne, di prezzo assai caro, si fa grandissimo consumo di pesce sa-
lato, e nelle città di maccheroni e formaggio. Il raccolto del grano ragguagliasi a più di
16,000,000 di moggia-, quello del vino a 200,000 botti, e quello dell'olio a 12,000 ton-
nellate. L'asportazione del solfo ascende a 150,000 tonnellate e cresce più sempre.
L'industria nazionale si sviluppò largamente con questa estrazione: la filatura e tes-
situra della seta e del cotone, la concia delle pelli e la fabbricazione del vino e dell'olio
fecero grandi progressi. Il commercio interno e col resto d'Italia va crescendo, e il com
mercio straniero ascende fra importazioni ed esportazioni a 150,000,000.
L'incremento della Sicilia non agguaglia però quello dell'alta e dell'Italia centrale,
pochi segni di benessere, quali sarebbero nuovi edifizj, strade e giardini pubblici, veg-
gonsi nelle città, e nel contado poche strade nuove, ponti ed alberghi. La più parte dei
contadini, scarni e adusti, vegetano anzi che vivere. Lo stato sanitario delle città è de-
plorabile, e febbri maligne infuriano nella state e nell'autunno. La istruzione è scarsa.
L. Malta^ tolta all'ordine dei Giovanniti dalla Repubblica francese nel 1798, nella
pace rimase all'Inghilterra. Dividesi ne' 6 distretti della Valletta, della Città vecchia, di
SanV Antonio, di Zeitun, di Kurmi e di Gozzo. Ha 128,000 anime, la rendita di 2,474,000
franchi, la spesa di 2,220,000.
Le molte e belle fortificazioni, già munite di duemila bocche da fuoco, ora cadono la
più parte come inutili. 11 dialetto che vi si parla, appartiene alla lingua araba occiden-
tale, cioè all'africana, misto però con vocaboli delle tante genti colà stanziatesi, e mas-
sime di favella latina. La gente civile usa l'italiano.
M. Corsica, mucchio di erte montagne donde precipitano acque, che troppo sta-
gnano verso il lido, è isola importantissima per posizione, bei porti, produzioni natu-
rali. Forma un dipartimento della Francia. Ila l'estensione di 2624 miglia geogr. quad.
colle isole vicine. Nel 1811 contava da 174,000 abitanti; 240,183 nel 1856, Le copiose
sue produzioni trovano spaccio facile in Francia, e molti battelli a vapore la tengono
in comunicazione continua con Marsiglia. Capoluogo Bastìa (9531).
N. Il Canton Ticino, quinto in estensione fra i Cantoni svizzeri, e formante la
decimaquarta parte dell'intera Confederazione elvetica, ha la maggior lunghezza di mi-
glia geogr. 70 da Chiasso al confine di Uri poco oltre l'ospizio del San Gotardo , e la
superficie di circa 780 miglia geogr. quad.
È diviso in 8 distretti; e il governo, colla vicenda di sei anni, siede a Lugano, Bel-
linzona, Locamo. 115 mila sono gli abitanti, occupantisi del traffico, e gran parte
n'esce come muratori, capomastri, architetti. La costituzione fu riformata nel 1850 in
senso liberale, ma perdette gran parte dell'autocrazia dacché la Svizzera, nel 1848,
adottò la costituzione unitaria. Ha scarsissime finanze, e la sua entrata si valuta d'un
milione e mezzo di franchi.
Sorge al suo confine il San Gotardo, nodo delle catene principali d'Europa, donde nelle
varie inclinazioni scendono fiumi a tutti i mari, e dal suo vertice possono dominarsi
dodici laghi.
0. Spettano ai Grigioni la valle Bregaglia che sbocca a Chiavenna, la doppia
valle italiana Mesolcina e Calanca che riesce presso Bellinzona, e la valle di Poschiavo
che finisce a Tirano in Valtellina. Dipendono nell'ecclesiastico dal vescovo di Como, e
son composte di comunità, che potevano riguardarsi altrettante repubbliche, debol-
mente legate alle altre del Cantone, finché la nuova costituzione assodò il potere cen-
trale. Sono circa 12 mila gli abitanti italiani.
P. Il Tiralo italiano è la parte di qua del Brenner, fino al lago di Garda; col-
l'estensione di 13,505 chilom. e la popolazione italiana di 509,000, dove Trento, Ilo-
veredo, Bolzano.
314 CEOCRAFIA — EPOCA DECIMOTTAVA
Q. Nel Governo di Trieste e nel Regno illirico gran parte sono italiani; e
la sola popolazione italiana nel circolo di Gorizia somma a 9000; nella parte italiana
àdViUiria, della Croazia civile e dei Litorale ungarico, sulla superficie di miglia geogr.
quad. 2800, salea 481,000.
Gl'Italiani secondo la religione dividonsi così:
Cattolici : . , . 22,999,100
Unitarj nelle Due Sicilie 80,000
Greci scismatici nell'Italia austriaca. . . . 55,360
Greci uniti 60
Valdesi nel Regno sardo 32,000
Luterani e Calvinisti nell'Italia austriaca . . 630
Ebrei 46,600
La gerarchia cattolica conta, oltre il pontefice e 72 cardinali, 1 patriarca, 34 arcive-
scovi, 112 vescovi. In tutta Italia, da 55,000 individoi d'ambo i sessi appartengono
al clero regolare ; 96,000 al secolare.
Beata delle produzioni meglio confacenti alla vita, d'un clima per la più parte beni-
gno, e che vi trae molti forestieri, non meno che l'ammirazione de' suoi monumenti, da
un pezzo ha l'Italia perduto quel primato che nel commercio e nell'industria godette
nel medio evo. Hanno ancor nome le stoffe di seta e le paste di Napoli, i velluti di To-
rino, i fiori e i canditi di Genova, le trecce di paglia e i profumi di Firenze, le antica-
glie di Roma.... I porti di Genova, Venezia, Trieste, Livorno si fanno sempre più attivi,
e potranno avere suprema importanza se il commercio riprenda le vie antiche per
l'India.
Ricchissimo è il regno botanico , come può raccogliersi nella Flora italica del Ber-
toloni (Bologna 1855 e seg.), e variato quanto il paese stesso, che ha clima meridionale
a Nizza e in Sicilia, nevi eterne sulle Alpi, in ogni parte vulcani e solfatare ancora
attive 0 spente, e un infinito corteggio d'isolette e di promontorj. Le miniere d'oro
e d'argento poco rendono; più quelle di ferro, massime all'Elba. Corallo si pesca
sulle coste della Sardegna, ove pure il tonno e le sardine. Allume cavasi allaTolfa
presso Corueto, e borace nei lagoni di Volterra. Presso questa città son ricche cave di
alabastri; di marmo bianco a Carrara ed a Seravezza. Napoli e la Sicilia provedono di
solfo il mondo, come di pomice le isole di Lipari. Cercasi daperlutto il carbon fossile ,
finora con poco successo.
Dopo il 1859 s'è formato il regno d'Italia con
1. Gli antichi Stati del regno di Sardegna.
2. La maggior parte della Lombardia, ceduta dall'Austria alla Francia e da questa
donata al Piemonte nel trattato di Villafranca 11 luglio 1859 e nella pace di Zurigo 10
novembre 1839.
3. I ducati di Parma e Modena e la Romagna, uniti il 15 aprile 1860.
4. II Granducato di Toscana, unito il 22 marzo 1860.
5. Le Marche, l'Umbria, il regno delle Due Sicilie, uniti il 17 dicembre 1860.
Copre la superficie di 4564 miglia quad. con quasi 22 milioni d'abitanti.
Perdette la Savoja e Nizza pel trattato 24 marzo 18G0. Ecco il prospetto delle Pro-
vincie.
Antiche provincie e Lombardia.
Prov. d'Alessandria . . abit. 637,629
Bergamo 346,550
Brescia 476,515
Cagliari 563,212
Como 454,651
Cremona 554,760
Cuneo 607,111
Genova 643,380
Milano 910,711
Porto Maurizio . . . 121,020
Novara. . . . abit. 573,392
Pavia 41 0,1 -56
Sassari 209,903
Sondrio 105,922
Torino, 924,562
Emilia.
Prov. di Bologna 385,799
Ferrara 194,160
Forlì 218,433
Massa e Carrara . . . 147,838
ITALIA
315
Modena.
Parma .
Piacenza
Ravenna
Re ss io .
abit.
Marche.
Prov. d'Ancona. , . .
Ascoli . . . .
Macerata . . .
Pesaro e Urbino .
Umbria.
Toscana.
2GS,803
2rJ8,502
210,933
200,018
230,246
2S6,231
202,398
239,4M
20i,039
491 ,745
Prov. d'Arezzo . . .
Firenze. . .
Grosseto , .
Livorno ed Elba
Lucca . . .
Pisa. . . .
Siena . . .
Napolitaìio.
Prov. dell'Abruzzo Citeriore.
223,826
705,127
86,972
113,520
26 i, 478
237,664
193,243
539,148
Prov
dell'Abruzzo Uller.I abit.
240,965
Ulteriore 11 .
339,519
Basilicata . . . .
521,189
lìenevento . . . .
240,771
Calabria Citra . . .
479,933
Ultra F . .
336,023
Ultra li . .
408,287
Capitanata . . . .
311,734
Molise
376,466
Napoli
877,120
Principato Citeriore .
583,317
Ulteriore .
388,311
Terra di Bari ...
574,600
Terra di Lavoro . .
681,709
Terra d'Otranto . .
447,712
Sicilia.
Prov. di Caltanisetta
Catania. .
Girgenti .
Messina
Noto . .
Palermo .
Trapani .
192,481
426,072
263,641
393,744
263,205
560,554
216,228
Restano ancor fuori del regno le seguenti parti d'Italia: il regno Lombardo-Veneto
con 2,500,000 abitanti, e colle provincie di IJelluno , Mantova, Padova, Rovigo, Tre-
viso, Udine, Venezia, Verona, Vicenza :
Lo Stato pontilìcio, con 700,000 abitanti sopra 230 miglia quad., colle legazioni di
Roma e Comarca, Campania e Marittima, e le delegazioni di Civitavecchia, Frosinone,
Viterbo :
Inoltre, le repubbliche di San Marino e del Canton Ticino, indipendenti; il litorale
di Trieste, il Trentino, la Dalmazia, formanti parte dell'impero austriaco, la Corsica
dipendente dalla Francia, Malta e Gozzo dipendenti dall'Inghilterra.
Roma nel 1862 contava anime 197,000; di cui 29 cardinali; 35 vescovi; 1529 preti e
cherici; 339 seminaristi ; 2509 religiosi; 2051 religiose; 2036 allievi di collegi o conser-
vatorj; 2128 membri d'istituti di carità ; 41,087 famiglie; 41,087 uomini; 96,152 donne;
30,363 conjugati; 4094 vedovi; 9342 vedove; 4895 militari; 152 detenuti; 361 etero-
dossi ; 4486 ebrei.
Il regno d'Italia essendo ancora in istato di formazione, mal possono calcolarsi i suoi
mezzi e le forze. Il debito cresce in proporzioni spaventose; ma stabilito l'ordine, e ces-
sata la dura necessità di comprarsi amici e trucidare avversarj potranno spiegarsi gran-
dissimi mezzi.
Nel 1861 vi erano queste università:
Bologna con scolari 454
Modena 439
Napoli 9000
Pavia 1353
Pisa 653
Palermo 603
Torino 1291
Parma 321
Genova 290
Altre a Cagliari, Camerino, Catania, Ferrara, Macerata, Messina, Milano, Perugia,
Sassari, Siena, Urbino; in tutto circa 1600 studenti.
316 GEOGRAFIA — EPOCA DECIMOTTAVA
$4. — Repubblica delle Isole jonìche.
Le principali stanno nel marJonio, eccetto Cerigo; e formano tre gruppi : nel setten-
trionale Corfù, Paxò, colle minori Ahtipaxo e Fano; nel medio Santa Maura, Teaki,
Cefalonia e Zante, con molti isolotti:, nel meridionale Cerigo con piìi isole. Ognuna
delle sette forma una provincia distinta. Capitale di tutte è Corfù, una delle piazze più
forti d'Europa, e di vivo commercio.
miglia geogr. quad. abitanti nel 18b6
Corfù 1 60 52,009
Paxò 20 5,338
Santa Maura 120 15,743
Teak! (//aco) 30 7,111
Cefalonia 225 62,665
Zante 120 23,127
Cerigo 80 11,868
È repubblica aristocratica, e il lord alto commissario inglese vi ha autorità mag-
giore che non il governatore in molte colonie inglesi. Il senato è composto di cinque
membri e un presidente, nominato dal re d'Inghilterra; dura cinque anni, nomina i
funzionar] civili e militari per tre anni. L'assemblea legislativa è di quaranta membri,
undici de' quali sono scelti dal lord commissario, gli altri dal corpo elettorale di cia-
scun'isola a proporzione di popolazione-, dura cinque anni, nei quali si unisce tre volte ;
fa le leggi, che però devono aver la sanzione del senato e del lord commissario, a cui
spetta il veto.
L'entrata dello Stato nel 1856 valutossi a 42,216 lire sterline, e la spesa 33,715.
§ 5. — Regno greco.
La penisola al sud della catena delle Alpi orientali apparteneva alla Turchia, con
parte della valle del Danubio e quella del Pruth. Nel 1833 vi si costituì il Regno
greco, che abbraccia l'estremità meridionale della penisola con parte delle isole.
Questo regno è creazione della diplomazia, onde non ha né confini naturali, né istitu-
zioni sue proprie; gli mancano le provincie più popolose, cioè l'Epiro, la Tessaglia, la
Macedonia; le isole più fertili e belle, Candia, Scio, Mitilene, Samo, Samotracia, Lemno,
Ipsara, Metelino (Lesbo), Imbro, Tenedo, Icaria, Rodi: insomma sono staccati tre mi-
lioni di fratelli, che nel 1840, poi nel 54 a fatica furono impediti di riunirsi per for-
mare un impero greco, di cui fosse capitale Atene, mentre un impero slavo avrebbe
capo Belgrado.
Della precedente barbarie la Grecia serba le traccie nella mancanza d'agricoltura,
d'industria, fin di piante: l'indipendenza le sarà ristoro quanto più acquisti verità.
Rinomate però sono le greggie della Livadia, che viaggiano a branchi come quelle di
Spagna. Di olivi è coperta tutta l'Attica, e quelli di Lepanto danno il miglior olio. Pa-
trasso, Cefalonia, Itaca, Zante sono i soli luoghi che diano le uve di Corinto. Tutte le
isole abbondano di frutti, vigne, gelsi. Presso lo scoglio di Stampalia si raccolgono le
spugne da abili urinatori. Napoli di Malvasia dà il vino che porta questo nome.
Il regno era diviso in 10 nómi e 40 eptarchie; cioè tre nomi nell'Eliade (Livadia):
1. Attica e Deozia con Atene, capitale del regno ; 2. Locride e Focide con Salona presso
al Parnaso; 3. Acarnania ed Elolia con Vrakhori, Lepanto e Missolungi. Cin()iie nel
Peloponneso (Morea), cioè: 4. Argolide con Nauplia che fu per alcun tempo capitale
del paese, Argo e Corinto disastrate nell'ultima guerra; 5. Laconia con Mistra ; 6. Mes-
senia con Navarino, Modonc e Corone, situazioni forti; 7, Arcadia con Tripolizza;
8. Acaja ed Elide con Pirgos e Patrasso. Nelle isole i nómi di 9. Euhea o Aegroponte
con Calcide; 10. Cicladi, di cui capo è Sira, che fiorì durante la sollevazione in grazia
della neutralità.
IMPERO OTTOMANO 317
Ebbe poi nuova partizione in 2i governi e 7 sottogoverni, cioè: I. Morea, parlila noi
tredici governi d 'Argoli de (/Vau/)//a), Acaja, Corinto, {Sidone}^ (Patrasso), Kinete (Cala-
vrita}^ Elide (Pirgos), Trifilia (Ciparissa) , Messenia (Calamata), Mantinea (Tripolizza),
Gortinia [Carilena), Lacedemone (Sparla), Laconia o Maina (AriopoH), Elolia (Mis-
solungi), Idra (Idra). II. Eliade, ne' tì governi di Acarnania fytm/?/oc/i2on), Euritania (Oj-
chalia) Focide (Anifìssa), Ftiotide (Lamia), Attica (Atene), Beozia (Libadia). III. Isole,
cioè Eul)ea (Ca/cjd(?), Tinos e Andros (nnos), Sira(/sVmopo/i),Nassoe Paro (iVasso), Tera.
Ora dividesi nelle prefetture di Attica e Beozia e. Atene; Eubea e. Calcide ; Ftiotide
e Focide e. Lamia ; Acarnania ed Etolia e. Missolungi ; Argolide e Corintio e. Nauplia;
Acaja ed Elide e. Patrasso; Arcadia e Tripoli ; Messenia e. Calamoe; Laconia e. Sparta;
Cicladi e. Sira. Fu stabilito a 10 il numero delle diocesi, e la suprema autorità eccle-
siastica è in mani d'un sinodo permanente di cinque membri, scelti annualmente dal re.
Secondo la- costituzione del 18 i-i, il re dev'essere della religione nazionale.
Superficie del regno, la più parte montuosa, 50,000 chilom. quad.; 612 mila uomini
vi abitavano nel 1852, appena finita la guerra dell'indipendenza, i quali in vent'anni
crebbero fino a 1,002,012, e nel 1855 sommarono a 1,043,153. Sette decimi circa sono
di stirpe greca; il resto Arnauti (280,000j ed Armeni (20 in 50 mila), con pochi Ebrei.
Atene, capitale, numera 32,000 anime.
Francia, Gran Bretagna e Russia si resero garanti (7 maggio 1852} d'un prestito di
60 milioni di Francbi. Il totale dell'enirata si calcola a 22 milioni di dracme da fr. 0. 89;
e il debito nel 1838 ammontava a 112 milioni.
Un rapido accrescimento ebbe la marineria mercantile dei Greci, a considerare il nu-
mero e la capacità delle navi; le quali nel 1821 non erano piij di 400, nel 1838 già
sommavano a 3,345, capaci di 89,642 tonnellate, e nel 1856 erano 5,052 e potevano
portare 295 mila tonnellate. Nel 1802 la Grecia sollevossi e cacciò il suo re, talcbè la
sua sorte rimane indecisa, e spera unirsi alle Isole Ioniche, fatte indipendenti (\).
§6. — Impero ottomano.
Blanqui, nella tornata lo aprile 1843, all'Accademia delle scienze morali e politiche
di Parigi diceva: « La Turchia è pochissimo conosciuta; né meraviglia. Da poco si
« può scorrerla impunemente ; i sultani stessi non ne furono sempre padroni. Le mi-
« gliori carte levatene, russe, austriache, francesi, riboccano d'errori incredibili, e ser-
« vono più a far smarrire che a ravviare; fiumi vi sono presi per città, città per mon-
0 lagne; vi s'indicano centinaja di villaggi che non esistono, e se n'omettono migliaja
« di esistenti. Nella Mesia antica e nella Tracia v'ha delle valli meno esplorate che non
« certi territori americani all'occidente degli Allegani ».
L'impero turco è situato fra il 13" e 27° 30' di longitudine orientale, e fra il 37" 30'
e 48» 30' di latitudine, avendo l'estensione di 3,450 chilometri dall'estremità N. E. fin
alla S, E. Ne furono staccate varie provincie, e nominatamente la Grecia divenula in-
dipendente; {'Algeria, conquistata dai Francesi ; i principati di Servia, Moldavia e Va-
lachia, non più che vassalli: molte altre dipendono solo di nome.
Il paese è diviso in Ejalati soUo governatori delti Vali ; e suddivisi io livas o provincie
sotto Kaimakauii o vice governatori: le livas si dividono in cazas (distretti) e questi in
7ìahiges.
Al principio del secolo davangli da 52 milioni d'abitanti; di cui 17 cristiani; la Tur-
chia d'Asia credevano più popolata ; ma son valutazioni erronee. Ritiensi che la popo-
lazione odierna ascenda a 35,560,000 anime, come segue: 1° Turchia europea, com-
presevi Servia, Moldavia e Valachia ; che contano circa cinque milioni di abitanti,
anime 15,500,000; 2° Turcbia asiatica 16,050,000; 5° Possedimenti nominali dell'Africa
5,800,000. Ma i sudditi immediati della Sublime Porta non sono propriamente che
27,150,000, di quattordici ceppi o stipiti etnografici; cioè, Ottomani 12,^00,000; Greci
2,000,000; Armeni 2,400,000; Ebrei 150,000; Slavi 6,000,000; Rumeni 4,000,000;
(<) Vedi Beitrage zur physikalischen Geographie von Griechenland , bey J. F. Julius Schmidt. Atene
4861.
318 GEOCnAFlA — EPOCA DECÌMOTTAVA
Albanesi 1,500,000; Tartari 16,000; Arabi 4,700,000; Sirie Caldei 233,000; Drusi
30,000 ; Curdi 1,000,000; Turcomanni 85,000; Zingani 214,000.
Altre statistiche danno : Possedimenti d'Africa . . . 5,050,000
» d'Asia .... 16,050,000
» d'Europa . . . 15,500,000
36,600,000
Nel 1860 la popolazione era classificata, secondo i culti musulmani (in Europa)
4,550,000; (in Asia) 12,650,000; in tutto 21 milioni, compreso l'Egitto; greci ed
armeni in Europa 10,000,000, in Asia 3,000,000; in tutto 15 milioni; cattolici in Eu-
ropa 6i0,000;in Asia 260,000; io tutto 900 mila, di cui 64.0,000 cattolici romani pro-
priamente detti, tutti nella Turchia europea; 25 mila greci uniti ; 75 mila armeni uniti;
20 mila siri e caldei uniti ; 140 mila maroniti ; ebrei in Europa 70,000 ; in Asia 80,000;
in tutto 150 mila. Nella Turchia europea gli abitanti appartengono a sette stipiti, e sono :
Vindogerììianico, pelasgico, slavo, semitico, turco, magiaro, armeno. Traggono origine
dalla famiglia indogermanica i Zingani, sparsi per tutto l'Oriente, e che formano nella
Moldo-Valachia una vera nazione : nella Servia e nella Turchia propria sonvene altri
200 mila, in parte nomadi, ed in parte esercenti un mestiere in parecchi villaggi ed an-
che in appositi quartieri fuori delle porte delle città. Appartengono alla razza pelasgica
o greco-romana, nella Turchia europea, 1° Greci, sparsi su tutto il litorale dell'Arcipe-
lago, del mar di Marmara e del mar Nero, dal golfo di Lamia o Zituni nella Tessaglia
fino alle porte di Varna, avendo centro nella penisola calcidica o Negroponte. Appel-
lansi da sé Romani o Romei ; parlano la lingua romaica, ossia il greco moderno, me-
scolato di vocaboli turcheschi ed italici, mentre il greco classico, detto apio-ellenico ,
s'insegna nelle scuole e scrivesi più che non si parli. 2" Skipetari (Arnauti od Albanesi)
discendenti dagli antichi Albani, una delle tribù dell'Illirico; chiamati Arnauti, dal bi-
santino Ap/3avtToi, corruzione di Albani, mentre chiamansi da sé Skipetari o montanari.
La loro lingua è un miscuglio di greco e latino , innestato sulla primitiva delle tribù
illiriche. 5» Rumeni, Rumuni o Valachi, discendenti delle colonie romane piantate da
Trajano e dai successivi imperatori nella Dacia, odierna Moldo-Valachia , parlanti una
lingua affine alla latina ed alla italiana. Se ne contano 7,600,000 compresi quelli
della Bulgaria. 4" Zingari o Vlachi ed anche Macedo-Vlachi , sparsi per tutta l'Al-
bania inferiore, la Tessaglia, Macedonia occidentale e Grecia continentale. Parlano un
idioma intelligibile ai Moldo-Valachi, ma con parecchi vocaboli turchi, greci, gotici, ecc.
Sono di razza slava nella Turchia europea: 1° Serbi o Serviani propriamente detti,
che ricuperarono la loro autonomia sotto Cara Giorgio e Milos al principio del secolo,
e contano circa 885 mila anime. Vi si aggiungono i Bosniaci, i Rasciani dell'antico
regno di Rascia, odierno Novi Pazar;gli Erzegovini ed i Montenegrini; in tutto 1,600,000
anime; 2" Bulgari di origine ugrica, misti cogli Slavi da tempi remoti, ed oggi stan-
ziati in un territorio circoscritto dal Danubio, dal Timok e da una linea che passa per
le città di Nis, Prisrend, Ocrida, Castoria, Nausta, Salonicchio, Andrinopoli e Sizeboli,
il mar Nero, Burgas Slivnè e Rasgrad. 3" Russi, stabiliti nella Bessarabia, Moldavia e
Dobrugia, detti Mali-Russi ossia Piccoli Russi. 4" Polacchi, colonia di 70 famiglie, fon-
data da circa sei anni all'imboccatura della Salamvria da Bescid-pascià, che ne trasse
il nucleo dall'antica legione polacca, adoperata dal governo turco nella guerra del 1854.
Sono di razza semitica: 1' GìiArabi unica colonia della Turchia europea a Docusagaz
0 Nove Alberi presso Bazargik, e provenienti dalla Siria. 2° Gli Ebrei, sparpagliati per
tutta la Turchia, e specialmente nei principati danubiani, e formanti maggioranza in
Agiut nella Moldavia, in Fili|)popoli, e precipuamente in Salonicchio, dove formano una
colonia importantissima della dei Mamini, convertiti esteriormente all'islam, ma in
uggia alla popolazione musulmana, che ha coi medesimi poche relazioni.
Appartengono alla razza turca: 1" Gli Osmanli, figli e discendenti di Osman figlio
d'ErtogruI, che nel 1299, allo spegnersi dei Selgiucidi, s'impadronì di alcune fortezze,
e diventò capo di uno Stato che rapido crebbe; al pari dei Turchi, Mongoli e Manciù
sono della razza ugro-altaica. Occupano tutta la catena centrale degli antichi monti Ro-
dopei, continuazione dell'Emo, odierno Balcan, ma scompajono fra i Greci, mano mano
che si avvicinano a Costanlinoi)oli, nei cui dintorni e sulle due rive del Bosforo sona
IMPERO OTTOMANO 519
scarsi. 2" I Jurulci, ossia Turcomanni puro sangue, in Europa non formano che alcuni
gruppi sparsi nella Tracia, e vagano por gli altipiani del Balcan, da cui scendono nel
verno nei loro villaggi. Hanno vanto di moralità e di tran(|uillo vivere , ad onta della
loro barbarie, 3" l Tartari, denominazione impropria dei Turchi della Dobrugia, che
sono veramente Turchi Nogai, successori degli antichi Scili e nella Scizia propria ed in
cotesta penisola della Dobrugia, dove continuano imperturbati anche dopo che i Rumeni
ed i Russi fondarono colonie tra il Danubio ed il Dnieper, e separarono così i Nogai
della Crimea dai loro fratelli della Dobrugia. Distinguonsi dagli Osmanli pel tipo asia-
tico fedelmente conservato; sono. da 3U mila pastori o agricoltori, sotto di un can ere-
ditario, residente a Cetal-Orman e soggetto alla Sublime Porta. 1 Magiari stanno nei
principati Danubiani. Quelli della Moldavia, numerosissimi tra i Carpazj ed il fiume
Seret con alcuni villaggi al di là di questo, sono propriamente Sederi, antichi Siculi
discendenti da coloni che vi si stabilirono fin da quando i re d'Ungheria possedevano
la Moldavia fino al Raman e Bakeu. Contansene 44,116, che conservano un bel tipo
europeo; perdono poco a poco le fogge nazionali , più difficilmente la lingua, ch'è un
magiaro un pò barbaresco, e mai la cattolica religione. Maometto II in Costantinopoli
nel 1453 introdusse le prime colonie armene nel quartiere di Calata e nelle adjacenze,
invitandovi l'arcivescovo armeno di Brussa , e creandolo patriarca. Sono oggidì nella
Turchia europea circa 400 mila.
L'entrata della Turchia si stima approssimativamente a 162 in 179 milioni di fr., di
cui la metà appena va al tesoro; la spesa legale sarebbe da 180 a 200 milioni ; e non
ebbe debito pubblico fino al 1854.
La piastra, che da principio valeva quanto gli scudi o i talleri, d'alterazione in al-
terazione più non ha oggidì che il valore fantastico di 27 centesimi, rappresentato da
grossissimi pezzi di rame: il governo si sta occupando di rifondere e sistemare la
moneta.
I. Le Provincie amministrate direttamente dal Sultano formano un
giro attorno a Costantinopoli, sin alla frontiera della Croazia austriaca; in Europa per
leghe 270, e fin al golfo Persico in Asia per 520.
A. Turchia europea. Le principali divisioni delle provincie d'Europasono: l.al
sud-est la Romelia, che abbraccia la Tessaglia, la Macedonia, la Tracia; 2. al nord-
est la Bulgaria fra il Danubio e il Balkan ; 5. all'ovest Y Albania, cioò Epiro, Acar-
nania, Etolia; V Erzegovina e la Bosnia.
Alle divisioni geografiche non corrispondono le politiche e amministrative. Secondo
le ultime, sono in Europa 24 pascialati o ejalati d'estensione disuguale, di confini va-
rianti, e con pascià di grado dilferente, e in qualche modo gerarchico. I visiri o lascia
da tre code , che ora hanno grado di generali di divisione, in alcuni punti estendono
l'autorità sopra quelli da due o da una coda, che han grado di generali di brigata e di
semplici generali. Sotto loro stanno gli ayan o musselim, corrispondenti ai viceprefetti,
che comandano territorj d'ampiezze varie. Grossi villaggi e fino grandi città sono sotto-
poste ad agà o spalli; e le piccole a subasci o malbasci. Alcune famiglie godono eredi-
tariamente le cariche di vaivodi o musselim; e qualche distretto ha particolari ammini-
strazioni, come Costantinopoli, Filippopoli, Pirot ; altri restano di fatto indipendenti,
come il Montenegro (123 mila abitanti), il paese de' Mirditi nell'Albania, l'armatolo
AeWOlimpo e quel di Lelovo.
Sono vantati i Turchi per la preparazione dell'essenza di rose e dello zalTerano, le
seterie, la tintura rossa, i velluti, i tappeti, le armi damascate e con ornamenti d'oro,
di madreperla, di pietre fine; benché ora scapitino per non aver adoitato i processi
europei. Sofia, Andrinopoli, Larissa fabbricano panni e seterie; Ambeliakia fili cerca-
tissimi ; Turnavos tessuti di seta; Bosnaserai armi; Mostar lame all'uso di Damasco;
Traconik lame di tempra squisita. Salonichi è la seconda città de'l'impero pel com-
mercio, e utilizza anche il famoso tabacco di Macedonia ; Rustcliuk è lo scalo del
commercio colla Germania; Seres, centro della coltura del cotone. Ferro misto traesi
dal Balkan, e principalmente presso Sofia; oro e argento da Ghiustendil, da Ochrida,
dalla Bosnia e dall'Albania, ma pocoson curati; presso Rimnik irovansi le maggiori mi-
niere di sai gemma. Lodati sono i cani molossi dell'Epiro, le api e i cavalli della Mol-
davia, le greggie delle valli del Danubio, le mandre e i fagiani di Tessaglia, i vini di
i
320 GEOGRAFIA — EPOCA DECIMOTTAVA
Tracia e della Servia, i frutti di Candia. Pochi altri paesi offrono tanta bellezza di si-
tuazioni : ma l'agricoltura vi è trascurata.
Costantinopoli (Stambiil) capitale, conserva ancora quell'importanza che la sua po-
sizione le dà. L'almanacco di Costantinopoli del 1849 dava a questa 787 mila abitanti ,
fra i quali 52 mila schiavi, 14 mila forestieri : i restanti sono 420 mila Turchi, e da 300
mila raja, cioè sudditi non musulmani; di questi ultimi, 131 mila sono armeni non
uniti, 15 mila armeni uniti, 130 mila greci, 24 mila ebrei. Ha più di mille scuole primarie
(mektebs), assaissimi coUegj (medresses), e cinquanta biblioteche, fra cui principale
quella del serraglio, ricca di manuscritti. La seconda città è Andrinopoli ; la più com-
merciante Tessalonica.
Spettano all'impero le isole di Lemno^ Tmbro, Tasso, Semendrachi, Candia. Gli scrit-
tori veneziani, al tempo ch'era al dominio della Serenissima, davano a Candia da b
a 600 mila abitanti; ora ne conta 155,000, di cui quattro quiuti di religione greca, il
resto maomettani e alquanti ebrei, oltre moltissim.i schiavi Negri.
Turchìa B. La Turchia asiatica è divisa in 20 bascialati o ejalati o beglerbegliki, suddi-
asiatica yjgj j^ 73 |jyr, Geograficamente abbraccia al nord-ovest V Anatolia 0 Asia Minore, coi
paesi di Rum e di Caramania, e coi bascialati di Kutaieh, Konieb (Caramania), Adana,
Marach, Sivas, Trebisonda; al nord-est V Armenia, coi bascialati di Erzerum, Kars e
Van ; e il Curdistan (Assiria) formante il bascialato di Cheerezour; e al sud di questo il
Geziré (Mesopotamia), e ['Irak-Arabi (Babilonia, Caldea) formanti i bascialati di Bacca,
Diarbekir, iMossul, Bagdad.
Poi dall'impero dipendono di solo nome il Curdistan, i bascialati ereditar] di fìidlis,
Van, MuG, Bajazid, Kars; tutta la costa del mar Nero fra Batum e Trebisonda; le mon-
tuose contrade degli Jezidi fra Nisibi e Mossul; molti distretti del Geziré e dell'lrak-
Arabi, popolati da Curdi ; gran parte del centro dell'Asia Minore, abitato da tribù vas-
salle dei Turcomani.
Brussa, nell'Anatolia a pie dell'Olimpo, è emporio del commercio che si dirige a
Costantinopoli. A Smirne danno ancora importanza le relazioni fra l'Asia e l'Europa,
l'ampiezza del porto, e le facili comunicazioni coll'Asia Minore, dove, pei piani delle
antiche provincie di Lidia e Cappadocìa, si ha facile accesso all'Eufrate. Appena le
mine attestano la grandezza delle grandi città di Nicea in Bitinia, Efeso, Sardi, Mileto,
Cizico, Troja, Focea, Pergamo, Nicomedia. Erzerum, in Armenia è munita contro la
Piussia e la Persia, e centro del commercio fra questa è la Turchia; Mossul perdette
le sue fabbriche di mossuline; Bagdad sulla sinistra del Tigri conserva molta gran-
dezza e 100 mila abitanti.
Spettano alla Turchia d'Asia le isole di Metelino, Cipro, Scio, Samo, Rodi: ma le tre
ultime hanno privilegj, che le rendono piuttosto vassalle.
La Siria, formante i bascialati di Damasco, Tripoli, Acri, Aleppo, è divisa tutt'al
lungo dalle due catene parallele del Libano e dell'Antilibano : ma le città fumose d'^ln-
tiochia, Laodicea, Apamea, Tiro, Sidone non sono meglio che villaggi, e i porti della
Fenicia giaciono interrati. A Damasco danno vita le carovane della Mecca; ad Aleppo
il traffico tra l'Europa e i paesi dell'Eufrate. Aleppo, che avea 230 mila abitanti, fu
pressoché distrutta dal tremuoto del 1822, pel quale pure rimase quasi abbandonata
Alessandretta, già viva di commercio.
Il paese è continuamente minacciato dai Turcomani nomadi del Diarbekir e della Ca-
ramania, al nord; al sud e all'est dai Beduini. Costretti alla lotta e a fortificarsi, for-
maronsi molte popolazioni robuste e reluttanti al dominio turco: quali gli A7isari (As-
sassini) fra Bairut e Tripoli ; i Drusi e i Maroniti sul Libano; i Metuali nelle valli di
Baldek. Nel 1844 conlavansi nel Libano 655 villaggi, con 153 mila Cristiani, 26,500
Drusi, 8775 Musulmani, 5400 Metuali, 290 ebrei.
Barbarla C. la kkìcdi h Reg genz a di Tripoli, fra Tunisi e l'Egitto, nel 1835 divenne
provincia dell'impero ottomano, formando un bascialato che racchiude la Tripolitana,
la Barca (Cirenaica), e la grande oasi del Fezzan. Ha buon porto, e traffica assai col-
l'Africa centrale.
La Reggenza di Tunisi fra Tripoli e l'Algeria, antico territorio di Cartagine, è il
più piccolo ed il più fertile Stato barbaresco. Capitale Tuìììsì (100 ni.), con buon porto.
Kairoan, decaduta dall'antica grandezza, conta ancora 40 mila anime.
IMPERO OTTOMANO 321
II. I tre Principati Danubiani :
La Servia, al sud del Danubio, separa la Turchia dall'Austria e dalla Valachia. È di- rrlncipaii
visa in il circoli, comandati da colonnelli e da tenenti; ha l'entrata di 1,340,000 tal- ••a""'''»'»'
Ieri di convenzione; ha la popolazione di quasi un milione. Città Kruschevacz capitale
(SO mila abitanti); Belgrado, forte al confluente del Danubio e della Sava, ove la Porta
ha diritto di guarnigione ; il principe ed il senato siedono a Semendria.
La Valachia, fra il Danubio e la Transilvania, in 18 distretti, ha capitale Bukarest
(100 mila) in piano pantanoso, e la superficie di 3820 leghe quad. La popolazione è di
rito greco.
La Moldavia fra la Transilvania, la Gallizia austriaca e il Pruth, colla superficie
di 1907 leghe quadr., ha capitale Jassy (S3 mila) poco lungi dalla frontiera russa, ed
è divisa in 13 distretti. Cresce il commercio di Galatz, portofranco sul Danubio; ma
un terzo del paese giace incolto. La popolazione è di rito greco. Un tempo vi era
unita la Bessarabia, che nel 1812, pel trattato di Bnkarest, fu incorporata all'impero
russo.
Si resero liberi coll'ajuto della Russia, riconoscendo d'un tributo la Porta, che dà
l'investitura al principe ereditario di Servia, e nominagli ospodari a vita della Valachia
e della Moldavia. L'Austria e la Porta vigilano perchè non vi preponderi la Russia,
locchè cagionò la sciagurata guerra di Crimea, e le contese non ancora finite per la
libertà delle foci del Danubio. Secondo il trattato di Parigi, 30 marzo 1856, e la con-
venzione 19 agosto 1858, la Valachia e Moldavia unite col titolo di Romania, avran un
principe proprio.
La popolazione si valuta per la Valachia di 2,400,000 abitanti, per la Moldavia
di 1,600,000 i più di culto greco.
III. Provincie amministrate dal vali d' Egitto (MissrJ. Egitto
Per un istante (1831) parve il bascià d'Egitto dovesse staccarsi affatto dalla Porta,
colla Siria, l'Arabia e l'isola di Creta. Ora tornò vassallo, ma ritenendo l'Egitto come
dominio ereditario, col titolo d'altezza e viceré, col tributo di 60,000 borse, e diviso in 7
intendenze (mudirlik), suddivise in molti dipartimenti (maimurlik), e questi in circoli
(nadirlik), colla superficie di 8372 miglia geogr. quad. È abitato da più di 5 milioni
di persone d'ogni razza e fede, Turchi, Arabi, Copti, Greci, Ebrei, Franchi; la cattiva
amministrazione li va decimando.
Nel Saia o Alto Egitto, ad Esnè convengono le carovane del Darfur e del Sennaar;
a Kéné quelle che vanno alla Mecca; a Siut quelle della Nubia e del Sudan. Al Vostani
0 Egitto Medio appartiene il Fajum, provincia nel deserto fertilizzata da un canale del
Nilo e dal lago Meride. Nel Bahari o Basso Egitto è il Cairo (260 mila), residenza or-
dinaria del bascià; e Alessandria (400 mila) centro del commercio dell'Europa con quel
paese.
V'appartengono i deserti, che si estendono da un lato sin alle frontiere della reg-
genza di Tripoli, dall'altro sino al mar Rosso, sulle cui rive sorgono le città or rovi-
nate di Suez e Cosseir.
Oggi più di tremila navi, da 1,300,000 tonnellate, vanno per le tempeste del capo di
Buona Speranza e pel capo Horn al Grande oceano; onde sarà incalcolabile l'im-
portanza di aprir loro l'istmo di Suez, che di 13,000 chilometri accorcerebbe il viaggio. Taglio
Ora bisogna sbarcare ad Alessandria; entrar nel Nilo pel canale di Mahmudiè di 80^eirisimo
chilometri, riaperto dal viceré; risalire il fiume sino al Cairo; poi traversare il deserto
per 125 chilometri, fino a Suez. Si apre una strada di ferro in quest'ultimo tratto: ma
supremo vantaggio sarebbe se le navi passassero dal Mediterraneo al mar Rosso senza
scaricarsi ; e per ciò bisognerebbe tagliarlo dritto nel punto ove l'istmo è più ristretto,
dal porto di Pelusio che l'arte perfezionata or saprebbe tenere aperto e netto, fin a
Suez, che sono 120 chilometri, 40 dei quali sono i Laghi Amari, e il suolo è affatto
piano: la supposta altezza di 8 metri, di cui credeasi il mar Rosso sovrastare al Medi-
terraneo, è smentita ; 30 in 40 milioni basterebbero alla spesa, della quale i diritti di
pedaggio risarcirebbero lautamente. È opera che sperasi compita nell'anno venturo.
Il viceré adoprò a sottomettere l'indocile Arabia, e potè la parte sottoposta dividere
in tre bascialati, che comprendono VEgiaz, al nord-ovest e V Yemen al sud-ovest, for-
manti da 5 a 600 leghe sul mar Rosso : ma i dominj si limitano alle coste. Ben s'in-
Cantù, Documenti, — Tomo I, Geografìa politica. 21
322
GEOGRAFIA
EPOCA DECIMOTTAVA
gegnò di spingersi traverso al Neged, patria del cavallo e del camello, fin al golfo Per-
sico ; e occupò da Medina a Derreyeh capitale de' Valiabiti orientali : ma la doniinaziune
non v'ebbe mai stabilità.
Per rendere l'Egitto indipendente gli era indispensabile la Siria, cbe sola potea dar-
gli una marina e legname e ferro: perduta quella (1841), l'Egitto rimane trastullo dei
più forti.
EUROPA MEDIA.
7. — Francia.
Ventitre anni d'immense guerre e conquiste lasciarono la Francia entro i confini stessi
del 1789, scemati delle fortezze di frontiera, Philippeville, Marienburg, Bouillon, Sar-
relouis, Landau, in cui compenso ebbe alcuni ritagli ai confini, e nell'interno Avignone
e il contado Venesino.
La Francia sta fra il 7" 9' occidentale e il 5" b6' orientale del meridiano di Parigi; e
il 42" 20' e il Sr 5' di latitudine. Sotto questo meridiano, ha la lunghezza di 220 leghe
da 25 al grado; e la larghezza, sotto il 5U° parallelo, di 510. Le coste svolgonsi per
leghe CI 3.
Secondo i documenti uffìziali del catasto pubblicati nel '1841, così .son divise le terre :
Tassabili, Campi coltivi ettari 25,559,132
Prati 4,834,621
Vigne 2,15i,822
Boschi 7,422,315
Orti, giardini, semenza] 643,699
Piantati a salici, alni, vimini 64,490
Scopeti e lande 7,799,672
Colture diverse 951,954
Stagni, beveratoi, canali d'irrigazione . . 209,431
Canali di navigazione 1,651
Superficie di fabbriche 241,842
In tutto 49,863,649
Non tassabili. Strade, vie, piazze ettari 1,215,015
Fiumi, laghi, ruscelli 458,165
Foreste, dominj non produttivi .... 1,203,900
Chiese, cimiteri, edifizj pubblici .... 17,848
In tutto 52,768,618
Le teste di proprietarj sono 10,896,682, suddivise in 123,360,338: tanto è sminuz-
zata la proprietà, che mezzo secolo fa restringevasi in qualche migliajo di feudatarj ,
abbati, vescovi, nobili! Appena lOOit pagano da 4 a 5(i00 franchi di contribuzione di-
retta; e più di 8 milioni da 1 a 20 franchi; 700,000 da 21 a 30 ; altrettanti da 51 a 50,
e 530 mila da 51 a 100.
Fondato il nuovo impero nel 2 dicembre 1852, più non v'ebbe rappresentanza o par-
lamento, ma un corpo legislativo consulente ed elettivo, e un Senato. E questa la do-
dicesima costituzione che ebbe la Francia in sessant'anni.
Dalla chiesa di Giostra Donna in Parigi partono 28 strade reali, che allungnnsi s'una
linea di 86:54 leghe; olire OriUU di strade dipartimentali, e 275,00(> di vicinali, che co-
stano all'erario da 50 milioni, senza per questo essere ben mantenute. Le ferrate vanno
crescendo a meraviglia.
Il governo di Luigi Filipjm, dal 1830 al 45, in lavori pubblici oltre gli ordinarj. spese
1614 milioni, di cui 253 in istrude, 223 in canali, 176 in porti, 152 attorno a fiumi. Il
governo di Napoleone III non rimane addietro. V'ha 101 canali, che si estendono leghe
FRANCIA 323
9i0; da aggiungere a 100 leghe di fiumi navigabili, resi ora meno importanti dalle
ferrovie.
La popolazione, che nel 1610 era di 16 milioni, nel 1791 di 26,363,074, nel 1856 fu
di 36,039,36i, di cui 17,870,169 maschi. Questi, dal 1831 , crel.hero di 165,210; le
femmine di 180,984. Ma in totalità, mentre dal 1836 al 41 era cresciuta di 690,000 abi-
tanti, e d;il 41 al 46 di 1,170,208, ne' cinque anni seguenti crebbe solo di 382 mila,
e negli altri cinque di 256 mila. Solo il dipartiniento della Senna , ove sta Parigi, dal
1836 al 51 crebbe di 315 mila abitanti , e ne' cinque anni successivi di 505 mila, pas-
sando ora un milione e mezzo.
Ecco un paragone dell'aumento della popolazione fra le due potenze rivali.
Inghilterra.
Popolazione del 1801 9,518,278
1811 11,071,226
1821 12,926,722
1831 14,904,359
1841 16,420,878
1851 19,074,658
1859 19,742,361
Onde dal principio del secolo la popolazione crebbe del 83 per cento, crescendo dal
12 al 16 per mille ogni anno.
Francia^ media per quinquennio.
1817-1821 29,982,833
1822-1826 30,940,917
1827-1831 31,994,591
1852-1836 33,058,067
1837-1841 33,885,544
1842-1846 34,815,969
1847-1851 35,592,463
1852-1856 35,911,267
1857-1861 36,376,265
Cioè crebbe di uno ogni 940 abitanti ; o di 34 per cento.
Nel 1862 la popolazione era di 37,500,000 ; e 5 milioni nell'Algeria. Secondo il culto
sarebbero (Block, Statist. de la France 1860):
in Francia nell'Algeria
Cattolici 35,7.34,667 185,100
Protestanti, cioè luterani nell'Alsazia, calvinisti nel
Poitou, nell'Aunis, nella Linguadoca, nel Delfi-
nato; qualche anabattista nei Vogesi, 74 m. ebrei 1,561,250 6,736
Israeliti 156,000 29,007
Maomettani « 2,778,281
Culti non riconosciuti 20,813 »
I,a divisione fondamentale è in 86 dipartimenti, compresa la Corsica ; ognuno con un
prefetto: suddivisi in 363 sottoprefetture o circoli (arrondissements)^ che formano 2847
cantoni, contenenti 36,835 Comuni. Magistrato del Comune è il maire, che dipende dal
sottoprefetto, e questo dal prefetto; tulli nominati dal ministro, che però deve scegliere
il maire fra i proposti dal Consiglio municipale.
Pel militare la Francia è in 21 divisioni; pel giudiziario in 27 Corti reali; per l'ec-
clesiastico in 14 arcivescovadi e 66 vescovadi, e la circoscrizione diocesana corrisponde
per lo più alla dipartimentale. A tutto ciò sono da aggiungere la Savoja e Nizzavchela
Francia si fé' cedere dall'Italia nel 1860.
Essendo di formazione diversa, i terreni di Francia danno ogni sorta di produzioni
minerali e vegetali: 303 cave di carbon fossile ne somministrano ogni anno 2,400,000
tonnellate ; ma non basta all'industria, perchè mancano buone strade da trasportarlo ove
ne è bisogno. Miniere di rame trovansi presso Lione, di piombo in Bretagna, di cao-
lino a Saint-Yrieix, di sale a Dieuze, d'ardesie a Mézières. Saint Malo, Dieppe , Bou-
logne, Calais fanno pesca attiva di sardine, ostriche, merluzzo, aringhe. Variatissima è
la coltivazione, e ricche la caccia e la pesca.
11 commercio e l'industria crebbero slerrainatamente nella pace; Parigi ha fabbriche
324 GE0CRAFI4 — EPOCA DECIMOTTAVA
d'Ogni sorta ; ivi i fappeti dei Gobelins e le porcellane di Sevres non hanno pari in Eu-
ropa; Lione fabbrica sete e drappi; Beauvais e Aubusson tappeti; Saint-Etienne armi,
come Charleviile, Kligenthal, Chatellerault, Langres; panni Elbeuf, Carcassona, Sedan,
Louviers; cristalli Baccarat e Creusot; specchi Cirey, Saint-Quirin, Saint-Gobain; carta
Annonay e Angouléme; velluti Araiens; merletti Valenciennes, Alencon, Mirecourt;
guanti Grenoble, Luneville, Niort; batiste Saint-Quintin. Inoltre si traffica delle sete
dell'Ardèche; dei saponi, vini, olj del mezzodì; dell'acquavite di Cognac; dei vini di
Champagne, Bordeaux, Borgogna; degli armenti di Normandia e delle Ardenne.
Il commercio generale del 1860 valutossi a 5800 milioni di franchi tra importazione
ed asportazione. Più di due terzi delle merci entrarono per mare sovra 1 1 ,646 navi fran-
cesi, non contando il contrabbando; e la marina mercantile possedea 14,922 navi di
996,124 tonnellate. Si valuta che il numerario circolante salga in tempi ordinar] a 2500
milioni, oltre 450 milioni in biglietti della banca di Francia; mentre in Inghilterra, con
un terzo meno di popolazione e ogni cosa più cara, circolano 800 milioni in contanti,
e 750 in biglietti di banche pubbliche.
Il conto preventivo del 1863 stima le spese in 2,060,613,362 , dei quali vanno per la
guerra 366,620,367. Il debito pubblico consolidato è di circa 8000 milioni ; 840 milioni
il debito ondeggiante. A proporzione del 2 per cento della popolazione, la Francia può
armare da 800,000 persone.
Parigi, che era chiamata oppidulum da Ammiano Marcellino ,
sotto Giulio Cesare avea l'estensione di . . . .ettari 15.28
Giuliano imperatore (375) 38. 78
Filippo Augusto (1211) 252. 85
Carlo VI (1383) 439.20
Enrico 111(1581) 483.60
Luigi XIII (1634) £67. 80
Luigi XIV (1686) 1103. 70
Luigi XV (1717) 1337.12
Luigi XVI (1788) 3570. 43
Ora ha la circonferenza di metri 24,890: arrivando sin alla cerchia fortificata, ha la su-
perficie di 257 milioni e mezzo di metri quadrati, di cui 1474 occupati dalle strade,
che sviluppansi per metri 384,665. Dalla barriera della Stella a quella di Picpus tira
metri 8400; da quella della Villetta a quella d'Inferno, metri 6000: attraversata dalla
Senna, su cui sono ventiquattro ponti. Di fuori molti sobborghi crescono in vere città,
sicché può credersi non andrà guari che sarà riempito di fabbricati tutto lo spazio cinto
dalle fortificazioni.
Su tanto spazio vivono oggidì 1,696,141 abitanti, di cui soli 28,000 non cattolici:
il clero secolare ha 882 preti, che attendono al servizio delle 49 parrochie ; 12 corpo-
razioni religiose d'uomini, 48 di donne, con 5400 monache, fra le quali 596 suore di
San Vincenzo di Paolo, dedite alla cura dei malati negli spedali e nelle case, e all'istru-
zione di 20 mila fanciulli. Questa popolazione era nel 1800 di 552,000; nel 1805 di
599,245; nel 1817 di 715,906; nel 1831 di 785,862; nel 1841 di 912,330; nel 1849 di
1,100,000.
Gli abitanti di Parigi pagano, per diversi titoli, ogni anno 136 milioni di contribu-
zione, asportano per 47 milioni di prodotti, ne spargono nelle provincie per 100 mi-
lioni. Alla cassa municipale nel 1857, entrarono 07,395,892 fr., cioè più che a molti
regni; ma ebbe più di 81 milioni di spese, fra cui 14 di debito.
Poche altre città di Francia corrispondono al lusso e all'incremento della capitale:
fra esse L/one (518 m.), al confluente di due grossi fiumi, dove 80 mila persone si oc-
cupano alle manifatture; Marsiglia (260 m.), con un porto capace di 1200 navi, scala
a tutto il Mediterraneo e al levante; Toulon (84 m.), una delle più belle rade d'Europa,
cresciuto assai pel commercio coU'Algeria; ^orc/eaux (162 m.) ha molte lande nel suo
territorio, però arricchito dalle vigne; Bouen (102 m.) è posto in dipartimento d'ogni
ricchezza, donde si hanno le principali asportazioni per l'America e le colonie, sicché
il solo Ilàvre riceve 300 navi, e la sua dogana preleva per 60 milioni.
In Asia non restava alla Francia che il governo di Potidichenj e qualche banco, con 220
mila abitanti : ora aggiunse 0 provincie della bassa Cocincina con due milioni d'abitanti.
MONARCHIA OLANDESE 325
Io Africa all'ovest nella Seticgambia il circolo di San Luigi, quel di Corea ^ e alcun
altro stabilimento, con 25 mila animo: all'oriente l'isola di Riunione, con 16 mila
- anime; e le isole di Nos-hch e Mayoita presso Madagascar, occupate dopo il 1840, con
22 mila anime; al nord l Algeria, conquistata nel iSóO.
In America sul continente, una parte della Gujana (22 m.); in mare la Martinica
(137 ni.), la Guadnlupa (139 m.), con Maria Galanta e varj isolotti; presso Terranova
la Grande e la Piccola Michelonc, e San Pietro (2200j, importanti per la pesca.
rsel Grande oceano, nel J8i2 la Francia occupò le isole Marchesi o arcipelago di Men-
dana, gruppo fra l'S" 48' e 10" 27' di latitudine sud, e il ÌU° 10' e 142' ^5' di longi-
tudine ovest, con 20 mila abitanti, belli, indolenti, sensuali, intrattabili : la principale
è Nukahiva. Possiede pure le isole della Società (9000), capitale Taiti, eia N. Caledonia
(60 ni,). Fra tutte le colonie, esclusa l'Algeria, ha 3 milioni d'anime.
$ S, — Monarchia olandese.
Prima del ISSO formava il regno dei Paesi Bassi; staccatone il Belgio, ora contiene
le antiche Provincie Unite (Olanda, Gueldria, Zelanda, Utrecht, Frisia, Òveryssel, Gro-
ninga), la provincia di Drenthe, i paesi della Generalità, la metà orientale del grandu-
cato di Luxemburg, e piccola parte del vescovado di Liegi. Tocca l'Hannover, le Pro-
vincie prussiane di Westfalia e del Reno, il Belgio e il mare del Nord ; e sta in
longitudine orientale da Parigi fra il \° e il 4" 48', e in latitudine fra il 50' 45' e il 53°
26'. Superficie o5,i57 chilom quad. Gli abitanti sono Olandesi, Frisoni, Tedeschi , Val-
loni, Fiamminghi; protestanti 2 milioni circa, luterani 66 mila, cattolici 1,220,000,
ebrei 64,000. 11 governo è costituzionale, modificato nell'ottobre 1848, ma assoluto
quanto alle colonie.
È divisa in undici provincie, cioè :
abitanti
nel -1849 nel •1861
Brabante settentrionale 392,265 411,946
Gueldria 568,855 410,464
Olanda meridionale 558,946 635,193
» settentrionale 463,760 534,119
Zelanda 155,271 170,131
Utrecht 151,324 163,333
Frisia 245,013 278,559
Òveryssel 212,707 ^40,209
Groninga 189,700 211,462
Drenthe 84,013 98,509
Limburg (ducato) 198,467 218,727
Oltre il granducato di Luxenburg. . . . 186,485 196,804
Quest'ultimo, appartenente alla Confederazione germanica, dipende dal solo re, e la
Prussia ha diritto di tenervi guarnigione.
Amsterdam capitale ha 248,000 abitanti ; 109,000 Botferdam, 81,000 la Haye.
Il paese è vera conquista dell'uomo sopra il mare, che non frenato lo invaderebbe.
Le città sono ben difese da paludi e canali , per cui mezzo si possono allagare i con-
torni. Facili i canali, come in terreno d'alluvione, così piano che le elevazioni maggiori
sono le dune: perciò ve n'ha tonti, quante strade. Quello del nord, che apre alle grandi
navigazioni anche il porto d'Amsterdam, fu finito dal 1819 al 25. La gigantesca opera-
zione d'asciugare il mare di Harlem, agevolò lo scavo de' fossili combustibili, e crebbe
il terreno coltivabile.
Hanno rinomanza i velluti d'Utrecht, le tele di Frisia, il tabacco di Texel, le carte di
Saardam, i fiori d'IIarlem, i nastri di Bois-le-Duc i panni di Tilburg, le porcellane del-
l'Aja. In Inghilterra va ingente quantità di robia; da Edam si asporta gran copia di for-
maggi, e da Hoorn burro salato. iMiniere non -re, ma eccellenti saline ad Haarlingen.
L'Olanda, sempre vissuta di traffico e manifatture, si logorò nelle lotte colla Francia
e riDghiUerra, poi nelle ultime vicende. Quando fu chiusa la Schelda nel 1648, Araster-
326 GEOGRAFIA — EPOCA DECÌMOTTAVA
darti restò la prima piazza commerciale del mondo, ed ora pure è importante; posta
sopra a 90 isole, unite da 290 ponti; 260 mila abitanti. Nelle cave del palazzo di città
vi stanno i fondi della ricchissima sua banca.
Gli Olandesi da un pezzo pescano la balena allo Spitzberg, e vuoisi che in cinquan-
t'anni ne prendessero 53 mila. Più produce la pesca delle aringhe, ch'essi primi sep-
pero insalare.
Secondo il conto del 1862, l'entrata è di 86 milioni di fiorini d'Olanda, il debito di
1029 milioni. L'antico fiorino vale fr. 2. 16, il nuovo 2. 13: il ryder è una moneta
d'oro di fr. 31. 55: il ducato d'Olanda vale f. 11. 91. Il miglio marittimo si agguaglia
a chilometri 5555; la lega olandese è poco più di 6 chilometri. Dopo il 1820 vi fu in-
trodotto il sistema metrico francese.
Delle estesissime possessioni restano all'Olanda tante da formar cinquanta volte la sua
ampiezza, cioè più di 1 ,670,000 chilom. quadr. : in Africa alcuni forti sulla Costa d'oro;
in America alcune Antilie, e sul continente laGujana olandese; nel Grande oceano Giava
e le isole vicine, parte di Sumatra e delle isole attorno, il governo di Macassar nelle
isole Celebi, parte di quella di Borneo, l'arcipelago delle Moluche; onde questo regno
è la potenza preponderante nell'Oceania, e la seconda di tutto il mondo per le colonie.
Essa pubblicò purdianzi una descrizione scientifica delle sue colonie, bellissima, e
che emenda gli errori e le inesattezze che in copia vi diffondeva il mistero in cui erano
tenute. Eccone la popolazione nel 1860.
Indie orientali.
Giava e Madura 12,718,717
Sumatra 1,079,7^3
Benkulen ■116,777
Lampongs 87, 8H
Palembang 480,225
Rhiau 24,850
Banca 51,601
Billiton - 13,172
Borneo costa occidentale 319,962
costa orientale e meridionale 553,343
Celebi 266,030
Moluche: Menado 176,308
Ternate 98,371
Aniboina 185,670
Banda 111,271
Timor 1,847,146
Bali e Lombok 32,170
In tutto, più di 18 milioni d'abitanti. Di questi, 221 mila sono cinesi: 44 mila sono
indiani non natii, 50 mila sono europei : il resto indigeni.
Indie occidentali.
Surinam . 53,017
Curassao,conAsuba,S. Martino, Bonaria, S. Eustachio, Saba 51,835
Nel 1863 entra in vigore la legge dell'emancipazione degli schiavi, ch'erano 11,300.
Gli abitanti sono 6000 protestanti, 22,500 cattolici, 2500 metodisti, 860 ebrei.
§ 9. — Regno del Belgio.
È formalo dagli antichi Paesi Bassi austriaci, stati uniti all'Impero francese sin al
1815, e all'Olanda sin al 1830, quando se ne staccarono violentemente e acquistarono
l'indipendenza, con incremento di prosperità interna, ma perdita di forze. Collocato
fra 0M5' e 5" 46' di longitudine orientale da Parigi, e 49° 27' e 51» 30' di latitudine ,
REGNO DEL BELGIO 327
il Belgio ha la sua maggior lunghezza al confÌDe di Francia , in leghe francesi 64. È
composto delle provincie di
superGcIe ettari abitanti
Anversa 283,310 452,814
Brabante 528,322 801,037
Fiandra occidentale 523,449 638,733
Fiandra orientale 299,787 799,511
Hainault 372,206 814,019
Liegi 289,319 530,598
Limhurg 241,315 195,319
I.uxenburg 441,704 202,080
Namur 306,181 298,056
Gii abitanti, la maggior parte fiamminghi, poi valloni e francesi, sono quasi tutti cat-
tolici. Molto si opera per introdurre come lingua nazionale il lìammingo , dialetto del
basso tedesco, che è parlato da due milioni e mezzo d'abitanti da Anversa a Limburg;
mentre un dialetto francese parlasi da un milione di Valloni. La costituzione somiglia
alla francese del 30, senza le restrizioni postevi dappoi, e conservata traverso alle ultime
rivoluzioni. È stabilita la neutralità perpetua.
Bruxelles capitale è in grande aumento, e al fine del 1861 conlava 178,000 abitanti.
Anversa (]\d in.) dovette il vantaggio d'un'immensa prosperità al poter le navi rimon-
tare la Schelda fin là, quando i trattati non gliel impedirono. Tale prosperità era stata
ristorata da iNapoleone-, masi essa, come Gand (120 m.}, Liegi (96 m.], Malines, Bruges
ed altre sono ancor lontane dal fiore che godeano prima di venire a Massimiliano
d'Austria.
Grandi manifatture di cotone hanno Gand e Tournay; Malines fabbrica i merletti,
Courtray le tele, Anversa velluti, rasi, damaschi, tessuti d'oro e di seta; la Fiandra oc-
cidentale dà il lino, e l'orientale i cavalli ; Bruxelles contraila i libri francesi. Il terri-
torio di Liegi è tutto sparso di manifatture. Bruges decadde, ma occupa da novemila
persone nei merletti. Di 1,500,000 ettari di terreni aratorj, 41 mila son messi a lino, e
ne danno 21 milioni di chilogr., di cui tre quarti vanno in Inghilterra.
Abbondano le ferrovie ed i canali. I tre grandi letti carboniferi di Liegi, Mons e Char-
leroi si utilizzano in proporzioni sempre magjiiori; e nel 1840 v'erano 497 stabilimenti
di carbon fossile, dove s occupavano 39,000 operai, producendone da 4 milioni di tour
nellate l'anno: diminuirono poi alquanto, ma nel 1843 vi lavoravano 57,503 operaj in
427 stabilimenti. iNel 1841 vi si calcolarono 1230 macchino a vapore, sommanti alla
forza di 30 mila cavalli, ossia di 2)0 mila operaj.
Nella separazione dall'Olanda, tutte le colonie rimasero a questa: ma il Belgio ne
piantò uilimaraente una a San Tommaso presso l'istmo di Panama.
Mentre nel 1831 aveva 5,78.t,H14 abitanti, al principio del 1857 ne contava 4,529,461
e al 51 dicembre I8i>l , 4,782,2dG su ettari 2,945,594; proporzione straordinaria , e
maggiore anche della Lombardia, facendo IGO persone per chilometro quadrato. Nel
1850 più di 90U mila erano iscritti come indigenti; e nelle Fiandre un quinto della po-
polazione riceve soccorsi pubblici, spendendovisi da 8 in 9 milioni l'anno.
Il totale delle entrate calcolasi pel 1862 a lire 153 milioni; v'è un fondo speciale di
9 milioni per strade ferrate, canali, legni a vapore. Ha un debito costituito di 700 mi-
lioni, dei quali 7,024,100 sono per compensi di perdite sofferte nella rivoluzione. Pesi,
misure, monete son le francesi.
^ 10. — Confederazione svizzera.
Abbraccia un paese montuoso, posto fra il 45" 50' e 47» 49' di latitudine , e fra il
3" 43' e 8' 5' di longitudine orientale, colla superficie di 40,000 chilometri, e 2,500,000
abitanti, di cui tredici ventesimi sono di razza tedesca, cinque di francese, due d'ita-
liana Moltissimi emigrano come snidati, facchini, servidori, iiierciajnoli.
Il governo era regolato dall'Atto federale 7 ag^^sto 1815, per cui i deputati dei venti-
due Cantoni sovrani confederati formavano una dieta per gli atfari generali, i trattati di
328 GEOGRAFIA — EPOCA DECIMOTTAVA
pace, di commercio, la nomina degli agenti diplomatici, i provedlmenti di polizia ge-
nerale ecc. Quand'essa non era unita, ne sostenea gli uffizj un Cantone direttore, che
era, colla vicenda di due anni, Zurigo, Berna, Lucerna.
Nell'interno ciascun Cantone resta sovrano. In Uri, Sch\vitz, Glaris, Zug, Appenzell ,
Unterwald tutti i cittadini, riuniti in assemblee generali, nominano i magistrati , e de-
liberano sugli interessi proprj. Ne' Grigioni il poter supremo risiede nella generalità
dei consigli e delle municipalità di tutti i Comuni. Negli altri Cantoni è esercitato da
un gran Consiglio; ma mentre a Friburgo, Berna, Soletta, Lucerna, Sciaffusa, Zurigo,
Basilea gran parte dei posti di questo Consiglio è assicurata ai cittadini delle capitali ,
invece Sangallo, Argovia, Turgovia, Ticino, Vaud, Ginevra, Valese ne lasciano nomi-
nare la più parte dal popolo. Neufchàtel era monarchia costituzionale fin al 1848, quando
si sottrasse alla Prussia.
Le modificazioni introdotte dopo il 1830 formarono in realtà ventisette Cantoni, divi-
dendosi Basilea in città e campagna; Appenzell in interiore ed esteriore, uno cattolico,
uno protestante; quel de' Grigioni nelle leghe Grigia, Cadea e delle Dieci giudicature;
Unterwald in alto e basso ; il Valese in alto che parla tedesco , e basso che parla fran-
cese, ma che ormai forma una democrazia federativa di 13 decurie. Altre varietà portò
la guerra civile del 18i7 e la susseguente nuova costituzione 12 settembre 1848, per cui
la forma democratica prevalse dapertutto. Questa costituzione dà maggiore unità al Corpo
elvetico, rafforzando il poter centrale, rendendo sovrana la dieta che radunasi sempre a
Berna (26,300 abitanti), in cui pure è stabilito il Consiglio nazionale, ove gli Stati man-
dano un deputato triennale ogoi due mila abitanti, il Consiglio federale di sette membri
o ministero, il Tribunal federale , e il Corpo diplomatico.
Ecco il quadro della Svizzera nel 1860.
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Lucerna
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609
Friburgo
29
105000
89970
15522
Soletta
13
70000
59624
9545
Basilea città
8
40000
9746
50515
Basilea campagna
51000
9751
41605
Sciaffusa
1 5
35000
2478
32950
Appenzell, Rhodes ester. . . .
7
48000
21831
46218
Appenzell, Rhodes Inter. . . .
12000
11884
113
Sangallo
36
180000
110731
09492
Grigioni
127
90000
39945
50760
Argovia
25
194000
88424
104107
Turgovia
18
90000
22019
67735
Ticino
50
117000
110233
93
Vaud
57
215000
12790
199452
Valese
94
91000
90088
693
Neufchàtel
14
87000
9234
77095
Ginevra
5
85000
42099
40069
In tutto miglia 759, o 40,750 chilòmetri.
CONFEDERAZIONE SVIZZERA 329
V'ha inoltre 4216 israeliti, e 5866 cristiani d'altre confessioni. Gli Eimatlosen o
senza patria, ch'erano circa 2200, scom|)ajono.
La Confederazione come tale non ha debito ; l'hanno grave i cantoni di Uri e del
Ticino; alcuni non ne aveano punto prima della guerra civile del 47. L'entrata è di
milioni 20 e mezzo di franchi : non si levano imposizioni dirette, bastando il ricavo della
postalettere, della dogana, della zecca, della polvere; e quel che resta di nello al go-
verno son milioni 2 e niezzo. Gli stipentij per impiegati sono di 8700 lire pel presi-
dente, 72S0 pe' sei altri membri del Consiglio federale; [il ministero degli afl'ari esteri
costa appena 70 mila lire; 18 mila le due più importanti legazioni a Vienna e Parigi.
Eppure nessun paese è più ricco di strade, scuole, armi, oltre le pubbliche solennità.
Molte spese son lasciate ai singoli Cantoni ed ai Comuni ; ma anche questi spendono
poco. Berna ha la spesa di 4,500,000 fr. ; 2 milioni e mezzo per Zurigo e Vaud ; i e
mezzo per Argovia, Ginevra, Friburgo; 1 per Sangallo e Ticino; meno ne' tredici altri,
e nel cantone di Zug si riduce a 85 mila fr. Fra tutti i cantoni la spesa va dai 22 ai 23
milioni, cioè 1/7 0 i/g del Belgio. La spesa maggiore si fa nell'istruzione pubblica, assor-
bendo 4 milioni e mezzo.
La neutralità perpetua della Svizzera, garantita dai trattati, è resa necessaria dalla
sua positura, quasi sovrastante a tutte le potenze, sulle quali potrebbe versare i suoi
eserciti pel San Bernardo, il Sempione, la Spluga, le valli dell'lnn, del Reno, del Doubs,
del Rodano.
Ma anche la repubblica Svizzera dovette aumentar in quest'ultimi anni le sue spese
per armarsi come l'Europa regia, e nel 1861 erogò un milione e mezzo per trasformar
i fucili della fanteria, e formarne depositi, acquistar cannoni rigati e costruire arsenali;
pure il conto lasciò un eccedente di 563 mila fr. dovuti la più parte a diritti d'entrata,
mentre van mancando quei che traeva dalle poste , assorbite dalle strade ferrate. Di
queste cominciò da pochissimo la costruzione, enei 1862 già ne possiedea 1080 chilo-
metri, che costarono da 500 milioni, per lo più a società straniere.
I Cantoni settentrionali e occidentali fioriscono d'industria ; e le galanterie e gli
orinoli di Ginevra, Bienne, Porentruy, le seterie di Basilea, Zurigo, Gersau, le tele di
lino e cotone di Sangallo, Glaris, Argovia, Turgovia, Zurigo, Appenzell, gli acciaj di
Sciaffusa reggono a qualunque confronto. Dalle valli di Lode e della Chaux-de-Fond nel
cantone di Neufchàtel escono 130 mila orinoli ogni anno, oltre i merletti e le orerie:
Arau ha stamperie, manifatture e fonderia di cannoni: nella valle di Bellegarde si fanno
i formaggi di Gruyères: le concie di pelli sono attivissime dapertutto. La pastorizia è
l'arte principale, e vi computano 475,500 vacche, 55,222 bovi, 105,000 cavalli,
470,000 pecore, 547,000 capre, 517,000 majali, che rappresentano un valore di 157
milioni e mezzo: gran commercio se ne fa coi vicini. Friburgo ha le migliori razze di
cavalli e buoi, e di questi v'ha che pesano 1200 chilogr.
Chiamano città forestiere quelle lungo il Reno da Costanza a Basilea. 11 canton Ticino
è arricchito dal transito. Le strade del San Gotardo, del San Bernardo, del Sempione,
della Spluga, coi pittoreschi accidenti di voragini, di precipizj, di ghiaccia], di ponti,
di ospizj, sono ricantati da tutti i viaggiatori, il numero de' quali è sempre copiosis-
simo, sì pel commercio, si pei bagni e le acque, sì per ammirare tante bellezze naturali.
I laghi di Ginevra, Costanza, Zurigo, Bienne hanno posizioni deliziosissime. Il cantone
di Berna è più degli altri pittoresco, commerciale e industrioso.
Ciascun Cantone avea moneta, misure e pesi proprj: poi per unità di moneta fu
adottato, pel concordato del 14 luglio 1819, il franco, di grani 125,543, diviso in 10
batzen, e questi in 10 rappen. Fu poi, dopo il 1848, adottato il sistema di mone-
tazione francese.
Vescovi cattolici sono a Basilea, Coirà, Sangallo, Losanna, Sion. A Zurigo fu piantato
un istituto politecnico federale.
§ 11. — Confederazione germanica.
I trecensettanta Stati che chiudeva l'impero germanico, caddero coll'impero stesso
nell805; la Confederazione renana, compaginata da Napoleone, peri anch'essa nel 1815;
e dopo il 1815 la Confederazione abbraccia press'a poco l'antico Impero, toltine i ve-
i
330 GEOGRAFIA. — ÈPOCA DECIMOTTAVA
scovadi di Liegi e di Basilea e qualch'altro distretto, unito alla Svizzera o alla Francia,
e aggiuntovi il granducato di Luxemburg, e alcune parti della Lorena e dell'Alsazia,
estendendosi dal Baltico e dal mare del Nord sino all'Adriatico. La formavano 39 Stati
poi ridotti a 55 di mendace autonomia, confederati per la difesa de' comuni interessi
e la conservazione dell'indipendenza: fra essi v'ha imperatori insieme e principotti di
appena tremila sudditi, molte razze, molti culti, molte lingue; e in quei quaranta Stati
son chiusi altri cento mediatizzati, fra cui alcuni piiì considerevoli che i sovrani. La
lingua si distingue in allo tedesco al sud del Danubio, basw tedesco al nord: in Sas-
sonia conserva la sua maggior purezza, ed è suddivisa in un'infinità di dialetti.
L'amministrazione interna degli Stati doveva dipendere dal solo sovrano: ma la
dieta, in cui prevaleano i grandi Stati, gli obbligava alla volontà di questi. Nel '1848
ogni cosa parve cambiarsi dal rendersi costituzionali i due Stati preponderanti, Prussia
ed Austria: a Francoforte si radunò un'assemblea per formare una costituzione uni-
taria per la Germania, sotto un unico presidente o imperatore, senza distruggere gli
Stati particolari, avendo bandiera unica, flotta comune, pesi e misure e dogane uguali,
ministeri direttori, esercito federale. Questo tentativo falli, e resta ancora la rivalità di
primato fra le due potenze prevalenti.
Germania settentrionale.
Oltre le provincie prussiane, di cui diremo a parte,
1. 2. La Cosa dt Mecklemburg ebbe dopo il 181S il titolo di granducale. Nel
vasto piano sabbioso possiede i due granducati del Mecklemburg -Schiverin sul Baltico
e del Mecklemburg -Strelitz.
3.4. La C a s o di B r u n s w i eh ha
a. Il regno d' Hannover, composto di tre brani, chiusi fra altrui dominazioni, con
Hannover capitale (26 mila abitanti), e la più famosa università di Germania a
Gottinga: nel Luneburg si trova quella che chiamano Arabia della Germania,
vastissimo piano sabbioso e sterile di 70 miglia geogr. quad. ted. L'entrala delle
finanze pel 1858 salì a 19,108,586 talleri; la spesa a 19,205,270; il debitx) pub-
blico a 46,213,305. Il tallero vale fr. 5. 25.
6. Il ducato di Brunswick^ posseduto dal ramo primogenito.
^. W granducato di 0 Idenb ur g , cinto dall' Hannover e dal mare del Nord.
6. La signoria di Kniphausen, il più piccolo Stalo d'Europa chiuso nel
precedente.
7, 8. 9. Le città anseatiche di Brema, chiusa nell' Hannover; Amburgo, una delle
piazze più trafficanti d'Europa; Lubecca.
Germania occidentale.
Oltre il Luxemburg olandese, e le provincie renane della Baviera e Prussia,
10. 11. 12. 1 possessi della Casa d' Assia formano l'/tssùi elettorale o Cassel, il
granducato d'Assia Darmstadt, il landgraviato à' Assia- Il omburg.
13. Principato di W a Id eck.
14. 15. Casa di Lippe-Detmold, e Li p p e- S eh a ii en bu r g.
16. Ducato di Nassau, con 31 piccole città, ricco d'acque minerali, fon-
derie di ferro, suolo produttivo.
il. Repubblica di Fra ncoforte sul Meno, dove siede l'Assemblea : è la
prima piazza di banco e commissione di Germania.
Germania centrale.
18. 19. 20. 21. 22. Cas a di Sa s Sonia, l vasti suoi possessi sono divisi tra la
linea Albertina e la Erneslina.
La prima possiede il regno di Sassonia, che è il paese più industriale della Germania,
diviso dopo il 1835 in 4 circoli, di Dresda (Misnia); Lipsia, famosa per la sua fiera
libraria, ed ora centro d'un gran sistema di strade forrale ; Zwickau; Hudissin. I a sua
entrata pel 185S fu computata in scudi 9,305,243 ; e la spesa altri'llanto. Ha di debito
scudi 61,524,013. Lo scudo vale fr. 5. 19. La seconda possiede il granducato di Sas-
CONFEDERAZIOME GERMANICA 331
sonia-Weimar con Jena di famosa università; il ducato di Sassonia-Cohurg-Gotha ;
quello di Sassonia-Altenburg ; e quello di Sassonia-Meiningen-Hihlburghauifen.
23. 24. La Casa di Schivarzburg ha due principati, di Sc/juarzfcur^-Zfu-
dobfadt, e Schivarzburg-Sondershausen.
25. 26. 27. ba Casa di fìeuss ne possiede tre : Grcitz, Schleitz, Lobenstein'
Ebersdorf.
28, 29. 30. Quella di' A nh alt ha tre ducati : Dessau, Bernburg, Kothen.
Germania meridionale.
Oltre l'Austria vi sono, 31 . U granduca to di B a den lungo il Reno dal lago
di Costanza fin presso Worms, limitrofo delia Francia e delia Svizzera, forma baluardo
alla Germania meridionale, ed è in 4 circoli: Basso Reno con Manheim e Heidelberg,
celebre per l'università; Medio Reno con Carlsruhe; Alto Reno con Friburg e Vecchio
Brisac, di cui son distrutte le fortezze; circolo del Lago^ con Costanza.
32. Regno di Wiirtemberg, capitale S^u</t/a)c/ (406 mila). Il bilancio per il
periodo finanziario del 1848-61 porta 41,271,960 fiorini di rendila, e 40,987,69o di
spesa. Il debito pubblico sale a fiorini 53,629,592. Il fiorino vale fr. 2. 16.
33. 34. Casa di Ho hen zol l e r n ha (ine principati, Hohenzollèrn-Hechingen, e
Hohenzollern-Sigmaringen, che nel 1850 veoner incorporati alla Prussia.
35, Il principato di Li eh t ens le in piccolissimo, ma il principe possiede
immensi dominj mediatizzati in Austria e Prussia.
56.11 regno di 5au» e r a , terzo Stato di Germania. L'Assia-Darmstadt lo separa
in due; all'est l'antica Baviera, all'ovest il circolo dc4 Reno o Baviera renana costi-
tuita di antichi dipartimenti dell'impero francese, del quale vi si conservò in gran
parte la forma di governo. Capitale Monaco (132 mila), resa una delle più belle città
di Germania. È divìso in 8 circoli. Alta Baviera, Bassa Baviera, Palatinato, Alto Pala-
linato, Alta Franconia, Franconia Media, Bassa Franconia, Svevia. L'entrata nel 1856,
era di 39,597,415 fiorini; la spesa 41,396,802; il debito pubblico 134,043,964.
Rilevavano dalla corona di Baviera M principati, 13 contee. 878 signorie; sicché la
nobiltà vi era mollo potente, e duravano i privilegi a danno del popolo. Questi vennero
aboliti dalla nuova costituzione.
37. Il ducalo di Holstein e L au e n 6 u »•()', appartenente al re di Danimarca.
38. Il granducato di Luxemburg-Limburg, appartenente al re d'Olanda.
39. Della ni anarchia prussiana sei delle otto provincie, e tre quarti della
popolazione spettano alla Confederazione; e
40. Dell'impero ereditario d'Austria otto dei quindici governi e un
terzo della popolazione.
Ultimamente furono uniti alla Germania la Prussia orientale ed occidentale, i di-
stretti della Posnania esenti dall'organizzazione polacca, e la città e territorio di Posen.
I rappresentanti dei membri della Confederazione che si raccolgono alla dieta, sono
uguali fra loro in diritti: vi presiede l'Austria, e fra tutti hanno 17 voti; cioè un per
ciascuno Austria, Prussia, Sassonia, Baviera, Wiirtemberg, Hannover, Assia elettorale,
ducati di Baden e d'Assia- Darmstadt, Danimarca, Olanda; uno il granducato e i du-
cati di Sassonia; uno i granducati di Mecklemburg; uno Brunswick e Nassau; uno il
granducato d'Oldenburg, i tre principati di Anhalt, e i due di Schwarzburg; uno i
principati di Reuss, di Lippe, di Lichtenstein, di Waldeck ; uno il landgravio d'Assia-
Ilomburg e le quattro città libere.
Quando trattisi di quistiuni fondamentali, la dieta si costituisce in assemblea gene-
rale, dove le voci sono 70: quattro ciascuno l'Austria, la Prussia, la Sassonia, la Ba-
viera, il Wiirtemberg, l'Hannover; tre ciascuno l'Assia elettorale, i granducati di Badea
e d'Assia Darmstadt, la Danimarca e l'Olanda; due ciascuno i ducati di Brunswick, di
Nassau, e il granducato di Mecklemburg-Schwerin ; gli altri tutti un caduno.
1 n)onti sono ricchi di minerali e saline; le miniere d'argento dell'Ilartz si esauri-
scono, quelle di Stiria danno il miglior ferro, quelle di Carniola sono le più abbonde-
voli di mercurio dopo le spagnuole. Gran parte è coperta di foreste, lande, torbiere,
piani sabbiosi. La lega Anseatica fece tutto il commercio germanico nel medioevo, ed
elevossi a potenza politica fm alla guerra dei Treat'anni : alloca cominciarono le mani-
i
332
GEOGRAFIA — EPOCA DECIMOTTAVA
fatture, che viepiù crebbero, ed ora emulano le inglesi. Francoforte, Norimberga, Au-
gusta, Lipsia, Lubeca sono centri di vivo commercio. A Lipsia ha sede la Compagnia
americana dell'Elba; a Erbelfeld la renana delle Indie occidentali. L'industria ripigliò
fiato dopo l'unione doganale (Zoll-verein) del 1828, il cui effetto cresce, popolando di
navi i sessanta fiumi navigabili, ed empiendo i canali e le strade di ferro. Lo Zoll-ver-
ein nel 1861 abbracciava 33 milioni e mezzo d'anime, ed ebbe un introito netto di 25
milioni di talleri, il canale che la Baviera apri fra il Danubio ed il Reno, con Sì cbiuse
che scendono da un lato al Danubio fino a Kelheim, dall'altro al Meno fino a Bamberga,
riparò alla mancanza che la Germania avea di vie d'acqua artificiali.
Eccone la popolazione :
STATI
1 Provincie austriache
2 Provincie prussiane
3 Regno di Baviera
4 » Hannover
5 » Wurtemberg
6 » Sassonia
7 Granducato di Baden
8 » Mecklemburg-Schwerin
9 » Assia-Darmstadt. . .
10 i> Oldenburg ....
ìì » Sassonia- Weimar . .
42 » Meckleraburg-Strelitz .
43 Luxemburg-Limburg
14 Elettorato d'Assia
15 Ducati di Holstein e Lauenburg . .
16 ») Nassau
17 » Brunswick
18 w Sassonia-Meiningen . . .
19 » » Coburg-Gotha . .
20 » Anhalt-Dessau-Kòthen . .
21 ìì Sassonia-Altenburg . . .
22 » Anhalt-Bernburg ....
23 Principato di Waldeck
24 » Lippe-Detmold . . .
23 » Schwarzburg-Hudolstadt
26 » » Sondershausen
27 » ReussSchleitz
28 )> Lippe-Schauenburg
29 » Reuss-Greiz . .
50 » Lichtenstein . .
51 Landgraviato d'Assia-Ilomburg
52 Città libera di Luliecca . . .
33 » Amburgo. . .
54 I) Brema. . . .
53 » Francoforte . .
Totale . . ,
Senza i territorj prussiani, austriaci^
danesi e olandesi
Aggiunti tutti i possessi delle due grandi
potenze gennaoiche .
SUPERFICIE
in chilom.
quadrati
194,531
183,931
76,120
38,500
19,470
14,903
13,234
13,200
8,360
6,580
3,637
2,713
4,813
9,313
10,283
4,748
5,713
2,340
2,001
1 ,347
1,323
824
1,196
1,124
933
848
830
440
343
138
260
362
351
249
100
POPOLAZIONE
secondo
la matricola
del 181 3
9,482,277
7,923,429
3,360,000
1,303,351
1 ,393,462
1 ,200,000
1,000,000
358,000
619,300
217,769
201,000
71,769
233,628
367,268
560,000
502,769
209,327
83,401
37,046
51,877
69,062
33,937
45,117
32,203
24,000
22,233
3,546
20,000
44,650
129,800
48,300
47,630
627,320
239,930
1,183,000
secondo gli ultimi
censimenti
(1853)
(1853J
(1855)
(1833)
(1834)
(1853)
(1853J
(1833)
(1855)
(1853)
(1853J
(1853)
(1855)
(1853)
(1853)
(1855)
(1833)
(1855)
(1853)
(1853)
(1853)
(1833)
(1833)
(1853)
(1853)
(1853)
(1853)
(circa)
(1835)
(circa)
(1853)
(1853)
(1835)
(1853)
(1833)
29,766,796
11,743,361
51,000,000?
12,919,300
13,170,000
4,541,000
1,819,200
1,784,000
1,987,800
1,336,900
342,700
836,400
283,200
262,300
99,700
394,200
736,400
373,000
429,000
267,100
163,500
150,900
111,800
132,800
52,600
39,700
106,600
69,000
74,900
79,800
29,000
34,900
7,000
24,900
34,000
208,200
88,000
74,800
43,110,000
10,033,000
71,200,000?
CONFEDERAZIONE GERMANICA
Quanto a religione , sono così divisi :
333
STATI
1
2
5
A
6
7
8
9
10
H
12
15
IJI
16
17
18
19
20
21
22
23
2i
25
26
27
Ì8
29
50
51
52
35
54
55
Provincie austriaclie ,
I) prussiane .
Baviera . .
Hannover .
Wiirtemberg
Sassonia
Baden . .
Meclilemburg-Seliwerin
Assia-Darmstadt . .
Oldenburg ....
Sassonia-Weimar . .
Meciilemburg Strelitz
Luxemburg-Limburg .
Assia elettorale . .
Holstein e Lauenburg
Nassau
Brunswick ....
Sassonia-Meiningen .
» Coburg-Gotha
Anbalt-Dessau-Kòthen
Sassonia-Altenburg .
Anhalt-Bernburg . .
Waldeck
Lippe-Detmold . .
Schwarzburg-Rudolstadt
» Sondershausen
ReussScbleitz . .
Lippe-Schauenburg
Beuss-Greiz
Lichtenstein .
Assia-Homburg
Lubecca. . .
Amburgo . .
Brema . . .
Francoforte. .
Totale . . .
Aggiungendovi tutti i paesi
prussiani e austriaci ....
I paesi germanici , tranne
l'Austria e la Prussia. . . .
CATTOLICI
12,200,000
4,000,000
5,175,000
217,000
535,000
32,500
905,000
700
215,000
71 ,600
10,600
150
388,000
110,000
1,000
196,000
2,600
1,000
900
4,200
800
500
800
1,000
300
300
200
100
7,000
4,000
200
2,000
1,500
11,500
22,900,000
38,500,000
5,900,000
PROTESTANTI
380,000
8,200,000
1 ,230,000
1,590,000
1,215,000
1,803,000
432,000
557,060
600,000
204,000
250,000
98,000
5,000
600,000
520,000
225,000
267,000
164,000
148,000
110,000
130,000
52,000
58,000
105,000
69,000
60,000
79,000
29,000
55,000
20,000
53,000
492,000
78,000
58,000
19,700,000
25,000,000
11,100,000
ALTHE SETTE
CRISTUIVB
5,000
10,000
5,600
1,100
1,000
1,900
250
500
iOO
200
150
6,700,000
EBREI
125,000
120,000
56,000
11,600
12,000
1,200
25,500
5,200
28,700
1,500
1,300
700
2,600
15,000
5,500
7,000
1,000
1,500
1,600
1,100
1,400
300
800
600
200
200
600
400
1,000
500
7,000
50
4,600
440,000
1,200,000
190,000
Notevole è in questi ultimi anni l'emigrazione, che nel 1854 arrivò a 206 mila Euro-
pei, usciti di Germania in gran parte.
g 12. — Impero ereditario d'Austria.
Allorché Rodolfo d'Habsburg giunse all'impero (1273), avea possessi per 479 miglia
geografiche quadrate tedesche. Le rendite di quell'imperatore salivano a 2,600,000
risdalleri (da fr. 5. 64). Egli investì alla sua Casa il ducato d'Austria.
334 GEOGRAFIA. — EPOCA DECIMOTTAVA
Alberto I s'impadronisce della Boemia nel 1306, ma tosto la perde; tenta opprimere
i Cantoni svizzeri, ma questi si rivoltano. Egli allora possedeva l'Austria e la Stiria,
che coprivano m. q. 1037
beni patrimoniali » 179
e il marchesato di Burgau, ottenuto nel 1301 r . . » 18
Nel 1326 Federico il Bello co' suoi fratelli avea comprato la contea
di Pfurt » 203
Nel 1336 Alberto II acquistò la Carintia » 200 1;2
Quando questi morì nel 1558, possedeva in tutto metri quadrati. » 1637 1/2
Alberto IH coi fratelli nel 1363 ebbe il Tirolo, per successione di Margherita Maul-
tache ; nel 136S la contea di Feldkirch, comprata da Rodolfo ultimo principe della
casa di Werdenberg; nel 1567 il Brisgau e sue dipendenze, comprato dai principi di
FiJrstenberg; nel 1374 la contea di Gorizia, per patto di famiglia; nel 1378 la contea
di Bludens nel Walgau, venduta da Alberto conte di Werdenberg; nel 1579 un ba-
liaggio in Svevia , comprato; nel 1380 la contea d'Hohenberg, comprata dal conte
Rodolfo; in tutto miglia quad. 2123.
Allora si divise la Casa in tre rami, di cui quello d'Austria propria nel 139S avea
per beni ereditar] m. q. 345 1;2
nel 1404 divenne signora dell'Ungheria » 6145
e nel 1437 della Boemia » 2386
Queste ultime andarono perdute colla morte di Ladislao Postumo.
Nel ramo di Stiria-Tirolo, il duca Federico IV ebbe nel 1395 per ere-
dità il Tirolo, l'Austria anteriore, altri beni in Alsazia ed Elvezia per » 883
Sigismondo perdette i beni in Isvizzera per » 179
ma acquistò il landgraviato di Nellemburg, metà di Bregentz, la contea
di Sonnenberg, il castello di Megdburg; in tutto » 743
Nel ramo Stiria-Stiria, Ernesto ebbe in eredità nel 1395 la Stiria, Ca-
rinzia e Carniola » 784 1/2
Federico HI ebbe in comune coll'Arciduca Alberto la contea di Cilly » 64 3;4
Nel 1457 ereditò da Ladislao Postumo » 545
Esso Federico alza l'Austria in arciducato, che poi tocca a lui,
Massimiliano I possedeva in beni acquistati per la moglie Maria, ere-
ditiera di Carlo il Temerario m. q. 1436
ereditar] » 1394 3/4
nel 1496 eredita il Tirolo » 735
nel 1500 la contea di Gorizia e il Friuli austriaco » 47 1/4
nel 1503 acquista alcuni Stati sulla Baviera » 2
nel 1518 il litorale ceduto dalla Repubblica veneta » 2 1/2
in tutto miglia quad. 3,613 1/2, con abitanti 9,354,190; cioè più di venti
volte tanto di quel che la Casa d'Austria avea trecent'anni prima.
Cresce ancora col matrimonio del figlio Filippo in Giovanna di Spagna ,
per cui Carlo V viene a possedere
Paesi Bassi e Borgogna. m. q. 1820
corona di Castiglia e parte d'America .... » 6892
corona d'Aragona, Napoli, Sicilia, Sardegna > 4587
Stati austriaci in Germania » 2177 1/2
il Milanese e la Navarra per diritto di conquista » 612
in tutto » 16,088 1/2
con 31 milioni di sudditi, mentre il suo rivale Francesco I di Francia non ne avea 10.
Quest'estensione viene divisa tra Filippo suo figlio e Ferdinando fratello. La porzione
del primo passò poi ne' Borboni. Al ramo austriaco restò circa un quarto dei possedi-
menti di Carlo V. Ferdinando aveva già acquistato i beni del duca di Wiirtemberg, tol-
tigli dalla lega di Svevia, ed eslesi m. q. 13i
da Carlo V ebbe l'Austria superiore, inferiore, anteriore, e l'Alsazia per n 2,117 1/2
comprò Bregenlz per metà » ?
nel 1526 acquistò l'Ungheria, e l'anno dopo la Croazia » 3,580
IMPEno EREDITARIO D'AUSTRU 335
poi definitivnnipnle la Rfipmia colla T.usazia e la Moravia . . . . ni. q. 2,238
e la signciria di Thenpoii in Svevia > ìfè
occupò Costanza sotto piclpsto ohe riniinziasse al callolicismo . . . » 8,070
Ma perdette i beni che avea compri dal duca di Wiirtemherg. m. q. 134
cedette parte dell'Ungheria e Transilvania a Giovanni Zapoly, poi
ai Turchi » l,t)94
onde gli Stati si ridussero a m. q. 6,342
Sotto Massimiliano II, Rodolfo II, Mattia, non vi furono quasi cangiamenti. Finita la
linea diretta (1619), gli elettori chiamarono all'impero la linea di Sliria-Tirolo. Ferdi-
nando II ebbe a sostenere, come il suo successore, la guerra dei Trent'anni, in cui l'Au-
stria perde un milione di soldati, e dovette cedere alla Francia le due Alsazie ed altri
possessi per miglia quadrati 205 1^2.
restando così ridotti i possessi a m. q. 6,136 J22
Leopoldo I acquistò definitivamente il Tirolo nel 1665 » M\
poi nel 1675 la Silesia » J06
e nel 1699 la Transilvania » 2,328 1^4
in tutto ), 9,1H 3^4
Nella guerra della Successione spagnuola fu preso il Milanese col Man-
tovano m. q. 710
Carlo VI crebbe ancora i possessi nella pace di Rastadt, acquistando gli
Stati della Spagna in Italia e ne' Paesi Bassi per » 2,459 iU
ricuperò la contea di Gradisca » 20
e dalla Porta ottomana in Valachia per » 1,945
poi occupò la Sicilia ; » 576
e assicuratosi Milano e Mantova nel 1735, v'aggiunse Parma e Piacenza « 90
che in tutto sommarono . » 14,612
Perdette però la Sardegna ra. q. 430
restituì Napoli e la Sicilia, e i distretti di Novara e Tortona » 2,239 1/4
perde la Servia, Valachia e Bosnia » 1,169
restando all'Austria m. q. 10,773 3/4
Con Carlo VI finisce la Casa d'Austria tanto fortunata.
Maria Teresa sostiene la guerra di Successione , dopo la quale trovasi
aver acquistato la contea di Ohen-Ems per confisca m. q. 3 1/2
quella di Falkenstein > 2 1/2
nel 1770 la Gallizia orientale per lo sbrano della Polonia » 1,389
1778 la Bukovina » 172 3/4
1779 il quartiere dell'Inn » 41
1780 la contea di Lettuag » 9
che portavano gli Stati austriaci a miglia quadrate » 12,391 1/2
Ma perdette gran parte della Silesia m. q. 785
nel 1743 porzione del Milanese e la Sardegna » 97
nel 1748 i ducati di Paroia e Piacenza » 90
Restando i beni di Maria Teresa m. q. 11,519 1/2
Giuseppe II vi aggiunse per >, 5
Leopoldo II il granducato di Toscana » 346
e il distretto d'Altorscbowa » 4,
Talché quando Francesco II salì al trono, avea per » 11,874 1/2
Egli acquistò nel 1795 altra parte della Gallizia » 866
nel 1797 il Veneziano, l'Istria, la Dalmazia » 711 1/2
nel 1802 i vescovadi di Trento e Brixen » 92
l'arcivescovado di Salzliurgo, la prevostura di Berohtolsgaden, parte del-
l'abbadia di Passa u « 193
nel 1803 parte dell'Eicbstàdt • » 16
336 GEOGRAFIA — EPOCA DÈCIMOTTAVA
Lindau e Rolhenfels » 9
nel 1804 la signoria di Blumenek » 2 1/2
in tutto . . . . ■: )) 13,764 1/2
Ma pel trattato di Campoformio perde la Lombardia m. q. 264
per quello di Luneville, la Toscana e il Fricktbal .... » 559 1/2
restandogli miglia quadrate » 12,669 1/2
con 22 milioni e mezzo d'abitanti, e l'entrata di 103 milioni dì fiorini.
Dopo i trattati di Presburgo ed Austerlitz perde in Italia il Veneto, T Istria, la
Dalmazia, e moltissimi beni in Germania, acquistando però il Salzburgo e Berchtols-
gaden.
Secondo il trattato del 1815, l'impero austriaco consta degli antichi suoi dominj ,
eccetto i Paesi Bassi; ed aggiunti Venezia co' suoi possessi, alcune porzioni degli Stati
della Chiesa e di Parma, la Valtellina tolta ai Grigioni : onde si stende dalla Polonia al
Po, fra il 6° e il 24° di longitudine orientale da Parigi, e 42^ e 51° di latitudine.
Nel 1846 assorbì la città libera di Cracovia (i).
Nel 1848 parve questa gran mole sul punto di sfasciarsi, poi si rifece.
Nel 1859 perdette quasi tutta la Lombardia.
E poiché 0 la sua scomposizione nelle varie nazionalità, o la sua unità federale e co-
stituzionale sarà uno de' fatti più rilevanti alla storia, noi ci badammo qui lungamente
sulla natura dei paesi che formano quest'impero.
Ecco il quadro della sua divisione, area e popolazione, pubblicato colla scorta di do-
cumenti ufiìziali dal Comitato d'industria di Weimar per l'anno 1854. Le miglia qua-
drate austriache equivalgono a metri quadrati 57,547.
Popolazione Abitanti
Stati Miglia q. austr. (esclusi i militari) perm.q. a.
Austria inferiore 344.49 1,714,608 4977
» superiore 208. 47 755,250 5622
Salzburgo 124. 52 154,379 1240
Stiria 390. 19 1,095,078 2806
Carinzia 180. 26 546,150 1920
Carniola 173. 57 505,886 2914
Gorizia, Istria e Trieste . . . 138. 82 615,056 4417
Tirolo e Yorarlberg 500.12 925,066 1850
Boemia 902. 85 4,800,818 5518
Moravia 386. 29 1,972,165 5107
Silesia 89. 45 479,321 5355
Gallizia e Cracovia 1560. 66 5,056,647 3716
Bukovina IBI. 31 450,664 2375
Dalmazia 222. 30 432,337 1945
Lombardia 375. 09 3,009,505 5023
Venezia 414. 99 2,493,968 6010
Ungheria 3123. 73 8,734,481 2799
Vaivodia serbica e Banato di Temes 521, 26 1,574,428 5020
Croazia e Schiavonia .... 318. 26 967,136 3058
Transil Vania 1 Obi. 27 2,285,572 2168
Confini militari 585. 00 1,054,794 1809
Totale .... 11593. 90 39,411,309 3399
{]) Qucst'ultiraa reliquia dell'antico regno di Po-
lonia fu nel -1813 elevata a repubblica siUto la pro-
tezione della Prussia, Russia, Austria. Comprendeva
Cnicovia (42,000) e un piccolo tcrri(orio lunjo la
Vistola sulla frontiera della Galli/.ia austriaca j in
tutto 23 m. q., e 456,000 abitanti, con cave di car-
bon fossile, ferro, zinco. Il governo era composto
d'un presidente e otto senatori ; l'assemblea dei
rappresentanti di due senatori, due delegati del ca-
pitolo, venti deputati dei collegi elettorali, due pro-
fessori dell'università, e quattro giudici di pace.
IMPERO EREniTAnio d'austbia 337
G. V. H;infler, nel 18b6, stampò a Pesi in tedesco una statistica della popolazione
austriaca divisa per genti, ed è sifatta :
Genti tedesche.
Alto-tedexchi nell'Austria, Stiria, llliria, Tirolo, Boemia, Moravia, Un-
gheria (a Presl)urgo, Pestìi, ("iran, Wes/.primer, ecc , compreso il oomilato
d'Hienzenj, nell.i Gallizia, Siiesia, nelle colonie soabie d'Ungheria, a Tol-
naer e a Baeser, nel Hanato e nei Confini militari; Ba-iso-tedeschi in Tran-
silvania e nei Confini militari 7,917,193
Genti slave.
Cesci in Boemia, Moravia, Ungheria 5,897,970
Polacchi 0 Lfchi in Gallizia e Siiesia ; . . . 2,185,580
lìutetìi \n Gallizia ed Ungheria - . . SJ^iG.-^gS
Croati nella Croazia civile ed Unijheria, e nel reggimento Kreuz-Giorgio. i ,288, H32
Sloveni nella Stiria, llliria ed Unt-dieria 1,155,582
Serbi in Croazia, Ungheria, Confini militari, Dalmazia ed Austria . . 1,584,134
Bulgari in Ungheria e Transilvania 24,100
15,282,196
Genti greco-latine.
Italiani x\p\ T.ombardoVeneto, Istria, Dalmazia 5,445,329
Rpzj nel Tirolo 8,fii2
Valiichi in Ungheria, Transilvania, Bukovina, e Confini militari. . . 2,6i0,t92
Macedo-Valaclii, Greci e Schipetari in Vagheria 12,293
8,104,756
Genti asiatiche.
3/ag'mrj in Unaheria e Bukovina ; Szp/t/prt in Transilvania ; ... . 5,418,773
Armeni in Ungheria, Transilvania e Boemia 17,584
Zinqari in Ungheria, Transilvania e Vaivodato 95,(i00
Ebrei in tutti gli Stati 749,831
6,279.608
Quanto a religione, 1,218,851 appartengono alla Confessione augustana ; 2 milioni alla
calvinica, dipendenti dai C(mcistori di Vienna ; 2i milioni di Cattolici dipendono da 13
arcivescovi e 49 vescovi; circa 3 milioni e mezzo di Cattolici greci hanno un arcive-
scovo e 7 vescovi; e 2 milioni e mezzo di Greci disuniti, un arcivescovo e 10 vescovi ;
gli Armeni un arcivescovo. La Chieda cattolica ha la rendita di 14 milioni di fiorini
(fr. 56,338,400) l'anno; la protestante è per lo più mant' nuta dalle comunità; la greca
è poco ricca. Vi ha nell'im[tero da 7lj6 conventi di frati e 157 di monache, con circa
10,200 individui
Assai più importanti sono le statistiche che nel 1858 fé puhhiicare il ministero del-
l'interno; e più speciale al presente discorso è la Ethnographie der Oesterreichischen
Monarchie VOI) K. f. von Czokhmg; Vienna 1837 e seg. Secondo l'anagrafe del 1837, la
popolazione dell'impero ammontava a 57.339,012 anime, che vanno ai 58 annoverando
il militare, e senza contare 155,876 stranieri in esso accasati, né 114,888 austriaci di-
moranti all'estero: formano 8,181,845 famiglie in 877 città, 970 sohhorghi , 2436 bor-
ghi, 71,420 villaggi, 5,720,6iO case. Sole Vienna (473 m.) , Praga (118 m.) , Pest
e Venezia, (106 m.), passano i 100 mila abitanti. Quasi 8 milioni sono Tedeschi ; pres-
soché il dopino Slavi; 8 milioni Ruuiani; quasi 5 milioni Magiari. Or son da dedurre
tre milioni di Lombardi.
Cantò, Documenti. — Tomo I, Geografia politica. 22
338 GEOGRAFIA — EPOCA DECIMOTTAVA
Venezia, Zara, Cattare, Trieste gli danno il commercio del mare Adriatico; il Danubio
potrà schiudergli quel dell'Oriente, e già è corso da battelli a vapore, e nel 1840 ne
fu proclamata lìbera la navigazione. Crescono le ferrovie, di cui possiede per 500 mi-
glia. In Boemia sono grandi letti di carbon fossile; altri nel Tirolo, nella Stiria, nella
Moravia ; adesso si scopersero laghi di petrolio ne' monti del vicentino e del bellunese.
Ha terre fertili, 200 leghe di coste, le frontiere prolette da montagne e fiumi, miniere,
popolazione bellicosa, e sta nel mezzo dell'Europa; talché prospererebbe assai più se
non gli nocesse l'esser composta di Stati differenti , la cui autonomia or essa procura
conciliare coll'unità mediante una buona costituzione.
Dei paesi austriaci appartengono alla Confederazione : il regno di Boemia (bacino
della Moldava e dell'Elba superiore); il margraviato di Moravia con piccola parte della
Slesia (bacino della March); l'arciducato d'Austria (bacino del Danubio da Passau a
Presburgo) ; il ducato di Stiria (bacino della Muhr e parte di quel della Drava) ; la contea
del Tirolo (bacini superiori dell'Inn e dell'Adige) ; il regno d'Illiria (Drava e Sava su-
periori).
L'impero divideasi già in IS governi :
4. Governo della Bassa Austria, ove Vienna capitale, piccola città, attorno a cui
stendonsi ampiamente 34 sobborghi, con moltissimi spazj erbosi.
La sua popolazione fu neH 754 di anime 175,640
1779 » 200,000
1851 1) 476,222
1802 » 512,000
di cui 355,000 tedeschi; 88,000 slavi, 10,000 magiari. È centro della navigazione a va-
pore del Danubio : strade di ferro la uniranno ai punti più importanti della monarchia.
2. Governo àeW'Alta Austria, ci. Linz, città forte, ed emporio dei ferri della Stiria.
3. Governo del Tirolo, ci. Innspruck, e dov'è Hall arricchita dalle saline : moltis-
simi Tirolesi sciamano in cerca di lavoro. Trento è famosa pel Concilio.
4. Governo di Stiria ci. Gràtz. L'Eisenberg dà il ferro, di cui si fa il migliore acciajo
d'Europa.
5. Governo A'Illiria, ci. Lubiana, antica capitale della Camicia, la quale, come la
Carintia, conserva stati provinciali, dove le imposte erano votate e ripartite. È impor-
tante pel transito fra i porti dell'Adriatico, Vienna e l'Ungheria. Idria ha la cava del
mercurio, non inferiore che a quella di Almaden in Ispagna.
6. Governo del Litorale, ci. Trieste, porto principale dell'impero al fondo di un
golfo ; cresce delle perdite di Venezia, e vi giunge la strada ferrata da Wiener-Neustadt.
Aquileja, Grado, Capo d'Istria, Pola son città decadute.
7. Governo di Boemia, ci. Praga. Le città sono divise in reali, del dominio, protette
e signorili; e 48 sono le reali, rappresentate dai deputati di Praga, Pilsen, Budweis,
Kuttenberg. Reichenberg fiorisce per l'industria; Carlsbad e Toplitz pei bagni. Lo scavo
dei carboni fossili v'è attivissimo, come quel dell'argento.
8. Governo di Moravia e Slesia, ci. Brùnn, creazione dell'industria e del commercio,
dov'è la famosa prigione di Stato dello Spielberg, e poco lungi Austerlitz,
9. Governo di Milano, e
10. Governo di Venezia; dei quali già parlammo a pag. 311.
11. Governo d'Ungheria comprendeva, prima del 1848, anche la Schiavonia e Croazia
e i Distretti particolari. Buda (33 mila), capitale del regno, è piazza forte sul Danubio,
ma è men bella e popolata che Pesti) sull'altra riva del fiume, riunita con ponte sospeso.
Pesth nel 1780 avea 1.3,000 abitanti ; 30 mila nel 1800; 48 mila nel 1820; 83 mila nel
1825; 131 mila nel 1857. Là presso allargasi il piano di Rokasch , ove faceansi le eie-
zioni dei re. Le vigne di Tokai producono 136 mila ettolitri del vino più stimato d'Eu-
ropa. Ungvar e Munkaz sono castelli sull'alto Theiss, primitive residenze dejzli Unghe-
resi. A Presburgo, antica capitale, coronavansi i re e sedea In dieta. Kremnitz ha miniere
d'argento e d'oro. Le città ungheresi han varj nomi: Presburgo dicesi rrcsborck in
slavo, l'ozony in magiaro, Posonium in latino; Buda in ungherese è detta Budin dagli
Slavi, Ofen dai Tedeschi; Gran è Estergon in ungherese, Ostrihom in slavo, Striganium
in latino I Distretti particolari, sottoposti ad una legislazione propria, che dava loro
molti privilegi , erano la Piccola e la Grande Comania; la Jazigia; il territorio degli
IMPERO EREDITARIO d'aUSTRIA 339
Aiduki, popolazione militare presso Tokai, privilegiata da Giovanni Corvino; il Litorale
ungherese.
12 Governo di Daìmazia lungo l'Adriatico con Zara, ci. Spalatro, ha avanzi del pa-
lazzo di Diocleziano, da cui trasse il nomo {es Vulalion)-^ Fiafusi, capo una volta di re-
pubblica ; Caltaro piazza forte. Ne dipendono le molte isole della costa.
13. Governo dei Confini milituri. E una striscia di terreno dalla Dalmazia alla Buko-
vina, i cui abitanti sono agricoli e soldati. 11 terreno regalato dallo Stato, si trasmette di
padre a figlio, e rimangono sottoposti a severa disciplina militare, divisi in generalati.
Quel de' Confini militari ungheresi ha sede a Temeswar ; quel de' croati a Agratn ; quel
de' transilvani a Ilermamiadt ; quello degli slavi a Peiervaradino.
I-i. Governo di Transilvania, granducato, diviso in paese degli Ungheresi, ci. Klau-
senburg, paese degli Szeldì,e paese dei Sossor??', ci. Hermanstadt. Popolarmente la Tran-
silvania si divide in Alt Land con Hermanstadt; Weinland con Schòssburg; Land-vor-
-dsin-Wald con Reismarkt : Burzen-land con Kronstadt: cioè paese vecchio, del vino,
avanti alla foresta, e delle tempeste. La città più commerciante è Cronstadt. Le miniere
d'oro sono abbondantissime.
15, Nel paese polacco, il governo di Gallizia è separato dagli Ungheresi pei monti
Krapak; ci. Lemberg, già capo della Rnssia Rossa. Questo governo e la Dalmazia erano
reclamati dalla dieta ungherese come antiche dipendenze del regno d'Ungheria.
Secondo l'organizzazione nuova del 1848 i paesi della corona sono: 1. Austria su-
periore e inferiore; 2. Salzburgo, che dapprima era unito alla Bassa Austria; 3. Stiria;
4. Carintia, Carnioìa, Litorale, circoli di Trieste, Gorizia, Mitterburg ; 5. Tiralo e Vor-
arlberg ; 6. Boemia; 1. Moravia; 8. Slesia; 9. Gallizia e Lodomiria, con Cracovia;
10. Dukovina; 11 . Dalmazia, che comprende anche la Croazia, la Schiavonia e Fiume ;
12. Ungheria, colla vaivodia di Servia e il banato di Temes; 15. Transilvania, com-
posto della Transilvania e del paese de' Sassoni; 14. Confini militari; 15. Lombardo-
Veneto.
L'acquisto più importante per l'Austria fu l'Ungheria, cui potè togliere i privilegi
dopo il 1849; locchè è un progresso per chi mette la civiltà nell'eguaglianza. Grande
industria pone il governo centrale per estendervi la coltura, le strade, l'abitudine d'ob-
bedire. I fogli ufRziali si pubblicano nella lingua del territorio al quale son destinati.
Le autorità danno le decisioni nella lingua in cui sono formolate le petizioni. I dibatti-
menti nella procedura civile e criminale si fanno sempre nella lingua intesa dalle parti.
L'insegnamento nelle scuole primarie è impartito nella lingua materna. Cresce la lette-
ratura sotto l'impulso di poeti e scrittori distinti, dimodoché lo studio di essa diverrà
fra breve una necessiià per le classi colte delle altre nazioni. L'accademia ungherese
delle scienze, il teatro nazionale magiaro, il museo ungherese provano che ogni cura è
consacrata allo sviluppo dell'idioma nazionale, insieme col tedesco.
Il piano di studj introdotto nelle provincie gernjano-slave è stato applicato pure al-
l'Ungheria , e tende a trasformar le scuole elementari maggiori in collegi di quattro
classi, e ad introdurre nelle scuole primarie le materie insegnate nelle tre classi inferiori
di questi ultimi. Più di cento di tali collegi furono già creati; e la costruzione di
edifizj per le scuole, o l'ampliamento degli esistenti fa rapidi progressi. I maestri che
finora non aveano sostenuto alcun esame, devono ora prepararvisi. Furono organizzate
conferenze di maestri; regolate e stabilite le ferie, la durata dell'insegnamento e la fre-
quentazion delle scuole; introdotti buoni libri d'istruzione, compilali nei diversi idiomi.
Vennero istituiti ispettori secolari per le scuole; e dapertutto i Comuni zelano al perfe-
zionamento di queste. L'insegnamento tecnico, che s'impartiva solo nell'Accademia
Giuseppina, lo è ora nella scuola politecnica imperiale a Buda, in una reale superiore
di sei classi , e in altre a Presburgo , a Pesth , a Zombor , a Kremnitz. Sono scuole di
commercio a P^sth, ad Arad , a Uebreczin, ed una rurale celebre ad AItcnburg ; altre
due se ne stabiliranno , le quali serviranno altresì di scuole forestali. L'università di
Pesth e diverse altre facoltà di diritto sono istituzioni antichissime.
Col diploma 20 ottobre 1860 fu data una costituzione all'Austria, chiamando le diete
provinciali e il consiglio dell'impero a cooperar alla confezione delle leggi; al consiglio
dell'impero è riservato quanto riguarda le leggi di finanza e credito, monetazione, banche
di emissione, poste, telegrafi, strade ferrate, servizj militari, imposte, prestiti, conversion
3i0 GEOGRAFIA — EPOCA DECIMOTTAVA
di rendita, vendita di beni stabili dello Stato, bilancio. Il diploma stesso ristabilì la pri-
stina costituzione dell'Ungheria e CroHzia e Transilvania. 11 messaggio imperiale 1" mag-
gio 1862 sanziona la responsalità de' ministri.
L'Austria non ha possessi funri; ma fin al 18S9 esercitò una specie di patronato di
famiglia sugli Slati di Toscana, Parma, Modena; e tenea guarnigione nelle fortezze di
Coaiacchio, Ferrara, Piacenza e Magonza.
Il fiorino valea lire 2. 60, diviso in 60 kreutzer; lo zecchino imperiale lire 11. 86;
10 zecchino ungaro lire 11. 90. Nel 1858 fu introdotta una nuova moneta, la cui unità,
che è il fiorino d"ar;;ento, vale 2. 85 della moneta di convenzione, ed equivale press'a
poco a metà del cinquefranchi.
Si facevano ammontare le entrate totali dell'Austria a 546 milioni di lire austriache,
in cui figurano lire 13,i85.7r)0 che pagava lUnghena invece d'imposta fondiaria. Se-
condo Springer, le spese d'amminis razione salivano a 124 milioni. 11 dehilo dello
Stato, secondo Tegoborski, ascendeva a franchi 2,910,000,000; nel 1847 si contrasse
un altro imprestito di 2i0 milioni: onde in trent'anni di pace il debilo nazionale fu
raddopi»iato del valor nominale , e più che quadruplicato del valore effettivo. Eppure
l'Austria ebbe un grosso compenso dalla Francia nel 1815; altri 189 milioni nella se-
conda pace di Parigi per iodennizzamento di perdite sofTerte da sudditi austriaci nel-
l'occupazione del territorio, gran parte della quale fu tenuta dallo Stato; altro per la
guerra di Napoli nel 1822. Insomma il debito pubblico consumava 150 milioni, la cassa
militare 159, le pensioni militari 18 milioni, la guardia de' confini e la percezione dei
diritti 15. Restavano dunque assorbite le entrate, prima di pagar le spese di Corte, le
di|)lomatiche, i lavori piihblici, le carceri ed altri stabdimenli, e le paghe straordinarie.
11 1848 alterò affatto i conti, e nel 1862 l'entrata si calcolò 398,657,965 fiorini, la spesa
436,720,581 fiorini.
11 debito al 1862 31 ottobre era consolidato e ondeggiante, 2,264,316,761 fiorini.
Tolti i valori attivi 2,257,932
Restano fiorini 2,262,078.828
oltre il debito Lombardo Veneto di 66.419,585. Nell'anno s'aumentò di 29,257,21 6 fior.
In Prussia e in Austria ogni abitante contribuisce da 8.50 a 9 lire per le spese njilitari,
mentre ne' piccoli Stati di Germania solo da 3. 60 a 4. 80. Pel debito, in Austria 7 lire;
in Prussia 2. 20; in Haviera 4. 50; nel Wurtemberg 3. 15; nella Sassonia reale 3. 50;
nell'Annover e nel Baden 4. 40j nell'Assia granducale 2. 50 j nella elettorale 2. 20.
^13. — Monarchia prussiana.
Fra il 3^^ 50' e 20 50' di longitudine orientale da Parigi, e il 49" e 56" di latitudine:
superficie 5103. 97 miglia geogr. quadr. Sorse frii le potenze di primo posto, e contese
coll'Austria pel primato politico nella Germania, come ebbe il morale ed il com-
merciale.
L'Hannover, il Brunswick, l'Assia, il Nassau, i dominj delle Case di Lippe, Waldeck
e Anhalt separano la Prussia in due parti. Quella ad oriente del Weser chiude le Pro-
vincie di 1. Prussia propria, 2,866,817 e 2. Pof^nania, 1,494,621, che appartengono alla
Confederazione; 3. Slesia 3590 m. ; 4. Pomerama 1389 m. ; 5. Brandeburi/o 2467 m.;
6. SufiS07na 1970 m. L'occidentale, 7. la U'estfatia 1618 m.; 8. \a ProvÌ7ìci a renana
3216 m. Aggiungesi poi l'ilohenzollern 64 m
Essendo paesi d'aggregaziune successiva, han razze e religioni diverse. Nella provin-
cia di Prussia son 1,600,000 Protestanti e 630,000 Cattolici ; n^l granducato di Posen
350,000 Protestanti e il doppio Cattolici; in Pomerania e nel Braiuicnurgi. p(ìchi Catto-
lici; in Sassonia appena un quindicesimo; in We>tfalia due terzi; nella provincia Renana
tre quarti. I Protestanti hanno due vescovi a Kòiiigsherg e a Berlino, ove ogni cinque
anni tiensi il sinodo generale: i Cnttolici due arcivescovi a Colonia e Posen, cui suffra-
gano i vescovi di Bresiau, Culm, Ermeland, Munsler, Paderborn, Treveri. La popola-
zione totale del 1816 era 10,349,000; nel 1841, 14,907,091, nel 1861, 18,500,000, in
MONARCHIA PRUSSIANA 341
cui 6,807,000 Cattolici, H milioni Evangelici, 1,186 Greci, 14,000 Mennoniti, 2S2,000
Ebrei.
Quanto alle stirpi, quasi 5 milioni parlano polacco-, 233 mila mazuro; 7600 il ca-
sciulio; 82 m. il vendo; IO m. il boemo; 48 m. il moravo; tutti dialetti slavi; 136 ra.
il lituano; IO m. il vallone, pochi altri l'olandese ed il kurese.
Il governo era a.-soluto, con stati provinciali composti di deputati dei tre ordini; ma
in realtà v'erano cinque siati distinti, nubili, che son da 20 mila faiMiglie con antichi
diritti fendali; dO mila ecclesiastici; borghesi di 1('2I città, che formano quasi un
quarto dell'intera popolaziune; paesani di 56 mila borgate e terre; e niilitari. Nel 1847
furono adunati gli Stati (ienerali, e l'anno seguente concessa la costituzione, stabilita poi
il 51 gennajo 1830, e più volte modificala.
Le entrale pel 1862 si calcolarono a 136 milioni e mezzo di talleri: il debito è di quasi
281 milioni di talleri. La Corte ne irae dalle casse erariali, pel proprio trattamento,
3 milioni e mezzo. In una c;issa di guerra si deponevano gli avanzi di ciascun anno in
denaro sonante; nel 1847 avea i9 milioni e mezzo di talleri, che presto furono dissipati,
I primi mercanti furono chiamati in Prussia dalla pesca dell'ambra gialla; e forse
molti ne^jozianti romani eransi stabiliti sull'Oder e sul Baltico; aTreveri si riceveano le
lane inglesi per manifatture romane. Nel medioevo crebbero le città anseatiche, mas-
sime Colonia e Danzica ; poi manifattori francesi, dopo la revoca dell'editto di Nantes
fondarono nel Brandeburgo l'industria. Oggi son rinomate l'acqua odorosa di Colonia,
l'aciiua d'oro di Danzica, gli aghi d'Aquisgrana, e le armi di Solingen, ove fabbricansi
l'anno 30U mila lame di spade, òOo mila dozzine di coltelli, 200 mila di forbici. Fran-
coforte fa gran commercio, massime di [lanni La Slesia è piena di manifatture di panni,
tele, ferro, piombo, ar^ienlo. Halle, oltre le saline, è importante pel commercio librario,
come Berlino e Lipsia, la cui fiera ha rinomanza antichissima. Il territorio di Dusseldorf
è una continua manifattura di ferro, rame, piombo, lana, seta, cntone, sicché asporta
più di luO milioni l'anno. V'ha pure molte cave di rame, di giallamina, d'allume, di sale;
e le riccliissime d'argento dell'IIarz; oltre le fiibbriche di tele, d'azzurro di Prussia, e
i legnami da marina. L'aprile 18i0 scriveasi da Danzica, mai non essersi raccolta sì
gran quantità di ambra come nelle ultime settimane ; al solo villaggio di Weichselmund
essersene radunato per 1500 libbre al giorno; talché se ne temeva svilito il prezzo. Son
proposte 28 linee di ferrovie.
Tulle le citta del Beno batteaoo monete, onde la grandissima varietà di ducati, fiorini,
risdalleri in Germania. Il ducato di Prussia vale lire 11. 77; il talleri 3. 70, diviso in
30 silbergros ; il federico d'oro bre 41 . 61 , e il senìplice la metà. La libbra 407 grammi ;
il piede del Beno 514 millimetri; il miglio chilom. 7o32.
Berlino, capitale, nel 1 624 non aveva ancora selciate le strade : nel 1 661 contava 6b00
abitanti; 29,000 nel 1700; 136 mila nel 1793; nel 1828, 2n3 mila; nel 1840, 311 mila;
Hfl J86I, 547 mila, e tutto vi ha aspetto di novità. Poco lungi è l'utailam (52 mila), la
più bella residenza reale della Prussia; e ne' contorni il Sam souci di Federico 11. E pur
notevole Franzosisch Buchholz, popolato da una colonia di Calvinisti francesi.
Culonia (120 milaj, nella provincia Henana, anticamente fiorenlissima , anche ora è
riguardata come capitale delle provincie occidentali. Kssa possiede il capolavoro del-
l'arte gotica. Gli elettori dimoravano nel castello di Honn, ora destinalo all'università.
In quota parte si trovano le città famose (ì'Aquisj^rana e Treviri. Cohlentz é ridotta una
delle piazze più forti d'Europa, formando un campo trincerato per centomila uomini.
Più di mille borgate hanno titolo di città; queste abbondano principalmente nelle Pro-
vincie orientali.
Ultimamente la Prussia acquistò i principati di Hohenlohe e Sigmaringen. Le appar-
teneva pure il cantone svizzero di Neufchatel, sottomesso a regime particolare; ma nel
1848 se ne sottrasse.
Si cerca assimilare i paesi slavi , e Federico II fondò ben ducensetlanta colonie te-
desche nei territori dove gli Slavi erano più densi; e la costoro lingua dispare, eccetto
Posen, ove la polacca si coltiva anzi specialmente. Ma gli ultimi moti in senso della na-
zionalità rendono importanza e spiriti agli Slavi.
3t2 geografìa — EPOCA DECiMOTTAVA
EUROPA SETTENTRIONALE.
^14. — Monarchia inglese.
Il Regno Unito della Gran Bretagna, fra il 0" 35' e il lo» di longitudine occidentale
da Parigi, e il 50" e 61" di latitudine, comprende
A. L' Inghilterra propria, il principato di Galles, i regni di Scozia e d'Irlanda. L'In-
ghilterra e l'Irlanda sono partite come dicemmo nell'Epoca XV, § 6. La Scozia fu di-
visa in meridionale, colle tredici contee d'Edimburgo, Linlitligow , Haddington (for-
manti l'antico paese di Lothian), Berwick, Boxhurg, Kenfrew, Ayr, Wigton , Lanark,
Peebles, Selldrk, Dumfries, Kirkcudbright ; media colle quattordici contee di Argyle,
Rute, Mearn o Kincardine, Fife, Nairn, Elgio o Murray, BanfT, Aberdeen, Forfar o An-
gus, Pcrth, Kinross, Clackmannan, Stirling, Dumbarton ; settentrionale colle sei contee
di Orkney, Caithness, Sulherland, Ross, Cromarty, Inverness.
li. Le dipendenze amministrative, quali le isole di Scilbi e Man nell'arcipelago Bri-
tannico (52,000 abitanti); le isole ^iì/y/onormanc/e rimpetto alla Normandia (60,700); il
gruppo d'Helgoland all'imboccatura dell'Elba e del Weser, cedutole poc'anzi dalla Da-
nimarca (2800); il gruppo di Malta (li7,000); Gibilterra (17,000). In tutto formano
miglia quadrate inglesi 121,280.
La popolazione totale della monarchia nel 1859 era di 26,516,000 anime; nel 1843,
27,624,000; dal nuovo censimento dell'S aprile 1861 risultarono:
Inghilterra e principato di Galles uomini 9,758,852 donne 10,302,873
Isole ) 66,594 » 77,585
Scozia '^ 1,446,982 » 1,614,268
Irlanda « 2,804,961 » 2,959,582
Non vi sono compresi gli individui dell'esercito (137 m.) o della marina reale assenti
(42,900). Non si tenne conto della religione. Nel ISiO migrarono 83,746 persone; nel
1841, 118,592; nel 18i6, 129,851 ; nel 1848, 248,089. Dal 1851 al 61, dai porti britan-
nici migrarono 2,249,355 persone; di cui 194,532 erano stranieri, 640,210 inglesi,
183,627 scozzesi, 1,250,986 irlandesi.
La costituzione britannica fondasi su privilegi storici, ma le libertà sono cresciute
dopo la riforma parlamentare del 1830. Ora la Camera de' Comuni è composta di 471
membri per l'Inghilterra, 29 pel Galles, 55 per la Scozia, IO,") per l'Irlanda. Nel 1845
v'erano 941,782 elettori, cioè 33,394 più che nel 1840; il che dà un elettore ogni 19
abitanti, ossia 5 e 1;4 per cento.
Nel 1861 la pubblica spesa ammontò a lire sterline 72 milioni, e l'entrata a 69. La
maggiore spesa va negl'interessi del debito, che monta a sterline 801,808,000, oltre 98
milioni di debito delle Indie. Alla famiglia reale (fra le varie persone) sono assegnate
lire sterline 518,000 (fr. 7,475,000).
11 re è capo della Chiesa inglese , e senza consenso di lui non possono radunarsi i
sinodi, né regolare il dogma e la disciplina con canoni nuovi. Essa Chiesa ha 2 arcive-
scovi: (juello di Cantorbery, con 23 vescovi, e quello di York, con 3 vescovi: inoltre
29 decani {deans), 58 arcidiaconi, 355 prebendati, 291 canonici, 10,765 incumbenti,
4815 curati. La Scozia ha 0 vescovi titolati. L'Irlanda 4 arcivescovi e 25 vescovi
cattolici.
Dal rapporto della Commissione di carità del 1841 appare che la Chiesa anglicana da
proprietà stabili ritrae per 4,133,508 lire sterline, e per la tassa annuale lire 784,178;
onde quel clero ha un'entrata di 236,489,125 franchi, cioè più che quel di tutti gli
Stati cattolici uniti ; sebbene il regno non conti i)iù di dodici milioni d'Anglicani.
Molte terre giaciono incolte nella Scozia e nel paese di Galles. In Inghilterra nel 1841
erano 16,200,000 ettari, de' quali 7 milioni a pascoli, 500,000 a boschi cedui, 200,000
a boschi comuni e terre sterili, .500,(100 in acque e strade, 1,601), 000 maggesi e sodi, e
soli 4,600,000 in coltura. La maggior ricchezza viene dalle miniere di ferro, rame, sta-
gno, piombo e carbon fossile. In Inghilterra cavasi ogni anno 70 milioni di tonnellate
MONAnCHIA INGLESE 343
di carbon fossile, che rappresenta in un bel circa il valore di 17S0 milioni di franchi.
A estrarlo sono occupate 260 mila persone: per accidenti ne muojono mille all'anno,
cioè per invasione di acque, franamento, scoppio di gas, cadute.
Il Galles settentrionale dà annualmente un milione di quintali di piombo, e il meri-
dionale quasi tre di ferro; onde a Cardiff sono le più grandi fonderie del mondo. Le
miniere di rame d'Anglesey e quelle di stagno in Cornovaglia sono delle più ricche; e
aFIintz, Derby e nel Cumberland trovansi filoni d'argento. In Irlanda havvi masse
d'oro nativo nelle montagne di Wicklow, e piombo argentifero ad Antrira; a Enni-
skorthy, miniere di ferro e fucine; a Carlow, cave di carbon fossile; cave di rame in
un'isola del lago Killarney, di marmo nero a Kilkenny, di sale a Belfast.
11 pozzo di Duckenfield nel Chershire, ha 7o0 metri di profondità; quello di Pendle-
ton presso Manchester 700: quel di Wigan metri -1773. Altrettanto i pozzi di Durham e
di Cumberland, che si estendono sotto l'Atlantico: e si sviluppano per quasi un chi-
lometro.
Nel 1750 il Cornwall producea 2000 tonnellate di stagno; nel 1827 ne produsse 5000;
e 7000 nel 1857.
Di minerale di rame nel 1748 si produssero 7400 tonnellate; nel 1859 fin 236 mila.
11 minerale di piombo da 7 mila tonnellate crebbe a 90 mila, che ne danno 65 mila di
metallo puro, oltre 16 d'argento che prima andava perduto.
Nel 1740 si cavarono 17,350 tonnellate di ferro metallico; nel 1840, tonnell. 248,000j
nel 1859, ben 5,720,000.
Di carbone nel 1859 si cavarono 72 milioni, e nel 1860, 80 milioni di tonnellate.
Secondo i documenti officiali la produzione minerale delle Isole Britanniche fu :
1859 1860
Metalli. .. . . . lire sterline 15,447,086 16,959,717
Sale e minerali . . » 95,000 170,927
Carbone .... » 17,994,741 20010,674
Pietre, ardesia, ecc. » 7,954,075 8,000,000
41,491,102 45,121,318
Franchi 1,100,000,000 1,128,000,000
Si calcola che gli agricoli e i cavatori di miniere formino sette diciassettesimi della
popolazione inglese, cinque diciassettesimi i manufattori, due diciassettesimi i commer-
cianti; il resto professioni liberali, poveri e viventi di rendite. Fra i commercianti con-
tano 155,576 marina], che salgono 24,095 bastimenti mercantili, della portata di
2,508,191 tonnellate. Nel 1836 lavoravano nelle cotoncrie 220,134 operaj, nelle seterie
50,682, nelle filature del lino 32,283, in quelle di lana 71,274; cioè 355,272 operaj,
de' quali 55,455 dagli 8 ai 13 anni. La macchina detta Mule-jenny può da una libbra
di cotone trarre un filo lungo 53 leghe. Il filo di cotone annualmente adoperato nelle
fabbriche, fu calcolato a 51 volte la distanza dalla terra al sole, o 2000 milioni di leghe
postali; e il valore del prodotto a più di 900 milioni (1). La potenza delle macchine vi
era valutata nel 1792 di 12 milioni di braccia; nel 1817 di 200; nel 1833 di 400; nel
1841 di 600; oggi di 800.
Dalle belle manufatture di lino d'Exeter, Dublino , Drogheda , Sligo, Arraagh, Mona-
ghan si asportano oltre 100 milioni in tele. Attivissime sono le seterie di Dublino e di
Nottingham, le concierie di Limerick, le chincaglierie di Sheffield, le guanterie di War-
wick, le vetrerie di Londra, le cartiere di Hereford, le fabbriche di stoviglie di Stafford,
Newcastle, Bristol, quelle di porcellane di Worcester, di stoffe di Leeds, le ferriere di
Cardiff, di Manchester, di Birmingham. La sola Glocester fabbrica ogn'anno per 25 mi-
lioni di spilli. I formaggi di Chester vanno per tutto il mondo. Il commercio librario è
tale a Londra, che una sola casa spende per un milione l'anno in annunzj Lincoln rac-
coglie ogni anno 12 milioni di chilogrammi di lana da' suoi armenti. Ai mercati di Bai-
fi) Vedi Ed.Bai.ves, Storia delle manifatlure Cina, \7 tra Svizzera, Sassonia, Prussia, Belgio.
di cotone inglesi. — Computasi che del cotone si KoEiìLi\, EnquNe cummerciale de la France. Ciò
consumino 150 milioni di chilogrammi in Inghil- spiega la mina in cui caddero le manufatture d'Eu-
terra, 40 in Francia, 19 agli Stati Uniti, io nella ropa per la guerra d'America del 1861.
344 GEOGRAFIA — EPOCA DECIMOTTAVA
linasloe in ottobre concorrono fin 120 mila pecore e 40 mila bovi, e si danno prenij a
chi ha il bestiame più beilo. i,e corse di Kildare fanno pompa delle belle razze di ca-
ì'alli. L'isola ({athlin invia moltissimo or/o alle birrarie inglesi; Cork le carni s;ilate pei
bastimenti; Clonmel il burro per le colonie. A Galway, Gallina, Denegai fassi gran pesca
di aringhe e salmoni; VVatcrford spedisce 70 vascelli a Terranova per la pesca del
merluzzo: altri partono principalmente da Ilull per la pesca della balena.
Soltanto in ferri, nel l.SiS, si asportò dal regno per 619.141 tonnellate; in chinca-
glierie e coltellerie tonnellaie20,6l4, del valore dichiarato di sterline 2,341,980; in mac-
chme, sterline 1,263,(100. In carbon fossile nel 1834 asportossi per 220,746 sterline; e
nel 1848 per 1,096,3.o6.
Al commercio interno danno ajuto le moltissime comunicazioni., avendo moltissime
grandi strade, 1500 leghe di canali. iNel ISil per f)320 miglia inglesi di ferrovie; nel
d849, 5447, su cui viaggiarono 60,286,556 passeggieri. La spesa di costruzione di queste
strade valutavasi a 4250 milioni.
La marina mercantile nel 1861 avea 38,904 legni, di cui 2J33 a vapore da 5,871,589
tonnellate.
Pel commercio estero nel 1861 entrarono vascelli
a vela britannici 23,607 di tonnellate 5,596,431 a vapore 7484 di tonnellate 2,595,018
» stranieri 24,140 « 5,0o2,8«9 » 1554 » 429,879
uscirono vascelli
a vela britannici 23,342 di tonnellate 5,451,923 a vapore 7072 di tonnellate 2,305,659
stranieri 25,8i2 » 5,344,166 » 1148 » 391,604
La sterlina, moneta di conto, prima del 1816 valutavasi lire 24. 75; dopo lire 25. 25.
Ogni lira dividesi in 20 scellini, uno scellino in 12 pences, e un penny in 4 farlhings.
La ghinea fin al 1816 valse 26. 47; dopo vi fu surrogata la sovrana di lire 25. 21. La
corona d'argento antica vale lire 6. 16; la nuova 5. 81 ; il dollar o scudo di banco
5. 41. La libbra di peso, 455 grammi; il galone , litri 3. 785 pei liquidi, e 4. 405 pei
grani. 11 piede inglese, 504 millim. e 8 decimillimetri: il miglio, chilom. 1.6093: la
lega marittima, chilom. 5. 592.
Londra va estendendosi e ingojando villaggi e città. Sotto Enrico II contava 40 mila
abitanti; sotto Guglielmo HI 674, UOO; sotto Giorgio 111 866, OOi»; nel 1801, 1,097,000;
nel 1821 , 1,574,000; nel 1841 , 1,870,000; nel 181.9, 2,300,000. i\el 1856 era estesa
sopra 122 miglia quadr., e conteneva case 527,392, abitanti 2,562,256, che crescono
ogn'anno di 40 mila, metà de' quali per immigrazione. Oggi ha la popolazione di
2,803,000 abitanti, in 560,237 case, occupanti la sujierfìcie di 78,029 acri.
Ha dun(|ue popolazione due volte più che (Costantinopoli, quattro volte più che Pie-
troburgo, cinque volle più che Vienna o Madrid o N. York, sette volte più che Berlino,
nove volte più che Roma. Senza domicilio noto vi sono 150 mila persone; ladri e mal-
fattori conosciuti per tali 16, UOO; e i loro furti ammontano a 42,000 sterline l'anno.
Secondo il censimento del 1836, 8854 famiglie appartenevano alla classe agricola , 200
mila alla manufatlrice , 110 mila ad industrie varie; c(tntavansi 600 banchieri, 1650
agenti di cambio, 5000 medici, 820 speziali, 1100 chirurghi, 130 nolaj, 1150 avvocati,
16,000 negozianti, 5800 agenti di coii.mercio, 2100 fornai, 1800 macellaj , 200 birraj ,
4560 ostieri e trattori, 59oO sartori, 3i00 calzolai, 3iiO cappella], 205 conciapelli, 520
architetti e capomastri, ecc.; egli allievi di queste professioni erano circa il decuplo.
Nel 1861 v'ebbe 1l^3incendj: le varie compagnie d'acqua distribuirono 81 milioni
di galloni d'ac(|ua a 328,561 case. Il valore reale della proprietà di Londra si calcola di
1500 milioni di sterline; e la assicurata è 900 milioni di sterline.
Londra è uno dei porti principali e il primo mercato del mondo: ha 3000 vascelli, la
cui capacità uguaglia quella di tutta la marina mercantile francese; le sue entrate som-
mano a 67 milioni e mezzo di franchi.
Non credasi che quest'enorme città annichili la vitalità delle altre ; anzi molte ve n'ha
di grandi e prospere. Liverpool, porto principale delle contee industriali di quelle parli,
ne' cui bacini {(hih) entrano da 30 mila navi l'anno, nel 1700 avea 5714 aiutanti, nel
1801 n'ebbe 77,655, nel 1861, 441,000. Manchexler, città delle grandi manifatture, con
rapidità maggiore crebbe ad altrettanta prosperità, e su 50 inilatelaj lavora all'anno 60
milioni di chilogrammi di cotone: nel 1801 avea 94,753 abitanti, nel 1861, 3.)8 mila. A
MONAnCIIlA INGLESE 345
Birmingham (295 m.) primeggia la manifattura metallurgica. Bristol (154 m.). al sud
dell'Inghilterra, .icquislò altrettanto rapido incremento.
I.a Scozia conservò le proprie leggi e la Chiesa nazionale, che concede ai ministri
non più che da lìioO a 3i)00 franchi. Garegf;ia coll'liigliilterra in perfezione di manu-
fatture, e abbonda di cave di ferro, rame, piombo, carhon fossile, sale, marmo, agate ,
cristalli di rócca; e le immense foreste di .Sirkirk la forniscono di legna. Ne sono sti-
mate le tele e le lane; e Glasyoio (595 ujila) conta meglio di 30 mila telai da cotone,
di 300 macchine a vapore nelle fucine, nelle carbonaje e nelle manifatture, iissa è pur
rinomata per terraglie, /Vr/// pei guanti, Edimburgo (268 milaj per commercio librario.
A Carron presso Kalkirk èia più gran fonderia d'artiglierie d'Euro|)a, e vi si fondono le
caronate. La Compagnia scozzese dell'India e dell'Africa che vi risiede, creò la prospe-
rità di Greenock. Le coste furmicoluno di [lescatori, e il solo Inverrary manda |)iù di 400
battelli alla pesca delle aringhe, che si fa di nolte al lume di fiaccole: da luglio a set-
tembre un'inlìnità di navi si raccolgono per tale pesca, centro della quale è AJull. Vie
ferrate cougiungono le grandi citta, il canale che, traverso a montagne, va dal Clyde al
Forth, unisce i due mari; un altro fende l'istmo di Cantyre.
L'Irlanda cattolica ed agricola è in contrasto coll'lnghilterra protestante e manufat-
turiera; eppure le è unita coll'obbligodi contribuire a mantenere il lauto clero anglicano:
perciò domanda sempre la revoca dell'unione. Nel 1572 aveva 1,320,000 abitanti; nel
1720, 2,5u9,i.00; nel l788, 4,040,000; nel 1851, 7,943,940; nel 1801, abit. 5,7(j4,543,
di cui 4,490,583 cattolici; 078,001 anglicani, 528,992 presbiteriani, 44,552 metodisti.
Sono quasi 800 mila abitanti meno che nel 1851. Dublino capitale (249 mila) è difesa
dalle sabbie da due moli iimnensi.
Nel 1837 il regno ó'Haìmuver cessò d'appartenere alla Gran Bretagna.
Colonie, in Europa, Heligoland, Gibilterra, Malta e Gozo già dette; più le Isole Ioniche
con 34 mila abitanti:
In Asia, la grande isola di Seilan al sud dell'India (1,760,000); Hong-kong nella Cina
(75 milaj; Labuan (2500J. Inoltre le Indie orientali, che dopo il 1857 cessarono d'esser
governate dalla Compagnia come dirassi al § 25. Hanno la popolazione di 186 milioni.
In Africa, Santa iUarm allo sbocco della Cambia; Fernandu-Po nel golfo di (ìninea,
acquistata nel 1858; capo Cór>o ed aliri nella Guinea orientale; Sant'Elena, VAscen-
sione, Tristan d' Acunha^ nell'Atlantico; capo di /hionasperanza^ Maurizio, Secelle.
In America, a) La N. Bretagna, che comprende tutto il nord dell'America settentrio-
nale dall'oceano Artico sin alla regione dei laghi, cioè il Canada, la N. Scozia, Terra-
nova, la baju (ì'Huilson. Secondo la convenzione 13 giugno 1846 cogli Stati Uniti, acqui-
stò il distretto dell'Oregon fino al 49" di latitudine, incbiusa l'isola di lancouver {±^
mila), ò) Le Colonie delle Indie occidentali, con le Berinude, le Lucaje, \e piccole Antilie
inglesi, la Gojana inglese, e) L'Isola degli Stati nell'arcipelago di Magellano all'estre-
mità del continente meridionale, occupata nel 1818.
Nell'Oceania, la N. Olajida circuirono tutta di posti, e di là si allargano sui circo-
stanti arcipelaghi. Nel 1845 il sovrano delle isole Sandwich le cedeva all'Inghilterra.
Nel 1859 la parte nord est dell'Australia fu staccata dalla Nuova Galles del sud, for-
mando la colonia di Queensland: talché ora le colonie sono N. Galles del sud (òiH,SiQ)
Qaeen4and (30 m ), Victoria (550 m.), Australia meridionale (127 m.), Australia occi-
dentale (15 m ), Tasmania (86 m.), A'^. Zelanda (75 m.).
Il punto pfù lontano dei possessi britannici in Luropa è Zante , che dista da Londra
2200chilom.; in Africa il Capo, che ne dista 9i00; in Asia Hong-kong, 11,000; in
America Astoria, 15,80!t; in Oceania la N. Zelanda, 22,500.
Ricapitolando coll'/l/manacco di Gotha,-s\ avrebbe:
Superficie Abitanti
in cliilom quadr. nel '861
Isole britanniche 317,269 27,637,700
Possessi in Europa 3,435 202,000
» in America .... 7,813,100 4,400,000
» in Africa 569,120 955,000
» in Asia 0,712,000 187,715,000
j> in Oceania .... 8,307,400 1,20,i,000
Totale. . . . 20,572,354 223,707,000
346 GEOGRAFIA — EPOCA DECIIÌOTTAVA
Queste cifre sono ben lontane da quelle date da Kolb, secondo il quale l'estensione e
la popolazione delle colonie inglesi non sommerebbero che a 7,913,316 chil. quadr.,
con 162,400,000 abitanti ; secondo Reden giungerebbero a 8,746,108 chil. quadr.,
con 183,100,000 abitanti ; e secondoaltri 11,735,930 chil. quadr., con soli 109,357,000
abitanti (Vedi al § 26). Fanno confusione e varietà quanto all'estensione l'America
Artica e l'Oceania inglese, le quali non hanno confini certi ; e quanto alla popolazione,
gli Stati tributarj della Compagnia delle Indie, che alcuni statistici calcolano, altri
escludono.
§ 15. — Monarchia svedese.
È posta fra il 4' e 29'^ di longitudine orient. da Parigi, e il 55" e 71° di latitudine;
cinta dall'Oceano, fuorché al nord, dove ha la Lapponia e la Botnia russe. Tra i Lap-
poni alcuni sono idolatri ; il grosso della popolazione è di tedeschi e luterani.
Svezia eNorvegiason riunite dal 1815, ma conservano amministrazione par-
ticolare. La prima ha 4 provincie: Gozia, Svezia propria, Lapponia, Botnia svedese,
suddivise in 24 prefetture, e queste in distretti. La seconda in 3 regioni: Sundenfields
con Cristiania, Nordenfields con Berghen, Nordland con Bodoe, compreso il Finmark.
Antica capitale della Svezia era Upsal, che ha la più bella cattedrale del nord ; ora è
Stockolm nella Sudermania (121 mila abitanti). Della Norvegia è capitale Cristiania
(39 mila).
La superficie della Svezia è di miglia geogr. quadr. 8002, con poca popolazione ma
crescente: e mentre un secolo fa aveva 1,736,500 anime , ora ne conta 5,800,000.
Sole 88 borgate oltrepassano i 300 abitanti; delle città sorpassano i 10 mila Stockolm
(121,000), Gothenburg (35,000); Nordkoping (19,000), ftlalmoe (18,000), Karlskron
(14,500). L'entrata nel 1861 fu valutala 29 milioni di scudi (riksmynt). Solo nel 1857
contrasse un debito esterno pel commercio e le strade ferrate. La Norvegia è di miglia
geogr. quadr. 5799, e la popolazione di 1,617,000, contandovi" circa 13,000 Lapponi
e OOOOFinni: l'entrata del 1860 fu di 4,755,000 scudi di specie. Cristiania ha 59 mila
abitanti, Bergen 38 mila, Drontheim 25 mila.
Anche in latitudini elevatissime vi è mite il clima lungo le coste; sicché a lì° sta
una città di 600 abitanti, dove in Asia e in America più non incontrasi che gelo per-
petuo. I suoi porti rarissimo gelano fino al capo Nord. La gran miniera di rame di
Kaafiord, al 70» di latitudine, è il punto più settentrionale dell'operosità montani-
stica del mondo.
La Svezia lungamente non fu proveduta che dalle città Anseatiche, tra le quali im-
portantissima Wisbìj, or decaduta affatto. Oggi non le mancano fabbriche di nessuna
sorta, ma il maggior suo ritratto è dal legname di costruzione e dal ferro incompara-
bile. I Dofrini son le montagne più ricche di questo metallo e di rame; e il ferro ca-
vasi all'aria aperta, come si fa colle pietre: si trova anche poco oro e più argento. Ri-
nomata è la fiera d'Lpsala. D'inverno i Dalecarliani, in convogli fin di quattrocento,
vanno a spacciare cantando le loro produzioni ai mercati della Norvegia, traverso a
laghi e fiumi gelati.
Nella Norvegia l'industria è scarsa, se non sia per gli usi domestici e per la costru-
zione delle navi, per le quali ha tesori nelle selve, talché alcuni suoi pini, alti quasi 100
metri, son comprali carissimi dalla marina inglese e olandese. Un tremuolo nel 1023
scoperse a R«;raas ricche miniere di rame; a Tonssberg cavasi sale ; marmi a Berghen,
ch'era porlo frequentatissimo dall'Ansa tedesca, giovato dalla vasta baja del Waag. Con-
siderevole era una volta la pesca delle perle nel fiume Torris, vicino a Christiaosand.
Molto producono le miniere d'argento di Konsberg, ove dianzi si trovò il maggior pezzo
di quel minerale, pesante 1000 chilogr. Cobalto cavasi a Modum, ferro a Laurvig. A
Bodoe concorrono in febbraio e marzo, ventimila pescatori per le aringhe. Tromsoe fa
gran commercio di pelliccie e di piuma.
Il piede di Svezia è circa 297 millim. ; il miglio, chilom. 10.6884. Lo scudo r\k-
smint , introdotto nel 1837 , vale lire 1. 41 ; il ducato d'oro, 11. 70.
In Norvegia corre una carta monetata del valore di lire 4, 20, 40, 100, 200: lo scudo
MONAUCnlA DANESE Sd?
di specie vale iireb. 63. Il piede è 31 ci millimetri, la lega chilom. 41.293; male misure
popolari son le danesi. La libbra di commercio è di SOO grammi , come quella di
Berghen.
Fuori, la Svezia possiede San Bartolomeo nelle Antilie.
§ 4G. — Monarchia Danese.
È un complesso di quasi sole isole, fra il 5" 45' e il 10° ii' di longitudine orien-
tale da Parigi, e il 53" 22' e 51" 45' di latitudine, cioè: Danimarca, Feroe, Islanda, e i
ducati di Slesrvig, Hulsteiìi e Lauenhurg ; con '1(5,500 miglia geogr. quadr. di super-
ficie, e 1,600,000 di popolazione, e un milione nei ducati. Ma questi tendono a stac-
carsi per unirsi alla Germania. La costituzione fu fissata coU'atto 2 ottobre 1855, ma
nel 1858 cessò d'essere in vigore per l'Holstein e il Lauenburg.
Piano il suolo; scarse produzioni, poca industria; asporta per 3 milioni ogn'anno in
cavalli; molto in carni salate, e io oriuoli di Bornbolm. Le ubertose praterie dell' IIol-
stein alimentano cavalli o bovi molto pregiati. La capitale Copenaghen, sull'isola See-
land (155 mila abitanti), lavora di sete, panni, porcellana, arme, tele di vela; Fiensborg
di ferri; Elseneur d'armi; ma il maggior guadagno si fa col commercio di commissione.
Il pedaggio delle navi cbe passano il Sund frutta da 2 milioni e mezzo di risdalleri
l'anno, ma è minacciato. Nel 1860 l'entrata del regno fu di 55 milioni di risdalleri; il
debito pubblico, 100 milioni.
Il ristlallero, che or chiamasi scudo dell'impero, vale lire 2. 80: il ducato lire 9. 47;
e ve n' ha un altro di lire 11. 86 : il cristiano d'oro, lire 20. 95 ; il marco danese,
lire 0. 9i. La libbra è quasi 500 grammi ; il piede, circa 311 millimetri; il miglio, chilo-
metri 7.532.
La Danimarca possedeva in Asia Serampur nel Bengal ; Tranquebar sulla costa del Co-
romandel, che nel 1844 vendè alla Compagnia inglese delle Indie. Nel 1848 abbandonò
anche le isole Nicobar.
In Africa tiene alcuni forti sulle coste d'oro e degli Schiavi in Guinea (40 mila
abitanti).
Nelle isole dipendenti dall'America, Vlslanda estesa 55,000 chilometri, e ridotta
da 100 mila a64 mila abitanti per le eruzioni vulcaniche: le 33 isole Feroe, d'origine
vulcanica con 8 mila abitanti; ì\ Groenland (9890)] e nelle Antilie San Tommaso, Santa
Croce, San Giovanni (37 mila), ora prosperanti per l'introdottavi libertà di commercio.
^17. — Impero russo.
Dopo la riunione del regno di Polonia tocca fin al centro d'Europa, fra il 16" e il 72"
di longitudine orientale da Parigi, e il 40" e 70 di latitudine; confinando al nord col-
l'oceano Glaciale; all'ovest colla Svezia, la Prussia l'Austria e il Danubio; al sud col
mar Nero e il Caucaso; all'est coll'Ural. Ma di là da questo e dal Caucaso allargasi in
Asia fin allo stretto di Behring, alla Persia, all'impero cinese; anzi di là da esso
stretto ti€ne il nord -ovest dell'America per un milione e mezzo di chilometri quadrati:
talché le sue possessioni in Asia e in America sono congiunte col corpo suo senza in-
terposizione, e per la lunghezza di 2680 leghe francesi da ovest ad est. La Bussia eu-
ropea forma una metà dell'Europa, e l'asiatica un terzo dell'Asia.
Anche ultimamente l'impero fece grandiosi acquisti di territorio, ed uno grande
quanto la Francia ne acquistò sul mar Pacifico, occupando tutto il corso dell'Amour.
Pertanto dai governi della Siberia vennero nel 1836 separati quelli del Pacifico, di Ni-
colayfe, Petropawlovsk, Gischina, Vosk, formanti quattro provincie, in cui sono com-
presi la penisola del Camsciatka, le rive dell'Amour, le isole Curili abbracciandovi pure
le valli di Ciukisc. Ciascuna provincia è sotto un capitano della marina imperiale, i
quali risiedono nel fòrte di San Nicola.
La popolazione è variissima. Meglio di 46 milioni di gran Bussi, cioè di Novogorod
e Mosca, sono al centroj di piccoli russi, cioè di Kiof e di Servi, al sud-ovest; di
348 GE0CRAF1\ — ÈPOCA DECIMOTTAVA
Polacchi, di Lituani, Lettoni e Curi, all'occidente; 3 milioni di Finni, Estoni, Lap-
poni, Cermissi, Osliuki ecc.; 2 di Tartari o Turchi, Kirghizi , Fìasliiri; 20 mila Sa-
niojedi al nord; 10 mila Carasciadali all'estrema Asia; SO mila Tungusi alla frontiera
della Cina; 30 mila indiani in America; 20 mila Kschiinsii; 5(10 mila Armeni; altret-
tanti Circassi; 400 mila (Jiorgiani ; 250 mila Lesghi nel Caucaso; 50i) mila Tedeschi
nella Livonia, Estonia, Curlandiae in colonie interne; e 600 mila Ebrei, sparsi in ispecie
nelle prov noie polacche.
Quanto a religione, i più sono greci, e il czar n'è capo spirituale ; 3 milioni cattolici,
massime in t'olonia; 2 milioni luterani, massime in Finlandia; 2 milioni e mezzo mu-
sulraani ; 300 mila lamisti; 170 mila idolatri ecc.
Giusta le notizie del ministero di finanza nel 1836, il clero della chiesa greca russa
comprendeva uomini 254,037 donne 249,748
— riunita » 7824 7Si8
— cattolica » 2497 —
— armena » 474 343
— Luterana » 1003 935
— riformata » 51 37
religione maomettana ; . » 7,850 5,891
culto del Lama » 150 —
Di nohillà ereditaria sono : » 284,731 253,429
— personale » 54,458 51,123
Figli d'uffiziali » 24,454 215,150
A servizio militare come coloni, Cosacchi, corpi-
franchi « 950,698 981,467
Impiegati alle cancellerie » 24,666 17,194
Persone qualificate » 75,675 64,vi81
Militari in ritiro » 88,706 155,268
Stranieri » 22,114 15,215
Ahitanti di città: cittadini onorar] » 193 144
Mercanti di 1' 2'^ 3=» classe » 128,854 118,820
Mercanti di 4^ classe, manovali, operaj, paesani, " 1,301,947 1,399,875
Borghesi dei governi occidentali » 7,525 • 6,966
Abitanti delle città in Bessarabia ..... » 58,308 65,176
— ■ villaggi » 23,587,067 21,854,986
non valutando i militari subalterni né i monta-
nari ed altri.
Nelle Provincie caucasiane » 689,157 689,159
Nel regno di Polonia n 2,077,511 2,110,911
Nel granprincipiito di Finlandia » 663,658 708,464
Colonie della compagnia russo americana ... » 30,761 50,292
Da questo quadro appare come nella Russia europea duri la distinzione delle classi.
Nobili e preti vanno esenti da imposte; 14 milioni di villani sono censiti della persona;
7 milioni appartengono allo Malo o alla corona; 10 milioni eran fin testò servi della
gleba; uno e mezzo schiavi domestici. I cittadini notabili vanno immuni dalla leva, e
alla terza generazione possono divenir nobili; i mercanti dividonsi, secondo le sostanze,
in guUde, di cui le prime esenti da servizio militare Inoltre vi sono odnorvorzi, posses-
sori d'una cascina ereditaria ; pucaaski, alTiltujuoll liberi, ma senza beni fondi ; affrancati;
ed altre molle categorie. L'imperatore Alessandro 11 abolì la servitù (1857), ma trova
ostacoli neireifelluazione.
11 governo è assoluto; ma alcune provincie godono privilegi, come i Cosacchi del
Don e del mar Nero, la Curlandla, I Estonia, la Livonia, la Finlandia, che forma quasi
uno Stato a parte. I popoli del Caucaso relultano fra le montagne: a quei della Siberia
e dell'America russa i ghiacci danno libertà.
L'oro si conta per ducati di lire 51. 29. Vi son monete di platino di 12 e 24 lire. 11
rublo d'argento ha diversi valori: quello di Pietro il Grande valea lire 4. 48; quello
d'Alessandro 1, lire 3. 99; in conto si ragguaglia a 5 franchi. Cinque copeck fanno 21
iMPEno RUSSO 349
centesimi. La libbra di peso vale 409 grammi; il poiid, chilogr. i6. 372; il piede 3i9
millimetri; la decialina 109 are e 2") centìare; la versta chilometro 1. 668.
Più di tre ottavi della superficie della Russia sono paludi e terre improduttive; tre ot-
tavi, foreste; un pò più d'un ottavo, terre coltivate; e un sessantasettesimo praterie. [
paesi meridionali sono riccliissimi di produzioni, e asportano grani per 10(1 milioni ; per 10
milioni legname di costruzione ; TiO milioni diseuo delle innumerevoli mandre di montoni
nelle steppe del sud est ; 60 milioni di cera, catrame, pece, canapa, Imo; 2 e mezzo d'olio
e colla di pesce, olire tele per le vele, corde, pelli, cuoi, potassa. I e miniere sul pendio
orientale dell'Ural abbondano di platino, oro, argento, ratiie e ferro: vi si trovò un
pezzo nativo d'oro di 15 chilogrammi, e un di platino di 16. Jekaterinaburg è il centro
dello scavo delle miniere. Secondo l'almanacco dell'Accademia impHrmle, nel 1X47
queste produssero 3'J,000 chilogr. d'oro, 19, ('00 di platino, 26,000 d'argento. In un sol
anno l'Inghilterra ne asportò 1,743,400 chilogrammi di ferro
Poche buone strade permette la natura dei suolo, ma moltissimi fiumi lo attraversano
in ogni senso, che mediante canali congiungono i mari Nero, Baltico, Bianco, Cìispio.
Il Volga principalmente, re de' fiumi d'Europa, riceve un'infinità di canali; benché sia
poco pendente e spesso gelato, traversi deserti, e metta in un mare senza uscita e cinto
da genti inospite; sicché ha men valore che alcuni fiumi secondar]. L'ukase impe-
riale 28 genn 'jo 1858 ordina si costruisca un'estesissima rete di ferrovìe da Pietroburgo
a Varsavia e alla frontiera prussiana, da Mosca a Nijni-Novog'jrod e al basso Dnieper.
L'estensione e la difficoltà delle couìunicazioni fanno che vi fioriscano le fiere ; que'la
di Nijni-Novosorod sul Volga è la maggiore d'Europa, massime dopo il I8i7, ove dalla
Cina viene il the, dulia Biikaria pietre preziose, dalla S bena pelliccie, dalla Persia e dal-
l'India le produzioni del paese, e si fanno affari per 280 milioni come nel 1856; onde
supera le fiere di Heaucaire e Lipsia, il commercio di Novogorod e d'Arkangel soccom-
bette a quello di Pietroburgo, .\losca è contro del commercio russo interno ; Odessa di
quello del mar Nero. Orenburg è il convegno delle carovane, alcune delle quali uni
scono perfino cinquecento camelli.
1 Russi sono eccellenti fabbriferraj, legnajuoli, conciapelli. La pesca del Caspio e dei
grandi laghi è abbondantissima, e dalsolo Volga, sopra Astrakan, si ha all'anno 1,800,000
storioni ; balene, aringhe, vacche marine alla N. Zembla e allo Spitzberg. Nei fiuiiii di
Finlandia pèscansi perle, e l'ambra gialla raccogliesi sulle rive del Baltico e nelle fo-
reste di Lituania. 1 Siimojedi trafficano di |)elliccie, d'oche selvatiche, e di cigni di
Kalgujev. Alcuni Lapponi possedono fin cinciuantamila renni. Ricchezza de' Tartari sono
i cavalli, e v'ha chi ne possiede fin dieci mila.
Secondo le ultime statistiche, tale sarebbe la popolazione e la superficie dell'impero:
miglia quadr. geogr. popolnzione
Russia Europea 90,13i 53 59,550,752
Russia del Caucaso 8,053 75 4,070,938
Russia Asiatica 262,745 57 4,257,704
Regno di Polonia 2,257 81 4,800,000
Granducato di Finlandia 6,870 1,680,000
Per la prima volta il 4 ago-«to 1849 il ministro delle finanze rese un pubblico conto,
giusta il quale il debito pubblico constava di 1,300,702,512 franchi, oltre 3-21,840,740
rubli in carta moneta. Nelle banche pubbl che è depositato un buon terzo della pub-
blica ricchezza, cioè per 693 milioni di rubli. Il conto publicato pel 1862 porta la en-
trata a 295 milioni di rubli, e la spesa a 310: il debito pubblico a 928 milioni di rubli
d'argento.
La capitazione, che è quasi la principale imposta diretta, dà per 1,673.595 abi-
tanti delle città 9 rubli; per 21,132,848 paesani appartenenti dianzi alla nobiltà, ed
ora alla corona, un rublo a testa; per 2, i65,890 paesani della Siberia, Cosacchi, Tar-
tari, 2,454,307 rubli; per 166,218 famiglie di coloni stranieri e di paesani liberi nelle
Provincie occidentali, rubli 496,538; per 46,402 paesani liberi in Siberia e nelle Pro-
vincie orientali, rubli 99,000.
A. Russia Europea.
1. Russia Baltica. Ila 5 provinole sul litorale dei Baltico, cioè il granducato di Fin-
landia^ acquistato sopra la Svezia; l'ingria, o governo di Pietroburgo ; gli antichi pos-
350 GEOGRAFIA — EPOCA DECUIOTTAVA
sessi deirOrdioe Teutonico; la Livonia, V Estonia, la Curlandia. In quest'ultima il suolo
è piano e pantanoso come in Prussia; in Finlandia sono moltissimi laghi, e v'appartiene
l'arcipelago d'Aland, donde gli eserciti russi distano appena cinque leghe dalla costa
della Svezia e 24 dalla sua capitale.
Nel governo di Pietroburgo, sulla Newa, fiume poco profondo, spesso gelato, e che
talvolta trabocca, è la capitale moderna jdella Russia Pietroburgo (MO mila anime}, città
di grande appariscenza, che fa metà del commercio dell'intera Russia. Riga (72 mila) è
il secondo porto commerciale dell'impero, ed uno de' suoi antemurali verso la Dwina. Il
granducato di Finlandia forma governo distinto, secondo la costituzione del 27 marzo
1809, confermata il 5 marzo 1855. Comprende le provincie diNylund, Abo, Tavaslehus,
Wiburg, S. Michele, Kuopio, Wasa, Weaborg, con 4,7UO,000 abitanti, e l'entrata di 3
milioni di rubli d'argento e il debito pubblico di 6 milioni. Gl'impiegati, i preti, i sol-
dati della milizia sono pagati non dal tesoro ma dai Comuni o da terre demaniali.
II. Russia Grande. Kido della vera popolazione russa, stendesi da occidente in oriente
dal lago Peypus e dalla Lituania fin di là dall'Oka verso il paese de' Cermissi e de' Mor-
duini; e da" settentrione a mezzodì dall'oceano Artico fin al 51 parallelo. Comprende -19
governi ; di Arkangel, Vologda, Kostroma, Jaroslaf, Olonetz, Novogorod, Tver, Pskof,
Smolensko, Mosca, Vladimir, Nijni Novogorod, Riazan, Tambov, Tuia, Kaluga, Orel,
Voronesch, Kursk. La traversa il Volga superiore, e vi nascono il Don e il Dnieper. È
piana: la foresta Volkonski, la più vasta d'Europa, ch'è la parte sua più alta, sorge
appena a metri 542. Mosca, metropoli religiosa (386 mila), dopo l'incendio del 1812 fu
rifabbricata meglio, e vi risiedono le più illustri famiglie. Pskof, Novogorod, Vladimir,
Smolensko son decadute; Arkangel fa ancora vivo commercio.
III. Russia Piccola. Comprende 4 governi: Karkov sulla sinistra del Dnieper; Kiof,
già santuario delle religioni slave, poi capitale dell'impero, fa ancora gran commercio,
ed è sede d'un metropolita e d'un'università ; Cernicof ; Pultaxva.
IV. Russia meridionale. Ha 5 governi: Bessarabia , Ke'^son , Jekaterinoslaf , Tauride ,
paese de' Cosacchi del Don. Col nome di Cosacchi s'indicano gran parte dei popoli stesi
dal Bug all'Ural, che nelle capanne conservano gran libertà sotto proprj etmani ; quei del
Don devono somminitrare al czar un corpo di cavalleria di 33 mila uomini; quei del-
rUcrania s'abituarono alla vita agricola. Le città primarie sono Kerson con fortezza e
porto all'imboccatura del Dnieper; Odessa (104 mila), la città più trafficante del mar Nero,
e sfogo principale dei prodotti della Russia meridionale. La Tauride è la parte più meri-
dionale della Russia europea, onde si cercò naturarvi i migliori prodotti degli altri paesi-,
ma l'ardor dell'estate e la rigidezza del verno rendono difficile la coltura della vite. Per
Taganrog, fortezza sulla penisola del mar Nero, asportansi per questo mare i ferri di
Siberia, i legnami ed altri materiali di costruzione recatigli dal Volga e dal Don : di-
verrà il porto primario del sud-est quando sia compiuto il canale fra il Don e il Volga.
V. Russia or/enia^e. Vi stanziano le tribù finniche dei Calmuchi, Tartari, Cosacchi ecc.,
e stendesi lungo i monti e il fiume Ural fino al Caspio. Astrakan (44 mila), sopra isole
alla foce del Volga, è punto intermedio al commercio della Russia colla Persia occi-
dentale, la Bukaria e l'India. Kasan (58 mila), abitata in gran parte da Tartari, emula
Mosca per industria, commercio e lusso, ma nel 1842 un incendio ne distrusse metà.
Nel governo di Perm v'ha ricche miniere.
VI. Regione caucasia. A ponente dei Circassi fu soggiogato un vasto paese lungo il
pendio nordest del Caucaso, che in parte era occupato dai Cosacchi del Caucaso. Il
paese de' Nogai, del Cuban, l'Ossezia, la grande eia piccola Cabarda, parte della Cecnia,
e le tribù di Sutak riconobbero pacificamente la sovranità della Russia, e formano repub-
bliche quasi indipendenli. Nel 1859 furono soggiogati il Daghestan (ove dominava Scia-
mil) e il paese de'Circassi. Il nuovo governo di questi paesi siede a Ti/lis (40 mila) in
Asia, abbraccia 5 provincie e tre territori, dei quali spettano all'Furopa il Caucaso, la
Circassia, il Daghestan ; e all'Asia la Georgia, lo Scirvan, l'Imerezia. Vi sono comi>resc
le famose Porte Caucasie, il monte Ararat, il convento d'Fcmiazin, ove sta il primo pa-
triarca della Chiesa armena. Con un sistema guerresco va il czar cercando d'indocilirò
/juesti popoli.
VII. Nella Russia occidentale sono la Lituania, la Russia bianca, la nera, la Paletta ,
la Podlachia, la Samogizia: terre piane, sabbiose e pantanose; popolo infelice pel pre-
IMPERO RUSSO 3S1
dominio delle Caste signorili. Il Niemen , che la traversa , ha sua foce sul territorio
prussiano, ove la navigazione n'è im|)acciata da gravi dazj. U'ilna (1)2 mila) fa multo
commercio, ma quasi solo per man degli Ebrei, che sono metà della popolazione. Un
arcivescovo cattolico, sedente a Mohilev presso il Dnieper, fu testé dicliiarato capo di
tutti i Cattolici sottomessi all'impero russo.
Vili. Regno di Polonia. Dopo la rivoluzione, l'ukase H (26) febbrajo 1832 dichiarò
il regno di Polonia parte integrante dell'impero russo, ma con amministrazione distinta
sotto un governatore generale. A Varsavia furono tolti l'università ed altri stalùlimenti;
vi si elevò una formidabile cittadella e quattro altre fortezze del regno. Nel t860il regno
di Polonia fu ripristinato, diviso ne' governi di Varsavia (162 mila), Lublino, Radom ,
Augustowo, Plotzk; colla popolazione di quasi o milioni d'anime, fra cui 4856 greci
disuniti; 5,6r;7,140 cattolici romani; 2I5,%7 greci uniti; 274,707 luterani; 4189 ri-
formati ; ISSI mennoniti ; 1451 fratelli moravi ; 600,000 israeliti; sopra 124,000 chilom.
di superficie. Le entrate salirono nel 1860 a 18,272,112 rubli,
B. Russia asiatica o Siberia, deserti gelati, incolti, scarsamente popolati da
nomadi. Tobolsk è il paese più trafficante della Siberia, emporio delle pelliccie, che si
cambiano in parte con derrate della Cina, parte spedisconsi a Mosca col the, colle por-
cellane, colla seta e con altri prodotti cinesi. Irkut>ik, nel Camsciatka sul mare di Beh-
ring, è uno dei principali banchi della Compagnia russa dell'America, che ha quasi il
monopolio di tutto il commercio della Siberia orientale e della Russia americana. Re-
centemente si stabilirono il governo di Amour, che abhraacia il territorio lungo questo
fiume sin alla catena di Stanovoi ; e il governo del Litorale che comprende il Cam-
sciatka, il distretto d'Okhotsk, la foce dell'Amour, e il lido fra l'Ussuri e il mar del
Giappone. Tutta la Siberia ha quattro milioni d'abitanti.
C. Russia americana. Vi appartengono le isole Aleutine, quelle del principe di
Galles e della regina Carlotta, ed altre; paesi non conosciuti che sulle coste, e impor-
tanti per le pelliccie. L'amministrazione n'è abbandonata a una Compagnia mercantile,
il cui privilegio scade col 1863.
§ 18, — America. Mutazioni storiche.
Divisammo nell'Epoca precedente ($ 1S) la formazione degli Stati Uniti. L'esempio
dei Nord-americani non doveva restare infruttuoso. Nella colonia francese di San Do-
mingo (1791) i Negri trucidano i coloni e proclamansi indipendenti, e nel 1820 formano
una repubblica, cui la Francia riconobbe mediante un'indennità di 150 milioni, ridotti
poi a 60: ora (18o0j è costituita in impero.
La Spagna aveva, verso il 1776, mutata la divisione delle sue colonie, formandone un
viceregno, dodici intendenze e nove provincie. Fin nel 1781 cominciò qualche moto di
emancipazione nella N. Granata in grazia del diritto d'alcavala. Presto fu represso: ma
dal 1808 al 10 le colonie si sollevarono da Buenos-Ayres al Messico, e in quindici anni
di guerre assicuraronsi l'indipendenza.
Buenos-Ayres fin al 1815 è governato da una giunta suprema; poi nel 1826 i rappre-
sentanti delle Provincie Unite della Piata decretano il sistema dell'unione col nome di
Repubblica Argentina.
11 Paraguai nel 1815 si costituì in repubblica distinta; ma il dottor Francia nel 1817
si fé dittatore a vita: nel 1810 il paese si proclamò indipendente.
11 paese all'est dell'Uruguai, dopo fiere vicende in cui i vicini sei disputarono, è di-
chiarato indipendente nel 1828, col nome di Repubblica Cisplatina, o Repubblica orien-
tale delV Uruguai.
Nel Chili gli Sp:ignuoIi tenner saldo, finché nel 1818 furono vinti dai repubblicani; e
nel 24 vi fu data una costituzione provisoria, di repubblica rappresentata da un con-
gresso. L'arcipelago di Chiloe nel 182G adottò la stessa, ma con governo particolare.
La capitaneria generale di Caracas e il viceregno della N. Granata, insorti nel 1808,
chiarironsi indipendenti nel 1811; le vittorie di Bolivar ne assicurarono la libertà, e
nel 1819 si formò la Repubblica di Colombia. Nel 1821 e 23 vi si unirono Quito e Pa-
l
352 GEOGRAFIA — EPOCA DECIMOTTAVA
nama. Ma i Federalisti prevalsero agli Unitarj, sicché nel 31 si divise nei tre Stati di
VenezueAa, N. Granata, Equatore.
Il viceregno del Peni insorse anch'esso nel 1808, ma fu tenuto in freno dai realisti,
finche nel 1S21 si proclamò libero.
Anche molte città dell'Alto Perù aveano cacciate le autorità della metropoli e procla-
mato l'indipendenza: la Spagna fece ogni sforzo per conservarle in grazia delle ricche
miniere; ma la vittoria stette pei Liberali, e nel 18-26 fu dichiarata la liepubblica di
Bolivia.
Il Messico, benché insorto esso pure dal 1808, non pensò staccarsi dalla madrepa-
tria, finché iturbido nel 18:22 noi proclamò impero costituzionale, indipendente dalla
Spagna-, presto (1824] fu mutato in repubblica federativa, che andava dalla frontiera
degli Stati Uniti e dal golfo messicano sin all'oceano Pacifico Con molti fiumi, felice
posizione su due m;iri, suolo fertilissimo, ricche miniere, popolazione vigorosa, sentesi
chiamato a grande prosperità. Gli Stati Uniti teodono ad assorbirlo tutto o in parte.
Messico è la città piìi grande d'America dopo N York e Filadelfia: lyOmila abitanti.
N'è famosa la zecca, che ha 20 bilanceri , e dal 1740 al 1825 battè per 1,401,520,109
piastre, cioè franchi 7,128,056,577, mentre Londra dal 1727 al 1826 non ne battè che
per 3. 163,808,550, e tutie le zecche di Francia per 6,452,582,500
Al principio del 1849 fu presentato il primo rendiconto regdiare del Messico. Quello
del 1856 fa le sf)ese di 13 milioni di piastre, e di 8 le entrate. Li |)iastra vale fr. 5. 40.
La repubblica del Texas, («a la Luigiana e l'Arkansas, si separò dall'antico Stato mes-
sicano (^ohahuila Texas nel 1835, aspirando annettersi negli Stati Uniti del nord, come
ottenne in fatto nel 45. Anche l'Yucatan staccossi dal Messico, e proclamò una costitu-
zione priipria nel 18i1, poi definitivamente si staccò nel 45, e divenne Stato Unito.
Il territorio delle Californie è un immen>-o paese sconosciuto, dove errano Indiani in-
domiti. L'Alta Cnlifornia si dichiarò indipendente e repubidica nel 1845: i Nord ame-
ricani la conquistarono nel 48, e vi scopersero ricchissimi letti auriferi.
La capitaneria gener;ile di Guatiniala pubblicò il suo atto d'indipendenza nel 1821 ,
poi nel 23 costituì la Republdica federativa dell' America cenlrale, e si stendeva fra il mar
dell»^ Antilie e l'oceano Pacifico, divisa in 5 Stati e un Distretto federale in cui sorge
A^ Guafimala, fnbbrìcata il 1774 dopo che l'antica fu diroccata dai tremuoti. Nel 1859
la confederazione si sciolse, e gli Stiiti firmarono altrettante repubbliche indipendenti.
Statistica regolare non si ha. e così vacillante è ancora lo stato delle antiche colonie
spagnuole, che non si potrebbe determinarne la posizione e le condizioni senza tema
d'essere smentiti al domani.
19. — America settentrionale.
Oggi è divisa in quattro paesi principali: 1° possedimenti russi al nord-ovest; 2" da-
nesi 0 r.roenland e Islanda al nord est; 3" inglesi oN. liretagna al nord; 4° Stati Uniti
al centro e al sud est.
Dei primi tre già parlammo sotto le potenze cui appartengono. Quanto agli Stati
Uniti, straordinario fu l'incremento della popobizione, anche per le numerose immi-
grazioni. Eccone qui a fi meo lo specchio secondo i calcoli del I8i0: notiimmo l'anno
in cui furono eretti in Stati i paesi che non appartenevano alla primitiva federazione.
AMERICA SETTENTRIONALE
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Cantù, Documenti. — Tomo I, Geografia politica.
23
854 GEOGRAFIA — EPOCA DECIMOTTÀVA
Il Texas, unito nel 1845, ha la superficie di miglia geogr. quadr. 325,b20. Il Joiva ha
3000 miglia, con pochissimi schiavi. 11 Wisconsin, unito anch'esso come i due prece-
denti, ha 22,336 miglia e pochissimi schiavi. La California ha 448,691 miglia; il N. Mes-
sico, 77,387; l'Oregon, 341,363; nuovi acquisti, in vigor del trattato 13 giugno 1846
coiringhilterra, e 2 fehhrajo 1848 col Messico.
Dal rendiconto del decennio 1850-60 risulta che la popolazione era
neM850 nel 1860
23,191,570 31,648,496: aumento del 36 %
cioè popolazione libera 19,987,571 27,648,643 » « ùSìfè\
non libera 3,203,999 3,999,853 ». » 25 o^„
I 23 Stati da liberi hanno 19 milioni e mezzo di liberi; 17 Stati a schiavi hanno
8,602,470 liberi ; 3,999,853 schiavi.
L'aumento è molto maggiore ne' paesi liberi. Ecco i particolari.
Popolazione libera Schiavi
Virginia 1,097,373 495,826
Missouri 1,085,595 115,619
Due Caroline 998,151 735,562
Kentucky 920,077 225,400
Tennessee 859,528 287,112
Maryland 646,183 55,382
Georgia 615,336 467,471
Alabama 520,444 455,465
Texas 415,799 184,956
Mississipi 407,051 479,607
Arkansas 331,710 109,065
Altri sei Stati o territori 715^223 428,390
Le primarie città ebbero: nel 1850 nel 1860
N.York 515,000 814,000
Filadelfia 408,000 568,000
Brooklyn 96,000 273,000
Cincinnati 116,000 160,000
Washington 40,000 61,000
Cleveland 17,000 43,000
Ne! messaggio che il pres. Lincoln fece nel dicembre 1862, diceva come la parte più
importante degli Slati Uniti sia la interiore, limitata d'un lato* dagli Allegani, al nord
dai possessi inglesi, a occidente dalle montagne Rocciose, al mezzodì dalla linea su cui
s'incontra la coltivazione del cotone e del mais. Ora contiene 10 milioni d'abitanti; fra
50 anni n'avrà più di 50 milioni. Ricchissima di prodotti anche nella piccola parte ch'è
finora coltivata, pure non ha coste, e dee per isfogar i suoi frutti passare per N. York,
0 N. Orleans, o San Francisco.
La popolazione nostra (diceva egli pure) oggi è di 31 milioni e mezzo, e avendo semr
pre cresciuto di circa 35 per cento, nel 1900 giungerà a 105 milioni : anzi sarebbero di più
se arrivassimo ad avere 75 anime per miglio quadrato come ha l'Europa; e già abbiamo
157 anime per miglio nel Massaciusset, 133 nel Rode Island, 80 nella N. York e N. Jer-
sey. Ora a 73 anime per miglio il nostro territorio basterebbe a 212 milioni ». Con ciò
egli intendeva incoraggiare ad accettar la legge per cui proponeasi di dar un compenso
a tutti gli Stati, che fino al 1900 dichiarerebbero l'emancipazione degli schiavi.
Ogni sorta di religione vi ha chiese, e ne nascono di nuove ogni giorno , e adesso
van acquistandovi importanza i Mormoni, come sonvi da 5 milioni di Metodisti, da
100,000 Quakeri, da 12 mila Fratelli Moravi.
II governo è a repubblica federativa, dove ciascuno Slato ha costituzione particolare.
Il Congresso federale, che si accoglie a Washington, è composto del genpito e dei rap-
AMERICA SETTENTRIONALE 355
presentanti. Al primo manda due membri ciascun Stato ; per gii altri se ne nomina uno
ogni 93,423 abitanti, numerando anclìe gli schiavi in modo che ogni 5 contano per 3
liberi. Questo privilegio dato a una tal maniera di possessi è quello che portò all'odierno
conflitto. Il presidente dell'Unione dura rpiattro anni: il vicepresidente presiede di di-
ritto alle tornate del senato.
Il conto del 1857 dava 7 i milioni di dollari per le spese, e quasi altrettanti d'entrata:
il debito federale portava l'interesse di 25 milioni di dollari, oltre 250 milioni di debiti
particolari degli Stati. Il dollaro vale fr. 5. 80. I.a guerra presente scompigliò tutto.
La frontiera marittima si estende dal 25" al 46" di latitudine nord, formando uno svi-
luppo di circa 5360 chilometri di litorale, senza contare le sinuosità e baje. I sette la-
ghi hanno la superficie di 24 milioni di ettari. Il Mississipi, co' suoi affluenti, ha quasi
5700 leghe navigabili. I canali stendonsi per 2000 leghe, e costarono 500 milioni. Vi
sono 1200 battelli a vapore, della forza di 100,000 cavalli, e della portata di 240,000
tonnellate. Le ferrovie abbondano; le più combinano coi fiumi e i laghi e i canali.
Tutto ciò, unito alle ricchissime produzioni naturali, fomenta l'industria ed il com-
mercio.
Questo pel 1856 si stimò di 314 milioni di dollari d'entrata, e 326 d'uscita. Nel-
l'asportazione, 100 milioni erano in prodotti indigeni, il resto in manifatture. La ma-
rina rappresentò un trasporto totale di 14 milioni di tonnellate. Negli Stati del nord
prevale l'industria, nei meridionali l'agricoltura; e l'opera manuale è molto cara, po-
tendo un mastro di legname o di muro guadagnare fin 16 lire il giorno. Vi si noverano
698 banche, di 53 delle quidi i viglietti sono al valore del pari.
Gli immigranti furono dal 1784al94 appnna 4 mila l'anno; crebbero allora colle agi-
tazioni europee, e si calcolarono da 10 mila l'anno. Dopo la pace del 1815 aumen-
tarono d'assai, e nel 1817 contaronsene 22,240. Nel 1819 si adottarono leggi per favo-
rire l'immigrazione, che ne' seguenti trentasette anni toccò a 4,212,624. Il maggior
numero fu nel 1854, arrivando a 427,833, di cui 226 mila Tedeschi : nel 55 diminui-
rono a 250,746. Gli uomini che migrano sono un terzo di più delle donne, la maggior
parte dai venti ai venticinque anni: i più sono irlandesi o altri di razza germanica;
della greco-latina, appena sette per cento.
Durati in lunghissima pace, gli Stati vennero in guerra nel 1860, staccandosene alcuni
per la quistione, vera o solo apparente, della schiavitù. Ora gli Stati possono dividersi
così •
Abitanti
nel -1861
Stati Uberi. Nuova Inghilterra. Maine
N. Hampshire
lrr\:^ > 3,135,501
Masaaciusset ( ' '
Rhode Island ...:...
Connecticut
Stati medj. N. York i
N. Jersey | 7,465,945
Pensilvania \
Stati del nord-ovest. Ohio
Michigan
Indiana
Wisconsin ^7,871,358
Jowa
Minnesota
Kansas
Stati pacifici.
Sè^o":' ; ; ; : : ; ; : ; I «vso
356 CEOGRAru — epoca decimottava
Stati con schiavi. Delaware
Maryland
Virginia
k::':;''""' : : : : : ir-"'-'»^
Tennessee
Missuri
Arkansas
Stati marittimi del Sud. Caro-
lina del Sud (confederati). Georgia
Florida
i,l'''.'"l^ } 4,968,994
Mississippi '
Luigiana
Texas .
Territori. N. Messico
Utali
Nebraska
Washington } 220,143
Colorado ,
Nevada
Dacota
Distretto di Colombia 75,076
I territorj Colorado, Nevada, Dacota furono organizzati nel marzo 1861, con parti di
altri territorj.
Di questi 31 milioni e mezzo, i separatisti sono circa 9 milioni. Negli Uniti, sopra
quasi 22 milioni di liberi v'ha 432,083 schiavi, cioè 1 ogni 50: ne' Confederati gli
schiavi son quanti i liberi. I.a guerra scompigliò le finanze, portando le spese del 1862 a
475 milioni di dollari, mentre l'entrata non è che di 95; e il debito da 64 milioni di
dollari fin a 900 milioni; tutto consumando in esercito e in marina, mentre il com-
mercio restò distrutto, e nominatamente l'immensa uscita del cotone.
§ 20.
America centrale.
Comprende nella parte nord-ovest la Confederazione messicana, formata degli Stati di
Yucatan, Tabasco, Chiapa, Soconusco, parte di Veracruz e Oaxaca, I Onduras inglese:
nella parte sud-est la metà occidentale dello Stato dell'Istmo.
Fra questi territorj son collocati i selle Stati della repubblica dell'America centrale,
federazione mal unita, e di confini mal determinati : che sono Guatimala, Ondura, San
Salvadore, Nicaragua, Greylown, Costaricca, il territorio del re de' Moschiti.
La storia di questi paesi indicammo al § 18. Secondo la costituzione del 1857, la re-
pubblica del Messico è composta di 24 Stati, olire il territorio della California, e le sue
entrate darebbero 8 milioni e mezzo di piastre, mentre l'uscita passa i lo milioni, e il
debito arriva a 145 milioni. 1 metalli preziosi si calcola che rendano 115 milioni di
franchi l'anno, e il movimento generale dei |)orli dà loOO legni
Il Guatimala ha 17 dipartimenti, 850 mila iibitanti, di cui 60 mila nella capitale.
San Salvador, repubblioa con presidente sojenne, ha 000 nula abitanti.
Onduras circa 550, di cui 18 mila nella capitale Comayagna.
Nicaragua, secondo la costituzione del 185S ha un presidente per 4 anni, 300 mila
abitanti, di cui 30 mila bianchi, 18 mila negri, il resto indiani o meticci.
Costaricca con 120,750 anime, di cui 30,000 nella capitale Sem-José.
AMERICA MERIDIONALE
Ecco l'ultima statistica delle cinque repubbliche dell'America centrale:
Sup. in cbiloin. q. Popolaz.
Gualimala H2.332 . 850,000
Honduras 10?,524 350,000
San Salvador 24,596 394,000
Nicaragua 128,156 500,000
Cosla-Rica 35,185 125,000
357
Totale
Guatimala
Honduras
San Salvador
Nicaragua
Costa-Rica .
doli
. 402,793
Esportazione
1,880,000
745,000
1,200,(00
958,000
1,350,000
Totale 6,123,000
Guatimala doli.
Honduras »»
San Salvador »
Nicaragua «
Costa-Rica »
2,019,000
Importazione
2,000,000
1 ,000,000
1 ,500,000
1 ,000,000
1,850,000
6,750,000
Entrate
600,000
150,000
300,000
200,000
450,000
Totale 1,700,000
S21,
America meridionale.
Giace questa fra il 10° di lat. boreale e il 55° di lat. australe, e fra il 37° e PSó»- di
long, occidentale colla superficie di 19 milioni di chilometri quadr., cioè il doppio del-
l'Europa, e ha forma d'un trapezio che dall'Istmo al capo Horn allungasi 4,000 miglia.
Chiude dieci paesi: 1. 2. 3. al nord ovest la Colombia , divisa nelle tre repubbli-
che di i'enezuela, N. Granata, Equatore; 4. al nord-est la Gujana, parte francese,
parte inglese, parte olandese; 5. 6. all'est il firaailee VUrufjuai; 7. all'ovest le tre
repubbliche del Perù; 8. al centro e al sud-ovest il Paraguai e la Repubblica
Ar gentili a ; 9. al sud ovest il Chili; 10. al sud la Pat agonia.
La republtlica di Venezuela separatasi dalla Colombia nel 1829, ha 314,432 miglia
geogr. quadr. ital., con più di 290 mila bianchi , 480 mila di razza mista, 40 mila
schiavi negri, 160 mila Indiani ridotti , cioè che adottarono la lingua e i costumi del
paese; 14 mila Indiani che conservarono lingua e costumi proprj-, 50 mila Indiani li-
beri. Capitale Caracas.
La repubblica di N. Granata, capitale Santa Fé de Bogota nel centro del paese , ha la
superficie di circa 192,000 miglia geogr. quadr. ital. Questo Slato può acquistare im-
mensa importanza se si compia il taglio dell'istmo di Panama. Per la nuova costituzione
del 22 giugno 1858 prese nome di Confederazione Granatina, formata degli Stati di
Antiognia, Bolivar, Boyaca, Cauca, Cundinamarca, .Magdalena, Panama e Sanlander: nel
60 tornò in rivoluzione dalla quale è tuttavia agitata.
La repubblica dell'Equatore, che comprende le provincie di Quito, Guayaquil e As-
suay, con più d'un milione d'abitanti, ha per capitale Quilo (76,000), la più alta città
del mondo, essendo a 3000 metri sovra il mare.
Del Brasile, allorché i Francesi occuparono il Portogallo, si apersero i porti a tutte
le nazioni; poi si dichiarò staccato dal Portogallo (1822) sotto un imperatore costitu-
zionale indipendente. Ogni provincia ha assemblee legislative e amministrative partico-
lari, il che potrà un giorno staccarle. Rio Janeiro capitale (290 mila) è uno de' più bei
358 GEOGRAFIA — EPOCA DECIMOTTaVA
porti del mondo. Nell'interno stan quasi solo Americani indipendenti. Valutasi la su-
perficie 2,000,000 miglia geogr. quadr. ital. e la popolazione di 7 milioni. Pel ISGS-Gi
si calcolò l'entrata a SI mila milioni di reis e la spesa di 51,500 milioni.
La repubblica dell'Uruguai con 240 mila abitanti ha per capitale Montevideo con 45
mila abitanti.
L'enorme territorio a ponente delle Ande dal 2° di lat. nord, al i7° di lat. sud,
lungo 4000 miglia, è largo da 300 in 400 formava il Perù, che «ra è frazionato tiegli
Stati di N. Granata, Equatore, Bolivia, Chili, Perù; e ne' primitivi suoi tempi contò
fin 30 milioni d'abitanti, ed era coltivato con tanta cura quanta la Cina, da cui forse
provenivano i suoi primi tesmofori. Dopo la conquista vi riconobbero 10 milioni d'a-
nime, che il secolo passato erano men di 2. Dopo la sollevazione furono moltissime le
forme di governo e i capi.
La repubblica del Perù dal 1821 al 55 fu una sola, poi si distinse nelle due, del Nord,
capitale Lima, e del Sud, capitale Cuzco. Restate alcun tem|)o unite alla Bolivia, se ne
staccarono afi'atto, e pare formino ancora una sola. La superficie si stima di 7:^0,000
miglia geogr. quadr. ital. -, e la popolazione di 2 milioni e mezzo.
La Bolivia, o repubblica dell'Alto Perù, è paese in gran parte deserto, le città sono
altissime, essendosi formate attorno alle capanne dei cavatori di miniere. Dividesi nelle
provinole di La Paz, Tarija, Veni., Atacania, Oruro, Putosi, Cochabamba, Chuquisaca,
Santa Cruz; della presunta superficie di miglia geogr. quad. ital. 240,0u0 , e quasi 2
milioni d'abitanti.
Più che l'oro e l'argento, che il rese ammirato e desiderato dalla Spagna, fruttano
al Perù la china, corteccia preziosa; il nitrato di soda, che asportasi per concime,
e che nel 1830 sommò a 18,700 quintali, nel 1858 a 61,000; nel 1860 a 1,370,000 dal
solo porto d'Iquique; il borato di calce che vien quasi soltanto di là, e il guano delle
isole di Chincha, che si calcolò a 2r)0 milioni di tonnellate, ma che le più recenti con-
getture riducono a 10 milioni, dopo la sterminala asportazione degli anni passati. Ora
si cercò asportare nelle Indie l'albero della china e nell'Australia gli alpaca e i lama,
di cui grandi branchi pascolano le vaste pianure e le montagne del Perù. Ledger nel
1858 levò 8i3 alpaca, che traverso a 700 miglia inospite condusse fin al mare, e ri-
dotti a 345 gl'imbarco nel porto chiliano di Caldera, e giunse con 252 a Sidney.
Lo scavo de' metalli preziosi è immensamente diminuito dopo la liberazione, e nel
1859 non produsse più di 200m. lire; ma certo il terreno ne è abbondante quanto la
California e l'Australia. .La miglior descrizione del Perù odierno è Cuzco and Lima;
à visit to the capital and provinces of ìnodern Perù, by Clements R. Markam. Lon-
dra 1856; libro interessantissimo.
11 Paraguai, morto il dottor Francia (1840), venne governato da consoli. Poi nel 1844
da un presidente decenne. Paese pochissimo conosciuto; capitale V Assunzione. Al sud-
est e all'ovest il paese del Gran Giaico è occupato da indigeni. La superficie è di 30
mila leghe da 20 al grado; la popolazione d'un milione e mezzo.
La repubblica Argentina o della Piata, colla capitale Buenos Ayres, ha la superficie
presumibile di 800,000 miglia geogr. quadr. ital., e la popolazione di 1,100,000. Si
diede una Costituzione nel 1855, ma tutto è disordine, or unendosi, ora separandosi il
Buenos Ayres.
La repubblica del Chili sta fra il Perù, la Patagonia e l'oceano Pacifico. 11 territorio
n'è interrotto dagli Araucani, che non poterono mai venir domati. Ne dipende l'arci-
pelago di Chiloe. Dividesi in 10 provincie, aventi la superficie di 55,000 miglia geogr.
quadr. ital., e la popolazione di un milione e mezzo. Nel 1844 essa prese possesso dello
stretto di Magellano.
Meritano discorso particolare \e AntUi e. Nessun mare conosciuto presenta un ar-
cipelago così numeroso ed esteso, isole così fertili e in)portanti per ricchezza e com-
mercio. Consta di quarantacinque isole coltivabili, e di una moltitudine d'isolette più
0 men nude e sterili : è compreso tra i 12" 10' e 24" 12' di lat. N., e gli 87" e 61" di
long. 0., entro il golfo del Messico: una delle sue estremità, formata dall'isola di Cuba,
s'appoggia sulla costa della provincia continrntale di Yucutan, da cui la separa uno
Stretto di 100 chilometri ; e l'altra estremità, in cui si trova l'isola della Trinità, è quasi
nel medesimo parallelo che il centro dell'imboccatura dell'Orenoco.
AMERICA MERIDIONALE 3S9
Grandi Antilie si dicono le isole Sottovento, Cuba, la Giamoica, Haiti o San Domingo,
e Portoricco. Le Piccole Antilie seguendo la linea curva di questo arcipelago, si com-
pongono di San Giovanni, San Tommaso, Santa Croce, Tortola, Virginia-Gorda, Ane-
gada, l'Anguilla, San Martino, San Bartolomeo, Saba, Sant'Eustachio, San Cristoforo,
Nieves, la Rarbuda, Antigoa, Mooserrate, la Guadalupa, la Uesirada, le Sante, Maria-
Galanta, la Dominioa, la Martinica, Santa Lucia, la Ùarbada, San Vincenzo, i Grana-
ditii (piccolo arcipelago dipendente dalla Granada), la Granada, Tabago e la Trinità.
S'una linea più all'ovest trovansi la Margherita, Tortua, Los Roques, Orchilla, Aves,
Curagao, Buen-Aire e Aruba. Non faremo menzione speciale di un grandissimo numero
d'isolette incolte e disabitate, e di scogli o banchi.
Dodici delle Piccole Antilie sono incontrastabilmente vulcaniche, cioè : la Trinità, la
Granada, San Vincenzo, Santa Lucia, la Martinica, la Dominica, la Guadalupa, Nieves,
Monserrate, San Cristoforo, Santo Eustachio e Saba. Varie eruttano ancora fuoco, ma in
tenue quantità. La terribile eruzione dell'aprile 1812, che distrusse tutte le piantagioni
dell'isola di San Vincenzo, fu preceduta da più di ducento scosse sotterranee, che si fe-
cero sentire per più d'un anno. Tutti i vulcani delle Antilie sembrano essere in comu-
nicazione colla catena delle montagne primitive di Caracas, per l'intermedio delle isole
Tortua e Margherita. Del resto l'esperienza ha dimostrato che l'azione vulcanica si ma-
nifestava indifferentemente per la Guadalupa, San Cristoforo o San Vincenzo. Prova
della comunicazione delle Antilie vulcaniche colle montagne di Caracas si è che il tre-
muoto del 1812, che conquassava quest'ultimo paese, cessò in)mediataraente dopo l'e-
ruzione del vulcano di San Vincenzo.
Le montagne delle Antilie seguono la direzione che hanno le isole tra di loro, di ma-
niera che, considerandone solamente le vette senza portar l'occhio alle basi, si crede-
rebbero una catena dipendente dal continente, e di cui la Martinica sarebbe il promon-
torio più avanzato. Le più aite di queste montagne sono nell'isola di Cuba all'est, e
nell'isola di Haiti all'ovest : ne ha di 1722 metri d'altezza in Cuba, e di 1664 in Haiti :
alla Giamaica una di 1462 metri.
Abbondano porti su tutti i punti dellla circonferenza delle Antilie ; ma quelli situati
all'est sono assai meno sicuri ed ordinariamente meno spaziosi che quelli delie coste
occidentali. I banchi di sabbia e le scogliere, conosciute alle Antilie sotto il nome di
cayes, vi sono troppo frequenti, e sulle coste d'Haiti e di Cuba si trovano in maggior
numero.
Prodigiosa ne è la vegetazione, principalmente sulle isole d'una certa ampiezza, e
mostra un rigoglio non conosciuto altrove. Più di tremila specie rare crescono in questo
arcipelago, e vi si riscontra buon numero di piante europee, specialmente fra le erbacee.
360
eEOGIlAFlÀ — EPOCA DEClMOTTArA
§ 22. — Popolazione odierna e condizioni dell'America.
Ecco lo specchio offerto ùa\V Atlante di Colton, stampato a N. York nel 185S :
REGIONI GEOGRAFICHE
i. Terre artiche
2. GltoENLANDU .
3. Hkkinghia . .
4. Tkkra d'Hudson
5. Isole della pesca (Saint-
Pierre e Miquelun) . .
6. Canada, N. Scozia , N.
Brunswick, Tfhranuova
7. S TATI Umti dell'America
settentrionale ....
8. Messico
9. America Centrale
iO. Indie occid. o Antilie
Isola di San Domingo
Cuba , Portoricco , ecc
Giamaica, l)o!ninica,ecc
Guadalupa, Martinica ec
Isole sotto Vento, ecc
San Tommaso, ecc.
San Bartolomeo, ecc.
11. Colombia.
N. Granata . . .
Venezuela . . .
Equatore ....
12. Perù
Bolivia ....
13. Plata
14.
15.
Chili.
Brasile,
16. Gujana
17
18
STATI E GOVERNI
Estensione
in miglia q
iaglesi
Patagonia e Terra del
fuoco
Isole Falkland . . .
Non occupate . . .
Danese
Possessi russi . . .
Possessi della Compa-
gnia inglese della Laja
d'Hudson ....
Colonie francesi . . .
Colonie inglesi . . .
Repubblica federativa .
Repubblica federativa .
( Guatimala
Le cinque \ Costarica
repubblicbe iNicaragua
alleate di JHonduras
{ S.Salvador
Oltre la terra di Belize.
e la costa dei Mosquito^.
sotto la protezione del-
ringbitterra.
Impero d'Haiti . . .
Repubblica dominicana
Colonie spagnuole .
M inglesi . .
» francesi . .
» olandesi
» danesi . .
» svedesi . .
Repubblica federativa
Repubblica . . .
Repubblica . . .
Repubblica . . .
Repubblica . . .
Ditiatorato del Paraguay
Repubbl dell'Uruguay
Confederaz.' Argentina
Repubblica . . .
Impero costituzionale
Possessi inglesi . .
' » olandesi
' » francesi. .
Non occupate . .
Inglesi
600,000
380,000
481,276
2,436,000
118
442,338
2,936,116
829,916
28,90U
16,000
48,000
72,000
13,000
19,000
23,000
10,081
17,609
51,145
15,7S9
1,015
369
127
25
S21 ,948
426,712
287,658
49S,726
473,298
72,106
73,?)38
786,000
249,952
2,975,400
96.000
59,765
27,560
216,500
6,297
POPOLAZIONE
?
9,400
78,000
80,463
1,338
2,487,552
23,191,876 (1850)
7,661,520 (1852)
972,000
138,000
247,000
508,000
563,000
10,710
6,000
572,000
136,500
1,462,000
855,344
276,453
28,497
39,623
9,000
2,343,054
1,149,556
663,000
2,115,493
1 ,447,000
300,000
120,000
764,000
1,133,862
6,0()5,000
127,695
61 ,080
22,000
?
560
Le antiche colonie europee hanno le arti, l'industria e la coltura nostra, applicate alla
natura del paese. L'Aperica centrale e la meridionale, ancora nel travaglio della rige-
POPOLAZIONE ODIERNA E CONDIZIONI DELL'AMCniCA 361
nerazione, poco avanzarono nelle manifatture: vi si attendeva più allo scavo delle mi-
niere; ma anche queste vennero abbandonale, talché alcune Compagnie inglesi ne as-
sunsero l'impresa.
La canna di zucchero conta per la prima ricchezza d'America, se non si biidi al
sangue che costa. Fu portata dalla Spagna ad Haiti e alla Giamaica, poi a Cuba, San
Domingo, Trinità; un'altra specie venne direttamente dall'Asia orientale, una terza
dall'Africa: e v'ha canne alte fin 30 metri, A Tahago, nel 15G0, fu trovato il tabacco, le
cui qualità migliori vengono dall'Avana, dalla Virginia, dal Maryland. A Jalapa racco-
gliesi la radice purgativa di tal nome. Le isole niandano caffè; le foreste del Perù la
preziosa corteccia della chinachina; le Floride possedono l'albero della cera. Il mais frut-
tifica tra il 43" parallelo cord e il 42"^ sud: al Chili gli ulivi hanno sin 3 metri di circon-
ferenza: il miglior cotone raccogliesi presso Tucuman, e sul nopal si nutre l'insetto che
dà la cocciniglia. Le produzioni europee al Messico non fanno che tra i 1400 e 1300
metri sopra il mare, e il banano soltanto a loOO metri. Inesausta ricchezza sono le fo-
reste vergini del Brasile; e dalle magnifiche di Onduras gli Inglesi nel 17G9 levarono
100,000 piante di mogano, 100,000 chilogrammi di salsapariglia, 10,000 scaglie di Tar-
taruga ; e sempre continuano a levarne il mogano ed il campeggio. La Carolina manda
fuori risi eccellenti; Guatimala l'indaco e il cacao; Cuenca cercatissimi frutti confet-
tati, Fernambuco il legno di Brasile. Le immense pianure dell'America meridionale
danno milioni di bestie cornute, che si uccidono unicamente per usarne le pelli, che
salate si mandano in Europa. Dalla pesca si ricava ancor più che dalle miniere; e sol-
tanto da Terranova, dove concorrono fin 2o,000 navi con 3i mila uomini, si ha in mer-
luzzo per 3j milioni. Immensi banchi d'ostriche sono sulle coste della Florida. Una
Società inglese, residente a Londra utilizza le pelliccie del nord; una Società russa,
stanziata a Irkuslk in Siberia, quelle del nord-est.
Abbondano le miniere d'oro, d'argento, di diamanti. Il filone d'argento di Veta
Madre è grosso 50 metri ; 23 quel di Veta Grande, sulla lunghezza di 2200 chilometri:
la montagna argentifera di Foiosi è forata da ^000 cave. A Pasto e Choco si cava il pla-
tino; a Mozzo presso Bogota gli smeraldi ; a Sant'Agostino nel Chili le ametiste; a Villa
ricca e Teyuco nel Brasile i diamanti ed altre gemme; all'isola Margherita le perle,
che però l'improvida avidità esaurì presso Ayachuco nel Perù il mercurio. OgL-i il
mondo è pieno delle meraviglie dei nuovi terreni auriferi della California, spazio di 300
miglia in lunghezza sopra 30 in 40 di larghezza, donde si traggono da 420 in 450 mi-
lioni di lire l'anno; e lavorando centomila persone, non potrebbero in un anno scan
dagliare 20 miglia quadrate; sicché sei secoli vi vorrebbero ad esaurire quelle alluvioni,
poi rimarrebbero le montagne, dalle quali la pioggia le slaccò.
Di suprema importanza sarà il mettere il Grande Oceano in comunicazione coll'Allan-
tico, traverso all'America centrale, tagliando l'istmo di Panama o quel di Nicaragua.
Quest'ultimo taglio stavasi enèltuando da una Società olandese, allorché fu sciolta dalla
rivoluzione del 1850. L'istmo di Panama fu esplorato regolarmenle, e si trovò che l'e-
levazione maggiore, fra due fiumi che sboccano uno nel golfo di Panama e l'altro nel
mediterraneo Colombiano, è solo di 13 metri sopra l'alta marea, e di 21. 50 sopra la
bassa: onde si potrà far un canale di 42 miglia italiane, largo metri 4J, e profondo
6.50, cioè navigabile da legni di lOUO in 1400 tonnellate; e costerà assai meno che il ca-
nale Caledonio di Scozia, 0 quello del Nord nei Paesi Bassi. Allora quell'angusta lingua,
ora quasi deserta, diverrà punto importantissimo di commercio e di strategia; l'Furopa
si troverà ravvicinata di migliaja di miglia alle coste occidentali del nuovo continente,
alle innumere isole della Polinesia, alla Malesia, e alle contrade opulente che stanno
sul pendio orientale e meridionale dell'Asia.
La speranza di questo fatto rende i Nordamericani sempre più vogliosi d'occupare l'A-
merica centrale. Essi hanno speso a quest'ora, per annettere nuovi paesi, 217 milioni di
dollari; di cui 110 a tribù indiane, 25 alla Francia per la Luigiana, 6 li2 alla Spagna
per la Florida, 10 al Texas, 23 al Messico.
k
362 GEOGRAFIA — EPOCA DECIMOTTAVA
25. — Gl'indìgeni.
Difficilissimo sarebbe il voler assegnare l'estensione e la popolazione dei paesi tuttora
appartenenti agli indigeni. 1 coloni dilatano ognidì la dominazione loro su qualche
nuovo terreno, col diritto che dà la superiorità di civiltà e l'arte del coltivarlo: pure
una buona metà spetta ancora ai naturali. Le solitudini gelate degli Eschimali, eie me-
ridionali dei Patagoni ; il nordovest, dal polo sin al golfo di California; il bacino del
Missuri sin alla frontiera dello Stato che ne trae il nome; il centro dell'America meri-
dionale, sono indipendenti: ma la popolazione è rarissima. Tra questa nominano, oltre
gli Eschimali e i Patagoìii, gli Araucani all'ovest delle Ande; i Mocobi e i Guana nel
Chaco; i Cichitos nelle parti orientali della Bolivia; i Qiiaycura sull'Alto Paraguai ; i
Caraibiaì nord della Sud America, e le tribùin riva all'Orenoco, al Para, al Rio Negro,
nella Gujana ; il nord del Brasile; gli Aztechi nel Messico ; i Paloni in riva al Lup affluente
del Piata; gli Arrapahoi su questo fiume; i Comanchi (ra le sorgenti del Missuri, l'Alto
Arkansa, il Colorado e il Rio del Norte; gV Indiani Serpenti nel bacino della Colombia; i
Siux-Dacota, nazione la più potente fra le indipendenti del Nord; i Creki e Sceroki
negli Stati d'Alabama e di Georgia; i Seininoli nella Florida; gli Urani od Irochesi che
formano la confederazione delle cinque nazioni; gVIIlinesi ; i Ce'ppm-a?/ nel Canada ecc.
Quant'è specialmente degli Stati Uniti, nel censimento uffiziale del 184J, gli uomini
rossi ragguagliavansi a 342,058; il nuovo, pubblicato nel 1858 dall'Uffizio degli affari
indiani, li divisa cosi :
Alabama Creeki 25,000
California di varie razze 55,639
Caroline Caiatvba 200
Florida Seminoli 500
Indiana Miamii 113
[ Cippeicay del Lago superiore lOO
\ Cippeway e Otiaicay 5,152
Michighan < Cippeivay di Sagin&u •1,540
I CipppAcay di Swan-Creek 138
( Potovatomii . 281
Mississipi . : . . . Choctawi 1,600
Seneca 2,557
Indiani di San Regis 450
N, York \ Tuscarora 280
Oneidi 249
Cayughi 143
Comanci e Kioivay 2,000
Asadacoi, Caddos e Joni 3,000
Witchiti 950
Texas { Tonkawi 400
Keeckii, Towacarros, eoe 300
Lipani S60
Musealeoros od Apaci 400
Menomonii . 1,950
Cippeiray . 4,940
Wisconsin j q^^^^^ 978
f Stockbridgi '1,950
Oltre di ciò, nei quattro Stati di Alabama, Georgia, Carolina settentrionale
e Tennessee abitano Cherochi 17,530
INDIGENI dell'america
363
Nei Territorj v'ha;
Kansas
Minnesota j
Nebraslta .... ^
N. Messico ....
Utah
Oregon
Washington. . . .
Trovansi ancora:
all'ovest dell'Arkansas
lungo l'Arkansas .
sul Missuri superiore.
Cippeicaij di Swan-Creek 33
Cristiani o Minsi 44
Delawari 902
h'ansa 1,37S
Joìcay 435
Oltawa 249
Potoiratomii di Huron 3,440
Piankeshmca, Wea, Peoria e Cascachi. . . . 220
Stockbridyi 13
Shawnii 8Si
Mississipi 1 ,626
Missuri 180
Cippeicay 2,206
Mi!^sissipi-Siux 6,285
]]'innedagsi 2,546
Homaha 800
Ottoi e Missuri 600
Ponka 700
Pawnii 400
Apaci 7,000
Navai 7,500
Puebla- Indiani 40,000
Utah 2,500
Comanci nomadi, Cheyenni^ eco 17,000
di varie rarze 1,500
Wiandoti 554
Cherochi 7,500
Chidkasato ■ 1,000
Creeki ; . . 4,787
Quapaw 314
Sanduschi 180
Setieca e Shatvnii 271
Seminoli 2,500
Osagi 4,098
Arrapahoi 800
Comanchi 5,600
Cheyenni 2,800
Kiotcay 2,800
Sjucc delle pianure . 5,600
Assiniboini 220
Arikari 3,560
Pie neri 500
Cornacchie 3,360
Ventruti 750
Mandani 250
Minetari 2,500
Creeki 800
Siux 15,440
Totale. . . . 314,622
che possono benissimo recarsi fino a 550,000.
Non si creda che questi paesi indipendenti giaciano in assoluta barbarie. Si sa che
prima della conquista possedevano arti e qualche scienza ; e basterebbero per testi-
monio le grandiose rovine che ogni giorno vi si discoprono. Ma anche i popoli odierni
364 GEOGRAFIA — EPOCA DECIMOTTAVA
parte conservarono, parte appresero qualche forma civile ed esercizio di mestieri. Gli
Araucani, gli Osagi, i Cherochi, i Muskoghi, i Mocol)i ed altri attendono all'agricoltura,
lavorano d'argilla, dipingono stoviglie: nel che s'industriano moltissimi popoli, mas-
sime nell'America del Sud. In quella del Nord sanno coltivare i hanani, il mais, il co-
tone, il manioco; tessono tele, preparano pelliccie e corLeìle di canna; cuciono e ri-
camano; alcuni sanno perfino operar il ferro e il rame. I Gauchos, che nei pampas
della Piata custodiscono mandre di fino 10,000 cavalli inselvatichiti, sono spagouoli di-
venuti barhari. Dicesi che i pascoli di Buenos Ayres nutrano 12 milioni di vacche, 3
milioni di cavalli, e innumerevoli pecore. Gli Araucani son cavalieri indomabili, e fanno
escursioni fino di 1200 chilometri al Chili e nei pampas di Buenos Ayres devastando.
Molto resta ancora a fare alla generazion nostra per ditTondere l'incivilimento sulle
aride rupi calcari della California, nei llanos di gres, lavati un tempo dall'Oceano, nelle
savane percorse da tribù, inselvatichite al par de' cavalli e degli armenti, nelle impene-
trabili foreste ove si ricovera l'indiano cacciatore, negli insalubri pantani alla foce de' gran
fiumi. S'hanno a combattere alture immense, fiumi senza pari, geli e calori stemperati,
foreste vergini, fiere diverse, secondo che s'affrontano ne' boschi, nelle savane, nei de-
serti; serpenti e insetti velenosissimi, piante che uccidono pur coll'ombra, miasmi pe-
stilenziali delle umide e calde pianure, diluvj di pioggie, orrendi temporali, eruzioni
di vulcani, scosse di iremuoti, trabocchi vastissimi di fiumi, natura diffidente o ma-
ligna degli abitanti.
§ 24. — Lingue.
L'America numera moltissime lingue (Balbi dice 423, Vater SCO pel solo Messico) il
cui materiale glottico è talmente diverso, che riescono inintelligibili una all'altra : ep-
pure, se il corpo è differente, la struttura grammaticale è identica dalla Groenlandia al
capo Horn. Né basta: esse formano uno speciale sistema di lingue, che fu da Dupon-
ceau (Reports onthe lunyuages uf the American Indiana; 1819] primamente chiamato po-
lisintetico, e da A. Humboldt piìi convenientemente agglutinante,'di cui, fuori del con-
tinente americano, la sola lingua basca presenta una qualche analogia.
L'agglutinazione fa sì che la significazione del nome cede il posto a quella del verbo,
sicché in esse lingue sovrabbondano le forme verbali, e nomi, pronomi e preposizioni
sono fatti schiavi del verbo, che li raduna e ne compone un solo vocabolo. Per esempio,
nella lingua messicana ni-na-ca-Qua, quattro monosillabi congiunti, indicano : io mangio
della carne.
Vuoisi peraltro osservare che, se i linguisti americani, come Duponceau, Pickering,
Squier {The stutes of centrai America. (N. York, 1838), riconoscono spettare tutte le
lingue americane indigene ad una sola classe, il berlinese Sleintlial {Die Classifìca-
tions der Sprache ; 18a0) pone le messicane in un gruftpo, e le nord americane in un
altro, e sono i gruppi vm e ix della sua riassificazione delle lingue giusta lo sviluppo
dell'idea. Quando lo studio delle lingue dell'America centrale ed australe sarà più inol-
trato, forse si potrà distribuirle scientificamente in diverse serie, giacché, per esempio,
l'idioma Otomi, secondo Naxera {Transoctiuns ('f the Americaìi philosuphical Society;
1833), sarebbe a considerare più monosill.ibico che polisintetico o agglutinante. Ow per-
altro ciò fosse, non sarebbe che un'eccezione.
Le lingue dell'America settentrionale furono da .\lberto Callatin {Transactioììs of the
American elhnological Society ; 1848) distribuite in venlidue gruppi:
al nord
1. Ef^chimale
11. Chenai
IH. Athapashe dalla baja d'Udson al Pacifico,
ad est delle Montacne rocciose
nord
ad est del Mississipi ad ovest del Mississipi
IV. Algonchine i vi. Siux
V. Irochesi « vii. Arrapahot
al
nord de
gli Stati Uniti
XVIII.
Chulische
XIX.
Schittagete
XX.
Naas
XXI.
Wachas
IINGI'E AMERICANE 3G5
Vili. Calawbas i xiir. Adaize
IX. Cheroche \ xiv. Chetimachas
sud <^ x. Chocta-Muskog ' xv. Atiacapas
XI. Uscee. j xvi. Caddos
XII. Natche [ xvii. Pawne
ad ovest delle Montagne rocciose
negli Stati Uniti
XXII. Chitunaha
xxiii. Tsihaili Selis
XXIV. Sahaptin
XXV. Waiilaptu
XXVI. Tshinoochis
XXVII. Chalapuya
xxviii. Jacon
XXIX. Lutuamis
XXX. Sa.s/e
XXXI. Palaim'che
XXXII. Shoshone
Per le altre parti dell'America si hanno monografie linguistiche, non lavori compara-
tivi; epperò bisognerà star contenti a citare le lingue delle popolazioni principali, che
per l'America centrale sono : l'oregona, la camantsika, che novera quattro rami* l'aztekn,
l'otomia, la messicana, l'er l'America australe la onodimarcania, che si suddivide in
tre, diremmo dialetti se fossero niinori le difTerenze-, la peruana, che conta quattro
idiomi; l'antisana, l'aramana, suddivisa in (re; la pampa, parlata da dieci diverse
tribù; la tscikita, parlata variamente da undici tribù; la moka, parlata da otto tribù; la
guarani o cariba, la botokuda o aymora, la brasiliana e l'orenoka.
Le lingue antiche si adopraoo da poeti indigeni , massime fra i Ciacta, e nella buona
società del Perù. Il raraibo lodasi per gran dolcezza; l'algonchino è la lingua classica
dei deserti al nord del San Lorenzo: e un giovane indiano degli Stati Uniti compose
non è guari un alfabeto di ottantanove lettere, ch'ei diflbnde tra' suoi compatrioti, e in
esso tradusse la Bibbia.
Dalle varie grammatiche d'esse lingue, dalla versione in esse fatta del Nuovo Testa-
mento, specialmente per cura de' missionarj anglo-americani, appare la loro ricchezza
glottica e grammaticale, e come, malgrado le forme complicate e così diverse da quelle
delle li ngueinflettive, offrano una costruzione filosofica, precisa e regolare così, da poter
esprimere ogni più fina tinta dell'umano concetto.
§ 25. — Asia. Divisioni politiche.
Dell'Asia sono undici le principali regioni. A settentrione, i. la Siberia; a ponente,
2. la Turchia asiatica, .5. l'Arabia ; al centro, 4. il Turkestan, 5. la Persia o Iran, 6. l' Af-
ganistan, 7. il Belucislan; a mezzodì, 8. l'Indostan, 9. l'Indocina; a levante, 10. la
Cina eli. il Giappone.
Della Siberia e della Turchia Asiatica abbiamo detto alle pag. 351 e 320.
III. L'^ rabia, estesa su 2 milioni di chilometri, fu in parte sottomessa dal viceré
d'Egitto, ma il più cooiinua l'antica vita nomade. È divisa in molti .stati, di cui i prin-
cipali sono gli imamali di l'eme?», cipriale Sanaa ; £/-Onian, capitale Mascate ; El-Negid,
ch'è la più gran divisione geografica dell'Arabia, imperfettamente conosciuto. Ivi creb-
bero i Vahabili, la cui capitale Derreyeh dopo la concjuista di Mehemel-Alì perdette ogni
importanza.
IV. Il Turkestan o Tartaria indipendente, superficie di 500 mila chilometri fra
il Caspio, la Russia, la Cina, la Persia, l'Aft^anistan e l'Herat, benché molta parte sia
deserti di sabbia mobile o laghi salati, tiene ricchissimi pascoli, e a! sudest ricche
366
GEOGKAFIA — IvI'OCA DECIMOTTAVA
città; quali Samarkancla (la Maracanda d'Alessandro Magno) descritta per deliziosis"
sima dall'imperatore Babur, e come un paradiso terrestre dai poeti; oggi città me-
diocre di provincia con forte cittadella. Bókara (Margiana o Battriana), sede del kanaio
che ora abbraccia tutti que' paesi centrali, ha 8 miglia di giro con 3G0 moschee, 60
collegi, 38 caravanserragli, 16 stabilimenti di bagni, 4S bazar; le case son come le
pompejane, senza finestre esterne, e attorno ad un cortile, per lo piìi d'un solo piano ;
v'abitano da 80 mila anime; è la metropoli universitaria dell'Asia media. Balk , un
tempo detta la regina delle città.
All'ovest non v'ha che nomadi, e specialmente i Kirghizi. Parte di questi si rico-
nosce vassalla de' Russi, i quali spinsero una spedizione contro Kiva (Partia), lor
capitale, al sud del lago Arai, posta, più direttamente che la Persia, fra la Russia e
l'India inglese. I Kirghizi della grand'orda errano pel paese fra il mare d'Arai e il Ca-
spio, e fin al lago Issi-kul nell'impero celeste, sotto capi che talora fanno omaggio alla
Russia, talora alla Cina, non per altro che per averne doni,
V. La Persia^ o impero dei Sofì, sta nella regione elevata fra la Turchia asiatica,
il Turkestan, il Caspio, le provincie russe del Caucaso, il golfo Persico, l'Afganistan;
fra 42" e ei" di longit. orientale, 26" e 39" di latit. L'impero è diviso in 11 provincie ,
di cui daremo i nomi moderni ed antichi, per quanto lo permette la differenza dei con-
fini che hanno spesso variato :
Nomi moderni
Nomi antichi
Irak-Agemi. . . . Gran Media, Partia.
Tabaristan
Mazenderaa
Paese dei Tapiri , Ircania
Ghilan Paese dei Gelj o Cadusj
Aderbigian. . . . Media Alropatene
Curdistan . . .
Elimaidc o paese d'Elam.
Cursistan , , . , Susiana
Citta principali
Teheran o Tebran
Ispahan
Cascian
Com
Amadan
Casbia
Zengiaa
Sultanié
Demavend
Damegan
Sari
Amol
Faraabad
Ascraf
Barforus
Asterabad
Rest
Enzili
Tauris o Tebriz
Ugian
Morega
Aar
Aderbil
Coi
Selmas
Miane
Urmia
Sabalag
Chirmanscià
Senne
Sciuster
Dizful
Corrcmabad
Avais 0 Aviza
ASIA 3G7
Nomi moderni Nomi anlichi Città principali
Sciraz
Istacar
Murgab
Fesa 0 Bessa
Daiabgherd
Farsistan .... Perside ^ Firozabad
Cazerua
lezdcart
Surma
Argian
Giarun
Bender-Buscer o Buscir
ÌLar
Velazgherd
GomrunoBeader-Abbasi
Kerman Carmania Kerman
i Mesced
Cor§ssan . ... . Partiene, Aria j Nisciapur
' Cabuscian
La Persia è presa in mezzo dai possessi russi ed inglesi, e scompigliata dalle guerre
civili. D5po la divisione avvenuta alla morte di Kulikan nel 1747, si formarono quattro
regni indipendenti : Vlran o Persia propria, il regno di Cabul o degli Afgani, il regno
à'Herat, e la confederazione degli Saki. Ora sull'estensione di 1,300,000 chilometri
quadr., cioè più che Francia e Germania insieme, la Persia ha circa 10 milioni d'abi-
tanti, di cui 3 son nomadi, 4 agricoli : gli altri abitano nelle città, fra cui son principali
Ispahan (180 mila). Tauri (160 mila), Teheran, residenza dello scià (120 mila), Mesceb
(100 mila). La più parte son musulmani, cioè 7 milioni e mezzo della confessione sii-
tica, 300,000 dissidenti di varie sette, un milione e mezzo sunniti : circa un mezzo
milione fra Cristiani /"Armeni e Nestoriani), Ebrei, Guebri, Idolatri.
Il tesoro spirituale (Beit-ul-MàlJ ha circa 3o milioni di rendita, che servono a man-
tener le moschee, i ponti, i bagni, pagare i giudici, sovvenire i poveri pel pellegri-
aaggio, e per gli assegni ai discendenti del profeta.
Il tesoro della corona ha circa 100 milioni, oltre i doni straordinarj che si fanno al
sovrano, e serve alle altre spese dello Stato e della Corte.
VI. W Afgan istan (Aracosia. Paropamiso), paese vasto quanto l'impero d'Au-
stria, è fra la Persia, l'Indo e il prolungamento dell'Imalaya detto Indu-koh. Formava
cinque principati indipendenti, di //era/, di Candelai^ di Pisciauer, di Cabul, àìSegestan
o Seistan. Principali città Cabul e Candaar, da antico considerate quali porte dell' In-
dostan : una mette al Turan o Alta Asia, l'altra all'Iran o Persia; sicché importa il ben
custodirle, come quelle che proteggono l'Indostan dagli stranieri. Gl'Inglesi credettero
di suprema importanza il collocare sul trono di Cabul un re vassallo, affinedi protegger
di là l'India e minacciare la Persia e la Bukaria. Dell'Herat disputarono la primazia
la Persia sostenuta dai Russi, e il Cabul sostenuto dagli Inglesi. La capitale Herat
(100 mila anime) fu fortificata dagli Inglesi.
VII. Il Belucistan (Gedrosia, Aracosia) è al sud dell'Afganistan; e cosi il Sindi,
0 principato dei tre emiri, sovra cui dirigonsi le operazioni militari degl'Inglesi. È una
confederazione di piccoli territori, i cui capi riconoscono la primazia di quel che siede
a Kelat, fattosi da poco indipendente da quello del Cabul.
Vili. W India geograficamente si divide in
a. Indostan settentrionale, in cui trovansi da occidente in oriente il Cascemir, il
Ghencal, il Nepal.
h. Indostan meridionale o proprio, che comprende la maggior parte di quel che fu
impero del Gran Mogol : e le sue provinole sono, da ovest in est, il Lahor, il Multan,
il Sind, il Katch il Guzzerate, il Malica^ YAgemir, il Delhi, VAyra, VAud, ì'Allahabad,
il Uehar, il Bengala,
i
368 GEOGRAFIA. — EPOCA DECIMOTTAVA
c. Decan settentrionale, che abbraccia il Kancleisch, V Aurengabad, il Begiapui\ VAi-
derabad, il Dider, il Derar, il Gandwana, VOrissa, i Circari del Nord.
d. Decan meridionale o paese al sud del Crisna, suddiviso in Canara, Maialar, Kocin,
Travancor, Koimbelud, Carnatico, Salerno Barramahat, Maissur, Balagat.
e- Le Isole, di cui principali il gruppo di Salsetta o di Bombar/, quello di Seilan,
l'arcipelago delle Lacchedive, e quello delle Maldive. Seilan (Toprobana degli antichi) è
un paradiso terrestre, profumato dagli alberi della cannella, del noce moscaio, delle
altre preziose piante equinoziali; arricchito di diamanti, rubini, ametiste, topazj, za-
firi, perle: capitale Colombo. Vuoisi che le Maldive sieno i2 mila, in il gruppi; im-
portanti pel commercio e perchè vi si pescano le conchiglie dette cauri, che servono
di moneta spiccia nell'India, nel Cabul, nell'alto Tibet, nella Cina meridionale, e in
gran parte dell'Africa. Le 32 Lacchedive (di cui 19 principali) sono cinte di banchi di
coralli.
Jl Gange, come molt'altri fiumi dell'Asia, dilaga da aprile a luglio, fecondando le
spiaggie.
L'India politicamente si distingue in
a. India Inglese, che era fin al principio del nostro secolo, l'impero del Granmogol.
he dipendenze della Compagnia delle Indie stendeansi nelle due penisole dell'india
fra il mare d'Oman, l'Indo, il Sutlege. l'imalaya, l'Irauaddi, il golfo di Bengala, il mar
delle Indie. Formavano quattro presidenze con più di 150 milioni di sudditi imme-
diati, cioè:
1» la presidenza di Calcutta, che comprende il nord dell'lndostan e le po^ssessioni
transganfzcliche. Calcutta, che nel ìlil era un villaggio appena, or ha 600 mila abitanti
e 35 giornali. Nel paese Iransgangetico il/afaeca decadde ; sorse invece rapidissima Sm-
gapor, divenula una delle piazze più commerciali d'Asia;
2^ di Madras nel Carnatico: nella capitale, di 460 mila abitanti, siede la Società
Asiatica ;
3» di Bombay: la capitale, di 200 mila abitanti, è il miglior porto dell'India ;
4' di Agra: la città, molto decaduta da quando era sede del Granmogol Akbar, or
va rialzandosi. Ne dipendono Benarele sul Gange, la Romane l'Alene dell'india; e Delhi,
un lempo corte splendidissima. La Compagnia nel 1843 comprò dalla Danimarca per 2
milioni di franchi Tranquebar sulla costa del Cororaandel, e Sirampor bella cittadina,
poco discosta da Calcutta.
Oltre queste possessioni immediate, una quantità di principotti sussisteano i Berar,
J/j/sorc, Travancore, Iderabad. ecc., riconoscendosi vassalli e tributar]; onde vengono
sotto la protezione inglese altri 48 milioni d'anime. Di là l'Inghilterra si spinse a nuove
conquiste nell'impero de' Birmani, nel Sindia, nel Cabul, nel Nepal, nell'Aud. Nel
golfo l'ersico prese /t'oracfc all'entrala dello stretto di Bah elMandeb; Socotora, la mag-
gior isola d'Africa dopo Madagascar ; Aden sulle coste d'Arabia.
Ecco la serie cronologica delle conquiste fiitte dogli Inglesi:
1754. Ventiquattro perganaahas dal nabah di Bengala,
1758. Muzulipatuam dal nizarn.
1760. Burduan e Sciltagong dal nabab di Bengala,
176S. Bengala, Bahar, Orissa dall'imperatore di Delhi: Glahir nel Madras dal nabab
di Arcot.
1775, Zemindary dal visir di Dude.
1776. l'isola di Salsette dai Maratti.
1778. Nagpur dal raja di Langor; Guntur-Cicar dal nizam.
1786. Pulo-Pinang dal re di Queda.
1792. il Malabar da Tippu-Saib; Femgor dal raja.
1800. le Provincie di Misor dal nizam.
1801. il Carnatico dal nabab; il Korukpora dal visir d'Aud.
1802. lìiindelamd dal peischwah.
1803. Kulinc e Hallasa dal raja di Berar; il territorio di Delhi da quello di Sindia.
1805. parte del Giizzerate da Gurcecian.
1818. Kandescda Ilolkar; Ajmere da Sindia Punah ; il paese de' Maralti dal peischwah;
i distretti sulla Merbudda dal raja di Berar.
Asu 369
i824. Singapor dal raja di Jukore.
d82S. Malzera dal re d'Olanda.
1826. Assam, Arracan, Tennasserim dal re d'Ava.
1834. Coorg dal raja.
18il. Sindu dagli Amur.
1849. il Pengiab dai Sikl.
4853. Pegù dal re d'Ava.
Ì8S6. Il regno d'Aud,
Un documento pubblicato per ordine della Camera dei Comuni, dà lo stato della po-
polazione delle Indie inglesi, ed il sommario generale delle entrate e delle spese per
l'esercizio terminato coll'aprile '1856.
A. Stati sottomessi al governo abitanti
i. del governatore generale dell'India 23,255,972
2. del luogotenente governatore del Bengala 40,852,397
3. — delle provincie del Nord 33,655,193
4. — di Madras • . . . 22,437,297
5. — di Bombay 41,790,042
B. Stati indigeni
4. della presidenza di Bengala 38,702,206
2. — di Madras 5,213,674
3. — di Bombay 4,460,370
C. Territori stranieri 547,149
Totale 480,884,297
Le entrate salirono a 27,692,924 lire sterline (fr. 692,323,000), dove sono inscritti:
la rendita fondiaria per fr. 378,709,000
le dogane 47,411,975
i sali (non compresi i diritti percepiti all'importazione dei sali stra-
nieri , 58,950,425
l'oppio «f 421,439.475
« la posta ed il bollo 17,414,825
Le spese furono di 29,754,490 lire sterline (fr. 743,862,250), e si suddividono così :
Spese fatte nell'India . . fr. 662,172,975
« nell'Inghilterra 81,689,275
In questo totale son notate:
spese di percezione dei diversi rami di rendita 407,234,375
amministrazione civile e politica 56,405,475
» giudiziaria. 61,635,800
» militare (marina compresa) 278,690,950
lavori pubblici (non comprese le costruzioni o riparazioni delle fab-
briche militari) 39,554,400
Le spese quindi sorpassarono le entrate di 51,539,150 lire.
La Compagnia solcò l'India di strade comuni e di ferrate, congiungendo Calcutta,
Bombay, Madras coi punti più importanti; diffuse canali per lo sviluppo di 277 chilo-
metri tratti dal Giumna, e di 1660 dal Gange. Essa aveva il debito di 62 milioni di
sterline, che importava quasi 3 d'interesse, allorché scoppiò la rivoluzione nel 1857, per
la quale si trasformò il governo del paese, non più affidato ad una Compagnia di mer-
canti, ma al re dell'impero britannico.
6. Regno di Lahor o degli Siki, che dopo il 1805 si divisero in orientali e occidentali:
quelli son vassalli dell'Inghilterra; questi sotto la condotta di RungetSing acquistarono
un'importanza, che ricadrà tutta a profitto degl'Inglesi.
e. Regno di Sindia, potentissimo al principio del secolo, trovasi ora ridotto in an-
gusti confini, e tutto cinto da possessi inglesi, talché indipendente è solo di nome.
Capitale Gicalior.
d. Dicasi lo stesso del regno di Nepal, che si stende al nord del Gange fra la presi-
denza di Bengala e le inaccessibili vette dell'Imalaya, per 250 leghe da est a ovest, e
Càntù, Documenti. — Tomo I, Geografia politica. 24
370 GEOGRAFIA. — EPOCA DECIMOTTAVA
per 50 da nord a sud. Capitale Katmandu. Gl'Inglesi or ora l'acquistarono per prender
a confine i geli e le insuperabili creste del Dawalagiri
e. Regno delle Maldive, composto di quell'arcipelago d'isolotti. 11 sovrano del paese
prende titolo di sultano, e siede a Male.
f. /^ossessi portoghesi e francesi (Vedi pag. 308 e 325).
IX. Nella penisola orientale dell'India, o Indocina., superficie di 1,800,000 chil., di
là dalle possessioni Iransgiingetiche degl'Inglesi, trovansi: 1" l'impero Birmano al nord-
ovest, capitale lìangun (U) mila abitanti). Dopo le cessioni falle agli Inglesi. nel 1826,
è di mollo ristretto fra i possessi di questi 2' 11 regno di Siam al centro, capitale Bankok
(90 mila abitanti), la città di maggior traffico nell'India transgangetica. Nel 1768 Piatale
lo sottrasse ai Birmani, e fondò una nuova dinastia, or prosperante. 3' piccola parte
della penisola di l\Ialacca, cioè la occupata da selvaggi e negri. È rimpetto e vicina alla
grand'isola di Sumatra, che gli antichi credettero attaccata alla terra ferma, e denomi-
narono Chersoneso aurea. 4' L'impero di Vietnam o Annam all'est, che racchiude i
regni di Cocincina propria, di lonchin, di Cambogia, con viceré: //«e capitale (200 mila
abit.). Or ora i Francesi acquistarono nella bassa Cocincina sei provincie con 2 milioni
d'abitanti.
Negli arcipelaghi Andaman e Nicobar si posero coloni inglesi, austriaci, danesi; ma
ne furono sempre respinti dalla mal'aria.
X. Impero Cinese. La sua immobilità fu scossa dall'urto che gli diedero gl'Inglesi, e
cui conseguenza fu l'aprirne nel 1842 alcuni porti; oltre lasciare gl'Inglesi piantarsi
nell'isola di Hong-kong, la quale diverrà uuo de' punti principali del commercio del
mondo. Altre guerre schiusero aflatto l'impero, sowolto poi da rivoluzioni interne, delle
quali non bene è conosciuta l'indole, ne prevedibile l'esito.
Dividesi in a) Cina propria, cioè il sud-est del graiid'impero con Peking, Nanking,
Canton. È partita in fu (provincie), ceu (dipartimenti) e hian (distretti).
Sottomessi alla Cina sono; b) la Zungaria (clan chan-pe-lu) in 5 divisioni militari,
e dove sono i nomadi Eleuti ed i Calmuchi-Torgoli. e) La Piccola Bucaria (Thian-chan-
nan-lu), che è il Turkestan cinese.
Paesi vassalli sono: d) il Tibet sul pendio settentrionale dell'Imalaya, capitale Lassa,
ove siede il dalai-lama: è distinto in 4 provincie.*e) il Butan. f) La Corea penisola.
g) Il regno di Lieukieu, che racchiude le isole di questo nome e di Magicosema. »
Paesi tributar] sono: h) Manciuria al nord-ovest della Cina, da cui la divide la famosa
muraglia, ed è patria della stirpe dominante, i) La Mongolia propria, cioè paese dei
Mongoli, paese dei Kalka ed il deserto immenso di Cobi. /) 11 Kuka-noor, coperto di
tribù nomadi.
Secondo il censimento fatto nel 1852, erano nella Cina 596 milioni d'abitanti: ora
ne valutano 415 milioni, con città fra 1,000,000 e 300,0(i0 abitanti, e villaggi sin d
25,000. Peking, capitale, è situata in un'estesa pianura sul Yu-ho, girata per 9 leghe
da altissime mura di mattoni, dentro affollata di fabbriche, cortili, giardini mirabili
per la bizzarria. Vi siedono il tribimale dei principi, quello dei mandarini, dei riti,
delle entrate, della guerra, dei delitti, della storia e letteratura; v'ha un collegio impe-
riale e scuole numerosissime, un osservatorio astronomico, una stamperia regia, una
biblioteca, gallerie di storia naturale, gazzette, teatri, ricoveri, molt'altre istituzioni che
ricordano la civiltà delle capitali europee. Gli abitanti pare ascendano a 1,700,000.
(Vedi a pag. 166-7).
Pel trattato di Nanking nel 1842 furono aperti al commercio straniero i porti di Canton,
Amoy, Fu-ceu, Ningpo, Sciangai. Per quello di Tien tsin del 1858, quelli di Kiung-ceu
sull'isola di Ilainan; di Taivan sull'isola di Formosa: di Swatan sullacosta della pro-
vincia di Kwang tung; di Ci fu sulla costa settentrionale della provincia di Sciang-tung;
Kiu-kiang e Hang kau sull'Yang tse-kiang. 11 trattato di Peking 24 e 26 ottobre 1860
aprì il porlo di Tienlsin. Hong kong nel 18i6 avea 7000 abitanti, che nel 1802 ne ha
120 mila. Il telegrafo elettrico è steso dalla frontiera russa fino a Peking.
XI. L'impero del Giappone (Nifon) è formato da una serie di 5850 isole, e dividesi in
10 regioni (c/o), suddivise in provincie (kokf), composte di più distretti (koris). È paese
delizioso, sol turbato da frequenti tremoti, in grazia de' quali fanno le case di legno
e d'un solo piano, onde estesissime le città. 20 vulcani sono attivi : suolo montagnoso,
ASIA 371
fatto (erfile dall'ope.rosit;"i: il grano indigeno non basta: han riso, legumi, alghe marine,
patate, flutti, pesci e molusclii di mare, volatili, miele, e altboiidanlissime tartarughe.
11 Ime e la vacca non servono che a portare e tirare: la carne consueta è d'una specie
di balena detta Siebi: allevano pochi montoni, capri e porci: non bevon latte, ma con-
tinuamente il the senza zucchero: dalle poche vigne non si trae vino, ma col riso Tassi
un'aci|uavita detta Saki. Molto conunercio di pelli, pelliccie e corni di bestie (selvagge.
Non cacciano che i signori ed i prmcipi. incalcolabili sono le ricchezze minerali, forse
non inferiori a quelle della California. Sono valenti da secoli nella combinazione dei
metalli e dei colori. Cotone, seta, canfora, olio e cera vegetali forniscono i principali ar-
ticoli di commercio; eccellenti il the e il tabacco: stupenda la vernice. Coll'albero da
carta fanno libri ed abili: dai bachi di gelso hanno la seta pei ricchi, pei poveri da
quelli di quercia.
I Giapponesi derivano dagli Ainos, pescatori e cacciatori, e da oltre 2000 anni sono
costituiti in nazione, e cogl'lndiani e Cinesi divìser il mondo orientale. V'è gran diffe-
renza tra la razza povera e la ricca; con civiltà indigena, modificata però da elementi
stranieri, e massinìe cinesi, la popolazione è da 35 in 40 milioni, con una religione che
riconosce molli Dei, e maggior di lutti il sole; i fedeli si chiamano sinlu : fra i quali i
rigoristi diconsi yuit. 11 capo militare (Taicun) risiede a Yeddo (1,300,000 abitanti), il
religioso (Dajri) a Miaco nel piceni principato di Kioto. Non si conosce bene la forma di
governo. Le grandi cariche son accessibili ai letterati. V'è una certa gerarchia di classi,
ove i mercanti hanno il IV posto. I contadini sono affissi alla gleba. Era vietato ogni
commercio esteriore, e soltanto nel porto di Nangasaki poteano entrare Cinesi, Coreani
e Olandesi, con numero determinato di legni e sotto rigida sorveglianza, mentre il
commercio interno vi godeva la massima libertà. Dacché la California chiamò a sé tanta
gente dall'Asia e dall'Europa, il Giappone non potè restar isolato; dovette aprire i suoi
porti ai vapori americani, indi a (|uelli d'Europa. Da 10 anni gli Olandesi faticavano
per aprire il Giappone quando nel 1854 vi riuscirono gli Americani, e dietro loro le
altre potenze.
Oggi agli Europei e ai nord-Americani sono accessibili i porti Hioga, Kanagawa, Ni-
gala, Hakodadi, Nangasaki.
§ :S6. — Popolazione odierna dell'Asia.
Dai geografi inglesi fu calcolata 600 milioni. Il Dizionario geografico di Mac €ulloch
assegna 375,240,000 abitanti all'Asia continentale e 54,370,000 alle isole asiatiche. I
geografi di Parigi, nel 1824, ne stabilivano la cifra in 480 milioni; Hasselj nel 1821,
la portò a 490 milioni, l,' Almanacco di Weimar del 1848 riparte la popolazione totale
dell'Asia nei diversi paesi , e determina cosi la superficie di ciascuno in chilometri
quadrati:
372
GEOGRAFIA
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374 GEaeBAFià — epoca decimottava
§ 27. — Condizione del pae«e.
La superiorità delle razze europee sopra le asiatiche espose queste a frequenti inva-
sioni per parte de' Greci e de' Romani, e più tardi dalle nazioni moderne, principalmfnte
dui Portoghesi, Olandesi, Russi, Inglesi e Krancesi. 1 popoli europei più numerosi sono
i Greci nell'Asia ottomana, ed i Russi nell'Asia russa; succedono quindi i Portoghesi,
gli Inglesi, e dopo questi i Francesi, i Danesi, gli Olandesi. Gli Italiani sono in troppo
piccol numero; ed un cattivo dialetto italiano, assai diffuso nell'Arcipelago e sulle coste
del Mediterraneo, è tutto quello che rimase nei tempi moderni della signoria di Venezia;
di Genova e di altre città d'Italia, che nel medioevo aveano raccolto, per mezzo del-
l'industria, del commercio, e sovente delle armi, il retaggio dell'antica Roma in Oriente.
Toholsk, Irkutsk, Tomsk fanno vivo traffico di pelliccie; Samarkanda, Bokara, Herat
sono il convegno di numerosissime carovane; Smirne è scalo importantissimo per l'Eu-
ropa; Aden è uno de' porti più affaccendati; viepiù Canton, giacché la Cina, oltre le sete
e il the e le porcellane, è ricca di metalli, stoffe d'ogni sorta, e gioje.
La Siberia abbonda di metalli fini: a Golconda raccolgonsi diamanti dal fiume di
Kistoah: presso Nisciapur è una cava di turchine: a Yarcand si trova lo jade, specie
di diaspro cercatissimo nella Cina: da Iconio venne l'allume all'Europa fin al xvi secolo.
Il Tibet e il Cascemir, che è detto d paradiso dell'India, asportano ogn'anno ottanta-
mila de' loro magnifici scialli; benché il Cascemir. che sotto i Mongoli n'aveva qua
rantamila fabbriche, or ne conti appena quindicimila. Dei mirabili tessuti di seta della
Persia fan monopolio gl'Inglesi, come pure del commercio del the, che fanno princi-
palmente per CantoD, mentre i Russi il fanno per Kiachta. Le armi di Tiflised Erzerum,
i tessuti d'oro di Chouster, le essenze di Sciraz, le seterie di Surate, i tappeti di Kasgar,
le raossoline di Mossul, le stoffe di Nanking, le vernici del Giappone, la cannella e la
canfora del Seilan, il pepe, lo zenzero, il betel del Malabar, gli scialli, le gemme, i dia-
manti di Benarete, i cavalli del Cabul, gli schiavi di Kiva e del Caucaso, il balsamo della
Mecca, le manifatture dell'India, passano in Europa per mano degl'Inglesi.
Profiltevolissime sono le pesche; e il Caspio, oltre le foche e gli enormi carpioni, dà
un milione e mezzo di storioni all'anno, centomila ussoni, pesce senza scoglie né ossa,
eccetto il capo. Moltissime balene colgonsi nei tempestosi mari del Giappone, come
anche merluzzi. Nei fiumi del Nord il pesce pigliasi co' secchi. 11 pescecane infesta le
coste del Malabar. La pesca delle perle in India non faceasi che ogni quarant'anni. ma
ora gli Europei rinnovanla ogni biennio, talché esauriscono la conchiglia margarit fera.
I cacciatori di Siberia pigliano l'orso bianco, la volpe azzurra, il vajo, martore, zi! ellini
di gran valore.
Il commercio colla Cina dà al resto del mondo la seta anche in stoffe, il cotone in
fiocco e il nankin, l'indago, lo zucchero, il pepe, il rabarbaro, la canfora, la gomma-
lacca, i legni di tek, d'aquila, di sandalo; e così rame, stagno, borace, mercurio, zinco,
madreperla, tartaruga, rubini, zafliri, lavori verniciati, porcellana, e sovratutto iilhe.
Vi s'importano l'oppio dall'India, pelbccie dalla Siberia e dall'America settentrionale,
azzurro di Prussia, molti preparati medicinali, ed ora panni, stoffe, vetrerie, galanterie,
ed altri prodotti dell'industria europea.
Il bramismo ed il buddismo sono le religioni predominanti dell'Asia, professandosi la
prima nell'lndostan, la seconda nella Cina, nel Giappone, nell'Annam, nel Siam, nel-
l'impero di Birmai), e fra i M< ngoli ed i Tungusi. L'islamismo domina nel sud-ovest
dell'Asia, dal Bosforo alle montagne dell'Afganislan, ccine pure nel Turkestan e nella
Bucarla. Numero considerevole di Maomettani é spnrso |)er tutta l'india e per gli Slati
indo-cinesi. 1 Guebri, o adoratori del fuoco, i Drusi, i Sabei, ed una quantità di altre
sètte trovansi disseminate fra le varie popolazioni asiatiche: l'Asia, tuttoché culla del
cristianesimo, si mo.strò sempre la sede prediletta dell'idolatria. Nel precedente secolo,
e in ispecie gli ultimi vent'anni, grandi sforzi furono fatti dai missionarj cristiani per
convertire i popoli dell'India alla religione del vero Dio: ma le perseveranti fatiche di
questi coraggiosi non furono peranco coronate da felici successi.
LINGUE DELl'aSIA %lt
Ecco l'enumerazione delle sètte religiose d'Asia, giusta Hassel:
Setta di budda o Fo 293,000,000
Bramini 80,000,000
Mussulmani 70,000,000
Cristiani di tutti i culti 17,000,000
Sciamani 8,530,000
Siki 4,500,000
Setta di Lao kiun ( ,, p. \ 2,000,000
» di Confucio i nella una ^ 1,000,000
» di Sinto nel Giappone 1,000,000
Ebrei 650,000
Guebri 300,000
§ 28. — Lingue dell'Asia
Dopo le europee, le lingue asiatiche sono le più numerose e le più conosciute. Esse
sono affini alla più parte delle europee, sia per antichissime trasmigrazioni dei popoli,
sia per posteriori importazioni dall'Asia in Europa. Lo stipite più diffuso è Vindo ger-
manico, al quale appartengono, nell'India, l'antico sanscrito cioè perfetto, il pali, i lin-
guaggi del Cascemir, .Multan, lndo<tan, il malabaro, il lamuloed altri; nell'Afganistan il
pucto; nella Persia e contrade Boitime lo zendo, il pelvi e il parso antichi, e le odierne
lingue persiana, belucica, buccara, armena ed ossetica. La Vmgna giorgiana, non oèìanle
le sue molle affinità con alcune indo-germaniche, vuoisi considerare come stipite di
speciale. Le lingue caucasee, comechè affini fra di loro, differenziansi assai l'una dal-
l'altra: esse hanno molte paiole in comtme colle lingue finniche e samojede; dal che
si volle inferire la comunanza di questi popoli in tempi remotissimi. Alle caucasee ap-
partengono l'avarica, la lingua dei Lesghi, dei Midzeghi, dei Circassi e degli Abbasj. Le
lingue samojede, parlate originariamente sul Jenissei superiore, sul monte Sajanico, poi,
ed oggi ancora, lungo lo Jenissei, l'Ob e le coste del mar Ghiacciato, sono notevoli per
concisione e mancanza di connessione nella struttura dei periodi. Esse dividonsi d'or-
dinario in tre rami o dialetti principali: quello dei Samojedi di Poi-tosersk ed Obdorsk,
dei Giurassi, ecc.; quello dei Samojedi di Tas, Tomsk, Narym, Ket, dei Laak-Ostiachi e
dei Carassi; e quello dei Coibali, Caniaci, Jlatori. Alcuni vogliono che le lingue degli
Jenisseiani (Ostiachi sul Jenissei) formino uno stipite speciale ; ed in effetto, non ostante
le loro molteplici affinità con le finitime, havvi fra di loro una differenza radicale. Ad
esse appartengono i linguaggi degli Assani, Arinzi, Cotti, ecc.
Viene quindi il gruppo semitico, che abbraccia il caldeo, il siriaco farameo), l'ebraico,
il samaritano, il neo rabbinico, il fenicio, e l'arabo. Lo stipite delle lingue finniche
abbraccia in Asia le lingue sirgianica, permica, votgiaca, vogulica, ostiaca (sull'Ob),
mordvinica, ceremissa, ed innumerevoli dialetti. Lo stipite turco, oltre la lingua otto-
mana propriamente detta, comprende il linguaggio tartaro di Kasan, Orenburgo, To-
bolsk, ecc., l'uiguro, il turcomanno, ed i linguaggi degli Usbeki, Nogai, Cliisilbasci,
Barabinzi, Baschiri, Basiani, Chumuchi, Casari, Comani, Teleuti, Jacbuti, Kirghizi e
Ciuvaci. Allo stipite mongolico e io? /oro appartengono le lingue mongolica propriamente
detta, la calmuca e la burialica. Queste lingue sono anche attruppate in un colla turca,
la tungusa e la finnica, sotto la denominazione di lingue finno-tartare. La tongusa^
affine alla tartara ed alla turca, ha un gran numero di dialetti, dei quali non enoteche
il manciù. Le lingue degli Alni nelle isole Kurili e, in parte, nel Camsciatka meridio-
nale, hanno qualche affinità con le samojede ed altri linguaggi settentrionali. Le lingue
dei Jucagiri, Corgieki e Ciukci molto disuguagliano fra di toro; l'ultima è pù di ori-
gine americana. Le lingue kamsciodalie , quantunque composte in gran parte delle
precedenti, stanno di per sé, e sono pochissimo note. Alla (;/apponese attaccansi la
lingua degli isolani di Lieu-kieu e la coreana, la cinese si è molto allargata in Asia,
corrompendo più altre lingue. Delle transgangetiche sono rami principali l'anamito, il
siamese, il birmano, le lingue del Pegù, del Pey o Pape, ecc.; la maggior parte poco
376 GEOGRAFIA — EPOCA DECIMOTTVAA
note, ma appartengono tutte a stipiti diversi, e differenziansi assai fra di loro. La lingua
tibetana ha sue radici nella cinese ed in molte lingue asiatiche e transgangetiche.
La malese, parlata nella metà meridionale di Malacca, in tutto il mondo insulare del
sud-ovest dell'Asia, ed in parecchie isole dell'Oceano del sud, accoglie in sé molta parte
delle lingue indiana, persiana ed araba, ed ha molta affinità con le europee, in ispecie
con le slave.
Vedi Adelung, Mithridates, voi. ii — Klaproth, Asia polyglotta. Parigi 1823 —
Balbi, Atlas ethnographique du globe. Ivi 1826 — Kennedy, Besearches into the origin
and afjìnity of the principal languages of Asia and Europe. Londra 1826 e la nota 5' al
cap. 1 del Libro li della nostra Storia Universale.
§ 29. — Africa. Divisioni.
L'Africa, fra il 35° di latitud. boreale e il 35° australe, e tra il 20 di long, occiden-
tale e il 50 di orientale, ha superficie tripla dell'Europa; ed è bagnata per chil. 15,517
di costa dall'Atlantico; per chil. 10,184 dal Grande Oceano ; per chil. 3150 dal mar
Rosso ; per 5556 dal Mediterraneo.
Gli Europei non ancora fissarono il piede nell'interno dell'Africa, ma sempre più vi
s'addentrano, e l'hanno ricinto di colonie: Turchi e Francesi sulla costa settentrionale;
su quella dell'Atlantico, Inglesi, Francesi, Portoghesi, Danesi; a mezzodì, il Capo
spetta agl'Inglesi ; i Portoghesi protendonsi su gran parte del litorale a oriente,
11 paese, mal conosciuto e mal descritto, sembra si possa dividere così : al nord-
est V Egitto, la Nubi a e VAbissinia; al nord la Barberi a , nella re-
gione dell'Atlante; al nordovest il Saharao gran deserto, e la Senegambia
cioè il bacino della Cambia e del Senegal ; all'ovest la Guinea settentrionale;
al sud-ovest la Guinea meridionale ; al sud il capo ài B uona Speranza e
il paese degli Ottentoti; al sud-est iìNatal, il S o fai a; il Monomo t apa,
il M ozambico , lo Zangueb ar, V Ajan e il paese dei So ma u li; nell'interno
il Sudanj la Cafreria e i paesi incogniti.
I. Alla regione del Nilo appartengono lEgitto, la Nubia e VAbissinia. Dell'Egitto
abbiamo già parlato a pag. 521. La Nubia fin dal 1822 appartiene politicamente all'E-
gitto : Sukkim, sulla costa occidentale del mar Rosso, è la piazza piìi commerciante.
L'Abissinia, già possente impero cristiano, andò divisa tra varj regni indipendenti e
ostili, fra cui principali quelli di Lasta, di Tigre-Choa, di Gondar: le irruzioni dei
Galla, popolo feroce al sud e nell'interno dell'Abissinia, contribuirono non poco a smem-
brarlo e agitarlo di continuo. Il litorale, corrispondente alla Trogloditica antica, è di-
viso tra molte piccole tribù nomadi e feroci. Anche il paese al sud-ovest, cui potreb-
bero ascriversi il Darfur e il Kordofan, è abitato da Negri indipendenti.
II. La regione del nord comprende le reggenze di Tripoli e di Tunisi, VAlgeria, e
l'impero di Marocco (Merakach). Questo va dall'estremità occidentale dell'Algeria fin
quasi al capo Non, per 220 leghe sopra 160 di larghezza, la superficie di 24,500, e 600
miglia di costa sull'Atlantico, 200 sul Mediterraneo, ed appoggiasi alla catena dell'At-
lante : onde è più importante che qualsiasi altro paese dell'Africa settentrionale. Gli
abitanti sono Mori nelle città e borgate, Arabi nella pianura, Berberi aborigenilnell'At-
lante : un decimo sono Ebrei, detestati perchè padroni del commercio. Sulla sua po-
polazione variano gli autori dai 4 milioni e mezzo fin ai 16; ma pare al disotto di 8
milioni. Mezzo milione sono schiavi Negri; appena 500 saranno i Cristiani. Città prin-
cipali : Marocco, capitale moderna f60 mila); Fez, capitale antica (80 mila) sta al nord,
con Mequinez {50 mila), porto sul Mediterraneo; Sale (25 mila); Tanger (9 mila) forma
baja sullo stretto di Gibilterra. Se ne asportano gomma, mandorle, lane; s'importano
manifatture francesi e inglesi, ferro, legname, zucchero in pane. 11 porto più fre-
quentato è Mogador (16 mila), il cui commercio si valuta 40 milioni di lire.
Tunisi è un territorio ristretto, che a levante e a settentrione è lambito dal Mediter-
raneo, fertilissimo verso settentrione, arido e sabbioso verso mezzodì.
Tripoli è paese sprovisto d'acque e con gran deserto di sabbia. AI sud ha il Fezzan,
dove sono le migliori oasi dell'Africa, ricche di palme.
AFRICA. DIVISIONI 377
IH. La regione del Sahara è un deserto di 2,400,000 chilom. con rare oasi, dalle rive
dell'Atlantico sin alle frontiere d'Egitto. 1 popoli vaganti per esso son la pili parte in-
trattabili; alcuni guidano il commercio.
IV. Nella Seneyambia stanno tre popoli: i Ghioloji al nord-ovest, i Peuli o Fulah al
nord e al centro, i Mandinghi al sud e all'est. Le fattorie servono ad asportar l'oro, la
gomma, l'ambra, il pepe, le penne di struzzo, l'olio di palma ecc.
Il cocente calore e la molta umidità danno al suolo grandissima forza, sicché l'erba
cresce gigantesca, a segno da ascondervisi gli elefanti; e se ne elevano gli enormi
baobab.
V. e VL La Guinea, al sud e all'est della precedente, è abitata da Negri, che formano
varj Stati, fra cui insigni l'impero degli Ascianii, i regni di Dahomey e di Benin nella
settentrionale ; e nella meridionale quei di Loango, Angola, Benguela. Di qui viene la
più parte de' Negri che asportansi per ischiavi.
VII. Al capo di Buona Speranza nel 1826 contavansi 30,549 oltentoti ; ma molti jtìij
ve n'ha fuor dei limiti inglesi. Solcano quel territorio tre montagne parallele, con valli
strettissime, e verso occidente si raccolgono in un sol gruppo, formando il monte
Tavola, che è un eccellente punto di mira pei naviganti.
Vili. La costa di Natal, dal Capo sin alla baja di Lagoa, è l'estremità sud-est del
paese sconosciuto, che vagamente si designa col nome di Cafreria, e che si suppone
attraversi l'Africa, abitato da Cafri. Alcuni coloni olandesi, sottrattisi alla dominazione
inglese del Capo, stabilironsi purdianzi ne' contorni di porto Natal.
IX. Sofala, Monomotapa, Mozambico. Vedi pag. 263 e 290.
X. Il Zanguebar è poco conosciuto, e pare chiuda piccoli re e i possessi dell'imam
arabo di Mascate.
XI. Alla costa (VAjan trovansi Negri nell'interno é Arabi sul litorale.
XII. Nel paese de' Somauli sono popoli di grande attività commerciale, che sciamano
per tutte le coste dell'Africa, e siedono ora sul golfo di Aden.
XIII. Sudan chiamano quell'ampiezza, disposta sotto la medesima zona, fra 1*8' e
il 18° di latitudine, e che comprende da oriente in occidente il Seunaar, il Cordovan,
il Darfur, l'Ouadi, il Baghermeh, il I5ornu, l'Adiguiz, l'Afnu, il Dartombuctu, il Dar-
mella. È paese tentato da molte esplorazioni per cui si conobbero, il recente impero dei
Fellati, capitale Sakatu (80 mila) e il corso del Niger, e la città di Tombuctu. Essa è
ben diversa da ciò che le antiche relazioni faceano supporre : case di terra mal costrutte,
e attorno sabbie mobili e una desolata natura; religione la maomettana; gente dolce
e ospitaliera, d'un bel nero; le donne graziose, né schiave quanto fra' Barbareschi ; il
re negoziante come gli altri, semplice negli apparati, senza ministri, senza tributi. Le
carovane vi portano salgemma, merci e prodotti dell'Europa e dell'India, e ne levano
oro in polvere o lavorato, denti d'elefante e rinoceronte, grano del Sahara, gomma del
Senegal, ebano, sandalo, indago, schiavi, che spesso dai Musulmani ottengono libertà
coll'abbracciare l'islam. Dicono Tombuctu fondata nel H16da Boktua, la qualesi fermò
nell'oasi vicina al Gioliba: a mezzo il secolo xiv era capitale d'un vasto impero: nel
1672 Muley Ismael imperatore di Marocco la conquistò: venne poi ai Mori (1727), che la
tennero fino al 1803, quando il re negro di Sego ne fece una provincia del potente im-
pero di Bambarra.
Il Niger, grosso fiume, indicato vagamente a segno che dubitavasi se esistesse, si
accerta che é il Nilo del Sudan, che non va confuso col Senegal, né tanto meno col
Nilo d'Egitto, e neppure col Congo. 11 Niger non si dirige regolarmente verso la foce,
ma gira da oriente ad occidente, poi da occidente a oriente, da nord a sud, indi da
sud a nord ; ed ora sembra fiume, or braccio di mare; dal che le relazioni contraddit-
torie: le sue rive sono coltivate, e v'affluiscono merci d'ogni parte: non perdesi in un
gran lago, ma versasi nel golfo di Guinea, sebben ancora non sappiasi se le diverse
correnti che in questo si gettano, siano bocche sue o fiumi distinti (Vedi il $ 32).
Madagascar, la più grande isola del globo dopo l'Australia (17,000 chilometri di lun-
ghezza su 580 di larghezza), cui s'attribuiscono 4 milioni d'abitanti, é la sola d'Africa
che appartenga a indigeni: la Francia vi fece molti stabilimenti, ma gli abbandonò
(1829), conservando l'isola di Borbone posta a levante del Madagascar, con clima deli-
zioso e ricca produzione di caffè e zuccaro. Le altre isole spettano ad Europei.
i
378 GEOGRAFIA — EPOCA DÈCIMOTTAVA
Ecco le parti della costa africana sinora rilevate:
Da El-Arish 31" 35' di longitudine est, presso la linea convenzionale di con-
fine dell'Africa e dell'Asia, fino ad Alessandria chil. 379
nessun vero rilievo. Il capitano Gaulier, addetto alla marineria francese,
navigò lungo la costa, e ne segnò alcuni punti.
Da Alessandria agli scogli detti dei Fratelli » 2,249
rilevato dal capitano Smith.
Dagli scogli dei Fratelli al capo Spartel > 1,523
in parte dal capitano Smith, e le coste dell'Algeria dai Francesi.
Dal capo Spartel al capo Bogiador » 1,406
è conosciuta imperfettamente. Inglesi e Francesi ne rilevarono alcune parti
staccate.
Dal capo Bogiador al capo Mirik » 899
fin al capo Bianco rilevato dal capitano Baldy, fin al capo Mirik, l'orlo
esteriore del banco d'Arguin rilevato da Fioussin, la linea della costa non
essendo visibile.
Dal capo Mirik al capo Verde » S36
rilevato da Roussin della marineria francese.
Dal capo Verde al capo Boxo » 25S
dal capitano Boteler.
Dal capo Hoxo alia punta di Tomba » 481
dal capitano Belcher.
Dalla punta di Tumba al lato meridionale dell'isola di Sherboro ...» 240
dal capitano Owen.
Dal luto meridionale dell'isola di Sherboro al capo Formosa .... » 2,360
da Antony de Maine.
Dal capo Formosa al capo di Buona Speranza » 4,837
dal capitano Owen.
Dal capo di Buona Spernnza al capo Guardafui » 7,313
dallo stesso.
Dal capo Guardafui al Ras Bir « 980
non mai rilevata.
Da Ras-Bir a Salaka ...» 1,110
da marina] della Compagnia delle Indie orientali.
Da Salaka a Suez » 1,371
da marinai della stessa Compagnia.
§ 50. — Condizione del paese.
I Negri Sono feticisisti, e talvolta un ordine di preti o fanciulle consacrano a servire
qualche animale mostruoso o feroce. Da alcuni prestasi culto a un sacerdote, come si
fa nel Tiliet al dnlai lama. Altri simo antmpofagi, tutti si punteggiano la pelle, molti si
circoncidono. La religione superstiziosa ofT're campo a sordide o lascive malizie de' sa-
cerdoti, che a nome del dio libano le primizie maritali. 1 missionari cristiani vi guada-
gnano terreno: anche i .Musulmani fecero moltissimo per la conversione dell'Africa, e
oii"idì pure numerose carovane partono annualmente dal Darfur, dal Sudan, dalla Gui-
nea, dal Marocco per la .Mecca.
I .Mori presso l'Oceano sono color di rame scuro: quei del Congo non hanno barba:
il Cafro ha tinta giallastra od un nero grigio di ferro. ^iNel S;iliara errano i Tibhos a
oriente, i Tuariki a occidente-, miste vi si trovano tribù bianche, giallastre e nere, ma
senza i capelli crespi né il viso schiaccialo de' Negri.
Questi favoriscono i Francesi loro liberatori, ma sono vili, perfidi, scostumati. I Fel-
lati [Fulah) della Senegambia son dolci e ospitali; fanatici e crudeli i guerrieri del de-
serto-, rapaci i Ghiololi. Orde selvaggie devastano il ('ongo e il Monomotapa. I Heduini
sono guerreschi, viaggiatori e industri. Nellimpero degli Ascianti si va alla caccia di
Negri come di belve, e alla morte del re si sagrificano le sue donne. I Cimbeba sono
CONDIZIONI DEL PAESE. 379
ospitali; gli Ottentoti e i Cairi hDD qualche civiltà; non selvaggi alTatto sono i Bosniani
e i Galla. I Cabili neir.\tlante sono, come al tempo di Cartagine, intelligenti, sobrj, per-
fidi, sanguinar] ; fan da pastori, agricoli e cavatori di miniere. Gli Arabi loro somi-
gliano, pastori 0 nomadi, ladri, infingardi, traditori guerreschi. Gli Algerini erano i
pirati più temuti: i Tunisini lasciarono la pirateria per l'agricoltura. In generale i po-
poli di contrade fertili sono umani, il contrario gli altri.
Il maggior numero delle femmine e la breve loro fecondità fece mantenervi sempre
la poligamia; e sebbene questa sia vietata nell'Abissinia, il vincolo matrimoniale vi è
però cosi rilassalo, che i costumi possono dirsi in dissoluzione pressoché totale. Il can-
nibalismo anleriormenle esistette in alcune \rivl\ dell'Africa con estensione formida-
bile; e quantunque sia notevolmente scemato per l'introduzione dell'islam, e forse
principalmente per gli aperti lucrosi mercati degli schiavi o dei prigionieri da guerra
destinati alle Indie occidentali ed all'America, sembra tuttora esista fra parecchie tribù.
In varie popolazioni l'asportazione dei bambini e l'uccisione dei deformi non solo sono
tollerate, ma prescritte. Dicesi inoltre che in alcuni luoghi il sangue umano si mesca
col cemento che si adopera nella costruzione de' tempj, e che in quasi tutte le tribù
sparse sulle coste della Guinea i ricchi immolino una volta l'anno vittime umane alle
ombre dei loro antenati. Ma simili atrocità sono speciali alle tribù meno incivilite
della razza negra.
Mehemet-Alì diede all'Egitto un governo, che adopra le forme europee per crescere
l'assolutismo: dispotico militare è il governo a Tunisi e Tripoli: nel Marocco segue la
legge araba. Variatissimi sono i governi de' Barbari, or feudali, or repubbliche militari
0 mercantili, con capi elettivi in ciascuna tribù, eguali fra loro; or monarchie tempe-
rate da assemblee di vecchi; mentre altrove i capi sono così assoluti, che migliaja di
teste fanno saltare per puro capriccio. Numero.^i i governi sacerdotali.
Eccetto l'Egitto e l'Abissinia, la scienza e la letteratura dell'Africa son dovute agli
Arabi, che hanno scuole al Cairo, a Mern e Darfur, n^lla regione del JN'ilo, a Marocco
Algeri, Tunisi, nella Barberia, ed anche fra i .Mandinghi , i Fulah, i Ghiolofi, e le altre
popolazioni musulmane della pigrizia centrale e del Sudan. Le colonie europee del
Capo, dell'Algeria e d'altri luoghi lungo la costa vanno considerate come focolaj, da
cui le lingue e le scienze d'Europa si irradieranno poco a poco a tutto il continente.
Ma i progressi finora non sono tali da dar grandi speranze; né sarebbe filosofico il
supporre che coloro, i quali furono pienamente inetti a produrre qualche cosa originale,
possano giungere ad altezza nella pratica delle scienze e delle arti straniere. Quel con-
corso di cause, il quale ha operato a tanto alterare l'a-'^petto e le qualità fìsiche degli
Africani, dee aver influito colla slessa forza sulle loro facoltà mentali. « Le tribù (dice
Pritchard) nella cui prevalente conformazione il tipo negro è segnalato, sono al grado
più infimo dell'umana società, ferocemente selva^-ge o stupide, sensuali, indolenti.
Tali sono i Papali o Bullomi, ed altre rozze orde sulla costa della Guinea occidentale
e molte tribù presso la costa degli Schiavi e nella baja di Benin; paesi in cui il traffico
degli schiavi ebbe le proporzioni più vaste, ed esercitò il solito malefico influsso. D'altra
parte, ovunque sì tratti d'uno Slato di Negri, i cui abitai ti siano giunti a notevole pro-
gresso nelle condizioni sociali, scorgesi tantosto che le loro qualità fisiche diversificano
dal tipo ben proiiiinziato o sviluppalo dei Negri. Gli Asciami, i Suiema, i Dahomani ne
sono il vivo modello 1 Negri di Guber e lloausa, ove da lunga pezza si elevò una civiltà
ragguardevole, sono forse la schialla più gentile dei veri Negri in lutto il continente, se
si eccelluino i Ghiolofi, i quali aveano già una civiltà couiparali\amente superiore al-
l'epoca delle prime scoperte de' Portoghesi ».
Gli Europei introdussero in Africa molle vegetazioni nuove, il mais, il pomo di terra:
i Porlofihesi piantaroMO a Madera la vile di Cipro e la cainamele di Sicilia: al Capo le
viti di Sciraz, di Cipro, di Spagna, di Fran(;ia danno il delizioso vino di Costanza: alle
Seycelle prosperano il garofano e la cannella. Dicesi che i calùTi introducessero la col-
tura del nso in Egitto, ove pure il papavero nero dà l'oiipio migliore. Diamanti irova-
ronsi nell'Algeria, smeraldi nella Niibia, e una miniera piesso Berenice. Dal mar hosso
si pescano perle, non però bellissime. Loro è comune nel deserto, né rari il ferro, il
piombo, il rame.
11 commercio per carovane v'è antichissimo, ed è nolo quanto per esso fiorissero
380 GEOGRAFIA— EPOCA DECIMOTTAVA
Tebe, Cirene, Cartagine, Alessandria. La prosperità di questa cadde colla scoperta del
capo di Buona Speranza. Tombuctu è il centro del gran deserto , e vi giungono tal-
volta carovane di duemila uomini e il doppio camelli: oggetti principali ne sono schiavi,
polvere d'oro, denti d'elefante. Da Tripoli asportano moltissime penne di struzzo ; da
Marocco aranci , grano, bestiame; dall'Egitto cotone. In Nigrizia lavoransi benissimo
l'argento e l'oro, e si dà all'acciajo una tempra eccellente. Ottentoti e Cafri lavorano
il ferro e il rame, e fanno braccialetti ed orecchini. Alle fonderie di cannoni che dai
Francesi furono disposte pel sultano di Bornu, attendono indigeni. Le belle armi di
Barberia, i ricchi abiti, le magnifiche moschee, i palazzi, i tappeti attestano la loro ca-
pacità. Alcune popolazioni dell'interno tessono belle tele: e queste e i metalli sono l'in-
dustria del Madagascar, che imita anche le monete europee. Bugia fabbricava una volta
moltissime candele di cera, che di là preser nome; Brava le stofie di seta, d'oro, d'ar-
gento; Tunisi velluti, sete, berretti rossi. Loanda fa vivo commercio, e dicono comu-
nichi per carovane con Mozambico; ma i Portoghesi ne fanno arcano. All'Egitto capi-
tano le carovane di Nubia e del Sudan ; vi si fabbricano i bordacbi, vasi d'argilla porosi
per rinfrescar l'acqua. Ad Esnè si traffica di penne di struzzo, camelli, stoffe, avorio,
gomma arabica. Nel golfo di Guinea stanziano le navi europee che impediscono la tratta
de' Negri, il piccolo porto di Massuah è importantissimo, come l'unico per cui si entri
in Abissinia. Nell'Africa centrale serve di|moneta la polvere d'oro, o anche il sale dov'è
raro, o i cauri, piccole conchiglie, di cui 2S0 valutansi II. 1. 25.
§ 51. — Lingue.
Gl'idiomi dell'Africa centrale sono :
1. il copto, cui spettano i dialetti dell'Egitto;
II. il berbero, che comprende le lingue non arabe del Fezzan, di Tripoli, di Tunisi,
d'Algeri, di Marocco, quella de' Tuariki del Sahara occidentale, e la lingua morta dei
Guanki alle Canarie;
III. Vottentoto;
IV. il cafro, che va dal nord fin a Melinda e Loango sui due lati d'Africa;
V. l'ultima classe abbraccia H gruppi:
i. Il gruppo nubio, in cui le lingue contenute ne' vocabolarj seguenti: il kensy e il
noub di Burckardt; il dungola, il barabbra e il dar-rounga di Mithridates; il dongolavy
e il gamamyl di Cailliaud ; il routana di Eusebio de Salle; il nubio di Costaz; il kol-
dagi, il takeli, il denka, il sciabun, e il fertit di Riippel ; il jebel-nuba di Holroyd ; il
chilluk di Mithridates e di Hiippell ; il darfur di Mithridates, di Salt, di Kònig, di
Rùppel ; il darmicegan-changalla e il tacazzè changalla di Salt.
2. Il gruppo galla o danakil, cui spettano il danakii, il chiho, l'arkiko, il hurrur,
l'adaiel, il somauli di Salt; il galla di Krapf e d'isenberg; il saho di d'Abbadìe.
3. Le lingue di borgù, che abbracciano il mobba di Mithridates e il borgho di
Burckhardt.
A. 1 vocabolarj bergharmi di Mithridates e di Denham.
5. Le lingue bornù, che abbracciano l'affadeh di Mithridates, il bornù di Denham,
i nomi di numero maiha di Bowdich. L'affadeh di Mithridates è probabilmente il bedeh
di Clapperton.
6. 11 mandara di Denham.
7. Il gruppo hoaussa, coi vocabolarj conosciuti sotto i nomi di hoaussa, l'afnìt e
il kachnè di Mithridates, i nomi di numero quolla-liffa, mallowa e kallaghi di Bowdicb,
oltre i vocabolarj tiniboctù d'Adams, Denham, Lyon, Caillié.
8. Il gruppo mandingo, che abbraccia le lingue bambarra, giallonka, susù, sokko,
bullom , timmani, oltre i nomi di numero garangi, kong, callana, hobi, garman di
Bowdich.
9. Le lingue uoloff.
10. Le lingue f alali.
11. Il gruppo ibo-ascianti, numeroso e di molle suddivisioni, ma poco fondate, atteso
che non s'ha che scarsissimi IVaniinenti di vocabolarj.
LLTIML SCOrtRTE. 581
Altre lingue non possono ancora classiticarsi, quali i° l'agù; 2" il 'tibbù; 3" il bi-
chari, Padareb, il suakin; 4' il seravulli; 5° il serere; 6" l'akuambu; 7° il kru.
§ 32. — Ultime scoperte.
Pare da antiche relazioni che vie commerciali fendessero l'Africa, principalmente
per portare gli schiavi: ma, non che giovar alla scienza, impacciavano i viaggiatori
e le cognizioni. Dapper ne indicava una , tenuta dai Portoghesi del Congo, traverso al
paese d'Anzico e di Nimiemays: Sancos un'altra fra Benguela e Loango sin alla costa
del Mozambico. Gl'Inglesi, che cercarono penetrare dal Capo, caddero assassinati; né il
padre Lobo riuscì a condursi da Melinda ad Habeche, benché vi esistano antiche strade;
né alcun Europeo potè percorrere quella che gl'indigeni conoscono fra le coste di Som-
mauli e di Berbera e il centro dell'Africa. Un'altra, recentemente conosciuta, da Caconda
va pei nord-ovest dell'altopiano interno ai Fellù, ai Timbos, ai Buros, ai Mandingos, ai
Seghi. Balbi si lasciò ingannare dall'asserzione di Douville sopra un costui viaggio.
Cinque sono i maggiori fiumi dell'Africa, Nilo, Niger , Zairo, Zambeze , Garieb o
Grange. Il Nilo è formato da cinque rami navigabili; Bahr-el-Azrek , Sobat, Riti, Bar-
el-Abiad, Kailak: una vaporiera lo corre nelle cateratte fra Assuan e Berber. Il Niger
0 Gioliba ha piroscafi inglesi, ma non si spera poter oltrepassare gli scogli sopra Bussa
e Yauri. Il Ciadda o Benue, gran collaterale del Niger, potrà essere facilmente solcato.
Lo Zairo o Coango è lutto a cateratte insuperabili. Lo Zambeze fu testé percorso da
Livingston.
Nel 1846 Abbadie trovò la fonte principale del Nilo nella foresta di Bahia, sotto il 70°
49' di latitudine e il 34" 38' di longitudine da Parigi. L'ungherese Ladislao Magyar dopo
il 1847 esplorò per dieci anni l'Africa, prese moglie fra le popolazioni selvaggie, e ne
diede importanti ragguagli. I missionarj inglesi stesero varj posti, dalla costa meridio-
nale verso l'interno; e Lin'ngston ne fissò uno a Kolobeng, a 24" 48' di latitudine sud,
e 23" 32' dal meridiano di Parigi. Di là spinse le sue esplorazioni più addentro, e nel
1852 pervenne a Loanda capitale dell'Angola nell'Africa occidentale, percorrendo due-
mila miglia geografiche di paesi quasi ignoti. Reduce poi da occidente in oriente, tras-
corse cenventotto chilometri fino a raggiungere il fiume Liamye, sul quale tornò a'
suoi paesani: seppe cattivarsi i Negri, e riportò le migliori informazioni sopra l'interno
di quel continente. Fu il primo che traversasse dalle rive dell'Atlantico a quelle del-
l'oceano Indiano, ed è meritamente chiamato il Colombo dell'Africa.
Sull'ordinamento sociale e politico,di que' paesi dice nella Relazione àe\ 1857: « Il go-
verno della maggior parte delle razze o tribìi africane è patriarcale. Ciascun uomo è capo
della propria famiglia e di tutti coloro che ad essa appartengono. I figli costruiscono le
loro capanne intorno a un luogo denominato kotla. Sopra questi capi di famiglia stanno
uomini influenti, congiunti per vincoli di sangue o maritaggi al capo della città o della
tribù. Eglino hanno sotto di sé un numero di kotla, e portano spesso il titolo di bare-
nana, vale a dire piccoli signori. 11 capo (morena okosi, cioè principe o re), con la sua
kotla e la sua steccata per le mandrie nel centro della città, è il sovrano di tutti. Quando
un padre non può ridurre ad obbedienza il proprio figlio, chiama in ajuto il suo piccol
signore; e quando un uomo d'una kotla move lagnanza contro quello d'un'altra
kotla, questi piccoli signori recano la vertenza dinanzi al capo. Se la quistione è di
lieve entità, il capo decide sulla deposizione de' testimonj; ma se trattasi d'un affare
importante o d'una quistione pubblica, il capo convoca tutti i piccoli signori per discu-
terla in comune. Costoro esprimono liberamente le proprie opinioni, e il capo assente
0 no ad esse, secondo il caso. Se il capo è di carattere fermo e risoluto, proferisce giusta
il proprio sentire; dove no, i piccoli signori lo traggono per solito dalla loro: ma egli
prende raramente una risoluzione contraria alla opinione pubblica: uno o due energici
contraddittori lo rendono titubante, o lo indifcono a ricorrere al trar delle sorti o ai pre-
sagi. Gli anziani o signori prendono a guida ne' loro giudizj un certo numero di as-
siomi 0 proverbj trasmessi tradizionalmente.
« Queste osservazioni riferisconsi specialmente alle tribù al sud del 18» latitudine
australe. Nella contrada dei veri Negri al nord di questo punto , le attinenze politiche
382 GtOGUAIIA — EPOCS DKCIMOTTAVA
sono alquanto modificate dall'influenza femminile-, ma la relazione generale d'una tribù
verso l'altra è identica dapertutto. Le singole Irihù suno indipendenti una dall'altra;
però esiste fra di esse una specie d'alleanza tradizionale, oflensiva e difensiva.
« Fra i Negri di là del 18" il sistema dei capi supremi è in maggior vigore che nella
Cafreria. Matiamvo è il capo supremo d'una tribù assai eslesa, di nome Balonda: ma i
varj capi sotto la sua giurisdizione restano affatto indipendenti, e servonsi del nome suo
soltanto come d'una specie di spauracchio, e gl'inviano ogni due anni un donativo.
Cazembe, vassallo di Maliamvo, esercita presso di lui l'utTizio di generale in capo, a un
dipresso come un pari scozzese sopra il suo clan. Monoraolapa (signor Motapa), deno-
minalo spesso dai Portoghesi Vimperatore , forse è uno de' capi supremi; ma tuttoché
proveduto di denaro dai Portoghesi, e fornito d'una guardia di truppe europee, non è
certo così potente come Sandilla nella Cafreria.
«Quantunque pressoché indipendenti fra di loro, questi capi non lo sono però dal
loro popolo. Se qualcuno è malcontento del proprio capo, può passare facilmente sotto
un altro; e dacché l'importanza d'un capo cresce col numero de' suoi sudditi, i fug-
giaschi sono sempre aconiti a braccia aperte ....
« 11 terreno dell'interno dell'Africa è fertile. Il cotone è già coltivato, comeché non in
quantità. Anche la educnzione delle api è in fiore; ma gli Africani mangiano il miele, e
gettano via la cera. Il caffo, il frumento, lo zucchero, l'indaco asporlavansi in addietro
da Tete. In molte parti il terreno è coperto da una vite selvatica, che dà grappoli
di cattivo sapore. Il frumento cresce nei distretti inondati dallo Zambeze, il quale al-
laga annualmente, come il Nilo, vasti tratti di terreno. Questo liume scaturisce da una
valle contenente un'enorme quantità d'acqua e molte isole . . . «.
Deesi ancora mentovare la spedizione di Ricliardson, Barth e Ouverweg al nord del-
l'equatore. Richardson, partito da Tripoli il 18o0, entrato nel Sudan, morì a Kuka ca-
pitale del Bornu. I due prussiani suoi compagni penetrarono nel cuor dell'Africa, e
Ouverweg morì ancb'egli a Kuka, Barth s'indugiò a Tombuctu, e un pezzo fu creduto
morto, quando nel 1855 ricomparve a Marsiglia. Edoardo Vogel che lo avea raggiunto,
s'addentrò pel primo nell'impero dei Fellati.
La Phjade^ vaporiera inglese, nel maggio i854 movendo pel Niger, entrò nel Ciadda,
confermò l'identità di questo fiuoie col Benne, e avaozossi nel continente africano per
250 miglia inglesi più di qualunque altro viaggiatore; nessuno de' sessantasei naviganti
perì, e in sei settimane poterono dall'Inghilterra giungere fin là.
Le spedizioni di Denham e Clapperton ci fecero conoscere nel Sudan il lago Ciad, che
per la sua ampiezza e posizione forma uno dei più notevoli lineamenti nella geografia
fisica dell'Africa. Nel 1855 Anderson scoperse nella parte australe il lago Ngami o In-
ghiibè che poi fu descritto da Livingston. Il missionario protestante Hebmann nel 1849
e il suo compagno Erbardt ebbero primi contezza del lago, che gl'indigeni dicono
Njassa, cioè mare; e ormai si sa che il commercio fra le coste di Zanguebar e di Mo-
zambico e il centro dell'Africa si fa per tre vie che a occidente dirigonsi partendo dai
porli di Tanga, di Bagamayo, di Quiloa, e tutte riescono a un gran bacino d'acque, di
estensione incerta, ma che, secondo i Negri, richiede nove giorni per traversarlo a vela,
e il doppio a remi , e al di là è popolato come un formicajo. Sarebbe dunque posto
fra il 12" di latitudine meridionale e l'equatore, lungo da 900, largo da 150 a 240 mi-
glia, in cui devono sboccare grandi fiumi, e forse ne sgorgano il Nilo Bianco e quelli
che arrivano al litorale di Zanguebar e Mozambico.
Da una lettera che Rrun-Rollet, viceconsole sardo a Kharlum in Nubia, ha indirizzato
dalle rive del Misselad o Babrel Gazai al ministero degli affari esteri in Torino, il 1° feb-
brajo 1856, si ritrae, che, in capo ad un mese d'indagini, egli era riuscito a riconoscere
il lago, di circa 2011 chilomeiri di lunghezza dal nord al sud, medianle il quale le acque
del Misselad e del Modj o Loot comunicano con quelle del Bahr el-Abiatl, ed avea tro-
\alo la foce per la quale il Misselad si getta in questo lago. Essendosi addentrato con tre
barche nelle acque del Misselad, scortalo 3a ventitre soldati, tolti da una stazione egi-
ziana stabilita poc'anzi al confiuente del Janbat nel Halir-el-Abiad , l'intrepido savo-
iardo avea già percorso a un di presso 100 chilometri n ritroso di questo fiume, con
intenzione di spingersi avanti al possibile. 11 Misselad ha una tale larghezza e profon-
dità, che Brun-Rollet, il quale ha già fatto tanti viaggi sul Nilo Azzurro (Bahr-el-Azrek)
MONDO MAunriMO. 383
e sul Nilo Bianco (nahr-el-Abiad), non diibila più che non sia il vero Nilo. Secondo le
informazioni raccolle dagl'indigeni, questo fiume copre, nella slagion della pioggie,ua
immenso trailo di terreno; la vegetazione di quella contrada è magnilìca; e l'acco-
glienza degli abitanti, se non sempre favorevole, non fu mai ostile.
Speke e Grani nel marzo IHij.l annunziarono d'avere scoperto le vere fonti del Nilo,
ma pretende averli prevenuti il veneto Miani.
Anche i missionarj cattolici pubblicano viaggi, quei della Società di Maria per le mis-
sioni nell'Africa centrale in Austria, e quelli dei missionarj d'Africa nella l'ropagazione
della fede.
$. 33. — Mondo MAKrrriMO.
Il Mondo marittimo abbraccia paesi così dillerenti, ch'è impossibile attribuirvi un
carattere generale. La sua geografia è resa più difficile dalle varianti denominazioni
delle isole. I primi navigatori o vi applicarono i nomi che udivano dagl'indigeni, o li
deducevuno da particolarità; talvolta il secondo scopritore imponeva un nome diverso,
o per ignoranza o per vanità. Ora cercasi richiamarle all'unità col ripristinare i nomi
indigeni; ma l'ortografia resta difficile e varia.
Stanno fra il 30'' di latitudine boreale e il 56° di latitudine australe, e fra il 90" di
longitudine orientale e il 130 di occidentale da Parigi; non offrono però un immenso
territorio; anzi la superficie totale non arriva forse a 11 mila cbilom. quadr., cioè poco
più dell'Europa. L'isola men distante dall'America è quella di Awai (700 nìiglia): dal-
l'Africa la N. Olanda (IGOO miglia): dall'Asia Sumatra, divisa per piccolo stretto.
Può distinguersi il paese in Malesia., Australia e Polinesia: Malesia è quel che chia-
niavasi arcipelago Indiano; l'Australia abbraccia il continente australe e le sue dipen-
denze: nella Polinesia chiudonsi tutti gli arcipelaghi del Grande oceano all'est del-
l'Australia.
A. Nella Malesia o Xotasia sono 7 arcipelaghi principali:
1. Gruppo della Sunda, formato della grand'isola di Sumatra e sue dipendenze. In
questa il suolo nelle colline è argilloso e sterile, ma nelle valli ha mirabile fecondità: e
tutta la parte orientale è deliziosa e feconda di riso, zuccaro, noci di cocco, ananas:
l'ebano e il legnoferro trovansi a selve.
2. Gruppo di Giava, dov'è l'isola di tal nome desolata dal cholera nel 1819. Visone
mirabili ruine d'innumerevoli tempj , di cui fin quattrocento si contano in un sol
piano. La grande città di Batavia è in posizione malsana, ma inattaccabile da mare, e
con uno de' più bei seni (60 mila abitanti): nel 1846 vi si ricevettero 13,610 lettere
d'Europa, nel 1848, 24,116; tanto crescono gli affari. L'isola di Giava è il paese più
abbondante di vulcani, non eccettuata Guatimala. Produce come Sumatra, ma l'aria è
malsana e fortissimi gli sbalzi di temperatura.
3. Arcipelago di Sunibava-Timor con clima micidiale agli Europei. Le montagne cal-
cari gon composte di conchiglie fin a 270 metri d'altezza.
<i. Arcipelago delle Molucche, di forse un migliajo d'isole, dipendenti quasi tutte dal-
l'Olanda. Vi possono fieramente i tremuoti, che agitano anche il mar circostante.
5. Gruppo delle Celebi o Macassar. 1 bovi sono gibbosi. Vi cresce l'upas, che dà un
succo micidiale.
6. Gruppo di Borneo o Calennmian. L'isola principale è popolata da tribù bellicose e
da moltissimi Zingari: Borneo (12 mila anime) è fabbricbto su palafitte [come Venezia,
L'insalubrità del clima e l'inospitalilà degli abitanti impedì d'esplorare il centro del-
l'isola. Vi si raccoglie moltissima canfora. L'equatore passa traverso all'isola, ove molle
acque temperano l'arsura, ma ricorron frequenti i tremuoti.
7. Arcipelago delle Filippine: forma un uran paese cattolico in mezzo a musulmani,
buddisti, pagani. La natura vi è straordinariamente grata; lo zucchero dà il 90 per 100
di utile, il riso cento semenze; il caffè e il cacao emulano quelli di' Moka e di Guaya-
quil; l'indago è superiore a quello di Giava, del Bengala e della Cina; e la cannella vi
fa naturalmente.
Le Filippine non davano oro, siccbè i primi conquistadori non vi esercitarono le con-
384 GEOGRAFIA — EPOCA DECIMOTTAVA
suete crudeltà: si pensò a colonizzarle, e profittare di quelle ricchissime produzioni. I
Tagal, popolazione indigena, subito si convertirono e civilizzarono: e i preti furono i
veri padri di quel popolo, proteggendolo contro gli abusi de' magistrati -, onde non è
meraviglia se anche adesso la maggior parte dei beni è in mano d'ecclesiastici. Nel 1838
contavansi 4,300,000 anime, di cui 1,860,000 indiani, cinesi, meticci: 3,S60,000 sono
cristiani. Nell'interno durano in istato selvaggio i Negritos. 11 commercio è quasi tutto
in man de' Cinesi, poiché gl'indigeni sono inerti, e il governo bisogna ne stimoli l'atti-
vità per piantar alberi, introdurre frutti e sino uccelli. 11 traffico era privilegio d'una
compagnia, istituita nel 178S, e che cessò nel 1854.- Fin allora Manilla era l'unico
scalo: di poi si schiusero molti porti. Prima la finanza spagnuola cavava dalle Filippine
60 milioni l'anno, principalmente pel tabacco e la capitazione; e dopo tutte le spese,
ne avanzavano 6 milioni netti. Rotte le abitudini, finora la Spagna è in iscapito, ma il
vantaggio della libertà verrà certo. John Bowring nel 1859 visitò e descrisse quel paese,
mettendo in riso le abitudini di colà, ma a me pare siano piuttosto da invidiare.
B. UAusiralia può dividersi in 9 gruppi :
1. Continente australe o A'^. Olanda. Sul contorno sono stabilite colonie inglesi. La
principale è la A^. Galles del Sud sulla costa orientale, colla città di Sidney, che ha uno
de' migliori porti del mondo : fondata nel 1787, oggidì (1863) conta 80 mila abitanti ; e
mentre tutta la colonia nel 1787 avea 1030 individui, ora giunge a 200,000. Dal 1832
al 33 vi migrarono 65 mila persone, di cui un terzo femmine. Molti cavalli si mandano
nell'India perla rimonta delle truppe; strabbondano le pecore ed i cornuti; cavasi
qualche miniera di rame. 11 clima è salubre, quantunque vi faccia un caldo sin di 30°, e
passino anni interi senza piovere, dopo di che le acque, correnti a precipizio, menano
grandi guasti.
La zecca di Sidney ha fabbricato 21 milioni di monete d'oro: all'esposizione di Lon-
dra del 62 quel paese figura tra i primi per manifatture. Tutta la nuova Galles è solcata
da vie ferrate e da telegrafi. L'Australia appena figurava nelle statistiche inglesi, or
manda per 300 milioni di franchi l'anno in Inghilterra, e ne riceve per 673: Mac
Arthur nel 1793 portava 8 merini in Australia: nel 1861 ne contavano 17 milioni: uel
1839 di la furono spedite all'Inghilterra 33 milioni di libbre di lana, del valore di 116
milioni di franchi; e nel 1861, 68 milioni di libbre.
Figlia ne è la colonia di Vittoria, che nel 1831 contava 77,343 abitanti, dei quali
28,143 nella sola capitale Melbourne, fondata il 1833, e che nel 1863 giunge a 2000
mila abitanti, e tutta la colonia crebbe immensamente dacché, or fa 12 anni, vi si sco-
perse tanta quantità di oro. Di questo getta sui mercati europei per 230 milioni di fran-
chi l'anno: e all'esposizione di Londra si vide una piramide che rappresentava il vo-
lume d'oro estratto in Australia dal 1841 in poi, che equivaleva a 2,313 milioni. L'In-
ghilterra nel 1830 ricevette da quei paesi per 343 mila sterline di prodotti; nel 1860
per 1,376,326. Il clima dell'Australia è opportunissimo agli Europei, e mentre nel 1810
ve n'erano 10434 fra tutte le possessioni inglesi, oggi ve n'ha 1,200,000; con città, ar-
ricchiti di tutti comodi. Può dividersi in sei regioni. All'est la N. Galles meridionale,
che già descrivemmo, infestata da prima dal trasporto de' condannati, che ormai si
abbandona. Al sudest la Vittoria; l'Australia del sud, cap. Adelaide: al nordest il
Queensland, cap. Brisbane-, poi l'Australia occidentale, cap. Perth, dove orasi ridu-
cono i condannati: l'Australia del nord non è ancora ridotta a provincia, né ha città,
e il clima vi è cocente. Degli Aborigeni dell'Australia non esisteano più nel 1862 che
12,163, erranti di terra in terra, dediti all'ubbriachezza, insofferenti del lavoro, sic-
ché v'è poca speranza di trarli alla civiltà, e una commissione da ciò ne raccoglie la
lingua, le armi, gli utensili.
Nel 1789 Daws cercò superare la catena che ricinge tutto l'interno della N. Olanda;
ma solo nel 1813 per caso fu trovato uti varco, e penetrati per quello, vi si fondò la città
di Dathurst. Ivi fu scoperto il fiume Lachaln, che percorre ducento miglia, poi perdcsi
in paludi e in piani sterili. Così è del Maquaire; ma sembra che le loro acque scolino
nel Murray, il (luale comimica col mare mediante molti passaggi navigabdi. Si confidò
dunque percjuesto penetrare nell'interno; e Sturt che avea scoperto esso fiume, nel 1843
s'addentrò assai, e vi trovò un deserto arido, dove il calore giungeva a 66 gradi, e che
poi nel tempo delle pioggie è allagato. Leichardt, Eyre, Gregory ed altri si spinsero
MONDO MARITTIMO. 385
verso l'interno: Babbage neH858 penetratovi più di 400 miglia, trovò lande petrose
e senz'acqua. Il golfo di Carpentaria sulla costa settentrionale era stato scoperto nel
d6i4, ma solo nel 1843 vi si arrivò da Adelaide, posta quasi in linea retta sulla costa
meridionale. Burke e \Yills traversarono tutto l'interno e il 12 febbrajo ■1861 giunsero
al golfo di Carpentaria, dopo trovati e depositi d'acqua e fertili piani. Lo traversarono
poi anche Landsborough nel 1861, e Mac Donali Stuart nel 1862.
2. Gruppo della Papuasia comprende la N. Guinea , i cui principali abitanti sono i
Papù, dai quali è denominata. La N. Guinea è la piij grand'isola dell'Oceania dopo
l'Australia; con stupende foreste di piante aromatiche, d'ebano, di legnoferro, e sulle
coste banani e cochi. V'abbonda l'ambra, e di là è l'uccello di paradiso.
3. Arcipelago della .Y. Bretagna, all'est del precedente, e uno de' meglio popolati,
con molti boschi e monti da cui precipitano numerose cascate.
4. Arcipelago di Salomone. Se n'ebbe contezza migliore dopo la spedizione di Du-
raont d'Urville: è occupato da Negri antropofagi.
5. Arcipelago di La Perouse, così chiamato perchè si crede che a Vanikoro siano pe-
riti i legni di quel viaggiatore- Clima pestifero.
6. Arcipelago di Quiros o nuove Ebridi; dove l'isola di Tanna ha un vulcano, le cui
ceneri ricadendo sul terreno, lo fertilizzano a segno da produrre assai più grandi e più
aromatiche le piante. L'arcipelago è abitato da Negri feroci, come anche il
7. Gruppo della X. Caledonia. Le alture sono abbellite dall'anatolma, vago arbusto
tra' cui rami tende le tele il ragno caledonico, sì robuste da pigliarvi gli uccelletti.
8. Quello di Norfolk: ove prospera il lino detto formio tenace.
9. Quello della Tasmania o isola di Diemen abitato da Malesiani antropofagi, ed ora
colonizzata, sicché nel 1857 vi si contavano 77,79i anime, fra cui 3008 deportati.
C. La Polinesia, è un complesso d'isole disposte a gruppi, sulla cui distribuzione non
s'accordano i geografi. 1 principali sono: quel delle Marianna o dei Ladroni, quel delle
Caroline, quel di Fidgi, quel di Tonga o degli Amici, quello di Bougainvilh ; l'arcipe-
lago di Mendana, in cui trovansi le isole Marchesi; quello di Sandwich o d'Hate ai sotto
il tropico del cancro, incivilito da missionarj inglesi. Delle isole della Società, Taiti è
la principale, composta di due penisole, unite per un istmo pochissimo elevato. Vi si
discernono due razze, come in tutto l'oceano Pacifico: la più antica, di Negri; gli altri
somigliantissimi alla razza malese e agli Indios d'America, sono modificati in ciascun
arcipelago. Voluttuosi, [leggeri, ospitali, intelligenti, abili pescatori: regolare vi era
l'infanticidio; vi si conoscea la numerazione per dieci; nel 181S si adottò il cristia-
nesimo. Il paese fu spopolato dalla sifilide, dall'armi da fuoco, dall'acquavite; sicché
mentre da Cook reputavasi aver 50 mila teste, ora tocca appena a 7 mila.
In tutte le isole del mar Pacifico si temono gli streghi. Alle Sandwich i capi portano
seco uno sputino, e la saliva è attentamente bruciata perchè non serva a' malefizj. Gli
abitanti delle Marchesi sono i più belli; i più stupidi quelli della N. Olanda e della
Tasmania. Anche la vantata dolcezza d'alcuni de' selvaggi vuoisi intendere con gran
misura : e tratto tratto è smentita da assassinj non solo, ma da pasti umani.
È meravigliosa l'analogia che presentano le lingue oceaniche nei vocabolarj di Forster,
Mardsen, Gobien ed altri: non solamente tutta l'Oceania orientale parla lo stesso lin-
guaggio in varj dialetti, ma questo somiglia moltissimo al malese, specialmente di Su-
matra, e a quello pure del Madagascar, che, secondo Dupetit Thouars, offre il tipo più
ricco e più regolare. Sembra però dagli ultimi viaggi che tale analogia siasi alquanto
esagerata. Ciò che potè trarre in errore si è che il malayo, ossia la lingua de' Malesia-
ni, è la più difi'usa, e che la maggior parte delle lingue usate nella Polinesia ha molte
radici nel malayo. Vedi la Storia Universale, Libro XIV, capo xxiv.
L'industria degli Oceanici è quella di selvaggi. Essendo la più parte isolani, gli abi-
tanti mostransi abilissimi naviganti ; anche fra i barbari trovossi molto raffinata l'arte
di costruir le piroghe e le barche da guerra; gl'inciviliti sono pirati arditissimi. Essi
formano compagnie formidabili, che talvolta sono riconosciute per via di tributi di
merci ed oggetti europei, i quali in grazia loro son molto diffusi per quei lidi. Incredi-
bile v'è il numero delle piroghe, colle quali talora si fanno battaglie navali regolate;
il re d'Achem n'avea molte migliaja. Gli Europei hanno stabilito fortezze dapertutto,
e si adoprano alla repressione de' pirati.
Cantò, Documenti. — Tomo I, Geografia politica. 25
ì
386
GEOGRAFIA — EPOCA DECIMÙTTAX A
Gli abitanti delle Sandwich tessono belle stoffe con scorza di gelso; sono rinomate le
BtofTe della Carolina, i mantelli della N. Zelanda, le orerie della Malesia: del resto si sa
fabbricar capanne, archi, freccie, tamburi; ma i Negri dell'Australia neppur di tanto
sono capaci. I papù della N. Guinea per minuterie danno i mirabili uccelli di paradiso;
alle Ebridi si lafilia il sandalo; Borneo dà la miglior canfora, e ogn'anno più di 3 mi-
lioni di chilogrammi di pepe. Le colonie inglesi portano grano al Capo, cuoj all'India,
carni salale all'Isola di Francia, lane merinos in Inghilterra di qualità superiore alle
spagnuole.
Le miniere di stagno della Malesia, e principalmente di Banca, sono ricchissime;
come quelle d'oro e diamanti di Borneo. Le Filippine provedono di solfo ; la N. Galles
del sud di carbon fossile, più prezioso che l'oro; a Sidney, a Giava, nelle Celebi, molto
salgemma. A Taiti e Po Moutou pescansi perle; e dapertutto balene e foche: sulle coste
delle Filippine il mare rigetta molta ambra. Gli Europei levano pure di là avorio, legni
da intarsiare, terebintina, scaglie di tartarughe, ecc.; e vi portano oppio, sale, tele or-
dinarie, seterie, porcellana, sapone, liquori, polvere.
Di sommo rilievo è il commercio che si fa nelle colonie inglesi e olandesi ; e prelen-
desi che nel 1826 dalla N. Galles siasi asportato per 2 milioni e mezzo di franchi inolio
di balena, nel 1835 per 16 milioni, e per 22 nel 1839; e dalla terra di Diemen per ìi
milioni e mezzo. Di lana (non contando queste due colonie inglesi) si portarono nel 1810
trecento libbre, nel 1859 ben 11 milioni di libbre, e nel 1846 dal N. Galles 1G,i79,2.^0
libbre. Dall'isola di Giava escono caffè, zucchero, stagno, riso, indaco, di cui in pochi
anni decuplicò la quantità: in sfmima nel 1840 le asportazioni valutaronsi 76,143,445
fiorini olandesi, e le importazioni 59,508,013; il che vuol dire un movimento di 247
milioni di franchi.
Nuova importanza venne a dar ultimamente a questi paesi la scoperta di letti auriferi.
Al principio del secol nostro si trovarono quelli degli Ural, che davano 30 mila chilogr.
l'anno, cioè quanto basta a fabbricare 5 milioni di napoleoni: sebbene il governo russo
abbia ristretta la produzione di questo metallo coll'imporvi una tassa, che arrivò sin
al 25 e al 35 0(0. Poi nel 1848 scoprironsi i terreni auriferi della California, e si calcola
otTrano ogni anno 400 mila chilogr. d'oro, cioè quanto basta a battere 15 milioni di na-
poleoni. Economisti e commercianti erano sbigottiti dall'alterazione che ne verrebbe al
valor delle merci e alla proporzione tra l'oro e l'argento, quando l'Australia svelò altri
banchi, che ne dan tanto da fare 20 milioni di napoleoni l'anno.
Secondo i calcoli, l'oro dato dal Nuovo Mondo dalla scoperta sino al 18i8 fu di
2,910,000 chilogr., che sarebbero 10,122 milioni di franchi: cioè in 357 anni se ne
produsse appena quanto ora in 10 anni. Al principio del secolo versavansi sul mercato
generale 24 chilogr. d'oro, cioè 82 milioni di franchi; al 1848 se ne versò il triplo; e
oggi dai 275 ai 3ì)0 mila chilog., cioè per mille milioni di franchi. Quanto all'argento,
al principio del secolo produceasene 700,000 chilogr. l'anno, cioè per 200 milioni: ora
crebbe solo ad un milione; cioè l'aumento della produzione dell'argento è di 10 a 11,
mentre dell'oro è di 10 a 150.
Giava eccettuata, tutt'altrove la schiavitù è riconosciuta con tutta la fierezza di barbari.
I condannati, deportati dall'Inghilterra nella N. Olanda, formano una popolazione nuova,
di cui l'origine influì troppo sulla natura e sullo sviluppamento della sua civiltà.
Variatissimi sono i governi, e generalmente dispotici. Nell'interno delle Molucche e
di Borneo, il capocasa è despoto e indipendente. 1 re elettivi di Borneo, di Sumatra,
delle Celebi son limitati da un'aristocrazia ereditaria, la quale pesa gravosissima sopra
il popolo. Alle Caroline il potere del capo è talmente assoluto, che le navi che passano
in vista del suo palazzo devono abbassare la vela, né si può accostarsegli che in gi-
nocchio. A Giava è un imperatore dispotico, come a Mindanao. Alla N. Zelanda i capi
riuniscono l'autorilh spirituale e temporale. Nell'arcipelago degli Amici, a somiglianza
del Giappone, veneravasi un pontetìce re, mentre il capo militare aveva il poter delle
armi. Alle isole Sandwich e a Taiti gli Europei introdussero il governo costituzionale.
Tutta l'Oceania è sotto l'influenza europea. Portoghesi. Spagnuoli, Olandesi, Inglesi,
Francesi han possessi nel Grand'oceano e nell'Indiano. Le terre più ricche e popolose
spettano agli Olandesi : gli Spagnuoli conservano la più parte delle Filippine e l'arci-
pelago delle Marianne: i Portoghesi han le due piccole isole di Sabrao e Solor, e parte
SIONliO MARITTIMO. 587
di quella di Timor. Gl'Inglesi, padroni di tutti gii approdi, nel 18i0 occuparono la
N. Zelanda, disseminarono in tutte le isole missionari, che spesso sono antiguardie,
sempre agenti |)nliiici e commerciali, e colonizzarono la N. Olanda; stabiliscono posti
dovunque la pesca può servire. Gli Stati Uniti imitandoli, sbarcarono molli missionarj
alle isole Ilawai. Nei porti di queste entrano navi d'ogni bandiera. Nel 1842 la Francia
occupò le Marchesi, c\ok Nukahiva la principale, Ohivaoa, Ilovapoa, Fatuhwa, Tahuata,
Uuahuana, oltre due deserte ma abitabili, lìiau e Molane: vi si contano 20 mila indigeni
sopra una superficie di 127,160 ettari. Le isole son popolate di malviventi, disertori o
naufraghi, i quali colà pajono portenti di morale e di civiltà; le genti si fan guerra per
rapirseli, ed i re per maritarli alle proprie figlie.
La religione cattolica vi fa progressi, e dopo il 1842 stabilironsi dieci diocesi ne-
l'Australia, e due nuove si erigono ora (1863) a Goulbourne e Armidale.
Anche verso quel polo si continuarono le scoperte. L'inglese Weddell nel 1824 pe-
netrò 3" 5' nel circolo antartico: Morrell e Kemp nel 1830-35 accertarono una terra
polare antartica, in traccia della quale furono spediti dalla Francia Dumont d'Urville,
dall'Inghilterra Ross, dagli Stati Uniti Wilkes Quest'ultimo s'avvicinò a poche miglia
ad essa terra; D'Urville procedette più che altri, e scòrse la terra cui die nome A' Adelia
a 06° 30' di latitudine sud e lS8°21'di longitudine est, la quale dall'americano Peacock
fu costeggiata per 1700 miglia. Nel 1841 Ross giunse 180 miglia di là dal polo magnetico,
cioè a 78** 4'latitudine meridionale e 173° 12' di longitudine orientale; esuquel nuovo
continente, ch'egli denominò Vittoria, accertò la posizione del vulcano Èrebo (11'^ 32'
latitudine sud, e 167° longitudine est di GreenwichJ, quasi un faro naturale a futuri
ardimenti. L'inverno vi è perpetuo, e nessuna vegetazione; moltissimi cetacei, per la
cui pesca vi vengono centinaja di marini.
Le massime altezze polari furono raggiunte dal dottor C. Kane di Filadelfia, andato
alla ricerca di Franklin; perocché nel 1854 toccò sopra slitte r82" 30', e nel So sopra
VEoIo r82°. Traversate le prime barriere di ghiaccio, incontrava un mare navigabile, su
cui nessun ghiaccione galeggiante, benché soffiasse da nord. È dunque dimostrato quel
che già presumevasi, che il maggior freddo non è al polo, ma dipende in parte dalle
correnti e dal ghiaccio che queste trasportano. 11 polo fìtologico, quello cioè dov'è mi-
nore il numero dei generi vegetali, è l'isola \Yinter a 66° 30' latitudine nord.
§ 34. — Epilogo.
Il sig. Deeterici all'accademia delle scienze di Berlino nel 1859 presentò un prospetto
della popolazione del globo, superiore alla vulgata, deducendola da' più recenti censi-
menti, e supponendola aumentata assai negli ultimi 60 anni, siccome dimostra coll'esame
delle opere speciali a ciascun paese. Su tali dati, fìssa la popolazione totale dell'Europa
a 272 milioni, mentre Busching nel 1787 la limitava a ISO. E la suddivide cosi:
388
<;E0GKAHA — EPILOGO
STATI
i. Francia
2. Gran Bretagna e Irlanda ......
3. Belgio
4. Olanda [ [
5. Prussia, e parte della Confederazione Ger-
manica
6. Resto della Confederazione.
a) Provincie germaniche di spettanza della
Prussia
h) Regno di Sassonia ] *
e) Unione Turingia
d) Hannover *
e) Oldenburg
f) Nassau [
g) Granducato d'Assia
h) Principato d'Assia
i) Baden *
k) Wiirtenberg \
l) Raviera \
m) Brunswick
n) Francoforte sul Meno
(Per ciò che spetta alla Confederazione, il Lu-
xenburg conta coll'Olanda).
7. Gli altri Stati germanici che non fan parte
della Confederazione, tolta l'Austria:
a) ì due Mecklenbourg
b] Amburgo
e) Liibeck
d) Brema
e) Lichtenstein
fL'Holstein e il Lauenburg contano colla
Danimarca).
8. Stati austriaci
9. Svizzera
10. [falla: Stati sardi \
ìì. ì\ resto d'Italia, cioè
a) Due Sicilie
b) Stati della Chiesa
c) Toscana
d) Modena
e) Parma
/) San Marino
12. Danimarca
■15. Svezia e Norvegia
li. Portogallo \
15. Spagna !
K). Grecia
il. isole .Ionie . . . •
18. Russia
19. Turchia '.'.'.
20. Islanda e isole Fcroe. Dipendenti dalla Da-
nimarca ma non contate con essa .
Miglia q.
tedesche
9,619.80
5,749.94
556.84
670.96
5,063.94
429.82
271.68
222.08
700.48
116.05
86.55
154.04
168,76
278.01
575.00
1,592.73
55.54
1.83
290.33
6.59
6.62
4.58
2.90
12,121.35
754.50
1,375.56
2,040.44
774.20
400.41
102.24
114.80
1 .25
1,037.(10
14,154.57
1,881.89
9,(l6i..57
895.58
50.50
100,429.46
9,5-45.09
1,863.92
Abitanti
36,089,364
27,488,853
4,607,066
3,487,617
17,089,407
466,899
2,039,176
1,025,642
1,841,317
231,581
428,257
848,102
709,659
1,312,918
1,669,720
4,547,259
245,771
76,146
642,064
220,000
54,000
88,856
7,000
36,598,620
2,494,500
4,976,054
8,616,922
5,100,000
1,817,166
606,159
51 1 ,969
7,800
2,468,648
5,072,820
3,471,199
15,518,516
1,045,155
226,824
62,000,000
18,740,000
67,808
Ogni
miglia
3746
4781
8582
5198
3375
3596
7506
4618
2629
1994
4948
5506
4205
4723
4453
3265
4425
2211
2414
3003
3506
5617
4223
4004
4558
5929
4460
6240
2581
559
18i5
1712
1165
4556
617
1965
56
To'iile 182,512.20 272,504,552 1492
Per l'Asia le fonti sono meno determinate, e massime quanto alle popolazioni nomadi.
Per la Cina adduce molte autorità onde attribuirle 560 milioni d'aninie: all'lndosfiin dà
171 milioni, comprese le possessioni inglesi: ma non si hanno che dati incerti sul Tonkin,
la Cocincina, il Siam, l'impero Birmano, e Malaca. Mal determinati pure gli abitanti
dell'arcipelago indiano, come pure dell'Asia centrale e occidentale, e si deduce da
POPOLAZIONE
389
congetture e da calcoli approssimativi; viepiù difficili per l'Arabia. Infine attribuisce
all'Asia 755 milioni; ma non v'è qualche sicurezza [che pei ^578 milioni appartenenti
alla Siberia, alla Cina, all'Indostan.
STATI
1. Siberia
2. Impero Cinese
3. lodostan
4. India posteriore
5. Arcipelago indiano
6. Giappone
7. Tartaria (col Turkestan, Bukharia e Chiwa
8. Persia
9. Afganistan
io. Bélucistan ,
i\. Arabia ,
12. Turchia d'Asia (con Jeddo) ....
Totale
Miglia q.
tedesche
247,756
251 ,021
68,872
56,791
57,620
7,496
58, 1 76
26,450
12,160
7,800
48,260
31 ,582
Abitanti
7,000,000
400,000,000
171,000,000
15,000,000
80,000,000
55,000,000
8,000,0U0
15,000,000
4,000,000
2,000,000
5,000,000
15,000,000
Ogni
miglio q.
28
1751
2483
408
2 126
4669
209
491
529
256
103
475
793,964 I 755,000,000
945
Per l'Africa si è ancor più incerti, salvo alcune parti distinte come l'Algeria e l'Egitto.
Carlo Hitler avverte la perfetta relazione che v'è in Africa tra il numero degli abitanti
e i costumi 5 parallelismo logico che si riscontra in tutte le opere della natura. L'Europa
ha, per media 1492 abitanti ogni m. q. l'Asia 945; l'Africa non può averne 200: e l'Al-
geria e l'Egitto restano fra i 500 e 400. Adottando i 300, si avrebbero in tutto 163
milioni; Deeterici starebbe a 200, che farebbero 217,500,000; mentre i manuali ordi-
nar] ne danno 156.
Per l'America si hanno copiose statistiche officiali quanto al nord: degli Stati re-
centi del sud tutti convengono che la popolazione è scarsissima. Tutto calcolato, valuta
gli abitanti dell'America a 59 milioni, cioè:
STATI
1. Stati Uniti . . .
2. 1 due Canada . .
3. Messico ....
4. America centrale .
5. San Domingo . ,
6. Cuba
7. Giamaica ....
8. Il resto delle Antilie
9. Nuova Granata . .
10. Venezuela . . .
11. Equatore ....
12. Perù
13. Chili
14. Bolivia . . . .
15. Brasile ....
16. Buenos Ayres . .
17. Uruguay ....
18. Paraguay ....
19. Gujana ....
20. Indiani indipendenti
21 . Terre polari . . .
Colle lerre polari ,
Senza le terre polari
Miglia quad.
Abitanti
O^ni
tedesche
miglio q.
146,717
23,191,876
158
64,006
2,571 ,437
40
30,700
7,661,520
250
9,244
2,150,000
232
1,368
1,133,000
828
1,966
1,449,462
737
278
379,000
1363
445
445,000
1000
18,200
2,250,000
124
18,362
1,356,000
74
13,558
900,000
66
23,9 il
1,700,000
71
6,636
1,300,000
196
22,410
2,326,000
104
147,625
7,677,800
52
25,282
1 ,235,000
49
5,080
150,000
29
4.152
600,000
145
4,856
170,994
40
31 ,060
319,600
10
173,290
10,000
750,055
58,976,089
79
576,765
58,976,689
102
390 GEOGRAFIA — EPILOGO
Nell'Australia si hanno censimenti per le colonie, ma pel resto mancano i dati.
L'interno della N. Olanda ha scarsi abitanti, forse iO per miglio; e tutta l'isola 100 m.,
che diminuiscono sempre: e per tutte le isole 2 milioni.
Così si epilogherebbe :
Europa . . . 182,S71 miglia quad. ; 272 milioni d'abit. ; 1490 ogni miglio quad.
Asia .... 793,964 — 750 — 94S —
Africa . . . 543,570 — 220 — 59 —
America . . 750,055 _ 59 _ 2 —
Polo Australe . 2,288 —
1 paesi donde la civiltà prese le mosse, l'Asia occidentale, l'Arabia, l'Egitto, sono
relativamente in decadenza. L'Europa, massime nelle parti occidentali e settentrionali è
in incremento, e può crescere ancora, giacché lastatistica e l'economia non determinarono
quanti abitanti possa nutrire ogni migliu quadrate, ed oggi variano da 1000 a 6000: v'è
paesi che n'han 12 m., spesso nutriti unicamente dai prodotti del suolo, come in Lom-
bardia, nel Belgio, nella Prussia renana. L'America offre le maggiori probabilità d'incre-
mento della stirpe umana: forse ne offriranno in appresso anche il continente e le isole
dell'Australia, ma l'India e la Cina, ora popolatissime, 0 si arrestano 0 declinano.
La geografia come la storia, ci attesta la superiorità della stirpe europea, la (]uale non
solo cresce nel suo paese, ma si amplia sopra le altre parti del mondo, restringendo
in limiti sempre più angusti le razze indigene. L'America è dominata da Europei, che
spossessano dapertulto i natii. L'Africa è ricinta da coionie nostre, che poco a poco
guadagnano verso l'interno, a malgrado del clima e delle barriere naturali. Altrettanto
è della Nuova Olanda. La Polinesia ormai non ha scoglio ove non sventoli bandiera
europea. L'Asia, antica culla delle stirpi nostre, or le vede ritorcersi contro di lei per
rincacciare i Turchi che di là vennero, e per sommettere da un lato l'India, dall'altro il
Caucaso: da due estremi opposti si affaticano a quest'opera Inglesi e Russi; e giù tanto
procedettero, che appena la Bukaria li separa dal venire ad un incontro, che potrebb'essere
un cozzo. Pertutto si stabiliscono colonie; e queste, fatte robuste, si separano dalla
madrepatria per divenire potenze indipendenti e creatrici di altre. Laonde la stirpe eu-
ropea è cosi distribuita :
popolazione
in Europa 250,000,000
Asia 140,000,000
Africa 30,000,000
America dipendente 3,500,000
— indipendente 50,000,000
Oceania 15,000,000
1 che forma tre quinti della superficie e metà della popolazione totale della terra:
Volendo istituir paragoni, si troverà che l'Asia, anche dopo che i moderni geografi
ne aggregano tanta estensione al Mondo Marittimo, è la parte più grande, ed ha la
maggior popolazione assoluta; ma relativamente conta poco più della metà dell'Eu-
ropa. Di quest'ultima, appena un sesto della superficie è incoltivabile.
Vecso il 1860 gli Stati furono presi dalla smania de'censimenti , e tutti, forse per la
maggiore regolarità, attestarono aumenio di popolazione. La Francia mostrò essere cre-
sciuta del 54 per 0,0 dal 1801 in poi, ma ora è in decremento. L'Inghilterra crebbe del
38 p. 0(0 dal 1820 in poi. La Prussia nel 18IGavea10 milioni e mezzo d'anime; ora 18
e mezzo: fra i quali 268 mila soldati in attività; sicché avrebbe aumentato del "8 \). 0|0.
Dopo il 1847 crelibe sterminatamente l'emigrazione dall'Europa in America: e il
massimo si avverò nel 1854, quando contaronsi 600 mila emigrati; nel 1859 furono
200 mila. Il maggior numero è dato dall'Irlanda; segue il resto della (^ran Bretagna,
poi le Provincie Prussiane della Vestfalia, e il resto della Germania. L'emigrazione d'in-
glesi oltre l'Oceano nel 1861 diminuì, mentre crebbe il ritorno degli emigrati. Partirono
91,770 persone, di cui 49,764 per gli Stati Uniti; 12,707 per l'America inglese: 19,183
per l'Australia; 4555 per la N. Zelanda: 1576 pel Capo: 774 per Natale. 1 migrati re-
duci furono 32 mila; cioè 8000 più che nel 1860. Nel 1862 migrarono dalla Gran Bre-
tagna 70,522 uomini, 50,992 donne. E si calcola che in 25 anni la Gran Bretagna
r.EnARCHIA CATTOLICA 391
mandò f> milioni di coloni, oltre forse un milione partiti sopra altri legni che que' delle
Agenzie d'emigrazione.
Esporremo altri riiganagli statistici, sempre colle riserve che ahbiam fatte intorno
alia genuinità dei pritiii dati. Il dover istituire confronti ci oMiliglierà a risalire a più
anni indietro; ma il lettore talvolta può, ne' precedenti paragrali, trovare gli elementi
assoluti per gli anni ultimi, dovun(|ue ci fu possibile ottenerli.
E cominciando dalla gerarchia cattolica, questa si compone di 70 cardinali foggi
elTettivamente sono 59, fra cui ]0 italiani ; oltre i 9 eletti nel 18G2J : e di 12 patriarchi,
di cui o del rito orientale; 116 arcivescovadi, di cui 13J di rito latino; gli altri di orien-
tale, cioè armeno, grecoslavo armeno, grecoslavo rumeno, greco melchita, siro puro,
Siro caldeo, siro maronita: 69 i vescovati, di cui 6 il) di rito latino. Nel 1862 i prelati
componenti la gerarchia cattolica con titolo ascendeano a 980, di cui 23i in jiarUbua
infidelium (Ij. Il papa regnante eresse i nuovi arcivescovadi, 85 vescovadi, ed elevò 9
sedi a metropolitiche: eresse pure 14 vicariati, 1 delegazione, 5 prefetture. Stando al-
l'Europa, eccone il quadro:
patriarcati arcidiocesi diocesi
Austria \ 15 67
Prussia .... » 2 6
Restante Germania » 5 14
Svizzera » i> S
Belgio » 1 5
Francia e Corsica n 15 65
Spagna colle Canarie > 8 SO
Portogallo con Tercera e Madera i 2 16
Irlanda » 4 24
Inghilterra » \ -12
Paesi L'assi » 1 4
Russia e Polonia » 3 ^7 (2)
Grecia e Isole .Ionie » 2 4
Turchia europea \ 4 S
Quant'è particolarmente dell'Italia, ecco un prospetto più particolareggiato, stando
all'antica divisione.
Lombardia . .
Veneto . . .
Napoli . . .
Sicilia isola
S;m Marino
Stato pontificio
Malta . . ,
Toscana . .
Svizzera . .
Piemonte . .
Sardegna isola
Modena . .
Paroìa .
Tirolo . , .
Corsica . .
Monaco . . .
Isiria e Gorizia
1
2
20
4
9
69
14
M
59
1
17
I)
23
8
4
4
2
1
237i
1679
3786
10950
?
2641
235
3242
381
760
813
cloro regolare
uomini donne
374
8(i4
11680
7591
23
981
659
9773
8675
34
21415
284 125
3234 4172
133
3957
1242
130
165
177
250
_!_
76
Clero
secolare
Totale
Prop
fra i
e
popò
orzione
clero
la
azione
9344
10699
270
71 88
8711
270
27144
48597
1 S.*)
1 7000
33266
69
32
89
70
16905
38320
81
900
1 309
94
10031
17437
103
567
877
137
12888
16845
240
2121
3363
161
p
3.586
168
2220
2900
178
1165
1 \m
232
?
955
251
■?
37
270
li 02
1343
1 •
378
(1) Secondo il Scrrislori, nel -1858 i vcscoTadi non erano che 671 . L"
ora ne ha 118: l'Europa che ne aveva 553, ne ha 602. In Asia ne sono 7
(2) Ma sette chiese (le rnteue) furono dappoi ridotte alla rosta.
America che allora ne aveva 70,
0; in Africa 10; in Oceania i2.
392 GEOGRAFIA — EPILOGO
La Congregazione de propaganda fide tiene 55 missioni in Asia, 13 nelle due Americhe,
8 nell'Oceania, io nell'Africa, che sono quelle dell'Africa centrale, dei Galla, dell'Abis-
sinia, dell'Egilto pei Latini e pei Copti, di Tripoli, di Tunisi, della Guinea, del Senegal,
del Congo, del Capo, di Natal, del Distretto occidentale e orientale, di Nossibè, di Santa
Maria e Mayotle, delie isole Seycelle. Nel 1846 Gregorio XVI creava per l'Africa centrale
il vicariato apostolico, sedente a Rasel Kartum, sulla sinistra del fiume Azzurro, poco
lungi dal confluente del fiume Dianco.
Gli ordini religiosi, i quali durano tuttodì, sono 203; cioè 60 di canonici o chierici
conviventi fuor del secolo, Si di frati, 89 di monache. È notabile che la maggior parte
di questi s'istituirono nel xvi e xvu secolo : il più recente è quello dei padri Rosminiani
della Carità.
Il primo popolo della cattolicità è il francese, che appena ha un dissidente su 17
cattolici.
Walcker nel 1803 computava che annualmente in Europa si pubblicassero 7000 opere.
Dappoi stamparono
Danimarca nel 1827 opere 264 cioè 1 ogni 7,000 abitanti
Paesi Bassi . . 1827 470 — 8,000
Russia e Polonia 1828 686 — 60,000
Germania. . . 1851 56S8 — 6,000
Francia ... 1831 S06o — 6,000
Gran Bretagna annualmente 2300 — 10,000 »
Alla sola Parigi nel 1812 si stamparono 72 milioni di fogli; nel 1822, 96 milioni ; nel
18i8, 114 milioni: nel 1833 eranvi 4200 torchi, oltre 80 a vapore; nel 1848, 600 torchi
meccanici, e da 1000 a 1500 a mano. Tutto ciò è nulla a petto di Londra. L'Italia nu-
mera oggidì presso a 1000 tipografie, e da 20 mila operaj , sempre crescenti dacché i
libri scemarono e venne un diluvio di giornali.
Di questo sì potente e sì abusato mezzo d'istruzione, nel 1847 ne aveano la Spagna
uno ogni 864m. abitanti, la Russia ogni 1 39. m, Austria 198m., Svizzera 66m. : Fran-
cia 25m., Inghilterra 46m., Prussia 43m., Germania 18m., Belgio 29m.: e in Italia, la
Lombardia uno ogni 6om., Toscana e Stati papali 80m., Due Sicilie 122m., Modena,
Parma, Veneto 138m., Stati sardi 145m., stando al Moniteur 21 gennajo d'esso anno.
Fu detto che agli Stati Uniti escano oltre 2000 giornali, quasi unicamente a questi
trovandosi ridotta la letteratura di colà. Le rivoluzioni recenti alterarono queste pro-
porzioni, a disastro del buon senso, dtlla libertà e dell'onore, e a misura che deperi-
rono la letteratura e la potenza di pensare da sé. La sola Parigi nel 1863 pubblica
609 giornali.
Gabinetti di lettura con prestito di libri furono istituiti primamente dal librajo Wright
nel 1740; ed ora la sola Germania ne conta 10,000. Negli altri paesi moltiplicano tuttodì.
In Russia dal 1833 al 43 vi si stamparono 7 milioni di libri, e s'introdussero 45 mi-
lioni di opere straniere, e il ministro dell'istruzione fece intraprendere 40 spedizioni
scientifiche. Secondo il conto reso da esso ministro per la fine del 1844, le cinque univer-
sità di Pietroburgo, Mosca, Kharkof, Kief, Dorpat contavano 3274 studenti; e i ginnasj,
collegi, scuole di distretto e di parrocchie e pensioni particolari, 108,000 allievi. Orche
quel paese si rigenera coll'aliolizionedella schiavitù, estendonsi smisuratamente le scuole.
In Germania al V gennajo del 1865 v'erano 2859 librerie di tedeschi. Lipsia spedisce
almeno 120m. quintali di stampati l'anno pel valore di 25 milioni di franchi. Nel 62
comparvero 11,241 libri nuovi, cioè quasi quanti in tutta la restante Europa.
Sulle biblioteche ha fatto un lavoro Adriano Balbi, dal quale appare come incerti
ancor sieno molti elementi: però vogliono computare che nelle pubbliche europee stia-
no 20milioni di volumi, cioè in Francia 6,4U0,0U0, in Italia 5,000,000, in Germa-
nia 5,700,000, negli altri paesi 5,000,000: altrettanti forse nelle biblioteche privale. II
Museo Britannico nel 1849 pubblicò il suo catalogo, in 88 volumi in-folio, secondo il
quale la biblioteca contiene 455,678 volumi stampati, 29, 6^i6 volumi manoscritti, 23,980
manuscritti distaccati, de' quali 208 cgizj su papiro, e 10,221 carte e piani. iXcll'lnghil-
terra stessa la biblioteca dell'università di Aberdeen ha 35,284 libri stampali e 74 ma-
STATISTICA LÌETTERARIA E INnUSTRIAlE 39S
nuscritti; quella d'Edimburgo 90,854 libri stampati e 310 manuscritti ; quella degli av-
vocati 148,000 libri stampati e 2000 manuscritti.
Sono accademie in Francia 264; Svizzera 50; Baviera 36; Wiirtenberg, Baden ,
Nassau, Brunswick 48; Hannover e le quattro città libere 23; Sassonia 20; Austria 111;
Prussia 40; Paesi Bassi 20; Belgio 22; Sardegna, Parma, Modena, Lucca, Toscana 43;
Stati poutifizj 16; Due Sicilie 17; Portogallo 6; Spagna 90; Danimarca 20; Norvegia 24;
Russia 47; Polonia 2; Turchia europea e Principali danubiani 8; Grecia e Isole jonie 4;
Gran Bretagna 257. Londra è la città del mondo cbe più ne unisce : nel 1 854, ve n'avea 40
in piena attività, comprendenti 80 mila individui, cioè la Società di zoologia 2446, di
orticoltura 1 875, delle arti 1 000, l'Istituto reale 758, la Società reale 750, la geologica 700,
la linneana 600, l'asiatica 500, la geografica 520 l'astronomica 320, quella degli anti-
quarj 300, di letteratura 271, sei Società mediche 1700, l'Istituto meccauico 1000, ecc.
in detto anno vi si lessero 980 memorie, di cui da 400 furono pubblicate.
Secondo Hassel, l'Europa ha 104 università con 70,235 studenti; cioè 700 studenti per
università, e uno ogni 3000 abitanti. Ma il riparto varia, giacché in Ispagna e in Italia
alcune non contano 100 studenti ; i Paesi Bassi ne hanno 2686, cioè uno ogni 2500 abi-
tanti; l'Austria 18,000, cioè uno ogni 1150 abitanti; la Prussia 5000. Ecco il catalogo
delle principali, coll'anno di lor fondazione:
Francia: Parigi, 1200; Tolosa, 1229; Montpellier, 1284; Orleans, 1305; Grenoble, 1339
(trasportata a Valenza nel 1454); Angers, 1364; Grange, 1365; Dole, 1422 (trasportata
a Besangon nel 1676); Poitiers, 1431; Caen, 1436; Valence, 1454; Nantes, 1460;
Bourgesl465; Bordeaux, 1472; Reims, 1548;Douay, 1572; Besancon, 1676; Pau, 1722;
Nancy, 1769. Si sa come tutto dipendono dall'unica università governativa, quella di
Parigi, che è a capo di tutte l'insegnamento.
Alemagna e Svizzera: Praga, 13^8; Vienna, 1364; Ginevra, 1368; Colonia, 1385;
Eidelberga, 1386; Lipsia 1409; Basilea, 1459; Magonza, 1477; Tubinga 1477; Wittem-
berga, 1502 (trasferita a Halle nel 1815); Marburgo, 1527; Kònigsberg, I54i; Jena, 1558;
Helmstaìdt, 1575; Halle, 1694; Gottinga, 1755; Erlangen, 1743; Stuttgard, 1775; Ber-
lino, 1810; Bonn (formata da quella di Munster), 1818; Monaco, (formata da quella di
Landshut), 1826; Zurigo, 1832; Berna, 1854.
Gran Bretagna Oxford, 1206; Cambridge, 1229 o 1257; Saint-André, 1411; Glas-
gow, 1454; Aberdeen, 1506; Edimburgo, 1582; Dublino, 1591; Londra, 1828.
Paesi Bassi e Belgio: Lovanio, 1426; Leida, 1575; Franeker, 1585; Groninga, 1614;
Utrecht, 1656; Liegi 1816; Gand, 1816; Bruxelles, 1834.
Italia: Napoli, 1224; Padova, 1228; Roma, 1245; Pisa, 1335; Firenze, 1349; Pa-
via, 1360; Siena, 1370; Palermo, 1594; Torino, 1405 ; Parma, 1482: oltre Ferrara, Ma-
cerata, Perugia, Urbino, Camerino, Modena, Catania, Messina, Cagliari, Sassari.
Spagna e Po'^togallo: Valenza, 1209; Salamanca, 1239; Lisbona, 1279; Coimbra, 1291 ;
Valladolid, 1346; Toledo, 1499; Siviglia, 1504.
Paesi del Nord: Cracovia, 1364; Copenaghen, 1476; Upsal, 1476; Dorpat, 1632;
Mosca, 1755; Vilna, 1805, Pietroburgo, 1819.
Grecia: Atene, 1836.
Vennero in grande incremento le scuole elementari, almeno pel numero: potesse
dirsi altrettanto per la qualità! In molti Stati è diffuso il mutuo insegnamenlo, mas-
sime in Danimarca, Svezia, Inghilterra.
Nella Spagna numerarono 5849 artisti. In Inghilterra, secondo Colquhoun, piij di 10
mila famiglie vivono dietro alle belle arti, col lucro di 1,200,000 sterline. A Parigi nel
1850 contavano 1525 disegnatori, 510 incisori, 480 architetti, 310 maestri di cappella,
1523 sonatori: la rivoluzione del 1848 li ridusse all'inazione ed alla miseria, e disperse
anche molti di quelli che da ogni parte affluivano a Roma e a Napoli. 1 governi succe-
duti affettarono ,ma invano, l'aureola della letteratura e delle arti belle.
Riguardo ai progressi agrarj, Léonce de Lavergne (Forces produci ives des divers pays)
pone la Francia e l'Italia nel terzo grado d'onore, dopo aver dato il primo luogo all'In-
ghilterra, e il secondo al Belgio, all'Olanda, alla Svizzera, alla Boemia ed alla Lombardia.
L'Italia non ha che il terzo del bestiame grosso e il quinto del minuto che noverasi in
Francia, la quale nondimeno in questo, come in tutte le altre parti dell'agricoltura, è
394 GEOGRAFIA — EPILOGO
assai inferiore all'Inghilterra. Secondo le notizie più autorevoli, il valor capitale del
suolo italiano s'avvicinerebbe a 18,341 ,21 i, 000 franchi, eia rendita, ragguagliata in
ragione del 4 per cento, a franchi 735, 648,000 ; mentre in Francia, dove la densità della
popolazione è minore d'un terzo, il capitale dell'industria agricola ascende, secondo le
ultime statistiche, al valore di 41,460,120,000 franchi.
Kolb (Allgemeine Uebersichten) dà questo quadro, necessariamente soltanto approssi-
mativo, dei commercio del mondo, valutato in milioni di franchi:
Gran Bretagna 6800
Francia. • 4000
Germania (esclusa l'Austria) 3800
Stati Uniti 2800
Belgio 1350
Olanda 1300
Cina ed Australia -ISOO
Italia 1000
Austria 1000
Russia 850
Brasile 820
Svizzera 750
Turchia ed Egitto 550
Indie orientali inglesi 500
Nord-America inglese 400
Spagna e Portogallo 400
indie olandesi 250
Regni Scandinavi 200
Chili 150
Argentina 120
Grecia e Isole Jonie 80
Totale 28000
Secondo le statistiche ufficiali del 1862, la marina mercantile delle principali nazioni
presentava quest'effettivo :
Stati Uniti tonnellate 5,145,000
Inghilterra « 4,638,687
Francia « 1,025,942
Paesi Bassi « 011,330
Norvegia « 552,600
Svezia « 373,000
Grecia « 274,480
Italia " 222,524
Danimarca " 173, "31 8
Belgio « 41,865
Stato Romano « 41,560
Del commercio la miglior idea si trae dalla vista di Londra e dalle statistiche colà pub-
blicate. P. E. la Peninsular and Orientai Steam navi(jation Company ha 58 bastimenti a
vapore, suoi, stazzianti più di 2000 tonnellate, e due volte al mese ne partono da Sout-
hampton e da Marsiglia per tutti i porti del mondo. La francese Compniinie des services
marilimes des messa(jp.ries impériales ha.':)! navi a vapore, di cui 59 adopra pel commer-
cio del Mediterraneo e del mar Nero, e 6 por le linee del Brasile, Piata, Senegal ; con altre
0 cominciò il commercio delle Indie e della Cina, per cui presto farà ',\ viaggi al mese.
Per l'inijhilterra direttamente si asportarono nel 1839 merci orientali
Dall'£r/j7<o pel valore di fr. 214,507,800
cioè gomma arabica, muschio, denti d'elefante, tartaruga, manifatture di
peli di capra, lane, seta greggia e manifatturata, gioje, cotone, lino greggio :
Dalle Indie orientali fr. 450.187,628
in cardaujo, cassia, cannella, gomme, noce moscada, incenso, olj es-
senziali, petrolio, mandorle, ìndaco, zaderano, catechu, cera, cuocìù,
COMMERCIO, STRADE FERRATE 39S
guttaperca, caffè, the, cotone, seta, lane, pellami, slagno, denti d'elefante
Dall'Australia fr. 3o1,i-i2,040
in rame, stagno, pellami, tartarughe, spermaceti, olio di halena, oro
Dalla Cina fr. 223,337,750
in cassia, zenzero, rabarbaro, olj essenziali e profumi, cera vegetale,
porcellane, mobilie giapponesi, lana, seta, the Vedasi Amiual statement
of the (rade and ìiavigation of the United Kingdom in the year 1839
presented lo bolli houses of Parliametit.
AH" gennajo 1862 calcolaronsi in tutto il globo M4,600 chilometri di strade ferrate;
cioè in Europa 33,631 : nella INortamerica 33,389, nell'America del sud 882: in Asia
2686: in Africa 481: in Oceania 214.
Al 1" gennaio 1858 non erano percorsi che 87 mila chil.; sicché in 4 anni se ne fini-
rono quasi 27,600 chil. , de'quaii 16 mila in Europa, 10 mila in America.
Quanto alle strade ferrate d'Europa, eccone la partizione: nella Gran Bretagna 17,430
chil.: in Germania 17,07J: in Francia 10,016: in Spagna 2369: in Russia 2103: nel
Belgio 1830: in Svizzera 1066 : in Svezia e Norvegia 342 : in Danimarca 398: in Olanda
338: in Portogallo 144: in Turchia 63: niente in Grecia: in Italia 2173.
Quanto all'Italia, la prima strada ferrata fu quella da Milano a Monza nel 1838; pro-
lungata poi nel 1849 lin presso a Como: nel l8o9 cominciavasi quella da Napoli a Castella-
mare; nel 1844 quella da Lucca a Pisa; nel 1848 quella da Firenze a Livorno; nel 46
quella da Firenze a Pistoja e da Pisloja a Lucca: nel 1848 aprivasi piccolo tralto di quella
fra Torino e Genova, nella quale sono la gran galleria di Busalla di m. 5230, e l'altra a
S. Pier d'Arena di m. 680, e quattro nella valle della Scrivia di 700 m. di lunghezza
media, con due viadotti di 316 e 337 m.: e quattro ponti di un sol arco di 43 metri;
il ponte sul Tanaro di 13 archi da 10 metri. Il ponte sul Po presso Valenza è stupendo
sull'altra via da Genova a Novara. Nel 1861 e 02 si compirono le vie fra Milano e
Piacenza varcando il Po, e di là a Bologna, Himini, Ancona, Pescara: da Milano a
Torreberretti e a Gallarate, e quelle che da Pioma vanno a Civitavecchia, a Frascati, a
Napoli; oltre molte minori o aperte o in lavoro. La più insigne è la Lombardo-Veneta,
che da Milano giunge a Venezia per chil. 282, traversando la laguna s'un ponte di 333
archi, e che comunica colle vie che penetrano in Germania sì pel Tirolo e l'Alpi re-
tiche, sì per Trieste e l'Alpi carniche. Or si lavora quella del litorale del Mediterraneo,
sulle due riviere liguri: quella che per l'Apennino congiunga l'Emilia alla Toscana;
quella che, perforando il Cenisio con galleria di 12,300 metri, congiungerà colla Francia.
Si convenne fra gli Stati di tener le rotaje d'eguale larghezza: talché una stessa lo-
comotiva non solo può girar tutta la Francia, ma andare a Bruxelles, a Berlino, a Vienna,
a Berna senza bisogno di trasbordare le merci. Anzi può andar da Parigi a Pietroburgo,
per 2280 chil. , passando per Colonia, Berlino, Kònigsberg, Kowno, Dunauhurg.
Si calcola che l'Inghilterra abbia speso in strade ferrate 333 milioni di lire sterline.
Se ne ricavano all'anno 28 milioni di sterline, eppure non fruttano agli azionisti che
il 3 p. 0|0. Nel 1861, ogni giorno 10,600 traini trasportarono iiOO mila persone; 230
mila tonnelate di mercanzie, 53 mila capi di bestiame: e l'estensione delle linee era
di 17,600 chilometri. L'introito lordo fu di 713 milioni di franchi, di cui metà andò in
spese; 57 sinistri arrivarono, in cui perirono 284 persone; 883 furono ferite, sopra 182
milioni di persone trasportate nel 1860 vi erano in uso 3801 locomotive; nel 61 erano
6156, e l'anno appresso se n'aggiunsero 300.
A questi mezzi di comunicazioni oggiungansi i telegrafi elettrici, di cui nel 1802 si
calcola la lunghezza di 520 mila chilometri. Bisogna supporre almeno il sestuplo di
lunghezza dei cordoni conduttori.
Spaventevole è il numero de'poveri , crescente a misura dei provvedimenti che vi
oppongono una politica puramente sensuale, e una filantropia di apparato. Va pure
crescendo il numero dei delitti, e in conseguenza delle prigioni e degli altri mezzi di
repressione. Come si concilii questo sciagurato aumento coi vantati progressi della
civillà, è un tema fra retorico e sofistico per gli adulatori del secolo. Come vi si ripari
vogliano 1 buoni cercarlo piìi in su che nei decreti e nelle utopie.
AGGIUNTE
Pag. 3iS. L'ultima statistica assegna ài regno d'Italia anime 22,779,800. |La superficie
censita è di ettari 20,000,000, che danno la produzione lorda di 2520 milioni, e la netta
di 1108 milioni-, sottraendone le spese, i carichi, le perdite, si residua a 566 milioni. Si
valuta la produzione della seta in 4,500,000 chilogrammi ; della quale cinque sesti sono
lavorati in paese a trame e organzini.
Quanto ai boschi, eccone lo specchio:
Provincie antiche ettari 5,878,000 ; ai privati bosco ceduo 268,823 : alto fusto 156,347:
a corpi morali bosco ceduo 996,630: alto fusto 197.618.
Lombardia ettari 2,140,200 ; ai privati bosco ceduo 124,241 17: alto fusto 26,555,05 :
a corpi morali bosco ceduo 183,900, 64: alto fusto 80,455 81.
Emilia ettari 2,156,500; ai privati bosco ceduo 154,059 58- alto fusto 81,373 63:
a corpi morali bosco ceduo 50,525 88: alto fusto 43,191 49.
Marche ettari '1,002,300-, ai privati bosco ceduo 55,851 91 : alto fusto 20,859 33; a
corpi morali bosco ceduo 8,898 58, alto fusto 2,537,50.
Umbria ettari 923,900; ai privati bosco ceduo 95,585 08 : alto fusto 146.260 77 ; a
corpi morali bosco ceduo 43,914 45 : alto fusto 50,683 020.
Toscana ettari 2,207,100; ai privati bosco ceduo 21 7,958 28 : alto fusto 173,816 31; a
corpi morali bosco ceduo 22,364 87: alto fusto 19,697 50.
Provincie napoletane ettari 8,81 1 ,400; ai privati bosco ceduo 79,756: alto fusto 1 81 ,880;
a corpi morali bosco ceduo 257,009: alto fusto 408,164.
Sicilia ettari 2,618,200.
Totale della superficie boschiva ettari 4,297,845 450.
Pag. 317. Secondo la statistica del 1863, il regno di Grecia contava 1 ,096,810 abitanti,
di cui 1 ,086,600 di culto greco, 9358 d'altri culti cristiani, 552di non cristiani. Formavano
218,919 famiglie, in case 225,716: 9484 soldati; 5102 ecclesiastici: 16,122 proprietarj:
147,507 agricoltori. L'Inghilterra avrebbe ora ceduto al regno ellenico le isole Jonie.
Pag. 351. Il regno di Polonia qual fu restaurato nel 1860, era diviso ne' governi di
Varsavia, Lublino, Hadom, Augustowo, Plotzk, colla popolazione di quasi 5 milioni d'a-
nime, fra cui 4850 greci disuniti ; 3,657,1 40 cattolici romani; 21 5,967 greci uniti,- 274,707
luterani; 4189 riformati, 1581 raennoniti; 1451 fratelli moravi; 600,000 israeliti: sopra
124,000 eh. di superficie. Le entrale salirono nel 1860 a 18,272,102 rubli.
Pag. 369. Impero Indiano. Secondo il conto presentato nel luglio 1860, le entrate
dell'impero coloniale pel 1861-62 salivano a lire steri. 45,829,000
le spese a « 43,880,000
Pel 1862-63 le entrate a « 45,105,500
le spese a « 43,825,000
Cioè con un avanzo di 1,276,000 L. sterline.
11 debito pubblico si diminuì nell'ultimo anno, di 1,750,000 steri, e l'interesse fu di
L. steri. 3,134,847. L'India costa all'Inghilterra L. 0,634,344 steri, comprosa la garanzia
per le strade ferrate. Queste sono un gravissimo peso al tesoro, ma poiché nel 18G2-63
resero 806,000 steri. , è sperabile che, (|uando sieno compiute e in pieno esercizio, pos-
sano esonerare lo Slato, erintegrarlo delle sue anticipazioni.
INDICE
Pbefazione pag. o Etimologie di nomi di paesi .
pag. -15
Epoca I. — Propedeutica.
2 ^
Cosmologia » 2i
Geodesia 25
Climatologia » oO
Meteorologìa n 32
Idroistica n 55
Geologia » 35
Ecdidastica » 44
Metalli » 46
Zoologia « ivi
Commercio » 48
g -H . Antropomorfologia m
^2. Etnografia d'Europa »
^3. Religione a
H4. Epeirografia »
-iS. Geografia fisica dell'Europa ...»
-16.
-17.
-18.
^9.
dell'Asia.
dell'Africa
dell'America
dell'Oceania
Epoca li. — Dalla disperzione dei popoli fino al 776 av. G.
-i . Assiria > 99
2. India » -100
5. Egitto I) -101
4. Palestina » -106
5. Fenicia » -107
Epoca III. — Dal 776 al 323 av. C.
H-
Impero persiano » 'I'I9
Grecia al tempo della guerra Medica.
— Popolazione d'Atene ...» •I2I
Colonie greche » -127
Regno di Filippo il Macedone . » -128
Conquiste d'Alessandro Magno . . » -129
Italia n 154
§ 7. Popolazione d'Italia »
8. Autoctoni del Lazio, della Campania e
del Sannìo »
9. Colonie greche in Italia .... »
-IO. Invasioni galliche ■
H. Movimenti degli Itali »
-1 2. Primordi di Roma »
Epoca IV. — Dal 323 al d34 av. C.
i^
Divisioni dell'Impero macedone . . » 14-1
Italia superiore al tempo della guerra
saonitica ^42
Italia propria » 144
Magna Grecia » -148
Conquiste di Roma in Italia. . . » -149
Guerre puniche. - — Cartagine . . » 151
Viaggio di Annone » -154
Marcia di Annibale » -156
§ 9. Africa e Spagna al fine delle guerre
puniche »
IO. Gallia Cisalpina
-Il . Sicilia n
•12. Sardegna e Coreica »
-15. Grecia, Illiria, Macedonia ...»
14. Conquiste dei Romani in Grecia . »
15. Asia Minore e Alta n
•16. Egitto alla morte di Tolomeo Evergete »
17. Cina »
Regni d'.\sia. — Mitradate ...» •168
Gallia propria » -169
Bretagna » ^175
Epoca V. — Dal 134 av. C. al 4 d. C.
2 4. Germania
5. Popoli delle Alpi e sulla destra del
Danubio »
g^
Epoca VI. — Dal 4 al 523 d, C.
Impero romano; suoi limiti . . . » 177 g 5. L'Impero fin a Costantino
Conquiste degli Imperatori ...» ici
Divisioni amministrative .... » ^178
Strade, accampamenti . ...» •ISO
6. Tetrarchia, e nuovo ordinamento am>
ministrativo »
48
53
85
85
86
93
94
96
97
g 6. Siria
7. Grecia
8. Asia Minore
9. Strade commerciali ....
-IO. Le carovane » -116
HO
ivi
112
-133
-137
438
439
l'f»
140
457
ivi
458
459
tit
461
462
404
ivi
474
475
4SI
iti
398
INDICE
§ \. Impero romano
2. Barbari settentrionali
Epoca VII. ~ Dal 523 al al 476 d
... pag
•J87
§ 3. Barbari d'Asia e d'Africa
4. Invasioni
pag. -187
. » 488
§ 1 . Basso Impero
2. Impero persiano
o. Irlanda, Bretagna, Gallia, Africa
Ei'OCA vili. — Dal 476 al 622 d. C.
. ... I) 189
190
g 4. Italia
5. Barbari indipendenti
Epoca IX. — Dal 622 all'800 d. C.
^ i. Impero arabo » ^94
2. Conquiste (lei Musulmani un allo smeni-
brameiito del califfato. ...» lOo
5. Colonie arabe 197
§ 4. Impero greco
5. — di Carlo Magno . . . .
6. Stati indipendenti da Carlo Magno
Epoca X. — Dall'800 al 1096 d. C.
§ 1. Divisioni dell'impero di Carlo Magno » 205
2. Provincie invase dai Barbari . . n 206
D. Grandi feudatarj » iti
4. Dissuhuione dell'Europa germanica » 207
I 5. Spagna
6. Isole britanniche
7. Scandinavi, Slavi e Tartari .
8. Smembramento dell'impero arabo
Epoca XI e XII. — Dal 1096 al 1500 d. C.
§1.1 Musulmani e i regni turchi . . »
2. Tcrrasanta »
o. Regni Cristiani . . ...»
4. Impero latino in Grecia .... »
5. L'Islam . »
6. L'Asia alla morte di Gengis-kau . »
7. Impero cinese »
8. Europa cristiana >
218
219
222
ivi
223
226
J 9. Impero germanico . . . ,
'io. Italia
1 1 . Francia
12. Spagna
13. Inghilterra, Irlanda, Scozia
14. Scandinavia
15. Stati slavi
Epoca XIII. — Dal 1300 al 1492 d. C.
§ 1 . Asia » 238
2. Impero mongolo alia morte di Ta-
nierlano » ivi
3. Regni musulmani » 239
4. Germania > 240
5. Svizzera ii 242
C. Francia » 243
7. Gran Bretagna u ivi
g 8. Scandinavia.
9. Penisola iberica .
10. Italia
1 ) . Russia e Capciak .
12. Polonia ....
13. Prussia e Livooia .
14. Viaggio d'ibn Batuta
13. — di Clavifio .
Epoca XIV. — Commercio e scoperte.
\ I. Commercio del medioevo ...» 262
2. Portoghesi in Africa » 263
5. Stabilimenti in Asia » 264
4. Oceania » 265
g b. America
6. Scoperte e conquiste in America
7. Scoperte posteriori
Epoca XV. ;-
1. Italia »
2. Germania »
3. Casa d'Austria »
4. Francia »
5. Penisola iberica »
Dal 1 social 1648 d. C.
273
274
275
277
\ 6. Gran Bretagna
7. Scandinavia
8. Russia , .
9. Turchia .
10. Asia »
Epoca XVI. — Dal 1648 al 1700 d. C.
g 1. Germania » 282
2. Prussia e Brandcburgo .... » 283
3. Francia » «i'i
4. Setteatrione > 283
t^. Impero ottomano » 286
\ 6. Italia
7. Asia
8. Possessi europei in Asia .
9. — io America.
10. Africa
191
192
198
199
202
211
2t2
213
216
227
230
253
234
235
236
245
244
ivi
246
ivi
ìmì
ivi
259
267
ivi
269
278
279
: «l'i
280
♦t't
» 287
» 288
» ivi
» 289
» 290
INDICE
399
Epoca XVII. — Dal 1700 al 1789 d. C.
{. Gran Brelegna e Scandinavia . pag. 201
2. Polonia » ivi
3. Russia Il 292
•5. Prussia 293
b. Casa d'Austria » tri
6. — di Baviera » 294
7. Germania » ivi
S. Svizzera » 296
g 9. Provincie Unite, Spagna, Portogallo paj. 297
^0. Francia » tei
'I I . Italia » ivi
^2. Stati musulmani » 299
^ó. Cina e Tartaria » 500
^4. India » ivi
'IS. Emancipazione delle colonie americane » 301
Epoca XVIII.
?^■
Impero francese .
Penisola iberica .
Italia ....
Repubblica delle isole joniche
Regno greco .
Impero ottomano
Francia ....
Monarchia olandese
Regno del Belgio .
Confederazione svizzera
- germanica
Impero ereditario d'Auslr
Monarchia prussiana
— inglese .
svedese .
— danese .
Impero russo.
America. — Mutazioni storiche
- Dal 1789 al 1858 d. C.
303 g 19. America settentrionale » ob2
305 20. — centrale » 3b6
309 21. — meridionale » 357
316 22. Popolazione odierna e condizioni dei-
tri l'America « 360
317 23. Gl'indigeni » 562
322 24. Lingue » 564
325 25. Asia. ■ — Divisioni politiche ...» 365
326 26. Popolazione odierna dell'Asia . . » 371
327 27. Condizione del paese » 574
529 28. Lingue dell'Asia » 375
333 29. Africa. — Divisioni » 376
3'40 50. Condizione del paese » 578
542 31. Lingue » 380
546 32. Ultime scoperte » 581
547 53. Mondo marittimo » 383
tY'i 34. Epilogo » 387
531 AcGiiìNTE I) 396
FINE DELLA GEOGRAFIA POLITICA.
ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
Habent saia, cera, lapìdes, et quncuroque
vetusta monumenta quemadinodum vo-
ces suas, quibus non tam gesta nmjo-
rum, quametoriginem aetatemque suam,
absque ulla litterarum nota, bene advcr-
tentibas indicat.
CiAMPiNi, Vet. Monim., t. i, e. 8.
Camtù, Documenti. — Tonio I, Archevlogia e Belle Arti.
AL LETTORE,
È la nona volta che noi ristampiamo questo traltatello, e sempre con amplia-
zione di materia e aumento di cure: segno che se ne compiace l'Autore, e che il
Pubblico lo gradi. Infatto giornali nostri e forestieri convennero che esso sia il
piij compito trattato di archeologia che si abbia Onora alia stampa, essendovi o
discdrse estesamente, o almeno toccale tutte le quistioni che si agitano fra i dotti
intorno a questa scienza, tanto oggi coltivala; e sfuggendo sì la severità che lo
renderebbe proprio soltanto de' profondi eruditi, sì la leggerezza che dia nozioni
0 erronee o smozzicate. Ad essi eruditi servi'à per ricordarsi; alla giovenlìi è
necessario per acquistare quella coltura, che non può dirsi compila quando manchi
d'un buon corredo di cognizioni classiche. E perciò lo crediamo singolarmente
opportuno alle scuole.
Per parte nostra noi procurammo che il testo fosse viepiù corretto, malgrado
le tante citazioni in lingue straniere, e lo corredammo di sempre maggior numero
di figure, acciocché e l'intelligenza e la memoria fossero ajutale dalla percezione
immediata.
Ci favorisca il Pubblico, come suole.
Torino, 4 aprile 1863.
Gli Editori.
INTRODUZIONE
§ 1. — Definizione.
La parola Archeologia, derivata da ixpyjx.ìoi e Ào'vo;, significa ragionamento intorno alle
antichità. La scienza così denominata si propone d'applicare le cognizioni storiche e
letterarie a spiegare i monumenti antichi, e dai monumenti dedurre spiegazioni alle
opere di letteratura e alla storia, nello scopo di chiarire e attestare la civiltà di tutti o
di alcun popolo antico.
Più particolarmente s'intende con questo nome la critica applicata ai monumenti,
che esprìmono le teogonie, la topografìa, le arti, i costumi, gli usi dei popoli classici, o
che essi medesimi sono capi d'arte.
§ 2. — I Monumenti.
Monumento fda monendo) è tutto quanto ci chiarisce delle cose che furono. In senso
particolare questa parola indica le produzioni delle arti del disegno, e ancor più spe-
cialmente le opere pubbliche, destinate a tramandare la memoria di fatti o di persone.
Nell'uso scientifico dicesi monumento qualunque cosa antica giunta a noi, e che ci
porga notizia dei tempi trascorsi.
^5. — Game questi ci sono arrivati.
Tali monumenti possono esserci arrivati, i. per tradizione orale, come sarebbero le
canzoni popolari, alcune leggi e consuetudini, o leggende e somiglianti; ii. per la scrit-
tura, quali sono i libri e le carte (monumenti letierarjj ; in. in originale, come statue,
iscrizioni, medaglie, edifizj, suppellettili. Alcuni di questi sono stabili^ cioè per loro
natura non possono spostarsi ; altri mobili o anche figurati, od iscritti.
§ 4. — Dei ntonumenti orali e scritti.
I monumenti orali, finché rimangono sulle bocche, non costituiscono scienza; ridotti
a scrittura, si concentrano coi secondi per formare l'Archeologia letteraria^ distinta
dalla artistica, alla quale spettano gli altri. Nel primo senso, Gioseflo Ebreo e Dionigi
d'Alicarnasso intitolarono Archeologia i loro libri ove ragionano dell'origine, degli usi,
della storia degli Ebrei l'uno: de' Romani l'altro; e il Pottero Archeologia greca il suo
ampio trattito de' costumi greci. Vi si potrebbero anche riferire le collezioni di epigrafi
antiche (Archeologia paleografica) , e quelle di diplomi (diplomatica): e monumenti suoi
sarebbero tutte le scritture antiche.
§ 5. — Archeologia artistica, e differenza dell'archeologia
dall'antiquaria, dalla filologia.
All'Archeologia artistica offrono materiali le produzioni di mano, a noi giunte in
originale. L'uso, sovrano delle lingue, circoscrisse a questo significato la parola Archeo-
logia^ che si occupa di rintracciare la verità nei monumenti artistici, considerati quali
ARCHEOLOGIA E BELLE AFITI
testimonj presenti ed autentici del passato. La voce ^rc/ieo/yro^a introdotta da Giacomo
Spon, più propria ed esprimente, non prese corso; e ben servirebbe ad indicare la parie
descrittiva de' monumenti, serbando quella d'yt»T/ì('o/or//a alla parte illustrativa. La voce
latina Antiquaria, che vi corrisponde, fu ristretta alla cognizione degli oggetti materiali
dell'antichità; onde l'antiquario raccoglie, l'arobeologo capisce e spiega: a quello ba-
stano le ricchezze o la fortuna, e l'essersi formato abitudine e gusto; per questo vuoisi
scienza ed erudizione. I Tedeschi col nome di Filologia indicano, non soltanto lo studio
letterale dei testi, ma anche la scienza propria dell'antichità.
^. 6, — Dall'erudizione, dalla storia, dalle belle arti, e dalla storia propria.
Differisce l'Archeologia àaiW Erudizione, perchè questa si applica principalmente ai
monumenti letterarj, purgando i testi degli autori da quanto di falso e di scorretto v'in-
trodusse la malizia o l'incuria de' copisti; e col rafl'ronio dei fatti e d'altre scritture
ne accerta il senso e l'intenzione. Neppure vuoisi confonderla colla Storia delle belle
arti, benché questa ne sia fondamento; la qu.ile insegna come in generale l'uomo, dalle
rozze costruzioni e figure, s'innalzasse fino alla più vera e delicata rappresenlaziotie
degli oggetti naturali e dei concepimenti umani per mezzo della materia, ed a raggiun-
gere quel tipo di bello che è proprio di ciascuna nazione; e registra i grand'uomini per
cui opera furono tradotte in immagini visibili le creazioni del genio. K però indispen-
sabile che e nell'Erudizione e nella Storia delle arti sia versato l'archeologo, se vuol
raggiungere il senso de'monumenti, e farne rette e giovevoli applicazioni; singolarmente
dee avere pratica colla mitologia e coi poeti, massime i tragici greci, i quali furono fonie
ricchissima d'artistiche ispirazioni al popolo che ci lasciò i monumenti più belli, al po-
polo unico al mondo che fosse tutto un grand'ai lista, e fra cui l'arte fosse un'attività
nazionale.
L'Archeologia non è neppur lutt'uno colla Storia, benché l'una all'altra devano dar
mano. Per lunghissime età ogni sussidio letterario manca, sicché la Storia rimarrebbe
muta ove l'Archeologia non ne adempisse il difetto: tali sarebbero in (ìrecia i tempi an-
teriori ad Omero, e nella Baltriana i posteriori ad Alessandro; di molti regni la storia
non ci è prestata che eia medaglie ed iscrizioni; togliete i monumenti, e qual cosa ci ha
tramandato l'immenso Egitto? Pertanto l'Archeologiaor viene in sussidio dell'Erudizione
scritta, or gliene chiede; l'ajuta nell'intendere quel che gli autori dissero intorno alla
topografia, alla teogonia, all'etica, cioè ai costumi ; si serve degli scrittori per trovare il
senso vero de' monumenti suoi proprj nell'architettura, nella plastica, nella grafica, nella
toreutica, nella gliptica, nell'epigrafia e nella numismatica.
§ 7. ■ — Meriti dell'archeologia.
Fra gli scrittori antichi é generalmente trasanda!a la Cronologia-^ e i monumenti aju-
tano a coordinare ed accertare questa scienza, senza cui non vi è storia. Essi restitui-
scono i nomi di persone e di luoghi, guasti dall'inesatta trascrizione, e dagli alteramenti
che produce il mutarli in diversa lingua; essi ritessono la serie dei dominanti, perduta
0 confusa.
Gli scrittori, seguendo o le impressioni personali o le nazionali sinìpatie, alterano il
vero anche senza volerlo; mentre i monumenti rimangono sinceri testimonj dei puri
fatti. Gli scrittori tacciono troppo spesso i costumi, le usanze, le opinioni dei popoli,
paghi d'esporne i fatti esteriori; oppure v'alludono appena alla sfuggita. Che se di più
non occorreva a chi vivea in mezzo a quelli, riescono oscuri a noi che ne siam lontani
0 per età o per nazione. L'Archeologia vi supplisce, scoprendoli in quel che n'è rimasto,
facendoci, per dir cosi, vivere in mezzo agli antichi, ridestando il loro stalo sociale,
coll'armi, le vesti, gli spettacoli, le cerimonie, i riti religiosi e funerali e nuziali, i ban-
chetti, le abitazioni, gli arredi; dà una forma determinata alle immagini che lo spirito
si è creato dell'antichità, alle idee che trasse dalla lettura ; talvolta colma lacune dei testi,
dà alla loro interpretazione mezzi di critica inattesi; dal confronto de' monumenti figu-
rati svolge certe tradizioni religiose ed eroiche, irrivelate dagli scritti ; introduce a tempi,
su cui manca qualsiasi monumento scritto. Qu le storia ci addentra nella civiltà romana.
INTROnUZIO.XK /
quanto una descrizione, o ancor meglio un'esplorazione degli schiavi d'Ercolaoo o di
Ponìpei?
L'Archeolofiia favorisce quell'amor del bello, che è fonte di tanti piaceri, ajutando a
penetrare nelle opere antiche, scoprirne il soggetto, valutarne il merito, e cosi crescere
0 n)nderare l'aminirazione. Insegnando a classificarle, favorisce la menioria ed agevola
l'erudizione. Educa infine a discernere ciò che è vero dalle abilissime contralTazioni.
Alcuni commentatori tolsero ad illustrare i classici per via di monumenti, come fe-
cero Spanheim con Callimaco e Giuliano; Flaxmann, Tischbein, Raoul-Rochette con
Omero ed Euripide; Heine e Sandbeyn, con Virgilio; Pyne con Orazio; Clavier e Vi-
sconti con Pausania, Eltimamente Beugnot cercò ne' monumenti la prolungazione del
paganesimo in Occidente dopo sparso il cristianesimo.
D'alcune lingue antiche non rimane vestigio se non nei monumenti; come delia ge-
roglifica egiziana, dell'etrusca, della runica. In quelle medesime che vivono, possono
essi attestare più certamente una dizione, o un'ortografia, o il vero slato della favella in
certi tempi, come si fa della latina cogli epitafj degli Scipioni, colla colonna rostrata e
con alcuni senatiiconsulti in bronzo.
Gravina, Eineccio, Rinkio, Rrissonio, Terrasson, Agostini, Orsini, Bòck ed altri mo-
strarono quanto lume tragga la giurisprudenza dalla numismatica e dalle epigrafi, che
rivelano o leggi o pratiche del fòro. Le ruine dei septa, cioè del ricinto destinato ai
grandi comizj nazionali in Campo Marzio a Roma, scoperte non ha guari, risolvono una
quisliooe difficile e importante, cioè qual fosse la costituzione di Servio Tullio riguardo
alle classi de' cittadini e alle loro suddivisioni. Gli sgombri del Foro romano spiegarono
passi di autori e quistioni del diritto civile o pubblico.
Le arti belle tornarono spesso allo smarrito sentiero col ricorrere agli avanzi dell'an-
tichità; nei loro prosperi giorni ne trassero felici ispirazioni, o impararono ad esprimere
con classica correzione i pensieri nuovi ed originali. Testé, volendosi alzare un monu-
mento a prodi guerrieri a Culm, si credette non poter fare di meglio che copiare una
preziosa anticaglia da pochi anni uscita di sotterra a Brescia. Monaco si abbellì con
molli edifizj de' tempi andati.
Quanto poi non reca e piacere all'intelletto ed eccitamento all'immaginazione il ri-
mirare le effìgie degli uomini grandi? E appunto la serie di questi ci è offerta dalle me-
daglie, dai busti 0 dalle pietre a rilievo o ad incavo.
Eccellente modo di far progredire un'arte è ricondurla al suo principio, rivelare la
ragione e i modi dell'esistenza sua, e così risparmiarle i pericolosi tentativi, garantirla
dai traviamenti, moltiplicarne i mezzi, e arricchirla d'anticipata esperienza, sicché pro-
gredisca franca per una via, che non è se non il successivo attuamento e la necessaria
conseguenza del suo principio. Laonde lo studio delle origini è il fondamento principale
e più vero del progresso.
Né s'imputino queste idee di sistema prestabilito, di tributo ofTerto a idee ora di moda.
L'associamenlo del bello, del buono, del vero, nel quale noi riponiamo il progresso so-
ciale, dee trovarsi pure nell'Archeologia, quando voglia elevarsi al grado di scienza.
L'uomo contempla con curiosila e meraviglia i monumenti; sotto quest'impressione li
descrive o gl'imita; primo passo, che non appartiene ancora alla scienza. La moltipli-
cità degli oggetti lo costringe ad una scelta, a un metodo, a qualunque classificazione
0 secondo lo stile, o secondo la storia. Progredendo, da quegli esempj dedurrà precetti,
li concatenerà, ne formerà un corpo di dottrina. Ma perchè questa si avvivi e s'innalzi
a rappresentazione sociale, converrà che lo studioso ne cerchi ed esprima l'applicazione,
l'oggetto, e qual pensiero si celi sotto a quelle forme; e così connetta ciascun lavoro
colia civiltà che lo circonda.
A ciò non può elevarsi se non con larghissimo corredo di cognizioni, e sopratufto col
profondo sentimento del vero, cioè dell'idea mercè della quale soltanto può, dall'idola-
tria della forma, ergersi al cullo del pensiero, assegnare le sue ragioni a ciascun lempo,
e prefiggere i giusti limili all'imitazione. Solo con ciò si toglierebbero tante assurdità di
fabbriche moderne, storpiate per imitare le antiche, ove, con istile convenzionale che
non ha riguardo ai tempi e ai bisogni, si architetta una chiesa o una borsa sul modello
d'un tempio o d'un bagno antico, si cerca dal Giove Olimpico l'espressione d'un Padre
Eterno.
8 ARCHEOLOGIA E BF.I.I.r ARTI
Metodo migliore non conosco per evitare questi sconci sistematici, che il ricorrere
alle origini, cioè all'antichità. Una scienza pedantesca si è fissata su certe genti e certe
epoche, e intitolò classiche quelle, auree queste, e fuor di là non riconobbe buon gusto;
come il naturalista che volesse studiar l'animale soltanto nel tempo del suo migliore
sviluppo, 0 la pianta sol quando è carica di frutti. Ma non è vero che si deduce la clas-
sificazione botanica dai semi ; non è la meditazione sui progressivi incrementi che spinge
innanzi una scienza? Nei monumenti del massimo splendore delle arti voi restate ab-
bagliato per modo, da perdere quella moderazione che è necessaria a ravvisarne i difetti,
a valutarne il merito al vero; escludete ogni possibiltà di altro bene; perdete in libertà
quanto acquistate in finezza.
Da qui il dispregio che, poco tempo fa, si aveva per tutto ciò che non fosse greco o
romano; da qui il restringer l'arte fra limiti angustissimi ; da qui il vilipendio per mo-
numenti di grandezza incomparabile come i gotici, o di profondo sentimento come i
lavori dell'arte cristiana: e più d'uno storico delle arti dovrà esser riprovato dal secolo
nostro, perchè di volontarie tenebre si circondò, affine di non vedere se non un solo
punto luminoso.
Insistiamo sopra l'utilità di questo studio, perchè l'opinione di coloro che trovano
comodo il disprezzare per dispensarsi dallo studiare, riuscì a spargere sull'Archeo-
logia una sciagurata reputazione di pedantismo, la quale, se per verità è giustificata da
inetti e presuntuosi suoi cultori, viene gloriosamente smentita da quei grandi che v'ac-
coppiarono la filologia e il sentimento dei bisogni dell'età nostra, e che, da indagine
morta e inefficace sulla lingua e gli osi degli antichi, la convertirono in istudio filosofico
delle classiche antichità.
Nelle recenti indagini fatte in Grecia, appare, priDcipalmente da iscrizioni della Focide , un fatto che
s'ignorava del tutto, cioè che talvolta gli schiavi erano emancipati col donarsi a un santuario, sostituendo
il Dio colà venerato al padrone; uso che credeasi introdotto solo nel medioevo. E un bel lavoro quel
di No(»l des Vergers , Essai sur Marc-Auréle cfaprès les monumenls épigraphiquet (Parigi <860).
Le opere di Le Bas sui monumenti della Grecia son una miniera di cognizioni nuove, di retti6cazioni, di
conferme: e il Le Bas fu per avventura il primo che in libri ad uso della gioventù delle università intro-
ducesse documenti epigrafici.
§ 8. — Grado suo di certezza.
Alcuno volle imputare l'Archeologia come troppo vaga e incerta nei risultamenti. Le
scienze morali non daranno mai quell'assoluto vero che le matematiche, né applicazioni
immediate e sicure come le meccaniche. Pure v'è un ordine, né scarso, di verità che
tutto appartiene al dominio della storia, spogliata dell'iracondo scetticismo in cui la
vollero gettare i filosofi nel secolo passato, e nel nostro qualche loro tardo seguace. Ora
alla conquista di esse più che mai contribuisce l'Archeologia, quand'anche non si voglia
contare per nulla il piacere sublime del riconoscer la verità. Chi, digiuno della scienza
misuratrice degli spazj e del movimento, senta l'as^tronomo precisare ristante in cui, fra
molti secoli, un astro si troverà nella tale situazione, sogghigna ; e tanto più che quelli
stessi, i quali sanno a puntino la periferia e il volume d'un remotissimo pianeta, a fa-
tica convengono nella misura d'un grado del meridiano sulla terra nostra. Eppure i
cieli attestano a favore di quella scienza, e la prevista eclisse viene al preciso minuto a
provare l'infallibilità de' metodi.
Così è dell'Archeologia. Alcuni ne fecero un vero giuoco per ingannare altrui, o in-
gannati essi medesimi, come Annio da Viterbo, Serbo, Struys, Laurus, Picart, Golzio,
Hardouin. Facile sarebbe citar errori, anche grossolani, in cui inciamparono altri: facile
indicare le interpretazioni, inconcludenti perchè troppo vaghe o perchè dedotte da ele-
menti da cui se ne poteano trarre altre diametralmente opposte; facile l'indicare alcuni
punti che rimangono inaccessibili alle sue ricerche. È anche pur troppo vera l'accusa
che Winckelmann dà a molti studiosi dell'antiquaria, d'esser simili a torrenti, che si
gonfiano quando l'acqua è superflua, e restano a secco quand'essa tornerebbe necessa-
ria. Ma vi si possono opporre fatti s|)lendidissimi ; ardite congetture, rinfiancate da un
corredo meraviglioso di fatti; molte verità o interamente rivelate, o poste in evidenza
dalle rirerclie degli aniiquarj. Oi'f'^'o nostro lavoro ne olTrirà più d'una prova.
INTROni'ZIONK
§ 9. — Difficoltà d'interpretare i monumenti.
Perocché, se la testimonianza che i monumenti rendono alla civiltà d'un popolo, è
la più sincera ed autentica, <^ anche la men facile ad interpretarsi, o perchè non si sa
darvi un senso, o perchè non si sa scegliere fra i sensi diversi. Isolati non han signifi-
cazione ne utilità; e il riunirli è lungo e costoso. Pertanto i monumenti originali non
vengono che da sezzo in ajuto de' monumenti scritti, man mano che se ne comprende
l'utilità mediante il progresso degli altri studj, e come complemento di questi. Gl'indizj
otTerti dai monumenti grafici non sono mai cosi precisi come quelli degli autori, e facil-
mente l'illustratore può trascinarli al proprio assunto. Che non fu detto a proposito dello
zodiaco di Dendera? quante follie si sostennero con medaglie! ma i delirj di alcuni non
devono screditare una scienza, la quale vuoisi nella forma sia chiara e determinata e nel
tondo diretta all'intima cognizione dell'uomo e della società antica.
Klotz pubblicò un trattalollo in tedesco sullo Studio deirantichilà, confutando quelli che il tacciano di
futile. .Anche Bir>baim v'insiste nel suo raro trattato Sulla natura e l'uso dello studio delle antichità.
Vedi pure Gebhardt, Vorrede zum Prodromus der anticken Bildwerke.
Labis, De la certitude de la scieuce des antiquilés. Milano 1822.
I.o scetticismo del secolo passato contro i monumenti è riprodotto da Dadkoc, Coursd^ètudeshisloriquet.
Parigi 18''(2, l. I.
§10. — Storia dell'archeologia presso gli antichi.
Gli antichi aveano sottocchio sì poche ruine, e talmente dilettavansi nei godimenti
del presente, che non poterono istituire una scienza apposita, la quale esaminasse i mo-
numenti e ne traesse la conoscenza dei tempi preteriti.
L'India non faceva distinzione di temj)i in quel vago delle sue cognizioni, talché per
essa il passato non v'era, o confondevasi colla perpetuità.
La Cina, veneratrice com'è degli avi, tenne conto di quanto ad essi si riferisce ; e
quando Yen ti, un secolo e mezzo avanti Cristo, ridonò ai Letterati il favore tolto dopo
la persecuzione fattane da Sciuang-ti, fu suprema cura dei dotti seguaci di Confucio il
raccogliere, non le scritture soltanto, ma i monumenti d'ogni sorta, sfuggiti all'ordi-
nata distruzione. Però quel popolo li studiò in modo affatto empirico, senza sistema,
né con altro intento che di perpetuare lo stesso gusto, le stesse idee, respingere le novità,
0 a queste ritrovar grazia col mostrarle dedotte o almeno appoggiate alle vetuste.
Gli Egiziani si vantavano il popolo pili antico, e con ciò dispensavansi dallo interro-
gare il passato : eppure i vetustissimi monumenti di Tebe sono costruiti con rottami
d'altri anteriori. Che se sovra i padri de' loro padri sapevano alcuna cosa i sacerdoti,
unici depositar] della scienza, quella dottrina restò sepolta nell'arcano dei tempj, o sotto
l'enigma della scrittura geroglifica, disperazione degli archeologi.
La Grecia diede l'esempio di raccogliere monumenti e notizie sull'antichità e farne
soggetto d'erudizione e di scienza, heuchè discosta dall'aspetto generale sotto cui oggi
le ravvisiamo. Molti artisti insegnarono le regole dell'arte loro, appoggiandole a lavori
proprj od altrui. Ai tempj ed ai monumenti più famosi erano attacati alcuni i-.r,',r,Tut,
ncptrìy7.Ty.t, uMirx'j'-^'/'ji che noi diremmo ciceroni, i quali spacciavano storie e aneddoti
intorno alle arti, finché (jualche scrittore le raccolse. Così fece Erodoto, primo storico
profano: Ecateo diMileto viaggiò in Egitto per esaminare le antichità: Acusilao d'Argo
compose un'opera delle Genealogie per illustrare certe iscrizioni trovatesi. Antioco sira-
cusano al principio della sua storia diceva aver esaminati i vecchi monumenti, sceglien-
done il certo e il probabile ''Diomci, Ani. rom. lib. i): Pisistrato fé una raccolta di iscri-
zioni su pietra e su bronzo: Platone e Aristotele parlano di iscrizioni antiche: un Ari-
stodemo trattò delle iscrizioni tebane . Eratostene era detto per antonomasia V antiquario:
secondo Lattanzio (lib. i. e. 44) Eveemero trasse la sua Storia di Giove e degli Dei da
titoli e iscrizioni antichissime esistenti ne' tempj greci. In tarda età più largiimente
operò Pausania ; ed anche Strabene molla luce trae da sepolcri, iscrizioni, monumenti.
Ci resta qualche descrizione di quadri, e molti epigrammi, relativi ad opere d'arte che
ajutano a conoscerle. Altri facevano collezioni di capi d'arte e d'anticaglie ; e il famoso
10 ARCHEOLOGIA E BFIJ.E AHTI
museo d'Alessandria insieme coi libri univa antichità e monumenti. Erano però vòlti
piuttosto ad accertare i tempi e dar appoggio ai lutti, clie non a indurne un complesso
di cognizioni intorno ai costumi ed alle leygi, quale dai documenti stessi seppero trarre
gli eruditi moderni.
1 Romani non curarono di conoscere le origini loro, e parvero desiderosi di cancellare
la memoria delle altrui. Alla lupa di Romolo fermavasi la loro antichità ; su quella degli
Etruschi, così grande e madre della loro, stesero un velo insultante 5 degli Itali prischi
affogarono i fasti nel sangue Venuti in (ìrecia e nelle isole, rapivano colla mano cruenta
ciò che bello paresse ed opportuno ad ornare la loro città, ma senza un pensiero di
conservare 0 di raccogliere oggetti che alla storia prestassero soccorsi. In Campidoglio
stavano scolpite in pietra 0 in bronzo le leggi, i decreti, i trattati antichi ; eppure nes-
sun loro storico degnò salire ad interrogarle; tantoché due stranieri, Dionigi d'Alicar-
nasso e Polibio, seppero sopra le antichità romane più che non gli storici indigeni. Tito
Livio si accontenta di copiare dai Greci, quando non favoleggia di suo capo ; Cicerone,
per informare della costituzione del proprio paese, traduce Polibio; dell'eruditissimo
Marco Varrone, di cui gli antichi non rifinano le lodi, scarso concetto ci porgono i
frammenti avanzati ; né meglio possiam dire di Catone. E sebbene si facessero in l^oma
musei di rarità e d'arte, non vediamo n'approfittassero gli scrittori, i quali, fin a Plinio
edagli abbreviatori successivi, s'accontentano sempre dell'Archeologia letteraria, cioè di
ripetere ciò che trovarono scritto altrove. Distinguiamo Vitruvio, architetto sotto Cesare
ed Augusto, il quale ci lasciò e norme ed esenipj, che molto illustrarono le antichità
architettoniche. Adriano imperatore raccolse antichità da tutto il mondo ; e (juel poco
che se n'ebbe dalla sua villa di Tivoli, arricchisce oggi molti musei.
Galli, Germani ed altri popoli non erano così innanzi nella civiltà, per pensare a rac-
cogliere la storia de' loro antichi: ma è dolore che siasi perduta la collezione di canti
teutonici, ordinata da Carlo Magno.
Gli Arabi, fastosi di loro genealogie, a queste restrinsero la ricerca dell'antichità me-
scendovi poi tradizioni di genti vicine.
SU. — Come fu studiata al risorgimento.
Quando si rinnovò l'amore degli studj classici, in Italia fu posta cura all'Archeologia.
Il Petrarca ne diede l'esempio, insieme coi manoscritti raccogliendo iscrizioni e meda-
glie ; e all'imperatore Carlo IV spedì una raccolta di queste, non veramente per iscopo
archeologico, ma per proporgli ad imitare quei principi di cui gli sottoponeva le effigie.
Cola di Rienzo dallo studio delle iscrizioni e dei monumenti romani dedusse quell'ar-
dore, per cui si propose di rinnovare la repubblica antica.
I pontefici singolarmente giovarono allo studio dell'antichità coll'ordinare scavi, e col
raccogliere quanto usciva dalle mine della città eterna. Su quei monumenti si eserci-
tarono i grandi artisti che fecero bello il secolo de' Medici; uno dei caratteri del quale
è la cura con cui si cercavano, e l'entusiasmo con cui si accoglievano le preziosità an-
tiche, massime dell'arte. Rafaello scrisse a Leone X un grandioso divisamento per isco-
prire tutta l'antica Roma. L'ostentazione tenne anche luogo d'amor della scienza : i pa-
lazzi se ne empirono; e restauri infelici deteriorarono talora i più bei frammenti.
A questo, che può dirsi il periodo artistico, succedette quel degli antiquarj, non oc-
cupati che a dar un nome e assegnare un posto alle cose scoperte. Scarsi di critica e
di cognizioni sulla vita dogli antichi facilmente traviavano, e dirigeansi verso l'esteriore
e il meschino. Alcuni però pensarono a descrivere le collezioni, dilfondendone cosi la
cognizione. (ìià per l'inseanamento imbblico della Archeologia Lorenzo de' Medici avea
posto una cattedra in Firenze, e cominciarono opere per sistematicamente illustrare le
antichità. Pomponio Leto e Rufael di Vollerra scrissero sui magistrati, Marliauo sulLi
topografia dell'antica Roma, Robortello sul nome delle famiglie; Manuzio {!ìe ìi'gìbus
Romanoruni, e De.civitate, l^rw, L'i85j trattò il soggetto della cittadinanza romana con
acume, ma lo superò il Sigonio modenese trattando del diritto dei cittadini romani (15(i())
del diritto italico (1562) e dei giudizj (1574). Grouchi di Rouen e Latino Latini s'occu-
parono de' comizj, il polacco Zamoscio del senato romano (1553), Francesco Patrizj
della milizia romana (1683), Giusto Lipsie dei giuochi e d'altre importanti materie (1637),
INTRObUZlONE H
Panciroli delle dignità (1608), Enea Vico delie medaglie degli antichi {ìmt\], superato
da Sebastiano Erizzo; Liberto Golzio incisor fiammingo piibbiicò molle meduiclie (15^7-79),
delle quali Giuseppe Scaligero e il p. Pelau si valsero |)er l'omeDdazionc dei tempi.
Essendo Homa il centro di tali studj, si l'aticù principalmente attorno alla topografia
di questa città, e si pretose spiegare ogni nionunit-nlo dell'arie antica per allusione alla
storia romana. Allri trascorrevano a dedurre principj generali da casi particolari, e in-
ventarono teoriche bizzarre, mal l'ondate, e sovratutto incompiute.
E qui luogo a riparare l'oblio che generalmente si fa di Onofrio Panvinio. e Notissima
cosa è (ci valiam delle parole d'un altro eruditissimo, Scipione Mallei, Verona illuslrala^
p. II. lib. IV. j a chiunque penetrò addentro nelle migliori lettere e nella vera erudizione,
come il fonte più sicuro e più ampio delle notizie antiche, son le lapidi e le iscrizioni.
Or questo studio a ninno è più debitore, che al Panvinio, e da niunomai fu tanto illustrato
e promosso. Strano parrà il mio dire, poiché nell'istoria dello studio lapidario, ch'altri
eruditamente si è provato di l'are nella prefazione alla seconda edizione del Grulero né
verun di que' tanti, che in vane occasioni coloro esaltano, i quali in tale applicazione
si occuparono, del Panvinio menzione pur fanno, o ricordanza alcuna. Non pertanto la
cosa sta pur così: poiché in primo luogo, dove avanti di lui non altro fecero i lapidarj
che copiar le iscrizioni e metterle insieme, egli fu il primo che, adducendole sempre
in alcun proposito, ne mostrasse l'uso, e ne additasse il frutto. Da esse poi egli ritrasse
la cronologia dei tempi romani, la serie de' consoli e degl'imperadori, la notizia della
religione, de' costumi, del governo, delle dignità, degli ulfizj, delle tribù, delle legioni,
delle vie, degli edifizj pubblici, de' magistrati municipali, de' giuochi, e di quanto a'
più importanti punti dell'erudizione si aspetta. Egli ancora interpretò quelle che non si
erano prima intese; per saggio di che veggasi nel Grutero la pag. 412. In secondo luogo,
lasciando le pure raccolte, ninno mai nell'opere sue, né tante, né così scelte iscrizioni
addusse e pubblicò j poiché, ponendo insieme quelle che son ne' cinque libri de' Com-
mentarj ai Fasti, dove può dirsi compilato un corpo delle Consolari sincere, e delle
Imperatorie allor conosciute 5 e quelle che son ne' tre libri della Repubblica romana, e
nelle Anlichita veronesi, e altrove, noi troveremo poche iscrizioni insigni 0 importanti
esser nel Grutero, che non fossero già pubblicate dal Panvinio: e leggiadra cosa però
è il veder quanto e quante volte notasi nel detto corpo che sien prese dagli scritti del
Metello, del Pighio, del Clusio, dello Sinezio, del Verderio, iscrizioni già dal Panvinio
stampate, e qualche volta più correttamente, incontaminale per lo più essendo le da lui
riferite; benché nel Grulero alcuni pasticci dicansi talvolta gratuitamente ex Panvinia-
nis. Il Sigonio con più verità molte iscrizioni, di cui si vale a proposito del gius italico,
protesta dal Panvinio aver ricevuto. Egli ancora primo osservò gl'impronti de' mattoni
e ogni altra reliquia. Ma si aggiunga ch'egli avanti ogni altro intraprese di ridurre in
corpo e di pubblicar le iscrizioni tutte che in quell'età erano date fuori ; anzi sì gran-
d'opera egli senza ajuto d'altri gloriosamente condusse a fine. Però abbiam nel catalogo
delle opere di lui Antiquarum totius terrarum orbis inscriptionum Ubrum. Nel secondo
sopra i Fasti, scusando non indicare i luoghi ove si conservano le citate lapidi e le me-
daglie, così scrive (pag. 4U1}: Magnum imcriiitionum toHus orbis opus adorno, quod
quamprinium, Deo auspice, evulgabitur, in quo omnia singillatim iìiscriptionum loca
accuratissime descripta suni ; e nella pagina susseguente accenna con quanta diligenza
si fosse in ciò occupato, non già le altrui schede, come gli altri editori fecero, ma gli
originali de' bronzi e de' marmi in Roma singolarmente, e in altre parti dell'Italia ac-
curatamente trascrivendo. Ecco però come dell'immortal Corpo delle iscrizioni egli ebbe
il merito, altri la gloria: e troppo credibile per certo è, che il suo manoscritto avesse
nella raccolta e pubblicazione dal Grutero poi fatta, gran parte; poiché, dove gli allri
suoi scritti in lioma 0 altrove pur si conservano, di quello delle Iscrizioni non si è mai
saputo novella; dal che può arguirsi che fosse trafugato; e se può esser lecito per varie
considerazioni di far congettura, io inclino a credere che la raccolta di Martino Smezio,
ch'è il fondo del Grutero, e che si stampò nobilmente dal Piantino nel io88, sia ap-
punto quella del Panvinio, in tempo del quale lo Smezio serviva a Roma il cardinal Pio.
Anche il titolo è l'istesso : Antiquarum inscriptionum librum , denominava il Panvinio
la sua fatica, come si vede nel Catalogo, e Inscriptionum antiquarum liber si legge in
fronte alla stampa dello Smezio ».
i2 ARCHEOLOGIA E BELI E ABTl
Niebuhr, tanto rigoroso co' suoi predecessori, loda gli archeologi del xvi secolo, che
« raccogliendo a forza di fatica una moltitudine di particolarità isolate, giunsero a
trarne ciò che dagli avanzi della letteratura antica non era offerto in una sola opera,
un'esposizione sistematica delie antichità romane: ciò che fecero è prodigioso, e baste-
rebbe per assicurarli di fama immortale » (Pref. alla Storia romana).
Col secolo di Luigi XIV cominciò il periodo dotto, che con immensi mezzi crebbe
le cognizioni : l'Accademia delle iscrizioni e belle lettere di Francia tolse ad illustrare
diflfereoti punti; viaggiatori eruditi visitarono i terreni dov'erano sorte le città famose:
si propagò la cura di conoscere e interpretarci tempi antichi. Le dissertazioni da Grevio
e Gronovio radunate nei loro Tesori, rimangono utile fondamento anche dopo che ne
furono dedotte dottrine assai più ampie; Muratori e Grutero quasi contemporaneamente
riducevano in un corpo sistematico le epigrafi latine e greche; Mcyitfaucon toglieva a
spiegare gli usi degli antichi per via di monumenti; coi monumenti il Bianchini pre-
tendeva divinare la storia primitiva del mondo, e Kircher sciogliere gli enigmi della
sfinge egiziaca ; doni Martin e Baxter indagavano le antichità dei Galli e della Bretagna,
Bosio e Aringhi quelle de' primi Cristiani.
Il lavoro dei letterati fu secondato dalle tante scoperte nuove, dai musei cresciuti,
dai confronti moltiplicati, dal chiamare in sussidio all'Archeologia lo studio delle
lingue, l'erudizione, la critica , la giurisprudenza. Ne vennero quindi lavori insigni.
Eckhel diede ordine alla scienza delle medaglie e monete, distribuita alfabeticamente
da Basche; Dempstero e più tardi il Passeri preparavano i materiali, con cui il Lanzi
spiegava i monumenti e le lingue della media Italia; il conte di Caylus, distinto per
gusto e cognizioni tecniche, disponeva per età i monumenti, meditava sulle arti che li
produssero, e pubblicava una raccolta d'antichità egizie, etrusche, romane.
^ i2. — Essa migliora nel secolo passato.
L'Archeologia, che dal Fabrizio al Montfaucon era stata antiquaria, divenne artistica
più che filologica col Winckelmann , il cui nome vorrà sempre pronunziarsi con rico-
noscenza, a malgrado delle sue teoriche assolute ed esclusive. Dalle mal digeste favole
latine revocò egli alla greca mitologia; die la storia delle arti, mentre prima non s'ave-
vano che cataloghi e le inesatte notizie di Plinio ; ponendo ciascun monumento a
confronto con quelli tutti che esistono, rimosse le capricciose interpretazioni. Vero è
che restrinse la vista sulla sola arte greca; e talmente ne rimase assorto, che non vide
fuor di là se non tenebre; dell'egiziana toccò, siccome d'un'ombra alla luce di quella;
della romana, siccome d'un rillesso; le teste di Cristo fatte nel medioevo gli parvero
« quel che si potea vedere di più ignobile ». La sua Storia dell'arte cessa dunque col
trasportarsi della sede imperiale a Costantinopoli. Dal suo rinascere in Italia prese a
contemplarla il Cicognara : ma quel fecondissimo tempo di mezzo fu da lui pure franteso.
1 documenti di questo furono raccolti con gran pazienza dal d'Agincourt, che comprese
l'importanza delle miniature, delle tessere, delle figuline, dei dittici, dei più piccoli e
fragili monumenti; ma troppo sjiesso gli sfuggì quello spirito che tutti gli animava, che
a tutti dava una superna significazione.
Intanto gli sludj prendevano altra direzione, e depoueano lo spregio, capitale nemico
della verità, i^essing cercava ricondurre a idee profonde il carattere dell'arte greca, non
conoscendo però che un aspetto solo ; Zoega con idee larghe e solide cognizioni ten-
tava interpretare l'Egitto; Morcelli inventava di classificare le iscrizioni secondo il
soggetto, e deduceva regole sul loro stile ; a tutti sorvolava Ennio Quirino Visconti,
interprete erudito e picn di gus'o dell'antichità. « Stantechè nel vedere i monumenti
dei remoti secoli si eccita, in chiuncjue è sensibile all'attrattiva delle cognizioni, una
certa curiosità risguardante il significato, la destinazione, l'epoca, i pregi del monu-
mento, perciò (dic'egli) ho creduto che parti dell'illustratore sieno di appagare questa
erudita curiosità, sulla quale in gran parte è fondata la scienza antiquaria; non però
con capricciose e fantastiche spiegazioni, ma col confronto degli antichi scritti e di
altre vetuste memorie, e con verosimiglianze tratte da un'evidente e facile analogia ».
In fatti, filologo non meno che artista , egli spiega i monumenti coi libri, e i libri coi
monumenli; e sebbene talvolta accetti monuuìenti che poco bastava a repudiare per
i>ri;oiii/.ioM. 13
falsi, riuiaiH' lulUua priiiciiii; iii iiuesta scienza. Egli iiivcnlò di disporre nelle colle-
zioni prima le divinità del cielo , dei mari , della terra , degli inferi ; indi gli eroi , la
storia antica e la romana, i savj, i filosofi, i dotti ; infine ciò che riguarda storia natu-
rale, costumi, arti; ciascuna classe poi secondo l'età e il merito.
Ecco i fatti principali dell'età moderna dell'Archeologia:
1345. Guglielmo da Pastrengo ridesta lo studio delle iscrizioni raccogliendole e pel
primo illustrandole. Fa una specie d'enciclopedia alfabetica De originihus rerum,
edita poi dal Biondo nel 1547.
1150. Nicolò Niccoli, vero padre della moderna Archeologia, forma una raccolta di
statue e quadri, e una serie di medaglie fino dai primi tempi ; spiega l'ortografia col-
l'aulorità delle lapidi, delle monete e dei codici.
1430-40. In .Mantova i Gonzaga raccolgono un tesoro di cammei , medaglie, scolture
ed ogni genere d'antichità (Ambrosii Camaldolensis, Odepor. et Epist.; Tkissino
Ritratti ; Ckkcjti, Prcef. ad Musoeum Cale, ecc.).
1446. Sopra i musei già numerosi e col frutto di lunghi viaggi incomincia a lavorare
Ciriaco anconitano, il primo che componesse un'opera veramente antiquaria, guasta
da troppa credulità.
1450. Fiocchi scrive sulle romane magistrature un'opera che viene riputata di Fe-
nestella.
1450.-1502. Cosmo de' Medici , Piero, e più di tutti Lorenzo il Magnifico promovono
l'archeologia con biblioteche e musei.
1462. Flavio Biondo nella Roma instaurata ne spiega per la prima volta i monumenti
con le autorità degli antichi autori.
1466. Pomponio Leto tratta dei sacerdozj, dei magistrati, delle leggi e de' costumi
romani.
1490. Bologni comincia ad aggiungere ai monumenti spiegazioni e commenti per
illustrarli (Tibaboschi, t. vi, p. i).
1517. Compaiono anonime le Immagini degli uomini illustri, pnm& opera numismatica
a stampa.
1521. Compare la prima opera lapidaria, stampata anonima e col titolo Iscrizioni del-
l'antica città.
1534. Apiano dà in luce le Inscriptiones sacrosanctm vetustatis , non ma' quidem ro-
mance, sed /of/us fere orbis.
1555. Sigonio illumina la storia coll'archeologia.
1560. Enea Vico introduce la critica nella numismatica, porgendo regole per distin-
guere le medaglie vere dalle false, che industriosamente erano lavorate specialmente
da Cavino, Cellini, Bonzagna.
— Poldo Giovanni illustra le antichità di Nìmes.
1566-75. Goltz colle lapidi e colle medaglie cerca lumi'per la religione, la storia, la
geografia, la cronologia e tutta l'antichità; ma cade in errori di medaglie falsate e
supposte, come più tardi mostrò Eckhel.
1575. Ambrogio Morales abbraccia le iscrizioni di tutta la Spagna e statuisce regole alla
scienza lapidaria.
1595. Ortelio chiarisce la geografia col sussidio dell'antiquaria
1614, .Meursio illustra enciclopedicamente la Grecia.
1616. Pietro Ciacon illustra eruditamente un calendario dei tempi di Cesare; spiega il
frammento della colonna rostrata di Uuillio; e dai bassorilievi della colonna Trajana
trae una storia delle due guerre daciche.
1618. Onofrio Panvinio conduce a nuovo splendore la lapidaria; pel primo osserva
gl'impronti dei mattoni ed ogni lapidaria reliquia.
1645. Lastanosa apre un nuovo campo alle ricerche antiquariecol Museo delle medaglie
sconosciute di Spagna.
1647-52. Doni e Meibomio esaminano la musica greca, aprendo le vie a Martini, Brown,
Eximeno e Burney.
— Doni raccoglie più di seimila lapidi, sconosciute nei precedenti lapidar] eruditi, e
Cori le pubblica nel 1731.
H AllCIItOLOtilA r: Htl.! r. AI'.Tl
1652-5Ì. Kircher si finge un nuovo Edipo che interpreta tutti gli enigmi egiziani.
1671-87. Patin e Seguin olFrono tesori di medaglie scrupolosamente legittimate.
1681. Noris commenta i cenotafj pisani.
1688. Ducange le medaglie orientali del Basso Impero, neglette dagli altri scrittori.
1690. Bellori gli archi esistenti in Roma, i frammenti delle romane antichità, e le
antiche pitture scopertesi nel sepolcro dei Nasoni.
1690-99. Ciampini le chiese antiche in Roma ed i musaici di esse.
1694, Grevio, Sallengre (1716), Gronovio (1732), il Poleni (1737) raccolgono vasti tesori
d'antichità greche e romane.
1698-1716. Buonarroti porta a nuovo progresso l'archeologia colle opere Sopra alcuni
medaglioni antichi. De' vasi antichi di vetro; e con alcune congetture aggiunte
aWEtruria regale del Dempstero avviva lo studio delle antichità etrusche.
1699. Fabretti pubblica la prima raccolta d'iscrizioni che sia scevra di falsità.
1700. Vaillant colla numismatica illustra la Grecia, la storia d'Egitto (1701), dei re di
Siria (1732), dopo sparsi di una luce affatto nuova alcuni punti di geografia e di storia
colle medaglie delle colonie romane (1688).
1706. Spanhemio prova l'importanza della uumismatica, e l'uso che fecero gli antichi
delle medaglie.
— Montfaucon e i suoi confratelli, autori del Nuovo trattato di diplomatica, avanzano
la greca paleografia.
1707. Grutero compie le Inscriptiones antiquce totius orbis romani.
1709. Fabrizio pubblica la Bibliotheca antiquaria.
1712. Niewport illustra l'antiquaria per ciò che concerne a costumi ed usi.
1727. Schiller l'archeologia germanica de' bassi tempi.
1733. Baxter la britannica.
1739. Martin la religione de' Galli per mezzo de' monumenti.
1752-67. Caylus dispone in ordine cronologico i monumenti delle diverse età, é penetra
il segreto della maggior parte delle arti che gli aveano prodotti.
1762. Pellerin dà le prime idee del sistema numismatico, che poi Eckhel perfeziona,
176i. Winckelmann consolida l'alleanza delle belle arti coll'archeologia.
1767. Guarnacci e quindi Olivieri, Mazzocchi, Guazzesi, Passeri si applicano alle anti-
chità etrusche.
17i)8. Pruesti pubblica la Archeologia letteraria.
1779. Eckhel coordina metodicamente la scienza delle medaglie antiche.
1781. Bayer fissa delle monete ebreo-samaritane la vera esistenza, l'età, le iscrizioni,
il valore, il peso, ecc., facendosi giudice delle tante questioni su di esse provocate
da Postel, Aria Montano, Masio, Agostino, Yillalpando, Walton, Hottinger, Wagenseil,
Basnage, Sperling, Tycksen, Schiòger, Henrion, ecc.
1782-1808. Ennio Quirino Visconti con enciclopedica sapienza si eleva sopra lutti gli
archeologi.
1785-94 e supplemento del 1805. Basche sassone distribuisce in ordine alfabetico la
scienza numismatica antica.
1788. Barthélemy riedifica la Grecia di Pericle dalle ruine.
1789. Lanzi , sull'orme di Dempstero e Passeri, si addentra nell'intelligenza e spiega-
zione degli idiomi e dei monumenti dell'Italia media.
1792. Adler dà il primo saggio positivo di antiquaria arabica.
1797. Zoega dirada le ombre che coprivano i monumenti dell'antico Egitto.
§. 13. — -e più nel nostro, per tre fatti.
Nel secol nostro tre fatti importantissimi spinsero avanti lo studio delle antichità. Il
primo fu la spedizione d'Egitto, ardito concepimento di Huonaparte, dove, insieme colla
guerra , si mirò all'incremento delle scienze. Una commissione raccolse e trasportò in
Europa molti monumenti di quell'arcano paese, che dieder origine a discussioni, invo-
gliarono a cercarne di nuovi, e promisero dicifrare la lingua misteriosa.
Può dirsi che da quel momento l'antiquaria, messa in moda nel paese che popolarizza
le ideo, entrasse Ira gli studj necessari alla coltura, profittando della filologìa tedesca e
i>THot>tzio>r. 15
de' tanti capidarte che la conquista aveva raccolti a Parigi , la cui vista giovò assai
anche ai lavori, a cui nuoce troppo la fretta, come quello di Millin.
J803. Millin, ne' Monumenti inediti, nella fiaccolta di vasi etruschi, e nella descrizione
dei sepolcri di Canosa (1813).
Ì806-13. Mionnet pubblica la Dexcription des médailles antiques grecquts et romaines,
ecc., il libro (inora più completo per esatta descrizione delle medaglie.
1818-25. Morcelli presenta un sistema regolare per classificare le iscrizioni secondo il
loro stile.
1781-4860. Bartolomeo Borghesi pubblica molte opere , e principalmente raccoglie i
fasti consolari e le antichità.
Altri tesori si scopersero e studiarono in Grecia; le sculture del Partenone recate in
Europa, allargarono i concetti intorno all'arte, e viepiù il frontone del tempio d'Egina
trasportato a Monaco. Venner poi le tombe scoperte in Algeria e a Cartagine, le ricerche
in Fenicia, nelle isole dell'arcipelago, nell'Asia minore e nella maggiore, e sempre nuove
in Italia, per quanto interrotte dalle sciagure, sempre varie di questo paese.
In Etruria primamente, indi nella Campania e in altre parti della bassa e media
Italia, vennero e scoprirsi migliaja di vasi, rari dapprima ; e la moltiplicità delle forme,
dei disegni e dei caratteri loro aperse nuovo campo agli eruditi , e portò un nuovo si-
stema di storia e di mitologia.
Rivelazione di nuovo genere e più importante fu quella del mondo orientale. Il do-
minio degli Inglesi nell'India agevolò i mezzi d'interrogare e libri e monumenti, non
del sanscrito soltanto, ma delle varie lingue e civiltà che a quello si aggruppano; onde
uscì un mondo, possiam dire nuovo, coi simboli d'un'antichità remotissima.
Pertanto le antichità orientali, che al tempo del Winckelmann e del Visconti erano
un accessorio dell'Archeologia, ora ne sono necessaria introduzione, per riconoscere
quanto l'antichità classica abbia profittato delle anteriori. Le lingue indiane divengono
necessarie alla spiegazione de' monumenti figurati, come apparve dai lavori di Prinsep,
Lassen , Wilson sulle medaglie di Lahor, da quelli di Fellow sulla Licia, di Troyer sul
Cascemir ecc. La Bibbia è interrogata sopra monumenti di Babilonesi, Fenicj e d'altri,
di cui manca ogni documento scritto. Le ruine di Cil -Minar attestarono la connessione
fra la montuosa Perside e le pianure dell'Eufrate. Ora la scoperta de' palazzi di Kor-
sabad e di Ninive promette una rivoluzione in questa scienza, qual già la spedizione di
Egitto.
Tosto in ogni paese quasi di concerto moltiplicaronsi ricerche e discussioni; varie
accademie, principalmente quelle di Parigi, di Gottinga, di Lipsia, di Torino, di Cal-
cutta, attesero a punti speciali; formaronsi società per la conservazione , la ricerca e
l'interpretazione dei monumenti, come quella per gli scavi d'Ercolano e Pompej, le
due archeologiche di Roma, le altre di Parigi, di Vienna, del Nord ; s'inviò a misurare
e copiare monumenti nell'Egitto, nell'India, nella Morea , in Italia, nel Chersoneso e
più in là; Chandter, Choiseul Gouffier, Cockerell, Geli, Leake, Dodwel , Pouqueville,
Stakelberg, Broenstt-d, Texier, Tiersch, Heuzey, Wescher esploravano la Grecia; il
governo francese mandava una spedizione scientifica in Morea , una in Egitto insieme
colla Toscana ; lord Elgin colle spoglie del Partenone arricchiva il museo Britannico ;
la Baviera comprava i monumenti arcaici di Egina; alcuni privati vi si posero per
proprio ardore, Koch nell'Armenia, Fellow nella Sicilia. Lòw nella Panfilia, Texier nel
Kurdistan, Hase a Orano. Nebel , Galindo, Jefferson, Zeisberger, Wardeo, Waldeck,
Scholtz, Kenney, Farcy, Clinton, Barton, Frank ridestano le antichità americane ;
Schwarz, Frank, Lepsius, Rougé, Mariette scoprono sempre meglio l'Egitto, come Va-
lentyn, Holmes, Tiefi'enthaler, Béianger l'India, GuzlatT e Medhurst la Cina. Papertutto
il patriotismo volle frugar la terra ove dormono i padri, per riconoscerne lo stato antico,
non v'è omai contrada ove non s'indaghino con passione le antichità nazionali, sia delle
età remote , sia dei mezzi tempi , scritte o disegnate , stabili o mobili ; e dapertutto si
posero cattedre per l'insegnamento di questa scienza , convinti che l'entusiasmo e il
gusto non bastano a penetrar nel santuario di una scienza , che possiedono solo quei
che vi si danno esclusivamente.
i6 .\i;(jiilolo(j1a i, ctu.i. Ann
§ 14. Metodo, ardimento e moderazione di essa.
Troppo spesso i vecchi anliquarj trattarono delle materie loro come puramente di cose
d'arte, non badando al popolo che le faceva ed usava, e alla civiltà di cui erano mani-
festazione. Di questo difetto si forbirono i moderni, e primo Niebuhr aperse la strada,
su cui camminarono Breck, Muller, Wachsmuth, Schomann, Hermann, Bunsen, Plater,
Savigny, Becker ... cercando le antichità del diritto e delle consuetudini espressive e
rituali. La giovane scuola, con ardimento spinto qualche volta alla temerità, venne a
dare il crollo a credenze inveterate, felice talvolta, non sempre incontestabile, e posala
sovra un terreno ancora si mobile, che sarebbe presunzione il volersene far fondamento.
Il tempo in cui l'archeologia pascevasi di eruditi trastulli e dotti inganni, è finito 5 le
elastiche ipotesi si abbandonano, e si sa confessare la propria ignoranza.
Evidenti si rendono ogni giorno più i progressi di questa scienza, sia nella parte
descrittiva 0 Archeografìa, sia nella illustrativa 0 Archeologia propria; e d'ogni monu-
mento si cerca la descrizione, il merito artistico, il senso storico, il filologico. A certuni
che aspirano ancora alla fama d'eruditi coll'accumular citazioni e autorità, vaglia rac-
comandare ,
d'abbandonar le osservazioni accessorie, le quali non nascono dall'ispezione del mo-
numento né lo illustrano;
e di « trattare brevemente le quistioni già decise, e cautamente le nascenti ».
Heine, nell'elogio di Winckelmann, dice:
— Lo studio dell'antichità, e principalmente quello diretto a ben conoscere e giusta-
mente apprezzare gli antichi monumenti dell'arte, richiede molte previe cognizioni,
una viva e al tempo stesso regolata immaginazione, e tali circostanze esterne, che ben
di raro in un solo trovansi raccolte. Come il naturalista deve ben conoscere e classifi-
care tutti i corpi, e il letterato tutti con ordine esaminare i libri spettanti alla scienza
a cui principalmente si dedica; così l'antiquario aver deve perfetta notizia dei mo-
numenti antichi pervenutici, quasi in serie disporli giusta il rispettivo pregio, e con
sagacità esaminare le circostanze d'ognuno, giudicar dell'arte, determinarne l'età, il
merito e il valore. Quanta erudizione a tutto ciò! Uopo è ch'egli sappia con esattezza
le antiche storie, specialmente la greca e la romana; e nulla deve ignorare di ciò che
risguarda i secoli vetustissimi, le opinioni ed i costumi de' tempi eroici, e la favola
ne'varj suoi gradi; sapere fondatamente la storia dell'arte, degli artisti e delle opere
loro; e poiché a tutto ciò può apportar lumi lo studio delle medaglie e delle gemme,
in questo pure dev'essere istruito.
Per acquistare sì estese e giuste cognizioni, richiedesi una lettura immensa degli anti-
chi libri greci e romani, e principalmente de' poeti; né tal lettura sarà abbastanza
giovevole a chi studiate non abbia a fondo le lingue erudite, e contratto l'uso di ris-
chiararne i passi oscuri. A tanto sapere fa duopo altresì congiungere le nozioni fon-
damentali della scultura, pittura, architettura, né ignorar si può interamente il mec-
canismo di queste arti ; molto vedere, e collo studio continuo dei migliori capi dell'
arte antica e moderna, formarsi un gusto sicuro, apprendere ciò che intorno ad esse
è stato pensato finora 0 scritto, e riflettervi profondamente.
In mezzo a questo mare di cognizioni che ornar denno un antiquario, lo spirito di lui
conservi la sua energia per meditare, confrontare e giudicare ; il suo gusto pel bello,
pel vero, pel grande serbisi in tutta quell'attività, che dar possono la natura, lo studio
e il lungo uso. Un occhio giusto e sicuro, un'inmiaginazione facile ad accendersi
ma che senta il dominio della ragione, un pensare pronto ed esteso che possa ad un
tratto abbracciare i rapporti degli oggetti e notarne le diflerenze, un gusto puro e
deciso che in ogni maniera, in ogni età, in ogni stile non mai traviare si lasci dal ver*
e dal bello, sono caratteri d'uno spirito da natura destinato ad esser antiquario.
Ma non bastano ; bisognano circostanze felici, r.li antichi monumenti sono sparsi per
molti e tentanti paesi ; onde, chi tutti volesse vederli, troppo viaggiar dovrebbe, e
nullameno tutti ei non li vedrebbe. È vero che ciò non è indispensabile, e bastar può
all'antiquario se vede e studia i più considerevoli originali, acquistando delle altre
INTRODUZIONE
il
opere uaa cognizione storica, osservandone i modelli e i disegni, o leggendone le
descrizioni.
Prima regola critica per un antiquario è che, perbene esaminare e giudicare un antico
lavoro, bisogna penetrar nell'idea e nello spirito dell'artista. Giova perciò saperne
l'età e le circostanze de'tempi e le sue particolari, e indagare che intenzioni aveva
lavorando. Cosi con altr'occhio esaminar si deve un'opera privata che una pubblica;
una copia, un lavoro d'imitazione o de'secoli posteriori, che un originale e un'opera
dei primi o de'bei tempi dell'arte. Deve altresì l'antiquario aver di questa una giusta
idea, sì per l'invenzione che per l'esecuzione dell'artista, quando esaminar vuole e
spiegare un antico monumento. La favola deve sempre esser presente al suo spirito, e
quei tratti di essa principalmente e quelle idee che più volentieri solevano esprimere
gli Artisti. Ove non basti, scorra per le altre mitologie e per tutte le storie, parago-
nandone le opinioni e gli avvenimenti coi soggetti che vede rappresentati, per iscor-
gerne i rapporti; e quando gli abbia trovati, gli esponga allora, di quella sola erudi-
zione usando che per rischiarare l'antico monumento è necessaria. Che se nulla trova
che corrisponda all'idea dell'antico artista, risparmii in tal caso a sé e ai leggitori
un'inutile diceria-, tutto al più brevemente esponga le ragioni per cui crede non po-
tersene dare una spiegazione.
Ben diversamente usa la turba degli antiquarj. Essi abbracciano il primo pensiero che
lorsi presenta, e lo trasportano nell'opera che esaminano -, s'attengono ad una mitologia
triviale, o alle notizie vulgari dell'antica storia ; copiano citazioni e testi fuor di pro-
posito, e che non provano nulla ; né abbastanza sanno le lingue e l'arte per entrare
nella mente de'prischi scrittori e degli antichi maestri. Quindi appena fanno parola
del merito di tuli monumenti riguardo ali arte, né tampoco indicar ne sogliono l'am-
piezza, la grandezza e altre simili proprietà generali; e i libri loro non sono che un
ammasso di erudizione senza scelta né gusto...
Havvi una critica antiquaria che, quant'è sicura e necessaria, altrettanto è stata tras-
curata sinora. Qualora esaminar si deve un antico scrittore, o spiegarne qualche passo
difficile, la prima cura non è quella di vedere se l'opera è genuina, e il passo non
guasto? Non altrimenti s'adoperi cogli antichi monumenti; e ad ogni altra ricerca
preceda questa; il lavoro è egli veramente antico? di qual età? come e in quali parti
è stato risarcito e ristaurato ?
§ 15. — Su quali popoli essa si ferma. Libri da consultarsi.
I popoli sui quali l'Archeologia portò le prime ricerche, furono gli Ebrei per la reli-
gione, i Greci ed i Romani per gli studj classici : dappoi si aggiunsero gli Egizj e gl'Itali
antichi. A questi si può dire si limitasse lo studio delle antichità, come quelli che gio-
vano all'intelligenza degli autori : di loro soli preser cura Winckelmann, Heyne, Muller,
d'Hancarville, Visconti e la più parte degli scrittori. Anzi Winckelmann, la storia delle
arti cominciando coi Greci, riprova coloro che vanno a rintracciarne l'origine in Egitto,
e nega che la mitologia greca venga di là. Eppure, stando anche ai classici, ne' quali
unicamente egli aveva fede, potea trovarsi contraddetto da Platone, Plutarco, Pausania,
Plinio ed altri; Erodoto |dice risoluto che gli Dei tutti vennero d'Egitto in Grecia;
Diodoro asserisce che i primi Greci e nominatamente Dedalo impararono l'arte dagli
Egizj. Infatti questa realizzazione sensibile della vita esterna si elTettuò presso tutti i
popoli, né alcuno deve considerarsi come anello staccato dalla gran catena delle gene-
razioni. L'incremento delle arti va parallelo a quello delle altre facoltà umane: ed è
obbligo della storia cercare qual é l'iniziatore, quale l'miziato; quale la parte spontanea,
quale la ereditata; riconoscere le analogie al ricorrere de'medesimi periodi, come av-
venne dell'arte religiosa in Egitto, in Grecia e ne'primi secoli cristiani ; e vedere il per-
fezionarsi continuo dell'ideale attraverso le tante metempsicosi, e il propendere or verso
la forma or verso il pensiero.
Per tal modo la scienza, deponendo le pregiudicate esclusioni, crede e vede che presso
le genti più distinte può trovarsi il bello letterario ed artistico, e che tutte insieme con-
tribuiscono al procedimento delle idee; onde lo studio non si deve limitare ai classici,
avvegnaché di loro più volentieri e con maggior fondamento si ragioni. Informati uoi
Cantò, Documenti. — Tomo I, Archeologia e Belle Arti. 2
18
ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
siamo ora delle antichità de'Cinesi e dei popoli affini, tanto più che sopravivono ancora
quelle nazioni e conservano la più parte di quegli usi. Pure sono così strani a quei degli
altri popoli, da non potere ridursi sotto il modulo medesimo ; troppo poco contribuirono
a costituirci quali noi siamo, né la storia loro o la spiegazione dei loro classici entra
nel generale sistema degli studj. Potremo dunque trasvolarvi, e così dicasi d'altre genti
d'Asia e d'America. S'aggiunga che monumenti romani occorrono si può dire ad ogni
pie sospinto, sovratutto in Italia ; frequenti pur sono i greci ; ed oggi si moltiplicano gli
etnischi e gli egiziani : mentre raramente fuor del loro paese occorrono i cinesi, gli
americani, i copti, gli arabici, i nordici, né sussiste o non è scoperto il filo che quelle
civiltà congiunge coll'andamento della nostra. Ciò non vuol dire che non|inteodiamo va-
lercene quando ne derivi chiarimento al nostro soggetto.
Autori cte possono consultarsi in f;cnera!e e in particolare:
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nOSi.M, Antiquitatum romanarum corpus absolutissimum. Amsterdam 1743.
Cellarii, Breviarium antiquitatum romanarum. Verona 1739.
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Tiranesi, Le antichità romane (figurato). Roma 1730, 4 voi. oltre il supplemento.
I Disegni di Pietro Sante-Barloli, colle Spiegazioni di P. Bellori sono eccellenti.
Adolph Becker, Handbuch der Rtimischen Alterthum. Lipsia 1843.
E. GiBL und W. KoNER dal Leben der Griechan und Ròmer nach antikeu Bildwerchen dazettelU.
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Pekcieb, Fo.>tai.>8, Bebnier, Palazzi, caie, edifisj moderni dì Roma.
Muratori, Antiquitates italica: medii «et». Milano, 6 voi. ia-fol.
Adams, Ruine di Spalatro.
Rosellim, Monumenti della Nubia.
Lacol'r, Tbierrv, Bettom, Monumenti illustrali d'Italia.
NoRMA>D, De LA BoRDE, 31onumenti della Francia.
Clerisseau, Antiquité de la France.
Deville, Antichità di Rouen.
GoiLiEi, BiET, Grillo, Tardieii, Edifizj di Francia.
Clarke, Edifizj d'Inghilterra.^ sul quale conto vi sono moltissime opere recenti e splendide.
MOMFALCO.%, Valéry, Dakervill, Turnbr, Polguet, Rc.iihov, Viaggi in Italia; in India di Damel,
Jaqlemom e altri ; in Spagna , Portogallo , Africa di Taylor i in Grecia e Levante di Leblanc ,
Blovet, LabOrde, Texier; in Turchia H Slade, Adolph; in Macedonia di CoismERY; in Francia
e Borgogna di Nodier; in Olanda^ Belgio e Germania di Faulkineh, ecc. Tra i viaggi più interes-
santi all'Archeologia sono quelli di SpON, Wheler, Chanpler, Cqoiseul- Colffier, Foucberot, Dod-
well, Gell, Leake, Stuart, Marcellus, Quast, Stacrelberg, La Grecia 1830esegg.; Broensted,
Voyagcs et recherches dans la Grece , Parigi 1830. VeJansi pure PocoCK et Morder, Viaggio in
Egitto ; quel di Siria, Fenicia., Basso Egitto, Siria e Dalmazia di CaSSAs ; quelli di COOK, La Pe-
kouse, D'Urville, attorno al mondo ecc.
DoMEMDO Magri, Hierolexicon. Bologna 1765.
Ferraris, Bibliotheca.
Calmet, Dictionnaire historique et crilitique de la Bible. Parigi 1722-28.
MOROM, Dizionario d' erudizione storico-ecclesiastica . Venezia 1839 e seg.
Della letteratura dell'Archeologia informano le storie letterarie de' varj popoli; la Bibliotheca antiquaria
del Fabricio; quella del Meuscl ; alcune dissertazioni di Oliviero (Legiponzio); Ernesti, ircfteoJo^ia
letteraria ■1790, che fu aumentata e corretta dal Martini.
È un fatto notevole nella storia dì questa scienza la foniiazione àeWIHituto di corris-
pondenza archeologica a Roma, cominciata dal duca di Luynes, dai signori Gerhard,
Panofka, Bunsen e altri, die nelle Memorie e nel liullettino diede movimento aquistiooi
importanti, diffuse nozioni archeologiche, e aprì la strada alla novità della critica, aspre
agli idolatri della scuola classica. (Questo Istituto per le vicende politiche mancò di la-
vori e di collahoratori, e fu trasportato in Germania, poi nel 58 si restituì a Roma, e ri-
pigliò le sue occupazioni).
Gli antiquarj italiani volgono pure i loro studj sui monumenti primitivi del cristia-
nesimo, e una Commissione d'archeologia, instituita a Roma nel 1862, e presedula dal
20 MI CKCOi ()(.!. \ 1. DILLE Alili
cardinale Patrizj, ha scopo precipuo il conservare ed esplorare le catacombe. Le anti-
chità raccolgonsi in un museo speciale, fondato in una delle ampie sale del palazzo di
Laterano; e mentre i viaggiatori non aveano cercato per l'addietro fra noi che le anti-
chità del paganesimo e dei primi secoli cattolici il signor Didron ha intrapreso indagini
sui monumenti risguardanti il medioevo, e additò a Roma in più di cini|nanta chiese
lo stile archiacuto, e si propone di mostrare che il medioevo monumentale dell'Italia
non è men ricco di (juello della Francia, e che Roma è piij gotica di Kouen, la più gotica
delle città francesi. Queste cose le sapevamo noi pure e le dicevamo, ma si volea che
un francese venisse ad asserirle perchè trovasser fede ed eco, e cessasse di considerarsi
come novità lo stile archiacuto della nuova chiesa sul monte Palatino, in commemora-
zione del decreto dogmatico dell'Immacolata concezione.
Dopo che Rio, Montalembert, Selvatico hanno additato all'attenzione pubblica i ca-
polavori dei primordj della pittura italiana, gli archeologi furono presi da viva, legittima
ammirazione per gli antichi maestri dell'arte. Le Memorie sugli artisti Domenicani del
padre Marchese hanno ingloriato fra Angelico; gl'incisori riproducono con predilezione
le opere mistiche del xv secolo; e i pittori cominciano a dar prove di maggior rispetto
verso le condizioni spiritualiste dell'arte, fin a peccare nel purismo, ridotto a grettezza.
In Francia, col decreto del ministero dell'istruzione pubblica i4 settembre ■1852, il
Comitato dei monumenti scritti e il Comitato delle arti e monumenti furono ricom-
posti in modo da poter distribuire i documenti risguardanti la lingua, l'istoria e i mo-
numenti della Francia, dividendoli in tre sezioni: lingua, storia, belle arti. Le indagini
dei corrispondenti divennero più numerose, ed importanti lavori archeologici furono
incominciati o proseguiti. Le Società archeologiche hanno reso servigi segnalati stimo-
lando lo zelo letterario, promovendo lo studio dei testi e dei monumenti, fondando
musei, provocando o vegliando il restauro degli edifizj storici, pubblicando antichi
manoscritti, raccogliendo i materiali sparsi che servano all'istoria particolare delle pro-
vinole ed alla generale dell'arte.
L'Accademia delle iscrizioni e belle lettere, e la Società imperiale degli antiquarj di
Francia continuano a mieter anche nel campo delle antichità cristiane; e la Società di
sfragistica fu fondata per pubblicare i documenti relativi ai sigilli del medioevo. La
Società francese d'archeologia per la conservazione dei monumenti istorici tiene ogni
anno congressi archeologici, di cui si pubblicano gli atti: nel 1855 tenne la ventesima-
terza sessione a ÌN'antes.
L'iconografia dei monumenti, e sopratutto la zoologia fantastica del medioevo furono
esaminate con predilezione, e fu riconosciuto che certi soggetti, inesplicabili a tutta prima
erano la schietta espressione di tradizioni popolari, e la formola artistica delle leg-
gende. L'Egitto pagano deificò gli animali, il medio evo cattolico ne ha fatto ora
i servi e gli amici dei santi, ora gli stromenti dei demonj e gli emblemi de'vizj. L'ico-
nografia, studiata da questo aspetto, è una delle pagine più interessanti dell'istoria fi-
losofica del passato: né la difficoltà di dicifrarne il senso enigmatico scoraggia gl'inge-
gnosi Edipi della scienza.
L'Archeologia ha rivolto l'attenzione all'arredo delle chiese, descrivendo ciò che
esiste tuttavia, e destando la ricordanza di ciò che non è più, e studiò i monumenti
risguardanti la vita dei santi; e più di ducente chiese di stile del medio evo stannosi
costruendo al presente in Francia. 1 pittori altresì cominciano a por mente, più che in
addietro, all'esattezza archeologica; e molti comprendono che l'arte non ha soltanto
per iscopo di ricreare gli occhi mediante la vaghezza dalle linee e dei colori, ma una
missione istruttiva e ispiratrice; che (juante volte togliesi a rappresentare una scena
religiosa de' tempi trascorsi, non è lecito inventare monumenti fantastici; con anacro-
nismi di abbigliamento rovesciando le leggi dell'antica simbolica, e disconoscendo gli
usi liturgici.
Nel Belgio vennero fondate Società archeologiche ad .Anversa, Liége, Tournay, ecc.,
e non avvi città importante che non abbia prodotto qualche opera notevole di storia e
d'archeologia, siccome quelle di Delsaux, Dumortier, Fétis, Crangagnage, llennebert,
Lemaistre d'Anstaing, Moke, L. Paulet, Uè Reiflenberg, Polain, Rénier Chalon, Schae-
pkens, Schayes, Voisin, Van Massel, ecc.
L'Inghilterra, che precedette il Belgio e la Francia nello studio dei monumenti del
INTRODUZIONE 21
medio evo, ha conservato una siiperioriti incontestabile nello splendore delle pubblica-
zioni, capolavori di tipografia e d'incisione, (|uali sono le opere di Bhickwood, W. Rurn,
J. Colling, E. Frceinann, A. Ilope, Liudsay, H. Parker, Pugin, D. Rock,Willis, Winston,
ecc. Gl'Inglesi hanno dieci riviste archeologiche, fra le quali V Art annovera non meno
di quarantamila abbonati. Le donne stesse non isdegnano (|uesti studj, e miss Luisa
Twining ha scritto sugli emblemi dell'arte cristiana, mistriss Menilìeld e mistriss Jamc-
son un'opera in tre volumi, piena di erudizione, sull'iconografia degli angeli e dei santi.
L'Austria, dopo aver circoscritto per lungo tempo i suoi studj archeologici nel do-
minio dell'antichità pagana, mostra ora meno indifTerenza verso l'arte nazionale, sic-
come ne fanno fede le opere di Heider, Meily, Primisser, Scheiger, A, Scbmidt, Tscbiscka,
Wolfskron, ecc. Essa possiede cattedre d'archeologia, ed una Commissione imperiale
fondata a somiglianza dei Comitati francesi ha per iscopo di conservare i monumenti ,
sopravegliare il loro restauro, e descrivere le numerose antichità, di cui l'origine è
non men diversa di quella delle provincie che compongono il vasto impero austriaco, in
ciascuna delle quali ha corrispondenti, e stampa con diligenza atti, disegni, descrizioni.
La passione pel greco predomina sempre a Berlino; ma in altre città della Prussia, a
Paderborn, a Munster esistono associazioni per descrivere, conservare, instaurare le
chiese. Monsignor Moller vescovo di Munster, per rigenerare il gusto antico nella pro-
pria diocesi, insegna personalmente l'archeologia religiosa nel seminario 5 e così ado-
pera a Colonia il signor Keichensperger, uno dei più operosi archeologi europei. Mentre
li signor Baudry, vicario di questa diocesi, pubblica una Uivista comprendente tutte le
manifestazioni artistiche del pensiero cristiano sì negli antichi che nei moderni tempi,
il cardinale Geissel sussidia un museo ecclesiastico ove sono collocate opere di scul-
tura, pittura ed orificeria che devono ricondurre l'estetica nelle gloriose vie del passato.
Monaco è divenuto un vasto museo monumentale, ove chiese gotiche e bisantine sor-
gono a lato a propilei greci, a tempi egiziani, a palazzi fiorentini : ma fra questo bizzarro
eclettismo manifestasi una predilezione per l'architettura gotica. Un semplice falegname,
senz'altro maestro che l'osservazione, è divenuto artista eminente, ed ha già costrutto
in Baviera più di quaranta chiese gotiche.
A Zurigo, Basilea, Ginevra... si hanno Società archeologiche, ed il signor Blavignac
ha pubblicato l'istoria dell'architettura sacra dal iv al x secolo nelle antiche diocesi di
Ginevra, Losanna e Sion, opera viepiù interessante perchè discorre anzitutto de' mo-
numenti anteriori a Carlo Magno; sebben l'autore corrivo a congetture, attribuisca
all'èra dei Merovingi monumenti coevi ai Capeti.
Dell'archeologia russa assai poco è noto. L'arte bisantina pare abbia eletto quell'im-
mensa contrada come seconda patria, dove ad ogni passo rinviensi l'influenza dell'O-
riente, e la civiltà europea v'è come una pianta esotica. Alcune poche opere ci hanno
fatto intravedere le dovizie dell'arte moscovita, fra le altre il Viaguio archeologico in
Russia di DemidofT, e le Antichità di Monca di Sneghireff.
Una Commissione governativa fu instituita di recente in Ispagna per la conservazione
dei monumenti storici ed artistici, la quale unirà i suoi sforzi a quelli dell'Accademia
reale d'archeologia, fondala or fa alcuni anni.
L'incremento archeologico è meno percettibile in Isvezia, Norvegia, Danimarca,
Grecia e Portogallo. Per contrario lo stile gotico ha valicato i mari per fare il giro del
mondo, e chiese gotiche sorgono di presente nelle Antilie inglesi, a Calcutta, nel Ca-
nada, a Nuova-York, Filadelfia, San Francisco, ecc.
§ 16. — Trattati d'archeologìa.
Manca un compiuto trattato d'Archeologia, essendo scarso di critica il Manuale di
Giovan Filippo Siebenkees (Norimberga 1799), e incompleto il Piano d'un archeologia
di Cr. Dan. Beck (Lipsia 1816). Suppliscono in parte le Lezioni elementari d' Archeo'oqia
di Giambattista Vermiglioli (Milano 1824), ove tale scienza è considerata soltanto come
conoscenza di monumenti, ma da uomo sicuro nelle parti più elevate, e che si propone
ridurre a facile intelligenza le accessibili. Champollion-Figenc [Sunto completo d'Ar-
cheologia) potè giovarsi delle scoperte fatte dopo la pubblicazione anzidetta, e massimo
22 ARCHEOLOGIA E feELLE ARTI
di quelle dell'illustre suo fratello-, e le espose in modo, se troppo compendioso, chiafo
però e facile per chi non voglia che libare questa scienza.
Del corso professato a Parigi da Raoul Rochette non abbiamo che una breve analisi,
e una brevissima di quello del professore Aldini (Pavia 1858). Di capitale importanza
è il Manuale di Ottofredo Mtiller, ma si può dire che unicamente ai Greci e' guardasse,
come i soli cui riconosceva il diritto di chiamarsi popolo artista, e fra cui l'arte pla-
stica antica (alla quale egli si limitò) ottenne sviluppo grandioso, e quasi un associa-
mentu colla divinità, mentre altrove non era che imitazione, spasso o applicazione pra-
tica. Gli Elementi di Archeologia del Nibby (Roma 1828 sono puramente topografici, e
s'interrompono alla descrizione della Grecia, cioè alla 4^ delle ventiquatro lezioni che
avea divisate.
Aggiun[;ansi Beck, Principj d^ un'' Archeologia.
KA^EGlESSEB, Compendio della scienza archeologica (tod.). Alla -18)5.
Petebsen, Introduzione generale allo studio diWArcheologia {danese). 1828.
Steinblechel, Schizzo della scienza dell'antiquaria (teJ.) Vienna 1829.
BoETTiGiP, Addilamenti a ventiquattro lezioni archeologiche. Dresda 1806
Cal'MO!\t , Cours d'antiquilés monumentales, 6 voi. in-8o, e 6 atlanti in-4'', olire i suoi rapporti sui
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W. Hoffman:v, Die Alter Ihumswissenscha fi. Lipsia -l8o5.
WOLF's, Vorlesungen iiber die Alterlhumswissenschafl. Ivi 1834.
Webeb, und Hamnksse, Reperiorium der clasiichen .4lter(humswissenschaft. Esscn 1833-3-i, 5 voi.
Gebhard , Grundzuge der Archàologie. Sta aeW Uyperborische-riimische Sludien far Archaologie.
Berlino 1833.
Ol'din, Manuel d^archéologie religieuse, civile el militaire. Fontaineblcau 1844.
Real-Enciclopedie der classichen Alterthumskunde, herausgegeben von AUGCST Pauly, fortgeselzt von
Chr. Walz, und W. S. Teuffel. Stuttgart 1846.
Handbuch der romischen Allerihumer nach den Quellen bearbeitet; cominciato da A. Becker, se-
guito da G. Mabqdabt. Lipsia 1851.
§ 17. — Giornali.
Negli ultimi tempi si trovò opportuno agli studj de' singoli dar un punto d'unione
con opere periodiche, di ciò solo occupate. Tali furono VAmaltea di Bòttiger, il Foglio
artistico di Schoro , il Goirnale archeologico di Nàke e Welcber, i Monumenti inediti
del Guatlani, Uenkmàler und Forschungen ; archàulogischer Anzeiyer, fondato a Berlino
da Gerhard, il Bullettino archeologico a Napoli dall'Avellino, la Revue archéologique, ou
recueil des docwnenis et des mémoires relatifs à V elude des monummts, à la n inisma-
tique et à la philologie de Vuntiquité et du moijen-cìge , e le Annales archéologiques di
Parigi, la E-u-hu-pi^ (/p/ato/o'/ixìj di Atene, Vhtiiuto archeologico di F^ondra e certamente
secondi a nessuno le Memorie e il Bullettino delV hlituto di corrispondenza archeologica
di Roma.
§ 18. — Metodi che l'archeologìa può seguire.
Può l'Archeologia studiarsi con metodo, i. alfabetico; ir. geografico-, ni. cronolo-
gico; IV. analitico. L'alfabetico fu usato nella Enciclopedia metodica e ne' dizionarj di
Sulzer, di Mongez , di Siiiitli II geografico fu tenuto dall'Oberlin in un opuscolo ele-
mentare sulle traccie di Straiione, e dal Nibby: vi si attengono i numismatici nel clas-
sificar le monete. Il cronologico tratta dei monumenti secondo i tempi : ed è comodo ,
ma primamente non sempre è accertato (|uali popoli veramente abbiano preceduto gli
altri nella «-.iviltà, gli Egizj o gl'Indiani, gli Etruschi o i Greci ; poi vengono a separarsi
elementi , da' cui confronti dedurre idee generali e distinguere l'originalitù dall'imita-
zione. L'analitico.^ trottandone in relazione a ciascun popolo, s'appiglia ai soggetti; ma
sovente trovasi mancare i materiali , e va capriccioso nella disposizione dì quelli che
po-siede , potendo cominciar dalla religione o dalle tombe o dai numismi o da altro.
Giova pertanto l'uno coH'altro innestare, distinguendo secondo le materie, poi queste
medesime esponendo per ciascun popolo e in ordine d'antichitiì; il che ed agevola i
ravvicinamenti, e fa discernere chi imita da chi è imitato.
IIVTRODUZIONC: 23
§ 19. — Distribuzione del presente trattato.
Questo nostro trattalo sarà cosi ripartito :
Capo I. Dopo alcune teoriche generali, traccerà le vicende delle Iielle arti.
II. Parlerà in particolare dell'architetlura, e de' monumenti stabili sopra e sotto
terra, de' varj ordini, e delle costruzioni pul'iiliche e private.
III. De' monumenti plastici, quanto alla materia, all'arte, ai soggetti delle statue
e de' bassorilievi.
IV. De' monumenti grafici, o della pittura secondo la varia sua applicazione.
V. Della ceramica, ossia de' vasi.
VI. DeHa gliplica, cioè delle pietre lavorate in cavo e in rilievo; ove pure della
dattiliologia, o studio degli anelli, e della sfragistica.
VII. Dei monumenti letterati, cioè dell'epigrafia, che è la parte più nobile; ove
anche della diplomatica e della paleografia.
Vili. Delle medaglie e monete, che è la parte più rilevante dell'antiquaria.
IX. Delle pompe e feste, e per concomitanza della musica e delle arti associate,
come la danza ed il teatro.
X. Delle antichità cristiane.
XI. Finiremo con una corsa topografica a' luoghi dove stettero o dove ora sono
raccolti i principali monumenti archeologici.
Sebbene lo scopo nostro sia l'illustrazione dei monumenti, vi spargeremo le notizie
che ci pajono opportune a tessere un prospetto del vivere, principalmente fra i popoli
famosi dell'antichità.
CAPO PRIMO
DELL'ARTE IN GENERALE
§ 20. — Analisi dell'idea dell'arte.
VArte è un'attività del nostro essere , mediante la quale producesi di fuori ciò che
è concepito nello spirito ; ossia la realizzazione dell'idea sotto una forma sensibile. Con-
tentandosi di rappresentare , si distingue dalle attività pratiche, dirette a scopo parti-
colare e conforme alla vita materiale, e che si dicono arti meccaniche in opposizione
alle belle o liberali; ma le une e le altre sono sviluppo e stromento necessario della vita
sociale.
Definire più precisamente l'Arte si può mediante l'indole delle intime relazioni tra
l'interno e l'eterno, le quali appartengono alla natura, non al capriccio; né imparare
si possono, bensì cogliere con più o men forza, giusta i varj gradi di coltura.
Tali relazioni peraltro son così intime nell'Arte, che l'idea, non appena nasce in
noi, tende a manifestarsi colla rappresentazione esteriore, mediante la quale finisce di
svilupparsi. Tutte le arti posano su questa propeusion naturale dell'anima nostra per le
forme sensibili.
La rappresentazione dell'Arte si eseguisce mediante una forma sensibile; la quale
può od essere prodotta dall'immaginazione, o colta da' sensi nel mondo de' fenomeni.
Atteso però che le ordinarie facoltà di vedere e principalmente l'artistica, sono un'attività
dell'immaginazione, vuoisi V immaginazione considerare come il tesoro della rappresen-
tazione artistica.
Non corre dunque assoluta differenza tra l'arte creatrice e l'imitatrice, giacché l'arte
del pittore consiste nel veder il bello e il regolare; nel qual caso il vedere è un'attività
del tutto plastica.
Alla concezione fantastica delle forme si lega l'esecuzione, ad essa subordinata, eppure
strettamente connessa.
Uinterno, ossia ciò che nell'Arte é rappresentato, chiamasi Videa artistica, ed è l'at-
tività dello spirito, da cui risulta il concetto della forma determinata. Anche quando il
pittore imita un oggetto naturale , l'idea artistica sussiste nell'eccitamento provocato
nell'intelletto dalla contemplazione del soggetto.
Ma l'artistica non è un'idea propria. Quest'ultima é quasi una tela su cui possono
colorirsi diversi fenomeni: l'artistica deve accordarsi affatto colla forma tutta partico-
lare dell'oggetto d'arte. Perciò il linguaggio, il quale non è che Videa parlata, non
può mai esprimere in modo soddisfacente un'opera d'arte.
L'artistica é un'idea di suo genere, che contemporaneamente si trova unita ad una
forte e viva sensazione, di modo che ora l'idea e la sensazione rimangono unite in istato
immateriale, ora l'idea appare staccata dalla sensazione; pure la sensazione predomina
sempre nel creare e nel ridurre stabile la forma artistica.
§ 21 . — Leggi generali dell'arte.
Le leggi dell'Arte sono le condizioni , secondo le quali soltanto la sensibilità dell'a-
nima umana può dalle forme esteriori ricevere un movimento piacevole : e poiché de-
terminano la forma artistica secondo il bisogno della sensibilità, perciò si fondano sulla
essenza della facoltà di sentire.
TEORICHE DELL ARTE
25
Secondo questa, troveremo innanzitutto, die la forma artistica deve avere una rego-
larità generale, senza cui essa scomparisce; e che sembra dedotta dall'osservazione o
dai rapporti matematici come nella musica, o di forme desunte dalla vita organica
come nella plastica.
Però questa regolarità è soltanto il limite posto alle forme artistiche, ma non basta
ila sola ad esprimere una vita più elevata. Così il rapporto delle leggi armoniche alla
melodia , della legge d'equilibrio alla varietà de' ritmi , delle forme fondamentali orga-
niche alle figure particolari della plastica, esige che queste leggi sieno necessarie condi-
zioni della rappresentazione ; pure nessuna rappresentazione racchiudono in sé.
§ 22. — Del bello.
La bellezza, cioè l'uno nel vario, compresi e accordati con proporzione nel sentimento,
è l'attributo più necessario alla forma, in quanto riguardano la vita sensibile. E belle
chiamiamo le forme che sull'anima esercitano un'impressione conforme alla sua natura,
e io armonia coll'intima struttura. La materia non diviene bella che per la disposizione
delle sue parti e pel movimento; cioè per l'ordine, che è la ragione visibile. Perciò si
dice che il bello è l'unità nella varietà: ma tal definizione non è generale, e non può
applicarsi ad esseri viventi o alla bellezza spirituale ; meglio direbbesi che il bello è la
perfezione dell'essere, veduta dal nostro spirito, sentita dal nostro cuore.
È vulgare il definire che bello è quel che piace. Basta un lieve esame per accorgersi
che le cose più piacevoli non sono le più belle, e mentre tutti i sensi possono darci sen-
sazioni piacevoli, l'idea del bello non è eccitata che dalla vista e dall'udito. Neppure
per (juesli due sensi la cosa più piacevole è sempre la più bella ; e un quadro del Quat-
trocento di colorito mediocre può sembrare più bello che uno veneziano di splendide
tinte; e una bellezza voluttuosa che alletta i sensi, ributtar il sentimento. Distinguesi
dunque affatto il bello artistico da ciò che piace ai sensi ; né coi godimenti di essi hanno
a che fare i desiderj sensuali e il personale interesse. E poiché l'unità di veduta degli
oggetti materiali non può divenir semplice che nel sentimento, al sentimento spetta il
giudizio del bello, che potremmo dire la sorgente dell'emozione poetica, la quale non è
mai scompagnato da piacere, ma un piacere misto d'ammirazione.
L'anima aspira naturalmente a quest'impressione salutare, e perciò il bello è principio
dell'arte, senza in sé divenire il soggetto della rappresentazione, il concetto artistico.
Quest'ultimo è un'idea e una sensazione di natura distinta, come si è detto; mentre la
bellezza trovasi elevata alla massima potenza, in opposizione d'ogni sforzo fatto per
rappresentare un'individualità.
Parimenti il bello va distinto dall'utile, molte cose essendo utilissime, né per questo
belle. Mentre è condizione dell'utile l'esser posseduto realmente o possibilmente, il bello
è indipendente da noi, si gode senza appropriarselo, e unica misura nei godimenti di
esso è la potenza de' sensi.
Il bello va pur distinto dal vero. Questo è la perfetta identità dell'idea col suo oggetto,
onde si dirige alla ragione sola, e suppone concetti puri delle idee della ragione, spogli
d'ogni manifestazione sensibile ; mentre da questa è inseparabile il bello, il quale si vede
e contempla. Per identificarsi col vero, il bello dee spogliarsi della forma, il che lo an-
nichila. Il bello fonde insieme il visibile e l'invisibile, il finito e l'infinito, l'idea e la
forma, lo spirito e la materia; ed è manifestazione sensibile dell'essenza delle cose: si
dirige dunque ai sensi, e per mezzo di questi alla ragione.
Sebbene dunque le idee del bello, del buono, del vero possano credersi identiche nel
loro principio, difi'eriscono per lo spirito dell'uomo. L'idea del bene implica il concetto
d'un fine; lo che non accade del bello. L'idea del bello precede quella del buono; es-
sendo intuitiva e immediata. Quella è più nobile che non l'utile, pure non si confonde
col piacere della bellezza. Talora l'immagine di cosa bella ne piace più che la cosa reale;
mentre invece il bene è un obbligo della volontà. Le azioni dell'uomo, oltre esser buone
0 malvagie, utili o nocevoli, sono belle o no, secondo esprimono le qualità dell'anima
in armonia colla sua essenza.
Ì6 [ARCBEOLOeiA E ftÈLtfe AftTl
^ 23. ^^ Distinzioni del bello. Estetica.
Tipo supremo della bellezza è Dio; il creato n'è immagine e simbolo : ma nel crealo
van misti il brutto, lo schifoso, il prosastico. L'uomo sente dunque il bisogno di crearsi
nella sua intelligenza rappresentazioni conformi all'idea del bello, e di riprodurle.
Così nasce l'arte; e in conseguenza si ha il bello assoluto, il bello reale, il bello ideale.
Bello assoluto non è che Dio: il bello reale è nella natura e nella vita umana: il bello
ideale è l'oggetto dell'arte.
L'amor del bello è un ritorno dell'uomo verso quel primo suo stato, in cui era uscito
perfetto dalla mano creatrice. Disgustato dallo spettacolo delle presenti imperfezioni, che
viepiù si manifestano nell'essere che ne fu cagione, egli rifugge nella fantasia, creando
un mondo migliore, una poesia, che è insieme reminiscenza e presentimento. Pertanto
non s'appaga dei tipi che lo circondano, ma li cerca nell'ideale, che è la pienezza ed
armonia della vita, risultante dall'accordo della perfezione primitiva e della perfezione
finale degli esseri. Ecco perchè l'intellettuale deve prevalere sul sensibile, l'idea sulla
materia, Se il contrario avviene, in morale nasce la colpa, in esletica il deforme, negli
atti la servitù. La libertà è riposta nel predominio della parte più nobile sulla meno;
onde l'anima, anelante all'emancipazione, va instaurando le parti scadute e inferme
della natura, e contemplandone quasi un ricordo della passala beatitudine o una pre-
visione futura, preliba la felicità del promessole compito godimento del bello.
In tale ricerca l'uomo s'accorge ognnr più della imperfezione sua presente ; e confron-
tandola coll'idea propria, sente la capacità d'un meglio che dovette una volta godere,
poiché n'ha il concetto, ed al quale dee poter arrivare, poiché n'ha l'aspirazione. In tal
guisa la contemplazione del bello lo innalza alla cognizione del vero e alla pratica del
bene. Il bello travia da'fini e dalla essenza sua quando si rende stromento di corruttela.
Questo modo di contemplar il bello ci porta anche a spiegare molti problemi artistici.
Più appropriati sembrano i soggetti dedotti dall'antichità, e di maggior effetto i costumi
antichi, perchè l'immaginazione confonde facilmente le età eroiche con quella primor-
diale, in cui il bello regnava senza mistura.
Pertanto hanno torto coloro che considerano dal puro lato materiale la scienza del
bello. Questa chiamasi Callologia o Estetica, ed è la parte delle fdosofiche discipline,
che versa intorno ad oggetti immateriali e incommensurabili. Primo a studiare con cri-
tica le arti antiche fu il Winckelmann, che attenendosi al positivo, né colla teorica stac-
candosi dalla realtà, giudicò con vigore tutto quel che trovasi fuori del cristianesimo,
ma niente più in là. Lessing, nel Laocoonte, studiò l'arte men cogli occhi che col pen-
siero ; e così nacque l'Estetica, che può definirsi « valutazione delle cose secondo la
bellezza e la convenienza». Essa poi da Baumgarlen ebbe nome e ordine: e d'allora
moltissimi filosofi tedeschi faticarono ad assegnar la definizione del bello, e giungere a
conclusioni invariabili ; ma spesso trascorsero nel vago, volendo con teoriche a priori
regolar una cosa essenzialmente sperimentale e progressiva, e porre limiti all'ispirazione
intima, la quale precede ogni esecuzione, unicamente guidata dalla fede nella propria
attività.
Però il bello è un fatto divino come il vero, che è forza accettare senza sapere come
si generi; eie teoriche, venute dopo le creazioni, formolano i principj che trovansi già
attuati ne' monumenti; li giudicano secondo i motivi che si proposero gli autori; di-
scernono quali fatti, in (|uesti motivi, turbinoo producano l'armonia; insomma s'accon-
tentano della critica storica.
MuELLER, llandbuch eie. ^, -1 sc(;i;.
Battelx, Delle belle arli ridolle ad un solo principio.
Home, Saggio sulla critica.
l'iETRO Zam, Prodromo d'un' enciclopedia metodica delle belle arti spettanti il disegno. Parma 1789.
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tEOftiCffÈ ftÈLL*ARtÉ 4^
JAGEMAN, Saggio sul buon gus(o nelle belle arti.
Heyne, De tnorum ti ad sensum pulchritudinit quam artes $eelanlur.
Dboz, Elude sur le beau dans les arls. iSiO.
Gioberti, Del bello.
Gli erronei priacipj di Winckclmann furono posli ia evidenza da ScilOBN, 5ut/o studio degli artisti greci.
Eidclberga, 481 8 j e già prima da Heyne.
§ 24. — Suoi estremi, il sublime e il grazioso.
Nella mistica scala delle sensazioni, che si indica col nome di bello., e che eleva dalla
materia all'idea, possono considerarsi come punti estremi il mblime e il grazioso. Questo
spinge da per sé l'anima in un circolo di sensazioni piacevoli : quello esige dall'anima
un vigor di sensazione fin dove le sue forze possono giungere per abbracciare maggior
vastità di idee; sia il sublime matematico, risultante dall'intuizione del tempo e dello
spazio; sia il dinamico, risultante dall'idea di forza o potenza materiale o spirituale.
Fra il bello e il sublime corre questa differenza essenziale, che il bello, benché si co-
nosca in virtù delle disposizioni del subjetto, vien concepito come residente nell'objetto
che ne eccita il sentimento : il sublime, più subjettivo, colla sola concezione sua attesta
nell'anima la presenza d'una facoltà che sorpassa ogni misura; è come la rivelazione
interna d'un ideale, che da ninna cosa è rappresentato, il bello è circoscritto, limitato,
e le nostre facoltà l'abbracciano facilmente, perchè tutte le sue parti sono sottomesse ad
una giusta misura: il sublime ha forme non isproporzionate, ma meno fisse e piiJ diffi-
cili a cogliersi, laonde eccita il sentimento dell'infinito. Il bello è l'armonia del finito
coll'infinito: nel sublime prevale l'infinito, per modo che sembra impossibile esprimerlo
colla manifestazione sensibile. Del giudizio del bello si cercano la natura e le regole
coll'approfondire la teorica delle arti: lo studio del sublime procede colla contempla-
zione della natura,
§ 25. — L'imitazione e l'ideale.
Imitatrici per essenza sono le arti che rappresentano forme naturali organiche, fon-
dandosi sopra lo studio artistico della natura. Però l'artista ha la potenza di crearsi
della forma organica un'idea superiore all'esperienza individuale, e in quella trova il
tipo acconcio alle idee più elevate. .\fa perchè l'arte adombri le cose naturali, non vuol
dire che ne sia una semplice imitazione ; e chi pone scopo dell'arte l'imitazione della
natura, confonde lo scopo coll'origine, ne abbassa la dignità, e contraddice all'idea
stessa di ordine. Bensì l'uomo si ispira allo spettacolo della natura, e al par di questa
esprime la divinità; invola al sensibile le forme, per comporre opere dovute solo al suo
genio. Nell'arte ( riflette Gioberti, Del bello ) non v'ha propriamente imiiazione comples-
siva del tutto, ma solo delle parti, che, quasi materiali greggi tolti dalla realtà e desti-
tuiti di valore estetico, si compongono, armonizzano, trasformano per opera dell'inge-
gno, secondo un modello ideale, che somiglia, ma non risponde mai appieno agli oggetti
esteriori. Come difficilmente incontrasi in natura un rapporto matematico puro, così
una forma organica perfetta; ma pure questa può essere sentita mediante l'esperienza,
e còlta mediante l'entusiasmo. L'ideale sta ancora nell'uomo, non come immagine, ma
come sentimento; è un'aspirazione al meglio, secondo cui si giudica la realtà, ma non
la si trasforma. 11 vero ideale dei capolavori nacf|ue dagli sforzi fatti per giunger a
comprendere un organismo perfetto. Si sale dunque dalle forme all'idea; mentre altri
malamente scendono dall'idea alle forme, siccome accade ne'simboli di certe idolatrie,
e nelle combinazioni delle forme naturali degli animali inferiori fra sé o con forme umane.
Queste sono in parte giustificate dalle credenze religiose, ma nei migliori tempi non
appartengono che alla plastica decorativa negli arabeschi ; alle linee matematiche prin-
cipali degli edifizj e dei mobili si applicano forme dedotte dal regno vegetale ed animale
secondo la fantasia dell'artista.
Chi cerca solo il vero, non fa che imitazione ; chi solo il bello senza il vero, fa cari-
cature e ideale. Il bello non si raggiunge che esplorando le proporzioni e l'armonia del
vero.
ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
§ 26. ~ Scopo dell'Arte.
Scopo dpM'Arte non è l'illusione. Una statua di cera è più simile al vero che non l'A-
pollo di Belvedere; e qualche ornatista imita fiori, uccelli, architetture ben meglio che
un pittore eccellente. L'imitazione troppo vera della natura non darebbe il perfetto del
l'Arte; e vuoisi rappresentarla vera, ma sotto quel lume magico, che costituisce il ge-
nio dell'Arte. Non basta dunque la perfetta fedeltà de'luoghi, degli abiti, di quel che
dicesi il costume ; e ciò prova viepiù che il bello non consiste nelle forme, ma nel-
l'idea.
Neppur è vero che lo scopo del bello sia la morale. La bellezza vera è la bellezza
morale; e l'ideale si eleva continuamente verso l'infinito; sicché l'Arte che lo esprime
purifica l'anima, e così la perfeziona. Però l'artista èsovratutto animato dal sentimento
del bello, e vuole trasmetterlo nell'anima dello spettatore; sentimento puro e disinte-
ressato, ma distinto dal sentimento morale. L'Arte vuol arrivare all'anima per via dei
sensi, sia colle forme, coi colori, coi suoni o colle parole artificiose, disposte in modo
che eccitino l'indefiaibile emozione della bellezza, indipendentemente dall'utilità del-
l'artista, né di quella dello spettatore o uditore.
Insomma, scopo dell'Arte è il rappresentare per immagini sensibili, creale dallo spi-
rito umano, le idee che costituiscono l'essenza delle cose; laonde può dirsi una rivela-
zione della verità sotto forme sensibili. Pertanto vero artista è quello che da costante e
attiva inclinazione è spinto a rappresentare; e la vita intellettuale manifestantesi nell'Arte
è intimamente connessa con tutto il suo spirito. Conseguentemente in ogni opera d'Arte
voglionsi esaminare e l'idea e l'immagine da cui questa è espressa; nell'accordo loro
consiste il perfetto dell'Arte.
Adunque le arti belle, piuttosto che imitare, trasformano la natura ; si dirigono sem-
pre all'intelligenza; colgono l'uomo nella misteriosa sua potenza di pensare e sentire ;
e sebbene adoprino mezzi diversi, tendono all'eguale scopo, aspirano tutte verso la bel-
lezza infinita.
§ 27. — Unità e convenienza.
Ogni opera d'arte, come risultante dall'intima connessione dell'idea artistica colle
forme esteriori, dee avere un'unità cui riferirsi, in modo che le varie parti, successive
0 coesistenti, appajano indispensabili una all'altra per costituire un tutto.
Da tale elemento dell'unità nel bello e nel sublime nasce la necessità della convenienza^
che è vita dell'Arte, e senza cui la bellezza delle parli è deformità del tutto. Profondo
senso del vero, delicato senso del bello portano alla convenienza. Ma ricordiamoci che
l'Arte non imita la veriià, bensì la rappresenta; e che l'imitazione fisica della natura
non è lo scopo né il mezzo dell'Arte. La natura non dà che la varietà ; l'unità è merito
del pensiero. Perciò sono puerili le teoriche che dalla capanna o dal corpo umano de-
ducono le proporzioni e gli ornamenti architettonici ; mentre la loro bellezza consiste
nell'utilità pubblica e privata (e fin qui è arie meccanica) sublimata dall'espressione,
dalla quale gli edifizj traggono quel carattere che il Milizia definì « una conformazione
necessitata dai bisogni fisici e dalle abitudini morali, in cui si dipingono i climi, le
idee, i costumi, i gusti, i piaceri, il carattere stesso di ciascun popolo ». L'oblio della
convenienza è il difetto d'ogni arie in decadenza ; è la colpa di alcuni insigni cinque-
centisti e di tulli i manieristi; è l'abuso di quella massima di Winckelmann, che « la
bellezza assoluta, come l'acqua più pura, non dee aver carattere particolare».
§ 28. — Carattere.
Quanto si è detto agevola il risolvere la disputa molto agitata, se il principale dell'Arte
sia il òe//o, 0 il cai-altere. Dimentichi tu adatto la bellezza e la regol.irilà, per attenerti
a un carattere rigido e crudo? avrai fallo una caricatura. Le dimentichi solo in parte?
puoi averne un potente mezzo di rii[)presentazione.
Di qui nasce la bellezza d'esiiressionc, ch(^ è vera perchè morale, e quasi simbolo della
ILOIIICHE Dtl.l/AnTE 29
iKitura invisibile. ; la sulilimità della grazia. Nei moderni l'espressione degenera spesso
in isinorlia, anche perchè la concentriamo nel volto, mentre gli antichi la difibndeano
per tutto il corpo, in modo che ogni menihro era in proporzione del suo carattere ; per
la qual cosa prediligevano il riposo, e in tali proporzioni consisteva il loro ideale. A
ciò li portava l'abitudine di andar ignudi. Ma il bello ora più che mal si pretende splen-
dor del buono, cioè, del sentimento cristiano : laonde il rinascimento a cui si deve as-
pirare, anche fra questa confusione di sforzi allatto individuali, dev'essere un ritorno
dell'Arte verso le credenze, e un avviamento verso lo stato sociale ch'essa è destinata ad
esprimere; renderla linguaggio dei pensieri intimi d'un incivilimento sempre più per-
fezionato, unico modo col quale possa farsi intendere dalla moltitudine.
§ 29. — Gusto.
La facilità di vedere e prontamente scoprire il punto della bellezza, proprio di cias-
cun soggetto rappresentato, àicesì gusto; sentimento |Che determina la scelta dell'artista
e il giudizio dell'amatore. Insomma è il giudizio applicato alle cose dell'arte; e può
nascere da natura {individuale ) e da abitudine {nazionale): più lodevole quando risulta
dall'una contemperata all'altra, ed è raffinato su'modelll insigni.
§ 50. — Genio.
Il gusto portato al grado supremo diviene genio, ma quando vi sia unita la potenza
creatrice. Il gusto sente, analizza, giudica; il genio inventa, è spinto irresistibilmente
a produr di fuori i pensieri, i sentimenti, le immagini che ha dentro. Questo ammira
profondamente la natura ; ma poiché tutto ciò ch'è reale è imperfetto, e i lineamenti
della bellezza sono sparsi, il genio li riunisce, secondo un'idea che ha preconcetta d'un
bello perfetto. Quest'idea l'artista se la forma collo studiar la natura ; ma formata che
se l'abbia, se ne serve per giudicare e rettificare la natura stessa e per emularla.
Può fallarsi o per mancanza d'ideale o per eccesso: nel primo caso si copia un mo-
dello, e non si raggiunge l'intiera bellezza; nel secondo si lavora di maniera, e si cade
in un'idealità senza carattere.
Il genio è la facoltà di produrre prontamente e sicuramente la giusta proporzione
fra l'ideale e il naturale, la forma e il pensiero: nel che consiste la perfezione dell'Arte.
Rafacllo scriveva al CastiijIioDe: — Essendo carestia e di buoni giudici e di belle donne , io mi servo di
certa idea che mi viene alia mente n. E Cicerone, ncll'Orotore , parlando di Fidia: Neque enim ille
artifex 1 cum faceret Jovis formam aul Minervw , contemptabalur aliquem a quo simililudinem
ducerei; sed ipsius in mente insidebat spccies pulchritudinis eximia qucedam ^ quam inluens ., in
eaque de/ixus, ad illius simililudinem artem el manum dirigebat.
§ 31 . — Divisione dell'arte.
Dalla natura delle forme con cui l'Arte rappresenta, si traggono le divisioni del-
l'Arte. Tutte le forme suscettibili d'una certa regolarità, sono proprie a divenir forme
dell'Arte, e sovratutto le forme e i rapporti matematici, da cui in natura dipendono
la configurazione e il sistema de' corpi celesti, de' minerali, degli organici.
Quanto meno è chiara e sviluppata l'idea contenuta nell'idea artistica, più bastano
i rapporti matematici a rappresentarla: quanto più diviene chiara e precisa, le forme
per rappresentarla voglionsi desumere da una natura organica più compiuta. La rit-
mica, la musica, l'architettura, le quali vanno per rapporti matematici, rappresentano
idee oscure, poco sviluppate; le forme di questo genere sono le fondamentali della vita
in generale, ma non della individuale. Quelle della vita vegetativa, come la pittura
del paesaggio, già maggiormente precisano le idee; e ancor più quelle della vita animale
elevata, come la pittura storica e la plastica. Ogni arte che le forme a lei proprie
vuol usare in modo diverso dalla sua destinazione, delira.
Ogni forma suppone una grandezza^ sia nel tempo o nello spazio, nella successione
0 nella coesistenza. Il tempo si rappresenta e misura mediante il moto, il quale perciò
va considerato come una pura grandezza di tempo. Questa troviamo in realtà nel (qivj
3w ABCllEOLOGlA E BELLE AUil
mufiicalc, che, come tale, dipende affatto dalla celerità delle vibrazioni regolari del
corpo sonoro, nella cui sequela, or più or meno rapida, può la musica esprimere a
pieno le idee artistiche. Se l'architettura (per dirlo con frasi del Gioberti) rappresenta
il contenente (jeoinetrico che consiste nello spazio per via della coesistenza, dell'esten-
sione e delle fi^'ure; la musica rappresenta il conlenente aritmetico per via della succes-
sione, della durata e del numero. Essa è potenza fecondatrice, atta a destare la vera
estetica, e produrre i tipi del hello solto ogni forma.
La musicale può dirsi una grandezza di tempo velata. Ma i varj toni sono determi-
nali nella lor durata da un'altra specie di forma artistica, in cui allo spirito si offrono
chiaramente la (]uantità e la misura d'una grandezza di tempo. L'espressione di queste
idee mediante tale specie di misura chiamasi ritmica, che come arte non può pro-
dursi sola, ma può congiungersi a tutte quelle che sono rappresentate dal movimento.
La ritmica applicata al linguaggio chiamasi metrica.
Altre arti congiungono al tempo lo spazio, alla misura del movimento la qualità, il
genere e il modo di questo. A ciò non riesce l'uomo che pel movimento del proprio
corpo; e la maggior perfezione trovasi nella mimica orchestrica o teatrale: danza piena
d espressione, ove divengono forme artistiche non solo il ritmo del movimento e il ge-
nere di questo, ma e la bellezza e il carattere degli atteggiamenti. Però manifestazioni
di sifatta attività artistica penetrano più o meno in tutta la vita, e s'uniscono alle varie
arti.
La mimica unita alle arti oratorie chiamasi declamazione hr.u.vu, nyj.uy.xy., actio).
Il gesto 0 l'atteggiamento esprime anche involontariamente la vita intellettuale. 1 Greci
drizzavano l'educazione a regolare quest'involontaria rappresentazione, quasi l'abitudine
della dignità esteriore e del nobile contegno dovesse disporre l'anima alla saviezza e al
decoro. Anche la ginnastica, massime nell'esercizio del penlatlo, consideravasi come
una rappresentazione artistica, affine coll'orchestrica.
Le arti del disegno rappresentano solamente nello spazio; onde non possono star
contente alla pura grandezza matematica, giacché le cose che occupano spazio devoa
essere determinate, non solo per quantità ma anche per qualità, cioè come figurai
Due soli mezzi possedono a ciò le arti del disegno: la forma corporea geometrica sta-
bile, e la forma corporea organica intimamente unita coli' idea della vita.
Le forme geometriche possono, è vero, raffinarsi e ridursi artistiche, ma di rado
sono indipendenti, atteso i motivi che nascono dalle connessioni dell'Arte col resto
della vita. Unite a una creazione, diretta ad uno scopo particolare, generano una classe
d'arti che eseguisce mobili, vasi, abitazioni, corrispondenti da un lato alla loro desti-
nazione, dall'altro alle idee dell'Arte e ai sentimenti dell'anima. Tecniche chiamiamo
queste attività miste, la più elevata delle quali è V architettura, che ergendosi maggior-
mente sovra gli ordinar] bisogni della vita, può rappresentare idee profonde. Fu detto
a ragione che la forma architettonica riepiloga fedelmente il carattere, i co.stumi, i bi-
sogni di ciascun'epoca, ed è il segno a cui sono raffigurate le nazioni. In fatto essa è
il compendio del sapere e delle arti, si connette alle costumanze e alle abitudini, e
forma il legame tra l'Arte e la vita privata e pubblica. A (juest'arle l'ispirazione del genio
non basta, e domanda studj lunghi e profondi; convince essa del quanto sullo spirito
umano possano le forme geometriche e le proporzioni: perù tostochè abbandona la fi-
gura geometrica, s'appiglia a un'arte diversa, come negli ornamenti desunti da vege-
tali e animali.
Di queste arti è carattere comune il posarsi sull'unione di due principi, conformità
dello scopo, e rappresentazione artistica; i quali nelle opere più semplici vengono
quasi a confondersi, e sempre meglio si distaccano ne' temi più elevali, in conseguenza
ne è legge principale, che l'idea artistica dell'opera nasca dalla sua destinazione, con-
forme a un sentimento vivo e profondo. Così un vaso, per quanto semplice, si dirà bello
se appropriato all'uso suo. Pure l'idea artistica si separa dall'utilità esteriore; e le am-
pie navale e le sublimi guglie dell'architettura gotica non hanno a che fare coll'utilità;
e il bisogno non vi serve che di motivo, laddove l'immaginazione manifesta la sua li-
bertà creatrice nel combinare forme geometriche.
Queste arti differiscono tra loro in quanto la scultura o plastica riproduce le forme
organiche, salvo i cangiamenti che !a diversità di raateria esige per produrre una simile
'J'EOhICIlii: DELL ARTE
Si
impressione; mentre il disegno o la grafica rappresenta l'apparenza dei corpi sovra una
siiperlìcie piana, mediante le linee, la luce e le ombre.
Il culore può unirsi ad enlrambo; ma nell.i plastica riesce men bene, quanto più da
vicino vuol imitare la natura. Riproducete fedelmente il corpo, e renderete più spiace-
vole la mancanza di vita, bisguslano le ligure di cera, appunto per l'illusione che si
propongono.
Al contrario vanno d'armonia il colore e il disegno. Ma questo produce gli oggetti
più imperfettamente, giacché non rappresenta i corpi ma gli elfetti della luce su di essi.
Tra (juesti efletti è il colore, il quale eleva il disegno fin all'arte della pittura; e nella
natura, negli effetti, nelle leggi tiene grand'analogia col tono musicale. In fatto, secondo
Eulero, i colori non differiscono^tra sé che pel numero delle oscillazioni dell'etere,
formano una specie di ottava, hanno accordi e disaccordi, svegliano sensazioni simili
ai toni.
La plastica che rappresenta la forma organica più perfetta, e di preferenza la figura
umana, deve rappresentare a pieno e d'ogni parte, nulla lasciando d'indeterminato;
pel carattere suo proprio essa deve scegliere i soggetti in un campo limitato, ma può
recarli alla massima chiarezza. Più -steso circolo ha la pittura, che rappresenta princi-
palmente la luce, i cui effetti mirabili le servono a mostrare tutta la sua grandezza, e
nel rappresentare la forma dei corpi si contenta dell'apparenza prodotta per mezzo di
questa luce: ma quanto è più espressiva, tanto è meno precisa La plrislica per sua na-
tura è portata a rappresentar le idee di riposo, di tranquillità; la pittura a riprodurre
le impressioni passaggere, potendo permettersi maggior movimento perchè rap|)reseuta
gli oggetti or su piano vicino or su lontano. In conseguenza la plastica è meglio ac-
concia a rappresentare il carattere, la pittura Vesprei^sione: quella è soggetta a regole
severe, ad una legge del bello più seaìplice ; questa può permettersi una confusione
apparente nelle particolarità, possedendo mezzi di farla sparire nell'insieme,
il basso, il ìiiczzo e Valto nlkvo, i cui limiti son difficili ad assegnarsi, ondeggiano
fra (|ueste due arti. Gli antichi li trattarono piuttosto plasticamente; pittoresca-
mente i moderni , fra' quali la pittura predomina.
L'incisione in ()ielra o in metalli non è ordinariamente che l'arte di produrre imme-
diatamente un rilievo in piccole dimensioni.
Dalle altre differiscono assai le arti oratorie quanto alla forma di rappresentazione.
Anch'esse rappresentano esteriormente e sensibilmente, e obbediscono a leggi di forme
esteriori, all'eufonia, alla ritmica: ma tale rappresentazione esterna, cioè il suono, è
sì |)oco importante, che un'opera di quest'arte può godersi anche senza di quella.
L'attività del poeta è più complicata che quella degli altri artisti, aprendo in certo
modo una doppia carriera; giacché dal motivo intellettuale dell'idea artistica nasce una
sequela di concelti intellettuali, d'immagini fantastiche, che il linguaggio procura co-
gliere, descrivere e comunicare per mezzo delle idee.
Anche ogni discorso che produce impressioni dolci o forti, istruttive o benefiche,
ha grande affinità con un'opera d'arte; il che avviene non solo in un'orazione propria-
mente detta, ma anche per esempio in ima esposizione filosofica; pure questa non si
potrebbe dire vera opera d'arte.
§ 52. — L'espressione nell'arte.
Qualità costitutiva delle arti, nella varietà de' loro mezzi, dicemmo essere il rappre-
sentare per immagini le idee: locchè chiamasi anche espressione: ed arti sono appunto
perchè esprin)ono sensibilmente l'invisibile, l'idea. La forma si dirige ai sensi, l'es-
pressione all'anima, per recarvi pensiero, un sentimento che la tocchi e la innalzi.
L'unità d'espressione è quella che veramente si richiede; e la varietà non serve che a
diffondere sulla composizione intera quell'unica idea o sentimento. È ben composto ciò
che porge più potente espressio«e.
Secondo l'efficacia ad esprimere potrebbero classarsi le arti belle in modo diverso
dal predetto. La musica è potentissima, perchè apre all'immaginazione un vastissimo
campo; ma resta oscura e indeterminata ne'suoi effetti; esprime tutto, ma nulla io
particolare. A differeoza della scultura, che rappresenta neltameate una data cosa, e
32
ARCHtOL0l.lA E IstLLE AHTl
reca meno nell'infinito perchè ha determinata nettamente ogni cosa. La pittura è
quasi precisa come la scultura, e commovente come la musica; piìi patetica di quella,
più chiara di questa, viemeglio esprime la beltà nella ricchezza e varietà de' sentimenti.
Molto più espressiva è la poesia, che adopra la parola, elemento medio tra il mate-
riale e l'immateriale, precisa insieme e animata, patetica ed infinita: quindi al veder
un quadro, una statua, all'udire una musica insigne, la miglior lode che possa darvisi
è l'esclamare, — Qual poesia ! »
§ 33 — Rivelazione storica dell'arte.
Allorché l'idea o il sentimento naturali all'uomo si manifestano di fuori, la psicologia
cede il campo alla storia. Fin qui vedemmo la figliazione psicologica, e sto per dire la
ragione delle arti belle; or vediamole prodursi esternamente, nel bisogno d'associare
coll'utile il bello. Il cencio che dovea proteggere il pudore, s'acconciò e s'ingentilì, e
ne venne il lusso ; la voce, che esprimeva una piena d'affetti cui non bastava la pacata
parola, prese ordine e regolati! modulazione, e si formò la musica: il tetto che copriva
dall'intemperie la nuova famiglia, fu disposto armonicamente, sostenuto da tronchi
simmetrici, adattato alle comodità, ed ecco l'architettura: il tronco o la colonnetta che
doveva indicare la divinità o il padre defunto o il grande benefattore, si foggiò in foniie
regolari che rappresentassero umane sembianze, e ne venne la plastica : l'impressione
momentanea che i contorni e il colore producono sugli occhi, venne fissata su super-
ficie piana, e s'ebbero le arti grafiche. In queste si nota sempre un periodo di sviluppo,
cui segue uno drammatico, poi uno di raffinamento, e in fine quello di decadenza ; frutto
di cause che non sono fatali, ma che spesso si riproducono.
Le arti tolgono a modello la natura, ingentilendola: e il gorgheggio degli uccelli e
la splendida varietà delle lor penne potè suggerire raffinamenti al canto e al vestire ; le
grotte, dar l'idea delle arcate; gli alberi, delle colonne. E poiché la natura diversamente
si presenta nei varj paesi, perciò esse arti contrassero differente indole presso le varie
nazioni. L'architettura piana e bassa degli Egizj ritrae delle grotte, entro le quali ave-
vano l'abitazione o il sepolcro: la snella degli Arabi sente dell'altezza dei loro palmizj,
attuata poi nelle gotiche navate : indarno vorresti cercare fra le genti scitiche il gra-
zioso viluppo dell'acanto, proprio de'Greci, o fra gli Europei il grandioso fogliame di
che si piace l'indiano.
I varj paesi poi ofTrono varietà di materiali ; e il porfido è proprio di Siene, come il
cedro della Fenicia, e il marmo delle isole greche e dell'Italia.
Aggiungete i sentimenti di ciascun popolo, che diversamente si imprimono nelle opere
di mano; e gli obelischi coperti di geroglifici a Tebe, e i cruenti altari druidici, e i bei
teatri della Grecia, e gli anfiteatri di Roma, e la muraglia della Cina, e i chioschi del
Levante, e gli acquedotti d'Italia portano in sé l'impronta del popolo che li fabbricò.
II frivolo Cinese s'affina nelle minuzie, e cerca il luccicante, i trafori, gli sfoggiati
colori, le imitazioni servili della natura : le piramidi d'Egitto e gli ipogei dell'India son
testimoni della servitù d'un popolo intero, brutalmente devoto ad una Casta dominatrice:
i castellotti che coronano le nostre alture, parlano della prepotenza dei feudatarj del
medio evo : i duomi e i palazzi della ragione indicano la fiorente libertà e la baldanza
operosa de'padri nostri al tempo dei Comuni.
^ oi. — Gusto individuale e nazionale; stile, maniera.
Pertanto l'attività artistica, già l'accennammo, è in parte individuale, in parte na-
zionale: e da questi due elementi è regolata nella scelta delle idee artistiche, come nel
modo di concepir le forme ; variando secondo i cangiamenti sopragiunti nella vita de-
gl'individui e delle nazioni.
Il carattere particolare che così l'arte riceve, chiamasi ^lile : onde si dice stile egi-
ziano, stile greco ; oppure stile greco della tal epoca ; o anche stile di Fidia, di Prassitele,
di Michelangelo, di Palladio. Stile proprio bachi basta ad imprimere una maniera di-
stinta a tutta la sua attività artistica. Benché alcuni facciano consistere lo stile unica-
mente nelle condizioni della materia: in fatto esso abbraccia e la concezione della forma
TEORICHE dell'arte 33
e quella della idea, e risulta da tutte le parti che concorrono alla concezione alla com-
posizione, all'esecuzione di un'opera d'arte; onde lo distinguono in sublime, grande,
bello, es[iressivo, naturale.
Maniera dicesi il modo di comporre e di eseguire, ch'è distintivo d'una scuola o
d'un maestro. Più miteriale che lo stile, consiste piuttosto nell'eseguire che nell'im-
maginare. La maniera dunque può esser forte, dolce, corretta, grandiosa, barbara, pe-
sante, caricata; ed un artista la cambia durante la sua carriera.
11 falso introdurre della personalità nell'arte, per infingardaggine o per difettoso modo
di sentire, dicesi pure maniera-^ ed è il vizio di modificare la forma sempre ad un
modo, senza riguardo a ciò che il soggetto richiede, copiando l'arte anziché la natura.
§ 55. — Dei sentimento religioso ; il misticismo ; il simbolo.
L'Arte è in particolar modo legata al sentimento religioso ; la religione apre all'uomo
un mondo intellettuale, qual non gli è dato dai fenomeni esterni ; e tanta n'è l'impor-
tanza, che taluno disse: « L'Archeologia ()otreblie definirsi la conoscenza della religione
ne'suoi rapporti colle arti » (Emekico Dvvio, Japiter, intruduction p. iv ).
Più artistica e plastica sarà la religione, quanto più le idee suscitate da essa saranno
suscettibili di rivestir le forme del mondo organico. Una, come la greca, ove la vita
della divinità si confonda con quella esistente nella natura, e si compia nell'uomo,
tornerà opporluoissnna alla plastica-, ma anch'essa riconosce nella divinità alcun che,
impossibile a rappresentarsi con forme dell'arte, li sentimento che rinunzia a trovar
tali forme equivalenti, chiamasi mif^tico ; e quand'esso cerchi segni esteriori, per lo più
sono informi e bizzarri, a bella posta.
L'alleanza delle idee dell'Essere divino coi soggetti esteriori è fondamento del simbolo;
e nasce dal movimento che porta il sentimento mistico a cercar mezzi esteriori, quasi
punti d'appoggio ai lanci dello spirilo. Tai sono gli animali simbolici delle divinità
greche e del vecchio e nuovo Testamento, nei quali non iscorge la vita divina se non
chi è penetrato di vero sentimento religioso. Simbolico è il culto, e unicamente per ciò
vi si congiuiige l'arte.
11 simbolo è l'espressione esoterica e naturale dell'idea; atteso che i concetti razio-
nali non possono ripensarsi se non vestiti di un segno, che diventa simbolo qualvolta
rappresenta l'intelligibile in modo acconcio all'indole dell'immaginativa. E come l'im-
maginativa tiene il mezzo fra la ragione e il senso, così la simbolica sta di mezzo tra la
fisica e la filosofia.
Il simbolo non somiglia alla cosa simboleggiata, e non vi si lega che per un vincolo
arbitrario, o fondato sulle remote analogie tra il Creatore e le creature. Il bello invece
A rappresentazione delle idee specifiche, e corrisponde ad esse; talché non può identi-
ficarsi col simbolo senza reci[)roco svantaggio. In fatto nel arte orientale la venustà della
forma cede alla precisione dell'emblema, e n'è quasi annichilata; nella greca, il simbolo
svanisce dinanzi all'idea del bello.
Al simbolo appartengono i numeri, dei quali fecero sempre grand'uso gli antichi,
massime nell'architettura; come espressione la più immediata delle leggi divine, vedute
nel mondo. Fra essi fecero principal giuoco il 5, e la superficie geometrica ad esso cor-
rispondente, cioè il triangolo, e che presso tutti i popoli orientali significò l'azione di-
vina creatrice.
Dalla simbolica orientale, che, oltre i simboli propriamente detti, abbraccia anche
quella parte della mitologia che è diretta ad esprimere le verità ideali, nacque la forma
architetton ca de'tempj. attuazione della parola scritta: e perciò l'architettura in origine
pare affatto simbolica, e naia dal bisogno d'rsprimere materialmente il simbolo. Ne sono
prova la professione jeratica dei primi architetti, e la vastità colossale degli edifizj, non
acconcia né alle pure ragioni dell'utile né a riuelle de'sensuali godimenti, ma diretta
allo scopo estetico di eccitare il senso del sublime, il quale è necessariamente sim-
bolico.
È dunque il simbolo alle belle arti ciò che sono al linguaggio il tropo e la metafora;
e trov;isi fra lutti i popoli, ma di necessità variato,, come indipendente che è da somi-
glianze naturali.
C.\NTÙ, Documenti. — Tomo I, Archeologia e Belle Arti 3
34 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
Esso rendeva l'arte stazionaria, obbligandola a riprodurre tipi determinati: dov'esso
nacque, assoggettò l'arte imitativa; uscitone, restò a questa assoggettato. Ma se il sim-
bolo nuoce alla bellezza, avvicina al sublime, giacché richiamando allo spirito l'idea
dell'infinito, rappresenta all'immaginativa l'immensità o dinamica o matematica.
§ 36. — Genere positivo : tipi.
Quando le idee artistiche nascono da tradizioni storiche, diconsi di genere poMtivo :
ma se positive interamente fossero, torrebber ogni viia artistica, dovendo dipendere da
forme prestabilite e inalterabilmente prodotte. Le forme che la legge o l'uso pose per
limiti all'attività artistica, diconsi tipi. 11 tipo, benché non sia la forma più conveniente,
si mantiene fedelmente nell'imitazione, prodotta dal genio dell' arfista, Così lungo tempo
sovra certi tipi si rappresentarono la divinità incarnata, Maria, gli Apostoli, benché si
sapesse far pitture più eleganti. L'ideale delle divmità greche non s'incatena a un tipo, né
esclude la libertà, anzi stimola a creazioni nuove, comunque sottoposte ad un concetto.
g 37. — Importanza dell'idealità.
Doppia sorgente hanno dunque le ispirazioni artistiche: il mondo esterno colle varia-
tissime sue forme, che l'uomo può idealizzare, cioè concepire nella più elevata loro es-
pressione, e crearsene un modello da imitare 5 il inondo simbolico, erellu sovra dofiini
religiosi, e dove il genio imitativo non figura gli oggetti se non per richiamare l'idea
che esprimono : non inventa, ma eseguisce ciò che il dogma sacerdotale 0 la storia gli
dettano. 1 capolavori di tutti i tempi partecipano dell'uno e dell'altro, e la combina-
zione loro produce ciò che v'ha di meglio e di più originale. Non può riuscire dunque
che all'assurdità la servile imitazion di coloro che trasportano i caratteri dell'una in
un'altra religione. Peccarono di questo difetto gli artisti del nostro Cinquecento, co-
piando le divinità e gli eroi pagani per signilicare la cristiana santità. Dalle bellezze delle
forme lusingati, i classici precettori non badarono alla mancanza d'idea artistica, e lo-
darocio quel modo e lo proposero all'imitazione. VVinckelmunn incolpa Michelangelo di
aver desunte le figure del Salvatore dalle barbare produzioni del medio evo., e loda Ra-
faello per una te. ta di Gesù Cristo che offre la bellezza d'un giovane eroe senza barba.
Riponendo l'essenza dell'Arte nella sola bellezza dtlle forme, indipendente dall'espres-
sione morale, si credette far bene col mettersi ad imitazioni pagane, spoglie d'ogni va-
lore per la nostra civiltà.
Ma il bello nelle concezioni moderne veramente originali è lo splendor del buono ;
e la rivelazione della morale cristiana; con cui deve intimamente unirsi la forma. Il po-
polo più acconcio alla coltura delle arti, il tempo più ricco di capolavori, saranno
quelli la cui vita, profonda insieme e attiva, sia sostenuta, non incatenata, dal posi-
tivo delle credenze e dei costumi ; concepisca le forme naturali col fuoco dell'entu-
siasmo pur conservando il necessario dominio sopra la materia.
§ 38, — Come l'ideale s'associa all'indole de'varj popoli.
Immutabile nell'essenza, il bello ha grande varietà nelle applicazioni. Perciò le belle
arti, comuni a tutti i popoli, modificaionsi secondo l'indole e le credenze di ciascuno,
presero un ruflinameuto diverso secondo le regioni, ed ogni età ebbe uno stile, una
teorica speciale, più 0 men chiara ed ispirala, matematica e poetica, cioè più 0 meno
riempila di verità.
11 nomade, che di pascolo in pascolo guida le greggie, non pensa a stabili edilìzj. Al
selvaggio basta per ripararsi dalle intemperie una fossa poco più grande di quella che
basterebbe per sepellirlo. 11 Tartaro, cui unica ricchezza sono gli armenti, colle pelli
di questi si fa una capanna, ed occorrendo mutar di luogo, la leva, e ne copre il suo
carro. Pure dapertutto esiste il bello ideale; vale a dire che un pensiero grande 0 bello
dirigesi all'anima per mezzo d'una forma. E slanlechè il bello ideale è la rivelazione
della presenza divina in un oggetto visibile, perciò la religione è la fonte prima, e il
culto la forma generale del bello. Segue poi la poesia; infine la storia.
L'arte in Oriente è ancora schiava d'un'immaginazione male specificala, né raggiunge
\che forme convenzionali e simboliche ; imita non la natura, ma il simbolo. In Egitto
TEORICHE DF.LL'ARTr 35
bada piuttosto a notare delle idee che a rappresentar delle cose. Là dove migliaia di
braccia eseguiscono uialenaliuenle ciò die lu ordinalo dui sacerdote o dui tesnioforo,
si raggiungerà la pertezione dei particolari, ma non quel libero volo che spiegano le
arti dove la mano ell'etlua ciò che l'ingegno dello sless uomo ideò.
Questo libero lavoro non si ollenue che nella Grecia, dove il bello ideale e il carattere
furono surrogati al geroglilico e al simbolo. Quivi la serenità della natura, la mite in-
dole dei governi, e la più felice disposizione degl'intelletti e dei sensi portarono a
somma elevatezza il concetto del bello, e vi associarono l'ordine e la misura, non cono-
sciuti dagli altri popoli se non istintivamente: promulgando il libero arbitrio, si ricon-
dusse il gigantesco alle proporzioni naturali, e i simulacri sirani degli Dei alla hgura
umana. Quivi solo, come di tutte le scienze, cosi delle arti belle si stabilirono teoriche
ragionevoli, fondate sulla pratica migliore, ed applicabili al mussimo numero di casi.
Però i Greci, imitando le singole forze o qualità dell'essere, non colsero l'insieme mo-
rale dell'individuo ^ presero dal ritratto naturale ciò che era essenziale, e per dar risalto
a questo, trascurarono il restante. Dapprima conservavansi inseparabili le arti nel tempio;
allora l'architetturu se ne divise, e la statuaria restò una semplice decorazione, e la pit-
tura una scrittura più complessa e raffinata.
Arte propria non ebbero i iiomani, giacché, potenti per la spada, comandarono i loro
lavori prima agli Etruschi, poi ai oreci. Bensì applicandovi costantemente l'idea della
pratica utilità, essi editicarono acquedotti e ponti e strade, che resistettero al cozzo
de'secoli.
Decaddero le arti al declinare dell'impero romano ed al sopravenire dei barbari, quando
non parvero più aver altro asilo che il chiostro, altre occasioni che edificare od abbellire
le chiese. Ala tornando nel tempio, dal quale aveauo avuto l'origine, il puro bello rav-
vivarono col simbolo; e quanto perdevano in armonia, recuperarono ampiamente in
espressione e in idealità. Il sublime, ch'erasi smarrito nella materia, fu restaurato me-
diante i rinnovati dogmi della creazione e del rialzamento della natura umana fin ad
essere assunta da Dio, e ollrire nel Dio umanato il tipo della morale perfezione e il su-
premo del bello ideale.
Allora la personalità umana riesce compiuta, e l'arte non si propone soltanto il bello
ma anche il vero; e quanto ha vita vien chiamato a rappresentare una parte nel gran
dramma cristiano: più non v'è stile ideale, non regole inviolabili, e regna la libertà;
solo obbligatorj i tipi storici, perchè veri.
Prosperava intanto l'architettura fra gli Arabi, che compivano i meravigliosi palazzi
e le moschee di Bàssora, di Cordova, di Siviglia: ma tutta materiale, se era finitissima
nei particolari, non si elevava all'espressione più nobile dell'Arte, quella dell'uomo, da
cui anche li respingeva la loro credenza. Quando tali squisitezze materiali furono av-
vivate dall'idea cristiana, se ne originò l'arcUitettura gotica, mirabile creazione del
medio evo, associazione sublime del mondo reale col simbolico, che può essere sprez-
zata soltanto da chi servilmente adora solo l'imitazione.
Al rivivere degli studj classici, si tornò verso i modelli greci anche nelle arti belle, è
abbandonando l'originidità dei mezzi tempi, e quell'architettura bramantesca in cui
erasi tentato d'innestare le regole antiche coi bisogni moderni, non si riconobbe più
il bello artistico se non in ciò che poteva giustificarsi con antichi esempj; e palazzi e
chiese nostre dovettero foggiarsi sopra quelle di Pioma e d'Atene. Quindi ai genj che
illustrarono il secolo di Leon X, non si credette poter dare lode maggiore, che colcbia*-
marli nuovi Fidia e nuovi Apelli.
§ 59 — Predominio che oggi lo spirito acquista nell'arte. Storia dell'arte.
Oggi la venerazione per le idee rinasce di sotto al culto della pura forma, e Sembra
avviarsi un rinascimento, forse più vero, certo diverso da quello del Cinquecento. Se
non che alle grandi riforme vuoisi che concorrano e le convinzioni individuali e la so-
cietà. Ma il buon senso particolare precede sempre di lunga pezza il comune; e molto
tempo vuoisi prima che le accademie, le commissioni, i governi sappiano quanto un
uomo. Intanto giova radunar i frutti degli sforzi isolati, e diffondere le idee che combat-
tano le servili passate, e facciano comprendere la possibilità d'estendere anche allearti
36 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
belle la riforma che da diciotto secoli si opera nella società, d'avviarle a divenire l'ab-
bellimeDto della idea, il linguaggio digl'inlimi pensamenti d'una civiltà più compiuta;
sicché le opere loro, comprese senza il bisogno di accademiche interpretazioni, ripiglino
il valore sociale.
Oggimai l'estetica si viene costruendo, non con precetti arbitrar], ma cogli elementi
della storia. Alcuni surrogano il sentimento individuale all'autorità dell'esempio; col
che acquistano più indipendenza che giustezza. Altri vogliono il giusto mezzo, cioè che
si rispettino le leggi generali della convenienza e dell'armonia; ma chiunque pensa,
conviene che si avrà il sommo dell'arte quando la forma sarà la vera espreì^sione dello
spirito.
L'èra moderna delle arti non ha a fare col presente trattato; nell'antica è forza insi-
stere maggiormente su quelle di cui abbiamo una storia ; le greche cioè e le romane.
Ma il metodo comparativo è fondamento alle scienze de' giorni nostri; onde noi non
trascureremo le altre nazioni, sulle quali [mìì getteremo un'occhiuta particolare. Peroc-
ché l'Arte, considerata nel suo aspetto più ampio, cioè nel valore sociale, e sceverata
dai pregiudizj discuoia, none sdegnosa ed esclusiva, ma segue con umiltà le tenui ori-
gini, e senza abbagliamento i superbi splendori; ma insieme si rischiara col presenti-
mento dell'avvenire, e tra i germi di possibile sviluppo sa scegliere quelli che son de-
stinati a prosperare.
§ 40. — Primo periodo delle arti. Costruzioni ciclopiche.
§ 40. — Il bisogno indusse gli uomini a mettersi al sicuro dalle intemperie e dalle
belve, e a proteggere la donna, i fi^li, la roba. Secondo i paesi, o accomodarono le
grotte in modo che fossero men disagiate ad abitare, o eressero capanne di legno e
paglia, o padiglioni. Sono i tre principi, se non i tipi d'ogni architettura.
Fin 1), questa non era che mestiero; arte divenne quando gli uomini pensarono a
consacrar dimore più splendide alle loro divinità, le quali furono ancora grotte, ca-
panne, tende, sebbene più vaste ed ornate.
Creata dal sentimento e dal bisogno d'esprimere l'ideale, l'architettura non ebbe
culla unica e fissa. Di quella, che propriamente si considera come arte Iella, conver-
rebbe cercare le origini fra le nazioni piò antiche, nelle alture della Mesopotamia, poi
tra Indiani ed Egizj. Ma la scarsità di documenti, e sovralutto l'mesaltezza della cro-
nologia riguardo ad essi, non lascia determinare con precisione il progresso della
scienza. Nella nostra Storia Universale (lib. Il, cap. xxiv) abbiam indicato le ori-
gini, e distinto i passi dell'archiletlura, prima troglvdiiica, poi ciclupica, finché sopra
terra eresse monumenti regolari.
Carattere però costante dell'arte primitiva è l'uniformità: solo col procedere del-
l'incivilimento acquistò la raoltiplicità e la varietà, come avviene in politica e in re-
ligione.
Di buon'ora qualche lusso e intendimento della bellezza comparve fra i Pelasgi, po-
polo primitivo della Grecia e dell'Italia, che forse li trassero dalle loro relazioni
coll'Asia Minore e coll'Oriente. Appartengono ai primi lem|)i i lavori che nell'Argolide
si chiamarono mura ciclopichL', e che vanno attribuiti ai Pelasgi ; onde spesso s'incon-
trano in Arcadia e in Epiro, patria di questi. Sono di grosse pietre poligone irregolari,
senza cemento, e talora neppur tagliate. Le porte in parte piramidali, hanno le spalle
d'un pezzo solo. Dipoi le pietre si squadrarono, non senza porre dei poligoni irrego-
lari, massime nelle fondamenta.
Forse i Pelasgi aveano due maniere: una di pietre cubiche, come a Micene, e nelle
città che la Bibbia chiama reali, e Omero t.òUu-^ una di pietre informi, per torri e for-
tezze, dette da Samuele rifugi, e da Omero ■^iiyjot. Proprj di essi erano pure i sotter-
ranei, onde la favola fa abitar i Ciclopi nelle grotte; e insigne di tal genere è il tempio
dei Giganti a Gozo presso Malta, attribuito ai Fenicj.
Cingeano talvolta l'intera città, più spesso la fortezza; e il trovarne di simili in parti
lontane fa credere che popoli dill'erenti e a differenti epoche usassero lo stesso modo
di costrazione.
STORIA DEI. 1, ARTE. PRIMO PKhlODO
37
Ciclopiche son le mnra di Tirinto nell'Argolide, ov'è questa galleria: le mura di Mi-
cene, di Gortiuo in Creta, ed altre, con macigni irregolari. Argo vuoisi di quatlrocen-
t'anni'anteriore allo stile ciclopico, e cosi Licosura. Dei lavori siffatti in Italia parleremo
fra breve.
Vanno ascritti a quella prima età molti tumuli, sepolcri, acquedotti, porti di mare,
attribuiti ad Ercole, a Dedalo e simili enti ideali.
In che dilTeri-cano dalle costruzioni etrusche,
lo vedremo più avanli. Pausania dice che, avendo
gli Argivi cercalo distruggere le mura di Micene,
non poterono per esser le pietre tanto enormi.
Aggiunge che quelle di Tirinto fossero mirabili
quanto le piramidi d'Egitto. Eccone un segno,
colia porta ad arco acuto:
Quelle di Lilibeo (Marsala) in Sicilia sono di
massi tali, che non si potrebbero smovere senza
la potenza della polvere. A che fine tanta forza
quando sì deboli erano i mezzi d'offesa?
Sull'andare medesimo
dovettero fabbricarsi i pa-
lazzi dei re, ne' quali poi
faceasi sfoggio d'orna-
menti metallici, come ve-
desi in Omero. Parte sin-
golarmente notevole ne
erano i tesori, costruiti in
forma di cupole per cu-
stodire gli oggetti pre-
ziosi. Famosi sono i tesori
di Minia, d'Atreo, di Au-
gia e d'Irieo, fabbricati
da Trifonio e Agamede
ecc. Quello di Micene è
composto di lastroni oriz-
zontali, uniti a secco in
modo, che si restringono successivamente echiudoDo la volta: probabilmente era nel-
38
ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
l'interno rivestito di lastre di bronzo, vedendosi ancora i chiovi con cui erano affisse:
e all'esterno ben decorato di mezze colonne e di tavolette di marmi colorati.
Al modo eguale faceansi alcune cave (ovSol)
ne'tempj, e ap|)artamenti (Sily.uoi) per le
donne. La porta di Micene, che qui diamo di-
segnata, è l'opera più finita dei Ciclopi, e dove
spiegarono tutta l'arte di cui erano capaci.
Ben quattrocentosessantatre città furono esa-
minate, da mezzo secolo in qua, nella qui-
stione delle opere ciclopiche. Alcuni viaggia-
tori pretesero aver trovato costruzioni ciclo-
piche nella parte interna e montuosa dell'Asia
verso oriente : sarebbe questo un genere di co-
struzione generale? o i Pelasgi vennero di là?
Raoul-Rocdette, Histoire de Vélablissement des colonies grecques. voi. 4.
— Nolice sur les Nuraghe» de la Sardaigne. Parigi \ 826 .
W. Gell, Argolide Londra 1810.
— Saggi de' muri delle città dell'antica Grecia. Monaco 1851.
Mazzeba, Tempie aniidiluvien de Gozo. ^829.
DoDwELL, Ctassical tour etc.
— Veduta e descrizione delle rovine ciclopiche in Grecia e in Italia. Londra 1854.
Mabiamva Dionigi, Viaggi in alcune città del Lazio, che diconsi fondale da Saturno. Roma 1809.
J. MiDDLRTOK, Grecian remains in Italy. Londra 1812.
Pctit-Padi'l lavorò mezzo secolo attorno a' lavori di questo stile, e postuma fu pubblicata l'opera sua, dove
sono chinramente compendiate le osservazioni sue e altrui sovra questi singolari monumenti. Vedine il
Voyage dans les principnles villes d'Italie. Parigi 1815, e Rerherches sur les inonuments cyclopéens,
et description des modéles en reUef composant la galerie pelasgique de la bibliolhèque Mazarine
Ivi 1841.
L'architettura elevasi ad alcun ideale staccandosi dai materiali informi per alzare
monumenti regolari. In questi trovasi un carattere comune presso popoli distintissimi:
Indiani, Egizj, Ebrei, Celti, per quanto diversi in fatto d'arte, si rassomigliano nel po-
sare dei sostegni verticali, e unirli con pietre orizzontali, di cui essi portano le due
estremità. Questa costruzione soda e robusta costava assai per la lunghezza delle pietre
orizzontali, e lasciava dare poca ampiezza iill'edifizio interiore, se non s'ingombrasse di
colonne, le quali non vi stanno come ornamenti, ma sono necessarie.
Vi si riparò coll'arco, che voltando sopra l'architrave, permise e larghezza e sfogo alle
navate. Che l'arco concentrico fosse noto ai Greci prima d'Alessandro n'è prova il ponte
Xerncampo sopra uno de'
^^. ^.^ confluenti dell'Eurota in
L conia, e che si crede
contemporaneo ai monu-
menti di Micene : fatto in
muratura poligona con
pietre all'arco lunghe fin
un metro e mezzo e lar-
ghe da GO a 90 centime-
tri (Vedasi Leake Pelo-
ponesiaca). Però sembra
che gli Etruschi abbiano
pei primi conosciuto l'im-
portanza della volta, che
fu il maggior progresso
che mai l'architettura ub-
bia fallo. Ee prime erano
costruite di pietre rego-
lari, nia senza cemento,
sicché esercitando grande spinta contro i piedritti e i muri di sostegno, non poleano
STORIA dell'arte. PRIMO PERIODO
39
avere che piccole dimensioni, l Romani adoprarono materiali più piccoli e leggieri, unen-
doli con cemento tenace, sicché poterono fare piìi sfogate le volte, e men grossi i muri.
L'architettura greca, colla quale comincia la storia, tenne sempre l'impronta dell'ori-
gine egiziana, principalmente nell'esteriore de' tenipj, la parte sola che al popolo fosse
esposta; ma variarono le proporzioni e gli accessorj in modo da costituire quei bellis-
simi tipi. Nell'interno, chiuso ai profani, fu introdotta anche la volta che risparmiava le
troppe colonne.
§ 41 . — Costruzioni doriche e joniche.
Co! ritorno degli Eraclidi in Grecia prevalsero i Dori, e con essi il gusto ellenico per
l'ordinanza severa e per l'euritmia delle proporzioni, e l'inclinazione all'austero, al de-
coro, alla maestà. Allora le opere architettoniche si raffioìirono, e il gusto dorico de'
tempj si pose in armonia colla musica, colle feste danzanti e colla vita politica di quel
popolo. All'amore della magnificenza sottentrano la semplicità e le forme solide; tutte
le parti concorrono allo scopo, e concordano seco stesse in modo da conseguire il no-
bile e il grande. Dalle costruzioni anteriori di Ifgno si desumono molte particolarità con-
servate massimamente nell'architrave; onde fu chi pretese nella capanna trovar adom-
brate tutte le parti de' suntuosi edifizj: teoria anzi lusinghiera che storica, giacché ben
più antichi ed originali espmpj si trovano in Egitto.
Le colonne, sostituite alle antiche travi, sono grosse e di scarsi intervalli per ottenere
la solidità ; e alla forza loro corrisponde quella dell'architrave, alto fin 3|7 delle colonne.
Il capitello assai sporsente, e così il gocciolatojo, rimembranza delle tese del tetto, con-
servano le forme dpll'antica destinazione, e poco si cerca temperare i passaggi con
membri iniprmedj : la maestosa semplicità è graziosamente interrotta da ornamenti po-
chi e piccoli, come gli astragali, le goccie, i triglifi.
Un ordine più ricco e ridente inirorlussero gli Jonici, che differisce dal predetto senza
progressive transizioni. R quello può dirsi greco europeo, questo greco asiatico.
Omero, sebbene ci ritragga una civiltà poco raffinata, mostra come già s'abbellissero
sedie, tetti, coppe, tripodi, armi; e descrive le storie rappresentate da Vulcano sullo
scudo d'Achille: se pur quel pnsso non è tarda interpolazione. Con gran finezza si con-
duceano gl'intngli di legno, del che fu capolavoro l'arca di Cipselo, che stava nell'erèo
di Olimpia, fatta di cedro, con figure parte rilevate sul legno, parte incrostate d'oro e
d'avorio, formanti cinque fascie una all'altra sovrap-
poste, e rappresentanti scene mitologiche ed eroiche.
Statue ne' primi tempi greci non ottennero che gli
Dei, considerate segno simbolico della loro persona.
Come tali si veneravano, più in antico; scabre pietre,
massime aeroliti; o mucchi di ciottoli, o sassi appena
squadrati, o lancie: poi, perchè il segno meglio rap-
presentasse la divinità, vi si annestarono parti molto
significanti, come teste di forma caratteristica, brac-
cia che tenevano qualche attributo, o il Fallo: donde
gli ermi, che lungo tempo restarono l'opera princi-
pale della scultura. Gli intagliatori in legno s'indu-
striarono di formare statue intere, grossolane, sovra-
cariche d'attributi, con molte braccia o molte mam-
melle come l'Artemide Efesiaca qui disegnata, e che
rimasero fin tardi in venerazione, raccontandosene
molli miracoli. Tali statue servivansi come vive; la-
varle, stropicciarle, vestirle, pettinarle, ornarle di
corone e diademi, e catene d'oro e orecchini.
1 primi scultori tramandavano la loro arte in fa-
miglia, come i Dedali, carattere degli scultori di
Creta e dell'Attica: gli Smili, degli Egineti ; i Tel-
chini, di Sìcione e di Rodi. Poi dall'Asia Minore
imparò forse la Grecia a fare statue di metallo: altre
di cotto servivano al culto domestico.
iO ARCHEOLOGI K )!l!M,h AKTI
\Vi?iCKELMA!S\. Recueil de pièces sur les arU. Pariiji l"8tj.
— Hisloire de l'ari chez les anciens. Ivi 1802.
Serolx d'Agi>coirt, Jiistoire de Vari par les monumens. Ivi 181 1.
Dalla VAT, Of Statuary and sculpture among Ihe ancients. Londra 1816.
Carelli, Disseriazione esegetica intorno aWorigine ed al sistema della sacra architettura presso i
Greci. Napoli 1 831 .
Battissif.b, Hisloire de l'art monumentai dans Vantiquilé et au moyen-dge. Parigi 1854.
HiRT, Die Geschichle der bildenden Kunsle bey den Alien. Berlino 1833.
IIet.\e , nel voi. v. ilejrli Opuscoli accademici , da Ih fronolp[;ia de' varj lavori greci. Furiando di Dedalo
dice: » Le figure delle sliidie {zo'x'j'd,) lavorate da Dedalo, parevano vivere e moversi", mani slaccate
dai fianchi; piedi iinilanli il passo; aperti gli occhi Di molte slalue nella Grecia, nella Sicilia e ir Italia
credcasi Dedalo autore (Diodoro iv. 78; Pausania vii. 4.p. 531. vili. 46. p. 69i; paragonali colVEnei-
de di Virgilio., vi. li s.). Ilacronta Pausania, che al suo tempo eravi una statua di Giunone dì pero sil-
vestre in un antico tempio di essa dea non lungi da .Micene, ivi traspoitata da Tirinto, e dedicata in un
col tempio da Piraso figlio d'Argo, il quale v'avea posto per sua prima sacerdotessa sua figlia Callilia
{n. ^7: lò 6è jtp/iioTXT'jv a/a/txa ''H|:>3!; nin'jirzy.i. u£> s| ce'/cyiSó:, i.Jirshr, i?è ic Tt'-vv^x
ùtò RupÙTOu ~oO ''As-z'/u). Dalla cronologia delle cose argive appnre doversi Piraso assegnare all'anno
4642 av. C. Oltre U Cronica d'Eusebio e le greche di Scaligero, è notevole il passo dì CliìMEMé, Pro-
trept. p. 14 Sylb : Ay/yr,Tpo; '/ip iv S.xjtì^u) twv Atto/O'/»^''''-' f'-'y ^'' T'C/'-'Oi rrii Hpa; foàvou
y.txi ■tr,'.' ù/y/V ó'//^nv, /ai zÒj -otr.rrrj 'Airpo./ à:'jU'/oy.'3-i, invece di Piraso figlio d'Argo. La dea
era seduta: il che fa meraviglia di vedere in molte statue dell'arte antica, avendo già l'arte avanzato
tanto da saper variare la posizione del corpo, menlre le statue più rozze ban tutte la forma di persone
ritte in piedi. Si racconta che avesse figura di sedente la slalua di Minerva iliaca (lliad. Z 302), eia
Minerva d'Endeo in .4tene , lavoro antichissimo: Smilide scolpi sedenti le Ore nel tempio di Giunone in
Olimpia (Pausania, t. 17 pr.): e cosi altre ».
§ 42. — Secondo periodo. Stile greco arcaico. S80-460 av. C.
Il cresciuto commercio coll'Asia e coll'Egitto, l'aumento delle ricchezze, l'ambizione
dei tiranni diedero nuovo impulso alle arti, e più lo svilupparsi della vita greca, cogli
esercizj della ginnastica e dell'orchestrica. il vedere quelle nudità e gli atleg^jiainenli ,
e il modellare le figure degli atleti portarono a studiarla natura con maggior attenzione:
sì surrogarono figure ai tripodi e agli altri voti die ofTrivansi agli Dei f«no/'»n/), conser
vando però alcun che della primitiva durezza, benché vi si desse qualche espressione
di emozioni passeggere.
L'architettura elevò allora i tempj piij magnifici, dove gli ordini dorico e jonico acqui-
starono quanto occorreva per essere l'uno maestoso, l'altro elegante. Principali furono
V il tempio di Diana in Efeso, a spese di Creso e d'altri re, opera solo compita da
Demetrio e Peonio d'Efeso fra la xc e la e olimpiade: era jonico, ottastilo , diptero,
diastilo e ipetro, lungo m. 128. 53 sopra 157: visi saliva per dieci scalini; sulle colonne
joniche, alte m. 19. TjO e in parte monolite, fu posato un architrave, lungo più di iii.
9. 73. Fu bruciato da Erostrato il 336, l;i notte che nacque Alessandro Magno.
2" Tempio di Cibele a Sardi, opera dei re di Lidia; junico, ottastilo, diptero; lungo
m. 79. S4 per 45. 88.
3' L'Heroeum di Samo, d'ordine jonico, di m. lOo. 43 per 57. 60.
4° Di Giove Olimpico ad Atene, sotto i Pisistratidi, dorico.
5" Di Delfo, edificato dal corintio Spintaro, contribuendo per un quarto delle spese
gli abitanti di Delfo.
6" La casa di bronzo di Pallade a Sparta, così delta dai rilievi che ne ornavano l'interno.
1° A Metaponto reggonsi ancora quindici colonne del tempio.
8" A Pesto vedesi il gran tempio di iNettuno, periptero con colonne doriche di 8 nio-
duli compreso il capitello, nella semplicità severa del vecchio stile dorico, il piccolo
tempio di Cerere, periptero esastilo, molto più recente, ha colonne assai più snelle, e
molto panciute. Sussiste inoltre una sloa con nove colonne sul lato esterno minore e
diciolto sul maggiore, e di dentro un colonnato tutto in giro, di tufo duro giallastro.
9° Edifizj antichi ha la Sicilia, ma non può accertarsi appartenessero a questo periodo,
giacché assai tardi vi si conservarono le proporzioni pe.smti Di questo periodo però
sembra a Siracu^a il tempio di Minerva in Ortigin, le cui colonne alzansi meno di nove
moduli. Ad Agrigento magnifici tempj edificarono i prigionieri cartaginesi, di cui i due
sriir.iv m.u.'AHji.. si.coxuo PthioDu 41
principali oliianiriiisi ai liiirarinmenle della Concordia e di Giunone: le colonne sono da
y a l(t ukuìiiIì, ili un calcare giallof^-nolo. A Solinunle i Ire più anticlii tenipj sono quei
dell'Acropoli; e massime quel di mezzo lia un carattere paiticolare, con cella ristretta,
ampio colonnato, doppio peristilio, pronao e opistodomo, cinto di mura : le colonne
di 9 0 9 e Ip2 moduli, sono rastremate. A Egina nel golfo Saronico è il tempio di
Giove Panellenio, che meglio si crede di Minerva, edificato dopo la cacciata dei Persi,
e somigliante al tempio di Teseo; le colonne, di cui ventitré sfanno ancora, han dieci
moduli e l|ó; la cella è colorata in rosso, il timpano in celeste, l'architrave in giallo e
verde, i triglifi in azzurro. Aggiungansi acquedotti, fontane ed altri edifizj, ordinati dai
tiranni a puhhlica comodità.
La plastica migliora, non piìi ristretta in famiglie privilegiate; e ai Dedalidi va dietro
una serie di uomini d'ingegno. Pure le statue destinate al culto si continuò a farle di ma-
teria e di stile simile all'amico. Spesso un'anima di legno rivestivasi d'oro e d'avorio:
ma cominciossi a fonderne altre di bronzo, senipre in altitudini gravi e di forza ; e non
di rado le colossali ne tengono in mano altre piccole. Si fanno pure effigie d'atleti vin-
citori , di cui la più antica sale alla olimpiade lviu. Dice Pliuio (xxxiv9) che « in Olim-
pia dedicavansi le statue di tulli quei che vincevano; di quelli poi che tre volte ripor-
tassero il premio, si ritraevano le semhianze , e dicevansi iconiche ». Offerte alla divi-
nità erano statuette e gruppi, per lo più di bronzo, dedotte dalla mitologia e dai poemi.
Sifatte erano pure quelle che ornavano i tempj nelle metope, al fregio, al frontone, agli
acroteri. Le dieci metope di Selinunte, ad allo rilievo di tufo calcare, indicano l'infanzia
dell'arte: le scolture del frontone d'Egina, ora a Monaco, formavano due gruppi, cor-
rispondenti fra loro, e univasi al marmo il bronzo dorato, e talvolta i colori.
In questi lavori già scorgesi un raffinamento, benché esuberanti or di eleganza, or di
forza : nei marmi dEgina talvolta appare meravigliosa imitazione della natura; e sempre
è studialo il parallelismo e la simmetria nei gruppi come nelle acconciature: e massime
ne'volli si conserva ancora alcun che di tipico, che costituisce lo stile arcaico.
Difficile sarebbe l'accertare quali dei lavori jtlastici appartengano a quel tempo; ma
tra i principali, nomineremo la Palìade della villa Albani, quelle di Dresda e d'Ercolano,
\&ì'emlope del museo Pio ( lemenlino, V Artemisia d'Ercolano, l'Apollo del museo Chia-
ramonti, la Vesta del palazzo Giustiniani, l'altare dei Dodici Dei a\ Louvre, oltre molle
terre cotte.
Allora crebbe anche l'arte di intagliar pietre dure e conj per \p monete e suggelli. Sotto
Argio Feidone re d'Argo, verso l'vin olimpiade, già all'argento in verga erasi sostiluilo
il coniato , con grossolane impronte, per esempio d'una tarlaruga , di bovi, di pesci, e
nel rovescio un incavo quadrato, per tenere ferma la mcmeta menile battevasi. In questa
età cominciossi a porvi teste, o anche intere figure di divinità; e sul rovescio compo-
sizioni artistiche sempre migliori.
I vasi perfezionaronsi col trovar il modo di gittarli in una forma, del che si dà lode
al samio Reco; e colla invenzione della saldatura f/o/^y,-!!:) cioè di un'unione chimica
de'melalli, attribuita a Glauco di Scio. L'arte de'vasaj di cotto fioriva massime a Corinto,
Egina, Samo, Atene; e non solo leggieri e fini, ma si facevano anche fregiati e verni-
ciati elegantemente.
Di pittura non parla Omero ; né a principio fu applicata che a colorire statue e bas-
sorilievi. La serena fantasia ellenica inventò che la figlia di Debu'ade, vasaja di Sicione,
mossa in Corinto dall'amore di un giovane che doveva abbandonarla, delineasse sulla
parete il profilo di lui segnalo dall'ombra. Si attribuiscono ai Sicionj e Corinlj i primi
dipinti, ove probabilmente si allearono presto colla fabbrica dei vasi, su cui per lo ()iù
sono dipinte scene bacchiche, con forme e contorni rigidi. l,avoravasi vuoi a Corinto e
Alene, vuoi in Sicilia e per l'Italia, ma spesso con sogi.elti desunti dall'arte greca. ! più
soliti sono d'argilla rossa con fiiiure nere in stile arcaico, cioè esprimenti fortemente
le articolazioni, con vesti appiccicate al corpo, pieghe regolari, attitudini rigide. Questi
lavori si può dire che solo ai di nostri furono conosciuti.
§ 43. — Terzo periodo. 160-336. Da Pericle ad Alessandro.
La Grecia, come riconobbe se stessa nel respingere i Persi, lrovos<i nazione gran-
de; e Atene principalmente usò de' ricchi suoi mezzi per raggiungere un'altezza in-
42
ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
comparabile. Prima si munì colie mura del Pireo, robuste quanto le ciclopiche ma
regolari; poi s'abbellì con tempj ed edifizj, ricostruendo quelli diroccali dai Persiani.
La libertà si manifestava nello abbandonar i tipi per attaccarsi ad esprimere il vero, e
maggiore sensualità, e desiderj vivi. Negli edifizj l'architetto ha in vista la loro desti-
nazione e i migliori mezzi di raggiungerla.
L'ordine dorico acquistò grazia senza perdere maestà: lo jonico vi ricevette forma
particolare molto ornata. A Corinto viene perfezionato il tempio dorico: si ornano il
frontone coi rilievi di terra cotta, poi con gruppi di statue, e le embrici frontali con
ornamenti scolpiti, poi i lacunari; e comincia ad apparire il capitello corintio, formato
coH'unire la voluta jonica a forme vegetali più libere e ricche. I tempj ateniesi hanno
proporzioni più esatte, forme più scelte, armonia più perfetta; altrettanto quelli del
Peloponneso: nella Jonia compajono particolarmente l'eleganza e la magnificenza; e il
gigantesco in qnelìi di Sicilia.
Meritano particolare attenzione: il Theseon, d'ordine dorico, fatto dall'anno 4 della
Lxxvu olimpiade fin alla lxxx. 11 Partenone, dorico di marmo pentelico, sovra un'alta
piattaforma consistente in un colonnato, un vpstibolo o pronao ai lati minori, di colonne
con cancelli interposti ^ la cella lunga m. 32. 50, con sedici colonne attorno OiWhijpcstron;
il Partenone, o camera chiusa quadrata, dove era la statua della Dea; \'opi staci omo ri-
cinto di mura, con quattro o sei colonne verso occidente, e la facciata ad oriente: le
colonne sono 12 moduli, gl'intercnlimnj quasi 2 2|3 ; il fusto si restringe 15| 0, si
gonfia Ijii, e le due colonne d'angolo snn dì millimetri più grosse: airmcbilrave sita-
vano sospesi degli scudi, e il marmo era reso più splendido dall'oro e d;ii colori. Nel
bombardamento dei Veneziani il 28 settembre 1H87 l'edifizio soffii grandemente; poi
ai di nostri lord Elgin lo spogliò de' fretti. I Propilei, fabbrif^ali da Mnesicle, conduceano
all'Acropoli, quasi portico ; composti d'una porta principale con quattro laterali, un por-
tico jonico all'esterno, sui due lati un frontisp'zio dorico, ben armonizzato col jonico
interno. 11 tempio d'Atene Poliade e di Poxeidon Eretteo fu rifabbricato dopo la guerra
Medica, ma compiuto solo dopo la xcii olimpiade; pieno di monumeuti venerali, a ca-
gione dei quali se ne modificò la costruzione. Erano essi uniti con quello di Pandrom,
il cui pronao era formato da quattro cariatidi, fanciulle attiche col vestire che usavano
nelle feste panatenee: è di stile jonico, ma con forme speciali, massime ne' capitelli.
A Eleusi era una gran cella con quattro ordini di colonne doriche disposte in traver-
so, e nel mezzo un gran vano onde ricevere la luce: il portico dorico avea le colonne
striate; sotto alla cella una cripta.
Nel Peloponneso il Giove Olimpico, finito verso la lxxxvi olimpiade, aveva il pronao
chiuso da porte a cancelli fra le colonne, come l'opistodomo che gli corrispondeva.
Del tempio di Era ad Argo, e deW'Olimpico a Megara non resta vestigio. Più di tutti
bello e grande era quello di Atene Alea a Tegea, opera di Scopa.
In Jonia il Didimeon di Mileto mai non compiuto, presentava il più magnifico ordi-
ne jonico, con semicolonne corintie al pronao, e con colonne più svelte che non ad
Efeso, Samo e Sardi, essendo alte ra. 26. 50, sul diametro di 2. 03. Il celebre Piteo
architettò quel di Pallade Poliade a Priene verso la ex olimpiade, jonico puro, con pro-
pilei che nell'interno invece di colonne hanno pilastri con Ciipitelli a grifoni in rilievo.
In Sicilia ad Agrigento il
tempio dorico di Giove Olim-
pico non era compiuto quan-
do i Cartaginesi la presero,
e tal rimase. La cella ha nel-
l'interno pilastri larghi m.
5. 90; all'esterno semicolon-
ne della circonferenza di ra.
5. 60, e portico anche sui
lati minori. Le colonne non
arrivano a 10 moduli di al-
tezza. Internamente soste-
neano il tetto figure di gi-
ganti, di stile primitivo.
STORIA dell'arte. TERZO PERIODO 43
Selinunte pure avea tenipj magnifici, di cui rimangono sette. Il principale dorico
non era compito quando i Cartaginesi la presero, talché alcune colonne non erano an-
cora striate. A Egesla le trentasei colonne del peristilio dorico del tempio esastilo non
sono scanalate.
Anche i privati fabbricavansi case suntuose; e qualche architetto ebbe a disegnare
intere città, come ippodamo da Mileto che architettò il Pireo e Rodi, dandogli forma di
teatro.
Giganteggiano allora anche le arti plastiche, le quali non esprimono più soltanto il
gesto e la caricatura, siccome ne' bassorilievi primitivi e ne' vasi più antichi, ma i sen-
timenti interni, gli sforzi della volontà umana, gl'impeti dell'anima. Tali meriti sono
personificati nell'ateniese Fidia, che diresse tutte le opere del tempo di Pericle, e prin-
cipalmente le statue colossali d'oro e avorio, frutto della liberalità dei varj Stati. La
sua Pallade aveva un panneggiamento d'oro amovibile, erto appena una linea, eppur
pesava 24 talenti, che varrebbero franchi 230,000. Nella Pallade Parteno^ la dea sorgea
sur un gran piedestallo ornatissirao, con egida e lancia. Il Giove Olimpico, suo capo-
lavoro, figura alta m. 13 sopra una base di m. 3. 90, esprimeva l'onnipotenza calma:
Il trono di cedro era arricchito di pitture, fregi, rilievi d'oro, avorio, ebano, pietre fine.
Molti suoi scolari si applicarono a rappresentar la divinità, colla bellezza e grandezza
dolce e tranquilla: altri eseguirono gli ornati architettonici de'tempj, come del Te-
seon, del P.irtenone, dove l'antica rigidezza è del tutto abbandonala.
Accanto alla scuola ateniese camminano quelle di Sicione ed Argo, sotto Policleto,
che, se raffinò la parie artistica, rimasp addietro nella rappresentazione della divinità,
prevalendi) invece nel modellare le statue degli atleti; onde il suo Doriforo fu tenuto
canone delle proporzioni del corpo umano, in generale più larghe e più corte che non
si solesse dapprima. Più materiale è l'arte nelle opere di Mirone Eleutero, che concepì
la forza della vita fisica nella varietà più eslesa de' suoi fenomeni, con verità e inge-
nuità grande: tali furono la sua vacca, il cane, i mostri marini, il discobolo, e molti
Ercoli. Callimaco e Demetrio raffinarono le particolarità a scapito dell'insieme.
Dopo la guerra del Peloponneso, sorse nell'Attica un'altra scuola, adatta ai nuovi
costumi, e ne furono capi Scopa e Prassitele, che mirarono al grazioso ed all'animato.
All'un dei due attribuiscono il gruppo delle Niobidi, ove appare come si possa ripro-
durre soggetti commoventi, pur conservando un nobile contegno. Come questi mante-
neano le tradizioni della scuola di Fidia, così quelle di Policleto erano riprodotte da
Eufranore e Lisippo ; e quelli la vita interiore, questi ritraevano la forza eroica e atle-
tica. Lisippo espresse principalmente la nerboruta potenza di Ercole, mentre nell'arte
introduceva moltissimi raffinamenti particolari, nella disposizione de' capelli, nelle pro-
porzioni delle membra, ecc.
Pirgotele è il solo incisore in pietre e metalli che ci sia ricordato, benché quest'arte
prendesse allora gran volo. Le monete sono bellissime e variate, e si eternano su di esse
i fasti delle città. Coi tetradrammi di Atene possiamo seguire la storia dell'arte. 1 primi,
ancor grossi e globulosi, portano la testa di Minerva affatto di maniera egizia, coi ca
pelli a rigide treccie, l'angolo facciale molto prominente e gli occhi da pollo, aperti e
di faccia. Procedendo, qualche movimento maggiore acquista il viso; le treccie, l'elmo
son più variati, e vi s'aggiunge qualche ornamento elegante. Ma all'età di Fidia, il
ti[)0 rituale cedette all'imitazione del vero; il profilo è severamente bello, col naso
aquilino e l'occhio come in fatto sta ; i capelli cascano sul collo e sull'orecchio grazio-
samente ondeggianti ; l'elmo è coperto di bei fregi e d'un triplice cimiero.
La pittura emulò la scultura, alle cui traccio s'attenne nel disegno severo e preciso,
e nel f.ir largo. Tale si mostrò in Polignoto e in molti suoi seguaci, che traevano i sog-
getti o dalla mitologia o dalla storia contemporanea. Apollodoro ateniese studiò di ri-
produrre le gradazioni di luce ed ombre, per conseguir l'illusione, negligendo per
ciò il disegno. Illudere i sensi e contentare lo spirito potè Zeusi colla sua scuola, che
fu chiamata asiatica o jonica, in opposizione della greca; mentre una sicionia era fon-
data da Pamfilo nel Peloponneso, ricca di cognizioni artistiche e corretta nel disegno.
A tutti sorvolò Apelle, che accoppiò i meriti delle varie scuole, aumentandoli colla
grazia, suo distintivo. Gli stanno accanto Protogene incontentabile ne' lavori, e leone
rariatissimo nelle invenzioni.
44 AUClifCOLOGIA E HF.I.IE ARTI
Le opere loro perirono. I vasi dipinti, lavorati da artigiani, lasciano argomentare il
merito degli artisti.
Fra i Greci l'arte fu sempre cittadina e religiosa, né sembra che i capi d'arte fossero
mai commissione o proprietà privata, o almeno non se n' ha cenno negli scrittori. Il
noto aneddoto di Frine, che acquistò l'Amorino di Prassitele, non fa forza, atteso che
essa lo donò alla città di Tespia (Ateneo p. 591). Solo nel discorso d'Andocide
contro Alcibiade è scritto che questo chiuse il pittore Arcagafo in sua casa acciocché
gli facesse un quadro. Anche molto più tardi l'ausania scorre tutta la Grecia descri-
vendone i monumenti, ma non adduce tampoco un privato^ che possedesse un capo
d'arte insigne, e tanto meno una collezione.
Quando l'arte ces^a d'essere una parte necessaria dello Stato, essa cade nel dominio
privato, costretta a seguir le variazioni del gusto, il capriccio dei committenti, e cer-
care la popolarità con sforzi senza scopo elevato. La moltiplicazione dei ritratti indica
sempre decadenza dell'arte.
g 44. — Quarto periodo.
Da Alessandro alla distruzione di Corinto. 336-146.
La conquista d'Alessandro aperse magnifiche occasioni agli artisti d'alzare città
e santuarj, e poi di porgere lavori ai Tolomei , ai Seleucidi , ai Pergamenidi e agli
altri successori del Grande, le maraviglie dell'Asia eccitarono il genio degli artisti, e
ispirarono gusto per la magnificenza e per le proporzioni colossali, senza però intro-
durre il fare di quei popoli, coi quali non si fusero n)ai. Sede delle arli restavano pur
sempre le città greche, dove il buon gusto perseverava; ma presto essendosi rallentalo
l'intimo nesso della vita politica coll'arte, questa, proponendosi la soddisfazione e la
gloria di qualche individuo, venne a declinare, a soddisfar l'adulazione, a creare cose
splendide e passeggìere. Per volere nuove invenzioni, d(jpo quelle dei sommi, si corse
all'esagerato sia della grandezza sia della piccolezza, e al fantastico, blandendo i men
nobili appptiti, mirando all'effetto; nel modo che all'eloquenza succedeva la retorica.
L'architettura dai tempj si rivolse alle comodità della vita, al lusso de' principi,
alla disposizione delle città, fra le quali Alessandria principalmente fu edificala s'un
piano tutto nuovo da Dinocrate, e Antiochia fu piena di monumenti e costruzioni di
gran lusso. Reggie, teatri, bagni, ninfei, musei soddisfacevano ai bisogni del popolo e
della gente colta; monumenti funerarj conservavano la memoria degli estinti, massime
quel di Artemisia pel marito Mausolo da cui presero nome i mausolei Le macchine di
guerra e gli acquedotti attestano i progressi della meccanica e dell'idraulica.
l molti e ricchi tempj allora costruiti in Asia sparvero quasi del tutto, né restano che
quelli d'Atene, ove meno si fece.
La plastica seguitò il declino, sebbene a Rodi massimamente fiorissero insigni artisti.
Opera loro fu il famoso colosso, alto 70 cubiti : ed è narrato che Stasicrate propose ad
Alessandro di ridurre il monte Atos a rappresentare esso eroe. Sembra di quest'età an-
che il Laoroonte, gruppo meraviglioso per gusto delicato e nobile e per profonda scienza
dell'esecuzione, sebbpne in fatto miri allelTetto e ad ostentare abilità, trascendendo i
limiti in cui l'arte erasi tenuta nell'esprimere il sentimento. Appartiene alla scuola rodia
anche il gruppo del Toro Farnese, che reca stupore ma non appaga.
Piìi s'adoprarono a ritratti, sovente identificando i principi colle divinità: Alessandro
molte volle fu scolpito ed inciso in sembianza divina e colle corna d'Ammone. Altri si
raffinarono nel lavorar vasi : pure anche nella parte tecnica l'arte deteriorava.
Per l'uso portatone d'Oriente e diffuso principalmente alla corte dei Seleucidi, creb-
bero le .pietre intagliate, per ornarne crateri, candelabri, coppe; talora anche rilevan-
dole come carnei, ovvero d'una sola pietra fina ricavando una patera. Alessandro nelle
spo"lie de' Persi trovò coi)pe ornate di pietre preziose, fin del peso di S6 talenti : Ap-
piano dice che Mitradate avea duemila tazze d'onice, legate in oro.
Le monete son meno belle, tanto nei regni,>iacedoni che in Sicilia. Né sorse pittore
che agguagliasse i precedenti, e la scuola di Sicione studiava su quelli, anziché far di
nuovo. \a sensualità o il capriccio del nuovo spinse a bizzarrie, giuochi di luce, cari-
cature, parodie. Pei pavimenti de'grandi palazzi s'introdusse il musaico.
STORIA dell'arte TRA I FEMCI ED EBREI 4S
Hen presto la Grecia perdelte la gloria e la vita; i Uomaai conquistatori saccheggia-
rono le sue ricchezze artistiche, |)er ornarne la loro città.
Fr. voN Bahtsch, Chronologie der griechischen und romischen hunftler bis zum Ablauf des funflen
Jahrhunderts nach Chr. Vieiiua 1835.
^ 45. — Arte fra gli altri popoli. Fenioj. Ebrei: tempio di Gerusalemme.
Sebbene la sola Grecia possa presentare il consecutivo andamento delle proprie arti,
e abbia sviluppato un carattere particolare (Vellenifuno) che consiste nel movimento,
nella libertà e in conseguenza nella vita e nella verità, pure non essa soia fu fortunata
di splendore d'arti, e quel che di essa dicemmo ne renderà profittevole la corsa che da-
remo fra altri popoli. Molli sostengono (Vedi Fosbkoke's, Encyclopoedia of Anliquities)
che i Fenicj sieno stati inventori dell'architettura, e noi diremmo più volentieri che la
dill'usero in Occidente; forse simboleggiati sotto il nome de'Ciclopi e Pelasui, fatti au-
tori delle opere piìi antiche di Grecia e d'Italia. Mosè descrive già (Nuin. xm, 20. i29)
le città fenicie munite e murate, appunto come quelle che ora chiamiamo ciclopiche. I
Fenicj, gente di commercio, non cercavano tanto la grandezza o l'intima bellezza del-
l'arte, quanto l'utilità, e quella magnifica appariscenza, di cui si compiacciono i mer-
cadanti.
Molli tempj si ricordano nella capitale e nelle colonie loro: quello di Melcarte a Uro ]
quello di Astarte, ivi fabbricato da Iram con cedri del Libano e colonne d'oro : ma
nulla ce ne rimane. Restano le rovine del tempio di Aslarte a Pafo nell'isola di Cipro,
il cui cortile era di 100 [»er 110 piedi, diviso in due parti, in una delle quali slava ii
piccolo tempio; innanzi all'edicola sorgevano due obelischi, uniti con una catena; una
cancellala a semieircolo circondava un'anlicorte; nell'adyton trovavasi la dea, in forma
d'una ciili)nna puntala, cinta di candelabri ( Vedi Alv Biv e Di; Hammeh )■
Dovette essere d'egual gusto il tempio di (ìerusulemme, nel quale troviamo pertutto
quel loro vezzo di coprir le mura di lamine d'oro, e adoprar l'avorio ad ornare certe
parti architettoniche e mobili. Era nella |)arle occidentale di Gerusalemme, vòlto a le-
Viinte, e nell'interno avea m. 55. 2i di lunghezza, il di lari-hezza, 16. t)2 d'altezza.
.\1 fondo il sancta sanctorwn formava un cubo di ì\ m. per lato.
Compendiamo la descrizione del tempio di Gerusalemme, data da CiosefTo Ebreo;
— Levali gli antichi fondamenti, e rimessine altri, innalzò .Salomone sopra quelli il
tempio, cento cubiti lungo e allo venti di più, i quali per lo calcare che fecero ab-
basso, col tempo le fondamenta scemarono; ma i nostri sotto l'imperatore Nerone
determinarono rialzarli. Coslrutio fu il tempio di pietre bianche e forti, grandi cia-
scuna venticinque cubiti per lo lungo, per l'alto otto, e circa dodici pel largo: tutto
a guisa d'un regal portico, di qua e di là più basso e in mezzo altissimo, talché alla
distanza di molti sladj vedevasi. Gli usci e gli architravi erano forniti di variopinte
portiere, messe a fiori porporini e a colonne per entro intessutevi, sotto i capitelli
girava una vite d'oro con grappoli pendenti ; ed era meraviglia di grandezza e d'arte
vedere tanto lavoro in materia così preziosa. Rinchiuse indi il tempio entro il
giro di amplissimi portici proporzionati alla grandezza, e con ispesa tale, che pareva
altri mai non l'avesse adornato cotanto Questi sorgevano sopra un gran muro, opera
sommamente ammir.ibile. V'era un rialto Tonchioso e disagevole, che dolcemente
dall'oriental parte della città rispianavasi in sulla cima. Salomone, per ispirazione di
Dio, ne ricinse di mura con gran dispendio la sommità; indi muronne la pnrte in-
feriore alla quale verso mezzodì gira intorno una valle profonda, cui dal più erto
verso il colle fin all'ultima sua profondità riempì di pietre con piombo commesse,
talché stupenda riuscì per ampiezza ed altezza quell'opera quadrangolare, che nella
superficie mostrava di fuori quanto ampie fossero le [lietre, e dentro teneva con ferro
salde le commissure. Con questo lavoro così ben unito fin alla vetta del colle aven-
done fortificale le cime e riempiuta la cavità che entro il muro slava, rese ogni cosa
piana ed eguale alla superficie più alla. Tutta quest'opera comprendeva in circuito
quattro stadj, essendone ciascun lato lungo uno stadio. Peniro a questo ricinto e
presso alla cima del colle, sorge in giro un altro muro di pietra, che da levante, per
46 ARCHEOLOGIA E_^BELLE ARTI
quanto è lungo, sostiene un doppio portico, lungo quanto il muro ( verso il cui mezzo
sta il tempio), e posto rimpetto alle porte del tempio stesso. Per quanto era grande
il giro del tempio, ci si vedevano affìsse spoglie di Barbari; e il re Erode ve le ripose
di nuovo colla giunta di quelle che avea tolte egli stesso gli Arabi.
Dalla parte settentrionale erasi fabbricata una ròcca quadrangolare, assai ben difesa e
forte mirabilmente; opera de' re e pontefici asmonei antecessori d'Erode, chiamata
Torre, ove tenevano guardato l'abito che mette il pontefice quando ha da sacrificare.
Erode, fortificata di nuovo questa torre a sicurezza e guardia del tempio, in grazia
d'Antonio amico suo e generale de' Romani, le pose nome Antonia. 11 lato occiden-
tale del recinto avea quattro porte: l'una portava alla reggia, tagliata per mezzo la
valle con una strada; due, vòlte ai sobborghi ; e l'ultima in città per una lunga
scalea, che scende fin nella valle, e da questa sale sul poggio. Perciocché la città era
posta rimpetto al tempio a guisa d'un teatro, cinta da una valle profonda per tutta la
costa australe. 11 quarto lato del muro a mezzodì avea esso pure le sue porle nel
mezzo : sovr'esso poi si vedeva un triplice portico maraviglioso, che dalla valle orien-
tale partendosi, termmava sull'occidentale, poiché non era possibile dilatarsi più ol-
tre. Nel portico erano quattr'ordini di colonne; il quart'ordine era unito al muro di
marmo: la grossezza d'ogni colonna era quanta giunti sarebbono ad abbracciarla tre
uomini insieme: ventisette piedi stendevansi in lungo, con doppia scanalatura spirale;
in tutto censessantadue, ed avevano i capitelli alla corintia, magnificamente intagliati.
Da'quattro ordini risultavano tre spazj formanti i ponici, due de' quali tra sé paralleli,
erano fatti al modo medesimo, larghi entrambi trenta piedi, lunghi uno stadio, ed
alti cinquanta ; quel di mezzo avanzava gli altri una metà di larghezza, ed in altezza
il doppio, perciocché sovrastava moltissimo a laterali. Le soffitte, composte di grosso
legname,' erano fregiate d'intagli a vane figure. L'area poi, onde ergevasi sopra gli
altri di mezzo, era un muro piantato a ridosso degli architravi con le colonne inca-
stratevi dentro, e ter-^^issimo da ogni parte. Tale si fu il primo recinto: non lungi ve-
devasi più indentro il secondo, a cui si saliva per pochi gradi; serravalo intorno un
graticolato di marmo con un'iscrizione, che agli stranieri ne divietava, pena di morte,
l'ingresso. Quest'interiore steccato a mezzodì e a tramontana s'apriva in tre porte,
equidistanti , verso la parte orientale in una assai grande, per cui entravano le per-
sone pure colle lor mogli. Di là di questo recinto il luogo sacro era inaccessibile per
le donne. Nel terzo poi, che stava più indentro di questo, a soli sacerdoti si consen-
tiva penetrare: quivi era il tempio, e innanzi a questo un altare, sopra cui offrivano
a Dio gli olocausti. In ninno di questi tre luoghi entrò Erode, impeditone dal suo non
esser sacerdote. Quindi interni portici e recinti esieriori, che finì in otto anni. Per
opera de' sacerdoti compiuto il tempio in un anno e sei mesi, il popolo festeggiò. —
Della Probatica Piscina vedonsi ancora gli avanzi presso la porta Santo Stefano a Ge-
rusalemme, a settentrione dell'antico tempio ; ed un laghetto di 50 metri su 13, chiuso
da muri fatti di grosse pietre unite con arpioni di ferro, e sopra di esse un selciato
unito con un cemento. Chateaubriand che la descrive, parla di due archi a lato, che forse
erano lo sbocco dell'acquedoito ; ma potrebbero esser opera romana.
Gli Dei de'Fenicj per lo più erano rozze pietre (betiU): rare le statue fuse o di sasso,
bensì di legno, ricoperte di foglie metalliche. Sapeano però fondere vasi, incastonar
gemme, tessere drappi a disegno, e ornar le case col vetro, loro invenzione. In quelle
statue gli Dei, di cui nessuna ci restò, dicesi combinassero figure umane e di bestie, o
uomini seduti o lottanti con bestie : tali li vediamo sulle gemme loro, che molto si spar-
sero. Dell'architettura fenicia sarebbero a cercare traccie a Cartagine; ma le rovinesue
cominciano appena ad esplorarsi. A Malta nel 'J8iQ si scopersero tempj fenicj somiglianti
a quelli di Gozo, ma più piccoli, parte ricavati nel sasso, parte di pietre scabre all'e-
sterno, e lavorate nell'interno. Vi si rinvennero statuette di pietra, di figure obese; il
capo che vi manca, forse poneasi d'altra materia, e forse dondolava, come in certe
cinesi.
Il Dizionario biblico del Cauirt c aniiquato : assai migliore 'e quello di Db Wi?ìer.
Relandi, Anliquilates sacrw Hebraorum /Yra]. Bat. 1712.
BtAS. Ugolini, Thetauru$ antiquitatum tacrarum. Venezia 1744-69, oi voi. in fol.
STORIA dell'arte NELLA MESOPOTAMIA E IN INDIA 47
De Witte, Heh. judische Arch'dologie.
F. Bahii, Simholik des mosaischen Cullus. Eidelberfja ^837.
ROSENMLKLLER, Uandbiich der bihiichen Alicrihiimskunde. 1821^-1830, 4 voi.
L. DE Wette, Lehrbuch dcs Hebreisch-j'ùdischen Archiiolugie. Lipsia 1830.
Raumer, Palestina. Ivi 1833.
Le figure del tempio di Salomone esposte da Villalpando sono a capriccio, e non danno giusta idea dell'ar-
rhitottura e della simbolica giudaica. Vedi piuttosto Salvador, Moyte et ses insiitutions.
F. Keil, Das lempel Sulumo''s. Dorpat 1839.
E. Kopp, idem. Stutigard 1839.
Ghue>Eisen, nel Kunst Blatt del 1831 n. 73-80, esaminò le più recenti descrizioni del tempio di Geru-
salemme.
L. Saalschuetz, Archàologie der Hebraer. Kónigsberg 1855.
§46. — Nell'Alta Asia.
Nella Mesopotamia ricordansi i primi imperi con monarchia assoluta, cioè con mezz'
efficaci a compiere ardite imprese. Posti in mezzo a (ìurai che spesso dilagavano, per
valersene e per ripararsene dovettero costruir dighe, canali, emissarj, ponti; eia storia
ne rammenta di frequente. Servivansi di [loco legno, per lo più di palma; di pietre che
doveano trarre dalla lontana Armenia; e più solitamente di mattoni, fatti coll'argilla
finissima e col bitume del paese, seccati al sole per le costruzioni interne, e al fuoco
per le esterne: e per cemento gesso ed asfalto. Quando nuove città sottentrarono alle
primitive, si venne a cenar in queste antiche i materiali di facile trasporto, laonde an-
darono in ruina per modo, che diìficilmente possono riconoscersi le forme caratteri-
stiche di quell'architettura.
Di pietre unite con arpioni di ferro saldati a piombo erano le pile del ponte sull'Eu-
frate in Babilonia; sopra cui appoggiavano travi, che si poteano ritirare. Di volte non
trovasi vestigio ; se non che Diodoro racconta che archeggiato a mattoni era il passag-
gio sotto il fiume : ma merita credenza? Degli edifìzj dell'Asia Minore non ci rimangono
che monumenti funerarj. consistenti in tumuli di terra, alzati sopra fondamenti di grosse
pietre. Le mine che si vedono altrove, appartengono a tempi molto posteriori. Però
Erodoto parla dei doni offerti da Creso all'oracolo di Delfo, consistenti in vasi, un leon
d'oro, crateri cesellati, bacini d'oro e d'argento, e una statua d'oro di tre cubiti.
§ 47. — Fra gl'Indiani.
Degli edifìzj indiani non si può studiare la progressione, attesoché mancano certezze
storiche, né quell'arte si connette con quella degli altri popoli. Da principio meditatori
tranquilli, dappoi gl'Indiani proruppero in un'immaginazione disordinata, e sempre
furono sottoposti a Caste dominatrici. Non trovando in natura figure che bastassero ad
esprimere i concetti della divinità, le foggiarono con forme bizzarrissime, gigantesche
e molteplici; e dalla mitologia, perpetuata in magnifici ed antichissimi poemi, trasser
scene variatissime. Non conoscono però né purezza di disegno, né giuste proporzioni
nella disposizione; ne si vede che in queste fosser legati ad un sistema come in Egitto:
laonde hanno fisonomie più naturali, attitudini e mosse variate. Gli attributi, le vesti, il
colore, gli accessorj, l'azione han significazioni particolari e stabili; ma l'innesto di
membri e d'individui é più moderato che nelle composizioni recenti degli Indi.
Chi descrisse i tempj di Salsettae d'Ellora, trova che a petto a quelli sono un nulla le
piran)idi : dal deperimento si stimò loro tremila anni d'esistenza, e più alle Sette Pa-
gode sulla costa del Coromandel, ove il mare arriva al primo piano. Rode e Riem fanno
di cinquemila anni il tempio di Scialembron, con iscrizioni in una lingua anteriore
alla sanscrita, e con pitture che sarebbero le prime al mondo.
Erano (jueste opere eseguite da un vulgo servile sotto gli ordini de'sacerdoti, talché
non vi si trova l'elemento primo delle arti belle, la libertà, bensì la pazienza : e questa
campeggia negli edifizj architettonici, siano scavati nel masso, siano sorgenti, sempre
con masse gigantesche, e con begli ornamenti: talvolta scavossi un tempio intero in un
sasso solo. Ma il genio che s'elevasse agli alti concetti dell'architettura, che misurasse
l'ardore e le forze secondo lo scopo, non sorse. Anche deponendo le idee greche,
48 ARCHEOLOGIA E BELLE ART»
bisogna convenire che nelle fabbriche indiane mai non s'incontra la simmetria e
l'armonia delle parti ; il sistema di ornare è barbaro e scompigliato come in ogni
luogo dove non siasi saputo esprimere gl'interni alletti dell'uomo e la sua squisita
bellezza. E quando si vedano alcune particolarità finite con mirabile delicatezza, e
qualche parte ove il semplice arriva fino al grandioso, miste poi con una scorrezione
irragionevole, vien l'idea di gente che di fuori trasse le coguizioni prime, cui non seppe
poi maturare e identificare.
§ 48. — Fra i Cinesi.
L'architettura cinese, certo antichissima, conservò sempre per tipo il padiglione e
per materiale il legno, talché gli antichi lavori non durarono. L'opera più gigantesca
che sia al mondo qual è la Muraglia, e i grandi canali, appartengono all'industria an-
ziché all'arti belle. La leggerezza è il carattere della restante architettura: colonne esi-
lissime, letti a onde, case d'un solo piano; e per ornamento intrecci, ghirigori, cam-
panelle, draghi alati. Tal carattere non si smentisce neppure nei ponti e negli archi.
Qui anche s'affaccia il problema storico, come mai i Cinesi, arrivati in antichissimo
ad un bel grado nelle arti helle, siensi arrestati. Quello stile si diffuse nella vastissima
superficie dell'impero, ma senza nuovi incrementi; vive da venti secoli, senza acqui-
stare la regolarità, la maestà, né l'altre doti di cui ha difetto.
g 49. — Fra gli Egiziani.
Gli Egizj ottennero l'ammirazione degli antichi e lo studio dei moderni, alcuni de'
quali li levarono a cielo, altri li vilipesero come nomini che non giunstro nella lette-
ratura all'alfabeto, nella storia all'eidismo, nella ragione alla filtisnfin, nell'architettura
alla grazia; ma solo mostraronsi eccellenti meccanici e sufierstiziosi. Qui noi non dob-
biamo considerarli che dal lato dell'arte, nel che ci offrono una ricihezza portentosa.
Le somiglianze naturali e civili coll'lndia ne produssero anche nell'architettura; ol-
tre che l'arte incipiente troverà sempre diffìcile il chiudere un vasto spazio senza che la
solidità nuoccia alla leggerezza; onde ne verrà peso all'interno, e all'esterno la forma
in pendìo.
La mancanza di legno costrinse gli Egizj ad abitar grotte; nell'ampliare e accomodar
le quali presero esercizio del tagliar pietre, e così edificarono con solidità e scolpirono
con maestria. Originando dalle grotte, quell'architettura constrvò semplicità, mentre il
moltiplicato legname delle capanne avea prodotto la varietà dell'architettura greca. Gli
ornamenti la resero magnifica, ma senza toglierle l'aria sepolcrale.
La sovrapposizione d'una tasta sacerdotale e d'una guerresca al popolo primitivo
manteneva quest'ordine severo e immobile, opponendosi al progresso ch'è il miglior
carattere delle umane convivenze, le arti slesse erano, se non precisamente ereditarie,
come dissero gli antichi, legate però a certe condizioni. Da ciò l'immobilità dei loro
artisti tanto da non potersi accertare l'età de' monumenti. Quando la Commissione egi-
zia li disegnava, fra altri pregiudizj era stata imbevuta di questo, che la dominazione
persiana avesse spento le arti e sovvertite le istituzioni dell'Egitto, snaturato col contatto
forestiero; cambiata la religione, ahbandonata la scrittura geroglifica; in conseguenza
i lempj e le sculture e pitture non appartenere che a secoli antichissimi. Lelronne di-
mostrò, mediante l'epigrafia, che l'invasione persiana non mutò le istituzioni religiose,
le quali ancora al tempo ilegli Antonini conservarono il loro carattere essenziale. Le os-
servazioni artistiche degli architetti Huyot e Gau rincalzarono questo fatto. Nel secolo*
nostro, lo studio intorno ai geroglifici ed una più attenta lettura di Manelone posero in
via d'assegnare l'eia de' monumenti.
LETR0N^E, Rccueil des intcriptionn grecques et lalines de VEgypte , éludìées dans letir rapfort aree
l'hislnire politiquc, Vadmitdslralìnn inlérieure, les ìnflilulions ririlef et leliyieuses de ce pani
depuii la cunquélc d^Alexandre jusqu'à cftle dtis Arabes. l'iirijji I8S2, t. i ; e articoli sul Journal des
Savanli 1845.
Né gli Egiziani pajono molto destri in meccanica, e non vedonsi mai rappresentate
STORIA DEM.'ARTK IRA OLI EGIZI 49
carrucole, argani od altre macchine. In un bassorilievo puI)l)licato da Cailliaud, poi da
Champollion e Kosellini, raffigurante il trasporto d'un colosso, questo è avvinto di corde,
e tirato immcdialamenie da molte file d'uomini; altri portano secchi per bagnar le
corde. E pare certo quel che Plinio asserisce, si valessero del piano inclinato per elevar
i massi, cioè a seconda dell'edifizio alzando il terrapieno, che poi sgombravano.
Cronologicamente si vorrebbero distinguere tre epoche nell'arte loro. La prima va dai
tempi oscuri fin alla con(|uista dei re pastori. Tis e Memfi erano al colmo di loro pro-
sperità : ma de' monumenti d'allora non sussistono che le piramidi ; degli altri si trovano
avanzi adoperati a costruzioni posteriori, e riconosconsi di stile identico con queste.
Cacciati gli Hiksos, la dinastia indigena illustrata dai nomi di Sesostri, di Amenofi,di
Tutmosi, fece capitale Tebe, e fabbricò molti tempj e altri monumenti, anche nella bassa
Nubia. Non si sentì veruna influenza greca.
Caduto sotto a' Persi, ai Greci, ai Romani, l'Egitto conserva però la costituzione an-
tica e la divisione delle Caste, e i re forestieri son trattati come i Faraoni, finché il cri-
stianesimo non vi sparge idee nuove. Di quest'epoca sono interessantissime le iscrizioni
bilingui 0 trilingui, che posero sulla via d'intendere i caratteri geroglifici. Ne' tempj e
sui monumenti abbondano iscrizioni greche, votive o encomiastiche: altre geroglifiche,
pure in lode d'imperatori romani, sono accanto a rappresentazioni nel pretto antico stile
egizio.
L'uso delle pietre, e il non aver bisogno di dare scolo alle acque né sostener la neve,
bensì di ombra e fresco, uniti al carattere sacerdotale di quella coltura, generarono uno
stile semplice e grandioso. 1 tetti sono sempre come di grotte; e per sostenere i pietroni
bisognavano moltissime colonne. In queste trovasi la voluta jonica, e le goccie del cor-
nice dorico, e i caulicoli del corintio. In Egitto pure si fabbricò spesso con mattoni fatti
di creta mista con paglia, poi seccati o cotti: Rosellini pubblicò un quadro, ove è raf-
figurata la fabbricazione de' mattoni per mano, cred'egli, di Ebrei schiavi.
Le colonne sono alquanto più elevate che quelle del dorico antico, e a Luxor son o 1|4-
volte il diametro maggiore; molto vicine, e con base formata di fasce in forma di croce.
Il fusto è alquanto rastremato verso l'alto; talora a strie dritte o traversali, che però non
sono vere scanalature.
Variissima è la forma de'capitelli, che posano sopra le tozze colonne: ma ponno ri-
dursi a due principali : una a calice con foglie variate, e abachi più stretti e talora molto
alti; una rigonfiata abbasso e ristretta all'insù, con abachi poco elevati ma sporgenti.
Nel tempio di Athor a Tentira si trovano quattro maschere riunite all'occipizio, per
sostenere facciate di tempj. 1 capitelli diversificano fin nella cella di un tempio stesso,
con una prodigalità d'ornati desunti dalla vegetazione del paese, e massime del Nilo.
Spesso usano pilastri, cui talora sono attaccate statue; ma queste di rado son messe
a sostegno.
L'architrave posa sulle colonne coH'astragalo, armonizzando mediante questi membri
colla parete e colla cornice, che è sempre eguale. Wilkinson ha accertato che la voltavi
era già praticata al tempo di Amenofi I, cioè 19 secoli av. C, ma non si estese mai, e
questo progresso era riservato all'ltaliaj, fosse per opera degli Etruschi, o fosse de'
Romani.
Le case private eran di cotto, e ben fitte doveano essere nelle città. Belzoni crede che
quelle di Berenice non potessero avere più di 20 piedi in largo e 40 in lungo.
Gli obelischi sono pilastri a più faccie, posti sovra una base non molto alta, che si as-
sottigliano verso l'alto, ove finiscono non in punta, ma in un piano, sormontato da un
piramidio. Sono per lo più di granito di Siene, con iscolture geroglifiche, incavate di
lavoro squisito. Erano monumenti d'onore, sempre accoppiati e attaccati ai tempj come
segno di consacrazione: laonde i moderni ne falsarono la natura quando, trasportandoli
ne' climi nostri, li posero isolati e sovra basi alte; col che dividevano in due parti
quello il cui merito consisteva nell'unità; infine v'aggiunsero in cima globi e stelle, che
ne sformarono la meravigliosa semplicità.
L'obelisco di Axum, di cui porgiamo il disegno nella pagina seguente, è di forma
particolare :
Cantù, Documenti. — Tomo I, Archeologia e Belle Arti.
»o
ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
Le piramidi erano mouumenti se-
polcrali, forma architettonica de'
rozzi tumuli che sul cadavere de-
gli eroi eressero tutti i popoli, mas-
sime in Oriente.
Non è guari, il signor Persigny
tolse a considerar le piramidi come
monumenti di grande utilità e sa-
pienza; vale a dire, siccome dighe
opposte, ne' luoghi e ne' modi più
opportuni, all'invasione delle sab-
bie del deserto : ma l'opinione sqa
non ha aspetto di vero.
Mahmud bey astronomo del vi-
ceré d Egitto, nel 1862 osservò che
la stella sirio raggia quasi perpen-
dicolarmente sulla faccia meridio-
nale delle piramidi; e notò che le
fi.ccie delle sei piramidi di Gizeh
han d'inclinazione fra SI e 53 gra-
di: appunto quel che vuoisi perchè
sirio vi splenda a piombo ; appros-
simativamente oggi, ma esattamente
pel .'500 a. C. sarebbesi dunque
data tale inclinazione alle piramidi
acciocché sul morto depostovi aves-
se più diretta influenza il cane ce-
leste Sothis, Anobi, Foth, raffigu-
- rato nella stella Sirio.
' Di base quadrata e orientale, le
piramidi più piccole sono di matto-
ni, le altre di pietra calcare: con
rivestimento di pietre levigate e
adorne di scolture. La porta è accu-
ratamente nascosta, e chiusa con
un pietrone. Essa mena in gallerie
che or si restringono ora s'allargano, e riescono ad una o più celle , la più bella
delle quali contiene il sarcofiigo regio. Talora vi si trovano pozzi verticali, che forse
comunicavano col canale del Nilo.
Le gallerie e le camere son di larghezza diversissima, e sempre a labirinto; più ca-
paci quelle che si sprofondnno nel suolo. In una scoperta dal Belzoni, la sala principale
era stata scavata a botte molto ampia, ed ornata magnificamente ; vi stava un sarcofago
d'alabastro, squisitamente lavorato, che ne conteneva altri minori.
Delle molte piramidi d'Egitto quelle di Gizeh son le meglio conservate, non essendone
tolto che il rivestimento della prima; ed hanno quattro l'accie convergenti regolarmente
STORIA DELL ARTE FKA GLI EGIZJ
bi
verso la sommità. Ma da quelle più guaste si scorge che eran fabbricate dì muri, uno
accanto all'altro, e un dell'ailro nien alto, sicché alzavansi a scalini, i cui angoli poi si
riempivano.
A questo modo si spiega quel che Erodoto dice, che sui vnrj grndini piantavansi mac-
chine, e che i pietroni erano elevati dall'uno all'altro. Per tal modo poteasi ingrandire
una piramide quanto si volesse, aggiungendo un dado a ciascuno scaglione; onde i re
che lungamente campassero, potevano ridurle grandissime, mentre altri morendo le la-
sciavano imperfette.
Dal sentimento stesso di conservare i cadaveri furono suggeriti gl'ipogei, ricavati nel
sasso, tutt'al lungo del Nilo, nella catena de' monti Libici. Ai piìi distinti precede un
peristilio all'aria libera, una porta, in alcuna delle quali c'è un voltino a pietre cunei-
formi, probabilmente fatte nell'età greca; poi vengono gallerie, camere, salee fosse per
le mummie. In alcune vi
sono'basaraentì con nicchie,
ed in questi simulacri degli
Dei a tutto rilievo.
Anche la plastica sa del-
l'architettonico, e si esercita
nella pietra, talvolta durissi-
ma, come granito, sienite,
porfido, basalte; piìi spesso
in un gres (ino; e per oggetti
piccoli, in serpentino, ema-
tite, alabastro. Il vigore e la
precisione ne sono i caratte-
ri, ed essendo destinate a
compimento dell'architettu- ^
ra, mostransi immobili e re-
golari, le braccia attaccate ^^^M
al corpo, per lo più colossali.
La statua di Pennone era
alta m. 16. 2o di granito.
Diamo nella png. seg. uno dei colossi di Abusambul, paese della Nubia posto alla
latitudine di ^i^ 2-2": esso ha alle spalle il diametro di metri 8 25 la faccia lunga m.
2.27. il naso m. 0.8fi, la barba m. 1.78, tutta l'altezza m. 16.24, oltre il berretto di
m. 4.?)S: rappresenta Ramesse il Grande, fondatore di quel tempio.
le statue foggia\ansi sopra un tipo nazionale, e con proporzioni stabilite secondo i
luoghi e i tempi ; né si trova che gli Egizj studiassero imitare il vero, cioè far ritratti.
Pertanto le persone e gli Dei sono distinti solo mediante le vesti e i colori e l'acconcia-
tura del capo, e l'aggiunta di tfsle d'animali, d'ale e altro. Le faccie sono finite, ma le
altre forme e le particolarità restano appena indicate; e la semplicità delle linee sinuose
fa effetto di grandezza. Tutto poi è piuttosto geometrico che organico. Ecco un Osi-
ride col nilometro io capo (Pag. seg ).
Gli artisti loroaveano un canone, secondo il quale proporzionavano la figura umana;
ma esso variò secondo i tempi. Diodoro scrive (i. 98) che divideano il corpo in 21 parti
e 1|2, forse prendendo per unità il naso. Si conosce un antico modulo, che consisteva
in 6 grandi divisioni e molte suddivisioni: un altro più recente, fondato sul primo e
composto di 18 parti eguali : uno greco di 22 parti e 5|i. Lepsius ultimamente scoperse
quello di 21 parti e 1|i, usato su tutti i monumenti romani dell'età imperiale.
In generale nelle statue il petto è largo, stretta la parte inferiore, corto il collo, lun-
ghi i piedi e massime le dita; le ginocchia molto pronunziate, naso largo e tondo,
ocelli sporgenti, e coi canti rivolti in su, come quei della bocca; sopracciglia appena
accennate, bocca larga e labbra grosse, mento piccolo, orecchie lunghe e piantate molto
allo, il che vorrebbe darsi per un carattere della razza egiziana; la barba sembra postic-
cia, e talvolta vedonsi i cordoni che la sostenevano. Qualche rarissimo busto fu trovato.
Le sculture della terza epoca si discernono alla minor finitezza e alla mancanza di ca-
rattere nell'esecuzione.
52
ARCHEOLOGIA £ BELLE ARTI
I vestimenti erano parte molto studiata. Consistevano in tuniche di cotone ; e per gli
uomini spesso null'aitro che una tela attorno alle reni. Usavano la corazza. Ogni classe
portava un berretto stretto in capo, che ornato era segno della dignità sacerdolalle
Abusambul
Osiride
Che questa rigidità e uniformità derivasse da
prescrizioni rituali n'è prova il vedere che gli
animali hanno maggior vita, e talora si aggrup-
pano con bizzarria. Tali sarebbero le sfingi, leoni
con testa umana, leoni sparvieri, serpenti avol-
toj ecc. Anche le statue hanno spesso leste d'a-
nimali, ed è caratteristico dell'arte egiziana que-
sto sacrificare per prima cosa la testa.
Assaissimo lavoravano di bassorilievo, ma men
felicemente. Il rilievo è sempre bassissimo; e più
volte le figure son ricavate abbassando la pietra;
spesso ancora non sono che tracciati i contorni,
quasi si temesse interrompessero le linee archi-
tettoniche. In essi pure predomina la legge che
imponeva atteggiamenti topici. Con naturalezza
vanno le scene di vita domestica ; ma stentate
sono le grandiose di battaglie. Sempre appare
la cura, naturale all'infanzia dell'arte, di rappre-
sentare ciascun membro in modo evidente; per-
ciò di profilo le teste, le anche e le gambe, men-
tre il petto è di faccia, >. '.cosìjgli occhi ; braccia
STORIA dell'arte FRA GLI EGIZJ
53
e spalle di contorni angolosi ; mani spalancate, e talvolta ambedue dritte o ambedue
mancine.
Egregiamente lavorarono le terre cotte in vasi, fra cui son quelli detti canòpi, teste
del dio Knupli, formanti un secchio da purgar l'acqua; e migliaja di figurine di divinità,
coperte d'uno smallo verde e celeste, (ili scarabei ora sono di tali materie, ora d'ame-
tista, diaspro, agata, cornalina, lapislazzuli, altre pietre dure.
Di metalli lavorarono ben poco; e sebbene gli antichi ne parlino, non trovansi grandi
statue nìetalliche, bensì idolelli di bronzo. Saiìcvano dipingere sui metalli, almeno al
tempo de' Tolomei, quando pure vi borivano le vetrerie. Di legno fecero qualche ido-
letto, poi intagliarono i coperchi delle casse delle mummie, imitanti le statue d'Iside e
Osiride. Queste sono di legno di sicomoro, e dovean costare assai, giacché molte sono
formate di listerelle incollate.
11 disegno è sempre rigido e crudo. Nella pittura non conobbero le gradazioni. Stem-
perati i colori con colla o cera, li trasportavano sulla superficie o piana o curva, sulle
casse, sul bisso, sui rotoli di papiro, ma sempre senz'ombra né eflétlo di luce: lo slesso
colore dapertutto; e sembra che la scelta fosse anch'essa rituale. Gli uomini sono per lo
\)ì\i rossi, gialle le donne; rossi i quadrupedi, verdi o azzurri gli uccelli, e così l'acqua
e Ammone. Solo si variò per significare diversità di nazioni: e in uno che esiste nel
museo Britannico, vedonsi i Nubj con acconciature particolari.
Una mitologia eroica non ebbero, onde mancavano di questa ricca fonte di concoziooi
artistiche. Gli Dei non sono rappresentati per se stessi, ma per occasione delle lor feste:
e invece di scene puramente mitologiche, si tende solo a riprodurre coll'immagine gli
omaggi che la divinila riceve in una data situazione. Anche la vita avvenire è raffigurata
come la posizione d'un uomo solo, e il giudizio [)ronunziato su lui. Le rappresentazioni
scientifiche del cielo sono oroscopi di qualche individuo: tali sono i famosi zodiachi di
Tentira, di Esnè, di Ermonti, di Tebe. Gli Dei, e i principi e sacerdoti confondeansi;
le pareti e le pilone, col qual nome s'indicano i propilei, son rivestite di scene o litur-
giche 0 di vita pubblica o guerresca; i sepolcri rappresentano le professioni e le occu-
pazioni particolari di quei che racchiudono.
Mdbller, archeologia.
Champollioi^ , Panthéon égypiien. Monumens d/ Egyple et de Nubie. 4 voi.
Creuzer, Religioni dell'anlichilà.
G. SCHVARTZ, Vatalle Egyplen., oder Sprache^ Geschichte, Religionund Verfastung des alien Egyptent.
Lipsia t843.
J. Pettigrew, Encyclopcedia cegypliaca., or Dictionary of Egyptian Aniiqmlies. Londra -1842 e »eg.
La loro arte grafica non proponeasi la ri-
velazione dell'anima, ma solo azioni e fatti rj
esterni; storica, monumentale, a guisa di una c^^^dUlU
scrittura i cui caratteri sono eseguili in pie- ^ì^ì^^^^ì^>^
tra. La scrittura e la immagine vi son con- ^ ^-^
fusi ; e alla scultura vanno sempre uniti segni ' — ^ — ^
geroglifici, come in questa figura di Anuke.
Per tale intento d'essere storica, vi si trova
precisato il numero de' nemici uccisi, de' pe-
sci 0 uccelli presi: onde può tenersi come
rivelamento della vita domestica e pubblica.
Sotto qucst'aspeUo sono importanti W. Lane, Fgypl
and the Egyptians ancien and modem , from no-
tes made during a residence in Egypl and Nubia
from 1835 lo 1836. Londra.
WiLEiNSON, Some account of the privale life^ mannert and euttoms, religtonj goternement, arti, htog
and early history of the ancient Egyplians. 1838.
Le ultime scoperte, massime dopo i viaggi di Lcpsius, rivelarono inaspettate relazioni fra l'Egitto e l'Asia
occidentale; e possono vedersi riassunte nella Nolice de$ monumens égypliens du Louvre par M. Db
RoDGE , Parigi l8o3 , dov'è pure una cronologia egizia , rettificala sopra i monumenti di recente com-
parsi. Resta tolto affatto quel periodo d'Api , la vita de' quali alcuno pretendeva durasse venlicinqa*
auni e servisse a misurare il tempo.
54
ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
Insomma l'arte rivela una vita razionale, fredda, moderata, e fin i simboli trasmes-
sigli dalla fantasia di tempi o nazioni anteriori, sono adoprati come formole date
per designare le molte distinzioni dello stato civile e arlifiziale, e d'una scienza sacer-
dotale: né mai vi si scorge quella rivelazione della vita interna, di cui sono manife-
stazione le forme naturali.
Al tempo de' Toloniei 1 arte greca operò certamente sull'egizia, e la Pastofora o Ta-
lamefora del museo Vaticano, ancor vestita all'egiziana e coperta di geroglifici, ha mag-
giore rotondità di contorni, ampiezza di tunica e gentilezza di finimenti. Ancor più
sentesi l'influenza nelle medaglie e nelle gemme. Venne poi lo stile d'imiiazione al
tempo d'Adriano, quando a Roma o in Grecia si fecero statue sui modello egiziano,
molto però ingentilite.
§ 50 — In Italia.
Disputano i dotti se le arti abbiano preceduto in Etruria o nella Magna Grecia, La
priorità italica fu sostenuta dal Guarnacci {Origini italiche), dal p. Paoli [Antichità pe-
stane), dal conte d'Arco {Patria primitiva del disegno), dal Mazzoldi, e meglio si po-
trebbe dopo le tante scoperte recenti. Nel giugno 17^:2, andandosi in traccia di qual-
che erba pel giardino botanico di Homa sul monte Circeo, si rinvennero rovine, cui die-
desi il nome di ciclopiche perchè somiglianti alle mura di Tirinto e Micene in Argolide,
designate dagli antichi per opera de' Ciclopi (vedi § 40;. Da quel punto si studiò questo
genere fin allora inosservalo, e numerosi riscontri trovaronsi nel Peloponneso, nell'At-
tica, in Beozia, in Tessaglia, nella Focide, nell'Epiro, nella Tracia, nell'Asia Minore,
paesi abitati dai Pelasgi. Petit-Radel vi continuò le ricerche quanto visse (-'lb'55\ L'isti-
tuto archeologico di Roma, vicino ai luoghi, rischiarò assai questa materia: gl'inglesi
Dodwel e W. Geli le esaminarono nell'antico Lazio, e scopersero il posto di molle ciltà
distrutte. Gerhard e Canina le sostengono romane; li confuta Raoul-Rochelte (Journal
des Savans^ marzo 18i5j; e il fatto sta che di lavori simili l'Italia ne ha forse trecento,
mentre pochi la Grecia. Trovansi essi ne' paesi abitati dagli Aborigeni e Caschi, poi dai
Sabini, e fra i Marsi e gli Ernici, come sarebbero Lista, Ratia, Trebula Suflena, Tiora,
Alba Fucense, Angizia nei Marsi, Atino, Alatrio, Anagni, òigna, Preneste, Sora, Norba,
Cora, Arpino negli Ernici e nel Lazio, Boviano, Calatia, Isernia, Aufidena nel Sannio, e
nelle città a mare di Anxur (Terracinaj, Circei, Fundi. Tali costruzioni ciclopiche o po-
ligone estendonsi dunque fin al Volturno senza passarlo. Nell'Italia seltenlrionale non
ve ne ha, e neppure di là dell'Apennino, né nell'Etruria interna; giacché quelle di
Fiesole, Cortona, Volterra hanno carattere diffe-
rente. Son quasi tutti in pietra calcare e nel se-
condo modo ciclopico, con porte piramidali, e
talvolta figure falliche, come sulla porta dell'acro-
poli di Alalri, qui disegnala La (|uale fra le ojìere
ciclopiche in Italia merita distinzione per avere
l'architrave in un pezzo solo di 5 metri; mentre
una porla minore ha la volta e la scala di massi
sovrapposti , compaiabili solo all'ingresso della
piramide di .Memli. Lo spigolo delle due mura
orientale e australe, alto metri IG, è composto di 15 enormi pietroni.
A iNorha trovansi eziandio camere or quadrate or rotonde, coperte di lastroni, invece
di volta, com'è anche in un acquedotto a Tuscolo. Vi corrispondono in Sardegna i nu-
raghi, gruppi di monumenti conici a volta, con pietre grossolane e senza cemenlo.
{fìg. \ qui contro). Vi somigliano alcuni monumenti sepolcrali di Volterra. In Sicilia si
hanno costruzioni ciclopiche, specialmente a Cefalù, delle quali esibiamo qui le figure:
{fig. 2 3 id.) e la tradizione attribuiva a Dedalo le mura di Erice e Gamico. A Gozo sus-
siste tuttavia la Torre de' Giganti, che alcuno pretese fin antediluviana.
Nel 1819 si scoprì sulla sinistra della Nera, fra Terni e la caduta della Marmora, uà
ponte d'un sol arco, {fig. 4 id.) composto di massi parallelepipedi, e fiancheggiato d'o-
pere polìgonie, fatte con pietre quadrale; credesi destinato allo scolo del lago Velino
prima dell'opera di Curio Dentato.
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STORIA BELL'AnTE IN ÌTALIÌ
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La quistione delle mura ciclopiche o poligonie fu molto discussa nel BuUettino e nelle
Memorie deW Istituto di corrispondenza archeologica. Ivi Pelit-Hadel diede il cata-
logo di troppe città della media e bassa Italia con tali costruzioni: Gerhard lo retti-
ficò, dandone la seguente serie. Le autorità potranno vedersi nelle Memorie suddette,
anno 1852, p. 77:
—Nelle contrade marittime del Lazio primeggia con magnifici avanzi di poligonia co-
struzione Anxur, or Terracina: v'è qualche resto simile sulla sommità dell'antica CjV-
ceji, oggi Monte Circeo: rinomali sono gli avanzi del poligonio recinto di Fundiy
oggi Fondi ^ e degne di particolare attenzione le mura di massi irregolari e per lo
56 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
più bugnali, che in quel tratto di paese s'incontrano, tanto ne'contorni di Terracina
quanto sotto il castello di Itri, e nelle costruzioni della Via Appia o poco lontano
da questa verso Fondi ed Uri, e ancora al di là di Moia di Gaeta. E quindi rivolgen-
dosi verso l'interno del Lazio, s'incontrano i magnifici avanzi di poligonia costru-
zione, conosciuti dai recinti e dalle porte di Arpinum e Alatrium ; vengono in poca
considerazione, se mai sono di simil genere, le mura di Aquinum, Nobili sono i sifatti
avanzi di l'erulce, e quelli ancora, mescolati con costruzioni di epoche diverse, che
in molta estensione si osservano nell'antico Ferentinum. Qualche resto di costru-
zione poligonia trovasi pure a Civitella sopra Olevano: assai più estesi e rinomati,
inferiori alla magnificenza de' recinti d'Arpino ed Alatri e delle città volsche, sono
i recinti, formati anch'essi con massi irregolari, dell'antica Prceneste. Ma gli avanzi
forse più maestosi sono quelli che sulle vicine montagne volsche cingevano le tre
città di Norba, Signia e Cora.
Nell'opposto lato dell'Apennino, nei paesi degli antichi Sanniti, Marsi e Sabini, non
mancano resti ragguardevoli. Ammiransi presso i Sanniti le mura composte d'irrego-
lari massi, di Jisernia, Bovianum e Calaiia, alle quali forse dovrà aggiungersi Au-
fidena. Presso i Marsi primeggiano gli avanzi di Alba\ ragguardevoli sono quelli di
Atina; meno rilevanti se non dubbj, quelli di Lucus Angitice ; e degni d'ulteriori
osservazioni sulla faccia del luogo gli avanzi simili esistenti nelle circonferenze del
lago di Fucino. Scarseggiano nei paesi sottomessi a quella parte dell'Apennino che
guarda l'Adriatico, ossia negli Abruzzi Ulteriori e nella vallata d'Aquila; né potreb-
besi accertare l'esistenza del creduto ciclopeo nei recinti di Penna de' Marsi, né
molto meno di Sulmona.
Sembra che quell'uso gigantesco di fabbricare sia stato famigliare e quasi domestico
nelle montagne degli Equi e de' Sabini che si estendono dal Fucino alle contrade
tiburtine. Basta richiamare agli amatori di queste cose i nomi dell'antica Tiora Nur-
sia, e Sutia cogli odierni del Cicolano e di Rieti, e altresì nei contorni di Tivoli
quelli verso Monleverde e Siciliano, e verso Vicovaro, per ricordarsi degli avanzi
sparsi per ogni dove della costruzione ciclopea.
Proseguendo da Reale la direzione dell'Umbria, vi sono le mura quasi intiere di co-
struzione poligonia dell'antica Ameria; altri sifatti resti a Cesi ed a Spoleto: da' quali
avanzi restano distaccati per l'alta catena dell'Apennino etrusco i ruderi magnifici
dell'antica Cosa, quelli ragguardevoli di Succosa e di Saturnia, e le vestigie che di-
consi esistere delle mura di Rusellce e di Populonia. Nell'intermedio tratto fu notato
un solo meschino avanzo nelle vicinanze di Viterbo. Regolari si mostrano le mura
tuttora visibili dell'etrusche Veji e Falerj. Pertanto per documentare il passaggio
della poligonia maniera di costruire a quella di massi quasi regolari, esistono in
avanzi di vulgare notizia le mura di Volterra, Fiesole e Cortona, non che quelle di
Perugia, e pur anche di Assisi. Nei quali resti è rettangolare il taglio di tutti i massi:
se non che fra gli usati macigni quadrangolari, posti in orizzontali file, trovansi tal-
volta delle pietre piccole innestatevi per dar compimento alla fila de' massi stessi, e
talvolta obliquamente tagliati i massi ; nel resto quadrangolari, come si vede altresì
in qualche edifizio romano.
Limitata così l'esistenza de' ruderi dell'antichissima costruzione a massi irregolari,
verso settentrione dalle montagne dell'Arno, e verso mezzodì dal Volturno, fa me-
stieri di ricordare che, allontanandosi dal continente d'Italia, i primi avanzi, quan-
tunque non numerosi, s'incontrano nella Sicilia. Coi quali non molti monumenti di
costruzione poligonia convien poi raffrontare i magnifici sull'isola di Gozo, per sempre-
più confermare la provenienza dall'Occidente sì di quel gigantesco modo di costruire,
sì del popolo che soleva adoperarlo. —
Al decadere degli Oschi e de'Sabellj, ingrandiscono gli Etruschi, razza distinta dalla
greca benché con questa avesse comuni molti modi dell'arte. Forse vi fu recata dalia
colonia tirreno-pelasgica, che respinta dalla Lidia meridionale, si stanziò nei dintorni
di Cere e di Tarquinia. Che clie ne sia, gli Etruschi ci si mostrano gente industriosi!,
d'imprese ardite, e che costruiva con modo particolare. Cingevano le loro città di
mura robuste, l'atte con pietre irregolari-, sapevano guidar le acque e darvi scolo; e ad
STORIA dell'arte IN ITALIA 87
essi va attribuita la cloaca maxima, di Roma, dalla cui figura, qui riprodotta, si vede
che conobbero le volte. Le case disponevano in modo, che la principal camera stesse
in mezzo, verso la nuale diri''eansi le acque del ^ ^
tetto circostante {cavedium o impluvium). mf-^'''<!^^^f^l^%^
All'Etrusca sono le mura di Volterra, Vetulo- .^^^Je^W'w^^^'
nia, Roselle, Fiesole, Populonia, Cortona, Perugia,
Vejo ; a poligoni quelle di Saturnia, Cosa, P'alera
e di alcune città dell'Umbria, come Ameria,
Spoleto ecc. Gli sbocchi del Po e dell'Arno erano
regolati da scaricatori e imboccature; aveanoanzi
ideato ridurre a canale tutto il Po; apersero un
emissario al lago Albano, lungo m. 2557, allo 2.
27, largo \. 62; e Giovan Villani ricorda sussistenti al suo tempo opere gigantesche
per regolare il corso dell'Arno.
L'ordine toscano dei tempj tiene del dorico, ma con modificazioni importanti.
Le colonne erano più lunghe e colla base, arrivando a 14 moduli, e con maggior in-
tercolunnio, e sostenevano un cornicione di legno con mululi sporgenti sull'architrave,
una gronda assai prominente, ed un elevato frontone. Di tal ordine non rimane altro
che due tronchi di colonne a Volci e Bomarzo, i quali per verità non corrispondono
punto alla descrizione di Vitruvio, che noi demmo or ora. Il piano del tempio era variato
in grazia della parte augurale, destinata a osservare gli auspizj; e si avvicinò maggior-
mente alla forma quadrata: la cella o le celle (il tempio del Campidoglio n'avea tre)
furono trasferite alla parte posteriore (postica), mentre l'anteriore (antìcg.) era coperta
di colonne.
Pili dei Greci posero cura alle tombe ch'erano più spesso escavazioni nella pietra, o
sotterranee od elevate secondo il suolo; alcune di mattoni, per lo piìi coniche, e che
talvolta racchiudeano camere sepolcrali, talultra non servivano che d'ornamento alle
costruzioni sottoposte. Noi le descriveremo più avanti. In due monumenti trovati a
Castelnorcio si ha il carattere di quel che dissero ordine dorico, col fregio ornato di
raetope e triglifi.
Uno de' più singolari monumenti dell'arte etrusca fu la tomba del re Porsena, se-
condo Varrone, descritta da Plinio nella Storia nat. xxxvi. e. 19: » Fu sepolto Porsena
« sotto la città di Clusio, nel qual luogo lasciò un monumento di sassi quadrati : ciascun
<i lato di 500 piedi, alto SO, e dentro alla base quadrata un labirinto inestricabile, che
« se uno v'entri senza un gomitolo di filo non può trovarne l'uscita. Sopra questo
« quadrato stanno cin(|ue piramidi, quattro agli angoli, una in mezzO/ da piedi larghe
M 7d, alte loO, e sulla cui sommità sovrasta un globo di bronzo da cui pendono attac-
« cate a catene delle campanelle, che agitate dal vento portano lontano il suono, come
« una volta facevasi a Dodona. Sopra quel globo vi sono quattro piramidi, alte 100
« piedi. Sopra queste sostenute da una piattaforma, vedonsi cinque altre piramidi, di
'( cui Varrone ebbe vergogna di riferir l'altezza, ma le favole etrusche le dicono ele-
« vate quanto lutto il monumento ».
È strano, che, delle più fra le fabbriche antiche di cui gli autori ci lasciarono la
descrizione, difficilmente si possa levare una pianta esatta, per quanto vi s'industrino
gli artisti. Di niuna poi è più difficile che di questa, intorno alla quale si scrissero
anche le cose più stravaganti. Alcuni ne ripudiarono all'atto l'esistenza, e s'appoggia-
rono al non restarne già nulla al tempo di Plinio, mentre simili moli altrove sorgono
ancora intatte. Possibile che un edifizio tanto meraviglioso, conservato come sacro dalla
venerazione d'un popolo artista e sacerdotale, fosse in quattro o cinque secoli distrutto
a modo di non restarne più orma? ( Nulla vestigia extant, Plinio] . Quel che a Chiusi
s'indica per labirinto di Porsena, non è lavoro antico, il p. Angelo Cortenovis (Del
mausoleo di Porsena) ce lo presenta come una gran macchina elettrica. Letronne ne
impugna alTatlo l'esistenza [Journal des Savans, -1817 aprile; Méin. de rAcadémiero-
yale, tom. ix. 1831 p. 372; Annali dell'istituto di corrispondeìiza archeologica), sup-
ponendolo una finzione, al pari del palazzo d'Osimandia in Egitto: né altrimenti che
unzione può credersi la costruzione impossibile quivi accennata di piramidi sovra pi-
ramidi, sovra globi ecc. Quatremère di Quincy, al globo soprapposto alle cinque pira-
ss ARCHEOLOGIA E BÈLLE Àkiri
midi, sostituisce un cappello: il secondo ed il terzo suprà indicano secondo lui, non
un edifizio sovrapposto, ma una costruzione collocata più alto. Nei citati Annali dell'Is-
tituto di corrispondenza archeologica per l'anno 1829 il duca ;di Luines, criticando
la ristaurazione del Quatremère, ne promette un'altra, clie offre anch'essa le medesime
difficoltà generali, oltre quelle ne' particolari. Il caso sta che non può ricostruirsi ragio-
nevolmente ciò che probahilmente non fu mai se non nell'immaginazione o in canti
poetici, come lo scudo d'Achille.
Pitture italiche anteriori a quelle dei Greci sono nelle grotte tarquiniesi, date prima-
mente a conoscere dal senatore Buonarroti nelle giunte al Demstero, poi da Bires anche
coi colori, riprodotte dal Micali ueWltalia avanti il dominio romano, e da altri. Queste
non possono, come i vasi, dirsi portate di fuori; nazionali ne sono lo stile e il vesti-
mento e le armi e i riti e i simboli: sono cocchi tratti da genj alati neri, armati di
serpi e di mazze, i quali trasportano simulacri che forse indicano le anime; altri genj
strappano questi dai cocchi e li battono; poi combattimenti, e altra varietà di soggetti,
che non hanno a fare colla mitologia greca. Ornavano pure i lempj, e poneano busso-
rilievi [anaijlipha) o statue nel vano dei frontoni, e statue sugli acroteri o nell'interno
de'santuarj. Di sopra del tempio Capitolino era una quadriga in terra colta, fatta a Vejo;
e la statua di Giove, posta nell'interno, pure d'argilla, opera di Toriano di Fregella,
tiogevasi di minio nei giorni festivi.
Di Statue di bronzo la sola Volsinia, nel 487 di Roma, ne possedeva duemila. Molte
ne abbiamo ancora di piccole. Fra i lavori etruschi son rinomati la Lupa del Campi-
doglio, di forte espressione; la Chimera d'Arezzo e la Minerva graziosa nel museo
di Firenze; deve l'Arringalore o Aruspice che è un ritratto accurato, benché senza
idealità; l'Apollo con catena al collo e calzari etruschi, in istile arcaico; il fanciullo
dell'oca, figura graziosa nel museo di Leida; ed altri, molti de' quali uscirono dagli
scavi di Perugia.
Vi si reputavano pure grandemente i lavori di cesellatura, intaglio e orificeria: le
orerie etrusche eran cercate perfino da Atene ne' suoi più bei tempi: cosi pure lavora-
vansi coppe d'argento, troni con avorio e con metalli preziosi , carri trionfali , arma-
dure; e ogni sorta fregi si ritrovarono nelle tombe. Aggiungete gli specchi di bronzo
che altri mal crede patere, intagliati nella parte concava, e le ciste mistiche.
Di legno e di marmo poche statue fecero gli Etruschi. Piuttosto lavorarono le pietre
fine in scarabei e in figure d'atteggiamenti esagerati, in anelli e fermagli. Grossolani
sono i conj delle loro monete. Principal lode acquistò agli Etruschi la fabbrica dei vasi
d'argilla di varie specie; del che parliamo a disteso nel Capo V.
Sulle antiquita etrusche vedi.
Th. Dempsteh, De Elruria regali. 4619, 2 voi.
F. Gobi, Maswum etruscum, 1757-45, 5 voi. colle dissertazioni di Passeri.
— Musali Guarnacci ani. monumenta etrusca. -1744.
Saggi di disserlaziuni deW Accademia elrusca di Cortona dopo il 1742. voi. 9.
Musceum cortonense a F. Valesio, A. F. GoRiO, et R. Venuti illuslralum. 4750.
Scipione Maff^i, Osservazioni letterarie.
J. B. Passeri. In Dempsleri libros de Etruria regali paralipomena. 47G7.
Guarnacci, Origini italiche. 1767-72, voi. 3.
Heyne, varie Memorie nei Noi\ Commentar. Goti. t. ni. X. VI. vn ; e Opuscula acad.
L. Lanzi, Saggio di lingua etrusca. 1789, 3 voi.
IpiGBiKAMi, Monumenli etruschi o di etrusco nome, 7 voi. di tosto, 6 di tavole, 1821-26,
Micali, Storia degli antichi popoli italiani., 4 852, 3 voi.; e diverse Memorie di Vermiglioli, Orioli, Car-
dinali, Uaoiil-Hothclle, Ziinoui, Arditi, Tochon, ecc.
Vebmiglioli , Elementi d^ Archeologia , lez. vili , dà la bibliografia completa , fin a' suoi giorni , di que'
che scrissero intoroo a' vasi.
itORlA dell'arte \y ITALIA 89
§ b'I. — fra i Romani.
Etruschi sono i primi monumenti di Roma, come la Cloaca massima, il piano del
Foro e dei comizj, il circo, il tempio Capitolino, il carcere Tulliano, il tempio di Diana
sull'Avenlino, le mura di Tarquinio e quelle di Servio. In questi jjrandiosi edifi/j si di-
relthe che la piccola Roma già presentisse come era destinata a divenir la ca[)itale di
tutte le capitali del mondo antico. Immagini ne' tempj non ebbe clie dijioi , e queste
di legno 0 argilla, e lavorate da Toscani. Cacciati i Re, si pensò, anziché al bello, a
preparare strade e canali: ma solo nel vi secolo cominciarono le vie strategiche di
pietra. Tra le grandi imprese van conlati il prosciugamento del lago d'Albano, del Ve-
lino e delle paludi Pontine, le vie Appia, Flaminia, Emilia ecc. I tempj non aveano
magnificenza, non comodità le case private; e i sepolcri degli Scipioni attestano come
l'arte greca vi si fosse introdotta di buon'ora, modificata secondo i bisogni del paese.
La prima basilica degna di questo nome fu fatta da Catone il 568. Nel S97 ufl senato-
consulto vietava i teatri permanenti.
L'ambizione fece ben presto elevare statue di bronzo: nell'atrio delle case conserva-
vansi i ritratti degli avi, che erano maschere di cera. iMinio dice che la prima divinità
di bronzo fu una Cerere, fusa coi denari confiscati a S|)urio Cassio: ma estesa la domi-
nazione sulla Magna Grecia, si moltiplicarono le offerte e le statue metalliche, al modo
de' Greci. Presto fu coltivatala pittura, e Fabio Pittore già v'otteneva lode, ed era ado-
perata per ritrarre i fatti gloriosi della patria.
Quando Roma preponderò su tutto il mondo, divenne anche emporio dell'arti, benché
senza merito di coltivatori propij. Dalla presa di Corinto sin al regno d'Augusto i no-
bili trassero artisti e lavori a Roma, per allucinare e cattivare il popolo; e mdarno i
vecchi Romani si opponeano all'invasione del gusto asiatico. Dai paesi vinti fuggivano
gli artisti a Roma, e al tempo di Siila, Pompeo, Augusto, quei che meglio lavorassero
di scoltura, cesello, fusione, si trovavano nella capitale. Que' paesi fornivano di orna-
menti la città, che non sapea da so fabbricarne: e nel 694, Emilio Scauro fregiò un
teatro di legno con tre file di colonne una sopra l'altra; dietro di esse, pareti di marmo
al primo piano, al secondo di vetro, al terzo di tavolette dorate ; tremila statue di bronzo,
molli quadri e tappeti compivano l'addobbo; e tutto ciò pel solo tempo ch'egli restava
edile.
Grossolana ancora mostrasi l'arte nelle monete consolari e delle famiglie, cioè che
portano il nome del direttore della zecca, e principalmente dei tresviri monetalss. Dopo
il 700 si han monete romane che non iscapitano da quelle di Pirro e d'Agatocle.
Già prima che cadesse la repubblica, aveansi tutti gli edifizj di necessità o di bellezza;
tempj, curie, basiliche, fòri con portici, spazj per giuochi; tutto costruito con lusso ed
eleganza, imitati pure nelle case private; ricchi sepolcri orlavano le vie pubbliche, e
magnifiche ville disputavano i campi all'agricoltura.
11 primo teatro di pietre fu quel di Pompeo nel 697, capace di quarantamila spetta-
tori, il Circo massimo fu disposto sotto Cesare per riceverne cencinquantamila.
La grandezza del popolo dominatore del mondo rilevasi negli edifizj degli imperatori.
Augusto, secondato da Agrippa, mutò il Campo marzio in una sontuosa città. Gli impe-
ratori successivi si estesero attorno al Palatino e alla via Sacra; e per distorre il popolo
dai pubblici interessi, i Giulj e i Flavj lo occupano in magnificenze architettoniche, e
gli procurano godimenti e comodi.
Tali imprese si estesero anche alle provincie, nella tranquillità goduta dopo il tempo
di Nerva. Pompej disoUerrata ci mostra come una piccola città provinciale sapesse su
piccolo spazio disporre tutti gli edifizj pubblici. La quale abitudine, comune a tutte le
città, nasceva dal vivere che allora si faceva in pubblico e fra i negozj.
Proprj de' Romani possono dirsi gli edifizj ove domina l'arco; ma spesso associavano
l'arte greca tanto più che greci erano gli architetti. Mentre la cella del tempio era co-
perta d'un'ampia volta, all'esterno riproduceansi i colonnati greci, e le ale adattate ad
una copertura in pendìo. Le colonne cessan d'essere l'elemento caratteristico della co-
struzione, ma divengono ornamento al muro, troppo lontane per servir alla forza, sol-
60 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
levate sopra piedestalli per corrispondere all'elevazione dell'arco, e talvolta sostenendo
UD cornicione che non sosteneva nulla. Mescolavansi gli ordini (nel teatro di Marcello
i dentelli jonici coi triglifi dorici); le colonne alzavansi fin a 9 e 9 1(2 diametri, come
nell'arco di Tito; e s'introdusse il capitello composito, formato del capitello jonico an-
golare collocato sui due terzi inferiori del capitello corintio. Altre volte i pilastri che i
Greci adopravano solo come teste, si riprodussero tutt'al lungo della parete, e vi si at-
taccò la colonna affondandovela per metà. A Pompej trovansi colonne mutate da un
ordine all'altro con rivestimenti di stucco, alterando così le proporzioni. L'aver mesco-
lato le colonne colle arcate, mulo la misura degl'intercolunnj, spezzò le cornici, come
si vede a Balbek e Palmira, e produsse altre varietà.
Molto si dipinse sotto gl'imperatori, e spesso figure lubriche; si predilessero soggetti
esagerati; decoraronsi gli appartamenti con scene e architetture fuor d'ogni regola.
Ludio, al tempo d'Augusto, portò il paesaggio {topiaria opera) a divenir un genere
distinto, facendo giardini, marine, canali, ponti, e tutto animato di figurine. In quelle
che si scopersero qua e là, ma principalmente a Pompej ed Ercolano, vedesi ricchezza
d'inventiva anche in quella decadenza, concezioni allegre, colori sfoggiati; baccanti,
centauri, danzatrici sospese in aria. Ve n'ha alcuni di un genere che oggi lodasi in In-
ghilterra, i quali a prima vista sembrano pasticci, ma allontanati se ne discernono le
rappresentazioni.
Gli ultimi splendori della pittura e delle arti plastiche appajono sotto Trajano e Adriano.
Adriano fece rivivere il gusto antico per pura imitazione, e la Grecia e l'Asia Minore
produssero artisti, che seppero ravvivar l'arte per soddisfare ai desiderj di lui; e ben
riuscirono negli Antinoi, dove con modo fermo modificarono il carattere di questo
personag"io, or da dio, or da eroe, or in medaglie. Si hanno pure statue e cammei non
inferiori all'età precedente: tale è il Nerva del museo Vaticano, il busto di bronzo
d'Adriano al museo Capitolino, ecc. Imitaronsi eziandio l'arti forestiere, massime le
egiziane, talvolta ingentilendole, come vedesi negli avanzi della villa Tiburtina. Nei
bassorilievi della colonna Trajana è molto merito nell'evitare la monotonia d'una mar-
cia militare, nella naturalezza e verità degli atteggiamenti, nel carattere delle fisionomie,
nel vi^or delle forme, nel sentimento di qualche scena patetica: l'esecuzione riesce
inferiore in alcuni nudi e panneggiamenti. L'architettura ancora nobile e grandiosa, va
soverchiamente ornata. 11 fòro Trajano doveva essere di gran magnificenza, se guar-
diamo ai frammenti di colonne ivi scavate. Le medaglie degli imperatori Giulj e Flavj
hanno teste piene di vita e di grande nobiltà, e rovesci ingegnosi e bene eseguiti.
Dopo Marc'Aurelio l'arte precipita; povere le invenzioni, mescolati gli stili, come
le opinioni ed i costumi ; si accumulano ornamenti, tanto da non lasciar cogliere il
piano generale, e moltiplicando i membri intermedj, e varieggiando le forme semplici.
Questo gusto era comunicato dagli esempj della Siria e dell'Asia Minore, com'è a ve-
dersi negli avanzi d'Antiochia, di Balbek, di Palmira.
Il gonfio mostrasi fin ne'ritratti degli imperatori colla barba e i capelli inanellati col
trapano e cogli accessori studiati affettatamente, mentre triviali riescono i traiti dei
viso- e talora i capelli e le vesti sono di marmo di colore diverso. In alcune teste di
donna è resa con esattezza la sgarbata pettinatura d'allora; in altre espressa la pupilla,
e le sopracciglia, il che fa contrasto all'aspetto di divinità e all'abito leggero che ad
esse si dà. U Marc' Aurelio a cavallo del Campidoglio è delle opere migliori, eppure
scadente. La colonna Antonina interessa per le scene della guerra contro i Marcoraanni,
ma è inferiore alla Trajana. Anche le monete peggiorano; sebben le romane superino
quelle dell'Asia Minore e della Tracia.
Occupavansi gli scultori nell'ornare palazzi, cioè senza ispirazioni. Zendoro rappre-
sentò Nerone in un colosso di m. 33. 75. Le opere nel monumenti pubblici de' Flavj,
sono di buona invenzione e disposizione, ma neglettamente eseguiti, come i bassori-
lievi dell'arco di Tito e (juelli di'l tempio di l*allade, del fòro di Domiziano.
Dopo Diocleziano gli ornamenti, oltre ingombrare, perdono di finezza e d'arte ; le
arcate si appoggiano alle colonne le quali si attortigliano, si rendono elittiche, o va-
riano con altre licenze, e funsi posare sovra aggetti per sostenere frontoni: parli secon-
darie diventano primarie, e la noja del bello introduce la cupidigia del singolare. Le
STOniA DELL ARTK IN ITALIA
61
scolture dell'arco di Settimio Severo furono eseguite meccanicamente. Si fanno comuni
i sarcofagi, con miti di Bac-
co, Cerere, Psiche, e imprese
d'eroi, simboleggianti una
risurrezione o una libera-
zione dell'anima. L'invasio-
ne delle idee orientali vi si
sente nelle scene mitriache,
e in generale nelle forme
nuove date alle divinità.
11 Mitra, 0 Dio Sole orien-
tale così comune negli ulti-
mi tempi di Roma, e dai
Gentili opposto al Cristo, ta-
lora è figurato in un idolo
carico di simboli, come qui
si vede, avente viso di leo-
ne, ale alle spalle, sul petto
il fulmine, le chiavi in ma-
no', il serpe attorcigliato a
tutto il corpo, e a piedi il
gufo e il caduceo: cumulo
che esprime il dominante
sincretismo religioso. Altre
volte è più artisticamente
rappresentato in un giovane,
col berretto frigio, in atto
di sngrificare il mistico toro,
come nel presente, tratto dai
sotterranei del Campidoglio,
e conservato nella villa Borghese:
62 ARCnEOLOGlA E BELLE ARTI
Procedendo, il gusto diviea povero e meschino, i busti perdono di rilievo, di cor
rezione il disegno, di carattere tutta la rappresentazione, talché si trova necessario sup-
plirvi con iscrizioni.
Lemonete bisantine sono senza vita; poche scolture sopravanzate sull'arco di Costan-
tino son grossolane, e poco meno quelle della colonna Teodosiana a Costantinopoli ;
sui sarcofagi il rilievo esagerato cambiasi in un ordine calmo e monotono, massime
ne'mooumenti cristiani; si consuma l'opera intorno a piccole pietre, a dittici d'avorio.
Aureliano consacrò nel tempio del Sole abiti fatti di gemme riunite; Claudiano descrive
il vestire d'Onorio sfolgorante d'ametiste e di giacinti. Molti cammei si hanno di quel
tempo, in cui insomma non sopravivea dell'arte che la parte meccanica.
§ S2. — Arte cristiana.
Intanto un'arte nuova crescea nascosta nelle catacombe, l'arte cristiana : e dappoiché
il culto potè manifestarsi senza timore, furon adottate per chiese le basiliche ; o sul
loro modello se ne alzarono di nuove, con pezzi tolti ad edifizj antichi; o s'imitarono
sopra terra le forme già usate nelle catacombe.
Accanto vi si f.iceano battisteri, costruzioni poligone o rotonde isolate, disposte al
modo dei bagni romani, in Oriente anche le chiese faceansi più spesso rotonde, coperte
di cupole emisferiche: il primo esempio è la principale d'Antiochia, fondata da Costan-
tino su piano ottagono ; la imita il San Vitale di Ravenna, emisfero sostenuto da colonne
di rozzi capitelli gotici. Anche il mausoleo di Teodorico, ora Santa Maria Rotonda di
Ravenna, è di forme semplici benché pesanti.
Col dilatarsi della religione l'arte cristiana acquistò sviluppo, malgrado gli infelici
tempi e la rozzezza delle particolarità; il gusto è piìi libero ed originale, e meglio in-
tende la signilìcazione generale che non facessero gli artisti degli ultimi tempi romani.
L'architettura, come vedesi a Palmira e a Spalutro, era divenuta straccarica, sicché
ne scapitano l'insieme. Qui nell'ampiezza delle basiliche la semplicità delle linee e delle
superficie produce un effetto grandioso. Questo stile durò per tutto il mondo romano,
fin (juando non gli soltentrò il gotico.
Ai primi secoli cristiani si riferiscono le pitture delle catacombe, e qualche miniatura
di libri, come l'Iliade della I)iblioteca Ambrosiana di Milano, le cui figure si avvicinano
alle classiche ; il Virgilio, il Terenzio con scene tratte dalle commedie, il Giosuè ed altri
libri biblici della biblioteca Vaticana. La pittura all'encausto fu praticata lungamente a
Costantinopoli per ornare palazzi e chiese: ma più venne in uso il musaico, che poi
fu coltivato per tutto il medio evo, massime da artisti bisantini; e del quale una serie
complèta può offrire la sola Homa. Ma l'arte bisantina restò sovente materiale, e non si
elevò dalla natura all'idea. Ivi la bizzarria è sostituita alla grazia, la fantasia alla re-
gola, la ricchezza alla correzione, la rigidità alla forza, il talento al genio; stile di
decadenza. Nella pala d'oro in San Marco, i musaici un a uno han certo vigore inge-
nuo, nell'insieme grandezza; rendono maestà le pose jeratiche ; ma bizzarra è la di-
sposizione de' gruppi, scorrette le particolarità della forma, secco il disegno, niuna re-
gola di prospettiva.
CAPO SECONDO
DELL' ARCHITETTURA
§ 53. — Indole dell'Architettura.
Spettano all'architettura tutte le costruzioni che l'uomo può fare. Ma estendendosi
le cognizioni e la civiltà, non potè un uomo abbracciarne tutte le parti; e però
si distinsero l'architettura militare, incivile, la navale, l'idraulica: ai nostri tempi
i lavori di ponti, acque, strade, forni e simili furono compresi sotto il nome di genio
civile.
La storia delle belle arti bada particolarmente all'architettura civile, destinata a dise-
gnare ed alzare edifìzj, che non solo rispondano ai bisogni fisici dell'uomo, ma parlino
anche alla sua immaginazione, e si conformino a regole imposte dalla natura e dal gusto.
Primo merito d'un'opera architettonica sarà dunque il corrispondere al fine, di
maniera che la posizione e la grandezza di tutte le parti si trovino in armonia cogli usi
cui sono destinate.
Oltre esser utile, deve mostrare quest'utilità, non per iscrizioni od accessorj, ma per
l'espressione, pel carattere particolare, che manifesti francamente la destinazione sua.
La forma generale d'un edifizio, oltre la sua destinazione, dipende anche dai mate-
riali adoprati, secondo i quali variano il numero e la disposizione dei punti d'appoggio,
i rapporti tra i vani e i massicci , tra i sostegni e le parli sostenute. Molto dunque
opereranno sull'architettura le cognizioni che un popolo ha intorno alle leggi della
natura e al miglior modo d'approfittarne. Gli architravi degli Egiziani e dei Greci,
l'arco degli Etruschi e dei Romani, il sesto acuto del medio evo son forme adatte alla
scienza, benché sperimentali.
Fra le centinaja di forme regolari, una ve n'ha più armonica delle altre, e che più
pienamente traduce il pensiero espresso dal monumento, produce l'impressione più
conveniente, e meglio s'avvicina a un tipo ideale di perfezione. A questo tipo deve
tendere l'artista, perchè al buono unisca il belio, scoprendo la proporzione delie parti,
le ragioni dei loro rapporti, che determinano espressioni di peso o di leggerezza, di
eleganza o di grossolanità. 1 Greci superarono ogni altro popolo nel saper apprezzare
Farmonia e la forma; il che è tanto più difficile, in quanto la natura non offre modelli
all'immediata imitazione, come fa alla plastica.
Gli ornamenti non sono indispensabili all'architettura, ma vengono suggeriti dal gusto
naturale dell'uomo, e possono potentemente concorrere al carattere, all'espressione d'un
edifizio. Perciò voglion essere ispirati dal pensiero medesimo di questo; talché nell'ar-
monica unità della distribuzione, costruzione e proporzione dell'insieme entrino pure
la composizione e le forme degli accessorj , non mascherando le forme principali del-
l'edifizio, facendole anzi risaltare. Togliete alle chiese del medio evo i capitelli, le statue,
i vetri colorati, e l'edifizio conserverà il suo carattere, ma quanto meno pronunziato, e
quanto sminuito di effetto!
Le dimensioni stesse dell'edifizio, non considerate che riguardo all'estensione da
loro coperta, hanno un linguaggio proprio, potente sull'immaginazione, sia perchè
rivela la grandezza del pensiero che l'ispirò e la potenza dell'viomo, sia per quella
64 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
naturale inclinazione di confrontare la materiale nostra grandezza cogli oggetti che ne
circondano, per cui restiamo colpiti al veder una montagna, uno scoglio, una sconfi-
nata pianura. >
L. Stieglitz, Archeologie der Baukunst der Griechen und Romer. Weimar -1801 .
Hiax, Die Gesch. der Baukunsl bei den Alien. -I822Ì
KUGLER, Handbuch der Kunslgeschichte. Stuttgard 18-52.
^ 54. — Espressione sua sociale
Arte , scienza e industria s'accordano dunque nel dar esistenza ed espressione
all'architettura, che da questa- triplice impronta deduce il carattere particolare.
E mentre nelle altre arti veggonsi distinte le relazioni coi costumi e i sentimenti e le
dottrine d'un'età, nell'architettura appaiono unite e chiare; dal che il predominio di
essa sull'altre. Quando la distribuzione sia conforme a ciò che esigono gli usi, la costru-
zione qual è indicata dalla scienza, le proporzioni e la decorazione dedotte dai senti-
menti, dal gusto, dalla ricchezza dell'età, quel sistema d'archilettura, rappresenterà la
società in tutti i suoi aspetti.
Ma per creare sifalta rappresentazione d'una grande sintesi, vuoisi che gli uomini
abbiano coscienza di questa; e perciò l'architettura non possedette mai un gran carat-
tere di verità e d'armonia generale se non nelle epoche religiose. Ad ogni sistema di
religione corrispose un sistema d'architettura, quasi simbolo ed effettuazione materiale
il quale ne'monumenti religiosi toccò la perfezione , e da quelli scese agli altri edifizj;
giacché esse sono splendide espressioni de' sentimenti del popolo. I.e opere delle altre
arti son più individuali, mentre questa non può rendere che idee o sentimenti generali
e propri dell'epoca; onde in qualche tempo si lavorano quadri e statue insigni, mentre
i monumenti architettonici non sono che una congerie di pietre, regolare se volete, ma
muta d'ogni espressione.
Se dunque ogni sistema d'architettura corrisponde a un certo stato della scienza
umana e n'è conseguenza , nessuno dei sistemi passati può oggi considerarsi di valore
assoluto, né alcuno, per quanto perfetto come arte, può restar modello definitivo. Errano
pertanto i moderni quando vogliono attenersi unicamente ai modi greci : il che porta
ad applicare facciate dissonanti dall'interno, a moltiplicar le finzioni, a ledere le con-
venienze, mostrandoci un tempio tramutato in borsa od in teatro.
§ SS. — Le modanature.
Le modanature sono quasi l'alfabeto dell'architettura, le membra che servono ad espri-
mere e determinare le differenti parti d'un monumento. Le semplici sono:
1. Il filetto 0 listello- | |
2. La fascia (icenia), listello più largo.
3. L'astragalo, formato di due linee oriz- ^
zontali, unite dalla metà d'un circolo. ^'^
4. L'echino, di due linee orizzontali ^-
e un quarto di circolo convesso. ^^
5. Che se è concavo, come nella cimasa -s— -
dorica, chiamasi cavetto, guscio, trochilo. v
6. Il toro è formato come l'astragalo, ma più largo.
Le modanature composte sono:
7. La cimasa lesbia, composta del guscio e dell'echino. ^
8. La gola o scima, composta egualmente, ma "^^^
concava in alto e convessa abbasso. V
9. La scotia o trochilo, cava, composta del y
cerchio, ma di due raggi differenti. -d_
Di questi elementi combinansi tutte l'altre modanature. Ognuno vede che tali forme
sono prodotte dalla geometria.
ORDINI ARCHITETTOMCI
6S
^ 56. — GH ordini architettonici.
La colonna è la parte caratteristica dell'architettura, dalla quale si vogliono desu-
mere le proporzioni di tutto il resto-, e col cornicione forma quello che chiamasi
ordine.
Teorici da scuola dissero che i Dori deducessero la forma della loro architettura dalle
piante e travi delle prime capanne e le proporzioni dal corpo umano. Ma due travi con
una sovrapposta non avrebbero la solidità che il peso dà alle pietre. In quel caso sarebbe
bisognato rinforzar la base, mentre invece le colonne doriche non hanno base. Queste
sono tozze ben più che non possa dedursi da una pianta.
Vitruvio .immaginò o copiò da altri che, come il piede è la sesta parte dell'altezza
d'un uomo, così alla colonna i Dori diedero sei diametri ; nell'ordine jonico, volendo la
delicatezza, presero a tipo il corpo di donna, onde fecero le colonne più svelte, con
base che imitasse i calzari femminili, capitello a simiglianza dei ricci, e canalature a
imitazion delle pieghe. Sono derivazioni capricciose, chi guardi che il corpo umano è
otto piedi, che la relazione fra il diametro e il fusto della colonna è talora di 1 a 6,
talora a 7 fin a 8; così negli antichi tempj di Selinunte varia da 5. 66 fin a 8, 87; in
quei di Pesto è da 4 a 4. 52 : ne'propilei d'Atene è S. 73.
Cantù, Documenti. — Tomo I, archeologia e Belle Arti.
66
AKCHEOLOGIA E BELLE ARTI
Se anche non vogliasi dunque ciie i Greci abl)iano imparato le colonne dagli Egizj,
è a credere che, come di questi si confessa, le deducessero dalle costruzioni di pietre,
e a tentone le migliorassero, sempre diminuendo il materiale fin dove lo permetteva lo
squisito lor gusto. .Mediante il quale essi ne fecero quasi un linguaggio, con cui espri-
mere forza 0 grazia o leggerezza, semplicità o magnificenza.
Nell'ordine dorico le colonne sorgono da terra; in appresso vi si aggiunsero basi,
composte di plinti e tori. La colonna alzandosi scema , e finisce con un capitello com-
posto di tre soli membri ; l'abaco o tavoletta superiore ; Vovolo, modanatura tondeggiante
sotto cui è il collarino o ipotrachelio. Sovrasta il cornicione, diviso in arclutrave che
posa immediatainente sulla colonna, fregio, e cornice. Nel fregio son distintivo dell'or-
dine dorico i triijìifi, cioè tre canaletti perpendicolari, cui si uniscono certi ornamenti
in forma di goccie. Gli spazj fra un triglifo e l'altro diconsi inelope, e in appresso furono
coperti di scolture e anche pitture. Un critico famoso disse che la colonna dorica è il
capolavoro dello spirito umano.
Tre epoche distinguono del dorico. Il primo occorre a Thoricion e a Corinto, con
colonne senza base posate sovra una fascia di pietre non più larga del loro scapo 5
queste erano molto basse, e forse il cornicione era di legno; lo perchè più non si trova.
Tali son pure il tempio d'Agrigento ed il pestano. In quel di Segesta erasi creduto tro-
vare il dorico senza scanalatura; ma si comprese che le colonne non erano finite, e
lasciate più grosse per striarle. L'astragalo fu forse applicato all'ordine dorico dai soli
Romani.
La seconda maniera s'introduce quando i Greci passano da Atene nell'Asia Minore;
n'è tipo il leinpio di Teseo. Le colonne hanno sei diametri , e la cornice è un terzo di
colonna: cominciano i triglifi. 11 cosi detto Panellcnio d'F.gina alla fronte ha un portico
di sei colonne, di dodici ai lati, tutto rialzato d'uno stilobate di tre gradini : sovra ui a
piattaforma era una cinta di muro, 0 peribidus. La facciala è larga 3i piedi, lunga 9^:
le colonne hanno ÓG pollici di diametio alla base, e scemano d'un quarto alzandosi di
17 piedi , compreso il capitello. Tutto il monumento è allo 34 piedi, fin al vertice del
frontone, dal quale alzavasi un acroterio di 5 piedi. Le colonne hanno dunque diametri
5 -112 di altezza: (]uelle del peristilio, del pronao e dell'opislodomo hanno 20 strie, 16
quelle dell'interno.
Nella terza son più snelle le colonne, e il tempio d'Augusto in Atene mostra già le
novità che i Romani v'inlroducevano, e che veggonsi poi nel teatro di Marcello assu-
mere un carattere dill'erente dal greco.
L'ordine jon/co porta colonne di fuso più sottile, alquanto rastremate verso la som-
mità, e rialzate con una base; il capitello è ornalo e colle volute-, l'architrave ha le
divisioni generali del dorico, ma forme più arrotondale e |)iù elastiche, transizioni più
dolci. Le colonne del tempio di Diana in Efeso, tipo di quest'ordine, erano alte otto
diametri.
I>e volute del capitello derivò alcuno dal naturale incartocciarsi d'una trave mal
tagliata, sotto al peso; altri dall'imitazione delle corna d'ariete sospese; e poiché
l'ariete era consueta offerta mortuaria, ciò darebbe ragione a chi trae l'ordine jonico
dalla stela sepolcrale.
Vitruvio ascrive l'invenzione del
corintio a Calliniaco, 330 av. C., che
ammirò l'accidentale avvilupparsi
delle foglie d'acanto attorno ad un
paniere, coperto d'un abaco. Ana-
logia però già trovasi nei capitelli
egizj formati col fior di loto; e altri
il vuole soltanto una varietà del jo-
nico, aggiunte le foglie d'acanto e
l'elice. La proporzi(me fra il di;i me-
tro e l'altezza della colonna sareblie
di J aio, ossia di i a 12, compreso
il cornicione. Spesso la colonna è
scanalata. .Molto non fu adoperata
ORDINI AKCHITF.TTOMCI
67
dai Greci , e il miiilior esempio n'è il monumento rli l.isicrale; i Romani la serbarono
pei monumenti di gran magnificenza, e al tempo d'Adriano ritennero laltica liase ma
la collocarono sovra un plinto. Adoperando il corintio in fabbriche di gran dimensione,
disponevano i Romani nel capitello due serie di foglie; una sola invece quand'era
negli interni poco alti o in piccole facciate.
L'ordine dorico fu sempre il predominante fra i Greci, anche negli edifizj più son-
tuosi, cui distinguevano coi magg ori ornamenti: ma non tennero ordini speciali per
ciascun dio, come Vitruvio dice. Nel tempio di Minerva Alea a Tegea , il portico este-
riore ha colonne joniche, l'interiore è dorico, che sostiene colonne corintie. Anzi talora
coll'ordine jonico adoprarono la parte più caratteristica del dorico, cioè i triglifi al
cornicione.
Il compoyito, di cui si fece poi
un ordine distinto, è una varietà
degli ordini Greci, e alcun lo crede
prima adoperato nell'arco di Tito.
Secondava questo l'amor del fasto dei
Romani, che lo ottennero coll'ac-
coppiare al capitello corintio la vo-
luta jonica. Anche la foglia d'acanto
variava dai Greci ai Romani. L'a-
canto greco più alto e più (ine, par-
tecipa tanto dell'ulivo, dello spino
e sopratutto del cardo, quanto dell'acanto spinoso o senza spine propriamente detto:
i suoi frastagli sono più svelti, più acuti e più regolari che non quelli dell'acanto natu-
rale. 11 romano, più rotondo
nel faglio dell'estremità delle
foglie, è più largo, più gran-
dioso, più morbido, ma è
pure più pesante e men al-
to; presentasi scolpito ora
in foglie spesse e convesse,
terminate da dentelli quasi
rotondi senza punte e tagliati
regolarmente come nelìem-
pio di Pallade; ora in foglie
rifondate poco acute, ma
non convesse al di fuori, e tagliate largamente in un modo alquanto simile alla foglia
della quercia, come nel piedestallo della colonna Trajana. Nel medioevo l'imitazione fu
più libera e variata; ma spesso all'acanto si sostituirono altre foglie, principalmente
del cavolo e del fico.
Se la semplicità è segno di
antichità, precedette a tutti que-
sti l'ordine toscano^ più sem-
plice e robusto ancora del do-
rico. Leon Battista Alberti e
d'Ancarville lo credono in fatto
anteriore a tutti. Ma bisogna di-
stinguere quel che ci descrivono
Vitruvio e i Cinquecentisti da
quel che si vede. Oggi l'ordine
toscano adoprasi, quasi ad esclu-
sione d'ogni altro, nell'architet-
tura militare.
Potrebbe anche distinguersi
l'ordine cariatico, ove di colonne tengono vece figure umane. È d'invenzione ate-
niese, e dicesi denominato dai Carj, le cui donne furono, in segno di sconfitta, poste a
.sostener edifizj: ma più volentieri con Bóttiger crediamo che le cariatidi siano cane-
68
ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
fore. Invece di donna son talvolta Atlanti o Telamoni, come in quelli a Pompej qui
disegnati. Più spesso trovansi sotto a turiboli, tripodi, sgabelli.
Dai;li Etruschi dovettero i Ro-
mani dedurre sì l'ordine composito,
di cui trovasi già idea in un capi-
tello libero scoperto a Sovana; come
l'uso delle teste umane per ornato,
cosa insolita ai Greci. In molti ca-
pitelli di Pompej, cioè d'un tempo
di decadenza, si trovano figure, e
singolarmente in una casa scoperta
nel 1833, che da ciò prese il nome
di casa de capitelli figurati , prima
che si vedesse che questo modo era
comune, e che vi si ritraevano gli
Dei penati. Nella villa Adriana e in
altri edifizj di quel tempo si riscon.
trano colonne avviticchiate di pam-
pini a stucco: e a Pompej ve n'ha fi'O
a musaico.
L'ordine rustico è un apparato di pietre supposte ruvide, e chiamate bugne o bozze.
Talvolta le fabbriche si coronano d'un muro che chiamasi Attico; il quale talaltra si
frappone a due ordini sovrapposti.
1 pilastri sono colonne quadrate, ed ban tutte le parti e gli ornamenti di queste : non
sono però mai rastremati.
La distanza fra le colonne dee convenire alla solidità, al comodo, alla bellezza. Si pre-
figge per l'ordine dorico l'intercolunnio di 3 diametri, per lo jonico di 2 i\'2, pel co-
rintio di 2: ma gli antichi non tennero regola fissa.
Alzar le colonne su piedestalli dovrebb'essere piuttosto un ripiego di necessità, giacché
esse perdono di maestà e del loro uffìzio principale, qual è di sostenere, non d'essere
sostenate. Si dà per regola che il piedestallo non sia alto più d'un terzo della colonna.
§ S7 — Libertà delle proporzioni.
Ma coteste proporzioni sono leggi da scuola, atteso che non si troverebbero due edi-
fizj de' migliori dove esse ricorrano; e sempre vi sta quel poco più o poco meno, che
nessuna regola sa determinare, e che basta a produrre il bello originale. Sovente ancora
ne' migliori edifizj un ordine si ravvicina all'altro, fin talvolta a confondersi, o vi man-
cano parti che i moderni reputano essenziali. Così il fregio dorico della cella del Parte-
none non ha triglifi; non dentelli la cornice jonica del portico del ten)pio di Eretteo-,
non elici il più antico monumento corintio, cioè il Coragico. Che ha a fare lo stile do-
rico del tempio di Nettuno a Corinto con quello di Giunone a Nemea?
Questa libertà, moderata dal gusto e da profonda conoscenza dell'arte, produceva
regole ben più savie e opportune. Vole;isi un edifizio grandioso, che a primo aspetto col-
pisse per magnificenza ed eleganza Pfacevansi le maggiori divisioni ardite, rilevale, sicché
anche di lontano apparissero; mentre le particolarità erano delicate, in modo da con-
tentar da vicino l'occhio colla finitezza e l'eleganza. Da ciò l'arte di gonfiare a una certa
altezza le colonne, di far più grosse quelle alle estremità d'un portico, che doveano ve-
dersi contro al lume.
§ 58 — L'arco.
Parte capitale dell'architettura è l'arco. Noi lo trovammo già nelle costruzioni ciclo-
piche e nelle egizie {% 40); ma al vero principio ed effetto suo non fu mai ridotto, se
non nel Lazio. 1 Greci l'hanno usato di certo, ma per incidenza; né mai seppero sten-
dere da un pilastro all'altro se non un architrave di pietra o una trave. Da ciò l'impos-
sibilità di fabbricare sovra piano più vasto; da ciò gran consumo di materiali, e la
mancanza perpetua della linea ondulata, che tanta varietà produce. Il bisogno di edifizj
più capaci introdusse o fece coltivare a Roma l'arco, che unendo mura e pilastri assai
lontani, e colla volta stendendosi su spazj cui nessun tetto basterebbe, copriva con pochi
ARCHITETTIRA. OIlNAMENTl
69
materiali aree vastissime; tanto che l'arco divenne carattere delle costruzioni romane. E
ne^rli ardii è a studiar nipglio l'arte romana, percbò non avea modello ne' Greci.
Era in semioircolo per regola; ma non mancano isempj d'arco acuto, suggerito
naturalmente dalle grotte. Tal vedesi nel tempio pelasgico di Gozo, e in alcuni mausolei
della Licia anteriori alla con(iuisia romana; tale nella galleria di Tirinto e nella porta di
Thoricion (g citatoj, nella porta Sanguinaria ad Alatri nel l^azio, nell'ingresso del così
detto oratorio di Falaride ad Agrigento, in un sotterraneo a Tuscolo, e nelle mura di
Frenesie. A volta acuta sono le costruzioni più antiche di Grecia, e cosi le etrusche,
come la tomba di Cere scoperta nel 1830, e il carcere Tulliano a Homa. Quei che |Ve-
donsi nelle Cento camerelle di Nerone a Miseno e in qualche forno a Pompejsono piut-
tosto capriccio e caso che sistema. Nell'ac(|uedotto che Giustiniano II fabbricò a Pirgos,
gli archi puntuti alternano coi tondi. Più frequente se ne incontra negli ornamenti.
g .^9 — Gli ornamenti architettonici.
Gli ornamenti architettonici talvolta erano di pura decorazione, e fra questi è usitatis-
simo il meandro, o semplice
0 composto, cioè a due fascie, complicato altre volte in diverse guise. Sovente doveano
essi contribuire a rivelar la destinazione del monumento. Sulla torre dei Venti erano
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lì
personificati i venti; sul tempio d'Apollo a Teo, la lira, il tripode, il pitone, emblemi
di questo dio; al tempio della Vittoria nell'Acropoli, l'attacco delle Amazoni, colà ap-
punto succeduto. Le metope de! tempio di Teseo riproduceano la lotta di questo eroe
coi Làpiti : sul fregio della cella del tempio di Minerva,
la processione biennale delle Panatenee, e sul fronte la gara
di essa dea con Nettuno per dar nome alla nuova città. Le
novantadue metope del Partenone figuravano la storia del-
l'incivilimento.
Gli edifizj greci e romani coprivansi di tegoli, alterna
mente piatti e convessi; e quelli che riuscivano all'estremi-
tà, erano chiusi da un rilie\o, che negli edifizj pomposi fu
ornato, e chiamossi aniefìssa Le antefisse sono di cotto o di
marmo, e di bellissima varietà ; eccone cinque :
70
A.RCHCOL0G1A E BELLE ARTI
Nella copertura del tempio di Diana ad Eleusi, che esibiamo qui sotto, restaurata
sopra gli avanzi, le aolefisse formano di sopra della cornice e della sommità una sfog-
giata guarnizione, per la quale armonizzava fin il tetto cogli ornamenti di tutto il resto.
§ 60 — Architettura policromatica.
Sopra quelle forme geometriche brillano ad ora ad ora colori vivacissimi: giacché è
un fatto recentemente scoperto, e viepiù sempre provato, che gli antichi colorivano e i
lavori architettonici e le statue; cose che poc'anzi consideravansi come uu vizio del
medioevo. Questa scoperta fu dibattuta iissai, poiché trattavasi di decidere se avessero
caltivo gusto gli antichi o noi: ed è ornai provato che i Greci l'usarono in tutti i tempi
e quando più l'arti fiorirono, come un aumento di bellezza e di maestà. Potrebbe argo-
mentarsi che l'uso derivasse da quando non costruivano che con legno, ond'era duopo
la vernice per conservarlo; se non si trovassero già colorati gli edifizj dell Egitto. Da ciò
traevano il modo di variare l'ordine dorico, quasi universalmente adoperato nei tempj.
Né solo questi dipingeansi dentro e fuori, ma anche le case particolari, le tombe, i mo-
numenti funebri. Anche le soffitte si pingevano ed ornavansi di stucchi, e le pareti di
pitture storiche. Molti negano che i Romani colorissero le loro architetture; ma si pre-
tende trovare vestigia di colori e d'oro sulla colonna Trajana. Abbiamo da Strabone che
Paneno lavorò con Fidia al Giove Olimpico per ornar la statua di colori.
Oltre i trattati d'arcbiteltura, e i commentatori di Vitruvio, principalmente Poleni e Marini, veJi:
Durano, Recueil et parallèle des édi/ìces de lout genre anciens et modernes.
Manetti, Studio degli ordini, Firenze -1808. Li deriva dagli Egizj ; e veJe negli ovoli l'ovo orlico, no'
dentelli i denti, simbolo della nutrizione ecc. Altri molti, e ultimamente Lepsius (Annali di corrispon-
denza archeologica^ ix. 90) sostennero che la colonna greca ebbe ordine dall'Egitto, e lo provano co'
monumenti.
Briseux, Del bello essenziale nelle arli^ applicalo particolarmente all' architettura. Parigi, 2 voi.
Camus db Mezièbes, Genio dell' architettura, e dell'analogia di quest'arte colle nostre sensazioni.
Dissertazione esegetica intorno all'origine ed al sistema della sacra architettura presso i Greci. Na-
[loli 1851 (dall'Accademia crcolanese) .
Canina, L'architettura antica descritta e dimostrata co' monumenti. Roma 1850 e seg. È l'opera più
compiuta in tal genere.
P. Selvatico, Sull'architettura civile e religiosa., pensieri. Padova -1840.
ROMBERG und Steger, Gesch. der Baukunst von den Ultesten Zeiten bis auch die Gegenwarf. Lipsia
•1843 e seg.
ScHNAASE. Gesch. denbildenden Kilnste bei den Alien. Diisseldorf 1843.
Fr. TaCCAm , Sulla storia dell'architettura, sulla origine, la significazione e gli usi che atlribuiscono
o' suoi membri ecc. Milano 1844.
HiTTORFF. De V archile dure polycróme chez les Grecs.
Semper, Osservazioni preliminari sull'architettura policroma e la plastica degli antichi. 1834 (ted.).
In molli punti lo contraddice F. Kcc.i.ER , l'eber die Polycromie der griecliischcn Architectur und
Sculplur und ihre Grenzen. Berlino 1833
R. WiEGM\^N, La pittura degli antichi nella sua applicazione ecc. Annovcr I83C.
lUoiL-RociiETTE, nel Journal des Savans 1836, pag. CO" e passim , sostiene cbc ueirurchitetlura dipin-
ARCHITETTURA. MATERIALI
geansi il fregio e gli ornamenti architettonici, lasciando al resto il color naturale; ma però non colorivansi
le stutue e i bassorilievi, se non forse qualche fregio sui vestimenti. Lo contrariano Qualremcrc de Quincy
e Letronne.
L. LOHDE, Die Archileclonik der Heìlenen nach C. JiòKicher's Teklonik der Hellenen. Berlino -1862.
J. M. vi.n Madgu, Die Architeklonischen Ordnungen der Griechen und Riimer^ und der neuern Mei-
tler. Berlino 4862, 3' edizione.
§ 61 — ' I materiali delle costruzioni.
Pei materiali sceglievano quei che la natura avea preparati. F^a creta e l'asfalto da-
vano ai Babilonesi da fabbricare i loro muri, come ai Cinesi la porcellana, e agli Egizj
i porfidi e i marmi della catena Libica. In multe costruzioni di questi, i massi sono at-
taccali con pezzi di legno duro, inserio a coda di rondine (rotuoi) nelle pietre. Parecchie
città italiche han mura di pietra, come Arezzo, Mevania e le tante ciclopiche: dai Car-
taginesi s'imparò a farle d'argilla battuta.
Nella costruzione dei muri si distingue l'opera ciclopica di massi o irregolari o riqua-
drati, ma grossissimi e senza cemento; Vopera incerta di piccoli pezzi di materiali posti
alla rinfusa, e riuniti colla calcina; l'^sorfomo che all'esterno ha pietre riquadrate, eguali
fra loro e disposte in linea retta: quali molte mura etruscbe a Perugia, Cortona, Fiesole,
Volterra, ecc. Il paeudo-isodoino è usitatissimo dai Romani, e consta di pietre in file d'al-
tezza differente. Lavoro reticolato chiamasi quello fatto di piccoli pezzi di tufo a modo
di cuneo, coll'estrema superficie quadrata, e che offre all'esterno la figura delle maglie
d'una rele.^eWenìjìtecton pei muri di straordinaria grossezza, con pietre di taglio alza-
vansi i due lati, e l'interstizio si rinzeppava di pietre e calcina. Plinio dice che la tomba
di Mausolo fu il primo esempio d'edifizio laterizio, impiallacciato di marmo.
Talvolta su mattoni facevansi delle impronte, o doi)o messi in posto si tagliavano se-
condo tutte le varietà degli ornamenti architettonici : così vediamo negli avanzi dell'am-
phiteatrum ca^lrenrie e del tempio del dio Redicolo. Più tardi si prodigò il cemento. I
Romani ne formavano uno forte colla calcina mista a terra pozzolana vulcanica; con
calcina, gesso, polvere di marmo l'intonaco e i lavori di stucco (albanum opus).
I Greci traevano eccellenti marmi dall'lmetto. dal Pentelico, da Paro, dai contorni
d'Efeso, dal Proconneso; e aveano pure tufi e spati calcari. Sapeasi segar il marmo, ed
avevasi un tornm per fare il fusto delle colonne. Si adopravano pezzi grandissimi; e
le pietre dell'architrave del tempio di Cibele a Sardi son lunghe fin m. 7. 58, sopra ì. 50
di altezza; quelle de' propilei d'Alene 7. do; alcune delle trilithon a Balbek hanno
fin m. 19. 50.
A Roma adopravasi dapprima il tufo vulcanico color nero che dicesi peperino (lapis)
albanus), poi il tufo calcare di Tivoli che dicesi travertino : cresciuto il gusto dei marmi,
si ebbero quelli di Grecia o di Luni bianchi ; ed altri di colore, come il numidico (giallo
antico), il rosso antico, il frigio (pavonazzo), il caristio (cipollino], il proconnesio (bianco
e nero), il luculleo e alabaudico (nero antico), il cbio (marmo africano), il lacedemonio
(verde ranocchio), i porfidi ei basalti.
Piccoli edifizj si facevano di tutta pietra: negli estesi, come gli anfiteatri, di pietra i
cornicioni e le volte, ovvero lo zoccolo; il resto di mattoni: e la buona pozzolana per-
metteva si potesse adoprar molto calcisti;]uzzo senza indebolire le fabbriche. Le volte
rendeansi leggere o adoperandovi tufi vulcanici, o vasi di terra cotta. I fondamenti e i
piedestalli eran molto più larghi che il muro e i piloni sovrapposti ; il muro negli angoli
era più robusto, e così nei portici le colonne di fianco. Tutto attesta che si adoprassero
centinaja di operaj.
Le pareti interne a Pompej son coperte d'una specie di scagliola, imitante varietà di
marmi; e vi si dipingeano o scene o arnesi confacenti alla condizione del padrone. Ivi
nella casa del Fauno, fra il muro e l'intonaco sta una lastra di piombo. Di legno si lavorò
molto, e se ne fece il tetto de' monumenti pubblici, finché non divenne generale l'uso
delle volte. Coi metalli faceansi gli ornamenti ed anche alcune parti architettoniche nei
primi tempi, poi nella decadenza.
Le porte si ornavano secondo lo stile dell'edifizio, onde si distinguevano in doriche,
joniche, attiche : pare che vi si desse altezza doppia della larghezza, Le finestre aveano
72 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
contorDi simili, ma più semplici : chiudevansi con imposte, e talora con una pietra spe-
colare, di rado con vetri, ma poco trasparenti. La mancanza o scarsità del vetro influiva
non poco sulle costruzioni, die non sapeansi rendere sicure e calde se non ridncendo
buje le camere, talché l'esterno delle case non oflViva che mura piene. Ne' bagni di Tito
si trovò il gruppo di Laocoonte in una sala ricchissima di marmi preziosi, ma senza
luce. Doveano perciò i Romani amare la vita pubblica, i portici, i fòri, o almeno i
cortili.
§62.-1 tempj.
I tempj, nell'idea sono l'immagine imperfetta e finita del modello infinito della crea-
zione progressiva. E come il mondo è il tempio che il Signore fabbricò a sé nello spazio,
così la chiesa materiale rappresenta all'uomo la creazione qual egli la concepisce nella
causa prima: e l'idea più compiuta che esso abbia del vero, e del suo sentimento, cioè
il bello.
I tempj assunsero forma analoga alle abitazioni de" popoli che gli innalzavano. Pei
trogloditici erano sotterra; rabilutore di capanne ne destinò una più ornata al Dio;
come una tenda il nomade. Li modificimo pure le idee religiose the essi devono glori-
ficare e diffondere: i Persiani e gli altri seguaci del magismo sacrificavano all'aria
aperta, non credendo bastassero i tempj a contenere il Dio ; per la ragione slessa i Ger-
mani gli consacravano le selve.
Insomma il tempio è come una visibile professione di fede, intorno a cui si agglome-
rano le stanze de^li uomini, al modo die la società si unisce attorno al principio reli-
gioso. Come arie è sempre l'espressione più magnifica e più larallerislca dell'archilet-
tura; vogliasi ne' giganteschi propilei dell'Lgilto, nelle pagdde dell'India, nel tempio
greco e romano, nelle cupole e ne' minareti orientali, nelle cattedrali del medioevo. La
solidità con cui sono costruiti, attesta e l'importanza che v'attaccava la società e la fede
che ogni religione ha nella propria durata; onde sopravissero ai popoli che gli eressero.
La grotta fu il tipo del tempio egiziano, spesso scavalo nel masso, poi amplialo con
opere esterne, le quali al fine si isolarono. 1 tempj allora collocaronsi in alto, non solo
per preservarli dall'inondazione e dagli interrimenti, ma per imprimervi grandezza.
Formarono poi un complesso d'edifizj, divisi in parte pubblica, centrale e secreta.
Alla parte pubblica precedeva una porta fiancheggiata da due massi giganteschi, for-
manti il propileo 0 pitona ; preceduto esso pure da un viale di sfingi, arieti ecc. Seguiva
poi il dromos, vasto spazio scoperto, cinto di colonne: indi il /)er«.sij7o, cortile intorniato
di portici a modo di chiostro, e che per un'altra pilona comunicava coWhipofitilofi , ve-
stibolo grandioso, follo di colonne, e che era la parte centrale e la più elevala del lem
pio dopo la pilona. La parte secreta, o tempio propriamente detto, comprendeva il
pronaos, il navs^ il secos. 11 pronao era una sala a colonne; il naos, recinto, era spesso
composto di varie camere, in comunicazione colle al)itazioni dei sacerdoti: nel secos
stava l'immagine del dio, e talvolta non era che una nicchia io cui racchiudevasi l'ani-
male sacro.
Più tardi sotto la dominazione persiana si alterò alquanto questa forma; non più co-
lonne nel pronao; l'ipostilo è chiuso da un muro, quasi per celare un culto, che più
non è quello dei padroni. Per tali caratteri si distinguono i tempj di .Mennone, di Medi-
net Abu, di Ermopoli, d'Ai)ollinopoli da quelli più recenti di File e di Carnak. Quelli
d'Anteopoli, e i grandi di Dendtra, Ombros, e Latopoli pajono dell'età de' Lagidi ; più
leggeri e meno maestosi, senza dromos né peristilo, e ridotto il tempio al solo santuario
e all'ipostilo: poi le colonne spajono anche dal pronao, come nei |)iccoli di lalopuli e
d'Ombros; indi anche l'ipostilo; e se ne forma una specie di tempio periplero, come
sono quello di Dandur in Nubia, il Tifonio di Dendera, e i piccoli d'Apollinopoli e di
File.
Citansi tempj egizj monoliti ; uno a Sais di 21 cubiti lungo, 14 largo, alto 8 ; uno a
Butos di M cubili in ogni senso (Erodoto).
Anche nell'India i tempj hanno vasti recinti, portici, masse piramidali gran lusso di
decorazione interna. Molti sono ricavati dal sasso: quelli sopra terra sono coperti da pie-
troni, sostenuti da colonne io quincunce. Fino a cento colonne si numerano in una sala
ARCHITETTL'RA. TEMPJ /3
a Scialembron : qui pure come in Egitto il fior di loto compare assai ne' capitelli e nelle
decoriizioni. Pure il Ciuattere dello coslruzioni è ben dill'erente, meno monumentale, e
men colossali i pezzi, luen simmetrica la distribuzione, minore l'elevatezza; al contrario
più ricche le particolarità, bizzarre le l'orme, dirette all'immaginazione, e dove i dettagli
decompongono la forma primitiva, l'iù spessi occorrono monumenti monoliti, e da un
sasso solo son formate ciascuna delle sette pagode di Mavalhipuram.
Anche qui la parte più interessante sono le escavazioni, benché non amplissime: il
tempio di Giagrenat a Ellora ha la lunghezza di 5i piedi inglesi, la larghezza di 20,
l'altezza di 13; quello d'Elefanta l'altezza di piedi H e 1|2.
1 primi tempj di Grecia erano di legno; come quello che Agamede e Trofonio dedi-
carono a i\eltuno (Pausania, 1. viiij. Pausaoia vide un tempio in Elide, senza muri, né
altro sostegno al tetto che pilastri di quercia. Vilruvio ci dà il tempio etrusco come
composto di legno, col soppalco di travi.
Molti tempj aveva in Grecia ciascuna città, e il più magnifico era dedicato al dio tu-
telare, come quel di Minerxa in Alene, di Diana ad Efeso, d'Apollo a L'elfo, di Giove ia
Olimpia, di Venere a Pafo ed a Citerà. Collocavaosi volentieri sulle alture; quei di Mer-
curio presso al fòro ; di Bacco e d'Afiollo al teatro ; di Marte, Venere, Vulcano alle porte
0 fuor di città; di Ercole presso al ginnasio o all'anfiteatro; di Cerere alla campagna;
d'Esculapio sulle alture, salnitri ai maiali che venivano ad implorarne guarigione
Vuole Vitruvio che, secondo gli Dei, si prediligessero alcuni ordini: per Giove, Giu-
none, Minerva le forme massiccie e tranquille del dorico; per Apollo e Bacco le gaje
dell'jonio; per Venere il corintio: ma dicemmo come ciò sia falso (§ 56).
1 tempj volgeansi ad oriente, affinchè, dice Vitruvio, quei che pregano o sagrificano
fuori vedano e il tem[»io e il sol nascente, mentre le immagini degli Dei al fondo del
santuario pajono levarsi, e a guisa di astri procedere dall'oriente per guardare ai sup-
plicanti. Rialzavansi con gradini (xcvintVjOf^ia).
In Grecia erano pochi i tempj rotondi, sormontati da cupole (Só)o;), e Pausania ne
indica sei soli ; anzi veri tempj non sono che tre, un santuario presso al tempio d'Escu-
lapio a Epidauro, il calcieco di Sparta, e quel di Mantinea. Quello che Pericle fece a
Eleusi, non si sa se fosse circolare, ma certo era sormontato da una cupola. Io Tracia
si fé rotondo il tempio del Sole, per alludere al suo disco. I Romani n'aveano molti
rotondi, imitati da quel che Noma eressse a Vesta, per espressione simbolica; e molti
ne avanzano, come in Roma quel di Vesta presso al Tevere, quel di Romolo (San Teo-
doro), di Romolo e Remo (Santi Cosma e Damiano), di Minerva Medica, quel della
Sibilla a Tivoli, quel di Venere Genitrice e di Mercurio presso Pozzuoli.
Alcuni esternamente sono poligoni, come quel di Diana Lucifera a Pozzuoli. Il Panteon
d'Agrippa è l'unico che alla facciata abbia un portico rettangolare, al modo d'uno pic-
colo a Balbek : ma si sa che esso Panteon non doveva esser tempio, bensì vestibolo delle
terme d'Agrippa.
Monoptero chiamavasi il tempio che avessse solo una cupola, sostenuta da colonne
disposte in circolo; e il cui santuario fosse aperto; quelli insomma che noi imitiamo nei
tempietti de'giardini, e in que' sugli altari. 1 tempj rettangolari traevano differenti nomi
dalla dis|)osizione delle colonne.
A anle^ in antes, ev -ioy.nraitv fu il primo ad ordine regolare, secondo la classifi-
cazione di Vitruvio. Una trave di legno stesa da un muro all'altro della fronte del
tempio, formava un vestibolo coperto davanti alla porta, senza colonne. Queste diven-
tarono necessarie quando l'architrave fu di pietra e in più pezzi ; onde v'erano pilastri
(antce) ai canti, e una colonna per ciascuna parte della porta (py. 1 qui dietro).
Ai pilastri sostituendo due colonne, si ha il tempio pros/i7o (^y. 2). Se vi sono quat-
tro colonne alla facciata e quattro alla faccia posteriore, dicesi anìfiprostilo {fig. 3).
Nel periptero le colonne cingono tutto l'edifizio (A.9-'*)i magnificenza degli edifizj
migliori, come il Partenone e il tempio di Teseo a Atene, di Minerva a Egina, d'Apollo
Epicurio a Figalia, di Minerva Poliade a Priene, di Bacco a Teo, di Venere a Pompej,
della Concordia e di Giunone ad Agrigentu, di Cerere a Segesta, due di Pesto. Quel di
Vesta a Roma e della Sibilla a Tivoli Simo peripleri rotondi (//,<;. o).
I portici erano necessarj p. rchè il popolo stava di fuori : ma quanto cresceva la
magnificenza, tanto ne rimaneva impicciolita la cella. Si trovò dunque lo spediente del
74
ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
temp\o pseudo-peri ptero, ove le colonne delle ale e della faccia posteriore sono incassate
nei muri della cella. Il più antico esempio n'era il Giove Olimpico d'Agrigento; poi si
hanno la Fortuna Virile di Roma, e la casa quadrata di Nìnies.
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11 tempio diptero ha doppio colonnato {fig. 6J; e tal era quello di Quirino in Roma,
quel di Diana in Efeso, e quel d'Apollo Didimo a Mileto. 11 pseudo-diptero {fig. 1) era
5 6 7
di due sorta : or la facciata presentava due file di colonne isolate, e ai tre lati una fila
sola isolata, ed una appoggiala nel muro della cella ; or anche si tolse quest'ultimo, e
il portico ebbe maggior larghezza. Tal è il grande di Selinunte, anteriore a quello di
Diana che a Magnesia fece Ermogene d'Alabanda, cui Yitruvio ne ascrive il merito.
ARCHITETTURA. TEMPJ
75
Sulle facciate le colonne erano In numero pari ; e i tempj si dicevano diastili, tetra-
slìli, esas/j/?', ocla:itili, decastili, ecc. secoiicio erano 2, 4, C, 8, 10 ecc. Tetrastilo è il
pronao del tempio d'Augusto a Pola, or convertito in museo:
Tempj con colonne alla facciata di numero dispari non ce ne ricordano gli antichi:
quando trovasi un numero dispari di colonne o di fde di colonne, si La una stoa. 11
tempio di Ercole a Pompej ha però colonne dispari.
Per lo più ne' tempi rettangolari la lunghezza era doppia della larghezza ; se non
che nel dispor le colonne dei peripteri i Greci usavano diverso dai Romani. Quelli, con-
tando due volle le colonne d'angolo, mettevano ai lati una colonna più del doppio di
quelle della facciata; questi contando gì' intercolunnj, mettevano all'ale una colonna
di meno. Ma il piccol tempio di Ercole d'Agrigento è assai più lungo.
La volta, piana per lo più, faceasi di legno: il tempio di Teseo in Atene ebbe una
volta, li tetto adoppio piovente era di pietre, o marmo, o tegoli, e talor anche di me-
tallo. Le scale per salirvi faceansi a chiocciola nella grossezza de' muri.
76
ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
m
Il fastigio 0 frontispizio, detto anche aquila {aetòs), era una delle parti piiì ornate :
faceasi a triangolo, e nella superficie piana racchiusa nella cornice [timpano] si mette-
vano scolture o pitture, e cvedesi che la famiglia di Mobe fdsse posta nel linripano di
un tempio (Cockeueli. J : alle due estremità e al mezzo del frontone metteansi gli acro-
teri, piedestalli senza base per sostenere st.itue od ornamenti.
Ipteri chiamano i tempj senza tetto; o forse dove una parte era sco-
perta, come nel Partenone (qui figurato). Talvolta nell'interno erano
due piani di colonne sovrapposti, come in quel di Teseo, fabbricato
da Scopa, che passava pel più bello del Peloponneso, e il grande di
Selinunte.
In generale i tempj rettangolari non avevano finestre; i tondi per Io
più riceveano luce da aperture nella volta. La cella d'un tempio di
Balbek ha quattro finestre.
Alcuni tempj erano doppj. In uno presso Dirade la porta a levante
metteva nel tempio di Venere, quella a ponente nel tempio di Marte.
A Mantinea un altro doppio era dedicato da una parte ad Esculapio,
dall'altra a Latona. A Roma, nei tempj del Sole e della Luna, le celle
finivano in emicicli, che si toccavano colla parte convessa: esempio più bello è quel del
tempio di Venere a Roma presso al Coliseo.
Non vuoisi paragonare l'ampiezza de' tempj antichi coi nostri. La cella bastava ap-
pena alla statua e all'altare; che i sacrifizj faceansi da ciascuno a casa. Sol tardi si fab-
ibricarono vasti quei della divinità tutelare, e si cinsero d'un muro [peribolos], come il
empio di Venere a Pompej, o vi si antepose un cortile chiuso, talora cinto di portico,
nel quale trovavansi le abitazioni de' sacerdoti, come si vede in quei di Iside e d'Escu-
lapio a Pompej. Più estesi dovean essere gli egiziani e quello di Gerusalemme.
Paragone della superficie de' principali tempj, in metri quadrati :
Graa tempio di Dendera . . .
Tempio della Pace a Roma . .
Panteon di Roma
Partenone ad Atene ....
Gran tempio di Pesto ....
Tempio di Giove Tonante a Roma
Tempio della Concordia ad Agri-
gento
Tempio di Giove a Pompej . .
Casa quadrata a Mmes , . .
3148
62-iO
5182
2190
1426
636
434
551
Tempio della Fortuna Virile a
Roma 193
Chiesa di Santa Sofia a Costanti-
nopoli, compreso il vestibolo 9591
Santa Maria del Fiore a Firenze . 7881
San Paolo di Londra .... 7809
Nostra Donna di Parigi . . . 6258
San Sulpizio a Parigi .... 5646
Panteon di Parigi 5593
San Pietro di Roma .... 20000
Benché fronftj pronaos, prodromus, anticuni significassero indistintamente il portico
dinanzi al tempio, più propriamente frons denota la facciata , posiìcum l'estremità op-
posta, dove talora faceasi un opistodomos per riporre i doni e i voti (àvi'.5/;//aT>), e il
tesoro del tempio, e talvolta il pubblico. Nell'opistodomo del Partenone d'Atene furono
riposte le ingenti somme contribuite dalle città greche per le spese della guerre contro il
Persiani. Una serie di tesori era accanto ai tempj di Delfo e d'Olimpia, forse ciascuno
serbalo a depositare i doni di cadauna delle città e colonie greche, affratellate nel culto
del dio.
Talamo chiamavasi il luogo dov'era la statua ; dietro la quale spesso faceasi una nic-
chia, da cui rendere gli oracoli; e vi si giungeva per una scala segreta, ancor visibile
nel tempio d'Iside a Pompej. Nella cella talvolta collocavansi, oltre il dio principale,
immagini d'altre divinità (oilovaoi ). Nel tempio di Giove Capitolino erano in fondo al
santuario tre camere consacrate a tre divinità; modo romano: e romana aggiunta pajnno
quelle che vedonsi nel Giove Olimpico d'Agrigento. Le pareti interne della cella enino
spessa pitturate: cosi nel tem|)io di Teseo ad Atene, .Micone aveva dipinto un'Amazone
e la pugna de'Lapiti ; e Virgilio descrive i quadri che Didone avea posto nel suo a
Cartagme.
« Benché inferiore in semplicità ed armonia airarchitetlura greca (dice Hosking), la
ARCHITETTURA. TEMPJ 77
romana è evidentemente della stessa famiglia, distinta per esecuzione più ardita, ed
elaborata profusione di ornamenti. 11 gusto delle due nazioni è espresso dal dorico pel
primo, dal corintio per l'altro: uno è modello di semplice grandezza, perfetto nelle par-
ticolari convenienze, e inapplicabile ad oggetto diverso ; gl'altro è men raffinato, ma
molto adorno; sfoggia nell'esterno la bellezza di cui manca nell'interno; imperfetto in
ciascuna combinazione, ma applicabile a ogni proposito. In Grecia come a Roma il
maggiore sfoggio d'architettura e colonne era ne' tempj; ma i Romani non avean abi-
tudine di costruirli peripteri, siccome i (Jreci. Da alcune ruine pare che in qualche
età fabbricassero tempj dipteri ; mala pratica comune era de' pseudo-dipteri, cioè colle
colonne afiìsse al muro, apteri e prostili : di amfi-prostili non abbiamo esempj. Gran
proiezione i Romani davano ai loro portici pel maggior effetto. Tempj circolari non
erano comuni ai Romani. Insomma il tempio romano era distinto dal greco per aspetto
più grande, colonne più sottili, per lo più corintie, e costruzione sopra un podio o ba-
samento ».
I santuari (hoù.) dei Greci erano unioni di edifizj sacri : altari, tempj, crei, pritanei,
teatri, stadj, ippodromi, fontane, grotte, che tutt'insieme doveano fare un'impressione
or severa, ora graziosa.
I serap.'i forse servivano anche a cure salutari, come quello di Pozzuoli. È questo un
paralle'ogrammo di 60 su 52 m. all'esterno, disposto simmetricamente in molte cellule
attorco a un cortiletto cinto di portici, in mezzo al quale sorgeva una rotonda aperta
sov.a colonne, e che sembra disposto alla purificazione per acqua. Nelle due camere
3;-'li angoli verso il tempio vedesi una schiera di sedie forate, che poteano servire per
bagni a vapore.
II sacellum era un piccolo sito dedicato agli Dei, con un altare e talvolta la statua
della divinità. 11 più antico che si rammenti è quel di Giano, fabbricato da Romolo, e
quadro, colla statua del dio e due porte. Molti privati ne aveano nei proprj fondi: Roma
poi ne conteneva moltissimi, ad Ercole, ai Lari, a Nenia, alla Pudicizia ecc.
Le imposte de' tempj erano sovente di bronzo; d'oro e d'avorio quelle del tempio di
Minerva a Siracusa, che invece della testa di leone, ornamento consueto, portavano teschi
di gorgone : sovra quella del tempio di Cerere ad Argo, dice Pausania ch'era sospeso
lo scudo di Pirro; altri doni e voti pendevano dalle pareti, di sopra delle pitture. Im-
portantissima è l'illustrazione del tempio di Iside in Pompej, fatta dall'Accademia er-
colanese,
§ 63. — - Gli altari
Dice Erodoto che gli Egizj furono i primi a fabbricare altari: ma la Bibbia ce ne dà
alla culla dell'uomo, e nominatamente ai tempi di Noè e d'Abramo. Quel di Giacobbe
era la pietra rozza su cui avea posato il capo. Quello edificato dagli Ebrei dopo passato
il Giordano, fu di pietre che il ferro non avea toccate ( Deut. xxviii ) Gli Ebrei distinsero
poi l'altare degli incensi 0 timiani, fatto di legno di setim, coperto d'oro; l'altare dei
pani della proposizione, fatto al modo stesso ; l'altare degli olocausti, rivestito di bronzo,
e da cui sporgeano quattro corna di bronzo ; donde il nome di corno destro 0 sinistro,
conservato pure ai nostri altari. Spesso faceansi sulle alture, donde forse trassero il
nome.
Entrato nel tempio, l'altare cessa d'essere la parte principale. Quello degli Ebrei era
quadrangolare, simile ad una tavola di varj pezzi di legno; alto circa tre piedi,- di so-
pra, una lastra di rame sosteneva il fuoco, e sovr'esso una graticola su cui collocar la
vittima, fosse carne 0 farina, olio, incenso 0 altro. Gli altari egiziani erano monoliti a
cono tronco, assai dilatati in alto, ove formavano una specie d'imbuto con un'apertura
che attraversava la lunghezza di tutta la pietra. I greci, avanti la guerra di Troja, erano
in forma di piramide tronca 0 di cono a petto d'uomo, coperti d'una tavola che spor-
geva per ricevere il fuoco e la vittima; dappoi si ornarono.
Per occasioni ergevansi di piote; se doveano essere stabili, di pietra; dapprima sem-
plicissimi, poi con una base, talvolta ben ornati, e con iscrizioni indicanti il nome
della divinità e del devoto. Spesso ornavansi di festoni d'erbe sacre, che con nome ge-
nerale chiamavausi verbene {Effer aquam, et molli cinge hwo aitarla villa, Verhenasque
78 AKCHEOLOGIA E HELI.E ARTI
adole pingues, et mamula thura\ Virgilio. — Hic vivum tnihi ce^pitem, hic verbenas,
pueri, ponile; Orazio). Ad imitazione di queste fiorite si fecero poi festoni di pietra, od
emblemi della divinità; aquile per Giove, colombe o mirto per Venere, il pino per
Pane, l'ulivo per Minerva, pioppo o mazze per Ercole, e cosi via. Talvolta un altare era
dedicato a più Dei; talaltra molti a un solo iddio {En quatuor aras Neptuno. Virgilio).
Ben numerosi dovean essere dove avevasi ad uccidere un'ecatombe. I più importanti
atti della vita civile e pubblica faceansi davanti agli altari.
Sovente d'altare servivano i tripodi. Contavasi fra le sette meraviglie l'altare d'Apollo
a Delo, fatto con corna d'animali. Il più grande altare cbe gli antichi ci descrissero è
quello d'Olimpia, che avea 'J28 piedi di giro f Palsa.ma , Elide, cap. xiii). Diodoro de-
scrive quel della Concordia (xvi. 83) dedicato da Jerone 11 nell'agora di Siracusa, e
lungo uno stadio: credeasi finzione sin quando, nel 1839, se ne trovarono le fonda-
menta, sulla lunghezza di 768 palmi siciliani, e la larghezza di 89; la base adorna di
fregi variati, piantava su tre gradini (Serra di Falco, Anticìiità di Sicilia, t. iv. p. \il).
Nelle rovine di Ninive Botta scoperse un altare di base triangolare sormontata da un
tondo, e sostenuto tutto da tre zampe di leone bene scolpite : l'orlo delle tavola è scritto
a caratteri cuneiformi, senza de'quali sarebbesi potuto scambiare per un monumento
greco.
Qualche grammatico pretende si consecrassero altari agli Dei, are agli eroi o semidei
( En quatuor aras: Ecce duas libi, Daphni: duas, altaria Phcebo. Virgilio). Nella spie-
gazione della Tav. xxvi. 2 de' suoi Monumenis inéiiits d'antiquilé p(juré'<, Rochette pre-
tese trovar la distinzione fra l'ara e l'altare; ma il disegno presentatone non rende si-
cura la spiegazione.
Il foGulo era distinto dall'ara percliè mobile, di terra cotta o di metallo, e con anse
per trasportarlo. Ve n'ha di varia forma, e collocavansi sui tripodi per ardervi incensi
0 far libagioni.
1 sacrifizj agli Dei infernali si facevano in cavità entro terra (Festo, ad v. Altare). Le
pietre levate dei Galli forse non erano che altari.
All'altare della Misericordia in Atene rifuggivano gli sventurati. Toccando gli altari
davasi il giuramento, donde il detto « Amici fino all'ara ».
Sugli Altari vedi il Journal des Savans, luglio 1847.
§ 64. — Riti e liturgia.
I Romani immolavano a Giove buoi, a Nettuno tori, a Latona vacche, a Bacco cin-
ghiali, a Cerere troje: e in generale vittime bianche agli Dei celesti, nere agl'infernali.
Le prime facevansi alzar il capo, e in tal atto erano trafitte dall'alto in basso; le altre
lo abbassavano, e il coltello infiggevasi di sotto in su, e il sangue ne sgorgava in una
fossa, non sull'altare. Per sagrificare agli Dei del cielo si usava abito bianco, bisognava
esser lavati, e far libagione colla mano riversa: per gli Dei inferi, veste nera, gettavasi
nel fuoco la tazza che avea servito alle libagioni, e pregavasi tenendo la palma della
mano voltata verso la terra, cui si batlea col piede. Se l'animale fuggisse dall'altare,
aveasi per pessimo augurio. Ucciso, se bruciavasi tutto, si chiamava olocausto; se no,
faceasi a pezzi, e distribuivasi fra i sacerdoti e le persone che l'aveano offerto. Gli
aruspici consultavano le viscere, e particolarmente il fegato. Questo divideasi in due
parti ; l'una chiamata familiaris, l'altra ho'^tilis, perchè pronosticavano quella per gli
oblatori, questa jiei loro nemici. Finito, il prete lavavasi, facea nuove preci e libazioni,
e congedava con dire ilicel, (ire licei). Seguiva il banchetto, di cui una parte era di-
stribuita al popolo.
Sulle altre parti della liturgia romana poco ricaviamo dai classici. Però sappiamo che
pregavasi col capo coperto, ripetendo le parole che il prete proferiva; si girava da si-
nistra a destra, si toccavano le ginocchia delle divinità, e mettevasi la mano alla bocca
(ad OS, donde la voce adorare). Inginocchiarsi alla soglia, baciarla, strisciare nell'interno,
salir le scalee a ginocchioni erano usi. I naviganti campati sospendevano a Nettuno le
vesti e tavole votive; i guerrieri le armi a Marte ; i gladiatori le spade ad Ercole; i |>oeti
ciocche di capelli ad Apollo. Quei che aveano ottenuto grazie offrivano tavolette o di-
pinte col fatto, 0 col nome e con iscrizioni; o cuori, braccia, bambini ( donar ia, la-
ARCniTETTLnA OGGKTTl DI CULTO
79
belli votivi, -óaxx i-Jx5rrj.-xTy.)-^ o lìestie, navi od armadure dopo la guerra. L'iscrizione
portava E. V. o V. P., ex volo o vutum posuil.
§ 65. — Altri oggetti di culto,
Varj oggetti di culto ci furono tramandati in natura, e si vedono ne'
musei ; altri sono effigiati sui monumenti , e particolarmente sulle
monete romane. Tali sono le are\ il prefericolo (che diamo qui a fian-
co), vaso ad un'ansa sola, distintivo del sacerdozio e del pontificato
massimo; la patera, vaso col piede molto spanso, che serviva alle li-
bagioni.
Le più eleganti patere erano di metallo, massime di hronzo; e i ric-
chi ne possedeano d'argento e d'oro. La qui effigiata (N" 1 ) fu tro-
vata a Pompej, e serviva al culto di iMarte: l'altra (N" 2) di marmo
bianco, fu disepolta nella villa Adriana; nel mezzo ha una Baccante,
d'attorno tralci, sicché può credersi destinata ai riti di Bacco.
Il pontefice massimo e il flamine coprivansi il capo coWapice o galero sacerdotale.
Fra i Greci vi corrispondeva Vinfula o benda, usata pure dai Romani nelle solenni
occasioni.
Il lituo è un bastone, ricurvo alla sommila, col quale gli auguri de-
terminavano lo spazio del cielo in cui prendere gli augurj. la figura che
qui a fianco vedete, è d'una scoltura etrusca, illustrata dall'Inghirami
{Monum. etruschi, t. vi. Tav. P. o. i): le altre due qui sotto, sono di de-
nari romani, e nel dritto dell'una, nel rovescio dell'altra vedesi il lituo.
80
ARCHEOLOGIA E BliLLE ARTI
Era Vacerra una cassetta per gl'incensi e profumi, le più volte quadrata, come nella
presente figura. Se ne trovarono ad Ercolano e a Pomppj; e questa ed altri oggetti
sacri stanno effigiati sull'arco di Settimio Se-
vero, e più su quello di Tito.
Secespita è il coltello con cui si scannava
e scorticava la vittima. La mazzuola per col-
pirla, e la scure per farla a pezzi vi vanno
unite, e sono indizj del sacerdozio.
Vasperf:orio, formato di crini di cavallo,
surrogossi alle fronde , con cui si facevano
dapprima le aspersioni. Trovansi pure sec-
chielli per l'acqua lustrale; e presso alle porle
de' tempi ^' ^'^^'^ P''^ d'acqua benedetta.
Dei tripodi si variarono moltissimo la figura
|e l'ornato: ve n' ha in forma di bossolo, uno
in forma d'aquila; ma al solito si ridticevano
ad un bacino di metallo, per lo più di bron-
zo, sostenuto da tre piedi. Famosissimo era quello di Delfo, fatto colle spoglie tolte
ai Persiani nella battaglia di Platea, e sul quale sedeva la Pitia per rispondere oracoli.
Quindi ad Apollo specialmente erano sacri i tripodi, e spesso fregiansi di simboli apol-
linei, come del lauro, del serpe, del corvo. Cortina era il coperchio del lebele -, ma ta-
lora si prendeva per tutto il tripode.
Lampade molte si accendevano nei tempj, e v'erano feste delle lampade in Egitto a
Sais (Ekodoto, n) e in Grecia tre volte l'anno.
§ 66.
Portici e basiliche.
Ripigliamo il discorso degli edifizj antichi riservandoci a dire dei circhi e dei teatri
ove delle feste e de' divertimenti.
Edifizj importanti erano i portici, naturali alla vita pubblica ch'era prediletta dagli
antichi. Son formati di colonne che sostengono un soppalco; alcuni interamente aperti,
a due 0 più schiere di colonne { tetrastichoi, ppntastichoi ) ; talvolta formavano quasi
contrade, siccome i colonnati delle città assire; spesso erano affatto indipendenti da
altri edifizj. Poi si chiusero con muri di cinta, e ne vennero le sale, che Roma adottò
col nome di ba<^iliche. Alcune erano private, distinte in anibulatorie, domestiche, vina-
rie: altre pubbliche e forensi. Di queste la prima fu fabbricata il S69 di Roma, sotto il
censore M. Porcio Gitone, ond'elibe il nome di Pnrcia : e così comoda si trovò, che
in vent'anni tre nuove se ne edificarono vicine, come quella al Foro, poi altre assai,
anche nel resto d'Italia e nelle provincie.
Il nome par dedotto dallaggettivo basilicus, spesso usato da Plauto nel senso di egre-
gio, magnifico. La stoa basileia d Atene sembra non v'avesse a che fare, e fosse la sede
dell'arconte re, il quale vi esercitava il proprio uffizio, e provedeva alle cose sacre, af-
fidate alla sua cura.
ACIIITETTi;nA. BASILICHE
SI
A e B è i7 vero calcidico, forse per tribunale «ter
cantile ; C galleria a criptoportico \ F $tatw> d
Eumachia^ che lo fece edificare.
2
Calcidico
Leon Battista Alberti nel xvi secolo fu il primo che tentasse restaurare una basilica
romana, e l'idea da lui datane fu più o meno seguita fin a quest'ultimi anni. Pare consi-
stessero in un parallelogrammo, largo non
fiiù della metà né meno d'un terzo della
unghezza, attorno a cui giravano portici
semplici 0 doppj,al pian terreno e al supe-
riore; il parallelogrammo di mezzo tene-
vasi più alto affinchè ricevesse luce dalle
finestre sovrapposte. Dai due lati minori
sporgevano i calcidici, aperti al passeggio
Ria che cosa siano propriamente i calcidici
è incerto, e alcuno pretende si chiamas-
sero così gli emicicli che fiancheggiavano
il trihunale; altri negano che fossero ro-
tondi, e li fanno tutt'unu cogli ambulacri;
qualche volta con tal nome si indicava un
edifizio distinto , che il .Marini , ne' com-
menti a Vitruvio, suppone un passeggio
nel fòro, presso l'entrata delle basiliche.
Talvolta il calcidico precedeva il palazzo,
come in quel di Giustiniano descritto da
Procopio (Guglielmo BechiJ.
Quello di Pompej, che qui offriamo, ha
circa metri 39. 65 per 19. 83, attorniato
da doppia galleria avente sul dinanzi un
portico pseudodiptero di diciotto colonne
sopra piedestalli.
L'entrata , che era sotto al centro del
portico, chiudevasi a doppio battente, so-
pra cardini di bronzo. Ai lati dell'entrata
erano due vasti recessi circolari, di là dai
quali alzavansi piatteforme, di cui restano
ancora le scale.
Oltre il calcidico, nella parte inferiore
della basilica aveasi il tribunale, spesse
volte entro uno spazio semicircolare {M'/y-n
abaide), e dove sorgeva la sedia curule del
pretore, circondalo da giudici che talvolta
erano fin centottanta, e dagli avvocati.
La basilica di Pompej è diroccata a metà
l'altezza delle colonne-, però d'alcune ri-
mangono i capitelli, e ne diamo qui ac-
canto la figura 2, essendo la più perfetta
che si conosca fra le antiche. Lunga m. 67
TRIBUNALE |J Calcidico
^-ìl «j
per 24. 40; colla testuggine alta ni. 18.
30; le ventototto colonne erano disposte
quattro a ciascun capo, le altre ai lati, e
son di |mattoni rivestiti di stucco. All'es-
tremità sorge il tribunale sopra un pia-
nerotto, a cui si sale per doppia gradinata
e sotto di esso vi ha camere, con cui si
comunica per buchi nel pavimento, e che
si supposero carceri temporarie. Alle pa-
reti] sono incastrate colonnine corintie, su
cui impostavano le travi, dall'altro capo
poggianti forse sulle colonne laterizie, o
su parastate di legno : .le quali colonnine
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VESTIBOLO.
^' Cantù, Documenti, — Tomo I, Arch^xilogia e Beli* Arti,
* * ^
82 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
agli angoli si aggruppano, a maniera dei fusti gotici. Vuoisi da alcuni non fosse
una biisilica, ma solo un portico quadrangolare, la cui parte media restasse scoperta, a
differenza delie l)asiliche vere.
Le principali basiliche di Roma €fa«oJa, Sempronm, tra il vico Tusco e il Yelabro,
edilìcata nel i7i av, C. ;
la Opiihia sovra la piazza dei Cotnizj; .
la Emilia nel Foro, che a Paolo Emilio costò ISOO talenti ;
quella di Pompeo vicino al teatro;
la Ùiuiia nel Fofo 5 _
quella di Cajo e Lucio nipoti d'A,ugust0 5
la Ulpia di Tra j ano.
Quella di Costantino sorse neJla Via Saera presso al tempio della Pace.
- Essendosi da questi edifizj dedotte le basiliche moderne non parrà superfluo se né
rechiamo ahre particolarità. Vitruvio esige che le colonne sieno alte quanto è largo il
portico; e quelle della galleria superiore, minori di 1|4. Ecco la basilica secondo le di-
mensioni volute da es3o.
^"
TESTUGGINE
B portico inferiore; C portico superiore; A A parattate.
••00T8JT
TESTO G GIN E 1
WWW
TETTO SALIENTE
MURO SSTERNO
^ elevazione di parie della basilica, che moslra le colonne della
teslaggine disopra al tetto saliente del porlieo; 2 sezione
lonqiludinnle traverso alla testuggine ; D P pluteo ; E E E
colonne della testuggine.
Fu. pure a Roma sterrata la basilica Ulpia di Trajano, con pavimento di inarmo pre-
zioso, e colonne di granito. Benché gli edifizj circostanti non abbiano permesso di tutta
AUCHlTtTTljKA. ItASILICHt.
S3
scoprirla, vedesi che era in cinque navi, dirette da oriente a occidente; e sappiamo da
Paiisania ch'era coperta di legno di cedro rivestito di l)ronzo, con soffitte pur di hronzo
dorato, come anche gli ornamenti del tetto. Un'idea può farsene dall'eflìgie che sta
sopra questa medaglia di Trajano :
10 essa basilica Costantino convocò il senato e il popolo per proclamare la libertà
della religione cristiana [Acta Sanctorum, 31 xbre ; ms. bihiiot. di Borgogna).
D'una sola navata era la basilica Siciniana, che occupava il posto della chiesa di
Sant'Andrea in Barbara, o piuttosto di Santa Maria Maggiore (ULhiCHS. Beschr der Stadi
Rum , t. in, e. 2, s. 215).
Gl'unperatori Gordiani nelle lor ville sulla via Prenestina aveano tre basiliche. A Pre-
oeste erano fumose la Emilia e la Fulvia, tra le quali Siila fece collocare una grandiosa
meridiana. A Otricoli oe fu scoperta poc'anzi un'altra, il cui emiciclo era ornato di
»tatue.
Fb. KtJGLEB, Der rSmisc. Basilikenbau , ndher enlwickelt nach den Resten der antiken Batilika zu
Trier. (nel Kunslblatl del ^842, n° 84-86).
Fb. vom Qcast, Die Bnsilika der Alien. Berlino iSio.
Zester.»a?ìi>ì, De Basilicis libri Ires. Biuxflles I8'i7.
L'Accademia delle scienze di Bruxelles pose a concorso pel \ 846 « L'origino e la destinazione delle basiliche
pagane, e come furoao trasformate in chiese cristiane ».
11 nome di basilica sembra poi essersi comunicato ad altri edifizj di uso particolare,
come per argentar], cioè banchieri, per vinaj ecc. La basilica di Costantino conte-
neva una biblioteca; ed è quell'insigne edilìzio che finora intitolossi tempio della
Pace.
Nel portico talvolta v'erano edifizj diversi; nella stoa d'Atene molti tempj, un gin-
nasio, un'abitazione; così nel portico di Metello.
Sono pure nominati i buhuti'.ri, che si disputa se fossero tesori; e le curie^ destinate
ai gitidizj. I Pnianei de' Greci con tuli o cupole, servivano ai sagriGzj che i pritani fa-
ceaiio a nome d' Ilo Stato.
Possiam riferirvi anche il museo d'Alessandria, gran peristilio con biblioteche ed
altre camere posteriori, e un immenso refettorio.
§67.
Fòri.
I fóri erano vaste piazze, circondate da portici, per uso di mercati, o per le adu-
nanze pubbliche, o per rendere giustizia. Secondo Vitnivio, i Greci li fficeano quadrati,
cinti da purlico doppio, cnn colonne filte e a due piani : fra i Honinni erano più birghi
perchè talvolta servivano d'anna ai gladintdri; e spaziasi grinierculunnj e le gallorie
per pnssegjiiare, e dove collocavansi botteghe di mercanti e di cambiamonete e di col-
lettori delle iiiipuste, e spesso nel centro magazzini.
Dei diciassette fòri di Roma, quattordici erano t>rnah'a, cioè per mercati, gli altri
civUia e judiciaria. Più modesti erano i mercati delle erbe e della carne (o/Z/ona, ina-
cella). Il fòro Bomano o Latino o Vecchio è famoso per le arringhe che vi si teneano
sulla tribuna, ornata coi rostri presi ai Cartaginesi. Il (òro di Cesare presso campo
Vaccino, costò a questo un milione di sesterzj. Augusto nel suo fece il tempio di
84 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
Marte Ultore, cinto da doppia galleria colle statue dei re latini da un lato, dall'altro
dei re romani. Quel di Nerva fu cominciato da Domiziano, e Alessandro Severo vi
pose statue colossali degli imperatori e colonne di bronzo. Tutti vinse in magnificenza
il fóro Trajano.
BuNSEN, Lt Forum de Rome.
§ 68. — Ginnasj e terme.
I ginnasj in Grecia e le terme a Roma servivano agli esercizj e alla nettezza del
corpo.
Nel ginnasio greco parte principale era la palestra^ e accessorie lo stadio, Vefebeo
per gli esercizj della gioventù, lo sferisterio pel ballo, Vapoditerio per ispogliarsi, Veleo-
terio e Valeipterio per ungersi d'olio, il conisterio dove fregarsi colla polvere, la culum-
betra pel nuoto e pei bagni, gli stadj coperti e non coperti. Attorno erano camere
d'ogni specie, sale aperte (eccerfia-j, portici, talché il ginnasio diveniva convegno anche
per gli esercizj intellettuali.
Anche nelle terme v'avea l'efebeo, la gran sala dei lottatori al centro, il bagno freddo,
il tiepido, il caldo, cui spesso era unita la sala da sudare; lo sferisterio, l'apoditerio,
l'eleoterio, il conisterio, la piscina da notare ; gli xisti che non si sa bene a che ser-
vissero, e che alcuni credono la sala centrale delle terme; infine camere per servigio, e
il vestibolo. Attorno erano portici, esedre, biblioteche, scuole e fin teatrini. A Pompej
attigui alle terme sono i lupanari.
Già in Atene la forma generale pei bagni era la rotonda e a volta, conservata poi dai
Romani, con occhi nella volta: non sembra si facesse distinzione tra balnea e thermce,
senonchè queste forse erano di maggior magnificenza. I Greci molto usavano i bagni,
e ogni tratto ne parla Omero: pare fossero freddi, dopo i quali si ungevano d'olio puro
(A(7r'è)atw) 0 rosato (ÈÀatw pòiSoévn)^ ovvero anche con un unguento prezioso detto mirra.
Anche i primi Romani sappiamo da Seneca che si lavavano moltissime volte in acqua
fredda; e forse la calda s'introdusse colla mollezza greca. Scipione avea bagni caldi a
Linterno (Seneca, Ep. 86), in camere senza lusso. Plinio dice che Sergio Orata, con-
temporaneo di Crasso, inventò d'introdur aria calda nelle camere, sicché l'acqua eva-
porasse; specie di bagni a vapore. E quelli e questi erano comunissimi al tempo di Ci-
cerone, non solo nelle case signorili, ma anche a prezzo per comodità pubblica: vi si
pagava un quadrante, e i ragazzi niente (Nec pueri credunt, nisi qui nondum cere la-
vantur. Giovenale. Sat. ii). Si ha un'iscrizione per un L. Ottavio che aprì bagni gra-
tuiti per gli stranieri e foresi :
L. OCTAVIO L . F . CAM . RVFO TBIB . MIL . . . QVI LAVATIONEM GRATVITAM MVNICI-
PIBVS, INCOLIS, HOSHTIBVS ET ADVENTORIBUS (PlTISCO, Lex. Anliq.).
Ottocento bagni contava Roma sotto gli Antonini, di cui principali erano quelli di
Emilio, Giulio Cesare, Mecenate,. Livia, Sallustio, Agrippina; e stavano aperti dal sor-
gere al tramontar del sole. Giovenale conta fra le immoralità i bagni notturni [Balnea
nocte subii). Chiudevansi ne' pubblici infortunj. Altri bagni traevano nome dal proprie-
tario, come dai passi di Marziale, dai quali vedesi destinala a ciò l'ora ottava (Epigr. \.
48. XI. 52) : Octavam poteris servare ; lavabimur una — Scis quam sint Stephani balnea
juncta meis. Nelle terme di Diocleziano si trovò l'insegna Fiumi Balneatoiiis.
Solcasi prender il bagno dopo l'esercizio e prima della cena, cioè del pasto princi-
pale: poi i voluttuosi lo prendeano anche dopo pranzo per acquistar nuovo appetito.
Musa, medico d'Augusto, introdusse quei che diciamo bagni russi, cioè di passar dal-
l'acqua calda nella diaccia.
Somigliano ai bagni i ninfei, gran cupole con zampilli, di cui erano sparse le rive
dei laghi d'Albano, di Neini, Lucrino, Fucino. Sopra uno leggeasi questa graziosa
iscrizione :
NYMPIIIS . LOCI .
BIBE . LAVA . TACE .
Altri bagni erano specialmente sacri ad Egeria, altri a Giunone per le spose e le
incinte.
ARCHITETTURA. BAGNI
85
Luciano, nell'/ppia, dà una minuta descrizione di un bagno eretto dall'architetto di
quel nome. Uno poi ne fu trovato a Pompej, del quale offriamo la pianta :
Come si vede, forma un'isola fra due vie, e vi s'entrava per A. B eC comunicavano
direttamente colle fornaci ; D E colle stanze del bagno. F era uno degli ingressi prin-
cipali, vicino al fòro, D ed £ nei lati opposti. Entrando per F sj scende da tre gradini,
e trovasi a sinistra una cameretta colla latrina i : procedendo sotto al portico coperto 2,
si trovano tre fianchi dell'atrio 3, che forma il vestibolo dei bagni, dove aspettavano i
servi e gli schiavi, che erano foniacalores o scaldalori, capsarii o vestispici guarda-
roba, balneaiores, unctuarit, aliptce o stufajoli, analectcs spazzini ecc. V'erano in a a
delle sedie. Forse nella camera 4 stava l'intraprenditore, che riceveva il denaro e dava
una tessera; o forse una sala d'aspetto per le persone di riguardo. Quivi sospendevansi
i cartelli d'annunzj di spettacoli o d'altro. Al corridoio 3 che mena alla porta E, è
unito un camerino come l'i. Dal 7 entrasi nella camera 8, che è il frigidarium, e ser-
viva eziandio di apodyterium o spogliatorio, ed ha comunicazione anche coH'entrata D
pel corridoio 9, ov'è una nicchia forse pel balneatore. iO era la stanza fredda, natatio,
natatorium, piscina, baptisterium, puteus, /ourpòv, rivestita di marmo bianco e con
ampia vasca per molti insieme, e dove l'acqua entrava per uno spillo di bronzo. L'H
era forse la tonstrina, per tagliar le unghie e i capelli, e farsi spazzolare ed ungere.
Chi volesse passare al bagno caldo, entrava nel 12, dove non era acqua, ma vapore; e
dicevasi laconicum. Pare che il laconico non fosse già un semplice recipiente per scal-
dare le celle, ma un vasto ambiente circolare, e serviva anche d'apoditerio per quei
che direttamente andassero ai bagni caldi, al qual uopo era diviso in molti scomparti-
menti per mezzo di atlanti, dove ciascuno deponeva le sue robe. La porta ben chiusa
aprivasi sopra il 13, concamerata ^udaiio, dove stava l'acqua calda. La fornace è in e
ed f, alla quale poteasi portar la legna per l'entrata B. Tre vasi erano in quella, un
caldariuin, un tepidarium e un frigidarium, posti uno sopra l'altro. Vitruvio racco-
manda che il bagno delle donne sia vicino a quel degli uomini, ma senza comunicare:
pure sovente bagnavansi in comune.
9 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
Questa è uoa figura antica, rappresentante un bagno :
Nel suddetto bagno di Porapej, dentro la
camera ì 2, fu trovato questo letto :
come pure striglie e ferri per le unghie ecc.,
qui a fianco effigiati:
Palladio, Terme de^ Romani, con giunte dello Scamozzi. Vicenza -ITSa.
CameRON, The Balh of the Romaim. Londra ^l'2.
Le terme di Caracalla, delle quali diedero il piano Serbo e Palladio, e la ristornzione
congetturale Abele Hlouet, occupano ancora colle ruine grandissima superficie. Erano
alimentate dall'acqua Marcia che passa sull'arco di Druso ; ed oltre la destinazione
principale, servivano ad esercizj ginnastici, giuochi, accademie, altre riunioni. Moltis-
sime opere d'arte le adornavano, e vi furono trovati l'Ercole di (jlicone, la Flora, il
toro Farnese, il torso di Belvedere, il musaico che ora sta in Laterano, quantità di vasi
ed altre preziosità. La gran sala di mezzo era sorretta da otto colonne di granilo bigio,
una delle quali sorge oggidì in piazza di Santa Trinila a Firenze. La costruzione dei
massicci è di solidi nmlloni; il resto di sassi senz'ordine, uniti con calcina e incorni-
ciati di mattoni triangolari, connessi poi mediante fascie trasversali di grandi mattoni
rettangolari, alla disianza di metri 1. 3U l'una dall'altra. Ora si sta sgomberandole
affatto.
Le terme più vaste erano quelle di Diocleziano, con bei portici e capacissime sale,
una delle quali ha m. bi) per 24, giardini, scuole, luoghi d'esercizj e di diverlimenti,
e un museo. Basti ricordare che il Panteon non era che un pezzo delle terme d'A-
grippa ; e i rabeschi di Rafaello nelle loggie Valicane sono imitazione di quelli che ve-
deansi nelle terme.
Terme naturali aveansi nei dintorni di Napoli, e massime a Baja. Un bellissimo avanzo
è quel che si chiama il Truglio, o terme di Mercurio, con una rotonda del diametro in-
terno di quasi 20 m. : la volta elillica fa un bel giuoco di eco.
Per quanto esagerata sia, queires|»ressi<me di Ammiano Marcellino (lib. xvi. e. 6)m
modum provinciarum exiructa. lavacra attesta l'ampiezza di simili edifizj.
ARCniTETTXRA. ACQUEDOTTI
87
^ 69, — Lavori di genio civile. Canali, acquedotti.
Di quelle opere, che sodo ora competenze dell'ingegnere civile, mognifici modelli ci
lasciarono gli antichi.
Le prime opere che dei Cinesi si raccontino, sono per Io scolo delle acque: e canali
artifiziali rammentansi fino 2^00 anni av. C. I canali pr ncipali per cimgiunperei fiumi
sì fecero sotto la dinastia degli Han, due secoli av. C, altri sollo Yuen li la dinastia dei
Gin nel vi secolo, quando mille seicento leghe di canali furono aperte o rinnovale. Più
tardo è il canale Imperiale, cioè del 1289.
Gli Egiziani ebhero perscienza pnnia di guidar le acque del Nilo, vita del loro paese^
e ce ne sono ricordati caniiii arditissia)i. e il gran serbatojo detto lago di Meride. Ai
Greci, in paese piccolo e sminuzzato e senza grandi fiumi, mancò l'occasione d'esercitar-
visi, benché fin da antico sieiio ricordati gli scoli del lago Copai in Beozia.
Moltissimo attorno alle acque operarono i Romani. Emilio Scauro nel 115 av. C.
asciugò le paludi del Po con canali tra Parma e Piacenza. Estesi lavori si fecero altresì
attorno alle paludi Pontine, e Augusto vi scavò un canale parallelo alla via Appia. Sono
inoltre mentovati il canale intrapreso da .Mario verso lo sbocco del Rodano; quel di
Druso fra il Reno e l'Yssel ; quel di Corbulone alle imboccature della Mosa e del Reno.
Sotto Tiberio si divisò di cong ungere la Chiana coll'Arno per diminuire le inondazioni
del Tevere, in cui quella affluiva.
Un canale arditissimo cominciò Nerone, che dal lago di Àverno dovea comunicare
da un lato col lago Lucrino nel golfo di Baja, _ _ —
dall'altro con Roma per le paludi Pontine, '"^
lungo da 160 miglia, e largo da lasciar il cani-
hio di due triremi; maneutque vefitigia irritoe
spei (Tacito) in quella che ancor si chiama
fossa di Nerone.
Lo scolo del lago Fucino, ora Celano, già
tentato da Cesare, fu effettuato da Claudio,
aprendo un canale traverso a montagne, ove
lavorarono trentamila persone. È l'emissario
più grande d'Europa, neppur eccettuato quello
del lago Copai. Comincia ad ostro di Avezzano
e dirigesi sempre a ponente. Per esso il lago che
ha la superficie di m. 15,792 scende nel Liri a
metri 5679 di distanza; ed è profondo (l'emis-
sario) da 17 a70m.; largo 2, alto ^; prima at-
traverso la roccia, poi, ch'è più difficile, il ter-
reno calcare, sostenuto con muri ed archi; e
perchè non sapeasi ancora tener la linea retta,
si apersero da Sospiragli in cima, tocche rad-
doppiò la fatica. Eccone l'apertura.
11 governo napoleonico intraprese a ripristi-
narlo nel 1806, ma solo testé venne compito
per fatica d'una compagnia, a cui il governo horbonico ne fece la concessione.
Più ricordate sono le opere con cui i Romani condussero in città acqua, o ne spaz-
zarono le immondezze; nel che furono giovati grandemente dall'arte degli archi ; ira-
parata dagli Etruschi. Pare opera di questi la cloaca, che dicesi fatta costruire da
iarquinìo Prisco per dare scolo all'acque del Velabro e dei monti vicini. Le volle sot-
terranee in cui queste raccoglievansi, confluivano al Foro, donde scaricavansi nel Te-
vere per due canali coperti, che diceansi cloaca maxima e minor. Della prima restano
ancora meravigliose reli(|uie, ed ha quasi quattro metri d'altezza e di larghezza, co-
struita senza cemento e in tre arcate una dentro l'altra (Vedi la figura di pag. 89).
Gran prova d'antichità è l'esser fatta, non col peperino di Gabio e di Albano, ma con
quello che Brocchi chiama tufo litoide, di formazione vulcanica.
Roma avea tanti condotti sotterranei, che Plinio la chiama urbs pensilis. La grave
88 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
spesa della loro manutenzione sostenessi parte dal tesoro, parte con? una tassa detta
cloacarium -, e vi soprantendevano cloacarum curatores.
Gli acquedotti di Roma sono ancora tra i piìi appariscenti avanzi dell'antichità : Fron-
tino li mette superiori alle piramidi d'Egitto e alle altre [sette meraviglie; ed a ragione
se si guardi all'utilità e anche alla solidità. Presso i Greci pare si facessero sotterranei;
e lo scarso uso dell'arco toglieva che ne costruissero al modo de' Romani. A questi, non
forse ignoranza delle leggi idrostatiche, ma amore del grandioso e dell'architettonico,
fece preferire le lunghe arcate aeree, per lo più di muro con molta pendenza; e Vitru-
vio indica 1' \ per 200, il che darebbe la velocità di 60 centimetri per secondo.
Si notò che non vanno in linea retta, ma serpeggiantei^anche dove il terreno non
l'esige; del che gli antichi non parlano, e i moderni non sanno dar ragione sufficiente.
Il Fabretti suppone il facessero per profittare dei terreni elevati, senza obbligarsi ad
arcate straordinariamente alte: Flaminio Vacca pensa volessero colle risvolte rompere
l'eccessiva celerità che l'acqua avrebbe acquistato, e che avrebbe danneggiato i condotti.
Così difficile è a spiegarsi perchè, mentre dalla cascata di Tivoli a Roma è si forte la
pendenza, i Romani abbiano presa l'acqua da quel fiume 30 chilometri piii in su, anzi
45, se si computino le girivolte ; se pure non fosse per aver maggiore purezza dell'acqua.
I tubi erano di terra cotta.
11 primo acquedotto romano eretto da Appio Claudio (313 av. C. ) portava l'acqua da
7 o 8 miglia. Il secondo da Curio Dentato (275 av. C. ) la portava per 43 mila passi,
di cui 702 sono sostenuti da archi di piperino. Seguì l'acqua Marcia, condotta da Q.
ARCHITETTURA. ACQUEDOTTI
89
Marcio Re,'da Subiaco per 61,710 passi ; cui poscia si unirono l'acqua Topula (127 av.
C.) e 'acqua Giulia (35 av. C.) Dell'acqua Vergine, condotta da Ai^rippa, sussiste an-
eora il canale, restaurato da papa Nicola V e da Pio IV. L'acqua Claudia e la Trajana
devonsi agli imperatori Claudio e Trajano; al cui tempo era soprantendente Sesto Giù
ho Frontino, che nel trattato De aqumluctibus c'informa di questi edifizj nniiì bello
è quel dell'acqua Claudia, tutto di pietre tagliate, lungo 80 chilometri di cui più di
15 sono sostenuti da arcate, alte fin 50 metri. Paralleli vengono quelli delP-icnua Mar
eia, i cui archi hanno l'apertura di m. 4. 80, costruiti in tre qualità di pietra
In città, gli acquedotti metteano capo a grandi serbato] {caste.Ha), ove depositavano
e donde l'acqua era dispensata. Gli acquedotti descritti da Frontino avevano per la di-
stribuzione 13,594 tubi detti quinarios, del diametro di un pollice; 10,550 dei quali
per la città, gli altri per la campagna. L'acquedotto del Toverone presso Tivoli è ta-
gliato nel masso per più d'un miglio; serviva ad inaffiar le strade e i giardini o a nau-
machie, poi sfociava nella Cloaca, e per essa nel Tevere. L'acqua Verdine avea 700 archi
fuor di terra, con 400 colonne di marmo e 300 statue, ed alimentaria 130 cisterne
90 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
Fontane abbondavano in Roma, e doveano servir ad esse quei giganteschi vasi mo-
noliti di marmo o di porfido, che oggi arricchiscono i musei e la fontana di Monte
Cavallo.
Frontino calcola che, vietando le dispersioni, sarebbesi potuto nel suo tempo otte-
nere a Roma 5j5,582 quinarj d'acqua, cioè 1,320,592 metri cubici ogni ventiquattr'ore.
l tre acquedotti che avanzano a Roma, ne danno apjìena 280, SOO metri cubici, cioè il
quarto degli antichi : eppur Roma è la città più provveduta di acque, prima che ai dì
nostri se ne versasse tanta abbondanza nelle migliori città.
Secondo Dureau de la Malie {De la diHributiun^ de la valeur^ et de la Ugidation des
eaux dans Vancienne Rome. Parigi 1843} i condotti dell'acqua a Roma sommavano in-
sieme a 428,000 metri, di cui 52,000 ad arcate; e sottraendone le derivazioni frodoleote,
cooduceano 11,073 pollici d'acqua: 4588 erano distribuiti a privati, il resto ad usi
pubblici. La costruzione dunque digli acquedotti non era di pura perdita, ma fruttava
il vedigal ex aquceductibus, o vectiyal formce, per cui i giardini e gli oliveti vicini ad
essi condotti pagavano l'anno 250,000 sesterzj, o lire 67,500. Posto che l'irrigazione si
stendesse molto più ampiamente a giardini ed oliveti lontani, ricchssimo doveva essere
il prodotto, dal suddetto autore valutato, alquanto arbitrariamente, a 1,244.000 lire.
Chi prendesse più acqua della concessa, era multato d'una libbra d'oro pel valore
d'ogni obolo usurpato.
Per un confronto, Parigi nel 1843, valutando anche il po7zo artesiano di Grenelle,
ebbe 3580 pollici d'acqua condotta, oltre 90 pollici d'acqua della Senna, e 500 di acqua
deirOurcq; e la vendita totale produce da 890 mila lire. Londra ne consuma 80,000
metri cubici al giorno. L'acquedotto dì Caserta, fatto da Vanvitelli nel 1735, trae
l'acqua da dodici miglia lontano.
D'acquedotti romani a^Mcomedia, Efeso, Smirne, Alessandria, Siracusa, Melz,Nimes,
Lione, Evora, Meridae altrove restano magnifiche vestigia^di quel di Segovia rimangono
149 arcate, di grandi pietre senza cemento e in due ordini sovrapposti, alti fin 102
piedi. L'acquedotto di INìmes, detto ponte di Card, è a tre ordini d'arcate, e sembra
dell'epoca di Agrippa. Un dei più grandi è l'acqua Claudia, che, per 50 miglia dal Prin-
cipato Ulteriore presso l'antica Sabazia, conducea l'acqua a molte città e a Napoli e
finiva alla Piscina mirabile presso il capo Miseno, forato per tre miglia il sasso calcare.
L'acquedotto di Lione attesta che i Romani conosceano le leggi idrostatiche, e sapevano
determinare i livelli, benché altro slromento a ciò non adoprassero che il corobate.
Perocché, invece di traversare con arcate sovrapposte da una collina all'altra, forma-
rono sull'una un serbatojo, poi con tubi di piombo accompagnarono l'acqua giù pel
pendìo e la fecero risalire sull'altura opposta, rinnovando il giuoco tre volte. Così non
ebbero mestieri che di ponti d'un solo piano ad arcate di differenti altezze, in cui sono
alternate le pietre e i mattoni.
g 70. — Ponti.
Son una delle costruzioni più utili e insieme più difficili i ponti. Prima condizione
ne è la solidità, vuoi per la fondazione, vuoi per la difficoltà dei restauri.
Già mentovammo il ponte sull'Eufrate, atlribuito a Nitocri o a Semiramide, di sole
pile, fra le quali tendevansi tavole che la sera si ritiravano. Ponti temporaij di legno
fecero Dario sull'lstro e sul Bdsforo tracio, e Serse sull'Ellesponto In Grecia se ne trova
frequente menzione, ma la scarsa pratica dell'arco lascia supporre fosser del tutto 0 in
gran parte di legno.
In Italia primamente si applicò l'arco alla costruzione dei ponti, e perciò ne possiam
riferire l'invenzione agli Etruschi. Uno dei ponti più antichi dev'essere quello della
Badia sulla Gora, tra Montalto e Musignano, di grandi tufi commessi senza calce, e che
serviva anche d'acquedotto: l'arco di mezzo ha 93 palmi romani di diametro, e 100
d'elevazione sovra il pelo dell'acqua.
1 pouti erano stretti come le strade, e avevano in mezzo Vagger o iter pei carri e i
cavalli; ai lati i marciapiedi (decursoria), chiusi dal [larapetlo Gli archi per lo più son
a mezzo circolo, talvolta a segmento di arco molto s|ianso: le pile per lo meno 1p
dell'apertura dell'arco, talora 1|4 e fin i\o. Qualche volta aprivano nuovi sfoghi alle
AnCUlTETTlIRA. PONTI
91
acque con mcchie^ra i due archi, come nei ponti Fabricio e Senatorio a Roma- altri-
menti ornavano qtiegl'interstizj archilellonioamonif. Una decorazione alle leste e sul
parapetto vi aggiungea quella liellezza, che spesso i moderni neglessero, e sovente vi si
posero monumenti. Su quel d'Alcantara era una cappella di 5 per 8 metri, e le pietre
SI ben disposte e sporgenti dal muro, da formare una specie di tetto; connesse poi in
modo, eh.' stanno intuite dall'età di Trajiino sin ora. Il ponte di Amhrussum (AwOrois)
ha due singularita; pietre dalla parte ddla corrente, e dall'altra muro ; e il pavimento
del ponte si curva seconda le arcate. Memorabili sono altresì il punte di Menda con
sessantaquattro archi circolari e disuguali, tutti di pietra; e quello del Card, che è pure
acquedotto. *^
Otto ponti si rammentano sul Tevere: il ponte Sublicio, fatto di pali da Anco Marzio
per unir il (.lanicolo alia città; il Palatino dov'è ora il ponte Hotto; il Kabricio e il Cesilo
congiungevano l'isola colla città e col Gianicolo; quello del Gianicolo dov'è ora ponte
Sisto; li Vaticano, tra il campo Marzio e il campo Vaticano; l'Elio fabbricato da Adriano
dov ora il Castel Sant'Angelo; il Milvio, oggi ponte Molle sulla via Flaminia
Molti n'avea su tutte le strade, e alcuni sussistono tuttavia, come quello di Rimini
Del famoso di Trajano sul Danubio v'è sulla colonna Trajana l'immagine, qui appresso
disegnata: o ? ^ ri-
'à^^M<^^^à^t:^é2^^Ì:?^;t^h^^
Ponti temporarj faceansi per uso di guer-
ra, e soggetto di molti studj fu quello di Ce-
sare sul Reno. Alcune volte sopra otri e
dolj posavansi tavole su cui tragittasse
l'esercito; o sovra barche scavate da un
solo tronco. Diamo qui un altro ponte d
barche, tratto dalla colonna Trajana:
§ 71. — Porti.
I porti erano naturalmente più piccoli dei nostri, destinati a navi di ben altra portata
Pure formavano un complesso di edifizj maestoso, con moli, cale, fari, bacini arsenali*
cantieri, piscine; e attorno muri o portici. Parte principale erano le arcate dei'moli de-
stinate a tener netto l'interno per mezzo della corrente artifiziale data alle acque,
Giulio Cesare voleva costruire un porto all'imboccatura del Tevere; che poi fu esefuito
da Claudio poco lungi dalla sponda destra di esso fiume, collo scavare una fossa e in-
trodurvi acqua del mare, chiudendolo fra due moli artefatti, in mezzo alle cui punte af-
fondò la gran nave egiziana che avea trasportato l'obelisco lateranese, e sopra la quale
fu costruita una isola col faro. Trajano v'aggiunse un bacino, simile ai docks inglesi
scavato entro terra, di forma esagona, di metri 260 il lato. Il bacino era profondo al-
men 3 metri, e in giro vi stavano colonnette di marmo numerale, per attaccarvi le navi •
e due ne esistono ancora. V'eran attorno archi, tettoje, altre costruzioni opportune. Le
navi entravano nel porto di Claudio, a metà artefatto: ivi scaricavansi in leni minori
che entravano nel bacino di Trajano, poi in un canale aperto a fianco al Tevere, che'
oggi chiamasi Fiumicino, e da esso nel Tevere proprio. Sembra che l'opera tendesse
anche a liberar Roma dalle inondazioni, come dall'epigrafe trovata di recente che dice*
TI . CLAVDIVS DUVSI F . CAESAR
GEKMANICVS PONTIF
DESIGN.
AVG . GEKMANICVS PONTIF , MAX.
POTEST . VI . COS . DESIGN. Illl IMP , XII
FOSSIS bVCTlS A TIBEKI OPERIS PORTV
CAVSSA EMISSISQrE l.N MAKE VRBEM
INVNDATIOMS PERICVLO LIBERAVIT.
§2 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
Del resto fa meraviglia come i Romani non pensassero a incanalar il Tevere, che sì
spesso usciva ad allagare la città, e (in dodici volle in un anno (Livio, xxxviii. 28). Che
forse ne li distornasse qualche ubbìa religiosa?
S'attribuiscono ad Augusto il porto di Miseno, le comunicazioni del golfo di Baja coi
laghi Lucrino e Averno, e il porto di Ravenna col magnifico faro, perito affatto.
La Piscina mirabile di Baja solidissima vuoisi da alcuni destinata a conservar l'acqua
per la flotta di Miseno; altri la credono ornamento della villa di Lucullo.
Quel che chiamano ponte di Caligola, sono avanzi del molo a traforo, che dovea pro-
teggere l'antico porto di Pozzuolo e fors'anche il porto Giulio (moles puleolance, Sve-
TONio; pilce Puteoloruììi, Seneca): forma una catena di ventiquattro o venticinque pila-
stri, tutti di pietre quadrate e con anelli per legar le gómene ; e l'ultimo serviva di faro.
Questa forma a traforo è opportunissima per conservare costante la profondità. Claudio
fece un molo davanti al porto d'Ostia colandovi a fondo molte navi cariche di pozzolana
e calce viva.
DE Fazio, Intorno al miglior sistema di costruzione de' porli. Napoli ^828.
— Nuove osservazioni sopra i pregi architettonici de' porti degli antichi. '1832.
Tra i fari è memorabile quello d'Alessandria, da cui ebber nome gli altri.
Fin le navi presero aspetto architettonico, non, come oggi, nel senso che l'arte studia
di proporzionare la bellezza all'uso più comodo e migliore; ma vi si fabbricarono e
tempj e sale, estranj affatto alla meccanica.
§ 72. — Agrimensori.
Gli agrimensori formavano a Roma un collegio o corporazione come le altre arti, e
aveano l'incarico di misurare i terreni pubblici ei privati, e» mantener i confini ; aveano
il titolo di spectabiles e clarissimi, esercitavano anche qualche giurisdizione. Succede-
vano essi agli antichi auguri, e ne conservavano alcune formalità. Come quelli, fissavano
specialmente il settentrione, di là tirando a mezzogiorno la linea principale, che chia-
mavasi cardine, e intersecandola con un'altra ad angolo retto, che diceasi decumana,
perchè formava la figura d'un dieci X. Parallele a queste tiravano altre linee, alle cui
estremità facevano il limite o sentiero, opposto alla via o strada principale che tagliava
ad angolo retto; onde Virgilio [Geonj. 1. 258):
« Omnis in unguem
« Arboribus positis secto via limite quadret ».
11 terreno non diviso chiamavasi arcifinium.
NiEBUHR sulla limitatio e 8ugli agrimensores.i in appendice alla sua Storia romanù.
g 73. _ Strade,
Le strade erano o private, o campestri, o pubbliche: vicinali diceansi quelle dei vichi,
0 che ai vichi guidavano; terrene quelle non selciate; glareate quelle coperte di breccia
o ghiaja. Le vie pubbliche si distinguevano in militari, comolari, pretorie; anche regie
presso i Greci.
È probabile che i Cartaginesi sentissero primi l'importanza delle lunghe vie, e forse
da loro ne tolsero l'idea i Homani. La prima fu intrapresa da Appio Claudio (512 av. C.)
fra Roma e Capua; cui tenner dietro le altre. Ecco quelle che partivano da Roma:
i. Da porta Ciipena la via Appia suddetta, regina viarum. Da essa si ramificavano la v
Setina verso Setia ; la lìomitiana per Sinuessa, Linterno, Napoli, e Sorrento; la Cam
pana o consolare da Capua a Cuma; VAquilia da Capua a Salerno; la Egnatia da Bene-
▼ento a Brindisi; la Trajana da Venusia al seno Tarentino; la jl/mucùt o A'umicia pel
Sannio.
2. I>a via Latina, volta per Tuscolo o Frosinone a Benevento.
3. Da |)orla Esquilina, la via Labicana congiiingeasi dopo trenta miglia alla predetta.
4. La via (ialina o Prene^tina \)er (iiibio, si univa coU'anzidetta ad Anagni.
5. La via Tiburtina usciva dalla porta Tiburtina per Tivoli, poi col nome di Valeria'
la
ARCHITETTURA. STRADE 93
continuava traverso il paese de' Sabini. Un ramo andava a Subiaqueum, un altro al paese
de' Frentani.
6. La via Nomentana, partendo da porta Collina, conpiungevasi alla Salaria.
7. La Salaria da porta Collina arrivava ad Ascoli nel Piceno.
8. La Flaminia usciva dalla porta del nome stesso, per giungere ad Arimino ; col
nome poi di Emilia continuava nella Gallia Cisalpina. La Poatuiiua fu fabbricata da Ve-
rona a Genova, passando da Mantova e Cremona. Dalla via Flaminia presso Roma si
staccava la via Cassia, che per ponte Milvio menava alla Toscana, a Lucca, e a Luni
raggiungeva l'Aurelia. La via Amerina staccavasi dalla Cassia a Baccano, e passato Tuder
e Perusia, la raggiungeva a Clusio. Dalla Cassia disgiungevasi pure, dopo ponte Milvio,
la via Clodia, che al lago Sabatino bipartivasi, e con un ramo entrava nell'Etruria cen-
trale al nord di Firenze, coll'altro per Tarquinio raggiungeva l'Aurelia. Dalla Cassia
presso Baccano si separava anche la Cimina, e la ritrovava al Fanum Voltumnce.
9. La via Aurelia andava alla Liguria.
40. La Portuensis al porto d'Augusto sul Tevere.
a. La Ostiensis al porto d'Ostia-, poi col nome di Severiana proseguiva per Anzio e
Circaei, iìnchè trovava l'Appia a Terracina. Dalla Ostiense diramavasi la Laurentina.
J2. La via Ardeatina da Roma ad Ardea.
Prima tracciavansi due solchi paralleli alla distanza di 4 o 5 metri: sterravasi finché
si trovasse un fondo solido (gremium) ; se non si trovasse, si palificava (fislucationibus).
Sopra il fondo disponeansi quattro strati: prima (statumen) sassi alla rifusa; poi (rudusj
pietre morte, commesse con calce; indi (nucleus) frammenti di tegoli e vasi con ce-
mento; di sopra (pavimentum) larghi poli-
goni di selce o di lava, commessi in modo da,
presentare una superficie compatta, che alla
vista somiglia alle opere pelasgiche. In città
talvolta le pietre erano quadrate , come nel j-
fòro Trajano, di travertino. Ecco qui figurata"
una via di Pompej :
Tal costruzione è data generalmente dagli
autori : pure è forza dire che , negli scavi
diligentemente fatti sotto la via Appia nelle
paludi Pontine, non apparve orma di questa
varia struttura (Prony, Description hydrogr.
et histor. des marais Pontins, pag. 23J ; onde
l'eccellente conservazione vuoisi attribuire al
buon fondo di ghiaja ed all'esatta commes-
sura delle pietre.
V'avea altresì marciapiedi. Cajo Gracco fé
porre le pietre miliari, indicanti la distanza
da Roma o dai prmcipali punti.
Alle strade lavoravano i soldati, come sap-
piamo dagli storici e dalle lapidi. Ecco un'iscrizione trovata in Africa, del 119 d. C:
IMP . CAES .
DIVI NERVAE NEPOS
DIVI TRAIANI PARTHICI F .
TRAIANVS ADRIANVS
AVG . PONT . MAX . TRIB .
POT . VU . COS . Ili
VIAM A CARTHAGI.NE
THEVESTEN STRAVIT
PER LEG . Ili AVG .
P . METELLO SECVNDO
LEG . AVG . PR . PR .
« L'imperatore e cesare, nipote del divino Nerva, figlio del divino Trajano Partico,
frajano Adriano Augusto, pontefice massimo, rivestito per la settima volta d«lla podestà
#4 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
tribunizia, per la terza volfa console, selciò la strada da Cartagine a Teveste (Tebesa)
per mezzo della terza legione augusta, sotto Publio Metello Secondo luogotenente im-
periale pro-pretore ".
Dagli autori appare che tutte le opere pubbliche romane faceansi per via d'intrapren-
ditori {redemplorex), che doveano dar cauzione (satisdatio) H supremo ordine era dato
dal senato cbe assegnava la somma da spendere ai censori che faceano le aggiudica-
zioni. Gli edili 0 commissarj specinli vegliavano sulle opere, e ne ricevevano la con-
segna. La mancanza d'unità nell'azione amministrativa dava luogo ad abusi e frodi.
L'ispezione delle strade era affidata ai censori, che spesso vi diedero il proprio nome:
dappoi fu attribuita ai tribuni della plebe; più tardi v'ebbe procuratori speciali. 1 fondi
èrano somministrati dal tesoro o dai privati che ne traevano vantaggio, o da individui
che voleano gratificarsi il pubblico.
Vice latitudo^ ex lef/e XII Tahularum, in porrectum odo pedes hahet; in anfraclum,
idest ubi flexum est. sexdecim. Gaio in l. 8, ff. de servii, proed. rust.
In generale per Roma non andavasi in carrozza, ma questa aspettava i ricchi alle porte
della città. La lecfica era il trasporto più consueto, con un origliere e cortine, e portata
da sei od otto schiavi, per lo più vestiti di rosso. Chi non bastasse a tale spesa, trovava
alle sfazioni lettiere e schiavi di cambio. Aveansi pure dei carri (rheda?) da nolo; e
quelli de' ricchi erano ornatissimi.
Le stazioni postali furono primamente stabilite dai Persiani per comodo del vasto ira-
pero, e da Sardi a Susa n'erano centundici (Ekodoto, v. 52 vi. 118); il che dà circa
venti miglia l'una. Setubra che le stazioni fosser vasti edifìzj, a guisa de' moderni
caravanserragli. I Romani le chiamavano mansio, distanti incirca come le persiane, e
con ogni provisione.
Orazio, viaggiando a Brindisi, non va d'albergo in albergo, come oggi si farebbe;
ma nella città di Mamurra gli prestano Murena la casa, Capitone i cucinieri (Murcena
prcebente domum., Capitone cucinum] \ prima di giungere al ponte di Campania, per-
notta in una villa, dove i provveditori dell'imperatore Io forniscono di legna e sale, se-
condo il loro dovere {Proxima Campano ponti., quce villula tectum Prcebuit, et parochi,
quce dehent, liqna salemque) ; in un'altra villa presso Trivico (vicina Trevici villa) fu
affumicato da fascine verdi, e deluso da una fanciulla. Pure sappiamo che popince e
cauponoe eran lungo le strade, e massimamente lungo la Appia; e alle Tre Taverne i
Cristiani di Roma andarono incontro a san Luca. Aqzi forse a tali osterie dovettero
l'origine i villaggi che costeggiavano le grandi strade.
BERcrÉR, Hiiloire des grands chemins de Vempire romain. ^822.
NlBiìy, Delle vie degli antichi., dissertazione.
Romanelli ha il piti ampio trattato intorno alle vie.
Naddet lesse all'Istituto di Francia una memoria Sulle poste pubbliche presio i Romani , e loro ammi-
nislrazione.
Recueil des ilinèrnires aficievs , rnmfrenanl Vllinèrnire d'Anlonin, la Table de Peulinger, el un
choix des Periples grecs, publié par le marquis de Fortia, atee alias par M. le colonel Lapib. Pa-
rijji I 835.
DESJARD^^s, Essai tur la topographie du Lalium. Ivi 1834.
Poco si parla delle strade preche: e di fatto in paese interrotto da tante montagne e
solcalo da fìiitni, e dove non era l'abitudine di lunghi viaj.ji-i per mezzo di carri, non
poteansi aspettare i prodigj romani. Vuoisi però provare che belle strade si facessero,
sostenute da dighe ove i uiarazzi lo richiedevano ; e princiiialmente fiiron dovute al
cullo, per comodo dei pcllegriniinli ai s.intuarj, e pei carri che vi portavano devoli,
statue, oggetti rituali. Non si spumava luila la larghezza della vi,i, ma soltanto il mezzo,
ai lembi fiicendo solchi profondi, entro cui scivola\uno le ruote, al modo che oggi
usiamo C(»lle strade ferrate. Di qui l'espressione Te'pvet'- ó'^-Tov, secare viam {V. Ciinrit s,
Zur Gfschiclite df:< Weyebanes bey den Griechen: ein lieijtrag zur Alterthumstvissen-
schafl. Berlino 1855J.
MISURE
66
§ 74. — Itinerarj.
Uno de' monumenti più curiosi che l'antichità ci trasmettesse è VWnerario d'Anto-
nino. Vi son notati i paesi per cui passavano le strade romane, ed anche un l)reve iti-
nerario marittimo delle distanze da un porlo ali altro. Probabilmente cominciato ai
tempi di Giulio Cesare, vi si fecero successive aggiunte; e nei varj manoscritti il nu-
mero delle miglia differisce, locchè non è la minor macchia di quest'opera. Vedasi ad
esempio il viaggio da Aricia a Brindisi, quello stesso che così vivacemente è raccontato
da Orazio; i numeri interchinsi sono le varianti •, i casi a capriccio de' nomi indicano
t'abitudine dei meno eleganti di usarli indeclinabili :
mitlia passuum
mitlia passuum
Aricia ....
M. P. XVl
Equo teutico .
. . M.
P. XXU
Tribus Tabernis . .
M. P. XVII
Ecas . . .
. . M.
P. XVllI
Appi foro . . .
M. P. X fxvill)
Erdonias
. . M.
P. XVIII (xviii)
Tarracina . . . .
M. P. XVIII (XXVUI)
Canusio . .
. . M.
P. XXVI
Fundis
M. p. xvim (xivj
Rubos . .
. . M.
P. XXIII
Formis ....
M. P. XIH
Butuntus .
. . M.
P. XI
ilinturnis . . .
M. P. IX
Barium . .
. . . M.
P. XII
Sinuessa . . . .
M. P. I.X (XUI)
Turribus
. . M.
P. XXI
Capua ....
M. P. XXVl
Egnatise . .
. . M.
P. XIV (xxi)
Caudis ....
M. P. XXI
Speluncas . .
. . M.
P. XX
Benevento . . .
. M. P. XI
Brundusium
. . M.
P. XVJIII (xxiii)
Altrove parliamo a lungo della Tavola Peutingeriana.
^ 75. — Misure geodetiche e lineari.
li miglio romano era di mille passi e di circa settantacinque al grado, eguale a otto
M^dj greci."
Delle misure geodetiche gli antichi fecero autori i figli di Giove, e che Apollo trovò
lo stadio pitico, Ercole lo stadio olimpico. Ciò indica mitologicamente un fatto storico,
<noè che le misure erano dedotte dal sistema astronomico, e parti aliquote d'un grado
del meridiano Offriremo uno specchio della corrispondenza degli stadj alle antiche mi-
sure di qn cerchio massimo della terra supposta sferica:
Un meridiano
Anassimandro , Aristo
tele (1) 400000
Archimede (2, . . . . 300000
Ippai'M 1277000
Eralosleae ed Ippar-
co (3) j 252000
Enitnslnne secondo
Cleomede '250000
Pnsidoiiio, Tolomeo f4) 180000
Diniiisiodoro secQndoI
Plinio 262000
Posidonio, Arabi anti-
chi
Arabi
210000
203999 999999
Un grado
Un minuto
0
miglio
Un passo
geogratìco
lì apporto
dello stadio
col metro
UH.
833
769.
700
69 i.
500
111 HI 18. 518518 0.018518
333333 13. 888888 0.013888
4444U12. 824074 0 012824
100
133.333333
144.404332
11. 666666 0.0H666 158.730158
! I
44444411
574074 0.011574
338333 0.0^:{:333
160
222 222222
727. 777777 12, 129629 0.012129 152.6:
6n6. 6666666 1 1 1111111 0.01 UH
566. 666666 9. 4444ÌÌ O.OOOiii
166.66(;(; -,
1 96.078 i3l
(t) Era questo lo stadio pitico, di cui si servirono Nearco pel suo viaggio dalHn'lo al golfo Persico,
Megasl*ae, Deiraaco, Oocsicrato, Pitca ecc.
(2) j| il più adoperato nelle oss.eryaziopi astroo.praicbc,
(3) E lo stadio olimpico
(i) Forse stadio alessandrino. Vedi Annali civili di NapQli del 1 8^0, pag. -113.
\
96 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
Dovendosi ogni tratto ricordare pesi, misure, monete, troviamo importante il presen-
tare un'idea di essi, col ragguaglio alle unità metriche. Ma su questo punto discor-
dano i critici per modo, che non ci fu possibile dar un prospetto del quale noi
fossimo interamente convinti : sottoporremo dunque al lettore una dissertazione
dell'astronomo Luigi Ideler sul sistema dei Romani e dei Greci.
MISURE DI LUNGHEZZA E SUPERFICIE DEI ROMANI.
Rapporti tra le medesime.
L'unità di misura era presso i Romani chiamata pes, piede, tolta dal corpo umano,
come pure cubitus, palrnus, digitus, il cui rapporto tra loro e col piede restava de-
terminato naturalmente, come vediamo nell'antichità. Palmus indicava la larghezza
della mano o delle dita riunite insieme, eccettuato il pollice; quattro volte la lar-
ghezza della mano corrispondeva comunemente alla lunghezza del piede; ed un piede
e mezzo fanno un cubito, cioè la lunghezza dalla punta del gomito fin all'estre-
mità dell'indice disteso. Così quattro digiti formavano un palmo; sedici digiti o
quattro palmi, un piede ; ventiquattro digiti o sei palmi, un piede e mezzo, ossia un
cubito. Ma di queste misure determinate dal cubito e dal piede, soltanto la prima
era in uso presso i popoli orientali ; i Romani invece usavano quasi esclusivamente
la seconda ; i Greci l'una e l'altra.
Occorre fra i Romani una doppia divisione, decimale e dodicesimale. Si servivano della
seconda per tutti gli oggetti divisibili, più comuni nella vita; ed era tanto usata, che
gli scrittori non parlano quasi mai d'altre frazioni che di quelle generate dalla divi-
sione dodicesimale, come appare dalla seguente terminologia:
Uncia ìji^ ^emis, semissis 6;1 2=1/2
Sescuncia, sescunx . .1/12 1/2=1/8 Septunx 7/12
Sextans 2/12=1/6 Bes 8/12=2/3
Quadrans 3/12=1/4 Dodrans 9/12=3/4
Triens 4/12=1/3 Dextans 40/12=5/6
Quincunx 6/12 Deunx • . 11/12
Il tutto 0 l'intiero, riguardo alle sue frazioni o preso da se, era chiamato as. Per le
parti dell'oncia, cioè minori dei dodicesimi, usavano quest'altre denominazioni:
Semuncia 1/2 j .2 1/24 1 „
Sicilicus "J/^ ( i ^l^^ { a
Sextula 1/6 ( == 1/72 ( =
Scripulum 1/12 ) -a . . . • 1/238 1 "^
Quando, per esempio, Plinio (xviii. 32) dice che la luna, dopo la sua congiunzione, re
sta sull'orizzonte horce unius dextante sicilico dopo il tramonto del sole, è duopo ag-
giungere 5/6 e 1/48 d'un'ora, il che dà presso a poco SI dei nostri minuti.
Applichiamo queste denominazioni ad oggetti particolari.
I. L'unità della moneta era di preferenza chiamata as ; gli spezzati della moneta erano
il semissis, il triens, il quadrans, il sextans, Vuncia e la sextula; quest'ultima era
la più piccola, ed esistette solo nei primi tempi di Roma, quando l'os pesava una
libbra e la sextula un sesto d'oncia: mentre quando Vas fu ridotto alla semuncia,
ìa sextula non pesò più che 1/144 dell'oncia. Sembra che dopo quell'ora sia pure scom-
parsa ì'uncia. Gli altri nomi dei dodicesimi dell'unità monetaria as, più non indicavano
che moneta di conto. Così avranno chiamato quincuns la somma d'un sextans e d'un
quadrans, senza che esistesse una moneta di tal valore.
II. La divisione dell'eredità.
III. La libbra, libra.
IV. Il sextarius, misura dei liquidi.
V. 11 jugerum, unità della misura agraria.
VI. Il piede, 0 misura di lunghezza, ideler discende intorno a questo a molte particola-
rità, e conclude colla tavola seguente che indica i rapporti delle tre specie di lun-
^he?za.
MISURE
1. Architetlonica.
Cubitus . i
Palmipes . 11/6 .
Pes . . i 1/2
1
11/4 . 1
Dodrans . 2 .
Semipes . o .
Palmas . 6 .
12/3 . 1 1/3 . 1
2 1/2.2. .11/2.1
5. .4. .3. .1.1
Uncia . . 18 .
15 . . 12 . . 9 . .6.3
1
Digitus . 24 ♦ . .
20 . . 16 . . 12 . .8.4
2. Misure geodetiche, o di terreni.
1 1/3
Actus ... 1
Decempeda . 12
Passus . . . 2i
. 1
.2.1
Gradus. . . 48
.4.2.1
Pes ... . 120
.10 . 5 . 2 1/2
3. Misure itinerarie.
Leuca . . 1
Mille passus 1 1
Stadium . 12
/2 1
8 . i
Possus . . 1500
. 1000 . 125 . 1
Pes . . . 7300
. 5000 . 6^5 . 5
Si osservi che la leuca, o lega, è misura puramente gallica; il miglio misura romana;
e lo stadio misura greca.
Riguardo alle misure agrarie, i Romani avevano per unità lo jugerum , che era di
288,000 piedi quadrali; ed eccone le suddivisioni:
piedi quadrati
50
100
200
400
600
1200
2400
4800
7200
9600
12000
14400
16800
19200
21G0O
24000
26400
28800
parti dello jvgc
rum
scripula
1/576
ifi .
1/288
Scripulum
ì
1/144
'
2
1/72
Sextula .
4
1/58
Sicilicus .
6
1/24
Se mancia .
12 .
1/12
Uncia
24
1/6
Sextans .
48
1/4
Quadrans
72
1/3
Tnens
96
5/12
Quincunx
. 120
1/2
Semis . .
144
7/12
Septunx .
. 168
2/3
Bes . .
192
3/4
Dodrans .
216
5/6
Dextans .
240
11/12
Deunx
. 264
1
As . . .
288
elle misure più grandi Ideler dà la seguente tavola
Saltus. .
. . 1
Centuria .
4 . 1
Heredium
400 . 100 . 1
Jugerum .
800 . 200 . 2
Actus quadr
atus 1600 . 400 . 4
Clima
. . 6400 . 1600 . 16
Scripulurn
. . 230401
)
57
600 . l
)76
1
2
8
288
1
4
144
1
56
Nella Gallia V actus quadratus era chiamato arepennis, donde il nome moderno di arpent^
sebbene le due misure non siano precisamente le stesse.
Cantù, Documenti, — Tomo 1, Archeologia e Belle Arti 7
98
ARCnEOLOGlÀ E BELLE ARTI
Confronto delle misure di lunghezza e di superfìcie dei lìomani
colle moderne francesi e metriche.
Per base di questi calcoli Ideler prese il piede parigino, il metro ed il piede del Reno,
facendo notare che il metro fu definiti\ameDte valutato corrispondere a 443,295,936
linee di Parigi. Sovra questo fatto compilò la tavola che segue:
Misure di lunghezza dei Romani.
piedi parigini
me^ri
i.
Sicilicus . . . .
0.0190
0.0062
2.
Semuncia . . .
0.0379
0.0123
3.
Digitus . . . .
0.0od9
0.0185
4.
Uncia ....
0.0758
0.0246
5.
Sescuncia. . . .
0.1137
0.0369
6.
Sextans . .
0.1516
0.0493
7.
Quadrans^ palmus
0.2274
0,0739
8.
Trirns ....
0.5032
0.0985
9.
Quincunx
0.3791
0.1231
10.
Semis^ semipes . .
0.4549
0.1478
ìi.
Septunx . . ,
0.5307
0.1724
12.
Bes ....
0.6065
0.1970
^o.
Dodrans . . .
0.6823
02216
M.
DexPms . . .
0.7581
0.24G3
lo.
Deunx ....
0,8839
0.2709
16.
Pes (piede romano)
0.9097
0.2955
17.
Palinipes . . .
1.1372
0.3694
\^.
Cubitus . . .
i .3646
0.4433
19.
Gradus . . .
2.2743
0.7388
20.
Passus. . . .
4.5486
1.4776
21.
Decempeda . .
9.0972
2.9551
22.
Actus ....
109.1667
35.4616
23.
Stadiuìn . . .
568..58
184.70
24.
Mille passus (m\g\\o
) 4548.61
1477.57
2d.
Leuca ....
. 6822.92
2216.35
Tutti sanno che il piede francese si divide in 12 pollici, il pollice in 12 linee; onde, chi
voglia tradurre le parti decimali del piede in pollici ed in linee, troverà che il piede
romano corrisponde a 10 pollici e 11 linee. Dalla tavola si vede tosto ch'ei vale 2 de-
cimetri, 9 centimetri, 5 millimetri e mezzo. Siccome poi ogni sei piedi fanno una
tesa, lo stadio corrisponderà a tese 94.76; il miglio romano a tese 758. 10; e la leuca
gallica a tese 1137. 15.
Se vogliansi confrontare queste tre misure itinerarie colla lega e col miglio geografico,
sarà duopo ricordare che la prima è la venticinquesima, l'altro la quindicesima parte
d'un grado medio di latitudine. Dalle misure prese dai geometri poi risulta che il
metro è la diecimilionesima parte della distanza dall'equatore al polo. Un quarto del
meridiano sarà dunque linee 4,432,959,360 , o tese 5,130,740: onde risulta che la
lega corrisponde a tese 2280.33, ed il miglio geografico a 3800.55; vale a dire alTin-
circa 1 lega = 2i stadj = 3 miglia romane = 2 leghe galliche antiche : ed un nii-
glio geografico =40 stadj = 5 miglia romane = 3 1/7 leghe galliche: un grado medio
della terra, ch'è tese 57,008 2;9, corrisponderà circa a 602 stadj = 75 miglia roma-
ne =■ 50 leghe galliche.
Misure di superficie dei Romani.
1 . Pes quadratiis .
2. Scripulum . .
3. lincia . . . .
4. Clima . . . .
5. Actus quadratus
6. Jugerurn . . .
7. Heredium . .
8. Centuria . .
9. Saltus . . ,
piedi quadrati
0.8276
82.76
1986.23
2970.34
11917.36
23834.72
47669.44
4766944
19067778
metri quadrati
0.0873
, 8.73
209.59
314.38
1257.53
25t.S.06
.5030.11
50301 1
2012044
MISURE 96
Gli arpenti onde misuravansi una volla i terreni in Francia, comprendevano 48,400
piedi; la misura agraria presente, ch'è l'ettaro, comprende 10,000 metri quadrati: Io
jugerum pertanto equivale ad un arpento e mezzo circa, ed a poco più d'uà quarto
dell'ettaro.
MISURE DI LUNGHEZZA E DI SUPERFICIE DEI GRECI
Rapporti tra le medesime.
SratTiov, stadio ... 1
UJé2f,ov, pletro ... 6 1
Opyyiy-, orgia ... 100 16 2/3 \
n/ìjTù,-, cubito ... 400 66 2/3 4 \
noù;, piede .... 600 100 6 1 1;3 1
27ri3a,xr], spanna . . 800 153 1/3 8 2 1 1/2 1
I[7.)oLh'n, palmo . . 2400 400 24 6 4 3 1
AixTu^o,-, digito . . 9600 1600 96 24 16 12 4
Di poche misure di superficie fanno menzione i Greci, e ci danno un'idea precisa sol-
tanto del :i'/iBfiov che è 10 mila piedi quadrati, confuso dai Latini col jugerum tre
volte pili grande.
Misure agrarie dei Greci.
U)i3pov, pletro ... 1
Apo\>px, arura .... 4 . 1
hy^xiju, achena ... 100 . 25 . i
nou?, piede 1000 . 2500 . 100
Benché l'antica Grecia fosse formata dalla riunione di molti popoli tra loro diversi per
leggi e per istituzioni, tutti però andarono d'accordo quanto alla misura del piede qua-
drato. Ideler crede non si possa determinare altrimenti che giusta il piede romano,
col quale starebbe nel rapporto di 2S a 24; per tal modo arriva a determinare lo sta-
dio all'ottava parte del miglio romano, combattendo le opinioni contrarie. Aggiunge
che i popoli, i quali fecer uso d'uno stadio più lungo, ebbero anche un piede più
grande ; e prende a combattere specialmente Fréret il quale, nel suo sistema più inge-
gnoso che fondato, stabilì per base che Erone, le cui opere di geodesia e sulle macchine
da guerra furono tradotte dal Birocci, era nato ad Alessandria, mentre non si trova
fatto nessun cenno intorno alla sua patria, anzi aggiungeremo che Fabricio, nella sua
Biblioteca greca, lo chiama Erone da Bisanzio.
Confronto delle misure di lunghezza e di superficie
dei Greci colle moderne.
Dal valore del piede romano di 131 linea, e dal rapporto di 24 a 2S ch'esso ha col piede
detto stadio olimpico, usato più generalmente, risulta che questo è linee 1364. 5833;
né tal valore si scosta molto da quello del piede ateniese, secondo la misura presane
sull'ecalompedo da Leroi e Stuard. Sovra questo valore e sovra i rapporti dati poc'anzi
tra le diverse misure, s'è potuto formare la seguente tavola di paragone delle misure
olimpiche di lunghezza :
piedi parigini metri
1. Aax.Tu)o,-, dito 0.0592 0.0192
2. nnUictYi, palmo 0.2369 0.0770
3. l-ni3àu.Yì, spanna 0.7107 0.2309
4. nou,-, piede 0,9476 0.3078
3. mx^;, cubito 1.4214 0.4617
6. B/>3(, passo 2.3691 0.7696
7. Opyul^, orgia 5.6808 1.8470
8. Ax^t'-a, achena, decempeda , 9.4763 3.0783
9. miSpov, pletro 94.763 30.783
10. STà^iov, stadio 568.58 134,70
JOO ARCnEOI.OGIA E BELLE ARTI
Gli autori Greci fino al in secolo dell'era viilgare, contano in generale otto stadj olimpici
per ogni miglio romano : nei tempi posteriori si usarono due specio di stadj più lunghi-,
l'uno di sette, l'altro di sette e mezzo per ogni miglio romano. Quest'ultimo ha un
piede di linee jìarigine 140. 7, e sta al piede romano in ragione di tOU a 112, o di2S
a 28. Sei di questi piedi corrispondono ad una tesa, 6 piedi e 1 13 di pollice, misura
di Parigi ; e lo stadio che ne risulta è di 61 1 piedi parigini, o tese 101 e piedi 5.
11 piede dello stadio di sette per ogni miglio romano, e che vien chiamato piede reale o
fdeterico, vale linee ITiT. 2, e sta al piede romano in ragione di 5 a 6; lo stadio che ne
risulta, corrisponde a 656 piedi parigini, o tese 109 ed un piede.
Misure olimpiche di superfìcie.
misure (jicche
piedi quadr. parigini
metri quadr
Piede quadrato .
. . . 0.8980
0.948
A;{«tv3t, achena .
. . . 89.80
9.48
Apoujia, arura
. . . 2245
257
nìéSpoj, pletro
. . . 8980
948
Gosselin, nelle Recherches sur la géographie sijstématique et positive des anciens, inserì una •
memoria De Vèvaluationetde Vemploi des imsures itinérairts grecqucs et romaines ; poi
nelle j/emor/e dell'Accademia d'Iscrizioni e Belle lettere, voi vi. 1822, altre Recherches
sur le principe, les bases et l'évaluatiun des dijférens systémes métriques linéaires de
Vantiquilé. Sostiene egli che lutti i sistemi metrici lineari ch'esso potè riscontrare,
avevano per hase la misura della circonferenza della terra, diversamente modificata,
ma conservata sempre esattamente: unitiì di modulo, che solo può spiegare i rapporti
che costantemente offrono le varie misure antiche comparate fra loro. Con lunghe e
dottissime indagini egli arrivò a verificare questo sistema sopra i monumenti de' popoli
più lontani.
Giusta le ultime ricerche, si potrehbe proporre la seguente tabella delle misure degli
antichi paragonate alle metriche :
Misure itinerarie.
chilometri
Lo schetie o posta dell'Egitto medio 20
— — della Tebaide o gau indiano, detto pure statmo . 10
— — del Delta = 9600 passi semplici 6 2;3
La parasan.9a = 7200 passi semplici S
Il coss indiano ^3500 id ^ il^
Il miglio egiziano = 2880 id. 2
— persiano od asiatico 12/3
— ebraico 1 1;6
Lo stadio pitico 0 delfico 0.148 4/27
— medio, detto nautico 0.166 2/3
— grande, detto alessandrino o egizio 0.222 2/9
— i fileterio o reale 0.210. 14
— greco olimpico 0.185. 37
— di Eratostene O.ITiO. 2
— di Cleomede e Posidonio 0.166. 25
— di Aristotele o piccolo 0.099. 8
— de' Babilonesi, Persiani, Ebrei 0.147. 78
— d'Archimede 0.133.
MisimE iOi
Misure lineari.
metri
Cubito reale di Babilonia 0.4G87.
Cubito medio 0.416 2/3
11 piiiìon 0 palììiipes 0.547 2/9
Il piede geometrico 0.257 7/9
Il piede pitico o delfico 0.2i0. 9
11 palmo maggiore 0.086. 8
Il palmo comune o palestra 0.069 4/9
Il pollice, od oncia del piede geometrico 0.023 4/27
11 dactiìo o dito 0.017 15/50
L'ecatompede olimpico 50.864.
L'esapode 1.851.
Il cubito di 18 pollici olimpici 0.463.
Il piede olimpico 0.508. 6
L'esapode di 6 piedi romani 1.7/9
Il passo grande di 5 piedi romani 1. 15/27
11 passo comune di 2 piedi romani ,,.... 0. 16/27
Il piede romano , . . . 0. 8/27
Misure agrarie.
metri quadrati. frazioni decimali
Il pietre = 100 piedi olimpici quadrati .... 9. 526
L'esapode = 36 id. .... 3. 429
Il saltus di 4 centurie 2,022,716.
La centuria di 1000 eredie 505,679.
L'eredia di 2 jugeri 5,056. 79
Lo jugero di 800 esapodi 2,528. 393
102 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
Offriremo ancora il prospetto meglio accettato delle misure romane-
Misure di superficie.
Pedes q.
^
-^
1
ti
.a
s
a
1
4)
-<
100
1
36
1
1
1
1
1
1
2
2
3
3
4
4
49
197
3
12
24
49
98
48
97
46
96
45
94
44
93
36
44
8
3,600
8
14,400
144
4
34
28,800
188
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10
4
44
L'unità dei quadrati era lo jugero,
nella cui divisione ricorre la partizione
5
80
12
6
16
dell'asse in oncie e loro frazioni Lo
14
7
52
jugero era un bislungo di 240 piedi
sopra 120, cioè 28,800 piedi quadrati.
16
8
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26 39 9 5
§ 76. — Campi militari
1 campi militari sono un genere d'architettura di cui ci restano avanzi in più d*UQ
luogo, e che a molti altri lasciarono il nome , come Lancaster, Glocester, Chester,
Castro ecc. Nel nostro trattato Sulla Guerra ne offriamo le particolarità, e nell»
pag. seguente ne riproduciamo il disegno.
Vicin di Roma si stabilì il campo de' pretoriani, credesi fra le vie Nomentana e
Tiburtina, dietro le terme di Diocleziano. Era costrutto di mattoni a lavoro reticulato,
rivestilo di stucchi e con portici magnifici. Grave era l'aspetto del pretorio , ove il
prefetto rendea giustizia: nell'interno non avea che una tavola coperta d'un tappeto
di porpora ricamato d'oro, su cui stava il libro degli statuti coll'effigie dell'impera-
tore, e due candelabri da lato che accendevansi durante l'udienza.
A Pompej e ad Otricoli si trovarono due piccoli campi, semplici, con gallerie ia
giro. In Germania e in Bretagna trovansi vestigia di campi, che talora mal si discer-
nono da opere druidiche o da teatri. Ve n'avea sin con triplice vallo. Altre volte
chiudevasi con un muro tutta la provincia, o con una serie di fòrti.
Delle macchine belliche avemmo a parlare in esso trattato Sulla Guerra.
LiPsio, Polioreeticon, tive de moeWnù, lormentù ite.
Mahini Luci, Illatlrationet prodromce in tcriptorei graeot et latinoi de Btllopaia. Bona -1820,
Dubkao de la Malle, Polivrcélique.
Meybick, Crilical inquiry info ancieni armour.
Bernd, Das fVappenv.eten d*r Griechen und Riimer. Bonna ^84^.
104
AKCHEOLOGU E IlELLF. AKTI
Campo romano.
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§77.
Città.
Davasi il titolo d'eroi a quelli che fondassero una città; e lodavansi dell'avene scelto
la situazione in modo di godere buon'aria e bella vista Quest'ultimo intento si propo-
sero sempre i Greci, i cui tempj e teatri son collocati in felici prospetti ; teneano pur
conto dell'aria e del sole: e si sanò qualche città con dare diversa direzione alle sue
strade. Eppure Atene stessa era non molto dissimile dalla moderna Costantinopoli, con
vie irregolari, buje, non selciate e fangose, case povere e piccole.
Quanto ai Romani, alla fondazione d'una nuova città il magistrato ravvolto nella toga
e, al modo de'Gabinj, succinto per una parte di essa, sostenea la stiva dell'aratro, al
quale erano aggiogati un toro ed una giovenca. Della toga gabinia il Winckelmann
trasse un esempio dall'arco di Marc'Aurelio, ove questo Cesare sta in atto di compiere
un sacrifizio.
La forma preferita per le città era (|uella del campo sovradescritta ; e in molte d'Ita-
lia fondate dai P.omani si può riscontrarla, malgrado le alterazioni, come in Pavia,
o) Tcnilc Jc' tribuni.
b) Tende de' prefetti.
c) Triiirj.
d) Cavalleria.
e) Principi.
f) Astuti.
g) Cavalleria alleata.
h) Fanteria alleata.
i) e k) Cavalieri e fanti straordinarj degli alleali;
Tolontarj stranieri ; e rinforzi temperar] delle truppe
straniere ed alleate.
l) Veliti.
m] Porta decumana.
n) Porta pretoria
o) Porta principale dritta.
f) Porta principale sinistra.
CITTÀ 405
Como, Piacenza, Parma, Aosta, Torino, le cui mura antiche formano un parallelogramo;
raramente un quadralo, come a Verona; spesso un (juadrato e mezzo, tagliato da una
0 due strade pel lungo o pel traverso. ^t\V Encyclopedia of aniiquities di Fosbroke
(Londra 1840, p. 560] è dato il piano della Londra romana, simile anch'esso ad un
campo.
L'unione di molte case private (aerfes) separate dalle vicine, chiamavasi isolai al-
quante isole costituivano un vicus; e molti di questi un regio. Quattro sole n'ebbe Roma
finché durò in repubblica. Le strade prendevano i nomi mal distinti di angiportus, se-
mita, iter, anguste, tortuose e non selciate.
Queste riuscivano sopra le vie, uniche l'atte e mantenute a spese pubbliche, e che le-
galmente duveano esser larghe non più di bi piedi romani (m. 2. 4C. Gajo). Le costeggia-
vano marciapiedi di 2 a 4 piedi (da m. 0 (il a I. 22). Delle vie di Pompe] olFrimmo
un'immagine qui sopra, ed anche le maggiori vi sono strette, da non dare il cambio ai
carri; e in tempi pidvosi dovea corrervi il rigagnolo, talché eran necessarj i mar-
ciapiedi.jSulle grandi vie collocavansi vasi per l'urina, gasira, (Petkomo, 29).
Le vie di Roma, anche ne' migliori tempi, furono infelici. Nel 579 della sua fonda-
zione, i censori Fulvio Fiacco e Poslumio .Mhino fecero selciare di grandi pietre quelle
in città, e quelle fuori con glaiea e con margini rialzati (Censores vtas sterìienda^ silice
in urbe^ glarea extra urbein subitruendas, viarginundasque primi omnium locaverunt
(Livio, xli. 27).
Le tavole di rame, su cui sono scritte leggi che Corradi e Mazzocchi credeano esser
le Sempronie di Cajo Gracco, ma che ora ascrivonsi agli ultimi tempi della repubblica,
portano regolamenti intorno alle strade: « Chi ha od avrà, sia in Roma, o a un miglio
in giro al suo abitato, una casa davanti a cui passi una strada pubblica, dovrà mante-
nere essa strada a requisizione dell'edile, cui spetta quel quartiere. L'edile veglierà
perchè ciascun proprietario mantenga come deve la strada dinanzi la sua casa, sìcché
l'acqua non s'impozzi e non la renda incomoda.
« Gli edili curuli e plebei dovranno, fra cinque giorni dopo eletti, trarre a sorte le
parli della città, dove abbiano a sorvegliare la riparazione e il selciato delle strade
pubbliche a Roma e ad un miglio in giro.
« Se la via passi fra un tempio od un luogo pubblico qualunque e una casa privata,
l'edile farà conservare a spese dello Stato metà di questa parte della via pubblica.
« Se un proprietario non intertenga la strada avanti la sua casa dopo l'intimazione
dell'edile, questi l'allìderà a un appaltatore; ma dieci giorni prima l'annunzierà nel
fòro, e ne farà intimar l'avviso ad esso proprietario e a' suoi procuratori ; e l'ag"iudi-
cazione si farà pubblicamente nel fòro, mediante il questore urbano.
« Esso proprietario o proprietarj saranno scritti come debitori sui libri di finanza
per una somma eguale all'aggiudicazione; e all'imprenditore verrà assegnato un cre-
dito esigibile di pien diritto sui loro beni.
« Se fra trenta giorni dall'assegnazione notificata al proprietario esso non pagò l'im-
prenditore 0 non diede cauzione, dovrà pagare metà di più...
« 11 proprietario che abbia davanti alla casa un marciapiede, lo manterrà tutt'al lungo
di essa in pietre connesse, intere, ben piane, secondo ordinerà l'edile di quel quartiere».
Le tavole Eracleesi contengono molti ordini sul mantenere sgombre le vie, e proibi-
scono i carri dall'alba fin a decima, salvo poche eccezioni. Inoltre si obbligavano gli abi-
tanti a conservar nette le vie scopando e anaffiando.
Nacdet, Sur la police chez les Romains. Mém. de l'' Inslitut, voi. iv.
Viveasi nelle strade lìubbliche; vi si giocava alla palla; chiaccolavasi, massime da-
vanti a botteghe di barbieri, profumieri, pizzicagnoli; gli operaj tenean di fuori i loro
scannelli, come tuttora si pratica ne' paesi meridionali. Pertanto ai magistrali facea
duopo di littori per avere il passo; gli altri, dice Plauto, se avevano fretta, doveano far
tre cose a un tratto, correre, litigare, battersi, {Mercat. i. 2. 8). Stava sempre l'ordine
che gli uomini cedessero il marciapiede alle donne (VALERm Mass. v. 2. 1).
Pomcerium (da post murum) dicevasi uno spazio attorno alle città etrusche e romane,
determinato da colonnette (cippi pomceriij, e che si considerava come parte delle città
stesse, e non poteva essere occupato per nessun uso profano.
106
ARCHEOLOGU E 6ELLE ARTI
Porta chiamavasi l'entrata della città, a differenza della j'anwa delle case. Vario n'era
il numero; cinque a Megara, sette a Tebe di Beozia, otto ad Atene, venti a Roma:
parlasi delle cento di Tebe egizia. Erano
0 ad architrave o ad arco, e nelle città
più antiche di pietre gradatamente spor-
genti. La porta di Nola non è in linea retta
col muro in cui è aperta, e così è d'una
di Pola. Talora son doppie per comodità
dell'uscire ed entrare, come nella magni-
fica di Treveri che qui esponiamo, e in
quella de' Borsari a Verona, e in una di
Pola, dove era triplice quella de'Sergj:
talaltra un marciapiedi vi è rialzato pei
pedoni. Stava accanto una portella (porta-
la, pivòTzvlx) ^ forse per la notte: né vi
mancava una stanzuccia pel guardiano.
Talora la porta era sormontata da una torre
per difesa, e vi si poneano immagini di
divinità. Alcune porte chiamavansi schee
cioè sinistre, perchè viepiù fortificate a si-
nistra, affine di offendere maggiormente
il nemico dal lato destro che restava non
coperto dallo scudo. Fuor di quella di
Pompej si vede che ponevansi iscrizioni
temporarie, per esempio editti pretorj, che
poi si cancellavano per sovrapporne altre.
Le città più antiche d'Italia e di Grecia erano su allure, talché la mura secondava il
pendio, e nella sommità aveano un'acropoli o cittadella ove ricoverar le donne e le cose
sacre in caso di pericolo. Le mura erano di cortine con torri a tratto a tratto, e mas-
sime agli angoli ; e talvolta il muro era doppio.
Le botteghe aprivansi sulla via, e in distinte strade stavano i diversi [mestieri : cosi
a Roma nel fòro Romano i banchieri; nel Vicustuscus e nel Velabro i mercanti di stoffe,
i conciatori, i profumieri, i droghieri; in Argitele i calzolaj; nei portici d'Agrippa i
fabbricatori d'abiti ricchi ; nella \ ia sacra i venditori di minuterie da donar alle donne,
ossetti d'avorio, tavolette da scrivere, stipetti di legno prezioso, dadi, tavole da giocare,
ed altri ninnoli. Delle botteghe di Pompej non poteano essere che piccolissimi i magaz-
zini, e si chiudevano con tavole posticcie, assicurate in scanalature degli stipiti, con
emblemi della merce che vi si spacciava. Non vi si è trovata ancora una bottega di li-
brajo né una biblioteca pubblica, che, potrebbero essere di grande utilità. Sopra un
cartello d'appigionasi si trovò:
IN PRAEDIIS JVLIAE SP. FEIJCIS — LOCANTVR — BALNEVM VENERIVI» ET NONGENTVM TABER-
NAE — PERGVLAE — COENACVLA EX IDIBVS AVG. PRIMIS IN IDVS AVG. SEXTAS— ANNOS CON-
TINVOS QVINQVE — S . Q. D. L.E.N.C.A.
SMETTIVM VEHVM AED.
Le abbreviature credesi indichino: si
QVIS DOMINAW LOCI EJVS NON COGNOVERIT
ADEAT ecc. Novecento botteghe in una sola
città sarebbero assai: pergole chiamavansi
terrazzi dove i venditori esponeano le
loro merci: i cenacoli sarebbero trattorie,
e una é dipinta sovra la parete d'un po-
stribolo a Pompej, che qui vedete.
Pei ricchi v'avea opsonatores simili ai
nostri ristoratori^ che servivano a pasto;
dei quali Marziale canta:
« Die quoties et quanti cupias coonare ; nec unum
« Addideris verbum ; coona parata libi est.
4i N_v..ijLJL4Ìik-S==iW'-4=^^
PALAZZI. ERGASTOLI. CASE. 107
Secondo una descrizione fatta sotto Onorio o Valentiniano III, Roma dividevasi in
quattordici regioni, nelle quali erano ventotto biblioteche, di cui principali l'Ulpia, e
la Palatina; sei obelischi, otto pomi, otto campi, undici fòri; romano, magno, di Ce-
sare, d'Augusto, di Nerva, di Enoharbo, I^oario, Suarin, de'Pistori, de' Galli, de' Rus-
tici; dieci basiliche: Giulia, L'Ipia, di Paolo, Vestilia, Nettunia, Matidia, Marciana,
Vascolaria, Floscellaria, Costantiniana; dieci terme: di Trajano, di Tito, di Comodo,
d'Antonino, di Severiana, d'Agrippina, d'Alessandro, di Diocleziano, di Costantino, di
Severo; venti acque: trajana, annia, marcia, cerulea, Claudia, erculea, giuba, augustea,
attica, appia, alseatina, aetina, cimina, aurelia, dannata, vergine, tepula, severiana,
antoniana, alessandrina; diciotto vie, due campidogli, due circhi, due anfiteatri, due
colossi, due colonne coclidi, tre teatri, tre ludi, cinque naumachie, quindici ninfei,
ventidue grandi cavalli, settanta Dei d'oro e settantaquattro d'avorio, trentasette archi
di marmo, trentasette porle, quattrocentoventitre vici, quattrocentoventidue wdes, qua-
rantaseimila seicenlodue isole (che, se il numero non va letto altrimenti, dovean essere
le casipole di poveri), mille setlecentonovanta case, ducentonovanta granaj, ottocento-
cioquantasei bagni, niille trecencinquantadue pozzi, ducencinquanlaquatlro forni, qua-
rantasei lupanari, centoquarantaquattro latrine.
Che anche le città di provincia e semplici municipj riproducessero i monumenti al
modo della metropoli, cioè fòro, teatro, circo, ginnasio, bagno, campidoglio, colle forme
e coi nomi medesimi, è asserzione non appoggiata a bastanti autorità : è però vero che
vi s'imitava la metropoli.
§ 78. — Palazzi,
Il nome di palazzo deriva dal colle Palatino, ove dimoravano i sovrani di Roma. Ma
Nerone non credette bastare quel colle, e nel suo palazzo abbracciò anche il Celio e
l'Esquilino. La casa (foro ch'egli fabbricò dopo l'incendio, cominciava da un vesti-
bolo, cinto da tre lati di portici, d'un miglio ciascuno, e nel mezzo un colosso dell'im-
peratore, alto 26 piedi. In si vasto recinto v'erano e prati e vigne e foreste con selvag-
gina e con fiere. Oro, pietre, perle splendevano pertutto. Le sale da mangiare erano
sotTiUate di tavole d'avorio, mobili e versatili, per poter farne piovere fiori ed acque
odorose. La più grande era rotonda, e girava giorno e notte come il mondo (?). Acqua
di mare e dal fiume Albula vi serviva ai bagni. Severo e Celere n'erano stati gli archi-
letli ; h statua era d'Atenodoro.
Piranesi descrisse la casa aurea di Nerone e il palazzo di Spalatro. E vedesi che la ge-
nerale lestura de' palazzi antichi era un muro di recinto in quadro con una porta per
lato; e dentro piazze, atrj, strade, tempj, teatri, terme, e molte case, stalle, magazzini,
giardini, quasi piccole città e senza l'unità a cui si aspira nei moderni.
g 79. — Ergastoli.
Pur troppo non si può abbandonare i palazzi senza rammentare gli ergastoli, desti-
nati a chiudere i gladiatori, gli atleti e gli schiavi: i primi erano ben nutriti, ond'è a
credere fossero bene alloggiati ; ma gli altri cacciavansi la sera in tane sotterranee, senza
distinzione di sessi. Altri ergastoli servivano, come il nome indica, per case di lavori
forzali : n'erano molti in città, e gl'imperiali divieti rammentano come talora i passeg-
gieri fossero còlti, e gettati a lavorare in quelle tane, senza che più se ne sapesse.
§ 80. — Case.
Le case (oixo?), domus, cedes privatcB) naturalmente erano men soggette a regole ge-
nerali che non gli edifizj pubblici. I piani delle greche dovettero corrispondere a quelle
de' tempi eroici. Vilruvio ne descrive una inventata dagli Jonj, e perfezionata nell'e-
poca alessandrina. Vivendo separati gli uomini dalle donne, divideansi in appartamento
virile (avJ|5ov(Tti;) e femminile (-/uvaizovin;). Vi si trovavano prima il vestibolo col por-
tinajo e con un'erma o statua di Apollo Loxias od un'ara a lui dedicata; poi il quartiere
degli uomini, un peristilio cinto di camere d'ogni maniera, sale da mangiare, esedre,
biblioteche, celle per gli schiavi, scuderie. Il quartiere delle donne comunicava pure col
vestibolo, ed aveva un piccolo prestilo separato, e annesso un vestibolo particolare, con
camere d'ogni guisa. Seguivano camere per gli ospiti, isolate mediante cortili interpo-
108
ARCHEOLOCrA E BELLE ARTI
sti. Doveano essere ad un sol piano almeno le piiì; il pavimento d'un cemento duris-
simo; il letto una piattaforma circondata da balaustri. La luce veniva dai cortili interni.
Non sussistendo alcuna casa greca, non si può venir in luce della vera distribuzione;
e la descrizione lasciataci da Vitruvio è si confusa che die luogo a interpretazioni va-
riissime, fra cui son notabili quelle del Galiani e di iJecker nel Carikles.
Le case dei Romani, modellate tra l'antica italiana e la greca, aveano due parti distinte;
Atrio tetraslilo cVwia casa di Ponipej.
una per uso particolare del padrone ,
una pel pubblico. Un vestibolo lun-
go e stretto {pruthyrumj menava
dalla strada in un cortile interno
(cavcedhimj, scoperto nel mezzo.
Le acque pioventi erano raccolte
sul tetto sporgente, e per lo spazio
scoperto (compluviumj cadevano in
un bacino rettangolare (mp/wuùan},
spesso decorato d'una fontana. A
destra ed a sinistra del cavedio erano
disposte le camere : di fronte era
^ una sala aperta verso la corte {tabli-
num), dove gli archivj ed i ritratti
di famiglia, e dove il padrone ri-
ceveva i clienti che aspettavano il
suo arrivo passeggiando nel cave-
dio 0 seduti in salotti [alce] all'estre-
mità del portico del tablino. Ac-
canto a questo erano corridoj (fau-
ces:) verso l'interno della casa. Parte
principale era Valrium, ignoto ai
Greci, e venuto dagli Etruschi. Di-
stinguevasi in toscano quando i tetti
erano sostenuti solo da travi mura-
te; tetraslilo quando avea quattro co-
lonne poste sotto ai punti d'interse-
zione dille tiaM , LUÌ lidio quando le colonne erano di più: displuviatum quando il tetto
non pioveva verso il centro, ma verso il muro esterno; tentudinatum se afiatto coperto.
Jtrio corintio della villa di Diomede.
1
case;
i09
Le camere da Ietto si collocavano in modo d'avervi il sole e sopratiifto d'essere lontane
da nitiiori. Plinio giuniore vantasi d'una al suo Laurenlino, dove voce di servi, lìotto
di mare, fragor di tuono, baleno di lampi non penetrava.
In 1111 contralto di vendita recato da Terrasson (Histoire de la jurisprudcnce rom. ,
suppl. p f)8-r)9) ogni parte è divisata a minuto; ma v'ò troppe ragioni per crederlo falso
e invenzione deli'Alciato. Meglio s'impara dalle scoperte di Pompej; e d'unii delle prin-
cipali case, quella di Pansa, ecco qui sotto la pianta. Aliliraccia essa un'isola intera
di 50 m. sopra 91. S'entra pel prothyvuin 1, col pavimento a musaico, dove si efligia-
vaiio 0 un cane col motto Silcntiuin iene, o Cave canem, o Ave^ o altra salutazione di lieto
augurio. Segue l'atrio 2, che ha nel mezzo l'impluvio 3, e che si dilata nell'ala 4. Rim-
pelto apresi il tablino 5, esso pure lastricato a musaico, e che dà il passo al peristilio.
Un altro passo si ha per le /'rtucps 6, forse perchè il tablino era chiuso da una cancellata.
A fianco all'atrio erano camere 7 per gli ospiti : quella maggiore allO serviva per ricever
i clienti 0 per triclinio d'inverno. Per l'altro 10
aveasi un ingresso privato al peristilio 8, in mezzo al
quale è un cortile aperto 9, con una vasca 11, in cui
le acque dei tetti erano condotte per tubi metallici:
nel centro era un zampillo. Di fianco son camere da
dormire 12, ed una di quelle di mezzo comunica colla
seguente. Al 13 forse era la bililioteca, o la camera
da collocar i piatti da servire nel triclinio 14. Il 15
è un ecììo o salotto che talora serviva di triclinio
invernale, o di larario; e accanto 16 v'è l'eco d'estate,
con apertura sul giardino 22, al quale conducono le
fauci 17. Queste pure mettono alla cucina 18, e alla
sala della servitù 19, con uscita sulla strada. Un'altra
cameretta 20 guarda il giardino. Davanti a questa è
il portico 21 a due piani: onde appare che questa
casa aveva pure un piano superiore \ e forse la scala,
scomparsa affatto, stava nell'andito 26. In un canto
del giardino h era la vasca dell'acqua: di facciata
erano botteghe esterne 23 ed una 24 comunicante
coll'interno, nella quale forse vendeansi i prodotti
del padrone : al 25 e 29 eran due pistrini o panatterie,
cui appartenevano pure i numeri 25, 28, 51. Il 28 è
uno stanzone con tre macine a a a q una gran tavola
b e il forno f, tre grandi vasi e, una madia e con due
caldaje sopra i fornelli. Per l'andito 26 entravasi
pure dalla strada nel peristilio. Fra i due uscj è di-
pinto un serpente custode, e allato sporge un mat-
tone su cui ponevasi la lampada accesa in onore degli
Dei tutelari. Al 30 son due camere umili con piano
superiore, forse ad uso di fullonica o lavanderia pri-
vata; e dietro sta un cortile che dà luce alla camera
12. Sul fianco opposto sono due appartamentini 52,
forse da appigionare o per ospizio.
L'ingresso 1 è decorato con due pilastri corintj, e
traverso al tablino vedeasi sin al peristilio, come dal disegno (1^ figura della pag.
seg.) 5 donde si spiega quel di Virgilio:
« Parietibus longis fugit, et vacua atria lustrai...
n Apparet doraus intus, et atria longa patescunt.
Sedici erano le colonne del peristilio, pseudo-corintie, scanalate da un terzo dell'altezza
in su: la parte liscia era dipinta di giallo, il resto a stucco lucido.
Sembra dimostrato che fra le colonne sotto la trabeazione sospendeansi quei dischi di
marmo, figurati da ambe le parti,, e di cui abbondano i musei, ma! chiamati clipei
votivi.
dio
ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
Nella cucina sta un fornello si-
mile agli odierni , e una pittura la
quale rappresenta il culto dei Lari.
A questi solea serbarsi una cappel-
etta, dove si facevano i sacrifizj.
Ecco qui sotto il peristilio delia
casa, detta del Questore.
CASE 111
Le pareti erano a stucco lucido e con piiture, del qual modo offriamo questo saggio:
Nella casa delta dei Capitelli figurali, scoperta il 1835 nella via della Fortuna, appare
come si chiudessero le porte da strada con spranghe e travi, e che negli atrj si tenevano
arche di legno per riporvi denaro o altro. — L'arca trovata nell'atrio di questa casa
aveva un bel rivestimento di ferro e bronzo con molti ornati e tre bassorilievi d'argo-
mento bacchico. La casa di Diomede ivi stesso scoperta, essendo fuor di città, avea fi-
gura diversa e più ampia, e grandi sotterranei. Moltissima insomma è la varietà delle
case, né punto riscontrano con ciò che sapevamo delle greche.
La por/o era composta del limitare, della cornice e degli stipiti. 11 limitare guardavasi
con rispetto superstizioso, sicché guaj l'inciamparvi; e perciò vi si metleano parole di
prospero augurio, o vi si tenevano papagalli che le ripetessero. Sovra la porta colloca-
vansi ornati e segni del mestiero che vi si esercitava, o iscrizioni. 1 battenti talvolta
M2
ARCHEOLOGIA E BELLE AllTl
erano di marmo o di bronzo, e con bottoni, mascheroni ed altri ornamenti. Ecco alcuni
di quei che stanno nel museo di Napoli:
Le imposte del tempio d'Iside a Pompej
erano perite come le altre-, ma l'impronta
loro rimase sulla terra, dalla quale ne fu rac-
colto il disegno, e chiarì quel che Vitruvio
dice degli antepagmenta.
Le porte, in occasione di nozze e di solen-
nità, ornavansi di fiori e festoni, egli amanti
vi sospendeano fiori; i cipressi indicavano la
morte. Esse, tranne quelle dei tribuni, sta-
vano chiuse, e non usavasi entrarvi senza
bussare : nelle case ricche era il portiere, in-
catenato come i nostri cani, e si chiamava
bussando o sonando il campanello.
Osserva Dionigi d'Alicarnasso (ne' Fram-
menti del Maj ), che i Greci consideravano la
porta della casa come una barriera che non
dovea mai esser vidlata, sicché dietro di quella
la vita del cittadino restasse alTntto liliera ;
mentre fra i Romani anche là entro spinge-
vasi l'occhio del censore.
MUELIER, Wallis, WAcnsMUTB, LAU^DE, BoucHEB, Bellicarb, PelletiEH, Seruo ed altri scrissero in-
torno agli ornamenti delle porte.
Le case aveano, oltre la principale, qualche porta di dietro (poetica) che riusciva
negli aiigiportao vicoli, i quHii talvolta sono mozzi (non pervia ). Cansavansi per questa
i padroni dalle visite nopse { Postica falle dimUm\ Ohazm). Di rado si trovano scale, e
queste di pietra o di legno come oggi, fissate nel muro e per lo più buje; onde la fre-
quente frase d'ascondersi in scalis o in scalanwi tcnp.bris (Ciceiione, prò Milone 15,
Philip. 11. 9; Okazio, Ep. ii. 2. io).
La casa antica in generale ha nessuna o pochissime finestre, e queste piccole ed alte.
A Pompej trovansene alcune che si direbbero piuttosto feritoje, protette con pietre
speculari o con vetri molto grossi e non trasparenti. — Seneca dice che i vetri per
finestre furono trovati a'suoi tempi. A Pompej si trovò anche un telajo da finestra, di
bronzo, con scanalature per ricevere e tenere lastre che doveano esser di Oj.'ii sopra 0,72,
e grosse 5o 6 millimetri. I frammenti trovati sono verdognoli, come i vetri comuni del
secolo passato, e composti egualmente, avendo 69.43 di silice: 7.23 di calce; 17.5! di
soda ; 3.55 di alumina. Pare si formassero non soffiando in bocce o in cilindri, ma ver-
sando la materia fusa entro im telajo metallico, e stendendole con una paletta finché
tutto lo spazio fosse occupato, onde riescono disuguali di grossezza, e talora mancanti
ai margini.
Che le finestre si chiudessero con imposte doppie è chiaro da quel di Ovidio, Amor.
1. 3: Pars adaperta fuit, parA altera clausa fenestrw. Plinio parla d'una porta a vetri
nella sua villa, la quale separava e riuniva due camere. Vopisco, in Firmo^ dice che
Firmo mercante di Seleucia era così ricco, che aveva finestre di vetro.
Le parti interne d'una casa comunicavano tutte fra sé mediante il cortile, da cui le
camere riceveano luce per mezzo delle porte : le camere spesso non erano divise che da
traversoni o da cortine.
Quanto ai camini, senza ricorrere al Manuzio nei Commenti delle Epistole di Cicerone;
al Filandro sopra Vitruvio. vii. 3, al Burmanno sopra Petronio, Satpr. 135, che lo ne-
gano, ed al Ferrario Electorum Uh. i. e. 9, che lo asserisce, può vedersi una disserta-
zione di Scipione Maffei nella raccolta d'opuscoli del Calogerà, tom. xi.vii, pag. i49,
ove sostiene che gli antichi non aveano camini al modo nostro. Pure in Aristofane
( Vespe 1. 2) è accennata una canna di camino, in cui poteva star nascosto un uomo;
Svetonio in Vitellio dice che, in un pasto dato da questo, la sala bruciò per fuoco ap-
pigliatosi al camino [Flagrante triclinio ex conceptu camini).
CASE ilS
Da principio il fuoco stava nell'atrio, ove e cocevasi e manpiavasi, e attorno a quello
si raccofilievano i numerosi schiavi. Dappoi nell'atrio si tenne un foculo o braciere per
ardere incensi ai Lari. Talvolta riscaldavansi le camere con tubi chiusi nelle pareti o
sotto il pavimento. Per cercare il fresco e meriggiare si aveano appartamenti sotterranei,
che nei palazzi erano estesi, con molti corridoj e con pitture a fresco e fregi a stucco,
che da ciò appunto trassero il nome di grotteschi.
Nella biblioteca poneansi le effigie degli autori, d'oro, argento o bronzo. Ex auro, ar-
gentove^aut certe ex cere in bibiìothecadicantur illi, quorum immortale^ animcB in iisdem
locìs ibi loquuìtlur. Plinio.
Solii i gran ricchi potevano abitare un'isola intera, massime da che il crescente lusso
delle fabbriche incarì i terreni. Molti dunque appigionavano le case; e Marziale abitava
a un terzo piano (Scalis habito iribus sed altis. Ep. v. 22 ) -, Siila, non ancora famoso,
pagava lire seicento l'anno di pigione; ma Cicerone parla fin di trentamila sesterzj o
Beiraila lire per un appartamento.
Mazois, Essai sur les habitalions des anciens Romaint. — Le palais de Scaurui. — Le» ruinei <f«
Pompej.
Becbbr, Gallus^ o Scene romane del tempo d'Augusto.
ScHNEiDEH ad Vilrumum^ e gli altri commentatori di questo autore, che alle case private dedica tatto il
libro VI
Gell, Pompeiana.
D'una casa egizia trovasi il disegno al n° 68 dell'opera di Rosellini, colla porta al
modo di quella d'un tempio antico; finestre a doppia imposta sono aperte nel piano
superiore, a cui conduce una scala, e sopra di esse una galleria aperta, sostenuta da
colonne. Nel museo Britannico si conserva il modello d'una casa egizia, o forse d' un
granajo.
§ 81 . — Ville.
Le case di campagna distinguevansi in villa rustica e villa urbana. Le prime servi-
vano d'abitazione al villano; le altre di villeggiature, e ve n'avea di magnifiche. A Baja
principalmente il lido era tutto sparso di ville, ove i Romani non venivano tanto a
cercar salute dalle acque termali, cariche di nitro, di sale, di bitume, quanto a como-
dità e sfoggio di dissolutezza, radunandovisi tutto quel che pareva vizioso in viziosis-
sima città. Bastava, diceasi, che una donna onesta respirasse quell'aria, per perdere
ogni sentimento di pudore e virtìi.
Varrone, Vitruvio e Columella descrivono le ville rustiche colle solite comodità cam-
pestri di stalle, torchi, granaj, bubilia pei bovi, equilia pe'cavalli, apothecce ove fer-
mentava il vino, torcularia pel vino e l'olio, che poi riponevansi nelle celloe olearia e
vinarice, il granajo (horreum), Voporoiheca per conservare i frutti ecc. La villa urbana
somigliava nella disposizione alle case di città, con giardini e portici chiusi da impo-
ste, e dove poi il lusso sfoggiò.
Varrone rimbrotta a' suoi l'imitazione continua dei Greci: « Gli eleganti e i filogreci
non crederebbero possedere una villa se non vi potessero mostrare assai cose costrutte
0 nominate alla greca; un procceton (anticamera ), una palcestra, un apodyterium (ve-
stiario) , un peristilio., un ornithon (uccelliera) per uccelli acquatici ch'essi chiamano
amphibii». Lucullo aveva una pinacotheca\ Ortensio chiamò tkeratropheion un bosco di
cinquanta jugeri, in mezzo al quale avea collocato s'un ridosso una sala da mangiare
(Bere rustica., ii). Esso Lucullo nella sua casa di Baja avea fatto una galleria, che an-
dava dal mare al vivajo, talché l'acqua di questo era due volte il giorno rinnovata dalla
marea. Ma ben più raffinato Ortensio, tenea vivaj dove ciascun pesce costava quanto un
cavallo di corso; per nessun pretesto servivansi alla tavola; eran nutriti con avannotti
pescati apposta, e malati curavansi al par degli schiavi.
Nel 1752 scavossi ad Ercolano una bella casa di campagna, con giardino che sten-
deasi fin al mare, abbellito d'una peschiera che terminava in semicircolo alle due estre-
mità. Attorno ad essa apparivano scompartimenti come d'ajuole; e tutto era circondato
da colonne di mattoni intonacate di gesso, e su cui appoggiavano travi, il cui altro
Cantìj, Documenti. — Tom. I, Archeologia e Belle Arti §
m ARCHEOLOGIA É BELLE ARTI
capochiudevasi nel muro di cinta, formando così attorno allo stagno una pergola, sotto
Cui erano divisioni or triangolari or a semicircolo, per lavare e per bagnarsi. Fra le co-
lonne eran busti di marmo e statue muliebri di bronzo ; e un canaletto d'acqua lambiva
il muro di cinta. Ivi annessa era la camera dove si trovarono i famosi papiri. Le sei
danzatrici, il Fauno dormente, il Mercurio, sei busti creduti de'Tolomei, altri di Pla-
tone, Archita, Saffo, Democrito, Scipione Africano, Siila, Lepido, Cajo e Lucio Cesare,
Augusto, Livia, Claudio Marcello, Agrippina minore, Caligola, Seneca, due d'incogniti,
due daini, varie piccole figure, il famoso Aristide, l'Omero, la Minerva etrusca, due
busti di Bacco indiano, la statua pretesa di Siila, il gruppo del Satiro colla capra, tutti
di marmo, e gran pregio ora del museo Borbonico, si trovarono in questo giardino, che
pure apparteneva ad un privato filosofo.
CoLUMBLLA e Varrone, colle note di Schneider.
Roberto Castell , The villas ofthe ancients illustr. Londra n28.
Così Plinio il giovine descrive la propria villa di Laurentino: ~ » Ti meravigli che
tanto mi garbi la mia villa di Laurentino, o se tu vuoi di Laurento. Ma facilmente
cesserai le meraviglie, quando sarai informato di questo dilettevole soggiorno, del
vantaggio della sua postura, e dell'ampiezza dei lidi. Da Roma dista diciassette miglia;
sicché si può andarvi dopo terminati i negozj, e senza perdere la giornata. Due strade
maestre vi conducono, quella di Laurentino e quella d'Ostia. Se pigli la prima, biso-
gnerà lasciarla al quattordicesimo miglio: se la seconda, all'undecimo. E così amen-
due terminano in un'altra, ove le arene rendono il viaggio assai incomodo e lungo
pei carri : ma a cavallo è più dolce e breve. La prospettiva all'intorno non ispiace
per la varietà; attesoché talora la strada si restringe tra folti boschi, talora s'allarga
in vasti prati, e qui hai il piacere di veder branchi di pecore, bovi, cavalli, che in-
grassano nei pascoli, e godono il benefizio della primavera, subito che essa ha cacciato
il verno nelle montagne.
« La villa è assai comoda, senza esser magnifica; bello l'ingresso senza lusso. In prima
si trova un portico rotondo, che rinchiude un cortiletto assai allegro, grato ricovero
contro il tempo cattivo; perchè essendo tutto serrato di vetri ed attorniato d'ampia
grondaja, meravigliosamente difende dalla pioggia e dalle tempeste. Da questo portico
passi in un gran cortile assai piacevole, poi in una bellissima sala a mangiare, che
sporge sopra il mare, le cui onde, per poco che soffj africo, vengono a frangersi a
pie del muro. Tutte le porte e finestre di questa sala sono a due battenti e d'uguale
altezza; di maniera che a dritta, a manca ed in faccia puoi scuoprire come tre mari
in un solo. Alla parte opposta l'occhio può scorgere il gran cortile, il portico ed il
cortiletto, ed anche il portico per la seconda volta, e poi l'ingresso, oltre cui si ve-
dono in lontananza boschi e montagne. Al lato manco della sala a mangiare è una
gran camera che non avanza molto nel mare, da cui si entra in una piccola, che ha
due finestre per ricevere dall'una i primi raggi del sole nascente, dall'altra gli ultimi
del cadente. Da questa cameretta si vede anche il mare, ma un poco più lontano, e
di sommo piacere alla vista. L'angolo che forma il resto della sala ed il muro della
camera, par fatto apposta per raccorre, conservare e riunire l'ardor del sole. Egli è
perciò il rifugio della mia famiglia centra il rigore del verno, ed in questa cantonata
fanno ordinariamente i loro esercizj. Ivi non si conoscono altri venti che quelli nati
da certe nuvole, le quali ingombrano piuttosto la serenità del cielo, che turbino la
piacevolezza dell'aria che ivi spira.
•« Viene appresso una camera tonda, situata di maniera, che i raggi del sole vi pene-
trano a tntte le ore del giorno. Fu scavato nel muro un armadio in forma di scaffale,
che ho studiosamente guarnito dei libri che non si possono abbastanza leggere e ri-
leggere. Di là per un picciol corridojo, che, per esser soffittato di tavole sottili, comu-
nica da ogni lato il caldo del sole, si passa nelle camere da dormire. Il resto di quest'an-
golo è occupato da schiavi o altri famigli: tuttavia questo apiiartamento è tenuto con
tanta pulitezza, che vi possono alloggiare anche i padroni. DalTallr'ala vi ò una camera
assai ben intesa, e poi un altro cameroneo salotto a mangiare, che il sole ed il mare
pajono render a gara comodo e piacevole. Quindi si passa in una camera congiunta
ad un'anticamera tanto fresca nell'estate per la sua altezza, che calda nel verno per
VILLE 118
essere schermita da lutti i venti. Accanto se ne trova un'altra colla sua anticamera:
di L'i si entra nella sala del bapno, ov'è una conserva d'acqua fredda ; questa sala è
grande e spaziosa. Dalle opposte mura escono due pile sì larghe e si profonde, che al
bisogno vi si può nuotare. Appresso viene una stufa per profumarsi, e poi un camino
pel bagno. Dall'istesso piano si passa in due sale, di mobili più galanti che magnifici,
e dopo in un altro bagno temperato, dal quale uno può facilmente veder il mare.
« È non molto lontano un giuoco di palla, situato in maniera che nell'estate il sole non
vi entra che al tramontare, quando ha perduto di sua attività. Da un canto s'innalza
una torre, a pie della quale sono due gabinetti, due altri di sopra, e finalmente un
terrazzo ove si può mangiare, e dove alla vista si presenta gran paese e gran mare, e
tutte le ville dell'intorno. Dall'altro canto è un'altra torre, in cui si trova una camera
colle sue finestre che guardano a levante e a ponente. Addietro v'ha una guardaroba
assai spaziosa, e poi un granajo, sotto cui vi è una sala a mangiare , donde si sente
da lontano il rumore che fa il mare allorché è agitato. Questa sala dà sul giardino e
sul viale che domina tutto all'intorno. 11 qual viale è guarnito da ambe le parti di
bosso, alle cui mancanze supplisce il rosmarino : imperciocché nei luoghi ove il tetto
della casa copre il bosso, egli conserva facilmente tutta la sua verdura; ma nei luoghi
scoperti ed esposti al vento, l'acqua del mare lo dissecca, benché non sia tanto vicino
al lido. Tra il viale ed il giardino é una vigna piantata di fresco, per cui si potrebbe
camminare a pie nudi senza verun incomodo, il giardino è abbondante di fichi e di
mori, a'quali il terreno è tanto favorevole quanto contrario agli altri alberi. Una sala
a mangiare vi sta appresso, che gode questo bel prospetto, il quale certo non cede a
quello del mare che è più lontano.
« Dietro di questa sala sono due appartamenti, e le loro finestre guardano l'ingresso
della casa, ed un orticello abbondante di civaje per servizio della cucina. Di là tu
scorgi nn portico a volta, che per la sua smisurata grandezza potrebbe stimarsi un'o-
pera pubblica. Egli ha gran numero di finestroni sopra il mare, e meno sopra il giar-
dino; ed alcuni ovati nella volta dell'istesso portico. Quando il tempo fa quieto e
sereno, tutte queste finestre s'aprono: ma se il vento soffia da alcuna parte, allora
s'aprono le finestre dall'opposta. Dirimpetto a questo portico stendesi una parte del
giardino che spande gratissimi odori di viole. 11 riverbero del sole che rimanda il
portico scalda il terreno, e nell'istesso tempo lo difende dalla tramontana, e così da
una parte si conserva il caldo e dall'altra non si perde la frescura. Finalmente questo
portico protegge ancora dal vento di mezzogiorno, sicché da differenti lati ti offerisce
un ricovero contro la diversità dei venti. Prima di mezzogiorno tu puoi passeggiare
all'ombra di questo portico, e al pomeriggio nei viali e negli altri luoghi del giardino
che sono più vicini a quest'ombra; ma si vede crescere o mancare secondo che i
giorni diventano o più lunghi o più brevi. Il portico ancora non è punto esposto al
sole quand'egli é più ardente, e quando i suoi raggi cadono a piombo sopra la volta.
Vi è anche quest'altra comodità, che le sue finestre sono in tal guisa ordinate, che
quando bisogna aprirle, lasciano sempre ai zeffiri un passo libero per impedire che
l'aria troppo rinchiusa non si corrompa.
« All'estremità del portico e del congiunto giardino é un appartamento staccato, ch'io
chiamo mia vera delizia: egli è tutto mia fabbrica. Ivi è un salone fatto a guisa d'una
stufa solare ; da un canto prospetta una parte del giardino, dall'altro il mare, e da
tutti e due riceve il sole comodamente. 11 suo ingresso corrisponde ad una vicina
camera, ed una delle due finestre dà sopra il portico. Ho fabbricato dalla parte del
mare una stanza di buon gusto, ove si può mettere comodamente un letto con due
sedie, e per mezzo d'una vetriata o d'una tenda, con aprir l'una o col tirar l'altra,
viene ad unirsi con l'altra camera o a separarla a piacimento. 1 piedi del letto sono
vólti verso il mare, ed il capo verso le case,- da tutte due le bande si vedono delle
foreste. Tre differenti finestre vi presentano queste tre differenti vedute, e tutte ad
una volta le confondono. Di là si entra in una camera da dormire, ove mai non pe-
netra né voce di schiavi, né mormorio del mr-e, né strepilo d'onde, né lampi di
tempesta, né anche la luce medesima, se non s'aprono le finestre. La ragione di que-
sta profonda tranquillità si è che tra il muro della camera e quello del giardino v'ha
un appartamento da uomini , che per la sua estensione rompe qualunque mormorio
116 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
potesse penetrarvi. A queste camere è unita una piccola stufa, la cui finestra assai
angusta ritiene o dissipa il calore secondo il bisogno. Più lontano si trovano un'anti-
camera ed una camera, in cui entra il sole subito che si leva, ed anche dopo il mez-
zodì obliquamente. Quando io vi son ritirato, m'immagino di essere a cento miglia
da casa mia. Esso in ogni tempo mi piace, e specialmente in quello dei Saturnali :
ivi godo silenzio e calma, mentre tutta la casa risuona dell'allegria che la licenza di
queste feste permette ai domestici. E così i miei studj non turbano punto i piaceri
della mia gente, né i lor piaceri i miei studj.
«f Solo a tante comodità e a tante delizie manca l'acqua corrente: in difetto di questa
abbiam pozzi o piuttosto fontane, imperciocché sono di poca profondità. 11 terreno
è ammirabile; poiché in qualunque luogo tu lo scavi, hai dell'acqua pura, chiara,
dolce, benché appresso al mare. Le selve airintorno li somministrano gran copia di
legna, ed ancor più di quel che desideri : Ostia ti fornisce abbondantemente di tutte
le altre cose necessarie al vivere: il villaggio medesimo può bastare al bisogno di
un uomo frugale, e non v'è che una sola villa fra la mia ed il villagio. Ivi si trovano
insino a tre bagni pubblici : tu puoi bene immaginarti qual ne sia il comodo, o che
tu arrivi inaspettalo o che tu abbia risoluto di non trattenerti che poco in villa, e
però non siavi spazio di preparare i tuoi proprj bagni. Tutto il lido é ornato di ville,
le une contigue, le altre separate, che per la loro differente bellezza formano il più
dilettevole aspetto del mondo, ed insieme offrono a' tuoi occhi più d'una città. Puoi
egualmente godere d'una vista sifatta, o che tu cammini per terra, o che vada per
mare. Il mare é talora tranquillo, e il più delle volte agitato. Vi si piglia pesce in
abbondanza, ma non è del più delicato: sonovi però delle sogliole eccellenti e delle
locuste assai buone. La terra non é men liberale de'siioi doni. Sopratutto noi abbiamo
del latte in abbondanza nel Laurentino; imperciocché molte greggie vi si ritirano
quando il caldo le scaccia dal pascolo, e le obbliga a cercar l'ombra od acqua.
« Non ti par egli ch'io abbia molla ragione di tener tanto caro un sì fatto ritiro, di
farne le mie delizie, e di fermarmivi così lungo tempo? Tu veramente ami troppo la
città, se non risolvi di venire a passar meco qualche giorno in un luogo sì dilettevole.
Potresti venirvi, ed aggiungere a tante bellezze ed a tante amenità della mia villa le
altre ancora della tua presenza. Stasano ».
Sifatte descrizioni al primo leggerle sembrano evidenti ; ma tosto che un uomo si ac-
cinge, colla matita e il compasso, a fissarle in carta, nascono mille difficoltà. Forse
venti diversi sistemi si sono fatti per impiantare questa villa di Plinio; l'ultimo dei
quali è dato dall'architetto francese L. P. Haudebourt: Le Laurentina maison de cam-
pagne de Pline le jeune, restituée d'aprés la description de P/me; Parigi, 1838. Può
fare riscontro al Palazzo di Scauro.
$ 82. — Giardini.
Ornamento ai palazzi e alle case erano i giardini ; ma non possiamo che rammemo-
rare i vantali orti Esperidi e quelli di Alcinoo. Riceveano vezzo dai boschetti, con tem-
pietti, ninfei, bagni, urne sepolcrali. Fra' Greci i boschi sacri vicino ai tempj erano
coltivati con ispeciale cura, e conteneano piante d'ornamento e di odore, frutti, vigne,
ulivi particolari (Sofocle, Edipo a Colono IG; Senofonte, Ritirata v. 3, § 13). In Atene
molto coltivavansi i fiori, per l'uso frequente delle ghirlande. I Tolomei posero assai
cura ai giardini in Egitto, e n'ottennero fiori itullo l'anno. Quelli di Mecenate erano
estesissimi; e forse a quelli di Lucullo presso Napoli servivano la Piscina mirabile di
Miseno, eia nuova grotta che or ora si riaperse nel promontorio di Coro^-iio, lunga circa
3200 palmi napoletani, alta e larga più che quella di Posilipo. Negli ultimi tempi si or-
navano talmente, che diceasi hortos n-difìcare: l'arte consisteva nel procurare ombre e
variar l'esposizione, intrecciar labirinti, distribuir acque, e nel ridurre le piante e i
cespugli, massime di carpino e di bosso, in figure d'animali o di lettere {ars topiaria).
Quel di Plinio era un pergolato in 0 Utero? siinilitudijicìn circumactce, e l'invenzione
se ne attribuiva a Cajo Matio cavalier romano, famigliare di Augusto.
Ai giardini erano congiunti la gestatio, viale d'alberi dove passeggiare discorrendo, e
ì'ippodromus perle corse a cavallo. Sotto l'Impero si trova cenno de' tepidari, dove cor-
ACniCOLTl/UA
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retiti d'acqua calda mantenevano una temperatura tale, che malgrado de! verno vi fa-
cessero 1 gigli bianchi e rossi, le viole di Tuscolo, le vigne, i popponi, e gli alberi da
fruita, Coltivavansi pure delle piante bulbose, il croco, il narciso, il giacinto, le iridi.
Talora vi eran unite uccelliere, e Alessandro Severo n'ebbe una che conteneva ventimila
piccioni, oltre fagiani, pernici ed altra selvaggina.
\ paradisi tanto decantati della Babilonia, recati poi anche nell'Asia Minore dai satrapi
persiani, somigliavano ai nostri parchi.
Le piscine^ col qual nome si indicano le nostre cisterne, più specialmente esprimono
quelle destinate a conservare i pesci vivi. Ingenti spese vi si fecero, e Lucullo scavò
lunghi canali per condurre, fin traverso a un monte, l'acqua del mare nella piscina
della sua villa.
BoKTTiGEB, Racemaiionen zur Garlenkun$t der Altn.
§ 83. — Agricoltura.
Non sarà qui fuor di proposito digredire sull'agricoltura antica. La storia sacra ce
la dà coeva ai primi padri ; e di buon'ora troviamo in Palestina e la divisione di terreni
con siepi e fossi e muriccie, e la maledizione a chi traspianta i confini, e l'aratro. I
monumenti egizj ci figurano l'arare, il seminare, il mietere, il vagliare, come vedesi
dalle sottoposte. Il libro di Rut principalmente c'istruisce delle consuetudini agricole
degl'Ebrei.
Quanto ai Greci, Esiodo negli ir,yu vai r)/j.épxi^ accenna il vomere, la stiva, il carretto,
il rastrello, la falcetta, il pungetto; e come il terreno si arasse tre volte, in autunno, in
primavera, avanti la seminagione. Degli ingrassi non parla, ma più tardi i'eofrasto in-
dica la mescolanza delle terre e il loro abbonimento. Molti Greci scrissero d'agricoltura
(Geoponici), le cui opere perdute son ricordale da Plinio, Suidy, Fabricio. Varrone, De
re rustica, voleva insegnar ai Romani le pratiche de' Greci, degli Italiotti e de'Cartagi-
H8 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
nesi, i quali ebbero da Magone precetti di quell'arte. Fra i latini scrissero d'agricoltura
Columella, Catone, Plinio, Palladio, Virgilio, attestando come fosse arrivata ad alto
grado di perfezione. L'aratro era tirato da buoi, e al cadere della repubblica, dai Galli
cisalpini s'imparò a sottoporvi ruote; si conoscea ogni sorta di concimi, eccetto la mar-
nagione ; le cloache e i pollaj offrivano in abbondanza concio [letamen)-^ segala e le-
guijii seminavano per poi sovesciarli subito dopo la fioritura; bruciavano le stoppie
ne' campi, e vi lasciavano stramare le bestie all'aria aperta.
L'orzo, da principio la derrata più comune; dappoi fu abbandonato ai cavalli, sur-
rogandovi il farro. Quattro specie ne indica Columella, e Plinio lo dice durissimo
perchè resisteva al verno, e veniva in luoghi umidi e argillosi, come nei secchi e
caldi. Non si conosce più quella pianta, ma somigliava all'orzo niarzajuolo. Coltiva-
vano inoltre il frumento, h siliga o grano bianco, il tremas o grano trimestrale; nei
contorni di Verona e Pisa e nella Campania, la spelta, il miglio e il panico. La se-
gala era poco amata, e solo i paesi subalpini la mescolavano col farro per far pane.
Degli ortaggi conosceansi quasi tutti quelli che oggidì ; e con maggior cura si colti-
vavano i cavoli nei verzieri attorno a Roma. Grande estensione davasi ai prati, oc-
correnti al bestiame e ai cavalli; a cui uso segavansi pure la segala in erba, l'erba
medica, il fieno greco, e la farago., mescolanza d'erbe pratensi.
Quantità di vini prelibatissinù conosceano ; e la vite coltivavasi o lasciandola ca-
scante, 0 reggendola con pali, o disponendola a pergola, o attaccandola ad olmi,
pioppi, frassini.
L'ulivo, al dir di Plinio, non era conosciuto in Italia al tempo di Tarquinio; ma
Columella ne annovera dieci qualità, e l'olio trasportavasi in tutte le provincie.
I Romani conquistando i paesi stranieri, vi recarono però le arti nostre, e prin-
cipalmente i raffinameuti agricoli, riscattando così i mali della guerra,
g 34. — Arredi domestici. Cene romane. Occupazioni giornaliere.
Ritornando alle case, ne considereremo per ultimo i mobili. Anche in questi i
Greci spiegarono il felice accordo della bellezza coli' utilità, e preferirono le forme
geometriche: nel che furono imitati dai Romani. Quindi i loro arredi s'accordano
egregiamente coH'architettura ; se non che la destinazione di essi lascia vi si pos-
sano adoprare forme vegetali leggere, e parti animali per decorazione.
La loro natura fa che pochi siensi conservati; pure le ruine di Ercolano e Pompej
ne offersero un numero: altri sono effigiati di metallo e di marmo; altri vedonsi
dipinti sulle pareti e sui vasi. Un'occhiata al museo Borbonico è il migliore studio
che si possa fare di questa parte dell'antiquaria : e nel paragonare gli utensili dome-
stici, è a compiacerci che tanto noi superiamo gli antichi nella comodità di quelli,
quanto essi oer avventura noi nel gusto e nella delicatezza. Senza poter entrare nelle
interminabili particolarità, nomineremo alcuni de'più numerosi o notevoli.
Lucerne moltissime pubblicò, dopo altri, il Passeri, fra cui alcune di vetro; ma più
se ne ha nelle antichità di Ercolano e
Pompej, indi in tutti i sepolcri del-
l'Elruria e della Campania. A tacere la
forma ben nota , con orecchio e con
uno, due o tre becchi (rostnim, f/v?:*)
e con parole e fregi, sono talora fog-
giate in animali, membri, vasi ecc.
Oltre il foro per versare l'olio, talvolta
ne hanno un più piccolo dove tenere lo
spillo per attizzare il lurignolo : altre
hanno attaccato un uncino per ismoc-
cularle e rattizzarle , ma di rado si
trova lo spcgnitojo. Molte son rese im-
portanti da graziosi rilievi e da iscri-
zioni; e questa di bronzo, sormontata
ARREDI DOMF.STIOI
H9
da un sileno, è delle più belle: questa {fìg. 1) col fanciullo avviticchiato a un'oca, e
che ha due lucignoli (diiììyxos) sta nel museo Borbonico. La (ftg. 2) rappresenta un
nostro incensiere, sostenuto da un put-
tino; dov' è pure a vedersi a sinistra l'at-
tizzatojo. Bizzaro è il pensiero della (fìg.
3j, che dà anche la forma d'un sotTietto.
Ad Ercolano e Pompe] trovaronsi due
lanterne di bronzo, collo spegnitojo, mu-
nite ai lati di corno trasparente; e qui
(fìg. 4j ne diamo una ; il pezzo a sinistra
serviva probabilmente per sospenderla, e
vi sarà stato l'anello g
con cui il servo potea
portarla.
I candelabri, stando
al nome e alla defini-
zione di Varrone, sa-
rebbero destinati a so-
stener le candele : ma
fuor di un nuovo tro-
vato a Nocera colla spi-
na in mezzo, e qualc'al-
tro con un cannello ver-
ticale, gli altri non con-
verrebbero a tal uso, si
bene a sorregger lu-
cerne 0 cazzuole d'o-
dori. Faceansi ora di
terra cotta, ora di mar-
mo, or di metalli or-
nati di pietre preziose:
variatissime ne erano le forme , e talora la ricerca della novità portava a bizzarrie.
E qui (fìg. 5) noi ne diamo uno del museo Borbonico, a due rami con un Diogene;
e un altro nella pag. seguente, trovato a Pompej, ove il pilastrino sostiene quattro
lampade. A molti ramine erano nel tempio di Apollo Ismenio, nel pritaneo a Taranto.
ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
Le faci, tanto spesso mentovate
dagli scrittori, erano di rami di le-
gno 0 di vimini facili a bruciare,
e legati attorno a stoppa e altre fi-
bre vegetabili, impregnate di ragia.
Legavansi con eleganza, e nella fl-
gura (2j ne offriamo tre esempj. La
donna di mezzo è tolta da un vaso
di terra. Il fanciullo alato a destra,
addormentato è s'un monumento
funereo di Roma, colla scritta Som-
nus: l'altro pur alato vien da una
gemma antica, e figura l'amore leteo.
La quale raffinatezza di forme non
lasciò studiare il miglioramento
delle lucerne: e non che arrivare
alla corrente doppia come noi, non
sapeasi schermir dal fumo le volte,
i cui bellissimi colori o rilievi ne
sono sempre danneggiati.
A Pompej trovossi un salvada-
najo, con entro una moneta; inoltre
forme di pasticci, arnesi chirur-
gici, ecc.
1 vasi e gli anelli sono di tale
importanza, che ne terremo discorso
a parte. Così degli specchi.
Un letto riportammo a pag. 86 :
un altro lettuccio da mensa e un
tavolino può vedersi nella figura 5,
dalla quale si scorge pure il modo
con cui si stava a tavola.
Le coperte da letto valeano a
Roma prezzi enormi : e Marziale
berteggia un uom nuovo, che fin-
geasi malato per ostentare ai visi-
tanti il lusso di sua camera. Gli
origlieri erano pieni di lana fina,
ma i materassi di paglia o di foglie,
cui più tardi succedette la piuma
d'oca, e pei ricchi la peluria di ci-
gni : onde qualche proconsole man-
dava legioni intere a raccorre quella
preziosa lanugine, che vendevasi a
caro prezzo.
Le tavole faceansi de' legni più
fini ; e Cicerone, non gran ricco,
n'ebbe una del valore d'un milione
di sesterzj (L. 204,300;: Asinio Gallo
un'altra di mille sesterzj di più; e
i Ceteghi una d'un milione quat-
trocentomila sesterzj.
Nel triclinio le tavole più con-
suete erano a tre piedi. Gneo Man-
lio portò dall'Asia Minore l'uso di
quelle rotonde d'un piede solo (mo-
nopodium]. Talora ne fecero a lunaj
ARREDI DOMESTICI
m
cui adattavasi un sofà della stessa forma (stibadium). I letti da mensa erano alti quanto
la tavola, o anche più, e vi stavano tre convitati per ciascuno.
Trovossi qualche forchetta, ma rarissima: Caylus ne esibisce una d'argento scavata
lungo la via Appia; ma come accertarne l'età? Orazio menziona spesso la nitida saliera
paterna, guardata come sacra in grazia del sale, il rovesciar il quale consideravasi fu-
nesto augurio.
Fra i piatti , i più ricchi e grandi
per mense esacrifizj chiamavansi lanx
e lancila. Da ciò il nome di bilancia.
Quando questa avesse una lance sola,
dicevasi staterà: e moltissime se ne
conservano nel museo Borbonico, una
nel Capitolino, che qui vedete:
Petronio Arbitro, nel romanzo intito-
lato Satyricon , toglie a descrivere
un tal Triraalcione, uomo di moltis-
sime dovizie e pari splendidezza, ma
tronfio quanto baggeo, nel (|uale al-
cuni pretesero riscontrare Claudio,
altri Nerone: noi più volentieri l'i-
deale d'uno dei tanti ricchi lussu-
riosi della Roma d'allora. Il pezzo più segnalato dell'opera (scoperta nel 1662 da
Marino Statlejo dalmata) è la cena di Trimalcione. >'e diamo un estratto, libero
dalle moltissime digressioni che l'interrompono, per offrire una informazione del
costume romano, esagerato però, come avviene nelle satire. Racconta un Gallo,
nuovo a quegli usi:
— E che? non sapete voi presso chi oggi si fa baldoria? Presso Trimalcione, uomo ma-
gnifico, che ha nella stanza da pranzo un orologio ed un trombetta (due schiavi
che danno avviso dell'ora)^ istruiti ad avvertirlo di tulli i momenti ch'egli nella vita
sua consuma. Noi quindi ci rivestimmo preslainente, e comandammo a Gitone, che
ci aveva assistito graziosamente come un famiglio, di seguirci ni bagno.
Frattanto ci diemmo a gironzare per trastullo, ad entrare pe' circoli dei giocolieri, quando
ad un tratto vedemmo un vecchio calvo vestito d'un palandrano rossiccio, che slava
giocando alla palla con alcuni fanciulli a lunghi capelli. Né fnron tanto i fanciulli
che a quello spettacolo ci trattenessero, quanto quel nonno che alla palla esercitavasi
coi calzari fai contrario deijli altri, che vi si esercitavano scalzi e in farsetto). Ei non
ribattea la palla che avesse toccato il terreno, ma un servo ne avea pieno un sacco,
quanto ai giocatori bastava. Varie altre novità notammo: eranvi due eunuchi posti
in diversi punti del circolo, de' quali uno teneva una mastelletta d'argento, l'altro
noverava le palle, non quelle però che giuoco facendo lanciavansi colle mani, ma
quelle che cadeano.
Intanto che ammiravamo colali splendidezze, Menelao venne a dirci : — Questo è colui,
presso il quale maogierete. Non vedete che così principia la cena?» Ancor |discor-
rea, quando lo splendidissimo Trimalcione fece scoccar le dita, e a questo segno
l'eunuco mise una mastelletta sotto al giocatore, il quale scaricovvi entro la vescica,
poi chiese acqua alle mani, e le dita inumidite sul capo d'un ragazzo asciugò. Lungo
sarebbe il descriver tutto. Entrammo nei bagni, e al momento che il sudor ci coper-
se, passammo al fresco.
Trimalcione, già tutto strofinato di manteche, faceasi fregare non con lenzuoli di lino,
ma con mantelli di finissima lana. Tre di (]uei mediconzoli inlanlo trangugiavano
falerno alla sua presenza, e perchè gareggiavano a chi più ne versava, Trimalcione
dicea loro, bevessero pure allegramente il suo vino. Involto quindi in una sindone di
scarlatto, fu messo in lettiga, cui precedevano quattro adorni lacchè ed unacarriuola
a mano, dove portavasi un vecchio e cisposo mignone, più brullo di Trimalcione, di
cui era la delizia. Così trasportato e accompagnato da armoniosi flautini, si avvicinò
alla testa di lui, e come se gli parlasse segretamente all'orecchio, canticchiò per tutto
122 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
il cammino. Noi, stanchi ormai di maraviglia, teniam dietro, e insieme con Agamen-
none fil sofista di casa) arriviamo alla porta, sullo stipite della quale era un cartello
inchiodato con (juesta iscrizione : Qualunque schiavo uscirà senz'ordine del padrone,
buscherà cento sferzate.
Stava sull'ingresso un guardaportone vestito di verde chiaro, con una cintura di color
ciliegia, il quale sbucciava piselli in un catino d'axgento. Pendeva soprala soglia una
gabbia d'oro, dalla quale una gazza variopinta salutava i concorrenti. Di tante cose
stordito, io fui per cader tombolone, a rischio di fracassarmi le gambe, per colpa di
un cane che alla sinistra dell'ingresso vicino alla camera del guardiano era dipinto
sul muro, legato alla catena, colle parole cubitali al di sopra Guardati dal cane. Ciò
fece ridere i miei colleghi, ma io raccolto lo spirilo, non rimasi dal proseguir lungo
il muro. 11 luogo ove si vendono gli schiavi, era lutto dipinto a cartelloni, insieme
col ritratto di Trimalcione, chiomato, col caduceo in mano, nell'atto che entrava in
Roma, e Minerva ne reggeva le redini. Più innanzi era fif.'urato in atto d'imparar i
conti, e più oltre in foggia di tesoriere; e il bizzarro pittore ogni cosa avea diligen-
temente rappresentata coll'iscrizione; sul finir poi del portico eravi Mercurio, che lui
con mento rialzato ponea sopra un alto tribunale. Ivi appresso era la Fortuna col
corno dell'abbondanza, e le tre Parche che filavano pennecchi d'ore. Osservai pure
nel portico una partita di lacchè, che veniva esercitata da un istruttore. Oltre a ciò,
vidi in un angolo un grande armadio, ne' cui stipi erano chiusi i lari d'argento, una
statua in marmo di Venere, ed una scatola d'oro grandicella, in cui diceano venir
serbata la prinìa barba di esso. . .
Quando andammo per entrare nel triclinio, un de' ragazzi, che a quest'uffizio l)adava,
gri(jò : — Col pie destro » . Noi tremammo che alcun di noi non passasse col contrario :
ma introdottoci tutti col pie diritto, un ignudo schiavo prostrossi ai nostri piedi, e
si pose a pregarci che il liberassimo dal castigo, giacché grande non era il delitto pel
quale era in pericolo, essendogli stato rubato nei bagni l'abito del tesoriere, che ap-
pena valer potea dieci sesterzj. . .
Finalmente ci sedemmo, e i famigli egiziani altri versavano acqua diaccia alle mani,
altri ci lavarono i piedi, togliendoci con esperta diligenza ogni bruttura dall'unghie.
Né tale modesto servizio facean essi tacendo, ma alla buona canticchiavano : onde mi
venne pensiero di provare se la famiglia tutta cantasse 5 perciò chiesi a bere, ed ec-
comi un ragazzo prontissimo, che mi favori parimenti di un'acida cantilena ; e così
usava ogni altro, cui qualche cosa fosse chiesta; in modo che l'avresti creduto un
triclinio da pantomimi, anziché da padre di famiglia.
Un lautissimo antipasto fu recato, e ciascheduno si era già adagiato, fuorché Trimalcione,
al quale conservavasi il primo luogo, per disposizione contraria all'uso. . . Il suo vaso
era di metallo di Corinto, e rappresentava un asinelio con una corba, nella quale da
una parte stavano olive bianche, dall'altra nere. L'asinelio era coperto da due scodelle,
sull'orlo delle quali si leggeva il nome di Trimalcione ed il peso dell'argento. V'aveva
anche de' ponticelli saldati, sostenenti de' ghiri conditi con miele e papavero, e mor-
tadelle caldissime rosolate sulla graticola, sotto la quale slavano prugne siriache,
con chicchi di raelogranato.
Stavamo tra queste morbidezze, quando Trimalcione, portato a suon di musica, e col-
locato sopra piccolissimi guancialetti, mosse il riso di qualche imprudente; perocché
gli spuntava la testa pelata fuori d'un mantello di porpora, e intorno alla collottola
carica di quel vestimento, teneva una cravatta guarnita d'oro, le cui estremità pen-
devano quinci e quindi; portava pure nel dito mignolo della sinistra un grande anello
dorato, e all'ultimo articolo del vicin dito uno men grande tutto d'oro, come a me
parve, ma saldato con ferruzzi in forma di stelle. E per non mostrarci queste ricchezze
soltanto, e' si discoperse il braccio destro, ornalo di smanigli d'oro legati in un cer-
chietto d'avorio con laminetle luccicanti. Come poi con uno spillo d'argento ebbesi
nettati i denti, — Amici (disse), non volevo ancor venire al triclinio, ma per non vi
far troppo aspettare, ogni divertimento ho sospeso. Permeitele però, ch'io finisca un
mio giuoco 1».
Avea dietro un ragazzo eoa uno sbaraglino di terebinto e dadi di cristallo, e, cosa di
fino gusto, osservai che, in luogo di pedine bianche e nere, usava monete d'oro e
CENE ROMANE 123
d'argento. Mentr'egli giocando avea distrutta la schiera opposta^ e noi eravamo ancora
all'antipasto, una tavola fu portata con una cesta, in cui era una gallina di legno
colle ali distese a cerchio, come in atto di covare. Venner tosto due schiavi, ed allo
strepito della musica si posero a investigar nella paglia, e toltene alcune ova di pavone
distrihuironle ai convitati. Trimalcione allora rivdltandosi disse: — Amici, io ho or-
dinato si mettesscr sotto questa gallina delle ova di pavone ; e temo, per Bacco, non
abbiano già il feto: proviam tuttavia se sono bevibili .>.
Noi prendemmo de' cucchiaj non men pesanti di mezza libbra, e rompemmo le ova,
che eran fatte di pasta, lo fui lì lì per gitlur il mio, perchè mi era sembrato avesse il
pulcino: ma poi, udendo da un vecchio commensale che alcuna cosa di buono doveva
starvi, continuai a rompere il guscio, e ritrovai un grasso beccafico, contornato dal
tuorlo dell'ovo sparso di pepe.
Trimalcione aveva già sospeso il giuoco, e d'ogni cosa richiesto, ed a voce alfa dato a
ciascuno facoltà di ber novamente il vino col miele, quando tutto ad un tratto l'or-
chestra die un Sfgno, e i cibi del primo servizio furon cantando rapiti dagli stessi
sonatori. In mezzo a questo rumore cadde a caso sul pavimento una scodella d'argen-
to, ed uno schiavo la raccattò. Se ne avvide Trimalcione, e fatto schiaffeggiare lo schia-
vo, comandò che la rigettasse. 11 credenziere le fu intorno, e fra le altre lordure la
scopò via.
Entrarono dipoi due chiamati Etiopi, con piccioli otri, simili a quelli coi quali si inaf-
fia l'anfiteatro : e porsero il vino con essi, giacché nessuno contenea acqua. Applaudito
per sifatte morbidezze il signore, disse: — Morte fa tutti eguali» ; ordinò dunque allo
scalco di assegnare a ciascuno la propria mensa, e soggiunse: — Questi servi sono
troppo numerosi; tolti di qui ci sminuiranno il calore».
Portaronsi tosto bottiglie di vetro diligentemente turate, che avean di fuori un biglietto
col titolo, Falerno del console Opimio d'anni cento. Intanto che leggevamo i cartelli,
Trimalcione battutesi le mani esclamò: — Ohimè! ohimè! il vino dunque vive più
vecchio dell'omiciattolo? Poiché la è così, facciamone gozzoviglia. Il vino è vita. Io
assicuro che esso è vero d'Opimio. Jeri noi feci mescere sì buono, benché i convitati
fosser più cospicui». Bevendo noi ed ammirando sì squisite magnificenze, un servo
portò una figura d'argento accomodata in modo, che da ogni parte se ne volgevano gli
articoli e le vertebre col rallentarle. . .
Tenne dietro agli applausi una portata, non grande, a dir vero, quanto credevasi; la no-
vità tuttavia trasse gli occhi di tutti. Era in forma di una credenza rotonda, e aveva
in giro distinte le dodici co>tellazioni, sulle quali il cuoco avea posto il cibo proprio
e conveniente alla figura; sull'Ariete i ceci di marzo; sul Toro un pezzo di bufalo;
granelli e reni sopra i Gemelli; una corona sul Cancro; sul Leone un fico d'Africa;
sulla Vergine una vulva di troja lattante; sulla Libra una bilancia che da una parte
conteneva una torta, e dall'altra una focaccia; sullo Scorpione un pesciolino da ma-
re che chiamano scorpione; sul Sagittario un gambero marino; sul Capricorno una
locusta marina; sull'Acquario un'anitra; sui Pesci due triglie. Fn mezzo poi v'era
un cespuglio d'erbe recise, con un favo di sopra.
Il famiglio egiziano recava intorno il pane sopra un tamburino d'argento, egli pure
con pessima voce canticchiando una goffa canzone sul laserpizio. A noi facean noja
quelle trivialità, ma Trimalcione disse: — Ceniamo, che tale è l'ordine della cena ».
Così detto, sopragiunsero alcuni, i quali ballando un quartetto a suon di musica, sco-
prirono la parte superiore del credenzino; e allora vedemmo per di sotto, cioè in un
altro servizio, ventresche e grassi circondanti una lepre ornata di ale, che pareva il
cavai Pegaso; e intorno ai canti del credenzino quattro statuette di satiri, da' cui
ventri versavasi un liquore impepato sopra i pesci, i quali vedeansi nuotar nel mare.
Noi applaudimmo tutti, facendo eco ai famigli, e lietamente assalimmo quelle lecornie.
Trimalcione del pari conlento del buon ordine, — Trincia » esclamò ; e tosto lo scalco
si fece innanzi, e a suon di musica sì furbescamente lacerò le vivande, che l'avresti
creduto un cocchiere in lizza fra lo strepito dell'organo idraulico...
In questo mezzo vennero valletti, che agli strati sovrapposero coperte, su cui erano reti
dipinte, e cacciatori colle aste, e un intero apparecchio di caccia. Non sapevamo
che pensarci di ciò, quando fuor del triclinio alzatosi un gran rumore, entrarono
i24 ARCHEOLOGU E BELLE ARTI
tutt'a un colpo alcuni cani di Sparta, che intorno pure alla mensa si diedero a cor-
rere: e un altro desco tenne lor dietro, sul quale era posto un cignale imberrettato
di prima grandezza, cui dai denti pendevano due cestelli trecciati di palma, un
de' quali colmo di datteri della Siria, e l'altro di datteri della Tebaide. Allo intorno
v'avea de' porcellini fatti di torta, come se fosser lattanti, per significare che il ci-
gnale era femmina; e questi pure erano inghirlandati.
A tagliar il cignale non venne quel Trincia che aveva appczzate le altre vivande, ma
un gran barbone, colle gambe ne' borzacchini, e con un abitino di più colori : e
impugnato il coltello da caccia, gli percosse gagliardamente un fianco, e dalla piaga
volaron fuori dei tordi. Pronti furono colle canne gli uccellatori, che tosto li presero
mentre svolazzavano per la sala. Avendo Triraalcione fattine dar uno a ciascuno
soggiunse: —Voi pur vedete come questo porco selvatico abbiasi mangiate tutte le
ghiande ». Allora tosto i donzelli corsero ai cestini che pendevano dai denti, e i varj
datteri egualmente divisero fra i commensali.
Intanto io, che stavami quasi solo in un canto, mi diedi ad almanaccare per qual ra-
gione il cignale fosse col berretto-, e poiché ebbi esaurite tutte le fantasie, determinai
di confidare a quel mio interprete ciò che mi affannava. Ed egli : — Ciò ti spieghe-
rebbe facilmente sino il tuo servo ; giacché qui non v'é enigma, ma cosa chiara. Questo
cignale essendo rimasto intatto all'ultima cena di jeri, e dai convitati rimandato,
oggi torna al convito col berretto da liberto ». Io allora condannai il mìo stupore, e
null'altro richiesi, per non parere di non aver mai cenato con galantuomini.
Tra questi discorsi, un bel ragazzo, cinto di viti e d'edera, che or Bromio era chiamato,
or Lieo or Evio, portò tutt'intorno un panierino d'uve, cantando con voce acutis-
sima le poesie del suo signore : al cui suono voltosi Trimalcione, — Dionisio (gli disse) ,
tu sei liberto ». Allora il ragazzo tolse al cignale il berretto, e sul proprio capo sei
pose ; e Trimalcione di nuovo soggiunse : — Ora non negherete, ch'io possieda il padre
Bacco». Lodammo il motto di Trimalcione, efemmoassai baci al ragazzo, che venne in-
torno. . . Né sapevamo che, dopo a tante lautezze, noi fossimo ancora, come dicesi, a
metà cammino. Di fatto, levate a suon di musica le mense, si condussero nel jtricli-
nio tre bianchi majali, ornati di nastri e campanelli, dei quali il cerimoniere diceva uno
aver due anni, l'altro tre, e il terzo esser già vecchio, lo mi pensai che insieme coi
porci venissero i giocolieri, onde, com'è costume ne' circoli, operar qualche prestigio.
Ma Trimalcione prevenendo ogni dubbio, — Qual di cotesti (disse) amereste voi che
in un istante si mettesse in tavola? Così i fittajuoli pur fanno de' polli, d'un fagiano
0 di simili bagatelle; ma i miei cuochi usano cuocere un vitello tutto intero ». E
in questa fé chiamare il cuoco Gajo , cui comandò, senz'altro aspettare la nostra
scelta, che ammazzasse il più vecchio. Poi ad alta voce gli disse: —Di qual decuria
sei tu? » e avendogli risposto della quarantesima, gli disse: — Fosti comperato, o na-
scesti in casa? — Né l'un né l'altro (rispose il cuoco), ma vi fui lasciato per testa-
mento da Pausa. — Bada bene (gli soggiunse) di sollecitarti, altrimenti io ti caccerò
nella decuria dei lacchè ». Il cuoco, da questa minaccia stimolato, andossene col
majale in cucina.
Trimalcione dipoi rivoltosi a noi dolcemente, — Se il vino non vi aggrada, lo cambierò;
ma sta a voi il mostrare che vi piaccia. Grazie al cielo, io non lo compro, ma ogni
cosa che spetta al gusto nasce in un mio Campetto, ch'io peraltro non conosco. Mi
si dice che si estenda da Terracina a Taranto. Ora io penso di unir la Sicilia a quelle
mie zolle, affinchè, se volessi andare in Africa, non abbia a navigare per altri confini
che per i miei. . . »
Ancor non aveva svaporato queste fandonie, quando un altro desco, carico di quel
gran majale, coprì la tavola. Noi ci diemmo ad ammirare tanta prestezza, ed a giu-
rare che neppur un pollo potevasi cuocere in questo batter d'occhio, e ciò tanto più
quanto maggiore ci parca quel porco di quel che ci fosse prima sembrato il cignale.
Indi Trimalcione guardandolo attentamente, — E che? (disse), questo porco non è
stato sventrato? No, perdio, ch'ei non l'è. Qua, qna subilo il cuoco ». 11 cuoco com-
parve malinconico, e avendo dello ch'crasi ilimenlicato di sventrarlo, — Che dimen-
ticato? (gridò Ti(iialcione); pensi tu che trattisi di non avervi messo il pepe e il ci-
mino? Fuor camiciuola ». Senz'altro indugio il cuoco viene spogliato, il (juaie buzzo
CENE r.OMANR 12S
buzzo slavnsene in mezzo a due aguzzini. Tulli allora ci ponemmo a pregar Triraal-
cione, e dire: — Questo è un accidente; lascialo di grazia; e se altra volta mancasse,
nessuno piii intercederà per lui ».
Io crudelmente severo, non potei trattenermi, clie piegandomi all'orecchio d'Agamen-
none, non gli dicesi : — Questo servo deve per certo essere un gran balordo. Avvi al-
cuno ciie si scordi di sventrare un majale? non gli perdonerei, perdio, se si trattasse
d'un pesce ». Non fece però così Trimalcione, il quale serenata la fronte, disse: —
Or bene, poiché tu sei di sì cattiva memoria, sventracelo qui pubblicamente ». 11
cuoco, ripreso il grembiule, brandì il coltello, e con man timorosa tagliò qua e là il
ventre del porco; ed ecco dalle ferite allargantisi per l'urto del peso, scappar fuora
salsiccie e sanguinacci.
A questo spettacolo tutta la macchinale famiglia de' servi fé plauso , e con istrepito
felicitò Gajo ; e il cuoco non solo fu ammesso a bere tra noi, ma ricevette eziandio
una corona d'argento, ed un bicchiero Sù|)ra un bacile di Corinto: e perchè da vicino
lo osservava Agamennone; Trimalcione disse: — lo sono il solo che abbia il vero me-
tallo di Corinto. . . »
Entrò poi il suo agente, il quale, come venisse a recitar i fasti di Roma, lesse quanto
segue :
« Il giorno 23 luglio, nati nel territorio di Cuma, di ragione di Trimalcione, trenta
« fanciulli maschi e quaranta femmine: portate dall'aja nel granajo mille cinquecento
« moggia di frumento: buoi domati cinquecento. Nello stesso giorno, Mitridate
« schiavo impiccato alla croce per aver bestemmiato il genio tutelare di Gajo nostro.
« Nello stesso giorno, riposte in cassa centomila lire, che non si poterono impiegare.
« Nello stesso giorno, accesosi il fuoco negli orti pompejani, cominciato la notte in
<f una casa da villano ».
— Aspetta (disse Trimalcione); da quando in qua ho io comperato gli orti pompejani?
— L'anno scorso (rispose l'agentej ; perciò non erano ancor messi a libro ». Trimalcione
adirossi, e soggiunse: — Qualunque fondo mi si compri^ se dentro sei mesi io non
ne sarò avvertito, proibisco che mi si porti il conto ».
Entrarono finalmente i saltatori, ed un certo Barone, coso sciocchissimo, si presentò
con una scala, sulla quale fece salire un ragazzo, a cui comandò che saltasse e can-
tasse, tanto salendo, quanto standovi in cima. Il fece in appresso attraversare de'cer-
chi di fuoco, e tener co' denti una bottiglia. Il solo Trimalcione maravigliavasi, e
dicea che quello era un ingrato mestiere ; nelle umane cose però due sole esser quelle
ch'egli con molto piacere osservava, i saltatori e le beccacce; gli altri animali e di-
vertimenti esser baje e fanfaluche. — l'erciò (soggiunse) io comperai dei commedianti,
e volli poi che recitassero farse, ed al mio corista ordinai che cantasse in latino... »
(Qui tralasciamo grossolane baje di Trimalcione).
Continuava egli così a tor la mano ai filosofi, quando portaronsi attorno in un vaso alcuni
viglietti ; ed il paggio che n'era incaricato, ne lesse le sorti. Uno diceva, « Denaro
buttato iniquamente », e si portò un presciulto con branche di gamberi sopra, un
orecchio, un marzapane, ed una focaccia bucata. Recossi dipoi una scatoletta di co-
tognato, un boccone di pane azimo, uccelli grifagni, insieme con un pomo e porri
e pesche e uno staffile ed un coltello. Uno ebbe passeri, un ventaglio, uva passa,
miele attico, una veste da tavola ed una toga, una fetta di marzapane, e tele dipinte:
un terzo ebbe un tubo ed un socco. Portossi pure una lepre, im pesce sogliola,
un pesce morena, un sorcio acquatico legato con una rana, ed un mazzo di biete.
Ridemmo lungamente di questo giuoco: erano seicento i viglietti, de' quali non mi
ricordo altro. . .
Dopo nuove bubbole di Trimalcione, gli Omeristi alzarono un gran gridore, perchè in
mezzo ai famigli, che d'ogni parte correvano, fu portato sopra un amplissimo vassojo
un vitello intero a lesso e con un caschetto sul ca[)o. Ajace gli veniva dietro, il quale,
da furibondo imbrandito un trinciante, il tagliò, rivoltandone i pezzi colla punta, a
guisa di ciarlatano, or di sotto, or di sopra, e distribuendolo a noi, che lui ammira-
vamo. Ma non potemmo quegli eleganti lavori a lungo osservare, perchè tutto a un
tratto sentimmo scricchiolar la sofTitta, e tutto il triclinio tremare. Io m'alzai spaven-
tato, temendo che qualche saltatore non scendesse dalla parte del tetto; e gli altri
d26 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
convitati non meno sorpresi alzarono gli occhi, curiosi qiial novità venir potesse di
lassìi. Ed ecco che apertasi la soffitta, si vide un gran cerchio, che quasi da larga
cupola distaccandosi venne giù, e gli pendeano d'intorno varie corone d'oro e sca-
tolette d'alabastro piene d'unguenti odorosi.
Mentre ci era ordinato di prenderci questi presenti, io volsi l'occhio alla mensa, sulla
quale vidi già riposto un servigio di alcune focacce, e in mezzo un Priapo fatto di
pasta, che nel largo suo grembo teneva, secondo il suo solito, uve e poma d'ogni
specie.
Noi con avidità allungammo le mani a que' frutti, ed improvisamente un nuovo ordine
di giuochi accrebbe la nostra allegria, perchè le focacce ed i pomi, appena colla mi-
nima pressione toccati, diffusero intorno tale odor di zafferano, da riuscirci sin mo-
lesto.
Persuasi adunque, che una vivanda sì religiosamente profumata fosse cosa sacra, noi ci
rizzammo in piedi, e augurammo felicità ad Angusto padre della patria. Alcuni però
avendo anche dopo questa venerazione rapiti quei frutti, noi pure ce n'empimmo i to-
vagliuoli, ed io sopratutto, cui parca non aver mai abbastanza regalato il mio Gitone.
Tra questo'fare entrarono tre donzelli involti in candide tonicelle, due de' quali misero
in tavola gli Dei lari inghirlandati, ed uno recando intorno una tazza di vino, gri-
dava:— Ti sieno propizj gli Dei ». Dicea parimenti, che l'un d'essi chiamavasi Cer-
done, l'altro Felicione, ed il terzo Lucrone (nomi di pro<tpcro augurio). E come fu
portato intorno il ritratto di Trimalcione, che tutti baciarono, noi non potemmo seb-
ben con rossore scansarcene. . .
All'istante venne condotto un cane tutto lardo, legato alla catena, a cui il portiere or-
dinò con un calcio di sdrajarsi, e quegli si distese avanti la mensa. Allora Trimal-
cione gittandovi un pan bianco, — Non avvi (disse) nessuno in mia casa, che m'arai
più di costui ». Sdegnato il ragazzo ch'ei lodasse Silace così sbracatamente, mise in
terra la cagnolina, e l'aizzò contro lui. Silace, secondo il costume cagnesco, empiè la
sala di orrendi latrati, e stracciò quasi la Margarita di Creso. Né a questa baruffa fer-
niossi il rumore, perchè venne altresì rovesciata una lampada, di cui si ruppero i cri-
stalli, e l'olio bollente si sparse addosso ad alcuno de' commensali.
Trimalcione, per non parere in collera di questo accidente, baciò il ragazzo, e gli
comandò di salirgli sulla schiena. Egli andò subito, e messoglisi a cavalluccio, gli bat-
teva col palmo delle mani le spalle, e ridendo chiedevagli; — Conta, conta, quanti
fanno? » . . .
Trimalcione rimessosi per un poco, ordinò si empisse un gran fiasco, e si distribuisse
da bere a lutti gli schiavi che sedevano ai nostri piedi , aggiungendo questa condi-
zione: — Se alcuno non vuol bere, versagli il vino sul capo w. E così or faceva il
severo, ed ora il pazzo.
A queste famigliarità venner dietro intingoli, la cui memoria vi giuro che mi fa stomaco;
poiché tutte quelle grasse galline erano contornate di lordi, con ova d'anitra ripiene,
le quali Trimalcione ci pregò con orgoglio di mangiare, dicendo che erano galline
disossate. . .
Capita un altro ospite, che aveva cenalo altrove, a cui Trimalcione chiede : — Che cosa
aveste di squisito? »
— Lo dirò, se il potrò (rispose l'altro); perchè io sono di fragil memoria, che talvolta
dimentico lo stesso mio nome. Avemmo dunque dapprima un porco, coronato con
salsiccie intorno, e colle interiora benissimo condite: eranvi biefe, e pan bigio, che
io preferisco al pan bianco: e siccome egli fortifica, così, poiché mi giova, non me ne
lagno. La seconda pietanza fu una torta frodda, su cui era sparso un eccellente miele
caldo di Spagna, cosicché io nulla mangiai della torta, e molto meno del miele.
Quanto ai ceci ed ai lupini ed al resto de' frutti, nulla più ne presi di quel che Calva
mi suggerisse; due pomi però mi riposi, che tengo in questo tovagliolino, perché se
io non porto «pialche regaluccio al mio servitorello, e'nii sgriderebbe ; del che madonna
saviamente suole ammonirmi. Oltre a ciò avevamo dinanzi un pezzo di orsa giovane,
di cui Scintilla avendo imprudentemente gustato, fu |»er vomitar le budella; io al
contrario ne mangiai quasi una libbra, perché sapeva di cinghiale. Se l'orso, dicevo
io, mangia l'omicialtolo, quanto più l'omiciattolo mangiar deve dell'orso? Finalmente
CENE nOMANE 127
avemmo del cacio molle, del cotognato , delle chiocciole senza guscio, della trippa
di capretto, del fegato nei bacini, delle ova accomodate, e rape, e senape, e tazze che
parean pinte: benedetto Palamede che le inventò! Furono portate intorno in una
marmitta le ostriche, che noi senza troppa civiltà ci prendemmo a piene mani, perché
avevam rimandato il presciutlo». . .
Non sarebbe mai giunto il termine di questi fiistidj, se non fosse venuta l'ultima portata,
composta di un pasticcio di tordi, di zibibbo e di noci confetti^. Tenner dietro pomi
cotogni contornati di chiodetti di garofano, che pareano tanti porcospini: e tutto
ciò era pur passabile, se non si fosse data un'altra sì pessima vivanda, che prima di
mangiarne avremmo voluto morir di fame. Quando fu in tavola, noi pensammo fosse
un'oca ripiena, contornata di pesci e d'ogni sorta uccelli; di che Trimalcione avvedu-
tosi disse: — Tutto questo piatto esce da un corpo solo ».
10 m'avvidi tosto di quel che era, e volgendomi ad Agamennone: — Io resto maravigliato
come lutti cotesti ingredienti sieno accomodati in guisa che pajon fatti di creta; e só
di aver veduto a Roma, nel tempo de' Saturnali, di simili cene finte ».
Ancor non finivano queste mie parole, che Trimalcione disse: — Così possa io crescer
di ricchezza, se non di corpo, come tutti questi intingoli il mio cuoco ha fatti col
majale. Non può darsi gemma più preziosa di costui. Se volete, egli di un cono vi
farà un pesce, col lardo un piccione, col presciutto una tortora, delle budella di un
porco una gallina: perciò a genio mio, gli fu posto un bellissimo nome, giacché egli
chiamasi Dedalo; e siccome ha egli gran fama, uno gli portò a Roma dei coltelli di
Baviera ». E sì dicendo comandò che gli si recassero, gli osservò con ammirazione,
e ci permise di provarne la punta sulle nostre labbra.
Al tempo stesso entrarono due schiavi in aria di litigar fra di loro per un cingolo, di
quelli cui si attaccano i vasi, che costoro si tenean sulle spalle. Trimalcione avendo
pronunziata la sua sentenza, né l'un né l'altro volle acchetarvisi, ma ciascheduno
ruppe con bastoni il fiasco dell'altro.
SoprafTatti noi dell'insolenza di quegli ubriachi, li tenevam d'occhio, e vedemmo che
da quei rotti vasi erano cadute ostriche e pettini, le quali un donzello raccolse, e in
una marmitta recò intorno.
11 cuciniere ingegnoso secondò queste splendidezze, perché portò lumache sopra una
graticola d'argento, e cantò con voce tremula e spaventosa. Io ho rossore a narrare
ciò che segui. Imperocché i chiomati donzelli (cosa non più udita), portando unguenti
in un catino d'argento, unsero i piedi agli sdrajati commensali, dopo aver loro allacciate
e gambe e piedi e calcagni con varie ghirlande; poi l'unguento medesimo fecer
colare nei vasi di vino e nelle lucerne... .
Finalmente intirizziti pregammo il custode di metterci fuor della porta, ma egli rispose: —
Assai t'inganni se pensi uscir per di qua, donde sei entrato. Nessun convitato giammai
esce dalla porta medesima: entrasi per l'una, e per l'altra si parte ».
In questa si udì un gallo cantare: per la cui voce sgomentato, Trimalcione ordinò che
si spandesse vino sotto la tavola, e se ne mettesse nelle lucerne; di più trasportò
l'anello nella man destra , e disse: — Non senza il suo perchè codesto trombetta ha
dato un tal segno: o bisogna che vi sia incendio in alcun luogo, o che alcuno nel
vicinato trovisi in punto di morte. Lungi
da noi i tristi augurj ; epperò chi mi
porterà questo mal nunzio, avrà una
corona in regalo »...
Le sedie erano di molta varietà e bel-
lezza, più che comode. Eccone alcune:
La sedia curule ornata di avorio era
distintivo de'maggiori magistrati. Le se-
die delle signore portavano cuscini e ri-
cami, ed usavanle in carro o nelle letti-
ghe. Troni chiamavansi quelle di maggior
magnificenza. Il biselio, sedile per due, era
riservato ad alcune dignità. Il kttisternio
128
ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
era un letto di marmo o bronzo, su cui
poneansi le divinità. Sgabelli sono spesso
ai piedi di queste. La figura che qui ve-
dete, è d'una sedia tolta dai vasi greci di
Hamilton, da cui appaiono anche l'abito
e il ventaglio:
Le chiavi si facevano di ferro o di bron-
zo, e quali maschie, e quali femmine. Si
conoscevano le false, adulterincB. Gonse-
gnavasi una chiave alla sposa quando en-
trava in casa e la dovea rendere quando
vedova o per divorzio. Le chiavi egizie,
all'anello han forma di croce.
Molti campanelli si trovano, simili ai
nostri, or isolati per chiamare, or uniti per
istromenti, ora messi per ornalo a bestie.
Servivano nei misteri de'Cabiri e di bacco:
se ne ornava il lembo delle vesti delle bac-
canti, come dei sacerdoti ebrei, e se ne
scavano dalle tombe di iniziati nei misteri
di Bacco; e così attaccavansi a forniture di cavalli. 1 venditori ne usavano per attirar
avventori, i padroni per chiamar gli schiavi, le sentinelle notturne per dare i segni.
Avremo a riparlarne.
Della ricchissima varietà di fibule offriamo qui alcune figure :
Trovaronsi talvolta arredi piccolissimi,
che si supposero giocatoli puerili; e il mar-
chese Olivieri scoprì a Pesaro una scato-
letta con figurine di divinità e piccoli stru-
menti di sacrificio corrispondenti agli al-
tarini dei nostri ragazzi. Altre volte si
rappresentava il tnanducus, figuraccia eoa
cui le madri spauravano i bimbi. Ausonio
rammenta figure geometriche, colle quali
i fanciulli si spassavano istruendosi. In se-
polcri di fanciulli si dipinsero marionette.
Sul muro del calcidico di Eumacbia a Pompej si trovò dipinto questo pressoio a vite,
limile ai nostri :
Sul come Tun privato nella vita comune
passava la giornata, stese una lunga dis-
sertazione l'abate Couture ueWe Memorie
dell'Accademia francese, e noi qui la
compendiamo.
— Le occupazioni variarono presso i Ro-
mani secondo il variare dei tempi. Sotto
i re, il popolo viveva in grande medio-
crità, e conseguentemente in grande
semplicità, fra le bisogne della vita ed i
pericoli della guerra dividendo sue cure.
Sotto i consoli, allorché i Romani non
avevano guerre al di fuori, erano agitati
dentro da un male ancor più pericoloso
che la guerra. La cupidigia di dominare
ne' patrizj, ne' plebcj l'amore dcll'indi-
^L. pendenza tennero Roma in perpetua
scissura, e minacciarono più volte di
soffogare questa repubblica, nella culla. Pareva che il senato non desse i consoli che
VITA PRIVATA DE' ROMANI 129
per far contro al popolo, e che il popolo non eleggesse i tribuni che per far contro
al senato.
Grinterviilli di tranquillila si dedicavano interamente all'agricoltura, alia quale sembrava
che la fortuna avesse congiunta l'innocenza de'costumi e la dolcezza della vita. La
differenza degli slati non si rivelava per la differenza delle occupazioni : i grandi non
erano meno laboriosi de'piccioli: e queste due condizioni, così distinte nella città coi
titoli di nobili e di plebei, erano identificate nelle campagne sotto il nome di lavora-
tori. La stima per gli agricoli durò tanto, che Cicerone, sul finire della repubblica,
non esitò ad assicurare che gli uomini probi preferivano tuttavia d'essere registrali
nelle tribù della campagna, piuttosto che in quelle della città.
Da ultimo, il costume di dimorar nelle proprie terre era sì costante e sì uniforme, che
il nome di viatoros fu attribuito a certi ufiìziali subiilterni , sempre in cammino per
andar ad avvertire i senatori che il talco il tal altro giorno si sarebbe tenuta adunanza
straordinaria, oltre le ordinarie che si tenevano regolarmente due volte al mese, il
giorno delle calende e il giorno degli idi, per le quali non vi aveva bisogno di nuovo
avviso.
Se di lai maniera vivevano i senatori, che cosa dobbiamo noi giudicare degli altri citta-
dini, che non avevano ancora alcuna idea di belle arti, che non pensavano né a
coltivare il loro spirito colla filosofia, né a governar quello degli altri coll'eloquenza?
Più di tre quarti non vedevano la città che di nove in nove giorni in tempo di pace:
vi si recavano soltanto per provedersi delle cose necessarie alla loro professione, o per
esaminare se dovevano approvare o rigettare le ordinazioni nuove che i magistrati
affiggevano in Campidoglio, e durante la pace, in tre giorni di mercato consecutivi,
prima di presentarle perchè fossero confermate (promulgare per irinum nundinumj.
In questi giorni di mercato, i tribuni del popolo lo intrattenevano intorno agli affari
del governo, ed ai cangiamenti di cui era mestieri: e le loro arringhe sono quelle che
nutrirono il mal accordo fra gli ordini, in tutto il tempo che durò la repubblica.
Tali press'a poco erano i costumi e le occupazioni principali degli antichi Romani,
prima che questo popolo fosse stato corrotto dal lusso e dalla mollezza dei Greci e
degli Asiatici. Venuti a contatto con questi, obliando le loro antiche massime, adotta-
rono quelle delle nazioni vinte, ed assoggettarono se stessi a'vizj d'un popolo ch'eglino
avevano assoggettato al loro impero (Livio, lib. xlviii. — plimo, lib. xxxiii, cap, H:
(Asia primum devicta luxuriam nìiait in Ilaliam).
In pochissimo tempo tutto parve cangialo; a Roma non si videro che nuovi maestri di
arti fin allora ignorate, e che sarebbe stato meglio ignorare per sempre. Si studiò la
grandezza e la regolarità negli edifizj, la ricchezza e l'eleganza negli abiti, la sontuo-
sità e la delicatezza nelle mense, la varietà e la singolarità negli arredi. Noma aveva
ordinato, Deos fruge colere, et mola salsa supplicare ; gli Dei non erano figurati né eoa
statue né con pitture, e soltanto censessantadue anni dopo questo principe essi comin-
ciarono ad esser adorati sotto qualche figura (Plctarco, in Numa\ Dionisio alic;
Eusebio Cesar.),
La religione stessa, così modesta nella istituzione sua e per leggi di Numa, seguì il
torrente, e divenne sontuosa sì nell'apparecchio delle sue cerimonie, come nell'arre-
damento de'ministri suoi.
Rotta una volta la diga dell'antica disciplina, i costumi precipitarono in ogni maniera
d'eccessi. Indarno il censore sforzossi di richiamarli, se non alla severità degli antichi,
almeno ad un punto tollerabile: il novello gusto del piacere, unito al cattivo esempio,
prevalse sempre alla saviezza dei regolamenti. S'incominciò pertanto a lasciare agli
schiavi tutto ciò che vi aveva di faticoso in Roma e fuori, riserbando per sé quel solo
ch'era onorevole o gradevole. Di là la distinzione degli schiavi di città e di campagna
coi nomi di atrienses, amanuense^, mediastini, cubicularii, anteambuhne!^, pedissequi
unquenlarii, topiarii, slatores, chiromimontes, lecticarii, salluarii, viridarii, nqasones,
apiliimes, muncipia urbana, mancipia runlica. . , , de' quali gli uni servivano pel lusso,
e gli altri per la necessità. Di là l'avarizia insaziabile dei padroni, che non avendo
sempre patrimonio bastevole alle immense profusioni, si trovavano sforzati a spogliare
i vicini, ed esercitar un ladroneccio aperto sugli alleati del popolo romano.
Questa corruzione, che cominciò dai grandi e dai ricchi, passò ben tosto al vulgo.
Canti), Docmuenti. — Tom. I, Archeologia e Belle Arti, 9
m
AfiCUEOLOGIA E BELLE ARTI
L'amore del lavoro venne meno, e il vivere citfndinesco altro non era che ozio. Tutte
le ore del giorno, che per l'addielro erano impiepale in qualche utile occupazione,
fiiron divise quasi generalmente fra le sociali convenienza e i passalenipi, fra i movi-
menti ch'esige l'ainhizione ed il riposo che domanda la natura. Vediamone la dislri-
liuzione nei giorni ohe non erano né di festa, né di feria, né di adunanze, né di fòro.
Le inclinazioni assai differiscono negli uomini; e ciascuno ha le sue mire, secondo le
quali regola più delia metà della sua vita. Onde noi non cooiprendiamo qui né il
giovane che shriglia le sue passioni, né il vecchio occupato soltanto delle sue infer-
mità, né quelli che sfuggivano la società civile, e, come dice Seneca, si sepeilivano
nelle loro case, cottie entro le tomhe: Quf sic in domo f^unt inmqnam in cunditorio.
Patliam di coloro che, tenendo il mezzo fra l'uomo puhhiico ed il solitario, parteci-
pavano agli affari senza rinunziare a se stessi ; si ricordavano d'esser cittadini, senza
obliare d'esser uotnini e padrifamiglia; ed ora nel senato, se vi erano chiamati, ora
nella piazza, ora nel ca'npo di Marte, ora nel segreto della loro casa, acconciavano
la giornata alle usanze del tempo e del luogo, alle h sogne della natura, della repub-
blica 0 dei loro amici. Privato vivendum esi? dice Seneca: sit oralur : silentium
indictum est? tacita advocaiìone civesjuvet: periculosum ingrefisu forum est ? in domi~
bus, in apectaculìs, in conviviis, bonun contubernaletn^ amicum fidelem, temperantem
convivavi agat: officia si civis omi^erit, hommis exerceat.
Costoro impiegavano sempre la prima ora del giorno, segnata dal levar del sole, nei
doveri della religione. 1 tempj erano aperti a tutti , e spesso anche prima di giorno
pei più vigilanti, i quali vi trovavano torchi accesi fLATiAiszio, lib. iv).
Quelli che non potevano andarvi, supplivano nell'oratorio domestico, dove i ricebi face-
vano sacrifizj od altre oflerte, mentre i poveri s'accontentavano di semplici salu-
tazioni.
Contuttociò non è da maravigliare che, mentre le adorazioni loro erano sì corte, fosse
loro mestieri spendervi un'ora e talvolta più. Se essi non avesser avuto a domandare
che il buon intelletto e la buona salute, la loro liturgia non sarebbe durata sì a lungo:
ma il gran numero dei bisogni reali od imuiaginarj, e la moltiplicità degli Deia'quali
bisognava ricorrere separatamente per ciascun bisogno, gli obbligava a molti pellegri-
naggi , dai quali quelli che sanno adorare in ispirilo e in verità tengonsi esenti
(Seneca, fipist. 41).
Svetonio nella ^ita d'Augusto, osserva che questo principe, quando era obbligato levarsi
di buon mattino per qualche motivo d'amicizia o di reJigione, andava a dormire nella
casa di quel suo dom* s!ico che abitava più vicino al luogo in cui la cerimonia doveva
farsi: Matutina vigilia offendebalur; ac sivelofficii vel sacri cauf^a mufurius vigilan-
dum esse/, ne id centra commodum faceret, in proximo cvjuscumque domesticorum
ca?nacuìo manebat.
Orazio (lib. iv, ode fi) fa pur menzione delle preghiere che s'indirizzavano agli Dei la
mattina e la sera per la conservazione deirim|)ero; e il Dio del Tevere, neirviii libro
ddVEneide, avverte Knea di far sue preghiere di buon mattino alla dea Giunone;
Surge age, nate Dea, primisque cadentibus astris
Jutiuni fer vite prece"!.
Sarebbe fuor proposilo prendere qui in esame la maniera onde i Pomani pregavano e
adoravano: dirò solt;into con Plutarco {Qiiaest. rom ) ed Apollonio, che le adorazioni
del mattino erano per gli Dei celesti, quelle della sera per gl'infernali.
Queste prime ore del giorno non serbavansi sempre pe'soli Dei; sovente anche la cupi-
digia o l'ambizione vi avea parte migliore che la pietiV In tulli i tempi i piccoli hanno
fallo lor corte ai grandi, il popolo ai magistrati, e i magstrali stessi ai ricchi. Giove-
nale fanella.satiraV una pittura assai viva degli uni e degli altri, e li mette in moto
il mattino per tempo, mm dando loro neppur agio d'attaccare i legacciidi e i cordon-
cini delle S'-arpe.
Se queste visite erano incomode a coloro che le facevano, non erano talvolta men
importune a quei che le ricevevano. Marziale si lagna d'un signore romano, che non
a>eva gradila la sua: « Dopo il tuo ritorno di l.iioa (egli dice] io sono venuto cinque
« volte di seguilo alla tua porta, senza aver potuto entrare a darli il buon giorno 5 i
*< tuoi setrvr ini hanno sempre detto 0 che dormi ancora , 0 che eri già occupato in
VITA PRIVATA DE ROMAM
131
» affari. Io vedo bene, signor Afro, comes'a la cosa: tu non vuoi il mio buon giorno;
« eiittene ti do l;i luiona sera, e li dico addio «.
Plinio il piovane flih. in, ep. 12) chiama vfji-ia antehicana questo correre prima di
giorno dai grondi signori; e riferisce a questo proposilo il fililo di Catone, che, tor-
nando dulia cena io cillà, era stalo trovato ubriaco da una turba di questi salutatori
mattutini: ed essi cbliero tanto rispetto per la sua virtij, coraecbè in questa occa-
sione non ap;)arisse gran fallo, che si ritirarono in silenzio e con vergogna, quasi da
Catone fossero trovati essi slessi in fallo.
Tali erano le occupazioni delle persone private: i magistrati eran forse meno Tigilanti?
Giovenale dice che non era da m iravigliare se i ricchi tenevano in sì poco conto la
sollecihidine e le veglie dei poveri, poiché fino i pretori, che erano i magistrati
supremi, non si davano meno faccenda.
Gli autori dianzi citati vivevano sotto gl'imperatori Domiziano, Nerva e Trajano : ma
quello ch'essi dicono di tali salutazioni, si praticava altresì al tempo della repubblica;
non era cangiato che il motivo, per lo innanzi cercandosi protezione per entrare nelle
cariche e per ottener impieghi, poscia per altri vantaggi.
In ciò s'occupava la prima ora del giorno, e bene spesso anche la seconda. Ma questa
costumanza non era lepore indispen?al>ile ; e gli uomini dì lettere o d'affari si guarda-
vano dal prod gare momenti sì preziosi.
Laterz'ora, che rispondeva alle nostre nove di mattina, era impiegata neg'i affari del fòro,
tranne i giorni cui la relicione aveva consacrato al riposo , o che erano destinali a
cose più importanti de'eiudizj . quali erano i coniizj. Feriis jurqia et lUes amovento
ea^rfue in familii^, operib'K pafn/i.c, hah^nfo, dice Cicerone nel lib. w De legibut.
Quelli che non trovavansi alle arringhe come eludici, come parti, come avvocati, o
come sollecitatori, vi assistevano come spettatori e uditori, e durante la repubblica,
come giudici dei giudici stessi. Nei processi particolari, che si facevano nei tempj,
intervenivano poco più che gli amici: ma in affare in cui il pubblico fosse interessato,
per eseuipio, quando un uomo all'uscir di magistratura era accusato di avere mal
governato la sua provincia, o amministrato male il denaro pubblico, spogliato gli
alleati, o attentato alla libertà di suoi concittadini, allora la gran piazza, ove le cause
si agitavano, era troppo piccola a contenere tutti quelli che la curiosità vi altirava.
Ma è poco dire la curiosità: supponiamo quello che accadeva quasi ogni giorno mentre
la repubblica era nel maggior splendore-, supponiamo che un proconsole od un pre-
tore avesse dato luogo ad un'accusa di concuss'one o di peculato; ciascun cittadino
che riguardava le provincie col medesimo occhio con cui i (ìiili di famiglia riguar-
dano le terre de'padri e delle madri b-ro, che traeva di là tutta la sua sussistenza in
prezzo del sangue ch'egli o i suoi avevano versato per conquistarle, e che vedeva, se
le prevaricazioni e le rapine de'gnvernatori andnssero impunite, questo fondo diver-
rebbe fra poco infruttuoso, non mancava di trovarsi a que'giudizj, e di movere colla
sua presenza i giudici ad adempiere fedelmente il loro dovere; mentre dall'altra parte
gli amii^i dell'accusato, i congiunti, i (ìglinoli. vestiti a lutto, adopra\ano colie solle-
citazioni e colle lacrime di secondare gli sforzi de'suoi avvocati, e di piegar il giudice
stesso a compassione.
Se queste mirandi cause mancavano, il che accadeva di rado dopo che i Romani furono
in possesso della Sicilia, della Sardegna, della Grecia, delia Macedonia, dell'Africa,
dell'Asia, della *ipagna e della Gallia, si passava ciò nondimeno la terza, la quarta e
la quinta ora del giorno nelle piazze ; e guaj allora ai magistrali, la cui condotta non
era irreprensibile! La maldicenza li ri-p:irmiava tanto meno, quanto non v'era alcuna
legge che ne li mettesse al coperto; finché Tiberio velie che i discorsi e le congreghe
contro il governo fosser punite come le azioni.
Esaurite le novelle della ciiià. si passava a quelle delle provincie: altro genere di
curiosila non indifferente; perocché non solamente erano le provincie il patrimonio
più sicuro de'figliuoli, ma ezian Ho la dimora slabile d'un infinito numero di cavalieri
romani, che vi facevano un commercio lanlo vanlaggioso pel pubblico, come lucroso
pei privati.
Benché lutti i cittadini, generalmente parlando, dessero qoeste tre ore alla piazza ed a
ciò ch'ivi si trattava, ve ne avea però di più assidui degli altri. Orazio (Ars poet.) li
132 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
chiama forenaes, Plauto e Prisciano subba<tilicani\ e M. Celio, scrivendo a Cicerone,
subroslran>\ subro^^trarn. Gli altri men oziosi occupavansi conforme alla condizione,
alla dignità e ai disegni loro. I cavalieri facevano da banchiere, [tenevano registro dei
trattati e dei contratti legittimi; gli aspiranti a cariche e ad onori mendicavano i
suffragi : quelli che avevano con essi qualche vincolo di sangue, d'amicizia, di patria
0 di tribù, i senatori stessi del più alto grado, per affezione o per compiacenza verso
i candidati, gli accompagnavano nelle vie, nelle piazze, nei lempj, e li raccomanda-
vano come buoni cittadini a tutti quelli che incontravano; e S'ccome era una genti-
lezza presso i Romani il chiamar le persone col loro nome e sopranome, ed era impos-
sibile che un candidato si ficcasse in capo tanti nomi e sopranomi differenti, essi
avevano alla loro manca de'nomenclatori che suggerivano i nomi di quelli che imbat-
tevano. Se qualche illustre magistrato ritornava dalla provincia, il candidato usciva
di citià in gran comitiva per andare incontrarlo, e lo accompagnava fin alla sua casa,
il cui ingresso avea avuto cura d'ornare di verzura e di festoni. Parimenti, se un
amico partiva per ad un paese straniero, lo accompagnava il più lontano possibile, si
metteva sul suo cammino, e faceva in sua presenza preghiere e voli pel buon successo
d< 1 suo viaggilo e pel felice ritorno.
Tuttociò avveniva anche durante la ri pubblica; ma sotto i Cesari s'introdusse fra i grandi
una specie di manìa, non più veduta. Uno non era creduto abbastanza magnifico, se
non si offeriva spettacolo intuiti i quartieri della città con numeroso corteo di lettighe
precedute e seguite da schiavi bellamente vestiti (anlcambuloiies, pedissequi). Questa
vanità costava caro, perchè bisognava pagare coloro che si trovavano a quella pompa;
e Giovenale, che ne fa si bella descrizione, assicura che vi erano persone di grado, e
magistrati che l'avarizia induceva ad ingrossare la turba di quegl'indegni cortigiani.
Venuta l'ora sesta del giorno, cioè il mezzodì, ciascuno si ritirava a casa, desinava modi-
camente, e meriggiava. Sexta, quies lax^ia, dice Marziale.
Esaurita la metà della giornata, vediamoli scorrere l'altra : e quanto la prima fu operosa
altrettanto questa sarà rilassata^ l'una ha occupato lo spirito, l'altra occuperà il corpo.
Tale è il senso di questo distico:
Sex borce tantum rebus tribuantur agendis;
Vivere post illas litera 'Cri^a. monet.
La lettera ? significa il numero sette, che corrisponde al nostro tocco dopo il mezzodì
e comincia la parola ?>)V, che significa vivere. I Romani dunque facevano due diffe-
renti personaggi in un medesimo giorno, quello del mattino, tutto composto, quello
del dopopranzo tutto naturale; il primo era altiero ed orgoglioso nelle adunanze, il
secondo era umano e grazioso nelle compagnie.
Finché durò qualche ombra di repubblica, coloro che indirizzavano le principali azioni
della vita all'utilità del paese o della famiglia, riguardavano queste prime ore come
la miglior porzione della giornata, e come un tempo sacro:
Nunc adeo melior quoniam pars acia àtei est,
Quod superest Iceli bene gestis corpora rebus
Procurate viri. . . .
dice Virgilio. 11 giureconsulto Paolo si esprime nei medesimi termini nel libro i:
Cujwique diei melior pars est horarum septem primarum diei, non supremarum. Di
fatto allora l'uomo di mente più sana e più acconcia agli affari che richiedono atten-
zione, si faceva scrupolo del uiiniuio sollazzo: Nefas aliquid per voluptatem aggredi:
e i buon temponi non erano alla moda che quando il tempo degli affari era passato.
Perciò Marziale dichiara che la mattina egli non osava presentarsi all'imperatore, né
voleva che i suoi amici si presentassero a lui, poiché l'umor gioviale ond'egli faceva
professione non conveniva per nulla all'uno, e meno ancora stava bene all'altro:
.... Grcfisu timet ire licenti
Ad matutinum nostra Thalia Jovem.
E parlando ad un suo amico:
Et matatina si mihi fronte venis.
Ma comechè fosse costume di non occuparsi d'affari al dopo pranzo, né al mattino di
piaceri, tuttavia le persone laboriose prolungavano la fatica molto di là de' termini
ordinar], e spesso anche fin alla decima ora del giorno. Questi erano personaggi rari,
VITA PRIVATA DE' ROMANI 133
e fatti più por dare buoni esempjche per seguire le cattive costumanze: uomini la
cui vita è una censura perpetua di quella degli altri; veri magistrati, dediti alla
cosa pubblica, od oraUiri zelanti che si credevano debitori della salute degli infelici,
cui avevano preso a difendere. Tale era un Asinio Pollione, che Orazio chiama « va-
lidissimo appoggio degl'innocenti accusati , e splendidissimo lume del senato «; e
che Seneca dice essere stato così ordinato nella distribuzione del suo tempo, che
lavorava insino allora decima, cioè (in alle ore quattro pomeridiane-, ma dopo qi]e-
st'ora egli non avrebbe pur voluto aprire una lettera, da qualunque parte gli fosse
venuta, per timore di trovarvi cdsa che gli desse a fare più di quanto s'era prefisso
in quel dì , o che gli potesse turbare il riposo , cui aveva consacrato il resto della
sua giornata.
Catone, immagine vivente della virtù romana, non era stato così perseverante al lavoro
durante la sua pretura: rendeva giustizia esattamente nelle tre o quattro ore a ciò
destinate; dopo di che si ritirava a casa per desinare sobriamente: e Plutarco ribalte come
un rimprovero ingiurioso ciò che dicevano gl'inimici di questo grand'uomo, sapersi
ch'egli erasi seduto in tribunale dopo aver desinato. Se. noi credessimo che gli altri
Romani vivevano come Catone, non faremmo certe» loro un gran torto. Ora Plutarco assi-
cura ch'egli, alcuni momenii dopo il desinare, andava solitamente a giocar la palla od
al pallone {pila} nel campo di Marte; e che il giorno stesso in cui egli sostenne il
rifiuto più mortificante da parte del popolo, che preposegli un competitore indegno
della carica di console, non tolse un solo momento a quell'esercizio.
Non tutti i Romani si facevano una legge di giocare alla palla od al pallone. Mentre
Orazio era in viaggio con personaggi della corte d'Augusto, Mecenate ed altri anda-
rono dopo pranzo a fare alla palla, Virgilio e lui, di temperamento poco adatto ai
forti movimenti, prescelsero di dormire:
Lusum il Meccenas, dormilum ego Virgiliusque;
Namque pila lippix inimicum et ludere crudis.
Non sarebbesi creduto che Scipione l'Africano, quell'uomo sì grave, si fosse dilettato del
ballare: eppure Seneca (De tranq. animi) dice in termini |)recisi che ne'suoi ricrea-
roenti danzava , non quelle dimze molli ed effeminiite che indicano la corruzion dei
costumi, ma quelle ordinate e concitate ch'erano in uso presso gli antichi, e che i loro
nemici stessi avrebbero potuto vedere, senza diminuire la slima e la venerazione
concepita per la loro virtù.
Il maggior numero passeggiava o a piedi, o in vettura; amlulatio o geslatio.
I Romani dei primi tenipi dormivano breve, e si ristoravano dalle f;itiche del mattino
in luoghi che la natura sembrava aver preparato espresso per uomini che seguivano
con discernimento le sue leggi innocenti, ed a cui la vanità non aveva ancora guasto
lo spirito, né ammollito il cuore. Il mormorio d'un ruscello, la frescura d'una selva,
un viale che il caso loro offeriva, teneva luogo di que'superbi edifizj che il lusso dei
secoli seguenti inventò pei medesimi usi:
. . . Somnus agrestium
Lenis virorum non humiles domos
Fa'^tidit, umbrosamve ripam,
Non zephyris agitata Tempe. Orazio, lib. iii. od. i.
Ma questo popolo sì povero e sì rozzo nella sua origine, divenne si delicato e schizzi-
noso dopo le sue conquiste di Grecia e d'Asia, che non poteva più né pigliar riposo
né passeggiare che con grande spesa: non volle che i suoi divertimenti pendessero
dalla disposizione del cielo; ricorse all'arte, e si fece passeggi coperti e lunghe
gallerie, in cui la pulitezza contendeva colla magnificenza. A suo avviso, non era
ragionevole l'attendere il bel tempo per andare a prender aria, né l'esporre il suo
seguito alla pioggia ed al fan^o.
Cicerone, che conservava ancora qualcosa de'costumi antichi, parla assai modestamente
d'una galleria ch'egli voleva aggiungere alla sua casa: Tecla igitur ambulatiuncula
addenda est (ad Atticum). Qual differenza da questa a quelle che si videro sul finire
dello stesso secolo, e che per la loro lunf:hezza furono appellate miliarie.
■yitruvio e Columella prescrivono la maniera con cui formarle, affinchè fossero di tutte
le stagioni : Ut et hijeme plurimum solis^ et cesiate minimum recipiant.
134 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
1 grandi signori avevano queste comodila intorno alle lor case, alcuni anrhe nella villa
e ne'sobborglii; ed allora esse facevano parte de' giardini, ed erano comprese sotto lo
stesso nome. Si lej-'ge in mille luoghi, i giardini di Cesare, i giardini di Lur.uHo:
Nerone fece aprire i suoi al popolo, onde ricoverarvi gl'infelici de'quali avea bruciate
le case per farsi uno spettacolo reale dell'immagine ch'egli s'era formata dell'incendio
di Troju. Plinio fa di quelli ch'egli aveva in cauìpagna una descrizione, che eccita
ancora oggidì la maraviglia; ed é a credere che non fossero i soli così belli e così
spaziosi. Do|)0 Augusto, il poeta Orazio declama contro la manìa del fabbricare, che
stava per occupare con quella sona di castelli tutto il terreno d'Italia:
Jam panca aratro jugera regioe
Mules relinquent, eie.
e per una specie di contrasto gli oppone gli esempj non solo di Romolo, ma ancora
di Catone e degli altri fondatori della grandezza romana, i quali quando avevano
qualche bel ceppo di marmo, l'impiegavano ad abbellire i tenipj de' loro Dei o le
piazze pubbliche della loro città, anziché a fare vaste gallerie per loro uso particolare:
. . . Nulla decempedis
Melata privatis opacam
Porticus excipiebat arctori',
Nec fortuitum spernere cespitem
Leges ferebant, oppida publico
Sumptu jubentes, et deorum
Tempia novo decorare saxo.
In questi luoghi dilettevoli , coloro che amavano i piaceri tranquilli passavano ordina-
riamente le prime ore del dopo pranzo. Gli uni s'intrattenevano di cose gravi, gli
altri di piacevoli, secondo il gusto ed il carattere. 1 poeti profittavano molto sovente
della scioperatezza che regnava in que' lunghi e in quei momenti onde recitare le loro
composizioni a chi voleva ascollarle: il che ha fatto dire a Giovenale, che i viali e le
gallerie di Frontone dovevano sapere e ripetere come un eco le favole d'Eolo, d'Eaco,
di Giasone, de'Ciclopi, e tutti gli altri soggetti dei poemi vulgari.
Ciò non riguarda che i possessi privati: eravene altresì di pubblici, eziandio per le
donne, come il portico di Metello. Questi si moltiplicarono all'infinito sotto gl'impe-
ratori ciascuno sforzandosi di sorpassare il suo predecessore in lai maniera di magni-
ficenza e di liberalità: oltre le colonne di porfido che sostenevano quello di Augusto,
vi si vedevano, fra l'altre singolarità, le statue delle cinquanta Danaidi, e molti dipinti
dei più eccellenti maestri: a quello d'Ottavia, sorella d'esso imperatore, eransi aitac-
cati gli stendardi e le altre insegne militari che i Dalmati avevano innanzi tolte a
Domizio, e che avevano di fresco riportato; Agrippa aveva fallo dipingere in quello
da lui consacrato a INetliino, in riconoscenza delle sue vittorie navali, la storia degli
Argonauti: il portico di Catulo, fin dai tempi della repubblica, era stato ornalo delle
spoglie dei Cimbri: quelli di Livia, di Nerone e de'successnri suoi avevano rarità e
bellezze, acconce ad arrestare gli speltalori e a render dilettevole la passeggiata.
Questo solo jiiacere non bastando pero all'impeialor Claudio, vi a^'giunse il giuoco dei
dadi ■ e Svelonio ci fa sapere ch'egli avea a tale scopo fatto una specie di tavola inca-
vata nella lettiga in cui passeggiava.
In quanto ai giovani ed a coloro che si sentivano ancora la forza ed il fuoco dell'età,
in cambio d'una |uissegyiala dolce e placida, quando non giocassero alla palla, si eser-
citavano nel campo di Marie a tulio che poteva renderli più agili e più atti al faticoso
mestiere della guerra: luonlare a cavallo, lanciar il giavellotto, tirar l'arco, spingere
la piastrella ed esercitavansi in tulle le maniere. Aflincliè non avvenisse confusione,
né rilassamento in questa sorla d'esercizj, che si tenevano come la migliore scuola
della gioventù romana, i posti erano dslinli gli uni dagli altri per ciascuno d'essi, ed
erano chiamati arece o areulce ; e lutto si faceva sotto gli occhi di persone, la cui presenza
era valevole ad eccitar l'emulazione negl'indifferenti. Infino a quelli fra i vecchi che
non temevano né la polvere né il sole, godevano, come a spettacolo gradito, degli
sforzi di questi giovani eroi, cui riguardavano siccome l'utun» sostegno dello Stalo.
Virgilio che, per dare maggior autorità a ciò che si faceva al suo tempo, ne fa sempre
rimontare l'origine sin «tH'antiebità più remota, non manca d'attribuire questo co-
VITA PRIVATA bt' ROMANI 135
stume agli abitanti dell'nntico F.ozio ed ai cittadini di Lnurento, dopo l'arrivo dei
Trojiini il) Italia. Ed Orazio ne ha futlo un'ode, che noa contiene altra cosa: Lidia,
die. etc.
Non dirò nulla delle altre parti della pinnastica romana; soltanto osserverò che tutto
ciò finiva verso le tre dopo mezzodì; perocché in (|upsti) senso vanno intese Vociava
e la nona dei liotiiani, e ciascuno si recava diligentemente ai hngni pubblici o privati:
Ubi Intra baimi nunctata eW, est uutem hyime nona, a'siale oclava. (I'mmo lib. in,
ep, I). Ragion vuole che nei bagni privali fosse maggior libertà: ma i bagni pub-
blici si aprivano al suon della campana, tutti i giorni alla stess'ora: e quelli che vi
venivano troppo tardi, correvano rischio di non bagnarsi che nell'acqua fredda.
Al tempo della repubblica, allorcliè ciascuno viveva in camp.igna, ed il lavoro ordi-
nario dell'agricoltura non era interrotto che da qualche giorno festivo, ciascuno tor-
nando la sera dal suo lavoro si lavava accuratamente le braccia e le gambe, e tutti i
nove giorni in cui veniva in citlà per assibteie agli adari del fòro, od a quelli che
trattavansi nelle asseml'Iee spellanti al governo, bagnavasi lutto il corpo: Prisco
more tradiderunt, dice Seneca, brachia et crura quutidie ubluere, quce scHicel f^ordes
opere collegerant ; lolis vero nundinis lavabanlur. Il Tevere o i fiumi vicini alle lor
terre erano i bagni più comuni, e non si conoscevano gran fatto le stufe o i bagni
d'acqua calda. Il nome di tlicrnice che loro sempre fu dato, fa vedere abbastanza che
questa maniera di delicatezza, come pressoché tutte le altre, passò di Grecia in Italia.
Dione riferisce nella vita d'Augusto, che Mecenate fu il primo che ne eresse in Roma.
Eranvi però avanti di lui bagni pubblici Cicerone ne fa cenno m ll'orazione a favore
di Marco Celio: ma erano d'ac(|ua fredda, in piccol numero, e assai male arredati.
Seneca, neW'episl. 86, fa un lunghissimo e studiatissimo confronto dei bagni antichi
con quelli del suo tempo, e dà una ragione assai plausibile della jioca ricchezza che
si vedeva ne'primi : Cur enim ornaretur res quadrantaria? In fatti mite era il prezzo
dei bagno, il quale non costava che la quarta parte dell'asse. Orazio disse:
Duìn tu quadrante lavatUTìi
Rex ibis,
e Giovenale:
Ccedere Sylvanu porcum, quadrante lavar i;
e prima di loro Cicerone (prò M. Cceliu); Nisi farle mulier poiens quadrantaria,
aia permulalione fmailiaris facta era! balneatori, parlando di Clodia.
Procacciò al popolo un piacere vivissimo Marco Agrippa che l'anno della sua edilità fece
costruire centosettanta luoghi, ove i cittadini si i>agnavano gratuitamente nell'acqua
calda e nella fredda. Ad esempio di lui, Nerone, Vespasiano, Tito, Domiziano. Severo,
Gordiano, Aureliano, Diocleziano, .Massimiano, e quasi tutti gli imperatori (he cer-
carono di rendersi gradili, fecero costruir bagni e stufe del marmo più prezioso, e
colle regole deHarchilettura meglio intesa. Incominciavasi coll'acqua calda ; jioi
quando i pori erano ben aperii, e potevano dar luogo ad esalazioni troppo copiose,
credevano che fosse buono alla lor salute il chiuderli con un bagno o con una sem-
plice aspersione d'acqua fredda.
Una circostanza che merita d'esser qui riferita, e che faceva che il bagno durasse più
lungo tempo, è questa, che facevansi raschiar il corpo con certi coltelli di legno, o
con piccole stregghie, quali se ne vedono anche oggidì nei gabimtti de'curiosi. Spar-
ziano ci ha lascialo intorno a ciò una storiella, la quale, oltre l'usanza di que' tempi,
ci farà eziandio conoscere l'umor benefico e piacevole dell'imperatore Adriano, tgli
bagnavasi >ovente culla folla del popolo; ivi scòrse un \ec( hio soldato, che non avendo
persone da farsi stregghiare, sup|»liva egli stess-o a tal difello, |)remendo e fregando
la schiena contro la muraglia del bagno. Siccume Adriano lo conosceva per averlo
veduto alla guerra, gli domandò perchè in tal modo sfregava la sua pelle sul
marmo? — l*erchè (rispose il vecchio] non ho valletto ». L'imperatore gli diede
sull'istante degli schiavi e di che nudrirli. Il rumore d'un'azione che avea avuto
molti testimonj, si sparse ben tosto in tutti i quartieri di Roma; e la prima volta
che Adriano ritornò ai bagni pubblici, molti vecchi non mancarono di trovarvisi,e di
tentare coi medesimi mezzi d'atlirare a sé gli sguardi e la liberalità del princi|)e. Egli
fece loro soltanto distribuire delle stregghie, ordinando si strigliassero l'un l'altro.
136 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
Dirò de'bagnì pubblici quello che ho detto delle passeggiate, che i poeti vi trovavano
tutti i giorni un'udienza a lor piacere, ove spacciare i frutti delle Inr muse; e quelli
di loro che amavano la satira, fecero conoscere questo difetto de'loro confratelli.
Orazio per esempio disse :
. . . In medio qui
Scnpta foro recitent, sunt multi, quique lavante^;
e Marziale si dolse di non trovare scampo contro questa importunità che lo seguiva
fio nei bagni:
Et stanti legis, et legis sedenti.
In thermos fugio, sonas ad aures.
Petronio pure diceva nel medesimo senso, che il suo Eumolpo (assai più poeta che
uomo) leggeva i suoi squarci ne' bagni pubblici: Relictoque Eumolpo, nam in balneo
Carmen recitabat.
I ricchi avevano bagni in casa, e sovente magnifici, particolarmente dopo che s'erano
avvezzi a depredar le provincie e fino l'impero; ma non ne usavano gran fatto che
nei tempi straordinarj, e per non rassomigliare alla comune degli nomini. Ascoltavano
non i loro bisogni, ma la loro faniasia, spesso anche quella degli altri, come gl'im-
peratori Comodo e Galieno, che si bagnavano cinque o sei volte al yiorno per piacere
ai loro liberti: vìdersi anche talvolta questi signori del mondo non rifiutare le istanze
dei loro sud'lili, e discendere sino a lai benignità di bagnarsi con essi.
Intorno a ciò che dissi de'tempi straordinarj del bagno, è diiopr) ricordarsi che la re-
gola principale di (|iiei luoghi era diip|)riina di non ìschiuderli mai innanzi alle due
0 alle tre ore dopo il mezzogiorno; dappoi né prima del levar del sole, né dopo il
suo tramonto.
Alessandro Severo è il primo che permettesse i bagni pubblici durante la notte nei
gran calori dell'estate, ed aggiunta la liberalità alla compiacenza, diede a sue spese
l'olio che si bruciava nelle lampade. Ma prima di questo l'ora ordinaria era l'ciltava
e la nona;, e il poco costo, il vantaggio che se ne traeva, la grande comodità di cui
si godea sul finire della repubblica e sotto i primi Cesari, tutto ciò fucea ohe un cit-
tadino, qual che si fosse, di rado niancasse ai bagni; niuno se ne asteneva che per
infingardaggine e per non curanza, quando n(m era obbligato d'astenersene per lutto
pubblico 0 privato, perchè il costun.e intorno a ciò era passato in legge: ecco il
perchè squallore sordes sono presi più volte pel lutto ne'buoni autori.
Orazio, che (Sat. vi, lib. i) fa una pittura si naturale della maniera libera ond'egli
passava la giornata, si dà da se stesso quest'aria d'uomo disordinato, che egli biasima
negli altri poeti, e dice che poco si accomunava nel bagno:
Secreta petit loca, balnea vitat.
« Ne la moda, né le convenienze non m'astringono (soggiunge); vo solitario dove
il piacere m'invita, passo qualche volta pel mercato, e m'informo quanto costano le
biade ed i legumi; passeggio verso sera nel circo e nella gran piazza, e m'arresto ad
ascoltare un che dice la buona ventura, che spaccia le sue visioni ai curiosi dell'av-
venire ; indi me ne torno a casa, siedo a parca mensa, poi me ne vo a letto e dormo
senza alcuna inquietudine del domani; rimango a letto sino alla quarta ora del
giorno, cioè fino a dieci ore ecc. ».
Al bagno seguivano gli olj e le essenze, di cui i Romani si ungevano; dopo gli olj ve-
niva la cena, la cui ora era la nona o la decima del giorno, che rispondeano alle
nostre due o tre ore prima del tramontar del sole.
Imperai ex^tructos frangere nona thoros.
Troppi credettero che gli antichi Homani non mangiassero che alla sera ; Isidoro assi-
curò ch'essi non conoscevano neppur il desinare, e trovò seguaci: ma oltreché non
è verisimile che uomini così laboriosi potesseio durare una giornata intiera senza
prender ristoro, un numero infinito di testi prova il contrario. Svetonio e Dione rac-
contano di Vitellio, che faceva regolarmente i suoi tre o quattro pasti al giorno
[Epula'i trifariam semper, intfrdum quadnfariam dispertiebat), e colezione presso
gli uni, desinare presso gli altri, e tassava altresì alcuni nuovi ospiti a dargli da cena.
Vero è che quest'imperatore dev'essere riguardato piuttosto come un mostro che
come un esempio nella vita civile.
VITA PRIVATA DE* ROMANI 137
Ma lasciando da banda la colezione, serbata pei fanciulli, gli autori sì greci che latini,
i quali parlarono degli usi dell'antica Roma, tutti fecero menzione del desinare
de'Romani. l'Iutarco, nel libro vni delle Quistioni amvivali, dice con tono di certezza,
che i cittadini di qualunque condizione prendevano qualcosa verso il mezzodì, che
essi mangiavano da soli in casa e assai modestamente, ma che la sera si rifacevano
largamente coi loro amici. Ateneo noverala colezione senza divario d'età, il desinare,
la cena e il dopo cena. Seneca, Macrobio, Marziale, Apulejo, e, ciò che ha niafjgior
autorità, Varrone ci dicono quel che i Romani aveano costume di mangiare al loro
desinare, silatum. Gii è vero che era poca cosa per le persone regolate, perchè tutto
consisteva in un pezzo di pane, un po'di formaggio ed un bicchier di vino; e questa
è forse la ragione per cui Isidoro l'ebbe come un nulla. Né qui v'ha luogo a inganno,
perciocché nell'antichità più remota questo pasto, comechè scarso, non lasciava di
esser appellato ccp?ia: Coena, dice Feslo, apud untiquos dicebatur quod nunc prandiitm;
vesperna, quod nunc ccena appellatur.
Quantunque l'uomo non pigli molla esattezza in ciò che si riferisce a sé solamente,
pure l'ora del desinare era intorno alla sesta del giorno, cioè a mezzodì. Svetooio
narra che l'imperator Claudio prendeva tanto piacere di certi spettacoli, che discen-
deva nella sua loggia al mattino, e vi restava anche a mezzodì nel tempo che il po-
polo si ritirava per desinare. E Marziale d'ce ad un par;'.sito che erasi recato da lui
sulle dieci o undici ore: « Tu vieni tardi per la colezione, e presto pel desinare».
La cena fu in ogni tempo un pasto d'apparalo, un'unione di tutta la famiglia, un con-
vegno di molti amici; tutto v'era disfiosto per rendere ogni cosa pili comoda e più
gradevole a quelli che doveano trovarvisi, l'ora, il luogo, il servizio, la durata, le
compagnie ed i seguaci. Faceasi ordinariamente fra la nona e la decima ora del dì,
ossia fra le tre e le quattro pomeridiane, di modo che restava tempo sufficiente per
la digestione, pei sollazzi, per le piccole cure domestiche, ed anche talvolta per una
merenda (comessutio).
Il luogo della cena era anticamente in atrio, cioè in uno spazio del vestibolo esposto
agli occhi di tutti; e non n'arrossivano (dice Valerio Massimo, lib. ii. cap. 1 ), per-
ché la loro sobrietà e moderazione non attiravano la censura de' concittadini : dappoi
vi furono jobbligati dalle leggi Iilmilia, Antia, Julia, Didia, Orchia, per timore che
un luogo più ritirato non desse adito alla licenza: Imperatum est, ut patentibus
januis pransitaretur et ccenarelur, dice Macrobio ; ne singularilas iicentiam gigneret,
aggiunge Isidoro. La leiige regolava eziandio la spesa, con severità punendo e il
padrone di casa e i convitati.
Qualche volta, e sopratutto nella bella stagione, la cena si faceva sotto un platano, al-
bero fronzuto, ma in qualunque luogo si fosse, avevasi cura di stendere un panneg-
giamento, che potesse rijiarar la mensa e i convitali dalla polvere e da altro lordume.
Oltre agli antichi marmi, che ne fanno fede anche oggidì, Orazio nella descrizione
del convito che Nasidieno diede a Mecenate, ramuieola questo tappeto, la cui caduta
cagionò grave scompiglio:
Jnterea suspensa graves aulea ruinas
In patinam fecere, trahenlia pulveris atri
Quantum non aquila campanis excitat agris.
Quando i Romani furono istruiti nell'architettura, eressero grandi sale per accogliere
con più comodo e splendidezza quelli che volevano convitare. Allora la modestia
dei primi Romani, i regolamenti stessi tante volte rinnovati e moltiplicati per man-
tenerla, furono ben tosto messi in oblio; né i censori poterono arrestar il torrente.
La repubblica era nel suo più grande splendore, allorché piacque a Lucullo di
avere parecchie di queste superbe sale, a ciascuna delle quali diede il nome di qual-
che divinità; e questo nome era pel suo maestro di casa un segnale della s|)e.sa ch'e-
gli volea fare al suo convito. Ma quanto erasi veduto, fu superato dallo splendore del
salone di Nerone, chiamato dumus aurea. Questo col movimento circolare delle so-
fitte e delle volte, imitava le conversioni del cielo, e rappresentava le diverse sta-
gioni dell'anno che cangiavano ad ogni servito, e facevano piovere fiori ed essenze
odorose sui convitati: Ut subinde alia facies atque alia succedati et toties teda quo-
ties fercula mutentur; Seneca ep. 29. Coenationes laqueatce taiulis eburneis versatili'
138 AKCHEOLOGU E BELLE ARTI
bus, ut flores ex fistulis et unguenta desuper spargerentur : Svetoino, in Nerone e. 13.
Poi il lusso andò ogni giorno aumenlJiodn, benché le fortune diminuissero; ed tlio-
gabalo sorpassò di tanto Nerone, quanto Nerone avea sorpnssato Lncuilo.
La tavola presso i primi Romani era di figura quadrala; di legno, fornito dalle loro fo-
reste, e tagliato dai loro fahltri. Ma quando furono passali in Africa ed in Asia, imi-
tarono dapprima quei popoli, poi li vinsero in questo come in ogni altra cosa. Va-
riavano la figura delle tavole, e perchè non le coprivano di tovaglie, fu mestieri farle
d'una materia lucente e bella- avorio, scaglia di testugine; radice di bosso e d'a-
cero, fin ctdro, e tutto ciò che l'Africa feconda di singolarità somministrava di più
raro. Non contenti, le ornarono di piastre di rame, d'argento, d'oro, e v'incastra-
rono pietre preziose in forma di corone.
La maniera con cui i Romani slavano a mensa, non fu la stessa in tutti i tempi. Prima
della seconda guerra punica, sedevansi sopra nude panche di legno, e Scipione Afri-
cano fu il primo a portar da Cartagine piccoli letti, che furono lungamente chiamati
punicani od arcaici, d'un legno assai comune, bassi, imboniti di paglia o fieno, e
coperti di capra o di montone; ma l'uso frequente de'bagni che allora s'introdusse,
fece che gli uomini credessero di ristorarsi meglio coricandosi che sedendo.
Io dico gli uomini, perchè le donne non credettero sulle prime, che stesse bene alla
lor modestia questa novità, e tennero l'antica maniera finché durò la repubblica; poi
sin verso l'anno 320 dell'era cristiana, seguirono il costume degli uomini. I giovani
che non aveano indossata la veste virile, furono tenuti più a lungo sotto l'antica di-
sciplina: quando erano ammessi alla mensa, sedevano sull'estremità del letto dei loro
prossimi parenti. « Non mai (dice SvetonioJ i giovani cesari Cajo e Lucio mangiarono
alla mensa d'Augusto senzachè fosser seduti m imo luco », o, come dice Tacito, ad
ledi fulcra.
I letti dalla più grande semplicità furono in pochissimo tempo recati a stupenda ric-
chezza. Plinio (lib. XXXV, e. Il) dice che non era cosa nuova, ai tem|)i d'Augusto,
vederli intieramente coperti di lamine d'argento, guerniti delle coltrici pili soffici e
delle più ricche coltri. Ofnmetto i lunghi passi di Plinio, di Seneca e di tutti i poeti
intorno alla materia ed alla forma di questi letti, alla scelta della porpora, alla perfe-
zione del ricamo; tanto più ohe Ciacconio trattò (|uesto tema assai estesamente (De
triclinio) : e m'accontento di farne vedere il contrasto in quel verso d'Ovidio che es-
prime così bene l'antica povertà: « I letti de' nostri padri non erano guerniti che
d'erbe e di foglie, e solo ai ricchi era dato coprirli di pelli;
Qui poterai pelles adderp, dives eiat » .
Si collocavano ordinariamente tre di questi letti intorno ad una tavola quadrata, la
qual cosa fece nominare triclinium e la tavola e la sala da mangiare; di maniera che
VI reslava sempre un dei lati vuoto e sgombro pel servigio.
Ciascun letto poteva contenere tre, quattro, e di rado cinque persone; e s'innalzavano
da quattro a cinque piedi. I convitati vi si recavano uscendo dal bagno con una veste,
che non serviva che a ciò, e ch'eglino chiamavano vpfitis ccenatoria^ fricUnana^con-
vivalis. Era di solito bianca, specialmente ne' giorni di qualche solennità : e sì presso
i Romani che presso gli Orientali era colpa il presentarsi nella sala del convito senza
quest'abito.
Non mi ricordo d'aver letto che le donne si togliessero le scarpe, né si lavassero od
ungessero i piedi quando prendevano posto su questi letti; ma sì gli uomini, per non
esporre al fango ed albi polvere le stoffe preziose di cui es i letti erano coperti
Plutarco nel i" libro delle Qai^tinni convivali propone : «Se il padnme di cusa debba
collocare i convitati, o se debba lasciare a ciascuno la libertà di prender posto da sé » ;
e intorno a ciò racconta una storiella. « Mio fratello Timone (ilic'eglij avendo in-
vitato molti amici sì cittadini che forestieri, e non volendo nojare chicchessia col
cerimoniale, li pregò di collocarsi a lor talento. Dopo qunb he tempo presenlossi alla
porla del salone un personaggio straordinario, una specie di c.ipiliino riccamente ve-
stito, e seguilo da gran numero di valletti: percorse d'uno sguardo tutta la compa-
gnia, poscia si ritirò senza dir parola.
Alcuni s'alzarono per corrergli dietro, e pregarlo d'entrare: ma quegli rispose fred-
damente, che non vedeva gii fosse stato riserbalo un posto degno di lui. Siccome i
VITA PRIVATA de' ROMANI 139
convitati sentivano già un po' di brillo, risero di cuore su questa apparizione, ed
alcuno disse ad alta voce che un tal uomo stava mollo meglio alla porta che alla
mensa ».
Plutarco non lascia d'agitare poco dopo la quistione: « Qual sia il posto consolare, e
perchè dopo quello del padrone di casa è il più onorevole? » Hiferita l'opinione
de' Greci e de' l'ersiani, dtcide che è il primo del lelto di mezzo, e ne arreca due
ragioni. La prima è, che ditpo il bando dei re, i consoli per non dar ombra ai loro
concittadini fin al suntuario della libertà, si ritrassero dal posto che quei principi
avevano occupalo a mensa, lo lasciaron al padron di caso, e scesero un gradino in
giù. La seconda si è che, avendovi spiti|»re due letti per gli amici, la è co.>-a ragione-
vole che quegli che dà il cunvito, abbia sempre sotl'occhio il suo famigliare, veda
ciò che succede, e sia alla portata di dare i suoi ordini e di trattenere ragionando l
convitati. Ora il posto più conveniente a ciò è il secondo letto di mezzo. Sua mo-
glie viene immediatamente in seguito a lui, in eju< sinu. Così il posto più onore-
vole dopo questi due è quello che li precede, cioè il primo del medesimo letto. Esso
è anche, soggiunge questo autore, il più acconcio alla dignità d'un primo magistrato:
nello spazio che è fra i due, egli può comodamente ricevere coloro che gli ven-
gono a portar notizie dell'armata, o degli altri affari pubblici che risguardano ii suo
ministero.
Siccome presso i Romani eranvi ombre e parasiti, questi chiamati o tollerati dal pa-
drone di casa, e quelle condotte dai convitati, quali erano presso Nasidieno un No-
mentano, un Visco Turino, un Vario, e gli altri, quos Alacenas adduxerat umbra^; si
destinava a costoro l'ultimo dei tre letti, cioè quello che stava a sinistra del letto di
mezzo. Sotto gl'imperatori ci ebbe un mastro di cerimonie preposto all'osservanza
di quest'ordine, cui ne' primi tempi vegliava il padrone di casa.
Parrà strano, che lungo tempo dopo il secolo d'Augusto non ancora si dessero mantili
ai convitati, i quali li recavano con sé.
Tutti così disposti, portavasi in luogo elevato la credenza, con vasi più o meno preziosi
e tazze che si ponevano innanzi a ciascun commensale. Dopo la distribuzion delle
tazze si portavano le vivande, non sempre un piatto per volta, come nota il verso
d'Orazio:
Àffertur squillas inler murcena natantes
In patina porrcela;
e quest'altro :
. . . Tum pectore adusto
Vidimus et meruìas poni , et sine dune palumbes;
ma sovente portavasi molti piatti insieme sopra una tavola portatile. Servio, commen-
tando quel di Virgilio Postquam exempta fanies epulis nimsceque remotae, assicura che
recavansi le tavole liell'e guernite: Quia apud antiquo'i men^^as apponebant prò discts.
Ateneo è conforme a Servio: « Si portavano (dice egli) e si riportavano le tavole ».
Marziale (lib. iv, epigr in Annium) non approva queste tavole ambulanti:
//os vobis epulas habele, lauti;
Nus offendtmur ambulante ccena.
V'ha dunque esempj dell'una e dell'altra maniera negli scrittori antichi; ed è un er-
rore il credere che , per essersi trovato un passo che dice ad un modo, tutti gli al-
tri devansi intendere nel medesimo senso.
Consisteva il primo servilo ordinariamente in ova fresche e lattughe, come sì finiva il
secondo colle frutta: Inleyram famem ad ovum afferò^ dice Cicerone; donde il pro-
verbio, Ab ovo usqun ad mala, per dire dal principio al fine. Varrone (De re rustica,
lib. I, e. 2) non ommette di dire che si finiva qualche volta là donde si era incomin-
ciato, dalle ovD; e l'esempio ch'egli ne reca, spiega un punto d'antichità che ris-
guarda i giuochi del circo e la pompa di Cerere. Ateneo è del medesimo sentimento
di Varrone.
Gli schiavi destinati a servire erano elegantemente vestiti e cinti di salviette bianche.
Seneca li chiama ogmen servoruin nitentiuvi, et rniriistrorum ornatissimorum turba,
linteis succincta. Essi erano seguili da uno scalco, che trinciava le vivande con arle^
140 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
e spesso in cadenza. Seneca ueWepist. 47 dice: Alius pretiosas aves scindit, et per pe-
cius et clunes certis duclibus circumferens eruditami mununi, in frusta excutit. E poco
dopo: Quanta celeriiate, signo dato^ gladii ad ministeria decurrunt!) Giovenale dice
eziandio nella Satira v:
Structorem interea, ne qua indignatio desiti
Saltantem spectas et cheironomounta volanti
Cultello, eie.
Ve n'era alcuni preposti al buffetto, e che avevano cura gli uni del vino, gli altri
dell'acqua calda e fredda, gli altri de' vasi e delle tazze quando bisognava cangiarle,
il che accadeva assai sovente allorquando si passava allo stravizzo, cum majoribus
poculis poscebatur.
Nelle grandi feste gli schiavi, sì quelli di casa che quelli che ciascuno avea condotto,
e che rimanevano ritti a' piedi dei loro padroni, servi ad pedes, erano coronati di
fiori e verzura come i convitati, e allora non vi avea nulla che non ispirasse giijezza.
Se v'aveva un pesce od un uccello di gran prezzo o raro, lecavasi a suono di flauti e
di ceramelle: l'allegria si raddoppiava, e il padrone della festa si credeva ampia-
mente ricompensato dalle acclamazioni di tolta l'adunanza. Macrobio cita una lettera
diSamonico Sereno, il quale fa complimento all'imperalore Severo per gli onori che
egli aveva reso ad uno siorione e particolarmente a cagione del ristabilimento di que-
sto costume : Gratiam ejus video ad epulas quasi postiiminio rediisse; quippe qui di-
gnatione vestra intersum convivio sacro, animadverto hunc piscem a coronatis mini-
stris inferri.
Allora i serviti si moltiplicavano, e benché si conservassero sempre le medesime espres-
sioni di prima e seconda pietanza, primce et secundce mensce per tutto il banchetto,
questi due serviti si suddividevano in altri molti. Il primo comprendeva gli antipasti
che consistevano in ova ed in lattughe, in vini melati, secondo il precetto:
. . . vacuis committere venis
Nil nisi lene decet.
Dopo queste venivano le vivande solide, i manicaretti, gli arrostiti. 11 secondo com-
prendeva i frutti crudi, cotti e confettati, le tartare e le altre leccornìe che i Greci chia-
mavano u£>iinzr«, e i Latini dulciaria e bellaria.
« La mensa dell'imperatore Pertinace (dice Capitolino) non era d'ordinario che di
tre serviti, per quanto fosse numerosa la brigata: laddove quella dell'imperatore Elio-
gabalo giungeva talvolta sino ai ventidue, ed alla fine d'ogni servito ciascuno si la-
vava le mani, come se il convito fosse finito ; perciocché gli era uso di lavarsi
tanto alla fine che al principio: Exhibuil altquando tale convivium, ut huberetvigin-
tiduo fercula ingenlium epulorum, et per singula lavarent •>. lo non parlerei di una
sì grande profusione, s'ella non avesse avuto imitatori: ma troppo è noto che ciò che
si fa alla Corte, non tarda guari ad entrar nei costumi della città. Dirò più; ella s'era
già trovata impunita 270 anni prima di Eliogabalo, e Lucullo avea speso fino a mille
scudi in un S'Io banchetto. Gli si sarebbe perdonato in grazia dell'ospitalità, se ciò
fosse avvenuto per meglio accogliere i suoi amici; ma egli non dilTerenziava gran
fatto quando era solo. Un giorno, dice Plutarco, egli fece un forte rabbuffo al suo
maggiordomo per avergli fatto preparare una cena nien sontuosa. Essendosi di ciò
scusato l'uffiziale con ciò, che Lucullo stesso gli aveva detto in quel giorno non vi
sarebbe persona: — E che? (riprese questo altiero cittadino) non sapevi tu che Lu-
cullo doveva cenare presso Lucullo ?
Qual confronto fra gli antichi, i quali non sapevano che cosa fosse un cuoco, e trovavano
ne' loro giardini e ne' campi di che convitare amici e vicini nelle più grandi feste; e
questi, che dopo aver esausto i mari e le foreste vicine, vanno a cercare nelle Pro-
vincie più lontane di che coprir le mense per un banchetto straordinario! È vero che
quando un amico, un parente, un vicino non aveva potuto venire ad un banchetto
cui era stato invitato, se yli mandavano delle porzioni, ed è (juello che si chiamava
partes miltere o de mensa mittcre.
Non intraprenderò il computo delle vivande, né dei vini consumati a queste mense,
secondo la stagione, la fantasia, il gusto e le facoltà del padrone; non resta che aleg-
VITA PRIVATA DE* ROMANI 141
gere il racconto che fanno Orazio del hanclietto di Nasidieno , e Arbitro della cena di
Trimalcione. Tacio pure delle lezioni che s'imparavano alla scucila d'Apicio in una città
donde eransi prima cacciati i fdosofi; e il Catius d'Orazio basterà ai curiosi di tale
materia.
Quelle che Varrone, Cicerone, Orazio, Virgilio, Ovidio e tutti gli scrittori seguenti hanno
chiamato mcnsce secundce, non eran guari difTerenli dall'altre parti della cena; ma ser-
vivano non tanto per gli uomini come per le donne, le quali poscia uscivano dalla
mensa coi figliuoli, se il pasto era seguito da qualche spettacolo, a cui il pudore non
permettesse di prender parte: che questa parte di giorno non si passava tutta affatto
nel mangiare e nel bere.
Poco dopo stabilita la repubblica, cantavansi nei conviti le lodi de' grandi uomini a
suon di flauto, cui s'ag;i;iunse poi la lira. Questo era per gli astanti uno slimolo alla
vera gloria: ma ciò che era stato da principio introdotto per un buon fine, in ap-
presso degenerò. 1 Romani, tostocbè ebber vinto gli Asiatici, appresero da loro nuove
specie di piaceri: i bulloni, i commedianti, le suonatrici di stromenti, le danzatrici,
i pantomimi, vennero di moda, e non ci fu piìi allenirò convito senza tutto questo
apparato straniero (Livio xxxix. 6); leggieri principi di ciò che doveva vedersi. Se-
neca (che io cito sovente, perchè la sua bile m'insegna molte cose che non si avrebber
potuto sapere da un'anima più dolce e più indulgente alle colpe del suo secolo) Se-
neca, De vita beata, fa questo ritratto di uomo sensuale: « Voi vedete un Apicio,
n sdrajato sul suo letto, contemplare la magnificenza della sua tavola, satisfare il suo
« udito coi concerti più armoniosi, la sua vista cogli spettacoli più allettanti, il suo
" odorato coi profumi più squisiti, e il suo palato colle carni più delicate ».
Parlando di questi spettacoli, io non devo obliare che in una cena l'imperatore Augusto
fece venire un pantomimo Pilade, molto lodato nel rappresentare i furori d'Ercole sul
teatro pubblico, e gli ordinò di ripeter la stessa azione. Pilade, che nell'eccesso del
suo furore avea tirato freccie sul popolo, cominciava ^'ià a far altrettanto sui convitati,
e se lo avessero lasciato fare, non avrebbe mancato d'insanguinar la scena.
Svetonio ci ha conservalo Ire lettere del medesimo imperatore, nelle quali si parla dei
piaceri più tranquilli. Le prime due sono indirilte a Tiberio, al quale rende conto di
ciò che accadde in due cene: « lo ho cenato (gli dice) colle medesime persone che tu
« sai, se non che avevamo di più Vinicio e Silio il padre; e cenando tanto jeri quanto
« oggi, noi abbiam giocato assai saggiamente e da buoni vecchi, vef-ovrezói; ». Nella
seconda lettera : » Noi ci slam divertili assai durante le feste di Minerva ; non solamente
« abbiam giocato durante la cena, ma ancora abbiam messolo tutti il piacere del giuo-
co ». Nella terza a sua figlia manda ducencinquanta denari perchè egli avea dato egual
somma a ciascuno de' suoi convitati per giocare a pari e caffo, ai dadi, od a qual altro
giuoco volessero durante la cena.
Plauto, Catullo, Properzio parlano di questi giuochi da mensa quasi colle stesse parole.
Ma ciò che Plinio scrive a Corneliano, nel libro vi, ep. 32, designa ancor più positi-
vamente il costume del suo tempo. Dopo aver reso conto al suo amico degli affari che
Trajano aveva condotto a termine a Centumcelle, egli aggiunge : « Tu vedi che i nostri
« giorni furono molto bene impiegati; ma le nostre occupazioni non finivano men
(I bene. Noi avevam l'onore di cenare tutti i giorni coll'imperatore; era la cena assai
« frugale rispello alla dignità di colui che la dava. La sera si passava talvolta in ascol-
I) tar commedie o farse; talvolta eziandio una conversazione festevole ci teneva luogo
» d'un piacere che sarebbe costato più caro, ma che non ci avrebbe forse allettato
« maggiormente » .
Eliogabalo non era così moderato nella scelta de' piaceri, dei quali rallegrare la mensa.
Talora egli faceva cadere dalla volta del suo superbo salone una sì grande abbondanza
di fiori sui parasilì, che qualcuno ne restava soffocato; altra volta egli faceva pre-
parare, d'intorno ad una tavola rotonda separata diilla sua, un letto in forma d'arco
chiamato sigma, porre sopra questo letto oggi otto uomini calvi, dimani otto gottosi,
un altro giorno otto neri , quindi otto grigi , otto magri , otto grassi, che erano così
stretti da potersi movere appena e portar la mano alla bocca, mentr'egli e tutta la
sua corte divertivansi a vedere la loro positura. Accadde spesso, e quello era uno de'
ii2 ARCHEOLOGU E BELLE ARTI
suoi minóri divertimeoti, di fare questo aigma di cunjo, e di riempierlo di vetito io càm
Lio della lana; e mentre coloro che Pocciipavano non pensavano che a ben man-
giare e bere, egli faceva aprire segretamente un tubo che era nascosto sotto la coltre;
il sigma si sgonfiava, e quegli sciagurati cadevano sotto la tavola.
Questi divertimenti, di qualunque natura si fossero, duravano soventi fino a notte avan-
zata, e non impedivani) ai convitati di berealla salute gli uni de^lì altri, di presentarsi
la coppa, e di fare augurj per la felicità degli amici e de' protettori. Le formole di
questa cerimonia erano: Propino tibi, bene iibi^ bene UH, bene tali ecc. Ateneo chiama
ciò sv xjx/w TTtvSf.v. e Polluce ziJ)!xa.- sv y.iiy.ia ènO-xÙMEtv. Cosi la coppa passava di
mano in mano dal primo posto fin all'ultimo.
Era poi una grave faccenda per tutti i convitati allorché, per conservare l'antica usanza,
facevasi un re. Dice Varrone: Etiam nunc in publico convivio, antiquitatis retinendcB
caum, Cam maQi^tri jiunf^ polio circumfertur. Catone, nel libro di Cicerone De f^enectute
dice che, quantunque vecchio, è tratto a simili fi-ste, ove tutti si riscimtono ì'un l'al-
tro piacevolmente, ove il re del convito tiene tutti in faccenda, e ciascuno è obbligato
a far la sua parte.
Anticamente si creava un re nelle adunanze più costumate; e Plutarco fa un lungo di-
scorso sulle qualità che dee avere questo magistrato, e sugli scogli che deve con piìi
cura evitare. Si creava in due maniere, o colla sorte dei dadi, o per scelta de' convitati.
Svetonio assicura che l'imperatore Tito prolungava il convito spesso fino a mezzanotte,
laddove Domiziano suo fratello non oltrepassava mai il tramontar del sole. In qua-
lunque ora fosse, si finiva sempre con libagioni e con voti per la prosperità dell'ospite e
di'll'imperatore. Questo bicchiere di partenza si chiamava pocu/u?n boni geniicn] grido
i^rmaf, Viva, dopo di cui si lavavano le mani con una sorta di pasta che si gettava ai
cani. Il padrone di casa distribuiva una parte degli avanzi agli schiavi, chiudeva l'altra
sotto custodia: le cose che non meritavano né d'esser custodite, né d'esser date ad
alcuno, si abbruciavano, e questo sacrifizio chiamasi protervia. Onde Catone il giovane
d'uno dei discepoli di Apicio, che dopo aver mangiato tutte le sue sostanze, avea
sventuratamente dato il fuoco alla sua casa, disse: «Egli non ha fatto cosa che non
sia secondo le regole».
I convitali pigliando congedo dal loro ospite, ricevevano da lui de' regalucci, apophoreta.
Fra gli esempj che ce ne esibisce la storia, ve n'ha tre d'una prodigalità fuor misura.
Cleopaira, dopo un superbo banchetto a Marc'Antonio ed ai suoi uffiziali nella Cilicia.
loro diede i letti, le coltri, i vasi d'oro e d'argento con tutto ciò che aveva servito: vi
aggiunse altresì delle leitighe per riportarli alle case loro coi portatori medesimi, e
alcuni schiavi mori per ricondurli con fiaccole in mano. Vero edEliogabalo imperatori
(CAriTOLiN I, Lampkidio) non fecero che copiare Cleopatra, e non furono copiati da
nessuno.
Allorché ciascuno era rientrato, se gli rimanesse tempo, lo impiegava o alla passeggiata
0 in pìccole cure pel buon ordine della sua famiglia ch'egli passava in rassegna, dando
ciascun liberto e schiavo la buona sera al suo padrone. Così finiva la giornata romana.
§ 85. — Oriuolj. Lusso romano.
Nelle case teneansi schiavi apposta, che gridassero l'ora (Puer qvot nuntiet horas.
Giovenale ,• Horas quinque puer nondum tibi nuntiat. MahzialfJ. Anche i Greci lo
usarono; e Ateneo, nel ix dei &snz-^')c. cita WipoìoyTn-^rn; >x&ap7u/5o;, nome usato pure da
Eus azio nell'ultimo commento suW Iliade.
Orinoli dapprima non si conolbero che le meridiane; ed anche queste pervennero a
Roma tardi, cioè dieci anni pri'oa della guerra di Taranto, quando Lucio Papirio censore
ne pose una nel temitio di Quirino ; poi Valerio Messala una presso ai rostri, nel ^(ió av,
C, portata di Sicilia, e con tanta ignoranza, che si credftte potesse la medesima servire
per Roma come per Catania. Eppure la tenner buona per 99 anni, finché Marzio Filippo
ne diede una più esatta. Dappoi meridiane si fecero in molli palazzi e sulla fronte de'
tempi e nel mezzo delle esedre pubbliche lungo le vie, come si vedono a Pompej.
Ad una Biagnifica, posta da Augusto in campo Marzio, facea da stilo un obelisco,
0R1UÓLI
143
Molte «é né trovarono in Italia : la qui dl-
seynata, scoperta a Tuscolo nel 17 il, è
afiiilto semplice, ma se ne fecero di più
com|tlicate ed esalle.
Ne apgiunfjiaino altro scoperto a Pom-
pej il 23 seilemltie 18oi, per dar anche
un saggio di scrittura osca, che si It'gge
mr. atiTììis. mr. h'vaisalur eitiicad
multasi Kad, fiiim bennipìa, tangi (nud) ,
aamananpifvd :
Marius Adìriu<i Marii ffìlius) Quextor pecu-
nia mullaticia conventus decreto adtnan-
davit.
Degli orologi solari parla Fr. Cancellieri, Le due campane di Campidoglio ecc., e piìi
distesamente Zuzzari, e di recente Woepke. Disquisitiones archceotoiiicce circa f^olaria ve-
terum. Berlino 'I8i7. Minervini, nel fìuHHtino archeologico napoletano del 185?), diede
inriso e annotato un orologio solare osco, fatto alla Greca. Nella Civiltà Cattolica del
iSiìl il padre Secciii illustrò un orologio solare portatile del museo Rircheriano, appar-
tenente a quei viatoria ppìifilia di cui parla Vitruvio, lih. i\, 9, e di cui s'ha un altro
esempio nell'orologino in forma di presciullo, descritto nella prefazione al volume ni
delle r»7/ure erro/an«'!>, pubblicale nel 1762.
La clessidra od orolo<>io ad acqua, già d'uso comune al tempo di Aristofane (Vedi ylcar-
nesi 6b:i; Vespe i)5 e 8'i7), era nn j^lobo pieno d'acqua, con un foro da cui questa usciva
a misura, co-ì notando il tempo. I a tenevano gli oratori per conoscere la durata 'ei
discorsi, e i giudici ne' giudizj. In altre clessidre piò grandi, un galle^'giante, scendendo
collo scolar delle acque, dinotava le ore. Vitruvio descrive im ingegnoso orinolo ii'«:.^-
tato da Ctesibio matematico di Alessandria, dove l'acqua moveva una statuetta che eoa
uno stecco designava le ore. Scipione Nasica Corculo , censore nel 159 av. C, pose a
Roma una pubblica clessidra, che servisse dì e notte, a sereno e a nuvolo.
Filone Ebreo, vivente nel i"* secolo dell'era volgare, descrive un oriuolo a macchina, che
pare poco dissimile dai nostri. « Ecce ex materia aerea elegans artJS peritus artifìcio-
Hi ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
« sam machinara solerti ingenio perficiens, instrumentum tempora discrimiaans dabat
« civitati, ut temporum quantitatem per mensuras divisionis distril)utam praeslaret
n iis qui velient ossequi notiliam ejus rei. Siquidem circuii artificiosus girus, duode-
« cim horarum idem suggerebat per regulatas distantias. Praeterea illud quoque ma-
il xime mirari oportet, qund ars ingeniosa materiam exanimem variis figuris efformans,
« vocem figuris ipsis indit diversorum animantium, ita ut automa vocem emittat
« animalium viventi uni « (Sermones tres, hactenus inediti, eie. 1822, p. 20).
Si l'uuo che l'altro metodo dava l'ora come quota parte del gjorno vero, compresa
la notte; ma per l'uso comune divideasi il giorno dal levare al tramontar del sole in
dodici ore, fra cui dislinguevasi il maitutino, l'ora terza, la sesta, la nona, e il vespro;
divisione ritenuta fin oggi nell'uffiziatura ecclesiastica.
In tal caso ognuno comprende che le ore variavano e secondo la latitudine e secondo
la stagione. hMtv [Handlmch der CronoZo,7i>) calcolò l'approssimativa durata del giorno
naturale in Roma per l'anno 45 av. C. quando il calendario fu riformato da Giulio Ce-
sare; ed eccola per gli otto principali pnnti dell'apparente corso del sole:
Dicembre al giorno 23 dura ore 8 min. 54
Febbraio 6 9 SO
Marzo 23 12 0
-Maggio 9 U 10
Giugno 25 15 6
Agosto 10 14 10
Settembre 25 12 0
Novembre 9 9 50
La seguente tavola contiene il paragone fra Icore del giorno naturale di Roma ai due
solstizj, e le nostre :
Sohtizio d'estate Solstizio d'inverno
ore romane
modcrae
ore romane
moderne
ore
mÌD.
sec.
ore
min.
sec.
1
4
27
0
1
7
53
0
2
5
42
30
2
8
17
30
5
6
58
0
3
9
2
0
4
8
13
30
i
9
46
30
5
9
29
0
S
10
31
0
6
10
44
30
6
11
15
30
7
12
0
0
7
12
0
0
8
1
15
30
8
12
44
30
9
2
31
0
9
1
29
0
10
3
46
30
10
2
13
30
11
5
2
0
H
2
58
0
12
6
17
30
12
3
42
30
ine del
giorno
7
32
0
fine del giorno
4
27
0
L'ora presso i Romani era divisa in punti, da dodici minuti moderni; minuto, metà
d'un punto; parte, eguale a quattro minuti nostri; momento, eguale a un minuto e
mezzo; istante, eguale a un minuto nostro. Inoltre chiamavano dndrans tre quarti
d'ora, semihora la mezz'ora, quadrans il quarto, semuncia la vigesimaquarta parie.
Dopo descritti i quattordici vasi d'argento trovati in una casa di Pompej nel 1835, così
• conchiude il signor Quaranta: « Immaginiamoci una di quelle sale adorne or di mobili
soffitte (Seneca, Epist. 29; Vertatllia ccetiationum laquearia ita coagmentant, ut su-
binde alia facies atque alia succedat, et toties teda qaotìes fercula mutenlur. E Sve-
TONio, in Nerone, cap. 13: Ccenationes laqueatce tabulis eburncis versatilibus, ut
flores ex fistulis et unguenta desuper spargerentur, prcecipua ccenationum rotunda,
quce pprpetuo diebus ac noctibu^ vice mundi circumagerentur), or di archivolti cui so-
stenevano colonne recise da oltramarini marmi di fina macchia e scella grana, sot-
toposte a capitelli di bizzarrissimi intagli, chiuse da mura incorlinate di porpora, e
LUSSO ROMANO 145
testife di drappi superhamente ricamati (Tkrtiiiliat^o, De hab. mul. cap. 55: Parie-
tes tijriis et hy(ici7ilinì'<, et Uiis regiis vehs, quce ros operose renolula transfìgiiratis,
prò pictura abutuntiir), sui quali or conipariviino quadri stupendi incoronati di pre-
ziose cornici, con entrovi ritratti composti di perle e liemme ; or tubi, donde sparge-
viiDsi fiori ed unguenti ; spesso ancora specchi grandi quanto un uomo, e da valere
ingenti somme. A terra musaici, clit> per le migliaja di pielruzze di varia forma e
colore si meritavano il nome di squisite marmoree pitture (Apulejo, lib. v, e. 13:
Pavimenta ipxa lapide pretioso ccesim diminuto in varia picturce genera discriminan-
tur. E più innanzi : Vehementer iterum et scepius beatox illox^ qui super gemmas et
monilia calcant. Seneca poi, Episl 98: Ut teda varienlur auro, ut lacunaribus pa-
vimentorum respondeat nitor). In alto travi, non circondate già da viti serpeggianti
con foglie d'oro e raspi d'argento, come se ne videro nella reggia di Serse, ma sì
splendenti a guisa di cielo stellato. Di qua vedute di pensili giardini (Seneca, Epist.
122 : Non vivant coritra naturam, qui pomaria in suinmis turribus ferunt? quorum
sylvce in lectis domorum ac fastigiis nutaìit, inde orlis radictbus, quo improbe cncu-
mina egisxent?) ; di là il Vesuvio fumante sotto un cielo di zafìiro purissimo. Dall'un
de'lati platani inaffiati col vino M*ckob>o, Sat. lib, iii. cap. 13: Uorlensiut platano^
suas vino irrigare comuevit ; adeo ut quadam actione, quam hahuit cum Cicerone
susceptam, precario a Tullio pof^tulas'^et, ut locum dicendi permufaret secum ; abire
enim in vdlam necef^sario se velie, vt vmum platano quam in Tusculano posuerat ipse
suffunderet), die spandevano larga oriilira ospitale ; dall'altro maravigliosi pomieri,
dei quali dieci sole [)iante sarebbero valute aluieno un cenciquanlumila de'nostri
fiorini (Valeuio Massimo, lib. ix. cap. 1 : Gneus Domitius Lucio Craf^so collegce suo,
altercatione orla, objecit, quod columnas liywelt(as in porticu domus haberet ; quem
continuo Cra^sus, quanti ipse domum suam asiimaret, interrogavit. Atque ut respon-
dit sexagies sestertio, Quanta ergo eam, inquii, minoris fore o^stimas, si decem arbu-
sculas inde succiderò? Ipso tricies se^tertio, ait Domitius). Più lontano il mare : poli
lontanissimo sassi e scogli ed isole e promontori, che ricordavano le prime favole,
la prima poesia ed i primi navigatori. Poi tavole e bufl'etti di legno con giri adorni
di smeraldi e rubini (Ui. piano, 1. cum aurum\9y D. de auro et nrg. leg. : in coronis
menaarum gemmcB coronis cediint, hcB memis), e con vene che effigiavano alcun che
siccome già in un'agata trovossi per naturali colori un Apollo dipinto in mezzo
alle Muse. Quivi d'attorno una schiera innumerabile di giojosi convitati, con vestì
quali somiglianti a nebbia di lino o a tessuto vento, quali ricche di preziose me-
talliche fila che in mostrarsi od ascondersi facean del drappo un campo di fiori
d'oro. Poi ametiste, diaspri etopazj,da trarne per la riverberata luce i più bei colori
dell' iride, e variarli in mille miracolose maniere, quanti erano i movimenti delle teste
cui servivano di ornamento. Vicino a tanta moltitudine, servi leggiadri (Seneca, Eoi^t.
24: Transeo miìiistraloruni turhum, per quo<!^ signodafo, ad inferendam ccenam di^cur-
ritur. Dii boni, quantum homrnum uniusventer exercet\)in varie ordinanze ripartiti di
cui altri i leggeri ventagli, per temperare il soverchio caldo, scoteano, altri le tazze sulla
punta delle dita con gentil garbo e disinvolta riverenza porgevano, ed altri accinge-
vansi a mostrare con qual gesto il coltello volante sapesse trinciar la lepre e con
quale il pollo. Accrescevano il sollazzo le buffonerie dei Sannioni (Marziale, Epigr.
lib. VII. 13 : /l/or?o dictus erat ; viginti millibus emi, lìedde mihi nummos, Gargiliane,
sapit), i nani che educati nelle casse, davano spettacolo d'inusitata picciolezza (Co-
nopa, il nano d'Augusto, era alto due palmi ed un piede. Così Quintiliano, Declam.
298: Habent quoque deiiclce divitum, malunt qucerere omnia contro naturam; gratus
est aie debilitate, ille ip^e infelicilate distorti corporis placet, alter emitur quia alieni
coloris est), ed i polifagi capaci, come quel fagone di Giovenale, di mangiarsi in un
sol giorno un cignale, un porcello, un castrato e cento pani (Svetonio, in Neron.
cap. 37: Nero ereditar polyphago cuidam cegyptii generis, crudam carnem, et quid-
quid daretur mordere assueto, coneupivisse vivos homines laniandos absumendosque
objicere. Così Vopisco, in elitre/, e. 13; Vebementissime autem ddectatus est phagone,
qui u<:que eo multum comedit, ut uno die antemensam ejas aprum integrum, centum
panes, vervecem et porcellum comederel, haberet autem infundUmlo apposito plus orca).
Venivano finalmente le imbandigioni, delle quali poteva dirsi, come Niceta d'uà
CantO, Documenti. — Tomo I, Archeologia e Selle Arti. 10
146 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
imperàtorej che il suo desinare era per l'abbondanza un monte di pane, tin btìfeco
ér selvaggina, un mare di pesce, ed un oceano di vino: ma per lu varietà tiile da
farne scrivere l'elenco in due colonne, come Alessandro vedeviile d'nrgenlo nella corte
del re di Persia, l'er la sijuisilezza infine quunto avea di peregrino l'aria, la teria e
l'acqua, e Ira (iiieslo ciò che [lareva di meglio per grandezza, di più eccellente per
rarità. Sicché i pesci e gli uccelli eran pesali nell'islesso convito, ed il prezzo regi-
stratone dagli scrivani ne' libri, quale lutto memorando, e le triglie annegiile nelle
salse, 0 poste vive sulle mense in vasi di vetro senz'acqua per vederle spirare, e
dibattendosi ora diventar rosse ed ora impallidire, e tra la moite e la vita farsi d'in-
certo colore, affinchè avessero divertita la vista de' commensali innanzi di consolarne
il palato dopo consegnate a' cuochi. I quali dovevano spiegare nelle mense non solo
quanto avevano imparalo ne' licei delle cucine e nelle accademie delle pentole, ma
eziandio l'ingegno di chi govornai-se republ lidie o conducesse eserciti ; sì astrusa
era la scienza di dare grado ai cibi secondo la dignità, sì grande l'arte di schierar le
vivande secondo il valor di ciascuna, e cangiarvi come in teatro la scena, or mo-
Strandiila marittima con le aurate e le murene, or boschereccia co' fiigiani e co' tordi;
ed in sifutti trionfi della gda, se non istemprar perle nell'aceto, come ne gustava
Clodio il comico, spiegare almeno tutta la dottrina dej,li ingredienti ed il magistero
del fuoco, per così comporne svariate foglie di vivande, mille delizie di condimenti,
mille armonie, anzi mille falsifioiizioni di sapori. Nel che gran fama si acquistarono
un Sofone d'Acarnania e un Damosseno rodio, e i discepoli del siciliano Labdaco, e
quelli del siracusano Miteco, appellatoli P'idia de' cuochi (Ateneo, lib. ix, pag. 450),
e gli alunni di Moschinne, il quale coi soli rilievi della mensa preparata al suo pa-
drone si comprò in due anni tre villaj^gi (Celio Rodigino, Antiq. Lecl. lib. xui.
cap. 3S). Dei quali non erano da meno un Agide, un iNereo, un Caciade, un l.ampria,
tin Aftoneto, un Eutimo -, insomma un di quei che erano paragonati a' Sette di Grecia,
e che prejiaravano con solo un porco venti piatti da parere di diverso selvaggume,
come se ne maravigliava Tito Quinto Flaminino (Atkneo, /oc cit ), e sapev^n dare
a' ravanelli sapore e figura di acciughe, come ne gustò Nicomede re di Bilinia (Livio,
Irb. IV. cap. IH); un di quelli che erano chiamati sfingi perchè venuti dallo stra-
niero, e che si vantavano di far vivere ducento anni almeno i loro (ladroni per la
delicatezza con che preparavano i cibi (Plauto, /tu/uL iv. 17: i\am vidducento'i annos
poterant vivere Meas qui esitubant escafi, quas ego condiero)\ un di quelli che si pre-
giavano di conoscersi di pittura, astronomia, geometria e mediciua (Ateneo, /oc. cit.).
§ 86. — Sepolcri.
Le tombe furono i primi altari dei popoli, e la religione di esse è sentimento pre-
dominante in tutta l'umanità.
Cumuli di terra o di pietre furono le prime tombe onorifiche. Nella Scizia e nella
Tartaria parecchi occorrono gran mucchi di terra, talvolta cinti d'una muriccia in
quadrcc, e contenenti arnesi, armi, monete, idoli, vasi. In iVelagna se ne riscontrano
pure varj, che si attribuiscono ai Druidi : uno che chiamano lovg barn.w, soniiglia un
mezzo ovo; più altri sono rotondi, e circondali da argini della figura stessa; uno imita
un campanello (liell liarrw) : altri sono incavali a guisa di crateri (jìund barroic], e
quali a cono ; e sovente sterrando vi si trovano camere o grotte, con avanzi di oggetti
bruciati.
Ancl>e altrove se ne scoprono, e perfino nell'America, principalmente nella jetlen-
trionale. IS'ella Magna Ciccia n'ha frequenti di grosse pietre ammonticellate, ricoperte
di piote 0 di terra; donde le espressioni classiche injicere glebam, moles egalce terree.
Achille uccise ii padre d'Andromaca,
Ma dispogliarlo non osò, compreso
Da divino terror. Quindi con tutte
L'armi sul rogo il corpo ne compose,
E un tumulo gli alzò, cui di frondosi
Olmi le figlie dell'egioco Giove
te Oreadi pietose incoronaro.
SÉPOLCRt
147
Le tombe ciclopiche sono formate di enormi massi.
Presso Pella, ca|)ilale della Macedonia, l'arbiè dii Bo-
cage entrò in un tumulo, che ollriva una j:iillciia di
50 sopra 7 piedi, la quale riusciva a due Sale qua-
drate e parullele: un secondo coiriddjo in pendìo
scendeva a una galleria orizzontale di 55 piedi per
l'i, ov'erano due nicchie: un terzo metteva in uh'
ultima sala arcuata, di 15 su 11 piedi.
Altre venivano scavale nel tulo, e di tal maniera
sono le catacombe di Roma, di Napoli, di Siracusa,
di Parigi, d'Alessandria. La catena libica è tutta a
grotte tunerarie 5 cosi le vicinanze di Cirene, con
sarcofagi e reliquie e pitture.
L'architettura non tardò ad edificare tombe sopra
terra, dove veniva a perdersi la camera sepolcrale,
che pur era la parte precipua.
11 sepolcro qui a destra è tratto dalla Escursion in
Asia Minor del sig. Fellows:
§ 87. — Sepolcri egizi.
Gli Egiziani, la cui vita quaggiù sembra non fosse altro che una preparazione alla
morte, ci lasciarono i [tiù grandiosi monumenti sepolcrali nelle piramidi e nelle im-
mense catacombe. È noia l'abilità loro nel conservare i cadaveri. I poveri si facevano
soltanto disseccare nel natrune 0 nel sale comune, e fasciati in tele grossolane, si an-
nicchiavano nelle catacombe; ma i ricchi, coperti da diversi strati di mussolina finis-
sima, da foglie d'oro e gesso sottilissimo, con collane e figurine ed altri ornamenti
e gran rotoli di papiro,
venivano chiusi in più
casse. In queste guai-
ne, coperte di pitture
e geroglilici, è figurata
la lesta del morto, colla
barba se virile; sovente
esprimendo il sesso. Tal-
volta sono più casse una
nell'altra. Così depone-
vansi nella cella con le
oderte e gli stromenli
della professione del de-
funto, e con vasi e (igu- -I Mummia avviluppala nella (eh., e riposta n^Uà cassa.
rine. Dei vasi, detti ca- 2 Coperchio della cassa.
nopi, di terra colta, 0 d'alabastro
orientale, in forma di cono rove-
sciato, ordinariamente n'ha quat-
tro per ogni morto, e contengono
le sue viscere 0 animali sacri: sono
eguali tutti e quattro, salvo il co-
perchio che figura teste d'uomo,
0 di sparviero, di sciatalo, di ci-
nocefalo, 0 altro. Moltissime figu-
rine vi si trovano pure di legno
dipinto, o di pietre 0 di terra smal-
tata, talvolta chiuse in stipetii di
varia ricchezzji, e sempre con leg-
gende. In qualche pittura è ratfi-
gurato il lutto pel morto.
Vedasi G. Rul^D, Thebes, ils lombs and Iheir lenoni ancienl andpresent, including a recorder ofex-
(avalioni in Ihe necropolis. Londra ji 802.
•48 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
§ 88. — Sepolcri etruschi.
Quanto agli Etruschi, il sepolcro del re Porsena descrii to da Plinio ($ 80) sembra
doversi relegare tra le favole. Dalle tombe di Perugia, fonte preziosa di monumenti
etruschi, uscirono moltissime urne cinerarie, oltre specchi, pietre incise e scarabei,
vasi dipinti, figurine di bronzo, fra cui sono importanti il Metello delio Varringatore
nella galleria di Firenze, e il fanciullo coll'uccello nella Vaticana. Il famoso sepolcro
della torre di San Manno presso Perugia, che diede la regina delle iscrizioni etrusche,
è il solo a fior di terra. Queste scoperte eransi fatte ne' due secoli passati, senza tener
conto preciso della disposizione, né levarne i disegni, come poi si fece in quelle che
moltiplicaronsi nel secolo nostro, siccome diremo più innanzi.
I sepolcri etruschi, i quuli presso Tarquinia dietro Civitavecchia slendonsi per pili
miglia, pajono destinati ciascuno a una famiglia, con pitture e iscrizioni. Altri destinali
ai pili poveri, aveano le pareti piene di loculi, in cui collocare le unielle delle ceneri
vulgari, come ne' colombarj di Roma. Sovente questi sotterranei prendevano sembianza
di labirinti.
Le tombe di Vulci sono scavate nel tufo ; e scendendo per molti scalini sotterra, s'in-
contrano varie camere disposte simmetricamente, e col telto orizzontale. Le cucumelle
sono camere sepolcrali, con mura circolari nell'interno, sopra cui elevansi colline di
cotto. Vi si discende per una scala esteriore, scarpellata nel sasso: un lastrone chiude
l'entrata, talvolta con sculture simboliche: si passa in una o più camere, colle pareti
inclinate, al modo egizio, e con grossi tufi scavati per ricever il cadavere. La volta è
piana o poligona; talora liscia, talora a lacunare, o coi sassi tagliati a Otggia di travi,
sostenuti da pilastri quadri, sempre ricavati dal sasso -, e questi e le pareti e la volta or-
nati di disegni a colori semplicissimi ma vivi, rappresentanti animali, mostri, genj, alle-
gorie greche. Presso Toscanella e Bomarzo havvi camere scavate nelle roccie perpendi-
colari : e m alcun luogo la porta è ornata Presso Cortona, quella che dicono grotta di
Pitagora è una camera sepolcrale di muro; e colà se ne trovano di coniche a modo dei
nuraghi di Sardegna. In una tomba di Tarquinia si trovò una vasta composizione, mista
d'iscrizioni etrusche, che pare rappresenti una cerimonia religiosa.
Più recenti che (|uelle di Vulci sono le scoperte a Cervetri, che è l'antica Cere, a de-
stra della via da Homa a Civitavecchia. La volta imita le costruzioni di legno, consistendo
in una larga fascia orizzontale nel mezzo, da cui partono due pioventi, scolpiti a modo
dei lacunari a cassettoni. Non ritraggono dunque dall'Kgilto, ma piuttosto dall'Asia. Le
facciate sono incise nella parete verticale del tufo vulcanico (nenfru). Internamente erano
dipinte, ossia a contorni neri riempiti con colori bianco e rosso senz'ombra lè arte.
In una vi ha due sedili, col dossiere e il predellino, tagliati nel tufo; e le porle tirano
al piramidale. In una, scopertavi nel 1835, trovasi prima un corridojo, lungo da 300
palmi romani, scavato sempre nel tufo, che riesce ad una porta archeggiata, avente a
destra e a sinistra scale per cui si ascende alla parte superiore del monumento, il quale
è un vasto tumulo circolare, parallelepipedi di tufo, senza cemento, astrati restringen-
tisi. Da quella porta s'entra in un vestibolo, donde parte la scala che scende nel sepol-
cro. Ai due lati del vestibolo corre una panchina, scarpellata nel tufo : è coperto da una
volta sostenuta da pilastri, di cui la base e il capitello ornati di stucchi molto accurati.
Quivi forse univansi i parenti e gli amici a celebrare il banchetto funereo. Il sepolcro pro-
prio è una camera che a destra e a manca contiene due panchine scalpellate, a maniera
di letti mortuari; poi una cella, fiancheggiata da ambo i lati da tre edicole, attorniata
pure da tali letti; e in fondo un'altra camera corrispondente alla prima, in cui sta un
gran sarcofago bisomo. Questo ad un'estremità è decorato di un pilastro col capitello
formato di due volute in senso contrario e con base toscana. Le preziosità n'erano state
rubate in antico.
Meglio ancora insigne è il sepolcro trovato pur a Cere nel 1830, colla volta acuta, e
chiuso fraescavazioni posteriori, le quali impedirono ai violatori di derubarlo. Il Canina
lo vorrebbe dei tempi pelasgici, anteriore alla venuta dei Tirreni, e certo ad ogni in-
fluenza greca. Parte della volta era cascala, sicché molti oggetti furono infranti, gli
altri ingombrati di terra; ma si adoperò cura di attestarne il posto. Eran due lunghe
SEPOLCRI ETRUSCHI 449
celle, sepolcrali entrambe, separate da una porta mezzo murata. Su questa separazione
posavano due vnsi di bronzo: due d'argento eran sospesi alla sommità della porta. Presso
l'entrata si trovò un caldano di bronzo sovra tripode di ferro, poi una specie di cande-
labro, sormontato da un cratere, che forse serviva a' profumi, e tutto coperto d'animaU
simbolici di stile asiatico; capo unico nel suo genere. Vicino era un altro caldano minore:
e quasi in faccia, i rottami di un carro a quattro ruote, che forse aveva servito a tras-
portar il cadavere; poi sulla dritta il letto su cui fu deposto, formato di laminctte di
bronzo incrociantisi : letto e carro certo fabbricati per vivi, e che qui primamente si
trovano vòlti ad uso funereo Raro pure è una specie di turibolo quadrilatero su quattro
ruote, ornalo di leoni. Alle estremità del letto sorgevano due altarini di ferro ; e in faccia
erano sospesi otto scudi di bronzo di lastre sottilissime, misti con freccie di bronzo e
stronienli di ferro per battaglia o per sacrifizj. Davanti al letto e in una delle camere
laterali, Irentasei idoletti d'argilla nera, figuranti un vecchio barbuto, colle braccia pie-
gate sul petto e le mani sotto al mento. All'alto della volta per chiodi di bronzo erano
sospesi dei vasi pur di bronzo; onde si credette che all'uso slesso servissero i chiodi
che circondavano tutte le pareli circolari della tomba d'Atreo a Micene, e che prima
supponeansi destinati a tenere il metallico rivestimento dell'edifizio. La loro forma non
par consentire siffatta induzione. In fondo alla cella stavano riposti oggetti d'interesse
ancor maggiore, cioè una raccolta di vezzi d'oro e d'argento, iuoltre vasi di bronzo so-
spesi, i manichi di sei ombrelli, coppe e piatti d'argento.
11 cadavere, probabilmente femminile, era tutto coperto di vezzi; un pettorale d'oro
in filigrana, composto di nove zone concentriche, con moltissime figure simboliche a
rilievo, è il più prezioso avanzo di lai genere ; inoltre un diadema, una collana, due brac-
cialetti, catene, fibule, lutto d'oro, e amuleti d'ambra. Dei pezzetti rolli d'oro e misti
alla terra si potè empiere un gran paniere, e forse formavano un intero vestito d'oro.
Più dunque che alle forme consuete egizie, som glia a quelle dei sepolcri di Kersch
in Crimea e ad altri monumenti dell'Asia Minore e di Sardegna: il che conforta l'opinione
di quelli che lo riportano ad una nazione antichissima e forse anteomerica.
Non molto differivano i sepolcri trovati il 1859 all'antico Alsio presso Monteroni. Nel
1858 ad Agilla s'apersero altri ipogei, fra cui uno vastissimo, col vestibolo a somiglianza
de' tempi moderni.
Il sepolcro de' Volunni, scoperto in Perugia il 1840, fu lasciato in modo da poter
osservarsi. È, come gli altri del paese, entro il tufo calcare, con camere semplici senza
pitture, né altro ornamento che una colonnetta all'esteriore, portante l'iscrizione. Questo
è di costruzione regolare, a croce latina, avente in fondo un'abside per le sepolture : la
panchina, che ordinariamente gira l'intera sostruzione, qui trovasi soltanto nella tribuna
e in due camerette laterali a questa. 11 tetto interno è a doppia tesa, indicata già dal fron-
tone della porta, su cui è scolpito un sole radiante con due delfini, che eran simbolo
consueto nei monumenti dell'ultima età etrusca e greca: sopra un altro frontone inte-
riore è uno scudo colla testa di Medusa, simbolo consueto della notte e della morie.
Fra le cose trovatevi è curioso un pezzo di serpente cristato di terra cotta, vibrante una
lingua di metallo. Le sette urne funerarie diedero statue ed iscrizioni di grande impor-
tanza. Consistevano in una base di travertino, sulla cui faccia gangi di metallo tenevano
teste di Medusa: e sopra quella un letto funereo, coperto di ricchi tappeti, e con una
figura coricala, pur di travertino rivestito di stucco. Le figure d'uomini portano la toga
mortuaria, che lascia scoverto il petto e parte del venire, e sono a sdrajo colla testa ap-
poggiala sul braccio sinistro, il cui gomito s'appunta sovra un ricco guanciale ; colla de-
stra tengono sul ginticchio una larga patera, vaso delle libazioni funeree. La donna è
tutta coperta della tunica, cinta sotto al seno, e col peplo. Una delle urne, di marmo
bianco, ha forma di un tempietto distilo, corintio: è più moderna dell'altre, e porta
l'iscrizione in etrusco e in latino.
Talvolta le ossa sono nel seno delle statue; come nella figura giacente di bronzo, trovata
a Perugia nel 1842, e nell'Adone del museo Gregoriano.
I sepolcri di Castel d'Asso e di Norchia sono importantissimi fra i ricavati nel tufo per
l'architellura esterna ; quelli con forma egiziana, questi d'ordine dorico. In quei di Nor-
chia vedesi un basso-rilievo, che è forse l'unico esempio in Italia d'una composizione
compiuta di frontone antico e molto esteso : l'architettura è di quel genere nano che
^gO AECHEOLQGU E pEJ-LE ARTI
Yitruvio ehinraa harijf.pphala : e sopra molti membri restano trnccie di decorazione poli-
cromalira. Orioli rredelle poler dedurre dai sepolcri di Norchiala forma delle caseetru-
Sche e delle cillà (Annali di corrisp. ardi. v. 41).
Le tomhe di Ciima, scoi>erte dopo il I8i3. sono preziose perchè di epoche difFerenti,
talché rappresentano venticinque secoli. Alla parte profonda stanno pli scheletri più
antichi, nella sabbia, aventi ai piedi piccole tazze e vasi. Vi sovrastano sepolcri di quat-
tro pezzi di info. 0 in forma di camerelta a tetto acuminato; in cui uno o due cadaveri,
cinti di vasi di forma nnlica, con qualche rara iscri7inne. In terzo piano son altri avelli
cimili, coplenenli vasi di lavoro più (ìnilo, e orerie, filnile. vasetti di vetro turchino, spec-
chi, pellini. Una tomba da fanciullo avea forma di torre, e vi si trovarono di terra cotta
un palio prande e un piccolo, una pantera con collana d'edera, un capro, un sileno ap-
po'.'piato all'otre, una najade appoppiafa a un'urna, un piedino con ealzare elefante,
tulli vuoti in miniera da ricevere un liquido, e da produr anche uno zampillo; inoltre
piolligsimi aliossi e vetri convessi colorili per giocare, e un candelabrino elegante di.
0^50. Sopravengono i romani, entro i solili sepolcri di tegole 5 ovvero collocati in tombe
greche, contenen|.i perciò njisture d'oggetti.
(1 Apres la déroiiverte de vasps ppinfs de sfvle {{ree, npéréc dnns le cnurs des don/e dTnières années, au
sein des nécropnics de plu<!Ìpiirs villes étrii«qiips voisinps de Rome, tintimnient dans relie de Vnlci, de
Tar([iiinic et de Tiiscania , déronverle qui conslitue le fiiit arctiéotofrlque lo plus [;rave en soi et le plus
fécond en rnn«équenrc de l'epoque où nnns sommes. je ne cro's pas qii'on ait eii à sf;naler un événe-
ment seienlifiqiie plus impnrlant que celui de la déeouverte du grand toniLeau de l'antique Coerc x .
Baoul-Hochette, Journal des Savans., magfjio 184.".
Sante B,*rtoli, Gii onlirhi sepolcri, ovvero matisnlei romani ed etruschi. Roma 47G8.
Orioli, De^ sepolcrali edifìzj delP Elruri' media. 1826.
P. E. Visconti, Antichi rnonumenli sepolcrali^ sroperii riel ducalo di Cere. Roma 1836,
L. Camna, Lfe^crizione di Cere antica, e in particolare del monumento sepolcrale scoperto neWanno
1806. Ivi 1838.
GniFi, Monumend di Core antica.^ spiegali colie osservanze del cullo di Mitra. Ivi 1811.
Celestino Caveoom, Sovra ìtn sepolcreto etrusco scoperto nella roilina modenese. Modena 1842.
Sili sepolcri di Tarquinia, diverse relazioni nef;li Annali delVlslituto di corrispondenza archeologica.
¥saaiGLiOLi, Il sepolcro de' Volunni. Perugia 18 50.
Il museo radunato dal principe di Canino fu comprato da quello di Tondra. Venduti
poi que' feudi nel ISoS al principe Alessandro Turlonia, questi fece ripigliare gli scavi,
poll'opera intelligente dei signori Francois e Noel des Vergers. Ne uscì già un bellissimo
ipogeo, con una sala contenente quattordici cadnveri di guerrieri con arme e ornamenti;
e sulle pareti, dipinte al modo di Ercnlano, l'immolazione de' prigionieri trnjani al
fantasma di Patroclo, che ivi appare col nome; e v'è pure il nome degli Atridi, degli
^jaci ecc.
§ 89. -^ Sepolcri greci.
I Greci opinavano le aninie non potes.^^ero entrar negli Elisi (ìntantochf- il corpo non
fosse sepolto fOrZ/.s.s. xi. Ofi ; v. 411) ; Sofocle ci presenta Antigone che affronta nsni pe-
ricolo perspppllire il fratello Polinice; e gli oratori fanno spesso colpa dell'avere tras-
curalo di sepellire i morii. I,e consuetudini funernli sono descritte da Luciano nel trat-
tato Del lutto. Quando uno fosse gravenv nte innato, sospendeansi alla porta rami di
lauro e d'acanto, creduli opportuni contro il male CPiutaiìco, Op. philni^) : la famiglia
circondava il moribondo, supul'cando Mercurio; spi'ato che fosse, il più prossimo
pli dava il bacio e cliindeva^li gli occhi (Odiss. xxiv; EiiiunnF, Ale. ó91; Duic.ene
{.AEi'.zio, in liione , lib. IV. § TiG). Allora s'alzava il compianto: il corpo era
lavato, profumato vestito; sul capo gli si metteva un velo e un serto di fiori, in mano
una focaccia di farina e miele (uc'/iTo^j-y\ e in bocca un obolo (o-xvizn} per ncchclar
Cerbero e pagire Caronte; unto d'olj odorosi, e ravvolto in una vesle, acciocché non
soilViìse freddo, nr- fosse visto ignudo da Cerbero Esponevasi poi un giorno intero sotto
il vestibolo, co' pie li verso la stradi, talora rivolto in un lenzuolo, e circondato (Ji
tprge accese, fitte di giunco 0 di scorza di pnpiro, e rivestite di cera, ac<'iocchè ogniing
è'dfc^rtajs^ ch'cR iBQitQ gatyralipenle ; e j)ill.QraQ ati w&o vasi dipinti, che poi sepelU-j
SEPOLCRI BOMÀBM 1S1
vansi con lui. Alla porta si collocava uo secchiello d'acqua lustrale perchè si purificas-
sero quelli ch'erano stali in casa.
Al trasporto, che per lo più ficcasi prima del levar del sole, intervenivano amici e
parenti, e piig:ivun>i donne che facessero il tribolo (joàvov) ululando, stracciandosi i ca-
pelli, percolendosi.
Pare :l luogo della sepoltura fosse fuor di città. Anticamente inumavansi i cada-
veri, dappoi anche si bruciarono, nel quul caso le ceneri raccoglievansi entro un'urna,
che deponeasi sotterra. Sul rogo si gettavano le vesti e gli oggetti più cari al defunto,
e vi s'iiiHiiolavano vittime, perfino umane, a gran voce chiamando il morto. Seguiva il
bancheito funerale, durante il quale parlavasi de' meriti del morto, ai cui mani ndrivansi
libagioni. Continuavasi poi a ct'lehrar l'anniversario della sua nascita. I.a festa generale
dei morti si commemorava il mese d'anthesterion. Una legge di Cecrope aveva ordinato
di seminar la terra dov'era sepolto il cadavere.
Fuor d'Atene era il Ceramico, destinato a sepell're quelli che morissero difendendo
la patria, ai quali si ergevano statue e colonnette o mense onorarie. 1 soli fondatori
delle città sepellivansi entro le mura Per monumento ai prodi che perirono non vin-
cendo a Cheronea, fu eretto un enorme leone, di cui restano ancora alcune parti. 1 Greci
illustri avevano tombe gentilizie, spesso circondale di boschetti; e il monumento ridu-
cevasi ad una colonnetta, che le leggi attiche limitavano a tre cubili. Le lorabe guarda-
vansi come proprietà privata.
Talora sono disposte parallelamente alla strada maestra, cominriando dalla porta
della città, come a Platea, ed Assos: talaltra ricavate nel sasso defla montagna vicino
alla città, come a Delfo e a Calcide: altre coperte sotto tumuli, come in Attica, a Co-
rone, a Sparta.
V'è ignota la pittura parietaria-, e uno schizzo a carbone in una grotta nel vivo sasso
della necropoli d'Egina, che si trovò nel 17i2, deesi guardare come uno scherzo di
artista.
Medbsics, De funere.
hiKCb>iAi\N, De funerihus Bomanorum.
Stacrelbehc, Hie Grdber der Hellenen in BUdwerkeìmnà Va^enaemalden, Berlino \^o^ e ^837.
Lessino, ft'ie die Alien den Tod gebild^l haben^
Becbeb, Charikles e Gallut.
§ 90. — Sepolcri romani.
Molti dei riti greci furono ritenuti dai Romani. Monlfaucon [Aniiq. expl. t. v) reca un
bassorilievo che ritrae gli ultimi istanti d'un Romano. Una fanciulla è stesa sul letto,
vestita e calzata; il padre siede da capo sopra una se^igiola pieghevole, e la madre da
piedi sopra una a spalliera; ambi col (.-apo coperto d'un lembo dt^lla vesta, ed esprimendo
Pafflizione. Gli altri parenti attorno ai letto prendon parte al dolore. All'estremità è
uno schiavo, coi calzoni alla barbara. Sotto al letto un cane tieue la zampa sopra una
specie di corona.
I Ubilinarii formavano un collegio, che s'incaricava delle operazioni attorno al cada-
vere, come vestirlo, ungerlo, cacciarne le mosche, impeiiire che i ladri ne rubassero gli
arredi, o i creditori staggissero il cad 'vere per obbligire i parenti a pagarne i debili,
e intanto 'asciarlo privo di sepoltura. ! vespitlunef!, servi de' libilinarj, porlavan poi via
il nìorio, alla cheta se povero, e in cataletto {orciniauce sponda), con chiasso se ricco e
sopra letto sontuoso, col viso scoperto e imbellettalo e profumato, al lume di torchi du-
rante la notte.
Un altro bassorilievo recato dal Monlfaucon presenta un trasporto. Il corpo nudo è
recato in ispalla da quattro, un de' quali ha un bastone finito in T. Segue un nudo ccl
dito sulla bocca; un altro colla lancia di cacciatore; uno con due cani al guinzaglio;
poi un cavallo carico d'arredi, forse da caccia; indi uno che piange; infine un carretto
che sostiene un giovane addoloralo, il morto |)rocede co' piedi avanti: tre donne scar-
pigliaie lo piangono. In lontananza il cadavere è già sul rogo, e una donna si trafigge
eoi pugnale.
Papprima i Romaoi sepellivaoo i cadaveri, poi gli abbruciarono; ma l'uso non fu go>
152 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
nerale. Le XH Tavole proibivano di ardere e di sepellire i cadaveri in città; segno che
l'un e l'altro facevasi. Vietano pure d'ahhellire il rogo: fìoguin ascia ne poleiiu. lo città
erano però bruciati gl'imperatori e le Vesiali. Il dittatore Siila fu il primo di casa Corne-
lia che fosse bruciato, giacché questa famiglia non l'usava. M. Varrone, tanto dotto
quanto religioso, ordinò d'esser sepolto in vaso di creta (fictilibus doliis, Plinio, Hist.
nat. XXXV. e. 40) sopra foglie di mirto, d'ulivo, di pioppo.
Negli ultimi teuìpi della repubblica tornò l'uso di sepellir il cadavere; il che sempre
erasi conservato pe' bambini che non aveaoo ancor messo i denti, pei colpiti dal fulmine,
e pei suicidi. Sarcofagi trovaronsi nel sepolcro di Cajo Cesilo e di Cecilia Metella; altri
ne' colombarj. 11 codice Teodosiano vietò di ardere i cadaveri.
Tibullo, Eleg. 3. lib. ii, così dipinge o desidera i proprj funerali:
Ergo cum tenuem fuero mutatus in umbram,
Candidaque ossa super nigra favilla teget,
Ante ineum veniat, longos incompta capillos,
Et fleat ante raeum moesta Nesera rogum.
Sed veniat cara; matris comitata dolore:
Moereat haec genero, moereat illa viro.
Prsefatae ante meos manes, animamque precatae
Perfusajque pias ante liquore manus.
Pars quae sola mei superabit corporis, ossa
Incinctse nigra candida veste legant.
Et primum annoso spargant collecla Ij'seo,
Mox eliam niveo fondere lacle parent;
Post haec carbaseis humorem lollere velis,
Atque io marmorea ponere sicca domo.
Ulne, quas mittit dives Pancbaia merces,
Eoique Arabes, pingtiis et Assyria,
Et nostri memores lacrymae fundantur eodem.
Sic ego componi, versus in ossa, velim.
Sed tristem mortis demonstret litera causam,
Atque haec in celebri Carmine fronte notet:
— Lydgamus hic situs est: dolor buie et cura Neaerae
Conjugis ereptae, causa perire fuit.
Nelle tombe si metteano anche capelli; onde Properzio, Eleg. 17. lib. i :
llle meo caros donassel funere crines,
Molliler et tenera poneret ossa rosa ;
e Stazio, Sylv. v :
Exere semirutos subito de pulvere vultus
Partbenope, crinemque afflata mente sepulti
Pone super tumulum.
Che le lacrime de' dolenti si raccogliessero in vasetti, i quali depnneansi nel sepolcro
stesso, è opinione di alquanti eruditi, non sostenuta da verun fatto (Chiffi.ezio, Lacri-
incB prisco rifu fusa), e sembra che i vasi chiamati lacrimatorj contenessero balsami.
Quest'iscrizione, letta da Fitisco sopra un'urna cineraria a Salerno, attesta l'uso di
metter-lucerne ardenti ne' sepolcri :
IIAVE SEPTIMA. SIT TlBl
TERRA LEVIS. QVISQVE
UVIC TVMVLO POSVIT
ARDENTE»! LVCERNAM
ILLIVS CINERES AVREA
TERRA TEGAT.
Alcune lucerne chiamaronsi perpetue per l'opinione popolare che ardessero inestin-
guibili ne' sepolcri (Fortumo Liceto, De lucernis antiqui^ reconditis, Udine 1(5^5) ; opi-
SEPOLCRI ROMANI
453
Dione che la fisica mostra assurda, malgrado che scienziati, come l'Aldrovandi, asseris-
sero averle vedute spegnersi all'aprire delle tombe, e mandar ancora fumo. Nel xv se-
colo molto si indagò qual olio sarebbe capace di simile portento ; e Liceto cita Pausania,
il quale vide nel Icuipio di Minerva ad Atene una lampada, che bruciava un anno senz'es-
sere alimentata. .Ma Ottavio Terrario (De ret'estiaria: de veter, lucern. sfepulcr.) fin d'al-
lora confutava queste favole; e dell'esser vedute ardenti dava per ragione i fosfori, che
esposti all'aria sfavillano. L'uso di metter del fuoco nelle sepoliure è attestato recente-
mente da sepolcri etruschi: in uno fu trovato un braciere, ora posto nel museo Grego-
riano colle sue molle, pieno di carbone; in un altro a Cervelri v'avea pure carbone e
legni abbronzati, che mostrano essere stati accesi finché non mancò l'aria (Bull, di
corrìsp. 1839, p. 18).
Anche nelle tombe romane si riponeano arredi, vasi, armi, giocatoli. A Ischia c'era
un vaso pieno d'ova. Il 1551 fu trovato, nel cimitero del Vaticano, l'urna di Maria fi-
glia di Stdicone e moglie d'Onorio imperatore: il cadavere della fanciulla giaceva in
splendida tela d'oro, con molti utensili da tavoletta entro una scatola d'argento, e
ricchi secondo il suo grado; poi parecchie bambole d'avorio. Di queste Irovaronsi altre
in altre tombe, o campanelli, e mascherine, ed altri balocchi.
Ben raro si trova un sepolcro importante ancora intatto. Già li violavano i ladri, ma
più dopo che, aboliti i riti gentileschi, cessò ogni idea di profanazione. Nelle Varie di
Cassiodoro (iv. 3i) è anzi raccomandato di ritoglier dalla terra i metalli preziosi, quia
et nobis in fossa perenni, et illis in nulla parte profutura locantur.
Talora le tombe imitano l'altare o il rogo: ma la forma predominante in Grecia e in
Italia è quella di urne di pietra, a somiglianza di cataletti. Distinguevano Vonsuario,
vaso da racchiuder le ossa racculte dal rogo ; e il sarcofago, di cui Plinio trae il nome
da usarsi d'una pietra della Troade, di qualità caustica, che consumava presto le carni.
1 sarcofagi romani, quadrangolari, talvolta sono a piìi riparti in lunghezza per col-
locarvi i parenti. In alcuni si trovano tele d'amianto, che doveano aver servito a bru-
ciare il cadavere.
I Romani con maggior lusso de' Greci costruirono i sepolcri ; li faceano fuor di città
e sulla strada pubblica, quo prcetereunles admoneant et se fuisse, et illos esse mortales
(Varkoxe, De lin'j. lat. vi), e molti ne restano sulla via Appia. Internamente erano
camere quadrilatere o rotonde, e talora a più scomparti, ornate di stucchi e con pavi-
menti a musaico, dove collocavansi urne, sarcofagi, vasi. Bartoli e Bellori descrissero
quello dei Nasoni sulla via Flaminia, sopra terra. Talvolta presero la forma di piramide,
come quella di Cajo Cestio; o di tempio, o di semplice abitazione. Merita ricordo anche
quello della famiglia Planzia, poco lungi da Tivoli. Il mausoleo d'Augusto consisteva
in sovrapposti terrazzi restringentisi, ornati d'alberi, e in cima la statua dell'impera-
tore e l'urna cineraria di lui e della sua famiglia. Sepolcro dovette esser pure quel che
dicesi tempio della Tosse. Mausoleo di Adriano era quel vastissimo edifizio che è ora
Castel Sant'Angelo, tutto a colonnati sovrapposti e a statue ; ottanta delle sue colonne
furono adoprate alla basilica di San Paolo.
II Settizonio di Alessandro Severo, sulla via Appia, sorgeva a sette piani sopra base
quadrata; ma non resta vestigio. Ben rimane la tomba di Cecilia Metella, moglie di
Crasso; torre rotonda sovra uno stilobate quadrato, adorna di bucrani, e in cui era il
bellissimo sarcofago, trasportalo poi nel palazzo Farnese.
1 sepolcri comuni spes-
so son una camera a vol-
ta, con nicchie dove ri-
porre le varie urne con-
lenenti le ceneri ; e la
disposizione di quei lo-
culi somigliando a un co-
lombajo, ne venne il ti-
tolo di columbarium. Dia-
mo la pianta e la sezione
di uno scoperto nella vil-
la Boria Parafili presso
Roma ;
ÌU
ARCHEOLOGIA. E BELLE ARTI
Ogni loculo di esso è ornato di pitture gentilissime a fresco, figuranti per lo più
animali ; e all'ingressa del culombiirio è un'oscena rappresentazione, che hasla a smen-
tire quegli archeologi, i quali asseriscono non porre mai gli antichi lubricità ne' luoghi
morluarj.
Quest'altro fu trovato nel 1822, due miglia fuor di porta Pia, colla iscrizione: l.
ABVCIVS HERMES IN HOC ORDINE AB IMO AD SVMMVM COl.VMBAhlA IX OLLAE XVlll Sibl POSfE-
RisQVE SMS. Di fuori vi corrisponde
per lo più una torre. Altre fiate sono
coni sopra una base circolare, o hanno
forma f|uadrangola, che talvolta si ri-
solve in piramide.
Nel colombario della famiglia Pom-
ppjn, le nicchie sono in cinque ordmij
e tra uno e l'altro gli epitafj: la camera,
è ornala di cariatidi e alianti. Famoso
è il colombario dei servi di Livia Aur
gusta, scoperto sulla via Appia nel 1726,
e illustrato dal Cori.
Sovente i sepolcri poneansi in uà
giardino, per l'associazione che sempre
ebbe luogo de' fiori colle tombe. Sono particolari quelle di Palmira, torri quadrate
con balconi, dove i sepolti erano figurati supini.
Vicino alle tonibe di Pompej trovasi un tricli-
nio pel banchetto funerale. Ivi i sepolcri consir
stono in un lilastro basso, con una gola e gli or-
Diimenti del cuscino jonico. Mezze colonne, fron-
toni di tempj, antefisse vi si trovano comunissime
per ornamento a tf rabe e a cippi. S ipra di uno
è questo bassorilievo, sicché cade l'asserzione di
Lessing che gli antichi non rappresentasserp
scheletri. Nel museo Borbonico è a musaico uno
scheletro, che tiene un boccale per ciascuna ma-
no, e forse facea pavimento ad un triclinio.
Appartiene ai funerali romani la solennità del-
l'apoteosi, di cui parliamo più avanti.
91. — Sepolcri dì varj altri popoli.
Fra gli Ebrei gran pianti alzavansi intorno al morto; la persona del suo sesso a lui
più cara chiudevagli gli occhi ; e altre pur del suo sesso il lavavano e profumavano, e
coprivangli la testa d'un sudario, e il corpo di fasce profumate. Così collocavasi in
barra scoperta o s'un letto, per molte ore esposto alle visite dei parenti e amici Dappoi
sul feretro era portato a spalle alla sepoltura fra canti funebri e fiauli, e trenodie delle
piangenti, e talora versi d'improvisatori ; non mancando chi stracciavasi gli abili e i
capelli, e cospergevasi di cenere. Dipoi si offriva il banchetto col pane del dolore e la
tazza della consolazione. Il lutto stretto continiiavasi selle giorni, durante i quali sta-
vano seduti |)er terra, senza lavarsi né ungersi né pettinarsi, in veste grossolana e
bruna, simile a sacco.
1 cadaveri non si bruciavano, ma sepellivansi nelle ca^e dell' etemi'à., comuni pel
vulgo; le persone di (pialità n'aveano di distinte, scarpellatf nel sasso. Il Talmud pre-
scrive le regole per ciò; sei cubiti di largo, con un vestibolo avanli, ove deporre il
morto per recitargli le preghiere rituali. Le tombe dei re erano in città, 'sul monte di
Sion. Pausania e Giuseppe Ebreo descrivono ricchi sepolcri con piramidi e colonne.
Fra' Per.Mani era vietato sepellire, ardere o metter in acqua i cadaveri, per nou
contaminare il fuoco, l'ac,]ua, la terra,- ma deponeansi in campagne, preda agli augelli.
J pianti, l'esposizione del cadavere, i coaviii funerali usavano pure tra Igro ; alU i^orte
MONUMENTI ONOniFICl Ib^
del re spegnensi il fuoco sacro de'tempj e per cinque giorni non si rendeva giustizia.
Semhm che pei re si facesse eccezione, e venisser deposti in sassi scavali.
i (ìalli sepeiiivano i morti senz'altro apparecchio, sollevandovi sopra un cumulo di
terra; più turdi li protessero con la^tro^i rozzi; e infine ridusser la loniha a una ca-
mera, ove deponessi tutta la fumi^^lia. Conquistati dai liomani, adottarono gli usi di
questi. .Secondo Cesare, ne' funerali hruciavansi cani e schiavi, e nella tomha nietteansi
oggetti cari al morto N-^i loro sepolcri in Plancia, falli di cinque o sei pietre rozze,
disposte a rao'di cassa, Irovaronsi spesso ascie di pietra dura sotto la testa de' cadaveri
0 Treccie d'osso o di C/rno di cervo, e punte di lancie. Montfaucon dice vi si trovano
pure figurine di terra colta.
I funerali de' Germani, secondo Tacito, erano semplici ; si bruciava il cadavere colla
sua armadura e il cavallo di battaglia : per le persone riguardevoli si usava un .legno
particolare; e la tomba era un tumulo di terra erbosa.
II russo Schumacher dice che, in tombe scuperte nel ]8^\ nel paese de' Calmuchi
fra la Siberia e il mar Caspio, trovaronsi ogni sorta ornamenti e utensili, scuri, coltelli,
vasi, urne, lampade, anelli, figurine di bronzo, d'oro, d'argento.
jg 92. — Monumenti onorifici, colonne, archi.
Per onorare qualche persona, le si ponevano ora iscrizioni ora statue, talvolta sotto
un tetto sostenuto da statue, talallra in nicchie, più spesso sovra stilobati. Ne occorrono
frequenti esempj.
Servivano all'uopo stesso le torri, e Vitruvio descrisse l'ottagona dei Venti, alzata in
Atene duU'architeilo Andronico Ciresle, portante su ciascuna delle faccie la figura di
un vento in bassorilievo, e in cima un tritone di bronzo, che girando, colla verga in-
dicava qual vento spirasse.
Questi son i nomi di que'venti, coi latini che soli dà Vitruvio, e coi modem}:
BOPEAS
septentrio
nord
KAIKIAS
aqiiilo
nord-est
A*HAiaTHS
solanus
est
EVP02
eurus
sud -est
Noros
auster
sud
MW
africus
sud-ovest
Z\-:<t>YP02
favo ni US
ovest
EKIFON
caurus
nord-ovest
Nell'antico gnomone, o piuttosto orologio dodecagono del museo Vaticano i nomi greci
sono xTtitpzTtx;, /3o/jéa5, '/.xiy.ix;, aon/tcoT«;, e-jpo;, eupovoTo;, voto;, lifiono-uxo;, )''^,
^s^upo,-, lant^, o)-junrx;; cioè variano i nomi di 30 in 30 gradi, a cui corrispondono
i latini s'ptentrio, aquila, vulturnus, solanus, eurus, euro-notus, auster, austro-africus,
africus, favonius, corus, circius.
Un monumento di simil genere vedesi a Saint-Rémy in Provenza, torre quadrata al
piede, con bassorilievo e parole iiffallo guaste, sormontala da un tempietto quadrifronte
a colonne corintie, sovra cui un fregio di grifoni, poi una lanterna rotonda pur a colonne
corintie, in cui dovean essere statue (Spon, Eecberche^ curinises).
È nolo come questo modo d'onoranza sia frequente nella Cina. La g/an torre di
porcellana di Nanking, che diamo figurala nella pag. seg. è un ottagono di 40 piedi di
diametro e 2il0 altezza, composto di nove piani con altrettante gallerie esteriori coperte
di te.'"li verniciati.
Genere insigne d'onoranza erano le colonne, e massime le coeliti. Gli esempj piìi note-
vdi SODO le due coeliti di Trajano e d'Antonino a Roma. Vuoisi che tal uso comin-
ciasse solo nella decadenza dell'Impero: ma altri ne cercano in Grecia, e sostengono che
la famosa colonna d'Alessandria fosse eretta al tempo della fondazione di questa città e
in onore di esso fondatore (Fuidehici Osanni, De colurima Ale andr., nelle Memorie del-
rist. areheol.). Il fusto di questa è un sol pezzo di granito, alto 3U metri, del diametro
(li 3, e forse ai tempi di piocjeziapo fu |)osta sopra uua base élracafipa di modatìaturo,
IS6
ARCDEOLOGIA E BELLE ARTI
La Trajana è dorica alta 44 metri,
quanto era alto il colle Quirinale che
si spianò per far quella piazza. È
di 32 rocchi di marmo bianco, con-
nessi con arpioni di bronzo: ha
alla base il diametro di metri 3.63,
e di 3. 50 alla sommità. Vi si ascende
per 172 scalini ricavati nel sasso,
lunghi m. 0. 80, e rischiarati da 42
finestruole. Un bassorilievo la cir-
cuisce a spira 23 volle, sul quale
numerarono 2500 figure alte 0. 60,
che ingrandiscono salendo e che
rappresentano le due spedizioni di
Trajano. Il piedestallo è a trofei,
aquile ed altri fregi.
Le colonne rostrate poneansi ad
ornamento dei fòri, e vi si appli-
cavano i rostri delle navi nemiche,
a imitazione di quella eretta a
Duilio, che ancor rimane in Cam-
pidoglio e che qui sotto diamo fi-
gurata :
I moderni imitarono anche que-
sti monumenti, vuoi per ricordo,
vuoi per onore; e non v'ha quasi
città che non ne abbia alcuna.
Delle principali diamo qui i para-
goni:
Torre di Nanking.
diametro altezza
inferiore. totale.
Colonna dell'incendio a Londra . metri 4. 57 61. 61
di Napoleone a Boulogne . . 4. 15 53. 60
Alessandrina a Pietroburgo . . 3. 43 47. —
Antonina a Roma 5. 57 44. 82
d'Austerlitz a Parigi .... 3. 67 44. 17
Trajana a Roma 3. 63 43. 70
Federale a Londra 3.53 41.25
di Luglio a l*arigi 5. 60 50. —
de' Medici a Firenze . . . . 2. 92 52. 48
di Napoleone in Corsica . . . 2. 45 32. 48
della lìarriera del Trono a Parigi . 2. 29 30. 53
di Pompeo in Egitto . . . . 2. 05 28. 75
Quella dell'Immacolata che di fresco si collocò a Roma, ha
il piedestallo alto metri 9.
lo scapo H. 84
il capitello 2. 12
la statua 5.
in totale . 27. 26
diametro inferiore della colonna ... 1.442
ARCHI d'onorf:
1S7
La passione dei Romnni per gli archi li fece adottare anche a semplice effetto d'ono-
ranza. Quelli di Giano antichi non servivano che a coprire i negozianti in mezzo al fòro,
e resta a Uoma il G ano quadrifronte, con un arco per ciascuna faccia. Senihra a consi-
derar tale anche l'arco di Poinpoj. Degli archi d'onore iilcuni hanno una porta sola,
come quei di Tito a Koma, di Tnijano ad Ancona; alcuni due, come quello di Nerone-
0 tre, un;i più am|iia nel mezzo, come quei di Settimio Severo e di Costantino. Credesi
il più antico quel di Hinìini, che tutti eccede per vasta apertura della porta. Quello di
"Susa di mirabile semplicità, costruito sotto Augusto il 18 av. Cristo, è ottimamente
conservato. L'arco di
Trajano suddetto, al-
l'entrata del molo, è
adorno di quattro co-
lonne d'ordine corin-
tio. Altri se ne vedono
a Carpenlras , a Ca-
vaillon , a Saint Ré-
my , ad Grange , a
Reims, altrove. Que-
sto di Fola d'Istria è
forse funehre per la
famiglia Sergio, e la
hellezza degli orna-
menti il fa riportare
all'età d'.Augusto. Che
archi si ergessero al-
tresì per private se-
polture , lo accerta
quello doppio che a
Verona aveva fatto Lu-
cio Vitruvio Cardone,
e che serviva per porta
di città (dei l'òrsari).
Anche i Cinesi co
slruiscono archi di
trionfo, Pai Leon. I
moderni Europei ne
eressero molli, prin-
cipalmente a Parigi e
a Milano, dov'è insi-
gne l'arco della Pace.
L. RossiNr, Sugli archi trionfali onorar j e funebri degli antichi Romani, sparsi per tutta Italia.
Roma 4736.
Confronto degli archi a tre porte.
Larghezza totale della fronte metri
Altezza totale dell'arco »
Diametro delle colonne ....... »
Altezza — »
Larghezza della porta di mezzo »
— delle laterali »
Altezza della porta di mezzo »
— delle laterali »
di Settimio
di Costan-
della Pa
Severo
tino
23.21
24.70
23.65
20.43
20.39
24.35
0.87
0.87
1.27
0.80
8.72
12.65
6.7G
8.53
713
2.98
3.39
3.11
11.65
11. G4
14,23
7.24
7.62
8.67
m
ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
CAPÒ TERZO
DELLA SCULTURA
§ 93. — materiati della Scultura.
Sopra ninterie molli dovette fare i primi esercizj l'nrte plastica, che così avvicinavasi
a quella del vasajo. il fatto ci si adonibra nella favola di Prometeo. Adopravano a Ciò
la creta, il gesso e lo stucco; e l'ignobilità della materia rilevavasi coi colori. Gli Dei di
creta (Dii fìctiles) erano comuni nei primi tempi di Homa.
La plastica madre delle altre arti figurative, dopo ch'esse crebbero, preparò a loro
modelli e forme. Seppero gli antichi modellare parti del corpo, e pillare statue, la
alcune più grandi, investivasi di creta nno scheletro di legno, e poi si finiva col dito e
cnll'un^hia. Dei vasi comuni faceansi i piij collo stampo: ma a mano libera dovettero
eseguirsi i fastigi de'tempj dell'Italia antica, e i bassorilievi d'alcuni antichi vasi.
In terra cotta ci furono conservati ojolti pezzi arcaici unici, antefisse, teste, figurine
di stile jeratico. Anche più tardi , le plastiche di creta sono preziose, perchè opera dei
maestri stessi, talché Winckelmann pronunzia che « non trovasi mai nulla di cattivo in
questa specie di lavori ».
Abbiamo bassorilievi greci e romani di stucco, come a Baja e nelle grotte di Roma:
altri dalle tombe di Pozzuoli sono di calce con pozzolana. Credesi pasta di marmo la
famosa Tavola Iliaca, trovata presso Boville, e giudicata del principio dell'Impero, che
ora è nel muspo Capitohno; e così altre, le quali si opina servissero nelle scuole per
ispiegar il significalo dei poemi.
I figulini servivansi di forme per oggetti
ornamentali e di frequente uso: e Seroux
d'Agincourt diede queste tre forme di pie-
tre di cui una dovea servire per anlefis>e,
le altre per cuori e gambe da sospendere
come ex-voto nei tempj.
Ma le materie più accreditate furono
sempre le pietre, il marmo ed i metalli. I
marmi preferiti erano pei Greci quel di
Paro e del monte Pentelico , pei Romani
quello di Luni. Il basalte e il porfido do-
vevano essere penosissimi a lavorare. Si
operava pure in tufi.
Il marmo delle cave di T.uni, se non per durezza, per candore almeno ha superato i più
belli dell'Egitto e della Grecia, senza eccettuarne lo stesso marino parlo, siccome
attesta Plinio. Ma sebbene queste cave fossero delt'Etruria , nessun etrusco lavoro
troviamo fatto di tal marmo; dal che si può probabilmente inferire che ignoto fosse
agli artisti etruschi. Abbiamo pure di ciò un argomento nel medesimo naturalista, che
la sua storia scrivea verso la metà del primo secolo cristiano.
Parlando egli del marmo lunese lo dice poc'anzi (riuppr) scoperto. Vero è che quel
poc'anzi non deve prendersi nel più stretto senso, poiché n.ina altrove che, ai tempi
di Giulio Cesare, Mamurra cavalier romano avea ornala la propria casa di colonne di
marmo caristico ossia lunese, dando di ciò il primo esempio a' suoi concilladini.
SCULTURA 45)9
Appare pertanto che poco prima dell'era cristiana si cominciò a far uso del marmo
di Carrara; il che può giovare assai a determinare l'antichità delle statue in esso
scol|)ile.
Nei letnpi della Repuhhlica nessun uso se ne sarà dunque fatto : ma poi, per la vicinanza
delle cave e per la facilità del tras|)orlo, la maggior parte delle opere di lioma più
grandiose, come ci assicura Straltone, furono in esso eseguito. Frima che fosse
trasportato in Roma con tanti altri marmi forestieri ed anche in seguito, sebbene per
gli usi comuni, adopraronsi altri marmi somminisiruli dalle vicine contrade, come il
gabinio, l'albano e il liliurlino. Il gabinio fu così detto dai Cabj, popolo presso Preneste,
ora l'aleslrina, dove n'era la cava: e siccome reggeva al fuoco, si continuava eziandio
anche ai tempi dello storico Tacito ad alzare con esso le fabbriche sino ad una certa
altezza senza valersi di travi. Lo stesso uso facevasi della pietra albana, così detta dal
luogo ove Iraevasi ; erano amendue probabilmente di origine vulcanica. Svetonio
pnria di cobmne fatte di questo sasso; e Vitruvio avverte che facilissimo è a lavorarsi.
In luogo difeso non si guasta: ma allo scoperto si sfarina e consuma. Il tiburlino
veniva dalle vicinanze di Tivoli; e un sito ancor più S[)ecilìco delle latomie di esso,
siccome pure del summentovato gabinio, e di certa pietra rossa, ci vien additato da
Strabone, il quale, descritta la celebre cataratta dell'Aniene, ossia del Teverone, sog-
giunge: « Quindi se ne scorre questo fiume luogo quei luoghi ove tagliasi la pietra
« tiburtina e la gabinia, siccome quella pure che dicesi rossa, acciocché dalle latomie
« si possa agevoluiente per mezzo delle navi trasportare a Koma, dove un uso grande
« se ne fa nelle fabbriche «. Una tale navigazione sull'Aniene essendo col tempo
mancata, il trasporto del liburtino a Roma fassi per terra. I tentativi che Agostino Steuco
da Gubbio dice essere slati fatti da papa Paolo 111 per rimettervela, non hanno corri-
sposto all'aspettazione. « Se questa specie di marmo rej-'ge al sovrapposto peso o alle
« ingiurie dei ten:pi (segue d citalo Vitruvio), esso nondimeno è soggetlo all'azione
« del fuoco, per cui facilmente si screpola e si discioglie ». Hiuscendo perciò il libur-
tino assai atto a calcinarsi, ad un tal uso si adopera oggidì in Roma e nei vicini paesi.
Nota all'edizione mdanese della Stona delle arti di Wi.nckelmann.
Statue di legno, con le sole estremità di marmo, diceansi aeroliti. La Minerva di Fidia
avea ;:li cerbi di calcedonio. Negli scavi d'Egiua si trovò un occhio d'avorio lungo
cinque pollici; e nei marmi di Pumpej un f,\biìu oculakics. Occhi metallici dovea pure
avere il bellissimo Apollo Barberini, ora a Monaco. Talvolta a statue di marmo si pone-
vano di metallo lelnio, o la tazza, o lo scettro, od altri attributi.
Dal modello si trasportavano le dimensioni sul marmo colla punteggiatura, come da
noi ; e si conoscevano i varj stromenli nostri. Per levigare adoperavasi la polvere d'uno
schisto di iNasso, o pomice: ma in alcune statue antiche scorgesi ancora il colpo dello
scalpello e solo tardi, levigandole con cera, vi si die quel lucente, ingrato all'occhio.
Lasciavansi puntelli di marmo per sostenere le parli deboli, e si trovano ancora in
molte statue. Talora teste e braccia lavor.ivansi a parte, per poi adattarle separatamente
ai troncbi , come si vede nel gruppo di Niobe alia galleria di Firenze, e nella Pallade
della villa Albani. Ciò rende tanto più difficile il giudicare se moderni i restauri.
Talvolta più artisti lavoravano insieme, come al Laocoonte Agesandro e i suoi figli
Poi d irò e Atenodoro fecero ciascuno una figura. Meno credibile parrà l'uso degli
artisti più antichi di colorire le statue; ep|iure si vede nelle sculture non solo di Perse-
poli e di Ninive, ma in quelle de'migbori tempi di Grecia. Più tardi i Homani surroga-
rono il farle di marmi dillerenti, e (in di tre o quattro colori. Sotto gl'imperatori ciò
venne di moda, e l'usar pietre colorate, massime [ler rappresentare re o divinila fore-
stiere, e per le parti riportate, come manti, capelli, corazze, in Vaticano è un lioncino di
breccia color lionato, coi denti e le unghie di marmo bianco, e la lingua di rosso antico.
ÌGÌNCÒiJi*T, Bècueil de fragments de sculpture anlique en terre cuile.
Giampietro CAMPA^A, Antiche opere in plastica. Roma t844.
Vedi le dispute di Raout-liothetle, Hiltorf e LoOoniie, e il nostro ^61.
Sopra tulio ciò nii-riia d'esser consultalo ADOLFO Stahh , Torso, Eunsl, K'ùnstler und Kunttwerke der
Alien. Parijji 18)5. Considera gli avanzi dell'arie anlic.n come un torso the bisogna supplire; discorre
de' caaoni dell'arte, e princijpaiaiente della greca in Gapltoli iatilolati: I. nalura, paese, popolo greco j
160 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
2. Dedalo; o. Lcfjami bell'arte greca coll'orientale*, \. Dae periodi principali della plastica greca,
da Dedalo a Fidia, da Fidia ad Adriano; 5. Avanzi più antichi della scultura greca; 6 Frontoni
de' tempj, e loro ornati plastici; 7. Marmi d'Egina; 8. Fidia; 9. Scnllori del Partenone; 10. Colnssi di
Montecavallo ; 11. Alcmene , e sculiure del tempio d'Apollo a Basse; 42. Pnlieleto; 13. Mirooe;
■14. Scopa e Prassitele; lo. Condizione degli artisti nel mondo greco; 16. L'arte e la libertà ; -17. Del
ritratto; 48. Colorito delle opere plastiche; 10. Del nudo.
A.\SELMO Feuerbacd, Dcr vaticanische Apollo, cine Reihe archàologisch-Uslhelischer Betrachtungen.
Stuttgard -1853.
§ 94. — Della fusione.
Presto i Greci appresero ad amalgamare metalli, e dalla loro mescolanza formare
il bronzo. A Egina prima, poi a Delo, e lungamente a Corinto fiorì quest'arte, e sapeasi
darvi il colore più o men chiaro Forse diilla differenza di composizione prendevano
nome il bronzo caldarario, coronario, oUario , specularlo, statuario, candido, giallo,
piropeo, epatico, ciprio, cordubense, sallustiano, deliaco, eginetico; più rinomato era
l'oricalco. Per agevolare la fluidità del metallo durante la fusione, e l'indurimento dopo
raffreddo, vi si mescolava quasi seuìpre dello slagno, e talora zinco e piombo. Pochis-
simo stagno trovasi nei cavalli di Venezia; ma mm par vero quel che gli antichi asse-
riscono, ohe i pezzi fusi si buttassero nell'acqua per renderli duri.
Gli antichi fondevano a pezzi, mentre i moderni si danno il difficile vanto di gettare
in una forma sola. I.a fusione faceasi press'a poco come oggi; la statua si modellava di
cera i-ovra un'ao'ma indurita al fuoco, e sopra vi si stendeva una forma di argilla, in
cui lasciavansi de' canali per cui fluisse il metallo. Seppero gli antichi ottenere la poca
spessezza del metallo, e facilitare tutta l'operazione, e le parti fuse staccate saldare be-
nissimo 0 con agenti chimici o meccanicamente.
L'effetto della policromia cercavano gli antichi anche col mescolare materie diverse,
e massime ne' metalli. Già n'è un indizio nella descrizione dello scudo d'Achille : Plinio
(xxxiv. 40) riferisce che Aristonide, nel farla statua d'Àtamante, si propose di produrre
il rossore della verecondia col mescer ferro al bronzo (/£.<;, ferrumque imscuit, ut rubi-
gine ejus per nitorevi ceris relucente expriìnerelar verecvndìce rubor): Plutarco cita Si-
laniochead una Giocasta diede apparenza gracile e pallida, introducendovi dell'argento.
Gli Asiatici più che i Greci amavano le statue d'oro e d'argento; e la scuola diSamo
le sapea sbalzare. Doravansi quelle di bronzo, prima che s'imparasse a darvi un bel co-
lore. Gli artisti antichi distingtievano certe parli nude coll'argentarle o dorarle, il che
faceasi pure con siatue di marmo. Dorali erano il Marc'Aurelio equestre di Roma, i ca-
valli di Venezia, la capellatura della Venere medicea di marmo.
Gli Egiziani talvolta rappresentarono figure sul bronzo con una incrostazione lineare
d'oro e d'argento, d'un elTetto somigliante ai nielli. Fra i monumenti etruschi occor-
rono statuine di bronzo isolate, più squisite, franche e originali, che non quelle che
servono di accessorio a ciste, candelabri, patere.
Alcune statue di ferro si conoscono, ma non si vede che gli antichi lo sapessero fon-
dere. Di piombo avanzano molti pezzi, massimamente tessere per pubblici giuochi e per
la distribuzione dei grani, o etichette, o bolle, o sigilli. Una statua di Mamurio di piombo
era a Roma.
Nei bronzi antichi è parte interessantissima la patina (ios, cerugo), che giova a pale-
sare le contraffazioni mo;ierne;ed è quell'ossidazione verdiccia che col tempo prende il
metallo. Le antiche hanno un verde lucido o smeraldino, duro e compatto, e che si
scheggia in frammenti solidi: pure anche la chimica e la docimastica più accorte furono
ingannate da contrall'altori. Di rimpallo alcuni bronzi propriamente antichi non hanno
patina, e quei che si cavano nelle paludi Pontine serbano quasi il colore e la lucentezza
primitiva.
Qdatbemebe de Qijincv, Le Jupiter Olympien, ou Vari de la sculpture antique, considéré sous un
nouvenu poinl de vue. Parigi tSTj.
Emeric David, Rerherclies sur l'ari slaluaire considéré c/ic; les anciens el les modernes.
Guasco, Usage des slatues
MONCEZ, Mi'moire sur le bronze.
Fabrom, Alti deiV Accademia italiana, toro, i, -ISIO.
SCDLTURÀ EGIZU
i61
Giornale fliieo diPavia^ 48H, it, S7, 75.
SCBiieiDEB, Analeela ad hittoriam rei melali, veter. Trajecti ad Viadrnm HSS.
Luigi Bossi, Sull'elettro, tulla patina, nepli Oputeoli tulle iciense e tulle arti; in, 517.
Sulla parte tecnica delia scultura vedi un discorto premesso al Mutée de teulpture antique et mederm
dei conte de Clerac. Parigi \ 850 e seg.
§9b.
Storia della scultura.
La scultura de' primi Asiatici dovette essere colossale come l'architettura, e non cu-
rante delie proporzioni, giacché parlasi d'una statua di Nabucodònosor, alta 50 e larga
3 metri. Pare si lavorasse di legno, o dipinto o ricoperto di lamine d'oro o dorate. Quella
che Daniele vide in so^no, era di molle materie; testa d'oro, busto d'argento, gambe di
ferro, piedi d'argilla. A Bamian, nel Cabul presso l'antico Paropamiso, sono scolpile nella
montHgna due figure (pubblicate a Londra da Hurns}, di cui la maschile è alta 60 metri,
e mela la femminile, ed erano colorale. In altre parti dell'Asia trovansi montagne scol-
pite, e bassorilievi sulle rupi; e Texier riconobbe in Cappadocia un grande bassorilievo,
figurante un re e una regina con moltissimi personaggi.
La scultura dagli Egiziani non fu coltivata come arte semplicemente e come modo di
manifestare la potenza del genio, ma per riprodurre ciò che concerneva il culto degli
Dei 0 la gloria nazionale; perciò era legata a convenienze simboliche o cerimoniali, che
ne impedivano il libero sviluppo. Nelle loro statue, non particolarità anatomiche, non
grazia e movenza : la linea è rigidamente dritta, risentiti i lineamenti del volto; la testa
rotonda dietro, e colle orecchie alzate sopra la linea degli occhi, del che alcuno volle
fare un carattere della razza colà vivente; occhi molto fessi, tutto il viso senza espres-
sione di spniimento come una maschera. Usarono grandi colossi (Vedi la fig. a pag. 52).
La divinità rappresentavano ora con forma umana pura e cogli attributi ad essa speciali
e con geroglifici che la spiegassero^ come
nella presente fi^rura; ora in corpo umano
colla testa d'un animale consecrato ad essa
divinità, come nella fig. 2 a pag. 52; ora
in esso animale medesimo cogli attributi
della divini/à. Fra i caratteri della divinità
voglionsi notare la croce ansata, specie di
T sormontato da un anello e tenuto in
roano; lo scettro o lungo bastone finito
nella testa di cucufa per le divinità ma-
schili, come nella figura qui sopra, e per
le femminili in un pomo schiacciato: spesso
portano al capo due lunghe penne dritte
0 ricurve, o un Fallo, o due corna di ca-
pro, 0 un berretto stretto, o il pscent in-
tero 0 mezzo, nudo o adorno. Il colore
stesso varia secondo gli Dei.
Le figure di re e regine hanno forma
umana, nude o vestite o fasciate. Carat-
tere di un re è il serpente uroeus, che gli
si eleva sulla fronte; il nome ascritto in
un cartoccio, come questi, che dicono:
Sole guardiano delia regione inferiore ap-
provata da Fre , figlio del sole Rompete. I
panni sono aderenti al corpo come bngnati
0 come una pellicola, di cui talvolta non
sarebbe ad accorgersi se il lembo inferiore
non si rialzasse in pieghe all'estremità delle
gambe. Spesso è indicatissimo l'umbilico.
Cantò, Documenti. — Tomo I, Archeologia e Belle Arti H
M
ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
è^ V
e talvolta il sesso, anche di sopra delia veste. Le sculture storiche a basso rilievo
sono più infelici. Sotto i Tolomei presero alcun che della bel-
lezza e dell'animazione greca.
I Persiani superiori aitili Esizj nel disegnar le teste, erano
inferiori nella conoscenza delle proporzioni: rifuggendo dalle
nudità, ravviluppavano le figure ne' panneggiamenti. Flaxmann
vi dà per carattere nessuna scienza, molto studio.
Sculture abbondano nell'India, dalla piccolezza microscopica
fin a colossi, dall'argille a pietre durissime. Di rado è rappre-
sentato l'uomo nella sua ideale bellezza, giacché vi si suppliva
coi simboli, ora moltiplicando le teste e le braccia, ora so-
stituendo teste d'animali
Le figure tibetane, malabariche, giapponiche, cinesi, che si
trovano ne' gabinetti attestano come antica vi fosse la scultura, inferiore però sempre
ali indiana. Sculture di Tatari si vedono nel museo di Pietroburgo, e siberiane in
quello di Piirigi ; Flumboldt ci diede le messicane, e La Perouse alcune della Polinesia:
talché può dirsi non v'abbia popolo che non scolpisse.
Delle sculture elrusche crebbe la messe negli ultimi tempi, e non solo di bassorilievi,
ma statue di metnllo, di piperino. d'alabastro, di tufo calcare, d'argilla: finora nessuna
di marmo. Ne è distintivo la ripidezza delle membra, la f;iccia ovale assai prolungata,
mento stretto ed acuminato, occhi a fior di testa e ripiegati all'insù. come anche le estre-
mità della bocca ; gambe parallele e talora non disgiunte, e nelle fisionomie manca sem-
pre il carattere. La statua giacente di Bacco, terra cotta tratta dalla necropoli di Tar-
quinia e conservata a Corneto, è delle più grandiose ed eleganti fra le etrusche. Più
volte le figure sono coperte di lettere o sull'abito o sulle coscie. Qui pure, come nelle
egizie, si volle distinguere lo stile antico, medio, e greco-etrusco : ma bisogna aspettare
maggiori dati cronologici per assicurare tali categorie.
Bei piedestalli di bronzo di stile etrusco sono nella gliptoteca di Monaco,
1 Greci superarono ogni popolo nell'eccellenza di quest'arte, mercè il genio proprio,
la religione e le istituzioni. I primi numi fecero di rozzo legno, rivestendoli poi di pan-
neggiamenti, che serbavansi in guardarobe, e si stiravano e insaldavano c«-ine le vesti
muliebri. Quando anche questi si fecero di sasso, ritennero di quel modo, né tale affet-
tazione si disimparò fin all'et<à dell'oro.
Distinguono quattro periodi nella scultura greca. F.o stile arcaico o jeratico ha forme
rigide e somiglianti all'egiziane, qual vedesi nelle melope di Selinunte e di Egina. Il
secondo stile accoppia il bello col arande e col maestoso, e ne fu perfezionatore Fidia ;
e v'appartengono la Pallade della villa Albani, e il gruppo della Niobe. Molti tentarono
e in differenti modi rintegrare questo prezioso grup|)o, di cui la più parte trovasi a Fi-
renze. Credesi generalmente fosse posto nel frontone d'un tempio,- masi riflette in con-
trario cbe non potevano mancarvi le statue di Apollo e Diana saettanti, le quali avreb-
bero rotto la dispozione triangolare; inoltre molte statue son lavorate in modo, da es-
sere vedute a livello, non da sotto in su. Il terzo periodo è detto della bellezza, perchè
si rammorbidirono i contorni, e si studiò la grazia anche nella forza, come si vede nel
Laocoonte. L'ultimo è dell'imitazione, quando non si fece che studiare gli artisti prece-
denti, e credere merito supremo l'accostarvisi.
WiNCKELMANN, Gescli. (ter Kunst.
MEYEn, Gesch. der bildenden Kunsle bei der Griechcn.
Thiebsch, Ueber die Epochen der bildenden Kilnste unlcr der Griechen.
UiRT, Die Gesch. der bildenden Kilnsle bei den Alien. Berlino 1833.
De Clebac , Musée de sculpture antique et moderne. Parigi 1830 e seg. E la descrizione del musco del
Louvre, e una collezione di statue antiche.
L'uso delle statue divenne così generale a Roma, che la legge dovette intervenire a
moderarlo ne' privali. Per custodirle, vi aveva comites o curatores tutelarli sfatiiarum, e
godeano il dritto di asilo. Nel dedicarle faceansi sagrilìzj, giuochi, distribuzioni di vino,
viveri, denari, come l'attestano le epigrafi di molte basi. Avvenne spesso che, dopo là
jnorte deironorato, fosser rotte o dichiarate infami.
RESTAURI. BAShORILIBVI 163
^ 96. — Distinzione delle statue.
Plinio dà per carattere generale, che i Greci figurano gli eroi nudi, i Romani coll'ar-
niadura {Grosca quidem res est nihil velare; ut coiUra romana ac mililaris ihoraces ad-
derc^ xxxiv. 10). Oltre le nude, distinguono le statue dui vestimento. 1 Greci fecero al-
cune colla clamide, come Mercurio, altri Dei e alcuni eroi ; semplice mantello quadrato
che era alTìbbiato al |)etto o sulla spalla, talvolta gettato sovra \\ braccio o ravvolto, e
nel Marte romano è posato sulle ginocchia. Palliale sono le statue di Giove, Serapide,
Esculapio, e di oratori, filosofi, magistrati e i cesari romani: grande arte si metlea nelle
pieghe e nella posa del pallio. Le togate sono de' soli l5omani; e tali si facevano gl'im-
peratori in pace e i magistrati. .Molte sono loricate; altre col paludamento proprio de'
capitani supremi ; altre velate, cioè con un gran panno fin a terra, come spesso le di-
vinità muliebri, o le imperatrici figurate in qualche virtìi, od anche alcune d'Augusto.
Curuli sono quelle sedute o in piedi ne' carri.
Le statue, massime negli ultimi tempi, si collocavano su piedestalli ; il che è pur ca-
rattere delle egizie. I piedestalli erano cubi o rotondi, talvolta
ornati di festoni, talaltra d'iscrizioni.
Più rari sono i gruppi, e i più insigni il Laocoonte, e il toro
Farnese, cinto da belve e cinque figure umane.
Statue gigantesche sono il Tevere e il Nilo giacenti, a Roma ; i Dioscuri del Quirina-
le, l'Ercole Farnesiano a Napoli.'Dei colossi crebbe l'uso in Asia e a Roma al tempo della
decadenza ; raccontasi che a Rodi restavano tremila statue anche dopo che l'ebber espi-
lala Mummio e Lucullo. hi contavano cento colossi, di cui il più insigne è quello del
porto, fra le cui gambe aperte passavano (se |iur va inteso cosi) le navi; era alto 53
metri ; per una scala interna salitasi ad accendere i fuochi in mano e sul capo, che ser-
vivano di faro: lo cominciò Carele di Lindo 500 anni av. C, e lo terminò Lachete 12
anni dopo, colla spesa di trecento talenti.
Gli artisti qualche volta scriveano a pie della statua il proprio nome e inaiti faceva: e
talora epigrammi interi: ma non di rado i nomi sono aggiunta posteriore, e Fedro dice
che al suo tempo v'aveva artefici ,
Qui pretiura operis majus inveniunt, novo
Si marraori adscripserint Praxitelem suo,
Myronem argento.
§ 97. — I restauri.
Molti pretesero che le statue che oggi possediamo, non sieno se non copia delle anti-
che. Senza cadere in questo scetticisnìo, è però una delle grandi dilRcoltà il riconoscere
i restauri, attesoché ci arrivarono quasi tutte rotte, e con qualche membro manco, mas^
sime il naso. Del toro Farnese sono restauro tutta la parte superiore di Dirce, le teste e
le gambe di Zelo e Anfione ed altro: all'Ercole Farnese rifece le gambe Michelangelo,
ma poi furono trovale: nell'Apollo di Belvedere son moderne le mani : nel Laocoonte fu
dal Cornacchini agt;iunto l'avunbraccio destro del fii^lio maggiore, e tutto il braccio
destro del minore: e moderno è pure il braccio destro del padre. Di restauro sono la
mano destra del Giove nel museo Pio dementino; il braccio sinistro e la man dritta
della Venere d'Ostia ; la spalla e il braccio destro nella Ninfa colla conchiglia nel Lou-
vre ; alla Tersicore del Vaticano fu sovrapposta una tf^sta di altra statua.
I restauri talora erano già antichi: nei mo. terni talvolta vi si unirono caratteri scon-
venienti, col che si trassero in errore gli antiquarj. f abrelti attestò che gli antichi fer-
ravano i cavalli, stando a un bassorilievo della villa Mattei ; ma i piedi di que' cavalli
erano restauro. Wright argomenta intorno ad un violino che sta in mano d'un Apollo:
eppure vi fu aggiunto dal Semino. Un altro crede che la palla in mano d'un Cesare in
Campidoglio esprima l'ambizione di questo di dominare il mondo: ma palla e mano
sono rappezzi.
Perciò vuoisi paragonar le statue colle medaglie, colle gemme e coi bassorilievi, dove
464 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
anche più facile è la spiegazione atteso l'unirvisi molte figure. Neppur meritano fede le
iscrizioni che vi stanno, talvolta essendo posteriori; come le basi su cui sorgono ap-
partennero talora a tutl'altro.
§ 98. — 1 bassorilievi.
Mentre la statuaria presenta la figura in tutto rilievo, e visibile da ogni lato , altre
volte gli oggetti si fanno aderenti al fondo. In tal caso chianiansi alto rilievo quando le
figure se ne staccano quasi interamente; mezzo rilievo , quando ne escono per circa
metà; basso rilievo, quando sono pochissimo proniinenli. Però quest'ultimo nome s'ap-
plica in generale ad opere sifatte, che dagli antichi chiamavansi anaglifi.
Quanto è minore la prominenza, tanto è più difficile conservare le proporzioni natu-
rali. Inoltre la composizione è più complicata che nelle statue; eppure lo scultore ha
un fondo solo e un sol colore, a differenza del pittore, né altre ombre che le vere per
ottenere l'effetto.
Bassorilievi Irovansi nei monumenti più antichi dell'Egitto, dell'Assiria, dell'India.
Negli egiziani talvolta sono soltanto incavati i contorni delle figure, senza darvi rilievo:
ne' persepolitani sono ben rilevate. I Greci ne fecero di marmo, di metallo, d'avorio, di
creta, e non di rado sono colorati.
Rende preziosi i bassorilievi antichi l'essere meno guasti delle statue, ed avere mag-
gior numero di figure, col che ajutano l'interpretazione; e spesso da quelli si potè co-
noscere il significato delle statue. La famosa dell'Arrotino si trovò che rappresenta uno
scorticatore di Marsia. Che sempre si togliessero i soggetti di pittura da bassorilievi
0 da statue, ovvero quello de' bassorilievi dalle statue, o da questi i soggetti delle pie-
tre incise e dei vasi, non tutti il credono, parendo repugni alla fecondità greca.
Forza è confessare che grande non era l'arte dei Greci nel disporre la scultura monu-
mentale. La processione delle Panatenaidi sul Partenone non si mostra benese non dopo
diroccato il tempio, il combattimento de' Centauri, che pur forma un'azione sola, è
simmetricamente interrotto da triglifi, e collocato sì alto ch'è impossibile vederlo d'ap-
piedi.
§ 99. — Le erme.
Scrissero alcuni che, prima delle statue, i Greci facessero gli ermi, cioè tronchi o co-
lonnette, cui sovrapponeasi una testa. Non sapendosi a questa dare carattere, si distinse
il sesso con rilievi sul tronco, poi con una linea s'indicò la separazione delle cosce;
infine queste si staccarono, e venne a formarsi la statua compiuta. Semplice induzione,
niente storica né naturale, giacché e i Greci poteano imparar le figure dagli Egizj, e noi
vediamo i fanciulli non contentarsi di rappresentare le faccie, ma volere la figura intera,
per quanto inesatta: né altra nazione nei suoi primortlj ci presenta un tale fenomeno.
Già David mentovando gli Dei degli idolatri dice: Han mani, e non palpano; han piedi,
e non camminano.
Releghiamo pure fra le favole l'asserzione greca che gli ermi fosser introdotti ad espri-
mere Mercurio, cui i due figli di Corico re d'Arcadia avevano tagliate le braccia: e piut-
tosto vi vediamo un avanzo delle figure jeratiche orientali, ove il dio svolgevasi a fatica
dalla forma di fetido. Servivano ad ornare i ginnasj e le palestre; e se ne faceano colla
sola testa, o con parte del petto, o talora con due teste una opposta all'altra, talaltra con
panneggiamenti o con simboli. Chiamavansi anche termini perché usavansi a segnar i
confini, 0 poneansi sulle vie coll'immagine delle divinità protettrici. Negli orti aveano
sovente la testa e il simbolo di Priapo virilibus erectis (Macikidio, Sat. i.).
Ipparco aveva fatto porre nella città e ne' borghi dell'Attica ermi con sentenze mo-
rali; alire poneansi ai trivj. Cicerone pregava Attico a regalargli certe erme di marmo
peotelico colle teste di bronzo, trovate a Atene.
Secondo il dìo che rappresentavano, chiamavansi ermernclì, ermero, ermanubi, erma-
frodite. Agli ermi possono riferirsi le cariatidi e gli atlanti (Vedi a pag. 42 e 68, fig. 2).
ERME. BUSTI
165
§iOO.
I butti.
Solo alla decadenza dell'arte pare si facessero buati, cioè ermi colle spalle e con parte
del torace. Sotto {ili imperatori romani ornavano le case private, le tombe, le biblioteche,
i pubblici convegni. E forse dal costume che nei funerali (bustum) si portassero le effi-
gie de' maggiori, venne il nome di busto. Tarda è la denominazione di protomi, mentre
è comune quella di icon, immagine.
Ipparco.
Cicerone.
Trovasi qualche busto antico con due teste riunite per l'occipizio; sieno due
numi 0 due personaggi, sia il personaggio stesso in due età. Di sifatli uscirono alquanti
dagli scavi di Pompej nel 1853, con figure di fauni, baccanti, satiri,
A molti è posto il nome, come nelle figure di cui qui abbasso diamo il disegno; ma
ACKAHniAAHC
A^CDACIA
466
ARCHEUIOGIA E BELLE Ar.TI
non sempre vi si può credere : tanto piij preziosi
riescono quelli di cui si è certi. Talvolta v'è più che
il nome, come ad un busto di Demostene in Na-
poli ©F.Ilt AOANAi ATiNAiMIOC AA>1OC0E!NH\ ,
cioè Dinamio consacra questo busto di Demostene
alla dea Minerva.
In rarissimi si vede anche la mano; i piìi non
hanno che parie del petto o qualche panne^rgiameo-
to, come nelrantico di Diogene qui radìguruto. Fi-
niscono in Imea circolare. Dei Romani più d'uno
ha vesti e c.ipellutura di marmo differeute; e molti
più hanno gli occhi riportati.
Plinio attribuisce a Lis strato l'arte di levare con
una materia molle riiiipronta de' volli, per modo
che otteneva la somiglianza vera, mentre dapprima
non cercavasi che la ideale.
Edward Gebhabd, De religione Hermarum. Berlino ^845.
S 101. — Intagli in legno ed avorio.
Di legno pajono le prime statue greche, come il Palladio di Troja, quelle di Dedalo,
di Giove in Argo, dei vincitori olimpici fin a Pisistralo. A Sparta Castore e Polluce
erano in forma di due ceppi paralleli di legno, sormontati da una traversa, formando
così il n che fu segno dei Gemini nello zodiaco. Anteriori a lutti questi possono dirsi
le figure umane che gli Egi/j davano alle casse dei morti, che per lo più hanno soltanto
testa e piedi, o le due mani incrociale sul petto, il resto supponendoawolto nella fascia
(pag. 147). I Romani faceano a tal modo i Vertunni e i Priapi che mettevano negli
orti, divinità che Marziale beffava perchè sariansi potute per inavvertenza gettare sul
fuoco.
11 legno preferito era quello di cedro che supponevasi incorruttibile, e l'adoperarono
i gran uiaeslri anche più tardi; nella famosa arca di Cipselo, il fondo era di cedro, con
innestato oro, avorio, gemme. .Spesso adopravasi pure il corno, che talora s'assotti-
gliava per mettere alle finestre invece di vetri, o s'mtarsiava nel legno, o si copriva di
cera per farne tavolette.
Grandemente lavorarono anche l'avorio, preferendo quel d'Oriente perchè più bianco,
9 che Plinio erroneamente attribuisce a maggior gioventù dell'elefante. Pare accennino
altresì l'avorio fossile. Talora anche lo tinsero o coprirono di altre materie. lìbbero
zanne fin di 9 e 10 piedi, mentre oggi sono rarità quelle di 6 o 7. La parte solida del
dente, che è circa un terzo, si ricavava in modo da formarne de'cilmdri, cheammol-
livansi col vapore o con farli bollire con radice di mandragora, e così se n'aveano pezzi
fin di 2 piedi di superficie e grossi da 1 a 3 pollici. Fatto il modello della statua al
vero, sulla forma di gesso si tracciavano linee ind canti la forma e il numero dei pezzi
che si volevano adoperare, studiando che le commessure cadessero nelle parti meno
visibili; indi il gesso sfendeusi in pezzi che potessero ricongiungersi con precisione.
Ciascun di questi pezzi imitavasi esattiimente coll'avorio, facile a lavorarsi perchè non
balza io iscaglie come il marmo, né ha la vena come il legno: indi s'incollavano sopra
altri pezzi di legno, che mes^i insieme formavano la statua, so.-lenuta da un'armatura
di ferro. Credeasi che l'ungerle d'olio impedisse che si sconnettessero (Qt'ATiiE.MtitE uè
QUINCYJ.
Fidia formò con esso i suoi famosi colossi di Minerva e del Giove Olimpico, i più
ammirali dell'antichità; e dopo d'allora venne maggiormente in uso. I Romani, dopo
gli Elrusclii, ne fecer uso gramlissiini), e Seneca possedeva cinquecento tripodi d'a-
vorio. Oltre flauti, fibbie, amuleti, spilloni crinali, bicchieri, ninnoli, tessere, faceansi
le sedie curuli e i piedi delle tavole. L'uso ne durò per tulio il medioevo. Wulla ci
i
INTAGLI IN LEGNO i: AVORIO. DITTICt
Ì67
tramandarono gli antichi di grande in avorio, ma figurine, e maschcrette. All'avorio so-
slituivasi talora il dente d'ippopotamo, la madreperla, f'ambra,
Operavansi al tornio, non solo di lavori rotondi, ma anche per quelli sopra superficie
piana a bassorilievo, cioè figurati e a sbalzo.
§ 102.
I dittici.
fra gli avorj sono importantissimi i diltici (t^ì; rrTu^ijo., pfpgar in due). Erano tavo-
lette d'avorio o di legno, unite a cerniera in modo da piegarsi a liliricino. Taluni erano a
tre 0 più piegature, trìplici, penia-
pticìy poliplici, sempre più lunghi che
larghi, e spesso vedonsi in mano di
statue 0 pitture delTelà imperiale. Se
ne portavano in dosso di liscie o ce-
rate, su cui scrivere i ricordi istanta-
nei ; e ricambiavansi fra gli amanti
come simboli dei loro afTelti. Poi di-
vennero più ricchi al di fuori, e i con-
soli e gli altri magistrati annuali fin
all'edile soleano donarne al capodanno
quando entravano in carica. In tali casi
le anaglifi esprimeano il console col
proprio vestimento, e coi giuochi cir-
censi ch'esso soleva dare Vi si scri-
vevano pure i nomi dei consoli stessi,
come in uno:
ANICtUS FAVS/US ALBINUS BASILIVS
v?r ctarissimuS.
II dittico di più antica data prodotto
dal Cori era del console Flavio Felice
del 428; ma la cattedrale d'Aosta ne
possiede uno de! 406 coll'eflìgie d'Ono-
rio in piedi, che ha corona e corazza
sopra una tavoletta, e sopra l'altra tiene
colla destra un'asta col cartello in no
MINE xpi viNCAS SEMt'ER, c Colla sini-
stra un globo su cui sorge la Vittoria.
Divenne famoso nel secolo passato il
dittico Quiriniano, perchè tanto vi si
esercitarono gli eruditi , senza accor-
darsi se non nel crederlo molto antico.
Quel che qui diamo effigiato, è del ga-
binetto Brunet-Denon, d'avorio, man-
cante di una tavola e del frontone su-
periore-, e rappresenta un magistrato
sul suggestus fra due personaggi, e di
sotto lo spettacolo d'uomini lottanti
con cervi nel circo. Dei dittici cri-
stiani diremo altrove.
Gobi, Thesaurus veterum diptychorum consulariutn et eccletiasticorum, cum additamends J. B. Pat-
serii. Firenze 1759.
CosT. Gazzerì, nelle Memorie della Beale Accademia di Torino, voi. 38.
CosTH, Sur Parigine des diplyques consulaires.
D'avorio 0 di bosso facessi pure l'alfabeto per ilare a Irastnllo de' fanciulli, che eos'i imparavano le ìeUtta
(QeiiiTiLUNO, /nti. I. 26. — S. GiBOLAVO, £|>. 407).
168 ARCHEOLOGIA E BELXE ARTI
§ 103. — Lavori dì cera.
Scrive Plinio che la cera serviva per innumeros mortalium ums ; ma la natura sua
fece che nulla a noi ne arrivasse. Di Lisistrato da Sicione fratello di i.isippo, raccontasi
che infondeva cera liquefatta entro maschere di gesso che avea prese sui volti umani
per farne ritratti (Plinio, xxxiv. 8); e Anacreonte {Od. \) celebra un amorino di cera
ch'ei voleva comprare da un mercante per una dramma. 1 Homani ornavano gli atrj
delle case coi protomi degli illustri antenati di cera, e li recavano in pompa nelle
esequie: spesso i clienti davano il proprio ritratto di cera ai legisti patrocinatori.
Nel medio evo continuò l'arte per formare agnus-dei ed altre effigie sacre; il Veroc-
chio faceva di cera i ritratti. I moderni se ne valgono principalmente per la notoraia,
nel che si crede che i primi lavori sieno dovuti a Gaetano Giulio Zumho siracusano.
Ercole Lelli a Bologna, e il Manzolini suo scolaro, e il Galli, e Felice Fontana, poi altri
si segnalarono per le preparazioni anatomiche di cera. Credesi che un Curzio intro-
ducesse la ceroplastica al naturale, donde poi vennero i gabinetti di figure che si mo-
strano per prezzo.
Wickelbausea scrisse ampiamente sulle varie applicazioni della ceroplastica.
§ 104. — Forma della plastica.
Il corpo umano fu sempre il piii nobile esercizio dell'imitazione, e intento di essa
l'ottenere l'espressione dello spirito. A questo si applicò l'arte dei Greci dopo emanci-
patasi dalle leggi jeratiche, le quali prescrivevano tipi stabili per ritrarre la divinità:
anzi in ciò procedettero tanto, che non concepivano la contemplazione sentimentale
della natura in genere e del paesaggio, unicamente vedendo il punto più elevato, cioè
la figura umana.
L'imitazione fedele di ciò che tocca i sensi era dunque necessaria : ma poiché l'imi-
tazione non dovea riprodurre l'apparenza individuale del mondo fisico, si bene delle
forze della vita interna e dell'essere intellettuale, perciò ne veniva una creazione dello
spirito, un'espressione della vita generale. Fra gli Orientali l'arte staccavasi dall'imita-
zione individuale, per dare alle forme un carattere generico e architettonico; e solo
tardi i Greci introdussero il ritratto.
Evitavansi però le forme eccezionali e le particolarità; ed erano generalmente pre-
ferite certe forme ideali, esprimenti grandezza e semplicità. In esse le parti accessorie
doveano essere subordinate alle principali, né vi era sofferta veruna trascuratezza, ac-
ciocché ne risultasse più chiaro l'insieme della composizione.
All'anatomia poco inclinavano persino i medici, non che gli artisti; ma a questi
soccorreano altre occasioni da studiare il corpo umano, ne' bagni, ne' giuochi. Donde
venne una mirabile esattezza nell'imitazione della natura viva nei Greci de" migliori
tempi: quei dell'età alessandrina già tengono del gonfio e forzato: ancor più nei Ro-
mani vedesi surrogata la maniera allo studio immediato della natura.
Nel profilo greco specialmente si ravvisa l'intento di presentare i contorni in tratti
semplici, che producono il grandioso. Certo questo profilo era desunto dalla natura,
pure fu perfezionato mercè di certe esigenze della plastica. La mancanza di vita nel-
l'occhio era supplita dalla grande sporgenza dell'arco del sopracciglio e dall'affossa-
mento degli angoli e delle guancie: vi davano maestà coll'aprirli e curvarli maggior-
mente, grazia e languore con una piega particolare. A Venere faceasi la guardatura un
poco torta (Si qua slraba^ est Veneri similis; si ravOy Minervce. Ovidio}; a Mmerva
gli occhi larghi; bovini a Giunone.
La fronte chiusa in un arco di capelli, è mediocremente elevata, talvolta anche
abbassala col mezzo di bende e leggermente convessa. Delicato e fino si inarca il so-
pracciglio. Il n;iso forma una linea dritta, e di mezzo fra l'aquilino e il simo: quest'ul-
timo essi consideravano per dislinl vo di fisionomie barbare, o proprio de' fanciulli;
ai satiri lo davano per segno di malizia. Il labbro superiore sempre piccolo e di forma
delicata, la bocca lievemente aperta, e il mento rotondo e grandioso, sono caratteri
FORMA DELLA PLASTICA 469
greci. Le orecchie sono finite squisitamente, e nelle dee il lobo trovasi forato, certo per
porvi pendenti di gran valore.
Come noi misuriamo le proporzioni dalla testa, gli antichi le desumevano dal piede;
ina sono naturalmente modificate dalla difTerenza di età, di sesso, di carattere. Dalle
idee popolari dedussero sovente l'associazione di membra d'animali alle umane; genj
alati, centauri, satiri, arpie, sirene.
La nudità parve naturale nelle figure degli atleti, donde passò alle divinità maschili
e alle figure eroiche, altre aveano solo una sopravesle. L'abito serbava certe forme
stabilite e simboliche, sicché le pieghe e il modo di portarle esprimesse il carattere e
l'attività della persona rappresentata.
Nei primi tempi le figure erano caratterizzate con attributi, spesso moltiplicati;
dappoi questi restarono sempre come complementi. La negligenza degli accessori arriva
fino a sorpassare ogni proporzione fra gli Dei e gli animali ch'essi combattono, o fra
essi Dei e uomini affatto piccoli.
Altre cose ci verranno dette parlando dei sogcetti Or basti riflettere come le statue
greche e romane rappresent no più volentieri attitudini calme. Nella Niobe e nel Lao-
coonte è espresso il sofferimento, ma non per passione interna, bensì per vendetta
divina. Neppure la malinconia trovasi atteggiata. Le donne non trovansi mai rappre-
sentate in atti atroci.
CAPO QUARTO
PITTURA E DISEGNO
§ 103. — Dei colori. — Porpora,
Quanta importanza gli antichi attaccassero alla finezza del disegno e alla delicatezza
de' contorni ci è rivelato dalla nota storiella di Zeusi e Parrasio, nella quale noi non
crediamo si trattasse d'una semplice linea, come s'intende comunemente, ma d'un
profilo di faccia, fatto con sempre piìz squisita correzione. Perciò gli allievi erano
a lungo esercitati nelle scuole ad usar lo stile sovra tavolette di cera, o il pennello con
un sol colore sopra tavolette di bosso, or nero sovra il bianco, or bianco sovra il ne-
ro, prima di passare ai varj colori (umbra hominis in lineix circumducta). Per questo
amore della purezza delle linee, lentamente si volsero al colorito e mai non n'ebbero ric-
chezza, neppure la scuola jonia, che amava lo splendor delle tinte.
Di pittura i Greci lavorarono assai meno, talché Omero non ne fa menzione, e Pau-
sania ricorda 1827 statue, e sole 83 pitture e 43 ritratti. Ma se essa vien reputata in-
feriore alla scultura, forse n'ha colpa la scarsezza o inesattezza delle nostre cognizioni.
Plinio asserisce (xxxv. 52) che qualuor coloribus solis immortalia ilio opera fecere, ex
albis melino^ ex silaceis attico, ex rubris sinopiiìe poniica, ex nigris atramento, Apelles,
Echion, AJe.lanthiiK, Nicomachus clarissìmi pictorex. Vuol dunque dire che questi illu-
stri non adoprarono che il bianco di terra, d rosso o sinopia, il giallo d'ocra, e il nero di
piante bruciate. Già sarebbero, non quattro colori soli, ma quattro materie di colori, dalla
cui mescolanza ne risultano altri assai. Pure Cicerone mette il preciso contrario; che
470 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
di quattro soli colori valeansi gli antichi, ma che Echione, Nicomaco, Protogene, Apeìfé
già erano giunti alla perfezione {In piclura Zeuxim et Pulygnotum et Timanthem et eo-
rum, qui non sunt usi plusquam quatuor coloribus, formas et Itneamenta laudamus : at
in Echione, Nicomacho, Protogene, Apelle jam perfecta sunt omnia. Brutus, 18). E
Plinio stesso, che forse mal interpretò questo passo, attribuisce loro due altri colori,
il cinabro e testa-trita. Humphry Davy coll'analisi trovò che nelle Nozze Aldobrandioe
il rosso e il giallo erano di ocra; il verde e l'azzurro, ossido di rame; il nero di carbo-
nacei ; il bruno un misto di ocra e nero, e talora con ossido di manganese; il bianco
carbonato di calce [Philos. Transact. of the R. Society, 1815). In altri colori si accertò
l'esistenza di ossidi, di calci, di carbonati.
Dall'Oriente portavasi in Grecia e a Roma quel cinabro, che diceano fatto colla sanie
del drago schiacciato da un elefante moribondo (Plinio, Nat hist. xxxiii. 38j, e che
pare fosse succo di palme. La rubrica, ocra rossa, di cui dipingeansi i vasi, era una
terra dell'Asia Minore, dell'Ej^itio e della Libia. Nel dipingere colonne e monumenti vi
si surrogava la sinopia, così detta da Sinope città di Cappadocia. La sandraca, del co-
lore stesso, raccoglievasi in riva al mar Rosso (FLI^m, xxxv passim). Il minio succe-
duto a tutti questi rossi, e più splendido e prezioso, si scoperse nelle miniere d'argento
di Efeso, quattro secoli av. C II purpurissimum che lo emulava, era composto con san-
gue di molluschi, pescati in riva al Mediterraneo. Dall Oriente venivano pure, fra i gialli
l'orpimento, che trovavasi minerale in Siria ; fra i verdi Varmenium, pasta di terre d'Ar-
menia; fra i turchini ['indicum prodotto d'una fecola indiana, e il coeruleum che poi si
disse oltremare, fatto di lapislazzuli, che trovasi nell'Asia Minore, nella Persia, e prin-
cipalmente nella Cina.
Sotto i Romani, sul golfo di Napoli si posero officine che trattavano i minerali indigeni
o importati, e vi si componeva quel turchino che dicesi fritta di Pozzuoli; e le tinto-
rìe, ove faceasi il purpurissimum tuffando la creta in sangue di porpore. Celebravansi
pure le tintorie di Narbona: e la Spagna, co' metalli suoi, apprestava qualche succeda-
neo dei prodotti orientali.
Lungamente si discusse sulla porpora, e l'Amati e il Rosa vollero che tal nome si ap
plicasse a qualunque colore, fin al bianco e al nero. Il valoroso chimico veneziano Bi-
zio vi oppose La porpora rivocaia entro i confini del roaso, e si diede a cercar questo
solo colore nei murici. E sebbene l'Olivi, nell'opera sugli « animali che vivono nell'A-
driatico », asserisse in nessuno stato o guisa aver trovalo ombra di porpora ne' murici,
il Bizio nel 1833 la scoprì nel Murex brandari<', come trovò lametistina, licordata da
Plinio, nel Murex tremulus, e coll'analisi mostrò i principj immediati che costituivano
quelle due porpore (V. Annali delle scienze del regno Lombardo-Veneto, t. v. p. 265};
e ne fu premiato dall'Ateneo di Brescia. Studiati poi i buccini, avverò coll'esperien/.a
quel che Plinio dice, Buccinum per se danmatur, quuniam fucum reniittit, giacché,
mentre le porpore resistono ai più forti reagenti, il colore de' buccini si smarrisce facil-
T))euti3, e perciò non adopravasi dagli antichi se non talvolta per diluire e risparmiare
il prezioso liquor della porpora.
Grandi spese vi vorrel)l)ero per eseguire in vaste proporzioni le esperienze da ciò; ma
sembra a credersi veritiero Plinio ove dice che alla porpora laus summa color sangui-
nis concreti, nigricans aspcctu, idemque suspectu refulgens, cioè che essendo cangiante,
splendea per luce rifratta come le gemme.
Per ottenere però la piena restituzione della porpora antica si richiederebbe il pro-
cesso d'applicazione; ma le notizie in proposito sono estremamente scarse: ove poi si
rifletta che ciascun murice contiene appena poche goccie di liquore, e che il murex
tremulus che dà l'amelislina, ne contiene di piìi, ma di rimpatto si trova più dilTicil-
mente, si vede come riuscirà dìfllcile un esperimento in grande.
Dalla pittura ad un solo colore [monochroma] dev'essersi cominciato, e a tal modo
sono le pitture egizie ed etrusche; ma non fu abbandonata neppure dai grandi maestri.
Plinio dice che Zeusi pinxit et monochromaia ex albo, cioè col chiaroscuro qual si ado-
pera ancora; e Quintiliano parla di quelli che siìigulis pinxerunt coloribus, alia tamen
eminentiora, alia reducttora (xi. 5. § 4()). Se ne trovarono pure ad Ercolano, dipinti
forse tutti da un Alessandro d'Atene, di cui le^gesi il nome su uno : AAEZANaPOJ
A0HNAIO2: ErPA«l>ElN.
COLORI. — PORPORA Mi
I colori si stemperavano nell'acqua, mista a colla o gomma ; ma né di chiara d'ovo
né d'olio si Uova seguo nei quadri antichi. Bensì Plinio dice die rnescevasi l'ovo ai co-
lori per darvi splendore (Si purpuram facere maluut, caruleum sublinunt, vwx purpu-
rissimum ex bvo inducunt\ xxxv. 26j. Alcuno crede si tratti del tuorlo, e die in ciò
consistesse il secreto dell'encausto. Che gli Egizj fossero inniinzi nella chimica appare
da quel passo di Plinio, che, dupo preparate le siolTe con reagenti, potevano, tuffandole
in una sola tintura, pmdurvi colori e ligure differenti.
La più stimata era la pittura su legno, massime di larice. Nella età romana si dipinse
pure in tela, il che non vedesi usato ne' mijiliori tempi di Grecia. Plinio dice che molto
usavasi la pittura murale, ma gloria vera non oHeneasi che dipingendo in tavola: Nulla
gloria, nisi eorurn qui tabulas pinxerunt. Donde alcuni conchiusero che le pitture su
muro non fosser eseguite che da manovali. Ma si può credere che i gran dipinti del
portico Pecile in Atene, e del Lesche di Delfo, opere di Paneno e Polignoto, fossero su
tavole?
Vedemmo come i colori si stendessero anche sulle statue e sull'architettura; nella
scelta dei quali erano diretti da idee rituali. Secondo Giovanni Lidio, a Marie era sa-
cro il rosso, a Giove il bianco, a Venere il verde, a Saturno ed a Nettuno il turchino.
11 Giove consacrato da Tarquinio in Campidoglio era dipinto di minio.
Il libro vn (li Vitruvio, e molti capitoli de' libri xxxni, XXXIV, XXXV della Storia della natura di Plinio,
informano sulla natura e la composizione de' colori. Se vi si aggiunga il libro V di Dioscoride,e molte
notizie di Teofrasto Delle pietre, si ba tutto quel che sappiamo di tale materia.
BOETTIGER, Ideen sur Archeologie der Malerei. Dresda 18H.
Jdml'S, De pictura teterum. — Catalogus artificum. Rotterdam 1694.
SlLLlG, Catalogus artificum. Dresda 1827. Supplemento indispensabile al predetto.
Ddba>d, Hisloire de la peinlure ancienne. Londra 1723. È traduzione del lib. xxxv di Plinio, con
multe note.
Triei.SCB, Ueber die epochen der bildenden Kilntle unter den Griechen. Monaco 1829.
Raocl-Rocbette, Recherches sur Vempìoi de la peinture, eie. Parigi 1356.
Ferdi>a>d Hoffer, Hitloire de la chimie. 1842. t. i.
Poktal, Des couleurs symboliques.
Wecker , Alte Denkmdler; stampasi a Gottinga e nel 18G1 usc'i il iv volume , che d'a pitture di Pompej ,
e ragiona sui modo cbe gii antichi dipingeano, se sul legno o sulle pareti, sostenendo, come Raoul-Ro-
cbelte, cbe lavoravano sulle pareti bianche (album), in sussidio o in compagnia dell'architettura.
Gli antiehi dipingevano pure le armi, dapprima con disegni che di huon'ora diven-
nero molto complicati, come lo mostra la descrizione dello scudo d'Achille. I chiosa-
tori di Virgilio pretendono gli scudi fossero coperti d'una tela, su cui dipingevasi. Nell'in-
terno delio scudo della Minerva di i olote, Paneno avea dipinto la pugna delle Amazoni.
I veterani romani distinguevansi dalle reclute per le figure dipinte sugli scudi ; e abbiam
da Vegezio che ogni legione portava un segno particolare sullo scudo; e da Plinio che
gli scudi de' patrizj ornati di ritratti, consacravansi talora nei lempj dove formavano
genealogie parlanti (ISat. hist. xxxv. 2j. Anche le altri parti dell'arraadura coprivansi
di colori.
In generale gli antichi non valgono gran che nel dipingere la luce, e non mostrano
conoscere le velature, ma davano il chiaro ed il rilievo con linee oscure e colpi di luce,
non fusi insieme.
§ 106. — Generi di pittura.
11 paesaggio non coltivarono, poco avendo il senso delle bellezze campestri, siccome
ripetemmo, e siccome appare fin nelle composizioni più insigni di Teocrito e di Virgilio.
La vita e la forma doveano essere in accordo nei soggetti greci; vedervisi la relazione
tra lo spirilo e il fenomeno : né conosceano quel vago, quel fiintastico, che a noi fa de-
liziosi i paesaggi e la natura calma e solitaria. Ai paesaggi che sono su qualche parete
di Pompej, manca ogni prospettiva.
Di rabeschi, cioè incrociature di linee rettangolari, v'è già esempio in Pompej nel
pavimento d'una stanzina laterale al peristìlio nella gynekonitis della casa di Atteone,
172
ARCHEOLOGIA £ BELLE ARTI
nei bagni di Livia, al monte Palatino, nelle sale sepolcrali della villa Corsini, nelle tombe
de' Nasoni, nelle volte delle terme di Tito.
m-
Si sa che questo modo divenne poi caratteristico degli Arabi, la cui fede, separando ._
teramenle Iddio dall'opera sua, e relegandolo al fondo delle impenetrabili tenebre del-
l'unità assoluta, vieta le figure umane, né lascia sfoggiare che nei ghirigori. E ap-
punto da essi ebber nome gli arabeschi.
Il qui appresso effigiato è tolto dalla moschea di Cordova:
L'esclusione delle immagini non è però fra i Musulmani così universale come si crede,
e la proibizione s'interpreta come vieti solo il valersi delle figure a modo d'idoli.
Molte medaglie portano figure umane; alla biblioteca Ambrosiana abbiam due codici
arabi ornati di figure d'animali e d'uomini ; Abderamo 111 ornò di statue le porte di
Zahra in Ispagoa ; tappeti con figure umane si ricordano. Vedi Castiglioni, Monete
cufiche, Liv.
De' Romani è più proprio il grottesco, nome che, dal trovarsi nelle grotte, cioè negli
antichi palazzi sotterrati, fu dato nel xv secolo a quella mistura di figure, di fogliame
di linee, di bizzarrie, di cui ornavansi le pareti. Di là trasse Rafaello l'idea degli ornati
delle loggie valicane a stucchi e pitture, come nella figura qui contro, che sono il più
bel tipo moderno. Si Vitruvio che Plinio disapprovavano questo genere, come repu-
gnante al vero artistico.
Anche il grottesco, nel senso di buffo che oggi vi si dà, fu conosciuto ai Romani, che
forse lo introdussero dall'Egitto, ma senza la significazione che gli Egizj vi attribuivano;
bensì con figure ridicole, e con accoppiamenti capricciosi d'animali diversi. Ne diamo
due figurine appiedi della pag. seguente, che rammentano le caricature moderne.
Mazois conservò una pittura di Pompej, ove in caricature è rappresentato il laborato-
rio d'un pittore (V. Revue archéologique ISio, p. MG). Plinio cita Calade e Antifone,
che dipingeano tabellce comica?. Si conosce un quadro di Ctesilone, allievo di Apelle,
che rappresenta Giove in atto di partorir Bacco, assistito dalle dee. S'iin vaso del Va-
ticano è figurato Giove colla scala in ispalla jier salire alla finestra d'Alcmena, mentre
Mercurio fa lume. Nel museo Boibonico v'è un Enea che fugge con Anchise e Ascanio,
tutti trasfigurati da scimie; e un altro dipinto con due carri, tirati l'uno da un papa-
GENERI DI PITTURA i73
gallo di cui tien le redini un grillo seduto a cassetta, l'altro da un grifone guidato da
una farfalla. Ecco prevenuti Cavami e Grandville.
FtÓGEt, storia del grotteseo-comico, con atlante (teJ.). Lipsia ^8G2.
$ 107. — L'encausto.
Molto praticavasi la pittura alVencausio, fatta con un ferro caldo, sopratutto per ese-
guire ammali e fiori, dove maggiore si richiedeva l'illusionp. Questo modo non ben si
cbiarisce: sappiamo però che o tracciavansi i contorni col ferro caldo sovra tavolette
d avorio ; o stendeasi la cera colorata sopra tavolette di legno o d'argilla, mediante una
punta rovente ; o si dipingevano i vascelli con un pennello intinto in cera fluida mista
a pece, che, oltre rornamenlo, serviva a preservare dall'azione dell'acqua.
Letbonne, nel Journal det Savans , settembre ^835-, e CiBTrEB, nella Revue archéologique , deunìeme
annee, première panie. Plinio dice che Parrasio dipingeva in membranit, cioè su pergamena.
174 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
§ 108. — Pitturi! murtile e in tavola.
La pittura murale, che rimonta a tempi antichissimi, passò dagli ipogei e dai tempj
a decorare gli appnrtamenti. Nelle pitture parietarie delTEtruria i colori son sempre con-
venzionali ; le donne bianche, gli uomini di rosso cupo, cavalli e uccelli cerulei ; essendo
destinate unicamente a rilevare l'archilellura.
Pitture si trovano ne' più antichi monumpnti egiziani: e i colori adoperati erano il
bianco, il nero, il rosso, il giallo, il verde, l'azzurro di cobalto, che da noi fu ritrovato
solo da un secolo. Essi sono conservatissimi, e li stendevano sulla tela, sul papiro, sul
legno, ed anche su pietre molli o dure. Certo mescolavano ai colori altre sostanze, che
ne rinforzavano o modificavano l'effetto niiturale; e devono esser applicate con mor-
denti efficacissimi quelli che penetrarono nelle pietre dure. Talvolta vi son dorature.
Anche gli Etruschi adopravano la hiacci, su di essa tracciando poi i contorni delle fi-
gure in nero, e dentro questi disponendo pli altri colori: Plinio ne ricorda di esistenti
al suo tempo in Ardea, anteriori alla fondazione di Roma: parecchie se ne trovarono
negli ultimi scavi.
Non sembra gli antichi conoscessero la jiittura a fresco^ qual l'intendiamo noi. Colla
calce fresca non sono compatibili le lacche, il bianco di pionìbo, il minio, l'orpimento,
che sono i colori piìi frequenti nelle pitture antiche. Quel che Plinio chiama in udo pa-
riete pingere, è spiegato da un passo di Vitruvio, ove dice che sui muri ancor freschi
stendevansi le tinte generali, come nelle nostre camere, e sopra di esse poi si dipingeva.
A Pompej, ad Ercolano e altrove si vede di fatto che la pittura penetrò talvolta fin
mezza linea ; sopra vi si pingeva o a tempra con colori sciolti nell'acqua; o all'encausto.
Ma di veri adreschi non è vestigio né fra Greci, né fra Egizj, o Etruschi, o Romani. Vi-
truvio parla di pitture a Sparta su muro di mattoni, che furono chiuse in cornici di
legno e portate a Roma.
RiTSCHi, De veterum Grcecorum jÀclura parietum conjeclura. Lipsia iSòi.
Letbonne, Lettre d^un anliquaire à un artiste sur la peinlure murale.
— Leflres sur la peinture histurique murale 1835. Per testimonianza di Himerio , sostiene che
le opere di Polignoto e Micene, nel Pecile d'Atene, vedeansi ancoFa al fine del IV secolo d. C, cioè 850
anni dopo eseguite.
§ 109. — Pitture antiche avanzate.
Pochissime pitture ci avanzarono degli antichi, e fin testé la principale era quella
intitolata le Nozze Aldohrandine, perchè scoperta nel monte Esquilino durante il pon-
tificato di Clemente Vili (Ippolito Aldobrandini) , e che ora trovasi a Parigi: è uno
stucco, ove dieci figure in tre gruppi ben composti, eseguite con assai franchezza,
rappresentano le nozze di Teli e Peleo. Ora si ebbero centinujn di pitture da Ercohmo,
da Stabia e da l'ompej, fra cui stimano maggiormente le due Nereidi, la mercantessa
d'Amori, Telefo nodrito dalla capra, un Chirone e Achille, Perseo e Andromeda, Bri-
seide consegnata all'araldo di Agamennone, nove funambuli che noi daremo più sotto,
la figlia che allatta il genitore, il Zefiro e Glori.
i,e pitture di Pompej son preziose in quanto ci offrono vivissime analogie con quadri
antichi di cui abbiam la descrizione, tanto da crederle copie, fatte da artisti dozzinali.
Così l'Ercole fanciidlo del museo Borbonico richiama quello di Zensi descritto da Plinio
fxxxv. e. 9). Un'altra riproduce in parte quel che sappiamo del sagrifizio d'Ifigenia,
fatto da Timante, e descritto da Cicerone (De perf. orai, e da Quintiliano [Orat. inslit.
II. 15). Quella che ritrae Achille in Sciro conviene colla descrizione breve ma >'iva la-
sciataci d'uno de' più preziosi lavori della scuola di Corinto (Pi.imo xxxv. c. 11).
Superiori alle Nozze Aldobrandine son anche le pitture uscite da un sepolcro
di famiglia greca, scoperto in Roma sulla via Latina, e illustralo dal padre Secchi
[Roma 18i3).
La maggior ricchezza di pitture ci è data dai vasi, dei quali parleremo distintamente
nel Capo seguente.
MUSAICO. 17o
Peiniuret antiques, imiléei fidèlemenl pour le$ couleurt et pour le Irait, d^aprèt les deisini coloriit
failtparP. SAMr-BABTOLi. Parigi 175T, 178^.
Zahn, Die schiSmlen OrnamenU und merkwilrdigtlen Gemàlde aut Pompei, Herkulanum und Slabia.
Berlino (828.
— r Ornamenla aller klaisifchen Kumiepochen nach den originalen in ìhren eigenlhumlichen Farben
dargeslell. Ivi 1832-48.
Mai, Homeri lliuis, pirlurce antiqua ex codice Mediolanenti. Roma •1835.
— firgilii picturcB antiqua ex codice Valicano. Ivi 1853.
§ 110. — Musaico.
Donde avesse nome il musaico non si sa, ma pare dalle Muse, e consiste nell'unir
pietre o smalti in modo che rappresentino un disegno. A questo modo gli antichi face-
vano pavimenti con tesselli duri {tea^eruloe) uniti con un mastice {opu!^ teanollatum, ver-
miculatum), talvolta disposti a disegno, talaltra simili ai nostri terrazzi alla veneziana;
cioè, coi mazzi spezzato del marmo di varj colori, se ne spargeano i frantumi sovra
un mastice, il quale prendeva in mudo da divenir capace d'una bella levigatura, co-
munque informe.
Questo cemento calcare è men durevole del mastice adoprato dai nostri: oltre che
Tessere di durezza differente, i vetri, i marmi, le argille, spesso adoperati insieme, fa
si guastino facilmente. I nomi variano secondo l'arte. Vermiculatum opus diceasi quello
di pietruzze ros-e e fine. Altre volte i pavimenti si facevano con segmenti di lastre, di
forma e colori diversi, commessi in guisa che offrissero riquadri o scacchi, e diceansi
opus testellaium o quadralarium. Nell'opu»! si'ctile o variano le linee che circoscrivono
un campo di un colore, o variasi anche il campo per ricevere l'opus vermiculatum.
Negli ultimi tempi si collegarono anche vetri di più colori nelle finestre. Con fili di
vetro fusi insieme formavasi pure un'altra specie di musaico.
La parte più noliile del musaico è il formare dei quadri, al qual modo si eseguivano
i pavimenti delle case ricche. Alla soglia sovente si faceva un cane: ne'triclioj simula-
vansi avanzi di mense e spazzature: nei cubicoli spesso un soggetto osceno. Alcuni ci
pervennero tanto più preziosi perchè è probibile ritraggano quadri d'autori periti;
tal è quello trovalo nel tempio della Fortuna a Preneste, che credesi fatto porre da Siila;
quello della villa Albani, della Barberini, di Otricoli. Rinomate sono le colombe del
Furielti, ora nel museo Capitolino, e trovate nella villa Adriana a Tivoli.
Ultimamente si scopersero due grandi musaici. Uno nelle terme di Caracaìla, e posto
nel palazzo di Laterano a Roma, figura la scuola degli atleti distinti in alunni e gin-
nasti; e fu illustrato dal p. Secchi (Roma 1843), con molte particolarità su tal genere
di lavoro e sulla palestra. L'altro è il famoso dissotterrato a Pompej il 24 ottobre 1831,
lungo palmi 21 e largo 10 1 [2, figurante una battaglia, che si suppone quella di Ales-
sandro al Cranico.
A musaico talvolta si facevano le iscrizioni, come nel pavimento scoperto il 1842
a Terracina. Fra altri musaici di Pompej ricorderemo la fontana trovata nel 1833 in
una casetta dietro al tempio della Fortuna, che rappresenta un'edicola colla statua del
dio, fiancheggiata da fregi e animali. Talora se ne ornavano le volte. Si fecero anche
musaici sopra rilievo, come ve n'ha alla collezione di Ambras a Vienna.
Il musaico fu presto adottato da' Cristiani, e nelle chiese di Roma se ne può seguitare
la serie dai primi secoli fin al risorgimento. Sotto Teodosio li già erano di tanta impor-
tanza questi lavori, che i Musivarii erano dispensati dai servizj pubblici (lib. x de ex-
cusatione artipcum).
Orai rausaicisti di Roma adoprano quindicimila varietà di colori, ciascuna delle quali
ha le sue gradazioni dal più chiaro al piìi caricato.
FcB!ETTi, De mu$ivi$.
De Viels, Sulla pittura a mu$aico.
§PBETi, Compendio tiorico dell'arte di comporre i musaici. Ravenna 1804.
Luigi Bossi, Sui cubi di vetro opalizzanti degli antichi musaici. Uilano -IS09.
F. Q. Visj;osTi, Sluseo Pio-C tementino, tav. g. xii.
ftliAB4si4, femi *ul grart muiaifp di Pompej. Napoli -1851 .
176 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
gin. —Smalto.
Smalto chiamasi spesso qualsiasi vetro, colorato da una sostanza metallica che gli
tolse la trasparenza : siffatti erano molti scarabei antichi, e grani o cilindri per le col-
lane egizie, e i cubi che si adopravano per musaici. Più specialmente dicesi smalto un
rivestimento di materia vetrificabile sopra lavori di terra cotta o metallici. La pittura
su smalto consisteva fra gli antichi nel ricavare nel metallo un disegno, poi l'incavo
riempiere d'una vetrificazione di molti colori, e così ottenerne una rappresentazione.
Nel medioevo si continuò questo modo, come può vedersi nella corona di Agilulfo e
in una croce pettorale a Monza, e nella corona di Carlo Magno del tesoro di Vienna.
Solo nel 1538 Ugolino Vieri, facendo l'ostensorio di Orvieto, empì i vani di smalto
bianco, su cui dipinse a colori vetrificabili, modo che fu poi perfezionato, e che con-
serva inalterabili i dipinti.
JcLES Lab&bte, Recherchet tur la peinture en email dam Vanliquité et au moyen dge. Parigi 1836.
gll2. — Del disegno.
Fondamento dell'arte era l'imitazione reale o l'assoluto rilievo; non già l'imitazione
della sola immagine ottica. Pertanto gli antichi trattarono il bassorilievo come la sta-
tuaria, e la pittura come il bassorilievo.
Nel bassorilievo si mirò a rappresentar tutta la parte del corpo, piena e rotonda al
possibile; ma in appresso s'adoprò qualche varietà nei piani e qualche scorcio.
Dipoi anche nella pittura s'introdusse la prospettiva, sin a formare un ramo partico-
lare co! nome di sc?nor/ra^a,ldovesi guardava non tanto alla correzione del disegno, come
a far illusione. Però gli artisti veri ponevano più mente alla rappresentazione compiuta
delle forme nella totale loro bellezza e in tutto il loro carattere, che non all'illusione
prodotta mediante lo scorcio e la diminuzione delle figure: quindi la pochissima cura
alia prospettiva aerea, e al contrasto dei chiari e delle ombre.
I bassorilievi egizj sono sempre di profilo; quei di Selinunte anche di prospetto, ma
nella maniera medesima. Quei delle tombe attiche sono di profilo più preciso, come se-
gati per lo mezzo del naso. Nei bassorilievi del Partenone la più parte sono di profilo
evitati gli scorci troppo rigidi, mentre ce n'ha in quei di Figalia.
Spesse volte il concetto della figura nascea dal posto ch'essa doveva occupare archi-
tettonicamente, giacché i bassorilievi non servivano che a riempiere dei vuoti. Da ciò
sono determinate le composizioni dei frontoni de' tempj. Non si conosce verun basso-
rilievo che slesse isolato.
II non saper disporre ne' quadri le figure sopra diversi piani, facea che quelli si fa-
cessero sempre di poche figure.
§ 115. — Soggetti delle arti del disegno, e composizioni.
Discorsa fin qui delle arti belle la parte tecnica^ cioè la materia e il modo ond'era trat-
tata, e le forme in quanto possono considerarsi separatamente dall'arte, rimane ora che
discorriamo dei sofjgdli e delle composizioni^ vale adire delle immagini intellettuali.
Nell'arte più antica hanno gran parte i simboli (§ 551, metafore del disegno, con cui
non si rappresenta ma si indica l'influenza arcana delle forze universali della natura,
sovente sotto immagini strane, e sempre con forme indecse. Questo linguaggio è co-
mune a tutti i popoli, e naturulmente varia dagli uni agli altri, né sempre è possibile
trovarne il sii;nificiilo o il motivo Con simboli i Messicani rappresentav.mo la loro storia,
ed anche idee astratte. I Persiani e gli Ebrei, escludendo le rappresentazioni della
divinità, ritennero i simboli; ne son pieni i Profeti, e tali erano i cherubini dell'Arca.
Sino il firmamento fu ornato di simboli, quali sono quelli dello zod aco. Spesso erano
fondati sopra capricciose tradizioni : se crediamo ad Orapollo, gli Egizj tenevano l'a-
•voltojo non fosse che femmina e concepisse d'aria, laonde era preso per simbolo del
IIUUUG BIMliULlCUE
1T7
«esso femminile; che il cinocefalo presso a morte perda ogni giorno la eettantaduesima
parte di sé, laonde era simi)olo della ti^rra divisa in settantadue parti.
Vanno ascritte al sitnliolo tutte quelle aggregazioni di parti eterogenee, ijsate special-
mente fra Indiani ed Egizj, come nella figura qui esibita dell'indiano Ganesa; ossia la
rappresentazione di parli isolate, occbi, teste, braccia ; o la moltiplicazione di membri,
come nella trinità indiana, qiial vedesi in queste due altre figure;
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Comunissime §ono tali congiunzioni fra gli Egizj, e siano esempj l'Anubi qui sotto
figurato (i\" I), e l'Arueri a pag 52. Sempre poi le loro divinità recano simboli, e so-
vente geroglifici, come nella figura di Anuke a pag. 53, e in quella a pag. 461.
In queste altre di Athor al IN" 2. 3, vedonsi a quella dea affisse alcune parti degli enti
a lei sacri; oreccbie di vacca, l'avollojo, l'ureo, il disco.
1 2 3
Camù, Dvcurnenti. — Tom. 1, Archevlvgia e Balle Arti
12
178
ARCHEOLOGIA E BELLE Ami
Anche nelle scultura ora scoperte a Ninive son uomini con testa d'uccello, tori con
teste umane, come qui sotto.
1 Greci colia religione ricevet-
tero dall'Oriente anche i simho-
li, e se ne trovano traccie nella
Cibele tutta a mammelle che sta-
va ad Efeso (pag. 39), nel Briareo
dalle cento braccia, nell'Ecate
triforme. Pure lo squisito lor
gusto non sapeva acconciarsi a
quelle stravaganze; ed anche
dove lo serbarono , eran però
ligure non create a fantasia, ina
tratte dal positivo, al più combi-
nando parti eterogenee: i satiri
son uomini con ringhio beffardo,
e corna e gambe di capro; le
sirene son donne finite in pesci:
finite in uccelli le arpie; uomini
i centauri, con corpo di cavallo;
anzi talora l'uomo è intero, e il
cavallo non forma che la parte
posteriore. L'applicare attri-
buti d'animali a figure umane
crebbe nelle successive comuni-
cazioni coll'Orienie.
La mitologia greca deriva evi-
dentemente dalla orientale: ma
mentre la orientale esprime il
culto della divinità per via di
simboli grossolani tratti dalla
forma umana, o mescolando que-
sta alla forma animale, o ridu-
cendola a caricatura; la greca
non cerca esprimere la divinità che colla forza, la nobiltà e la bellezza umana. Tale svi-
luppo non si fece tutt'a un tratto, e in Omero appajono ancora tracce di questo modo di
rappresentare il pensiero religioso; poi dileguarono così nella poesia come nelle arti ,
dove, se in qualche figura si conservò, fu in modo secondario, e subordinatamente
alla bellezza umana.
La piij consueta deviazione dalle forme naturali fu quella delle figure alate. Romani
e Greci non usarono gran fatto rappresentare così gli esseri^di ragione personificati: in
Esiodo le varie creazioni teogoniche non hanno ale: Omero nomina soltanto Iride
dall'ali d'oro (/puió'vrsp')-). Nella statuaria j;reca non si trovano queste misture che
nelle Gorgoni e nelle Eumenidi, oltre i talari di [Mercurio, Più tardi si applicò ad altri
enii di ragione, come Amore e Imene, e ai genj delle sepolture e dei misteri.
A Corinto e in Etruria invece abbondano le figure alate , ma piuttosto su vasi e in
pittura. Alata faceasi pure la Fama, e così la Vittoria, la quale, in un bellissimo basso-
rilievo dell'Acropoli di Atene, sta levandosi i sandali, quasi ad indicare che più di là
non deve partirsi.
Sul tardi i Romani ricevettero molti simboli col culto di Mitra. Un campo più basso
restò ad artieri manuali , (jual fu il preparare amuleti alla superstizione, dei quali di-
scorreremo più avanti.
Per consueto però i Greci diedero agli Dei , come i vizj e le virtù , così la figura
umana; cessate le astrazioni, li riducono uomini, tanto che spesso, per esempio sui
vasi, si mette il nome per discernere la divinità. Pure ogni divinità aveva una fisionomia
sua propria (sua quemque deorum In^cribit facies; Oviao, Mctam. vi. 74j, e giova il
conoscerle per distinguere a primo aspetto la rappresentazione d'un monumento. S'ag-
MITI, EROI. niTKATTI
giungano le personifica-
zioni , che si eslesero a
tulli gli enli di ragione:
le Muse, il Tempo, l'An-
no, i Mesi, le Stagioni,
il Giorno e la Nolte, le
Ore, l'inferno, la Morte,
il Destino, i Venti, gli
Elementi, i Genj della
vegetazione, de' fiumi,
de' monti, de' paesi, delle
città, delie vie, le Atti-
vità umane.
Crebbe il campo col-
l'unirsi alle indigene le
divinità estere , fosser
quelle dell'antica Italia,
fosser quelle degli stra-
nieri, massime dell'Egit-
to e della Persia, come la
qui contro. Anzi talvolta
si fecero statue paniee ,
cioè coi simboli di differenti divinità riuniti sopra una sola.
179
§ 114, — Soggetti delle arti del disegno, e composizioni
La ricchissima mitologia greca offriva innumerevoli soggetti , e bellissime combina-
zioni all'arte. Gli eruditi ne formarono diversi gruppi o cicli, ai quali innestarono le
rappresentazioni delle favole, come le fatiche d'Ercole, le imprese di Teseo, di Beliero-
fonte, di Giasone, della guerra di Tebe.
Alcuni, che si staccano affatto da quanto si conosce, con nome dedotto dalla geolo-
gia, furono intitolati miti erratici. Tal sarebbe, nel museo di Berlino, un Mercurio che
fa una figura di cigno colla testa di fanciulla semivelata.
Di molti non si può dare spiegazione, perchè perirono le poesie a cui si riferivano;
e il Visconti confessa non avrebbe potuto chiarire l'insigne vaso Poniatowski, se non
l'avesse soccorso l'inno a Cerere scoperto recentemente a Mosca. Ciò tanto più accade
di quelli che si riferiscono a costumi di paesi incogniti, o che non lasciarono una let-
teratura.
Hevne, De causis fabularum seu mythorum physicis; negli Opuscoli accademici.
Crel'ZER, Dionisiache, e Religioni deìV antichità.
Ott. Mceller, Proleg. zu einer Wissenichafl mytolog. Gottinga -1823.
Hartl'ng, Die Betigion der Ròmer.
Giitler und Heroer griechen und romer. Berlino -1826.
Clavel, Hitloire pittoresque de toutes les religioni.
Millin's, Mythologische Gallerie. Berlino -1856, 2 voi.
F. Triersco, Diss. qua probatur teterum arti/ìcutn opera velerum poetarum earminibut optime eX'
plicari. Monaco -1833.
A Monlfaucon 'e scemata l'autorità dalla mescolanza d'esempj moderni. Mongez, Recueil d^ antiquilés , e
più completo che Cori, Wiuckclmann, Viscanli ecc.: li trae da monumenti: ma le medaglie gli offrirono
teste sloriche, per esempio d'Omero, che naturalmente mancano d'autenticità.
Venivano poscia gli eroi, distinti per fermezza di lineamenti e precisione di forme,
anzi a queste ravvisavansi, anche indipendentemente dai loro simboli: dal che gli an-
tiquari hanno grande ajulo a riconoscere non solo le statue intere, ma anche i fram-
menti.
Oltre i cicli d'Ercole, di Teseo, di Tebe, infiniti soggetti offrivano la guerra di Troja
e gli episodj ad essa relativi ; e nella espressione della ricchezza di caratteri da Omero
trovati, apparve grandissima l'arte greca. È però falso che Onaero solo avesse il privi-
iSO ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
legio di somministrare soggetti alle pitture; e i vasi scavati recentemente attestano che
a gran torto si ripudierebhe la spiegazione d'una favola, perchè in mnniera difTerenfe è
data da Omero. Il famoso specchio etrusco del Tiresia rappresenta l'evocazione delle
ombre narrata neìVOdissea, con circostanze tanto diverse, che non può credersi dedotta
da quella.
Questi già sono un passaggio della vita eroica e de' semidei a quella affatto umana.
La storia fu spi'sso trattata dai Greci; e in pittura sappiamo essersi figurali i fatti della
guerra persiana nel portico l'écile. Ma in plastica le composizioni storiche si può dire
non comincino che con Alessandro. Ben v'aveva alcuni fatti prediletti dagli artisti, e
simili a miti, come la storia dei fratelli di Ciitania , Ero e Leandro , e avvenimenti di
filosofi e poeti, come il colloquio estremo di Socrate, Creso sul rogo ecc.
I Homani più fre(|uentarono le composizinni storiche (Giugurta , Curzio, Scevola , la
morte di Cesare, di Lucrezia), e ne son pieni gli archi di trionfo, e cosi le monete im-
periali. Pure è uotev()le che, delle tante pitture del museo Borbonico, due sole sono di
soggetto storico, Sofonisha e Mas^inis^a e la Carità greca. Molte volte ritrassero le apo-
teosi, ritorno dalla vita umana alla celeste, i.e scene poi di vita civile sono sempre ac-
compagnate da figure mitologiche ; Amore, Giunone, la Vittoria ecc.
Livio fxii. 28) racconta che Sempronio Gracco console dedicò nel tempio della madre
Matuta, il 174 av. C, una pittura che consisteva nel piano dell'isola di Sardegna, colla
figura delle varie battaglie ivi da lui combattute. E Plinio (xxxv. 7), che Lucio Ostilio
Mancino nel 147 av. C. espose nel fòro una pittura della presa di Cartagine, dov'erano
rappresentate le parti più cospicue e i varj iucidenli, È ben difficile immaginarsi pit-
ture sifatte.
A fare ritratti si cominciò in onore de' vincitori de' giuochi sacri, sicché erano in
qualche modo legati al culto patrio. iMolt'plicaronsi poi a misura che all'amor della
patria e della libertà sottentrò l'ambizione politica e l'adulazione.
Facevansi più sovente di bronzo, raramente di marmo ; statue intere, o busti, o ermi,
0 scudi. Dapprincipio rappresentavano alla libera il carattere fisico e morale; col che si
produssero anche ritratti di antichi, come Omero e i sette Sapienti: dipoi v'ebbe artisti
specialmente occupati ai ritratti degli scrittori, e massime de' filosofi, per ornamento
forse di musei e biblioteche. Appunto perchè se ne formavano collezioni, ce ne arrivò
maggior numero che non di busti di principi, nei quali l'aspetto umano soleva idealiz-
zarsi. Di Alessandro ne abbiamo assai; e dopo di lui la serie delle dinastie elleniche
può ricavarsi dalle monete.
A Roma nell'atrio delle case tenevansi efiRgie di cera dei re o degli antenati ; ma le
prime dovettero esser ideali , e tali in conseguenza i busti che tardi si fecero de' re e
de' primi eroi. Solo all'età degli Scipioni ponno cominciare busti Hutentici. Cesare fu
il primo, di cui vivo si ponesse l'effìgie sulle monete battute nelle provincie; l'imita-
rono i suoi uccisori e i triumviri; poi abbiamo compiuta l'iconografia degli imperatori,
mentre son rari i busti di poeti e dotti romani. Ad Ercolano trovaronsi statue onorifiche
di famiglie intere, come i Balbi.
Varrone uni alle sue biografie cento ritratti, e così Pomponio Attico alla sua opera
sugli atti degli illustri Romani. Cicerone parla di quelli che davansi fra amanti, e a
Properzio destavano gelosia juvenwn facies pictoe; e altrove aut certe tabulce capient
mea lumina piclce.
Le molte iconografie cedono alle insigni di E Q. VISCONTI. Yedansi pure :
Gcblitt's, Versuch Uber die Buslenkunde, 1800.
HiBT, Veber dai Bìldnisi der Alien ecc. 1814, e Bilderbueh^ che 'e l'iconograGa per la mitologia, l'ar-
cheologia e le belle arti.
Clavel, UUloire pilloresque de loules lesreligions. Parigi -1844.
Le cerimonie del culto sono spesso rappresentate dagli antichi e ne' greci bassorilievi
mostrano grande semplicità in piccola estensione; ne' romani sono più estesi e di
maggiori particolarità. Fra i greci souo notevoli (juei che figurano ollerle ai morti, che
attestano una specie di cullo delle tombe, negato da molti. Per culto domestico pure
consacravansi erme e statue, come ne fanno fede molli bassorilievi e gemme. Ai perso-
naggi che avevano principal parte nei sagrifizj , davansi nelle statue atteggiamenti che
SOGGETTI VAnj. PORNOGRAFIA 181
le esprimessero. Figure proprie di sagrifìzj erono le cenefore e oltre fanciulle e jerodule
e vestali, consacrale agli Dei. Da questa serie di opere deduciiimo le principali informa-
zioni inturno ai riti sacri.
Nelle rovine di iNinive il Botta ritrovò in argilla l'Kroe che conibalte il lione, sog-
getto niitriaco, di cui forse sei ripetizioni si conoscono. Prediletto tema erano! giuochi
ginnastici. La serie delle statue de' vincitori olimpici è perduta, salvo forse qualche
frammento; ma di alcune restano copie: poi bassorilievi, vasi, gemme, monete ci com-
piono la serie di tali esercizj.
Studiavano ^li antichi nell'attribuire forme determinate a ciascuna professione , e
tanto più a quelle che portavano lo sviluppo di membri o muscoli speciali. Altre volte
sono distinti o dalle corone, o dall'arma, o dalPiitto: tali abbiamo il Discobolo, i Lot-
tatori, l'Atleta che si unge. I Romiini più volte ritrassero, massime a musaico, le lotte
equestri, e giuochi del circo : gladiatori effigiavansi sovente sulle tombe.
Frequentissimamente i soggetti sono dedoui dal teatro ; e perciò capitale è nella storia
delle arti la conoscenza de' drammatici greci e de' frammenti. Anche le danze vedonsi
spesso sui vasi e sui n)uri : così pure battaglie, delle quali poi si hanno tante rappre-
sentazioni sugli archi trionfali , ed anche (|ualche statua , che forse formava parte di
gruppi maggiori ; tali forse il Gladiatore Borghese, e il Gladiatore morente, che oggi si
reputa un guerriero Gallo spirante sul campo. Nelle battaglie navali l'uomo primeggia
sempre sopra la massa inerte.
Sulle stele sepolcrali sono riprodotte sovente le scene della vita domestica; e forse a
tal genere appartenevano quei bassorilievi, che ora trovansi sparsi ne' musei. Alti legali
sono pure rappresentati non di rado, come emancipazioni, giuramenti, provocazioni,
giudizj , bandi di legge. Spesso anche le caccio, principalmente del cinghiale, e scene
campestri, riferentisi per consueto al ciclo di Cerere e Bacco, e dove hanno gran parte
i Satiri e gli Amorini. Con molta varietà rappresentossi pure il pescatore.
Le scene campestri spesseggiano nelle pitture etrusche. Sono conosciuti il fanciullo
che si trae la spina, e quelli in lotta con oche, e altri con anfore sulle spalle per orna-
mento di fontane. Scene domestiche frequentano sui vasi italioti; talvolta cerimonie
funebri.
Di simili soggetti è maggior abbondanza fra gli Egizj , ne' cui ipogei può dirsi effi-
giata tutta la vita. Il museo di Torino ha circa ducenlo quadri egizj fra intagliati e
dipinti, di cui venti su legno, di colori freschissimi, e che figurano cibi, fiori, frutti
offerti a uomo o donna, champollion in un ipogeo presso hi kah vide un bassorilievo
rappresentante il battere dei covoni di grano col mezzo de' bovi. Di sopra è una canzone
geroglifica, ch'egli pretese leggere così: Battete per voi (ò?s), o bovi; baitele per voi
(bis) delle moyyia per voi, delle moggia pei vostri padroni.
Le mense e i simposj avevano un carattere solenne, molto opportuno all'arte. Suj
vasi funerarj spesso ricompajono, come simbolo di godimenti materiali dell'altra vita,
e dove i morti hanno e vivande e suoni e cortigiane. Altre rivelano scene maritali; un
efebo che persegue una fanciulla, la sposa consegnata da Giunone al marito, il bagno
della fidanzata, la processione di essa in carro, la sua tavoletta. A Pompej si trovarono
molte rappresentazioni domestiche; ora una biblioteca finta , ora una cucina, o una
mensa fornita.
Le pitiure oscene erano comunissime nelle case greche e romane, e massime nelle
camere da letto {Sic quoe concubttus varios , Venerisque fìguraa Exprimat , est ahquo
parva tabella loco. Ovidio, Trist. ii); tantoché come pericolose alla virtù femminile le
rimproverano , non solo i santi Padri , ma Ovidio perfino e Properzio (Eleg. ii. 5j. Fa-
cevansi per lo più sopra tavule; e gli zerbini ne portavano indosso entro i dittici: ma
ciò che parrà più strano, esponeansi sotto i portici de' tempj: uso forse derivato dal-
l'età quando tali rappresentazioni non erano che allusioni mistiche. Gli scavi d'Erco-
lano e Pompej ne olVrirono tante, da formare un ricco gabinetto osceno. Molte ne ha
pure sui vasi , molte nelle tombe, ed anche ultimamente se ne trovarono nei sepolcri
scoperti alla villa Painfili.
Artisti inferiori ebbero a ritrarre, per mostre di botteghe , o per cippi sepolcrali , le
diverse professioni ; donde oggi caviamo curiose cognizioni.
L'amore de' Greci pel bello e per la vita fece che di rado rappresentassero la morte.
182
ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
Ne simboleggiavano l'idea con genj, o con scene di addio, di viaggi, di sonno. Scheletri
e teschi non coinpajono tra questi simboli che tardi; ma a Pompej si trovò una donna
che adorna uno scheletro fpag. '154); a Napoli un cippo, su cui uno scheletro, dalla
cui bocca vola una farfalla. A Pompej si sterrò pure un teschio fatto d'avorio; ma
sembra falso. Altrove uno scheletro che balla al flauto di Sileno, previene le famose
danze dei morti. Un gruppo di scheletri è scolpito nelle rinomate grotte di Ellora nel-
l'India. Talora lo scheletro veniva presentato ai banchetti, come vedesi in qualche bas-
sorilievo, e com'è accennato in Petronio.
Olfers {Schrifìen der Beri. Àkad. ^836., p. ^ e 30, pi. ^-b) raccolse gli schelelri esistenti in monumenti
antichi. Alcuni sono presentati da Spon, Recherches curieuset^ p. 91 e 92.
§ H5.
Vestì e acconciature
Della coltura del corpo molta cognizione'possiamo ritrarre dai monumenti grafici.
Gran varietà corre fra' popoli e fra' tempi circa alla barba e ai capelli. 1 Cinesi si
radono affatto, tranne una ciocca alla nuca che cade in lunghissima treccia. Gllndiani
tingevano capelli e barba. La foggia degli Ebrei può argomentarsi da quella de' moderni
Arabi e Siriaci, come in queste teste:
D'Orientali sono pure le seguenti, di cui la prima è d'un babilonese; la seconda
d'un re persiano arricciata stranamente; la terza egualmente ma con varietà , secondo
pitture scoperte ultimamente a Xanto; la quarta di un greco-siriaco, secondo le scul-
ture di Palmira:
ACCONCIATURE DEL CAPO
188
I Persiani inanellavano i capelli, come troveremo in molte figure di quest'opera, e se
li radevano in segno di duolo. Gli Egizj li portavano lunghi, e tagliavano la barba; ma
i sacerdoti loro erano sempre rasi il capo. Soleano però rimettersi barbe posticcie, più
0 men lunghe, e diversa-
mente pettinate: lunghissi- _ ^^^ \^ \f
me nei re (fig. 1. 4. 6. 9.
dO}; negli Dei accartocciata
al fondo (fig. 2. 3. S. H):
Gli Ateniesi coltivavano la
barba (jro^wvoTpoystv). Gli
Spartani lasciavano crescere
capelli, barba e baffi. Singo-
larmente proprio dei filosofi
era l'aver lunga barba (toiywv
^3(30,), qual segno di virilità;
donde i proverbj rwvwvoTpo-
barba non fa il filomfo; e "Ex r^iyojvo,- ffoyoc, filosofo di barba. Dopo l'età dì Alessandi
si rase la barba , talché le statue
posteriori non l'hanno. F Greci por-
tavano capellatura cascante in anel-
la , ma gli atleti la usavano corta.
E corta e crespa faceasi per espres-
sione virile e forzosa, rialzata sul
mezzo della fronte per esprimere
orgoglio e confidenza nelle proprie
forze.
Dalle antiche statue possono rac-
cogliersi le differenti acconciature ^ l )
del capo. Questi sono dell'Apollo •^|\\^ " y/// ' /i
di Belvedere e d'una Diana del mu- ^'^ ^ic^-'^^^^V^/ -^
seo Britannico, dove i capelli fanno
arco attorno alla testa [Mf.T,i) :
18i
ARCHEOLOGIA È BELLE ARTI
Nella prima qui sotto di Ercole, pur del museo Britannico, la pettinatura dicesi mallo
cioè]lana, perchè ricciuta a guisa del vello di pecora:
Meglio può vedersi nell'Ercole Farnese, che nella 2 ravviciniamo alla figura del toro
pure Farnese:
i 2
11 Giove di Vaticano, che si suppone copia di quello di Fidia, imita il leone, il quale
gli mettiamo a fianco qui sotto, desunto da uno del museo predetto:
Tale acconciatura de' capelli è conservala in tulli i discendenti di Giove, quali Escu-
lapio, Alessandro ecc. A Plutone si dà la chioma più lunga e dritta, e gli si pone in
capo il moggio, che in questo esempio (fig. 2), tolto dal museo l^ritannico, è ornato di
ulivo. Nettuno ha chiome men folte, che si sollevano sulla fronte, e scendono a cioc-
che 0 a fiocchi, come in quello del museo stesso (fig. 3) :
Un Cupido (fig. 4) ha le caproncB o antice cioè capelli cadenti sulle tempia. 11 più
bell'Apollo vedemmo a pag. (83; ma ordinariamente è rappresentato col crohilo, e la
chioma gli casca sul collo, come in uno di quel museo (fig. 5J:
3 4 5
ACCONClATUnE DEL CAPO
is-
Del quale è pure questa Giunone, colla chioma spar-
tita sulla fronte , e ornata d'una corona:
Altre foggie di donne greche presentiamo qua :
lericolo ) ; al qua
ritrovano molte a
decadenza. Ecco quattro fogtjie d]
Iietlinature di età diversa: Queste
sono, a sinistra Ottavia sorella d'Au-
gusto, quale sta nel museo Capito-
lino; a destra Messalina moglie di
Claudio. Delle altre quella a sTnistra
è Sahina moglie d'Adriano; quella a
destra Plautilla moglie di Caracalla,
esistenti nel museo Britannico :
Per la singolarità merita esser ri-
ferita anche la fìg. 3, colle treccie
a cerchio (circinus) :
1 Romani portarono capelli e barba prolissi fin al 454, quando
vennero barbieri di Sicilia: e Scipione Africano fu il primo che
abitualmente si radesse (Varrone, De re ru^t. ii; Cicerone,
prò Cceiio; Plutarco in Camil. xxivj. D'allora fin ad Adriano
la barba rimase segno di squallore e di lutto. Pure v'avea al-
cuni che elegantemente la tagliavano e acconciavano, onde
in Cicerone troviamo bene barbati^ barbatuli. Il primo rader
della barba festeggiavasi nei giovani come la loro entrata nella
virilità Sul dechino dell'impero vi compajono le barbe, Cli
Etruschi antichi avevano lunghe barbe e intrecciate, l.a Giulia
di Tito nel museo Bresciano porta una gran zazzera (ga-
modo se ne
tempo della
Plautina
186
ARCHEOLOGIA E BELLF ARTI
Colla chioma a Corinto è questa, riportata^dal Miilinghen :
Il color biondo era preferito dagli anti-
chi, onde il comico Cheremone loda Alfe-
sibea sua d'aver le chiome colore di cera,
quali solcano vedersi nelle statue: e ap-
punto le statue delle tre sorelle Balbo tro-
vate ad Ercolano avevano i capelli tinti di
giallo.
A questo luogo s'appartiene il favellar
del barbiere, che fra gli antichi aveva mag-
gior importanza di quello che a' di nostri,
allora pochi avendo pettini, specchi, pro-
fumi , e gli ordigni indispensabili per ta-
gliare, tosare, radere, ecc. In conseguenza
nella bottega del barbiere 'Jùnstrì'naJ ac-
correvasi quotidianamente in fulla. Tri-
plice era l'uffizio d'un barbiere:
1' Tagliare i capelli, donde la usuale
sua .domanda, — Come ho da tosarvi? »
(toj; Ci xsipw ; Plutarco, De Garrul. io).
Valevasi a tal fine di coltelli di differenti
forme e dimensioni; ma vi si usavan an-
che le forbici (forfex axicia, -^u'/'i:;, rjm'rr,
fxiyxLox. Polluce, u, 52). L'irregolarità
ed ineguaglianza dei capelli consideravasi grande disdoro (Uhazio, Sai. i, 3,31;
Epìst. 1, 1, 94); per conseguenza, recisa la chioma, i capelli disuguali svellevansi con
pinzette, operazione denotata da Polluce (n, 31) col vocabolo rruc.u.'jé-ji'j'iu.i I seguaci
degli uomini più rispettabili nella società, bramando di comparir giovani , s-ellevansi
i capelli grigi, onde lasciare ai loro maestri e protettori il privilegio, per cosi dire,
della grave e dignitosa età senile (Aristofane, Eq., 908); costumanza che si consi-
derava però come segno di effeminatezza, giusta la testimonianza di Gellio 'vii, i2)
e di Cicerone (prò Roscio, 7). La persona che adagiavasi sulla scranna del barbiere
per l'opportuna acconciatura, adattavasi sulle spalle una specie di ruvido accappatojo.
2' La seconda incombenza del barbiere era il radere, rasitare, |v/;£?^, eh' esegtiivasi
mercè di un rasojo (novacula, |-jpo;), il quale tenevasi in apposito astuccio o cassetto
(£'j.oo6^x«, ^vpofJ'oV.rj;, Aristofane, Thesm. 2'2U ; Polllce, ii, 3-2; Petromo, 9i). Coloro
che avevano ripugnanza pel rasojo, valevansi invece di qualche vigoroso df-pilatorio,
di cui ricordansi il psilotron o psilotrum fpsilotro, merdocco) di Plinio {Hist. nat. xxxii,
10, 47); l'acida creta (biacca); il guado (venetum lutum) e il dropax di Marziale (vi,93;
III 74; X, 63). 1 peli che sfuggivano al rasojo, svellevansi colle mollette [volsella-,
rpiyoìiSio-j).
3° La terza occupazione del barbiere era di tagliare, e tenere in buon ordine le ugne
delle mani (Òj-jj^i'C-iv, y-o-juyJC-i-^, unghiegqiare e disunghieggiare le mani, giusta .Aristo-
fane, Eq. 706, e lo scoliaste, Teofrasto, Charact. e. 26; Polluce, ii, 146); ed eseguivasi
con istrumenti da ciò [ò-^yfsrr^oi:!.). Tuie costume di valersi dell'opera di un uomo es-
pressamente per recidere ed acconciar le ugne, suggerì a Plauto un mordace rimbrotto
contro la taccagneria di Euclione {Aulul. ii, 4):
Quin ipsì quidem ionsor ungues dempserat,
Collegit, omnia abstulit prresegmina.
Non poteva dunque neppur l'avaro risparmiare la spesa per recider l'ugne, e dovevasi
accontentare soltanto di raccorne i rilasli, per trarne poi qualche partito.
Erodoto (I ih. VII, e. 61) descrivendo l'esercito di Serse, ci mostra le armadure di ciascuno
de' popoli che lo seguiva. Quelle di popoli più moderni ponno vedersi sui bassorilievi
delle colonne Trajana e Antonina, e sugli archi di Tito e di Settimio Severo.
Vi sono opere a posta per chi voglia conoscere i vestimenti di cadun popolo; atten-
zione che un artista oggi non può più trascurare.
Gli abiti degli Ebrei dovean avere quattro lembi, finiti in punta, al capo de' quali
VESTI 187
pendevano altrettanti cordoni, come fiocchi, chiamati zizìth; composti per Io più di
otto fili di lana, con sei nodi ciascuno, tessuti in un modo prescritto dalla legge [Num.
XV. 58; Deut. xxii. 12). Pare anticamente non portassero berretto né cappello, ma solo
una specie di fascia, in forma di corona (Ezech. xxiv. il). Contro la pioggia o il freddo
ne' viaggi traevansi in capo il mantello; come anche per la preghiera e nel lutto e nelle
calamità.
La tunica somigliava a una camicia di tela bianca, a righe di diversi colori, e spesso
con ricami. Per gli uomini giungeva alle ginocchia, e le maniche fin al gomito; per le
donne era più lunga ed ampia, e le maniche s'allargavano dalia spalla fin all'estremità
della mano. Spesso erano incon-
sutili, cioè fatte a tehijo e senza
cucitura (Ex. xviii. 4, 40). Spa-
rala solo per passarvi il capo,
era chiusa del resto. Nel lavo-
rare e nei viaggi stringeasi al
corpo con una cintura, che le
doviziose arricchivano di ricami
e frangie d'oro.
II mantello delle donne era
un velo in cui si ravvolgeano
uscendo di casa. I loro calzari
erano color di porpora, e lascia-
vano scoperto il piede (Cani.
VII. i ; Judith, X. 5). Tingeano i
capelli coll'antimonio, col quale
pure colorivansi attorno agli oc-
chi perchè paressero più grandi
e neri. Sulla fronte facevansi
una drizzatura, e dai due lati
cadeano treccie: coprivansi pure
di preziose cuffie, strette al capo
con nastri e con spuntoni (ma-
khat). Si ornavano altresì di col-
lane, braccialetti alle gambe e
ai polsi, anelli, orecchini, mitre,
catene d'oro, perle cascanti sulla
fronte, anelli, sospesi al naso
(iv Reg. IX. 30; Judith, x. 50;
Js. III. 18). Solenne dei sacer-
doti era l'efod o superhumerale,
di cui ecco la figura,
11 vestire ordinario de' Greci
era la tunica (chiton), specie di •
vesta che dava sino ai ginocchi e talvolta sino ai talloni, con maniche strette. Quella
dei Romani invece le avea larghe e corte fino al gomito; ed ordinariamente ne porta-
vano due, una sopra l'altra che talora chiamavasi stola. La fig. i della pag. seguente
vi dà una signora con lunga tunica, uno scialle [himation] che le casca di dosso, e
col parasole, tolta da un vaso antico:
Sopra la tunica, Greci e Romani metteano la clamide a modo di toga e mantello, che
s'attaccava sulla spalla dritta mediante un chiodo, e si rialzava acciocché il braccio
destro restasse libero. Il palio, abito greco, vedesi nella famosa statua di Focione del
Vaticano, che esibiamo nella pag. seguente.
La veste guerriera degli Spartani era rossa, affinchè non apparisse il sangue ; avevano
scudo di rame assai grande, e vi faceano dipingere qualche impresa o stemma. Nel
museo fiorentino è un cau)meo, opera di Quinto figlio d'Alessandro che rappresenta un
guerriero greco, forse Achille, coll'elmo cristato, la corazza, gli schinieri e lo scudo
attaccato al balteo, che è portato a bandoliera, Eccolo nella fig. 3 pag. seguente.
m
ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
La toga e la pretesta erano larghe sopravvesti, serbate alle dignità etrusclic e romane.
Usavano per tutta Italia, onde il nome di Gallia togata doto alla Cisalpina, per distin-
2
Donna greca.
Fonone.
gucrla dalla bracata di là diille Alpi, i cui abitanti portavano le brache. La toga avvol-
geasi alia persona, e per gestire la si rialzava sopra le braccia, come in una statua del
museo (il Napoli (figura 4 qui sotto), trovata ad|Ercolano. I retori danno molte avver-
tenze sul modo con cui un oratore o declamatore deve disporre la toga. In guerra vi si
sostituiva il imludamentiuìi o il saguni, proprio dei Galli, e che cingevasi in vita. Anche
le matrone antiche usarono la toga di sopra delle tuniche, e dappoi la palla o arnicu-
lum 0 stola ((ig. 5 qui sotto].
^aL±f-±i
1! peplo en più grande della clamide e pii!i fino, e si paragonerebbe allo scialle odierno.
Le donne di alta sfera l'aveano lungo e strascicante, fermato talvolta con una fibbia,
VKSTI
189
ma più spesso senza, come nelle figure qui sotto a sinistra, tolte dal voi, ni, tav. .^i8 dei
vasi di Hamilton. Talora acconciuvusi sopra il capo in forma di zendado, coprendone an»
che l'intero braccio. La (ìg. che qui sotto esi-
biamo, desunta dal S.VNn-rJAuroLi , Admi-
randa rom.antiquilafum vestigia, tora. 57,
rappresenta una sposa, coperta il capo col
peplo, e consegaata al marito, il quale ha
soltanto il pallio. Sui pepli richianiavansi storie e simboli; onde si custodivano negli
scrigni de' ricchi e nei tempj.
Vesomide serviva pei lavoratori, qual vedesi nel navalestro qui effigiato.
Ecco la Clamide;
190 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
I re al tempo d'Omero avevano per insegna lo scettro, e così i Romani dopo Romolo.
Tardi, e forse sol dopo Alessandro, i re Greci impararono dagli Orientali il diadema,
fascia attorno ai capelli, comune anche alle regine. Altri ebbero la corona d'alloro, come
i re di Pergamo, o di quercia : corna di toro o di capro od ariete vedonsi nelle teste di
Alessandro, e di varj suoi successori. I re barbari ebbero ornamenti proprj : un piieo gli
illirici, una mitra gli armeni e i persiani ecc.
Propria degli Armeni, dei Parti e de' Per-
siani era la tiara, berretto alto non conico,
che nei re persi finiva a scacchi ed aveva in
giro il diadema, e chiamavasi cidari. Quel
della figura che qui vedete, del museo di Pa-
rigi, credesi rappresenti un re d'Armenia:
Grec! e Romani in viaggio portavano un
cappello con falde rotonde e fondo basso, qu;i!e
si mette a Mercurio. 1 Frigj avevano un ber-
retto particolare, somigliante al corno dei dogi
di Venezia. Usualmente andavasi a ca|)o sco-
perto; e in caso di pioggia o di pericolo tira-
vasi sul capo la toga, come fecero Crasso e
Giulio Cesare feriti a morte.
II cuculius era un cappuccio che i Romani
e i Galli traevansi in testa; e fors' anche i
Greci, giacché se ne vede coperto il loro Te-
lesforo, dio de' convalescenti. 11 pileo berretto
senza falde, davasi agli schiavi nel manometterli.
Col coturno si calzavano anticamente re, principi e magistrati di Grecia ; onde restò
il distintivo dei personaggi di tragedia (P fig. qui sotto). Il calzare ordinario era una
suola legata con nastri attorno alla gamba (2^ fig.). La calzatura di distinzione de' pris-
chi Romani chiamavasi ìnulleus di cuojo rosso, simile a coturni. Gli Egizj andavano
scalzi, specialmente le donne per inculcare l'abitudine di stare in casa: talvolta però
ravvolsero il ()iede con calzari di palma e di biblo; uso proprio de' sacerdoti, trasferito
poi a Roma col culto di Iside.
Non può pretendersi dagli antichi molta esattezza nel raffigurare il vestimento degli
stranieri. Barbari con nome generico (li chiamavano; e piìi particolarmente dicevano
Sciti i popoli del Settentrione, Celti quei dell'Occidente, Etiopi quei del Mezzodì. Le
invasioni gli obbligarono poi a dinotare più particolarmente i lor nemici. Nel ritrarli
dunque non istudiavano la |>reci.sa verità; pure badavano a riprodurne il carattere.
Apprendiamo (li là che l'abito ordinario de' Galli era il sacjo, scondente fin al ginoc-
chio, con maniche ampie senza colio e con cintura ; che portavasi ili sopra della tunica
a larghe maniche ; e talvolta era ornato di porpora (sagum virgatum). Coprivano le gambe
con brache larghe , e il piede con suole di legno. Usavano molto i monili, e Livio
AMMALI idi
dice che mille seUecento collane d'oro furono raccolte fra le spoglie de' Galli vinti da
Tito Manlio, il quale da ciò prese il nome di Torquato. Il bassorilievo trovato in Nostra-
donna di Parigi ha due faccie -, sull' una tre uomini fatti, sull'altra tre giovani
imberbi, tutti col berretto e picca e scudo, che nei primi è esagono oblungo, negli altri
ovale. Secondo Strabene, i Galli belgi aveano certe vesti aperte, con maniche scendenti
fin di sotto delle anche; brache, lunghe spade alla destra, scudi lunghi, grandi lancie,
e giavelloiti che essi chiamavano matara^ archi o fionde. l'orlavano elmi con orna-
menti varj.
Vorrebbe Montfaucon che dai Galli passasse
ai Romani il nome de' carri: henna di \\m\-
ni 5 se?Tnc»JH, cisium, di altre foggie; esse-
dum, carro da guerra.
I Germani sulle due colonne coditi di Ro-
ma sono 0 nudi fin alla cintura, e del resto
lunghe brache fin alla caviglia; o jcon tuni-
che, scudo ovale, mazza, fionda, arco, coltel-
lacci ; quali col capo nudo, quali coperto d'un
pileo. Sulla colonna stessa sono questi Sar-
mati bracati:
Vedasi Guasco, Utages det slatues.
11 Visconti ha una dissertazione sull'addobbo delle sta-
tue antiche; (Muvres diverses., tom. in.
§ 116. — Animali.
Gli animali trovansi alcuna volta fatti con maggior perfezione che l'uomo, perchè non
era l'artista legato a convenienze jeratiche. Per esempio nelle pitture etrusche sovente
hanno gli occhi io giusta prospettiva, mentre negli uomini, sebben di profilo, vedonsi
in prospetto. 1 Greci mostrarono il solito gusto delicato, massime nei cavalli, non alti
né di figura slanciata, ma pieni di vita e di fuoco. Que'dei Romani sono più pe-
santi : ma in generale la cura prestata nelle immagini di questi animali è poco inferiore
a quella data all'uomo,
È noto che pei cavalli non si usavano staffe ne ferri; e la figura in atto di ferrare un
cavallo, che Eckhel avea veduto sopra una medaglia tarantina, si riconobbe non fare al-
tro che sollevarne il piede. Bene altresì ritraevansi lupi, tori, cani, leoni, pantere, cin-
ghiali, e animali selvatici in lotta fra loro. 11 leone ritorna spesso sulla tomba degli eroi,
talora scavato nel masso. La farfalla, felicissimo simbolo dell'anima e delle sue trasfor-
mazioni, ricorre frequente ne' monumenti sepolcrali.
Non di rado manca la proporzione fra l'eroe e l'animale. 1 cavalli dei colossi del
Quirinale sono più piccoli ctie il Castore e il Polluce lor domatori; così è nella statua
equestre di Nonio Balbo nel museo Borbonico: quelli de' bassorilievi del Panteon di
Alene non arrivano tampoco al petto dell'uomo: il toro del famoso gruppo Farnese è
piccolo a fronte delle figure umane.
Nel medioevo usò moltissimo il far piccole le figure preganti attorno al santo o al
Dio; modo non ignoto agli antichi, e principalmente agli Egizj ed agli Indiani. Anche
modernamente, Hafaello, nel cartone rappresentante la Pesca apostolica, fece piccolis-
sima la barca che pur contiene tante persone; e nel 7non/^o (i'.^/essandro Thorwaldsen
tenne i cavalli e gli elefanti sproporzionati agli uomini.
g j J7, — Classificazione dei monumenti figurati.
Nel classificare i monumenti figurati, o si riuniscono quelli di soggetto identico,
modo che trae grandi soccorsi dalla filologia; ovvero si dispongono secondo l'uso, nel
che troppo spesso conviene alibandonarsi a congeiture; o infine secondo lo stile e il
tempo, nel che, mancando dati positivi, bisogna fidarsi all'occhio artistico esercitalo.
192 AI'.CHEULOGU E btLLE AUll
^ 118. — Prezzo dei capì d'arte.
Plinio (xxxv. 7) dice che un buoa quadro bastano appena le ricchezze della citlà a
pagarlo. Marco Agrippa pagò dodicimila sesterzj un Ajace ed una Venere: seimila fu va-
lutato un quadro d'Aristide; Augusto pagò cento talenti la Venere Anadiamena d'A-
pelle; Nicla nou volle vendere al re Attalo per ottanta talenti la sua Evocazione delle
ombre, e })iuttoslL» la regalò alla patria. Lucullo per ottantamila sesterzj allogò ad Ar-
cesilao una statua della Felicità. Un fjarzone coronato di Policleto si vendette cento
talenti. Nicomede re di B tìnia propose ai Gnidj di rilevarli di tutti i loro debiti, se gli
cedessero la Venere di Prassitele, ed essi ricusarono. Mnasone, tiranno d'Elate nei Lo-
cresi, pagò mille mine un quadro d'Aristide; ad Asclepiodoro diede trecento mine
ogni figura del quadro rappresentante i dodici Dei maggiori, ed altrettanto a Team-
neste per ciascuno degli eroi dipinti Lucullo pagò due talenti una Glicera sede nte,
benché fosse copia. L'oratore Ortensio comprò per centoquarantaquattro mila sesterzj
gli Argonauti- Giulio Ce.sare pagò ottanta talenti due quadri di Timomaco, rappresen-
tanti Medea ed Ajace. ìJArchiualludì Purrasio fu pagato.da Tiberio^sessantamila sesterzj;
da Attalo cento talenti un ammalato di Aristide.
Fra noi, prima di Guido, si pagavano pochissimo i quadri, talché Agostino Caracci e
il Domenichino ebbero appena cinquanta scudi del loro San Girolamo.
CAPÒ QUINTO
CERAMICA E ANGIOGRAFIA.
^ ÌÌ9. — tìéi vasi Ili generale, e Ìòro materia,
I vasi favvao.) potrel'hero stRre colla plastica per la forma, colla toréulica per là ma-
teria, colla grnfìca per 1^ rappresentazioni, coll'epiprafia per le iscrizioni: ma la quan-
fiià loro e lo studio speciale che vi si pose, ne fanno fare dagli antiquarj una classe
distinta, e separatamente sono collocali ne' musei.
Come in tutte le arti, cosi in quella del vasajo vanno distinte una parte utile ed una
bella. Applicata apli usi della vita, è comune a tutti i popoli Itarliari e civili-, e sì tro-
vano vasi nelle Gallie come nell'America, in antichissime sepolture. 1 Greci e gl'Italiani
la portaVono a perfezione.
La terra pe' vasi ordinar] si componeva con un misto di argilla azzurra, sabbia, e
talora sostanze calcari, formandone una pasta tenace, compatta, difficile a fundersi e
che a fuoco moderato prende consistenza, sonorità, leggerezza, e un colore traente
sul rosso.
Plinio ricorda mattoni galleggianti, cioè di estrema porrisitS, e cattivissimi conduttori
del calorico; si fiinno con una terra, che abbonda ne' contorni di Rprbno, cornea Santa
Fiora in Toscana. Di mntfoncin' lucenti rivestivans' le case, che riflettono i bei colori del
sole meridionale, sì a RaMIonia antica, sì nelle moschee di Spagna e dall'Iran, e nelle
torri cinesi Jl raolino di cui facfiam le porcellane, è risultato accidentale della de-
comfiosizioné del feldispato, il quale perde l'elemento alcalino (potassa) che lo rendea
fusiliile.
I popoli classici non scecHevano le materie per fare i vasi, ma prendeano le marne
argillose e sabbiose più superficiali, miste talvolta a materie carbonose. Presto v'appli-
carono una vernice, e massime la nera, d'ossido Hi ferro offerto da prodotti vulcanici
e sotto altre forme natiirali, sempre molto fusibile coi corpi vitrosi. Gli Kgizj invece
adottarono l'ossido di rame, perchè comune colà. Ma Rronpniart (Trattato d^le arti
ceramirhe Parigi Iftif)) riflptte che nessun popolo d'Fiiropa, d'Africa, dell'Asia occi-
dentale 0 dell'America seppe far piatti di pasta dura e impermeabile come la majolica
(ina, né con vernice plumbea come la solita d'ossi, ben più facile che la lucente dei
Greci e Romani Al contrario nell'Asia orientale, Cina e Giappone, non c'è che piatti
di pasta dura e impermeabile e a coperta terrosa, come le porcellane.
Non conosciamo come fosse il tornio depli antichi. 1 colletti e i piedi erano spesso
riportati, e così le an.se. I vasi cocevansi a nudo, insieme terra e cnlore, come colle
nostre stovisbe ordinarie; e a temperatura variata secondo le fabb'iche: dal che di-
pendpva la bnllezza della vernice. Se ricevessero un colpo di fuoco, il colore alteravasi,
e passava dal nero al verde, d;il verde al rosso; proprietà ben conosciuta dell'ossido di
ferro. Altre volle la fiamma della lesna anneriva i vasi, o vi dava delle macchie mar-
morizzate, 0 producea delle sbullettature alla vernice, tingendo la pasta sottoposta. Se
Cantò, Documenti. — Tomo t, archeologia e Beile Arti. 13
19i
ARCUEOLOGU E BELLE ARTI
le parti non verniciale del vaso uscissero dalla cottura troppo pallide, fregavansi legger-
mente e a secco con un'ocra rossa carica, anche per risloppare affallo i pori. I.e vernici
più belle sono della Sicilia, dell'Etruria, della Magna Grecia: quelle del Bruzio e della
Lucania sono sottilissime e sbiadite.
Le stoviglie degli Etruschi, Greci e Romani sono mal cotte, e perciò fragili e porose;
ed oggi ogni povero ne ha di ben migliori che non quelle de' Luculli: perciò era piti
esteso l'uso dei piatti d'argento
In Egitto si trovano già vasi con vernice abbastanza forte, e verniciati sono! mattoni
di Babilonia. Tale smalto è fatto con sale marino o nalrone (carbonato di soda), me-
scendovi rame per fare il turchino, altre sostanze metalliche pel giallo; ma per gli usi
domestici non valeano, non resistendo agli acidi ed alcali. Pare che i Romani, negli
ultimi tempi, dimenticassero anche questo tenue smalto. Miglior modo si cominciò
nell'xi secolo, forse per via degli Arabi, che l'avessero imparato nell'estremo Oriente;
e l'Italia ne provvide lungamente tutta l'Europa.
§ 120. — Loro varie forme e denominazioni.
Immensa è la varietà delle forme de' vasi, come delle destinazioni.
Gli alabastri, così detti dalla materia di cui formavansì, erano piccoli, senza anse,
destinati a conservar fili unguenti e i balsami.
Anfora o diuta diconsi quelli a due anse di collo lungo, e finiti in punta per poterli
configgere nella sabbia o entro un piedestallo apposito, per conservar il vino nelle can-
tine: tali ritrovansi nelle cave di Fompej. Alla bocca angusta adatlavasi un tappo, e
fiigillavansi con pece e corteccia (corticem adstrictum pice. Oiuzio), e sopra si metteva
il nome del console dell'anno. Altri per l'olio non aveano orecchie e strettissima la
bocca ()ió •-«.>&(,?. ampulla, gultus). La figura i qui sotto, copiata da una parete di
Pompej, indica come si carreggiasse e traesse il vino:
Alcune anfore erano capacissime come quella in cui abitava Diogene. Ecco un'an-
fora etrusca : fig. 2.
HaWaquamanale, o guttus, o naaiterna versavasi acqua alle mani avanti il pranzo, ed
anche a ciascuna portata. V aquiminarium o amula serviva per l'acqua benedetta nelle
case private, di bronzo o di marmo, or infisso, ora sostenuto da piedi, e ornato con
frondi sacre.
Canopi son vasi egizj a gran pancia, figuranti il dio Cnuph, e somigliano ai budda
cinesi che dondolano sui nostri tavolini. Dicevansi anche idria, il qunl nome generico
indica la primitiva destinazione a contenere acqua, come a contener vino ed olio l'an-
fora.
Il cìjsstjbion era di legno, ornato di edera. Cado era un vaso vinario, restringente^i
nella sommità. Poco diversi dovean essere i dolj, pure di creta.
FUKME DEI VASI
195
Calice è vaso da bere, come il carchesion e il ciato. 11 carchesio che vedete qui ab-
basso, fu donato da Carlo il Semplice alla badia di San Dionigi, fallo di un'agata gran-
dissima con rappresentato un baccanale;
nelle anse passava comodamente la mano.
È ora uno de' più preziosi ornamenti del
Gabinetto delle mediiglie a Parigi, poste-
riormente vi fu aggiunto il piede, d'oro
con perle e gemme disposte secondo lo
siile del tempo de' Carolingi, e con un'i-
scrizione scavata nell'oro e riempila di
smalto , che dice Hoc vas ChriHe libi
mente dicavit Tertius in Franco^ retjimine
Karlus. Questo piede andò perduto quan-
do, nel 1804. il gabinetto fu derubiito. . .
La capeduncula era un vaso con ansa ad uso dei sacrifizi. 11 cantaro, usato nei i"^"
di Rncoo, ha un'ansa o due.
Vi somiplinva il cratère, am-
pio vaso ohe pnneasi in mezzo
alla tavola, e da cui atlinge-
vasi il vino con altri più pic-
coli in forma di scodella a
lunghe orecchie {^a\>bTi.yoc,,
xiSa&o?, simpulum, trulla), l
crateri erano sostenuti da
piedi di capro, da giganti, da
arpie, e le anse poneansi per
lo più al basso subito sovra
il piede
par dei cimhi, dei Icbeti e d'altri
vasi si dava anche in premio agli atleti vincitori, ed usavasi nelle libazioni agli
Dei. La lenticula serviva per gli aromi; Vinfundibulum per versar olio nelle lucerne;
il kalpis talvolia ha tre manichi, come nella i' fig. qui sotto. Le olle servivano alla cu-
cina, ma anche a riporre le ceneri dei morti.
Cantaro.
Cratere.
La fìola è un'ampia lazza a foggia di scudo: al
Kalpis.
Ritone.
Ilulkion.
La pdVero è una tazza spansa usata nelle libazioni, (|ual vedesi nella fig. 1 a pag. 79.
Quelle che si chiamano patere etrusche, cioè dischi con un manubrio o lisci o figu-
rati a bulino, or credonsi specchi.
Preffricolo o cònio era un vaso di bronzo senz'ansa e aperto in cima a guisa di
bacino; ma più comunemente significa un viiso ad un'ansa sola, spesso figurato sui
monumenti, come segno del sacerdozio e del pontificato massimo (vedi della pag. 79j.
1 ritoni erano a foggia di corno, e il liquido versavasi da nn'aperlura all'estremità. Le
pentole (io^ji^, pelvici) erano molto ornate quando non si doveano mettere al fuoco o
Bolo per occasioni solenni, e preferite erano le tripodi.
Per bere servivano vasi limghi, molto stretti verso il mezzo, con un'ansa dal labbro
196 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
al piede (xy.oyjh'nov); altri molto larghi e coperti, con un orifizio a lato f/«v5a/5o<;);
o a collo stretto col piede alto (zwSwv), o largo e rotondo (a/.u-^o?) , detto erculeo o
centaureo, con piccole orecchie, o altre forme variatissime.
Skyphos.
Carchetion.
Portavano iscrizioni allusive al bere e di lieto augurio, come sitio, reple^ lude, ua-
leamus, hem nobn, felix, uiere felix, felix vivas, e simili. Molte tazze da bere o da at-
tingere portano un rilievo od un incavo dove assicurare il pollice.
Al n)useo Borbonico sta un vaso molto
simile ai nostri per il the, e che doveva
servire ad uso conforme (fig. qui a fianco).
Sappiamo che i Romani invariabilmente
mescolavano l'acqua col vino, e questa in
maggior quantità, sicché reputavasi in-
giuria il darli a dose uguale (Uov i'iw,
Ateniio, xi). Spesso la mescolanza faceasi
con acqua calda, al qual uopo vi avea bot-
teghe, dette thermopolia. Il vaso qui re-
cato dovea esser destinato all'acqua calda,
che s'introduceva per un orifizio io alto.
Si ebbero anche vasi per far svaporare,
come gli alcarazas di Spagna, che lasciano
permeare una tenue quantiià dell'acqua
contenuta, la quale svaporandosi per la
corrente d'aria, sottrae una porzione di
calorico all'acqua interna: erano e sono
usitati in Egitto e in Persia.
Moltissimo uso dei vasi facevano gli an-
tichi , e si potrebbe tesserne una lunga
storia valendosi di Ateneo e dell'Onoma-
stico di Polluce, donde appare con quanto
lusso se ne adornassero le mense e le cre-
denze. Ma i riferiti ed altri nomi non sono
sicuri neppure fra gli antichi ; Ateneo ,
che tutto l'xi libro vi consuma, mostrasi
ncerto qualch'^ volta, e così gli scoliasti interpretando Omero, Anacreonte e Pindaro.
Altri vasi servivano unicamente pe' sacnfizj : tali il canestro, intrecciato d'ergilla e
di metallo, ove deponevansi il coltello , la farina salala e le corone; il vanno, proprio
del culto di Cerere ; larghi piatti con molti scomparti , io cui tenevansi i differenti
frutti; i turiboli per l'incenso e i profumi.
Si chiamarono lacrimatorj certi vasi trovati ne' sepolcri, dove si suppose si racco-
gliessero le lacrime de' dolenti. I moderni archeologi, come dicemmo al § 90, senza
negare del tutto questo fatto, benché non ne sia alcun vestigio negli scriitori, li credono
destinati ai balsami, o anche all'olio comune con cui unger i morti.
Vasi donavansi pure ai vincitori de' giuochi atletici, pieni d'olio o di vino; e quelli
d'Atene ciroondavansi con rami degli ulivi dell'Acropoli, a tal uso serbati.
Altre volle se ne caricavano le scansie e i buffetti nelle case, principalmente ne' tri-
clinj. Allora i vasi erano de' più beili , ed entrò il lusso di regalarli ai convitati. Cleo-
patra ne facea fare, per tal uso, a Rodi, d'oro e d'argento; e spendeva in ciò fin cinque
mine al giorno.
Ar.TE TEI VASI 197
A semplice ornamento doveano servire quelli che non hanno fondo. Di sifaffia forma
di troMilia, ed assai grandi ne furono diseiolli parerohi nella Basilicata.
Alcuni vasi hannt) iscritta la loro capacità , il che ajtitò a determinare le unità di
misura. Molli altri, come anche tegoli e mattoni, portano la marca e il nome del va-
sajo. Si fecero raccol'e de' nomi di vas.ij. e il museo di Londra ne diede esso solo 730,
un centinajo quel d'Amiens, 150 quello di Douai, 65 quello di Caen, GO quello di Poitiers
e così via. Il Kandler puhhlicò centoventidue iscrizioni su laterizj dell'Istria.
Poiché la più parte delle anfore de' balsamarj terminavano in cono, avevansi de'
piedi onde sostenerli, detii in greco ctyyorn/v. o e ,3>tiì, e in latino ertceteria e incitega:
e al dire di Ateneo, i poveri gli usavano di legno, i ricchi di bronzo o d'argento.
§ 121. — La preziosità de' vasi ignorata per l'addietro.
Fin qui considerammo i vasi come manifatture, né altrimenti vennero riguardati
dagli antichi. Fra questi, alcuno ne fé cenno, come Marziale, xiv, 98:
Aretina nimis ne spernes vasa monemus;
l.autus eiat tuscis Porsena fictilihus.
Qui mostra che fossero spregiali, dicendosi di essi quel che noi diremmo delle terre di
Biella. Persio, ii. 60:
Aurum vasa Numse, saturniaque impulit sera,
Vestalesque urnas, et tuscum fictile mutat,
Giovenale, xi. 108:
Ponebant igitur tusco farrala catino.
Ancora Marziale, i. 5:
Sic arelinae violant cristallina test?e.
Dapertutto sono indicati come vasi ad uso comune. Plinio scrive, Hist. naf. \i. 45:
Elaborata hcec ars Ilatice, et maxime Etrurice; e xxxv. 46: Retinet hanc nobilitatem et
Aretium in Italia.
Parlarono di Demarato di Corinto, che portò l'arte di far vasi di terra in Etruria; lo-
daronsi quelli di Samo, di Corinto, d'altri paesi: ma Plinio, che di ciascuna parte
delle arti belle rayionò , non ha toccalo de' vasi ceramici lìyurati; né si trova cenno
dell'uso etrusco di sepellirli nelle tombe. Pure i Homnni non gli ignciravano , poiché
Seneca racconta che i coloni piantati da (iiulio Cesare a Capua , per fùbbricare le loro
case rustiche distruggevano gli antichi sepolcri; tanto più che uliquuJttulumvasiculorum
operis antiqui refierii-liant. Anche dal trovar.*;i nelle tombe greche, ov'era deposto intero
il cadavere con vasi attorno, alcuni vasi contenenti ceneri e ossa bruciate, si argomenta
che i Romani gli avesser tolti di là per porvi le reliquie dei morti , che essi abbrucia-
vano. AI Louvre sta un vaso di alabastro orientale, che porta il nome di Serse in ca-
ratteri cuneiformi, e in cui fu poscia sepolto uno di casa Claudia.
Neppure al tempo del risorgimento si fece attenzione ai vasi ceramici. Alcuni poi ne
pubblicò il padre Lachausse [Muì^oeixm rortìanum., 1690j; altri Bergier e Demstero, poi
Montfaucon; indi nel secolo passato con larj;hezza maggiore Cori , Bonarroti, Caylus;
tre volumi ne empì il Passeri; la collezione di Hamilton fu pubblicata da Hancarville
nel 1766. Famoso è il vaso che rappresenta il combattimento d'Achille e Meninone,
passato d'Italia a Parigi nella Rivoluzione, ed ivi restaurato e pubblicato (Millin, Vases
pp.ints, tom. I. tav. 19, 20 e 21), ed ora conservato nel museo di Leida.
Restavano però sempre una rarità, e guardavansi con idee sii^tematiche: Winckelmanu
li credeva talmente opera affutto greca , che sfidava a produrne di trovati in terra vera-
mente toscana; opinione che tennero Millin, Hotliger, Tischbein, Lanzi, Maffei, Zanoni
ed altri , finché nuove scoperte vennero a dar importanza a questo ramo d'arti belle.
Prima di quest'ullimi anni i vasi erano mal distribaili, rarcotti senza critica, non distinti per epoca, siccbè
gli storici confusero i tempi, e introdussero cJHSsificazioni capricciose , a segno ctie Otiofrcdo Mùller
credette non poter fare verun conto di tante anticaglie per chiarire la storia e le credenze degli Etruschi.
Passeri, Piclurw Elruscorum in vnsculis nunc primum coUeclw. Roma 1767-73. 3 voi.
MiLLiN, Peinture des vases grecs. 2 voi.
Dl'BoiS Ma SONNEIVE, IniroducHoìi à Vélude des vases antiquei. Parigi 1817.
— Peinture des vases ariltqueg. Ivi 1808, 2 voi. Opere migliori sono:
198
ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
Principe di Canino, Muséum ètrusque de Lucien Bonaparle. Viterbo <829.
— Vases éfrusques de Lucien Bonaparle- Uonia 1830.
Élite de monumenti céramographiques ., malériaux pour l'inlelligence dei religioni et dei mauri de
Vanliquilé^ expliquét et commeniés par Lenobma T et De Witte Parigi 1837-62. Ebbcr l'idea di
riunire le rappresentazioni de' vasi secondo i loro soggetti, cioè i miti de' varj Dei , le pitture mistiche,
le funerarie^ le rappresentazioni delia vita privata. Si pubblicarono 4 volumi con più di 400 vasi, dov'è
completo il ciclo de' -12 Dei maggiori e alquanti de' secondar]; ma la morte del Lenormant troncò il
lavoro.
Auserlesene gricchische Vasenbilder hauptsilchlich eiruikischen Fundorli , herausgegeben voti Ed.
GEitHARD. Berlino -1840 e seg.
MiCALi, Vllalia avanti il dominio de'' Romani. — Monumenti inediti a illuttrazione della tloria degli
antichi popoli italiani. Firenze 1844.
Panofka, lìecherchei tur les véritables nomi dei vaies greci. Parigi -1831.
LETnoN^E, Obiervalions sur les nomi des vases grecs. Ivi -1833.
UssiNG, Denominibus vasorum graecorum. Copenaghen 18 '«5.
iNGBiiiAitii, Monumenti etruschi e di etrusco nome illustrati.! con appendice di F. Orioli. -1835.
— Pillure di vasi fittili. Fiesole 1832 e seg.
DoROW, Voyage archéologique dans Vanciennc Étrurie. Parigi -(829.
De Witte, Descriplion d^une colleclion de vases pcints et bronzei antique i .^ provenanl des fouillei de
VÉtrurie. Ivi 1837.
Fea, Storia de'' vasi fìitUi dipinti etruschi., colla relazione della colonia lidia. Roma -1832.
De' sejmlcrali edifizj deW Ktruria media., e in generale delC architettura luscania: Poligrafia fieiolana^
1826. Molte dissertazioni di Panofka, Raoul-Rochette, Mellingcn, Bunsen, Gerhard, Bròndstedt, Hlrt,
Bóck, Lewezow, Welker, Luynes , ed altri collaboratori degli /annali e del Bullettino d'archeologia
che si stampano a Roma.
§ 122.
Gli scavi recenti.
Al nord di Civitavecchia stendesi un paese, aliilato dai primi Etruschi, e dove già
furono le città di Tarquinia, Cere, Clusio, Bomarzo, Vulci ed altre; di alcune delle quali
fin il luogo si ignora. Quivi a caso ripastinando alcuni cucuzzoli di terra che in paese
chiamano cucutiielle, trovossi ch'erano lomlie, entro le quali apparve quantità di vasi.
Ael 18:28 se ne cominciarono gii scavi per cura dei signori Uorow, Magnus, Candelori,
Campanari, Fossati, e principalmente di l>iiciano Bonaparle principe di Canino; e in
men d'un anno se ne trasse piti di tremila pezzi dipinti. Esposti in lioina , venduti a
varj musei, descritti nell'opera del principe suddetto, ben presto furono conosciuti a
tutto il mondo artistico. Eccone uno di quelli passati da Canino al museo Britannico,
rappresentante Medea che nella pentola fa hol-
iire il vecchio ariete: talché insieme ci mostra
un'olla da cuocere, sorretta dal tripode.
Già correva il nome di vasi etruschi, e que-
sto pareva giustificato da tali scoprimenti in
Elruria: ma ecco uscirne altrove. In Sicilia
ne oll'rirono principalmente la costa orientale
e meridionale, come Agrigento, e di bellis-
simi Gela e Camarioa. Le necropoli di Leon-
tini e di Acre ne diedero piti che non Sira-
cusa, dove forse le necropoli furono guaste
anticamente; altri le coste settentrionale e oc-
cidentale, e tutto il paese presto occupato
dai Cartaginesi.
Assai più ne dà l'Italia continentale. Nella
Magna Grecia sembra che Locri e Taranto fos-
sero il centro di queste fabbriche, di cui si
dilfusero i prodotti alle popolazioni dell'in-
terno, e principalmente sulle coste d'Apulia
e di Lucania. Quelle due città si distinguimo
piuttosto per la bellezza che per la quantità
dei vasi: ma e molti e belli ne alìluirono a
Napoli dai paesi orientali e meridionali del
VASI ETRUSCHI 199
regno, e sovratulto dalle contrade montuose della Basilicata e dalie mediterranee della
Puglia, principalmentH da Canosa e da Rovo.
Nella Campania ne tributarono le sepolture di Cuma , fra cui alcuni pajono eseguiti
dopo die questa città fu presa dai Sanniti , e di stupendi n'avea la raccolta Campana ,
or passati al museo di Pietroburgo, fra cui uno grandissimo a vernice nera lina, contor-
nato di fregi d'eccellente gusto: e uno a figure colla testa, le mani e i piedi dorati,
finiti quanto i cammei. Erano 23 vasi in una sola tomba, attorno ai più grandi. Ne die-
dero alquanti Pesto e Sorrento: molti Nola, di popolazione osca, passala poi agli E-
truschi ed ai Sanniti , al tempo della cui dominazione si riferiscono appunto la più
parte de' vasi ivi disepolti, e che per finezza e grazia appena cedono a quei d'Atene e
di Agrigento Due che sono nel museo di Napoli, rappresentanti un baccanale e l'ul-
tima notte di Troja, furono pagali ciascuno otiantamila franchi. Nel resto della Cam-
pania non sono così squisiti ; e penetrando fra le gole, il gusto degenera in un so-
praccarico spirante rozzezza. A Rovo, piccola città dell'Apulia , nel 1834 uscirono
grandi vasi, fra cui due magnifici ; uno alto 6 palmi e largo 3 1|2 nel maggior diametro,
con cencinquanta figure tra di uomini e di bestie; l'altro, raccolto da un sepolcro, è
alto palmi 5 e 1 oncia, largo palmi 2 e oncie B, con minori figure ma meglio eseguite.
Da poi se ne trovò un altro grande come il primo, e furon tulli posti nel museo Borbo-
nico (Vedi l'illustrazione del primo, negli Annali civili I837j. A Rovo scoprironsi
anche pitture; e undici pezzi d'intonaco, con trentacinque figure d'uomini e donne,
furono portati al museo stesso nel 1857. A Ischia in un sepolcro trovossi un vaso
pieno di ova.
Al nord di Roma si trovano vasi quanti al mezzodì : da Clusio a Vejo quante tombe
etruscbe s'apersero, tante ne offrirono, e portarono una rivoluzione nell'archeologia,
come gli scavi di Ercolano e Pompej, mediante sì gran quantità di disegni e d'iscrizioni
greche ed etruscbe. A Cervelri presso Tarquinia si son trovali i più bei vasi d'antico
stil corintio, che eran nella collezione Campana: ve n'ha moltissimi col nome di Nico-
stene, italioti ma imitanti l'arte greca, con |)ilture nere su fondo rosso, ed anse piatte.
Altri si tr;issero dalle ruine d'Adria di bello stile, e i grecanici vollero che questa città
fosse l'emporio de' vasi che la Grecia trasmetteva all'Italia. Non bastava più dunque il
nome di vasi etruschi, e si pensò surrogare quello d'italioii.
Però Corinto e Atene ne presentano anch'esse, poi altri le necropoli della Cirenaica,
altri la Crimea e le colonie greche del Ponto Kusino, onde vorrebbero conchiudere
sieno opere greche, dilluse prima della conquista di Alessandro.
Ma v'ha luoghi ove si trovano a ribocco, e non sono già le città più importanti ; e le
necropoli di Agrigento e di Atene sono ben lontane dal darne tanti, quanti Vulci, Nola,
Canusio: quelli trovati in Grecia, ad Kgina, a Corinto, fan supporre vi fossero fabbriche,
ma sono ben lungi dalla quantità e dalle dimensioni italiche e sicule. Ullimamenle a
Corinto se ne scavarono molti da sepolcri, di stile arcaico ; nessuno però di figure rosse
su fondo nero. 11 resto del Peloponneso, la Focide, la Beozfa non ne danno: nell'Ar-
cipelago , molti a Melos e a Tera , ma trattati con gusto diverso da quello d'Atene e
Corinto: Alessandro Couze pubblicò tre vasi dell'isola di Milo (Meliache Thongefd^se ^
Lipsia 1862), che diconsi i più vecchi conosciuti, con molle somiglianze allo stile
orientale : fondo giallo chiaro, su cui rilevano figure brune e rosso carico. Altri s'hanno
nella necropoli dellanlica Panticapea, con segni di gusto locale. Di quei della Cirenaica
se ne ha nel museo di Leida, sornij^lianli di stile a quei di Nola e di Melos.
Le ipotesi, che per ispie^are questi fatti piantarono coloro che li pretendono prove-
nienti da una fabbrica sola, non soddisfanno. Più naturale sembra il credere che, dove
abbondano, ivi fossero fabbriche. Chiunque sa come gli antichi fossero gelosi de' patrj
riti, massime sepolcrali, crederà facilmente volessero prenderne altrove gli stromenli?
Anche il nome di vasi sepolcrali non basta, dacché ne uscirono alquanti dalle terme
tarquiniesi e dalle vulceuti.
200 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
§ 193. — Tecnica dei vasi.
Come giacessero nelle tombe etruscbe^ e come l'arte fra quei popoli fosse avanzata ,
noi lo diciamo altrove. Non trattasi più d'industria ma d'arte; e in parte sono forme
nuove, in parte le forme usuali, ingentilite ed abbellite, e, quel che vi cresce importanza,
ornale di pitture e d'iscrizioni.
La materia dei vasi figurati è la stessa degli ordinar], più raffinata. Vauquelin stabi-
lisce che su 100 |)arli di f|uella pasta, ò3 sieno silice, 15alluuiioa, 8 calce, 24 ossido
di ferro: e Artaud giunse a fabbricarne di pei felliiniente simili. Secondo lui, le forme
di quelli che hanno de' rilievi si faceano con un'operazione aflallo semplice, cioè col-
l'imprimere in concavo con modelli ili metallo le figure che doveano riuscire rilevate
sui vasi. Restringeudosi l'argilla nel cuocere, il vaso usciva dalla forma intero in bas-
sorilievo.
De' vasi alcuni sono gialli colle figure nere, altri con fij;ure rosse su fondo nero : in
altri è il color naturale della creta senza vernice o pittura, in allri il nero solo; in al-
cuni il color naturale è rivestito d'un leggero smalto; in altri sovra creta color naturale
0 bianca, sono dipinte ligure nere, spesso colle linee, come quelli trovati presso Pesto,
e delti comunemente siciliani. Rari hanno fondo nero e figure rosse, disegnale sofiia
color bianco e con linee ini presse così da penetrare al fondo nero. Ancor più rari quelli
delti egizj, di fondo giallastro e pitture gialle, che non coprono aflallo il fondo, dove
è sparso il color bianco o il rosso.
La dipintura esegui vasi a fi esco, non si sa se con acqua, terebintina od olio. Lo
schizzo faceasi con un corpo duro, le cui traccie colorale sparivano colla cottura. Usa-
vasi pure il tiralinee, e per le supeificie estese il pennello. Indi esponevynsi a fuoco
blando. Le linee di contorno si vedono sovente impresse : altre volte sembra si faces-
sero con un modello di carta, su cui esse figure erano spuntale. I ritocchi in bianco
sono d'allumina, della comunemente terra da pipa, V'è poco o punto di fondente, tal-
ché suzzano l'acqua ; come avviene pure dei bianchi di Locri, dellAtlica, di Tarquinia.
Il rosso è ossido di ferro : il giallo, un'ocra ; il verde e l'azzurro, sali di rame. Sche-
rer negò che nelle tinte rossiccie entrasse il manganese. Vauquelin vuole che il bel lu-
cido smallino derivi da sostanze carboniche, applicale in polvere sui vasi ancora umidi,
0 stemperale in acqua d'argilla. 1 pratici asseriscono che i vasi chiusini sono ridotti
neri da fuoco interno ed esterno.
Ripetiamo che né fusione appare uè vetrificazione, a differenza delle stoviglie odierne.
§ 424. — Loro forme.
Le forme sono variissime, ed oltre le già accennate (§ 120), alcuni rappresentano
animali, una lepre sdrajata, un piede ecc.: più spesso il manico è un leone, una lucer-
tola, 0 un intreccio di serpenti, o il Fallo: in alcuni la pancia è una testa. A Monaco
n'ha uno spanso, con figure nell'interno incavate. Un vaso cinerario di forma partico-
lare trovò il signor Galanti nellagro Chiusino nel 1842: è di terra di tegoli non colla,
della forma di schifo, alla cui bocca fanno corona selle slatuine, frammezzate da altret-
tante teste di serpenti tutte amovibili, e inserte in piccoli perni: ha due opercoli;
nell'orlo del primo sono in giro undici figurine come le suddette, nel secondo son due
spiragli, e se ne eleva una statua muliebre di stile antichissimo (Bulkt. ddVlstiluio ar-
cheol. 1843).
Alcuni mostrano forme straniere, e principalmente egiziane ; altri sono alTelti a par-
ticolari usi. L'anfora tirrena è un modo de' più antichi, dipinta all'arcaica e colle figure
contornale. Le anfore panatenaiche sono pure antiche; ma il collo invece d'essere
come in qutlle, indistinto dal cor|)o, è decor.ito d'ornamenti architettonici, e poco a
poco si distingue non solo all'esterno, ma anche dentro, mediante un angolo: per lo
più han dipinture bacchiche, onde si dissero dionisiache. Forse sono quelle cui gli an-
tichi davano il nome di isimion, in grazia del collo (tos.aòi).
^ PITTURE. ISCRIZIONI 201
Tutte queste sono figure nere su fondo chiaro. Rosse su fondo nero sono invece quelle
che si trovano a Nola, anche più eleganti. Nelle anfore all'egiziana la vernice è pallida,
il disegno arcaico, e le fìgure disposte in parecchie file, e con animali molti.
§ 125. — Pitture.
Alcuni vasi sono squisitamente dipinti da una parte, grossolani affatto dall'altra ; forse
perchè dovessero collocarsi su ahaclii, e da un solo fianco esser veduti. Talvolta la
composizione gira per tutto il vaso, o questo è in più comparli un sopra l'altro, isto-
riati diversamente: cosi è negli a[)uli e luc;ini, ove per lo più le figure sono mal distri-
buite. Talaltra sul vaso stesso sono due scene ditferenti, o in contrasto Oa loro, come
un idillio opposto a un latto tragico, un iraslullo alla morte. Ancor più frequente i ro-
vesci sono ra|)presentazioni diouisiuclie. il pittore pui alcuna fiala ritrasse due momenti
della storia medesima sopra una pariglia di vasi eguali.
L'ignoranza di prospettiva, comune agli antichi, nuoce viepiù su queste superficie
convesse e concave-, e fa che non si possano aggruppar le figure, sicché tutte appajono
al piano slesso e colle teste e i piedi in profilo anche le poche volte che il corpo è di
prospello.
Talune figure furono dipinte nude, e panneggiate dappoi.
I grandi pittori s'applicavano ai tempj e ai quadri ; e pittore dì lecijti in Attica sonava
quanto da noi pittor di boccali. E dunque da ripromettersi poca originalità, ma una certa
spigliatezza e libertà molta. Si sa quali valenti boccalaj avessero Urbino e Faenza nel
Cinquecento; ma nessuno vi pretenderebbe la squisitezza di p;irti o l'accordo d'insieme
de' gran maestri. I primi ornatori de' vasi dovettero essere semplici vasaj, che vi sfog-
giavano grande abilità in ornati, fiori, meandri, aliri \ezzi; vi univano anche animali,
ma dispo>ti senza concetto, e spesso senza garbo. Quando vi si introdussero figure, i
decoratori non vollero smettere ; e cos'i ne' vasi vulcenti la composizione è semplice,
ma ogni spazio vuoto caricasi di fregi: pure l'arte loro rimase vinta da quella dei fi-
guristi. Questi alle prime imitaroiio opere di maestri famosi, vezzo che durò anche
dopo che VI si dipinsero scene originali Dall'esame de' vasi non è difficile scorgere
quelli dedotti da pitture e da bassorilievi ; le originali si ravvisano dal tocco più sicuro,
dulie correzioni, dalla combinazione delle fìgure tra sé e cogli ornamenti. Alcuni in-
grandirono il pregio delle pilluie figuline col dire che ci avessero conservalo le compo-
sizioni perdute: ma se anche fosse, non potevano che schizzarne un'idea, qual era pos-
sibile colorendo sul fresco.
§ J26. — Iscriziopi.
Le iscrizioni od erano dipinte sul color naturale con un nero lucente, o con bianco o
rosso pallido sopra vernice nera. Alcune son greche, altre etrusche, o a dir più giusto,
d'una li^ngua ignota : or riferiscono il nome della divinila o dell'eroe effigiato, or accla-
mazioni, la più solila delle quali è /.a).©; bello, sotto il qpal nome si sa che i Greci con-
fondeano anche il buono. Così y.oi'jó^ ò nenie, - za/ò; va't, bravo ragazzo, bravo davvero:
y.a.'/oc -/.woi Sov.d vai; bravo, egliparmi da senJio: '^(£« ,«£- ^i=.i. 'ho^s, bevi me, bevi di questa^
ecc. Altri hanno epigrafi morali, o preci.
S'un vaso scoperto non ha mollo le scritte alludono al venir della rondine, nunzia
della primavera: eWov x^'noó'ju^ v»5 tòv T](iaz>.e«, é'ap v-Jd'/j, vidi la rondinella, per Ercole,
ecco la primavera.
Non raro è il nome dell'autore, col verbo sTroèrisev. o iypai/zcy, il primo dei quali forse
esprime il vasajo, l'altro il pittore.
§ 127. — Classificazione secondo i soggètti.
Da quanto si è detto si rivela la difficoltà di classificare questa ricchissima specie di
monumenti. Alcuni vollero ordinarli secondo i soggetti ; e primi sarebbero i vasi pana-
tenaici, che davansi in dono ad Atene nelle feste della dea tutelare, distinti dall'iscrizione
a3ìx. Raffiguravano essi i varj giuochi del pentatlo j e spesso due colonne, esprimenti
202 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
le mete, sormontate da due galli o da vasi, e fra esse Minerva. Parte davansi dai magi-
strati, parte forse dai privati nelle occasioni stesse, e d'assai ijiinore nìagnilicenza.
1 vasi palestrici sono relativi alle feste della divinità, in cui onore essi giuochi veni-
vano celebrati. 1 nuziali ritraggono scene d'amore e di matriaionio, e forse ricanibia-
vansi in occasione di nozze. 1 sepolcrali rappresentano il supremo congedo, o SHgrifizj
ferali, o genj della morte die trasportano sulla biga lo spirilo del defunto. Altri figurano
scene domestiche,
§ 128. — Classificazione secondo il paese.
Più che queste classificazioni troppo vaghe e insieme non abbastanza comprensive,
piacerebbe il distinguerli secondo il paese e l'età ; ma qui sta appunto il nodo della qui-
stione, agitata vivissimamente fra gli antiquarj. Coloro che nessun'arle riconoscono
fuor della Grecia, asseriscono che colà si fabbricassero, indi si vendessero ai popoli ita-
lioti. In prova ne danno lo stile, tanto simile al greco, sia arcaico, sia ottimo ; i soggetti
dedotti dalla storia e dalla mitologia ellenica ; le iscrizioni spesso greche. Su moltissime
leggesi n&jv a&7iv/;^ci/ «J/&JV, cioè prenij dati in Atene. Colà tali vasi distrihuivansi ne'
giuochi; e guadagnati da Italiani, erano poi da essi conservati come sacri, e seco vo-
luti nelle sepolture.
Ma a questa teorica ripugna la quantità stessa de' vasi che si scavano nella penisola.
Anche la Grecia ne diede, ma beo lontano da que.'-ta quantità, e aggiungiamo anche da
questa bellezza. Quelli dell'Attica (n'è una raccolta a MonacoJ sono ben pochi, né così
grandi ed eleganti come i nostri, e vi mancano moltissime delle forme più ammirate e
leggiadre. In Sicilia, dov'è più a [iresumere l'intluenza greca, i vasi non sono migliori
che gli etruschi e i nolani, uè di tanta varietà 5 e le tombe stesse son meno ricche. Chi
non sa quanto scarse fossero le comunicaziuni fra gli antichi? le ignoranze degli au-
tori l'attestano ad ogni |)asso : lo attesta l'immensa varietà delle monete. Quanto dunque
non doveva esser diffìcile il trasportare fragili vasi! Dione Crisostomo retore paragona
l'efimero splendore d'un suo discorso a que' bei vasi che compravansi a Tenedo : <'Ogni
navigatore ne porla i-eco passando, ma all'arrivo nessun li trova sani; credeva aver
un vaso, non gli restano che cocci ».
È poi credibile che a migliaja si traessero dalla Grecia, unicamente per sepellirli?
Nulla più probabile che l'aver qualche ttrusco vinto alcun de' premj di Atene, e ri-
portatone i vasi; ma qui si tratta di centinaja anche di vasi panatenaici, venuti in paese
riposti e mediterranei, i quali non furono mai rinomati per lottatori. Quella stessa iscri'
zione che ad alcuni sembra decisiva, tanto può significare uno de preihj riportuli da
Atene^ quanto uno dei certami provenienti da Atene, esprimendo che feste panatenaiche
si celebrassero anche in Italia.
Le leggende e i soggetti greci non conchiudono, atteso che poteano benissimo essersi
imitati in Etruria , esempio troppo vivo anch'oggi. D'altra parte che sappiamo noi
delle primissime relazioni dei popoli ? delle tradizioni comuni? L'Iliade e l'Oc/tssea rac-
colsero le rapsodie vocali: non poteano queste esser vulgate tra Felasgi e Tirreni, o
tra quelli, comunque si nommiuo, antichissimi, che popolarono e la Grecia e l'Italia,
senza che possa asserirsi (jual prima?
Negavasi che gli Etruschi fossero mai stali artisti: eppure che i vasi etruschi di bronzo
e altri lavori fossero cercati in Grecia, ce lo attesta Crizia presso Ateneo, I. i. p. 28:
Tvfy'srìVYì às v.p-j.zil •/_p\/nóx\>noc, t^iàiri, zaì ffà; j^a//ò; OTt^ y.oaiMi óÓ/jov iv ttvi XjOE'-z ; 6
Ferecrate, ivi, 1. XV. p. 7U0: Ti; tójv )u;;fv£tùj> -h èfjya.tiy. ; Tu/-/»7vtx>j. rioixaat yxf, yjaaw
ai Ttapà roìi Tup^srjveìi éfjyuGtui. Ecco poi dai sepolcreti Stessi uscire e arredi e statue e
bassorilievi e pitture, più che non ne abbia date la Grecia. Alcuni vasi inoltre sono ori-
ginali si di forma, sì di storie, sì di leggende. Aggiungasi che su vasi di forma greca
Irovansi caratteri e cifre numeriche all'etrusca; Ganimede con due ale, Mercurio con
quattro, Venere col tutulo in testa, altri genj che mai non si videro tra' Greci (Pakofka,
Musée Blacas, 1. p. seg.). Originale è pure quest'uso di deporre stoviglie co' cadaveri,
e di dipingere i sepolcri.
Anche i soggetti meramente greci vi sono trattati secondo uc stile locale: le figure
ORIGIM, ETÀ, USO 203
sempre di profilo, hanno occhi rotondi e di prospetto, a guisa delle bestie, naso rileva-
tissimo, ehni chiusi, ubilo attaccato alle corazze e avvolto alle gambe.
Fino sui piò belli, quali sono i panalenaici , gli scudi di Minerva portano le divise
delle città italiche: al che sarebbesi mai piegala la greca alterigia, massime in premj
nazionali?
Aggiungete alcune particolarità di paese, per le quali gli esperti discernono i vasi
vulcenti dai nolani, dagli apuli. Basterebbe questa circostanza per escludere il pensiero
d'un mercato comune. E converrà ammetter fabbriche sui luoghi, dove ai grecanici
non resterà se non credere che vi venissero artisti di Grecia a lavorarli al modo dei
loro paese: conchiusione che non a tutti arriderà.
Quelli che amano distinguerli per nazione, pongono i vasi di fabbrica fenicia (nome
sostituito a quel d'egiziana per le analogie degli ornati) con quelli di Persepoli e coi
cilindri : indi quelli di fabbrica greca, di fabbrica elrusca, di fabbrica della Basilicata.
§ 129. — Classificazione secondo l'età.
Né meno incerti si è quanto all'età. Vi fu chi credette Vetulonia antediluviana, e
perciò aniediluviani i vasi 5 e non solo volle vedervi Noè, ma un vaso fatto da Adamo,
e fin la voce oremus (Ann. dcW htHulo archeol. 1831, p. 181). Altri vollero riscontrarvi
le vicende stesse dell'arte greca: ma parmi che con non minore certezza si possa deter-
minarle in opere di artisti inferiori, e dove spesso valea l'imitazione.
1 vasi vulcenti precedono la più parie dei monumenti rimastici d'antichità greca e
romana. 1 neri trovati ad Albano, alcuni de' quali sono in forma di campane, e di cui
è una bella collezione al museo Gregoriano , sono riguardali come monumenti degli
Aborigeni.
1 più antichi sembrano quelli di fondo giallastro, con figure ranciate 0 brune non
lucenti, disegno stentato, mal ritoccato, e con ornamenti rozzi. Le figure rosse su
fondo nero sono ignote alla prima epoca.
Seguono quelli uve sono ancora stentate le figure, ma gentili e franchi gli ornamenti.
Quindi le pitture nere, tracciate destramente, ma con carattere molto arcaico; muscoli
esagerati, ingenuità pesante, ove il semplice va fino al ridicolo, il vigoroso fin alla ca-
ricatura. Da poi il fondo divenne indi.'lerente, e le figure talvolta furono semplici linee,
talché voleasi sicurezza maggiore. Tardi vi si applicarono dorature e rilievi ; si sbizzarrì
colle anse, si complicarono 1 meandri, aggraziaronsi i festoni; il panneggiamento s'al-
leggerì; le teste acquistarono caratteri più delicati; più morbidi i muscoli, più spigliato
il disegno e di una elegante sprezzatura.
Da questa si traboccò nell'airettazione, nella pretensione delle particolarità, nella ne-
gligenza di disegno enei convenzionale. Tale apparve fra i Lucani, i Messapj, i Bruzj,
con spessi ritocchi, figure sovrapposti' groltescamente. 1 va^i trovati ad Lrcolano, Fom-
pej e Siabia erano lutti neri e verniciali, ma non dipinti, il qual modo è il piti recente
(Kirkek).
L'occhio artistico sa discernere la copia dall'originale.
Quanto ai soggetti, ne' più antichi si riferiscono a danze, a feste, all'addobbo. Nei
successivi può dedursi l'età da qualche particolare circostanza: così sapendosi che
l'espi ed Eschilo attorno al 204 di Roma inventarono le maschere da teatro , saranno
posteriori quelli ove se ne trovano. Ma questi periodi sono tutt'altro che ben determi-
nati ; ed è inoltre notevole che nella tomba medesima s'incontrano vasi che si ascrive-
rebbero ad età molto lontane.
§ 130. — Loro uso.
Altrettanto si esita quanto all'uso de' vasi. Gli aniichi non fanno motto del sepellirne
coi morti, eccetto l'urna 0 idria in cui riponevansi le ceneri; pure il trovarli in tanta
quantità o disposti sul suolo 0 affissi a chiodi, fa supporvi qualche significazione finora
arcana. Ricorrere al costume di molti popoli di sepellire col morto ciò che gli servì ,
non si può, avvegnaché tutti i vasi delle tombe sono nuovi. Neppur potevano essere
servili al banchetto funerale, come si riscontra in alcune tombe greche, giacché molti
204 ARCDEOLOGU E BELLE ARTI
(come tutti i vulcenti e quei della Magna Grecia) non hanno vernice interna , e perciò
erano inservibili.
Alcuni moderni supposero che tutti i vasi figulini fosser destinati a riti e massime
alle iniziazioni, lo perchè i più consueti soggetti sono scene eleusine e dionisiache; e
quindi si ponessero nelle tombe di quelli che erano siati iniziati. La spiegazione non
è infelice; pure rifletteremo che da una sola tomba di Vulci si estrassero novecento
ciottola di creta ordinaria e rozza, come si farebbe oggi dalla bottega d'uno scodellajo.
§ 131. — Restauri e conservazione.
Dicemmo che i vasi trovansi nuovi : tuttavia , qualora se ne imbattano di restaurati ,
non conviene subito sentenziarli falsi, giacché talvolta i restauri sono antichi , e spesso
furono supplite le orecchie. Anzi è notevole che i restauri sono grossolani affatto, in-
serendovi pezzi di altri vasi che nulla aveano a fare col soggetto, quasi non si volesse
altro che chiudere la rottura, ^el^idria d'Ercole e Augia al museo Gregoriano è inne-
stato un cocck) rappresentante un banchetto.
Quando il vaso si disepellisce, è incrostato d'una sfioritura biancastra calcare, la
quale si leva con acqua forte che non intacca la vernice. Se le pitture furono molto
guaste, si ritoccano, ma in tal caso perdono di credito per le aggiunte che può avervi
fatte il moderno.
Taluni finsero vasi antichi, e principalmente Pietro Fondi avea fabbriche a Venezia
e a Corfù che molti ingannarono. Alcune volle è antico il vaso e moderna la dipintura:
la quale però se sia fatta solo con colori stemprati nell'acqua o nell'alcool, facilmente
si toglie colla lavatura, mentre negli antichi resistono perchè cotti.
§ 132. — Vasi d'altre materie.
Oltre l'argilla, si fecero vasi di legno, e di metalli anche preziosi, di marmi, di por-
fido, di pietre fine, come onici, sardoniche. Tale è il vaso di Mantova che sta a Bruns-
wick; la coppa de' Tolomei nel gabinetto imperiale a Parigi, con maschere bacchiche
d'altissimo rilievo; il vaso d'onice del museo di Berlino; il balsamario pur d'onice del
gabinetto di Vienna: d'agHta è singolare per grandezza e beltà quello del museo Bor-
bonico. Molti couiponimenti greci descrivono intagli e composizioni su vasi di legno
0 di metallo. Talvolta di vasi aveano forma i sepolcri, e tale è quello di Quinto Cassio
nella gliptoleca di Monaco.
Gli antichi attribuivano ai Fenicj l'invenzione del vetro, e non ignoravano il modo
di fabbricarlo chiaro e bianco ; onde Orazio lodava una fonte splendidior vitro, e chiamò
vitreo il mare (vitreo daiurus nomina ponto) : ma preferivano quello a colori; princi-
palmente porpora, celeste e verde. Secondo Plinio (Hist. nat. xxxvi. 26), sapeasi sof-
fiarlo, tornirlo, fin renderlo malleabile; il che semlira appena credibile. Quantunque
però si fabbricasse bene il vetro, si continuò a trarne di lontano e massime dall'Egitto.
Vetri antichi pochissimo si conosceaoo, culpa la fragilità; sinché gli scavi d'Ercolano
e Pompej ne diedero tanti, da formarne una sala distinta nel museo Borbonico. Magni-
fiche tazze di vetro fecero gli antichi, ora col sovrapporre strali di color diverso, or
coll'unire il vetro e l'oro; e Nerone pagò seimila scsterzj due vasetti di vetro. In un
sepolcro di Populonia si trovò un vaso, illustrato dal Sestini , rotondo, con lungo collo
inelegante, ma pregevole per le figure, gli ornati e le iscrizioni Una lazza ha il museo
Trivulzio a Milano, di vetro verde con una linea di caratteri in rilievo di sotto del Inhliro,
e rivestita d'una rete azzurra, lavorala con gran diligenza al tornio. In un sepolcro a
Strasburgo nel 1825 fu trovata una tazza di vetro bianco, con sovrapposto un orna-
mento di vetro rosso, formante una specie di rete, a fori ovali, e terminala con un
bordo circolare : in alto della tazza erano in vetro verde le parole Maximilianus Au-
gustus.
Dei vasi di vetro con rilievi, di cui molti ornano il museo Borbonico, alcuni poterono
esser sofliatì entro forme di metallo, o di Iripolo e gesso, sicché ne risultassero me-
andri e maschere: ovvero, mentre ancora incandescenti, imprimevnsi il rilievo con uno
stilo da dentro in fuori, f bassorilievi ne' vasi più grandi forse erano fatti con stampi
VASI DI VETRO, UURRIM, UETALLICI fl08
applicati alla massa rovente, o anche fondendo in una forma tutto il vaso. Collo stampo
devono esser fatti i medaglioni e le iscrizioni al fondo delle tazze. Altre volte s'intaglia-
vano col bulino.
Il famoso vaso Portland, già Barberini, ora al museo Britannico, è probabilmente del
tempo d'Adriano, consiste in una pasta di vetro di due strati, uno azzurro trasparente,
l'altro lìianco opaco, e rappresenta le nozze di Teli e Peleo: il gennajo 1845, un insen-
sato gli tirò un sasso e mandollo a fiezzi. Un altro somigliante fu dissotterrato a Pom-
pe], bellissimo, e manifestamente lavorato a- bulino, come i cammei: è d'un vetro
azzurro carico, tinto col piombo calcinato, da cui sorgono de' bassorilievi in un altro
strato di vetro bianco opaco, rappresentanti scene bacchiche. Vasi antichi con figure o
senza son pure il sacro catino di Genova esagono, colore smeraldo 5 quello trovato a
Novaro (Winckelmann, t. iii), un altro a Strasburgo.
Glasmaìerei, von ihrer Vrsprung bi$ auf den neusten Zeit.
Gessert, Gesehichle der Glaimalerei, -1839.
Db Witte, Examen de deux pnsiage$ de Pline relatifs à Vari de la vetrerie. -1844.
MiiMiTOLi, Ueber die /inferdgung und die Nùtzanwendung der fabricken Glitser bei den Alien. Berlino
-1836. Profiub degli studj de' cavalieri Beriholdy e Dodwcll, del dottore Fnss, di Klaproth.
Per vasi murrini non si sa hene che cosa intendere; ma erano oggetti di lussò piut-
tosto che d'arte. Mercatore e Baronio li credettero di bengioino; Panlmier di Crente-
niesnil, d'argilla impastata con mirra; Cardano, Scaligero. Mercuriale, di porcellana;
Belon, di conchiglia ; Guibert, di onice; altri d'altro; e Le Blond (Mém. de l'Aoad. des
Inscrip. voi. xlui) mostra che nessuno s'appose: Haiìy volle provare fossero di spato
fluore. Una di tali tazze fu pagata da un consolare settanta talenti; una da Nerone qua-
ranta milioni di sesterzj: Petronio, dispensiero de' piaceri di lui, n'ebbe una per tre-
cento talenti, e prima di morire la spezzò, acciocché non toccasse a Nerone, divenutogli
nemico.
COBSi, De' vati murrini^ e d'un masso di pietra esistente in Roma. Roma -1830.
Triebsch, Ueber die Vasa murrina der Alien -1833.
Costa be Macedo, Mem. sobre os vasos murrhino^. Lisbona -1842.
Tra i vasi metallici erano famosi quelli di metallo di Corinto. A Vulci se ne steri-a-
rono pure molti, e nel 183?) ben quattordici da una sola casa di Pompe], d'argento con
bellissimi rilievi. Si vede che dapprima erano fusi insieme colle figure e col fogliame,
poi nel rilievo perfezionati coi ceselli. Altre volte i pezzi di rilievo eralio staccati, e
poteansi adattare a piìi vasi. Da sessanta vasi metallici possiede il museo di Toriào,
oltre molti fittili, gran parte raccolti dagli scavi di PoUenzo.
206 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
CAPO SESTO
GLIPTICA E OREFICERIA
§ 433. — Definizione.
L'arte di tagliar le pietre fine di cavo o di rilievo chiamasi Gliptica, e Gliptografia
la cognizione di quelle che l'antichità ci tramandò. Queste meltonsi tra i monumenti
più preziosi, sia per l'eleganza loro propria, sia per la ricchezza intrinseca, sia per la
facilità d'introdurle in ornamenti moderni.
§ 134. — Materie intagliate.
Le sostanze intagliate erano od animali, come corallo, turchine, avorio, per esempio
nel cammeo figurante Porsena, messo però in dubbio; o vegetali, come cedro, bosso,
ebano, sicomoro, di cui v'è qualche lavoro egizio; o resinosi, come lustrino e ambra,
che or credesi prodotta da un conifero del mondo primitivo; o minerali, come argilla,
metalli, pietre, e specialmente l'ematite, la malachite, la calamita, il lapislazzuli, lo
schisto calcare, la pietra tebaica ossia oliare, la steatite, le silicee più pure. Le silicee
sono trasparenti, come rubino, zafiro, topazio, smeraldo, ametista, acqua di mare o
berillo, granato, giacinto, cristallo di ròcca, in cui si hanno pochi lavori e di poco me-
rito ; 0 semitrasparenti, come l'opale, il plasma di smeraldo o calcedonio verdiccio, il
girasole o pietra di fulmine, l'idrofane, il sardonico, la corniola, la giada, le agate, il
calcedonio, il cacholong, l'onice; od opache, come il diaspro di varj colori, il granito,
il basalte, il serpentino, la sienite.
il diaspro era sì poco noto agli antichi, che Plinio crede dover attestare per propria
vista che Nerone ne possedeva un pezzo di undici oncie {Magnitudinem jaspidis unde-
cim unciaruin vidimus) : e difatto in antico non si trovano né colonne né grandi vasi
di diaspro , mentre o^'gi dall'Altai ne tiriamo grossissimi pezzi. Il vero smeraldo non
trovasi che nel Perù: pure gli antichi ne numerarono dodici specie, di nomi dilTe-
rentissimi, ma infatti erano diallago, plasma, eliotropio, e sin spato-lluore. La più
parte delle gemme che diconsi in smeraldo dagli antichi , sono in eliotropio , o come
diciamo, plasma di smeraldo gemmario (Blumenbach, Naturgesch. art. Heliotrop und
Smaragd).
Empirica è la distinzione delle gemme in orientali ed occidentali, non corrispondendo
al vero tal distinzione geografica. Orientali son quelle di più bella vista, dure e perciò
capaci di più acceso pulimento , composte di allumina pura; e la scienza le chiama
lelesie o corindoni. Le occidentali sono gemme somigliami alle predette, ma non così
dure e belle, e compongonsi di selce unita chimicamente con altre terre, o colorale da
ossidi metallici.
Il diamante dagli antichi non si sapeva lavorare, e lo insegnò Luigi Barquen di Bru-
ges. Nessun dianiante si trovò a l'ompej ed Ercolano; bensì un anello con venticinque
pezzi di diamante regolarmente disposti in oro, si scoperse nel Westmeath (Goucii's,
Carne/. III. 571). 1 carbonchi non credeansi opportuni. I lavori su conchiglie, massi-
me la margaritifera, il naulilio, le veneri, le came e le cipree, sono moderni.
Ambra moltissima ebbero gli antichi , e Plinio {Hist. nat. xxxvii. 5) parla di pezzi
fin di quattordici libbre ; e la stima misuravasi da qualche particolarità, come il colore
GEMME, LORO DISTINZIONI 207
0 l'aver inchiuso alcun insetto. Nel museo Kircheriano n'è una raccoltina di romane,
e specialmente notevoli una noce spaccata , un balsaniario ricinto di pampini e con
amorini bacchici ed uccelli. Ivi è pure un frammento bellissimo d'una Nereide su
cavallo marino, in cristallo di rócca. Un bassorilievo in ambra, trovato nella tomba di
Ruvo, e venuto alla preziosa raccolta del conte di Portalés Gorgier, è in un pezzo lungo
pollici 6, lin. 6. largo 3. 6.
Molte velie lavoravansi sostanze artifiziali , coi vetri e porcellane, smaltì, paste di
vario colore imitanti le gemme. I grandi smeraldi egiziani ed altre pietre erano paste,
come si scòrse da quelli trovati nelle tombe, e da quei che si conservarono nelle chiese
cristiane, quale il sacro catino di Genova.
§ 135. — Modo di lavorarle.
Come gli antichi lavorassero le pietre non ci è tramandato in iscritto-, ma si potè
conoscere che v'adopravano, al modo moderno, la sega (terebra) ^ il punzone (ferrum
retusumj^ la rotellina di rame, il torno, lo smeriglio, la polvere e la punta di diamante,
e osso di seppia (osiracitej per levigare. Non occorre avvertire che non poteano colle
lenti ingrandir gli oggetti.
Il politore dava aila pietra la forma piana o convessa; poi l'incisore (litoghjphus ,
scalplor, cavarius) vi adoprava attorno ; litocoltesi o compoxitures gemmarum montavano
le pietre; dattilioglifì più specialmente lavoravano agli anelli.
Le forme cilindriche od esagone erano più usate , che non le numerose faccette de'
moderni. La legatura preferita negli anelli era in forma di fascia,
§ 136. — Intagli e cammei.
Le pietre sono lavorate o in cavo, o in rilievo; le prime diconsi intagli , le altre
cammei. Di questo nome è ignota la origine, e chi vuole trarlo dall'arabo kamna amu-
leto, chi da chama conchiglia. Sono soggetti intagliati sovra una pietra a molli strati,
de' quali l'incisore si giovò per far risaltare ima figura di colore diverso dal fondo. Ec-
cellenti sono quelli su pietra a triplo strato. Le più ovvie sono le sardoniche ossia sar-
donia-onice; e le grandissime e bellissime degli antichi si suppone le traessero dal-
l'india superiore e dalla Battriana , mentre i moderni non ponno servirsi che delle
agate di Germania, di pasta assai meno fina,
Antonio Pichler trovò il modo di dare a queste il fondo nero col farle bollire nell'olio
vitriolico in modo, che n'escono bei niccoli a due colori, bianco e nero.
S 137. — Altre distinzioni delle pietre incise.
Le gemme suddividonsi anche giusta la forma o il soggetto: e chiamansi scarabei
quelle che hanno la forma di questo insetto sovra una base piana; caboscion le pietre
informi; capriQci i soggetti bizzarramente aggruppali; grilli i soggetti grotteschi e le
caricature; chimere quelli in cui sono associale parti d'animali diversi; aslrifere quelle
che figurano astri; conjugaie {capila jugala) quando sono due o più teste di profilo
sovrapposte una all'altra, come il grandissimo di Alessandro e Olimpia del museo Ode-
scalchi , e quel di Demetrio Solere e sua moglie Laodice; affrontate (capita adversa)
quando le teste si guardano; opposte (capita aversa) quando rivolte a lati contrarj.
Scientificamente si sogliono distinguere secondo il paese, in egizie, elrusche, asiatiche,
greche e romane, suddividendole secondo il soggetto in milolog'che, sloriche, fisiogra-
fiche, cioè che rappresentano oggetti naturali, chimeriche, cioè di capriccio senza re-
lazione a culto e a storia; olire |toi le cristiane, dedotte dalla nostra religione.
DOM. De Rossi, Gemme antiche figurate. Roma 1707-9, 4 voi.
LiPPEBT, Daclyliolhecn unitersalis. Lipsia 1755, 62, 76.
Zanetti, Gemma aniiquce. Venezia 1750.
GoRi, Thfsaurum gemmarum antiquarum. Firenze (750, 3 voi.; o Bìstoria glyptographtca,
VKSSmt^ Noviim tliesaurtim gemmarum. Roma 1781, 5 voi.
J. Rapom, Raccolta di pietre anlicfie. Ivi 1786.
Erh. Reusch, Capila deorum... in gemmit incita. Francoforle 1721.
Stoch, Gemmce antiqua cetatw. Amsterdam 1724.
208
AKCHEOLOGiA E BELLE ARTI
FicORONi, Gemnlcé anligum liUeratw.RomSi M^T.
Wadd, Litologia del museo Borgiano^ eauraera le pietre adoperate.
Natter, Trattalo del metodo antico di scolpir le pietre fine paragonato co' moderni. Londra nb4.
Mariette, Traité des pierres gravées. Parigi -1750, 2 voi.
Ant. Aldini, Istituzioni gliltografiche. Cesena 4783. I molti suoi errori furono notati da un Accademico
etrusco nelle Osservazioni sulle gemme incise. Milano 1786.
Klotz, Veber den Nutzen und Gebrauch der alien geschnitlenen Steine. Altenburg 1768.
Eckhel descrisse le pietre del gabinetto di Victìna (1788); Delacliau e Le Rlond quelle del duca d'O rleans
(1780). Quelle d'Inghilterra furono incise da Wnrlidge 1768: da Storch e Bracci quelle con iscrizióni,
De aniiquis scultoribus qui sua nòmina inciserunt in gemmi». Firenze 1784.
Buschino, Memoria del distinguere gli antichi da' moderni lavóri gUtlogralxci (negli Alti della SonièlA
di Lipsia \ 753) .
MuRR, Bibliothera glyptographica. Dresda 4804.
Corsi, Catalogo di pietre antiche. Roma 1823.
Ramcs, Von geschnitlenen Steiàen und dei- Krinst selbige sugràviiréh. Co{)énàghen -1 800.
OOerlitt, Gemmenkunde (nelle opere sue archeologiche).
Hirt, Afnalthea.
CoHLER, Sulla gliptica.
Luigi Bossi, Delle pietre incise. MWano.
Impronte gemmarie di monumenti tornati in luce dal 1833 in poi, pubblicate dall'incisore T. Cades.
Roma, per centurie.
Trésor de numismatiques et de gliptiques.. tant anciens que modernes^ les'phis intèresans snus le rap-
port de Vnrt et de Phistnire., ffravé par les procédés de Achille Colas, sous la direction de DelarÒCUE,
DOPCNT et Lènoirmant. Parigi 1834.
Faustino Corsi, Delle pietre antiche, — Catalogo ragionalo d'una colleziorie di pietre da decoraiióne%
Roma 1823.
§ i58. ~ Utilità della gliptica.
Come monumenti, le pietre incise si arricchiscono di cognizioni pellegrine sulle
arti, la storia, la religione, le opinioni, i costumi degli antichi: da esse abbiamo i ri-
tratti di grand'uomini, da esse la riproduzione in piccolo di opere perdute; oltre una
serie di capricci, attestanti il gusto nazionale.
§ 139. — Gemme ebraiche, egizie, fenicie, scarabei^ cilindri.
Già neWEsodo son le numerate varie piètre Incise, che devono entrare negli arredi
del sommo sacerdote. Abbiam memoria delle gemme degli Etiopi ; ne possediamo
degli Indiani; ne uscirono dai monumenti più ve-
tusti deli'Fcilto Fra queste sono notevoli quelle
in forma di scarabei, che portano iscrizioni, tal-
volta di re anteriori a r.ioseffo Ebreo. Lo scara-
beo è rilevato sopra un piano, talché appartitene
ai cammei; la base è forata pel lungo, e talora
in più d'un senso, e nell'estermoé incisa, f.'ani-
male v'è più 0 men rilevato, e talora si attacca
solo per le zampe. Le ale superiori sono lisce,
oppure striale.
Abbondantissimi si trovano (n'ha da duemila il solo museo di Torino, censettan-
tadue dei quali portano il nomedel reTn(mnsi). e d'ogni materia, preziosa o comune;
e sembra certo si portassero come anelli, fors'anche come collane: ve n'ha d;i dieci
secoli avanti la guerra di Troja, (in all'imperatore Comodo; ma non si scorge differenza
cronologica nel lavoro. Li classificano dunque in grandi e piccoli, chiamando grandi
quei che hanno da un pollice a tre di lunghezza; e pare fossero funerari, trovandosi
figurati sili papiri delle mummie, od anche nelle collane e al petto delle mummie
stesse, e fra le collane di vetro e di conterie che le più ricche hanno al collo, l 'essersi
rinvenuto uno scarabeo attaccato ad un orecchino, lasciò credere si destinassero a
tale USO; ma bisogna aspettare altri esempj. Pretendono che le iscrizioni sieno leg-
gende funebri, non cangiando che il nome, al cui posto talvolta è una lacuna. Avvene
senza iscrizioni di sorta. In alcuni le ale sono adorne di figure, e in altri la testa è di
GEMME ANTICHE 209
uomo. I piccoli sono numerosissimi, e rappresentano divinità, simboli religiosi, leg-
gende, iscrizioni, emblemi sacri e civili, piante, animali, varietà. Sono preziosi quei
che hanno cartelloni coi nomi di regnanti. Da ciò volle alcuno indurre che servissero
di moneta spiccia.
Si disse che gli Egizj onorassero lo sciirabeo come simbolo, i° del mondo, perchè i
suoi escrementi hanno forma di globo- 2" della generazione, perchè sepellisce pal-
lottole in cui rinserrò le sue ova; 3' della figliuolanza, perchè partorisce sempre un
maschio e una femmina; 4° del valore, onde obbligavano i soldati in guerra ad avere
sull'anello quest'animale sempre armato -, 5" del sole; 6" della luna per le corna; 7° di
Mercurio se unicorno; 8" cogli occhi traforati da un ago indicava un uomo morto
di febbre. Anche altre significazioni vi trovano, ma del pari capricciose. I più credono
fossero difese magiche, atteso che lo scarabeo era dedicato al Sole, il più potente fra
gli Dei (sant'Agostino dice che tristo era paragonato allo scarabeo; altro |de' molti
simboli solari attribuiti all'uomo-dio).
Un geuere particolare formarono le pietre incise dei Babilonesi, che dalla loro forma
si chiamano cilindri. Sono di materie dure, naturali od artifiziali, varianti da uno a
tre pollici di lunghezza, e da qualche linea fin ad un pollice di diametro, forati per
lo lungo, e tutti coperti di figure e d'iscrizioni. Pare fossero amuleti, e portano divi-
nità e nomi loro in caratteri cuneiformi. Credeansi proprj solo de' Persiani; ma se ne
trovò pure in Egitto, alcuni coperti d'iscrizioni persepolitane, altri di figure egizie, e
col nome di faraoni anteriori alla invasione persiana.
J. DuBOis, Choix de pierres gravées antique! égypliennet et persanet. Parigi H817.
Steinbuecbel, Scarabei egizj figurati del museo di S. M. V Imperatore. Vienna 1824. Molti però da lui
reputati antichi, nun sono.
§ 140. — Gemme greche.
Fra i Greci si nomina primo Teodoro di Samo, il quale incise l'anello di Policrate, e
da Plinio è fatto inventore del tornio; diremo piuttosto introduttore. Molti intagliatori
son ricordati dulie storie fin al Basso Impero: d'altri sì raccolgono i nomi dalle lettere
0 dai logogrifi ch'essi metteano sui proprj lavori.
La pietra greca più antica è una corniola del gabinetto reale di Berlino, figurante la
morte di Otriade spartano, con un'iscrizione greca sullo scudo da destra a sinistra;
e sarebbe contemporanea al predetto anello. Sono fra' più rinomati intagli il Demo-
stene, rio, il Perseo e il Mercurio di Dioscoride, il loro d'Ilio, l'Ercole di Cneo, la Me-
dusa di Solone, la Giulia di Evodo. Il così detto sigillo di Michelangelo figura in cor-
niola piccola una vendemmia, e nell'esergo un pescatore colla lenza; e sta al gabinetto
nazionale a Parigi; ma anziché antico, e' pare del Cinquecento. Dioscoride era van-
tato pel rilievo delle figure. Queste non si moltiplicavano in un soggetto e preferivansi
le nude.
L'età delle pietre, in mancanza d'altro, si deduce dallo stile; ma spesso gli incisori
degli ultimi tempi si applicarono ad imitare gli antichissimi. È prediletta la forma
ovale, talvolta colla superficie alquanto concava. Ne' cammei sceglievansi colori adatti
al soggetto; pietre nere per Proserpina, l'ametista per Bacco, il diaspro rosso per
Marsia scorticato, l'acqua marina per Nettuno o pei Tritoni. Gli antichi davano alle
pietre un forte pulimento, che mal si raggiunge dai moderni.
§ 141. — Gemme Italiote.
Gli Italioti precedettero i Greci nella gliptica. Lo scarabeo è pure forma assai solita
delle pietre incise etrusche, se non che il campo della pietra porta una granitura di
punti incavati. Hanno rilievo e finitezza minore che le egiziane, e tutte sono forate per
lo lungo; alcune trovaronsi nelle tombe, legate in anelli e versatili. Fra le etrusche
repulansi più antiche quelle, ove la figura è appena indicala da punti scavati col pun-
zone. Le iscrizioni, quando vi siano, indicano la persona figurata, ei soggetti sono per
lo più greci: onde si classificano in pietre etrusche di soggetti etruschi, e di soggetti
greci. Tra le prime hanno vanto un'agata del museo granducale di Firenze, la quale
Cantò, Docmuenti. — Tom. I. Archeologia e Belle Arti, 14
210 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
rappresenta due sacerdoti salj, che sostengono un bastone con sei scudi; uno scarabeo
in corniola del re di Prussia; una piccola pietra del gabinetto imperiale di t'arigi, fi-
gurante un uomo seduto s'uno sgabello davanti a una tavola tripode, su cui sono tre
corjti rotondi che egli par movere colla destra, mentre colla sinistra tiene una tavoletta
carica di lettere alfabetiche. Orioli le reputa numeri, e ne induce che le cifre nume-
riche fosser note agli Etruschi.
I soggetti greci sono più facili a interpretare, e diedero grande appiglio a quelli
che negano agli Etruschi un'arte propria, e vogliono la derivassero affatto di Grecia.
Dai sepolcri di Perugia levossi una delle più belle pietre incise, rappresentante i sette
capi sotto Tebe, coi loro nomi greci incisi io forma etrusca.
§ 142, — Gemme romane e del Basso Impero.
I Romani anche (jui non fecero che imitare i Greci, e di là desunsero i soggetti; o
se dalla storlapatria, vi diedero espressione allegorica, prediligendo però il panneggia-
mento. Conoscesi anche qualche artista romano, e il lusso dovette far prevalere sifatto
genere di lavori. Talora hanno iscrizioni di buon augurio: Multis annis ; ave, amor
meus^ ecc. Del tempo degli imperatori si hanno preziose gemme; e l'insigne incisore
Dioscoride fece la tosta di Augusto, con cui esso imperatore suggellava. Possediamo
inoltre una serie di (Jemme che rappresentano, ad epoche determinate, le famiglie
Giulia e Claudia, ammirabili per l'abilità e per altri vantaggi.
La più grande che si abbia è quella del cardinale Carpegna, che fu tolta a Roma da
Napoleone, e non si sa più ove si trovi. Testé fu annunziata una cristiana, rinvenuta
in Siria ; ma non si conosce finora che dagli avvisi. Segue quella di Parigi ; poi le due
viennesi. La gemma auqusfea del gabinetto di Vienna di 20 per 22 1|2 centimetri, fi-
gura la famiglia d'Augusto all'anno 12 dell'era volgare : Augusto col lituo, come segno
degli auspizj, è in trono a fianco a Roma; lo coronano la terra, l'oceano, l'Abbon-
danza; Tiberio, scendendo dal carro condotto dalla Vittoria, dopo vinti i Pannoni, pro-
strasi davanti al Giove Augusto; ha vicino Germanico, che anch'esso ricevette gli onori
trionfali; al disotto, i legionari romani ed ausiliarj alzano un trofeo: avvi pure l'oro-
scopo d'Augusto e quel di Tiberio.
Un altro cammeo fu da Costantinopoli portato da Baldovino li, poi l'ebbe Luigi IX,
indi la Santa cappella, ora il gabinetto nazionale a Parigi. È una sardonica di cinque
strati di 32 per 35 centimetri, e rappresenta la famiglia d'Augusto poco dopo la morte
di questo. In mezzo sta Tiberio da Giove Egioco; allato Livia da Cerere; intorno la
prima Agrippina, Caligola, Druso II, un principe forse degli Arsacidi, Clio e Polinnia;
al disotto le nazioni vinte dell'Oriente e della Germania ; in alto Augusto, ammesso fra
gli Dei 1 vecchi lo intitolavano il sogno di Giuseppe; altri lo crede l'ammessione di
Nerone nolla famii;liii (liidia.
II re dei Paesi Bassi ha una sardonica di Ire strati, molto nien bene eseguita che non
la precedente; ed è il trionfo di Claudio in fij.'ura di Giove, con Messalina, Ottavia, Bri-
tannico, sovra un carro trascinato da centauri e preceduto dalla Vittoria, grande 271
millimetri.
Sui tre maggiori cammei vedi Mém. de VAcad. dex Inscrip., voi. viii. 500. Ma mentre
quei di Parigi e Vienna furono rotti e racconci, intatto è il vaso d'un sol pezzo di sar-
donica del museo Borbonico; diafano, color catfè venato di bianco e di strisce san-
guigne e bionde che al sole pajono d'oro. L'esterno è coperto da una testa di Medusa
intagliata; nel cavo sette figure rilevansi in uno strato bianco, figuranti una scena
egizia, ma sul cui significalo discordano gli antiquarj. Il sig. Quaranta vi vide Ales-
sandro, Berenice eie figlie, assistenti alla festa della mietitura (Annali civili del 1857).
Evidentemente fu lavorato a bulino, come i cammei
Altri molti se ne ricordano di quell'età. Il cammeo Gonzaga, ora posseduto dall'im-
peratore di Itussia, è lungo 102 millimetri.
Nel Basso Impero non si perdette l'amore delle gemme incise. Il più considerevole
lavoro è lo zafìro di Coslatizo, rappresentante quest'im|)eratore che assalta un cinghiale
presso Cesarea di Cappadocia: si conserva a Firenze. Presto adottarono questo genere
COLLi;ziOM 211
i Cristiani, derivando i soggetti dal culto o dalla storia sacra: alcuni dunque sono sto-
rici; altri simbolici, come la barca, l'ancora, il pesce; altri scritti con monogrammi, o
nomi santi, o acclamazioni, per esempio Joanms vivas in Beo.
§ 145. — Gemme del medio evo e moderne.
Nel medio evosi continuò a cercare le gemme incise per ornamento de' re e de'sacer-
do(i. Pepino suggellava con una pietra figurante Bacco, e Carlo Magno con un Serapide,
Molte pietre antiobe ci furdtio conservate nelle legature di evangeliarj o di relifjiiie. È
scritto che Federico II imperatore nel 1259 comprò per mille ducentulrenla oncie d'oro,
da Gusberto di Turano e Bernardo di Lyes mercanti provenzali, magnani scutellam de
onickio.
Dopo la distruzione dell'impero d'Oriente rivisse in Italia la pratica dell'in tagliare le
pietre, e vennero fiimosi Giovanni delle Corniole e Dottienico de' Cammei. Giacomo da
Trezzo e Clemente Birago milanesi lavorarono diamanti. In lavori di cristallo di ròcca
primeggiò Valerio vicentino. Matteo del Nazaro, passato in Francia con Francesco 1,
vi portò quest'arte, e il primo che vi acquistasse rinomanza fuCaldorè sotto Luigi XIII,
seguito poi da altri valenti, massime in questi ultimi tempi. Gl'Inglesi si gloriano di
Tommaso Simon che fece il ritratto di Cromwell. Ma dopo gli Italiani il vanto è dei
Tedeschi.
Nel secolo scorso e nel nostro lavorarono bellissime incisioni Torricelli, Pazzaglia,
Caparroni, Bega, Cerbara, Cades, i due Sirleti, Watter; poi Santorelli, Girometti, Pi-
strucci, Amastini, Morelli, Hecher, Marshaub, e migliori i Pichler. Alcune lor opere pas-
sarono per antiche; in altre essi posero il proprio nome, come *. T, S. (<I>)«^éou ToG
Itp/Ecov), niXAHP, VAl'OS traduzione di Watter.
§ 144. — Collezioni.
Gli antichi si piacevano di far raccolte di queste preziosità, e Ghandler pubblicò un
iscrizione greca, contenente l'inventario del tesoro deposto nell'opistodomo del Parte-
none d'Atene, da cui compajono molte gemme incise. Secondo Svetonio, Cesare e Mar-
cello dedicarono collezioni di pietre incise ai tempj di Venere e d'Apollo. Altre ne
avevano Mitradate, Pompeo' Scauro. I Medici ne adunarono molte, e Lorenzo fece su
alcuna pietra antica incidere il proprio nome. Peiresc ne cercò dall'Oriente, insieme
coi manoscritti e colle medaglie; e con ciò ne estese il gusto.
Le raccolte più ricche oggi sono quella della galleria di Firenze, che si reputa con-
tarne quattromila fra antichi e moderni; quella del Vaticano a Roma; la Borbonica a
Napoli, che n'ha da mille e cento, fra cui l'Augusto, il Giove, e qualch'altro d'im-
menso valore. La imperiale a Parigi ha da cinquecento cammei, metà dei quali ten-
gonsi antichi, e un cinquanta sono de' più belli, quali la disputa di Minerva e Nettuno,
la Venere di Glicone, le nozze di Bacco e Arianna, due ritratti di Augusto. Nel gabi-
netto dell'imperatore d'Austria ne sono quaranta preziosissime, chiamate peròin dubbio
da Kohler: altre ne' gabinetti dei re di Prussia e di Danimarca, dell'imperatore di
Russia dove passarono quelle del duca d'Orleans: altre nel museo del consiglio di
Lipsia e in varie raccolte private, massime in Inghilterra.
Un catalogo ne fu stampato da Leonardo Agostini; poi altri da La Chausse (Le gemine
antiche figurate. Roma 1700), dal Gorleo (Dadijliotheca. Leida 169o), da Ebermayer
(Gemmarum thesauru<t. Norimberga 1720), da Caylus (Kecueil de 300 tétes et sujets etc).^
da Gravelle (/?ecMpj7 de pierres grarées antiques. Parigi 1731). E a tacere quelli che
trattarono di qualche classe particolare, e le descrizioni di musei, nomineremo Millin,
Pietre incise inedite de' più celebri gabinetti d'Europa..
Per agevolarne la cognizione a quelli che non possono visitare i gabinetti, si produs-
sero dei fao-mniìe in solfo o in altre paste; al che si lavora principalmente a Roma,
con grandissimo giovamento dell'arte. Di tal modo sapeano eseguirne gli antichi, e al-
cune paste loro di vetro tengonsi preziose quanto gli originali da cui erano tratte e che
perirono. Così fatto è un cammeo al Vaticano di 16 sopra 10 i)ollici, rappresentante
Bacco ed Arianna. Giovanni Picbler erasi proposto di formar la collezione di tutti i più
21"2 ARCHEOLOGIA E BELLE AKll
belli intagli ; e sebbene non la compisse, preziosi sono gli impronti di ben mille quat-
trocento paste, comprese ducento di lui stesso, compiti da suo fratello Luigi, coll'indi-
caziooe del dove si trovano, Son essi uno speciale ornamento dell'accademia di Vienna,
ed offrono la storia parlante di quest'arte; in prima le gemme egizie, poi le etrusche,
poi le greco-etruscbe, le greche, le greco-latine, le moderne. Esso Luigi copiò, per
commissione delTimperalore d'Austria, le cinquecento gemme del museo di Vienna,
per donarle al papa; ed ora vedonsi nella gliptoteca Vaticana. Rinvenne eziandio il
modo di dare aH'mteroo intaglio quella pulitura e lucentezza che è pregio delle an-
tiche.
L'Istituto archeologico di Roma pubblica le impronte delle gemme che si scoprono
novamente, lavoro del Cades.
MuGNA, / ire Pichler. Vienna \SAi,
§ 145. — Contraffazioni.
La preziosità fece che dai moderni si contraffacessero le gemme antiche, e nei gabi-
netti e in commercio se ne trova un profluvio che è ben difficile riconoscere per
false.
Nel secolo xvi furono segnalati in quest'artifizio Francesco Visconti milanese e An-
gelo Biironello; ma con maggior perfezione più tardi il Neri, il Kunkel, Gomberg, Kal-
cunt, Dbem, Reifenstein, Lippert, Tassié ecc. Per arrivarvi fa d'uopo lo studio della
materia, de' soggetti, del modo di lavoro: per esempio gli antichi pulivano accura-
tamente ogni parte della (ìgiira: non conoscendo la prospettiva, incidevano più pro-
fondamente la figura principale, acciocché nelle impronte si rilevasse maggiormente,
mentre i moderni sanno meglio le leggi della diottrica. Di cammei ancora più si fal-
sificò, e i caratteri fisici per riconoscerli sono mal sicuri: ne' più importanti, il miglior
canone è la storia della loro provenienza.
I soggetti sono o ritratti, o componimenti fantastici, o scene della mitologia e della
storia dei tempi, nel che talvolta i contraffattori errarono, e così tradirono se stessi.
Poco si contraffecero gli scarabei egizj perchè abbondantissimi, e pel carattere nazionale
difficile ad imitarsi, come è pure degli etruschi. Le iscrizioni che crescono gran pregio
alle pietre, soccorrono pure a riconoscerne l'autenticità. Queste generalmente nelle pietre
etrusche indicano il personaggio, nelle greche l'artista, nelle romane portano il nomee
dell'incisore o del proprietario. Qui serve assail'intelligenza paleografica.
§ 146. — Uso delle gemme. Amuleti.
Delle pietre incise grand'uso faceano gli antichi, o legandole in anelli, o formandone
collane, borchie, braccialetti, orecchini, ornandone perfino i calzari, altre parti del ve-
stimento ed i mobili. Eliogabalo aveva tutt'a gemme i calzari, e di gemme il carro. Di
bellissime se ne deponevano ne' tempj ad onor degli Dei. Augusto donò al tempio della
Concordia di Roma un cornucopia d'oro adorno di pietre incise; Verre rapì il candela-
bro ornato d'intagli e cammei, che re Antioco destinava al Giove Capitolino. Bellissime
gemme trovansi alle pareti dei vasi sacri. Altri vasi erano formati unicamente della riu-
nione di pietre incise.
Inoltre erano spesso adoprate come amuleli, cioè come preservativi contro i fascini,
con figure di Dei, mani congiunte, serpenti, frondi sacre, ed iscrizioni come vtere fe-
Li.K : ctnò TravTÒ; zaxouJataovo; , da ogni Cattivo gemo: eOtuxoì tkvoixì d ipépwv felice sia
chi lo porta. Grande argomento dell'
ambage in che la gente folle
Era invescata, pria che fosse anciso
L'agnel di Dio che le peccata tolle.
Un de' più bei amuleti è la pietra con Oro-Arpocrate dai due lati, e l'iscrizione fxiyai
Mooc, oLuóììov apKOK/jàvn; lùiìxzoi TM (fepoù-jri. Negli ultimi tempi v'ebbero gran parte
le immagini della religione egiziaca e dell'eclettismo alessandrino, e le figure mate-
matiche.
AMULETI. ABRiXC. 213
Occhi, piedi, mani lavoravansi pure per sipnificazione simbolica, e per essere offerti
ad Esculapio. Il corno d'abbondanza era segno di prosperità. Il mutinus sospendevasi
al collo de' bambini perchè non ne fosse turbalo il sonno: ed erano figurine in varj at-
teggiamenti, e talvolta ctm una mano alla bocca, una all'ano.
Fra gli amideti de' più soliti era il Fallo, simbolo della natura vivificante, poi assunto
quale preservativo. Frequentissime nei sepolcri, massime etruschi, sono le colonnette fal-
liche, tra cui la più famosa conservasi nel palazzo Connestabili a Perugia, scanalata,
sormontata da una pinocchia, ed eretta sopra una base rotonda, adorna di bassorilievi.
Queste idee gli Etruschi aveano comuni coll'Asia Minore, ove del simbolo medesimo
trovansi ornate le tombe. Un fallo è spesso olTìgiato sui monumenti e sulle porle, talora
triplice, talora ornato. Quello sopra una casa di Pompej col molto Hic habitat fe.licitas
non pare indichi un postribolo, ma solo un
prospero augurio. Fra gli Egizj non meo
che fra' Greci, Romani ed Etruschi , por-
tavansi in collo. E frequentissimo sulle
tombe, non solo toscane ma anche romane 5
e d'oscenità abbonddno anche i colombarj,
per esempio quello trovato recentemente
alla villa Pamfili.
Ne diamo qui la forma d'alcuni degli
amuleti che trovansi ne' musei.
Arditi, Il falcino, e Vamuleto contro il fascino^
prt:t$o gli antichi. Napoli 1823.
Kopp, Explicalio inscript, obscur. in amuleto',
Eiilelberga ^832.
EVTELB, Ueber Àmulete. Magonza ^827.
RiCHAHDSON, Diss. on the Amuleti.
Oggi ancora fra gli Arabi si creJe che il rubino
portato al dito garantisce dalla paura , dal ful-
mine , dalla peste e fa parere più grandi; posto
sotto la lingua, calma la sete, e dà forza contro
la voglia d'annegarsi: lo smeraldo allontana i
genj maligni, guarisce i morsi delle vipere, for-
tifica la vista: la turchina allevia i patimenti
dell'agonia, l'ametista que' della gotta e del parto; il cristallo di rócca rimove i cattivi sogni: l'occhio di
gatto preserva dal mal occhio : l'onice dà roaliacon).a, la cornalina fortuna.
147.
Le abrase.
Poche anticaglie ebbero tante illustrazioni quanto le pietre chiamate abraxe, cioè dove
compare la parola .abracadabra così disposta:
ABRACADABRA
ABRACADABR
ABRACADAB
ABRACADA
A B R A C A D
A B R A C A
A B R A C
A B R A
A B R
A B
A
Lungo sarebbe il voler ripetere tutti i sogni che si fecero intorno al senso di questa
parola: e chi la decompose in sillabe, chi in lettere a ciascuna apponendo un senso.
Per dire qualcuna delle più ingegnose, Beausobre la trae dalle voci a/Spò? e aww t7 bel
Salvatore. Wendelin crede che le quattro prime lettere di aSpa^a^ siano le iniziali delle
voci ebraiche U^llpn n'I 12 38< {Abben Ruah a kadosc^ indicanti Padre, Figlio, Spi-
214 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
rito santo; e le tre ultime, delle voci greche at.>Tr,f.i'j. ànò ?u)ou. salute pel legno. Il sapere
che queslo era il simlolo de'Gntstici Basilidiurii, sincretisti nella dottrina e nella
credenza, toglierebbe la stranezza del comporre una voce di elraico e di greco: il male
però si è che i Basilidiani non ammettevano né la Trinità né la morte espiatrice.
Conosciutissimo è che i Greci dinotavano i numeri con Itllere: ora ALIMZA^ o ABPA-
SAS formano 3(35; e trecensessanlacinque, secondo i Gnostici tiasilidiani, conformi in
ciò a"li E"izj, erano le intelligenze interposte fra il mondo nostro e il superiore: essi
dunque con tal numero esprimevano quei demoni, e consideravano come amuleto la
voce che indicava la totalità di essi. Trova appoggio quest'interpretazione nell'asser-
zione precisa di sant'Ireneo e nel costume conloriiie de' primi secoli cristiani. Cosi
nell'Apocalissi abbiamo il 0(i(j come il vero numero, e che si e prime coli' ,4ò«c/ono. Nsao^
e MeI-3/ia:, tanto fre(iuenli, rendono pure il 3G5. Huarez^ che scnlto in ebraico si legge
296 è nei Talmud il duce di ducentonovanlasei armali che presiedono al corso del sole.
Bellermann, e quasi conforme a lui il Munler, lo deducono dal copto ; ove sadsch
vudl dire parola, e dovette dai Greci essere scritta ^^-^ o «à^; e abrak significa santo,
adorabile; cosi che s'avrebbe paroia aucra; o secondo Milnter paiola nuova, deducen-
dolo da berrt. Ma non sembra ciò potesse l'ormar il soggetto d'un amuleto.
Talora col nome di abrase e di pietre basilidiane se ne indicano alcune affatto genti-
lesche, ed opera di maghi e astrologi antichi. In una recata da ^pon è scritto: ixo»
aSiia;»; àci'ovat àytov ovopta kc,ia.i óu-.ù-ixiii i^u/a^aTé 'juipixv nau/eivav ano zaz&O d'aj'f/ovo;
{Jao Abraxas Adonai, sanclum nomen, diynce pottstutes, servate Vibiam Paulinam ab omni
malo dcBinone).
Alle volte confondeansi simboli pagani e cristiani; e in una v'è Giove fulminante, e
sul rovescio lAilCABAii.
In qualche museo vanno col nome di abraxe anche alcuni idoletti mistici e gnostici.
KinKER, CSEdipus agypliacus, tom. li, p. 2.
Macarics, Abraxas-, seu de gemnis basilidianis. Anversa ^G57.
PlG^ORll;s, Mensa Isiaca. Amsterdam 1609.
AucuSTiiMS, Gemma et sculplurw antiqua depictw. Francoforte -1694.
Montfauco^, Palaeographia grceca.
Musaum Odescaìcum, seu Thesaurus antiquarum gemmarum a P. S. Bartolo. Roma t73t-D2.
Beausobre, Histoire du Municfiéisme.
BELLERMA^N, (Jeber die Gemmen der Alien mit dem Abraxasbilde. •1820.
MUENTEK', Kirchliche Jlterlhumer der Gnostiker.
Matter, Histoire crilique du Gnosticisme.
Tacconi, De tribus gemmis basilidianis.
Creuzer, Zur Gemmenkunde.
g 148. — Anelli.
L'uso principale delle pietre incise era il fregiare anelli. Questi erano o di semplice
ornato o sigilli. Ne' musei se ne trovano fin delle prime dinastie egizie. Già nella
Bibbia abbiamo che Giuda figlio di Giacobbe diede a Tamar il proprio anello, in pegno
di promessa -, e che Faraone pose il suo in dito a Giuseppe, come segno di autorità. In
Omero parlasi del suggellare con impronte, ma non di anelli : al tempo però di .Solone
erano usati con ricche pietre, ed anche per sigillo. Alessandro, vinto Dario, adottò per
suggellare un anello di questo. Angusto a tal uso valeasi d'una testa di Alessandro,
l)oi della propria, come continuarono i suoi successori fin a Galba, che vi sostituì un
cane giacente sulla prora d'un vascello. Cicerone dice aver riconosciuta dall'anello una
statua di Scipione Africano. E fra i Romani il suggello (symbolus) aveva quell'impor-
tanza che ha fra noi la firma.
I Greci chiamavano gli anelli dactylioi , e sfragis la materia su cui intagliavansi
caratteri e figure, donde i nomi di daciitioteca e sfnigisttra. Antichissimo è l'uso d'a-
verne ai polsi. I Maurilani, secondo sant'Agostino, ne infili vano alle narici, e le Etiopi
alle labbra , secondo Diodoro, come oggi continuano i selvaggi. Le donne ne portavano
sopra la noce del piede {perisceiidi)^ talvolta con sonagli. Additansi ne' musei delle
ANFLI.I 21^)
fìbule, per impedire le soddisfazioni sessuali. Ai gladiatori metteansi anelli alle braccia
per crescer l'orza a' muscoli.
Le aruiille alleliche sono un anello di bronzo o di rame da 1« a 40 centimetri con
ganci. Ora trovansi sul lescbiu di cadaveri , or presso la destra mano, or isolale sul
terreno, e tulle all'eslremilà sellenlriunale dell'Aj^ro pretusiuno nel Piceno. Erano an-
tichissime: adopravansi ne' ymocbi ginnici, forse strappandosele di mano, e il vincitore
le portava in capo {Bull. dnll'istìtuiu urcheol., maj^j^io 'J«42).
I più soliti erano gli anelli alle dita. 1 primi lluinani gli avevano di ferro; indi ai
senatori fu dato il privilegio d'averli d'oro, accomunato in seguilo a tulli i palrizj ,
divenne poi dislinlivo de' cavalieri, indi degli uHiziali superiori dell'esercito: ma alla
plebe restarono vietati, tinche il duilto non si equiparò. iNe variarono l'uso, la materia,
la forma, il numero 5 e sebbene di preferenza si (lorlussero all'anulare della mano sinistra,
nell'eccedente lusso i-e ne posero, non solo ad ogni dito, ma ad ogni falange, eccetto il
dito medio (Pi.i.mo, Nul. hist. xxxvu; Aìauziale, Ejnijr. v. 11). Si ebbero anelli estivi
ed invernali; se ne caricavano le effigie degli Dei , 0 fossero giganti 0 fossero penati •
onde se ne trova di grossissimi e di slretiissimi. Ne abbiamo che pesano un'oncia; ma
alcuni sono così giandi, ch'è impossibile servissero al dito; onde si credono voti olferti
agli iddii. Isidoro (.\ix. 32j distingue gli anelli unyuli , che avevano una gemma inca-
stonata; i sainutruci, ove ad un cerchio d'oro sovrapponeasi un tondino di ferro- e i
tinnì tull'oro. Talvolta erano vuoti , e nell'interno chiudeano amuleti 0 memorie e
spesso il veleno. Portavano anche motti, come: Xaìpe: Kópta x'^'f^'- amo te ama me.
VITA TlBi: BOiNAM VllAM ; PIGNVS AMOHIS HABES: HOSPrPA FltlXVIVE,
Coll'anello, oltre la condizione, esprimevasi lo stato dell'animo: e dopo l'obbrobrio
delle Forche Caudine, nessuno pose anello d'oro; uè quando Augusto morì. Lasciavansi
pure quando si supplicava 0 si era accusali. Alla fidanzata davasi all'alto degli sponsali
di ferro secondo Plinio, d'oro secondo Tertulliano. Vannulus natalilim presenlavasi
dai clienti al patrono nel suo compleanno. Su quelli da sigillare {anìiuli signatura)
facevasi incidere una lettera, 0 un simbolo, 0 un ritrailo; e talvolta airimma"ine era
unito il nome. Quel segno chiamavasi symbulus, e spesso è somigliante a (juello delle
monete, perchè non solo individui, ma città e Siali aveano suggelli; e così gl'impera-
tori suggellavano col tipo stesso delle moneie. Tali suggelli erano di due sorla; concavi
per imprimere la cera od altra materia dullile , e in rilievo |)er segnare vasi, tegoli 0
metter nomi, monogrammi e firme alle lettere. Quest'ultimi erano per lo più bislunghi.
L'anello di Salomone, come quello di Gige ed altri, appartengono all'arte magica e di-
vinatoria, e molti ne usarono Greci e Homani.
Fr. De Corte, Synlagma de annulis, $ive iractalvs anuularis, de annuìorum origine ^ tir tute ac di-
gnitate. Auveisa O06.
Ad altri usi servivano gli anelli. A sostenere il cortinaggio dei letti, 0 quello con cui
Romani e Greci spartivano ed ornavano le camere (a«/(«/« velarvs). Agli schiavi melleasi
un anello di ferro 0 di bronzo alla coscia 0 alla gamba: ed al collo dei malfattori e de'
servi fuggiaschi. Su quest'ultimi era un'iscriziune. Iene me qvia fvgio, et revoca
ME domi.no meo BONIFACIO LiNAiuo, Icggcsl sopra un collare illustrato dal Pignorio.
§ 149. — Oreficerie. Mondo muliebre. Addobbatojo d'una dama romana.
Questo ne conduce a parlare degli altri ornamenti , che costituiscono il mondo mu-
liebre. Antichissimo è l'uso degli orecchini. In essi l'anello era d'oro, e di bronzo pei
meno ricchi ; e alcuni ne esibiamo nella pag, sng. , copiali dal museo LJrilannico. Vi si
attaccavano vezzi di varie sorta, e più di tulli pregiale le perle, talora a due 0 a tre
goccie, come quelle che si mette Giunone x\t\V Iliade. Le perle pagavansi il triplo del-
l'oro sulle rive del golfo Persico e di Ta|)rol)ana: eppure i Romani se ne caricavano
teata, collo, braccia, le pianelle, i letti, le prore delle navi.
Avevasi una cameriera apposta per gli <trnali delie orecchie (auriculce ornatrix. Gru-
TERo, Inscr.J. La Venere medicea ed altre statue hanno il lobo delle orecchie forato,
probabilmente perchè vi stavano orecchini, 0 vi si poneano nelle solennità, quand'era
C506tume caricar l'idolo di vezzi.
216
ARCHEOLOGIA È BF.LLE ARTI
Di ricca e variata forma erano pure i mo-
nili. 1 più semplici erano i monilia boccata,
di grani infilati, quali spesso vedonsi in dipinti
amichi e trovansi nelle mummie egizie con
cilindri e grani alternati.
Delle figure qui sottoposte , la superiore a
destra è della collezione egizia del museo Bri-
tannico, con lucertole d'oro alternate a goc-
cie. Quella a sinistra rappresenta parte d'una
collana bellissima trovata a Sant'Agata presso
Napoli in una tomba, di settantun pendenti,
connessi con una specie di catenella di Ve-
nezia. Le seguenti furon cavale da sepolcri
etruschi dal principe di Canino, ed ora stanno
al museo Britannico. Una acquistata dal mu-
seo Bfirbonico il i837, pesante tre oncie , è
formata d'una catenella da cui pendono una
serie di fiori, ventuna mascherette di Sileni e
venti piccole ghiande, poi trentotto fiori simili
a gigli. Altre volte prendevano forma di ser-
penti, o vi si poneano gemme d'ogni sorta, e
principalmente smeraldi. Di ricche se ne offrivano a Minerva,.a Venere, ad altre dee.
Dagli scavi di Cuma nel 1856 uscì una scatola contenente gii attrezzi di ornamento
femminile, che anticamente sarebbesi detta narthekion oggi nécessaire. È di legno e
d'avorio con chiave e serratura di bronzo; e il tempo guastò le montature, sicché re-
siduano soltanto i metalli. V'è uno specchio di rame, colla busta coperta di cuojo, e
l'impugnatura di bronzo; due fermagli d'oro in filigrana; un anello d'oro; una scato-
letta d'osso pel rossetto, due spilloni d'osso pe' capelli , un pettine d'avorio, un fuso ed
altre minuzie d'osso. Fu riposta nel gabinetto del conte di Siracusa.
Bòttiger descrisse la Tavoletta d'una dama romana ; e qui ne offriamo un sunto per
indizio del lusso di quelle donne.
— Il sole che, valicato appena l'estivo solstizio, segna le più lunghe giornate dell'anno,
ha trascorso nel suo quotidiano viaggio la quarta ora, allorché Sabina si desta. Con
languida mano soffrega gli occhi , e tacita sbadiglia. Le molliche di pane, inzuppate
nel latte di giumenta, con cui s'impastò la faccia coricandosi per conservare mor-
bida e liscia la pelle, disseccatesi lu notte, danno al suo viso l'aspetto d'una ma-
ADD0BB4TTOJO lì'UNA DAMA ROMANA 217
schera di creta, qui e qua screpolata -, oltreché ha ella deposti insieme co' vestimenti,
ciglia, denti e capegli.
Al noto crepitare delle dita è accorsa Smaragdi. La matrona scende dal letto, sorretta
dal braccio delle ancelle; tragitta nel vicino gabinetto, ove una turba di schiave da
varie ore l'attende; commette ad una che custodisca l'ingresso, e l'avverte quali
mercanti, indovini o portatori di viglielti intrometter deva: pel rimanente de' visi-
tatori ancor dorme. Qual donna consentirebbe di lasciarsi vedere da profani occhi
priva di tutte le sue attrattive?
Tostochè Sabina entrò nel gabinetto, le schiave, destinate ognuna a particolare uffizio,
pongono mano all'opera. Viene primo il drapello delle cosmete , che imbiancano,
imbellettano, pongono denti , pingono ciglia e lisciano la pelle. Nate la maggior
parte in oscure borgate latine, han nomi greci: le pomate stesse non sarebbero ac-
colte, se non venissero presentate in vaso greco con greca etichetta. Scafione, recan-
dosi in mano una coppa piena di ialte di giumenta appena munto, bagna dolcemente
colla spugna inzuppata le molliche disseccate sul viso, e ad una ad una le stacca, e
la pelle diligentemente lava e monda. Uopo di che Fiale v'applica biacca e rossetto:
ma innanzi dar principio alla dilicata operazione, la schiava alita su forbita lamina
di metallo, che da Sabina vien tosto annusata per conoscere se l'alito della donna è
sano e profumato colle pastiglie appositamente masticate; perciocché della propria
saliva adopera Fiale a disciogliere il rossetto, applicarlo, distenderlo sulle guancia
della padrona. Stigmi intanto sta pronta con una conchiglia di galena di piombo
polverizzata e sciolta nell'acqua, miscea somigliante a fuligine; e con un pennelletto,
poiché Fiale cesse il luogo, tingendo le sopracciglia di Sabina, le dà qualcosa di ciò
che Omero loda in. .Minerva, chiamandola occlii-bovina. Succede Mastiche , a cui
spelta la cura dei denti, e molli ella ne reca in iscatoletta d'argento: li pianta nelle
gengive, assicurandoli con filo d'oro ai pochi che vi rimangono.
Imbellettata, lisciata, messisi bianchi denti e nere sopracciglia, Sabina rimanda le cosmete,
e chiama le pettinatore, perchè quel giorno facciano prova di quanta hanno destrezza
e valentia. É l'S luglio , giorno della rivista solenne de' cavalieri : e la matrona dee
assistervi da un balcone della Via Sacra, accompagnata da Saturnino.
II biondo de' capegli è moda. Sabina che gli ha castani, già quasi s'era indotta a tosarli
e metter invece una di quelle costosissime parrucche, che con capellature sicambre
d'oltre il Reno prepara la famosa modista del Velàbro. Ma Nape scoprì, pochi giorni
fa, presso un profumiere gallo al Circo Massimo, una pomata di nuova invenzione:
conviene primamente lavare i capegli con acqua di calce, poi fregarli con quell'unto
poi farli seccare al sole. Sabina s'è sottoposta il giorno innanzi all'incomoda opera-
zione, ed è impaziente che le si tolga la cuffia per vederne l'effetto. « Che bel biondo !
L'aurora non ha tinte più vive! >• esclamano a gara le schiave. Sabina sorride per
compiacenza, e siede trionfante sulla sua scranna a bracciuoli. Calamide con ferro
caldo le arriccia le chiome sulle tempia e sulla fronte: Preca le profuma con preziose
essenze: a Cipasside , graziosa mora, è fidata la maggior bisogna, di rannodare cioè
bellamente la treccia dietro. La treccia è anr.odata , ma quale spillone porrà? a lei
sta d'indovinare il gusto della padrona. Sa che Saturnino le è caro; non ignora gli
amorosi convegni del tempio d'Iside; sceglie perciò lo spillone che è sormontato da
due corna , simbolo della luna e d'Iside: la matrona approva, sorride. Alla povera
Lalride tocca l'uffizio peggiore, il presentare da questa parte e da quella lo specchio;
arredo magnifico di lucido, forbitissimo argento, con aurea cornice e astuccio deli-
catamente cesellato.
Clio è accorsa annunziando che l'egiziana fiorista Glicera chiede d'entrare. È tosto
introdotta, accompagnata da due piccoli schiavi etiopi, che recano panieri sul capo;
uno de'quali fa pompa di garofani, narcisi, gigli, rose intrecciate a ramoscelli di mir-
to. Sabina appena li guarda: piaccionle più nell'altro cesto i fiori doro e d'argento
che imitano i veri, V'è là entro una corona che s'appella d'Iside, perchè simile a
quella degli iniziali ai riti della dea: Sabina vi ha tostamente posto sopra la mano, e
ricamato sul nastro lesse in caratteri greci Mia vita, anima mia, galanteria di Satur-
nino, a cui la compiacente Glicera preslossi. Ma a turbare la letizia della padrona ac-
corre Spalalo, annunziando che i due piccoli cornucopia d'argento ne' quali contene-
21g ARCHEOLOGIA È BELLE ARTI
vansi frutti di cera imitanti i naturali, furon gettati a terra nella vicina camera, e
guasti dalla scimia. Clio si fa pallida, perchè sua colpa è stata l'aver lasciato l'uscio
socchiuso: ma Sabina, cui la fiorista mise di buon umore, non si adira, vuole anzi
scorgere nell'accaduto un fausto presagio: accommiata Glicera, e dice a Clio che le
sborsi dugento seslerzj.
Né la matrona restò inoperosa durante il colloquio colla fiorista-, die compimento al
le""iero edifizio della pettinatura, né occorsero ancora colpi di spillone nel seno o
lìMe braccia diCalamide, o graffiature sulle guancie di Paseca, come non raro av-
viene; che le matrone, durante l'acconciatura s'abbandonano a capricci crudeli; e
avvezze ai combattimenti gladiatorj e a dilettarsi del sangue versato, e dall'infanzia a
veder gli schiavi barbaramente puniti, disfogano sulle meschine che le circondano il
corruccio per gli avversi accdenti della lor vanità o de' loro amori, le schiave in
que' giorni sciagurati abbiano pure tutta la destrezza della Grecia, pagano il mal umore
delle padrone: ed essendo nude fino alla cintola, olirono largo e doloroso campo alle
graffiature, ai morsi, alle spille che l'inviperita matrona loro figge nelle braccia
0 nel seno.' Spesso il gastigo veniva commesso allo schiavo aguzzino (lorario): la
sventurata, sospesa penzolone pe'capegli, subiva la tlagellazione finché la padrona
dicesse Basta. ^ •.,-.• j ,i.
Torniamo a Sabina che ha sporta la mano a Carmione tagliatrice dell ugne, e a cui
sovviene in quel momento aver udito da un medico ebreo, che il mescolare i minuz-
zoli delle ugne a cera, e appicciarla a strania porta, sgombra assai malurie; onde
chiama Latride che que' minuzzoli raccolga. La poveretta, che dolcemente astratta,
ricordava in quel punto i lieti giorni dell'adolescenza nella nativa Efeso, sussulta
all'improviso sonare del suo nome, e lasciasi cadere appiedi l'astuccio cesellato.
Sabina a quella vista balza in piedi come una furia; avventasi sulla meschina; la
percuote con quanto ha di forza ; buon per Latride che le ugne furon recise ; pure la
morde l'insanguina, e peggio farebbbe se non fossero sopragiunti due paggetti di
bionda' inanellata capellatura, in finissimo lino egiziano, portando la colazione. Uno
d'essi reca vaso dorato in cui sibila l'acqua bollente: tiene l'altro nella diritta otto
f chi in paniere d'argento, e nella sinistra una guantiera con due coppe e una boccia
di vino di Cipro. Sabina costuma temperare il vino con alquante goccie di acqua bol-
lente, secondo prescrisse il medico Archigene.
Il eiun^ere dei paggi non avrebbe forse salvato Latride, se lo stoico Zenotemi, filosofo
di cala non si fosse precipitalo ansante nella camera. È calvo; barba incolta fin alla
cintola: logoro mantello, camicia di lana che lascia a scoperto le gambe villose, e per
calzari un'assicella tenuta con corde. Questo discepolo di Zenone è impaziente di
presentare a Sabina la prole di cui la maltese cagnetta s'è sgravata testé; tiene anzi
la cagnesca famiglinola in un seno del mantello; e deh come la matrona s'allegra che
la sua Mirrina, sì sperta a non abbajare che agli importuni e al manto, si trovi bene
dono il trava"lio del parto! Chi non riderebbe a vedere la gentile bestiolina sporgere
il muso dal sajo del filosofo a leccargli la barba prolissa, non so se per gratitudine, o
perchè v'annasi qualche reliquia di jeri ! Nel tornare dalla villa Campana, Sabina
incaricò Zenotemi di custodire lungo il viaggio la cagnetta: giunta a Roma, gli fé
dire che fidata a lui volevala finché non si fosse sgravata; lo approvigionerebbe di
fegati d'oca e di pasticci di sesamo per la puerpera : e Zenotemi che ghiotto era, fu
lielo d'aver Mirrina in custodia, nell'intenzione di appropriarsi quegli intingoli, lei
tenendo a salutar dieta. Ed or veniva appunto gongolando a presentare la cagnesca
nidiata alla matrona; la quale « Ti do (disscgli) il |)iù bello di cotesti fichi, se m'im-
.( provisi un epigramma su questo fausto avvenimento ». E il greco senza esilare:
« Allorché la gentile Mirrina fu presso a partorire. Diana venne in suo ajuto a mili-
« garle i dolori, che la dea non accorre soltanto alla chiamala delle donne; avendo
« cara la caccia, care ha le madri de' bracchi e de' levrieri ».
L'arrivo di Zenotemi, le novelle sue, le carezze prodigate da Mirrina tirano in lungo la
colazione. Sabina, volendo ricuperare il tempo perduto, non dà licenza d'entrare
a Gratidione cui speciale uffizio è narrare ogni mattina le nuove che corrono per la
città In cambio, la guardaroba Droso é chiamata, ed alla sua interrogazione se appor-
tar deva la tunica dalle frangie d'oro o quella da' ricami di perle, Sabina cWede a
ADDOBBATOJO d'UNA DAMA ROMANA. 219
Cipassid3 « Qual è il tuo avviso? » E la Mora modestamente, « Clii può attentarsi
« (risponde) di consigliar te, che modello si^i alle Ilotimne in t'alio di liuon gusto?
« Pure, noa dicesti, in mandare l'altro di a Saturnino (juella collana di perle acciò
« ne fregiasse il pettorale e il frontale del suo cavallo di parata, die simile guarni-
« tura tu porleresti nel giorno della rivista;' » La matrona comanda a Droso la tu-
nica dalle perle. Cipasside accosta un bacino d'argento, e bagna con latte le dita
della padrona; Nape tende un pannolino, ma Sabina accenna ad uno de' paggi,
e riasciuga le dita nelle ciocche lucenti de' capegli di esso.
Droso intanto è corsa per l'abito richiesto : accompagniamola nelle inferiori camere, e
trascorriamo con lei vasti cameroni, dove schiari d'ambo i sessi danno opera ad arti
e mestieri diversi : nel primo (ilalrici e le^bitrici di stolle ; nel secondo le cucitrici; le
ricamatrici nel terzo; ultima \iene la guardaroba.
Impone la consuetudine alle Romane di pifsentarsi in pubblico uniformemente vestite,
coll'abito matronale, tutto bianco, di lana o di seta, ad eccezione delle inferiori frangie
di porpora 0 d'oro. La sola ricercatezza permessa è il dare a questo bianco il mag-
gior risalto; s'inventarono pres.-oj a farlo ondalo e a screzj: vuole poi li moda che
con sommo studio s'archilellino le pieghe; al quale uopo scorgiamo intorno tanti
ordigni grandi e piccoli. ÌSegli armadj in giro alle pareti tono racchiusi gli arredi, le
biancherie di Sabina: ha tuniche di tulli i colori che adopera di notte, (juando, trave-
stita da cortigiana o da liberta, corre le vie di Koma. Droso, ik1 porre il piede nella
guardaroba, chiama la tunica dalle perle; e quell'abbigliamenio, di gratissime fra-
granze, le viene porto da una schiava.
Sabina s'è posta la camicia di tela cotone con maniche corte; Cipasside le sostiene il
seno cun una fascia: Droso porge la tunica, tessuta di lana di Mileto, mista a cotone;
le maniche coprono la superior parte del braccio, sparate per lo lungo sul davanti,
. strette ai polsi da aurei fermagli; porporina e larga due dita è la fascia che segna in-
torno al seno il lembo della tunica, e scende a circoscriverne la falda.
Qui fassi avanti Spalalo, custode delle gioje, collo scngnetto aperto. Cipasside ha posto
la mano sulla triplice collana di perle, il più prezioso di quei monili ; il nome che gli
si rappicca, vale assai a crescergli il valore; che i Romani non lengonsi contenti a
questi giorni di vedere i loro deschi coperti di tazze murrine od auree od incrostale
di gemme, se provare non possono, con un tal qual albero genealogico, che una
tale coppa viene in diritta linea da Nestore, o che in quell'altra Didone mescè ad
Enea: né le matrone chiamansi paghe de'^loro braccialetti e monili,' se il giojelliere
non ha loro dimostro che appartennero a qualche straniera eroina, per lo manco la
moglie d'un Seleuco , d'un Tolomeo, d'un Milradate, d'un Erode. iNiuna orientale
regina ha però levato di sé tanto grido, e destala ne' iiomani tanta ammirazione e
pietà, quanto Cleopatra; di niuna pongono le matrone tanta vanita in possedere gio-
jelli, quanto della bella amica di Cesare: delle sue cullane di perle sovralulto suona
alto la fama, e una di queste a Sabina donò il marito, tornato da Alessandria, ove la
comprò per un milione di sesterzj. Checché ne sia della provenienza vera di cotesta
collana, ella è degna per la sua bellezza d'aver appartenuto a Cleopatra.
Posta che ha Cipasside la collana; Spalalo trae dallo scrigno gli orecchini di tre magni-
fiche perle ciascuno; di quelle contro cui, mezzo secolo dopo, Seneca imprecava,
dicendo: « Non sono perle coleste, ma palrimoT)] interi ». Spalalo porge i braccia-
letti e gli anelli, quattro que' primi, doro cesellalo e incrostato di brillanti ; sedici i
gecondi; da porne due ogni dito, ad eccezione de' medj. Quegli anelli sono cammei
incisi da famosi artefici, ed appartengono alla categoria degli estivi; conciossiaché le
Romane hanno giojelli diversi per le diverse stagioni, di maggior mole pel verno, più
graziosi e leggieri per la state.
Chi sa quando finirei se ragionar volessi di quanto si contiene nello scrigno di Sabina:
accennerò solamente d'un anello e d'un amuleto. Quello rappresenta un amorino che
cavalca un leone in sardonica, capolavoro dell'incisore Plutarco. La matrona vede se-
medesima simboleggiata nell'amorino, Saturnino nell'imperalor della foresta; e il gio-
vane, cui sta a cuore la generosa cugina, fa plauso alla gentile allegoria, e spaccia
anzi per suo un epigramma rubato ad Argentano di questo tenore: « Veggo su questa
pietra Amore trionfaute, che con ardilo braccio doma il furore d'un leone. Ve' come
220 AfiCHEOLOGlA E BELLE ARTI
« colla sinistra mano gli batte l'irta criniera e regge coiraltra la briglia. Guardo trepi-
ff dando questo nemico della pace del mondo, raggiante di splendore divino. Ha sot-
<f tomesso il re degli animali a'suoi voleri: il cuor d'un uomo saprà resistergli? »
L'amuleto, da un sacerdote di Serapide consacrato sotto l'influsso della costellazione
che vide nascere Sabina, ha virtù di preservarla da qualunque sinistro: in diaspro
rappresenta una testa di Serapide posata sovra un piede romano.
Ecco finalmente Sabina addobbata: non le manca che indossare il manto o palla; ope-
razione importante, che deve coronar l'opera lungamente elaborata: né facil cosa
è il panneggiar leggiadramente quel manto, n'' voglionsi adoperare a tal uopo spille,
uncini, 0 somiglianti artifizj, bensì usar arte, ond'esso passando sotto la smistra
ascella, lasci a scoverto da quella banda il braccio e la spalla, e scenda con belle
pieghe fino a terra. Cipasside, allorché ha finito di acconciar quelle pieghe, « Tu
eclisserai (esclama), o Sabina, tutte le matrone per la bellezza e per la magnificenza
del tuo addobbo. — I cavalieri (aggiunge Nape cim certa quale malizietfa) sfilando
a te innanzi, non sapranno da te ritorcere gli occhi abbagliati». Sorride Sabina.
Droso è corsa intanto ad avvisare gb otto Cappadoci di venirsene sotto al portico
colla portantina. Venere, a cui le Ore e le Grazie danzano intorno, non incede con
aspetto più trionfante. Sabina sé guardata per l'ultima volta nello specchio: Cipas-
side e Nape uscirono in cerca delle code di pavone, che a modo d'ombrello esse
tengono levate per via sovra il capo della matrona.
' Ov'é Latride?» chiede Sabina sul limitare della camera. La meschina corre inginoc-
chiarsele davanti, e la padrona comanda: «Spalalo, fa che il lorario ponga in ceppi
« costei, le dia a lavorare il doppio delle altre serve, e solo pane e acqua fin a nuovo
«ordine». Cos'i dicendo esce maestosa, ed entra nella lettiga.
Le leggi romane vietano i cocchi, se non in occasione di trionfo o di processioni
religiose: laonde s'è propagato l'uso delle lettighe, sorrette da bastoni orizzontali,
coperte da padiglione. I lettigbieri, checolle spalle sostengono l'estremità de' bastoni,
vestiti di lana verde procedono in cadenza. Sono otto, di nazione cappadoci,
d'atletica statura, ben pasciuti, Ercoli asiatici che Sabina scelse ella stessa sui palchi
e nelle trabacche dei mercanti di schiavi. S'inoltrano attraverso della moltitudine
stivata, senza rallentare il passo; facendosi dar luogo dai cittadini, a cui gridano
da lunge in loro barbaro accento; « Largo! largo!» Due lacchè etiopi precorrono
alla portantina: Nape da un lato, Cidassipe dall'altro tengono alte le flambelle di
pavone: seguono due schiavi, portando i cuscini. —
Bellissime galanterie d'oro si raccolsero nelle tombe egiziane, e più nelle etrusche e
negli scavi d'Ercolano e Pompej. Fra le molte preziosità de' numerosi sepolcri della
Basdicata, presso Grumento si rinvenne un cadavere cinto d'armi, di vasi e tripodi
d'argento, e con una corona d'oro composta di due rami di quercia, ed altre con
ghiande ed api unite per attaccagnoli .d'oro e molte figure in atto di danza. Fu illu-
strato dall'Avellino negli Atti dell' accademia Ercolanese.
Elegantissime orerie sterraronsi pure a Ruvo, fra cui singolare una corona di mirto
sul teschio d'un guerriero, con foglie d'oro, frammiste di altre smaltate di verde;
e di bacche or d'oro or di pietra o di pasta, innestate in un calice verde, ad imita-
zione delta natura. A Kertsch (Panlicapea) se ne scopersero alcune, più belle di quelle
di Pompej e Sicilia {Annali di cnrrisp. arch. t. \\\). il museo etnografico di Monaco
serba moltissimi ori, alcuni anche egiziani, e una stupenda ghirlanda trovata ad Ar-
mento. La migliore raccolta d'ori etruschi è nel museo Gregoriano.
§ ISO. — Corone.
I Galli portavano monili al collo (torques), e Tito Manlio ebbe nome di Tor-
quato da quello che tolse a un Gallo ucciso. Dipoi questo divenne un modo di
decorazione ai soldati , com'erano pure le armille. Ne olVriamo alcuni esempj nella
figura a della pagina seguente.
Decorazioni di maggior importanza erano le corone, che a questo capo possiam
riferire, benché non sempre metalliche. La corona yraminea od ossidionale veniva
conoNE d'onore
221
donata al generale che liberasse d'assedio una città o un esercito: formavasi coll'erba
delia città medesima, o del campo (fig. b).
La corona civica toccava a chi avesse salvato un cittadino, coll'iscrizione ob ci-
VEM servatvm: si faceva di elee, poi d'eschio, infine di quercia, a mo-
do che vedesi nella fig. e. L'altra (fig. d) è una medaglia rappresentante Marco
Lepido, col trofeo e la civica corona e ii. o. e. s. cioè hostem occidit civem servavit.
La si potea portare continuamenic, e chi l'avesse meritata aveva posto d'onore agli
spettacoli, esenzione dalle gravezze, si egli, si il padre e l'avo suo; e la persona
salvata gli dovea gli ufiìzj di figlio. Tal corona ricorre frequentissima nei monumenti,
e massime sulle medaglie, meritata o no.
La corona navale e la rostrata o classica erano d'oro, e davasi a chi primo salisse a
bordo di nave nemica, o a chi riportasse una vittoria navale. Avea la figura o di ro-
stri 0 di prue, come in e:
a b
222 AIICIIEOLOGIA E BELLE ARTI
!.a corona murale faceasi d'oro, in forma di merli (fig. /")•, e davasi a chi salisse
primo le mura nemiche. Di questa suole fregiarsi la testa di Cerere ffig. g): e l'esempio
che produciamo, tolto dal Caylus (Recueil d'antiq. voi. v, tav. 3J, merita considera-
zione , perchè rappresenta un'intera fortificazione , cioè la torre in mezzo , e in giro la
cortina, interrotta da torricciuole sugli angoli.
Al soldato che primo varcasse a forza il vallo nemico davasi una corona pur d'oro,
figurante la palizzata della trincea (fig. h).
ì trionfatori portavano in fronte una corona d'alloro, qual trovasi ogni tratto sulle
medaglie, or colle hacche e colle bende, or no. La qui effigiata i rammemora il trionfo
PARlico di Ventidio luogotenente di Antonio; l'unico che i Romani riportassero sovra
quel popolo. Una corona d'oro e gioje tenevasi sospesa sovra il capo del trionfatore.
Una, àella provinciale, si mandava in dono al generale, non dall'esercito come le an-
zidette, ma dalle provincie. Quest'omaggio si ridusse poi ad un tributo, che chiama-
vasi auruin coronarìum.
Quando, non il trionfo, ma si concedesse soltanto l'ovazione, la corona faceasi di
mirto. Tal è nella medaglia j, qui sotto-, ma essendo ad onor di Cesare, potrebbe al-
f 9
ludere alla sua derivazione da Venere, cui quell'ar-
busto è sacro: vi si vedono insieme le insegne del
supremo sacerdozio, il lituo, ecc.
Nell'altra i, ad onore di Lepido, la corona è d'u-
livo, e destinavasi a chi avesse contribuito ad un'a-
zione che meritava il trionfo, ma senza intervenirvi personalmente
CORONE D ONORE
Di più altre corone trovansi la memoria nei classici, e la
figura sui monumenli. Di (]uercia liavasi a Giove, ma senza
ghiande; d'edera a Bacco: quelli che assistevano ai sagrifizj
ghirlandavansi di pino, di cipresso, o d'altri lìori sacri alla di-
vinità che onoravano: ai morti meltevansi corone funebri o
sepolcrali: di fiori le aveano i convivi e le spose : se ne sospen-
devano alle porte delle amanti , o per giorni natalizj. Corona
tutta propria dei sacerdoti era (juella d'ulivo, d'oro, o di spi-
ghe come in questa qui contro.
Quanto alle corone d'altri popoli esibiamo ancor questi dise-
gni di alcune asiatiche.
2^3
Le più antiche erano una fascia avvolta al capo (fig. 4), che poi fu cambiata in lastra
d'oro, come al 2 e al 5, più o meno ornate come al 6, 7, 8, 10, la qual ultima ha
anche la guigia per esser allacciala sotto al mento. In queste il primitivo diadema serve
di base agli ornamenti; in altri li cinge, come al 5, 9, 43: talvolta la fascia annodava
il berretto alla nuca, come all' 8, i].
Forse quelli a due o tre fasce, come nel 3 e 4, alludevano a due o tre paesi domi-
nati. La corona persiana pare fosse un berretto (cidaris) con una fascia attorcigliata,
come al 12. Fra gli Egizj la corona prende forma di berretto o tiara o elmetto, come
da queste figure.
22i ABCHEOLOGIA E BELLE ARTI
§ 1 SI . — Toreutica.
La toreutica o cesellatura consiste nel lavorar i metalli con istromenti di punta, e
principalmente nello sbalzarli. A questo modo lavorossi ne' migliori tempi l'argento;
in qualche parte anche l'oro, il bronzo, il ferro, massime per fregiare armi e scudi.
Talvolta su bacili d'argento le composizioni erano di figure riportate, che poteansi
adattare a diversi.
Monumento unico è la patera d'oro trovala a Rennes nel 1774, e custodita nel gabi-
netto imperiale di Parigi. Il tondo di mezzo rappresenta una sfida a bere tra Ercole e
Bacco, il quale tiene in mano un ritone; e ciascuno ha i proprj simboli. Un giovine
satiro suona il flauto doppio, e Pan la siringa; oltre il vecchio Sileno e tre baccanti.
Attorno gira un bassorilievo figurante il trionfo di Bacco sopra Ercole : tre genietti a
sinistra empiono d'uva un canestro: apre la marcia una baccante che suonai cimbali ;
segue un baccante col tirso io una mano, e nell'altra la cavezza d'un camello, su cui
sta Sileno ubriaco, al quale una baccante offre da bere in un cantaro. Due giovani
baccanti han ciascuno un pedum e un grappolo d'uva: poi una baccante suona i cim-
bali; e al par d'un baccante col pedum, guarda Bacco che cozzfi con un capro. Segue
una baccante vestita di tunica e danzante, poi un satiro che suona la siringa, una bac-
cante che danza sonando il cimbalo: un baccante cinto della nebride e co|l pedum o
vincastro, precede un plaustro che porta una corbella d'uva, tratto da due capri. Dopo
un baccante che suona il flauto doppio, segue una danzatrice, e un altro baccante che
la guarda; poi Ercole ubriaco, coronato di pampini, e sostenuto da due genietti, uno
de' quali gli porta la clava. Vien dopo il carro di Bacco tratto da tigri e preceduto da un
satiro fra altre figure. Corre tutt'attorno una ghirlanda di quercia, poi un altro circolo,
decorato da sedici medaglioni, che rappresentano Adriano, Caracalla, Marc'Aurelio,
Faustina giuniore, Antonino Pio, Geta, Comodo, Faustina maggiore, ripetute come gli
Antonini, Severo, Giulia Domna. Questi medaglioni sono cinti alternativamente di fio-
rami e di squame. Ci fermammo a descriverlo per la molta istruzione che può venirne
all'archeologia figurata,
|§ 152. — Damaschinatura, agemina, nielli.
La damasichinatura consiste nell' inserire nel ferro od acciaio strisele d'oro e d'ar-
gento a disegno. Con tale artifizio son lavorati occhi, collane, altri ornamenti egizj; e
in più luoghi anche la Tavola Isiaca del museo Torinese, del resto incrostata d'argento
così sottile, che alcuno suppose gli Egiziani conoscessero già l'arte di sciogliere quel
metallo e precipitarlo sul rame, facendo svaporare il liquido in cui era sciolto, come
noi usiamo cill'amalgama. 1 Greci, come di tutto il resto, co£Ì si fecero inventori della
damaschinatura; ed Erodoto ne dà il merito a Glauco di Scio, cui attribuivasi una
grande tazza donata da Aliatte al tempio di Delfo. Più si lavorò in tal modo nel Basso
Impero, e singolarmente dagli Orientali.
Poco ne differisce Vagemina-^ se non che la damaschinatura si fa con tagli più mi-
nuti e profondi, e l'agemina per sovrapposizione di foglie, o talora di soli fili d'oro e
d'argento sovra un fondo preparato a riceverli con una serie d'ineguaglianze. Distin-
guasi però dalla damaschinatura delle armi di taglio, che si fa con lamine alternate di
ferro e d'acciajo, attorcigliate e battute, e su cui si passa una mano d'acido nitrico,
che intaccando inegualmente il diverso metallo, vi forma certe strisele o onde.
Se invece d'inserire negli intagli laminette metalliche, vi si infonde una mescolanza
d'argento e di piombo detta nifiellum, se ne formano i nielli. Cominciarono ne' bassi
tempi, e dieder origine all'incisione in rame.
SPECCHI. SCUDI.
22o
§ 153. — Specchi, scudi.
In Giobbe e nell'Esorfo è già piirola degli specchi-, non in Omero, neppur dove
minutamente descrive la (avoletta di Giunone. Spesso servivano di specchio i piatti e
bacili
Di consueto si faceano di metallo, e propriamente d'una composizione di stagno e
rame, che molta cura voleva per essere preservata dall'ossidazione e conservata lucente.
Sotto l'Impero irebhero quelli d'argento, e trovasi menzione di qualcuno d'oro, se pur
non va inleso degli ornamenti. Erano rotondi e con manico, e molle volte aveano inta-
gli e rilievi. Se ne ricordano alcuni a più faccette, talché moltiplicavano i riguardanti:
altri moslrifìci, dice Ateneo, erano posti nel tempio di Giunone, i quali colla variata
convessità rendeano strani visacci. L'uso d'oirerirli ai tempj era comune: ed è noto
l'epigramma iieW'Aììtoloffia, dove una donna invecchiata offre Io specchio a Venere,
l)erchè vedersi qual era non può, qual è non vuole Ne faceano altresì di pietra, e sem-
lira non ignorassero quelli di vetro con foglia melallica. Che ne usassero pure di grande
dimensione, appare dalle lubricità che Seneca racconta di un certo Ostilio {Qucest.nat.
I. 16).
Gli specchi etruschi fé forse son tali molte di quelle che passano per patere graffite)
rappresentano divinità e fatti dell'età eroica greca, sovente rese nazionali per via delle
figure della demonologia etrusca. Altri olirono divinità alate, che forse presiedevano
alla fortuna: o Dei penati, che t^nevansi come preservativi dal fascino. Pochi sono
di soggetti domestici e con ritratti. Ed. Gerhard (EtrusckischeSpiegel, Berlino 1860 e seg.)
fé la maggior raccolta di specchi etruschi in 20 anni di ricerche: finora ne pubblicò da
2o0, la più parie inediti, con spiegazioni ingegnose ed erudite.
Consueta dedicazione agli Dei erano anche gli scudi, alcuno de' quali si trovò in na-
tura, molti più sono eflìgiati sulle monete. Erano lavorati a cesello, e con bellissime
composizioni. Tali erano le parmce votivce o scudi, del qual genere si pregia assai que-
sto del museo di Woodword; è convesso, e credesi figuri Koma presa dai Galli; per
umbone ha un mascherone con corni e foglie ; e si reputa dell'età di Claudio impe-
ratore.
GEHH4BD, Ueher die JUetaUspiegel der Etrutcker. Berlino 1838.
DoDWELL, De parma woodwordiana. OxforA 171.5.
Sìfatti usi erano comuni anche alle genti chiamate barbare ; e il museo di Leida acqui-
stò testé un anello d'oro ben grosso con iscrizione giavanese, e due manichi di specchio
di bronzo trovali anch'essi a Giava.
Cantù, Documenti. — Tomo 1, Archeologia e Belle Arti
15
AHCHLOLO(ilA É BÈLLE ARTI
CAPO SETTIMO
PALEOGRAriA, EPIGRAFIA E DIPLOMATICA
§ 454. — Definizione e ufHzj dell'epigraGa.
Alle iscrizioni s'addice piìi propriamente il nome di monumenti , essendo poste per
ammonire i posteri degli avvenimenti. I Greci le chiamavano epigrafe ed epigramma; i
Latini marmar^ lapis, titulus, monumentum, memoria^ tabula, mensa; opitaphia sono
quelle sulle tombe.
V Epigrafìa, scienza intermedia fra quella delle lingue e quella delle antichità, traila
delle iscrizioni e del modo di leggerle, intenderle, accertarne l'autenticilà. Il primo
uffizio si fonda sulla cognizione de' caratteri, delle sigle e dell'età loro 5 e più propria-
mente dicesi Paleografìa. Il secondo dipende dalla cognizione delle lingue e delle co-
stumanze; col che si riesce non solo a intendere, ma a supplire le guaste e mut late.
Pel terzo vuoisi un particolar genere di critica di tutti gli accidenti estrinseci ed in-
trinseci d'una lapida, per accertare se non fu finta od alterata.
Da questo studio derivasi poi l'abilità di esprimer cose e idee 'moderne in lingua e
stile antico, siccome tocca fare tuttodì agli epigrafisti, e a quei che danno iscrizioni per
monete e medaglie, non sempre con pace fra la ragione e l'erudizione. In ciò e come
precettista e come modello primeggia il bresciano Stefano Morcelli.
Stefano Mobcelli, De stilo inirriptionum làdnarum., Hb. ni. Roma nSO.
— Insrriptionet eom'menIùriU fubjeclàe. Ivi t783.
Zaccakia, Insliluz. nnliqunria lapidaria. Ivi 1770.
Nicolai, Traclalus de sigli$ veterum. Lione 1703.
Scip. Maffei, GrcBrorum sigia; lapidaria. Verona -1746.
— Arte critica lapidaria ; incomplola.
D. CoLETi, Nolae el siglae quve in nummis et lapidibus apud Romanot obtinebant, explicatw. Venezia
1785.
,1. Gerhard, Siglarium romanum. Londra 1792.
Seguier, Prolegomena epigraphica^i che "e una storia della scienza epigrafica (manoscritto nella biblioteca
imperiale di Pari|'i).
Spotorno, Trnllain dell'arte epigrafica. Savona 1813.
Hi'GO WiTTENBACU, AV«e beilrUgc sur aviiken heidnischen und christlichen Epigrafik. Tricr 1833.
FRXfiz^ Elementa epigraphices gra-cae. Berlino I8')0.
WOTABI, Trattalo delVepigrafia latina ed italiana. Torino 18b6.
Manca ancora una compiuta Dottrina delle iscrizioni.
§ 155. — tJtilità delle iscrizioni.
Le monete e le iscrizioni sono i monumenti più preziosi alla storia, perchè favellano:
qual più, è disputa fra i dotti. Le monete, oltre l'iscrizione, portano le impronte che
tornano di grande utilità. Ma anche talune epigrafi sono figurate; queste ci fanno co-
noscere non solo nomi, ma fatti e leggi, ed in ogni linyun; da esse si ricavò la serie di
medici, di pittori, d'architetti, d'edilizj, di domestiche incombenze affidate a servi e
schiavi; con esse si chiari la cronologia, si corressero errori storici e p.issi di scrittori,
si conobbero molti riti e pratiche religiose, e l'esistenza di paesi e di fabbriche. Dalle
l'ALLOUUAIlA. OUIGINE Dt.LL,V SCIirilL'lU 2|7
iscrizioni abhiam molte cose che i libri non danno intorno all'istoria sociale e domestica,
e non v'è a temere scorrezione di copista o alterazione; da quelle la forma delle let-
tere e l'ortosrafn antica; con osse si vennero perfino a ritrovare linpiie perdute. Da un
discorso tenuto da Claudio ai f.ionesi si trassero cognizioni storiche affatto nuove, dalle
quali il Niebnhr dedusse imnortanii consecupnze. Poi fn'todi vediamo dall'epigrafia
cercarsi appoijsio a nuove verità storielle; intento utilisssimo, purché seguito con par-
simonia, e spmpre col soccorso della leltpratiira.
In questa fatiea si partp spmnre dal siinnosto che di antichi ritracsspro. nelle iscri-
zioni loro, le idee, la civiltà, le denominazioni proprie; al contrario di noi, che ci fa-
tichiamo a svisare le nostre per voler esprimerle con formule, e sovente con linguaggio
che non è il nostro.
Olao Kcllcrmann danose illnsfrando due iscrizioni de' vi;{iH romani, espose fjli ordini delle milizie (vi-
gilum romannrum Internila duo Cfrlimonlnna mnqnnm pnrtem romancp mililim rxpUcantia.
Roma 1853). Bart Ror^hcsi dalle iscrizioni del Reno dciliisso la storia delle le(»ionl che stanziarono nelle
due Germanie da Tiberio a Gallieno (Ann. delVIfliluIn arrfipolnqirn, t8"0); i diplomi militari di varj
imperatori, recentemente trovali, cliiarirono la distriliuzionc delle milizie nelle varie prnvinrie e i
loro nffiziali. Le favole scoperte a Malaga e a Salpensa illuminarono molte parti del diritto munici-
pale. Dalle cpifirafi nuove si conobbe il carattere e l'ampiezza degl'istituti per alimentare i fanciulli.
(Ernest Desjardins, De labulis alimentariis. Parigi 1854).
§ 1o6. — Antichissimo loro uso, e materia.
Antichissimo è l'uso delle iscrizioni; e relegando tra le favole le colonne scolpite da
Adamo, ne troviamo sui monumenti più remoti dell'India e dell'Egitto. Giobbe deside-
rava già le sue parole fossero scritte nel bronzo e nella selce: e metalli e pietre furono
in fatto la più solita materia delle epigrafi. Erodoto (Poìinnia) racconta che per decreto
degli Amfizioni. si eresse un edifizio con iscrizioni ai prodi periti alle Termopile. Tuci-
dide (lib. vi) leggeva su colonne le insiustizie de' tiranni; e spesso fa cenno di tavole ove
i Greci scriveano i loro trattati di paci o d'alleanze. Da Platone fin fppia) sappiamo che
Ippia fece disporre colonnette di pietra, con precetti di morale. Secondo Tito Livio
(xxviii. 461, Annibale, inalzò un altare, 'ove leageansi le sue imprese in punico e in
greco. Polil)io e Dionigi d'Micarnasso ci parlano delle tavole storiche conservate in
Campidoglio. Altre iscrizioni ci arrivarono in gemme, in vetro, in piombo, in avorio,
in bronzo, in rame, e più ancora su vasi figulini, come già avemmo ad indicare.
§ ibi. — Paleografia. — Conoscenza delle lettere.
Gli antichi faceano generalmente le iscrizioni nella lingua propria ; onde la cogni-
zione di queste e dei loro alfabeti è la prima erudizione necessaria al paleografo. Al-
cuni caratteri ed idiomi non trovansi adoperati che nei monumenti ; di altri abbiara
anche carte e libri, ma spesso con molta varietà.
Chisfilll. De nntiquis literis.
Koop, Paleografia critica.
MoMFAtcox, Paìwographia grceca.
MmN%ET, Catalogo ecc.
Natalis DB Wailly, Elementi de paléographìe. Parigi 'IS38, 2v0l.
§ 158. — Origine della scrittura.
Donde e come nascesse la scrittura, questo stupendo modo di sostituir segni visibili
ai suoni, di mettere in comunicazione il mondo delle forme con quello delle idee, è
arcano che forse non trae spiegazione se non dall'alto. Gli antichi ne attribuiscono l'in-
venzione afili Dei. ad Ermete, a Thot, ad Osiri, gì Indiani la chiamavano devd vdgarty
cioè scrittura dej.'li Dei; i Greci, che pure leneano in pronto un inventor nazionale per
ogni cosa, s'accontentano averla di seconda mano, da Cadmo che dalla mercantile Fe-
nicia la introdusse nell'agricola l'eozia. Lucano {Phars. iii, 220) ne fa inventori i Fe-
nicj, ma anteriori ad essa i geroglifici, che egli repula note magiche:
228 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
Phoenices primi, famae si creditur, ausi
Mensuram rudilius vocem signiire figuris.
Nontlum flumineas Memphis contexere hiblos
Noverai; et saxis tantum volucresque ferseque,
Scuiptaque servabant mao/cas animalia linguas.
Platone e molti santi Padri credono la scrittura rivelazione divina. Ad ogni modo è
forza accostarsi alia cuna del genere umano, e prima della dispersione delle genti, il
che toglie speranza di scoprire gl'inventori.
Non è tanto quistione d'arte quanto di filosofia il ricercare se precedesse l'alfalieto ge-
roglifico all'alfabetico; cioè se gli uomini rappresentassero prima l'idea, ,o prima il sno-
no. Quei che fanno cominciare l'umanità dalla totale ignoranza, suppongono che prima
si convenisse tra gli uomini di figurare ciò che si voleva esprimere; dappoi le figure si
compendiassero, e ne venissero i gerof.:lifici. Può esser avvenuto anche così: ma questi,
rappresentanti l'idea, non potevano mai diventare scrittura nel senso di segni coi quali
esprimere i suoni e trasmettere una notizia o la memoria di falli. Anche coi raffina-
menti odierni, la pittura non significa nulla senza il sussidio della parola. D'altra parie
la storia contraddice a questa genealogia: e a lacere la Bibbia, ove già parlasi di libri
scritti dai patriarchi, alcuni salmi di David sono acrostici, scritti cioè necessaria-
mente con lettere alfabetiche. I.e scritture egiziane non possono più considerarsi come
le più antiche; inoltre è a decidere se i geroglifici sieno fonetici o simbolici.
S 1S9. — Scrittura egiziana.
Al vedere gli obelischi e le casse di mummie coperte di geroglifici , gli eruditi im-
maginarono che ciascuna figura esprimesse la parola di cui rappresentava la forma.
Kircher (che nell' Oedipns cegìjptiacus non solo presumeva leggerli senza un sistema,
ma finse testi d'autori non mai esistiti) ha il merito d'aver cerrato l'interpretazione
de' geroglifici nella lingua copta. Il danese Zoega, versal'ssimo in questa, sludiò gli
obelischi, e pel primo sospettò nei geroglifici un elemento fonetico. Scopertasi, nella
spedizione di Buonaparle in Egitto, la stela di Hosetta , trilingue, cioè geroglifica, de-
motica e greca, nacque speranza di giungere all'interpretazione de' geroglifici; spe-
ranza finora non adempiuta, che che se ne vanti.
Il passo di san Clemente che die il primo lume a questi stiidj, è tale che moltissimo
s'ebbe a faticare nell'interpretarlo. I.a traduzione più ragionevole parquesta: » Gli Egi-
(1 ziani studiosi imparano prima di tutto il metodo di scrittura egiziana, dello episto-
« lare (epislolographikin) , poi la sacerdotale, di cui si servono gli scrivani sacri, infine la
« geroglifica. Questa comprende la scrittura ove le parole sono designate sotto la forma
i< loro propria, per mezzo delle privie lettere^ e quella che la richiama per via di sim-
n boli. A quest'ultima appartengono molte suddivisioni, secondochè si rappresentano
« gli Oggetti al proprio per imitazione, o che si esprimono, sia figuratamente sia per
« allegorie, sotto forma di enigmi ». l.e parole che distinguemmo furono inlese diver-
samente da Champollion e da' suoi confutatori GoulianolF e Klaproth.
Fin nel loOO, Piero Valeriani (//terog/i/p/». lib. XLvn. e. 27) avea giudicalo alfdbetici alcuni gruppi di
gero(ilifici.
fioDLiANOFF, Archeologìe égyfitienne^ ou lìecherches sur Vexpre/tion des signes hiérogìypkiquet, et
sur lei élétnenlt de la langue sacrée des Egyptiens. 1839.
Ki.APBOTH, Examen criligue des Iravaux du feu M. Champollion sur let hiéroglyphet.
I ^G\nRLLl, Interpretatio obeliseorum Urbis. 1842.
Ln derivazione dell'alfobelo da' geroglifici fu ultimamenle sostenuta da K\0PP , Schrifl aui Bildy preten-
dendo che tutti gli alfabeti sieno un'alterazione d'immagini e simboli. Aleph in fenicio vuol dire toro,
e l'A rappresenta una testa di toro; beth e casa, e ne ba la figura il B ; daleih e porla, e la rappresenta
il D. E anche negli alfabeti odierni, il B imita la conformazione della bocca nel pronunziarlo: cosi l'O;
la S e il serpe.
In senso diverso vedi SiCKlKR, Die heilìge prieslersprnche der Egyplier nls fin dern Semilichen Spra-
cheslnmme ■naherverivandler Dialplcl., aus histurisrìirn monumenien rrtrii'SPn. 1822-21.
Cataldo .lancili e tra' robusti oppositori dì Champollion , Tentnmen hcrmcnculicum in hierographiam
eryplicam veterum gentium. Napoli 1831.
Son 3 veder» in proposito molte opere recenti del prof. Enrico Brugsch di Berlino.
eEiioGLiFici 229
1 primi stiKJj intorno alla stela di Rosetta versarono sulla traduzione demotica:
Young si applicò alla geroglifica, schiarendo ciò che gli antichi aveano detto sull'uso
de' caratteri figurativi e simbolici; ed è merito suo l'avere trovato che i nomi proprj
erano rinchiusi ne' cartelli , e che corrispondevano segno per segno ai nomi proprj
greci e demotici. Con ciò stabiliva egli un valore emetico a segni geroglifici, idea poi
sviluppata da Champollion, il quale generalizzò tali principj, dimostrando che il sistema
grafico egiziano adoprò simultaneamente segni d'idee e segni di suoni, e che caratteri
fonetici cosiituivano la massima parte dei testi geroglifici, jeratici e demotici, e le loro
comhinazioni rappresentavano i suoni e le articolazioni de' nomi della lingua egiziana
parlata.
Al contrario GoulianofT tende a provare che i geroglifici erano soltanto una cifra
usata dai sacerdoti per celare il pensiero, e ne trae il sistema d'un fonetismo simbo-
lizzato; con questo vorrebbe spiegare anche l'accozzamento di parti eterogenee, quasi
il nome di queste venisse a formare il nome totale. Cosi nella sfinge si ha un leone, in
copto iìooui, una faccia iNOW, ed un cappuccio culaft, le cui iniziali formano cHiNOUm,
nome della divinità rappresentala dalla sfinge.
Ma il copto è veramente la lingua anche del linguaggio jeratico? o soltanto del de-
motico, qual è il secondo testo della stela di Kosetta? Ancora non bene consta; e dopo
sessant'anni di discussioni non si è pervenuti a leggere tampoco essa stela, non ostante
la traduzione greca che v'è soggiunta.
Pure e Champollion e GoulianofT convengono che la scrittura geroglifica non è ideo-
grafica, ma fonetica, combinata in modo che una lettera sia indicata coll'immagine o
col simbolo d'un oggetto, il cui nome cominci per essa lettera. Da ciò gli omofoni, che
saranno sempre la maggior difficoltà e la più forte objezione a questo sistema: ma
infanto resterebbe provato che la geroglifica venne dopo la scrittura alfabetica. Nelle
iscrizioni geroglifiche i nomi del re o de' grandi funzionar] son rinchiusi in una cornice
eliltica che si nomina cartello-, talvolta, al primo che contiene il nome, ne precede un
altro che mostra il prenome: e poiché la più parte sono di segni fonetici, giovarono a
spiegare quella scrittura.
Dalla scrittura geroglifica vuoisi derivata la sacerdotale ojeratica, che ne è una specie
di tachigrafia, ov'è ridotta a semplice segno la figura geroglifica oalfabetica. Si adopera
nei manoscritti, sulle casse delle mummie, e su pietre isolate di lavoro grossolano, ed
anche in iscrizioni disegnale col pennello o incise; ma principalmente su papiri di
storia 0 di conlabilità.
Dalla scrittura demotica, o enooriale, o epistolografica sono esclusi i segni figurali»!
e vi dominano gli alfabetici: s'adoprava negli usi popolari, nei contratti, nei decreti,
negli atti pubblici. Essa, come la jeratica, va da dritta a sinistra: la geroglifica, ora va
a questo modo, ora all'opposto.
i'ossediamo raanuscritti jeratici fin della xiii dinastia, cioè d'un diciotto secoli av. C.
Se accettiamo le date di Champollion il giovane nella 2* lettera al duca di Blacas , si
avrebbe un papiro dell'anno quinto del regno di Meri, 1732 av. C; uno dell'anno terzo
di Amenofi, 1685 av. C; e uno del decimoquarto, 1674 av. C; uno dell'anno secondo
di Huchurschir, 1580 av. C ; e così via. Quello del 1752 esiste nel museo di Torino, e
avrebbe così più da Irentacinque secoli. Quelli pubblicati da Amedeo Feyron son di
poco più d'un secolo anteriori all'èra vulgare {l'upyri grceci regii taurinensis muscn
(Bgyptii; 1826). Or ora il francese Prisse recò d'Egitto un papiro jeratico de! tempo di
Ceope, onde è il più antico manoscritto del mondo. Di scrittura demotica restano mo-
numenti del tempo di Psammetico, cioè 600 anni av. C; ed oltre una trentina di papiri
conlenenti lettere, contratti, documenti giudiziarj, conosciamo pure varj decreti sovra
pietra, anche con traduzione greca, come nella stela di Torino e in quella di Rosella,
di cui Lepsius trovò testé un'altra copia a File. L'ultimo manoscritto ove sono miste la
jeratica e la demotica, par quello del museo di Leida, giudicato del in secolo.
Del sistema di Champollion lasceremo la esposizione a suo fratel'o, fatta coll'ammirai-
zione troppo naturale, e con diverso punto di vista nella qiiistione d'origine:
— La geroyltfica è composta di segni geroglifici, che vuol dire caratteri sacri scolpiti,
Non hanao un'espressione uniforme ; e le differenze che li dividono in tre classr.
230 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
indicano verosimilmente l'origine e il successivo perfezionamento del sistema grafico.
Ciò che accade oggi fra i popoli del Nuovo mondo, ci rivela quanto avvenne nel-
l'anlico, ed in Egitto come altrove, quando rivelossi all'uomo l'idea di scrivere.
Gli oggetti materiali colpirono i suoi sguardi , ne notò le forme, e quando volle ri-
cordare 0 trasmettere la ricordanza d'alcuno di tali oggetti , ne delineò la figura, e
questa delineazione fu in un carattere puramente figurativo, che dipinge direttamente
r oggetto e non indirettamente l'idea dell'oggetto, senza indicazione di tempo né di
luogo. A questo punto soltanto pervennero i popoli dell'Oceania.
L'insufficienza di questo primo mezzo dovette sentirsi ben presto; giacché delineando
la figura d'un uomo, non indicavasi un individuo in particolare: lo stesso dite
delle figure dei luoghi. 11 bisogno di distinzioni individuali creò l'uso di un'altra
sorte di^ segni, ciascuno dei quali divenne particolare ad un uomo o ad un luogo.
Segni sifatti furono desunti o dalle qualità fisiche degli individui, o da assimila-
zioni di oggetti materiali: e siccome essi segni non erano più propriamente Jigura-
tivi non furono che simboli, per la qual ragione denominaronsi caratteri tropici o
simbolici segni ausiliarj dei caratteri figurativi, ed adoperati simultaneamente con
essi. Fin a questo sono giunti anche i Messicani, ove ot^oi individuo viene indicato
da una testa umana, segno figurativo, presso la cui bocca sta delineato un oggetto
scelto 0 nella natura o nell'industria umana, e ch'era un segno simbolico, indicante
che gl'individui si chiamavano il serpente, il lupo, la tartaruga, la tavola, il ba-
stone ecc. Delle città, un quadralo era il segno figurativo, ed un serpente, un pesce
0 altro il se"no simbolico, a significar che si appellavano la città dd serpente, la città
del pesce, ecc.
Dalla rappresentazione di quegli oggetti fisici all'espressione delle idee metafisiche im-
menso passo restava: i popoli dell'antico mondo il fecero, ed espressero con segni
scritti le idee dio, amnia, e quelle delle passioni umane; ma questi segni furono ar-
bitrari 0 convenzionali, quantunque tratti da analogie più o men vere tra il mondo
fisico e il mondo morale, come quando il leone fu preso ad esprimere l'idea forza.
Questa nuova specie di segni chiamali enigmatici, aggiunti alle due prime classi dei
figurativi e dei simbolici, furono inventali ed impiegali dagli Egiziani e dai Cinesi,
ed il sistema che risultava da questi tre elementi era interamente ideografico, cioè
composto di segni che esprimevano direttamente l'idea degli ogj;etli, e non i suoni
del nome degli oggetti medesimi. Questo genere di scrittura era pur una pittura,
poiché la fedeltà della espressione loro dipendeva dalla fedeltà del rilralto.
Tale sistema di scrittura [joteva bastare agli usi del popolo, il quale avendolo imma-
einato ne possedeva compiutamente la teoria e la [tratica; ma solamente fintanto
che no'n ebbe duopo di rendere la sua scrittura intelligibile a società o ad individui
stranieri. Tosto che questo bisogno nacque, o solo fu duopo scrivere il nome d'un
individuo forestiero ad esso popolo, i segni figurativi, simbolici o tropici non ba-
starono più, perchè il nome del forestiero non avendo verun senso nella lingua del
popolo che voleva scriverlo, e non presentando così nessun'idea, quel nome non po-
teva scriversi con segni che non esprimevano se non idee.
Analizzarono adun(]ue, non si sa come (!), i suoni cbe componevano questo medesimo
nome e compresero in pari tempo di quale utilità tornerebbero segni che espri-
messe'ro i suoni medesimi; nuovo ed ultimo progresso nell'arte firafica, e che ne fu
il più ingegnoso perfezionamento, favorito dalla natura delle lingue di quel tempo,
ch'erano generalmente composte di voci e di radici d'una sola sillaba. S'introdus-
sero adunque i segni dei suoni, generaluKnte chiamati fonetici; né la scelta fu dirtì-
cile perocché non si ebbe altro che ad eleggere tra i segni figurali, per ciascuna
sillaba da esprimere foneticamente, il segno rappresentante un oggetto, il cui nome
nella lingua parlata fosse quella sillaba medesima. Così il disco del sole espresse la
sillaba re perchè questa sillaba era il nome slesso del sole. I Cinesi giunsero a que-
sto proce'sso sillabico, e il conservarono senza progresso fino ai giorni nostri, per
iscrivere i nomi e le voci straniere alla loro lingua. Gli Egizj pervennero per la me-
desima via ad un vero sistema alfabetico, e l'introdussero nel loro sistema di scrit-
tura, senza mutar la natura de' loro segni figurati.
Or vediamo in che consistessero il sistema antico della scrittura egiziana, la diversità
GEnOCLIFJCI 231
i
de" suoi elementi, il modo di combinazione, e le modificazioni nella forma dei spgn.
che il tempo ed i bisogni sociali vi fecero introdurre. Voglia il lettore evitare ogni
confusione delie due idee di scntlura e /mr/«a : nella lingua il vocabolo parlato era
il segno dirato dell'idea; e nella scrittura il vocabolo fonetico scritto non era cl)«
il segno diretto del vocabolo parlato, e lindirelto dell'idea.
Nel sistema di scrittura geroglilica degli Egiziani devonsi considerare prineipalmeote
due cose: A. La forma n.aleriale de' segui cbe costituisce tre specie di caratteri de
nominali i geroglifici, 2" jeratici, ò" demolici, /i. Il valore o espressione partico-
lare di ogni segno, la quale costituisce tre specie di segni, che sono 1° figurativi
2» simbolici, 3" fonetici. "o^^diuri,
A 1». La scrittura yerui/lifìca propriamente detta si compone di segni, rappresentanti
oggetti del mondo fisico, figure di geometria ecc., o semplicemente lineate oppur
finite ed anche colorate secondo l'importanza del monumento che porta l'iscrizione
0 secondo l'abilità dello scultore. 11 numero di questi segni differenti ascende a
circa ottocento.
^ 2'. La scrittura yera</ca è una vera tachigrafia della precedente. Non potendo i segni
della scrittura geroglifica convenientemente tracciarsi senza la cognizione del di-
segno, né potendo cognizione sifalla essere universale, creossi in favore di quelli
cbe non l'avevano, un sistema di scrittura abbreviato, i cui segni potessero acevol-
raente eseguirsi. INè però simile sistema fu arbitrario; ogni segno jeratico non fu che
un compendio di un segno geroglifico. Per esempio, invece della figura intera dei
bone coricato si espresse il monocioma della parte posteriore, e quest'abbreviatura
di bone conservava nella scrittura lo stesso valore delia sua figura intera Così la
scrittura jeratica era com|)osla dello stesso numero di segni della geroglifica di cui
era un'abbreviazione per riguardo alla forma dei segni soltanto, e tale compendio iìd
segni aveva il medesimo valore de' segni interi.
A 5". La scrittura demotica, o epistolare, o epistolografica componevasi degli stessi
segni della scrittura jiratica ; era anch'essa una abbreviazione dei tegni geroglifici
e conservava ancora il medesimo valore; se non che il numero dei caratteri della'
scrittura demotica, adoperati per gli usi oidinaij della vita, era minore.
Dunque le tre guise di scrittura usate simultaneamente in Egitto, ne formavano real-
mente una sola in teoria; e per la pratica soltanto erasi adottata una tachigrafi? dei
segni primitivi, imitazione fedele degli oggetti naturali riprodotti dal disegno o dalla
pittura. Queste tre sorta di scrittura erano d'uso generale. E sebbene la geroglifica
venisse adoperata di preferenza pei monumenti pubblici, anche i più umili artigiani
se ne servivano negli usi comuni, come vedesi dagli utensili ed istrumenti delle v'ul-
gari professioni. La scrittura jeratica o sacerdotale era a parlicolar uso de' sacerdoti
i quali l'adoperavano io ciò die dipendeva dalle loro attribuzioni religiose e giudi-
ziarie. La scrittura popolare, più fucile e semjdice, serviva a tutti gli usi. Clemente
Alessandrino dice che, tra gli Egizj, quelli cbe ricevono istruzione, imparano prima
la scrittura demotica, poi la jeratica, e quindi la geroglifica: è l'ordine inverso della
loro invenzione, ma l'ordine diretto quanto alla facilità di studiarle. Trovangi di
frequente adoperate le tre scritture nel medesimo manoscritto.
Quanto all'espressione o valore grafico dei segni, Ifi teoria oooneèmeflo certa /?) «iella
loro classificazione materiale. '
B r. 1 segni figuratici esprimono semplicemepte l'idea dell'oggetto di cui riprodu-
cono le forme; la idea d'un cavallo, d'un bone, d'un obelisco, d'una stella, d'una
corona, d'una cappella, ecc. si trova espressa graficamente con la figura di' quegli
oggetti. Il senso di tuli caratteri non può presentare incertezza.
B 2" 1 segni simbolici, o tropici, o enigmatici esprimevano un'idea metafisica coll'im-
magine d'un oggetto fisico, di qualità analoghe. Sembra questa sorta di carattere
siasi particolarmente ricercata per le idee astratte. L'ape era il segno simbolico del-
l'idea re; braccia alzale^ dell'offrire ed ofCerla; un vaso che sparye acqua, la liba-
zione ecc.
B r l segni /"one/ici esprimeauo i suoni della lingua parlata, ed avevaao ie funzioni
dell'alfabeto nella nostra.
La scrittura geroglifica differisca dunqu« essenzialrueote dalia usata oggidì, in ^anto
232 ARCBEOLOGU E BELLE ARTI
adoperava nel medesimo testo, nella stessa frase, e talvolta nella stessa parola, le
Ire sorla di caratteri figurativi, simbolici e fonetici, mentre le nostre scritture mo-
derne adoperano i caratteri fonetici, cioè alfabetici, ad esclusione di tutti gli altri.
Non ne risultava tuttavia confusione, essendo la scienza di questa scrittura generale
nel paese. Onde p. e. in questa frase. Dio creò gli uomini, la figura geroglifica espri-
meva chiarissimamente: 1" il termine D/o col carattere simbolico dell'idea Dio;
2" creò, coi segni fonetici rappresentativi delle lettere che formavano il vocabolo egi-
ziano creare, preceduto o seguito dai segni fonetici grammaticali, i quali dinotavano
che la voce radicale creare era terza persona mascolina del preterito dell'indicativo
di esso verbo; 3<^ gli uomini, o scrivendo foneticamente queste due voci secondo le
regole della grammatica, o delineandone il segno figurativo vomo seguito da tre
punti segno grammaticale del plurale. Non v'era equivoco nell'espressione di questi
segni, 1" perchè quel primo che era simbolico, non avea valore né come segno fi-
gurativo né come fonetico: 2" perchè il segno figurativo uomo che termina la frase,
non aveva che questo stesso senso figurato; 3" perchè i segni fimetici intermedj
esprimevano suoni che formavano il vocabolo indispensabile alla chiarezza della pro-
posizione; e malgrado questa difl'erenza di segni IKgizio, leggendo tal frase scritta,
la pronunziava come se fosse scritta intieramente in segni alfabetici.
Né maggiori difficoltà offriva l'insegnamento del sistema grafico egiziano. L'alunno,
avvertito della natura dei segni figurativi, non avea a fare veruno sforzo d'intelli-
genza per ritenerne il senso; La scienza dei segni simbolici era affare di nomencla-
tura, doveva porsela nella memoria, ed apprendere successivamente la ragione delle
assimilazioni di certe figure a certe idee; anzi la cognizione della nomenclatura
bastava al massimo numero.
Quanto ai segni fonetici o alfabetici, ecco in che modo procedette 1 Egitto per deter-
minarli. Abituato ad una scrittura ideografica, che ritraeva le idee e non i suoni
della lingua, non poteva di primo lancio elevarsi alla semplicità tutta arbitraria dei
nostri alfabeti. Costretto a combinare la forma dei nuovi segni con quelli il cui uso
era consacrato da lunga pratica, non rinunziò alla figura degli oggetti naturali. Se
non che, dopo analizzate le sillabe del suo linguaggio, e scompostine i suoni fino ai
più semplici elementi che sono le lettere, decise che la figura di un oggetto, il cui
nome nella lingua parlata incominciasse dalla voce A, sarebbe nella scrittura il ca-
rattere A; che la figura di un oggetto, il cui nome nella lingua parlata principiasse
dall'articolazione //, sarebbe nella scrittura il carattere B; e cosi via discorrendo.
Nella scrittura fonetica, l'aquila, che chiamavasi Aihom in egiziano, divenne adun-
que la lettera A; un braciere, Berhe, la lettera B; una mano, Tot, il T e il D; una
scure, Kelebin, il K e il C duro; un lione coricato, Labo, la L; una civetta, Mulas,
la M ; una bocca. Ho, la /{, ecc. ecc. Hisulta così da questo primo principio, non
già che tutti gli oggetti il cui nome cominciasse da B, divenissero il segno grafico
di questa lettera (donde sarebbe venuta troppa confusione), ma che alcuni di questi
oggetti soltanto, i più cogniti, i più ordinarj, quelli la cui forma era più sicuramente
determinata, e poteva essere più facilmente trascritta, furono tenuti d'autorità a
rappresentare il suono Re, e cosi degli altri. V'eUbe dunque un certo numero di segni
omofoni, 0 esprimenti il medesimo suono, nell'alfabeto scritto degli Egizj: il che
era necessario in una sorta di scrittura, in cui la combinazione e la disposizione ma-
teriale dei segni erano soggette a regole dettate dalla convenienza della decorazione
dei monumenti, in un paese sopratutto dove i muri di tutti gli edifizj pubblici erano
coperti d'iscrizioni, serventi di spiegazione ai quadri scolpiti che rammentavano gli
atti dei re o i benefi/.j degli Dei. Del resto il numero de' geroglifici fonetici non
ascendeva molto di là dai ducente, ed alcuni degli alfabeti europei contengono un
poco minor numero o di suoni o di lettere. Tmtavia questa specie di carattere do-
mina in tutti i testi geroglifici, ove si trova nella proporzione di due terzi; il so-
prappiù appartenendo, in proporzioni pressoché uguali, ai caratteri figurativi ed ai
simbolici.
Non si perviene a conoscere una lingua od una scrittura, se non coll'ajuto d'un in-
terprete ; sia un uomo, un libro, od uno scritto qualunque. Questo interprete del-
l'aDtico Egitto è la iscrizione di Rosetta, sopra la quale erano Ire iscrizioni di seguito;
GBROGLIFICI 233
la prima, tronca, in carntterì geroglifici, la seconda in caratteri demotici, e la terza
in greco. Si sa da quest'ultima esser essa la traduzione medesima di ciò che precede:
ecco dunque l'interprete dei geroglifici egiziani che mancava all'erudizione moderna.
L'iscrizione di Rosetta fu puhhiicata ed accolta con premura; ma solo dopo venti anni
e venti saggi infruttuosi, ne sfolgorò la luce. Per rilrarncla hisognò fermarsi ai dati
seguenti : 1" il testo greco prova che l'iscrizione è un decreto[de' sacerdoti dell'Egitto
in onore di Tolomeo Epifanc; 2" esso decreto contiene più volte il nome di questore,
e altri nomi proprj; 3" si sono potute tradurre e scrivere in egiziano tutte le idee
espresse nel testo greco; ma i nomi proprj greci non esprimenti verun'idea egiziana,
non si poterono tradurre; bisognò quindi scrivere in caratteri egiziani i suoni che
formano questi nomi proprj nel greco; 4 devono perciò esservi nell'iscrizione egi-
ziana di Rosetta geroglifici esprimenti questi suoni; potrehhero dunque pur esservi
nella scrittura geroglifica segni fonetici, o esprimenti i suoni e non le idee; 5° il
testo in egiziano presenta un gruppo di segni geroglifici, distinto da un riquadro elit-
tico che lo circonda; tale gruppo vedesi in quel testo egiziano ripetuto più volte;
il nome proprio del re Tolomeo era pure più volte ripetuto nel testo greco; il gruppo
di geroglifici ricjuadrato può dunque essere il nome di Tolomeo; e poiché in tale
supposizione, i segni così aggruppati scrivono questo nome in geroglifici, essi sono
segni alfahetici, ed il primo è un f, il secondo un T, ecc. Ecco già trovati parecchi
geroglifici alfahetici ; non rimane chea compiere l'alfaheto tanto desiderato. Ma molli
ostacoli vi si oppongono ancora. 11 gruppo inijuadrato in un'elissi o cartello, è il
nome di Tolomeo, o no: nel primo caso, è necessario accertare la verità di questo
primo risultato alfahetico sopra altri nomi proprj, scritti ad un tempo in geroglifici
ed in greco, e ne' quali trovinsi le lettere già riconosciute, o tali supposte, mediante
il nome di Tolomeo. L'iscrizione greca di Rosetta contiene parecchi altri nomi proprj
verso il suo principio; ma essendo il testo geroglifico tronco in cima, siamo privi
di questo mezzo di paragone. Non v'era dunque nulla di rigorosamente certo fin qui
nel risultato di tante ricerche, ed il tempo solo poteva metier fine a tante incertezze;
né esso negò questo gran benefizio alle lettele ed alla storia; 7° lo sventurato Belzoni
trovò a File un cippo portante un'iscrizione geroglifica: si riconobbe che il cippo
e l'obelisco formavano un solo e medesimo monumento; punto capitale, pubblica-
mente avverato: l'iscrizione greca nominava pure un re Tolomeo, una regina Cleo-
patra ed osservavasi nell'iscrizione geroglifica, nel luogo slesso in cui dovea trovarsi
il nome del re Tolomeo, il medesiino gruppo riquadrato che, nell'iscrizione di Ro-
setta, erasi supposto fosse il vocabolo Ptolomeo. Questo primo risultato, tratto dal-
l'iscrizione di Rosetta, era in conseguenza pienamente confermato; aveasi con cer-
tezza il nome del re greco Tolomeo, scritto in geroglifici. Dopo ciò, il gruppo di
geroglifici riquadrati, che sull'obelisco seguiva il nome di questo re, non poteva es-
sere che il nome della regina Cleopatra, ed il primo segno della voce Ptolomeo, P,
si trovò infatti essere il quinto di quello di Cleopatra; il secondo dell'uno. T, il set-
timo dell'altro; il quarto di quello, L, era il secondo di questo: il numero de' segni
riconosciuti s'accrebbe dunque di tutti quelli che componevano il nome di Cleopatra,
e s'ebbe la metà dell'alfabeto. Riconosciuto una volta che i gruppi geroglifici in
quadrato o cartocci, eran nomi di re e regine, così distinti per cerimonia, ed abbon-
dando tali cartocci sopra i monumenti, l'alfabeto fu senza difficoltà compiuto, e
consumata la scoperta più desiderata e più insperata del riconoscimento delle let-
tere. Tale fu il risultato delle indagini di Champollion giuniore.
§ 160. — Scrittura aramea.
La scrittura delle genti semitiche o aramee è alfabetica. Il più antico esempio è un
iscrizione caldea, sopra un mattone della rovine di Babilonia, ove si riconoscono le
lettere stesse delle iscrizioni fenicie, e l'origine di tutti gli alfabeti semitici, e per via del
fenicio anche degli alfabeti greco antico, etrusco, umbro, sannita, osco, celtihero, ro-
mano prisco: le mine di Ninive daranno monumenti anteriori. La vocale manca ge-
neralmente, e fardi vi si supplì coi punti diacritici.
Il più importante alfabeto semitico è l'ebraico. La primitiva forma ce n'è scodo-
234 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
sciuta, avendo gli Ebrei, nella schiavitù babilonese, adottato il caldaico, che è affine
col fenicio, talché va contalo tra le figliazioni di questo: ma a tortosi iodica pel più an-
tico ebraico il samaritano, cioè quello in cui è scritto il l'entateuco; essendo anteriore
quel che si raccoglie dalle medaglie asmonee. Dappoi il rabbinico moderno o rotondo
soppiantò le altre varietik.
I Fenicj sparsero largamente il loro idioma, di cui si trovano vestigia, non solo nelle
monete patrie, ma in quelle di Spagna, Sicilia, Malta. Anche qualche iscrizione porta i
loro caratteri. Pococke nel 1758 scoperse nell'isola dì Cipro trentatre iscrizioni fenicie,
sotto le niura dell'antico Citio; poi la più parte sparvero, o consunte, o adoprale a co-
struzioni, salvo alcune recate a Oxford. A Pula in Sardegna fu trovata nel 1774 un'i-
scrizione fenicia, spiegata diversissimamente da valenti orientalisli. Giovanni De Rossi
parmigiano leggeavi: Sosimo straniero, che ivi avea fiatalo la sua tenda nella sua vec-
chiaia comumata, ed al quale il figlio temano, principe forestiero, consacrò quel ricordo,
deponendolo nell'orto sepolcrale.
L'abbate Arri nel 1854: In Tarschisch vela dedit pater Sardon pius: ecce finem at-
tiìigens elevavìt scriptum in Nora, quam novit adversam Lixo.
Gesenio nel 1857 : Domus capii is principts qui pater Sardorumpacis amans, ille pax
conUnqat regno nostro. Ben Roseli filius Nayidt Lensis.
Benary propose: Tartesi expulsus Ine in Sardis incolumis ingrediatur regnum nostrum
filius principis, filius pauperis jussu meo; oppure: Tartesi expubus hic in Sardis paci-
ficus: pax veniat super Malclnten filium Roseli, fitii Nayind Lamptemnn.
Ouatremère : Monumentum Rosch Sard filii Roseli ab-Sar, filli Schalem Uschlucensis,
fìlti Asalitten, filii Rosch, filii ISour Uschlucensis.
Movers: Domus Rosi qui Nagidr, qui Haabi, qui Rhoduni, qui Lemi, Usellensie in
Usella, Tennes filius Rasi, filius Nagidi Lapisius.
II dottore Judas nel 1847: Sepulcrum marmoreum Naghidi quem pater Sardon solvei.
Hunc lucum aggessit secundurn obligationem Kab filius Roschis, filii Naghidi Lampa-
densis.
L'abbate Bourgade nel 1853: Monumentum Rosii (filii) Nog ari , {filii) patris Sar-
dvnis. Triplex euge triplex laus in ceternum. Caman filius Rosi filii Nogari {memoria)
Iranseuniibus.
Ross ne trovò altre nel 1845. A Marsiglia nel -1846 si dìsotterrò una grande iscrizione
fenicia che finora non ebbe interpretazione ragionevole. Col mezzo delle iscrizioni
bilin"ui è ormai determinato preciso l'alfabeto fenicio; e poiché questo, per comune
consenso è il più antico, giova studiare le seltantasette iscrizioni e le medaglie che
in quella lingua si trovarono finora a Cipro, a Malta, a Sidone, a Tiro, in Sicilia, sulle
coste d'Africa e di Spagna. Sebi eoe appartengano all'età fra Alessandro ed Augusto,
è presumibile conservassero l'antica foruja. Consta quell'alfabeto di sole consonami ,
come l'ebraico- non ha punti vocali, non lettere linuli ; le parole scrivonsi una dietro
l'altra da dritta a sinistra. Dovea dunque esser composto per una delle lingue siro-
arabiche nelle quali le vocali esprimono solo la parte accidentale e non l'essenza della
lingua- ed esprime i suoni gutturali di quelle favelle senza bisogno di lettere composte.
Kopp rappresentò sistematicamente la figliazione degli antichi alfabeti siro-arabici; e
Gesenio dimostrò che, come questi, cosi gli europei derivano dal fenicio primitivo, per
quanto ne sembrino lontanissimi attesa I introduzione delle vocali.
Le lettere fenicie dovettero esser sedici , e vuoisi che i segni alfabetici sieno abbozzi
degli or"ani della pronunzia, o dei suoni della voce ; e tale teoria si sostiene con modi
in"e"nosi: ma si alterarono assai passando da popolo a popolo, in modo che riesce
impossibile seguirne le vicende. Klaprotb contenderebbe che tutti gli alfabeti europei
derivino da triplice fonte, cinese, indiana, fenicia: ma pare invece derivino dal solo
fenicio- e si rifiuta perfino l'alfabeto peiasgico greco anteriore alla venula di Cadmo,
Alcune puniche, scoperte nel 1817 nel territorio di Cartagine dall'olandese maggiore
Humbert sono deposte nel museo di Leida. 11 conte Borgia nel 18i(i, scoprì a Thiiggn,
due giornate a libeccio da Tunisi, un'iscrizione punica e in caratteri ignoti. In alcune
monete di Giuba 1 re di Mauritania vedonsi caratieri che si reputano numidici, e che
forse sono tult'uno coi punici.
Tra gli aKubeti siriaci , dell'estrangheio abbiamo manoBcritti del r»48 d. C? Dia esi-
AIFAIìFTI SKMITICI. GIAPKTICI. 2^5?
steva già al cominciamento dell'era vulgare, e vuoisi che in esso sicno stnli scritti alcuni
Vangeli.
Tra le rovine eli Palniìra apparve un carattere nuovo, sul quale ragionò il p. Giorgi,
che volle interpretarlo coirajulo clell'ebraico.
Srriplurac ìinquaeque phoeniciae monumenta quotquot supersunl edita, ad autoc/rapìiorum, optimo-
rumque exemplorum pdeni edidil, additisque de scriptura et lingua Phenicum commenlariis, illu-
slrnvit CiUlLL. GtSHMtS. Lipsia 1837.
lisso Gesenio , nella Enricìopedia che Erseh e Griiber stampano ora in Germania, pose un articolo sulla
Paleografia, che contiene quanto v'ha di più avan/.at" in tale materia.
Vedi anche L. lUuGÌiS , Nouvelle inlerprélalion de IHnscription phénicienne découverle par M. Ma-
rie t te dans le Sérapèum de Memphis ; Examen critique de l'inlerprélalion donnée par M. le
due de Luynes. Parigi -I85G.
§ 161. — Scrittura arabica.
Che molto prima di Maometto gli Arabi scrivessero, constava; ma solo da poco in
qua il viaggiatore Setzen portò all'Europa il primo saggio dell'antichissima scrittura
loro, che si trovò simile al deva nagari. Colle conquiste degli Etiopi nel sesto secolo
d. C. peri ogni monumento della prisca civiltà degli Imiariti, e i car;ilteri divennero
inintelligibili agli Arabi stessi. Ne' primi secoli dell'era vulgare i Siri introdussero il
carattere siriaco nella provincia romana dell'Arabia. Il nuovo carattere arabo dicesi
inventato in Ambara città dell'lrak da Moramer, di là portato ad Hira capitale d'un
principato arabo, indi nell'Egiaz pochi anni prima di Maometto; ed ebbe poi nome di
cufico da Cufa, città fondata da Omar il 27 dell'egira, e divenuta capitale dei califfi.
Ad ogni modo l'antico carattere arabico aveva forma più rotondata di quella che
prese poi sotto gli Abbassidi. Credesi derivato dal siriaco, ma s'ignora da quale delle
molle forme di ijiiesto. Somiglia all'estranghelo, ma non si saprebbe perchè confondesse
lettere che in quello erano distinte; difetto piìi sensibile dacché la lingua araba am-
mette maggior varietà di suoni nelle consonanti. Per riparare agli errori di lettura che
da ciò venivano anche nel Corano, s'introdussero i punti diacriiici^ che distinguono le
figure simili di forma e diverse di suono. Quest'invenzione credesi posteriore alcalifrato
di Ali, ma non fu generale, e solo ponevansi ove la lezione fosse dubbia: sbranato poi
l'impero, s'introdussero alfabeti di\ersi, non solo nei manoscritti, ma anche nelle iscri-
zioni e nelle monete.
I principali dopo il cufico sono il carmatìco e il nemici. Nacque il primo dalla setta de'
Caniuiti, sorta in Arabia uscente il iii secolo dell'egira, di forma più sottile e di lettere
più ravvicinale sebben più adorne. Il ne-ki fu inventato al principio del iv secolo, e
generalizzato nel vii, sino a mandare in disuso il cufico.
Luci Ca.stigliom, Monete cufiche dell'I. R. Museo di Milano.
§ i62. — Scrittura sanscrita.
Toccò alla stirpe giapetica il portare alla perfezione l'alfabeto; ed il più compiuto
è il sanscrito, che si direbbe opera d'un intelletto insignemente analitico. Differisce
affatto dai semitici , e die origine a quelli delle due penisole dell'India, del Tibet e del
Seilan. Va da sinistra a destra, ed ha segni per le vocali: quattordici sono queste;
trentaqualtro le consonanti ; ogni vocale breve ha la sua lunga, ogni dittongo semplice
un più complesso, i grammatici poi le distinsero secondo l'or^'ano , con un'analisi
ancora ignorata dai nostri; e rappresentano quasi tutte le articolazioni possibili alla
voce umana. Nelle iscrizioni scoperte ndl'lndia, di cui può acoertaisi il tempo, è usato
tale carattere già 3llO anni av. C.; ma dev'essere molto più antico.
Deriva da essa, ma più moderna, la scrittura tibetana, introdottavi col buddismo; e
così la pali , in cui sono scritti i libri liturgici buddisti della penisola Iransgangetica.
1 libri di Zoroastro sono in scrittura zenda, diversa dal sanscrito. L'alfabeto mongolo
origina dai siriaci, importativi dai Cristiani. Il manciuo è solo del xvii secolo. L'armeno
fu inventato da Mesrob ai corainciare del v secolo, e scrivesi da sinistra a destra,
236
ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
Gli alfabeti che vanno da sinistra a destra non possono chiudere che dieci maniere di
segni semplici: linee verticali , orizzontali , discendenti da destra a sinistra, ascen-
denti da sinistra a dritta, discendenti da sinistra a dritta, la circonferenza e le quattro
sezioni del circolo.
§ 165. — Scrittura babilonica.
Anziché agli alfabeti giapetici, sembra doversi riferire ai semit ici la scrittura babilo-
nica, che chiamasi cuneafa o cuneifurme o chiodiforme perchè ha figura di cunei, o piut-
tosto di ferri da lancia o da dardo ; elemento unico, le cui combimizioni formano lutto
l'alfabeto. La natura sua la appropria solo ai monumenti , traduceodo così l'alfabeto
zendo, già corrente in quel paese.
I Babilonesi notavano i fatti importanti sul mattoni e con caratteri cuneiformi ; ma
se questi erano i monumentali di preferenza, talvolta si trova una scrittura corsiva,
non diversa dall'antico fenicio. Ne' bassorilievi poi si vedono effigiati degli scrivani,
che s'un rotolo di papiro o di pelle registrano le spoglie e il numero degli uccisi dopo
una battaglia.
La tavola che qui sotto riportiamo è copia, alquanto impicciolita, della stampa di
un mattone, venuto da Babilonia nel museo della Compagnia delle Indie orienlali a
Londra. Sottoponemmo
la figura del mattone in
picciolissima scala, f'.
scritto a cunei sopra un
lato solo.
In tale scrittura si tro-
vano monumenti non so-
lo a Persepoli, ma a Susa,
ad Ainadan, presso !iori-
lo, in Fenicia, in Egitto,
e fin in Armenia e nel
Caucaso, dovunque in-
sommasi estese la domi-
nazione persiana. Or ora
a Ninive ne uscirono al-
tri, che formano una se-
sta varietà.
Grotefend diede un si-
stema d'interpretazione
che ebbe l' assenso dei
dotti, finché Burnouf ar-
rivò al vero per altra via,
e scoprì che la lingua di
esse era lo zendo. Rico-
nosce egli un disaccordo
fra l'alfabeto cuneiforme
e la lingua in esso rap-
presentata, e della quale
non tutti i suoni ritrae-, nel che vede quasi la lotta fra i caratteri semitici e i giape-
tici. Tale alfabeto fu adottato dai Persiani, che parlavano non lo zendo proprio dello
ALFABETO ORKCO
237
Zendavosta, ma un dialetto. Lo slesso Burnouf (Mémoire sur deuxs inscriptions cunéi-
formes Irouvées près de Hamadan. Parigi 185G) legge così le due iscrizioni scoperte
presso Amadan: « Ormus è l'essere divino; egli diede l'Homa eccellente, egli diede
<> il ciclo, egli diede il nutrimento all'uomo, egli generò Dario re, re dei prodi, capo dei
« prodi. È Dario re divino, re dei re, re delle province che producono i prodi, re del
« mondo eccellente, divino, formidabile, protettore, figlio di Gustasp, Achemenide. —
« Ormus è l'essere divino; egli è il più grande degli esseri; egli diede l'Homa eccel-
« lente , egli diede il cielo, egli diede l'uomo, egli diede il nutrimento all'uonìo, egli
« generò Serse re, re de' prodi, capo dei prodi. È Serse re divino, re dei re, re delle
" province che producono i prodi, re del mondo eccellente, divino, formidahile, pro-
« lettore, fiyjio di Dario re, Achemenide ».
i.assen di Bonn (Die Allpersischen Keil Imchriften von Peraepnlis. Bonn 1830) riuscì
ai medesimi risuitamenli, con qualche difl'erenza nell'assegnare i caratteri.
Lovenstern studiò la terza scrittura cuneiforme, che è quella di Persepoli,e riconobbe
esser analoga a quelle di Babilonia ed Ass'ria, eie difTerenze esser piuttosto apparenti ;
laiche il diciframento dell'una menerà a conoscer le altre. In tutte si trovano gli omo-
foni , cioè molti segni per un suono solo, nel che somigliano ai geroglifici fonetici di
Egitto. Il suono delle vocali è in tutte sottinteso nelle consonanti. La lingua rappre-
sentata dalla terza scrittura cuneiforme è semitica , n)ista però a camitica; mostrando
col caldaico analogie non minori che col copto di Sais [Lettera air Accademia di Francia,
giugno 1847).
Geli, negli scavi fatti ad Olimpia il 1812, trovò un'iscrizione riprodotta nel Corpo
delle iscrizioni greche di Boeck (tom. i , p. 1 , N" ii) , greca ma con caratteri analoghi
ai cuneiformi.
11 maggiore Rawlinson inglese, che viaggiò la Persia dopo il 1838, rinvenne iscrizioni
storiche importantissime a Bisilum; una delle quali comprende la prosapia jiersiana da
Canibise sin al fine del regno di Dario Le va di paro quella che uscì dagli scavi di
Kalah-Chergat presso l'antica Ninive, appartenente forse al 1100 av. C., dove sono
enumerate le imprese di Teglat-Pileser.
Per opera di Rawlinson ormai è determinato il valore di tutti i seicento segni della ~
bizzarra scrittura cuneiforme : e portata ben indietro la storia della Persia.
.4 seleclion from the hislorical inscriptions of Chaidcea. Àssyrìa and Babilonia; prepared fot publi-
calion by major-general sir H. C. RAWLl^so^, assisted by E. Norhis. Londra 1861. Finora non sono
elle i tosti ; proinettcsi la traduzione con commenti.
In un discorso letto nel 1852 all'Accademia , Stanislao di Nancy volse l'attenzione del ministero francese
giill'opportunilà d'introdurre f;li studj orientali nelle scuole , e ne nacque una discussione fra le acca-
demie e i giornali serj sopra questi punti:
-t" L'orientalismo, che preziosi compensi offrirebbe alle nostre letterature sfinite, non mcn che alla
storia principalmente delle scienze, potrebbe esser chiamato a parte degli studj classici in Francia?
2° Se SI, con qual misura e a qual punto s'ha da cercare d'introdurlo?
o" Con quali mezzi convien attuare e sistemare questo insegnamento e renderlo efficace?
Alcune accademie, tia cui quelle di Nancy e di Metz, risposero che l'orientalismo può e deve; sotto certo
condizioni, divenire classico in Francia, e introdursi ira i corsi universitari : che p?r ora bisogna limi-
tarlo a' due gruppi principali e di più interesse, cioè per le lingue ariane al sanscrito, per le semitiche
all'arabo letterario, cioè coranesco: de' quali dovrebbe erigersi una cattedra in ciascuna facoltà di lettere.
A meglio mostrarne l'importanza, s'istituì una scuola volgarizzalrice , che a Nancy pubblicò nel ^85T
varj saggi di letteratura sanscrita e araba, giusta le condizioni di scuola imposte pel latino e francese:
solo per provarne l'autenticità s'aggiungea parie de' lesti originali in caratteri devanagari.
§ IGi. — Scrittura greca.
I Greci dicono il loro alfabeto recato da Cadmo fenicio. Che sia d'origine semitica
n'è prova l'averne, non solo l'ordine capriccioso delle lettere, ma gl'identici nomi.
Anzi questi in greco non esprimono nulla, mentre in ebraico aleph, belìi, ghimel, dakth
e.']uivalgono a bove, casa, camello, porla, di cui hanno la forma.
L dello da PImio e da l'iutarco che Palamede introducesse nell'alfabeto greco le let-
tere 0 Z * X, e Simonide le Z, V II il. Ma quest'alfabeto, escluse le vocali, corrisponde
all'ebraico ossia fenicio nel valore e nel nome non solo, ma fino nell'ordine; e 1^ Z e
238 AI'.LlitULUOlA B Ui;i,LL AKli
la 2 vi stanilo al poslo del zain e del sainech di quello. Solo le lettere dopo il T pote-
rono esser aggiunte, e di fatto non si riscontrano nell'alfabeto antico de' Greci.
§ 163. — Scrittura romana.
Plinio scrive che l'alfabeto antico greco somiglia al latino « come si scorge dalla
iscrizione deifica » (vii. JSH). In fatto l'iscrizione sulle medaglie di himfra fu creduta
latina da quelli che non rifletterono che I'h era adoperata dai (Wec\ invece dello spirito,
prima di usnrla per Te lunpo: e il rho scrivevano col r prima che p. Anzi l'alfabeto
pelasgico in Italia si conservò più puro, sebben varinsse alquiinto fra le diverse popo-
lazioni della penisola; onde alcuni vollero dire derivi non dui greco, ma da uno ante-
riore, di cui mantenne più fedelmente le forme. Al par dell'etrusco, mancava delle
lettere f q h j k q v x y z: poi fu portato a venticinque elementi oltre Vae e l'oe.
Di tutti gli alfabf'ti ignoriamo il principio normnle del loro ordinamento e la ragione
di esso; e qual è non regtre alla critica, mescolandosi vocali e consonanti, e fra queste
le articolazioni provenienti da organi al tutto diversi. Forse la bizzarra distribuzione
viene dall'essersi dato a ciascuna lettera, oltre la rappresentazione d'un elemento della
parola , anche il valore di cifra; e dato questo, vennero disposte per ordine numerico
nel costituire l'alfabeto: ordine che si rispettò come cosa proveniente da rivelazione
superna, o frutto di scienza occulta.
Sottoponendo alla classificazione razionale del sanscrito gli alfabeti latino e greco ,
avremmo
vocali semplici a
e n
e
0
w
u
a
e
i
0 u y
dittonghi «i av
Et
«y
nw
01 OD OtU Vt
X ai au
ei
eu
ce
oi ou ui yi
consonanti gutturali
7
y.
X
g
e
eh q
dentali
<y
T
3
C
d
t
th
z
labiali
^
n
»
b
P
f
semivocali
).
M
V
P
1
m
n
r
sibilanti
CI
s
X
ps
11 latino ha inoltre l'aspirata h, e il greco lo spirito aspro (') rappresentato in antico col
digamma f.
Delle sedici primitive lettere latine alcune aveano un'espressione diversa dalla poste-
riore; altre, più d'un valore, come il e, che ora pronunziavasi g facna \)er agììaj^ ora
q fcolidìe), ora x ffacit per faxit) ; e a molte parole finite ppr vocale si sufTlgypva »ì, r/,
t fmen altod marit per vie alto mari). Non si raddoppiano le consonanti, bensì talvolta
le vocali per esprimere la prosodia lunga : jìiua, frelix per jus feli.v. La vocale l'rcve è
spesso taciuta, portandola con sé la consonante che precede, come krus, conte porcari/.s,
canile; e più spesso 1'?, come ares, evenat per aries, eveniat; e le w, n, s, onde Popcjus,
cosai, cesor per Pompeju<i, consul, censor. 11 dittongo ei per i è frequentissimo: Juuo-
neia, sei; e ai per ce, aitai.
Vuoisi che i Romani non avessero il g prima della metà del vi secolo di Ronia. Altri
ne escludono pure la /", o il p. o il q; e che invece della r usassero las; pure trovansi
in vetustissimi monumenti. Bensì più tardi furono introdotte la k,x,y,z. Invece del 6
adoprarono in principio di parola dv, dvellum per bellum; e nel mezzo il /j , optinrìt :
scambiarono l'è e l'j, l'o e l'u, il b e il v, Menerva, magester, fìliom, vibus. La di liliale
si sopprimea talora, massime quando seguita da nome cominciante per vocale. La //,
adoprata per aspirazione, solevasi scriver di sopra della vocale, a modo degli spij-ili in
greco. La y mm fu introdotta che negli ultimi due secoli della repiibblioa. Marciano Ca-
pella dice che la novità inseguita da Simonide di surrogare la r molle ali/ [liacquc assai,
e le dame romane amavano dire fizere oscula più che fìgere.
ALKAbtli liALIUIl ^3'J
Le Isrtizioni romane più antiche sono il canto dei Fratelli Arvali, contemporaneo di
Romolo, e disotterrato nel 1778 dalla saprist a di San Pietro Vaticano; la colonna Duilia
del -i9l di Roma, che forse però è solo una copia, eseguita al tempo di Claudio ; l'iscri-
zione di Cornelio Scipione Rarhato del ^iJie-. la tavola latina di Guhbio.
Nelle antiche iscrizioni greche e romane, oltre queste diversità, è incostantissima
l'ortografia, e le lettere sono piiì angolose. Nelle lutine le varietà sono men pronun-
ciate, ma più frequenti le aspirazioni e i nessi o figure sillabiche.
Dal romano derivarono gli alfabeti di tutta la restante Europa: pure l'iscrizione di
Carpentras, e le medaglie trovate nella Spagna meridionale il 17fi5 attestano che l'alfa-
beto usavasi nelle Gallie e nell'lberia prima dfll'età latina. È anche vero che, serbando
pure gli stessi segni, le varie nazioni vi attribuirono suono diverso-, e per es. il p ha
tutt'alfro valore pei Latini, pei Greci, pei Russi.
Tutti poi i popoli fecero variazioni nell'alfabeto. Così gl'Italiani introdussero gli ac-
centi e le apostrofi; Francesi e Spasnuoli la cédille posta sotto al e per raddolcirlo;
Spagnuoli e Portoghesi la lineetta sopra Vn o sopra vocali per esprimere i suoni nasali :
nel carattere tedesco si ebbero i raddolcimenti ii, o, a e il doppio w; nel polacco la ^
chiusa.
§ 166. — Alfabeti italioti.
Tn Italia più che altrove s'incontrano reliquie di lingua??! perduti, attorno ai quali,
e massime all'etrusco, s'affaticano con gran pena e poco profitto gli eruditi.
'1 documenti sui quali si dirige l'interpretazione sono sette prandi lastre trovate a
Gubbio nel 14i4, e perciò dette Tavole Eiiqubinp, due in carattere latino e cinque in
etrusco, che ora vuoisi umbro; una lapide grandissima , scoperta due secoli fa nella
torre di San Marino presso Perugia , detta resina delle iscrizioni etrusche, non per nu-
mero di linee, ma per forma , grandezza e bellezza di caratteri ; un grande cippo sco-
perto presso Perugia nel 1S22 con quarantacinque I nee, pubblicato da Vermiglioli ; va-
rie iscrizioni venute in luce più tardi , fra cui una di nlrpiante linee trovata io una
grotta presso Corneto nel 1832. Alcune sono bilingui, ma il bitino non è traduzione del-
l'etrusco, talchi non serve all'interpretazione. Il Vermiglioli pubblicò e dichiarò più di
cinquecento monumenti etruschi scritti.
Variarono grandemente gli eruditi nel dare gli alfabeti etruschi ; e da Teseo Ambrosio
nel 1S39 sino al Maffei ben dodici se n'erano pubblicati. Il Lanzi pensò doversi cercarli
nel greco, e secrnò le corrispondenze di ciascuna lettera con quelle dell'alfabeto greco ;
sistema non più accettato. Pure oggimai , quanto agli elementi alfabetici, sembrano
d'accordo eli eruditi.
Non così della linsua. Alcuni vollero ajutarne l'interpretazione col fenicio e l'ebraico,
come Mazzocchi e .lancili; altri col greco e col latino, come Lanzi; sistema secruilo da
molti, ma che non e'unse a dar conto di una frase intera, né a discernere i verbi e le
altre parole, le cui inflessioni connettono le parti del discorso. Lepsius pretende che i
monumenti scritti finora giudicati etruscb', devano riferirsi alla lingua umbra , ramo
pelassico di provenienza celtica; sicché gli elementi creci che vi si riscontrano sono
dovuti a Pelasgi e Tirreni, mescolati colla primitiva popolazione. In somma è che non
se ne conosce altro che qualche desinenza: e solo pare certo che tni sia il verbo sostan-
tivo, aìiiì ril significhi vifutf. anni^milW sole, fnfns il verbo tutari; inoltre an<ar aquila,
Zar signore. r?ppos lussurioso, clan figlio, f^pp figlia.
Lepsius fDeTahuh'x punuhìni<i. Rerlino 18"5) vorrebbe che le Tavole eugubine scritte
con caratteri lat'ni fossero posteriori a quelle in caratteri etruschi; ma non ha fonda-
mento. Cori, Lami, Rardelli pretesero leggervi i lamenti de' Pelasgi per le sciaguresof-
ferte : i più vi riconoscono forme rituali e le dispongono in diverso modo, come in di-
verso le interpretano. Il p. Secchi avea promesso un lavoro compiuto sulla lingua e
l'alfabeto etrusco.
VERMir.f.ioLi, nifffrinzmne sopra un'urnella toscanica, e difesa del Saggio di lingua elrusca, edito
in Roma nel t"89. CHine 1790.
DOEDERLEiN, Commentalio de vocum aliquot lalinarum, sabinarutrt, umbricarutti, tutearum, cagna-
tione grcBca. Erlangcn \ 837 .
2i0 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
JiNELLt, Tentamen hermeneulicum in etruscas imcripliones, ejusque fundamenla. Napoli \ 840.
Lepsius, Veber die Tyrrenischen Pelasger in Elruria. Lipsia ^842.
Janssens, Musai Lugduni Batav. inscriptiones etruscae.
Altrettanlo poveri di cognizioni siamo intorno ai dialetti e alle scritture degli Osci,
dei Sanniti, Campani, Marsi, SuMni, Messapj; e frequenti dissertazioni ne escono dal-
l'Accademia ercolanense e dulia Germania. Solo il volsco fra' dialetti italici aveva il d,
gli altri supplivano col t o colla /; onde da Sày.o-j e oVIi^-^y;: fecero lacrima, Ultsse$.
Del dialetto volsco è un prezioso cimelio nel museo Borbonico, molto discusso fra
Lanzi, Orioli, Guarini, .Janelli ed altri dotti.
Grotefend (Nuovo archivio filologico e pedagogico, 1829, N" 20) disputò intorno alle
lingue della media Italia, cioè losca, sabina, sicula; poi dell'umbra in dissertazioni a
parte fRudimenfalinguoeumbricf^in inacriptionibus antiquis enodata. Xnno\er 1833 óT);
e crede che da questa derivasse la latina: ma l'immensa fatica da lui sostenuta non menò
a ri ultamenti decisivi. Egli medesimo al trattato sulla lingua latina di Jacopo Henop
antepose una prefazione intorno alla lingua sabina. Della grande iscrizione scoperta il
secolo passalo ad Abella nella Campania, scritta in osco e riprodotta piiJ correttamente
di prima nelle Inscriptiones umhricce et oscce dal Lepsius (Lipsia 1841), molti tenta-
rono l'interpretazione, ma finora non giunsero se non a capire che tratta di confini tra
Abella e Nola.
De singularum Utterarum apud Sabinos ralione — De lingua graeca et salina. — Quaritur quem
ìocum inter religuas Ilaliw linguas tenueril sabina. — De linguce sabinoe el latinco ralione. An-
nover 1837. Opera di Henop, conprefazioue di firotcfend.
Vedi pure nel Museo filologiro renano le dissertazioni di Lassen, -ISoó, p. 06^; 1834, p. )4I ; Vermi-
CLiOLi , Antìclie iscrizioni perugine .1 raccolte e dichiarate . Perugia 1833; Janelli, Veterum Osco-
rum inscriptiones latina inlerpretatione tentata'. Napoli 1841.
W. COBSSEN-, De Voisrorum lingua. Nauniburg 1858.
MOMjiSEN, Die Vnteritalisrhen Dialekte. Lipsia 1830.
Una prova della scarsezza nostra nella paleografia italiota abbiamo dalla iscrizione
che trovossi sul pendaglio della bella statua di bronzo, dissepolta presso Todi nel 1835.
A lasciar via le semplici congetture e le bizzarrie, interpretazioni diversissime ne die-
dero i dotti. Il bibliotecario Cicconi ricorse al greco, e tradusse Io [lungamente tempe-
stato in mare, offersi: il Campanari spiegò prima Aliala, legato in onor di Marte, offriva:
di poi Aliala, figlio di Trottedio il Marte Fonione , dedicò: il p. Secchi divinò Aieial
Qairinus Vibii f. nomine Vibius ; oppure Aveial Tuders ; 0 ancora Aveial Denoto dot,
Vihii f. nomine Vibius: il Lanzi coll'ebraico intese Acca da Todi e Tito effigiarono il si-
mulacro della Vittoria: il Vermiglioli Aeia L. Trutinus pumi mi vere, c'wè Aeia figlia
di Trutino pongo sono vero: e il De Minicis Trutivio Fona figlio di Aeia fece. Tanto va-
cilla ancora la paleografia italiota: la quale riesce a legger qualche nome sulle meda-
glie 0 iscrizioni, come Ila, lutere, aplu, mnrva. pupi, cam, cioè Telamon, Tuder,
Apollo, Minerva, Populonia, Camars: ma appena ci s'intrometta altra parola è subito a
congetture, nelle quali ciascuno conchiude aver còlto il vero.
La cura che dobbiamo speciale alle cose italiche vuol ci fermiamo alquanto sulla paleo-
grafia etrusca, compendiando Champollion Figeac.-
— Come generali applicazioni alle iscrizioni etruscbe, diremo : 1° che sono sempre
scritte da destra a sinistra; 2° che le vocali sono quasi sempre soppresse, le consonanti
sole costantemente espresse, e quanto più un'iscrizione etrusca è antica, tanto meno
vocali vi si trovano. Bisogna dunque sostituirle, e ciò non è facile in lingua perduta;
non si può quindi che per analogia, 0 trovando in un'altra iscrizione la slessa parola
con una 0 molle vocali che entrano nella composizione di essa. Secondo Lanzi, baste-
rebbe il tenere per guida la parola greca 0 Ialina, che per il numero e l'ordine delle
consonanti ha maggior rapporto coll'etrusca abbreviata. Si vede come in tal modo sa-
rebbe facile formare una frase latina 0 greca e anche francese con una frase etrusca,
della quale non si scrivono che le consonanti. Il metodo più sicuro, più degno dei
buoni critici consiste nei confronti della stessa parola impiegata in molle iscrizioni;
5° che le parole di un'iscrizione sono spesse volle separate da un punto 0 due, od
anche da un segno perpendicolare irregolare , e spesso da nessun segno; questa è
una difficoltà di più, che per essere superata esige una grande abitudine de' testi etru-
ALFABETI ITALIOTI 2il
sebi ; 4" che le iscrizioni etrusche , principalmente le sepolcrali, sono qualche volta
bilingui, cioè in etrusco prima e in latino al di sotto, od anche viceversa: non con-
tenendo che nomi scritti nei due alCaheti, furono di gran soccorso per restituire l'al-
fabeto etrusco; o che l'iscrizione è una lastra di bronzo o di piombo , scritta spesse
volte d'ambo i lati; ed alcune iscrizioni, sebbene in caratteri eiruscbi, sono mera-
mente romane.
Le grandi iscrizioni etrusche sono poche, e le più celebri sono: 1° quelle che si tro-
varono a Gubbio, l'antico Eugubiam, nel 14ii, conosciute sotto il nome di Tavole
Eugubine, e dalle quali Bourguet cavò pel primo l'alfabeto etrusco nel '1732; 2" il
gran cippo quadrangolare di circa cinque piedi d altezza, scoperto nel 1822 vicino a
Perugia,
Le Tavole Eugubine in caratteri etruschi esercitarono moltissimo la sagacità dei critici,
e sembra, secondo il Lanzi, che il testo riguardi interamente materie religiose, e
siano frammenti di quei che gli antichi chiamavano Ponti ficales et Uituates libri. ì
Fralres Alherii o Atheriates, ordine particolare di sacerdoti , appartenevano ad una
tribù chiamata Ikuvina, che in appresso fece alleanza coi Romani. Alcuni di questi
sacerdoti vi sono nominati, come pure diversi luoghi di questa parte d'Italia, e varie
famiglie conosciute altrimenti. Vi si distinguono anche nomi di divinità locali. Ven-
gono dietro le formole delle preghiere che devono precedere i sacrilizj, l'indicazione
delle parli della vittima consacrata agli Dei, ciò che concerne la cottura delle vi-
vande, e linalmente gli atti che devono seguire i sacrifizj. Lanzi crede avervi veduto
anche molte indicazioni di epoche, come gli idi di novembre ecc. ; anzi una vera
data, A. ccc, l'anno 500.
Per ispiegare il metodo d'interpretazione del Lanzi citeremo un passo, ove ebbe meno
lettere e parole a sostituire. Sono le linee 28, 29 e 30 della tavola N" i e 11 secondo
Demstero, ed il lettore supporrà queste linee scritte in caratteri etruschi, tracciati da
destra a sinistra; la versione latina del Lanzi è interlineare:
iviCA : jiEi'.SL'VA : lviikum : gabrtc : phpatucste: atiieiuf :
jecora iirìpix (femora) ovium habeto a fratribus ateriatibus
AUTISPAK : EIIKAVASATIS : TUTATES : IIUVINA I TUKPUITER : IlfVINA :
prò vadatis tota juvina tribù prò juvina
SAIKRE.
sacrum.
Si osservi l'analogia delle parole etrusche col latino, e in questo passo il Lanzi non
ebbe ricorso che ad una sola parola greca : ma di rado è così sobrio di questi soccorsi.
L'iscrizione di Perugia occupa la faccia anteriore e il lato sinistro del cippo. Vermi-
glioli congettura si riferisca alle leggi rurali, ai confini delle terre, ecc. ; data mano
all'interpretazione congetturale, secondo i principi di Lanzi, si occupa di ciascuna
parola l'una dopo l'altra, riconosce quelle che sono nomi proprj d'uomini o di luoghi,
desumendolo da alcune iscrizioni sepolcrali, e cerca nel greco o nel latino le ana-
loghe delle altre per determinarne il significato. Da questo si vede quanto poco avan-
zata sia la critica interpretativa dei monumenti scritti dell'Italia primitiva, se ne to-
gliamo la lettura de' nomi proprj, che poco variarono sotto le diverse dominazioni.
Gli altri generi d'iscrizioni etrusche confermeranno questi punti generali.
Le iscrizioni votiv ■ e quelle che si trovano sui vasi, sui sigilli, sui piedesialli, sulle fi-
gurine, sugli utensili, ecc., sono in generale brevissime. Le figurine di forma umana
ne offrono rare volte, bastando gli attributi ei simboli che portano a caratterizzarle.
Le figurine rappresentanti animali o chimere hanno breve iscrizione, che d'ordinario
è il nome della divinità alla quale son offerte, o della persona che le offre , quasi
sempre scritta sopra una delle parti del corpo. Tali isi^rizioni sono caratterizzate da
alcune formole ripetute sovente nei monumenti, dal che se ne dedusse la generalità
e il significato ; come mi cana, mi diede (sui più antichi monumenti) ; tkce ed ana-
loghi, per il greco ibr.y.s, ha posto, ha dedicato ; tlrcce, tukce, ha donato, ha dedi-
cato, è la formola più comune; piilekes, dono, consacrazione ; situi, suthil da
2ojTy;o-:a, per la Salute di, o per ... Vi si sono riconosciuti anche nomi di divinità,
e fra gli altri .'Ipu/u/'p, Apollo; Arilimi, Artemis (Diana); Selvum, Silvano; Marte,
Marte ; Menerva, Minerva ; Mercuriei, Mercurio.
Cantù, Documenti. — Tomo I, Archeologia e Belle Arti. 16
242 AncnnoLoci\ e belle arti
Altre iscrizioni , non sepolcrali , riferisconsi agli usi domestici. Gli Italioti scrivevano
sulla porta principale della lor casa arsevekse, che, secondo Festo, significava averle
ignem. Nei campi, alcuni cippi portavano mapte uurie (o Thurie) a Marie terminale,
EAN per EVAN, scritto sopra un amuleto a forma di cuore, è il titolo di un iniziato ai
misteri di B eco, che Virgilio chiama Evantes ; l'acclamazione ordinaria nella cele-
brazione dei misteri. Sugli altari, candelabri ecc. si vedono i nomi ed i prenomi delle
persone che gli offersero agli Dei , colla formola mi cana o senza. Una torre vicino a
Perugia porta una grande iscrizione di varie linee : se ne trovano anche in alcune
grotte, e per una singolarità notabile, una è composta di lettere dell'alfabeto etrusco,
disposte nell'ordine usuale. In queste iscrizioni storiche e votive si riconobbero anche
nomi di magistrati, di famiglie, di luoghi, di collegi politici o religiosi; e talee
l'iscrizione da cui consta che una statua di bronzo, la quale trovasi nel museo di Fi-
renze, è di Aulesio Metello, figlio di Tello e Vesia, eretta per ordine dei decurioni e
dell'intera città dei Pitalani.
Le iscrizioni sepolcrali etrusche sono le piiì numerose, scritte od incise in pietre iso-
late, urne, bassorilievi dipinti o scolpiti, colonnette, mattoni o lastre di metallo,
nelle grotte, nelle camere sepolcrali ovvero sepolte. Le lettere incise vennero colorite
quasi sempre di rosso col pennello. Le iscrizioni sulle urne a bassorilievi hanno di
rado alcun rapporto col soggetto della scultura, spesso eguale in varie urne. L'iscri-
zione è relativa specialmente al morto, di cui contiene il prenome; qualche rara volta
un soprannme: vi si vede anche il nome del padre, ma più d'ordinario quello della
madre, uso di varj popoli antichi. Per le donne aggiungevasi il nome del marito, o
della famiglia a cui si univano : e si chiudeva talora coll'età del defunto, ma pochi
ne sono gli esempj.
I nomi sono d'ordinario in nominativo, talora in genitivo, preceduti dal monosillabo
MI, sono^ come mi lartias, sum Lartiae, sono (la tomba) di Larzia Se l'iscrizione è
dei primi tempi, quando gl'individui portavano un solo nome, i prenomi sono:
1° d'origine etrusca pura, come Lucumo, Aruns ecc., che Dionigi d'Alicarnasso chiama
nomi tirreni ; ed è indizio certo di antichità relativa ; 2° comuni agli Etruschi di tutte
le Provincie ed ai Romani; e sono i più frequenti. Gli stessi prenomi trovansi impie-
gati parlando di donne come di uomini, ma per le une terminano in a, e per gli altri
in E; le donne, sebbene affatto giovani, portavano già un prenome, ciò che ne prova
l'uso generale presso gli Etruschi. Quelli dei loro prenomi che non si trovano nella
lista dei prenomi romani sono Annius ed Ennius , Lar e Laris, Larentia (Acca La-
renzia, in seguito Laurenzia;e Laro sopranominato Porsena), Lartes (Larte e Larzia),
Lautìne, Lucurno, Tanquil e Tanaquil, Velius e Velia.
I nomi proprj, o di famiglia, sono numerosissimi, e passarono quasi lutti ai Romani.
Qualche volta incontransi abbreviati, ma è facile terminarli dietro alle loro desinenze
abituali in e per gli uomini, in a per le donne. Vi si osservano gli stessi derivati egli
stessi diminutivi dei nomi romani : Melina per Metellùia, derivato e diminutivo di
Melella, se pure, come da alcuni si è creduto, non siasi impiegata in questi nomi la
N invece della i, cièche non sembra naturale 1 nomi femminili terminano spessis-
simo anche col dittongo ei alla penultima sillaba, come Aruntkia per AruniiUa; c\ò
che non proverebbe altro se non che il dittongo ei si pronunciava i, e l'antica orto-
grafia latina ce lo aveva già insegnato. Ma questa desinenza potrebbe anch'essere il
carattere di un aggettivo, e tal parola significherebbe figlia o moglie di Anins.
Quanto al sopranome, il coijnomen Aq\ Latini, è rarissimo, e d'ordinario tolto dal nome
della madre per gli uomini, e per le donne dal padre o dal marito. 11 figlio aggiun-
geva il nome del padre al proprio, alla maniera dei Greci e dei l>atini , ed in questo
caso il nome del piidre era terminato in s, segno del genitivo; la parola corrispon-
dente all'idea fujlio era sovente taciuta, od espressa col monosillabo ris, e pel fem-
minile PIA ; il nome della madre era terminato da un l, e Curial significava 710/0 da
Curia. I sopranomi delle donne, desunti dal nome del padre, prendevano pure tal ■
volta desinenza in isa, come Larthulisa nata in Lartha; tal altra in clan, segno della
derivazione 0 dell'ablativo, come Thocernadan nata di Thocerna ; od anche in i.na od
ANA, imitazioni del latino, come Ililarina, Hilariana nata d'IIilaria. Anche la desi-
ALFAIìFTI ITAIIOT? 243
nenza in ai,, che ha Io stesso significalo, Acnne adottata dai Romani ; Attial-is^ della
famiglia Attia,
L'età del defunto è ([ualche volta indicata, e le cifre numeriche sono precedute dalla
parola ril, od avii., avk.s, aivii,. Si osservano anche delle parole spesso riprodotte
nelle diverse iscrizioni, e che semhrano in nessuna dipendenza dalla frase che an-
nunzia i nomi e la figliolanza del morto, e tali sono liìiinr, tui.ar o tuii.ai'. ; nella
prima si è riconosciuto una specie d'acclamazione, di angario, analoga alla parola
latina lenis leniter, e adoperata come il voto nsitatissimo dei Latini, Sit libi tnrah-
vis: le altre due, che servivano di titolo all'oggetto che racchiudeva le ceneri, erano
Vollarium del latino.
Sottoporremo aloune iscrizioni etrusche variate, colla interpretazione secondo i dotti
italiani, che più studiarono in tale materia:
FEL. MULEFi. MUEHNATiAL. Velia Mulvia Munatiae (filia).
aule. FARE. Nicus\L. Aulus Varius Nicusice (filius).
VETI. VELUS. TiNS. Velia Vela Tini (uxor).
AR. ATiNEi. AR. SEPHRiAL. Aruutia AUìiia Arunitea (Aruntii fìIia} Sephiria nata.
Av. LEGA. RIL. ixx. Aula Locca annis xix.
LS. PHLAVE. LS. CURIAL. RIL... Lavs Fhwius Lavìs (filius) Curia natiis annis...
PEPNA. RviPUE. APTHAL. AFiLS. xviii. Pevpenua lìufìus Aruntii (fdius) aìinis xviir.
MI. LARVs, ARiANAS. ANASSES. KLAM. SuM Laris Ariani (lìliiis) ^?ias.Sf; (Anniaxia) natus.
Le abbreviazioni più comuni nelle iscrizioni etrusche, in fatto di nomi, prenomi e so-
pranomi, sono:
A. AV. AVL. Aulus., Aula, eco,
AN. Annius, Annia.
AP. Appius, Appia.
AR. AKNT. Aruns, Arunlius, Aruntia, Arunthius.
AT. ATu. Attius, Attia.
e. Cajus, Caja.
EL. /Èlius, Ailia.
HAT. Adria (città).
L. LS. LR, LTH. Lar, LarSy Larthias.
MA. Marcus.
PHA. PHT. Fausfus., Fausta.
SE. SEKS. Sextus, Sexta.
TLA. Telamon (città)*
TU. Tuder (città).
TUA. THN. Thannia.
V. F. FL. FÉ. FEL. Velìus, Velia.
Fin qui Champollion.
.\riodante Fabretti pubblica ora un Glossarium italicum, in quo omnia vocabula con-
tinentur ex Umbricis, sabinis, oscis, volscis, etruscis^ ceterisque monumentis quce su-
persunt collecta. Torino 1857. Egli dice : « In una materia così difiìcile sarebbe strano
desiderare un lexicon alla foggia delle lingue conosciute, antiche o moderne; con-
ciossiachè accanto alle voci di sicura spiegazione avvene molte che resistono alla
critica e non permettono che congetture. Non tutte le voci sono chiarissime nel si-
gnificato al pari delle umbre karne carne, vinu vino, purka porca, sif sues,
vitlu m7u?o, estesa, fetu facito, seritu servato, peturpursus quadrupedi-
bus, alfir albifi, rofa rufa, sai voin salvum, karu coram, prufe probe, n omne-
per prò nomine, pupluper o popluper prò popolo ecc.; — delle osche aasas
aras, dolud dolo, ligud lege, genetai genitrici, k vaisst u r f/uaesior, rega-
turei rectori, aìkdafed aedi/ìeavil, d e ic u m d/cerc, fefacust fecerit, herest
volet, prùfatted probavit, set sit, alttram alter am, pus f/uj, a m i r i cat ud
immercato, maliid malo, anter inter, contrud cantra, inim cnim , nep ne-
que, ecc.; — e delle etrusche etera altera, clan natus, phuius filius, avils
aetalis, tnrce donum, tece po-^uit, ecc. Un gran numero di vocaboli, ripetuti o
modificati, varrà se non altro a fermare certe leggi eufoniche che governavano gli an-
tichi idiomi italici; ed alcuni nomi, che è bene conoscere, dovranno entrare quan-
244 ARCHEOLOGIA E DELLE ARTI
dochessia nei dizionarj della latina favella , come quelli delle tuscaniche divinità
Tina Juppiter , Thalna Diana, Turan Venus, Menrva Minerva^ Sethlans
Vulcanus; o passati di Grecia in Etruria , come Apln Apollo, Turms Eour^t ,
Tethis Thetis , oltre una folla di greci eroi, quali li ere le Hercules, A e li le
Achillea, Achmemrun Ayamemnon, Clulumita Clytenìiìestra , Me ni e Mene-
laus, Neptiane Neoiitolemus. Pentasila Veiilìicsilea, Urusthe Oref^tes, ecc.
Un'opinioue male accreditata e la pubblicazione di certi alfabeti antichi d'Italia guasti
ed errati fanno dire a molti che nulla s'intenda delle vecchie epigrafi degli Osci,
degli Umbri e degli etruschi ; eppure ad ogni passo si offrono chiare intere locuzioni.
Nelle tavole Eugubine per esempio:
PVSEI • SVBRA • SCREHTO • EST uti supra scriptum est; VITLV . TORV
TRIP • f£T\/ vitulos taurostresf acito: SALVA • SERITV • FVTV • POS
(o FONS) • PACER , RASE TVA • OCRE PISI TOTE lOVINE • ERER
NONNE * ERAR NOMNE st^if-^a senato, esto volens, propitius pace tua, colli
Fisio civitati Iguvinae. ejus (collis) nomine , ejus (civitatis) nomine ; — e nella ta-
vola osca di Banzia SVAE PIS CONTRVD EXEIC PEFACVST «' <?««« coJì^^a
hoc fecerit; p|S CEVS BANTINS PVST 9"» civis Bantinus fuerit. Nella epi-
grafia etrusca un gran iiumeio di lejigende funerarie, più preziose se bilingui come
questa ^fl|+flBfl) Vfl ANfUNEì HVT — P • VOLVMNIV2 A • F • ,VIO-
LENS CAPATIA NATVS ci dà una serie di nomi di famiglie, che verosimil-
nitule passarono dall'Elruna in Roma, od hanno colle romane un riscontro storico e
filologico; anzi taluni di questi nomi rilevano altrettanti vocaboli della lingua par-
lata dagli abitatcri della media Italia, come i gentilizj cantini, capras, crace,
crespe, piante, pumpo, senate, spurie, sacria, salvis, vitli ecc. An-
che qualche etimologia, |)rofessata ab antico, viene raddrizzata col soccorso delle
etrusche inscrizioni; per esempio la voce >j|SV oil >j|M\/ fusilli, che in due spec-
chi metallici indica il Sole od Apollo, ivi rappresentato co' suoi attributi, ci ricon-
duce alla famiglia degli Auseli (Aurelii) a sole diclam (Paul. pag. 23 ediz. Miiller),
ed alla radice sanscrita svar, forma primiiiva di sur (splendere), respingendo il
detto di Cicerone (De nat. Deorum, u, 68j: Cum sol dictussit, vel quia solus ex omni-
bus sideribus est tantus^ vel quia cum est exortus, obscurutis omnibus, solus |(i/j/3are/.
« La fratellanza dei vetusti dialetti sparsi in Italia, riconosciuta dai segni alfabetici, si
dimostra meglio coi ripetuti ratlVonti delle voci umbre ed osche ed etrusche in tra
loro e coll'idioma latino; così l'osco deded,econ etruschi caratteri tetet, era tez
nell'Etruria e forse dede nell'Umbria, dedet e dede (dedil) nelle bocche del po-
polo romano. Con gl'idiotismi ed arcaismi che occorrono spesso nella latina epigrafia,
si avranno ari^omenti per discorrere fondatamente intorno alla origine della lingua ita-
liana, più remota di quel che generalmente non credesi , moltissime forme popolari
verranno innanzi, raccolte dai monumenti de' più bei tempi di Ilouia repubblicana
e dai modesti funebri ricordi dei primi martiri della Chiesa».
DI ciò parlammo a disteso nella nostra Storia degli Italiani. Appendice i.
Testé il gesuita Camillo Tarquini, professore al collegio Romano, stampò / misteri della
lingua etrusca svelati (1857), ove pretende che essa sia semitica, e atTine coll'ebrea.
Né più s'accontenta a spiegare qualche parola, ma tutta la famosa iscrizione di San
Manno. Questa nel lesto etrusco, colla rispondenza ebraica e la versione latina,
direbbe:
Cehen Suti Cohen Seti Sacerdos Suti
Chinliu tues Chintiu loen Quinlium immolavit
Sains et je taure Sei a issi tor calore igniti tauri
, . , combustum rite :
Laut ne se cale Laut naa se caia ^,^ . ,,„,„„^,, ,,( .
Care Secaliìi ri. Cara Sccalim ri emil pondo {a'ris) c.c\
Aules Eartial Eli Lartial Aulus Larlia nalus
Precu turasi Ikraca dores favorem tmplorans
1
ALKABCTl IlAr.BAnl 245
Làrlial isle Lartial islc Lartia natus
illudehat.
Ce sutan al Ce soten al stc insectaius supra
quemadnwilum holocatistu m
Cale nar asi Cola nur es fiamma; icjnis
Et panii làut-ne Ad pane lahut la ad faciem combusti rile
Purccus ipa Borea jab imprecalus oìamavit
Murùls uà Merots u Presentisce ipse
Ceru Uumein Caru Rumim Sic en romani
Hece tsari Haga tsar murmuravit adverfarius
TuDÙr ce lu Tannur ce Io fornax sic non dilaniai
Tive tselù Tiva tsaliiì assatum caput
Ru$ ce tiver. Ros ce diver. quemadmodum verbum
Stickel sostiene la stessa provenienza, ma ne dissentono i più. L'iscrizione che sta
alla statua dell'Arriogatore nel museo di Firenze è da questi due orientalisti letta quasi
identicamente, ma la interpretano adulto diverso. Lo Stickel intende: Un Anlcsio ,
immagine di uomo in irritazione contro il Clensio. Dunque è annichilata la proprietà
del debole! L'annientamento d'ambo gli occhi n'è testimonio, gli occhi dell'accecato da
percossa col pugno. E il padre Tarquini Aulo Metello figlio di Velia nato da Vesia, il
quale cominciando ad arringare rettamente ^ ad un portento pauroso titubò, perocché
sguizzò uu grosso serpente fiammeggiante con occhi di fuoco per lo passaggio del
tribunale.
$ 167. — Alfabeti barbari.
In Ispagna, prima della domiDazione romana e fenicia, usavasi un carattere, rivelatoci
dalla copiosa serie di monete ispano-celtibere, e da un vaso pubblicato da Velasques
{EnsaijO sobra los alphabeto^ de las letras desconocidas qne se encuentran en las mas an-
tiquas medallas y monumienlos de Espana. Madrid 175:2_). Sulla natura sua non bene
convengono fili eruditi.
Che i Galli scrivessero prima della dominazione romana è attestato da Cesare, il
quale soggiunge si valeano dell'alfabeto greco; lo che significa fosse della derivazione
stessa degli altri. Ma nessuno scritto ne alibiamo.
1 Gallesi d'Irlanda pretendono avere quattro alfabeti lor proprj (Vai.lenoey, Collectan.
de rebus hiberniSj N» vuj, dedotti da iscrizioni antiche; masi dimostra che sono o degli
Anglo-sassoni o dei Teutoni; o forse è supposizione gratuita.
Tacito parla d'iscrizioni sepolcrali esistenti sui confini della Germania e della Rezia;
egli le chiama greche, ma f(use sono runiche: al modo che Ackerblad scambiò per ru-
nici i caratteri vecchissimi che egli primo avvertì sui leoni portati da Atene a Venezia,
e che altri leggono come antichissimo greco (Vedi Scatidinav. musceum 1800; Magas.
Encyclop. anno ix: C. Gkimm, Deut^^che Runnen, tav. v).
Caratteri runici si trovano in Danimarca, Svezia. Norvegia, e nelle parti più setten-
trionali della Tarlarla ; e son formati di linee perpendicolari, ossia di I in varie posi-
zioni. Chi vuol trovarli simili ai caratteri persepolitani, chi agli etruschi ; chi ne fa an-
tore il vescovo L'Hila, chi il dio Odino: ma le scritture stesse date per runiche sono
stranamente diverse le une dalle altre.
Edelestand Dlmeril, Essai sur Vorigine des Runes. t8i4.
§ 168, — Scrittura cinese.
Fra le lingue comuni agli scrittori e ai monuraenti'antichissima è la cinese. I cinesi
fan la scrittura inventata da Fo-hi, cioè prima della storia ; ed è ideografica, unitovi
un elemento fonetico. I grammatici distinguono i caratteri in sei classi : V gl'indicativi,
246 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
cioè esprimenti UQa qualità ; 2-^ i figurativi che rappresentano la forma; 3* gli ideofone-
lici composti di due elementi, uno de' quali rappresenta l'immagine generica degli og-
getti e delle azioni, l'altro il suono della lingua parlata; 4^ a senso combinato, come
sole e luna uniti signilìcano luce; un uomo s'una montagna, eremila: un occliio e ac-
qua, lacrime; 5^ gl'inversi, clie pel modo onde sono scritti acquistano una significazione
opposta alla primitiva ; 6'^ i metaforici
L'iscrizione di Yu, la più antica islorica, è nel carattere inventato da Fo-hi. A questo
ne successe un altro figurativo, in cui furono stesi i libri sacri, a linee sottili, e che durò
fin alla dinastia degli Man, 202 av. C. Una varietà di esso affatto fantastica, composta di
linee dritte e rotte, si attribuisce a Li sse, 210 av. C, e si adopera pe' suggelli. Sotto
la dinastia degli Han fu inventata la scrittura //, di linee grosse, che talora adoprasi
nelle prefazioni. Nel primo secolo dell'era volgare fu inventata la scrittura zcto, corsivo
rapido e legato, e perciò diffìcile a leggere. Quella adoprata ora generalmente per la
stampa è un perfezionamento della predetta, con regole calligrafiche e regolarità di for-
me, né più nulla conserva della primiera indole figurativa. Quella dei manoscritti, fatta
col pennello, è più libera, capace d'eleganza, e facile anche a leggere.
I Giapponesi adottarono la scrittura cinese, ma non essendo monosillabica la loro
lingua, subì alterazioni, e finì per diventare scrittura sillabica.
§ 1G9. — Direzione delle scritture.
Delle iscrizioni di questi ultimi popoli noi non abbiamo a parlare. In quanto alle al-
fabetiche, ponno essere scritte da destra a sinistra, come l'ebraico e la più parte delle
semitiche; o da sinistra a destra, come le giapetiche. Scritto buslrofedon o a solco di-
cesi quello, dove, cominciato da destra a sinistra, e finita la linea, si torna da sinistra
a destra, a guisa dei solchi d'un campo (fto'o? itczo'-.ì,^ voltata delòove). Trovasi qualche
scrittura cicloa, cioè in giro. I Cinesi sottopongono una sillaba all'altra, cioè in linee
verticali anziché orizzontali; modo che s'incontra in qualche monumento latino ed
etrusco, e chiamasi kiodenon; e più spesso ne' geroglifici.
Negli Etruschi è un modo di scrivere che intitolano spyridion, ove le linee imitano
un paniere, allargandosi dalla base alla sommità.
§ 170. — Forma delle iscrizioni, e ortografia.
Le epigrafi antiche sono scritte a colori, o incise, o a rilievo. In Egitto sono spesso
scritte, 0 piuttosto dipinte sopra una superficie: ne' monumenti etruschi parimenti,
ovvero graffite con un acuto, indi colorate di rosso o nero. Così tinte erano quelle dei
sepolcri degli Scipioni, rinvenute nel 1781. Agli edifizj suntuosi, come a frontoni di
tempj, si attaccavano lettere metalliche. Ques-te sparvero, ma dai buchi lasciativi dai
chiodi Seguier interpretò l'iscrizione della Casa Quadrata di Nimes.
Le iscrizioni isolate, sono le più sovra un marmo o una lastra metallica semplici. Altre
volte le accompagnano dei fregi.
Le stele sono lastre di marmo per decorazione delle tombe, alte da 1 a IS piedi, e
larghe circa la metà dell'altezza; coperte d'un piccoli) frontone: le più strette erano
coronate da un'autefissa. Il campo era scolpilo a bassorilievo, oppure a figure dipinte,
quali !-e ne trovarono dinanzi al Pireo; oltre l'iscrizione. Le sculture sono di soggetti
individuali, una figura assisa, un congedo: poche sono misliche e mitologiche. Da
(juesla forma venne il cippo romano, destinato agli usi stessi, ma più grosso, e talora
sosteneva statue. Sopra colonne ne scrissero Greci e Latini ed Etruschi; e su colonne
scoli)ivano i Greci i pubblici decreti.
Talvolta l'iscrizione è su due lati [opistogroplia), e in alcune pochissime lo fu dall'o-
rigine, come le tavole d'Eraclea; la tavola bilingue osca e latina, delta Dantiniana per-
chè trovala in Banlia in Lucania verso il ■1795; le leggi Toria e bervilia, dianzi restau-
rate da Klonze [Fragmenta legis Servilice repelundarum. lìerlino 1855Je Rudorff (Zeit-
schrij ! [tir geschidilliche Rechtf'ivisf:enschafl. d859j. Altre volle son così scritte perchè
il marmo slesso fu adopralo per elogio o per memoria d'altra persona o d'altro fatto.
Non rare s'inconlrano le iscrizioni abrase, (juclle massimamente in lode d'imperatori,
roHMA E outoghaiia Mìllf, Iscp.izIom !247
in cui, per piacenteria al successore o per ira popolare, veniva cancellato il nome di
essi.
Oltre la varietà de' caratteri, varia pure sovente l'ortografia, sia per incostanza di
pronunzia, sia più spesso per ignoranza o negligenza dell'intiigiialore.
Quanto ai punti, se ne trovano nelle iscrizioni cuneiformi, non nelle palmirene e nelle
fenicie, e vagamente nelle etrusclie. i.e latine or non ne hanno, or uno e fin due tra
ciascuna parola, ora perfino tra le composizioni d'una stessa parola: con. parvervìNt;
IN. CON. PA. RA. BILI. Nel musco Kircheriano è una iscrizione punteggiata ad ogni sil-
laba: vi. TA. LI. AE. CON. COR. DI. AE. CO. JV. Gì. BE. NE. ME. REN. TI. E Un'altra: IN.
VI. CTAE. coE. LE. STI. v. RA. NI. AE. DONA. To. In luogo di punti talora sono palmelte,
0 piccoli cuori, od altri capricci. In un decreto dei centumviri del municipio di Vejo
a favore di un liberto d'Augusto, è ad ogni periodo interposto un segno d'interroga-
zione (?) Fabretti, cap. III. oM). Altre volte si hanno i due punti ( : j ; pure nella scrit-
tura ordinaria non si usava distinguere il periodo coi punti come facciam noi.
L'apice 0 accento ai tempi di Quintiliano metteasi spesso sulle vocali lunghe; ma
nelle lapidi è talvolta profuso, come ratio.mbvs, felìcì ecc Rari trovansi ne' greci
marmi; e si sa che comparativamente moderno è l'uso degli accenti e degli spiriti
nella scrittura greca.
La h in segno d'aspirazione è antica, e talvolta ne tien vece Vi; come evtycivs.
Gli Eolj usavano il digamma F, che spesso prende la forma di V o di [ ]. Rovesciato
così''j trovasi in qualche monumento dell'imperatore Claudio, che ne fu inventore.
Lettere raddoppiate senza bisogno, o viziosamente ommesse, o trasposte, saranno
colpa de' quadratarj ; ma sovente è errata la sintassi, e ancor più sovente il verso, come
vedremo. Noi non moltiplicheremo le regole per ben leggere le lapidi, attesoché questo
s'impara meglio colla pratica. Certo è difficilissimo, alcune essendo appena graffiate
con un acuto, altre guaste dal tempo, altre spezzate, altre smartellate. L'erudizione
arriva talvolta a divinazioni che sembrano portentose.
Gran difficoltà recano alla lettura le sigle, o abbreviazioni. Il Maflei, il Corsini, il
Piacentini ne esibirono delle raccolte: una più ampia l'inglese Roberto Ainsworth (The-
saurus lingue lalince compend. Londra 1796); e ne discorse con maestria il Morcelli.
Delle iscrizioni che non possono trasportarsi, oggi si trae un fac-simile a questo
modo. Pulita l'iscrizione e bagnata con acqua di colla di riso o di qualsiasi farina, vi
si adatta un foglio inumidito con una spugna, e vi si balte sopra leggermente con una
spazzola abbastanza morbida, in modo che s'adatti all'incavo di ciascuna lettera o fi-
gura. Indi si leva il foglio, sul quale resta l'impronta, e si conserva anche dopo asciu-
gato. Così si ha non solo la fedele trascrizione dell'epigrafe, ma anche la forma dei
caratteri ed ogni accidente.
g 171. — Dell'età loro.
È di primaria importanza il riconoscere l'età d'una epigrafe. Deducesi dallo stato
dell'arie, dalla forma de' caratteri, dal dialetto, il qual ultimo serve pure a determi-
nare il luogo dove una lapida era posta. L'anno, per le romane, ordinariamente è di-
notato col nome de' consoli: nelle greche con quel de' magistrati eponimi, che erano
varj nelle diverse città. Ma riguardo alle ère, molta confusione reca la loro varietà,
che era grandissima fra le città greche. Anche i nomi de' mesi variavano in esse, talché
servono a determinare di che paese sia una lapide.
Solo tardi i Greci adottarono regolarmente le ventiquattro lettere dell'alfabeto iper
esprimere i numeri secondo l'ordine loro: anticamente erano questi diversissimi, il che
cagiona gran confusione.
Nelle iscrizioni latine ajuta molto la cognizione delle parole introdotte o dismesse
in diversi tempi, e delle dignità proprie de' successivi periodi della Repubblica e del-
l'Impero.
ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
§ 172. — Iscrizioni di collegi.
Alcune iscrizioni sono bilingui; come greche e palmirene, latine e greche, latine e
etnische, oltre la trilingue di Rosetta. Gardner Wilkinson additò or ora un'iscrizione
bilingue sopra un vaso del tesoro di San Marco. Una greco-fenicia fu trovata ad Atene
il 1841. Una egizio-fenicia è in un bassorilievo di Carpentras; e un'altra fu dalla ne-
cropoli di Menfi recata testé a Roma, illustrate entrambe dal Lanci. Fulgenzio Fresnel
nel Journal asiatique del 18i6 pubblicò due epitafj trilingui, latino, greco, punico,
trovati a Leptis Magna, il cui latino è Boncar Mecrasi Clodim Medicus — Bijrycth Bal-
ftilechis F. mater Clodii Medici. Testé una latina, greca, fenicia fu trovata in Pauli
Gerrei di Sardegna, e illustrata da Giovanni Spano (Torino, 18C2).
Preziosissime sono, come quelle che possono esibire la chiave di linguaggi ignoti:
ma il vantaggio è assai minore che non parrebbe, atteso che non sempre sono identiche
nelle due lingue. \ a Bantiana, che testé mentovammo, e che fu pubblicata primamente
dal Marini nel 1795, speravasi dovesse dar la chiave della lingua osca: ma Klenze
{Rìieinisches Museum, 1858, p. 2(ij dimostrò che il testo osco sopra un lato della ta-
vola di bronzo è un decreto della città di Bantia, mentre il latino è una legge romana
contro le concussioni. Al promontorio Miseno fu trovata questa: deo MAG^o et fato
BONO VAL. inr perfectissimus piìaeff.ctvs classis misen. vice vindicis cordianoe votuvi
solvit: &Ea\ IMEnsTill KAI KAAHl MOIPAI OYAAENS APKHN API^iìN ElIAt OV
MEIZHNIIN STOAOr ESTHSA BflMON EKTEAHN EVXHN EMIIN ; cioè Al dio mas-
simo e al fato buono, io Valente, creato prefetto dell'armata misenese, dedicai quest'altare
adempiendo il voto.
11 miglior metodo per iscoprire gli alfabeti ignoti è di pigliare i nomi proprj, i quali
devono esser simili in ambe le lingue, e dedurne le lettere. Ma dopo fatta la trascri-
zione, si ignora la lingua, siccome è dell'etrusca e di quella adoperata per alcune
scritture cuneiformi.
§ 173. ■ — Epigrafia. — Principali iscrizioni.
Fra le iscrizioni classiche le piìi considerevoli e rinomate sono la Tavola alimentare
di Velleja, detta Trajana, ove in sette colonne sono designati i poderi che devono
contribuire alimento ad alquanti fanciulli legittimi e spurj.
Le Tavole Eugubine, poc'anzi accennate.
Il senatoconsulto del S68 di Roma contro i Baccanali, trovato in Calabria neM692,
e che conservasi nel museo di Vienna.
La legge degli scribi, viaggiatori e banditori del popolo romano, ora nel museo
Borbonico,
La lamina volsca. che parla d'un sacrifizio.
Le Tavole Eracleefii, che sono due lamine di bronzo, trovate nel 1732 presso Meta-
ponto, ed ora nel museo Borbonico. Di esse la prima, scritta 500 anni av. Cr., con-
tiene la misura di un campo sacro a Bacco, ed usurpato in parte da alcuni Eracleoti ;
l'altra è la misura e locazione d'un altro campo consacrato a Minerva: sono in greco,
ma la prima è opistografa, e nella faccia posteriore contiene in latino le leggi munici-
pali adottate da quel paese assai più tardi. Un'altra tavola, pesante 57 lilibrc romane,
posseduta dal Ficoroni, poi passala in Inghilterra, contiene una leg;^e sull'obbligo di
notificare i negozj di forestieri, sul privilegio d'aver cocchi, e sul tenere puliti i portici
e le vie pubbliche.
L'iscrizione d'Amiclea, fatta conoscere da Fourmont, è bustrofcda, e contiene un
lungo catalogo, che credesi di sacerdotesse d'Apollo Amicleo, cominciando 255 anni
av. la guerra di Troja, e aggiungendone fin verso l'SiSav. Cristo.
Rilevantissimi sono per la cronologia i marmi di Arundel e i Capitolini.
Quella di cui si fece inaggiore studio nel secol nostro, è la stela di Rosetta.
Illustre è anche l'iscrizione Sigea greca antichissima, scritta a bustrofedon 2o00
anni fa.
EPIGRAFIA. ISCRIZIONI PRINCIPALI 249
Si contano fra le grandi iscrizioni eziandio i quattro marmi greci dorici, trovati
nel 1833 n Taormina in Sicilia, e che recano molto lume alla costituzione interna di
quella repubblica.
Ant. Aiici;STiNi, Lcges et senalusconsulta , quce in leteribus cum ex lapide lutnvx cere rcperiunlur.
Roma 1583.
Brissomo, De formulis et solemnibus Populi Romani verbis^ libri odo. l'arijji 1583.
Matteo Kgizio, Senntusconsullum de Dnccanalibus. Napoli 1729.
MAZoc.Cur, Tahul(v lleraclcenses. Ivi 1734.
RIarim, Fralres .Irrales.
Phideaux, Mannara Oxonicnsia.
Lami, Tavola aìimentare Vellejate. Tavola legislativa della Gallia cisalpina.
BlA^c^lM, Iscrizioni sepolcrali de' servi e liberti della casa d^lugusto.
Gobi, Columbar. tibertorum et servorum Litico Aug. et Cccs.
SiEBE\KES, Exposilio tab. hospit. ex cere. Roma 1789.
Giorgio Fabhicio , Antiquitulis monumenta insignia ex are, marmoribus , membranisve veteribus
collecta. Basilea 1 d'ì9.
GiiEvus, Corpus inscriplionutn anliquarxim tolius orbis- Amsterdam 1707, 4 voi. in-fol.
Rei>esii'S, Synlagma inscriplionum a Grillerò omissarum. Lipsia 1682.
DOM, Inscripliones antiquw. Firenze 1731.
OnsATO, Marmi eruditi. Padova 1GI9.
ISIarquardo GiJDiO, Inscriptiones antiqua;. -1731.
Cmsiici.l., Antiquilates asinlicce. Londra 1728.
LoD. Muratori, Novus thesaurus inscriplionum. Milano 1739, A voi.
Scip. Maffei, Museum vcronense. 1759.
GORI, Inscripliones antiqua; in Eiruriw urhibus extantes. Firenze l727-''i3.
POKOCKE, Inscriplionum aniiquarum liber. -1732 (per l'Oriente).
Passio^ei, Iscrizioni antiche. Lucca 1763.
Chaindler, Inscripliones antiquas. Oxford i774.
Goettling, Funfzehn romische Urkunden auf Erz und Stein. Alla 1843.
JIOMMSEiv, Inscripliones regni neapoletani latina:. Sono l'opera epigrafica forse più notevole dopo quella
del .Marini.
§ 174. — Classificazione degli epìgrafi;
Mentre le monete sogliono ordinarsi geograficaraente, le epigrafi, sì nelle raccolte a
stampa, sì ne' musei, dispongonsi per materie. Lasciando a parte le suddivisioni, |)os-
sono distinguersi in religiose o votive; storiche; onorarie od elogi; pubbliche o mo-
numentali; giuridiche; mortuarie; miscellanee.
§ 175. — ■ Iscrizioni religiose. I nomi e le famiglie romane.
Le iscrizioni religione o sacre sono le piìi abbondanti. Vi appartengono in gran parte
le egizie geroglifiche e molte italiote, e tali pajono le famose Eugubine e la perugina
di San Manno.
Fermandoci specialmente alle latine e greche, alcune sono in memoria di Dei o se-
midei; altre apposte a tempj, are, boschi o luoghi consacrali, per sacrifizj, voti,
feste, solennità, per sacerdoti o loro confraternite, quali sono gli atti dei Fratelli Ar-
vali di Roma, e quella d'Amiclea: infine i calendarj.
Molte volte si limitano al nome del dedicante, quando sono scritte sull'oggetto de-
dicato; per esempio: nOAVKPATIls ANE0HKE; C. Pompo.mos Virios i'Osvit.
I Greci prendevano un solo nome, e nella vita comune usavano molto i soprannomi.
Gli Elruschi pare avessero un nome solo; i Sabini due, uno indicante l'individuo
l'altro la gente, e talvolta v'aggiungeano quel della gente delia madre, I primi Ro-
mani pure un nome solo, Romolo, Remo, Faustulo, Ascanio ecc. ; presto ne occor-
rono due. Noma Pompilio, Mezio Fufl'czio, al modo sabino: e Niebuhr vorrebbe si
potesse distinguere gli originar] delle primitive tribù, dal finirsi in tia quei dell'e-
trusca, come Vibenna, vSpurinna, Forsena, Mastarna ecc., in /«.<;, ejus,aeus ^\\ oriundi
sabini e romani. Dappoi l'ordine regolare dei nomi era pan-nonien, ìiomen genlilium.
250 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
cognomen primuni) cognomen secundum o agnomen: il primo indicava l'individuo,
come i nostri di battesimo, e davasi al bambino nove giorni dopo la nascita: il se-
condo la gente, e per lo più assegnavasi ai maschi quando assumevano la toga vi-
rile, alle femmine nel matrimonio; il terzo la famij;lia; il quarto era per onoranza.
Una legge del 514 di Roma, dataci da Planude, poi dal Maj nei frammenti di Dione,
ordinò che ai primogeniti si imponesse sempre il nome del genitore. Gli schiavi aveano
un nome solo, spesso greco od esprimente la loro provenienza o il nome del padre:
Frigius Marcipor (puer). Emancipandosi assumevano il nome gentilizio del padrone,
e sovente anche il nome di lui : lo schiavo Crisogono emancipato da L. Cornelio
Siila, chiamasi L. Cornelius Chrysogonus (Cicehone, prò R. Amerino 2). Lo stesso
usavano gli adottati e gli ammessi alla cittadinanza per favore d'alcuno; così Q. Ce-
cilio Dione fatto cittadino s'intitolò Q. Cecilio Metello.
Il nome del poeta Orazio deriva egli dall'essere stato suo padre liberto della insigne fa-
miglia Grazia, o antico servo della città di Venosa, ascritta alla tribù Grazia? Ne
disputano i dotti; e i più propendono per la seconda opinione: ma questa è ripu-
diata dal cav. Henzen, il quale asserisce non esservi esempio d'alcun liberto che
traesse nome da una tribù, bensì o semplicemente Senaiii, Publicii^ o dal nome di
una città, Campanìus, Potentinus, Venafrinus, o dalle corporazioni cui erano addetti,
Gerulonius, Fabricia, Centonia, ecc. {Bullettino di corrisp, archeol. 1837).
Nelle Memorie dell'Accademia delle Iscrizioni e jBelle Lettere del 1851 merita esser
letta una dissertazione di Letronne sull'utilità che può cavarsi dallo studio de' nomi
proprj greci per la storia e l'archeologia.
Qui esibiremo la serie delle genti o casati romani, ricordati dalla storia prima degl'im-
peratori, anche perchè giova conoscerle per interpretare le epigrafi:
1. Gens .Emilia pretendeva discendere da Emilio figlio d'Ascanio. Spesso adottava il
prenome Mamercus, che indicò poscia un dei rami, mentre l'altro fu detto Lcpidus.
Dai Marnerei si formò il ramo Paulus, diviso esso pure in Pauli e Lepidi.
2. Gens Antonia voleva derivare da Ercole.
3. Gens Clelia, da un compagno d'Enea, ed ebbe fra suoi la famosa Clelia.
4. Gens Fabia, da un fratello d'Ercole. Trecentosei perirono a Cremerà, e rimase solo
Q. Fabio Vibulano. Questo cognome volevano derivare da Vibo, città de' Bruzj fon-
data da Ercole; e fu mutato in Ambustus per una saetta che colpì uno di quella
casa. Il ramo più celebre degli Ambusti era il Maximus , da cui fu Fabio Massimo,
che salvò Roma da Annibale, e che venne chiamato Verrucosus in grazia di un porro
che aveva sul labbro, AvicuUt per la naturale sua bontà, e Cunctalor pel temporeg-
giare con cui ripristinò le cose. Finì questa casa nel i secolo d. C.
5. Gens Gegania, da Già compagno di Enea,
6. Gens Julia, da Julo figlio d'Ascanio. Da C. Giulio Julo console nel 265 di Roma,
veniva il ramo dei Libo^ che uscente il v secolo prese il nome di Cesare, o perchè
uno dei suoi membri fosse venuto in luce pel taglio cesareo , o perchè avesse ucciso
un elefante, che tal nome porta in lingua punica.
7. Gens Jijnia, da un Giunio compagno d'Enea. Era di questi L. Giunio Bruto, espul-
sore dei re; e coi due figli ch'e' mandò al supplizio finì quella casa, essendo plebei i
Giunj che dappoi s'incontrano.
8. Gens Nautia. Naute, compagno d'Enea, ottenne per la sua famiglia il privilegio
di esser sacerdote di^Fallade. 1 membri di questa casa presero il soprannome Pìutilus,
e spesso il prenome Spurius; e l'ultimo nominato fu il console del 467.
9. Gens Quinctia. Tre rami s'illustrarono, il Capitolinun^iì Cincinnatus e il Flaminius.
Nel VI secolo, ai Capitolini e ai Barbati succedono i Crispini detti dai capelli crespi.
Anche i Cincinnati son detti dai ricci, suddivisi poi in due rami, di cui il cadetto si
chiamò Pennus: nel 403 cessano di comparir nella storia, sopravivendo oscuri; Ca-
ligola loro vietò di portare i capelli ricci. 1 Flaminj ebbero tal nome dal essere fla-
mini di Giove: dopo il vincitor di Filippo, console nel 651, più non si parla di (luesto
casato.
10. Gens Sergia, da Sergeste compagno d'Enea: suoi rami principali i Fidena e i
Silo. L'ultimo de' Fidena conosciuti era tribuno militare nel 375. I Silo, così detti
NOMI E t'AMICME hOMANE 2^1
dal fondatore di questa casa che avea il naso ritorto, diedero il famoso Catilina.
H. Gens Sehvilia. Principali rami i Prùci e i Cepiones. Alcuni di quelli portarono il
soprannome di Aliala o Axilla, da un difetto nelle spalle; e scompiijono dopo il v
secolo. Da' Copioni usciva la madre di M. Bruto, che adottalo dallo zio, prese i nomi
di Q. Servilio Cepione Bruto. Con lui finirono i Servilj. N'era un'altra famiglia plebea.
i2. Gens Valeria, discendente da Voluso venuto a lioma con Tazio. P. Valerio Voluso
fu console il i" anno della repubblica, ed ebbe il titolo di PopHcola. Suo fratello,
dittatore nel 2G0 , chiamossi Massimo per aver riconciliato il senato col popolo. Da
questi due fratelli discesero due linee. Quella del maggiore si suddivise in due colla-
terali, i Popikula e i Potiti., detti poi Flacci nel v secolo. La linea del Massimo prese
poi anche il nome di Corvius o Corvinus , in memoria del combattimento con un
Gallo, sostenuto dal più famoso di lor casa 11 pronipote suo aggiunse ancora il nome
di Messala per aver preso Messina. Discendea da loro M. Messala Corvino, protettore
di Tibullo; poi Messalina sposa di Claudio. Altri rami di questa casa erano i Levinus,
i Fallo ecc. oltre i plebei.
J3. Gens Vetma , oriunda sabina. Un Vettio fu interré fra Romolo e Numa. Juclex
chiamavasi una sua linea.
il. Gens Vitellia è delle antichissime; voleva provenire da Fauno re degli Aborigeni
e dalla dea Vitellia: ma restò oscura fin all'imperatore Vitellio.
Da queste quattordici case, sangue purissimo di semidei , veniamo alle minores gentes:
1. Gens ìEbutia. Dal ramo Elva uscirono varj consoli nel ni e iv secolo.
2. Gens .Eteiua o Ateiua, in cui erano i Fontinales.
3. Ge.ns Aquilia, da aquilus nero. Erano di essi quello cui Mitradate VII fé colar oro
in gola, e il giureconsulto che fu pretore con Cicerone.
4. Gens Atilia, col soprannome di Longus.
b. Gens Cassia. Suoi rami i Longini e i Viscellini: solo i primi s'illustrarono.
6. Gens Claudia. Atto Clauso Regillense ricco sabino , mutatosi a Roma dopo la cac-
ciata dei re , prese il nome di Appio Claudio , donde la gente più arrogante. Suo
nipote fu decemviro: un altro costruì la via Appia ed ebbe soprannome di Cieco. Uno
de' suoi figli diede il soprannome di Pulcher alla sua linea, estintasi nella guerra ci-
vile. 11 Clodio famoso si fé adottare da un plebeo. Da un altro, soprannominato Nero
che in sabino vuol dir prode, vennero Tiberio, Claudio, Caligola, con cui finì la gente
Claudia patrizia, stata cinque volte alla dittatura, ventotto al consolato, sette alla
censura; menato sei trionfi e due ovazioni.
7. Gens Cominia. Due rami, Aruncus e Laurentinus.
8. Gens Coknei.ia , la più numerosa ed illustre, pei più grand'uomini. De' molti suoi
rami, quattro soli son certamente patrizj :
a) 1 Lentuli, detti da uno che aveva la pelle chiazzata di lentigini, o che introdusse
la coltivazione delle lenti. Il primo console loro trovasi nel 45] , l'ultimo nel 730,
P. Cornelio Lenttilo, console nel 683, fu cognominato Sura , polpaccio della gamba ,
perchè avendogli Siila chiesto conto del denaro amministrato come questore , ej:li
rispose che la sua gamba ne renderebbe ragione, alludendo a un trastullo fanciullesco,
ove chi mancava di sveltezza, era percosso su quella parte.
b) I Malugineiises. Un ramo ebbe nome di Cossus cioè rugoso, poi d'Arvina grasso,
e) I lìufini, nominati dal colore de' capelli, illustrati principalmente da Siila dittatore,
li cui bisavo avea avuto tal soprannome , perchè l'oracolo sibillino l'avea incaricato
di celebrare i giuochi ad onore d'Apollo,
d) Gli Scipiones, il più famoso ramo: proviene da uno che a suo padre cieco serviva
di bastone (az/miov). Nel iv secolo si divisero in quattro linee, Ilispallus, Nasica,
Africanus, Asiaticus. Gli Ispalli furono i meno illustri, detti da Hispanus un di loro
che portò primo la notizia della conquista di Spagna fatta da suo fratello. I
Nasica durarono a lungo, e sotto Nerone uno d'essi era sposo di Poppoa. Gli Africani
ed Asiatici venivano dai due fratelli vincitori d'Annibale e d'Antioco : il primo adottò
il figlio di P. Emilio, che non ebbe discendenza; degli Asiatici trovasi un console
nel 671. Dice Cicerone, che fin a Siila, il cadavere di nessun Cornelio era stalo bru-
ciato, costumandosi di sepellirli. Altri erano plebei.
2o2 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
9. Gens Curtia, oriunda dal paese del Sabini.
10. Gens Fossia. Un de' suoi soprannomi era Flaccinator, quasi infiacchitore.
11. Gens Fuhia o Fusia, da Medullia ne' Latini venne a Roma sotto Homolo. Due rami
s'illustrarono, il Medullinus e il Camillus. Scompnjono dalla storia dal 429 di Roma
sino al 780, quando un Furio Camillo proconsole d'Africa è nominato da Tacito. Un
altro ramo dei Furj cliiamavasi Pacilus. Ebbero sette dittatori, venti consoli, ventitré
tribuni militari, quattro censori, sette trionfanti.
12. Gens Genucia. È notevole il ramo Augurinus.
13. Gens Herminia. Un suo ramo diceasi Esquiltnus.
14. Gens IIoratia. Uno fu console l'anno della cacciata de' re, e chìamossi Puhnllus
dal nome dei letti che faceansi a onor degli Dei. Ne uscirono Orazio Coclite e i tre
vincitori de' Curiazj.
15. Gens IIop.tensia. Nel 46G è dittatore Q. Ortensio: il celebre oratore Ortensio era
del ramo Orìalus.
16. Gens IIostilia. Diversi portano il soprannome di Mancinua, altri di Cato.
17. Gens L.^toria, forse tutl'uno colla Vlmtoria plebea.
18. Gens Lartia. Lars indicava i capi degli Etruschi.
19. Gens Lucretia. I più famosi rami sono il Tricipitinm ^WVispillo, ÒlQììo uh Q.
Lucrezio edile, che fé gettar nel Tevere il cadavere di Tiberio Gracco; e vespillo vuol
dire becchino.
20. Gens M.clia. Suo soprannome fu Capitolinus.
21. Gens Manlia. Principuli rami: TuLso, Capitolinus e Torqualus. Un Vulso fu console
nel 280: poi prese nome dal Manlio salvatore del Campidoglio. Un nipote di (juesto
fu soprannomato Imperiosus per l'arroganza onde comandò a' ciltadini di prender le
armi. Suo figlio maggiore lo conservò; il minore prese quel di Torquatus da un mo-
nile (torques) ch'e' tolse a un Gallo vinto in duello, e che i suoi portarono per distin-
tivo finché Caligola il vietò.
22. Gens Menenia. Usavano i soprannomi à'Agrippa e di Lanatus.
23. Gens Minugia. Il ramo che arrivò ai primi onori, massime nel iii secolo, chiama-
vasi Augurinus, da qualche augure; un altro diceasi Rufus.
24. Gens Nujiicia, col soprannome di Priscus.
35. Gens Octavia. Della famiglia patrizia trovansi i rami lìufus e Balbus.
26. Gens Papiria. Suoi rami patrizj erano Mugillanus^ Cursor^ Crassus, Masso, che
tutti scompjijono dopo il secolo vi.
27. Gens Pinaiìia. 1 l'inarj e i Potizj voleansi far discendere da due Arcadi, venuti con
Evandro in Italia. Godeano per eredità il sacerdozio d'Ercole, il quale dicevano gli
avesse iniziati ai misteri del suo culto. 1 due rami erano eguali, finché una negligenza
de' Pinarj diede la prevalenza ai Potizj. Ma avendo questi consentito che alcuni
schiavi appartenenti alla Repubblica adempissero certe funzioni del loro sacerdozio,
gli Dei ne presero tal collera, che in un anno perirono tutti e dodici i rami di quella
famiglia; e Appio Claudio, che vi avea acconsentito, rimase cieco.
28. Gens Postumia , avea il privilegio di far sotterrare i suoi morti in città. 11 ramo
principale chiamasi Tubertus : una delle sue suddivisioni Albus o Albinus , cui unì
l'epiteto glorioso di nenillensis quando Aulo Poslumio Albo vinse i Latini al lago Re-
gillo. Sussistettero i Postunij quanto la repubblica.
29. Gens Quintiiia. Nel 310 Sesto Quintilio fu console: suo figlio chiainossi Varus,
perchè era sbilenco; e tal nome passò ai successivi.
30. Gens Sempuonia. 1 patrizj portavano anche il nome d'Atratinus: ma i piii celebri
furono ])lebei.
31. Gens Sestia, soprannominati Capitolini.
7)2. Gens Sicinia, soprannominati Tusci e Sabini.
55. Gens Sulpicia. il ramo anziano nomavasi Camcriniis da Cameria ; già famoso ai
primi tempi della repubblica, e ancor sotto Nerone. 11 ramo Oalba s'estinse coll'im-
peralore di questo nome.
54. Gens TAnyiiiLiA, col soprannome di Flaccus.
55. Gens Titikia.
NOMI E KAMICr.lF. ROMANE 253
36. Gens Veturta spesso ricorra nei fusti consolari dei iii spcoIo; un suo ramo cliia-
niavasi Geminm Cicurinus^ uno Craasus Cicurinus, uno Caliunux^ uno Fililo.
57. Gkns ViRiJiMA, illustre nel in e iv secolo, portuva il soprannome di Tricostus,
cui alcuni aggiunsero Ca'limonltnius, altri BijUUuk.
38. GkìNs Voi.umma. Vi si nota il soprannome d'Ainintinus, e di Callus.
Ora euuiueriauio le case plebee, salite ad onori, massime in tempo della repubblica:
i Gens Acilia. M. Acilio Glabrione fu console nel 503: e durante la repubblica questo
casato ricorre rpiattro volte fra consoli, e dodici ne' tre primi secoli di Cristo. Altri
rami v'erano, come i Balbi.
2. Gens .Elia. Il ramo dei l'atus e dei Tubero ricorre spesso dopo il 317. Avvi pure
i Liijur, i Gallus, i Lamia, de' quali ultimi era Sejano.
3. Gens Afrania,
4. Gens Ai.bia.
5. Gens Alfima.
6. Gens Amcia.
7. Gens Anni a, coi rami Luscus, Bassus, Rufus, Capra.
8. Gens Antistia ebbe molti tribuni del popolo; al consolato giunse solo nel 7i8 con
C. Autistio Vetere ; un ramo erano i Labeo, un altro i Veieres, un altro i Beyino. Me-
daglie di questa famiglia si hanno imperarne Augusto.
9. Gens Antonia, di cui il famoso Marc'Antonio triumviro.
10. Gens Apuleja. Due rami Pansa e Saturninus.
lì. Gens Akkuntia.
12, Gens Asinia affatto nuova. Asinio Urlo fu generale degli Alleati contro Roma ; suo
nipote è il celebre Asinio PoUione, console nel 714.
13. Gens Atia. N'usciva la madre d'Augusto, onde Virgilio la fa venire da un com-
pagno d'Enea (v. StiSJ: non sali oltre la pretura.
ii. Gens Atieia, da cui M. Attilio Regolo.
15. Gens Aufidia.
16. Gens Aulia.
17. Gens Auuelia, detta Ausalia da un nome sabino che significa sole, perchè a C.
Aurelio Cotta quando si stanziò a Roma, fu dato un posto dove far sacrilìzj al Sole,
costumati nella sua famiglia. Suo nipote fu console nel 502: i suoi discendenti si
divisero in tre rami. Colla, Ore-^tes, Scaurus. Aurelj eran pure i Suumachi, illustri
nel IV e V secolo d. C; ma non sappiamo se di questo casato.
18. Gens Autonia.
19. Gens BjEbia.
20. Gens Cicilia plebea, benché pretendesse discendere da un compagno d'Enea. Il
ramo Metellus dopo il 470 diede molti grandi, fra cui il Macedonico, il Dalmatico,
il Numidico,il eretico, oltre il Celere e il Pio. In 250 anni, diciannove di questa casa
ottennero quattro volle il pontificato massimo, due la dittatura, dodici il comando
della cavalleria, venti il consolato, sette la censura-, i Creticus trionfarono nove volte.
Pomponio Attico v'entrò per adozione. Tutte le doune chiamavausi Caja , in me-
moria di Caja Cecilia Tanaquilla.
21. Gens C.edicia.
22. Gens Calpuhma plebea , ma voleva attaccarsi a Calpo preteso figlio di Numa.
Arrivò al consolato nel 574, e d'allora portava il nome di l'iso, cui un ramo aggiun-
geva Casonius. L. Calpurnio Pisone, console nel (iil, fu cognominato Fnuji per la
sua morigeratezza; il qual titolo passò a' suoi discendenti, poi a tutti i rami dei
Pisoni.
23. Gens Canidia.
24. Gens Caninia. Entrante l'viii secolo, trovansi ne' fasti consolari i due rami Gallus
e Rebillus.
25. Gens Carvilia.
26. Gens Cassia, il cui principal ramo chiamavasi Longinus. Il più famoso è l'uccisor
di Cesare.
254 ARCHEOLOGIA E EELI.E AP.TI
27. Gens Claudia. 11 ramo più celebre plebeo è quel de' Marcelli, che produsse insigni
uomini, e si estinse in Marcello nipote e genero d'Augusto.
28. Gens Clelia. Molti Celj hanno il soprannome di Rufus o di Caldus.
29. Gens Cornelia. Parecchi rami plebei ; il più noto è quello dei Cinna. Era di questa
casa il poeta Gallo, primo prefetto dell'Egitto; poi Tacilo e Nepote storici, Celso me-
dico : altri Cornelj erano i Dolabella, i Balbo, i iMerula, i Mammula, i Blesio.
30. Gens Counificia.
31. Gens Coruncania. Un d'essi fu il primo sommo pontefice plebeo.
32. Gens Curia.
33. Gens Decia. 11 ramo detto Mus giunse al consolato nel 414: famosi quei che sì
sacrificarono per la patria.
34. Gens Domitia, una delle plebee più illustri, venuta all'impero con Nerone. Due
rami più conosciuti, Calvinus ed Ahenobarbus. Gneo Domizio Enobarbo, console nel
785, sposò Agrippina di Germanico, da cui ebbe Nerone nel quali finirono gli Eno-
barbi ed i Cesari.
35. Gens Duilia.
36. Gens Fabricia.
37. Gens Fannia.
38. Gens Flavia. Dal ramo Fimbria lìscÌToao uomini distinti; dal Sabinus, l'impera-
tore Vespasiano: poi nel secolo iv ricompare questo nome in Valentiniano, Valente e
Teodosio. Dopo il qual secolo divenne comunissimo per adulazione, e quasi tutti i
consoli lo assunsero.
39. Gens Fusi a.
40. Gens Fulvia molto illustre. Vi troviamo i rami Maximus, Centiinalus , Pcetinus,
Nobilior, Flaccus. Fulvia, sposa di M. Antonio, era figlia d'un liberto.
41. Gens Fundania.
42. Gens Furnia.
43. Gens Gabinia.
44. Gens Gettia.
45. Gens Genucia.
46. Gens Herennia, coi soprannomi di Balbus e Gallus.
47. Gens Hirtia.
48. Gens Hostilia.
49. Gens Junia. Giunio Bruto era patrizio, avendo suo padre sposato la figlia di Tar-
quinio: ma tutti i Giunj che poi troviamo nella storia, sono plebei. Per due secoli
non n'è parola, poi occorre un console nel 429; indi scontriamo altri coi soprannomi
di Bubulcus, PennuSy Stlianus: abbiamo pure i Norbanus, Rusiicus, Otho. I più co-
nosciuti sono Marco e Decimo Bruto, uccisori di Cesare.
50. Gens Juventia.
51. Gens L/elia. Famosi C. Lelio, amico di Scipione Africano maggiore; e suo nipote
il Sapiente, amico dell'altro Africano.
52. Gens Licima, cioè dai capelli ritorti indietro. 11 primo tribuno militare con auto-
rità consolare fu P. Licinio Calvo. Suo nipote C. Licinio Calvo Stolone fu il primo
console plebeo. Tre rami illustri, Crassus, LucuUus , Murena. I Crassi chiamaronsi
Dives dopo P. Licinio Crasso, nominato pontefice massimo senza passare per gl'im-
pieghi curuli; eccezione onorevole. Suo figlio adottò un fratello del sommo pontefice
P. Muzio Scevola maestro di Cicerone; il quale, col nome di P. Licinio Crasso Mu-
dano Dives, propagò il ramo primogenito de' Crussus. Dal secondogenito venne il
Crasso triumviro. Un suo discendente adottò il fratello di Calpurnio Pisene che aveva
cospirato contro Nerone. Il giovane Pisone recò nella casa Licinia il nome di Fritgi,
cui i suoi figli aggiunsero quel di Scriboniunu^y in onor della loro madre. Il ramo
LucuUus fu illustrato dal vincitore di Mitradate ; il Murena dal trionfatore nella guerra
contro il re del Ponto.
55. Gens Livia, benché plebea ebbe prima d'Augusto otto consoli, due censori, tre trion-
fatori, un dittatore, un maestro della cavalleria. 11 primo Livio menzionalo era dei
Dexier, uno dei quali fu console nel 452 : un altro nel 535 e 547, cognominato Sali-
nator per aver imposto la tassa del sale. Più illustre è il ramo Drusus, nome dato a
NOMI E FAMini.IF. HOMANE 2SS
M, Livio Emiliano per aver viiilo Drauso capo gallo. Da lui vennero i famosi tribuni
della plebe M. Livio Druso padre e figlio. La sorella di questo, iJvia, fu madre di
Catone d'Utica e di Scrvilia che generò M. Bruto. Il fratello di lei adottò un L. Livio
Druso Claudiano, e s'uccise dopo caduta la repubblica a Filippi: sua figlia Livia Dru-
silla fu madre di Tiberio imperatore.
M, Gens Loi.i.ia. Cicerone nomina molti Lollj , ma nessuno pervenne al consolato fin
a M. Lollio Paolino nel 733, che fu ajo di C. Cesare nipote d'Augusto.
55. Gens Lucima. I rami BalbuSy liassus^ Longus, Capito ecc. fornirono tribuni della
plebe.
56. Gens Lutatia. Il ramo Catulus, venuto al consolato nel 513, diede letterati e sta-
tisti insigni.
57. Gens M.enia.
58. Gens Mallia.
59. Gens Mamilia, oriunda di Tuscolo, dal cui fondatore Telegonopretendea provenire,
cioè da Ulisse. A Roma era plebea. Son noti i rami Vitulus, Turinus, Limetanus.
60. Gens Mamma.
61. Gens Marcia, coi rami Philippus , Figulus , Rex, Censorinus. L. Marcio Filippo,
console nel 698 , sposò Azia nipote di G. Cesare e vedova di C. Ottavio, divenendo
così suocera d'Augusto.
62. Gens Maria, illustrata da C. Mario.
63. Gens Mem.mia. Virgilio la deriva da Mnesteo compagno d'ENEA: un suo ramo era
Regulus.
64. Gens Messinia.
65. Gens Muoia, soprannominata Scevola dall'assassino di Porsena. Da padre in figlio
trasmetteansi lo studio della giurisprudenza.
66. Gens Mummia. U più illustre ne è l'Acaico, distruttore di Corinto.
67. Gens Munatia.
68. Gens N.evia I Balbi e Surdini ne sono i rami.
69. Gens Nonia,
70. Gens Norbana.
71. Gens Numitoria.
72. Gens Octavia, già patrizia. Un ramo divenne plebeo, non si sa come, finché Giulio
Cesare le rese il patriziato. Gli Ottavj plebei furono più illustri.
73. Gens Ogulnia.
74. Gens Oppia.
75. Gens Paphua. 11 ramo plebeo cbiamavasi Garbo.
76. Gens Pedaina o Pediania.
77. Gens Petilia.
78. Gens Pl/Etoria.
79. Gens Plancia.
80. Gens Plautia o Plotia, Ne conosciamo i rami Proculus , Silvanua, Hypscsus ,
Venno, Tacca, tra cui l'amico di Virgilio,
81. Gens Pompeja. Una linea dei Rufus fu detta Bithynica per una vittoria sui Bilinj:
l'altra degli Straboni fu celebre pel Magno Pompeo.
82. Gens Pomponia pretendea discendere da Nunia: vi troviamo i soprannomi di Matho^
Grcecinus, Secundus ecc., e n'uscì l'amico di Cicerone.
83. Gens Pontia,
84. Gens Popilia,
85. Gens Poplicia.
86. Gens Porcia. Un Porcio Prisco tusculano fu capo d'un ramo, ed ebbe titolo di Calo
per la sua prudenza, e di Censorinus per la sua severità nell'csercitare la censura. I
due suoi figli, portanti egual nome, si distinsero col soprannome di Licinianus e Sa-
lonianus desunto dalla madre. Da quest'ultimo venne Ciatone Uticese.
87. Gens Puglia. Q. Filone di questa casa fu console ([uattro volte (il 5-439), si se-
gnalò nella guerra sannitica, e fu il primo pretore plebeo. Dopo di lui questa stirpe
scompare.
88. Gens Roscia,
256 archeologia e belle arti
89. Gens Rubbu.
90. Gens Rupilia o Rubellia.
91. Gens Rutilia. Due rami Rufus e Lupus. Il più celebre fu P. Rutilio Rufo, oratore,
filosofo, storico, e console nel 6i9.
92. Gens Salvia. Ne uscì l'imperatore Olone.
93. Gens Sckiconia. Curio e Libo erano i rami principali.
94. Gens Sempkonia. Oltre il ramo Atraiinus patrizio, erano plebei il Blcesus, Longus,
Tuditanus, e i Gracchi famosi
9o. Gens Servilia. Il l'riscus certo, e i Ccepio probabilmente erano patrizj ; plebei i
Casca, Rullus, Vatia ecc. Un di quest'ultimi ebbe il soprannome d'/sauncus.
96. Gens Si:xriA.
97. Gens Silia.
98. Gens Sekvilia.
99. Gens Solia.
100. Gens Statilia.
dOl. Gens Sulpicia. Fra' plebei conosciamo i rami Olympus, Quiiinus, Rufus.
102. Gens Tei;entia. S'illustrò il ramo Varrò, che ebbe il famoso erudito M. Terenzio.
103. Gens Titinu.
104. Gens Tuia.
lOo. Gens Tuebonia o Tribonia.
106. Gens Tullia. U ramo dei Cicero fu illustre. Non n'è più traccia dopo Marco, figlio
dell'oratore.
107. Gens Valeria ebbe molti oratori.
108. Gens Valgia.
109. Gens Ventidia.
110. Gens Viiìia.
111. Gens Villia.
112. Gens Vinicia.
113. Gens Vipsania fu illustrata da M. Vipsanio Agrippa, amico d'Augusto.
114. Gens Voconia. Suoi rami Saxa, Naso, Vituli.
115. Gens Volcatia.
116. Gens Volumnia. Fiamma Violensis fu console nel 447 e 458.
Altre genti trovansi negli scrittori o sulle monete od iscrizioni, ma non giunsero agi
onori 0 solo nell'Impero, quando s'elevò gran numero di famiglie dapprima scono-
sciute. Eccole :
Aburia (consolare, col soprannome Geminus. Marco Aburio Gemino, era tribuno della
plebe con Tiberio Gracco, poi pretore; C. Aburio suo fratello fu ambasciadore a
Massinissa). Accoleja, Allikna. Anm\ (spaguuola, da cui i due Seneca^. Antia
Apuonia. Akiìia AxiA. C/ECiNA. (è delle pocbe cbe non finiscono in [ia). C.csia.
Calidia (patrizia). Gaiusia. Cestia. Cispia o Cipia. Clovia o Cluvia. Cocceja (da
cui Nerva). Considia. Coi'onia (oriunda di Tivoli). Cordia. Gosconia. Cossutia (fa-
miglia equestre, da cui la sposa di Cesare). Ckepereja (equestre). Crepusia. Cu-
PIliNNA. GURIATIA. DlDIA. DUK.MlA. ECNATIA. EgNATULEJA. EpPIA. FaHSOLEJA. FLA-
MINIA. FoNTEJA. Gallia. IIostidia. IriA. Labiena. [.LIBIA. M.ECiLiA. (un ramo
plebeo, uno patrizio). Mkitia. Minnatia. Miucia, Missidia. Nasidia. Neria. Opisiia.
Papia. Pi'TiioMA (oriunda dei Sabini). Puogilia. Rema. Rustia. Sanqcinia. Sa-
TRIENA. SaLFEJA. SeNTIA. SePULLIA. SlClMA TllOlilA. TllURlA. VaRCLNTLJA. ViTEL-
LiA. Volteja. Volusia.
Gbevio, Thesaurus anfiquilalum rom., voi. u e \u. — A. Rupebti, TabulcE genealogicw, seu slemmala
nobilium genlium rom. GoUiiiga 1794.
ISCRUIOOI KELIGIOSE 257
in appresso si aggiunsero nelle lapidi maggiori circostanze, come:
JOVI SERENO
ET FORTVN^ REDVCI
IMP. L. SEPTIMI SEVERI
PD PERTINACIS WGUSli ARÀBICt
ADiABenensis pp {posuil)
STATVAM BANG
VOTO SVSCEPTO
L. FORTVNATVS QVINT.
SODa/lS HADRIANALtf
D . S . I . S . L . M .
Iscrizioni simili si pongono pei sacrifizj, i taurobolj, i suovetaurili (cioè sagrifizj d'un
porco, d'una pecora, d'un toro), soliti farsi per la salute del principe o pel buon esito
di sue imprese; e dove son nominati il dio, la persona che fa le spese, il magistrato
che v'assistette, il sacerdote che fece l'evocazione, i cantori, i flautisti, il decoratore.
Proskunema chiamavasi un atto di adorazione prestato in un tempio e ad una divi-
nità speciale: e i privati che andavano a renderlo per sé o pei parenti ed amici, vi po-
nevano un'iscrizione commemorativa coi nomi : altre volte erano i re che vi manda-
vano qualche magistrato. Molti esempj ne ha l'Egitto fin ai tempi romani.
sa:<ìcto sanco
semoni deo pidio
sacrvji decvria
sacerdotvm
bidentalivm
beciperatis
vegtigalibvs.
Rechiamo questa per l'errore che prese san Giustino martire, credendo vi fosse dei-
ficato Simon Mago, mentre si tratta dell'antico dio italioto Sanco Semone, corrispon-
dente ad Ercole. 1 sacerdoti bidentali purgavano dalla contaminazione venuta dal ful-
mine. Vecligal usavasi anche per rendita privata , come noi volgarmente diciamo le
finanze d'un privato.
Ecco iscrizioni votive ad Esculapio per guarigioni impetrate, ove si indicano pure i
rimedj che vi giovarono, sovente superstiziosi:
«Questi giorni, aunGajo cieco insegnò l'oracolo d'accostarsi all'altare sacro e pregare,
poi traversar il tempio da destra a sinistra, mettere le cinque dita sull'altare, levar la
mano e porsela sugli occhi; e subito ricuperò la vista, veggente e applaudente il po-
polo. Questi prodigi avvennero regnando Antonino augusto nostro ».
'( A Valerio Apro soldato cieco ordinò il dio d'andare, e mescer sangue di gallo bianco
con miele, e farne un linimento, e per tre giorni fregarsene gii occhi ; e ricuperò la
vista, e ringrazionne il dio pubblicamente ».
« Per sputo di sangue essendo Giuliano disperato da tutti, il dio gl'impose d'andare,
e dall'altare prendere dei chicchi di pino, mescerli con miele e mangiarne tre giorni 5
e guari, e venne pubblicamente a ringraziare davanti al popolo ».
« A Lucio pleuritico e disperato da tutti gli uomini , il dio ordinò d'andare, e dal-
l'ara prendere cenere e con vino mescolarla e applicarsela sul fianco; e guari e pub
blicamente ringraziò il dio, e il popolo si congratulò seco ».
Dai recenti scavi nell'anfiteatro Campano uscì una curiosa epigrafe sacra, illustrata
dall'Avellino e che si riferisce al 587 di C. È un elenco di festività pagane (feriale),
che Romano Giuniore sacerdote dice aver compite nell'anno suddetto : e sono vola al
gennajo per la salute del principe, e altri sei ne' mesi seguenti; genialia in febbraio;
tre lustrazioni per le sementi; rosaria in maggio; feste vendemmiali in fin di ot-
tobre ecc. ecc. Oltre la notizia di questi riti, è notevole perchè attesta la persistenza e
pubblicità del culto pagano anche dopo Costantino.
Qui s'aggregano pure i Fasti sacerdotali, ove si notavano volta per volta i sacerdoti
cooptati in un collegio; laonde sono di caratteri differenti, e tanto più preziosi perchè
contemporanei. Sia d'esempio questo malamente edito dal Grutero sulle note di fra Gio-
condo, poi corretto dal Fea nei Frammenti di fasti, pag. 59:
Ca.mìj, Documenti. — Tom. 1. ArcheologiaBelle e Arti 17
258 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
P. MARTIVS VEBVS
IMP. COMIHODO vi ET PETRONIO
SEPTIMIANO COS
B. C. (anno post Komam conJilam) DCCCGXLQ ID. OCT.
IN PALATIO IN JEDE JOVIS PHOPVGNATORIS
IN LOCVia UàRTl VERI
li. ATTIDIVS CORNBLUNVS C00PTATV9
SATVBNINO ET GALLO COS
A. P. R. C. DCCCCL PR. ID. DEC.
IN PALATIO IN «DE JOVIS PHOPVGNATORIS
IW LOCViW ATTIDI CORNELIANI VITA FVNCTI
CL. PATEBNVS COOPTATVS
GLAVUIO SEVERO C. AVFIDIO VICTORINO COS
A. P. B. C. DCCCCLD DII ID. APB.
IN PALATIO IN ^DE JOVIS PHOPVGNATORIS
IN LOCVM CLAVdI PATERNI VITA FVNCTI
. . . ATRIVSCOLONIVS COOPTATVS
Le sigle più frequenti nelle epigrafi sacre sono :
E . V . Ex voto;
I . 0 . M . Jovi optimo maximo ;
M . D . Mairi 'Deùm ;
V . s ., 0 V. s. L. M. Votum solvit lubens merito ;
V . V . D . D . Uti vQverat dat dedicai ;
Quando finiscono con s o sacrwn, non sono voti, ma per sola pietà.
g 176. — Calendarj.
Essendo d'ispezione sacerdotale, e riferendosi sovente a feste, s'annoverano tra le
iscrizioni sacre i calndarj.
11 popolo romano multo occupossi di questi, eppure visse gran tempo in incertezza
di dale e di epoche; causa il mescolarvisi tanto la politica, e il valersene patrizj e sa-
cerdoti per governare. Mentre già popoli antichissimi e reputati harhari possedevano un
esatto calendario , i Romani vacillarono, fin quando Giulio Cesare noi riformò. Nella
confusione che ne risultava di mesi , di stagioni, d'anni si trovò spediente il notar
questi dal nome dei consoli, data solita nelle epigrafi. Ma oltreché l'anno consolare non
corrispondeva al civile, la morte o l'ahdicazione ne abbreviavano la durata. A riscon-
trarli cogli anni nostri servono ora i Fasti consolari; ma allora doveva nascerne grave
imbarazzo. Del resto i calendarj non valevano che per ciascun anno, e vi s'indicavano
i giorni fanti e nefasti, ne' quali cioè era lecito o no rendere giustizia ; i cotnitiales e
atri di sinistro augurio-, le ìiundince o mercati; e negli ultimi tempi quelli in cui far
omaggio ai membri della famiglia imperiale.
Alcuni calendarj, più o meno compiti furono trovati sculti su sasso o su metallo :
tal è il Kalendarium Prcenestinum, compilato da Verrio Fhicco, ma che si estende solo
ai quattro primi mesi e al dicembre. Scoperto nel 1770; il Foggini ne riunì i frantumi,
e da diversi altri calendarj cercò formarne uno dell'intero anno.
FoGGiNi, Failorum anni romani a Verrio Fiacco ordinalorum reliquia!. Konia ^79.
Waassen, Animadvenionet ad Faittof romano» mero». Utrecht <79S.
Ideler, llandbucli der malliemalischen und teclinischen Chronologiv. Bcriiuo tS-0.
i
CALENUAnj 250
Gli altri calendarj sono il marmo rotto de' Maffei conservato a Uoma , che contiene
tutti i dodici mesi ; quello dei Capranica per agosto e settembre; quel di Amiterno,
frammenti dei mesi da marzo a dicembre; l'Anziatino, frammenti de' sei ultimi mesi ;
l'Esquilino, frammenti di maggia e giugno; il Farnesiano con parte di febbraio e marzo ;
il Pinciano, frammenti di luglio, agosto, settembre; il Venosino con maggio e giugno
compiti; il Vaticano con pochi giorni di marzo e aprile; l'Allifano con pochi di
luglio e agosto. Ultimamente si scopersero a Cuma poche parti di uno dei tempi di
Augusto.
Particolare è il calendario rustico Farnese, sculto sopra le quattro faccie di un cubo,
ciascuna delle quali divisa in tre colonne d'un hnese ognuna. In capo v'ha il segno
dello zodiaco; seguono il nome del mese, il numero dei giorni, la posizione delle none,
la durata del giorno, il nome del dio a cui è sacro, e le operazioni agricole. Per maggio
e giugno dice :
;,( a
MENSCS MENSIS
MAIVS IVNIUS
DIES XXXl D'ES XXX
NON. SEPTIM. NON fiVINT.
DIES HOH. XOn g DIES HOB. XV
KOX HOH. Villi S KOX HOR. Villi.
SOL TADRO SOtiS IN9TITIVM
TVTELA APOLLIN. Vili KAL. JVL.
SEGET RVNCANT. SOL. GEMINIS.
OVES TONDENT. TTTBLA,
LANA LAVATVB. MERCVBI.
IVVENCI DOMANI. FOENISICIVM.
VICEA PABVL. VINE*
SECATVR. OCCANTVB.
SEGETES SAGBVSI
LVSTRANT\/B. HEBCTU.
8AGRVM MEHCVR. SACRVM
ET KLOR;*. FORTIS. FORTVN*.
Altri calendari s'avevano somiglianti ai nostri ciarlataneschi e profetici. Uno ne fece
nel VI secolo Lido, venerabile magistrato, pei signori e dotti di Costantinopoli , edito
poco fa da Hase. Insegna esso che , se tuona quando il sole sta per entrare in capri-
corno, vi saranno dense nebbie, le quali, se durino fino al levar della canicola, porte-
ranno malattie, estrema penuria, massime nella Macedonia, Tracia, llliria. India alta,
Gedrosia, paesi sottoposti all'influsso del capricorno. Se la luna eclissa ne' gemelli, le
cose politiche saranno sconvolte e muteran di mano. Un tremuoto fra una neomenia e
il 9 giorno del mese lunare annunzia la morte di molti; se è fra il 9 e il 19, un disa-
stro pel capo del governo ; se fra il 2o e il 50, tempeste, guerra, caduta d'un gran per-
sonaggio.
Il calendario Viennese, pubblicato dal Lambeccio, contiene già la divisione della set-
timana cristiana, ed è di circa la metà del iv secolo. L'uso di scolpire calendarj in
pietra durò fra' Cristiani ; e nel demolire il castello di Coèdic in Bretagna se ne trovò
uno, spiegato nelle Memorie dell'Accademia delle Iscrizioni da Lancelot, che lo crede
del 468.
§ 177. — Iscrizioni di collegi.
Alle sacre uniscono pure le iscrizioni de' collegi^ sui quali non ben consentite sono le
idee. Alcuni non dovevano essere che corporazioni d'arti e mestieri, e dicevansi anche
corpus; altri erano collegi devoti ai tempj, e che prendeano il nome del dio, come i
Marziali a Larino, i Marlensi a fJenevento, i Minervali ad Asti, i Venerei in Sicilia, gli
Apollinari a Modena, i Concordiali a Padova, gli Ercolani a Tivoli ecc. Gli Augustali ed
altri in onor degli imperatori furono istituiti dall'adulazione.
Nove collegi d'arti voglionsi introdotti già da Noma , poi restaurati da Servio Tullio
e di nuovo dai Decemviri; e cosi or soppressi ora rimessi, secondochc volcasi la plebe
260 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
serva o potente. Sotto grimperatori, numerosissimi si trovano; e a dire i principali no-
mineremo i dendrofori spesso citati nelle epigrafi, e di cui pare accertato alcuni fossero
corporazione religiosa, altri puramente civile, incaricata di somministrare il legname
per gli edifizj, per le guerre ecc.; i centonarii, sui quali pure assai discussero gli eru-
diti, e pajono fabbricatori di centores o schiavine, panni per coltroni e per cappotti, e
forse comprendevano tutti i tessitori di lana; pistores (fornai), suarii (pizzicagnoli, pe-
cuarii (beccai), navìcularii (barcaiuoli), bastagarii (carrettieri) , calcis coctores (forna-
ciaj), linteones (tessitori), gynceciarii (appaltatori di filatrici e cucitrici), murileguU (l\a-
tori in porpora), vini susceptores (vinaj), olei su^ceptores (oliandoli); poi ancora cerarii^
argentarii, eburarii, ferrarii, marmorarii , plumbarii (lavoratori di rame, argento,
avorio, ferro, marmo, piombo); architecti albarii (imbianchini), pictores, sculptores,
statuarii, aurifices, medici, mulomedici (veterinarj), structores (mastri da muro), ti-
gnarii (falegnami), pelliones (pellicciai), figuli (vasaj) , lapidarii , quadratarii (terraz-
zieri), intesiinarii (intagliatori di legno), deauratores, fusores, musivarii^ diabretarii
(foratori di perle e di vasi), carpentarii, fullones (lavandaj), laquearii e tessellarii (orna-
tori di soffitte e di pavimenti), vitriarii^ blaUiarii (tintori in porpora), barbariciarii
(spadaj ), specu/ani (fabbricatori di specchi), aquce libratores (forse ingegneri idraulici).
Nel •1815 si scoprì presso Civita-Lavinia (Lanuvium) una lapide Aq\ colle gium salu-
tare Diance et Antinoi, dove in venti articoli è esposto lo statuto di quel collegio, che
vedesi istituito per dar sepoltura ai membri defunti di esso, ed anche a quei che non
la ricevessero nel circondario della città. Si volle dedurne che lo scopo principale di
tali collegi fosse di procacciar sepoltura a spese comuni.
G. EiNECCiO, De collega» et corporibus opificum romanorum et germanorum. Opera, t. n.
Rabakis, Recherches sur les dendrophores et sur les corporations romaines en general. Bordeaux ] 84-1 .
Contiene bnone notizie sul sistema finanziario de' Romani nelle provincie. Egli non vorrebbe ricono-
scere ne' dendrofori la doppia qualità assicurata loro da De Boze ; ma che fossero una corporazione
di mercanti di legname , la quale aveva anche ministeri religiosi. Noi però vediamo questa corporazione
unirsi talvolta per onorare qualche divinità protettrice, ed esservi iscritte persone di mestiero differente,
come in Mcbatori, 51 o, 5: Tvtvchilas qvi fvit mahgahitahivs et collegu dekdhophoroiìlm qvin-
QVENKALIS PERPETSVS: a Cuma i dendrofori furono creati con senatoconsulto, sotto la direzione de' quin-
decemviri sopra il culto, e avevano per patrono un sacerdote della Magna Dea (Ex sc. DKJiDROPHORi creati
QVI SV1\T SVB CVRA XV. VIR. SACRIF. FACIV^DIS CC. VV. PATRON. L. AMPIVS STEPHANVS SAC. M. DEìE
(Ap. MOMMSEN, I. R. N. n" 2352). Lo stesso, al n» 3532, ci offre un Lucio Pompeo Felicissimo deu-
droforo e sacerdote della Magna Dea, che non poteva esser un mercante di legname.
Nelle iscrizioni torna frequentissima menzione de' collegi; e qui giovi addurne, una
tolta dallo Spon, Miscellanea eruditce antiquitatis (Lione 1683, pag. 32), e che sciolta
dalle abbreviazioni leggesi:
Salvia Cai] filia Marcellina ob memoriam Flavi] Apollonij procvratoris Avgvsli, et
Capitonis Avgvsti [liberti adjvtoris ejvs, mariti optimi piissimi, donvm dedit collegio
.Escvlapij et Hygice locvm /Edicvloe cvm pergvla, et solarivm teclvm ivnctvm in qvo
popvlvs colleyij svprascripti epvletvr, quod est via Appid ad Martis, intra milliarivm
primvm et secvndvm ab vrbe evnlibus parte Iceva, inter adfines Vibivm Caloccervm et
Popvlvm. Item eadem Marcellina collegio svprascripto dedit donavitque sestertiorvin
qvinqvaginta mille nvmmvm hominibvs nostris sexaginta^ svb hac condicione vt ne
plvres adlegantvr^ vel si qvis locvm svvm, legare volet filio vel fratti vel liberto, dvm-
taxat vt inferat arkce noslroe partem dimidiam fvneratici, et ne eam pecvniam svpra-
scriptam velini in alias vsvs convertere, sed vt ex- vsvrisejvs sviuìnoe diebvs infrascriptis
locvm confreqventare, ex reditv ejvs svmmce si qvod comparaverint sporlvlas hominibvs
nostris sexaginta, ex decreto vnivorsorvm, quod gestvm est in tempio divorum in cede
divi Tili convento pieno, qvi dies fvit qvinto idvs martias Brvllio Pranentt et Jvnio
Rvfìno consvlibvs. Vti decimo tertio kalendas octobris die felicissirno natali Antonini
Avgvsti nostri pij patris patrice, sportvlas dividervnt in tempio divorvm in cede divi
Titi, Cajo Ofilio Ilermete qvinqvennali perpetuo vel qvi tvnc erit, sportiHas sev dena-
rios tres, /Elio Zenoni patri collegi} denarios tres, Salvile MarcelUnai matri collegi] de-
narios tres, immvnibvs singvlis denarios dvos, cvratoribvs singvlis denarios dvos, po-
polo singvlis denarivm vnom, item plebi : pridie nonas novembris natali collegij divi-
iSCItlZlO.M DI COLLEGI 2fi1
derent ex redtlv f^ì^prascripto ad Marlis in scholam prcesentihvs^ qvinqvennali denarioa
sex, patri collegi} denarìos sex, mairi collegi] denarion sex immvnibvs singvlis denarios
qvatvor, panes quatvor, vinvm mensvras, qvinquemiali sextaria novem, patri collegi]
sextaria novem, immvnibvs singvlis sextaria sex cvratoribvs singvlis sextaria sex po-
pvlo singvlis sextaria trio. Item pridie nonas ianvarias strenvas dividcrent sicvt sv-
prascripivm est decimotertio kalendas octobris ; item octavo kalendas martij die karce
cognationis ad Martis, eodem loco ccenam qvam Ofilivs Hermes qvinqvennalis omnibvs
annis dandvm prcesentibvs promisit vel sportvlas, sicvt solitvs est dare. Item vnde-
cimo kalendas aprilis die violavi, eodem loco proesentibus dividerentvr sportvlcB^ vinvm
et panes sicvt diebvs svprascriptis. Item qvinto idvs maii die rosai eodem loco prcesen-
tibvs dividerentvr sportvlce; vinvm et panes sicvt diebvs suprascriptis, ea condicione,
qva in convento placvit vniversis et diebvs svprascriptis, tj qvi ad epulandvm non
convenissent sportvlce et panes et vinvm eorvm venirent et proesentibus dividerentvr ,
excepto eorvm qvi trans mare ervnt vel qvi perpetva valetvdine detinenlvr. Item Pv-
blivs /Elivs Avgvsti Ubertvs Zeno eidem collegio svprascriplo ob memoriam Marci Vlpij
Avgvsti liberti Capitonis fratris svi piissimi dedit donavitqve sestertiorvm decem mil-
lia nvmmvm, vti ex reditv ejvs svmmce in contribvtione sportvlarvm dividerentvr.
Qvod si ea pecunia omnis qvae svprascripta est, qvam dedit donavit collegio svpra-
scriplo Salvia Cai] filia Marcellina et Pvblivs /EUvs Avgvsti Ubertvs Zeno in alios
vsvs convertere volverint qvam in eos vsvs qvi svprascripti svnt, qvos ordo collegij
non decrevit, et vti hcec omnia qvce svprascripta svnt svis diebvs vt ita et ante divi-
daniqve. Qvod si adversvs ea qvid egerint sive qvid ita non fecerint, tvnc qvinqvennalis
vel cvratores ejvsdem collegij qvi tvnc ervnt, si adversvs ea qvid fecerint qvinqvennalis
et cvratores svprascripti, vti pcence nomine arkce nostrce inferant sestertiorvm viginti
mille nvmmvm. Hoc decretvm ordini nostro placvit, in conventv pieno qvod gestvm est
in tempio divorvm in cede vivi Titi, qvinto idvs martij , Cajo Brvttio Prcesente, Avlo
Jvnio Rvftno consvlibvs, qvinqvennali Cajo Ofilio Hermete, cvratoribvs Pvblio jElio
Avgvsti liberto Onesimo et Cajo Salvia Selevco.
È dunque una Salvia Marcellina, ricca matrona, che in memoria di Flavio Apollonio
procuratore d'Augusto, e di Marco Ulpio Capitone suo marito, ajutante del predetto,
dà al collegio d'Esculapio e di Igia un luogo per una cappella, e molto denaro, cioè
cinquantamila sesterzj, per fare certe feste e*immeraorazioni. Perciò è intitolata madre
del collegio, e padre Publio Elio Zenone die v'aggiunse diecimila sesterzj in memoria
del suddetto Capitone suo fratello. Ì.Si pergula qui nominata è il terrazzo sporgente dalla
casa, che in alcuni dialetti ancora dicesi il pergola. La nota consolare si riporta
al iU d. C.
§jl78, — Iscrizioni storiche.
Fra le iscrizioni storiche più preziose vanno i Marmi di Paro. Scoperti in quest'isola
sul cominciare del secolo xvii, furono venduti da Peiresc al conte Tommaso di Arundel,
che nel 1627 li trasportò in Inghilterra. Nella rivoluzione ehber molto a patire, fin ad
essere adoprati in fabbrica; alfine (1667j vennero deposti nell'università di Oxford,
donde presero il nome. Giovanni Selden, che li pubblicò la prima volta a Londra nel
i629, ci racconta qual fatica durò per dicifrare linee affatto abrase. Anche Prideaux,
che nel 1676 ne diede una seconda edizione, rischiò gli occhi nel leggerle. Maittaire nel
1752 ne fece un'altra, poi una magnifica Hicardo Chandler a Oxford nel 17o5,
Comprendono settantanove epoche della storia greca, espresse con lettere numerali;
ma mancando le prime linee, ignoriamo per qual motivo od occasione fu fatto tal mo-
numento. La prima epoca è il regno di Cecrope, 1318 anni avanti il tempo in cui fu
scritta quella cronaca, che fu il 263 av. C, come raccogliesi da altre date che si cono-
scono a preciso, per esempio quella della nascita d'Alessandro Magno. Ma non si sa se
siano anni ateniesi, comincianti al solstizio di estate, o parj, cominciami a quel d'in-
verno. Inoltre quasi ogni membro offriva lacune, e fu duopo supplire lettere, cifre, sil-
labe, parole, fin linee ; e serj esegeti asserirono essere state trascritte con molte ine-
sattezze.
Dal cominciamento fin al vi secolo av. C. non porge che trentasette epoche, dinotate
202 ABCHEOLOGU E BELLE ARTI
con ricordi mitologici; nessuna dal 1202 al 1077 ; quest'ultima è l'unica del secolo xi.
Alcune date poi sono certamente erronee, come il principio del regno di Dario Istaspe
posto al 517 av. C, mentre tutti i documenti danno il 522; e la morte di lui al 489,
invece del 485. Tantomeno dunque si può avervi fiducia rispetto ai tempi antichissimi,
se non in quanto forse all'ordine rispettivo degli avvenimenti.
Severa critica fa dei Marmi di Paro il signor Boeck, come cronaca ove son notate le
feste e altre cose sacre, le comete, i sassi caduti, mentre tace fatti importantissimi,
quali la spedizione degli Argonauti, il ritorno degli Eraclidi, Licurgo, l'istituzione delle
olimpiadi di Uito e Corebo, le guerre messeniclie, Diacone, Solone, i sette Sapienti,
distene, Pericle, la guerra peloponnesiaca, la battaglia d'Egospotamos, la spedizione di
Sicilia, i Trenta tiranni, e molli insigni poeti. Eppure questo rimane uno dei canoni
più preziosi di antica cronologia. Eccone un saggio.
« 1521. Dacché Amfizione figliuolo di Deucalione regnò alle Termopile, e ragunò i
« popoli ch'abitavano i luoghi vicini, imponendo loro il nome di Amfizioni, e quello
Il di Filea al luogo in cui anche ora essi sacrificano, anni 1258, regnando in Atene Am-
« fizione. Tanno secondo del suo regno.
« 593. Dacché Salfo passò da Mitilene in Sicilia fuggendo, anni 530, essendo arconte
« in Atene la prima volta Crizia, ed essendo il reggimento di Siracusa in mano de' suoi
« vicini.
« 480. Dacché Serse attaccò un ponte di barche nell'Ellesponto, e dai Greci si diede
« una pugna alle Termopile, ed una battaglia navale contro i Persiani vicino a Salamina,
« in cui furono i Greci vittoriosi, anni 217, essendo arconte in Atene Calliade.
Vi tengono appresso per importanza i Marmi Capilulini. Sono frammenti in mal
essere disepolti nel 1547, e dal cardinale Alessandro Farnese donati al senato romano,
che li fece porre in Campidoglio in una sala disposta da Michelangelo. Altri frammenti
ne furono scoperti il 1503 a' piedi delle Esquilie; altri ancora nel J816 presso al tempio
di Castore. Comprendono non solo i consoli annuali, cominciando dal 245 di Roma (509
av, C), ma le liste degli altri magistrali e dei pontefici, e molti avvenimenti. Per
esempio :
AN. VRB. COND. CCXX. L. TaRQV.MVS L. F. DAMARATI N. SVPEHBVS BEX POPVLl INJVSSV ET SIISE PATRVM
AVCTORITATE ISQVE VBBEM CAPITOLINO TEJIPLO A^GVSTIOBEM REDDIDIT FERIAS LATINAS INSTITVIT LIBBOS
SIBVLLINOS REIPVBLIC* COMPARATOS IIVIRIS IISSPICIENDOS SERVAPiDOSQVE DEDIT.
Marliani, Robortello, Panvinio, Grutero, Foggini, Pighio ne diedero diverse edizioni.
Panvinio li credette opera di Verrio Fiacco, che secondo Svetonio, fastos a se ordiriatos
et marmoreo parieti incisos publicarat. Ma così mutilati poca importanza aveano, onde
molti si diedero a supplirli, ossia a compilare nuovi fasti : l'insigne archeologo Borghesi
in tutta la vita andò compiendo quella serie coi nuovi fiainmenti e compiendune i
vuoti. Giovi avvertire che i fasti vanno d'accordo dall'anno 479 di Roma (275av, C.)
innanzi; ma prima di quel tempo dissentono fra loro e cogli autori.
FaiU c(m$:ulares (riumphalesque Roman or um ad fide m optim. auciorum recensuil et indicem adj'ecil.
G. BaiteH. Zurigo ^837; — e il nostro trattato di Cronologia, §. 21.
Uno de' più bei titoli storici modernamente scoperti è il Marmo Ancirano, cosi detto
dal luogo in Galazia ove si trovò, che contiene parte delle imprese d'Augusto, tradotte
dalla tavola che, secondo Svetonio, egli medesimo avea scritta perchè fosse scolpita sul
suo sepolcro (Index rerum a se geslarum). D'una traduzione greca parte fu rinvenuta,
ÌH843, dal signor Hamilton nell'esterno del tempio, nel cui vestibolo stava scolpito il
testo latino : mancava il principio e fu trovato nel 18(51 da m. Perrot francese in una
casa di Ancira (Angora), ed equivale a due colonne e mezzo del testo latino.
A, Weich^rt, Imperatoris Cwsaris AugusH scriplorum reliquicB. I8'<1.
Altre iscrizioni servono alla storia particolare delle colonie e dei' municipj. In bel
frammento di fasti intorno alla guerra Servile fu pubblicato dal Muratori (voi. I. p, 2j;
ma gli scema autorità il non sapere donde sia tratto. Nel 18i3 all'Istituto di corrispon-
denza archeologica fu presentalo un frammento, che il p. Secchi riconobbe di cronaca
compilata Tanno secondo di Tiberio, con date storiche reali.
ISrnlZIOM ONORARIE 2G3
Per l'Fgitto sono di speciale importanza lo Tavola d'Abido a bassorilievo, trovata da
Guglielmo Biinks, cbe olire il quadro genealogico dalla xv alla xviii dinastia egizia, fino
a Sesostri; il Canone reale di Torino, nianofecrilto sovra papiro ; e varj quadri simili a
quello d'Abido, trovati a Carnak, a Gurnak, nelle tombe della Tebaide e altrove, i quali
giovarono a ritessere la cronologia egiziana. Altre or si trovarono in Oriente e massime
a Korsabad, come notanim o nel libro xi
§ 179. — Iscrizioni onorarie.
Il numero delle lapidi onorarie è copioso quanto ì meriti e quanto l'adulazione. Gli
Egizj, gli Assirj ne posero uioltissime ai loro re, e di tal natura sembrano la maggior
parte delle asiaticbe.
Famosa è quella che i popoli d'Aduli, città marittima dell'Etiopia, dedicarono a To-
lomeo Evergete, conservataci da Cosma Indicopleuste (Chishull. Aniiq. Asiat. p. 76);
e ove si annoverano le conquiste di esso re, e i popoli che dominò:
« Il gran re, Tolomeo figlio del re Tolomeo e della regina Arsinoe, Dei Adelfi, nipote
del re Tolomeo e della regina Berenice, Dei Soteri, discendente per parte di padre da
Ercole figlio di Giove, e per madre da Dionisio, figlio di Giove, ricevuto avendo dal
padre suo lu corona d'Egitto, di Libia, di Siria, di Fenicia, di Cipro, di Licia, di Caria
e delle Cicladi, e condotto in Asia un esercito numeroso di fanti, di cavalli, di navali
forze e di elefanti del paese dei Trogloditi e dell'Etiopia, presi da suo padre o da esso
lui in quelle contrade, condotti in Egitto e quindi ammaestrati alla guerra ; s'insignorì
di tutti i paesi vicini all'Eufrate, della Cilicia, della Famfilia, della Jonia, dell'Elle-
sponto, della Tracia, delle truppe e ricchezze di dette contrade, degli elefanti indiani
che vi si trovavano, dei re che le governavano; e traversato avendo il fiume, sommise
la Mesopotamia, la Babilonia, la Susiana, la Persia, la Media il resto del paese sino
alla Battriana; ricuperato gli Dei e le cose sacre tolte d'Egitto dai Persi, le rimandò in
Egitto con altri tesori presi in quei diversi luoghi... ».
Una delle più antiche romane è quella della colonna rostrata in onor di Duilio, al 494
di Roma, testimonio anche dell'antico parlare, sebben forse noi non ne possediamo che
una copia. Aggiungansi gli elogi degli antichi Scipioni, che apparteneano al costoro
sepolcro.
Le iscrizioni che si riferiscono a magistrati e grand'uoraini sono anche storiche, e
delle belle è questa per Appio Claudio:
APPIVS CLAVDIVS C. F. COECVS CENSOR COS. BIS DICT. INTERBEX DI, COMPLVRA OPPIDA DE 8AMMITIBV8
CEPIT. SABINORVM ET TVSCORVM EXERCITVM FVDIT. PACEM FIERI CVM PYRRUO REGE PROBIBVIT. IN CEKSVRA
VIAM APPIAM STHAVIT ET AQVAM IN VRBEM ADDVXIT. ^DEM BELLONAE FECIT.
Sono 0 su cippi 0 in pietre isolate o su colonne, ed alcune sulle statue; e merita
esser riferita quella sull'erme di Socrate del museo Borbonico :
ri Tw't /óywt oj av jixo't /oyiijo'^svwi /SeXTtJTo? ^loet'veTat. Socrate^ io non ora primamente ma
anche sempre tale fui, che de' miei a nessun altro obbedissi se non alla ragione, la quale
alla mia riflessione paresse la migliore.
Elegante è pur questa :
L . CAECILIVS L . P . METEILVS PONT . MAX . C09 . n DICTATOR MAO . EQ . ~ yiH AOBIS 0ANDI9
QVl PRIMVS ELEPHANTOS PRIMO PVMCO BELLO DVXIT IN TRIVllPUO PHIMARIVS BELLATOR OPTniVS ORATOR
FORTISSIMVS IMPERATOR AVSPIOIO SVO MAXIMA9 RES GESSIT MAXIMO VSVS HOINOHE SVMMA SAPIENTIA MAXIMVS
SENATOR PARTAM EX .EQVO PECVMAM MAGNAM SINGVLIS LIBERIS HELIQVIT CLARISSIMVS IN CIVITATE FVIT
TRIBVTVM EI VT QVOTIES IN SENATVM IHET CVRRV VEUERETVR AD CVRIAM QVOD A CONDITO M\0 NVLLI ALII
CONTIGIT.
Altre sono a magistrati municipali, a patroni dei mnnicipj o delle colonie ecc. Ve
generalmente il nome e cognome, la paternità, la tribù, i titoli, l'oggetto, infine la
persona 0 il corpo che le dedica. Hicorrono le sigle dd. Dunuìn dedii, o Drcurionum
decreto; e. a. e. Grati animi ergo ; àvE.5/;-/c ecc. ecc.
264 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
Questa tavola di bronzo uscì dagli scavi di Pesto il gennaio 1829
HELPIDI HOMO FELIX
DEVS TE SERVET
FLAVUS lEONTIO ET BONOSO CONSS
VI ID?S APRILIS
CVM CIBES FBEQVENTES COLONI.* PESTANORVM COECISSENT BERBA FECERVNT NON ALIVNDE .«STIMAMVS STA-
TVM CIBITATIS ALTIOBEM CVLTIOREMQVE REDDl NISI INDVS TRIVM VIHOBVM PATROCINIO FVLCIATVR OPTIMI
CIVES IGITVR BELPIDIO HONESTISSIMO VIRO PRO DIGNITATE SVA PATRONATVM OFFEBA»VS. CREDIMVS QVOD
IN OMNIBVS NOS PATRIAMQVE NOSTRAM POBERE DICNETVR.
HELPIDIO
PLACET PLACET. HELPIDIO HONESTISSIMO VIRO CVJVS TA^TA .«QVITAS TRANQVILLITAS DIGNITAS JVSTITIA
INNOCENTIA HVMANITAS EX ORIGINE PROPACATA MONSTRATVR CVJVSQVE PROLES SANCTISSIMI ET EJVS VENE-
RAVILIS FLOS DECVSQVE EST TABVLAM PATRONATVS SICVTI PABENTIBVS EJVS OPTVLIMVS OFFERAMVS QVAM SI
ACCIPERE FVERIT DIGNATVS SPERAMVS QVOD PRO HONESTATE HOMINIS SVI IN OMNIBVS NOS AEQVO SINCEBAEQVE
ANÌMO ASPICERE AC FOBERE DIGNETVB.
È il decreto con cui Elpidio è nominato patrono della città di Pesto, e si traduce:
" 0 ElpidiOj uomo felice, Iddio ti conservi. 1 Flavj l^eonzio e Bonoso consoli, il di 8
aprile, avendo raccolto molti cittadini della colonia di Pesto, arringarono: — Non
altrimenti pensiamo che Io stato della città possa rendersi più alto ed ornato, se non
sia appoggiato al patrocinio d'uomini operosi. Ottimi cittadini, offriamo dunque ad
Elpidio, uomo nobilissimo per la sua dignità, il patronato. Crediamo che egli in ogni
cosa si degnerà proteggere noi e la patria nostra. —
Ad Elpidio
« Piace piace {esclamarono i cittadini. Segue il decreto). — Ad Elpidio nobilissimo
uomo, di cui la tanta giustizia, pacatezza, dignità, innocenza, cortesia, derivatagli dalla
stirpe, è palese, e la cui prole è santissima, e venerabile fiore e decoro di esso, offriamo,
come già odrimmo a' suoi maggiori, la tavola del patronato-, la quale s'egli si degnerà
accettare, speriamo che perla dignità del nome suo, si compiacerà di buon grado e con
sincerità guardarci con volto benigno, e proteggerci in ogni evento ».
1 due consoli sono pestani, de' quali non avendo noi la serie, non è possibile deter-
minare l'anno. È però insolito il trovar consoli in una colonia, invece de' soliti duum-
viri. Sembra del 304 d. C.^ e tempi bassi sono indicati dalla latinità, da que' nomi di
Flavj, dal Deus te servet, che si direbbe cristiano, se non potesse riferirsi al dio di Pesto,
Nettuno. Le scorrezioni grammaticali e ortografiche (sincerceqiiej e la sostituzione del
6 al V, appoggiano la genuinità della tavola, la quale potrebbe venir impugnata da ri-
flessi storici: sul che ebbero dispula due archeologi di Napoli, Guarini e Armentani
{Ann. civ. di Napoli, 1836).
Nei recenti scavi sulle coste d'Africa trovossi la seguente che ricorda la colonia di
Cartenna, fondata sotto Augusto dalla seconda legione, e i popoli barbari Baquati:
e . FVLCINIO M . F . QVIR .
OPTATO . FLAM . AVG. II VIB
QO . PONTIF . n TIR AVGVR .
MD. QVESTORI QVI
INRVPTIONE BAQVA-
TIVM COLONIAM TVI-
TVS EST TESTIMONIO
DECRETI ORDINIS ET
POPVLI CARTENMTANI
ET INCOLA . PRIMO IPSI
NEC ANTE VLLI
AERE CONLATO
« A Cajo Fulcinio Optato, figlio di Marco della tribù Quirina , flamine augustale ,
duumviro quinquennale, pontefice, duumviro augurale, edile, questore, che difese la
colonia dall'irruzione de' Baquati : in fede d'un decreto del municipio e de' cittadini
Cartenitani e degli abitanti, a lui primo, e a nessuno innanzi, con denaro raccolto ».
ISCRIZIONI ONORARIE 265
Pur tra quelle or radunate ad Algeri è questa :
L . FADIO L . F . gVIR .
BOGàTO
DEC . £D . a VIR a TIR
QQ . RVSG . ET BTSG .
CO!SS!STENTES OB
MERITA QVOD FRV
MENTVM I^TVt,EnlT
ET ANNOMAM PAS
SVS NON SIT INCRESCERE
AERE COLLATO.
« A L. Fadio Rognto, figlio di Lucio, della tribù Quirina, decurione, edile duumviro;
i duumviri quinquennali di Rusgunia presso il capo Temedfus), ed altri abitanti a Rus-
gunia, pei meriti d'aver fatto venire frumento, e non lasciato che i viveri incarissero;
per soscrizione ».
Degnissima d'esser riportata ci pare questa che esiste nel museo di Trieste, e appar-
tiene agli anni fra il 158 e il i6t dell'era vulgare:
Kl . novem r . — Hispanivs . Lentvlvs . et . S . nepos . II . vir . ivr . die . v . f .
Fabivm . Severvm . clarissimvjn . virvm . mvlta . jam . pridem . in . rem . p . nostrani .
beneficia , contvlisse . vi . qvi . a . prima . sva . statim . cetate . id . egerit . vt . in .
adavgenda . patria . sva . et . dignitate . et . eloqventia . crescerei . nam . ita . mvltas .
et . magnificas . cavsas . pvblicas . apvd . optimvm . principem . Antoninvm . avg .
pivm . adservisse . egisse . vicisse . sine . vllo . qvidem . cerarii . nostri . inpendio .
vt . qvam . vis . admodvm . adolescens . senilibvs . lamen . et perfectis . operibvs . ac .
factis . patriam . svam . nosqve . insvper . sibi . vniversos . obstrinxerit . nvnc . vero .
tam . grandi . beneficio . tam . salvbri . ingenio . tam . perpetra . vtilitate . rem . p .
n . adfecisse . vt omnia . proecedentia . facta sva . qvamqvam . immensa . et . eximia .
sint . facile . svperarit . nam . in . hoc . qvoqve . mirabilem . esse . e . v . virtvtem .
qvod . cotidie . in . bencfaciendo . et . in . patria . sva . ivenda . ipse . se . vincat . et .
ideo . qvam . vis . promensvra . beneficiorvm , ejvs . impares . in . referenda . gratia .
simvs . interim . tamen . prò . tempore . vel . facvltate . vt . adjvvet . scepe . factvros .
remvnerandam . esse . e . v . benevolentiam . non . vt . illvm . proniorem . habeamvs .
alivd . enim . vir . ita . naivs . non . potest . facere . sed . vt . nos . jvdicantibvs .
gratos . prcebeamvs . et , digtins . tali . decore . ialiqve . prcesidio . q . f . p . d . e .
r . i . e . primo . censente . L . Calpvrnio . certo . cvm Fabivs , Severvs , vir . amplis-
simvs . adqve . clarissimvs . tanta . pietate . tantaqve . adfectione . rem . p . n . am-
plexvs . sit . itaqve . prò . minimis . maxinmqve . commodis . pivs . excvbit . adqve .
omnem . prcestantiam . avxerat . vt . manifestvm . sit . id . evm . agere . vt . non .
modo . nobis . sed . proximis . qvoqve . civitatibvs . declaratvm . velit . esse . se . non .
aliqvam . patrioB . svce . natvm . et . civilia . stvdia . qvce . in . eo . qvam . vis . jv-
vene . jam . sint . peracta . adqve . perfecta . ac . senatoriam . admodvm . dignitatem .
hac . maxime . ex . cavsa . concvpivisse . vti . patriam . svam . tvm . ornatam . tvm .
ab . omnibvs . injvriis . tvtam . defensamqve . servaret . interim . apvd . jvdices . a .
coesore . datos . interim . apvd . ipsam . imperatorem . cavsisq . pvblicis . patrocinando .
qvas . cvm . jvstitia . divini . principis . tvm . sva . eximia . ac . prvdentissima .
oratione . semper . nobis . cvm . Victoria . firmiores . remisit . ex . proximo . vero .
vt . manifestatvr . cwlestibvs . lilteris . Antonini . avg . pit . tam . feltciter . deside-
rivm . pvblicvm . apvd . evm . sit . prosecvtvs . impetrando . vt . carni . cataliqvi .
attribvti . a . divo . Avgvsto . idi . rei . pvblicce . noslroe . prò . vt . qvi . mervissent .
vita . at . qve . censv . per . cedili tatis . gradvm . in . cvriam . nostrum . admilte-
rentvr . ac . per . hoc-, civitatem . romanam . adipiscerentvr . et cerarivm . nostrvm .
ditavit . et . cvriam . complevit . et . vniversam . rem p . n . cvm . eo . mentis . am-
pliavit . admittendo . ad . honorvm . commvnionem . et . vsvrpationem . romance . ci-
vitatis . et . optimvm . et . locvpletissimvm . qvemqve . vt . scilicet . qui . ohm . erant .
tantvm . in . redditv . pecvniario . nvnc . et . in . ilio . ipso . dvplici . qvidem . per .
onorarice . nvmeratianem . reperiantvr . vt . et . sint . cvm . qvibvs . mvnera . decv-
rionatvs . jam . vt . pavcis . onerosa . honeste . de . plano . comparliamvr . ad . cvjvs .
266 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
qvidem . gratiam . habendam . vt . in . scecvla . permansvram . ejvs . modi . beneficio .
oportverat . qvidem . si . fieri . posset . et . si . verecvndia . darissimi . viri . permit-
teret . vniversos . I . iri . et . gratias . et . jvxta . optimvm . principem . agere . sed .
qvoniam . certvm . est . tiobis . onerosvm . ei . fvtvrvm . tale . nostrvm . ofificivni . ilivd .
certe . proxime . fieri . oportebit . a . statvam . ei . avrafam . eqvestrem . primo .
qvoqve . tempore . in . celeberrima , fori . nostri . parte . poni . et . in . basi . ejvs .
hanc . nostrani . consensionem . atqve . hoc . decretvm . inscribi . vti . ad . posteros .
nostros . tam . volvntas . amplissimi . viri . qvam . facta , permaneant . petiqve . a .
Fabio . vero . egregio . viro . patris , Severi . vti . qvandoqvidem . et . commenivm .
hoc . ipsivs . sit . providentice . qua . rem . pvblicam . n . infatigabili . cvra . gv-
bernat . et . in . hoc^. pivs . pvblici . benefica . qvod . talem . et . nobis . et . imperio .
civem . procreava . atqve . formavit . cvjvs . opera . stvdioq . et . ornatiores . et . tv-
tiores . in . dies . nos . magis . magisqve . sentiamvs . vti . ea placviase . in . hanc..
rem . adsensvm . svvm . legari . mandariqve . stbi . vti . gratias . pvblice . clarissimo .
viro . mandato . nostro . agat . et . gavdivm . vniversorvm . singvlorumqve . ac . vo-
Ivntatem . vt . magister . talivm . rerum . in . notitiam . ejvs . perferat . censvervnt.
Declinando l'Impero, crescono la gonfiezza de' titoli e i superlativi. Nelle mura di
Tebersec (Tubursicum) in Africa è infissa questa:
SALVIS DOMINlS NOSTRIS XRISTIAMSSIMIS
ET INVICTISSIMIS IMPERATOBIBVS
JVSTINO ET SOPUIA AVGVSTIS HANC MVMTIONeM
TOMAS EXCIìLLENTISSIMVS PH/EFECTTS FELI-
CITER /EDIFlCAVlT.
^ 180. — Iscrizioni monumentali.
Si può dire che ad ogni opera pubblica si ponesse una iscrizione, la quale più volte,
oltre commemorativa, è laudatoria o storica. Tali devono essere gran parte delle egizie
e delle babiloniche; tali moltissime romane. Negli archi e nei tempj poneaosi a grandi
lettere sull'attico o sull'architrave, per lo più di bronzo infisse con chiodi. Portavano
il nume della persona cui erano dedicate, o di chi le fece alzare; colle sigle d d dedica-
vit, M p monumentum posuit, o simili.
Quella sulla colonna Trajana rammenta che essa colonna dinota l'altezza del monte
che fu spianato per formare il Foro:
SENATVS POPVLVSQTÈ ROMANTS
IMP . CASARI DIVI NERV* F . NERV/E
TBAJANO AVO . GEHM . DACICO PONTIF .
MàSIMO TRIB . POT . ^1 IMP . vi COS ri P . P.
AD DECLARANDVM QVANT.« ALTITVDINIS
MOKS ET LOCVS TANTIS OPERIBVS SIT EGESTVS.
Quésta (ap. Morisani, Marm. Reg. p. 266) ricorda una donazione preziosa:
tituB HEBVBN^s Titi viliu» 8ABINVS TRiviR Moilkia POTeitale II ( iterum ) testamento legavit Mv-
NIGIPIBVS BEGINIS S\lìenlihu$ IN PRVTANSO STATvAM MREm MERCVRI. THVLLAM ARGENTEAM ANAGLYPTAM
P . II . S . {pondo librar um duarum cum semisse) lares ARGE^TEOS septem p . u . s . pelvim
;EREAM CORINTHEAM. ITEM in TEMPLO APOLLINIS MAJORIS PVGILLARES MF.MBRANACEOS OPERCTLIS EBOREIS
PTXIDEM EBOREA!» TABVLAS PICTAS XVIII UEREDES EJTS P0^E11DA CTRAVERTNT.
Iscrizioni per opere pubbliche sovente si trovano sulle monete come questa d'Augusto:
AVGVSTVS TRibunicia vorestate viii (capo nudo)
m (cippo inscritto) senatus Populu» Que Romanu$ mveratori CAExari qvod yiae fiìunilae sunl Ri
EA Pecunia Quam is AD xrarium DElulil.
In Atene si scopersero ora lapidi che rendono i conti della fabbrica de' grandi tempj
dell'Acropoli ; chi l'architetto, e come retribuito (una dramma al giorno); quanto pa-
gato ai modellatori che ne riducevano in cera i disegni , quanto ai tagliapietre, ai mu-
ratori, ai manovali ecc.
ISCniZIONl MONUMIÌNTAI.I 2fi7
Alcuna volta sulle opere pubbliche melleasi un decretd, come il seguente:
JVSSV l^H . C/USAHIS
ATGVSTl CIRCA EVM
RIVVJl Qvl A(JV/E
DVCEND* CAVSA
FACTVS EST OCTONOS
PED . AGÉR DEXTRA
SINISTRAQVE VACVVS
BELICTVS EST.
Attestavano anche diritti privati e servitìi; come: Per hanc viam fvndo c. marci c.
L. PHii.KKoMS iTiiK ACTVS DF.BKTVK. Actus è la via da carro, larga quattro piedi, mentre
la semita era di un piede , Vtter di due, la via di otto, cioè il camhio de' carri.
Possono riferirsi alle pubbliche anche le terminali, che segnano i confini fra i terri-
torj, donde gran lume trae la geografia. Tale è la decisione che si conserva a Genova
scolpita in bronzo, data nel 057 di Iloma, fra Genova e due borgate vicine, ora dette
Langasco e Nostra Signora della Vittoria, da' fratelli Minucj, scelti arbitri. Fu trovala
nel iSOf) presso la Polcevera, e pubblicata prima da tiracelleo {Lucubrutiones, (5i20J poi
da molti e sempre imperfettamente, non eccettuati Orelli e Spangenberg. Pure fin dal
1806 Girolamo Serra n'avea dato una copia esatta, sopra la quale RudorfT chiarì testé
la parte giuridica del monumento. Resta a illustrare meglio la parte geografica.
Serra, Discorso sopra un antico monumento^ ecc. nelle Memorie dell' Accademia imperiale di Genova^
voi. II, pag. 89.
F. RiiDORFF, Q. elM. Minuciorum sentenlia inler Genuates et Viturios dicM. Berlino 1842.
Più importa alla storia quella (di autenticità contestata) che segnava al Rubicone i
limiti della Repubblica, con divieto di passarlo in armi ;
JVSSV MANDATVVE VOpuH Romartt COS . IMP . TRIB . MILBS TrRO COMMILITO ARMATE QVISQVIS ES MA-
NIPVLARIE CE^TVR10 TVRMARIE LEGIONARIE HIC SISTITO VEXILLVM SIMTO ARMA DEPOMTO NEC CITRA H¥!»c
AMfìEM RVBICONEM SIGNA DVCTVM EXERCITVJI COMMEATVIIVE TRADVCITO . SI QVIS HVJVSCE JVSSIOMS ERO4
ADVEHSVS PR.T.CEPTA lERIT FECERITQVE ADJVDICATVS ESTO HOSTIS P . H . AC SI CONTRA PATRIAM ARMA
TVLERIT PENATESQVE SACRIS PENETRALIBVS ASPORTAVERIT S . P . Q . R .
Sancito plebisciti sive consulti.
VLTRA BOS FHES ARMA AC SIGNA PROFERRE LICEAT NEMINI.
Talora non segnavano che confini privati, come questa del museo del Catajo:
CAPVT LiMiTiS L0:vTiC0Nis PERMVTATviw EX D . D (decTelo decurionum).
Vi appartengono pure le colonne milliarie , che sulle strade militari indicavano la
distanza dalla metropoli, p. es. xxiv m. p. cioè vigintiquatuor millia passuum ; e talora
il nome dell'imperatore che le fece porre. La bresciana illustrata dal Labus legge;
IMP . CAES .
e . MESIVS Q .
TRAJAN . DECIVS .
PF . AVO . P . M . TRIB . POT .
n COS . II . PP .
(millia passuum) XVIIfl.
Monumento prezioso di tal genere è la Tavola Peutingeriana, che contiene l'itinerario
dell'Impero. E una volta si conosceva una tavola di pietra, che aveva servito all'inse-
gnameuto della geografia nella scuola di Autun.
§ \S\. — Iscrizioni giuridiche. Congedi.
Le iscrizioni giuridiche contengono diplomi, leggi, contratti , testamenti, o simili
atti che scolpivansi per conservarli. Altre servivano per la pubblicazione delle leggi,
affiggendosi ne' luoghi a ciò destinati. Alquante ne abbiamo di greche, e in Inghilterra
fu trasportata la lapide che contiene l'istromento di concordia e lega fra le città di Ma-
gnesia e di Smirne, in favore di Seleuco Callinico re di Siria e Babilonia.
i decreti e atti pubblici greci sono per lo più preceduti da un'invocazione alla buona
268 ARCHEOLOGIA È BELLE ARTI
fortuna aya^nt Tt;;/>?i, cui talvolta si aggiunge z«t sm c&jTvjpf^t e per la salute : viene poi
l'indicazione della città o del municipio, il nome de' magistrati o sacerdoti che deter-
minano l'anno: talora la data è ripetuta più chiara in fine , dove pur il nome di chi
stese lo scritto, o dell'artista.
Fra gli antichi itali è il monumento greco-latino di Eraclea in Lucania. Presso questa
città era un fondo sacro a Bacco, di cui i privati , col volgere degli anni, occuparono
qualche porzione. Un plebiscito ordinò che que' fondi tornassero di giurisdizione sacra.
Pertanto si deputarono agrimensori, che verificarono i confini, e divisero il campo in
quattro porzioni , piantandone i termini ; e queste furono rilasciate in vita a quattro
privati colle debite sicurtà e con un annuo canone, e con patti di piantar viti , olivi,
fabbricare capanne e stalle, ed altri. È insomma un contratto d'enfiteusi , del v secolo
di Roma. Un altro bel monumento de' Lucani fu interpretato dal Guarini come un ple-
biscito suntuario, riguardante il modo di vestirsi.
Fra i Romani non ve quasi atto giuridico che non sia attestato da lapidi; sieno se-
natoconsulti o plebisciti, istromenti, testamenti, contratti, sanzioni, de' magistrati de'
municipi e delle colonie, decreti d'ospitalità, congedi di soldati , clientele e patronati
ecc. L'Orsino, il Brissonio, il Terrasson e gli altr; giurisperiti storici ne trassero molto
lume e molte formole del diritto romano. Preziose sono la Tavola alimentare di Trajano
e la legislativa della Calila Cisalpina.
Generalmente vi sta in capo la data, cioè il nome de' consoli e degli altri magistrati
eponimi o de' regnanti ; e ricorrono le sigle:
H. L. N. R. Hac legeniliil rogatur.
V. D. p. L. p. Ut de plano legi possit
T. A. B. K. ^. E. Tw (Jó'/f/aTi ftov'jrj^ ìcA dóyiiy.ri iy.y.'jcaiy.;, per decreto del Senato e del-
l'assemblea.
Y. B. A, ùnò fòo\j).rj; Sóyfxottt, per decreto del senato.
Ciriaco Anconitano trascrisse presso Pola lo scherzevole testamento d'un briacone.
Nella vigna del signor Ammendola lungo la via Appia, il 1820 si trovò una lapide, alta
dieci palmi, e larga uno, frammento di assai più larga e alta, contenente il testamento
di Dasuniio, del 109 d. C.: prezioso anche perchè ingiunge all'erede di assumere il
nome suo, e perchè le somme esprime in denarii, in luogo de' soliti sesterzj. i
In questa che si trovò a Roma su marmo , Adriano imperatore concede a due fratell
d'avere il sepolcro nel fondo Esciniano:
«LIV8 CmSkU DYOBVS LIB. SAMIARIS QVIINTANI SALVTEM. CVM PETrERITIS A ME VT SI CVI QVID VESTRVM
yVMAMTVS ACCIDEKIT IS IN LOCVM QVl EST IN FVNDO ^^SCINIANO MEO INTRANTIBVS A VIA PARTE L«VA
A MONIMENTO TESTACIO PER LONGITVD . PEDVM CLXXV LATITVD . A MACERIA INTItO VERSVS PEDVM XX>
INFERATVR ID JVS CONCEDERE ME HAC EPISTOLA NOTVM VOBIS FACIO . BENE VALERE VOS CVPIO . RATA
Xn KAL JVLIAS IN HORTIS STATILIAE MAXIMAE CELONIO COMMODO CIVICO POMPEIANO COSS . SAMIARIS 00-
RVPHORION.
11 Fabretti {Coli, inscript, p. 278 e 333), poi il Maffei {Storia dei dipi, p, 23) produs
sero un giudizio interlocutorio di causa fra i tintori e i fontani.
Ci rimangono varj contratti di patronato. Il patronato portava l'ospitalità, e il cliente
doveva onorare il patrono dopo il padre, fargli corteggio, dargli danaro, riscattarlo se
prigione in guerra; il patrono a vicenda difendeva e tutelava i clienti, ne procurava
ogni maggior utile ed onore.
11 Marmi, ne' Monumenti de Fratelli Arvali , pubblicò una lapida del museo di Cor-
tona, ove i cittadini di Gurza in Africa stipulano ospitalità con Cajo Aufustio Macrioo,
figlio di Cajo della tribù Calerla, prefetto de' Fabrl , lui e sua discendenza scegliendo
per difensore:
CIVITAS CVR7.ENSIS EX AFRICA *
HOSPITIVM FECIT CVM C. AVFVS
TIO C. F. GAL. MACRINO VRXP.
FABR. EVMQVE LlBBItOS POSTE
ROSgVE EJVS SIRI LIBERIS
POSTEHISOVE SVIS PATRO
NVM COOPTARVNT ETC.
CONGEDI
269
Spangenbebg, Juris romani tahulm negodorum solemnium , modo in are, modo in marmare, modo
in charta superstiles. Lipsia -1822.
FiEULER, Zeiltafeln der ròmischcn Geschichte, nebsl cinigen dazu gehòrigen L'rkunden, eie. Wcsel
1827.
G. Halbold, Antiquilatis romance monumenta legalia extra librai juris romani iparsa. Opu* ex
adversarii$ defuncliauctaris, quantum fieri potuit, restituii E rn. Spangenberg. Berlino (830
Son tutte iinpcrfetle, e dopo d'allora si scopersero altri monumenti, raccolti da K. Zell, Uandbuch der
R. Epigraphie.
Genere particolare di alti sono quelli per cui concedevasi il congedo a militari e la
cittadinanza (honestce missiones). Uno trovato a Resina è scritto:
IMP. VESPASIANVS C.«SAR. AVGVST.
TRIBVMC. POTEST. COL. II
VETERAMS Qi;i MILITAVERV.NT I^ LEG. U
ADJVTRICE PIA FIDELE QVl VICE^A
STIPENDIA AVT PLVRA MEHVERVNT
ET SVKT DOIISSI HOESTA MISSIONE
QVORVM NOMINA SVBSCRIPTA SVNT IP
SIS LIBERIS POSTERISQ\E EORVM GIVI
TATEM DEDIT ET CONVBIVM CVM EST
CIVITAS US DATA AVT SI QVI C.€LIBES
ISSENT CVM nS QVAS POSTEA DVXISSENT
DVMTAXAT SINGVLl SINGVLAS
A. D. NON. MABT.
IMP. VESPASIANO Ci:SARE AVG.
COS.
CESARE AVG. F. VESPASIANO
T. I. PAG. V. LOG. XXXXVI
NERViE LAIDI F. DESIDIATI
DESCRIPTVM ET RECOGNITVM EX TABVLA
«NE4 Q\/F. FIXA EST BOAI.E IN CAPI
TOLIO IN PODIO ARE GENTIS JVLIE
C. HELVI LEPIDT. SALONITANI
Q. PETRONI MVS:EI I ADESTINI
L. VALERI ACUTI SALONIT.
M. NASSI PHOEBI SALONIT.
L. PVBLICI GERMVLLI
Q. PVBLICI MACEDONIS NEDlTANI
Q. PVBLICI CRESCENTIS.
Davansi dunque a questi soldati il congedo, la cittadinanza e il matrimonio legit-
timo, cioè si riconoscevano come mogli di pien diritto (sebbene non fossero cittadine
romane) quelle che prima non erano considerate che come concubine, contubernali,
focarie. Scriveansi tali diplomi sul papiro, e incidevansi anche in tavole, le quali si col-
locavano in Campidoglio, o dopo il 93 di C. nel muro dietro al tempio di Augusto a
Minerva. Gl'interessati ne traevano copia legale, che faceano anche incidere o in una
tavola sola o in più, connesse con anelli o con un filo, talché si piegavano per portarle
addosso.
Questo fu trovato in Sardegna (Mem. della reale Accadeinia di Torino, t. .\x.\v) :
IMP . NERVA CESAR AvGVSTVS PONTIFEX
MAXIMVS TBIBVNIC. POTESTAT. COS. Il P. P.
PEDITIBVS ET EQVITIBVS QVI MILITANT
IN COORTIBVS DVABVS I GEMINA SARDO
HVM ET CVRSORVM ET n GEMINA LIGY
BVM ET CVRSORVM Q\M SVNT IN SXRDI
- NIA SVB TI. CLAVDIO SERVILIO GEMINO
QVI QVINA ET VICENA PLVRAVE STIPEN
DIA MERVERVNT ITEM DIMISSO HONES
TA MISSIONE EMERITIS STIPENDIIS QVO
BVM NOMINA SVBSCRIPTA SVNT IPSIS
LIBBRIS POSTERISQVE EORVM CIVITA
TE» DEDIT ET CONVBIVM CVM VXO
BIBVS QVAS TVNC BABVISSE.M GVII
270 AKCHEOLOGU E BELLE AUXl
B8T CIYITAS ns DATA SI QVJ C«t,I
BES ESSENT CVM DS QVAS POSTEA DVIIS
6ENT DV.HTAXAT SINGVLI SINGVLAS
A. D. VI IDVS OCTOBRIS
TITO CàTIO /rOflTONE CO»
M Calpurnio Fiacco
COHORT. Il GEMINA LIGVRVM ET CVBSOHVM
evi PR.DEST
T. FLAVIVS MAGNVS
TVMILa; . . . F. CABES
DESCRIPTVM ET BECOGMTM EX TABVLA K
NEA Q\M FISA EST BOM-B IN MVRO POST
TEMPLEM DIVI AVG. AD MINEBVAM.
Il primo che pubblicasse coDjgedi nella forma propria fu Scipione Maffei nella Storia dei
diplomi, poi nella Verona illustrata al fine della parte 2^ Cazzerà {Notizia di alcuni
nuovi diplomi imperiali di congedo militare. Torino 1 831) ne aggiunge sette ai ventuno
già pubblicati dal barone Vernazza. Arneth a Vienna pubblicò (4843) Diplomi militari
esistenti in Germania, i quali così giungono a quarantadue, e illustrano assai la milizia
romana. Vedi anche Clemente Cardinali, Diplomi imperiali di privilegi accordati ai
militari. Velletri 183S.
§ 182, — Isorizioni mortuarie.
Le epigrafi mortuarie indicano il deposito e le lodi dell'estinto. Ciacobbe ne fece
porre una alla sua Rachele {Gen. xxxv, 20J. Tali voglion essere molte delle egizie,
massime sulle piramidi e negli ipogei. Per l'ordinario i Greci si contentarono di una
stela, d'una colonnetta odi un'urna, col nome dell'estinto, e al più la sua patria. Al-
trettanto semplici sono le etrusche.
Le romane portano il nome del defunto e del genitore, la patria o tribù, le cariche,
gli anni che visse, i diritti giuridici del sepolcro stesso; qualche rara volta la natura
dell'ultima malattia; più spesso alcuna frase esprimente la riverenza al sepolcro. Vi si tien
conto degli anni di vita , talvolta fin delle ore , anzi in una son notate horas iv scru-
po/osvi; 0 gli anni di matrimonio, o più frequentemente quelli del servizio militare.
In altre sono aggiunte varie circostanze o sigle o formole. Per esempio:
H. s. E. Hicsitus est.
D. M., 0 D. M. s., 0 D. 1. M. Diis manibus ; Diis manibus sacrum; Diis inferismanibus.
Q. 0 il. Quieti, memorice.
0. K. 3iol; zaTa;/&oi/(ot?, agli Dei sotterranei.
». M. ET G. Diis matiibus et genio.
M. X. fx:>/)p.:ni x'^P'-^ì ^^ memoria. KI,x£tTat riposa.
A. H. D. M. Amico hoc dedit monumenfum.
A. 0. F. e. Amico optimo faciundum curavit.
B. M., 0 B. DE SE ìM. Benemerenti, o Bene de se merenti.
B. Q. — B. v. Bene quiescat., Bene vale.
e. s. H. Communi sumptu heredum.
D. s. F. e. De suo faciundum curavit.
E. I. M. c. v. Ex jure manium conservatum voco.
E. T. F. I. s. Ex testamento fieri jussit sibi.
NON THAS. H. L. Non transiUas hunc locum.
Non raro è il d. m. bonae memorme anche prima dei tempi cristiani. Altri augurj sono
il Sit ttbi terra levis ; Os'ia tibi bene tjuiescant; Ave; Ave anima innocenti<siìna.
Inoltre esprimevasi l'affetto con varie forinole, o chianiandoli benemerenti, piisiimi,
carissimi, dolcissimi, incomparabili, desideratiasinii ; o con parole di congedo, /'a';-;,
gùtpjj^Ei, ^ap7£i, vale, in pace; o altre frasi, come ad luctum, od jletum , ad gemitum
relieti; Tumulum dant lacrymis plenum e marmore ; 0 nefas, (juam jloridof. cito nwrs
eripis annos !
ISCIUZIOM MOKTUAKIE 271
Sopra un altro leggesi :
HIC SITA EST ANVUONB MABCI OPTIMA KT FVLCUERBIMA . LAMFEUA . PIA . PVDIGA . PBVGI . CASTA .
DOHISEDA
È della latinità inferiore e forse cristiana.
Un'iscrizione trovata a Besanron (Memorie dell' Accademia d'Iscrizioni, tom. ix), ha:
TIXIT IINCYLPATA MARITO OBSEQVIO BARO SOLO CONTENTA MARITO;
e corrisponderebbe all' untco gaudem imdier marito di Orazio.
Ponevansi spesso lungo le vie pubbliche; d'onde la frequente apostrofe al passeg-
gero, Sisteviator ; ahi viator ; TTxp')iiT:x x^''-?--
Disputarono gli eruditi sulla formola Sub ascia dedicavit, posuit, fecit, faciundum cu-
ravit: ah ««cm fecit etc, il che talvolta è espresso colla sola figura d'un'ascia. Danno per
probabile che voglia significare essersi eretto per formale intenzione del morto, e dedi-
cato appena uscì di man dello scultore ; ovvero che con ciò si volesse raccomandare di
tenere sgombro lo spazio all'intorno coll'ascia. Per quanto l'interpretazione sembri sti-
racchiata, è vero che raccoraandavasi ciò, ed una Ponzia Giusta lascia seicento sesterzj,
ut monumentum remundetur d'nnn sualiberta ; in Ovidio leggesi: Ne patiare meis tumulis
increscere' silvas ; e pel contrario Properzio imprecava: Terra tuum spinis obducat, Lena,
sepulcrum. Anatolio Bartélemy {Recherches sur la formule funéraire, Sub ascia dedi-
care, nei Mém. de la Sociétédes antiquaìres de VOuest, 1848) suppone sia una formola
di consacrazione, alludendo all'ascia con cui Valeria Luperca batteva gli appestati di
Falera, e li guariva. Altri, coi quali Boissieu nelle Iscrizioni lionesi crede valga l'ap-
propriarsi una tomba nuova, che a nessuno servì, e che dal primo colpo di scalpello fu
destinata a quel morto.
§183. — Diritti del sepolcro, Imprec^oni.
Le sepolture furono una delle prime maniere con cui si acquistasse la proprietà d'un
terreno. È forse perciò chele XH Tavole vietavano di seppellire in città, perchè nessun
privato presumesse diritto sullo spazio pubblico. In appresso consideravasi proprietario
del terreno chi vi alzasse un sepolcro, e quelli che da esso erano chiamati a servirsene.
Talora i magistrati, il popolo, i collegi davano questo diritto. Così ad un Publicio Bi-
bulo, senatuf consulto populique jussu, locus monumento, quo ipse po^terique ejusinfe-
rantur, puhlice datus est. Tal concessione era indicata colle sigle l. d. d. d., ovvero
D. D. p., Locus datus decreto decurionum, Datus decreto publico.
Spesso uno preparavasi da sé il sepolcro, onde la formola v. f. vivus fecit; e la.
possessione se ne conferiva per donazione, testamento, compera o simili. Pertanto s'
trovano sovente nominati i parenti, amici, liberti ed altri cui si vuole accomunato il
sepolcro. Così in questa perugina:
Q. KASOMVS AMBROSIVS SIBI ET SVIS FECIT LIBERTIS LIBEBTABVSVE ET NASONI* VBBIC.f: CONJVGl SSM ET
COLLIBERTIS SVIS POSTERISQVE EORVM.
Perciò vi sono registrati e morti e vivi , distinguendo i primi colla sigla 0 (Sìvxto;)
fu, e gli altri col V, vivus. In alcuni si legge alla fine un et, lasciando in bianco il suc-
cessivo: nel che il Labus vede una specie di lusinga che i ricchi lasciavano a quella
genia tanto brigante a Roma de[ sollecitatori d'eredità.
Ugualmente espresse erano le esclusioni, come quelle che ne toglievano l'uso agli
eredi : h. m. h. n. s.. Hoc monumentum heredex non sequitur ; n. v. n. n. n. p. o., Neque
vendetur, neque donabiiur , neque pignori ohligabilur. Con tale formola, comunissima, de-
rogavasi alla legge romana, la quale stabiliva che beni mobili o immobili non potessero
appartenere che a vivi ; mentre tale clausola riservava il sepolcro in perpetuo al de-
funto. In uno dei recentemente scoperti nella via Appia si legge: ex testamento in hoc
monvmento neminem inferri neqve condì licei, nisi eos libertos , qvibus hoc testamento
dedì Iribviqve.
Formola usitatissima è h. s. e., Hic situsest, ovvero Ossa hic sita sunt. 0 circoscri-
vevasi il luogo fm dove si estendeva il diritto del sepolcro:
272 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
m Agro pedes x. m pronte vedes xxv 5 0
Retro Non Longe pedes x : 0
Rejedis Rudcribus proxime cippwn pedes CLxxiiii.
Di tal Datura è il seguente :
COTTI A A. COTTI F. GALLA
TESTAMENTO FIERI JVSSIT
A. COTTIO PATBI PRO COS.
HISPANI^ ET PACVLL/E MATRI ET
A. COTTIO FRATRI QV^STORI JED.
PLEBI ET MEMMI* GALL^E AVI«
HVIC MONVMENTO TVTEL/E NOMINE
CEDVJVT AGRI PVBI JVGERA DECEM ET
TABEBNA QVAE PROXIME E\M LOCVM EST.
Esprimevasi sulla lapide se il sepolcro fosse di un cadavere solo 0 di due (bisomo) 0
di tre (trisomo) ecc. Altre volte i sepolcri erano comuni a tutta una confraternita, come
questo :
LOCVS
SEPVLTVR^
CVLTORVM
HERCVLIS
DEFENSORIS
POILLENTIS
INVICTI
IN FR. P. XXXV
IN AG. P. XXX.
Particolare è questo :
D. M. M. CONCENETI MARCELLINI M. CONGIVS JVSTINVS. SI MAJOR AVCTOBITAS PATRIMONI MEI FVISSET.
AMPLIORI TITVLO TE PROSECVTVS FVISSEM PIISSIME PATER.
Unica crediamo la formola di un marmo a Morazzone in Lombardia, per un Lucio
Venzio signifero della legione quarta scitia : hic natus, me sixus.
Nel colombario dei liberti d'Augusto , sterrato fa pochi anni presso porta Latina a
Roma, e dove fin cencinquanta lapidi trovansi ancora in posto, molte ricordano come
si comprassero gli spazj e le olle da riporvi il defunto:
SEXTVS MANLIVS
BILARVS
EMlT DE P. CLODIO PHILOLOCO OLLAS
DUAS.
CORNELIVS
SALVIVS
EMIT DE
LVCCEJO AVCTO.
OLLA EMPTA DB COSCELLIO
COTINOS
MILESIOS. •
M. AEMILIVS FLACCVS
VENDIDIT L. AVRARIO
PHILACRO OLLAS DVAS
GRADV TERTIO AB IMO.
Talvolta soggiungeansi imprecazioni contro i violatori. Cosi in uno :
LAESERIS nVNC TVMVLVM SI QVISQVIS , IN TARTARA PERGAS,
ATQVE EXPBRS TVMVLI LAESERIS HVNC TVMVLVM.
Il verso fallato e la sintassi zoppa ricorrono non di rado nelle epigrafi. Una trovata
pochi anni fa a Pozzuoli legge :
RITII SEPOLCIIAH
273
D. 1\I.
CLAVDI.E FORTV
NAT* ET FOHTVNA
TO ET L;ETO FILIS EJVS
BENE MABENTIUVS
ABASCANTIVS CONLIBER
TVS FECIT . QVISQVE MA
NES INQVIETABERIT HADEBIT ILLA IRA
TAS
Sul sepolcro di C. Cecilio (ap. Fabuetti) leggesi : qvi hic minxeuit avt cacarit, ha-
BEAT DEOS SVPEROS ET liNFEROS 1RAT0S.
Più mite è quest'altra :
D. M.
gVI TVOS CAHOS
BABES
FARCE
In un altro: tekrenvm sacrvm longvm p, x. lat. p. x. in qvo condita est, fodere
NOLI, NEC SACRILEGIVM COMMITTAS.
Sopra un termine è questa singolare imprecazione : qvisqvis hoc svstvlerit avt
AVVLSEfUT, vLTiMvs svoKvM MORiATVR, cioè abbia il dispiacere di veder morire tutti i
suidì. Altre volte v'eran formole per allontanare le malurie, come dolus malvs aresto.
Altrove: ne tangito, o mortalis; rf.vereiìe manes deos. Oppure : ollam ejvs si qvis
vioLAviT, ad inferos NON REciPiATVR. Quindi Ovidio :
Ossa quieta , precor, tuta requiescere in urna,
Et sit humus cineri non onerosa tuo.
Sui sepolcri talora ponevansi iscrizioni imprecatorie , come la seguente trovata il
1857 sulla via Latina :
QVOMODO MORTVVS QVI ISTIC SEPVLTVS EST NEC LOQVI NEC SERMONARI POTEST, SIC BBOOIISIl APVD M,
LICINIVM FAVSTVM MORTVA SIT NEC LOQVi NEC SEHMOAARI POSSIT . . .
§ 184. — Riti sepolcrali.
Spesso, ad esprimere la professione od il nome del defunto, vi si disegnò qualche
istrumento o arnese: una gabbia di polii sul sepolcro d'un pullario ; la quadriga cir-
cense ad un altro ; una poppa di nave per soldati di marina ; per un purpurario le bi-
lancie, le ampolle e i vasi della porpora; per una ornatrice il pettine e lo spillone cri-
nale. In quella d'uno che ha per cognome Seccus è disegnato un becco d'uccello. S'una
lapide del museo Archinto a Milano, un sutor caligarlo è rappresentato al deschetto in
atto di cucire scarpe , dalle quali conosciamo la vera forma delle caligce dei soldati.
Nel prezioso monumento di Kuriface, appaltatore fornajo, scoperto il 1838 a Roma
fra le porte Prenesiina e Labicaua , non solo è effigiata una scena di panettieri, ma
l'urna ha la figura di paniere, e l'iscrizione dice :
FVIT ANTISTIA VXOR MIHEI
FEMINA OPITVMA \EIXIT
QVOIOVS CORPORIS BELIQVIAE
QVOD SVPERANT SVINT
IN HOC PANARIO.
11 titolo funerario esprime sovente il legati del defunto, od aggiunge pene contro
quelli che trascurassero la sua ultima volontà. Questa consisteva per lo più in doni o
banchetti da farsi il giorno del loro anniversario , o di sparger olio, rose, vino, latte,
sangue di vittime. In un frammento del museo Veronese sono lasciali dodici mila ses-
terzi al collegio de' Navicoli, affiochè ex ejvs svmmce reddilv rosalia et parentalia jvsto
fìlio, jvstae vxori et sibi omnì anno in perpeivvm procvrent ; e cinquecento altri: in
memoriam fortvnatae libertae ob eandem cavsam; e altri seicento : vt moiivmentvin re-
mvndetvr.
Acciocché le multe fossero effettive, venivano assegnate al fisco o ad un collegio sa-
Cantù, Docmuenti, — Tom. I. Archeohqia e Belle Arti, 18
274 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
cerdotale : Si qvis hoc sepvlcrvm vel monvmentvm cvm aedi fido vniverso post obitvm
mevm vendere vel donare volverit, vel corpvs alienvm invehere vellit , dabit poenae no-
men arkae pontifìcvm is. e. m. (centomila sesterzj ?; ; et ei evi donatvm vel venditcm
fverit, eadempoena tenebitvr.
Appartiene a tempi antichi questa artiflziosa e nobile (ap. Okelli, 4848) :
UOSPES, QVOD DEICO PAVLLVM EST . ASTA AC PELLIGE .
HEIC EST SEPVLCRVM HAV PVLCRVM PVLCB,«1 FEJllJi* .
NOMEIV PARENTES NOMINARVNT CLAVDIAM .
SVOM MAREITVM CORDE DEILEXIT SOVO .
GIVATOS DVOS CREAVIT . HORVN ALTERVM
IN TERRA LINQVIT, ALIVM SVB TERRA LOCAT .
SERMONE LEPIDO, TVM AVTEJI IIVCESSV COMODO .
DOMVM SERVAVIT . LANAM FECIT . DIXI . HABEI .
La seguente, trovata a Modena (ap. Gruter., p. -1098), è per una liberta della fami-
glia Pompea :
CN . POMPEJVS CS . MAGNI . F . LIB . ISOCHRVSVS SIRI ET POMPEJ* MAXIM* CONLIBERT.B SV* FEMIM
JVCVNDISSIM/E EX QVA NIHIL VNQVAM DOLVI MSI CVM DECKS8IT.
È il motto che attribuiscono a Luigi XIV per la morte della sua Maria Teresa.
Notevole è pur questa (ap. Orelli, 4648):
DIS MANIBVS CVPITI.E FLORENTIN* CONJVGI PI/E ET CAST* JANVARIVS PRIMITIVVS MARITVS QVALEM PAVPfHTAS
POTVIT MEMORIAM DEDI.
Togliamo da Champollion quest'altra lìonese :
D. M. AEMILI VENVSTI MIL. LEG. XXX. V. P. F. INTERFECTI
AEMILI. GAJVS ET VENVSTA FIL. ET AEMILIA AFRODISIA LIBERTA MATEH EORVM INFELICISSIMA PONENDV.M
CVRAVEHVNT ET SIRI VIVI FECER. ET SVB ASCIA DEUICAVBR.
ADITVS LI BER EXCEPTVS EST.
LIBRARIVS EJVSD. LEG.
Il senso è : Diis manibus jEmilii Venusti^ militis legionis trigesimce victricis pia: fe-
licis interfecti.
Jìmilius Gajus^ et Venusta fìlia, et JEmilia Afrodisia liberta mater eorum infelicissima
ponendum curaverunt et sibi vivi fecerunt, et sub ascia dedicaverunt.
Aditus liber exceptus est .
Ipseerat librarius ejusdem legionis.
Questo Emilio Venusto non ha il soprannome ma il nome di una gran famiglia ; in
dizio ch'egli fosse uno schiavo di nome Venusto liberato da un di casa Emilia; e cos
la moglie sua, di nome Afrodisia finch'era schiava. Il figlio ha il prenome del padre, e
la figlia ne ha il cognome. Era soldato delia 30" legione, la quale era soprannomata Vit-
toriosa, Pia, Felice ; e restò ucciso. La moglie e due figli gli fecero alzare il monu-
mento su un'area dapprima libera e di cui allora fu chiuso l'accesso. Finita l'iscri-
zione, si riparò ad una ommissione coll'aggiungere che egli era stato scrivano della
legione.
Nei recenti scavi della via Appia trovossi quest'iscrizione :
HOC EST FACTVM MONVMENTVM
MAARCO CAICILIO
BOSPES GRATVM EST QVOM APVD
MEAS RESTITISTEI SEEDES
BENE REM GERaS ET VALEAS
DOHMIAS SINE QVRA.
e quest'altra :
IlOSPES RESISTE ET HOC ADGRVMVM
AD L/EVAM ASPICE VHEI
CONTINENTVB OSSA HOMINIS BONI
MISERICOBDIS AMANTIS
PAVPERIS BOGO TE VIATOR MONVMENTO
BVIC NIL MALE FECERIS
C. ATEILIVS SERRANI L. EVBODVS
MARGARITARIVS DE SACRA
VIA IN HOC MONVMENTO
CONDITVS EST. VIATOR VALE.
RITI SEPOLCRALI 278
Ivi pure si ha la formola singolare: neqve heres mrvs, nkqve iieredive meorvm,
NEQVE CVIQVAM LICEV1T IN EA AEOE P0NERE NEQVE COUPVS NEQVE OSSA.
In una napoletana : qvaji senect.je me.e dolvm reli.nqveue {BuH. archeol. nap. N" SI);
ov'è a notare il nostro duolo per dolore.
A Sinigaglia fu trovata una con professione d'epicureismo : t. flavivs hurtialis me
SITVS est. QVOr» EDI, BlRl, MECVM HARKO. QVOD REI.IQVI PERDIDI.
Una nel museo di Como è preziosissima perchè rivela molti costumi funerarj :
ALBIN/E
VETTI FIL
VALERIAN/E
PVDICISS. FEMIN
P. APPIVS P. F. EVTICHES
AD CVJVS MEMOBUM COLENDAM HVIC
COLLEG. DErSDROF. LEG. HS. C. N. 1 DE CVJVS SVM
MM REDDITV QVOTAIVNIS DIE NATAL.
EJV8 HI ID. APBILIS DECVR. SPORTVL.
EX X eco 2 INTER PR;i;SENT. ARIilTR. SVO DIVID.
OLEVM ET PROPIN. EX X CCL PR/EBEANT. ITEM
LECTISTERMVM TEHIPORE PARENTALlOR. EX X CC
MEMORIIS EJVSD. VALERIANA ET APPI VALERIÀN.
FIL EJVS PER OFFIC. TESSERARIOR. QVOT ANMS PONA
TVR ET PABENTETVR ITEM CORON/E MVRT. TERNi;
ET TEMPORE ROSS JVL TERN* ElS PO^ANTVB
MICAT* DE X SELECTIS. EX X L. PROFVNDANTVB
ITEM APPIVS EVTYCHIAtVVS MARITVS EJVSDEM
VALERIANA SCeOL* VEXILLAHIOR. LARGITVS
EST nS XXXX. N. 3 EX CVJVS SVMM« KEDDITV QVOT
ANNIS DIE SS 4 NATALIS EJVS ANTE STATVAM LEO
TIST. EX X CCL. PONANT SPORT. X CCL. INTR. PR/ESENT.
SIRI DlVlD. OLEVM ET PROPIN. PER ROSAM PRSBEANT.
DD C F C ■>.
Tali funzioni erano per lo più affidate ai collegi, o corporazioni di arti e mestieri. In
ogni città aveasi quello dei fahri ; in altri aggiungeasi quel dei centonarj ; e così quel
dei dendrofuri, dei dolabrarj degli scalarj, dei tefiaerarj^ dei vessillatori^ ed altri, sulla
cui significazione, come dicemmo, non ben si conviene.
Oltre i sagrifizj alle tombe, talvolta si ordinava di farne volar via una farfalla: here-
DIBVS MEIS MANDO ETIAM CINERE VT MEO VOLITET ÈBIUVS l'APILIO.
Presso Modestino, la legge 4i Milvia, D. de manumi ss. testam., ha questa for-
mola: Saccus servus nieus et Eutychia et Hiene ancilla' meo; omnes sub hac conditione li-
beri sunto, ut monumento meo alternis mensibus lucernam accendant, et solernnia ìnor-
tis peragant.
Alcune volte i voti che si fanno pei morti sarebbero più convenienti a vivi, come in
questa (ap. Gruter., p. 804-5J :
D. M.
marcane:
e. F. VERiE
T. C^SIVS
ITSIMACnVS
CONJVGI SANCTISSIM*
ET SIRI VIVOS POSVIT
VER TIBI CONTRIBVAT SVA MVNBBA
FLOREA GRATA ET TIRI GRATA
COMIS NVTET «STIVA VOLVPTAS
HEDDAT ET AVTVMNVS BACCHI
TIRI MVNERA SEMPER AC LEVE
filBEBNI TEMPVS TELLVBE DICETVB.
{\) Legavit sextertia cenlummillia mimmum. (A) Suprascripta.
(2) Demariis (ercenlit- La x è nota del dmiaro. (5) Dendrophvrorutn coUegium faciendumcu-
(3) SexterHa quadraginlamUlia nummum. ravit.
276 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
Ovvero un titolo onorario veniva tramutato in epitafio al morire di quel personaggio,*
siccome noi reputiamo esser avvenuto alla seguente lapide comasca, ove le due ultime
linee sono aggiunta posteriore, ed ora illeggibile :
L. CAECILIVS L. F. CILO
un. VIR. A. p.
QVI TESTAMENTO SVO HS. N. XXXX MVIVICIPIBVS
COMENSIBTS LEGAVIT EX QVOBVM BEDDITV QVOT
ANNI PER NEPTVNALIA OLEVM IN CAMPO
ET IN THEBMIS ET BALINEIS OllNIBVS QVAE
SVNT COMI POPVLO PREBEHENTVR T. F. I. ET
L. CAECILIO L. F. VALENTI ET L. CAECILIO L. F. SECVNDO ET
LVTVLLAE PICTI F. CONTVBERNALI
iETAS PROPEBAVIT. MORIENDVM FVIT. NOLI PLANGERE MATER. MATEH
KOGAT QVAMPRIMVM DVCATIS SE AD VOS.
Alle volte vi si soggiungeva una sentenza, come nel seguente ;
e. JVLIO AVG. L. FHAEBO RVFIONINO CESTVS DE SVO FECIT.
e in quest'altro, formante base ad una statua comasca ;
P. ATILI
MORBORVM
p. F. OwentincB
VITIA ET mS.
SEPTICIANI
MALA MAXIMA
GBAMMAT. LATINI
FVGI
evi OBDO COMENS
NVNC CAREO POENIS
ORNAMENTA
PACE FRVOB PLACIDA
DECVa DECBEVIT
QVI VNIVERSAM
SVBSTANTIAU
SVAM AD REMPVBL.
PERTINERE VOLVIT
Il seguente è femminile, e ci attesta l'uso di porre delle are o mense ai sepolcri :
APLASIA L. F. PAVLLINA ARAS TRES SIBI ET Q. GOBIO ANTIQVO VIRO SVO ET Q. CORRI* Q. F. PAVLLIN*
FILI* SSJE TESTAMENTO FIERI JVSSIT MACERIA CIRCVMDATA.
48S. — Miscellanee.
Sotto il titolo di miscellanea radunansi le iscrizioni di oggetto, materia e forma varia,
0 non possibili a stringersi in una categoria. Tali sono quelle nei suggelli da lettere,
0 in alcuni più grandi per improntarne vasi, tegoli, pani, canne di piombo ; oltre quelle
con cui stampavansi gli atti di pubblica fede, al modo del tabellionato dei nostri notaj.
Se ne poneva anche ai doni e alle strenne di capodanno ; e su anelli o altri vezzi, come
Hospita, felix vivas; Pignus amoris habcs; Amo te -^ ama me; Tu mea Venus. Spon
lesse sopra un anello probabilmente di cristiana :
-j- Tecla segella
-)■ Tecla vivai Beo cum marito seo
E su bicchieri: Vivas; Valeas vincas ; Nugas vivas; Autbibas aut abeas. Sopra un
tegolo Cn. Dom. Jmandi\ valeat qui fecit. Sulle lucerne che servivano alle feste Satur-
nali si trovano augurj, come Annum novum faustum felicem mihi ; sovra una lampada
pubblicata da Caylus Annum novum faustum felicem libi; sovra un giuoco di dadi
Petronilla lude felix salvo Cyriaco cum tuis omnibus.
Al collare d'un servo: Janaario^ dicor, servvs svin Dextri exceptoris senatvs, qvi
manet in regione qvinla in area Macari. Un altro pel medesimo uso fap. Kabiiktti, 52:2J
è cosifatto:
ISCRIZIONI PAIIIETAKIE
277
E un consimile trovasi nel museo Fiorentino, tondo, di bronzo, iscritto: Tenerne
qvia fvgio, et revoca me in via lata ad Flavivm dominvm mevm.
Letronne illustrò un papiro greco , contenente la ricompensa promessa a chi riconclurrà due schiavi fug-
giaschi (l'Alessandria. Parigi -1853.
Il dotto Marini avea fatto una copiosa raccolta d'iscrizioni doliarie, cioè di quelle
brevi, che con uno stampo s'improntavano nella
creta ancora molle, fossero vasi, lucerne, anfore,
diote. Isolate, poco o nulla esprimono: ravvici-
nandole, s'illustrano a vicenda , e ritraggono i
costumi. Da esse si dedussero alcuni nomi di con-
soli per compierne la serie o accertarne il co-
gnome ; altri di magistrati eponimi della Sicilia,
e dei mesi che in quell'isola si usavano : in oltre
servono a determinare l'età degli edifizj ove si
trovano. Dai tegoli e dai mattoni di Babilonia
vennero le principali cognizioni dedotte dalla
scrittura cuneiforme: i romani portano il conso-
lalo, il nome del vasajo o del padrone dell'offi-
cina 0 del podere, il numero di misure che il
vaso conteneva. Sopra un coagio era scritto:
IMP. C.ISABE
VKSPAS. VI
COS
T. C.€S. AVO. F. mi
MElNSVB.i: EXAGT.E
IN CAPITOLIO
P. X. (pondo decem)
Sui vasi funerari faceasi il nome del defunto. Marche consimili portano le canne di
piombo degli acquedotti, e una delle belle è questa :
AQVA THAJAKA Q. ANICIVS Q. V.
AM'OMA.V.
CVB. THERMARVM TARIANABVM.
N'ha pure su candelabri, elmi, corazze ed altri arnesi.
Altre iscrizioni indicanole botteghe o le officine; e ad un'osteria di Lione leggevasi.
MERCVBIVS HIC LVCRVM
PBOMITTIT APOLLO SALVTEM
SEPTIMANVS HOSPITIVM
CVM PRA>D10 QVI VENERI!
MELIVS VTETVB POST
HOSPES VBI MANEAS PBOSPICE.
§ 186. — Iscrizioni parietarie.
Un genere bizzarro d'iscrizioni si dedusse ultimamente da Pompej, quelle che si
scriveano sui muri,' fossero insegne di botteghe, fossero insulti di monelli, fossero
scherzi de'soldati nei loro quartieri. Per lo più sono in colore rosso e caratteri rozzi,
ovvero a sgraffio.
278 archeologìa e belle arti
Una, probabilmente d'amante posposto, e che voleva insultar la donna, dice: Alter
amat, alter amatur^ ego fastidio; e un arguto vi soggiungeva: Qui fastidii amat. S'uQ
altra: Epaphra, pilicrepus non es ; Epafra, non sei bravo giocator di palla».
Talune sono scherzi, come questa lettera: Pyrrus e. Hejo conleyoe sai. Moleste fero
quod audivi te mortuum : itaque vale; e un'altra sul muro del palazzo di giustizia: Quod
pretium legi? Quanto si vende la giustizia? »
Altre volte sono acclamazioni per le elezioni, ovvero programmi ; e in questi talora
loggesi 0. V. F., che prima interpretavasi oratut faveat, onde si credevano implorazioni;
mentre ora si legge orat ut faciatis. Altre esprimono : « il servo addetto alla fornace
riverisce l'edile Secondo»; ovvero: « 11 falegname e i carrettieri si raccomandano al-
l'edile Marcellino » -, ovvero: « 1 fruttajuoli tutti con Elvio Vestale impetrano il favore
di Olconio Prisco decemviro '>; oppure : « La famiglia gladiatoria di Nomerio Pompidio
Rufo ai 29 ottobre darà una caccia a Pompej ; — ai 20 aprile nell'anfiteatro vi saranno
tende sostenute da pertiche per cura di Ottavio; vivete felici ». Una dice :
Hic venatio pugnabit
V kalendas septembris
Et Felix ad ursos pugnabit
Alcune sono affìssi per trovar cose perdute: Urna vinaria periit de taberna. Sei eain
quis retulerit, dabuniur hs Ixv. Sei furem quis abduxerit, dabit decumum (il doppio)
Januarius qui hic habitat. Molte volte sono versi d'autori, scorrettamente scritti, come
di Virgilio, Properzio, Ovidio : nessuno di Orazio.
Ci sono annunzj d'affìtti o di vendite :
In prcediis Julice sp. felicis,
Locantur
Balneum venerium et ìiongentum tabernce
Pergula;
Coenacula ex idibus aug. primis in idus
Aug. sextas
Annos continuos quinque
sqdlenca
Smettium verum ade.
Le quali ultime sigle devono forse leggersi : Si quis dominum loci ejus non cogno-
verit, ad...; ma sono strane quelle novecento botteghe in una sola città. Pergole
chiamavansi i terrazzi dove i venditori esponeano le loro merci: i cenacoli equivalgono
alle trattorie.
Un venditore di zampetti assicura che, serviti che se ne siano, i convitati leccano la
pentola ove furon cotti:
Ubi perna cocta est si convivoe apponitur
Non gustai pernam, lingit ollam aut cacabum.
Un ghiotto esclama : Quce gula qucecumque in vino nascitur ; un altro : Ad quem non
ermo, barbarus ille mihi est. Uno schiavo liberato: Labora, Aselle, quomodo ego laboravi,
et proderit tibi. Uno impreca; Asellia tabescas; un altro taccia dì ladro: Oppi embolari
(facchino) fur furuncule ; e con espressione più mercatina: Micio cocio tu tuo patri ca-
canti confregisti peram.
Un giovinetto scrisse:
Candida me docuit nigras odisse puellas:,
e una donna, o fingendosi donna, vi soggiunse:
Oderis, et iteras non invitus;
Scripsit Venus Fysica Pompejana.
E molte ricorrono dichiarazioni amorose; per es. : Auge amat Arabienum; Methe
Comini<es atellana (commediante) amat Crestum corde. Sit utreisque Venus Pompejana
propina, et semper concordes vivant.
Anche Cicerone {In Verrem, ni. 35) ci fa sapere che contro l'amasia di Verre i Sici-
ISCRIZIONI PARIETALE tjy
liani scriveano satire fin sopra il tribunale e la lesta del pretore: De qua muliere versus
plurimi supra tribunal et supra pneloris caput, scribebantur.
Quelle iscrizioni diecler ajuto a capirne altre, che prima non intendevasi alludessero
ail'abiludine di gralfire sui muri con un aguto o con carbone o minio. Cosi a Forlim-
popoli leggeasi : ita oandidatvs fiat hunouatvs tvvs, et ita gratvm edat mv>'V9 tws
MV.\i.RAUivs, ET TV I ELix sciUPTOK SI HOC NO.N scRiPSEiiis ; // tuo Candidato giunga agli
onori, e ti dia in compenso U7i combattimento, purché tu non lu iscriva qui ; cioè desi-
derava non scrivesse su quella fabbrica il suo voto. E principalmente faceasi tal pre-
ghiera sul sepolcri che, come espisti lungo la via, erano prescelti per porvi le iscrizioni.
FARCE OPVS HOC SCRIPTOR TITVH QVOD ITCTIBVS VRGENT
SIC TVA PB.*TOHES SEPE MANVS REFEBAT
è la fine d'un epitafio a Mola di Gaeta, riferito da Mommsen [Inscript. regni napoletani) •
come quest'altro: insckiptou rogo te vt transeas hoc monvmentvm ast.. . an qvoivs
CANDIDATI NOMEN l.N HOC MONVMENTO l.NSCRIPTVM FVEIUT REPVLSAM FEKAT KEQVE HO.NOREM
VLLVM GERAT ; Prcgo lo scribacchiante a lasciar intatto questo monumento ; . . . il candi-
dato, il cui nome vi sarà scritto, possa esser rejetto nelle elezioni, e non giunga ad onore
alcuno.
Alle voUe l'iscrizione è tale, che chi la legge imprechi a se stesso; come la 4840
deirOrelli : m. camvrivs horanvs h. m, h. n. s. sed si hoc mo.nvmemo vllivs candidati
NOME.N iNsci'.iPSEi'.o iNE VALEAM; Mal mi Capiti se a questo monumento iscriverò il nome
di qualche candidato; mentre la 4731 dello stesso dice: ita valeas scriptor uoc monv-
mentvm pR.'ETERi ; Ben t'avvenga se non scarabocchi questo monumento. E dianzi presso
Narni fu trovata questa : ita candidatvs qvod petit fiat tvvs et ita perennes scri-
ptor OPVS hoc pr.^teui hoc si impetro at FELIX vivAS BENE VALE ; Il tuo Candidato di-
venga ciò che desidera, e tu abbi lunga vita; manon scrivere su questo monumento. Se
mei concedi, t'auguro salute e bene.
Pompej era città osca, e però gli annunzj e le indicazioni faceansi spesso in quella
lingua, come le vediamo in vallone e in francese a Bruxelles; ed una sifatta diceva:
« Innanzi alla torre duodecima sta l'osteria di Sarino ».
V'abbondano più che mai le scorrezioni grammaticali, e il programma d'un dram-
matico finisce Saturninus cum discentes rogut: e quegli sbagli molte volte servono di
riprova alla coesistenza d'un parlar vulgare, e alla sua somiglianza col moderno italiano,
_Cosmus nequiiiceest magnissimcE, esclama uno ; un altro : 0 felice ine; un terzo: Itidem
quod tu factitas cotidie . . .
WORDSWORD, Pompeian inscriplions. 1837.
Avellino, Osservazioni sopra alcune iscrizioni pompejane grajjìle sul muro. 1840,
GuABiM, Fasti duumvirati ed annali della colonia di Pompej. Napoli 1842.
Garblcci, Inscriplions (jraxées au Irail sur les murs de Pompej. 1854.
FiORELLi, 3Jon. epigrapliica pompejana. Napoli 1854.
Appartengono alla categoria stessa le iscrizioni che sui monumenti d'Egitto lascia-
rono quelli che in diversi tempi le visitarono, massime sulla statua di Memoone figlio
dell'Aurora. Se ne fece una classe distinta col nome di 7:f>or7zu;:/v/^jMaT« o atti d'adora-
zione (§ ITo). Dalle tombe di Biban el-Moluk ben centoventitre se ne raccolsero, quali
scolte, quali graffite, quali tracciate c(tn inchiostro, la più parte de'tempi romani. Una
greca a inchiostro rosso, illustrata da Lelronne nel Journal des Savants 1844 p. '46
dice; « Io daduco dei santissimi misteri dEleusi, Nicagora ateniese fielio di Numiciano'
venuto visitare le siringhe lungo tempo dopo il divino Platone d'Atene, le ammirai, é
resi grazie agli Dei, come al piissimo imperatore Costantino che mi procurò questo fa-
vore ». Daduco era il secondo grado nel sacerdozio d'Eleusi, dove il primo era ì'Jero-
fante, terzo Vjerocerice, e quarto Vepibomio.
Sarà importante lo studiare i proscunemi demotici, per vedere il passaggio dell'an-
tica lingua al copto.
280
ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
g 187. — Tessere.
Le tèssere son così dette da TET^eoe.;, forma jonica di rsT'iape? quadrate, perchè tali in
principio ; e n'aveva di molte sorta. Alcune erano contrassegni dati ai militari per
distinguerli dai nemici. Tesserai beili distribuivansi alle sentinelle notturne colla pa-
rola d'ordine, portavano il nome della coorte o della compagnia del soldato. Altre
erano distribuite dagli imperatori al popolo per ricevere donativi.
Caylus adduce tre tessere per teatro, d'avorio, ben lavorate con bassorilievi. A Pom-
pej se ne trovarono altre, che portavano la facciata del teatro, colla porta mezzo aperta,
e con una scala di tre gradini ed una sbarra; al rovercio era aicxyAoy: in un'altra
tessera vedesi figurata la cavea divisa per cunei, e sul rovescio hmikykAia. Questa in-
dica il posto a cui si entrava con quella tessera : il nome dell'altra non esprime che si
rappresentasse un dramma d'Eschilo, ma che dava l'entrata alla galleria di muro, delta
dai Romani mceniana^ e dai Greci eschilo. Una tessera teatrale rinvenuta ultimamente a
Pozzuoli, d'avorio, ha la forma di gambero, e porta un r e un III, cioè il 3 in greco e
in latino ; e forse la forma allude colla sua iniziale G al numero stesso.
Nei teatri talvolta un'iscrizione indicava i posti. Così in quello di Siracusa : BauOiiiuz
filtirirh; - /3a(Tt),t(j(7a; i/npvìioo; - d'io; o'nfj.niov, cioè tòro; posto della regina Filisti, della
principess Nereide, del gran sacerdote di Giove Olimpico, in quel di Milo: vcavtcxwv tótto.-,
uptv&j^viv Torro:; posto de' giovani, posto de' cantori degli inni.
Altri pubblicarono tessere gladiatorie, ovali con figure umane e rami di palma, ov-
vero oblunghe colla fiocine o il tridente e la palma. Una se ne t'ovò a quattro faccie :
sull'una M. siL. l. no. b. coss. [Marcus Silanus, Lucius Norbanus Balbus consules) ;
sull'altra il giorno della festa a. d. x. k. nov. (ante diem decimum kalend. novembris) ;
sulla terza marcellinvs q. max. cioè il nome dell'atleta Marcellino, appartenente a Q.
Massimo; sulla quarta tasvcio, che forse è un altro nome dell'atleta.
Tessere di passaporto, per lo più di bronzo, davansi a chi dovea condur roba od
altro.
Le tessere paganiche erano tavolette votive che si distribuivano nei pagi per sagre e
riti religiosi ; esempio:
Immagine di dea.
TESSÉRAM. PAGA
MCAM. L. VERA
TIVS. FEUCISSI
MVS. PATRONVS
PAGANVS PAGI <5
TOLE?iTINES. HOS
TIAS LVSTRET. TESSR
AER EX VOTO... L. DD
V ID. MAS. FELICIT.
Di tessera ospitale dapprincipio serviva un oggetto qualunque, che si divideva in due
parti, l'una dandosi all'ospitante, l'altra all'ospitato. N'è già cenno in Omero: se
n'estese l'uso, e facevansi di materie e forme diverse, improntate con parole allu-
sive. A Petilia nell'Abruzzo il MSo se ne trovò una in dorico, che si giudicò di
cinque o sei secoli anteriore a Cristo. Una d'avorio rinvenuta nelle campagne del
Lilibeo, in greco esprime: Imilcone d'Imilcone di Jnibale Chiare, ospizio fece con Lisone
di Diognete e co' posteri di lui ; e sul dritto ha due mani stringentisi (L'uso di stringersi
la destra in segno di patto e di amicizia è antichissimo). Se n'ha alcune su pietre pre-
ziose. Questa tessera d'ospitalità e patronato del 471 di Roma, fu prodotta dal Marini,
Atti dei Fratelli Arvali, t. ii, p. 782 ;
ISCRIZIONI METnicnn
281
P. SVLPICIO QVlRIiSO C. VALGIO COS.
SENATVS POPVI-VSyVE CIVITATIVM STIPE>Dr\RIOUVM
PACOGV^ZE^SE.S UOSPITIVM FECEnVINT QVOM L. DOMITIO
C\. V. L. N. AHENORARIIO PRO COS. EVMQVE ET POSTERIS
EJVS SIRI POSTEHISyVE SMS PATRONVM COPTAVERVNT
ISQVE EOS POSTEROSQVE EORVM I\ FIDEM CLIENTELAMQVK SVAM RECEPIT.
FACIV>nVM CAEHAVERV>T AMMICAR MIICIIATOMS F.
CVNASVN RONOAH AZZUVRALrS F. «TnOCVllZE^SIS
MVTIIVNRAL SAPUOMS F. CVI. NAS. VSITENSIS.
Le tessere convivali od erano inviti a pranzo, come talora ne distribuivano i generali
ai loro soldati {Comul extemplo texseram ilari juhef, ut prandeant miles. Livio, ix. 52);
0 più spesso tessere portanti il nome o l'impronta di qualche oggetto di molto odi
niun valore. Gettavansi in un vaso, e i convitati ne estraevano uno, e toccavano il dono
in esse o notato a numeri o talora disegnato. Talvolta hanno dei motti, come Fauste
vivas, 0 De vero falsa ne pant judice falso.
Tessere frumentarie e numerarie si davano per le largizioni di grano o di danaro, e
indicavano il genere delle largizioni, come au. xii, argenti duodecirn.
Stefano Morcelli, Delie tessere degli spettacoli romani, con annotazioni del Labus. Milano t827.
Arditi, Delle tessere gladiatorie. Napoli 1832.
§ 188. — Iscrizioni metriche.
Le iscrizioni cristiane formano una classe a parte, di cui parleremo più avanti.
De' soprascritti generi la maggior parte sono m prosa ; ma non ne mancano in versi.
Una raccolta ne fece il p. Bonada, Honia 1731 ; e meglio V Antologia di Bciìmaxn ; e
Orelli, Eclogce poetaruni lalin., Zurigo ISriS. In alcune il verso è mescolato alla prosa,
come s'è veduto negli esem|)j precedenti.
Lo stile delle iscrizioni, spesso buono e conciso, molte volte è cattivo; e chi voglia
formarsene uno epigrafico lodevole, più che dalle lapidi, trarrà giovamento dagli autori,
e principalmente da Livio e Tacito. Cornelio iN'epote era di preferenza raccomandato
dal .Mercelli, non so perchè. Potrebbe anche servire Aurelio Vittore, il quale sembra si
valesse d'iscrizioni antiche, di cui crederi riscontrar le formole, che staccansi dal suo
latino scadente. Le leggi raccolte nel codice giustinianeo e nelle Pandette pajono a me
i modelli più insigni.
§ 189.
Scorrezione. I lapidarj.
Si potè da questi eserapj anche vedere quanto spessi occorrano errori di grammatica
0 idiotismi; e andrebbe a precipizio chi dalla scorrezione sentenziasse la falsità di una
lapide. Vedasi quesl'epitafio encomiastico, tolto dallo Spon: Epitaphivm hvnc qvintvis
(quod iotuerisj lector bone recordationis Agapi negotiatoris membra qviescvnt, nam
fvit iste stacio miseris et portvs eginis omnebs arcs ^omnibus arx) fvit, precipvc loca
sanctorom adsedve et elemosinam et orationem stvdvit. Vixit in pace anns Ixxxv ùb. viii
hai aprilis Ixi p. e. Jvstini indictione qvarla.
È di tarda età; ma un'iscrizione che stava sotto la statua di Flavio Mariano al Miseno,
del 159 d. C, ha: Ponte lignevm qvi per mvlto tempore velvstate conlapsvs adqve de-
stitvtvs fverat per qvo nvllvs hominvm iter facere potverat . . .
Abbiamo di Franz (Corpus, inscript, grsec. So54) eda Orelli (4223J i titoli delle insegne
di scultori di lapidi.
TITVLI D. M.
HEIC TITVLOSSCR[
OBDINAiNTVR'ET BENDOS VEL
SCVLPVNTVK SI QVID OPE
AIDIBV.S SACREIS BIS MAI5M0R
CVM OPEUVM ARI OPVS FV
PVBLICORVM EIUTIIICHA
BES
CTIIMI
E0NAAE
nnOYNTAl KAI
XAP ACCONTAI
NAOIC lEwPAC
C\N ENEPIEIAIC
AILMOCIAIC
282 ARCHEOLOGIA E «ELLE ARTI
Erano spesso gente rozza questi fnarmoraj ; e non di rado le iscrizioni restavano ef-
rate e guaste; e ne abbondano esempj nelle collezioni. E però Sidonio Apollinare, di-
rigendo a Secondo un epitafio, gli raccomanda: Vide ut vilium non faciat in marmore
lapicida : quod factum sive ab industria, seu per incuriam, niihi magis quam quadra-
tario iividus lector adscrihat. Epist. iii. 12. Pure talvolta il marmorojo metteva il pro-
prio nome, p. e. exculpsit et scnpait Donatus, o si raccomandava a Dio e ai santi.
Pare certo che, ad uso degli intagliatori e dei compositori di epitafj si avessero for-
mular]; ne' quali è naturale cbe trovassero principal luogo le formole estratte dai mi-
gliori scrittori. Da ciò il trovarsi queste ripetute sovente, tanto in antico quanto e pili
ne' tempi cristiani. Così su due marmi diversi a Roma leggesi Namque dolor talis non
mine ubi contigli uni (Mukatori, N. tlies. 1259. 10. Ficouuni, de larvis p. 107 nell'uno
è omraesso il nunc, per isbaglio dell'intagliatore): in due altri,
Decipimur votis et tempore fallimur et mors
Veridet curas anxia vita nihil,
(Grutero imcr. 677. 12. Zaccaria ecc inscr. liter. p. '119J. Questa di Verona vivile felices
moneo mors omnibus mstot è ripetuta a lievagna (Waffei, i)7us. ver.p. il2. FxBRtrriin-
script. ani. e. in. n.438jeconuna tenue variante questa a Verona e a Torino. (Maffei 172.
2 : 2^3. 7.) Qairere cessavi nunquain nec perdere desi^ mors intervenit nunc ab utroque
vaco; e quest'altra a Arlese a Homa Te lapis obtestor leviter super osia quiescas (Dumunt
inscript, ant. d'Arles n. 50 : Gkuter 585. 3) ripetuta pure presso Fiooro.m colla variante
te lapis obtestor leviter super ossa residus. A Roma tre volte son i due seguenti: in hoc
tumulo jacet corpus exanimis cujus spiritus inter deos receptus est sic enim meruit No-
lite dolere eventum mcum properavil cetas hoc dedit fatuin iidhi ( Boluetti Osservazioni
p. 455. Orelli n, 741 8; Jau.n, Specirnen epigraphicum p. 46. 98 e 99). Due epitafj a Roma
cominciano Domino fìho innocenlissimo et dulcissimo bono sapienti (Gruter 1057. 12.
GuDius 369. 6). Due a Arles filiae karissinm et omni tempore vitce suoi desideratissimce
(Dlmont 86. 89) Facilmente potrebbe allungarsi questa serie. Solo indicheremo come
a due sepolture trovisi l'epitalio che s. Danjaso fece per sé. (Dionvsius 6'rj//jZcB vaticanoe
p. 82. Bkovver Annales Trevirenses 1. 1. p. 61. Gruter 1164. 4): e due altri il principio
di quel di s. Gregorio Magno: suscipe terra tuo corpus de corpore sumptum reddere quod
valeas vivificante deo. Gruter 1175. 1 ; 1168. 1 : Marini Fratelli Arvali p. 492).
§ 190. — Bizzarrie,
V'ha iscrizioni su marmi e più spesso su vasi, che non hanno significazione alcuna,
e pajono capricciosi raccozzamenti di lettere. Altre volte vi si trovò un alfabeto intero;
altre un sillabario. Così nella tomba aperta a Siena il 1698, e descritta dal Bellori
(Picturce antiquce, tav. xi), è scritto sulle pareti l'alfabeto greco antico con qualche
varietà, e il principio d'un sillabario p«,utucp.uvx'./ . . . Questo è ancor più apparente in
un vaso trovato ultimamente dal sig. Gallazzi a Cervetri, alla cui base sta l'intero alfa-
beto greco, e sul corpo il sillabario /3ijSyj3u/3e xi/a'/uxe i^ttTaiju^s »] 1/5 a/, uri e OiOx&jGe (ii^x
ecc. Vedi Annali deW Istituto archeol. t. viii, 188).
§ 191. — Raccolte.
L'importanza delle iscrizioni fu conosciuta di buon'ora, onde se ne fecero raccolte.
Filoeoro avea radunate tutte quelle delle città greche, in un libro che è solo ricordato
da Ateneo. Palemone Periegete ne fece un'altra {nepi xù-j y.orà tio/si; ènfypxixuy.ziMv), e un
catalogo dei doni agli Dei in diversi santuarj. Un'altra ne intraprese Eveemero,
coll'intento di abbattere la venerazione a^li Dei, mostrando che erano stati uomini, e
dove vissuti e morti. Ai tempi alessandrini, molti raccolsero di quelle in versi, col
titolo di mazzo di fiori, anihologioi. In Italia ne cominciarono Cola Rienzi e il Petrarca ;
ma questo studio non acquistò importanza se non quando il Pizzicolli, detto Ciriaco
anconitano, per ordine di papa Nicola V ne radunò di molte con lunghi viaggi in Italia,
in Grecia, in Ungheria. Il Poggio e il Decembrio lo giudicarono un impostore ; ma
(juando la sua raccolta fu nel 1654 pubblicala da Carlo Morone bibliotecario del cardi-
RACCOLTE D'iSCniZlONI 283
tì.ile Barberini, si conobbe che solo spessissimo erasi ingannato, massime nel giudicar
il tempo, l'origine, l'oggetto dei monumenti. L'architetto fra Giocondo fece altrettanto,
e dne codici ne rimangono dedicati a Lorenzo il Magnifico. A Reggio serbasi pure la
raccolta con disegni di Micbele Ferravino carmelitano.
In quel secolo molti fecero colletianef, come ^'ico!ò Perotto, Felice Feliciano, Gio-
vanni Marcanova; Benedetto Giovio delle comasche, l'Alciato delle milanesi ecc. Più
estesa è quella di Pietro Bienewitz detto Ap|.iano {lmcrìi)tione.s sacros aiuta' vefustutis.
ingolstadt 155'»}, radunale da ogni paese. Quelle della sola Roma {Epifjrammata an-
(iquce urbis) furono stampate da Jacopo Mazzocchi nel 15:21, colle cure di Fulvio
Orsino 0 del Colocci. Con questi materiali, e probabilmente coi manoscritti di Onofrio
Panviuio (§ 11] nel 15SS Martino Smezio di Bruges fece un Corpo d'iscrizioni, che ra-
pitogli da un soldato colla vita, fu comprato da Giovanni Douza olandese, e pubblicato
con supplimento di Lipsio, in buon ordine.
Intanto Corrado Peutinger, erudito notissimo per la tavola geografica, pubblicava le
iscrizioni di Augusta (Leida 1549) ; e più ampiamente Marco Welser; Giorgio Douza
quelle di Costantinopoli e della Grecia (Venezia 15yUj; Giovanni Hutlich quelle di Magonza
(1520); rOccone quelle di Spagna (Eidelberga IS'Jbj, Lorenzo Schrader di llalbersadt
nel 4556 raccolse i Monumenta Italice, pubblicati poi nel 1025, classificati secondo i
luoghi dove gli avea rinvenuti.
Con questi materiali Giovanni Gruyter potè ordire un Corpus inscriplionum , base
del quale fu la raccolta dello Smezio; Giuseppe Scaligero vi aggiunse ventiquattro
tavole d'indici e il lavoro fu stampato nel HiO'ó a spese di Marco VYelser borgomastro
d'Augusta; poi un'edizione più copiosa ne fece Giovan Giorgio Grevio, professore di
Utrecht, finita da Pietro Burmann nel 1707 ad Amsterdam. E la più coaipita, ma alcune
sono false, altre guaste; dati per prosa i versi; mescolato l'antico col recente, il greco
col latino; scartate come false alcune sincere. Il medico di Lipsia Tommaso Heioesio
preparava intanto un'altra raccolta, che, sorpreso lui dalla morte, fu pubblicata nel iG82
da Federico Benedetto Carpzow col titolo i>ynlagma inscnptionunt. Un'altra nel 1602
avea fatto Jacopo Spon, intanto che Giorgio Gualtieri pubblicava le sicule, e Gioachino
Ilaginocioo, Giovanni Selden, Jacopo Tommasini, Sertorio Orsato quelle di Wittemberg,
di Arundel, di Padova.
Il Fabretti pubblicava (Roma 1702) le iscrizioni delle sue abitazioni domestiche, il-
lustrate con tal quantità di altre, che può considerarsi come una collezione generale,
con più di quattromila inedite; ma non essendo distribuite per classe e senza indice,
è dilficile il profittarne. Al Grevio è di supplimento la raccolta di Marquardo Gudio,
consigliere del redi Danimarca, pubblicata nel 1731 a Leeuwarden da Francesco Uessel.
Edmondo tbishull primo raccolse iscrizioni greche anteriori all'èra vulgare (Londra
1728); il Koolio un corpo d'iscrizioni greche e latine; il Cori nel 1751 le schede la-
pidarie di Giambattista Doni, che comprendeano ben seimila inedite. Esso Gori nel
1726 avea cominciato a stampare quelle trovate in Toscana, e nel 17i3 die fuori un
terzo volume. Anche Benedetto Passione! nel 1763 pubblicò altre Iscrizioni antiche,
dispo>tc per ordine di varie classi, e illustrate di alcune annotazioni.
Più esteso è il ?^'ovus thesaurus vetcrum i?iscriptionam in prcecipuis earumdem colle-
ctionibus hactenus prwtermissarum del Muratori (Milano 1739), che si valse di mano-
scritti della biblioteca Ambrosiana, e di note somministrate da Giovanni Ciampini e
Prospero Mandosio per le romane , da Giulio Antonio Averoldo per le bresciane, da
Apostolo Zeno per le venete , dal Magliabechi per le fiorentine, e da altri, con uà
bel supplimento del p. Sebastiano Donati , preceduto dall'opera sull'arte critica lapi-
daria. 11 p. Oderici usciva pure con molte epigrafi inedile; Ricardo Kandler colla
collezione delle greche (Oxford 1774).
Il Salomoni pubblicava quelle di Padova , Ottavio Rossi quelle di Brescia , Filippo
Della Torre quelle d'Aquileja, Rocco Volpi quelle del Lazio, Carlo Malvasia le bolo-
gnesi, Olivieri le pesaresi, Ricolvi e Rivoltella quelle di Torino, Malfei quelle di Verona,
Torino e Vienna, De Vita quelle di Benevento, Pacinudi e Blusi quelle raccolte dalla fa-
miglia Nani, Castelli le palermitane, Z;iccheria quelle di Salona , Guasco le capitoline,
Morisani le reggiane, Spreti quelle di Ravenna, Bianchi qudle di Cremona, il cardinal
Noris le pisane, Boldetti e Lupi le cristiane, Bianchini e Gori quelle del colombario dei
284 AP.ciiF.OLor.i\ e belle akti
servi e liberti della casa d'Augusto, Bonada le iscrizioni metriche latine e greche, Maz-
zocchi le tavole eracleesi, Marini quelle relative ai fratelli Arvali, Biagi i decreti degli
Ateniesi, Falconieri le epigrafi atletiche, Fahri le agonistiche... Seguier, che fece il
catalogo delle opere epigrafiche sino al 1775, ne registra circa duemila : tra queste
vi sono dieci collezioni generali d'iscrizioni latine: Grutero, Reinesio, Spon, Doni,
Gudio, Fabretti, MalTei , Muratori, Donati, Marini; che contengono da sessantamila
iscrizioni.
Da Cori, Passeri, Olivieri, Remondini, Mazzocchi, Mafie! , Lanzi furono pubblicate
epigrafi di lingua osca, etrusca, e d'altre antiche italiche: le orientali, di Fenicia, Per-
sepoli, Palmira, Babilonia, daSAvinton, Dutens, Murr, Sacy, Tycksen, Giorgi, Millin.
Nel secolo nostro, cresciuto di tanto il campo dell'erudizione, moltiplicaronsi le rac-
colte d'epigrafi; e a tacere l'innumerabile quantità delle indiane ed egizie, e quelle
uscite dai sepolcreti toscani, e volendo stare solo alle latine e greche, un numero ster-
minato ne danno ogni giorno le nuove esplorazioni della Grecia, dell'Asia Minore, del-
l'Egitto, dell'Algeria. Cardinali, Borghesi, Labus, Lama, Letronne, Orioli, Guarini, Qua-
ranta, Sarti, Marchi, Secchi, Fea, Bunsen, Tiersch, Gerhard, Hagenbach, Lepsius . . .
s'illustrarono coll'esame e la stima di esse: Cavedoni pubblicò le modenesi. Aldini le
ticinesi e comensi, l'Accademia ercolanese le pompejane, Mommsen quelle del regno di
Napoli (1853) Kaodler quelle dell'Istria, Labus le bresciane, Tonini le riaminosi, De Mi-
nici le fermane, Gazzera quelle d'Ivrea, Viola quelle di Tivoli, Lanza quelle di Solona,
Garrucci quelle d'Isernia, Rieti, Cerniti, Fabraterni, Leonji quelle di Todi ecc. Ciò fa
sentire il bisogno di una nuova raccolta compiuta. 11 dottor Augusto Bceck, nel 183S e
seguenti, pubblicò a Berlino un Corpus inscnptionum grcecarum auctoritate et impensis
Acad. liter. regioeborussicce^ ove ri[)roduce tutte le edite dai precedenti, e ve n'aggiunge
di molte; egli non segui la distribuzione per argomenti, ma la geografica, come si suole
colle monete. La raccolta delle iscrizioni trovate in Grecia per mezzo delle ultime ri-
cerche fu pubblicata da A. C. Rangabè, '1842-55, 2 voi.
Una società veronese, spinta da Scipione Mafl'ei , nel 1732 aveva dato fuori il pro-
gramma d'una collezione universale d'iscrizioni antiche latine e greche , etniche e cri-
sliane ben ra"ionando il fatto e il da farsi ; ma il lungo tempo a ciò richiesto fece che
l'opera non fosse che un desiderio. L'Ars critica lapidaria^ che esso Mafl'ei aveva scritta
come prefazione, restò incompiuta, e fu solo pubblicata nel 1775 nel supplemento del
Donati al Themurus del Muratori. L'Orelli pubblicò va' Inscriptionum latinarum sele-
ctarum amplissima coUectio, che sono oltre cinquemila, bene scelte e di eccellente le-
zione (Zurigo 1828).
Nel 1856 Olao Kellermann all'Accademia di Copenaghen, mostrando l'imperfezione
delle dieci raccolte precedenti, venuta dallo accettare epigrafi false , dal ripetere le
stesse con lezioni varianti, dare spezzate alcune che dovrebbero formarne una sola , e
dal non avere abbastanza esalti e copiosi indici, che in tali lavori sono d'importanza
suprema, suggeriva una collezione che tutte superasse, e che abbracciasse le settanta-'
cinque od ottantamila che si conoscono, scartando le false e giungendo fio al vji secolo.
Ma il Kellermann morì del cholera a Roma nell'anno seguente.
La Francia volle assumere (juesta bell'opera, e il ministro dell'istruzione pubblica nel
1843 scelse una Commissione per darvi efl'elto. La collezione avrebbe dovuto tirare sino
al fine del regno di Teodorico, barbaro che regnò ancora colle forme romane; abbrac-
ciar solo le latine o le greche bilingui, lasciando i dialetti italioti. All'ordine per ma--
teria preferivasi il geografico, come si fa nelle monete; credendo con ciò offrire al fi--
losofo e allo storico il modo di seguire il metodico progresso della civiltà romann
traverso ai popoli conquistati, e vedere come, sotto l'uniforme vigore del governo re-
pubblicano 0 imperiale, i municipj, le città, le famiglie conservassero una vita propria,,
che sfu""e allorché si segua l'ordine per materia. E anche vero che tal metodo toglie-
la necessità delle ripetizioni ; giacché, mentre una lapide può essere insieme slorica, en-
comiastica e sepolcrale, non ai)i>ariiene ordinariamente che ad un luogo solo. Da ciò
anche l'opportunità di valersi delle raccolte speciali. All'ordine per materie supplireb-
bero copiosi indici delle sigle ed abbreviazioni dei nomi di divinità, dei nomi proprj,
delle leggi ed ufiizj pubblici, della geografia, della latinità, dei soggetti diversi. Gli av-
venimeati pubblici mandarono al vento questa bell'impresa.
ISCniZlONI FALSE 28S
Intanto fu pubblicato llandhuch der liomischen Epigraphic^ von Karl Zf.l, Eidcl-
borga 1850. Vaì ora è cominciala la Raccolta iV hcrizivni romane deìlWlneria^ per opera
di l.cone llenier, a spesa del ministero (185r>J cbe salgono a circa 4000, fin qua sco-
nosciute.
L'intero Corpo delle epigrafi latine si fa adesso a Berlino.
§ 192. — Iscrizioni false.
Non ci torremo da questo argomento senza ragionare delle epigrafi false tante volte
menzionate. Già anticamente se ne finsero per appoggiare qualche diritto o pretensione.
Erode Attico, per mero capriccio, simulò un titolo greco con caratteri e voci antiche,
il quale ci fu conservato, e trovasi nel Crutero p. 27.
Nel Cinquecento entrò la smania di radunare apografi ; ma se ciò agevolava la fatica
degli studiosi, molti danni ne derivarono. E prima, mosse dal luogo senza abbastanza
tenerne appunto, molte perdettero il significato. A capriccio, o per vendite, o per ere-
dità, passavano di paese in paese, con nuova discrepanza e turbamento de' concetti sto-
rici. Divenute poi oggetto di speculazione, vi fu chi ne finse, e talora con tanta abilità
da illudere i migliori studiosi.
La falsificazione è più difficile pel bronzo. Quanto alle pietre, vuoisi avvertire che le
originali sogliono esser sassi del paese. Il confronto dei caratteri non basta, ma fa duopo
attendere argutamente agli accidenti storici, cronologici e di stile. Più sposso avvenne
che, nella scarsa pratica e nella bambina critfca d'allora, fossero male trascritte; poi,
smarritosi l'originale, restasse tolto il mezzo di correggerle. L'erudito qualche volta si
ingannò scambiando per antico qualche esemplare moderno; ed è famigerato colui che
credette vedere un monumento GEfiùmum Avcvsti nella lapide di un GEmralis oRdmis
Avcvstiniaiii ; e a Milano molti almanaccarono intorno a certe lapidi , che ora stanno
sull'angolo rimpetto al teatro della Scala, e che furono pilastrini posti nel Cinquecento
da un certo Rabia nel suo giardino a sorreggere figure di divinità.
Tra coloro che di proposito ne finsero, massime in quel secolo, è diffamato Pirro Li-
gorio, i cui manoscritti si conservano alla biblioteca torinese; e le sue epigrafi false in-
festarono tutte le collezioni successive. Altre falsificate da Foormont , guastarono la
cronologia e la mitologia. Per non errare coi molti, il Maffei ne condannò parecchie di
genuine, rompendo nell'eccesso contrario. 11 guidarsi rettamente in ciò è la più difli-
cil parte della critica epigrafica, la quale in genere diffida delle iscrizioni di cui non
esiste l'originale.
Tra le false fu ultimamente rejetta da Orelli (Inscrlpt. elveticce coUectce et explicatce)
una che Giusto Lipsio poneva fra' monumenti più curiosi dell'antichità, che Giovanni
Mullcr citò con elogi, e di cui Byron diceva non conoscere composizione più patetica.
Eccola :
JVLIA ALPIJiVLA HiC JACEO - INFELICIS PATRIS INFELIX PROLKS DE,B AVEXTtnO? SACERDOS - EXORARE PATRIS
RECEM NO.N POTVI - MALE MORI IN FATIS ILLI ERAT - VlXl ANNOS XXIIT.
Sembra opera d'un Paolo Guillaume, famoso contraffattore.
§ 195. — Diplomatica. — Definizione e scopo.
Diploma viene dal greco (Jitt/ow;, ed ai Romani indicava le patenti o i documenti
spediti da un'autorità in modo solenne, per istabilire la realtà di alcuni fatti o diritti, e
tramandarne la prova autentica.
Da qui il nome Diplomatica applicato alla scienza che insegna a conoscere queste dif-
ferenti scritture, e giudicarne la genuinità e le dat<' , secondo i carnllcri intrinseci ed
estrinseci. Attesoché Diplomatica s'intitoli pure la conoscenza delle negoziazioni fra gli
Stati, Malfei propose di chiamare questa nostra arte evitica diplomatica. Discernesi dalla
Paleografia in quanto non si occupa dei monumenti in marmo o in metallo.
Uffizio suo è dar a conoscere le materie su cui scrissero gli antichi; gli stromenti
adoperati a scrivere ; le differenti scrilture; la lingua e lo stile diplomatico; i codici;
i diplomi; i sigilli; le date ; le carte diplomatiche in genere ed in ispecie ; i criterj per
discernere le vere dalle false.
ARCHEOLOGIA E BELLE AUTI
§ 194. — Storia dì quest'arte.
Di quest'arte avevano già fatto uso in Italia il Petrarca, il Poggio, il Sigonio ed altri
storici ; poi speciale studio vi posero Zillesio , Leuber e Conring, delle cui discussioni
profittando, il gesuita Papebrochio ne pubblicò il primo trattato (Propileo) nel 1675,
porgendo regole per conoscere il merito dei diplomi. l,a severità sua parve fosse diretta
a scalzare le pretensioni, che Carmelitani e Benedettini fondavano su diplomi; laonde
questi ultimi si applicarono a sifatto studio, ed il Mabillon pubblicò De re diplomatica,
lib. V, nel 1681 , con un supplimento del 1704. 11 Cronicon GotUvicense (1732) fu il
primo, ove si distinsero i caratteri intrinseci ed estrinseci da cui riconoscere l'autenli-
cità dei diplomi -, poi Toustain e Tassin diedero il Nouveau traile de diplomatique {\TÒC))\
Le Moine La diplomatique pratique (6 voi. con 100 tavole, 1741-65) ; i padri Maurini
VArt devérifier leu dates ; Devaines il Dictionnaire raisonné de diplomatique ; Baringio
la Biblioteca diplomatica. Heumann (Commentarii de re diplomatica regum et impera-
torum qermanic. Norimberga 1745-9) ne mostrò l'utilità per la storia e per la politica.
Chevrière diede un Nuovo metodo di ordinar le carte. Giovanni Crisostomo Gatterer
(Elementa artis diplomatica; universalis) volle ridurla più sistematica distinguendola in
grafica, s«Muiotica e formolare : la prima studia la scrittura, la seconda i segni, la terza
le formole de' varj atti. Schoenemann la distinse in esterna ed interna, secondo che si
occupa della forma o del contenuto dei documenti.
Tali divisioni non sembrano però abbastanza piene; e meglio va distinta in generale,
quando tratta dei titoli in genere, dei loro caratteri intrinseci ed estrinseci, della loro
spedizione e conservazione negli archivj; particolare, quando li considera in rekizione
col loro oggetto, cioè come politici, canonici, giuridici, domestici o personali. In tal
caso si serberebbe il nome di Paleografia a tutte le scritture antiche.
Il marchese Maffei ne porse i primi canoni all'Italia colla Storia diplomatica ; ma si
arresta quasi solo ai caratteri estrinseci, per illustrazione dei papiri egizj a cui la pre-
mise. Napoli Signorelli e l'abbate Pelliccia ne diedero lezioni per le scuole istituite a
Napoli e a Bologna, e più estesamente il p. Fumagalli (Delle istituzioni diplomatiche,
t. II, Milano 1802), nella cui prefazione sono indicati coloro che fin allora avevano trat-
tato di tale materia, e conchiude con 118 regole per discernere dai veri i falsi docu-
menti. Taciamo quelli che di qualche sua parte ragionarono. Meglio giovò a questa
scienza l'applicazione fallane dai dotti, quali Labbé , Dupuy, Ducange , Codefroi ,
Bloundel , Baluzio, Marténe, Eckard ; e fra noi Lupi, Muratori, Fontanini, Fantuzzi ,
Marini.
Nel secol nostro, cresciuta la messe colle scoperte, e meglio mostratane l'importanza,
si estesero le scuole e i cultori, e da ogni parte ne maturano i frutti.
§ 195. — Utilità sua.
Sarebbe vanità il voler qui confutare coloro che della Diplomatica fanno beffe. Agli
Enciclopedisti tale dispregio era naturale conseguenza del vilipendio in cui avevano la
storia e del pirronismo che v'introduceano. Chi per poco abbia seguitati i passi diliii
storia, sa quanto essa siasi vantaggiata dello studio delle carte; e non solo per accer-
tare i tempi e i nomi e i luoghi, ma per conoscere le leggi, le costumanze, l'industri.-i,
i varj ufiìzj, lo stato reale e personale d'intere classi, infine quelle particolarità che sono
il colore dato a semplici contorni.
§ 196. — Materia su cui si scrive. Papiro.
Ogni sorta materie fu adoperata per iscrivere: le pietre, come nelle tavole del Deca-
logo e nelle piramidi d'Egitto; il legno per le leggi e talvolta jicr le convenzioni ; e jtio-
nigi di Alicarnasso vide un patto d'amicizia fra Tarqiiinio .Superbo ed i Galli , scrino
sopra uno scudo di legno affisso nel tempio di Giove. Inoltre si scrisse su pelli dì uni-
mali, su foglie, su ossi, su metalli, su tele; fra i Messenj, i misteri della Gran Dea con-
servavansi scritti su foglie di stagno (Pausania, iv, 26;. Dimettendo pel resto a quel clf
i
PAPIRI 287
dicemmo nella Epigrafin, qui ci atterremo alla materia di quelle sole che piìl propria-
mente inteudousi per scritture.
La carta più consueta degli antichi era di papiro, canna che cresce principalmente in
Egitto.
Geraud, Essai sar les liires dans VanliquUé. Paii|;i 18 50.
G. Peioot, Essai historique et archéologique sur la reliure des livres et sur Velai de la librairie
chez les anciens. Ivi <834.
Dureau de La Malie inserì nelle Memorie delVArcademia d'Iscrizioni e Belle Lellere ilei <8ol, ima sul
papiro e sulla fabbrica della carta fra gli antichi.
— Di papiro (dice Plinio, xiir, 25) si fanno le carte, dividendolo con l'ago in sottilis-
sime e larghissime laminette. Quelle di mezzo si hanno per le ottime, e degradano di
pregio secondo che si allontanano da fai punto. Geratica chiamasi la migliore di
queste carte, perchè usata nei soli volumi religiosi ; lavata che sia , appellasi carta
augusta, o di prima qualità; conip carta di Livia chiamano la seconda dalla consorte
d'Augusto; e così la geratica è discesa ad indicare la terza qualità Della quarta era
Vanfìtpatrica, così detta dal luoso dove confezionavasi. Giunta questa in Roma nella
officina del sagace Fannio, fu da lui con un curioso metodo sottigliata in modo, che
di carta plehea divenne principesca, e fannia appellossi ; talché anfiteatrica comin-
ciavano a chiamar quella che sperimentato non avesse la seconda itiano di tal artiere.
Tien dietro la mitica preparata in Saite, abhondevolissima di papiri, colle più gros-
solane fd)re di essi. Delle quali sono ancora peggiori, come più alla corteccia vicine,
quelle di che si compone la carta Iponotica, cognominata così da un luogo vicino a
Saite, che vendono a peso, come non buona a scrivervi sopra, e le si dà l'aggiunto di
emporetìca, ossia mercantile, perchè serve di copertura ai quadprni di carta, e come
stuoja di secca paglia per involgerne merci di ogni maniera. Alla materia della carta
emporetica succede finalmente la parte del papiro che ne forma la corteccia , la cui
estrema superficie, simile allo scirpo, non è buona tampoco a far cordami, se pure
non la si lasci macerare nell'acqua.
Tutte queste carte si tessono sopra una tavola bagnata coH'acqua del Nilo, la quale col
suo limo fa le veci di colla. F primamente la pagina della carta formasi mettendo
verticalmente sopra una favola le laminette del papiro, lunghe come rimangono dopo
recisene le estremità da ambe le punte; dipoi vi si sovrappongono altre trasversal-
mente , quasi fossero cancelli ; indi si mettono allo strettoio, e i fogli asciugansi al
sole e s'uniscono insieme, assorbendo prima i migliori e a mano a mano i men buoni.
Di ogni scapo non vengono più che venti fogli.
Gran differenza ci è nella larghezza loro ; le ottime son tredici dita, la geratica dodici,
la fannia dieci, l'anfiteatrica nove, ed anche meno la saitica, la quale non regge al
martello, ma l'emporetica non oltrepassa le sei. Oltre a ciò vuoisi nelle carte consi-
derare la sottigliezza, la densità, il candore ed il levigato. Claudio tolse il primato alla
carta augusta, poiché la sottigliezza cedeva al calamo con cui vi scrìveano, e lasciava
passar le lettere alla parte opposta ; onde, se anche su questa si fosse scritto , era a
temere che la seconda scrittura non avesse macchiato la prima , senza parlare del
quanto facesse brutto vedere un carattere trasparente. Adunque delle prime fibre del
papiro furono fatte le orditure, delle seeonde le trame. Il medesimo imperatore ne
accrebbe ancora la larghezza : ed era di un piede o anche di un cubito quella che
chiamavasi macrocolla. Ma l'esperienza mostrò nociva questa grandezza, perchè,
quando se ne fosse distaccata sotto il torchio qualche laminetta, come più facilmente
accadeva per la lunt'hezza , molle delle pagine sottostanti ne restavano guaste. Per
tali ragioni la Claudiana fu tenuta migliore di tutte; l'augusta continuò ad essere
usata per le lettere; la livia si mantenne nell'uso cui era servita dapprima, poiché
della Claudiana niente aveva.
Questa carta lisciasi coll'avorio o con una conchiglia; ma i caratteri allora vi sono
poco durevoli. La carta suzza meno l'inchiostro, ma é più lucente. L'acqua limac-
ciosa, con che si sono congiunte le filire del papiro, ove non siasi adoperata ingiusta
misura, rende difficile lo scrivervi, e questo difetto si scopre in batterla col martello,
ed anche in odorarla. Può l'occhio ravvisarvi alcune lentigini, ma non si accorgerà
288 AhCHEOLOGU E BELLE AUTI
di alcune striscioline inserite tra le incollate giunture delle spugnose fìlire del pa-
piro, se non al momento in cui l'inchiostro vi si fonde, tanta è la frode degli arte-
fici. Talché sifatte carte, per servirsene, abbisognano di esser ritessute.
La colla è fior di farina stemprato con acqua bollente e un pochino d'aceto, perchè la
colla fabbrile e la gomma schiantano. Migliore verrà se la preparerai con la parte
mollica di pane inzuppata con acqua bollente e passata al crivello. Così la carta di-
viene più compatta e sottile della tela di lino. La colla non dev'essere piìi vecchia,
né più fresca di un giorno. Si assottiglia poi col martello, e di nuovo si rifrega con
passarvi la colla ; indi da capo si comprime sotto il torchio per farla più liscia; e
finalmente a colpi di martello si distende.
Noi diemmo la fezione meglio approvata di questo passo di Plinio tanto discusso, e
che é riconosciuto per molto guasto. L'ispezione dei papiri antichi che ci rimangono,
convince d'inesattezza il romano compilatore. Perocché il papiro non è pianta legnosa,
ma erbacea, e la carta faceasi col midollo filamentoso de' suoi gambi. Con un fendente
sottilissimo tagliavansi essi gambi in lamine fine, le quali raccostavansi in modo, che i
margini si toccassero, e aderissero mercè dei succhi gommosi di cui è impregnata la
pianta verde: se fosse disseccata, umettavasi con acqua del Nilo, la quale però non è
punto glutinosa. Il foglio così disposto (scheda), ritagliato e rasciutto al sole, applica-
vasi sopra un altro» simile, in modo che le fibre dell'uno s'incrociassero ad angolo retto
con quelle dell'altro. Cosi avevasi undi piagala o pagina, che si soppressava , batteva,
levigava, lisciava coll'avorio. Un rotolo di venti fogli al più formava uan scapula o ra-
cuna. La larghezza era dalle sei alle tredici dita.
Gli Ateniesi onorarono di statua un Foltazio, che insegnò l'arte di dar la colla, non
sappiamo se ai fogli o alle legature (Fozio, Bibliotheca, cod. lxxx, p. 61).
Anche oggi è molto diffìcile il dar la colla alla carta, e Plinio si scusa con un amico
se non gli scrive, perché la carta che potrebbe procacciarsi alla campagna suzza l'in-
cbiostro in modo da non potersi leggere (Epist. vii), 15).
Bene faceasi quest'operazione in Egitto, sovrapponendo un foglio trasversalmente al-
l'altro in modo, che a vederli pajono un tessuto ; e cosi appunto li denomina Porfirio:
£';'jcpxia:'j/;y Tiàr'joov et; /3tfi"/ou; ; papiro tessuto in Carla (ap. Eusebio, Prcep. evang. ,
p. 98). La colla era vegetale, e sono appena vent'anni che tale processo fu rinnovato
in Europa, surrogandolo alla colla animale, sempre usata da che s'introdusse la carta
di cenci.
Del papiro non v'è più traccia nell'Egitto odierno; anticamente se ne faceva tal con-
sumo, che il tiranno Firmo (ribellatosi contro Aureliano 27d anni d. C.) vantavasi di
poter mantenere l'esercito soltanto colla carta e la colla che aveva ne' magazzini (pa-
pyro et glutino; Vopisco in Firmo, § 5). Aureliano impose agli Egizj un tributo in
carta e vetro.
A usar de' papiri si continuò fino all'xi secolo; ma ben pochi ne giunsero a noi in
proporzione dei moltissimi che dovettero essere scritti. Alquanti se ne raccolsero dalle
tombe egizie, molti de' quali in caratteri jeratici. Un papiro di mummia che sta al mu-
seo di Torino, è lungo iiS metri : la parte superiore è occupata da figure di divinità,
cui pare che l'anima del defunto visiti successivamente ; tutt'il resto son linee perpen-
dicolari di geroglifici esprimenti preghiere, dall'anima dirette a ciascuna divinità; in
fondo è la scena del giudizio. E il più compiuto manoscritto egizio che si conosca, e
dicesi rituale funerario. Esso museo contiene fin duemila papiri, di cui il più antico
precede di trecento anni Mosè, e il più importante il frammento di canone cronologico
delle dinastie. Il famoso borgiano , ora nel museo Borbonico, in greco minuscolo del
Il 0 III secolo deUT'ra vul^'are , presenta tredici colonne di lettere e ventidue altre a
frammenti, dove son registrati gli operaj usati a costruir dighe e acquedotti del Nilo:
è il più antico saggio di scrittura minuscola greca , e vi si vede che le persone allora
indicavansi col nome del p:idrec della madre; per es. lxaxni',)v 'Lz'j-:oy,)ìmz roO ■/M^.r.u.o-
vo;, urtT[.òi; Ì7.'jun-jy--/_kr„;,. La biblioteca imperiale di Parigi acquistò nel 1844 un pajiiro
lungo otto metri, cbe risale al regno d'Assa; onde sarebbe il più antico che si conosca.
La più preziosa raccolta di papiri storici è quella del museo Britannico, proveniente
PAPIRI se»
dalle raccolte del sifjnor Sallier di Aix, e del signor Anastasi console di Svezia ad Ales-
sandria: e furono splendidamente pubblicati nel 1844.
Lbpsids, Auiuahl der Urkunden des .Egyplischen Aìterthums.
Gabdner, Wilkinson, Hieratie papyrus of Kings at Turiti. Londra <8bt.
I maggiori documenti su papiro sono un registro ravennate di circa cento fogli, che
comprende l'investitura di varj fondi, appartenente al re di Baviera; e le storie di Giu-
seppe Ebreo nella biblioteca Ambrosiana.
Papiro bollato per gli atti pubblici appare dall'obbligo cbe Giustiniano fa agli scrit-
tori di usarlo : Tabelliones non scribant imtrumenta in aliis chartis, qunm his qua; pro-
tocolla habent; ut tamen protocoììum tale, sit, quod habeat nomen glonosissimi comitis
ìargitiormm, et iempus quo charta facta est (Non. 44).
Non è molto si trovarono tre frammenti di manoscritti fenicj su papiro, che si ser-
bano ne' musei di Torino, della Propaganda e del Vaticano. A Pompej non se ne rin-
vennero ancora, e ad Ercolano in un luogo solo. Al giardino che descrivemmo a pa-
gina 114, era annessa una cameretta larga appena rpianto due persone colle Inaccia
tese, e cinta di scaffali alti come un uomo, e nel mezzo una tavola. Quivi nel 1756 si
trovarono dupmila papiri, ohe, credendoli affatto carbonizzati, gettavansi, fino a tanto
che il p. Piaggi trovò il difficilissimo artifizio di svolgerli e leggerli.
Prepara egli una tavola di leirno. snmiirlianle al pnnchino di un legalibri, appoggiato
ad un piede che con vite s'alza a piacere ; e sovr'esso un'asse lunga, mobile, dalle cui
sommità sorgono due bastoncini rotondi avvitati , per sollevare un altro assiciuolo so-
vrastante, discosto d:ll'altro un palmo. Di mezzo all'inferiore sorgono perpendicolari
due spranghete d'acciajo , finite di sopra in mezza luna versatile, nel cui concavo si
pone il papiro. Il rotolo è sospeso a due nastri, i quali , raccomandati al regolo supe-
riore, passano per aperture praticate nell'asse, ad ognuna delle quali sono due bischeri
onde girar delicatamente il rotolo senza toccarlo; oltre varj altri che avvolgono fili di
seta. Sospeso che un rotolo sin, se non se n'è trovata l'estremità esteriore, si comincia
a bagnare quanto un cece con colla di pesce purificata, evi si appiccica una sottilissima
pellicola, grande quanto lo spazio bagnato per distaccarlo. Cosi a poco a poco si va ba-
gnando e foderando il papiro, per la larghezza di un dito, tutl'attraverso del rotolo,
poi con la stessa colla vi si attaccano fili di seta, che coi bischeri si tirano dolcemente
l'un dopo l'altro. La striscia foderata, soccorsa da una punta d'ago, distaccasi e resta
sollevala per mezzo di questi fili : e quando se n'è. staccato tanto, che divenga neces-
sario un pili valido sostegno, si fa passare per una delle aperture del regolo superiore,
e via via che il lavoro avanza, si gira intorno ad un cilindro. Svolto del tutto, si toglie
da questo il papiro, e si distende a copia. In quattro o cinque ore di lavoro non si
viene a capo di più di un dito di larghezza, e, per farne un palmo, basta a fatica un
mese.
Le difficoltà stanno e nella natura della carta e nelle vicende sofferte. In molti
luoghi, superandole, essa somiglia ad un cencio liso, colpa dell'umidità che vi penetrò,
e col tempo non solo carbonizzò i fogli, ma gl'infracidì o corrose. Almeno il danno si
potesse conoscere dapprima, che si risparmierebbe la fatica. I fogli sono talmente sot-
tili, che quando in uno sia un foro rimane turato dal successivo; onde, se si stacca dal
foglio di sotto il pezzo collato , nel foplio inferiore si forma una lacuna. Non meno pe-
ricoloso è il lavoro alle commessure dei pezzi di papiro, incollati un sull'altro; poiché
quando la commessura vien separala medinnte la colla, può facilmente accadere che
questa filtri di mezzo alle commessure fino al foglio seguente, e ne attacchi un pezzo
al foglio superiore su cui si lavora . e lo disgiunga dal foglio cui appartiene. Vedete se
sia possibile far presto !
Malagevole è pure il fissare una linea lungo il carbonizzato papiro, donde, fatta una
incisione, cominciare lo svolgimento. Questo si fa tenendo conto delle parti più o meno
consistenti; che se per mala sorte quel taglio danneggiasse la scrittura, s'incolla di
nuovo in guisa che combaci o lasci almeno rilevare i tratti alfabetici. Spesso ancora o
qualche pezzetto è così fragile da svanire all'istante ; o v'è piccolissima lacuna, ove oc-
corre somma destrezza nell'incollar le pellicole per modo che non si appiglino al foglio
sottoposto.
Ca.ntO, Documenti, — Tomo I, Archeologia e Mie Arti, 19
290 ARCIIEOLOGU E BlìLLE ARTI
Diversi miglioramenti fece tentar Napoleone da Davy e dall'orientalista Sikler; ma usci-
rono male, e si tornò sul metodo antico ; al quale, e a certi sufTumigi introdotti dal Sa-
pira, Siam debitori di scoperte letterarie ed archeologiche : che se non furono sinora
d'opere capitali intorno al sapere od allo incivilimento antico , ingiusto sarebbe il di-
sperare. Altrettanto non avvenne finquà attorno all'etrusco ed alle vetuste lingue ita-
liche ? non siamo tuttavia al bujo dei geroglifici egizj, malgrado i tre o quattro sistemi
di spiegazione proposti ?
§ 197. — Pergamena.
Vuoisi che a Pergamo nella Misia si cominciasse, regnante Eumene , a scrivere su
pelli d'animali; o piìi probabilmente vi fu perfezionata questa carta, che da ciò chia-
mossi pergamena. Difatti Erodoto (nel libro vj già dice che, per iscarsezza di papiro, gli
Jonj adopravano pelli. La sua solidità feceche affrontasse meglio il tempo, sicché molti
antichi codici ci restano su tali membrane. Alcuno vantasi antico (in al secolo iii, ma
non è ben certo; e i più sicuri sono il Terenzio e il Virgilio della Vaticana, e quel di
Firenze del 49-4, il Lattanzio à'\ Torino, l'Omero dell'Ambrosiana. Neppur carte si hanno
anteriori al vi secolo.
Al pregio delle cose contenute si aggiunge quello de' disegni di cui spesso furono
fregiati, e che per lungo intervallo sono gli unici monumenti di pittura e di disegno.
Altre volte tutta la pergamena tingeasi in porpora, e vi si scrivea coll'oro o l'argento :
tal è un antifonario di Gregorio Magno nella basilica di Monza, e alcuni diplomi impe-
riali.
11 Codice Sinaitico àeWa Bibbia, che si suppone del IV secolo, fu trovato ultimamente
da Tischendorf nel convento di Santa Caterina sul monte Sinai, e stampato a Pietro-
burgo 1862 in 4 voi. in-foglio, a spese dell'imperatore di Russia.
§ 198. —Carta.
I Cinesi fanno merito al primo imperatore degli Han, 202 anni av. C, d'aver trovato
di fare carta con bambù, paglia, bozzoli, corteccia di gelso, ed anche con cenci tritu-
rati. Quella loro bellissima che diciamo di seta , viene dalla seconda corteccia del
bambìi; e mentre noi non l'abbiamo ancor potuta emulare, essi la possedeano mill'anni
fa, e davano alla carta pei decreti imperiali quel rosso vivo, a cui petto la cocciniglia
è offuscata. Le scarse comunicazioni fecero che il prezioso trovato non si diffondesse;
pure penetrò ne' paesi dipendenti dall'impero cinese, e principalmente fra i Tartari,
nelle cui cartiere a Samarcanda fabbricavasi con cotone crudo, mal pesto, non cono-
scendosi le pile a acqua, sicché i fogli riuscivano grossi. Di tali manifatture acquista-
rono contezza gli Arabi nelle loro spedizioni in Bucarla, e le trapiantarono a Septa e
Ceuta, donde in Ispagna, insieme colla coltura del cotone. Gli Spagnuoii cristiani v'adat-
tarono i mulini a acqua, adoprarono a preferenza i cenci e inventarono la treccinola
che lasciasse più pronto scolo all'umido della poltiglia. Le fabbriche di Sativa, Valenza,
Toledo providero la prima carta all'Europa, col nome di pergamino de pano.
Quando al cotone siensi sostituiti il lino e la canapa, è disputato. L'arabo Casiri, er-
gendo il catalogo della biblioteca dell'Escuriale, avverte che de' manoscritti i più sono
in carta di cenci, che egli chiama chartaceos, a differenza dei membranacei e de'bom-
bicini. Ora al N" 787 egli cita gli Aforismi d'Ippocrate, Codex anno Chr. TlOOc/iar^a-
ceus, e non ne fa caso benché sia il primo esenqiio; onde sombra potersi indurre che
già avanti il xu secolo s'usasse carta di lino. Pietro di Cluny, in un trattato contro gli
Ebrei, parla di libri ex pellibus arietum, hircorum vel viluhrum, sive ex biblis vel juti-
cis orientalium paludum, aut ex rasiiris veterum pannorum , seu ex alia qualibet
forte viliori materia compactos. Il manoscritto di più antica data certa che sia alla P>iblio-
teca imperiale di Parigi in carta di cotone, è del 1050, del 1508 in carta di lino, benché
altri suppongansi anteriori.
Se fosse vero quel che dice Tiraboschi, che la carta di cotone non si discerna da
quella di lino, vorrebbe significare che facevasi a perfeziono, e poco monterebbe il
disputarne. Ad ogni modo erra il cronista Cortusio tardando al 1340 l'invenzione delia
STnOMCNTI A SCRIVEUE 2dì
carta di lino, che chiamossi papiro per differenziarla dalla bombogina; e Pace da Fa-
briano, cui egli ne ascrive il merito, forse non fece che trapiantare nel Trevisano questa
manifattura, già fiorente a Fabriano nella Marca d Ancona. Senza fondamento pure al-
tri asserì, avere la Repubblica (ìorentina invitato con larghissimi privilegi quei di Fa-
briano a stabilir cartiere a Colle di Val d'FIsa, ove in una carta del 0 marzo 1577 trovasi
allogata per venti anni una caduta d'acqua a favore di Michele di Colo da Colle, con
gora, casaline, et giialrhenam ad facientìas charlas, la quale già prima era affidata
a Bartolomeo dì Angelo della Villa.
§ 199.
Stromenti a fcrivere.
II calamo con cui scrivevano gli antichi, era una cannuccia di giunco marino, che
si temperava al modo nostro (fif^sipedis calatni, Ausomo), aguzzavasi o col temperino
0 colla pomice, e s'intingeva in un liquido colorato. Nelle Indie scrivesi ancora coij
cannuccie di bambù, e dai Persiani e Turchi con cannuccie raccolte in riva al golfo
Persico, e che restando sei mesi sotto il concio, acquistano un color nero lucente
{Chardin, Voyagc en Perete, i\. p. 108;.
Dello scrivere con penne il primo cenno casca nell'anonimo di Valesio, ove racconta
come il re Teodorico ostrogoto per firmare facesse scorrere la penna entro le quattro
letlere iniziali del suo nome intagliate in una lamina d'oro. Isidoro nel vii secolo dice:
Calamus, arboris es^t ; penna avi!>, cuius acumen dividiiur in duo (Origin. vi. 14),
Sulle tavole cerate adopravasi uno stilo metal-
lico, da una parte acuto per segnare i caratteri,
dall'altra ottuso per rispianare la cera e così can-
cellarli ; onde Orazio raccomanda sa'pe stylum
vertas. In questa figura, tolta da una pittura d'Er-
colano, sono rappresentati lo siilo e il libro.
Gli stili a scrivere piìi volte divennero arma,
come nell'uccisione di Cajo Gracco, in quella di
Cesare, e nel martirio di san Cassiano (inde alti
stiììiulos et acumina ferrea vibrant, Qua parte
aratis cera sulcis scribitur. Prudenzio).
Servivansi i calligrafi anche della regola, o norma, o canone; de\ puncioriumo fusu-
bula \ e del compasso per distribuire regolarmente le linee.
I calamaj erano ottangolari o rotondi, di bronzo o d'argento, e talvolta ornati.
Dioscoride e Plinio insegnano la composizione dell'inchiostro, molto differente da^
nostro. Il nero cercavasi molto glutinoso; talvolta usavasi rosso, massime per le iniziali,
e per le soscrizioni degli imperatori d'Oriente; e chrgsographi erano chiamati gli scribi
imperiali perchè scrivevano d'oro su porpora. Il tempo scolorì in gran parte le antiche
scritture, onde chi debba leggerle le ravviva per mezzo di tintura di noce di galla, e
d'altri preparati che i chimici insegnano.
Colla pomice rendeasi liscia la pergamena, e anche per abraderne il carattere vecchio
onde sovrappnrne un nuovo: il papiro si lisciava con un dente: cancellavasi la scrit-
tura recente colla spugna : per conservare il carattere si ungeva la carta con olio di ce-
dro {Sperainus carmina fingi posse linenda cedro. Orazio).
L'occorrente allo scrivere è divisato da Persio nella Satira ni. 10:
« Jam liber et bicolor positis membrana capillis,
Inque manus cbarl«, nodosaque venit arundo,
Tum qu?pritur crassus calamo quod pcndeat humor,
Nigra quod infusa vanescat sepia lynipha,
Dilutus quaeritur geminet quod fislula guttas ».
292
AnCHEOLOGlA E DELLE Anxi
§ 200. — Libri pugillari.
Distinguiamo i libri pugillari, i rotoli, e i volumi.
I pugillari, 0 codicilli erano libretti con due sole pagine o poco più (rìiluov, Si^ijpov,
Slnxupov). Le pagine erano d'avorio o di corno o di cedro (vedi § 102), o della filira
del tiglio, 0 di pergamena ingessata, e più solitamente tavolette cerate. Vi si scrivevano
memorie istantanee, o lettere: servivano anche per insegnar a leggere ai fanciulli, o
perchè vi facessero le loro composizioni: e Quintiliano li raccomanda per la facilità del
cancellare: Scribi optime in ceris, in quihus facillima est ratio deìendi (\. 3). Se ne
giovavano pure i notaj per scrivere rapidamente.
Due antiche tavolette cerate furono rinvenute ultimamente in perfetto stato di con-
servazione, in miniere d'oro presso il villaggio di Abrudbanyà in Trausilvania (Mass-
i^ANN, Libellm aurarius, sire Tahuìce cerata; et antiquissimoe et unicoe romance in fodina ■
auraria apud Ahrudbanyam oppidulum tramilvanum nuper repertce. Lipsia 18 il). Esse
sono tritiche; una di aliete, le altre di faggio, circa del sesto di un nostro in-8°. L'in-
terno delle due prime è coperto di cera color rosso; la media è cerata sul drillo e sul
rovescio formando cosi quattro facciate. È scritta in latino, e da destra a sinistra, e
porta la data consolare del 169 av. C.
Un altro contratto di vendita d'una schiava, scritto su quattro tavolette cerate, di cui
la quarta è pi rduta, fu trovato aneora in Trausilvania, ed è illustrato nei Sitzun beri-
chte der K. Akadeinie der Wissenschaftm di Vienna, maggio 18ii7.
§ 201 . — Rotoli e codici.
1 papiri scritti si rotolavano attorno ad un'asticciuola (umhilico, atralisco), ond'eb-
bero nome di volumen; e per lo più ognuno comprendeva un libro, e si chiudeva in
cima con un bottone. Le estremità dell'asticciuola spor-
gevano (cornila)^ e vi si attaccava un pezzetto di papiro
col syllabus^ cioè il titolo dell'opera. Si conservavano
in scatole (capace, scrinia), di cui vedonsi varie statue e
pitture, ed una qui allato :
I rotoli scrivonsi s'una facria sola, come tutti quelli
d'Ercolano. Scriveasi anche in tergo soltanto qualche
atto pubblico, ove i testimouj firmavano dentro e fuori
(supcrKcriptio). Dicono Giulio Cosare fosse il primo a
scrivere il foglio da ambe le parti ne'suoi dispacci al
senato. In tal caso si chiamano opistografi, e per lo più
non si fa che colle pergamene, ove l'inchiostro non può passare.
Alcuni papiri sono scrilti pel largo, non pel lungo {travwerfia charta) ; modo usi-
tato nelle epistole consolari al senato, che poi Cesare fece di più pagine. Così aveansi
linee fin di dodici e più palmi modo per certo discomodo; ma altre volle si divideano
io più colonne (paginoe). In mano od a' piedi delle figure consolari trovansi comune-
mente i rotoli; il che indica che a tal guisa si stendevano gli atti pubblici.
Di libri alla foggia nostra non mancano monumenti. Cicerone narra nelle Verrine,
che ad Imera v'avea la statua di Stesicoro con un libro. Poc'anzi il principe di Torre-
muzza pubblicò una medaglia di bronzo dei Termitani d'imera, su cui sta un filosofo,
probabilmente Stesicoro, in atto di leggere un libro pesante: dunque i Greci cono-
sceano la forma dei nostri libri.
Nei libri quadrati talora si scrivea su ambe le faccie, ma non faceasi che |)er opere
lunghe e meno eleganti. Codici chiamavansi i più grandi, e più semplicemente (piolli
che contenevano atti pubblici, leggi, costituzioni. Questi talvolta erano scritti anche
su rotoli di tela, probabilmente coperta di ges.so; il che costituiva i libri lintei.
Nella Notizia delle dignità dell'Impero si accennano libri quadrali, legati e coperti
di pelle verde, rossa, turchina e gialla, spesso ornali di verghetle d'oro orizzontali, o
disposte a rombo, e aventi sopra uno dei cartoni il ritratto dell'imperatore, Anche san
Girolamo si lagnava che si rivestissero di pietre preziose i libri, mentre Cristo moriva
di fame alla porta delle chiese.
LlèflJ-^-ftO'fotl— VALotì ÒÈLLA (lAfifA ^iì'ii
g 202. — Valore della carta.
È probahile clic i Fenicj asportassero dall'E^'iUo molta carta pel commercio e per le
scritturazioni, principalmente di*(Hiolla d'involto che Plinio chiama emporetica. Platone
fece comprare tre trattati del pitagorico Filohio a 100 mine, cioè lire 900U (LiiofiENE
Laeiizio, in Filolao, viii. 8aJ ; e Aristotele per pochi libri di Speusippo pagò 3 talenti,
cioè più di lire 10,000 (Ivi, iv. 5).
Nel 183(5 si scopersero in Atene frammenti d'un'iscrizione che è l'inventario delle
spese sostenute dagli Ateniesi il i07 av. C. per costruire il tempio d'Eretteo, uno dei
capolavori dell'Acropoli ; e furono stampati da Rangahò il ISiS nelle Antichità dlaniche^
voi. 1, K" 56-59. Un di questi frammenti ricorda, sotto la viii pritania, due tavole, sulle
quali noi stendiamo i conli; e sotto la ix due fogli di caria sui quali scriviamo le copie,
e quattro tavole: queste son valutate una dramma ciascuna; quelli una dramma e due
oboli. SavjVj'i; Suo ì; à; tòv /ó'/ov kvot.-^ f/iyo/J.i-j 3pu.y_ixr,', snoi.ripu.v j---| — ... XdpTOLi ioì/rì-
&ri(Ta> rj{/o ii a TX 0(.jzi.-/px(fx. ijB'/pó.d/ufMv | — j — . 1111 su-i/iSe; xÌT(!c/.p€.^ — | — I — [ —
Sembra che sulla tavola si redigessero dapprima i conti, poi si copiassero in carta,
probabilmente di papiro : e il nome di x^9^'^'^ appar qui la prima volta, e sempre fu con-
servato alla sola carta di papiro, a differenza, di uff 3epat, èippug, !Te/3ya(/-/;vov, /Sipi^pavri,
che significavano la membranacea.
Da questo documento, tanto prezioso anche per gli altri valori, compare che una ta-
vola di legno per iscrivervi costava 50 cent, di franco, e un foglio di carta lire. 1. 20.
Secondo i calcoli di Bòckh (Economia politica degli Ateniesi, lib. i, e. 20), una fami-
glia di quattro persone adulte potea viveVe in Atene, al tempo di Socrate, con 500 lire
l'anno; il che significa che il ragguaglio fra il denaro e le cose venali era almeno
quadruplo dell'odierno. Calcoleremo dunque che una tavola da scrivere varrebbe oggi
lire 5. 00; e un foglio di carta, lire 4. 80.
1 manoscritti d'Ercolano greci hanno da 6 a 9 pollici d'altezza; i latini da 9 a 12, il
che concorda con Plinio; i fogli più grandi, introdotti sotto Claudio, sarebbero come la
carta che oggi dicesi corona, e di cui una risma, cioè cinquecento fogli, costa circa lire 5:
sicché un foglio costava, al tempo di l'ericle, poco meno d'una risma d'oggi.
Sotto liberio essendo divenuta scarsa la carta, talmente ne restarono turbate le abitu-
dini, che si elesse una commissione di senatori per ripararvi (Plimo, Uist. nat. xiii, 27).
Abbiamo prove che la carta diminuì di |)rezzo in Koma; e Marziale, notando il valore che
attribuiva a ciascuno de' suoi libri, ci dà modo di congetturare che la carta non valesse
troppo, e pochissimo la scritturazione, giacché egli dice che il suo u libro, il quale
consta di oltre cinquecento versi, poteasi copiar in un'ora. Non accettando questa esa-
gerazione, e dandovi quattro ore, cinque copisti che sotto dettatura trascrivessero quel
11 libro, lavorando otto ore per giorno, farebbero dieci esemplari al giorno, cioè tre-
cento al mese.
Costantino Magno fece alla basilica dei Santi Pietro e Paolo donativi, la cui enumera-
zione è uno dei più curiosi documenti serbatici da Anastasio Bibliotecario [Vitce ponti-
fìcum., Parigi 1649, pag. 15-10). Fra tali doni v'è molta carta di papiro, e nessuna di
pergamena; ed è notata per quinterni (scapus), e per risme (racana).
g 203. — Commercio librario a Roma.
Commercio regolare di libri non pare si facesse a Roma prima d'Augusto. Allora
v'ebbe molti libraj nella Via Sacra e nell'Argileto, che teneano sotto di sé molti schiavi,
intenti a copiare. Più l'opera era cercata, più doveano sollecitarli, e perciò acconten-
tarsi d'esemplari meno corretti, tanto piiì quando un solo dettava a molti amanuensi.
Chi aspirasse a copie esatte, pregava l'autore di rivederle.
I portici del Foro e le colonne di Sigillarla erano coperti d'annunzj di libri.
II piccol prezzo di essi attesta (juanto poco fosse valutato il lavoro di mano. I cento-
diciannove epigrammi di Marziale costavano 5 danari (11. 2. 50); volumetti d'Orazio,
d'Ovidio, di Properzio, di Catullo si aveano per 4, G, 10, 20, sesterzj. Ben inteso che
294 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
non fossero su pergamena sopraffina, né dorati o in astucci di porpora, né con lusso
calligrafico.
Al librajo davasi più del bO per cento di ribasso. All'autore nulla, non conoscendosi
la proprietà letteraria; se non forse si regalasse per essere i primi a pubblicarne un la-
voro, come i fratelli Sosia che erano primi editori d'Orazio. Gli autori erano protetti e
talor mantenuti dall'imperatore o da qualche fauiiglia, ma da' liliraj doveano ritrarre
ben poco. Plinio in una lettera accenna di ottantamila lire otrertegli per un'opera sola:
pare come incoraggiamento.
Le opere che non trovassero spaccio, mandavausi in giro per le provincie; vende-
vansi per servir ai fanciulli ad imparare a leggere e per esemplari di scrivere; e alla
peggio ai pescivendoli ed unguentar].
§ 204. — PalJmsesti.
Da Ti'i.n-j e '!'£''.), di nuovo radere, si fece la voce palimseslo per indicare le carte
donde sia stala rasa la primitiva scrittura onde sovrapporne un'altra.
Si suole dar colpa ai frati del medioevo d'avere in tal modo distrutto opere impor-
tanti per sostituirvi preghiere o trattati teologici. A tacere ch'essi v'aveano diritto,
quanto noi oggi di fare l'opposto, e che talvolta si radeva un libro ecclesiastico per
surrogarne un classico, come è il codice palimsesto del Valicano N° 3281, dove i
profeti minori furono cancellati persoprapporvi l'Achilleide di Stazio ; l'uso di cancellare
la scrittura i)er mettervene un'altra è antichissimo , e palimsesti si hanno in tutte le
lingue, e nominatamente ne' papiri egizj del museo di Torino e della Biblioteca impe-
riale di Parigi. Cicerone si querela con un amico che avesse cancellato una sua lettera
per scrivergli la risposta: Cuoci in palimsesto, laudo cquidem parcimoniam ; sed ìnirur
quid iìì illa chartala fuerit, quod delerc maluéris (juain exscribere, nisi forte tuas formu-
las; noti enimputo te meas epistolas delere, ut deponastuas. An hoc signincas nil fieri ? fri-
gprete?ne chartam quidein tihi suppeditare? ( ad Famil. vii. 18).
11 primo palimsesto che si riconoscesse, fu nella biblioteca del re di Francia al 1692 ;
ed erano le opere di sant'Efrem, scritte sopra un'antica.
La chimica insegnò a levare dai codici rescritti i caratteri sovrapposti, e far ricompa-
rire i primitivi, con una decozione di noce di galla in vino distillata, o con idrosolfuro
d'ammoniaca o di potassa.
Ma scomponendo i fogli del manoscritto antico per prepararli a un nuovo, talvolta si
erano allontanati due brani contigui; talvolta un fogliosi adoperò ad un lavoro, e il se-
guente ad un tutt'altro: poi si tagliarono in due o più pezzi, o si tosarono per adattarli
a! sesto che voleasi dare al libro. Dopo dunque che l'esercitato occhio con buona lente
rilevò l'antico sotto al nuovo carattere, comincia la fatica del riordinare il lavoro, rav-
vicinar le parti scostate, supplire alle lacune, far che le sparse ossa rivivano. Son que-
sti i lavori, ai quali andiamo obbligati delle recenti scoperte di molti classici. E tripu-
diammo anche noi alla festa del bibliotecario Maj, allorché di sotto i versi di Sedulio gli
apparve Cicerone: 0 Deus immortalisi repente clamorem su^tuli, Quid demum video?
Eh Ciceronem , en lumen romance facundice, indiynissimis tenubris circumscriptum !
Agnosco deperditas Tullii orationes ! sentio ejus eloquenliam exhis latebris divina quadam
vi (luere, abundantem sonantibus verbis uberibusque sententiis.
205. — Caratteri.
Il carattere pili usitato era il majuscolo od unciale ma l'analogia porta a credere
avessero anche un corsivo per iscrivere più spedito le orazioni, i processi verbali e si-
mili. Nelle iscrizioni e monete il Buonarroti eilFontanini raccolsero lettere minuscole:
minuscoli sono i caratteri della Tavola l'eutingeriana, che sembra del in secolo; ma
quella che possediamo è copia. Nell'Ambrosiana conservasi un pezzo di pergamena,
scavato dalia chiesa di Calliano, ove stava sotto la mensa, probabilmente sin dalla fon-
dazione che fu nel secolo v, e che involgeva reliquie: è un pezzo d'una >.a//ra di Gio-
venale, tulio in corsivo, se non che la n tiene del majuscolelto. Sol dopo la calata de'
rALIMSlCSTI — CAUATTrCI'.I 295
Barbari s'introdusse la scrittura minuscoki, la (juale variò secondo le nazioni, onde di-
stinguono la longobarda, la gotica, la franca, l'anglo-sassone.
Il più antico manoscritto ebraico |)are il Pentateuco dei Domenicani di Bologna, su
pelle, che gli Ebrei, circa il 1508, donarono come cosa già vecchia ad-Aimerico gene-
rale di quell'Ordine. Ma dei manoscritti ebraici si ha gran difficoltà a giudicare il
tempo.
Manoscritti greci su papiro dell'età de' Tolomei in piccole lettere capitali quadrate
si trovarono non è molto in Egitto; qualche frammento d'Omero, di due secoli anteriori
a Cristo; una copia del Nuovo Testamento probabilmente del iv secolo, si trovò in un
monastero del Monte Atos, del qual tempo è un Pentateuco, conservato nella biblioteca
imperiale di Parigi.
In questi manoscritti più antichi il carattere è quadrato; le parole e i periodi non se-
parali ; non accenti, né spiriti, né interpunzione.
Non pajono anteriori al v secolo i più antichi manoscritti greci ; e sono i ventisei
fogli del Genesi, e il Dioscoride della biblioteca di Vienna; la Bibl)ia del Vaticano e
quella di Londra, in lettere unciali come nelle iscrizioni e nelle medaglie, senza sepa-
razione di periodi e di parole, né spiriti o accenti o segni d'interpunzione.
Aggiungiamo le Epistole di s. Paolo in greco e in latino del vii secolo, nella gran bi-
blioteca di Parigi ; come un Gregorio Nazianzeno, l'evangeliario dello stesso secolo a
Vienna; e un altro nella Marciana di Venezia; uno nella Laurenziana di Firenze,
dove pure le opere di Dionigi Areopagita del ix secolo.
Nel VII secolo s'introdussero gli accenti e spiriti ; ma talvolta furono di man moderna
apposti a manoscritti vecchi. Nell'viii e ix le lettere si fanno più strette e lunghe, indi
si legarono insieme coi nessi, serbando le unciali pei frontispizj e i titoli. L'uso dei
nessi crebbe e s'avviluppò fin all'invenzione della stampa.
Degli abusi della punteggiatura già parlammo. Al grammatico Aristofane, vissuto due
secoli av. C, attribuiscono l'invenzione del punteggiare la scrittura corsiva; mancan-
doci però i testi, non possiamo dire se fosse seguito. Sappiamo solo che, al tempo di
Quintiliano, metteasi spesso l'apice o accento sulle vocali lunghe.
Talvolta i periodi si disiinsero col tornare a capo a ciascuno, e lo praticarono Cice-
rone e Demostene ; e sul loro esempio san Girolamo : donde venne l'uso di slampare
cosi le Bibbie.
Altre volte con punti collocati variamente distinguevansi il respiro [y.òixuu], il membro
i(Xw/ov), e il periodo. Vuoisi che Alcuino e Paolo Warnefrido, imperante Carlo Magno,
ntroducessero la regolare interpunzione odierna.
Nel Virgilio mediceo le parole non sono separate una dall'altra, ma un punto segna
ogni pausa; così nel Virgilio vaticano. In altri codici vecchissimi non v'è distinzione
di sorta, peres. negli Evangeli di sant'Eusebio vescovo di Vercelli.
11 manoscritto latino più antico, su cui possano studiarsi le abitudini ortografiche
degli amanuensi romani, è un brano di circa sessanta versi d'un poema sulla guerra
d'Azio, l'unico latino trovatosi a Ercolano; conosciuto nel 1802, dicifrato neH804, e
stampato da Ciampini nella pref. al tom. ii dei Volumina hermlanensia. Kreyssig vi
fece attorno un lavoro diligentissimo nel '1814, riprodotto il 1835 nel volume edito a
Misna col titolo Commentatio de C. Sallustii Crispi historiarum Uh. iii fragmentis
atque carminis latini de bello Actiaco fragmenta. Alcuni frammenti latini su papiro
del ili secolo in lettere gigantesche. Un rescritto imperiale su papiro del in secolo
trovossi in Egitto ; è di quel tempo la Bepubblica di Cicerone scoperta dal Maj. Del
IV secolo il Virgilio figurato della Vaticana e il Terenzio: del v un altro Virgilio pur
con immagini rozze ; del vi un Prudenzio; i sermoni di s. Agostino su papiro ; il codice
Teodosiano, il Salterio in carattere d'argento nella bihi. di Parigi; e a Vienna un Tito
Livio, a Bologna un Lattanzio, a Monaco il Breviario di Alarico: del vii la Bibbia di
Mont Amiati a Firenze, l'Evangeliario a Parigi. Nel J793 fu stampato a Cambridge il
Cedex Theodori Bezoe cantabrigensis, Evangelia et Apostolorum acta complectens, grceco-
latinus, che è la riproduzione al possibile esatta d'un codice dei Vangeli, che si sup-
pone del VI 0 VII secolo, e da alcuni più antico, il quale si conserva all'università di
Cambridge. È in lettere unciali di forma quadrata, senza interpunzione né spiriti o ac-
centi.
Bianco, Sàggio detta semtografia de* volumi ertolanenti, Napoli -1842/
STnuvE, De crileriis manuscriptorutn.
Ebert, Sur la connaissance des manuscrilt. Lipsia 1825.
MoLiM, Explicatie lilerarum ac nolarum frequenlius in anliquis romanorum monumenlis oecurren-
iium. Firenze ^822.
Dictionnaire des abrévialions latines et frangaises usitées dans les inscripHons lapidaires et métal-
liques, les manuscrits et les Charles du moyen-utje. Paris -1862, 2" cdiz.
Alpiionse Coassant, Paléngraphie des Charles et des mss. du xi au xvii siede. Paris 1802 , v edizione,
cun un'istruziouc sui sigilli.
§ 206. — Criptografìa.
Non possiamo lasciare la diplomatica degli antichi senza discorrere della loro cripto-
grafia e delle note.
Per iscrivere gli ordini ai generali si usava a Sparta la scitala, fascia che avvolgevasi
ad un hastone, del quale avevano il somigliante gli efori e il generale: vi si scrivea
sopra, indisvolgeasi, e cosi si spediva; uè era leggibile se non da chi la ravvolgessead
un randello d'uguale calibro. Cesare guerreggiando nelle Calile, scriveva con lettere
greche. Altri Ir., sportavano di quattro o di due le lettere alfabetiche, talché il ed equi-
valessero ad a 6, e cosi via. Tanto gli antichi erano lontani dalla ralFinatezza che in
quest'arte recarono i moderni.
g 207. — Le note.
Scritture in cifra furono giudicati alcuni manoscritti antichi, che polsi verificò essere
in note e abbreviature. Fassi di queste inventore Tirone, liberto di Marco Tullio; onde
furono dette note Uruniane, e ajutavauo a scrivere colla rapidità della parola.
Tali note sono una confusione di lineette curve, connesse, traversate con altre: se
non che cambiandosi nel greco e nel latino le terminazioni atenor dei generi, dei casi,
dei modi, dei tempi, vengono a moltiplicarsi i segui particolari da aggiungere al radi-
cale senza accostarsi alla semplicità della stenografia moderna. Giulio 11 avea pro-
])osto un premio a chi riuscisse a dicifrarle; ma gli autori della Scienza diplcmutica
lagnavansi che ancora non si fosse potuto arrivarvi. 1 tentativi fallirono sinché Ulrico
Knopp nel 1817 pubblicò a Mauheim Tachigraphia veterum exposita et illustrata, ove
analizza la stenografia antica, coll'analisi e la sintesi delle note, e un dizionario di circa
dodicimila segni disposti per alfabeto. Nelle A/e!mor«e diduiti stranieri presentate all' Acca-
demia di Francia, voi. in 1854, havvene una di Jules Tardif sulle note tironiane, cre-
dendo ben degna di studio una scrittura, che già adopravasi ai tempi di Cicerone, né
ancora era caduta d'uso nel ix secolo, llsistemane consiste, 1" uell'adoprar un alfabeto
i cui caratteri possono ricevere molte modificazioni che ne agevolino i legamenti ed
estendano il significato: 2" nel rappresentare le radicali e le terminazioni con due note
distinte; 3" nell'usar tutte le guise che favoriscano la rapidità della scrittura.
Altro genere d'abbreviazioni sono quelle introdotte da' uolaj nelle carte del medio
evo. Lo scioglimento di quei nessi è grave fatica de' diplomatici : e già nel 1737 barin-
gio pubblicò ad Annover la Lluvis diplomatica {"2 voi. in-4", con 18 facciate a tre co-
lonne di abbreviazioni) ; GuUredo di Bessel diede quelle dei manoscritti dell'xi secolo;
Anderson (Tesoro di diplomi e viedaylie) ne raccolse quaranta facciate in-folio, riguar-
danti carte scozzesi dopo il Mille. La collezione più copiosa fu latta da Walter nel Lexi-
con diplomaticum, che comprende ducentoventicin(iue tavole incise, segnando di cia-
scuna il secolo dall'viii al xvi.
§ 208, — Alfabeti nuovi.
Coll'invasione dei Barbari si alterò assai la calligrafia ; ma le diverse scritture nazio-
nali del medioevo derivano dalla latina, e ninna dalla greca, diversificate per bizzarria,
per gusto, per accidente. Gli alfabeti stessi variarono assai di forma, e il conoscere tali
mutamenti è uno degli studj più rilevanti della diplomatica, perchè ajuta a determinare
l'età d'una scrittura. 1 padri Maurini posero insieme più di Irccentomila alfabeti, dei
ftOTE'^ ALl'AUETi— LlNOtiA 0£l DiRoUl Id?
(jtìall trentamila pubblicarono distinguendoli secondo la nazione e i tempi. U& tale va-
rietà porta confusione, tanto più che sposso nasce da capriccio o da maniera personale:
e chiunque ha veduta l'incertezza de' giudizj calligrafici anche al presente, compren-
derà che la determinazione dell'età d'un manoscritto che non ahhia altri argomenti in-
trinseci, non potrà arrivare che alla prohahilità.
Però la pratica può venire in sussidi(»; ed altre avvertenze particolari. Così il pun-
tino sull'i non si trova prima del xu secolo ; né cifre arabiche prima deirxiii. Per age-
volare i confronti si pubblicarono i fac-simile delle scritture più caratteristiche di cia-
scun tempo; nel qual genere sono insigni le tavole di Bernard e Morlon.
III-. Fby, Pantografia.
Paleografie nniverselle , coUeclion de facsimile d'écrilures de tous les peuples et de lous les tempi,
tirés des plus aulenliques documents de l'art gra/iliique, Charles et manuscrits existant dans let
archives et les bibìiolhèques de France, d^ Italie, d'Àllernagneetà'Angleterve, puhliésd'après lesmo-
dètes écrits, dessinés et peints sur 'es lieux mémes par M. Silvestre, etc. DiJot I8-Ì3, 4 voi. io-fol.
Fac-simile des Charles et diplomes de la dynastie mérovingienne, par M. Letro>ne, 1844.
§ 209. — In che lingua sono scritti ì diplomi.
Le lingue dei monumenti diplomatici che abbiamo, sono la copta per gli Egizj, la
greca raramente, e la romana assai diffusa in tutto l'antico impero, e ancor più col cri-
stianesimo. Nell'impero Orientale vi fu sostituita la greca nel vii secolo. Gl'Inglesi
dapprincipio usarono la lingua anglo sassone-, poi Guglielmo il Couistatore pare v'in-
troducesse la normanda : non si^accerta però alcun documento primadel I2S6, sebbene
credasi esisterne d'anteriori. Presso i Teutoni qualche volta s'ado[)rò ia tedesca e la
franco-gallicn, ma più comunemente la latina. Il primo documento certo pare uno di
Rodolfo d'Habsburg nel 1281, non citandosi più che per beffa le concessioni di Giulio
Cesare e di Nerone a favor dell'Austria in tedesco. Così fu nelle Gallie, sebbene non
manchino documenti in romanzo e provenzale, il più antico è la carta data nel 1122 da
Luigi il Grosso alla città di Beauvais, ma è tradotto : e forse il primo è del 1155: usuali
divennero sotto san Luigi, poi Luigi XU comandò si scrivessero tutti gli atti in france-
se. In Ispagna sotto il dominio moresco si adoprò la lingua araba ne' diplorai , poi nel
xtii secolo incominciaronsi a stendere nell'idioma nazionale, e la carta più antica sale
al 12i5, In Italia predominò la latina; pure al mezzodì furono usate non di rado l'araba
e la greca ; dell'italiana serbano documenti antichissimi la Sardegna, la Corsica e Ve-
nezia.
§ 210. — Patenti, o diplomi proprj.
Diploma significa in ispecial modo patente. In questo senso l'usavano gli antichi:
Cicerone mandò ad Attico un diploma, col (juale potesse uscire liberamente dall'Italia ;
Nerone diede diplomi di cittadinanza romana a giovani valenti nella mimica; Plinio
agevolò con diplomi il viaggio d'un ambasciatore. Ecco il passaporto più antico che si
conosca, per viaggiare a spese pubbliche, dato da Treveri il 28 aprile 514 d. C. :
Pelronius Annianu^ et Julianus domino Celso vicario Africce.
Quoniam Lucianum Capitonem Fidentio et Nasutium episcopos et Memmarium presby-
ierum qui, secundum ecclesie prceceptum domini Conslantini maximi invidi semper au-
gusti, ad Gallias cum aliis legis ejwi hominibus venerant, dignitas ejus ad lares proprio»
venire proccepit, angarialem his cum annonaria competentia, usque ad Arelatensem por-
tum, secundum imperatum cpternitatis ejusdem clementissimi principis dedimus, frater,
qua inde Africam navigent quod solertiam tuam liberis nostris scire conveniat. Opta-
mus te, frater, felicissiinum bene valere.
Hilarius princeps oblulit, iv Jcalendas majas. Triberis.
Altri ne abbiamo nelle Furmufce di Marculfo, dove si prescrive la quantità di proviande
da somministrare al viaggiatore : tanto pane, tante misure di cervogia, tante libbre di
lardo, tanti porci, porcelli, ova, miele, aceto, cumino, pepe, spico, garofani, cinamomo,
pistacchi, datteri, mandorle, cera, sale, legumi, candele, fieno pei cavalli
Con altri si dava il congedo e la cittadinanza, come vedemmo al g 181.
298 AUCnF.oi.or.iA e belle arti
21 ] . — Formole.
Come avviene delle scritte notarili odierne, le antiche constano in gran parte di certe
formole, che in tutte si riproducono, e riguardano le generalità, a cui si aggiungono
poi le particolarità. La conoscenza di queste è gran parte nel magistero del riconoscere
l'autenticità d'una carta.
Per aceennarne alcune, sogliono esse cominciare dalla invocazione divina : in nomine
dni : in ne s. et individuce trinitatis; in ne Ju Xi ; in ne pris et fi. et ss : e invece loro
0 insieme, la croce, il monogramma ^, l'A e n.
Segue il titolo del re o principe che dà quel diploma ; e poiché in ciò serhavasi un
costante protocollo, importa il confronto per discernere le carte spurie. Taluno ai titoli
d'autorità ne unì di umiltà; così Octo servus apostolorum. o serims populorvm., o fer-
vut aliorum trovasi soscritto Ottone III; Enrico IH Dei grafia servus servorum Dei \
Enrico IV reyt's humitlimi et invictissimi. L'aggiungere al nome dei re il numerale 1,
II ecc. non comincia che alla seconda metà del secolo x, ma forse prima l'usarono i
papi. Vorrebbero ripudiare quei diplomi ove uno s'intitola primo; ma pare soverchio
rigore
La formola Dei grafia fu introdotta da Pepino padre di Carlo Magno in Francia : in
Italia già è apposta al nome di Agilulfo sulla corona d'oro da lui donata alla basilica di
Monza. Comune fu pure ai ^lusulmani. Da principio non fu che espressione di pietà;
poi nel xiii secolo si tenne come indizio della sovranità, indipendente da tutt'altri che
da Dio. 1 vescovi la serbarono, e nel Quattrocento v'aggiunsero ef apostolicce sedis.
La concessione portata dal diploma veniva spesso motivata sopra ragioni pie : 06
Bei intuitum., Piam nubis credimus ab omnipotenti Domino vìcissitudinem repensari,
si . . . Ob amorem et retrihufionem Redemptoris 7iostri, atque anime nostre mercedem.
Esposto l'oggetto della concessione, e se questa derogasse ogni priore diritto {non ob-
stanfe quocumque jure), ovvero lo rispettasse {salvo in aliis quolibet jure alieno), solevasi
aggiungere la comminatoria di castighi a chi non adempisse le disposizinni di esso di-
ploma. Questi od erano pene pecuniarie e corporali, o talvolta spirituali, dannazione
eterna, morte, perdila de' figli, ed altre tolte troppo letteralmente dal Testamento vec-
chio Diamo per saggio questa formola di Marculfo (/«7j. n form. 2): Si quis hancvolun-
tafem meam per quaslibet adinventiones seu proposiiiones, sicut mundus cotidie artihuset
ingeniis expoUfur, vel repetitor, convulsor etiam auf tergiversafor exfiterit, anathimi
stt' et sicut Dathan et Abiron hiatu terree absorpti sunt, vivem in infernum descendat^
et cum Giezi fraudis mercatore et in prcesenti et in futuro sceculo partem damnafionis
excipiat et tunc veniamcansequatur quando consecuturus esset diabolus^ qui se se fallendo
cetheria sede dejectus, crueuta adinventione bonis operibus semper obviare pervigilat. In-
super eiiam inferat, sodante quoque tam in persecutione quam in exactione sacratissimo
fisco vel sancto episcopo ecclesice ipsius, auri Hbras centum.
Già gl'imperatori romani soltoscriveano di proprio pugno {divina manu), e quelli
d'Oriente con un inchiostro di cinabro speciale per tal uso. I Turchi, ignari dello
scrivere faceano sui diplomi l'impronta della propria mano; il che fu poi conservato,
abbellendo calligraficamente questo segno. Teodorico re de' Goti, e Giustino imperatore
soscriveano col fare scorrer la penna entro uno stampiglio portante il nome loro. I re
longobardi non apposero né il nome né il suggello. 1 prmii re visigoti ed anglo- sassoni
facevano la croce uso che poi si divulgò, massime tra i feudatarj analfabeti. Carlo Magno,
forse perchè non sapesse scrivere, introdusse il manogramma, cifra che conte- R
neva il suo nome, e che qui vedete. Già altri n'aveva fallo uso, ma allora entrò K^-S
in consuetudine; non formato però dal principe, sibbencdal notajo. Varia è la L
forma dei monogrammi e la grandezza, e durarono fin a Massimiliano 1 imperatore,
che tornò a sottoscrivere col proprio nome. Ecco il monogramma di Federico ^
Darbarossa :
In appresso il notajo controsegna, come attestato di fedele trascrizione. Tal-
volta a un diploma la soscrizione fu posta più tardi, e perciò da uno che o non era vivo,
0 non presente, o non re quando l'alto fu eretto.
FOR.MOLE — liOI.LE PAPALI 299
Consimili forme usavansi pei varj contralti eii alti |uiiil)lici , ma pochi di questi ci
trasmise l'antichità. Molti più il meiiioevo, i (juali di die rilievo siano lo mostra la
cura clie vi posero attorno i maggiori eruditi. Questi sono le lidie ponlifizie, le carte
spedite dagl'imperatori, dai re, dai vescovi, dagli ahbati.
§ 212. — Bolle papali.
I più importanti sono le bolle papali^ cioè le lettere con cui il sommo pontefice in-
tima una legge, puhhiica una costituzione, concede una provista di benefizio, o una di-
spensa matrimoniale.
Sin dai primordj le lettere papali adottarono la forma e le formole delle imperiali; ce
ne restano fin del (31 i che hanno attaccata la bolla di piombo, sulla quale da un lato
r A il, e dall'altro l'agnello, o il buon [)astore, o i santi Pietro e Paolo, e ben presto
il nome medesimo del papa, spesso in lettere greche. Si conservò l'uso del pnpiro fin
all'xi secolo. Talvolta i papi stessi scriveano, più spesso i notaj e scriniarj, e furono
modelli di calligrafia.
Leone IX è il primo che nelle bolle di piombo adottò le lettere numerali per distinguere
i papi del medesimo nome. Vittore 11 vi fece un personaggio cbe dal cielo riceveva una
chiave, e sul rovescio una città coll'iscrizione Aurea Roma. Alessandro il vi fece scen-
dere dal cielo il molto, C)i(0(i nerles nectain, quoti solves ipse refolram. Urbano 11 pose
la croce fra i due Apostoli, il che fu aduttato da tutti i successivi fino a Clemente VII.
II nome de' consoli è scritto nelle bolle fino al 5-tG : quel degli imperatori greci fin al
772. Adriano I, cessando di porre il nome degl'imperatori d'Oriente, segna coiranno
del proprio pontificato: i successivi v'aggiungono quel degl'imperatori d'Occidente, ma
or si, or no. Fin a Urbano 11 il computo dell'indizione si riferisce alla costantinopolitana,
dipoi alla romana che cominciava al 1" gennajo. Non prima di Giovanni III compare
l'anno dell'Incarnazione. Sol fino a Urbano 11 è usata l'era vulgare : ma Nicola 11 torna
a valersene secondo l'uso fiorentino, cioè cominciando ai 25 di marzo, come divien
comune dopo Eugenio III. Nelle seiuplici lettere non mettono che l'anno del pontificato.
Cominciano le bolle col nome del pontefice regnante, e di quello a cui sono dirette;
chiudonsi colla data dell' locai nazione, la quale comincia al 23 marzo, e dell'anno
del pontificalo. Le date variarono, e divengono un criterio per secernere le carte
vere dalle spurie. Dal secolo vii al xv le lettere segrete si scriveano sub annulo pisca-
toris: sì le secrete che le altre fin al secolo xv portano in principio N. episcopus servus
servorurn Dei: fino ad Eugenio IV faceansi a nome del cancelliere dicendo, SS. dni
nostri N. anno. . .; poi si scrissero a nome del pontefice, Pontifìcatus nostri anno.. .
La formola sub unnulo pi^catoris trovasi primamente usata in un breve di Clemente IV
ad Ugidio Cross suo nipote nel 12()o, dicendo : Non scribimus libi, neque sanguineis no-
stris yuò bulla, sed sub piscatoris sigillo, quo romani pontifìces in suis secretis uiuntur.
Ma presto si usò anche in materie non secrete.
Nel secolo x si cominciò a dire bollo per sigillo, donde il nome delle bolle. Queste
differiscono dal breve perchè sono spedile dalia Cancelleria apostolica col sigillo, mentre
il breve esce dalla Segreteria dei brevi sotto l'anello pescatorio: la bolla è su pergimena
scura, rozza e con carattere antico: il breve su pergamena fina e bianca, con carattere
latino: la bolla porta la data dell'Incarnazione, e il breve quella della Natività : la bolla
comincia Pius episcopus S. S. Dei, il breve Pius pp. /.V:èil breve sottoscritto dal car-
dinale segretario de' brevi, e la bolla da diversi uffiziali della Cancelleria apostolica.
Chiamansi bolle per viadi curia quelle che il papa ordina per moto proprio, e riguar-
dano tutto il mondo. Le bolle per via secreta sono spedite a favore di alcune persone.
Le bolle comuni per cancelleria sono rivedute e sottoscritte dagli abbre\ latori di Parco
maggiore. Bolle in forma graziosa sono quelle che il santo |)adre dirige al benefiziato
nell'atto di provederlo. Altre hanno nome dalla furmola con cui cominciano.
Semi-bolle sono quelle che i pontefici spediscono nel tempo fra la elezione loro e la
coronazione: in esse il bollo non ha rovescio.
Costituzioni s' intitolano quando sono dirette a lutti i vescovi per condannare propo-
sizioni ereticali. Famosa è quella detta in coena Domini; perchè si leggeva ogni anno
ja feria quinta della settimana santa ; e dopo la lettura il papa gettava dalla loggia io
ÒO0 kMimLOQÌÀ E DELLE AMÌ
piaaza Un torchio di cei*à gialla aeceso, La bolla della crociata cotìtieoe gràuié, iodul-
geaze, dispense a chi andasse alia guerra santa o vi contribuisse : ora concedesi annual-
mente ai cittadini dell'iniptro del Brasile e dei regni di Spagna, Portogallo e Napoli, i
(juali per ottenerla mandano elemosine, die si erogano nel restaurare le basiliche pa-
triarcali. La bolla d'oro si usava nella conferma degli imperatori eletti.
I motu-proprj furono introdotti sotto Innocenzo 111, senza sigillo, oppure di piombo
0 cera.
Sotto al testo, dopo Leone IX, si trova un segno composto di due circoli concentrici,
ove l'area è quadripartita da una croce, fra cui sta suddiviso il nome del pontefice; e
iu giro qualche molto, per esempio Gloria Domini piena est terra: Deus nostrum re-
fugiuin et viitus: Cceli enarrant gloriam Dei. Il monogramma spesso in-
dica benevalde, nella forma che qui esibiamo.
Ora per lo più i papi vi scrivono il proprio nome fra due croci; chia-
mano fratelli ,!;li altri vescovi, e figli gli ecclesiastici minori o i laici. Il ti-
tolo di papa è antichissimo; ma solo al tempo di Gregorio VII fu tolto agli
altri vescovi. Più di solito il pupa s'intitola episcopus urbis lionice, episcopus catìwlicce
romance ecclesioe ; Gregorio Magno introdusse il servus servorum Dei, divenuto poi fre-
(|uente, e in fine costante. Per lo meno' dopo Leone IV i papi anteposero \\ proprio nome
a quel della persona cui scrivevano. Alcuni papi del secolo ix e x usarono il mono-
gramma.
Dacché Innocenzo XI abolì il collegio dei segretari apostolici, v'ha due segretari dei
brevi : quello dei brevi pontifizj , posto cardinalizio, spedisce i diplomi sigillati coU'a-
iiello pescatorio ; quello dei brevi ad principes è sempre un prelato de' più dotti, e vi
appone il suggello gentilizio, che serve pure per le altre lettere pontifizie private e se-
grete, stese dal segretario delle lettere latme.
Kormole consuete nelle bolle sono Salutem et apostoUcam benediclionem, o Bene va-
lete, o In Domino salutem.
I vescovi imitarono le bolle pontifizie.
I primi documenti di Ottone Visconti, ove s'intitola Dei et apostolicce sedis gratta^
sanctce medtolanensis ecclesioe episcopus, sono del 1271 : il primo vescovo che usasse
(|uella formola fu Gualtiero di Chartres in una carta del 1224, ove s'intitola divina
permissione et apostolica auctoritaie carnotensis ecclesioe minister ìiumilis ; e nel 1267
Gualtiero di Faenza, JJei et apostolicce sedis gratia episcopus.
Papa Teodoro, nella deposizione di Pirro patriarca di Costantinopoli, sottoscrisse col
sacrosanto sangue. Il che imitarono i vescovi che segnarono la deposizione di Fozio.
L'esempio fu pur troppo ripetuto.
Nelle scomuniche papali suonano terribili imprecazioni, e ne occorrono anche nelle
lettere vescovili. L'arcivescovo inglese Sigerio, in un privilegio del 990, pone questa
gentilesca : Sciat se reum esse in tremendo judicio, et cuni iinpiis hubere portionem, et cum
Plutone et Tricerbero mansionem sortire.
Fra le carte ecclesiastiche son notevoli le decretali dei papi, decreti dati ai vescovi o
a chi altri gli avesse consultati su punti d'ecclesiastica disciplina, ma che poi si este-
sero a tutte le materie di fòro ecclesiastico. Sono note le cinque collezioni di decretali
che costituiscono il Corpo di diritto canonico.
Le lettere sinodiche scriveansi dai vescovi adunati in concilio per informare delle de-
, cisioni pri^se. Le invitatorie spedivansi dal papa ai vescovi d'immediata sua dipendenza
per invitarli all'anniversario della sua elezione, quando tenevasi pure un sinodo. Se il
vesco'vo non poteva, rispondeva una lettera escusatoria. Vocatorie dicevansi quelle ove
il papa ai fedeli della diocesi da sé dipendenti intimava di condurre a Roma il vescovo
da loro eletto per esservi consacrato. Più forti erano le citatorie, recjuisilorie , conrmi-
natorie. Lettere formate erano necessarie ad ogni ecclesiastico per passare da una ad
altra diocesi ; e vi s'introducevano certe cifre arcane per evitare le falsificazioni. Dimis-
sorie erano chiamate quando un vescovo accompagnava con esse un soggetto ad altro
vescovo per le ordinazioni o la consacrazione. Di cìiciclichc si valgono i concilj, i pa|)i e
i vescovi per notificare i loro sentimenti. Le penitenziali davansi a quei che recavansi a
Roma per penitenza.
nOl.LK — lìREVl — DATE — SIfill.I.I
SOI
Morila atti'nzionp una Memoria di Leopoldo Delislc sopra (ili alti d'Innocenzo HI , inserii^ nel scttombrc
oUoliic IS'j7 della Bibliuthéquc de. l'F.cole des Charles.
Vedi inoltre ALPllo^sE Ciiassant, l'aléograpliie des Charles et des manuscrils du \i au xvii siede. 1802,
Parigi, 5»ediz. con uu'istruziouc sui sigilli.
§ 213. — Ledale.
Di prima importanza nei diplomi sono le date. Quanto al luogo, i notai introdussero
d'indicare non che il paese, ma la casa e la stanza in cui rogarono l'atto.
Fra gli antichi non eravi un'era generalmente accettata ; e l'anno indicavasi dal nome
del magistrato, che perciò si chiamava eponimo; e più spesso da un sacerdote, tali date
ricorrono anche nelle iscrizioni. Una di Gela comincia, sotlo il iei'opolo Arisliunn (ir.i
Uponòyo\> àpfTTwvoc) : ima d'Agrigento , aoflo il sagrifìcatore N in f odoro {-.ni ts/ioJÙTy.
•j\javo'ì6p',y>). I,a Stela di Rosetta c'indica che in Egitto sotto i Lagidi l'eponiraia era
unita al sacerdozio d'Alessandro e de' primi Tolomei.
Nei diplomi le date cronoloiiiche sono tratte dall'anno del pontificato dei papi, o del
regno pei regnanti: inoltre vi sono date differenti, non meno che nei tempi antichi. La
prima introdotta fu V indizione, nel 313 av. C. spazio di 1K anni, ricorrente.
Le più antiche catte cristiane, come gli Atti dei martiri, portano regnante Domino
nostro Jesu Christn, data incerta che continuò fin nel mi secolo. Negli ultimi tempi del-
l'Impero dinotansi gli anni dopo il consolato, per es. di Giustiniano o di Basilio. L èra
vulgare introdotta da Dionigi il Piccolo nel vi secolo, si eslese poco a poco, massime
dopo Carlo Magno ; ma variavasi il tempo di cominciare l'anno , quali facendolo col
marzo, quali col gennajo, quali col 25 dicemhre, giorno della natività, o col 25 marzo,
giorno della concezione di nostro Signore. La corte imperiale lo cominciava col gen-
najo ; Roma, Milano ed altre città italiane per lo più a Natale; a Firenze al 25 marzo,
come durò fino al 1750; a Pisa, Lucca, Siena, Lodi anticipavasi un anno intero sopra
l'èra fiorentina ; in Savoia cominciavasi a Pasqua; in Francia il 1" marzo, poi il 23
dicemhre, finché Carlo IX ordinò il 1 ' gennajo.
Il ciclo lunare e il Numero d'oro ajutano pure talvolta a ritrovar le date precise,
dalla cui cognizione dipende la certezza di un diploma. Talaltra la data è dedotta da
qualche fatto storico o naturale. Quando imharazzo recar dehha l'accertare tali date
ognun lo vede, ed i padri Maurini vi diressero tutta l'opera loro neW Arte di verificar
le date. Cominciando dal xii secolo, trovasi indicato talora anche il giorno della set-
timana.
Daium pare indichi il tempo della concessione, ed actum il luogo ove fu sleso il
diploma.
Molte carte opistografe si asseriscono esistere in Inghilterra 5 altrove sono rarissime.
Sopra tutto ciò vedasi il uostro trattato di Cronologia.
§ 21-L — I sJgJlH.
Molta attenzione meritano in questi diplomi il monogramma di cui or ora ahhiam
toccato, ed i sigilli, la cognizione de' quali dicesi sfragistica. Antichissimo è l'uso dei
sigilli, che apponeansi non per chiuder le lettere come noi , ma a guisa di firma (vedi
§ 148).
Ren trenta volumi di sigilli dei hassi tempi diede il Manno. Ultimamente ravvivò la
sfragistica a Parigi Arturo Forgeais, che riuscì a fondare una Società la quale puhhlica
delle Memorie ridondanti di notizie preziose.
I sigilli trovansi impressi quilche volta nell'oro (bulla aurea)., come se n'ha di quasi
tutti gl'imperatori franchi e germani . cominciando da Carlo Magno; di rado nell'ar-
gento, come fu fatto dagl imperatori hisantini verso il 1128; più spesso nello stagno e
nel piomlio, e presso i Greci anche nella creta; ma più comunemente in cera hianca,
rossa, gialla, verde, nera, mista di varj colori. 1 pontefici da antichissimo usarono
piombo, e così alcuni vescovi ; gl'imperatori per lo più la cera, pochi il piombo e l'oro;
i re longobardi or il piombo, ora l'oro.
La cera di Spagna credasi preparala da prima nell'india ; i Francesi la dicono intrO'
02 ARCIIEOIOCIA E niil.LF, A m I
dotta da un t^l Rousseau al principio del xvii secolo ; pure in Germania era già comune
nel ÌT^M. Di ostie 0 cialde non si trova sigillo anteriore al 1G24, e credonsi inventate
da un Genovese; ma per lungo tempo non si usarono che da privati.
Trovasi concesso a repubbliche e a famiglie di sigillar con piombo o con cera di un
tal colore. ! principi di Germania chiedevano di poter sigillare in rosso : Federico HI
concesse il bianco a Dorso d'Este nel compartirgli il titolo di duca di Modena \ e
Carlo V l'azzurro a un dottore di Norimberga nel 1526.
Quelli che faceansi sulla carta stessa erano di cera; gli altri ne pendeano, attaccati
per una cordicella di canapa o di seta, e spesso chiusi in una scatoletta che ne proteg-
gesse l'impronta.
Le forme ne sono variissime, più spesso tonde od ovali, altre volle quadre, a man-
dorla, a cuore, a fiori, a poligoni, a mezzaluna, a ferro di cavallo.
Le impronte sono immagini o simboli, croci, santi. Nei sigilli degl'imperatori sta la
loro effigie; e sigilli di macMà diconsi quelli ove il sovrano è rappresentato in trono. Le
ciltà metteano il santo proiettore; i feudatari il |)roprio busto o l'intiera effigie a ca-
vallo e armata ; gli abbati e i vescovi le proprie divise ; e dopo introdotto il blasone nel
XII secolo, questo era per lo più applicalo sul sigillo. Il bollo ponlifizio rappresenta i
santi ['ietro e Paolo da un lato, dall'altro il papa regnante col numerale; e vien custo-
dito con tal gelosia, che è pena la scomunica a chi, senza licenza del piombatore, entri
nel luogo dov'è serbato.
V'è unita generalmente la leggenda in caratteri greci o latini, cambiatisi poi in go-
tici. E per lo più vedesi prima un fiore o una crocetta, indi siyillum o siijnum, poi i|
nome del suggellante, talvolta era espresso in versi, sovente leonini ; e molte di sifalte
iscrizioni addusse il Trevisano nella illustrazione del sigillo di Padova .Secre^um 7newm-
sigillum veiitatis. Quel di Lodovico il Bavaro ha l'aquila, e Justa judicate fdii homi-
num : in un altro leggesi Gloria sit Christo, regi Victoria Carlo: in quelli di Fede-
rico ! e II Roma caput mundi regit orbis frena secundi : su quel di Firenze Herculeactava
domat Florentia prai^a, e un Ercole : su quel di Genova un griffo, e Griffus ut has
angit sic hostes Janua frangit : su quel di Volterra Urbi Volterre parealis undigue
terre. Monza, posseditrice della corona ferrea, la improntò sul suo suggello, nel quale
già da antico leggevasi FM .«ec/e.s Italicc regni Modoecia magni. Lucca portava Luca po-
tcns sti'rnit sihi qua; contraria cernii ; Verona, Ext jwiti latrix urbs ha;c et laudis ama-
trix\; Padova i proprii confini , e Muson, mons Jlliesis, mare certos dant mihi pnes ;
liologna un san Pietro in pontificale, e Petrus ubique pater., legum Bononia mater; e
così Urbs hec Aquilegie capud est Italie; — Est aquilejensis sprfes hec urbs utincnsis ;
— Ferrariam cordi teneas, o sancle Georgi; Salve Virgo Senam quam signat amenam.
Messina dopo i vespri siciliani alzò lo stendardo colla croce portata da un leone, ed il
motto Fert ho vexillum Messoria- cani cruce signum. Pistoja scrive attorno agli scacchi
del suo stemma, Quoe volo tanlillo Pisturia celo sigillo. Firenze ebbe da princi|>io la
bandiera partita bianca e rossa , cui uni la luna rossa di Fiesole; dappoi il giglio, o
piuttosto il fior di giuggiolo (ireos fiorentina): e quando i Guelfi prevalsero, si adulto
il giglio rosso in campo bianco, mentre i Ghibellini tennero il giglio bianco, unendovi
l'aquila nera imperiale. Inalberava anche il leone, il quale pure sta nel sigillo di Cor-
tona colla scritta Tutor Cortonce sis semper Marce patrone.
Spesso l'arma era parlante : come a Torino il toro rampante; a Monsumano e Monte-
catino, un monte sormontato da una mano oda un catino; a Barga una barca ; a Pescia
un pesce coronato. Gli animali stessi dello stemma si mantenevano vivi nella città, come
a Venezia e Firenze i leoni, una lionessa a Parma, gli orsi a Berna, Appenzell e San-
gallo. Quando i tirannetti s'impadronivano d'un Comune, vi univano il proprio stemma,
come i Visconti diedero a Mdano la vipera ; la quale |)oi insieme col leone veneto entrò
nel petto deira()iiila bicipite austriaca.
Talvolta al sigillo faceasi qualche impronta jiosteriore, per esempio una croce od un
morso coi denti ; o vi si attaccava qualche oggetto, alcuni |)eli di barba , qualche pa-
gliuzza ecc. ; del che faceasi menzione nell'alto.
Nel secolo xiii s'introdusse d'apporre più d'un sigillo a documenti di gran rilievo.
Venti ne ha la deliberazione della facoltà teologica di Parigi, che aderisce all'appella-
«ione di Filippo il Bello contro il papa Bopifazio Vili ; trecencinquaula la protesta dai
Sir.lLLl— CARTE PAGENSI 303
Boemi presentata al concilio di Costanza; quasi altrettanti l'abdicazione di Cristina di
Svezia, che conservasi in l'aslel Sant'Angelo.
CiiASSA\T, Dictionnnircde sitiiìku/ra pìtie pratique , conlenanl toules les nolions proprei d faciliter
l'elude el l'intcrprrlalion drs sreaux du moi/en-dge. Paris 1860. In- 12.
Armorial ou Rerueil de hlamns dcssinés à la main el coloriés aree le plus grand soin , au nnmbre
d'eni-iron 28,000 , classps suiranl Vordre nlphabètique des familles ^ el dislribué en IO voi. tn-4,
avec lables el réperloire renxoyanl aiix diffèrenles parile de Vouvrage.
/irmorial naiional de Franca , Recueil rompici des villes el provinces du, terriloire franfais., public
par Tbavebsier. Paris, t8i2-G0. Cinq partics in-folio.
§ 215. — Carte pagensi o private.
All'uso antico s'intitolano pagenfirs o pagmaales le carte che concernono persone pri-
vate, come contralti, testamenti, atti giudiziitli, sentenze ecc. Ve n'ha d'antichissime,
essendone uscite fin dalle tombe egizie, siccome dicemmo.
Qui la varietà è ancor maggiore; pure certe foi mole press'a poco si ripetono in tutte:
tal è l'invocazione in principio, talvolta supplita colla croce o col monogramma di
Cristo. Una croce faceano pure i testimonj, e la varietà di quelle è un grand'indizio per
distinguere gli originali dalle copie.
Le note cronologiche sono più semplici che ne' veri diplomi; ed ora trovansi in
principio, ora in fine. Il committente spesso parlava in prima persona, o dettando al
notajo, 0 richiedendolo a scrivere la sua volontà ; onde dalla formola consuela Mane
carlulam notario scribere rogavi vennero il nome di rogito ed il verbo rogare. Quando
l'istromento interessasse due o più parti, se ne faceano copie conformi, il che avverti-
vasi. In tal caso talvolta scriveansi i varj esemplari sopra la stessa pergamena a fianco;
e in testa Sìingraphum o chirographarn, o un'immagine : poi si tagliavano in modo, che
il raccostarle ne mostrasse l'autenticità, come si usa nelle bollette di banca (carie sin-
grnfe) ; ovvero tagliavansi a scacchi (carte indentate).
Ogni atto legale è sottoscritto prima dai contraenti, poi dai teslimnnj, infine dal no-
tajo. Per quei che non sapeano scrivere, il notajo stesso suppliva colla formola signum -\-
manus N. La croce era sì venerata, che valutavasi quanto un sigillo, onde la ponevano
quei pure che sapessero scrivere, e re e principi e papi; i vescovi la ritennero fino ad
oggi. In Francia, in Inghilterra, in Germania, o perchè men sapeasi scrivere, o perchè
amavasi sfoggiare gli stemmi, nel xiii secolo invalse di porre i sigilli invece del nome
de' testimonj.
I notaj erano persone consideratissime nel medioevo , e scelti tra i più ragguarde-
voli ecclesiastici o laici.
Lettere di principi e magistrati portanti effetto legale già si avevano pressoi Romani,
come vedemmo : molte ne ricorrono in Cassiodoro, molte in Marculfo. In carta riduce-
vansi pure le decisioni dei giudici, talvolta inchindendovi tutto l'atto verbale, onde rie-
scono importanti per conoscere le l'ormole giudiziali. De' trattali fra potenze si compi-
larono raccolte, che sono gran fondamento al diritto pubblico positivo.
Due contratti sotto i Romani reca il Terrasson (Hìst. de la jurisprudence romaine ;
sappi., pag. 58 e 59) ; ma l'uno crediamo falso, l'altro è la cessione d'un sepolcro falla
il 252 d. C. A questo si conformano altri del v e vi secolo prodotti dal .Malfei. I se-
guenti peggiorano di stile, ma serbano forme eguali, stilo introducendo le nuove, por-
tate dai codici barbari. E poiché queste variavano, rendeasi necessario l'esprimere se-
condo qual legge vivessero i contraenti.
Una delle formole non ignota al gius romano, ma dai Barbari ampliala fu le tradi-
zione di alcuni oggelti, come una zolla , un coltello, un guanto, un ramo ecc. Nei
contratti privati talora non si faceva che la tradizione simbolica, accertata coll'inter-
vento di testimonj e con giuramenti, restando per sanzione il dueNo giudiziario. Ma
anche i Barbari sentirono presto il bisogno di ridurli in iscritto, e a ciò si valsero delle
formole romane.
Dei testamenti sotto la romana repubblica raccolse le formole e i riti il Terrasson
iOp. c(7. , pag. 120); come pure le nuove condizioni introdottevi dagl' im|)cratori ,
donde appajono le gelose cure adoprate per la secretezza e l'inviolabililà di essi. Alcuni
30i
ARCHEOLOGIA E BELI.K ARTI
ne sussistono o interi o in parte; molti più di Cristiani , cominciando da quello di
sant'Efrem, diacono di Edessa nel 578, e di san Gregorio Nazianzeno nel 581. Quelle
forraole conservaronsi ne' paesi mantenuti all'Impero , variarono in quelli conquistati
dai Barbari.
g 216. — ArchJvj.
L'Italia è il paese che offre maggior quantità di carte, e quasi in ciascuna città, at-
teso l'esistenza particolare che godettero. Di quelle che serbavansi ne' conventi, moltis-
sime andarono disperse nelle ultime rivoluzioni. Venezia, Firenze, Lucca ne hanno di
preziose. Arezzo ne possedeva una gotica, che andò dissipata nell'invasione francese.
Nella biblioteca Borbonica di Napoli è un papiro ravennate d I Sol , pubblicato dal Ma-
rini, e meglio dal Massraann (Monaco 183o), un de' pochi monumenti gotici rimasti in
Italia, oltre quei dell'Ambrosiana. Uno de' più ricchi archivj d'Italia bassi alla Cava
nel regno di Napoli, che possiede iO.OlJO perdamene, tra cui 1600 diplomi e bolle, e
60,000 altri contratti in carta di bambagia e di lino. Il più antico diploma è deir840.
Non meno famoso è quel di Montecassino, con forse 30,000 pergamene.
Roma n'è la città più doviziosa, e carte importanti vi conservano le Coneregazioni del
Sant'Uffìzio e dell'Indice 'BiSOO cartelle o fascia ; de' riti e delle canonizzazioni (da 5000);
di Propaganda (da 4000; de' vescovi, de' regolari e delle immunità (da 19,000J. lu
quelli della Congregazione del concilio di Trento ne ha più di RfiOO ; in quelli della Pe-
nitenzieria e Dataria, più di 14,000. NclIì archivj generali di Vaticano 5.^,000 cartelle
comprendono da 120,000 carte, staccate o unite in portafogli : la collezione delle
bolle da Gregorio VII in poi; titoli e memorie relativi ai possessi della santa sede;
corrispondenze coi legati e coi nunzj, che scrivevano spessissimo ogni occorrente nei
paesi ove stavano; carte della segreteria di Stato. Prezioso è pure l'archivio de' Erari a
Venezia.
Delle carte di Francia si pubblicano ora i registri ed il meglio. Altrettanto si fa di
quelle di Germania e d'Inghilterra.
§ 217. — Classazione delle carte.
Per le carte negli archivj e nei registri si pensarono varie classazioni. Mabillon le di-
videva in quattro generi : carte ecclesiastiche ; diplomi imperiali e reali ; atti pubblici ;
cedole private. Parvero scarse queste classi a Toustain e Tassin, e ne formarono dieci :
i' lettere, indicoli, rescritti; 2a atti più propriamente detti carte, esprimenti omaggi,
doni, vendite, promesse, giuramenti; 3- notificazioni pubbliche e private, che coniin-
ciano col Notum sit vobia, Noverinf universi, o simili ; i"* atti giudiziari, mandati, pro-
cure, intimazioni, giudizj ecc.; b^ atti legislativi; 6=" atti convenzionali o siiiallagma-
lici, 0 anche contratti unilaterali, come chirografi, quietanze, obbligazioni ; 7» testamenli
e codicilli e fedecommessi ; S"* brevi, biglietti, cedole, in fine atti sommarj; ii* quelli
detti specialmente documenti, evidenze, scritture, titoli, istromenti ; 10* registri, ruoli,
matricole, inventar], cartolarj, o altre raccolte d'originali o di copie.
La classificazione non è abbastanza precisa; ma storicamente potrebbe modificarsi
così : 1» trattati internazionali; 2" leggi interne; 3" alti di governo, di amministrazione
generale, speciale, locale, personale; 4" titoli di dominj e proprietà pubbliche, conti di
entrata e uscita, finanze; 5" atti giudiziari; 0 transazioni fra particolari, sotto il ta-
bellionato; 7'' titoli dello stato civile; 8" lellere ed altri documenti storici non appar-
tenenti alle suddette classi ; 9" carte relative all'istruzione pubblica, invenzioni, sc».-
perte, progressi ; 10" documenti di storia ecclesiastica e monastica.
§ 218. — Carte false.
Le carte furono falsificate talvolta per cattivo fine, tiilaltra [ler condonabile. Ad no
convento sopragiungeva una masnada di Longobardi o di Saracini che dislrugi;evano i
cartolarj; i superstiti rifacevano le carte di compra o di donazioni e le concessioni reali,
non per usurpare l'altrui, ma per conservare il proprio ; le facevano poi conformare dui
CLASSIFICAZIONI 305
papi o dai principi, che guardavano alla verità del diritto, non alla genuinità del do-
cumento; talché un diploma pieno d'errori e falsità può essere testimonio del vero. Im-
postori poi di mestiere si conoscono.
Per rifare carte antiche bisognava prima procurarsi una pergamena vecchia o darle
la tinta ; poi imitare i caratteri, nel che furono famosi nel secolo passato Klisiibetta
llelstob e il p. Piaggio, e nel nostro M. Silvestre. Non è difficile ottenere un inchiostro
scolorato e giallognolo. Quanto ai sigilli, ostaccansi da un altro diploma, o, cosa molto
difficile, s'imita l'impronta. Altri ancora s'un diploma vecchio ne incollano un nuovo
sopra sottilissima pergamena, serbando le firme e il sigillo.
Sono tutte arti, contro cui i diplomatici hanno riparo. Men facile è scoprire false
quelle che si danno per copie autentiche ; o dove servì di modello un diploma vero,
cangiati solo i nomi e le particolarità.
Finora non si è mai trovato un documento falso a cui si fossero date tutte le appa-
renze di vero. Quanto al numero dei falsi , alcuno lo credette grandissimo , altri mi-
nimo: certo ve n'ha ancora di molti negli archivj privati; né i pubblici ne sono mondi.
Uno de' più sceUici in fatto di documenti fu il gesuita Bartolomeo Germon , Dispulazione intorno gli
antichi diplomi de' re Franchi. Vedasi Rafruet, Hisloire dei contestations sur la diplomalique. Nella
traduzione italiana fattane dal p. Gaspare Baretta s'aggiungono alcune cose riguardo alle quistioni ita-
liane; ma più a lungo ne tratta il Fumagalli, Istituzioni diplomaliche, e. 8.
Le norme per conoscere la legittimità di un diploma son così date dalla chiosa :
Forma., stylus., filuin, membrana, Mera, sigillum. Pei caratteri esterni il miglior criterio
è dedotto dalla lunga e sottile esperienza; per gl'intrinseci, dalla cognizione della
storia e della diplomazia. Invece adunque di qui recitare coleste regole, ci restringe-
remo a dire con Mabillon, che vuoisi molta prudenza , erudizione, soda e giusta mo-
derazione.
Maffei Scipione, Storia diplomatica. Mantova 1727.
Bariivgio, Clavis diplomatica. Hannover -1754, 2 voi.
Walter, Lexicon diplomalicum Gottinga 1745-47,2 voi.
De Vaines, Dictionnaire raisonné de diplomalique. Parigi 1774, 2 voi.
Martorelli, De regia lecha calamaria.
Marini, Papiri diplomatici.
Fumagalli, Istituzioni diplomatiche. Milano 1801
— Codice diplomatico Santambrosiano. Ivi.
ScnOENEMANN, Yertuch eines vollstandigen Systems der allgemeinen besonders allern Diplomalik.Got-
tinga 1802.
MoncELLi, Dello scrivere degli antichi Romani. Ivi 1822.
Bihliothèque de VÉcole des Charles. Parigi I8i2 e seg.
R. Lepsius, La paleografia., uno degli slromenli della linguistica. Berlino 1834,
Canxù, Documenti. — Tomo 1, Archeoloyìa e Delle Arti 20
306
ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
CAPO OTTAVO
NUMISMATICA
g 2i9, — Monete. Varj nomi.
Le monete dai Greci erano chiamate argento fargyrionj, o ricchezze (chremata), o
leggi (nomismaia) perchè acquistavano valore da una legge: di qui le parole di numus
e numismatica. I Latini dissero moneta, forse perchè le iscrizioni ammoniscono del va-
lore, 0 piuttosto perchè battevansi nel tempio di Giunone Moneta. Dissero anche pecuma,
0 perchè fu sostituita agli armenti (pecua) con cui dapprincipio faceansi i baratti,© per-
chè le prime recavano l'impronta di una pecora o d'un bove. La voce medaglia è forse
una corruzione di metallum, e dall'Italia passò in Francia e in Ispagna.
È convenuto che le medaglie erano monete per gli antichi, eccettuati forse i meda-
glioni romani, pezzi grossi e di straordinaria perfezione. E poiché anche le monete an-
tiche non si considerano in relazione al loro valor nominale, ma all'arte e alla storia,
tutte sono classificate come medaglie, e medagliere dicesi il luogo dove stanno custodite
e distribuite.
§ 220. — Studj necessarj al niimismàtìco.
L'economista le studia per determinarne il valore, la proporzione dei metalli fra sé
e colle merci ; se rappresentassero veramente il valore di cui portavano il nome , o vi
fosse una moneta di conto a cui si riferivano.
11 numismatico esamina le monete per uso della storia e delle belle arti. In tale ri-
cerca deve egli appoggiarsi alla storia, alla geografia, alla mitologia, all'iconografia pei
tipi, alla giurisperizia per le magistrature, alla storia naturale pnr gli oggetti in essi ef-
figiati, alla chimica e docimastica per la composizione metallica e la patina; dall'an-
tiquaria propria cercare la spiegazione delle figure, dalla paleografia la forma dei carat-
teri , dalla storia dell'arte il tempo e gli autori, dall'economia politica la slima del
valore e l'uso. Vastissima memoria gli occorre per abbracciare questi innumerevoli mo-
numenti ; squisito senso dell'arte per conoscerne le differenze ; pratica lunga per re-
spingere le falsificazioni : e solo a questo modo possono chiarirsi d'una medaglia l'arte,
l'autenticità, il tempo, il valore, il significato.
§ 221 . — Utilità della numismatica.
Moltissimi frutti si colsero dallo studio delle medaglie. Da esso la storia delle arti belle,
meglio compiuta e autentica che da qualsiasi altro monumento; e Mionnet ne dedusse
i progressi di quelle presso Greci, Itali antichi e Fenicj. Ai nuovi artisti suggerirono
esse concetti, disegni e felici allusioni. Molte volte corressero errori dei codici, e l'or-
tografia di persone e di paesi ; tanto più che esse han questo di particolare sovra gli
altri monumenti, di offrire molti esemplari di ciascuno.
Ennio Quirino Visconti potè colle medaglie formare l'iconografia più compita ; esse
ne accertano dei caratteri usati a certi tempi, col che ajutano a determinare l'età di
UTILITÀ DKLLA NLMISMATICA 507
altri monumonli. Spanhemio , che pel primo trattò seriamente della buona interpreta-
zione numismatica, mostrò quanto giovino all'intelligenza de' classici, e di tali monu-
menti arricchì i suoi commenti ai Cexari di Giuliano e agli Inni di Callimaco. Altri lo
imitarono con più o men senno. Egidio Lachurio, Ernesto Loeschero, CranvifTieo, Zei-
bichio mostrarono il partito che se ne può trarre a chiarimento delia storia ecclesiastica
e delle antiohità sacre. 1 Protestanti del secolo xvi difTiisero medaglie di papi coll'iscri-
zione : regnvm qvod non servierit tiiìi peuirit, per dimostrare l'esorbitanza dei pon-
tefici; ma furono convinte false dalla progrediente numismatica. Le Blanc , dietro al
suo Trattato deìhmnmte^ inserì una '< Oissertazione istorica su alcune monete di Carlo
Magno e Lodovico Pio, di Lotario e suoi successori, battute a Roma, colle quali si con-
futano coloro che pretendono tali principi non aver mai avuto autorità in essa città,
se non di consenso coi papi ».
Uno degli usi più importanti delle medaglie è di accertare i tempi. Golzio ne raccolse
óltre duemila di città greche, con molte particolarità di geografia, di religione, d'usi,
di forma di governo; ma a poco o nulla servono perch''- vi mancano le date. Lo stesso
può dirsi in gran parte di quelle delle colonie e delle deità. La serifl di personaggi for-
mata da Jobert è spesso d'incerta autenticità. Nelle monete di famiglia, i nomi di con-
soli appajono sol dopo il 2U di Roma ; e il medesimo ritratto conservavasi in perpetuo.
Enrico Noris trasse dalle medaglie l'età dei re siro macedoni fFirenzelfiOI). Con grande
abilità Le Vaillnnt formò la serie cronolosica dei Seleucidi di Siria dal 312 av. C. sino
al 7o ; degli Arsacidi dopo il 57.^; degli Achemenidi, dei Lagidi. Pav^r e Walker illu-
strarono il regno baltriano. Ma simili ajuti mancano nelle dinastie più antiche, e anche
nelle nuove moltissime difficoltà occorrono, Champollion Figeac confessa difficilissime
quelle de'Tolomei d'Egitto, con tanti nomi simili, e spesso senza numero o sopranome,
e con instabilissime maniere di computare.
Tutto ciò fa comprendere il vantaggio che se ne può cavare, e le difficoltà. Perocché,
come di tutto il resto, così si abusò della numismatica, o chiedendole più di quel che
essa vaglia, o togliendone pretesto a quegli sfoggi d'erudizione che erano di moda nel
secoli passati, o pretendendo spiegare tutto a forza d'ingegno, come fece il suddetto
Le Vaillant, odorando lunghissimi stenti a dicifrare punti che poi riescono di nessun
interesse. Le medaglie possono giovare ben poco di là del iii secolo av. C. Poco poi o
nulla esse conchiudono senza l'appoggio d'autorità scritte ; mentre sono invece potenti
a rinfiancare queste. Non seguì che vergogna a taluno che, per {spiegare leggende, in-
trodusse paesi ignoti alla geografia, e ad un nostro che vi lesse una divinità ignota a
tutti gli scrittori. Onde Eckhel ben dice che uffizio della numismatica non è già inse-
gnate la storia e la mitologia, ma bensì emendare, o illustrare, ò arricchire quel che
entrambe sanno.
Né però vuoisi incorrere nel vizio contrario col troppo restrìngerla ; e in generale
fu colpa l'avervi cercato solo la cronologia, dato esatte descrizioni, assegnatone la classe
e la distribuzione geografica, negligendo assai altre cose che vi si possono riscontrare,
tra le quali il linguaggio simbolico e la storia dei costumi e delle opinioni ; parli che
meritano le cure anche dell'età nostra, la quale, se si aliena dalla pura e speculativa
erudizione, deve dalle monete dedurre tutte le verità generali che un esame metodico
può stabilire scientificamente.
g 222. — Quali cose si considerano in ogni moneta.
In ogni medaglia o moneta si considerano : 1" il metallo; 2® il modulo; 3" la costa
0 spessore ; 4" la faccia ; fars antica, cioè il diritto ; 5" il rovescio, para postica o aversa;
6° l'iscrizione; T la leggenda; 8" il campo ; 9" l'esergo ; 10° i monogrammi ; H" la
data; 12» il valore.
§ 223. — iJi che metallo siano le monete.
Le medaglie antiche si fecero principalmente d'oro, d'argento, di bronzo. Quelle di
piombo si suppone servissero per entrare alle feste; medaglioni di tal metallo trova-
ronsi sotto le fondamenta per memoria. Moneta di stagno si ricorda stampata da Dionigi
308
ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
tiranno di Sicilia. Non se ne vedono di ferro e di cuojo, sebben leggasi ne usassero
Spartani e Bisantini; né di legno come le cartaginesi. Le imperiali d'Egitto sono talora
di ottone (potinj, mistura di stagno e rame con poco argento.
Forse (benché negato da alcuni) gli Arabi si
valsero per moneta del vetro, e a ciò dovevano
servire le paste con caratteri cufici di cui ab-
bonda la Sicilia.
Di bronzo era particolarmente adoperata una
specie detto ciprio : insigni poi erano le monete
di metallo corintio.
L'oro delle monete antiche non è finissimo ; e
chiamansi di elettro quelle cui è allegata una
quinta parte d'argento, come alcune fenico-sicule,
dei re del Bosforo cimmerio nell'età imperiale,
e di imperatori bisantini. La più antica moneta
d'oro si fece nella Lidia e in altre città dell'Asia
Minore. In Sicilia coniossi il 491 av. C. ; in Gre-
cia solo al tempo di Filippo Macedone. Argento
non fu coniato a Roma fin al 485, 484, 485 della
città, né oro prima del 537, secondo Plinio, il
quale a torto aggiunge che primi i Romani in-
trodussero di alterare la purità delle monete,
perchè la lega trovasi già in quelle di Filippo
Macedone. L'oro avea moltissima lega, e andò
peggiorando dopo Didio Giuliano, finché Dio-
cleziano lo ritornò in meglio. I medaglioni d'ar-
gento sono molto più rari. Poi le monete stesse
divengono rare sotto gl'imperatori, ad eccezione
di Pertinace, Didio Giuliano, Pescennio Nigro, i
Gordiani e Claudio Goto ; da questo a Diocleziano
soo rarissime. Allora si coniò molto bilione.
Aureliano, oro. Doppio diametro.
§ 224. — Se la materia indichi ricchezza.
Dalia quantità di monete d'oro mal si argomenterebbe la ricchezza di un paese.
In prima non sappiamo quanta parte sieno delle battute, potendo il caso averne con-
servate più 0 meno che altrove. Poi v'ha paesi ricchi che non ne batterono, come i re
della Siria ; e non ne conosciamo di Atene. In Roma furono rare prima dell'impero. Al-
cune città greche cominciarono coU'oro, e passarono all'argento e poi al bronzo. Di Si-
racusa, Taranto, Cirene ne abbondano. Città di gran rinomanza, come Corinto, Olinto,
Elide scarseggiarono di monete ; altre di poca ne abbondarono, come i Tasj, i Durazj ed
altre della Magna Grecia. Eckhel afferma ch'è più facile trovare cento monete tasie o
dirachiane o di Marsiglia, che non una degli imperatori Carli, Ottoni, Federichi, Enrichi
di Germania. Questa copia viene non soltanto dall'essersene fatte assai , ma dall'esser
j)iù grosse e solide e con figure più rilevate, mentre nel medioevo faceansi sottili e di
l)oco rilievo, onde facili a perire.
Le monete ci attestano quanto scarse fossero le comunicazioni regolari fra popoli
vicini , e quindi le loro somiglianze. Talora nella medesima provincia , per esempio
l'Apulia, l'Etruria, il Lazio, il sistema delle monete avrà per campione il bronzo fra un
popolo, l'argento fra un altro 5 rozzissime saranno le monete qui, mentre a poche miglia
sono squisite.
§ 225. — Come si coniavano.
Dai tre metalli principali, i triumviri monetarj di Roma erano intitolati \.X.J£. F. F.
auro, argento, cere flando, feriundo. Queste due ultime voci esprimono i due processi
della monetazione : 0 fondevasi il metallo in una forma vuota che portasse le due im-
CONIO. Monui.o
309
pronte; o fondevasi in prima la botclla, poi si improntava, sia con un punzone batten-
dovi sopra il martello, sia con una tanaglia clic noi due morsi portava i due conj.
Ci rimase qualche conio antico, e nominatamente uno di Berenice regina d'iigitto ;
come pure qualche forma di terra per colarvi le monete. Alcuni negarono che mai si
fossero fuse, salvo che da falsar] ; pure se ne trovano più che non si creda, e non è
facile il discernerle dalle battute. Alcune furono ultimamente dal signor Avellino assi-
curate a Venosa, zecca che cosi prende posto nella geografia numismatica.
Il primo modo di battere fu di fissare un conio in un ceppo, e un altro tenere colla
mano a guisa di punzone, e percuoterlo con replicati colpi di martello. Forse le mo-
nete più grandi e i medaglioni batteansi con qualche macchina più forte. Sulle prime
un conio era in rilievo, uno in incavo, col che facilmente sdrucciolando la moneta, le
due impronte restavano di rado eguali.
Servivano alle monete gl'incisori di conj (ccelatores) , i saggiatori (spectatores numu-
lariij, i raffinatori (ccenarii)^ i fonditori (fusarii, flatuarii) ; gli osquaiores moneiarum
ne precisavano il peso; i suppostores metteano i pezzi nel conio ; i malleatores li batte-
vano. Un primicerius soprantendeva all'officina.
Dal trovare le medaglie del conio stesso differenti una dall'altra e con lettere tras-
poste e fallate, alcuno suppose fossero ciascuna lavorate a mano dagli schiavi. Altri
immaginarono che con un punzone in rilievo imprimessero le lettere in concavo una
presso l'altra sul conio prima che fosse temperato, e perciò potessero uscire di linea,
ed anche esserne dimenticata qualcuna. Questa parte di tecnica offre molte difficoltà che
l'arte finora non ha risolte.
§ 226. — Modulo.
Modulo chiamasi la grandezza delle medaglie, secondo la quale si distinguono. Quelle
di bronzo da 12 a ■IS linee diconsi di gran bronzo ; di mezzo bronzo dalle 11 alle 9; di
piccolo le minori ; se passano le 15 diconsi medaglioni. Per semplificare e precisare le
denominazioni si stabilì questo cerchio, e coi numeri corrispondenti s'indica la gran-
dezza della medaglia :
Modulo.
1 medaglioni credesi non corressero per moneta, almeno fra i Romani, ma per ornare
qualche divinità, o in memoria d'imprese e largizioni, o per adulazione; davansi anche
310
ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
per ricompensa di guerra, o s'inserivano negli scudetti delle insegne militari. Passata
roccasione, poterono correre in commercio, al
qual uopo talora si contrassegnarono. Altri non
erano che ornamento o parte del mondo mulie-
bre. I.a moneta d'argento più grande (13 1|2)
che dall'antichità ci arrivasse è quella dell'im-
peratore Attalo, nel museo Britannico, che ere-
desi unica, e pesa 1203 grani.
Steinbdechel, Notiee sur les médaillont en or du musée de Vienne.
g 227. — Il contorno.
Pel contorno, oltre lo studio che se ne fa per discernere le monete false, suole te-
nersi conto dello spessore (cra^sitiesj. Si sa che le monete antiche erano molto grosse,
ma non s'ebbe l'uso d'improntarle sul taglio come noi facciamo. La prima moneta si-
fatta gl'Inglesi pretendono sia di Cromwell nel 1658; ma il gabinetto numismatico dei
Serviti di Firenze ne pot^siede una toscana d'argento del 1392.
Non tutte le monete sono rotonde, e Tltalia antica ne offre di rettangole e di rom-
boidali; alcune ejjizie del tempo de' Tolomei e dei Cesari somigliano a un cono tronco;
tirano allo sferico quelle di Acanti, d'Egina, di Siracusa; quadrate sono molle delle
recentemente trovate di re Battriani.
Nel museo di Nìiues è una medaglia detta piede di cerva, perchè ha un'appendice che
rappresenta tale figura-, e da un lato ha un cocodrillo incatenato e una palma, forse in
segno della conquista d'Egitto, colle lettere coLonia nembusì, e nell'opposto due teste,
probabilmente d'Augusto e Agrippa.
§ 228. — Il diritto.
Il diritto della medaglia rappresenta la testa del principe, o il simbolo speciale della
città in cui nome fu coniata. Questo serve a classificare la medaglia; e quando ambo i
lati portano una testa, la moneta si riferisce al più qualificato dei due personaggi. L'im-
primere la propria effigie sulle monete fu sempre tenuto come indizio di sovranità; e
autonomi chiamansi i paesi o le colonie cui quello fu riservato, come diremo.
Quanto alle teste, alcune sono isolate, altre doppie, o conjugate, o affrontate, od op-
poste, come dicemmo nella Gliplica (§ 157). Conosciamo una medaglia d'Istro, portante
le teste dei Dioscuri, una in su, l'altra in giù, per indicare die alternativamente sono
nell'emisfero superiore e nell'inferiore.
§ 229. — Il rovescio.
Il rovescio della medaglia porta il tipo, il quale è più generale che non l'iscrizione,
sebbene non sia vero quanto Eckhel asserì, che nessuna moneta ne manchi. A tacere
altre (tutte però di modulo minimo), fra le inedite pubblicate dagli Annali di corrispon-
denza archeologica (t. XI, p. 278), n'è una di Terea dell'Argolide, portante un 0 all'an-
tica, e sul rovescio un A in quadrato incuso bipartito, e nessun tipo.
Nelle monete autonome sovente il tipo del rdvescio è in correlazione con quello del
diritto, e dà i simboli della divinità espressa su questo; il che interviene pure in molte
monete di famiglia.
§ 230. — I tipi.
Le città aveano tipi stabili, che venendo concepiti ed eseguiti sotto la sanzione della
pubblica autorità, devono esprimere idee nazionali e non capricci individuali. Merite-
rebbero dunque che vi si cercasse la storia dei costumi, delle credenze, della simbo-
lica: nel che sono tanto più preziosi sovra gli altri monumenti, in quanto non furono
restaurati né alterati o mutili; ed offrendo due composizioni, una sul dritto, una sul
TIPI 311
rovescio, spiogansi l'una coll'altra, ed agevolano il modo di leggere celesta simbolica.
Fors'anche per la religione di (juei simboli le monete erano collocate nelle tombe.
KruGBT, ^n inquiry itilo the symbolical language ofancient and new theology.
SiCELER, De typi$ $imbolici$ in nummis.
Di tipo talvolta serve la divinità tutelare, come per Atene Minerva, per Delo la lira,
che vedesi in queste Gg. I5 per Delfo la testa d'ariete del Giove Amnione, 2; oppure edi-
fizj rinomati del paese, come il labirinto pei Gnossi; 0 particolarilà naturali, come pei
Cesariensi di Cappadocia il monte Argeo, e pei Samaritani il monte Garizim ; 0 le pro-
duzioni speciali, come la spiga pel Metaponto, il silfio pei Cirenaici; 0 la forma del
proprio scudo, come è de' Macedoni e de' Beoti. Talora vi si scolpiscono gli uomini fa-
mosi del paese ovvero i fondatori, come Omero per Scio, Ercole per Crotone, per Itaca
Ulisse col vigile gallo fig. 1. Dionigi il vecchio, vincitore alle corse, pose tale vittoria
sulla moneta lìg. 2 :
2
Spesso i tipi sono parlanti, cioè espressione fonetica del nome della città o^della fa-
miglia: così la rosa per Hodi, e per Hosas in Catalogna; il cuore per Cardia; una ca-
pra [^f/('^) per la città di Egea ; un granchio (àzpayasj per Agrigento ; un gomito (a/ycjvj
per Ancona; un muso di leone per Leontino. Selino ha le foglie di appio (-le^ivov),
Urso nella belica, un orso, Clide una chiave (//ewovj, Celenderis un cavaliero che spinge
un cavallo {y.i/i-j o£/o&<), Gluma un porco (^/oj^vsìovj. Sulle ateniesi la clava di Ercole
accompagna il nome dell'arconte Eruclide; tre supplicanti a ginocchio (ìzEiidiatJ allu-
dono al nome dell'arconte Icesio. li rovescio d'un tetradramma di Demetrio Solerò
di Siria presenta una Cerere [àr,^r,Tr,fj). Altrettanto ricorre in quelle di romani ma-
gistrati; Pan su quelle di Pausa; un vitello su quelle di Vitulo; le muse su quelle di
Musa ; i trioni sui danari di Lucrezio Trioue ; il martello su quelle di Malleolo; il fiore
su quelle di Aquilejo Jr loro ; uu Giove cornuto su quelle de' Cornificj ; un toro su quelle
della famiglia Ihoiia, come anche della città di lurio. In quelle della famiglia 1- uria e
Publicia un piede allude al loro cognome di Crassipede. Accolejo Lariscolo pose le tre
sorelle di Eelonle mutate in larice.
Alcune hanno tipi osceni, come le monete battute nel monte Pangeo, ad Ejone, ad
Amtipoli, nell'isola di iasu, a Lampsaco: ma è noto come alla religione non ripugnasse
la rappresentazione anche degli atti più inslintivi. D'altri non si sa la ragione; come i
Peloponnesiaci la teslugine, gli Scioti la sfinge, i Dirachiani il vitello lattante, i Siba-
riti il bove che guarda indietro, 1 Lampsaceni di Misia, il cavallo alato. Il loro colla
testa umana, che spesso compare su monete sicule e della Magna Grecia, si suppone
esprima Bacco, ovvero il ratto d'Europa, talché quella mezza ligura di bove antropo-
morfo sarebbe la prora di un vascello, equivalente ai rostri che i Romani poi adotta-
rono: altri vi scorge il fiume .^icheloo, ad esprimere forse una delle fatiche d'Ercole; men-
tre Janelli lo crederebbe piuttosto un simbolo del fiume consideralo come generatore di
312
ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
tutte le cose fisiche, giusta il concetto di Talete. Ma non vuoisi tacere che simigliante
figura fu trovata a Persepoli, e testé a
Ninive. In forma alquanto diversa appare
in questa moneta di Gela in Sicilia:
Ecco altri simboli delle città:
Antiochia, una donna con torri e un al-
tare colla fiamma.
Apamea in Siria, testa di Bacco e un
tirso rovesciato.
Bisanzio, la mezzaluna, per onorar Dia-
na ; e fu dai Turchi adottata. Altre volte
la nave, come nella medaglia qui sotto.
Pirene, vicin del quale Bellerofonte prese il
effigiato nelle sue monete:
Camarina in Sicilia, il chamcerops
humilis, ossia la palma minore.
Coleo, un'aquila che combatte un
drago.
Coo, testa d'Ercole giovane con pelle
di leone, e nel rovescio una mazza
sotto un cancro.
Coifù, testa coperta da una pelle di
leone, e 15] una prora.
Corinto : presso di essa era il fonte
cavallo Pegaso 5 perciò questo animale è
Creta, il gigante Talo, che credeasi fare ogni giorno il giro dell'isola (Cavedom).
Efeso, la testa di Eraclito filosofo.
Epiro, testa di Giove, e 15] un'aquila.
Eraclea in Macedonia, un elmo da un lato, dall'altro uno scudo.
Etolia, testa di Mercurio e un cinghiale.
Eubea, testa di bove.
Giudea, una palma.
Gnosso di Creta, la testa di Giove e di Minosse, e il labirinto quadrato.
Li li beo (il/arsa/oj la cetra (qui sotto).
Melos, il melogranato.
Paro, testa di Medusa, e r! un bove.
Populonia, che nell'idioma nazionale
è Popluna, la luna.
Samo, una Giunone; talvolta uo'Ama-
zone che tiene una corona.
Scio, testa d'Omero da un lato, dall'al-
tro una sfinge e una lira.
Side, il melogranato, che così chiamasi in greco.
Smirne, la madre degli Dei (pag. seguente).
Sparta, Castore e Polluce a cavallo.
Tebe di Beozia, un'anfora a due manichi e lo scudo beotico:
Tespi, una musa e una lira.
Una figura triangolare con tre piedi riuniti a una testa, che ancora considerasi
TIPI
313
come simbolo della Sicilia, vedesi pure in monete di Cilicia, di Pamfilia, di Cipro, e su
vasi panatenaici; ma non ne è data spiegazione soddisfacente.
Sulle monete ricorrono animali fantastici. L'aquila bicipite viene dal favoloso ani-
male banca delle tradizioni musulmane, il quale dicono rapisca l'elefante e il bufalo,
come il corvo rapisce i sorci. Primi
la posero nelle loro medaglie i Tur-
comani che nel xiii secolo gover-
narono la Palestina e il Diarbekir,
e si trova in monete di bronzo di
Malek el-Salah Mahmoud del 615
dell'egira, 1218 d. C.
Reiscke avea preteso fosse un
omaggio reso a Federico li : ma
prima la spedizione di questo cadde
solo nel 1228; inoltre l'aquila a due teste non fu adottata dagli imperatori prima del
134S, e precisamente da Lodovico il Bavaro, forse per indicare l'accoppiamento di due
sovranità avvenuto pel suo matrimonio con Margherita d'Olanda. Egli l'adoprava però
come re ; come imperatore conservando l'aquila d'una testa sola, forse fin quando,
nell'ultima crociata, qualche Tedesco o Fiammingo, insignoritosi d'uno stendardo
turco, pensò farne onore allo stemma imperiale.
Marsden's Numismata orienlalia^ p. ]'6ó.
Adler, CoUectio nova, p. d08.
Gattereb, De origine aquilw imperiali!. (Soc. di Gottinga, t. X. p. 241).
LoNGPÉBiER, Revue archéologique, 1845.
A questi tipi principali se ne trovano talora uniti altri variatissimi, e probabilmente
posti dal monetiere per bellezza oper distinzione. Così sui didrammi di Siracusa, che
da una parte recano la testa di Pallade, dall'altra il Pegaso, accanto alla prima trovansi o un
arco 0 una faretra, o un tripode, o un gallo, o una chimera, o altri sigilli. Vedansi quelle
del seguente decadramma siracusano, che a grandezza eguale esiste nel museo Britan-
nico, pesante 625 grammi d'argento, e cbe porta la testa di Timoleone. In tal genere
sono ricchissime le monete di famiglie, fatte benissimo.
314 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
Altre volte un segno vi fu incuso dopo, talora con poca arte e guastando il tipo.
Quanto corredo di cognizioni storiche, paleografiche, artistiche richiedonsi da nu-
mismatico, giacché per lo meno settantamila tipi diversi si conoscono! Quest'abbon-
danza di tipi ci fa sentire una superiorità moderna, cioè la costanza nostra ad un peso
e ad una misura, con gran vantaggio del commercio.
§ 231. — Del blasone.
Il discorrere dei tipi ci porta naturalmente a parlar del blasone, distintivo della no-
biltà. Gli stemmi o arme costituiscono un linguaggio geroglifico come quello intagliato
sopra le faccie degli obelischi; e l'arte del blasone consiste nel saper scrivere e leggere
in questo idioma.
Si considerano nelle arme due elementi : il fondo detto campo o scudo; e le figure su
quello dipinte od incise, chiamate segni. Lo scudo è sempre coperto o d'uno dei quat-
tro colori, rosso, turchino, verde e nero; o d'uno dei due metalli, oro e argento; o
d'una delle due fodere, ermellino e vajo. Pei segni, oltre i quattro colori nominati,
usa anche il color naturale o di carnagione.
La prima regola del blasone è di non porre metallo sopra metallo, né colore sopra
colore; e sono false le arme che se ne dipartono, eccetto tre o quattro scudi in tutta
Europa, nei quali la regola è violata per cause particolari e conosciute.
Lo scudo era diviso in capo cioè la parte superiore, e punta cioè l'inferiore; e sopra
una e l'altra poteva esser posto, come segno ed in positura variabile, uno degl'infiniti
esseri della creazione naturale e fantastica.
I segni collocati sono tutte le parli d'un'armadura; tutti gli animali, vólti sempre
dalla sinistra alla dritta; e tutti i vegetali; della religione, principalmente la croce; fi-
nalmente alcune impronte particolari, come la banda, specie di nastro che attraversa
il campo da dritta a manca, la quale assume il nome di sbarra se lo attraversa da si-
nistra a dritta, e di fascia se collocata orizzontalmente.
II blasone fra gli antichi formava una parte essenziale ed integrale dell'arredo mili-
tare : sta dipinto per lo più sugli scudi e le bandiere ; trovasi anche spesso sulla prora
(Jelle navi e sopra suggelli : ma non conosciamo fosse, come nel medioevo, applicato
all'architettura, ai mobili e alle vesti ; se pure non si citino un passo di Ezechiele, e
le lunole della calzatura de' nobili romani.
In Omero son armi evidentemente blasonate quelle di Pandaro, d'Agamennone e
d'Achille. Gli scudi artistici d'Achdle, d'Ercole, di Enea si allontanano allatto dagli
usi araldici, e invece degli emblemi e delle ordinarie divise degli eroi, contengono in-
tere cosmogonie. Nei Sette a Tebe Eschilo suppone che, dai baluardi di Tebe, Eteocle
domandi chi sono i guerrieri che scorge alla testa de' varj corpi di truppe; e un espio-
ratore glieli nomina, descrivendo i loro stemmi. INel princii)io delle Fenici di Euripide
Antigone salita s'una torre del palazzo d'Edipo, chiede a un vecchio i nomi dei capi,
e il vecchio le risponde: — Osservai con attenzione i loro emblemi quando andai in-
contro a vostro fratello, e li riconoscerò facilmente ». iNel mezzo della tragedia, un vec-
chio, scendendo dalla cittadella, va a raccontare aGiocasta gli apparecchi del combat-
timento, le nomina i capi, e ne descrive gli stemmi. Filostralo nella vita di Temistocle
dice, che i re di Persia avevano per divisa un'aquila d'oro s'uno scudo. Negli Ellenici
di Senofonte si legge che i cittadini di Sicioue portavano la lettera S sui loro scudi,
e i cavalieri tebani una mazza dipinta.
Plinio [Hisl. nat. xxxv, i) dice che i combattenti all'assedio di Troja avevano em-
blemi dipinti sugli scudi, e soggiunge che i Cartaginesi solcano dipingere e incidere
emblemi sulle loro armi. Appiano nella Guerra di titcìlia, narra che Sesto Pompeo,
dopo una vitttoria sopra di Augusto, si fece chiamare tiglio di Nettuno, e mutò il co-
lore del suo scudo.
Fra gli antichi hanno pure impronte distintive gli stendardi guerreschi di terra e di
mare. Nel capo ii dei Numeri è detto che gli Ebrei accampavano intorno al Taberna-
colo ognuno sotto i vessilli e le insegne proprie, secondo le famiglie e i casati. Nelle
Supplici di Eschilo, Daiiao grida che riconosce alle loro insegne i vascelli degli Egi-
ziani che lo iuseguono. NqW Aniiyone di Sofocle, da un'anlislrofe del coro risulta che
lìl.ASONE 315
i Tebani portavano un dragone; probabilmente il dragone di Cadmo fondatore di Tebe,
atteso che, nella Ipijenia in Anlide d'Euripide, la terza strofa del primo coro dice cliia-
ramente che i vascelli de' Beoti aveano sugli stendardi Cadmo con un serpente d'oro
in mano. Da alcuni passi di Geremia relativi a babilonia sembra che gli Assirj spiegas-
sero sulle insegne una colomba ; lo confermano due versi di Tibullo nella 7a elegia
del li libro; forse dal nome della regina Semiramide, che significava colomba. Un'a-
quila d'oro colle ali aperte, iniissa sulla punta d'una picca, era anche al tempo di Seno-
fonte l'insegna militare de' re di Persia (Ciropedia, i, 10).
V Eneide è tutto sparso di particolarità araldiche, e a molti passi può forse darsi una
nuova interpretazione. Nel ix libro Virgilio dice che il guerriero Clenore non avea che
una spada nuda e un bianco scudo: Ense levisnudo, parmaque inglorius alba. Questo
verso prova che i guerrieri della primitiva Italia non poneano sui loro scudi che il bla-
sone delle lor famiglie, giacché Clenore, di nascita illegittima come figlio di una schiava
del re di Meonia, non reca nessun emblema né sulla spada né sullo scudo.
Nel libro i Enea sale uno scoglio esplorando intorno il vasto mare, se veda apparire
la nave di Capi, o le armi di Calco su l'eccelsa poppa ; che forse erano uno stendardo di
colore particolare, o distinto da segno speciale. Nel medesimo senso spiegherei quel
del libro x, in cui Giunone irritata domanda a se slessa che cosa le giovò « piantar armi
sulla poppa delle navi di Turno? «
Nel VI, Enea alza una tomba a Deifobo, e vi pone il nome e le arme di lui. Servio
commentando scrive « cioè le arme dipinte » ; il che prova che i Homani usassero
armi così dipinte fino al iv secolo.
L'uso di sottoscriver le lettere col nome fu introdotto assai tardi, e dapertutto si
cominciò dal segnarle con un suggello : e per verità nell'origine di tutti i popoli i
nomi sarebbero stati mezzi incertissimi per provare l'identità delle persone, non es-
sendo ereditar].
Nel VII àeW Iliade si trae a sorte chi di nove greci eroi deva provarsi in campo eoa
Ettore. Ognuno segna la sua tessera, e la gilta in un elmo. Nestore agita le sorti, e ne
è tratta una, mostrata in giro da un araldo ai nove pretendenti. Che quella tessera
fosse un'impronta di suggello è provato dal vedere che gli otto primi Greci, cui venne
presentata, non la riconobbero per loro ; ma giunto il banditore al telamonio Ajace
questo ravvisò il suo segno e l'accettò.
Nelle Trachinie di Sofocle, Dejanira manda per mezzo di Lica una tunica ad Ercole,
e dice: — Egli riconoscerà facilmente che il dono è mandato da me, perché vi posi il
mio suggello ». Nell'yp/Jo/;7y d'Euripide, Teseo ricevendo una lettera di Fedra, esclama:
— Quai dolci memorie ridesta in me l'impronta del suo suggello! » ed aggiunge: —
Apriamola » . 11 che prova che le lettere degli antichi erano chiuse, non aperte, e con sug-
gello pendente. Giuseppe Flavio, nel capo 3 del xu libro delle Antichità giudaiche,
racconta che Areo re di Sparta scrisse a' Giudei una lettera sopra un foglio quadrato,
con un sigillo rappresentante un'aquila con un serpente fra gli artigli.
D'ordinario quando gli antichi adottavano un sigillo, lo componeano dietro ad un
fatto notabile nella loro famiglia. Plutarco in AJario narra che Siila ne fece fare uno,
dov'era rappresentato in atto di ricevere Giugurta dalle mani del re Bocco, e se ne servì
per le sue lettere.
Due altri fatti provano che le armi araldiche fra gli antichi erano in molti casi, come
furono sempre nel medioevo, un segno ereditario, destinato a consecrare la tradizione
delle famiglie. Ovidio nel vii delle Metamorfosi, Plutarco in 7Vseo, Seneca nel 3' atto
^tWIppolilo narrano che Egeo re d'Atene, avendo ricevuto uno straniero alla sua ta-
vola costui trasse il pugnale per trinciar le carni, e che avendo il re osservato gli em-
blemi incisi sul manico, ebbe tosto riconosciuto suo figlio Ippolito, partoritogli da Etra
figlia di Piteo, re di Trezene. Svelonio, in Caligola., riferisce che l'imperatore, geloso
delle antiche famiglie nobili di Roma, tolse ai Torquati la collana ereditaria, ai Cincin-
nati i capelli lunghi e inanellali, ed il sopranome di Magno alla famiglia de' Pompei.
Il blasone delle armi romane è l'anello pel quale si connettono l'antichità e il medio
evo ; e contiene pressoché tutti gli elementi coi quali, sullo scorcio dell'xi secolo, fu
rafTinata la scienza degli stemmi.
Vegezio dice, al cap. Sdelii libro, che ogni coorte aveva un tempo emblemi differenti
316 AnCIlF.OLOGlA E BELLE ARTI
dipinti sopra gli scudi, « come (prosegue egli a dire) si adopera ancora a' nostri giorni
perdura ai soldati facilità di riconoscersi nelle mischie ». Quegli emblemi erano dipinti
all'esterno degli scudi; sull'interno era il nome del soldato che lo portava. Ma quali
erano questi emblemi? Quei che conosciamo non seguono le regole blasoniche: gli Er-
coliani Nuovi aveano un'aquila d'oro, posata s'un ramo d'albero, in campo di zafliro
orlato d'oro; i Teodosiani Secondi, un toro d'oro al piede d'una montagna verde, in
cima della quale il busto d'un Moro, con un pileo in una mano e una corda nell'altra ;
i Vecchi Menapi portavano un serpente d'oro in campo verde orlato di rosso e d'argento
con uno scudetto d'oro nel centro ; e così via.
Gli arcieri Galli delle bande giovani aveano campo azzurro col margine cinto da due
cerchi, de' quali l'interno era d'oro, l'esterno rosso; nel centro dello scudo eravi un
globo rosso entro un cerchio d'argento, portato da due aquile, l'una a dritta, l'altra a
sinistra, e tra le due aquile un cartello coll'effigie degl'imperatori d'Oriente e d'Occi-
dente. Gli arcieri Galli delle bande vecchie avevano le stesse armi, senonchè il globo
era chiuso fra due cerchi, l'uno d'argento l'altro rosso; e nel cartello erano alcune
parole mezzo delineate, che rappresentavano la legge. Lo stemma de'Celti Veterani erano,
in campo rosso, due dragoni d'oro, uscenti da un cippo in palo, e che si guardavano
l'un l'altro. Quello de'Bracati Vecchi erano, in campo azzurro, due corna d'oro, uscenti
da un cippo in palo dello stesso metallo.
Ecco un vero blasone co' suoi smalti e i suoi segni; blasone simbolico e significativo,
ma veramente originale, e quale non l'avrebber mai potuto inventare gli araldi del x o
dell'xi secolo.
Nelle corse del circo si ravvisano evidentemente i tornei; e i diversi colori assunti
dalle fazioni, corrispondono a quelli de' cavalieri e de' concorrenti d'arme. Virgilio,
nei v dell' Eneide, le fa celebrare in Sicilia ad onore dei mani d'Anchise, e vi sono t;ià
quattro fazioni, e a quattro si limitarono anche in appresso fino agl'imperatori, cioè i
Bianchi, i Rossi, gli Azzurri, i Verdi. Domiziano v'aggiunse i Gialli e i Paonazzi. Gli
stessi colori servirono pe' tornei; se non che vi si aggiunse il nero, proprio de' cavalieri
in lutto, e le due pelliccie d'ermellino e vajo, produzioni nordiche, sconosciute sotto
il sole della Magna Grecia e dell'Italia.
11 blasone romano disparve in Occidente insiem coU'lmpero ; in Oriente si congiunse
nell'xi secolo col nuovo blasone dei Crociati; e l'uno e l'altro uscirono da Costantino-
poli il 29 maggio 14S3, quando Maometto II vi entrò co' Turchi.
Alle crociate comincia pel blasone un'era nuova, co' tornei ; e il cerimoniale che ne
regolava le particolarità, dee aver contribuito a ridur regolare la lingua del blasone.
Posteriori sono le cronache latine e i romanzi, dov'è parlata la lingua araldica. Gof-
fredo conte d'Anjou, che fu fatto cavalier del Bagno a Rouen da Enrico 1 d'Inghilterra,
di cui divenne genero, portava, secondo il Monaco di Marmoustier, leopardi d'oro sullo
scudo, poco innanzi al 1130. Nei Romanzi di Berta dai grandi piedi d'Adenes, circa
ÌM260, al versetto xli leggesi una formola araldica regolare e completa: Era ella
della stirpe del prode conte Glausur, che aveva per arma un lione azzurro in campo
d'oro ».
Divenuto il blasone scienza complicata e profonda, dottori n'erano gli araldi, a cui
dobbiamo i primi libri su tal materia, fra i quali tengono il primo luogo quelli dell'a-
raldo Barry e dell'araldo Sicilia.
Adunque il blasone del medioevo è nuovo, chi guardi le sue regole; antico, chi
consideri i suoi elementi ; d'ogni tempo, chi ponga mente al suo scopo. Ai giorni
d'Agamennone, siccome a quelli di Bajardo, un gentiluomo portava sopra lo scudo la
storia propria o della sua famiglia ; solo nell'xi secolo trovossi un'arte di combinare i
caratteri: innovazione considerevole, ma non creazione.
Gli araldi ammisero quattro colori, sotto il nome generale di smalto; due metalli,
oro e argento; e due pelliccie o fodere, l'ermellino e il vajo. Il fondo di queste fodere
era d'argento o bianco ; e le macchie, nere per l'ermellino, azzurre pel vajo; aveano a un di
presso nel primo la forma d'un ferro di lancia, nel secondo il profilo d'una campanella.
Dappoi s'inventarono l'antiermellino e l'antivajo, due fodere immaginarie, il fondo e le
macchie delle quali erano in ordine inverso del colore.
Dopo il colore, il metallo e la fodera del campo, i re d'arme ne regolarono le divi-
IMPRESE 317
sioni, delle quali ammisero quattro generali, eseguite con una linea; la perpendicolare,
l'orizzontale, la traversa da destra a siniitra e la traversa da sinistra a destra. Combi-
nate producevano infinite altre divisioni. Inquartato era detto lo scudo spartito a guisa
di croce; pa/a/o o in paio, se a linee perpendicolari ; falciato, se a più linee orizzontali ;
a scacchiere, se a linee orizzontali e perpendicolari insieme; se era segato da più tra-
verse da sinistra a destra e da destra a sinistra, dicevasi ammandolato.
Le figure erano od onorevoli o men onorevoli. Le onorevoli empivano il terzo dello
scudo, ed erano :
11 capo, banda che occupava l'alto dello scudo, e rappresentava il diadema de' re
antichi ;
La fascia, che occupava il mezzo dello scudo orizzontalmente, e rappresentava una
sciarpa ;
Il palo, ritto nel mezzo dello scudo perpendicolarmente, a figurare un bastone di
battaglia o piuttosto di steccato;
La banda, diagonale da dritta a sinistra, e rappresentava una banderuola;
La sbarra, specie di [piuolo che traversava lo scudo da sinistra a destra, ed era in
generale indizio di bastardo ;
La croce di sanV Andrea banda e sbarra combinate ; ed è una specie di staffa, di cui
servivansi un tempo i cavalieri.
Le croci passavano il numero di cento, ma le più adoperate erano la ordinaria o
piena, l'ingraticolata, la isolata, la potenziata (cioè con una traversa a ciascun capo), la
croce pomarra, la croce a àncora, la croce ricrociata. In generale la croccerà indizio di
crociata, del pari che le conchiglie e la mezzaluna.
Lo scaglione, che somiglia una squadra col vertice verso il capo dello scudo, era,
come la croce di sant'Andrea, un oggetto di torneo.
Ldi pergola avea la forma d'un Y: alcuni araldi vi ravvisarono un pallio di vescovo.
il quadrante era un canto dello scudo, ordinariamente il quarto all'angolo della dritta,
a fianco del capo.
La bordura, sorta di fascia intorno allo scudo.
L'orlo, lista interiore.
Il merletto, lembo fiorettato.
Lo scudetto del cuore, piccolo scudo nel centro del grande.
Il gherone in forma d'un Y come la pergola, ma dove l'intervallo dei due rami era
pieno.
Di pochi stemmi sono conosciute l'origine e la precisa significazione. Il più delle
Case vollero attribuirli ad avventure strane, romanzesche, poco provate, e divulgate
dagli araldi sull'appoggio di argomenti che più non esistono. Moltissimi vengono da
giuochi di parole, da lazzi, da somiglianze di nomi. Quei che riproducono con simboli
il nome di chi li porta, sono detti arme parlanti ; così un orso era l'arma degli Orsini.
Talvolta rammentavano una professione; e lo stemma de' Medici componevasi di pillole,
che poscia cangiarono in focaccine o palle. Talaltra derivano da aneddoti e particolarità
personali: Laroque narra che Guglielmo il Bastardo prese per arma un leopardo d'oro
in campo rosso, perchè il leopardo, secondo Plinio, è frutto d'una pantera maschio e
d'una lionessa.
Annettesi al blasone Vimpresa, o come i Francesi dicono, devise; insegna, mediante
la quale personaggi cospicui solevano distinguersi dagli altri, o esprimere desiderj o
pensieri. Si compone del corpo e dell'anima, ossia del soggetto e del motto: il primo è
la figura di qualche oggetto naturale od artifìziale, che possa porgere un concetto; il
secondo è quasi la dichiarazione, la conferma, il rincalzo del primo. 'Ad un'impresa
perfetta Paolo Giovio richiede cinque condizioni: ì" giusta proporzione dell'anima col
corpo; 2' non sia oscura, né però tanto chiara ch'ogni plebeo la intenda, 5' dia bella
vista ; 4" non riceva alcuna forma umana; 5" il motto vuole comunemente essere d'una
lingua diversa dall'idioma di colui che fa l'impresa, perchè il sentimento sia alquanto
più coperto, breve, ma non tanto da lasciar ambiguità.
Pure si conoscono alcune significative e nobili imprese, con sola l'anima o solo il
corpo, come quella di Cesare Borgia, Aut Ccesar aut nihil ; e quella di Lodovico il Moro,
la quale esprimeva l'Italia in forma di regina, con vesta d'oro ricamata a ritratti di città;
318
ARCHEOLOGU E BELLE AUTI
e dinanzi di essa uno scudiero moro con una scopetta in mano « per nettarla d'ogni
bruttura », volendo s'intendesse, lui essere arbitro dell'Italia e assettarla come gli
pareva. Noto è che alcuno gli disse: — Avvertite, che questo servo, maneggiando la
scopetta, viene a trarsi tutta la polvere addosso ». E fu vero pronostico.
Gli stemmi appartengono ai casati, e quindi son detti gmtilizj\ le imprese s'appro-
priano ad un individuo: sebbene talvolta l'impresa di qualche uomo grande siasi in-
quartata nelle sue arme, e più spesso aggiunto il motto allo stemma di famiglia.
Il Cinquecento fu il secol d'oro delle imprese; i grandi capitani ne chiedeano ai grandi
letterati : ora sono cadute, e solo ne fa uso ancora qualche tipografo.
Dagli scritti di Paolo Giovio, di Gabriele Simeoni, di l.odovico Domenichi, di Camillo
Camini, di La Colombière, e dalle Sentenfiose imprese et dialogo del Syineone al serenis-
simo duca di Savoia (Lione l.'SeO) ne trarremo alcune.
11 tempio di Diana incendiato, col motto Alterutra clarescere fama (Distinguersi, non
importa il come), fu l'impresa di Luigi Gonzaga^ detto il Rodomonte, e conveniente ai
troppi che cercano fama ribaldeggiando.
Uno scudo col motto Aut cum hoc aut in hoc; impresa del marchese di Pescara, ca-
pitano di Carlo V.
Uno scoglio contro cui frangonsi le onde, col motto Conantia frangere frangunfur ,
impresa di Vittoria Colonna, a cui dopo la morte del marito non mancavano invidiosi
e n)aligni.
Un uomo selvaggio colla mazza in mano, e il breve Mitem nnimam agresti sub Inu-
mine servo; impresa di Cirio d'Ambnise, governatore di Lombardia per Lodovico XII.
Federico di Napoli ebbe un libro che brucia, col molto Recedant veteia, a significar
l'oblio delle ingiurie ricevute.
Un cartello in bianco, col motto Nec spe nec mcUi, don Ferrante Gonzaga.
Una stadera col Hoc fac et vives, il conte di Madalone.
Una bussola colla calamita ed il motto Aspicit imam; è impresa amorosa, trovata dal
Giovio per Sinibaldo de' Fipschi.
Una mezza luna, e Donec totum impleat orbem\ impresa d'Enrico II di Francia, per
onorare Diana di Poitiers.
L'eclissi del sole per l'interposizione della luna, col motto Totum adimit quoingrata
refulget; impresa del cardinale Ascanio Sforza contro Alessandro VI, il quale, doven-
dogli in gran parte il papato, ne l'aveva ricambiato con far cacciare da Milano il
fratello.
Alfonso di Ferrara ebbe una bomba che scoppia à hVu et temps.
Atlante col motto Sustinet nec fatiscit; impresa di Andrea Gritti , proveditore de' Ve-
neziani.
Un'urna piena di pietruzze nere con una sola bianca, e il motto Mqunbit nigras can-
dida sola dies; impresa di Jacopo Sannazaro, il quale sperava poter col tempo piacere
alla sua donna.
La bugna delle pecchie cui l'ingrato villano col fumo uccide per cavar il miele e la
cera, col motto Pro bono malum; impresa di Ludovico Ariosto che diede l'immortalità
agli Estensi.
Un termine, col molto Vel Jovi cedere nescit ; impresa di Erasmo da Rotterdam.
11 caduceo col cornucopia , senza motto ; impresa di Andrea Alciato , esprimente che
la dottrina gli aveva acquistato ricchezza.
Un anello di diamante, con dentro il sole e la luna, e il motto Simul et semper-^ im-
presa per due reali conjugi, immaginata dal Simeoni.
Una leva a corde che serve a caricar la balestra, col molto Ingmium superai vires ;
impresa di Fernando Gonsalvo per dimostrare come nella guerra gli stratagemmi gli va-
levano più che le forze.
Un filugello col motto Sol di ciò xnvo : impresa del conte Massimiliano Stampa, allu-
dendo al cognome di sua moglie Anna Morona.
Con una vite appoggiata ad un olmo e il molto Quiescit vitis inulmo, Alda Torcila
dinotava il coniugale suo affetto,
Un pallone percosso, Percussus elevor ; impresa di Carlo Orsini.
Crogiuolo posto sul fuoco con verghe d'oro dentro, e il mollo Sicut aurum igni;
IMHtESÉ 319
impresa di Alberto da Stripicciano, per la sperimentala sua fede verso il principe.
F.a stessa col motto Proba><tì me, Domine, et cognovisti, assunta da Francesco di
Gonzaga duca di Mantova, vincitore al Taro, calunniato appresso il senato veneziano per
non aver perseguito i Francesi dopo quella vittoria.
Girasole, col motto Vertilur ad solem ; impresa di Livia Torniella. E più ingegnosa-
mente Giambattista Lioni figurò un eliotropio, col motto Soli et semper.
Argo che guarda Io trasformata in vacca, col motto Frustra vigilai; applicala a ma-
rito geloso e deluso.
Ramo di palma attraversato con uno di cipresso, e il motto IUrit altera tnerces, signi-
ficava 0 vincere o morire, essendo la palma simbolo di vittoria, e il cipresso di morte;
impresa di Marc'Antonio Colonna.
Una mano che arde nel fuoco, col motto Fortia facere et pati romànum est; impresa
di Muzio Colonna, allusiva all'antico Muzio.
Alquanti giunchi in una palude turbata dai venti col motto Flectimur non frangimur
undis; impresa de'Colonnesi, sfuggiti allo scempio dei baroni fatto da Alessandro VI.
Veltro in riposo, col motto Quietum nemo iìnpune lacessit ; impresa di Francesco
Sforza duca di Milano.
Albero con un ramo staccato, e col molto Uno avulso non deficit alter; impresa del
duca Cosmo, succeduto all'ucciso duca Alessandro.
Camello che intorbida l'acqua, col motto // me plait la trouble, impresa di Virgilio
Orsini, gran capitano.
Una pianta d'ellera appigliata ad una pianta, col motto, Si vivel vivam; uno spec-
chio rovesciato, col motto Aversum ceteris {Non rendo che la immagine sua); due mani
che s'incontrano nell'ombra, col motto Vel in tenebris (Anche nel bujo) ; un argine in
mezzo a un fiume, col motto' Obruunt non dirimunt; una lanterna sorda, col motto A
te palese; son le imprese di amanti.
Cosi un monte che fuma, col molto Di fuor si legge; la fenice nel fuoco, col motto
Perii ut vivai: una face che arde, col motto Basta In muerte (Sino alla morte); una
lampada ardente, col molto Fin che duri, e una farfalla che si brucia al lume di can-
dela, col motto del Petrarca T\Vè più grato il morir che il viver senza.
Ricorderemo pure un lauro, albero sempre verde, col molto Ita et virtus, impresa
del duca Lorenzo Medici; un leone che tocca una rosa, e Mitem animum sub pectore
forti; un pozzo, col mnUo Fif pnrior haustu ; un vascello colle vele calale che va a
forza di remi, e col motto Propriis nitar.
Con un cipresso secco, circondato d'ellera verde e il motto Hairet inexpletum, don
Antonio Gusman dimostrava che, quantunque la sua donna fosse morta, vivo ancora
durava il suo amore.
La casa di Trimouille ebbe una ruota di carretta, Sans sortir de Vornière.
La casa di Crequì un porcospino, intimando Quelnulne s'y frotte.
Il marchese di Bressieu un vascello a vele e remi, e Remigiìs utat si non afflavent
aura.
Le Colonne d'Ercole e in mezzo l'aquila, col motto Plus ultra, è impresa di Carlo V,
inventala da Luigi Marliano milanese suo medico, alludendo al dominio delle Indie.
Un istrice coronato, col mo'lo C(>minu<< et eminu<i -^ impresa di Ludovico Xll.
Enrico IV ebbe una spada e Baptum diadema repnnit, per indicare il recuperato re-
gno; poi una mano tenente l'ulivo e la palma col motto Clemens victor. Le sue inimi-
cizie e le speranze erano indicale da un sole levante colle parole Adversatur Iberis, e
da una palla imperiale colle parole Maneat no'^tros ea cura nepotes.
Anna d'Austria, mofjlie di Luigi XIII, ebbe un ermellino che Intaminatis fuìget ho-
noribus: una luna e Gemimi sol parvus honores; un cigno Candore notabilis ipso; una
stella che Ccelo hceret, terris lucei.
Pel cardinale di Richelieu si fecero queste : un garofano incarnato mischio di bianco,
e Candorem purpurn servai: un'aquila col fulmine, ed Fxpertus fdelem Jupiter; un
sole con un quadrante, e Nec momentum sine linea; Ire gigli legati con un cordone
rosso, e Sola mihi redolent.
Carlo cardinale di Lorena assunse la conchiglia che genere la porpora, e Nobiscum
purpura nata est.
(
320
ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
Francesco di Lorena duca di Guisa, una quercia, e Druidis hcec nota potestas; un
dado, e Stabo quocumque ferar.
Per Anneo di Montmorency connestabile di Francia si fecero queste: un lione che si
posa, e VaillaìU e veillant; un arancio fiorito nella cassa, e Nil mihi tollit hiems; una
vittima sgozzata a pie dell'altare, e Moriendo sacra tueiur.
Per Bertrando Duguesclin un rinoceronte, e Dat virtus quod forma 7ie,9af, alludendo
alla sua deformità; un lupo, e Penitus discordai ab Anglis, perchè lupi in Inghilterra
non vi sono \ un sole rivolto verso il mar occidentale, e Per me nunc splendei Iberus,
alludendo alle sue vittorie in Spagna.
Gaucher de Castillon, ajo dei principi di Francia, prese un centauro col motto Regis
tutela futuri ; un leone che tiene una bilancia, e Vis adjuvat cpquum; una campana che
si suona pei temporali, e Terroris terror.
Pel famoso Simone di Montfort che combattè gli Albigesi e vi perì, un'idra abbattuta,
e Numerus non Hercule major; il segno del sagittario, e Coelestei dirigit ictus ; un sole
che si riflette in uno specchio, e Si Deus aspidi ardet; una mano che dalle nubi tiene
un incensiere, e Pereundo numen honorat.
Altre divise sono per la Casa reale di
— Bourbon
— Inghilterra .
— Scozia
— Bretagna
per quelle di Anjou
— Montmorency
— Nevers
— Coetmen
— Kermenguy .
— Juch .
— Molien .
— Clermont
— Elbene ,
— Montchal
— Lannion
— Creil .
— Chalency
— Chaponay .
— Levy .
pei cavalieri di san Michele
— di santo Spirito
— del Toson d'oro
— della Giarrettiera
Esperance.
Dieu et mon droit.
In deffens.
A ma vie.
Los.
an).7ivo); {senza errare).
Fides.
Item item.
Tout pour le mieux.
La nonpareille.
See, pobl (Guarda, popolo).
Si omnes, ego non.
El più fìdele.
Cer lamine parta.
Prementem pungo.
Agere et pati fortia.
Virtus mihi numen et ensis.
Gallo canente spes redit.
Duris dura frango.
Immensi tremar oceani.
Duce et auspice.
Pretium non vile laborum.
Honny soit qui mal y pense.
Vi appartengono i gridi di guerra; e i duchi di Borbone usavano Mon-joye Bourbon,
0 Mont-joye nostre Dame ; quei d'Angió, Mont-joye Anjou, oppure Vallie; quei di Bor-
gogna, Mont-joye Saint Andrieu, o Mont-joye au noble due ; quei di Bretagna, Saint
Malo au riche due; quei di Normandia, Diex aye, Dame Diex aye, cioè Dio e Nostra
Donna ci ajuti ; i Montmorency, Dieu aide au premier Chrestien ; i conti di Champagne,
Passavant li meillor ....
§ 232, — La leggenda.
Non è estraneo questo discorso alle medaglie. Ora tornandovi più particolarmente,
aggiungeremo che leggenda dicons'i le parole che girano attorno al dritto ed al rovescio.
Di iscrizione serbano il nome a quelle che talvolta tengono il luogo della testa o del
tipo; ovvero stanno entro al tipo stesso, o sopra un'ara, o s'uno scudo. Le une e le
altre talora vanno a rovescio, il che non pare derivi soltanto da inavvertenza dell'inci-
sore che scrivesse dritto la matrice , giacché in antichissime si trova la scrittura per
dritto, in alcune anche insieme dritto e retrogrado. Cosi in una antichissima di Buxento
CAMPO, ESERGO. MONOGRAMMI
321
di Lucania è nYSOESe ^rONiqi'i. Alle volte è biistrofeda, come AKFATA ANITNA per
AKPArAÌNTINA.
La leggenda talvolta si estende su tutte due le faccie, e talaltra si divido pcrfm la
parola, per esempio TPAAAIANiiN — it) KAlCAr^aN ; ovvero A^Vl^AAIilN — n)
TUN KAI KAAVAIANnN
Non sempre sono nella lingua del paese, ma alcuni vinti adottarono quella del vinci-
tore, come la greca l'Oriente dopo le conquiste di Alessandro: le colonie romane, e
anche il Basso Impero si valsero del latino che infine restò quasi unico linguaggio nu-
mismatico io Europa. Ve n'ha di greche, ove son miste due lingue ; così nelle icistofore
d'Asia AnA.MVisROV. P. LENTVLVS IMPERATOR: in altre il greco con lettere siriache.
1 Greci nelle più antiche serbarono anche il dialetto proprio, che poi poc'a poco depo-
sero pel dialetto comune.
Molte monete antiche sono anepigrafi, cioè senza scritta alcuna. Le sigle si spiegano
coU'arte che dicemmo nella Paleografia. Visi trovavano talvolta alcune lettere solitarie
0 note aritmetiche, ben distinte da quelle che ne esprimeano il valore. I nuraografi
sbizzarrirono nell'interpretarle; ma ora sembra consentito non fossero che note per
tener in ordine i conj e i punzoni, per norma dei fabbricanti.
§ 233. — Il campo.
Il campo è la superficie che ricevette l'impronta; e lo studiano per distinguere le
falsificazioni.
§ 234. — L'esergo.
Esergo, cioè fuor d'opera, diconsi le parole o i segni al basso della medaglia, che non
appartengono né alla leggenda né all'iscrizione. Frequentatissimo tra questi è ROMA o
ROMANO, anche su medaglie non romane, che forse però batteansi a Roma. In quelle
del Basso Impero prevale il COMO o COMOB o CORNOB, come in queste due, l'una di
Gioviano, l'altra di Valentiniano lì:
Moltissimo si disse per ispiegarlo; e chi intende Costantinopoli Moneta Obsignata; o
Costantinopoli Roma Nora Officina B, cioè seconda; chi altro : ma sempre si può ob-
jettare che non si coniavano solo a Costantinopoli, bensì anche in Occidente colle lettere
stesse. Le Vaillant propose CO'Sflaium OBrizum, cioè fino ; o CO^ fiata Moneta 0Brt3o.
Eckhel confessa che, di tutte le spiegazioni, nessuna lo appaga. Ultimamente si 'pensò
che OB fosser cifre significanti 72, indicando che quella fosse la 72 parte della libbra
costantinopolitana, giusta l'ordine dell'imperatore Valentiniano I che la libbra si ta-
gliasse in 72 soldi (Pindler e Friedlander , De la signification des lettres OB sur les
monnaies d' or bisantines Berlino i8ol). Ma tale indicazione trovasi pure sui tremissi
che rappresentano la 21 6^ parte della libbra.
§ 235. — Monogrammi. Zecchieri
I monogrammi, aggruppamenti di molte lettere in una figura sola (vedi § 21 1 ), frequenti
occorrono nelle medaglie greche, e talora nelle consolari romane ; e Mionnet pubblicò
monogrammi di sole monete greche. Non si è ben certi che cosa significassero, e alcuno
suppose testé possano indicare l'intagliatore della medaglia. Il nome di questo, che di
rado manca oggi, nelle antiche non si rinveniva, talché facea meraviglia che quegli ar-
Cantù, Documenti. — Tom. I, Archeologia e Belle Arti 21
Parigi
A
Rouen
B
Lyon
D
La Rochelle
H
Limoges
I
Bordeaux
K
Bajona
L
Tolosa
M
Perpignano
Q
Nantes
T
Strasburgo
BB
Marsiglia
MA
Lille
W
322 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
listi non avessero amato conservar la propria memoria, e in conseguenza questa fosse
perita del tutto, non essendone menzione negli autori -, fatto tanto più strano se si guardi
e la bellezza de' conj, e l'aver segnato il proprio nome lìn rozzi vasaj: onde conchiude-
vasi, 0 che fossero incise dagl'intagliatori di gemme, e quindi restassero confusi sotto
la categoria di questi; o che le leggi il vietassero. Quest'ultima supposizione svanì da
che trovaronsi belle medaglie di Cidonia in Creta, segnate NEVANTOS Enotl (sic)-^ ed
una di Clazomene, 0EOAOTO2 EiiOEl. Perchè dunque lo iscrissero questi, non altri?
Si dubitò pertanto che l'autore fosse indicato dai monogrammi, o piuttosto dai nomi
in piccolo carattere, che prima credeansi di magistrati, incisi il più spesso sovra qual-
che particolarità dell'addobbo, o s'un vaso (Raoul-Uociiette, j^our/iai des savants, 184i,
p. 520).
È noto che oggi con lettere e marche si indicano le varie zecche. Quelle delle tredic
di Francia sono :
un'ancora allacciata con un C.
un agnello portante la croce.
l'arca di Noè
un tridente.
due mani stringentisi.
una foglia di vite.
un tulipano.
un T e un C intrecciati
un grappolo d'uva
un ramo d'olivo.
un castoro.
allacciati, e una palma.
un caduceo.
Per l'impero Austriaco, A Vienna, B Kremnitz, E Karsburg, V Venezia. La zecca
di Torino ha una testa d'aquila ; quella di Genova un'ancora, di Milano la M.
§ 236 — L'età.
Giudicasi l'età di una moneta dalle note cronologiche talvolta impressevi, come
l'anno del regno, o i magistrati eponimi, o le olimpiadi. Ma poiché quasi ogni gente
partiva da ère diverse, e talor le cambiava, o ne usava più d'una contemporaneamente,
difficilissimo riesce il computo. Né facile è il leggere le cifre stesse, piìi volte essendo-
sene mutato il valore. Mancando queste (e mancano in quasi tutte le autonomej, si ri-
corre allo stile, al disegno e alla critica sopra la rappresentazione dei tipi.
I Greci, secondo il costume di trarre tutto da sé, attribuiscono l'invenzione dei pesi,
delle misure e delle monete a Tidone re d'Argo che le fece coniare nell'isola d'Egina
dopo il US av. C. Cominciando di là Eckhel volle distinguerle in cinque età [secondo
il metallo, la leggenda, le lettere, il disegno: classificazione vaga, cui è impossibile
attenersi.
Non sempre la bellezza de' conj è proporzionata allo stato delle arti. Quelli di Sidone
sono rozzi; così in Atene, Corinto, Argo: mentre l'Epiro, l'Acarnania, i Locri Opunzj
e alcuni paesi d'Arcadia, non rinomati particolarmente per belle arti, produssero meda-
glie del migliore stile (Dodwell, Greece ii. 298}. I più vantati sono i medaglioni d'ar-
gento di Siracusa, colle teste di Cerere o Proserpina da un lato, e dall'altro la Vittoria
in quadriga.
§ 237. — Il valore, e rapporti coi moderni.
Nel valore delle monete, come delle misure, molta incertezza regna, e il lettore n'ebbe
già indizio nel $ 7S. A quanto ivi si disse aggiungiamo ora questa tabella per le monete:
VALORE DELLE MONETE 323
Grecia.
ORO
fr. cent.
Talento attico d'oro = CM mine 55608, 99,6
Staterò d'oro, cìmjsos 0 darico = 20 dramme 18. 53,63
ARGENTO
Talento attico d'argento -= 60 mine = 0000 dramme 5500. 89,96
Talento, a cominciare dal ii secolo av. C 5222. 41
To/en/o dT^-ma 0 rfj Cormio = 100 mine 9268. 16,6
Mina=ÌO dramme 92, 68,16
Una mina più pìccola valeva 75 dramme
Staterò d'argento o tetradramma = 4 dramme 5. 70,72
Didrammo = 2 dramme 1 , 85,36
Dramma attico (unità monetaria) — 0 oboli 0. 92,68
ebbe corso nei secoli più importanti della Grecia. Pesava
1 grosso, 10 grani 1;7; ma verso il ii secolo av. C. non
pesò che 1 grosso, 5 grani 1j7, e valse 0, 87
RAME
06o?o = 16 chalcous 0, 15,44
Chalcom = 7 lepton 0. 01 ,93
Lepton 0. 00,27
Contavasi anche per 4, 2, 1;2, oboli, e per 2 chalcous, detti
tetroboli, dioboli, hemioboli e dichalcon.
Roma.
ORO
Aureus o solidus = 25 denari . . . •. 20, 38
ARGENTO
Denarius (unità monetaria) = 2 quinarius = 10 as 0, 81
Quinarius o victoriatus =. 2 sesterzj = 5 as 0, 40
Sextertius 0 nummus = \ 1/4 dupondius = 2 1/2 as 0. 20
Dupondius = 2 as 0. 16
RAME
As, libella, assipondium = 2 sembella; dall'origine fino al
556 di Roma (217 av.C.) valse
dal 536 fino al 720 (34 av. C.)
Sembella = 2 teruncius .•
Teruncius
Fino al 536 il denaro valse 10 as, donde il nome; dipoi ne
valse 26, il sesterzio 4, ed il dupondioo 1/5.
Le monete inferiori all'as furono ridotte in proporzione:
Sembella .'
Teruncius
Dopo il 720 il denaro cambiò più volte di valore, e
sotto Augusto valse
M Tiberio e Claudio
M Nerone
» Galba e Domiziano 0. 70
L'aureo seguì le variazioni del denaro.
0.
08
0.
05
0.
04
0.
02
0.
02,5
0.
01,25
0.
79
0.
78
0.
73
fr.
cent.
V>\.
44
49.
38
24.
69
8.
23
4,
12
3.
08
2.
06
1.
55
1.
03
0.
52
1.
26
0
10,4
0.
08,67
0
04,33
0
02,17
0
00.54
0
00,27
524 ABCHEOLOGIA E BELLE ARTI
Greci d'Asia.
ORO
Granfie ar(7?/m = 1 1;24 oncia d'oro
Oncia d'oro^ litro d'argento =^ darici, cyziceno, chrysos ....
Danco=3 tetraster
ARGENTO
Tetraster = ^ distater
Distater, oncia d'argento =:ì 1;3 hexadramma
Hexadramnia^=\ 1;2 tetradramma
Tetradramma, stater = 4 dramme
Tridramma = 3 dramme!
Didramma — 2 dramme . • . . . .
Dramma (unità monetaria)
Mezza dramma
RAME
Obolo = 1 1/5 danakon :
Danakon = 2 pondion
Pondion, dipondion^ hemidanakion = 2 phollis
Phollis, tassiigon, chalcous = 4 kodrantes
Kodrantes, tetar[on=.'2, lepton
Lepton
Giudei e Babilonesi.
Talento dì Babilonia =1 \ 1/5 talento di Mosè 7,407. 38
Talento di M osé, 50 m'me à\ Uosb 6,172.82
Cintar = 40 mine di Mosè . ; 4,938. 40
Mina di Mosè = 2 2;5 grande ceseph 123. 46
Grande ceseph = ^ ifè darici 51. 44
Darico o daracusmim = 12 stater 24. 69
Stater, siclo. piccolo ceseph = 4 dramme 2. 06
Dramma, denaro = "2. rebiites o 1/2 denaro 0. 52
Jìebiite = 21/2 gerali 0. 26
Gerah, agorah, obolo = ì I/o meha 0. 10,4
Meha =z 4 assar 0. 08,6666
^ssar = 8 perutah 0. 02,1666
Periitah 0. 00,2708
Persia.
Darico 24. 09
Egitto.
Non si conosce alcuna moneta egiziana del tempo dei Faraoni, lo che fa presumere
in Egitto il Commercio si facesse a baratti. Quasi tutte le monete dall'821 al 1261 sono
greche o arabe.
11 talento d'Alessandria conteneva 12,000 dramme, e forma il valore del talento mo-
saico.
La libbra d'oro a Roma valeva 900 lire, e sul fine dell'Impero 1066; quella 'ar-
gento 75.
VALORE DELLE BIONETE
323
Tanto per le monete, quanto pei pesi servirà pure la seguente tavola delle frazioni
delerminate dagli antichi {Ann. civili del R. di Napoli. 1840. 112):
ESPRESSIONE ARITMETICA
I.N PAKTI
NOME
1/12
2/12
3/12
4/12
5/12
6/12
7/12
8/12
9/12
iO/12
11/12
12/12
1/2
2/6
3/6
4/6
5/6
6/6
I/i
Ì2/4
3/4
4/4
Comune
per tulle
le unità
metriche
Speciale
per alcune frazioni delle unità
lineari
poUex
aerane
1/3
semipes
actus
2/3
3/3
uncia .
sextans
palma
quadrans Ipalraus minor(
triunx . \nu.j/.'.T:rì ('
triens
quincunx |
\semissis \^
)sexuns .
septunx I
bes I
ipes minor
dodrans P'^'r' "='Jo''l°o°"'^-
\uuuiu WrrtOayn [ Cium
dextans
deunx
as . . .
pes
jugerum
cube
cyatus
quarla-
r US
hemina
cotula
sextarius
ponderali
e
monetar e
ibra pondo
11 sicilicus, come divisione duodecimale dell'oncia Si3pà.y^iJ.oy, = ^/^ dell'oncia, Vhs della
libbra.
Come misura lineare = V, del pollice, ^/^^^ del piede.
Come misura oraria = ^', della duodecima parte dell'ora (Plinio, xviii. 32. 76).
Come misura agraria = 600 piedi. Lo jugero era di 28,800 piedi (Columella, v. 1} ;
la sua dodicesima parte, 2400 -, la quarta di questa, 600.
Come moneta di rame ^j^ dell'oncia; i/m del denaro.
Con maggior ampiezza e razioDalmentc e per diverse vie studiarono i recenli sul ragguaglio delle moneta
ne' varj tempi.
G. Gabmeb, Hisloìre de la monnaie depuis le tempi de la plus haute aniìquité jusqu'au regne de
Charlemagne Parigi 1819, 2 voi.
Letbo>>e, Considérations générales sur Vévaluation des monnaies grecqu.es et romaines^ et sur la
valeur de Vor et de Vargent avanl la découverie de VÀmérique. Ivi (817.
A. BoECKH, Metrologiche Uniersuchungen iiber Gewchichte , M'ùnzfusse und Miisse des Allerlhums
in ihren Zusammenhange. Berlino 1838.
Nell'opera di questo sull'economia politica degli Ateniesi raccolgonsi preziose cognizioni intorno alla
quantità dei metalli preziosi fra gli antichi, alle mouete d'oro e d'argento, e specialmente ai talenti, al
paragone fra il valore dei due metalli fini e la lega ecc. Quanto al Romani, espose ampiamente tali materie
Dureau de La Malie nella Economia politica de'' Ronfani.
Le.nobmant, Mem. sur Vorganisaiion polilique et économique de la monnaie dans l'anliquilé (nelle
Slem. delVÀccademia. 1863).
ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
$ 238. — Varietà di denominazione.
Le monete prendono vario nome : l" dall'autore; per es. gli stateri cresj da Creso ; i
darici, medaglie persiane, da Dario, com'è questa d'argento a grandezza vera:
i fdippi da Filippo Macedone. Cosi sono
menzionali i Filippei, gli Anloniani, Au-
reliani, Valeriani, Costantinali ecc. , come
da noi i Filippi, i Luigi, i Carlini, i Giulj,
i Napoleoni.
2" DuU'inimagine impressavi-, bos,noc-
tua 0 civetta, zopa la moneta ateniese ;
testudo quella del Peloponneso; ìiomerei
quella di Smirme coU'effigie di Omero;
ratiti che hanno la barca; victoriali le romane coll'immagine della vittoria; bigaii,
quadrigati dalla biga o quadriga,
come le quattro seguenti a gran-
dezza vera , di cui le tre prime in
argento, la quarta in rame: e nei
moderni, i colonnati, i lìorini, i
ducali, gli ambrosini , gli scudi.
Sui cistophori compaiono magistrati
0 sacerdoti di Bacco, di Cerere, di
Proserpina, aventi la cista di Bac-
co : si dissero poi cosi tutti quei
che portano tipi bacchici od eleu-
sini, corone d'edera, serpenti nella
cesta 0 fuor di essa, e si trovano
anche in qualche famiglia romana,
come l'Antonia e la Claudia.
5" Dal luogo; ceyinei quelle d'E-
gina ecc. ; e così i bisanti del me-
dioevo, le Colombie, le genovine
nostre.
4° Dal modo di fabbrica ; così a;s
grave i pezzi di molto volume e
peso ; serrati o dentali quelli che
hanno la costa a scacchi. Sifatti
trovansi moltissimi denari di fami-
glia, e si supposero fatti per impe-
dire la falsidcazione. Se così era,
perchè usavasi col denario , non
col quinario ? Poi i re di Siria fe-
cero serrate le monete di rame ,
ove di falsificazione non cade pe-
ricolo. Alcuni magistrati hanno
serrate le monete di un tipo, e
non serrate quelle di un altro.
Se dunque non fu capriccio di
novità, forza è confessare che la
ragione vera ci sfugge. 1 più
antichi sono del 50ì di Roma;
i pili recenti circa del G55.
5" Dal peso ; come la dram-
ma, l'obolo, lo stiitere dei (ire-
ci, il siclo degli Ebrei, il pondo
0 l'asse dei Romani , e la lira
Medaglia di Tito Flavio Vcspaùano. moderna dedotta dalla libbra.
Medaglia di Camarina in Sicilia.
DENOMINAZIONI SCIENTIFICHE
327
Pei Greci l'unità era la dramma -, e didramme, tctradramme diceansi quelle clic ne
valevano due o quattro. Era moneta olTettiva dell'Attica, d'Egina, di Corinto, d'Egitto.
Oboli erano la sesta parte della dramma : lo staterò d'argento equivalea alle tctradramme.
La mina uguale a cento dramme, e il talento uguale a sessanta mine, erano monete di
conto.
Ecco una dramma attica d'argento a grandezza vera, colla civetta : e una simile
d'Egina colla tartaruga:
Pei Romani l'unità era la libbra, o dodici oncie, pondo, di metallo, e chìamavasi asse;
il sesterzio (sesquilertiusj valeva due assi e mezzo ; e l'asse aveva gli spezzati , che di-
cemmo, da dodici oncie fino a mezz'oncia.
Per l'argento avevano i denari (X, o XVI), che valevano prima 10, poi 16 assi ; i qui-
nari 0 mezzi denari (V o Vili); i sesterzj (LLS libra semis, e per abbreviazione HS) del
valore di libbre 2 '1[2. Sotto gl'imperatori i denari, dal
taglio di 84 per libbra, scemarono a 9G e fin a JOO.
Le monete d'oro, aureus o denaro d'oro, erano di 40
per libbra, poi di 43 : scemarono anch'esse come quelle
d'argento, colle quali serbarono la proporzione di 1 a
23; cioè il denaro d'oro valeva 23 d'argento, ossia lOO
sesterzj. Lo scrupolo equivaleva alla frazione indicata
dal nome stesso.
Scrupulum , moneta d'oro
imperiale.
§ 239. — Denominazioni scientìfiche.
Queste denominazioni occorrono presso gli antichi ; altre furono attribuite dagli stu-
diosi dell'arte.
Incusi dissero quei pezzi che da una parte sola hanno rilievo , dall'altra un incavo
0 artistico o rozzo. Alcuni hanno forma globosa, e per rovescio un incavo informe o
quadrati incusi, dove poi talvolta s'impressero a rilievo simboli o figure: altri hanno
figura di piastre, e talora il rovescio ha la rappresentazione stessa o simile del dritto,
ma concava. I primi sono dell'Asia e dell'Alta Grecia, gli altri della Magna Grecia, e
tutti si reputano fra i più antichi, e sembra cessassero prima della metà del v secolo
av. C.
Monete sifatte non si hanno di bronzo , ne di città che cessassero d'esistere prima
che s'introducessero i due rilievi ; onde convien crederle posteriori a quelle d'argento
con doppio rilievo. Alcune sono così fatte per incuria del monetario , che sì dimenti-
cava di levare il pezzo già coniato, il quale in conseguenza riusciva concavo- convesso,
e col medesimo tipo d'ambi i lati.
GiOKGto SPi^ELti, Sulle monete incuse (Annali civili del R. di Napoli^ N" 60).
Recuse o ribattute diconsi quelle dove l'impronta riuscì doppia per fallo nel battere.
Altre volto sono ribattute per mettervi un'impronta diversa, fosse perchè un principe
succedea rapidamente all'altro, fosse per alterarne il valore, o rendere domestica una
moneta forestiera. Sono press'a poco dello stesso genere le contromarcate , cui si ponea
un'impressione posteriore di minor ampiezza del tipo : il che facevasi per le ragioni
sopradette, o anche per qualche uso temporaneo, come per tessera d'ingresso a certi
spettacoli.
Restituite o di restituzione, come Eckhel le vorrebbe chiamate, sono le monete di un
imperator romano, battute per ordine di un suo successore. Così Trajano rinnovò spesso
i tipi antecedenti di Claudio, Augusto, Galba, forse per segno di devozione. Conosconsi
328 AUCHEOLOGIA E BELLE AUTI
dalle lettere RESI, e la ragion vera di questo fatto è ignota. Esso Eckhel crede indi-
chino 0 la vera restituzione delle monete , o la rintegrazione della sola impronta del
principe, o la rintegrazione de' soli tipi e delle insegne di qualche fatto.
Incamiciate o bracteate sono quelle, ove l'anima di hronzo o di piombo è rivestita di
una foglia d'argento o d'oro per falsificarle. Incastrate quelle ov'è la testa d'una meda-
glia e il rovescio d'un'altra, segati e saldati insieme da falsarj. Fruste, ove il conio è
logorato.
Ve n'ha alcune il cui tipo non è impresso che nel centro d'un gran tondo , talvolta
d'oro, e anche con un anello per sospenderle. In altre v'è un contorno di metallo più
fino posto prima di batterle, in modo che il tipo prenda uno e l'altro. Ve n'badi dorate
in tutto 0 in qualche parte, come la corona o l'epigrafe. Ve n'ha di convesse da una
parte, concave dall'altra, a guisa di coppa, massime bisantine e del medioevo, e chia-
mansi scifate.
§ 240. — Contorniate, e pseudo-monete.
Impropriamente si collocano fra le monete le contorniate. V'ha chi le confonde coi
medaglioni di duplice metallo, cioè contornati da un orlo di metallo piìi fino : ma pro-
priamente sono medaglie di gran modulo di bronzo, con un solco circolare nel giro ,
ove sogliono essere i globuli. Si comprende che questo fu fatto posteriormente, perchè
talvolta taglia anche l'iscrizione. Sono sottili e ineleganti, e il dritto discorda perlopiù
dal rovescio; portano varj sigilli incusi, massime il ramo di palma e il monogramma
1> 0 una R inversa, sempre in cavo, e talora riempito d'argento. Non hanno data: pare
si battessero solo per autorità privata, e servissero a corse e spettacoli circensi. Nei
contorniati che pubblicarono Ilavercamp ed Eckhel leggonsi iscrizioni d'augurio o di
vittoria: Vrse vincas; Lavrenti nika; Evt¥.mi mka ; Margarita vincas; in altre è il
nome de' cavalli, Mvs, Aliger, Toxotes, Seracvsvs, Ospis, Aeropetes, Botrocalenes
Qui potrebbero riferirsi i gettoni, pezzi metallici colle scritte Qui ludit, arrham dei
quod satis sit; Io io triumphe ; Io sai. io sat.: pare servissero a giuochi di sorte, e
alla celebrazione dei saturnali. Forse agli stessi usi adopravansi le poche medaglie di
piombo.
Fra i pezzi che non corsero come moneta vanno anche poste le spintrie, che rap-
presentano le lascivie di Tiberio a Capri.
§ 241 . — Monete autonome.
Distinzione capitale è quella delle monete autonome e delle ràgie. Autonome sono
quelle che un popolo od una città battè senza indizio di soggezione a re o ad altro
popolo.
Le città e le genti libere mettevano il loro nome, per es. 2YPA, o SVPAKOSins, o
sYPAKOSJiiN, come si può vedere nel decadramma siracusano da noi presentato a pag.
313. Talvolta i magistrati autonomi vi scriveano il proprio, quasi arbitri fossero della
moneta, benché non paja cosi, come Eni A2KAHniOA£iPOV, Eni AriEAAOr, .<;o//o la
magistratura di Asclepiodoro, di Apelle. I re nazionali di Sicilia, dell'Asia, dell'Africa,
del resto d'Europa non lasciarono mettere altri nomi che i loro. In Roma sotto i consoli
e sotto Augusto, i preposti alla moneta poteano porvi i proprj.
Le lettere S C (senatus consulto) che vedonsi sulle monete di rame del tempo impe-
riale, diedero a supporre che il batter quelle fosse attribuzione del senato; ma altri il
negano, e lo tengono solo per un segno ch'erano battute in Roma.
11 diritto di stampare il proprio nome sulle medaglie fu conservato a molti paesi an-
che dopo soggetti a Roma ; talché non vi appare vestigio di soggezione. Per esempio la
Macedonia era già conquistata da .P. Emilio e divisa in quattro provincic, quando fu
coniata questa medaglia: Testa di Diana contornata di scudi ovali detti macedoni, r)
MAKEAONHN nPOTHS, cioè della prima provincia, tre monogrammi e una clava, tutto
cinto da una corona di quercia, e in fondo un fulmine (Diana ed Ercole sono divinità
nazionali).
Una ateniese ha: Testa di Minerva, b) Aeilvai NESTOP, MNA2EAC. Civetta sopra
MONETE
329
un vaso giacente, e attorno una corona d'olivo. Qui ai tipi domestici d'Atene sono uniti
i nomi de' magistrati della città, dopo conquistata.
Un'altra: Busto di Pallade. u) AlIA^lEiiN TlIC lEPAC KAI AVTONOMOY TH2 ,
cioè degli Apamei e della loro città sacra ed autonoma, 283. Quivi gli Apamei di Siria
esprimono la loro autonomia, chiamandosi liberi. Altre fecero, per es., AMlSOr EAEV-
Oepx;, di Ainiso libera. Le autonome aveano leggi proprie , ma con presidi o governa-
tori di're o di Romani, le libere no, e non pagavano tributi o gabelle.
§ 242. — Monete officiose.
Officiose s'intitolarono le monete, dove un popolo o una città attestavano la loro di-
pendenza da re od imperatori : pare ne finisca la serie con Gallieno. Così in una: Av-
-/lo; AVPigXto; KOM.MOAOC KAlCAF, Lucio Aurelio Commodo Cesare, attorno alla sua
testa nuda, r) APTEIMIC E^ESIilN, Diana degli Efesj, con questa divinità in piedi fra
due cervi.
Invece dell'imperatore, alcune han le impronte di qualche altro membro della fami-
glia imperiale.
§ 243. — Monete regie.
Le regie sono quelle che attestano la dipendenza; poche se n'ha di re europei, e po-
chissime di africani, mentre abbondano degli asiatici , cominciando da Alessandro 1
di Macedonia.
Medaglia della biblioteca Bodlejana.
Molte però degli antichi re macedoni non portano la testa né il titolo di BA2IAEY2:
e sembra che ad improntare la propria effigie cominciassero Gelone e Gerone ed altri
tiranni di Sicilia. I sucessori di Alessandro Magno posero le effigie di questo e forse
anche de' suoi antenati.
È difficile determinare le monete nei paesi dove i re usavano conservare lo stesso no-
me, come i Tolomei d'Egitto, gli Arsaci della Parila, gli Ariarati di Cappadocia, i Se-
leuci e Antiochi di Siria ecc. In tal caso conviene ajutarsi colla storia e col paragone
delle arti.
330 ARCHEOLOGU E BELLE ARTI
Le colonie romane, ben distinte dalle greche, erano città e miinicipj ove Roma in-
viava coloni 0 per tenerli in soggezione o per munirli da scorrerie forestiere. Alle co-
lonie ed ai municipj rimase il diritto di batter monete, fino all'imperatore Gallieno. Vi
posero iscrizioni latine spesso anche quelle ove parlavasi greco; e sogliono mettere il
ritratto dell'imperatore, dell'imperatrice o del cesare.
§ 244, — Classificazione delle monete.
Tra le classificazioni tentate per le monete, si preferisce quella di Eckhel, geografica
e cronologica; cioè dividerle per popoli, indi disporle per cronologia, senza riguardo
alla materia di cui sono fatte. Così la numismatica rimane distinta in antica, la quale
si trae fin alla morte dell'ultimo Costantino; dei bassi tempi, che va da Augustolo fino
a Massimiliano imperatore ; dal quale comincia la moderna. Di queste due ultime classi
noi non abbiamo ad occuparci.
Delle antiche la maggior divisione è in due classi : romane e no. La prima comprende
le monete libbrali ed unciali, o anepigrafe, o colla sola voce Roma; le monete delle
famiglie romane, e quelle de' consoli e degli imperatori. La seconda abbraccia le mo-
nete autonome di popoli e città, le officiose, quelle delle colonie di Roma, e quelle di
principi.
g 245. — Monete libbrali.
Si vuole che prima di Numa usassero a Roma monete di cuojo, di legno, di terra
colta; e che quel re introducesse monete che servissero anche di peso, e che chiamansi
C8S rude, y.'jrìiJ-o-j, perchè non portano veruna impronta. Dipoi Servio Tullio v'impresse
l'insegna di bestie, e si ebbe l'cps signatum. Distinto da questi è l'ccs /latum, fuso e
rotondo. Del resto fra' Romani come fra' Greci, il primo bronzo segnato fu in verghe
(o^-ùoc) 0 lastre, e si riponeva ammontato in conserve; e Lanzi e Cavedoni non rico-
noscono moneta rotonda fin al iv secolo di Roma.
J^s grave, o nummi libbrali ed unciali diconsi quelle monete, fuse, rotonde, alquanto
globose, con rilievo d'arabo i lati, e di peso e spessezza maggiore delle coniate, e che
esprimono al tempo stesso il peso ed il valore, che è l'asse coi suoi multipli e submul-
tipli. Sono tutte proprie dell'Italia, ma non si sa a quali zecche assegnarle, essendo la
più parte anepigrafe. Alcune sono iscritte Todi, Gubbio, Volterra, Atri; ma l'iscrizione
è disputata. Alcune hanno roma ; e i quadrussi, cioè quattro assi, di forma quadrilatera
e rarissimi, hanno komanom; e sembra fossero coniati nelle città che Roma avea con-
quistate, e alle quali imponeva questo segno di soggezione. Quanto ai romani, devono
essere anteriori alla moneta coniata, perciò antichissimi.
1 tipi rappresentano una lira, un delfino, un cavallo, una testa di Cerere, di Giunone,
dei Dioscuri, l'elefante, un Romolo e Remo colla lupa, una troja, una Vittoria colla
quadriga, altro.
1 Gesuiti raccolsero nel museo Kircheriano molle centinaja di queste monete, sicché
poterono darvi una distribuzione e assegnarle alle varie città italiote. Le più belle sono
dei Volsci. Quelle de' Rutuli Tal cui nome forse allude la ruota che è frequente) portano
la Venere frigia ed Enea: testimonio del quanto sia antica la tradizione dell'origine
trojana. Quelle sopratutto di Adria direbbonsi delle più antiche, se si guardi alla bel-
lezza del lavoro, mentre la leggenda latina mostra siano posteriori al 4C4 di Roma,
quando una colonia fu spedila a Adria.
Può ben darsi che Roma per un pezzo non avesse moneta propria, come fu de' Feni-
cj, de' Cartaginesi e d'altri popoli civili e che monete sì fabbricassero solo nelle città
elleniche d'Italia. Cartagine facea fare le sue dalle colonie in Sicilia, e forse Roma le
imitò, e sarebbero tipi delle città che lebatteano gli emblemi che scorgonsi suirfC5 grave
antico. Da poi si posero officine in Roma, dove si battè col tipo nazionale del Giano bi-
fronte e della prora. Giano era simbolo di patto. {Jatius faciendis fcrdcribus prfcest ; nam
postquam Romulus et T. Tatius in [cederà cotivenerunl, Jano sìmuìacrum duplicis froniis
effectumest, quasi ad imagìnem duorum populorum, Servio ad .^n. xii. 147} ; onde forse
MONETE LinunALl
m
era coniato per segno d'alleanza fra due popoli : nuovo titolo per considerar questo tipo
come eminentemente italiano, giacché qui appunto sembrano in ogni tempo naturali
le federazioni. Clic se fosse vero clic i Romani non co-
noscessero le barche prima della guerra punica, con-
verrebbe recare questi conj ad età molto recente: e per
verità, dei molti pezzi che possediamo, non pare che
alcuno possa portarsi di là dal 420 di Roma.
Vi si segnava eziandio la marca del valore, il che si
continuò anche nelle monete di famiglie, e fin quando i
presidi della zecca metteano il proprio nome. Moltis-
sime altre città d'Italia tennero l'egual costume, che
pare dunque anteriore a Roma.
Nel voi. VI delle Memorie delV Accademia ercoìanese sono
dissertazioni del principe di San Giorgio, ove prova
che non ogni moneta fusa fu appellata dal principio
a;s grave, ma questo nome fu posteriormente intro-
dotto per indicare gli assi libbrali , quando erano
già molto diminuiti; inoltre che l'a'S rude, Vccs si-
gnatum, Vces flatum siano tre specie di monete suc-
cedutesi progressivamente ; che le monete fuse non
indicano un principio dell'arte monetaria, bensì un'
imitazione, dove ignorandosi le arti più raffinate, si
ricorse alla fusione: porrebbe le piiì antiche ai tempi della
il conio s'introdusse verso il v secolo di Roma.
guerra punica , e che
Credono alcuni numismatici che i Romani non pensassero un sistema regolare mone-
tario se non dopo la battaglia d'Azio; mentre prima la zecca non consideravasi come
regalia, ma abbandonavasi a colonie, a città soggette, ad alcune magistrature. Molto
arbitrio lasciossi pure alle città nelPadottare la moneta che lor convenisse : e quali as-
sunsero i tipi greci, quali accostavansi all'asse.
I molti assi senza leggenda hanno tipi non somiglianti a quelli d'alcuna città, ond'è
forza credere fossero a scelta di quei che li faceano fabbricare.
Anche le prime monete d'argento coU'iscrizione roma e romanom dovettero coniarsi
nella Campania, e ben prima del 483 di Roma, in cui, secondo Plinio, si cominciò a
battere argento, col che forse volle dire che quell'anno se ne ergessero le fabbriche-
Di tre sorta erano : il denario e il quinario di 10 e di S assi, e il sesterzio di 2 \\^.
Questo, che è la moneta piìi usitata nelle iscrizioni storiche, dicesi sestertius; sestertiwn
è un migliaio di sesterzj ; e quando l'avverbio numerico è posto sostantivamente, es-
prime le centinaia di migliaia. HS tercenti, sono trecento sesterzj; HS tercenta, tre-
centomila ; HS tricies tre milioni.
D'oro ben poche monete coniò Roma repubblicana fin a Pompeo Magno.
^ 246. — Monete di famiglia; loro iscrizione.
Le monete di questo tempo, mancando di date cronologiche, sì distribuiscono siste-
maticamente secondo le iscrizioni storiche, religiose, politiche, militari, geografiche ; e
secondo le note e sigle.
1° Vanno fra le storiche quelle con nomi di membri di famiglie patrizie o plebee,
che, come presidi della moneta avevano diritto di porvelo. I triumviri monetarj furono
istituiti nel 46S di Roma, e durarono fin ai giorni de' Gordiani, sebbene dopo Augusto
perdessero quasi ogni autorità, né più se ne vedano sulle monete di famiglie romane.
Quantunque fossero tre, sulle monete n'è segnato uno solo, o al più due, come in
quella della famiglia Valeria, ove da una parte si legge sisenna messala iiivir, dall'altra
GALF.vs APROMvs uiviR AAA FF. Pcrciò SÌ disscro moucte di famiglia. Talvolta v'è il solo
nome, prenome e cognome. I numografi ne hanno compilalo dei cataloghi per agevo-
lare lo scioglimento delle abbreviature. Sogliono nelle raccolte riunirsi i parenti , per
332
ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
ordine: per esempio la gente Valeria; sotto di essa le varie famiglie che le apparten-
gono dei Catuli, Cotta, Messala, Aciscoll ; e tra questi, per es. Marco figlio di Antonio,
nipote di Cajo ecc.
È sperabile chei nuovi studj posti attorno alle monete delle famiglie rendano possibile
una classificazione più razionale.
Gennabo Riccio, Le monete delle Antiche famiglie di Roma fino alVimperatore Ai^gusto inclusiva-
mente co'' suoi zecchieri^ dette comunemente consolari^ disposte per ordine alfabetico^ raccolte per
collesione ecc. Napoli -184o, eoo 72 tavole, e uà trattato degli assi gravi.
Cohen, Descriplion generale des monnaies de la république romaine, communémenl appeiéesmidailles
consulaires. Parigi •ISoG, con 75 tavole.
In Francia sotto la prima dinastia fu quasi costante di segnar le monete, non col nome del principe, ma con
quello del monetìere, e ne esistono molte centÌDaja, anche d'oro.
Da alcune si raccolgono particolarità storiche: una per es. ha sul dritto una testa
muliebre coronata di torri, cioè una città il cui nome è indicato dalla leggenda Alexan-
DREA ; e il rovescio Lepidvs pontifex maximvs tvtor regis, rappresenta Emilio Lepido
in piedi che pone una corona in capo d'una figurina. Ricorda quando Lepido fu spedito
dal senato a prendere la tutela del figlio di Tolomeo re d'Egitto.
Una di M. Cecilio Metello porla sul rove-
scio la testa di un elefante entro uno scudo
macedonico circondato da ghirlanda d'alloro:
alludendo l'elefante alla vittoria dell'avo so-
pra i Cartaginesi, e lo scudo alla conquista di
Andrisso in Macedonia , fatta da suo padre
Quinto.
2° Non molte hanno tratto a cose religiose. Alcune portano Giove Anxurio o sbar-
bato, gli Dei penati, la fortuna di Anzio, il Marte e Vulcano vindici, Vesta, divinità al-
legoriche ; vi si trovano dignità sacerdotali, auguri, flamini marziali, quirinali ecc.
3° Iscrizioni politiche sono quelle che ai nomi dei sovrintendenti alla zecca uniscono
le magistrature che essi coprivano. Servono esse per integrare la serie dei consoli ed
altri magistrati. La moneta qui sotto d'argento, in grandezza vera, indica il consolato
di Marco Catone: l'altra mostra la cerimonia per cui i cavalieri conduceano alla rivista
del censore il proprio cavallo:
4' Alle militari appartengono quelle degl'imperatori o capi supremi dell'esercito, dei
legati e tribuni militari. Vi si trovano indicate le legioni fino alla xxx, che poi si ele-
vano ad assai più mediante le monete cesaree. Portano i cognomi di lode che erano
loro attribuiti.
5' Nelle geografiche trovansi indicati varj nomi delle colonie o delle provincie ro-
mane, con quello dei magistrati che Roma vi deputava.
§ 247. — Tipi delle monete di famiglia.
Ciò quanto alle leggende: istruzioni nuove derivano in questa classe dai tipi, i quali
ci porgono o divinità, o eroi mitici, o rappresentanze simboliche, o tipi storici, o edi-
fizj romani, o costumi religiosi, civili e militari, o ritratti.
Non v'è Dio di cui non ricorra Teflìgie su tali monete, o colla sola testa o in attitu-
dini varie, alcune volte con molta complicazione. Così in quelle della famiglia Pompo-
MONETE m FAMIGLIA
333
nia abbiam le Muse co' loro speciali attributi; in altre il ratto d'Europa, ovvero Ercole,
Perseo, Ulisse, i Centauri, altri eroi. Una della famiglia Postumia porta roma e la testa
d'Apollo, e nel rovescio a. albinvs e i Dioscuri col berretto, appoggiati alle aste, e
presso i cavalli cbe si abbeverano; oltre le due solite costellazioni, vi è improntata
ancbe la luna. Era tradizione che in quest'atto fossero comparsi nel Foro romano, dan-
done prontissima la nuova che Postumio Albino aveva vinti i figliuoli di Tarquinio.
Fra le divinità allegoriche è frequente assai la dea Moneta ; cosi la Vittoria su biga o
quadriga, la Salute, talora la Pietà; più spesso Roma cogli attributi di Minerva. Se-
guono i genj dei popoli, le personificazioni delle città; e tali potrebbero considerarsi
anche i simboli delle monete parlanti. Un Faustolo della famiglia Pompea pose nelle mo-
nete sue il Faustolo che leva Romolo e Remo di sotto alla lupa.
Talvolta i tipi variano da un membro all'altro della stessa famiglia, ed in tal caso sa-
rebbero pure marche distintive.
Al dechino della repubblica compajono i tipi storici, che danno grande sussidio alla
storia romana, potendosi essa accompagnare tutta coi denari nella parte sua poetica
come nella positiva.
Di molti edifizj romani non ci resta memoria che sulle monete, dove le famiglie
vollero perpetuare la benemerenza
de' loro antenati. La gente Emilia
poneva il ponte a tre fornici e la //^.^^'^^
basilica Emilia; la gente Sulpicia Z/^^,^^!^^^ ^<Q\ /^
un ricinto di città; la gente Mar-
cia l'acquedotto dell'acqua Marcia.
Recammo a pag. 83 una di Tra-
iano in rame , dov' è effigiata la
basilica Ulpia. Quest'altra di Ales-
sandro Severo porta nel rovescio
l'anfiteatro di Tito , con entro due
gladiatori.
In questa colonica di Corinto sotto Antonino Pio vedesi il porto Cenere© di essa città,
formato fra due promontorj, su ciascun
de' quali sorge un tempio.
Quanti costumi si ritraggano dalle mo-
nete potè scorgerlo anche chi lesse sol-
tanto questo nostro trattato. Ivi altari ,
patere, tripodi , insegne sacerdotali, co-
rone militari, bucrane, bighe, quadrighe,
cocchi, vestimenti', arme, navi, aquile,
fregi ecc. Descriviamone due :
IMPerator C.f:SAR THIbunicia POTestate Vili, testa d'Augusto jj Cajus ANTlSTius
VETUS FOEDus Populi Romani CVm GABINIS, due figure velate e togate tengono una
troja sopra un'ara ardente. Rappresenta l'antico rito con cui Roma saldava le alleanze,
descritto da Livio, e accennalo da Virgilio: Stabant, et coesa jungebant fcedcra porca.
Lucius ROSClus, testa dì
Giunone coperta da una pelle
caprina, i)! PABATlus, sacer-
dotessa in piedi che pasce un
serpente rizzato. Serpi con-
servavansi ne' tempj di Giu-
none, ed erano pasciuti dalle
sacerdotesse.
La qui contro è dell'im-
peratore Adriano, in rame :
334 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
DI questi due rovesci, uno figura l'allocuzione all'esercito, l'altro è per celebrare
il ritorno d'Auausto ;
All'iconografia nessun monumento prestò tanti servigi quanto le monete, avendovi
i presidi improntate le effigie degl'illustri di loro famiglia o d'altri.
§ 248, — Monete imperiali.
Coirimpero comincia un'altra classe della numismatica, che va sino al 1453, cioè per
quindici secoli. A Cesare fra
gli altri onori fu concesso
quello di batter moneta: ma
sulle prime non pose che
l'effigie di Venere, autrice
della sua famiglia, o un ele-
fante che, in non so qual
lingua , avea trovato chia-
marsi cesare; più tardi, fatto
ardito, vi improntò la pro-
pria testa :
Ciò imitarono i suoi uccisori, e vindici, come vedesi nella fig. 1 che si possiede in
oro, e che sul rovescio ha gli stili, il berretto frigio della libertà, e la data dell'ucci-
sione di Cesare; e in quest'altra fig. 2 di Casca, portante il Nettuno nel dritto, nel
rovescio la Vittoria col nome di Bruto.
1 2
Così se ne ha di Lepido,
di Marc'Antonio, poi di Ottaviano, che divennei'jmperatore.
Vorrebbero alcuni che allora
fosse riserbato agl'imperatori il
coniar oro ed argento, al se-
nato lasciando le monete di
bronzo e rame , pur sempre
colle teste de' cesari, e con tipi
ed iscrizioni loro.
La prima donna che siasi vi-
sta su monete romane fu Cleo-
patra di Egitto. Poi gl'impera-
tori vi posero le sorelle, come
in qnella di Caligola qui contro:
j
MONETL IMDERIALI
335
le mogli e le figliuole,
come in questa d'Anto-
nia, giuniore moglie di
Druso n" 1 : e nell'al-
tra di Agrippina , n° 2
che rechiamo anche per
la figura del cocchio in
cui erano condotte le
principesse: posero pure
le teste dei figli, de' gene-
ri, d'altri congiunti, na-
turali 0 adottivi; Adriano
vi figurò quella del suo
Antinoo; nel n" 3 è effi-
giato Agrippa : Qualche
medaglia d'imperatore ha
la leggenda greca, come
nella fig. 4 di Claudio
Britannico Cesare :
Frequente è la sigla
S C, come in quella di
Agrippa al n" 3 , ed in
questa di Massimino : che
diamo nella pagina seg.
n°l.
De' Trenta tiranni al-
cuni sono conosciuti sol-
tanto per le monete che
si affrettavano a coniare.
Tra le romane si collo-
cano pur quelle di Zeno-
bia e degli altri principi
palmireni: ma di quel
tempo mostrano tutte il
degradamento dell'arte ,
come può scorgersi in
queste di Gioviano e di
Giovino: pag. seguente
n'' 2, 3.
Caduto l'impero Occi-
dentale, cessa pure la nu-
mismatica antica, men-
tre nell'Orientale si pro-
lunga fin a Costantino
XIII.
Gl'imperatori portano
questo titolo, col numero
delle volte in cui a loro
era stato ripetuto ; così
Clavdivs imp. xxvii. Dopo
Teodosio Giuniore questa
cifra significò gli anni
d' impero \ come imp.
xxxxii. Sono pure es-
336 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
presse le volte del consolato e del tribunato, come nella qui sottostante n" 4 d'Anto-
nino Pio in oro, a doppio
i diametro. Dopo Costantino
Magno , al titolo d'impera-
tore surrogasi quel di do-
MINUS NOSTER, 0 AECnOTHS,
e talvolta anche HASIKEYS.
Già prima trovasi quel di
KYPI02 e 0EO2, Padrone e
Dio. Però il titolo di divvs
era più proprio de' morti
dopo l'apoteosi.
Il nome di cesar divenne
titolo d'onore, e davasi an-
che ai destinati successori, cui dopo Filippo giuniore si unì il nobilissimvs. Anche
quello d'Augusto^ e grecamente AYrOVSTOS, CEBACTOC, passò ai successori del
primo imperatore. Vi si univano gli altri lor titoli, di consoli, tribuni della plebe,
princìpi della gioventù, pontefice, censore, e gli adulatori di pater patrie^, pius, for-
tissimus, iìdelis, e quelli desunti dalle vittorie, gethicus, medicus, sarmaticus eco,
Giustiniano li è detto servvs curisti.
, Siffatte iscrizioni ac-
compagnano quasi sem-
pre le teste degli augusti
0 delle auguste. Le teste
sono 0 nude o velate, in-
dizio di sacro rito o del-
l'apoteosi, e in generale
delle donne; o laureate,
cioè colla corona d'alloro.
i,a corona radiata, a imi-
tazione de' raggi del sole,
riserbavasì agli Dei ; ma
già si vede in una moneta
smirnea di Caligola, poi
da Nerone sin alfine del ni 'secolo. Dappoi si surrogò il diadema all'orientale, cioè la
semplice fascia attorno al capo, principalmente dopo Costantino: indi strane forme di
corone vedonsi ne' bisanlini del secolo xi: coll'elmo ne cominciano da Postumo. Le
femminili sfoggiano tutte le bizzarrie della moda.
; Talvolta l'effigie dell'imperatore è intera, ve-
lato se sagrificante , togato se in azioni di pace,
armato e paludato in azione guerresca, strana-
mente poi negli imperatori di Costantinopoli.
Qui pure ne' tipi e nelle leggende si trovano e
Dei, e semidei, come Ercole vincitore su questa
di Massimiano;
e riti, edifizj e tutto, come nelle precedenti-, oltre poi le solennità e largizioni pubbliche.
In quelle d'Aurelio il prefericolo, la secespita, il simpulo, l'aspergillo pei sacrifizi ; in
MONETE NON ROMANE — TAVOLA GEOCnAFICA
337
quelle di Claudio, il porto d'Ostia da lui fondato: su quelle di Nerone, coNg^ianum li
DATum ropti/o senatus consulto, per indicare la distribuzione di congi di vino.
Massime sulle medaglie d'oro, che venivano direttamente dagli imperatori senza
riscontro del senato, i tipi sono sacri o storici; e spesso le idee immateriali vi son rap-
presentate in forma umana , spiegata dai simboli e dalla leggenda. Spesseggiano tipi
della consacrazione.
Rari occorrono i monogrammi e le lettere isolate. Sovente nell'esergo portano il
nome o la sigla del paese ove fu battuta: p. t. Pcrcussa Treveri; l. v. s. Lugclmii Pecunia
Sùjnata; s. m. a. Signata Moneta Anliochice. Comunissimo è il conoh o comob.
L'iscrizione talvolta è continuata dal dritto al rovescio, come imp. cai:s. t. Ael. iiadii.
ANTONiNvs AVG. pivs p. p. faccia. i^ TR. POT. IV COS. u : 0 l'iscrizione del rovescio è in rela-
zione col tipo, per esempio imp. caes. domit. avg. germ. cos. xiv.cens. pew.v.p. faccia.
ri jovi viCTORi, figura di Giove : o tien luogo di tipo sul rovescio, come in un medaglione
di Agrippina s. p. q. k. ob cives servatos in corona di quercia. Nell'esergo talora la
leggenda è relativa al tipo, come adventvs avg. sul rovescio d'un medaglione di Marco
Aurelio, il cui campo è tutto occupato dalla pouìpa del ritorno e da fabbriche. Altre
volte non ha a fare; così in un medaglione di Giuliano il 15) ha un toro con due stelle
n testa, e la leggenda secvritas reipvbl. e nell'esergo aqvilp: difficile a spiegare.
§ 2<i9. — Monete non romane. Tavola geografica,
Le mffnete non romane adunansi in una sola classe, la quale si suddivide geografi-
camente, Domenico Sestini, giovandosi della carta numismatica immaginata dal gesuita
Bober nel 1772, fece una geografia numaria , che doveva corredare il suo Sistema nu-
misìnatico in 14 volumi, rimasto inedito, Carlo Strozzi formò dietro lui un quadro della
geografia numismatica, del quale ofTriamo qui soltanto le divisioni primarie :
Europa.
Ilispania Lusi tanica
B (etica
Tarraconensis
Ebusus insula
Gallia Aquitanica
Narbonensis
Lugdunensis
Belgica
Britannia
Germania
Noricura
Italia supera
Etruria
Umbria
Picenum
Vestini
Latium
Ager Reatinus
Samnium
Frentani
Campania
Apulia
Calabria
Lucania
Brutii
Insulse
Sicilia
Beges Sicilioi
Cossura
Gaulos
Melila
Motya
Lopadusa
Lipara (Melingunis)
Sardinia
Chersonesus Taurica
Sarmatia Èuropa^a
Dacia
Pannonia
Moesia superior
Mresia inferior
Thracia
Chersonesus Thracia
Insulai ad Thraciam
Lemnos
Ilephaistia
Myrrhina
Imbros
Samothrace
Tliasos
Canjù, Docnmcnli. — 'Il omo 1, Archeologia e Belle Arti.
22
338
ARCHEOLOGIA £ BELLE ARTI
Reges Thracim
Poeonia
Reges PceonicB
Macedonia
Reges MacedonicB
Thessalia
Insulse juxta Macedoniam et Thessaliam
Ilalonesus
Peparethus
Irrhesia
Sciatus
Dalraatia
lllyricum
Reges lllyrici
Insulae lllyrici
Issa
Pharus
Epirus
Reges Epiri
Thesprotia
Corcyra insula
Acarnania
iEtolia
Locris
Phocis
Boeotia
Attica
Insulse ad Atticam
Egina
Helena
Salamis
Minoa
Achaja
Elis
Insulse ad Elidem
Cephallenia
Zacinthus
Ithaca
Messenia
Laconia
Argolis
Arcadia
Creta insula
Euboea insula
hisulse iEgsei Minoris europeae
Araorgos
Anaphe
Andros
Cea
Cimolis
Cythnos
Delos
Gyaros
Ics
Melos
Myconos
Naxos
Puros
Phologandros
Seriphos
Sicinos
Siplmos
Syros
Tenos
Thera,
Asia.
Bosphorus Cimmerius
Colchi
Pontus {del Chersoneso Taurico ne appar-
vero alquante in ricerche moderne, e no-
minatamente della città diKerkine. Vedi
Ann. dell'Istituto di corrisp. arch. voi.
XVI, p. 232)
Reges Bosphori et Ponti
Paphlagonia
Reges Paphlagonice
Bithynia
Reges Heraclece et Bithynice
Agrippenses (a questa nuova divisione sono
ora assegnate quelle che attribuivansi ad
Agrippias Anthedon della Giudea)
Mariandini
Mysia
Troas
Tenedus insula
ifiolis
Lesbus insula
Jonia
Insulse Jonice
Chios
Icaria
Samos
Caria
Reges Caria;
Insulse Carice
Astypalea
Calymnaj
Cos
Nisyros
Rhodus
Megiste
Telos
Lycia
Pamphylia
Pisidia
Isauria
Licaonia
Cilicia di cui è bizzarra questa
TAVOLA GEOGRAFICA
Reges CilicioB
Sacerdotes et Principes Olbiac
Capacene
LacaDatis
lasula3 Cilicice
Eleusa (Sebaste)
Cyprus insula
Lydia
Caistnani
Cilbiani
Pactolei
Pbrygia
Galatia
Reges Galatia:
Cappadocia
Reges Cappadocia}
Arraeaia
Reges Armenice
Syria
Reges Stjrice
Comagene
Reges Comagenes
Cyrrestica
Chalcidene
Reges et Tetrarchie
Palmyrene
Principes Palmyrce
Seleucis Pieria
Ca'lesyria
Thrachonitis Ituraca
Decapolis
Phoenice
■MONETE ISPANICilE, GALLICHE i89
Galilaea
Samaritis
Judyea
Princeps et Reges JudecB
Arabia
Mesopotamia
Reges Osrhoeni
Rabylonia
Assyria
Reges Assirice
Persia
Reges PersicB
Parthia
Reges ParthicB
Bactriana
Reges BactriancB
Africa.
jEgyptus
Reges yEgypti
Numi Alexandrini
Numi vel Praefecturae ^gypti
Cyrenaica
Reges CyrenaiccB
Syrtica
Byzacene
Geugilana
Reges Vandali in Africa
Numidia
Mauritania
Reges NumidicB et MauritanicB.
(Vedi la quarta figura a pag. 343,
e la prima a pag. 544).
Vedi Quadro di geografia numiintatica da tervire alla ela$$ifi,eazione geografica delle eollezioni, con
un catalogo generale delle cillà delle quali si conoscono le monete., non solo autonome, quanto de'
re e degli imperatori, arricchito di parecchie nuove sedi e nuove teste., e corredato d^ alcune notizie
geografiche da Carlo Strozzi. Firenze 1836.
§ 2S0. — Spiegazione di alcune classi.
Non comporta il nostro compendio se non una rapidissima corsa a tali classi : del
resto non è chi non veda come in tanta estensione deva crescere l'importanza delle
notizie che se ne deducono,
e tanto più che alcuni paesi
non hanno altra storia che
questa.
Delle monete ispaniche al-
cune sono in lingua nazio-
nale; poche in fenicio; an-
cor meno in greco, cioè nelle
due città di Emporia e Ho-
da; e molte latine. Questa in
rame è di Bilbili. La prima
della pagina seguente, pur di Bilbili, ha la lesta d'Augusto.
L'opera di Sestini sulle medaglie cellihere è giudicata ipotetica all'intutto.
Galliche non se n'hu in lingua del paese; ma di (juesta ajipare vestigio nei nomi con-
340
AnCHEOLOGU E BELLE ARTI
servati sulle greche e sulle latine. Cesare vi trovò già in corso le monete d'argento. Ve
n'ha d'ogni figura anche più strana.
La Britannia e la Germa-
nia non danno monete certe.
Abbondano invece in ogni
paese d'Italia, notevoli per
antichità, bellezza ed erudi-
zione. Di qui sono le più
antiche autonome o di città
libere, e alcune espressero
la propria autonomia anche
dopo cadute ai Romani , ma
non trovandosene di officio-
se, si suppose cessassero quelle zecche coU'Impero. Ve n'ha in tutti i varj dialetti del
paese, oltre il greco antico e men antico.
In Sicilia le più sono greche e di dialetto dorico, altre fenicie, poche latine. Quelle
di Napoli, Turio, Metaponto (fig. 1), Gela, Crotone, Siracusa, Reggio, sono testimonj di
uno straordinario fior delle arti. Eccone una di Reggio (fig. 2), ed una di Girouimo
o
successore di Jerone al trono di Siracusa (fig. 3), ed una di Meneno in Sicilia (fig. 4).
3 .^=,.-,^ 4
Di Messina si hanno monete di quattro classi : I di Zancle, anteriore ad Anassila :
II di Messina coi tipi di Samo : Ili di Messina col lepre, che pare fosse adottato per
simbolo della città:
IV deilMamertini quando l'ebbero conquistata. Questa di Nasso esibiamo per la sua
bellezza
Sin poco fa le medaglie etrusche
passavano per fenici o greche, e
l'Arigoni fu il primo a farne colle-
zione. Vi si riconobbero i nomi di
dodici città. Camera o Clusium,
Cossa, Faleria, Gravisca, Uva, Luna,
Pcrusa, Populonia , Telamone, Tu-
der, Volaterrue, Vetulonia, ciascuna
MONÉTE ITALICHE
"SII
con tipo particolare : molte Bonza Icjiyenda sono fra io incerte. Ecco una medaglia di Atri.
Il napoletano Carelli prepara\a una numi-
smatica di tutta Italia, e ne aveva disposte giù
molte tavole su rame, che, lui morto, raccolse
e pubblicò il Cavedoni (Fraticisci Carelli nu-
inorum Italice veteris tabulas ccii; edidit Cve-
lestinus C ave do ni US. Lipsia 1850).
Egli giovò ad ispirar gusto per la numisma-
tica italiana fin allora negletta fra noi. Eckhel
aveva attribuito monete a iìS città o genti
italiane; ma sole 82 vi hanno diritto, tra cui 8 non mentovate dalla storia : delle 36 ri-
manenti, trenta mancano d'ogni fondamento, le altre sono dubbie.
Secondo Millingen, il metodo di Eckhel non vale per l'Italia, dominata da popoli sì
diversi e che cangiò spesso divisione : e vuoisi distribuirla per origini e lingue : Greci,
Aborigeni dell'Italia centrale, colonie e municipj romani.
Le greche sono le più antiche , e tra
queste quelle delle colonie d'Achei
della Magna Grecia. Invece di esser
massiccie e quasi globulari, come i
primi saggi d'Egina, di Tebe, di Cizico, / / fe>x \_yj) ,y 1 >^
di Focea e d'altre colonie greche dell'
Asia Minore e della Tracia, son larghe,
sottili e incuse. Alcune [sono anteriori
al 560 av. C., e ponno credersi fin del
620. Ecco una medaglia della Lucania:
Le seconde possono dividersi in Etruria e Umbria, Sannio e Sabellici, Campania o
Opica. Quelle della prima suddivisione son fuse, di volume e peso considerabile, con
leggende di que' dialetti poco conosciuti, e con globuli che indicano i loro rapporti col-
l'asse romano. L'tes grave, che credeasi proprio dell'Etruria, non si trova che a Vol-
terra, Inguvio e Tuder: monete poi bat-
tute secondo il processo ordinario non ab-
biamo certe che di Populonia e Tuder.
Le terze non risalgono oltre il 420 di
Roma (Considérations sur la numism. de
r ancienne Italie. Firenze ISii). Ecco una
medaglia di Capua con leggenda osca :
La più antica moneta coniata in Sarde-
gna al tempo romano mostra sul dritto la
testa di sardo pater con elmo e lancia, e sul rovescio quella di m, ativs balbvs PRcp/or,
che fu zio materno d'Augusto.
Per la restante Europa non si ha quasi
che monete greche, vestigio delle estese
colonie di quel piccolo popolo. Di romane . .^, , ^^^^ ,^l
ne hanno la Dacia, la Mesia superiore e ' ^' ' '^^ '"^'
qualche città di Dalmazia , come Lissa
qui contro. Tracia, Macedonia, Epiro,
Peloponneso dopo venute ai Romani.
D'Atene pochissime si hanno d'oro. Eccone due antiche d'argento :
3i2
ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
L'Asia è ricchissima, e con variissirae lingue, fenice, parlica, persiana, samaritana ecc.
In samaritano sono i sicli de' principi ebrei,
cominciando da Simone Macabeo. [La pre-
sente è di Sidone:
Della greca i tempi certi cominciano solo
ai re macedoni, e van fino a Claudio Gotico,
sebbene ve n'abbiadi anteriori.
Le medaglie greche della prima epoca ,
cioè anteriori ad Alessandro Magno, hanno
tipi semplicissimi, disegno scorretto, non leggenda o di poche lettere all'antica, non
tipo sul rovescio, dove al più si vede l'impronta dei denti o delle linee che doveano
tener fermo il conio. Son rotonde, grosse, talvolta a globo; e l'oro e l'argento più fre-
quenti del bronzo. Procedendo, occorre più spesso il bronzo, migliora il disegno, le
leggende non mancano.
Le dinastie greche piantatesi in Asia serbarono la lingua greca. Così nella seguente di
Arsace VII d'argento, a grandezza doppia del vero), leggesi Ba7t)scu,- pie7ci)ou àpaxvx-j
Moltissime medaglie ci danno i Seleucidi, dapprima somigliantissime a quelle di
Alessandro, poi prendono per
tipo Apollo coll'arco o collo
strale, come vedesi in queste
due di Seleuco li e IV:
Dei re traci del Bosforo Cim-
merio si hanno molte e belle
medaglie; eppure di essi non
fan cenno o scarsissimo gli sto-
rici. Vaillant, llardouin, Sou-
ciet, Cary, Eckhel, Visconti ed
altri ingegnaronsi di tesserne
la cronologia, ma non arriva-
rono che ad ipotesi ; giacché
per i cinque o sei secoli da Au-
gusto in poi ch'essi domina-
rono, nessuna altra memoria
resta che sulle medaglie, di cui
alcune d'oro e d'alto titolo.
Ecco qui sotto una medaglia d'argento della Cappadocia, a grandezza naturale :
Quasi a prima vista si discernono le monete
di Creta per la fabbrica e il metallo, oltre rife-
rirsi a favole indigene.
Poche monete dà l'Africa. L'Egitto nessune di
riferibili ai Faraoni, indizio che non uè csistes-
MONETR AFhlCANE
U^
sero, Dario dopo la conquista vi pose governatore un Ariande, ed avendo questo
fatto batter monete in proprio
nome, fu trattato da ribeile:
sono rare , e diconsi ariaìidi-
che. De' Toiomei ne restano
molte, e le ultime scoperte fe-
cero ampliare d'assai il numero
di quattordici principi fra cui
Le Vaillanl le aveva distribuite.
Furono battute ad Alessandria,
e portano, su qualunque metal-
lo, la testa del re o della regina,
e sul I}] l'aquila in piedi pel re,
e il corno d'abbondanza per la
regina.
Ne riportiamo qui due una
d'Arsinoe, altra di Berenice mo-
glie di Tolomeo 1, e la leggenda
dice del re Tolomeo: e qui sotto
una d'oro di Berenice figlia di
Tolomeo Vili, e la leggenda dice
della regina Berenice:
Le leggende sono greche come quelle de' cesari : pur
esse battute ad Alessandria, onde diconsi nummi a/essan-
drini. Anche sotto gli imperatori vi si effigiarono oggelli
nazionali, e massimamente religiosi; i varj Dei, il Nilo, le
Sfingi ecc. Non vi mancano però divinità e allegorie greche.
Dopo Diocleziano batteronsi in latino, e nell'esergo v'è scritto ALE.
Delle medaglie imperiali egiziane si formò una classe a parte, dette dei nómi, cioè
delle Provincie in cui era ripartito l'Egitto. Se ne conoscono di sessanlaquattro nómi
da Traiano fin ad Antonino. 11 gabinetto di Torino ha trentasei monete di nómi.
La Cirenaica battè monete greche ; la Sirtica anche alcune latine ; latine la Bizacene ,
la Zeugitana, la Mauritania; ma son greche quelle di Giuba II e Cleopatra. Ecco una
medaglia di Giuba 1: e un'altra di Giuba 11, che porta da un lato IVBA REX, dall'altro
KAEOnATPA BACIAICCA:
Altre, in caratteri punici e numidici, vanno fra le incerte. Quest'è una medaglia di
Cartagine, al vero:
34 i
ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
L'altra a destra porta il tipo di Cartagiae, che era il cavallo; è io oro, di gran-
dezza'naturale.
Gli Arabi, dopo invasa la Mauritania, se-
guitarono alcun tempo a batter monete con
tipi bìsantini e leggende latine, perchè più
facilmente corressero fra le genti cristiane
(Vedi Saulcy, Journal asiatique, novem-
bre 1840).
§ 2S1 . — Loro tipi.
Nei tipi della ricchissima numismatica extraromana ricompaiono |le classificazioni già
dette, ma colla varietà naturale a tanta estensione, e molto utili vuoi per la cronologia,
vuoi per l'archeologia e la geogiafia. Ai re vi sono dati i sopranomi come in questa di
Mitradate VI Eupatore: le città vi iscrivono le proprie prerogative, come l'immunità,
cioè esenzione dalle imposte (ATEAElAC A AAABANAEnN, immunità de' popoli d'A-
labanda): o l'alleanza (<MAEC CVNMAKOT), confederate, su moneta dei Sagalessi di
Fisidia- OMONOl.V tìESSAAilN l'aMAIfiN, concordia de' Tessali e Romani: o l'esser
metropoli, sia che in fatto fossero capitali, od ottenessero specialmente questo titolo;
0 il diritto di batter moneta (moneta impetrata: permissu avgvsti: indvlgentia av-
GvsTij; 0 l'esser neocore, titolo ambitissimo in Grecia e in Asia, per esprimere che
aveano tempj, feste, culto, spettacoli comuni a tutta la provincia; dal qual titolo passa-
rono alcune città ad esser sacre^ cioè col diritto di asilo (lEIlAc KAi AClAOì). 11 titolo
di neocoro vedesi in questa medaglia di Cizico dì grandezza vera:
Città navarchidi eran quelle nel
cui porto serbavasi una forza nava-
le, come Ravenna e Miseno.
Grave difficoltà è l'intendere le
epoche dove tanto variarono le ère:
talvolta sono dedotte dall'anno della
fondazione di ciascuna colonia.
Spesso ancora vi sono indicate
le feste,'di cui parleremo più avanti,
e in occasione delle quali erano
battute.
§ 252. — Monete sbagliate.
Incontransi anche medaglie con difetti, per colpa dei monetieri. Talvolta nelle leg-
gende v'è errore di dizione, o quelle del dritto non combinano col rovescio.
iMP. cAEs. mvo. TfiAJANO opiTiMO. AVG. GER. DAC. — I}) coNSENCAVTio. Erra qucsta
coll'attribuire il titolo di divo a uno tuttora vivente; erra scrivendo optimo e conseri'
cautio per optimo e consecratio.
MONETE SBAGLIATE 3iK
Altri errori o varietà ortografiche trovansi nelle leggende : l'o per m, il b per v e fee-
lix, vìirlus ; janvs clvsti per eluiiil; i.iciuoio per rcligio ; s.kcvi.lvm ; veuitas per ube-
ritas. Altre volte son così confuse, che non è possibile raccapezzarne il senso per esem-
pio D. N. EOANVS. P. F. AVG. OniVNA AVGVSTA CCC. ; C in Una degli Ostilii 0. OVAL. OSTIL.
MES. coviNTvs per e. Val. Hostil. Mes. Quinlus.
Talvolta l'iscrizione è discordante dal tipo: così attorno a una testa di Marc'Aurelio
leggesi j'AVSTiNA AVGVSTA. Piu spcsso il rovcscio non corrisponde al dritto, o su quello
ripetesi questo. Tali errori portarono a false interpretazioni. I pratici poi s'accorgono
quando per isbaglio siasi adoprato al dritto un punzone distonante da quel del rovescio
Nel che bisogna distinguere le foderate e le ricuse.
Nel bellissimo medaglione del gabinetto numismatico di Milano di Marc'Aurelio e
Lucio Vero, sembra che il dritto non s'accordi col rovescio che ha la quadriga retta dalla
Vittoria Germanica, la quale non poteva convenire coi primi tempi di quegli imperatori.
Fboblicii, De nummis monetariorum culpa vitiosis. Vienna 17óG.
Borghesi^ negli Annali di corrispondenza archeoL, x. 30.
In altri errori caddero i numografi nel leggere o nello interpretar le monete, e così
crearono paesi nuovi o leggende insolite. Pellerin lesse AAnriAinN invece di KAs-
ZlinAlilN, e attribuì a Lappa di Creta una medaglia di Cassope città corcirese. In una
medaglia macedonica di Augusto le sigle C. I. A. D. si lessero Colonia Julia Augusta
Dertona, e si attribuì a Dertona d'itaiia o a Derlosa di Spagna, mentre era della colo-
nia Diense in Macedonia.
Altri errori di Goltz e Ligorio trassero in fallo i successivi, e parecchi ne furono
corretti dal Sestini.
§ 253, ■ — Donde si cavino le monete.
Deposito inesausto di monete antiche è la terra. Fosse la superstizione, fosse la cau-
tela che le facesse sepellire, fatto è che scavando se ne trovano in ogni dove, isolate
0 in tesori. Le XII Tavole vietano di se|)ellir l'oro ; ma si sa che ai morti presso i Greci
ponevasi in bocca una moneta, per |)agare il nolo a Caronte. Nei paesi appartenenti alla
Grecia o che ne adottarono i costumi, poteano vivere bO milioni di persone almeno.
Dato che la generazione si rinnovasse ogni trent'anni, dal tempo di Fidone d'Argo
quando primamente si batterono monete, fino a Costantino passarono trentasei genera-
zioni, cioè 1800 milioni d'uomini; e forse altrettante monete furono sepolte.
Al tempo del Fabretti, dal fiume Sargezia della Dacia si trassero più di 40 mila
monete d'oro. Nel 1714 tra Modena e Brescello un agricoltore trovò da 80 mila meda-
glie consolari, coniate fra il 707 e il 717 di Roma. Pellerin racconta che nel 17G0 si
rinvennero a Brest di Bretagna vasi pieni di circa 30 mila monete d'imperatori romani.
Nel 1790 a Cremona furono disscpolte COOO medaglie d'argento tutte consolari, in
tre olle di creta. Verso quel tempo presso Savignano nel Riminese, forse altrettante ne
trovò il Borghesi. Nel 1810, nella villa diCadriano, poco distante da Bologna, circa 80
mila medaglie d'argento consolari o di famiglia si disotterrarono in un vaso di rame
insieme con verghe d'oro; poi in quelle vicinanze molt'altre nel 1817. Nel Modenese,
il 1812, circa 40U0 altre consolari e di famiglie, di gran varietà di tipi e di simboli; un
migliajo nel 1815 verso il colle di Spilamberto pur nel Modenese : nel 1823 molte presso
Rieti : nel 1825, un otto migliaja in Puglia : poi nel 1829 in Fiesole un deposito di circa
3000 monete romane, e un migliajo ai confini del comune di Castelvetro nel Modenese.
Nel 1840 presso Pizzighettone nel Cremonese, un villano dissepelli un vaso di oltre ODO
medaglie consolari e di famiglie; a lacere le scoperte minori, che qui e fuori d'Italia
succedono ogni giorno. In Calabria nel 1843 si trovò un tesoro di mille monete anti-
chissime, quasi tutte incuse, fra cui alcune rarissime: indizj che in quel luogo esistette
un campo, una stazione o una borgata, nell'età di quelle medaglie.
l viaggi in parti lontane recano pure acquisti; e molte nuove vennero dal Bosforo
Cimmerio; altre assai dall'India, e massime dal Lahor furono raccolte dal generale Al-
lard, che vi dimorò dal 1815 al 1835. Di cui alcune sono di re macedoni nella lìaltriana
àl6 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTt
e nell'India settentrionale; altre dei medesimi re, con leggenda greca da un lato, e Imt-
1 triaoa duirailro; altre pure bi-
lingui, di conquistatori sciti;
altre di epoca incerta e d'arte
deteriorata, con mescolanza di
simboli e caratteri greci, persi,
indiani.
Lassen, Zur Gesch. der griechischen
und indoskylischen honige in Bak-
trieUj Kabul und Indien, durch
Enlziffurung der allkabulischen
Legenden aufihren Milnzen. Bonn
-1858.
Grotefend, Die Miinze der griechi-
schen^ parlischen und indoskyli-
schen Kiinige von liakirien und
dùn Lcindern amlndus. Auuovtr
1829.
RaoiìL-Rochette, Nolice sur quelgucs
médailles grecques inédiles , ai -
parlenanl à des rois inconnus de
la Baclriane et de VJnde. Parigi
-1834.
Wilson, Ariana antiqua , a descri-
plive accounl of Ihe anliquities
and coins of Àfganistan with a
memoir on the buildings called lo-
pes. Lunilra l84t. Raccolse quanto
linora si conosce inloruo alle me-
daglie d'ogni età ritrovate nell lodi.)
e ni'U'Aiganistan.
Diamo qui accanto alcune me-
daglie dei re Batlriani, cioè di
Eutidemo 1, di Eliocle 2, di
Demetrio 3, di Eucralide 4.
Il viceré d'Egitto nel 1862 es-
sendo a Parigi regalò all'impe-
ratore e questi alla Biblioteca
imperiale 11 SUO medaglie gre-
che, romane, musulmane, gran
parte inedite , provenienli da
scavi nel suo paese: cosi va cre-
scendo ogni giorno il numero
delle medaglie, e ricorrendo il
bisogno di conoscerle e ordi-
narle.
254. — Rarità,
Alle medaglie aggiunge pregio la rarità. Questa può venire o dall'essere benissimo
conservate, e come dicono, a fior di conio, il che rende preziosa anche una vulgare; o
dal non trovarsene altre, nel qual caso diconsi uniche o rare. Apprezzate assai sono
quelle con una testa per ciascun lalo. Le medaglie delle imperatrici sono più rare che
quelle degli imperatori, salvo che sotto gli Antonini.
Si fecero cataloghi indicanti la preziosità ed anche i prezzi, come quello di Mionnet;
ma si sa quante circostanze influiscano sul valore.
Alle, medaglie di bronzo cresce merito la patina, cioè l'ossido che il tempo vi formò,
e che talora è un verde vivacissimo. Bisogna dunque guardarsi dal farnelo cadere: bensì
MF.DAGME FALSE 347
se ne staccano la terra e le altre materie etero^'cnee con un panno bagnalo d'olio.
All'incontro quelle d'argento e d'oro vanno ripulite attentamente, con materia che non
intacchi il metallo.
g 25S. — Medaglie false.
Una classe intera costituiscono le medaglie false. Già in antico v'ebbe falsarj, che ne
metteano in corso di piombo o di rame incamiciate {pelliculati, subcerati}. Era più fa-
cile il farlo per esser grosse le monete ; e forse per ciò nei bassi tempi si formarono sot-
tili e quasi lamine.
Talvolta i principi stessi falsarono la moneta: Erodoto dice che Policrate tiranno di
Saino indorò quelle di piombo; Plinio che Marc'Antonio triumviro mescolò il ferro al
denario; Dione, che Caracalla diede per oro jl piombo e il bronzo dorati. Queste hanno
ancora pregio perchè antiche, e somministrarono tipi e leggende interessanti. 1 mo-
derni poi falsificarono monete antiche , e per ricavare protitto dalla rarità, imitarono
quelle che più doveano costare. Prima Giuseppe Cavino di Padova, poi Michele Desrieu
di Firenze, Cogouière francese, Casteron olandese usufruttarono quest'industria, benis-
simo imitando i conj antichi, o incidendone di nuovi. Tali sono alcune di Cesare col
VENI VIDI vici; altre di Artemisia col mausoleo, Didone con Cartagine, Menelao col ca-
vallo trojano ecc. In queste basta soventi la critica; ma più dillicili sono a riconoscere
quelle formate sui conj antichi. Ordinariamente però sono di getto.
Altri moderni presero una moneta amica, e col bulino, sostituirono una testa all'al-
tra, una ad altra epigrafe, facendone così una medaglia inedita ed unica. Ovvero ta-
gliate per lo spessorf , riunirono, per esempio, una testa di re o di cesare a qualche ro-
vescio insolito, talmentechè divenivano uniche.
Può dunque essere falsificato a dirittura il conio, cioè per così dire, l'intera edizione,
ovvero un esemplare solo.
Altre poi non furono falsificate che letterariamente, come fece Uberto Goltz, il quale
una quantità ne pubblicò o finte, o mal riprodotte e capricciosamente spiegate.
Non v'è gabinetto numismatico che non sia infetto di questa merce, anzi si suole
conservare per istruzione. Ora poi si hanno i punzoni adoperati da Becker, che for-
mano una raccolta curiosa. I progressi della scienza agevolarono l'opera de' falsarj; ma
insieme l'arte di svelarli. Si scrissero anche libri per discernerle, dando i caratteri del
metallo, delle lettere, della patina, del peso assoluto e specifico.
BEAtTAiS, Manière de discerner les médaiìles antiques de celles qui soni cantre faites. Dresda 179}
(edizione aumentata, con una tavola del valore e della rarità delle medaglie imperiali).
PiiNEERTON, Sur la rarelé el la conlrefa^on des médaiìles antiques. Dresda 1795.
Sestim, Sopra i moderni falsificatori di medaglie greche anlicfie ne' tre metalli, e descrizione diiutle
quelle prodotte da' medesimi nello spazio di pochi anni. Firenze 1856.
Dicesi autentica una medaglia quando appartiene proprio al tempo, al luogo, alle per-
sone, che le sono assegnati.
Le grandi serie esistenti ne' gabinetti ormai furono poste ad esame, tanto che non si
può dubitarne. Quistioni d'autenticità possono rinnovarsi se la medaglia sia unica; se
esista solo io gabinetti tedeschi, mal reputati ; se sia contorniata ; se fu tenuta apocrifa
da qualche giudizioso; se non s'accorda con altri monumenti o relazioni originali; se
tende a staijilire nella storia un fatto non garantito altrimenti.
§ 'IhQ. — Storia della numismatica.
Di buon'ora gli eruditi ()osero studio alle medaglie, e già vi s'applicava il Petrarca.
Primamente la dotta curiosità arrestossi ;dle imperiali : dappoi si stese a quelle di fami-
glie. Sebastiano Erizzo pel primo ne trattò (IdSOj, poi sempre meglio Fulvio Orsini, il
Patino, il Morelli.
Altri attendevano anche alle monete urbiche, di regni e paesi e colonie estranee a Ro-
ma, come il Goltz anzidetto, ma senza molli seguaci. Bensì studiavansi quelle delle
colonie e municipj donati del gius latino, come fece Le Vaillant. Questo fu il primo
ad indicare uno scopo cui dirigere la numismatica, tessendo con essa gli annali dei Se-
leucidij degli Arsacidi, de' Tolomei, d'altri re: sebbene sovente s'apponesse ìd fallo.
3i8 ARCHEOLOGIA E BELLE AUTl
Poco si faceva attenzione alle medaglie greche, quantunque l'importanza ne fosse
stata già avvertila da Spanheim; fin quando, nel secolo passato, comparvero le grandi
opere di Occon, Ducange, Mezzabarba, Le Vaillant sulla numismatica dell'impero ro-
mano in Occidente ed in Oriente; e quelle di Froelich, Pellerin, Combe.
Allora si studiarono quelle della Spagna, della Sicilia, della Magna Grecia, e di alcune
città; e così quelle della Siria, dell'Egitto, della Tracia per opera di Fralich, Le Vail-
lant, Zoega, Cary, Sestini, Dutens, Perez, Bayer, Corsini ; quelle degli Ebrei e Fenicj
per Barthélemy, Reland, SAvinton, Lastanosa, Florez. Herro cercò quelle di Spagna; Pa-
ruta e Torremuzza le sicule; Magnan le bruzie;Gori, Olivieri, Passeri, Guarnacci, I3uo--
narotti, Lanzi, la numismatica dell'Italia media e superiore; Danieli l'osca di Capuaj
Pinzio la ravennate; Ilaym diede il Tesoro britannico, ingiustamente malmenato da Pin-
kerton.
Tanta estensione rendeva difficile lo studio; e per agevolarlo furono pubblicate dal
Labbe , dal Banduri , dall'Hirsch, dal Lipsio Biblioteche numismatiche-^ àa Basche
un Lexicon rei mumaria'.
Pare che Gessner pel primo ideasse un Corpo numismatico esteso a tutti i popoli an-
tichi. Ilardouin {Nuìni antiqui populorum, 1684} pel primo divise le medaglie delle città
in autonome e reali, e disponeva le città alfabeticamente: ma Pellerin (Recueil des mé-
dailles de rois, de peuples et de villes, 1762-78) distribuì quelle di genti autonome se-
condo gli anni cui appartenevano, come fece pure con quelle dei re e delle colonie ; le
città poi ancora alfabeticamente.
Seguendo le loro idee e quella di Florez nelle Medaglie di Spagna, l'austriaco Giu-
seppe Ilario Eckbel gesuita fondò la sua classificazione geografica sulle orme di Strabone.
Egli chiama naufragi o aborti quelli de' predecessori, dei quali è a vedere nel suo proe-
mio {Doctrina numorun veterum, 1792-98) la compiuta bibliografia, e il competente
giudizio de' libri che un numismatico non può ignorare, e de' musei del suo tempo.
Le lezioni staccate da quest'opera divennero un libro elementare, superiore a quelli
fatti già da molti, e fondamento ai successivi ; e veramente si ridusse a sistema ciò che
prima non era se non congetture.
Questo principe della scienza numismatica, che molti lumi avea dedotto dal conver-
sare coi nostri Lanzi, Marini, Oderici, Cocchi, fu egli stesso migliorato dal Sestini, da
Mionnet, da Millingcn, da altri viventi, che profittarono dei moltissimi tesori venuti in
luce, e dei progressi della storia e della filologia.
Sebastiano Erizzo, Discorso sopra le medaglie degli antichi. Venezia •ISSO. È il primo libro scientifico
intorno alla numismatica.
GussEME, Diccionario numismatico. IMaJriil 1775, 6 voi.
Basche, Lexicon universoe rei numariw veterum. Lipsia -1785, Vi \ol.
SpAMlEMn, Disserlationes de prastantia et usu nwnismalum. Londra I70G, 2 voi. ,
JOBERT, La Science des mèdailles. Parigi 4739, 2 voi.
Gessnebii, Specimen rei numariw. 'liguri 1755, 2 voi.
Waciiterii, Archoeologia numaria. Lipsia 1740.
D. KoELER, Appunti storici sulle medaglie e le monete. Berlino 17''(0.
Tu. Mangeart, Introduciion à la science des mèdailles. Parigi 4705.
A. Mo^ALDlM, ìnslituliones antiq. numismat. Roma 1772.
Zaccaria, Inslil. antiquario-numismat. (con una lettera del p. Paeiaudi sopra l'utilità dello «Indio dclU
medaglie). Venezia 1793.
Barthélemy, Essai de patéographie numismadque.^ nei Mém. de VAcad. des Inscr..^ iota, xxiv »
xxvn.
Pinkerton's, Essay on medails. Londra -1789, 2 voi,
EcRHEL, Doctrina numorutn veterum. Vienna -1792-98, 8 voi.
Sestini, Descriptio numorum veterum cum animadversionibus tn doelrinam eckhelianam.ljìptìt ilQG,
Classes generales geograpfiiae numismaticce. L\ps\si 1797.
— Classes generales seu moneta velus populorum et regum. Firenze -I82L
— Lettere e dissertazioni numismatiche. Pisa e Milano 1817, *
Mionnet, De la rarelé et du prix des mèdailles romaines. -1815.
— Description des mèdailles grecques et romaines.
Bartolomeo Borghesi, Decadi numismatiche, nel Giornale arcadico-
Cavedom, Spicilegio numismatico.
Baoll-Hochktte, Mimoire de numismalique et d^antiquité. Parigi 4850.
COLLEZIONI 349
Oltre le raccolte o descrizioni di nicdaglic d'uomini cclol)ri, di alcun popolo, di famiglie, di città, di r«.
De DoMiMCiS, Rcpcrtorium numismaticum. Napoli 1820, 4 voi.
Trèsor de numismaliquc et de glyptique^ ou recueil general des mèdailles^ mnnnaics^ pierres (jravéet,
bas-reliefs etc, gravi', par les procédés de M. Achille Collas. Vi h adoperato uu nuovo meccanismo,
opportunissimo a trasportare con prontezza ed esattezza i disejjni originali.
VONGK ACHEHMANN, A numismatic manual ecc. (Manuale di numismatica, o guida per raccogliere e stu-
diare lo medaglie greche, romano e inglesi). Londra I8i0.
§ 257. — CoUezJon:.
Tanto delle raccolte a stampa come di quelle in natura, alcune si limitano a qualche
classe particolare, per esempio la serie delle famiglie romane, o dei re, o delle colonie,
o delle alessandrine, o di medaglioni; altre abbracciano ogni parte della numis-
matica.
Nelle raccolte generali, la romana si distingue in due epoche, repubblicana e impe-
riale. La prima si comincia dalle monete librali, classificandole secondo il peso: seguono
quelle di famiglia, cominciando dalle poche d'oro; poi quelle d'argento, distinte in do-
nar], quinarj e sesterzj: e si pongono in serie o delle lettere d'alfabeto, o delle cifre nu-
meriche che portano. Non potendosi determinarne l'età, si segue l'orciine alfabetico, la-
sciando ultime le anepigrafi e di famiglie incerte.
Le monete dei Cesari tengono l'ordine cronologico, e dietro a loro quelle della fami-
glia cui appartengono.
Della numismatica urbica estranea a Roma diedero l'ordine Eckhel, Mionnet e Sestini,
il più semplice e facile come vedemmo. Nelle suddivisioni poi di ciascun paese si co-
mincia colle autonome, poi le officiose, indi le regie, infine quelle delle colonie.
Alle lacune si ripara con imitazioni di piombo o di solfo o di plastica.
De'princìpali gabinetti si hanno a stampa i cataloghi, e l'esame di essi è il più po-
tente mezzo di progredire in questa scienza. Ma conserviam bene quell'assioma di Eck-
hel (prcefatio): Ncque tenemus scientimn., cum generalem ejus statum ac fmes ienemus;
sed tum eam obtinemus, cumquce sii distnhutio partium, qucehorum natura et usus, pia-
nius intelligimus. Quam vero haec in disciplina nostra late pateanty quis ignorai?
5^0 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
CAPO NONO
FESTE E SPETTACOLI
§ 2S8. — Origine delle feste.
Le feste nacquero da sentimento religioso, per onorar Dio, ringraziarlo, accoppiare
precetti morali all'idea della bontà e giustizia sua. Moltiplicate gli Dei, e cresceranno
le feste ; alterate la natura di quelli, e queste diverranno viziose. La politica poi e l'ira-
postura vollero consacrare con le feste tutte le opinioni e le abitudini che ad esse con-
veniva propagare ; sì che le feste abbracciarono le nozioni astronomiche e fisiche, gli
interessi pubblici, le tradizioni nazionali o popolari, le memorie di uomini famosi. Così
v'ebbe infinite solennità-, tanto che a Roma, dopo che Augusto , poi Antonino ne tol-
sero da quaranta, ne rimanevano ancora centrentacinque.
Del significato loro sarebbe difficile venir in chiaro, non possedendone alcun trattalo
antico, e restando sol una parte dei Fasti d'Ovidio, che pur ne rivelano la sola este-
riorità artistica. I cenni che da altri si raccolgono, o sono oscuri per riverenza al mi-
stero , od arbitrar] e contraddicenti fra loro. Poi è diffii'ile trovare il filo nel labi-
rinto delle nozioni cosmogoniche e storiche e jeroglifiche, che costituivano la religione
antica.
Certo sono uno dei principali caratteri dell'antichità le feste, che ne' più bei tempi
associavano la pietà verso la divinità e l'espansione delle relazioni sociali, sviluppavano
con regola e armonia tutti i sentimenti, tutte le facoltà, tutte Ife potenze del nostro es-
sere, e porgevano alle moltitudini nutrimento morale.
§ 259. — Feste ebraiche.
Noveriamo le feste e gli spettacoli, dì cui trovasi cenno o la figura nei monumenti.
Per gli Ebrei le tre maggiori erano la pa^qua^ la pentecoste, i tabernacoli. La pasqua
era fissata alla mela del mese di nisan, e richiedeva l'agnello pasquale e l'offerta del
covone, primizia della messe dell'orzo. La pentecoste, cinquanta giorni dopo, esigeva
le novellizie del frumento. La festa de' tabernacoli (Scenopegia) al 15 del thisrì suppo-
neva la vendemmia e il ricolto degli ulivi. Conveniva perciò che cadessero a tempi de-
terminati.
Inoltre era festivo ogni settimo giorno, ogni neomenia ; all'I e 2 thisri faceasi la
festa delle trombe; al 25 chislev, quella dei lumi (Encenia) ; al 14 e 15 adar quella
delle sorti fPurimJ, che negli anni embolismici ripeteasi con maggiore solennità in ve-
adar, per celebrare la salvezza ottenuta quando Assuero ne aveva comandato l'ucci-
sione. Sulla ragione delle altre feste non si va ben d'accordo, ma le tre principali ri-
cordavano l'uscita dall'Egitto, la pubblicazione della legge, ed il possesso preso della
Terrasanta.
Le feste cominciavano tutte a sera ; le |)iccole finivano la sera del domani, le grandi
duravano una settimana.
i '
GRANEI GIUOCHI GRECI 351
§ 260. — Grandi giuochi greci.
I giuochi più rinomati di Grecia erano gli olimpici, gli istmici, i nemd e i 'pitici.
I giuochi Olimpici, la maggior solennità di Grecia, celebravansi in Olimpia, villaggio
dell'Elide sull'Alfeo, poco discosto da Pisa. Risalgono ai tempi favolosi; ed Ercole,
perchè vincitore dei proprj cinque fratelli, stabilì si tenessero ogni quinto anno. Dopo
la vittoria che, coll'assistenza di Licurgo il legislatore, vi riportò Ifito re dell'Elide, l'o-
racolo delfico ordinò di ripristinare quelle interrotte solennità. L'intervallo di quattro
anni chiamavasi un'olimpiade, e fu l'èra più consueta in Grecia, che cominciò dalla
vittoria di Corebo eleo il 776 av. C.
Quelle feste onoravano Giove, di cui era colò famoso il tempio colla statua di Fidia,
oltre altari e immagini di molte divinità. Duravano cinque giorni -del mese attico he-
catombeon. Duranti i giuochi, era armistizio per tutta Grecia : il territorio d'Elide poi
consideravasi sempre come sacro, e sacrilegio il penetrarvi colle armi. Dapprima i soli
Peloponnesj, poi tutti i Greci vi presero parte, purché di ellenico sangue, e non colpiti
di atimia od infamia. Anche le colonie v'aveano posto distinto. Le donne non pote-
vano, durante la solennità, passare l'Alfeo. Vi si coglieva quell'occasione per fare mer-
cato; le città vi spedivano doni, in gara di magnificenza; artisti e poeti esponevano le
opere loro. ...
Possono distinguersi in due parti; i giuochi e i riti, cioè i sacrifizj che ogni città vi
faceva, ma più suntuosi quella d'Elea. .
I giuochi erano la corsa a piedi (^ooVo;) ; il diaulos, ove traversavasi a corsa dodici
volte lo stadio ; il dolichos, corsa più lunga; il pentatlon, la palestra, il pugilato, la
corsa delle quadrighe, la corsa de' cavalli, il pancrazio e la corsa degli armati; la corsa
de' carri con muli; la corsa con cavalle; quella delle bighe; la gara degli araldi e
trombetti; la corsa dei carri con quattro asini ; quella con due ; il pentatlo, il pugilato
e il Pancrazio de' fanciulli, i quali ebbero anche una corsa di cavalli. 1 giudici (ella-
nodiccB), scelti dagli Elei, dirigevano la festa, riconoscevano se le persone che presen-
tavansi fossero libere, e determinavano i giorni e l'ordine degli spettacoli.
Premio era una ghirlanda di ulivi sacri, che il vincitore ricevea stando sopra un
tripode di bronzo, poi sopra una tavola fatta d'oro e d'avorio, e il nome suo e di suo
padre e del suo paese era proclamato dall'araldo; e gli Elei ne collocavano la statua
nell'Alti, bosco sacro di Giove.
Le feste olimpiche furono abolite nel 16° anno del regno di Teodosio, 594 d. C., cioè
nell'olimpiade ccxciii ; ma sol fino alla ccxlviii abbiamo il nome de' vincitori.
P. Fabri, Agonisticon, sire de re alhletica, ludisque veterum. Lovanio -tb92.
Manso, Ueber den Antheil der Grierhen auf den oìymp. Spielen. Breslaa -1792.
BoEBU, /id Pindari Isihm. Netn. et Oìymp.; e Corpus inscriptionum.
UissEN, Ueber die Ànordnung der olympischen Spieìe.
Kral'se, Olympia, oder Darslellung der grotsen ohjmpigchen Spiele. Vienna -1858.
Altre città istituirono giuochi ad imitazione di questi, come Àegew in Macedonia , Alexandria in molto
città, Anliochce in Siria ecc.
I giuochi Istmici celebravansi sull'istmo di Corinto, presso al tempio di Poseidon, a
quale conduceva un viale ornato colle statue dei vincitori e con corone di pino. Dice-
vansi istituiti da Sisifo (il xiv secolo av. C.) in onore di Melicerla o Palemone, e sul
principio somigliavano più ai misteri che a grandi riunioni con divertimenti, e face-
vansi di notte. Teseo li volse ad onore di Poseidon, per imitare Ercole, che aveva in-
trodotti quelli d'Olimpia. 1 Corintj ne avevano la direzione; ma agli Ateniesi erano ser-
bate molte distinzioni, e vi venivano sopra un vascello sacro (^^-'P'c), e avevano un
posto onorevole (7too€(y,o. a) largo quanto la vela di esso vascello; se le due città fossero in
guerra, stabilivasi una tregua sacra. Non vi partecipavano gli Elei.
Ricorrevano nel primo anno d'ogni olimpiade, il mese di munychion o di thargelion ;
e durarono finché la religione cristiana non divenne dominante, ma molto alterati, sic-
ché Giuliano apostata riferisce che vi si conducevano orsi e pantere. 11 premio era una
ghirlanda di pino e talora d'edera.
1 giuochi Ncmei, a Nemea nell'Argolide, furono istituiti dai sette re che assediarono
3S2 ARCUEOLOGl.V E BliLLE AUTI
Tebe, e rinnovati da Ercole ad onore di Giove. 1 giuochi erano press'a poco quei degli
olimpici, e preraj l'ulivo dapprima, poi una corona di petrosello verde (aùhov). Rica-
devano ogni tre o cinque anni.
I Pitici si solennizzavano nelle vicinanze di Delfo a onore di Apollo, Artemide e La-
tona, nel piano di Crissa. Furono inventati da Apollo stesso o da antichi eroi. In prin-
cipio erano una panegiria con inni accompagnati dalla musica. Vi si aggiunsero! giuochi
ginnastici non prima dell'olimpiade xlvii, ma sempre prevalsero le gare musicali, Tor-
navano ogni nono, poi ogni quinto anno, e tutta Grecia vi concorreva, 11 premio era
una corona di lauro, e il diritto di avere una statua nel piano di Crissa. Giuochi pitii
celebravansi anche in molti altri paesi, singolarmente a Sidone e Magnesia.
Le corone e i vasi erano il meno degli onori retribuiti ai vincitori. La città dond'e-
rano li riceveva in gran festa, talora aprendo una breccia nelle mura per cui entras-
sero; e la famiglia e la comunità ne rimanevano illustrate. Solone stabilì che per so-
lennizzare l'Ateniese vincitore ne' giuochi istmici, il pubblico spendesse cento dramme
(Plutarco in Soloìie, 23). Veniano celebrati in odi, delle quali ci lasciò insigni esempj
Pindaro. Dicesi che Platone stesso comparisse fra i lottatori ai giuochi istillici e ai pi-
tici; che Pitagora riportasse il premio in Elide ; e Cerone re di Siracusa contendeva le
palme ai giuochi olimpici e pitici. Anche il vincere negli altri luoghi ascriveasi ad onore,
e non rare volte si legge nelle iscrizioni il novero delle vittorie, come in questa trovata
sulla via Flaminia (Muratofi, Thesaurus, 622] :
P. ;ELIVS MARI ROGATI FILIVS CVTTA CALPVRNIANVS EQVIS HIS VICI
IN FACTIONE VENETA GEMINATOBEM AF. LXXXXn. SILVANOR.
AFR. CV. NITID. GIL. AF. LU. SAAONEM AF. LX. ET VICI
PREMIA M. L. I. XL. I. XXXXVn.
EX NVMEBO PALMARVM SVPRASCErP\ AUVM OOXXvn.
VICI IN FACTIONE ALBATA CU RE^ÌSSV.S li. XXXI. XLI
A POMPA IV. EQVORVM ANAGONVM I. SINGVLARUM
LXXXIll BINARVM VII TERNARVM II IN FACTIONE HVS
SATA VICI LXXU X REMISSVS SEMEL XXXI QVATERNA
RVM I SINCVLARVM XLIl BINARVM XXXO TERNARVM
li QVATERNARVM SEMEL IN FACTIONE VENETA VICI •
LXXXIll. XXX. XVII SEIVGE I. XL. IX. LI. A POMPA
XXXV. TRIGAS XV. II. TRIGAS XXVI. EQvORVM ANAGO
NVM. 1. SACRO QVINQVENNALIS CERTAMINIS I. REMISSVS
SEMEL. SINGVLARVM CCCXXXIV. BINARVM CLXXXI. V.
TERNARVM LXV. IN FRACTIONE PRASINA VICI CCCLXI. V.
XXX. I. XLII PEDIBVS AD QVADRIGAM LXl A POMPA
VI. SINGVLARVM CXVI BINARVM CLXXXIV. TERNARVM
XLIV. HOC MONVMENTVM VIVVS FECI
P. jELIVS MAHI ROGATI GVTTA CALPVRNIANVS MILLE
PALMAS COMPLEVI IN FACTIONE PRASINA EQVIS
HIS DANDO B. AF. XI. X. OCEANO. N. CCIX. VICTORE
B. CCCCXI. X. VINDICE B. CLVH ET VICI
PR/EMIA MAJORA XL. POSTEA III. XXXIII.
Come attestazione durevole di queste vittorie, è probabile si dessero agli atleti le tes-
sere dette gladiatorie, delle quali si trovano moltissime col nome del premiato, il tempo
e il numero delle volte che egli fu spectatus. Doveano portarsi al collo, onde facevansi
piccole e d'avorio, poi di metalli ignobili, infine anche d'oro.
Non mancava neppur allora cui paressero esuberanti gli onori attribuiti ai vincitori
dei giuochi ; e Ateneo (.\, 2) ci conservò un passo d'Euripide, che esclama : « E che? il
« lottatore felice, il veloce corridore, quel che bene gettando in alto il disco, o ben fe-
« rendo l'avversario conseguì la corona, che giova egli mai alla patria ed alla città?
« Forse avranno a pugnare coi nemici lanciando dischi? o correndo rapidamente cogli
n scudi cacceranno il nemico dalla patria? Nessun lo pensa, che abbia visto un esercito
« da vicino. Den è giusto coronare i sapienti e buoni uomini, e se alcuno ottimamente
« regge la città, equo e temperato, se col discorso impedisce i delitti, frena le risse e le
«' sedizioni : queste cose fanno onore alla città e a tutta Grecia ».
ALTRE FESTE G BEGHE
§ 261. — Altre feste greche.
3S3
Altre innumerevoli foste venivano celebrate per Grecia.
A Cerere, che cnll'agriooltura introdusse nell'Attica il viver civile , dedicavano gli
Ateniesi, a nome di tutta Grecia, tre feste solennissime. La prima era detta Praro^^m,
perchè precedeva il tempo della seminagione; vi si offrivano molte vittime, invocando
prosperi alle sementi gli Dei.
L'altra dicevasi resmop/ìorm, considerando Cerere come legislatrice. Si celebrava nel
mese di pyanepsion, per cinque giorni , e con cerimonie simili a quelle onde in Egitto
onoravasi Iside, se pur dicono vero Plutarco , Oiodoro Siculo e Teodoreto. Ciascun
giorno le donne delle dieci tribù attiche sceglievano fra sé una che presedesse alle ceri-
rimonie. Stefanoforo, cioè inghirlandato, chiamavasi il sacerdote che offriva la vittima.
Le donne che avessero portato tre talenti in dote potevano prender dai mariti le somme
necessarie alla spesa de' sacrifizj, che ciascuno faceva a norma dell'aver suo. Raccol-
tesi, andavano in processione ad Eleusi cantando inni; e i libri che contenevano i mi-
steri della festa, e le legci di Cerere date all'Attica erano dati a portare a donne di spec-
chiata vita. Per quest'uopo alcune di giovane età e di chiara nascita erano mantenute a
pubbliche spese, vivendo nel Temofphnrion Giunte ad Eleusi, preparavansi ai santi mi-
nisteri con un giorno di digiuno e preghiere, a' piedi della statua della Dea. Poi una
vecchia presentavasi a Cerere provocandola, e to'to che questa ridesse , anche quelle
fanciulle si eccitavano l'ima l'altra al riso. Alle purificazioni ed ai sacrifizi dei giorni
successivi non erano accettati uomini; e i prigionieri ammessi ai misteri di Cerere, se
pure non fossero già condannati , in quei cinque giorni restavano liberi per assistere
alle cerimonie.
Più santa era la terza festa in onor di Terere, detta i Misteri. L'abbia istituita Cerere,
0 il re Eretico, o Museo, o Eumolpo, per essa gl'iniziati convenivano ad Eleusi verso
agosto : alcuno non poteva celebrare i gmndi misteri senza essersi purificato da prima
coi piccoli. Per ciò vissuti nove giorni in continenza . offrivano sacrifizj e preci colla
testa inghirlandata, e con sotto i piedi la pelle di una vittima sacrificata a Giove. Dopo
un anno circa, immolavano una troja a Cerere, e allora solo venivano iniziati ai grandi
misteri; poi scorsi altri cinque anni, erano introdotti nel santuario. Finiti gli anni di
noviziato, conoscevano i riti sacri, eccetto alcuni serbati unicamente ai sacerdoti, e da
mfjslai, cioè iniziati, diventavano epoptai, cioè veggenti.
All'iniziazione presedeva il jerofante, ateniese di nascita e della famiglia degli Eu-
molpidi; eletto a vita, e obblieato a perpetua castità; e tanto venerato, che il suo nome
non proferivasi avanti a profani. Tre colleghi aveva: il dadonchos , che portavagli la
fiaccola; un altro, in uffizio d'araldo, vietava l'ingresso nel tempio ai non iniziati o a
chi fosse reo di delitto; il terzo serviva all'altare e propiziava gli Dei. 11 re, uno degli
arconti, vigilava all'osservanza delle cerimonie, insieme coi quattro epimeleti, eletti dal
popolo, uno dalla casa degli Eumolpidi, uno da quella de' Tericj, gli altri due da altre
famiglie cittadine.
La festa cominciava il 15 e finiva il 23 di boedromion , nel quale intervallo non po-
tevasi arrestar nessuno, né dar querela avanti ai giudici, pena mille dramme o la vita.
Seimila dramme pagava la donna che andasse in cocchio ad Eleusi, quasi volesse to-
gliersi l'oltraggiosa distinzione fra ricchi e poveri.
Offrivano soggetto alle funzioni di quei giorni le avventure di Cerere. Chi violasse il
segreto era punito coll'obbrobrio, e talora colla morte, come pure chi per caso si tro-
vasse presente ai misteri. Non potevano esservi iniziati i rei d'omicidio anche invo-
lontario.
Le Pnnatenee , le più splendide dell'Attica , in onore di Atena Polia o protettrice
della città, credevansi istituite daErittonio ^erso il .^6rJ av. C), poi ordinate da Teseo,
in memoria dell'aver concriiinte tutte le tribù attiche. Le grandt panatenee tornavano ogni
quinto anno, le piccoli' oiini anno. Alle grandi, oltre Ip feste, gli spassi, i concerti mu-
sicali eie lampadoforie, i rapsodi recitavano episc.dj epici, i filosofi disputavano; poi
per decreto di Pisistrato vi si cantavano i poemi d'Omero, secondo l'ordine dato da
Solone.
C.vNTÙ, Documenti. — Tomo I, Archeoloijia e lidie Arli. ?3
354
ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
Premio era un vaso pieno d'olio, fatto cogli ulivi sacri a Atena nell'Acropoli. Da ciò
i vasi panatenaici, di cui quantità si trova in Grecia e in
Italia, e che da un lato figurano essa dea Pallade, dall'altro
varj giuochi :
La parte principale era la magnifica processione al tempio
di Atena Polla , probabilmente l'ultimo giorno delle feste,
per portare al tempio il peplo della dea, sul quale erano
ricamate le costei vittorie sopra i giganti. Tal processione
€ra rappresentata sul fregio del Partenone , opera di Fidia
e de' suoi discepoli.
J. Mecbsii Panathenaea. Leida 1019.
C. HoFFMANN, Panalhenaikos. CasscH835.
A, KIl'ELLEu, Panathenaica. Bonna-1837.
Teorica chiamavansi ad Atene varie sorta di trattenimenti
pubblici e distribuzioni di pubblico denaro al popolo, le
quali dappoi divennero generosissime. Perciò si aveva un
fondo, custodito da appositi sovrintendenti , ricchi di privilegi.
Fra più di ducento feste che Montfaucon annovera in Grecia, menzioneremo le Adonia
in Atene, commemorazione della morte di Adone; le Ambrosie per Bacco alle ven-
demmie; le Afrodisie per Venere a Corinto, festeggiate dalle meretrici; le Asdepiadi
per Esculapio ad Epidauro; le Coribanliche a Gnosso; le Delie a Delo nella gran pane-
giria, da un'anfizionia delle isole Jonie : gli Ateniesi vi spedivano un vascello sacro,
nella cui assenza non era permessa alcuna esecuzione capitale. Le Dclfìnie in varie
città ad onore di Apollo, protettore degli Jonj ; le Denietrie annualmente ad Atene in
onor di Demetrio Poliorcele, dio salvatore; le Dipoiia o DUpolia^ antica festa nell'A-
cropoli d'Atene a onor di Giove, sacrificandogli un bue.
Argo ebbe gli Enei e gli Ecatombei per Giunone; l'Arcadia i Licei per Giove Liceo,
i Corj per Proserpina, gli Aliei pel Sole; Propoin Beozia gli Anfìarai per Anfiarao ; La-
badea i Trofonj o Basilei per Giove; Platea gli Eleuterj per la Grecia liberata dai Per-
siani al 16 di maemaclerion; Tespi gli Eroij in onor di Cupido; Egina gli Eacj per
Eaco; Pallene i Teosseni e gli Erinei per Giove e Mercurio; Megara i Dioclei e Pitici
per l'eroe Diocle e per Apollo; Maratona e Siracusa gli Erculei; Eleusi i Demetrj per
Cerere e Proserpina; la Locride gli Oilei sulla tomba d'Ajace Oileo; l'Eubea i Gereslj
per Nettuno; Orcomene i Miniei pel suo re Minia, e gli Alcatoi da Alcatoo, figliuolo
di Pelope, isliluiti a onore d'Apollo ; Epidauro gli Esculapj ecc.
Le Hercea onoravano diversamente Era in varie città, ma particolarmente in Argo,
donde una solenne processione conduceasi fino a Micene, e sacrificavansi cento bovi,
la cui carne si distribuiva ai cittadini. La teogamia memorava il matrimonio di Pro-
serpina con Plutone. Colle Leo?u'deja Sparta venerava Leonida, recitandogli una orazione
funerale.
Lerncea erano misteri celebrati a Lerna nell'Argolide, ad onor di Demetera ; proba-
bilmente avanzo della religione pelasgica: le particolarità non ci sono conosciute.
Colle Lampadedromia o Lampade phoria festeggiavansi nell'Accademia tre volte l'anno
Prometeo o Vulcano o Atena; e talora sul monte Partenio, il Dio Pan. Tre giovinetti
collocavansi a certa distanza uno dall'altro. Al dato segno, gettavasi da una torre una
fiaccola, e la si accendeva all'ara d'Amore; e il primo di que' corridori che la racco-
gliesse doveva recarla all'altro, e questo al terzo, e il terzo riportarla. Quello o quelli
che non l'avesser lasciata spegnere, riceveano un'idria dipinta con entro olio.
Le Actia erano giuochi (juinquennali, istituiti o rinnovati dopo la vittoria aziaca da
Augusto sul promontorio Azio. Le Alexaìidreja onoravano Alessandro macedone; e così
le Attalea per Attalo re di Pergamo, le Antoniana per gli Antonini, le Aucjusteja o
Sebasta per Augusto, le Aurelio, le Ccesaria, le Claudia, le Cummodia. Epinichia ram-
mentavano qualche vittoria. Isclastica chiamavansi le entrate trionfali che i vincitori
faceano nella città natia, reduci dai giuochi. Oikoumenica o universali erano giuochi, ai
quali poteasi intervenire da tutta Grecia; Paiiionia quelli di tutti gli .Ioni.
INelle Tliargelia^iAÙ e 7 del mese thargelion, gli Ateniesi sugrilicavano o due uomini
GIUOCHI ROMANI 335
0 un uomo e una donna, per espiare le colpe dei due sessi: questi due infelici porta-
vano collari di fico secco, ed erano battuti tra via con ramelle di caprifico e a suon di
flauto, poi bruciati, e le loro ceneri buttate in mare. Nelle Scirophoria, festa di Atena
al 12 del scirophorion, i sacerdoti portavano ombrelli (oTUfiov), e un ombrello copriva
la statua della dea o di Bacco.
Dionisie faceansi in molti luoghi di Grecia ad onore di Dionisio, ma più celebri in
Attica, dalle quali ebbe origine l'arte drammatica. N'era carattere una gioja entusiasta,
quasi volessero assomigliarsi ai Pani e ai Satiri da cui esso dio è accompagnato, e dei
quali talora assumevano il travestimento, e dipigeansi di varj colori, aggiungendovi
musica, balli, brindisi. Anche le donne prendeano parte alle processioni (ity-Toi), tra-
vestite da Bacche, Lene, Thiadi, .Najadi ecc. col tirso in mano, ed altre col Fallo
('.^j&j^-a/Àoi). 1 cori cantavano ditirambi e inni, con metri e immagini vivaci. Erano
comuni fra i popoli dorici, eccetto Corinto, Sicione e le colonie dell'Italia meridionale;
e nei primi tempi vi si univano sacrifizj umani.
§ 262. — Giuochi romani.
A Roma vi corrispondevano i Baccanali introdottivi dall'Etruria ; gli iniziati, dopo
abbandonatisi al vino, trascorreaoo ad ogni eccesso; e ne seguivano violazioni, stupri,
assassinj, avvelenamenti : per lo che furono spesso vietati.
Ludi è il nome generale d'una varietà di giuochi e gare fra i Romani, e massime di
quelli dedicati agli Dei, benché ne facessero in onore de' magisirati o de' morti. Divi-
deanli in circensi e scenici, secondo li facevano nel circo o nel teatro. Altri erano stati,
altri imperativi, altri votivi.
Ai giuochi soprintendevano gli edili, e toccava ai pontefici il decidere sulla ripristi-
nazione di quelli che non erano stabiliti dalla legge.
Ludi Apollinares si introdussero durante la seconda guerra punica (212 av. C.) per
ottenere da Apollo l'espulsione degli stranieri. L'oracolo ordinò si rinnovassero ogni
anno, sotto la sovrintendenza del pretore urbano, e con sagrifizj al modo greco. Fa-
ceansi nel circo massimo, ove i cittadini assistevano con corone bianche, e ognuno
contribuiva per la spesa. Dipoi furono stabiliti al 6 di luglio; e sottol' Impero, ai 26 di
maggio.
Ludi Augustales (m^i'yzoc) celebra vansi in onore d'Augusto annualmente nel circo dai
tribuni della plebe, poi dal pretore peregrino. Altrove s'imitavano.
Ludi Capitolini furono istituiti dal senato, a proposta del dittatore Furio Camillo nel
587 av. C, per ringraziare Giove di aver liberato il Campidoglio dai Galli. Erano affi-
dati a un collegio di sacerdoti palrizj che stavano nel Campidoglio, detti perciò capi-
tolini. Un degli usi era che l'araldo mettesse in vendita alcuni che figuravano i Vejenti,
persone vecchie, per beffa vestite colla bulla da fanciulli.
Ludi Circenses o magni o romani celebra vansi ogn'anno dal 4 al 12 settembre in
onore delle grandi divinità, Giove, Giunone, Minerva; o secondo altri, di Giove, e di
Conso 0 Nettuno equestre. Vi sopraolendevano gli edili curuli.
Ludi Compitalicii o Compitalia erano dedicati ai lari ^Compitali, e faceansi ai cro-
cicchi delle strade ubi vice compelunt. Dice Macrobio che li ripristinò Tarquinio Su-
perbo, uccidendo fanciulli a Mania madre dei Lari; ma lui cacciato, si sacrificarono
bulbi d'aglio e papaveri.
Ludi florales o Floralia, feste campestri, da antichissimo consuete in Italia, celebra-
vansi a Roma in onor di Flora e Glori dal 28 aprile al 3 maggio, perchè ben fiorisse
ogni cosa; e faceansi allegrezze, banchetti, lascivie, e principalmente rappresentazioni
mimiche indecentissime ; namprceter verborum licentiam, flagitante populo, nudabantur
meretrices, quce mimarum functoe officio in conspectu 7nultitudinis, ad satietatem usque
impudicis motibus detinebantur. Lattanzio, Div. inst. i. 12.
Ludi funehres menavansi alla pira d'illustri personaggi, e continuarono dai più anti-
chi tempi fin mollo dopo stabilito il cristianesimo. Laprincipal parte n'erano i giuochi
gladiatori. Una volta fin centoventi gladiatori combatterono per tre giorni, e tutto il
fòro era coperto di mense e tende ove il popolo gavazzava (Livio, xxxi. 50; xxxii. 50,
— Plinio, Hibt. nat. xxxv. 7j. Reputavasi sconveniente a donne l'assistervi.
356 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
Ludi Martiales ad onore prima d'Angusto, poi di Marte, nel circo, al 12 maggio.
Ludi Mpgalen<<e<!, ad onor della Gran madre degli Dei, continuavano per otto giorni
cominciando dal 4 aprile, e usava in quell'occasione invitarsi a pranzo. 1 giuochi erano
puramente scenici, e tutte le commedie di Terenzio che ci restano, tranne gli Adelfi,
sono nei manoscritti antichi indicate come acta ludis megalpnsihus.
Ludi natalità facevansi il giorno natalizio dell'imperatore, con gladiatori e bestie.
Ludi Palatini, istituiti da Livia in onor di Augusto, faceansi sul monte Palatino a
dicembre uscente.
Ludi piacatorii faceano i pescatori del Tevere al 7 giugno, nel piano a destra del
Tevere.
Lur/«p;e6ej rammemoravano la libertà acquistata dalla plebe dopo la ritirata sul monte
Aventino. Faceansi il 1f), 16 e 17 novembre, condotti dagli edili plebei.
Solennità primaria erano i Lìili srecuìarei?. Sull'origine loro le tradizioni variano, e.
dapprima chiamaronsi Terentìni o Taurj, e celebravansi ogni secolo per ordine della
Sibilla. Ma non si sa bene di che secolo si tratti, e pare sia di anni embolismici o di 384
giorni ; talché il secolo equivarrebbe a circa 110 anni. Vedonsi i primi al 24o di Roma,
i secondi al 30.^), i terzi ni ^iO."), i quarti al 60?; o 608; onde non si avrebbe un periodo
determinato, oltre che qualche volta ripeteansi in occasione di gravi calamità. Trascurati
per alcun tempo, furono poi resolati sotto Augusto, e per essi Orazio compose il Carmen
scBculare e il giurista Atejo Capitone ne prescrisse le cerimonie. Molta parte facevasi la
notte, ad onor delle Parche e di Proserpina. Dopo Augusto furono celebrati dall' im-
peratore Claudio netrSOO; ma Domiziano pretese ch'egli avesse anticipato, onde gl'in-
disse di nuovo I'8i1 ; poi nel 9.^7, sentenziandosi erronei i calcoli precedenti: nel 1000,
imperante Filippo, si fece l'ultima commemorazione del natale di Roma.
Le Saturnalia celebravansi dagli abitanti del Lazio in onor di Saturno, reputato in-
troduttore dell'agricoltura e della civiltà. Cadeanodopo la metà di dicembre, e teneansi
come tempo di assoluta vacanza; sospesi gli affari pubblici, chiuse le corti giudiziarie
e le scuole; non cominciar guerra, non punir malfattori. Gli schiavi poi assolti dai pe-
nosi doveri , comparivano col pileo come liberi , parlavano sfrenatamente , sedeano a
mensa involti nell'abito del padrone, e da questo serviti. Tra gli amici ricambiavansi
torchi di cera; gridavasi per le contrade Saturnalia; \ sagrifizj s'offrivano col capo
scoperto, persuasi che nessun segno infausto li turberebbe in quei giorni felici. 1 moccoli
di Roma ricordano oggi ancora quegl'invii di ceri ; e le maschere e i dominò le vesti
de' liberi che gli schiavi indossavansi. A moltissimi disordini davano luogo (Macroiìio,
Salurn.).
Terminalia onoravano il dio Termine, che presedeva ai confini, e la cui rozza figura
solca porsi per limite delle proprietà. In tal festa, i due confinanti la ghirlandavano, e
sopra un altare di Piote offerivangli vino e grano e un capro. A Roma celebravansi il
21 0 23 febbrajo, ultimo mese dell'anno antico.
Lupercalia erano delle più antiche feste romane, in onor di Luperco dio della fertilità,
ai 1S febbrajo, e tutte le cerimonie indicavano origine pastorale. Nel Lupercale, dove
diceasi essere stati nutriti dalla lupa Romolo e Remo, i Luperci s'accoglievano, e sa-
grificavano becchi giovani e cani, che in grazia del forte istinto sessuale, pareano
appropriati al dio della {fertilità ; indi i sacerdoti correano attorno battendo con co-
reggie di pelle le donne, che con ciò credeansi agevolata la concezione e il parto.
Colle Lemuralia o Lemuria , il 9, 11 e 13 maggio d'ogni anno, Roma commemorava
i morti ; e diceansi istituite da Romolo per placare lo spirito di Remo (remuria). Cele-
bravansi di notte e in silenzio ; i tempj stavano chiusi, e non si facevano nozze ; ripe-
tevansi frequenti abluzioni , ed anche giuochi circensi. Anche le Fcralia , ai 18 o 21
febbrajo, onoravano i morti, portando loro corone di fiori, vasi di latte o di frutti,
grani di sale, focaccie intrise di vino o di miele.
Le Malralia celebravansi a Roma il 10 di giugno in onore della madre Matuta , che
aveva tempio nel fòro Roario. Le matrone sigrificavanle focaccie, cotte in tegami di
terra. Gli schiavi erano esi;lusi, fuor d'un solo che veniva esposto ad umilianti tratta-
menti, ed una gli davi tina guanciata , e lo cacciava dal tenqiio. Le matrone conduce-
vano seco il faticiullo delie loro sorelle, ma non il proprio; so lo prendevano in braccio,
e prc^avuiio per esso.
POMPE. — L Al'OTEOSI nU?
Colle Palilia, il 21 aprile, impeiravasi la fecondità (lejjli agnelli da Pale, dea tutelare
de' pastori. Era il giorno slesso in cui llomolo pose le prime fondamenta di Honia
onde questi due ricordi si mescolavano in tal festa. Cominciavasi da una purificazione
pubblica col fuoco e il fumo; poi aspergeasi d'acqua il popolo, die bevea latte con
mosto. In a|)presso il carattere pastorale dileguossi, restando piuttosto quel della fonda-
zione della città.
Le Agunalia erano state istituite da Numa a onor di Giano tre volte l'anno.
Nelle Ambarvalia offrivansi a Cerere sagrifizj suovetaurilia, cioè di porco, pecora e
toro, e faceasi il giro attorno alle campiigne per ottenerne la fertilità: si celebravano
chi dice al fin di gennajo, cbi in aprile, e forse ripetevansi in luglio.
Tardi s'introdussero le feste Mitnache; cioè leontica alludendo alla costellazion dei
leone; eliaca al sole ; persica alla costellazione di Perseo; gripliius a quella del grill'one-
coracica al corvo; patrica ai padri patrali o sacerdoti di Mitra.
Agli idi di maggio, le Vestali, accompagnale dai pontefici, gettavano dal ponte Su-
blicio nel Tevere trenta fantocci di giunco {simulacra virorum scirpea)^ forse invece di
trenta vecchi che anticamente si gettassero nel fiume: il che però Ovidio nega.
§ 263. — Pompe. L'apoteosi.
Grande sfoggio di arti faceasi nelle pompe. La principal pompa de' Romani era dedi-
cata a Giove, Giunone e Minerva, triade derivata dagli ttrusohi ; ma poi si estese anche
agli altri Dei. Celebravasi in settembre, e uscendo dal tempio di Giove Capitolino, pas-
sava al Furo, al Velabro, e finiva al circo Massimo con corse ed esercizj ginnastici.
« Nella pompa circense (dice Bianconi) la prima divinità che compariva era la Vit-
toria, a cui tanto della loro grandezza doveano i Romani. Aveva essa la figura d'una
giovane vestita alla greca coU'elmo in capo a guisa di Fallade , e sporgevano dal dorso
due lunghe ali spiegate, indicanti la celerità che non va disgiunta dai vincitori. Veniva
in secondo luogo la statua di Nettuno, cui particolarmente erano dedicati i giuochi del
circo ed i cavalli; e quindi quella di Marte padre di Romolo e Remo. Seguiva la statua
di Febo e della Luna, protettori della scienza augurale, che era uno de' punti più impor-
tanti della loro religione ; poi la statua di Minerva dea delle arti , quelle di Cerere e
Bacco dèi dell'agricoltura, di Castore e Polluce protettori e tutelari dell'Impero, di Ve-
nere e di Cupido e d'altri moltissimi, de' quali se ne trova enumerata gran parte in
Dionigi. Ne' secoli posteriori alla Repubblica, secoli d'adulazione, cominciaroiisi ad
introdurre nella pompa circense anche le statue dei cesari defunti e delle donne auguste
divenuti semidei per l'apoteosi. Comparivano esse su bei carri a due ruote, ornati d'oro
e d'avorio, e tirali ora da uomini che se ne facevano onore, edora da mule rarissime, o
da altri animali peregrini. Si videro in queste occasioni simili carpenti sacri tirati da
elefanti, da leoni , da cervi e da camelli. Chiudevano la pompa le vittime destinate ai
sacrifizj, precedute dai consoli, dai pontefici, dai sacerdoti, dagli auguri, dagli auspici,
dai flamini, e dagli altri ministri del tempio ».
Ne' trionfi esponevansi i capi d'arte rapiti ai vinti. In quello di Paolo Emilio vincitore
della Macedonia si videro settecencinquanta vasi pieni di monete d'argento, e settanta-
sette di monete d'oro, oltre vasi, tazze, tripodi ecc. d'oro massiccio.
D'un'altra solennità è frequentissima menzione nei monumenti, e massime sulle me-
daglie, Vapi)teo'<i. Era un elevar gli uomini agli (mori divini. La Grecia antica lo fece
con molti ; parcamente le repubbliche fin ad Alessandro. Fra i Romani rendeasi questo
onore agli imperatori morti: sull'arco di Tito e in altri monumenti è indicata la consa-
crazione col mostrare il personaggio elevato al cielo da un'aquila.
Dopo i funerali del morto imperatore, ne veniva posta l'etligie in cera sopra un letto
d'avorio, coperto di superbo tappeto d'oro, figurando fosse l'imperatore stesso ancora
ammalato. Senatori e matrone, venendo a visitarlo, restavano alcune ore seduti accanto
al letto, e sette giorni durava la mostra; all'ottavo, i principali senatori e cavalieri,
processionalmente per la via Sacra trasportavano il letto, coll'efiìgie qualera, nella
pubblica piazza, dove recavasi il nuovo imperatore, accompagnato dai più illustri si-
gnori romani. Ivi sorgeva un palco di legno colorato simulante la pietra, ornato d'un
peristilio splendente d'avorio e d'oro, sotto il quale in pomposo letto veniva adagiata
358 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
l'effigie; e intorno vi si cantavano a doppio coro le lodi del defunto, mentre il succes-
sore stava col suo corteggio assiso nella piazza, e le matrone sotto il portico. Finita la
musica, la processione s'avviava al campo di Marte, portando anche le statue de' Romani
più distinti dopo Romolo, alcune in bronzo rappresentanti le provincie soggette, e im-
magini d'uomini celebri. Seguivano i cavalieri, soldati e cavalli da corsa; in fine i doni
de' popoli tributar], e un altare d'avorio e d'oro tempestato di gemme. Durante questo
corteo, l'imperatore, salito sulla tribuna degli oratori, faceva l'elogio del morto. In
mezzo al campo di Marte era elevato un rogo, che via via restringendosi formava una
specie di piramide-, fuor rivestito di ricchi tappeti ricamati a oro , e adorno di figure
d'avorio; dentro legna secca ; in cima il cocchio dorato, di cui soleva servirsi il defunto
imperatore; sul piano sottoposto, dai pontefici stessi era collocato il letto di parata col-
l'efflgie di cera, su cui spargevansi profumi ed aromi. Il nuovo imperatore e i parenti
del defunto, baciata la mano a quell'immagine, recavansi a sedere nei posti destinati.
Facevansi quindi intorno al rogo corse di cavalli , poi sfilavano soldati e carri , i cui
condottieri erano vestiti di porpora. Compite queste cerimonie, l'imperatore, seguito
dal console e dal magistrato, appiccava il fuoco alla pira; e quando cominciavano ad
alzarsi le fiamme, dall'alto di quella davasi a volo un'aquila, che drizzandosi al ciclo,
faceva credere portasse all'Olimpo l'anima del morto. Per le imperatrici, invece dell'a-
quila era un pavone. Ergevasi poscia un tempio in onore di lui; gli si dava il titolo di
divo, e gli venivano destinati sacerdoti e sacrifizj.
§ 264. — Stadj dei Greci.
Stadio chiamavano i Greci il luogo dove celebravansi i giuochi olimpici ; ed era un
battuto di terra, a pie d'una collina o in riva a un fiume, per crescere il pericolo de'
combattenti. Ben presto si diede comodità agli spettatori col circondarlo di gradini e di
costruzioni.
Modello degli stadj di Grecia era quello d'Olimpia, foggiato in modo opportuno a
giuochi che vi si davano. A Messene era cinto d'un colonnato. Quello d'Atene era lungo
780 piedi, e largo da una parte piedi i37, dall'altra 270, larghezza maggiore necessaria
per poter prendere la voltata : era di marmo bianco pentelico, e fu costruito da Erode
Attico; e Pausania stupisce della sua magnificenza.
Vippodromo serviva unicamente alle corse de' cavalli, e molto studiato era il modo
di disporre le barriere.
§ 26S — Circo dei Romani.
Da queste due forme i Romani dedussero il loro circo, dandovi quella grandiosità che
solcano in tutto. Dicono, il primo fosse fatto da Tarquinio fra l'Aventino e il Palatino,
il che indicherebbe origine etrusca Fu quindi amplialo e arricchito da Cesare, poi da
Augusto, Tiberio, Caligola, Claudio, Nerone, e viepiù da Trajano.
Era lungo (secondo Dionigi d'Alicarnasso) tre stadj e mezzo e largo quattro jugeri,
non contando lo spazio occupato dalle costruzioni , e bastava a cencinquantamila spet-
tatori ; poi al tempo di Vespasiano, ducensessantamila; e dopo ingrandito da Trajano,
trecentomila; alfine Costantino lo rese capace di quattrocenlocinquemila , secondo la
Notitia utriusque imperii.
Secondo le ruine che ancor se ne vedono, pare di 580 metri sopra i25. Era dunque
uno spazio molto bislungo, finito ad un'estremità in semicircolo ; all'estremità opposta
sorgevano le carceri, o rimesse pe' cocchi ; tutt'intorno gradini per gli spettatori.
L'arena era cinta da un podio come l'anfiteatro, e ai gradini giungevasi per scale e
vomitorj : la loggia serbata alla famiglia imperiale diceasi pulvinare dai cuscini (pulvini)
che vi si [lonevano. Plinio loda Trajano d'aver tolta via questa loggia, e così non distin-
guersi dal popolo.
Le carceri erano scompartite in celle, e fra ciascuna porta ornate di termini. In mezzo
a queste era la porta principale, e alle due estremità di esso lato una torre a molti piani,
forse pei suonatori. Sopra le carceri stendeasi un terrazzo , riserbato a certe classi di
allineili CIRCENSI SriO
cittadini. Accanto a ciascuna torre aprivasi una porta, ed una nell'emiciclo opposto che
diceasi trionfale perchè vi passavano i vincitori.
L'arena era divisa in due da un parapetto chiamato spina, sul quale schieravasi una
quantità di monumenti , sacri alle varie divinità. Vi primeggiava l'obelisco da Augusto
trasportato d'Egitto, e sacro al Sole, princi|)al protettore de' giuochi circensi. Dietro a
tale esempio corsero i Romani , giacché la piij parte degli obelischi trovaronsi fra le
ruine di circhi. La piazza deli'Atmeidan a Costantinopoli ha un obelisco di granito ,
una colonna torsa, un altro obelisco di strati di pietra; e distano fra loro 30 metri: sono
parte della spina, che era decorata di bassorilievi. La spina alle due estremità eratinitai
da mete, cioè colonnette acute, o tre coni di nìarmo sorgenti da un piedestallo comune.
Un canale (euripus) , largo poco più d'un metro, circuiva l'arena a pie del podio,
forse per riparare da' carri , o per allagare il circo ad uso di naumachie ; e certo per
inadìare.
All'esterno era circondato da gallerie a molti piani ; nella inferiore v'erano botteghe
e postriboli.
L'unico circo ancora intero è quello detto di Caracalla , sulla via Appia a due miglia
da Roma, e che ora si sa essere stato fabbricato il 31 1 d. C. da Romolo figlio dell'impe-
ratore Massenzio; e in tutto palesa la decadenza dell'arte. In Asia esiste un circo ad
Afrodisia, uno nelle rovine di Perga in Panfilia, ma semplici, senza carceri né pulvinare
né euripo.
§ 266. — Giuochi circensi.
I giuochi che vi si facevano, aveano un significato religioso, massime in Etruria: e
così in Roma erano dapprima dedicati al dio Conso , da cui si dissero ludi consuaìes ;
più tardi si chiamarimo ludi magni; in fine c/rcerjses. Celebravansi o nelle gravi calamità.,
0 per invocare gli Dei , o nel dedicar monumenti , o nell'elezione de' magistrati. Ve
n'avea di annuali , di quinquennali , di decennali ; a spese dello Slato per lo più, o deii
candidati per ottenere il volo popolare.
II principale giuoco era la corsa dei cocchi , detti bighe, trighe o quadrighe, se-
condo il numero de' cavalli , che sotto Antonino Pio erano fin sei o sette coppie. La
corsa de' cavalli fu introdotta da Tarquinio, e vi succedevìino la lotta, il pugilato, la corsa
a piedi.
Gli aurigoe o agitatores per lo più erano schiavi o liberti ; talora anche nobili, e fin
senatori: alcuni imperatori non isdegnarono quest'esercizio. Distinguevansi gli aurighi
pel colore dell'abito, il quale diventava distintivo della fazione. I guidatori di cocchii
asteneansi dal vino, onde nell'epitafio d'un di essi, Ossibus infundam qua numquam vinai
bibisti (MuiìAToni, Thesaurus 621). 1 cavalli migliori venivano di Spagna^ e ciascuHOr
avea un nome proprio, e sulla testa portava un pennacchio del colore distintivo. La corsa
era ordinariamente di quattro carri; talvolta di otto, come nel musaico' di Lione. Ogni
spettacolo aveva per lo meno venticinque corse.
Precedeva una pompa circensis, processione attorno alla spina, di tutti quei che do-
veano aver parte ai giuochi, e de' magistrati, garzoni nobili, consoli, sacerdoti, auguri.
Vestali ; coll'effigie degli Dei e dei cesari sovra carri tratti da muli, da elefanti, da leoni,
da camelli. Dappoi facevansiisacrifizj ; indi al dato segnale aperti i cancelli delle carceri,,
gli aurighi lanciavansi in gara e faceano sette giri, nell'ultimo dei quali chi prime
toccasse la meta, otteneva « la nobile palma che agguagliava agli Dei ». Seguivano le:
corse a piedi, la lotta, gli atleti: negl'infimi tempi si fecero simulate battaglie ecaccie..
Talvolta nel circo teneansi pubbliche assemblee, o davansi rappresentazioni tcatralia-
oltre che servivano di piazza al popolo. Da ultimo furono destinati ai supplizj de'Crri-
stiani.
Sulle carceri dell'ippodromo di Costantinopoli erano collocati i quattro cavalli che
ora stanno a Venezia.
Bianconi, Detcrizione de' circhi, e particoìarmenta di quello di Cavaeaìla, e de' giuochi in etti cele-
brati, con note del Fea. Roma n89.
360 ARCHEOLOGUpE BELLE AtlTI
267. — Naumachie.
Di naumachie trovaronsi avanzi a Metz e a Saintes, e forse era tale il Mar Morto presso
Palermo, che ivi reputasi opera araba. A Gadara sulle sponde del lago di Genezaret si
celebrava con annua naumachia la vittoria di Vespasiano sugli Ebrei. Comunemente
faceansi gli anfiteatri stessi in modo da potervi introdurre acqua bastante per tali gare.
Augusto preparò a tal uopo uno slagno presso il Tevere, circondato di alberi. Una ma-
gnifica naumachia diede Claudio nel lago Fucino. Molte medaglie imperiali recano per
tipo la naumachia.
I naumacarj per lo più erano schiavi , o condannati che l'imperatore graziava ; e
divideansi in due parti, distinte coi nomi per esempio di Egiziani e Tirj, o Rodiani e
Siculi, 0 Persiani e Ateniesi ecc. , e vi si facea prodigalità di sangue umano : Tito vi
espose tremila uomini , e Domiziano quasi altrettante navi quante n'avea la flotta im-
periale (pene justce classes. Svetonio in Doni. 4); in quella sul lago Fucino si videro
diciannovemila combattenti (Tacito, Ann. xii. 56.
g 268. — Anfiteatri.
Negli an^to^n raccoglieasi il popolo per assistere agli spettacoli pubblici, che sovente
erano uccisioni di bestie, talvolta d'uomini. Questi ampj recinti destinati a yna folla
immensa, avevano per lo più forma ovale ; e il fondo, o arena, era cinto di gradini, che
si alzavano dilatandosi. Sotto a questi, scale e gallerie conducevano ai posti.
In Grecia non se ne trova, e pare siano invenzione degli Etruschi, giacché entro una
tomba a Corneto è rappresentato il combattere di gladiatori in un anfiteatro a gradini
sostenuti da palchi di legno. Un anfiteatro di costruzione etrusca rimane pure a Sutrio,
tutto scavato nel sasso, con due entrate alle estremità dell'asse maggiore, che ha la
lunghezza di metri -49. 20, mentre il minore è di 40. 15.
Poco adattandosi ai giuochi la forma de' circhi in cui da prima si fabbricavano, perchè
la loro forma allungata facea che una parte degli spettatori restasse lontanissima, si
fecero anfiteatri di legno, che levavansi anche subito dopo. Lodatissinio fu quello che,
ai tempi di Cesare, elevò Cajo Scribonio Curione, per dar feste nelle esequie di suo padre.
Erano due capacissimi teatri , uno accanto all'altro, e versatili sopra perni , per modo
che poteansi girare e divenivano un aniiteatro. Un altro ne fece Giulio Cesare quando
inaugurò il suo Foro (708), e vi pose sedili attorno.
II primo di pietra fu eretto da Slatilio Tauro in campo Marzio nel 725 di Roma, al
posto che ora è monte Cilorio.
Vespasiano ne cominciò uno presso al Foro, compiuto da Tito l'SO d. C. E il famoso
Coliseo, che più tardi divenne ròcca ai signorotti, indi una petraja donde cavarono sassi
per edificarsi palazzi. Cosi fu ridotto a ruine, ma tanto grandiose che toccano d'ammi-
razione.
L'arena ha figura ovale, molto prossima all'elissi; e all'estremità del grande asse
erano le entrate. Altre porte minori, chiuse con cancelli di ferro, aprivansi nel muro di
cinta, per entrare e uscire il popolo; ed altri buchi per ricoverarvisi i gladiatori. Sotto
all'arena e a parte de' gradini erano vastissime sostruzioni , dove teneansi gli animali ,
che per piani inclinati salivano nell'arena.
Ea cingeva un parapetto (podtwii), allo (juaiito bastavn |>eichè le belve noi trabalzas-
sero. Di là da quello cominciavano i gradini. A livello del priino ordine , e alle due
estremila dell'asse minore erano i sedili perla famiglia imperiale da una parie, |)ei
consoli dall'altra: il resto della gradinala porgli ambascialori , i primi magistrati, i
senatori, le Vestali.
I gradini seguenti erano divisi in tre preciuzioni-^ le due prime per le famiglie patrizie,
i cavalieri, i cittadini romani; e formavano (|uaranla scaglioni rivestiti ili marmo bianco,
e coperti d'iscrizioni portanti il numero de' posti spellanti alla lai faniiglia o al tal col-
legio. Un muro (halleus) , aperto da liueslre e porte riccamente decorato, separava
dalla terza precinzione: per le quali finestre faceansi entrare profumi, e nelle nicchie
ANFITEATRI
>(il
zampillava acqua. La parte al di là restava al popolo, e i gradini erano coperti di legno,
e SI elevavano lino ad un portico elegante che circuiva lutto l'edilizio.
Alle diverse preciuzioni davano accesso alcune porte (vomitvrta) aperte ne' gradini e
ornate artislicamenlc, e le scale soUo di esse dividevano i gradini in cunei, a ciascun
de' quali sopravegliava un cunianus.
Si calcola che oUanlasetleuiila spettatori stessero nel Coliseo, della cui arena il dia-
metro maggiore tira metri m. 4U; il minore 53. 50 ; e prolungati lìn all'esterno fanno
metri JbS. bU e 155. (iU. La preciuzione alzavasi dal suolo metri 49, ed esternamente
componeasi di quattro ordini sovrapposti : i tre primi erano ad archi, sostenuti su pie-
dritti, decorati Ui colonne incassale, le (luali erano doriclie al pian piede, jonicbe al
primo ordine, corintie al secondo, sempre ridotte alla maggior semplicità, qual conve-
nivasi a tanta grandezza; e che attesta come gli artisti sapessero tratiar gli ordini colla
conveniente libertà, il piano superiore non avea archi ma pilastri corintj tramezzati da
piccole finestre rettangolari, sormontali da un cornicione che coronava tutto l'ediflzio.
Sovrastava a questo un ornato di bronzo, rappresentante trofei ed armi da giuochi.
Erano ottanta gl'intercolunnj di ciascun ordine. Gli archi a terreno chiudevansi a
steccale, che levavansi in occasione de' giuochi: que' degli altri due piani erano chiusi
da un parapetto, su cui v'avea statue. Vasti portici corrispondenti a ciascuno dei tre
primi ordini , mettevano in comunicazione tulle le parli dell'edifizio, e sboccavano a
scale ; per modo che la turba sfollava facilmente. 1 portici servivano pure di rifugio in
caso d'intemperie. Sopra l'arena tendevasi una tela {velarium) per riparar dal sole, e
anche da una pioggerella.
Sotto gl'imperatori si costruirono diversi altri anfiteatri, anche in città provinciali,
la più parte di legno. Quello di Capua li vince tutti in ampiezza e magnificenza, essendo
in palmi napoletani
l'asse maggiore
nell'anfiteatro Flavio 659 1/2
. 522
nel veronese
nel capuano
645
minore l'asse maggiore minore dell'arena
427 298 1/2 186
417 252 149
530 289 174
La grossezza del fabbricato che chiude l'arena nel Coliseo, è di palmi 170 ^Jz^ nell'an-
fiteatro capuano 1 78 : il primo ordine misurato dal basamento del piedestallo, è alto 35 '/j
nel Flavio, nel capuano 56 ^/j.
Questo è circondalo da ottanta archi dorici per piano, tutti uguali, eccetto due piìi
larghi per dar ingresso l'uno a setleutrioue, l'altro a mezzodì; e nella chiave di quei
del primo ordine erano a mezzo rilievo leste di divinità. Sporgono due terzi di colonne
dai pilastri che sostengono gli archi. Il podio era incrostato di ricchi marmi, e sovresso
un terrazzo, con colonnette lisce e striale, che olire la difesa, servivano a sostenere
cancelli che difendessero dalle fiere, e certi pali versatili che obbligavano esse fiere a
cascare se mai vi si fossero aggrappale.
Nell'anlitealro veronese, dei tempi della decadenza e che di fuori è diroccato, i tre
corsi d'archi erano tulli dorici; e l'arena forma un'elissi di 76 per 43 metri.
Di quel di Pozzuoli non
resta che il piano, poco mi-
nore del Coliseo, e l'arena è
scavala nel terreno: mancan-
dovi il podio, si suppone non
vi dessero combatti menti di
animali , ma forse solo di
L^ladiatori , nel che Pozzuoli
era famosa. Quello di Sulri è
tutto ricavato nel tufo, senza
muratura: quel di Cagliari in
Sardegna, parte scavato nella
rocca, parte fabbricato. In Sicil-a n'è ad Agrigento, a Catania, ed un più grande a Si-
racusa. D'altri anfiteatri si trovano traccie ad Alba nel Lazio, a Otricoli nell'Ombria,
362 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
presso al Garigliano, a Rimini, a Pesto, ad Argo, a Corinto. Magnifico è quello di Fola
in Istria (disegnato qui sotto); grandissimo quel d'ipella in Ispagna; in Egitto
quello di El Gemm, e in Algeria quello di Glielma; nelle Gallie a Frejus, a Tintiniac
presso Tulle, a Bordeaux, Saintes, Poitiers, Autun, Metz. L'anliteatro di Nimes, un
de'meglio conservati, conteneva da ventimila persone; ed ha il maggior diametro di
metri 74. 43, il minore 46. 15 nel vano; girato da sessanta arcate, a due piani d'ordine
dorico, il primo a pilastri, il secondo a colonne, sormontato da un attico: è tutto pie-
tre, connesse con arpioni di ferro. Quello d'Arles, men vasto, è di architettura più ele-
gante. In alcuni era il ìmenianum, scalea per più piani, come vedesi in quello di Pola ;
in altri la phiale o fontana. Molto valutavasi l'arte di collocarli in modo che avessero
un bel prospetto, e massime del mare.
Nelle città meno importanti non trovasi ranfiteatro; ond'è a credere che i giuochi
si dessero nel circo. Forse in alcuna il teatro fu combinato in modo, da servire anche
di circo; e tal pare quello di Lillebonne, che prende forma eliltica. Che anche a
GLADIATORI. — AI-TRI GIUOCHI
3G3
Roma nei teatri alcuna volta si dessero spettacoli ginnastici appare da quel di Orazio :
Si dixcordet eques, media inter carmina poscunt
Aut ursum aut pugiles,
e da Dione ove dice che i congiurati ad uccider Cesare aveano disposto gladiatori nel
teatro di Pompeo, col pretesto di giuochi a darsi colà.
Lanfileatro di Capita restaurato ed illustriìto daW architetto Francesco Alvino. Napoli con <C tavole.
TONIM, DeìVanfUeatro di Rimini, ossia relazione degli scavi fatti nel 18 '0-4'» alla scoperta di questo
monumento. Rimini JSii.
CoRSiM, Dissertazioni agonali.
H. MenciRiALis, De arte gymnastica.
Khause, Gymnastik und Agonistik d. Ilellen.
Carli, Degli anfiteatri. Milano 1788.
Le\oir, nella Raccolta di monumenti antichi di Gailhabaud, illustra specialmente gli anfiteatri Ji Pola
e Nìmes.
GcAZZKSi, negli Alti dell'accademia di Cortona, illustra i toscani e spceialnicnte l'aretino.
Fhanb, Kugler, Geschichte der Baukunst.
$ 269. — Gladiatori.
I principali giuochi che si davano negli anfiteatri, erano quelli de'gladiatori. Prima
in Roma furono esihiti nel fòro Boario da Marco e Decimo Bruto il 264 av. C; e per
un pezzo serbati solo ai funerali, divennero poi un trattenimento Per lo più i gladia-
tori erano forestieri o schiavi o condannati, i quali ultimi o erano ad (jladium.^ e in tal
caso servivano a vita, o ad ludum, e allora potevano esser dispensati dopo tre anni.
Venivano esercitati in scuole [ludi], ove combatteano con spade di legno (rudes). Pe-
tronio ci serbò il giuramento che davano; In verba Eumolpi mcramentum juravimus,
uri, vinciri, verberari., ferroque necari et quicquid aliud Eumoipus jussisset, iamquam
legnimi gladiatores domino corpoia animasque religiosissime addicimus.
Al trionfo di Trajano furono offerti ben diecimila gladiatori. V'era chi ai moribondi
accoslavasi, e dalle ferite ne beveva il sangue fumante (Pllmo, Hist. nat. i.xxviu. 1), o
con ferro rovente stimolava a combattere i pigri, o cacciava la mano ne' petti aperti
dai pugnali e ne spiccava le membra, per attestare al popolo che la morte non era finta.
Giova ricordare questi spettacoli sanguinosi allorché ci vieo nausea delle smaschiate
rappresentazioni moderne.
Per rigenerar il mondo da tali orrori volensi che il sangue de' martiri scorresse in
quell'arene, e ne rampollasse una croce, simbolo dell'universale dignità.
II rappresentare i gladiatori fu un tema prediletto de' Romani, sia in bassorilievi o in
statue.
§ 270. — Altri giuochi.
Di molt'altre maniere giuochi e men disumani conobbero gli antichi, e già ci ven-
nero mentovati. 11 Pancrazio era un giuoco atletico, dove tutte le forze («àv ■/.f.xzoi)
erano chiamate in azione. Consistea nel fare a pugni e alla lotta; esercizio violento, e
perciò eccezionale. Pare introdotto dopo Omero, sebbene i Greci ne riguardassero au-
tore Teseo, che a quel modo
perpetuò gli artifizi con cui
esso avea vinto il Minotauro.
Fu poi usato ne' grandi giu-
ochi, sì tra uomini, si tra
fanciulli. Piaceva vedere gli
atteggiamenti forzosi che si
foggiavano dagli atleti; i
quali non usavano il cesto,
che era una armadura qual si
vede qui :
364
ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
ma aveano le mani libere. Ungevansi il corpo e coprivansi di sabbia, affinchè fosse più
difficile il pigliarli. . , • ■ • .
li pentatlon, simile al pancrazio, era il più bello fra i giuochi atletici ; e consisteva
in cinque diversi generi di diverlimeali : salto, orsa a piedi, disco (fig. P qui sotto),
scagliar la lancia, e lottare Fu introdotto alle feste olimpiche nell'olimpiade xviii.
Il salto era l'azione principale, accompagnata da musica. Usavano pure saltatori a
cavallo Idesultores, {ài^-finr^o^, à.«/3àT»2?), nel che erano famosi gli Sciti e gli Armeni: t;ili
vedonsi effigiati sopra la lucerna di bronzo qui
sopra (Baktoli, Antiche lucerne sepolcrali, i.
24), e in questi due rovesci di medaglie.
Sono talvolta menzionali i thaumatopcei ^ o
facitori di i»rodigj, che contraffacevano serpi,
pesci, augelli, ed anche cose inanimate, come
ruote, 0 un tridente, o jun àncora, odaliro.
I psilli avevano domesticato de' serpenti, e giocolavano con essi.
In un cippo del museo di Mantova è effigiato un giocoliere, che sostiene a un tratto
sette palle. E mollo dilettavansi gli antichi della sferistica ; e nel Fabuetti uno dalla
moglie è onorato come pilario omnium e>ninenti<simo : Orso legalo ebbe una statua
perchè vitrea primm pila lusit decenler laudante populo maximis clamor ibus thermis
Traiani thermis Agrippoe et Titi mullum et Neronis. Manilio poi nel v degli astronomici
descrive appunto questo sostenere contemporaneamente sette globi, allusivi ai sette
pianeti.
§ 271. ~ Spese.
La spesa delle feste e degli spettacoli era una delle più gravi. Negli Stati greci i de-
ma''oghi aveano cura di cattivarsi con ciò la benevolenza plebea: oltre che ogni tempio
aveva possessi proprj per tal uso; e le ricciiezze di quello di Delfo, dice Ileeren, sor-
passarono di gran lunga i tesori della Madonna di Loreto, e di qualsiasi altro sanliiano
della moderna Europa. Anche a lloma per lo più furono a spese pubbliche, e gratuite
per gl'intervenienti.
§ 272. — La danza,
Platone scrive (Leggi, vm): « Due parti ha la ginnastica; la danza e la lotta. Due
sorla di danza; una che co' suoi movimenti imita le parole della musica, consertando
sempre un carattere di nobiltà e libertà ; l'altra che dà al corpo e a ciascun membro
DANZA 365
salute, agilità, bellezza, educandoli a piegarsi e stendersi in giusta proporzione, me-
diante un movimento regolare e a misura ». Adunque la prima sta alla seconda come la
prosa al verso, e può dirsi la poesia del pesto naturale, esprimendo o certe idee od una
serie di fatti. Spesso è menzionata in Omero, e i proci di Penelope dilettavansi colla
musica e la danza: Ulisse alla corte d'Alcinoo fu trattenuto con balli di grotteschi.
La danza avea grandissima importanza presso gli antichi, e son ricordate quelle che
gli Ehrei menavano attorno all'Arca, e quelle degl'Indiani pe' loro numi. Platone dà
per segni di buona educazione il ben cantare e ben ballare ; movendo da quel suo prin-
cipio che l'educazione consista nel dar al corpo e all'anima tutta la bellezza e perfe-
zione possibile. Quando la danza, perduta ogni significazione religiosa, era degenerata
in una frenesia impudica sotto «li imperatori romani, Luciano ne tesse ancora l'elogio,
del quale giova riferir qualche linea:
" L'origine della danza risale alla nascita dell'universo, ed è antica quanto l'Amore,
primogenito degli Dei. L'accordo degli astri, la congiunzione de' pianeti e delle stelle,
le loro armonie, sono i precetti di questa prima danza. Poc'a poco l'arte progredì fin
alla somma perfezione, ed a formar un piacere variato, animato dalla musica. È l'opera
di molte Muse riunite.
fi Rea insegnò primiera la danza in Frigia ai Coribanti, ed ai Curati in Creta. Omero
chiama danzatore Merione Neottolemo figlio d'Achille inventò il bel genere, che dal
suo nome chiamasi pirrico. I Lacedemoni appresero da Castore e Polluce la cariatica:
e questi prodi non fanno mai cosa senza l'assistenza delle muse, fin a combattere a
suon di Qauto e a cadenza. Essi ballano pure l'/iormus (collana), dove garzoni e fanciulle
formano la figura d'un collare. Usano pure le giranopedie. Omero ritrae varie danze
sullo scudo d'Achille.
« Fra i Tessali tanto è stimata la danza, che intitolano proorchestri i loro magistrati
e generali i. Orfeo e Museo, i più eccellenti ballerini del loro tempo, credettero che
nei misteri la danza fosse la cosa più bella. A Pelo non si fa sagrifizj senza danza.
Gl'Indiani adorano il sol nascente, non, come noi, baciando la mano, ma vòlti a levante,
lo salutano danzando. Danzando gli Etiopi fan guerra, né alcuno lancerebbe freccia
prima d'aver ballato e fatto gesti minacciosi al nemico Quanto all'Egitto, l'antica fa-
vola di Proteo non parmi altro che l'emblema d'un valentissimo ballerino, che colla
pantomima avea l'arte d'assimilarsi a tutto. Non dimenticheremo la danza romana a
onor di Marte, eseguita dai cittadini insigni, chiamati Salj. Le feste di Bacco passano
tutte in danze, inventate dai ministri di Bacco e dai Satiri.
« Omero, parlando dei piaceri onesti, solo alla danza dà il titolo di irreprovevole. E-
siodo non l'avea imparata da altri, ma visto egli stesso le Muse danzar all'aurora ; e la
principal lode che dà loro all'entrare della Teogonia, è che i lor piedi calcano in ca-
denza la fontana d'Ippocrene, e che danzano in coro attorno all'altare del loro padre.
Socrate, oltre lodar il ballo, volle impararlo. . . Se la danza non fu ammessa tra' giuo-
chi pubblici, la ragione credo sia che gli Agonoteti la riguardarono come troppo bella
e rispettabile per esser sottoposta ad esame . . .
« Scopo primo della danza è l'imitazione, l'arte d'enunziar i pensieri, e d'esporre con
chiarezza le cose più oscure ; e il più bell'elogio d'un ballerino sarebbe quello che Tu-
cidide fa di Pericle, di conoscer ciò che conviene, ed enunziarlo con grazia ... Ad
imitazione degli oratori, vuoisi che il ballerino si eserciti a rendersi chiaro e intelligibi
le, perchè si possa comprendere tutto quel ch'è vuole esprimere, senza bisogno d'in-
terprete; in modo che chi il vede possa, come dice l'oracolo, intendere il muto e com-
prendere il danzatore silenzioso. Demetrio cinico biasimava il ballo, quando un famoso
ballerino lo richiese di guardarlo a danzare prima di condannarlo; Demetrio ne fu sì
rapito, che esclamò: —Uomo ammirabile, io comprendo tutto quel che fai, e il mio
piacere non si limita alla vista, ma tu sembri parlarmi anche colle mani ».
Dalla Grecia e dall'Etruria passò la danza a Roma, ove divenne un furore e una la-
scivia. La pantomima vi fu introdotta da Batillo e Pilade. Usavasi pure nei funerali,
dove l'arcimimo imitava il gesto e i sentimenti dei morto.
(I) Scaligero creae che presule venga Ha pra salire. Il coref;o era persona illustre; sceglieva le persona
del coro, esercitava gli attori, regolava i gesti e il vestire, ajnlato da un maestro di balio •/Mpo^lOÓcoy.a.).Oi
Nelle tragedie gli autori stessi istruivano gli attori.
366
ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
Le danze sacre de' Gentili consisteano in leggiadri movimenti attorno all'altare, con
allusione a scene mitologiche. Ma le dionisiache rappresentavano le imprese di Bacco e
le danze dei Satiri ; le coribantiche avevano carattere guerresco, ballandosi da uomini
nudi collo scudo e l'elmo, e con furia stravagante, a suon di flauto.
La danza pirrica, imitante battaglie, fu introdotta anche ne' giuochi romani da Giulio
Cesare, danzata dai figli de' principali di Asia e Bitinia, e da poi piacque agli impera-
tori. Un'altra danza rinomata faceasi a Sparta nella festa delle Gimnopedie in comme-
morazione della battaglia di Tirea.
Danze rustiche conducevansi ad onore di Pan, con ghirlande di fiori. La danza dei
Lapiti imitava il costoro combattimento coi Centauri , estremamente faticosa. La danza
d'Imene era menata da fanciulli e donzelle inghirlandati di fiori ; distinta dalla danza
nuziale, di atteggiamenti osceni, Plu-
tarco riflette che non era facile unir
persone che suonassero e ballassero in
tempo.
Gran perfezione acquistarono a Roma
i funambuli , che spesso trovansi ri-
tratti nelle antiche pitture , col carat-
tere di satiri o baccanti : S'arrivò alla
stravaganza di mostrar elefanti che bal-
lavano sulla corda.
Che i Cristiani in alcuni paesi con-
servassero qualche danza nei loro riti,
appare anche dal divieto che papa Zac-
caria fece nel 744 : Ne fìant chorece ,
maxime in tribus locis, in ecclesiis, in
coemeteriis et processionibus.
MuuRSius , Orchesla , sive de sallalione vele-
rum^ eDumcra oltre ducente specie di balli,
figuranti fatti mitologici ed eroici.
Burette, De la danse des anciens.
§ 273. — Giuochi domestici.
Né gli antichi mancavano di giuochi domestici. Quel delle dame dicesi inventato da
Palamede a Troja ; e Omero occupa con essi i Proci : ma trovasi effigiato sopra un
papiro egizio al museo delle antichità di Leida, forse di 1700 anni anteriore a Cristo.
Palamede stesso alla guerra di Troja vorrebbe farsi autore dei dadi. Erano due otre,
e.lanciavansi colla mano o co\ frittilo sopiaValveo. Il fritillo era un bossolo quadrato
0 cilindrico, di legno, di corno o d'avorio. Alveo diceasi la tavola, e trovasi figurata
in molti marmi, con un'epigrafe composta di sei parole da sei lettere ciascuna, e di-
sposte, a tre a tre, come in questi esempj
VICTVS LEltATE SEMPER INHAC DOMINE FRATER
LVDERE NESCIS TADVLA HILARE UILARIS SEMPBH
DALVSO niLOCV LVDAMV SAMICl LVDERE TABVI.A
Cioè Victus, leva te, ludere nescis, da lusori locum (Mafeei, Museo veronese, pag.
2o6j; Semper in hac tabula hilare ludanius amici (Muratori, Thes. p. 6C1); Domine
frater, hilaris semper ludere tabula (Boldetti, Cimitero dei martiri, p. 447). Sono
dunque augurj ; e la loro forma alludeva al tiro più fortunato, che diceasi jactus basi-
licus 0 venus, cioè quello di tutti sei ; il tiro di tutti assi diceasi canis.
V'ha dadi d'osso, di legno, e talora di gemme, di cristallo, di piombo. Famoso era il
gruppo di bronzo di l'olicleto, rappresentante due fanciulli che faceano ai dadi (astra-
galizontcs).
Tessere da giuoco sono pure certe monete mezzane, aventi dal diritto la dea Fortuna
colle lettere C, S, Casus, Surs, e dal rovescio quattro astragali colla leggenda Qui lu-
dit arrham diit quod satis sit. Corrispondono ai nostri gettoni.
*^ICOBONi, / tali ed altri strumenti lusorj. Itoma 1734.
Tuici.iNj 367
Il giuoco alla palla era prediletto da Greci e Romani, perchè dava grazia ed elasti-
cità alla persona; onde giocavasi in ogni età e condizione, e si eleviirono fin statue a
famosi giocatori. Vi si esercitavano prima d'andar al bagno, e variatissimi ne erano i
generi, e talvolta i colpi regolavansi colla musica.
Associamo a (jucsto il giuoco della trottola, usitato dagli antichi,' il troco, che era uà
circolo con inserti varj anelli, il quale t'accasi girare mediante un elatere o chiave; il
tirar le palle entro un circolo; ed altri spassi, ritratti sovente nei monumenti. Il giuoco
di moscacieca, col non)e di ìnynda, ci è descritto dal grammatico Ksicliio e da Polluce
(Onomasticon, lib. ix), il rpiale pure descrive il coUal)if<mos^ che è il nostro guancialin
d'oro. Vosirachìjnda era una fanciullesca imitazione della guerra, conservatasi ancora
nel giuoco della barra.
Aristofane cita eziandio il i)ari e caffo f/'/u/os, atto iv. se. V) al rpiale, dice Svetonio,
divertivasi Augusto dopo cena. Il croci e santi è ricordato da Ovidio, Plinio, Macrobio,
Sull'.'Es grave anticamente v'era la testa l)ifronte, e nel rovescio il rostro di nave. Per-
ciò i fanciulli, quando giocavano come diciam noi a pile e santi, gettando in alto la
moneta gridavano testa o nave: {capita aut naviin, Macrobio); e tenner l'uso anche
quando l'impronta fu diversa. Sopra vasi troviam pure il giuoco dell'altalena, sia come
pendojo, sia con un asse in bilico ; e quest'ultima diceasi petaurum {Corpora quce
valido saliunt excussa petauro. Mamiio, v. 434), Paltra aicópnclc,, oscilla: gli Ateniesi
raveano introdotto a onor d'Erigone, che erasi appiccata a un albero.
§ 274. — I pasti
Ateneo, il quale è la fonte più copiosa in quanto riguarda i pasti, vorrebbe che gli
Egizj non si mettessero a tavola comune, ma a ciascuno fossero presentate le vane vi-
vande, da cui egli sceglieva. Aggiungesi che, durante il banchetto, s'introducessero ca-
taletti, probabilmente casse di mummie, acciocché il |)ensiero della morte sollecitasse
a goder la vita.
Le tavole degli Ebrei erano simili alle nostre, e il posto d'onore era ad un'estremità
versoli muro, in fondo alla sala (i. Reg ix. 22, xx. 25). Al tempo di Salomone acco-
modavansi su sedie come le nostre (Prov. xxiii. 1); poi usarono cuscini e tappeti ove
decumbeano al modo de' Greci (Amos, vi. 4; Tobia, ii. 3). A mezzogiorno faceasi il
pasto principale (Gen. xi.iii. 25); mattina e sera bastava una refezione alla libera: ma
più tardi diventò principale il pasto della sera, sovente protratto a tarda notte.
Poca delicatezza si scorge nei loro pasti. Abramo ai tre angeli fece servire pani cotti
sotto la cenere, un vitello grasso, latte, burro, tre misure di farina, il padrone di casa
scompartiva le vivande ai convitati, posti ciascuno a una tavola particolare (Gen. xviii.
(j, 7 : xLiii 32 ; i Reg. ix. 24). Le donne non stavano cogli uomini, eccetto che nei pasti
di famiglia.
Ogni giorno faceasi cuocere il pane, ossia focacce secche e sottili. Spesso il pane
era senza lievito, cotto sotto la cenere; e talvolta impastato o fritto coll'olio. Molto usa-
vano i legumi ; e regalavansi miele, burro, uva secca o fresca. In delizia aveano la carne
di capretto; e muca, capra, agnello erano le sole carni che essi mangiassero, oltre la
selvaggina. Sempre però doveva esserne perfettamente rimosso il sangue. Le vivande
preparavansi con sale, miele, olio, crema, | burro. I vini si mescolavano con profumi o
Ugni aromatizzati. Cercato era il secaa, liquore della palma.
In Omero, mentre gli eroi siedono a banchetto, si fanno racconti, o i cantori celebrano
gli eroi. Erodoto, secondo i ragguagli diXersandro che vi assistette, descrive il banchetto
dato poco dopo la battaglia di Platea dal tebano Attagine a Mardonio e a cinquanta
capi persiani ; dov'erano cinquanta letti, ognuno con un Persiano e un Greco.
l letti erano disposti a ferro di cavallo attorno alle sale, dette perciò tricUnia, eccenalio
pressoi Romani. In ogni letto stavano tre persone, ciascuna colle gambe dietro al torso
dell'altra, e appoggiata ad un cuscino, disposte nel seguente modo:
3 6 5 4 7
1 8
2 9
L'I era il posto del padrone di casa; 2 la donna o un parente; 5 un ospite privile-
368 AKCHEOLOGIA E BIÌLLE AKTI
giato ; 4 posto di onore o consolare , considerato tale forse perchè più libero per uscire,
più accessibile a chi venisse a parlare, e più comodo per istendere la mano destra senza
impacciar nessuno, negli altri posti gli altri convitati, e sempre consideravasi d'onore
quello ove non s'avea nessuno disopra fVedi la 1^ {ìj?. a pag. 120). Varrone vorrebbe che
ad un pranzo non si fosse meno del numero delle Grazie, né più di quello delle Muse.
Molte descrizioni di banchetti antichi abbiamo, all'occasione de' quali introduconsi
discorsi storici o filosofici. Senofonte nel Simpoaion ritrae quello che Callia, ricco ate-
niese, per le feste panatenee diede a onore del giovane Autolieo, che aveva riportato
il premio del pancrazio. Socrate, Antisteup, Critobnlo ed altri filosofi convitati ammira-
vano taciturni la bellezza d'Autolico, senza che il buffone Filippo li potesse distrarre.
Ma sparecchiato e fatte le libaziooi e cantato il poaM, entra un giocoliere siracusano, se-
guito da una flautista, una ballerina e un musico. Allora Socrate fa complimenti a Callia
sulla magnificenza e il buon gusto suo: ma poirhè questi vuol far recare i profumi ,
Socrate li disapprova come sconvenienti a uomini. Ciò dà luogo a una discussione, che
divieo generale, finché Socrate avverte come la ballerina aspetti. I.a quale in fatto, tra
1 loro discorsi , fa prodigi ; e Socrate tesse un magnifico elosio della danza, e — lo
ballerei in un bugigattolo; ballerei al coperto nel verno, all'ombria nell'estate». Un dei
convitati attesta averlo di fatti còlto alcuna fiata danzar da solo. Il buffone Filippo si pose
a contraffare la ballerina, poi chiese a bere, e tutii i convitati vollero imitarlo, e Socrate
fece l'elogio del bere; mentre i coppieri , colla destrezza de' cocchieri, faceano correr
le tazze in giro. Il musico cantò accompagnato da sfrumenti; poi ciasrun commensale
fu invitato a dire qual reputnsse la cosa più eccellente : dove gareggiano di sofismi e di
sottigliezze, non senza colori che fan poco onore ai costumi greci. Il giocoliere trovava
sgarbato questo non badare a' suoi giuochi; ma perchè il buffone ne lo riprese come
insolente, abbarufiaronsi tra loro, e la conversazione fu un tumulto assordante, finché
Socrate propose di cantare; e intonò una canzone, terminata in coro. Poi i giocolieri
si ritirano, preparandosi ad una pantomima di Bacco e Arianna che vengono a rappre-
sentare, e che conchiude lubricamente lo spasso.
Presso i Romani dell'età imperiale le cene offrivano sfoggio d'ogni sorta lusso e vo-
luttà. Fiori e acque odorose piovevano sui convitati, coronati di rose, e assisi tra facili
beltà; suoni, canti, balli li ricreavano. I letterati facean leggere qualche cosa dallo schiavo
anagnosta. S'ha l'epitafio d'un Tiberio Claudio della tribù esquilioa , che recitava versi
di antichi e massime di Omero ai banchetti dei grandi : e che ciò si facesse colla ma-
schera al volto s'induce dal vedersene tre scolpite sul monumento:
Qvis bona non hilari vidit convivia voltv
Adqve meos inecvm pervigiìare jocos
Qvondam ego pierio vatvm monimenia canore
Doctvs cygneis envmerare modis
Ddctvs mcBonio apirantia carmina verw
Dioere ccesareo carmina nota foro.
Muratori, Thes. G6f>.
L'arte del cuoco consisteva nel preparar le vivande in guise non solo pruriginose ,
ma inaspettate; e per esempio ova, rompendo le quali, il convitato stupisce di trovarvi
dentro un beccafici), con salsa gialla pepata. Non v'è che i Cinesi i quali facciano spese
cosi esorbitanti per la cucina. Le ostriche traevansi fin dalle coste d'Inghilterra, e nu-
trivansi apposta nel lago Lucrino, che a tal uopo da Sergio Orata era stato ristretto con
immense costruzioni ; e non si possono dire le cure con cui egli e Lucullo e Ortensio
alimentavano i pesci. Il garum, specie di caviale, compravasi a prezzi incredibili; una
triglia fu pagata mille ottocencinqunnta lire.
Oltre il pasto principale fcfpna), che faceasi alle tre pomeridiane in estate e alle quattro
in inverno, ne' tempi dell'opulenza ne costumavano quattro altri : jmtaruìum la mat-
tina; verso mezzogiorno pronrfjwm; qualche ora dopo la merenda ; e di notte cctjjs-
satio. La merenda e la colazione però non era che dei giovani o dei faticanti. Comin-
ciavansi le cene con ova, ostriche, lattuche, olive, salciccie, vin melato, e finivano colla
frutta e i dolci [bellaria); onde la frase Ab ovo uaque ad mala. Ogni convitalo poteva
condurre un compagno (umbra), oltre i parasiti che scroccavano inviti. La scrvielta
PASTI 3G9
portavasi da ciascun convitato, ma non tanto per la pulizia, quanto perriporvi il ghiotto
bottino che allo sparecchio si dislrihuiva. Del resto girava uno scampolo di porpora per
pulir la bocca e le mani , tanto più necessario, perchè i cibi prendeansi colle dita. Il
bevere facevasi a comando d'un commensale, eletto a sorte coi dadi, e che chiamavasi
re della tavola, arbittr bibendi, uuyt-Tiootdpyji.
Mazois nel Palazzo di Scauro , suppone che Meroveo gallo , tratto prigioniero a Roma ,
vi leghi amicizia coll'architelto greco Crisippo, il (juale lo conduce a vedere le ma-
gnificenze di Roma. Così descrive il triclinio e la cena in casa di Scauro:
— Il sole scendeva, né più i suoi raggi penetravano nei cortili del palazzo, il cui colmo
soltanto era colorato da luce rossastra. Una clessidra rapprentante una statua, la quale
colla bacchetta segnava le ore sopra un quadrante, fece intendere all'improviso una
trombetta, seguita da dieci colpi di martello, annunzianti la decima ora. Ordinaria-
mente si pongono a tavola un po' prima in questa stagione; ma Scauro usa pran-
zare alla caduta del giorno. Come varcavamo la porta della sala che precede il tri-
clinio, un fanciullo collocato là a posta, ci avvertì d'entrare col piede sinistro per
non portare la maluria. Introdotti, alcuni schiavi ci tolsero i cinti e i saj listati alla
gallica, e ci ricoprirono di vesti molto belle, serbale ai banchetti. Entrammo nel tri-
clinio ; appena assisi, alcuni schiavi egizj versarono acqua fredda alle mani , mentre
altri avendoci tolti i sandali, si posero a lavarci i piedi e ripulirci le unghie, quan-
tunque ci avesser fatto al bagno simile operazione.
Il triclinio ha lunghezza doppia della larghezza; ed è come divisa in due: la parte su-
periore , occupata dalla tavola e dai letti ; la inferiore , libera pel servizio e per gli
spettatori. Intorno alla prima le pareti sono ricoperte fino a una certa altezza di arazzi
preziosi ; gli ornamenti del restante della sala sono nobili e analoghi al luogo. Colonne
cinte di ellera e di pampini dividono le pareti in compartimenti, ornati a capriccio;
e nel centro d'ogni quadrato giovani fauni e baccanti seminude, con tirsi, vasi, coppe
e tutti gli utensili da banchetto. Al di sopra delle colonne gira un fregio , diviso in
dodici (|uadri; a ognuno sovrasta un segno dello zodiaco, e rappresenta le vivande
più ricercate nei singoli mesi: sotto al sagittario granchiolini di mare, alcuni cro-
stacei ed uccelli di passaggio; sotto al capricorno, locuste e pesci marini, un cignale
e selvaggina boschereccia; sotto all'acquario, anitre, pivieri, gallinelle, ecc. Lampade
di bronzo sospese con catene dello stesso metallo, o sostenute da candelabri di finis-
simo lavoro, spargevano viva luce; schiavi le smoccolavano, e vegliavano che l'olio
non vi mancasse.
La tavola, di legno di cedro tratto dall'interna Mauritania, e che vale più dell'oro, stava
su piedi d'avorio, coperta d'argento massiccio, del peso di libbre cinquecento, a ce-
sellature ed intagli. I letti per trenta persone erano di bronzo, con ornamenti d'ar-
gento, d'oro puro e di tartarughe maschie; i materassi di lana gallica, tinta in por-
pora; gli origlieri, gonfj di piuma, erano coperti di tappeti variopinti tessuti o rica-
mati in seta mista a fili d'oro, fabbricati a Uabilonia, e costavano quattro milioni di
sesterzi. Il pavimento rappresentava in musaico ogni maniera d'avanzi di pasto, come
se naturalmente vi fossero caduti, di modo che a prima vista sembrava non essere
stato scopato dopo l'antecedente banchetto: nomavasi per ciò asarotos (scus , sala
non scopata. In fondo della sala esposti pomposamente vasi di metallo di Corinto.
Questo triclinio, il maggiore dei quattro che Scauro ha nel suo palazzo, potrebbe conte-
nere sessanta letti, ma di rado aduna sì gran numero di convitati ; e allorché dà
pranzare a cinque o seicento persone, le riceve nell'atrio. Questa sala è riserbata per
la state; altre oeha per l'autunno, per l'inverno e per la primavera; perchè i Romani
traggono ricercatezza dalla medesima diversità delle stagioni. 11 servizio è regolato
per tal modo , che ogni triclinio ha gran numiro di tavole differenti, ed ogni tavola
ha i suoi vasi, i suoi piatti e serventi particolari.
Mentre si stava attendendo il padrone di casa, giovani schiavi entrarono cantando, e
seminarono sullo spazzo segatura di legno tinta di zafferano e minio, meschiata ad
una polvere lucente, fatta con pietra speculare. Scauro finalmente, il quale erasi un
istante trattenuto nel suo appartamento per riposarsi, come suole dopo il bagno,
giunse a suono di flauti « Soglio (disse) invitare gli amici miei in numero pari a quello
Canio. Documenti. — Tomo 1, Archeologia e Delle Arti 24
370 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
« delle Grazie o delle Muse ; ma oggi per festeggiare il felice arrivo di questi amabili
« stranieri, riunii persone quante più potei. Adagiamoci , e diamo campo alla gioja,
« senza contare né il numero dei convitati, né la rapidità delle ore ». Così dicendo
si stese sopra un letto di mezzo, dandomi presso di lui il posto d'onore, ch'era
all'estremità dello stesso letto. Stavano a' nostri piedi alcuni giovani schiavi pronti
ad ogni cenno. Come straniero, io non avea salvietta con me; quella portami era
tessuta', del pari che le tovaglie, di lino incombustibile, che s'imbianca gettandolo
sul fuoco. Tostochè ognuno fu assiso, presentaronsi ai convitati corone di fiori arte-
fatti ; coloro che le distribuivano cantavano al suono della lira : le collane e le corone
di fiori usate nei banchetti, servivano a prevenire l'ebrietà, spegnendo i vapori del
vino.
La minuta descrizione di tutto ciò che ci fu imbandito, ti sembrerebbe favolosa, tanta
era la moltiplicità e la varietà delle squisite vivande, di cui la tavola fu a varie riprese
coperta. Dirò solo di alcune che più mi hanno stordito , e da cui si giudicherà del
lusso delle tavole romane. Dapprima si offersero successivamente ai convitati ova di
struzzo, empite di torli d'ovo di pavone, ascondenti un beccafico, come se fosse un
feto già formato; ventri di troja, prosciutti di Spagna, lepri stranamente ornate d'ali,
di modo che rappresentavano animali straordinarj; pavoni che sciorinavano le ricche
piume, cercate oltre il Fasi, in contrade nelle quali fin allora era vietato l'accesso dal
terrore che ispira tutto ciò che sj raccouta de' lontani paesi; alcune gru, cibo dete-
stabile, ma che s'imbandisce con ostentazione, atteso la difficoltà di procurarsi questi
uccelli viaggiatori in tale stagioae; poi volatili e pesci di carne di verro, sì bene imi-
tati che la vista ne restava ingannata. Alla seconda messa ci fu porto un enorme
cignale intero; non rinchiudeva guerrieri a guisa del cavallo di Troja, ma tordi vi-
venti, che se ne volavano appena sparato l'animale. V'ebbe un piatto enorme fatto di
sole lingue d'uccelli. Assaggiai in appresso fegati d'oche ingrassate; quelli di mustela,
che vanno pescare sin nel lago di Costanza; scari presi sulle coste dell'Asia Minore, e
de' quali non si mangiano che le interiora; enormi murene, per le quali hanno i
Romani passione particolare. L'ultimo piatto di cui venni onorato, conteneva tre
barbi , i quali pesavano appena due libbre l'uno, ed erano costati tremila sesterzj !
Qualche pesce di predilezione a Roma vendeasi più d'un bel toro da sacrifizio.
Uno schiavo, stando di fronte a Scauro, nello spazio lasciato vuoto pel servizio, trinciava
con destrezza. Molti servi egiziani portavano intorno pani sopra piatti d'argento, or-
nati e cesellati con maestria. Giovani coppieri, il fiore de^li schiavi d'Asia, versavano
a vicenda e in abbondanza diversi vini da vasi di cristallo, profumati, rinfrescati o
temperati colla neve; sopra le bottiglie leggevansi scritti l'anno e il nome del paese
in cui i vini maturarono. « Schiavi, versate fdiceva Scauro) in onore della nuova luna,
« in onore di questi stranieri!... Chi di noi si è dedicato alle Muse , vuoti la tazza
«« nove volte; io vuoto la mia in onore delle Grazie... Amici, bevete; questo è Falerno
« raccolto al tempo che Opimio era console: nissuno di noi vecchi ha veduto quel
« consolato: l'età dell'uomo non può agguagliarsi alla durata del succo volatile della
« vite! Deh , almeno la nostra amicizia rassomigli a questo generoso liquore; ed in-
« vecchiando, ogni anno ci riesca più dolce e più cara! » Noi rispondemmo ad un
voto tanto gentile col vuotare le nostre tazze, fra le quali la mia era d'oro con pietre
preziose; quella di Scauro era di maggior valore, fatta di murrina y materia scono-
sciuta a coloro stessi che se ne servono, siccome i paesi donde fu trasportata. I con-
vitati del terzo letto e le ombre beveano in vetro.
Di tratto in tratto Scauro si alzava per cangiar di vesti ; ed obbligava me pure a fare lo
stesso, dacché la traspirazione cominciava a comunicarci un leggiero umidore, ca-
gionato dalla quantità di persone, dalle lampade, dai cibi. Per rattemprare in qualche
modo la penad'un'atmosfera così calda, due giovani seduti fra' nostri piedi andavano
agitando sopra di noi ventagli di piume di pavone.
Io stava maravigliato di tanto lusso e di tante voluttuose ricercatezze , quando ad un
tratto s'aperse la soffitta con uno scricchiolare fortissimo. Io voleva fuggire, ma venni
trattenuto, e rimasi confuso por quel mio spavento, vedendo discendere un nuovo
portato, che sorpassava ì;1ì altri in profusione e s(|uisilezza. Appena fu sopra la tavola,
uu ballerino si mise a saltare su d'una corda tesa sopra lo nostre teste ; e non saprei
PASTI 371
dirti se fosse uguale il mio piacere allo spavento , vedendo quei moti pericolosi ,
che facevan temere ad ogni momento della sua vita. Negli intermezzi , la conversa-
zione era vivacemente gradevole. Alcuni giovani all'estremità del secondo e del terzo
letto si divertivano a lanciare granelli sulla soffitta, e coloro che toccavano nel segno
rìceveano grandi applausi.
Poco dopo furono introdotte tre belle schiave di Cadice, vestite di corte tuniche di stoffa
bianca e leggera, che cantarono alla lira, poscia eseguirono danze lascive. Vi sotten-
trarono giovani armati, cui dassi il nome d'Omeristi o cantori d'Omero, che ci rac-
contarono quanto fosse dolorosa e funesta a' Greci la collera d'Achille, lo pieno di
meraviglia andava dicendo ingenuamente a Crisippo quanto mi riuscissero piacevoli
e nuovi quei divertimenti. « Vogliano gli Dei ("mi rispose egli) che Scauro si contenti
« di questi innocenti sollazzi, e che non brutti di sangue il festino con qualche
« combattimento di gladiatori, per li quali ha una passione feroce. Usasi in Roma
« mescolare parecchie volte l'orror della carnificina al piacere degli stravizzi; e ciò
« non deve recarti meraviglia, giacché hai dovuto vedere, dacché vivi coi Romani ,
« quanto l'abitudine della voluttà, nel medesimo tempo che deturpa lo spirito, indu-
« risca il cuore e lo porti alla crudeltà ». Per buona ventura Scauro non ci diede
quest'orribile spettacolo: vennero invece mimi, i quali girando intorno alla tavola,
con mille scede sconcie ricrearono i convitati.
Ma ad un cenno del padrone furono riempiute d'olio le lampade-, e i tricliniarchi spar-
sero di nuovo in grande abbondanza di quell'arena colorata , di cui erasi ricoperto
lo spazzo fino al principio del banchetto; poscia una musica armoniosa diede il segno.
Allora parecchie gladiatrici (palcestritoe), leggermente vestite, entraronno due a due,
cantando insieme, quindi spogliandosi delle tuniche, ed ungendosi d'olio alla ma-
niera degli atleti, si misero a lottare fra sé. Un tale spettacolo maravigliò tutti ; ed io
confesso, che se prima mi fece abbassar gli occhi di vergogna, sentii ben presto un
che di allettante da cui non potevo difendermi.
Tali intermezzi non impedivano agli schiavi di riempire ad ogni istante le nostre tazze;
e di già l'allegria de' convitati cominciava a diventare rumorosa. « Osserva (mi disse
« Crisippo) colui che tracanna a gran sorsi il vino versatogli, siccome Cariddi ingoja
« i flutti del mare: questo forsennato bevitore chiamasi Tiberio, e per ischerzo lo
« dicono Biberio. Tu non indovineresti quale spaventevole artifizio adoperi per ecci-
« tarsi a bere; fa uso di veleno. Prima di porsi a tavola prende alquanta cicuta, onde
« il timor di morire lo obblighi a bere smisuratamente, essendo il vino il più possente
« antidoto contro questo succo velenoso. Non ti pare che sia spingere l'ubriachezza
« fino all'eroismo? Vedi là in fondo il figlio di Cicerone, così poco degno d'un tanto
« padre? la sua tazza capisce due congi •. ebbene, egli la tracanna alcune volte in un
« fiato ! Quelli che alzansi di tempo in tempo, sono bevitori di corta lena , che vio-
« lano le leggi di Bacco , poiché è regola di non lasciar la tavola ; ma appo Scauro
« godesi di tutta la libertà, e contiguo a questa sala è un luogo , dove stanno pre-
<• parati vasi ripieni d'acqua fresca, bacini ed altri utensili, e questi meschini seguaci
« di Bacco vi si ritirano barcollando a liberarsi dal dio che gli opprime. Vomitato,
« simili al serpente caduto in una botte, il quale beve e vomita, ritornano a bere
« per ritornare a vomitare. Queste spugne viventi chiamano tale stravizzo profittare
« del tempo e goder della vita ».
Intanto Scauro si fece portare un vaso da tre congi, lo riempì d'un vino dolce, profu-
mato di nardo, e che avea fatto navigare per renderlo migliore; prese quindi una
corona di rose naturali , che sormontava l'enorme cratere , e sfogliandola nel vaso,
gridò: (- Beviamo le corone ». Poi avvicinò le labbra all'orlo del vaso, e lo fece pas-
sar in giro di mano in mano fra i convitati ; lo che dicesi a Roma la tazza della
amicizia.
11 canto acuto d'un gallo del vicinato annunziò l'approssimarsi dell'aurora, e fu pure
il segno di ritirarci. Salutato Scauro, dicendogli « Ti siano propizj gli Dei » ciascuno
partì al lume delle fiaccole. Gli schiavi chiusero a noi dietro la porta dell'atrio. —
Fa riscontro a questa la cena di Trimalcione, descritta da Petronio Arbitro nel Sadjrkon
di cui porgemmo un estratto a pag. 121 e segg.
372 ARCHEOLOGJA E BELLE ARTI
§ 275. — Strumenti musicali.
Gli storici della musica vollero darcene le vicende fin prima del diluvio : certo
essa trovasi alla cuna d'ogni civiltà, e le nazioni piìi selvagge e cantano e lian qualche
strumento. I più soliti sono uu tamburo e uno zufolo di canoa. La sacra scrittura no-
mina, fra la posterità di Caino, Jubal padre di tutti quelli che suonano l'arpa e l'or-
gano (Gen. IV. 21), Gli Egiziani faceano Ermete Trismegisto inventore della lira, com-
posta d'una scaglia di tartaruga, con corde di nervi d'animali tese sulla cavità. Essi
ebbero pure il flauto dritto e il curvo a forma di corno, e l'arpa triangolare e il psal-
terio e il sistro, fatto di lamine metalliche, che scosse sonavano. Fra le antichità egizie
a Berlino vedesi una lira, la cui base è un pezzo di legno largo S e lungo 7 pollici, sovra
cui è assicurata una cassa sonora, alta 2 pollici; e nel disopra di questa due file di
buchi, sette nell'una, sei nell'altra: le corde attaccate in questi erano tese dalla parte
superiore,, formata di tre pezzi di legno; due di grandezza ineguale son fissi sopra i
lati, e terminano in un ornamento a testa di cavallo. D'altri strumenti si trovarono di-
segni nelle tombe, come una specie di mandòla a manico lunghissimo, castagnette,
una tiorba, ed altri a percussione, a corde e a vento. Ad un'arpa egizia di legno, che
conservasi nel museo Parigino, erano attaccate ancora le corde, fatte d'intestini, proba-
bilmente di camello. La lira antica a cinque corde rette fu conservata dai Barabra, po-
poli di là dalla prima cataratta del Nilo.
FÉTis, /abrégé historique philosophique de la musique.
ViLLOTEAU, Sur le$ diverte» espéccs dHnstrumenls de muiique^qu'on retnarque panni les $culpture
qui décorenl les anliques munuments de VÈgypte.
Un organo idraulico, secondo Ateneo, inventato da Ctesibio d'Alessandria sotto Tolo-
meo JI Evergete, sonava per inspirazione di acqua. Un somigliante ne descrive Vitru-
vio, ma colla confusione che troppo spesso in lui si deplora. D'una medaglia di Valen-
tiniano il rovescio presenta un organo idraulico, con due uomini, uno dei quali pare
mover i mantici, per ottenere il suono, l'altro ascoltare: ha otto canne, ma né tastiera
né sonatore ; onde probabilmente era un meccanismo anziché un organo.
Fra gli Ebrei troviamo il tamburo di basco, la tromba, la citara, in prima di tre, poi
di otto, nove, e fin ventiquattro corde; organo chiamavasi il flauto. A Roma sull'arco
di Tito vedesi la forma delle sacre trombe degli Ebrei. Pare che la più antica musica ebraica
si riducesse a recitativo, sinché non fu perfezionata da David. Quattromila Leviti dovea-
no, coi canti e gli strumenti, celebrar le glorie di Dio; quarantotto principali regola-
vano gli altri. Probabilmente la musica era di genere diatonico, e non avevano note mu-
sicali, ma i suoni tramandavansi per tradizione. I rabbini, che annoverano fin a trentasei
strumenti conosciuti al tempo di Salomone', pretendono possedere certe note, che
esprimono il modo con cui la Bibbia era declamata da Mosè ; ciascuna di esse vale tre,
quattro, cinque e più note moderne, formando frasi di lunghezza varia, somiglianti
alle nostre fioriture. I nomi originali degli stromenti furono tradotti solo per similitu-
dine ; ma n'aveano da corda, da fiato e da percossa.
I Greci, secondo il loro costume, nominano gli autori de' varj stromenti e dei modi
della lor musica; enti simbolici la più parte. Armonia inventò il flauto semplice che
altri attribuiscono a Minerva; il numero dei buchi era scarso, né conosceano le chiavi;
onde bisognava avesser flauti diversi pei diversi modi o toni. 1 Tritoni inventarono le
trombe fatte di conchiglie. Si ebber flauti di gambi di frumento (avena) ; altri di ossi
{Ulna). Al flauto talora attaccavasi in fondo un corno, onde prendea la forma de' nostri
clarinetti, e quest'era il distintivo del flauto frigio. Pan inventò la zampogna di sette
canne, difl'erenti di lunghezza e di calibro; Mercurio la lira, fatta col guscio d'una tar-
taruga, che Apollo seppe pel primo sonare; Marsia, emulo di lui, inventò la lira doppia
e i principj della musica; e Olimpio Frigio suo scolaro insegnò a toccar le corde, non
più colle dita, ma col plettro, e trovò il genere enarmonico. Le Muse aggiunsero alla
lira la corda mesa, cioè il la, mentre prima non aveaao che m«, fa, sol; Orfeo vi
SrnUMTNTl MUSICAI. I
373
aggiunse il sì e do, e Lino il re; onde restò compito l'eptacordo. Timoteo v'aggiunse
poi tre altre corde.
In Omero la musica partecipa alle pubbliche solennità calle solennità e alle domesti-
che; ne' giuochi pubblici gareggiavasi di suoni con tanto ardore, che più d'una volta
i gareggianti scoppiarono. I cori cantavano le odi e le parti liriche delle tragedie, divise
per ciò in strofe, antistrofe, ed epodo, eseguiti da giovinetti, da uomini, o da vecchi,
secondo il soggetto che rappresenlavasi.
Dopo il flauto, lo strumento più importante era la lira, di cui varie guise si rammen-
tano. Delle lire che qui sotto presentiamo, le due prime sono di forma greca, le
due altre, di romana; e nei monumenti se ne trovano con tre, e fin con venti corde.
Particolare è quella che fauno inventata da Pitagora, somigliante al tripode di Delo;
i tre piedi sostenevano un vaso sonoro, e le corde erano poste tra i piedi ; onde in
realtà erano tre stromenti, che s'accordavano secondo i modi dorico, lidio, frigio.
L'archetto non conosceano, onde mancavano del violino, re della nostra musica istru-
tnentale. Ben aveano i corrispondenti de' nostri clarinetti, del flauto traverso , del
corno da caccia, dell'oboe, del corno bassetto, del fagotto. Il trombone moderno fu
fatto ad imitazione d'uno trovato sotto le ceneri del Vesuvio. A percussione ebbero i|
timpano, il timpanulum, il cimbalo che consisteva in due mezzi globi vuoti, che te-
neansi un per mano e percoteansi a misura.
l crotali vedonsi nella 5=* figura qui sopra, copiata da un marmo antico (Spon,
sez. 1, art. 6, f. 45). Non ebbero il tamburo basso lungo delle nostre musicLe militari,
De i timballi, introdotti dai Jurcbì.
374 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
Campanelli trovansi da antichissimo, e i qui disegnati si vedono nel museo di Napoli.
11 n° 1 è un disco di metallo , dipinto appeso
ad un albero: il 4 è campanello con foro circolare
nel centro : il 3 somiglia a quel che oggi attac-
chiamo al collo delle bestie: il 2 è portato da un
dio Pan in un vaso hamiltoniano: il 5 è un com-
plesso di campanelli forse per le lustrazioni , al
quale somiglia il 6 che trovasi nel museo di Mo-
naco: il 7 è un frammento d'antica scoltura,
con sonagliera al pettorale di cavalli da tiro.
All'addobbo del gran sacerdote ebreo èrano at-
taccati sonagli, quindici secoli av, C. ; e anche
Plauto accenna i campanelli :
ISumquam (sdepol temere tinnii tintinnabulum,
Nisi qais illud trattai aut ìiwvei; mutum est, tacet.
Campane sappiamo da Plutarco (Stjmpoft. iv,
quest. 5j che chiamavano al mercato dei pesci 5 e
già prima Straboue a tal proposito raccontava
una novelletta, applicabile a qualche moderno.
Dice egli dunque {Geoyr. xivj, che in Jasso di
Caria un arpista dava prova di sua abilità, quando
sonò la campanella del mercato dei pesci, e tutti piantarono là, tranne un vecchio sordo.
A questo fece i suoi ringraziamenti il sonatore, lodandone l'eccellente gusto in fatto di
musica. 11 vecchio non comprese, ma vedendo gli altri partire, domandò all'arpista se
mai fosse sonata la campana: e udito del sì, andò cogli altri.
Secondo Plinio, campane stavano sospese al mausoleo di Porsena,che udivansi molto
lontano quando il vento soffiava ; In summo orbis ceneus est et petasm unus, ex quo pen-
dent excepta catenis tintinnabula, quce vento agitata longesonitus re ferunt (Hist, nat.,
xxxvi. 13J. Campane indicavano a Roma l'ora del bagno {Redde pilam, sonat oes therma-
rum.. Marziale, Epigr. xiv. 165}: campane secondo Luciano (c/e Dea syra) usavano
i sacerdoti di Cibele : Augusto fece collocare campanelli attorno alla cupola del tempio
di Giove Capitolino (Svetonio in Augusto): e Porfirio {De abstin. anim. lib. iv) racconta
che certi filosofi dell'India a suon di campanello si congregavano alle preghiere e ai
pasti.
Erano dunque conosciute le campane prima che Rufo Festo Avieno le chiamasse nolce
nel lY secolo, e altri campance nell'viii ; forse da fonderie che vi fossero nella Campa-
nia, nominata per eccellente bronzo: opinione più credibile che non quella di fra Ber-
nardino da Ferrara, il quale lo trae da un tal Campo, abile fonditore. Gregorio di Tours,
morto nel 595, nomina le campane dicendo di Gregorio vescovo di Langres; Commoto
signo, sanctus Dei, sicut reliqui, ad offlcium dominicum consurgebat ; e di Niceta arcive-
scovo di Lione : Quod presbijter audienci, jussit signum ad viyiiias commoveri (De vitis
PP. e. 7 e 8) -, e nella storia di Francia (1. in. e. 15) : Dum per plateam proeterirent, si-
gnum ad matutinas motum est.
Signum in tal senso si trova già nelle regole di san Cesario d'Arles, di sant'Aureliano,
di san Benedetto, il quale nella sua regola vuole che il segno si dia dall'abbate 0 da un
monaco vigilante. Un capitolare di Carlo Magno del 789 dice che cioccai non smit ba-
ptizandcB: e il Baronio assicura che papa Giovanni Xlli, prima di collocare una grossa
campana al Laterano, la benedisse colle cerimonie consuete, e la chiamò Giovanni.
Ciò in Occidente : in Oriente non le usarono prima dell'viii secolo, poiché il secondo
concilio di Nicea del 787 (art. 4) riferisce che quando il corpo di sant'Anastasio avvici-
navasi a Cesarea, gli abitanti uscirongli incontro in processione con croci, dopo essersi
raccolti nella chiesa al batter de' sacri legni; dove Anastasio Bibliotecario, traducendolo
in latino, avverte che Orientales Ugna prò campams percutiunt.
Il doge di Venezia neU'SGS mandò le prime campane all'imperatore di Costantinopol
Michele UI, da mettersi a Santa Sofia ; altre ne furono spedite, ma non divennero fre-
MUSICA cnrcA 37^
quenti; ed assicurasi che in Oriente non ne usavano se non i Maroniti e i Calogeri del
monte Atos: in quella vece adopravano raganelle, o legni battenti su qualche altura.
Presa Costantinopoli, i Turchi fusero le campane in cannoni, e nell'impero musulmano
non si potè averle che per raro privilegio ; forse per tema non servissero a sommovcr il
popolo sonando a stormo. Pel qual fine medesimo Carlo V, domato Gand, fece spezzar
la campana detta Orlando, che avea servito a radunare gli ammutinali 5 e cosi fessa la-
sciò che sonasse, per ricordare a que' cittadini il castigo sofferto.
Sulle campane vedi un lungo studio negli Annales archéologiqueSj novembre •ISoG e «egg.
Scu^PKENS, Des cloches et de leur usage. Parigi 4838.
L'organo, sovrano della musica sacra, si attribuisce a papa Vitaliano nel 657, ma
forse sopra l'inesatta lettura di due versi d'un poeta mantovano. Sull'origine veradis-
putossi grandemente. Ad ogni modo, da principio fu composto d'un solo giuoco di
canne, detto regale, senza registro, e con tasti ampj e duri a segno che vi bisognavano
i pugni 0 il gomito. Non potendosi in conseguenza sonare più note alla volta, s'imma-
ginò di riunir il suono di più canne, accordate alla quinta ed all'ottava; sicché bat-
tendo un sol tasto, rispondeva tutta l'armonia diafonica e tetrafonica di quella nota,
secondo che, invece di rigabello, l'organo (torsello) era di due o tre o quattro canne per
tasto : sempre così duri, che batteansi con mazze. I nimfali eran organetti che il sona-
tore portava in collo, con una mano mantecando, coll'altra sonando la tastiera, che
non poteva esser estesa oltre la quinta. Dappoi vi si aggiunsero giuochi accordati alla
terza, oltre la quinta e l'ottava, sicché ogni tasto dell'organo rendeva un accordo com-
piuto. Perfezionando via via, il duro ell'etto dell'armonia diafonica fu cangiato col fab-
bricare que' giuochi con piccole canne di suoni acuti, e accompagnarli di molti flauti
accordati all'ottava, in modo che lasciano udire quel solo clie|basta per recare all'orec-
chio una sensazione vaga e indefinibile, ma toccante e armoniosissima.
Dagli Arabi, che pure son fanciulli nella scienza musicale, e non conoscono le note
né l'armonia, ci vennero molti strumenti nostri. 11 loro eour divenne il liuto, che si
modificò poi nell'arciliuto, nella tiorba, nella mandòla: il kissar diede origine alla chi-
tarra: i taìibours dil mandolino e al colascione.
§ 276. — Musica greca.
Attribuiscono a Pitagora la scoperta delle proporzioni musicali, cioè la teorica della
propagazione dei suoni, e il modo di determinarne la gravità mediante la maggiore o
minor rapidità di vibrazione delle corde. Ma sulla musica greca corrono disparatissinie
le opinioni, né si accordano se possedessero l'armonia. Secondo alcuni, in prima non
ebbero che il genere enarmonico, poi il diatonico ch'è il più semplice, poi il cromatico,
infine l'armonico; ma le consonanze mal poteano conoscere, non avendo contrappunto.
Che cosa intendessero per armonia lo indica Luciano, dicendo: Ogni specie d'armonia
« deve serbare il suo carattere proprio; la frigia l'entusiasmo, la lidia il tono bacchico,
« la dorica la gravità, la jonica l'allegria ».
I modi antichi, come i nostri, aveano per base la differenza di posto de' semitoni ; ma
non conoscevansi modi se non quante sono le varietà delle quinte naturali, in rapporto
al suono fondamentale. Perciò sono sei soli, mancando di una quinta naturale sul si. Le
melodie loro non poteano oltrepassare i limiti di un'ottava; laonde i sei modi adope-
ravansi in due maniere differenti: o la melodia si movea fra i limiti del suono fonda-
mentale e la sua ottava, o fra i limiti della dominante e la sua ottava; nel primo caso
diceasi autentico, nel secondo jilagale. 1 modi autentici erano :
1. U dorico più grande e animato, in cui ambi i semitoni si trovano fra il 2° e il 3», e
fra il 6° e 7° grado ; come nella scala re, mi, fa, sol, la, si, do, re.
2. H lidio coi semitoni fra il 4" e 5", e fra il 7" e 8° grado ; come fa, sol, la, si, do,
re, mi, fa : era il più acuto.
3. Medio fraì due era il frigio, con ambi i semitoni fra il 1° e 2°, il 5° e 6° grado;
376
ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
come mi, fa, sol. la, si, do, re, mi: fu il primo inventato. In questi tre modi i quattro
suoni formavano un tetracordo, cioè una successione di quattro corde, accordate al-
l'unissono di quattro note di ciascun modo. Più tardi furono introdotti i seguenti :
4. Il missolidio, coi semitoni fra il 5° e 4", e fra il 6" e 7° grado; come sol, la, si,
do, re, mi, fa, sol.
5. L'eolio maestoso, coi semitoni fra il 2'' e 5", e fra il 5° e 6» grado ; come la, si, do,
re, mi, fa, sol, la.
6. Il ionico austero, aveva i semitoni fra il 5° e 4", e fra il 7' e 8° grado; come do,
re, mi, fa, sol, la, si, do. La disposizione dei suoni in ciascun modo dava un carattere
speciale alle melodie. 11 dorico corrispondeva alla prima parte di una scala minore ; di
una maggiore il lidio; al frigio non ha corrispondente la musica nostra, eccetto il quarto
tono del canto fermo.
I modi piagali erano Vipodorio, Vipofrigio, V ipolidio, Vipomissolidio, V ipoeolio, Vi-
pojonio.
Nell'elenco qui soggiunto son notati il tono principale colla cifra i, colla cifra 5 e 8
la quinta e ottava d'ogni modo autentico, e col 4 la quarta naturale nel modo piagale.
Doric
Ipodo
Frigio
■^ '^
—£> — „
/}-
-^1 G-
O
— ^9
^r?=^
— t=r
—1—
•l|-f=^
Ipofrigio
Lidio
Ipolidi
fK\ & *" -«-IV
-^ s-
"^
%^ -li---
JP — d — 5—
H
Missolidio
Ipomissolidio
-«-
Eolio
m
S—O-
m-
TXr
-^triir
Ipoeoli
Ionio
Ipojonio
eli
1
L'essersi i Greci arrestati ad una scala tanto angusta, convince che consideravano la
musica soltanto come un modo d'accentazione della poesia. Più tardi impararono a
passare da un modo all'altro, onde l'accentazione musicale divenne più espressiva
e passionata. Forse gli strumenti non si faceano sentire che di tratto in tratto fra
la melodiosa declamazione del cantore, e per dargli il ton"o e indicargli la mutazione
d'accento.
Dicesi che Terpandro inventasse il notar con lettere dell'alfabeto i suoni. Alcuni por-
tano tali segni fin a seicentoventisei ; anzi Burette fino a mille seicentoventi; altri li
restringono a novanta; di cui metà servissero alla musica vocale, metà all'istrumentale.
Certo era complicatissima la notazione, non tanlo pel numero dei segni; quanto pei di-
versi significati di essi. Cinque altri segni aveano per esprimere la durata del ritmo; e
quattro per esprimere il silenzio.
Quattro saggi di musica antica si conoscono: tre sono inni a Calliope, Apollo e Neme-
si, trovati fra le carte del celebre Usher; il quarto scoperto dal p. Kirkcr, sono i primi
versi della prima ode di Pindaro. Furono pubblicati nelle Storie della musica di Burette
e di IJurney. Ad Ercolano si scoprì un trattato della musica di Filodenio, ma infine
si riduce a un trattato di morale.
MUSICA ROMANA
377
Ci resta un importante trattato della musica di Aristide Quintiano (130 d. C), che la
definisce arte del bello nel corpo e nemoviitienti, e la distingue così :
naturale
j generale
aritmetica
contemplativa (teorica)
Bttiva (eruditivaj
artifizìale
usuale
enunziativa^
armonicai
ritmica
metrica
melopea
ritmopea
poesia
organica
odica
ipocritica
suoni
intervalli
sistemi
generi
tuoni
mutazioni
melopea
Suprema importanza gli antichi legislatori greci attribuivano alla musica ; da Solone
e Licurgo è considerata come parte essenziale dell'educazione e dell'istruzione (Plu-
tarco, De musica); i Greci la credeano necessarissima allo Stato, e sostegno dello spi-
rito e della forza nazionale.
§ 277. — Musica romana.
Ai Romani può applicarsi nella più parte quel che dicemmo de' Greci. I tibicini ave-
vano grande importanza nei riti; onde Ovidio:
Temporibus veterum tibicinis usus avorum
Magnus, et in magno semper honore fuit.
Cantabat fanis, cantabat tibia ludis,
Caotabat moestis tibia funeribus.
Ne'sacrifìzj otteneano lauta parte; e quando si volle privarli del privilegio di man-
giare nel tempio (509 av. C.) , ritiraronsi a Ti-
voli, onde, non potendosi sacrificare, fu mestieri
richiamarli con ambascerie.
Qui esibiamo una sonatrice di tibia, vestita di
chiridota^ tolta da un vaso etrusco:
La tuba romana (detta da tubus) era dritta, e
allargavasi via via dall'imboccatura fin all'imbu-
to, aperto assai. 1 Greci la dicevano oó.)niy^, e
ne attribuivano l'invenzione a Minerva: se non
che la greca era fatta di osso o di bronzo, la ro-
mana sempre di rame. Serviva ai combattimenti,
ai giuochi, ai sacrifizi, ai funerali. Molte se ne ve-
dono in monumenti romani, e particolarmente
sulla colonna Trajana, e in un dipinto ercolane-
se; e Grutero e Fabrelti ci conservarono i nomi
di molti sonatori di tuba, tolti dalle iscrizioni.
La tromba tirrena, importata dall'Etruria, avea
qualche diversità che non ben si definisce.
La buccina, chiamavasi cosi dalla conchiglia di
cui primamente era fatta; mollo grande e ricurva
a cerchio. Vedesi pure sulla colonna Trajana. Era stromento militare , massime per la
=®
378 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
fanteria; serviva pei trionfi de' generali, e per convocare il popolo nei tetnpj antichi
(Properzio, iv. i). Talvolta le si diede il nome di corno. Buccina cbiamavasi pure il
corno del pastore (Pastoris buccina lenti. Properzio, iv. iO),
Lituus, dalla somiglianza col bastone ricurvo de' sacerdoti, era detta una tromba
piccola, dritta fin alla larghezza, dov'era poco aperta e ricurva. Fu poi usata dalla ca-
valleria :
Classicum diceasi la tromba di guer-
ra, che teneasi presso la tenda del ge-
nerale, per annunziare gli ordini di
questo. Un certo numero ne stava at-
torno alle aquile, e il segnale dato da
esse ripeteasi da quelle delle coorti.
Sinfonie usavansi ai trionfi, ai ban-
chetti, nelle marcie; accompagnavansi
cogli slromenti le odi da tavola e gli
inni di guerra. Gli imperatori impazzirono pei musicanti, e ben cinquemila ne mante-
neva Nerone, ed egli stesso girò l'Impero per riscuotere lodi di sonatore.
Gli inni erano teurgici, cioè relativi ad incantagioni, d'origine probabilmente egizia;
peani e ditirambici, ad onore degli Dei ; filosofici od allegorici, come quelli che canta-
vansi nei banchetti de' Pitagorici.
Dai Greci impararono la notazione ; ma trovandola sì complicata, alcuno pensò sem-
plificarla, surrogandovi le quindici lettere dell'alfabeto dall'A allaR, non si sa il quando,
né chi : solo Boezio ce ne informa.
§ 278. — Musica cristiana.
Dai primordj del cristianesimo s'introdusse la musica nei riti ; cantavasi a coro {Epist.
di Plinio a Trajano)\ ed è probabile l'opinione del p. Martini che la musica nostra ec-
clesiastica derivi da quella degli Ebrei. Paolo di Samosata fu condannato per avere ai
canti ed inni di David sostituito altri in propria lode ; sant'Atanasio biasima i Milesj del
cantarli indecentemente, e con gesti e battimani e campane. Il concilio di Laodicea
del 566 determinò che nelle chiese non cantassero se non i sacerdoti e i coristi. Sant'Am-
brogio vescovo di Milano introdusse anche in Occidente di cantar al modo orientale,
cioè alternativamente. Non si sa bene in che consistesse la differenza del suo canto;
dovette però fondarsi sulla divisione della scala per tetracordi, come tutte le melodie
dei Greci; e conservò i quattro modi autentici della musica delle chiese greche, cioè il
dorico 0 tono di re, il frigio [mi), l'eolio {fa), il missolidio {sol), che dicevansi anche
protos, deuieros, tritos, tetartos, cioè i ii, ni, iv.
Gregorio Magno diede al canto ecclesiastico la forma moderna, conservando i quattro
modi autentici di sant'Ambrogio, ma dividendo ciascuno in due piagali, le cui scale
corrispondevano alle note dei primi, ma una quarta più basso: onde si ebbero uni"
tono autentico re; 2" piagale la; 3" autentico mi; 4" piagale si; 5" autentico fa; 6°
piagale do; 1° autentico sol; 8" piagale re. La scala generale contenuta in questi otto
toni estende vasi dal la grave fino al sol della seconda ottava. Sostituì le lettere romane
alla complicata notazione greca, talché abcd e fg rappresentavano le sette prime note
gravi, cominciando da /a; le stesse lettere minuscole indicavano le sette note seguenti ;
e raddoppiate, le sette acute.
Quando s'introdusse l'organo, il canto fermo cominciò ad essere disposto per le voci
nel modo che fu poi detto discantus; in seguito s'estese a tre, quattro e più voci. Ma
essendo molto varj e disformi i metodi di notazione, lunghissimo tempo richiedeasi per
imparare il canto fermo, sinché non s'adottò il metodo di cui è fatta gloria a Guido
d'Arezzo (n. verso il 995). Questo monaco della Pomposa, vedendo mancar il mezzo
agli scolari di studiare in assenza del maestro, poiché non v'era strumento con cui re-
golar l'intonazione, ridusse a tal uso il monocordo, dividendolo con ponticelli mobili
per tutte le note della scala. Trovato cosi il suono più grave di un canto, per non perder
tempo a ricercare tutte le altre note, egli consigliò di togliere a modello una melodia
i
TKATRl 379
qualunque, e comparar le intonazioni delle note di essa colle note simili del canto die
si voleva imparare. A tal uopo egli usava l'inno in lode del Battista :
Ut queant laxis /{tsouare (ihris
Mira, gestorum Famuli tuorum,
Sol\e polluti Labii reatum
Sancte Joannes,
dove l'intonazione della nota s'alza d'un grado su ciascuna delle sillabe che scrivemmo
in corsivo. Pertanto quelle sillabe vennero poi adottate a segnar le note della scala.
Altri poco dopo sostituì alla divisione greca in tetracordi e alla gregoriana in ottave, l'esa-
cordo cioè sei note \ metodo impacciante, che pure fu seguito da tutta Europa. iMa Guido, o
pili veramente alcun suo contemporaneo o di poco posteriore, semplificò la notazione
da quindici riducendo a sette le lettere; e invece di collocarle a differenti altezze l'una
sopra l'altra per indicare l'abbassamento e l'elevazione della voce, scriveva esse lettere
al principio di linea, mettendo un punto nei righi dove conveniva ripeterle. Le lettere
poi si soppressero, e non rimasero che i punti. Franco di Colonia neHOuO scriveva un trat-
tato sulla musica figurata, ossia sui suoni misurati, dove le note appajono figurate a
quadretti o a rombi, sui righi o negli spazj, come ancora si conserva pel canto fermo.
Eccone un saggio :
^ i— I-»—
::^S=*|:
Antiquce musicoe auclores septetn. Amsterdam ^632. Sono Asislossene, Eucli(l8, Nicomaco, Alipio, Gau-
denzio Bacchio, Aristide Quiutiliano, e Marciano Capeila.
Laborde, Essai sur la musique ancienne et moderne. Parigi ^780.
Blrnev, History of Music.
BoECK, De metris Pindari.
Driebebg, Musikalische Wissenichaflen der Griechen. — AufschlUsse ùher die Uluiik der Grieehen,
Hawkins, Uislory of Music.
BcsBV, Diclionnary of Music.
FÉTiS, Curiosilés hisloriques de la musique. Parigi ^8oO.
CoOKE Stafford, a history of Music. Edimburgo 1830.
Gerbert, De cantu et musica sacra. Scriptores ecclesiastici de musica sacra.
BuBETTE, Dissertazioni nei Mémoires de VAcadémie des Inscriplions et Belles Lettre».
% 279. — I teatri.
Nel teatro distinguevansi: l'orcfcesfra , destiiaata alla rappresentazione, coll'altare di
Bacco in mezzo, e con uscite laterali; la srena, composta della parte rettangolare opposta
al semicircolo, colla decorazione solida, elevata, a molti piani e con colonne, muri
intermedi ^ cornice, oltre le pareti laterali sporgenti ; il posscenio, o parascenia, dove gli
attori si ritiravano ; il proscenio , dove erano sedie accanto o sopra la scena , fra le ale ,
e rialzate sovra un palco di legno, che sporgeasi anche verso l'orchestra col nome di
pulpito ; Yiposcenio, ornamento con colonne e statue rivolte verso gli spettatori, e sotto
al palco.
Nella cavea o teatro proprio stavano gli spettatori, ed era cinto di gradini a semicir-
colo, divisi concentricamente da scale ed uscite, l sedili erano assegnati secondo le
classi: prima gli agonoteti, giudici della tenzone, coi magistrati, i g^^nerali, i sacerdoti;
dietro loro i giovani, poi gli altri cittadini e il vulgo. Le donne non vi assistevano in
Atene; a Sparta si. Per comodità i gradini talvolta son leggermente inclinati in dentro
come ad Epidauro ; o il posto ove tener i piedi è più profondato che dove sedere, come
a Taormina e Pompej. A Roma non usavasi il coro, e perciò nell'orchestra disponevansi
le sedie pei senatori, le vestali, i tribuni , gli edili. Al disopra de' gradini correva un
portico che serviva ad ampliar il teatro, e coronare l'intero edifizio, ed anche per l'a-
custica. Altri portici erano dietro la scena.
1 teatri non avevano tetto, onde non sappiamo come vi si facessero calare le divinità
0 le nuvole o altre macchine. Pare si rendessero più sonori mediante vasi di rame o di
terra (echea) di cui Vitruvio parla , in forma di campana , collocati fra le graditraile rtì
nicchie apposite.
380
ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
La decorazione ordinaria era solida, e attraverso alle porte o agli intercolunnj ve-
deansi le decorazioni mobili adattale alla rappresentazione, e analoghe a quelle disposte
sul proscenio. Alcune erano messe sovra un prisma, che girando offriva diverse vedute,
cioè palazzi per le rappresentazioni tragiche, case per le comiche, paesaggi per le sa-
tiriche. Mai non figuravasi l'interno d'una casa, ma il vestibolo. Il sipario non trovasi
fra i Greci; i Romani lo chiamavano aulceum o siparium; e non alzavasi, ma si abbas-
sava. Nell'età imperiale un altro telone era teso sovragli spettatori (In Pompejano tectus
spectabo theatro, Nam populo ventum vela negare solent. Marziale).
Poniamo qui a confronto un teatro greco ed uno romano.
Teatro greco.
Tealro romano.
Il primo gran teatro d'Atene fu fatto nel 480 av. G. presso al tempio di Bacco, scavato
nel flanco dell'Acropoli che guarda il monte Imetto. Aveva 480 piedi di diametro|, e
bastava a trentamila spettatori , se si credesse a Darlhàlemy ; ma in verità non pare
é
TEATRI 381
capace più che di quattromila. Una linea d'archi di cui vedonsi ancora i resti, lo univa
al teatro di Erode Attico, e diiva ricovero al popolo in coso di pioj.'{^ia.
Pausania dà pel niii.'lior teatro di tutta la (Irecia (|uel di Epidauro, costrutto sotto la
direzione di Policleto per ricreare gl'invalidi nel tempio d'Esciilapio. L'emiciclo dell'u-
dienza consisteva in cinquantacincpie gradini o gallerie, separate fra loro da più di venti
passaggi. L'orchestra , cli'è il nostro palco , larga 89 piedi , era serbala al coro , che
danzava attorno ad un altare del centro : la musica eradi strumenti da fiato, e massime
tihie. S'un palco in fondo all'orchestra st.ivano i magistrati e gli oratori quando nel
teatro si tenessero assemblee. Dietro v'era la scena, non dipinta ma reale.
L'Odeon era destinato specialmente alla musica, onde le parti erano più concentrate.
Lo copriva un tetto circolare a forma di parasole, e dicesi fatto la prima volta ad imita-
zione della tenda di Serse, anzi colle antenne tolte da quella.
Il teatro non era soltanto destinato agli spettacoli , ma vi si facevano processioni di
carri e cavalli, baccanali, bandi per bocca dell'araldo; riviste, per esempio degli orfani
i cui padri erano caduti in guerra , o di soldati che si licenziavano ; ed altre popolari
riunioni. Qualche volta a Koma vi erano porlati i malfattori per subire la flagellazione
(SvETONie in Augusto. 47).
H. Strae, Die altgriechische Theatergebaude nach tàmmtlichen bekannten Veberreiten dargettellt auf
9 Tafeln. Potsdam 1843.
Di molti teatri greci rimangono vestigia, sì in Grecia, si nella Siria, nell'Asia Minore,
in .Sicilia ; di molti pure in Eiruria. Texier ne scoprì uno intero ad Aspendo, città della
Pamfilia, colla scena adorna di due ordini di colonne, jonico e corintio; l'ordine infe-
riore ne ha dodici di fronte di marmo; cornicione bellissimamente scolpito; nel fregio,
teste di vittime inghirlandate; fra gli intercolunnj, nicchie con frontoni ben conservati.
Dalla sala dei mimi si va sulla scena per cinque porte , aventi le bussole. L'ordine su-
periore è sostenuto da piedestalli molto bassi; e ogni coppia di colonne sorregge un
frontone. Quel di mezzQ,è ornato nel timpano d'una statua femminile nuda e graziosa-
mente posata, che tiene fogliami. La scena era coperta d'un tetto di legno , piovente
verso il recinto: il restante muro della scena era a pitture e intarsi di marmi. Anche
il palco era di legno, e stendevasi fino ai due vomitorj laterali. Da due gran porte di
fianco si entra in gallerie interne, con iscrizioni, da cui si ha che quest'edifizio fu co-
struito per legato di Aulo Curzio Crispino, e architettato da Zenone.
Nelle vaste rovine del teatro di Perento in Etruria sussistono ancora la scena e l'am-
bulacro, che serviva agli attori per comunicare da una all'altra delle porte per cui usci-
vano sulla scena, e mutare le decorazioni.
Del teatro di Pompeo a Roma, fatto a somiglianza di quel di Mitilene, e che vorreb-
bero capace di quarantamila spettatori, vedonsi pochi frammenti presso Campo de' fiori.
iMontfaucon ne diede il piano, conforme a una tavola iconografica incisa in un gran
sasso al tempo di Settimio Severo, e rappresentante Roma coi nomi de' luoghi (Ant.expl.
t. HI. part. II. lib. 2, tav. 14-2). Quindici ordini salivano dall'orchestra alla galleria supe-
riore , evi si vede h prcecinctio che separava la nobiltà dal popolo.
Di quel di Marcello il piano, secondo Serbo, era semicircolare, e il diametro inferiore
al livello dell'orchestra tirava 18i piedi romani (metri 5,"i) ; e quel di tutto l'emiciclo del
recinto esterno, iìl piedi (124 metri). Sussistono tuttora i due ordini inferiori dorico
e jonico, un sopra l'altro.
Il teatro d'Ercolano, che ancora si può visitare sotto la lava, presenta la cavea di
sedici gradini di travertino, divisa in sei parti da sette scalette. La cavea superiore è di
tre gradini, cinta da un muro ornato di marmi variati e con un ordine di statue di
bronzo. L'orchestra, lastricata di marmi africani, è lunga 90 palmi, cioè un terzo più
che non quella del teatro di San Carlo. Ai due lati su basi quadrate sorgeano le statue
di Appio Claudio Pulcro e di .Marco Nonio Ralbo. Nel fondo è la scena con dodici co-
lonne corintie e quattro nicchie per statue. In due larghe sale ai fianchi della scena,
con pitture e decorazioni, si trattenevano i cori. Dietro il posscenio soa portici esterni
di trentaquattro colonne. Poteva contenere da ottomila spettatori.
Il teatro romano a Pompej avea la forma d'un D.
D'uQ teatro di marmo furono scoperte le rovine a Milo nel 1820, dóode fu sterrata la
382 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
bellissima Venere del F.ouvre; d'uno a Lillebonne, d'uno ad Arles, d'uno a Tuscolo
presso quella che dicono villa di Cicerone; d'un altro a Parma ricchissimo di marmi ,
e che non essendone menzione storica, vorrebbe farsi rimontare fino a Mummio Acaico!
Uno si trovò testé a Verona, uno a Vicenza, uno a Fermo, ossia a Falerone; un altro a
Brescia , e così altrove. Un teatro antico fu pure scoperto a Petra nell'Arabia, scavato
nel pendio d'una montagna , tutta piena di sepolcri. Tanto poco l'idea della morte re-
putavasi funesta dagli antichi !
§ 280. — Rappresentazioni sceniche.
Le rappresentazioni teatrali eraqo sempre mescolate col culto degli Dei , dal quale
trassero origine. Divideansi in tragedia, commedia, farsa o satira, e pantomima.
Vuoisi la tragedia derivata dalle feste dionisiache in onore di Bacco, e nominata dal
capro (Tpayoc) che in esse s'uccideva, e dal canto (oic^i^} del coro. Nella tragedia si usa-
vano splendidi colori di abiti, mitre, coturni. Da principio non parlava che un attore;
un secondo ne aggiunse Eschilo, in modo che l'azione potè rendersi indipendente dal
coro ; sin quattro ne comparvero dappoi. All'entrar d'uno in scena, dicevasene il nome
e il personaggio.
I Romani distinguevano le tragedie paUiatce cioè con abiti e di soggetti greci; le
togatcB di soggetto romano; le prcetextatce ove s'introduceva persone di grand'affare ,
vestite colla pretesta; oltre le commedie di second'ordine, tabernarioe, mimi, aiellance.
La commedia nacque da rappresentazioni campestri, e dicesi perfezionata da Epi-
carmo di Cos, che stava in Sicilia nel -480 av. C. Soggetto ne erano parodie, travestimenti,
mitologia, sinché venute in città, divennero anche politiche. Molti vasi italioti figurano
scene dove Ercole sostiene personaggio buffo: ma credo ecceda Guglielmo Schlegel col
pretendere che sempre gli antichi riproducessero in tali pitture le rappresentazioni che
vedeano sul teatro. Il coro, che era 'di ventiquattro persone,
faceva danze lubriche. I personaggi sovente si voltavano al
pubblico, 0 per esprimergli i proprj sentimenti, o per chie-
derne l'applauso, 0 per informarlo di ciò che era accaduto
prima o dentro le scene (parabasisì ; e questa parte, malgrado
il buon gusto d'Aristofane, ritenne sempre dello scurrile.
Come la tragedia pel coturno, così la commedia era distinta
pel socco, specie di pantofole che gli attori portavano, quali ve-
donsi nella figura qui accanto :
11 dramma, in cui si riproduce un'azione, e che domanda
apparato e uditorio , ha importanza pubblica più di qualsiasi
altro genere di poesia. Pertanto gli Stati greci ne prendeano
cura, come d'ogni altra assemblea popolare: né quelli esistevano
senza feste, né feste si davano senza cori e spettacoli. A spese
pubbliche faceansi e decoravansi i teatri, né mai a private,
come usò a Roma; i cittadini erano obbligati a contribuirvi
a misura delle ricchezze, o anche a volontà; e ai poveri davasi il denaro per assistervi,
almeno dopoché nelle repubbliche s'introdusse la voluttà.
Gli autori drammatici qualche volta riceveano un prezzo dagli edili , ma di rado e
scarso; e ottomila sesterzj (II. 1637) toccati da Terenzio pel suo Eunuco parve tal por-
tento, che fu ripetuto in fronte alle copie.
Istrioni chiamarono gli attori dalla voce etrusca hister, che significava attore o balle-
rino, e furono introdotti primamente nel 561 av. C. per esorare gli Dei in occasione di
una moria. Tito Livio, in un passo notabilissimo (lib. vii. 2), vuole che i Romani ab-
biano desunto i giuochi scenici, come tante altre cose, dagli Etruschi, dicendo che nel
390 di Roma, regnando un'epidemia, per placare la collera celeste, inesorabile alle
consuete superstizioni , s'introdussero le rappresentanze teatrali, fatte da commedianti
etruschi che nella costoro lingua dicevansi istrioni, i (|uali ballavano graziosamente a
suon di flauto e gestendo senza parole: i garzoni romani gl'imitarouo, aggiungendo
é
MASCHERE ' 383
per celia versi rozzi ma lepidi: in appresso si condussero buoni istrioni che ne reci-
tarono di artifiziosi , beo dissimili dai fescennini , e atteggiarono satire , le cui parole
convenivano al suono del flauto e al movimento. E segue a narrare , che F.ivio Andro-
nico , dopo alquanti anni , osò far meglio , e comporre drammi con unità d'azione ; e
che avendo perduto la voce a forza di recitarli , ottenne (ponete mente) di collocare
davanti all'attore un giovine che cantava i suoi versi , mentr'esso faceva i gesti , tanto
più espressivi, quanto non era distratto dalla cura della voce. Di qui l'uso degli istrioni
d'accompagnare col gesto ciò che un altro canta, non parlando essi che nel dialogo.
Ai tempi di Cicerone erano lodatissimi Esopo e Roscio : questo riceveva al giorno
mille denari ; quello lasciò un asse di ducentomila sesterzj, acquistato coll'arte sua. Il
pretore avea diritto di battere gl'istrioni ; ristretto poi da Augusto , sicché si ridusse
all'imprigionamento. Tiberio una volta cacciò tutti gli istrioni d'Italia, ma furono ri-
chiamati e protetti dal suo successore. Dalla legge consideravansi come infami.
Le Favole atellanc, specie di commedie o farse, traevan nome da Atella negli Osci in
Campania, ed erano in lingua osca, con gesticolazione e accompagnamento di flauto e
di canto. Probabilmente somigliavano alle commedie a soggetto, ove, data una tessitura,
s'improvisava sopra soggetti contemporanei, come nel dramma satirico greco, rappre-
sentando la vita reale e col linguaggio popolare. Donato le dice notevoli per eleganza,
non di linguaggio , ma di stile e carattere. Ciò veniva dal non esser recitate da istrioni
venali, ma da nobile gioventij.
Per mimi intendevansi in Grecia danze e scene staccate : ma i mimi romani erano
azioni drammatiche , dove un solo attore, in versi grossolani, improvisava de' mono-
loghi accompagnati di gesti, di visacci, di sgambettamenti, per esporre al pubblico riso
un personaggio , un carattere, una professione. Dappoi Mecenate introdusse le |panto-
mime, ove tolta la parola non restava che il gesto; e vi furono famosi Batillo e Pilade.
g 281 . — Maschere.
Consta dagli scrittori, che si usavano que' personaggi generici, che noi diciamo ma-
schere; tipi d'un buffone, 0 d'un paese, o d'una condizione. 11 Macco somigliava al
nostro Pulcinella, e se n'è trovato anche piìi d'un figurino, col naso adunco e la gobba.
Ci è pur nominato un altro, vestito a ritagli di differenti colori, come l'Arlecchino, il
quale pretendesi tragga il nome di Zanni dal Sannio, e che, come dice Cicerone, loto
corpore ridetur.
Neofron di Sidone inventò il pedagogo; Maison di Megara, il cuoco. Dal colombario
de' liberti d'Augusto uscì quest'iscrizione, che indicherebbe la maschera del Dottore:
CjKSARIS lvsob
MVTVS ANGVSTVS
IMITATOR
TI . CjESARIS . AVGVSTI . QVI
PRIMVM INVENIT CAVSIDICOS IMITAHI.
Maschere chiamiamo noi quelle che i Latini persona o larva, e i
Greci TT/ooTWTTov , faccie più grandi del vero, che non si applicavano
solo al viso, ma abbracciavano tutta la testa, e per lo più avevano
un rialzo in punta disopra della fronte (oy/oi) , dal quale pendevano
lunghe trecccie di capelli. Queste a fianco, in un musaico di Pompej
stanno ai piedi d'un corago, e probabilmente sono una comica e le
due altre tragiche: perocché variavano esse secondo il personaggio
che raffiguravano, e molte ce ne tramandò l'antichità.
Polluce fiv. 133) enumera venticinque maschere tipiche della tragedia; cioè sei per
vecchi, sette per giovani , nove per donne, tre per schiavi: oltre un'infinità di parti-
colari , come il cieco Tamiri , Argo centocchi ecc. ecc. Le maschere comiche distingue
in vecchi, schiavi, donne vecchie, donne giovani.
584
ARCHEOLOGIA. E BELLE ARTI
Le qui esposte, destinate a drammi satirici, esistono nel museo Britannico:
e quest'altre (qui sotto effigiate) , nel ma-
noscritto antichissimo di Terenzio sono
anteposte nWAndria :
Quando l'attore fosse fischiato , obbligavasi a levar la maschera ; non però nelle
Atellane.
Fr. Stievb, Dis$er tatto de rei scenicm apud Romanos origine.
FiCOBONi, De larvis scenicit et figuri» comicis anliquce Romoe. Roma -1736.
KoiiHLER, Masken^ ihr Crsprung und neue Auslegung einiger der merkwilrdigsten alten Denkmàler .
Pietroburgo 1833.
§ 282. — Strane particolarità del teatro.
Quel che l-uciano e Filostrato ci raccontano intorno al teatro , che gli attori rial-
zassero e ingrossassero la persona; che ponessero maschere al viso, alcune delle
quali da un lato rideauo , dall'altro piangeano , e voltassero al pubblico or questa or
quella, non si crederebbe, se passi d'antichi e pitture e statue non ce ne facessero fede.
Pertanto conviene spogliarci affatto delle abitudini nostre per figurarci quel che allora
fosse un teatro. L'abito non era il consueto o quel che noi qualifichiamo d'eroico ; ma
Eschilo n'aveva introdotto uno, che durò fino all'estinguersi del politeismo, e che non
variò colle mode, perchè atteneasi alla sua origine religiosa e sacerdotale. Era esso una
modificazione del vestimento quasi orientale, consueto nelle feste, nelle processioni, e
probabilmente ne' misteri dionisiaci. Questa stola (a-co/ri) lunga, vergata o variata a di-
versi colori smunti, talvolta orlata d'oro, sempre tagliala dritta, e sostenuta da una
cintura larga, scendea fin al piede dei tragici, onde fu detta t unica talarU {x'-'^^'» ito (?/), &>;,-) :
quella per le donne, cioè pei giovani che sostenevano le parti femminee, ancor più lunga,
strisciava sulla scena , e perciò chiamavasi ffùoTc? o ouppta. La sirma poi a Roma fu
adottata anche per gli uomini che appena distinguevansi dalle donne, come succedeva
nelle feste di Bacco.
Come stabile era la decorazione secondo la natura dell'azione, avendosi una scena
tragica, una comica, una satirica (Vitkuvio, v. 8), che ciascuna offerivano un aspetto
generale, sottoposto a certe condizioni indeclinabili; così v'avea tre vestiri, tragico,
comico, satirico, oltre un orchestrico, che si portava non sulla scena, ma sull'orchestra.
Per esempio, nel tragico tutto tendeva al grandioso: gli attori dovevano esser alti
quattro cubiti, perchè tutti gli eroi, eccetto Tideo, avcano ricevuto dagli Dei statura più
che umana. A tal effetto servivano i coturni., specie di stivaletti usati dai cacciatori di
cervo nell'isola di Creta, poi adottati da' montanari della Laconia, consistenti in un
sandalo allacciato sovra il piede con coreggie che arrivavano a mezza gamba (vedi la
2' fig. a pag. 190). Eschilo gl'introdusse pei coristi, giacché convenivano ad ogni
piede *: ma in quel che diede agli attori posti sulla scena , era combinato il predetto
{\) Perciò xoOópvot cbiamaronsi quei che uoi diciamo banderuola, genti che cambiano facilmente ami-
cizie e opinioni.
i
PARTICOLARITÀ DEL TEATRO 385
colla triplice o quadrupla suola di suj;hero, propria dei Tirreni. Molte statue e basso-
rilievi abbiamo con sifatia calzatura. In alcuni anche si trovano veri trampoli (èu/Sàasi,
Eschilo introdusse all'uopo medesimo la pettinatura e le maschere, grandi assai più
che In natura. Ingrandito da pie e dal capo, sarebbe parso monco l'attore se non si
fossero e allungate le sue braccia e ingrossato il corpo con ventri e petti e mani po-
sticcie: così imbottiti, quanto poco doveano somigliare alle statue greche!
Tale disabbellimento, e la stabilità che le maschere davano alla fisionomia, togliendovi
ogni espressione, vollero spiegarsi colla necessità d'esagerar i lineamenti e la voce,
proveniente dall'auìpiezza dei teatri. Ma guardando le maschere antiche si chiarisce che
avevano bensì la bocca formata a troiid)a, vi mancava però il tubo, mediante il (juale
soltanto può la voce essere ingagliardita. Pare dunque, le bocche non si dilatassero che
per togliere la diminuzion della voce, che vediam prodotta dalle maschere nostre. Ag-
giungete che quella grand'apertuia non si trova ali \ bocca de' giovani e delle donne,
che pur aveano l'eguale bisogno d'esseresentiti. Chi poi visitò i resti dei teatri antichi,
per esempio a Taormina, Saguoto, Epidauro , sa che la voce naturale basta per farsi
udire pertutto. Il Journal de Paris, 20 novembre 1785, riferisce che quell'anno sul
teatro di Sagunto si recitarono quattro commedie spagnuole , avanti a piìi di quattro-
mila spettatori; e che i più lontani sentivano quanto quelli in prima fila.
i\è oggi può più credersi all'immensità dei teatri antichi, purché si distinguano dagli
anfiteatri e da' circhi. Facilmente da ogni punto si poteano dunque e udire e vedere gli
attori, senza bisogno che s'ingrossassero ; e infatto noi si faceva nelle commedie. Laonde
non fu spediente d'ottica o d'acustica che suggerì questi mezzi, ma il rito di conser-
vare agli eroi le apparenze più che umane.
Bensì dal detto si com|)renderà che i teatri antichi non aveano a fare coi nostri ,
recinti chiusi, ove a luce artifiziale si siede alcune ore ad uno spettacolo tutto d'illusione.
Gli antichi teatri erano posti in situazioni ridenti, spesso alla vista del mare, sempre
del cielo ; e quando l'attore invocasse gli a.'^tri o la natura, fissava gli occhi veramente
in quelli ; sovente mirava proprio i luoghi a cui dirigeva la parola, come quando Ajace
morente da Atene apostrofava Salamina.
Cantò, Documenti. — Tomo 1, Archeologia e Belle Arti 25
386 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
CAPO DECIMO
LE ARTI CRISTIANE.
§ §83. — Il cristianesimo dovette mutare essenzialmente le arti.
la tutte queste indagini sulle belle arti abbiani potuto vedere insigni raffinamenti
nella forma; l'idea però corrompeasi di più in più, conformemente ad un culto della
materia, che avea dimenticato l'autore di essa, e lasciata da canto quella parte spiri-
tuale che è l'anima del cadavere. L'umanità, assunta da un Dio, veniva redenta dalla sua
bassezza; cbiarivasi la fede, si stabiliva la speranza, rianimavasi la carità; un alito nuovo
invadeva la società tutta, e anche le belle arti ne restavano rigenerate. Il cristianesimo
inciviliva per mezzo del culto; col culto sollevava all'arte e alla poesia; e con queste
alla fede e all'entusiasmo. Non più a blandir le passioni, ma a correggerle volgeansi le
arti; non a idolatrare la materia, ma ad elevare lo spirito; non accrescere godimenti
ai fortunati, ma a confortare gl'infelici, e ad innalzar al cielo gli sguardi abbattuti dalle
soflerenze o abbagliati dalle passioni o vacillanti nel dubbio; a mostrare quel sublime
eterno che celasi sotto l'apparente disordine o sotto il fragile bello; ad avviar le menti
e le opere verso quell'altra vita, da cui soltanto trae spiegazione e merito la presente,
§ 284. — Scrittori di arti cristiane.
Questo rigeneramento delle arti belle, come quel della società, cominciossi nelle ca-
tacombe. Alfonso Ciacconio, dotto domenicano e appassionato indagatore dei monu-
menti antichi, fu per avventura il primo che allo studio delle antichità pagane unisse
quel delle cristiane, e levava i disegni delle pitture e scultore sacre, e nominatamente
fc raccorrò in un libro le pitture del cimitero di Priscilla, scoperto nel L178 ; soggiun-
gendovi altri sarcofagi cristiani. A Filippo Vinghio, giovane belga studioso, comunicò
egli il frutto di sue indagini e il libro suddetto; e il Vinghio continuò l'opera, ritraendo
a colori e con maggior esattezza i monumenti cristiani, e pensava dichiararli per iscritto,
quando mori in fresca età. L'esempio suo eccitò Antonio Rosio romano ad esplorare
sotto l'aspetto artistico le catacombe; ma le fatiche di trentatre anni (1507-1600) non
condusse a fine, e furono pubblicate da G. Severano nel -1032 col titolo di /lo/na sot-
terranea. Poco v'aggiunse questo, e poco il padre Paolo Arringhi, che la tradusse in
latino (1651-59). La parte più malagevole dell'opera del Vinghio pensò compiere Gio-
vanni l'IIeureux belga, che avea grecizzato il suo nome in Macario, e ricco di dottrina
e dell'amicizia de' migliori d'allora, stese gli AqiogUpta: ma morì nel 1(514 senza averli
pubblicati ; e sebbene fosser conosciuti dai doti, non vennero alla luce se non nel
1856 a Parigi, con note e supplementi del padre Garucci. Il Fabretti, essendo custode
delle catacombe, raccolse molte epigrafi, che formano l'ottavo libro delle sue Inscri-
■ptiones antiqua} (Roma 1702). Marc'Antonio Boldetti succedutogli die fuori Osserva-
zioni sopra i cimiteri dei santi martiri e degli antichi Cristiani di Roma (1720), frutto
di trent'anni di ricerche su que' sacri ripostigli e sugli oggetti cavatine; ma più che
all'archeologia, intese a dedurne testimoni di costumanze cristiane. Col sentimento
stesso il padre Marangoni trattò delle catacombe tìQWAppendix de ccemeterio ss. Thraso-
nis et Saturnini, e negli Acta s, Victorini (Roma 1740); degli altri riti nel libro Delle
SCRITTORI DI ARTI CRISTIANE 387
coae gentilesche e profane tra<<portntc ad mo ed ornamento della Chiesa (Roma 1744).
Il gesuita F.upi discusse ampiamente di tali materie nelle Dissertalio et animadversiones
ad nuper inrentum Severne marti/ris epitnphium (Palermo 173i) ; e nelle postume Dis-
seriazioni, lettere ed altre operette (Faenza l78o). All'opera insigne del Rosio molto ag-
giunse il Rottari, tanto da formarne quasi un'opera nuova intitolata Sculture e pitture
saure, e'^trade dai cimiteri di Roma, pubblicate fiià dagli autori tifila Roma sotter-
ranea, ed ora novamente date in luce colla fipieiiazione, per ordine di N. S. Chment^
XII felicemente regnante, 1737-oi: ma quantunque molti lo esaltino e vi si confidino,
olii lo studia ritrova che o non vide le catacombe, o poco e male, e le sue addizioni sono
spesso arbitrarie.
L)i lilippo Ruonarroti sono insigni le Osservazioni sopra alcuni frammenti di vasi
anticlii di vetro, ornati di figure, trovati nei cimiteri di Roma (Firenze 1716). Né infe-
riori sono i Vetera monimmta, in quibus praicipue musiì'a opera, sacrarum profanarum-
que cedium fttrurfura, ar nonnulli antiqui ritus di^seriationibus iconibusque illuatrantur
(Roma 17i7) del Cinmpini, che scrisse pure De sacris cedificiis a Con^tantino constructis.
Il Mamachi, nelle Origines et anfiquifates Christiana; (Ivi 1747-.'i2) e Dei costumi de'
primitivi Cristiani ^Ivi 17o3-f)l), sì vale de' monumenti per accertare l'antichità dei
dogmi. Filippo Ronanni espose La gerarchia ecclesiastica confiiderata nelle vesti sagre e
civili (Ivi 1720). Raonl-Rnchetfe, oltre il Discours sur V origine, le dèveloppewent et le
caractère dex tì/pps imitatifs qui conMituent Vart du christianisme {\%'iò), diede un'opera
sulle catacombe di Roma.
Il frutto degli sfudj precedenti raccolse, e con lunsa pratica, vastissima erudizione e
fino criterio crebbe ed espose il padre Marchi nei Monumenti delle arti cristiane primi-
tive della metropoli del cristianesimo, disegnati ed illusfrnti (Roma 18ii), oi>era che, se
fosse stata compita, reggerebbe a confronto a quella dpi Rosio, accresciuta coi progressi
della critica e delle scienze naturali e storiche. Perocché per trattare delle catacombe
non basta il genio; e sembra che la pietà abbia un secreto suo proprio di favellar di cose,
che si possono meglio sentire che dipingere.
Opere d'importanza sono pure: Onofrio Panvinio, De rilu gepelìendi morlitos apttd veteres Cfirixlianng,
et (le eorumdem ccpmeleriis ; Giorgi, De monorjrammale Cìiristi ; Borgia, De cruce raìicnna e De
truce veliterua; Aleanitri, Saris Eccìesiamreferenlis nìirnholum ; l'Allegranza, Spiefìfizinrìe nnpra atruni
monumenti antichi; Paciaudi , De cuìtu $. Jonnnis Baplislw antiquo, e De sacris Christianorum
balneis; Dncange, De impernlorihus constanlinopoìilanis^ e Consfanlinopotis Christiana.
Agincourt [Uistoire de Vari par tes monuments) conobbe l'importanza di cerrare nell'arti nascenti dei
Cristiani il passafiftio fra l'era antica e la nnova ; ma ogni cosa guardò con viste profane e spesso ristrette.
R. \Valsh trattò delle medaglie e gemme che illustrano i progressi del cristianesimo {Essay of ancient
coins, medaìs and gems as illustr. the progress of Crislianily).
Recenti sono Mi enter, Sinnbilder und KunstvortteUiinqen der alien Chrislen. Mtona )825.
Grle>kisen, Veher die Ursacfien und Griìnsen des Ktinslhasses in den drei ersien Jahrhunderl nactt
Christ. 1831.
Le Roy, Storia delta disposizione e delle forme diverse date da' Cristiani a' loro tempj.
RoESTEL, Roms Katacnmhen.
i-cnoE^E, Geschichls Forschungen ìlher die kirchlichen Gehriiiiche und Einrichlungen der Chrislen.
r.i:E>ERAll.T, Diclionnaire iconogrphique des monuments de Vantìquité chrélienne et du moyoM-àge.
Parigi 1843. — Die .Attrihuten der Ileitigen. Anno\cr J84.'5.
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H. KneiNWALD, Die kirchlirhe Archo'ologie Berlino 1830.
tJiDRON, Mauual d'iconngrapfiie chrélienne, grecque et Ialine. Parigi 18'(p.
Tlìe church in the Calacombs; being a descriplion ofthe cfturch exisling in home during the first Four
Cenluries, illusiraied bg the remains belonging lo the Calacombs of Rome, including the conlenls of
the Lapidarian gallery of the Vatican. and olher unpublished collecHons. By Charles Maitla>d.
I^ondra 1845.
Hagiuglypia, site piclurce et sculpturce sacrce antiquiores, prwserlim quae Romw reperiunlur, expli-
cnte a JOA>NE L'IlEiREtx (Macario). Parigi IS'iG.
Cfitacombes de Rome: arrhiteclure , peintures muraleg , inscriptions, figures et symboles det pierret
sépulcrales, verres gravès sur fond d'or, lampes, vases, eie. des cimelicres des premiers CItréliens,
par Louis Perhet. Ivi, finito nel 1837, a spese del Ministero.
Un museo cristiano, cominciato in Vaticano per ordine di Benrdcllo XIV, sempre più ingrandisfe. princi-
palmente da che siede Pio IX.
ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
285. — Le catacombe : se d'orìgine pagana.
Le catacombe sono scavazioni sotterranee, in qualctie luogo ampie ed elevate come a
Napoli, altrove basse ed anguste come a Roma, spesso a due o più piani, e con corri-
doj tortuosi. Che le più importanti, cioè quelle di Roma, provenissero da scavi antichis-
simi fatti per trarne la pozzolana con cui si edificò Roma, talché per tanti secoli e con
tanta smania di fabbricare venne a formarsi una città sotterranea, fu asserzione della
pluralità fin a questo giorno. Allegavansi in prova le consimili a Napoli, a Siracusa, a
Parigi, variate secondo la natura del terreno. Trovasi cenno ne' classici che di buon'ora
cominciasse a Roma l'uso di valersene per sepolture: così in una latomia furono fatti
i sepolcri degli Scipioni, i quali appartenevano alla famiglia Cornelia, che non usando
bruciare i cadaveri, deponevali sotterra, anziché nelle tombe alzate lungo le vie. Sembra,
anche fossero tali scavazioni destinate al vulgo, come quel miserce plebi commune sepul-
chrum^ che Orazio denota Semi. I. 8.
Entro que' sotterranei furono spesso rinchiusi i Cristiani, o vi andarono a cercar pro-
seliti fra 1 poveri e soffrenti condannati a lavorarvi, sicché vi presero pratica, e li scel-
sero per ricovero e convegno ai vivi e per sepoltura ai morti. Da ciò la venerazione che
acquistarono, e l'esser divenuti miniere di reliquie.
Origine sifatta renderebbe molto dubbie le reliquie che se ne estraggono ; indicherebbe
anche un accomunamento de- cadaveri e de' riti cristiani coi gentileschi, affatlo abor-
rente dalla consuetudine dei primi tempi. Pertanto l'ultimo e più esteso illustratore
delle catacombe, per principale assunto dell'opera sua impugna la sovra es-
posta teoria L'esame del suolo lo chiarisce come Roma non sia costruita col
tufo granulare , in cui sempre sono scavate le catacombe cristiane; l'angus-
tia di quelle viuzze, tortuose, a molti piani, con scale discomode, avrebbe resa im-
possibile l'asportazion delle pietre. Da questi e da più altri argomenti conchiude ri-
solutamente che le catacombe furono scavale a bella posta dai Cristiani, e che a quelle
sepolture mai non parteciparono i Pagani.
§ 286.
Loro descrizione.
Il nome di catacombe, tratto dal greco, fu dato primomente a quelle che diconsi di
San Sebastiano, sulla via Appia, formanti parte del vasto cimitero di San Calisto, tanto
venerato che vi si sepellivano i papi dopo quello da cui ebbe nome.
Le catacombe non hanno altro fregio che le nicchie o loculi, scavali nei loro fianchi,
a più ordini come ne'colombarj e dove si riponevano le ossa, quasi scaffali d'una biblio-
teca, ove la morte depositava le opere sue. Loculi è il nome moderno, ma nelle lapidi
son chiamati loca, luoghi, il qual nome per sepoltura già usavano gli Etnici. Tratto tratto
riescono a camere decorate di stucchi, o a cappelle e cellette. Nella figura qui contro si
ritrae l'aspetto d'una catacomba, perchè si veda anche il modo con cui vi giaceano i
cadaveri. Le nicchie erano di misura appena sufficiente al cadavere, talvolta a due. Al-
cuni di questi erano conservali con aromi, altri distrutti colla calce. Ripostovi il ca-
davere supino cbiudevasi la bocca con una pietra che si stuccava.
Nelle camere aperte a fianco agli androni celebravansi i sacri misteri, si amministra-
vano il battesimo ed altri sacramenti. Le pareti di quelle apronsi a sepolcri disposti in
linee una sopra l'altra; e per lo più nell'anteriore n'ha un solo e principale, arcuato, il cui
nome, secondo le lapidi, sembra arcosolium. Qui sotto esibiamo due cubiculi del cimi-
tero di Sant'Agnese, uno con tre monumenti ar-
cuati, l'altro tolto in mezzo da due sedili, Nel
centro elevasi un sepolcro in forma di cassa qua-
drangola, conforme ai sarcofagi antichi, che ser-
viva d'altare; però non sempre è isolato, ma
talvolta scavato in modo che ne restasse visibile
la sola fronte; talché il sacerdote celebrando do-
vea volgere le spalle alla plebe; al contrario di
quel che si vorrebbe asserire circa gli antichi riti:
1
ÓATAGOMIil!) 883
tal forma dlvetine queiia delle chiese, che, cessata la pèrsfiòuillotlè, fupono erette al
(li Bopia d'essi sotterranei, ai quali si applicò il nome di confessioni, E poiché talora BottO
A BB e DD strada. — E F linea su cui s'innalza l'ortografia. - G ampolb attaccata alla roccia colla
calce, in mezzo a tre loculi. — H loculo con epitafio , grcfiato con punta molto sottile nella calce ancor
fresca. — I loculo chiuso con tre tegole; sulla prima sta una fenice, suilallra una palma. L loculo con
XXX fatto a punta sulla calce fresca. — M epitafio con pennello e tinta bianca snl campo rossastro di una
tegola ch'e in mezzo al loculo. — N palmella, segnata con punta tagliente sulla calce. — O monogramma
di Cristo. P vaso murato a capo d'un loculo. Tombe aperte per mostrare eomc giacciono i cadaveri.
590 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
a una chiesa v'avea più d'un monumento, moltiplicossi il numero delle cappelle, come
si vede nelle chiese moderne. Onde coloro che riprovano lamoltiplicità degli altari, come
contraria all'unità religiosa non meno che all'artistica, possono vedere che (juesla asse-
rita novità rimonta all'età eroica del cristianesimo.
Le catacombe cessarono di servire quando la Chiesa divenne trionfante -, poi nellviii
secolo cominciando le correrie di nuovi Barbari, e più al tempo di quelle de'Saracini,
se ne estrassero molti cadaveri per trasferirli entro il recinto della città.
Oggi alle catacombe di Roma si entra per le chiese che vi furono alzate di sopra, come
Sant'Agnese, San Sebastiano, San Lorenzo fuor delle mura, che sono le più visitate;
benché altre scopransi talora o nelle vigne o in città, di cui è perduta l'entrata. Nelle
meglio conservate vedonsi le scale per cui discendervi, e pare fosse distinta l'entrata per
gli uomini da quella per le donne.
MArrLAND {La chiesa nelle catacombe. Londra -1847) , prese l'assunto opposto al Marchi , cercandovi argo-
menti contro il cattolicismo.
NOBTHCOTEj The roman calacombs. Londra ^857 è un riassunto di quanto s'è fatlo finora
Perret stampò in Francia un'opera su tal materia, ma il carattere delle pittore non e conservato, volendosi
aggraziarle. Il cav. Derossi fu incaricato da Pio IX di nuove esplorazioni nelle catacombe, e trovò il vero
cimitero di S. Calisto^ e le tombe de' primi papi.
§ 287, — Pitture.
Le pitture delle calacombe non difTerivano gran fatto da quelle usate nei sepolcri pa-
gani. Erano disposte per iscomparti e con simboli, conservando qui ancora gran parte
di quella cultura, dal cui seno era nata la cristiana. Se non che gente rozza essendo i
primi artisti cristiani, la forma dovette riuscir inferiore e timida e uniforme.
Il corKiilio lUiberilano verso ilSOUdice (cari. 3): « Piacque che non vi deva esser pit-
« ture in chiesa, e che ciò che s'adora non venga dipinto sulle pareti ». Come si combina
« ciò colle pitture così frequenti nelle catacombe ? Dovette essere un provedimento di
circostanza, in tempo di persecuzione, affinchè quelle pitture, cadendo iu man de' ne-
mici, non divenissero oggetto di profanazione. Fatto è che, sebbene alcuni Padri ripu-
gnino dalla rappresentazione materiale della divinità, altri e massime a Roma, perdo-
navano all'arte, sempre però le immagini dipinte preferendo alle plastiche. Laonde
quelle si continuarono sempre ; fors'anche più nelle catacombe perchè meglio difese.
Quivi la volta, iu cui spesso finivano, faceasi in varj scomparti, separati da fogliami o
ghirigori all'arabesca, che chiudevano un tondo, ov'era la scena o la figura |)rincipale.
Gli ornati erano (luei dell'antichità. Profusi dunque i fiori in canestri, in corone, in
festoni, 0 sparsi da genietti, tanto che Tertulliano ne ri|)rovò l'abuso {De idol. \\). Vi
sono frammisti animali o veri o fantastici, pegasi, delfini, ippocampi, sfingi, teste di
Medusa.
Spesso v'è rappresentato il fossore in atto di sterrare, e gli fa riscontro un'altra fi-
gura portante la lucerna. San Girolamo, descrivendo un sepolcro scavato fuor delle
mura di Vercelli, dice: Clerici, quibus id ufficii eral, crucntum liiUeo cadaver obvoì-
vunt, et fossani humurn lapidibus construentes ex more tuinulwm paniìU {Ep. i ad Itiiioc.}.
Questi fossori o fossarj vanno contati fra i maggiori eroi del cristianesimo, perchè si
esponevano ai persecutori onde raccoglier il martire, o passavano la vita in mesti sot-
terranei per preparare I depositi ai fedeli, e consideravansi come nuovi Tobia, che
K prendendo cura delle cose visibili della morte, s'allrettavano verso le invisibili, e
sperando che ogni colpo dato a favor di questi semi confidati alla terra, sarebbe ad essi
contato nel giorno della gran messe».
Altre volte son dipinti Cristiani in atto di orare, colle braccia aperte e le mani levate
al cielo, come si soleva, e come si conservò nella messa dopo l'elevazione. In qualche-
duna SI trovarono ritratti, forse delle persone che fecero scavare (pieiripogeo.
1 soggetti storici talora sono identici coi gentileschi, o non discernibili da quelli ;
Mercurio, le Dauaidi, Pan, Andromaca liberata, Aniione, Orfeo, oltre le Sibille e le
Muse; sovente sinqiosj, o trionfi, o scene campestri. Sull'urna di porfido di Costanza
vedonsi scolpite scene bacchiche ; sopra una moneta, Costanzo è coronato dalla Vittoria,
mentre sostiene il làbaro. Questa mescolanza del sacro col profano non è rara; e fre-
i
l'ITTURE. — ICONOCRAIIA CRISTIANA 391
quentissima fra i Gnostici, per l'ecIeUismo da loro professato. In una gemma prodotta
dal Montfaucon in. 36G, tav. cLixj è figurato un Mercurio, e la leggenda dice il/«c/ie/e,
per allusione all'udizio di giudicar i morti, altribuilo a (juest'angelo come a (juel dio.
Ma al tempo stesso la religione creavasi un ciclo particolare d'ittimagini, sicno sto-
riche, sieoo allegoriclie, nou senza sentimento artistico. Comune è il Buon Pastore
colla pecora in ispalla, o attorniato dal gregge, tipo non incognito ai Pagani. I soggetti
poi dell'antico Testamento vi sono misti a (juelli del nuovo: iNoé, Giona, Giobbe, i fan-
ciulli nella fornace, Tobia col pesce, Daniele nel lago de' leoni, Elia rapito. Caino e
Abele, la visione d'Ezechiello, son i più soliti; e pel nuovo Testamento il Paraclito, la
disputa co' dottori, la risurrezione di Lazzaro; inoltre effigie degli apostoli o di martiri.
Ma rare o non mai occorrono le scene di martirj, come pure il Cristo straziato, se non
verso il VII e vin secolo. Più sovente si trovano effigiate le agapi : v'è una ordinazione,
ed una vergine che riceve il velo.
È notevole che, nel medioevo, principalmente nelle pitture dei vetri, i soggetti son
tratti più volentieri dai pseudo-vangeli è dalle leggende. Ma intanto era nuovo questo
prendere a soggetto, non più la forza e la bellezza nella più vistosa appariscenza, ma
un Uomo-Uio che « volle l'onta e nell'anima il duolo e le ambascie di morte sentire e
il terror che seconda il fallire «, una vergine madre, vecchi plebei, donne piangenti;
espressioni d'una religione nuova, per cui la vita era un'espiazione, e che rendeva sacri
i patimenti e le lacrime.
§ 288. — Iconografia cristiana.
L'aborrimento degli Ebrei dal rappresentar figure umane ci fa credere che nessun
ritratto si facesse di Cristo e degli Apostoli dal vho. Anche dai primi Cristiani noi si
dovette fare, per nimicizia all'idolatria, sicché non può aversi immagine autentica fatta
a mano del Salvatore o de' suoi. Quelle che ostentavansi, erano o il sudario della Ve-
ronica o la santa sindone, dove l'impronta di lui rimase miracolosamente. L'effigie di
Edessa e quelle di ÌNicodemo e di san Luca mancano d'autenticità, e sant'Agostino at-
testa chiaramente non possedersi alcun' immagine reale di Cristo, ma innumerevoli
essersene finte, dissomiglianti tra loro: Qua fuerit Christus facte nos penitus ignura-
ìììus ; . . . nani et tpsius donunicce faciei carnis innamerabilìum coyitationum diversitate
variatur et fìnjitur, quoi tainen una erat, qucecumque erat. De Trinit. lib. viii.
e. 4 e 5.
La più antica effigie del Piedentore sta a Roma nella volta d'una cappella del cimi-
tero di San Calisto, del tipo che fu ben presto adottato dagli artisti, cioè viso ovale, fi-
sionomia grave insieme e dolce, placidamente melanconica, barba corta, rara, rossiccia
capelli separati sulla fronte e cascanti sulle spalle alla nazarena, spesso Uniti con due
ricci sul petto. Nelle auliche immagini più solitamente vedesi di fronte, in abito di
oratore ateniese, come maestro del mondo, con un papiro o un libro nella sinistra e
colla destra alzala in allo di benedire, o piuttosto cui gesto che negli scritti e nelle
miniature antiche si attribuisce agli oratori, cioè le tre prime dita erette, le altre due
piegale. Talvolta il pollice è unito all'indice piegalo ed eretti gli altri, al qual modo
vogliono si formassero le lettere A e ii.
G. Grimm, in una dissertazione all'Accademia delie scienze di Berlino [Die Sage vom Ursprung des Chri-
stusbilder^ 18;2) , mostra la conuessione fra la tradizione amica del re Abgaro , e la più moderna della
Veronica. Le immagini dedotte dal sudario di questa , colla corona di spine, non pajouo anteriori al xiv
secolo; mentre le altre sarebbero del iv, e non si trovavano presso ortodossi, ma presso eretici o gentili
come quella che Alessandro Severo conservava insieme con Abramo, Orfeo, Apollonio Tianeo.
Vedansi pure Gieseler, Storia ecclesiastica, voi. i.
Fr. MiEMER, Sinnbilder und Kunslvorsteltungen der alien CArij^en. Altona 1825.
F. PiPER, Mylulogie und Symbotick der christlichen Kunsl, ron der alteslen Zeit bis in xvi Jahrhun-
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DiDRON, Histoire de Dieu.
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•— Saggio sulla tioria dell'arie cristiana (ted.) Ivi 1841.
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A. von M. Die attribute der Heiligen, alfabelisch geordnet. Aonover -1845.
Les tnosaìques chrétiennes des basiliques et des églises de Rome, décriles et expliquéei par H. BaRRei'
DE JouY. Parigi -1857.
Or che si tende a mostrare che tutte le pratiche del culto cattolico son novità, im-
porta cercarne la traccia ne' primitivi tempi e accertare che non fu interrotta la catena
né dei dogmi nò dei riti, il prof. Garucci raccoglie a tal uopo le pitture e sculture della
primitiVci chiesa; sul muro del palazzo de' Cesari si scoprì una caricatura, d'un uomo
crocifisso colla testa d'asino, e al suo piede uno che l'adorava, e l'iscrizione greca
Alexameno adora Dio. Questa parodia attesta che (in dai primi tempi veneravasi il cro-
cifisso Un cameo del ii secolo porta sei de' simboli più consueti della primitiva chiesa
e l'acrostico 1K0Y2. e sono l'ancora con due pezzi, una croce in forma di T, al cui
piede un agnello e in alto la colomba col ramo d'ulivo : una barca; il buon pastore.
Ad arbitrio son pure le effìgie della beata Vergine, divenuta tipo della semplicità,
purità, elevazione, della dolcezza dignitosa e del patimento rassegnato. Che col bambino
in grembo non siasi cominciata a fare se non dopo il concilio ecumenico d'Efeso nel 451 ,
è asserzione smentita da molte pitture anteriori.
Le immagini degli Apostoli, essendo più umane, riuscirono più artistiche ; e quella
di ciascuno venne determinata con certe arie e con simboli, conservati poi in tutti i pe-
riodi dell'arte. Quanto ciò bjsse antico rivelasi da quella tradizione, che papa san Sil-
vestro mostrò a Costantino due effigie dei santi Pietro e Paolo, ch'isso imperatore co-
nobbe per quegli apparsigli in sogno. Tale dipinto, che tuttora serbasi negli archivj
del Vaticano, servì alle copie successive, fattene principalmente in musaico.
Il nimbo attorno alla testa già rinviensi in divinità romane, come ad una d'Apollo
nelle terme di Tito, e a due figure giovanili in pit-
ture ercolanesi. Agl'imperatori è posto nelle meda-
glie, già fin da Antonino Pio; e corrispondeva alla
corona radiata dei più antichi , esprimente immor-
talità, come in questa di Antonio. La portauo tal-
volta i re d'Oriente, e di solito le profetesse, le co-
stellazioni personificate, e le buone o cattive potenze
dell'anima o della natura. 1 Cristiani, come tant'altri
attributi derivanti da cagioni semplici e rette, l'adat-
tarono a Cristo, alla Vergine, ai Santi, ma non come
speciale della santità; anzi in un musaico del v se-
colo della basilica Liberiana, è con e.'so distinto il re
Erode (Ciampini, \'etera inuniin. i. M4j.
Il nimbo di Dio ha per lo più il disco diviso in forma di croce, com'è talvolta ap-
posto anche all'agnello, per esempio in
questa figura, tolta dal Bosio alle cata-
combe. Questo fregio talvolta si stende at-
torno a tutto il corpo, nel qual caso po-
trebbe chiamarsi gloria o aureola. Talaltra
vi sono l'aureola e il nimbo, come nella
1^ figura della |»ag. seguente, tolta da un
manoscritto italiano dello Speculmn hu-
niancB salvationis del secolo xiv:
Ora il nimbo è un semplice contorno,
ora è adorno di raggi o d'altre appendici
a fantasia. Al Padre Eterno suol farsi tri-
angolare, esprimendo la Trinità; lo che
esprime sovente la distribuzione dei raggi
attorno alla faccia del Redentore, nella 2*
tratta da una miniatura del xiv secolo, e
nella 5', da una del ix.
tCONOflftAHA ékau dO§
La vetìéfaElone vefào le effigie antiche e l'imitazione delle pieghe e delU parte tec-
nica greca, disiolsei'o dal copiare slrellamente la natura. Né era in arbitrio dell'artista
il mutarle forme; e il concilio Niceno 11 (Act. vi, ap. Labbf.) prescrive: Non est ima-
ginum struciura pictorum inventio, sed Ecclesice catholicce probata legislatio et tra-
ditio.
MoLANUS, Hiiloria imaginum sacrartim.
GuENEBAULT, Diclioniuiire iconographique dei monumentt de i^antiquité chrélienne et du moyen-dge.
ki
ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
g 289. SJmboH
Molto studiaronsi i simboli, linguaggio mistico che ajuta la parola scritta, e che pre-
vale nei cominciamenti dell'arte (§ 35J. Quelli de' cristiani in parte provenivano dal-
l'antico Testamento, in parie dalle idee orientali allora innestate nella fdosofia e nella
fede. 0 fosse la naturale inclinazione degli uomini a conservar l'antico, anche quando
perdette e significazione e opportunità; o fosse necessità di valersi degli oggetti del
culto antico per arricchire il nuovo ; o il dover servirsi di artisti, cresciuti in abitudini
gentilesche; o anche il volere al men possibile cangiare di quelle esterne espressioni,
che tanto valgono negli uomini; o la facdilà stessa di mutar natura ad un oggetto ma-
teriale col dargli un senso simbolico, certo è che i primi Cristiani si valsero d'una gran
parte degli emblemi gentileschi. Le vigne di Bacco ricomparvero sui monumenti ad
esprimere quel detto del Salvatore Ego sum vitis, vus palmites. La palma e la corona,
indizio di vittorie circensi, espressero « nuovi trionfi e gloria vinta in più belle prove»:
né è da crederli riserbuti a significare martirio. Le ale degli Amori o de' Genj si adat-
tarono agli Angeli ; l'aquila di Giove, il leone di (Jibele simboleggiarono gli Evangelisti ;
le chiavi di Giano in man di Pietro espressero la somma potestà di sciogliere e legare;
il cervo di Diana significò l'anima assetata delle acque della vita, e il pavone di Giu-
none la gloria dell'anima risorta, come l'aquila delle apoteosi la santificazione, e la fe-
nice il rinnovamento della vita. Altri simboli felici furono l'agnello, la colomba noetica
messaggera della speranza, l'ulivo, il gallo che indica la vigilanza e il suono della ri-
surrezione • e i fiori e le piante, che ben convenivansi col titolo di giardmi o paradisi,
dato ai cimiteri ed alle cappelle, La nave, l'ancora, il faro, il tridente alludono alla
vita, paragonata alla navigazione.
Altri simboli furono stiracehiati, come il pesce che nel suo nome greco IX0YS riu-
niva le iniziali di l/io&ù; Xot^-rò^ 0-;où Vtos X&jS>5/3 Sovente il simbolo è un'allusione al
nome: pesci per una Marittima; l'asino per un Onagro; una scrofa per una Forcella.
Molto comune è I'a e h, riferentesi al detto evangelico, e all'essere Cristo principio e
fine, finito ed infinito.
Usitatissime sono le chiavi, allusive alla facoltà di sciogliere e legare, data da Cristo
al principe de"li Apostoli. Il quale talvolta è effigiato con tre chiavi, come nel musaico
che sovrastava all'atrio della basilica Vaticana; ma per lo più con due, una d'argento,
una d'oro. In antico si laccano piccole chiavi, racchiudendovi un poco di limatura delle
catene di san Pieiro, e si mandavano in dono a principi, come fece Gregorio 111 con
Carlo Martello. Al papa novamente eletto, il cardinale arciprete della basilica Lateranese
presenta due chiavi ; mentie in antico veniva cinto con una fascia, da cui pendeano
sette chiavi e sette sigilli. I pontefici sono spesso rappresentati colle chiavi in mano, e
queste divennero simbolo della Chiesa, e si pongono sulle monete pontificie,
il simbolo supremo fu sempre la croce. Questa si trova già frequentissima in Egitto,
come segno ieratico della vita ; come segno di salvezza fu impresso sulla fronte dei pen-
titi di Gerusalemme (EziiciiiLLt, ixj ; a Palenche, città messicana tanto antica che nep-
pure i primi conquistatori n'ebbero contezza, la si trovò riposta nel santuario come og-
getto di cullo. Dacché fu lo strumento della passione di Cristo, venne adottala come
se"no esterno dei cristiani e variata in moltissime foggie. Le principali sono la greca a
bracci uguali (fig. 1); la latina con un'asta prolungata (fig. 2j ; quella di sant'Andrea
(fi", o). Ne' monumenti egizj v'è talora surrogato il T, come vediamo sull'abito di san-
t'Antonio ; ovvero la croce ansata (fig. 4) :
12 3
Sulle croci non sembra si collocasse il Redentore prima del iii secolo; e uou prima
SIMBOLI. — SEPOLCRI CRISTIANI 393
del VII apparve colle scene della passione, fra le Marie piangenti, e col sole e la luna ac-
canto al suo patibolo e trono.
MuENTEH, Sinnbilder und Kunslvorsleìlunyen der alien Chrislen.
HenriCbsen, De phaenicis fabula apud Graecos, Romanos et populus orientales. Copenaghen 182'j.
^ICOLAl, De sifjlis velerum.
CosTADO'^i, Del pesce, simbolo di Gesù Cristo.
lioriussÉ, Ai-ch('olu!iie clirèlienne.
Inslruction du cornile historique des arts et monumenls. Iconographie chrélicnne. Ilistuire de Dieu
par M. DiDiiON. Parij;! 1843.
Meuy, Théologie des peintres.
De chrislianis monumentis i-^3\jy exhibenlibus ; ef\sluh ì. B. OeiìOssi ad J. li. Pitra. Paiiiji ^85b.
Ai simboli si attengono pure i colori. Già ne vedemmo l'importanza fra gli Etnici,
massime nelle cose rituali. Non fu minore fra i Cristiani; e il bianco esprimeva la veri-
tà, l'innocenza, la fede; il rosso, l'amore e il martirio; il verde, la santa speranza, la
durata e la vita: e cosi via. Perciò gli abiti sacerdotali erano sempre bianchi, e tali li
conserva il papa: di bianco vestivansi i catecumeni per otto giorni dopo ammessi alla
Chiesa {in albls) : i colori che la Chiesa presceglie ne' suoi riti, traggono ragione da
sifatte osservanze.
PoBTAL, Couleurs symboliques.
Piazza, Iride sacra.
$ 290. — Simboli del medioevo.
D'altro genere simboli comparvero poi nelle chiese, e massime nelle gotiche, sulla cui
espressione rimangono incerti gli eruditi. Son mostri di bizzarre accozzaglie di membra ;
gon uomini in atti bell'ardi o sconci ; son diavoli insultanti ; son monaci in scene inve-
reconde.
Pensarono alcuni che i Normandi, autori o propagatori dello stile gotico, recassero
quegli strani ornati, desunti dall'aulico lor cullo di Odino; e ne adducono in prova
l'esserne sopracariche le chitse di Normandia e dei paesi italici dov'essi si stesero,
mentre ne restano mondi quelli che il mare o i monti isolavano. Ma nessun raffronto si
accerta fra quelle immagini e il culto di Odino.
Altri non seppe vedervi che simboli cristiani, e la lotta del buono col mal genio: ma
si oppone loro il lamento di san Bernardo a Guglielmo abbate di s^an Teodoro perchè
tanti mostri deturpassero le chiese cristiane, il voleie scorgervi una poesia dei volghi,
i (|uali cuculiavano in tal guisa i monaci e i grandi, par |)oco conforme all'essere (luelle
chiese commesse e dirette dalla divozione: pur non disdice al genio, continuo nel pub-
blico e talor anche nel clero secolare, di beffar il regolare. Alcuno s'accontentò di farli
creazione fantastica degli artisti , ma perchè si vedono essi soltanto nelle chiese? Altri
vi cercò un'origine gnostica, quasi che i riti sensuali di quegli eretici si fossero tras-
messi arcanamente nell'ordine de' Templari e nelle loggie dei Franchimurutori : ma
come credere che le permettessero i vescovi e i monaci nelle chiese non appartenenti
ai Templari V
Certo è che nell'architettura asiatica abbondano simili bizzarrie, anche prima del cri-
stianesimo.
§ 291. — Le sepolture.
La morte non era guardata con terrore dagli antichi, e in conseguenza non circon-
data di tetri emblemi, Pei Cristiani poi era un riposo , un sonno, da cui erano certi
d'aversi a svegliare. Da qui il nome de' cniateri, cioè dormitorj, e le formole dormita
requiescit, ecc. ricorrenti nelle epigrafi. Al ittlus, cvinpusitus degli antichi si surrogò il
depositus, più confacevole a cadavere intero, e che vi sta solo teinporariamenle finché
Dio intimi, — Aride ost^a, risorgete ». Le chiese stesse, in grazia della sepoltura dei
martiri, si chiamarono talvolta cametena, come la basilica di San Paolo in un'iscri-
zione che ne indica i restauri.
CoHSèfvossI l'uso etnico di collocare nelle tombe vesti, arreclij vasi, hifi^rtìe, balocchi
eia fanciulli, o specchi e pettini e giojelii, che attestano come qI lusso mti rimanessero
estranie le cristiane. Fra le ampolle furono venerate quelle di vetro colorato, che si sup-
pone abbiano contenuto sangue di martiri.
Altri vetri portavano disegni, e forse aveano servito alle agapi, onde l'iscrizionei
niE ZHCK ', bevi, vivi, bibe et pbopina. Le rappresentazioni stanno per lo più sul
fondo, graffite sopra una foglia d'oro. In alcuni restano ancora i grumi del sangue
Musaici ne' cimiteri non si hanno o ben pochi; e sotto Costantino furono fatti i primi
saggi di quest'arte, che doveva poi conservarsi senza interruzione nella Chiesa.
Molto si desiderava di farsi sepellire coi martiri ; san Damaso , nell'epitafio de' com-
pagni di martirio di san Sisto papa, scrisse:
Hic fateor Dainasus volui mea condere membra,
Sed cinerea, timui sancios vexare pioruin;
anche sant'Ambrogio avrebbe voluto un posto coi santi Gervaso e Protaso, se non avesse
creduto men decente il turbare la loro quiete; ma vi fu deposto, come egli stesso avea
collocato il fratello Salirò presso al martire Viltore. Il comune de' fedeli non si sepelliva
in chiesa, sia per evitare il lezzo, sia per non guastare i pavimenti, sia perchè nel luogo
consacrato al Dio della vita non pareva decente il deporre i trionfi della morte ; onde
sant'Efrem diceva: « Non lasciatemi deporre nella casa di Dio o sotto l'altare, poiché
« mal s'addice a un verme il santuario del Signore ».
Quindi l'uso contrario invalse, e mentre i primi imperatori invocavano come un fa-
vore d'esser sepolti nell'atrio per partecipare alle preghiere, dappoi urne, cippi, statue
ingombrarono le chiese e gli altari, finché il concilio di Trento non frenò l'abuso.
Come nelle catacombe artifiziali, così spesso deponeansi i Cristiani in grotte naturali
supini, entro nicchie scavate nelle pareti. Inoltre v'ebbe sepolture private, bisomi, tri-
somi, 0 più -, separate erano quelle de' bambini minori di quaranta giorni.
11 concilio di Elvira del 30(), al canone 3i, vieta d'accender lumi ne' campisanti, per-
ché non n'abbiano disturbo i corpi ivi giacenti: pure ne' sepolcri delle catacombe si
trovano lucerne, e la volta alTumicata attesta che furono accese. Cosi frequenti sono i
fiori effigiati sulle tombe, ola memoria dell'averne sparsi, benché Tertulliano disapprovi
quest'uso.
§ 292. — Scultura, toreutica, gliptica.
Di sculture si ornavano gli avelli, si da morto, si da battesimo, e moltissime grandi
urne uscirono dalle catacombe. Talvolta i Cristiani sepellironsi in quelle già destinate a
Gentili, onde si vedono imenei, combattimenti gladiatorj, satiri, baccanali, amorini.
Altre volte le scene profane, quando l'arte lo permetteva. 1 soggetti cristiani sono gli
stessi che dicemmo della pittura. Il Baronio ricorda un Severo, un Scrino, un Carpoforo,
un Vittorino statuarj : d'un Eutropio fu trovato il tumulo da Fabretti ; un Mezio Aprile
ARTiFEx siGNAUius da lioldelti : ma alla più parte di quegli artisti basta che il nome
loro lo sappia il Signore.
Le lucerne cristiane sono distinte pei simboli, quali il candelabro ebraico, la croce,
il monogramma di Cristo.
Nella toreutica sono importanti i dittici. Furono imitazione dei profani (§ 102), ma
per iscrivervi o il catalogo de' battezzati, o quel degli oblatori onde farne commemora-
zione nell'offertorio della messa, o de' superiori ecclesiastici, de' cherici, de' martiri e
confessori. Ampliandosi, divennero i calendari, i martirologj, inecrologj, ridotti a libri,
e coperti ancora con tavolette a uso dittici. Queste coperte stesse, ora eburnee, ora d'ar-
gento cesellato, si posero anche sopra evangeli e libri rituali. L'uso de' dittici é certo an-
tico nella Chiesa latina come nella greca; e il rito di leggere su di essi il nome de' vivi
e de' morti nelle commemorazioni della messa trovasi durato fin nel secolo xvi. Altre
volte nel dittico la rappresentazione non era più un ornamento, ma diveniva il principa-
le, e rivolta all'interiore la sacra immagine, portavasi indosso per devozione; o po-
neansi sopra l'altare spiegati, al modo che poi si fece de' quadri, i quali perciò lungo
tempo conservarono la forma di trittici, chiudendosi a doppia imposta.
Anche la gliptica fu ridotta ad uso cristiano, per ornare gli arredi sacri e i libri ritua-
SCULTURE, ANELLI, MARTORI 397
li. Quelle pietre portano rappresentazioni reiif,'iose ; immagini del Nazareno, del Croci-
fisso, del l)uou Pastore ; o storie sacre, come un'Eva che co^'lie il pomo, pubblicala dal
Vittori da un lapislazzulo; o santi o storie apocrife, (juale i Sette dormienti.
§ 293. — Anelli.
I primi Cristani negli anelli effigiavano il monogramma di Cristo, o la croce, o una
colomba. Presto l'anello divenne simbolo delle dignità ecclesiastiche, e specialmente
di papi, cardinali, vescovi, abbati, badesse, e dei dottori.
L'anello d'oro senza gemma è concesso ai prolonoturj apostolici ed ai canonici delle
cattedrali; ma fu più volle proibito celebrare con esso. San Carlo Borromeo, vietandolo
ai sem|)lici preti, lo concedeva ai parrochi delle collegiate; e spesso questi investi-
vansi per annulum et hiretum.
L'anello pescalorio proprio del pontefice, trae nome dall'effigie di san Pietro io atto
di gettar la rete. Con esso suggellansi i brevi, che per ciò diconsi sub annido piscatoris
(pag. 299]. E custodito dal maestro di camera del pontefice; e morto il papa, dopo la
ricognizione del cadavere , esso lo consegna entro una borsa al cardinale camerlengo ,
e questo al primo maestro delle cerimonie, che lo spezza insieme col sigillo di piombo
delle bolle. Al nuovo pontefice se ne consegna un nuovo nel giorno che riceve la prima
adorazione dai cardinali.
II papa ha due altri anelli, uno con pietra preziosa, che porta comunemente; uno che
adopera ne' pontificali. Trovasene memoria fino al 257. Quand'egli dà la comunione,
se gli bacia in prima l'anello pontificale, uso esteso ai vescovi. Alle cerimonie del ve-
nerdì santo non si porta anello ne dal papa né dai cardinali o altri.
I cardinali han l'anello d'oro con un zaffiro, sotto la cui legatura è lo stemma del
pontefice che lo conferisce. Probabilmente cominciò lai uso nel xii secolo, come segno
dello sposalizio colla Chiesa di cui assumevano il titolo, il censo che essi pagano per
averlo, va a mantenimento della Congregazione de propaganda fide; né prima d'aver
pagato questa tassa, da Pio VII ridotta a seicento scudi d'argento, ricevono i tre brevi
apostolici, coi quali acquistano l'autorità di far testamento, di trasferire la metà delle
pensioni, e di disporre delle suppellettili della loro cappella.
Dell'anello de' vescovi è menzione antichissima , e se ne valeano per suggellare. È
d'oro con qualche pietra senza intaglio, e portasi nell'anulare della man destra. Lo ri-
cevono all'alto della consacrazione, e l'antica formola era: Accipe annulum discretionis
et honoris, fidei signum, ut quce signanda sunt f^ignes , et quce aperienda sunt prodas.
I vescovi greci non usarono mai anello; bensì gli altri orientali.
Anche gli abbati regolari, nell'atto della loro solenne benedizione, vien dato l'anello.
Così faceasi colle badesse. Quella del monastero agostiniano delle Vergini a Venezia ,
veniva dal doge decorata di due anelli: in uno era l'impronta di san Marco, nell'allro
un zaffiro.
Eugenio Ili cominciò a dar l'anello ai dottori di sacra teologia.
§ 29i. — Altri arredi sacri.
Altri arnesi appartengono all'archeologia^cristiana. Primi vengono gli strumenti di
supplizio, ideati con una fecondissima barbarie. San Damaso papa (-584J li rammenta
già nel Carni, xxxvii :
Verterà, carnifices, fiamma, tormenta, catenas
Vincere Laurenti sola fìdei potuit.
Fra i pochi tormenti mentovati nelle epigrafi sono le forbici e le impiombate. Negli
avanzi riscontr^nsi le ungule di ferro, spiccie di tanaglie col morso a dt-nti; pettini di
ferro, scuri, lancie, coltelli, gravi pesi di pietra, caldaje, croci, ruote, torchi, graticole,
tori metallici, celate di ferro. Però sui monumenti appajono rarissimi, onde molti posero
in dubbio l'autenticità di quelli che in natura si conservano. Che se su qualche sepolcro
troviamo uncini, cardasse, tanaglie, lancie, indicano piuttosto il mestiere del sepolto;
tant'è vero che non mancano ai sepolcri gentileschi. Comuni a queste sono pure e le
palme e i cuori , che forse son foglie, e che probabilmente erano capriccio del marmo-
598 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
rajo. Distintivo dei fossori si credono le marre e le zappe. In generale ripetiamo che
nei primi tempi non usarono scene di martirio, e il più antico documento ove ne ap-
pajono è il Menologio di Basilio, scritto nel ix secolo, ed edito a Urbino il 1727, con
figure a ogni giorno, esprimenti i varj siipplizj. Dappoi Antonio Gailonio romano, al fine
del XVI secolo, ne stese un trattato speciale, con tavole intagliate da Antonio Tempesta;
ma sembra lavorasspro di fantasia.
Rari pure avanzarono gli strumenti di culto, e di gran semplicità. Monumenti parti-
colari sono i vetri de' cimiteri, de' quali alcuni pezzi si trovano appiccicati con calcina,
e forse aveano servito alle agapi. Hanno i soggetti stessi degli altri monumenti , ma ne
differiscono affatto per arte e stile, e son del tutto rozzi. Vi si vedono iscrizioni, simboli,
acclamazioni: Spes hilaris, Zeses cvm tvis, o simili.
Gli arredi dapprima dovettero essere semplici e poveri , ma presto s'arricchirono.
Papa Bonifazio I (-422) comandò che calici e patene fossero di legno; ma già al tempo
di sant'Ambrogio le chiese possedeano arredi di gran valuta, lampade, turiboli, corone
pendenti sopra gli altari , e che all'uopo si vendeano per dilatar i cimiteri o riscattare
schiavi.
Anastasio Bibliotecario cavò dagli archivj del Vaticano il catalogo degli arredi donati
da Costantino alla basilica di San Giovanni Laterano, di ricchezza portentosa:
1. Un baldacchino (fastifiium) d'argento, sul cui dinanzi una statua del Salvatore
in sedia, alta 5 piedi e pesante 120 libbre ; inoltre i dodici apostoli con corone d'argento
purissimo in testa, alti ciascuno 5 piedi, e pesanti 90 lib. Sul dietro un'altra statua del
Redentore , in trono, e che guarda l'abside, alta 5 piedi , e pesante 140 lib. Vicino di
lei , quattro angeli d'argento, di 5 piedi e del peso di 50 lib.; e tutto il baldacchino
pesa lib. 2025.
2. Una lumiera d'oro puro, con quindici delfini, e pesante 25 lib., colla catena che
la sospende al baldacchino,
3. Quattro candelabri d'oro puro, a forma di corone, ornati di venti delfini, e pesanti
15 lib. ciascuno.
i. La volta della basilica, dorata in tutta la sua lunghezza, che è di 500 piedi.
5. Sette altari d'argento, ciascuno di 200 lib.
6. Sette patene d'oro, da 30 lib.
7. Sedici d'argento, da 30 lib.
8. Sette coppe d'oro puro, da 10 lib.
9. Una di metallo, sparsa d'oro e adorna di corallo, smeraldi, giacinti, pesante 20
lib. 5 oncie.
10. Venti coppe d'argento da 15 lib.
11. Due vasi sacri d'oro puro, da 50 lib., capaci di 3 medimni ciascuno.
12. Altri venti d'argento, da 10 lib. e da un medimno (pinte 46 1i2}.
15. Quaranta calici d'oro puro, da 1 lib.
14. Cinquanta d'argento, da 2 lib.
15. Un candelabro d'oro puro, collocato avanti all'altare, ornato di venticinque del-
fini, e pesante 30 lib.
16. Un candelabro d'argento con venti delfini, da 50 lib.
17. Quarantacinque candelabri d'argento, disposti nella nave, ciascuno da 30 lib.
18. Dal lato destro della basilica, quaranta candelabri, da 20 lib. d'argento.
19. Dal sinistro altri venticinque.
20. E altri cin(]iianta nella nave, simili.
21. Tre urne d'argento, da 30 lib., e capaci di 10 medimni ciascuna.
22. Due incensieri d'oro puro, da 30 lib.
23. Indi nel battistero una vasca di porfido , dentro e fuori rivestita di lamina d'ar-
gento per 3008 lib.
24. Nel mezzo una colonna di porfido, che sostiene una lampada d'oro puro, da 50
libbre.
25. Sull'orlo della vasca un agnello che versa acqua, di oO lib. d'oro.
26. A destra di (jiiello una statua di Cristo , d'argento puro , alta 5 piedi, e pesante
70 lib.
27. A sinistra un'altra del Battista, d'argento, alta 5 piedi, del peso di 100 lib.
VESTI DE CRISTIANI
349
28. Sette cervi d'argento che spandono acqua, da 80 lib. ciascuno.
29. Un incensiere di 10 lib. d'oro puro, ornato di quarantadue pietre fine.
Erano dunque 68") libbre d'oro, e I2,0i5 d'argento, non contando la doratura della
volta; lo che importerebbe 1,700,000 franchi senza la fattura. Costantino vi aggiunse
fondi per una rendita di circa 230 mila lire, e l'annuo tributo di 150 libre d'aromi.
Tanta liberalità fece dubitare sulla veridicità del testo, la quale fu da autorevoli critici
sostenuta.
Usavano certi candellieri a molti bracci, chiamati alberi, a somiglianza dell'ebraico
che spesso è effigiato sui monumenti cristiani ; ma per l'Illuminazione preferivasi l'olio.
Con quello delle lampade de' luoghi santi ungevnnsi i malati (Crisostomo, Op. xii, 573) ;
e talvolta al nascer d'un bambino se ne accendeano molte col nome differente, e di
quella che più durasse applicavasi il nome al neonato.
Delle campane parlammo al § 27S.
g 29S. — Vesti.
1 primi Cristiani, sacerdoti o no, ebbero vesti indistinte dagli altri : solo la gravità del
ministero facea che i sacerdoti ne preferissero di positive e brune. Cli Ebrei solevano
portare la tunica doppia, coperta d'im lungo mantello colle maniche aperte e senza
cintura. Forse la povertà avrà indotto i primi discepoli ad usare la tunica semplice ,
colla cintura e i sandali , quali i monumenti ce li presentano. La penula , di cui parla
san Paolo, era un mantello di viaggio, corto, chiuso e col cappuccio.
Cli asceti conservarono il pallio de' filosofi, ma il clero ordinario sfuggiva questa di-
stinzione. Il pallio era quadrangolare, di lana nera o scura, e cadeva fin a terra, senza
essere attaccato, ma si facea passare sopra la spalla sinistra e sotto la spalla destra, per
modo che il braccio restava libero; oppure avvolgendolo attorno al collo, inviluppava
le spalle e le braccia. Con esso teneansi nudi il capo e i piedi ; e una tunica di sotto.
Già sedendo papa sant'Anacleto (-91), sono indicati come obbligatorj gli ornamenti
sacerdotali pel servizio dell'altare; un secolo e mezzo più tardi, Origene afferma esser
proibito il portarli fuori di chiesa; e san Girolamo dice, la religione aver un addobbo
per le funzioni sacre de' suoi ministri, uno per la vita comune.
Cli abiti liturgici derivano in gran parte dagli ebraici. Questi consistevano nei femo-
rali, il camice (linea), la cintura, il berretto, la tunica giacintina, l'efod o soprumerale,
il razionale, e la tiara, l primi due erano di tela di bisso. La cintura, bianca macchiet-
tata come un serpente in rosso, larga da quattro dita, e portata quasi a modo della stola
diaconale. Il berretto era una larga benda di lino, avvolta come un turbante a semisfera.
La tunica giacintina o azzurra somigliava alla dalmatica, con una frangia di settantadue
campanelli d'oro alternati con pomi di lana variopinta. La parte superiore era coperta
dnll'efod , specie di cnloba senza maniche, sparafa ai lati, e tutto a gemme. Nell'efod
incastravasi il razionale, solido e prezioso, con dodici gpmme in oro, su ciascuna delle
quali stava scritto il nome d'una tribù; equivarrebbe al pallio moderno. La tiara o cidaris,
di forma ovale, terminava in due corna rientranti che costituivano un calice; era color
celeste, con triplice corona d'oro e bottoni di fiordi giusquiamo; interrotta nel mezzo
della fronte da una mezzaluna d'oro su cui era scritto il divino tetragramraa: era il
segno de' pontefici.
Imitazione di questi furono i primi arredi sacerdotali de' Cristiani. Nel ii secolo. Pio I
papa menziona hcoloha come distintivo de' vescovi, ch'era una seconda tunica agi.'iunta
a quella prima, scendente a mezza gamba, col cappuccio e colle maniche fin al gomito,
e fu adoperata sin al iv secolo uscente. Allora prevalse la dalmoticn talare, come al
mantello successe il birro , ch'era tondo, ma sparato davanti, e gettavasi sulla spalla,
tenendolo fermo al petto con un attaccagnolo, Da prima era stato proprio soltanto dei
militari, e col venire adottato dai cittadini fu reso più ampio e lungo. Facevasi di lana
per lo più di color naturale. Così l'abito sacerdotale ampliandosi, si staccava viepiù da
quello de' secolari che diveniva succinto. La cappa compare verso il .530; e forse prima
in Ispagna ; mentre fio all'viu secolo. Italiani e Francesi preferivano la casu/a; che però
al fine die" luogo pertutto alla cappa ridotta distintivo del clero.
L'abito che più conservossi fu la tonaca, la quale pertossi sotto al birro, alla penula,
401» ARCHEOLOGIA E BELLt AKTI
alla casula, alla cappa : ora fu di lino, or di lana, e più o men fina, ma sempre semplice.
La sottana o vesta talare che vi successe ecbe portasi tuttora, nel xvi secolo fu ordinato
fosse nera.
La stola dovette essere il primo abito sacro per l'ammiDistrazione de' sacramenti , e
consisteva in una lunga fascia che sospendeasi al collo. Il concilio di Laodicea sotto
Silvestro 1 (-336) ne interdice l'uso ai suddiaconi e ai lettori: quello di Braga fS72) e
quel di Toledo ^tìSS) vogliono che il diacono la porli sulla spalla sinistra, mentre il prete
la incrocia sul petto: nel concilio di Magonza fSIS) fu riconosciuia come segno obbli-
gatorio e distintivo della dignità sacerdotale. Enino rituali i capelli corti.
San Girolamo diceva come i vescovi non usassero la seta né vesti bianche; ma presto
adottarono un addobbo più ricco del basso clero. Nel ui secolo aveano tunica di lino,
dalmatica talare con maniche lunghe, birro d'un sol colore, il quale poi die luogo alla
casula. Col cappuccio si coprivano la testa; poi nel secolo x, a somiglianza del restante
clero, presero il berretto rotondo, indi quadrato, più tardi la mitra. Serbarono l'uso dei
sandali, mentre i laici portavano il coturno, e quei de' vescovi erano distinti da quelli
dei preti che non avean legacci.
Monographie de la Grosse episcopale^ par M- le cortile Auguste de Bastabd, nel Bullelin du cornile de
la langue^ de l'hiitoire et des arts de la France. T. iv. Parigi ^86^.
§ 296. — Iscrizioni cristiane.
Della musica cristiana parlammo al § 278, e delle bolle pontifizie al § 212. In tulle
le raccolte d'iscrizioni si fa una classe apposita delle cristiane, delle quali la più ampia
messe venne dalle catacombe. Ancora nel xvi secolo non conosceansi più di mille iscri-
zioni cristiane; ora pei soli 5 primi secoli se ne hanno undici migliaja. Il numero co-
minciò a crescere dacché si apersero le catacombe, e furono studiate da coloro che
accennammo al ,^ 284. Gaetano Marini continuò a raccorre dal ITOo (in al 1801 , e la
raccolta sua lasciò alla biblioteca Vaticana , contenente 8591 iscrizioni latine e 727
greche. Angelo Mai cominciò a ristan)parle ncWa Script orum vet. callectw\ ma tal era
la difficoltà che cessò dopo il primo volume. Giambattista De Kossi studioso dell'epi-
grafìa, fu dalla munificenza di Pio IX ajulato a continuar quel lavoro, e cominciata la
stampa nel 1837, nel 62 uscì il primo volume. Non arriverà la sua raccolta che al tempo
di Gregorio Magno, quando Roma antica cessa: preferisce la distribuzione geografica, e
comincia dalle romane, cioè della città e 30 miglia in giro. Di queste 32 son anteriori a
Costantino; 92 dell'età Costantiniana; 20 del tempo di Giuliano; 75 dal 564 al 74;
244 dal 573 al 400; 92 dal 410 al 440, oltre le incerte, che sono moltissime: l'ultima è
del .389. Gli anni son notati generalmente dai consoli , anche quando questi sieno im-
peratori nemicissimi ; come Giuliano, e afiplicandovi anche il Divus officiale.
Preziosissime son esse, sia per attestare fatti storici, sia per accertare la cronologia
sacra, o dogmi, o riti primitivi; sia anche perispiegare voci ecclesiastiche. Ne trovammo
di quelle che attestano la ferocia delle persecuzioni, negata da qualche storico.
A coloro che riducono a minimo numero le vittime, volle ris[)ondere il Visconti {AJe-
morie romane d'antichità. Roma 1823) colle troppe iscrizioni di martiri. Di molli non
8'indicava il nome, ma il numero; così queste:
MARCELLA ET CORISTI MARTVRES CCCCCI ;
HIC BEQVIESCIT MEDlCVS CVM PLVRIBVS ;
CL MAHTYBES CHRISTI.
Fors'anche son numeri di martiri quelli che.senz'altra indicazione, troviamo su alcune
sepolture, colla corona e la palma; del qual uso ci è testimonio anche questo epigramma
di Prudenzio;
Sutìt et multa tamen, tacilas claudenlia tuiìibas
Marmura, quce solum signifìcant numerum.
Quanta virum jaceant, congestis corpora acervis,
Scire licet, quorum nomina nulla legas.
Sexnginta illic, defossa mole sub una^
Reliquias memini me dtdicisse hominum. Carm. xi.
Una per esempio dice:
n. XZX. SVRBA ET 8ENBC. COSS.
ISCRIZIONI CRISTIANE 401
e la riporto perchè lo ci dà trenta uccisi sotto il pio Trajano ; 2** contraddice a chi
asserì (cornei! Burnet, LetteredaW Italia, p. 22ij che i Cristiani non avessero catacombe
prima dei iv secolo: questa del 107 fu scavata da una catacomha (1).
Alcune esprimono anche il mestiere, come follroi.a qve op.dkv vendei in ria nora;
cioè una venditrice d'orzo in strada nuova (Boldetti). Fu a San Saturnino, poi nella
cappella della villa Albani la seguente:
REGINE VENEMERENTI FILU SVA FECIT
VENE REGINE MATRr VIDVE QSE SE
DIT VIDVA ANNOS LX ET ECCLESIA
NVNQVA GRAVAVIT VMBVRAQVE
VIXIT ANNOS LXXX MESIS V
DIES XXVI
La pia defunta volle attestare che, quantunque vedova, non era stata di aggravio alla
chiesa, e forse neppure nella spesa occorrente pel sepolcro.
Le espressioni di fugacità, di risurrezione contrastano a quella di domus ceterna o
simili, che talvolta i Pagani mettevano sui loro sepolcri. Le iscrizioni loro non ram-
mentano che tenebre. Una dice: viator noli miri maledicere, neqveo in tEnerris
RESPONDERE (Gruter, 9i4. fi). Un'altra: thai.lvsa hoc tvmvlo condita lvce caret
(MiiRATOiii, 1384. 7j. Una terza: hic .iaceo in tenebris (Doni, ci. x. 79). Nelle cri-
stiane invece tutto è luce: lvx TiBrCHRiSTvs adest — lvce nova frveris.
Frequente è la formola famulus Dei, mentre rarissima quella di libertus o servm:
perocché, anche negli interrogatorj criminali, rispoodeano d'esser servi di Dio, liberti
di Cristo, secondo la parola di san Paolo ai Corintj : Qui in domino vocatus est servus,
libertus est domini : similiter qui liber vocatus est, servus est Christi.
Di rado esprimono la figliazione o la patria, giacché bastava loro la qualità di cri-
stiano. Onde negli atti di san Luciano è detto: Qui enim Christianus sum dixit , et
patriam et genus et artis professionem et omnia decìaravit. Christiana nulla est artis pro-
fessio, sed ad supernam conve.rsationem vitce pertinet.
Negli epiteti laudativi o affettuosi rifiutano quel rigore esagerato, che vorrebbe esclu-
dere dagli epitafj l'elogio de' morti e la tenerezza de' sopravissuti. Il dolore vi è tenero,
ma fermo e sostenuto; e le iscrizioni sempre brevi, perchè la morte non è verbosa. Non
mancano epitafj più complicati , come sarebbero quelli di papa Damaso. Spon in San
Lorenzo fuor delle mura lesse questo del 382:
AMPLIFICA» SEQVITVR VITAM DVM CASTA AFRODITE
FECIT AD ASTRA VIAM. CHRISTI MODO GAVDET IN AVLA.
RESTITIT H/EC MVNDO SEMPER COELESTIA QV.ERENS
OPTIMA SERVATRIX LEGIS FIDEIQVE MAGISTRA
DEDIT EGREGIAM SA^CTIS PER SECVLA MENTE.M
INTER EXIMIOS PARADISI SEGNAT ODORES
TEPORE CONTINVO VERNAST VBI GRAMINA QV.tVIS
EXPECTATQVE DEVM SVPERAS QVO SVRGAT AD AVRAS
HOC POSVIT CORPVS TVMVLO MORTALI* LINQVENS
FVNDAVITQVE LOCVM CONJVX EVA ANS.
(\) Nelle precedenti nostre edizioni avevamo recata quest'iscrizione, dal tempo degli Antonini, che rivela
la profonda mestizia de' perseguitati, e la speranza :
ALEXANDER MORTVVS NON EST SED VIVIT SVPER ASTRA ET CORPVS IN HOC TVMVLO QVIESCIT. VITAM
EXPLEVIT CVM ANTONINO IMP. QVI VBI MVLTVM BENEFITII ANTEVENIRE PHBVIDERET PRO GRATIA ODIVM
HEDDIT. GENVA ENIM FLECTENS VERO DEO SACRIFICATVRVS AD SVPPLICIA DVCITVR. O TEMPORA INFAVSTA
QVIBVS INTER SACRA ET VOTA NE IN CAVERNIS QVIDEM SALVARE POSSVMVS. QVID MISERIVS VITA? SED QWD
MISERIVS IN MORTE CVM AB AMICIS ET PARENTIBVS SBPELLIRI NEQVEANT? ARRINGHI, Tioma SubUrratiea,
U. p. GSo).
E quest'altra :
TEMPORE HADRIANI IMPERATOBIS MARIVS
ADOLESCENS DVX MILITVM QVI SATIS VIXIT
DVM VITAM PRO CHRISTO CVM SANGVINE
CONSVMSIT IN PACE.
Ma bi.oni ciiliii nioslnirono (he sono finte, e insinuale subdoliinuiife Pia le carie del liosio.
Cantò, Documenti. — Tomo I, Archeohvjia e Bello Arti. 26
402 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
A Lione nel 461 morì una famiglia, cui fu posto il seguente: in hvc locv reqvievit
LEVCADIA DEO SACRATA PVELLA QVI VITAM SVAM PROVT PP.OPOSVERAT GESSIT QVI VIXIT
ANNOS XVI TANTVM BEATIOR IN DOMINO COiNUEDlT MENTEM POST CONSVLATVM TlIEODOSIl Xlll.
Un'iscrizione vicentina dice: Martina cara conjvx qv^ venit de gallia per man-
TIONES VT COMMEMORARET MEMORIaM DVLCISSIMI MARITI SVI BENE QVIESCAS DVLCISSIME MI
MARiTE (Giovanni da Schio, Le antiche iscrizioni di Vicenza, 1850j,
Altre iscrizioni esprimono voti, doni, dediche di edifizj o di ciraelj. Una perugina,
pubblicata dal Vermiglioli, dice :
MEMMIVS SALLVSTIVS
SALViivvs DiANVs V s {viv speclabili$)
BASILICA»! SANCTORVM
ANGELORVM FECIT IN
QVA SEPELLIRI NON LICET
Sopra la coperta d'oro d'un codice a Monza è: ex donis dei dedit theodvlinda reg.
IN BASELECA QVAM FVNDAVIT IN MODICIA JVXTA PALATIVM SVVM ; C in UU diSCO argenteo
trovato a Perugia: de donis dei et domni petiu vtere felix cvm gavdio.
Altre esprimono leggi e decreti, massime di dignità ecclesiastiche, o lasciti e isti-
tuzioni.
Molte iscrizioni delle tombe non sono che segnate col cinabro o anche col carbone,
e talora sulla semplice calce, e con caratteri rozzi e molti errori d'ortografia e di gram-
matica.
In certune sono conservate formolo pagane, come D. M. diis manihus. Alcuni vollero
leggervi Deo Maximo; ma sembra piuttosto che servissero all'usanza, o si valessero di
lapidi già preparate nelle botteghe de'quadratarj.
Talora anche si servirono di lapidi pagane, scrivendo sul rovescio; talché voltale, vi
si trovano epigrafi anteriori.
Affettuose sono le salutazioni, ed accennano alla certezza d'una seconda vita, e a
quel legame che la religione perpetua anche al di là del sepolcro : Bene qviescas. Cvm
Deo in pace. Bibas (vivas) in Christo. Iit ad Devm. Fecit in pace. Exit et manet in
PACE. Cvm sanctis tvis in /Eternvm. Lvx vivas in Deo. Mortvvs non est sed vivit in
ASTRA. Non meritvs in vita reddidit in PACE Domini. Pax tecvm sit. Qvi in vnvm Devm
CREDIDIT. ReCESSIT IN SOMNO PACIS ReCORDETVR ILLIVS. DevS IN S^CVLA. Te DeVS SVSCl-
piAT IN PACE. IN SPE. Merita resvrgere, dicc Ciriaco a sua moglie Albana in un epi-
tafio del Vaticano. Svrgatis pariter, Christo jubente, beati, augura a due conjugi
un marmo di Tolentino (Fabretti, x, SOo) Un altro è ; Clavdio benemerenti stvdioso
Qvi AMAViT ME VIXIT AN. p. M. fannos plus minus) XXV IN p. E un altro: Qvem ego Sa-
viNiLLA Jesv Christi ancilla propris manibvs sepelivi.
Spesso il morto favella ai superstiti : Vixi dvm vixi bene. Jam mea peracta est, mox
VESTRA AGETVR FABVLA. VALETE ET PLAVDITE. VlXI ANMS LXVII (MONTFACCON, V, SUpp.
75. 76). Peto ^co (ego) Syncrativs a bonis vniversis, sodalis, vt sine bile refrige-
RETis Syncratiorvm (BUONARROTI, pag. 145), cioè che in pace facciate le inferie
de' Sincrazj.
Né vi mancarono formole imprecatone contro chi turbasse i sepolcri ; residuo del
paganesimo :
MALE PEBEAT , INSEPVLTVS JACEAT , NON BESVRGAT , CvM JVDA PARTEM HABEAT SI QVIS SEPVLCRVM kutlC
VIOLAVEllIT. — NEMO SVVM VEL ALIVM CADAVER SVPEB ME MITTAT. QVOD SI HOC PB«SVMPSERIT, SIT MALE-
DICTVS ET IN FERPETVVM ANATHEMAT CONSTRICTVS.
L'eleganza è minore che nelle etniche, maggiore l'affetto. Gl'idiotismi e gli abbon-
danti errori le mostrano opera del popolo. Per esempio: bone memorie innocenti
AmaNTIO QVl VlXlT ANNOS Vili DIES VI QVIESCENTI IN SINVS AbRAH.E FsaC ET JaCOB IN PACE
ClIRISTl DmNI PS. Vili KAL. JAN.
In un epitafio della martire Severa, dottamente illustrato dal Lupi, dicesi :
CONSOLE CLVDIO EO PATERNO, NONI NOVE
BHIBVS DIE VE^ERES I.VMA XXIIII LEVCES
FELIE SEVERE CARESSEME POSVETK ED
ISPIRITO 8ANCT0 TVO, MORIVA ANNORVM
XXXVI ED MESORON XI DEVRON X.
rNUMISMATICA CRISTIANA
403
Fra tanti solecismi, già incontriamo Ved e Vi efelcustico in ispirilo. Tale è pure in
questa : bellica fedelissima virgo in pace. In quegli errori noi volemmo vedere una
prova della sussistenza d'una lingua vulgare, che allora veniva a prevalere. In una
pittura delle catacombe, rappresentante an'agape (Bottari, Pitture., t. u. tav. 122) si
legge; Irene, da calda — Agape, misce mi.
Il padre Zaccaria nella /s/iiwsfone antiquaria lapidaria (Roma 1770 e Venezia 1793), mostrò le iscrizioni
cristiane come un altro luogo teologico , e ne fissò le regole ed i criterj. De veterutn crislianorum
intcriptionum usti in rebus theologicis.
Edmond le Blant, Inscriptions chrétiennes de la Caule anlérieures au vn tiècle, réunte» et annotées.
Parigi -1856.
297. — Numismatica cristiana.
Numismatica cristiana dicesi lo studio delle medaglie che portano note cristiane]; nel
qaal novero entrano tutte le pontifizie sino ai dì nostri.
Gl'imperatori non cominciarono a porre simboli cristiani se non dopo Costantino, e
perciò la massima parte di tali numismi uscì dalla zecca bisantina. Giovanni Damasceno
asserisce che Costantino pel primo effigiò il Cristo nelle sue monete; ma non ne ab-
biamo. Su quelle di Crispo vedesi il Salvatore in trono fra due figure paludate.
È scritto dngli storici arabi che Giustiniano II, sdegnato col calitTo Abd el-Malek.
perchè nello scrivergli avesse principiato con quel testo del Corano Di' che vi è un solo
Dio, il minacciò di mandargli monete con leggende che non piacerebbero ai Musulmani
Di ciò ofTeso, il califfo cominciò a coniar monete proprie, sulle quali di fatto si leggono
i testi Dio è uno. Dio è eterno, non genera e non è r/eneratOy e non v'è alcuno simile a lui ; e
le lodi di Maometto. Per ricambio Giustiniano cominciò a mettere sulle monete l'effigie
del Salvatore, coll'epigrafe I. C. rex regnantivm, e all'imperatore il titolo di servvs
Christi,
Cristo poi di frequente compare, quando seduto colla destra alzata in atto di bene-
dire, e colla croce nella sinistra; quando in piedi avanti ad una crocee col libro dei
Vangeli, come in quelle di Giustiniano li; quando col solo busto, come in quelle di
Michele I e II: in quelle di Romano IV Diogene, è ritto in piedi sovra un cuscino,
colle mani posate sulla testa di Romano e di Eudossia moglie di lui; in quelle d'An-
dronico 1, egli incorona l'imperatore; in quelle di Teodosio I, è seduto in trono. Anche
agli imperatori è spesso posto il nimbo; altre volte sono coronati da una mano che
scende dal cielo, o da Cristo stesso.
Le epigrafi notano IC: XC : HIC : XPS : XIS EMANUEL : REX REGNANTIUM : D.
N. IHS. CHS : IIISYS XRISTYS NIKA: KYPYE BOH0H TO SO AOVAO (sic). Più spesso
evvi il noto monogramma -v^, talora coll'acclamazione in hoc signo vinces. La croce
poi è fre(iuentissima e in forme varie; or sola, ora in mezzo ad una corona d'alloro, o
allo scudo: quando accompagnata da stelle o dall' A n, quando in man de' cesari o di
Cristo; 0 sopra il globo, segno dell'impero, o sulle regie corone; e con acclamazioni
Lvx MVNDi. Salvs MVNDi. Devs adjvta romanis ccc. In una medaglia d'oro di Galla Pla-
cidia, la dea Vittoria tiene la croce. Il labaro
era insegna antica dei Romani ; solo vi fu so-
vrapposto il monogramma venerato.
Quando, per opposizione all'eresia, s'estese
^il culto della Vergine, anche l'immagine di
essa apparve sui numismi, cominciando da
Giovanni I Zimisce; poi fu veduta coll'infante X^^iljlll^Cc^
divino in grembo, o in atto di mostrarlo ai
Magi; ed ora il bambino posa la mano sul .capojdeirimperatore, or con esso tiene il
labaro e la croce.
Né vi mancano santi, come Michele, Demetrio, Giorgio, Eugenio,
Oleario, Prodromus Hagiologice numismaticm,
Koeler, Delicice numismalicae.
404
ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
Questo 'costume passò poi dai bisantini ad altri regnanti , e massime nel medioevo.
Sia d'esempio la presente moneta di Carlo Magno,
Viepiù lo fecero le città libere, le quali
non avendo dominio di principe, v'im-
prontarono la croce e il santo patrono.
Questa forma divenne tanto comune, che
ancor diciamo croce e santi per indicare
il dritto e il rovescio della moneta. Vene-
zia continuò sempre a porre san Marco
che investisce il doge ; Genova tenne Ma-
ria vergine, come altre città italiche. Delle medaglie papali non si possiede compita
la serie^che dopo Martino V (-1431).
§298.
Architettura.
Quando dai paurosi nascondigli potè il cristianesimo comparire alla luce del giorno,
e acquistare tolleranza poi potenza, man mano che trionfava del culto nemico ne trae
a sé gli edifizj, che convertiva ai riti della Redenzione.
Ma piccolo soleva essere il tempio pagano, serbato a pochi e chiuso al vulgo : il nuovo
perchè corrispondesse al suo nome (ecclesia, radunnnza), dovea farsi spazioso tanto,
che in carità concorde vi convenissero i fedeli alla preghiera, all'istruzione, alla co-
munione. Al tempo stesso dovea conservare dell'origine sua, quando la cristianità, sol
vigile nel suo terrore, solo sicura nell'oblio, stava nelle cripte e nelle catacombe, e
perciò il tempio trionfante doveva erigersi sopra la tomba, associando così il nulla e
l'eternità in riti che congiungono i due mondi.
Al primo uopo affaceansi le basiliche (§ 66) ; e perciò le prima chiese furono model-
late su quelle, e ne presero il nome. Al modo di queste erano precedute da un portico
di colonne isolate (narthex}ove stavano i catecumeni e i penitenti, talvolta chiuso con
cortine. Questo poi si sviluppò in un quadrato che racchiudeva un cortile, mediante il
quale la casa della preghiera rimaneva meglio isolata dall'abitazione degli uomini.
Di chiese dei primi tre secoli non abbiamo né vestigia né descrizione. Nel iv appajono
con una certa regolarità, e disposte secondo la triplice divisione dei fedeli in chierici,
laici, catecumeni. Nel predetto cortile era una vasca o bacino (zp^vv), *pjap, ^lal-zi) per
le lustrazioni da farsi prima di passare nel santuario. 11 portico trovasi ancora, a Roma
in San Lorenzo, San Paolo, San Giorgio in Velàbro, Santa Maria Transtevere; a Ra-
venna nell'antica chiesa di Sant'Apollinare in Classe; nella cattedrale di Parenzo in
Istria, e in quella di Salerno; e nel Sant'Ambrogio di Milano. Nel vi secolo si posero
nell'atrio i fonti battesimali.
Per la porta speciosa e talvolta per due o quattro porte laterali entravasi nella nave
(vaò.) destinata ai battezzati laici: v'eran pure ammessi catecumeni dopo la prima istru-
zione, ma al momento dei misteri congedavansi. La nave era formata da due schiere
di colonne, spesso levate da tempj e da edifizj pagani, perciò varie di forma e dimensione,
e rese eguali con rozze aggiunte o troncamenti. Sostenevano esse un muro elevato, ta-
lora aperto in finestre tonde, su cui appoggiavano le travi del tetto a falde, che copriva
0 tutto il tempio, o la sola nave di mezzo, mentre sulle ali se ne stendevano due altri
minori. 11 muro di cinta aprivasi in finestre; ma tutto era liscio, nò alcun oggetto stac-
cavasi dalla superficie piana, eccetto le colonne; donde un aspetto di semplicitìi e d'ar-
monia. Quivi faceasi la lettura del Vangelo e la cerimonia della comunione, e talvolta
la predica dal pulpito f«y|Sr,jv). Trasversalmente la basilica era tagliata da un muro aperto
in arcata, o da un cancello, e vi si tirava una cortina durante il sacrifizio; di là da essa
rimaneva il santuario[o sacrario, serbato agli anziani (presbiteri). Terminava essa col-
l'abside, destinato al vescovo e al clero.
Nella forma generale molte particolari varietà s'introducevano. Ci resta la descrizione
della chiesa di Tiro, abbattuta come altre al tempo di Diocleziano, e che, dopo Costan-
tino, que' cittadini vollero riedificare sul luogo stesso, benché più vasta ed ornata.
Chiudeva l'edifizio un muro, al quale s'entrava per un loggiato aperto verso oriente,
alto così, che di lontano paresse invitare i fedeli. Da quello si veniva in uno sjìazioso
cnihSE 405
cortile quadrato, cinto su ciascun lato da atrj a colonne, ove i catecumcui erano chiusi
da ariose gelosie: alle fontane zampillanti in mezzo potevano i fedeli purificarsi. F)i lìi
dal cortile incontravasi il pronao con Ire porte verso il sole levante, delle (|iiali la mez-
zana più alta e sfogata, con imposte di rame, legale di l'erro e cesellate. Dava questa
nella nave maggiore, fiancheggiata da due più umili schiarite da finestre con graticci di
legno, artilìziosamente intagliali. La hasilica era rilevata e sorretta da colonne più alte
che non quelle del peristilio, decorala poi di preziosi lavori, col pavimento di marmo e
la copertura di cedro. Un cancello separava i fedeli dal santuario (Euskiuo, Hist. x, 3j.
Siccome s'adopravano colonne disuguali, invece d'accorciar le troppo lunghe e rial-
zare con un piedistallo le hrevi,si shandi l'architrave, e dall'una all'altra gcttaronsi ar-
chi, che sorgevano immediatamente da esse; metodo forse già conosciuto, ma allora
fatto generale.
La hasilica di San Paolo fuor delle mura, del secolo iv, corrispondeva appuntino alle
romane, e massime alla Trajana, se non che alla testa le navi laterali erano tagliale da
una trasversale, figurando cosi una croce. Era in cinque navi, della lunghezza di US
metri, contando il portico e non l'emiciclo; e 145. 25 compreso quello: e della larghezza
di metri 63 da parete a parete. La nave centrale formavasi di due file di venti colonne
corintie di marmo pavouazzo, non legate da un architrave dritto ma da archi appog-
giati sui capitelli. A J2 metri e mezzo sovra il capitello aprivansi le finestre, I transe-
pti, di metri 72. 25 di lunghezza e 24 di larghezza, erano separati dal resto della chiesa
mediante una parete fatta più tardi, forata da quattro porte e un arco trionfale. L'emi-
ciclo in fondo aveva il diametro di 28 metri. Essa cadde bruciata il 21 luglio 1823, ma
fu riedificata nelle stesse proporzioni e forme:
L'impostar gli archi sulle colonne
fu novità di gran conseguenza nel
l'architettura, divenendo base della | • p»»»'
arabica e della gotica. Perocché i ^J | ||j »:»y»:%a»y yyyy-v.iy<tw>i*j
Cristiani, non trovandosi legati a
veruna forma rituale, scelsero quella
ove l'arte più fosse inoltrata, e con
tal modo poterono anche distinguere
le loro chiese dai tempj pagani, alla
cui costruzione non erano concesse
le libertà che nell'uso dell'arco avevano adottate i Romani. Come dunque la colonna
era stata carattere dell'architettura antica che da quella determinava gli ordini , della
cristiana fu l'arco.
11 cristianesimo prese dalle arti pagane gli ordini architettonici, le proporzioni delle
colonne, la purezza de' profili, insomma la parte materiale ; per la morale non cercò
ispirazioni che dalla fede.
Nel Santuario era la tomba del martire, sopra la quale si celebrava la messa. Talora
le reliquie riposavano entro una cripta o sotterraneo, memoria delle primitive cata-
combe, e detto anche confessione. La chiesa stessa qualche volta si erigeva sopra vere
catacombe, come San Martino e Silvestro, Santa Cecilia ed altre a Roma; o al sotter-
raneo davasi la forma di catacomba, come San Nazaro e Celso di Ravenna,
Non era prescritto che le chiese si volgessero all'oriente, e Roma ne ha in tutte le
direzioni. Corrispondentemente ai nuovi bisogni, v'era un pulpito per la predica; e
talvolta due, uno pel vangelo, uno per l'epistola.
Talora sotio il tetto delle ale facevasi una galleria per le donne (ÙTtepwa, matroneum),
le quali, anche quando non vi fosse, tenevansi separate dagli uomini. Un concilio dei
III secolo dice: « Gli ostiarj si fermino agl'ingressi degli uomini, e le diaconesse a quei
delle donne , per vigilarli come i capitani di nave che tengono conto dei passeggeri.
Tal era la regola e la forma che si osservava nel Tabernacolo del Testimonio e del
tempio di Dio. Se alcuno si troverà seduto in luogo non a lui conveniente, il diacono,
come proreta, lo ripigli e il conduca al luogo proprio. Perocché la chiesa è somigliante
non solo a nave, ma a gregj^ia: e come i pastori collocano le capre e le pecore secondo
la ragione del sesso e dell'età in modo che ogni simile si raduni col suo simile, così
nella chiesa i giovani siedano separati ; se non v'ba luogo, stiano in piedi : gli adulti
I • •.•';«'•.• • »"» *.• *.• a • »'.».
406
ARCHEOLOefA E fiELLE ARTI
Siedano anch'essi in giusto ordine: padri e madri abbiano vicini i lóro fanciulli, ifl
piede stanti : le ragazze abbiano possibilmente luogo separato, se no, dopo le donne ma-
ture: le maritate e matrone stiano pure distinte: le ver<!ini, le vedove, le vecchie tengano
il primo luogo, in piedi o assise. Il diacono presederà alla distribuzione dei posti, sic-
cbè ognuno abbia il suo e non sieda indecentemente: farà pure attenzione che non si
ciarli, né faccia rumore, o si dormicchii o rida o gestisca ; dovendo tutti in chiesa con-
tenersi con saviezza, moderazione, vigilanza, e tener le orecchie alla parola di Dio. Tuttj
poi ad un tempo si levino da sedere, e usciti che sieno i catecumeni e i penitenti, colla
faccia verso oriente preghino a Dio che salì sopra il cielo de' cieli, e vi salì verso oriente »
{Sacrorum conciliorum nova et ampliss. collectio, op. Jo. Mansi, t. i. col. 362).
L'altare avea forma quadrata, scoperto, con un baldacchino che copriva il ciborio in
cui stava il sacro pane, dopo che si prese l'abitudine di serbarlo; e che talora era so-
speso entro figure di colombe. Di sifatte se ne conserva qualcuna a Milano.
Le sale quadrate o rotonde che servivano alle basiliche pagane, furono mutate in luo-
ghi di purificazione o in cappelle e in sacristie {secrelaria) chiamate pure col nome di
paratorium, oblationarium , sacrarium, secondo servivano a pararsi, o a deporre le
oblazioni o i vasi sacri, sicché non fossero rinettati e riposti nel gazophylacium.
Tredici sono le prime basiliche ricordate a Roma, di cui cinque diconsi patriarcali:
vale a dire San Giovanni in Laterano la più antica. San Pietro in Vaticano, San Paolo
sulla via Ostiense, Santa Maria Maggiore, San Lorenzo fuor delle mura: le altre otto
minori sono la Sessoriana o di Santa Croce di Gerusalemme, San Sebastiano, Santa Ma-
ria in Transtevere, San Lorenzo in Damaso, Santa Maria in Cosmedin, la Costantiniana
de' Santi Apostoli, l'Eudossiana di San Pietro in Vincoli, e Regina Coeli o Santa Maria
del Montesanto.
Sono inoltre notevoli a Roma la basilica di Sant'Agnese, quella di San Clemente,
quella di Santa Prassede, distinta per gli arconi che tramezzano la nave maestra; a Ra-
venna Sant'Apollinare; a Betlemme quella del Santo Sepolcro, edificata da Elena ma-
dre di Costantino L
San Clemente in Roma è una delle meno alterate, ed eccone la pianta :
I
La navata centrale è larga metri 10. 88, lunga 40. 28 compreso l'emiciclo; con cortili
di metri 11. 29 sopra 18. 3S. Le sedici colonne della navata sono joniche, non striate. La
tribuna è elevata metri 1. 30 sopra il pavimento della nave. Il coro e i due begli amboni
sono del tempo di papa Giovanni VUL
Non abbiam più dunque le piccole sale del tempio pagano, serbate ai soli sacerdoti,
e senza luce. Presto vi si introdussero i vetri, che poi nelle cattedrali gotiche doveano
coprire le estesissime finestre.
D'altare servivano dapprima le tombe dei martiri, e perciò si ritenne il rito di farli
vuoti ; non aveano né pallio né tabernacolo, e collocavansi per lo più nel mezzo della
chiesa. Costantino fece fare quattro altari d'argento per San Giovanni in Laterano,
Quello di Santa Sofia a Costantinopoli era d'oro, argento, cristallo, perle e pietre pre-
ziose sminuzzate. Oggi negli altari si colloca una pietra sacra, chiudente qualche reli-
quia, e portante cinque croci. Un tempo caricavansi di stoffe varie, oggi sol della tova-
glia bianca. [ vescovi consacrano l'altare ; il papa ne consacra taluno da mandare a
qualche principe. Altare privilegialo si trova fin al tempo di Pasquale I, che lo concesse
BATTISTERI 407
alla chiesa di Santa Prassede In Roma. Quando sieno scompaginati e sdrusciti, gli altari
si sconsacrano, levandone la pietra e le reliquie.
S, BtJNSEN, Die Basiliken dei chr{$llìchen Homi nach ihren Xmammenhange mit Idee und Geschichte
der Kìrchenbaukunsl. Monaco ^843. Egli fa del iv secolo San V'ietto in Vaticatio, San Paolo fuor delle
mura: dell'vur entrante San Grisogono, della seconda metà San Giovanni a porta Latina; del XO Santa
Maria Transtevere, Santa Croce in Gerusalemme, Santa Maria Aracoeli.
A. Zestermann, Die antiken und die chrisllichen Basiliken nach ihrer Entstehung, Àuibildung und
Beziehung zu einander dargestellt. Lipsia -1 847.
L. Canina, Ricerche sulfarchitellura più propria de' tempi cristiani, basate sulle primitive istituzioni
ecclesiastiche, e dimostrate tanto co' più insigni vetusti edifizj sacri , quanto con alcuni esempj
d'applicazione; ediz. il, con (45 tavole. Roma 1846.
Calcolano essersi fabbricate in Roma
nel secolo n
chiese
2
nel secolo xi
chiese
-
III
»
9
XH
»
8
IV
»
n
SUI
n
46
V
»
8
XIV
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S
VI
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XV
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50
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4
Basilica si dissero anche i palazzi del Comune nelle repubbliche italiane, specialmente
a Padova, a Brescia, e la famosa a Vicenza, cinta di ricchi loggiati dal Palladio.
§ 299. — Battisteri.
Degli edifizj rotondi pagani si giovò la Chiesa per ridurli a battisteri, o cappelle fune-
rarie. Anzi più propriamente faceansi rotonde quest'ultime, ad imitazione di quella de-
stinata da Costantino per Costanza in Roma, e nel cui centro stava il sarcofago di lei, di
porfido con scene di vendemmia, che ora si ammira nel museo Vaticano. Santo Stefano
rotondo a Roma fu consacrato al cristianesimo da papa Simplicio verso il 470, poi nel
1433 ridotto alla disposizione presente.
Pei battisteri prediligevasi la forma ottagona, qual si vede in molti per Italia. Il bat-
tistero suntuoso di Costantino in Roma nel suo palazzo Laterano esiste ancora, con co-
lonne e membri architettonici tolti da edifizj pagani, e senza unità distile né di propor-
zioni; è di pianta ottagona con un portico avanti, e nel mezzo sfondasi un bacino pure
ottagono, a cui si scende per varj scaglioni : ora si riserba pei battesimi amministratt
dal papa. A tale uso furono pure mutate in Roma le terme pubbliche, il bagno del se-
natore Nevato, e quel di Santa Cecilia, or chiuso nella bella chiesa di questa santa.
Leone Ili fabbricò quello di Sant'Andrea, ottagono, colla fonte circondata da colonne
di porfido, in mezzo alla quale sorgeva un cippo con un agnello d'argento che versava
acqua. Alle donne servivano battisteri distinti e diaconesse.
Annessi al tempio, oltre il battistero, il secretarlo o diaconico magno, e il gazofilacio,
eranvi anche i pastoforj per abitarvi le persone addette alla chiesa. V'avea pure ospizj
ove ricevere poveri e pellegrini. Il secondo concilio ecumenico di Costantinopoli (533)
ordinò vi fossero unite scuole, e a queste naturalmente le biblioteche.
§ 500. — Architettura bisantina e gotica.
Anche quando l'architettura cristiana ebbe toccato il suo apogeo, non si dipartì dtf
quelle forme primitive: la lombarda, la normanda, la gotica conservarono gli archi vol-
tati sulle colonne -, solo vi crebbero solidità e ricchezza ; sostituirono alle soffitte di travia
la volta di pietre e di mattoni ; e combinarono la forza e la leggerezza richieste dalla
parte tecnica, colla bellezza e coll'idea estetica.
L'arco era indubitatamente conosciuto anche dai Greci, e lo praticarono in edifizj an--
tichissimi, come nella camera di Minia ad Orcomeue, e nel tesoro di Atreo a Micene*
(§ 58). Però non vi divenne mai comune, a segno che né tampoco ebbe un nome pro-
prio in una lingua tanto pieghevole e doviziosa. I Romani, probabilmente istruiti dagli'
Etruschi, l'adoprano riccamente, ma era ancora legato alla forma ed alle proporzioni)
greche. 11 bisogno di coprire vasti spazj come le basiliche, dove le troppo vicine colonne^
408 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
erano d'ingombro, e dove alle troppo larghe non sarebbesi potuto imporre nn architrave
di pietra, insegnò a impostare l'arco direttamente sulla colonna ; sistema che i puristi
disapprovano.
Già era questo un progresso, poiché copriva maggiore spazio con minori materiali; ma
poi coi Cristiani l'arte si affrancò viepiù dalle regole greche. Si conservarono le colonne
e si tolsero spesso da monumenti anteriori, come costumavano i Romani: ma l'istinto
e la necessità portarono molte variazioni, carattere delle quali fu la libertà dell'arco.
Trasportata la sede dell'impero a Costantinopoli, la città volle ornarsi di capolavori
come l'antica Koma. Adunque vi si edificarono chiese: ma colà né avevano fabbriche
anteriori da volgere a quest'uso, né tanta abbondanza di materiali antichi; sicché l'ar-
chitettura prese un carattere più libero. Questo fu espresso dall'arco ardito, che, invece
de' lunghi colonnati, congiuugeva i quattro angoli d'un vasto quadrato; e i pennacchi
di essi archi erau disposti in maniera, da formare una base su cui ergeasi la cupola,
fatta di tubi cilindrici. Quattro mezze cupole chiudeano i quattro arconi, venendo a
formar la croce che si dice greca, cioè a braccia eguali, prodotta dal qua- ._,
drato della base del cubo, e dallo sviluppo orizzontale delle quattro sue fac- i — .
eie perpendicolari, onde aveasi nel piano l'espressione simbolica del dogma \—'
della trinità, sì la lunghezza che la larghezza essendo di tre unità. Ne' due — '
bracci laterali poneansi le tribune per le donne, quella in fondo serviva di santuario:
alla anteriore precedeva il portico o il cortile. Questa disposizione arcuata, che stac-
cavasi affatto dalle linee rette della Grecia, era complicata con altri absidi, altre cu-
polette, che alteravano la semplicità primitiva. La chiesa di Santa Sofia n'è il tipo
principale, ornatissima di fregi tratti da tempj di tutte le religioni pagane, e rive-
stita di musaici. Più volte ricostruita, non ne resta che il nucleo, ma basta a provare
come l'architettura, al tempo di Giustiniano, avesse in Oriente ben più ardimento e
mezzi d'esecuzione, che non in Occidente ; e che allora cominciossi ad abbandonar
la forma, che ancora era generale a tutta la cristianità, per introdur quella che
troppo vagamente fu detta bisantina, distinta per una ma^igior ricchezza di stile.
L'arco non fu più necessariamente semircircolare, ma allungò la parte inferiore,
quasi per raggiunger le colonne quando troppo basse. L'intersecazione degli archi alle
volte presentò la prima sembianza dell'arco spezzato o acuto. Talvolta nel vano dell'arco
si dispose una fila di colonne, sostenenti altri archi minori o nicchie. Fu quest'archi-
tettura romano -lombarda, che combinata coll'araba, originò la gotica.
Allora parve che solo colla sommità delle torri e delle guglie potessero le cattedrali
portare final cielo l'omaggio universale dell'amore e della fede vittoriosa dei Cristiani:
tutto convenne si elevasse, si slanciasse. Nell'immensa varietà a cui il gotico si presta
più che gli ordini greci, sebbene a scapito dell'unità d'impressione, regna però un
costante sistema, il quale in parte attiensi alla forma delle prime basiliche cristiane, in
parte a certi algorismi, arcano massonico. Al triangolo riferivasi l'elevazione delle cat-
tedrali. Tipi nuovi vi si adattavano, ma desunti dalla natura e dai climi nostri, come
le foglie della quercia o del faggio, della fragola, il trifoglio, il prezzemolo, il cavolo;
la rosa vi fa la parie che la palma nell'architettura arabica, o nella cinese la corolla
rovesciata. Di tal modo nasceva un'arte libera, non però disordinata; e se non vuol
chiamarsi arte perchè condannata dai maestri, si chiami un sentimento dell'infinito,
un'aspirazione religiosa.
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Franeker -1768.
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-•788, con note di Ucnzi; poi Colonia 'I82i).
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A dictionnary of the archileclure and archeology of the middle age ; including woord used by ancienl
and modem authors in treating of architectural and other anliquilies eie. by John Britton. Londra
4 838.
F. QuAST, Ueber form. Einrichtung und Ausschmuckung der Ultesten christlichcn Eirchen. — Die
Basilica der alien Christlichen.
e il cap. XXV del Libro XII della nostra Storia Universale.
§ 301 . — Utile dell'archeologia cristiana.
Se tutti credono importantissimo Io studio di quella che chiamammo età eroica del
cristianesimo, bisognerà giudicare principalissima dell'archeologia la parte ohe riguarda
le antichità cristiane. Disse Reinesio [Var. Lect. p. 151 j che antiquitatis christiance
particula qucecumque quavis pagana est nobilior honorabiliorque.
E per vero, anche lasciando a parte la santità, esse ci mettono sott'occhio il più de-
cisivo tempo della storia, il passaggio da una a tutt'altra civiltà. Quindi in esse appare,
l'opera di artisti cresciuti nelle idee pagane, e che da queste si separavano solo per le
credenze; onde rimangono in parte testimonio del vivere antico. Venendo poi l'arti a
mani vulgari, lo studio della forma soccombeva, quanto acquistava prevalenza l'idea-
talché si mostra meno l'artista, ma meglio l'uomo, il più nobile oggetto di tutti gli studi.
La chiesa cristiana ha ben altra significazione che il tempio pyguno, e porta in sé un
movimento perpetuo di vita e di rinnovazione, mercè quei legami che uniscono l'uomo
alla casa di Dio nel battesimo, nella comunione, nel matrimonio, nelle esequie; in
somma in tutte le solennità della vita. Laonde nell'arte cristiana più che in altra parte
si potrà dimostrare come l'archeologia non sia scienza morta, di pura speculazione • ma
che guida a risultamenli pratici, studia la materia non men che la forma, e tutto avviva
collo spirito, e così conduce al vero. Essa toglierà dall'anarchia oggi dominante, farà
riconoscere l'assurdità dell'adottare un'arte che è d'altri climi, d'altri costumi, d'altre
opinioni; essa rigenererà un'arte nazionale; e alle pallide riproduzioni di monumenti
ormai senza senso, di costruzioni costose, incomode e non belle perchè non vere, sur-
rogherà di quelle che rappresentino la società e le credenze odierne.
Quanto l'arte antica s'abbella nell'unità, tanto la moderna nella varietà j quella in
armonia, questa in grandezza; quella accontenta; questa eleva.
A coloro che saviamente richiamano l'arte verso la sublime sua destinazione, e cre-
dono che essa deva esprimere idee, ancor più che riprodurre forme, e di queste ser-
virsi soltanto come linguaggio, mandaudo lo spirito che pensa innanzi alla mano che
lavora, giovi perù ricordare che altro è la preferenza, altro l'esclusione; che carattere
del progresso moderno è il non repudiare verun passo dell'antico. Ma ciò non porti a
quel falso eclettismo, che, col pretesto di scegliere il meglio, neglige il carattere e
tradisce così quell'unità, da cui deriva nella scienza il vero, nella vita il buono e
nelle arti il bello. Perocché le grandi opere non nascono che dalla fede; eia coscienza
èl'ispirazfone degli artisti di prima schiera.
N.B. Col 1863 il cav. De-Rossi corainciò a Roma un Bultettino d'Archeologia Cristiana,
410 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
CAPO UNDECIMO
ESCURSIONE ARCHEOLOGICA
§ 502. — Raccolte e musei.
Lo studio più profittevole delie antichità è quello che si fa sopra i monumenti. Gli
architettonici per la più parte durano colà dove furono eretti \ ma alcune parti di essi,
e le produzioni plastiche o di disegno cambiarono spesso di luogo, per effetto della
vittoria 0 della curiosità scientifica. Già Sansone portava alla sua città le porte di Gaza;
i Filistei toglievano l'arca egli altri ornamenti dal tempio d'Israele; e Serse da Atene
le statue di Armodio e di Aristogitone : Roma si popolò colle spoglie della Grecia:
molte di queste furono, colla sede dell'Impero, trasportate a Risanzio, dove, al tempo
di Giustiniano, vedeansi 427 statue di antichi artisti sulla sola piazza di Santa Sofìa.
Ruona parte di queste mandarono a male ripetuti incendj, poi gl'iconoclasti eiRarbari;
infine i Crociati o sprezzandole le rompevano, e conoscendole le rubavano. Molti tempj
furono pure devastati dalla devozione, massime in Oriente e anche per ordine imperiale
dopo Teodosio. Una sistematica espilazione fu veduta ai di nostri, la quale se si fosse
perpetuata, avrebbe risparmiato agli studiosi d'andar a cercare in parti lontane gl'im-
mortali lavori. Nella pace succeduta, città e principi gareggiarono d'aver le raccolte
più insigni, e oltre gli acquisti o le concentrazioni, la terra parve aprirsi per abbondare
di donativi. Dacché gli studj classici allargarono la vista e abbracciarono altri paesi che
la Grecia e Roma, infinite antichità produssero l'Egitto e l'india, la Toscana e il
resto d'Italia, l'Asia Minore e la Grande, e talvolta paesi donde meno se n'aspetterebbe ;
fra cui basti nominare l'America, che ogni dì smentisce il titolo che le si applicò di
Nuovo mondo.
I luoghi destinati a conservare le raccolte antichità e le opere d'arte chiamansi gabi-
netti 0 gallerie con voci moderne, e musei con una voce antica, dedotta dall'edifizio
(fx'j\iailoj} in cui Tolomeo Filadelfo nel 280 av. C., poi i suoi successori'aveano adunato
ad Alessandria i cultori e gli stromenti d'ogni scienza.
Musei nel senso odierno non conobbero gli antichi, pe' quali l'arte era intimamente
congiunta colla vita, per modo che i capolavori si trovavano nelle terme, nei palazzi,
nelle basiliche, nelle ville. Grandi conserve di preziosità doveano farsi presso a tempj,
come quello d'Efeso, l'Ereo di Samo, il Didimeo di Mileto, e in Olimpia. Nelle città
greche v'avea coperti e vie, specialmente ornati dall'arte; come in Atene il Pecile e il
Portico presso i Propilei, il Lesche de' Gnidj, altri Pecili a Sparta e ad Olimpia. Stra-
bone trovava il tempio di Samo convertito in pinacoteca. Agrippa avrebbe voluto che
tutti i quadri e le statue fossero alla pubblica vista, mentre si sa che talvolta le più pre-
ziose mancavano perfino della luce diurna. Ben in qualcbe iscrizione meno antica
leggesi SiGNA TliANSLATA F.X ABDITIS LOCIS IN CKLriìlUT ATE THEliMAIWM; 6 molte StatUC
erano riunite nel portico di Ottavia, busti di dotti negli studj pubblici, e altri monu-
menti ne' circhi.
Alcuni ricchi avevano raccolte di quadri o d'anelli; e Cicerone, che se ne mostra
passionato, comprò quattro colonne per una sua villa, più caro che non fosse costato
l'intero tempio di Giove ; Scauro ornò il suo teatro con una infinità di colonne e di
MC8E! i\ì
Statue; ima dactilioteca fu consacrata da Giulio Cesare nel tempio di Venere Genitrice;
vero museo poteva essere considerata la villa di Adriano a Tivoli.
E già nelle loro raccolte a()parivano di quelle imposture che fecer ridicole alcune
moderne. Due città di Cappadocia mostravano ciascuna la spada da cui fu trafitta Ifigenia
(Dione, lib. 55) ; in un tempio della iJdia si mostrava nna lettera scritta da Sarpedone
mentre guerreggiava a Troja (Plimo, Hist. nat. xin. 13} 5 e a Metaponto i ferri con cui
Epeo lavorò il cavallo di Troja (Giustino, lib. xx). I denti del cinghiale Caledonio,
custoditi in Arcadia, ne furono trasportati da Augusto (Pausania lili. viii): così da
Joppe di Giudea Emilio Scauro portò a Roma delle ossa del mostro marino a cui era stata
esposta Andromeda; lo narra Plinio: e Solino (cap. 36) aggiunge, che in quella città
serbavasi il sasso colle impronte delle catene, a cui essa Andromeda fu legata. In Is-
parta poi era sospeso a un tempio l'ovo partorito da Leda (Pausania, lib. 111); e Pro-
copio {De bello got. iv. 2:2) descrive la nave su cui Enea venne in Italia, qual conserva-
vasi a Roma. Luciano deride Neanto figlio del tiranno Pittaco, che a prezzo ingente
comprò la lira di Orfeo; un altro per trentamila dramme la lucerna d'Epitteto.
Ne' musei lo studio è ajutato dall'unione di tanti materiali; ma vi manca la espres-
sione che traggono dai luoghi proprj cui furono destinati. Cosi il gabinetto anato-
mico esibisce le varie parti della mirabile macchina umana, non quell'accordo che
costituisce l'inesplicabile magistero della vita.
§ 303. — Atene.
Pausania, illustre scrittore, verso il HO d. C. visitava la Grecia descrivendone i
capi d'arte. E noi, sulle orme di esso e d'altri archeologi, vorremo osservarne i luoghi
principali.
Di Atene, così denominata da Atena 0 Pallade, l'Acropoli 0 cittadella primitiva era
stata fondata da Cecrope s'una collina, al cui piede stendeasi VAstuo 0 città propria,
compreso il colle dell'Areopago, e parte di quelli detti Museo e Licabelto, fra' quali
e l'Acropoli scendea la valle del Ceramico interno.
Presso la porta del Pireo verso il Ceramico interno era l'edifizio per allestire le
pompe; poi la cella di Cerere, colle statue di essa, di Proserpina e di Jacco Daduco,
lavori di Prassitele, e un Nettuno a cavallo; poi un suntuoso portico preceduto da
statue di bronzo; e un altro dove tempj, il ginnasio di Mercurio, la casa di Poli-
zone consacrata poi a Bacco Cantante, dove Eubulide dedicò le statue sue di Atena
Peonia, di Giove, di Mnemosine, delle Muse, d'Apollo, e un Aerato in bassorilievo;
quindi una camera dov'era effigiato il convito d'Amfizione agli Dei. Nel Ceramico,
a dritta s'apriva il Basilico, 0 portico regio, sul cui colmo era in terra cotta rappre-
sentato Teseo in atto di lanciar nel mare Scirone, ed Emera che rapiva Cefalo: là
presso erano le statue di Conone, Timoteo, Evagora re di Cipro, Giove Eleuterio, ed
Adriano. Dietro al portico regio si entrava in un altro, ove erano rappresentati Teseo,
la Democrazia, il Popolo, e la battaglia degli Ateniesi a Mantinea, opere di Eufranore.
Vicino era la cella d'Apollo Patrio, col nume dallo stesso Eufranore rappresentato,
e con due statue di Apollo, opera di Leocare e di Calamide. Seguivano il tempio
della Madre degli Dei, colla statua di Fidia; e la sala del consiglio de' Cinquecento,
dove una statua antica di Giove Consigliere, un Apollo opera di Pisia, il Popolo
scultura di Lisone, i Legislatori pittura di Protogene Caunio e Calli ppo pittura di
Olbiade.
Presso a questa sala fu il tolo, edifizio rotondo che conteneva statue non grandi
d'argento; e più in alto incontravansi le immagini degli eroi eponimi, cioè che
aveano dato il nome alle tribù di Atene; ed erano Ipotoonte, Antioco, Ajace Tela-
lamonio, Leone, Erelteo, Egeo, Oineo, Acamante, Cecrope, Pandione, Attalo, Tolomeo,
Adriano. Dipoi si trovavano le statue di Amfiarao, della Pace con Pluto infante, e
quelle di bronzo di Licurgo ateniese, di Calila e di Demostene. Quest'ultima stava
presso al tempio di Marte, dove se ne vedeano due di Venere ed una di Marte, la-
voro di Alcamene; Pallade, opera di Locro parlo ; e lìeilona, scultura de' figli di
Prassitele : intorno alla cella erano disposte quelle di Ercole, Teseo, Apollo colla
chioma stretta da una tenia, Calade il legislatore, Pinnaro, Armodioed Aristogitone:
4J2 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
alcune erano lavoro di Crizia, ma le più antiche di Antenore. Quindi s'incontrava
rodeo, dinanzi al cui ingresso erano le statue de' Tolomei Filometore. Filadeltb e
Solere; di Arsinoe sorella del Filadelfo, e di Pirro re di Epiro; dentro, fra le altre,
ammiravasi specialmente un Bacco. Presso all'Odeo era la fonte Enneacrune o dei
nove zampilli, in tal furma ridotta da Pisistrato; di là dalla quale erano due celle,
una sacra a Cerere e alla figlia, l'altra a Tritlolerao: dinanzi a quest'ultima vedo-
vasi un bue di bronzo, presso cui Epiraenide assiso. Alquanto più oltre era il tem-
pio di Euclea, edificato colle spoglie de' Persiani spenti a .Maratona.
Oltre il Ceramico e il Basilico era la cella sacra a Vulcano, dove vedeasi presso |a
statua del nume quella di Pallade con occhi azzurri. Vicino era il tempio di Venere U-
rania con statua di marmo parlo, opera di Fidia. Dirigendosi al Pecile, incontravansi
un Mercurio Agoreo, e una porta ornata d'un trofeo per la vittoria degli Ateniesi sopra
Plistarco fratello di Cassandro. Seguiva esso Pecile o Vario, portico suntuoso, così dello
perchè Polignoto e Paneno vi aveano dipinto la pugna di Oeneo fra gli Ateniesi ed i
Lacedemoni, quella di Teseo colle Amazoni, la presa di Troja ed il consiglio dei re, e la
battaglia di Maratona. Vi si conservavano scudi tolti dagli Ateniesi agli Oenei e ai Lace-
demoni, e dinanzi ad esso le statue di bronzo di Solone e di Seleuco. Per quello che
ha il nome volgare di tempio o portico d'Augusto entravasi nel Foro, dove fra altri og-
getti insigni meritava attenzione l'ara della .Misericordia; non lungi era il ginnasio di
Tolomeo con ermi di marmo e l'immagine in bronzo di Tolomeo, insieme con quelle
del re Giuba e del filosofo Crisippo: ne rimangono pochi avanzi. Presso era il tempio
di Teseo con pitture insigni di Micone ; cioè la pugna degli Ateniesi contro le Amazoni
e de' Lapiti coi Centauri, e Teseo che tornava dal fondo del mare coH'anello gittatovi
da Minosse ed una corona d'oro avuta da Anfitrite: tempio eretto il 476 da Cimone,
allorché, conquistata Sciro, trasportò in Atene le ceneri di quell'eroe.
Di là uscivasi per la porta Dipila al Ceramico esterno ed all'Accademia, podere do-
nato al pubblico da Accademo, e immortalato dalle lezioni di Platone: a' tempi di Pau-
sania era divenuto un ginnasio. La via n'era abbellita di monumenti e sepolcri: trova-
vasi primieramente il recinto sacro a Diana, dove i simulacri di legno della Dea ave-
vano il nome di Arista e Callista; dopo il tempio non grande di Bacco incontravasi
una serie di sepolcri d'uomini illustri, o d'Ateniesi e alleati morti nelle battaglie, come
Trasibulo Pericle, Cabria, Formione, distene, Melesandro, Apollodoro, Conone, Timo-
teo Zenone Crisippo, Nicla, Armodio ed Aristogitone, Efialte, Licurgo l'oratore;
quello di Platone era un poco più oltre dell'Accademia, ma in questa medesima dire-
rezione. Davanti all'Accademia sorgeva l'ara dell'Amore: dentro, quelle di Prometeo,
delle Muse di Mercurio, di Pallade e di Ercole, e il secondo olivo nato nell'Allica. Il
sito dell'Accademia si riscontra nel bosco degli olivi, circa un miglio da Atene nella
direzione di Sepolia ; ma de' monumenti menzionali da Pausania non è più nulla. Non
lun"i dall'Accademia verso settentrione era la torre di Timone il Misantropo, e dieci
stadi da Atene fu il Colle equestre (Colonus HippiosJ, celebre per l'antico bosco e tem-
pio di Nettuno Equestre, arso nella guerra di Antigono, e del quale non rimaneva ai
tempi di Pausania se non l'ara sacra a ÌNettuno e Minerva Equestre: ivi pure vedevasi
l'eroe di Piriloo, Teseo, Edipo ed Adrasto. Ritornando verso il Pecile incontravasi il
tempio de' Dioscuri, o Anaceo, dove Polignoto avea rappresentalo le loro nozze colle
figlie di Leucippo, e Micone gli Argonauti. Di là era il recinto sacro di Agraulo, alle
falde dell'Acropo li, dove i Persiani erano saliti alla cittadella ; e vicino, il Pritaneo, dove
le leggi incise di Solone, le statue della Pace, di Vesta, del pancraziaste Autolieo, e di
Milziade e Temistocle, cangiate in quelle d'Augusto e Lisimaco. Ne' contorni del Prita-
neo fra questo edifizio ed il Foro rimane ancora la torre, o clessidra, ed anemoscopio
{Torre dei venti) di Andronico Cirreste.
Volgendo verso la città bassa e l'Adrianea, trovavasi primieramente il tempio di Se-
rapide, divinila introdotta in Atene da Tolomeo; (|uindi il luogo donde Piriloo e Teseo
eransi mossi per Sparta e [)er la Tesprozia ; ivi presso la cella sacra a Lucina, col
simulacro velato sino alla punta dei piedi; in c^sa vedevansi due statue cretesi, dono di
F'edra, e la antichissima di Lrisillone, venula da Pelo. Di là giungevusi al gran tempio
di Giove Olimpico, che aveva (jualtro stadj di circuito, cominciato dai leniiìi più anti-
chi, continuato da Antioco, spoglialo delle colonne da Siila, compiuto e magnilicameutó
ATENE 4J3
ndornnto da Adriano, f.a statua del mime era d'oro e avorio : presso di essa erano due
immai.'iiii d'Adriano di marmo lasio, e due di egizio: intorno al tempio, rimpetto a
ciasciinn colonna, nltrottante immagini di lui in bronzo innalzategli dalle colonie,
molte allre erettogli dalle città, ed un colosso dedicatogli da Atene dinanzi all'opisto-
domo. Dentro avevasi un Ciove di bronzo molto antico, una veccbia edicola di Saturno
e Rea ; e in uno spazio cbiamato Olimpico si mostrava lo spacco, pel quale era partita
l'acqua del diluvio di Deucalione: ivi pure la statua d'Isocrate sopra un ci|)po, e Ire
Persiani di marmo frigio sostenenti un trìpode. A poca distanza dal tempio indicavasi
il sepolcro di Deucalione, fondatore del tempio primitivo. Forse ne' contorni sorsero
la masgior parte delle altre magnifiche fabbriche di Adriano, cioè la cella di riiunone e
di Giove Panellenio; un portico di cenventi colonne di marmo frigio, contenente una
l)iblioteca divisa in varie sale, e statue e volte dorate, e muri rivestiti esteriormente
di marmo frigio, internamente di alabastro; ed un ginnasio ornato di cento colonne di
marmo numidico.
Dopo il Giove Olimpico, s'incontrava una statua di Apollo Pitio, e quindi un tempio
di Apollo Delfinio, donde entravasi nella via degli Orti, dove una cella sacra a Venere,
con una statua insigne di Alcamene ; e presso un erme di Venere Urania. Di là passa-
vasi al tempio di Ercole Cinosarge, in cui erano le are d'Ercole, Ebe, Alcmena e Jolao.
Il Liceo, ginnasio sacro particolarmente ad Apollo, fu edificato da Lioirgo figlio di Li-
cnfrone retore, dietro al quale era il monumento di Niso. Giungevasi dipoi all'Ilisro,
sulla cui riva si vedeva l'ara delle Muse Ilissiadi, ed ivi presso il luogo dove mori Co-
dro ultimo re di Atene. Di là dall'Ilisso la contrada appellavasi Agro?, ed era fuori della
città : ivi il tempio di Diana Agrotera, ed il bello stadio fabbricato da Erode Attico, tutto
di marmo pentelico.
Atene comprendeva due colline intiere, cioè l'Acropoli e l'Areopago ; due in parte,
cioè il Museo, e quella detta Pnix dai moderni, e dagli antichi il Licabetto. Sopra que-
sto non citansi altre fabbriche che il Pnix, destinato da Solone per le adunanze pubbli-
che: sul Museo, chiuso dentro la città da Demetrio, non si nomina che il sepolcro di
Filopappo siro, che fiorì a' tempi di Trajano, e che ancora si vede. Amendue questi
colli coprono Atene verso occidente. Fra il Licabetto e l'Acropoli sorge l'Areopago, ce-
lebre pel tribunale che vi si adunava, coll'ara di Pallade Area, dedicata da Oreste; le
pietre della Contumelia e dell'Impudenza, dove assidevansi l'accusatore ed il reo; il
tempio delle Erinni, in crii il sepolcro di Edipo.
Prima di salire all'Acropoli, voslionsi descrivere i monumenti alle sue falde fuori del
recinto che la divideva dalla città. Movendo dal Pritaneo entravasi in una via denomi-
nata dai tripodi di bronzo che ornavano la sommità de' tempietti, contenenti oggetti
d'arte molto stimati, come il Satiro di Prassitele. Uno elegante d'ordine corintio ne re-
sta, cui il vuleo dà il nome di Lanterna di Demofifenp perla sua forma ; ed un altro men
ornato, di ordine dorico più in alto. Trovavansi poscia due tempi di Racco : nel primo
era un gruppo rapprespntante un Faunetto che dava bere al nume, e un Racco, e un
Amore di Imilo; nell'altro tempio che guardavasi come il più antico, era presso al tea-
tro di Bacco, e conteneva due edicole e due sfatue del nume, l'uua detta di Racco Eleu-
terese, l'altra, opera di Alcamene, d'oro e d'avorio; e dipinti Racco che portava Vul-
cano io cielo, la punizione di Penteo e di Licurgo, e l'incontro di Racco con Arianna.
Presso era l'Odeo di Pericle, imitante la tenda di Serse, ed il teatro antico di Atene,
denominato di Bacco per la vicinanza del temnio; qupsto aveva ritratti di poeti tragici
e comici, fra' quali particolarmente Eschilo, Euripide, Sofocle e Monandro. Dell'Odeo,
incendiato da Siila e ricostruito posteriormente, ancora si distingue il sito; il teatro
pure si riconosce, come anche quello edificato sopra questa medesima falda da Erode
Attico, il quale conserva gran parte della scena. Stanno sotto il muro della cittadella a
mezzodì, detta di Noto: sopra questo muro, ove domina il teatro di Racco, era espressa
l'egida col teschio di Medusa dorato : ed ivi era pure una spelonca coronata da un tri-
pode, nella quale erano scolpili Apollo e Diana in atto di saettare i Niobidi .• forse la
stessa convertita in chiesa col nome di Panagia SpiliofifKa. Trovavasi dipoi il .«sepolcro
di Calo, nipote e discepolo di Dedalo; e quindi il tempio d'Fsculapio, ornato delle sta-
tue del nume e de' suoi figliuoli, e di pitture. Seguivano la cella di jTemide, dinanzi
alla quale vedevasi il monumento d'Ippolito; le statue di Venere Pandemia' e della
4H ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
Persuasione ; il tempio della Terra Curotrofe e di Cerere Cloe, presso il quale era l'in-
gresso magnifico nell'Acropoli. Di là da essi trovavasi una sorgente, ed una spelonca
consacrala a Pan, la quale ancora si riconosce.
L'Acropoli è una collina di forma eliltica, estesa in lunghezza da oriente ad occiden-
te, dirupata e cinta di mura da tutte parti, soltanto accessibile verso occidente dove
tuttora è l'entrata. Attribuivasi ad Agrola ed Iperbio pelasgi una parte della mura che
cingevala; il resto era opera di Cimone figliuolo di Milziade: oggi non ne rimangono
traccie visibili. L'ingresso era ornato di un portico esastilo di colonne doriche, detto
Propilei, che oggi trovasi coperto fra moderne fortificazioni. Era stato costrutto per
ordine di Pericle, con architettura di Mnesicle : aveva a destra e sinistra statue di ca-
valieri, che alcuni credevano rappresentassero i figli di Senofonte. A destra era il tem-
pio della Vittoria, dove mostravasi il sito della morte di Egeo; a manca una sala con
pitture di Polignoto, il quale vi avea rappresentato Ulisse che prendeva l'arco di Filot-
tele, Diomede che rapiva il Palladio, Oreste che uccideva Egisto, Pilade che metteva a
morte i figli di Nauplio; Polissena alla tomba di Achille, ed Ulisse presso a Nausicaa
in Corcira. Altre pitture di
ignoto raffiguravano Alci-
biade coi contrassegni della
vittoria nemea, Perseo che
recava a Polidette il capo di
Medusa, un ragazzo che por-
tava le idrie, e il poeta Mu-
seo: inoltre un lottatore, di-
pinto da Timeneto. Presso ai
Propilei dentro alla cittadella
offrivansi allo sguardo il Mer-
curio Propileo, e le Grazie,
sculture del celebre Socn.te.
Da questo punto avviandosi
verso il Partenone incontra-
vasi una lionessa di bronzo,
simbolo di Leena, uccisa da
Ippia figlio di Pisistrato: se-
guiva una Venere, dono di
Callia e lavoro di Calamide;
un'immagine di Diitrefe fe-
rito di saette; vicino alla quale
le statue d' Igea e di Atena
Igiea. Mostravasi poi il segu'io
di Cacco; Licio garzone, con
un vaso d'acqua lustrale, sta-
tua in bronzo di Mirone; e
Perseo, del ^medesimo arte-
fice. Poi il tempio di Diana
Brauronia, colla statua della
dea per Prassitele ; la figura
in bronzo del cavallo di
Epeo; e parecchie statue pe-
destri, fra le quali partico-
larmente Epicarino opera di
Pianta delPÀcropoH d^ Atene.
AA sentiero sinuoso che mena all'interno Jclla cittadella. — B colonnato de' Propilei. —CC batterie
costrutte dai Turchi. — D avanzi del tempio della Vittoria. — K Partenone. — F tcmpj di Atena Poliade
e di Eretteo. — G teatro di Bacco. — H Odeo di Pericle. — I monumento di Trasilio. — K colle dell'Areo-
pago. — L luogo della città moderna.
ATENE
415
Crizia, Enobio che fece chiamare Tucidide dall'esiglio , Ermolico pancraziaste , For-
mione figlio di Azopico, Seguivano varii gruppi: Atena in atto di battere Marsia; Teseo
che lottava col Minotauro; Frisso coll'ariete, nel momento che lo sacrificava ad un
nume; Ercole che strozzava i dragoni; e Atena che nasceva dal capo di Giove. Poscia
un toro, dono dell'Areopago; un uomo armato di elmo, colle unghie d'argento, lavoro
molto pregiato di Cleeta 5 la Terra che supplicava Giove per la pioggia; Timoteo, Co-
none, Progne ed iti, doni di Alcamene; Minerva che mostrava l'ulivo, e Nettuno che
scopriva l'onda ; e finalmente il Giove di Leccare, ed il Giove Polieo.
Prospello deW Acropoli.
Allora giungevasi al Partenone, tempio principale di Atene, sacro a riapSTcvo; o Atena,
costrutto da Pericle con architettura d'Ictino, e mirabilmente ornato di sculture da
Fidia. Sul frontone verso oriente, per dove era l'ingresso, vedevasi la nascita della dea,
con figure interamente isolate; e sul frontone opposto la disputa fra Pallade e Nettuno
per l'Attica. Leraetope erano ornate di altirilievi, portanti la pugna de' Lapiti co' Cen-
tauri ; ed intorno alla cella correva esternamente un'ampia fascia a guisa di fregio, nella
quale in bassorilievo era stata espressa la pompa panatenaica. La parte postica della
cella conteneva il tesoro pubblico: l'anteriore, la statua di Pallade d'oro ed avorio,
anch'essa di Fidia, s'un piedestallo, su cui era scolpita la nascita di Pandora. Oltre la
Pallade di Fidia, vi era un Adriano, e presso la porta il ritratto d'Ificrate.
Il Partenone-
Di là era un Apollo Partenopio di bronzo, attribuito a Fidia; un Pericle, un Santippo,
un Anacreonte, Io e Callisto fatti da Dinomene. Presso al muro di Noto era figurata la
guerra de' Giganti, la battaglia di Teseo contro le Amazoni, quella di Maratona, e lo
sterminio de' Galli nella Misia; opere in bassorilievo, ciascuna alta due cubiti, e dedi-
cate da Attalo. Quindi vedevasi la statua di Olimpiodoro, insigne capitano ateniese, ed
•Ì16 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
una Diana Leucofrine, di bronzo, dedicata da' figli di Temistocle ; presso a cui una
xMinerva, dono di Callia ed opera di Endeo discepolo di Dedalo. Seguiva l'edifizio chia-
mato l'Eretleo, innanzi a cui era la statua di Giove Ipato; e dentro tre altari, a Nettuno,
a Buto ed a Vulcano: sopra quello di Nettuno sagrificavasi ad Eretteo : le pareti offri-
vano pitture allusive alla nascita di Buto. In un recesso interno mostravano un pozzo
d acqua , che dicevano fatta scaturire da Nettuno. L'Eretteo era attaccato al tempio di
Atena Poliade, dove, oltre il simulacro della dea che dicevasi caduto dal cielo , ammi-
ravasi una lucerna d'oro, opera di Callimaco; un Mercurio di legno, dono di Cecropej
una sedia pieghevole, lavoro di Dedalo; la corazza di Masistio, che comandava la ca-
va lena persiana alla battaglia di Platea; e l'ulivo fatto nascere da Minerva. Alla cella
del tempio di Atena Poliade congiungevasi quella di Pandrosio.
Questi tre edifizj uniti restano ancora, come il pozzo dell'Eretteo: il tempio di Atena
Pohade e l'Eretteo possono riguardarsi come l'esempio più bello dell'ordine jonico : il
Pandrosio, invece di colonne, avea cariatidi, quattro delle quali rimangono. Presso al
tempio di Atena Poliade era l'abitazione delle vergini canefore ; la statua di Lisimaca;
quelle di Eretteo e di Eumolpo di bronzo, in atto di combattere; quella di Tolmide e
de suo augure; parecchie antiche immagini in legno di Minerva; la rappresentazione
della caccia d'un cinghiale, forse il Calidonio; quella della pugna di Cicno con Ercole;
quella di Teseo che portava i segni onde farsi riconoscere per figlio di Egeo; e la vit-
toria di lui sul toro di Maratona, dono degli abitanti di quel borgo. Presso a' Propilei
incontravasi una statua di Cilone di bronzo, la grande statua di Minerva pure di bronzo,
«atta con le spoglie riportate in Maratona, ed opera di Fidia, il cui scudo colla battaglia
de' Lapiti contro i Centauri, e gli altri ornati, erano disegno di Parrasio ed intaglio di
Mis. Non lungi da questa era un carro di bronzo, decima delle spoglie de' Beoti e Cal-
cidesi ; la statua di Pericle ; e la bellissima Pallade F.emnia, opera di Fidia.
Atene aveva tre porti: il più antico dicevasi Falero vicino alla città, donde il mare
non dista che U minuti. Di là partirono Teseo per Gnosso, e Menesteo perTroja; e vi
SI vede ora un tempio di Cerere, la cella di Giove e di Minerva Scirade, le are degli Dei
Ignoti, degli eroi, de' figli di Teseo e di Falero, e di Androgino figlio di Minosse. Quivi
iu estratta la famosa statua del Demetrio Falereo. Due miglia e mezzo oltre il Falero
erano i simulacri di Venere Coliade e delle dee Genetliadi sul capo Coliade. Gli altri due
porti erano quelli di Munichia e del Pireo. 11 popolo de' tre porti formava tre demi-
diversi.
Due bracci di muro amplissimi furono edificati da Temistocle per unire i porti alla
citta, lunghi quaranta stadj, e detti i muri lunghi o]e gambe. Distrutti dai Trenta tiranni
furono ricostruiti con minor regolarità daConone, abbattuti da Siila, né più riedificati :
oggi non ne rimangono che laceri avanzi , lambiti da una strada di ferro. Per la porta
1 iraica uscivasi al Pireo, perla Falerica al Falero: solla via del Falero era il monumento
di Antiope ed una cella sacra a Giunone, che fu bruciata da Mardonio figlio di Gobria:
sopra quella del Pireo erano sepolcri , fra' quali i più celebri il cenotafio di Euripide e
a tomba di Menandro. Da Atene al Pireo in linea retta si contavano trentacinque stadj.
Le sue lahbriche ed i tre porti in cui suddividevasi , erano architettura d'Ippodamo di
Luriionte, nativo di Mileto, o secondo altri torio. I tre porti nomavansi il porto Grande
0 Cantaro, Afrodisio e Zea. Il secondo prendeva nome da un tempio di Venere , eretto
IVI presso il mare da Conone dopo la vittoria di Guido. Sul porto Grande era il sepolcro
(li lemistocle. Veniva chiuso da due rupi, dette Eetion ed Alcime, che ne rendevano
1 ingresso angusto e ditTicile: le sue fortificazioni, intraprese da Temistocle durante il
suo arcontato, nel 477, furono compiute da Pericle, che le portò a 40 cubiti o 20 metri
circadi a tezza; giravano tutta la città del Pireo; disfrutte dagli Spartani a suon di
tibia nel 404, furono rialzate da Conone, rase ancora da Siila.
NiBBY, Eìemenli d'arrheoìorjia-
Die Akropolis von Alen; cin Vorlrag, in nm.emchaftUrhen Vereine sw Bertin am iO Februar qchallen
von EH^EST Curtius. Berlino -1844, in-8" con litoj;tafia.
£f._£X&£tou, y;wixs-JY, y.-xr' £vro/«v tou otpy.oiioìoyiy.ov 'j^jlloyov ecc. Alone tSNS, con 8 lilo.rralio
AnhchUàd Atene prese, rolografieamenle .la A. F. Oppenheim l'autunno del ^Slió. Dresda 1854
Alhenes dvtntc et dessinéc par Ernest Breton ; suivie d'une voyagc dnm le Péìoponnàse. Parigi U6'>
i
SPART\ 417
Ora una spedizione prussiana, conilotla <la Strack e Botliclier, noti por bei lavori archeologici, crMcc molto
le cognizioni sopra Atene; massime sul teatro di Bacco, che si scoperse tutto, e snll'Ercttco.
g 304. — Sparta.
Meno insigne per arti belle è Sparta. Polibio, che la vide neirultimo stadio della sua
indipendenza, ce la mostra di forma rotonda, colle mura di 48 stadj. Al tempo della
guerra persiana potea dare solo ottomila uomini -, poi crebbe di molto , Il Foro è da
credersi fosse nella parte piana della città, ove la curia del senato, e le sale in cui ra-
dunavansi gli Efori, i Nomofilaci ed i Bidiei; il portico Persiano, il tempio di Giulio
Cesare, quello di Augusto, presso la cui ara mostravasi il ritratto in bronzo di Agia;
le statue di Apollo Pitio, di Diana e di Latona; il tempio dellaTellure e di Giove Agoreo;
quello di Pallade Agorea e di Nettuno Asfalio; quello di Apollo e Giunone ; la statua
del Popolo di Sparta; il tempio delle Parche, presso al quale era il sepolcro d'Oreste e
il ritratto di Polidoro, la statua di Giove Ospitale e di Pallade Ospitale, quella di Mer-
curio Agoreo che portava Bacco infante ; e l'antico Eforeo, dove i monumenti sepolcrali
di Epimenide ed Afareo.
Dal Foro staccavasi la via Afeta o Afetaide, dove indicavano il Booneta, già casa del
re Polidoro: e presso, il tempio dEsculapio, e l'eroo di Teleclo. Di là dal punto dove
questa via toccava la sala de' Bidiei, vedevasi il tempio di Pallade Celeutea; quindi
l'eroo 'di Jope, poi quello di Amfiarao e di Lelege; il recinto sacro di Nettuno Tenario,
detto perciò il Tenario; la statua di Pallade, l'Ellenio, il monumento di Taltibio, l'altare
di Apollo Acrita, il Gasepto , la statua di Apollo Maleate; e sul fine della strada presso
alle mura, il tempio di Dittinna, ed i sepolcri reali degli Euripontidi. A lato poi dell'EI-
lenio era il tempio d'Arsinoe figlia di Leucippo: presso ai Presidj, l'edicola di Diana,
e poco più oltre, il monumento degli Jamidj, il tempio di Marone e di Alfeo, quello di
Giove Trofeo, quello della Gran Madre, l'eroo d'Ippolito, e quello di Anione. Tutti questi
edifizj erano ne' dintorni della via Afeta.
Dal Foro partiva un'altra strada, nella quale vedevasi la Sciade, edifizio di Teodoro
da Samo , dov'era la cetra di Timoteo Milesio ; e in un edifizio rotondo , le statue di
Giove e Venere olimpj. Vicino mostravansi il sepolcro di Cinorta figliuolo d'Amicla, il
monumento ed il tempio di Castore, i sepolcri d'Ida e di Linceo; rimpettoalla rotonda
di Giove e Venere, il tempio di Proserpina Salvatrice, Apollo Carneo, la statua di
Afeteo , donde credevasi avesser preso le mosse alla corsa gli amanti di Penelope. Se-
guiva l'antico mercato di cose vecchie con portici quadrangolari, e un'ara di Giove,
Minerva e |de' Dioscuri , tutti sopranominati Ambulj. Himpetto, sul colle Colono era
l'edicola di Bacco Colonate; il sacro recinto dell'eroe, che guidò Bacco verso Sparta;
il tempio di Giove Evanemo, a destra del quale l'eroo di Pleurone. Sopra un altro colle
vicino a questo eroo vedevansi i tempj di Giunone Argiva e di Giunone Ipercheria. A
destra di esso colle si apriva una via , dove era il ritratto di Etemoclc. Sembra che la
via Afeta, la Sciade, e questi due colli fossero ad oriente del Foro.
Ad occidente incontravasi primieramente il cenotafio di Brasida, e non lungi il teatro,
tutto marmo bianco; il monumento di Pausania e di Leonida, e non lungi il tempio di
Nettuno Genetlio , l'eroo di Cleodeo e di Ebaio. Nella contrada Teomelide erano i se-
polcri degli Agiadi, e vicina una colonna, sulla quale leggevansi le vittorie olimpiche di
Anchioni : seguiva la stazione dei Crotani, il tempio di Diana Issoria, quello di Esculapio
detto degli Eoapadi, il monumento di Tenaro, il tempio di Nettuno Ippocurio, e quello
di Diana Eginea. In questi medesimi dintorni erano item|)j di Tetide, di Cerere Ctonia,
di Serapide e di Giove Olimpico, Quindi passavasi al Dromo, partendo dal sepolcro degli
Agiadi; e per via s'incontravano il monumento di Eumede ed un'antica statua d'Ercole,
presso cui la casa di Menelao. Nel Dromo si notavano i Dioscuri Afeterj, l'eroo d'Alcone
(a lato del quale era il tempio di Nettuno Domatite), e parecchi ginuasj, uno de' quali
edificato da Euricle spartano; poi tempj de' Dioscuri e delle Grazie , di Lucina, Apollo
Carneo, Diana Egemache, Esculapio Agnita: quest'ultimo era a destra del Dromo. Non
lungi sorgeva un trofeo attribuito a Polluce.
Nella contrada detta il Platanisto, dove gli efebi combattevano entro uno spazio cinto
da un euripo, ai due lati de' ponti che introducevano in questo recinto, erano Ercole e
Cantò, Docnmenti. —Tomo I, Archeologia e Belle Arti. 27
418 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
Licurgo. Presso al Platanisto propriamente detto era l'eroo di Cinisca, ed un portico ,
dietro al quale vedevasi l'eroo di Alcimo , e là vicini quelli di Dorceo e di Sebrio; i
quali eroi davano il nome alla fonte di Dorceo e al vico Sebrio, a destra del quale era
il monumento di Alcmane , presso cui il tempio di Elena, poi quello di Ercole, colla
statua del nume armata: vicino a questo tempio era il monumento di Eono. Ad oriente
del Dromo trovavasi il tempio di Paliade Axiopsena , e non lungi un altro della stessa
dea; e vicino l'edicola d'Ippostene, e la statua antica di Eoialio in ceppi.
Oltre la stazione de' Crotani, era quella chiamata Pécile, presso cui l'eroo di Cadmo,
de' discendenti di Eolico, e quello di Egeo suo figlio. Poco oltre, sopra un colle non
grande, appariva il tempio antico con statua di legno di Venere armata, il solo degli
antichi che avesse due piani : nel superiore. Venere aveva il sopranome di Morpho , ed
era rappresentata assisa con benda nella mano e ceppi a' piedi. Vicino era quello d'I-
laera e Febe, dove mostravasi appeso al soffitto ed involto in fascie il guscio'dell'ovo
partorito da Leda. Seguiva il Chitone , edifizio nel quale le donne spartane tessevano
la tunica per l'Amicleo; e presso a questo una casa, già abitata dai Dioscuri. Andando
dal Chitone verso alle porte, trovavansi l'eroo di Chilone e quello di Ateneo; seguiva il
tempio di Licurgo, dietro alla cui cella stava il sepolcro di Eucosmosuo figlio, e presso
all'altare quello di Latria e di Anassandra; incontro alla cella poi additavansi i monu-
menti di Teopompo e di Euribiade ; e vicino al tempio l'eroo di Astrabaco.
La parte piana di Sparta, che era stata un tempo palustre, serbò il nome di Limnea
da >i>vr) palude. In essa era il tempio di Diana Ortia e Ligodesma, il cui simulacro di
legno reputavasi quello che un giorno fu portato via dalla Tauride da Oreste ed Ifigenia.
Non lungi era il tempio di Lucina, dopo il quale sopra il colle più alto sorgea la citta-
della. In questo era il tempio di bronzo colla statua pur di bronzo di Minerva Polinia,
opera di Gibiade, e con bassorilievi delle imprese di Ercole e de' Dioscuri, e altri fatti
mitologici. Ivi presso, il tempio di Paliade Ergane, e piìi oltre la cella di Giove Cosmeta,
dinanzi a cui il sepolcro di Tindareo. Altri tempj e statue e portici faceano quel luogo
uno de' più insigni di Grecia: ma ormai non ne rimangono vestigia.
§ 303. Olimpia.
Nell'isola d'Egina famoso è il Panellenio, le cui metope, ora nel museo di Monaco,
sono monumenti d'arte antichissima.
Sull'istmo che unisce il Peloponneso col continente dell'Eliade si celebravano i
giuochi Istmici: ma più famosi sono gli Olimpici. Olimpia nomasi il tratto sulla sponda
destra dell'Alfeo, sedici miglia circa prima della foce di {juesto fiume, e circa trentasette
e mezzo da Elide, sacro particolarmente a Giove. Secondo Pausania, il bosco sacro di
Giove era piantato di ulivi selvatici e di platani, ed in mezzo il magnifico tempio dorico
di Giove, di una pietra porosa, lungo settantacinque metri, largo trentuno, alto venti-
tre ; architettato da Libone, col tetto coperto di marmo pentelico. Gli Elei lo edifica-
rono dopo soggiogata Pisa ed i borghi intorno. Era amfiprostilo: sull'acroterio centrale
vedevasi una'^Vittoria dorata e sotto di essa uno scudo d'oro, in mezzo al quale era
espressala Gorgone, decima de' Tanagrei: sugli acroterj laterali erano vasi dorati;
intorno al fregio stavano disposti nella parte esterna del portico ventuno scudi dorati,
dono di Mummio. Il frontispizio anteriore ornavano sculture, rappresentanti Pelope ed
Enomao in atto di venire a battaglia; in mezzo ammiravasi la figura di Giove; e a de-
stra Enomao coll'clmo in testa, accompagnato da Steropc sua madre; presso al carro
innanzi ai quattro cavalli, Mirtilo auriga di Enomao ; dopo questi, due famigli che do-
vcano servire i cavalli; alla estremiti), nell'angolo del frontispizio, la figura coricata del
Cladeo- a sinistra di Giove, Pelope ed Ippodamia, l'auriga, i cavalli di Pelope e due
fami"li'- e nell'angolo la figura coricata dell'Alfeo. Queste sculture erano opera di Peo-
nio da 'Mende. Sul frontispizio posteriore era la pugna dei l.apiti contro i Centauri
opera di Alcaniene. Nel pronao erano i cavalli di Cinisca in bronzo con tripode pure
di bronzo sul quale coUocavansi le corone pe' vincitori, nei tempi più antichi, un .\-
driano di 'marmo parlo, dono degli Achei ; un Trajano, dono di tutti i Greci ; e nelle
nicchie i ritratti di Augusto in elettro, e di Nicomede in avorio. Le porle di bronzo a
bassorilievi rappresentavano le imprese di Ercole ; uell'interno del tempio, a doppio or-
OLIMPU 419
dine di portici, appariva a destra, dinanzi alla colonna, Ifito coronato da Echiria. Dal
portico superiore passavasi alla statua assisa del nume d'oro e d'avorio, opera sublime
di Fidia ; e per una scala a chiocciola si saliva al tetto. 11 pavimento del tenìpio era di
marmo bianco, salvo la parte dinanzi la statua, la quale era una incassatura di marmo
nero, con crepidine attorno per tenervi l'olio che preservava l'avorio della statua dal-
l'umidità ; al qual uopo era coperta da una cortina finissima, ornata di ricami assiri, e
colorita di porpora fenicia, dono di Antioco. Oltre questa statua, avevansi nella cella il
trono di Arinno re di Etruria ; quattro corone, dono di Nerone, tre delle quali fo^iriate a
foglie di ulivo selvatico, ed una a foglie di quercia, venticinque scudi in bronzo per
que' che correvano al corso armato ; e parecchi cippi, uno de' quali portava il giura-
mento di alleanza fra gli Elei, gli Ateniesi, gli Argivi e i Mantineesi. Questo tempio è
oggi affatto distrutto, e sonosi soltanto trovati alcuni rocchi di colonne del suo peristi-
lio, i quali, mentre ne accertano della esattezza di Pausauia, determinano che il tempio
fu esastilo, che il diametro delle colonne fu di metri 2.36, e che era a S5 passi geome-
trici dal colle di Saturno verso l'Alfeo.
A destra del tempio di Giove era il recinto che credevasi consacrato a Pelope da Ercole
di Amfilrione ; alberato, cinto da sassi, e con statue; avea l'ingresso ad occidente; esten-
devasi da circa la metà del tempio di Giove fino alla parte postica di quello. Nello spa-
zio fra il Pelopio e il tempio erano statue e l'ara massima di Giove Olimpico. Altre ve-
devansi in que' dintorni, come quelle di Bacco e delle Grazie, delle Muse, delle Ninfe ; e
sparse pel recinto quelle di Vesta, di Diana Latoide, di Pallade Ergane, di Pallade e
Diana, dell'Alfeo, di Vulcano, di Giove Marziale, d'Ercole Parastate, di Epimede, d'Ida
od Acesida, di Peoneo e di Jaso. Quindi mostravansi le fondamenta della casa di Eno-
mao, l'ara di Giove Erceo, quella di Giove Fulminatore, degli Dei ignoti, di Giove Ca-
tarsio, della Vittoria, di Giove Cotonio, di tutti gli Dei, di Giunone Olimpica, creduta
offerta di Climene, di Apollo e Mercurio insieme, della Concordia, di Minerva, diversa
da altre già nominate, e della Madre degli Dei. Seguiva lo stadio olimpico, posto più
dentro l'Alti : presso all'entrata di esso erano le are di Mercurio Enagonio e di Cero :
poco lungi dal tesoro de' Sicionj, l'ara di Ercole: nel tempio della Tellure, l'ara di
questa dea: sullo Storaio, quella di Temide: e quella di Giove Fulminatore era intor-
niata di una siepe. Uscendo dall'Alti per la porta delle Pompe, rivolta ad occidente, ecco
il Leonideo, poi lo studio di Fidia, dove un'ara sacra a tutti gli Dei. Piientrando per la
porta Pompica, a sinistra del Leonideo, si vedeva l'ara di Venere e quella dell'Ore : ed
avvicinandosi alla facciata postica del tempio di Giove scontravasi a man ritta l'oleastro
di cui si facevano le corone pei vincitori olimpici : onde lo sopranomavano Calliste-
fano, come pure Cailistefani le ninfe che ivi appresso avevano ara. In quelle vicinanze
stava pur l'Ippodameo, recinto di circa un plettro di estensione per ogni lato, cosi detto
perchè sacro particolarmente ad Ippodamia 5 inoltre l'ara di Diana Agorea, quella di
Despina, quella di Giove Agoreo, e dinanzi alla Proedria le are di Apollo Pitio e di
Bacco. Di là rivolgendosi verso la mossa de' cavalli, aveansi le are di Giove Meragcta,
delle Parche, di Mercurio e due di Giove Altissimo. La mossa de' cavalli era costruita
in guisa di rostro, in modo così artifizioso, da non lasciare alcun vantaggio fra gli
atleti : in mezzo erano le are di Nettuno Ippio, di Giunone Ippia e dei Dioscuri ; all'in-
gresso del rostro quelle di Marte Ippio e di Minerva Ippia ; e dentro, quelle della Buona
Fortuna, di Pane, di Venere, e delle ninfe Acmene.
Questa mossa univasi da un lato ad un portico, detto di Asnampto 0 Agapto dall'ar-
chitetto, e per esso allo stadio; e dall'altro introduceva nell'ippodromo. Lo stadio era
appoggiato al monte Cronio, alle cui radici il tempio di Lucina e Sosipolide, amfipro-
stilo, con cella separala per l'una e per l'altro Dappresso erano le vestigia di quello di
Venere Celeste, ed altari. L'ippodromo poi conteneva l'ara diTarasippo: e sopra una
delle mete, in bronzo Ippodamia con una tenia in mano, in atto di cingerne il capo
a Pelope. L'Ippodromo con un lato appoggiavasi ad un colle sul quale era il tempio
di Cerere Camina, sulla cui origine varie tradizioni correvano. Dell'ippodromo riman-
gono poche vestigia. Sembra che presso ad esso fosse il ginnasio, nel quale le statue di
Cerere e Proserpina in marmo pentelico, sostituite ad altre più antiche da Erode Attico ;
annesse erano le abitazioni degli atleti presso al Cladeo. Di là dal ginnasio era il Prita-
neo, dinanzi alle cui porle l'ara di Diana Cacciatrice: nel Pritaneo stesso conservavatì
420 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
entro una camera il fuoco sacro, e a destra dell'ingresso l'ara di Pane; rimpetto alla
camera del fuoco un cenacolo, dove banchettare i vincitori olimpici.
Nell'Alti, sotto la falda del monte Cronio opposta a quella dello Stadio, era il tempio
di Giunone, edificato dagli Scillunzj ; quadrilungo, di ventun metro, dorico, peristilo,
ed una delle colonne della parte posteriore era di quercia. La cella aveva molte statue
antiche d'oro e d'avorio: il simulacro di Giunone in trono: allato Giove barbato con
elmo; lavoro semplice. Seguivano le Ore, rappresentate assise da Smilide egineta, e
Temide loro madre, lavorodiDoricledalacedemonio, scolaro di Dipeno e Scillide; quindi
cinque figure delle Esperidi per Teocle lacedemonio, scolaro degli stessi ; unaPallade di
Medonte lacedemonio, della stessa scuola 5 Proserpina e Cerere assise ; Apollo e Diana
in piedi ; Latona, la Fortuna, Bacco e la Vittoria alata, anch'esse antichissime. Poste-
riori a queste erano il Mercurio che portava Bacco fanciullo, lavoro di Prassitele; una
Venere in bronzo, opera di Cleone sicionio della scuola di Pericleto ; un fanciullo do-
rato, scultura di Boeto cartaginese ; e le statue d'oro ed avorio di Filippo ed Euridice,
trasportate dal Filippeo. Sopratutto attirava l'ammirazione l'arca di cedro, tutta a figure
di storie eroiche, accompagnate da iscrizioni, e detta di Cipsele, per avervi la madre na-
scosto questo tiranno di Corinto, mentr'era infante : i suoi discendenti la dedicarono
in Olimpia. Mostravasi pure in questo tempio un letto ornato d'avorio, che dicevasi ap-
partenuto ad Ippodamia : la mensa d'oro ed avorio, sulla quale riponevansi le corone
de' vincitori olimpici, opera di Coiota, portante in fronte immagini di Giunone, Giove,
Cibele, Mercurio, Apollo e Diana ; ne' lati quelle di Esculapio, Igea, Marte ed Agone da
un canto, e dall'altro Plutone, Bacco, Proserpina e due ninfe, la prima delle quali
avea una sfera, l'altra una chiave. Il lato posteriore offriva i regolamenti dei giuochi :
e il disco d'ifito, colla formola della tregua che gli Elei intimavano pe' giuochi Olimpici.
Dietro al tempio di Giunone erano le are del Cladeo, di Diana, di Apollo, di Diana Coc-
cola, di Apollo Termio. Andando dall'ara massima verso il tempio di Giove, trovavasi
presso questo la colonna di Enomao. Anche Cibele avea un vasto tempio dorico, chia-
mato il Metroo, colle statue degl'imperatori romani. Non lungi una sala rotonda deno-
minavasi il Filippeo, perchè edificata da Filippo Macedone, ornata di colonne intorno,
dove in origine erano le statue di Aminta, Filippo, Alessandro, Olimpia ed Euridice,
fatte d'oro e avorio da Leocare; sulla sua sommità era posto un papavero di bronzo. Il
Metroo era fra il monte Cronio e lo Stadio : a sinistra della via fra il Metroo e lo Stadio
sul lembo del monte, era una crepidine di pietra, sulla quale si vedevano statue di
bronzo di Giove, dette in dialetto del paese i Zani, e fatte colla multa imposta agli Achei :
Pausania le enumera con somma accuratezza, come tutte le altre statue sparse nel re-
cinto sacro, e particolarmente quelle degli atleti vincitori. Come nel sacro recinto di
Delfo, così in questo di Olimpia v'avea tesori, disposti anch'essi intorno al monte Cro-
nio : citansi quelli de' Sicionj, de' Cartaginesi, i due degli Epidamnj , quelli de' Siba-
riti, de' Metapontini, de' Megaresi, e degli abitanti di Gela. Dinanzi al Tecoleone era
una camera, entro cui in un angolo stava l'ara di Pan,
Fr. Laubenbehch, Enarratio Groecice antiqua:^ et Ubbonis Emmh, Velu^ Grwcia illustrala ; in Gro>ovii
Thes. IV.
J. Spo^, Voyage cf Italie, de Dalmatie, de Grece et du Levanl. LonJra 1 682.
G. Wheleh, Journey info Dalmatia, Greece and Levant. Ivi 1082.
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R. CiiANDLEB, Voyage piltoresque de la Grece. Ivi 1 "79.
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ALTRE CITTA DELLA GRECIA 421
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KLE^ZE, Àphorist. Bemerkungen; eie. Berlino 4838.
SCHOEWvELDER, Erìnnerungen aus Griechenland. Brio(j \ 838.
lIuLRicus, Reisen und Forschungen in Griechenland. Brema i 850.
BouLÉ, Le Péloponnèse. 4 850.
ViscuER, Documenti epigrafici ed archeologici di Grecia (finora 9 voi.).
Le Bas PniLiPPE, Voyage archàologique en Grece et en Asie-Mineur. Parigi 4 8/(0; — è in corso, e
conterrà da 8000 iscrizioni, la più parte greche, ma che illustrano l'amministrazione romana in Oriente.
Ora L. Heuzcn studia per ordine di Napoleone III , la Macedonia e la Tessaglia e i famosi campi di L'idna ,
di Farsaglia, di Filippi. Già pubblicò nel CO: Le 3Iont Olympe et VÀcarnanie.
Carlo Weseher scoperse a Delfo una parete coperta di meglio di iOO iscrizioni, de' tempi della Lega Etolia,
che son un insieme di atti pubblici municipali, da cui la vita intcriore delle comunità greche ci sarà
rivelata come dalle iscrizioni di Pompej quella delle italiche.
^ § 306. — Antichità in Grecia.
Non v'è paese della Grecia antica che non possedesse capolavori ; oltre Roma, che di
colà trasse quella sua immensa ricchezza, dal risorgimento in poi tutte le nazioni anda-
rono a provedersi in quel paese ; eppure ogni cercatore ne discopre di nuovi, quasi
compenso alle perdite fatte: tanto più preziose perchè originali, mentre nei romani sen-
tesi sempre l'imitazione. Sovratutto ne abhondano Olimpia, Delfo, Corinto col suo istmo,
ed Atene: e se la Grecia godrà migliori giorni, potrà dal suo terreno estrarne più che
non n'abbia verun altro museo, e più autentici. Già ad Egina, a Corfù, altrove si fanno
raccolte. A Atene, dove vedesi ancora il più bell'edifizio del mondo, il Partenone, in
cui la maestà si unisce all'eleganza e alla perfezione sin delle ultime particolarità, il
nuovo governo attende allo scavo e alla conservazione degli antichi monumenti \ sgom-
brati i Propilei, riedificato il tempio della Vittoria Aptera con pezzi antichi, spazzata
tutta l'Acropoli, lasciandovi solo antichi monumenti ; tentato scavi attorno al Partenone.
Molte opere vennero in luce, e migliaja di monumenti epigrafici, e di stele funerarie a
bassorilievo. I tre musei ora improvisati ai Propilei, al tempio di Teseo e al portico d'A-
driano già racchiudono più di mille ottocento iscrizioni; altrettante sono diffuse in al-
tre raccolte: anche medaglie inedite sono nella collezione del re: e il governo (1844)
ordinò un museo nazionale. Dagli scavi uscì principalmente l'intero Odeo, da Erode
Attico elevato a memoria della moglie Regilla; un'infinità di statue e statuette, la più
parte rotte ; molti frammenti di architettura e scultura di stile purissimo ; bronzi che
attestano come quell'arte fosse avanzata assai prima di Serse ; statuine di terra cotta che
provano la derivazione della mitologia greca dalla egizia; moltissime iscrizioni, fra cui
una enumera le offerte in denaro che facea l'Ateneo; e il catalogo de' quadri, di 940
vassoj e 1380 enochee d'argento. Nel museo si ripongono le cose trovate, e se ne dà la
descrizione nel Giornale d' Archelogia d'Atene.
Costantinopoli non ha molti cimelj , e riduconsi quasi tutti nell'ippodromo. Nella
Macedonia, nella Tracia, nell'llliria si riscontrano fabbriche ciclopiche; poche opere dei
bei tempi, ma molti avanzi dell'età romana. Le città attorno al mar Nero hanno monu-
menti, ai quali da poco in qua si cominciò a prendere grande interesse. I greci del
Bosforo Cimmerio furono illustrati da Raoul-Rochette (Antiquités grecques du Bosphore
Cimmérien. Parigi 1822, 8° fig.). A Cherson in Crimea, che era l'antica Panticapea del
Chersoneso Taurico, si rinvennero tombe somiglianti alle etrusche, orerie del genere di
quelle disepolte a Cere, e uno scheletro incoronato. Tali antichità formano il pregio del
museo di Pietroburgo.
A Odessa vi sono raccolte; a Pola e in altre parti d'Istria e Dalmazia reliquie di
molto conto, fra cui l'anfiteatro di Pola (pag 362), l'arco di Zara, e i palazzi che die-
dero nome a Spalatro. Scavi si fanno ora a Salona, illustrati dal prof. Carrara, e gene-
rosi anche di epigrafi (Degli scavi di Salona nel 18i8, nelle Mem. dell' inìperiale Acca-
demia delle scienze di Vienna). Dagli scavi dell'agro triestino si formò un museo attorno
al mausoleo di Winckelmann, e lo illustrò il Kandler.
F. Lenorma.\t, Recherches archéolugiques à Eleusis exécutées dant lecourt de /'a«n<!e 4860. Parigi4862.
Vedi Antiquilés du Bosphore Cimmérien^ conservées au musée imperiai de V Ermiiage ^ 2 voi. eoa
95 tavole. Pietroburgo 4 855.
Jules Labart cercò ricostruire la reggia di Costantinopoli qual era nel X 'secolo. La colonna del serpente
e il piedestallo dell'obelisco furono, da poco tempo, fatti scoprire dalla ambasciata inglese.
422
ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
§ o07. — Antichità in Asia.
Nell'Asia Maggiore si Studiarono le rovine di Babilonia, di Ctesifonte e delle altre
città primitive. A Babilonia gli edifizj più antichi, opera delle razze indigene, stanno
sul lato occidentale dell'antica parte d'essa città: ivi era la reggia e la torre di Babele,
che vuoisi ora riconoscere al Birs-Nerarod , e forse fu fatta a modello della Torre della
confusione y l'ultima opera che fosse costruita dal genere umano ancora uno. Qui po-
niamo la figura del Kasr di Babilonia verso settentrione:
Fabriche posteriori eressero i principi cal-
dei, e massime Nabucodònosor, che aggiunse
una nuova città ad oriente del fiume, ed en-
trambe cinse di mura, e nella nuova pose
edifizj magnifici, tra cui un paradiso, cioè un
parco alla persiana.
Decantata particolarità di Babilonia sono i
giardini sospesi, che la critica beffarda del se-
colo passato relegò tra le favole (Goguiìt, Vol-
taire, ecc.), mentre la più prudente non
permette di dubitarne.
Da Babilonia il sig. Texier scriveva : « La linea delle mura che cingevano Babilonia,
è accennata da una doppia schiera di colline di sabbia , che sembrano dar indizio che
le mura fossero doppie e vuote. S'estende essa dalla città di Ililla fino alBirs-Nemrod,da
noi lasciato a sinistra circa una lega. Alla torre di Nemrod si trova la maggior quantità
di rottami, colline prolungatein diverse direzioni, e composte d'enormi cumuli di mattoni
crudi e cotti. In varj luoghi ove queste colline crollarono o furono strascinale dalle acque,
vedonsi avanzi di muraglie, le più in mattoni crudi, non differenti dai lavori che fanno
oggi i natii in tutta Persia. 1 mattoni cotti sono grandi quadrati di 28 centimetri il lato
e 10 la spessezza, di terra poco impastata e mal cotta, alcuni con iscrizioni: ma nessuno
ne trovammo intero.
« Non si badò abbastanza , che tutte queste colline sono coperte di scorie , le quali
provano che i monumenti su cui sono stese subirono incendio tanto violento da fondere
i mattoni ond'erano formati. Ciò sopratutto è notevole in una collina, che si prolunga
da 260 metri nella direzione del Birs, tutta composta di scorie vetrificate, di nature
differenti, che colarono verticalmente, e formarono masse di stalattiti. Molti viaggiatori
riguardarono come roccie le vetrificazioni che stanno sull'eminenza, e si meravigliarono
di trovare massi in luoghi, dove a cento leghe in giro invano si cercherebbe un ciottolo;
ma in fatto non sono che mattoni agglomerati dall'incendio. Né credasi che il fuoco che
così li vetrificò, sia stato necessariamente più violento che quello d'un incendio ordi-
nario, che fra noi lascerebbe intatti i mattoni. Tutte le terre di Jlesopotamia sono cariche
di sali, come sai marino, natrone, nitrato di potassa, che le rendono molto più fusibili
che da noi. Gli Arabi hanno l'abitudine. di fare in mezzo alla tenda un fornello di terra
cruda, che chiamano tandur; e benché non vi brucino che spine per cuocere la loro
focaccia di dura, l'interno n'è vetrificato. Nessuna meraviglia dunque se un incendio
degli edifizj babilonesi, coperti di legno e fatti di mattoni misti di bitume e canne, potè
vetrificar il corpo della muratura, sin a farne una grande massa di smalto. Questo punto
mi parve de' più curiosi
fra le mine babilonesi ad
occidente, come indizio
della catastrofe onde furono
preda que' monumenti.
(I Gli avanzi della torre
di Nemrod, come nella fi-
gura qui contro, sono quali
li videro Biched altri: una
collina oblunga, formata
d'un enorme cumulo d»
ESCURSIONE nell'alta ASI.V. —BABILONIA. 423
mattoni crudi e colti, alla cui sommitiì sorge una costruzione massiccia e quadrata,
alta da 37 a 40 piedi. Esaminando quel vertice, si scorge poco lontano la traccia d'un
altro pilone simile, e dovcuno esser quattro.
« Dalla sommità della collina vedevamo da lungi le inondazioni onde eravani circon-
dati, giacché le acque scagliano pure al nord di Hahilonia. E poiché le maremme gua-
dagnano ogni anno pili, si prevede il tempo in cui le ruine stesse sommerse verranno dalie
acque. Dal piede della collina di Dirs non v'ha 200 tese fin alle nuove paludi che occu-
pano i terreni a settentrione.
(I Anche a mancina dell'Eufrate esistono ruine appartenenti all'antica Babilonia; e
allargansi tanto da tutte parti, che non si può comprendere come una città potess' essere
così estesa. Muri a tiro d'occhio corrono dal lato orientale, e andando verso il nord
sulla via di Bagdad, a quattro ore da Ilillasi trova una massa compatta di costruzioni,
sepolte sotto rottami, che dagli Arabi è chiamata mugelibeli, e riguardasi come un avanzo
del tempio di Belo. Continuando la via verso Bagdad, non si va più d'un'ora senza scon-
trare lunghe traccie di muraglie, dirette per lo piìi da oriente ad occidente, ma che non
si saprebbe a qual uso servissero ».
Un disegno differente della torre di Nemrod è dato da Mignon, che la visitò nel 1827
(Travels in Chaldea)-^ ed è quello che qui offriamo :
Narra Senofonte che un'immensa mura-
glia stendevasi dall'Eufrate al Tigri, pro-
teggendo tutta la Babilonia al nord, e se-
parandola dalla Mesopotamia. Si credette
favolosa: ma il dottor Boss nel 1856 ne
scoperse gli smisurati avanzi, detti Sidd-
Nimrod solido terrapieno, grosso 25 buoni
passi, [ffancheggiato da bastione e fossa,
ed allo da 10 a 12 metri, fatto di ciottoli
del paese con cemento tenacissimo.
Sui mattoni babilonici erano fatti de' ri-
lievi , che poi coprivansi con una vernice
colorata. Inoltre parlasi di statue e colonne di divinità, che erano anime di legno, coperte
di lamina d'argento o d'oro, e rilevate con gemme. Vestivansi poi di quelle stoffe, per
cui la Babilonia era famosa. Ma quel che di più rilevante ci resta di questa , sono le
pietre incise, cilindri di calcedonia, ametista, agata, e forati per Io lungo (§ 139); pare
servissero d'amuleti: portano l'impronta di divinità, e vario a'è il merito, ma lo stile
del disegno rammemora quel de' monumenti di Persepoli.
Allo stile babilonese somigliano molto gli edifizj della razza ariana, cioè della Battriana,
della Media e della Persia, quantunque le nazioni sieno di ceppo differente; e causa ne
fu la conquista che i primi Assirj eslesero anche su quei paesi: tanto più che l'arte fra
gli Ariani era rimasta quasi sbandita dalla natura del culto, che venerando la luce, ri-
fuggiva dalla rappresentazione plastica delle divinità. 11 castello d'Ecbatana ha gusto
babilonese, con mura di mattoni verniciati, e templi rivestiti d'oro e d'argento; e così
il palazzo di Susa. Ker-Porter asserisce non trovarsi arco tondo nelle opere anteriori ai
Macedoni.
Del palazzo reale di Persepoli a Cil Minar sui fianchi della montagna Racmed, sì pos-
sono ancora discernere le forme architettoniche. La cornice e il tetto erano travi di
cedro riveslite di lastre metalliche. Alzasi cosi a molti terrazzi, con grandi cortili, ma-
gnifici portici, e ricca decorazione al modo jonico, ma accumulata. Le colonne del
tempio maggiore sono alte metri 18, e circa 1. 30 di diametro, scanalate e con capitelli
di membri bizzarri. Ve n'ha altre scanalate di 64 centimetri di diametro, e metri 7. 82
d'altezza, compreso la base e il capitello; e dapertutto bassorilievi, e molle sculture
d'animali simbolici, aggruppati spesso con uomini, o scene di tributarj che recano i
doni. B dio Ormus è alato, non ben distinto : le figure sono storiche per l'abito e i
gesti solenni : molta finitezza ne' capelli, bastante varietà di fisionomie e pose, e vigore
negli animali , e un tutt'insieme caratteristico. Tre bassorilievi di Cil Minar trasportati
al museo Britannico, mostrano le persone con figure allungate sempre e gracili.
Di suprema importanza poi sono gli scavi che ora si fanno a Korsabad , Nimrud e
424
ARCHEOLOGI E BELLE ARTI
Kujundschich , supposta Ninive, e scoperta dopo il 18M da Rich, Layard e da Paolo
Emilio Botta a 6i chilometri N. E, da Singara e 360 N. 0. da Babilonia sulla riva orien-
tale del Tigri, rirapetto alla città di Mossoul. Ls mura sono costruite di gesso marmoreo
e di maltoni di bitume; non vi si scontrò per anco ferro, ma molti oggetti di rame.
Per molte migliaja di metri si estenderebbero, disponendole, le iscrizioni cuneiformi e
i bassorilievi trovati , che farebbero dare un passo ben indietro alla storia dell'antichità
e. dell'arte se si provasse che colà di fatto sussistette Ninive; la qua! cosa peraltro è
lungi dall'essere dimostrata né geograficamente né storicamente.
Secondo RawHnson, i marmi di Nimrud sono anteriori al periodo biblico e storico del-
l'impero assiro; e le iscrizioni trovate nel palazzo e' le riferirebbe ad Assar-Addan-Pul,
identico col Sardanapalo de' classici. I monumenti assiri porterebbero a conchiudere
che genti diverse abitassero il paese, imprimendovi perciò carattere differente; e varietà
anche di lingua e di costumi v'introducesse la mescolanza di popoli, principalmente di
Egizj. Gran distanza di tempo correrebbe pure fra gli uni e gli altri monumenti; anzi i
palazzi primitivi di Nimrud doveano esser già in rovina quando si eressero i nuovi.
Vedi Rawlinson e Hincks nel Journal af asiaslic Society ; voi. xii, p. 2 ; voi. xiv, p. \.
Lavabo, Nineveh and ils remains. Londra ■1849.
LoEvvEPiSTBiN, Essai de déchiffremenl de l'écrit. assyr. ParigH840.
Botta e Fla^din, Monumenti de Ninive. Ivi ^1847 e seguenti, 5 voi. in-folio massimo.
Fergdsox, Palace of Nineveh and Persepolis. Londra -1851.
Nelle sculture di Korsabad , tanto anteriori alle greche, appajono sempre soltanto il
Dio e il re con simboli divini e cogli attributi della forza, come nella prima figura qui
sotto ove il re soffoca un leone, o nella seconda che rappresenta le arti della pace. 11
loro carattere mostrerà abbastanza l'identità collo stile persiano.
NINIVE 42S
A Parigi sono portate moltissime sculture di quel palazzo ; e le seguenti due teste a
bassorilievo esistono nel museo di Torino:
Dacché gl'Inglesi fecero dell'Eufrate una via commerciale, apparvero altre grandiose
mine di città babilonesi e caldee, talmente deserte da non sopraviverne tampoco un
nome. Tali sonoquelle di Iskeria, di Tell-id, di Senkerah, che Fraser trovò meravigliose
di mole e di estensione; quelle di Warkah, da cui Loftus ritrasse curiosissime antica-
glie; quelle di Niffer, che lo scopritore Rawlinson paragona alle ruine di Babilonia. In
molti luoghi colline artifiziali sono formate di sarcofagi di terra cotta, e il contorno è
sparso d'infiniti e variatissimi rottami.
Oggimai della lingua assira, ascritta alle semitiche, conosconsi gli elementi e la
grammatica e anche qualche letteratura, avendo Oppert e Menant tradotte alcune lavo-
426
ARCHEOLOGIA È BELLE ARTI
lette che raccontano fatti, e principalmente la storia di Sargon, figlio di Senacherib,
Altre scoperte fece nel 1862 John Taylor a Dyarbekir, presso le sorgenti del Tigri,
sulla sua destra si scopersero le ruine d'una gran città, che è Tigranocerta capitale
dell'Armenia.
11 viaggiatore (scrive Botta) che traversasse l'Eufrate col pensiero di trovar in Meso-
potamia e in Caldea ruine simili a quelle che lasciossi dietro nell'Asia Minore e in
Siria, fallerebbe di grosso. La colonna di proporzioni graziose, elevantesi sopra il folto
fogliame del mirto, della quercia, dell'ulivo, i gradini dell'anfiteatro che coprono un
dolce pendìo, sovra specchio azzurro d'un golfo, la cornice riccamente scolpita, il
capitello mezzo sepolto sotto una vegetazione lussureggiante, tutto disparve. Qui nonlro-
vansi chemonticelli informi e nudi, elevantisi come colline di mezzo a un piano arso,
e dove le pioggia invernali talvolta scoprono un'enorme costruzione in mattoni o cocci
di stoviglie.
L'Asia Minore, che pareggiava la Grecia in ricchezza d'arti, la sorpassa per migliore
conservazione di teatri, acquedotti, terme. La Troade è cercata palmo a palmo: vi si
scoperse Alessandria con ruine di costruzioni ad arco, e l'intera città di Asso, con
metope di stile arcaico, curiose per la mistura di sfingi ed altri animali fantastici. Una
società di dilettanti Inglesi estese le ricerche a Mindo, a Gnido e in altre città della
I
•escursione in africa. EGITTO
427
costa meridionale. Di molte diede ragguaglio Texicr clie vi fu spedilo dal governo fran-
cese; e cosi De llammer, Le Bas, Prokesch, Iluyot, Ilase.... Falkcncr indagò il tempio
di Efeso ('18C)2j. C. T. Newton nel 18o3 scoprì, sul posto di Alicarnasso, la tondia di
Mausolo, a cui aveano lavorato i più insigni artisti, e bellissimi avanzi furono portati
in Inghilterra. Ne pubblicò la descrizione e i disegni, Thcmausoleum of Halicarnas'ius
reslured, in conformiti} with the recenthj discovercd Reinains. Londra 1802 con cento
tavole colorate. .Tames Fergusson diede un'opera col titolo stesso, tentando ancb'egli
il restauro di quella meraviglia dell'anticliità. Dutlioit scandagliò l'isola di Cipro ma
senza gran risultati. De Vogiic traea dalia Siria molte iscrizioni greche.
Nella Frigia iU 824
si scoperser rovine in-
signi, principalmente
d'un tempio jonico ad
Azani (qui contro),
di cui la storia non ri-
corda nulla, e che ap-
partengono all'età ro-
mana imperiale.
Stewart, Descr. of some
ancienl monuments
u-ilh inscrìplions, \still
exisling in Lydia and
Phrygia , several of
which are supposed
io be lombs ofthe early kings. Loadia -1812.
Walpole e Leake, Travcls in various countries of IheEasl. Ivi ^820.
Cu. Fellow, a journal uritlen during an excursion in Asia Minor. Ivi ^839.
— An account of discoveries in Lycia, being a journal kepi during a second excursion in
Asia Minor. Ivi \'è\\.
] monumenti della Siria e dell'Arabia appartengono al Bnsso Impero e al greco orien-
tale, e insigni sono i tempj di Balbek (Vedi la figura qui dietro) e quelli di Palraira, di
cui diremo or ora. Uno de' monumenti più antichi sarebbe quello che si vede presso
Bairuth, con iscrizioni geroglifiche, e che si repula posto da Sesostri quando corse l'Asia
conquistando. Ernesto Renan, spedito da Napoleone 111 in Fenicia, trovò moltissime
iscrizioni greche a Biblos (Gebeil), ma pochissimi oggetti a Tiro e Sidone.
§ 308.
Antichità in Africa. Es-itto
In Africa le città della Cirenaica furono di recente studiate e fatte conoscere, e pos-
sediamo intero il piano di Cirene, un anfiteatro, due teatri, molte tombe o scavate od
erette, ma nulla dei migliori tempi di Grecia.
La Barberia viene curiosamente esplorata dopo la conquista d'Algeri: a Tripoli, a
Tunisi esistono acquedotti romani ; un arco a Costantina, che già era Cirta ; molte tombe
nella reggenza d'Algeri, e molte iscrizioni; fu determinata meglio la situazione di
Cartagine, la quale somministrò già molte anticaglie.
A Parigi si raduna un museo dell'Algeria, ove stanno un musaico, scoperto il 1842
due chilometri al sud di Costantina, e centinaja di epigrafi e sculture, di poco conto
come arte, non così come monumenti.
Base nd Journal des Savanti \io7, p. 428, G48, 70)3 publìlicò alcune di tali iscrizioni, che orasi contano
fin a settecento. Vedi Falbe, Excursions dans VAfrique tcplenirionale. l'arigi ^838; e i giornali
eruditi di questo tempo.
Nel I8G0 comparvero le scientifiche descrizioni di Cartagine pel francese Cculé e por l'inglese N. Davis.
Beulé indagò ullinianicnle Cartagine, hen rivelandone il piano, disegnalo da FalIic nel 1835 e corretto da
Dureau de la Malie nel l83o ; ne riconoblie l'Acropoli, con mura grosse 10 iiictii e somiglianti alle
pelasgiche d'Etraria; e due porti grandissimi rcttaugoiari-. Stampasi un /^n7tuario della provincia di
Costantina cho informa delle nuove scoperte.
iftilll
nife
'Jl;l'Ìil!lj|i|!
ESCURSIONE IN AFRICA. EGITTO 429
LÉOiV Rriher, Inseriplions romaìnes de V Algerie. Parigi ^8JS; e in corso, o saranno Ja 4000. Egli rac-
coglie pure le iscrizioni della Gallia pagana.
GuERiN, Voyage archéologique dans la règence de Tunù, cxécuté et publié sous les auspices et auT
fraix de ff. Alberi due de Luynes. Parigi I8G2; v'ò unila la copia dell'iscriz. bilingue di Thugga.
Ma attira principalmente l'attenzione l'Egitto. Geograficamente i monumenti sono
posti alcuni nell'alta Nubia, ove fiorì l'impero di Meroe, e dove più assoluta fu la do-
minazione sacerdotale. Nell'isola di Meroe vedonsi ancora ruine maestose. Altri di
stile somigliante incontransi in Abissinia. Un deserto di trenta miglia divide da essi
quei della bassa Nubia, ove la natura del terreno fece preferir le sostruzioni e le caverne.
Nell'alto Egitto, attorno a Tebe sono i più magnifici, e spettano alla xvn e xviii dina-
stia. Molti non sono compiuti; segno che passeggiere furono le cause per cui erano
costruiti. Apollinopoli la grande o Edfù, Latopoli o Esneb, Erraonti, Tentira ebbero
insigni edifizj. Le rovine di Tebe empiono un circuito di cinque miglia geografiche.
Presso al Memnonio erano magnifiche tombe di re, scavate nel sasso, e molte ne furono
trovate nella valle di Biban el-Moluk.
Parlando di Medinet Abu all'occidente di Tebe, dice Belzoni : «Vedonsi due tempj
separati, il primo de' quali piìi piccolo è di costruzione meno antica. All'ovest della
porta maggiore si vedono alcune pietre capovolte ricoperte di geroglifici, tolti evidente-
mente da un altro tempio. Il vestibolo è circondato da un portico a pilastri, avente da
ciascuna parte due sale-, l'interno tempio è diviso in molte sale, che non ricevono
alcuna luce. In una a diritta sorge un tempietto monolite, senza geroglifici; il quale
essendo più grande della porta, dovette esservi collocato prima che fossero costruite le
mura del tempio. Le figure e i geroglifici differiscono da quelli del grande tempio
nella proporzione dell'estensione medesima dei due edifizj. Al nord del tempietto eravi
un piccolo lago, ora ricolmo di terra e di rottami, e forse serviva alle purificazioni.
Al sud di esse ruine e quasi nella dirittura stessa delle porte che conducono al tempio
grande, havvi un edifizio che rassomiglia ad una torre quadrata, cui mette una grande
porta. Sopra questa havvi una camera con una finestra quadrata per parte: sui mede-
simi lati sonvi pure due porte, l'una incontro all'altra: al disopra di essa camera ve
n' ha una seconda rischiarata per due finestre, siccome quelle del piano inferiore. Dalle
due parti delle finestre osservansi alcuni incavi, i quali forse servivano per le imposte.
L'interno non ha alcun geroglifico, l'esterno ne è tutto ricoperto. Di fronte ad esso due
muri danno adito alla porta.
<f Cento tese circa a ponente sorge il gran tempio: vasti propilei precedono l'entrata
d'un cortile, le cui mura sono ricoperte di geroglifici, profondamente intagliati. L'en-
trata, adorna della stessa guisa, porla ad una seconda. La gran corte che è la prima,
è cinta dai due lati di portici, di cui quello alla diritta viene sostenuto da sette pilastri,
dinanzi a cui vedonsi alcune figure colossali 5 e quello a manca s'appoggia sopra otto
colonne sormontate da capitelli a foggia del loto. Belle sculture rappresentanti combat-
timenti, uomini, carri, prigionieri, processioni, offerte, sacrifizj e iniziazioni, adornano
le mura di questa corte ; i geroglifici sono più rilevati di quanti n'abbia io veduti sopra
altri edifizj in Egitto. In alcuni luoghi le figure conservano assai bene i colori, parti-
colarmente sulla soffitta disopra dei capitelli. Finalmente, in capo alla seconda corte, una
ultima porta conduce al peristilio, e di quivi allo interno del tempio: ma queste parti
del magnifico monumento sono ora sotterrate, ed alcuni casolari saraceni coronano il
monticello che le ricopre. 11 muro esterno di queste rovine è coperto di sculture rap-
presentanti soggetti storici, combattimenti di terra e di mare, la caccia del lione, pro-
cessioni dei prigionieri, e diversi emblemi nazionali. Tutta la città mi sembrava rifab-
bricata due 0 tre volte, ma sempre cogli avanzi de' monumenti precedenti ».
Numerosi erano i monumenti anche nel medio e basso Egitto, ma le frequenti deva-
stazioni d'invasori e lo stabilirvisi di nuove città ne fece scomparire gran parte. Nel
medio era il lago di Meride, col labirinto e con piramidi e un tempio. Ivi sorgeva
Memfì; e presso di essa le piramidi di Gizeh, che sono le più elevate fra le trentanove
che ancora sussistono, tutte nel medio Egitto e sulla sinistra del Nilo. Nell'oasi d'Am-
inone imbattonsi parimenti rovine di tempj e catacombe.
1 tempj non aveano l'unità interiore de' Greci; ma, a somiglianza di quello di Geru-
salemme, formavano un aggregato di edifizj, successivamente aggiunti. Guidava ad essi
430
ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
una schiera di sfingi o di arieti colossali o un colonnato. Talvolta innanzi al tempio
trovansi edicole, dedicate alle divinità inferiori, e massimamente alle tifoniche. La porta
principale, sovente fiancheggiata da due obelischi, s'apre fra due massicci a modo di
torri piramidali. Segue un vestibolo cinto da colonnato, da tenipj accessorj, e dalle
abitazioni de' sacerdoti. Da questo primo propileo passavasi ad un secondo, che condu-
ceva ad un pronao, sala a colonne, cinta di muro e illuminata dal tetto. Vi era contigua
la cella o naos, più bassa, senza colonne, spesso divisa in varie cripte o camere, con
pilastri monoliti che sostenevano idoli o mummie d'animali.
Con tante colonne, gli Egizj non conobbero però il tempio periptero de' Greci; poi-
ché un muro doveva rinchiudere il colonnato, o dove le colonne sono esteriori, si con-
giungono per una specie di balaustro o stilobate (plutei)] a guisa di muro forato. Anche
i piedritti delle porte sono connessi col fusto delle colonne.
I muri sono di gres, verticali nell'interno, a scarpa di fuori, talché da' piedi sono
talvolta erti fin 8 metri, e l'edifizio ha sembianza piramidale; la superficie piana delle
pareti è sempre incorniciata da un astragalo, sopra cui elevasi la cornice, con gocciola-
tojo poco sporgente, e al disotto un cavetto. Talora il gocciolatojo è ripetuto, e lo spazio
fra i due è scolpito in figura di basilischi. Il cornicione serve di parapetto al piano
orizzontale del tetto, formato di travi di pietra incrociate, e lastroni congiunti.
Que' tempj potrebbero dirsi un gran libro aperto alla venerazione di tutto il popolo,
perchè vi scorga le storie sante, delle quali ógni cosa è coperto.
I palazzi de' re sono imitazione dei tempj, come le loro statue imitano quelle degli
Dei. Se non che le sale ipostile sono più vaste; e le camere interne, destinate all'abi-
tazione, sono più variate ed ampie. INel colossale di Carnak si succedono quattro pro-
pilei, un ipostilo di 518 per 159 piedi con centrentaquattro colonne, delle quali le
più grandi sono di metri ±2. 75. Tal doveva essere il favoloso Labirinto ; tale l'Osi-
mandio. Del palazzo di Carnak cosi parla Belzoni: « Una delle figure colossali sedute
innanzi al secondo propileo, di là della via delle sfingi che conduce al gran tempio, è '
di pietra calcare durissima; misurai 29 piedi dalla testa all'estremità della sede, a pie
della quale trovai una figura di donna sedente, alta 7 piedi, forse rappresentante Iside.
Le magnifiche rovine del tempio di Carnak, viste in lontananza, non olirono allo sguardo
che una vasta mescolanza di propilei, di peristilj e di obelischi che innalzano il loro
vertice sopra i cespugli delle palme. La via innanzi alle sfingi dispone il viaggiatore
all'imponente aspetto del tempio ov'essa adduce. In fin del viale stendonsi anipj propi-
lei, che conducono a corsìe interne, ove immensi colossi sono assisi sui due fianchi
della porta, a guisa di giganti cui fosse stata confidata la guardia di questa sacra soglia.
S'arriva quindi al vero penetrale, consacrato all'Essere onnipotente della creazione.
rt Come descrivere il sen-
so che provai all'aspetto di
quella selva di colonne, or-
nate di figure ed altri abbel-
limenti dalla cima alla base,
coi capitelli di forma gra-
ziosa, com'è quella del loto,
i quali piaciono malgrado
la mole gigantesca? all'as-
petto di quelle porte, di
quelle mura, piedestalli, architravi, d'ogni parte insomma dell'edifizio ricoperta di
figure simboliche, intagliate o scolpite in bassorilievo, rappresentanti processioni,
battaglie, trionfi, offerte, feste e sacrifizj , e tutte relative senza dubbio ai costumi,
alle usanze ed alla storia dell'antico Egitto? Immerso in profonde meditazioni non
m'era avveduto del rapido corso dell'astro che avea visto sorgere ; le masse delle rovine
non erano più illuminate che dagli ultimi suoi raggi, allorquando rientrando in me
stesso m'accorsi esser tempo di uscire dalla sacra città, caduta in rovine. Tornai a Luxor
verso sera; entrato nella capanna di un Arabo, quegli mi cedette parte della sua
stanza, e mi diede una stuoja per riposarmi: quale contrasto fra quel povero casale
dell'abitatore moderno dell'Egitto, ed i palazzi immensi dell'autico Egiziano ! »
PARALLELI iZÌ
$ 309. — Paralleli.
I Francesi che descrissero, si può dir primi, le antichità egizie, e propriamente
Jollois e Desvilliers, vollero paragonare quelli cogli edifi/.j d'altri paesi. Noi li compen-
dieremn :
« V ha cose che nessuna descrizione può render al vero. I disegni geometrici val-
gono a dar l'insieme e le proporzioni d'un edifizio, la disposizione e distribuzione
sua, ma non l'eleganza e l'efTetto. Ci fa maraviglia il trovare nei disegni da noi fatti
sul luogo una certa leggerezza in edifizj, che i disegni geometrici mostravanci pesanti
e senza eleganza. Ciò non va attribuito soltanto alla prospettiva lineare, ma sopratutto
alla prospettiva aerea, i cui elTelti sono sì variabili nei differenti cli?iii, ed all'oppo-
sizione di una viva luce con ombre ben tagliate e ben disposte. Un tatto fino e sicuro,
ed una lunga abitudine di osservare, avevano insegnato agli Egiziani ad apprezzar
queste cause, e combinarne gli effetti: ben differenti dai Greci e dai Romani, che
trasportando la loro architettura sotto il cielo di Egitto, non parevano averne tenuto
alcun conto; donde è poi risultato, che i loro eleganti edifizj hanno apparenza di
costruzioni fragili e senza solidità.
« Siccome però, in natura, niente ha assoluta grandezza, e lo spirito dell'uomo non
giudica se non per via di rapporti, così soltanto facendo dei ravvicinamenti degli
oggetti analoghi possiamo farci uua giusta idea della loro estensione e importanza.
Pare dunque non isconvenevole alla cognizione dei monumenti egiziani, e particolar-
mente a quelli di Carnak, di metterli in parallelo con altri.
« I monumenti greci propriamenle detti, costruiti sotto il governo di Pericle, quando
Atene era libera e florida, non possono entrare in paragone con quelli d'Egitto per
estensione. L'antico tempio di Teseo, gli edifizj piii stimati dagli antichi, come i Propilei
ed il Partenone, sono di poca ampiezza; l'ultimo è costrutto ad un bel circa sulle
medesime dimensioni del tempio di Carnak, avendo ambidue lunghezza quasi doppia
della larghezza.
« Il tempio di Minerva, fra i monumenti greci propriamente detti, ha 21 i piedi, 10
pollici e A linee di lunghezza, e di larghezza 93 piedi, 1 pollice e 6 linee; e le colonne
del peristilio hanno 5 piedi e 8 pollici di diametro, e 52 piedi di altezza. Il tempio di
Teseo poi fabbricato circa dieci anni dopo la battaglia di Maratona, ha 100 piedi ed un
pollice di lunghezzai su 42 piedi, 11 pollici e 4 linee di larghezza.
« I monumenti della Magna Grecia, che pajono datare da quei bei tempi dell'archi-
tettura, nei quali il severo gusto dei Greci non ammetteva alcun ornamento superfluo,
non sono più comparabili di quelli di Atene, per estensione, alle grandi costruzioni
d'Egitto. Il maggior tempio di Peste ha 192 piedi e 4 pollici di lunghezza, e 80 piedi
e 2 pollici di larghezza ; il piccolo è lungo 172 piedi e 4 pollici.
« Nel bel secolo della Grecia, gii Ateniesi hanno costruito su piccole dimensioni
terapj di squisito gusto : ma sotto i Romani Atene ha veduto elevarsi con splendore
edifizj, che al merito della purità d'esecuzione e dell'armonia in tutte le parti unirono
inoltre misure colossali. 11 Giove Olimpico richiama alla mente uno dei più grandi
edifizj de' Romani: ma non è presentemente conosciuto, che per le descrizioni che ne
hanno date Pausania e Vitruvio. Se dobbiamo prestar fede alle loro testimonianze, era
racchiuso in un vasto recinto. Era dunque uno dei monumenti, che potevano meglio
esser paragonati a quelli degli Egiziani; ed è da dolersi che i viaggiatori non abbiano
discoperto sui luoghi vestigia tali da potere stabilire comparazione.
« Se si passa da Atene a Palmira e a Halbek, trovansi rovine di sì magnifici raonu-
raenti, che hanno potuto essere considerati come l'estremo sforzo dell'umana potenza
prima che l'antica capitale dell'Egitto fosse meglio conosciuta. Chi non è colpito d'am-
mirazione leggendo i racconti dei viaggiatori intorno alle meraviglie che racchiudono
ancora quelle città, una volta sì floride ed ora desolate? Chi non ha inteso con sbigot-
timento, che a Palmira, in un luogo inviluppato per ogni parte dal deserto, esistono
rovine di tal magnificenza, che l'immaginazione può concepire appena? Il gran tempio
del Sole è dentro un recinto di 240 metri di larghezza; e 504 colonne di 4.40 di dia-
432 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
metro, ossiano 4 piedi e 4 pollici, e di metri io 1/2, vale a dire 48 piedi di altezza, ne
sostenevano le lunghe gallerie ed i vasti portici. Questo tempio offre rottami in una
estensione di 60 metri in lunghezza, e di 42 metri in larghezza. Il portico ed il peri-
stilio sono formati di quarantuna colonne di marmo bianco, di più di 16 metri di al-
tezza. Le colossali dimensioni di questi monumenti non sono ciò che eccita piìi mara-
viglia; ma le mirabili sculture, di cui i fregi, le cornici e le soffitte sono coperte; i
ricchi ornamenti che decorano le incorniciature delle finestre e delle porte. Quanto al
gusto, alla purità del disegno e all'eleganza delle proporzioni, Tebe non ha sculture da
opporre a quelle di Palmira;ma è molto superiore, per l'ampiezza delle superficie scol-
pite, ai numerosi suoi monumenti.
« Il palazzo di Carnak, senza contare gli accessorj che ne dipendono immediata-
mente, ha 358 metri di lunghezza, ed una larghezza di HO metri, e così supera di
gran lunga il tempio del Sole. E poi qual differenza nella maniera con cui gli spazjsono
riempiti! Il tempio del Sole sussisteva solo e come isolato nel mezzo del suo vasto re-
cinto, e le mura del palazzo di Carnak racchiudono una serie d'edifizj contigui, che
non lasciano, per cosi dire, alcun vuoto su di una immensa superficie.
« Palmira si fa sopratutto ammirare pe'suoi luoghi viali di colonne d'un solo pezzo
di marmo; se ne vedono quattro ordini, formanti viali, che corrispondono alle tre
aperture di un bell'arco trionfale; e queste occupano in lunghezza 1229 metri, e vanno
a far capo ad una magnifica tomba, formando vasti portici, ornati di grande quantità
di statue, e d'iscrizioni monumentali. Il minor numero, al quale si possano portare le
colonne, è di 1450, e non ne restano in piedi che 129. A si gran magnificenza Carnak
può opporre i suoi numerosi viali di sfingi, che, posti gli uni dietro gli altri, occupe-
rebbero 2925 metri ; ed uno solo di essi ha 2000 metri di lunghezza: essi non racchiu-
sero meno di mille sfingi, delle quali sussistono ancor circa ducento. Questi colossi
contengono molta più materia, e richiesero molto più lavoro, di tutte le colonne riu-
nite dei vasti portici di Palmira. È vero che Palmira mostra ancora altre imponenti
rovine, e numerose colonne, fra le quali molte di un solo pezzo di granito: ma anche
Carnak, benché non sia che una porzione di Tebe, comprende altri avanzi di tempj,
di magnifiche porte, e più di quaranta statue monolite e colossali. Ha Palmira due co-
lonne trionfali di 19 metri di altezza; eie grandi colonne di Carnak hanno 22 metri e
formano viali.
« Quanto più ragione v'avrebbe di concedere la superiorità a Tebe, se, in luogo di
non considerare che una porzione di quella celebre città, si facesse l'enumerazione dei
monumenti che racchiude in tutta la estensione sua? INon vi si contano meno di otto
obelischi monoliti, quattro dei quali sussistono ancora integri, e sono di prodigiosa
altezza ; diciassette atrj di colossale dimensione, con settecentocinquanta colonne, quasi
tutte intatte, fra le quali alcune di diametro eguale alla colonna Trajana. Vedonsi tut-
tora a Tebe settantasette statue monoliti, di cui la più piccola sorpassa le proporzfoni
naturali, e le più grandi hanno perfino 18 metri di altezza. Il circuito delle rovine di
Palmira è di 1572 metri, cioè ad un bel circa il circuito delle rovine di Carnak: ma
Carnak non era che una parte della città di Tebe, il cui totale circuito può essere stato
di 14 a 15 mila metri.
n Palmira, come Tebe, ha tombe, delle quali vantasi la magnificenza. Sono torri
quadrate di quattro a cinque piani, di marmo bianco, e decorate di ricchi ornamenti;
e di figure d'uomini e donne in rilievo. Sparse qua e là nella valle che conduce a Pai-
mira, annunziano con isplendore le magnifiche sue rovine. E se crediamo ai viaggiatori,
vive e profonde impressioni lascia nell'animo l'aspetto di quei funebri monumenti; ma
vincono esse quelle che provansi penetrando in quella misteriosa valle, ove sono scavate
le tombe delle antiche dinastie dei re tebani ?
't Qual differenza nel risultato degli sforzi dei due popoli ! Hanno le più grandi tombe
di Palmira tutto al più 15 metri di lunghezza, e circa altrettanto di larghezza, e 23 di
altezza: la grotta maggiore della vaile delle tombe a Tebe, non ha meno di 111 metri
di profondità. L'oscurità di quelle tenebrose dimore, il loro carattere grave e misterioso,
operano potentemente sull'anima e tendono a farle parer ancora più vaste ed estese. Se
le tombe di Palmira si fanno distinguere per nobiltà ed eleganza di sculture, quelle di
Biban-el-Moluk sono degne di osservazione per la molliplicità e verità dei quadri ; non
IrAilALLELl 433
avvi parete, che non sia lavorata, e le cui sculture non brillino ancor oggi dei più vivi
e rilucenti colori.
« Tanta magnificenza in due celebri città è senza dubbio il risultamcnto di una me-
desima causa; e tutto porta a credere che Palmirae Tebe fossero animate dal commercio
e dall'industria, e che entrambe si applicassero al traffico delle ricche produzioni delle
Indie.
« Non è possibile pronunziare il nome di Palmira, senza che le idee si riportino
sulla città di Balbek, sua emula in grandezza ed in magnificenza. A noi basterà ram-
mentare che ella racchiude gli .avanzi di due magnifici tempj i quali riuniscono a co-
lossale estensione altrettanta ricchezza di sculture, quanta Palmira. Il minore e meglio
conservato, ha 83 metri di lunghezza, e 57 di larghezza, dimensioni le quali rendonlo
paragonabile, per estensione, ai grandi tempj dell'Egitto, e particolarmeute a quello
del sud a Carnak. ; e le colonne hanno di altezza, compresovi base e capitelli, più di
i 6 metri col fusto : è composto di tre pezzi. Il gran tempio poi, il più rovinato, occupa
una lunghezza di 96 metri, avendo una larghezza minore della metà. Queste dimensioni,
benché considerabili, sono ben lontane dai grandi edifizj di Tebe. Non pertanto il re-
cinto che circonda il tempio, è notabile per estensione, avendo 299 metri di lunghezza,
e 156 metri di larghezza; ove sono massimamente osservabili un vasto portico, una
gran corte ottagona, ed una seconda corte di forma rettangolare, ornata di galleria.
<f 11 complesso di tutti questi edifizj ha superficie uguale a quella del palazzo di
Luxor. Vi si vedono pietre di colossale dimensione; una di 21 metri, ed i viaggiatori
attestano il loro ^stordimento alla vista di pietre sì enormi, poste a sì grande altezza :
ma la difficoltà di metterle nel posto che elle occupano, può paragonarsi allo sforzo ed
all'arte che è bisognata per trasportare ed innalzare sulle loro basi colossali gli obeli-
schi di Carnak, i quali presentano dimensioni tanto più considerabili?
« Nessuna città del mondo è forse stata abbellita di edifizj né più numerosi, né più
vasti di quelli che ammiravansi in Roma ; ed essa contiene tuttora gli avanzi di molti
tempj, fra i quali possono citarsi quelli di Giove Statore, di Giove Tonante, di Antonino
e Faustina, del Sole e della Luna, e quello della Pace fatto costruire da Vespasiano:
ma nessuno può entrar in parallelo, per estensione, con quello del sud a Carnak. Hac-
chiude poi Roma edifizj di un altro genere, costruiti su dimensioni colossali, il Panteon,
il Coliseo, i teatri; ma nelle terme ha fatto particolarmente risaltare una straordinaria
magnificenza. Una sola sala delle terme di Diocleziano ha 58 metri e mezzo di lunghezza,
e 24 metri di larghezza; e nondimeno sono lontane dall'eguagliare quelle della sala
del peristilio di Carnak, che ha 102 metri e mezzo di lunghezza, e 57 di larghezza.
« Se prendansi poi a considerare i numerosi edifizj della moderna Roma, li sorpassa
tutti in grandezza e magnificenza il San Pietro, la cui cupola sorge 137 metri: quasi
come la gran piramide di Memfi al disopra del ripiano sul quale é fabbricata. Ha questa
basilica, nella sua maggior ampiezza 218 metri e 155 di larghezza. Un vasto ferro di
di cavallo, e due gatterie precedono a quel maestoso edifizio, e ne accrescono notabil-
mente l'estensione, portandola a 497 metri: eppure è minore di 36 metri di quella che
esiste fra le sfingi, che precedono l'ingresso occidentale del palazzo di Carnak e la
porta orientale.
« In Italia il palazzo di Caserta ha 301 metro di lungo e quasi altrettanto di largo;
cioè poco differente dal palazzo di Carnak. L'Escuriale di Spagna è lungo 287 metri, e
261 largo, tutto pieno di muri ed edifizj. Versailles sembra ai nostri Francesi il solo
comparabile ai monumenti di Carnak ; giacché dalla sala dell'Opera allo stanzone degli
agrumi tira 414 metri ».
H. JOLOwiCz, Bibliotheca Mgypliaca. Vi sono disposti per categoria tutti gli scritti pubblicati fin al ^8b7
intorno, \ olla topografia, 2 alla storia naturale, 3 alla lingua, 4 alla religione e mitologia, 5 alla mate-
matica e cronologia, 6 alla numismatica, 7 alla storia, 8 all'agricoltura, 9 all'architettura, 'I Osella scienza
e alle arti dell'Egitto, -l'i al museo d'Alessandria, -12 miscellanee.
Cantù, Documenti. — Tomo I, Archeologia e Belle Arti.
m
ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
§ 310. — Antichità in Italia.
L'Italia è, sotto alcuni aspetti, ancor più importante della Grecia, atteso le civiltà
così vane che vi passarono. Vi abbondano i monumenti pelasgici o ciclopici (§ SOJ: se-
guono le opere etrusche, dapprima limitate all'Etruria propria, ma che ora si scavano
pure a Velitra de' Volsci e a Frenesie dei Latini, in parte dell'Umbria e nella Campania,
e sul Po (§ 122). La prima abbondante raccolta fu quella che, nel 1828, Luciano Buo-
naparte principe di Canino fece sul fiume Fiora {Arenixia), ov'egli presume stesse la
necropoli di Vulci : illustrò egli stesso i bei vasi scoperti, che poi furono venduti al museo
Britannico. 1 signori Candelori e Feoli continuarono gli scavi, e se ne arricchirono 1
musei di Berlino, di Monaco, di Leida e del re d'Olanda, oltre le raccolte di molti pri-
vati e di alcune città in Italia, come la Guarnacci e la Franceschini a Volterra, la Ve-
nuti a Cortona, l'Ansidei, l'Oddi a Perugia, la Buccelli a Montepulciano, la Buggeri a
Viterbo, il camposanto di Pisa, il museo Gregoriano a Roma, il museo Borbonico, le
collezioni Jatta e Santangelo a Napoli ecc. In quest'ultima è principalmente ad ammi-
rare la quantità di vasi di forme stravaganti, che provano somma ricchezza d'immagi-
nazione. Ampiamente noi ne discorremmo nella Storia degl'Italiani cap. in.
Le colonie greche nella Magna Grecia e nella Sicilia lasciarono una miniera di mo-
numenti. In Agrigento magnifico spettacolo doveva olTerire ai naviganti quel porto in-
coronato da superbi edifizj, ove ciascun dio aveva un tempio; e tre di questi ancora
sussistenti ne attestano la splendidezza. Quello della Concordia è il più insigne monu-
mento dell'isola, molto somigliante al Partenone. Quello di Giove Olimpico, per l'ardi-
mento della costruzione e la grandezza delle proporzioni, era posto a pari con quel di
Diana in Efeso. Le colonne doriche erano di 20 metri, sovra 4 di diametro, e nelle cana-
lature un uomo può stare
come in una nicchia. So-
pra un frontone era scol-
pita la pugna dei Giganti
donde trasse il titolo; sul-
l'altro, la presa di Troja.
Selinunte, colonia d'I-
bla, all'ovest d'Agrigen-
to, fu sterminata da An-
nibale nipote d'Amilcare,
ducenquarant'anni dopo
fabbricata; onde i tempj,
scopertivi non ha molti
anni, risalgono a un'an-
tichità, per lo meno con-
temporanea ai più vetu-
sti monumenti architet-
tonici d'Atene. Sette se
ne trovarono, tutti, fuor
del minore, circondati
di portici, con colonne
nascenti. Un di essi è il
terzo in ampiezza che
l'antichità ergesse, men-
tre secondo èquel d'Agri-
gento, e primo la Diana
Piatila delle rovine d^ Agrigento.
A tempio di Vulcano; — B tempio di Castore e Polluce; — C tempio di Giove Olimpico: — D tempio
d'Ercole: — E Tempio della Concordia : — F sepolcri : — G tempio di Giunone Lucina : — H tempio di
Proserpina; — I sepolcri; — J cimitero; — K tempio di Falaride; — L sepolcro di Terone ; — M tempio
di Esculapio ; — N citta moderna ; — RR spia
SICILIA 435
in Efeso. Le melope ivi scoperte segnano il passaggio dall'arte egizia aliai greca.
Seiinunte ebbe nome dal petroselino cbe prospera ne' suoi dintorni, e che essa portava
nel suo stemma. Giace in riva al mare a mezzodì dell'isola in un vasto piano, diviso
da un vallone, ove oggi stagnano l'acque pluviali, e la chiamano Terra de li Pulci. Se
la guardi dal capo Granitola, la credi ancora una gran città -, accostandoti riconosci
che tutto è ruine, ma cosi gigantesche che tramutano la melanconia in stupore, e la
fantasia si compiace con quei massi enormi, con quegli immani rocchi ricostruir edifizj
che porrebbero fatti per una generazione di giganti. E pilieri de' giganti erano appunto
denominati dal vulgo, al quale solo erano conosciuti dopo che probabilmente un tre-
muoto volse sossopra que' colonnati. Tardi vi si appli'"ò l'attenzione degli anli(|uarj; e
sopra l'alta collina prossima al mare, che s^^mbra fosse l'antica acropoli, s'intrapresero
escavazioni, onde vennero al giorno tem|)j dorici, sul maggiore dei quali, periptero
esastilo, sovra diciassette colonne posava un cornicione con un fregio dorico, fra' cui
triglifi stavano metope preziose, anteriori d'un secolo e mezzo a quelle d'Egina, che si
contano per le piìi antiche di Grecia. E sette sono que' tempj, parallelamente disposti
su due colline, tutti, dal minore in fuori, circondati da colonne doriche, nascenti e
fortemente rastremate, coll'echino molto sporgente, e viepiù in grazia del sottoposto
cavetto. In due di essi, colonne a doppia schiera sostengono il portico nel prospetto, e
il pronao chiuso a modo di vestibolo, e le mura della cella prolungate senza pilastri
né colonne ; disposizioni che si riscontrano soltanto nei monumenti egizj. Nelle metope
suddette in rozzo tufo, rappresentanti Ercole coi Lapili, Perseo con Medusa, ed altre
scene mitologiche, la monotonia delle teste in profilo tagliente senza cognizione dello
scorcio, le barbe a punta, gli occhi fessi al modo degli uccelli, le bocche, i capelli, le
pieghe sentono il far rituale, che copia tipi convenzionali anziché la natura, e indicano
il passaggio tra l'arte egiziana e la greca. La prima predomina nelle più antiche 5 due
s'accostano ai marmi d'Egina; nelle altre cinque le variate pose e il piegare degli abiti
mostrano un'arte avviata al movimento ordinato e alla rappresentazione animata della
classica Grecia. In generale però le opere plastiche dell'isola non ne pareggiano la gran-
diosità architettonica, né mai abbandonarono l'arcaismo.
Se volgiamo a Siracusa, abbiamo opere più ingentilite e tondeggianti; ed oltre i se-
polcri, i tempi, ed uno stilobiite lungo 125 passi, il quale sostiene un'ara oblunga detta
di Gerone II, che aveva cornice dorica, poc'anzi si scoperse l'acquedotto che provedeva
copiosamente di ac(|ue l'isola Ortigia, passando di sotto al mare, e scendendo alla pro-
fondità di circa palmi 110, sì che il punto ove oggi le escavazioni sono giunte, sta uà
tre metri sotto del livello del mare. Così l'arte moderna perderà il vanto di aver ardi-
tamente aperta una via sotto il Tamigi, se fin dagli antichissimi tempi la possanza sira-
cusana conduceva le acque sotto il porto Laccio: ed il mito di Alfeo, che preso d'amore
per la ninfa Aretusa veniva dal Peloponneso per via sotterranea a raggiungerla in Or-
tigia, incorriiptarum miscentp.s oacula aquarum, avrà storica spiegazione. L'anfiteatro,
formante un'elissi molto allungata, parte costruito di pietroni, parte tagliato nel masso,
probabilmeute fu fatto dai Romani ad uso della colonia postavi, giacché non sarebbe
proporzionato all'antica popolazione. Più accuratamente era stato fabbricato il teatro,
che Diodoro Siculo farelìbe il più insigne di Sicilia; e posto nel luogo più popoloso
della città, offriva agli spettatori la vista del mare, del gran porto, dell'isola Ortigia j
delle belle campagne irrigate dall'Anapo, e de' migliori edifizj della città. Altrettanto
meravigliose sono le catacombe, che serpeggiano per molte miglia sotto Acradina, Tiche
e Napoli, attestando dal numero dei morti l'immensa popolazione di quella città.
Né manca di che ammirare a Catania, sebbene molli fabbricati rimangono sepolti
dalle lave; come il teatro costruito di grandi massi senza cemento, il tempio di Cerere
e tant'altri cimelj, che tratti in luce dalla munificenza del Paterno principe di Biscari,
formano uno de' più ricchi musei. Sotterranei e sculture gigantesche si hanno purea
Lilibeo, tomba della Sibilla Cumana, poi riedificato dagli Arabi col nome di Marsala^
cioè porto di Dio, e da poco tempo reso celebre per la manifattura dei vini stabilitavi
da una società inglese. Stupendo poi è a Taormina il teatro, che da una banda mostra
il clivo scendente fino al mare Jonio, dall'altra la pendice che sale al fumante vertice
del .Mungi bello: statue, colonne, vasi, che l'adornavano, caddero a pezzi od arricchirono
la moderna chiesa: e le volte e le nicchie artifiziosamente disposte per moltiplicare la
436 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
voce degli attori, non ripetono più che il grido d'ammirazione degli stranieri e il ge-
mito de' paesani.
In molte chiese di Sicilia si posero antichi sarcofagi ed ornati: alla splendidezza ar-
chitettonica non vanno pari le opere plastiche : pure ve n'ha diverse di maniera antica.
Antichi monumenti di Siracuta, illustrati da G. M. CapODICCI. Siracusa 1816, 2 voi.; ma principalmente
lo opere del duca di Sebbadifalco.
Nel regno di Napoli hasterebbe nominare Ercolano e Pompej. Ercolano, a sei miglia
da Napoli, sovra un'eminenza vicina al mare, bagnata da due fiumi e cinta da piccole
mura, con porti e castello, fu abitata in prima dagli Oschi, poi da Tirreni e Pelasgi,
tre generazioni prima della guerra trojana, infine da Sanniti. Se ne può negli autori
seguir la storia fino al consolato di Regolo e Virginio, quando, il 5 febbrnjo del 65 d.
C, un tremuoto la guastò. Era questo foriero delle eruzioni del Vesuvio, vulcano silen-
zioso da lunghissimo tempo, e che il 23 novembre del 79 eruttò furiosamente, e coperse
di lava o di lapilli tutte le terre circostanti. Allora rimaser sepolte dalle lave Ercolano
e dai lapilli Pompej, cittadina nove miglia distante, fondala dai popoli stessi, e deno-
minata forse da pempein inviare, perchè molte merci spedivansi pel Sarno, alla cui
imboccatura era posta. Gli abitanti poterono camparsi quasi tutti ; e calmato lo spavento,
tornarono a scavare per trasportar fuori delle antiche case il buono e il meglio: e co-
lonne, statue, marmi sappiamo che ne levò Alessandro Severo.
Così rimasero fino al 1713, quando Emanuele di Lorena principe di Elbeuf, cercando
marmi per abbellire una sua villa al Granatello presso Resina, s'imbattè a far un pozzo
che riusciva nel teatro d'Ercolano. Subito ne trasse colonne e statue, che parte inviò al
principe Eugenio di Savoja, parte are Luigi di Francia, parte dovette cedere al governo
il quale volle serbar per sé tali scavi. Solo nel 1758 cominciaronsi questi con assen-
nata curiosità ; e l'importanza loro fece che re Carlo VII ordinasse di riporre ogni tro-
vato in un museo accanto al suo palazzo di Portici, ove subito divennero oggetto di
studio agli antiquarj. Se non che Ercolano è posta sotto al grosso borgo di Resina,
onde lo scavarla minaccerebbe rovina a questo. Furono pertanto limitati gli scavi, che
però diedero ricchezze incomparabili 5 e alcune parti, dopo indagate, tornaronsi a
colmare.
In Pompej vedonsi frequentissimi i ristauri da un recente guasto. Poi del tremuoto
fa parola l'iscrizione trovata sul tempio d'Iside: n. popidivs n. f. celsinvs .«dem isi-
I)IS TERRAEMOTV CONLAPSV.M A FVNDAMENTO P. S. (peCUnìa SUa) RESTITVIT. HVNC DECV-
RIONES OB LIBERALITATEM CVM ESSET ANNORVJI SEX. OKDINI SVO GRATIS ADLEGERV.NT. SÌ
disputò se leggere sexdecim 0 sexaginta, e par da ritenere sex. L'adulazione non conta
gli anni.
Du Theil sostenne che Pompej stesse ancora in piedi al tempo di Adriano, e fosse
distrutta uscente il v secolo. Lo confuta De Hoff, Gesch. Ver under ungen der Erdober-
fldche, 1824, parte 11, p. 193-199.
Di che stagione sia stata sepolta Pompej s'ignorava, finché non è guari si scopersero
fiori di melagrano 5 il che la fa porre tra giugno e luglio. Ultimamente si ebbe l'idea
di conservare gli scheletri e le ossa che si trovano, sperandone nozioni etnografiche.
Gli scavi si fanno a precipizio dopo la rivoluzione di quel paese e sotto la direzione
del sig. Fiorelli. Si trovò un gran palazzo con doppio peristilio e musaici e freschi e
un forno dov'era ancora il grano, la pala, e la bottega con 82 pani e il cassetto con
bOO monete.
Fausto e Felice Nicolini cominciarono una uuova illustrazione di Pompej e suoi
monumenti.
Poco prima (1G89) uno scavo fortuito avea dato conoscenza di Pompej. Messa in
maggior distanza dal Vesuvio, non fu raggiunta dalla lava, ma solo dai lapilli, sicché
l'azione del fuoco non vi fu sentila, e con maggior interezza si conservarono le case,
sepolte fin al tetto : giacendo poi alla campagna; non v'è altro ritegno agli scavi se non
quello che impone la diligenza di non guastare, e di passar allo staccio tutta la terra
che se ne riniove. Gli scavi, cominciati il 17Ì55, continuano tuttodì con iscoperte sempre
nuove; e vi si riscontra al vivo la rappresentazione della vita antica, non solo quanto
NAPOLI
437
alle arti, ma e più per la domesticità-, onde le particolarità di esse possono incarnare il
quadro, di cui Roma non offre che i contorni in grande.
Vedi il cap. XXIV del Libro VI della nostra Storia Universale.
L'accademia Ercolanese fu fondata a posta per esaminare e dicifrare quelle antichità;
e Quaranta, Janelli, Guarini, Avellino, Rossi ed altri vi continuarono la gloria di Maz-
zocchi e Passeri. Gli atti di essa e le descrizioni varie che comparvero su quelle anti-
chità, ma ancor \ì\ù la vista del museo Horhonico, dove tanta ricchezza fu adunata,
sono il maggior sussidio alla scienza di cui trattiamo; perciò ogni tratto ce ne tornò
menzione.
Il museo Borbonico, ricco in ogni parte, in bronzi non ha confronto. Insigni statue
vi sono il Mercurio, il Fauno, le Danzatrici, la famiglia Balbo, la Venere Callipiga.
L'Elio Aristide, o come altri dicono, l'Eschine, che qui produciamo, è certo una delle
migliori antiche. E quanto al vedere i capo-
lavori antichi si geme de' restauri fatti di
tempo in tempo, taoto piace il trovar intatte
quelle di recenti scavi e qui e in Roma al La-
terano. Ricca vi è pure l'unione di ori e vasi
preziosi, ma non quanto al gabinetto delle
medaglie di Parigi. Unica invece è quella
delle pitture a fresco, che sono i soli dipinti
antichi pervenutici, e che mostrano le deco-
razioni interne delle case loro. Numerosissimi
sono i vasi dipinti, fra cui preziosissimi quello
della Cassandra e delle Baccanti, quel delle
Amazoni , d'Archeraoro, di Tereo ; inoltre
pietre incise, vetri, terre cotte, musaici, i
papiri d'Ercolano, un gabinetto osceno: vi
furono concentrate anche le liguline volsce
del museo Borgiano di Velletri. V'è poi la più
curiosa suppellettile della civiltà sicula e ita-
lo-greca, e cresce ogni giorno per gli scavi
continuati e per gli accidentiili trovamenti.
La spiaggia da Napoli a Miseno è un museo
continuo, e principalmente notevoli sono i
tempj di Pozzuoli e il suo anfiteatro, la pi-
scina, le tombe. Poi magnificentissimo è l'an-
fiteatro di Capua, ne' cui contorni or fa insigni scoperte il capitano Novi. A Bene-
vento è un arco trionfale : altri altrove. Piij addentro si trovano i famosi ruderi di Pesto;
ruine doriche di un tempio esastilo a Metaponto ; altri a Taranto, a Turi, a Crotone, a
Locri, ove furono trovati bellissimi bracciali di un'armadura portante la battaglia delle
Amazoni.
Nel tallone dell'italico stivale, ora povero di coltura e d'abitanti, fiorirono i Messapi,
ricchi di molte città, quali sul litorale Adriatico Gcathia (Fasono), Brindisi, Valezio
[Baleso)^ Otranto; sul golfo di Taranto la città che gli dà nome ; Nereto (Nardo), Alezio
(Alizza), Uzento; nell'interno Celio, Uria, Rudie (Ruggie), Vaste (Basta). Di tempo in
tempo porgono tributi all'archeologia.
Il 1848 presso Agnone fu trovata una lamina di bronzo, certo antica, con ventisette
linee da una parte e ventitre dall'altra, in osco, dove si enumerano da venti divinità
indigene, non ancora miste colle greche; Giove, custode del Comune e regolatore delle
fatiche giornaliere; Panda, guardiana delle messi; Geneta, preside alle nascite; Ercole,
custode del limitare e della proprietà.
A Gozo è segnalato il tempio dei Giganti; che alcuno pretese antediluviano.
A tacere i più antichi, vedansì
Fr. Blume, Iter italicum.
Targiom-Tozzetti, Relazione d^ alcuni viaggiin ToBcana.
Hase, Nachweisungen fur Reisende in Italia.
1^^ ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
DOROW, Voyage archéohgique en lilrurie. ^
Stackelberg, Jllesle Denkmàler der fiaterei, oder Jf andgemdìde aus den Hypogden von Tarquinii
-1827.
BiSCARi, Paterno, Viaggio per tulle le anticìiità della Sicilia.
HOUEL, Voyage pitloresque des iles de Sicile^ de Malie el de Lipari.
HiTTOBF e Zantb, Architeclure antique de la Sicile, ou Hecueil des plus intéressants monuments d'or-
ehitecture des vilhs et des lieux les plus remarquables de la Sicile ancienne.
Duca di LuYNES e Serradifalco, Antichità di Sicilia.
Saint-Noi^, Dekon, Paris, Voyage pilloresque de Naples et Sicile.
PajsOFRa e Gerard, Neaples aniik Bildwerke. StuUganl 1828.
Le anlichiià d'Ercolano. Napoli 4757-92, 9 voi. — Primi membri dell'accademia Ercolane.ift furono
Mazzocchi, Zarillo, Carcani, Galliani, Ronca, Ignara, Padeini, Pianura, Castelli, Aula, Monti, Bajardi,
Giordano, Valletta, Pratillo, Cercati, Della Torre, Tanzi; e Cecero l'edizione di quelle antichità a spese
del re che davasi in dono. Poi monsignor Marcello Venuti, l'abbate Ridolfino suo fratello, il cardinale
Quiriui, Maffei, Gesnero, Anton Francesco Cori, Matteo Egizio l'abbate Martorelli, Giambattista Passeri,
il padre De Rossi, il padre Paoli, Cochin disegnatore, Bellicard architetto, W. Llamilton, l'abbate Saint-
Non, e altri illustrarono quelle ed altre antichità.
Fadsto e Felice Niccolim, Aluseo Borbonico: e Le case e i monumenti di Pompej disegnali e descrilii.
4834.
Hamilton, Relazione delle scoperte fatte a Ercolano e Pompej, con una storia di queste città. Edim-
burgo 1837, 2 voi.
De Jorio, Sugli scavi di Ercolano, e Piano di Pompej.
Raoul-Rocbette, Clwix de peintures de Pompej ., la plupart de svjet historique , lithographiées en
couleur. et publiées atee Vexplicalion archéohgique de chaque peinture, et une inlroduction sur
Vhistoirede la peinlure chez les Grecs el chez les Roìnains. Parigi -1844,
Raoul-Rocbette e Bolchet, Choix d^édifices inédils de Pompej.
W. Gell, Pompej. Londra 1816 e -1830.
Ernest Pretqn, Pompeja dérrile el dessinée. Parigi -1854.
W. Zadn fl,i.e Schònslen Ornamente und merkwilrdigslen Gem'dlde ous Pompej, Herculanum und
StabicB 1 nebst einigen Qrundrissen und Aussichten. Berlino -1826-56. Con note di Ottofredo Miiller,
F. F. Welcker.
W. Ternite, fVandgemdide aus Pompej und Herculanum. -1828 e seg.
J. Overbeck, Pompeji in seinen Gebauden, ollerlhumern und Kunsluiercken. Lipsia -1856.
G. Fiorelli oltre i Monumenta epigraphica pompejana d\ede uà' ampia pianta ài Pompe] a ipZó iti
vero in 42 fogli di oltre 9 metri quad. e Pompejanarum antiquitalum hisluria quam ex codicibus
3ISS et a schedis diurnisque quw in publicis aul privalis bibliolhecis sertanlur. R Alcubiere, C.
Weber M. Cixia J. Carcoles ecc. Napoli 1860. 11 i volume (1861) comprende gli scavi daH748 aN8-l8.
Luigi Grimaldi, Studj archeologici sulla Calabria Ultra Seconda. Napoli 1843.
La Sardeg^na presenta molti etlifizj ciclopici, massime i Nuraghi; e molte tombe sca-
vate nel vivo, li museo di Cagliari possiede una ricca collezione di idoli fenicj, trovati
nelle pianure dell'isola, d'ordinario presso que' monumenti.
Bullellino archeologico sardo, diretto dal can. GiO. Spano. Cagliari -1853 e seguenti eie opere di Alfonso
Lamarmora.
La primitiva Roma stette sul colle Palanzio, nel recinto di appena un miglio qua-
drato con tre porte, lìumana, Capena, Muyonia. Numa Pompilio (uomo o dinastia che
intendasi) ampliò quel recinto inchiudendovi pure il colle Capitolino e la parte più
prossima del Quirinale, alle predette aggiungendola porta Carmentak, che fu poi detta
Scellerata da che ne uscirono i trecento Fabj. Tulio Ostilio cinse anche il Celio per col-
locarvi i vinti Albani. Poi Anco Marzio collocò i Latini suirAventino, murandolo. Lucio
Tarquinio asciugò il Velabro, palude nell'avvallamento tra il Palatino, l'Aventino e il
Capitolino ; e meditava una nuova cerchia di mura, che fu poi compita da Ser\io Tullio,
aggiungendo il resto del Quirinale, e i colli Viminale ed Ksquilino, sicché vi furono
compresi sette colli, restando il Cianicolo di là dal Tevere a gui.^a di cittadella.
La mura correva sul ciglio dei colli, cotìiinciando sulla sinistra del Tevere al fòro
Olitorio presso il teatro di Marcello, e seguendo il lato settentrionale della ròcca Capi-
tolina, scendeva al sepolcro di Cujo 15ibulo, poi per la valle che separa il Capitolino dai
Quirinale, saliva sull'alto di questo verso le Quattro Fontane, donde secondava il colle
lungo il circo di Flora, piegando poi incontroalla nniderna porla Salaria. Quivi comin-
ciava l'a"gere su cui la mura era fundata, e continuava per l'altura sovrastante ai colli
Quirinale, Viminale ed Esquilino, finall'arcodi Gallieno ove l'aggere terminava. Allor^
ROM,v 439
sceso l'Esquilino, la mura saliva sul Celio presso il I.alerano, indi per la sommità me-
ridionale del colle dove ora sta Santo Stefano P.olondo, scendeva a valle tra il Celio e
l'Aventino; coronati i quali, tornava a rafjyiiingere il fiume là dov'erano e sono tuttora
le conserve del sale. Di là dal Tevere, le mura stuccavansi dal fiume in due linee rette
per congiungersi colla cittadella gianicolese di Anco Marzio. Calc(d;ino il giro di otto
miglia, cioè 12,500 metri.
Ventitre o ventiquattro porte vi si aprivano: Flumentana presso il fiume: Trionfale
donde entravano i vincitori pigliando la via Sacra verso il Campidoi;lio ; Carmentale -^
Ratumena alle falde del Capitolmo; una, il cui nome non consta, sull'altura occiden-
tale del Quirinale-, un'altra sul colle medesimo presso il palazzo ponlifizio ; la Salu-
tare in vetta ad esso colle, ove ora le Qmittro Fontane; una presso gli orti Sallustiani ;
la Collina, da cui partivano le vie Salaria e Nonientana, e fuor della quale stava il campo
Scellerato; Viminale nella villa Negroni ; rZiSf/u/Zina presso l'arco di Gallieno, donde
moveano le vie Prenestina, Labicana, Tihurtina ; la Mezia poco lontana ; la Querquetu-
/ana sulla via Lahicana presso i Santi t^ietro e Marcellino; la Celimontana presso San
Giovanni in Laterano ; la Ferentina sul Celio presso S-mto Stefano Rotondo, donde si
usciva verso il bosco della dea Ferentina, ove ora è Marino, convegno dell'assemblea
dei popoli del Lazio; la Capena, da cui partivano le famose strade Appia e Latina, apri-
vasi nella gola fra il Celio e l'Aventino ; la Nevia, al crocicchio delle vie Avenlina e di
Santa Balbina, menava ai boschi Nevj, solito rifugio de' malfattori ; la Radusculana sotto
la chiesa di San Saba alla falda meridionale dell'Aventino ; la Lavernate sull'Aventino ;
la Mavale accanto al bastione di Paolo 111; la Minucia sulla sommità dell'Aventino ;
la Trigemina, ove è l'arco della Salaria, così detta perchè avea tre fornici. Quelle della
parte occidentale sono incerte.
Deniro e fuori, uno spazio sacro detto il Pomerio, non potevasi né edificare né colti-
vare. Siila e Cesare lo estesero, ma non dilatarono la mura.
La città era divisa in quattro regioni o tribù : suburbana, esquilina, collina, palatina.
L'antico recinto di Servio fu da Augusto partito in quattordici regioni, che erano:
1. Al sud Poria Capena, ove il tempio dell'Onore e della Virtù, o di Bacco, qual
vedesi nella figura qui sotto, quello di Marte Estramurano, le terme di Severo e di
Comodo.
2. La Ccelimontana su\
monte Celio, ove la casa
de' Laterani, la Mica Au-
rea fondata da Domizia-
no, le scuole dei gladia-
tori, e il piccolo campo
di Marte.
3. Iside e Serapide nella
valle fra il Celio, il Pala-
tino e l'Esquilino ; dove
le terme di Trajano e di
Tito, la Casa aurea di
Nerone, le grandi vie Su-
burra e Carinse, il Coliseo
capace di cenventimila
spettatori.
4. Via sacra fra l'Es-
quilino , il Palatino e il Quirinale. Suoi monumenti erano i tcmpj della Pace, di
Roma, d'Antonino e Faustina, il colosso di Nerone, gli archi trionfali di Tito e di
Costantino, la via Sacra, la Scellerata, la Sandalaria ove stavano i libraj.
5. Gli Esquilini chiudeano parte dell' Esquilino e il Viminale, coi monumenti del
Castrum Prcetorianum, la casa e i giardini di Mecenate, l'arco di Gallieno, il Viva-
rium, serraglio delle belve per l'anfiteatro.
6. Alta Semita sul Quirinale, ove le terme di Diocleziano e di Costantino, i tempj di
Quirino, del Sole, di Flora, della Salute, i giardini di Lucullo, di Sallustio, ecc.
7. Via Lata fra il Quirinale e il campo Marzio, col fòro Suario, il portico di Costan-
tino, ecc.
440
ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
8. Forum Romanum fra il Capitolino, il Palatino e il Tevere. Monumenti: il Miliario
aureo da cui partivano tutte le strade romane, il Comizio; la curia Ostilia, il tem-
pio di Castore, di Giove tonante, qual ve-
desi nella figura qui contro, la basilica
Porzia, la colonna Mevia, il tempio di Ve-
sta, la basilica di Giulio Cesare, i nuovi
rostri , il tempio di Saturno, il Campido-
glio, l'arco di Settimio Severo, ne diamo
la figura qui sotto, la cittadella, i fòri di
Cesare, d'Augusto, di Trajano, ecc.
9. Circus Flaminius nella parte più set-
tentrionale , col mausoleo d'Auguslo , il
Panteon d'Agrippa, il teatro di Balbo,
l'anfiteatro di Statilio Tauro, il teatro di
Marcello, la curia di Pompeo , la Villa
pubblica, dove faceasi il censo e si rice-
vevano gli ambasciatori stranieri.
10. Palatium col palazzo imperiale.
H. Circus maximus fra il Palatino e
l'Aventino.
i2. Piscince publicce fra l'Aventino e il
Celio.
io. Aventinus che cbiudea VArmilu-
strum, ove faceasi la rivista degli armati.
i4. Trans Tiberm , ove i giardini di
Nerone, la mole d'Adriano, le terme di Aureliano. Tale divisione durò fin ad oggi.
Roma crebbe di magnificenza e d'estensione sotto gl'imperatori, tantoché Aureliano
la chiuse di nuove mura
laterizie, quali in molti
luoghi si vedono tuttora
e giravano circa dodici
miglia. L'intento princi-
pale era d'iochiudere i
nobilissimi edifizj attor-
nianti il campo di Marte,
sicché staccandosi dalla
sinistra del fiume presso
porta Flaminia, la mura
cingeva verso oriente il
Pincio, poi il Quirinale,
il Viminale, l'Esquilino,
il Celio, l'Aventino e al-
largandosi per abbrac-
ciare il Testacelo, toccava
il fiume; di là del quale
tornava molto più in fuori dell'odierna porta Portense, donde salendo il fianco meri-
dionale del Gianicolo, fiedeva alla porta San Pancrazio; per scendere alla Settimiana;
talché non fu più la città dei sette, ma dei dieci colli. Il Vaticano fu ricinto soltanto da
papa Leone IV, formando la Città Leonina.
Nella nuova cerchia Roma ebbe da quindici miglia di giro, non contando i sobborghi;
con trentasette porte, da cui partivano trentuna strade militari; otto ponti, ducenquiu-
dici strade maggiori, diciannove fòri, quattrocento tempj, cinque naumachie, quattor-
dici ac(iuedotti, trentasei archi di trionfo, cinquanta colossi, infinità di teatri, d'odeoni,
di curie, di statue.
Roma è un continuo museo per la quantità di ruine; tutto vi porta l'impronta della gran-
dezza, e capolavori s'incontrano ad ogni pie sospinto, od almeno memorie, epigrafi e
frantumi ; onde colà èia vera sede dell'archeologo, colà si formarono quelli che in mag-
liOMA 441
gior fama salirono. Però i luoghi medesimi non sono ben accertati ; e sulla situazione
di molti edilizj una critica accorta potè oggimai vincere molti pregiudizj del vulgo dotto
e popolano. Trovansi maggiori avanzi antichi nella parte che fu abbandonata, e dove
gli edifizj moderni non fecero sgombrare i prischi. Ciascuna non solo delle regioni, ma
dei monumenti ebbe illustrazioni speciali.
Nel Ì8o0 Pio IX ordinò di scavare la via Appia, cominciando alquanto al di lìi dal
sepolcro di Cecilia Metella, e sulla larghezza di 2-2 metri, in modo che venne in luce
una quantità di monumenti j^epolcrali che ornavano i due margini della strada, con
belle iscrizioni e con notevoli capi d'arte, alcuni de'quali salgono al quarto secolo di
Roma; d'indicibile varietà di forme e grandezza, dalla piramide fin alla stela, dall'edi-
cola al semplice sarcofago ; appena sorgenti da terra, o elevati a due e a tre piani, con
caratteri grossolanamente intagliati nel peperino, o elegantemente sotto bei fregi di
marmo.
Gli orti Farnesi furono comprati da Napoleone III che vi ordinò scavi, certo fecondi
di tesori, stando nella parte piìi antica della città, la Roma Quadrata.
Nel 185G s'intrapresero scavi ad Ostia, e diedero molte preziosità, fin cento iscrizioni,
alcune anche grandi, molti sarcofagi, sculture d'assai pregio, quattro grandi musaici,
un de' quali ha 64,000 palmi quadrati di superficie, a bellissimi fiori, e si collocherà
in una sala del Vaticano.
In nessun paese sono così numerosi e ricchi i musei. Quello del Vaticano non ha
pari al mondo, né per gran pezzo potrà averlo. Sotto Benedetto XIV appena vi erano
raccolti alcuni pezzi per ornamento del palazzo; ora si con)pone deIjPio-Clementino, cui
si aggiunse il nuovo braccio : e ultimamente il museo Gregoriano di monumenti etruschi,
che è tutto quel di prezioso che può vedersi per quantità, come per scelta, ordine e con-
servazione di [tezzi, d'alta importanza storica o artistica, avendovi radunato quanl'era
sparso perle città di Todi (Tuder) ,Bolsena (Vulcinium), Cervetri {Ccere), Norcia {Mursia),
0 in collezioni particolari : onde può dare idea compita dell'arte etrusca. Prima s'in-
contrano i lavori più rozzi, tombe semplici e grossolane con figure goffe e bislunghe,
pieghe dure e parallele, somiglianti alle egizie, come le tante nere trovate nelle tombe
primitive eccetto l'acconciatura de' capelli che raccolgono dietro al capo in una borsa,
qual s'usava settant'anni or fa, o li dividono in treccie cascanti sul petto e fin ai talloni.
Molte urnette d'alabastro erano destinate alle ceneri, con bassorilievi scorretti ; lavoravansi
a Chiusi, Perugia, e massime Volterra, per la facilità d'aver l'ulabaslro. Alcuni gruppi
figurano azioni, di cui più non raccngliamo il senso. Le statuine e i busti sono ritratti,
men freddi degli egizj, talvolta anzi manierali, e con gran rilievo di muscoli ed ossa. I
bassorilievi sono stampati con molla intelligenza, spesso in tavolette quadrate per fregio
degli appartamenti, e già sentono del greco: erano molto cercati per Italia e Grecia,
sinché Fidia rivolse l'arte dall'imitazione della schietta natura al culto del bello, diffuso
442 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
a Roma colla conquista della Magna Grecia. V'ha pure statue da emular le greche, mas-
sime quella d'un guerriero di bronzo, trovata a Todi \ galanterie veramente uniche,
tratte da un sepolcro di Cervetri ; altre preziosità degli scavi di Toscanella, Camposcala,
Tarquinj, Bomarzo; copie delle pitture che ornano i sepolcri di questi luoghi, e l'esatta
imitazione d'uno di essi colla distribuzione dei sarcofagi e dei vasi, e coi due leoni
all'ingresso come trovaronsi a Vulci. Le sole minuterie d'oro valgono quattrocentomila
franchi 5 e mostrano come gli Etruschi sapesser finalmente lavorare l'oro in foglie; in
fili, in treccie: filavano anciie il vetro e faceano smalti, e v'ha tazze ornate a bassori-
lievi di gusto asiatico. Aggiungete carri, bracieri, una tavoletta da donna colle bazzica-
ture necessarie per lisciarsi e strebbiarsi e comparire. Se tanto sepellivasi, quanta do-
veva essere la ricchezza ?
Il museo Egizio, oltre i papiri, è importante per le imitazioni di lavori egiziani che
si fecero all'epoca d'Adriano. Va pur crescendo il museo Cristiano. Il Capitolino fu fon-
dato da Clemente XII, accresciuto da Benedetto XIV. Al palazzo di Lateraoo comincios-
sene un nuovo per oggetti d'architettura, con monumenti di Vejo, e col gran musaico
tratto dalle terme di Caracalla, rappresentante gladiatori : ivi son pure molte urne cri-
stiane. Il Kircberiano nel Collegio romano è il più ricco di antichità indubbiamente ita-
liche, con moltissimi bronzi e monete deiritalia primitiva. Dell'Albani già doviziosis-
simo e prediletto da VVinckelmann e Zoega, le raccolte arricchirono i musei di Parigi,
Londra, Monaco. 11 Borghese fu comprato da ÌS'apoleone e posto al Louvre, ma molto di
nuovo radunò quella famiglia massime statue scavate presso porta Salaria, 0 tratte dalle
tenebre, il Barberini rimane cospicuo anche dopo il molto che mandò a Londra e a Mo-
naco, Altre anticaglie hanno le ville e i palazzi Mattei, Giustiniani, Farnese, Ludovisi,
Medici, Odescalchi, Negroui, Panfili, Altieri ... e l'Istituto archeologico, e le case di
studiosi e d'artisti. Il marchese Campana avea raccolto quantità di vasi, e sopratutto
di orerie, e aperto due colombarj |)resso porta Latina; collezione, la piti insigne che
mai un privato facesse, e che divenne ora sciaguratamente famosa per un processo cri-
minale. La Capranesi è ricca di pietre incise. Altre ne possiede la Kestner. Adesso ap-
punto (1858) grandi scoperte fa sulla Via Latina Lorenzo Fortunati. Ormai collezioni
particolari nuove sarà difficile fare ; e molte delle vecchie passarono ad ornar altre
capitali.
Moltissimi edifizj e più lavori plastici andarono 0 guasti 0 rapiti nei secoli scorsi;
ora l'autorità vigila alla conservazione de' vecchi e allo scavo di nuovi. Corre per le
bocche che Roma possiede sessanta 0 settantamila statue; e il primo a dirlo dev'essere
stato l'abbate Barlbélemy ; i seguenti lo ripeterono, ma non regge il conto neppure a
un decimo.
Alla notevolissima Beschreibung der Stadi Rom e premesso un catalogo di tutte le descrizioni di Roma,
cominciando dal Curiosum urbis Romce. In essa, gli antichi monumenti figurati sono descritti da Ge-
rhard* dei marmi e delle pietre adoprate negli amichi edifizj e delle basiliche e del palazzo Vaticano
parla Platner : delle catacombe , Ròstel ; del museo Valicano, Gerhard e l latner; della biblioteca e del-
l'archivio, tutti i collaboratori. La parte topografica fu combattuta da G. Becter Del Manuale delle anti-
chilà romane., Lipsia 1843, e cos'i da Canina, Nibby, Bruno, Gòtllin. e ultimamente l'inglese Dyer, stu-
diati i luoghi, librò le opposte sentenze. Or la guida più usitata è quella del marchese Melchiori.
Memorie deW It Ululo di corrispondenza archeologica ; e Atli della Accademia archeologica, dove le
recentissime scoperte sono illustrate da P. E. Visconti.
Gell, The lopographie of Rom dnd ils vicinili). Londra 4854.
Cablo Fea, Miscellanee, e Osservazioni sul rislabilimenlo della via Appia . Roma 183S.
Inoltre NiBBV, Analisi storico-topografico della carta di Roma. 4 837.
Canina Viaggio antiquario ne' contorni di Roma; Analisi storico-topografica della carta de'' contorni
di Roma. Carta della campagna di Ruma, 1845; Esposizione topografira della prima parte della
via Appia, e altre scritture di-W Istituto archeologico. Piale, Dissertazioni accademiche wis {sopn
la topografia di R orna), -1852-54 ; e in senso diverso Riva, Dell'antico sito di Roma, e Palatium, ostia
il principio di Roma.
Mutoeum etruscum gregorianum, 2 voi. in-fol.
J. Westphal Die rumische Kampagne in topographischer und antiquaritcher Hituicht. Berlino •1829.
Vincenzo Ballanti, Il palazzo de' Cesari illustrato. Roma 4 828.
BOBMAH, Altlatinische Chorographie und Stadi geschichte. Halle 1832.
DvER nel Diclionary of greek and roman gcographie. Londra 4 856.
LÉVEiL, Pian de Rome au temps d'Auquste et de Ubère. 4847.
LAZIO 44^
jACOBiivt, Memoria $uUo scavo della via Àppia fallo nel 1831.
KinscnEiT, Tah. gengmph. ìtnliw aniiqine. Berlino l8o1.
DESJ.Mtni>s, Esaai sur la lopoijraphie du l.nlium. Paris ISoi.
J. J. Ampère, Lhistoire romaine à Rome. Parigi 1801.
EB^EST Desjabdins, Essai sur la topographie du Lalium. Parifji 1836. Oltre la descrizione de' luoghi,
conlieoe la geografia fisica, la traccia delle straile e degli acquedotti ecc.
Cna carta precisa del Lazio antico prepara Pietro Rosa.
F^a più scarmigliata ma più ampia raccolta di notizie intorno a Roma e a tutte le an-
tichità, principalmente ma non unicamente ecclesiastiche, è il Dizionario d'erudiz. sto-
rico-ecclesiastica di Gaetano Moroni, finito solo nel 18GJ in 100 volumi.
il Museo Campana fu confiscato per compensare il vuoto che il proprietario avea fatto
nel monte di Pietà. Era in 12 classi : La i comprendeva da 4000 vasi dipinti. La ii og-
getti etruschi e romani di lironzo, ferro, piomho. La iii 1200 gioielli, e medaglie e mo-
nete. La IV 5000 lavori in plastica. La v vetri fenicj, romani, etruschi. La vi pitture
etrusche e romane, che son io, mentre il museo Vaticano noa ne ha che 6. La vii sta-
tue e sculture, che sono di 600. La viii, 45i quadri bisantini o della prima età. La ix
dipinti dopo al ISUO, La x majoliche dipinte. L'xi majoliche a rilievo, e bassorilievi
di marmo. La xii varietà di oggetti etruschi e romani, e curiosità in avorio, osso eco:
dopo che molti oggetti furono venduti all'Inghilterra fper L. i2oOO0) e alla Russia per
625000, la Francia comprò il resto del museo, in lOóio pezzi, per L. 4,361,000.
Anche nel restante Lazio imhattonsi ogni tratto rimembranze ; ad Anzio, Tivoli, La-
vinio, Gubbio, Tuscolo, Albalonga, frenesie, Cora, Terracina. A Velletri era famoso il
museo Borgia. Preziose raccolte hanno pure Chiusi, Perugia, Volterra, Cortona, Arez-
zo, .. . parte delle città, parte di privati, e non tutte illustrate compiutamente. Alatri,
come le vicine Anagni e Ferentino, ha moltissimi ruderi, e l'intera cinta di massi ci-
clopici, e l'acropoli.
La lingua latina è la più studiata dagli archeologi, e dà iscrizioni a tutta l'Europa,
e fin ai deserti dell'Africa. Molto si applicò l'attenzione ultimamente anche sulle altre
lingue italiche (§ lOB).
La>zi, Saggio di lingua etrusca e altre antiche d'Italia. Roma 1789.
Vermiglioli, Antiche iscrizioni perugine, raccolte e dichiarale. 4833.
R.EMPFE, Umbricorum specimen. Berlino ^ 833.
DOEDERLEiN, Commenlatio de vocum aliquol latinarum, sabinarum, umbricarum, tuscqrum cpgftq-
Itone grwca. Erlangea 1837.
Henop, De singularum lilerarum apud Sabinos ralione.
— De lingua grceca et sabina.
Quoerilur quem locum inter reliquas Italice linguns tenueril sabina.
De lingua sabince et latina; ralione. Annover 1837.
Grotefe>d, Rudimento linguoe umbricce in inscriptionibus antiquis enodala. Ivi -1835-57. Interpreta
le Tavole Eugubine; deriva il latino dall'umbro.
JiNELLi, Tentamen hermeneulirum in etruscas inscripliones., ejusque fundamenta. ^afoYi iSiO. Gli
contraddice RaiMO>DO Gt ariM.
Yeterum Oscorum inscriptiones latina interpretatione tenlatce. Ivi -1841. Dichiarò ben cin-
quecento monumenti etruschi scrini, e ne tiene più di cenquaranta altri. Vedi Bu/^e^/ino d»
corrispondenza archeologica I8'(3.
LepsioS, De Tabulis eugubinis. Berlino (833.
Inscriptiones umbricce et oscas quotquol adhuc reperlce sani omnes, ad eclypa monumento'
rum a se confecta eie. Ivi 18 il.
Avellino, iscrizioni sannite. 'Sì^o\\ I8il.
Zevss De tubstnntiiurum umbricorum dcclinatione. Tilsitt 1847.
ACFBECBT e RiRcnnOFF, Die Umbrischcn Sprach Denkmalcr. Berlino 18 59. Vorrebbero connesso l'umbrQ
col sanscrito.
MOMMSEiy, Die unter-ilalischen Dialekte. Lipsia 1849, con diciassette tavole litografiche e 2 mappe.
Effcscbke, Monumenti di lingua osca e sabellica (1836) , raccolse tutti i frammenti di tali lingue , e ne
trasse la grammatica e il glossario.
Jassens, Muscei Lugdun Batav. inscriptiones etruscoe.
Lassen, Varie dissertazioni nel Museo filologico renano, 1833-34.
WiLLiAJi, Elruria celtica, spiega la lingua etrusca coU'erso.
444 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
Edelestand Dcmehil, Mélange! archéoìogiques et lìttéraires. ParigMSbO. Ha una dissertazione sulla
formazione delia lìngua latina, valutando i precedenti indagatori.
Donaldson, Varronianus^ introduzione all'etnografia italiana, e allo studio filologico del latino.
Nell'Umbria vedonsi un teatro e un anfiteatro, a Otricoli, un ponte a Narni, un tem-
pio corintio ad Assisi, e il cosi detto tempio di Clitumno; altri a Todi, a Foligno, a
Rimini, a Fano con due ardii trionfali. Nel Piceno avanzano di tali archi ad Ancona.
Ravenna è singolarmente segnalata per rarchitettura hisantina. Raccolte di antichità e
di lapidi si fecero a Pesaro, Ravenna, Bologna, Ferrara... Da Parma le anticaglie dei
Farnesi passarono a Napoli ; ma ora vi furono deposte antichità di Veliera.
Le raccolte di Firenze sono piìi notevoli per opere moderne: tuttavia basterebbero
a renderle insigni all'archeologo le statue della Venere Medicea, dell'Apollino, dell'Er-
mafrodito; a tacere le medaglie, i bassorilievi e cammei del palazzo Pitti, oltre le gemme
antiche, ed altre insigni raccolte etrusche, venute dal museo Bucelli di Montepulciano e
da scavi e acquisti posteriori. Son fra questi la Chimera d'Arezzo, l'Arringatore e quan-
tità di urne e statuine. Altre raccolte preziose sono a Volterra , ad Arezzo , Cortona,
ed ora si fanno scavi a Soana per cura della società Colombaria. Molti monumenti son
pure nel camposanto di Pisa. Gli scavi nell'Etruria romana, che diedero tesori al prin-
cipe di Canino, si ripigliarono testé con maggiore intelligenza per cura dei Fraucesi Di-
dot e Noèl de Vergers, e colla direzione del fiorentino Francois, fortunatissimo cerca-
tore : e l'agro Chiusino e Vulci offersero già preziosi monumenti che promettono almeno
altrettanto di quanto fu di quivi mandato in Inghilterra.
NiJEL DE Vebgers, Les lomheaux de Yulci^ fouilles faits en dix ans, 1858.
Alle opere altrove accennate intorno alle autichit'a del Lazio aggiungeremo le recentissime:
Friedlaendeb, Die Oskischen Milnzen. Lipsia t850.
MoMMSEN, Ueber das romische 3Iun:,wesen. — Epigraphische analeclen. Ivi t850 e seg.
Or si preparano dal Uè Rossi , Inscriptiones christiance urbis Romce sex prioribus Ecclesiw twculù
posilcBy che saranno 6 volumi.
Né l'Alta Italia manca di monumenti. Milano ha il colonnato di San Lorenzo e al-
quante iscrizioni; altre Como, Pavia, Bergamo -, Padova un antico tempio corintio; Verona
un superbo anfiteatro ed altre costruzioni romane, e un museo anche con antichità etru-
sche e greche, disposto e descritto da Scipione Maffei, A Brescia venne dianzi in luce
un tempio dell'età imperiale, con statue di gran merito ; e questa città diede il primo
esempio di pubblicare i suoi moltissimi monumenti a spese del Comune. Altre belle sta-
tue trovaronsi con molte reliquie preziose, a Calvatoue nel Cremonese. Ora si vorreb-
bero riscontrare monumenti celtici nelle vallate del Bergamasco. Aosta ha un arco, uno
Torbia, uno Susa, e molte ruine Pollenzo; e nel Veneto Concordia, Aquileja, oltre la
sublime Pola.
La passione delle raccolte è antica in Italia, e il nome stesso di museo fu introdotto
dai nostri eruditi nel secolo xv. 11 Maflei (Verona illustrala, p. in, cap, 7) enumera i
primi fondatisi in Balia, fra cui primeggiavano quelli del duca di Mantova, degli Estensi
di Ferrara, del Calzolari di Verona, dei Medici di lirenze, de' Maffei di Roma. 11 museo
del Catajo presso Padova, raccolto dal marchese Obizzi e da lui lasciato alla Casa d'Esle,
benché sminuito, contiene più di cento statue, dodici torsi, cenlottanta busti, trenta
teste, quindici erme, più di venti urne cinerarie etrusche, otto sarcofagi, nove vasi ci-
nerarj romani di marmo figurati, sessantaciuattro bassorilievi, trenta e più edicole se-
polcrali figurate, cinque iscrizioni euganee, un cenlinajo di romane, venti greche, ol-
tre i frammenti, e cento colonne di marmi antichi: il medagliere passò a Modena. Il
museo di Mantova fu devastato dai Tedeschi nel 1029, ma rinnovato dopo il 1773, rac-
chiude sculture e iscrizioni in buon numero. In Venezia si ha molte collezioni, ma
viepiù importano i monumenti sparsi nelle chiese, e massime in San Marco e a Torcello,
e i frammenti adoprati ad ornare edilizj pubblici e privati : sono i più rinomati, ma non
i più curiosi e degni di studio i cavalli di bronzo dorato sul pronao di San Marco. In
Adria si trovano continuamente nuovi avanzi antichi, e il sig. Bocchi vi ha una rac-
colta di figuline etrusche, rinvenute in que' contorni : Altre raccolte sono a Concordia.
Attorno al sepolcro diWinckelmann, Trieste radunò monumenti del litorale istriano. li
ALT\ ITALIA. 445
museo di Torino in pochi anni divenne de' più cospicui, massime per la collezione di
opere egizie ; oltre le domestiche che trae dagli scavi di Folienzo, Industria e Luni.
A. F. QuAST, Die allchristlichen Bauwerke von Ravenna, von V bis zum ix Jahrhundert hislorich.
geordnet , und durch Abbildungen erlaulert. Berlino I8J2. Gli cdifizj di cui tratta sono i" Eccletia
Ursiana, eretta poco dopo il 400, ora tutta rimodernata (cattedrale); Ecclesia Petriana, distrutta da
nn tremoto nel vili secolo; San Lorenzo in Cesarea, edificata da Laurizio cameriere di Onorio, distrutta
nel 1535; batlistero della cattedrale , dovuto a Neo vescovo (.'(2o-30), fabbrica delle piìi rimarchevoli di
Ravenna; battistero della Petriana , dislrutto; basilica di San Giovnnni Evangelista, costruita da Galla
Placidia; basilica Sanclcf Crucis della medesima, distrutta; cappella de' Santi Nazario e Celso, di Galla
Placidia ; San Giovanni Battista , rimodernata ; Sant'Agnese, distrutta; Sant'Agata, rimodernata ; San
Pietro, ora San Francesco; cappella nel palazzo arcivescovile. 2" Epoca di 'l'eodorico; Santa Maria in
Cosmediu, già battistero ariano; San Teodoro; San Martino in fCP?o aitceo, ossia Sant'Apollinare nuovo •
palazzo di Teodorico e mausoleo del medesimo: portico della piazza maggiore. 3'' Costruzioni posteriore
sino alla morte di Agnello arcivescovo (366): Santa Maria Maggiore, rimodernata nel xvi secolo; San
Michele in Affricisco, consecrata nel 545, quasi distrutta; San Vitale; Sant'Apollinare in Classe, conse-
crata nel 549; Sant'Andrea e Santo Stefano. 4" L'itimo periodo , sino al 900; San Severo in Classe,
distrutta al principio del corrente secolo; monastero di Sant'Apollinare, e abbellimenti delle parti interne
della basilica fatti nel 642-77; devastazioni posteriori di Classe, e risarcimenti sotto Leone III; poi, per
le incursioni de' Saracini, si portò in città il corpo di sant'Apollinare.
L. ViARDOT, Les musées d'Italie. 1842.
Engelhardt, Inslrucdon fùr junge Archileklen su Reisen in Ilalien. Berlino -18.38.
Ampère, La Grece, Rome et Dante, ove si cercano ne' varj paesi le traccie de' poeti.
Cai'SEI de La CuAtssE, Romannm musa;um. Roma 4743, 2 voi.
G. BOTTARI, iVus(Vum Capitolinum. Ivi 1750-83, 4 voi.
E>MO Quirino Visco>ti, Il museo Pio-Clemenlinu descritto. Ivi 1782, 7 voi. in-fol.
F. A. Visconti e G. A Glattani, // museo Pio-Chiaramonli. ^808.
FoGGiM, Sluseo Capitolino-
Sante-Bartoli, Musceum Odescalcum. Roma 1747, 2 voi.
Cavaceppi, Raccolta d'antiche statue, busti, bassorilievi ed altre sculture restaurate. Ivi 1768-72.
Ilariojìe Spitalieri di Cessole, Sul monumento de' trofei d'Augusto di Torbia e della via Giulia
Augusta. Nelle Memorie dell'Accademia di Torino, tom. V, serie 2".
Venuti e Amadl'zzi, Monumenta Mathceiana. 1779, 3 voi.
Gorii, Musoeum Etruscum. Firenze 1737, 3 voi.
— JUuswum antiquorum monum. etrusc. e volaterranis hypogeis erulatum.^ cum observationibut.
Ivi 1744
— Musaeum Florentinum. Ivi 1731, 12 voi.
F. Valesio, Muswum Cortonense.
David, Musoeum de Florence, grave. Parigi -1787.
Ve.mjtio, Velerà monumenta quoe in horlis cailimonlanis adservanlur. Roma 1779, 3 voi.
Fr. Daniele, Alcuni monumenti del museo Caraffa descrilli. Napoli -1778.
Monumenta grceca ex muscco J. IS'anii. Roma 1783.
Id. romana id. Ivi 1787.
Cavedoni, Indicazione antiquaria pel R. museo Estense del Calajo. Modena -1842.
Flrlanetto, Museo d'Este.
Museo Bresciano illustralo. Brescia -1843.
Champollion, Lettere sul museo di Torino.
Labus, Descrizione del museo Mantovano.
Desjabdins, /'e Tabulis alimentariis. Parigi -1854.
Martini, Scritti di storia e d'archeologia. Trento 1853.
Kandler, Indicazioni per riconoscere le cose sloriche del Litorale. Trieste 1855.
Vincenzo de Vitt, Illustrazione delle lapidi romane del Polesine. Rovigo 1836.
311. — Antichità in Francia.
La Francia ha monumenti celtici, e monumenti romani indigeni ed importati.
Le opere celtiche consistono in tumuli, circoli druidici (cromleck), altari (dolmen),
come questo di Trie (pag. seg. n" 1), e quest'altro più regolare di Saint-Nazaire (n' 2).
Talvolta non sono che metà, come quello di Kerdaniel (n" 3), od obelischi [peulvanj^
4t6 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
fcome (Juello della montagna della Giustizia a Carnac, che diamo qiii contro : o pietre
vacillanti {menhir), tombe (galgal) a pag. 448, che si rinvengono principalmente nella
1 Bretagna, e le più ragguarde-
voli a Carnac presso Quibe-
ron. Ne è carattere la forza
e hanno intenzione jeratica.
Quelli dell'epoca primitiva
non hanno forma alcuna:
viene poi un'età di transi-
zione, quando pigliano una
rozza conformazione uma-
na, come alcune nell'Isola
di Sein e nell'isola Dieu ,
VAn Mamsell nel Morbihan,
e una pietra conica presso
Angers detta Beìion che
rammenta il Belo di Siria.
Nel Morbihan è precisamente
a Loc-Mariaquer trovasi il
dolmen che chiamano Ta-
vola dei mercanti, (vedi la
i^ figura a pag. 448).
Quelle che chiamano pie-
tre vacillanti sono per lo
più un sasso sprofondato in
terra, che serve di base ad
un'altro, il quale vi posa per
una parte stretta e quasi an-
golosa, su cui tiensi in bilico
per modo, che la più piccola
scossa il fa oscillare qualche
tempo. (La 2* figura di pag.
448 è a Perros-Guirec).
Se ne trova in Francia e
in Inghilterra non solo, ma
e in Spagna, in Grecia, in
Fenicia, al nord d'Europa,
nella Cina ecc. Il carattere
non può essere che religio-
so, e ancora il popolo v'af-
figge idee e tradizioni super-
sfiziose; ma nessuno scrit-
tore antico ne fa parola.
Ai monumenti celtici ap-
partengono pure le strade
coperte, che il popolo oggi
chiama grotte delle Fate;
sotterranei di pietre greg-
gie , a secco, in forma di
gallorie abbnsfanze alte.
Monumenti propriamente
gallici è dilTicile vederne, se
non fossero i bassorilievi
scoperti nel coro di Nostra
Donna di Parigi il 16 marzo
1711. Montfaucon e Martin avevano creduto druidiche certe statue del ,tenipio ottagono
MONUBtENTl DRUIDICl
Ul
di Montraorillon nel Poitou, fra cui una donna che allatta due serpenti; ma Millin la
dimostrò dell'xi secolo d. C.
Nei dipartimenti meridionali è abbondanza d'architetture e sculture. Negli altri pure
ve n'ha, ma più rozze. A Ninies è la Casa Quadrata, dedicata ai figli adottivi di Anto-
nino, e serve di museo; inoltre un anfiteatro, e fontane, e un tempio col pavimento di
musaico , e non è molto si scoperse pure un acquedotto, ben conservato. Ne' musei di
Marsiglia, d'Aix, di Tolosa, d'Avignone, di Vienne, d'Autun ripongonsi molte anticaglie.
Ruine a Grenoble, a Lione, a Besanzone, ad Arles, fra cui si scavarono belle tombe del
Basso Impero, e due mirabili teste di Diana e d'Augusto, e un bassorilievo milriaco, il
più importante della Francia. Ad Grange un arco trionfale, un teatro, un anfiteatro.
Cosi altri a Bordeaux, a Soissons, ove si sterrarono molte statue, come a Lillebonne. A
Parigi si conoscono le terme di Giuliano, ove nel 1740 fu scoperto il bassorilievo con
divinità celtiche insieme e greche.
Clébisseac-MénìRD, Bisloire des antiqnilés de la ville de ISimes. Ni'nies ^1829.
Richard et Hocqgabt, Guide du royageur dans la Franre monumentale. Parigi -1827.
JOLLOiS, Mémoire sur les aniiquités romaines et gallo-romaines de Paris ne' Mémoires pré$enié$ par
divers savanls à VÀcadémie royale des inscriplions et belles-lelires. 2» serie, t. i Ivi H843.
Petit-Radel, Les monuments antiques du, musée Napoléon. Ivi -1804 , 4 voi.
La principale descrizione fu fatta da Visconti, David, Croze-Magnan, ^80o-H.
BOLILLON, 31 usée des antiques. Parigi )8H.
Mémoire de la Société des anliquaires de Picardie.
Le collezioni parigine, cominciate al tempo della Rivoluzione, cresciute smisurata-
mente nelle conquiste napoleoniche, anche dopo restituiti molti di que' capolavori, ri-
mangono delle più preziose. Oltre l'antica, fatta coi monumenti sparsi nelle residenze
reali, vi si accumularono molli acquisti latti dai Borghesi e dagli Albani; le antichità
portate di Grecia da Choiseul GoufTier e da viaggiatori posteriori ; una bella statua sco-
perta presso Piombino: il museo Egiziano, formato dalla seconda raccolta di Drovetti,
e il Ninivita che ora si accresce e si studia. Notevoli vi sono la Venere di Milo, la Diana
di Versailles, il Gladiatore borghese. Nove sale distinte conservano i monumenti del
medioevo e del rinascimento. Il Museo di antichità egizie, greche e romane è pure in
nove sale, in cui sono classificate le divinità egizie, le figurine dei re, statuette, sca-
rabei, attrezzi di culto, abiti, giojelli, utensili domestici, papiri, mummie ; poi vasi etra
sebi e soggetti dissotterrati a Pompej ed Ercolano. Le preziosità del Gabinetto delle me-
daglie vanno crescendo ogni giorno, e ultimamente per le medaglie battriane e indiane
inedite : fu esso cominciato da Enrico IVj nel 1831 venne derubato dei medaglioni d'oro
448
ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
imperiali che erano unici, e d'altre flnezze
d'oro, che in parte vennero ripescate dalla
Senna maitre perdite fece nel 1848-, ora
non contiene meno di cenventimiia pezzi.
11 solo Museo Campana, comprato da
Napoleone li! recò 4500 vasi etruschi al
museo di Parigi mentre sol 5500 ne hanno
i musei uniti di Berlino e Monaco; inol-
tre i20O numeri di orerie e minuterie,
46 affreschi, 200 avorj, 600 sculture di
marmo, 5000 terre cotte. Oltre questo, nel
Museo Napoleone si raccolsero i calchi
delia colonna Trajana, una scelta di sta-
tue greche in plastica, e una serie di
frammenti e disegni di monumenti rac-
colti dai signori Heuzey. Perrot , Zean
nelle loro missioni scentifiche, in Epiro,
nell'Asia Minore, in Siria: a Saint Ger-
main nel 1862 si aprì un museo di an-
tichità celtiche e galliche.
Delle collezioni particolari non si può
tener conto, perchè più facilmente che in
Italia ctmgiun di mano.
Anche le altre città e provincie di
Francia han monumenti e raccolte, e quasi
tutte ebbero illustrazioni particolari. Dopo
il 1806 si formò un museo a Lione, or
ricco assai. I giornali di cui strabbonda
quel paese, e le società archeologiche li
fan noti a tutto il mondo.
ALPfi0^SE DB BoissiEU, Inscriptions antiquei de
Lyon, reproduites d'après les monumenls.
•J840.
CocnET, La Normandie souterraine ; sépultu
res guuloises, romaines, franques et norman-
des. -1857.
Stabk Bernardo, Viaggio archeologico in Fran-
eia. Heidelberg -t8o4.
ESCURSIONE IN ISPAG.W E IN INGHILTERRA Ai^
§ 312. — Antichità in Ispagna,
In Ispagoa s'incontrano tuttora maestosi avanzi romani, che fanno singolare contrasto
colla bizzarra architettura moresca. Certo devono esservi pure monumenti fenicj o pe-
lasgici, né quella penisola fu bastantemente esplorata. Mura ciclopiche si vedono a Tar-
ragona ; aSagunto un teatro e un circo; altri resti a Barcellona, Valenza, Segovia, Ta-
lavera la Vecchia, Alcantara, Merida, Lisbona. A Sant'ldelfonso e nei giardini d'Aran-
juez è una raccolta d'antichità, oltre le gemme che furono del museo Odcscalchi.
Sba Bebml'des, Sumario de las anliquedades romanas que hay en Espana^ en special las perline-
eienles a las bellas arie». Madrid 1832.
§ 313. — Antichità in Inghilterra.
Degli edilìzj celtici accennati oell'Armorica, molti possiede anche l'Inghilterra, mas-
sime il paese di Galles, mirabili per la forza che richiedeva il porre quegli enormi massi
ritti in vastissimi circoli, e talora uno in bilico sopra l'altro. I Romani poco vi stettero,
eppure vi lasciarono molte vestigia della loro civiltà; e resti di tempj, anfiteatri, terme,
fortezze, vie, tombe, pavimenti a musaico si trovano a Richbourough, a Breachy Head,
a Bath, a Horkston, a Worcester, altrove.
Il museo Britannico è collezione di supremo rilievo massime per opere elleniche,
portate dalla Grecia e dall'Italia : fu esso formato da un'antica raccolta di Hans di Sloa-
ne, poi da quella che Hamilton avea fatta nell'Italia meridionale: le [opere che i Fran-
cesi avean levato dall'Egitto nel 1799, furono quasi tutte prese e portate in quel museo.
Seguirono le sculture in marmo e in terre cotte di Townley, la collezione di lord El-
gin, i bassorilievi di Fingalia, i vasi etruschi di Canino...
Solo nellSOO si cominciò a Londra un gabinetto pubblico di medaglie, che dopo il
181-i crebbe con lasciti ed ac(]uisti: poi PayneKnight gli lasciò, nel 182i, la sua colle-
zione di vasi, bronzi, pietre, e quella di monete greche di popoli e re, superiore a quante
si conoscono, eccetto la nazionale di Parigi e la stujienda dell' Hunter.
inoltre a Oxford, museo fondato nel 1G79 da Elia Ashmole , si trovano i famosi marmi
di Arundel, e varie antichità del paese; ma quell'università troppo neglesse il suo te-
soro numismatico. Possedono altre raccolte la banca nazionale, il duca di Devonshire,i
signori Pembroke, Thomas, Hawkins, Hamilton, il colonnello Leake, Egremont, Bur-
gon, Blundell, 'VVorsley, Guilford, Ilope, Landsdow, Bedford, Northwick ed altri. L'a-
mor del paese, che è elevato a supremo grado dai Britanni, fa che dai loro viaggi tutti
rechino qualche cosa per arricchir le raccolte. Talvolta presso private istituzioni si rin-
vengono tesori, ignorati dal pubblico scientifico,
Van Rvmsdyk's, Musceum Brilannicum. Londra 1778.
Gallery of anliquities, selecled from the brilish Museum 6y Ahundale and Bo>0.>i.
Description of lhe]colleciion of ancienl marbles of the brilish Museum, wilhjngravings . iNella vi parte
pubblicata il -1820, sono descritti i luurmi del Purteuooe.
^umi veteres civitatum, retjum eie. tondini in musoeo R. Payne Kniyhl's astervali. Loodra 1830.
Musceum fForsleyanum. Ivi 1795.
Alexander, Egyplians monuments preserved in Ihe brilish\Museum Ivi I80b.
Monumenls anliques inédits^ tirés du cabinet de M. Tawnley.
§ 314, — Antichità in Germania.
In Germania il suolo offre pochi resti di antichità"; nelle proviocie del Danubio e
negli Agri decumates trovansi orme di civiltà romana, ma di scarsa importanza. Anche
nel Lussemburgo occorrono tombe gallo-romane.
Dresda fu lungamente il centro degli studj ^archeologici. Il fondo del suo museo
proviene dalla collezione Chigi, comprata nel 172S,,'poi dalla Albani e dalle statue tro-
vate adErcolano che possedeva il principe Eugenio^di Savoja.'Ne venne una bellissima
serie storica di statue, aumentata dappoi.
A Vienna il ricco gabinetto imperiale va ognidì aumentandosi con quel che si trova
Cantù, Documenti. — Tomo 1, Archeologia e Belle Arti 29
4?50 ARCHEOLOGIA E BELLE ARTI
sopra tanta e sì varia estensione d'impero. Moltissimi sono i bronzi, molli anche i vasi
dipinti; ma la sua particolarità consiste ne' cammei e nelle pietre incise. Le medaglie
furono illustrate da Eckhel. Per comodo del pubblico è esposta in bacheche una serie
di medaglie, che offrono la'storia di quest'arte e le sue varietà : pensiero imitabile. Ne
fu compilato il catalogo da Aroeth. Vanno pure rammentati il museo nazionale di Pest,
quel che si pensa formare a Klausemburgo, e le collezioni di Esterhazy e Viczay. Le
antichità romane della Svevia furono illustrate da Scha?pflin, Sattler, Hanselmann'.
11 museo di Monaco è nuovo, ma già importantissimo per le statue scavate il 1811 ad
Egina, e quelle delle ville Barberini e Albani; come pure, per opere etrusche ed egizie,
un'insigne gliptoteca, e da duemila stoviglie, coi celebri vasi di Canosa della signora
Murat, di Agrigento della raccolta Pannetieri, volcenti della Candelori, ed altri ateniesi.
Non va taciuta la Raccolta etnografica, dove le rarità sono distribuite secondo il paese,
con molta dovizia di antichità classiche, e con imitazione delle principali rovine. La
gliptoteca è disposta'giusta i^ progressi dell'arte, della quale si può seguire passo passo
la storia.
Le antichità elvetiche sono studiate principalmente a Zurigo,
A Berlino il museo Rea'e cresce col riunirvi molte collezioni particolari e con com-
pere. Ivi le antichità del tesoro palatino, illustrato da Beger, le gemme di Stosch, la
raccolta di vasi di Roller, il museo Bartoldiano, e una preziosa collezione di arti
egizie fatta dal generale Minutoli e da Passalacqua. Altre se ne trovano a Cassel, e Stutt-
gard, a Brunswick, a Gotha, nel ducato di Nassau, lungo tutto il Reno, altrove: a
Magonza cresce il museo centrale di antichità romano germaniche. E poi uso in [Ger-
mania d'incastrar nelle pareti di fabbriche e massime di chiese le lapidi e i monumenti
che vengono in luce.
L'Olanda ha alcune raccolte, massime il gabinetto di medaglie e pietre incise all'Aja,
di cilindri e pietre persepolitane e babilonesi, e d'idoli e anticaglie indiane. 11 museo
di Leida vanta le antich'tà di Papenbroeck, e quelle recate di Grecia da Rotiers, e d'Africa
da Himibert. Il Belgio ha poche cose.
Al Nord si cercano ora vestigia della prisca civiltà teutonica o slava. Però la colle-
zione reale di Svezia merita considerazione, e così quelle di Copenaghen, di Dorpat, e
il gabinetto imperiale di Pietroburgo. A Cristianburg in Danimarca sono mollissime
sale di antichità nordiche.
Antichità nordiche, intorno alle quali sono principalmente a veder le opere di Wer-
lauff; il Museo di Copenaghen ordinato da Thomsen , quello di Flensborg , di Odense,
di Aarhuus, di Sora^e. Il re Federico VII amatore intelligente crebbe le raccolte, e in-
coraggiò la Società degli Antiquarj, fondata da Rafu nel 1825.
La Russia non sta indietro de' paesi più colti nel cercare e raccoglier monumenti.
Fece ultimare, scandagliare il distretto di Eknterinoslav sulla penisola di Fanagoria, e i
contorni della città di Kertcb, e ne' tumuli cercar le vestigia dell'arcana civiltà degli
.Sciti ; ma come commissione archeologica pubblica le successive scoperte a Pietroburgo,
e il museo di questa capitale gareggia coi principali, niass'me dacché si arricchì dei
migliori capi del museo Campana. Negli ultimi fascicoli delle pubblicazioni di quella
commissione (1860 62) compajono molte iscrizioni greche trovate in Fanagoria col
nome della regina Dinamis.
In Serbia risconfransi molte traccie della dominazione romana, e ultimamente si
accertò a Iglitza il posto dell'antica città di Trosmis sul Danubio. A Belgrado si comin-
ciò un museo.
Nella biblioteca del re a Parigi trovasi la descrizione del gabinetto d'antichità di un
imperatore cinese, in molti volumi con tavole: ed è una mescolanza di rarità d'ogni
genere, come solcano essere i gabinetti nostri d'alquanti anni fa.
OnEHLiN, Mdfcum Schopflini. Ai-f;rn(ornti I78S.
Il Museo di lìerliìw, illustrato da Lpvpzow, Toikon. Gorliaid ed altii.
Klemm, Ilandburh der german. Àltertfiumsicunde.
II. Hàse, Verzeichniss der alien und neuen Bildwerlie und ilhriycn .iUenlhilmrr in di'ti SUlen der
kyl. Antikensnmmìung tu Dresden. 4-^ ediz. Dresda <836,
FOBTOi'L, Sui marmi d'Eqinn.
CONCLUSIONE *31
Bbceer, Dresdens antike Denkmilhler.
— Auguiléum ou detcription det monuments aniiques de Dretde. Lipsia i804, 3 voi. in-fol.
Catìcski, 7/er ad PannonicB ripam.
Lucisburgensia, $ke Luxemburgum romanum eie. ilhislr. a P. Alexandro ff^iUemio eie. Lussem-
burgo <842.
Steiner, Codex inscriplionum Rheni. Darmstadt 1837. Sono cento iscrizioni delle duo antiche provine le
della Germania superiore ed inferiore: ottanta portano data consolare.
Die Àìlerthiìmer unserer heidnischen Vorzeil, herausgegebcnvon dem runnsch-fjermanitchen Cenimi
museum in Mainz, durch L. Linden Schmil. Magonza I8GI.
Raiser, Anliquarische Reise von Augusta nach Viaca. Augusta 1829; e altri lavori di Bucliner, Crcuzcr,
Schmidt, Zwiner.
Allerlhilmer in der Oeslerreichischen Monarchie. Raccolte neyli Annali di Vienna del 1829 o scgg. da
Steinbiichel.
Annalen f'iir Nassauische Alterlhumskunde.
BONSTETTEN, Recueil d'anliquilés suisses, in-fol., con 28 tavole. Berna Ì8b5.
C. noLMBOE, De prisca re monetaria Norvegioe, et de nummis tiliquot et ornamentis in Norvegia rt-
perli$. Cristiania 1834.
MOMMSEiv, Inscriptiones confwderationis Helveticae latinoi ^ Jussu Socie(ati$ antiquariorum luricen-
sium. Zurigo -1854. Sono trecentrentotto.
— Epigraphische Analecten 1830 e segg.
Lerscu, Centralmuseum rheinlcindischer Inschriften. Boun 1839.
Steiner, Codex inscriplionum romanarum Danuhii et Rheni. Selingstadt 1831 .
Von Hefner, Das romische Bajern in seinen schrift, und Bildemalen. Monaco 1852.
Gaisberger, Romische Inschriften im Lande ob der Ens. Linz 4553.
Klein e Becher, Inscriptiones lalinw in lerris nassoriensibus repertw. Wisbaden 1853.
Altri ci vennero nominali a luoghi speciali. Aggiungansi le descrizioni che continuamente si pubblicano o
ristampano, come del Musco reale del Louvre nel 1830; degli Antichi mrnumenti di Dresda nel 1835;
di Monaco nel 1833; del Museo Britannico nel 1822.
Carlaugnsto Bòttiger cominciava il suo insegnamento d'archeologia da una rassegna de' principali musei
d'Italia, Francia, Inghilterra e d'altrove; Ueber Museen Antikensarnmlungen. 1808.
Werlalff, due dissertazioni stampate nel 1807 e 1833. Copenaghen. Sull'archeologia settentrionale.
Guida d'' Archeologia settentrionale (in scandinavo, Copenaghen 1839, tradotto io ted. e iogl.
Slesvigske Provindsialefterretninger.i rivista che stampasi a Frensborg.
J. J. A. WonSAAE, // passato della Danimarca rischiarato dalle antichità e tombe. Copenaghen 181".
— Antichità settentrionali del R. Museo di Copenaghen, 1859, con 700 disegni in -8" gr.
e altre opere.
J. B. SORTERUP, Occhiata sui vasi e le urne del Nord dell'età pagana, nell'annata 1844-43 degli An-
naler for nordisk Oldkyndighed.
$ 31 S. — Conclusione.
Vagliano le poche nozioni raccolte in questo volume ad invogliare a studj sull'anti-
chità; utili allo spirito per estenderne la veduta; utili al cuore, allorché dalle tempeste
ha bisogno di riposarsi in pacale contemplazioni; utili al progresso, il quale non sarà
mai verace e durevole se non si appoggi sovra il passato. Nessuno che ci abbia letti
può noverarci fra coloro che, invece di camminar dirittti all'avvenire, torconsi sgarba-
tamente per riguardare indietro ; né col raccomandare lo studio degli antichi temiamo
nuocere all'originalità, persuasi della verità di ciò che Michelangelo diceva : — Chi non
sa far da sé, non può servirsi bene delle cose altrui». Le produzioni d'un'arte si
gustano meglio quando si è iniziati ai segreti di essa ; e il savio critico dee aver raf-
finato il gusto collo studio dei classici, colla lunga pratica, col senno di collocare ogni
cosa al tempo e al luogo lor proprio. Giacché, per giudicare di un'opera d'arte, biso-
gna averne vedute molte 5 per giudicare un'artista, bisogna conoscere il secolo di lui e
la storia del suo paese.
FINE dell'archeologia.
INDICE
AL Lettore pug.
\. Definizioni jing.
2. I monumenti
5. Come questi ci sono arrivati .
A. De' raonuraonti orali e scritti
5. Archeologia artistica, e differenza
deH'archeologiaj dall'antiquaria,
dalla filologia
C. Dall'erudizione, dalla storia, dalle
belle arti, e dalla storia propria
7. Meriti dell'archeologia . .
8. Grado suo di certezza ....
9. Difficoltà d'interpretare i mona-
menti »
Introduzione.
5
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ivi
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Storia dell'archeologia presso gli
antichi pag. 9
Come fu studiata al risorgimento n -IO
Essa migliora nel secolo passato » i2
e pivi nel nostro, per tre fatti . » -14
Metodo, ardimento e moderazione
d'essa » 16
Su quali popoli essa si ferma.
Libri da consultarsi .... » -JT
Trattati d'archeologia .... » 2-1
Giornali » 22
Metodi che l'archeologia può seguire i> ivi
Dittribuziooc del pretente trattato « 23
CAPO 1.
Dell'arte in generale.
20.
21.
Analisi dell'idea dell'arte. .
Leggi generali dell'arte . . .
Del bello
n
»
11
n
11
1)
II
»
24
ivi
25
26
27
ivi
28
ivi
ivi
29
tr»
ivi
31
52
t'it
33
34
iri
38.
59.
23.
24.
Distinzioni del bello. Estetica
Suoi estremi, il sublime e il gra
zioso
40.
25.
?0
L'imitazione e l'ideale
Scopo dell'arte .
41.
42.
27.
Unità e convenienza
Carattere .
43.
f^
Gusto
44.
"0
31.
32.
33.
34.
Divisioni dell'arte .
L'espressione nell'arte
Rivelazione storica dell
Gusto individuale e
arte .
nazionale
43.
46.
47.
48.
SS.
36
37
Del sentimento religio
sticismo; il simbolo
Genere positivo: tipi
Importanza dell'ideali
o; il mi
à . .
49.
50.
52.
Come l'ideale s'associa all'iajole
de' varj popoli »
Predominio che oggi lo spirito ac-
quista nell'arte. Storia dell'arte »
Primo periodo delle arti. Costru-
zioni ciclopiche . . » . . 1»
Costruzioni doriche e joniche . . »
Secondo periodo. Stile greco arcaico i>
Terzo periodo. Da Pericle ad
Alessandro »
Quarto periodo. Da Alessandro
alla distruzione di Corinto . . "
Arte fra gli altri popoli. Fenicj.
Ebrei : tempio di Gerusalemme »
— nell'Alta Asia •
— fra gl'Indiani »
— ■ fra i Cinesi »
— fra gli Egiziani »
— in Italia »
— fra i Romani '>
Art« cristiana
34
36
3i>
40
45
47
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48
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54
59
63
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INDICE
CAPO II.
Dell 'architettura ,
53. Indole dell' architettura . . pag. 63 73.
JS4 .^Espressione' sna"sociale ...» C4 74.
55. Lc'modanature » ivi 75.
56. Gli ordini architettonici ...» 65 76.
57. Liberta delle proporzioni ...» 68 77.
58. L'arco rt ivi 78.
59. Gli ornamenti architettonici . . » 69 79.
60. Architettura policromatica . . » 70 80.
61. I materiali delle costruzioni . . » 71 81.
62. I tempj » 72 S2.
63. Gli altari « 77 83.
64. Riti e liturgìa » 78 84.
65. Altri oggetti di culto .... » 79
66. Portici e basiliche » 80 85.
67. Fóri ■> 83 86.
68. Ginnasj e terme » 84 87.
69. Lavori di genio civile. Canali, ac- 88.
quedotti » 87 89.
70. Ponti » 90 90.
71. Porti » 94 91.
72. Agrimensori » 92 92.
Strade pag. 92
Itinerarj » 96
Misure geodetiche e lineari . . » ivi
Campi militari » 103
Città » 404
Palazzi » 407
Ergastoli ivi
Case » ivi
Ville » 413
Giardini »416
Agricoltura » 417
Arredi domestici. Cene romane.
Occupazioni giornaliere , . . » 44 8
Oriuoli. Lusso romano ...» 442
Sepolcri » 4 4r>
— egizj « 4 47
— etruschi » 448
— greci » 450
— romani » 4 54
— di varj altri popoli . . » 454
Monumentionorifici, colonne, archi » 455
CAPO MI.
Della scultura.
93. Materiali della scultura
94. — della fusione.
95. Storia della scultura .
96. Distinzione delle statue
97. I restauri ....
98. I bassorilievi . . •
458 99. Le erme »
460 100. I busti »
IGl 101. Intagli in legno ed avorio . »
4 63 102. I dittici »
ivi 103. Lavori di cera »
164 404. Forma della plastica .... »
464
465
160
467
468
ivi
CAPO IV.
Pittura e disegno.
105. De' colori. Porpora 169 4 13 e 4 14. Soggetti delle arti del dise-
406. Generi di pittura » 474 gno, e composizioni . . . 176 e 179
107. L'encausto 173 115. Vesti e acconciature .... » 182
408. Pittura murale e intavola. . . » 174 116. Animali » 191
109. Pitture antiche avanzate ...» ivi 417. Classificazione de' monumenti fi-
410. Musaico ) 175 gurati « ni
411. Smalto » 476 118. Prezzo de' capi d'arte . ...» 192
442. Del disegno » ivi
CAPO V.
Ceramica e angiografìa.
419. De' Tasi in generale, e loro materia » 493
4 20. Loro varie forme e denominazioni » 4 94
424 . La preziosità de' vasi ignorata per
l'addietro » 197
422. Gli scavi recenti » 198
423. Tecnica da' vasi » 200
424. Loro forme » ivi
125. Pitture » 201
426. Iscrizioni » 201
427. Classificazione secondo i soggetti. i> ivi
128. — secondo il pae.se . » 202
129. — secondo l'età . . » 203
130. Loro uso » ivi
131. Kestauri e conservazione ...» 204
132. Vasi d'altro materie » ivi
INDICE
4S5
CAPO VI.
Gliptìca e orefìoerìa.
206
133. Definizione pag. 206 ^44.
134. Materie intagliate » «ri 145.
433. Modo di lavorarle » 207 -146.
136. lutagli e cammei » tri 447.
137. Altre distinzioni delle pietre incise » «ri -148.
138. Utilità della gliplica 208 159.
159. Gemme ebraiche, egizie, fenicie,
scarabei, cilindri » ni 130.
4 40. Gemme greche « 209 131.
141. — italiote » iti 152.
142. — romane e del Basso Impero 11 210 153.
143. — del medioevo e moderne » 211
Collezioni pag. 214
Contraffazioni » 212
Uso delle gpmrae. Amuleti . . » iti
Le abraie » 213
Anelli I) 2)4
Oreficerie. Mondo muliebre. Ad-
dobbatojo d'una dama romana . » 213
Corone » 220
Toreutica .... . . » 224
Damaschinatura, agemina, nielli. » ivi
Specchi, scudi » 225
Paleografia
^ 135. Definizione e ufGzj dell'epigrafia .
453. Utilità delle iscrizioni ....
156. Antichissimo loro uso, e materia
437. Paleografia. Conoscenza delle
lettere
158. Origine della scrittura ....
439. Scrittura egiziana
460. — aramea
161. — arabica
162. — sanscrita
163. — babilonica ....
164. — greca
163. — romana
166. Alfabeti italioti
167. — barbari
168. Scrittura cinese
t()9. Direzione delle scritture .
170. Forma delle iscrizioni, e ortografia
171. Dell'età loro
172. Iscrizioni di collegi . .
173. Epigrafìa. Principali iscrizioni .
(74. Classificazione delle epigrafi .
175. Iscrizioni religiose. I nomi e le
famiglie romane
176. Calendari
177. Iscrizioni di collegi ....
178. — storiche. ...
179. — onorarie
180. — monumentali
184. — giuridiche. Congedi
482. — mortuarie ....
183. Diritti del sepolcro. Imprecazioni
184. Riti sepolcrali
183. Miscellanee
CAPO VII.
, epigrafìa e diplomatica.
» 226 186. Iscrizioni parietnrie . . . . » 277
n ivi 487. Tessere n 280
» 227 188. Iscrizioni metriche » 281
489. Scorrezione. I lapidar] ...» »c»
i> ivi 190. Bizzarrie » 282
Il ii'i 191. Raciolte » ivi
» 228 192. Iscrizioni false b 285
» 255 193. DtjoZymaHca. Definizione e scopo » iti
« 233 494. Storia di quest'arte .... » 286
« ivi 195. Utilità sua » ivi
» 256 196. Materia su cui "si scrive. Papiro . » ivi
» 237 197. Pergamena » 290
» 238 198. Carta » ili
» 259 199. Stroraenti a scrivere . ...» 2^4
» 245 200. Libri pugillari » 292
» iti 201. Rotoli e codici » tri
» 256 202. Valore della carta » 293
n iti 203. Commercio librario a Roma . . » ivi
« 247 204. Palimsesti » 29 5
» 2 58 205. Caratteri » iti
« ivi 206. Criptoyrafia ..-....» 296
» 259 207. Le note » iti
208. Aifabeli nuovi » ifi
» ili 209. In che lingu.i sono scritti i diplomi n 297
1) 258 210. Patenti, o diplomi proprj ...» iti
» 259 2H. Formole .298
» 261 212. Bolle papali » 299
» 263 213. Le date » 3»!
» 266 214. I sigilli » ivi
» 267 215. Carle pagensi o private ...» 303
« 270 216. Archivj » 504
" 271 217. Classazione delle carte ...» iti
" 273 218. Carte false » «c«
» 276
g 219. Monete. Varj nomi »
220. Stu<lj necessarj al numismatico «
221. Utilità della numismatica . . . n
222. Quali cose si considerano in ogni
moneta »
CAPO Vili.
Numismatica.
506 223. Di che metallo siano le monde . »
) ivi 224. Se la materia indichi ricchezza . »
I ivi 225. Come si coniavano »
226. Modulo »
507 227. Il conlorno »
•ti
508
ili
309
910
i(45b
INDICE
228.
229,
230.
234.
232.
233.
234.
200.
236.
237
238.
239.
240.
244.
242.
243.
Il dirìtlo pag.
Il rovescio »
I tipi "
Del blasone »
La leggenda »
II campo »
L'esergo »
Monogrammi. Zecchieri ...»
L'età »
Il valore, e rapporti co' moderni »
Varietà di denoroinazioiie ...»
Deoominazioai scientifiche . . »
Contoraiatl, e pseudo-monete . »
Monete autonome n
Monete officiose ><
— regie ... . . »
510
244.
ivi
245
ivi
246
314
247
320
248
521
259
ivi
ivi
250
322
251
ivi
252
526
253
327
254
328
255
te»
256
329
257
ti»
Clastilìcaziuae delle monete . pog. 330
Monete libbrali » ivi
Monete di famiglia; loro iscrizione» 331
Tipi delle monete di famiglia . » 332
Monete imperiali » 334
Monete non romane. Tavola geo-
grafica 1) 337
Spiegazione d'alcune classi . . » 359
Loro tipi » 544
Monde sbagliate » ivi
Donde si cavino le monete . . » 345
Rarità » 346
Medaglie false » 347
Storia della numismatica ...» ttt
Collezioni » 349
CAPO IX.
Feste e spettacoli
g 258. Origine delle feste » 350 271,
259. Feste ebraiche ivi 272
260. Grandi giuochi greci . ...» 551 273
261. Altre feste greche » 553 274
262. Giuochi romani » 355 275
263. Pompe. L'apoteosi » 357 276
264. Stadj de' Greci » 358 277
265. Circo de' Romani » ivi 278
266. <iiuochi circensi » S59 279
267. Naumachie » 360 280
268. Anfiteatri iti 281
269. Gladiatori >> 563 282
270. Altri giuochi » iti
Spese » 564
La danza » ivi
Giuochi domestici » 366
1 pasti » 567
Strumenti musicali » 372
Musica greca « 375
— romana » 377
— cristiana » 378
I teatri » 379
Ruppresentazioni sceniche ...» 382
Maschere » 383
Strane particolarità dtl teatro . « 384
CAPO X.
Le arti cristiane.
I 283. Il cristianesimo dovette motare es- 292.
seuzialmente le arti . . . . u 386 293.
284. Scrittori d'arti cristiane ...» ivi 294.
285. Le catacombe: se d'origine pagana » 388 295.
286. Loro descrizione » ivi 296.
287. Pitture 390 297.
288. Iconografia cristiana 391 298.
289. Simboli » 394 299.
290. — del medioevo . . . . n 395 300.
294, Le sepolture » ivi 301.
Scultura, toreutica, gliptica . » 396
Anelli «39?
Altri arredi sacri tei
Vesti I) 399
Iscrizioni cristiane » 400
.Numismatica cristiana .... » 403
Architettura v 404
Battisteri 407
Architettura bisaulina^e gotica • ivi
Utile dell'archeologia cristiana » 409
CAPO XI.
Escursione antiquaria.
302. Raccolte e musei 410 300. Paralleli
303. Atene » 411 340. Antichità in Italia , .
304. Sparta *4I7 311. — in Francia
305. Olimpia » 448 312. — in Ispagna
506. Antichità in Grecia » 421 513. — in Inghilterra
.507. — in Asia » 422 344. — in Germania
308. — in Africa. Egitto . . » 427 315. Conclusione . . . .
431
434
445
449
ivi
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Fine,
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Cantù , C .
Storia universale,
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