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Full text of "Storia universale"

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IN  OUR  LIBRARY 

THROUGHTHE 

GENEROUS 

CONTRIBUTIONS  OF 

ST.  MICHAEL' S  ALUMNI 

TOTHEVARSITY 

FUND 


DOCUMENTI 


ALLA 


STORIA  UNIVERSALE 


DI 


CESARE  CANTU 


NONA  EDIZIONE  TORINESE 

RIVEDUTA   dall'autore 


TOMO  PRIMO 


DOCUMENTI 


ALLA 


STORIA  UNIVERSALE 


m 


CESARE  CANTU 


TOMO   PRIMO 
Croflologia.  Geografia  Politica.  Archeologia. 


TORINO 

UNIONE  TIPOGRAFICO-EDITRICE 
1862 


CRONOLOGIA 


LETTORE  CORTESE 


Giustamente  hanno  chiamato  occhi  della  storia  la  Cronologia  e  la  Geogra6a. 
Quella,  coH'assegnare  i  tempi,  dà  agli  avvenimenti  l'ordine  da  cui  traggono  spesso 
il  significato,  sempre  l'esattezza  :  questa,  descriveDdo  la  terra,  mostra  il  teatro  di 
essi  avvenimenti,  e  non  di  rado  li  spiega. 

Noi  pertanto  cominciamo  col  soggiungere  alla  nostra  Storia  Universale 
questo  trattato  di  Cronologia.  Perchè  abbracciasse  le  teoriche  e  l'applicazione,  lo 
dividemmo  in  due  parli:  nella  prima  inseriamo  le  notizie  indispensabili  all'inlen- 
diraento  della  storia,  e  sobrie  discussioni  sulle  epoche  piìi  importanti  e  sui  ponti 
controversi,  procurando  non  tralasciare  cosa  che  l'esperienza  ci  abbia  mostrata 
opportuna  a  chi .  senza  fare  special  sua  occupazione  l'esame  dei  tempi  e  delle 
date,  voglia  però  nella  storia  procedere  sempre  dai  nolo  all'ignoto. 

La  seconda  parte  è  composta  di  tavole  e  serie  cronologiche,  le  quali  c'inge- 
gnammo avessero  e  l'opportunità  e  quell'esattezza,  che  è  primo  merito  di  sifalti 
lavori,  ma  che  non  può  mai  essere  assoluta. 

Ldiamo  da  molle  parti  dire  che  l'opera  nostra  è  grande,  è  troppa  per  un  uomo. 
Ebbene,  avremo  da  discendere  a  scolpare  il  coraggio,  qualità  oggi  sì  rara?  non 
avremmo  dovuto  invece  aspettarci  almeno  lode  di  questo?  non  gli  ajuli  de' va- 
lentuomini che  invocammo?  non  la  tolleranza  di  chi,  conoscendo  le  difficoltà  e 
l'immensa  estensione,  comprende  che  il  fallare  è  inevitabile,  e  mera  giustizia  il 
compatire?  Nulla  avemmo  di  ciò:  ma  tu,  lettore,  scarco  delle  basse  passioni 
letterarie  e  delle  minute  invidie  patrie,  tu  favorisci  all'impresa  tanto  più  quanl'essa 
è  più  ardita:  e  alle  opposizioni  che  pur  troppo  udrai  fare  sull'ardimento  del  nostro 
tentativo,  rispondi,  te  ne  prego:  Le  (franai  opere  si  compiono  meno  colla  forza 
che  colla  perseveranza. 

C.  Cantò. 


MB.  Nella  presente  edizione  si  portarono  le  notizie  e  le  date  fin  all'anno  1862. 


NOTIZIE  CRONOLOGICHE 


PiiRTE  TECNICA 


§  i.  —  Divisione  del  tempo. 

Cronologia  (da  xpó-^oi  iempo,  e  ^670^  discorso)  vuol  dire  scienza  de'  tempi. 

Come  la  Geografìa  divenne  scienza  esalta  colTattaccarsi  al  sistema  dell'universo, 
anche  la  conoscenza  de' tempi  si  appoggia  allo  studio  astronomico;  attesoché  il  moto 
uniforme  degli  astri  servi  di  misura  al  tempo,  come  il  tempo  di  misura  al  moto. 

Le  divisioni  del  tempo  altre  sono  naturali^  altre  artifiziali.  Naturali  sono  quelle  del 
giorno,  del  mese,  dell'anno,  dedotte  da  fenomeni  celesti;  artifiziali  quelle  di  minuti, 
ore,  settimane,  lustri,  secoli,  cicli,  periodi,  epoche  e  simili. 

§  2.  —  Giorno. 

11  tempo  (dice  l'astronomo  Laplace)  è  l'impressione  che  nella  memoria  ci  è  lasciata 
da  un  seguito  d'avvenimenti,  di  cui  siamo  certi  che  l'esistenza  fu  successiva.  Il  moto 
è  proprio  a  servirgli  di  misura  ;  giacché  un  corpo,  non  potendo  essere  contemporanea- 
mente in  molti  luoghi,  non  arriva  da  un  punto  all'altro  se  nun  passando  successivamente 
per  tutti  i  luoghi  intermedj.  Se  a  ciascun  punto  della  linea  che  descrive,  esso  è  animato 
della  forza  medesima,  il  suo  movimento  e  uniforme;  e  le  parti  di  questa  linea  possono 
misurare  il  tempo  impiegato  a  percorrerla.  Si  convenne  di  adoprare  per  tal  uopo  il 
moto  del  sole,  i  cui  ritorni  al  meridiano  formano  il  giorno. 

Più  esatta  sarebbe  tale  misura  se  ci  potessimo  con  altrettanta  comodità  regolare  sovra 
il  passaggio  di  qualche  altra  stella  al  meridiano  ;  giacché  il  sole  non  è  per  noi  una  stella 
lìssa,  ed  oltre  il  movimento  diurno,  ne  ha  un  altro,  pure  apparente,  pel  quale,  in  365 
giorni,  percorre  tutta  l'ecliltica.  Pertanto  il  giorno  solare,  dedotto  dal  passaggio  del 
sole  al  meridiano,  è  diverso  dal  siderale,  che  corrisponde  ad  una  rivoluzione  del  cielo 
stellato,  0  pili  propriamente  ad  una  rotazione  della  terra  attorno  al  proprio  asse. 

Anzi  i  giorni  solari  non  sono  eguali  tra  loro,  non  essendo  uniforme  in  tutto  l'anno 
il  moto  di  rotazione  della  terra.  Da  sifatta  disuguaglianza  e  dall'obliquità  dell'eclittica 
risulta  la  distinzione  del  tempo  vero  dal  tempo  medio.  11  primo  corrisponde  al  movimento 
diurno  della  terra,  ed  è  indicato  dalle  meridiane:  l'altro  è  quello  de'  movimenti  artifi- 
ziali d'un  oriuoio.  Per  esempio  alla  metà  di  febbrajo  ,  quando  la  meridiana  segna  il 
mezzodì,  il  perfetto  oriuoio  dovrebbe  indicare  12  ore,  14  minuti  e  57  secondi;  mentre 
ai  primi  di  novembre  dovrebbe  segnar  solo  11  ore  e  43  minuti. 

Tali  distinzioni  importano  però  soltanto  agli  astronomi  :  né  per  la  cronologia  positiva 
occorre  tanta  sottigliezza.  Il  giorno  naturale  è  il  tempo  che  il  sole  resta  visibile  ad  un 
emisfero:  il  civile  è  composto  del  di  e  della  notte,  cioè  del  tempo  che  la  terra  impiega 
a  far  un'intiera  rivoluzione  sopra  se  stessa,  e  che  dai  Greci  era  ben  espressa  colla  voce 
notte-giorno  vw-^nf^cpov. 

Conosciamo  quattro  maniere  diverse  di  computare  il  giorno:  1"  la  babilonica,  seguita 
dai  Persi  e  Siri  antichi  e  dai  Greci  moderni  e  nelle  Oaleari,  da  una  mattina  all'altra; 
2°  la  giudaica,  da  un  tramonto  all'altro,  seguita  già  dagli  Ateniesi,  Ebrei,  Germani, 
Galli,  ed  ora  dai  Cinesi  e  da  alcuni  paesi  italiani,  laonde  dicesi  anche  all'italiana.  A 
vespera  usque  ad  vesperam  celebrabitis  sabbata  vestra ,  aveva  ordinato  Dio  agli  Ebrei 
{Lev.  xxiii.  32);  e  la  Chiesa  serba  ancora  questa  regola  per  le  sue  festività  ;  3°  l'arabica 
od  astronomica,  usata  pure  dagli  antichi  Umbri,  da  un  mezzodì  all'altro;  4"  Vegiziana, 


seguila  dagli  Egizj,  dai  Romani  e  dalla  più  parte  degli  Europei,  da  una  mezzanotte 
all'altra. 

Le  ore  nostre  si  dividono  in  antimeridiane  e  pomeridiane.  I  Romani  le  distinguevano 
in  diurne  e  notturne,  talché  variavano  di  lunghezza  secondo  la  stagione,  e  contavano 
ora  prima,  terza,  sesta,  nona,  sera;  poi  vigilia  prima,  terza,  sesta,  nona,  mattina. 

§  3.  —  Settimana. 

Sette  giorni  costituiscono  una  settimana.  In  Omero  e  negli  altri  Greci,  né  negli  scrit- 
tori romani  non  parlasi  della  settimana;  anzi  questi  ultimi  ne  mostrano  aborrimento 
e  disprezzo,  come  da  que'  versi  : 

Nec  te  peregrina' morentur  sabbata  .  .  . 

Culta  palcBStino  septima  festa  viro  .  .  . 
Septima  quaeque  dies  turpi  damnata  veterno  ; 
Tamquam  lassati  mollis  imago  Dei. 
Eppure  questa  divisione  è  tanto  universale,  che  sembra  derivare  da  tradizioni  ante- 
riori alla  separazione  dei  popoli.  Pare  gli  antichi  Cinesi  avessero  una  festa  ebdomadale; 
gl'Indiani  distinguevano  i  giorni  dal  nome  dei  sette  pianeti,  come  credesi  facessero 
anche  gli  Egizj.  I  Cristiani  la  cominciano  colla  domenica,  gli  Ebrei  col  sabbato,  i  Mao- 
mettani col  venerdì.  1  Greci  in  iscambio  conlavano  per  decadi,  come  fanno  pure  i  mo- 
derni Cinesi;  i  Messicani  e  i  popoli  del  Benin  per  semidecadi,  per  novene  i  Peruviani, 
i  Romani  per  ottave;  i  Muischi  d'America  per  tridui,  dieci  dei  quali  formavano  una 
lunazione  chiamata  sana,  cioè  strada  maestra,  in  grazia  d'un  sacrifizio  che,  al  plenilunio, 
si  faceva  s'una  piazza  pubblica  di  ciascun  villaggio,  a  cui  guidava  uno  stradone  (smo)  che 
partiva  dalla  casa  del  capo-tribù. 

g  4.  —  Mese. 

Mese  è  il  tempo,  durante  il  quale  la  luna  ci  presenta  successivamente  tutte  le  sue 
fasi,  e  propriamente  l'intervallo  di  giorni  29,  ore  12,  44  minuti  primi,  e  3  secondi; 
ossia  giorni  29.550S88.  Questo  mese  chiamasi  lunare:  il  mese  solare  poi  è  il  numero 
de' giorni  che  il  sole  sembra  dimorare  in  ciascuno  dei  dodici  segni  dello  zodiaco.  11 
numero  delle  lunazioni  in  un  anno  è  più  di  dodici  e  meno,  di  tredici  ;  talché  l'anno 
non  corrisponde  se  non  con  difficili  frazioni  al  numero  de' mesi.  Giudei,  Latini,  Arabi, 
Greci  ed  anche  i  Romani  fino  a  Giulio  Cesare  usarono  il  mese  lunare- 

JoANNis  Alberti  FArtaicii  Menologium,  sive  libellus  de  mensibus,  centum  circiter  po- 
pulorum  menses  recensens,  atque  inter  se  conferens,  etc.  Amburgo  1712.  A  quest'opera, 
d'erudito  più  che  di  buon  critico,  ricorra  chi  volesse  estesa  cognizione  dei  differenti 
mesi.  Qui  daremo  i  più  celebri,  riferendoli  ai  nostri  : 

Giudei  dopo  la  schiavitù  babilonica,  e  Caldei. 

i.  Nisan  30  giorni  Marzo  e  Aprile. 

2.  Jar  29      »  Aprile  e  Maggio. 

3.  Sivan  ZO      n  Maggio  e  Giugno. 

4.  Thamuz  29      »  Giugno  e  Luglio. 

5.  Av  30      »  Luglio  e  Agosto. 

6.  Elul  29      »  Agosto  e  Settembre. 

7.  Thisri  30      »  Settembre  e  Ottobre. 

8.  Marchesvan  29      «  Ottobre  e  Novembre. 

9.  Chislev  30      »  Novembre  e  dicembre. 
IO.  Tevet  29  •»  Dicembre  e  Gennaio. 
H.  Sevath  30  »  Gennajo  e  Febbrajo. 

12.  Adar'  30      "  Febbrajo  e  Marzo. 

13.  Ve-Adar  29      »  Marzo. 

I  mesi  erano  lunari,  e  l'anno  di  5S4  giorni;  e  per  ridurlo  all'anno  tropico  vi  si  ag- 
giungeva ad  ogni  tre  anni  il  ve-adar  o  secondo  adar.  Cominciavano  l'anno  ecclesiastico 
pai  nisan,  il  civile  dal  thisri:  lo  che  ne  impaccia  assaissimo  la  cronologia.  Somiglia  a 
questo  l'anno  antico  de' Cinesi,  degli  Arabi,  degl'Indiani,  insomma  dell'Asia  orientale. 


•mSIONl  I>EL  TEVPO 

Ateniesi,  calendario  olimpico. 


il 


8.  Gamelion  Dicembre  e  Gcnnnjo. 

9.  Anthesterion  Gennajo  e  Feblìrajo. 

10.  ElMphebolion  Febbrajo  e  Marzo. 

11.  .Vlunychion  Marzo  e  Aprile. 

12.  Thargelion  Aprile  e  M;iggo. 
15.  Scirophorion  Maggio  e  Giugoo. 


i.  Hecatombeon    Giugno  e  Luglio. 

2.  Metageitnion     Luglio  e  Agosto. 

3.  Boedroraion      Agosto  e  Settembre. 

4.  Maemacterion    Settembre  e  Ottobre. 
3.  Pyanepsion(l)  Ottobre  e  Novembre. 

6.  Poseideott         Novembre  e  Dicembre. 

7.  Poseideon  ii      Dicembre,  negli  anni 

embolismici. 

Anch'essi  avevano  mesi  lunari  ed  anno  solare,  onde  tre  volte  ogni  otto  anni  s'inseriva 
il  n  Poseideon-;  e  cominciavano  l'anno  colla  luna  seguente  al  solstizio  d'estate.  Lacede^ 
moni,  Beoti,  e  probabilmente  altri,  davano  nomi  diversi  a  lutti  o  ad  «Icuni  mesi. 

Persiani, 


i.  Phesnardin 

Settembre. 

7.  Mihi- 

Mnrzo. 

2.  Ardebehast 

Ottobre. 

8.  Aban 

Aprile. 

3.  Chordad 

Novembre. 

9.  Ader 

Maggio. 

4.  Tbir 

Dicembre. 

10.  Dbi 

Giugno. 

5.  Mardad 

Gennajo. 

11.  Babman 

Luglio. 

6.  Sciacbiar 

Febbrajo. 

Arm 

eni. 

12.  Asphendai 

Agosto. 

i. 

Navasardi  comincia 

allMl  Agosto. 

7, 

Miehiekì    comincia  al 

7  Febbrajo 

2. 

Huerri               — 

20  Settembre. 

8. 

Arieki               — 

9  Marzo. 

5. 

Sahmi                — 

10  Ottobre. 

9. 

Anki                 — 

8  Aprile. 

4. 

Drè  Thari           — 

9  Novembre. 

10. 

Marìeri             — 

8  Maggio. 

5. 

Khaguets            — 

9  Dicembre. 

il. 

Margats             — 

7  Giugoo. 

6. 

Aracz                 — 

8  Gennajo. 

12. 

Iluetits              — 

7  Luglio. 

Sono  per  entrambi  i  popoli  di  30  giorni  ;  e  aggiungono  5  musteraca  negli  anni  ordi- 
narj,  e  6  ne'  bisestili. 

Russi, 

Col  cristianesimo  e  colle  lettere  ricevettero  dai  Greci  di  Costantinopoli  anche  l'anno 
romano:  lo  cominciavano  a  settembre,  finché  Pietro  il  Grande  introdusse  di  cominciare 
a  gennajo.  Ma  negli  antichi  libri  russi  e  schiavoni  contasi  dal  settembre  e  dalla  crea- 
zione. I  nomi  de' loro  mesi  non  sono  dunque  che  modificazione  dei  nostri. 

1  Tedeschi  invece  vi  danno  nomi  nazionali,  che  un  tempo  èrano 


Winter-manoth 

Hornung-manoth 

Lentzin-manoth 

Oster-manolh 

Winne-manoth 

Brach-manoth 

Ed  ora  sono 
Jiinner. 
Hornung. 
Marz. 


Sciaitra 

Vaisckha 

Gyaictha 

Àsciadha 

Sravana 

Bhadra 


mese  d'inverno. 
i>     di  fango. 
»     di  primavera. 
1      di  pasqua. 
n     d'amore. 
»     di  sole. 


Aprii. 

Mai. 

Brachmonat. 


Hewin-manoth 

Aran-manoth 

Wint-manolh 

VVindume-manoth 

Hrrbist-manoth 

Heilag-raanoth 

Heumonat. 

Auguslmonat. 

Erntmonat. 


mese  di  fieno. 
)'     di  messe. 
i)      di  venti. 
»     di  vendemmi!. 
u     d'autunno. 
))     di  morte. 

Herbstmonat. 
VVintermonat. 
Cbristmonat. 


/ndiatit  (sanscrito) 


Marzo. 

Aprile. 

Maggio. 

Giugno. 

Luglio. 

Agosto. 


Aswìna  Settembre. 

Cartika  Ott(ii)re. 

Margarisca  o  Agrahayana  Novembre. 
Panca  Dicembre. 

Maga  Gennnjo. 

Pblaguna  Febbrajo. 


(1)  Alcuni  cronologi  pongono  il  Pyanepsioo  prima  d«l  Maemacterion. 


i2 


Aotichi, 


Macedoni 

. 

cioè  d'Antiochia, 

Naovi,  0  SiromacedoQJ 

■gamo,  Efeso 

di  Smirne  e 

Tiro 

Comincia  al 

Dius 

Hyperberetseus  di 

30  giorni 

24  Settembre. 

Apellseus 

Dius 

30 

» 

24  Ottobre. 

Audynaeus 

Àpellseus 

31 

» 

23  Novembre 

Peritius 

Audyoaeus 

30 

» 

24  Dicembre. 

Dyslrus 

Peritius 

30 

« 

23  Gennajo. 

Xanthicus 

Dystrus 

31 

» 

22  Febbraio. 

Artemisius 

Xanthicus 

31 

). 

25  Marzo. 

Dsesius 

Artemisius 

30 

« 

2S  Aprile. 

Panemus 

Daesius 

31 

u 

25  Maggio. 

Lous 

Panemus 

30 

>, 

25  Giugno. 

Gorpiaeus 

Lous 

31 

H 

25  Luglio. 

Ilyperberetaeus 

Gorpiaeus 

30 

)) 

25  Agosto. 

1  cronologi  occuparonsi  molto  de'  mesi  macedoni  per  l'importanza  che  hanno  nella 
storia  d'Alessandro,  ma  non  poterono  mettersi  d'accordo. 


btrt. 


Eloul 
Thisri  I 
Thisri  II 
Canun  i 
Canun  ii 
Sebatb 


Settembre. 

Ottobre. 

Novembre. 

Dicembre. 

Gennajo. 

Febbrajo. 


Adar 

Nisan 

Igiar 

Haziran 

Tbamuz 

Ab 


Marzo. 

Aprile. 

Maggio. 

Giugno. 

Luglio. 

Agosto. 


Africani. 


Egizj 
d'Alessandria 


Copti  Abissini 

o  Egizj  cristiani  o  Etiopi  cristiani  Comincia  al 

Thot  Tot  Mascaram  29  Agosto. 

Paophi  Babà  Ticmit  28  Settembre. 

Athyr  Hatur  Hader  28  Ottobre. 

Choiac  Chiahac  Tachsam  27  Novembre. 

Tybi  Tuba  Thir  27  Dicembre. 

Mechir  Amshir  Jacathit  26  Gennajo. 

Pbamenoth  Barmehat  Magabit  25  Febbrajo. 

Pharrauthi  Barmoudah  Miazia  26  Marzo. 

Pachon  Bashansh  Ginboth  25  Aprile. 

Payni  Baune  Sene  25  Maggio. 

Epiphi  Ahihi  Hamit  24  Giugno. 

Mesori  Masari  Nahase  24  Luglio. 

Erano  di  30  giorni  ;  e  dopo  il  24  agosto  s'intercalavano  i  5  epagomeni.  1  sacerdoti 
egizj  non  ignoravano  che  così  retrocedevasi  di  un  giorno  ogni  quattro  anni,  ma  vole- 
vano che  per  tal  modo  venissero,  col  mutar  delle  feste,  consacrati  tutti  i  giorni  del- 
l'anno nei  1461  anni  necessari  perchè  quest'anno  vago,  come  lo  chiamavano,  coincidesse 
col  1462  anno  fìsso  di  365  giorni  e  1|4. 

1  mesi  degli  antichi  subivano  moltissime  varietà  di  nomi, ed  anche  di  tempi,  finché 
rimasero  vaghi.  Dopo  che  Augusto  li  ridusse  fìssi, ^.non  è  difficilejl  trovarne  la  concor- 
danza col  calendario  romano.  A^ciò  ajuta  un  prezioso  documento,fconosciuto  sotto  il 
nome  di  Emerologio  di  Firenze,  scoperto  il  1715  nella|bihlioteca  Laurenziana  da  Gio- 
vanni Masson  ,  in  seguito  ai  commenti  di  Teone  suW Almagesto  di  Tolomeo.  Ivi  si 
trovano  messi  in  concordanza  i  calendarj  di  sedici  popoli  antichi  col  romano,  onde  ne 
ricaviamo  la  corrispondenza  del  primo  giorno  dell'anno  di  essi  popoli  con  quello  del- 
l'anno Giuliano,  che  è  sifatta  : 


blVlSlOM   DliL   TEMPO 


n 


ÀlessaDdriDi 

thot 

29  Agosto. 

Macedoni  d'Egitto 

dius 

i  Novembre. 

Tirj 

dius 

18  Novembre. 

Arabi 

dius 

18  Ottobre. 

SidoDJ 

dius 

2  Gennajo. 

Etiopolitani 

nisau 

24  Maggio. 

Licj 

dius 

1  Gennajo. 

Asiani 

hecatonibeofl 

23  Giugno. 

Cretesi 

dius 

21  Febbrajo. 

Cipro 

Julius 

24  Dicembre. 

Efesini 

dius 

24  Settembre. 

Bitinj 

dius 

21  Febbrajo. 

Cappadoci 

litanus 

12  Dicembre. 

Gaza 

dius 

28  Ottobre. 

Ascalona 

dius 

27  Novembre. 

Seleucia 

audyn%us 

1  Gennajo. 

Singolari  da  tutti  i  popoli,  i  natii  di  Taiti  dividevano  l'anno  in  13  mesi. 

I  Romani  non  contavano  i  giorni  del  mese  progressivamente  come  noi,  ma  vi  fissa- 
vano tre  punti  distinti  :  le  Calende,  primo  di  ciascun  mese  ;  le  None,  al  5  nei  mesi  di 
gennajo,  febbrajo,  aprile,  giugno,  agosto,  settembre,  novembre,  dicembre,  e  al  7  negli 
altri;  gli  Idi,  al  15  dei  prenominati  mesi,  al  15  negli  altri.  I  giorni  intermedj  si  deno- 
minavano dalla  distanza  loro  da  questi  punti.  Dalle  calende  trasse  nome  il  Calendario, 
tavola  su  cui  i  pontefici  scriveano  le  feste  di  ciascun  giorno,  e  i  ben  o  male  augurali, 
i  feriali,  i  solenni. 

Chi  voglia  tradurre  i  giorni  del  mese  romano  nei  nostri,  deve  alla  cifra  reale  di  cia- 
scun mese  aggiungere  2,  poi  da  questo  numero  sottrarre  la  differenza  tra  la  data  che 
si  vuol  convertire,  ed  essa  cifra  aumentata.  Chiedasi  a  che  giorno  corrisponde  il  septimo 
kalendas  mai:  aprile  ha  30  giorni;  se  n'aggiungano  2,  e  si  avrà  32;  si  sottragga  il  7, 
e  resterà  25  d'aprile,  giorno  corrispondente  al  proposto.  Se  reciprocamente  chiedasi 
come  si  chiami  in  latino  il  25  aprile,  si  sottragga  questo  da  32,  e  resterà  7  avanti  le 
calende  di  maggio.  Pel  sexto  kalendas  martii,  ai  28  giorni  di  febbrajo  s'aggiungano  2, 
e  dai  30  che  risultano  si  levi  6,  e  resterà  24.  Se  l'anno  fosse  bisestile,  si  avrebbe  pel 
bis  sexto  il  25. 

§  5.  —  Anno. 

Anno  è  il  tempo  che  la  terra  impiega  a  far  iljgiro  attorno  al  sole,  ed  è  di  365 
giorni,  5h  48'  45"  30'".  Questo  è  l'anno  solare.  ll|lunare  è'eomposto  di  12  lunazioni, 
cioè  di  354  giorni,  8h  48'  38"  12'".  I  quasi  undici  giorni  di  differenza  formano  le  Epatte, 
che  esprimono  quanti  giorni  ha  la  luna  al  primo  dell'anno:  e  con  quelli  ogni  terz'anno 
si  costituisce  una  tredicesima  luna. 

I  Maomettani  usano  l'anno  lunare,  talché  non  conoscono  stagione  determinata  da 
cominciar  l'anno.  Noi  lo  apriamo  poco  dopo  il  solstizio  invernale:  i  Romani  da  prin- 
cipio lo  cominciavano  all'equinozio  di  primavera  ;  gli  Arabi  e  i  Greci,  al  solstizio  d'estate; 
Ebrei,  Caldei,  Egizj,  Persiani,  all'equinozio  d'autunno. 

S'accorsero  gli  antichi  della  diversità  che  correva  tra  l'anno  solare  ed  il  lunare;  onde, 
per  metterli  d'accordo,  intercalavano  i  giorni  di  sopravanzo  in  differenti  modi,  secondo 
la  forma  dell'anno  e  dei  mesi;  e  perciò  ciascun  popolo  aveva  un  calendario  suo  proprio. 
I  Romani  che  dapprima  (al  modo  degli  altri  Italiani)  usavano  l'anno  di  304  giorni  in 
dieci  mesi,  da  Numa  n'ebbero  uno  lunare  di  355  giorni,  che  meltevasi  iu  accordo  cól 
solare  intercalandovi  ogni  due  anni  22  o  23  giorni.  Tali  intercalazioni  facevansi  dai 
sacerdoti,  che  così  poteano  prolungare  od  accorciar  le  magistrature,  giovare  o  nuocere 
agli  appaltatori.  Quindi  una  confusione,  che  durò  fin  quando  i  saggi  dell'Egitto  sugge- 
rirono a  Giulio  Cesare  la  riforma  |del  calendario,  nel  45  av.  C.  ;  per  cui  l'anno  restò 
ridotto  a  365  giorni  e  6  ore,  delle  quali  ogni  quarto  anno  componevasi  un  giorno  che 
faceva  366,  e  dicevasi  bisestile. 


14  CRONOLOGIA 

§  6.  —  Gioii  e  Periodi. 

Secolo  è  il  volgere  di  100  aoDÌ.  Gli  antichi  usavano  questa  voce  in  senso  molto  più 
indeterminaio.  il  secolo  degli  etruschi  era  lo  spazio  che  vivea  il  più  longevo  fra  quei 
che  nascevano  al  tempo  dell;i  fondazione  d'una  città.  1  Romani  lo  determinavano  colla 
celebrazione  de' giuochi  secolari  ;  ma  in  effetto  non  si  trova  mai  che  tal  festa  corrispon- 
desse al  centenario.  Incontransi  essi  nel  245  di  Roma,  nel  305,  nel  505,  nel  605,  nel 
737,  80),  8iO,  930,  100U,  M53.  Nel  noto  Carmen  sceculare  di  Orazio,  il  secolo  à  fissato 
di  undici  decine  : 

Certus  undenos  decies  per  annos 
Orbis  ut  cantus  referatque  ludos. 
Nell'anno  1700  nacque  una  quistione,  che  all'occasione  dell'opera  nostra  fu  ridesta 
ed  agitala  da  un  sommo  astmnomo  e  da  un  erudito;  se  il  secolo  cominci  coiranno  100, 
0  col  lUI.  Quasi  tutti  i  giornali  d'allora  vi  presero  parte,  chi  volendo  che  il  1700  fosse 
il  primo  anno  del  secolo  xviii,  chi  l'ultimo  del  xvir,  e  fra  gli  altri  si  distinsero  Malle- 
nians,  Messanges,  l'avvocato  Délaissement,  un  baccelliere  di  teologia  innominato,  e  più 
tardi  il  uiinimo  Domenico  Magnan  provenzale.  Délaissemenl  sosteneva  che  corainciossi 
a  dir  100  solo  dopo  compiti  cento  anni;  errore  che  poteasi  correggere  col  solo  dichia- 
rare che  il  secolo  XVII  finiva  al  31  dicembre  1G99,  se  no  si  accorcerebbe  l'èra  cristiana. 
Gli  avversarj  facevano  esordire  questa  coU'anno  primo,  e  in  conseguenza  finire  il  primo 
secolo  coH'fjItimo  giorno  dell'anno  100.  In  fondo  trattavasi  di  sapere  se  Dionigi  il  Pic- 
colo partiva  dall'anno  che  i  matematici  chiamano  zero,  o  da  quello  che  comunemente 
chiamasi  anno  primo.  Dionigi  fa  nascere  Cristo  ai  25  dicembre  dell'anno  zero;  ma  in 
generale  si  suppose  che,  lasciando  i  primi  oHo  giorni  dell'età  del  Salvatore  fuor  dell'era, 
l'avesse  cominciata  solo  coll'anno  primo.  L'opinione  di  quei  che  mettono  l'origine  d'un 
secolo  al  principio  dell'anno  secolare,  è  favorita  dalla  denominazione  italiana  di  Tre- 
cento, Scimìto  ecc.,  e  Trecentisti,  Secentisti  ecc.,  datasi  agli  anni  ed  agli  uomini  di 
quei  secoli;  e  alla  quale  urterebbe  il  fire  che  l'anno  300  non  appartenesse  al  secolo 
che  si  dice  il  Trecento.  Ma  questa  è  opinione  plateale.  Insomma  i  primi  100  anni  tras- 
corsi dopo  la  nascita  di  Cristo,  formano  il  i°  secolo;  al  101  comincia  il  ii;  al  201  il  ni; 
così  al  1801  cominciò  il  xix  secolo,  che  finirà  coll'anno  1900,  quando  chi  vìvrà,  deh 
possa  trovare  i  suoi  simili  più  benevoli  e  generosi  1 

I  popoli  orientali  e  i  più  antichi  Greci  numeravano  per  generazioni;  indicazione 
vaga,  che  comunemente  si  valuta  di  30  a  53  anni  ciascuna.  Speciale  uso  era  quel  che 
indicammo  degli  Etruschi:  ogni  città  cominciava  il  secolo  dal  giorno  della  sua  fonda- 
zione, e  lo  finiva  alla  morte  dell'ultimo  tra  quei  che  vivevano  al  principiare;  allora 
cominciava  il  secondo,  che  compivasi  anch'esso  dopo  la  morte  di  tutti  quei  che  vive- 
vano al  suo  principio,  e  così  via. 

Le  Olimpiadi  erano  il  tempo  destinato  dai  Greci  per  celebrare  i  giuochi  in  Olimpia. 
Restituiti  ed  ordinati  l'anno  del  mondo  3:221  e  prima  di  Cristo  770  (in  luglio},  celebra- 
vansi  ogni  quattro  anni,  e  dicevasi  anno  i,  ii,  in,  iv  della  tale  olimpiade.  Per  ottenere 
l'anno  a  cui  corrisponde  una  data  olimpiade,  si  moltiplichi  questa  per  4,  e  si  aggiunga 
a  3:224,  e  si  avrà  l'anno  dtl  mondo  ;  o  si  sottragga  da  776,  e  si  avrà  l'anno  avanti  Cristo. 
La  guerra  Peloponnesiaca  cominciò  l'anno  ii  della  lxxxvii  olimpiade;  cioè  erano  tras- 
sc(»rse  86  olimpiadi  e  un  anno,  ossia  86  X  4  =  34i  -f  1  ==  345  dopo  la  prima  olim- 
piade. Ossia  3424  -f  345  =  3369  del  mondo;  776  —  345  ==  431  av.  C  Bisogna  però 
riflettere  che,  se  il  fatto  avvenne  prima  di  luglio,  la  sottrazione  si  fa  dal  776;  ma  dopo 
quel  mese  dal  777. 

LuHro  è  lo  spazio  di  5  anni,  dopo  i  quali  i  censori  romani  rinnovavano  il  censo 
de'  cittadini  e  de'  loro  beni. 

Indizione  è  la  rivoluzione  di  15  anni,  introdotta  dopo  Costantino,  dicono  per  Tesa* 
zione  d'una  tassa.  Se  ne  servivano  già  tutte  le  cancellerie;  ora  soltanto  la  romana.  Lc 
Indizioni  si  crede  cominciassero  nell'anno  312  o  nei  vicini,  e  procedono  come  se  avesser 
principiato  tre  anni  avanti  l'èra  vulgare:  onde,  chi  voglia  trovar  il  numero  d'Indizione 
d'un  tal  anno  dopo  Cristo,  deve  a  questo  aggiungere  3,  poi  dividerlo  per  15,  e  il  residuo 
iodica  qual  posto  occupi  nel  ciclo  delle  Indizioni.  Così  1863  +  3  ===  1866  :  15  =  124 
+  6:  oode  il  vegnente  anno  sarà  6°  dell'Indizione  124, 


MCLl   E    PERIODI  iH 

Queste  divisioni  chiamansi  cidi  o  periodi,  rivoluzioni  d'anni,  destinate  a  rinnovarsi 
dopo  finite.  Altri  molti  se  ne  inventarono,  di  cui  ecco  i  principali: 

11  ciclo  caldaico  neros  comprende  600  anni  da  3G5  giorni,  5  ore,  51'  36",  uguale  esat- 
tamente a  7i21  mesi  lunari;  ma  non  era  che  la  suddivisione  di  un  saros  più  esteso,  di 
3600  anni.  Lunghissimi  sono  i  cicli  indiani,  e  il  Calijug  comprende  332,000  anni;  ma 
fu  preceduto  da  altri  che  sono  il  doppio,  il  triplo  ed  il  quadruplo  di  questo.  Ulugh  beg 
c'informa  che  i  Cinesi  aveano  un  ciclo  di  88,639,860  anni  :  ma  nella  loro  storia  positiva 
ricorre  il  periodo  di  60  anni,  come  anche  per  gl'Indiani. 

Il  periodo  sotiaco  degli  Egizj  riduce  al  medesimo  giorno  l'anno  vago  e  l'anno  6sso 
nel  giro  di  4460  anni  fissi  e  2461  vaghi. 

Il  ciclo  de^li  Ebrei  è  la  rivoluzione  di  SO  anni,  dopo  i  quali  celebravano  il  giubileo: 
quadrato  di  7  periodi  sabbatici.  Il  ciclo  pasquale  risulta  dal  moltiplicar  i  19  anni  del 
ciclo  lunare  pei  28  del  ciclo  solare-,  formante  532  anni,  dopo  i  quali  tutti  i  piccoli 
periodi  cronologici  si  ripetono  esattamente.  Cosi  l'almanacco  del  1600  servirà  appuntino 
per  il  2132. 

Ciclo  lunare,  inventato  da  Metone  ateniese,  433  anni  av.  C,  è  il  giro  di  19  anni, 
dopo  il  quale  le  varie  fasi  della  luna  si  rimettono  nella  stessa  corrispondenza  coU'anno 
tropico.  Gli  Ateniesi  lo  fecero  scolpire  in  lettere  d'oro  sulla  pubblica  piazza,  e  lo  man- 
darono a  Roma  sopra  una  lastra  d'argento  in  lettere  d'oro,  lo  perchè  fu  detto  Numero 
aureo.  Siccome  il  primo  anno  dell'era  vulgare  avea  per  numero  aureo  il  2,  così  per  sa- 
pere qual  numero  aureo  appartenga  a  un  tal  anno,  vi  si  aggiunga  l'unità,  poi  si  divida 
per  19;  il  residuo  sarà  il  numero  d'oro:  e  se  non  v'abbia  avanzo,  sarà  il  19.  Cosi 
1863  +  1  =  1864  :  19  =  98  +  1  ;  il  numero  d'oro  dell'anno  vegnente  sarà  il  21. 

Il  ciclo  solare  è  un  giro  di  28  anni.  1  primi  Cristiani,  per  formare  un  calendario 
perpetuo  che  indicasse  quali  giorni  dell'anno  fossero  domenica  o  lunedì  o  martedì  ecc., 
segnarono  i  giorni  d'una  settimana  colle  prime  sette  lettere  dell'alfabeto:  per  esempio 
al  1  di  gennajo  premettendo  un  A,  al  2  un  B,  al  7  un  G,  indi  ancora  all'S  un  A,  poi 
un  B  al  9,  e  così  fino  al  termine  dell'anno.  Essendo  l'anno  composto  di  52  settimane 
e  un  giorno,  le  lettere  precedono  d'un  passo  ogni  anno,  talché  se  nell'antecedente  l'A 
denotava  la  domenica,  nell'anno  successivo  denoterà  il  lunedì,  e  la  domenica  sarà  se- 
gnata dal  G.  In  tal  modo  il  ciclo  si  compirebbe  in  7  anni,  dopo  i  quali  A  tornerebbe 
a  segnar  la  domenica.  Ma  il  giorno  intercalare  inserito  fra  il  23  e  24  febbrajo  fa  che  la 
lettera,  negli  anni  bisestili,  debba  cambiarsi  dopo  il  detto  giorno;  talché  se,  in  uno 
d'essi  anni,  A  denotava  la  domenica  fino  al  24  febbrajo,  dopo  questo  indicherà  il  lunedì. 

Dicesi  Lettera  domenicale  quella  che  in  ciascun  anno  dinota  la  domenica:  e  ne' bi- 
sestili si  pone  doppia,  l'una  servendo  fino  al  23  febbraio,  l'altra  dopo.  Così  l'anno 
1863  ha  per  lettera  domenicale  D;  il  1864  avrà  la  E.  Affinchè  si  rinnovi  la  serie  delle 
7  lettere  semplici  e  delle  loro  coppie,  si  richiedono  28  anni,  che  formano  appunto  il 
ciclo  solare. 

Tacendo  altri  cicli  men  concludenti,  accennerò  il  giuliano,  inventato  da  Giuseppe 
Scaligero,  dotto  del  xvi  secolo,  per  ridurre  tutte  le  differenti  ère  ad  una  sua  immagi- 
naria. E  di  7980  anni,  prodotti  dal  moltiplicare  i  tre  cicli  più  usuali,  lunare,  solare  e 
delle  Indizioni,  19,  28,  15.  Torna  singolarmente  vantaggioso  questo  periodo  per  ridurre 
le  epoche  anteriori  alla  vulgare ,  senza  incontrar  le  tante  varietà  provenienti  o  dalle 
diverse  ère  o  dal  diverso  principiar  dell'anno.  Il  primo  dell'era  vulgare  fu  il  4714  del 
periodo  giuliano.  Se  si  dica  che  la  prima  olimpiade  corrisponde  al  776  av.  C  ,  voi  po- 
trete fare  4714 — 776,  e  avrete  l'anno  5938  del  periodo  giuliano;  ed  eseguendo  le 
opportune  divisioni  per  19,  28, 15,  troverete  che  era  5  del  ciclo  lunare,  18°  del  ciclo 
solare,  8°  dell'indizione.  Alessandro  Magno  morì  il  1°  anno  della  cxiv  olimpiade  :  dunque 
nel  113X4  =  452  dopo  la  prima  olimpiade,  ossia  del  periodo  giuliano  3938  •+-  452 
=  4390.  Per  riferirli  all'èra  vulgare  basta  vederne  la  differenza  dal  4713:  onde  la 
morte  di  Alessandro  si  noterà  al  4714 —  4390  =  324  av.  C.  Per  gli  avvenimenti  dopo 
Cristo  si  somma,  invece  di  sottrarre.  Ad  esempio,  Carlo  Magno  fu  incoronato  l'SOO  d.  C.: 
che  anno  era  del  periodo  giuliano?  Si  faccia  4714 -h 800  =  5513. 

Alcuni  riprovano  quest'era  come  immaginaria:  ma  toglie  di  mezzo  alcune  difficoltà. 
Così  il  1°  anno  delle  Olimpiadi  dagli  astronomi  è  fissato  al  775,  dai  cronologisti  al  776 
0  al  seguente:  ma  tutti  con\engoao  nel  porlo  al  3938  del  perìodo  giuliano.  Alcuni  se- 


16  CRONOLOGIA 

gnano  0  l'anno  che  precedette  l'era  vulgare,  ed  altri  1  ;  lo  che  porta  negli  anni  succes- 
s  ivi  una  varietà,  tolta  di  mezzo  nel  periodo  giuliano. 

§  7,  —  Il  grand' anno. 

Trovasi  frequente  menzione  fra  gli  antichi  di  un  grand'anno,  ma  l'applicano  a  pe- 
riodi differentissimì.  Censorino  dice  che  Orfeo  lo  valutava  di  120,000  anni;  Lino  ed 
Eraclito,  di  10,800;  Cassandro  di  1,800,000;  Arele  di  5552:  altri  il  dichiaravano 
infinito  :  Aristotele  intendeva  per  esso  lo  spazio  necessario  perchè  il  sole,  la  luna  e  gli 
altri  cinque  pianeti  ricominciassero  insieme  a  corrispondere  alle  medesime  stelle  fisse; 
anno  il  cui  inverno  è  )in  diluvio,  e  l'estate  una  conflagrazione.  Cercando  negli  altri 
autori,  trovasi  una  differenza  da  2  anni  fino  a  6,570,000.  Vien  di  credere  chei  più  inten- 
dessero la  rivoluzione,  durante  la  quale  un  medesimo  solstizio  od  equinozio  corrisponde 
successivamente  a  tutti  i  segni  dello  zodiaco,  che  sarebhe  di  25,868  anni  :  ma  gli 
antichi  non  mostrano  idea  chiara  di  ciò,  e  variava  secondo  i  popoli  ;  pei  Persiani  es- 
sendo di  liiO,  per  gli  Egiziani  di  1461,  pei  Cinesi  e  gli  altri  orientali  di  3600,  per 
gli  Etruschi  di  12,000.  Anche  fra  i  primi  Cristiani  era  sòrta  l'idea  di  un  anno  mil- 
lennario. 

li  numero  di  36,000  è  dato  da  Tolomeo  come  la  misura  della  rivoluzione  zodiacale; 
e  vuoisi  notare  che  è  la  dodicesima  parte  del  452,000,  numero  a  cui  si  riportano  molti 
cicli  parziali.  Ma  da  che  fossesi  dedotto  questo  numero,  non  si  saprebbe  dire. 

§  8.   -  Ère. 

Era  è  il  punto  storico  od  astronomico,  da  cui  move  una  serie  d'anni  civili,  adot- 
tata per  contare  i  tempi.  La  determinazione  delle  ere  avanti  Cristo  si  trae  da  un  passo 
d'oro  di  Censorino,  che  nel  libro  De  die  natali,  e.  31,  quando  ancora  si  contava  se- 
condo quelle,  scrive  così  :  «  L'anno  che  serve  di  epoca  e  di  materia  a  .questo  lavoro, 
cioè  il  consolato  d'Ulpio  e  Ponziano  (238  d.  C),  è  il  1014  dopo  la  prima  olimpiade, 
contando  dai  giorni  estivi  in  cui  si  celebrano  quei  giuochi  ;  il  991  dalla  fondazione 
di  Roma,  contando  dalle  Palilie,  donde  cominciano  gli  anni  della  città  ;  degli  anni 
giuliani  è  il  283  ;  dal  giorno  poi  delle  calende  di  gennajo,  ove  Giulio  Cesare  collocò  il 
principio  di  sifatli  anni,  è  il  265  di  quelli  degli  Augusti,  numerando  sempre  dal  prin- 
cipio di  gennajo,  quantunque  solo  al  16  avanti  le  calende  di  febbrajo  l'imperatore  Ce- 
sare sia  slato  intitolato  Augusto.  Ma  gli  Egizj  essendo  venuti  in  dominio  de'  Romani 
due  anni  prima,  numerano  quest'anno  degli  Augusti  pel  267.  Inoltre  essi  nelle  lettere 
si  servono,  come  noi,  della  data  di  certi  anni,  come  quelli  di  Nabouassar  che  comin- 
ciano al  l"  anno  del  costui  impero,  e  di  cui  contano  il  986;  o  quelli  di  Filippo  che 
partono  dalla  morte  d'Alessandro  Magno,  e  di  cui  ora  è  il  562.  Ma  il  principio  degli 
anni  loro  è  desunto  dal  mese  che  gli  Egizj  chiamano  Thot,  e  che  in  quest'anno  fu  il 
settimo  giorno  delle  calende  di  luglio  ;  mentre  cent'anni  fa,  sotto  il  consolato  d'Anto- 
nino Pio  e  di  Bruzio  Presente,  que'  giorni  corrispondevano  al  13  [delle  calende  di  ago- 
sto, tempo  in  cui  la  canicola  suol  levarsi  in  Egitto  ». 
I  Cinesi  risalgono  cogli  annali  loro  a  più  di  trenta  secoli  prima  dell'era  vulgare, 
1  Bramini  ammettono  quattro  età  lunghissime,  finite  ciascuna  con  un  cataclisma, 
l'ultimo  de'  quali  sarebbe  avvenuto  3100  anni  avanti  l'èra  vulgare  ;  coincidendo  cosi 
col  diluvio  di  Noè  secondo  la  versione  dei  Settanta. 

I  Persiani  risalivano  alla  prima  dinastia  dei  Picdadiani,  il  cui  primo  re  visse  1000 
anni,  poi  2302  gli  otto  suoi  successori  ;  indi  una  terza  dinastia  durò  250  anni,  fino  a 
Ciro  che  comincia  a  regnare  nel  553  av.  C. 
Le  altre  ère  principali  sono  ; 

Èra  di  Costantinopoli anni  av,  C,    5508 

Gli  Ebrei  contavano  dalla  creazione  del  mondo     .     ,    .     .      »    3761 

i  Greci  dalla  prima  olimpiade,  luglio  entrante >'      776 

i  Romani  dalla  fondazione  della  città  (ab  urbe  condita)     .     .      w       755 
i  Babilonesi,  Caldei,   Egiziani  dall'era  di  Nabonassar   (adoprata 
dagli  astronomi  Ipparco  e  Tolomeo),  26  febbrajo    ,    .    .      »      747 


Are  17 

Èra  di  Filippo  e  dei   Lagidi  desunta  dalla  morte  di  Alessandro 

Magno,  12  novembre »  32  i 

adopera  Tanno  vajo  siccome  la  precedente. 

Èra  dei  Seleucidi  pei  Siro-Macedoni,  dal  regno  di Seleuco  Nicànore  >>  312 

Èra  cesariana  d'Antiochia       »  47 

»    giuliana,  o  dalla  riforma  del  calendario »  4f5 

«    di  Spagna,  quando  dal  console  Domizio  Calvino  fu  ridotta  in 

poter  de'  Romani 38 

»    aziaca       "  31 

»     degli  Augusti »  27 

»    cristiana »  0 

M    dei  Martiri  o  diocleziana d.  C.  28i 

»    degli  Armeni,  cominciata  dall'anno  che  il  patriarca  Mese  II 

staccò  quella  chiesa  dalla  comunità  cattolica     ...»  5K2 

Egira  degli  Arabi  e  Maomettani        »  625 

Èra  de'  Persiani,  dal  regno  d'Isdegerde  111,  nipote  di  Cosroe  (1}  «  632 
Su  ciascuna  di  queste  ère  corrono  diverse  opinioni  :  a  noi  basterà 
parlare  delle  più  usitate. 

%  S.    —   Era   della  creazione. 

La  Santa  Scrittura  non  fu  data  per  soddisfazione  della  curiosità  ;  e  la  Chiesa,  ohbli 
gandoci  a  venerare  tutto  che  in  essa  rapportasi  al  dogma,  lascia  alle  dispute  i  punti 
di  mera  scienza.  Tal  è  quello  dell'antichità  del  mondr).  Se  le  sette  giornate  della  crea- 
zione sieno  veramente  sette  rotazioni  della  terra  o  sette  epoche  d^lla  natura,  la  Chiesa 
noi  risolse,  e  può  ciascuno  scegliere  o  la  prima  o  la  seconda  opinione,  la  quale  ogi^i 
sembra  prevalere.  Più  importante  sarebbe  determinare  i  tempi  dopo  la  creazione  d'A- 
damo :  ma  la  Bibbia  neppur  qui  gli  ordina  altrimenti  che  col  contare  gli  anni  vissuti 
dai  dieci  patriarchi  aniediluvìani.  In  ciò  corre  diffi^renza  fra  i  testi,  e  differenza  fra 
gì'  interpreti  sul  modo  d'ordinarne  la  serie,  e  in  conseguenza  varia  il  conto  degli  anni. 
Per  esempio  dalla  creazione  al  diluvio  corsero, 

secondo  il  testo  ebraico       anni    J656 

»        il  samaritano,  (riferito  da  Eusebio] »    1307 

«        i  Settanta,  (nello  stesso) »    2242 

»        Giuseppe  Flavio «    2256 

»        Giulio  Africano,  sant'Epifanio,  Pelau »    2262 

Conviene  avvertire  che  i  primi  Padri  della  Chiesa  attenevaosi  alla  versione  dei  Set- 
tanta, come  attesta  Eusebio,  il  quale  pure  dichiara  corrotti  i  numeri  della  Vulgata.  Al- 
trettanta differenza  è  nei  patriarchi  successivi  al  diluvio,  ossia  in  quella  che  chiamano 
seiionda  età  del  mondo  ;  talché  da  Sera  alla  nascita  di  Abramo,  il  testo  ebreo  vulgato 
conta  292  anni  ;  quel  dei  Settanta  e  il  samaritano  942  :  sommando  i  quali  tempi  colla 
prima,  si  avranno  da  Adamo  ad  Abramo, 

secondo  i  Settanta anni    3184 

»        ì  .Samaritani »     2249 

la  Vulgata         »     1948 

cioè  i  Settanta  danno  933  anni  più  dei  Samaritani,  e  1236  più  degli  Ebrei.  Venendo 
poi  a  Cristo,  la  sua  nascita  sarebbe  collocata,  dopo  Adamo, 

secondo  i  Settanta anni    5228 

j)        i  Samaritani "     4293 

gli  Ebrei «     3992 

I  testi  s'accordano  pei  tempi  succeduti  ad  Àbramo.  Pezron  ha  supposto  che  le  varia- 
zioni nel  testo  ebraico  fossero  introdotte  dagli  Ebrei  sotto  Adriano  imperatore,  perchè, 
accorciando  i  tempi,  apparisse  non  giunta  ancora  l'età  del  Messia, 
Molte  ragioni  militano  a  favore  della  cronologia  dei   Settanta.  Gli  autori  di  quella 

(I)  Ecco  i  nomi  de' loro  mesi:  Afi'uaJin-iiieh  ;  Ardlsascht-nieh  ;  Cardi-meh-,  Thir-meh  ;  MerJed-raeh  ; 
Schabarir-meh ;  Mehar-meh;  Adar-meh;  Di-rach;  Behen-raeh;  Affier-meh. 

Cantù,  Documenti,  Tomo  I.  2 


18  CRONOLOGIA 

versione  non  avendo  interessedi  sorta  ad  alterare  le  date  della  Bibbia,  è  probabile  le 
ricopiassero  come  le  trovavano.  L'esemplare  scelto  da  loro  per  la  traduzione  fu  giudi- 
cato il  più  genuino  dal  sinedrio  degli  Ebrei,  che  prima  della  venuta  di  Cristo  era  auto- 
rità competente.  Esso  accordasi  col  testo  samaritano  nei  3100  anni  circa  che  pone  fra 
il  diluvio  e  Cristo,  sebbene  ne  varii  nelle  particolarità.  Questa  differenza  toglie  il  so- 
spetto d'un  accordo,  e  fa  credere  che  quella  sia  l'espressione  più  fedele  della  verità. 

Se  i  Settanta  avessero  alterato  il  vero,  sarebbersi  levati  richiami  contro  di  loro  :  al 
contrario  il  dotto  ebreo  Giuseppe  Flavio  ne  seguì  la  cronologia,  egli  che  scriveva  sul 
lesto  ebraico  del  tempio  :  le  citazioni  fatte  dagli  Apostoli  e  dagli  Evangelisti  sono  per 
lo  più  conformi  alla  versione  greca,  qualora  differisce  dal  testo  ebreo  ;  tutti  i  santi 
Padri  e  scrittori  ecclesiastici  de'  primi  secoli  s'attengono  pure  a  quella  cronologia. 

Estrinsecamente  giova  seguirla,  perchè  io  più  largo  campo  si  svolgono  i  tempi  pri- 
mitivi, e  non  v'è  fallo  certo  nella  stona  degli  altri  popoli  che  non  vi  si  possa  annic- 
chiare.  Onde  i  Gesuiti  ottennero  da  Roma  di  considerare  come  autentica  la  cronologia 
dei  Cinesi,  fissando  il  regno  di  Yao  al  2337  av,  C,  che,  secondo  la  Vulgata,  sarebbe 
appunto  l'anno  del  diluvio. 

Ben  centodiciassette  sistemi  s'inventarono  per  conciliare  la  storia  sacra  colla  pro- 
fana, tra  i  quali  quello  di  Alfonso  re  di  Casliglia  e  di  Regiomontano  pone  la  nascita 
di  Cristo  al  698i  del  mondo  ;  mentre  Luigi  Lippomane  veneziano  la  ritrae  a  5616. 

Il  padre  Riccioli  stabilisce  cinque  canoni  intorno  a  questi  sistemi  : 

I.  Dalla  creazione  del  mondo  a  Cristo  nessuno  conta  più  di  7000  anni,  né  meno 
di  3600. 

II.  Dal  testo  ebraico,  dalla  Vulgata  e  dalla  storia  umana ,  pare  più  probabile  de- 
corressero 418i  anni  :  in  tale  ipotesi  non  possono  essere  più  di  4330,  né  meno 
di  3705. 

III.  Dai  Settanta  e  dalla  più  vera  storia  umana  appariscono  5634  anni  :  in  tale  ipo- 
tesi è  fatto  non  essere  stati  più  di  5904,  né  meno  di  5054. 

IV.  Per  quanto  taluni  siensi  ingegnati  d'investigare  l'origine  del  mondo  da  alcuni 
caratteri  del  cielo  e  dalla  posizione  di  stelle,  ogni  opera  loro  uscì  indarno. 

V.  Probabile  è  aver  Dio  creato  il  mondo  5634  anni  av.  Cristo. 

Noi  a  creato  il  mondo  sostituiremmo  creato  Vuoino,  giacché  da  Adamo  soltanto  co- 
minciano i  dati  per  valutare  il  tempo.  E  senza  entrare  in  discussioni,  diremo  che  i  più 
degli  storici  adottano  il  calcolo  di  Usserio,  secondo  il  quale  Cristo  nacque  nel  4004 
dopo  la  creazione  :  e  faremo  osservare  che  questa  varietà  non  reca  più  tanta  confu- 
sione quanta  alcuno  sarebbe  tentato  a  supporne,  attesoché  si  riferisce  soltanto  ai  tempi 
più  antichi  ;  e  quasi  affatto  la  evita  chi  segna  gli  anni  non  dalla  creazione,  ma  dalla 
distanza  da  Cristo. 

Principale  fondamento  della  cronologia  sacra,  dopo  la  Bibbia,  è  la  Cronaca  d'Eu- 
sebio Pamfilo  vescovo  di  Cesarea  (345),  della  quale  non  si  ebbe  che  piccola  parte  fm 
quando  il  vicario  del  patriarca  nel  1784  ne  scopri  a  Gerusalemme  una  traduzione  ar- 
mena, che  portò  a  Costantinopoli  verso  l'87,  donde  fu  mandata  a  Venezia  una  copia 
nel  90,  che  servì  per  un'edizione  fatta  in  Milano  nel  1818.  Ma  più  integra  copia  se 
n'ebbe  a  Venezia  nel  1793,  su  cui  si  esegui  colà  un'edizione  nel  1818,  colla  traduzione 
latina  che  empie  il  vuoto  de'  frammenti  già  conosciuti. 

g  10.  ~  Le  Olimpiadi. 

Ogni  Stato  di  Grecia  aveva  un  modo  suo  proprio  di  computare  il  tempo;  ed  il  più 
usato  era  quello  delle  generazioni,  dai  che  la  cura  di  unir  sempre  al  nome  proprio 
quello  del  padre.  Le  liste  dei  sacerdoti,  le  iscrizioni  funerarie,  i  tanti  monumenti,  la 
serie  de'  vincitori  ne'  pubblici  giuochi  ajutavano  a  fissare  i  tempi.  Soltanto  dopo  Ales- 
sandro, Timeo  storico  siciliano  riflettè  che  la  serie  appunto  de'  vincitori  nei  giuochi 
Olimpici  poteva  diventare  un'  èra  cronologica  :  onde  abbandonando  i  tempi  oscuri,  si 
prese  per  punto  di  partenza  quella  olimpiade,  il  cui  vincitore  Corebo  eleo  pel  primo 
ottenne  una  statua.  La  comune  opinione  fa  coincidere  il  primo  anno  dell'ora  volgare 
col  secondo  della  cxcni  olimpiade  ;  vale  a  dire  che  il  primo  anno  della  prima  Olimpiade 
cadde  776  anni  av.  C.  Si  ridetta  che  gli  anni  delle  Olimpiadi  cominciano  al  plenilu- 


ÈRE  19 

nio  che  segue  al  solstizio  d'estate,  cioè  verso  luglio  entrante.  Quest'era,  divenni» 
la  più  comune  in  Grecia,  cessò  al  fine  del  iv  secolo  d.  C. 
Tucidide  e  Senofonte  usano  spesso  quella  delle  sacerdotesse  di  Argo. 

g  11.  —  Èra  di  Roma. 

L'èra  della  fondazione  di  Roma  è  posta  da  Varrone  nel  3"  anno  della  vi  olimpiade; 
da  Verrio  Fiacco  nell'anno  seguente,  cioè  nel  753  o  754  avanti  Cristo  ;  da  Catone  poi 
nel  752. 

L'opinione  di  Varrone  del  21  aprile  755,  è  seguita  da  Dione  Cassio,  Plinio  maggiore, 
Vellejo  Patercolo,  Claudio  imperatore;  ma  Dionigi  d'Alicarnasso  e  Tito  Livio  stanno 
con  Catone.  Gli  anni  poi  venivano  notati  più  comunemente  col  nome  dei  due  consoli 
che  reggevano. 

Le  ère  degli  altri  popoli  italiani,  cui  Varrone  avea  raccolte,  vennero  assorbite  nel- 
l'unità romana,  e  caddero  in  dimenticanza. 

§  12.   —  Era  vulgare. 

In  che  anno  nacque  veramente  Gesù  Cristo?  Dal  Vangelo  di  san  Luca  abbiamo  che 
Maria  vergine  andò  a  Bellem  per  farsi  iscrivere  nel  primo  ruolo  personale  ordinato  da 
Cirino  preside  della  Siria  ;  che  Erode,  ingelosito  del  neonato,  ordinò  di  uccidere  tutti 
i  bambini  di  Betlem  :  ma  Giuseppe  trafugò  il  figliuol  suo  putativo  in  Egitto,  ove  udì 
la  morte  di  Erode.  Flavio  (lib.  xviii)  ne  dice  che  Augusto  mandò  Cirino  a  vendere  i 
beni  confiscati  all'esigliato  Archelao,  e  fare  l'enumerazione  del  popolo,  nel  759  di 
Roma.  Convien  però  credere  che  già  se  ne  fosse  fatta  un'altra  vivo  Erode,  la  quale  è 
detta  prima  nel  Vangelo.  Nel  governo  della  Siria,  a  Cajo  Sentio  Saturnino  succedette 
Quintilio  Varo  il  748  di  Roma,  e  vi  rimase  i  due  anni  seguenti,  talché  vi  sedeva  quando 
Erode  morì  :  imperocché  abbiamo  da  Flavio  che  Sabino,  intendente  d'Augusto  nella 
Siria,  andando  a  sequestrare  i  beni  del  morto  Erode,  scontrò  in  Cesarea  Varo,  che  lo 
pregò  d'indugiarsi  tanto  che  tornasse  Archelao,  ito  a  Roma  a  sollecitar  il  titolo  di  re. 
Diremo  dunque  che  Cirino  quella  prima  volta  non  vi  fosse  preside,  ma  venuto  con  mis- 
sione speciale.  Erode  mori  alla  pasqua  del  750  di  Roma,  la  quale  cadeva  quell'anno  al 
28  marzo,  come  appare  anche  per  l'eclisse  di  luna  avvenuto  allora,  secondo  narra  Fla- 
vio. Se  si  rifletta  che  i  magi  ebbero  tempo  di  venir  dall'Oriente,  e  Giuseppe  di  rico- 
verarsi in  Egitto,  si  vedrà  che  Cristo  dovea  esser  nato  alcuni  mesi  prima.  Sembra  da 
questi  argomenti  e  da  altri  più  sottili  dimostrato  che  la  nascita  di  Cristo  previene  di 
4o  5  anni  il  cominciamento  dell'era  vulgare  (1), 

L'uso  di  contar  gli  anni  da  Gesù  Cristo  fu  introdotto  in  Italia  nel  vi  secolo  da  Dio- 
nigi il  Piccolo;  in  Francia  sotto  Pepino  e  Carlo  Magno,  Orientali  e  Greci  poco  se  ne 
valsero  negli  alti  pubblici,  mentre  i  Latini  lo  adottarono  generalmente  :  però  i  Latini 
stessi  variarono  nel  tempo  di  cominciar  l'anno,  del  che  è  necessario  aver  conoscenza 
chi  voglia  mettere  d'accordo  date  che  parrebbero  contraddittorie. 

Alcuni  lo  cominciavano  col  marzo,  secondo  il  calendario  di  Romolo  ;  altri  col  gcn- 
najo,  secondo  il  calendario  di  Numa  ;  altri  al  25  dicembre,  nativiià  di  Cristo,  solen- 
nità di  .Mitra,  e  solstizio  invernale  ;  altri  al  25  marzo,  tempo  della  concezione  :  nel 
che  poi  alcuni  anticipavano  l'anno  di  nove  mesi  e  sette  giorni,  mentre  altri  il  ritar- 
davano di  tre  mesi  meno  sette  giorni.  Alcuni  il  cominciavano  a  pasqua,  variando  se- 
condo questa,  la  (juale  cade  sempre  la  prima  domenica  do|)o  il  plenilunio  di  marzo. 
Ve  n'erano  altri  che  il  cominciavano  a  gennajo,  ma  un  anno  prima  del  metodo  comune. 

L'anno  al  modo  presente  fu  introdotto  in  Francia  per  ordine  di  Carlo  fX  nel  1563; 
in  Germania  al  tempo  di  Massimiliano  I;  in  Ispagna  a  quello  di  Filippo  li.  In  Isvizzera 
nel  XIV  e  xv  secolo  cominciavasi  l'anno  al  1"  gennajo,  eccetto  la  diocesi  di  Losanna  e 
il  Pays  de  Vaud,  dove  al  25  marzo.  In  .\ragona  nel  1350  fu  ordinato  di  cominciarlo  a 

(I)  H.  Wallon,  nei  Mémoires  de  VAcadémie  des  Inscriptiuns  el  Beliti  LeUret,  1858,  pose  una 
dissertazione  sugli  anni  di  Cristo,  ove  tono  a  vedersi  gii  studj  più  recenti  su  ciò:  esso  ne  pone  la  crocifis- 
sione ai  2  oZ  aprile  del  782  di  Roma. 


20  CRONOLOGU 

natale:  così  nella  Castiglia  il  1383,  in  Portogallo  il  4  420.  In  Russia  nel  xi  secolo  co- 
minciava a  primavera,  finché  si  adottò  il  calendario  greco.  In  Cipro  al  natale:  e  così 
in  Inghilterra  dal  vii  al  xiii  secolo,  quando  si  diede  principio  dal  2S  marzo,  come  si 
mantenne  finché  si  adottò  il  calendario  gregoriano.  Ne'  Paesi  Cassi  e  nell'Olanda  cor- 
reva gran  varietà,  ina  in  istile  di  Corte  si  datava  dalla  pasqua,  siccome  in  Savoja, 

Rispetto  pili  specialmente  alla  nostra  Italia,  Milano,  Roma  e  la  maggior  parte  delle 
città  lo  aprivano  col  natale,  23  dicembre.  Ma  Firenze  tardava  smo  al  23  marzo  seguente, 
uso  che  conservò  fino  al  1730,  quando  per  ordine  del  granduca  Francesco  Stefano, 
adottò  il  computo  comune  dal  1"  gennajo  :  il  qual  ordine  vedesi  scolpito  in  rame  sul 
gran  ponte  di  Firenze.  Pisa  pure  movea  dal  23  marzo,  ma  anticipando  d'un  anno:  e 
così  Lucca,  Siena,  Lodi  ed  altre  città.  A  Venezia  l'anno  civile  cominciava  col  gennajo 
da  tempo  immemorabile;  ma  il  legale,  notato  negli  atti,  parti  dal  1°  di  marzo,  sin  al 
fine  del  secolo  passato.  In  Sicilia  pure,  dall'invasione  dei  Normanni  fino  al  xvi  secolo 
contavasi  dal  23  marzo. 

§   13.    —   L'Egira. 

L'Egira  move  dal  giorno  che  Maometto  fuggì  dalla  Mecca  a  Medina,  IG  luglio  del  622 
d.  C.  :  gli  astronomi  anticipano  d'un  giorno.  Gli  anni  sono  lunari,  onde  non  hanno 
corrispondenza  coi  nostri.  I  mesi  si  alternano  di  50  e  29  giorni,  e  l'ultimo,  negli  anni 
intercalari,  ne  ha  30. 

I  nomi  dei  mesi  turchi  sono:  Moharram,  Sefer,  Rahié  1,  Rabié  2,  Giumadi  I,  Giu- 
madi  2,  Rageb,  Sciaban,  Ramadan,  Sciual,  Dulcaada,  Dulage.  I  giorni  della  settimana: 
el-Ahad,  el-Thani,  el-Thaleth,  el-Arbaa,  el  Khamis,  el-Giumaa,  el  EITabt. 

II  1863  é  il  1279  de'  maomettani  e  secondo  l'uso  di  Costantinopoli  comincia  al 
29  giugno. 

g  14.   —  Epoche, 

«  Come  nel  considerare  un  mappamondo  (dice  Bossuet)  voi  uscite  dal  paese  natale 
per  iscorrere  tutta  la  terra  abitabile,  e  l'abbracciate  col  pensiero,  coi  mari  e  i  paesi 
tutti  ;  così  considerando  il  compendio  cronologico,  uscite  dagli  angusti  limiti  della  vo- 
stra età,  e  vi  estendete  in  tutti  i  secoli.  Ma  come  per  ajutar  la  memoria  nella  cono- 
scenza de'  luoghi  si  ritengono  certe  città  principali,  attorno  a  cui  si  collocano  le  altre, 
ciascuna  secondo  la  sua  distanza;  così  nell'ordine  de' secoli  bisogna  aver  certi  tempi, 
determinati  da  qualche  grande  avvenimento,  ai  quali  si  riferisce  tutto  il  resto  (i)  ». 
Questi  chiamansi  epoche  dal  greco  irro/j,  riposo,  il  periodo  ripigliasi  dopo  finito  il  suo 
corso:  l'epoca  apre  o  termina  uno  spazio  nella  durata.  Le  epoche  sono  o  sacre  o  ec- 
clesiastiche 0  civili,  secondo  sono  tratte  dalla  santa  Scrittura,  dalla  storia  della  Chiesa, 
0  da  quella  degli  Stati.  Giusta  le  varie  divisioni  si  distinguono  anche  i  tempi  dell'an- 
tico  e  del  nuovo  Testamento  ;  della  legge  di  natura^  l'^99s  scritta,  e  legge  di  Grazia; 
tempi  oscuri,  favolosi,  storici;  secoli  d'oro,  d'argento,  di  rame,  di  ferro;  e  così  altre 
denominazioni  arbitrarie.  I  cronologi  sogliono  fissare  le  seguenti  epoche  : 

STORIA    ANTICA. 

Anno  del  mondo     Durala  dell'epoca 

I.  Dalla'creazione  ardiluvio 1636  1636 

II.  —  alla  presa  di  Troja  .  .  .  2820  1164 
IH.  —  alla  fondazione  di  Roma  .  3233  433 
IV.             —           a  Ciro 5468  215 

V.  —  ad  Alessandro      ....     3674  206 

VI.  —  alla  distruzione  di  Cartagine    3839  185 

VII.  —  a  Cristo       4004  143 

(I)  Tantolcalra  questo  paragone  della  cronologia  universale  col  niappaniondo,  che  si  fpccro  dei  quadri 
rappresentanti  il  corso  degli  avvenimenti  coll'origine  e  la  cessazione  degli  imperi,  il  confluire  o  separarsi 
di  loro,  il  perdersi  un  nell'altro  ecc.  In  queste  tavole  sinottiche  si  tirano  alcune  lince  orizzontali,  the  stabi- 
liscono il  sincronismo  degli  avvenimenti  e  de'  personaggi;  mentre  le  colonne  verticali  danno  i  princìpi  egli 
nomini  illustri. 


Bpocnt:  21 

STORIA    MODKRNA. 

Addì  di  Cristo       Uurata  dell'epoca 

I.  Da  Crislo  a  Costantino '311  3H 

II.  —        ad  Augustolo 476  165 

ni.        —        a  Maometto 622  146 

IV.        —        a  Carlo  Magno 800  178 

V.  —  alla  prima  Crociata 1095  295 

VI.  —  alla  presa  di  Cost.iutinopoli     .     .  1453  358 

VII.  —  alla  pace  di  Weslfalia    .     .     .  1648  195 

vili.  —  alla  Rivoluzione  francese    .     .     .  1789  141 

IX.  —  a  noi           1862 

Noi  abbiamo  diviso  in  xviii  epoche  la  nostra  Storia  Universale:  per  sotto- 
porre quasi  in  un  panorama  ai  lettori  il  viaggio  che  in  quella  facciamo,  offriremo 
una  tavola  sincrona  degli  avvenimenti  di  ci;iscun'epoca.  Non  occorre  ripetere  che  la 
precisione  cronologica  è  cosa  nuova,  e  che,  quanto  ai  tempi  antichi,  bisogna  accon- 
tentarsi di  un  press'a  poco.  Persone  di  gran  merito  presero  a  disporre  per  tempi  gli 
avvenimenti  primevi,  ma  ciascuno  fece  un  sistema  proprio  in  contraddizione  cogli  altrui, 
eppur  dimostrato  con  argomenti  di  egual  peso. 

EPOCA  1. 

Creazione,  diluvio,  dispersione  degli  uomini  —  Un'indicazione  numerica  non  può 
essere  che  approssimativa  rispetto  al  diluvio  ;  e  resteranno  sempre  molti  secoli  fra 
questo  cataclisma  e  le  prime  contezze  della  storia  profana. 

KPOCA  li. 

2514    Ciuenbio  ;  |)rime  date  storiche  nella  Cina. 
2450.  Mene  o  Menete,  primo  re  d'Egitto. 
2357.  Yao  regna  alla  Cina 

2272.  Osimandia?  primo  re  della  xvi  dinastia  egiziana. 
2214.  Thare,  figlio  di  Nacor  e  padre  di  Abramo. 
2151.  Belo  re  d'Assiria,  regna  65  anni. 

21 4i.  Nascita  di  Abramo  nel  128  anno  della  xvi  dinastia  egiziana. 
2117.  Egialeo  re  di  Sidone,  regna  52  anni 
2086.  Nino  succede  a  Belo,  e  regna  32  anni. 

2082.  Invasione  dei  Pastori  in  Egitto,  fine  della  dinastia  xvi;  due  dinastie  contempo- 
ranee in  Egitto  (quella  dei  Pastori,  e  la  xvii  dei  Faraoni);  sussistono  261  anni. 
2069.  Vocazione  d'Abramo,  di  anni  75. 
2065.  Europo  succede  ad  Egialeo,  e  regna  45  anni. 
2044.  Àbramo  centenario  genera  Isacco,  e  muore  75  anni  dopo. 
2034.  Semiramide  succede  a  Nino  di  42  anni. 
2020.  Telchino,  successore  d'Europo  a  20  anni 
2000.  Api  gli  succede,  e  regna  23  anni. 

1992.  Zameis  o  Ninia,  successore  di  Semiramide  (38  anni).  Comincia  il  regno  di  Creta? 
1984.  Isacco  sessagenario  genera  Giacobbe,  padre  degl'Israeliti. 
1975.  Telesione  succede  ad  Api  in  Sidone  (52  anni). 
1970.  Colonia  d'Inaco  ad  Argo. 
1954.  Ario,  successore  di  Nmia  (30  anni). 
1945.  Foroneo  figlio  d'Inaco. 
1924.  Arabo  succede  ad  Ario  (40  anni). 
1923.  Egidro,  successore  di  Telesione  (3i  anni). 

1916.  Principio  del  regno  di  Creta,  secondo  l'opinione  più  probabile.  Creteo  primo  re. 
1894.  Giacobbe  nonagenario  genera  Giuseppe. 
1889.  Turimaco  succede  ad  Egidro  a  Sidone. 
1884.  Serse  succede  ad  Aratio  in  Assiria  (30  anni). 

1864.  Giuseppe  ministro  in  Egitto  pei  re  Pastori  che  occupano  Memfi,  mentre  i  Fa- 
raoni restano  padroni  d'una  parte  dell'alto  Egitto  e  della  costa  d'Arabia. 


22  CRONOLOCIi 

1854.  Giacobbe  e  i  suoi  figli  migrano  in  Egitto,  e  vi  ritrovano  Giuseppe. 

Armamitri  successore  di  Serse  (38  anni). 

1845.  Fondazione  supposta  di  Sparta  per  opera  di  Sparto,  figlio  di  Foroneo. 
1837.  Morte  di  Giacobbe. 

1827.  Misfra-Tutmosi,  sesto  re  della  xvii  dinastia  dei  Faraoni  in  Egitto,  che  faceva  la 

guerra  ai  Pastori  padroni  del  basso  Egitto,  giunge  a  rinchiuderli  in  Avaris. 

1822.  Amosi  Tutmosi  figlio  del  precedente  ,  capo  della  xviii  dinastia  egizia  ,  sale  al 

trono,  e  fa  uscire  i  Pastori  dal  suo  regno  in  conseguenza  di  un  trattato. 
1816.  Beloco  successore  d'Armamitri  (35  anni). 
1796.  Diluvio  d'Ogige  nella  Beozia. 
1790.  Colonia  di  Pelasgi  condotta  in  Italia  da  Enotro. 
1784.  Morte  di  G  useppe  figlio  di  Giacobbe,  Schiavitù  degli  Ebrei  in  Egitto. 
1744.  Gli  Etiopi  s'avanzano  dal  mezzodì  verso  la  frontiera  d'Egitto. 
1742.  Agenore,  sesto  successore  d'inaco  in  Argo. 
1718.  Nascita  di  Mosè. 
1657.  Colonia  di  Cecrope  ad  Atene. 
1632.  Uscita  degli  Ebrei  dall'Egitto. 
1594.  Colonia  di  Cadmo  a  Tebe  di  Beozia. 
1586.      —       di  Danao  ad  Argo. 
1580.  Diluvio  di  Deucalione  in  Tessaglia. 
1547.  1  primordj  delle  arti  nella  Grecia. 

1500.  Durante  il  xviii,  xvii,  xvi  e  xv  secolo  av.  l'èra  cristiana,  i  re  egizj  innalzano 
i  più  bei  monumenti,  e  scavano  meravigliose  grotte  nell'Egitto  e  nella  Nubia. 
1473.  Regno  di  Ramses  il  grande  o  Sesostri  in  Egitto. 
1458.      _      di  Perseo  ad  Argo.  Fondazione  di  Sagunto  in  Ispagna. 
1423.  Arriva  Pelope  nella  Grecia. 

1360.  Spedizione  degli  Argonauti.  Orfeo  e  molti  altri  poeti  greci. 
1351.  Più  antiche  eruzioni  dell'Etna.   A  cagione  di  queste  i  Sicani  si  ritirano  verso 
l'estremità  dell'isola  di  Sicilia.   I  Pelasgi  abbandonano  la  costa  d'Etruria, 
cacciali  dalle  eruzioni  dei  vulcani  del  centro  e  della  costa  d'Italia. 
1330.  Colonia  di  Evandro  in  Italia. 
1329.  Prima  guerra  tebana  tra  i  figli  d'Edipo. 
1319.  Seconda  guerra  lebana  fra  gli  Epigoni. 
1297.  Regno  di  Agamennone. 

1280.  Presa  e  distruzione  di  Troja.  Thuori,  ultimo  re  della  xix  dinastia  egizia. 
1270.  Cclonia  di  Enea  in  Italia. 
1269.  Principio  della  xx  dinastiafin  Egitto. 
1202.  Omero  secondo  Eratostene;  80 anni  dopo,  secondo  altri  scrittori  greci;  nel  1040, 

seguendo  Apollodoro;  e  giusta  l'opinione  comune  verso  il  900. 
1137.  Fondazione  di  Cartagine? 
1101.  XXI  dinastia  egiziana. 

1092.  Morte  di  Codro,  ultimo  re  di  Atene.  Stabilimento  degli  arconti  perpetui. 
1076.  Passaggio  degli  Jonj  nell'Asia  Minore. 
1006.  Salomone  incomincia  la  costruzione  del  tempio  di  Gerusalemme 

971.  Sesonchi  o  Sesao,  primo  re  della  xxii  dinastia  egiziana. 

966.  Morte  di  Salomone.  Divisione  del  suo  regno. 

962.  Nel  quinto  anno  del  regno  di  Roboamo,  Sesac  re  d'Egitto  invade  il  regno  di 
Giuda,  prende  Gerusalemme,  e  saccheggia  il  tempio. 

947.  Fondazione  di  Samo  e  di  Smirne. 

930.  Esiodo? 

884.  Giuochi  olimpici  ristabiliti  da  Licurgo  re  di  Sparta,  da  Ifito  nell'Elide,  e  da 
Cleostene  a  Pisa.  Alcuni  storici  si  sono  serviti  dell'era  delle  Olimpiadi  di  Ifito. 

867.  Talete  di  Creta  fa  conoscere  l'importanza  della  legislazione  di  Licurgo. 

851.  Principio  della  xxiii  dinastia  in  Egitto. 

841.  Morte  di  Licurgo. 

820.  Arbace,  distrutto  l'impero  d'Assiria,  viene  eletto  primo  re  dei  Medi. 

816=  Proca  Silvio  re  dei  Latini. 


epocne  2d 

813.  Carano  primo  re  di  Macedonia.  Alcamene  re  di  Sparta. 

798.  Agameslore  governa  gli  Ateniesi. 

795.  Amulio  Silvio,  re  dei  Latini,  regna  43  anni. 

778.  Eschilo  succede  ad  Agamestore  in  Atene. 

EPOCA   111. 

776.  In  luglio  entrante,  èra  delle  Olimpiadi  di  Corebo. 

762.  XXIV  dinastia  egiziana. 

753.  21  aprile,  èra  della  fondazione  di  Roma.  Regno  di  Romolo. 

747.  26  febbrajo,  èra  di  Nabonassar  re  di  Babilonia. 

721.  Eclissi  di  luna  (19-20  marzo)  osservato  a  Babilonia. 

718.  L'etiope  Sabacone  s'impadronisce  dell'Egitto:  è  capo  della  xxv  dinastia  egiziana. 

715.  Numa  Pompilio  succede  a  Romolo,  ed  aggiunge  due  mesi  all'anno  che  non  ne 

avea  che  dieci. 
708.  Fallante  da  Sparta  conduce  una  colonia  a  Taranto. 
684.  Epoca  del  poeta  Tirteo? 
683.  Gli  arconti  d'Atene  diventano  annui. 

674.  Principio  della  xxvi  dinastia  d'Egitto.  Tulio  Ostilio  succede  a  Numa. 
658.  Epoca  di  Cipselo,  che  s' impadronisce  del  trono  di  Corinto.  Fondazione  di  Bi- 
sanzio fatta  dai  Megaresi. 
642.  Anco  Marzio  succede  a  Tulio  Ostilio  in  Roma. 
640.  Talete. 

624.  Legislazione  di  Dracone,  arconte  di  Atene. 
619.  Tarquinio  Prisco  re  di  Roma. 
618.  Distruzione  del  tempio  di  Gerusalemme  fatta  da  Nabucodònosor.  Schiaviti!  degli 

Ebrei. 
600.  Pitagora  muore.  Marsiglia  fondata  dai  Focesi. 
597.  Eclisse  di  sole  predetto  da  Talete. 
594.  Arcontato  e  legislazione  di  Solone. 
593.  Viaggi  di  Solone  in  Egitto,  in  Cipro,  in  Lidia. 
592.  Servio  Tullio  succede  a  Tarquinio  Prisco  in  Roma. 
581.  Prima  Pitiade  per  i  computi  storici. 
580.  Primo  saggio  della  commedia  in  Grecia,  fatto  da  Susarione,  pochi  anni  prima 

di  Tespi. 
560.  Tirannia  di  Pisistrato.  Ciro  ascende  al  trono:  principio  del  regno  dei  Persiani. 

Anassimandro  compone  carte  geografiche,  ed  Anassimene  inventa  il  quadrante 

solare. 
548.  Incendio  del  tempio  di  Delfo.  Tarquinio  Superbo  succede  a  Servio  Tullio  a  Roma. 
529.  Morte  di  Ciro:  suo  figlio  Cambise  gli  succede. 

525.  Cambise  occupa  e  devasta  l'Egitto:  è  capo  della  xxvii  dinastia,  quella  dei  Persiani. 
521.  Dario  succede  a  Cambise. 
520,  Edificazione  del  tempio  di  Gerusalemme  fatta  da  Zorobabele:  fine  della  schiavitìi 

d'Israele  :  Aggeo  e  Zaccaria  profeti. 
513.  Cacciata  di  Tarquinio  Superbo:  stabilimento  della  repubblica  romana  e  dei  consoli. 
510.  Dario  assoggetta  Babilonia  ai  Persiani. 
508.  Spedizione  di  Dario  contro  gli  Sciti. 
490.  Battaglia  di  Maratona,  vinta  da  Milziade. 
485.  Serse  succede  a  suo  padre  Dario. 
480.  Combattimento  alle  Termopile:  battaglia  di  Salamina.  In  Grecia  la  gloria  delle 

arti  e  della  filosofia  eguaglia  quella  delle  armi. 
469.  Eschilo  e  Sofocle  si  disputano  il  premio  della  tragedia  :  è  dato  a  Sofocle. 
464.  Artaserse  Longimano  succede  a  Serse,  e  regna  41  anno. 
449.  Cimone  costringe  quel  re  a  trattato  vergognoso. 
444.  Erodoto  legge  le  sue  Muse  ai  giuochi  olimpici.  I  filosofi  Melisso,  Protagora  ed 

Empedocle  fioriscono.  Pericle  ottiene  potere  quasi  assoluto, 
437.  Costruzione  de'  Propilei  nella  cittadella  d'Atene. 
436.  Democrito,  Ippocrate,  Gorgia,  Zenone  d'Elea  e  Socrate. 


24  CRONOLOGIA 

43i.  I  Fidenali  devaslano  il  (errilorio  romano  in  tempo  di  peste.  Morte  di  Pindaro. 
•432.  27  giugno,  Melone  osserva  il  solstizio  d'estate.  Fidia  fa  la  sua  Minerva  del  Par- 
tenone in  Atene. 
431.  Guerra  del  Peloponneso, 

450.  Peste  ad  Atene.  Postumio  trionfa  degli  Equi  e  dei  Volsci. 
429.  Morte  di  Pericle, 
428.  Nascita  di  Platone. 
424.  Socrate  salva  la  vita  a  Senofonte  nella  battaglia  di  Delo,  vinta  dai  Beoti  contro 

gli  Ateniesi.  1  Sanniti  occupano  Capua.  Hegna  Dario  II  Noto  in  Persia. 
423.  Prime  rappresentazioni  delle  Nubi  d'Aristofane. 
421.  Tre^'ua  di  cinriuantanove  anni  fra  Atene  e  Sparta. 
419.  Sollevazione  de^li  schiavi  a  Roma. 
416.  Alene  intraprende  la  guerra  di  Sicilia,  comandata  da  Alcibiade,  Nicla  e  La- 

maco. 
413.  Disfalla  degli  Ateniesi  in  Sicilia. 
412.  Alleanza  degli  Spartani  con  Dario  H  di  l'ersia. 

410.  Annibale,  figlio  di  Giscone,  mandato  in  Sicilia  da  Cartagine,  alleata  cogli  Egiziani. 
409.  Selinunte  presa  da  Annibale,  Pilos  dagli  Spartani,  Calcedonia  da  Teramene,  e 

Bisanzio  da  Alcibiade. 
40G.  Dionigi  il  vecchio  sul  trono  di  Siracusa.  Morte  di  Sofocle.  Incendio  del  tempio 

di  Minerva  in  Atene. 
40*.  Presa  d'Atene,  xxvm  dinastia  egiziana  (Saitica).  Morte  d'Alcibiade. 
402.  Ristabilita  la  democrazia  in  Atene  :  arcontato  di  Euclide. 

Spedizione  del  giovine  Ciro. 

399,  Morte  di  Socrate. 

398.  XXIX  dinastia  egiziana  (Mendesia*.  Avvenimenti  prodigiosi  a  Roma. 

396.  Alleanza  d'Agesilao  con  Neferite  re  d'Egitto. 

392.  Grandi  Giuochi  in  Roma.  Vittoria  di  Trasibulo  comandante  degli  Ateniesi. 

391.  Morie  di  Tucidide.  I  Galli  in  Italia:  occupano  Roma. 

388.  Dionigi  di  Siracu.^a  concorre  ai  giuochi  olimpici. 

387.  Callislene  continua  la  Storia  greca  di  Antalcide.  Eudosso  di  Gnido  pubblica  le 

sue  opere. 
386.  Evagora,  re  di  Cipro,  fa  alleanza  cogli  Egiziani  contro  Artaserse. 
384.  Nascita  di  Aristotele.  Manlio  è  precipitalo  dalla  rupe  Tarpea. 
383.  Guerra  del  re  Dionigi  contro  Cartagine:  successi  diversi. 
581.  Vittoria  di  Camillo  contro  i  Volsci. 
380.  Aminia,  padre  di  Filippo,  re  di  Macedonia. 
377.  Combattimento  navale  di  Nasso  :  disfatta  degli  Spartani,  xxx  dinastia  egiziana 

(Sebeniiica). 
375.  Artaserse  si  dispone  ad  attaccar  l'Egitto. 
372.  Apparizione  di  una  cometa.  Tremuoto  nel  Peloponneso. 
371.  A  (.entra  gli  Spartani  sono  vinti  dai  Tebani. 
3G9.  Camillo  dittatore  a  Roma. 
366.  Sesto,  primo  console  plebeo  in  Roma. 
363.  Hrenno  coi  Galli  nei  dintorni  di  Bisanzio. 
362.  B;iltaglia  di  Mantinea.  Morte  di  Epaminonda. 
361.  Terzo  viaggio  di  Platone  in  Sicilia. 

360.  Filippo  re  di  Macedonia.  Morte  di  Senofonte.  1  Galli  battuti  alle  porte  di  Roma. 
S.'JS,  Guerra  Sociale. 

3.06.  Principio  della  guerra  Sacra.  Nasce  Alessandro  Magno. 
3oO.  Scuola  di  Aristotele. 
3i7.  Morte  di  Platone.  Fine  della  guerra  Sacra. 
346.  Alleanza  tra  Filippo  e  gli  Ateniesi. 
343.  Trattalo  fra  Roma  e  Cartagine. 
341.  Nascita  di  Epicuro  e  di  Monandro:  cometa. 

340,  Imilcone  cartaginese  giunge  alle  isole  Cassiteridi  (la  Gran  Bretagna). 
339.  Battaglia  di  Cheronea.  xxxi  dinastia  egizia,  quella  de'  Persiani. 


EPOCHE  25 

336.  Morte  di  Filippo.  Alessandro  re.  Dario  111  re  di  Persia.  Viaggio  di  Annone  fin 

al  capo  Bianco  ed  al  capo  delle  Tre  Punte. 
33-2.  Alessandro  Magno  conquista  l'Egitto.  Una  mappa  della  sua  conquista,  sopra  lastra 

d'oro,  viene  deposta  nel  tempio  di  Giove  Amnione. 
330.  Pitea  di  Marsiglia  viaggia  fino  a  Tuie. 
328.  Filemone:  rappresentazione  delle  sue  commedie. 
327.  Alessandro  vince  Poro  re  delle  Indie. 
326.  Continuano  le  guerre  dei  Romani  contro  i  Sanniti. 
324.  Morte  di  Alessandro  il  Grande.  Tolomeo  Solerò  governa  l'Egitto. 

EPOCA    IV. 

323.  La  Cirenaica  unita  all'Egitto. 

322.  Il  corpo  d'Alessandro  ricevuto  in  Egitto.  Morte  di  Aristotele  e  di  Demostene. 

321.  Nuova  divisione  degli  Stati  d'Alessandro  fra' suoi  generali.  Le  Forche  Caudine. 

318.  Morte  di  Filippo  Arideo,  fratello  di  Alessandro  il  Grande;  di  Olimpia  sua  madre  (316). 

315.  Tolomeo  Solerò  proclama  la  libertà  delle  città  greche. 

312.  Principio  del  regno  dei  Seleucidi  a  Babilonia.  Continuazione  della  guerra  fra  i 
successori  d'Alessandro. 

305.  Essi  si  dichiarano  re. 

301.  Battaglia  d'Isso,  in  cui  Antigono  perde  la  vita. 

297.  Tolomeo  Solerò  riconquista  l'isola  di  Cipro,  ed  incomincia  la  costruzione  del  Faro. 

296.  Vittoria  de'  Romani  contro  i  Sanniti. 

293.  Morte  del  comico  Menandro. 

288.  Alleanza  contro  Demetrio  re  di  Macedonia,  il  quale  viene  sbalzato  dal  trono. 

287.  Arrivo  portentoso  del  dio  Serapide  ad  Alessandria. 

283.  Morte  di  re  Tolomeo  Solerò.  I  Romani  occupano  Crotone. 

282.  Demetrio  Falereo  esiglialo  dall  Egitto.  Sostrato  termina  il  Faro. 

276.  Traduzione  greca  dei  libri  ebraici  (versione  detta  dei  Settanta). 

275.  Pirro  battuto  dai  Romani  in  Italia. 

272.  Timocari  fa  tre  osservazioni  di  venere.  Vittoria  dei  Romani  contro  i  Tarentini,  i 
Sanniti  ed  i  Cartaginesi  alleati. 

269.  Licone  succede  a  Stratone  come  capo  della  scuola  peripatetica. 

258.  Tolomeo  Filadelfo  in  Alessandria  :  protegge  le  arti  e  i  filosofi  di  quella  scuola. 

256.  Vittoria  navale  de'  Romani  contro  i  Cartaginesi. 

255.  Dinastia  degli  Tsing  nella  Cina. 

253.  Secondo  naufragio  dei  Romani  nella  lor  guerra  d'Africa. 

251.  Tolomeo  Filadelfo  aumenta  la  biblioteca  d'Alessandria. 

2i5.  Principio  d'una  spedizione  di  Tolomeo  Evergete  re  d'Egitto  in  Asia:  scorre  la 
Babilonia,  la  Susiana,  la  Persia  fin  alla  Battriana. 

242.  Eratostene,  bibliotecario  di  Alessandria. 

240.  Tolomeo  Evergete  è  dichiarato]protettore  della' lega  Achea. 

237.  Asdrubale,  mandato  in  Ispagna,  conduce  seco  Annibale  di  nove  anni. 

230.  Tolomeo  Evergete  perfeziona  la  caccia  degli  elefanti,  e  li  fa  domare  per  servirsene 
in  battaglia.  Guerra  dei  Romani  contro  l'Illiria. 

229.  Corcira,  staccatasi  dall'llliria,  si  assoggetta  ai  Romani. 

228.  Asdrubale  succede  ad  Amilcare. 

226.  I  Romani  raccolgono  grandi  forze  per  resistere  ai  Galli. 

223.  Vittoria  dei  Romani  contro  i  Galli:  i  Romani  passano  il  Po  per  la  prima  volta. 

219.  Annibale  prende  Sagunto. 

217.  Battaglia  di  Rafia.  Antioco,  re  di  Siria,  vinto  da  Tolomeo  Filopatore.  Al  Trasi- 
meno, i  Romani  vinti  da  Annibale, 

216.  Battaglia  di  Canne. 

212.  Morte  dei  due  Scipioni  in  Ispagna. 

207.  Asdrubale  in  Italia. 

206.  Dinastia  degli  Han  nella  Cina. 

202.  Lepido,  Nerone  e  Sempronio  annunziano  a  Tolomeo  Epifane  la  disfatta  dei  Car« 
taginesi. 


26  CRONOLOGI 

200.  Ipparco  osserva  l'eclisse  lunare  del  i2  settembre. 

198.  I  Romani  occupano  l'Eubea, 

•193.  Annibale  induce  Antioco  a  far  guerra  ai  Romani. 

194.  Per  la  prima  volta  il  senato  romano  assiste  agli  spettacoli  pubblici  separatamente 

dal  popolo. 
191.  Antioco  III  il  Grande,  re  di  Siria,  e  Roma  si  dichiarano  guerra.  Tolomeo  Epifane 

offre  soccorsi  ai  Romani. 
190.  Disfatta  di  Antioco:  i  Romani  entrano  in  Asia. 
189.  Tolomeo  rinnova  i  trattati  cogli  Ateniesi.  Gli  Spartani  abbandonano  la  lega  Achea 

per  allearsi  coi  Romani. 
187.  Vittorie  dei  Romani  nell'Etolia,  nella  Gallo-Grecia,  in  Liguria  ecc. 
18S.  Alcuni  inviati  di  Eumene  e  dei  Greci  portano  querelerai  senato  contro  Filippo  re 

di  Macedonia. 
183.  Questi  invia  suo  figlio  Demetrio  per  iscusarsi  davanti  al  senato.  Morte  di  Annibale. 
180.  il  giovine  re  d'Egitto  Tolomeo  Filometore  è  posto  sotto  la  tutela  di  Roma. 
179.  Sempronio  Gracco,  pretore  nella  Spagna  Citeriore,  distrugge  trecento  città  dei 

Celtiberi. 
177.  Lite  fra  i  Liei  e  quei  di  Rodi,  decisa  a  Roma. 
174.  Perseo,  successore  di  Filippo,  muove  guerra  a  Roma. 
172.  Due  consoli  plebei  a  Roma  per  la  prima  volta. 
169.  Morte  del  poeta  Ennio. 
167.  La  Macedonia  provincia  romana. 

166.  Popilio  va  in  Egitto,  ed  obbliga  Antioco  IV  Epifane  redi  Siria  a  sgombrarne, 
163.  Tolomeo  Evergete  II  re  d'Egitto  a  Roma. 
163.  Assedio  di  Gerusalemme,  fatto  da  Antioco  V  Eupatore  re  di  Siria. 
161.  Legge  Fannia  contro  il  lusso  in  Roma. 
160.  Continua  la  divisione  fra  i  due  re  d'Egitto.  11  Filometore  difende  i  suoi  diritti 

con  fortuna;  fa  sottomano  guerra  al  re  di  Siria. 
159.  Morte  di  Plauto  poeta  comico. 
156.  Vittoria  dei  Romani  in  Dalmazia. 

154.  I  censori  fanno  costruire  un  teatro  di  pietra  a  Roma.  Pacuvio  tragico. 
152.  Guerra  dei  Romani  in  Lusitania. 
150.  Onia,  sommo  sacerdote  degli  Ebrei  in  Egitto,  domanda  pel  loro  culto  il  tempio 

di  Rubaste.  Terza  guerra  punica. 
147.  Filometore  muore.  Evergete  II  ne  sposa  la  vedova,  uccide  il  figlio,  e  sale  al  trono. 

Pei  disordini  vien  cacciato;  ritorna;  studia  la  zoologia. 
146.  Cartagine  distrutta  da  Scipione. 

EPOCA    V. 

143.  La  Celtiberia  si  ribella.  Metello  console  la  torna  al  dovere. 

141,  Guerra  di  Numanzia. 

138.  Il  proconsole  Popilio  è  disfatto  dai  Numantini. 

137.  1  Romani  sconfiiti  accettano  una  pace  vergognosa. 

135.  Guerra  degli  schiavi  in  Sicilia. 

134.  Scipione  in  Ispagna. 

133.  Il  regno  di  Pergamo  ereditato  da  Roma.  Numanzia  distrutta  da  Scipione.  Tiberio 

Gracco. 
130.  Nuovo  censo  a  Roma  ;  conta  368,633  cittadini. 
125.  Principio  delle  guerre  de'  Romani  contro  i  Galli  transalpini. 
123.  Ristabilita  Cartagine  con  cattivi  auspizj. 
122.  Dionigi  mette  in  rotta  gli  Allobrogi  e  gli  Alverni  popoli  Galli. 
121.  La  Gallia  Narbonesc  provincia  romana. 
112.  L'Egitto  continua  a  prender  parte  ne'  litigi  della  Siria. 
111.  Guerra  fra  Giugurta  e  i  Romani. 
109.  I  Cimbri  scacciati  dalle  Gallie  entrano  in  Italia. 
106.  Quinto  Cepione  prende  Tolosa  con  grandi  ricchezze. 
104.  Trionfo  di  Mario  contro  Giugurta. 


EPOCHE  27 

103.  Morte  di  Turpilio  poeta  comico,  e  di  Lucilio  satirico. 

102.  Vittoria  di  Mario  contro  i  Cimbri  ed  i  Teutoni  nei  dintorni  d'Aix  in  Provenza. 

99.  Doiabella  sottomette  il  Portogallo. 

96.  f^a  Cirenaica  lasciata  ai  Romani  per  legato  dal  re  Apione. 

94.  Siila  rimette  Ariobarzane  sul  trono  di  Cappadocia. 

91.  Guerra  de'  Romani  contro  i  Marsi.  Guerra  Sociale. 

88.  Guerra  contro  Mitradate,  il  quale  inquietava  Ariobarzane  e  Nicomede. 

87.  Roma  attaccata  da  quattro  eserciti  di  rivoltosi,  comandati  da  Mario,  Cinna,  Carbone 
e  Sertorio. 

86.  Lucullo,  di  ritorno  da  Cipro,  va  alla  corte  di  Tolomeo  Sotero  II.  Nasce  Catullo. 

85.  Nuovo  censo  a  Roma,  che  dà  463,000  cittadini. 

82,  Mario  vinto  da  Siila  a  Preneste  :  si  uccide.  Nasce  il  poeta  Terenzio. 

81.  Tolomeo  Alessandro  II,  re  d'Egitto:  i  disordini  continuano  in  questa  corte:  Siila 
protegge  quel  re  che,  dopo  la  morte  del  dittatore ,  viene  scacciato.  Pompeo 
trionfa  dell'Africa. 

79.  Siila  rinunzia  la  dittatura,  muore,  ed  è  sepolto  nel  Campo  Marzio. 

75.  La  Bitinia  eredità  di  Roma, 

75.  Guerra  degli  schiavi  in  Italia. 

71.  Primo  scontro  dei  Romani  cogli  Scili. 

70.  Discussione  a  Roma  sulla  legittimità  del  re  d'Egitto,  Tolomeo  Aulete.  Vittorie  di 
Lucullo  nel  regno  del  Ponto  :  va  quindi  in  Armenia. 

68.  Guerra  di  Creta. 

66.  Giulio  Cesare  e  Marco  Crasso  disputano  uovamente  pei  diritti  di  Roma  sul  possedi- 
mento dell'Egitto:  i  disordini  dell'Aulete  l'obbligano  a  mettersi  sotto  la  prote- 
zione di  Roma.  Cicerone  pretore.  Congiura  di  Pisone,  di  Catilina  e  d'Antonio. 

64.  Fraate  III,  re  dei  Parti,  contro  Tigrane. 

59.  Giulio  Cesare  va  a  Roma  per  domandare  il  consolato. 

58.  Unione  di  Cipro  all'impero  romano.  Cicerone  esigliato. 

55.  Crasso  comanda  in  Siria,  Pompeo  in  Ispagna,  Cesare  nelle  Gallie. 

52.  Morte  di  Tolomeo  Aulete.  Principio  del  regno  di  Cleopatra,  ultima  dei  Lagidi. 
Insurrezione  delle  Gallie  contro  Cesare,  che  prende  Avarico,  Alesia  e  Gergovia, 
e  fa  prigioniero  Vercingetorige. 

48.  Vittoria  di  Cesare  a  Farsaglia  contro  Pompeo,  il  quale  si  rilira  in  Egitto,  ov'è  uc- 
ciso. Cesare  vi  approda  poco  dopo,  vuole  regolarne  gli  affari.  Guerra  d'Alessandria. 

46.  Cleopatra  ed  il  suo  secondo  marito  Tolomeo  assistono  al  trionfo  di  Giulio  Cesare 
a  Roma. 

45,  Cleopatra  vedova  regna  sola.  Riforma  del  calendario  romano  fatta  da  Giulio  Cesare, 
Èra  Giuliana. 

43.  Uccisione  di  Giulio  Cesare.  Triumvirato  di  Ottaviano,  Antonio  e  Lepido,  assecon- 
dato da  Cleopatra. 

42.  Peste  e  carestia  in  Egitto.  Cesarione,  figlio  di  Giulio  Cesare  e  di  Cleopatra,  vi  as- 
sume il  titolo  di  re. 

4i.  Antonio  va  dalla  Cilicia  in  Egitto  con  Cleopatra. 

38.  Fa  guerra  in  Armenia. 

37.  Antonio  e  Cleopatra  celebrano  un  trionfo  in  Alessandria,  dopo  occupata  l'Armenia. 

34.  Ottaviano  prepara  la  guerra  contro  Antonio:  il  senato  la  dichiara  a  Cleopatra. 

31.  Battaglia  d'Azio  ;  Antonio  e  Cleopatra  fuggono  in  Egitto. 

30,  Alessandria  presa  da  Ottaviano.  Antonio  e  Cleopatra  si  danno  la  morte.  L'Egitto 
provincia  romana. 

27.  Il  titolo  di  Augusto  è  decretato  dal  senato  ad  Ottaviano. 

25.  Anno  deciniolerzo  del  regno  d'Erode.  Carestia  in  Palestina. 

23.  La  tribunizia  podestà  del  popolo  ed  il  proconsolato  dati  ad  Ottaviano  Augusto. 

2J.  Costui  invia  una  colonia  a  Siracusa,  ricolma  di  benefizj  gli  Spartani,  e  maltratta 
gli  Ateniesi  fautori  di  Antonio. 

19.  Vittoria  di  Agrippa  sui  Cantabri.  Erode  ristabilisce  il  tempio  di  Gerusalemme, 

17.  Giuochi  secolari  dati  a  Roma  da  Augusto. 

14.  Incendio  del  tempio  di  Vesta  a  Roma. 


28  CROKOLOGI/k 

13.  Augusto  è  creato  pontefice  massimo. 
a.  Vittorie  di  Druso  di  là  del  Reno. 
7.  Vittorie  di  Tiberio  contro  i  Germani. 
6.  Nascita  di  Gesù  Cristo,  secondo  san  Clemente;  nel  5,  secondo  Giuseppe  Flavio;  nel 

3,  secondo  Baronio. 
2.  Augusto  ottiene  il  decimoterzo  consolato. 

1.  25  dicembre.  Nascita  di  Gesù  Cristo  a  Betlem  in  Giudea,  secondo  la  cronologia  vul- 
gare.  Augusto  regnava  a  Roma  già  da  trent'anni,  incominciando  dalla  battaglia 
d'Azio:  Cicerone  era  morto:  Virgilio,  Ovidio,  Orazio  fiorivano:  i  Galli  sottoposti 
ai  Romani. 

Èra  cristiana. 

2-10.  Morte  di  Erode  :  Giuseppe  e  la  Vergine  ritornano  a  Nazaret  (2).  Carestia  a  Roma 

(7).  Atene  vuol  sottrarsi  al  giogo  romano  (10).  Lo  studio  delle  lettere  fiorisce 

nelle  Gallie. 
11-20.  Augusto  rinnova  il  censo;  a  Roma  si  trovano  4,137,000  cittadini  (13J.  Tito  Livio 

muore  a  Padova  (18).  Tredici  città  dell'Asia,  Efeso,  Magnesia,  ecc.  sono  rovinate 

dal  tremuoto. 

El'OCA    VI. 

21-30.  Tiberio  nomina  Ponzio  Pilato  [trocuralore  della  Giudea  (20).  Gesù  Cristo  predica 
il  vangelo  (29). 

31-40.  Elegge  i  suoi  apostoli  (31).  Sua  passione  e  morte  (32).  San  Paolo  va  a  conferire 
con  san  l'ietro  a  Gerusalemme  (37).  Moderazione  di  Caligola  (38)  :  sua  ferocia  (40), 

41 -SO.  San  Pietro  a  Roma  (42j.  il  nuovo  censo  dà  a  Roma  6,844,000  anime  (46).  Alcune 
Provincie  della  Gallia  ricevono  da  Roma  il  diritto  di  cittadinanza  (48j. 

SI -60.  Alcuni  Gentili  di  Gerusalemme  abbracciano  il  cristianesimo  (51).  Nerone  regna 
(54).  Stazio  Orsolo,  retore  di  Tolosa,  predica  il  cristianesimo  (58). 

61-70.  Nerone  incendia  Roma  (04).  il  regno  di  Cozzio  nelle  Alpi  unito  all'impero  ro- 
mano (GO).  Martirio  dei  santi  Pietro  e  Paolo  (67).  Indipendenza  dei  Galli  procla- 
mata da  Giulio  Vindice  (08).  Galba,  Ottone,  Vilcllio  e  Vespasiano  si  succedono  (69). 

71-80.  Incendio  del  Campidoglio.  Tito  |)rende  Gerusalemme  (71).  L'Acaja,  la  Licia, 
Rodi  ed  altre  contrade  dell'Asia  unite  all'impero  (74).  Gabiniano  retore  professa 
nelle  Gallie  (76).  Grande  mortalità  in  Roma,  fino  di  diecimila  uomini  al  giorno 
(78j.  Muore  Plinio  il  vecchio  (80). 

81-90.  Tito  muore  (81),  e  il  senato  gli  decreta  onori  divini  (83).  Domiziano  esige  il 
titolo  di  Signore  e  Dio  (87);  scaccia  da  Roma  i  filosofi  ed  i  matematici  ;  fa  innal- 
zare molti  edifizj  [)ubblici  (90j. 

91-100.  Domiziano  moltiplica  statue  in  proprio  onore  (93).  I  primi  |)redicatori  del  van- 
gelo compajono  a  Tolosa,  Arles,  Tours,  Parigi,  Narbona,  Clermont  e  Limoges 
(95).  In  Roma  molti  prodigi  (97).  Il  senato  colloca  Nerva  fra  gli  Dei  per  la  sua 
grande  equità  (99).  Evaristo  successore  di  san  Pietro,  Lino,  Anacleto  e  Clemente, 
primi  quattro  vescovi  di  Roma  (100). 

101-110.  Trajano  trionfa  degli  Sciti.  (102),  ed  unisce  la  Dacia  all'impero  (107j.  Plinio 
il  giovine  compone  il  suo  panegirico  a  Traiano  (108).  La  religione  cristiana  si 
diffonde  nelle  Gallie  (110). 

Ili  120.  Trajano  ad  Atene  riceve  gli  ambasciatori  di  Cosroe  (113),  s'impadronisce  del- 
l'Armenia (Hi),  muore  in  Cilicia  (117).  Adriano  gli  succede:  abbellisce  Ales 
sandria  d'Egitto  (US).  Plutarco  scrive  le  \itc  degli  uomini  illustri  (120J. 

121-130.  Adriano  visita  le  Gallie  (121)  Alcune  sette  cristiane  nascono  in  Oriente  (124). 
Adriano  chiama  Gerusalemme  ^€lia  capitolina  dal  suo  nome  (130). 

131-140.  Visita  l'Egitto,  e  fonda  Antinoc  (131);  stabilisce  una  biblioteca  pubblica  ad 
Atene  (133).  IJibellioue  e  sommessione  degli  Ebrei  di  Palestina  (135)  :  loro  finale 
dispersione  (136).  Galeno  medico  (140). 

141-150.  Nuove  sètte  cristiane  in  Oriente  (141).  Regno  benefico  di  Antonino  Pio  (145). 
Ottavi  giuochi  secolari  a  Roma  (147).  Molti  scrittori,  filosofie  letterati  celebri(150). 

151-160.  Crescenzio  rinnova  il  cinismo  in  Homa  (151).  Concilio  di  Pergamo  (152). 
Marc'Aurelio  e  Lucio  Vero  dichiarati  cesari  ed  credi  dell'impero. 


RPOcnE  29 

lt)1-170.  Succedono  ad  Antonino  Pio:  per  la  prima  volta  in  Roma  due  imperatori  sul 
trono  (161).  1  Romani  battuti  da  Vologeso  III  re  dei  Parti,  che  s'impadronisce 
dell'Armenia.  Lucio  Vero  vi  ristabilisce  l'autorità  di  Roma  (IGo).  Spedizione  ro- 
mana contro  i  Normanni  (170). 

171-180.  Marc'Aurelio  solo:  Oppiano  poeta  (172).  Peste  in  Roma  (173).  Marc'Aurelio 
in  guerra  cogli  Alemanni  (174):  va  in  Oriente  (176).  Commodo  succede  all'im- 
pero (180). 

181-190.  Sant'Ireneo  predica  a  Lione  (183).  Crudeltà  di  Commodo.  Materno  devasta  le 
Gallie  (188).  Il  Campidoglio  percosso  dal  fulmine  (189). 

191-200.  Un  incendio  devasta  Roma.  Commodo  dà  magnifici  speltacoli  al  popolo  ro- 
mano (191),  ed  è  strozzato  (192).  Pertinace,  Oidio  Giuliano,  Settimio  Severo 
si  succedono  (193).  Pescennio  Nigro,  competitore  di  Severo,  è  vinto  (195).  Al- 
bino, altro  competitore,  muore  presso  Lione  (197).  Severo  fa  la  guerra  in 
Oriente  (200). 

201-210.  Severo  vincitore  ritorna  a  Roma  (203).  Clemente  Alessandrino  (20o).  Severo 
porta  guerra  in  Inghilterra  (208):  fa  costruire  una  muraglia  (210). 

211-220.  Caracalla  fa  trucidare  Geta  e  il  giureconsulto  Papiniano  (212).  Visita  le  Gallie 
(213).  Macrino  gli  succede  (217).  Elagabalo  successore  di  Macrino  (218). 

221-230.  Alessandro  Severo  imperatore  dopo  l'uccisione  d'Elagabalo  favorisce  i  Cri- 
stiani, che  ottengono  di  fabbricare  tempj  (225).  Ulpiano  celebre  giureconsulto 
(226).  Dione  storico  è  creato  console  (229). 

231-240.  Alessandro  Severo  muove  guerra  ai  Persiani,  e  ritorna  a  Roma  (234)  :  è  ucciso 
(235).  Massimino.  Cinque  imperatori  sul  trono  di  Homa  nello  stesso  anno,  Gor- 
diano padre,  Gordiano  figlio,  Gordiano  il  giovine,  Pupieno  ed  Albino  (237). 
Gordiano  il  giovine  sopravive  a  tutti,  e  regna  solo  (238). 

241-250.  Prima  vittoria  de' Romani  sui  Franchi  vicino  a  Magonza  (241).  L'arabo  Fi- 
lippo, capo  di  ladroni,  prefetto  del  pretorio  ed  imperatore  (244):  si  fa  cristiano 
(244)  Primo  millennario  di  Roma  celebrato  coi  giuochi  del  circo  (247).  Insur- 
rezione dei  governatori  delle  Provincie  (249). 

231-260.  Imperatori  eletti  a  capriccio  dai  soldati  (25i-2.j3j.  Peste  nell'impero  (255). 
Alcuni  governatori  di  provincia  si  dichiarano  iniperatori  (260). 

261-270.  Postumo  imperatore  delle  Gallie  ("261).  I  Franchi  devastano  le  Gallie,  e  pas- 
sano in  Italia  ed  in  Ispagna  (262).  Vittorino  succede  a  Postumo  (267).  Telrico, 
governatore  dell'Aquitania,  proclamato  imperatore  dei  Galli  a  Rordeaux  (268). 
Claudio  Quintilio  ed  Aureliano  si  succedono  all'impero  (270). 

271-280.  Aureliano  prende  il  diadema  invece  della  corona  (271):  fa  la  guerra  a  Zenobia, 
regina  di  Palmira,  e  la  conduce  prigioniera  a  Roma.  Tetrico  si  dimette,  e  fa 
riconoscere  Aureliano  (273).  I  Franchi  ottengono  da  Probo  alcuni  stabilimenti 
nelle  Gallie  (277).  Probo  permette  ai  Galli  di  coltivare  le  viti  (28(1). 

281-290.  Probo,  Caro,  Carino  e  Numeriano  imperatori.  Diocleziano  ottiene  l'impero 
(284).  1  Ragaudi,  popoli  galli,  condotti  da  Salvio  ed  Ebano,  insorgono  contro 
l'impero  (285).  Massimiano  Erculeo  scorre  le  Gallie  (288),  e  ristabilisce  la  città 
di  Cularo  (Grenoble). 

291-300.  Costanzo  Cloro,  associato  all'impero,  governa  i  Galli  e  v'introduce  i  Franchi, 
Diocleziano  si  fa  adorare  come  Dio  (395):  perseguita  i  Cristiani  (298). 

30J-310,  Diocleziano  stabilisce  un  limite  per  il  prezzo  delle  derrate.  Galerio,  associato 
all'impero,  ne  dilata  i  confini  sino  al  Tigri  (301).  Abdicazione  di  Diocleziano  e 
di  Massimiano  Erculeo  (305).  Marcello  papa,  dopo  tre  anni  e  mezzo  di  sede  va- 
cante per  la  persecuzione  (308).  Massimiano  si  strozza  a  Marsiglia  (310). 

311-320.  Diocleziano  vive  privalo  a  Salona  (311).  Costantino  convertesi  al  cristianesimo 
(312).  Licinio  e  Costantino  regnano  insieme.  Concilio  d'Arles  (314),  Costantino 
favorisce  i  Cristiani  perseguitati  da  Licinio  (317).  Abolizione  delle  leggi  contro 
il  celibato.  Costantino  scrive  contro  gli  aruspici  e  gli  auguri  (320). 

fPOCA     VII. 

321-330.  Nuova  guerra  fra  Costantino  e  Licinio,  il  quale  abdica  e  ultiene  la  pace;  è 
strangolato  (324).  Costantino  fa  morire  il  figlio  di  Licinio,  Crispo  suo  proprio 


30  CRONOLOGIA 

figliuolo,  e  Fausta  sua  moglie  (326).  Trasporta  la  sede  dell'impero  a  Bisanzio 
(329).  Inaugurazione  di  Costantinopoli,  ad  abbellir  la  quale  Costantino  profonde 
tutte  le  ricchezze  dell'impero  (330). 

331-340.  Editto  di  Costantino  contro  i  tempj  pagani  (331).  Privilegi  ai  medici  ed  ai 
professori  (333).  Costantino  giuniore  governa  le  Gallie  (33S).  11  dotto  liberiano 
vi  è  creato  prefetto  del  pretorio  (335).  Costante,  fratello  di  Costantino  giuniore, 
governa  le  Gallie  (340). 

341-350.  Guerra  di  Costante  contro  i  Franchi  nelle  Gallie  (341).  San  Paolo  primo  ere- 
mita muore,  e  la  vita  monastica  incomincia  (543).  Magnenzio  imperatore  delle 
Gallie  a  Autun  (350). 

351-360.  Costui,  vinto  da  Costanzo,  si  uccide  a  Lione  (353).  Diversi  fatti  d'armi  nel 
nord  delle  Gallie  tra  i  Franchi  ed  i  Romani  (358). 

361-370.  Giuliano  apostato  (361).  Gioviano,  suo  successore,  fa  accettare  il  cristianesimo 
all'esercito  (361).  Tremuoto  in  Sicilia  (366).  Franchi  e  Sassoni  invadono  diverse 
Provincie  delle  Gallie  (368). 

371-380.  Ottantamila  Borgognoni  si  portano  sul  Reno  (375).  Valentiniano,  scoppiatagli 
una  vena,  muore  (375).  Graziano  riunisce  i  due  imperj  d'Oriente  e  d'Occidente 
(376),  11  poeta  Ausonio,  suo  questore,  governa  le  Gallie  (578). 

381-390.  San  Martino  vescovo  di  Tours  si  fa  conoscere  pe'  suoi  scritti  (382).  Graziano, 
Massimo,  Valentiniano  e  Teodosio  si  disputano  il  supremo  potere  (388).  Teodosio 
distrugge  i  tempj  pagani  a  Costantinopoli  (390). 

391-400.  Tutte  le  Gallie  sono  in  rivoluzione.  Gli  uffìziali  franchi  sono  incaricati  di  se- 
darne i  tumulti:  uno  di  essi,  Arbogasto,  fa  strozzare  Valentiniano  11  a  Vienna 
nel  Delfinato  (392).  Arbogasto  riconcilia  i  Galli  ed  i  Franchi  :  battuto  da  Teo- 
dosio muore.  Questi  unisce  i  due  imperj,  di  cui  Roma  è  la  capitale  (394):  muore. 
Onorio  gli  succede  in  Occidente,  e  Arcadio  in  Oriente  (395).  Anastasio  papa  (398). 
1  barbari  del  Nord  minacciano  invadere  le  Gallie  (iOO). 

401-410.  Alarico  ed  i  Goti  in  Italia  (401).  Alarico  è  vinto  (403).  1  Vandali,  gli  Alani,  gli 
Svevi  devastano  le  Gallie  (406).  Claudio  Costantino  vi  è  riconosciuto  imperatore. 
Alarico  assedia  Roma  (408)-,  ne  ordina  il  saccheggio  (409);  vi  nomina  impera- 
tore Prisco  Atalo,  che  poscia  vilipende. 

411-420.  Claudio  Costantino  riconosciuto  prima  da  Onorio  (409),  è  poco  tempo  dopo 
decapitato;  suo  figlio  Costante  è  assassinato  a  Vienna  nel  Delfinato.  Giovino  im- 
peratore a  Magonza,  e  suo  fratello  a  Narbona  (411),  Principio  della  dominazione 
dei  Franchi  nelle  Gallie.  Faramondo  (418). 

421-430.  Muore  san  Girolamo  (422).  Giovanni  riconosciuto  imperatore  nelle  Gallie  (423). 
Valentiniano  IH  imperatore  d'Occidente.  A  Faramondo  succede  Clodione  (427). 
Ezio  toglie  ai  Franchi  una  delle  provincie  del  Reno  (429). 

431-440.  Morte  di  sant'Agostino  (431).  1  Franchi  vinti  da  Ezio,  che  loro  accorda  la 
pace  (432).  Pubblicazione  del  codice  Teodosiano.  Nuovi  successi  di  Clodione  coa- 
tro i  Romani  (438).  Leone  Magno  papa  (440). 

441-450.  Clodione,  vincitore  dei  Romani,  fissa  in  Amiens  la  sede  dell'impero  (445); 
attacca  l'Artois  (446)  ;  muore,  e  Meroveo  gli  succede  (448).  Attila  dispone  guerra 
ai  Romani  :  domanda  a  Valentiniano  la  mano  di  sua  sorella,  colla  metà  del- 
l'impero (450). 

451-460.  Attila,  battuto  dai  Romani  vicino  a  Chàlons  (451),  devasta  l'Italia  (452),  la 
abbandona  e  muore  (453).  Childerico  succede  a  Meroveo  :  è  deposto,  e  viene 
stabilito  un  governatore  provisorio.  Il  regno  di  Borgogna  fondato  dai  Galli  (457). 
Un  tremuoto  rovina  la  ciltà  di  Cizico  (460). 

461-470.  Childerico  rimesso  in  trono  (463).  Nasce  Clodoveo  (465).  Leone,  imperatore 
d'Oriente,  esclude  dalle  pubbliche  funzioni  i  non  cristiani  (468).  Concilio  di 
Chàlons  -sur-Saone  (470) 

471-480.  L'imperatore  Antemio  è  ucciso  :  Olibrio  (472),  Glicerio,  Giulio  Nepote  e  Ro- 
molo Augustolo  imperatori  d'Occidente.  1  Barbari  formano  una  monarchia  in 
Italia  ;  Odoacre  se  ne  intitola  re  (476). 


EPOCHE  31 

EPOCA    VIK. 

481-490.  Clodoveo  consolida  il  dominio  de'  Franclii  nelle  Gallie  (482).  Felice  II  papa, 
bisavolo  del  pontefice  Gregorio  Magno  (48;{).  Clodoveo  vince  la  battaglia  di 
Soissons  contro  i  Romani  fine  del  costoro  dominio  nelle  Gallie  (486).  Teodo- 
rico, capo  degli  Ostrogoti,  invade  l'alta  Italia  (i89). 

491-500.  Guodemaro,  terzo  re  di  Borgogna,  muore  (491).  Clodoveo  vince  gli  Alemanni 
(496).  Teodorico  pubblica  le  sue  leggi,  prolegge  le  arti,  segue  le  usanze  ita- 
liane, e  va  a  Roma.  Clodoveo  vince  Gundebaldo  presso  Bigione  (.jOG). 

501-510.  Gundebaldo,  re  di  Borgogna,  pubblica  il  codice,  la  legge  G'o/n6e»a  (SOSj. 
Vittoria  di  Clodoveo  contro  i  Visigoti  ed  Alarico  (507).  Sede  dell'impero  dei 
Franchi  stabilita  a  Parigi  (508). 

5H-520.  Concilio  d'Orleans  sotto  l'autorità  di  Clodoveo:  morte  di  questo  re  (5H).  Au- 
relio Cassiodoro  e  Boezio  (516).  Concilj  di  Lione  e  di  Vienne  (519). 

321-330.  Guerra  dei  figli  di  Clodoveo  contro  il  re  di  Borgogna  fino  al  524.  Felice  IH 
papa,  nominato  da  Teodorico  e  quindi  dal  senato.  Belisario  muove  guerra  ai 
Persiani  (526).  Esaltazione  di  Giustiniano  al  trono  (527).  Prima  pubblicazione 
del  suo  Codice  (529j. 

531-540.  Continuazione  delle  guerre  contro  la  Borgogna,  l'Alvergua  e  i  Visigoti  (533). 
Fine  del  regno  di  Borgogna  (534).  I  figli  di  Clodoveo  signori  di  tutte  le  Gallie, 
tranne  la  Linguadoca  (536)  Giustiniano  conferma  le  concessioni  fatte  loro  dagli 
Ostrogoti  (540). 

341-5d0.  Vittoria  di  Belisario  contro  i  Persiani  (542).  Totila,  re  dei  Goti,  prende  e 
saccheggia  Roma  (547).  Belisario  lo  scaccia  (548).  Totila  vi  rientra  (549J,  e 
muore  tre  anni  dopo. 

551-560.  11  |)atrizio  Giovanni  doma  i  Mori  io  Africa  (551).  Fine  del  dominio  degli 
Ostrogoti  in  Italia  :  Giustiniano  ne  è  solo  padrone  (553).  La  semenza  dei  bachi 
da  seta  arriva  dalla  Cina.  Clotario,  solo  capo  della  monarchia  dei  Franchi  (558). 

561-570.  Parigi  resta  città  comune  tra  i  quattro  figli  di  Clotario  (561).  Sigeberto,  uno 
di  essi,  sbaraglia  gli  Unni  che  devastano  le  Gallie  (502J.  1  Longobardi  passano 
dalla  Pannonia  in  Italia,  e  vi  fondano  un  regno  (568).  Nascila  di  Maometto  (569). 
Il  vajuolo  fa  strage  nelle  Gallie  (570). 

571-580.  Sigeberto  muore  assassinato  (575).  Irruzione  dei  Longobardi  nel  mezzodì 
delle  Gallie  ;  sono  sbaragliali  (^576).  Chilperico,  figlio  di  Clotario,  gravemente 
ammalalo,  fa  abbruciare  i  registri  delle  pubbliche  imposte  (580). 

581-590.  Clotario  11,  re  di  quattro  mesi  (584).  Guerra  continua  fra  i  principi  francesi, 
re  d'Orleans,  di  Metz,  e  di  Soissons  (587).  Childeberto  battuto  nella  sua  terza 
incursione  in  Italia  (589j.  Gregorio  Magno  papa  (590). 

591-600.  Clotario  li  battezzato  (501).  Papa  Gregorio  Magno  riforma  l'uffizio  della  Chiesa 
romana  (599).  Clotario  è  battuto  vicino  ad  Au.xerre  dagli  altri  principi  fran- 
cesi (600). 

601-610.  La  Guascogna  soggiogala  dai  re  Teodorico  e  Teodeberlo  (601).  Questi  inva- 
dono i  possedimenti  di  Clotario  II  (604).  Alleanza  de'  Francesi  coi  Longobardi 
d'Italia  (608;.  Gli  Alemanni  del  Reno  attaccano  la  Borgogna  Iransgiurana.  Era- 
clio imperatore  d'Oriente  (610).  Turbolenze  religiose;  sella  di  Maometto. 

611-620.  Teodeberlo  vinto  da  Teodorico,  ed  ucciso  (612).  Clotario  II  regna  solo  sui 
Franchi  (61 3J. 

EPOCA    l.\. 

621-630.  Dagoberto  associato  all'imperio  da  Clotario.  Maometto  predica  la  sua  dottrina  : 
l'èra  maomettana  o  Egira  il  16  luglio  622.  Dagoberto  re  (628)  ;  fa  pubblicare 
le  leggi  dei  Franchi  rivedute  e  complete  (630). 

631-640.  Muore  Maometto  (632).  Omar  suo  suocero  e  secondo  successore,  conquista 
l'Egitto,  distrugge  gli  avanzi  della  biblioteca  d'Alessandria  (640). 

641-630.  Amru,  luogotenente  di  Omar  in  Egitto,  prolegge  i  Cristiani  copti  ;  ristabi- 
lisce il  canale  dal  Nilo  al  mar  Rosso  (6i7j.  Il  tilolo  di  f'Ommi  pontefici  è  dato 
ai  papi  da  un  concilio  d'.Africa  ;  Teodoro  è  il  primo  che  porta  questo  titolo,  e 
l'ultimo  chiamalo  fratello  da  un  vescovo  (646). 


Zt  CRONOLOGIA 

651-660.  Clodoveo  (I,  figlio  di  Dagoberto,  distribuisce  ai  poveri  l'argento  della  coper- 
tura della  chiesa  di  San  Dionigi  vicino  a  Parigi  (651).  Clotario  III,  primogenito 
di  Clodoveo  II,  succede  a  Sigeberto  ed  a  Clodoveo  II  nell'Ostrasia  e  nella  Neu- 
stria  (6S6).  Childerico  II,  altro  figlio  di  Clodoveo,  re  dell'Ostrasia  (660). 

661-670.  L'imperatore  Costanzo  II,  scacciato  da  Costantinopoli,  viene  a  Roma  e  la 
spoglia  delle  sue  ricchezze  (665).  Pertarito,  re  longobardo  fuggitivo,  va  in  Fran- 
cia a  domandare  soccorsi  a  Clotario  III.  Introduzione  degli  organi  nefle  chiese 
(666).  Tierrico  II  è  detronizzato.  Childerico  II  re  di  tutta  la  Francia  (670). 

671-680.  Childerico  è  assassinato  dai  signori  della  sua  corte  (675).  1  Musulmani  ten- 
tano impadronirsi  di  Costantinopoli  per  sette  anni  consecutivi  :  Callinico  ab- 
brucia i  loro  vascelli  col  fuoco  greco  (678).  Morte  di  Dagoberto  II:  Martino  e 
Pepino  suoi  figli  gli  succedono  (679).  Tierrico  gli  attacca:  Martino  è  uc- 
ciso (680). 

681-690.  Pepino,  maestro  di  palazzo,  governa  l'Ostrasia  (682)  :  vince  presso  Testry 
Tierrico  III,  prende  Parigi,  e  a  Tierrico  lascia  il  solo  titolo  di  re.  Fine  del  do- 
minio de'  Merovingi  in  ^rancia  (687).  Pepino  regola  l'amministrazione  del  regno 
d'Occidente,  e  ritorna  nell'Ostrasia  (088). 

691-700.  Tierrico  muore:  Clodoveo  III  succede  col  solo  titolo,  ma  senza  potere  (691). 
Childeberto  III  succede  a  Clotario  col  medesimo  titolo,  avendo  questi  due  re  di 
Neustria  a  lato  due  maestri  di  palazzo  nominati  da  Pepino  (695).  Giustiniano  II 
fa  trucidare  la  popolazione  di  Costantinopoli  ;  è  detronizzato  (695).  Fine  della 
dominazione  romana  in  Africa:  Cartagine  presa  dai  Musulmani  (697).  Concilio 
di  VVorms  (700). 

701-710.  Giovanni  VI  (701)  e  Giovanni  VII  (705),  pontefici  di  origine  greca.  Sisinnio  e 
Costantino  pontefici  (708).  Pepino  move  guerra  agli  Alemanni,  e  li  sotto- 
mette (709). 

711-720.  Tarik,  capo  dei  Maomettani,  dislrugge  la  monarchia  de'  Visigoti  in  Ispagna 
(712).  Morte  di  Pepino  :  sua  moglie  ne  conserva  il  governo  (714).  1  Francesi 
la  depongono,  ed  eleggono  Carlo  Martello.  Nascita  di  Pepino,  figlio  di  Carlo  Mar- 
tello (71.5).  Pelagio  re  delle  Asturie  (718).  Carlo  Martello  prende  Parigi  (719). 
I  Saracini  occupano  la  Gallia  Narbonese  (720). 

721-730.  Eude  scaccia  i  Saracini  da  Tolosa  e  dal  suo  ducato  d'Aquitania  (721).  Rien- 
trano essi  in  Francia,  occupano  Carcassona,  Nimes,  e  saccheggiano  Autun  (725). 
I  Fiomani  scacciano  Basilio  loro  duca,  e  il  pontefice  Gregorio  lì  ottiene  l'inten- 
denza amministrativa  di  Roma  (726).  1  Saracini  in  Provenza  (729). 

731-740.  Carlo  batte  i  Saracini  nel  Poitou,  e  riceve  il  sopranome  di  Martello  (732); 
s'impossessa  dell'Aquitania  (733  ;  sottomette  la  Provenza  (739). 

741-750.  Primi  nunzj  ponlifizj  arrivati  in  Francia.  Morte  di  (^arlo  Martello  che  divide 
gli  Stati  fra  i  suoi  due  figli  Pepino  e  Carlomanno  (741).  Nascita  di  Carlo  Magno 
(742).  Carlomanno  veste  l'abito  monastico  (747)  Origine  della  dinastia  dei  ca- 
liffi Abbassi  di  (750). 

751-760.  Pepino  il  Piccolo  ricusa  il  titolo  di  re  dei  Francesi  :  il  papa  Zaccaria,  con- 
sultato, risponde  che  devesi  dare  il  titolo  a  colui  che  tiene  il  potere.  Pepino  è 
proclamato  a  Soissons  :  Childerico  III  è  deposto  e  rinchiuso  in  un  chiostro  (752). 
Fine  della  prima  schiatta  dei  re  di  Francia.  Il  papa  Stefano  II  va  in  Francia  (753). 
Pepino,  consacrato  da  quel  pontefice  a  San  Dionigi,  introduce  la  formola  per 
la  grazia  di  Dio  (754)  ;  fa  conquiste  in  Italia,  e  le  dona  al  papa.  Principio 
del  dominio  temporale  dei  pontefici  (755).  L'imperatore  Costantino  IV  Copro- 
nimo  manda  a  Pepino  il  primo  organo  che  siasi  veduto  in  Francia  (757  . 

761-770.  L'astronomia  e  la  filosofia  fioriscono  presso  gli  Arabi  sotto  il  califfato  di  Al- 
manzor  a  Bagdad.  Guerra  di  Pepino  contro  Vafro  duca  d'Aquitania  :  muojono 
ambidue.  Carlo  e  Carlomanno  succedono  a  Pepino  loro  padre  (768).  Carlo  sposa 
la  figlia  di  Desiderio  re  dei  Longobardi  in  Italia  (770). 

771-780.  Carlomanno  muore,  Carlo  Magno  regna  solo  (771).  Prende  Pavia,  fa  prigione 
il  suo  suocero,  e  termina  co.sì  la  potenza  dei  Longobardi  in  Italia  :  nuove  dona- 
zioni fatte  al  papa.  Carlo  Magno  è  proclamato  re  d'Italia  (774).  Concilio  che 
accorda  a  Carlo  Magno  il  diritto  di  eleggere  il  pontefice,  e  il  diritto  d'investi- 


EPOCHE  35 

tura  riguardo  ai  vescovi  de'  suoi  Stati  (775).  Guerre  quasi  continue  tra  i  re  del- 
l'Eptarchia  inglese. 

781-790.  Irene  governa  Costantinopoli  a  nome  del  figlio.  Pepino,  figlio  di  Carlo  Ma- 
gno, consacrato  re  d'Italia,  e  suo  fratello  Luigi  re  d'Aquitania  (781).  Disfatta 
totale  dei  Sassoni,  vinti  da  Carlo  Magno  (783).  Questi  procura  di  ristabilire  gli 
studj  in  Francia  (787),  11  califfo  Aron  al-Rascid  fa  tradurre  in  arabo  molti  au- 
tori greci  (790). 

791-800.  Contro  Carlo  Magno  cospira  Pepino  il  Gobbo,  suo  figlio  naturale,  il  quale  è 
rinchiuso  in  un  chiostro  (792).  Concilio  di  Francoforte  sul  Meno,  convocato, 
presieduto,  confermato  e  pubblicato  da  Carlo  Magno  (79i).  Leone  III  papa  invia 
a  Carlo  Magno  lo  stendardo  di  Roma  (79G)  :  è  installato  sulla  santa  sede  da 
questo  principe  (799).  Carlo  Magno  coronato  imperatore  a  Roma  il-2S  dicem- 
bre del  799.  Egberto  vuol  riunire  tutta  l'Inghilterra  in  un  sol  regno.  Aron  al- 
Rascid  in  corrispondenza  con  Carlo  Magno  (800). 

80J-8I0.  Aron  al-Rascid  cede  i  luoghi  santi  a  Carlo  Magno,  e  gl'invia  ambasciatori 
(801).  Codice  delle  leggi  fatto  da  Carlo  Magno  nel  parlamento  d'Aquisgrana  (801). 

I  prelati  e  gli  abbati  sono  dispensati  dalla  milizia  (803).  Carlo  Magno  divide  i 
suoi  Stati  fra  tre  suoi  figli  (806).  Prima  invasione  dei  Normanni  in  Francia  (808). 

8H-820.  Carlo  Magno  stabilisce  molte  scuole  pubbliche  ;  istituisce  nel  suo  palazzo  una 
accademia,  che  fegli  medesimo  presiede,  avendo  per  assessori  Alenino,  Pietro 
da  Pisa  ed  altri  dotti.  11  concilio  di  Tours  ordina  che  ciascun  sacerdote  abbia 
una  traduzione,  sia  in  lingua  romana,  sia  in  lingua  teotisca,  delle  omelie  dei 
santi  Padri,  non  essendo  ben  inteso  il  latino  (813).  Morte  di  Carlo  Magno. 

EPOCA  X. 

Lodovico  0  Luigi  il  Pio  gli  succede  (814).  Questo  re  dona  al  papa  la  città 
e  il  ducato  di  Roma,  ritenendone  per  sé  la  sovranità  (817).  I  Musulmani  s'im- 
padroniscono dell'isola  di  Creta,  scacciandone  le  truppe  di  Michele  il  Ralbo  (820). 
821-830.  Capitolare  di  Lodovico  Pio,  che  restituisce  alla  Chiesa  il  diritto  d'elezione  (822). 

II  clero  di  Roma  giura  fedeltà  agli  imperatori  Lodovico  e  Lotario  (824).  Aroldo, 
re  di  iDanimarca,  espulso  dai  suoi  Stati,  va  in  Francia  e  fa  omaggio  del  suo 
regno  a  Lodovico  Pio  (826).  Egberto  il  Grande  re  di  tutta  l'Inghilterra  (827), 

831-840.  Nuova  ribellione  dei  principi  franchi  contro  Lodovico  Pio,  il  quale  viene 
deposto  e  chiuso  in  un  monastero  (833).  È  rimesso  in  trono  (8.34).  Invasione 
dei  Danesi  in  Inghilterra  (837)  ed  in  Francia  sulla  Loira  (838). 

841-850.  Battaglia  di  Fontenay  tra  i  figli  di  Lodovico  Pio,  Carlo  di  Francia  e  Lodo- 
vico di  Baviera,  vincitori  di  Lotario  e  di  Pepino.  I  Normanni  devastano  le  rive 
della  Senna  (841),  e  si  estendono  fin  nelle  provincie  centrali  della  Francia  (845). 
Teodora,  imperatrice  in  Oriente,  reggente  per  Michele  IH,  fa  uccidere  più  di 
centomila  eretici  in  Armenia  (845).  I  Saracini  marciano  sopra  Roma  (847). 

851-860.  Vittoria  del  re  d'Inghilterra  contro  i  Danesi  ad  Ocklay.  Morte  d'Abderamo  li 
re  di  Cordova,  lasciando  ottantacinque  figli  (832).  Vittoria  degli  Aquitani  con- 
tro i  Saracini  a  Poitiers.  Formazione  del  regno  di  Provenza  (835).  Tra  i  ponte- 
fici Benedetto  IH  (855)  e  Nicola  (858)  vien  collocata  la  pretesa  papessa  Giovanna. 

861-870.  La  Chiesa  greca  separata  dalla  Chiesa  latina  (862).  Carlo,  re  di  Provenza, 
muore  a  Lione  senza  successori  (863).  Conversione  de'  Bulgari  e  del  loro  re  alla 
fede  cristiana  (865).  Carlo  il  Calvo  s'impadronisce  della  Lorena  (869),  e  ne  di- 
vide il  dominio  con  suo  fratello  Lodovico  (870). 

871-880.  Alfredo  il  Grande  re  d'Inghilterra  (871).  Carlomanno  privato  degli  occhi  per 
indegni  trattamenti  contro  il  padre  (875).  Carlo  il  Calvo  muore  a'  piedi  del 
Moncenisio,  ritornando  in  Italia.  I  Saracini  fanno  capitolare  il  pontefice  a  Roma 
(877).  L'imperator  greco  Basilio  l  fa  compilare  i  Basilici  (880). 

881-890.  Carlo  il  Grosso  succede  a  Lodovico  ed  a  Carlomanno  (884).  Parigi  assediata 
dai  Normanni  (886).  Eude  eletto  re  di  Francia  (887).  Sua  vittoria  sui  Normanni 
vicino  a  Parigi  (889).  Luigi  re  di  Provenza  è  riconosciuto  dal  concilio  di  Va- 
lenza nel  Delfinato  (890), 

891-900.  Carlo  il  Semplice  riconosciuto  re  di  Francia;  Eude  vi  si  oppone  (893).  Di- 
Cantù,  Documenti^  Tomo  I.  3 


54  CRONOLOGIA 

visione  della  monarchia  tra  Eude  e  Carlo.  11  pontefice  Stefano  VI  fa  disepellire 
il  predecessore  Formoso,  e  condannare  e  giustiziare  come  vivo  (896),  Morte  del 
re  Eude.  Carlo  il  Semplice,  re  di  Francia,  nuovamente  riconosciuto  (898).  Morte 
d'Alfredo  il  Grande  (900j. 

901-910,  Leone  V  scacciato  da  Cristoforo  dopo  alcuni  giorni  di  pontificato  (903),  Cri- 
stoforo viene  espulso  da  Sergio  (904).  Elevazione  dei  Fatimiti  al  califfato  d'A- 
frica. Vittorie  d'Edoardo,  re  d'Inghilterra,  contro  i  Danesi  (909). 

911-920.  Rollone,  capo  dei  Normanni,  primo  duca  di  Normandia  (911).  La  schiatta  di 
Carlo  Magno  si  estingue  in  Alemagna  colla  morte  di  Luigi  IV.  Corrado  vien 
eletto  per  succedergli  (912j.  I  signori  francesi  riuniti  a  Soissons  negano  l'omag- 
gio a  Carlo  il  Semplice  per  re  di  Francia  (920). 

921-930.  Roberto,  duca  di  Francia,  riconosciuto  re  dai  signori  ribelli  a  Carlo  (922j  : 
è  ucciso,  Carlo  fugge  in  Alemagna,  e  Rodolfo  di  Borgogna  vien  eletto  re  (923). 
Cinque  imperatori  occupano  insieme  il  trono  di  Costantinopoli.  Morte  di  Carlo 
in  prigione  (929).  Principio  del  regno  d'Arles  (930?). 

931-940.  Rodolfo  non  è  riconosciuto  in  Linguadoca  se  non  dopo  la  morte  di  Carlo  (932). 
Sede  vacante  a  Roma  per  tre  anni  :  Leone  VII  pontefice.  Rodolfo  muore  :  Luigi  IV 
d'Oltremare  è  eletto  (936).  Nuova  lega  dei  signori  francesi  contro  il  re  (938). 

941-950.  L'ordine  è  ristabilito  in  Francia  (942).  11  re  Luigi  prigioniero  dei  Normanni 
(944),  viene  lasciato  in  libertà  (946).  Ugo  il  Bianco,  capo  dei  signori  ribelli,  si 
sottomette  al  re  (950). 

951-960.  Luigi  IV  va  in  Alvergna  per  sostenere  Guglielmo  Testa-di-stoppa,  nominato 
per  sua  scelta  (951).  Lotario  associato  alla  corona  (952).  Luigi  muore  vicino  a 
Reims  nel  cacciare  un  lupo  (954).  Morte  di  Costantino  Porfirogenito,  gran  dotto 
e  infimo  principe  (959). 

961-970.  Ottone  il  Grande  riunisce  l'Italia  all' Alemagna,  dopo  la  deposizione  del  re  Be- 
rengario (961).  L'impero  d'Occidente  passa  ai  principi  alemanni,  per  mezzo  di 
Ottone.  Origine  dell'impero  di  Germania  (962).  11  pontefice  è  deposto  da  Ot- 
tone, che  elegge  in  sua  vece  Leone  VIII,  semplice  laico  (963).  Benedetto  V  eletto 
dai  Romani,  non  confermato  dall'imperatore  (964)  :  muore  ;  e  gli  succede  Gio- 
vanni XIII,  il  quale  incorona  Ottone  il  Giovane  come  successore  all'impero  (967). 

971-980.  Edgardo,  re  d'Inghilterra,  stermina  i  lupi  da'  suoi  Stati  (973).  Cessione  della 
Lorena  come  feudo  all'imperatore  (980). 

981-990.  Luigi  V  l'Infingardo  succede  a  Lotario  (986),  Muore,  ultimo  rampollo  di 
Carlo  Magno.  Elezione  di  Ugo  Capeto,  capo  della  terza  schiatta  (987)  :  l'Aqui- 
tania  e  la  Linguadoca  ricusano  riconoscerlo.  Gerberto  (Silvestro  II)  inventa  il 
primo  orologio  e  introduce  l'uso  delle  cifre  arabiche  (990). 

991-1000.  Prima  canonizzazione  di  un  santo  (s.  Ulderico,  993).  Ugo  Capeto  muore: 
Roberto  II  suo  figlio  gli  succede.  Gregorio  V  pontefice  (996)  ;  scomunica  re  Ro- 
berto, interdice  Berta  moglie  di  lui,  e  il  re  trovasi  costretto  a  ripudiarla  (998). 
Gerberto,  primo  pontefice  francese  (999).  Stefano,  re  d'Ungheria  (1000). 

1001-1010.  Danesi  uccisi  in  Inghilterra  (1002).  Guerra  per  il  ducato  di  Borgogna  tra 
Roberto  e  il  conte  Ottone.  I  Danesi  devastano  l'Inghilterra  (1005).  Boleslao  re 
di  Polonia  (1006).  Hakem  Bamrillah  terzo  califfo  fatimita  regna  in  Egitto,  dagli 
Arabi  paragonato  a  Nerone  (1010). 

1011-1020.  Svenone,  re  di  Danimarca,  proclamato  re  d'Inghilterra  (1014).  Canuto  il 
Grande,  suo  figlio,  gli  succede.  Vladimiro,  granprincipe  di  Russia,  muore,  di- 
visi gli  Stati  fra  dodici  figli  (1015).  Introduzione  del  cristianesimo  in  Norve- 
gia (1020). 

1021-1030.  Il  concilio  d'Orleans  fa  bruciare  i  capi  di  una  nuova  setta  cristiana  (1022). 
Il  re  Roberto  ricusa  l'impero,  Corrado  II  è  eletto  ;  capo  della  schiatta  salica 
(1024).  Guitton  d'Arezzo  sostituisce  le  note  alle  lettere  per  la  musica  (1028), 
Decadenza  dei  Maomettani  in  Spagna  (1030). 

1031-1040.  Morte  del  re  Roberto  (1031).  Fine  del  regno  d'Arles  e  di  Provenza  (1032). 
Alla  morte  di  Sancio  il  Grande  il  regno  di  Navarra  è  diviso  in  quelli  di  Navarra, 
di  Castiglia,  d'Aragona  e  di  Sobrarve  (1035).  Fine  dei  califfi  Ommiadi  di  Spa- 
gna (1036), 


•  Epoche  3S 

1041-1030.  Decadenza  dei  Danesi  io  Inghilterra  (1042).  I  Normanni  si  stabiliscono  a 
Napoli  (1043).  Corpo  di  leggi  dato  all'Inghilterra  da  Edoardo  III  (10i4).  Ferdi- 
nando I  scaccia  i  Saracini.  Tre  pontefici  contemporanei  a  Roma:  l'imperatore 
Enrico  li  fa  deporre,  ed  è  nominato  in  loro  vece  Clemente  II  (1040).  Abbocca- 
mento di  Guglielmo  duca  di  Normandia,  e  di  Edoardo  HI  re  d'Inghilterra  (1048). 

1031-lOGO.  Leone  IX  fa  guerra  ai  Normanni  d'Italia;  è  vinto,  fatto  prigioniero,  rin- 
chiuso in  Benevento  (1055).  Nicola  II,  pontefice  (1058),  riceve  come  vassalli  i 
Normanni  della  Puglia.  Origine  del  regno  di  Napoli  (1059). 

1061-1070.  Abubekr  getta  i  fondamenti  del  suo  impero  nell'Africa  settentrionale  (1061). 
Conquista  d'Inghilterra  per  Guglielmo  duca  di  Normandia,  assicurata  dalla  bat- 
taglia d'IIasting.  Fine  del  dominio  anglo-sassone  in  Inghilterra  (1060).  Prima 
crociata  regnando  Filippo,  il  quale  non  vi  prende  parte  attiva  (1070). 

4071-1080.  I  Turchi  vantaggiano  contro  l'imperatore  d'Oriente  (1071).  Gregorio  VII 
papa  (1076)  estende  il  potere  pontifizio  :  guerra  tra  il  sacerdozio  e  l'impero 
(1079).  Proibisce  definitivamente  il  matrimonio  dei  preti,  e  riserva  al  solo  ve- 
.scovo  di  Roma  il  titolo  di  papa  :  egli  è  scomunicato  dal  concilio  di  Utrecht. 
Due  cavalieri  decidono  con  duello,  in  Ispagna,  se  l'uffizio  romano  sarà  sosti- 
tuito al  gotico  ;  il  campione  del  primo  rimane  ucciso,  ma  il  re  Alfonso  VI  abo- 
lisce il  secondo  (1080). 

1081-1090.  Filippo,  re  di  Francia,  fa  una  croce  invece  della  sua  firma.  Alfonso  VI  scac- 
cia i  Saracini  da  Toledo  e  da  Madrid  (1085).  Guglielmo  il  Conquistatore,  re 
d'Inghilterra,  move  guerra  alla  Francia.  Prima  rivalità  fra  questi  due  Stati. 
Morte  di  Guglielmo  (1087). 

1091-1100.  Il  re  d'Inghilterra  attacca  la  Scozia  :  questa  guerra  si  termina  con  un  trat- 
tato di  pace  (1091).  Enrico  di  Borgogna  caccia  i  Mori  dal  Portogallo  :  è  creato 
conte  di  quel  paese  (1094). 

EPOCHE  XI  E  Xll. 

Concilio  di  Clermont,  in  cui  viene  proclamata  la  crociata  per  Terrasanta  (1095). 
Principio  del  regno  di  Gerusalemme  (1098).  Creazione  dell'ordine  di  San  Gio- 
vanni di  Gerusalemifle  (1100). 

4101-1110.  Scisma  a  Roma:  tre  antipapi  durante  il  pontificato  di  Pasquale  lì.  Questi 
va  in  Francia.  Assodamento  delle  repubbliche  italiane  (1106).  Luigi  VI  re  di 
Francia  (1108)  propone  al  duca  di  Normandia  di  decidere  le  loro  querele  con 
un  duello  che  il  duca  ricusa  (1110). 

4111-1120.  L'imperatore  Enrico  V  fa  arrestare  il  pontefice  a  Roma,  e  lo  conduce  in 
Germania:  il  pontefice,  messo  in  libertà,  incorona  lo  stesso  Enrico  (1111).  II 
diritto  romano  rimesso  in  vigore  nell'Italia  (Ilio).  Pace  fra  il  re  di  Francia  e  il 
duca  di  Normandia  (1120). 

4121-1130.  Enrico  V  marcia  contro  la  Francia;  Luigi  VI  fa  portare  alla  guerra,  per 
la  prima  volta,  l'orifiamma  di  san  Dionigi  (1124).  Stabilimento  dei  Comuni  in 
Francia  durante  il  regno  di  Luigi  VI.  Ruggero  II,  primo  re  normanno  delle  due 
Sicilie  (1130). 

4131-1140.  Folco,  conte  d'Anjou,  succede  a  suo  suocero  nel  regno  di  Gerusalemme 
(1139).  Alfonso  Henriquez,  re  di  Portogallo  (1139). 

4141-1150.  Baldovino  III,  quinto  re  francese  di  Gerusalemme  (1142).  L'arcivescovo  di 
Bourges,  nominato  dal  pontefice  Innocenzo  lì,  non  è  riconosciuto  dal  re  Luigi; 
interdetto  il  regno,  ribenedetto  da  Celestino  II  successore  d'Innocenzo  (1145). 
I  Romani  ristabiliscono  il  senato,  e  danno  l'autorità  sovrana  ad  un  patrizio, 
dopo  di  aver  ucciso  il  pontefice  Lucio  II  (1145).  Partenza  di  Luigi  il  Giovane 
per  la  crociata  (1146)  ;  suo  ritorno  (1150). 

4151-1160.  Morte  di  Suggero,  abbate  di  San  Dionigi  (1151).  Il  duca  di  Normandia 
ottiene  l'Aquitania  collo  sposare  Eleonora,  divisa  dal  re  Luigi  (1152).  Adriano  IV, 
inglese,  pontefice.  Esaltazione  dei  Plantageneti  alla  corona  d'Inghilterra.  Legge 
del  re  Luigi  per  l'amministrazione  della  giustizia  in  Francia.  Questo  re  è  il  primo 
che  usò  i  gigli  (1154).  L'Austria  eretta  in  ducato  (1156).  Gli  Svedesi  s'impadro- 
niscono della  Finlandia  (1157). 


36  CRONOLOGIA 

1161-H70.  Il  pontefice  Alessandro  III  si  ritira  in  Francia  fl'lGI).  La  Sardegna  eretta 
in  regno  (1^61),  Pasquale  III  e  Calisto  III  antipapi.  Federico  Barbarossa  prende 
Roma  (1167).  Lega  lombarda..  Alessandria  in  Piemonte,  fondata  in  onore  del 
pontefice  Alessandro  III  (1168). 
1171-1180.  Fine  dei  Fatimiti  in  Egitto.  Noraddino,  sultano  d'Aleppo,  loro  successore: 
Saladino  suo  luogotenente  in  Egitto  (1171).  Enrico  II  d'Inghilterra  s'impadro- 
nisce dell'Irlanda  (1172).  Saladino  si  fa  sultano  d'Egitto  (1174).  Fine  della 
guerra  tra  la  Francia  e  l'Inghilterra  (1177).  Filippo  Augusto  re  (1180). 
1181-1190.  Ai  cardinali  diritto  esclusivo  di  eleggere  il  pontefice  (1181).  Filippo  Augusto 
scaccia  gli  Ebrei,  fa  lastricare  Parigi  (1185),  Saladino  sbaraglia  i  Franchi  a  Ti- 
beriade,  ed  entra  vincitore  in  Gerusalemme  (1187).  Filippo  Augusto  riscuole  la 
decima  saladina  per  la  terza  crociata  (1188):  prende  con  sé  l'orifiamma  di  san 
Dionigi,  ordina  di  circondare  Parigi  di  mura,  e  parte  per  la  Siria  (1190). 
1191-1200.  Presa  di  San  Giovanni  d'Acri  fatta  dai  Franchi  (1191).  Il  regno  franco  di 
Gerusalemme  ridotto  a  quattro  sole  città  (1192).  Filippo  Augusto  perde  i  titoli 
della  corona  in  una  battaglia  contro  gl'Inglesi,  vicino  a  Blois  (1194).  Il  pontefice 
vende  agli  Ebrei  il  permesso  di  rientrare  in  Francia.  Fondazione  del  regno  di 
Boemia.  Innocenzo  III  pontefice  (1198).  Filippo  Augusto,  rappacificatosi  con  sua 
moglie  Ingelburga,  abbandona  Maria  che  egli  avea  sposata  quattro  anni  prima 
(1200). 
1201-1210.  il  re  d'Inghilterra  perde  la  maggior  parte  delle  sue  provincie  di  Francia 
(1203).  Baldovino,  conte  di  Fiandra,  è  eletto  imperatore  di  Costantinopoli  (1204). 
L'Inghilterra  messa  sotto  interdetto  dal  pontefice  Innocenzo  III  (1208).  Concilio 
di  Parigi  che  condanna  ad  essere  bruciati  quattordici  discepoli  del  settario  Amaury, 
coi  libri  della  Metafisica  d'Aristotele  (1210). 
1211-1220.  Concilio  di  Pamiers  contro  gli  Albigesi.  Alfonso  IX  re  di  Casliglia,  vincitore 
dei  Maomettani  in  Ispagna  (1212).  Battaglia  di  Bouvines  guadagnata  da  Filippo 
Augusto  contro  Ottone  ed  il  conte  di  Fiandra  (1214).  Concilio  IV  di  Laterano,  sta- 
bilisce il  tempo  della  confessione  sacramentale  (121S).  I  Franchi  in  Egitto  (1218). 
1221-1230.  Il  cancelliere  di  Francia  ottiene  il  diritto  di  sedere  fra  i  pari  M223).  San 
Luigi  IX:  la  regina  Bianca,  reggente  (1226).  Invasione  di  Gengis-kan  (1227). 
L'imperatore  Federico  II  incoronato  a  Gerusalemme  (1229),  Riunione  dei  regni 
di  Leon  e  di  Castiglia  (1230). 
1231-1240.  Prima  bolla  pegli  Ordini  mendicanti,  del  pontefice  Gregorio  IX  (1231), 
San  Luigi  assoggetta  gli  ecclesiastici  al  giudizio  del  re  e  dei  signori  nelle  cause 
civili  (1234).  Lotte  dei  Guelfi  e  dei  Ghibellini  in  Italia,  gli  uni  favorendo  il 
pontefice,  gli  altri  l'imperatore  (1236).  San  Luigi  reprime  i  tentativi  del  clero 
sull'amministrazione  temporale  :  ricusa  la  corona  imperiale  offertagli  dal  ponte- 
fice a  danno  di  Federico  li  scomunicato  (1259). 
1241-1250.  Concilio  di  Lione,  che  accorda  il  cappello  rosso  ai  cardinali  (1245).  Fra 
Giovanni  da  Carpi  penetra  nella  Tartaria  (1246).  San  Luigi  parte  per  Terrasanta 
(1248):  è  sconfitto  e  fatto  prigioniero  (1250), 
1251-1260.  Suo  ritorno  in  Francia  (1254).  Gl'inquisitori  stabiliti  in  Francia  (1255).  La 
Germania  è  senza  capo.  I  baroni  inglesi ,  ribelli  al  re  Eurico  III ,  lo  obbligano 
ad  una  riforma  del  governo  (1258).  Fondazione  dell'ospedale  dei  Trecento  ciechi 
fatta  da  san  Luigi.  Alfonso  X  ordina  di  scrivere  gli  atti  pubblici  in  lingua  vul- 
gare.  La  bussola  è  conosciuta  ed  usata  in  Francia  (1260). 
1261-1270.  Concilio  di  Parigi  contro  i  Catari.   Il  luogotenente  di  Michele  Paleologo 
prende  Costantinopoli,  scacciandone  Baldovino  II  (1261).  Le  isole  Baleari  costi- 
tuiscono il  regno  di  Majorca  (1262).  Carlo  d'Anjou,  re  di  Napoli  (1266).  San  Luigi 
si  suppone  dia  la  Prammatica  sanzione  (1269):  pubblica  i  suoi  statuti  ,  e  parte 
novamente  per  la  crociata;  arriva  a  Tunisi,  e  vi  muore  di  peste  (1270),  Viaggi 
di  Marco  Polo, 

EPOCA  Xlll. 

1271-1280.  Filippo  III  l'Ardito  porta  a  spalle  da  Parigi  a  San  Dionigi  le  ossa  del  re 
Luigi  suo  padre  (1271).  Rodolfo  di  Absburgo,  primo  della  casa  d'Austria,  eletto 


EPOCHE  37 

imperatore  di  Germania.  Fine  del  dominio  dei  Franchi  a  Costantinopoli  per  la 
morte  di  Baldovino  li  (1273).  Filippo  l'Ardito  cede  il  contado  venesino  al  pon- 
tefice (!274j.  11  re  Filippo  fa  appiccare  Pietro  de  La  Brosse  divenuto  suo  primo 
ministro,  dopo  di  essere  stato  barbiere  di  Luigi  IX  (1278).  Concilio  d'Angers  con- 
tro il  clero  che  disprezzava  la  scomunica  (1279).  I  Veneziani  inventano  gli  specchi, 
1281-1290.  Vespri  siciliani  :  il  pontefice  scomunica  tutti  gli  abitanti  di  Palermo  (1282). 
Leolino  principe  di  Galles,  è  ucciso,  e  suo  fratello  viene  escluso  per  ordine  del 
re  d'Inghilterra  Edoardo,  il  quale  unisce  questo  principato  alla  corona  (1283). 
11  re  d'Inghilterra  rinuncia  il  Qucrcy  in  favore  di  Filippo  il  Bello  (1290). 
1291-1300.  I  Genovesi  scoprono  le  Canarie.  I  Franchi  abbandonano  la  Siria  (1291). 
Edoardo  d'Inghilterra  invade  la  Scozia,  obbliga  il  re  a  consegnargli  la  corona, 
e  lo  rinchiude  nella  torre  di  Londra;  abbrucia  gli  archivj,  e  manda  guarnigione 
in  tutte  le  città  (1290).  I  cannocchiali  sono  conosciuti  in  Francia  (1500).  Risor- 
gono le  arti  in  Italia  con  Cimabue,  Oderisi,  Nicola  da  Pisa,  Arnolfo,  Gaddo  Caddi. 
1501-1310.  Contese  tra  il  pontefice  Bonifazio  Vili  e  Filippo  il  Bello,  il  quale  rifiuta 
riconoscere  per  superiore  il  capo  della  gerarchia  ecclesiastica  (1301).  Assemblea 
su  ciò  tenuta  dal  re  a  Parigi,  ove  i  notabili  delle  principali  città  intervengono 
(1502).  li  pontefice  Bonifazio  muore  senza  pubblicare  una  bolla,  in  cui  dichiarava 
i  suoi  diritti  temporali.  Benedetto  XI  suo  successore  (1303)  disapprova  le  pre- 
tensioni del  suo  predecessore.  Guglielmo  Teli;  origine  della  Confederazione  el- 
vetica (1508).  I  pontefici  trasportano  la  loro  sede  ad  Avignone  (1509).  Dante, 
Petrarca,  Boccaccio. 
1311-1520.  Concilio  di  Vienne.  Condanna  dei  Templarj  (Ioli).  Giovanni  XXII  pontefice 
(1316).  Legge  Salica,  che  esclude  le  donne  dal  trono  di  Francia  (1317).  Scisma- 
tici abbruciati.  11  re  tenta  introdurre  in  Francia  l'uniformità  dei  pesi  e  delle 
misure  (1320). 
1521-1530.  Concilio  d'Avignone  contro  gli  avvelenatori  ed  incantatori  (1321).  Filippo  VI, 
primo  dei  Valois,  nominato  re  dagli  Stati  (1328).  Edoardo  III,  re  d'Inghilterra, 
va  ad  Amiens  per  ollrire  omaggio  al  re  di  Francia  (1329).  Invenzione  della 
polvere  da  cannone,  fatta  da  Bertoldo  Schwartz  (1330). 
1331-1340.  I  Turchi  s'impadroniscono  di  Nicea  (1333).  Abusaid,  ultimo  gengiskanide 
di  Persia:  anarchia  di  venticinque  anni.  Nasce  Tamerlano  (133o).  Nuova  guerra 
tra  Francia  e  Inghilterra  (1556).  Edoardo  III  prende  il  titolo  di  re  di  Francia,  ed 
aggiunge  i  gigli  allo  stemma  d'Inghilterra  (1339).  Primo  uso  del  cannone  (1340). 
1511-1350.  L'impero  di  Germania,  offerto  a  quattro  principi,  tocca  a  Carlo  IV,  figlio 
del  re  di  Boemia.  Edoardo  IJl  prende  Calais.  Cola  di  Rienzo  (1347).  Peste  orri- 
bile (1348).  Il  Delfinato  e  la  contea  di  Montpellier  uniti  alla  Francia.  Edoardo 
istituisce  l'ordine  della  Giarrettiera  (1349). 
1351-1300.  Carlo  IV  pubblica  la  Bolla  d'oro^  opera  del  giureconsulto  Bartolo  (1356).  Re 
Giovanni  prigioniero  degl'Inglesi.  Il  delfino  Carlo  reggente  convoca  gli  Stati 
(1356).  Cospirazione  di  Stefano  Marcel  a  favore  degl'Inglesi  (1356).  I  contadini 
si  sollevano  contro  i  signori,  formando  una  confederazione,  chiamata  la /acqfuene. 
Pace  tra  Francia  e  Inghilterra;  liberazione  del  re  Giovanni  (1560). 
lofi! -1370.  I  ducati  di  Borgogna,  di  Normandia,  le  contee  di  Tolosa  e  di  Champagne 
unite  alla  Francia  (1561).  Il  parlamento  d'Inghilterra  ricusa  al  pontefice  il  tributo 
(1366).  Tamerlano  comincia  le  sue  conquiste  in  Oriente  (1570). 
1371-1380.  Vittoria  dei  Francesi  comandati  dal  connestabile  Bertrando  Duguesclin.  Som- 
messione  del  Poitou  e  della  Bretagna  (1373).  Sbarco  dei  Francesi  in  Inghilterra. 
Morte  d'Edoardo  III  (1377).  Duplice  elezione  di  pontefici  per  quarant'anni  (1378). 
Morte  di  Carlo  V  :  la  sua  biblioteca  di  novecento  manoscritti  fu  la  prima  origine 
della  Biblioteca  reale  (1580), 
1381-1390.  11  duca  d'Anjou  tenta  salire  sul  trono  di  Napoli.  Carlo  VI  infierisce  contro- 
i  Parigini  ribellatisi  a  motivo  delle  enormi  imposte  (1582).  Venceslao  vende  la 
libertà  delle  città  d'Alemagna  ad  alcuni  signori  (1585).  11  re  d'Armenia,  scac- 
ciato dai  Turchi,  arriva  in  Inghilterra.  Si  comincia  il  duomo  di  Milano  (1586). 
Bonifazio  IX  eletto  pontefice,  vivo  ancora  Clemente  VII  (1589).  Gli  Zeno  scoprono 
la  Groenlandia  e  le  parti  più  settentrionali  dell'America, 


38  CRONOLOGIA 

1394-1400.  Re  Carlo  VI  demente:  invenzione  del  giuoco  delle  carte  (1393).  Primo 
concilia  nazionale  di  Francia  a  Parigi  (1393).  La  repubblica  di  Genova  si  dà  alla 
Francia.  Battaglia  di  Nicopoli  in  Ungheria  contro  Bajazet,  ove  perisce  il  fiore 
della  nobiltà  francese  (1396).  L'imperator  greco  Manuele  Paleologo  minacciato 
da  Bajazet;  arriva  a  Parigi.  I  principi  alemanni  depongono  Venceslao;  eleggono 
Federico  di  Brunswick,  poscia  Roberto  conte  palatino  (1400). 

1401-1410.  Conquista  delle  Canarie,  supposta  fatta  da  Giovanni  di  Betancourt  (1402). 
Muore  Tamerlano,  partendo  per  la  conquista  della  Cina  (140o).  Dissensione  nella 
famiglia  reale  di  Francia  durante  la  demenza  di  Carlo  VI.  11  duca  di  Borgogna 
fa  assassinare  il  duca  d'Orleans  (1407).  Genova  riacquista  la  sua  indipendenza. 
Guerra  civile  in  Francia  (1410). 

1411-1420.  I  principi  francesi,  armati  contro  la  Corte,  chiamano  gl'Inglesi  in  Francia 
(1412).  Concilio  di  Costanza,  che  fa  il  pontefice  sottoposto  all'autorità  dei  concilj 
(1414).  Scoperta  di  Porto  Santo  (1418)  e  di  Madera  (1419),  fatta  dai  Portoghesi. 
Il  re  di  Francia  cede  la  corona  al  re  d'Inghilterra  Enrico  V:  il  delfino  vi  si  op- 
pone, e  vedonsi  nel  medesimo  tempo  in  Francia  due  re,  due  regine,  due  reg- 
genti, due  parlamenti  e  due  università  di  Parigi  (1420). 

1421-1450.  Carlo  VII  tenta  espellere  gl'Inglesi  dal  regno.  Enrico  VI  d'Inghilterra,  fan- 
ciullo, succede  ad  Enrico  V  suo  padre,  ed  assume  il  titolo  di  re  di  Francia,  che 
ì  suoi  successori  portarono  fin  al  principio  del  corrente  secolo  (1422).  Primo 
lazzaretto  istituito  dai  Veneziani  (1425).  Il  sultano  d'Egitto  sbarca  in  Cipro,  fa- 
cendovi prigioniero  il  re  Giovanni  II  (1426).  Gli  Inglesi  assediano  Orleans  (1428): 
Giovanna  d'Arco  gli  obbliga  a  ritirarsi,  continua  le  sue  vittorie,  e  Carlo  VII  è 
incoronato  a  Reims  (1429).  Giovanna  prigioniera  degli  Inglesi  (1450). 

1451-1440.  Gli  Inglesi  fanno  giudicare  Giovanna:  è  abbruciata  viva  a  Rouen.  Enrico  VI, 
re  d'Inghilterra,  consacrato  re  di  Francia  a  Parigi.  Il  re  Carlo  VII  continua  la 
guerra  con  vantaggio  (1431).  Carlo  VII  prende  Parigi,  e  ne  scaccia  gl'Inglesi 
(1456).  Assemblea  di  Bourges,  in  cui  viene  stabilita  la  Prammatica  sanzione,  la 
quale  determina  i  diritti  e  le  libertà  della  Chiesa  gallicana  (1438).  Scissione  defi- 
nitiva della  Chiesa  greca  dalla  Chiesa  latina.  Invenzione  della  stampa  con  carat- 
teri mobili  (1440). 

1441-14S0.  Tregua  tra  Francia  e  Inghilterra  (1444).  Fondazione  della  biblioteca  Vati- 
cana (1446).  Scoperta  delle  isole  di  Capo  Verde  (1449).  Gl'Inglesi  sono  snidati 
dalla  Normandia  e  dalla  Gujenna.  La  stampa  produce  molte  grandi  opere  (1450). 
Comincia  la  fabbrica  di  San  Pietro  Vaticano. 

1451-1460.  Costantino  XII  e  Demetrio  Paleologhi  si  disputano  l'impero.  Demetrio  chiama 
in  suo  soccorso  l'imperatore  ottomano  Maometto  II,  che  s'impadronisce  di  Co- 
stantinopoli e  mette  fine  all'impero  d'Oriente  (1453).  L'incisione  in  rame  trae 
origine  dai  nielli.  Maometto  II  assedia  Belgrado  (1456).  I  dotti  greci  rifuggono 
in  Italia,  e  vi  propagano  cognizioni.  Sbarco  dei  Francesi  in  Inghilterra  (1457). 

1461-1470.  Re  Luigi  XI  sopprime  la  Prammatica  sanzione.  Cessione  del  Roussillon  e 
della  Cerdagna  alla  Francia  (1463).  Il  pontefice  Paolo  II  conferisce  il  titolo  di 
cristianissimo  al  re  di  Francia.  Guerra  del  Bene  pubblico,  ossia  lega  dei  signori 
francesi  contro  l'oppressione  della  Corte  (1465).  La  stampa  s'introduce  in  Fran- 
cia (1470). 

1471-1480.  Fine  della  casa  di  Lancaster  in  Inghilterra.  Edoardo  IV,  primo  re  della 
casa  di  York.  Istituzione  dell'  ordine  di  San  Michele  in  Francia  (1471).  Riu- 
nione della  Gujenna  alla  Francia  (1472).  Prima  alleanza  tra  Francia  e  gli  Sviz- 
zeri (1474).  Sbarco  d'Edoardo  a  Calais  (1475).  Riunione  della  Borgogna  alla 
Francia.  I  primi  monti  di  pietà  a  Perugia  (1477).  I  Turchi  in  Italia.  Luigi  XI 
istituisce  le  poste.  11  titolo  di  maestà  dato  ai  re  (1480). 

1481-1490.  Luigi  XI  erede  della  Provenza  (1481).  Scoperta  del  Congo.  Enrico  VII  primo 
re  della  casa  di  Tudor  in  Inghilterra  (1485).  Scoperta  del  capo  di  Buona  Spe- 
ranza (1480).  Fine  dei  re  Franchi  di  Cipro  per  la  cessione  fattane  da  Caterina 
Cornare  ai  Veneziani  (1489). 


EPOCHE  39 

EPOCHE  XIV   E  XV. 

1491-1500.  Scoperta  dell'isola  di  San  Salvador  fatta  da  Cristoforo  Colombo  (1492),  e 
delle  Antilie  (1493).  Carlo  Vili  si  propone  la  conquista  di  Napoli  (1495);  prende 
Napoli,  e  ritorna  in  Francia  (1496).  Istituzione  del  Gran  Consiglio  (1497).  Sco- 
perta dell'isola  della  Trinità,  delle  coste  orientali  d'Africa,  della  costa  delMalabar 
(1498),  delle  coste  orientali  d'America  fatta  da  Amerigo  Vespucci  (1499),  del 
Brasile,  del  tìume  delle  Amazoni  e  di  Terra  Nuova  da  Giovanni  Cabotto  (1500). 

1501-1510.  Ismael  Sofì,  primo  scià  di  Persia,  ristabilisce  la  setta  d'Ali  (1501).  I  Fran- 
cesi abbandonano  Napoli,  che  resta  alla  casa  d'Aragona  (1503).  Guerra  tra  i  Ve- 
neziani ed  il  sultano  ottomano  (1504).  Scoperta  del  Madagascar  e  di  Seilan  (1506), 
Lega  di  Cambrai  contro  Venezia  (1508).  Lega  contro  la  Francia  (1510).  Rafaello, 
Michelangelo,  Lionardo  da  Vinci,  Andrea  del  Sarto,  altri  rinomati  artisti. 

1511-1520.  Scoperta  delle  isole  della  Sonda  e  delle  Moluche  (1511),  della  Florida  (1512), 
e  del  mare  del  Sud.  Leone  X  pontefice:  concilio  di  Laterano  contro  la  Pramma- 
tica sanzione  di  Francia  (1515),  Alla  morte  della  regina  Anna  viene  prescritto  in 
Francia  l'uso  del  bruno  pel  lutto  dei  re,  invece  del  rosso  (1514).  Concordato  tra 
Francesco  I  e  Leone  X,  contro  di  cui  protestano  il  clero,  le  università  ed  i  par- 
lamenti di  Francia.  Scoperta  del  Perù  (1515),  Lutero  predica  la  riforma  (1517), 
Scoperta  della  Cina  e  del  Messico.  Riunione  dell'Egitto  all'impero  ottomano  (1518). 
Magellano  scopre  la  Terra  del  fuoco  (1520),  poscia  le  isole  Filippine:  primo  giro 
attorno  al  mondo. 

1521-1530.  Continua  la  guerra  dei  Francesi  in  Italia:  Bajardo  vi  si  segnala  (1523),  ed 
è  ucciso.  Sconfitta  dei  Francesi  (1524).  Francesco  I  alla  battaglia  di  Pavia  pri- 
gioniero (1525);  ricupera  la  libertà  col  cedere  molte  provincie  (1526).  Concilio 
di  Bourges  e  di  Lione  contro  Lutero.  Fernet  misura  un  arco  del  meridiano. 
Boria  ristabilisce  la  repubblica  di  Genova  (1528).  Dieta  d'Augusta.  Muore  in  Deli 
il  sultano  Mirza  Babur  fondatore  dell'impero  del  Granmogol  (1530).  S'introduce 
la  coltivazione  del  grano-turco. 

1531-1540.  Origine  dei  Medici  di  Firenze.  Enrico  VII!  è  riconosciuto  capo  supremo 
della  Chiesa  d'Inghilterra  dal  parlamento  (1531).  Caterina  de'  Medici  sposa  Enrico 
d'Orleans  (1555).  Spedizione  di  Carlo  V  in  Africa,  e  presa  di  Tunisi  contro  Bar- 
barossa  Ariadeno,  ammiraglio  di  Solimano  II  (1535).  11  decreto  di  Villers  Cotterets 
prescrive  l'uso  della  lingua  francese  alla  Corte  e  nei  tribunali  (1539). 

1541-1550.  Convocazione  del  concilio  di  Trento  contro  i  novatori  in  materia  religiosa. 
Alleanza  di  Francesco  I  con  Solimano  II.  Scoperta  del  Giappone  (1542)  e  dei 
Mississipi  (1543).  Battaglia  di  Ceresole,  vinta  dai  Francesi  contro  gl'Imperiali 
(1544).  Apresi  il  concilio  di  Trento  (1545).  Lutero  muore  (1548).  Protestanti 
condannati  al  fuoco  in  Parigi  (1549), 

1551-1560.  Le  truppe  di  Solimano  II  invadono  l'Ungheria  (1552),  1  Francesi  devastano 
i  Paesi-Bassi  (1554).  Carlo  V  abdica  in  favore  del  figlio  e  del  fratello  (1556):  si 
ritira  in  un  convento  dell' Estremadura  (1557),  dove  muore.  Morte  di  Maria  la 
Cattolica,  regina  d'Inghilterra.  Elisabetta  le  succede,  ad  esclusione  di  Maria 
Stuarda  regina  di  Scozia  (1558).  Il  parlamento  inglese  proscrive  la  religione 
cattolica.  L'inquisizione  di  Spagna  condanna  i  Protestanti  al  fuoco  (1559),  Con- 
giura d'Amboise  fatta  dai  Protestanti  (1560). 

1561-1570.  Caterina  de'  Medici  governa  in  nome  di  Carlo  IX.  Colloquio  di  Poissy  tra 
i  Cattolici  ed  i  Protestanti  (1561).  Principio  della  guerra  di  religione  in  Francia. 
Giovanna  d'Albret,  madre  di  Enrico  IV,  vedova,  regna  sola  in  Navarra  (1562). 
Esso  Enrico  principe  di  Navarra,  di  quindici  anni,  è  creato  capo  dei  Protestanti 
da  sua  madre  (1569).  L'ammiraglio  Coligny  comanda  il  loro  esercito  (1570). 

1571-1580.  Cipro  presa  dai  Turchi,  che  perdono  la  battaglia  di  Lepanto  (1571).  La 
schiatta  degli  Jagelloni  estinta  in  Polonia.  Notte  del  San  Bartolomeo.  Enrico  re 
di  Navarra  (1572).  Morte  di  Carlo  IX  (1574).  I  Cattolici  malcontenti  della  tolle- 
ranza del  re  verso  i  Protestanti,  formano  delle  associazioni  che  diedero  origine 
alla  Lega  (1576).  Gli  Stati  di  Blois  sostengono  la  Lega.  Guerra  contro  i  Prote- 
stanti (1577).  Istituzione  dell'ordine  dello  Spirito  santo  (1579).  Primo  uso  dei 


40  CRONOLOGIA 

petardi  fatto  all'assedio  di  Cahors  da  Enrico  di  Navarra  (1580).  Drake  fa  il  giro 
del  globo.  Ariosto,  Tasso,  accademia  della  Crusca. 

1581-1590.  Scoperta  della  Siberia  fatta  dai  Cosacchi  (1581).  Riforma  del  calendario  per 
ordine  del  pontefice  Gregorio  XIII  (1582).  Per  la  morte  del  duca  d'Anjou,  Enrico 
di  Navarra  diventa  l'erede  presuntivo  della  corona  di  Francia.  Primo  stabilimento 
degl'Inglesi  in  America  (1584).  Sisto  V  pontefice  fa  innalzare  da  Domenico  Fon- 
tana l'obelisco,  trasportato  dall'Egitto  a  Roma  sotto  Caligola  (1 586).  Maria  Stuarda, 
regina  della  Scozia,  decapitata  (1587).  l  faziosi  componenti  la  Lega  domandano 
al  re  di  Francia  il  concilio  di  Trento,  l'inquisizione  e  forme  diverse  di  governo 
(1588).  Giacomo  Clément  assassina  Enrico  III.  Enrico  di  Navarra,  capo  dei  Borboni, 
eredita  la  corona;  i  faziosi  della  Lega  ricusano  di  riconoscerlo,  e  proclamano  il 
cardinale  di  Bourbon  col  nome  di  Carlo  X  (1589).  Battaglia  d'Ivry  (1590). 

1591-1600.  I  vescovi  di  Francia  dichiarano  nulle  le  bolle  del  pontefice  contro  Enrico  IV 
(1591).  Sigismondo  Wasa,  re  di  Polonia,  vi  unisce  la  Svezia  (1592).  Enrico  IV, 
convertito  alla  fede  cattolica  (1593),  entra  in  Parigi:  vi  è  riconosciuto  re  di 
Francia  (159-4) ,  e  sottomette  a  poco  a  poco  le  provincie  occupate  dai  faziosi. 
Editto  di  Nantes  favorevole  ai  Protestanti  (1598).  Sully  soprantendente  delle 
finanze  (1599).  L'Inghilterra  stabilisce  la  Compagnia  delle  Indie  orientali.  Inven- 
zione del  termometro  (1600). 

1601-1610.  Matrimonio  di  Enrico  IV  con  Maria  de'  Medici  (1601).  Esaltazione  degli 
Stuart  al  trono  d'Inghilterra  in  Giacomo.  I  Gesuiti  richiamati  (1603).  Prima  co- 
Ionia  francese  al  Canada  (1604).  Cospirazione  di  alcuni  signori  contro  Enrico  IV, 
che  perdona  (1605).  Quebec  fondata  da  un  francese  (1608).  Enrico  IV  è  assassi- 
nato da  Ravaillac.  Luigi  XIII  gli  succede.  Il  parlamento  di  Parigi  conferisce 
la  reggenza  a  Maria  de'  Medici ,  madre  del  re.  Espulsione  definitiva  dei  Mori 
dalla  Spagna.  Osservazione  delle  macchie  del  sole  e  della  sua  rotazione  fatta  da 
Galileo  Galilei  (1610). 

1611-1620.  Esaltazione  della  casa  di  Romanof  al  trono  di  Russia  (1613).  Ultima  assem- 
blea degli  Stati  generali  a  Parigi  (1614  fino  al  1788).  Morte  di  Shakspeare.  La 
casa  di  Brandeburgo  ottiene  il  ducato  di  Prussia  (1618).  Riunione  del  Bearnese 
e  della  Navarra  alla  Francia  (1620). 

1621-1630.  Guerra  di  religione  in  Francia  (1621),  Pacificazione  e  conferma  dell'editto 
di  Nantes  (1622).  Il  cardinale  Richelieu  nel  consiglio  di  Luigi  XIII  (1624).  Carlo 
re  d'Inghilterra  (1625).  Bill  dei  diritti  accordato  dal  re  (1628).  Descartes  fa  co- 
noscere la  refrazione  astronomica  (1629).  Peste  in  Italia:  gli  untori  (1630). 

1631-1640.  Richelieu  fa  ogni  sforzo  per  denigrare  i  grandi  della  Corte.  Cristina  regina 
di  Svezia  (1632).  Amurat  JV  permette  ai  Turchi  l'uso  del  vino  (1633).  Urbano 
Grandier,  parroco  di  San  Pietro  a  Loudun,  abbruciato  vivo  come  stregone  (1634). 
Fondazione  dell'Accademia  francese  (1635).  Insurrezione  in  Iscozia  contro  la 
nuova  liturgia  (1637).  Carlo  si  determina  a  muover  guerra  alla  Scozia.  Federico 
Guglielmo  succede  a  suo  padre  margravio  di  Brandeburgo.  11  Portogallo  si  stacca 
dalla  Spagna,  e  la  casa  di  Braganza  ne  ottiene  il  trono  (1040).  Scoperta  della 
Nuova  Olanda. 

16Ì1-1650.  Insurrezione  in  Irlanda.  Il  re  Carlo  ed  il  parlamento  d'Inghilterra  in  guerra 
fra  di  loro.  Mazarino  succede  a  Richelieu  nel  consiglio  (1642).  Luigi  XIV.  Bat- 
taglia di  Rocroy,  vinta  da  Condè  il  Grande.  Mazarino  primo  ministro.  Barome- 
tro di  Torricelli  (1643).  Oliviero  Cromwell  si  distingue  fra  i  parlamentarj  all'as- 
sedio di  York  contro  re  Carlo  (1644).  Pace  di  Westfalia,  che  mette  fine  alla 
guerra  dei  Trent'anni.  L'Alsazia  unita  alla  Francia.  Libertà  germanica.  Equili- 
brio dell'Europa  (1648).  Condannato  Carlo  I  dal  parlamento  d'Inghilterra,  si  sta- 
bilisce la  repubblica  inglese.  Disordini  della  Fronda  in  Francia  (1649). 

EPOCA   XVI. 

^'¥51-1660.  Ritirata  di  Mazarino  (1651).  Si  avvicina  di  nuovo  alla  Francia,  rientra  in 
consiglio,  se  n'allontana  ancora  (1652);  ritorna  trionfante  a  Parigi.  Oliviero 
Cromwell  eletto  protettore  d'Inghilterra  (1655).  La  regina  Cristina  di  Svezia  ab- 
dica la  corona,  e  si  ritira  a  Roma  (1054).  Alleanza  di  Luigi  XIV  eoa  Cromwell 


EPOCHE  41 

(1655).  Questi  rifiuta  la  corona  offertagli  dal  parlamento.  Sovranità  della  Prus- 
sia riconosciuta  dal  re  di  Polonia,  il  caffè  portato  in  Francia  (1G57).  Morte  di 
Crorawell  ;  suo  figlio  Riccardo  gli  succede  (IU58).  Pace  de'  Pirenei  (lGo9).  Kista- 
bilimento  degli  Stuart  in  Inghilterra:  Carlo  H  re.  Rivoluzione  in  Danimarca  (16GU). 

1661-1G70.  Morte  di  Mazarino.  Luigi  XIV  governa  da  se  medesiino,  Colbert  direttore 
generale  delle  finanze  (IGGi).  Accademia  delle  Iscrizioni  a  Parigi.  Riunione  del 
contado  Venesino  alla  Francia.  Il  canale  di  Linguadoca  è  cominciato  (16G4}.  Ac- 
cademia delle  Scienze  a  Parigi  (1G66).  Abdicazione  di  Giovanni  Casimiro  re  di 
Polonia  (1GG8).  Ministero  di  Louvois;  divise,  bajonette,  granatieri,  esercito  di 
quattrocencinquantamila  uomini.  Giansenismo. 

1671-1680.  Cassini.  Telescopio  di  Newton  (1672).  Giovanni  Sobieski  vince  i  Turchi  : 
viene  eletto  re  di  Polonia.  Orologi  a  molla  di  Huygens  (1674).  Morte  del  gene 
rale  Turenne.  Celerità  della  luce  calcolata  da  Ròmer  (1675).  Pace  di  Nimega. 
La  Franca  Contea  unita  alla  Francia.  Morte  di  Koproli,  ministro  ottomano  (1678). 
Pace  generale  in  Francia.  I  Comuni  d'Inghilterra  ottengono  il  bill  dell'/Zaòeas 
corpus  (1679).  Primi  atti  del  re  d'Inghilterra  contro  i  Protestanti  (1680). 

1681-1690.  Assemblea  generale  del  clero  di  Francia,  che  decreta  le  quattro  proposi- 
zioni della  Chiesa  gallicana  sul  potere  ecclesiastico.  Pietro  il  Grande  di  Russia 
giunge  al  trono  (1682).  Rara  Mustafà  assedia  Vienna  ;  è  sbaragliato  da  Sobieski 
re  di  Polonia  (1683).  Quietismo.  Luigi  XiV  revoca  l'editto  di  Nantes  che  pro- 
teggeva i  Protestanti.  Giacomo  II  re  d'Inghilterra.  Federico  Guglielmo,  margra- 
vio di  Brandeburgo,  accoglie  ventimila  Francesi  protestanti  (1685).  Lega  d'Au- 
gusta contro  Luigi  XIV  (1686).  La  corona  d'Ungheria  passa  all'Austria.  Mal- 
contento in  Inghilterra  per  causa  di  religione.  Lo  statolder  vi  sbarca.  Giacomo  II 
abbandona  il  trono  (1688).  Guglielmo  III,  principe  di  Grange  e  statolder,  eletto 
re  d'Inghilterra.  Saccheggio  del  Palatinato  per  ordine  di  Luigi  XIV.  II  mare- 
sciallo Catinai  in  Italia  (1690). 

1691-1700.  Costui  vittoria  a  Marsaglia  (1693)  Stabilimento  della  banca  di  Londra(1694). 
Cominciamenti  della  marina  russa.  Carlo  XII  re  di  Svezia.  Querele  dogmatiche 
tra  Bossuet  e  Fenelon  (1697).  Omaggio  della  Lorena  a  Luigi  XIV  (1699).  Il  duca 
d'Anjou  è  istituito  erede  della  corona  di  Spagna.  L'imperatore  riconosce  la  Prus- 
sia come  regno  (1700).  Estinzione  della  linea  austriaca  spagnuola.  Guerra  di 
successione. 

1701-1710.  Federico  si  proclama  re  di  Prussia,  e  s'incorona  (1701).  Pietro  il  Grande 
fonda  Pietroburgo  (1703).  Bossuet  muore.  Stanislao  Lesczynski  re  di  Polonia 
(1704).  Atto  di  unione  dell'Inghilterra  colla  Scozia  (1706).  Carlo  XII  vinto  dai 
Russi  a  Pultava.  Cattiva  condizione  di  Luigi  XIV  a  fronte  delle  potenze  del 
Nord  (1710). 

1711-1720.  Ingrandimento  del  regno  di  Prussia  (1711).  Pace  d'Utrecht  tra  la  Francia 
e  gli  Alleati.  Federico  il  Grande  re  di  Prussia.  Bolla  Unigenitusiìlió),  Due  prin- 
cipi legittimati  sono  dichiarati  atti  a  succedere  alla  corona  di  Francia  in  man- 
canza di  discendenti  diretti.  Giorgio,  primo  re  della  casa  d'Annover  (1714). 
Morte  di  Luigi  XIV. 

EPOCA  xvn. 

Luigi  XV  succede  al  suo  bisavolo.  Reggenza  del  duca  d'Orleans  (1715).  Banca 
di  Law  (1716).  Coltura  del  caffè  introdotta  al  Surinam  (1718)  dieci  anni  prima 
che  alla  Martinica.  Gli  stati  della  Svezia  eleggono  Ulrica-Eleonora  a  succedere  a 
Carlo  XII  (1719).  11  suo  sposo  Federico  è  associato  al  trono  (1720). 

1721-1730.  Primato  della  Russia  nel  Nord  dell'Europa.  Pietro  il  Grande  prende  il  titolo 
di  autocrata.  Fondazione  di  Potsdam  (1721).  Morte  di  Pietro  autocrato:  Caterina 
gli  succede  (1725).  Accademia  delle  scienze  a  Pietroburgo  (1726).  Morte  di  New- 
ton (1727).  I  Corsi  si  ribellano  contro  Genova  (1730). 

1731-1740.  Un  bill  del  parlamento  d'Inghilterra  introduce  la  lingua  inglese  in  tutti  gli 
atti  giudiziari  (1731).  Teodoro,  barone  di  Neuhof,  creato  re  di  Corsica  (1736). 
La  casa  di  Lorena  chiamata  al  trono  di  Toscana  (1737).  Pace  di  Vienna,  che 
cede  la  Lorena  alla  Francia  (1758).  Libertà  di  commercio  concessa  dall'lnghil- 


42  CRONOLOGIA 

terra  alle  colonie  (1739).  Federico  II  il  Grande,  re  di  Prussia.  Estinzione  della 
linea  di  Absburgo  colla  morte  di  Carlo  VI.  Esaltazione  di  Maria  Teresa  al  trono 
imperiale,  e  guerre  della  successione.  Ivan  VI,  czar  di  Russia  (1740). 

1741-1750.  Ivan  è  detronizzato,  Elisabetta  Petrowna  proclamata  (1741).  Guerra  dei 
Turchi  contro  i  Persiani,  comandati  da  Thamasp-Kouli-kan  (1743).  Gli  accade- 
mici francesi  dimostrano  lo  schiacciamento  del  globo  (1744).  Esaltazione  della 
casa  di  Lorena  al  trono  imperiale  (1745).  Genova  repubblica  dopo  scacciati  gli 
Austriaci  (1746).  Pace  generale  d'Aquisgrana  (1748).  Ercolano  scoperta  (1749). 
Lamoignon  succede  a  Daguesseau  cancelliere  di  Francia  (1750). 

1751-1700.  La  casa  di  Gottorp  chiamata  al  trono  di  Svezia.  Luigi  XV  fonda  la  Scuola 
militare  (1751).  Otman  III  rinnova  la  proibizione  fatta  da  Maometto  ai  Turchi 
di  bere  vino  (1754).  Tremuoto  di  Lisbona.  Lo  stabilimento  francese  di  Scinder- 
nagor,  nelle  Indie  orientali,  preso  dagl'Inglesi  :  fondazione  della  potenza  in- 
glese nelle  Indie  (1757).  Scoperta  dei  parafulmini  (1757),  e  dei  cannocchiali 
acromatici  fatta  da  Dollond  (1758).  Giorgio  III  re  d'Inghilterra  (1760). 

1761-1770.  Primi  movimenti  contro  i  Gesuiti  in  Francia.  Patto  di  famiglia  tra  i  Bor- 
boni di  Francia,  di  Spagna,  di  Napoli  e  di  Parma  (1761).  Pietro  III  czar  subito 
detronizzato  da  Caterina  II.  Pace  d'Amburgo  e  di  Hubertsburgo.  Decreti  delle 
Corti  sovrane  contro  i  Gesuiti  (1762).  Stanislao  Poniatowski  re  di  Polonia  (1764). 
Morte  del  delfino  padre  di  Luigi  XVI  (1765).  Cessione  della  Corsica  alla  Fran- 
cia (1767).  Scoperta  dell'arcipelago  dei  Navigatori  e  di  quello  della  Luigiana, 
fatta  da  Bougainville  (1768).  Soppressione  della  Compagnia  delle  Indie  fran- 
cesi (1770). 

1771-1780.  Sommossa  nei  parlamenti  di  Francia,  in  conseguenza  di  nuovi  editti  fir- 
mati dal  cancelliere  Maupeou  (1771).  Prima  spartizione  della  Polonia.  Una 
rivoluzione  in  Isvezia  accresce  il  poter  reale  (1772).  Soppressione  dei  Gesuiti 
fatta  dal  pontefice  Clemente  XIV  (1773).  Luigi  XVI  re  di  Francia,  Franklin,  Wa- 
shington. Il  congresso  americano  è  aperto  (1774).  Principiano  le  ostilità  fra 
l'Inghilterra  e  l'America  (1775).  Lavoisier  decompone  i  gas  (1775).  Confedera- 
zione ed  atto  di  unione  delle  colonie  inglesi  d'America  (1776).  La  Francia  tratta 
colla  Confederazione  americana  (1778).  Scoperte  di  Cook  (1774-1778).  Giuseppe  II 
redi  Boemia  e  d'Ungheria  (1780). 

1781-1790.  Herschel  trova  il  pianeta  urano  (1781).  Saussure  inventa  l'igrometro  a  ca- 
pelli, Mongolfier  gli  aerostati,  Mesmer  il  magnetismo  animale.  L'Inghilterra  ri- 
conosce l'indipendenza  degli  Stati  Uniti  d'America  (1782).  La  Crimea  in  potere 
della  Russia.  Ministero  di  Fox.  Pace  di  Versailles,  che  rende  libero  Dunkerque 
(1783).  Alleanza  della  Francia  co'  Paesi  Bassi  (1785).  Origine  dei  tumulti  nei 
Paesi  Bassi  (1787). 

EPOCA  xvni. 

Primi  turbamenti  politici  in  Francia  (1788).  Gli  Stati  generali,  radunati  a  Ver- 
sailles, si  costituiscono  in  assemblea  nazionale  (1789).  Confederazione  dei  Belgi. 
Leopoldo  II  imperatore  di  Germania  (1790). 
1791-1800.  Luigi  XVI  accetta  la  costituzione  di  Francia  (1791).  Pace  di  Jassy  tra  la 
Porta  e  la  Russia.  Francesco  II  succede  a  Leopoldo  imperatore.  A  Gustavo  HI 
assassinato  succede  Gustavo  IV.  La  repubblica  proclamata  in  Francia.  Luigi  XVI 
arrestato  (1792)  e  mandato  a  morte  (1793).  Confederazione  dell'Europa  contro 
la  Francia.  Kosciusko  si  solleva  contro  la  Russia  in  conseguenza  di  un  nuovo 
smembramento  della  Polonia,  ma  i  suoi  tentativi  escono  vani  (1794).  Aboli- 
zione dello  Statolderato  (1795).  Napoleone  Buonaparte  nominato  generale  in 
capo  dell'esercito  d'Italia.  Paolo  imperatore  di  Russia.  Diversi  trattati  di  pace 
tra  la  Francia  e  gli  Stati  d'Europa  (1796).  La  Lombardia  e  le  isole  veneziane 
in  potere  della  Francia  (1796).  Conquista  dell'Egitto  fatta  dai  Francesi.  Morte 
di  Stanislao  Poniatowski,  ultimo  re  di  Polonia  (1798).  Gl'Inglesi  s'impadro- 
niscono del  regno  del  Misere  nell'India,  e  fanno  morire  Tippu-Saib.  Governo 
consolare  in  Francia.  Morte  di  Washington  (1799).  Nuovo  trattato  di  com- 
mercio tra  la  Francia  e  gli  Stali  Uurti  d'America.  Schriitcr  scopre  la  rotazione 


EPOCHE  43 

del  pianeta  mercurio  (1800).  Jenner  trova  la  vaccinazione.  Galvanismo,  e  pila  di 
Volta.  Viaggio  di  Humboldt  e  lionpland. 
1801-1810,  Piazzi  scopre  la  cerere.  Irlanda  riunita  alla  Gran  Bretagna.  Pace  di  Lune- 
ville.  Assassinio  del  czar  Paolo  (1801).  Concordato  a  Parigi  fra  il  papa  e  la  Fran- 
cia. Madera  occupata  dagl'Inglesi.  L'Egitto  sgombrato  da'  Francesi  ;  pace  d'A- 
miens  (1802).  Buonaparte  console  in  vita.  Comizj  di  Lione.  Sennefelder  trova 
la  litografia.  Olbers  scopre  la  pallade,  poi  la  vesta,  e  Harding  la  giunone.  I  Va- 
habiti  in  Arabia  (1803)  ;  nell'India  i  Maratti  vinti  dagl'Inglesi  che  occupano 
Agra  e  Deli.  I  Negri  di  San  Domingo.  Codice  Napoleone  (1804).  Napoleone  im- 
peratore dei  Francesi  e  re  d'Italia.  Cessa  l'impero  di  Germania,  comincia  quello 
d'Austria.  Pace  di  Presburgo  (1803).  Guerre  dei  Russi  in  Persia.   Battaglia  di 
Trafalgar,  di  Caldiero,  di  Austerlitz.  Gl'Inglesi  occupano  il  Capo  (1806).  Muore 
Pitt.  Russia  e  Prussia  guerreggiano  la  Francia.  Battaglia  di  Jena.  Confedera- 
zione del  Reno.  I  Napoleonidi  sui  troni.  Pace  di  Tilsitt  (1807).  Prima  barca  a 
vapore.  Guerra  di  Spagna  (1808)  e  dell'Austria  (1809).  Pace  di  Vienna. 
1811-1820.  Federazione  americana  di  Venezuela.  Sterminio  dei  Mamelucchi  in  Egitto. 
Concilio  di  Parigi.  Guerra  di  Russia  (1812).  Battaglia  di  Lipsia  (1813).  Ripristi- 
namento  delle  dinastie  (1814).  Pace  di  Tefflis  tra  la  Persia  e  la  Russia  :  guerra 
degl'Inglesi  contro  il  Nepaul  nell'India.  Congresso  di  Vienna  (1815).  Ritorno  di 
Napoleone  ;  battaglia  di  Waterloo.  Santa  Alleanza.  Proibizione  della  tratta  dei 
Negri.  Bernadotte  fatto  re,  congresso  (1818).  Indipendenza  dell'America  meri- 
dionale. Sollevazione  di  Spagna  (1820) ,  d'Italia,  degli  Elleni,  di  San  Domingo. 
1821-1830.  Morte  di  Napoleone  (1821).  Tipografia  ad  Alessandria  d'Egitto.  Immensi 
progressi  dell'industria  e  del  pensiero  nella  pace.  Fari  a  fuoco  fisso  di  Mathieu 
e  Fresnel  (1822).  11  capitano  Franklin  compie  la  scoperta  d'America.  Messico 
indipendente  ;  si  allea  colla  Colombia  (1823).  Bolivar  dittatore.  Battaglia  di  Aya- 
cuco  nel  Perù  (1824).  Distruzione  dei  Gianizzeri.  Ponte  di  ferro  tra  l'Inghil- 
terra e  l'Irlanda.  Congresso  di  Panama.  Guerra  tra  la  Russia  e  la  Persia  (1827). 
Battaglia   di  Navarino  (1827).  Indipendenza  greca  (1828).  Pace  d'Adrianopoli 
(1829).  Il  re  di  Spagna  abolisce  la  legge  salica.  Algeri  presa  da'  Francesi.  Rivo- 
luzione di  Francia,   Paesi  Bassi,  Polonia,  Romagna,  Brunswick.  I  protocolli. 
Strade  di  ferro.  Macchine  a  vapore.  Sansimonismo.  Le  banche.  Giornalismo  (1830). 
1831-1840.  Soffocate  le  rivoluzioni  ;  stabiliti  i  regni  del  Belgio  e  di  Grecia.  Cholera 
(1831).  Bill  di  riforma  in  Inghilterra.  Gli  Egiziani  battono  i  Turchi  (1832).  Guerra 
civile  in  Ispagna  e  Portogallo  (1834).  Lega  doganale  tedesca.   La  pace  armata 
(1835).  Gli  Arabi  e  l'Egitto.  Socialismo  predicato  in  Francia,  attuato  in  Inghil- 
terra (1835).  Razionalismo  sviluppato  in  Germania  (1836),  esteso  in  Francia  (1840), 
1841-1858.  La  nazionalità  slava  tende  a  ricostituirsi.  Immenso  movimento  del  pen- 
siero e  del  sentimento.  Pio  IX  eletto  papa  (1846).   Guerra  degli  Stati  Uniti 
d'America  contro  il  Messico  (1847).  Luigi  Filippo  è  cacciato  dalla  Francia,  la  quale 
si  dichiara  repubblica.  Ne  consegue  un  movimento  di  tutta  Europa,  politico  e 
sociale.  L'Italia  si  riforma,  e  vuole  intera  la  nazionalità  e  larghissima  la  libertà 
(1848).  La  rivoluzione  è  soffogata  in  essa  e  tutt'altrove  (1849).  Luigi  Buonaparte 
mette  il  freno  alla  Francia,  se  ne  fa  presidente,  poi  imperatore  (1852).  Guerra 
delle  potenze  occidentali  contro  la  Russia,  finita  colla  pace  di  Parigi  (1857).  La 
Cina  scossa  da  una  rivoluzione  interiore  (1856).  L'India  sollevata  contro  l'In- 
ghilterra (1857).  Il  sistema  dei  debiti  portato  all'esagerazione.  Strade  ferrate  e 
telegrafi  elettrici  sopprimono  le  distanze.  Rivoluzione  italiana  (1859). 

^  15.  —  Concordanza  della  cronologìa  sacra  colla  storia  profana. 

Alla  cronologia  sacra  fu  piìi  volte  opposta  l'antichità  dell'Egitto  :  ma  questo  paese  è 
ancora  un  enigma  quasi  insolubile  5  mute,  come  le  sue  mummie,  ne  sembrano  le  rovine; 
e  le  investigazioni  dei  sapienti  non  ne  hanno  tratto  che  zodiaci  ed  obelischi,  nulla  pro- 
fittevoli all'istruzione  ed  al  progresso  dei  moderni.  E  che  sperar  di  meglio  ?  Il  popolo 
egiziano,  nudrito  d'idee  superstiziose,  restò  affatto  ignaro  di  quanto  riguardava  la  sto- 
ria sua  propria  ;  le  cogaizioni  chiuse  nel  recinto  dei  tempj,  non  si  sparsero  mai  di  fuori. 


44  CRONOLOGIA 

È  facile  comprendere  quanto  una  tale  pubblica  educazione  fosse  atta  a  rendere  la 
storia  oscura  ed  alterare  la  tradizione,  più  ancora  che  il  lasso  dei  secoli.  Né  noi  dob- 
biamo giudicare  antico  un  popolo  perchè  non  ne  conosciamo  Torigine.  Ognuno  sa 
che  il  regno  della  soperchieria  non  dura  tanto,  da  poter  supporre  che  un  tale  stato  di 
cose  a  lungo  durasse  in  Egitto;  né  il  moto  intellettuale  d'una  grande  nazione  può 
essere  stato  rattenuto  a  segno  da  mantenerla  migliaja  di  secoli  nell'ignoranza.  La 
barbarie  di  tutti  i  popoli  che  nei  tempi  antichi  abitavano  le  rive  del  Mediterraneo, 
è  anch'essa  una  prova  che  di  recente  vi  si  erano  stabiliti.  Documenti  confermano 
quest'asserzione. 

Giorgio  Sincello,  patriarca  di  Costantinopoli,  ci  lasciò  una  monografia  preziosa,  scritta 
nell'viii  secolo.  La  vecchia  cronaca  egiziana  da  lui  riportata  conta  56,S2S  anni  dal 
regno  del  Sole,  onde  ha  principio  la  monarchia  d'Egitto  fino  a  Nectanebo  II,  22  anni 
prima  della  dominazione  d'Alessandro.  Questa  lunga  serie  di  secoli,  durante  i  quali  gli 
Egiziani  dicevano  aver  avuto  regno  Dei  e  semidei,  a  giudizio  dello  stesso  Sincello  era 
un  puro  simbolo,  un  periodo  astronomico  che  indicava  la  tornata  del  punto  equino- 
ziale al  primo  grado  della  costellazione  dell'ariete.  È  ben  vero  che  noi  ora  sappiamo 
che  la  rivoluzione  della  linea  degli  equinozj  si  compie  in  un  tempo  minore  di  quello 
dato  dal  Sincello,  cioè  in  25,868  anni  ;  ma  i  moderni  pervennero  a  conoscerlo  me- 
diante stromenli  d'esattezza  meravigliosa.  I  Greci,  mancanti  d'una  misura  molto  pre- 
cisa degli  angoli,  credevano  che  l'equinozio  retrocedesse  solo  d'un  grado  ogni  cento 
anni,  e  dividendo  la  circonferenza  di  360  gradi,  contavano  56,000  anni  per  l'intera 
rivoluzione  della  linea  equinoziale.  Gli  Egiziani  come  i  Cinesi  dividevano  lo  zodiaco  in 
565",  onde  quel  periodo  riusciva  di  36,500  anni  :  ma  avendo  il  loro  anno  un  quarto  di 
giorno  meno  del  vero  anno  solare,  vi  aggiunsero  il  quarto  di  36,500  giorni,  cioè  25 
anni  ;  dal  che  risultava  il  numero  tondo  di  56,525  anni,  che  essi  presero  per  la  durata 
del  mondo. 

Di  tutta  questa  serie  di  secoli  la  Cronaca  c'insegna  che  33,984  anni  furono  occu- 
pati dai  regni  del  Sole,  di  Saturno  e  di  altre  divinità.  Non  restano  dunque  che  2541 
anno  pel  regno  degli  uomini,  ossia  per  l'intervallo  da  Menete  a  Nectanebo  II  ;  e  poiché 
da  questo  all'èra  nostra  numeransi  554  anni,  ne  risulta  che  la  somma  di  2895  anni, 
segna  la  durata  della  monarchia  egizia  av.  C. 

Manetone,  contemporaneo  di  Tolomeo  Filadelfo,  sacerdote  del  tempio  d'Eliopoli, 
lasciò  una  storia  dell'Egitto,  della  quale  ci  rimangono  pochi  frammenti.  Quest'opera, 
posteriore  all'invasione  dei  Greci  e  dei  Barbari,  scritta  dopo  che  la  filosofia  orientale 
era  penetrata  nei  santuarj  dell'Egitto,  ci  può  dar  solo  un'idea  sparuta  dell'antica  dot- 
trina delle  Caste  sacerdotali  :  nondimeno  olire  ancora  singolari  riscontri  colla  storia 
sacra.  La  lunghezza  dei  regni  ivi  è  chiaramente  espressa  in  anni  di  365  giorni,  e  lo 
stabilimento  della  monarchia  egiziana  vi  si  pone  a  3900  anni  prima  dell'era  nostra, 
vale  a  dire  1012  anni  prima  di  quello  che  la  Cronaca  suppone  :  è  duopo  però  riflettere 
che  Manetone  comprende  nelle  dinastie  reali  Osiride  (il  sole),  Iside  (la  luna).  Oro  (l'uni- 
verso), ed  altre  divinità  anteriori  ad  Osiride,  delle  quali  la  Cronaca  non  fa  parola,  lai- 
che le  due  date  sembrano  dover  concordare. 

D'altra  parte  Erodoto,  sopra  l'asserzione  dei  sacerdoti  egiziani,  computò  la  durata 
di  loro  monarchia  fino  a  Seto  di  11,540  anni.  Sulla  fede  dei  medesimi  sacerdoti,  Dio- 
doro Siculo  numera  9500  anni  dal  primo  re  d'Egitto  fino  alla  conquista  di  Cambise, 
avvenuta  l'anno  525  av.  C. 

Ora  partendo  Erodoto  e  Diodoro  dal  punto  stesso,  ed  avendo  Seto  preceduto  Cam- 
bise, doveva  lo  spazio  indicato  da  Erodoto  esser  piìi  breve  di  quello  di  Diodoro;  e 
poiché  avviene  il  contrario,  è  forza  conchiudere  che  i  sacerdoti  consultati  da  Erodoto 
avranno  contato  anni  più  brevi  di  quelli  dei  quali  parla  Diodoro.  Vogliasi  inoltre  osservare 
che  i  9500  anni  dati  da  Diodoro  alla  monarchia  egizia,  non  erano  anche  a  parer  suo  anni 
ordinar],  poiché  egli  stesso  riduce  quel  tempo  a  meno  della  metà,  e  dice  che  molti 
Egiziani  riguardavano  quegli  anni  come  composti  di  soli  quattro  mesi  :  oltre  quest'anno 
di  quattro  mesi,  un  altro  ve  n'avea  di  tre  soltanto,  che  divideva  in  quattro  parti  il 
tempo  che  il  sole  impiega  per  ritornare  all'equinozio  di  primavera.  Ad  Oro  veniva  at- 
tribuita l'introduzione  di  questo  periodo  nel  calendario,  donde  il  nome  di  horos  che  i 
Greci  aveano  dato  in  altri  tempi  all'anno.  Gli  11,340  anni  di  Erodoto  pertanto,  presi 


CONCORDANZA   DELLA  CRONOLOGIA   SACRA  COLLA  STORIA   PROFANA  4S 

per  stagioni  di  tre  mesi,  danno  2794  anni  solari,  ai  quali  aggiunti  i  707  anni  che  pas- 
sarono da  Seto  all'èra  nostra,  la  monarchia  egiziana  sarehbe  stata  fondata  3S01  anni 
av.  C.  Se  i  9500  anni  di  Diodoro  li  computiamo  per  periodi  di  quattro  mesi,  avremo 
2964  anni  ordinarj  e  qualche  frazione,  ai  quali  aggiunti  altri  525  da  Cambise  all'èra 
nostra,  la  durata  della  monarchia  egiziana  sarebbe  di  3489  anni. 

Secondo  questa  interpretazione  probabile,  Diodoro  ed  Erodoto  si  troverebbero  d'ac- 
cordo, e  le  date  loro  corrisponderebbero  a  quelle  della  Cronaca  5  giacche  la  difl'erenza 
di  circa  600  anni  verrebbe  dall'avere  quegli  storici  contato  i  regni  delle  divinità  favo- 
lose, quali  sono  Osiride,  Iside,  Tifone  ed  Oro. 

A  questa  conghiottura,  esposta  da  Melchiorre  de  L'Hermite,  soggiungiamone  un'altra. 
Erodoto  dovette  scambiare  i  541  regni  in  altrettante  generazioni,  e  ciò  esagera  il  suo 
computo.  Gli  assicurarono  i  sacerdoti  egizj  che  il  sole,  nell'intervallo  fra  Menete  e  Seto, 
cambiò  quattro  volte  di  sito,  sorgendo  ove  dechina  e  viceversa.  Mal  pratico  di  cose 
astronomiche,  egli  dovette  intendere  così  l'esposizione  d'un  fatto  naturale.  Usando  gli 
Egizj  l'anno  di  365  giorni,  ogni  4  anni  veniva  ad  anticipare  d'un  giorno  l'equinozio, 
e  così  le  stagioni  a  percorrere  tutti  i  mesi,  ed  aversi  l'estate  ov'era  il  fitto  inverno. 
Bastano  a  ciò  4304  anni,  cioè  tre  periodi  compiuti. 

Quanto  a  Diodoro,  dev'esservi  corso  errore  di  scrittura.  Dice  egli  che  il  regno  degli 
Dei  e  degli  uomini  era  durato  23,000  anni  ;  poi  ne  assegna  18,000  agli  Dei,  e  un  po' 
meno  di  15,000  agli  uomini  :  sarebbero  dunque  53,000.  Esaminando  però  il  testo  vi 
troviamo  (lib.  I.  44)  :  MuSo/o'/oùit  6k  aùrwv  Ttve;,  tò  fxh  -pwTov  àf^ai  Tn;  Ai'/'jTiTou 
3soùi  T£  zat  Ytooa.^  'ix-n  ^anyy  itcffovra  twv  ptupi'wv  zai  oV.Toziijj^t/iiuv  . .  .  ùtt'  av5pci- 
iTMv  Sk  ^irfj  ytlìo'jL)  P-^u.oùixj'j^y.i  ^affiv  àr.Q  y.'jpluSoi  e'ttj  ^p^yy  ìeinovTx  twv  nvjra/.ia- 
ydi'.i-j,  niypi  riì;  i/.u.-o's-zr,^  v.'j.i  ò'/^oriv.o'jxr,^  òl'ju.nid^Oi;  cioè:  «  Favoleggiano  alcuni 
di  essi  (Egiziani)  che  in  principio  regnassero  sull'Egitto  gli  Dei  e  gli  eroi  alquanto 
meno  di  18,000  anni  ...  ;  sotto  gli  uomini  dicono  essere  stati,  dopo  la  miriade,  un 
po' meno  di  cinquemila  anni,  fino  alla  clxxx  olimpiade  ecc.  «  L'errore  potrebbe  con- 
sistere nel  leggere  ^upia-Jo;  invece  di  ^Msptàcjoj,  e  credere  volesse  dire  dopo  diecimila 
anni  invece  di  dopo  Meride,  varietà  del  nome  del  primo  re  d'Egitto.  Fatta  questa  cor- 
rezione, si  concordano  i  due  dati  colla  somma  (18-t-5=23),  e  si  viene  a  ridurre  la 
cronologia  umana  degli  Egizj  alla  misura  delle  altre  nazioni. 

Il  regno  degli  uomini  essendo  cominciato  nell'Egitto  2888  anni  prima  dell'era  no- 
stra, precedette  di  733  anni  la  vocazione  di  Abramo,  avvenuta  2155  anni  av.  C.  secondo 
i  Settanta.  Dal  diluvio  ad  Abramo,  secondo  gli  stessi,  sono  1251  anni.  Il  primo  regno 
pertanto  cominciò  518  anni  dopo  il  diluvio,  cioè  al  tempo  di  Phaleg,  ch'è  pur  quello 
dello  spartimenlo  della  terra,  della  formazione  dei  popoli  in  corpi  politici,  e  dello  sta- 
bilimento delle  monarchie. 

Beroso,  sacerdote  del  tempio  di  Belo  in  Babilonia,  al  tempo  della  conquista  d'Ales- 
sandro Magno  pubblicò  una  storia  de'  Caldei,  di  cui  leggiamo  qualche  estratto  in  Giu- 
seppe Flavio.  Quei  frammenti  ci  offrono  molti  passi  mirabilmente  conformi  alla  Bibbia  : 
per  esempio  in  termini  precisi  è  fatta  menzione  dell'arca  che  al  finire  del  diluvio  si 
fermò  sopra  una  montagna  dell'Armenia.  Appoggiato  non  so  a  che,  egli  dava  a  Babi- 
lonia 150,000  anni.  Questo  periodo  però  così  lungo  comprendeva  i  tempi  poetici,  il 
regno  degli  Dei,  la  formazione  degli  esseri.  Da  Aloro,  che  fu  il  primo  uomo,  fino  al 
diluvio,  accaduto  sotto  Xisutro,  conta  Beroso  dieci  regni  che  avevano  durato  120  sari; 
da  Xisutro  ad  Eveco  passarono  soli  nove  sari  e  mezzo  ;  e  da  Eveco,  che  regnò  2473 
anni  prima  dell'era  nostra,  si  cominciò  a  numerare  ad  anni  solari.  Il  punto  essenziale 
in  questa  cronologia  sta  nel  determinare  la  durata  del  sarò  :  ora  il  greco  scrittore 
Snida,  che  viveva  ai  tempi  di  Alessio  Comneno,  determina  precisamente  questa  lun- 
ghezza a  223  lunazioni,  secondo  le  cognizioni  ch'egli  ebbe  dai  libri  caldei  di  astronomia. 

11  celebre  Halley,  che  studiò  non  senza  frutto  i  monumenti  della  fisica  antica,  ap- 
plicossi  nelle  Transazioni  filosofiche  ad  indagare  se  queste  223  lunazioni  presentassero 
qualche  periodo  astronomico  degno  d'osservazione,  attesoché  un  popolo  di  sua  natura 
osservatore  non  poteva  prenderle  a  caso  per  misura  del  tempo.  Trovò  che  19  rivolu- 
zioni del  sole  intorno  al  nodo  della  luna  avvengono  nello  stesso  tempo  che  223  luna- 
zioni, e  che  perciò  il  sole,  la  luna  ed  il  nodo  si  trovano  press'a  poco  nella  stessa  po- 
sizione dopo  18  anni  e  10  giorni.  Gli  eclissi  di  luna  devono  dunque  riprodursi  dopo 


46  CRONOLOGIA 

un  tal  tempo,  e  basterebbero  per  predirne  il  ritorno  se  l'analisi  non  ne  offrisse  mezzi 
più  esatti  e  sicuri.  Il  sarò  dividevasi  nel  nero  e  nel  rosso,  che  sono  altri  periodi  scien- 
tifici, determinati  da  leggi  naturali.  11  nero  era  di  tre  anni,  ed  il  rosso  un  mese  in- 
termedio tra  il  mese  periodico  ed  il  mese  anomalistico  che  segna  il  ritornar  della  luna 
all'apogeo.  Il  detto  di  Suida  è  pur  confermato  da  ciò,  che  sarò  in  caldeo  significa 
ritorno  ;  onde  possiamo  dir  francamente  ch'era  questo  il  ritorno  dell'eclissi.  Se  dunque 
il  sarò  era  un  periodo  di  223  lunazioni,  i  120  sari  da  Aloro  fino  a  Xisutro  daranno 
2165  anni;  da  Xisutro  a  Cristo  altri  2644;  talché  la  cronologia  caldea  darà  in  fine 
4809  anni  al  soggiorno  degli  uomini  sulla  terra  prima  dell'era  cristiana.  Questo  risul- 
tato è  perfettamente  conforme  colla  versione  dei  Settanta  ;  prova  che  la  Caldea,  patria 
d'Abramo,  aveva  conservato  nozioni  giuste  intorno  alla  cronologia. 

I  missionarj  ci  fecero  conoscere  parecchie  particolarità  degli  annali  cinesi ,  la  cui 
cronologia  meravigliosa  non  ha  altro  fondamento  che  certe  proprietà  cabalistiche  di 
numeri;  e  fu  immaginata  per  assegnar  l'epoca  di  alcuni  fenomeni  celesti  che  non  ac- 
caddero mai.  Essa  venne  peraltro  costantemente  rifiutata  dalla  scuola  di  Confucio,  come 
contraria  alla  purità  della  tradizione  ed  estranea  ai  sacri  libri.  Inoltre  fu  messa  fuori  da 
tempo  non  molto  lontano:  il  primo  che  ne  parlò  nella  storia  della  Cina  è  Lie-u-hin,  conti- 
nuatore delle  opere  di  Sse-ma-tan  e  di  Sse-ma-tsian,  il  quale  viveva  66  anni  av.  C.  Questo 
dotto  assegnava  ai  tempi  favolosi,  che  precedettero  l'origine  del  suo  paese,  443,127  anni. 

II  calendario  cinese  conteneva  un  periodo  chiamato  ciang,  di  233  lunazioni  o  di  235 
rivoluzioni  della  luna  nella  sua  orbita,  che  facevano  19  anni  solari.  Confucio  aveva 
parlato  delle  grandi  virtù  del  numero  81  ch'è  il  quadrato  di  9,  il  quale  pure  è  il  qua- 
drato di  3.  Moltiplicato  perciò  il  ciang  per  81,  ne  risultò  un  altro  periodo  di  1539  anni, 
che  fu  chiamato  long.  Tre  tong  o  4617  anni  formarono  Vyuene,  che  significa  origine  o 
principio;  ed  il  nuovo  calendario  fu  detto  San-tong.  Né  contenti  a  ciò,  poiché  Confucio 
parlava  altrove  del  numero  31  a  cui  attribuiva  un  senso  mistico,  moltiplicarono  il  pe- 
riodo di  4617  anni  per  31 ,  e  ne  formarono  il  ciang-yuene,  alta  suprema  origo,  per 
averne  così  il  numero  tondo  di  143,127  anni.  Una  data  così  sospetta  fu  tenuta  per  una 
verità;  e  v'incapparono  certe  menti  amanti  del  meraviglioso,  e  che  speravano  abbrac- 
ciare la  verità,  senza  prima  rinunziare  alle  malevoli  prevenzioni. 

Nell'antichità  di  quella  nazione  taluni  vollero  scorgere  un'objezione  contro  la  Bibbia. 
Ma  supponendo  esatte  le  date  dei  cronologisti  cinesi,  date  contrastabili  per  l'incertezza 
dei  loro  modi  di  determinarle  e  per  l'imperfezione  delle  loro  cognizioni  astronomiche, 
quella  monarchia  non  risale  ad  epoca  molto  rimota.  Le  prime  nozioni  ci  vengono  da 
Sse-ma-tan  e  da  Sse-ma-tsian  suo  figlio,  i  quali,  dopo  il  grande  incendio  dei  libri  ordi- 
nato dall'imperatore  Uang-ti ,  furono  incaricati  di  rifare  un  corpo  completo  dell'antica 
storia  della  Cina ,  sui  frammenti  trovati  dei  libri ,  e  sulle  ricordanze  di  vecchi.  Dai 
computi  di  questi  due  filosofi  quel  paese  avrebbe  formato  una  società  politica  2527 
anni  prima  dell'era  nostra.  Quando  la  sede  dell'impero  fu  trasportata  da  occidente  in 
oriente,  25  anni  d.  C,  fu  riformato  il  calendario.  Pan-cu,  letterato  famoso,  di  ciò  inca- 
ricato, fa  vivere  Hoang-ti  primo  sovrano  della  Cina,  2132  anni  avanti  l'èra  cristiana. 
Un'altra  cronologia  pubblicata  da  Hoang-fu-my,  due  secoli  dopo  Pan-cu,  assegna  il 
principio  dei  tempi  storici  di  questa  nazione  a  2156  anni  prima  dell'era  stessa.  Sotto 
l'imperatore  Suen-ti ,  Sse-ma-kuang,  discepolo  di  Sse-ma  tsian,  scrisse  nuovi  annali, 
che  furono  adottati  dal  tribunale  di  storia  e  di  matematiche,  e  che  sono  ora  seguiti 
nella  Cina:  egli  assegna  al  suo  paese  2627  anni  d'esistenza  av.  C. 

Finalmente,  alcuni  secoli  prima,  era  stato  scoperto  nella  tomba  di  un  principe  un 
libro  antico,  scritto  su  tavolette  di  bambù  ed  anteriore  all'incendio  dei  libri,  il  quale, 
fatto  importante!  dava  una  cronologia  con  narrazione  degli  avvenimenti,  vantaggio  che 
non  poterono  offrire  i  frammenti  dei  King  istorici.  Supponendo  che  i  fenomeni  celesti 
riferiti  da  quel  vecchio  libro,  chiamato  Tsu-cu,  non  siano  aggiunte  fatte  posteriormente, 
e  che  quanto  riguarda  il  calendario  negli  annali  cinesi  non  sia  opera  di  un  commenta- 
tore dei  xii  secolo,  come  pretese  De  Guignes,  possiamo  con  Fréret  stabilire  che  l'ultima 
data  di  questo  libro,  ch'è  del  resto  la  media  fra  tutte  le  altre,  è  la  sola  degna  di  fede, 
l'unica  che  possa  anche  essere  avverata.  Diciamo  però  che  i  primi  secoli  della  mo- 
narchia cinese  sono  involti  in  grandi  tenebre,  e  che  a  fatica  possiamo  conoscerne  gli  otto 
precedenti  all'èra  nostra. 


CONCORDANZA  DELLA  «RONOLOGIA  SACRA  COLLA  STORIA  PROFANA         47 

Ma  ammettendo  la  cronologia  del  Tsu-cu,  il  regno  di  Iloang-ti  avrebbe  di  soli  2455 
anni  preceduto  i  tempi  moderni.  Ora,  secondo  il  testo  dei  Settanta,  il  diluvio  avvenne 
J^SOO  anni  av.  C,  ossia  ìOio  avanti  il  regno  di  lloang-ti  :  secondo  la  stessa  versione, 
Phaleg  nacque  G29  anni  dopo  il  diluvio.  La  monarchia  cinese  sarel)be  dunque  stata 
fondata  416  anni  dopo  Phaleg.  Questo  spazio  di  tempo  bastava,  perchè  i  popoli  potes- 
sero dalla  Caldea  e  dalle  pianure  di  Sennaar  passare  nella  Cina,  ed  esser  giunti  a  tal 
grado  di  civiltà,  da  unirsi  in  società  politica  governata  da  un  capo.  Tre  secoli  prima, 
aveano  gli  Egiziani  ed  i  Caldei  riconosciuto  l'autorità  di  un  solo,  e  quelle  monarchie 
avevano  già  ricevuto  grande  incremento  :  del  che  fa  ragione  la  geografica  posizione  di 
quei  popoli  rispetto  alla  prima  dimora  degli  uomini. 

Quanto  all'India,  conta  quattro  età  che  abbracciano  più  di  quattro  milioni  d'anni. 
Ma  tutte  sono  esattamente  formate  di  periodi  di  24,000  anni,  aggiunti  gli  uni  agli  altri 
in  modo  arbitrario,  in  numero  più  o  men  grande.  L'elemento  di  24,000  anni  indica  il 
tempo  dell'intera  rivoluzione  della  linea  equinoziale,  la  cui  precessione  è  dall'astronomia 
indiana  supposta  di  S4  secondi  ogni  anno.  Anquetil-Duperron  ha  dimostrato  che  queste 
quattro  età,  chiamate  dagl'Indiani  yuga,  sono  un'invenzione  dell'immaginazione  araba, 
senza  eccettuare  neppur  l'ultima,  detta  cali-yuga,  o  èra  di  disgrazia,  il  cui  principio 
coincide  coll'epoca  del  diluvio.  Prima  del  xii  secolo,  nessun  autore  indiano  ne  aveva 
fatto  menzione  ;  neppure  gli  scrittori  arabi,  persiani  e  tartari ,  che  descrissero  le  ère  di 
tutti  i  popoli.  Con  molta  verosimiglianza  ne  fu  attribuita  l'origine  ad  Abulmasar,  il 
quale  fondò  nell'India  settentrionale  una  scuola  d'astrologia  diventata  famosa,  e  ne'  cui 
scritti  troviamo  il  cali-yuga,  sebbene  sotto  altro  nome. 

Le  migliaja  d'anni  pertanto  che  gl'Indiani  attribuiscono  all'universo,  sono  immagi- 
narie come  quelle  degli  Egizj  e  de'  Cinesi;  e  l'epoca  ove  segnano  il  principio  dei  loro 
re  umani,  discesi  dal  sole  e  dalla  luna,  non  risale  di  là  dai  quattromila  anni.  I  loro 
Veda  comprendono  un  calendario  che  li  farebbe  ascendere  a  circa  3000  anni,  se  giudi- 
chiamo dalla  posizione  dei  coluri  ivi  indicata.  Esistono  pure  tavole  astronomiche  an- 
tiche, le  quali  offrono  due  epoche  principali;  una  rimonta  a  3102  anni,  e  l'altra  a  1491 
avanti  l'èra  nostra  ;  e  poiché  non  possono  essere  state  pubblicate  se  non  dopo  più  secoli 
di  studio,  sarebbero  in  contraddizione,  dice  Bailly,  colle  tradizioni  sacre,  rispetto  all'età 
del  mondo.  Ma  Laplace  provò  che  quella  prima  epoca  delle  tavole  indiane  era  intiera- 
mente supposta,  ed  in  opposizione  a  quanto  l'osservazione  ed  il  calcolo  c'insegnano 
intorno  al  moto  de'  corpi  celesti.  Ai  nostri  tempi  poi  fu  dimostrato  che  questo  trattato 
scientifico  d'astronomia,  attribuito  a  Suria ,  non  può  essere  stato  composto  che  circa 
7o0  anni  fa. 

Quelli  che  tutto  vogliono  trarre  dall'India,  e  trovare  nei  monumenti  di  essa  i  caratteri 
d'una  grande  antichità,  in  tutt'altro  ne  cerchino  le  prove  che  nelle  cognizioni  astrono- 
miche di  quella  nazione,  i  cui  savj  stessi  confessano  che  da  un  popolo  straniero  appre- 
sero quanto  sanno  intorno  ai  corpi  celesti.  Una  tradizione  racconta  (secondo  il  p.  Pons) 
che  un  Greco,  viaggiando  nell'India,  ed  avendo  imparato  la  scienza  dei  Bramini,  loro 
insegnò  in  ricambio  un  metodo  d'astronomia.  La  cognizione  dello  zodiaco,  da  cui 
dipendono  tante  importanti  quistioni ,  fu  loro  data  (come  opina  Montucla)  dai  Greci 
0  dagli  Egiziani.  Nella  lingua  bramina  o  tamula,  i  nomi  dei  dodici  segni  sono: 

Mecham,  il  cane  marino,  Tolam,  la  bilancia. 

Uruchabam,  il  toro.  Vruchicham,  lo  scorpione. 

Mitunam,  i  gemelli.  Danossu,  la  saetta. 

Carcalacam,  il  granchio,  Macaram,  un  pesce  favoloso. 

Simham,  il  leone.  Cumbam,  il  vaso. 

Cannij,  la  vergine.  Mimam,  il  pesce. 

Lo  zodiaco  indiano  differisce  dunque  poco  dal  greco  e  dall'egiziano.  Al  capro  fu  sosti- 
tuito il  pesce  cane,  una  freccia  al  sagittario,  una  specie  di  pesce  al  capricorno,  un  vaso 
all'acquario,  indicato  anche  col  nome  di  amphora;  un  pesce  a'  due  pesci.  La  maggior 
differenza  sta  pel  capricorno  :  ma  si  noti  che  il  nostro  capricorno  è  comunemente  raffi- 
gurato da  un  mostro  che  termina  in  pesce.  1  segni  dello  zodiaco  pertanto  o  gli  ebbero 
gl'Indiani  dai  Greci,  o  questi  da  quelli  :  ma  questo  secondo  caso  ci  parrà  meno  proba- 
bile, se  rifletteremo  che  nessuna  relazione  v'ha  tra  questi  segni  e  quanto  avviene  nel- 
l'India, allorché  il  sole  gli  occupa. 


48  CRONOLOGIA 

Le  testimonianze  storiche  sembra  dunque  riconducano  ad  un  tempo  conforme  alla 
Bibbia  l'origine  di  tutti  i  popoli.  Possibile,  dice  Cuvier,  che  il  caso  solo  dia  un  risultato 
così  meraviglioso,  facendo  rimontare  a  circa  quaranta  secoli  l'origine  tradizionale  delle 
monarchie  assira,  indiana  e  cinese?  Le  idee  di  popoli  che  hanno  sì  poche  relazioni  tra 
loro,  la  cui  lingua,  la  religione  e  le  leggi  nulla  hanno  di  comune,  si  accorderebbero 
intorno  a  questo  punto,  se  non  avessero  per  base  la  verità? 

§  16.  —  Sulla  cronologia  egiziana. 

Le  antiche  discussioni  intorno  alla  serie  dei  re  d'Egitto  perdettero  valore  dopo  le 
ultime  scoperte  fatte  in  quel  paese.  Noi  compendieremo  ciò  che  ne  dice  Champollion 
Figeac  neW Abrégé  de  chronologie. 

Attestano  gli  scrittori  classici,  che  gli  Egiziani  fondavano  la  loro  cronologia  nazio- 
nale sopra  documenti  autentici,  diligentemente  raccolti  negli  archivj  de'tempj,  e  sopra 
l'autorità  dei  monumenti  pubblici  di  cui  l'Egitto  era  coperto.  Allorché  dunque  i  suoi 
storici  ci  affermano  aver  lavorato  sulla  scorta  dei  numerosi  documenti  esistenti  ancora 
al  loro  tempo,  non  è  possibile  revocarne  in  dubbio  le  asserzioni.  Abbiamo  tuttavia 
sott'occhio  la  maggior  parte  di  questi  medesimi  documenti ,  e  la  moderna  critica  vi 
riconosce  anche  i  fatti  che  gli  antichi  ne  hanno  ricavato.  Furono  così  rinvenuti  ad  un 
tempo  gli  annali  di  un  gran  popolo,  lo  storico  che  ordinoUi,  ed  i  monumenti  che  ne 
esibiscono  la  più  evidente  prova. 

Ma  vi  sono  nella  cronologia  egiziana  due  cose  distintissime:  4°  il  sistema  generale 
di  questa  cronologia  storica,  quale  se  lo  erano  fatto  gli  Egiziani,  e  quale  ci  fu  trasmesso 
dai  loro  annalisti;  2°  la  testimonianza  di  monumenti  conosciuti,  i  quali  mettono  fuor 
di  dubbio  la  veracità  d'una  parte  di  questa  medesima  cronologia.  Chiameremo  dunque 
parte  storica  i  tempi  della  cronologia  egiziana  pei  quali  conosciamo  monumenti  con- 
temporanei ,  e  parte  sistematica  i  tempi  di  questi  annali  pei  quali  non  conosciamo 
monumenti  contemporanei.  Le  certezze  della  storia  d'Egitto  incominciano  dove  monu- 
menti esistenti  e  contemporanei  ai  fatti  aggiungono  la  loro  testimonianza  a  quella  degli 
annali  scritti. 

Consistono  questi  annali  1"  nella  Vecchia  cronaca;  2°  nelle  Liste  delle  dinastie  reali 
egiziane  compilate  da  Manetone:  v'ha  altresì  monumenti  analoghi,  come  le  liste  di 
antichi  re  d'Egitto  scritte  sui  papiri,  le  tavole  genealogiche  di  questi  re,  più  o  meno 
compite,  e  per  epoche  differenti,  scolpite  fra  i  bassorilievi  di  molti  tempj-,  la  più  celebre 
delle  quali  è  quella  che  il  signor  Cailliaud  copiò  ad  Abido,  in  cui  l'ultimo  re  è  Sesostri, 
capo  della  xix  dinastia,  e  i  primi  (i  cui  nomi  scomparvero  in  conseguenza  di  mutila- 
zioni) risalgono  di  là  della  xvi.  Queste  liste  e  queste  tavole,  per  quanto  spetta  alla  loro 
testimonianza  riguardo  ai  tempi  anteriori  all'epoca  in  cui  furono  fatte,  e  al  loro  grado 
di  autorità  storica,  hanno  il  medesimo  valore  storico  della  vecchia  Cronaca  e  delle  liste 
di  Manetone,  avvertendo  però,  che  la  concordanza  di  tutti  questi  monumenti  uniti  dà 
a  ciascun  di  essi  un'autorità  individuale,  la  quale  deriva  dalla  loro  autorità  comune; 
e  la  critica  storica,  particolarmente  parlando  di  epoche  lontane,  non  appoggia  sempre 
la  sua  fede  sopra  un  tale  concorso  di  prove.  Quindi  segue  senza  difficoltà  e  senza  oppo- 
sizione, che  fino  dalla  più  remota  antichità  avea  l'Egitto  un  sistema  di  annali  nazionali, 
uniformi  nel  loro  insieme  e  nei  loro  particolari ,  e  che  Manetone  ci  avea  fedelmente 
trasmesso  questo  sistema  egiziano  nella  sua  integrità.  Tale  idea  generale  puossi  formare 
della  cronologia  storica  dell'Egitto. 

Quanto  sia  alla  sua  certezza  (e  qui  cominciano  i  diritti  del  critico,  libero  di  credere 
0  non  credere  a  questo  sistema  egiziano),  noi  chiamiamo  i  monumenti  in  soccorso  della 
nostra  buona  fede;  e  classificando  fra  le  tradizioni  scritte  i  monumenti  che  ricordano 
fatti  anteriori  alla  propria  epoca,  non  interroghiamo  gli  altri  se  non  pei  fatti  medesimi 
di  cui  essi  sono  contemporanei.  Così  se  la  dedica  scritta  sulla  porta  d'un  tempio,  come 
parte  integrante  della  decorazione  della  porta  stessa,  ci  indica  che  il  tal  re  fece  costruire 
questo  tempio  ad  un'epoca  determinala  del  suo  regno,  in  allora  da  questa  iscrizione, 
scolpita  in  rilievo  sopra  un  pubblico  monumento,  io  deduco  molti  fatti  egualmente 
certi  :  1"  l'esistenza  del  re  il  cui  nome  leggevasi  già  nelle  liste  scritte  ;  2"  la  certezza 
su  questo  punto  della  testimonianza  appoggiata  alle  medesime  liste  ;  3"  la  prova  che 


CRONOLOGIA  EGIZIANA  49 

questo  tempio  venne  fatto  innalzare  da  questo  re;  i"  che  questo  re  stette  in  trono  per 
lo  meno  un  numero  li'annj  eguale  a  quello  indicato  dalla  data  della  medesima  dedica. 
Se  avessimo  una  o  molte  testimonianze  di  quest'ordine  per  ciascuno  dei  principi  nomi- 
nati nelle  liste  di  Manetone,  non  potrebbesi  ricusare  un  certo  grado  di  certezza  a  queste 
medesime  liste ,  e  di  verità  alle  conseguenze  che  ben  naturalmente  ne  deriverebbero. 
.Ma  sifattc  testimonianze  mancano  per  la  parte  più  antica  di  esse  liste  :  noi  le  abbiamo 
raccolte  per  le  susseguenti  epoche ,  dalle  quali  incomincierà  la  certezza  degli  annali 
egizj  fondati  sui  monumenti  contemporanei. 

Date  queste  spiegazioni,  necessarie  per  molti  riguardi,  dobbiamo  mettere  sott'occhio 
al  lettore  i  documenti  principali  del  sistema  generale  di  cronologia  storica,  quale  avealo 
ammesso  l'Egitto  per  i  suoi  proprj  annali.  Comincieremo  dalla  vecchia  Cronaca,  che 
Giorgio  Sincello  ci  ha  conservata  in  greco,  e  perfino  con  nomi  greci,  i  quali  non  erano 
certamente  scritti  in  tal  modo  nel  testo  egiziano,  ove  agli  Dei  conservavasi  il  loro  vero 
nome  :  Anni 

Hephaistos  (Vulcano)  regnò  in  principio;  ma  ignorasi  per  quanto  tempo.  '^'  "S"» 

Ilelios  (il  Sole)  figlio  di  Hephaistos  regna  in  appresso 30,000 

Cronos,  colle  altre  dodici  divinità,  regnarono  insieme 3,984 

Gli  otto  re  semidei  regnarono  insieme .    .    .  217 

Dopo  queste  quindici  generazioni  contarono  del  ciclo  sotiaco  .    .    .  443 
Dinastie                                     Generazioni 

La  xvi i  Taniti     ....    di    8 190 

La  xvii i  Memfiti  ....    di    4    ....    .  103 

La  xviii i  Memfiti  ....    di  14 348 

La  XIX 1  Diospoliti    ...    di    5 194 

La  XX i  Diospoliti    ...    di    8 228 

La  XXI i  Taniti     ....    di    6 121 

La  XXII i  Taniti     ....    di    5 48 

La  xxiii i  Diospoliti    ...     di    2 19 


di 

8 

di 

6 

di 

5 

di 

2 

di 

3 

di 

3 

di 

7 

di 

3 

La  xxiv i  Saiti 

La  xxv gli  Etiopi  ....     di    3 44 

La  xxvi i  Memfiti  ....    di    7 177 

La  xxvii i  Persiani      ...    di    3 124 

La  xxvni i 

La  XXIX i 39 

La  XXX i  Taniti     ....  primo  re      ....  18 

Somma  totale  dataci  dal  testo  greco 36,S25  (1) 

Sincello  fa  osservare  che  questo  numero  di  36,S2S  anni,  diviso  per  1461,  dà  esatta- 
mente 2o  periodi  sotiaci  :  e  detto  periodo  era  infatti  composto  di  1461  anni  vaghi,  ossia 
da  36S  giorni  per  cadauno. 

Un  tale  riscontro  infirma  singolarmente  l'autorità  della  Nuova  cronaca  egiziana;  e 
sembrerà  strana  tanta  precisione  di  venticinque  periodi  tra  il  principio  del  regno  del 
Sole  ed  il  fine  di  quello  del  re  Nectanebo,  primo  della  xxx  dinastia.  Due  cose  però 
crediamo  noi  ben  certe  in  questo  ravvicinamento;  1"  la  Cronaca  egiziana,  qualificata 
come  vecchia  (nc/luiò-j  ycÓM.y.ò-j)  da  Sincello ,  potrebbe  benissimo  essere  stata  inventata 
dopo  il  regno  di  Nectanebo ,  od  anche  dopo  quello  de'  due  suoi  successori ,  poiché 
l'autore  sapeva  che  eranvi  stati  molti  re  della  xxx  dinastia,  ed  avverte  ch'egli  com- 
prende nel  suo  calcolo  un  solo  de' principi  Taniti  che  compongono  questa  dinastia. 
2°  Sui  numeri  anteriori  alla  xvi  dinastia  ha  potuto  esercitarsi  l'arbitrio  che  produsse 
la  somma  degli  anni  necessaria  per  formare  i  venticinque  periodi  sotiaci.  In  fatto  era 
indifferente  che  il  Sole,  gli  Dei  e  i  semidei  avessero  regnato  alcuni  anni  di  più  o  di 
meno.  La  parte  realmente  storica  di  questa  Cronaca  non  incomincia  dunque  se  non 
colla  indicazione  della  xvi  dinastia. 

Le  Liste  di  Manetone  presentano  un  assai  differente  carattere.  Ci  furono  conservate 
e  trasmesse  da  due  scrittori  cristiani,  Giulio  Africano  del  ni  secolo,  ed  Eusebio  Parafilo 
del  IV.  Sincello  aveva  fortunatamente  raccolto  gli  estratti  di  Manetone  inseriti  nell'opera 
di  Giulio  Africano  che  andò  perduta,  e  li  riordinò  con  quelli  di  Eusebio,  la  cui  cronaca 
giunse  fino  a  noi;  cosi  le  liste  dei  re  d'Egitto  di  Manetone  ci  sono  note  per  mezzo  di 
Sincello,  il  quale  le  avea  ricavate  dall'Africano  e  da  Eusebio,  e  per  mezzo  di  Eusebio 
medesimo. 

Manetone,  nato  a  Sebennito,  gran  sacerdòte  e  scrittore  per  gif  archivj  dei  tempj 

(^)  S'intenda  aggiungendo  gli  anni  taciuti  della  dinastia  xx^lii. 

Cantù,  Documenti,  Tomo  l.  4 


50 


CRONOLOGU 


dell'Egitto,  compilò  in  greco,  per  ordine  del  re  Tolomeo  Filadelfo,  varj  annali  colla 
scorta  de'  monumenti  storici  geroglifici.  La  sua  opera  era  composta  di  tre  parti,  e 
univa  alla  relazione  degli  avvenimenti  il  quadro  delle  dinastie  reali  egiziane.  Il  primo 
volume  comprendeva  i  tempi  delle  prime  undici  dinastie  di  uomini,  le  quali  sommini- 
strarono 292  regni  :  la  durata  fu  di  23S0  anni  e  70  giorni  secondo  Giulio  Africano, 
2300  anni  e  70  giorni  secondo  Eusebio.  La  dodicesima  dinastia  e  le  seguenti  fino  alla 
decimanona  inclusivamente,  le  quali  diedero  96  re  secondo  Giulio  Africano,  e  92  se- 
condo Eusebio,  nello  spazio  di  2121  anno,  giusta  ambidue  i  cronologisti,  formavano 
il  soggetto  del  secondo  volume.  Nel  terzo  raccoglievasi  la  storia  delle  dinastie  seguenti, 
dalla  ventesima  cioè  fino  alla  trentesimaprima,  la  quale  termina  colla  conquista  dell'E- 
gitto fatta  da  Alessandro:  la  durata  di  queste  dodici  ultime  dinastie  è  di  1050  anni 
giusta  Giulio  Africano,  e  di  833  giusta  Eusebio.  Della  grand'opera  di  Manetone  non  ci 
restano  dunque  se  non  alcuni  frammenti  della  sua  relazione  storica  ed  il  quadro  delle 
dinastie  reali;  quadro  che  indica,  per  ciascuna  di  esse,  il  numero  dei  re  e  quello  delle 
generazioni  formate  dagli  stessi  re  nella  medesima  dinastia ,  la  durata  del  regno  di  cia- 
scun re,  col  suo  nome,  la  sua  origine  paterna  e  materna,  ed  infine  la  durata  totale  della 
dinastia;  e  quand'anche  abbrevia  queste  indicazioni  per  le  dinastie  dei  re  che  nulla 
fecero ,  non  ommette  giammai  i  dati  più  importanti  per  la  cronologia.  Tale  almeno  è 
lo  stato  in  cui  giunsero  fino  a  noi  quelle  liste;  e  non  a  torto  s'imputa  agli  abbreviatori 
loro  il  guasto  che  fanno  alla  storia  le  malaugurate  loro  soppressioni. 

Nel  riferire  qui  la  lista  delle  trentuna  dinastie  egizie,  le  quali  precedettero  l'invasione 
di  Alessandro ,  noi  seguiremo  il  testo  di  Eusebio,  perchè  non  abbiamo  che  una  sola 
copia  delle  liste  di  Giulio  Africano,  mentre  invece  quelle  d'Eusebio  ci  sono  note  per 
tre  differenti  copie,  la  greca  cioè  raccolta  da  Sincello,  la  versione  armena  e  la  tradu- 
zione latina  di  san  Girolamo,  dopo  la  xvi  dinastia.  Non  crediamo  opportuno  di  entrare 
in  discussione  intorno  ad  alcune  differenze  che  s'incontrano  fra  l'Africano  ed  Eusebio 
per  le  succitate  liste,  e  fra  le  tre  copie  di  quelle  d'Eusebio  paragonate  tra  di  loro; 
poiché  ciò  ne  condurrebbe  troppo  lungi ,  ed  il  risultamento  sarebbe  poco  importante 
relativamente  alla  durata  totale  di  queste  trentuna  dinastie. 

Nel  presente  quadro  non  comprendiamo  se  non  il  regno  degli  uomini.  Il  primo  fu 
Menete:  sembra  però  che  Manetone  notasse  pure  come  predecessori  di  Menete  i  semidei, 
gli  Dei  ed  Ephaistos,  come  faceva  anche  la  vecchia  Cronaca  :  è  altresì  certo  che  alcuni 
frammenti  di  papiro  egiziano,  i  quali  sono  evidentemente  gli  avanzi  mutilati  di  una 
cronaca  scritta  in  geroglifico,  ed  i  cui  rapporti  colle  liste  di  Manetone  non  possono 
soffrire  eccezione  alcuna ,  nominano  quegli  Dei  e  que*  semidei ,  ed  offrono  così  delle 
supputazioni  di  anni  analoghe  ai  prodigiosi  numeri  dati  dalla  vecchia  Cronaca  e  da 
Manetone  a  quei  personaggi  mitologici.  Da  tutto  ciò  noi  ricaveremo  una  sola  indicazione, 
che  cioè  Manetone  era  l'istoriografo  dell'Egitto  secondo  le  dottrine  nazionali  egiziane, 
e  quanto  alle  liste  dei  re,  che  egli  le  dava  secondo  gli  archivj  de'  tempj  e  colla  scorta 
de'  monumenti  pubblici,  come  afferma  egli  medesimo,  e  come  varj  monumenti  giunti 
fino  a  noi,  e  che  Manetone  ha  verisimilraente  veduti  e  studiati,  non  ci  permettono  più 
di  dubitare. 


Quadro  delle  dinastie  egizie j  che  Eusebio  ricavò  da  Manetone. 


Ordine 
delle  dinastie 

Loro  oiigine 

Nam.  dei  re 

I.      . 

.    Tinite-tebana     . 

.     .     8 

n.    . 

.    .    Tinite-tebana     . 

.     .     9 

in.    . 

.    .    Memfitica      .    . 

.     .     8 

IV.      . 

.    Memfitica      .     . 

.     .  17        . 

V.      . 

.    .    Elefantina     .    . 

.     .     9(1)  . 
.     .    6  1)  . 

VI.       . 

.    Memfitica      .    . 

VII,       . 

.    Memfitica      .    . 

.    .    5       . 

Vili.      . 

.    Memfitica      .    . 

.    .    5 

IX.      . 

.    Eliopolita      .    . 

.    .    4 

X.      . 

.    Eliopolita      .    . 

.    .  19        . 

XI.      . 

.    Tebana     .    .    . 

.    .  47 

xu.     .     . 

.    Tebana      .    .    . 

.    .    7 

xni.    .    . 

.    Tebana     .    .    . 

.     .  60       : 

XIV.      . 

.    Xoitica     .    .    . 

.     .  76       . 

XV.     . 

.    Tebana         .    . 

» 

XVI.     .     . 

.    Tebana     .    .    . 

.     .    5 

Dnrata 

dei  loro  regni 

.  252  . 

.  297  . 

.  197  . 

.  448  . 

.  248(1) 

.  203  . 

.   75  . 

.  100  . 

.  100  . 

.  185  . 

.   59  . 

.  245  . 

.  455  . 

.  484  . 

.  250  . 

.  190  . 


Principio 
ar.  C. 


2272 


H)  Secondo  Giulia  Africano. 


CRONOLOGIA  EGIZIANA. 


!» 


Ordino 
delle  dinastie 


Loro  origino 


N)im.  dei  re 


Durata 
dti  loro  regni 


Principio 
av.  C. 


xvn.  .  .  .{Sh''^'"'   :    :    :  6Ì     •  •  260    .  .  2082 

xviu.  .  .  .  Tebana      '.     ....  il       .  .  348    .  .  ISas 

XIX.  .  .  .    Tebana 6        .  .  194    .  ,  J473 

XX.  .  .  .    Tebana 42        .  ,  178     .  .  1279 

XXI.  .  .  .    Tanite 7        .  .  130    .  .  1101 

XXII.  .  .  .    Bubaslite 9(^)-  •  120(1)  .  971 

xxm.  .  .  .    Tanite 4  (1)  .  .  89(1)  .  851 

XXIV.  .  .  .    Saitica 1        .  .  44    .  .  762 

XXV.  .  .  .    Etiopica 3        .  .  44    .  .  718 

XXVI.  .  .    Saitica 9        .  ,  150  (1)  .  672(2) 

XXVII.  .  .  .    Persiana 8        .  .  120    .  .  524  (3) 

xxviii.  .  .  .    Saitica 1        .  .        6    .  .  404 

XXIX.  .  ,  .    Mendesia 5       .  .  21     .  .  398 

XXX.  .  .  .  Sebennitica  ....  3       .  .  38  (1)  .  377 

XXXI.  .  .  .    Persiana 3       .  .        8  (2)  .  339 

Fine  del  suo  regno 331 

La  conquista  dell'Egitto  fatta  da  Alessandro  Magno,  è  fissata  al  332  av.  C. 

Occorrono  alcune  osservazioni  al  quadro  precedente  : 

1"  Riguardo  alla  certezza  storica,  questo  quadro  dev'essere  diviso  in  due  parti:  com- 
prende l'una  le  prime  quindici  dinastie;  per  il  numero  dei  re  e  per  la  durata  di  ciascuna 
di  esse  ,  noi  abbiam  seguito  Eusebio  oppure  Giulio  Africano-,  e  non  occorre  discutere 
sulle  differenze  che  trovansi  fra  le  cifre  di  questi  numeri,  trattandosi  di  epoche  per  le 
quali  i  monumenti  contemporanei  mancano  intieramente.  L'altra  parte  del  quadro  pre- 
senta un  altro  carattere  :  i  monumenti  esistenti  danno  alla  xvi  dinastia  ed  alle  seguenti 
una  sufficiente  autenticità;  e  se  noi,  mentre  ci  atteniamo  a  Eusebio,  abbiamo  talvolta 
dato  la  preferenza  a  Giulio  Africano,  e  se  altresì  alcuni  dei  nostri  numeri  non  sono 
esattamente  né  quelli  di  Eusebio  nò  f|uelli  dell'Africano,  ciò  deriva  da  alcuni  documenti 
che  non  giova  riferire  né  qui  discutere ,  i  quali  ci  hanno  indotti  sia  a  scegliere  con 
qualche  fondamento  fra  l'uno  o  l'altro  di  quei  due  cronologisti ,  sia  a  non  seguire 
precisamente  alcuno  di  essi. 

2°  Soltanto  incominciando  da  questa  xvi  dinastia,  noi  abbiamo  data  la  concordanza 
delle  epoche  cogli  anni  giuliani  anteriori  all'era  cristiana  :  secondo  le  nostre  osserva- 
zioni ,  la  xxvit  dinastia ,  che  fu  quella  dei  Persiani ,  incominciò  coiranno  524  av.  C.  : 
è  noto  d'altronde  che  nel  5:25  Cambise,  capo  di  questa  dinastia,  s'impadronì  dell'Egitto  : 
perciò  all'anno  331  si  riferirebbe  la  conquista  di  Alessandro,  ed  essa  invece  è  unanime- 
mente fissata  all'anno  332.  Ma  non  possiamo  qui  discutere  né  togliere  questa  differenza 
di  un  anno  relativamente  alle  suddette  due  epoche:  alcuni  monumenti  giunti  sino  a  noi 
faranno  sparire  ogni  difficoltà  intorno  a  questo  argomento.  La  xxvii  dinastia  incomincia 
coiranno  525,  e  la  xxxi  coiranno  332  av.  C.  :  noi  qui  dunque  abbiam  seguito  il  testo 
medesimo  degli  autori,  e  ci  accontenteremo  quindi  di  far  osservare  che,  in  somigliante 
materia  e  per  tempi  così  lontani,  la  concordanza  delle  computazioni  nostre,  data  anche 
la  differenza  d'un  anno  in  più  od  in  meno,  cogli  avvenimenti  di  un'epoca  conosciuta 
e  che  servono  di  riscontro  a  queste  medesime  computazioni,  è  un  risultamento  di  suffi- 
ciente importanza  e  che  può  togliere  molti  dubbj  che  ancora  impacciano  gli  annali 
dell'antichità. 

Fin  qui  Champolliou.  Credo  bene  di  soggiungere  nelle  pag.  seguenti  la  tavola  delle 
ultime  XVI  dinastie  d'Egitto,  quale  è  data  da  Ippolito  Rosellini,  confrontando  i  nomi 
storici  con  quelli  trovati  sui  monumenti. 

Il  prof.e  Seyffarth  pubblicò  a  Lipsia  Systema  astronomice  jEgyptiorum,  interpretando 
i  segni  astronomici  sai  sarcofagi ,  e  da  quelli  deducendo  le  epoche.  Secondo  queste, 
Amos  0  Tutmosi  II,  settimo  della  xviii  dinastia,  nacque  il  1832  av.  C.,  e  regnò  dal  1784 
al  1774:  il  penultimo  della  dinastia  medesima,  Ramesse  Miamum,  nacque  il  1693,  sali 
al  trono  di  due  anni  nel  1691,  e  regnò  fino  al  1625:  Ramesse  IV  (Sesostri),  primo  della 
XIX,  venne  al  trono  del  160(),  di  venticinque  anni,  e  morì  nel  1555. 

L'ultimo  lavoro  importante  sulla  cronologia  egizia  è  di  R.  Lepsius,  Ueber  die  xxn 
^Egyptische  Konigsdynastie  nebsi  einigen  Bemerkungen  zu  der  xxvi  und  andern  Dynastien 
des  neuen  Reichs.  Berlino  1856. 

{\)  Secondo  Giulio  Africano. 

(2)  Secondo  Giulio  Africano,  Eusebio  e  il  Canone  dei  re  confrontati  fra  di  loro. 

(8)  La  conquista  dell'Egitto  fatta  da  Cambise,  è  fissata  al  525  av.  C. 


52 


CRONOLOGIA 


^    «    4, 

Nome 

Secondo 

Anni 

Avanli          "fP^V 

Dinastie 

•S-ci 

secondo 

che  ciascuno 

della 
Cristo         '''''='^"'' 

a 

i  monuraenti 

gli  scrittori 

•a  —  'S 

originali 

regnò 

anni 

XVI 

I 

]I 
III 

■  ■     ' 

■  •     ■            < 

u\ 

2272 

IV 

Osartasen  l 

Anesses 

43 

2088 

V 

Amenenihè  I 

Timans 
Concharis 

^ 

2082 

196 

XVII 

I 

Salatis 

19 

re  Pastori 

II 
III 

IV 
V 

Bseon 
Apachnas 
Apofis 
Jantas 

44 

36  m.  7 

61 

50        1 

VI 

.  .  . 

Assis,  Apeth 

49        2 

.  .  . 

259      10 

XVII 

I 

Araenemhè  II 

contempo- 

II 

Osartasen  II 

ranea 

III 

»         III 

14 

re  legittimi 

IV-V 

44 

VI 

Amosis 

Mifratutmosis 

22 

1822 

xvm 

I 

Amenos  I 

Amosis 

26        4 

1922 

re  dispotici 

II 

Tutmes  I 

Chebron 

13 

1796 

HI 

»        li 

Amenofis 

20        7 

1783 

IV 

Amenses 

Amenses  coi  mariti 

21        9 

1762 

n 

Tutmes  III  e 

» 

Amenemhè  III 

V 

Tutmes  IV 

Mefres 

12        9 

1740 

VI 

Amenos  II 

Mifratutmosis 

25      10 

1727 

VII 

Tutmes  V 

Timosis 

9        8 

1702 

Vili 

Amenos  III 

Amenofis 

30      10 

1692 

IX 

Hor 

Horus 

36        5 

1661 

X 

Traauhmot 

Akcnceres 

12        1 

1625 

XI 

Ramses  I 

Batothis 

9 

1613 

XII 

Meneftah  I 

Akencheres 

24        8 

1604 

XIII 

Ramses  II 

Armesses 

14 

1579 

XIV 

»        III 

Rampses  o  Sesostri 

66        2 

1565 

XV 

Meneftah  II 

Armesses  o  Feron 

3 

1499 

XVI 

»        III 

Amenofis 

19        6 

1496 

XVII 

Uerri 

.     .     . 

2        5 

1476 

323        1 

XIX 

1 

II 
III 

IV 
V 

Ramses     IV 
»            V 
»           VI 
»          VII 

»      vili 

Setos 

Rampses 

Ammeneftes 

Rampses 

Ammenemes 

55 

1474 

VI 

..          IX 

Tuoris,  Profed 

1280 

194 

XX 

I 

lì 
III 

IV 

V 

VI 

VII 

vm 

IX 
X 

XI 

Ramses      X 

»          XI 

XII 

XIII 

XIV 

XV 

Amensi  Pehod 

.     .     . 

33 

XII 

Pliiscian 

,     .     . 

1102 

178 

CRONOLOGIA 


53 


'"  "  » 

IVome 

Secondo 

Anni 

Aranti 

ToUle 

della 

dioasUx 

Dinastie 

■o-s  * 

secondo 

che  ciascnno 

i  monumenti 
originali 

gli  scrittori 

regnò 

Cristo 

aoDi 

XXI 

i 

Mandustet 

Smerdis 

26 

1102 

re  Talliti 

li 

Vasen 

Psusennes 

m 

1076 

III 

. 

Neferchcres 

i 

1038 

IV 

Amenopthis 

9 

1026 

V 

Osochor 

6 

1017 

VI 

Psinaches 

9 

1011 

VII 

.  .  . 

Psusennes  II 

30 

1002 

130 

XXII 

I 

Sciscionk  I 

Sesoncliis 

21 

972 

re  Bubastiti 

II 

Osorkon  I 

Osorotli 

15 

951 

III 

IV 

Sciscionk  II 

.     .     . 

29 

936 

V 
VI 

Fakelot 

Tucheilothis 

25 

« 

VII 

Osorkon  II 

VIII 

... 

.  .  . 

.  .  . 

120 

IX 

XXIII 

I 

Petubastes 

40 

852 

re  Taniti 

II 

.  .  . 

Osochor 

8 

812 

III 

. 

Psammus 

10 

804 

IV 

Zeth 

31 

794 

89 

XXIV 

I 

Bocchoris 

U 

793 

re  Saiti 

XXV 

I 

Sciabak 

Sabbakom 

12 

719 

re  Etiopi 

II 

Sciabatak 

Sevechuhseton 

12 

707 

III 

Fahraka 

Farakus 

20 

695 

44 

XXVI 

I 

Stefinates 

7 

675 

re  Saiti 

II 

Metepsus 

6 

668 

III 

Nechao 

8 

662 

IV 

Psametik  I 

Psammiticus 

45 

634 

V 

Neko 

Necho 

6 

609 

VI 

Psametik  II 

Psammiticus 

15 

603 

VII 

Hofrè 

Vafres,  Apries 

19 

588 

VIII 

Aahmes 

Amosis 

44 

569 

IX 

Psametik  III 

Psammenitus 

6 

150       6 

XXVII 

I 

Kamboth 

Cambise 

3 

525 

re  Persiani 

lì 

i  Magi 

»        7 

522 

III 

Darinsc 

Dario 

36 

IV 

Chscirse 

Serse 

21 

485 

V 

Artchscerse 

Artaserse 

40 

464 

VI 

. 

Serse  li 

2 

424 

VII 

. 

Sogdiano 

7 

VIII 

.  .  . 

Dario  II 

19 

.  .  . 

120        4 

XXVIII 

I 

Mihort 

Amirteus 

6 

404 

re  Saiti 

XXIX 

1 

Nofroft 

Nefercus 

6 

398 

re  Mendesj 

II 

Hakor 

Achoris 

13 

IH 

Psimuth 

Psammises 

1 

379 

IV 

Hailìiul 

,  Neferites 

4 

V 

,  Muthis 

1 

;     378 

21        4 

54 


CRONOLOGIA 


•-1-2 

Nome 

Secondo 

Anni 

Avanti 

Totale 

Dinastie 

ir 

secondo 

i  mODumeuti 

originali 

gli  scrittori 

che  ciascuno 
regnò 

Cristo 

della 

dinastia 

anni 

XXX 

1 

Nehscatanebf 

Nectanebes 

18 

377 

re 

II 

.  .  . 

Theos 

2 

359 

Sebenitani 

IH 

Crevanebes 

18 

357 

38 

XXXI 

I 

Oco 

2 

339 

re  Persiani 

II 

Arsele 

3 

337 

III 

.  .  . 

Dario  III 

3 

335 

»        8 

XXXII 

I 

Filippo  Arideo 

7 

323 

re  Lagidi 

" 

Alessandro,  figlio  del  Magno 

12 

316 

39 

III 

Tolomeo  Sotero  I,  figlio  di  Lago 

20 

304 

IV 

Tolomeo  Filadelfo 

38 

284 

V 

Tolomeo  Evergete  I 

25 

246 

VI 

Tolomeo  Filopatore 

17 

221 

VII 

'Tolomeo  Epifane 

24 

204 

» 

Tolomeo  Filometore 

35 

180 

» 

Tolomeo  Evergete  II,  Fiscone 

29 

146 

vili 

Tolomeo  Sotero  li,  Laturo 

18 

117 

IX 

Tolomeo  Alessandro 

18 

99 

X 

Cleopatra  o  Berenice  con 

1) 

Tolomeo  Alessandro  II 

8 

84 

» 

Tolomeo  Aulete  Dionisio 

16 

73 

» 

Berenice 

2 

57 

» 

Tolomeo  Aulete  ancora 

3 

55 

n 

Cleopatra  con  Tolomeo  fratello 

3 

51 

H 

»        coH'altro  Tolomeo  fratello 

5 

49 

» 

«        col  bastardo  di  Cesare 

14 

44 

294 

§  17.   -^  Sul  tempo  della  presa  di  Troja,  e  in  generale  sulle  epoche  greche. 

La  presa  di  Troja  è  il  punto  più  nonninato  della  storia  classica,  e  di  là  partono  o  colà 
mettono  capo  le  principali  genealogie  greche.  Importa  dunque  il  determinare  bene  il 
tempo;  e  al  1099  av.  C.  la  pone  Saint-Marlin,  discorrendone  così: 

—  La  maggior  difBcoltà  nelle  indicazioni  trasmesseci  sulla  cronologia  della  storia  greca 
ne'  tempi  eroici,  viene  dall'ignorar  noi  la  vera  durata  degli  anni  civili  usali  dai  Greci. 

Io  sono  giunto  a  trovare  ch'essi  avevano  un  anno  medio  di  375  giorni.  La  differenza 
tra  siffatti  anni  e  quelli  indicati  dal  corso  del  sole,  è  di  1137  circa:  onde  le  varie  date 
del  medesimo  fatto  differiscono  tra  loro  in  questa  proporzione,  o  che  gli  antichi  autori 
abbiano  conservato  negli  scritti  le  date  originali  espresse  sui  monumenti,  e  concepite 
secondo  i  calendaij  allora  usati;  o  che  abbiano  tenuto  conto  della  differenza  dei  calcoli, 
riducendoli  alla  forma  degli  anni  usati  al  loro  tempo.  Questi  due  sistemi  seguirono 
Eusebio  nella  Cronaca,  e  l'autore  dei  Marmi  di  Paro. 

Ciò  posto,  le  contraddizioni  fra  questi  due  monumenti  più  non  sono  che  d'apparenza; 
e  nascendo  da  varietà  di  calcolo,  scompaiono  se  di  questa  si  tenga  conto.  Il  che  sarebbe 
facilissimo  qualora  si  trattasse  puramente  di  operare  su  indicazioni  della  prima  maniera, 
cioè  su  date  espresse  giusta  l'uso  dei  primi  tempi  ;  giacché  basterebbe  sapere  quando 
siasi  cessato  di  far  uso  del  metodo  antico.  Ma  le  date  vecchie,  risultanti  da  riduzioni , 
sono  molte,  e  complicano  stranamente  la  quislione.  In  fatti,  difficile  si  rendeva  la  ridu- 
zione per  le  tante  frazioni  che  impacciano  i  calcoli.  Se  non  trattavasi  che  di  suppulare 
grandi  spazj  di  tempo,  si  trascurava  la  frazione  che  poco  guastava  :  ma  se  volevasi  cal- 
colare e  disporre  convenientemente  una  rispetto  all'altra  le  date  intermedie,  il  trascurar 


CRONOLOGIA    GRECA 

le  frazioni  scompigliava  la  cronologia,  e  produceva  grande  discordanza  fra  i  risultate 
parziali  e  generali. 

Sebbene  l'altro  metodo  non  fosse  l'espressione  della  verità,  assai  minori  inconvenienti 
presentava,  avendo  il  doppio  vantaggio  di  conservare  esattamente  l'indicazione  origina'^ 
dei  fatti  e  la  relativa  loro  posizione;  sicché  bastava  ricordarsi  che  si  trattava  d'anni 
della  tal  maniera.  Le  indicazioni  cronologiche  d'Eusebio,  tolte  da  Eratostene,  sono 
espresse  in  anni  di  quest'ultimo  modo.  L'autore  dei  Marmi  di  Paro  fece  invece  la  ridu- 
zione, ma  non  potò  eseguirla  anche  nelle  particolarità,  onde  nasce  il  divario  fra  queste 
due  opere  nella  cronologia,  mentre  nelle  particolarità  vanno  di  pari. 

Per  togliere  il  divario  basta  conoscere  il  tempo  preciso  in  cui  i  Greci  abbandonarono 
l'antico  calendario  per  sostituirvi  una  forma  d'anno  più  conforme  colle  stagioni.  Stabilito 
questo,  non  si  ha  più  che  a  risalire,  tenendo  successivamente  conto  della  differenza  dei 
calendarj,  e  si  ha  l'esatta  corrispondenza  degli  antichi  anni  greci  coi  giuliani,  adoperati 
per  supputare  il  tempo  avanti  l'èra  nostra. 

Da  tale  pratica  appunto  si  viene  ad  assegnare  al  1 199  l'anno  della  presa  di  Troja,  che 
Eratostene  colloca  al  il 83,  e  i  Marmi  di  Paro  al  1208,  ed  altri  ad  altro  anno,  secondo 
i  diversi  sistemi  cronologici,  in  cui  si  volle  seguitare  soltanto  alcuni  autori,  senza  oc- 
cuparsi dei  mezzi  di  render  ragione  delle  differenze  offerte  dai  monumenti  dell'antichità. 

Rispettoso  al  nome  di  Saint-Martin,  ho  riferito  questa  sua  opinione;  ma  mi  sia  lecito 
non  accettarla.  Nulla  ripugna  che  un  popolo  adotti  un  anno  di  375  giorni  :  ma  pare  strano 
volesse  adoperarlo  in  un  sistema  d'intercalazione.  Questa  si  fa  generalmente  per  correg- 
gere il  difetto  d'anni  troppo  brevi,  ed  avvicinarsi  possibilmente  all'esattezza  :  ora  sarebbe 
senza  esempio  e  senza  ragione  che,  per  emendare  l'anno  di  360  giorni,  il  quale  dal  vero 
differisce  solo  di  poco  più  che  cinque  giorni,  se  ne  adottasse  uno  che  varia  dal  vero  nove 
giorni  e  tre  quarti. 

§  18.  —  Canone  Cronologico  per  l'epoca  dì  Enotro  e  dell'incivilimento  dell'Itali  . 

Petit  Radei  Luigi  pubblicò  nelle  Memorie  dell'Istituto  di  Francia,  poi  a  parte,  una 
dissertazione  sulla  veracità  del  racconto  di  Dionigi  d'Alicarnasso  in  ciò  che  disse  dello 
stabilimento  delle  colonie  pelasghe  in  Italia.  Quivi  espone  pure  un  sistema  per  trarre, 
dai  favolosi  racconti  anteriori  alla  guerra  di  Troia,  una  storia  di  quei  tempi  antichissimi. 
Noi  esibiremo  qui  appresso,  del  quadro  di  quel  sincronismo,  la  parte  singolarmente  che 
si  riferisce  ai  primi  dirozzatori  dell'Italia  : 


56 


CRONOLOGIA 


Epoea  di  ENOTRO 

secoDdo 

ti 

traduttore  francese 

di 

Apollodoro 


2  S. 


II. 

SUCCESSIONE 

dei 

re  d'Argo 

secondo 

Taziano 


III. 

LIXEA 

delle 

due  dinastie 

dei 

re  d'Argo 


IV. 

Epoca  di  ENOTRO 
dedotta  dalla  sua 
lìnea  ascendeste, 
dalla  fondazitne 
di  PsoU  fati» 
da  un  solo  discen- 
dente,  e  da  (inolia 
di  Sagunto 


Inaco 

I 

Foroneo 

I 
Niobe 


.£  S 

ro  __  o 


o  f  o 

So 
«  ^- 


Pelasgo 

I 

Licaone 

Nictimo.  Enotro 

I 
Calisto 

I 
Arcade  (e) 

Afida  (6) 

Aleo 

i 

Licurgo  (e) 

I 
Anceo 

.       I 

Agapenore 


20 

19 

18 

17 

16 

15 

14 

13 

12 

11 

10 

9 

8 

7 

6 

5 

3 
2 
1 


1986 
1926 
1896 
1866 
1846 
1790 
1742 
1678 
1625 
1572 
1520 
1510 
1498 
1462 
1431 
1397 
1387 

1322 
1280 


50 
60 
35 
70 
54 
35 
46 
21 
11 
50 
41 
23 
17 
31 
58 
8 

43 
65 

15 


Inaco 

Foroneo 

Api 

Argo 

Criaso 

Forba 

Triopa 

Crotopo 

Stenelo 

Danao 

Linceo 

Abante 

S  (  Preto 

cS  (  Acrisio 

Perseo 

Stenelo 

Euristeo 

■~  (  Atreo 

3  ) 

^  {  Tieste 
Agamennone 


Inaco 

Foroneo 

Niobe 

Argo 

Forba 

Triopa 

Agenore 

Crotopo 

{sic)  Stenelo 

Gelanore 

Danao 

Ipermestra 

Abante 

Acrisio 

Danae 

Perseo 

.\lceo 

Anfitrione 

Ercole 

Tlepolemo 


20 

19 

18 

17 

16 

15 

14 

13 

12 

11 

10 

9 

8 

7 

6 

5 

4 

3 

2 

1 


Inaco 

I       I 
Ezeo  Foroneo 

,.  I  I 

Licaone  Niobe 

^      I  I 

Dejanira  Pelasgo 

Licaone  li 

...    i  ' 

Nictimo  Enotro 

I 
Perifete  (f/i 

I 

Partaone 

1 
Arista 

Criniante 

I 
Arrone 

I         I 
Dardano  Psofi  (e 

Zacinto  (/") 


Fondazione  di 
Sagunto (^j 


Migrazione  pelasga 


Guerra  di  Troja 


{a)  Dovrebbe  trovarsi  contemporaneo  di  Dardano. 
(h)  Come  sua  figlia  avrebbe  potuto  sposare  Preto  ? 
(e)  La  cui  nipote  avrebbe  sposato  Euristeo. 
{d)  Sarebbe  lo  stesso  re  che  Perifante. 
(e)  Fondatore  di  Psofi  d'Arcadia ,  riputato  figlio 

di  Liraono,  ma  nel  senso  vago  che  mostra 

tale  distanza. 


[f)  Figlio  di  Dardano,  partito  da  Psofi  di  Arcadia 
per  fondare  Psofi  di  Zacinto. 

[fj)  Duecento  anni  jtrima  della  guerra  di  Troja, 
dagli  Zacinij.  Altri,  partiti  d'Ardea  fondala 
da  Danae  figlia  d'Acrisio ,  vennero  poi  a 
l'iunirsi  alla  colonia  di  Sagunto. 


Cronologia  greca 


57 


V. 

Epoca  di  E\0TRO 

dedotta 

(lai  siorroDisini  che 

Icyaiio  i  gradi 
ili  s'ia  discendenza 

ruui|uelli 

della  siucessione 

dei  re   d'Argo 


VI 

Epora  di  LELEGE 

autortODO 

sincrtnismi  della 

sna  discendenza 

coi  re  d'Arcadia 

e  d'Argo 


VII. 

Ep.  di  CECROPE 

secondo 

duo  sincronismi 

slaliiliti 

di  l'aiisania 

e  Apollodoro 


Vili. 

Epoca  di  LELEGE 

egiziano, 

e 

rapporti  laterali 

della 
sua  discendenza 


Iliaco 

I 

Foroneo 

I 
Paso,  Niobe,  Arcstore 

I 
Pelasgo 

Licaonc 

I  I 

Niclimo  (h)  Enotro 

I 

Eicadio 

I 
Dorico 

I 
Parbino 

Celeo 

I 
Calisto  {i) 

Arcade  {k) 

Afida  (/) 

I 
Aleo 

I 
Licurgo  (m) 

Aiiceo 

Agapenore  ed  Echemo 
d'Italia  in  Spagna  [n) 


1280  anni  av.  Cristo 


20 
19 
18 
17 
16 
15 
14 
13 
12 

11    I 

10  i 

9 


Diluvio  d'Ogige 

Lelege  autoctono  (o) 

I 
Milo  e  Policaone  (w) 

I 
Eurota 

I 
Lacedemone 

I 
Amicla  {(A 

Arsalo 

Ci  noria 

I 
Penerete  (/•) 

I 
Ebaio  (s) 

I 
Tindaro 

I 
Timandra  {t) 


{h)  Morto  improle. 

((')  Figlia  di  Ceteo,  anclie  secondo  Ferecidc. 

(k)  Contemporaneo  di  Dardano  padre  di  Zacinto. 

(/)  La  cui  figlia  sposò  Preto. 

(m)  La  cui  nipote  sposò  Euristeo. 

(n)  Che  combattè  contro  Euristeo  ,  e  sposò  la 

figlia  di  Tindaro. 
(o)  Confuso  coir  egizio  della  colonna  vili. 
ip)  Che  sposò  la  figlia  di  Triopa. 
(q)  La  cui  figlia  fu  sposata  in  .\rcado. 
(r)  Figlio  di  Cinorta,  e  padre  d'Ebalo. 


Ogige  (w) 

Porfirione 

Perifante 

Colono  {v) 

Atteo 

Cccrope  {x) 

Cranao 

Amfìzione 

Erittonio 

Pandione 

Eretteo 

Cecrope  II 

Pandione  II 

Egeo 

Teseo 

Demofoone 


20 

19 

18 

17 

16 

15 

U 

13 

12 

11 

10 

9 

8 

7 

6 

5 

4 

3 

2 

1 


Dopo  Car 

figlio  di  Foroneo 

12  generazioni 


Epoca 
di  Enotro 


Tegeate  (z) 


Gortide(«a) 


Diluvio  di  Deucalione 

m 

Lelege  egiziano 

I 

Clesone 

Pilante 

Scirone  [ce] 


s)  La  cui  figlia  sposò  Perseo. 

t)  Sposata  in  Echemo. 

u)  Mille  e  venti  anni  avanti  la  i  Olimpiade 
(v)  Conduttore  d'una  colonia  nella  Messenia. 
(  X  )  Centottantanove  anni  dopo  il  diluvio  d'Ogige. 
iy)  Ammogliato  colla  figlia  di  Pilante. 
(z)  Fratello  di  Nictimo. 

[aa]  Figlio  di  Tegeate  e  fondatore  di  Gorlino,  due 
anni  dopo  la  colonia  di  Xanto  figlio  di  Triopa. 
(bb)  Sotto  il  regno  di  Cranao. 
[ce)  Sposato  colla  figlia  di  Pandione  II. 


58  CRONOLOGIA 


§  19.  —  Monumenti  cronologici. 

In  questo  trattato  già  mentovammo  sovente  i  monumenti  cronologici.  Principali  tra 
questi  sono  i  Canoni,  o  cataloghi  di  dinastie,  di  regni,  di  epoche,  specialmente  quelli 
fatti  da  Eratostene  nel  in  secolo  av.  Cristo  e  da  Tolomeo  nel  ii  secolo  dopo  Cristo,  il 
primo,  lavorando  nella  biblioteca  d'Alessandria,  aveva  messa  insieme  una  cronaca  com- 
piuta della  Grecia,  molto  stimala  dagli  antichi,  ed  una  cronaca  egiziana  di  cui  ci  resta 
un  frammento,  contenente  i  trentotto  primi  re  di  Tebe. 

Tolomeo  pel  suo  Almagesto  stese  un  canone  che  risale  al  747  av.  C,  e  vien  fino  agli 
Antonini  ;  opera  di  molta  esattezza,  appoggiando  a  quella  le  osservazioni  astronomiche. 

Insigni  monumenti  cronologici  sono  per  la  storia  greca  i  Marmi  di  Paro,  e  per  la 
romana  i  Marmi  Capitolini,  che  danno  i  fasti  consolari.  La  natura  e  la  critica  di  tali 
monumenti  si  veda  nella  nostra  Archeologia  §  178.  Qui  gli  esaminiamo  solo  crono- 
logicamente. 

§.  20.  —  Marmi  di  Paro. 

La  Cronaca  di  Paro  è  cosi  detta  dall'isola  ove  fu  scoperta,  e  portata  in  Inghilterra 
(1627)  dal  conte  Tommaso  di  Arundel,  il  cui  nipote  la  depose  nella  biblioteca  dell'acca- 
demia di  Oxford.  Fu  stampata  la  prima  volta  a  Londra  da  Selden  il  1629,  indi  da  Pri- 
deaux  il  1676,  poi  altre  volte  più  correttamente,  e  meglio  che  mai  da  Ricardo  Chandler 
a  Oxford  nel  1763. 

È  una  serie  di  marmi,  scolpiti  nel  263  av.  C,  onde,  per  lo  meno,  va  immune  dagli 
errori  dei  copisti.  Neppur  essa  però  ci  porge  la  sicurezza  dei  tempi,  non  potendosi  ac- 
certare che  le  epoche  fossero  segnate  man  mano  sopra  il  marmo,  né  senza  sbaglio  dello 

scultore,  né  con  piena  notizia  dei  fatti  stranieri. 

• 

Eccone  un  saggio  : 


1581.  Dacché  Cecrope  (pel  primo)  regnò  in  Atene,  e  si  chiamò  Cecropia  quella  contrada  che  prima 
si  chiamava  Attica  da  Atteo,  anni  1318  (sino  a  Diogneto  Arconte  d'Atene  il  263  av.  C). 

4. 

1528.  Dacché  avvenne  il  diluvio,  al  tempo  di  Deucalione,  e  questi  fuggì  le  pioggie,  venendo  dalla 
Licoria  in  Atene  a  Cranao,  e  edificò  uu  tempio  di  Giove  Fissio  e  Ohmpico,  e  fece  sacrifizj  per  la  con- 
seguita salvezza,  anni  1265,  regnando  in  Atene  Cranao. 

5. 

1521 .  Dacché  Amfizione  figliuolo  di  DeucaUone,  regnò  alle  Termopile,  e  ragunò  i  popoli  ch'abitavano 
i  luoghi  vicini,  imponendo  loro  il  nome  di  Amfizioni,  e  quello  di  Filea  al  luogo  in  cui  anche  ora  essi 
sacrilìcano,  anni  1258,  regnando  in  Atene  Amfizione,  l'anno  secondo  del  suo  regno. 


1520.  Dacché  Elleno,  figliuolo  di  Deucalione,  regnò  nella  Ftiotide,  e  presero  il  nome  di  Fileni  gli 
aliitanli  di  quel  paese,  che  dianzi  si  chiamavano  Greci,  ed  istituirono  i  giuochi  Panalenaici,  anni  1257, 
regnando  in  Atene  Amfizione. 

10. 

1505.  Dacché  Erittonio  re  d'Atene,  celebrati  pel  primo  i  giuochi  Panalenaici,  attaccò  cavalli  al 
farro,  siabilì  un  giuoco  pubblico,  e  diede  agli  Ateniesi  il  loro  nome,  la  statua  della  Madre  degli  Dei 
apparve  nei  monti  Cibeli,  e  .lagne  frigio  inventò  il  primo  le  tibie  in  Celene  citlà  della  Frigia,  e  sonò 
primo  colle  tibie  la  musica  frigia  e  gli  altri  accordi  della  Gran  Madre,  di  Dionisio,  di  Pane,  degli  Dei 
patrj  e  degli  eroi,  anni  1242,  regnando  in  Atene  Erittonio. 


FASTI   CONSOLARI  59 


12. 


1408.  Dacché  Cerere,  venendo  in  Atene,  seminò  le  biade,  e  ne  mandò  ad  altre  nazioni  per  mezzo 
di  Trittolemo  figlio  di  Celeo  e  Nerea  anni  1145,  regnando  in  Atene  Eritteo. 

24. 

1217.  Dacché  i  Greci  intrapresero  la  spedizione  a  Troja,  anni  954  regnando  in  Atene  Menesteo, 
l'anno  decimoterzo  del  sno  regno. 

25. 

1208.  Dacché  fu  presa  Troia,  anni  yi5,  regnando  in  Atene  Menesteo,  l'anno  vigesimosecondo  del 
suo  regno,  il  giorno  settimo  del  mese  di  Targelione  (od  il  vigesimo  quarto)  prima  del  fine. 

26. 

1205.  Dacché  Oreste  fu  sanato  dalla  sua  pazzia  nella  Scizia,  ed  accadde  lite  nell'Areopago  fra  lui 
ed  Erigone  figliuola  di  Egisto,  intorno  ad  Egisto,  in  cui  vinse  Oreste,  essendo  eguale  il  numero  dei 
sutfragi,  anni  942,  regnando  in  Alene  Deinofonte. 

37. 

593.  Dacché  Saffo  passò  da  Mitilene  in  Siciha  fuggendo,  anni  330,  essendo  arconte  in  Atene  la 
prima  volta  Crizia,  ed  essendo  il  reggimento  di  Siracusa  in  mano  de'  suoi  vicini. 

49. 

490.  Dacché  si  fece  battaglia  vicino  a  Maratona,  dagli  Ateniesi  contro  i  Persi,  in  cui  gli  Ateniesi 
vinsero  il  satrapo  Artaferne,  nipote  di  Dario,  anni  227,  essendo  arconte  in  Atene  Fenippo  la  seconda 
volta.  Nella  battaglia  combatté  anche  il  poeta  Eschilo,  essendo  allora  d'anni  trentacinque. 

52.  1 

480.  Dacché  Serse  attaccò  un  ponte  di  barche  nell'Ellesponto,  e  dai  Greci  si  diede  una  pugna  alle 
Termopile,  ed  una  battaglia  navale  contro  i  Persiani  vicino  a  Salamina,  in  cui  furono  i  Greci  vittoriosi, 
anni  217,  essendo  arconte  in  Atene  Calliade. 

73. 

370.  Dacché  in  Leutra  si  diede  battaglia  fra  i  Lacedemoni  ed  i  Tebani,  in  cui  rimasero  questi  vin- 
citori, anni  107,  essendo  arconte  in  Atene  Frasiclide;  e  morì  allora  il  re  dei  Lacedemoni. 


334.  Dacché  nacque  Alessandro,  re  dei  Macedoni,  anni  91,  essendo  arconte  in  Atene  Callistrato. 
Nel  qual  tempo  fiorì  Aristotele  il  filosofo. 

§  21.    —  Tasti  consolari. 

Abbiamo  insegnato  in  che  modo  ridurre  si  le  Olimpiadi,  si  l'età  di  Roma  all'èra  nostra: 
ma  per  risparmiare  la  fatica  di  tal  riduzione,  esibiamo  c[ui  una  tavola  colla  corrispon- 
denza. Abbandonammo  gli  anni  del  mondo,  per  le  dubbiezze  altrove  esposte,  e  ci  siamo 
attenuti  agli  anni  avanti  e  dopo  Cristo.  La  prima  colonna  pertanto  segna  appunto  questi; 
la  seconda  le  Olimpiadi,  indicando  con  numero  romano  la  serie  di  esse,  coU'arabico  il 
numero  del  ciclo.  Per  la  fondazione  di  Roma  stiamo  a  Varrone.  Nell'ultima  colonna 
poniamo  i  supremi  magistrati  che  dieder  nome  a  quell'anno.  Non  mirando  noi  che  ad 
agevolare  l'intelligenza  e  i  riscontri  della  storia,  credemmo  vano  il  segnare  appunta 
anche  il  giorno  in  cui  assunsero  la  magistratura  i  consoli  :  e  chi  aspira  a  tale  precisione, 
dovrà  ricorrere  alle  tavole  che  intorno  a  ciò  offrono  i  cronologisti.  Basti  dire  che,  dopo 
il  600  di  Roma,  i  consoli  entravano  in  carica  col  1  gennajo;  dal  532  al  600,  il  15  marzo; 
dal  454  al  532,  il  24  aprile;  prima  d'allora  a  tempi  vaghi,  secondo  le  intercalazioni  dei 
sacerdoti.  Aggiungiamo  pure,  che  i  fasti  consolari  vanno  d'accordo  dal  479  di  Roma 
'275  av.  C.)  innanzi  ;  ma  prima  di  quel  tempo  sono  discordi  fra  loro  e  cogli  autori. 


60 


CKONOLOGIA 


772 
771 
770 
769 

768 
767 
766 
765 

764 
763 
762 
761  1 

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III 


IV 


VI 


VII 


Vili 


IX 


XI 


10 
11 
12 
13 

14 
15 
16 
17 

18 
19 
20 
21 


Prima  Olimpiade  ;  vincitore  Corebo 


I  Anno  di  Romolo 


II 

IH 
IV 

V 

VI 
VII 

vili 

IX 

X 

XI 

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XIII 

XIV 
XV 
XVI 
XVII 

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XIX 

XX 

XXI 


FASTI  CONSOLAKl 


6V 


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XIV 


XV 


XVI 


XVII 


XVIII 


XIX 


XX 


XXI 


XXII 


26 
27 
28 
29 

30 
31 
32 
33 

34 
35 
36 
37 

38 
39 
40 
41 

42 
43 
44 
45 

46 
47 
48 
49 

50 
51 
52 
53 

54 
55 
56 
57 

58 
59 
60 
61 

62 
63 
64 
65 


XXVI 
XXVII 
XXV  III 
XXIX 

XXX 
XXXI 
XXXII 
XXXIII 

XXXIV 
XXXV 
XXXVI 
XXXVII 

XXXVItl 

XXXIX.  Interregno 
I  Anno  di  Numa 
II 

III 

IV 
V 

VI 

VII 
Vili 
IX 
X 

XI 
XII 
XIII 
XIV 

XV 
XVI 
XVII 
XVIIl 

XXIX 
XX 
XXI 
XXII 

XXIII 
XXIV 
XXV 
XXVI 


CRONOLOGIA 


Anni 
aT.  Cr. 


687 
686 

685  ; 

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657 

656 

655 
654 
653 

652 
651 
650 
6i9 

648 
647 
646 
645 


xxni 


XXIV 


XXV 


XXVI 


XXVII 


XXVIII 


XXIX 


XXX 


XXXI 


XXXII 


XXXIII 


66 
67 
68 
69 

70 
71 

72 
73 

74 
75 
76 
77 

78 
79 
80 
81 

82 
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84 
85 

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87 
88 
89 

90 
91 
92 
93 

94 
95 
96 
97 

98 

99 

100 

101 

102 
103 
104 
105 

106 
107 
108 
109 


XXVII 
XXVIII 
XXIX 
XXX 

XXXI 
XXXII 
XXXIII 
XXXIV 

XXXV 

xxxvr 

XXXVII 
XXXVIII 

XXXIX 
XL 
XLI 
XLII 

XLIU 

I  Anno  di  Tulio  Ostilio 

II 

III 

IV 
V 
VI 
VII 

VIII 
IX 
X 
XI 

XII 

xni 

XIV 
XV 

XVI 

XVII 

XVIII 

XIX 

XX 
XXI 
XXII 
XXIII 

XXIV 
XXV 
XXVI 
XXVII 


FASTI  CONSOLARI 


63 


644 
6i3 
642 
641 

640 
639 
638 
637 

636 
635 
634 
633 

632 
631 
630 
629 

628 
627 
626 
625 

624 
623 
622 
621 

620 
619 
618 
617  , 

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XXXIV 


XXXV 


XXXVI 


XXXVII 


XXXVIII 


XXXIX 


XL 


XLI 


XLII 


XLIII 


XLIV 


110 

111 

112 
113 

114 
115 
M6 
117 

118 
119 
120 
121 

122 
123 
124 
125 

126 
127 
128 
129 

130 
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138 
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140 
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146 
147 
148 
149 

150 
151 

152  I  XIV 

153  I  XV 


XXVIII 
XXIX 
XXX 
XXXI 

XXXII 

I  Anno  di  Anco  Marzio 

II 

III 

IV 
V 
VI 
VII 

VIII 
IX 
X 
XI 

XII 
XIII 
XIV 
XV 

XVI 
XVII 
XVIII 
XlX 

XX 
XXI 
XXII 

XXUI 

XXIV 

I  Anno  di  Tarquinìo  Prisco 

II 

III 

IV 
V 
VI 
VII 

VIII 

IX 

X  ' 

XI 

XII 
XIII 


64 


CRONOLOGIA 


600 
599 
598 
597 

596 
595 
594 
593 


591 

590 
589 

588 
587 
586 
585 

584 
583 
582 
581 

580 
579 
578 
577 

576 
575 
574 
573 

572 
571 
570 
569 

568 
567 
566 
565 

564 
563 
562 
561 

560 
559 

558 
557 


XLV 


XLVl 


XLVII 


XLVIII 


XLIX 


LI 


LII 


LUI 


LIV 


LV 


154 
155 
156 
157 

158 
159 
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1 

166 

2 

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3 

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4 

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1 

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2 

171 

3 

172 

4 

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1 

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2 

175 

3 

176 

4 

177 

1 

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2 

179 

3 

180 

4 

181 

1 

182 

2 

183 

3 

184 

4 

185 

1 

186 

2 

187 

3 

188 

4 

189 

1 

190 

2 

191 

3 

192 

4 

193 

1 

194 

2 

195 

3 

196 

4 

197 

XVI 
XVII 
XVIII 
XIX 

XX 
XXI 
XXII 
XXIII 

XXIV 

XXV 
XXVI 
XXVII 

XXVIII 
XXIX 

xx^ 

XXXI 

XXXII 
XXXIII 
XXXIV 
XXXV 

XXXVI 

XXXVII 

I  Anno  di  Servio  Tullio 

II 

III 

IV 

V 

VI 

VII 
VIII 
IX 
X 

XI 
XII 
XIII 
XIV 

XV 
XVI 
XVII 
XVIII 

XIX 
XX 
XXI 
XXII 


FASTI  CONSOLARI 


65 


Anni 

Olimpiade 

o 
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Anni 

a/.   Or. 

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556 

1 

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XXVI 

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1 

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2 
3 

203 
204 

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1 

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XXXI 

547 

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2 

207 

XXXII 

546  1 

3 

208 

XXXHI 

545 

4 

209 

XXXIV 

544  1 

LIX 

1 

210 

XXXV 

543  1 
54-2  1 

2 
3 

211 
212 

XXXVI 
XXXVil 

541 

4 

213 

XXXV.III 

540  - 

LX 

1 

214 

XXXIX 

;)39 

538 

2 
3 

[4 

215 
216 

XL 
XLI 

537 

217 

XLII 

536 

1 

2 

218 

XLI  II 

535 

LXI 

219 

XLIV 

534 

3 

220 

1  Anno  di 

Tarquiiiio 

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533 

4 

221 

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1 

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2 
3 

223 

224 

IV 
V 

4 

225 

VI 

528 

1 

226 

VII 

526  1 

LXI  II 

2 
3 

227 
228 

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IX 

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230 

XI 

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LXIV 

2 
3 

231 
232 

XII 

XIII 

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XV 

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235 
236 

XVI 
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238 

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LXVI 

2 
3 

239 
240 

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XXI 

513  ' 

' 

4 

241 

xxn 

Canlu ,  Cronologia 

9 

m 


CRONOLOGIA 


512 
511 

5J9  ì    LXVII 


508 
507 
506 
505 


LXVIII 


504  \ 
503  / 

502   LXIX 
501  ] 


500 
499 
498 
497 

496 

495 
494 
493 

492 
491 
490 


488 
487 
486 
485 


484 
483 
482 
481 

480 
479 

478 

477 

476 
475 
474 
473 


LXX 


LXXI 


LXXII 


LXXIII 


LXXIV 


LXXV 


LXXVI 


242 
243 
244 
245 


246 

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249 

250 
251 
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253 


254 
255 
256 

257 

258 

259 

260' 
261 

262 
263 
264 
265 

266 
267 
268 
269 

270 
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272 
273 

274 
275 

276 

277 

278 
279 
280 
281 


xxui 

XXIV 

XXV  Consoli 

Giunio  Bruto  —  Tarquinio  Collatino,  Surrogati  V. 

Valerio  Poplicola  —  Sp.  Lucrezio  Tricipitino,  poi 

Orazio  Pulvillo 

P.  Val.  Poplicola  II  —  P.  Lucrezio  Tricipitino 
P.  Val.  Poplicola  III  —  M.  Orazio  Pulvillo 
Sp.  Larzio  Flavo  —  T   Erminio  Aquilino 
M.  Valerio  Voleso  —  P.  Postumio  Tuberto 

P.  Val.  Poplicola  IV  —  P.  L.  Tricipitino  II 
P.  Postumio  Tuberto  II  —  Agrippa  Menenio  Lanato 
Opitero  Virginio  Tricosto  —  Sp.  Cassio  Viscellino 
T.  Postumio  Comiuio  —  T.  Larzio  Flavo,  primo  dit- 
tatore 

M.  Tullio  Longo  —  Ser  Sulpizio  Camerino 
P.  Veturio  Gemino  —  T.  Ebuzio  Elva 
T.  Larzio  Flavo  II  —  Q.  Clelio  Siculo 
A.  Sempronio  Atratino  —  M.  Minucio  Aug. 

A.  Postumio  Albo  Regillese  (dittatore) —  T.  Virginio 

Tricosto 
Ap.  Claudio  Sabino  —  P.  Servilio  Prisco 
A.  Virginio  Tricosto  —  T.  Veturio  Gemino 
Sp.  Cassio  Viscellino  II  —  T.  Postumio  Comino  II 

T.  Geganio  Macerino  —  P.  Minucio  Augurino 
M.  Minucio  Augurino  II  — A.  Sempronio  Atratino  II 
Q.  Sulpicio  Camerino  —  Sp.  Larzio  Flavo  II 
C.  Giulio  Julo  —  P.  Pinario  Rufo 

Sp.  Nauzio  Rutilo  —  Ses.  Furio  Fuso 

C.  Aquibo  Tusco  —  T.  Sicino  Sabino 

Sp.  Cassio  Vicellino  III  —  Proculo  Virginio  Tricosto 

Q.  Fabio  Vibulano —  Ser.  Cornelio  Cosso  Maluginese 

L.  Emilio  Mamercino  Cesone  Fabio  Vib. 

M.  Fabio  Vibulano  —  L.  Val.  Poplicola  Polito 

C.  Giulo  Julo  —  Q.  Fabio  Vib.  II 

Ces.  Fabio  Vibulano  II  —  Sp.  Furio  Fuso. 

Cn.  Manlio  Cincinnato  —  M.  Fabio  Vib.  II 

Ces.  Fabio  Vibulano  III  —  V.  Virginio  Tricosto  ,  poi 

Rutulo  Pulvillo  —  T.  Menenio  Agrippa 
L.  Emilio  Mamercino  II  —  C.  Servilio  Strutto ,  poi 

C.  Cornelio  Lentulo 
C.  Orazio  .Pulvillo  —  T.  Menenio  Agrippa  Lanato 

A.  Virginio  Tricosto  —  Sp.  Servilio  Strutto 
P.  Valerio  Poplicola  —  C.  Nauzio  Rutilo 
L.  Furio  Medullino  Rufo  —  M.  Manlio  Vulso 
L.  Emilio  Mamerco  III  —  P,  Vopisco  Giulio 


FASTI  CONSOLARI 


67 


472 
Al{ 

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4t9 

468 
467 
460 
465 

464 

463 
462 
461 


460 
459 
458 
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456 

455 
454 
453 

452 
451 
450 
449 


448 

447 
446 
445 


443 
442 
441 

440 
439 
438 
437 

436 
435 
434 
433 


LXXVII 


LXXVIII 


LXXIX 


LXXX 


LXXXI 


LXXXII 


LXXXIII 


LXXXIV 


LXXXV 


LXXXVI 


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283 
284 
285 

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287 
288 
289 

290 

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293 


294 
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296 
297 

298 

299 
300 
301 

302 
303 
304 
305 


306 


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2 
3 
4 

307 
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309 

1 

310 

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311 
312 
313 

1 

2 
3 

4 

314 
315 
316 
317 

1 

2 
3 
4 

318 
319 
320 
321 

L.  Pinario  Rufo  —  P.  Furio  Fuso 
Ap.  Claudio  Sabino  —  T.  Quinzio  Capitolino  Barbato 
L.  Val.  Poplicola  Potilo  II  —  T.  Emilio  Maraercino 
A.  Virg.  Celimontano  —  T.  Numicio  Prisco 

T.  Quinzio  Barbato  II  —  Q.  Serv.  Prisco 
T.  Em.  Mamercino  II  —  Q.  Fabio  Vibulano 
Sp.  Postumio  Albo  Regillese  —  Q.  Servio  Prisco  II 
Q.  Fabio  Vibulano  II  —  T.  Quinzio  Barb.  Ili 

A.  Postumio  Albo  Regillese  —  Sp.  Furio  Medullino 
Fuso 

P.  Servilio  Prisco  —  L.  Ebuzio  Elva 

T.  Lucrezio  Tricipitino  —  T.  Veturio  Gemino  Cicurino 

P.  Volumnio  Amintino  Gallo  —  Ser.  Sulpicio  Came- 
rino 

P.  Valerio  Poplicola  II  —  C.  Clodio  Sabino  Regillese 
Q.  Fabio  Vibulano  III  —  L.  Corn.  Maluginese  Cosso 
C.  Nauzio  Rutilo  II  —  L.  Minuzie 
C.  Orazio  Pulvillo  —  Q.  Minuzio  Augurino 

M.  Valerio  Massimo  —  Sp.  Virg.  Tricosto  Celimon- 
tano 
T.  Romilio  Roco  Vaticano  —  G.  Veturio  Cicurino 
Sp.  Tarpejo  Montano  Capitolino  —  A.  Eterio  Fontinale 
Ses.  Quintilio  Varo  —  P.  Orazio  Tergemino 

P.  Ses.  Capitolino  —  C.  Menenio  Agrippà  Lanate 
I  decemviri 
Ancora 

Ancora  ;  poi  consoli  L.  Val.  Poplicola  Polito —  Orazio 
Barbato 

Lar.  Erminio  Esquilino  —  T.  Virg.  Tricosto  Celimon- 
tano 
M.  Geganio  Macerino  —  C.  Giulio  Julo 
T.  Quinzio  Barbato  IV  —  Agrippa  Furio  Fuso 
M.  Genucio  Augurino  —  G.  Curzio  Filone 

Tribuni  militari  ; /joi  consoli  L.  Papirio  Mugillano — 

L.  Sempronio  Atratino 
M.  Geganio  Macerino  li  —  T.  Quinzio  Barbato  V 
C.  Fabio  Vibulano  —  Postumio  Ebuzio  Elva  Cornicese 
C.  Furio  Pacilo  Fuso  —  M.  Papirio  Crasso 

Proculo  Geg.  Macerino  —  L.  Menenio  Lan. 

T.  Quinzio  Barbato  VI  —  Agrippa  Menenio  Lanato 

Tribuni  militari 

Jieganio  Macerino  —  L.  Sergio  Fidenate 

M.  Corn.  Maluginese  —  L.  Papirio  Crasso 
C.  Giulio  Julo  II  —  L.  Virginio  Tricosto 
C.  Giulio  Julo  III  —  L.  Virginio  Tricosto  II 
Tribuni  militari 


-CRONOLOGIA 


431 
429 

428 


Ti  i 


426 
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LXXXYII 


LXXXVIII 


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423 

422  \   LXXXIX 

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418 
417 

416 
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390 

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360 
361 

362 
363 
364 
365 


Tribunali  militari 

T.  Q.  Penne  Cincinnato  —  C.  Giulio  Manto 

C.  Papirio  Crasso  —  L.  Giulio  Julo 

L.  Sergio  Fidenate  II  —  Ostio  Lucrezio  Tricipitino 

T.  Q.  Penno  Cincinnato  II  —  A.  Cornelio  Cosso 
C.  Serv.  Strutto  Ahala  —  L.  Papirio  Mugillano  II 
Tribuni  militari 
id. 


id. 


Q.  Fabio  Vibulano 


Numerio  Fabio  Vi- 


C  Sempronio  Atratino 
Tribuni  militari 
T.  Quinto  Capitolino  Barbato 
bulano 

Tribuni  militari 
id. 
id. 
id. 


id. 
id. 
id. 
M.  Coni.  Cosso  —  L.  Furio  Medullino 


Q.  Fabio  Ambusto  —  C.  Furio  Pacilo 
M.  Papirio  Mugliano  —  C.  Nauzio  Rutilo 
M.  Emilio  Mamercino  —  C.  Val.  Polito  Voluso 
Cn.  Cornelio  Cosso  —  L.  Furio  Medullino  II 

Tribuni  militari 
id. 
id. 
id. 


FASTI  r.ONSOLAnl 


60 


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Anni 

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di  Roma 

1 

2 
3 
4 

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1 

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3 
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Tribuni  militari 
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id. 

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L.  Emilio  Mamercino  - 

plebeo) 
L.  Gemicio  .\ventinese 


L.  Sestio  Laterano  {pnin'> 
■  Q.  Servilio  .^hala 


C.  Sulpizio  Petico  —  C.  Licinio  Calvo  Stolone 
L.  Era.  Mamercino  II  —  L.  Genucio  .\vcnUne.ffrri 
Q.  Servilio  Aliala  II  —  L.  Genucio  .\vent.  Il 
C.  Licinio  Calvo  II  —  C.  Sulpizio  Petico  II 

M.  Fabio  Ambusto  —  C.  Petilio  Libone  \mUt 
M.  Popilio  Lena  —  Cn.  Manlio  Ca]iitolino 
C.  Fabio  Ambusto  —  C.  l'iauzlo  Proculo 
G.  Marzio  Rutilo  —  C.  Manlio  Capitolino  II 

M.  Faljìo  Ambusto  II  —  M.  Popilio  Lena  I[ 

C.  Sulp.  Petico  III  —  M.  Valerio  Poplicola 

M.  Fabio  Ambusto  III  —  T.  Quinzio  Penno  Capitolino 

C.  Sulp.  Petico  IV  —  M.  Valerio  Poplico.'.a  II 

P.  Valerio  Poplicola  —  C   Marzio  Rutile.  Il 

C.  Sulpicio  Petico  V  —  T.  Quinzio  Pe  uno  Cincinn . 

M.  Popilio  Lena  III  —  L.  Cornelio  Sci  pione 

L.  Furio  Camillo  —  Ap.  Claudio  Crass'  j 

M.  Popilio  Lena  IV  —  M.  Valerio  Co  rvo 
C.  Plauzio  Ipseo  —  T.  Manlio  Torq'  jato  Imperioso 
M.  Valerio  Corvo  lì  —  C.  Petilio  Li'  none  Visolo 
M.  Fabio  Dorso  —  Set.  Sulpizio  C?  .merino 


70 


CRONOLOGIA 


344 

343 

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CIX 


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CXI 


CXII 


CXIII 


CXIV 


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CXVI 


CXVII 


308  , 
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306   CXVIII 
305  \ 


304 
303 
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450 
451 
452 
453 


C.  Marzio  Rutilo  III  —  T.  Manlio  Torquato  II 
M,  Valerio  Corvo  III  —  A.  Corri.  Cosso  Ar\ina 
C.  Marzio  Rutilo  IV  —  Q.  Servilio  Aliala 
C.  PI.  Ipseo  II  —  L.  Em.  Mamerc.  Privern. 

T.  Manlio  Torquato  III  —  P.  Decio  Mus. 
T.  Emilio  Maraercino  —  Q.  Publio  Filone 
L.  Furio  Camillo  II  —  C.  Menenio  Nepote 
C.  Sulpicio  Lungo  —  P.  Elio  Peto 

L.  Papirio  Crasso  —  Cesene  Duilio 
M.  Valerio  Corvo  IV  —  M.  Atilio  Regolo 
T.  Veturio  Calvino —  Sp.  Postumio  Albino 
L.  Pap.  Cursore  —  C.  Petilio  Libone  Visolo  II 

A.  Corn.  Cosso  Arvinall  —  Cn.  Domizio  Calvino 
M.  Claudio  Marcello  —  C.  Val.  Potilo  Fiacco 
L.  Papirio  Crasso  li  —  L.  Plauzio  Venone 
L.  Emilio  Mamercino  II  —  Cn.  o  C.  Plauzio  Deciano 

C.  Plauzio  Proculo  —  P.  Cornelio  Scapula 
L.  Cornelio  Lentulo  —  Q.  Publio  Filone  II 
C.  Petilio  Libone  Visolo  III  —  L.  Papirio  Cursore 
L.  Furio  Camillo  HI  —  D.  Giunio  Bruto  Sceva 

DITTATORE  L.  Papirio  Cursore 
L.  0  G.  Sulp.  Longo  II  —  Q.  Aulo  Cerretano 
Q.  Fabio  Massimo'Rulliano  —  L.  Fulvio  Corvo 
T.  Veturio  Calvino  li  —  Sp.  Postumio  Albino  II 

L.  Papirio  Cursore  II —  Q.  Publio  Filone  III 
L.  Pap.  Curs.  Ili  —  Q.  Em.  (o  Aulo)  Cerret.  li 
L.  Plauzio  Vennone  —  M.  Floscio  Flaccinatore 
Q.  Emilio  Barbula  —  C.  Giunio  Bruto  Bubulco 

Sp.  Nauzio  Rutilo  —  M.  Popilio  Lena 
L.  Papirio  Cursore  IV  —  Q.  Publio  Filone  IV 
M.  Petilio  Libone  —  C.  Sulpicio  Longo  111 
L.  Papirio  Cursore  V.  —  C.  Giunio  Bruto  li 

M.  Valerio  Massimo  —  P.  Decio  Mus 

C.  Giunio  Bruto  III  —  Q.  Emilio  Barbula  II 

Q   Fabio  Massimo  Rulliano  II  —  C.  Marcio  Rutilo 

DITTATORE  L.  Papirio  Cursore 

P.  Decio  Mus  lì—  Q.  F.  Massimo  Rulliano  III 
Ap.  Claudio  Cieco  —  L.  Volumnio  Fiamma  Violento 
Q.  Marzio  Tremulo  —  P.  Cornelio  Arvina 
L.  Postumio  Megello  —  T.  Minucio  Augurino,  pm  M. 
Fulvio  Corvo  Pelino 

P.  Sempronio  Sofo  —  P.  Sulp.  Saverrione 
Ser.  Corn.  Lentulo  —  L.  Genuzio  Avenlincsc 
M.  Livio  Destro  —  M.  Emilio  Paolo 
DL'Ji  DITTATORI  Q.  F.  Mossiiiio,  M.  V.  Corvo 


FASTI  CONSOLARI 


71 


Anni 
av.  Cr 


300 
299 

298 
297 

296 

295 
294 
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284 
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5582 
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260 
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257 


cxx 


CXXI 


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288  \ 

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285 


CXXIV 


cxxv 


CXXVI 


272  \ 

I5J     CXXVII 

269  ) 


CXXVIII 


CXXIX 


CXXX 


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490 
491 
492 
493 

494 
495 
496 
497 


Q.  Apulejo  Pansa  —  M.  Valerio  Corvo 

M.  Fulvio  Potino  —  T.  M.  Torquato,  poi  M.  Valerio 

Corvo 
L.  Cornelio  Scipione  —  Gn.  Fulvio  Centumalo 
Q.  F.  Mass.  Rulliano  IV  —  P.  Decio  Mus  IH 

Ap.  Claudio  Cieco  II  —  L.  Volumnio  Fiamma  Vio- 
lento II 
Q.  F.  Massimo  PiuUiano  V  —  P.  Decio  Mus  IV 
L.  Postumio  Megello  —  M.  Atilio  Regolo 
L.  Papirio  Cursore  —  Sp.  Carvilio  Massimo 

Q.  Fabio  Massimo  Gurgete  —  D.  Giunio  Bruto  Sceva 
L.  Postumio  Megello  III  —  C.  Giunio  Bruto  Biibulco 
P.  Cornelio  Rufino  —  M.  Curio  Dentato 
M.  Val.  Mass.  Corvino  —  Q,  Cedizio  Nottua 

Q.  Marzio  Tremulo  II  — P.  Corn.  Arvina  II 
M.  Claudio  Marcello  —  Sp,  Nauzio  Rutilo 
M.  Valerio  Massimo  Pofito  —  C.  Elio  Peto 
C.  CI.  Canina  —  M.  Em.  Lepido  o  Barbula 

C.  Servilio  Tucca  —  L.  Cecilio  Metello 

P.  Corn.  Dolahella  Massimo  —  Gn.  Domizio  Calvino 

C.  Fabrizio  Luscino  —  Q.  Emilio  Papo 

L.  Emilio  Barbula  —  Q.  Marcio  Filippo 

P.  Valerio  Levino  —  T.  Coruncanio  Nepote 
P.  Sulpizio  Saverrione  —  P.  Decio  Mus 
Q.  Fabrizio  Luscino  II  —  Q.  Emilio  Papo  II 
P.  Cornelio  Rufino  II  —  C.  G.  Bruto  Bub.  II 

Q.  Fabio  Massimo  Gurgete  II —  C.  Genucio  Clepsina 
M.  Curio  Dentato  II  —  L.  Cornelio  Lentulo  Caudino 
M.  C.  Dentato  HI  —  Ser.  Cornelio  Merenda 
C.  Fabio  Dorso  Licino  t-  C.  Claudio  Canina  II 

L.  Papirio  Cursore  II  —  Sp.  Carvilio  Mass.  II 
C.  Quintilio  Claudo  —  L.  Genucio  Clepsina 
G.  Genucio  Clepsina  II  —  Gn.  Corn.  Biasio 
Q.  Ogulnio  Gallo  —  C.  Fabio  Pittore 

P.  Sempronio  Sofo  —  Ap.  Claudio  Crasso  ' 

M.  Atilio  Regolo  —  L.  Giulio  Libone 

M.  Fabio  Pittore  —  D.  Giunio  Pera 

Q.  F.  Mass.  Gurgete  IH  —  L.  Mamilio  Vitulo 

Ap,  Claudio  Caudice  —  M.  Fulvio  Fiacco 
M.  Val.  Mass.  Messala  —  M.  Otacilio  Crasso 
L.  Postumio  Megello —  0-  Mamilio  Vitulo 
L.  Valerio  Fiacco  —  T.  Otacilio  Crasso 


i.  Scipione  Asina—  C  Duilio  Nepote 
Ho  Scipione  —  C.  Equilio  Floro 


Gn.  Corn. 

L.  Cornelio 

A.  Atilio  Calatiiio  —  G.  Sulpizio  Patercolo 

C.  Atilio  Reg.  Serrano  —  Gn.  Corn.  Biasio  li 


72 


CRONùi.OClA 


256 

255  /   CXXXI 

25.Ì 
253 


252  •; 
251 
250  ( 
249  ) 

248  \ 
247 
24G  ( 
245  ) 

244  ^ 
243  / 
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240 
239 
23« 
237 


CXXXII 


GXXXIII 


CXXXIV 


CXXXV 


236  . 

234      CXXXVl 

233  1 


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219 

218  >   CXL 

217 


1 


Anni 
di  Roma 


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534 
535 
536 
557 


A.  Manlio  Vulso  Lungo  —  Q.  Cedicio,  poi  M.  Atilio 

Regolo 
Sen.  Fulvio  Pelino  Nobiliore  —  M.  Emilio  Paolo 
G.  Corn,  Scip.  Asina  II  —  M.  Atil.  Calai.  Il 
Gn.  Servilio  Cepione  —  C.  Sempronio  Bleso 

G.  Aurelio  Cotta  —  P.  Servilio  Gemino 
L.  Cec.  Metello  II  —  C.  Furio  Pacilo 
C.  At.  Regolo  Serrano  II  —  L.  Manlio  Vulso 
P.  Claudio  Pulcro  —  L.  Giuuio  Pullo 

G.  Aur.  Cotta  II  —  P.  Servilio  Gemino  li 

L.  Cecilio  Metello  III  —  M.  Fabio  Buteone  Lucilio 

M.  Otacilio  Crasso  II —  M.  Fabio  Licino 

M.  Fabio  Buteone  II  —  C.  Atilio  Bulbo 

A.  Manlio  Torquato  Attico  —  C.  Sempronio  Bleso  H 

C.  Fundanio  Fundulo  —  C.  Sulpizio  Gallo 

G.  Lutazio  Catulo  —  A  F*ostumio  Albino 

A.  Manlio  Torq.  Attico  —  Q.  Lutazio  Cercone' 

C.  Claudio  Centone  —  !\(.  Sempronio  Tuditano 
C.  Mamilio  Turrino  —  Q.  Valerio  Falcone 
T.  Sempronio  Gracco  —  P.  Corn.  Falcone 
L.  Corn.  Lentulo  Caudino  —  Q.  Fulvio  Fiacco 

P.  Corn.  Lentulo  Caudino —  C.  Lucinio  Varo 
T.  Manlio  Torquato—  C.  Atilio  Bulbo  II 
L.  Postumio  Albino  —  Sp.  Carvilio  Massimo 
Q.  Fabio  Mass.  Verrucoso  —  M.  Pomponio  Matonc 

M.  Emilio  Lepido  —  M  Poblicio  Malleolo 
M.  Pomp.  Malone  II  —  C.  Papirio  Masone 
M.  Emilio  Barbula  —  M.  Giunio  Pera 
L.  Postumio  Alb.  II  —  Gn.  Fulvio  Centunnlo 


Sp.  Carvilio  Massimo  li  —  Q.   Fabio  Mass.  Verru- 
coso II. 
P.  Valerio  Fiacco  —  M.  Atilio  Begolo 
M.  Val.  Messala  Levino  —  L.  Apulio  Fullone 
L.  Emilio  Papo  —  C.  Atilio  Regolo 

Q.  Fulvio  Fiacco  II  —  T.  Manlio  Torquato  II 
C.  Flaminio  Nepote  —  P.  Furio  Filo 
C.  Scipione  Calvino  —  .M.  Claudio  Marcello 
P.  Cornelio  Scipione  Asina  —  M.  Miuucio  Rufo 


L.  Velario  Filone  —  C.  Lutazio  Catulo 
M.  Livio  Salinatore  —  L.  Emilio  Paolo 
P.  Corn.  Scipione  — ■  T.  Sempronio  Longo 
Gn.  Servilio  Gemino  —  C.  Flaminio  Nepote  II,  pot 
Atilio  Redolo 


FASTI   CONSOLARI 


73 


212 
211 

210 
209 

208 
207 
206 
20o 

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203 
202 
201 

200 
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198 
197 

196 

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182 
181 

180 

179 
178 
177 


CXLII 


CXLIII 


CXLIV 


CXLV 


CXLVI 


CXLVII 


CXLYllI 


CXLIX 


CL 


542 
543 
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545 

546 

547 
548 
549 

550 
551 
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553 

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555 

556 
5ó7 

558 
559 
560 

561 


1 

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2 

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3 

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2 

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3 

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4 

569 

1 

570 

2 

571 

3 

572 

Oli) 

570 
577 


Terenzio  Varrone  —  L.  Emilio  Paolo  II 
Postumio  Albino  —  T.  Sempronio  Gracco,  poi 
M   Claudio  Marcello  II,  e  Q.  F.  .Massimo  Verru- 
coso III 

F.   Massimo  Verrucoso  IV  —  M.  Claudio  Mar- 
cello III 
Q.  Fabio  Massimo  —  T.  Senipr.  Gracco  II 

0.  Fulvio  Fiacco  III  —  Ap.  Claudio  Pulcro 
P.  Sulpizin  (Jalba  Massimo  —  C.  Fulvio  Ccntumalo 
M.  Val.  Messala  Levino  II  —  M.  Claudio  Marcello  IV 
Q.  F.  ^Massimo  Verrucoso  V  —  0.  Fulvio  Fiacco  HI 

M.  CI.' Marcello  V  —  T.  Quinzio  Crispino 
C.  Claudio  Nerone  —  .M.  Livio  Salinalore 
Q.  Cocilio  Metello  —  L.  Velurio  Filone 
P.  Coni.  Scip.  Africano  —  P.  Licinio  Crasso 

Cornelio  Cetego  —  P.  Sempronio  Tuditano 
Gn.  Servilio  Cepione  —  C.  Servilio  Gemino 
T.  Claudio  Nerone  —  M.  Serv.  Pulice  Gemino 
Gn.  Cornelio  Lentulo  —  P.  Elio  Peto 

P.  Sulpizio  Galba  Massimo  II  —  C.  Aurelio  Colla 

L.  Corn.  Lentulo  —  P.  Villio  Tappulo 

T.  Quinzio  Flaminino  —  Ses.  Elio  Peto  Calo 

C.  Cornelio  Cetego  —  Q.  Minuzio  Ilufo 

L.  Furio  Purpureo  —  M.  Claudio  Marcello 

.M.  Porzio  Catone  —  L   Valerio  Fiacco 

P.  Cornelio  Scipione  Africano  II  —  T.   Sempronio 

Lungo 
L.  Corn.  Morula  —  0.  Minuzio  Termo 

L.  Quinzio  Flaminino  —  Gn.  Comizio  Enolmrbo 
M.  Acilio  Glabrione  —  P.  Cornelio  Scipione  .Nasica 
L.  Cornelio  Scipione  Asiatico  — ■  C.  Lelio  Nepotc 
Gn.  Manlio  Vulso  —  M.  Fulvio  Nobiliore 

C.  Livio  Salinatore  —  M.  Valerio  Messala 
M.  Emilio  Lepido  —  C.  Flaminio  Nepolc 
Sp.  Postumio  Albino  —  Q.  Marzio  Filippo 
Ap.  Claudio  Pulcro — M.  Sempronio  Tuditano 

P.  Claudio  Pulcro  —  L.  Porzio  Licino 
Q.  Fabio  Labeone  —  M.  Claudio  Marcello 
L.  Emilio  Paolo  —  M.  o  Cu    P>el)io  Tamfilo 
P.  Cornelio  Cetego  —  M.  Pebio  Tamfilo  11 

A.  Postumio  .Ubino  —  C.  Calpurnio  Pisene,  poi  Q. 

Fulvio  Fiacco 
L.  Manlio  .\cidino  Fulviano  —  Q.  Fulvio  Fiacco 
M.  (Hunio  Bruto —  A.  Manlio  Vulso 
C.  Claudio  Pulcro  —  Tib.  Sempronio  Gracco 


74 


CRONOLOGIA 


Anni 
ay.  Ce. 


Auni 
di  Roma 


176 

175 

173 

172 
171 
170 
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166 
165 

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137 


GLI 


CLII 


CLIII 


CLIV 


CLV 


CLVI 


CLVII 


CLVIII 


CLIX 


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610 
611 
612 

613 

614 
615 
616 

617 


Gn.  Corn.  Scipione  Ispalo  —  G.  Valerio  Leva,  poi 

Q.  Petilio  Spurino 
P.  Muzio  Scevola  —  M.  Emilio  Lepido  II 
Sp.  Postiimio  Albino  —  Q.  Muzio  Scevola 
L.  Postumio  Albino  —  M.  Popilio  Lena 

C.  Popilio  Lena  —  P.  Elio  Ligure  (ambo  plebei) 
P.  Licinio  Crasso  —  C.  Cassio  Longino 
A.  Ostilio  Mancini  —  A.  Attilio  Serrano 
Q.  Marzio  Filippo  II  —  Gn.  Servilio  Cepione 

L.  Emilio  Paolo  II  —  C.  Licinio  Crasso 
Q.  Elio  Peto  —  M.  Giunio  Penno 
C.  Sulpizio  Gallo  —  M.  Claudio  Marcello 
T.  Manlio  Torquato  —  Gn.  Ottavio  Nepote 

A.  Manlio  Torquato  —  Q.  Cassio  Longino 
Tib   Sempronio  Gracco  II  —  M.  Giuvenzio  Talna 
P.  Cornelio  Scipione  Nasica  —  C.  Marzio  Figulo 
M.  Valerio  Messala  —  C.  Fannio  Strabene 

L.  Anicio  Gallo  —  M.  Cornelio  Cetego 
C.  Corn.  Dolabella  —  M.  Fulvio  Nobiliore 
M.  Emilio  Lepido  —  C.  Popilio  Lena  II 
Ses.  Giulio  Cesare  —  L.  Aurelio  Oreste 

L.  Corn.  Lentulo  Lupo  —  C.  Marzio  Figulo  II 

P.  Cornelio  Scipione  Nasica  li  —  M.  Claudio  Mar- 
cello II 

Q.  Opimio  Nepote  —  L.  Postumio  Albino,  poi  M, 
Acilio  Glabrione 

Q.  Fulvio  Nobiliore  —  T.  Annio  Losco 

M.  Claudio  Marcello  III —  L.  Valerio  Fiacco 
L.  Licinio  Lucullo  —  A.  Postumio  Albino 
L.  Quinzio  Flaminino  —  M  Acilio  Balbo 
L.  Marzio  Gensorino — M.  Manilio  Nepote 

Sp.  Postumio  Albino  —  L.  Calpurnio  Pisone  Cesonio 
P.  Corn.  Scipione  Africano  Emiliano  —  C.  Livio  Ma- 

miliano  Druso 
Gn.  Coni    Lentulo  —  L.  Mummio  Acaico 
Q.  Fabio  Massimo  Emiliano  —  L.  Ostilio  Mancino 

Ser.  Sulpizio  Galba  —  L.  Aurelio  Cotta 

Appio  Claudio  Pulcro  —  Q.  Cecilio  Metello  Macedon. 

L.  Cornelio  Metello  Calvo  —  Q.  Fabio  Massimo  Ser- 

viliano 
Q.  Servilio  Nepote  —  Q.  Pompeo  Nepote 

C.  Lelio  Sapiente  —  Q.  Servilio  Cepione 
G.  Calpurnio  Pisone  —  M.  Popilio  Lena 
P.  Corn.  Scipione  Nasica  Serapione  —  D.   Giunio 

Bruto  Callaico 
M.  Emilio  Leiiido  Porcino  —  C.  Ostilio  Mancino 


FASTI  CONSOLARI 


75 


Anni 

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Anni 

Oliiupìade 

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CLXX 

2 
3 

655 
656 

97 

) 

(  4 

657 

P.  Furio  Filo  —  Sesto  Atilio  Serrano 

Ser.  Fulvio  Fiacco — Q.  Calpurnio  Pisone 

P.  Corn.  Scipione  Africano  Emiliano  II  —  C.  Fulvio 

Fiacco 
P.  Minucio  Scevola  —  L.  Calpurnio  Pisone 

P.  Popilio  Lena —  P.  Rupilio  Nepote  Lupo 
P.  Licinio  Crasso  Muciano—  L.  Val.  Fiacco 
C.  Claudio  Pulcro  —  M.  Perpenna 
C  Sempronio  Tuditano  —  M.  Aquilio  Nepote 

Gn.  Ottavio  Nepote  —  T.  Annio  Losco  Rufo 
L.  Cassio  Longino  —  L.  Cornelio  Cinna 
M.  Emilio  Lepido  —  L,  Aurelio  Oreste 
M.  Plauzio  Ipseo  —  M.  Fulvio  Fiacco 

C.  Cassio  Longino —  G.  Sestio  Calvino 
Q.  Cecilie  Metello  Baleario  —  T.  Quinzio  Flaminino 
Gn.  Domizio  Enobarbo  —  C.  Fannio  Strabone 
L.  Opimio  Nepote  —  Q.  Fabio  Massimo  Allobrogo 

P.  Manilio  Nepote — C.  Papirio  Carbone 

L.  Cecilio  Metello  Dalmatico  —  L.  Aurelio  Cotta 

M.  Porzio  Catone —  Q.  Marzio  Re 

L,  Cec.  Met.  Diademato  —  Q.  Muzio  Scevola 

C.  Licinio  Geta  —  Q.  Fabio  Massimo  Eburno 

M.  Emilio  Scauro  —  M.  Cecilio  Metello 

M.  Acilio  Balbo  —  C   Porzio  Catone 

P.  Cecilio  Metello  Caprario  —  Gn.  Papirio  Carbone 

M.  Livio  Druso  —  L.  Calpurnio  Pisone 

P.  Cornelio  Scipione  Nasica  —  L.  Calpurnio  Pisone 

Bestia 
M.  Minuzie  Rufo  —  Sp.  Postumio  Albino 
Q.  Cecilio  Metello  Numidico  —  M.  Giulio  Silano 

Ser.  Sulpizio  Galba  —  Q.  Ortensio  Nepote,  poi  M. 

Aurelio  Scauro 
L.  Cassio  Longino  —  C.  Mario  Nepote,  poi  M.  Emilio 

Scauro  II 
C.  Atilio  Serrano  —  Q.  Servilio  Cepione 
P.  Rutilio  Rufo  —  Gn.  Mallio  Massimo 

C.  Mario  Nepote  II  —  C.  Furio  Fimbria 
C.  Mario  Nepote  III— L.  Aurelio  Oreste 
C.  Mario  Nepote"  IV —  L.  Lutazio  Catulo 
C.  Mario  Nepote  V  —  M.  Aquilio  Nepote 

C.  Mario  Nepote  VI  —  L.  Valerio  Fiacco 
M.  Antonio  Nepote  —  A.  Postumio  Albino 
Q.  Cecilio  Metello  Nepote  — T.  Didio  Nepote 
Gn.  Cornelio  Lentulo  —  P.  Licinio  Crasso 


76 


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Anni 
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62 
61 

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59 
58 

57 


56  ) 

55 

54 


CLXXIV 


CLXXV 


CLXXVI 


CLXXVII 


CLXXVI  II 


CLXXIX 


CLXXX 


CLXXXI 


670 
671 
672 
673 

674 

675 
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678 
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694 
695 
696 
697 


698 
699 
TUO 
701 


Gn.  Dfimizio  Enobarbo  —  C.  Cassio  Longino 
L.  Licinio  Crasso  —  Q.  Muzio  Scevola 
C.  Celio  Caldo — L.  Doinizio  Enobarbo 
C.  Valerio  Fiacco  —  M.  Erennio  iN'epote 

C.  Claudio  Fulcro —  M.  Perpenna  Xepote 
L.  Marzio  Filippo  —  Sesto  Giulio  Cesare 
L.  Giulio  Cesare-— P.  Rutilio  Rufo 
Gn.  Pompeo  Strabone  -  L.  Porzio  Catone 

L.  Cornelio  Siila  —  Q.  Pompeo  Rufo 

Gn.  Ottavio  —  L.  Cornelio  Cinna,  /;o('L.  Coni.  Merula 

L.  Cornelio  Cinna  li  —  C.  Marie  Nepote  VII,  poi  L. 

Valerio  Fiacco 
L.  Coni.  Cinna  III  —  Gn.  Papirio  Carbone 

Gn.  Papirio  Carbone  lì  —  L.  Corn.  Cinna  IV 
L.  Corn.  Scip.  Asiatico  —  Gn.  Giunio  Xorbano 

C.  Mario  —  Gn.  Papirio  Carbone  III 

M.  Tullio  Decula  —  Gn.  Cornelio  Dolabella 

L.  Corn.  Siila  II  —  Q.  Cecilio  Metello  Pio 
P.  Serv.  Vatia  Isaurico  —  Ap.  Claudio  Pulcro 
.M.  Emilio  Lepido  —  Q.  Lufazio  Catulo 

D.  Giunio  Giuliano  —  Mani.  Emilio  Lepido 

Gn.  Ottavio  —  C.  Scriboniano  Curione 

L.  Ottavio  —  C   Aurelio  Cotta 

L.  Licuiio  Lucullo  —  M.  Aurelio  Cotta 

M.  Terenzio  Varrone  Lucullo  —  C.  Cassio  Varo 

L.  Gellio  Poplicola  —  Gn.  Corn.  Lentulo  Clodiano 
C.  Aufidio  Oreste  —  P.  Corn.  Lentulo  Sura 
M.  Licinio  Crasso  —  Gn.  Pompeo  Magno 
Q.  Ortensio  —  Q.  Cecilio  Metello  Cretico 

L.  Cecilio  Metello  —  Q.  Marzio  Re 

C.  Calpurnio  Pisone —  M.  Acilio  Glabrione 
M.  Emilio  Lepido  —  L.  Volcazio  Tulio 

L.  Aurelio  Cotta —  L.  Manlio  Torquato 

L.  Giulio  Cesare  —  L.  .Marcio  Figulo 
M.  Tullio  Cicerone  —  C.  Antonio  .\epote 

D.  Giunio  Silano  —  L.  Licinio  Murena 

M.  Puppio  Pis.  Calp.  —  M,  Val.  Mess.  Nigro 

L.  Africano  Nepote  —  Q.  Cecilio  Metello  Celere 
C.  G.  Cesare  —  M.  o  L.  Calpurnio  Bibulo 
L.  Calpurnio  Risone  Cesonio  —  A.  Gabinio  Nepote 
P.  Cornelio  Lentnlo  Spiiitere  —  Q.  Cecilio  .Metello 
Nepote 

Gn.  Cornelio  Lentulo  ^Marcellino  —  L.  Marzio  Filippo 
(in.  Pouìpco  Magno  li  —  M.  Licinio  Crasso  II 
L.  llomizio  Enobarbo  —  Ap.  Claudio  Pulcro 
(in.  Doniizio  Calvino  —  .M.  Valerio  Messala 


FASTI  CONSOLARI                                                              77 

Anni 

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Anni 

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di  Roma 

52  1 

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702 

Gn.  Pompeo  III,  solo,  poi  con  C.  Cecilio  Metello  Sci- 

51 

CLXXXII 

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Servio  Siihizio  Rufo  —  M.  Claudio  Marcello 

50 

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704 

L.  Emilio  Paolo — C.  Claudio  Marcello 

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705 

C.  Claudio  Marcello  II  —  L.  Cora.  Lentulo  Crus  — 
DITTATORE  Cesare 

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1 

706 

C.  G.  Cesare  lì —  P.  Servilio  Vatialsaurico — Q.Fusco 
Galeno  —  Publio  Vatinio 

47 

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1  2 

707 

DiTTATOBE  Cesare 

46 

3 

708 

DiTTATOuE  e  CoNs.  Ccs.  Ili— M.  Em.  Lepido 

45 

4 

709 

»  Ces.  IV  —  Q.  Fabio  Massimo  — 
C.  Trebonio,  poi  Caninio  Rebilo 

U 

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710 

Giulio  Cesare  V,  e  Marc'Antonio,  poi  L.  Emilio  Le- 
pido 

13 

CLXXXIV 

2 

711 

C.  Vibio  Pausa —  A.  Irzio 

42 

) 

l  4 

712 

L.  Munazio  Planco  —  M.  Emilio  Lepido  II 

41 

713 

L.  Antonio  —  P.  Servilio  Vatia  Isaurico  II 

40 

) 

/  1 

714 

G.  Domizio  Calvino  II —  Gn.  Asinio  PoUione,  poi  L, 
Corn.  Balbo  e  P.  Caninio  Crasso 

39 

f 

2 

715 

L.  Marzio  Censorino  —  C.  Calvisio  Sabino 

38 

>  CLXXXV 

\ 

* 

716 

Ap.  Claudio  Pulcro' —  C.  Norbano  Fiacco,  poi  C. 
Ottaviano  Cesare  e  Q.  Podio,  C.  Carrinate  e  P. 
Ventidio 

37 

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l  4 

717 

M.  Vipsanio  Agrippa  —  L.  Caninio  Gallo 

30 

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718 

L.  Gelilo  Poplicola  — M.  Coccejo  Nerva 

35 

2 

719 

L.  Cornifizio  —  Sesto  Pompeo 

34 

'  3 

720 

Marc'Antonio  II,  poi  L.  Sempronio  Atratino  —  L. 

Scribonio  Libone 

33 

'  4 

721 

C.  Ottaviano  Cesare  II  —  L.  Volcazio  Tulio 

32 

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1 

722 

Gn.  Domizio  Enobarbo  —  C.  Sosio 

31 

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2 

723 

C.  Ottaviano  Ces.  Ili  —  M.  Messala  Corvino 

30 

3 

724 

C.  Ott.  Ces.  IV  —  M.  Licinio  Crasso,  ;;otC.  Antonio, 
poi  M.  Tullio,  poi  Lucio  Senio 

29 

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725 

C.  Ott.  Ces.  V  —  Sesto  Apulejo,  poi  Polito  Valerio 

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Messala 

28 

CLXXXVIll 

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726 

C.  Ott.  Ces.  VI  —  M.  Vipsanio  Agrippa  li 

27 

727 

C.  Ott.  Ces.  VII  —  M.  Vipsanio  À^rippaIII 

26 

il 

728 

C.  Ott.  Ces.  Vili—  M.  Statilio  Tauro 

25 

729 

C.  Ott.  Ces.  IX  —  M.  Giunio  Silano 

24 

1 

.  1 

730 

C.  Ott.  Ccs.  X  —  C.  Xorbanno  Fiacco 

23 

|2 

731 

C.  Ott.  Ces.  XI  —  Aulo  Terenzio  Varrone,  poi  abdi- 

CLXXXIX 

cando  il  primo,  P.  Seslio —  C.  Calpurnio  Pisene 

22 

i  3 

732 

M.  Claudio  Marcello  Esernino  —  L.  Arunzio  Kepote 

21 

'  4 

733 

M.  Lollio  —  Q.  Emilio  Lepido 

20 

/  1 

734 

M.  Apulejo  Nepote  —  P.  Silio  Nerva 

19 

CXC 

1  2 

735 

C.  Senzio  Saturnino  —  Q.  Lucrezio  Vispillo 

18 

3 

736 

P.  Corn.  Lentulo  —  Gn.  Corn.  Lentulo 

17 

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737 

C.  Furnio —  C  Giunio  Silano 

78 


CRONOLOGIA 


16 
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11 

10 
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Anni 
d.  Cr. 

1 

3 

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5 
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10 
11 
12 


13 
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17 
18 
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Anni 
di  Roma 


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742 

743 

744 

745 

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748 
749 

750 
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766 
767 
768 
769 


770 

771 
772 
773 

774 
775 
776 

777 


L.  Domizio  Enobarbo  —  P.  Gorn.  Scipione 
M.  Muzio  Druso  Libone  —  L.  Calpurnio  Pisene 
Gn.  Gorn   Lentulo  —  M.  Licinio  Grasso 
Tiberio  Glaudio  Nerone  —  F.  Quintilio  Varo 

M.  Valerio  Messala  —  P.  Sulpizio  Quirino,  poi  G. 

Valgio, /)o/  C.  Caninio  Piebilo 
Q.  Elio  Tuberone  —  Paolo  Fabio  Massimo 
Giulio  Ant.  Africano  —  Q.  Fabio  Massimo 
Claudio  Druso  Nerone  —  T.  o  L.  Quinzio  Crispino 

G.  Asinio  Gallo  —  G.  Marcio  Gensorino 

Tiberio  Claudio  Nerone  II  —  G.  Calpurnio  Pisone  II 

C.  Antistio  Vetere  —  Decimo  Lelio  Balbo 

G.  Ott.  Ces.  XII  — L.  Cornelio  Siila 

G.  Calvisio  Sabino  II  —  L.  Passiano  Rufo 
Gn  Cornelio  Lentulo  —  M.  Valerio  Messalino 
C.  Ott.  Ces.  XllI—  M.  Plauzio  Silvano,  poiC.  Ca- 
ninio Galba 
Cosso  Gorn.  Lentulo  —  L.  Calpurnio  Pisone 


G.  G.  Cesare  Vipsanio  — L.  Emilio  Paolo 
L.  Alfeno  Varo  —  P.  Vinuzio  Nepote 
L.  Elio  Lamia  —  M.  Servilio  Gemino 
Sesto  Elio  Calo  —  G.  Senzio  Saturnino 

Gn.  Gorn.  Ginna  —  L.  Valerio  Messala 
M.  Emilio  Lepido  —  L.  Arrunzio  Nepote 
Q.  Cecilio  Metello  Cretico  —  A.  Licinio  Nerva 
M.  Furio  Camillo  —  S.  Nonnio  Quintiliano 

Q.  Sulpizio  Camerino  —  G.  Poppeo  Sabino,  poJM. 

Pappio  Mutilo,  Q.  Poppeo  Sec. 
P.  Cornelio  Dolabella —  C.  Giulio  Silano 
M.  Emilio  Lepido  —  T.  Statilio  Tauro 
T.  Germanico  Cesare  —  C.  Fontejo  Capitone,  poi  G. 

Vitello  Varrone 

G.  Silio  Nepote  —  L.  Munazio  Planco 
Sesto  Pompeo  Nepote  —  Sesto  Apulejo  Nep. 
Druso  Cesare  —  G.  Nerbano  Fiacco 
T.  Statilio  Sisenna  Tauro  —  L.  Scribonio  Libone,  poi 
G.  Pomponio  Grecino 

C.  Cecilio  Rufo  —  L.  Pomponio  Fiacco 
Tiberio  CI.  Nerone  III  —  T.  Germanico  Cesare  II 
M.  Giulio  Silano —  L.  Norbanno  Fiacco 
M.  Valerio  Messala —  M.  Aurelio  Cotta 

Tiberio  CI.  Nerone  IV  —  Druso  Cosare  II 
Decimo  Aterio  Agrippa  —  M.  Sulpizio  Galba 
(].  Asinio  Pollione  • —  C.  Antistio  Vetere 
Servio  Cornelio  Cetego  —  L.  Vitellio  Varrone 


FASTI  CONSOLARI 


19 


25 

26 
27 
28 

20 
30 
31 


32 


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Anni 
di  Roma 


778 
779 
780 
781 

782 
783 
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817 

Cosso  Coni.  Lentulo  — M,  Asinio  Agrippa 
C.  Calvisio  Sabino  —  (Sa.  Coni.  Lentulo  Getulico 
L.  Calpurnio  Pisene  —  M.  Licinio  Crasso 
Ap.  Giunio  Silano  — P.  Silvio  Nerva 

C.  Piubeliio  Gemino  —  C.  Fusio  Gemino 

M.  Vin.  Nep.  Quartino  —  L.  Cassio  Longino 

Tib.  CI.  Nerone  Cesare  Augusto  —  L.  Elio  Sciano , 

poi  C    Memmio   Regolo,   Fausto  Corn.  Siila, 

SestidioCatulino,  L.  Fulcinio  Tiro,  L.  Pomponio 

Secondo 
Gn.  Domizio  Enobarbo  —  A.  Vitellio,  poi  M.  Furio 

Camillo 

Ser.  Sulpizio  Galba  —  L.  Corn.  Siila,  poi  L.  Salvie 

Otone,  Vibio  Marso 
L.  Vitellio  Nepote  —  Paolo  Fabio  Persico 
C.  Cestio  Gallo  —  M.  Servilio  Gemino 
Ses.  Pap.  Galliano  —  Q.  Plauzio  Plauziano 

Gn.  Acerronio  Proculo —  C.  Ponzio  Nigrino 
M.  Aquilio  Giuliauo  —  P.  Nonio  Asprenate 
C.  Cesare  Caligola  II  —  L.  Apronio 
C.  Cesare  Caligola  III — L.  Gellio  Poplicola 

C.  Cesare  Caligola  IV — Gn.  Senzio  Saturnino 
Claudio  Imperatore  lì  —  L.  Licinio  Largo 
Claudio  Imperatore  III  —  L.  Vitellio  II'^ 
G.  Quinzio  Crispino  —  T.  Statilio  Tauro  II 

M.  Vinuzio  Quartino  II  —  T.  Statilio  Corvino 
C.  Valerio  Asiatico  —  M.  Valerio  Messala 
Claudio  Imperatore  IV  —  L.  Vitellio  Nepote  III 
A.  Vitellio  —  L.  Vipsanio  Poplicola 

C.  Pompeo  Longino  Gallo  —  Q.  Veranio  Leto 

C.  Antistio  Velere  —  M.  Suillio  Rufo  Nerviliano 
Claudio  Imper.  V  —  Ser.  Corn.  Scipione  Orfito 
P.  Corn.  Siila  Fausto  —  L.  Silvio  Otone 

D.  Giunio  Silano  —  Q.  Aterio  Antonino 
Q.  Asinio  Marcello  —  M.  Acilio  Aviola 
Claudio  Nerone  Ces.  —  L.  Antistio  Vetere 
Q.  Volusio  Saturnino — P.  Corn.  Scipione 

Claudio  Ner.  Ces.  II  —  L.  Calpurnio  Pisone 
Claudio  Nerone  Ces.  Ili — Valerio  Messala 
C.  Vipsanio  Poplicola  — L.  Fontejo  Capitone 
Claudio  Nerone  Ces.  IV  —  Cosso  Corn.  Lentulo 


C.  Cesonio  Peto  —  G.  Petronio  Sabino 
,P.  Mario  Celso  —  L.  Asinio  Gallo 
L.  Memmio  Regolo  —  P.  Virginio  Rufo 
C.  Lecanio  Basso —  M.  Licinio  Crasso 


80 


CRONOLOGIA 


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67 
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821 

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830 

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838 
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840 
841 

842 
843 
844 
845 

846 

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850 
851 

852 
853 

854 

855 
856 
857 


P.  Silvio  Xerva  —  C.  Giulio  Attico  Vestmo      .; 
C.  Svetonio  Paolino  — L.  Ponzio  Telesiiio 
L.  Fonfejo  Capitone  II  —  C.  Giulio  Rufo 
G.  Silio  Italico  —  M.  Celerio  o  Galcrio  Tracale 

Serv.  Sulpizio  Galba  Cesare  —  T.  Vinnio  Crispiniano 
F.  Vespasiano  Aug.  Il  —  T.  Vespasiano 
F.  Vcsp.  Aug.  Ili—  M.  Coccejo  Xerva 
F.  Vesp.  Aug.  IV  —  T.  Vespasiano  li 

FI.  Domiziano  II  —  M.  Valerio  Messalino 

F.  Vesp.  Aug.  V  —  T.  Vesp.  Ili,  poi  FI.  Domi- 
ziano III 

F.  Vesp.  Aug.  VI  —  T.  Vesp.  IV,  poi  FI.  Domi- 
ziano IV 

F.  Vesp.  Aug.  VII  —  T.  Vesp.  V,  poi  FI.  Domi- 
ziano V 

F.  Vesp.  Aug.  Vili  —  T.  Vesp.  VI,  poi  FI.  Domi- 
ziano VI 
L.  Cesonio  Comodo  Vero  —  L.  Cornelio  Prisco 
F.  Vesp.  Aug.  IX  — T.  Vesp.  VII 
T.  Vesp.  Aug.  Vili— FI.  Domiziano  VII 

M.  Plauzio  Annio  Silvano —  M.  Asinio  Pollione  Ver- 
rucoso 
FI.  Domiziano  Vili  —  T.  Flavio  Sabino 
FI.  Domiziano  IX  —  T.  Virginio  Paifo 
FI.  Domiziano  Aug.  X  —  Ap.  Giunio  Sabino 

FI.  Domiziano  Aug.  XI —  T.  Aurelio  Fulvio 

FI.  Doni.  Aug.  Xll  —  Ser.  Cornelio  Dolabella 

FI.  Dom.  .\ug.  Xlll  —  A.  Volusio  Saturnino 

FI.  Dom.  Aug.  XIV  —  L.  ^linuzio  Paifo 

F.  .Aurelio  Fulvio-- A.  Sempronio  Aratino 
FI.  Dom.  Aug.  XV  —  Coccejo  Nerva  II 
M.  Ulpio  Trajano  —  M.  Acilio  Glabrione 
FI.  Dom.  Aug.  XVI — A.  Volusio  Saturnino  11 

Ses.  Pompeo  Collega —  Cornelio  Prisco 

L.  Nonio  Asprenate  Torquato  —  M.  Arricino  Clemeiitp 

FI.  Dom.  Aug  XVII  — T.  Flavio  Clemente 

C.  Fulvio  Valente  —  C.  Antistio  Vetere 

Coccejo  Nerva  Aug.  Ili  — T.  Virginio  Rufo  11 
Coccejo  Nerva  Aug.  IV  —  Ulpio  Trajano  Ces.  II 
C.  Sosio  Senecione  —  A.  Corn.  Palma 
Ulpio  Trajano  Aug.  Ili  —  M.  (Cornelio  Frontone 

Ulp.  Trajano  Aug.  IV —  Sesto  Articuleo  Peto 
C.  Sosio  Senecione  II  —  L.  Licinio  Sura 
Ulpio  Trajano  A.  V  —  L.  Appio  Massimo 
L.  Licinio  Sura  11  —  P.  Nerazio  Marcello 


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81 


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L.  Cesouio  Comodo  Vero  —  L.  Tuzio  Cercale 

107  1 

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(i.  Sosio  Senecione  III  —  !..  Licinio  Snra  III 

108  ] 

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801 

A[i.  Annio  Trelionio — M.  Alilio  llradua 

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A.  Corn.  Palma II—  C.  Calvisio  Tulio 

110  1 

111  1 

CCXXII 

2 
3 

863 
864 

Clandio  Crispino  —  Solino  Orfito 

C.  Calpurnio  Pisonc  — M.  Vezio  Balano 

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805 

Ulpio  Trajano  Aug.  VI  —  C.  (iiulio  Africano 

113  , 

1 

806 

P.  Giovcnzio  Celso  —  C.  Clodio  Crispino 

Ili  / 

CCXXIII 

2 

867 

0-  ÌN'onio  Asta  —  P.  Manilio  Vopisco 

115    4 

3 

808 

M.  Valerio  Messala ^C  Pojiilio  Caro  Pedo 

110  ; 

1 

4 

809 

Emilio  Eliaiio — L.  Antistio  Vetere 

117  \ 

1 

870 

Quinzio  Negro  —  T.  Vipsanio  Aproniano 

118 

CCXXIV 

2 

871 

?]lio  Adr.  Ang.  II  —  Tib.  Claudio  Fosco  Saliiiatorc 

119  ì 

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872 

Elio  Adr.  Aug.  Ili —  Q.  Giuuio  Paislico 

120  1 

( 

4 

873 

L.  Catilio  Severo  — T.  Aurelio  Fulvo 

21  \ 


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CCXXIX 


CCXXX 


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871    i    E.  Anaio  Vero  II  —  L.  Augure 
875    i    M.  Acilio  Aviola  —  G.  Corn.  Pansa 
870    i    Q.  Arrio  l'ctino  —  C.  A'eranio  Aproniano 

877  M.  Acilio  Glabrionc  —  C.  Bellico  Torquato 

878  P.  Cornelio  Asiatico  —  Q.  Bezio  Aquilino 

879  M.  Lollio  Pedio  Vero  —  Q.  Ciunio  Lepido  Bibulo 

880  Gallicano  —  D.  Celio  Tiziano 

881  L.  Asprenatc  Torquato  —  M.  Annio  Libonc 

882  P.  Giovenzio  Celso  II  —  M.  Annio  Liboiie  II 

883  Q.  Fabio  Catullino  — Q.  Giulio  Balbo 

881  Ser.  Ottavio  Ponziano — M.  Antonio  Kullno 

885  Scnzio  Augurino  —  Arrio  Severiano 

880  Ibcro — G.  Silano  Sisenna 

887  C.  Giulio  Servilio  — C.  Vibio  Giovenzio  Vero 

888  Pompeiano  Lupcrco  —  L.  (iinnio  Attico  Aciliano 

889  L.  Cesonio  Comodo —  Sesto  Vetuleno  Civica 

890  E.  Elio  Cesare  Vero  II  —  P.  Celio  Balbino 

891  Sulpizio  Camerino —  Quinzio  Negro  Balbo 

892  Antonino  Pio  Aug.  II  — C.  Bruzio  Presente 

893  Antonino  Pio  Aug.  Ili  —  M.  Aurelio  Cesare 

89i  M.  Peduceo  Priscino  —  T.  Ennio  Severo 

895  L.  Cuspio  Ruilno  —  E.  Stazio  Quadrato 

896  T.  Belliccio  Torquato  —  T.  CI.  Attico  Erode 

897  Eolliano  Avito  —  C.  Gavio  Massimo 

898  Antonino  Pio  Aug.  IV—  M.  Aurelio  Ces.  II 

899  Sesto  Erucio  Claro  — (in.  Claudio  Severo 

900  M.  Valerio  Lanzo  —  M.  Val.  Messaline 

901  T.  Bellicio  Torquato  11  —  C.  Giuliano 


Cantù,  [hcumcìtti.  —  Tomo  1,  Cruitulo'jia 


CRONOLOGIA 


149 

J5J  [  CCXXXII 
i52  ) 


153 
154 
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165 
166 
167 

168  ) 

169  1 
170 
171 

172  ) 

173  ] 

174  ( 
175 
176  ] 


CCXXXIII 


CCXXXIV 


CCXXXV 


CCXXXVI 


CCXXXVII 


CCXXXVIII 


180 

181 
182 
183 
184 

185 
186 
187 
188 

189 


190  CCXLH 

191  \ 

192  ' 


CCXL 


CCXLI 


3 
4 

1 

2 
3 

l  4 

/  1 
2 
3 

l  4 

/  1 
2 


177  \  /  1 

178  2 

179  }   CCXXXIX   '  ^ 


902 
903 
904 
905 

906 
907 
908 
909 

910 
911 
912 
913 

914 

915 
916 
917 

918 
919 
9i'0 
921 

922 
923 
924 
925 

926 

927 
928 
929 

930 
931 
932 

933 

934 
935 
936 
937 

938 
939 
940 
941 

942 

943 

944 
945 


Sergio  Scipione  Orfìto  —  C.  Nonio  Prisco 

Romolo  Gallicano  —  Antistio  Vetere 

Quintilio  Condiano  —  Quintilio  Massimo 

M.  Acilio  Glabrione  —  M.  Valerio  Vernano  Omollo 

C.  Bruzio  Presente  II  —  M.  Antonio  Rulìno 
L.  Elio  Aurelio  Comodo  —  T.  Sestio  Laterano 
C.  Giulio  Severo  —  M.  Rufino  Sabiniano 
M.  Cesonio  Silvano  —  C.  Senzio  Augurino 

Vetulino  Barbaro  —Regolo 

Q.  Flavio  Tei  tulio  —  Claudio  Sacerdote 

Plauzio  Quintilio  — Stazio  Prisco 

T.  Clodio  Vibio  Varo  —  Ap.  Annio  Atilio  Bradua 

M.  Aurelio  Cesare  III  —  L.  Aurelio  Vero  Cesare  li 
Giunio  Rustico  —  C.  Vezio  Aquilino 
L.  Papirio  Ebano  —  Giuuio  Pastore 
M.  Pompeo  Macrino  —  Giovenzio  Celso 

L.  Ario  Pudenfe  —  M.  Gavio  Orfito 
Q.  Servilio  Pudente  —  L.  Fusidio  Pollione 
L.  Aur.  Vero  Ces.  Ili  —  T.  Numidio  Quadrato 
T.  Giunio  Montano  —  L.  Vezio  Paolo 

A.  Sosio  Prisco  — P.  Celio  Apollinare 
M.  Cornelio  Cetego  —  C.  Erucio  Claro 
L.  Settimio  Severo  II — L.  Alfidio  Erenniano 
Claudio  Massimo  —  Cornelio  Scipione  Qrfito 

M.  Aur.  Severo  II  —  T.  Claudio  Pompejano 

A.  Treboniano  Gallo  —  Fulvio  Fiacco 

Calpuriiio  Pisone  —  M.  Salvie  Giuliano 

T.  Vitrasio  0  L.  Fusidio  PoUionellI  —  M.  Flavio  Apro 

L.  Aurelio  Comodo  —  Plauzio  Quintilio  11 
Giuliano  Rufo  —  Gavio  Orfito 
L.  Aur.  Comodo  11  —  T.  Annio  Aurelio  Vero .  poi 
P.  Elvio  Pertinace  e  M.  Didio  Severo  Giuliano 
C.  Fulvio  Bruzio  Presente  —  Sesto  Quintilio  Condiauo 

L.  Aurelio  Comodo  HI  —  L.  Antistio  Burro 

C.  Petronio  Mamcrtino  —  Cornelio  Rufo 

L.  Aurelio  Comodo  IV  —  C.  Anfibio  Vittorino 

L  Eggio  Marnilo —  Gn.  Papirio  Emiliano 

Triario  Materno  —  M.  Atilio  Bradua 

L.  Aur.  Comodo  V — ■  M.  Acilio  Glabrione  11 

Clodio  Crispino  —  Papirio  Ebano 

C.  Albo  Fusciano  —  Duilio  Silano 

Giunio  Silano  —  Q.  Servilio  Silano ,  poi  Severo  e 

Vitellio 
L.  Aur.  Coni.  VI — M.  Petronio  Settimiano 
Cassio  Aproniano  —  M.  Atilio  Bradua  li 
L.  Aur.  Coni.  VII  —  P.  Elvio  Pertinace  II 


FASTI  CONSOLARI 


i93  \ 


194 

195 
196  j 

197 
198 
199 
200 

201 
202 
203 
204 


CCXLIII 


218 
219 
220 

221 

2-22 

223 
224 


229 

230 
231 
232 


CCXLIV 


CCXLV 


205  ) 

Iq^    gcxlvi 

208  ) 

209  \ 

il,   CCXLVII 
212  ) 

213 

2U  l   CCXLVIII 
215 

216 

217 


CCXLIX 


CCL 


225  \ 

227  I  «jI-'IjI 
228 


CCLII 


946 


947 
948 
949 

950 
951 
952 
953 

954 
955 

956 
957 

958 
959 
960 
961 

962 
963 
96  i 
965 

966 

967 
968 
969 

970 

971 
972 
973 

974 
975 
976 

977 

978 
979 
980 
981 


983 
984 

985 


Q.  Sosio  Flacone  —  C.  Giulio  Erucio  Claro: 

poi  FI.  Claudio  Sulpiziano  e  Fabio  Cilnne  Setli- 
miano,  poi  Silio  Messala,  poi  Elio  Probo 

L.  Setlimio  Severo  li  —  Glodio  Albino  Ces.  II 

Scopiila  Tertullo  —  Flavio  Clemente 

Gn.  Domizio  Destro  —  L.  Valerio  Messala  Prisco 

App.  Claudio  Laterano  —  Mario  Rufino 
T.  Aturio  Saturnino  — C.  Annio  Trebonio  Gallo 
P.  Corn.  Anujino  — M.  Aufidio  Frontone 
T.  Claudio  Severo  —  C.  Aufidio  Vittorino  II 

L.  Annio  Fabiano  —  M.  Nonio  Muoiano 
L.  Sett.  Severo  III  —  M.  Aurelio  Antonino 
P.  Setlimio  Gela  —  L.  Fulvio  Plauziano 
Fabio  Cilone  Sett.  II  —  M.  FI.  Libone 

M.  Aurelio  Antonino  II  —  Publio  Settimio  Gela 
M.  Mummio  Albino  —  Fulvio  Emiliano 
Flavio  Apro  —  A  Ilio  Massimo 
M.  Aur.  Ant.  Ili  — P.  Settimio  Geta  li 

Claudiano  Civica  Pompejano  —  Lolliano  Avio 
Man.  Acilio  Faustino—  Triario  Rufino 
Q.  Elpidio  Rufo  Lolliano  Genziano  —  Pomponio  Basso 
C.  Giulio  Aspro  —  P.  Aspro 

M.  Aurelio  .Antonino  IV—  D.  Celio  Balbino,  poiìA. 

Antonino  Gordiano  —  Bivio  Pertinace 
Silio  Messala—  Q.  Aquilio  Sabino 
Emilio  Leto  —  Anicio  Cereale 
C.  Azio  Sabino  —  Ses.  Corn.  Anulino 

C.  Bruzio  Presente  —  T.  Messio  Estricato,  poi  Ma- 
crino  Aug.  e  Diadnmeniano  Ces. 
Antonino  Eiagabalo—  Q.  M.  Coclatino  Advento 
Ant.  Elag-.  II  —  Licinio  Sacerdote 
Ant.  Elag.  IH  — M.  Aurelio  Eutichiano 

Annio  Grato  Sabiniano  —  Claudio  Seleuco 
Ant.  Elag.  IV  —  M.  Aur.  Severo  Alessandro 
L.  Mario  Massimo—  L.  Roscio  Eliano 
Claudio  Giuliano  II  —  Claudio  Crispino 

Mezio  Fusco  —  Turpilio  Destro 

M.  Aur.  Severo  Alessandro  II  -  C.  Marcello 

L.  Albino — Emilio  Emiliano 

T.  Manilio  Modesto  —  Sergio  Calpurnio  Probo 


Cassio  Dione  ,  poi  L. 


M.  Aur.  Severo  Aless.  Ili 
Antonino  Gordiano  II 
L.  Calpurnio  Virio  Agricola—  Sesto  Cario  dementino 
M.  Aur.  Civica  Pompejano —  Peligniano 
P.  Giulio  Lupo  — Massimo 


CllONOLOOlA 


Aunì 

Olimphule 

e 

Anni 

d.  Cr. 

"^ 

di  Roma 

233 

1 

980 

Massimo  li  —  Ovinio  Paterno 

234 

cani 

2 

987 

Massimo  HI  — C.  Celio  Urbano 

23Ó 

3 

988 

L.  Catilio  Severo  —  L.  Kagonio  Urinazio  Quinziauo 

23G 

.  4 

989 

C.  Giulio  Massiniiiio  —  C.  Giulio  Africano 

237  ^ 

CCLIV 

1 

990 

r.  Tizio  Pcr|ielno  —  Rustico  Corneliano,  poi  Giunio 
Silano — Gli.  Messio  Gallicano,  pui  L.  Seltimio 
Valeriauo  ,  poi  T.  Claudio  (Giuliano  —  Celso 
Eliano 

238 

)2 

991 

M.  Ulpio  Crinito  —  Proculo  Ponziano 

23'J 

'  3 

992 

M.  AnIonioGoriliano  — M.  Acilio  Aviola 

210  J 

4 

993 

Vczio  Sabino  —  Vcnuslo 

2-il  ] 
212 

1 

994 

M.  Ant.  Goni.  Il  —  A.  Civica  Pompeiano  II 

CCLV 

2 

995 

C.  Vezio  Attico — ■  C.  Asinio  Pretcstato 

243  ( 

<j 

990 

C.  (;iulio  Arriano  —  Emilio  Papo 

244 

[  i 

997 

Peregrino  —  A .  Fulvio  Emiliano 

245 

1 

!!9S 

M.  Giulio  Filippo  Anii.  —  T.  Fabio  Giunio  Tiziano 

2in 

2 

999 

Rrnzio  Prcsculc  —  Kumniio  Albino 

247 

CCLVI 

3 

1000 

M.  Giulio  Filippo  Aui^.  li  —  M.  Giulio  Filippo  Cesare 

248 

4 

1001 

M.  Giulio  Filippo  Aug-.  Ili  —  M.  Giulio  Filippo  Ce- 

sare li 

24!) 

/ 

1 

1002 

A.  Inilvio  Emiliano  11  —  Giunin  Emiliano 

.50 

9 
i 

J003 

C.  Messio  Trajano  Decio  II  —  Annio  Massimo  Grato, 
poi  Gallo  e  Ulpiano 

251 

CCLVII 

r 

1004 

C.  Messio  Trajano  Decio  III  —  Q.  Erennio  Etrusco 
Decio 

252  ' 

'4 

1005 

C.  Vibio  Treboniano  Gallo  li  —  C.  Vibio  Volusiano 

Cesare 

■ 

253  ] 

1 

1000 

C.  Vibio  Volusiano  Aug. — M.  Valcriano  Massimo 

254 

2 

1007 

P.  Licinio  Valcriano  Aug.  Il  -  P.  Licinio  (Jallieno  Aug. 

255 

CCLVIII 

1  *i 

1008 

P.  Licinio  Valcriano  Aug.  III —  P.  Licinio  Gallieno 
Aug.  II 

256 

i 

1009 

M.  Valcriano  Massimo  II —  Acilio  Glabnoae,jjoi  An- 
tonino e  Gallo 

257 

1 

1010 

P.  Licinio  Val.  Aug.  IV —  P.  Lic.  Gallieno  Aug.  HI, 
poi  M.  Ulpio  Crinito  H  —  L.  Domizio  Aureliano 

258 

^  CCLIX 

1011 

M.  Aurelio  Memmio  Tusco  — Pomponio  Basso 

259 

1 3 

1012 

Fulvio  Emiliano —  Pomponio  Basso  II 

2(JU 

1013 

Cornelio  Secolare —  (iiunio  Donato 

2(11 

,  1 

1. 

1014 

P.  Lic.  Gallieno  Aug.  IV  — L.  Petronio  Tauro  Volu- 
siano 

202 

CCLX 

1015 

P.  Lic.  Gali.  Ang.  V  —  Ap.  Pompeo  Faustino 

2()3 

\ 

/  3 

1010 

M.  Mummio  Albino  H  —  Massimo  Destro 

2G4 

1 

'4 

1017 

P.  Lic.  Gali.  Aug.  VI— Annio  Saturnino 

2G5 

1 

1018 

P.  Licinio  Valcriano  —  L.  Cesonio  Macro  Lucilio 
liulìniaiKi 

2tl(; 

CCLM 

2 

1019 

P.  Lic.  Gallieno  Aug.  VH  —  Sabinillo 

207 

\ 

/  ^^ 

1020 

Ovinio  Paterno  — Arcesilao 

208 

1 

[  4 

1021 

Uvinio  Paterno  II  —  Marinianu 

Ali  Ili 
d.  Cr. 


i)liini)ia(le 


Anni 
(li  Kuiiia 


209 
270 
271 


273  \ 

274  j 

275  ( 

27G  \ 


CCLXIl 


CCLXIII 


277  \ 

g'yo   /     LLLXIA 

280  ) 


281 
282 
283 

284 


285 
286 
287 

288 


289 
290 

291 
292 

293 

294 
295 
296 


297 

298 
299 

300 


CCLXV 


CCLXVI 


CCLXVII 


CCLXYIII 


GCLXIX 


1  1022 
1023 
l()2i 


1025 


1026 
1027 

1028 

1029 


1030 
1031 
1032 
1033 

1034 
1035 
1036 

1037 


1038 
1039 
1040 

1041 


1042 
1043 

1044 
1045 

1046 

1047 
1048 
1049 


1050 

1051 
1052 

1053 


M.  Aur.  CI.  Aug  11  — Ovinio  Paterno  III 

Flavii»  Aiiliocliiano  — Furio  Orfilo 

L.  Diimiziii  Valori»  Aureliano  H  —  Cesonio  Viri(J 

Basso 
Quieto  —  Volduuiiano,  poi  Mezio  Flacouio  —  Nico- 

niaco 

M.  Claudio  Tacito  —  M.  Mezio  Furio  Placidiano 
Valerio  Aureliano  III  —  C.  Giulio  Capitolino 
Valerio  Aureliano  IV  —  T.  Nonio  Marcellino,  poi  M. 

Aur.  Gordiano, /joj  Vezio  Comincio  Cord. 
M.  Claudio  Tacito  11  —  Fulvio  Emiliano,  poi  Elio 

Scorpiano 

M.  Aur  Valerio  Probo  —  M.  Aur.  Paolino 
M.  A.  Valerio  Probo  II — M.  Furio  Lupo 
M.  A.  Valerio  Probo  111 — Ovinio  Paterno 
Ciunio  Messala  Grato 

M.  A.  Valerio  Probo  IV—  C.  Giunio  Tiberiano 

M.  A.  Valerio  Probo  V  — Pomponio  Vittorino 

M.  Aurelio  Caro  II  —  M.  Aurelio  Carino,  por  M. 

Aurelio  Numeriano —  Matroniano 
M.  Aur.  Carinoli —  M.  Aur.  Numeriano  11,  poj' Dio- 
cleziano—  Annio  Basso,  poi  M.  Aurelio  Massi- 
miano —  M.  Giunio  Massimo 


C.  Aur.  Val.  Diocleziano  II  —  Aristobulo 

M.  Giunio  Massimo  II  —  Vezio  .Aquilino 

C.  Aur.  Val.  Diocleziano  IH — M.  Aur.  Valerio  Mas-- 

simiano  Erculeo 
M.  Aur.  Valerio  Massimiano  Ere.  Il  —  Pompofmio* 

Gennaro 

Annio  Basso  li  —  L.  Ragonio  Quinziano 

C.  Aur.  Val.  Diocleziano  IV  —  M.  Aur.  Valerio  Msis- 

simiano  Ercole  III 
C.  Giunio  Tiberiano  —  Cassio  Dione 
Afranio  Annibaliano  —  M.  Aurelio  Asclepiodcit'iv 

C.  .\ur.  Valerio  Diocleziano  V  —  M.  Auy.    Valerio 

Massimiano  Ere.  IV 
FI.  Valerio  Costanzio  —  G.  Galerio  Valericf Massimiano 
Nunimio  Tosco  —  Annio  Corn.  Anulìno 
C.  Aur.  Val.  Diocleziano  VI  —  FI.  Valerio  Ck)Stanzo 

Cloro  li 

M.  Aur.  Val.  Massimiano  Ere.  V  —  C.  Gaferioi  "Val. 
Massimiano  II 

.\nicio  Fausto  li  —  Severo  Gallo 

C.  Aur.  Valerio  Diocleziano  VII  —  M.  AarelwVàìt  rio 
Massimiano  Ere.  VI 

FI.  Valerio  Costanzo  III  —  C.  Galerio  Val.  M*^  si- 
miano III 


86 


CRONOLOGIA 


Anni 

Olimpiade 

e 

B 

ss 

Anni 

d.  Cr. 

-j; 

di  Roma 

• 

301  \ 

1 

1054 

Postumio  Tiziano  II  —  FI.  Popilio  Nepoziano 

302 

2 

1055 

F.  Valerio  Costanzo  IV  —  C.  Gdlerio  Valerio  Massi- 
miano IV 

303 

CCLXX 

' 

1056 

C.  Aur.  Val.  Diocleziano  Vili  —  M.  Aurelio  Valerio 
Massimiano  Ere.  VII 

304 

4 

1057 

C.  Aur.  Val.  Diocleziano  IX  —M.  Aurelio  Val.  Mas- 
simiano Ere.  VIII 

305 

1 

1058 

Fi.  Valerio  Costanzo  V  —  C.  Galerio  Valerio  Massi- 
miano V 

306 

CCLXXI 

2 

1059 

FI.  Valerio  Costanzo  VI  —  C.  Galerio  Val.  Massim. 
VI,  /joiCorn.  Anelino  —  Massimino  Severo 

307 

3 

1060 

(1)  M.  Aur.  Valerio  Massimiano  Ere.  IX  — FI.  Vale- 
rio Costantino 

308, 

4 

1061 

M.  Aur.  Valerio  Mass.  Ere.  X  —  C.  Galerio  Val.  Mas- 
simiano VII. 

309 

1 

1062 

Anno  I  dopo  il  consolato  di  M.  Aur.  Val.  Massimiano 
X  e  C.  Gal.  Valerio  VII 

310 

2 

1063 

II 

311 

CCLXXII 

3 

1064 

G.  Galerio  Valerio  Vili  solo,  poi  C.  Valerio  Liciniano 

Licinio,  poi  Stazio  Vezio  Paifino  —  C.  Cejonio 

Piufino  Volusiano 

312 

4 

1065 

FI.  Valerio  Costantino  II  —  Publio  Valerio  Liciniano 
Licinio  II 

313 

1 

1066 

FI.  Valerio  Costantino  III  —  Publio  Valerio  Liciniano 
Licinio  III 

314 

CCLXXIII 

2 

1067 

C.  Cejonio  Rufino  Volusiano  II  —  Anniano 

315 

3 

1068 

FI.  Valerio  Costantino  IV  —  Publio  Valerio  Liciniano 

Licinio  IV 

316 

^ 

1069 

FI.  Rufio  Cejonio  Sabino  —  Q.  Aradio  Rufino 

317 

1 

1  1 

1070 

Ovinio  Gallicano  —  Settimio  Basso,  poi  Adrio  Sabino 
Rufino 

318 

>  CCLXXIV 

1  2 

1071 

P.  Valerio  Liciniano  Licinio  V  —  FI.  Giulio  Crispo 

319 

1  3 

1072 

FI.  Valerio  Costantino  V  —  Licinio  giimiore 

320 

) 

'  4 

1073 

FI.  Valerio  Costantino  VI  —  FI.  Valerio  Costantino 
giuniore 

321 

1 

1 

1074 

FI.  Giulio  Crispo  II  —  FI.  Valerio  Costantino  giu- 
niore II 

322 

CCLXXV 

2 

1075 

FI.  Petronio  Probiano  —  Anicio  Giuliano 

323 

3 

1076 

Cecilio  Severo  —  Vezio  Rufino 

324 

4 

1077 

FI.  Giulio  Crispo  III  —  FI.  Valerio  Costantino  giu- 
niore III 

322 

. 

/  1 

1078 

Anicio  Fausto  Paolino  —  C.  Cejonio  Giuliano 

323 

/ 

1 

F.  Valerio  Costantino  Aug.  VII  —  FI.  Giulio  Costant. 

324 

CCLXXVI 

2 

1079 

FI.  Valerio  Costantino  (fratello  del  Magno)  —  FI"  Va- 

^ 

3 

1080 

lerio  Massimo 

325 

^ 

\  4 

1081 

FI.  Magno  Gennaro  —  Fabio  Giusto 

(I)  1  .sei  anni  seguenti  vanno  confu.si  in  grazia  dei  diversi  imperatori. 


FASTI   CONSOLARI 


SU 


Anni 
li.  Cr. 

Olimpiade 

© 

s 

Anni 
di  Konia 

329 

1 

1082 

330 
331 
332 

CCLXXVII     ^ 
1 

2 
3 
4 

1083 
1084 
1085 

333 

334 
335  ' 

CCLXXVIII 

1 

«) 

3 

1086 
1087 
1088 

336 

337 

338 

339  \   CCLXXIX 

340 


341 

342 
343 

344 

345 

346 
347 
348 

349 
350 
351 

352 


353 
354 
355 
356 


CCLXXX 


CCLXXXI 


CCLXXXII 


CCLXXXIII 


357  \ 

359      CCLXXXIV 

360 


361  \ 
362 

363  CCLXXXV 

364  / 


1089 

1090 
1091 
1092 
1093 


1094 

1095 
1096 

1097 
1098 

1099 
1100 
1101 

1102 
1103 
1104 

1105 


1106 
1107 
1108 
1109 

Ilio 
1111 
1112 
1113 

1114 
1115 
1116 

1117 


FI.  Valerio  Costantino  Aug.  Vili  —  Fi.  Valerio  Co- 
stantino ginniorc  IV 
Ovinio  Gallicano  —  L.  Aurelio  Simmaco 
Ann  io  Basso  —  Ablavio 
Ovinio  Pacaziano  —  Mecilio  Ilariano 


FI.  Valerio  Dalmazio — M.  Aurelio  Zenofilo 

L.  Aconzio  Optato  —  Anicio  Paolino 

FI.  Giulio  Costantino  Cesare  —  C.  Cejonio 

Albino 
FI.  Popilio  Nepoziano  —  Facondo 


Rufio 


Feliciano  —  Tit.  o  Tib.  Fabio  Tiziano 
Urso  in  occidente  —  Poleniio  in  oriente 
FI.  Costanzo  Augusto  II  —  Flavio  Costante  Augusto 
FI.  Settimo  Acindino  in  oriente  —  L.  Arcadio  Valerio 
Proculo  in  occidente 

F.  Antonio  Marcellino  in  oriente  —  Celio  Probino  in 

occidente 
FI.  Costanzo  Aug.  Ili—  FI.  Costante  Augusto  II 
W.  Mezio  Mcmmio  Furio  Placido  in  occidente  — FI. 

Pisidio  Romolo  in  oriente 
Demetrio  Leonzio  —  Sallustio 

Postumio  Amanzio  in  oriente  —  Cejonio  Rufio  .\lbino 

in  occidente 
FI.  Costanzo  Aug.  IV  — FI.  Costante  Aug.  Ili 
FI.  Rufino  in  occidente  —  FI.  Eusebio  in  oriente 
FI.  Filippo  in  oriente  — FI.  Salia  in  occidente 

Ulpio  Limonio  —  Aco  Fabio  CatuUino,  ambi  in  oce. 

Sergio  —  Nigriniano  id. 

Magnenzio  Augusto  —  Fi.  Gaisone  nelle  Gallie,  Italia 

ed  Africa 
FI.  Costanzo  Aug.  V.  —  FI.  Costanzo  Cesare  ;  e  nelle 

Gallie,  Italia  ed  Africa  Decenzio  Cesare  —  Paolo 

FI.  Costanzo  Aug.  VI  — FI.  Cost.  Cesare  II 
FI.  Costanzo  Aug.  VII —  FI.  Cost.  Cesare  III 
Arbezione  —  Mavorzio  LoUiano,  ambi  in  occidente 
FI.  Costanzo  .\ug.  VII  —  FI.  Claudio  Giuliano  Cesare 

FI.  Costanzo  Aug.  IX  —  FI.  Claudio  Giul.  Cesare  II 

Tiberio  Fabio  Daziano  —  Nerazio  Cereale 

Flavio  Eusebio  —  Flavio  Ipazio 

FI.  Costanzo  Aug.  X —  Claudio  Giuliano  Cesare  IH 

FI.  Tauro  in  occidente  —  Flavio  Florenzio  in  oriente 

FI.  Mamertino  —  FI.  Nevita,  ambi  in  occidente 

FI.  Claudio  Giuliano  Augusto  IV  —  Secondo  Sallustio 

in  occidente 
FI.  Gioviano  Aug.  —  Flavio  Varroniano 


Hi> 


Anni 
d.  Cr. 

Olimpiade 

o 
a 

Anni 
di  Roma 

365 
366 
367 
368 

►  CCLXXXVI 

(  1 

1  2 

1118 
1119 
1120 
1121 

369 
370 

/  1 

2 

1122 
1123 

371 

CCLXXXVII 

3 

1124 

372 

4 

1125 

373 
374 
375 
376 

CCLXXXVIII 

1 

1 

1126 
1127 
1128 
1129 

377  \ 

1 

1130 

378 
379 

1 
CCLXXXIX 

12 

'  3 

1 

1131 
1132 

380 

'4 

1133 

381 

CCXC 

\           1 

1 

H3i 

382 
383 
384 

2 
3 
4 

1135 
1136 
1137 

385 

386 

387 

CCXCI 

1 

2 
3 

1138 
1139 
1140 

388 

4 

1141 

389 
390 
391 

CCXCII 

] 

2 
3 

1142 
1143 
1144 

392  J 

j 

4 

1145 

393 

394  1 
395 

( 

CCXCIII   < 

1 

2 
3 

1146 
1147 
1148 

396 

)              1 

4 

1149 

397 

1 

1150 

398 
399 
400 

CCXCIV. 

2 
4 

1151 
1152 
1153 

FI.  Valentiniano  Aug.  — FI.  Valente  Aug. 

FI.  Graziano  —  FI.  Dagalaifo,  umbi  in  occ. 

Fi.  Liipicino  in  oriente —  FI.  Valente  Gioviano  in  occ. 

FI.  Valentin.  Aug.  II  —  FI   Valente  Aug.  II 

Giulio  Felice  Valentiniano  —  Sesto  Aurelio  Vittore 
FI.  Valentiniano  Aug.  Ili  in  occidente  —  FI.  Valente 

Aug.  Ili  IH  oriente 
FI.  Graziano  Aug.  II  —  Sesto  Anicio  Petronio  Probo, 

ambi  in  occidente 
FI.  Doinizio  Modesto  —  Flavio  Arinteo  in  oriente 

FI.  Valentin.  Aug.  IV  —  FI.  Valente  Aug.  IV 

FI.  Graziano  Aug.  III  —  C.  Equizio  Valente  in  oriente 

Anno  dopo  il  cons.  di  Graziano  e  di  Equizio 

FI.  Valente  Aug.  V  — FI.  Valentiniano  giuniore  Aug. 

FI.  Graziano  Aug.  IV.  —  Flavio  Merobauile,  ambi  in 

occidente 
FI.  Valente  Aug.  VI  —  FI.  Valentin.  giunioreAug.il 
Decimo  Magno  Ausonio  —  Q.  Clodio  Ermogeniano 

Olibrio,  ambi  in  occidente 
FI.  Graziano  Aug.  V  in  occidente  —  FI.  Teodosio 

Aug.  in  oriente 

FI.  Postumio  Siagrio  in  occ.  —  FI.  Annio  Eucherio 

in  oriente 
FI.  Antonio  —  Afranio  Siagrio,  ambi  in  occ. 
FI.  Merobaude  II  in  occidente  —  FI.  Saturnino  in  or. 
FI.  Ricimero  in  occ.  —  FI.  Glearco  in  oliente 

FI.  Arcadio  Augusto  in  or.  — Flavio  Bautoi«  occ. 

FI.  Onorio  —  FI.  Erodio  in  oriente 

FI.  Valentiniano  giuniore  Aug.  Ili  —  FI.  Eutropio  in 

oriente 
FI.  Teodosio  Aug.  Il  —  FI.  Cinegio  in  oriente 

FI.  Timasio  —  FI.  Promoto 

FI.  Valentiniano  giun.  Aug.  IV  —  FI.  Neoterio  in  or. 

T.  Fabio  Taziano  in  oriente  —  Q.  Aurelio  Simmaco 

in  occidente 
FI.  Arcadio  .\u§.  II  —  FI.  Rufino,  ambi  in  or. 

FI.  Teodosio  .\ug.  Ili  —  FI.  Abundanzio 
FI.  Arcadio  Aug.  Ili  —  FI.  Onorio  Aug.  Il 
Sesto  Anicio  Ermogen.  Olibrio  —  Sesto  Anicio  Pro- 
bino, ambi  in  occidente 
FI.  Arcadio  Aug.  IV  —  FI.  Onorio  Aug.  Ili 

Clodio  Ermog.  Cesario  in  oriente  —  Ponzio  Attico  in 

occidente 
FI.  Onorio  Aug.  IV —  FI.  Euticliiano  in  oriente 
FI.  Eutropio  in  or.  —  FI.  Manlio  Teodoro  in  occ. 
FI.  Stilicone  in  occ.  —  FI.  Aureliano  in  or. 


t\Sii  i:(»NS«>i.vui 


.V 


Anni 
(1.  r.r. 


Olimpiade 


401 

/t02 
403 
404 


405 
40fi 

407 
408 


CCXCV 


CCXCYI 


409  \ 

^jy  I  CCXCVIl 

412  1 


413 

414 

415  }  CCXCVIII 

416 


417 
418 
419 

420 


421 
422 
423 
42i 

425 

426 

427 

428 

429  , 
430 

431  ( 

432  ] 


CCXCIX 


CCC 


CCCI 


CCCII 


433 
434 
435  }   cecili 

436 


1 

<.'  2 
3 
4 


1154 

1155 
1156 
1157 


1158 
1159 

1160 
1161 


1162 
1163 
1164 
1165 


1166 
1167 
1168 
1169 


1170 
1171 
1 1 72 
1173 


1174 
1175 
1176 
1177 


1178 

1179 

1180 
1181 

1182 
1183 

1184 
1185 


Ragonio  Vincenzio  in  occidente  —  Fi.  Fravita  o  Avito 

in  oriente 
FI.  Arcadiu  Aiig.  V  —  FI.  Onorio  Aug.  V 
FI,  Teodosio  giuniore  Aug.  —  Fi.  Riimorido  in  or. 
FI.  Onorio  Aug.  VI  —  FI.  Aristeneto  in  oriente 

Fi.  Stiliconc  II  in  occ.  —  FI.  Antcmio  in  oriente 
FI.  Arcadio  Aug.  VI  —  Ses.  Anicio  Petronio  Proiio 

in  occidente 
FI.  On  Aug.  VII  —  FI.  Teod.  ginn.  Aug.  II 
Anicio  Basso  in  oriente  —  FI.  Filippo  in  occidente 

FI.  Onorio  Aug.  VIII  — FI.  Teodosio  Aug.  III 
FI.  Varane  in  oriente  —  FI.  Tertullo  in  occidente 
FI.  Teodosio  Aug.  IV  solo 
FI.  Onorio  Aug.  IX  —  FI.  Teodosio  Aug.  V 

Fi.  Lucio  in  oriente  —  FI.  Eracliano  in  occidente 
FI.  Costanzo  in  occidente  — FI.  Costante  in  oriente 
FI.  Onorio  Aug.  X  —  FI.  Teodosio  Aug.  VI 
FI.  Teodosio  .\ug.  VII  —  Giunio  Quarto  Palladio  in 
oriente 

FI.  Onorio  Aug.  XI  —  FI.  Costanzo  II  in  occidente 
FI.  Onorio  Aug.  XII  —  FI.  Teodosio  Augusto  Vili 
FI.  Monasso  in  oriente  —  FI.  l'iinta  in  occidente 
FI.  Teodosio  Xwj.  IX  —  FI.  Costanzo  Cesare  HI 


FI.  Eustazio   in  oriente  —  FI.  Agricola  in  occidente 
FI.  Onorio  Aug.  XIII  —  Fi.  Teodosio  Aug.  X 
FI.  Asclepio  in  oriente  —  FI.  .\vito  Mariniano  in  occ. 
FI.  Castine  in  occidente  —  FI.  Vittore  in  oriente 


FI.  Teodosio  Aug,  XI  —  FI.  Placidio  Valentiniano 

Cesare 
FI.  Teodosio  Aug.  Xll  —  FI.  Placidio  Valentiniano 

Aug.  II 
Flavio  Jorio  — Flavio  Ardaburio,  ambi  in  oriente 
FI.  Felice  in  occidente  —  FI.  Tauro  in  oriente 

FI.  Florenzio  —  FI.  Dionisio,  amìji  in  oriente 

FI.  Teodosio  Aug.  XIII  —  FI.  Placidio  Valentiniano 

Aug.  Ili 
Anicio  Basso  in  occidente  —  FI.  Antioco  in  oriente 
FI.  Aezio  in  occidente  —  FI.  Valerio  in  oriente 


1186  FI.  Teodosio  Aug.  XIV  —  FI.  Anicio  Petronio  Massimo 

1187  FI.  Ariovindo  in  occidente  —  FI.  Aspar.  in  oriente 

1188  I  FI.  Teodosio  Aug.  XV  —  FI.  Placidio  Valentiniano 
1  Augusto  IV 

1189  I  FI.  Antemio  Isidoro  — FI.  Senatore,  ambi  in  oriente 


90 


CRONOLOGIA 


437 

438 

439 
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464 

465 

466 
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469 
470 
471 

472 

473 
474 
475 
476 


CCCIV 


CCCV 


CCCVI 


CCCVII 


CCCVIU 


CCCIX 


CCGX 


CCCXI 


CCCXII 


CCCXIII 


1190 
1191 
1192 

1193 

1194 
1195 
1196 

1197 

1198 
1199 
1200 

1201 

1202 
1203 

1204 
1205 

1206 
1207 
1208 

1209 

1210 
1211 

1212 
1213 

1214 
1215 
1216 
1217 

1218 
1219 
1220 
1221 

1222 
1223 
1224 
1225 

1226 
1227 
1228 
1220 


FI.  Aezio  II —  FI.  Sigisbuldo,  ambi  in  occidente 
Fi.  Teodosio  Aiig.   XVI  —  Anicio  Aciiio  Glabrione 

Fausto  in  occidente 
FI.  Teodosio  Ano;.  XVII  —  FI.  Festo 
FI.  Plac.  Valentin.  Aug.  V  — FI.  Anatolio 

FI.  Ciro  Panopolita,  solo 

FI.  Eudossio  —  FI.  Dioscoro,  ambi  in  oriente 

FI.  Anicio  Petronio  Massimo  II  —  FI.  Paterno  ambi 

in  occidente 
FI.  Teodosio  Angusto  XVIII  —  Decio  Cecina  in  occ. 

FI.  Placidio  Valentiniano  Aug.  VI  —  FI.  Nonio 
FI.  Aezio  III  —  Q.  Aurelio  Simmaco,  ambi  in  occ. 
Falconio  Probo  Callipio  —  Flavio  Ardaburio  aìnbi  in 

occidente 
Rufino  Pretestato  Postumiano  —  FI.  Zenone 

FI.  Protogene  —  FI.  Asturio 
FI.  Placidio  Valentiniano  Aug.  VII  —  Gennadio  Va- 
lerio Corvino  Avieno  in  oriente 
FI.  Marciano  Aug.  —  Clodio  Adelfio  v'h  occidente 
Flavio  Asporacio  o  Sporazio  —  FI.  Erculano  in  occ. 

FI.  Vincomalo  —  FI.  Opilio  in  occidente 

FI.  Aezio  —  FI.  Studio  m  oriente 

FI.   Placidio  Valentiniano  .\ugnsto  VIII--L.  o  FI. 

Antemio 
Varane  in  oriente  —  FI.  Giovanni  in  occidente 

FI.  Costantino  in  occidente  —  FI.  Rufio  in  oriente 
FI.  Leone  Trace  Augusto  —  Flavio  Giulio  Magioriano 

Augusto 
FI.  Patrizio — FI.  Ricimero  in  occidente 
Magno  in  occidente  —  Apollonio 

FI.  Severino  —  FI.  Dagalaifo 

FI.  Leone  Aug.  II FI.  Vibio  Severo 

FI.  Cecina  Decio  Basilio  in  ocridente  —  FI.  Viviano 

FI.  Rustico  —  FI.  Anicio  Olibrio 

Erminerico  — FI.  Basilisco,  ambi  in  oriente 
FI.  Leone  .\ug.  Ili  —  Tito  Fabio  Taziano 
FI.  Puseo  —  FI.  Giovanni 
FI.  Antemio  Aug.  II  solo 

FI.  Marciano  —  FI.  Zenone  Isaurico 

FI.  Giordano  in  oriente  —  FI.  Severo  in  occidente 

FI.  Leone  Aug.  IV  —  Anicio  Probiano 

FI.  Festo  in  occidente  —  FI.  Marciano  in  oriente 

FI.  Leone  Aug.  V  solo 

FI.  Leone  Aug.  VI  solo 

FI.  Zenone  Aug.  II  solo 

FI.  Basilisco  II  —  Armato,  ambi  in  oriente 


FASTI   CONSOLARI 


91 


477 

478 
479 

480 

481 
482 
483 
484 

485 


485  \ 

486  / 


488 

489 
490 
491 
492 

493 

494 

495 
496 


501 

502 

503 
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505  \ 

506 

507  \ 

508  ' 

509  \ 
510 

511  i 

512  ' 


CCCXIV 


cccxv 


CGCXV 


CCCXVII 


CCCXVIII 


497 
498 
499  \  CCCXIX 

500 


cccxx 


CCCXXI 


CCCXXII 


1230 

1231 
1232 
1233 

1234 
1235 
1236 
1237 

1238 
1239 
1240 
1241 

1242 
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1244 
1245 


1246 

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1249 

1250 
1251 
1252 

1253 

1254 

1255 

1256 
1257 

1258 

1259 
1260 
1261 

1262 
1263 

1264 
1205 


Dopo  il  secondo  consolaio  di  Basilisco  e  il  primo  di 

Armato 
Fi.  Ilio  in  oriente,  solo 
FI.  Zenone  Aug.  HI  solo 
FI.  Basilio  in  occidente,  solo 

FI.  Placitlo  solo 

FI.  Severino  —  FI.  Trocondo 

Anicio  Fausto  solo 

Teodorico  re  dei  Goti  —  Flavio  Venanzio 

Q.  Aur.  Simmaco  in  occidente,  solo 

Cecina  Mauro  Decio  //(  occidente  —  FI.  Longino 

A.  Severino  Boezio  in  occidente,  solo 

Claudio  Dinamio  —  VI.  Sigidio,  ambi  in  occidente 

Anicio  Probino  —  Eusebio  Cronlone,  ambi  in  occ. 
FI.  Avieno  Fausto  in  occidente  —  FI.  Longino  IIj 
FI.  Olibrio  giuniore  in  occidente,  solo 
FI.  Anastasio  Aug.  — Rufo  o  Rufino 

Eusebio  Cronione  II  in  occidente  —  Decio  Albino  in 

oriente 
Turcio  Rufo  Aproniano  Asterie  in  occidente  —  FI. 

Presidio  in  oriente 
FI.  Viatore  —  FI.  Emiliano 
FI.  Paolo  in  oriente,  solo 

FI.  Anastasio  Aug.  II,  solo 

Giovanni  Scita  in  oriente  —  Decio  Paolino  in  occ. 

FI.  Giovanni  Gibbo  —  FI.  Asclepio  o   Asclepiade , 

ambi  in  occidente 
FI.  Patrizio  —  FI.  Ipazio,  ambi  in  oriente 

FI.  Pompeo  in  oriente  —  Rufio  Magno  Fausto  Avieno 

in  occidente 
FI.  Probo  —  Rufio  Magno  Fausto  Avieno  giuniore  in 

occidente 
FI.  Dessicrate  in  oriente  —  FI.  Volusiano  in  occ. 
FI.  Cetego  in  oriente,  solo 


FI.  Sabiniano  in  oriente  —  FI.  Manlio  Teodoro  in 

occidente 
FI.  Areobindo  in  oriente  —  Ennodio  Messala  in  occ. 
FI.  Anastasio  Aug.  Ili  —  Venanzio  Decio  in  occ, 
Basilio  Venanzio  —  Flavio  Celere 

Importuno  Decio,  solo 

A.  Severino  Boezio  II  in  occidente  —  FI.  Eutarico /« 

oriente 
Secondino  in  oriente  —  FI.  Febee  Gallo  in  occidente 
FI.  Muscbiano  in  orienti'  —  FI.  Paolo 


513 
51  i 
515 

516 

517 
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528  ,' 

529  ] 
530 
531 

532  ) 

533  \ 

534  / 

535 
536 

537 
538 
539 
540 

541 

542 
543 
544 


CCCXXIII 


CCCXXIV 


CCCXXV 


CCCXXYI 


CGCXXYIl 


CGCXXVIII 


CCCXXIX 


CCCXXX 


1 

1266 

2 

1267 

3 

1268 

4 

1269 

1 

1270 

2 

1271 

,T 

1272 

4 

1273 

1 

1274 

2 

1275 

3 

1276 

4 

1277  1 

1 

1278 

2 

1279 

3 

1280 

4 

12S1 

1 

1282 

2 

1283 

o 
•J 

1284 

4 

1285 

1 

1286 

2 

1287 

3 

1288 

4 

1289 

1 

1290 

2 

1291 

3 

1292 

4 

1293 

1 

1294 

2 

1295 

3 

1296 

4 

1297 

FI.  CIpmeiitino  in  oriente  —  Anicio  Probo 

M.  Aurelio  Cassindoro  Senatore,  soln 

FI.  Antemio  in  oriente  —  FI.  Florenzio  in  occidente 

FI.  Tetro  in  occidente,  solo 

FI.  Anastasio  Aug.  IV  —  FI.  Atrapeto 

FI.  Magno  in  oriente —  FI.  Florenzio  in  occidente 

FI.  Anicio  Giustino  Aug.  — FI.  Euterico  Amalo 

FI.  Vitaliano  in  oriente  —  FI.  Rustico 

FI.  Anicio  Giustiniano  —  FI.  Valerio  in  occidente 
Q.  Aurelio  Anicio  Simmaco  —  A.  Severino  Boezio 

giuniore  in  occidente 
FI.  Anicio  Massimo  in  occidente 
FI.  Anicio  Giustino  Augusto  II  —  Flavio  Opilio 


FI 


Teodoro  Filosseno 
occidente 
FI.  Anicio  Olilirio  in  occidente,  solo 
Vezio  .\gorio  Basilio  Mavorzio  in  occ 
FI.  Anicio  Giustiniano  Aug.  II,  solo 


Anicio  Probo  giuniore  in 


wlo 


Cecina  Decio  in  occidente,  solo 
Postumio  Lampadio  —  Flavio  Oreste 
Anno  1"  dopo  il  consolato  di  Larnpadio 
Anno  2»  id. 


f/'Oreste 


FI.  Anicio  Giustiniano  Aug.  IH 

FI.  Anicio  Giustiniano  Aug.  IV  —  FI.  Teodoro  Paol., 

ultimo  console  d'occidente 
FI.  Belisario  in  oriente 
Anno  1°  dopo  il  consolato  di  Belisario 


Anno  2° 
FI.  Giovanni 
FI.  Appione 
FI.  Giustino 


id. 


Flavio  Basilio  giuniore,  ultimo  privalo  che  sia  stato 

console 
Anno  \°  dopo  il  consolato  di  Basilio 
Anno  2°  id. 

Anno  3"  id. 


E  cosi  via  fino  al  565,  24"  dopo  il  consolato  di 
Basilio.  A  quell'anno  si  suol  cbiudere  la  serie  dei  con- 
soli ;  alcuni  la  prolungano  sino  al  688  di  Cristo  e 
1421  di  lionia,  trovandosi  nominato  (pialcbo  altro 
console.  Ma  poicliè  allora  già  era  introdotto  il  com- 
puto (lell'èra  vulgare,  perciò  rarissima  occorre  l'in- 
dicazione dell'anno  per  consoli,  e  (juindi  crediamo 
inutile  l'allungare  più  oltre  ([iiesti  l'asti. 


ANNO  ANTICO  ITALIANO  93 

§  22.  —  Dell'anno  dei  Homani  antichissimi  e  degli  altri  Italiani  (1). 

L'anno  antico  romano  era  lunare,  o  Io  rimettevano  o  tentavano  rimetterlo  in  concor- 
danza coiranno  solare  per  mozzo  dell'intercalazione  d'un  mese.  Con  quell'arguto  vedere 
che  trasforma  in  testimonio  della  verità  ciò  che  altri  riferiscono  senza  capire,  Giuseppe 
Scaligero  scopri  il  sistema  di  questa  cronologia,  e  che  si  faceva  un'inlercalaz/one  trio- 
terica,  in  periodi  di  22  anni,  ai  quali  si  adattava,  dieci  volte  per  ciascuno,  un  mese 
supplementare  alternativamente  di  22  e  di  23  giorni,  trascurando  lultimo  triennio. 
Come  cinque  anni  facevano  un  lustro,  cinque  di  tali  periodi  facevano  un  secolo  di  110 
anni  (2^. 

Deponiamo  il  pregiudizio  che  l'Italia  fosse  immersa  nella  barbarie,  e  ricevesse  le 
scienze  dalla  Grecia;  tanto  più  che,  allorquando  tale  cronologia  semplice  e  regolare 
cadde  in  dimenticanza,  Cesare  trovò  l'anno  proceduto  di  67  giorni  oltre  il  vero  punto 
di  partenza,  e  dovette  ricorrere  per  correggerlo  ai  dotti  stranieri.  È  probabile  che  sifatfo 
disordine  fosse  causato  già  un  pezzo  prima  da  ignoranza  delle  matematiche  e  dell'astro- 
nomia, di  cui  gli  Etruschi  avevano  bensì  comunicato  ai  Romani  i  risultamenti ,  ma  non 
(a  scienza.  Questo  disoidiue  fu  messo  a  prolilto  e  singolarmente  aumentato  dalla  mala 
lede  dei  pontefici,  che  acquistato  il  diritto  di  fare  intercalazioni  ad  arbitrio,  favorivano 
ora  i  consoli,  ora  i  questori,  prolungando  l'anno  della  loro  magistratura,  o  danneggia- 
vanli  coll'accorciarlo, 

Si  sa  per  le  unanimi  notizie  date  dagli  antichi  archeologi  romani  che  l'anno  di  Roma 
era  di  304  giorni  in  10  mesi  (3).  Quest'anno,  discorde  e  dal  corso  del  sole  e  da  quello 
della  luna,  parve  talmente  contraddittorio  a  chi  non  era  avvezzo  se  non  alle  idee  greche 
0  recenti,  che  Plutarco  dubitò  se  mai  fosse  esistito,  e  (ciò  ch'è  più  mirabile)  Scaligero 
lo  tratta  di  favola,  supponendo  che  fin  da  principio  l'anno  romano  fosse  di  12  mesi  (4), 
e  facendosi  appoggio  di  Licinio  Macro  e  di  Fenestella,  che  non  ne  capivano  niente  di 
più.  Ma  oltre  queste  indicazioni,  precise  al  pari  di  qualunque  altra  sui  tempi  più  anti- 
chi, e  che  non  può  rigettare  chi  voglia  conservar  basi  alla  storia,  si  trovano  anche  prove 
incontrastabili  per  assicurare  che  di  fatto  anticamente  si  usasse  quest'anno:  avvi  anzi 
traccio  sicure  della  sua  applicazione  a  un  tempo  più  recente,  in  cui  già  più  non  era 
conosciuto.  Finalmente,  pei  rapporti  ciclici  di  quest'anno  col  lunare  intercalato,  come 
lo  spiega  Scaligero,  e  col  suo  periodo  secolare,  si  vede  che  da  una  parte  potea  servire 
di  correzione  perpetua,  dall'altra  era  preferibile  per  l'uso  scientifico. 

La  chiave  di  questo  sistema  ci  è  data  da  Censorino,  ove  dice  che  il  lustro  era  l'anlicoanno 
grande  di  Roma,  e  il  ciclo  in  cui  il  coniinciamento  dell'anno  civile  coincideva  con  quello 
dell'anno  solare.  Vero  è  che  Censorino,  rispetto  alla  durata,  mette  il  lustro  del  suo  tempo, 
la  pentaeteride  del  Campidoglio,  al  posto  dell'antico  lustro,  come  i  Greci  facevano  per  le 
Olimpiadi:  ma  se  un  dotto,  vissuto  nelle  ultime  età,  colse  male  il  senso  dei  dati  antichi,  ciò 
non  ne  scema  il  valore  e  l'applicazione,  massime  quando  lo  scambio  si  tocca  facilmente 
con  mano,  siccome  nel  caso  nostro  (5). 

Cinque  anni  solari  egizj,  da.  365  giorni,  ne  contengono  1823  ;  sei  anni  di  Romolo,  da 
304,  fanno  solo  1824;  onde  in  cinque  anni  la  cronologia  romana  perdeva  un  giorno  a 
fronte  dell'egizia  civile  che  non  aveva  anni  bisestili,  e  che  in  capo  a  1461  anno  tornava 
al  suo  punto  di  partenza  colla  perdila  di  un  anno,  siccome  chi  fa  il  giro  del  globo  perde 
un  giorno  tra  via.  La  cronologia  romana,  a  confronto  coll'anno  giuliano,  perdeva  circa 
un  giorno  e  un  quarto;  deviazione  si  forte,  che  se  altre  divisioni  del  tempo,  nel  sistema 
medesimo  dell'anno  di  dieci  mesi,  non  avessero  somministrato  un'intercalazione  siste- 
matica facile  e  di  evidente  concordanza,  bisognerebbe  credere  assolutamente  inverosi- 
mile l'uso  ciclico  di  anno  sifatto. 

Queste  divisioni  di  tempo  sono  il  più  grande  e  il  più  piccolo  fra  i  periodi  etruschi, 
il  secolo  e  la  settimana  di  otto  giorni.  Il  secolo  era  pure  la  misura  dell'anno  lunare  in- 
tercalato :  la  settimana  si  conservò  presso  i  Romani,  talmente  che'ogni  nono  giorno  era 
mercato  {nundince).  Fra  gli  Etruschi,  o  a  dir  meglio,  secondo  il  loro  sistema,  questo  nono 
giorno  era  pure  chiamato  non  ce  ;  e  in  armonia  con  sifatta  divisione  di  tempo,  un  tal 
nome  fu  sempre  appropriato  al  nono  giorno  prima  degli  idi.  Ma  le  nundinai  di  Roma  non 
avevano  relazione  alcuna  coll'anno,  e  le  none  erano  semplicemente  un  giorno  del  mese; 
mentre  fra  gli  Etruschi  erano  vere  divisioni  di  settimana,  ogni  nono  giorno  essendo  quel 

(1)  Da  NiEBUHR,  Rnmische  Ceschichie.  (',)  De  cmcnd.  Icmporum,  p.  173. 

(2)  De  emeìKÌalione  lewponini,  p.  -tifi.  (;,)  J)e  die  iialali,  18.  Scaligero  tliniosliM  die 

(3)  Censorlno,  De  die  uuUdi,  20.  —  3lACi;oiilu,  il  lustro  coniponcasL  di  cinque  anni  civili. 
Salurn,  i.  12. 


94  CRONOLOGIA 

degli  affari,  e  in  cui  i  re  davano  udienza  e  rendevano  giustizia  (1).  L'anno  di  10  mesi  e 
di  304  giorni  si  risolve  appunto  in  38  ottave  ;  onde  conta  altrettante  none,  ed  è  precisa- 
mente il  numero  de'  giorni  chiamati  fasti  nel  calendario  giuliano  (2).  Cosi  questo  numero 
si  conservò  secondo  la  particolare  abitudine  dei  Romani:  ma  essendo,  insufficiente  per 
gli  affari  del  fòro,  molti  altri  giorni  furono  aggiunti  con  nomi  diversi.  Cominciandole  set- 
timane sempr  ì  al  medesimo  giorno  del  mese,  anche  i  mesi  intercalari  doveano  essere 
divisibili  per  8,  altrimenti  l'ordine  andava  a  fascio.  Ora,  se  nel  secolo  del  periodo  ciclico, 
composto  di  110  anni  o  22  lustri,  s'intercalasse  all'll»  e  al  22"  lustro  un  mese  di  tre  ot- 
tave, cioè  di  24  giorni,  ne  risultava  al  fine  del  periodo  un'approssimazione  alla  verità  e 
una  correzione  del  ciclo  lunare  inaspettalissima;  giacché,  secondo  il  calcolo  di  Scali- 
gero, che  non  aspirava  ad  esattezza  maggiore  di  quella  del  calendario  giuliano,  i  cinque 
periodi  di  secolo  facevano  40,177  giorni,  mentre  la  somma  degli  anni  ciclici,  giusta 
sifatta  intercalazione,  ne  dava  40,176. 

Questo  ciclo  è  dunque  più  esatto  che  non  la  cronologia  giuliana,  ove  l'anno  tropico  si 
suppone  di  365  giorni  e  6  ore  ;  poiché  quello  lo  fa  di  363  giorni  3°  40'  22",  cioè  solo 
8'  23"  meno  del  vero,  non  di  11"  e  15'  come  il  giuliano.  Non  possiamo  ammettere  che  il 
calcolo  sia  disceso  fino  ai  secondi,  e  faremo  osservare  che  nessun  popolo  intraprese,  né 
poteva  intraprendere  di  far  accordare  il  suo  anno  civile  coH'astronomico,  siccome  oggi 
si  fa  con  esattezza,  neppure  in  un  lunghissimo  periodo  ciclico,  qual  fu  la  dottrina  di  quei 
savj  intorno  alla  durala  dell'anno  astronomico.  Non  potrebbe  assolutamente  negarsi  che 
le  13°  22'  io"  che  mancavano  al  periodo  etrusco  di  110  anni,  e  che  in  capo  a  172  anni 
producevano  un  giorno  di  perdita,  non  sieno  slate  supplite  con  ulteriori  intercalazioni: 
ma  appunto  perchè  l'applicazione  delle  regole  di  calcolo,  che  finora  compongono  un  sistema 
compiuto,  non  può  arrivare  più  in  là,  diviene  molto  verosimile  che  gli  Etruschi  abbiano 
in  un  modo  preciso  determinato  l'anno  tropico  a  363  giorni,  5  ore,  40  minuti. 

Però  Censorino  e  gli  altri  Romani  non  parlano  di  questa  scienza  profonda;  ed  Ennio, 
citato  da  Censorino,  conta  366  giorni  per  l'anno  solare:  ma  con  ciò  egli  non  voleva  dir 
altro,  se  non  che  una  parte  del  366°  giorno  apparteneva  ancora  all'anno  tropico,  ovverà» 
mente  scriveva  senza  comprendere  ciò  che  avea  da  altri  appreso.  Quanto  a  Roma,  molto 
grande  era  allora  l'ignoranza  astronomica;  e  se  l'antico  sapere  non  v'era  estinto,  come 
il  fu  per  uomini  venuti  dappoi,  almeno  non  vivea  più  che  nei  risultamenti,  fra' sacerdoti 
etruschi.  Cosi  i  Bramini  si  servono  meccanicamente  di  formole,  di  cui  ignorano  affatto 
la  deduzione  scientifica,  o  non  la  saprebbero  comprendere. 

Dalla  scientifica  esattezza  di  questo  anno,  che  era  una  forma  di  cui  eraSi  perduto  il 
senso,  consegue  l'uso  che  se  ne  potea  fare  accanto  dell'anno  civile  già  costituito.  Nell'ul- 
timo periodo,  invece  d'un  mese  intercalare  di  23  giorni,  bisognava,  per  mantenere  l'ar- 
monia dei  due  sistemi,  intercalarne  uno  di  22.  Purché  dal  principio  del  secolo  fino  al  suo 
termine  si  contasse  esattamente,  la  correzione  succedeva;  e  per  evitare  la  confusione 
minacciata  dal  cominciar  così  vario  dell'anno  dei  Fasti,  si  adottò  la  pratica  di  conficcare 
un  chiodo  nel  tempio  del  Campidoglio.  A  mezzo  il  vi  secolo  erasi  dimenticato  il  senso 
di  questa  solennità,  che  dappoi  sembrò  ridicola  all'ignoranza,  e  che  forse  erasi  abban- 
donata da  che  il  consolato  passava  senza  interregno  ai  successori  eletti  :  perciò  Ciucio 
dicea  d'aver  trovato  gli  stessi  segni  nel  tempio  di  Norcia  a  Vulsinia,  aggiungendo  che  era 
l'indicazione  degli  anni  nel  tempo  che  raro  si  scriveva(3).  Scopo  di  questa  cerimonia  era 
di  segnare  quanti  lustri  fossero  trascorsi  dopo  cominciato  il  secolo;  e  in  tal  modo  s'in- 
dicava certamente  il  lustro  finito,  lustrum  conditum. 

Tutto  l'Oriente  si  valse  del  corso  della  luna  pel  suo  calendario:  all'Occidente  appar- 
tiene la  divisione  libera  e  scientifica  dei  grandi  periodi ,  risultato  delle  osservazioni  di 
molti  secoli  in  remota  antichità.  All'Oriente  pure  si  collega  quel  mondo  primitivo  estinto 
che  noi  chiamiamo  Nuovo  mondo;  poiché  gli  Aztechi,  il  cui  almanacco  per  l'uso  civile 
era  il  più  perfetto  di  quanti  furono  adoprati  prima  del  gregoriano, 'conlava  un  grand'anno 
di  104  anni  solari.  Le  loro  divisioni  facevansi  conforme  al  loro  sistema  numerico,  la 
cui  base  è  il  20  e  il  5,  che  tenea  luogo  di  progressione  decimale.  Anche  in  questo  pe- 
riodo intercalavasi  due  volto,  e  in  tutto  23  giorni.  Al  vedere  le  feste  messicane  del  fuoco 
nuovo,  celebrate  al  cominciar  del  periodo  secolare,  è  impossibile  non  risovvenirsi  delle 
feste  secolari  romane,  o  propriamente  etrusche;  massime  ove  si  rifletta  che  ad  ogni 
primo  di  marzo  a  Roma  si  rinnovava  il  fuoco  di  Vesta.  Ciascuno  può  giudicar  di  queste 
cose  come  l'intende,  ma  non  bisogna  trattare  di  vana  ipotesi  lo  sviluppo  dell'anno  ciclico, 
sotto  pretesto  che  noi  si  potrebbe  fiancheggiare  di  testi  antichi.  Ciò  che  risulta  dall'es- 
senza medesima  di  questa  divisione  di  tempo  con  assoluta  precisione  aritmetica,  cièche 

{{)  Macrobio,  Salurn,  I  Wi.  numero  per  via  di  calcolo,  e  senza  cercarne  la 

causa. 
(2)  Manuzio,  De  dierum  raiionc,  trova  questo         (3)  Ap.  Tito  Livio,  vii.  li. 


ANNO  ANTICO  ITALIANO  Qg 

è  in  perfetta  armonia  con  un  altro  sistema  non  contestato ,  non  saprebbe  essere  mero 
caso,  come  noi  sono  le  fii^ure  matematiche  delineate  sulla  sabbia.  Tanto  più  che  bisogna 
scegliere  fra  le  due  supposizioni  seguenti  :  o  i  prischi  Romani,  ignoranti  quanto  sciocchi, 
usavano  un  calendario  non  fondato  su  veruna  analogia  colla  natura  né  colla  scienza;  o 
i  Romani  adottarono  un  calendario  ,  fruito  d'un  popolo  addottrinato.  Ammettere  con 
Macrobio  (il  quale  mal  conosceva  il  ciclo),  che  quando  i  mesi  non  si  acconciavano  più 
colle  stagioni,  i  Romani  lasciassero  passare  un  certo  tempo  senza  denominarlo ,  è  uà 
farli  più  barbari  degli  Irochesi.  Noi  non  porremmo  i  Romani  fra  gli  astronomi,  che  Sca- 
ligero ce  lo  vieta,  ma  il  nome  anno  di  Romolo  non  può  né  dee  significar  altro  che  il 
primitivo  anno  ciclico. 

Male  però  gli  antichi  archeologi  ammisero  due  supposizioni;  cioè  che  il  calendario  di 
10  mesi  fosse  dapprima  il  solo  usato,  e  poi  fosse  del  tutto  abbandonato.  La  prima  non 
è  verosimile,  giacché  il  calendario  di  10  mesi  é  in  relazione  coiranno  ciclico  lunare, 
per  modo  che  non  si  può  metterne  in  dubbio  la  formazione  simultanea;  e  d'altro  lato  è 
possibile  che  il  più  antico  usato  fra  il  popolo,  fosse  collegato  ad  osservazioni  sulle  fasi 
della  luna;  in  fine  un  calendario  adattato  alle  stagioni  dovette  sempre  esser  indispensa- 
bile, come  l'anno  del  ricolto  nell'Indie.  Erronea  é  pure  la  seconda  supposizione,  essen- 
dosi adoprato  il  calendario  di  10  mesi  molto  dopo  la  cacciata  dei  re,  e  ne  rimasero  ap- 
plicazioni, la  cui  origine  non  fu  riconosciuta  dalle  generazioni  successive. 

Gli  Etruschi,  come  regola  di  buona  fede,  avevano  adottato  di  non  concludere  trattati 
di  pace  che  sotto  forma  d'armistizio  e  per  un  tempo  prefinito.  Quasi  tutti  i  trattati  con- 
chiusi dai  Romani  con  Vejo,  Tarquinia.,  Cere,  Capena,  Vulsinia,  sono  qualificati  per  tre- 
gue, esprimendo  per  quanti  anni  dovevano  aver  effetto;  ma  agli  Etruschi  non  si  rinfaccia 
mai  di  aver  violato  la  convenzione,  benché  le  ostilità  comincino  quasi  sempre  prima  che, 
secondo  i  Fasti,  gli  anni  dell'armistizio  sieno  compiti.  Per  sceglier  un  esempio,  il  trat- 
tato con  Vejo  nel  280  si  stipula  che  durerà  40  anni  :  ora  nel  316  si  parla  della  defezione 
di  Fidene  che  si  unisce  a  Vejo,  il  che  suppone  che  questa  repubblica  fosse  già  in  guerra 
con  Roma;  e  i  Romani,  per  quanto  irritati  della  diserzione  di  Fidene,  non  accusano  i 
Vejenti  d'aver  fallito  il  patto.  Più  decisivo  è  l'udire  Tito  Livio  dirci  sotto  il  347,  che  la 
tregua  di  20  anni  conchiusa  nel  329  era  spirata  ;  mentre,  secondo  i  Fasti,  non  sarebbero 
trascorsi  che  18  anni.  Questi  fatti  non  si  possono  spiegare  se. non  applicando  l'anno  di 
10  mesi,  quaranta  dei  quali  equivalgono  a  33  1|3,  e  venti  a  16  2[3;  cosicché  nel  primo 
esempio  la  tregua  era  spirata  col  314,  nel  secondo  col  346. 

I  Latini  e  gli  Ernici  usavano  singolari  calcoli  cronologici,  e  forse  alcuno  potrà  indovi- 
narne il  sistema  da  ciò  che  Censorino  ci  riferisce  intorno  ai  calendarj  d'Alba,  di  Lavinio, 
di  Tuscolo,  d'Aricia  e  di  Ferentino,  i  cui  mesi  variavano  dai  39  fino  ai  16  giorni.  Comun- 
que sia  stato  disposto  il  calendario  de'  popoli  Ausonj,  era  certo  differente  in  tutto  dall'anno 
civile  romano;  e  perciò  Roma  conchiuse  con  essi,  coi  Volsci  e  cogli  Equi  le  tregue  cal- 
colate secondo  gli  anni  ciclici.  Quella  giurata  nel  323  per  otto  anni,  non  faceva  in  anni  ci- 
vili che  6  3|4,  e  per  conseguenza  finiva  nel  330  :  onde  non  furono  tacciati  di  spergiuri  i 
Volsci  che  ripresero  le  ostilità  l'anno  seguente.  Altrettanto  era  tra  Romani  e  Falisci. 

Inoltre  l'anno  di  1 0  mesi  è  prescritto  alla  durata  del  lutto,  a  pagare  i  legati  e  le  doti,  al 
credito  per  la  vendita  dei  frutti;  e  probabilmente  regolava  gl'imprestiti,  come  orala  mi- 
sura del  più  antico  sistema  degl'interessi. 

Scaligero  se  dava  ancora  un  passo,  scopriva  la  natura  di  questi  sistemi  cronologici* 
e  forse  ne  fu  raltenuto  solo  dall'apparente  stravaganza,  perchè  non  conosceva  bene  il  ca- 
lendario azteco.  Secondo  lui,  ogni  popolo  della  terra  dotato  una  volta  di  scienza,  diffon- 
deva la  luce  sugli  altri  ;  ed  avverte  egli  stesso  quanto  sia  strano  il  vedere  le  feste  Satur- 
nali e  le  Matronali  (bellissime  tra  le  antiche  solennità  domestiche,  e  inseparabili  per  loro 
natura)  celebrale  le  une  al  fine  di  dicembre,  le  altre  al  principio  di  marzo. 

Quando  Ennio  conta  700  anni  da  Roma  fondata  fino  al  suo  tempo,  intende  forse  di 
anni  ciclici  da  10  mesi,  700  de'qnali  fanno  583  anni  civili  in  circa;  e  appunto  quel  vec- 
chio scriveva  l'ultimo  libro  de' suoi  Annali  nel  582. 

II  10  era  il  numero  fondamentale  dell'Elruria,  essendo  quello  dei  secoli  promessi  a 
questo  popolo;  ma  il  numero  di  Roma  era  12.  Per  la  misura  di  esso  spazio  il  vorsus  àe^Vi 
Etruschi  e  Cactus  dei  Romani  sono  nel  rapporto  medesimo,  come  per  la  misura  del  tempo 
l'anno  ciclico  e  il  lunare  intercalato. 

Come  ogni  indicazione  pel  tempo  che  precedette  la  riforma  del  calendario,  si  riferisce 
necessariamente  a  un  tutt'altro  giorno  che  quello  nominato,  cosi  il  numero  degli  anni 
trascorsi  sarebbe  differente  se  uno  Stato  avesse  cangiato  di  sistema  cronologico,  Ora  gli 
archeologi  romani  supposero  che  dapprincipio  si  fosse  contato  la  durata  della  città  per 
anni  di  10  mesi,  e  la  più  parte  attribuirono  a  Numa  ciò  che  essi  risguardavano  per  ia- 
troduzioue  d'un  calendario  migliore.  Pare  dunque,  come  dovea  succedere  infallibilmente 
secondo  una  tal  supposizione,  che  Ciacio,  per  mettere  la  fondazione  di  Roma  in  relaziona 


96  CRONOLOGIA 

con  un'altr'èra ,  riducesse  in  anni  ordinarj  la  somma  riferita  sulla  tavola  de'  pontefici. 
I  regni  di  Romolo  e  di  Numa  non  avrebbero  veramente  prodotto  che  una  differenza  di 
')3  anni;  ma  Giunio  Graccano,  eccellente  archeologo,  diceva  che  il  calendario  di  10 
mesi  erasi  adoperato  fin  a  Tarquinio  Prisco. 

N.B.  Nuove  ricerche  e  con  tutt'altre  conclusioni  stampò  Teodoro  Mommsen ,  Ber- 
lino 1358,  chiarendo  la  Cronologia  romana  fino  a  G.  Cesare. 

§  23,  —  Calendario  giuliano-romano. 

Adunque  il  calendario  di  Romolo  in  breve  fu  dismesso  :  (}uello  di  Numa  durò  fino  a 
Cesare,  e  riesce  di  grande  dilTicoltà  per  la  cronologia  romana.  Su  di  esso  si  potrà  vedere 
una  lunga  disquisizione  nel  volume  iv  della  parte  u  de\['Art  de  vérifier  les  ilates  des  faits 
historiques.  Tale  riforma  (come  si  disse  al  §  5)  fu  fatta  l'anno  i'6  av.  C,  e  l'anno  restò 
ridotto  a  36lj  giorni  e  6  ore,  delle  quali  ogni  quarto  anno  componevasi  un  giorno,  che 
faceva  3Gf>,  e  dicevasi  bisestile.  Il  calendario  giuliano  è  sovra  gli  altri  importante  come 
fondamento  e  legame  di  tutta  la  cronologia. 

Ci  parve  dunque  doverlo  qui  appresso  esibire  in  disteso,  quale  è  dato  neW Enciclope- 
dia mateìnatica,  premettendo  le  seguenti  avvertenze  : 

La  1*  colonna  nota  il  numero  progressivo  dei  giorni,  secondo  usiamo  noi  moderni; 

La  2»  dà  il  nome  che  attribuivano  ad  essi  gli  antichi,  desunto  dalla  loro  distanza  dalle 
tre  epoche  principali,  caletide,  none  ed  idi  ; 

La  3"  dà  le  lettere  nundinali,  vale  a  dire  il  periodo  di  otto  giorni,  segnati  progressiva- 
mente colle  lettere  A  B  C  D  E  P"  G  II  ;  dopo  i  quali  si  facevano  le  nundime.  In  quel  giorno 
i  campagnuoli  venivano  in  città  per  sapere  gli  avvisi  che  si  pubblicavano  intorno  alla 
disciplina,  alia  religione,  al  governo. 

La  i'  significa  la  natura  di  ciascun  giorno.  Non  tutti  i  giorni  poteasi  dai  Romani  ren- 
dere diritto,  nò  il  pretore  potea  pronunziare  la  formola  solenne  do,  dico,  addico.  I  giorni, 
in  cui  ciò  potevasi  fare,  chiamavansi  fasti;  nefasti  quelli  che  no;  onde  Ovidio: 

llle  nefastus  erit,  per  quem  tria  verba  silentur  : 
Fastus  erit,  per  quemjure  licebit  agi. 

Aveansi  inoltre  i  dies  atri,  orninosi,  religiosi,  exempti,  cioè  di  maluria  ;  auspicales, 
in  cui  cogli  auspizj  assumevasi  una  magistratura  o  funzione  pubblica;  cognitiales,  in  cu 
il  pretore  proclamava  una  sentenza  o  un  editto;  jasti  o  prceliares,  quando  dopo  certe 
proroghe  si  poteva  procedere  contro  gli  accusati  od  eseguire  i  giudizj  proferiti  contro  di 
essi;  lustrici,  in  cui  si  purificavano;  fanciulli,  o  imponevasi  loro  il  nome,  che  era  per 
le  bambine  l'ottavo  dopo  la  nascita,  pei  maschi  il  nono;  pandiculares  o  communicarii, 
quando  si  sagrificava  a  tutti  gli  Dei  insieme;  postalatorii,  in  cui  presentavansi  ai  pretori 
le  petizioni  ;  utiles,  in  cui  potevansi  far  valere  i  proprj  diritti  in  giustizia  ;  donde  il 
Diutile,  almanacco  per  gli  avvocati. 

Altri  giorni  chiamavansi  cumitiales,  in  cui  s'adunavano  i  comizj  per  eleggere  i  ma- 
gistrati 0  trattar  gli  altri  affari  di  loro  spettanza.  A  questi  doveva  assistere  tre  volte  l'anno 
il  rex  sacrificulus,  cioè  il  24  di  lebbrajo,  marzo  e  maggio;  e  appena  compite  le  funzioni 
del  pubblico  culto,  fuggiva  a  precipizio,  in  memoria  dei  Re  cacciali.  Inoltre  il  lo  giugno 
nettavasi  il  tempio  di  Vesta,  operazione  fatta  con  tanta  cerimonia,  che  non  potevasi  in 
quel  tempo  andar  a  tribunale. 

Quando  pertanto  nella  quaila  colonna  si  trovi  N,  vuol  dire  nefastus  dies,  cioè  chea 
feria  ne' tribunali  :  F,  fastus,  cioè  che  si  possono  trattar  gli  affari:  F  P,  fastus  prima, 
cioè  che  si  può  giudicare  solo  nella  prima  parte  del  giorno  :  N  P,  nefastus  prima,  il  con- 
trario :  E  N,  endutercisus  o  intercìsus,  taglialo,  cioè  che  certe  ore  son  d'affari,  certe  no  : 
C,  comitialis  :  Q  R  C  F,  quando  rex  (sacrificulus  interfuit)  comitiis  fastus,  cioè  quando 
il  re  del  sagrifiziose  n'andò,  può  trattarsi  d'aifari  :  Q  S  TD  F,  quando  stercus  templi  de- 
latum  fastus,  cioè  si  può  trattar  d'affari  civili  dopo  spazzate  le  lordure  del  tempio  di  Vesta. 

Nella  5'  colonna  segnasi  il  numero  d'oro,  tratto  dalla  scoperta  di  Melone  che  accen- 
nammo al  §  G.  Nel  calendario  segnarono  coU'l  i  novilunj  avvenuti  nel  primo  anno  del 
ciclo;  col  2  quei  del  secondo;  col  3  quei  del  terzo;  cosi  via  fin  all'ultimo,  per  modo  da 
presagire  i  novilunj  seguenti  di  diciannove  in  diciannove  anni,  quindi  le  feste,  assemblee 
ed  altri  esercizj  di[)endenti  dallo  fasi  lunari. 

La  6'  colonna  coalìene  le  fusle,  di  cui  daremo  la  epiei^azione. 


CALENDARIO   GIULIANO-ROMANO 


97 


KOHl  DEI  GIORXI 

Qualità 

e 

h 

e 

■S 

a 

0 

dei 

o 

GENNAIO 

o 

as 

Antichi 

4i» 

giorni 

a 

a 

sollo  hi  protezione  di  Giunone 

1 
2- 

Kalend.   Jan. 
4  Nonas. 

A 

B 

F 
F 

1 

Sagrifizio  a  Giano,  a  Giunone,  a  Giov.'% 

ad  Esculapio. 
Giorno  disgraziato  {dies  ater). 

3 

3  Nonas. 

C 

C 

9 

Tramonta  il  Cancro. 

4 

Pridie  Nonas. 

D 

C 

5 

6 

Nonis  Jan. 
8  Idus. 

E 
F 

F 
F 

18 
6 

Leva    la   Lira.    Tramonta    alla    sera 
r  Aquila. 

7 

'       7  Idus. 

G 

C 

- 

8 

6  Idus. 

H 

c 

14 

Sagrifìzj  a  Giano. 

9 

5  Idus. 

A 

... 

3 

Le  Agonali. 

iO 

4  Idus. 

B 

EN 

Metà  dell'inverno. 

\i  * 

3  Idus. 

C 

NP 

11 

Le  Carmentali. 

12 

Pridie  Idus. 

D 

G 

Le  Compitali. 

13 

Idibits  Jan. 
19  K.  Feb. 

E 
F 

NP 
EN 

19 
8 

I  trombetti,  vestiti  da  donna,  fanno  lo 

pubblicazioni. 
Giorno  vizioso  per  decreto  del  senato. 

15 

18  Kal. 

G 

... 

... 

A  Carmenla,  Porrima  e  Postversa. 

16 
17 

17  Kal. 
16  Kal. 

H 
A 

C 

c 

16 
5 

Alla  Concordia.  Alla  mattina  comincia 

a  tramontare  il  Leone. 
Il  sole  in  .Acquario. 

18 

15  Kal. 

B 

e 

19 

14  Kal. 

C 

e 

13 

20 

13  Kal. 

D 

e 

2 

21 

12  Kal. 

E 

G 

22 

11   Kal. 

F 

C 

10 

23 

10  Kal. 

G 

C 

Tramonta  la  Lira. 

24 

9  Kal.       . 

H 

c 

18 

Le  Sementine. 

25 

8  Kal. 

A 

e 

7 

26 

7  Kal. 

B 

e 

27 

6  Kal. 

C 

e 

15 

A  Castore  e  Polluce, 

28 

5  Kal. 

D 

e 

4 

29 
30 

4  Kal. 
3  Kal. 

E 
F 

F 
F 

12 

Corse  de'  cavalli  al  campo  di  .Marte 

Le  Pacali, 
Tramonta  la  Lira. 

31 

Pridie  K  Feb. 

G 

F 

1 

Alli  Dei  Penati. 

(^aniù,  Ihniimcììli.  —  Tnino  1,   ('.ronologia 


98 

CRONOLOGIA 

NOMI  DEI  GIORM 

"ss 

a 

9 

■«e 

Qualità 
dei 

e 
o 

o 

Ci 

FEBBRAIO 

Antichi 

0^ 

giorni 

s 

9r. 

soWo  la  protezione  di  Nettuno 

•1 

Kalend.  Feb. 

H 

N 

9 

A  Giunone  Sospita,  a  Giove,  ad  Er- 
cole, a  Diana.  Le  Lucarie. 

2 

4  Nonas. 

A 

N 

17 

Tramontano  la  Lira  e  metà  del  Leone. 

3 

3  Nonas. 

B 

N 

4 

Pridie  Nonas. 

C 

N 

6 

Tramonta  il  Delfino. 

5 

Nonis  Feb. 

D 

N 

Augusto  soprannomato  padre  della 
patria.  Leva  l'Acquario. 

6 

8  Idus. 

E 

N 

14 

7 

7  Idus. 

F 

N 

3 

8 

6  Idus. 

G 

N 

9 

5  Idus. 

H 

N 

11 

Principio  della  primavera. 

10 

4  Idus. 

A 

N 

p 

11 

3  Idus. 

B 

N 

19 

Giuochi  geniali.  Leva  Arturo. 

12 

Pridie  Idus. 

C 

N 

8 

13 

Idibiis  Feb. 

D 

NP 

A  Fauno  e  Giove.  Disfatta  dei  Fabj. 

U 

16  K.  Mar. 

E 

C 

16 

Levano  il  Corvo,  la  Tazza  ed  il  .Ser- 
pente. 

15 

15  Kal. 

F 

NP 

5 

Le  Lupercali. 

IG 

14  Kal. 

G 

EN 

11  sole  nei  Pesci. 

17 

13  Kal. 

H 

NP 

13 

Le  Quirinali. 

18 

12  Kal. 

A 

C 

2 

Le  Fornacali.  Le  Ferali  alli  Dei  Mani. 

19 

11  Kal. 

B 

c 

20 

10  Kal, 

C 

G 

10 

21 

9  Kal. 

D 

F 

Alla  dea  Muta  o  Larunda.  Le  Ferali. 

22 

8  Kal. 

E 

C 

18 

Le  Carisie. 

23 

7  Kal. 

F 

NP 

7 

Le  Terminali. 

24 

6  Kal. 

G 

N 

... 

La  Rpgifuga.  Posto  del  bisestile. 

25 

5  Kal. 

H 

C 

15 

Leva  alla  sera  Arturo. 

26 

4  Kal. 

A 

EN 

4 

27 

3  Kal. 

B 

NP 

Corse  de'  cavalli  al  campo  di  Marte. 

28 

Pridie  K.  Mar. 

C 

C 

12 

I  Tarquinj  vinti  i. 

{i)  Quidifatti  collocasi  gcnornlniCTilp  la  Vittori,!  sui  Tarquinj:  ma  bisogna  rifiellere  clic  allora 
fflibrafo  era  rulliiiio  mese  ilcll'anno,  marzo  il  secondo;  e  perciò  il  giorno  avauti  alle  colende  di 
niurto  non  signllicava  l'ultimo  di  febbrajo,  ma  di  gennajo. 


CALENDARIO  GIULIANO-ROMANO 


99 


NOMI  DEI  r.IORM 


Antichi 


Qualità 

ilei 
giorni 


1        Kalend.  Martii 


3 

A 

8 

7 

8 
9 

10 
il 
12 
13 
14 
15 

16 
17 

18 
19 

20 

21 

22 
23 

24 
25 


G  Nonas 

5  Nonas. 

4  Nonas. 

3  Nonas. 

Pridie  Nonas. 
Nonis  Martii 

8  Idus 

7  Idus. 

6  Idus. 

5  Idus. 

4  Idus. 
3  Idus. 

Pridie  Idus. 
Idibiis  Marlii 

17  K.  Ap. 
16  Kal. 

15  Kal. 
14  Kal. 

13  Kal. 
12  Kal. 

11  Kal. 
10  Kal. 

9  Kal. 

8  Kal. 


26 

7  Kal. 

27 

6  Kal. 

28 

5  Kal. 

29 

4  Kal. 

30 

3  Kal. 

31 

Pridie  K.  Apr 

E 
F 
G 
H 

A 

B 

C 
D 

E 
F 
G 
H 
A 
B 

C 
D 

E 
F 

G 
H 

A 

B 

•c 

D 

E 
F 
G 
H 
A 


NP 

F 
C 
C 
C 

NP 

F 

F 

C 

C 

c 

G 

EN 
NP 
NP 

F 
NP 

G 

N 

C 
C 

N 

NP 

QRCF 

C 

c 

NP 
G 
G 
G 


17 
6 

14 
3 

11 
19 


16 

13 

2 

10 

18 

7 

15 

4 

12 
1 


MARZO 

Solfo  la  protezione  di  Minerva 


Le  Matronali,  A  Marte.  Le  Ancili. 
Questo  giorno  dicevasi  anclic  Fc- 
minetc  kalendm ,  perchè  faceansi 
doni  alle  signore. 

A  Giunone  Lucina. 

Tramonta  il  secondo  de'  Pesti. 


Tramonta  Arturo.  Levano  il  Vendem- 
miatore e  il  Cancro. 

Le  Vestaliane.  Giulio  Cesare  creato 
sommo  pontefice. 

A  Vejove,  al  bosco  dell'asilo.  Leva  il 
Pegaso. 

Leva  la  Corona. 

Levano  Orione  e  il  Pesce  settentrio- 
nale. 


Aprimento  del  mare. 

Le  seconde  corse  de'  cavalli. 

Ad  Anna  Perenna.  Il  Parricida.  Tra- 
monta lo  Scorpione. 

Le  Liberali  o  Baccanali.  Le  Agonali. 

Tramonta  il  Nibio. 
Il  sole  al  segno  d'Ariete. 

Le  Quinqiiafrie  di  Minerva  per  cinque 
giorni. 

Primo  giorno  del  secolo.  Tramonta  al 
mattino  il  Cavallo. 

Tiihiliislriìim. 


Le  Ilarie  alla  Madre  degli  Dei.  Equi- 
nozio di  primavera. 

Cesare  prende  Alessandria. 
Le  Megalesie. 


.\  Giano,  alla  Concordia,  alla  Salute 

ed  alla  Pace. 
Alla  Luna  o  Diana,  sull'Avenliuo. 


100 


CRONOLOGIA 


IVOMI  DEI  GIORNI 

Qualità 

9 

9r, 

dei 

© 
Od 

APRILE 

Antichi 

tu 

giorni 

a 

s 

50//0  /a  protezione  di  Venere 

9 
iO 
11 

12 

13 
14 
15 
16 

17 
18 

19 
20 
21 
22 
23 

24 
25 
26 
27 
28 

29 
30 


Kalend.  Aprii. 

4.  Nonas. 

3  Nonas. 
Pridie  Nonas. 

JSonis  Aprilis 
8  Idus. 
7  Idus. 
6  Idus. 

5  Idus. 

4  Idus. 
3  Idus. 

Pridie  Idus. 

Idihus  Aprii. 
18  K.  Mail 
17  Kal. 
16  Kal. 

15  Kal. 
14  Kal. 

13  Kal. 

12  Kal. 

11  Kal. 

10  Kal. 

9  Kal. 

8  Kal. 

7  Kal. 

6  Kal. 

5  Kal. 

4  Kal. 

3  Kal. 
Pridie  K.  Maii 


c 

N 

D 

C 

E 

C 

F 

c 

G 

H 

NP 

A 

N 

B 

N 

C 

N 

D 

N 

E 

N 

F 

N 

G 

NP 

H 

N 

A 

NP 

B 

N 

C 

N 

D 

N 

E 

N 

F 

N 

G 

NP 

H 

N 

A 

NP 

B 

C 

C 

NP 

D 

F 

E 

C 

F 

NP 

G 

C 

II 

G 

17 

6 


11 

19 


16 
5 


13 

2 


10 
18 


15 
4 

12 
1 


A  Venere  con  fiori  e  mirto.  Alla  For- 
tuna Virile. 

Tramontano  le  Plejadi. 


Giuochi  megalesj  alla  Madre  degli  Dei 
per  otto  giorni. 


Alla  Fortuna  Pubblica  Primigenia. 

Nascita  d'Apollo  e  Diana. 

Giuochi  per  la  vittoria  di  Cesare  in 
Africa  contro  Giuba.  Tramontano 
la  Bilancia  ed  Orione. 

Le  Cereali.  Giuochi  circensi. 

La  Madre  degli  Dei  condotta  a  Roma. 
Giuochi  in  onore  di  Cerere  per  otto 
giorni. 

A  Giove  Vincitore  e  alla  Libertà. 

Le  Fordicille,  0  Fordicali. 

Augusto  salutato  imperatore.  Tramon- 
tano le  ladi. 

Corse  de'  cavalli  nel  gran  circo.  Ab- 
bruciamento  delle  volpi. 

Le  Cereali.  Il  sole  nel  Toro. 

Le  Pahlie.  Fondazione  di  Roma. 

Le  seconde  Agonali. 

Le  prime  Vinalie  a  Giove  e  a  Venere. 
Rovina  di  Troja. 

Le  Rubigali.  Metà  della  primavera. 

Levano  il  Cane  e  i  Capri. 

Ferie  latine  al  monte  Sacro. 

Le  Floreali  per  sei  giorni.  Leva  al 
mattino  la  Capra. 

Tramonta  il  Cane  alla  sera. 

A  Vesta  Palatina.  Le  priuie  l.arenlaii. 


CALENDARIO  GIULIANO-llOMAMO 


101 


AOMI  DEI  GIORW 

Qualità 

o 

'"S 

s 
s 
•s 

dei 

o 

MAGGIO 

e 

Antichi 

« 

giorni 

B 

3 

Sotto  la  prutcz-ione  di  Apollo 

1 

Kaknd.  Mail 

A 

N 

9 

Alla  Buona  Dea.  Ai  Lari  Prestili.  Giuo- 
chi floreali  per  tre  giorni. 

2 

6  >'onas. 

B 

F 

•  . . 

Le  Compitali. 

3 

5  Nonas. 

G 

G 

t  '  * 

Levano  il  Gentauro  e  le  ladi. 

4 
5 

H 

7 

4  Nonas. 

3  Nonas. 

Pridie  Nonas 

Nonis  Maii 

D 
E 
F 
G 

C 
G 
C 

N 

17 
6 

14 

Leva  la  Lira. 

Tramonta  il  mezzo  dello  Scorpione. 

Levano  le  Plejadi  alla  mattina. 

8 

8  Idus. 

H 

F 

3 

Leva  la  Capriola. 

9 

7  Idus. 

A 

N 

... 

Le  Lemurie  di  notte  per  tre  giorni. 
Le  luminarie. 

10 
H 

6  Idus. 
5  Idus. 

B 

C 

C 

N 

11 

Tramonta  Orione.   Giorno   di    tristo 
augurio  pei  niatrimonj. 

12 
13 

4  Idus. 
3  Idus. 

D 
E 

NP 

N 

19 
8 

A  Marte  Vendicatore,  al  circo. 
Le  Lemurie.  Levano  le  Plejadi.  Co- 
mincia l'estate. 

14 

Pridie  Idus. 

F 

G 

A  Mercurio.  Leva  il  Toro. 

lo 

Idibus  Maii 

G 

NP 

16 

A  Giove.  Feste  dei  mercanti.  Nascita 
di  Mercurio.  Leva  la  Lira. 

16 

17  K.  Jan. 

H 

F 

5 

17 

16  Kal. 

A 

G 

18 

15  Kal. 

B 

G 

13 

19 

14  Kal. 

C 

G 

2 

Il  sole  nei  Gemelli. 

20 

13  Kal. 

""D 

C 

21 

12  Kal. 

E 

NP 

10 

Le  Agonali  di  Giano. 

22 

Il  Kal. 

F 

N 

A  Vejove.  Leva  il  Cane. 

23 

10  Kal. 

G 

NP 

18 

Le  ferie  di  Vulcano.  Tubilustriiim . 

24 

9  Kal. 

H 

QBGF 

7 

25 

8  Kal. 

A 

C 

Alla  Fortuna  Pubblica.  Leva  l'Aquila. 

26 

7  Kal. 

B 

G 

15 

La  seconda  Regifuga.  Tramonta  .Ar- 
turo. 

27 

6  Kal. 

G 

G 

4 

Levano  le  ladi. 

28 

5  Rai. 

D 

G 

29 

4  Kal. 

E 

G 

12 

30 

3  Kal. 

F 

1     c 

1 

31 

Pridie  K.  Jun. 

G 

C 

9 

102 


CRONOLOGIA 


\OMI  DEI  GIOU.M 


Antichi 


Qualità 

(lei 
giorni 


10 

11 
12 

13 
li 
15 

16 
17 
18 
19 

20 
21 
22 
23 
24 
25 
26 
27 
28 
29 
30 


Kalend.  .liiiiii 

4  Nonas. 

3  Nonas. 
Piidic  Nonas. 
Nonis  Jimii. 

8  Idus. 

7  Idus. 

C  Idus. 

5  Idus. 

4  Idus. 

3  Idus. 
Pridie  Idus. 

Idibus  Juiiii. 
18  K.  Julii. 
17  Kal. 

16  Kal. 

15  Kal. 

14  Kal. 

13  Kal. 

12  Kal. 

11  Kal. 

10  Kal. 

9  Kal. 

8  Kal. 
7  Kal. 
G  Kal. 
5  Kal. 

4  Kal. 
3  Kal. 

Pridio  K.  .lulii 


N 

F 

C 
C 

N 

N 
N 

N 
NP 

N 

N 
N 

N 

N 

QSTDF 

C 
C 

C 

c 

G 
C 
C 
C 

c 
e 
e 
e 
e 

F 

c 


17 
6 


14 
3 


11 

19 
8 

16 

5 

13 

2 

10 

18 

7 

15 


12 
1 


GIUGNO 

sotto  la  protezione  di  Mercurio 


A  Giunone  Moneta    Alla  Tempesta. 
Fabaria.  Leva  TAquila. 

A  Marte.  Alla  dea  Carna.  Levano  le 
ladi 

A  Bellona. 

Ad  Ercole,  al  circo. 

Alla  Fede.  A  Giove  Sponsore,  o  al  dio 
Fidio  Sanco  Seniipadre. 

A  Vesta. 

Giuochi  piscatorj,  al  campo  di  Marte. 
Leva  Arturo. 


Le  Vestaliane.  A  Giove  Pistore.  Inco- 
ronazione degli  asini. 

Le  Matraliane  della  Fortuna   Forte. 
Leva  la  sera  il  Delfino.. 

Alla  Concordia.  A  Matuta. 

A  Giove  Invitto.   Le    piccole  Quin- 
quatrie. 

Comincia  il  caldo. 

Spazzatura  del  tempio  di  Vesta.  Le- 
vano le  ladi. 

Leva  Orione. 

Leva  tutto  il  Delfino. 


A  Minerva  sul  monte  Aventino.  Il  sole 
nel  Cancro. 

A  Siimmano.  Leva  il  Serpente. 


Alla  Fortuna  Forte.  Solstizio  d'estate. 

Leva  il  cingolo  d'Orione. 
A  Giovo  Statore. 

A  Quirino  sul  monto  Quirinale. 

A  Ercole  ed  alle  j\Iuse.  La  Poplituga. 


CALENDARIO   GIULIANO-ROMANO 


103 


NOMI  DEI  GIORM 

Qualità 

e 

s 

dei 

o 

QUINTILE  0  LUGLIO 

•rs 

Antichi 

3 

giorni 

s 

3 
«E 

sotto  la  prolezione  di  Giove 

1 

Kiilend.  Jiilii 

F 

N 

17 

I  mutamenti  di  casa. 

2 

6  Nonas. 

G 

N 

6 

3 

5  Nonas. 

II 

N 

4 

4  Nonas, 

A 

NP 

14 

Tramonta  la  Corona  al  mattino.  Le- 
vano le  ladi. 

5 

3  Nonas. 

B 

N 

3 

LaPoplifuga. 

6 

Pridie  Nonas. 

C 

N 

Giuochi  apollinari  per  otto  giorni.  .Alla 
Fortuna  Muliebre. 

7 

Nonis  Jiilii 

D 

N 

il 

Le  none  Caprotine;  festa  delle  serve. 
Sparizione  di  Romolo. 

8 

8  Idus. 

E 

N 

Le  Violazioni.  Tramonta  metà  del 
Capricorno. 

9 

7  Idus. 

F 

EN 

19 

Leva  alla  sera  il  Cefeo. 

10 

6  Tdus. 

G 

C 

8 

Cominciano  i  venti  etesj. 

il 

5  Idus. 

H 

c 

12 

4  Idus. 

A 

NP 

16 

Nascita  di  Giulio  Cesare. 

13 

3  Idus. 

B 

C 

5 

U 

Pridie  Idus. 

C 

G 

Alla  Fortuna  Muliebre.  Le  .Mercuriali 
per  sei  giorni. 

15 

Idibus  Julii 

D 

NP 

13 

A  Castore  e  Polluce. 

16 

17  K.  Aug. 

E 

F 

2 

Leva  il  primo  Cane. 

17 

16  Kal. 

F 

C 

Battaglia  di  Alila  [dies  ater). 

18 

15  Kal. 

G 

G 

10 

Le  Lucane  per  quattro  giorni. 

19 

14  Kal. 

H 

NP 

Giuochi  per  la  Vittoria  di  Cesare.  Il 
sole  in  Leone. 

20 

13  Kal. 

A 

G 

18 

21 

12  Ka\. 

B 

7 

Creazione  del  Mondo. 

22 

11  Kal. 

G 

G 

Giuochi  di  Nettuno. 

23 

10  Kal. 

D 

15 

24 

9  Kal. 

E 

N 

4 

Le  Furinali.  Giuochi  circensi  per  sei 
giorni.  Tramonta  l'Acquario. 

25 

8  Kal. 

F 

NP 

Leva  la  Canicola. 

26 

7  Kal. 

G 

G 

12 

Leva  l'Aquila. 

27 

.    6  Kal. 

H 

G 

1 

28 

5  Kal. 

A 

G 

29 

4  Kal. 

B 

G 

9 

Tramonta  IWquila. 

30 

3  Kal. 

G 

G 

31 

Pridie  K.  ,\ug. 

D 

C 

17 

lOl 


CRONOLOGIA 


IVOMI  DEI  G10R.M 


Antichi 


Qualità 

dei 
giorni 


9 
10 
11 

12 
13 

U 
15 
16 
17 
18 
19 
20 
21 

22 
23 
24 
25 
26 
27 
28 

29 
30 
31 


Kalend.  Aug. 

4  Nonas. 

3  Nonas. 
Pridie  Nonas. 

Nonis  Aus;. 

8  Idus. 

7  Idus. 

6  Idus. 

5  Idus. 

4  Idus. 

3  Idus. 

Pridie  Idus. 
Idibus  Aug. 

19  K.  Sept. 
18  Kal. 
17  Kal. 
16  Kal. 
15  Kal. 
14  Kal. 
13  Kal. 
12  Kal. 

11  Kal. 
10  Kal. 

9  Kal. 

8  Kal. 

7  Kal. 

6  Kal. 

5  Kal. 

4  Kal. 
3  Kal. 

Pridie  K.  Sept, 


E 

N 

F 

C 

G 

G 

H 

C 

A 

F 

B 

F 

C 

C 

D 

C 

E 

NP 

F 

C 

G 

G 

H 

C 

A 

NP 

B 

F 

C 

C 

D 

C 

E 

NP 

F 

C 

G 

FP 

H 

C 

A 

NP 

B 

EN 

C 

NP 

D 

C 

E 

NP 

F 

C 

G 

NP 

H 

F 

A 

F 

B 

F 

C 

G 

6 

14 

3 

11 

19 


16 
5 


1 

2 

10 

18 

7 

15 


12 
1 


17 
6 


SESTILE  0  AGOSTO 

sollo  la  prolezione  di  Cerere. 

A  Marte.  Alla  Speranza. 

Ferie.  Cesare  soggiogò  la  Spagna. 

Leva  la  metà  del  Leone. 

Alla  Salute,  sul  monte  Quirinale. 

Alla  Speranza.  Tramonta  la  metà  di 

Arturo. 
Tramonta  mezzo  rAcquario. 
Al  Sole  Indigete,  sul  Quirinale. 

Ad  Opi  e  a  Cerere, 

Ad  Ercole,  nel  circo  Flaminio.  Tr.i- 

montalaLira.  Comincia  l'autunno. 
Licnapsie. 
A  Diana,  al  bosco  Aricino.  A  Vertunno. 

Festa  degli  schiavi  e  delle  serve. 
Tramonta  alla  mattina  il  Delfino. 


Le  Portunnali,  al  porto  del  Tevere. 
Le  Consuali,  Ratto  delle  Sabine. 
Le  seconde  Vinalie.  Morte  dWugusto. 
Tramonta  la  Lira. 
Le  Vinalie  rustiche.  I  Gran  misteri. 

Le  Consuali. 
Leva  alla  mattina  il  vendemmiatore. 
Le  Vulcanali,  al  circo  Flaminio. 
Le  ferie  della  Luna. 
Le  Opiconsive,  al  Campidoglio. 

Le  Volturnali. 

Alla  Vittoria  in  curia.  Tramonta  la 
Freccia.  Fine  dei  venti  etesj. 

Esposizione  dogli  ornamenti  di  Cerere. 
Leva  Andromeda  alla  sera. 


CALENDARIO  GIULIANO-ROMANO 


105 


NOMI  DEI  GIORM 

"3 

a 

Qualità 

B 
S 

dei 

ra 

£ 

Ci 

SETTEMBRE 

Antichi 

giorni 

9 

sotto  la  protcìione  di  Vulcano 

l 

Kdlcnd.    Sop. 

D 

N 

14 

A  Giave  Maimacte.  A  Nettuno. 

2 

4  Nonas. 

E 

N 

3 

n 

3  Nonas. 

F 

NP 

Vittoria  d'Augusto.  Ferie. 

i 

Pridie  Nonas. 

(; 

C 

11 

l,e  Dionisiache,  o  le  Vendemmie. 

o 

Nonis  Sept. 

n 

y 

Giuochi  romani  per  otto  giorni. 

() 

8  Idus. 

A 

V 

19 

All'Èrebo,  sacrifizio  di  un  montone  e 
d'una  capra  nera. 

7 

7  Idus. 

B 

e 

8 

8 

6  Idus. 

e 

e 

P 

5  Idus. 

D 

e 

16 

Leva  alla  sera  la  Capriola. 

10 

4  Idus. 

E 

e 

5 

Leva  la  testa  di  Medusa. 

H 

3  Idus. 

F 

e 

Leva  il  mezzo  della  Vergine . 

12 

Pridie  Idus. 

G 

N 

3 

Levali  mezzo  d'Arturo. 

13 

Idibus  Sept. 

H 

NP 

A  Giove.  Dedicazione  del  Campidoglio. 
Il  chiodo  ficcato  dal  pretore.  Par- 
tenza delle  rondini. 

U 

18  R.  Oct. 

A 

F 

Prova  de' cavalli. 

15 

17  Kal. 

B 

... 

10 

1  Gran  giuochi  votivi  circensi  per  cin 
que  giorni. 

16 

16  Kal. 

C 

C 

17 

15  Kal. 

D 

C 

18 

18 

14  Kal. 

E 

c 

7 

Leva  alla  mattina  la  spica  della  Vergine. 

19 

13  Kal. 

F 

e 

Il  sole  nella  bilaocia. 

20 

12  Kal. 

G 

e 

15 

Mercato  per  quattro  giorni.  Nascita  di 
Romolo. 

21 

11  Rai. 

H 

e 

4 

22 

10  Kal. 

A 

e 

Tramontano  .\rgo  e  i  Pesci. 

23 

9  Kal. 

B 

NP 

12 

Giuochi  circensi.  Nascita  di  Augusto. 
Leva  al  mattino  il  Centauro. 

24 

8  Kal. 

C 

c 

1 

Equinozio  d'autunno . 

25 

7  Kal. 

D 

e 

A  Venere,  a  Saturno,  a  Mania. 

26 

6  Kal. 

E 

e 

9 

27 

5  Kal. 

F 

G 

A  Venere  Madre.  Alla  Fortuna  di  ri- 
torno. 

28 

4  Kal. 

G 

C 

17 

Leva  il  fine  della  Vergine. 

29 

3  Kal. 

li 

F 

6 

30 

Pridie  K.  Oct. 

A 

G 

U 

A  Minerva.  Le  Meditrinah. 

106 


CKONOLOGIA 


IVOm  DEI  GIORNI 

"s 

QuaUtà 

o 
o 

•3 

s 

dei 

« 

Ci 

« 

OTTOBRE 

o 

ss 

Antichi 

<u 

(jiorni 

3 

Sotto  1(1  protezione  di  Marte 

1 

Kalend.  Oct. 

B 

N 

O 

2 

6  Nonas. 

C 

F 

... 

Le  Pianepsie. 

3 

5  Nonas. 

D 

C 

11 

Tramonta  al  mattino  Boote. 

à 

4  Nonas. 

E 

C 

Espongonsi  gli  ornamenti  di  Cerere. 

5 

3  Nonas. 

F 

c 

19 

Alli  Dei  Mani. 

6 

Pridie  Nonas. 

G 

e 

8 

7 

Nonis  Oct. 

H 

F 

Leva  la  stella  brillante  della  Gorona . 

8 

8  Idus. 

A 

F 

16 

9 

7  Idus. 

B 

C 

o 

Le  Bamali. 

10 

6  Idus. 

C 

G 

... 

Le  Meditrinali.  Gomincia  l'inverno. 

11 

5  Idus. 

D 

13 

Le  Augustali. 

12 

4  Idus. 

E 

KP 
NP 

2 

Le  Fontanali.  A  Giove  Liberatore, 
Giuochi  per  tre  giorni. 

13 

3  Idus. 

F 

U 

Pridie  Idus. 

G 

EN 

10 

Festa  de'  mercanti  a  Mercurio. 

15 

Idihus  Oct. 

H 

NP 

... 

Giuochi  plebei  ;  sacrificasi  un  cavallo  a 
Marte.  Tramonta  Arturo. 

16 

17  K.  Nov. 

A 

F 

18 

17 

16  Kal. 

B 

C 

18 

15  Kal. 

C 

C 

7 

A  Giove  Liberatore.  Giuochi. 

19 

14  Kal. 

D 

NP 

L'Armilustro. 

20 

13  Kal. 

E 

G 

15 

Il  sole  nello  Scorpione. 

21 

12  Kal. 

F 

C 

4 

Giuochi  per  quattro  giorni. 

22 

11  Kal. 

G 

G 

23 

10  Kal. 

H 

G 

12 

Al  padre  Libero.  Tramonta  il  Toro. 

24 

9  Kal. 

A 

G 

1 

25 

8  Kal. 

B 

C 

26 

7  Kal. 

C 

G 

9 

27 

6  Kal. 

D 

G 

Giuochi  alla  Vittoria. 

28 

5  Kal. 

E 

C 

17 

I  piccoli  Misteri.  Tramontano  le  Ple- 
jadi. 

29 

4  Kal. 

F    . 

G 

6 

30 

3  Kal. 

G 

G 

14 

Le  ferie  di  Vortunno.  Giuochi  votivi. 

31 

Pridie  K.  Nov, 

H 

G 

3 

Tramonta  Arturo. 

OALENDARIO   GIULIANO-ROMANO 


107 


< 

NOMI  DEI  GIOKM 

a 

Qualitìt 

o 
11 

s 
s 

dei 

o 

NOVEMBRE 

Antichi 

» 

■^ 

giorni 

s 

s 

sotto  la  prolezione  di  Diana 

1 

Kalcnd.  Nov. 

A 

N 

Banchetto  di  Giove.  Giuochi  circensi. 
Tramonta  la  testa  del  Toro. 

2 

■i  Noiias. 

B 

'F 

11 

Tramonta  la  sera  Arturo. 

3 

3  Nonas. 

C 

F 

Leva  alla  mattina  la  Lira. 

i 

Pridie  Nonas. 

D 

19 

5 

Nonis  Nov. 

E 

F 

8 

Le  Nettunali.  Giuochi  per  otto  giorni. 

6 

8  Idiis. 

F 

F 

7 

7  Idiis, 

G 

C 

16 

Esposizione  degli  ornamenti. 

8 

6  Idus. 

H 

C 

5 

Leva  lo  Scorpione. 

9 

5  Idus. 

A 

c 

10 

4  Idus. 

B 

e 

13 

il 

3  Idus. 

C 

e 

2 

Chiudimento  del  mare.  Tpamontano  le 
Plejadi.. 

12 

Pridie  Idus. 

D 

G 

13 

Idibm  Nov. 

E 

NB 

10 

Banchetto  comandato.  I  Lectisternj. 

U 

18  K.  Dee. 

F 

F 

... 

Prova  de'  cavalli. 

15 

17  Kal. 

G 

C 

18 

Giuochi  popolari  al  circo  per  tre 
giorni. 

16 

16  Kal. 

H 

G 

7 

Fine  della  seminagione  del  frumento . 

17 

15  Kal. 

A 

C 

18 

14  Kal. 

B 

G 

15 

Feste  dei  mercanti  per  tre  giorni. 
Il  sole  in  Sagittario. 

19 

13  Kal. 

C 

C 

4 

Cena  dei  pontefici  in  onore  di  Cibele. 

20 

12  Lai. 

D 

G 

... 

Tramontano  le  corna  del  Toro. 

21 

11  Kal. 

E 

G 

12 

Le  Liberali.  Tramonta  la  Lepre. 

22 
23 

10  Kal. 
9  Kal. 

F 

G 

G 

1 

A  Plutone  ed  a  Proserpina. 

2d 

8  Kal. 

H 

G 

9 

Le  Brumali  per  tre  giorni. 

25 

7  Kal. 

A 

G 

Tramonta  la  Canicola. 

26 

6  Kal. 

B 

G 

17 

27 

5  Kal. 

C 

G 

6 

Sacrificio  mortuario  ai  Galli  e  Greci 

28 

i  Kal. 

D 

G 

sepolti  nel  fòro  Boario. 

29 

3  Kal. 

E 

'     G 

14 

30 

Pridie  K.  Dee. 

F 

F 

3 

1U8 

CRONOLOGIA 

mm  DEI  GIORNI 

e: 

Qualità 

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dei 

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o 

DICEMBRE 

Antichi 

o 

giorni 

soliiì  la  protezione  di  Vesta 

1 

Kalend.  Dee. 

G 

N 

11 

Alla  Fortuna  Muliebre. 

2 

4  Nonas. 

H 

3 

3  Nonas. 

A 

... 

19 

4 

Pridie  Nonas 

B 

... 

8 

A  Minerva  ed  a  Nettuno. 

5 

Nonis  Dee. 

C 

F 

Le  Faunali. 

6 

«e  Idus. 

D 

C 

16 

Tramonta  il  mezzo  del  Sagittario 

7 

7  Idus. 

E 

G 

5 

Leva  alla  mattina  l'Aquila. 

8 

6  Idus. 

F 

C 

9 

5  Idus. 

G 

C 

13 

A  Giunone  Jugale. 

10 

4  Idus. 

H 

G 

2 

11 

3  Idus, 

k 

NP 

•.. 

Le  Agonali.  I  14  giorni  dell'Alcione. 

12 

Pridie  Idus. 

B 

EN 

10 

13 

Idibus  Dee. 

.c 

NP 

Gorse  dei  eavalli. 

14 

19  K.  Jan. 

D 

F 

18 

Le  Brumali.  Le  Ambrosiane. 

15 

18  Kal. 

E 

NP 

7 

Le  Gonsuali.  Leva  alla  mattina  tutto 
il  Gancro. 

16 

17  Kal. 

F 

G 

17 

16  Kal. 

G 

Le  Saturnali  per  cinque  giorni. 

18 

15  Kal. 

H 

G 

15 

Leva  il  Gigno.  Il  sole  nel  Gapricorno. 

19 

14  Kal. 

A 

NP 

4 

Le  Opaliane. 

20 

13  Kal. 

B 

G 

... 

Le  Sigillarie  per  due  giorni. 

21 

12  Kal. 

C 

NP 

12 

Le  Di  vali.  Ad  Ercole  e  Venere  con 
vino  melato. 

22 

11  Kal. 

D 

G 

1 

Le  Compitali.  Ferie  dedicate  ai  Lari. 
Giuochi. 

23 

10  Kal. 

E 

NP 

9 

Ferie  di  Giove.  Le  Laurentali,  Tra- 
monta la  Gapra. 

24 

9  Kal. 

F 

G 

Giuochi  giovenali. 

25 

8  Kal. 

G 

G 

17 

La  fine  delle  Brumali.  Solstizio  d'in- 
verno. 

26 

7  Kal. 

i     H 

G 

6 

27 

6  Kal. 

1     A 

G 

... 

A  Febo  per  tre  giorni.  Leva  alla  mat- 
tina il  Delfino, 

28 

5  Kal. 

'     B 

G 

14 

29 

4  Kal. 

G 

F 

1      3 

Tramonta  l'Aquila  alla  sera. 

30 

3  Kal. 

D 

F 

... 

Tramonta  la  Canicola  alla  sera. 

31 

Pridie  K.  Jan. 

E 

F 

i     H 

CALENDARIO  GIULIANO-ROMANO  109 

Spiegazione  di  alcuni  nomi  indicati  neWultima  colonna  del  calendario  precedente. 

Agonali.  Feste  al  9  gennajo,  17  marzo,  22  aprile,  21  maggio  e  11  dicembre  io 
cuore  di  Giano  o  di  Agoaio  che  presedeva  alle  cose  da  farsi. 

Alcione.  Figlia  di  Eolo,  la  quale,  dolente  per  la  morte  del  marito  Ceice,  che  gettato 
da  un  colpo  di  vento  in  mare  naufragò,  ella  pure  vi  si  precipitò.  Amfitrione  avendoli 
cangiati  in  uccelli,  proibì  ai  venti  di  soffiare  ne'  quattordici  giorni  prossimi  al  solstizio 
jemale,  nei  quali  nidificano. 

AUia.  Rivo  del  fiume  Mosso  ne'  Sabini,  famoso  per  la  rotta  che  vi  toccarono  i  Ro- 
mani dai  Galli  Senoni. 

Ambrosiane,  da  Ambrosia,  feste  in  onore  di  Bacco,  dio  del  vino. 

Ancile.  Scudo  caduto  dal  cielo  per  domanda  di  Nuraa  a  Giove.  Nelle  feste  solenni 
di  Marte,  i  sacerdoti  lo  portavano  con  altri  simili  processionalmente  al  Campidoglio 
saltando  e  cantando  inni  ;  ivi  giunti  sedevano  a  sontuoso  banchetto. 

Angeronali.  Feste  in  onore  di  Angerona  Volupia ,  dea  del  piacere  e  del  silenzio  : 
facevansi  sacrifizj  ond'essere  esenti  da  angine,  squinanzie  ed  altri  mali  di  gola. 

Anna  Perenna.  Ninfa  del  fiume  Ncmi ,  che  portò  pane  al  popolo  romano  quando 
erasi  ritiralo  sul  monte  Aventino  :  le  si  facevano  sacrifizj  onde  ottenere  lunga  vita. 
A  questa  meschina  etimologia  si  oppone  l'aver  noi  trovata  questa  dea  fra  le  indiane 
(Storia  Univ.,  lib.  II,  cap.  xiii). 

ApoUinari.  Feste  in  onore  di  Apollo,  dio  della  poesia,  della  musica  e  dell'arte  d'in- 
dovinare, cui  offrivasi  il  toro,  il  porco  e  l'ariete.  Gli  uomini  assistevano  ai  giuochi 
con  una  corona  sulla  lesta;  le  matrone  visitavano  tutti  i  tempj  ;  e  le  cittadine  mangia- 
vano in  pubblico  davanti  le  porte  delle  lor  case. 

Aprimento  0  Chiudimento  del  mare.  Feste  all'epoca  in  cui  cominciava  e  cessava 
la  navigazione,  dagli  idi  di  marzo  a  quelli  di  novembre. 

Aricino.  Bosco  sacro  a  Diana  nella  campagna  di  Roma. 

Aroiiiustro.  Giomo  nel  quale,  con  acque  lustrali,  si  pulivano  le  armi  a  suon  di  trombe. 

Augustali.  Feste  in  onore  d'Augusto,  l'H  ottobre.  Non  si  devono  confondere  con 
quelle  che  celebravansi  nel  mese  piìi  abbondante  dei  frutti,  cioè  nel  sestile  (agosto],  la 
cui  istituzione  perdasi  nel  bujo  dei  secoli,  trovandosi  anche  fra'  Greci  sotto  il  nome  di 
giuochi  nemei^  e  fra  i  Sassoni  sotto  quelli  di  ivead  monad  (Vedi  Consuali). 

Baccanali.  (Vedi  Liberali). 

Bellona.  Dea  delle  battaglie,  sorella  di  Marte,  cui  i  sacerdoti  sacrificavano  col  pro- 
prio sangue. 

Brumali,  breves  aut  hiemales  dies.  Feste  dedicate  a  Bacco. 

Buona  Dea.  Dea  della  pudicizia,  detta  anche  Fauna  o  Fatua,  o  Senta,  cui  al  bujo 
sacrificavano  sole  donne. 

Caprotine.  Le  none  Caprotine  celebravansi  in  onore  di  Giunone  sotto  ficaje  selva- 
tiche dalle  schiave  e  libere  unitamente,  in  commemorazione  del  macello  che  i  Romani 
fecero  dei  Galli,  avvertiti  da  una  fantesca,  la  quale  salita  sur  un  fico  selvatico,  avea 
potuto  accorgersi  che  i  nemici  ubriachi  stavano  nel  campo  immersi  nel  sonno. 

Carisie,  da  charis ,  voce  greca  equivalente  a  grazia:  giorno  di  scambievoli  visite 
e  doni  in  onore  della  dea  Concordia. 

Garmentali.  Feste  in  onore  di  Carmenta,  madre  di  Evandro,  la  quale,  secondo  le 
infelici  etimologie  degli  antichi,  sempre  parlava  in  versi,  onde  la  parola  carrnen,  verso. 

Carna  0  Cardìna.  Dea  0  ninfa  silvestre  amata  da  Giano,  la  quale  custodiva  i  cardini 
delle  porte,  ed  impediva  alle  streghe  di  accostarsi  alla  culla  dei  fanciulli. 

Castore  e  Polluce.  Figli  di  Leda  e  Giove.  Simboli  dell'amicizia:  formano  in  cielo 
una  costellazione,  e  fu  loro  in  Roma  dedicalo  un  tempio  per  aver  fatto  trionfare  la 
cavalleria  romana  contro  la  latina.  Erano  invocati  dai  marinaj  in  occasione  di  procelle. 

Cereali.  Feste  in  onore  di  Cerere ,  e  in  commemorazione  del  ratto  di  Proserpina 
figlia  di  lei. 

Chiodo.  Si  conficcava  un  chiodo  nella  parte  destra  del  tempio  di  Giove  Capitolino, 
0  pe'r  segnare  il  numero  degli  anni,  o  per  placare  l'ira  celeste. 

Circensi.  Giuochi  ne' circhi  od  anfiteatri,  appositamente  costrutti  per  le  corse  dei 


no  CRONOLOGIA 

cavalli,  delle  bighe,  o  quadrighe;  pei  gladiatori  od  atleti;  pei  combattimenti  delle  fiere 
tra  di  loro,  od  altri  spettacoli  aggraditi  molto  al  popolo  romano  (Vedi  Giuochi  romani). 

Compitali.  Feste  in  compids,  cioè  nei  bivj,  trivj,  quadrivj  ecc.  in  onore  degli  Dei  Lari. 

Consuali.  Feste  dei  dodici  consiglieri  di  Giove,  protettore  dei  mesi  e  dell'agricoltura, 
il  cui  preside  era  Conso.  Celebravansi  il  18  del  mese  sestile:  in  una  di  esse  seguì  il 
ratto  delle  Sabine.  Dopo  che  al  sestile  fu  sostituito  il  nome  di  Augustus,  vennero  chia- 
mate ferie  agostane,  da  cui  l'odierno  feragosto, "celebrandosi  anche  a  quel  tempo  con 
pranzi,  regali  ecc.  (Vedi  Augusiali). 

Dionisiache.  Feste  in  onore  di  Dionisio,  nome  di  Bacco. 

Divali.  Lo  stesso  che  Angeronali. 

Estiche,  da  assaggiare  (Vedi  Vinalie). 

Etesj.  Venti  che  spirano  regolarmente  alcuni  giorni  avanti  la  Canicola,  o  Sirio. 

Fabaria,  da  favc.  Nel  mese  in  cui  queste  maturano,  i  Pagani  se  ne  servivano  per  le 
cose  divine, 

Faunali  Feste  in  onore  degli  Dei  campestri,  delle  selve  e  dei  monti,  figliuoli  di 
Fauna  e  di  Saturno. 

Ferali,  da  fercndis  epulis.  Giorni  consacrati  agli  Deiìinfernali ,  nei  quali  portavansi 
cibi  ai  sepolcri,  credendosi  che  negli  ultimi  giorni  di  febbrajo  vi  potessero  girare  intorno 
e  cibarsi. 

Ferie  latine.  I  Latini  d'ambo  i  sessi  sul  monte  Albano  sacrificavano  per  quattro 
giorni,  indi  ritornavano  alla  città  colle  carni  delle  vittime  sagrificate. 

Fidio.  Tempio  dedicato  a  Giove  da  Tarquinio  il  Superbo  nell'anno  284  di  Roma 
(Vedi  Sponsor  e). 

Floreali.  Dicesi  chc  Flora,  gran  meretrice,  avendo  nominato  il  popolo  romano  erede 
delle  molte  ricchezze  acquistate  nell'esercizio  della  sua  professione,  C.  Servilio  avesse 
ordinato  che  i  frutti  dell'eredità  fossero  impiegati  in  giuochi  da  farsi  nel  giorno  nata- 
lizio della  testatrice.  Col  tratto  del  tempo  il  senato,  per  far  dimenticare  la  vergognosa 
origine  dell'eredità,  e  rendere  men  disonesti  essi  giuochi,  finse  che  fosse  la  dea  dei 
fiori,  e  pose  nel  tempio  di  Castore  e  Polluce  il  simulacro  di  lei  fatto  da  Prassitele.  Le 
feste  però  proseguirono  ad  esser  lascive  ;  nam  prceter  verborum  Uceìitiam ,  flagilante 
populo,  nudabantur  meretrices,  qitce  mimarum  functcB  officio  iti  conspeclu  miiìtiludinis, 
ad  satietatein  usque  impudicis  motibus  detinebantur. 

Fontanali.  Feste  in  cui  gettavansi  nelle  fonti  corone  tessute  d'erbe  e  fiori  in  onore 
delle  ninfe. 

Fordicille  0  Fordicali.  Sagrifizj  che  SÌ  facevano  in  onore  della  Terra,  nei  quali  s'im- 
molavano giovenche  pregnanti. 

Fornacali.  Feste  alla  dea  Fornace,  che  presedeva  ai  forni  de'pistrini,  nei  quali  si 
abbrustoliva  il  grano  prima  che  s'inventassero  i  mulini  e  le  macine. 

Fortuna.  Figlia  di  Pallante  e  di  Stige,  la  cui  festa  era  celebrata  dai  possidenti,  ossia 
da  quelli  che  vivevano  senza  alcun'arle.  Molti  templi  eranle  stati  dedicati  sotto  diversi 
cognomi,  cioè  di  Primigenia,  Forte,  Virile,  Visitalrice,  Pubblica,  ecc.  Catulo  per  la 
vittoria  riportata  contro  i  Cimbri,  giusta  il  voto  che  avea  fatto,  le  eresse  un  nuovo 
tempio,  sulla  cui  facciata  pose,  Foriunce  hujusce  diei.  Così  quantunque  la  prima  inten- 
zione riguardasse  il  solo  giorno  del  combattimento,  l'iscrizione  però  era  applicabile  a 
ciascun  giorno  a  perpetuità.  Nell'anno  di  Roma  266,  Marzio  Coriolano  avendo  ceduto 
alla  deputazione  delle  matrone  romane,  il  senato  edificò  un  tempio  che  dedicò  alla 
Fortuna  muliebre. 

Furinali.  Feste  per  placare  Furina,  dea  delle  tempeste  e  dei  fulmini. 

Geniali.  Giuochi  allegri  e  voluttuosi  in  onore  dei  Genj:  ogni  uomo  fin  dalla  nascita 
aveva  un  Genio  particolare  a  sua  tutela. 

Giano.  Presiedeva  alle  feste,  e  qual  portinajo  del  mondo  ne  regolava  i  quattro  car- 
dini. Rapprcsentavasi  perciò  con  un  bastone,  una  chiave  e  quattro  faccie. 

Giovenali.  Giuochi  che  si  celebravano  dalla  gioventù  la  prima  volta  che  si  faceva 
radere  la  barba. 

Giuochi  romani.  I  giuochi  più  Celebri  erano  quelli  che  facevansi  in  giro  nelle  piazze 
0  negli  anfiteatri,  i  quali  per  conseguenza  erano  chiamati  Ludi  magni,  Ludi  rontani^ 
0  Ludi  circenses.  Quelli  in  onore  di  Giove  terminavansi  con  uno  splendido  banchetto. 


CALENDARIO   GIULIANO-ROMANO  ili 

Ne' priniordj  di  Roma,  ad  uno  di  questi  spettacoli  essendo  concorsi  anche  i  Sabini, 
seguì  il  ratto  delie  donne. 

Giuochi  votivi.  Celehravansi  straordinariamente  per  placare  l'ira  degli  Dei,  ai  quali 
attribuivansi  i  tremuoti,  le  malattie  contagiose,  le  perdite  delle  battaglie,  ed  altre  pub- 
bliche disgrazie.  Sovente  i  generali ,  prima  di  partire  per  la  guerra ,  e  qualche  volta 
anche  nel  bollore  della  battaglia,  facevano  voti  di  far  celebrare  giuochi  in  onore  degli 
Dei,  ove  fossero  usciti  vittoriosi. 

Ilarie.  Allegrie  per  l'equinozio  di  primavera  in  onore  di  Cibele  e  di  Pane,  comuni 
coi  Greci. 

Incoronazione  degli   asini   (Vedi    Pistore). 

Indigeti.  Dei  patrj,  ossia  uomini  indigeni  deificati,  come  Romolo  ed  altri. 

Jugale.  Attributo  di  Giunone,  che  presiedeva  ai  matrimonj. 

Larentali  0  Laurentali.  Feste  in  onorc  di  Acca  Laurenzia,  moglie  del  pastore  Fau- 
stulo,  la  quale  nodrì  Romolo  e  Remo;  e  perchè  faceva  del  suo  corpo  a  tutti  copia,  fu 
sopranominata  Lupa.  Queste  feste  celehravansi  nel  Velabro,  ove  oggidì  è  San  Giorgio. 

Lari.  Figli  di  Larunda,  Dei  tutelari  delle  strade,  delle  case,  ed  in  ispecie  dei  focolari 
(Vedi  Muta). 

Larunda  (Vedi  Muta). 

Lectisternj.  Letti  attorniati  da  vivande  che  i  sacerdoti  preparavano  per  i  simulacri 
degli  Dei.  I  più  sontuosi  erano  quelli  disposti  nel  Campidoglio  pel  convito  di  Giove, 
Giunone  e  Minerva.  I  cibi  erano  poi  goduti  dai  sovrantendenti  ai  conviti,  chiamati 
epulones. 

Lemurie.  Feste  chc  celehravansi  di  notte  per  le  Larve,  Fantasmi,  ecc.  Chiudevansi 
i  templi,  perchè  ritenevansi  giorni  di  tristo  augurio  pei  contratti  di  matrimonio. 

Liberali.  Feste  in  onore  di  Bacco,  detto  anche  Libero.  Le  donne  in  figure  di  ninfe 
ballavano  cogli  uomini  vestiti  all'eroica.  I  giovani  liberi  (non  schiavi)  assumevano  la 
toga  virile. 

Licnapsie,  Accetisio  lucemarum.  Tempo  in  cui  cominciavasi  a  cenare  coi  lumi.  Se- 
condo Grevio,  si  dovrebbe  scrivere  Lijcnapsia,  e  meglio  Lychnapsia,  da  /•jx'''o;. 

Lucarie,  da  lucus.  Feste  nel  gran  bosco  tra  la  via  Salaria  ed  il  Tevere,  ove  i  Romani, 
vinti  dai  Galli,  si  rifuggirono  a  salvamento. 

Lucina.  Nome  proprio  della  Luna.  Era  anche  sopranome  di  Giunone  preside  ai  parti. 

Lupercali.  Feste,  secondo  alcuni,  in  onore  di  Luperca  (Vedi  Larentali)  ;  secondo  altri 
in  onor  di  Pane,  inventore  della  zampogna.  Facevaosi  ad  uno  speco  sotto  il  monte 
Palatino,  ov'era  adorato  Fauno.  1  giovani  correndo  nudi,  percuotevano  con  istaffili  di 
pelle  caprina  tutti  quelli  che  incontravano.  Le  donne  credendo  che  queste  percosse 
agevolassero  i  matrimonj  e  i  parli,  non  le  sfuggivano,  anzi  presentavano  la  mano  per 
ricevere  il  colpo. 

Madre  degli  Dei  condotta  a  Roma.  Era  Vesta,  figlia  di  Demogorgone,  moglie  d'U- 
rano, madre  di  Saturno,  conosciuta  anche  sotto  i  nomi  di  Cibele,  Berecinzia,  Rea,  Pale, 
Opi,  ed  anche  di  Madre  Idea,  dal  monte  Ida,  ov'era  onorata  con  culto  particolare.  I  libri 
Sibillini  dicevano  che  nessuno  straniero  avrebbe  potuto  impossessarsi  colle  armi  del- 
l'Italia, ove  la  Gran  Madre  degli  Dei,  che  era  a  Pessinunte  nella  Frigia,  fosse  stata 
trasportata  a  Roma.  Nel  547  il  senato  pensò  di  spedire  con  cinque  quinqueremi  un'am- 
basceria di  cinque  ragguardevoli  personaggi  ad  Atalo  re  di  Pergamo,  onde  ottenere  il 
trasporto  della  dea.  Il  senato  avvisato  dell'ottenuta  domanda,  e  del  giorno  in  cui  la 
Gran  Madre  sarebbe  arrivata  al  Tevere,  die'  ordine  al  giovine  Scipione  di  portarsi  ad 
Ostia  con  tutte  le  dame  romane  ad  incontrarla  e  riceverla  dalle  mani  dei  sacerdoti  di 
Pessinunte,  per  indi  passarla  in  quelle  delle  dame,  le  quali  tutte  vollero  aver  la  gloria 
di  portare  ,  fra  addobbi ,  incensi  ed  acclamazioni  dell'affollato  popolo ,  sì  prezioso 
carico  fin  al  monte  Palatino,  ove  fu  deposto  nel  tempio  della  Vittoria.  Era  una  pietra 
informe. 

Maimactes.  Gli  Ateniesi,  nel  mese  procelloso  di  maemacterion,  celebravano  feste  in 
onore  di  Giove,  onde  renderlo  propizio  e  ottenerne  un  mite  inverno.  Anche  i  Romani, 
nel  1°  di  settembre,  porgevano  suppliche  al  cielo,  onde  facesse  cadere  moderate  pioggia 
ed  allontanasse  le  grandini,  i  fulmini  e  le  procelle. 
Mani.  Le  anime  dei  defunti. 


112  CROMOLOCU 

Mania  (Vedi  Muta). 

MatralJare.  Feste  alla  madre  Matuta ,  delta  anche  Aurora,  Leucotea,  Alba,  Ino  e 
Fortuna,  figliuola  di  Cadmo,  matrigna  dei  figli  che  Atamante  ebbe  da  Nefele.  A  queste 
feste,  nelle  quali  mangiavansi  focacce  e  torte  fatte  alla  rustica,  non  potevano  aver  parte 
le  fantesche. 

Matronali.  Feste  delle  donne  di  casa  nel  1°  di  marzo,  cui  non  prendevano  parte 
i  celibi;  laonde  Orazio;  Martiis  ccelebs  quid  agam  calendis? 

Matuta  (Vedi  Malraliane). 

Meditrinali.  Feste  sacre  a  Mitrina,  dea  della  medicina,  nelle  quali  assaggiavasi  il 
vino  nuovo,  e  faceansi  libagioni  col  vecchio. 

Megalesie.  Giuochi  in  onore  di  Cibele.  I  sacerdoti  nel  sacrificare  volgevano  il  capo 
ed  aggiravansi  attorno,  perchè  supponevasi  che  questa  dea  facesse  andar  gli  uomini  in 
furore.  Rappresentavansi  commedie;  onde  tutte  quelle  di  Terenzio,  eccetto  gli  Adelf-, 
portano  l'indicazione  acia  ludis  megalensìbus. 

Mercuriali.  Feste  de'  mercanti  in  onore  di  Mercurio,  figlio  di  Giove  e  di  Maja,  mes- 
saggiero  dei  numi  e  dio  dell'eloquenza. 

Moneta,  da  moneo  {avvisare).  Sopranome  dato  a  Giunone,  cui  da  Camillo  Furio 
fu  dedicato  un  tempio  in  occasione  che  la  dea  avvisò  i  Romani  del  giorno  in  cui  doveva 
succedere  il  tremuoto,  onde  si  preparassero  alle  sue  funeste  conseguenze. 

Muta,  detta  anche  Mania  e  Larunda;  dea  madre  dei  Lari,  alla  quale  fu  strappata  la 
lingua  per  avere  scoperta  a  Giunone  l'infedeltà  di  Giove. 

Nettunali.  Feste  in  onore  di  Nettuno. 

Opaliane.  Feste  in  onore  della  dea  Opi.  Si  faceano  profumi  con  aglio. 

Opi.  Ninfa  compagna  e  ministra  di  Cerere. 

Opiconsive.  Feste  alla  Terra,  moglie  di  Saturno,  opem  et  consilium  ferens.  Non  en- 
travano nel  tempio  di  lei  che  i  sacerdoti  e  le  Vestali. 

Pacali.  Anniversario  della  consacrazione  del  tempio  della  Pace,  eretto  alle  falde  del 
Campidoglio  da  Augusto,  e  perfezionato  da  Agrippa. 

Parricida.  Anniversario  dell'assassinio  di  Giulio  Cesare,  padre  della  patria. 

Palilie.  Feste  de'  Pastori,  in  onore  di  Pale  loro  dea  ,  onde  ottenere  la  salute  delle 
pecore  e  la  loro  prolificazione.  Queste  feste  celebravansi  nel  21  aprile,  quando  furono 
gettate  le  fondamenta  di  Roma. 

Penati.  Dei  domestici  di  ciascuna  famiglia,,  da  penus,  provisione  necessaria  al  vitto 
che  si  conserva  nell'interno  delle  case. 

Pianepsie,  COSÌ  dette  dalle  fave  che  si  offrivano  ad  Apollo. 

Piscatorj.  Giuochi  chc  il  pretore  dava  ogni  anno  ai  pescatori  transteverini. 

Pistore.  Attributo  di  Giove.  In  questo  giorno,  dopo  i  sacrifizj,  i  fornaj  e  pistori  mon- 
tali su  asini  coronati  di  ghirlande  correvano  per  le  vie  della  città. 

Poplifuga.  Commemorazione  del  giorno  in  cui  i  Romani,  essendo  stati  il  dì  innanzi 
messi  in  fuga  dai  Toscani,  riportarono  sui  nemici  segnalata  vittoria.  Vogliono  altri  che 
in  questo  dì  si  ricordassero  altre  circostanze,  in  cui  il  popolo  si  rifuggì  sull'uno  o  sul- 
l'altro dei  colli  di  Roma. 

Porrima  e  Postversa.  Compagne  di  Carmeuta  ;  la  prima  cantava  le  cose  passate, 
l'altra  le  future.  Postversa  presiedeva  anche  ai  cattivi  parti,  quando  cioè  uscivano  i  piedi 
prima  ilei  capo. 

Portunnali.  Fcste  in  OHorc  di  Portunnio,  dio  marino,  custode  dei  porti,  figlio  di 
Atamante  e  Aurora,  conosciuto  anche  sotto  il  nome  di  Melicerto  e  Palemone. 

Prestiti,  protettori.  Attributo  che  ciascuna  famiglia  dava  agli  Dei  Lari  da  essa  fissati 
a  custodire  e  proteggere  la  propria  casa, 

Quinquatrie.  Feste  ìu  onore  di  Minerva  per  cinque  giorni:  nel  primo  si  facevano 
de'  sacrifizj,  negli  altri  (|uattro  i  gladiatori  si  battevano  nei  teatri. 

Quirinali.  Fostc  in  OHore  di  Quirino,  cognome  di  Romolo. 

Ramali,  od  Oscoforie.  Feste  in  onore  di  Bacco  ,  nelle  quali  si  portavano  in  pro- 
cessiono tralci  di  viti,  carichi  di  grappoli. 

Ratto  delle  Sabine  (Vedi  Giuochi  romani). 

Regifuga.  La  cacciata  dei  Re. 


CALENDAIIIO   GIULIANO-ROMANO  jiò 

Rubigali,  0  Robigali.  Fcstc  istituite  da  Numa  in  onore  della  dea  Robigo,  affinchè 
preservasse  le  biade  dalla  rubigine.  Si  sono  conservate  da  noi  nelle  lìoyazioni. 

Saturnali.  Feste  in  onore  di  Saturno  che  presiedeva  alla  coltura  dei  campi.  A  questo 
dio  i  sacerdoti  sucrilicavano  col  capo  scoperto,  mentre  in  tutti  gli  altri  tenevano  il  capo 
velato.  Nella  libertà  di  tali  feste  sedea no  ad  egua.l  posto  le  varie  condizioni  di  persone; 
onde  Stazio 

Una  vescimur,  omnis  ordo,  mensa  : 
Parvì\  [(vmina,  plebs,  eques,  senatus. 

Sementine.  Fesle  in  occasione  della  seminajiicme  dei  campi. 

Sigillarie.  Giorni  di  visita  fra  i  parenti  ed  amici,  ne' quali  scambiavansi  immagini, 
sigilli,  piccole  strenne.  Seguivano  immediatamente  alle  Saturnali. 

Sospita,  salvatrice  o  di  buona  speranza.  Attributo  di  Giunone,  alla  quale  i  Consoli 
sacrificavano  onde  averne  buon  consiglio. 

Sponsore,  malleradore  e  (garante.  Attributo  di  Giove  che  presiedeva  ai  contratti  nu- 
ziali. I  Sabini  dedicarono  un  tempio  sul  monte  Quirinale  a  questo  dio,  chiamato  anche 
Fidio,  Sanco,  Semipadre. 

Statore.  Attributo  dato  da  Romolo  a  Giove  per  aver  fermata  la  fuga  de'  Romani  in- 
seguiti dai  Sabini,  sopra  i  quali  riportarono  poi  segnalata  vittoria. 

Summano ,  da  Summus  Manium.  Cognome  di  Plutone,  cui  attribuivansi  i  fulmini 
della  notte,  come  a  Giove  quelli  del  giorno. 

Terminali.  Fcste  del  dio  Termine,  sotto   la  cui  tutela  erano  i  confini  dei  campi, 

Tubilustrium.  Giomo  destinato  a  pulire  con  acque  lustrali  le  trombe  sacre  a  Mi- 
nerva e  a  Vulcano,  ed  a  provare  il  loro  suono.  Una  consimile  cerimonia  praticasi 
in  oggi  per  la  benedizione  delle  bandiere. 

Vejove.  Giove  infante,  a  lato  del  cui  simulacro  ponevasi  quel  d'un  agnello.  11  suo 
tempio  era  al  sacro  querceto,  ossia  al  bosco  dell'asilo  pei  delinquenti. 

Vertunno.  DÌO  italico  corrispondente  al  greco  Proteo  ;  amante  di  Pomona,  che  si 
cangiava  in  tutte  le  forme,  e  sotto  la  cui  tutela  erano  i  frutti  degli  alberi. 

Vestaliane.  Feste  in  onore  di  Vesta,  figlia  di  Saturno  e  della  Terra,  invenlrice  del 
fuoco,  e  dea  della  castità. 

Vinalie.  Feste  che  si  celebravano  due  volte  all'anno,  in  onore  di  Giove  e  Venere; 
la  prima  nel  23  aprile,  quando  si  spillavano  i  vini  nuovi;  l'altra  nel  19  agosto,  per 
ottenere  un  tempo  propizio  alla  vendemmia. 

Vittoria.  Figlia  dello  Stige  e  di  Pallante.  Giove,  in  premio  dell'assistenza  prestatagli 
da  lei  nella  guerra  contro  i  Giganti,  ordinò  che  quegli  Dei  che  avesser  giurato  per  Slige 
madre  di  Vittoria,  non  potessero  più  bere  il  nettare,  ove  avessero  infranto  il  giura- 
mento. Durante  la  guerra  dei  Sanniti,  i  Romani  fabbricarono  un  tempio  a  questa  divi- 
nità, in  onore  della  quale  Siila  instituì  dei  giuochi.  Nel  tempio  di  Giove  Capitolino 
venne  deposta  la  famosa  statua  d'oro  di  lei,  pesante  libbre  320,  stata  ai  Romani  man- 
data in  dono  da  Cerone  re  di  Siracusa. 

Vitulazioni.  Feste  in  onore  di  Viiula,  dea  delle  allegrie  e  della  vita. 

Volpi  Dopo  le  corse  dei  cavalli  si  facevano  correre  le  volpi  con  sarmenti  accesi 
alle  code. 

Volturnali.  Fcstc  in  onore  di  Volturno  dio  del  Tevere. 

Vulcanali.  Feste  nel  Circo  massimo,  cioè  nell'anfiteatro  di  Tarquinio,  in  onore  di 
Vulcano,  dio  del  fuoco  e  delle  fucine.  1  suoi  fabbri,  chiamati  Ciclopi,  erano  giganti 
con  un  sol  occhio  in  fronte,  e  fabbricavano  i  fulmini  e  le  armature  per  Giove  e  per 
altri  numi. 

Noi  abbiamo  in  queste  spiegazioni  riferito  e  le  favole  e  le  interpretazioni  degli  scrit- 
tori di  fasti  ;  lasciando  ai  nostri  lettori  la  cura  di  correggerle  colle  ben  diverse  che 
esibimmo  nella  Storia  Universale. 

§  S^.    —   Riforma  gregoriana   del   calendario. 

La  difficoltà  de' calendarj  venne  in  ogni  tempo  dalle  feste  solari  e  lunari.  Le  prime 
erano  fisse,  mobili  le  altre;  e  si  fatica  a  stabilire  la  coincidenza  fra  i  movimenti  dei 
due  astri.  Ne  conseguì,  fra  1  popoli  meno  avanzati,  un  gran  disordine  nel  (juadro  delle 
C.\NTii,  Documenti.  —  Tomo  1,  Cronologia.  8 


114  CRONOLOGIA 

feste:  i  più  colti  riuscirono  a  collocare  solennità  annuali  alle  congiunzioni  ed  opposi- 
zioni di  certe  lune.  Il  problema  restò  viepiù  complicato  da  altri  periodi  particolari, 
come  le  none  o  le  settimane,  che  non  dividono  esattamente  né  il  mese  né  l'anno. 

Sosigene,  astronomo  d'Alessandria,  principale  autore  della  riforma  giuliana,  fissò 
l'equinozio  di  primavera  al  23  marzo:  ma  la  differenza  di  undici  minuti  e  dodici  se- 
condi fra  l'anno  suo  e  il  vero,  ogni  centoventinove  anni  faceva  precedere  d'un  giorno 
esso  equinozio,  sicché  al  tempo  del  concilio  di  Nicea  (35!i)  cadeva  al  23  marzo.  Già 
agli  antichi  Ebrei,  che  rozzamente  regolavano  l'anno  secondo  le  lune,  era  stato  cagione 
di  darvi  miglior  ordine  la  celebrazion  delle  feste:  imperocché  a  Pasqua  doveano  essi 
mangiare  l'agnello  pasquale,  e  offrir  le  primizie  dell'orzo  ;  a  Pentecoste,  due  pani  fatti 
col  frumento  nuovo  ;  le  solennità  de'  Tabernacoli  doveano  succedere  dopo  finita  la  ven- 
demmia e  raccolti  gli  ulivi:  era  duque  necessaria  l'intercalazione  acciocché  tornassero 
tali  feste  in  tempi  da  poter  consumare  quei  riti.  Per  egual  modo  il  doversi  celebrare  la 
Pasqua  nel  plenilunio  che  succede  all'equinozio  di  primavera,  fece  che  i  Cristiani  po- 
nessero mente  all'accennata  variazione,  della  quale  i  Padri,  radunati  nel  concilio  Niceno, 
non  seppero  trovar  la  ragione. 

Nel  Ì2S7,  la  precessione  era  di  undici  giorni:  tre  anni  dopo,  l'astronomo  inglese 
Giovanni  di  Sacrobosco  avvertiva  la  necessità  d'una  riforma;  alcuni  la  tentarono  nel 
secolo  XIV,  principalmente  Pier  Filomena,  Nicolò  Gregora  e  Isacco  Argira:  se  ne  trattò 
pure  nel  concilio  di  Costanza  del  1414,  e  in  quel  di  Basilea  nel  1456  e  1459,  senza 
effetto.  Papa  Sisto  IV,  pensandovi  efficacemente,  chiamò  a  Roma  il  celebre  astronomo 
Giovanni  Regiomontano;  ma  questi  morì  nel  1476,  appena  messa  mano  all'opera. 
Si  tornò  ad  avvisare  gli  errori  del  calendario  giuliano  nel  concilio  Lateranese  nel  1517- 
poi  in  quel  di  Trento,  il  quale  ordinò  la  riforma.  Molti  scritti  uscirono  allora  in  propo- 
sito, fin  che  Gregorio  XIII,  convocati  a  Roma  i  personaggi  più  versati  in  tali  studj, 
occupò  dieci  anni  a  discutere  le  varie  formole  a  ciò  presentategli,  singolarmente  dal 
perugino  Ignazio  Danti  domenicano,  autore  del  gnomone  di  San  Petronio  a  Bologna, 
e  dal  gesuita  Cristoforo  Clavio  di  Bamberga.  Intanto  Luigi  Lilio,  medico  calabrese  di 
nessun  nome,  ideava  il  metodo  più  spediente  a  corregger  l'errore:  ma  morto  prima 
di  darvi  compimento,  suo  fratello  Antonio  terminò  il  lavoro  e  l'offerse  al  pontefice,  che 
nel  1577  ne  mandò  copia  a  tutti  i  principi,  alle  repubbliche  e  alle  accademie  cattoliche. 
Avutane  l'approvazione,  Gregorio  pubblicò  il  nuovo  calendario  l'anno  1582,  soppri- 
mendo dieci  giorni  tra  il  5  e  il  15  ottobre.  In  esso  l'anno  é  fissato  a  565  giorni,  5  ore, 
49';  e  che,  ogni  quattro  anni,  uno  sia  bisestile,  tranne  il  quarto  secolare  come  fu  il 
1800.  Questa  correzione  s'approssima  tanto  al  vero,  che  sol  dopo  4238  anni  i  minuti 
residui  sommeranno  ad  un  intero  giorno,  di  cui  sarà  preceduto  l'equinozio.  Chi  allora 
vivrà  ci  proveda. 

Per  rispetto  all'abitudine,  il  calendario  gregoriano  lasciò  sussistere  la  divisione  del 
giuliano  in  mesi  capricciosamente  lunghi  di  30  o  di  31  giorno;  e  il  cominciar  l'anno 
circa  otto  giorni  dopo  il  solstizio,  in  modo  che  il  principio  dei  mesi  non  corrisponde 
coll'entrar  del  sole  nei  varj  segni  dello  zodiaco.  E  semplicità  e  naturalezza  e  venustà  si 
sarebbe  potuto  ottenere  cominciando  l'anno  col  giorno  solstiziale,  e  facendo  i  mesi 
alternamente  di  50  e  di  51  giorno,  eccetto  l'ultimo  di  29,  e  di  30  nei  bisestili  5  0  meglio 
ancora,  facendo  di  51  giorno  i  mesi  tra  l'equinozio  primaverile  e  l'autunnale,  di  30  gli 
altri,  e  scemo  il  dicembre;  col  che  i  principj  dei  mesi  avrebbero  combinato  quasi  ap- 
punto coll'ingresso  del  sole  ne'  segni  dello  zodiaco. 

Però  il  calendario  gregoriano,  dopo  viva  opposizione,  fu  adottato  da  tutti  gli  Europei. 
Primi  per  la  bolla  papale  lo  accettarono  i  cattolici  Francesi,  Italiani,  Spagnuoli,  Porto- 
ghesi ;  gli  Ungheresi  nel  1587-,  l'anno  avanti  i  Polacchi;  nel  1699  gli  Stati  protestanti 
di  Germania;  nel  1700  l'Olanda,  la  Danimarca  e  quasi  tutta  la  Svizzera;  gl'Inglesi  nel 
1752;  l'anno  seguente  gli  Svedesi;  ed  oggimai  tutti  gli  Europei,  eccetto  i  Greci  si 
Russi  che,  serbando  il  vecchio  stile,  aumentano  un  giorno  ogni  128  anni,  ed  ora  sono 
in  ritardo  di  dodici  giorni. 

Vuoisi  ricordare  che  i  Persiani  nel  secolo  xi  fecero  una  riforma  di  grand'csattezza; 
poiché  nel  periodo  di  33  anni  intercalavano  l'anno  4°,  8",  12",  16°,  20°,  24°,  28°,  .55°, 
come  usano  tuttora  i  Copti. 

Presso  i  Messicani  Irovossi  l'anno  di  565  giorni,  distribuito  in  18  mesi  di  20  giorni. 


METODO   TER    TROVARE    LE    FESTE   MOBILI  H5 

più  S  epagomcni  ;  e  poiché  dividevano  anche  l'anno  in  periodi  di  13  giorni,  corrispon- 
denti alle  nostre  settimane,  un  di  questi  aggiungevano  al  fine  del  ^2  anno,  col  che 
rimettevano  la  concordanza  fra  l'anno  civile  e  l'aslronomico. 

§  2S    —  Metodo  per  trovare  le  feste  mobili. 

Resta  ora  che  assegniamo  il  modo  di  trovar  la  pasqua  d'ogni  anno  ;  il  che  costituisce 
la  chiave  di  tutte  le  feste  mobili. 

Per  calcolare  il  giorno  di  pasqua  richiedevasi  una  volta  il  concorso  di  molti  cicli  e 
simboli,  com'erano  l'epatta ,  il  numero  d'oro,  il  ciclo  solare,  la  lettera  domenicale  ; 
e  tuttora,  per  abitudine,  si  trovano  registrate  queste  nei  calendari:  ma  sono  resi  affatto 
inutili  dalla  formola  scoperta  nel  1800  da  Gauss  professore  di  Gottinga,  di  cui,  dice 
Deliimbre,  le  poche  linee  suppliscono  all'enorme  volume  di  Clavio  di  700  pagine  in- 
folio.  Eccola: 

Proposto  l'anno  di  cui  vuoisi  cercar  la  pasqua,  dividasi  per  19,  e  sia  a  l'avanzo. 

Dividasi  il  numero  stesso  per  4,  e  sia  6  il  residuo. 

l)ÌAÌdasi  ancora  per  7,  e  sia  e  il  residuo. 

Poi  19a-4-  m  dividasi  per  50,  e  sia  d  il  residuo. 

Poi  26 -f- 4c -+- 6rf -»- n  dividasi  per  7,  e  sia  e  l'avanzo. 

La  pasqua  nell'anno  cercato  sarà: 

ai  22^d-+-e  di  marzo, 
o  ai   d  -t-e  —  9  di  aprile. 

Spieghiamo  il  valore  della  m  ed  n.  Se  l'anno  proposto  è  anteriore  alla  correzione 
gregoriana,  cioè  al  1382,  o  se  si  riferisce  a  paese  dove  essa  correzione  non  sia  o  non 
fosse  ancora  ricevuta,  m  è  =13;  n  =  6. 

In  paesi  e  in  tempi  ove  sia  stata  fatta  l'emendazione,  il  loro  valore  è  rappresentato 
dalla  seguente  tabella  : 

Dal  1382  al     1699  m  =  22  n  =  3 

1700  1799            23          5 

1800  1899            23          4 

1900  1999            24          5 

Esempio:  Si  cerchi  in  che  giorno  sarà  la  pasqua  nel  1865. 

Divido  1863  :  19,  ed  ho  il  residuo  3 
:     4  »  i 

:     7  »  3 

19X3^23  =  80  :  30  =  2  col  residuo  20, 
2H-12-+-120-t-4  =  228  :  7  =  32  col  residuo  4. 

Avrem  dunque  la  pasqua  ai  22  -«-20-1-4,  cioè  46  di  marzo,  vale  a  dire  ai  13  aprile; 
ossia  ai  20  -+■  4  —  9  aprile,  cioè  ancora  ai  13. 

Qualora  uscisse  il  26  aprile,  bisogna  sottrarre  una  settimana,  cioè  portar  la  pasqua  ai  19. 

Trovata  la  pasqua,  si  han  le  altre  feste  mobili.  Il  64  giorno  avanti  pasqua  è  la  settua- 
gesima;  la  domenica  dopo  questa  è  la  sessagesima  ;  indi  la  quinquagesima:  il  mercoledì 
seguente  è  il  di  delle  ceneri  alla  romana;  poi  vien  la  domenica  di  quaresima;  quaranta 
giorni  dopo  di  pasqua  si  ha  l'ascensione  ;  dopo  altri  dieci  la  pentecoste  ;  e  nel  sessaotuno 
il  Corpus  Domini.  L'avvento  comincia  la  domenica  che  cade  fra  il  27  novembre  inclu- 
sive, e  il  3  dicembre  inclusive  anch'esso:  l'avvento  ambrosiano  precede  di  due  setti- 
mane. Le  tempora  d'autunno  sono  il  mercoledì ,  venerdì  e  sabbato  immediatamente 
posteriori  al  14  settembre. 

Corre  volgarmente  l'opinione  che  una  legge  vieti  ai  Cristiani  di  celebrar  la  pasqua 
il  giorno  stesso  che  gli  Ebrei,  e  ciò  è  scritto  in  diversi  libri.  Pure  tal  legge  non  sussiste, 
né  fu  messa  in  pratica  mai.  Papa  Vittore  decretò  bensì  che  la  pasqua  non  si  celebrasse 
in  qualunque  giorno  della  settimana,  come  sogliono  gli  Ebrei,  ma  sempre  in  domenica. 
Anzi  l'anno  seguente  a  quel  del  concilio  di  Nicea,  cioè  il  326,  la  pasqua  dei  Cristiani 


H6  CRONOLOGIA 

coincideva  con  quella  degli  Ebrei ,  e  fu  celebrata  senza  ostacolo  di  sorta.  Altrettanto 
accadde  il  1602  e  il  leOQ,  poi  il  -1805,  il  1823;  e  nel  secolo  seguente  avverrà  il  1903, 
1923,  1927,  19S4,  1981. 

In  questi  anni  la  pasqua  cadde  o  cadrà  in  domenica,  e  nel  giorno  appunto  del  ple- 
nilunio. Erra  dunque  chi  crede  sia  ordinato  che  quando  la  luna  si  compisce  in  dome- 
nica,  abbia  a  trasportarsi  la  pasqua  alla  domenica  seguente.  Al  contrario  il  concilio 
Niceno  dichiara  che  in  tal  caso  la  domenica  è  eminentemente  opportuna  a  questa  solen- 
nità. E  per  vero,  il  trasferirla  recherebbe  la  pasqua  al  22"  giorno  della  luna,  cioè 
all'ultimo  suo  quarto,  ciò  che  sarebbe  in  precisa  contraddizione  colla  volontà  de'  concilj. 
Nel  secolo  corrente  la  pasqua  fu  o  sarà  in  giorno  di  plenilunio  gli  anni  1802,  1805, 
1818,  1822,  182o,   1829,  1842,  1845,  1869,  1875. 

Sarebbe  per  certo  un  miglioramento  se  si  rendesse  stabile  la  festa  di  pasqua  come 
le  altre,  e  la  Chiesa  id,  suo  jure  utens ,  libere  facere  posset  (Romani  calendarii  a  Gre- 
gorio XIII  p.  m.  restituii  explicatio  per  Chiustopuoiìum  Clavium.  Roma  1G03).  Oltre 
però  l'antica  consuetudine,  grand'ostacolo  ad  ogni  innovazione,  la  Chiesa  volle  con- 
servar mobile  questa  festa  propter  sacramentum  et  recondita  mysteria  quce  in  hujusmodi 
celebratione  paschw  resurrectionis  doininicce  includunlur. 

§  26.  —  Di  alcune  date  ecclesiastiche. 

La  pietà  del  medioevo,  che  associava  ad  ogni  evento  idee  religiose,  distinse  spesso 
le  epoche  col  nome  del  santo  che  commemoravasi  nel  giorno  in  cui  accadde  ciascun 
fatto.  Così  dicevasi  che  nel  dì  di  san  Lorenzo  Ottone  trionfò  degli  Ungheri-,  che  a 
sant'Agnese  fu  sconfitto  Lodrisio  Visconti;  che  a  san  Sisinio  i  collegati  Lombardi  vin- 
sero a  Legnano  ... 

E  carte  ed  alti  sono  spesso  notati  con  forme  desunte  da  usi  ecclesiastici;  come  il 
santo,  ovvero  le  feste  correnti,  o  l'evangelio  che  leggevasi  quella  domenica,  ovvero  le 
prime  parole  dell'introito  della  messa;  il  quale  stile  dura  tuttavia  per  contrassegnare 
le  domeniche  di  quaresima. 

Soggiungiamo  qui  alcune  di  simili  date: 

A.  D.,  ante  diem^  ad  diem ,  e  fors'anche  post  diem.  Il  giorno  medesimo  indicato 
dalla  cifra.  • 

Ammalato  di  trentotCanni.  Il  venerdì  della  prima  settimana  di  quaresima. 

Anastasimus.  Giorno  di  pasqua  presso  i  Greci. 

Antipascha.  La  seconda  domenica  dopo  pasqua  pei  Greci,  e  la  prima  per  noi. 

Apparino  Domini.  11  6  gennajo. 

Baptisterium.  Nome  che  danno  gli  Armeni  all'Epifania. 

Benedicta.  Il  giorno  della  Trinità,  dalla  prima  parola  dell'introito. 

Bohordicum.  La  prima  e  seconda  domenica  di  quaresima,  da  una  giostra  con  bastoni 
che  in  essa  costumavasi. 

Bordce ,  Brandones ,  Buroe.  La  prima  domenica  di  quaresima  e  tutta  la  settimana. 

Broncheria.  La  domenica  delle  palme;  e  anche  Osanna^  Pascha  competentium,  Pascha 
florum. 

Calenes,  Calendes.,  Chalendes.  Il  giorno  di  natale  in  Provenza. 

Candela.  La  terza  parte  della  notte,  che  divideasi  in  tre  candele. 

Candelatio,  Candelaria.  Il  dì  della  candelaja,  ossia  della  purificazione,  2  febbrajo  ; 
e  anche  Pentìiesis  presso  i  Greci. 

Capitilavium.  La  domenica  delle  palme,  in  cui  lavavasi  il  capo  ai  battezzandi. 

Caput  jejutiii.  Le  Ceneri. 

Carementranum,  Caremprenium.,  Quadresmentanum,  Carenientrant.  Il  martedì  grasso; 
e  anche  Carnicapium,   Carni plarium. 

Carniprivium.  Il  primo  giorno  di  quaresima,  e  talvolta  la  domenica  di  settuagesima. 

Charitas  Dei.  La  pentecoste. 

Chei'etismm.  i^'annunziazionc  della  B.  V. 

Cieco-nato.  Il  mercoledì  della  (juarta  settimana  di  (luarcsima. 


M  ALCUNE  DATfi   ÈflCLfiStASTJClIK  HI 

Clausum  Pascha,  La  domenica  in  albis,  cioè  la  prima  dobietìica  dopo  pasfjua  di 
risurrezione. 

Clausum  Pentecostes.  La  festa  delia  Trinità. 

Cfcna  Domini.  Il  giovedì  santo;  e  anche  Natalis  calicis,  Dies  absolutionis. 

Consiglio  degli  Ebrei.  11  venerdì  avanti  la  domenica  delle  palme. 

Correzione  fraterna.  11  martedì  della  terza  settimana  di  quaresima. 

Cruces  ìiigrw.  Processione  di  san  Marco. 

Dcemon  mutus.  I.a  terza  domenica  di  quaresima. 

Deposilio.  11  giorno  della  morte  d'un  santo  non  martire. 

Dies  adoratus.  Il  venerdì  santo. 

Dies  animarum.  II  2  novembre. 

Dies  cegyptiaci,  giorni  creduti  infausti.  Dies  pingues,  i  giorni  grassi.  Dies  sancti^ 
la  quaresima. 

Dies  felicissimus.  Il  giorno  di  pasqua  ;  e  anche  Solemnitas  solemnitatum. 

Dies  mysteriorum.  Il  giovedì  santo  nella  Siria  e  presso  altri  popoli  del  Levante,  Vi- 
ridiuìn,  nel  Nord. 

Divisio  Apostolorum.  11  15  luglio. 

Domenica  del  Buon  Pastore.  La  seconda  domenica  dopo  pasqua. 

Domenica  prima  che  Dio  fosse  venduto.  La  sera  delle  Palme. 

Dominica  Asoti,  ossia  del  Figliuol  prodigo.  La  settuagesima  presso  i  Greci. 

Dominica  de  carne  levario.  La  domenica  di  quaresima  presso  coloro  che  cominciano 
il  digiuno  nel  mercoledì  che  vien  dopo  questa  domenica. 

Dominica  misericordice.  La  quarta  domenica  dopo  pentecoste  presso  i  Latini,  prima 
del  XII  secolo. 

Dominica  rosee,  Dominica  rosata.  La  domenica  dell'ottava  dell'ascensione,  in  cui  il 
pontefice  benedice  una  rosa  d'oro  e  la  manda  in  dono. 

Dominica  vacans.  Nella  Chiesa  latina  le  due  domeniche  fra  natale  e  l'epifania:  così 
dicevansi  Dominicce  vacantes  le  domeniche  che  seguono  i  sabbati  delle  quattro  tempora 
e  dell'ordinazione. 

Feria  calida;  la  fiera  calda  o  di  san  Giovanni  Battista  a  Troyes  in  Sciampagna.  Feriai 
frigida;  la  fiera  del  l"  ottobre  nella  medesima  città. 

Festa  paschalia.  La  natività,  la  risurrezione  e  la  pentecoste  presso  gli  autori  eccle" 
siastici  greci  e  latini. 

Festum  asinorum.  Il  2o  dicembre  a  Rouen  ;  il  ii  gennajo  a  Beauvais. 

Festum  architriclini.  La  seconda  domenica  dopo  l'epifania. 

Festum  campanarum.  11  2o  marzo  in  alcune  provincie  della  Francia. 

Festum  herbarum.  L'assunzione  della  B.  V.  ;  e  anche  Pausatio  Sanctce  Maricp. 

Festum  primitiarum,  o  primitivum.  Il  1°  agosto. 

Festum  stelke.  11  6  gennajo. 

FeUum  evangelismi.  La  quinta  domenica  dopo  pasqua. 

Festum  stultorum.  11  i^  gennajo  in  molte  città  della  Francia. 

Festum  valletorum.  La  domenica  dopo  san  Dionigi. 

Genethliacus  dies  Constant inopoli lance  urbis.  Vìi  maggio. 

Giouli.  È  il  nome  che  dà  Beda  ai  due  mesi  di  dicembre  e  gennajo,  perchè  nell'anno 
lunisolare  degli  antichi  Anglo-sassoni  il  solstizio  cadeva  ora  nell'uno  ora  nell'altro  mese. 

Hebdomada  expectalionis.  La  settimana  dopo  l'ascensione. 

Hebdomada  magna,  o  muta,  o  aulhentica,  o  crucis,  o  indulgentice.  La  settimana  santa.- 

Hebdomas  diacanesima.  La  prima  settimana  di  pasqua  presso  i  Greci. 

Hypapanti,  Hypante,  Hypanta  in  latino  Occursus.  La  presentazione  al  tempio  di  N.  S=. 

Indictum.  La  fiera  del  Lendit,  in  commemorazione  di  san  Dionigi  in  Francia. 

Lcetare.  La  quarta  domenica  di  quaresima,  dalla  prima  voce  dell'introito. 

Lardarium.  11  martedì  grasso  nel  Limosino. 

Martror.  L'ognissanti  nelle  carte  di  Linguadoca, 

Marzache.  Così  chiamano  alcuni  autori  francesi  l'annunciazione  della  B.  V.,  p^ncHè" 
cade  nel  2o  di  marzo. 

Mensis  intrans,  introiens.  1  primi  sedici  giorni  d'un  mese  di  31  giorno,  e  i  quindici 
primi  d'un  mese  di  30.  AJensis  exiens,  astans,  stans^  restaìis,  gli  ultimi  quinditi  giosni 


]\8  CRONOLOGIA 

del  mese,  retrogredendo  nel  contare.  Così  Acium  teriia  die  exeunte  mense  septemhri 
significa  il  28  settembre. 

Memis  fenalis,  luglio.  Mensis  magnus,  giugno.  Memis  messionum,  cioè  della  ricolta, 
agosto.  Mensis  novarum,  aprile.  Mensis  purgatorius,  febbrajo. 

Nox  sacrata.  La  vigilia  di  pasqua. 

Oleries.  Così  chiamansi  in  Francia  gli  ultimi  sette  giorni  dell'avvento,  dalle  antifone 
che  si  cantano  ai  vespri  in  questi  di,  e  che  tutte  cominciano  per  0. 

Octava  infantium.  Così  chiama  sant'Agostino  la  domenica  nell'ottava  di  pasqua. 

Omnes  gentes.  La  settima  domenica  dopo  pentecoste,  dalle  prime  parole  dell'introito. 

Parasceve.  11  venerdì  santo,  e  talvolta  i  venerdì  di  ciascuna  settimana. 

Pascha  rosarum.  La  pentecoste. 

Pasqua  comunicante,  o  scomunicante.  Il  giorno  di  pasqua  in  una  carta  di  Carlo  VI 
di  Francia,  del  1387. 

Pasqua  di  natale.  Il  giorno  dell'epifania. 

Petrus  in  gula  Augusti.  San  Pietro  in  vincoli, 

Puerperium.  Il  26  dicembre  presso  i  Greci  e  i  Moscoviti. 

Quasi  modo.  La  domenica  in  albis,  dalle  prime  voci  dell'introito. 

Quindena,  quinquenna  Paschce  o  Pentecostes.  Gli  otto  giorni  prima,  e  gli  otto  dopo 
pasqua  o  pentecoste. 

Quintana.  La  prima  domenica  di  quaresima;  e  anche  Quadragesima  intrans. 

Reddite  qucB  sunt  Coesaris  Ccesari.  La  vigesimaseconda  domenica  dopo  pentecoste. 

Relatio  pueri  Jesu  de  /Egypto.  Il  7  gennajo. 

Sabbatum  Achatisti.  Il  sabbato  della  quinta  settimana  di  quaresima  presso  i  Greci. 

Sabbatum  luminum^  o  mugnum.  Il  sabbato  santo. 

Septimana  pcenosa.  La  settimana  santa. 

Sitientes.  Il  sabbato  avanti  la  domenica  di  Passione,  dalla  prima  voce  dell'introito, 

Tessaracoste.  La  quaresima  presso  i  Greci. 

Thore-maneth,  luna  di  Thor.  Gennajo  per  gli  Svedesi,  marzo  per  i  Danesi. 

Theophania.  Feste  di  natale  e  dell'epifania ,  che  in  Oriente  ,  nei  primi  secoli ,  si 
celebravano  insieme  il  6  gennajo. 

§  27.   —  Calendario  greco,   arabo  e  turco. 

Quelli  che  usano  tuttavia  l'anno  giuliano,  che  sono  i  Russi,  gli  Armeni,  i  Greci,  e 
gli  altri  Greci  scismatici  sparsi  in  Ungheria,  Transilvania,  llliria,  Gallizia,  in  questo 
secolo  sono  in  ritardo  di  12  giorni;  cosicché  il  loro  ì  gennajo  corrisponde  al  13 
gennajo  nostro. 

Gli  Arabi  avevano  imparato  dagli  Ebrei  ad  intercalar  un  mese  ogni  secondo  o  terzo 
anno  per  ridurre  gli  anni  loro  lunari  a  solari.  Maometto  nell'ultimo  suo  viaggio  alla 
Mecca  (652)  vietò  tale  intercalazione,  e  scrisse  nel  Corano,  cap.  ix,  §  56:  «Quando 
«  l'Onnipotente  creò  cielo  e  terra,  fissò  l'anno  di  dodici  corsi  di  luna,  e  questo  numero 
«  fu  scritto  nel  libro  santo.  Quattro  di  essi  mesi  sono  sacri  :  tal  è  la  fede.  Fuggite 
«  sempre  l'iniquità,  ma  in  questi  mesi  specialmente;  non  trascurate  però  di  combat- 
te tere  gl'idolatri.  Dio  è  con  quelli  che  lo  temono  ed  obbediscono  ». 

Restò  dunque  l'anno  lunare,  per  modo  che  il  tempo  del  pellegrinaggio  e  del  digiuno 
fa  il  giro  di  tutte  le  stagioni,  e  di  grave  incomodo  riesce  a  quelli  che  vogliono  legal- 
mente astenersi  da  ogni  cibo  e  bevanda  fin  al  tramonto,  quando  il  mese  di  ramadan 
cade  in  estate. 

L'anno  maomettano  è  quindi  di  354  giorni,  8  ore,  48  minuti.  30  anni  lunari  som- 
mano 10,631  giorni.  In  questo  ciclo  di  50  anni  ve  n'ha  11  embolismatici  di  555  giorni, 
formati  con  quell'avanzo  di  ore;  e  sono  il  2,  5,  7,  10,  13,  16,  18,  21,  24,  26,  29. 
Anticipando  ogni  anno  di  11  giorni,  in  53  anni  solari  il  capo  d'anno  arabo  passa  per 
le  quattro  stagioni,  e  raggiunge  press'a  poco  il  nostro. 

Significativi  sono  i  nomi  dei  loro  mesi  : 

4.  Moharram  di  30  giorni,  vuol  dire  mese  sacro;  e  in  esso  era  proibita  ogni  ostilità. 
Ai  10  i  Siiti  commemorano  la  morte  d'IIossein  figlio  d'Ali,  nipote  di  Maometto. 


CALENDARIO   MAOMF.TTANO  H9 

2.  Sefer  di  29  giorni,  cioè  mese  della  partenza  ;  nel  quale  gli  Arabi  antichi  uscivano 
alle  correrie.  Il  26  è  di  penitenza,  detto  della  tromba  per  la  fine  del  mondo. 

3.  habi  al-Eivwel  o  Rabiè  /,  di  giorni  30,  mese  di  primavera^  quando  ancora  faceasi 
l'intercalazione.  Nel  1  festeggiasi  la  fuga  di  Maometto  :  agli  11  dai  Sunniti,  e  ai  12  dai 
Siiti  la  sua  natività. 

4.  Rabi  al-Ettsang  o  Rabiè  II,  di  giorni  29,  significa  seconda  primavera. 

5.  Jomadah  al-Eivivel,  o  Giumadi  /,  di  30  giorni  ;  e 

6.  Jomadah  al-Ettsang,  o  Giumadi  II,  di  29;  cioè  primo  e  secondo  mese  dei  ghiacci. 

7.  Rageb,  di  30  giorni,  mese  desiderabile,  perchè  sospendevansi  le  corse  e  celebra- 
vansi  molte  feste.  Nella  notte  del  S  si  commemora  la  concezione  del  Profeta. 

8.  Sciaban,  di  29  giorni,  germoglio  degli  alberi. 

9.  Ramadan,  di  30  giorni,  cioè  caldo  struggilore.  Ora  è  dedicato  al  digiuno. 

10.  Sciual,  di  29  giorni,  accoppiamento  dei  camelli.  Nel  primo  di  rompesi  il  digiuno, 
e  si  festeggia  coi  due  seguenti. 

M.  Dulcaada,  di  30  giorni,  cioè  riposo;  in  cui  tornavano  ai  ricoveri  invernali. 

12.  Dulage,  di  29  giorni,  e  di  30  quando  l'anno  sia  embolismatico.  Trae  il  nome 
da  adqe  pellegrinaggio. 

Nell'astronomia  però  i  Maomettani  vaglionsi  dell'anno  solare,  e  denominano  i  mesi 
dai  segni  dello  zodiaco.  I  takuin  dei  Turchi  segnano  i  gradi  di  longitudine  d'ogni 
provincia  e  città  per  trovare  l'ora  precisa  delle  preghiere  canoniche. 

§  28.  —  Calendario  ebraico. 

Dapprima  gli  Ebrei  cominciavano  l'anno  civile  al  solstizio  d'estate  o  all'equinozio 
d'autunno:  ma  essendosi  liberati  dalla  schiavitù  d'Egitto  verso  l'equinozio  di  prima- 
vera, nel  mese  di  Nisan,  cominciarono  di  là  il  loro  anno  religioso.  Però  il  loro  anno 
non  appoggiavasi  a  verun  calcolo  astronomico;  quando  vedevano  la  luna  nuova,  con- 
tavano un  mese  nuovo  (neomenia);  e  perciò  i  mesi  erano  ora  di  29  ora  di  30  giorni. 
Per  mettere  poi  queste  imperfette  lunazioni  in  concordia  coH'anno  solare,  aggiungevano 
un  mese  intercalare  (Ve-Adar).  A  tale  riscontro  erano  obbligati  dalla  natura  delle  lor 
feste,  dovendosi  a  pasqua  offrire  gli  agnelli  neonati  e  le  primizie  dell'orzo  ;  a  pentecoste 
le  primizie  del  frumento;  alla  festa  de'  tabernacoli  la  vendemmia  e  il  ricolto  degli  ulivi. 
Pare  che  dal  300  av.  C.  introducessero  un  ciclo  di  24  anni. 

Gli  Ebrei  computano  dalla  creazione  del  mondo,  e  dalle  principali  epoche  della  loro 
storia.  Onde  l'anno  corrente  1858  è 

Dalla  creazione 5618 

Dal  diluvio 3962 

Dalla  nascita  d'Abramo 3670 

•)            d'Isacco 3570 

»            di  Giacobbe 3510 

Dalla  migrazione  in  Egitto 3380 

Dalla  nascita  di  Mosè 3250 

Dall'uscita  d'Egitto  e  promulgazion  della  legge     ....  3170 

Dalla  fabbrica  del  primo  tempio 2690 

Dalla  sua  distruzione 2280 

Dalla  fabbrica  del  secondo  tempio 2210 

Dalla  sua  distruzione 1790 

Dalla  compilazione  della  Misna 1717 

»               del  Talmud 1354 

Nei  loro  calendarj  ogni  sabbato  è  notato  colta  parola  iniziale  della  lezione  del  Penta- 
teuco che  deve  leggersi  in  quel  dì.  I  nomi  dei  loro  mesi  non  hanno  significato  nella 
lingua  ebraica,  onde  sono  a  credere  importati  da  altra  favella. 

Ecco  un  sunto  del  calendario  ebraico.  L'asterisco  *  indica  le  feste,  le  mezze  feste 
e  i  digiuni  tuttora  in  vigore  fra  gl'Israeliti:  il  resto  appartiene  alla  storia. 


Nisan.  "-i.  Morte  dèi  (igii  ài  Aronne;  digiuno.  -- 10.  Morte  di  Msrìa,  sòrdla  di 
Mosè;  digiuno.  Scelta  dell'agnello  pasquale.  —  14.  S'immola  l'agnello  pasquale  tra 
i  due  vespri.  —  15.  *  Pasqua  (pessah) ,  o  festa  degli  azzimi  per  otto  giorni.  —  1G. 
Oblazione  nel  tempio  della  manna  [homer)  d'orzo  primaticcio.  —  26.  Morte  di  Giosuè 
figlio  di  Nun-,  digiuno.  —  In  questo  mese  domandano  le  pioggie  primaverili.  1  digiuni 
che  cadono  in  sabbato,  sono  differiti  al  domani. 

Jar.  —  10.  Morte  di  Eli  e  de'  figli  suoi.  Presa  dell'arca  santa;  digiuno.  —  14.  *  Se- 
conda pasqua  per  quelli  che  non  poterono  celebrarla  il  mese  precedente.  —  18.  Mezza 
festa  per  la  cessazione  di  un  morbo  che  colpi  parecchi  insigni  dottori  del  Talmud.  — 
2r>.  Simone  s'impadronisce  di  Gaza  ^  festa.  —  28.  Morte  di  Samuele  profeta;  digiuno. 

Sivan.  —  6.  *  Pentecoste  secondo  i  Talmudici;  o  festa  delle  settimane,  cioè  le  sette 
a  computare  dal  domani  di  pasqua.  Si  commemora  la  promulgazione  della  legge  sul 
Sinai.  Primizie  del  frumento.  —  12.  Pentecoste  secondo  i  Caraili.  —  23.  Scisma  di 
Geroboamo;  digiuno.  — 25.  Uccisione  di  Simeone  figlio  di  Gamaliel,  d'Ismaele  figlio 
d'Eliseo,  e  di  Anani  Sagan,  vale  a  dire  secondo  dopo  il  sommo  sacerdote;  digiuno.  — 
27.  Uccisione  del  rabbino  Anania;  digiuno. 

Thamuz.  —  17.  *  Le  tavole  della  legge  infrante  da  Mosè.  Epistemon  (Manasse)  ab- 
bruciò la  legge,  e  pose  un  idolo  nel  tempio.  Cessa  il  sacrifizio  perpetuo  (jugej  ;  digiuno. 

Av.  —  1.  Morte  di  Aronne;  digiuno.  —  9.  *  Decreto  divino,  ai  tempi  di  Mosè,  che 
i  loro  padri  d'allora  piìi  non  entrassero  nella  terra  di  promissione.  Il  tempio  di  Gerusa- 
lemme dato  alle  fiamme  prima  da'  Caldei,  poscia  dai  Romani  ;  digiuno.  —  15.  *  Mezza 
festa  per  la  calma  dei  mali  cominciati  ai  9.  —  18.  Digiuno  per  essersi  estinta  la  lam- 
pada vespertina  ai  tempi  di  Acaz.  —  21.  A'ylophoria  :  festa  in  cui  portano  al  tempio 
le  legna  pei  sacrifizj.  Offerta  d'ogni  specie  di  legno  primaticcio  (Altri  interpreti  collo- 
cano questa  festa  nel  mese  seguente). 

Elul.  — 7.  Dedicazione  delle  mura  di  Gerusalemme  per  Neemia.  —  17.  Morte  degli 
esploratori  che  diffamarono  la  terra  promessa;  digiuno.  —  29.  Si  contano  i  capi  d'ar- 
mento di  un  anno,  per  offrirne  le  decime  al  Signore  al  principio  dell'anno,  cioè  alla 
neomenia  Thisri. 

Thisri.  —  1.  *  RòS'haschanà,  capo  d'anno  civile.  Festa  delle  trombe  per  due  giorni, 
celebri  in  memoria  della  creazione  dell'uomo.  —  3.  *  Digiuno  per  la  morte  di  Godolia 
e  Giudei  ch'erano  con  esso  in  Masfa.  —  5.  Strage  di  venti  Israeliti;  il  rabbino  Acbiba 
muore  in  carcere;  digiuno.  — •  7.  'Vitello  d'oro,  per  cui  i  loro  padri  vennero  condanuali 
al  ferro  e  alla  fame;  digiuno.  — 10.  *  Gran  digiuno  delle  espiazioni  {kippnrim),  unico 
comandalo  dalla  legge,  Lev.  xxiii,  27;  e  si  fa  anche  in  sabbato.  —  15.  *  Festa  dei  ta- 
bernacoli (Scenopegia)y  che  si  solennizza  per  nove  giorni,  in  memoria  delle  tende  sotto 
cui  i  padri  loro  riposarono  nel  deserto.  — 21.  *  Festa  del  grande  Osanna,  ossia  dei 
rami,  in  cui  portano  nel  tempio  rami  di  palme  o  di  salici.  —  23.  *  Letizia  della  legge, 
per  la  compita  e  ricominciata  lettura  del  Pentateuco.  Festa  dell'alleanza.  Dedicazione 
del  tempio  per  Salomone. 

Marchesvan.  —  7.  Gedecia  re  accecato,  e  i  suoi  figli  uccisi  da  Nabucodònosor  ;  di- 
giuno (Scaligero  porta  questo  anniversario  ai  7  del  mese  seguente).  —  In  questo  mese 
gli  Ebrei  pregano  nuovamente  per  la  pioggia. 

Chislev.  —  7.  Gioachino  re  arde  il  libro  scritto  da  Paruch,  dettante  Geremia;  digiuno 
(MuUer  e  Seldeno  portano  questo  digiuno  ai  28).  Morte  di  Erode.  —  21 .  Festa  del  monte 
Garizim.  —  25.  *  Mezza  festa  dei  lumi  [Encenia]  per  otto  giorni.  Giuda  consacra  il 
tempio  profanato  da  Antioco. 

Tevei.  —8.  Digiuno  per  la  versione  della  Bibbia  fatta  dai  LXX:  per  tre  giorni  le 


tenebre  coprirono  tutta  la  terra.  —  9-  Digiuno,  di  cui  s'ignora  il  motivo.  Vogliono 
alcuni  clic  in  questo  dì  sia  morto  Esdra.  — "JO.  *  Gerosolima  assediata  da  Nabucodo- 
nosoi'  ;  digiuno. 

Sevath.  —  5.  Morte  dei  seniori  coetanei  di  Giosuè;  digiuno  (Lamy  lo  porta  al  giorno  8j, 

—  lo,  *  Capo  d'anno  degli  alberi,  cioè  la  rinnovata  vegetazione  nei  climi  di  [Palestina. 

—  23.  Congiura  delle  tribù  contro  quella  di  Beniamin  per  la  concubina  violata  in  Gabaa, 
e  per  l'idolo  di  Mica;  digiuno.  — 29.  Morte  di  Antioco  Epifane. 

Adar.  —  7.  Morte  di  Mosè;  digiuno.  —  9.  Cominciano  le  gare  delle  scuole  di 
Sciammai  e  di  lllel.  —  13.  *  Digiuno  d'Ester,  Giorno  di  Nicànore.  —  14.  *  Giorno  di 
Mardoclieo.  Festa  maggiore  delle  sorti  (purim)  gettate  da  Amano,  —  lì).  *  Festa  minore 
delle  sorti  gettate  in  Susa.  in  questi  giorni  gli  Ebrei  fanno  carnasciale.  —23.  Dedica- 
zione del  tempio  per  Zorobabele.  —  28.  Revoca  dell'editto  di  Antioco. 

Negli  anni  embolismici  il  mese  di  Adar  non  ba  digiuni  e  feste,  tranne  i  sabbati  e  i 
Purim,  cbe  in  questi  anni  si  celebrano  due  volte,  nel  ii  e  15  di  Adar  (festa  minore}, 
e  nel  14  e  15  di  Ve-Adar  (festa  maggiore). 

§  29.   • —  Calendario  repubblicano. 

Benché  il  calendario  della  Repubblica  francese  breve  durasse,  sono  con  esso  indicati 
grandiosi  accidenti  dell'età  nostra,  e  molti  atti,  istrumenti,  fedi  di  morte  o  nascita  di 
persone  or  nel  meglio  dell'età.  Merita  dunque  se  ne  faccia  menzione. 

Coi  22  settembre  1792,  in  cui  fu  proclamata  detta  repubblica,  si  promulgò  una 
nuova  èra,  cbe  fu  poi  abolita  col  1°  gennajo  1806.  Contava  gli  anni  da  esso  1792, 
cominciandoli  la  mezzanotte  del  giorno  che  succede  all'equinozio  vero  d'autunno  per 
l'osservatorio  di  Parigi.  Qui  pure  si  volle  introdurre  l'uniformità  e  l'euritmia,  perfino 
nella  desinenza  delle  denominazioni.  Pertanto  i  mesi  erano 


(   Vendemmiale 
Autunnali        |   Brumale 
f   Glaciale 

Nevoso 

Invernali         ^   Piovoso 

Ventoso 


Germile 
Primaverili      {   Fiorile 
Pratile 

S  Messidoro 
Termidoro 
Fruttidoro 


ciascun  mese  di  30  giorni,  divisi  in  tre  decadi;  e  5  o  6  giorni  complementari  aggiun- 
gevansi  al  fine.  1  giorni  denominavansi  primicU,  duodì^  tridì^  quarlidi,  ecc.:  il  decadì 
dovea  essere  di  riposo. 

L'anno  vii  avrebbe  dovuto  esser  comune,  secondo  l'ordine  gregoriano  :  avendolo  fatto 
bisestile,  si  alterò  la  corrispondenza  coiranno  nostro. 

Occorrendo  spesso  di  cercare  tal  corrispondenza,  l'offriremo  qui  appresso  : 


122 


CRONOLOGIA. 


MESI 

MESI 

AN.  I. 

AN.  li. 

AN.  IH. 

1°  sestile 

AN.  IV. 

AN.  V. 

REPUBBLICANI 

GREGORIANI 

1792-1793 

1793-1794 

1794-179o 

179S-1796 

1796-1797 

Vendemmiale 

Primidi 

Decadi 

Decadì 

Decadi 

1 

10 
20 
30 

Settembre,  30  g. 
Ottobre,  31  g. 

22  Sab. 

L. 

G. 
21  D. 

22  D. 

Mar. 

V. 
21  L. 

22  L. 

Mer. 

S. 
21  Mar. 

23  Mer. 
V. 
L. 

22  G. 

22  G. 

S. 

Mar.      ' 
21  V.         1 

Brumale 

Primidi  ..... 

Decadi 

Decadi 

Decadì 

1 

dO 
20 
30 

Ottobre,  31  g. 
Novembre,  30  g. 

22  L. 

Mer. 

S. 
20  Mar. 

22  Mar. 

G. 

D. 
20  Mer. 

22  Mer. 

V. 

L. 
20  G. 

23  V. 
D. 
Mer. 

21  S. 

22  S. 

L. 

G. 
20  D. 

Glaciale 

Primidi 

Decadi 

Decadi    

Decadi   ..... 

i 

10 
20 
30 

Novembre,  30  g. 
Dicembre,  31  g. 

21  Mer. 

V. 

L. 
20  G. 

21  G. 

s. 

Mar. 
20  V. 

21  V. 
D. 
Mer. 

20  S. 

22  D. 

Mar. 

V. 
21  L. 

21  L. 
Mer. 

S 
20  Mar. 

Nevoso 

Primidi 

Decadi    

Decadi 

Decadi 

1 

10 
20 
30 

Dicembre,  31  g. 
Genuajo,  31  g. 

21  V. 
D. 
Mer. 

19  S. 

21  S. 

L. 

G. 
19  D. 

21  D. 

Mar. 

V. 
19  L. 

22  Mar. 

G. 

D. 
20  Mer. 

21  Mar. 

V. 

L. 
19  G. 

Piovoso 

Primidi 

Decadi 

Decadi 

Decadi    .... 

1 

10 
20 
30 

Gennajo,  31  g. 
Febb.",  28  o"29g.* 

20  D. 

Mar. 

V. 
18  L. 

20  L. 

Mer. 

S. 
18  Mar. 

20  Mar. 

G. 

D. 
18  Mer. 

21  G. 

S. 

Mar. 
19  V. 

20  V. 
D. 
Mer. 

18  S. 

Ventoso 

Primidi  .... 
Decadi    .... 
Decadi    .... 
Decadi    .... 

1 
10 
20 
30 

Febb.,  28  o  29  g. 
Marzo,  31  giorni 

19  Mer. 
G. 
D. 

20  Mer. 

19  Mer. 
V. 
L. 

20  G. 

19  G. 
S. 
Mar. 

20  V. 

20  S. 

L. 

G. 
20  D. 

19  D. 
Mar. 
V. 

20  L. 

Gerniile 

Primidi  .... 
Decadì    .... 
Decadì    .... 
Decadi   .... 

1 

10 
20 
30 

Marzo,  31  giorni 
Aprile,  30  giorni 

21   G. 

S. 

Mar. 
19  V. 

21  V. 
D. 
Mer. 

19  S. 

21  S 
L. 
G. 

19  D. 

21  L. 
Mer. 

S. 
19  Mar. 

21   Mar. 

li:  ' 

19  Mer.   1 

CALENDARIO  nErUBBLICANO. 


123 


AX.  VI. 

AN.  VII. 

2"  sestile 

AN.  Vili. 

AN.  IX 

AN.  X. 

A\.  XI 

3°   sestile 

AN   Xll. 

AN.  XIII. 

AN.  XIV. 

1797-1798 

1798-1799 

1799-1800 

1800-1801 

1801-1802 

1802-1805 

180."5-180i 

1801-180;) 

180;j-1806 

24  V 

22  S. 

23  L. 

23  Mar. 

23  Mer. 

23  G. 

24  S. 

23  D. 

23  L. 

^^  d! 

L. 

Mer. 

G. 

V. 

S. 

L. 

Mar. 

Mer. 

Mer. 

G. 

S. 

D. 

L. 

Mar. 

G. 

V. 

S. 

21   S. 

21  D. 

22  Mar. 

22  Mer. 

22  G. 

22  V. 

23  D. 

22  L. 

22  Mar. 

.  22  D. 

22  L. 

23  Mer. 

23  G. 

23  V. 

23  S. 

24  L. 

23  Mar. 

23  Mer. 

Mar. 

Mer. 

V. 

S. 

D. 

L. 

Mer. 

G. 

V. 

V. 

S. 

L. 

Mar. 

Mer. 

G. 

S. 

D. 

L. 

20  L. 

20  Mar. 

21  G. 

21  V. 

21  S. 

21  D. 

22  Mar. 

21  Mer. 

21  G. 

21  Mar. 

21  Mer. 

22  V. 

22  S. 

22  D. 

ii2  L. 

23  Mer. 

22  G. 

22  V. 

G. 

V. 

D. 

L. 

Mar. 

Mer. 

V. 

S. 

D. 

D. 

L. 

Mer. 

G. 

V. 

S. 

L. 

Mar. 

Mer. 

20  Mer. 

20  G. 

21  S. 

21  D. 

21  L. 

21  Mar. 

22  G. 

21  V. 

21  S. 

21  G. 

21  V. 

22  D. 

22  L. 

22  Mar. 

22  Mer. 

23  V. 

22  S. 

22  D. 

S. 

D. 

Mar. 

Mer. 

G. 

V. 

D. 

L. 

Mar. 

Mar. 

Mer. 

V. 

S. 

D. 

L. 

Mer. 

G. 

V. 

19  V. 

19  S. 

20  L. 

20  Mar. 

20  Mer. 

20  G. 

22  S. 

20  D. 

20  L. 

20  S. 

20  D. 

21  Mar. 

21  M. 

21  G. 

21  V. 

22  D. 

21  L. 

21  Mar. 

L. 

Mar. 

G. 

V. 

S. 

D. 

Mar. 

Mer. 

G. 

G. 

V. 

D. 

L. 

Mar. 

Mer. 

V. 

S. 

D. 

18  D. 

18  L. 

18  Mer. 

19  G. 

19  V. 

19  S. 

20  L. 

19  Mar. 

19  Mer. 

19  L. 

19  Mar. 

20  G. 

20  V. 

20  S. 

20  D. 

21  Mar. 

20  Mer. 

20  G. 

Mer. 

G. 

S. 

D. 

L. 

Mar. 

G. 

V. 

S. 

S. 

D. 

Mar. 

Mer. 

G. 

V. 

D. 

L. 

Mar. 

20  Mar. 

20  Mer. 

21.  V. 

21  S. 

21  D.      . 

21  L. 

21  Mer. 

21  G. 

21  V. 

21  Mer. 

21  G. 

21  S. 

22  D. 

22  L. 

22  Mar. 

22  G. 

22  V. 

22  S. 

V. 

S. 

L. 

Mar. 

Mer. 

G. 

S. 

D. 

L. 

L. 

Mar. 

G, 

V. 

S. 

D. 

Mar. 

Mer. 

G. 

19  G. 

19  V. 

20  D. 

20  L. 

20  Mar. 

20  Mer. 

20  V. 

20  S. 

20  D. 

iU 

tmmioéih. 

MESI 

UEPUBBLICANI 

MESI 

GREGORIAM 

.4N.  1, 
1792-1795 

AN,  IL 
1793-1794 

AX,  111. 

i"  sestile 
1794-1795 

A\;     IV. 

1795-1796 

.41  V. 
1796-1797 

Fiorile 

Primidì 1 

Decadì 10 

Decadi 20 

Decadì 30 

Aprile,  30  giorni 
Maggio,  31  giorni 

20  S. 

L. 

G. 
19  D. 

20  D. 

Mar. 

V. 
19  L. 

20  L. 

Mer. 

S. 
19  Mar. 

20  Mer. 

V. 

L. 
19  G. 

20  G. 

s 

Mar. 
19  V. 

Pratile 

Primidì 1 

Decadì 10 

Decadì 20 

Decadì 30 

Maggio,  31  giorni 
Giugno,  30  giorni 

20  L. 
Mer. 

S. 
18  Mar. 

20  Mar. 

G. 

D. 
18  Mer. 

20  Mer. 

V. 

L. 
18  G. 

20  V. 
D. 
Mer. 

18  S. 

20  S. 

G. 

18  D. 

Messidoro 

Primidì 1 

Decadì    .  .  .  ,  .  10 

Decadì 20 

Decadì 30 

Giugno,  30  giorni 
luglio,  31  giorni 

19  Mer. 

V. 

L. 
18  G. 

19  G. 

S. 

Mar. 
18  V. 

19  V. 
D. 
Mer. 

18  S. 

19  D. 

Mar. 

V. 
18  L. 

19  L. 

Mer. 

S. 
18  Mar. 

Termidoro 

Primidì 1 

Decadì 10 

Decadì 20 

Decadì 39 

luglio,  31  giorni] 
Agosto,  31  giorni 

19  V. 
D. 
Mer. 

17  S. 

19  S. 

L. 

G. 
17  D. 

19  D. 

Mar. 

V. 
17  L. 

19  Mar. 

G. 

D. 
17  Mer. 

19  Mer. 

V. 

L. 
17  G. 

Fruttidoro 

Primidì 1 

Decadi 10 

Decadì   .....  20 
Decadì 30 

Agosto,  31  giorni 
Settembre,  30  giorni 

18  D. 

Mar. 

V. 
16  L. 

18  L. 
Mer. 

S. 
IG  M. 

18  Mar. 

G. 

D. 
16  Mer. 

18  G. 

S. 

Mar. 
16  V. 

18  V. 
D. 
Mer. 

16  S. 

Giorni 
eomplemeutari 

1 i 

2 

Settembre,  30  giorni 

17  Mar. 

18  Mer. 

19  G. 

20  V. 

21  S. 

17  Mer. 

18  G. 

19  V. 

20  S. 

21  D. 

17  G. 

18  V. 

19  S. 

20  D. 

21  L. 

22  Mar. 

17  S. 

18  D. 

19  L. 

20  M. 

21  Mer. 

17  D. 

18  L. 

19  Mar. 

20  Mer. 

21  G. 

3 

4. 

5 

6 

Calendario  REruBBUCANO, 


12S 


A\.  VI. 

AiV.  VII 

'2"  .sostile 

A\.  Vili. 

kJi.  IX. 

AN.  X. 

A\.  X!. 

3"  sestile 

\N.  XII. 

AlV.  XIII. 

A\.   XIV. 

I7i)7-1798 

17!»8-179y 

1799-1800 

1800-1801 

1801-1802 

1802-1803 

1803-180/1 

1804-1  SOS 

8o:;-i806 

20  V. 

20  S. 

21  L. 

21  Mar. 

21  Mer. 

21   G. 

21  S. 

21  D. 

21  L. 

D. 

L. 

Mer. 

G. 

V. 

S. 

L. 

Mar. 

Mer. 

Mer. 

G. 

S. 

D. 

L. 

Mar. 

G. 

V. 

s. 

19  S. 

19  D. 

20  Mar. 

20  Mer. 

20  G. 

20  V. 

20  D. 

20  L. 

20  Mar. 

20  D. 

20  L. 

21  Mer. 

21  G. 

21  V. 

21  S. 

21  L. 

21  Mar. 

21  Mer. 

:\lar. 

Mer. 

V. 

s. 

D. 

L. 

Mer. 

G. 

V. 

V. 

s 

L. 

Mar. 

Mer. 

G. 

S. 

D. 

L. 

18  L. 

18  Mar. 

19  G. 

19  V. 

49  S. 

19  D. 

19  Mar. 

19  Mer. 

19  G. 

19  Mar. 

19  Mer. 

20  V. 

20  S. 

20  D. 

20  L. 

20  Mer. 

20  G. 

20  V. 

G. 

V. 

D. 

L. 

Mar. 

Mer. 

V. 

S. 

D. 

D. 

L. 

Mer. 

G. 

V. 

s. 

L. 

Mar. 

Mer. 

18  Mcr. 

18  G. 

19  S. 

19  D. 

19  L. 

19  Mar. 

19  G. 

19  V. 

19  S. 

19  Q. 

19  V. 

20  D. 

20  L. 

20  Mar. 

20  Mer. 

20  V. 

20  S. 

20  D. 

S. 

D. 

Mar. 

Mer. 

G. 

V. 

D. 

L. 

Mar. 

Mar. 

Mer. 

V. 

S. 

D. 

L. 

Mer. 

G. 

V. 

17  V. 

17  S. 

18  L. 

18  Mar. 

18  Mer. 

18  G. 

18  S. 

18  D. 

18  L. 

18  S. 

18  D. 

19  Mar. 

19  Mer. 

19  G. 

19  V. 

19  D. 

19  L. 

19  Mar. 

L. 

Mar. 

G. 

V. 

s 

D. 

Mar. 

Mer. 

G. 

G. 

V. 

D. 

L. 

Mar, 

Mer. 

V 

s 

D. 

16  D. 

16  L. 

17  Mer. 

17  G. 

17  V. 

17  S. 

17  L. 

17  Mar. 

17  Mer. 

17  L. 

17  Mar. 

18  G. 

18  V. 

18  S. 

18  D. 

18  Mar. 

18  Mer. 

18  G. 

18  Mar. 

18  Mer. 

19  V. 

19  S. 

19  D. 

19  L. 

19  Mer. 

19  G. 

19  V. 

19  Mer. 

19  G. 

20  S. 

20  D. 

20  L. 

20  Mar. 

20  G. 

20  V. 

20  S. 

20  G. 

20  V. 

21   D. 

21  L. 

21  Mar. 

21  Mer. 

21  V. 

21  S. 

21  D. 

21  V. 

21  S. 

22  D. 

22  L. 

22  Mar. 

22  Mer. 

22  G. 

23  V. 

22  S. 

22  D. 

22  L. 

126  CRONOLOGIA 

g   30.   —  Degli   almanacchi. 

Calendario  viene  da  kalende,  nome  che  davano  i  Romani  al  primo  giorno  del  loro 
mese,  nel  quale  gridavansi  (xa)sw)  i  bandi  pubblici. 

Almanacco  deriva  dalla  parola  araba  al-mienach,  il  computo  ;  o  piuttosto  da  al- 
menha  regalo,  presente,  che  facevasi  al  capodanno,  l  Turchi  lo  chiamano  takuin. 

Menologio,  da  vsv  mese  e  loyo^  discorso,  indica  quadro  dei  mesi,  ed  è  specialmente 
applicato  dalla  Chiesa  greca  al  catalogo  de'  santi,  che  a  ciascun  giorno  si  venerano. 

Emeroloqio,  da  riixipy.  giorno,  si  dice  un  calendario  dove  sono  confrontati  quelli  dei 
varj  popoli.  Se  n'ha  più  d'uno  antico,  ma  il  principale  contiene  gli  annuarj  degli  E- 
gizj,  Tirj,  Sidonj,  Macedoni,  Siri,  Liei,  Efesj. 

Efemeride,  dalla  stessa  radice  «f^tsoa  ed  zni,  si  dice  specialmente  un  almanacco  astro- 
nomico, che  indica  per  ciascun  giorno  la  situazione  dei  pianeti  e  le  variazioni  di 
tutti  i  moti  celesti.  Già  se  n'era  fatto  qualche  tentativo,  allorché  Miiller  di  Konigsberga, 
noto  col  nome  di  Regiomontano,  nel  1475  pubblicò  le  Efemeridi  astronomiche  di  detto 
anno  e  dei  seguenti  fino  al  1306.  Altri,  e  principalmente  Argoli  e  Keplero,  pubbli- 
carono le  efemeridi  pel  xvi  e  xvii  secolo.  Nel  1610  Simone  Mayer  cominciò  la  Pro- 
crea, serie  di  annuarj  sifatti  ;  e  in  quello  del  1612  trovansi  indicazioni,  per  allora  di 
gran  merito,  sulle  nebulose,  sulla  via  lattea,  le  fasi  di  venere,  i  satelliti  di  giove.  Ma 
le  piij  importanti  sono  la  Connaissance  des  temps,  che  l'Accademia  delle  scienze  di 
Parigi  pubblica  dal  1679  in  poi. 

Lido,  nel  vi  secolo,  diede  un  vero  almanacco  profetico,  cioè  da  combinazioni  acci- 
dentali del  tempo  e  dei  pianeti  deducendo  congetture  sugli  avvenimenti  futuri. 

Nel  medioevo  per  uso  ecclesiastico  compilavansi  almanacchi,  valevoli  per  una  serie 
d'anni,  e  quali  si  stampano  ancora  in  testa  de'  breviarj,  valendosi  delle  Lettere  do- 
menicali e  degli  altri  computi  che  divisammo. 

Il  primo  almanacco  d'uso  popolare  sembra  quello  dell'anno  bisestile  1636,  fatto  da 
Matteo  Laensberg  a  Liegi,  pieno  d'ubbìe,  ma  che  segnava  immediatamente  il  corso 
dei  giorni  e  dei  mesi,  come  mai  non  erasi  fatto.  Pure  sino  al  fin  di  quel  secolo  scarsi 
rimasero  tali  libretti. 

Eccetto  la  ciarlataneria  delle  predizioni  meteorologiche  e  cabalistiche,  noi  spiegammo 
tutti  gli  elementi  degli  almanacchi.  E  il  lettore  comprende  che  cosa  significhi  il  dire 
che  quest'anno  1862  del  calendario  gregoriano  corrisponde  al 

7371  dell'era  bisantina,  o  periodo  greco  moderno  ; 

8S76  del  periodo  giuliano  ; 

2639  delle  Olimpiadi,  ossia  2'  dell'olimpiade  dclx,  cominciante  nel  luglio; 

261 S  dalla  fondazione  di  Roma,  secondo  Varrone  ; 

2611  dell'era  di  Nabonassar  ; 

1278  de' Turchi,   cominciato  il  29  giugno  1862  5 

Numero  d'oro 1 

Epatta XXX 

Ciclo  solare 23 

Indizione  romana     ....      S 

Lettera  domenicale       ...      E 

Lettera  del  martirologio    .     .      P. 

§  31.   —  Degli  oriuoli. 

Non  ci  parrebbe  compiuto  un  trattato  di  cronologia,  ove  ommettessimo  il  discorso 
dei  mezzi  e  degli  stromenti  impiegati  a  misurar  il  tempo,  cioè  a  dividerne  la  durata 
in  intervalli  eguali.  Il  periodico  succedersi  dei  fenomeni  naturali  fu  la  prima  misura; 
e  poiché  le  notti  e  i  giorni  variano  a  seconda  delle  stagioni,  si  trovò  necessario  par- 
tire da  un  punto  fii^so,  qual  è  il  mezzodì,  dall'uno  all'altro  contando  il  giorno  astro- 
nomico. Sembra  che  gli  Egiziani  pei  primi  dividessero  questo  spazio  in  24  ore;  ma  non 
se  n'introdusse  l'uso  nella  vita  civile,  tanto  che  Greci  e  Homani  adopravano  il  giorno 
naturale  spartendo  in  12  ore  il  tempo  che  decorre  fra  il  levare  e  il  tramonto  del  sole; 
ore  di  necessità  disuguali  all'inverno  da  quelle  dell'estate. 


DEGLI   ORIUOLI.  127 

Antico  è  l'uso  del  gnomone  solare  o  meridiana^  il  quale  consiste  in  una  linea  retta 
che  traccia  la  sezione  del  meridiano  celeste  con  un  piano  comunque  inclinato,  ma 
soleggiato  al  mezzodì,  o  die,  coll'ombra  della  sua  cuspide,  o  con  un  fascelto  di 
luce  traverso  a  un  foro,  segna  il  mezzodì  vero.  La  Bibbia  ne  fa  menzione  nella  storia 
d'Ezechia  re  di  Giuda  :  le  storie  cinesi  lo  mostrano  adoperato  in  tempi  remotissimi  ad 
osservazioni  celesti  :  in  Grecia  dicono  fosse  introdotto  da  Anassimandro,  che  l'aveva 
imparato  da' Caldei  :  alla  presa  di  Catania,  i  Romani  trovaton'^  uno  lo  portarono  nella 
loro  città,  così  ignoranti  da  non  accorgersi  che,  mutala  longitudine,  piij  non  valeva. 

Ma  per  conoscer  l'ora  quando  il  sole  non  splenda  e  le  sue  suddivisioni,  si  ricorse 
a  mezzi  artifiziali,  e  il  primo  fu  la  clessidra,  vaso  da  cui  in  un  dato  tempo  scorre  una 
certa  quantità  d'acqua.  Se  in  un  altro  vaso  sottoposto  si-  collochi  un  galleggiante  il 
quale  comunichi  con  qualche  ruota  esterna,  e  questa  con  un  indice  e  un  quadrante, 
può  ottenersi  la  cercata  suddivisione  e  l'indicazione  di  essa. 

Erravano  però  credendo  che  l'acqua  scendesse  con  uniforme  celerità  ;  poiché  man 
mano  che,  col  discenderne,  diminuisce  la  pressione,  più  lenta  essa  fluisce;  e  conge- 
gni complicatissimi  si  vollero  per  ridurla  a  moto  regolare.  Dovevano  esser  tali  gli  oro- 
logi descritti  da  Vitruvio,  e  che  sembrano  dovuti  a  Ctesibio  ed  Erone  geometri  ales- 
sandrini sullo  scorcio  del  ii  secolo  av.  Cristo  Già  Archimede,  o  fors'anche  Aristotele 
aveva  inventato  le  ruote  dentate:  poi  si  applicarono  al  congegno  degli  orologi,  aggiun- 
gendovi bizzarri  giuochi  e  movimenti,  talché  chi  le  eseguiva  avea  fama  di  gran  mec- 
canico. Per  tali  ci  son  nominati  Boezio  e  Cassiodoro  ;  poi  Paolo  I  papa  regalò  uno  di 
sifatti  orologi  a  Pepino  il  Piccolo,  e  Aron  al-Rascid,  califfo  arabo,  un  altro  a  Carlo 
Magno,  con  figure  che  uscivano  a  chiuder  le  finestre,  mentre  dodici  palle  di  bronzo, 
cascando,  faceano  risonare  un  vaso  sottoposto. 

In  età  moderne  la  clessidra  fu  perfezionata,  e  Amontons  l'adattò  alla  navigazione 
per  conoscere  la  longitudine,  come  Ticho-Brahe  alle  osservazioni  astronomiche.  Si  pre- 
tende che  a  quest'ultimo  uso  la  adoprassero  i  Cinesi  antichissimamente,  ì  quali  alcuno 
pretende  conoscessero  anche  orologi  veri  al  modo  nostro. 

All'acqua  talvolta  si  sostituì  la  polvere,  e  se  ne  formarono  i  polverini. 

L'epitafio  di  Pacifico  arcidiacono  di  Verona,  morto  r846,  dice  : 
Horologium  nocturnum  nullus  ante  viderat. 
Ma  oriuoli  notturni  eransi  veduti  prima,  come  quello  che  Paolo  I  mandò  a  Pepino 
(direximus  excellentice  vesirce  ...  horologium  nocturnum)  \  e  se  l'orologio  di  Pacifico 
era  invenzione  nuova,  non  sapremmo  dire  qual  fosse.  Vero  orologio  notturno  potea 
dirsi  quello  con  cui  Alfredo  il  Grande  d'Inghilterra  misurava  le  sue  notti,  cioè  una 
candela  divisa  in  tre  parti. 

Certo  però  attorno  al  Mille  erasi  pensato  a  un  congegno  migliore  che  la  clessidra  e 
il  polverino.   Un  grave  che  scendendo  tiri  dietro  una  corda  avvolta  a  qualche  ruota, 
die'  l'idea  d'una  nuova  misura  del  tempo  ;  invenzione  semplice,  eppure  sfuggita  alla 
sagacia  di  tutti  gli  antichi,  finché  balenò  a  Gerberto  monaco  che  poi  fu  papa  Silvestro  II. 
Vero  è  però  che  descrizioni  d'orologi  a  contrappeso  non  abbiamo  che  nel  xiv  secolo, 
e  Dante  nel  e.  xxiv  del  Farad,  ne  parla  chiaramente,  dicendo  : 
«  E  come  cerchi  in  tempre  d'oriuoli 
Si  giran  si,  che  '1  primo  a  chi  pon  mente 
Quieto  pare,  e  l'ultimo  che  voli  ». 
Egli  medesimo  nel  e.  xv  menziona  oriuoli  più  antichi  posti  in  Firenze  : 

La  cerchia  antica 
Ond'ella  toglie  ancora  e  terza  e  nona  5 
ove  Benvenuto  da  Imola  commenta  :  Ahatia  Sancii  Benedicti,  ubi  certius  et  ordinatius 
pulsabantur  horce,  quam  in  aliqua  alia  eccleHa  civitatis. 

Ma  un  peso,  attaccato  ad  una  corda  avvoltolata  ad  un  cilindro,  scenderà  facendo 
rotare  il  cilindro  con  movimento  accelerantesi  secondo  la  legge  della  caduta  dei  gravi. 
Conveniva  quindi  rimediare  in  qualche  modo  a  tal  variazione  di  movimento,  il  che  si 
ottenne  combinandovi  un  bilanciere,  che  con  oscillazioni  alternate  regolasse  il  moto 
di  discesa  del  grave  ;  e  ne  venne  il  mirabile  apparecchio  che  si  chiamò  scappamento 
a  corona,  a  ruote,  a  incontro.  Né  i  perfezionamenti  erano  chiesti  alla  meccanica  dai 
bisogni  del  geografo  e  dell'astronomo  come  oggi,  bensì  dalle  regole  monacali,  che  im- 
ponevano l'ora  di  sorger  la  ivtte  e  di  and  ire  il  giorno  a  cantar  le  laudi  del  Signore. 


l!28  CRONOLOGIA 

Per  quanto  rozzi  fossero  i  modi  allora  adoperati  a  fronte  dei  raffinatissimi  con  cui 
oggidì  si  superano  le  difficoltà,  sono  però  più  ammirabili,  quanto  è  più  facile  il  perfe- 
zionare che  l'inventare.  E  probabilmente  non  un  uomo  solo,  ma  molti  e  successiva- 
mente arrivarono  a  costruire  l'orologio  a  bilanciere,  sebbene  senza  spirale. 

11  primo  orologio  che  si  alzasse  sopra  una  torre,  fu  quello  che  Giovanni  Dondi,  per 
ordine  d'Ubertino  Carrara,  il  154i  collocò  sulla  torre  del  palazzo  pubblico  di  Padova, 
che  inoltre  indicava  il  giro  del  sole,  della  luna,  dei  pianeti,  i  mesi,  i  giorni,  le  feste. 
Poco  dopo,  un  altro  fu  posto  su  quella  di  Sant'Eustorgio  a  Milano  ;  e  tre  anni  dappoi 
un  terzo  a  Monza,  indi  a  Genova  nel  1353,  e  nel  1356  a  Bologna.  Galvano  Fiamma, 
descrivendo  quel  di  Sant'Eustorgio,  dice  in  suo  rozzo  latino:  Est  ibi  unum  horolo- 
gium  adviirabile,  quia  est  uìium  tintinnabulum  grossum  vaìde,  quod  percufit  unain 
campanam  vigintiquatuor  vicibus,  secundum  numerum  vigintiquàtuor  horarum  dici  et 
noctis,  ila  quod  in  prima  hora  noctis  dai,  unum  tonum,  in  secunda  duos  ictus,  in  tertia 
tres,  et  in  quarta  quatuor,  et  sic  distinguit  horas  ab  horis ,  quod  est  sunime  neces- 
sarium  prò  omni  stata  hominum.  Avea  dunque  anche  la  batteria. 

Altri  orologi  costruirono  di  quel  tempo  il  benedettino  Wallingford  in  Inghilterra, 
Wick  in  Germania,  ecc.;  e  tutti  all'indicazione  delle  ore  univano  quella  dei  giorni,  dei 
mesi,  delle  fasi  della  luna,  delle  feste  mobili.  Quello  di  Wick,  posto  per  ordine  di 
Carlo  V  nel  1570  sul  palazzo  civico  di  Parigi,  sembra  avesse  unita  una  batteria  per  sonar 
le  ore,  cosa  nuova  fuor  d'Italia,  giacché  in  molti  paesi  era  destinato  un  uomo,  che 
dall'alto  della  torre  gridasse  le  ore  o  le  battesse,  come  ancora  si  pratica  a  Friburgo. 
Famosi  sono  l'orologio  di  Enrico  II,  ove  un  cervo  coi  piedi  batteva  le  ore,  e  una  muta 
di  cani  usciva  abbajando  ;  (jucl  di  Strasburgo,  compito  nel  1580  da  Corrado  Dasipo- 
dio,  il  più  meraviglioso  d'Europa;  quel  di  Lione,  da  Nicolò  Lippio;  quel  di  Basilea; 
e  l'ammirato  di  Venezia,  opera  di  Gian  Paolo  e  Gian  Carlo  Rinaldi  da  Reggio. 

Presto  si  vide  quanto  sarebbe  comodo  il  fare  orologi  portatili.  Il  bilanciere,  fin  al- 
lora sospeso  orizzontalmente,  poteva  operare  anche  in  posizione  diversa,  purché  con- 
venientemente collocato  :  ma  come  fare  col  contrappeso?  L'ingegno  suggerì  di  sup- 
plirvi con  una  lama  d'acciajo  flessibile,  rotolata  a  forza  in  un  tamburetto,  che  per 
l'elasticità  tendendo  a  svolgersi,  operava  continuamente  al  pari  del  peso. 

Ed  ecco  invenlato  l'orinolo  da  tasca,  potendosi  e  ridurre  a  piccol  volume,  e  adattare 
a  qualunque  posizione.  Né  l'autore  né  il  tempo  del  felice  trovamento  è  conosciuto  : 
ma  le  prime  mostre  d'orologi  appajuno  entrante  il  xv  secolo  ;  ve  n'era  alle  corti  di 
Carlo  IX  e  d'Enrico  111  ;  e  alcune  se  ne  conservano  tuttora  che  possono  andare  più 
giorni.  Chiamavansi  ova  di  Norimberga  dalla  forma  loro  e  dal  luogo  ove  prima  e  più 
spesso  furono  fabbricate  ;  e  per  la  loro  grossezza  sospendevansi  al  collo  :  però  si  rac- 
conta che  Carlo  V  di  Francia  n'ebbe  in  dono  una  non   più  grossa  d'una  nocciuola. 

Qui  pure  il  perfezionamento  non  era  recato  per  servigio  delle  scienze,  ma  per  como- 
dità ;  e  in  man  di  principi  e  cortigiani  abbellivansi  di  frivoli  ornamenti,  senza  gran 
fatto  migliorarsi  ;  talmente  che  il  bilanciere  mancava  tuttavia  di  spirale,  né  alcun  rime- 
dio era  opposto  al  diminuirsi  progressivo  della  forza  motrice  collo  sbandarsi  della 
molla;  anzi  il  tamburo  comunicava  il  movimento  alle  restanti  ruote  per  via  d'una 
corda  di  minugia,  ohe  ognun  sa  quanto  sia  alterabile  dalle  variazioni  atmosferiche. 
Sullo  scorcio  del  secolo  xvi  si  rimediò  a  questi  inconvenienti  sostituendo  la  catena 
metallica,  e  inventando  la  piramide,  per  cui  la  molla  opera  sopra  una  leva  più  lunga 
quanto  più  la  forza  diminuisce.  Anche  qui  ignoti  i  perfezionatori. 

Col  ridestarsi  delle  scienze  erasi  compreso  che  l'oriuolo,  non  solo  alla  curiosità,  ma 
poteva  anche  servire  all'astronomia.  Pertanto  i  Tedeschi  ne  fecero  che,  oltre  le  ore, 
segnavano  i  minuti  e  fin  i  secondi.  Dicono  che  Walther  di  Norimberga,  allo  spirare  del 
XV  secolo,  pel  primo  usasse  l'oriuolo  a  mostra  in  osservazioni  astronomiche;  ottant'anni 
dopo  lui,  Ticho  Brahe  ne  avea  diversi  a  tale  uffizio. 

Ma  come  potevano  servire  esattamente,  grandi  com'erano  e  con  enormi  sfregamenti? 
Però  vi  si  era  rivolta  l'attenzione  degli  scienziati,  e  potevasi  sperare  ogni  raffinamento. 
Il  principale  fu  recato  da  Galileo  col  discoprire  l'isocronismo  del  pendolo,  cioè  che 
un  grave,  sospeso,  dondolando  produce  oscillazioni  di  tempo  eguale.  Dicesi  che  tal 
idea  gli  fosse  suggerita  dal  veder  in  chiesa  oscillare  le  lampade  :  onde  usò  il  pendolo 
così  semplicemente  per  contare  i  minuti  secondi  nelle  sperienze  che  faceva  sopra  la 
caduta  dei  corpi,  e   forse  in   qualche  os.eivazione  astronomica.  Riccioli,  Mersenne, 


I 


190 
DEC.Ll   OniUOLI  '■''' 


Hevelii.s  ed  altri  l'imitarono,  poiché  infatti  le  oscillazioni  del  ]J^"^\"Jj°' .*"  ''^■^^^cìo.rc. 
estesi,  davano  le  snddi visioni  del  tempo  assai  più  esatte  che  non  gli  oio    f,  ^^'^^^^^^    ^  ^^^ 
Galileo  stesso  pensò  d'applicare  al  pendolo  un  sistema  di  ruote,  e  e      "  '  .  •  '    ,  ^^ 
modo  dell'osservatore,  pi' intervalli  uguali  notati  dal  movimento  delia  macc      >  , 
non  arrivò  al  concetto  di  sostituir  il  pendolo  al  bilanciere.  fiorar  il  movi- 

Questo  trovato  fu  merito  di  Tltiyscns.  Il  bilanciere  era  destinato  Y"v-!,pontro  ar- 
mento impresso  alle  ruote  dal  grave  o  dalla  molla.  1  denti  della  ruota  a  me  .^^^j^_^.  ^ 
landò  un  dopo  l'altro  nelle  due  pale  dell'asse  del  bilanciere,  le  ^l\'"^/'^^p„o^ayano  il 
indietro,  costrette  così  a  fermarsi  per  tempi  sensibilmente  uguali  che  \»  mosso 
moto.  Però  non  avendo  il  bilanciere  in  se  stesso  alcun  principio  d  '^"^J^^"'^  '  i^j^H;^ . 
com'era  dal  motore  stesso  dell'orologio,  non  potevasi  aspettarne  perteua  ^  fe^^^^^^' 
se  invece  esistesse  nel  regolatore  un   principio  di  movimento  oscillatorio  ^„^J^^\\ 

le  ruote  seconderebbero  la  forza  motrice  soltanto  a  ciascuna  delle  vinri^f-'O       ^ 
del  regolatore,  e  questo  dalla  forza  riceverebbe  soltanto  l'impulso  necessario  p 
tenere  il  proprio  movimento.  ,. 

Ciò  conseguì  Huygens  col  sostituire  al  bilanciere  il  pendolo,  e  ali  asse  a i  sos|  - 
sione  di  questo  attaccare  le  palette,  portate  dall'asse  del  primo.  ^^  °^^^  ^^  "j^jg^j^o 
pendolo  regolatore  decrescono  di  durata  come  l'arco  descritto  ;  ma  dal  "^j^^!*"*^  ,  ^ 
dello  scappamento  ricevette  il  leggiero  impulso  occorrente  a  rendergli  la  ve  oci 
perdeva  ;  e  così  il  suo  movimento  perpetuossi  finché  la  forza  motrice  gli  presto  questo 
necessario  supplimento.  ,, 

Nel  J637  Huygens  presentò  il  primo  orologio  a  pendolo  agli  Stati  <^'9''^"  ',  upf^^ 
dipoi  ne  pubblicava  la  spiegazione  ;  primo  trattato  di  tal  materia.  Ne  qui  s  accneto 
Le  oscillazioni  del  pendolo  comune  sono  isocrone  solo  in  quanto  gli  archi  aescriu 
sono  estremamente  piccoli  o  ei^uali  fra  sé  :  ma  lo  scappamento  che  allora  si  conosceva, 
non  dava  le  oscillazioni  piccole;  e  benché  la  riazione  del  motore  sopra  il  bilanciere 
tendesse  a  mantenere  la  voluta  eguaglianza,  poteva  essere  da  molte  cagioni  alterala; 
perdevasi  poi  affatto  quando  fosse  sopra  un  bastimento  •    a-  •  • 

Huygens,  che  avea  compreso  quanto  importasse  il  conoscere  le  longitudini  in  mar  , 
sluJiossi  di  ottenere  un  pendolo  esatto,  malgrado  il  barcollamento  della  nave.  Per 
mezzo  dunque  della  geometria  arrivò  a  scoprire  la  cicloide,  curva  sopra  cui  un  corp 
pesante  oscilla  sempre  in  tempi  eguali,  qualunque  ne  sieno  gli  archi  descritti,  h  qui 
unendo  la  logica  di  scienziato  all'abilità  d'artista,  formò  un  pendolo,  la  cui  lente  de- 
scrivesse linee  cicloidali.  Rimase  però  troppo  lontano  dalla  perfezione,  come  anche 
nel  pendolo  giratorio  immaginato  all'uopo  stesso  :  e  l'un  e  l'altro  furono  lasciati  quando 
s'introdusse  il  bilanciere  a  spirale  negli  orologi  murali,  e  un  nuovo  scappamento  che 
lasciava  fare  piccole  oscillazioni.  .      •     i-  j 

Huygens  allora  si  volse  ad  applicare  il  suo  perfezionamento  anche  agli  orinoli  da 
tasca;  e  nel  1674  propose  d'applicare  al  bilanciere  una  molla  spirale.  Per  dare  al  bilan- 
ciere, isolato  dalle  ruote,  il  movimento  di  va  e  vieni,  egli  ne  attaccò  l'asse  ali  estre- 
mità interiore  d'una  spira  d'acciaio,  fissata  all'altra  estremità.  Se  si  pieghi  il  bilan- 
ciere, l'elasticità  della  spira  gli  fa  fare  delle  oscillazioni  isocrone,  adempiendo  l'ufrizio 
che  il  peso  nel  pendolo  ;  ed  a  ciascuna  vibrazione  del  bilanciere,  lo  scappamento  lascia 
libera  l'azione  del  motore  della  mostra. 

Il  dottore  Hook  inglese  e  l'abbate  di  Hautefeuille  francese  contesero  ad  Huygens  tale 
invenzione  sin  davanti  ai  tribunali.  E  veramente  Hook  fin  dal  ICGO  propose  di  sosti- 
tuir al  peso  del  pendolo  una  piccola  molla  dritta  presso  il  bilanciere  :  ma  le  condi- 
zioni volute  non  si  poteano  ottener  che  colla  spirale  ;  e  con  questa  fu  fatto  il  primo 
orologio  a  Parigi  da  Thuret  nel  1674,  sotto  la  direzione  di  Huygens. 

Poco  dopo  si  trovò  la  ripetizione,  che,  se  non  cresce  l'esattezza,  aumenta  la  como- 
dità. Le  batterie,  che  già  usavansi  agli  orologi  a  acqua  o  a  peso,  producevano  un  suono 
ad  ogni  ora,  ma  non  sapeasi  ottenere  il  suono  quando  si  volesse  ;  il  che  si  consegui 
col  meccanismo  della  ripetizione,  trovato  dall'inglese  Barlow  nel  1676  per  gli  orinoli 
lissi,  e  dieci  anni  dopo  da  lui  e  da  Quare  pei  portatili. 

Più  non  aveasi  dunque  a  inventare,  ma  molto  a  raffinare  per  conseguire  la  preci- 
sione voluta  dall'astronomia  e  dalla  geografia.  La  prima  ne  ha  bisogno  per  osservare 
la  posizione  di  certi  astri  a  preciso  momento,  o  misurare  l'intervallo  fra  due  feaomeu) 
Cantò,  Documenti,  —  Tomo  I,  Cronologia.  9 


Ì30 


CRONOLOGIA 


o  la  durata  d'un  solo  ;  talvolta  esige  la  perfetta  concordanza  fra  due  orologi  distanti. 
La  geografia,  per  determinare  le  longitudini  in  mare,  suol  osservare  l'ora  precisa  del 
luogo  ove  la  nave  si  trova,  per  via  di  metodi  astronomici,  e  compararla  con  quella 
indicata  all'istante  medesimo  sotto  il  meridiano  cui  vuoisi  riferire  la  longitudine  :  la 
differenza  fra  queste  due  ore,  ridotta  in  gradi  e  frazioni  di  gradi  geografici,  dà  la  lon- 
gitudine cercata.  Ora  l'operazione  è  impossibile  quando  non  s'abbia  a  bordo  un  oro- 
)  logio,  che  dal  movimento  non  sia  alterato.  Pertanto  i  governi  de'  paesi  marittimi  in- 
coraggiarono con  premj  sifatta  ricerca  ;  in  Ingliilterra,  poi  in  Francia  ne  fu  affidata 
la  cura  all'Uffizio  delle  longitudini  ;  e  il  parlamento  inglese  propose  ventimila  sterline 
a  chi  inventasse  un  orinolo,  che  in  quarantadue  giorni  non  variasse  più  di  due  minuti, 
il  che  basterebbe  a  precisare  le  longitudini  fin  a  un  mezzo  grado. 

L'orologio  astronomico  fisso  poteva  esser  mosso  col  peso,  e  regolato  col  pendolo  ; 
onde  si  pensò  a  raffinare  i  movimenti  di  questo.  Stantechè  le  oscillazioni  del  pendolo 
ordinario  non  sono  abbastanza  isocrone  in  archi  grandi,  bisognò  ricorrere  al  pendolo 
cicloidale  d'Huygens,  finché  non  si  trovò  un  altro  scappamento  che  permettesse  piccoli 
movimenti  al  pendolo.  Tal  è  lo  scappamento  ad  àncora,  trovato  nel  1680  da  Clement 
oriolajo  inglese,  e  trent'anni  dopo  perfezionato  da  Graham,  il  quale,  evitando  il  rim- 
balzo che  la  ruota  di  scappamento  fa  ad  ogni  oscillazione  del  pendolo,  ottenne  lo  scap- 
pamento a  riposo,  cioè  a  cilindro,  nell'orologio  a  pendolo,  come  già  lo  si  aveva  in 
quello  a  bilanciere. 

Le  Roy  e  Le  Paute  francesi  variarono  gli  scappamenti  opportuni  agli  orologi  astro- 
nomici ;  ma  assai  più  procedette  Berthoud.  11  movimento  del  regolatore  è  mantenuto 
dall'azione  prodotta  sopra  di  esso  dal  motore  principale  ;  ma  se  quest'azione  si  conti- 
nua per  mezzo  d'uno  sfregamento,  mentre  lo  scappamento  riposa,  potranno  divenire 
irregolari  le  oscillazioni.  A  ciò  riparossi  in  parte  collo  scappamento  libero,  ove  il  rego- 
latore riceve  dalla  forza  motrice  soltanto  un  impulso  istantaneo.  Tale  fu  il  passo  dato 
da  Berthoud.  Ma  l'assoluta  indipendenza  del  regolatore  dalla  forza  motrice  fu  otte- 
nuta mediante  lo  scappamento  a  rimonta,  ossia  a  forza  costante,  per  cui  mezzo,  fra 
il  sistema  del  regolatore  e  l'ultima  ruota  della  macchina,  viene  stabilito  un  motore 
particolare,  che  produce  la  battuta  per  via  di  un'impulsione,  costante  di  natura  sua, 
e  la  cui  azione  è  rinnovata  bensì,  ma  non  modificata  dalla  forza  motrice. 

Restava  un  altro  raffinamento  all'orologio  astronomico,  la  compensazione.  Tutti  sanno 
che  i  corpi,  e  i  metalli  specialmente,  si  dilatano  e  restringono  a  misura  del  calore. 
Allungandosi  dunque  nel  gran  caldo  il  pendolo,  rallenta  il  movimento,  perchè  descrive 
circoli  più  ampj.  Posero  i  fisici  l'ingegno  a  calcolare  le  varie  dilatazioni  che  soffrono  i 
varj  metalli,  e  combinarli  nella  costruzione  del  pendolo  in  maniera,  che  dal  loro  allun- 
garsi in  senso  opposto  si  ottenesse  la  stabilità  del  centro  d'oscillazione  dello  stromento. 
La  natura  del  nostro  lavoro  non  ci  permette  d'entrare  in  particolarità  sopra  i  tentativi 
fatti  da  Graham,  Harrisson,  Cassini,  Le  Roy,  Berthoud,  e  sul  modo  onde  al  fine  si 
ebbe  l'apparecchio  a  compensazione. 

Or  vediamo  i  miglioramenti  recati  all'orologio  di  mare,  che  produssero  quelli  delle 
mostre  usuali.  In  ruote  sì  delicate,  spinte  da  motori  men  vigorosi,  facilmente  lo  sfre- 
gamento produceva  alterazioni  :  onde  il  ginevrino  Nicola  Patio  de  Duiller  nel  1700  a 
Londra  inventò  d'imperniare  nel  rubino  il  bilanciere  ;  metodo  adottato  ben  tosto  dal- 
l'oriolajo  francese  De  Baufl're.  Si  estese  quindi  l'uso  delle  pietre  dure  ad  altre  parti 
del  movimento,  più  soggette  a  sfregarsi.  ^ 

Il  raffinare  lo  scappamento  importava  non  meno  nell'oriuolo  marino  che  nel  pendolo 
astronomico  :  onde,  alla  fine  del  xvii  secolo  pare  che  l'inglese  Tompion  già  evitasse  il 
rimbalzo  ;  poi  De  BaufTre  eseguì  il  nuovo  scappamento  in  diamanti.  Infine  Graham  in- 
trodusse uno  scappamento  a  riposo,  che  è  quello  a  cilindro,  assai  diffuso  ma  non  appli- 
cabile agli  oriuoli  di  mare.  A  questi  invece  s'applicarono  lo  scappamento  libero  e 
quello  a  forza  costante  variati,  da  Berthoud  e  Breguet  in  •«"rancia,  da  Mudgc  e  Arnold 
in  Inghilterra,  da  Punzait  e  Tavan  a  Ginevra. 

Anche  l'orinolo  a  mostra  è  soggetto  alle  variazioni  di  temperatura,  prima  coU'alte- 
rare  la  dimensione  del  bilanciere,  poi  col  mutare  l'elasticità  della  spirale,  talché  nel 
caldo  si  rallenta.  Questo  pure  l'ingegno  arrivò  a  correggere,  massime  accoppiando  la- 
mine di  due  metalli  diversamente  dilatabili.  Harrisson  pel  primo  usò  tal  congegno. 
Stringendo  o  dilatando  la  spirale,  e  ravvicinando  o  rimovendo  dal  centro  di  sospen- 


DEGLI   OUIUOLl  131 

sionc  il  corpo  oscillante,  a  seconda  della  temperatura,  in  guisa  che  quest'influenza  cor- 
reggesse il  disordino  che  tendeva  a  cagionare  nel  molo  dell'oriuolo. 

Agli  oriuoli  usuali  da  tasca  si  applicarono  fra  questi  perfezionamenti  tutti  quelli 
ond'erano  capaci.  Il  danese  Turgensen  v'introdusse  l'acciajo  nelle  ruote  di  scappamento; 
Lepine  gli  assottigliò  col  levar  via  la  piramide,  supplendo  coll'isocronismo  della  spi- 
rale: e  colla  perfezione  dello  scappamento.  La  piramide  era  invenzione  d'ingegnoso 
meccanico,  il  sopprimerla  fu  opera  di  talento  perfetto. 

Breguet,  discendente  da  uno  de'  tanti  Francesi  fuorusciti  per  la  revoca  dell'editto  di 
Nantes,  e  dimorante  a  Neufchàtel,  paese  famoso  per  oriuoli,  al  tempo  della  Rivoluzione 
fece  progredire  quest'arte  immensamente,  nessuna  parte  dell'orologeria  lasciando  senza 
migliorarla.  Dilicatissimo  quanto  ingegnoso  è  il  suo  scappamento  libero  a  forza  co- 
stante ;  inventò  uno  scappamento  naturale,  dove  non  v'ha  molla  ;  più  mirabile  ancora 
è  il  suo  scappamento  doppio,  ove  la  precisione  dei  contatti  rende  inutile  l'olio,  e  la 
perdita  di  forza  fatta  dal  pendolo  è  compensata  a  ciascuna  vibrazione. 

Per  rimediare  alle  scosse  che  provano  continuamente  i  cronometri  portatili,  chiuse 
tutto  l'ordigno  dello  scappamento  della  molla  in  un  inviluppo  circolare,  che  fa  un  giro 
intero  ogni  due  minuti,  tornando  con  ciò  eguali  in  sì  breve  tempo  tutte  le  ineguaglianze 
di  posizione,  e  compensandosi  l'una  coll'altra.  Riparò  perGno  al  caso  che  cascassero, 
jnveutando  un  paracadute. 

Accoppiò  anche  l'eleganza  a  ciascun  particolare  lavoro  dell'orologeria  ;  e  colla  com- 
pensazione del  bilanciere,  e  col  fare  di  rubino  il  cilindro  di  scappamento  conseguì  ciò 
che  gl'Inglesi  avevano  domandato  con  grosso  premio,  cioè  un  cronometro  che  non  va- 
riasse neppur  d'un  secondo  al  giorno.  Un  Inglese  portò  addosso  un  di  tali  cronometri 
in  lunghi  viaggi  a  cavallo,  al  modo  furioso  che  suole  quella  gente,  e  in  sedici  mesi 
non  trovò  un  ritardo  diurno  maggiore  d'un  secondo  e  mezzo,  cioè  della  57600'  parte 
d'una  rivoluzione  diurna. 

Nel  1812  Lehonardt,  oriolajo  dell'Accademia  delle  scienze  di  Berlino,  ne  inventò 
uno,  che,  oltro  il  resto,  nota  i  millesimi  di  secondo,  essendovi  una  sfera  che  in  un 
secondo  scorre  l'intero  quadrante,  non  a  scosse  ma  regolarmente  procedendo. 

Non  si  vogliono  tacere  gli  orologi  ad  equazione,  che  ad  ogni  momento  danno  la  dif- 
ferenza fra  il  tempo  medio  e  il  vero.  Perocché  i  giorni  veri  sono  l'un  dall'altro  diffe- 
renti, crescendo  o  scemando  ;  e  quindi  il  mezzodì  è  sempre  un  poco  prima  o  un  poco 
dopo  che  nel  giorno  antecedente  e  nel  successivo,  salyo  in  quattro  giorni  dell'anno, 
cioè  alla  metà  d'aprile  e  di  giugno,  in  fin  d'agosto  e  al  solstizio  invernale.  Quello  for- 
nito dalla  meridiana  chiamasi  tempo  vero  ;  medio  quello  dato  dagli  orologi  ;  e  talvolta 
sono  l'uno  dall'altro  distanti  fin  sedici  minuti.  La  gente  si  vale  del  tempo  vero,  cor- 
reggendo gli  oriuoli  secondo  il  sole  al  mezzodì  ;  del  medio  si  valgono  gli  astronomi,  e 
perciò  si  fanno  tavole  d'equazioni,  colle  quali  correggere  dì  per  dì  il  divario  dal  mez- 
zogiorno vero  :  ma  ora  nelle  città  va  generalizzandosi  l'uso  del  tempo  medio. 

All'uopo  d'aver  più  preciso  il  tempo  vero  si  perfezionarono  anche  le  meridiane, 
elevando  di  molto  lo  stilo  o  il  foro.  Nel  duomo  di  Milano  è  posto  nella  volta,  e  manda 
lo  spettro  sul  pavimento  :  ammirate  sono  quella  del  Bianchini  ne' Certosini  a  Roma,  e 
quella  di  San  Sulpizio  a  Parigi,  alta  80  piedi  ;  ma  più  di  tutte  quella  di  Firenze,  posta 
nel  1467  da  Paolo  Toscanelli,  rifatta  poi  dal  padre  Ximenes  per  istanza  di  La  Conda- 
mine.  La  lamina  metallica  che  dà  passaggio  al  sole,  è  alta  267  piedi,  6  pollici,  9  linee 
e  Vio  di  Parigi  sopra  il  pavimento  della  chiesa  ;  e  piedi  277,  pollici  4,  linee  9  e  ^s/j^^, 
sopra  il  marmo  solstiziale  ove  si  fanno  le  osservazioni  dell'obliquità  dell'eclittica  e  dei 
moti  apparenti  del  sole. 

Se  invece  d'una  retta,  la  linea  meridiana  si  curvi  a  seconda  dello  zodiaco  in  foggia 
d'uno  sconcio  8,  potrà  aversi  anche  il  tempo  medio. 

L'industria  ora  si  volge  a  fare  oriuoli  che  si  montino  di  per  sé,  ciò  che  darebbe  il 
moto  perpetuo  :  e  qualche  saggio  se  ne  vide,  ove  caricavansi  col  semplice  moversi 
della  persona  che  li  portava.  Non  si  vuol  tacere  un  orologio  a'  dì  nostri  e  del  nostro 
paese  costruito  da  Zamboni  con  un  motore  diverso,  cioè  la  pila  a  secco  :  un  corpo  leg- 
giero sospeso  fra  i  due  poli  di  questa  pila,  attirato  e  respinto  continuamente  dall'elettri- 
cità, produce  un  movimento  che  si  perpetua  sino  al  consumarsi  della  forza  motrice. 


PARTI;  SECOiNDA 


TAVOLE  CB OMOLOGICHE 


Cronologia  degli  Ebrei. 


Patriarchi. 

Adamo  creato  il  4963  av 

.C. 

m.  il  4033(1) 

Pbaleg  .     . 

nato  il  2907  av. 

C.  m.  i 

1  2G66 

Set  .     .   nato 

1  4834 

» 

393  i 

Reù .     . 

.     .     2777 

» 

2558 

Enos    .     .     . 

4729 

)i 

382i 

Sariig    . 

.     .     2645 

» 

2415 

Cainan.     .     . 

4639 

1) 

3729 

Nacor    . 

.     .     2515 

)) 

2367 

Malaliel     .     . 

4369 

1) 

3674 

Thare    . 

.     .     2430 

1) 

2291 

Jared    .     .     . 

4504 

» 

3542 

Abramo 

.     .     2366 

» 

2191 

Enoch  .     .     . 

4342 

1) 

3978 

Isacco   . 

.     .     2266 

» 

2086 

Matusalem 

4277 

» 

3308 

Giacobbe 

.     .     .     2206 

1) 

2059 

Lamech     .     . 

4090 

I) 

3313 

Levi 

.     .     .     2H7 

» 

1980 

.\oè      .     .     . 

3908 

,. 

2958 

Cheat    . 

.     .     2084 

» 

1951 

Sem      .     .     . 

3408 

» 

2808 

Amram . 

.     .     .     2016 

» 

1879 

Diluvio  3308. 

Mosè     . 

.     .     .     1725 

)) 

1605 

Arfaxad     .     . 

3306 

11 

2868 

Uscita  d'E(jitto  1645. 

Cainan  ilgiovineZWì 

» 

2841 

Giosuè  governa  .     .     .dal 

1605  a 

1  1580 

Saie      .     .     . 

3171 

» 

2738 

Caleb  e  i  seniori  ;  anarchia 

1580 

1562 

Eber     .    .    . 

3041 

« 

2637 

Frima  schiavitù  1562-1554. 

Giudici. 

Ottonici     .     . 

dal 

1554  al  1514 

Quii 

afa  schiavitù  1261-1243. 

Sccnnrla 

schiavitù 

1514-1496. 

Jefte     . 

....  dal 

1243  al  1237 

Aod  e  Samgar 

1496       1416 

Abesan. 

1237 

1230 

Terza 

'schiavitù 

1416-1396. 

Abialon 

1230 

1220 

Debora  e  Barach  .     .     . 

1396       1356 

Abdon  . 

1220 

1212 

Quarta  schiavitù  13o6-1349. 

Scs 

ta  schiavitù  1212  1172. 

J^fMjeone    .     . 

.     . 

13i9       1309 

Sansone 

1172 

1152 

Ahimeiech 

■     •     • 

• 

1309       1306 
1306       1285 
1283       1261 

Eli  .     . 

1152 
092. 
1092 

1112 

Tliola   .     .     . 

Interrcfjno  1H2-Ì 
Samuele 

Jair      .     . 

. 

1080 

Re. 

Sanile  .     . 

1080       lOiO     Mosci  pretendente .    .     . 

1040 

1033 

Davide.     . 

1040       1001      Salomone 
Scisma  delle  dieci  tribù  9 

\.  —  Re  d'Israele. 

62." 

1001 

962 

Ceroboamo  1 

962        943 

Zamri,  8 

giorni 

Nadab  . 

943        942 
942         919 

Amri    . 

918 
907 

907 

Baasa  .     . 

Acab    . 

888 

Eia  .     .     . 

919         918 

Ocosia  . 

888 

887 

(1)  Non  occorre  ripetere  quel  clic  s'è  detto  al  g  9  della  Parte  tecnica  sulla  varietà  dei  sistemi  iutorno 
alla  creazione  dell'uomo,  Qui  si  adotta  quello  MVArl  de  vérifler  les  dahs. 


133 


(lioram    ....  dall'SR?  av.  C.  all'87n 

Jeliu 87G         »        818 

Gioacas 8i8        »        852 

Gioas  ......    852        »        817 

Geroboamo  II  .     .     .    817        »        776 
Interregno  77G-767. 


Zaccaria  . 
Selliim  . 
Manahem 
Faceja  . 
Facea 
Osea   .     . 


dal  7G7  av.  C.  al 
700 


766 
754 
755 
726 


700 

7ri4 
7ri3 

726 
718 


Distruzione  del  regno  d'Israele  per  Salmanasar  re  d'Assiria 718 

II.  —  Re  di  Giuda. 


Roboam  ...*..  962  «        946 

Abiara 946  »        944 

Asa 944  »        904 

Giosafat 904  »        880 

Gioram,  dopo  regnato 

4  anni  col  padre     .  880  »        877 

Ocosia 877  »        876 

Atalia 876  »        870 

Gioas 870  »        831 

Amasia 831  »        803 

Osia  0  Azaria   .     .     .  803  »        732 

Distrutto  il  regno  di  Giuda,  587,  da  Nabucodònosor  II  re  d'Assiria,  padrone  di  Ge- 
rusalemme nel  606.  La  cattività  di  Babilonia  dura  70  anni,  606-536. 

Profeti  ebrei. 


Gionatan  o  Gioatan    .  752 

Acas 757 

Ezechia 723 

Manasse 694 

Amon 640 

Giosia 639 

Gioacas   

Eliacim  o  Gioachim  .  608 
Gioachim  o  Geconia  . 

Sedecia 397 


608 


597 


737 
725 
094 
640 
659 
608 

597 

587 


maggiori  : 
Isaia.     .     .    nato  l'824?av.C.m.il694 
Geremia(con  Baruch)  630  »  587? 

Ezechiele v.    600 

Daniele v.    550 

minori  : 

Osea V.    800 

Giona V.    800 


Amos 

.      V. 

780 

Michea  da  Morasti      , 

.      V. 

740 

Gioele     ,     .    .    .    . 

,      V. 

700 

Nahura 

.      V. 

700 

Sofonia 

.      V. 

650 

Abdia 

.      V. 

620? 

Abacuch      .     .    .    . 

.      V. 

600 

Aggeo     

.       V. 

520 

Zaccaria .    .     .     .     . 

.      V. 

510 

Malachia 

.       V. 

440 

Inoltre  : 

Natan v.  1040 

Gad V.  1040 

Ahia V.  900 

Addo V.  940 

Semeja v.  940 

Jehu V.  930 

Azaria v.  930 

Elia V.  900 

Eliseo y.  880 

ìiichea  figlio  di  Jemia    .  v.  880 

Obed V.  750 

Olda  profetessa .     =     .    .  v.  G50 

Mardocheo v.  590 

Esdra v.  4ij0 

Neemia v.  450 

e  molti  altri. 


Sommi  sacerdoti. 

Ai  tempi  dello  storico  Giuseppe,  da  mille  anni  trovavasi  presso  gli  Ebrei  tma  tìoft 
interrotta  successione  di  sommi  pontefici,  eletti  di  padre  in  figlio.  La  lista  non  ci  fu 
trasmessa,  e  le  ricerche  dei  dotti  per  supplirvi  riuscirono  infruttuose.  Ci  restringeremo 
a  ricordar  nomi  conosciuti,  o  l'epoca  approssimativa  in  cui  esercitarono  il  gran  sacrifizio: 

Aronne,  1G44  1605;  Eleazaro;  Finees-,  Abisua;  Bocchi;  Ozi;  Zaraja;  Marajot;  Amaria: 
Eli,  1152;  Achitob,  1112;  Achia;  Abiatar;  Sadoch  (regnando  Salomone);  Achimaas  ; 
Azaria  I;  Joacas;  Joanib;  Josafat;  Giojada  I  (regnando  Gioas);  Zaccaria;  Sedecia;  Azaria  II 
(regnando  Osia);  Joatan;  Uria;  Neria;  Odea;  Selum;  Elcia;  Azaria  III;  Saraja  (regnando 
Sedecia);  Josedech;  Gesù  o  Giosuè,  v.  556;  Gioachino,  462;  Eliasib,  462-441  ;  Neemia 
goveriìa,  415-455;  (ìiojada  li,  441-397;  Gionatan,  597  550;  Jesù,  597;  Jaddo,  550-524; 
Onia  1,  524-505;  Simone  I,  505-284;  Eleazaro,  284  260;  Manasse,  260-233;  Onia  II, 
253-219;  Simone  II,  219-195;  Onia  111,  195-170;  Giosua  oGiasone,  172-175;  Menelao; 
Lisimaco;  AntiocOf  re  di  Siria,  s' imjMdronisce  di  Gerusalemme,  170;  Matatia,  168-167, 


134 


CnONOLOGIA 


Pontefici  e  re  macabei. 


Giuda  Macabeo     ....  167  —  161 

Alcimo 163  —  160 

Gionata 161  —  143 

Simone  III 143  —  136 

Giovanni  Ircano  I      .    .    .  136  —  107 


Aristobolo  I 107  —  106 

Alessandro  Janneo     .    .    .  1.06  —    79t 

Alessandra 79  —    70 

Ircano  II 70—40 

Aristobolo  II  e  Antigono  .    ,  70  —    40 


Re  stranieri. 


Erode  il  Grande  .  .  .  , 
Archelao,  tetrarca  .  .  . 
Filippo,  tetrarca  .  .  .  . 
Erode  Antipa,  tetrarca  .  . 
Ponzio  Pilato,  procuratore 

Aristobolo  III 

Agrippa  I,  re 

Agrippa  giuniore .     .    .    . 


Continuazione  de'  sommi  sacerdoti  ebrei. 


37  av.  C 

1 

1    d.  C. 

6  0  9 

1 

36 

1 

39 

26 

36 

34 

37 

U 

44 

90 

d.  C. 


Antigono,  40-35;  Ananel,  55-30;  Gesù,  30-23;  Simone  figliuolo  di  Bonth , '2'5-Q'^ 
Mattia,  6-1  av.  C.  ;  Joazar  v.  4  d.  C.;  Eleazaro;  Gesù  figliuolo  di  Siali;  Anano;  Ismaele; 
Simone;  Caifas;  Gionata;  Teofilo;  Simone  Canteras  (regnando  Claudio);  Mattia;  Giu- 
seppe Elioneas;  Anania;  Ismaele;  Giuseppe;  Cabi;  Anano  v.  61;  Gesù  figlio  di  Damneo; 
Gesù  figlio  di  Gamaliele;  Mattia;  Fanaja. 

Ruina  del  tempio  e  dispersione  degli  Ebrei,  70  d.  C. 

§  2.   —   Impero  cinese. 

Il  padre  Amiot  spedì  alla  Biblioteca  reale  di  Parigi  nel  1769  una  Tavola  cronologica 
di  tutti  i  sovrani  che  regnarono  nella  Cina,  disposta  per  ordine  di  cicli,  ed  esattamente 
calcolata  sopra  i  monumenti  autentici,  dal  61  anno  dell'impero  di  Hoang-ti,  vero  suo 
legislatore,  fino  all'imperatore  attuale...,  stampata  a  Peking  sulla  metà  dello  scorso  se- 
colo. Noi  la  porgiamo,  estesa  fino  ai  nostri  tempi. 

Ordine       Anni 
de'  cicli     av.  C. 


2637 
2597 
2514 
2436 
2366 
2357 
2337 


2285 
2277 

2255 
2224 
2217 


2205 
2197 


61 
83 
47 
39 
9 


Anni  del  regno,  e  nomi  degl'imperatori. 

anno  del  regno  di    Hoang-ti. 


Siao-hao. 
Ciuen-hio. 
Ti-ko. 
Ti-ci. 

»  Tang-yao,  o  Yao. 

21  »  Yao. 

Dopo  Ti-ci  gli  anni  chiamansi  col  nome  di  tsaiy  e  con  quello  di 
nian  come  dapprima.  Tsai  indica  ciò  che  è  compiuto,  finito, 
vicino  a  ricominciare  ;  dal  che  si  argomenta  che  l'anno  termi- 
nasse dopo  tutti  i  ricolti. 
Yao  associa  al  regno  Yu-sciun. 
81    anno  del  regno  di    Yao. 
9  dopo  associato  Sciun. 

1     anno  del  regno  di    Sciun. 

Sciun  associa  Yu. 

39    anno  del  regno  di    Sciun. 
8  dopo  associato  Yu. 

Dinastia  Hia. 


i    anno  del  regno  di 


Yu. 
Ki. 


TAYOi.r                                                          135 

Ordine 
de'  cicli 

Anni 
av.  C. 

Anni  del  regno, 

c  nomi  degl'inipc-ratori. 

2188 

anno 

del  regno 

di    Tai-kang. 

2159 

)> 

Ciung-kang. 

9 

2157 

3 

)ì 

id. 

2155 

A  quest'anno  si 

riporta  l'eclissi  notato  nello  Sciù-king. 

21 46 

1 

anno 

del  regno 

di    Sciang. 

2118 

1 

ì> 

Sciao-kang. 

10 

2097 

21 
22 

Ilan-tsu  usurpatore. 
Sciao-kang  sbalzato. 

2057 

1 

» 

Giù. 

2040 

» 

Hoai. 

a 

2037 

4 

ì) 

id. 

2014 

1 

» 

Mang. 

1996 

1 

» 

Sie. 

1980 

)) 

Pu-kiang. 

42 

1977 

4 

u 

id. 

1921 

1 

» 

Kiung. 

iZ 

1917 

5 

» 

id. 

1900 

1 

a 

Kin. 

1879 

)> 

Kung-kia. 

14 

1857 

25 

1) 

id. 

1848 

1 

n 

Kao. 

1837 

» 

Fa. 

1818 

11 

Kie-kuei. 

15 

1797 

22 

u 

id. 

Dinas t 

ia  dei   Ciang. 

1783 

1 

anno 

del  regno 

di    Cing-tang. 

Gli  anni 

i  sotto 

questa  dinastia  sono  chiamati  sse.  cioè  sacrifizio , 

perch 

è  Cing- 

tan 

g  velie  si  contassero  secondo  i  sacrifizj,  e  l'anno 

reputavasi  terminare  dopo  i  quattro  grandi  sacrifizj  clie  offri- 

vansi  ai  solsl 

tizj 

e  agli  equinozj. 

1766 

18 

anno 

del  rej 

^ao 

di    Cing-tang,  che  vince  Kie-kuei. 

1753 

1 

» 

Tai-kia  della  dinastia  de'  Ciang. 

16 

1737 

17 

» 

id. 

1720 

1 

u 

Wu-ting. 

1691 

» 

Tai  keng. 

17 

1677 

15 

» 

id. 

1666 

1 

» 

Siao-kia. 

1649 

M 

Yung-ki. 

1637 

» 

Tai-vu. 

18 

1617 

21 

)> 

id. 

1562 

1 

» 

Ciung-ting. 

19 

1557 

6 

» 

id. 

1549 

1 

» 

Wai-gen. 

1534 

» 

Ho-tan-kia. 

1525 

» 

Tsu-y. 

1506 

» 

Tsu-sin. 

20 

1497 

10 

M 

Tsu-sin. 

1490 

1 

» 

Wu-kia. 

1465 

» 

Tsu-ting. 

21 

1437 

29 

» 

id. 

1435 

1 

» 

Nan-keng. 

1408 

M 

Yiang-kia. 

1401 

Pan-keng  della  dinastia  Yn  mutò  il  nome  di  sua  famiglia  da  Ciang 

in  quello  di 

Yn, 

,  usato  spesso  nel  libro  dei  Versi. 

>|3fi  CRONoi.or.iA 


Online 
de'  (.idi 

Anni 
av.  C. 

Anni  ilei 

rojjno,  e  nomi 

ilcjjl'impcratori. 

22 

1377 

25 

auno  del  regno 

di 

Pan-keng. 

d373 

1 

» 

Siao-sin. 

1552 

» 

Siao-y. 

1524 

» 

Wu-ting. 

23 

4317 

8 

» 

id. 

1265 

1 

» 

Tsu-keng. 

1258 

» 

Tsu-kia. 

24 

1257 

2 

» 

id. 

1225 

1 

i> 

Lin-sin. 

1210 

I) 

Ken-ting. 

1198 

» 

Wu-y. 

25 

1197 

2 

» 

id/ 

1194 

1 

» 

Tai-ting. 

1191 

1 

» 

Ti-y. 

1154 

» 

Ceu  0  Ceu -sin. 

26 

1137 

18 

» 

id. 

Dinastia  dei   Ceu. 

1134 

1 

anno  del  regno 

di 

Wu-uang. 

1122 

13 

n 

vince  Ceu-sin. 

1115 

1 

» 

Cing-uang. 

1078 

» 

Kang-uang. 

Invece  d 

i  sse,  gli 

anni  sotto  questi  imperatori  diconsi  nian,  che 

indica 

il  tempo 

in 

cui  i  grani  si  mietono,  il  che  accade  una  sol 

volta  1 

'anno,  come 

avverte  un  commentatore  del  Li  hi. 

27 

1077 

2 

anno  del  regno 

di 

Kang-uang. 

1052 

1 

» 

Ciao-uang. 

28 

1017 

56 

» 

id. 

1001 

1 

» 

Mu-uang. 

29 

957 

45 

» 

id. 

946 

1 

» 

KuDg-uang. 

934 

» 

Y-uang. 

909 

1 

» 

Hiao-uang. 

50 

897 

13 

» 

id. 

894 

1 

» 

Y-uang. 

878 

» 

Li-uang. 

31 

837 

42 

» 

id. 

827 

1 

» 

Siuen-uang. 

781 

» 

Yeu-uang. 

32 

777 

5 

» 

id. 

770 

1 

» 

Ping-uang. 

719 

» 

Hing-uang. 

33 

717 

5 

» 

id. 

696 

1 

» 

Ciuang-uaag. 

681 

» 

IJ-uang. 

676 

» 

Hoei-uang. 

34 

657 

20 

» 

id. 

651 

1 

» 

Sciang-uang. 

618 

» 

King-uang. 

612 

» 

Kuang-uang. 

60G 

» 

Ting-uang. 

35 

597 

11 

}> 

id. 

585 

1 

» 

Kieu-uang. 

571 

)) 

I>ing-uang. 

544 

i 

« 

Ling-uang. 

i31 


Ordine 
de'  cicli 

Anni 
av.  C. 

Anni  del  ropno,  e  nomi 

do^jl'iniperatori. 

36 

537 

519 

8 
1 

anno 

del 

regno 

di 

i.ing-uang. 
Keng-iiang. 

57 

477 
475 
468 
440 
425 

43 
1 

1 

1) 
» 

» 

id. 
Yuan-uang. 
Cing-ting-uang. 
Kao-uang. 
Wei-lie-uang. 

Alcuni 

critici  severi 

cominciano  solo  a 

quest'anno  la  cronologia 

certa  dell; 

i  Cina 

38 

417 

401 
375 
368 

9 

anno 

del 
» 
» 

regno 

di 

Wei-lie-uang. 
Nang-uang. 
Lie-uang. 
Hien-uang. 

39 

357 
520 
314 

12 
1 

» 
1) 

id. 

Scin-tsen  uang. 
Nan-uang. 

40 

297 

18 

)) 

id. 

Nel  256  finiscono  i  Ceu. 

Dinastia  degli   Tsin. 

255  Comincia  l'impero  degli  Tsin:  52  anno  di  Siang-uang. 

250  1     anno  del  regno  di    Yao-uen-uang. 

249  ')                   Ciuang  siang-uang. 

246  »                   Uang-cing. 

41  237  10                  »                           id. 

221         26  »  Tsin-sci-uangti. 

Fin  qui  i  regnanti  della  Cina  si  erano  accontentati  del  nome  di 
heu  (principe),  uaìig  (ve],  o  ti  (imperatore);  ma  questi  prese  il 
titolo  di  uaìig-ti,  cioè  signor  sovrano,  imperatore  supremo.  Il 
titolo  di  tliian-seu  (figlio  del  cielo)  significa  la  subordinazione 
più  esatta,  qual  è  quella  del  figlio  al  padre;  ung-ti,  l'autorità 
assoluta.  Uang-ti  fa  bruciare  i  libri- 
209         1     anno  del  regno  di  Eul-sci-uang-ti. 

Questo  nome  significa  secondo  imperatore  del  mondo. 
200         1     anno  del  regno  di  Liu-pang-uang, 

Han-uang,  fondatore  della  dinastia  seguente. 

Dinastia  degli  Han. 

202         5    anno  del  regno  di    Tai-tsu-kao-uang-ti,  o  del  sublime  impera- 
tore capo  della  dinastia  Han. 
194         1  »  Hiao-uei-ti. 

187  ')  Kao-uang-eu-liu-sci ,  o  l'altissima  impera- 

trice Liu-sci. 
179  »  Hiao-ven-ti. 

42  177  5  »  id. 
163          1     anno  heu  di  Hiao-ven-ti. 

Da  quest'anno,  ch'era  il  17  di  Ven-ti,  gl'imperatori  cominciarono 
a  dare  agli  anni  nomi  particolari,  da  cui  soltanto  contaronsi  gli 
anni.  La  storia,  per  es.,  dirà-,  il  tal  falto  accadde  il  3'  o  4"  anno 
heu,  cioè  dopo  che  Ven-ti  diede  agli  anni  del  suo  regno  il  nome 
di  heu.  Heu  vuol  dire  dappoi. 
156         1     anno  del  regno  di  Hiao-king-ti. 

Agli  anni  continuò  il  nome  di  heu. 
149  1  anno  ciung  di  Hiao-king-ti. 

143  ì     »      heu  }> 


138 

CRONOLOGIA 

Ordine       Anni 
de' cicli     av.  C. 

Anni 

del  regno,  e  nomi  degl'imperatoi 

140 

1  anno 

i  kian-yuan  di  Hiao-wu-ti. 

134 

» 

yuan-kuang 

I) 

128 

I) 

yuan-sciuo 

I) 

122 

M 

yuan-sceu 

» 

43         117 

6    » 

yuan-sceu 

» 

H6 

1     )) 

yuan-ting 

» 

110 

M 

yuan-fung 

» 

104 

» 

tai-tsu 

» 

100 

1) 

tian-han 

» 

96 

» 

lai- sci 

1) 

92 

1) 

cingilo 

» 

88 

l> 

heu-yuan 

» 

86 

» 

sci-yuan  di  Hiao-ciaoti. 

80 

» 

yuan-fung 

)) 

74 

» 

yuan-ping 

» 

72 

» 

pen-sci 

di  Suen-ti 

69 

1) 

ti-kie 

)) 

OS 

» 

yuan-keng 

» 

61 

}J 

scin-hio 

I) 

44           57 

)) 

u-fung 

)> 

53 

1) 

kan-lu 

» 

49 

)) 

hoang-lung 

» 

48 

M 

tsu-yuan 

M 

43 

» 

yung-kuang 

» 

38 

» 

kian-ciao 

» 

33 

» 

king-ning 

» 

32 

1) 

kieu-sci     di 

Haocing-ti. 

28 

1) 

ho-ping 

I) 

24 

» 

yang-sciuo 

» 

20 

» 

hung-kia 

» 

16 

)) 

yung  sci 

» 

12 

» 

yuan-yen 

1) 

8 

1) 

sui -ho 

1) 

6 

J) 

kian-ping  di 

i  Hao-ngai-ti. 

2 

» 

yuan-sceu 

M 

1 

2    « 

)ì 

» 

Era  vulgare 

1 

1    .. 

yuan-sci  (coniinciamento 

45  4  4     »  » 

6  •      1     I)      dell'interregno  di  Jiu-tseu-yng,  sotto  il  patronato  di  Uang- 
mang. 

8  11       tsu-sci  del  regno  di  Jiu-tseu-yng. 

9  1  anno  del  regno  usurpato  da  Sin-mang  o  Uang-mang. 
14  )>       tian-fung  » 

20  »       ti-hoang  » 

23  »      kengsci  del  regno  di  Ti-yuan  degli  Han. 

25  >'      kian-wu  del  regno  di  Kung-wu-uang-ti. 

Comincia  la  dinastia  degli  Han  orientali,  così  chiamati  perchè  fu 

trasferita  la  capitale,  da  Si-ngaa-fu  nello  Scen-si,  ad  Ho-mau-fu 

nell'Ho-nan. 
56  »      kian-ivu-ciung-yuang  del  regno  di  Kung-wu-uang-ti. 

58  w      yung-ping  del  regno  di  Hiao-ming-ti. 

46  C4  7    i>  n  » 

76         1     »      kian-tsu  del  regno  di  Hiao-ciang-ti. 
84  »      yuan-ho  » 


TÀVOLE  139 

Ordine         Anni  ^^j^j  j^j  fggno^  e  nomi  ilegrimpciatori. 

de'  cicli         u.  C. 

87  anno  ciang-ho  del  regno  di  Iliao-ciang-ti. 
89  »      yung-yuaìig 

103  »      yuan-king  » 

106  »      yen-ping  » 

107  »  tjung-tsu  » 
114                »      yuan-tsu  » 

120  »       yung-ning  » 

121  »      kian-kuang  » 

122  "      yen-kuang  » 

47  124  5     »      yen-kuang  » 

126         1     "  yung-kieng  del  regno  di  Hiao-sciun-ti. 

132  »  yang-kia                                 » 

136  «  yung-ho                                  » 

142  »  hanngan                               » 

144  »  kian-king                                » 

14o  »  yung-hia  del  regno  di  Hiao-ciung-ti. 

146  »  pen-tsu  del  regno  di  Hiao-ci-ti. 

147  »  kien-ho  del  regno  di  Hiao-iuan-ti. 

150  1)       ho-ping  » 

151  »  yuan-kia  » 
lo3  ».  yung-hing  » 
155  »  yung-sceu  » 
158  "      yen-hi  » 

167  »      ìjung-keng  del  regno  di  Hiao-uan-ti. 

168  »      kan-ning  del  regno  di  Iliao-ling-ti. 
172  »       hi-ping  « 

178  )'       kuang-ho  » 

48  184                '>      ciun^/  p/n^r  ,, 
190  4  anno  tsu-ping  del  regno  di  Hiao-ien-ti. 
194                »      hing-ping  » 
196                »       kian-ngan  » 

220  »  Comincia  la  divisione  dell'impero  in  tre  regni  (San-koue). 

221  1     »      cian-ivu  del  regno  di  Ciao-lie-ti  degli  Han. 
223  »       kian-hing  del  regno  di  Eu-ciù  degli  Han. 

227  »  Miag-ti  succede  a  Uen-ti  nel  regno  di  liei,  e  chiama  tai-hao 

gli  anni  del  suo  regno. 

238  »      yen-hi  del  regno  di  Eu-ciù. 

239  »  Tsao-fang  succede  a  Ming-ti  nel  regno  di  liei  ;  e  dà  agli  anni 

del  suo  dominio  il  nome  di  ceng-sci. 

49  244         7    »     yen-hi  del  regna  di  Eu-ciù. 

2S4         i     ì>      di  Kung-ceng,  discendente  di  Tsao-tsao. 
2o8  n      king-yo  del  regno  di  Eu-ciù. 

265  I)       yen-king  » 

Si  estingue  affatto  la  dinastia  degli  Han:  Yuan-ti,  discendente 
di  Tsao-tsao,  è  riconosciuto  imperatore  l'anno  dopo. 

264  »       hien-hi  del  regno  di  Yuan-ti  degli  Uei. 

Essendo  l'unico  di  sua  stirpe  riconosciuto  legittimo  impera- 
tore, non  si  formò  una  dinastia  distinta,  e  lo  collocano  al 
fine  di  quella  degli  Han. 

Dinastia   degli    Tsin   occidentali. 

265  1  anno  tai-sci  del  regno  di  Zu-wu-ti. 

Comincia  la  dinastia  degli  Tsin  occidentali. 
275  »      hien-ning  del  regno  di  Zu-wu-ti. 

280  »      tai-keng  » 


140  CRONOI.or.IA 

Anni  del  regno,  e  nomi  Jogl'imporatori. 


Ordine         Anni 
de' cicli        il.  C. 


290  anno  tai-hi  del  regno  di  Zu-wu-ti, 

Quest'anno  Zu-wii-ti  muore  ,  e  il  suo  successore  cambia  il 
nome  dell'anno  da  yungh-hi  in  tai-hi  (gioja  grande). 

291  1     »      yung-kang  del  regno  di  Hiao-lioei-ti. 

300  »       yutig-keng  » 

301  »      yung-ning  » 

302  »       tai-ngan  » 
50         304               »      yung-hing  » 

306  »      kuang-hi  « 

307  »  yung-kia  » 
513  1  anno  kien-hing  » 
317                »      kien-icu                             » 

Principia  la  dinastia  degli  Tsin  orientali,  così  detti  dall'aver 
tramutato  la  corte  da  Ho-nan-fu  a  Nan-king.  11  soprannome 
d'essa  famiglia  è  Sse-ma. 
518  1     »      tai-king  del  regno  di  Vuen-ti. 

322  »      yung-ciang  » 

323  >>      tai-ning  del  regno  di  Ning-ti. 
326               »       hien-ho  del  regno  di  Cing-ti. 
33S                »       hien-kang  » 
343                )»       hien-rjuan                          » 
345               »      yung-ho  del  regno  di  Mu-ti. 
347                ))       scing-ping                         » 
362               »      yung-ho  del  regno  di  Ngai-ti, 
503                »      hing-ning  » 

Si  364  2     .)  »  " 

366  1     »      lai  ho  del  regno  di  Ti-y. 

371  »      him-ngan  del  regno  di  Kianuen  li. 

373  »      ning-kang  del  regno  di  lliao-wu-li. 

376  »      tai-yuan  » 

397  ))      lyng-ngan  del  regno  di  Ngan-ti. 

402  1)      yuan-hing  » 

40S  »     "i-hi  n 

419  »      yuan-hi  » 

Finiti  gli  Tsin,  succedono  i  Sung.  La  corte  rimane  a  Nan-kÌDg. 

Disiasti  a  dei   Sung  settentrionali. 

420  1  anno  yung-tsu  del  regno  di  Wuti. 

423  »  king-ping  del  regno  di  Yug-yag-uang. 

52  424  »  yuan-kia  del  regno  di  Uen-ti. 

454  „  hiao-kien  del  regno  di  Hiao-wu-ti. 

457  »  ta-ning  » 

465'  »  /ai-sci  del  regno  di  Ming-ti. 

472  »  iai-yu  » 

473  ))  yuan-huei  del  regno  di  Ciù-yu,  detto  anche  Tsangwu  uang. 
477  I)  scing-ming  del  regno  di  Sciun-ti. 

Termina  la  dinastia  dei  Sung. 

Di 71  astia  degli   Tsin. 

1  anno  kim-yuan  del  regno  di  Kao-ti. 
ìjung-miìig  del  regno  di  Wu  ti. 


53 


479 

1 

483 

484" 

2 

494 

1 

498 

499 

kicn-ìvu  del  regno  di  Ming-ti. 
yung-tai  » 

yung-yuan  del  regno  di  Ciu-pao  kiuan,  detto  anche  Tung- 
huau-heu. 


141 


Ordine       Anni  ^^^^j  ^^,1  regno,  e  nomi  Jcgl'iraperalori. 

d«'  cicli     ti.  t. 

501  1  anno  ciung-hing  del  regno  di  Ilo-ti. 

Termina  la  dinastia  dei  Tsi. 

Dinastia   dei  Liang. 

anno  tian-ìdan  del  regno  di  Wu-ti. 

»  tsin-tung  » 

w  ta-kung  » 

»  tung-ta-tung  » 

»  ta-tung  » 
M 


502 

1 

520 

527 

529 

535 

5i4 

10 

546 

1 

547 

550 

552 

555 

556 

ciung-ta-tung  » 

tai-tsing  » 

ta-pao  del  repno  di  Kian-uen-ti. 
cing-scing  del  regno  di  Ilao-yucn-li. 
ciao-tai  del  regno  di  King-ti. 
tai-ping  » 

Termina  la  dinastia  dei  Liang. 

Dinastia  dei   Gin. 

557  1   anno  yung-tin  del  regno  di  VVu-ti. 
560  »       fhian-kia  » 

566  »       thiaìi-heng  » 

567  »      koang-ta  del  regno  di  Ciu-pe-tsung. 
569  »       tai-kien  del  regno  di  Yiien-ti. 

580  »       Finisce  questa  dinastia. 

Dinastia   dei   Sui. 

581  1  anno  kai-hoang  del  regno  di  Uen-li. 
589  »       1  Gin  intieramente  distrutti. 
601                »      jin-sceu  di  Wu-ti, 

55  604  4    » 

605  1     »      ta-ye  del  regno  di  Yang-ti. 

607  »      y-ning  del  regno  di  Kung-ti. 

Finisce  la  dinastia  de'  Sui,  e  succede  la  grande  dei  Tang. 

Dinastia   dei   Tang. 

618  1  anno  wu-tc  del  regno  di  Kao-tsu. 

Tsu  vuol  dire  principe,  origine,  stipite;  kao,  grande,  sublime, 
elevato-,  tni .,  grande,  supremo.  Questo  nome  è  comune  a 
quasi  tutti  i  fondatori  di  dinastia. 
627         1     »       cing-kuang  del  regno  di  Tai-tsung. 

Tsung  significa  onorevole  e  il  più  stimabile  fra  gli  avi  dopo 
il  capo,  cbe  chiamasi  Tsu. 

retino  di  Kao-tsuns. 


56 


650 

» 

yung-hoei  de 

656 

n 

hien-lsing 

661 

» 

lung-sciuo 

664 

» 

Un- te 

666 

» 

kian-fung 

668 

» 

tsung-ciang 

670 

1) 

hian-heng 

674 

» 

sciang-yuan 

676 

» 

i-fung 

679 

» 

tiao-lu 

680 

» 

yung-lu 

681 

}i 

kai-yo 

682 

)) 

yurig-ciung 

Wi 


CRONOLOGIA 


Ordine         Anni  à      ■  j  i  •  j    n-  .    • 

de' cicli         d  C  regno,  e  nomi  degl'imperatori. 

683  i  anno  hung-tao  del  regno  di  Kao-tsung. 

684  j)       sse-cing  del  regno  di  Ciung-tsung. 

L'imperatrice  Vu-lieu  sbalza  suo  figlio,  e  usurpa  il  trono:  dà 
agli  anni  del  suo  dominio  il  nome  di  kuang-cai.  Dal  68i 
al  703,  Ciung-tsung  sta  esule,  e  sua  madre  regna,  dando 
spesso  nome  agli  anni:  ma  qui  non  si  riferiscono  perchè 
non  designati  nella  tavola  cinese. 

"705  1     »       scin-lung  del  regno  di  Ciung-tsung,  richiamato. 

707  y       king-lung  del  regno  di  Ciung-tsung. 

710  »      king-yan  del  regno  di  Jui-tsung. 

712  »       tai-ki  « 

Muore  poco  dopo,  e  il  resto  dell'anno  fu  denominato  scien- 
tian  dal  suo  successore  Ming-hoang-ti. 

713  I)       kai-yuan  del  regno  di  Ming-hoang-ti. 

57  724        12     .. 

Ming-hoangti  significa  imperatore  illuminato.  È  uno  de'  più 
grandi  imperatori  della  Cina  :  lo  chiamano  pure  Yuan-tsung. 
742  i     »       Ihian-pao  del  regno  di  Ming-hoang-ti. 

756  ,  I)       ci-te  del  regno  di  Su-tsung. 

758  »       kian-yuaìi  « 

760  1  anno  sciang-yuun  » 

762  »       pao-yung  » 

763  ))       kuang-te  » 

765  »       yungtai  » 

766  »       la-li  » 

780  »      kien-cìung  del  regno  di  Te-tsung. 

58  784  w       kien-ijuan  » 
785                »       cing-yuan  jj 

805  »  yung-cing  del  regno  di  Sciun-lsung. 

806.  »  yiian-ho  del  regno  di  Hien-tsung. 

821  »  ciang-tsing  del  regno  di  Mu-tsung. 

825  »  pao-li  del  regno  di  King-tsung. 

827  »  tai-ho  del  regno  di  Ven-tsung. 

836  ))  kai-cing  » 

841  i>  hoeì-ciang  del  regno  di  Vu-tsung. 

59  844  4     »  »  » 

847  1     »  ta-ciung  del  regno  di  Yuan-tsung. 

860  ))  hian-tung  del  regno  di  Y-tsung. 

874  )'  kianfu  del  regno  di  Hi-tsung. 

880  I)  kuan-ming  « 

881  »  ciung-ho  » 
885  «  kuangki                        » 

888  »  loen-te  » 

889  )'  lung-ki  del  regno  di  Ciao-tsuug. 

890  »  ta-sciun  x 
892  I)  kingfu  » 
894  »  kian-ning  n 
898  i>  kuang-hoa  « 
901  »  thian-fu  .                » 

60  904  »  thian-ij'U  » 

903  2      thian-yeu  del  regno  di  Ciao-suen-tsung. 

Le   cinque  piccole  dinastie. 
1.  —  Liang  posteriori. 
907         1  anno  kai-ping  del  regno  di  Taitsu. 


TAVOLE  143 


Ordine         Anni  ^^^^,1  j^,              ^  nomi  degl'imperatori, 
de'  cicli        d.  C. 

9H  i  anno  kian-hoa  del  regno  di  Tai-tsu. 

914  I)       kian-hoa  del  regno  di  Sciu-cing. 

915  ))      cing-mimj  del  regno  di  Cing. 
921  »       lung-te                          » 

II.  —  Tanij  posteriori. 

923  1  anno  tung-kuang  del  regno  di  Ciuiing-tsung. 

926  "       tian-cing  del  regno  di  Ming-tsung. 

930  1  anno  ciang-hing                     » 

934  »       yng-sciun  del  regno  di  Ming-ti. 

935  »       cing-tai  del  regno  di  Lu-uang. 

III.  —  Tsin  posteriori. 

936  1  anno  thian-fu  del  regno  di  Kao-tsu. 

943  8    1)  ))        del  regno  di  Sciu-sciung-kuei, 

944  1     »       kai-yun  « 

IV.  —  Han  posteriori. 

947  l!2  anno  cing -tsing -thian-fu  del  regno  di  Kao-tsu. 

948  1     M      kien-ijeu  del  regno  di  Yu-ti. 

V.  —  Ceu  posteriori. 

9M  i  anno  kuang-sciun  del  regno  di  Tai-tsu. 

9S4  w      kien-te  del  regno  di  Sciu-tsung. 

Dinastia  dei  Sung. 

960  1  anno  kian-lung  del  regno  di  Tai-tsu, 

963  »       kian-te                          » 

61  964  2    >.            ))                              » 
968  i     »      kai-pao                         j> 

976  1)       tai-ping-king-kue  del  regno  di  Tai-tsung. 

984  1     M       yung-hi                         " 

988  »       tuang-kung                    » 

990  I)       ciun-hoa                         » 

995  »       ci- tao                             » 

998  M      hian-ping  del  regno  di  Cin-tsung. 

1004-  I)       king-te                           » 

4008  »       ta-ciung-tsian-fu           » 

1017  »       thian-hi                         » 

1022  »       kian-ìiing                       « 

1025  »      tian-scing  del  regno  di  Jin-tsung. 

62  1024  2    »             » 

1032  1     ì>      ming-tao                        » 

4034  )•      king-yeu                       » 

1038  »       pao-yuan                       » 

4040  ')       keng-ting  » 

4041  ))  tsing-li  » 
4049  ))  ìioang-yeu  •> 
4054  >'  CI- /io  » 
4056  »       kia-yeu                          « 

4064  »       ci-ping  del  regno  di  Yu-tsung. 

4068  »       hi-ning  del  regno  di  Scin-tsung. 

4078  »       ynan-fung                      » 

63  4084  7     »              »                             « 

1086  4    «      yuan-yeu  del  regno  di  Ci-tsung. 


Mi 


CKONOLOGIA 


Online       Anni  i      ■   i  i  ■    i    .,. 

de' cicli      d.  C  regno,  e  nomi  dcgriniperatori. 

4094  1  anno  sciao-scing  del  regno  di  Ci-tsung. 
1098  »      yuan- fu  » 

1101  »       kiang-ciung  del  regno  di  Hoei-tsung. 

1102  »       Uuìig-ning  « 

1107  ))       ta-kuan  »  ■     ■ 

1111  »       cing-ho  » 

1115  »      Il  cupo  dei  Kin  Tai-tsung  prende  il  titolo  di  Ti  imperatore. 

1  Kin  chiamavansi  pure  Ciu-ce,  o  Yu-ci,  e  si  adoperavano 
per  possedere  tutta  la  Cina,  l  Tartari  Mansciù  pretendono 
discendere  da  questi  Kin. 
1118  1     1)       ciung-ho  del  regno  di  lloei-tsung. 

Jliy  I)       hiuan-ho  » 

Dinastia  dei  Kin,  che  regna  contemporaneamente  a  quella  dei 
Sung. 
1123  »      thian-hoei  dei  regno  di  Tai-tsung  dei  Kin. 

Benché  i  Kin  fossero  signori  di  quasi  tutta  la  Cina,  il  titolo 
d'imperatore  è  attribuito  a  quei  della  stirpe  Sung. 

1 126  »       king-kang  del  regno  di  King-tsung  dei  Sung. 

1127  11       kien-yeu  del  regno  di  Kao-tsung. 

1130  »       sciao-hing  » 

1131  9     »      thian-hoei  del  regno  di  Tai-tsung  dei  Kin. 
1135        13     »  »  del  regno  di  Hi-tsung. 

1158  J     I)  Ihian-kiuan                    » 

Ili!  »  hoang-tsung                    » 

Ci        llii  li     »  sciao-hing  del  regno  di  Kao-tsung  dei  Sung. 

11  i4  -4     »  lioang-tsung  del  regno  di  Hi-tsung  dei  Kin. 

1150  1     ')  ihìan-te  del  regno  di  Sciù-liang. 

1153  »  cing^yuan                       » 

1156  1  anno  cing-lung                       » 

1101  »  tU'ting  del  regno  di  Sci  tsung. 

1163  .)  lung-hing  del  regno  di  Iliao-tsung  dei  Sung. 

1165  j»  kian-tao                         » 

1174  1)  Uun-hi                           » 

1190  ')  ctao-hi  del  regno  di  Kuang-tsung  dei  Sung. 

1190  1  anno  ming-ciang  del  regno  di  Cian-tsiing  dei  Kin. 

1195  II  tsing  yuan  dil  regno  di  Ning-tsung  dei  Sung. 

1106  I)  cing-ngan  del  regno  di  Ciang-tsung  dei  Kin. 

1201  1)  kia-tai  del  regno  di  Ning-tsung  dei  Sung. 

1201  »  tai'ho  del  regno  di  Ciang-lsung  dei  Kin. 

65        1204  4     »  kia-tai  del  regno  di  Ning-tsung  dei  Sung. 

1204  »  tai-ho  del  regno  di  Ciang-tsung  dei  Kin. 

1205  1     »      kai-hi  del  regno  di  Ning-tsung. 

1208  »       kia-iing  » 

1209  »       tangan  del  regno  di  Ciu-yung-ki. 

1212  )'       tsung-tsing  » 
1215                 »       ci-ning                           » 

Morto  Yung-ki,  il  suo  successore  Yuan-lsung  mutò  il  nome 
dell'anno. 

1213  >'      cin-yeu  del  regno  di  Yuan-tsung. 
1217  »       ìiing-iing  » 

1222  »      yuang-kuang  » 

1224  1     »       cing-ta  del  regno  di  Ngai-tsung. 

1225  »      pao-tsing  del  regno  di  Li-tsung  dei  Sung. 
1228  »      sciao-ting  » 

1232  »      thian-hing  del  regno  di  Ngai-tsung  dei  Kin. 


tavoli;  ,  145 

Oi'diuc      Addì  i      •  j  i  •  ■    h-  ^    ' 

j  ,   ■  |-       ,  p  Anni  del  regno,  e  nomi  degl'imperatori. 

1234  1  anno  tuang-ping  del  regno  di  Li-tsung  dei  Sung. 

Finisce  l'impero  dei  Kio. 

4^37  «      kia-hì  del  regno  di  Li-tsung  dei  Sung. 

4241  »      ciun-yeu                       » 

4253  »       pao-yeu                         » 

4259  »       kai-tsing  » 

4260  »      king-ting  » 

Comincia  la  dinastia  degli  Yuen  o  Mongoli. 

4260  4  anno  ciung-tung  del  regno  di  Sci-tsu  degli  Yuen  o  Yen. 

66  1264  5    »       king-ting  del  regno  di  Li-tsung  dei  Sung. 

4264  4    »      ci-yuan  del  regno  di  Sci-tsu  degli  Yuen. 

4265  »      hian-ciun  del  regno  di  Tu-tsung  dei  Sung. 

Nel  1267  gli  Yuen  cominciano  a  stabilire  la  lor  dominazione 
sull'impero 

4275  4     »      te-yeu  del  regno  di  Ti-hien  dei  Sung. 

4276  »      king-yen  del  regno  di  Tuan-tsung. 

4278  »      tsiang-hing  del  regno  di  Ti-ping. 

4279  Si  estingue  la  dinastia  dei  Sung. 

Dinastia   mongola   (sola). 

4294         4  anno  yuan-cing  del  regno  di  Cing-tsung  degli  Yuen. 

4297  »  ta-te  » 

4306  »  ci-ta  del  regno  di  Wu-tsung. 

4344  »  hoang-tsing  del  regno  di  Jin-tsung. 

4314  »  yen-ijeu  » 

4320  1)  cici  del  regno  di  Yng-tsung. 

67  1323  »  taiting  del  regno  di  Tai-ting-ti. 
1328  .)  ci-ho  » 

4328  »  thian-li  del  regno  simultaneo  di  L'en-tsung. 

4330  »  ci-sciun                         » 

4353  M  yuang-tung  del  regno  di  Sciun-ti. 

4335  »  ci-yuan                         » 

4341  »  ci-cing                          •> 

Dinastia   dei   Ming. 

1368  1  anno  del  regno  di  Hong-wu  (il  bonzo  Giù). 

68  1384        17    « 

1399  1     B  Rien-uen-ti,  ristauratore  dei  Letterati. 

1403  )>  yung-lo  del  regno  di  Ciog-tsuuen-ti. 

1425  )>  hung-hi  del  regno  di  Jin-tsungciang  ti. 

1426  »  hinan-te  del  regno  di  Yuen-tsung  clangti. 
1436  »  cing-tung  del  regno  di  Y'^ng-tsung-jui-ti. 

69  1444  9    «            ).                             » 
1450  1     »  king-tai  del  regno  di  King-ti. 

L'imperatore  Yng  tsung  predetto,  postosi  a  capo  dell'esercito 
che  dovea  combattere  i  Tartari,  fu  da  questi  fatto  prigio- 
niero: intanto  governò  suo  fratello  col  titolo  d'imperatore. 
thian-sciun  clie  Yng  tsung  ricuperò  l'impero. 
cing-hoa  del  regno  di  Ciun-ti,  o  Hien-tsung-ciun-ti. 
hung-ci  del  regno  di  Hiao-tsungking-ti. 


70 


71 


4458 

1    ) 

1466 

« 

4488 

» 

4504 

17    1) 

150G 

1     ) 

1522 

M 

1564 

43    « 

rù,  Documenti. 

cing-te  del  regno  di  NVu-tsung-y-ti. 
kia-tsing  del  regno  di  Sci-tsung-su-ti. 
»  » 

•  Tomo  I,  Cronologia.  10 


146 


CaONOLOGlA 


Ordine 
de'  cicli 


72 


75 


74 
75 


Anni 
d.  C. 

1567 
1573 


1616 


1620 

1 

1621 

1 

1624 

4 

1624 

9 

1627 

1 

1628 

1636 

1644 

1662 

1723 

1736 

1796 

1820 

1850 

Anni  del  regno,  e  nomi  degl'imperatori. 

anno  lung-hing  del  regno  di  Mu-tsung-ciuang-ti. 
»      uen-li  del  regno  di  Scin-tsuvg-hien-ti. 

Dinastia  dei   Tai -tsing. 

anno  tian-ming  (ordine  del  cielo)  del  regno  di  Tai-tsu-kao-uang-ti 
dei  Tai-tsing,  o  purissimi.  È  quella  dei  Tartari  Mansciù,  ora 
regnante.  Benché  se  ne  assegni  il  corninciamento  a  que- 
st'anno, non  era  peranco  signora  di  tutta  la  Cina,  durando 
in  guerra  co'  paesani. 
»      tai-ciang  del  regno  di  Kuang-tsung  dei  Ming. 
I)       tian-ki  del  regno  di  Ci-ti,  o  Hi-tsung  dei  Ming. 
»  ))  » 

»      tian-ming  del  regno  di  Tai-tsu  dei  Tai-tsing,  anzidetto. 
»      tian-tsung  del  regno  di  Tai-tsung  dei  Tai-tsing. 
»      tsuìig-cing  del  regno  di  Hoei-tsung  dei  Ming. 
Tsung-te  dei  Tai-tsing. 
Sciun-si  dei  Tai-tsing. 

In  quest'anno  i  Tai-tsing  s'impadroniscono  veramente  del- 
l'impero. 
Kang-lii. 
Yung-cing. 
Kien-lung. 
Kia-king. 

Mian-ning,  sornominato  Tao  kuang  (splendor  della  ragione). 
Yih-tsu,  sornominato  Hien-fung  (felicità  perfetta),  che  muore 
il  24  agosto  1861. 


g  3.   —  Re  d'Egitto  (]). 

Menete  o  Mene,  primo  re,  v.  2450.  1  suoi  successori  fino  a  Meride,  v.  1990,  nel  nu- 
mero di  trecentotrenta,  formano  xvii  dinastie,  e  il  principio  d'una  xvni,  che  regnano 
simultaneamente  aTehe,  This,  Elefantina,  Memfi,  Eraclea,  Diospoli,  Xois  e  Tanis. 


Ordine 

Loro  origine. 

No 

Durata 

Ordine 

Loro  orif 

N» 

Dnrata 

di  queste  dinastie 

dei  re 

dei  regni 

di  queste  dinastie 

'ine 

dei  re 

dei  regni 

1  dinastia 

Tinite-tebana 

8 

252 

XI  dinastia 

Tel  tana 

17 

59 

Il  .     .     . 

Tinite-tebana 

9 

297 

XII  .      .      . 

Tebana 

7 

245 

Ili  .     .     . 

Memfi  ti  ca 

8 

197 

XIII  .      .     . 

Tebana 

60 

453 

IV  .     .     . 

Jlemfitica 

17 

448 

XIV  .     .     . 

Xoitica 

76 

484 

v   .      .      . 

Elefantina 

9 

248 

XV    .      .      . 

Tebana 

1) 

250 

VI    .      .      . 

Memfi  tica 

6 

203 

XVI    .      .      . 

Tebana 

5 

190 

VII    .      .      . 

Memfitica 

5 

75 

XVll    .      .      . 

1  Faraoni 

teban 

'^S 

260 

vili  .     .      . 

Merafitica 

5 

100 

1  Pastori 

IX    .      .      , 

Eliopolita 

4 

100 

XVIII   .      .      . 

Tebana 

17 

548 

X   .      .       . 

Eliopolita 

19 

185 

Fra  i  principi  delle  xvi  prime  dinastie,  da  Menete  si  annoverano  diciotto  re  etiopi,  il 
che  indica  invasione  e  conquista. 

Busiride  ingrandisce  Tebe  e  la  circonda  di  mura,  per  custodirla  dagli  assalti  degli  Etiopi. 

Timao  termina  la  xvi  dinastia. 

Sei  re  Pastori  o  Icsos,  il  primo  dei  quali  è  Salatide,  regnano  per  261  anno,  e  terminano 
la  dinastia  xvii.  1  cento  primi  anni  della  xviii  sono  paralleli  ai  cento  ultimi  dei  Pa- 
stori, i  quali  da  Mispragmutosi  e  Dutmosi  vengono  cacciati  dal  paese,  v.  2050.  Citansi 


H)  Qui  si  offre  la  cronologia  vulgarc:  per  la  discussione  e  le  scoperte  più  recenti  vedi  al  ^  16  della 
Parte   tecnica. 


TAVOLE 


Ul 


fra  i  principi  della  xviii  dinastia,  Meride,  Ucoreo  o  Acoride,  Osimandia,  Ramsete 
e  Amenofi. 
Sesostri  apre  la  xix  dinastia,  v.  1645.  I  suoi  successori  Perone,  e  dopo  molte  genera- 
zioni (\)  Proteo,  V.  1280,  Ramse,  Ccope,  Cefrem,  Miccrino,  Asichide  o  Boccoride 
appartengono  alle  xix,  xx,  xxi,  xxu,  xxiir  e  xxiv  dinastie,  poste  nell'ordine  seguente: 


XIX  dinastia 

XX 

XXI 


Tebana 
Tebana 
Tanite 


XXII 
XXIII 
XXIV 


Bubastite 

Tanite 

Saitica 


La  XXV,  0  dinastia  Etiopica,  presenta  numerose  lacune;  né  possono  citarsi  che  i  nomi 
del  cieco  Aniside,  d'un  re  etiopico  Sabacone,  e  di  Sete  sacerdote  di  Vulcano,  v.  713. 
Anarchia,  673-671. 
Governo  dei  dodici  re,  671 -6b6. 


Psammetico  I 656 

Necao  II .617 

Psammi       601 


Dinastia  Saitica  (xxvi). 

617     Apries  o  Ofra S95  570 

601      Amasi S70  S26 

59o  1  Psammenite 526  525 


L'Egitto  è  conquistato  dal  re  dei  Persi  Cambise,  525. 

1^  ribellione,  486;  2*  ribellione;  Inaro  re,  463-456;  5*  ribellione;  Amirteo  dì  Saide, 

414-408  ;  Busiride  e  Psammetico  II,  408-389;  Acoride,  389-377;  Psammuti,  377-376; 

Nefero,  376;  Nectanebo  I,  375-363;  Tace,  363-362;  Nectanebo  II,  362-354. 
I  Persi  rimangono  padroni  dell'Egitto:  è  conquistato  da  Alessandro,  352. 

Re  Lagidi. 

Tolomeo  I  Sotero,  figliuolo  di  Lago  governatore  dell'Egitto      .  323 

Tolomeo  II  Filadelfo 285 

Tolomeo  III  Evergete 247 

Tolomeo  IV  Filopatore 222 

Tolomeo  V  Epifane 205 

Tolomeo  VI  Filometore 181 

Tolomeo  Eupatore 

Tolomeo  VII  Evergete  Fiscone 146 

Tolomeo  VIII  Sotero  Laturo 117 

Tolomeo  IX  Alessandro 107 

Cleopatra 

Tolomeo  Laturo  ristabilito 88 

Tolomeo  Alessandro  li  »         .     i    ,•  o. 

„  [    pretendenti 81 

Iserenice J 

Tolomeo  XI  Aulete  Dionisio 80 

Tolomeo  XII  Dionisio,  e  Tolomeo  XIII 52 

Cleopatra  e  Tolomeo  XIV  Cesarione 52 

L'Egitto  è  fatto  provincia  romana. 


abd,  285  m.  285 
247 
222 
205 
181 
146 


146 


117 
107 


81 

80 

52 
47 
29 


§.   4.   —  Re  d'Assiria. 

Re  di  Babilonia  e  di  Caldea. 


Aloro. 
Alaspar. 


Amelon. 
Daon. 


Nerarod 2640 

Evecoo 2575 

Choraa  Belo  ....  2508 

Poro 2431 


Everodach.             Amenon. 

Otiarte. 

Amfi,                     Motalar. 

Xysustro. 

Diluvio,  3308. 

2575 

Necube     .... 

.    2396 

2351 

2508 

Abio 

.    2351 

2303 

2431 

Onibalo     .... 

.    2303 

2265 

2396 

Chinziro    .... 

.    2263 

2218 

Conquista  degli  Arabi. 


(!)  0  piuUoslo:  Sesostri,  v.  13-56;  Perone;  v.  1287;  l'rotco,  v.  ^280,  ecc. 


448 


CRONOLOGIA 


Mardokenle   . 

Anonimo  .     . 
Sisimordaco  . 


2218 
2163 
2123 


2163 
2123 
2095 


Nabio 2095 

Faranno 20S8 

Nabonnedo  .  .  .  .  2018 


2058 
2018 
1993 


Be  di  Ninive  o  d'Assiria  (1). 


Assur V. 

Successori  ignoti  fino  a  Belo,  che  caccia  gli  Arabi  dalla  Babilonia  nel 
30°  anno  del  recno  suo 


2640 
1993 


Primo  impero  assiro. 


Belo   .     . 

Nino  .    . 

Semiramide 

Ninia  0  Nino  «7  giovine 

Ario   .    . 

Aralio 

Serse 

Armamitride 

Beloco  1 

Balco 

Seto   .     . 

Marnilo  I 

Manscialio 

Sfero  .     . 

Marnilo  II 

Spareto    . 

Ascatade . 

Aminte    . 

Beloco  li 


Dagli  avanzi  del  primo 
Babilonia,  e  di  Media. 


993 
966 
916 
874 
836 
806 
766 
736 
698 
663 
611 
579 
549 
521 
499 
469 
427 
379 
334 
impero 


1966? 
1916 
1874 
1856 
1806 
1766 
1736 
1698 
1663 
1611 
1579 
1549 
4521 
1499 
1469 
1427 
1579 
1334 
1309 
d'Assiria 


Atossa 1309 

Belatore 1297 

Lampride 1279 

Sosare 1249 

Lamprao 1229 

Pania 1199 

Sosarmo 1154 

Mitreo 1132 

Teutane  I 1105 

Teuteo 1073 

Arabelo 1029 


Calao 

Anabo  

Babio 

Teutane  II      .... 

Dercilo 

Sardanapalo  I,  o  Assa- 
raddon,  o  Eupacme, 
0  Tonos  Concoleros  . 


987 
942 
904 
867 
837 


797 


si  formano  i  regni  particolari  di 


1297 

1279 

1249 

1229 

1199 

1154 

1132 

1105 

1073 

1029 

987 

942 

904 

867 

837 

797 


759 
Ninive,  di 


Re  di  Ninive. 


Fui  0  Sardanapalo  II 759 

Tegiat-Falasar 742 

Salmanasar 724 

Sennacherib 712 

Assaraddon 707 

che  s'impadronisce  di  Babilonia  nel  680. 

Saosducheo  o  Nabucodònosor  I 667 

Sarach  o  Chinaladan 647 

Il  regno  di  Ninive  è  unito  a  quello  di  Babilonia  da  Nabopolassar  nel  625. 

Re  di  Babilonia. 


Belesis 759  7-47 

Nabonassar 747  755 

Nadio 733  751 

Chinziro 731  728 


Poro 728 

lugeo  0  Baladan  .  .  .  726 
MardochempadooMerodach  721 
Arciano 709 


742 

724 
712 
707 
667 

647 
625 


726 
721 
709 
704 


{\)  Anche  di  questi,  che  chiauiauo  imperi  primitivi,  seguimmo  qui  la  cronologia  vulgata;  le  varietà  duovc 
e  le  discussioni  intorno  ad  esse  le  abliiam  collocate  nella  nostra  Storia  Luivcrsale.  L'assiro  come  po- 
polo Histioto  non  compare  che  nella  liihbiu. 

Nelle  Memorie  delV  Accademia  delle  hcrizinni  e  Belle  lettere  del  1851  sono  ricerche  di  Saulcv  sulla 
cronologia  degl'imperi  di  Ninive,  Babilonia  ed  Ecbatana,  dove  con  lunghissima  erudizione  cerca  recar  qual- 
che luce  in  questo  che  confessa  punto  tenebrosissimo.  Ivi  stesso  Quatrcmèrc  dissertò  intorno  a  Dario  Mede 
e  a  Baldassare. 


U9 


Interregno    .....    70i    —    702 

Belibo 702  699 

Apronadio 699  693 


Rigebelo 693  692 

Mesessimordach     .     .     .    692  688 

Interregno 688    —    680 


I  re  di  Ninive  s'impadroniscono  di  Babilonia;  Nabopolassar,  governatore  di  Babi- 
lonia, assume  il  titolo  di  re  nel  644,  e  s'impossessa  di  Ninivo  nel  62r). 

Secondo  impero  assiro. 

Nabopolassar  I     .         625  603 

Nabopolassar  o  Nabucodònosor  II  il  Grande 605  562 

Evilmerodacb 562  560 

Neriglissor 560  555 

Laborosoarcod 555  554 

Nabonide,  o  Labinet,  o  Baldassare 554  538 

L'impero  d'Assiria  è  unito  da  Ciro  a  quello  dei  Persi,  538. 


S5. 


Re  di   Media. 


Arbace 759 

Anarchia,  nella  quale  convien  collocare  i  regni  di  Mandace,  Sesarme,  Artia,  Arbiane 

Arteo,  Artine,  Artibarne. 

Dejocete 733  —  690  o  710  —  657 

Fraorte  o  Arfaxad 690        655      657        634 

Classare  I 655        595      634        593 

Astiage  0  Assuero 595        560 

Classare  lì  o  Dario  Medo  (?) 560        536 

La  Media  è  unita  all'impero  dei  Persi  da  Ciro  nel  536. 


§  6.   —  Impero  dei  Persi. 

Codorlabomor  re  dei  Persi v.  2300 

La  Persia  diviene  tributaria  al  regno  d'Assiria. 

Cambise,  padre  di v.  595 

Ciro  fondatore  dell'impero  dei  Persi 560  530 

Cambise  suo  figlio 530  522 

Smerdi 522 

Dario  J 522  485 

Serse  I 485  472 

Artaserse  I  Longimano 472  434 

Serse  II 424 

Sogdiano 424 

Dario  II  Noto  o  Oco 423  404 

Artaserse  II  iMnemone 404  362 

Artaserse  III  Oco 362  338 

Arsele       338  336 

Dario  111  Codomano 336  331 

L'impero  dei  Persi  è  distrutto  da  Alessandro,  331. 

Da  questo  calcolo  degli  scrittori  classici  differisce  affatto  quel  degli  orientali,  che 
nella  Storia  Universale  noi  procurammo  combinare  col  primo.  Qui  riferiremo  la 
lista  d'essi  re,  secondo  Mirkond. 

Prima  schiatta. 


Kajumarot     ....    regna  anni      40 

Sciamek. 

Kajumarot  di  nuovo. 

Uscenk )j      50 

Tamurasb »      30 

Scemscid. 


Zoak. 
Feridun. 

Menugiar regna  anni    120 

Nodar       ><        7 

Afrasiab »      "12 

Zab. 


ISO 


CRONOLOGIA 


Seconda  schiatta. 


Kaikobad regna  anni  100 

Kaikus ))  ISO 

Kaikosrii »  60 

Lorasp »  120 

Gustasp »  120 


Ardescir regna  anni 

Ornai  regina » 

Darab  I » 

Darab  II » 


112 

52 

4 

14 


Secondo  altri  autori  orientali,  la  lista  è  così  fatta  : 

Prima  schiatta. 


Kajumarot     ....    regna  anni  560 
Sciamek,  ucciso  dopo  breve  regno. 

Kajumarot  dì  nuouo     .    regna  anni  30 

Interregno »  200 

Uscenk,  detto  Picsdad      ...»  50 

Tamurasb »  30 


Scemscid 


Zoak regna  anni  1000 

Feridun 500 

Menugiar,  detto  Firuz .    .     .    .    "    120 

Nodar »        7 

Afrasiab »      12 

Zab »       30 


I»     700     Gersciap •>      30 

Seconda  schiatta. 


Kaikobad regna  anni  120 

Kaikus )  150 

Kaikosru »  60 

Lorasp »  120 

Gustasp »  120 


Ardescir,  detto  Baaman,  regna  anni  112 

Ornai  regina »  32 

Darab  I »  14 

Darab  II. 


Re  di  Sìria. 


Re  di  Sofene. 

Rohob ' V.  1070 

Adar-Ezer v.  1040 

vinto  da  Davide  re  de' Giudei 1030 


Re  di  Damasco. 


Rezom       v.  1030    v.  970 

Ilezion V.  960 

Labremone 945  926 

Benadad  I 926  900 


Benadad  II 900 

Azael 876 

Benadad  HI 833 

Razin 766 


870 
833 
766 
732 


Il  regno  di  Damasco  soccombe  agli  sforzi  congiunti  d'Acas  re  di  Giuda  e  di  Teglat- 
Falasar  re  di  Ninive,  732. 

Re  di  E  mesa. 

Tobi ,    .    .    ; V.    1040 

Joram v.    1030 

Il  regno  vieu  soggiogato  dai  re  di  Ninive  Sennacherib  e  Assaraddon  nel  712  e  688. 
Sorse  poi  un  regno  d'Emesa  in  conseguenza  dei  torbidi  nati  in  Siria  sotto  gli  ultimi 
Seleucidi. 

Sampsiceramo  I ^    .    .    . 69  64 

Giamblico  I ^ 64  51 

Alessandro ,     , 31  29 

Giamblico  II v.  19 

Sampsiceramo  II  )  a»  k/  a  r 

Soemo ,54  69 

Il  piccolo  regno  ^  allora  conquistalo  dqgli  Arabi, 


T A VOLT 


451 


Re  di  Gessur. 

Tolmai V.     10"0 

Il  regno  di  Gessur  è  invaso  da  Teglat-Faiasar,  re  di  Ninive,  733. 

La  Siria  cade  poi  sotto  il  dominio  dei  re  di  Persia,  338,  e  dei  re  di  iMacedonia,  352. 


§  8.  —  Regno  di  Troja, 


1590 

Tros 

.     .    1462 

1402 

1568 

Ilo 

.     .     1402 

1347 

1537 

Laomedonte    .     . 

.     .     1347 

1311 

1462 

Priamo  .... 

.     .    1311 

1270 

Scamandro 1614 

Teucro 1590 

Bardano  re 1568 

Erittonio     .     .     .'    •     .    1537 
Troja  incendiata  dai  Greci,  1270.  Vedi  %  17  della  Parte  tecnica. 

§  9,   —  Regno  di  Lìdia. 

Atiadi. 

Meone  o  Matiete,  v.  1579;  Coti;  Ati;  Lido;  Achiasmo,  v.  1480;  Ermone  o  Adremide; 
Alcimo  ;  Camblite;  Tmolo;  Teoclimene;  Marsia;  Jardano;  Omfalo,  v.  1550;  File- 
mene,  V.  1292. 

Eraclidi. 

Alceo,  Belo,  Nino,  Argone v.  1292  1219 

Diciotto  re,  fra  cui  si  nomina  Leone 1219  797 

Ardis  I 797  761 

Aliatte  I 761  747 

Melete 747  735 

Candaulo 735  708 

Mermnadi. 

Gige     . 708  670 

Ardis  II 670  621 

Sadiatte 621  610 

Aliatte  II 610  559 

Creso 559  548 

Il  regno  di  Frisia  risaliva  a  remotissima  epoca,  e  tutti  i  suoi  re  portavano  il  nome  di 
Mida  e  di  Gordio.  Dopo  la  morte  di  Mida  V  nel  560,  la  Frigia  diviene  provincia  del 
regno  di  Lidia. 

La  Lidia  è  conquistata  da  Ciro,  548;  e  da  Alessandro,  554, 


Ligdami  I  . 
Artemisia  I 
Pisindelo 
Ligdami  II 
Ecatomne 
Mausolo 


§10. 


520 
450 


373 


Regno  di  Carta. 


Artemisia  lì 353 

Idriceo 351 

Ada     ,     .    ' 544 

Pixidoro 340 

Orotombate >  „o« 

Ada  ricollocato  da  Alessandro  ' 


3b3 


La  Caria  è  fatta  provincia  dell'impero  d'Alessandro, 


351 
544 
540 
334 

320 


§11.  —   Regno  di  Tiro. 

Tiro  antica. 


Abibal    ......  1080  1045 

Iram 1045  076 

Baleazar 976  969 

Abdastarte 969  960 


Anarchia      .....  960  —    948 

Astarte 948  936 

Aseri  mo 956  927 

Feles 927  926 


152 


CRONOLOGIA 


926 


894 


Pafo V.'  832 

Eluleo 826  712 

Itobal  II S91  572 


Gli  abitanti  si  ricoverano 


Itobal  0  Etbaal  I    .    . 

Badezor 894  888 

Margeno 888  879 

Pigmalione 879  832 

Tiro  antica  (Palce-Tyros)  presa  da  Nabucodònosor,  572 
nell'isola  vicina,  ed  aboliscono  la  monarchia. 

Sidone  si  sottomette  a  Nabucodònosor,  e  diviene  più  tardi  tributaria  ai  Persi.  Si 
ribella  contro  Arlaserse  Oco ,  e  prende  per  re  Tennete,  351  ;  ma  non  riesce.  Apre  le 
porte  ad  Alessandro,  332,  che  vi  colloca  in  trono  Abdalonimo. 

Tiro  nuova. 

iMerbal 553         549 

Iram 549         529 

Mapene 529  475 

Stratone v.  475 

Azelmico v.  333 

Tiro  nuova  presa  da  Alessandro     332 
Azelmico  ristabilito .     .     .  552 

Non  si  fa  più  cenno  dei  re  di  Tiro  sino  ad  Erode  il  Grande,  quando  Marione  governa, 
40  av.  C. 

§  12.   —  Cartagine. 

I  Fenici  fondano  Cartagine,  v.  1259.  Zormo  e  Carchedone  vi  fanno  alcuni  ingrandi- 
menti, 1231. 

Didone v.  869 

Suffeti. 

Maleo,  primo  suffeto  conosciuto 546         509 

Magone  I 509         489 

Asdrubale  I  e  Amilcare  I 489         480 

Contese  con  Cirene  :  i  fratelli  Fileni v.  480 

Fra  gli  ultimi  suffeti  di  Cartagine  nomineremo 
Annibale  1      .     .     . 


Baal,  suffeto  o  giudice  . 

.    572 

562 

Ecnibal 

Chelbes      ì 

Abbaro       (  suffeti  .     . 

.    562 

554 

Mitgono     ( 

Gerastrato  ) 

Balator  re       .... 

.    554 

555 

410 

Imilcone  I ^08 

Asdrubale  II 393 

Magone  lì 382 


Amilcare  II  e  Annibale  II 

Giscone 

Amilcare  III  ...  . 
Bomilcare  e  Annone  I  . 
Annone  II  .... 
Annone  III  .... 
Amilcare  IV  ...  . 
Amilcare  V  e  Annone  IV 


340 
339 
511 

509 
264 
262 
260 
257 


Cartagine  è  distrutta  dai  Romani,  146. 


Cartalone  e  Asdrubale  III  .  255 

Annibale  III 249 

Aderbale 248 

Amilcare  VI  Barca  .     .     .  247 

Asdrubale  IV       ...     .  228 

Annibale  IV  il  Grande.     .  221  m.l83 

Asdrubale  V 221 

Maarbale 217 

Imilcone  II 215 

Magone  111  e  Asdrubale  VI  206 

Annone  V 204 

Asdrubale  VII  e  Imilcone  III  146 


g  13.   —  Mauritania  e  Numidia. 

La  Mauritania  e  la  Numidia  erano  governate  a  re  fin  dai  più  antichi  tempi;  ma  la  storia 

non  conservò  che  il  nome  di  alcuni. 

Re  di  Mauritania. 
Ammone,  v.  1000;  Sesach,  973;  Nettuno  e  Anteo  o  Atlante,  973-950?  Bocce  I,  107; 

Ascali,  85;  Bogud,  46  58;  Bocco  II,  38-33. 
La  Mauritania  vien  ridotta  provincia  romana. 
Giuba  di  Numidia,  30?  av.  C.  -25  d.  C.  ;  Tolomeo,  23-38  ;  Edemone,  38-42. 

7?e  di  Numidia 
Jarba  (contemporaneo  di  Didone),  v.  850;  Narva,  247;  Gala,  213;  Siface,  212;  Vermina 

ed  Ariobarzane;  Desalce;  Capusa  e  Mezetulo ;  Massinissa,  203-149;  Micipsa,  149-119; 


TAVOLE 


lìJS 


Aderbale;  Jemsale  I  e  Giugurta,  H8-106;  Jemsale  II  e  Mandrestale ;  Giuba  I,  rjO; 
Giuba  II,  4G  av.  C;  Tacfarinate,  -11  d.  C. 
La  Nuraidia  è  ridotta  provincia  romana. 

§  14.  —  Re  di  Cirene. 

Batto  1  fondatore 630         591 

Arcesilao  I 591  575 

Batto  II 575  554 

Arcesilao  II 554  550 

Batto  111 550  526 

Arcesilao  III 526  520 

Feretinia,  madre  d'Arcesilao  HI 520         514 

Cirene  si  erige  in  repubblica. 

Morto  Alessandro  Cireneo,  diviene  provincia  dei  Lagidi;  re  Ofelia,  v.  310,  Sotto  To- 
lomeo Fiscone,  131  (?),  torna  regno  particolare.  Appione,  figlio  naturale  di  questo 
principe,  la  lascia  in  testamento  ai  Romani,  96,  che  la  riducono  a  provincia,  65. 

CRONOLOGIA  GRECA. 

Sulla  cronologia  greca  de'  tempi  antichi  nacque  una  folla  di  sistemi  ;  altrove  ne  discu- 
temmo, e  qui  riferiamo,  al  solito,  la  vulgata. 

Fra  le  primitive  popolazioni  della  Grecia  convien  distinguere  i  Pelasgi,  che  dominano 
la  maggior  parte  del  paese  dal  xx  al  xvi  secolo;  gli  Elleni  o  Graj,  che  succedono  alla 
potenza  dei  Pelasgi  ;  ed  i  Lelegi  o  Cureti,  che  vengono  a  rifondersi  nella  razza  ellenica. 


Inaco  regna  sui  Pelasgi  ....  1986 

Foroneo 1920 

Api 1896 

Argo 1866 

Criaso  0  Piraso 1846 

Forba 1790 

Triopa 1742 

Crotopo 1668 

Stendo 1625 


Re  d'Argo. 

Gelanore 1572 

Danao  d'Egitto .  1572 

Linceo 1520 

Abante 1511 

Preto,  fratello  minore  di .    .    .    .  1498 

Acrisio 1462 

Questi  è  ucciso  da  Perseo    .    .    .  1431 
il  quale  edifica  Micene. 


Gli  Elleni  (Eolj,  Jonj  e  Achei}  piantano  colonie  nel  Peloponneso  dal  1480  al  1370. 

§  16.  —  Re  di  Micene  e  d'Argo   (1). 

Perseo 1431 

Stendo 1597 

(■{)  Famiglie  regnanti  a  Micene  ed  Argo  da  Preto  sin  alla  guerra  di  Troja. 

Prima  divisione  fra  Acrisio  e  Prete.  —  Seconda  divisione  sotto  Anassagora:  dne  principati  cadono  nella 
famiglia  de'  Danai,  e  gli  altri  agli  elleni  fratelli  Biante  e  Melampo. 

Acrisio  Prete 

Perseo  Megapente 


Eraclidi 
Pelopidi 


Elettrionc 

Stenelo 

Alceo 

Euristeo 

AnGtrione 

Ercole 

Atreo  e  Tieste 
Agamennone 


I 


Anassagora 


Alettore 

m 

Eteocle 
Stendo 
Cilabaro,  clie  riunisce  sul  suo  capo 

le  tre  corone  dell' Argolide. 
Oreste 


Melampo 


Antifate 


Oicleo 

Aofiarao 

Alcmeone  e  Anfiloco  fratelli 


Clii! 


Biante 

Talao 

Adrasto 
Egialeo 
Cianippo 

Diomede 


iSi 


CRONOLOGIA 


Euristeo ^  367 

Ercole^  v.  i330,  m.  1310. 

Atreo  e  Tieste,  figli  del  frigio  Pelope '1507 

Gli  Eraclidi  vengono  cacciati  dal  Peloponneso,  v.  1300. 

Agamennone,  figlio  d'Atreo ^280 

Egisto,  figlio  di  Tieste,  con  Clitennestra 1270 

Oreste,  figlio  d'Agamennone,  e  padrone  del  Peloponneso 1263 

Tisamene '1192 

Pentilo  e  Comete 1190 

Gli  Eraclidi  rientrano  nel  Peloponneso  cogli  Elleni  dori. 

Teraeno 1190 

Ciso 1100 

I  loro  discendenti,  fra  cui  s'annoverano  Medone  e  Lacide,  regnano  in  Argo  fino  all'SSO, 

gli  ultimi  de' quali  sono: 

Fidone 860 

Erato 820 

Oligarchia  vii  e  vi  secolo  ;  tirannie  particolari  ;  democrazia  dopo  il  v  secolo. 

Trovasi  in  Argo,  v.  243,  Aristomaco  I,  Aristippo  e  Aristomaco  II. 

Argo  si  congiunge  alla  lega  Achea ,  v.  235.  La  Grecia  è  ridotta  in  provincia  romana 

nel  146. 

^17.  —  Re  di  Sicione. 


Sicione  fondata  v.  1920. 

Egialeo  regna  sui  Pelasgi     .    .     .  1835 

Api 1783 

Egiro 17o8 

Erato 1725 

Plemneo  ...     : 1678 

Ortopoli 1630 

Corone 1S67 

Epopeo 1512 


Lamedone 1477 

Sicione 1437 

Polibio 1412 

Gianisco 1372 

Festo 1330 

Adrasto 1322 

Zeusippo 1318 

Agamennone 1294 

Ippolito 1271 


Gli  Elleni  dori  e  gli  Eraclidi  s'impadroniscono  di  Sicione,  1175? 

L'autorità  è  divisa  tra  Falcete  e  Lacestade.  La  monarchia  viene  abolita  s'ignora  quando. 


Tiranni  di  Sicione. 


Ortagora 
Andreo  . 
Mirone  . 
distene. 


664-564 


Tirannidi  particolari  dopo  il  360. 

Abantita  .     .     .  ) 

Pasea  .    .     .     .  [ v.  il  260' 

Nicocle    .    .    .  ' 

Arato  libera  Sicione  nel  255. 


18. 


Re  dì  Corinto. 


Efiro    .    .    .    .j 

Maratone       .     .  (  regnanti  in  epoca 
Corinto     .     .     .  i       ignota. 
Polibio     ...  1 

Giasone  e  Medea 1550 

Sisifo,  elleno  eolio 1334 

Ornitione 1320 

Toante     ... 

Damofonte    .•(_..     1320-1100 
Propoda  .     .     .  C 
Dorida  e  Jantida  J 


Gli  Elleni  dori  e  gli  Eraclidi  s'insignori- 
scono di  Corinto  (1j. 

Aleta 1160 

Issione 1120 

Agela  1 1084 

Primnete 1047 

Anonimo 1015 

Bacchide 996 

Agela  II  0  Agelaste 961 

Eudemo  ....:....  929 

Aristodemo 896 


(I)  EpiJauro  (in  cui  trovansi  i  Pclopiill  v.  4380)  e  poscia  govcinata  «lai  fi|;liuoli  Ji  Jone  fino  al  regno 
di  Pitirco,  -1190-,  cade  in  potorc  dei  Dori;  i  re,  i  grandi,  il  popolo,  a  vicenda  esercitano  la  sovranità. 
JPplJauro  e  imita  da  Arato  alla  lega  Achea  nel  243. 


TAVOLE 


1! 


Agemone      ....;;..      801 

Alessandro        8i5 

Telesso 820 

Aiitomene 807 

Corinto  s'erge  in  repubblica,  S84. 

Sottoposta  al  dominio  macedone,  ne  ò  liberata  da  Arato,  243 


/  Pritani,  ma()istrati  annuì  807  0^57 

Cipselo  tiranno   ....    GJj7  gSÌ) 

Periandro G2r;  584 

Psammitico 584 


1577 


1270 


^19.   —  Re  di  Sparta  o  dì  Lacedemonìa. 

Spartone  regna  sui  Pelasgi  e  sui  Lelegi 1880 

Lelege 1742 

Mile  e  Policaone  fratelli 1080 

Enrota  .... 
Lacedemone  .  . 
Amicla  .... 
Argalo  .... 
Cinorta  .... 
Perierete  .  .  . 
Ebaio  .... 
Ippocoone  .  .  , 
Tindaro  .... 
Menelao.  .  .  . 
Gli  Eraclidi  cacciati  dal  Peloponneso  v.  1300. 

Oreste 1240 

Tisamene 1192 

Gli  Eraclidi  rientrano  nel  Peloponneso  cogli  Elleni  dori. 

Aristodemo 1190 

Il  regno  va  diviso  fra  Euristene  e  Prode,  figli  d'Aristodemo. 

Primo  ramo. 
Euristenidi  o  Agidi. 


1192 

ll'H) 

1180 


Euristene  regna 

45  anni 

ì 

Cleombroto  l     .     .    , 

.      480 

479 

Agìde  .    .    . 

1186 

986 

Pausania  

.      479 

409 

Echestrato    . 

Plistarco 

.       469 

406 

Labota     .    . 

Plistoanace  .... 

.       466 

408 

Dorisso    .     .     . 

986 

957 

Pausania  

.       408 

394 

Agesilao  .     .     . 

957 

909 

Agesipoli  I    .     .     .     , 

.      394 

3.S0 

Archelao  ,     .     . 

909 

853 

Cleombroto  II    .     .     . 

.       380 

371 

Teleclo    .    .    . 

853 

813 

Agesipoli  II  ...     . 

.       571 

370 

Alcaniene     .     . 

813 

776 

Cleomene  II ...     . 

.       370 

309 

Polidoro  .     .    . 

776 

724 

Areo  I 

.      309 

265 

Euricrate  I   .     . 

724 

687 

Acrotato 

.      265 

26  i 

Anassandro  .     . 

687 

652 

Areo  II 

.       264 

257 

Euricrate  II  .    . 

652 

645 

Leonida  II    ...     . 

.       257 

243 

Leone      .    .     . 

645 

597 

Cleombroto  III  .     .     . 

.       243 

259 

Anassandride     . 

597 

519 

Leonida  li  ristabilito  . 

.       239 

258 

Cleomene  I  (solo,  503?) 

o19 

491 

Cleomene  III     ... 

.      258 

219 

Leonida  I     .    . 

. 

491 

480 

Agesipoli  III      ... 

219 

Prode  regna  42  anni 

Soo 

Euripone  .... 
Pritanide  .... 
Eunomo  .... 
Polidette  .... 


1186 


Secondo  Ramo. 
Prodidi  0  Euriponidi. 

Licurgo  898,  m.  873. 

Carilao     .,,...      898 

Nicandro 809 

Teopompo 770 

Zeusidamo 723 

Anassidamo 090 


898 


809 
770 
723 
090 
054 


156 


CRONOLOGIA 


Archidamo  III     ...     .  296 

Eudamida  II 261 

Agide  IH 244 

Euridamo 239 

Epiclida 234 

Fine  degli  Eraclidi. 

Licurgo    .     . 

iMacanida  .     .         tiranni  219 

Nabi  .  ,  . 


261 
244 
259 
234 
219 


192 


Agasicle 645  597 

Aristone 597  520 

Demarato 520dep.  505? 

Leotichida 492  469 

Archidamo  I      ....  469         427 

Agide  I 427  400 

Agesilao 400  361 

Archidamo  II    ....  361  338 

Agide  II 338  330 

Eudamida  I 330  296 

Sparla  è  unita  alla  lega  Achea  da  Filoperaene,  191.  La  Grecia  vien  ridotta  a  provincia 
romana,  146. 

§  20.   —  Re  d'Arcadia, 

Ezeo 1926 

Licaone  I 1896 

Pelasgo 1866 

Licaone  II 1846 

I  figli  di  questo,  fra  i  quali  Arcade,  v.  1500,  Echemo  e  Agapenore,  regnano  per  di- 
ciassette generazioni,  fino  alla  guerra  di  Troja.  Cipselo  regna,  v.  1190,  si  sottrae  agli 
Eraclidi,  e  tramanda  lo  scettro  a' suoi  discendenti. 
Abolita  la  monarchia  il  671  o  668,  dopo  il  supplizio  del  traditore  Aristocrate  11  re 

d'Arcadia. 
Democrazia.  L'Arcadia  sotto  il  dominio  macedone;  congiunta  da  Arato  alla  lega  Achea 
V.  230. 

§  21 .   —  Re  di  Messene. 

Policaone  regna  sui  Pelasgi 4700  1680 

Neleo  elleno  eolio   ....         1320 

Nestore 1280 

Melanto 1190 

che  passa  nell'Attica  con  Alcmeone,  Pisistrato,  e  i  figliuoli  di  Peone,  discendenti  da 

Neleo  e  da  Nestore. 

Cresfonte  cogli  Elleni  dori  e  gli  Eraclidi 1190 

Anarchia 1190    —    1178 

Epito 1170 

L'autorità  è  divisa  fra  Androcle  ed  Antioco. 

Eufeo 744 

Aristodemo  .  744  724 

La  Messenia  soggiogata  dagli  Spartani. 

Aristomene 684  668 

Abolita  la  monarchia;  oligarchia,  ecc. 

La  Messenia  sottoposta  al  dominio  macedone,  è  congiunta  alla  lega  Achea  da  Arato, 

V.  250. 

g  22.  —  Re  d'Atene. 


Ogige  regna  sui  Pelasgi  v.  1869-1832. 

Diluvio 
Cecrope  I  d'Egitto     .     .    1643        1594 

Cranao 1594        1585 

Amfizione 1585        1573 

Erittonio 1575        1556 

Pandione  I 1556        1525 

Eretico 1525        14G0 

Cecrope  II 1460        1405 

Gli  Elleni  jonj  formano  co- 
lonie nell'Attica  .    .     .    1440—1430 


V.  1832. 
Pandione  11 
Egeo  .     . 
Teseo  .     . 
Menesteo  . 
Demofoone 
Oxinte 
Afida  .     . 
Ti  mete     . 
Melanto    . 


1405 

1361 

1561 

1523 

1323 

1292 

1292 

1270 

1270        1190 


1190        1160 


1S7 


Parte  della  Messenia  con  Alcmeone,  Pisistrato  e  i  (igliuoli  di  Peone;  donde  le  tre  fa- 
miglie degli  Alcmeonidi,  de'  Pisistratidi  e  de'  Peonidi,  che  primeggiano  in  Atene. 
Codro UGO        H32 

Arconti  perpetui,  1132-754. 

Medone,  Acasto,  Archippo,  Tersippo,  Forba,  Megacle,  Diognete,  Ferecle,  Arifrone, 
Tespieo,  Agamestore,  Eschilo,  Alcmeone. 

Arconti  decennali,  7S4-684. 

Carope,  Ésimede,  Clidico,  Ippomene,  Leocrale,  Apsandro,  Erisia. 

Arconti  annui,  di  cui  son  noti  i  nomi  fino  al  290  (1). 


Creonte,  primo  arconte      .  684 

Bracone,  arconte  e  legislatore  624 

alone 612 

Epimenide 596 

Solone,  arconte  e  legislatore  593 

Pisistrato 

Ippia  e  Ipparco 

distene,  arconte      .     .     .  509 

Isagora 508 

Milziade v.  490 

Temistocle v.  480 

Aristide v.  480 


tiranni .    561 


510 


Cimane v.  460 

Pericle v.  436 

Alcibiade v.  420 

Nicia         V.  415 

Conone v.  406 

Governo  dei  Trenta  tiranni,  404. 

Trasibulo v.  401 

Trattato  d'Antalcida,  v.  388. 

Demostene v.  344 

Eschine v.  344 

Focione v.  544  m.  31 7 


(1) 


Serie  cronologica  de*vincitori  ai  giuochi  Olimpici,  nelle  cencinquantotlo  prime  olimpiadi, 

776-U6. 


I  olimpiade.  776,  Corebo;  772,  Antimaco;  768;  Androclo;  764,  Policare;  760,  EscLine;  756,  Ebota; 
732,  Daicle  da  Messene;  748,  Anticlc;  744,  Senoclete. 

X  olimpiade.  740,  Dotade;  756,  Leccare;  732,  Ozitcmi;  728,  Diocle  da  Corinto;  724,  Dasmonc  e 
Ipeno  da  Pisa;  720,  Orsippo  ;  746,  Pitagora;  7t2,  Polo;  708,  Talli;  704,  Menone. 

XX  olimpiade.  700,  Atcrada;  696,  Pentade;  692,  Pentade  II;  o88,  Icario;  684,  Cleottolemo;  680, 
Talpio;  676,  Callistene;  672,  Euribate;  668,  Carmi;  664,   Chionide. 

XXX  olimpiade.  660,  Chionide  II;  656,  Chionide  III;  632,  Cratino;  648,  Gige;  644,  Stoma;  640, 
Sfero;  636,  Frinone;  632,  Euriclide;  628,  Olinteo;  624,  Ripsolco. 

XL  olimpiade.  620,  Olinteo  II;  616,  Cleonide;  612,  Licota;  608,  Cleono;  604,  Gelone;  600,  Au- 
ticrate;  596,  Crisamaso  ;  592,  Euriclete;  588,  Glicone;  584,  Licinio. 

L  olimpiade.  580,  Epitdida;  576,  Eratostene;  572,  Agide;  568,  Agnone  ;  564,  Ippostrato;  560, 
Ippostrato  II;  536,  Fedro;  332,  Ladronio;  348,  Diogneto;  544,  Archiloco. 

LI  olimpiade.  540,  Apelleo;  536,  Agatarco;  532,  Erisia;  328,  Parmenide;  524,  Evandro;  520, 
Apoca;  516,  Ischiro:  512,  Fana;  508,  Iscoraaco;  504,  Iscomaco  II. 

LXX  olimpiade.  500,  Niccsta  ;  496,  Tisicrate  ;  492,  Tisicrate  II;  488,  Astialo;  484,  Astialo  II; 
480,  Astialo  III;  476,  Scamandro;  472,   Dandcte;  468,  Parmenide;  464,  Senofonte. 

LXXX  olimpiade.  460,  Trimma;  436,  Polimnaste  ;  452,  Lieo;  448,  Crissone  ;  444,  Crissone  II; 
440,  Crissone  III;  436,  Teopompo;  452,  Sofrone;  428,  Simmaco;  424,  Simmaco  II. 

XC  olimpiade.  420,  Iperbio;  416,  Esagento;  412,  Esagento  II;  408,  Eubota;  404,  Crocina;  400, 
Menone;  596,  Eupolemo;   392,  Terineo  ;  388,  Sosippo;  384,  Bicone. 

C  olimpiade.  380,  Dionisiodoro  ;  3T6 ,  Damone;  372,  Damone  II;  368,  Pitostrato  ;  364,  Focidc 
0  Eubota;  360,  Pauro  da  Cirene;  336,   Paure  il  Mallo;  332,  Micrina;  348,  Policlete;  344,  Arlstoloco. 

ex  olimpiade.  340,  Anticlc;  336,  Cleomantide;  352,  Grillo  o  Furila;  328,  Clitone;  324,  Micinna; 
320,  Daniasia;  310,   Demostene;  312,  Parmenide;  308,  Androraene;  304,  Androraene  II. 

cxx  olimpiade.  300,  Pitagora;  296,  Pitagora  II;  292,  Antigono;  288,  Antigono  II;  284,  Filomelo; 
280,  Lada;   276,  Ideo;  272,   Pcrigene;  268,  Seleuco;  264,   Filino. 

cxxx  olimpiade.  260,  Filino  II;  236,  Ammonio;  232,  Senofane;  248,  Similo;  244,  Alcida;  240, 
Fratone;  236,  Pltocle;  232,  Menesteo;  228,  Demetrio;  224,  Jolaida. 

CXL  olimpiade.  220,  Zopiro;  2i6,  Doroteo;  212,  Orate;  208,  Eradito;  204,  Eradide  ;  200,  Pirria; 
•196,  Micione;   192,   Agemaco;  4  88,  Acesilao;    184,  Ippostrato. 

CL  olimpiade.  4  80,  Onesistrato;  176,  Timelo;  172,  Deraocrite  ;  -168,  Arisfandro;  164,  Leonida; 
160,  Leonida  II;  136,  Leonida  III;  152,  Leonida  IV;  148,  Ortone.  —  1  i6.  La  Grecia  fatta  provincia 
romana  nel  o°  anno  della  CLViii  olimpiade. 


1S8  CRO.NOLOGIA 

Dominio  macedone. 

Demetrio  Falereo,  amministratore 316  507 

Demetrio  Poliorcete,  figlio  d'Antigono  .     .     • 507  301 

Leocare,  tiranno 501  297 

Demetrio  Poliorcete  di  nuovo 297  288 

Atene  ricupera  la  propria  libertà,  287. 
E  unita  alla  lega  Achea  v.  233. 

g  23.  _  Re  dell'Elide. 

Gli  Elleni  eolj  fondano  colonie  in  Elide 1440    —    1380 

Endimione  e  Salraoneo v.  1440 

Epeo 1590 

Eleo 1530 

Augia '1330 

Enomao  regna  a  Pisa  d'Elide 1580 

Pelope  figlio  di  Tantalo,  re  di  Sipilo  fra  la  Lidia  e  la  Frigia,  s'impadronisce  del  regno 

d'Enomao  v.  1350. 
Atreo  e  Tieste,  figli  di  Pelope,  fondano  uno  stato  nella  Trifilia  al  mezzodì  dell'Elide 

V.  1580. 
Augia  è  ucciso  da  Ercole,  il  quale  ne  lascia  il  regno  ad  uno  de' figliuoli  di  lui  v.  1550. 
L'Elide  vien  divisa  in  quattro  piccoli  regni.  Oxilo  etolio  la  invade  nel  1190  cogli  Elleni 

dori  (!  gli  Eraclidi.  Fra  i  costui  successori  si  nomina  Ifito  v.  900.  La  monarchia  è 

abolita  nel  780.  Gli  Elei  sostengono  parte  secondaria  nelle  vicende  della  Grecia. 

§  24.  —  Re  dell' Acaja. 

Gli  Elleni  jonj  piantano  colonie  nell' Acaja  dal  1440  al  1380.  Jone  e  i  suoi  discendenti 
vi  regnano  fino  al  tempo  della  conquista  del  Peloponneso  pei  Dori.  Tisamene  figlio 
d'Oreste,  cacciato  di  Lacedemonia,  invade  l'Acaja.  Sotto  l'ultimo  de' suoi  successori, 
Gige,  è  abolita  la  monarchia,  e  l'Acaja  divisa  in  dodici  piccole  repubbliche. 
Verso  il  280,  queste  cacciano  i  presidj  macedoni,  e  conferiscono  l'autorità  sovrana  a 
strategi. 

Arato V.        250 

Filopemene  e  Licorta 185 

Daniocrito,  Dico,  Critolao 146 

quando  la  Grecia  è  soggettata  ai  Romani. 

§  25.  —  Re  di  Megara. 

Car  figlio  di  Foroneo v.  4900 

Dodici  generazioni  gli  succedono. 

Lelege  d'Egitto 1580 

1  Pclopidi  a  Megara 1380 

Pitico  e  Trezeno  governano  la  Trezenia v.  1580 

I  Dori,  guidati  da  Aleta  re  dei  Corinti,  invadono  Megara v.  1155 

Oligarchia. 

Teagene  tiranno^  nel  v  secolo. 

Megara  si  toglie  al  dominio  macedone v.  280 

Congiunta  come  la  Trezenia  alla  lega  Achea  da  Arato v.  243 

§  26.  —  Re  d'Etolia  (1). 

L'Etolia  è  da  principio  abitata  dai  Lelegi  o  Cureti,  Etolo,  Penco,  Porteo, 

(\]  Focide^  Locride,  Àcarnania. 

l'iovasi  nella  l'ociJc  Elato  figliuolo  di  Licaonc  v.  lóoO,  e  Foco  cupo  di  una  colonia  corintia.  La  dignità 


TAVOLE  J59 

Gli  Elleni  eolj  vi  l'ormano  colonie 1440    —    1580 

Eneo V.  1330 

Tideo » 

Meleagro (  epoche  incerte. 

Diomede  passa  in  Argo  i 

Toante v.  1280 

Oxilo  s'impadronisce  dell'Epiro. 

Gli  Etolj  si  sottraggono  al  dominio  macedone,  ed  acquistano  grande  importanza  v.  270, 
Nel  2i3  si  congiungono  alla  lega  Aclica  ;  cercano  d'ingrandire  v.  221  ;  e  divengono 
una  delle  maggiori  potenze  di  Grecia.  Sono  soggettati  ai  Ilomani  nel  100. 

g  27.  _  Re  di  Tebe. 

Ogige  regna  sui  Pelasgi v.  1869 

Diluvio,  1832. 

Cadmo  da  Fenicia v.  1580 

Penteo  e  Polidoro liilO 

Nitteo  e  Labdaco 1478 

Lieo  e  Lajo  I 1477 

Amfìone  e  Zeto 14S7 

Lajo  II 1419 

Gli  Elleni  eolj  formano  colonie  in  Beozia 1440    —    1370 

Creonte  usurpatore 1363 

Edipo,  figlio  di  Lajo  II 1554 

Eteocle  e  Polinice 1315 

Creonte  di  nuovo,  come  tutore  di  Laodamante 1512 

Tersandro 1301            1280 

PenelGo  (all'assedio  di  Troja) 1280           1270 

Tisamene  ed  Antesione,  figli  di  Tersandro 1270           1210 

Damasictone,  elleno  eolio    i 

Tolomeo | 1210            1126 

Xanto ) 

L'oligarchia,  conservata  nell'viii  secolo  dal  legislatore  Filolao,  sussiste  al  tempo  della 
guerra  Medica. 

Leonziade  e  Ismenia v.  386 

Epaminonda  e  Pelopida v.  370 

Dominio  macedone 358 

Tebe  presa  da  Alessandro  Magno 555 

§  28,  —  Tessaglia. 

I  Pelasgi  occupano  la  Tessaglia  nel  xix  secolo. 

Deucalione,  discendente  di  Giapeto  e  di  Prometeo,  posto  dalle  tradi- 
zioni nella  Scizia,  regna  in  Licoria,  vicino  al  monte  Parnasso  v.  1635 

S'impadronisce  della  Tessaglia  insieme  cogli  Elleni •  1620 

Lascia  una  figliuola  Protogenia,  madre  di  Etlio,  e  due  figli  Amfizione 
ed  Elleno.  Figliuoli  di  quest'ultimo  sono  Doro,  Eolo,  Xuto  :  da 
Xuto  nascono  Acheo  e  Jone. 

I  Pelasgi  non  conservano  che  Larissa. 

regia  vi  ù  abolita  verso  il  tempo  dell'invasione  dei  Dori,  ^i90.  Nella  guerra  Sacra,  ob'ó-540,  i  Focidesi 
riconoscono  per  capi: 

Filomelo 355         333  1  Faillo )      „„„         ^.^ 

Onomarco ooo         oo^  \  raleco  e  Maasea     .     .      J 

La  Locridc,  dove  regna  Ajacc  figliuolo  d'Oileo,  v.  ]  280,  e  l'Acarnania,  i  cui  più  antichi  re  sono  Alcmeone 
ed  Acarnano,  adottano  il  governo  repubblicano  in  epoca  incerta. 

Queste  regioni,  sottoposte  al  dominio  macedone,  ricuperano  la  libertà  v.  280,  per  di  nuovo  perderla 
V.  2U0. 


160 


CRONOLOGIA 


Teutamio  re •    •  ^' 

Gli  Elleni  eolj  fondano  sette  principati  in  Tessaglia v. 

Nel  tempo  della  guerra  trojana,  la  Tessaglia  contiene  cinque  piccoli 
regni,  uno  de'  quali,  la  Ftiotide,  obbedisce  ad  Achille      .     .     .  v. 

Fra  gli  altri  capi  Omero  nomina  Protesilao ,  Podane ,  Filottete ,  Po- 
dalirio,  Macaone  e  Protoo. 

Invasione  degli  Elleni  dori  e  degli  Eraclidi v. 

l,a  famiglia  di  Ercole  regna  in  Tessaglia.  L'oligarchia  viene  sostituita 
alla  monarchia  dall'viii  sino  al  vi  secolo.  Distruzione  delle  oligar- 
chie; tirannidi  dopo  il  vi  secolo;  gli  Aleuadi  a  Larissafin  al  periodo 
macedonico,  da  Erodoto  chiamati  re  di  Tessaglia. 

Sorge  a  Fere  un  tiranno,  Giasone 

che  ha  per  successori  Polidoro  e  Polifrone     .         

Alessandro,  ucciso  da  Tebe  sua  moglie 

Licofrone  e  Tisifono 

Vengono  cacciati  da  Filippo  di  Macedonia  ad  istanza  degli  Aleuadi    , 

Molte  città  di  Macedonia  parteggiano  per  la  lega  Achea. 

La  Tessaglia  è  incorporata  all'impero  romano 


1440 
•1400 

1280 


H80 


37b 

371 

371 

369 

369 

357 

357 

552 

352 


146 


29.  —  Re  di  Creta  (1). 


Minosse  I,  venuto  dalVAsia  (?)  .  v.  1500 

Doro 1420 

Tectamo 1390 

Asterio 1360 

Minosse  li  e  Radarv.anto  suo  fratello  1520 

Catreo 1290 


Idomeneo 1270 

Merione 1240 

Serie  di  re  Gno  ad  Etearco    .     .     .  800 
Abolita  la  monarchia,  Creta  conser- 
va la  propria  indipendenza  sin  al 

dominio  romano 67 


50. 


Re  di  Rodi. 


Tlepolemo,  figliuolo  d'Ercole  1280      1270 

Doriceo ? 

Damagete ,  685 

Diagora  I 650 

Evagora 591 

Cleobulo 571 


Erastide 520 

Diagora  II 520 

La  monarchia  v'è  abolita     .     .  480 
Rodi  si  rivendica  in  libertà  alla 

morte  d'Alessandro  Magno    .  323 

e  prende  il  partito  di  Roma  .     .  215 


§31.   —   Regno  di  Macedonia. 


Ripete  l'origine  suEt  da  una  colonia 

di  Pelasgi 1392 

Non  abbiamo  la  serie  de'  suoi  re 
prima  di  Caraoo,  ed  accenneremo 
soltanto  Macedone,  Pelagone  ed 

Asteropeo v.  1280 

Carano,  eradide      ....     796  766 

Ceno .    766  758 

Tiri  m  ma 738  695 

Perdicca  1 695  647 

Argeo  1 647  609 

Filippo  I 609  576 


Ageropa  o  Eropo    ....  576  556 

Alceta 556  558 

Aminta  1 538  496 

Alessandro  I 496  452 

Perdicca  li 452  429 

Archelao  1 429  405 

Oreste 405  402 

Eropo  tutore  d'Oreste,  reggente  402  596 

Archelao  II 402  398 

Aminla  II 598  597 

Pausania 597  396 

Aminta  111  (oli)      ....  396  390 


(I)  L'isola  di  Cipro,  dapprincipio  sottomessa  ai  Fcnicj,  si  ribella  a  questi  v.  720:  visi  contano  nove 
piccoli  regni  tributar]  all'Egitto  nel  baO,  poi  tributar]  ai  Persi,  i  quali  durarono  fino  ai  tem|>i  d'Alessandro, 
532.  Trovasi  a  Salaraina,  fondata  da  Teucro  figlio  di  Telamone  v.  1270,  nell'isolctta  di  questo  nome, 
Ouesilo  V.  500;  Evagora  1,  ■-l'<9;  Evagora  II,  400-390;  Nicocle,  37'(;  Protagora,  356;  Nicocrcouc,  liraimo 
di  CiprOj  o2'(.  I  Tolomci  d'Egitto  s'impadroniscono  dell'isola  di  Cipro  nel  oiO. 


161 


Argeo  !l  .     ,     .     .     .     .  3'JO 

A  min  la  111  di  nuovo   .     .  388 

Alessandro  II    ...    .  570 

Tolomeo  A  lontano.     .     .  3G9 

Perdicca  lil oGG 

Aminta  IV  (o  Ili)  .     .     .  3G0 

Filippo  li 559 

Alessandro  111  .Varano  .     .  556 
Filippo   Arideo  ,    procla- 
mato dalla  fanteria      .  525 


588 

570 

560 

56(5 

560 

559 

556  (1) 

3-23 

;ì17 


Alessandro  Ego,  nato  un  mese 

dopo  la  morte  del  Magno  .    525      3H 
nefjgmti:  Perdicca      ...    323      32i 

Pitone 520 

Antipatro 520 

Polispercone 320      3H 

La  posterità  d'Alessandro  Ma- 
gno è  spenta  per  la  morte 
d'Ercole,  figliuolo  naturale 
di  lui 510 


Cassandro,  Tolomeo,  Lisimaco,  Seleuco  e  Antigono  si  contendono  l'impero;  battaglia 
d'Ipso. 

Nuovo  regno  di  Macedonia. 

Cassandro,  signore  della  Macedonia oli 

Filippo         I 


Antipatro     }  figli  di  Cassandro 298 

Alessandro   ' 

Demetrio  I  Poliorcete,  figlio  d'Antigono 295 

Pirro  re  dell'Epiro 287 

Lisimaco  re  di  Tracia 286 

Seleuco  re  di  Siria 282 

Tolomeo  Cerauno,  figlio  di  Tolomeo  I  re  di  Egitto 281 

Meleagro,  fratello  di  Cerauno    .... 
Antipatro,  figlio  d'un  fratello  di  Cassandro 

Sostene 

Antigono  da  Coni,  figlio  di  Demetrio  I 278 

Pirro  di  nuovo v. 

Antigono  di  nuovo      .     .  272 

Alessandro,  figliuolo  di  Pirro 

Demetrio  lì 242 

Antigono  Dosone 252 

Filippo  IH  (o  V,  contando  Filippo  Arideo  e  il  figlio  di  Cassandro)     .     .    221 

Perseo 178 

è  vinto  dai  Romani  nel  167. 

Andrisco 132 

La  Macedonia  è  fatta  provincia  romana. 


298 

295 

287 
286 
282 
281 
279 


279 

274 
267 


242 

242 

232 
221 
178 
168 

148 


§  52.  —  Regno  d'Epiro. 

I  Pelasgi  occupano  l'Epiro  sotto  i  figli  di  Licaone  sin  dal  xix  secolo. 
Verso  il  1327  Filippo  ed  Antifo  figliuolo  di  Tessalo,  nipoti  d'Ercole,  in- 
vadono l'Epiro,  poi  la  Tessaglia,  dalla  quale  cacciano  Pirro  e  Neotto- 
lemo  figlio  d'Achille,  che  va  a  fondare  nell'Epiro  il  regno  dei  Molossi  v. 
Tredici  suoi  discendenti,  chiamati  Pirridi  o  Eacidi,  gli  succedono  fino  a 
Admeto  :  ma  non  se  ne  conoscono  i  nomi,  tranne  Molosso  e  Pielo. 

Admeto 480 

Tarruta 429 

Alceta  I 395 

Neoltolemo  lì  ed  Arimba,  poi  Arimba  solo 561 

Alessandro  I 542 

Eacido 331 

Alceta  II ■ 312 


1270 


429 
595 
561 
542 
551 
312 
295 


(I)  La  storia  ci  tramaaJò  i  nomi  di  Agi  re  de'  Peonj,  di  BarJilli  re  dcli'IUiria.  e  di  Alia  re  Scita,  vint 
da  Filippo  II  Macedone  nel  539  e  3o8;  e  quelli  di  Sirmo  re  de'Triballi  popoli  della  Mesia,  e  di  Glaucia 
re  de'  Taulanzj,  sconfini  da  Alessandro  il  Grande  nel  336. 


Ca.ntù,  Documenti.  —  Tomo  I,  Cronologia. 


11 


162 


CnONOLOOlA 


Pirro  li  e  Neottolemo  III,  poi  Pirro  solo 295         272 

Alessandro  11 272         242 

Tolomeo ì 

Pirro  HI [ 242  229 

Laodamia  o  Deidamia  .     ' 

L'Epiro  si  governa  a  popolo  finché  è  conquistato  dai  Romani  nel  167. 


§  33.   —  Regno  di  Tracia. 

Circa  il  ISSO  vedonsi  i  Traci  fare  un'irruzione  in  Grecia,  e  stabilirsi  ad  Eleusi. 
Nel  1280  Poltide  regna  in  Tracia.  Sembra  che  il  paese  sia  stato  diviso  fra  molti  re  tri- 
butarj  ai  Persi. 


Tere  l    

431? 

428 

Sitalce 

428 

4"i4 

Sente  I  

424 

— 

Mesade 

— 

390 

Medoco 

390 

— 

Sente  II      .    .    .     . 

— 

380 

Tere  II 

— 

380 

Cotide  I     .    .    .    . 

580 

356 

Chersoblepto  .    .    . 
SeutellI    .    .    .    . 

356 
545 

345 
324 

Lisimaco,  governatore 
della  Tracia     .     . 

323 

282 

Seleuco      .... 

282 

281 

Tolomeo  Cerauno     . 

281 

279 

Invasione  dei  Galli  . 

280 

—   278 

Comontorio     . 

278 

La  Tracia  è  annessa  al  romano  imperio. 


Ariofarne   .    .     .    . 

? 

Cavaro  

219          200 

Seute  IV     ...     . 

200          171 

Cotide  II    .    .     . 

171          150 

Dieguli 

150 

Zibelmio     .     .     . 

? 

Sotimo  .... 

93            — 

Sadolamo  o  Sadale  1 

—            57 

Cotide  III  .     .     . 

57 

Sadale  II    .     .     . 

48 

Sadale  III  .     .     ; 

43            31 

Cotide  IV  .     .     . 

? 

Remetalce  I    .    . 

.      16              7 

Cotide  V  e  Rescupo 

ride   .... 

7av.C.  19 

Remetalce  II   .    . 

.      19           47 

d.  C. 


34.  —  Re  Seleucidi  di  Siria. 


Seleuco  I  capitano  d'Alessaadro,  governa- 
ssi 
260 

247 
225 
222 
186 
174 


tore  di  Babilonia  nel  320. 

312? 

Antioco  I  Sotero   .     .     . 

281 

Antioco  II  Dio .     .     . 

260 

Seleuco  II  Callinico   . 

347 

Seleuco  IH  Cerauno  . 

225 

Antioco  III  il  Grande     . 

222 

Seleuco  IV  Filopatore 

186 

Eliodoro 

^ 

Antioco  IV  Epifane    . 

174 

Antioco  V  Eupatore  . 

164 

Demetrio  I  Sotero 

162 

Alessandro  Baia    .     . 

149 

Demetrio  II  Nicatore  o 

Ni- 

canore         .    .     . 

146 

174 


164 
162 
149 
146 

143 


Antioco  VI  Dio  .     . 
Trifone  o  Diodato  . 
Antioco  VII  Sidete 
Demetrio  II  di  nuovo 
Alessandro  Zebina . 
Seleuco  V     .     .     . 
Antioco  Vili  Gripo 
Antioco  IX  Ciziceno 
Seleuco  VI  Nicatore 
Antioco  X  Pio  .     . 
Antioco  XI  e  Filippo 
Demetrio  III  Euchero 
Antioco  XII  Dionisio 
Tigrane    .... 
Antioco  XIII  l'Asiatico 


.    143 

140 

.    140 

134 

.    139 

130 

.     130 

125 

.     125 

121 

.     125 

122 

.     125 

97 

.     112 

94 

.       97 

93 

94        85 


70 
69 


64 

64(1) 


La  Siria  è  ridotta  a  provincia  romana 


g  35,  _  Re  dei  Parti. 


Arsace  1  Filelleno  ...  255  .  254 
Arsace  II  Tiridate  ...  254  216 
Arsace  IH  Artabano  I   .    .    216         196 


Arsace  IV  Friapazio  . 
Arsace  V  Fraale  I 
Arsace  VI  Mitradate  I 


196  182 
182  164 
164    139 


(i)  Fra  lo  smembranienlo  dell'imperio  de' Seleucidi  trovansi  iu  Edcssa  nove  re,  scile  dei  quali  chiamati 
Abgaro  v.  Ty-2\2  d.  C.  Allora  queslo  piccolo  reguo  vieu  soggiogalo  dai  l{oni:ini. 


JAVOLt 


163 


Arsace  VII  Fraate  II  .  lo'J  J27 
Arsacc  VIII  Arlabano  II  127  12i 
Arsace  IX  Mitradatc  II    124  86 

Arsace  X  Mnoschirao 

0  Pacoro  ....      86 
Arsace  XI  Sinatroche       77 
Arsacc  XII  Fraate  III .      70 
Arsace  XIII  iMitradate  III  01 
Arsace  XIV  Orode  I    .      57 
Arsace  XV  Fraate  IV  .      37  av. 
Arsace  XVI  Fraatace  .        9 
Arsace  XVil  Orode  II     ì 
Arsace  XVIll  Vonone  I  \  14 
Arsace  XIX  Artabano  HI  ' 
Arsace  XX  Vardane    .      44 
Arsace  XXI  Gotarze    .      47 
Arsace  XXII  Vonone  II  50 

I  Parti  sottomessi  al  nuovo  impero  dei  Persi 


0  90 


77 
70 
01 
57 

37(1) 
C.  9  d.  C. 
13 

44 

47 
50 


Arsace  XX III  Vologc- 
so  1  0  Artabano  IV. 

Arsace  XXIV  Pacoro  I 

Arsace  XXV  Cosroe    . 

Partamaspate   .     .  v. 

Arsace  XXVI  Vologe- 
so  II 

Arsacc  XXVII  Vologe- 
so  III 

Arsace  XXVIII  Arda- 
wan,  0  Artabano  V, 
0  Vologeso  IV    .     . 

Arsace  XXIX  Pacoro  li 

Arsace  XXX  Vologe- 
so IV  (o  V)    .     .     . 

Arsace  XXXI  Artaba- 
no IV  (0  V,  0  VI)   . 

nel  226. 


50         !»o 

90        107 

107        121 

116 


121 


192 
199 


150 


150        192 


199 
209 


209        216  m.  220 


216       225  m.  226 


§  36.  —  Re  d'Armenia. 


L'Armenia  è  governata  da  cinquantanove 
questi,  Vahè,  è  conquistata  dai  re  macedoni 
Artassia  I  ritorna  in- 
dipendente .     .     . 
Artassia  II  ...     . 
Valarsace  o  Tigrane  I 
Tigrane  li  ...     . 
Artuasde  o  Artabazo  l 
Artassia  III     ... 
Tigrane  III      ... 
Artabazo  II     .     .    . 
Tigrane  IV      .     .     .        2av.C.  2d.C. 
Ariobarzane    .     . 


189 

159 

159 

118 

118 

95 

95 

66 

66 

34 

34 

20 

20 

5 

5 

3 

2av 

C.2 

2 

4 

re  Eganj,  2107-328.  Regnante  l'ultimo  di 
;  passa  quindi  sotto  il  dominio  de'  Seleucidi. 

Artabazo  III    .     . 

Vonone      .    .     . 


Orode ( 

Artassia  IV  (Zenone)  ) 

Arsace 34 

Mitradate  ibero    .    .  28 

Radamisto.     ...  51 

Tiridate     ....  52 

Tigrane  V  ....  60 

Tiridate  ristabilito    .  64 
L'Armenia  tributaria  ai  Romani 


34 

28 
51 
52 
60 
64 
73 


§  37. 


Re  della  Piccola  Armenia. 


Zariadra 189         165 

Mitrobuxane  .     .     .    .  v.  161 

Artane 95 

La  Piccola  Armenia,  dopo  varie  rivoluzioni,  è  fatta  provincia  romana  v.  75  d.  C 


Dejotaro  I  re  dei  Calati 
Dejotaro  II     .    .    .    . 


65 
30 


§  38.  —  Re  del  Ponto. 

La  storia  fa  menzione  di  alcuni  re  della  Colchide,  fra  cui  ricorderemo  Elio-Ete  o  Eia  1, 
V.  1330;  Ete  II,  401  ;  Salauce  ed  Eusubope;  Oltace,  v.  65-,  Aristarco,  v.  47. 

La  Colcbide  fu  posteriormente  assoggettata  ai  re  del  Ponto ,  ed  ai  Romani  imperante 
Trajano. 

Distinguonsi  fra  i  re  del  Ponto  : 


520 


Farnace  1      ) 
Artabazo       i      '     '     * 
Ariobarzane  1  o  Rodobate  . 
Mitradate  I 402 


480 


363 


Ariobarzane  II    ....  363  337 

Mitradate  II 337  502 

Mitradate  III 302  266 

Mitradate  IV  .....  266  222 


(1)  Re  della  Media  Alropatenc, 

Atropate  scuole  il  giogo  degli  antichi  re  di  Persia  v.  ooS;  Tiinarco  v.  162;  Milradale  V.  89;  Dario 
Artavasdo  v.  3G-31.  Questo  regno  e  conquistato  dai  Parli  nel  31. 


Mitradate  V  ...  222 
Farnacell.  ...  186 
Mitradate  VI  Evergete  157 
Mitradate  VII  Eupa- 

tore  e  Dionisio.     .     123 
11  Ponto  è  ridotto  provincia  romana. 


CKONO 

186 

LOGIA 

Farnace     .    .    . 

58           47 

1o7 

Dario 

47 

123 

Polemone  1     .     .     . 

47            H 

Pitodori     .     .     .     . 

11            38  d.  C, 

65  (1) 

Polemone  II,  ultimo 

re 

38           63 

§39. 


Re  del  Bosforo  Cimmerio. 


Gli  Archeanacidi  o  discendenti  d'Archea- 
nace  I  re  del  Bosforo  Cimmerio ,  Peri- 
sado  I,  Leucone,  Sagauro,  regnano  qua- 
rantadue anni       .     .     .    480  438 

Spartaco  I 438  432 

Seleuco 452  429 

Spartaco  11 429  407 

Satiro  I 407  593 

Leucone 395  353 

Spartaco  IH 355  348 

Perisado  II 548?        Zìi 

Satiro  11 311  310 

Pritani 310  309 

Eumete 309  304 

Spartaco  IV 304  289 

Una  serie  di  re,  fra  cui  Leucanore,  Eu- 
boito ,  Perisado  III  che  cede  il  regno  a 
Mitradate  Eupatore,  re  del 

Ponto 108  79 

Macare 79  65 

Farnace 65  47 

Asandro 47  13 

Scribonio  ......      13  12 


Polemone  1     .     . 

12 

11 

Sauromate  1    .     .     . 

11  av. 

C.  30  d.  C. 

Fiescuporide  I 

30 

58 

Polemone  lì    .     .     . 

38 

42 

Mitradate  II    .     . 

42 

49 

Cotide  I     .     .     . 

49 

83 

Hescuporide  II     . 

83 

108 

Sauromate  II  .     . 

108 

115 

Cotide  II    .     .     . 

115 

132 

Remetalce  .     .     . 

132 

155 

Eupatore    .     .     . 

155 

171 

Sauromate  III 

180? 

205 

Rescuporide  HI   . 

.    215? 

225 

Cotide  111   .     .     . 

232? 

234 

Inintimevo      .     . 

234 

235 

Rescuporide  IV   . 

235 

277 

Teirane      .     .     . 

.     277 

297 

Totorse      .     .     . 

.     297 

303 

Sauromate  IV 

.     303 

— 

Sauromate  V  .     . 

— 

321 

Rescuporide  V     . 

321 

337 

Sauromate  VI 

.     337 

— 

Il  regno  del  Bosforo 

è  occupato  dai  Goti 

§  40.   —  Re  di  Cappadocia. 


Farnace v.  507 

Gallo,  Smerdi,  Ariaramne  I, 

Farnaspe,  Anafa  I,  Ana- 

fa  II,  Datame  ....    445  424 

Ariaramne  II 424 

Ariarate  I  Oroferne  .     .  v.  370 

Ariarato  II 551  321 

Ariaralo  III 321  284 

Ariaramne  III      ....    284         248 

Ariarato  IV 248  220 

Ariarato  V 220         166 


Oroferne  II    .     . 

m.  154 

Ariarato  VI  Fi/opa^ore  166 

130 

Ariarato  VII    .     . 

.     129 

94 

Ariarato  Vili  .     . 

94 

Ariarato  IX     .     . 

93 

Ariarato  X      .     . 

.       93 

92 

Ariobarzane  1 

.      91 

63 

Ariobarzane  II 

.      63 

53 

Ariobarzane  III    . 

.       55 

43 

Archelao     .     .     , 

.       42 

av.  C.  17  d.  C 

La  Cappadocia  è  ridotta  provincia  romana. 


[\)  La  Paflagoaia  conta  alcuni  re  particolari: 

Morzeo V.         M9 

Pileracne  I  .         .         .         .         .         .  .         ^o\ 

Pilemcne  li ^2« 

che  lega  per  testamento  in  quest'anno  il  suo  regno  a  "Mitradate  VI  re  del  Ponto. 


TAVOLE 


16S 


g  4i.   —  Regno  di  Battrìana  (1). 


Staccato  dall'impero  de'Seleucidi. 

Teodoto  I 2oG 

Teodoto  II 243 

Eutidonio  di  Magnesia  .     .    221 


2  io 
221 
195 


Menandro 195  181 

Eucratida  I 181  147 

Eticratida  II 147         141 


La  Baltriana  unita  all'impero  degli  Arsacidi. 


g  42. 


Regno  di  Pergamo. 


Smembrato  anch'esso  dall'impero  dei  Seleucidi. 


Filetcro 283  263 

Eumene  I 263  241 

Attalo  I 241  198 

Eumene  H 198  157 


Attalo  II  Fj7adc//"o    ...     157  137 

Attalo  III  Filometore     .     .    137  132 

Aristonico 132  130 

Diventa  provincia  romana  nel  129. 


g  43.   —  Re  di  Bitinia. 

Fino  a  Desalceo  trentanove  re,  fra  cui  si  nominano: 


Amico V. 

Buteo,  Mucaporide,  Man- 

drone v. 

Prusia V. 

Desalceo v. 

Botira 

Bias 

Zipete  


1330 

935 
550 
410 
370 
320 
500 


230 


Nicomede  I 281 

Tibite  e  Zibea  ) 

Zela    ^    .     .  »  '     '     ' 

Prusia  I  (o  II)      ....    237 

Prusia  II  (0  IH    .     .     .     .    192 

Nicomede  li 148 

Nicomede  III 91 

che  lascia  eredi  i  Romani. 


250 
237 

192 

148 
91 

75 


CRONOLOGIA    ITALICA. 


g  44.   —  Re  di  Sicilia. 

Fra  gli  antichi  re  di  Sicilia  si  annoverano  Cocalo,  v.  1295;  Siculo,  1289;  i  figliuoli 
d'Eolo,  1173. 

Siracusa. 


Governo  aristocratico 

s'im- 

735 

485 

Sosistrato  .    . 

.      .      .   V. 

317 

320 

Gelone  re  di  Gela  491, 

Agatocle    .     . 

289 

padronisce  di  Siracusa  . 

484 

478 

Democrazia    . 

.... 

289 

— 

266 

Cerone  1    .    .     .     . 

478 
467 

467 
466 

Iceta  stratego  della  repub- 
blica       

289 

Trasibulo  .... 

280 

Democrazia     .     .     . 

466    — 

405 

Tinione  e  Sosistrato .     .     . 

280 

278 

Diocle 

.  v. 

412 

405 

368 

Pirro     .    .     . 

278 
276 

9.1(i 

Dionigi  il  vecchio     . 

Cerone .    .     . 

269 

Dionigi  il  giovane   . 

368 

356 

Cerone  II  re  . 

269 

21^ 

Dione    

356 

354 

Geronimo  .     . 

215 

214 

Callippo     .... 

554 
353 
350 

333 
350 
347 

Democrazia     . 
Andranodoro 
Epicide     e 

e  Temistio  ; 
Arpocrate  ; 

214 

9.i<^ 

Ipparino    .... 

Nipsio 

Dionigi  il  giovane  di 

nuovo 

547 

343 

morte  d'Archimede  .    . 

212 

Timoleone      .     .     . 

. 

343 

337 

Ridotta  in  pro\ 

incia  romana 

210 

(\)  Le  molte  medaglie,  poc'anzi  scoperte  de'  regni  macedoni  di  Scizia  e  d'Iadia,  sjuteranno  a  costruire 
nuove  tavole  genealogiche;  finora  il  lavoro  non  è  compiuto. 


166 


CRONOLOGIA 


Governo  aristocratico  .  .  582 
Tiranni:  Falaride  .  .  .  566 
Alcmane  e  Meandro     .    .    534 


Agrigento. 


566 
534 


Terone 488         480 

Trasideo 480         470 

Reggimento  democratico     .  470 


45.  —  Re  del  Lazio. 


Giano .    .  V,  1451 

Saturno 1415 

Pico 1582 

Fauno 1335 

Latino 1501 

Enea 1250 

Ascanio 1175 

Silvio  Postumo 1136 

Enea  Silvio 1107 

Latino  Silvio 1068 


Alba  Silvio 1018 

Episto  Silvio 979 

Capi  Silvio 953 

Carpento  Silvio 925 

Tiberio  Silvio 912 

Archippo  Silvio 904 

Aremulo  Silvio 863 

Aventino  Silvio 844 

Proca  Silvio 817 

Amulio  Silvio 796 


46.  _  Re  di  Re 


Romolo .753  715 

Numa  Pompilio  ....    714  671 

Tulio  Ostilio 671  639 

Anco  Marzio 639  614 


Tarquinio  Prisco      .     .     .    614  578 

Servio  Tullio 578  534 

Tarquinio  il  Superbo    .     .    534  509 

Pei  consoli,  vedi  Parte  tecnica,  g  21. 


g  47.  —  Imperatori  romani. 


Vitellio 


Lucio 


Augusto 

Tiberio  . 

Caligola 

Claudio  I 

Nerone  . 

Galba,  Ottone 

Vespasiano 

Tito      .     . 

Domiziano . 

Nerva    .     . 

Trajano 

Adriano 

Antonino   . 

Marc'Aurelio 
Vero  .    . 

Marc'Aurelio  solo 

Comodo 

Pertinace,  Didio  Giu- 
liano, Nigro,  Albino 

Settimio  Severo  .    . 

Caracalla  e  Geta  .     . 

Caracalla  solo  .    .    . 

Macrino     .... 

Eliogabalo  o  Elagabalo 

Alessandro  Severo   . 

Massimino  I    .     ,     . 

1  due  Gordiani,  Mas- 
simo e  Balbino    . 

Gordiano  ll(  il  Pio  . 


31  av 

14 

37 

41 

54 

68 

69 

79 

81 

96 

98 
117 
138 


C.  14  d.  C. 

37 

41 

54 

68 

69 

79 

81 

96 

98 
117 
138 
161 


161  169 
169  180 
180    192 

193 
193    211 

211  212 

212  ■  217 
217 

21 7  222 
222  235 
235    237 


237 
238 


238 
244 


Filippo  l'Arabo    ....  244          249 

Decio 249         251 

Gallo  e  Volusiano    ...  251          253 

Emiliano   .     .         ...  255 

Valeriano 255          260 

Gallieno;  i  Trenta  tiranni  .  260         268 

Claudio  II  il  Gotico     .     .  268          270 

Quintino 270 

Aureliano  ....  \    .  270          275 

Tacito 275          276 

Floriano 276 

Probo 276         282 

Caro 282         284 

Carino  e  Numeriano    .    .  284 

Diocleziano 284  abd.  305 

Massimiano  Erculeo,  asso- 
ciato a  Diocleziano  .     .  286  abd.  505 
Costanzo  Cloro  i  succeduti  a  ì  r.^.^,  306 
Galeno    .        ^Diocleziano)  311 

Massenzio 306          312 

Massimino  II  Daza  ...  307          313 

Costantino  I 306          337 

Licinio 307          323 

Costantino  II 337          340 

Costante  1 357          350 

Costanzo  II 357          561 

Giuliano  l'Apostata      .     .  361          363 

Gioviano 565          564 

Valeiitiniano  I  in  Occidente  564          375 


Valente  in  Ormite  . 
Graziano  in  Occidente 


Onorio 

Valentiniano  III .  . 
Petronio  Massimo    . 

Avito 

Magioriano  .  .  . 
Libio  Severo  .  .  . 
Interregno  di  20  mesi 


TiOi  37S  I  Valentiniano  II  m  0(?cù/e7?/é    '9,7, 

575  383  I  Teodosio  I  in  Orienle    .     .     379 

Impero  rumano  d'Occidente. 


1fi7 
395 


39o  423 

423?  455 

455 

455  456 

457  461 

461  465 

465    —  467 


Antemio    ......  467 

Olibrio 

Glicerio 473 

Giulio  Nepote     ....  474 

Romolo  Augustolo  .     .     .  475 
Fine  dell'impero  d'Occidente. 

Odoacre  eruloy  re  d'Italia  .  476 


472 


Arcadio  ....  595 
Teodosio  UH  giovane  408 
Marciano  con  Pul- 

cheria,  e  solo  .  450 
Leone  I  .     .     .     .  457- 
Leone  II  il  giovane 
Zenone  (e  Basilisco)  474 
Anastasio  1 .     .     ,  491 
Giustino  I    .     .     .  518 
Giustiniano  I  legis- 
latore ....  527 
Giustino  II  .     .     .  565 
Tiberio  II    .     .    .  578 
Maurizio      .     .     .  582 

Foca 602 

Eraclio  I     ...  610 
Eraclio  Costantino  .    » 
Eracleone  Costantino  | 

Costante  II .  .  .  641 
Costantino  III  Po- 

gonato  .  .  ,  668 
Giustiniano  II  .  .  685 
Leonzio  ....  695 
Absimaro  Tiberio  III  698 
Giustiniano  II  rista- 
bilito ....  705 
Filepico  Bardane  .  711 
Anastasio  II  .  .  715 
Teodosio  III  ,  .  716 
Leone  III  Isaurico  717 
Costantino  IV  Co- 

pronimo  .     .     .  741 

Leone  IV  Cazaro  .  775 
Costantino  V    .     .780 

Irene  madre  di  lui  790 

Niceforo  I   ...  802 

Staurace.  .  .  .  811 
Michele  I  Curopalata  811 

Leone  V  VArir.enu  813 

Michele  II  il  Balbo  820 

TeoQlo         .    .    .  829 


Impero  romano  d'Oriente  (1). 

408 

450 


474 


457 

474 

491 
518 

527 

565 
578 
582 
602 
610 
641 


641 

668 

685 

dep.  695 

698 

705 

711 

713 

dep.  716  ra. 

717 

741 


719 


abd. 


775 

780 

797 
dep.  802  m.  803 

811 
abd.  811  m, 
dep. 813 

820 

829 

842 


812 


842 


842 


867 


Teodora  reggente. 

Michele  III  V  U- 
briaco    .     .     . 

Basilio  I  il  Mace- 
done, e  Costan- 
tino VI  .     .     . 

Leone  VI  il  Filosofo  886 

Alessandro      .     .911 

Costantino  VII  Por- 
fìrogeneta    .     .     911 

Romano  I  Lecapene, 
e  i  suoi  tre  figli 
Cristoforo,  Stefano 
e  Costantino  VIII  919 

Costantino  VII,  di 
nuovo     .     .     .    945 

Romano  II     .     .    959 

Teofanone  impera- 
trice, reggente  pei 
figli  Basilio  II  e 
Costantino  IX  .    963 

Niceforo  Foca     .    964 

Giovanni  I  Zimisce  969 

Basilio  II  e  Costan- 
tino IX  .     .     .    976 

Romano  III  Argiro  1028 

Michele  IV  il  Pa- 
flagonico     .     . 

Michele  V  Cala- 
fata .... 

Zoe  e  Costantino 
X  Monomaco   . 

Teodora  sorella  di 
Zoe    ...    . 

Michele  VI  Stra- 
tiotico    .     .     . 

Isacco  Comneno  . 


857 


867 


886 
9H 
912 


1034 


dep.  919 


945 

959 
963 


964 
969 
976 

1025 
1034 

1041 


1041  dep.  1042 


1042 


1054 


1054 


1056 


472 

474 
475 
476 

493 


e  1028 


1056  abd.  1057 

1057  abd.  1 059 m.  1061 
Costantino  XI  Duca  1059  1067 
Eudossia  con  Michele  VII  Parapinace,  An- 
dronico I  e  Costantino  XI(òes)suoi  figli, 
dei  Duca     .     .1067  1008 


(I)  Vedi  Essai  de  Chronologìe  hyzantine  pour  servir  à  Vexamen  des  Ànìiales  du  Bas-Empire^  et 
parliculièrement  des  Ckronographes  slavons  de  393  à  1037,  par  Edi'ahd  de  Muralt.  Pielrobiirgo  ^855. 


i68 


CRONOLOGIA 


Romano  IV  Diogene  .  . 
Michele  Parapinace  f^olo  . 
Ni  ce  foro  Botoniaie  e  Ni  ec- 
fore Brìenne  .  .  .  . 
Alessio  1  Comneno  .  . 
Giovanni  II  Comneno  .  . 
Manuele  Comneno .  ,  . 
Alessio  II  Comneno    .  . 


-1068  1071 

iOli  al)d.  \01S 


'J078 
1081 

1145 

liso 


1081 
1M8 
1143 
1180 
1183 


Andronico  I  Comneno  (o 

Andronico  II)     .     .     .  1183  118S 

Isacco  II  V  Angelo,  o  Lan- 

gelo 118f)dep.  1195 

Alessio  III  Langelo  .  .  1195  dep.  1205 
Isacco  II  Langelo  ristabi- 

///o,  col  figlio  Alessio  IV  1203  1204 
Alessio  V  Duca  Murzuflo.  1204 


Baldovino  I  conte 

di  Fiandra  .  .  1204 
Enrico  di  Fiandra  1206 
Pietro  di  Courte- 

nay   .    .    .    .  1216 


Imperatori  franchi  a  Cosianlinopoli. 
Roberto  di  Cour- 


1206 
1216 

1219 


tenay      .     .     .1219  1228 

Baldovino  li  .     .  1228  dep.  1261  m. 1273 
Giovanni  di  Brienne,  tutore  di  Haldovino  II 

1229;  imperatore  1231  1237 


Teodoro  Lascari  1  1206 
Giovanni  (III)  Du- 
ca Vatace    .     .  1222 
Teodoro  Lascari  II  1255 
Giovanni  (IV)  La- 


Imperatori  greci  a  Nicea. 


1222 

1255 
1259 


scari.     .     ,     .  1259  dep.  1260m.128i 
Michele  VIII  Paleologo  (o  Michele  Andro- 
nico) a  Nicea  .  1260 
a  Costantinopoli  1261  1282 


Ripigliano  gl'imperatori  a  Costantinopoli. 

Andronico  II  Paleologo  (o  Andronico  III)  il  vecchio  .     .     .  1282 

Andronico  III  Paleologo  (o  Andronico  IV)  «7  i/jora?je     .     .  1328 

Giovanni  1  (o  V)  Paleologo 1341 

Giovanni  (VI)  Cantacnzeno  assocm/o 1347 

Giovanni  Paleologo  solo 1355 

Matteo  Cantacuzeno 1354 

Manuele  Paleologo 1391 

Giovanni  II  (o  VII  Paleologo  associato v.  1399 

Giovanni  HI  (o  Vili)  Paleologo  assocm^o  1419       ....  1425 

Costantino  XII  Paleologo 1448 

Nel  1453  i  Turchi  Ottomani  s'impadroniscono  di  Costantinopoli. 


dep. 


32 


1328  m.  1 

1341 

1347 
abd.  1355 

1391 
abd.  1350  m.  1380 

1425 
abd.  1402 

1448 

1453 


.^ 


48. 


Papi 


Anno 
dell' 
elez. 

S.  Pietro,  galileo,  principe  degli  Apostoli 32 

Risedè  prima  in  Antiochia,  quindi  dall'anno  '(2  in  Roma,  ove 
morì  nel  07  (?),  dopo  i  venticinque  anni  che  la  Cronaca  di 
Eusebio  assegna  al  suo  pontilicato. 

S.  Lino,  da  Volterra,  martire 07? 

S.'  Anacleto  o  Cleto,  di  Atene,  martire 78 

S.  Clemente  I,  romano,  martire 91 

S.  Evaristo,  di  Betlem.  martire 100 

S.  Alessandro  I,  romano 109 

S.  Sisto  I,  romano  della  gente  Elvidia,  martire     .     .     .  119 

S.  Telesforo,  di  Turio  nella  Magna  Grecia,  martire    .     .  127 

S.  Igino,  ateniese,  martire 139 


Durata 

del 

pontificato 

annt 

mesi      giorni 

23 

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11 

12 
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9 

10 
9 

11 
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T.WO!  F 

Annn 
<lell' 
elcz. 

S.  Pio  I,  d'Aquileja,  martire 142 

S.  Aniceto,  d'Ancisa  in  Siria,  martire 157 

S.  Solerò,  di  Fondi  in  Campania 168 

S.  Kleuterio,  di  Nicopoli,  martire 177 

S.  Vittore,  africano,  martire 195 

S.  Zcfirino,  romano,  martire 202 

S.  Calisto  I,  romano  della  gente  Domizia,  martire      .     .  21!) 

S.  Urbano  I,  romano,  martire 223 

S.  Ponziano,  romano  della  gente  Calpurnia,  martire  .     .  230 

S.  Antero,  di  Policastro  nella  Magna  Grecia,  martire  .     .  235 

S    Fabiano,  romano  della  gente  Fabia,  martire      .     .     .  236 

*  Novaziano,  primo  antipapa 251 

S.  Cornelio,  romano,  martire 251 

S.  Lucio  I,  romano,  martire 253 

S,  Stefano,  romano  della  gente  Giulia,  martire      .     .     .  255 

S.  Sisto  II,  ateniese,  martire 257 

S.  Dionisio,  di  Turio  nella  Magna  Grecia,  martire      .     .  259 

S.  Felice  I,  romano,  martire 269 

S.  Euticbiano,  toscano,  martire 275 

S.  Cajo,  di  Salona  in  Dalmazia,  martire 283 

8.  Marcellino,  romano,  martire 296 

S.  Marcello  I,  romano,  martire 304 

S.  Eusebio,  di  Cassano  in  Calabria 510 

S.  Melcbiade  o  Milziade,  africano 311 

S.  Silvestro  I,  romano 314 

S.  Marco,  romano 556 

S.  Giulio  I,  romano 337 

S.  Liberio,  romano  de'  Savelli 352 

S.  Felice  II,  romano 555 

Durante  l'csijjlio  di  Liberio,  o  come  vicario  di  lui,  o  creato  pon- 
tefice, forse  illegittimamente;  poi  si  ritirò  a  vita  privala. 

S.  Damaso  I,  di  Vimarano  in  Portogallo 566 

"  Ursicino 366 

S.  Siricio,  romano 584 

S.  Anastasio  I,  romano 398 

S.  Innocenzo  I,  albanese 401 

S.  Zosimo,  di  Mesuraca  nella  Magna  Grecia     ....  417 

S.  Bonifazio  I,  romano 418 

*  Eulalio 418 

S.  Celestino,  campano 422 

S.  Sisto  IH,  romano 432 

S.  Leone  Magno,  romano  o  toscano 440 

S.  Ilaro  0  Ilario,  di  Cagliari 461 

S.  Simplicio,  di  Tivoli 467 

S.  Felice  III,  romano 482? 

S.  Gelasio  I,  africano 492 

S.  Anastasio  II,  romano 496 

S.  Simmaco,  sardo 498 

*  Lorenzo 498 

S.  Ormisda,  di  Fresinone  in  Campania 514 

S.  Giovanni  I,  toscano,  martire 523 

S.  Felice  IV,  lìmbrio,  di  Benevento 526 

Bonifazio  II,  di  Boma,  goto  d'origine 530 

Giovanni  li,  Mercurio,  romano 532 


109 


Durat« 

del 

pontificato 

unni 

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11 


470 


CRONOLOGIA 


Anno 
dell' 
elcz. 

S.  Agapito  I,  romano 535 

S,  Sìlverio,  di  Fresinone,  martire 536 

Vigilio,  romano 538 

Eletto  ancora  vivo  Silverio:  morto  questo,  fu  riconosciuto. 

Pelagio  I,  Vicariano,  romano 555 

Giovanni  III,  romano 560 

Benedetto  I,  romano 574 

Pelagio  II,  romano 578 

S,  Gregorio  Magno,  romano  degli  Anicj 590 

Sabiniano,  di  Volterra 604 

Bonifazio  III,  romano 607 

S.  Bonifazio  IV,  di  Valeria  ne'  Marsi 608 

S,  Diodato,  romano 615 

Bonifazio  V,  napoletano 618 

Onorio  I,  campano 025 

Severino,  romano 640 

Giovanni  IV,  dalmatino 640 

Teodoro  I,  di  Gerusalemme,  oriundo  greco 642 

S.  Martino  I,  di  Todi,  martire 649 

Eugenio  I,  romano 654 

Creato  col  consenso  del  predecessore  ancora  vivente. 

S.  Vitaliano,  di  Segni  in  Campania 657 

Adeodato,  romano 672 

Dono  1,  romano 676 

S.  Agatone,  di  Reggio  nella  Magna  Grecia 678 

S.  Leone  II,  da  Piana  di  San  Martino  nella  Magna  Grecia  682 

S.  Benedetto  II,  romano 684 

Giovanni  V,  d'Antiochia 685 

*  Pietro  e  Teodoro 686  »  »  » 

Conone,  siciliano,  oriundo  trace 686  »        ìi  » 

S.  Sergio  I,  palermitano,  oriundo  d'Antiochia  ....  687        13         8        24 

'  Teodoro  e  Pasquale 687  »  »  » 

Giovanni  VI,  greco 701 

Giovanni  VII,  di  Rossano 705 

Sisinnio,  siro 708 

Costantino,  siro 708 

S.  Gregorio  II,  romano  dei  Savelli 715 

S.  Gregorio  III,  siro 731 

S.  Zaccaria,  di  Santa  Severina  nella  Magna  Grecia     .     .  741 

Stefano  II,  romano 752 

Muore  d'apoplessia  il  terzo  giorno  dopo  la  sua  elezione,  e  prima 
d'esser  consacrato;  onde  presso  alcuni  cronologi  non  fa  numero. 

Stefano  III  (o  li),  romano 752 

S.  Paolo  l,  romano 757 

'  Teofilatto,  Costantino,  Filippo 767 

Stefano  IV  (o  HI),  di  Reggio  nella  Magna  Grecia    ...  768 

Adriano  l,  romano  dei  Colonna 772 

S.  Leone  III,  romano 795 

Stefano  V  (o  IV),  romano 816 

S.  Pasquale  I,  romano 817 

Eugenio  11.  romano 824 

*  Zizimo 824  »  »  » 

Valentino,  romano 827  »  1        10 

Gregorio  IV,  romano 827        l(ì         »  » 


Durala 

del 

pontific 

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anni 

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TAVoi.r                '  171 

Anno  Durata 

dell'  del  ponliflcalo 

elcz.  anni  mesi  giorni 

Sergio  II,  romano 844  3  »  » 

S.  Leone  IV,  romano 847  8  3  6 

Benedetto  III,  romano 855  2  6  10 

*  Anastasio 855  »  »  » 

S,  Nicola  I,  romano 858  9  G  20 

Adriano  II,  romano 867  4  H  » 

Giovanni  Vili,  romano 872  10  »  2 

Marino  I,  di  (laliese  nel  Patrimonio  di  san  Pietro  .     .     .  882  1  4  » 

Adriano  III,  romano 884  1  4  « 

Crcdesi  il  primo  che   cambiasse  nome  salendo  jiapa.  Prima  si 
chiamava  Agapito. 

Stefano  VI  (o  V},  romano 885  6  »  » 

Formoso 891  5  »  » 

Già  vescovo  di  Porlo  ;  il  primo  trasferito  da  sede  vescovile  alla 
papale. 

*  Bonifazio  VI,  toscano 896  »  »  15 

Fa  numero  tra  i  pontefici  di  questo  nome. 

Stefano  VII  (o  VI),  romano 896  1  2  » 

Romano,  da  Gallese  o  Montelìascone 897  »  4  » 

Teodoro  II,  romano     .     .     .     , 898  »  »  20 

Giovanni  IX,  romano 898  2  »  15 

Benedetto  IV,  romano 900  5  «  » 

Leone  V,  di  Ardea 903  »  1  9 

Cristoforo,  romano 903  »  G  » 

Sergio  III,  romano 904  7  »  » 

Già  eletto  nell'89S. 

Anastasio  III,  romano 911  2  2  » 

Landone,  sabino 913  »  6  10 

Giovanni  X,  romano 914  14  2  (I) 

Leone  VI,  romano 928  »  7  5 

Stefano  VIII  (o  VII),  romano 929  2  1  12 

Giovanni  XI,  romano  de' Conti  di  Tuscolo         ....  931  4  10  » 

Leone  VII,  romano 956  3  6  10 

Stefano  IX  (o  Vili),  dei  duchi  di  Lorena 959  5  4  15 

Marino  II  o  Martino  III,  romano 942  5  0» 

Agapito  II;  romano 946  9  7  » 

Giovanni  XII,  de'  Conti  di  Tuscolo ,956  8  ).-  « 

*  Leone  Vili,  romano 965  »  «  « 

Fa  numero  tra  i  pontefici  omonimi. 

Benedetto  V,  romano 964  1  «  » 

Giovanni  XIII,  romano 965  6  11  6 

Benedetto  VI,  romano 972  1  3  » 

*  Bonifazio  VII  (Francane) 974  »  »  » 

Dono  li,  romano,  per  breve  tempo 974  »  »  » 

Benedetto  VII,  de'  Conti  di  Tuscolo 975  8  8  » 

Giovanni  XIV,  Pietro  Canepanova,  di  Pavia 983  w  9  » 

Privato  della  vita  da  Bonifazio  VII,  che  rioccupò  la  sede  apo- 
stolica. 

Giovanni  XV,  romano,  per  pochi  giorni 985  »  «  » 

Giovanni  XVI,  romano ,  985  10  »  » 

Gregorio  V,  figlio  d'Ottone  duca  di  Carinzia     ....  996  2  9  12 


(I)  La  cronolofjia  aì'vilupptttìssìma  di  questi  ultimi  otto  pontefici  fu  illustr.nta  nei  GeschichtsblUKer  aut 
(ler  Srhweiz  del  1 830  da  Giuseppe  Dcret,  Chronolngic  der  Papste  zu  Anfany  des  zehnien  Jahrhunderts. 


nS  CRONOLOr.lA 

Anno 
dell' 
elez.       anni 

Nel  907  Giovann!  Filafjato  calabrese,  vescovo  di  Piacenza,  fu  da 
Crescenzio  tiranno  di  Ironia  collocalo  violentemenlc  sul  soglio 
pootilizio,  col  nome  di 

*  Giovanni  XVil 997 

Silvestro  II,  Gerberto,  d'Orillac  in  Alvernia 999          4 

Giovanni  XVil,  Sicco,  romano .  1003          » 

Giovanni  XVIII,  Fasano,  di  Rapagnano  presso  Fermo  .     .  "1003          5 

Sergio  IV,  romano 1009          5 

Benedetto  Vili,  de' Conti  di  Tuscolo 1012        11 

*  Leone  Gregorio 1012          » 

Giovanni  XIX  de' Conti  di  Tuscolo 1024          9 

Benedetto  IX,  de'  Conti  di  Tuscolo 1035        10 

Rinunzia. 

Nel  1043  *Silvestro  III,  poi  "Giovanni  XX,  deposti  nel 
1046  da  un  concilio  radunato  a  Sutri  dall'imperatore 
Enrico  III. 

Gregorio  VI,  Graziano,  romano 1044          2 

Clemente  II,  dei  signori  di  MarcsIeve  ed  Horneburg  in 

Sassonia 104G          » 

Damaso  II,  Poppone,  di  Baviera 1048          » 

Creato  dopoché  Benedetto  IX  di  nuovo  abdicò  il  pontiCcato ,  che 
avca  invaso  alla  morte  di  Clemente  II. 

S.  Leone  IX,  Brunone,  dei  conti  d'Egesheim  in  Alsazia  .  10i9          Ti 

Vittore  II,  dei  conti  Kew  in  Svevia 1055         2 

Stefano  X  (o  IX},  dei  duchi  di  Lorena 1057          » 

*  Benedetto  X,  de' Conti  di  Tuscolo,  detto  Mincio  .     .     .  1058          » 

Da  alcuni  vicn  reputato  legittimo,  e  fa  numero  tra  i  pontefici  di 
questo  nome.  Abdicò  il  18  gennajo  -lO'iQ. 

Nicola  II,  Gerardo,  di  Borgogna 1058?        2 

Alessandro  II,  da  Baggio,  milanese 1061        11 

*  Cadaloo  (vescovo  di  Parma),  detto  Onorio  II  ...     .  1061           » 
S.  Gregorio  VII,  Ildebrando,  di  Soana  nel  Senese  .     .     .  1073        12 

*  Guiberto  (arcivescovo  di  Ravenna),  detto  Clemente  III  .  1080          » 
Vittore  III,  Epifani  di  Benevento  (già  Desiderio  abate  di 

Montecassino) :     .  1086          1 

Urbano  II,  de' signori  di  Cbàtillons,  da  Rcims  .     .     .     .  1088        11 

Pasquale  II,  Ranieri,  di  Bleda  presso  Viterbo   ....  1099        18 

*  Alberto,  Teodorico  e  Maginulfo,  detto  Silvestro  IV,  dopo 

morto  Guiberto  nel  HOO 

Gelasio  II,  Giovanni  di  Gaeta 1118          1 

*  Maurizio  Burdino,  detto  Gregorio  Vili 1118          » 

Calisto  II,  de' conti  di  Borgogna 1119          5 

Onorio  11,  Fagnani,  bolognese 1124          5 

Innocenzo  II,  romano  de'  Papi  o  Papereschi,  ora  Mattei  .  1130        13 

*  Pier  di  Leone,  col  nome  di  Anacleto  II 1130          » 

*  Gregorio,  col  nome  di  Vittore  IV 1138          » 

Celestino  II,  di  Città-di-Castello 1143          » 

Lucio  II,  Caccianemici  dall'Orso,  bolognese  .     ....  1144          » 

Eugenio  III,  Paganelli,  di  Montemagno  nel  Pisano     .     .  1145          8 

Anastasio  IV,  romano 1153          1 

Adriano  IV,  Breakspeare,  di  Langley  nel  contado  d'IIart- 

ford 1154          4 

Alessandro  III,  Bandinelli,  di  Siena     .• 1159        21 

*  Ottaviano  di  Roma,  Guido  di  Crema,  Giovanni  di  Strum 


Durata 
del  pontificato 

mesi      giorni 


9 

15 

M 

23 

2 

18 

3 

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9 

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10 

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23 

lAVOLL  173 

Addo  Durata 

dell'  del  pontificalo 

clcz,      anni       mesi      giorni 

e  Landò  Sitino,  successivamente,  coi  nomi  di  Vittore 
IV,  Pasquale  III,  Calisto  III  ed  Innocenzo  111. 

Lucio  HI,  lII)aldo  Aliungoli,  lucchese      .     .  ...  1181 

Urbano  HI,  Uberto  Crivelli,  milanese ^85 

Gregorio  Vili,  Alberto  di  Morra,  beneventano    ....  1187 

Clemente  111,  Paolino  Scolari,  romano 1187 

Celestino  HI,  Giacinto  Orsini,  romano 1191 

Innocenzo  HI,  Lotario  dei  conti  di  Segni,  da  Anagni  .     .  1198 

Onorio  HI,  Cencio  Savelli,  romano  121 G 

Gregorio  IX,  de'  conti  di  Segni 1227 

Celestino  IV,  Goffredo  Custiglioni,  milanese 1241 

Innocenzo  IV,  Sinibaldo  Fiesclii,  genovese 1245 

Alessandro  IV,  Rinaldo  de'  conti  di  Segni 1254 

Urbano  IV,  Giacomo  Pantaleon,  di  Troyes 1261 

Clemente  IV,  Guido  Fulcodi  o  Foulques,  linguadochese  .  126o 

B.  Gregorio  X,  Tibaldo  Visconti,  piacentino      ....  1271 

Innocenzo  V,  Pier  di  Tarantasia 1276 

Adriano  V,  riesco,  genovese 1276 

Giovanni  XXI,  Pier  Giuliano,  di  Lisbona 1276 

Nicola  IH,  Giangaetano  Orsini,  romano 1277 

Martino  IV,  Simone  di  Brion,  sciampagnese 1281 

Onorio  IV,  Giacomo  Savelli,  romano  ...  ...  1285 

Nicola  IV,  Girolamo  Musei,  di  Lisciano  presso  Ascoli  .     .  1288 

Celestino  V,  Pier  Morone,  d'Isernia,  rinunziò    ....  1294 

Bonifazio  Vili,  Benedetto  Cajetani,  d'Anagni     ....  1294 

Benedetto  XI,  Nicola  Boccasini,  trevisano 1303 

Clemente  V,  Bertrando  di  Got,  da  Villandraut  presso  Bor- 
deaux     1505 

Giovanni  XXIi,  Giacomo  d'Euse,  di  Cahors 1316 

*  Pietro  di  Corberia  negli  Abruzzi,  detto  Nicola  V  .  .  1328 
Benedetto  XII,  Giacomo  Fournier,  da  Saverdun  nella 

contea  di  Foix 1334 

Clemente  VI,  Pietro  Roger,  di  Mauraont  presso  Limoges  .  1342 

Innocenzo  VI,  Stefano  d'Aubert,  di  Mont  presso  Limoges  1332 

Urbano  V,  Guglielmo  di  Grimoard,  del  Gevaudan  .  .  .  1362 
Gregorio  XI,  Pietro  Roger,  dei  conti  di  Belford  e  Turenne, 

da  Maumont 1370 

Urbano  VI,  Bartolomeo  Prignano,  napoletano    ....  1378 

*  Clemente  VII  (Roberto  di  Ginevra)  eletto  a  Fondi  va  a 

sedere  in  Avignone,  e  comincia  il  grande  scisma  d'Oc- 
cidente. Né  questo  né  i  successori  suoi  contano  nel 

catalogo  dei  pontefici 1378  »  »  » 

Bonifazio  IX,  Pierino  Tomacelli,  napoletano      ....  1389        14        11  » 

*  Pietro  di  Luna,  col  nome  di  Benedetto  XllI  ....  1394  »  »  " 
Innocenzo  VII,  Cosma  Meliorati,  di  Sulmona  negli  Abruzzi  1404  2  »  21 
Gregorio  XII,  Angelo  Correr,  veneto 1406          »          >»          " 

Il  suo  pontificato,  se  credesi  terminato  nella  sessione  xv  del  con- 
cilio di  Pisa,  durò  anni  2,  raesi  6  e  giorni  4  ;  so  si  prolunghi 
fino  alla  sessione  Xiv  del  concilio  di  Costanza,  nella  quale  ri- 
nunziò, durò  anni  8,  mesi  7  e  giorni  4. 

Alessandro  V,  Pietro  Filargo,  di  Candia 1409 

Giovanni  XXIH,  Baldassarre  Cossa,  napoletano  ....  1410 

Slartino  V,  Ottone  Colonna,  romano 1417 

"Clemente  Vili  (Gilles  di  Mui'ioz)  eletto  in  Aragona  dai 

cardinali  di  Pietro  di  Luna,  dopo  la  costui  morte    .     .  1424 


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174  cnoNOLOGiA 


Anno  Durata 

dell'  del  pontificato 

anni       mesi      giorni 


elez. 


Eugenio  IV,  Gabriele  Condulmier,  veneto 1431 

*  Felice  V  (già  Amedeo  Vili  duca  di  Savoja);  eletto  dal 

concilio  scismatico  di  Basilea,  rinunzia  dopo  10  anni  .  1439 

Nicola  V,  Tommaso  Parentucelli,  di  Sarzana     ....  1447 

Calisto  III,  Alfonso  Borgia,  di  Valenza  in  Ispagna  .     .     .  145S 

Pio  II,  Enea  Silvio  Piccolomini,  di  Corsignano  (Pienza)  .  1458 

Paolo  II,  Pietro  Barbo,  veneto 1464 

Sisto  IV,  Francesco  Della  Rovere,  nato  presso  Savona     .  1471 

Innocenzo  Vili,  Giambattista  Cybo,  genovese  ....  1484 
Alessandro  VI ,  Rodrigo  Len^ol  Borgia ,  di  Valenza  in 

Ispagna 1492 

Pio  III,  Francesco  Todeschini  Piccolomini,  senese     .    .  1503 

Giulio  II,  Giuliano  Delia  Rovere,  d'Albissola  presso  Savona  1503 

Leone  X,  Giovanni  de' Medici,  fiorentino 1515 

Adriano  VI,  Adriano  Florent  van  TrifSen,  di  Utrecht  .     .  1522 

Clemente  VII,  Giulio  de' Medici,  fiorentino 1523 

Paolo  III,  Alessandro  Farnese,  romano 1534 

Giulio  III,  Giammaria  Ciocchi  dal  Monte,  di  Monte  San 

Savino 1550 

Marcello  II,  Marcello  Cervini,  di  Montepulciano    .    .    .  1555 

Paolo  IV,  Giampietro  Caraffa,  napoletano 1555 

Pio  IV,  Gianangelo  Medici,  milanese 1559 

S.  Pio  V,  Michele  Ghislieri,  di  Bosco  presso  Alessandria.  1566 

Gregorio  XIII,  Ugo  Buoncompagni,  bolognese   ....  1572 

Sisto  V,  Felice  Peretti,  di  Montalto  presso  Ascoli   .     .     .  1585 

Urbano  VII,  Giambattista  Castagna,  romano 1590 

Gregorio  XIV,  Nicola  Sfondrati,  milanese 1590 

Innocenzo  IX,  Gianantonio  Facchinetti,  bolognese      .     .  1591 

Clemente  Vili,  Ippolito  Aldobrandini,  di  Fano  .     .     .     .  1592 

Leone  XI,  Alessandro  Ottaviano  de'  Medici,  fiorentino    .  1605 

Paolo  V,  Camillo  Borghese,  romano 1605 

Gregario  XV,  Alessandro  Ludovisi,  bolognese    ....  1621 

Urbano  VIII,  Matteo  Barberini,  fiorentino 1625 

Innocenzo  X,  Gianbattista  Panfili,  romano 1644 

Alessandro  VII,  Fabio  Chigi,  senese 1655 

Clemente  IX,  Giulio  Rospigliosi,  di  Pistoja 1667 

Clemente  X,  Emiliano  Altieri,  romano 1070 

InnoceSzo  XI,  Benedetto  Odescalchi,  comasco  ....  1676 

Alessandro  Vili,  Pietro  Ottoboni,  veneto 1689 

Innocenzo  XII,  Antonio  Pignatelli,  napoletano  ....  1691 

Clemente  XI,  Gianfrancesco  Albano,  di  Pesaro  .     .     .     .  1700 

Innocenzo  XIII,  Michelangelo  Couti,  romano    ....  1721 

Benedetto  XIII,  Pierfrancesco  Orsini,  romano    ....  1724 

Clemente  XII,  Lorenzo  Corsini,  fiorentino 1730 

Benedetto  XIV,  Prospero  Lambertini,  bolognese    .     .     .  1740 

Clemente  XIII,  Carlo  Bezzonico,  veneto 1758 

Clemente  XIV,  Gianvincenzo  Antonio  Ganganelli  (già  fra 

Lorenzo),  di  Sant'Arcangelo  presso  Bimini     ....  1769 

Pio  VI,  Gianangelo  Braschi,  di  Cesena 1775 

Pio  VII,  Barnaba  Chiaramonti,  di  Cesena 1800 

Leone  XII,  Annibale  della  Genga,  di  Spoleto     ....  1825 

Pio  Vili,  Francesco  Saverio  Castiglioni,  di  Cingoli      .     ,  1829 

Gregorio  XVI,  Mauro  Capellari,  di  Belluno 1831 

Pio  IX,  Gio.  Maria  dei  conti  Mastai-Ferrelli,  di  Sinigaglia  1846 


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lAVOLt 


175 


§49. 


Re  degli  Unni. 


Balamiro v.  376 

Uldin 400         412 

Donato 412 

Caratone 412  424 


Rolla  .  .  . 
Rua  0  Rugula 
Biella  e  Attila 
Attila  solo    . 


424  432 

432  433 

433  444? 
444  453 


Irnak  riconduce  in  Asia  gli  avanzi  degli  Unni  v.  455. 


g  50.  —  Re  degli  Svevi. 


Ermenrico  I . 
Erniigario 
Ermenrico  li 
Rechila  .  . 
Rechiario 
Frontano .  . 
Maldras  .  . 
Frumario 


409    427? 

427  428 

428  abd.  438  m.  441 
438    448 

448    456 

457 
457  460 

460  463 


Remisniondo 457 

Rechila  II ,   Teodemondo, 
Ermenrico  III,  Riciliano 

Cariarlco 550 

Teodemiro 559 

Miro 570 

Eborico 582 

Andeca 583 


Leovigildo,  re  dei  Visigoti,  s'impadronisce  del  regno  degli  Svevi  nel  585. 


§51.   —  Re  dei  Vandali. 


468 


559 
570 
582 
583 
585 


Godegisilo      ....  V.  406 

Gonderico 406  428 

Genserico 428         477 

che  nel  439  fonda  il  regno  di  Cartagine. 

Unerico 477  484 

Belisario  conquista  il  regno  di  Cartagine  nel  534. 


Guntamondo 484  496 

Trasimondo 496  523 

llderico 523  530 

Geli  mero        530  534 


§  52.  —  Re  ostrogoti. 


Teodemiro  nella  Tra- 
cia    460  475 

Teodorico  475 ,   in 

Italia     ....  493  526 

Atalarico  ....  526  534 

Teodato    ....  534  536 


Vitige 536dep.  540m.543? 

Eldibaldo  o  Teode- 

baldo    ....  540         541 
Erarico     ....         541 
Totila  (Baduilla).     .  541  552 


Teja 


I  Greci,  guidati  da  Narsete,  rimangono  padroni  dell'Italia  nel  554. 


553 


§  53.  —  Esarchi  dì  Ravenna. 


Narsete,  duca  d'Italia     .    .  554  568 

Longino,  primo  esarca  .    .  568  584 

Smaragdo 584  590 

Romano 590  597 

Callinico 597  602 

Smaragdo  (fi  nuovo    .     .     .  602  611 

Lemigio 611  616 

Eleuterio 616  619 

Isacco 619  638 

Platone 638  648 

Teodoro  1  Calliopa     ...  648  649 

Olimpio 649  652 


Teodoro  Calliopa  di  nuovo  .  652  666 

Gregorio 666  678 

Teodoro  II 678  687 

Piovanni  Platino  ....  687  702 

Teofilatto  o  Teofilace  ...  702  710 

Giovanni  Riz  copo    .     .     .  710  711 

Eutichio 711  713 

Scolastico 713  727 

Paolo 727  728 

Entichio  di  nuovo      .     .     .  728  752 
Astolfo  longobardo  pon  fine  all'esarcato 
nel  752. 


176 


CJ;0.\0L0G1A 


§  S4.    —   Re  longobardi. 


Alboino,  vincitore  dei  Gepicli  (l),  chiamato 
da  Narsete  in  Italia  .     .    568  573 

Clefi 575  575 

Governo  dei  trenta  duchi  .    575  584 

Autari ,584  590 

Agilulfo 591  615 

Adaloaldo  .     .     .     .615  dep.  625  m.  626 

Ariovaldo 625?        63G 

Rotari 636  652 

Rodoaldo 652  653 

Ariberto  I 653  661 

Gondiberto  e  Pertanto  .     .    661  662 

Grimoaldo 662  671 

Garibaldo 671 

Carlo  iMagno  s'impadronisce  del  regno  de' 


Pertarito  rimesso  in  trono. 

Cuniberto  il  Pio,  associato 
dal  678 

Luitperto  o  Liutperlo  .     , 

Uagimperto 

Ariberto  li 

Ansprando 

Liutprando  o  Luitprando  . 

Ildebrando,  associato  dal  . 

Rachi    .         

Astolfo 

Desiderio 

Adelchi  0  Adelgiso  ,  asso- 
ciato   V. 

Longobardi  nel  774. 


671 


686 


086  71)0 

700  701 
701 

701  712 
712 

712  744 

756  744 

744  abd.  749 
749  756 

756 

759   m.   788 


Faroaldo  1 

Ariulfo 

Teodolapio 

Attone 

Trasimondo  I      .... 

Faroaldo  li     

Trasimondo  II     ...     . 

Ilderico 

Ansprando 

Lupo  0  Lupone  .... 

Alboino     

Gisolfo 

Teodorico  o  Teodicio    .    . 

Ildebrando 

Vinigiso 

Suppone  1      

Adalardo     ì 

Mauringo    [ 

Berengario  ' 

Guido  I 

Lamberto  I 

1  duchi  di  Spoleto  diventano 


55.    —  Duchi  di  Spoleto. 

Suppone  II 871  879 

Guido  lì 879  880 

Guido  HI  (re d'Italia,  889)  880-891  ra.  894 


570 

601 

601 

602 

602 

650 

650 

665 

065 

703 

703 

724 

724 

740 

740 

741 

741 

746 

746 

757 

757 

758 

759 

765 

763 

773 

773 

789 

789 

822 

822 

824 

82-^ 


838 


898 


Lamberto  11 891 

Guido  IV 
Agiltrude 
Anonimo 
Alberico 

Teodebaldo  1 926 

Anscario 935 

Sarilone 940 

Umberto 943 

Bonifazio  I  e  Teodebaldo  II  946 
Trasimondo  III  ...  .  959 
Pandolfo  Testa  di  ferro  .  967 
Trasimondo  IV  ....  982 
Ugo  1  il  Grande  ....     989 

Bonifazio  li 1001 

Giovanni     | 
Uro  II        S 


898 


898 


926 

935 
940 
943 
946 
959 
967 
981 
989 
1001 
1012 

1012        1050 


858  866 

866  871 

governatori  mutabili  ad  arbitrio  degli  imperatori  e  re  d'Italia. 


g  5G.   —  Duchi  del  Friuli. 


Grasolfo  I 568  590 

Gisulfo 590  611 

Grasolfo  II 611  621 

Tasone  e  Cacone  ....  621  635 

Grasolfo  II  di  nuovo     .     .  635  651 
Alcuni  cronologi  mettono: 

Gisulfo 568  615 

Tasone  e  Cacone  suoi  figli  .  615  635 

Grasolfo  fratello  di  Gisulfo  655  651 


Agone 651  663 

Lupo 663  666 

Varnefrido 664 

Vettari 666  67S 

Laudari 678 

Rodoaldo,  Ansfrido,  Adone  694 

Fcrdolfo  ligure    ....     094  706 

Corvolo 700 

Pemmonc  bellunese  .     .     .    701)  73" 


{{)  Re  dei  GepiJi  ;  Turisiudo:  poi  Cuaimoudo,  ucciso  da  Alboino  ucl  o67. 


TAVOLE 


d77 


I  suoi  figli  Rachi  e  Astolfo 

re  dei  Longobardi     .     .     737        7-i9 
Anselmo,  loro  fratello  749 abd.  751  ni.  803 


Pietro 

.     751 

775 

Rodgaiulo 

.     775 

776 

Marcarlo  (Marqiiard)     . 

.     77fi 

— 

Unrico  (Ilurok)  I     .     . 

— 

799 

Cadaloaco  

.     799 

819 

Bodrico  0  Balderico     . 

.     819 

846 

Evcrardo 846  868? 

Unrico  li  suo  figlio  ...    868  874 
nerengario(rfid7/a/ia,888j87i-878m.924 

Gualfredo 878  895 

r.riinoaldo 895  922 

Enrico  III ,  fratello  di  Ot- 
tone Magno      ....     922  952 
Non  appajono  più  duchi  del  Friuli. 


57.  —  Duchi,   poi  principi  di  Benevento. 


Zottone      ....     571 
Arigiso  0  Arechi  I  .     .     . 

Ajone  I      

Rodoaldo 

Grimoaldo  1  {re  de'  Longo- 
bardi, 662)      ...     6 

Romoaldo  1 

Grimoaldo  li 

Gisulfo  I 

Romoaldo  II 

Gisulfo  11 

Andela 

Gregorio    .     .  .     .     . 

Godescalco 

Gisulfo  II  ristabilito .     .     . 

Liulprando 

Arigiso  II,  principe  nel  774 
Grimoaldo  111  (o  I)  .  .  . 
Grimoaldo  IV  (o  11) .     .     . 

Sicone 

Sicardo      

Radelgiso  I 

Radelgario 


0  589 
591 
641 

642 

47-667  m 
667 
683 
686 
703 
729 
731 
735 
740 
711 
747 
758 
787 
806 
827 

833  (1) 
840 
851 


591 
641 

642 
647 

.  671 

683 

686 

703 

729 

731 

733 

740 

741 

747? 

758 

787 

806 

827 

853 

840 

851 

853 


Adelgiso 

Gaideriso 

Radelgiso  li 

Ajone  (II) 

Orso 

Guido  (IV  duca  di  Spoleto)  . 

Radelgiso  11  ristabilito   .     . 

Atenolfo  1 

Landolfo  1  e  Atenolfo  lì .     . 

Landolfo  11  e  Landolfo  III  . 

Pandolfo  I 

Landolfo  IV 

Pandolfo  II  .     .     .     .     ,     . 

Landolfo  V 

Pandolfo  IH 

Landolfo  VI 

Rodolfo 

Pandolfo  III  e  Landolfo  VI 
di  nuovo  

Pandolfo  abdica,  e  Landolfo 
gli  sostituisce  suo  figlio 
Pandolfo  IV 

Fine  de'  principi  longobardi 


853? 

878 

878? 

881 

881 

884 

884 

890 

890 

894 

894 

896 

896 

900 

900 

910 

910 

943 

943 

961 

961 

981 

981 

982 

982 

1012 

1012 

1033 

1033 

1038 

1038 

1053 

1053 

1054 

1054 

1077 

1059 

1074 

di  Benevento. 

§  58.   —   Imperatori  e  re  d'Italia. 


Carlo  Magno  re  dei  Longobardi 
incoronato  imperatore  . 

Pepino  re  d'Italia    .... 

Bernardo  re  d'Italia     .     .     . 

Luigi  0  Lodovico  il  Pio  asso- 
ciato all'impero  813,  re     . 

Lotario  associato  dair817 

Luigi  II  associato  dair8i9 

Carlo  il  Calvo  imperatore  e  re 

Carlomanno  re  d'Italia     .     . 

Impero  vacante 

Carlo  il  Grosso  re  879,  impe- 
ratore    

Guido  da  Spoleto  re  889,  im- 
peratore      

Berengario  I  re  888,  imperatore 


774         1 

800 

814 

781 

810 

810 

818 

818 

840 

820 

855 

855 

875 

875 

877 

877 

879 

877- 

-881 

881 

887 

891 

894 

915 

924 

Lamberto  imperatore  e 
re 894      898 

Arnolfo   imperatore  e 

re 896      899 

Luigi  IH  re  899,  im- 
peratore   ....     901       903  0  905 

Rodolfo  di  Borgogna  re    922      926 

Ugo  re 926      947 

Lotario   associato   dal 
931 ,  re     .     .     .     .    947      950 

Berengario  11  e  Adal- 
berto, re  ....    950      961 

Ottone  1,  re  di  Germania,  riceve  la  corona 
imperiale  il  2  febbrajo  962  (Vedi  Impe- 
tori  e  re  di  Germania). 


(^)  Nell'SiO  Ja  quel  di  Benevento  si  slaccano  i  principali  di  Salerno  e  di  Capila;  il  primo  dei  quali  no 
U)Tò  è  acquistato  da  lloberto  Guiscardo  duca  di  Puglia;  l'altro,  nel  II  56  da  Guglielmo  il  Malo  re  di  Sicilia. 

Cantò,  Documenti.  —  Tomo  I,  Cronologia.  12 


178 


CRONOLOGIA 


§  59.  —  Conti  e  duchi  di  Puglia  e  Calabria. 


Guglielmo  I  conte  .     .     .    1043        -104^6 

Drogone 1046        1051 

Umfredo i05ì        1059 


Roberto  Guiscardo  duca  .    1059        1085 

Ruggero 1085        UH 

Guglielmo  II      ....    illl        1127 


^60    —  Conti  e  re  delle  Due  Sicilie. 


Ruggero  1  conte  di  Sicilia  1 061  o  1 074-11 01 

Ruggero  II 1101 

s'impadronisce  della  Pu- 
glia     1127 

re  di  Puglia  e  Sicilia  col 

nome  di  Ruggero  I    .     .  1130      1154 

Guglielmo  1  «7  il/(//o      .     .  1154      1166 

Guglielmo  II  z7  fiuono  .     .  1166      1189 

Tancredi  conte  di  Lecce    .  1189      1194 

Guglielmo  III     ....  1194      1195 


He  di  Sicilia. 


1296 
1337 


Pietro  d'Aragona  .    .     . 
Giacomo,  nel  1291  re  di  Ara 

gona 

Federico  I  (o  II),  re  di  Tri 

nacria      

Pietro  II 

Lodovico 1342 

Federico  II  (o  IH)  il  Semplice    1 355 

Maria 1577 

Martino  I 1392 

Martino  II 1409 

Ferdinando  I  di  Castiglia    .    1412 
Alfonso  I  (V  d'Aragona) .     .    1416 

ottiene  anche  il  regno  di  Napoli 
Giovanni  I  .....     .    1458 


1282    1285 


1285     1295 


Enrico  VI  (o  i)  di  Hohen- 

staufen 1194  1197 

marito  di  Costanza,  morta  nel  1198. 
Federico  I  (lì  come  impe- 
ratore       1197  1250 

Corrado 1250  1254 

Corradino 1254  1258 

Manfredi 1258  1266 

Carlo  I  d'Anjou   ....  1260  1285 
perde  la  Sicilia  nel  1282. 

Re  di  Napoli. 

Carlo  IH7  Zoppo  ....    1285    1309 
(coronato  nel  1288). 


1557 
1342 
1355 
1377 
1402 
1409 
1410 
1416 
4458 


Roberto  (II)  il  Savio 
Giovanna  I  .     . 
Luigi  di  Taranto 
Carlo  III  (1)     . 
Ladislao      .     . 
Giovanna  II 
Benato  d'Anjou 


1479 


Ferdinando  I 
Alfonso  II    . 
Ferdinando  II 
Federico  II 


Ferdinando  II  il  Cattolico  .    1479    1516 

acquista  anche  il  regno  di  Napoli,  col  nome  di  Ferdinando  HI 
Carlo  V  come  imperatore,  IV  di  Napoli,  II  di  Sicilia,  1  di  Spagna 

Filippo  I,  II  di  Spagna 

Filippo  II,  HI  di  Spugna 

Filippo  HI,  IV  di  Spagna 

Carlo  V  di  Napoli,  IH  di  Sicilia,  Il  di  Spagna 

Filippo  IV,  V  di  Spagna 


1309  1345 

1543  1381 

1332  1302 

1381  1586 

1386  1414 

1414  1435 

1435  1442 


1442  1458 

1458  1494 

1494  4495 

1495  1496 
4496  4501 

4504  1516 

1516  1354 

1554  1398 

1398  1621 

1621  1665 

4665  1700 

1700  1707 


Re  di  Napoli. 

Carlo  d'Austria,  VI  di  Napoli  e  come 
imperatore     .......    1707 

ottiene  anche  la  Sicilia 4720  o  1721 


Re  di  Sicilia. 
Vittorio  Amedeo  di  Savoja  . 


1713 


(1)  Seconda  Casa  d^Ànjou. 

Luigi  I,  adottato  da  Giovanna  I  ^580         ^òS'i    1    Luigi  III. 

Luigi  II 1386         I.;i7   I   Rinato      . 

Curio  dpi  Maine.  spo(;lia(o  d.i  T,ui|;i  XI 


1417 
I  'io 4 


(li  Fr 


^iD4 

-«542 


TAVOLE  179 

He  delle  Due  Sicilie  della  Casa  di  Borbone. 

Carlo  di  lìorbonc  figlio  di  Filippo  V,  III  di  Spagna,  VII  di  Napoli  473?)  17[i9 

Ferdinando  IV  di  Napoli,  III  di  Sicilia 17^i9  dcp.    1798 

ristabilito 1802  dep.     1805 

Giuseppi',  Duonaparte  re  di  Napoli  e  Sicilia,  30  marzo      ....  1800 

Gioachino  Murai,  15  luglio 1808  ucciso  1815 

Ferdinando  suddetto  è  ristabilito  col  titolo  di  Ferdinando  1  re  del 

regno  delle  Due  Sicilie 1815  1825 

Francesco  I 1825  1830 

Ferdinando  II,  8  novembre 1830  1859 

Francesco  II,  20  maggio 1859spossess.18Gl 

§  61 .   —  Duchi  di  Parma  e  Piacenza. 

Questi  paesi  formarono  parte  del  ducato  di  Milano,  fin  quando  papa  Paolo  III  li  investì 

a  suo  figlio  naturale  Pier  Luigi  Farnese,  primo  duca     ....  1545  1547 

Ottavio 1547  1585 

Alessandro 1585  1592 

Ranuccio  I 1592  1622 

Odoardo 1622  1646 

Ranuccio  II 1646  1694 

Francesco 1694  1727 

Antonio 1727  1731 

Estintasi  con  questi  tre  fratelli  la  casa  Farnese,  Elisabetta,  figlia 
d'Odoardo  e  moglie  di  Filippo  V  di  Spagna,  seppe  far  toccare 

quel  dominio  a  suo  figlio  don  Carlo  di  Borbone 1731  1748 

Don  Filippo 1748  1765 

Ferdinando 1765  1802 

Luigi  I 1802  1803 

cede  Parma  e  Piacenza  alla  Francia,  ed  ottiene  la  Toscana  come 
re  d'Etruria. 

Carlo  Luigi  II 1803  dep.    1807 

Maria  Luigia  d'Austria,  rìMc/iessa  (?<■  Parma 1815  1847 

Carlo  Luigi  suddetto 1847  abd.    1849 

Carlo  Ili 1849  ucciso  1854 

lioheTlo  {Luigia  di  Borbone  reggente)  '2,1  mdiVzo 1854spossess.l859 

^  62.   —  Marchesi,  duchi  e  granduchì  dì  Toscana. 

Bonifazio  I  (o  II)  marchese  di  Toscana 828  845 

Adalberto  I  il  Ricco 845  890 

Adalberto  il 890  917 

Guido 917  929 

Lamberto 929  931 

Bosone     i 931  936 

Umberto 936  961 

Ugo  il  Grande 961  1001 

Adalberto  III 1001  1014 

Riniero 1014  1027 

Bonifazio  II  (o  III) 1027  1052 

Federico 1052  1055 

Beatrice 1055  1076 

Matilde 1076  H15 

morendo,  fa  donazione  alla  santa  sede  ;  ma  Enrico  V  imperatore 
ne  occupa  i  beni ,  e  mette  al  governo  della  Toscana  presidi  e 

marchesi  amovibili,  che  durano 1116  —      1135 


480 


CRONOLOGIA 


Enrico  l'Orgoglioso,  investito  duca  di  Toscana  dall'imperatore  Lo- 
tario II 1133 

Ingelberto,  eletto  vicario  del  duca  Enrico  dal  concilio  Pisano,  poi 

scacciato  dai  Lucchesi H34  o  H35 

ristabilito  da  Lotario  II 1137 

Ulderico,  creato  marchese  di  Toscana  dall'imperatore  Corrado  III    1139  4db3 

Welfeste,  fratello  del  duca  Enrico,  creato  marchese  dall'imperatore 

Federico  Barbarossa 1153  H9b 

Filippo,  quintogenito  del  Barbarossa,  eletto  marchese  dall'impera- 
tore Enrico  VI 1195 

Cominciano  le  fazioni  dei  Guelfi  e  Ghibellini 1198 

La  Toscana  si  regge  a  repubblica  fino  al      . 1550 

Carlo  V  soggiogatala,  vi  pone  duca  Alessandro  de' Medici    .     .     .    1531  1536 

Cosimo  I  de' Medici 1537 

ha  il  titolo  di  granduco  di  Toscana 15G9  1574 

Francesco  Maria 1574  1587 

Ferdinando  I 1587  1609 

Cosimo  II ; 1609  1621 

Ferdinando  II 16i21  1670 

Cosimo  III 1670  1723 

Gian  Gastone 1723  1737 

Estinta  la  linea  medicea,  vi  è  surrogato  Francesco  Stefano  di  Lo- 
rena {imperatore  di  Germania,  1745) 1737  1765 

Un  atto  di  Francesco  I  imperatore  del  14  luglio  1765  stabili  che  il 
granducato  sarebbe  una  secondogenitura  della  Casa  d'Austria. 

Perciò  gli  succede  il  secondogenito  Leopoldo 1765 

Essendo  questi  eletto  imperatore  nel  1790,  succede  nel  granducato 

il  secondo  suo  figlio  Ferdinando  III 1790 

Nella  pace  di  Luneville  1 801 ,  il  granducato  è  dato  all'infante  Luigi 
di  Parma. 

Elisa  Buonaparte  creata  granduchessa  di  Toscana 1807 

Ferdinando  III  ritorna 1814  1824 

Leopoldo  II 1824spossess.l859 

che  per  abdicazione  del  duca  Carlo  Luigi  di  Lucca  (1847),  acqui- 
sta anche  questo  ducato.  Abdica  a  favore  di  suo  figlio  Ferdi- 
nando IV,  21  luglio 1859 

§  63.    —  Duchi  di  Ferrara,   Modena  e  Reggio. 

La  Casa  longobarda  dei  principi  d'Este  si  divise  in  due  rami,  1097;  uno  con  Guelfo  si 
stabilì  in  Germania,  ove  dominò  il  Brunsvvick-Luneburg,  e  salì  al  trono  inglese;  l'altro 
con  Folco  stette  in  Italia.  Borso,  discendente  da  questo,  fu  da  Federico  IH  imperatore 

fatto  duca  di  Modena  e  Reggio 1453  1471 

Ercole  I 1471  1505 

Alfonso  I 1505  1534 

Ercole  II 1534  1559 

Alfonso  II 1559  1597 

Cesare 1597  1628 

che  nel  1598  perde  il  ducato  di  Ferrara. 
.Modena,  come  feudo  imperiale,  fu  data  ad  Alfonso  III  figlio 

di  Cesare 1628  abd.  1629m. 1644 

Francesco  I 1629  1658 

Alfonso  IV 1658  1662 

Francesco  II 1662  1694 

Rinaldo 169i  17.37 

Francesco  IH 1757  1780 


TAVOIK  '  181 

Ercole  IH  Rinaldo 1780     dep.    179701.1805 

la  cui  unica  figlia  Maria  Beatrice  nel  1771  sposa 

Ferdinando  Carlo  arc/ciuco  d'^us/rm 1803  1806 

Francesco  IV 180G 

entra  in  possesso 1814 

succede  a  sua  madre  Maria  Beatrice  nel  ducato  di  Massa 

e  principato  di  Carrara ,  e  diviene  ceppo  d'una  nuova 

Casa  d'Este 1829  1846 

Francesco  V,  2  gennajo 1846spossess.18S9 


—    Dogi  di  Venezia, 


Paoluccio  Anafesto,  primo  doge      697 
Marcello  Tegagliano    ....      717 

Orso  Participazio 726 

Maestri  della  milizia  .     .     .      lol  —  742 


Deodato  Orso,  doge 

Galla 

Domenico  Monegario 
Maurizio  Galbajo 


.     .  742 

.     .  7o5 

.     .  7S6 

.     .  764 

Giovanni  Galbajo 787 


Obelerio 

Angelo  Participazio  .  .  . 
Giustiniani  Participazio  .  . 
Giovanni  Participazio  I  .  . 
Pietro  Tradonico  o  Gradenigo 
Giovanni  [figlio  e  collega). 
Orso  Participazio  II  .  .  . 
Pietro,  poi  Orso  [fratelli  e  colleghi) 


804 

810? 

827 

829 

857 

881 

887 


Pietro  Candiano  1 
Giovanni  Participazio  II, 
Domenico  Tribuno  [da  alcuni). 
Pietro  Badoero  Tribuno  ,     .     .      888 
Orso  Participazio  II  (o  IH)  .     .      912 
Pietro  Candiano  II      ....      952 
Pietro  Participazio  o  Badoero  .      939 

Pietro  Candiano  IH    ...     .  942  (1) 
Pietro  Candiano  IV    ...     ,      9S9 

Pietro  Orseolo  I 976 

Vitale  Candiano 978 

Tribuno  ilemmi 979 

Pietro  Orseolo  li 991 

Ottone  Orseolo 1009 

Pietro  Centranigo  .     .     ,     .     ,  1020? 
Orso  Orseolo  patriarca. 

Domenico  Flabanico  ,     ,     .     ,  1052 

Domenico  Contarini   ,     ,     .     .  1043 

Domenico  Silvio 1071 

Vitale  Faliero 1084 

Vitale  Michiell 1096 

Ordelafo  Faliero 1102 

Domenico  Michiel 1117 

Pietro  Dolano 1130 

Domenico  Morosini     ....  1148 

Vitale  Michiel  H 1136 


Sebastiano  Ziani 
Orso  Malipiero 
Enrico  Dandolo 
Pietro  Ziani 
Jacopo  Tiepolo 
Marino  Morosini 
Renier  Zeno     . 
Lorenzo  Tiepolo 
Giacomo  Contarin 
Giovanni  Dandolo 
Pietro  Gradenigo 
Marino  Giorgi  . 
Giovanni  Soranzo . 
Francesco  Dandolo 
Bartolomeo  Gradenig 
Andrea  Dandolo    . 
Marino  Faliero 
Giovanni  Gradenigo 
Giovanni  Delfino  . 
Lorenzo  Gelsi  .     . 
Marco  Cornaro 
Andrea  Contarini 
Michele  Morosini  . 
Antonio  Venier     . 
Michele  Steno  .     . 
Tommaso  Mocenigo 
Francesco  F"oscari 
Pasquale  Malipiero 
Cristoforo  Moro    . 
Nicola  Tron     . 
Nicola  Marcello    . 
Pietro  Mocenigo  . 
Andrea  Vendramin 
Giovanni  Mocenigo 
Marco  Barharigo  . 
Agostino  Barbarigo 
Leonardo  Loredana 
Antonio  Grimani  , 
Andrea  Gritti   . 
Pietro  Landa   . 
Francesco  Donato 
Marcantonio  Trevisan 
Francesco  Venier.     . 


1172 

1179 

1192 

1205 

1229 

1249 

12S2 

1268 

1275 

1279? 

1289 

1311 

1512: 

1528 

1339 

1343? 

1554 

1335 

1356 

1561 

1 365 

1567.' 

138^2 

1382; 

1400 

iiìi 

utz 

1471 

i47a 

1474 
147C 
1478 
1483 
1480 
1301 
1321 
1325 
1559 
1545 
1553 
1554 


(<)  Fin  (jui  la  serie  comune  dei  dogi  varia  da  quella  data  dalla  Cf  onaca  AUinate  e  da  Martin  da  Canale, 


li 


CFIONOLOGU 


Lorenzo  Friuli 1b.% 

Girolamo  Friuli 1S59 

Pietro  Loredano iS67 

Luigi  Mocenigo iS70 

Sebastiano  Venier ^577 

Nicola  Da  Fonte 1578 

Pasquale  Cicogna 'ISSS 

Marino  Grimani 1595 

Leonardo  Donato 'IBOG 

Marcantonio  Menimi 1612 

Giovanni  Bembo 161S 

Nicola  Donato 1618 

Antonio  Friuli 1618 

Francesco  Contarini 1625 

Giovanni  Cornaro 1624 

Nicola  Contarini 1630 

Francesco  Erizzo 1631 

Francesco  Molin 1646 

Carlo  Contarini 1653 

Francesco  Cornaro 1656 


Bertuccio  Valier  .  .  . 
Giovanni  Pesaro  .  .  . 
Domenico  Contarini  .  . 
Nicola  Sagredo  .... 
Luigi  Contarini  .  .  . 
Marcantonio  Giustiniani  . 
Francesco  Morosini  .  . 
Silvestro  Valier  .... 
Luigi  Mocenigo  .  .  . 
Giovanni  Cornaro  .  .  . 
Sebastiano  Mocenigo  .  . 
Carlo  Kuzzini    .... 

Luigi  Pisani 

Pietro  Grimani  .... 
Francesco  Loredano  .  . 
Marco  Foscarini  .  .  . 
Alvise  Mocenigo  .  .  . 
Paolo  Renier  .... 
Luigi  Manin,  ultimo  Doge 


1789- 


1656 
1658 
1659 
1673 
1676 
1684 
1688 
1694 
1700 
1709 
1722 
1732 
1733 
1741 
1752 
1762 
1763 
1779 
797 


gas.  - 

Questa  repubblica  è  successivamente  go- 
vernata da  consoli ,  podestà  e  capitani 

del  popolo,  ed  incomincia  ad  aver  dogi 

con  Simone  Boccanegra    .     .     .  1559 

Giovanni  de-Murta 1344 

Giovanni  De- Valenti 1350 

Genova  si  dà  al  signor  di  Milano  .  1352 
e  ristabilisce  il  dogato  con  Simone 

Boccanegra 1356 

Gabriele  Adorno 1363 

Domenico  Fregoso 1370 

Antoniotto  Adorno,  deposto .     .     .  1578 

Nicolò  Guarco 1378 

Leonardo  Montaldo 1383 

Antoniotto  Adorno 1584 

Giacomo  Fregoso 1590 

Antoniotto  Adorno 1391 

Antonio  Montaldo 1592 

Clemente  Promontorio     ....  1393 
Francesco  Giustiniani      ....  1393 
Nicolò  Zoagli,  Antonio  Guarco  e  An- 
toniotto Adorno I59i 

Genova  si  dà  alla  Francia     .     .     .  1396 

poi  al  marchese  di  Monferrato    .  1409 

Giorgio  Adorno,  doge      .     .     .     .  1413 

Barnaba  Giano 1415 

Tommaso  Campofregoso  .     .     .     .  1413 

Genova  si  arrende  al  duca  di  Milano  1 421 
e  dopo  15  anni  nomina  doge  Is- 

nardo  Guarco 1436 

Tommaso  Campofregoso  ....  1436 

Battista  Fregoso 1437 

Tommaso  Campofregoso  ....  1457 

Rafaele  Adorno 1443 


Genova. 

Barnaba  Adorno  e  Giovanni  Fregoso  1447 

Luigi  Fregoso 1448 

Pietro  Fregoso 1450 

Genova  si  rida  alla  Francia  .     .     .  1458 

Prospero  Adorno,  doge   ....  1461 

Spinetta  Fregoso  e  Luigi  Fregoso  .  1401 

Faolo  Fregoso,  arcivescovo  .     .     .  1463 

Genova  soggetta  al  duca  di  Milano  1464 

Prospero  Adorno 1478 

Battista  Fregoso 1478 

Paolo  Fregoso 1 483 

Genova  soggetta  al  duca  di  Milano  1487 

poi  alla  Francia 1499 

Faolo  da  Novi,  doge  popolare  .     .  1507 

Giovanni  Fregoso 1512 

Ottaviano  Fregoso 1313 

il  quale  dal  1313  al  1522  è  go- 

vernator  regio. 

Antoniotto  Adorno 1522 

Cacciati  i  Francesi ,  Genova  adotta 

il  governo  dei  dogi  biennali. 

Oberto  di  Lazzaro  Cattaneo  .     .     .  1528 

Battista  Spinola 1531 

Giambattista  Lomellino    ....  1533 

Cristoforo  Grimaldo-Rosso    .     .     .  1533 

Giambattista  Doria 1557 

Gianandrea  Giustiniani    ....  1539 

Leonardo  Cattaneo 1541 

Andrea  Centurione-Pietrasanta  .     .  1543 

Giambattista  Fornari 1545 

Benedetto  Gentile 1547 

Gaspare  Bracelli-Grimaldo     .     .     .  1349 

Luca  Spinola 1531 

Giacomo  Promontorio     ....  15t3 


TAVni.F 


483 


Agostino  Pinelli      ..... 

15?)3 

Pier  Ciovanni  Cybo-Chiavari      .     . 

ÌÌ\'M 

Gerolamo  Vivaldi 

1559 

Paolo  Hatlista  Calvi-Giudice.     .     . 

1501 

Battista  Cicala-Zonali 

1501 

Giambattista  Lercaro 

1565 

Ottavio  Gentile  Oderico    .... 

1 505 

Simone  Spinola •. 

1567 

Paolo  iMoneglia-Giustiniani   ,     .     . 

1509 

Gianotto  Lomeilino 

1571 

Giacomo  DurazzoGrimaldo  .     .     . 

1573 

Prospero  Pattinanti-Centurione.     . 

1575 

Giambattista  Gentile 

1577 

Nicola  Boria 

1579 

Girolamo  De-Franchi 

1581 

Girolamo  Chiavari 

1585 

Ambrogio  De  Negro 

1585 

David  Vaccaro 

1587 

Battista  Negrone 

1589 

Giovanni  Agostino  Giustiniani  ,     . 

1591 

Antonio  Grimaldo-Cebà   .... 

1593 

Matteo  Senarega 

1595 

Lazzaro  Griraaldo-Cebà,  morto  doge 

1597 

Lorenzo  Sauli 

1599 

Agostino  Doria 

1601 

Pietro  De-Franchi,  già  Sacco    .     . 

1605 

Luca  Grimaldo 

1605 

Silvestro  Invrea,  morto  doge     .     . 

1007 

Girolamo  Assereto 

1607 

Agostino  Pinelli 

1609 

Alessandro  Giustiniani     .... 

1611 

Tommaso  Spinola 

1615 

Bernardo  Clavarezza   ..... 

1615 

Giangiacomo  Imperiali     .... 

1617 

Pietro  Durazzo 

1619 

Ambrogio  Doria,  morto  doge    .     . 

1621 

Giorgio  Centurione,  che  rifiutò  la 

dignità 

1625 

Federico  De-Franchi 

1623 

Giacomo  Lomeilino 

1625 

Gian  Luca  Chiavari     ..... 

1627 

Andrea  Spinola 

1029 

Leonardo  Torre 

1631 

Giovanni  Stefano  Doria    .... 

1655 

Gianfrancesco  P.rignole    .... 

1635 

Agostino  Pallavicino    ..... 

1637 

Giambattista  Durazzo  .     ,          .     . 

1 059 

Giovan  Agostino  De  Marini,  morto 

doge 

lOil 

Giambattista  Lercaro 

1642 

Luca  Giustiniani 

1644 

Giambattista  Louiellini     .     .     .     . 

1646 

Giacomo  De'  Franchi 

1648 

Agostino  Centurione 

1650 

Girolamo  De-Franchi 

1052 

Alessandro  Spinola 

1054 

Giulio  Sauli 

1656 

Giambattista  Centurione  ....  1058 

Gian  Bernardo  Frugone,  morto  doge  1060 

Antoniotto  Invrea 1661 

Stefano  Mari 1663 

Cesare  Durazzo 166S 

Cesare  Gentile 1667 

Francesco  Garbarino 1669 

Alessandro  Grimaldo 1671 

Agostino  Saluzzo 1673 

Antonio  Da-Passano 1675 

Giovannettino  Odone 1677 

Agostino  Spinola 1679 

Luca  Maria  Invrea 1681 

Francesco  Imperiali-Lercari      .     .  1683 

Pietro  Durazzo 1685 

Luca  Spinola 1687 

Oberto  Torre 1689 

Giambattista  Cattaneo 1691 

Francesco  Invrea    1693 

Bendinelli  Negrone 1695 

Francesco  Maria  Sauli,  morto  doge  1697 

Girolamo  Mari 1699 

Federico  De-Franchi 1701 

Antonio  Grimaldo 1703 

Stefano  Onorato  Ferretto      .     .     .  1705 

Domenico  Maria  Mari 1707 

Vincenzo  Durazzo 1709 

Francesco  Maria  Imperiali    .     .     .  1714 

Giananlonio  Giustiniani   ....  1713 

Lorenzo  Centurione 1715 

Benedetto  Viale 1717 

Ambrogio  Imperiali 1719 

Cesare  De-Franchi 1721 

Domenico  Negrone 1723 

Girolamo  Veneroso 1726 

Luca  Grimaldo 1728 

Francesco  Maria  Balbi      ....  1730 

Domenico  Maria  Spinola  ....  1732 

Stefano  Durazzo 1734 

Nicolò  Cattaneo 1756 

Costantino  Balbi 1738 

Nicolò  Spinola  ...  ...  1740 

Domenico  Canavero 1742 

Lorenzo  Mari 1744 

Gian  Francesco  Brignole.     .     .     .  1746 

Cesare  Cattaneo 1748 

Agostino  Viale 1750 

Stefano  Lomeilino,  che  abdicò  .     .  1752 

Giambattista  Grimaldo      ....  1752 

Gian  Gioachino  Veneroso      .     .     .  1754 

Giacomo  Grimaldo 1756 

Matteo  Franzoni 1758 

Agostino  Lomeilino 1760 

Rodolfo  Brignole-Sale      ....  1762 

Francesco  Maria  Rovere  ....  1765 

Marcello  Durazzo 1767 

Giambattista  Negrone,  morto  doge.  1769 


1! 


CRONOLOGIA 


Giambattista  Cambiaso,  morto  doge 
Ferdinando  Spinola,  che  abdicò 
Pier  Francesco  Grimaldo 
Brixio  Giustiniani  .     . 
Giuseppe  Lornellini    . 
Giacomo  Maria  Brignole 
Marcantonio  Gentile    . 
Giambattista  Airolo 
Gian  Carlo  Pallavicini. 
Raffaele  Deferrari  ,     . 
Alerame  Pallavicini     . 
Michelangelo  Cambiaso 


1771 
1775 
1775 
4775 
1777 
1779 
1781 
1783 
1785 
1787 
1789 
1792 


Giuseppe  Maria  Boria 1795 

Giacomo  Maria  Brignole  ....     1793 
Giacomo  Maria  Brignole,  nominato 
dal  generale  Buonaparte  a  Mon- 

tebello 1797 

Francesco  Cattaneo,  per  un  mese  e 

mezzo 1802 

Girolamo  Durazzo,  50  luglio     .     .    1802 
Girolamo  Serra,  presidente  del  go- 
verno   1814. 

Genova  è  unita  al  regno  di  Sardegna    1815 


^66.   —  Signori  e  duchi  di  Milano. 


Della  Torre  Mar- 

è fatto  duca    . 

1395 

1402 

tino      .    .    . 

1257 

1263 

Gian  Maria   .     . 

1402 

1412 

Filippo    .     .     . 

1263 

1265 

Filippo  Maria    . 

1412 

1447 

Napoleone    .     . 

1265 

1277m 

1283 

Sforza  Francesco, 

Visconti  Ottone. 

1277 

1295 

duca  nel  1450 

1447 

1466 

Matteo  I   .     .     . 

1295 abd 

1322m 

1523 

Galeazzo  Maria  . 

1466 

1476 

Guido       .     .     . 

1302 

1511 

Gian  Galeazzo    . 

1470 

1494 

Galeazzo  1     .     . 

1522 

1528 

Lodovico  Maria  il 

Azzone     .     .     . 

1528 

1339 

Moro    .     .     . 

1494  dep 

1500 m. 1510 

Luchino  .     .     . 

1559 

1549 

Luigi   XII  re  di 

Giovanni .     .     . 

1549? 

1354 

Francia     . 

1H00 

1512 

Matteo  II     ) 
Galeazzo  II  [ 

1355 

Massimiliano 

1554 

1578 

Sforza  .     .     . 

1512 

dep 

1515  m.  1550 

Bernabò  .    ' 

1385 

Francesco  I  re  di 

Gian  Galeazzo  sue 

. 

Francia    . 

1515 

1522 

cedeaGaleazzoII  1378 

Francesco  II  Sfor- 

poi a  Bernabò  ed 

za,  ultimo  duca 

1522 

e  1525      1535 

§  67. 

Luigi  di  Gonzaga,  signore 

di  Mantova  ....  1528 

Guido 1360 

Luigi  II 1369 

Francesco 1382 

Giovanni  Francesco,  mar- 

chese  nel  1455  .     .     .  1407 

Luigi  III 1444 

Federico  I  ....     .  1478 

Giovanni  Francesco  II  .  1484 

Federico  II,  rfuca  nel  1550  1519 

Francesco  IH  .     .    .     .  1540 


—  Mantova  e  Monferrato, 


Guglielmo,  duca 

1560 

di  Monferrato 

1569 

nel  1573    .     . 

1550 

1587 

1582 

Vincenzo  I   .     . 

1587 

1612 

1407 

Francesco  IV     . 
Ferdinando  car- 

1612 

144i 

dinale  .     .     . 

1012 

1626 

1478 

Vincenzo  II  car- 

148i 

dinale  .     .     . 

1626 

1627 

1519 

Carlo  di  Névers. 

1627 

1657 

1540 

Carlo  II    .     .     . 

1637 

1665 

1550 

Carlo  HI  ,     .     . 

1665 

dep.  1703 

g  68.   —  Savoja. 


Cronologia  incerta;  la  più  probabile  pare 
questa  : 

Umberto  Bianca- 
mano,  conte  di 
■  Moriana      .     .  1003 


Amedeo  I 
Odone  . 


I05r.? 


104t 


1060? 


Pietro  I  e  Amedeo  II 
Umberto  II  il  Rinfor- 
zato ,  conte  di  Sa- 
voja   

Amedeo  HI    .     .     . 


1060    1078  e  1080 


1080 
1105 


Tommaso 


1103 
1148 


Umberto  HUd^a/o    .    1148     1188 


.    1188    1233 


TAVoi.r; 


185 


Amedeo  IV 
Bonifazio  . 
Pietro  II  . 
Filippo  I  , 
Amedeo  V. 
Edoardo  . 
Aimone 
Amedeo 
Conte 
Amedeo 


il 


Verde)  . 
VII    (il 


Conte  Rosso 
Amedeo  Vili,  duca 

nel  1416  .  . 
Lodovico  .  .  . 
Amedeo  IX  beato, 
Filiberto  1  .  , 
Carlo  1  ... 
Carlo  II  .  .  , 
Filippo  II  .  , 
Filiberto  II  .  . 
Carlo  III    .     .     , 


1233 

1263 
1268 
1283 
1323 
1529 

1343 

1383 

1592  abd. 

1440 

•1463 

1472 

1482 

1490 

1496 

1497 

1504 


Emanuele  Filiberto  1 555 
Carlo  Emanuele  I 


Covrat  scuote  il  giogo  degli 
Avari  (1)     .     ,     .     .V. 

Asparuk     .....  v. 

Suo  fiatello  Alezeco  è  chia- 
mato in  Italia  da  un  duca 
di  Benevento. 

Terbelli v. 

Cormete v. 

Telesi 

Sabino 

Pageno      

Telerico  o  Tserico    .     .    . 

Cardamo 

Crumo  0  Crem    .... 

Ducom 

Dizeng  0  Tsoc     .... 

Mortagone 

Baldimiro 

Bogori 

Presiamo  e  Voriso    .     .     . 

Simeone 

Pietro  I     .     .     .     . 

Boriso 

Samuele 


1253 
1263 
1268 
1285 
1323 
1329 
1343 

1383 

1391 

1439 m.  1431 

1465 

1472 

1482 

1489 

1496 

1497 

1504 

1553 

1580 


a  Grande    .     .  1580  1630 

Vittorio  Amedeo  I  1630  1037 

FrancescoGiacinto1637  1638 

Carlo  Emanuele  II  1638  1675 


Vittorio  Amedeo  II 
che  nel  '1713  pe 
tiene  la  Sicilia , 
colla  Sardegna , 
re      .... 

Carlo  Emanuele  HI  1730 

Vittorio  Amedeo  III  1 773 

Carlo  Emanuele  IV  1706  abd 

11  Piemonte  è  unito  alla  Francia 

Vittorio   Ema- 
nuele I  .     .     . 

Carlo  Felice,  ulti- 
mo della  casa  di 
Savoja    .     .     . 

CarloAlberto, del- 
la casa  di  Savoja- 
Carignano   .     .  1831  abd.  e  m.  1849 

Vittorio  Emanuele  II,  23  marzo  1849 
Re  d'Italia  per  legge  17  marzo  1861 


1675 
trattato  d'Utrecht  ot- 
e  nel  1720  la  cambia 
avendone  il  titolo  di 
abd.  1 730 m.  1732 
1773 
1796 
1802m.l819 


1814  abd.  1821  m.  1824 


1821 


1851 


§  69.   —  Re  dei  Bulgari. 


626 

679 

705 

727 

762 

765 

763 

764 

764 

771 

771  abd. 

776 

776 

806 

806 

814 

814 

815 

821 

821 

826 

826 

844 

844 

abd. 

887 

886 

888 

927 

927 

971 

971 
974 

974 
1014 

Gabriele 1014        1015 

Giovanni  Ladislao    .     .     .1015        1018 
La  Bulgaria  è  ridotta  a  pro- 
vincia dell'impero  d'O- 
riente       1019 

Asan  I  e  Pietro  II  scuotono 
il  giogo  dei  Romani,  e  si 
fanno  proclamare  re  di 
Bulgaria      .     .     .      1186  1189  e  1190 
Gioannicio  {Calojanni).     .  1196        1207 

Vorilao 1207        1215 

Giovanni  Asan  II  .     .  1215        1242 

Calomano  I 1242        1245 

Michele 1245        1258 

Calomano  li 1258        1259 

Milze 1259  — 

La  Bulgariaè  teatro  di  continue  rivoluzioni. 
Costantino  Tech,  Lacana,  Giovanni 

Asan  III,  Giorgio  Terterl     .     v.    1291 
Smilzete,  Suvestislao     .     -     .     v.     1525 
Giorgio  Terter  II,  Boesilao,  Strasci- 
miro  I,  Neda,  Strascimiro  II,  Sis- 
mano  o  Crajovich  .     .     .     .    v.     1550 
La  Bulgaria  è  conquistata  dagli  Ottomani 
nel  1396. 


(1)  Re  degli  Avari. 

Gli  Avari  od  Oguri,  cacciati  dalla  Tarlarla  dal  kan  Disabul,  penetrano  in  Europa,  e 
si  fermano  nella  Dacia,  sotto  il  comando  di  kacan  Varcuni v.  558 

Kan  Bajan  fonda  l'impero  degli  Avari 566  G2G 

Dopo  la  sua  morte  il  dominio  degli  Avari  dura  nelle  due  Pannonic,  finche  vien  distrutto  da  Carlo  iNFagno 
nel  796. 


186 


cr.oNoi.ociA 


§  70.   —  Re  crociati  di  Gerusalemme. 


Gofredo  di  Buglione 
Baldovino  I  .     .     . 
Baldovino  II     .     . 

Folco 

Baldovino  ili     .     . 
Amaury  (Amalrico)  I 
Baldovino  IV     .     . 


1099 
UGO 
1118 
1131 
1142 
1162 
1173 


UGO 
1118 
1131 
11. i2 
1162 
1173 
1185 


Baldovino  V 1185  1186 

Guido  di  Lusignano    .     .  1186  1192 

fonda  il  regno  di  Cipro. 

Enrico  di  Champagne.     .  1192  1197 

Amalrico  II  di  Lusignano  1197  120S 

Giovanni  di  Brienne    .     .  1209  1237 

I  Cristiani  cacciati  di  Palestina  nel  1291. 


§  71.  —  Re  di  Cipro 


Guido  di  Lusignano    .     .  1192  U9i 
Amalrico  (re  di  Gerusa- 
lemme, ì  191).     .     .     .  1194  120S 

Ugo  I 1205  1218 

Enrico  I 1218  1253 

Ugo  II 1253  1267 

Ugo  III 1267  1284 

Giovanni  I 1284  1285 

Enrico  U 1285  1324 

Ugo  IV 1324  1361 

Pietro  I 1561  1572 


Pietro  II  (Pierino)  .     .     .     1372  1382 

Giacomo  I 1382  1398 

Giovanni  II 1598  1432 

Giovanni  HI       ....     1432  1458 

Carlotto 1458  1464 

Giacomo  II 1464  1473 

Giacomo  III 1473  1475 

Caterina  Cornare    .     .     .    1475  1489 

cede  il  regno  ai  Veneziani. 
1  Turchi  se  ne  fanno  padroni  nel  1571. 


§   72.   —   Principi   latini   d'Antiochia   e   Tripoli. 


Antiochia. 

Boemondo  I  principe  . 

.     1098 

1111 

Boemondo  MI    .     .     . 

.     1187 

1201 

Boemondo  li     .     .     . 

.     1111 

1131 

Boemondo  IV  il  Cieco. 

.     1201 

1255 

Costanzo 

.     1131 

1136 

Boemondo  V     .     .     . 

.     1233 

1251 

Raimondo     .... 

.     1136 

1149 

Boemondo  VI    .     .     . 

.     1251 

1274 

Rinaldo  di  Chatillon    . 

.     1149 

1187 

Boemondo  VII  .     .     . 

.     1274 

1288 

Tripoli. 

Bertrando  conte      .    . 

.     1109 

1112 

Raimondo  II     .     .     . 

.     1152 

1187 

Ponzio 

.     1112 

1137 

Raimondo  III     .     .     . 

.     1187 

1200 

Raimondo  1  .     .     .     . 

.     1157 

1152 

Rupino 

1200 

La  contea  di  Tripoli  è  unita  al  principato  d'Antiochia. 

11  sultano  d'Egitto  Kelaun  s'impadronisce  di  Trijioli  nel  1289. 


75. 


Re  e  Soli  di  Persia. 


Sa^sanidi 


Ardescir  o  Artaserse  I  .     .     .  223 

Sciapur  0  Sapore  I       ...  258 

Ormus  od  Ormisda  I    .     .     .  271 

Varane,  1,  o  Baluam,  o  Wram  273 

Varane  li  e  suo  (ìglio  Varane  276? 

Narsete 29i 

Ormisda  II 3G3 

Sapore  II 310 

Artaserse  II 380 

Sapore  111 384 

Varane  111 389 


238 
271 
273 
276 
294 
303 
310 
380 
38  i 
389 
3i)9 


Isdegardc  I 399  420 

Varane  IV 420  440 

Isdegarde  lì 440  457 

Firuz  0  Peroso  I      ....  457  488 

Balasco 488  491 

Cobad  0  Cavad 491  531 

Cosroe  il  Grande     ....  551  579 

Ormisda  IH  (o  IVj  .     .     .     .  579  589 

Cosroe  II 589  G28 

Siroe 628  G29 

Adeser 629 


187 


632 


Snrl.asaz «-29 

Turandokht G29      G32 

Kosciansciadch  | 

Arzumidokht     )      •     •     •     • 

Nel  (i5i  la  Persia  divien  provincia  dell'impero  degli  Arabi. 

Dopo  la  dominazione  di  questi  e  la  invasione  mongola  vi  si  forma  il  regno  dei 


Cosroe  Ili  .  i 

Firuz  II.     .[ f.32 

Faruk  Zad  .  ' 

Isdegcrde  Ili G52      GliH 


So  fi. 


Sciah-lsmael  I  pronipote 

di  Soli  0  Ssafi     .     .  1499  o  ISOl  1S23 

Thamasp 1523  1575 

Ismael  li 1575  1577 

Kodavend 1577  1585 

Emir-Amzeh      ....  1585 

Ismael  III 1585 

Abbas  I  iMirza  il  Grande  .  1586  1028 

Sam-Mirza  (Sciali-Sefij    .  '1628  16 i2 

Abbas  il 1642  1666 

Solimano 1666  1694 

Hussein 1694  1722 

Mir  Mahmud  usurpatore  .  1722  1725 

Aschraf  usurpa/ore      .     .  1725  1729 

Thamasp  11 1729  1732 

Abbas  111 1752  1756 


Thamasp  kuli-kan  (Sciah- 

INadir)  usurpatore    .     .     1736        1747 
Ali-kuli  kan  (Adil-sciah) .  1747 

Ibrahim 1748 

Ismael-sciah  titolare   .     .     1750        1761 
Ali-iMerdan,  Kerim,  Mohammed-Hassan  rcf/- 
(jenti  (icakilj. 

Kerim-kan 1761         1779 

Guerra  civile  ....  1779  —  1794 
Aga-Mohammed  kan,  fondatore  della  di- 
nastia de' Kagiari  .  .  1794  1797 
Feth-Ali-sciah  (Baba-kan)  1797  1834 
iVlohammed-Mirza  .  .  .  1854  1848 
Aga-Mobammed-kan  lì  (Ne- 
reddin-sciah)      .     .     .     1848 


S  74. 


Arabia. 


Si  conservarono  i  nomi  dei  re  arabi  dal  2500  av.  C.  in  poi.  A  quell'epoca,  Jeetan 

figliuolo  d'IIeber  governa  gli  Arabi;  alla  morte  di  lui  i  regni  di  Yemen  e  dell'Egiaz 

si  dividono. 
Nell'Yemen,  quarantasei  re  si  S'iccedono,  da  Jareb  sino  a  Yusef,  480  d.  C,  e  Dhnjadan, 

480-529,  il  quale  è  spossessato  dal  negusc  d'Abissinia,  che  dà  il  trono  al  cristiano 

Abyat. 

Abrahah  al-Asram m.    570 

L'antica  dinastia  viene  ristabilita  da  Cosroe 572 

1  principi  dell'Yemen  si  sottopongono  a  Maometto 630 

Nell'Egiaz  si  annoverano  quaranta  principi  da  Joram  fino  ad  Hashem  capo  degli 

Hashemiti;  cui  succedono  Abd-Motaleb  ed  Abd-Allah  padre  di  Maometto     .  v.    570 
Abutaleb; 

Abu  Sophian,  delia  tribìi  di  Koreisc. 
La  Mecca  apre  le  porte  a  Maometto      . 629 

nato  il  570;  fugge  {l'Egira)  622;  muore 632 


Califfi. 


Abubeker,  primo  califfo 


632 


Omar  1 634 


634 
6i4 


Otman 

.     .     644 

656 

Ali 

.     .     656 

661 

Asan 

.     .          661 

Moaviah  I  ommiade 

.     .     661 

680 

Yezid  I 

.     .     680 

683 

Moaviah  li     ...     , 

.     .     683 

684 

Ner^an  1      .... 

.     .     684 

685 

Abd  el-Malek     .     .     . 

.     .     685 

705 

Valid  I 

.     .     705 

715 

Solimano  ..... 

.     .     715 

717 

Omar  11 

.     .     71 7 

720 

Yezid  11 720  724 

Ilesciam 724  745 

Valid  li 745  744 

Yezid  Ili j  744 

Ibraim [744  749 

Merwan  II,  ultimo  ommiade  '  750 

Abul  Abbas 750  754 

Abu  Giafar  Almanzor  .     .     .  754  775 

Mohammed  .Mabadi      ...  775  785 

Iladi 785  786 

Aron  al-Rascid 786  809 

Amin 809  813 

Al-Mamun 813  833 


188 

Motassem 853 

Vatek  Billah 842 

Mothavakel 847 

Mostanser 861 

Mostain-Billah 862 

Molaz 866 

Mothadi  Billah 869 

Motammed  Billah  ....  870 

Mothaded  Billah    ....  892 

Moctafi  Billah 902 

Moctader  Billah    ....  908 

Kaher  Billah 932 

Rhadi 934 

Mothaki 940 

Mostakfi 944 

Bagdad  è  presa  da  Ulagù  kan  gen^ 


CRONOLOGIA 

842 

Mothi 

946 

974 

847 

lai 

974 

991 

861 

Kader  Billah     .... 

991 

1031 

862 

Kaiem  Bamrillah    ,     .     . 

1051 

1075 

866 

Moctadi  Bamrillah.     .     . 

1075 

1094 

869 

Mostader 

1094 

1118 

870 

Mostarseed 

-1118 

1155 

892 

Rasced     

1135 

1136 

902 

Moctafi 

M36 

1160 

908 

iMostandged 

1160 

1170 

952 

Mosthadi 

1170 

1180 

954 

Nasser 

1180 

1225 

940 

Daher 

1225 

1226 

944 

Mostanser 

1226 

1245 

946 

Mostasem,  ultimo  abbasside 

1245 

1258 

giskanide  nei  1258. 

75.  —  Egitto. 
Califfi  fafimiti. 


936 
946 
955 


Óbeidallah,  primo  mahadi  '  909 

Kaiera  Abul  Casem     .     .  956 

Almanzor 946 

Moez  Ledinillah,pn>noca- 

liffo 953          975 

Aziz  Billah 975          996 

Hakem  Bamrillah  ...  996        1021 

Daher  Ledinillah    .     .     .  1021        1036 


Abu  Jamin  Mostanser 
Abul  Casem  Moslalli 
Abili  Manzor  Amer 
Hafed  Ledinillah    . 
Dafer  Bamrillah     . 
Favez  Ben  Nasrillah 
Adhed  Ledinillah  . 


1050 

1094 

1094 

noi 

noi 

1130 

1150 

1149 

1149 

1155 

1155 

1160 

1160 

1171 

Sultani. 


Nureddin  Mahmud      ,     .  1171 

Saladino  ......  1174 

Nalek  el-Aziz  Otman   .     .  1193 

Malek  el-Mansur    .     .     .  1198 
Malek  Adel  Seifeddin  Abu- 

bekr  I,  Safadino.     .     .  1200 

Maled  el-Kamel,  Meledino  1218 
Malek  Adel  Seifeddin  Abu- 

bekr  II 1238 

Malek  Saleh 1240 

Malek  el-Moadham.     .     .  1249 
Sciagereddur  su/Zana  .     j 

Malek  el-Ascraf  Musa  .      [  1250 
Azzeddin  Mnez  Ibeg   .      ' 

Nureddin  Ali     ...     .  1254 

Kuluz 1259 

Bibars  I  Bondocar .     .     .  1200 

Berekè  Said 1 277 

Selamesc 1279 

KelauD  Malek  el-Mansur  .  1279 

Kald  Ascraf 1290 

Naser  Moharamed  .     .     .  1295 

Ketboga 1294 

Latgin 1296 

Naser  Moharamed  dai nuouo  1299 

Bibars  II 1309 


1174 
1193 
1198 
1200 

1218 
1258 

12i0 
1249 
1250 
1250 
1254 
1257 
1259 
1260 
1277 
1279 


1290 
1295 
1294 
1296 
1299 
1509 
1510 


Naser  Mohammed  per  la 

terza  volta     .     .     .     .  1510        1341 

Abubekr  MansurSeifeddin  1541 

Kutciuc  Ascraf  .     .     .     .  13il         1542 

Ahmed  Naser  Scheabeddin  1542 

IsmailelSalehOmadeddiu  1342        1544 

Sciaban  Kamel  ....  1344        1546 

Hagi 1346         1347 

Ilassan  Naser  Seifeddin  .  1547  1351 
Malek  el-Saleh  .  1551  dep.  1554  m.  1501 
Ilassan  Naser  Seifeddin  di 

nuovo 1534        1361 

Mohammed  Mansur  1561  dep.  1 303 m.  1378 


Sciaban  Ascraf 
Ali  Mansur  Alaeddin  . 
Hagi  Saleh  .... 
Barkok  Daher  .  .  . 
Hagi  Saleh  di  nuovo  . 
Barkok  Daher  di  nuovo 

Farag 

Abdolaziz  Malek  el-Mansur 
Farag  di  nuovo  .     .     . 

Mostain 

Sceik  Mahmud  .     .     . 

Ahmed 

Thathar  Daher  Seifeddin 


1365        1577 
1577        1381 

1581  1382 

1582  1589 
1389 

1389   1399 
1399   1405 

1405 
1405    1412 

1412 
1412    1421 

1421 

142i 


TAVOLE 


Mohammcd    Saleh    Nase 

reddin  

Biirsbai  Ascraf  Seileddin 
Gemaleddin  Yuf^uf 
Abusaid  Jacmac 
Fakreddin  Ofmaa 
Al)ul  Nashr  Inai 
Abiilfatli  Alimed 
Abusaid  Kboskadani 
Abnsaid  Balbai  .     . 
Abusaid  Tamarborga 


1421  14'22 

1422  1438 
1438 

1458        1435 

1455 
1453        14G1 

1461 
1461         1467 

1467 
1467         1468 


Ascraf  Kaitbai    . 
Al)ussaadat  Moliammcd 
Kansu  Khamsmiah 
Abiissaadat  Mobammed  di 

nuovo  .... 
Abusaid  Kansu  .     . 
Abul  Nashr  Jambalatb 
Seifeddin  Tumara  bey 
Kansu  el  Gawri.     . 
Tumani-bey  .     .     . 


1468        1496 

d    . 

1496 

1496 

idi 

1496        1498 

1498        1499 

1499        1501 

1501 

,        , 

1501         1516 

1516        1517 

1  Turchi  Ottomani  s'impadroniscono  dell'Egitto  nel  1517. 


76.    —  Turchi  Selgiucidi. 


I  Selgiucidi  si  dividono  in  quattro  rami: 

I.  Sultani  di  Carism  : 

Cotbbeddin  Mohammed    .        ?  1127 

Atziz 1127  1155 

El-Arslan 1155  1172 

SciàMahmud     ....    1172  1186 

Tagasc 1186  1197 

II.  ^elgiucidi  di  Persia,  che  tolgono 

Mikail 1020  1038 

Togrul  Beig 1058  1065 

Alp  Arslan 1064  .1Q72 

Maiekscià  Gelaleddino     .     1072  1093 

Barkiaroc 1093  1103 

Mohammed  I     .     .     .     .     1105  1115 
I  sultani  di  Carism  s'insignoriscono  della 
kan  mongolo  nel  1223. 

III.  Sultani  d'Iconio  (Konieh)  o  di  R 

Solimano  I 1074  1085 

Interregno 

Kilige  Àrslan  I  .     .     .     .     1092  1107 

Saisan 1107  1117 

Massud 1117  1155 

Kilige  Arslan  lì      .     .     .     1155  1J92 

Gajatheddin  Kaikosru  I   .     1192  1198 

Solimano  II 1198  1204 

Kilige  Arslan  III    ..     .     1204  1210 

IV.  Sultani  d'Aleppo  e  di  Damasco  : 

Tutusc 1085  1095 

Reduansultanod'Aleppo(2}  1095  1114 

Alp  Arslan 1114  1115 

Sultan  scià 1115  1117 


Cothbeddin  Mobammed  II  1197  1229 
Gelaleddin  Mohammed  .  1219  1225 
Soliman  Scià  ....  —  1237 
Togrul  -padre  di  Otman  ceppo  della  dina- 
stia Ottomana     ...  —  1221 

questa  ai  Gaznevidi  (1): 

Sangiar,  Mabmud  I,  Mas- 
sud  e  Mohammed  11     .  1115  1158 

Mabmud  li 1158  1160 

Solimano 1160  1161 

Arslan-scià 1161  1177 

Togrul  II 1177  1187 

Persia ,  e  ne  vengono  cacciati  da  Gengis- 


Azzeddin  Kaikau  I      .     .  1210  12J9 

Alaeddin  Kaikobad      .     .  1219  1237 

Gajatheddin  Kaikosru  II  .  1257  1243 

Azzeddin  Kaikau  II    .     .  1245  1261 

Rokneddin 1261  1267 

Gajatheddin  Kaikosru  III.  1267  1285 

Gajatheddin  Massud  .  .  1283  1294 
ucciso  dagli  emiri  ribelli,  che  ne  sbra- 
nano il  dominio. 


Ilghazi,  figliuolo  d'Orthok  1117  1121 

Solimano 1121  1123 

Balah 1125  1124 

Timurtasc 1124  1125 


(^) 


Mahmucl  fonda  l'impero  de'  Gaznevidi  in  Persia       997 


Massud 


(2)  A  Damasco  : 

Dekak ^093 

Toghti'j^hia I  105 

Tage  el-Muluk  Buri    .     .  UH 


H27 


H028 


-1028 
^038 


Ismail  Sciams  el-MuIuk    .  -1)32  4'l5o 

SceabcdJin  Mahmud    .      .  -H3a  ■\\ó9 

Gemaleddin  Mohammed   .  -1139  M42 

.Mogireddin H42  -1104 


190 


CKOiNOLOGIA 


SancarBurski    ....  -1125  -1127 

Massud 1127  1128 

Omadeddin  Zenghi  1  .     .  1128  1145 

Nureddin  Mahmud      .     .  1145  1174 
che  nel  li 54  s'impadronisce  di  Damasco. 

Malek  el  Salek  Ismail .     .  1174  1181 

Azzeddin  Massud    .     .     .  1181  1182 

Omadeddin  Zenghi  II.     .  1182  1183 


Saladino  s'impadronisce  di  Damasco,  1174, 
e  di  Aleppo,  1183;  muore  nel  1193. 

Gajatheddin   Ghazi ,  sul- 
tano d'Aleppo  (1)    .     .     1193 

Aziz  Gajatheddin    .     .     .     1216 

Malek  el-Naser  Yusuf.     .    1236 
è  vinto  da  Ulagù  kan  mongolo. 


1216 
1236 
1260 


Selgiucidi  della  dinastia  Kadergian,  dominanti  nel  Kerman: 


Kaderd v.  1042 

Sultan-scià  .     .     ; 1073 

Turan-scià 1085 

Iran-scià 1096 

Arslan-scià 1100 

Mogajateddin     ....;..  1141 

Togrul-scià 1156 

Arslan-scià 1168 


Baaram  scià 1172 

Turan  scià 1179 

Mohammed-scià 1187 

che  in  quest'anno  è  detronizzato  da  To- 
grul,  quinto  dei  Salgaridi  che  domina- 
rono nel  Farsistan  dal  1148  al  1263,  e 
furono  vinti  da  Ulagù-kan  mongolo. 


§  77.   —  Kan  Mongoli. 

Nome  mongolo  Sopranome  mongolo  Soprauome  cinese 

Temucin Gengis-kan Tai-tsu  .     . 

Oktai Tai-tsung    . 

Cajuk Ting-tsung 

Mangù Sian-Tsung 

Cuhilài     ......     Secen-kan Sci-tsu  .     . 

si  fa  capo  della  xx  dinastia  cinese,  abbandonando 

la  parte  occidentale  al  fratello  Ulagù. 

Temur Olgaitu-kan Cing-tsung . 

Kaiscian  ....  .     Kulul-kan Wu  tsung   . 

Ajur-Balibatra   ....    Bujantu-kan Jin  tsung   . 

Sioda-Bala Gheghen-kau     ....  Yng-tsung . 

Yssun-Temur Tai-ting-ti  . 

Assukeba  (Ragiapika) Tienchun 


Cusciala Kutuktu  kan 

Tot-Temur Gigiagatu  kan 

\lè-cebé (Rincenpal    .     . 

Togan-Temur    ....  Ukagatu-kan 
Ulagù-han  ,  ceppo  della  dinastia  persa  de' 

Gengiskanidi .     .     .     .  12r)9        1265 

Ahaka-kan 1265        1282 

Ahmed  kan 1282        128i 

Argunkan 1284        1287 

Cangiatukan     ....  1287        1292 

Baidu-kan 1292 

Cassan-kan 1292        1304 


Ming-tsung 
.     .     .     Uen-tsung  .     . 

Ning-tsung 
.     .     .     Sciun-ti      .     . 

Algiatu-kan 

Abusaid-kan      .     .     .     : 

Arpakan 

Anarchia.  Gli  Ilkaniani, 
i  Modnfferiani    .     .     . 

Tamerlano 

Eskander,  figlio  di  Kara-Y 
cipe  del  Monton  nero  (2) 


1206 
1227 
1246 
1251 
1260 


1294 
1306 
1311 
1320 
1323 
1328 
1329 
1329 
1332 
1333 
1317 
1335 


1304 

1317 

1535 
i  Giubaniani,  e 

1335  —  1560 

1360        1403 
'usuf,  terzo  prin- 

1410        1435 


(«)  A  Damasco:  Malek  el-Afdalil  UQo         V\9(>    1    Malek  el-Naser  Salahcddin  Daud  .     ^227 

Malek  el-Adhel  Seifeddin  o  Siifadin  -1196         4218        Maiok  el-Aseraf -1229 

Malek  el-Moadhara  SccrfcdJin       .     -1218  1227    |    Malek  el-Salch  Ismail    ....      1237 

Damasco  si  arrende  al  sultano  d'Aleppo  nel  ^2b0,  e  cade   in  potere  dei  Mongoli  nel  t2C0. 
(2)  Scià  Rokb,  ultimogenito  di  Tamerlano,  regna  nella  Transoxiana     .         .  .         i'id'i 

Oliig  Beig -•''•■*7 

Abd  el-Lathif ^'4■^'J 

Abdallah l-i'^O 

Abusaid,  pronipote  di  Tamerlano,  s'insignorisce  della  Transoxiana;  ma  nel   l'<68  ne 
da  Lssum-Cassan. 


dep.4  229 
4  237 
■12  4  9 

-!.'<'.  7 
4-549 

4A31 
e  cacciato 


TAVOLE 


191 


Geangir 

1435 

14G7 

il  cui  figlio  Ilassan-Alì 

è  detronizzato  da 

Ussum-Cassan,  primo  prin- 

cipe del  Molitori  bianco. 

U68 

1478 

Yekuf      

1478 

1485 

Julaver 1485        1488 

Baysingir 1488        1490 

Ilustam 1490        1497 

Ahttìed 1497 

Alvand 1497      1499? 

spogliato  da  Sciah-Israael  sofì. 


78.  —  Impero  del  Mogol. 


Babur-Zehir-Eddin-Moliammed,  quinto  di- 
scendente di  Tamerlano.    1505        1550 

Humajiim 1530        1541 

Scir-sciah,  Selim  sciali,  Feroz-sciah,  Adel- 
sciah,  Ibraini-kan,  Ahmed-kan  usurpa- 


tori       

Humnjum  di  nuovo     .     . 

Akbar  il  Grande,  impera- 
tore nel  1602     .     .     : 

Geaoguir 

Sciah-Giban  I    .     ;     .     . 

Guerra  civile     .... 

Aurengzeb  o  Alemguir  1  . 

Azem-sciah  e  Sciah-Alem 


1541         1555 
1555 

1555  1605 
1605  1627 
1627dep.l656 
1656  —  1659 
1659        1706 


o  Aalem  I  .  .  .  .  1706  1707 
Sciab- Aleni  so?o  ...  1707  1712 
Gibander-sciah  .     .     .     .     1712        1715 

Faruksiar 1713        1716 

Rafiuder-Giat     ....  1716 

Sciab-Giban  II       ...    1716        1717 
Nekossiar  competitore  .     .  1717 

Mobammed-Abul-Modhaffer  1717        1747 
Abmed-sciab     .     .     .     .     1747        1753 

Alemguir  li 1753        1759 

Sciab- Aleni  II   ...     .     1759 
cede  i  suoi  dominj  alla  Compagnia  in- 
glese delle  Indie  orientali  nel  1768,  e 
muore  nel  1806. 


§  79.   —  Imperatori  Ottomani  (1). 


Otman  o  Osman  I 1299 

Creano 1526 

Amurat  1 1560 

Bajazet  I  il  Folgore 1389 

Solimano  Chelebi   ......  1402 

Musa  Chelebi 1410 

Maometto  I 1415 

Amurat  II 1421 

Maometto  II  il  Conquistatore  regna 

in  Costantinopoli  dal  1453         .  1451 

Bajazet  II 1481 

Selim  I 1512 

Solimano  I  (o  II)  «7  Legislatore      .  1520 

Selim  II        1566 

Amurat  HI 1574 

Maometto  III 1595 

Acmet  I 1605 

Mustafà  I 1617 

Otman  II 1618 


Mustafà  I,  rimesso  in  trono  1622dep. 

m. 

Amurat  IV  il  Prode 

Ibraim 

Maometto  IV     .    1649  dep.  1687  m. 

Solimano  II  (o  III) 

Acmet  II ;     . 


Mustafà  II  . 
Acmet  IH 
Mahmud  I  . 
Otman  HI  . 
Mustafà  III  . 
AbduI  Ilamid 
Selim  III .  . 
Mustafà  IV  . 
Mabmud  II  ...  . 
Abdul-Megid,  2  luglio 
Abdul-Azis,  24  giugno 


1695  dep.  1705  m, 
1705  dep.  1730  m. 


789  dep.  1807  m. 


1623 
1630 
1623 
1640 
1693 
1687 
1691 
1704 
1736 
1730 
1754 
1757 
1774 
1808 
1807 
1808 
1839 
1861 


S80. 


Marocco  e  Fez, 


Hassan  Amet,  primo  sceriffo  di  Ma- 
rocco     1516 

Muley  Mobammed 1544 

nel  1552  acquista  Fez. 

Muley  Abdaltah 1557 

Muley  Mobammed  el-Mostanser      .  1574 

Muley  Abd  el-Melik,  usurpatore     .  1576 


Muley  Abmed  Labass 157J 

Muley  Cbeikh 

Muley  Abmed  II 

Muley  Aly,  capo  della  dinastia  dei^  1603 

sceriffi  Filely 

Muley  Mobammed  III .     .     •     . 

Muley  Archyd 1664 


(1)  Vedi  il  §  Turchi  Selgiucidi. 


192 


CRONOLOGIA 


Muley  Ismael,  imperatore     .     .     .  1672 

Muley  Ahmed  Dehaby      ....  1727 

Muley  Abdallah  II d729 

detronizzato  cinque  volte  dai  pre- 
tendenti, nel  1742  trionfa. 

Sidy  Mohammed  I 1757 


Muley  Mohammed  Madhi  al.Tezid  .  4783 

Muley  Haschem 1790 

Sidy  Soliman •1792 

.Muley  Al)der  Rahman      ....  1822 

Sidy  Mohammed  II 184S 


§  81.    —   Imperatori  e  re  di  Germania  (1). 

Carlo  Magno  imperatore 800  0  799  25  die.  814 

Lodovico  il  Pio  imperatore 814  840 

Lotario  I  imperatore 840  855 

Lodovico  II  imperatore 855  875 

Carlo  il  Calvo  imperatore 875  877 

Lodovico  il  Tedesco  0  il  Bavaro^  primo  re  di  Germania     .  817  876 

Lodovico  III  il  Sassone .  876  882 

Carlomanno  re  di  Baviera 876  880 

Carlo  III  il  Grosso,  re  di  Svevia  dair876,  di  tutta  Germania  882  dep.  887  m.  888 

Arnolfo       887  899 

Zventiboldo  re  di  Lorena 895  900 

Luigi  IV  il  Fanciullo 899  911 

Corrado  I        912  918 

Enrico  I  l'Uccellatore 919  956 

Ottone  I  re  d'Italia  961,  imperatore  962 956  973 

Ottone  II  imperatore  973 9G2  983 

Ottone  III  imperatore  996 983  1002 

Enrico  II  imperatore  1014 1002  1024 

Corrado  II  Salico  imperatore  1027,  re  di  Borgogna  1032    .  1024  1039 

Enrico  III  imperatore  1046 1039  1056 

Enrico  IV  imperatore  1053 1056  1106 

Enrico  V  imperatore  1111 1106  1125 

Lotario  II  imperatore  1133 1125  1137 

Corrado  III  di  Ilohenstaufen 1J38  1152 

Federico  I  Barbarossa  imperatore  1155 1152  1190 

Enrico  VI  imperatore  1191 1190  1197 

Filippo  di  Svevia 1198  1208 

Ottone  IV  imperatore  1209 1198  •   1218 

Federico  II  imperatore  1220 1212  1250 

Enrico  il  Ragione,  di  Turingia,  antimperatore 1246 

Corrado  IV 1250  1254 

Grande  interregno 1254  —   1273 

Guglielmo  d'Olanda 1247  1256 

Ricardo  di  Cornovaglia 1257  m.1272 

Alfonso  di  Castiglia .     .     .     .  1257  1273 

Rodolfo  I  di  Ilabshurg 1273  1291 

Adolfo  di  Nassau      .     .     ;     .   ' 1292  1298 

Alberto  I  d'Austria 1298  1308 

Interregno  di  sette  mesi. 

Enrico  VII  di  Luxemburg  imperatore  1312 1308  1313 

Luigi  V  il  Bavaro  imperatore  1328 1314  1547 

Federico  HI  il  Bello 1514  abd.  1525  m.  1550 

Carlo  IV  di  Boemia  imperatore  1355 1347  1578 

Venceslao 1578  dep.  1400  m. 1419 

Roberto 1400  1410 

.Tosse 1410  1411 

(<)  VcJi  il  g  Imperatori  e  re  cf Italia. 


I 


TAVOLE  193 

Sigismondo  imperatore  1433 "J^IO  1437 

Alberto  II,  d'Austria  come  i  successivi 1437  1439 

f'ederico  III  imperatore  145:2 ■'439  1493 

Massimiliano  1 1493  1519 

Carlo  V      .     .    ' .  1519  abd.155Gm.  1558 

Ferdinando  I 1536  1564 

Massimiliano  II 1564  1576 

Rodolfo  il 1576  1612 

Mattia 1612  1619 

Ferdinando  II 1619  1657 

Ferdinando  HI 1637  1657 

lìiterrt'(/nu  di  quiìKliri  ìnesi. 

Leopoldo  I 1658  1705 

Giuseppe  I       1705  1711 

Cario  VI 1711  1740 

Interrei/ììo  di  sei  me^i. 

Carlo  VII  d'Hannover 1742  1745 

Maria  Teresa  e  Francesco  I  di  Lorena 1745  1765 

Giuseppe  II 1765  1790 

Leopoldo  li 1790  1792 

Francesco  II 1792  1855 

nel  1806  rinunzia  al  titolo  d'imperatore  romano,  e  così  l'Impero  si  scioglie. 


§  82.    —   Austria. 

Carlo  Magno  uni  alla  Baviera  tutto  il  paese  sull'Ens  fino  allo  sbocco  del  Raab  nel 
Danubio,  chiamandolo  Marca  degli  Avari  (793).  Gli  Ungheri  l'occuparono;  ma  vinti 
essi  (928^\  l'ebbe  in  dominio  la  Casa  di  Babenberg. 


Leopoldo  l'UluMtre,    tito- 
lato marchese  nel    .     .  982 

Enrico 994 

Alberto  1  il  Vittorioso     .  1018 

Ernesto 1056 


Marchesi. 


994 
1018 
1056 
1076 


Leopoldo  il  Bello  .     .     . 

1076        1096 

Leopoldo  111  il  Pio    .     . 

1096        1136 

Alberto  II  ì7  Devoto  .     . 

1136 

Leopoldo  IV  //  Liberale  . 

1136        1142 

Duchi. 


Enrico    II    Jasomirgott  , 

duca  nel  1156   .     .     .     1142         1177 

Leopoldo  V 1177         1194 

Federico  il  Cattolico.     .     1194        1198 

Leopoldo  VI  // G7or/oso   .     1198        1230 

Federico  il  Bellicoso  .     .     1230        1246 

Estinta  con  lui  la  linea  mascolina,  Ven- 

ceslao  III  di  Boemia  ne  fa  investire  suo 

figlio  Premislao  Ottocaro ,  che  verso  il 

1272  è  spossessato  da  Rodolfo  signore 

d' Habsburg   f  castello  sull'Aar  al  nord 

del  cantone  di  Berna},  poi  imperatore. 

Costui  ne  investe  suo  figlio 

Alberto  I 1282        1308 


Federico  «7  Bello  .  ■  . 
Alberto   II   il  Savio  o   il 

Zoppo  con  Ottone  .  . 
Rodolfo  IV  V Ingeynoso  . 
Alberto  111  or  col  fratello, 

or  coi  nipoti,  or  solo  . 
Guglielmo  come  tutore  di 

Alberto  IV,  poi  solo  . 
Leopoldo  IV  ed  Ernesto  . 

Alberto  V 

Ladislao  Postumo  .  .  . 
Finito  il  primo  ramo  dei 

della  Casa  d'Habsburg, 

dei  duchi  di  Carintia. 


1308 

1330 
1358 

1365 

1395 
1406 
1411 
1440 


1330 

1 358 
1365 

1395 

1 406 
1411 
1 439 

1457 


duchi  d'Austria 
sottentra  quello 


Arciduchi 


Federico  V(llIcomeimperatore)erige  l'Au- 
stria in  arciducato  nel  1453;  e  morto  La- 
dislao Postumo,  la  occupa     1  !57     1493 

Massimiliano  I      ....    1495 

Ca.niù,  Documenti.  --Toni';'  I,  Cronologia 


Da  qui  innanzi  vedansi  gV Iv^peratori  e  re 
di  Germania  sino  a  Francesco  li,  che  nel 
ISOe-erige  gli  Stati  ereditar]  in  impero. 


13 


194  CRONOLOGIA 

Imperatori. 

Francesco  I 4806  183S 

Ferdinando  I 483S  abd.  1848 

Francesco  Giuseppe,  2  dicembre *18'48 

§  83.   —    Sassonia. 

L'Antica  Sassonia  comprendeva  i  paesi  settentrionali  fra  l'Elba  ed  il  Weser  dal  lato 
del  Heno.  Al  tempo  di  Lodovico  il  Tedesco  n'era  duca  Landolfo:  Enrico  suo  discen- 
dente, detto  l'Uccellatore,  fu  re  di  Germania  nel  919.  Finita  la  discendenza  maschile, 
l'imperatore  Enrico  V  ne  investì  Lotario,  il  quale  fatto  imperatore,  ne  investi  il  suo 
genero  Enrico  il  Superbo  1128.  Enrico  il  Leone  suo  figlio  estese  le  conquiste  lungo  il 
Baltico  fin  alla  Vistola,  ma  ne  fu  spoc^liato  da  Federico  Barharossa  1180;  e,  spartito 
il  paese,  Bernardo  d'Ascania  figlio  d'Alberto  VOrso  ebbe  il  ducato  di  Sassonia,  che  così 
significò  un  altro  paese.  Più  altri  cambiamenti  e  divisioni  subì  il  ducato,  fin  ad  Ernesto 
ed  Alberto,  che  il  26  agosto  1485  fecero  una  divisione,  e  restarono  capi  delle  due  linee 
principali,  dette  Ernestina  e  Albertina.  Ernesto  ebbe  l'elettorato,  e  la  più  parte  della 
Turingia,  il  Vogtiand,  Coburg;  Alberto  la  maggior  parte  della  Misnia  e  il  resto  della 
Turingia.  Ribellatosi  Giovanni  Federico  a  Carlo  V,  fu  vinto  1547,  spogliato  della  dignità 
d'elettore  e  della  più  parte  dei  beni,  trasferiti  a  Maurizio  della  linea  Albertina  15i8. 
Dalla  Ernestina  derivarono  le  Case  principesche  di  Weimar,  Gotha,  Meiningcn,  Alten- 
burg,  Coburg-Gotha.  L'Albertina  continuò  nell'elettorato,  e  diede  varj  re  alla  Polonia. 
Per  la  pace  di  Posnania  (1806,  11  dicembre)  la  Sassonia  fu  eretta  in  regno,  col  ducato 
di  Varsavia,  cui  nel  1809  si  aggiunse  buona  parte  della  Gallizia.  Nella  pace  di  Vienna 
(1815),  la  Sassonia  perde  il  ducato  di  Varsavia,  tutta  la  bassa  Lusazia,  parte  dell'alta, 
e  assai  altri  possessi. 

Federico  Augusto  III 1827 

Antonio -1827        1836 

Federico  Augusto  IV 1836        1854 

Giovanni,  9  agosto 1854 

§  Si.  —  Baviera, 

Il  duca  de'  Bavari  o  Boj  era  eletto,  nel  vi  secolo,  dal  duca  d'Oslrasia,  togliendolo 
dalla  razza  degli  Agilolfìngi,  sinché  Tassilone  II  fu  deposto  da  Carlo  Magno  788.  Allora 
sottentrano  i  Carolingi,  finché  l'imperatore  Arnolfo  investi  di  quel  ducato  Luifpoldo 
0  Leopoldo  suo  cugino,  cui  succedette  Arnolfo  il  Malvagio  912.  Per  donne  arrivò  pdi 
ai  Guelfi  d'Este  1070.  La  linea  mascolina  dell'imperatore  Lodovico  il  Bavaro  si  estinse 
con  Massimiliano  III  Giuseppe  1777.  Per  patto  di  famiglia  successe  Carlo  Teodoro,  il 
quale  cedette  all'Austria  il  circolo  dell'lnn.  Spenta  con  lui  (1799)  la  linea  di  Sulzbacb, 
succede  quella  del  Palatinato  Due-Ponti  con  Massimiliano  Giuseppe,  che  il  1  gennajo 
1806  piglia  il  titolo  di  re. 

Massimiliano  I  Giuseppe 1806  1825 

Luigi  Carlo  Augusto 1825  abd.  1848 

Massimiliano  II,  21  marzo 1848 

§.   85.   —   Wttrtemberg. 

È  così  detto  da  un  castello  nelle  vicinanze  di  Stultgard.  La  linea  non  più  interrotta 
dei  conti  comincia  con  Ulrico  1  v.  1250.  Crebbero  alla  caduta  degli  llohenstaufen.  ÌNel 
1495  il  paese  fu  eretto  in  ducato  dall'imperatore  .Massimiliano  I  a  favore  del  conte  Ebe- 
rardo  V.  Eederico  I  Eugenio  divette  fuggire  per  l'invasione  francese  del  1796.  Fede- 
rico II  Guglielmo  nella  pace  di  Luneville  (1801,  9  febbrajo)  cedette  alla  Francia  i  pos- 
sessi sulla  sinistra  del  Meno,  ricevendone  grossi  compensi;  nel  1803  prese  la  dignità 
di  elettore;  e  al  1  gennajo  1806  quella  di  re. 

Federico  I 1806        1810 

Guuiielmu  I,  30  ottobre 1816 


TAVOLE 


195 


g  86.   —   Re  di  Ungheria. 


Arpad,  principe  degli  Un- 

gheri .  887          907 

Soìtan 007          Qfi! 

Toxun 958          961 

Gn/sa 961           997 

Slefiino  il  Santo,  re  nel 

1000 997        1038 

Pietro 1058        1041 

Siiiiiuele,  detto  Aba     .     .  UHI         10i4 

Pietro,  rimesso  in  trono  .  104idep.1046 

ni.  10o5 

Andrea  I 1046        1061 

Bela  I           1061         1063 

Salomone 1063dep.1074 

m. 1087 

Geysa  I 1074        1077 

Ladislao  I 1077        l(19o 

Colomano 109S        1114 

Stefano  II 1114        1151 

Bela  li 1131        1141 

Cevsa  II 1141         1161 

Stefano  1111161  dep.  1101 

ritornato 1163        1173 

Ladislao  II  e  Stefano  IV 

usurpatori     .     .     .    116!   1162  e  1163 

Bela  III 1175        1196 

Emerico 1196        1204 

Ladislao  III  (o  II)  .     .     .  1204        1203 

Andrea  II 1205        1235 


1270 
1270        1272 
1272        1290 
1290        1301 
1301  alid.  1505 
ni.  1306 
1305al)d.l508m.13l2 
1542 


Bela  IV 1235 

Stefano  V  (o  IV)  .  . 
Ladislao  IV  (o  III)  . 
Andrea  III  ...  . 
Vcnceslao  re  di  Boemia 

Gitone  di  Baviera 

Carlo  I  Roberto  fCaroberto)  1508 

Luigi ,  re  di  Polonia  nel 

1570 1312        1582 

Maria  I 1582        1392 

Sigismondo  associato  .    .  1588        1457 

Carlo  fi  re  di  Napoli.     .  1585        1586 

Alberto  d'Austria  .     .     .  1458        1439 

Elisabetta  ....  1439  1442 
Ladislao  V  1439  o  1445  abd.  1457  m.  1458 
Vladislao  I  fo  Ladislao  V 

bis)  re  di  Polonia    .     .  1440        1444 

Gioimnni  Vniade  reggente  1444         1456 

Mattia  Corvino  .     .     .     .  1458        1490 

VladislaoII(o  Ladislao  VI)  1490        1516 

Luigi  II 1516        1526 

Ferdinando  I     .     .     .     .  1526 
Vedansi  pV Imperatori  e  Re  di  Germania 

dal  1556  sino  a 

Francesco  II      ....  1792        1835 

Ferdinando 1830abd.l848 

Francesco  Giuseppe    .    .  1848 


§  87. 


Samon,  re  dei  Cesci  o  Boemi  v. 

Croco V. 

Premislao,  duca  di  Boemia  .  v. 
Borziwoy     ......  v. 

...   895 


650 

700 

722 
894 


Spitignew  I 
Vratislao  I 
Venceslao  I 
Boleslao  I 
Boleslao  II 
Boleslao  III 


921 

925 
956 
967 


Re  di  Boemia. 


Vladislao  II  re  .  1140  abd.  1173  ni.  1174 
Sobieslao  II  duca  11 74  dep.  1178  m.  1180 
Federico  dal  1175  al  1174,  poi  1178  1189 

Corrado  II 1189        1191 

Venceslao  II.  .  1191  dep.  1192  m.  1194 
Bretislao  III  Enrico  .  .  1195  1198 
Vladislao  III ,  ult  »  duca  abd.  1198  m.  1222 
Premislao  Ottocaro  1  duca  1192,  deposto 


921 
925 
956 
967 
999 


.  999 dep. 1002  m.  1057 

Vladiboy 1002        1003 

.Taromiro  .  .  .  1005dep. 1012  m. 1058 
Udalrico  0  Ulrico  I     .     ,     1012        1057 

Bretislao  I 1057        1055 

Spitignew  II  ....  1055  1061 
Vratislao  II,  re  nel  1086.     1061        1093 

Corrado  I 1095 

Bretislao  II 1093        1100 

Borziuoyll.  .  1 100  dep.  1107  m.  1 124 
Suatopulk  0  Swiatopolk  .  1107  1109 
Vladislao  0  Uladislao  I  .  1109  1125 
Sobieslao  I 1125        1140 


1195.  ritornato  1197,  re  1198  1230 

Venceslao  III  (o  I)       .     .  12.^0  12f^5 

Premislao  Ottocaro  II       .  12.53  1278 

Intprreqno 1278  —  1283 

Venceslao  IV,  re  di  Polonia 

nel  1501 1285  1305 

Venceslao  V,  re  d'Unghe- 
ria e  di  Polonia  .  .  .  1305  1506 
Rodolfo  d'Austria  .  .  .  1306  1307 
Enrico  di  Carintia  1307  dep.  1509 m.  1551 
Giovanni  di  Luxemburg  .  1310  1346 
Carlo,  imperatore  nel  1347  1346  1378 
Venceslao  VI,  imperatore 

fino  al  1400  ....  1378  1419 


196  CnONOLOGlA 

Sigismondo  imperatore    .  ii]Q  d437 

Alberto  d'Austria    .     .     .  1437  i439 

Ladislao  I  (o  Viadislao  IV}  1440  1457 

Giorgio  Podiebrado     .     .  1458  1471 

Ladislao  li  (o  Viadislao  Vj  1471  1516 

Luigi 1516  1526 


Ferdinando  I     ....    1526 

Vedansi  gì'  Imperatori  e  re  di  Germania 
dopo  il  1556  sino  a  Ferdinando  IV  d' 
Austria abdl848 

Francesco  Giuseppe     .     .    1848 


§  88.    —   Re  di  Francia. 
Faramondo 419        430  1  Clodione 430 


451 


Meroveo 

Childerico  I     .     .     . 

Clodoveo  I       ... 

Clodomiro,  a  Orleans 

Tierrico  I,  a  Metz 

Teodeberto  I,  a  Metz 

Teodebaldo,  a  Metz  . 

Childeberto  I,  a  Parigi 

dotarlo  1,  a  Soissons  511 
558,  solo      .     .     . 

Sigeberto  I,  in  Ostrasia 

Urunechilde      .     .     . 

Childeberto  II,  in  Ostrasia 
re  d'Orleans  e   Borgogna 
dal  593. 

Teodeberto  II,  in  Ostrasia    . 

Cariberto  I,  a  Parigi  .     . 

Centrano,  in  Orleans  e  Bor- 
gogna       

Tierrico  II,  in  Orleans  e  Bor- 
gogna       

re  d'Ostrasia  dal  612. 

Chilperico  I,  a  Soissons  .     . 

Fredegonda 


451 

457 

457 

481 

481 

511 

511 

524 

511 

534 

534 

5i8 

548 

5.55 

511 

658 

558 

561 

561 

575 

628 


575 


596 

612 

561 

567 

561 

593 

596 

613 

561 

584 

ra 

597 

Merovingi, 

dotarlo  II ,  a  Soissons  584- 

613,  solo 613 

Cariberto  II  (o  Ariberto),  re 

d'Aquitania 628        631 

Dagoberto  I,  a  Soissons  628- 

631,  solo 631         638 

Sigeberto  11,  in  Ostrasia  .     .     638        656 
Clodoveo  II ,  in  Neustria  e 

Borgogna 658        656 

dotarlo  111 656        670 

Childerico  II,  in  Ostrasia  dal 

656,  solo      

Dagoberto  II,  in  Ostrasia  dal 

656,  solo      

Tierrico  III,  in  Neustria  dal 

673,  solo 679        691 

Clodoveo  III 69!         695 

Childeberto  III      ....     695        711 
Dagoberto  111  (o  11}    .     .     .     711         715 

dotarlo  IV 717        719 

Chilperico  II 715        720 

Tierrico  IV  (o  11}  .     .     .     .    720        737 

Interregno 737  —  742 

Childerico  III 742        752 


m.613 
596 


670        673 


674        679 


Carolingi. 


Pepino  d'Heristal ,   maestro 

di  palazzo  d'Ostrasia  .     .  687 

Carlo  Martello      ....  715 
Carlomanno     ....    741   747  m. 

Pepino  il  Piccolo  741,  re    .  752 

Carlomanno 768 

Carlo  Magno  768-771,  solo  .  771 

Lodovico  il  Pio    ....  814 

Carlo  I  il  Calvo     ....  8^0 

Lodovico  II  il  Balbo       .     .  877 
Lodovico  III,  re  di  Neustria 

e  Ostrasia 879 


714 
741 

755 
768 
771 
814 
840 
877 
879 

882 


Carlomanno,  re  di  Borgogna, 
Aquitania,  ecc.  879-882, 
solo 

Carlo  II  il  Grosso  .     . 

Bude  0  Odone  . 

Carlo  III  27  Semplice,  procla- 
mato re  neir893,  solo   898 

lioberto  /,  duca  di  Francia  . 

Rodolfo  coronato  a  Soissons 

Luigi  IV  d'Oltremare 

Lotario 

Luigi  V  V Infingardo 


Capeti 


Ugo  Capeto 987  996 

Koberto  II 996  1051 

Enrico  I  ......  1051  J060 

Filippo  I 1060  11 08 


Luigi  VI  il  Grosso  . 
Luigi  VII  il  Giovane 
Filippo  II  Augusto 
Luigi  Vili  (7  Leone 


882 

884 

884 

887 

887 

898 

98  925  m.  929 

922 

923 

,  923 

936 

936 

954 

95  i 

986 

986 

987 

1108 

11.37 

1157 

1180 

1180 

1223 

1223 

1226 

t'AVni.r 


tulgi  IX  i7  i^atìto  . 
Filippo  111  l'Ardilo 
Filippo  iV  il  Dello. 
Luigi  X  «7  Rissoso  . 


Filippo  VI  di  Valois 
Giovanni  II  il  Buoìiq 
Carlo  V  il  Saijgio  . 
Carlo  VI  l'Amato  . 
Carlo  VII  i7  Vi  il  arioso 
Luiyi  M  .  .  .  . 
Carlo  Vili  .  .  . 
Luigi  XII  della  Casa  d 


H% 

1270 

1270 

128.S 

1283 

131i 

1314 

13IG 

1328 

1350 

1550 

1304 

1304 

1380 

1380 

1422 

1 4-22 

1401 

14G1 

1483 

1483 

1 498 

Giovanni  I  Posiimò 
Filippo  V  «7  Lungo. 
Carlo  IV  il  Dello    , 


Valois. 


Or- 


leans 

1498 

Francesco  Idei  ramo  d' A  n- 

goulème 

1515 

Enrico  II 

1547 

Francesco  II      .     .     , 

1559 

Carlo  IX 

1500 

Enrico  III 

1574 

1310 
151G       132-2 
1322        13i8 


1515 

15i7 
1559 
1500 
1574 
1589 


Borboni. 


Enrico  IV 1589  1010 

Luigi  XIII  il  Gimto 1610  1043 

Luigi  XIV  27  Grande 1643  1715 

Luigi  XV  VAmato 1715  1774 

Luigi  XVI   . 1774decap.l793 

1792  Convenzione 
1795  Direttorio 
1795   1  1799  Consolato 
1824  \  1804  NapoleoneBuonaparle  imperatore  (j) 

1814  Ristorazione 

1815  1  cento  giorni 

Carlo  X 1824 


Luigi  XVII 1793 

Luiiii  XVIII 1795 


Rivoluzione  dei  27,  28  e  29  luglio  1830. 

Luigi  Filippo  d'Orleans,  re  dei  Francesi 1830 

Depubblica 1848 

Luigi  Napoleone,  detto  Napoleone  HI,  imperatore,  2  dicembre    .    .  1852 


1830 

1848 
1852 


§  89.   —  Re  di  Borgogna. 


Gundecaro 406  o  411  430 

Gundioco 436  403 

Gundemaro  I ì  491 

Chilperico [463  491 

Godegisilo ^  500 


Bosone  .  .  . 
Lodovico  il  Cieco 
Carlo  Costantino 


Gundebaldo      ....    403  o  500  516 

Sigismondo 510        523 

Gundemaro  II  .     .     .     .    525  534  m.  541 
11  regno  è  conquistato  dai  Franchi  nel  534. 


Re  della  Borgogna  Cisgiurana. 


879        887 
887        923 
m.941? 


Ugo  923,  re  d'Italia  .  .  .  926  948 
cede  il  regno  di  Borgogna  a  Rodolfo  II 
V.  933. 


(1)  Napoleone  nasce  .  .  .  -13  agosto  -1769 
Tenente  nel  primo  d'artiglieria 

di  La  Fere 1  settembre  1785 

Capitano 6  febbrajo  1792 

Capo-battaglione      ....  19  ottobre  1793 

Generale  di  brigata       ...  6  febbrajo  1794 

Genernle  di  divisione  .  .  .  16  ottobre  179o 
Generale  in  capo  dell'armata 

d'Italia 23  febbrajo  1796 


Primo  console 25  dicembre  1799 

Console  in  vita 4  agosto  1802 

Imperatore    ...  .      .       2  dicembre  1804 

Coronato  re  d'Italia      .     .      .  26  maggio  1805 
Prima  abdicazione  a  Fontaine- 

bleau 14  aprile  1814 

Ripiglia  il  governo  ....  20  marzo  181ì> 

Seconda  abdicazione  all'Eliseo  22  giujiio  1815' 

Muore 5  maggio  182i 


198 


r.p.oNOi.or.u 


Be  della  Borgogna  Transgiurana. 


Rodolfo  I 888        912 

Rodolfo  II 9H         937 

che  verso  il  933  unisce  le  due  Borgogne, 
formandone  il  regno  d'Arles. 


Corrado 937        993 

Rodolfo  III 995      1032 

Nel  1032  Corrado  il  Salico,  re  de' Ger- 
mani, eredita  il  regno  d'Arles. 


Duchi  di  Borgogna. 

Dair843  comincia  la  non  interrotta  serie  di  questi  duchi. 

Filippo  I  di  Rouvre 13-49 

Il  ducato  è  unito  alla  monarchia  di  Francia 1361 

Filippo  11  r Ardilo,  quartogenito  di  Giovanni  11  re  di  Francia,  inve- 
stitone per  appanaggio 1363 

Giovanni  Senza-paura 1404 

Filippo  III  il  Buono 1419 

Carlo  il  Temerario,  ultimo  duca 1407 


1361 


1404 
J419 
1467 
1477 


8  90. 


Duchi  dì  Lorena. 


La  Lorena  incomincia  ad  aver  duchi  particolari  con 


Federico  I,  cognato  d'Ugo  Capeto  .  959 

Tierrico  I 984 

Federico  11 1026 

Gotelone 1033 

Alberto 1046 

Gerardo,  primo  duca  ereditario.     .  1048 

Tierrico  II 1070 

Simone  I 1115 

Matteo  I 1158 

Simone  11 1176 

Ferri  I 1205 

Ferri  li 1206 

Tibaldo  1 1213 

Matteo  11 1220 

Ferri  III 1251 

Tibaldo  II 1304 

Ferri  IV 1312 

Raoul 1328 


Giovanni  I 13i6 

Carlo  I 1391 

Renato  1  ed  Isabella 1451 

Giovanni  II 1453 

Nicola  I •     ...  1470 

Renato  II  e  Jolanda 1  i75 

Antonio 1508 

Francesco  I 1544 

Carlo  11 1545 

Enrico 1008 

Francesco  II 1624 

Carlo  III  e  Nicola  II 1624 

Carlo  IV 1675 

Leopoldo 1690 

Francesco  III 1729 

Stanislao  di  Polonia 1737 

La  Lorena  è  unita  alla  Francia  .    .  1766 


g  91.  —  Conti  di  Fiandra. 


Baldovino  I 

.      862 

Baldovino  II 

.      879 

Arnoldo  1  e  Baldovino  III    .    . 

.       918 

Arnolfo  II 

.      965 

Baldovino  IV     .     .         ... 

.       989 

Baldovino  V 

.     1036 

Baldovino  VI 

.     1067 

Arnoldo  III        

.     1070 

Roberto  1 

.     1071 

Roberto  II 

.     1093 

Baldovino  VII 

.     1111 

Carlo  I  di  Danimarca  .... 

.     1119 

Guglielmo  Cliton  di  Normandia 

.     1127 

Tierrico  d'Alsazia 

.     1128 

Filippo 

.     1168 

Margherita  I  e  Baldovino  Vili  di 

Hainaut 1191 

Baldovino  IX  (imperatore  di  Costan- 
tinopoli 1204) IlOi 

Giovanna  e  Ferrando  di  Portogallo, 

poi  Tommaso  di  Savoja    .     .     .  1206 
.Margherita  lì  e  Guglielmo  di  Dam- 

pierre 1244 

Guido      . 1280 

Roberto  HI l;^05 

Luigi  I 1322 

Luigi  II 1346 

Margherita  III  e  Filippo  l'Ardilo  di 

Borgogna 1384 

Giovanni  Senza-paura     ....  1404 


TAvoi.r: 


109 


Filippo//  Ruono 1419 

Carlo  11  il  Temerario 1407 

Maria  e  Massimiliatw  d'Austria     .    1  i77 


Filippo  ?7 //(?//o 1482 

Carlo  111  (Carlo  V  d'Austria)      .     .    iìyHi 


g  92.    —  Duchi  di  Normandia. 


Rollone  normanno 
Guglielmo  1  .  . 
Hicardo  I  .  .  . 
Hicardo  II     .     .     . 


....  912 

....  920 

....  943 

....  996 

Ricardo  Mi 1027 

Roberto  1 :     .  1028 

Guglielmo  II  il  Conquistatore    .     .  1055 

Roberto  II 1087 

La  Normandia  è  unita  alla  corona  di  Francia  nel  1203. 


Guglielmo  HI 1096 

Enrico  I 1106 

Stefano  di  Riois 1133 

Gofredo  Plantageneto 1144 

Enrico  II 1151 

Ricardo  IV  Cuor-di-leone      .     .     .  1189 

Giovanni  Senza- «erra  e  Arturo  .     .  1199 


§  93.   —   Bretagna  francese. 


La  Bretagna,  governata  da 

re  sin  dal  383,  è 

Nomenoè  creato  duca  .     . 

...      824 

Erisopoè 

.     .     .      851 

Salomone 

.     .     .       857 

Pasqiiiteno  e  Gurvand 

...       874 

Alano  I  e  Giudicael     .     . 

...       877 

Gurmaglione      .... 

...      907 

Giuel  Berengcrio    .     .     . 

...      930 

Alano  II  Darbatorla     .     . 

...       937 

Drogone  

...       952 

Hoel  I 

...       953 

Guereco 

.     .     .       980 

Conano  I       

...       987 

Gofredo  l 

.     .     .     1002 

Alano  III      .     . 

.     .     .     1008 

Conano  II 

.     .     .     1040 

Hoel  il 

.     .     .     1066 

Alano  Fergente      .     .     . 

.     ,     .     1084 

Conano  III 

.     .     .     1112 

soggiogata  da  Carlo  Magno  e  Lodovico  Pio. 

Eude  e  Hoel  HI 1148 

Conano  IV 1156 

Gofredo  II 1171 

Costanza  e  Arluro  I 1196 

Pietro  Mauclerc  e  Alice  ....  12)5 

Giovanni  I 1257 

Giovanni  II 1286 

Arturo  II .  1505 

Giovanni  IH  ?7  Suono 1512 

Carlo 1541 

Giovanni  IV 1564 

Giovanni  V 1399 

Francesco  1 1422 

Pietro  II 1450 

Arturo  HI 1457 

Francesco  II 1458 

Anna,  moglie  di  Carlo  VIII  e  di 

Luigi  XII 1488 


S94. 


Aquìtania  e  Tolosa. 


Duchi  ereditar]  d'Aquitania. 


Boggis  e  Bertrando 631   i  Unaldo     . 

Eude 688  I  Vaifro      . 

L'Aquitania  vien  riunita  alla  Francia  nel  769. 

Conti  ereditar]  di  Tolosa. 

Fredelone     : 849 

Raimondo  I 852 

Bernardo 854 

Odone 875 

Raimondo  II 918 

Raimondo  ili 923 

Guglielmo  IH 950 

Pons 1037 

Guglielmo  IV 1060 

Filippo  HI  re  di  Francia  ne  raccoglie  la  successione  nel  1272. 


735 
745 


Raimondo  IV    .     . 

1088 

Bertrando     .     .     . 

1105 

Alfonso  I  Jourdain 

1112 

Raimondo  V      .     . 

1148 

Raimondo  VI     .     . 

1194 

Simone  di  Monfort 

1212 

1218 

Amairico  di  Monfor 

t   . 

1218 

1224 

Raimondo  VII   .     . 

. 

1222 

Giovanna  e  Alfonso 

H  di 

Fra 

ncia  . 

1249 

fcfiONOLOOiA 


^  dS.  ^^  Conti  éréditàrj  di  Provenza, 


Bertrando 

1063 

Stefunetto 

1093 

Gerberga  e  Cillìerto 

1100 

Raimondo  Berengario  1  ,  conte  di 

Rarcellona 

1112 

Berengario 

1130 

Raimondo  Berengario  H       .     .'   . 

llii 

Alfonso  I  e  Raimondo  Berengario  111 

110G 

Alfonso  li 

1 1 96 

Raimondo  Berengario  IV     ,     .     . 

1209 

Beatrice  e  Carlo  1  d'Anjou  (re  delle 

Due-Sicilie,  1266-8^2)    .... 

12iS 

Carlo  II  il  Zoppo  re  di  Napoli  .     .  1288 

Boberto  di  Napoli 1309 

Giovanna  di  Napoli 1543 

Luigi  I  d'Anjou,  adottato     .     .     .  1382 

L'iigi  II 138i 

Luigi  111 1417 

Menato  il  fìuotio  Cduca  di  Lorena, 

poi  re  di  Napoli) 1 134 

Carlo  III,  conte  del  Maine    .     .     .  1480 

Luigi  XI  re  di  Francia  .  .  .  .  1481 
La  Provenza  è  incorporata  alla  Francia 

nel  1487. 


§  96.   —  Spagna. 

lìe  Visigoti. 


Atanarico 369  382 

Alarico  1 382  412 

Alaulfo 412  jl\5 

Sigerico 413 

Valila  (I) 41o  419 

Teodorico  I 419  451 

Torrismondo 431  433 

Teodorico  II 433  466 

Lurico  0  Evarico    ....  466  484 

Alarico  II 484  307 

Gesalico 307  311 

Amalarico 311  331 

sotto  la  tutela  di  Teodovico 

(111)  re  degli  Ostrogoti  fino 

al  326. 

Teudi 331  348 

Tendiselo 548  349 

Agila 330  334 

Atanagildo 354  367 

Liuva  I 367  572 


Leovigildo,  associato  dal  369 

Ermenegildo 

Becaredo  1  il  Cattolico     .     . 

Liuva  II 

Viterico 

Gundemaro 

Siselìut 

Becaredo  II 

Suintila    ....     621  dep. 
Ricimero,  associato  dal  625  . 

Sisenand 

Cliinlila 

Tolga 

Chidasuindo 642 

Mecosuindo,  associato  dal  649 
Va m  Ita      ....     672  abd. 

lìrvige 

Egiza 

Viliza 

Roderico  o  Bodrigo   .     .     . 


572 

586 

386 

386 

601 

601 

603 

003 

610 

610 

612 

612 

621 

621 

631  m 

633 

631 

631 

631 

636 

636 

6iO 

640 

612 

632  0 

633 

632 

672 

680  m 

688 

680 

687 

687 

701 

701 

710 

710? 

71! 

Califfato  di  Cordova. 


La  Spagna,  conquistata  dagli  Arabi,  vien 

governata  da  yusefTì  o  viceré  712  —  736 

L'ultimo  vuseffè  privato  del  potere  da  Abd 

el  Ranian  (Abderamo),  il  quale  fonda  il 

califfato  onimiade  di  Cordova. 

Abderamo  I "36  788 

Hesciam  I "788  796 

Al  Ilakem  I 796  822 

Abderamo  II      ....      822  832 

Maometto  1 832  886 

Almundhir 886  889 

Abdallah 889  912 


Abderamo  III     .     . 
Al  Hukem  II      .     . 
Hesciam  II    .     .     . 
Mobammed  al  Mabadi 
Suleimau 


al-Mahad 


Mobammed 

nuovo  . 
Hesciam  II  di  nuovo 
Hamud  , 
Kassim  . 
Yahia  .  , 
Hesciam  1 


di 


912 

961 

976 

1006 

1009 


1010 
1012 
1016 
1017 
1018 
1027  abd.  1031 


961 

976 

1 00(5 

1009 

1010 

1012 
1015 
1017 
1018 
1027 
m.l036 


())  Dis(niss(^  la  nazinnc  dogli  Alani  il  -'(<8,  ilei  quali  i  soli  re  ronosriiiti  sono  Hcspcndial  o  ,\tace  v.  •'•15 


t  A  t'Oli; 

Bmétnbrainento  tiel  caliUato  di'  Cordova: 

Regno  di  Badiijoz  e  Murcia     .     .     1010  Regno  di  Valenza. 

—  Cranata  ...          .     .     1013  —        .Sivijjlia  . 

—  .Saragozza 101  i  —        Toledo   . 

—  Majorca 10J5  —        Cordova 

Navarrci. 


2oj 


i02l 
1025 
1026 
1051 


Aznar  conte  di  Navarra    .       831 

Saiicio  Sancione    .     .     .       81^ 

Garsimin»  o  Garzia  Xiinenes  857 

neirsCjO  prende  il  titolo  di  re. 


Forili  Ilio  .... 
Sancio  I  .  .  .  . 
Garzia  II  ...  . 
Sancio  11  .  .  . 
Garzia  III  .  .  . 
lancio  III  il  Grande 
Garzia  IV  .  .  . 
Sancio  IV  .  .  . 
Sancio  V  \ 
Pietro  I 
Alfonso  I 
Garzia  V  , 


re  d'Aragona 


880 
90o 
926 
970 
994 
1001 
103.5 

1  mi 

1076 
109i 
1104 
M5i 

Sancio  VI 1150 

Sancio  VII 1194 

Tibaldo  i  di  Champagne  .     1234 

Tibaliio  11 1253 

Enrico  I 1270 

Giovanna  I 1274 

Filipi>o  il  Bello      .     .     .     1284 

Regno 

Pelagio 718 

Favilla 757 

Alfonso  I  il  Cattolico     .     .  759 

Froila  I 757 

Aurelio 768 

Silo 774 

Mauregato 783 

Berinudo  I 788 

Alfonso  li  il  Casto     ...  791 

Ramiro  1 842 

Ordogno  I 850 

Alfonso  111  il  Grande      .     .  806 


837 
857 
880 

905 
926 
970 
994 
1001 
1055 
1054 
1076 
1094 
1104 
1134 
1150 
1194 
1254 
1253 
1270 
1274 
1505 
1305 


1516 
1.522 
1528 
1 328 
13i9 
1386 

1425 
1425 


1.522 
1328 
1549 
1343 
158G 
1425 

1479 
1441 


Luigi  il  liiftsoso      .     .     .     1305         1316 

Giovanni  I 1316 

Filippo  il  Lungo  . 
Carlo  1  .  .  .  . 
Giovanna  li  .  .  . 
Filippo  d' Evreiix  . 
Carlo  II  il  Malvagio 
Carlo  III  .  .  .  . 
Giovanni  II,  re  d'Aragona 

nel  1458  .     .     . 
Bianca     .... 

Eleonora 1479 

Francesco  Febo      .     .     .     1479        1483 
Caterina  e  Giovanni  d'AI- 

bret 1485  1510  e  1517 

spo>;liati  da  Fernando  il 

Cattolico  nel  1512. 
Enrico  II  d'AIbrot.     .     .     1517        1.555 
Giovanna    III    d'Albret    e 

Antonio  di  Borbone    1555  1572  e  1562 
Enrico  111  di  Borbone     .     1572 

che  nel  1589  sale  sul  trono  di  Francia 

col  nome  di  Enrico  IV. 


di  Leon  e  delle  Asturie. 


lai 
759 
757 
708 
774 
785 
7X8 
791 
8i2 
850 
866 
910 


Garzia  l 910 

Ordogno  II 913 

Froila  II 923 

Alfonso  IV 924 

Ramiro  II 927 

Ordogno  IH 950 

Sancio  I  il  Grosso      .     .     .  955 

Ramiro  111 967 

Bermudo  II 982 

Alfonso  V 999 

Bermudo  III 1027 


Re  di  Casti  glia  e  di  Leon. 


Ferdinando  o  Fernando  l  succede  in  Ca- 
stiglia  a  Sancio  il  Grande  di  Navarra,  e 
diviene  re  di  Leon  dopo  la  morte  di  Ber- 


mudo 111  nel  1037 
Alfonso  VI  re  di  Leon 
Garzia  re  di  Galizia 
Sancio   II   il  Forte  re  d 

Cartiglia    .... 
Urraca  con  Alfonso  I  d 

Navarra  e  d'Aragona 
Alfonso  VII  (o  Vili)    . 


1054 


1065 


1109 
1126 


1065 
1109 
1091 

1072 

1126 
1157 


Sancio  IH  re  di  Casiiglia 

Ferdinando  II  re  di  Leon 

Alfonso  Vili  //  ^^obHe,  fi- 
gliuolo di  Sancio  IH     . 

Alfonso  IX  ,  figliuolo  di 
Ferdinando  H  re  di  Leon 

Enrico  I        

Ferdinando  HI,  re  di  Ca- 
siiglia nel  1217  e  di 
Leon  nel  1230  .     .     . 

Alfonso  X  «7  Savio    .     . 


1157 
1157 

1158 

1187 
1214 


1252 


913 

925 
924 
927 
950 
955 
967 
982 
999 
1027 
1057 


11.58 
1187 

1214 

1230 
1217 


•1252 
1284 


202 

Sancio  IV -1284 

Ferdinando  IV  ...     .  1293 

Alfonso  XI 1312 

Pietro  il  Crudele    .     .     .  1330 

Enrico  II -1569 

Giovanni  I 1379 

Enrico  ili 1390 


cnoNoi.or.iA 


129S 
1512 
lonU 
1569 
1379 
1390 
1406 


Giovanni  H 1400 

Enrico  IV 1454 

Isabella  1 1474 

Ferdinando  V  il  Cattolico 

d'Aragona      .     .      1474  1304  m. 
Giovanna  la  Pazza      .     .    1304  m. 


Re  d'Aragona. 


Ramiro  I 1033 

Sancio  Ramiro)  ,-  1065 

SI',-  :  I  -™  ^ 

Ramiro  II    .     .    1154  abd.  1137  m 

Raimondo  Rerengario.     .  1157 

Petronilla 1157 

Alfonso  II 1162 

Pietro  II 1196 

Giacomo  0  Giaimo  I    .     .  1215 

Pietro  III 1276 


1065 
1094 
1104 
1154 
1147 
1162 
1172 
1196 
1213 
1276 
1285 


Alfonso  IH 

Giacomo  II,  re  di  Sicilia  . 

Alfonso  IV 

Pietro  IV 

Giovanni  I    .     .     .     .     . 

Martino 

Ferdinando  T     .     .     .     . 

Alfonso  V 

Giovanni  II,  re  di  Navarra 
Ferdinando  II  il  Cattolico 


1285 
1291 
1527 
1556 
1387 
1393 
1412 
1416 
1458 
1479 


1454 

147i 

150i 

1316 
1335 


1291 
i:^27 
1336 
1587 
1595 
1410 
1416 
1458 
1479 
1516 


Ferdinando  V  il  Cattolico, 
147i,  d'Aragona  1179,  di 
di  INapoli  1  sui,  di  Navarra 

Giovanna  la  Pazza      .     . 

Filippo  I  il  Dello    .     .     . 

Carlo  1  d'Austria,  impera- 
tore nel  1319      .     .     . 

Filippo  II 

Filippo  IH 

Filippo  IV 

Carlo  II 

Filippo   V   della  Casa  di 
fiorbone    

I^uigi 

Filippo  V,  di  nuovo    .     . 


Monarchi  di  Spagna. 

Ferdinando  VI  il  Saggio 


re  di  Castiglia 
Granata  1492, 
1512;  m.  1516. 
1504  1503 
1304        1306 

151 6  abd.  1556 
1556  1598 
1598  1621 
1621  1665 
1663        1700 

1700 abd. 1724 

1724 
1724        1740 


§97.  - 

Alfonso  VI  di  Castiglia  e  Leon  dà  le  pro- 
vincia di  Tra-Duero  e  Mino  e  Tra-i- 
monli  a  suo  genero  Enrico  di  Borgogna, 
che  prende  il  nome  di  conte  di  Porto- 
gallo          1095        1112 

Alfonso  Henriquez  re  nel  1 1 59  dopo  la  bat- 
taglia d'Orico,  in  cui  vinse  cinque  re 
Mori,  icui  scudi  conservansi  nello  stem- 
ma portoghese   .     .     .    1112        1185 

Sancio  I 1185        1211 

Alfonso  II 1211         1223 

Sancio  II 1225        1248 

Alfonso  Ili 1248        1279 

Dionigi 1279        1325 

Alfonso  IV 1525        1557 

Pietro  I 1357        1567 

Ferdinando 1567        1585 


1746        1739 

Carlo  111 1759        1788 

Carlo  IV  .     .     .     1788  abd.  1808  m.  1819 
Ferdinando  VII.     .     .     .  1808 

Giuseppe  Buonaparte  .     1808  1815  5  die. 
Ferdinando  VII,  rimesso 

in  trono 1813        1833 

isabella  II,  29  settembre  .  1855 
nel  1 846  maritata  con  l'infante  Don  Fran- 
cisco d'Assisi. 
Don  Carlo  preti-ndente  rinunzia  i  suoi  di- 
ritti al  figlio  principe  delle  Asturie  e 
conte  di  Monte  Molino,  nel  1845;  muore 
a  Trieste  nel  1855. 


Portogallo. 

Cessa  la  lìnea  mascolina,  e  sottentra  il  figlio 
naturale  Giovanni,  grunmaestro  dell'or- 
dine di  Avis,  che,  vinto  il  pretendente 
re  di  Castiglia  nella  battaglia  d'Aljuba- 
rotta,  fu  gridato  re  .     .    1583        1433 

Edoardo 1433        1458 

Alfonso  V 1458        1481 

Giovanni  II 1481         1493 

Emanuele  il  Grande    .     .     1495        1521 
Giovanni  III       ....     1521         1557 

Sebastiano 1557        1578 

Enrico  cardinale,  suo  zio     1578        1580 
Antonio  pretendente,  mentre  il  Portogallo 

è  occupato  da 
Filippo  II  re  ri?  S/)a^na   .     1580        1598 

Filippo  III 1598        1621 

Filippo  IV 1621 


Giovanni  (IV)  il  Fortutiato,  duca  di  fìrarjan- 

ra,gii  toj;lie  il  Portogallo  IGiO        1656 

Alfonso  Vi    .     .     1656  al)(l.  1667  ra.  1683 

Pietro  II,  reggente  dail  667  1683        1706 

Giovanni  V 1706        1750 

Giuseppe 1750        1777 

Maria  I 1777        1816 

Pietro  111 1777        1786 

Giovanni  VI  reggente  1792,  si  ritira  nel 
Brasile  1807;'^re  di  Portogallo  1816,  ri- 
torna in  Lisbona  1821  ;  muore  1826, 
Pietro  IV  (Don  Pedro)  abdica  in  favore  di 


TATOLE  203 

Maria  11  il  1826-,  come  imperator  del 
Brasile  abdica  nel  1831  a  favore  del  suo 
secondogenito  Pietro  II;  muore  nel  183i. 

Maria  II  (Dona  Maria),  sposata  con  P'erdi- 
nando  Augusto  di  Sassonia-Coburgo-Go- 
Iha  nel  1826,  muore  nel  1853. 

Don  Miguel,  dichiarato  reggente  da  Pie- 
tro IV  nel  1827,  s'impadronisce  della 
corona;  vien  cacciato  nel  1833. 

Pietro  V  in  minore  età,  poi  maggiorenne 
al  16  settembre  1855. 


§  98.  —  Gran  Bretagna. 
Re  d'Inghilterra. 


sassoni 


I.a  Bretagna,  soggetta  ai  Romani,  tranne 
la  Caledonia  ,  è  invasa  nel  449  dagli 
Anglo-Sassoni,  che  successivamente  fon- 
dano i  regni 

(  di  Kent .     .     . 
di  Sussex    .     . 
di  Wessex  .     . 
d'Essex.     .     . 
del  iNorthumberland 
d'Èstanglia 
di  Mercia    .     . 
conosciuti  sotto 
sassone. 
Cerdico  re  di  Wessex 

Cbenrico 

Ceolino 

Ceolrico 

Ceolvulfo  .... 
Cinegilo  e  Cwichelmo 
Cenowalco  .... 
Sasburgo      .... 

Censo  

Cedvalla 

Ina 

Adelardo 

Cudredo 

Sigeberto 

Cmulfo 

Britrico 

Egberto  il  Grande  .     .     . 
riunisce  l'eptarchia  sot- 
to le  proprie  leggi,  dal- 
l'809  air827  .... 
Etelvolfo 836 

Etelbaldo     j 

....      8S8 


455 
491 
519 
526 

547 
571 
584 
nome  di  Eptarchia 

519 
,     .  555 

,     .  560 

,     .  592 

597 
611 
643 
672 
673 
68S 
689 
726 
741 
754 
755 
784 
800 


836 


857 
860 


Elelberto     )      •     •     • 

Etelberto  solo    ....  860  866 

Etelredo  I 866  871 

Alfredo  il  Grande  ...  871  900 

Edoardo  I  il  Vecchio  .     .  900  92  5 


Atelstano 925  941 

Edmondo  I 941  916 

Edredo 946  955 

Edwy 955  957 

Edgardo  il  Pacifico     .     .       957  975 

Edoardo  II  il  Martire     .       975  978 

Etelredo  II 978         1015 

Svenone,  re  di  Danimarca    1013        1014 
Etelredo  II,  rfj  nuot'o  .     .    1014        1016 
Edmondo  il       ....     1016        1017 
Canuto  ti  Grande.,  re  di 
Danimarca     ....     1017        1030 

Aroldo  1 J036        1059 

Ardicanuto i039        1041 

Edoardo  IH  il  Confessore    1041        1066 
Cessa  la  discendenza  di- 
retta d'Egberto,  e  sot- 
tentra il  collaterale  A- 
roldo  II  di  Ebsex    .     .  ^066 

Guglielmo  I  di  Normandia 
conquista  l'isola,  e  pian- 
ta la  dinastia  normanda  1066  1087 
Guglielmo  II  il  Rosso  .  .  1087  1100 
Enrico  I  Beauclerc  .  .  1100  1135 
Stefano  di  Blois  .  .  .  1135  1154 
Enrico  II  Plantageneto  di 

Anjou UU        M89 

che  ha  dal  padre  l'Anjou,  dalla  madre  la 

Normandia,  dalla  moglie  la  Gujenna  e 

il  Poitou,  e  conquista  l'Irlanda. 

Kìcardo  Cuor- di  leone.     .     1189        li 99 

Giovanni  Senza-terra  .     .     1199        1216 

Enrico  111 1216        1272 

Edoardo  I 1272        1307 

Edoardo  II 1307        1527 

Edoardo  III 1527        1577 

ebbe  due  figli,  Giovanni  Gand  duca  di 
Lancastcr,  che  portava  nello  scudo  una 
rosa  rossa;  e  Edmondo  duca  di  York, 
che  portava  una  rosa  bianca:  donde  due 


^i)Ì 


linee  coiiaterali ,  che  dispiutsrons 
oUanl'anni  il  dominio. 
Ricardo  II     .     .     1377  dep.  1399  m.  ^iOO 
Enrico  IV      .....     1599        1il3 

Enrico  V 1415        14-22 

Enrico  VI      .     .     1422.  dep.  1'i61  m.  1471 
Edoardo  IV  di  York    .    1461  e  1471   1485 

Edoardo  V l'iSS 

Ricardo  III 1483        148S 

Enrico  VII 1585        1509 

die  sposando  Elisabetta  di  York  nel  1486 
riconcilia  le  due  Rose.  Egli  era  fijilio  di 
Edoardo  Tiidor  conte  di  Ricliemond  ; 
onde  la  linea  fu  delta  dei  Tudor. 

Enrico  Vili 1509        1547 

Edoardo  VI 1547        1555 

Maria  I  la  Cattolica  o  la 

Sanguniana,  sua  sorella  1553        1558 
Giovanna  Grey,  sua  nipote    1553        1554 
Elisabetta,  figlia  di  Enri- 
co Vili 1558        1605 

Margherita,  altra  figlia  d'Enrico  Vili,  avea 
sposato  Giacomo  IV  di  Scozia,  e  generò 
Giacomo  V  e  Margherita  moglie  di  Mattia 
Stuart  conte  di  Lenox.  Maria,  figlia  di 
Giacomo  l  e  regina,  prese  in  seconde 
nozze  Enrico  Stuart  figlio  di  Margherita, 
e  partorì  Giacomo  VI,  che  successe  al 
trono  d'Inghilterra  col  nome  di  Giaco- 
mo I     1 6U5        1 625 

Carlo  I 1625decap.  1619 

Interregno    .....     1649  —  1655 
Oliviero   Cromwell ,    lord 

protettore      .     .     .     .     1655        1658 
Ricardo   Crom^^•ell  ,   lord 

protettore.     .     1658  abd.  1659  ra.  1712 

Carlo  II 1660        1685 

Giacomo  II    .     .     1685  dep.  1689  m.  1701 
Guglielmo  111  di  Nassau, 
e  Maria  II  figlia  del  pre 

cedente 1689        1695 

Guglielmo  HI  solo.  .  .  1695  1702 
Non  ha  prole,  e  succede 
Anna  sorella  di  Maria  li, 
maritata  con  Giorgio 
principe  di  Danimarca.  1702  1714 
Giacomo  Ili  (il  cavaliere 
di  San  Giorgio)  preten- 
dente       1701 


fìRONOLOtilA 

per 


Anna  tìoH  corisérVò  figli;  é  il  paria!iien(<) 
dichiarò  succedere  Sofia  nipote  di  Gia- 
como 1,  principessa  palatina  elettrice  di 
Hannover.  Perciò  al  trono  inglese  sale 

suo  figlio  Giorgio  Luigi  col  nouie  di 

Giorgio  I 1714  1727 

Giorgio  H 1727  1760 

Giorgio  111 1760  1820 

Giorgio  IV  (rp(/.7en/e  1810]     1820  1850 

Guglielmo  IV  '.     .     .     .     1850  1857 
Vittoria  regina,  20  giugno     1837 

Stimiamo  bene  soggiungerei  nomi  de' primi 
ministri  inglesi,  importanti  più  che  i  re: 

Guglielmo  PiU 1760 

Conte  di  Rute 1761 

Giorgio  Grenville 1763 

Marchese  di  Hockingam  ....  1765 
Guglielmo  Pitt  (ora  conte  di  Cha- 

tam)  di  nuovo 1766 

Duca  di  Grafton 1768 

Lord  North 1770 

Marchese  di  Rockingam  di  nuovo  .  1782 

Conte  di  Shelburne 1782 

North  e  Fox  [ministero  della  coali- 
zione)        ...  1785 

Guglielmo  Pitt  (secondogenito  del 

precedente) 1783  o  1784 

Enrico  Addington 1801 

Guglielmo  Pitt  il  giovane  di  nuovo  180i 

Guglielmo  Grenville 1800 

Duca  di  Portland 1807 

Spencer  Perceval 1809 

Conte  di  Liverpool 1812 

Giorgio  Canning 1827 

Visconte  Goderich 1827 

Duca  di  Wellington 1828 

Contedi  Grey 1850 

Duca   di    Wellington   temporaria- 

mente 1831 

Visconte  di  Melburne 1854 

Sir  Roberto  Peel 1834 

Visconte  di  Melburne  di  nuovo  .     .  1835 

Sir  lioberto  Peel  di  nuovo    ,     .     .  1841 

Lord  Gioviinni  Russell     ....  1846 

Lord  Paimcrston 1848 

Lord  Derby 1858 

Lord  Palmerston 1859 


Ottanta  re  incerti  da  Fer- 
gus  1  sino  a  Malcolm  HI, 
successore  di  Machet    . 

Donakio  VI 

Duncano  II 1094 


Re  di  Scozia. 

Donaldo  VI  di  ìmovo  . 

.     1095 

1098 

Edgardo 

.     1098 

1107 

1057 

1093 

Alessandro  1       ... 

.     1107 

1124 

1095 

1094 

Davide  1 

.     1124 

1153 

1094 

1095 

Malcolm  IV  ...     . 

.     1153 

1164 

TAVOI.K  '                                                      205 

Guglielmo Ilfiri        1214  j  Giacomo  I 1  iOfì        1437 

Alessandro  II     ...     .     11214        1249      Ciacomo  II 14.^7        1460 

Alessandro  III    ....     1249        1286  '  Giacomo  III 1460        1488 

Guerre  civili  dal  l'iati  al  Ì310,  dispulan-  \  Gìiicomo  W 1488        1513 

dosi  la  corona  i  Bailleul,  i  tìruce  e  gli      Giacomo  V 1513        1542 

Stuart.  Maria  di  Lorena  m;,(/m/e .     1542        1560 

.Margherita 1286        1291  Maria  Stuart    15i2al)d.  1507  decap.  1587 

Giovanni  Bailleul  0  Baliol     1292dep.1296  |  Enrico  Stuart  (Darnley)   .    1165        1567 

m.1314        I  Giacomo  VI 1567 

Roberto  I  Bruce     .     .     .     1506        1529  j       è  fatto  re  d'Inghilterra  col  nome  di  Gia- 

Davide  II  Bruce      .     1329  o  1342     1347  comò  I. 

Edoardo  Bailleul    1532  abd.  1356  m.  1363  ■  Nel  1707  ha  luogo  l'assoluta  unione  dei 

Davide  II  di  nuovo      .     .     1356        1370  due  paesi,  che  formano  il  lìegno  Unito 

Roberto  II  Stuart    .     .     .     1570        1590  della  Gran  Bretagna. 

Roberto  III 1390        1406 


99, 


Re  di  Danimarca. 


La  serie  non  s'accerta  che  dal  ix  secolo. 
Olao  III 809  810  m.  81  4 


Emmingo 

810 

812 

Sivardo  Ringo 

812 

817 

Araldo  V      . 

817 

8i3 

Sivardo  II     . 

843 

846 

Erico  I    .     . 

846 

8i7 

Erico  II  .     . 

847 

863 

Canuto  I 

863 

873 

Frolo  . 

873 
889 

889 

Gormo  II 

897 

Araldo  VI     . 

897 

919 

Gormo  111     . 

919 

950 

Araldo  VII  Blaatand  . 

930 

980 

Svenone  1  ed  Araldo  VII 

980 

1014 

il  primo,  dei  quali  re 

di  Norveg 

ia  nel 

1000,  e  d'Inshilterra 

nel  1013. 

Canuto  II  il  Grande  . 

1014 

1036 

Canuto  III  (Ardicanuto) 

1036 

1041 

Magno,  re  di  Norvegia 

1042 

1047 

Svenone  II  estritide  . 

1047 

1074 

Interregno     .... 

1074  — 

\  076 

Araldo  IX     ...     . 

1076 

1080 

Canuto  IV  il  Santo    . 

1080 

1086 

Olao  IV  (0  1)    .     .     . 

1086 

1095 

Erico  III       .... 

1095 

J103 

Nicola      

1105? 

1J55 

Erico  IV 

1135 

1)57 

Erico  V 

1 1 37 

1147 

Svenone  III  e  Canuto  V 

1 1 47 

1 1 57 

Valdemaro  I      .     .     . 

1 1 57 

1 1 82 

Canuto  VI    ...     . 

1182 

1202 

Valdemaro  II     . 

1202 

1241 

Valdemaro  III  coreggente 

!     1219 

1251 

Erico  VI  il  Santo 

1241 

1250 

Abele  .     .     . 

1250 

12.52 

Cristoforo  I 1252        12.59 

Erico  VII 1259        1286 

Erico  Vili 1286        1519 

Cristoforo  li      .     1320  dep.  1326  m.  1333 


1326  —  1340 
1340  1375 
1.376         1387 


1387 


1412 


Anarchia 

Valdemaro  IV   ...     . 

Olao  V  (0  II)    .     .     .     . 

Margherita,  regina  di  Nor- 
vegia e  Svezia  nel  1389 

Erico  IX  1 396,  solo  1 41 2  dep.  1 459  m.  1 459 

Cristoforo  III     ...     .     14i0        1448 

Cristiano  o  Cristierno  I  .  1448  1481 
della  Casa  di  Oldenburg,  la  quale  pre- 
tende discendere  dal  sassone  Witikindo, 
e  che  nel  1459  prese  il  titolo  di  Sleswig- 
Ilolstein. 

Giovanni 1 

Cristiano  II  . 

Federico  I    . 

Interregno     . 

Cristiano  III 

Federico  II  . 

Cristiano  IV 

Federico  III 

Cristiano  V  . 

Federico  IV 

Crisi  ia  no  VI 

Federico  V  . 

Cristiano  VII 

Per  transazione  del  1773,  l'IIolstein  passa 
alla  Casa  reale,  in  cambio  dell'Olden- 
burg  e  Delmenhorst. 

Federico  VI      ....    1808 

Cristiano  Vili  (re  di  Nor- 


1481 

1513 

.  1523m 

.1559 

1525 

1553 

1533  - 

1534 

1534 

1559 

1559 

1588 

1588 

16i8 

16i8 

1 670 

1670 

1C99 

1699 

1730 

1730 

1746 

1746 

1766 

1766 

1808 

vegia  nel  1814)       .     .     1839 
Federico  VII,  20  gennajo     18  58 


1839 
1848 


206 


CnONOLOGlA 


§  100. 


Re  di  Svezia. 


VIU 


solo 


La  cronologia  dei  re  di  Svezia,  che  diceansi 
discendere  dall'eroico  Lodl)rok,  non  ac- 
quista certezza  che  al  secolo  xi. 

Olao  III  Skoetkonung 

Anundo  Giacomo 

Emiindo  III  .     . 

Stenchill  111      . 

Erico  VII  ed  Erico 

Acquino  I     .     . 

Ingo  I      .     .     . 

Ahfano    .     .     . 

Filippo     .     .     . 

Ingo  II  dal  1H2, 

Suercher  !.. 

Erico  IX  il  Santo 

Carlo  VII      .     . 

Canuto  Ericson 

Suercher  II  .     . 

Erico  X  Canutson 

Giovanni  I    .     . 

Erico  XI  io  Scìlinqìiafo 

Valdemaro  dei  Folkunger 

(Birqer reggente)  ]^^0  dep.  127b  m.  1293 

Magno  I 1275        1200 

Birger  II      .     .     1290dep.  1519  m.  1326 

Magno  II,  re  di  Norvegia    1319dep.13fi3 

Erico  XII 1350        1359 

Acquino  II,  re  di  Norvegia    1 361  dep.1 565 

m.  1380 

Alberto     .     .     .     1363  dep.  1389  m.  1412 

Margherita,  regina  di  Da- 
nimarca     1389        1412 

Erico  XIII)  re  (  1412dep.1459 

Cristoforo  'di  Danimarca»  1440        14i8 

Carlo  VIII  Canuti^on    1448  1457  m.  (470 

Stenon  Sture,  amministra- 
tore           1470        1497 


1001 

1026 

1026 

1051 

1051 

1056 

1056 

1066 

1066 

1067 

1067 

1079 

1080 

1112 

1080 

1090 

1112 

1118 

1118 

1129 

1133 

1155 

1155 

1161 

1161 

1168 

1168 

1199 

1199 

1210 

1210 

1216 

1216 

1222 

1222 

1250 

Giovanni  II,  re  di  Dani- 
marca      1497        1513 

Stenon  Sture,  amministra- 
tore di  nuovo      .     .     .     1501        1503 
Svante  Nilson  Sture,  am- 

minif^tratore  ....  1503  1513 
Stenon   Sture  il   Giovane 

(o  W),  animinitfratore  .  1515  1520 
Cristiano,  re  di  Danimarca  1520  1523 
Gustavo  I  Wasa  .  .  .  1523  1560 
Erico  XIV  .  .  1560  dep.  1568  m.  1578 
Giovanni  III  ....  1568  1592 
Sigismondo,  re  di  Polonia    1592dep.1604 

m.l632 

Carlo  IX 1604        1611 

Gustavo  II  Adolfo.  .  .  1611  1652 
Cristina  .  .  .  1633  abd.  1654  m.  1689 
Carlo  X  Gustavo    .     .     .    1654        1660 

Carlo  XI 1660        1697 

Carlo  XII 1697        1718 

Ulrica  Eleonora,  moglie  di     1719abd.1720 

m.l744 
Federico  I,  landgravio  dì 

A<!Sin- Castel  ....  1720  1751 
Adolfo  Federico  II  di  Hol- 

stein-Gottorp      .     .     .     1751         1771 

Gustavo  III 1771         1792 

Gustavo  IV  Adolfo  .  .  1792abd.l809 
Carlo  Xlll  suo  zio,  re  di 

Norvegia  1814    .     .     .     1809        1818 
Carlo  XIV  Giovanni  (Bernadotie),  soldato 
francese,  divenuto  principe  di  Ponte  Cor- 
vo, e  destinato  successore  nel  1810,  re 
di  Svezia  e  Norvegia    .    1818        1844 
Oscar  I,  8  marzo  .     .     .     1844        1859" 
Carlo  XV,  9  luglio     .     .     1859 


§  101, 


Re  di  Norvegia. 


Araldo  I,  Hacer  Focger  . 

Erico  I  Blodoexo  .    931 

Acquino  I     

Araldo  II 

Acquino  II 

Olao  (Olof)  I    .     .     .     . 
Svenone,  re  di  Danimarca 

Erico  II 

Olao  II  il  Grosso  o  il  Santo 

Svenone  II 

Magno  I,  re  di  Danimarca 
1042 


863  abd.  930 
m.  954 
dep.  936  m.  954 


956 
963 
978 
994 
1000 
1014 


965 

978 

994 

1000 

1014 

1018 


1018dep.1029 

m. 1055 
1050        1036 


1056 


1047 


Araldo  III 

Magno  II 

Olao  III  1066,  solo     .     . 

Magno  III 

Olao  IV    

Eysten  1 1105,  con  Sigurd 
Sigurd  I  1103,  solo  .  . 
Magno  IV  e  Araldo  IV    . 


1047 
1066 
1069 
1087 
1103 
1116 
1122 


1066 
1069 
1087 
1103 
1116 
1122 
1130 


Araldo  IV  solo  .     . 
Sigurd  II  e  Ingo  I 
Eysten  II     .     .     . 
Magno  V      .     .     . 
Acquino  III .     .     . 


11 


11 50 abd.  11 35 

m.1159 

1155        1156 

36  1155  6  1161 

1142        1157 

1142 
1161        1162 


TAVOLE 


207 


Sigurd  III 1462        1163 

Magno  VI 1165?      1185 

Suerrer  o  Svert     .     .     .  11 83        1202 

Acquino  IV 1202        120i 

Ingo  II  compelitore    .     .  1202 

Gultorm 1204        1203 

Ingo  II  (0  III)  .     .     .     .  1203        1217 

Acquino  V 1217        1247 

lìen .  1218 

Siqurd  IV 1220 

Acquino  VI 1247        1205 

Miigno  VII 1265        1280 

Erico  II 1280        1299 


Acquino  VII      .... 
Magno  Vili,  re  di  Svezia 

Acquino  Vili  associato  dal 
13ì:ì 

Olao  V,  re  di  Danimarca 
1576 

Interregno 1587 

Margherita,  figlia  di  Val- 
demaro IV  di  Danimarca    1389 

La  Norvegia  unita  alla  Danimarca  sino  al 
1814,  quando  Cristiano  Federico  abdica, 
ed  è  unita  alla  Svezia. 


1299 

1319 

1319t 

l)d.1530 

m. 

1374 

1330 

1580 

1380 

1387 

1587 

—  1389 

1412 


§  102.    —  Grauprincipì,   czar  e  imperatori  di  Russia. 

Prima   dinastia. 


Rurik   normanno  ,  gran- 
principe    ....  V.  860  879 
Oleg  recigenie     ....  879  915 
Igor,  figlio  di  Rurik  .     .  913  943 
Olga  sua  vedova,  reggente  943  933  m. 968 

Sviatoslaf  I 943  973 

Jaropolk  I 973  980 

Vladimiro  I  il  Grande     .  980  1013 

Sviatopolk  I      .     .     .     .  1013  1018 

Jaroslaf  I 1019  1034 

]s\as\&n  [deposto  due  volte)  1034  1078 

Vseslaf 1067 

Sviatoslaf  II      ....  1073  1076 


Vsevolod  I 1078  1093 

Sviatopolk  II     .     .     .     .  1095  1115 

Vladimiro  II      ....  1115  1123 

Msilislaf  I 1123  1132 

Jaropolk  II 1132  1138 

Viaceslaf 11.38  1154 

Vsevolod  II 1138  1146 

Igor  II 1146 

Isiaslaf  II 1146  1134 

Juriè  (Giorgio)  I  Dolgoruki, 

dura  di  Suzdal  ìì2o    .  1147  1157 

Rostislaf 1134  1162 

Isiaslaf  HI 1157  1167 


Seconda  dinastia. 
Granprincipi  di  Vladimiria, 


Andrea  I  Bogoliubski,  prin 

cipe  di  Suzdal 
Michele  I 
Vsevolod  III 
Juriè  II  .  . 
Costantino  . 
Jaroslaf  II  . 
Sviatoslaf  HI 
Andrea  di  Suzdal 


1134 
1173 
1177 
1215 
1217 
1238 
1247 
12i9 


Alessandro  I  Newski .   1249  o  1231 


1173 
1177 

1212 
1238 
1218 
1247 
1 249 
1231 
1263 


Jaroslaf  HI  .  . 
VVasili  (Basilio)  I 
Demetrio  I  .  . 
Andrea  II  .  . 
Daniele  .  .  . 
Basilio  di  Suzdal 
Michele  II  .  . 
Juriè  HI .  .  . 
Demetrio  H  .  . 
Alessandro  II     . 


1263 

1272 

1272 

1276 

1276 

1294 

1294 

130i 

1295 

1304 

1504 

1519 

1318 

1524 

1324 

1327 

1327 

1559 

Granprincipi  di  Mosca. 


Ivan  (Giovanni)  I  Kalita  .  1528  1340 

Simeone 1340  1333 

Ivan  H 1333  1359 

Demetrio  HI  .  1359  dep.  1362  m.  1584 
Demetrio  IV  (o  III  bis) 

Donski       .....  1362  1389 

Basilio  II 1389  1425 

Basilio  IH  il  Cieco  .  .  1425  1462 
Ivan  HI  (primo  autocrato, 

1494) 1i62  1303 


1553 


Basilio  IV 1305 

Ivan  IV  Wasilievitz  (primo 

czar,  1543)     ....     1333         1584 

Fedor  (Teodoro)  I      .     .     1384        1598 

Con  lui  finisce  la  discendenza  maschile  di 
Rurico  :  ma  sua  sorella  Maria  Iwanowna 
avea  sposato  Fedor  Nikitic  della  Casa  di 
Romanof,  la  quale  così  sottentrò  col  figlio 
di  lei  Michele,  dopo  i  seguenti 

Boris  Godounof      .     .     .    1598        1605 


CRONOLOGIA 


Fedor  li  Godounof     .     .  IGOo 

Il  fiilso  Demetrio  (Gregorio 
Otrepiev) 1G05        IGOG 

Terza   dinastia 

Michele  III  Fedorovitz    .     JGIS        1645 

Alessio  Michelovitz     .     .     1615        "1676 

Fedor  H  (o  III)  Alessiovitz    .1676        1682 

Pietro  «7  Grrade     .     .     .     1682        172S 

che  nel  1721  prende  il  titolo  d'iwpera- 

tore,  conservando  quello  A'autocrato  di 

tutte  le  Russie. 

Sofia  coreggente  .     .     1686  1689  m.  170i 

Ivan  V 168-2        1696 

Caterina  I 1723        1727 

Pietro  II  Alessiovitz  .     .     1727  730 

Si  spegne  la  linea  mascolina  dei  Romanof, 
e  succede  la  figlia  di  Ivan,  fratello  mag- 
giore di  Pietro  1. 


Basilio  V  Sciuiski  , 
Vladislao  di  Polonia 


1606dep.16l0 

11).  1611 
1610        1613 


dei    Romanof. 

Anna  Ivanovna       .     .     .     1750        17i0 

Ivan  VI    .     .     .     1740 dep. 1741  m. 1762 

Elisabetta  Petrovna    .     .     1741         1761 

che  dichiara  successore  Pietro,  figlio  di 

sua  sorella  Anna  e  del  duca  di  Molstein- 

Gottorp,  onde  una  nuova  linea  sottentra. 

Pietro  III 1762 

Caterina  II 1762        1796 

Paolo  I 1762  0  1796  1801 

Alessandro  Ili  (vulyarmen- 

te  I j,  re  di  Polonia  1815     1 801         1 823 

Nicolò  I 1823        18o3 

Alessandro   II ,   2   marzo 

(18  fehbrajo)  .     .     .     .     1853 


§  103. 


Re  di   Polonia. 


1  Polacchi  considerano  primo  re  Lech 
{Lecco),  che  regnò  nel  ìjOI  ;  ina  la  storia 
non  ci  porge  alcuna  certezza  sin  alla 
dinastia  dei  Piasti  nel  ix  secolo. 


Craco V. 

Premislao  I  .     .     .     .  v. 

Lecco  II 

Lecco  III 

Popiele  I 


600 
730 


....  804 
....  810 
....       813 

Popiele  II 830 

Interregno     .... 

Piast,  duca  di  Polonia 

Ziemovist      .... 

Lecco  IV      .... 

Ziemomislaf .... 

Mieczilaf  o  Micislao  I 

Boleslao  I     .     .     .     . 


Micislao  II  . 

Anarchia  .     . 

Casimiro  I  .     .     . 

Boleslao  II  .     .     . 

Vladislao  I  Hermann 


840    - 
842 
861 
892 
913 
962 
.     .     .       992 
1025 abd. 1032  m 
.     .     .     1032  — 
.     .     .     1042 
.     .     .     105S 
1081 


Boleslao  III 1102 


810 

815 

850 

840 

842 

861 

892 

913 

962 

992 

1023 

1037 

10i2 

1058 

1081 

1102 

1138 


Vladislao  II  .     .     1138  dep.  1 146  m.  1 139 

Boleslao  IV 1146  1172 

.Micislao  III 1173  1177 

Casimiro  lì 1177  1194 

Lecco  V H9i  1227 

con  Micislao  III  ritornato  1199  1201 

con  Vladislao  III      .     .     1202  1207 

Boleslao  V 1227  1279 

Lecco  Vi 1279  1289 

Interreuno 1289  —  1293 

Premislao  II,  re  .  .  .  1293  1296 
Vladislao  IV  Lo/t/e/e/c.  .  1296  1300 
Venceslao  re  di  Boemia  .  1300  1306 
Vladislao  IV  rimesso  in  trono1306  1355 
Casimiro  III  il  Grande  .  1333  1370 
Luigi  d'Anjou  re  d'Ungheria  1370  1382 
Maria  e  Edvige  .  .  .  1382  1584 
Edvige  sola  .  .  .  1384  1386  m.  1399 
Vladislao  V  Jagellone  .  .  1386  1434 
Vladislao  VI,  re  d'Unghe- 
ria dal  1440  ...  1434  1444 
Casimiro  IV,  granprincipe 

di  Lituania  dal  1440(1)    1443  1492 


(<) 


Granprincipi  di  Lituania  anteriori  a  Jagellone  e  a  Casimiro  IV. 


Ringoili V. 


1220 


Mendog 1208         -1263 

Tioinat 1263         -1261 

Volstinik -1265         -1267 

Suintorog -1268         1270 

Gcimond        1270          I2T5 

Giligin 1273          1278 

Umnunil 1278         1279 

Trnl) f280 

Narimuiid 1280 

TroiJou 1282 


Wilcn H282         1 

Gedimin -1315         1 

Invnut 1328  dep.  1330  m.  4 

OlgierJ 1350  1 

Kitóistut -1381  1 

Jagellone,  poi  re  di  Polonia.     .     -1381  I 

Skirgcil  0  Casimiro      .     -1387  dcp.  -1392  ni.  1 

Yilold 1392  1 

Svidrigt'Il  0  lìuieslao    .      1-430  dcp.  1 '(32  ni.  1 
Sigismondo    .......     1432  I 


3(5 
528 
5(13 
581 
382 
380 
5'.)i 
'.30 
io  2 
'.  10 


TAVOLE 


:20'J 


Giovanni  I  Albert  .  .  . 
Alessandro  I  .  .  .  . 
Sigismondo  I  .  .  .  . 
Sigismondo  II,  o  Augusto  I 

Interregno 

Enrico  di  Valois  .  .  . 
Stefano  Batori  .... 
Sigismondo  III,  re  di  Sve- 
zia dal  1592  al  i60t  . 
Vladislao  VII  ...  . 
Giovanni  II  Casimiro  .     . 

Michele  Wisniowiecki  (Ko- 

ribulh) 

Giovanni  III  Sobieski  .  . 
Augusto  II 


1492  4 SOI 
1501  1506 
150G  1548 
1548  1572 
1572  —  1573 
1573dep.1574 
1574        1586 

1587        1632 

1652        1648 

1 648 abd.  1668 

m.1672 

1669  1673 
1674  1696 
1697         1704 


Stanislao  Lesczynski  .     . 
Augusto  II  rimesso  in  trono 
Stanislao  I  Lesczynski     . 


Augusto  III 

Interregno 

Stanislao  I  Poniatowski  . 

Sbrano  della  Polonia. 
Federico  Augusto,  gran- 

principe  di  Varsavia    . 
Alessandro  imperatore  di 

Russia 

Nicolò 

Alessandro  II     ...    . 


1704abd.l709 
1709  1733 
1733 abd.  1734 

m.l766 
1733        1763 
1763  —  1764 
1764 abd.  1795 
0 1796 m. 1798 


1806  1815 

1815  1825 

1825  1855 
1855 


g  104.  —  Re  di  Prussia. 

Popolazioni  vendale  occuparono  il  paese  di  Boemia  fin  al  Baltico  sulla  riva  orien- 
tale dell'Elba.  Enrico  di  Germania,  vintele,  nel  926  nominò,  per  difesa,  dei  conti 
della  Sassonia  settentrionale  (Vecchia  iMarca).  Alberto  VOrso  conte  d'Ascania  che  la 
possedeva,  dopo  distrutti  i  Vandali,  s'intitola  margravio  o  marchette  di  Brandeburgo 
1138.  La  sua  linea  governò  sin  al  1520  quando  s'estinse.  Allora  Luigi  V  imperatore 
diede  la  marca  a  suo  figlio  Luigi  1322.  Carlo  IV  imperatore  la  donò  a!  proprio  figlio 
Venceslao,  e  questi  a  Sigismondo,  che  la  diede  in  pegno  a  Jodoco  marchese  di  Mo- 
ravia. Alfine  Federico  governatore  della  marca  Elettorale  ebbe  per  quattrocentomila 
fiorini  la  marca  di  Brandeburgo,  la  dignità  elettorale,  e  il  titolo  di  granciambellano 
ereditario  dell'Impero  1415.  L'undecimo  elettore  Federico  Guglielmo  prese  il  titolo  di 

sovrano  di  Prussia  pel  trattato  di  Wehiau 1657        1688 

Federico  I  re  di  Prussia  1701 1688        1713 

Federico  Guglielmo  I 1713        1740 

Federico  II  il  Grande 1740        1786 

Federico  Guglielmo  II 1786        1797 

Federico  Guglielmo  HI 1797        1840 

Federico  Guglielmo  IV,  7  giugno 1840        1861 

Federico  Guglielmo  V,  2  gennajo 1861 

§  105.   —  Re  di  Hannover. 

Imperante  Carlo  Magno,  l'Hannover  era  occupato  da  popolazioni  sassone.  Nel  x  secolo 
vi  prevalsero  le  famiglie  di  Brunswick,  Nordheim,  Billung  e  Supplinburg.  Enrico  il 
Superbo  di  Billung,  duca  di  Baviera  nel  1126,  per  matrimonio  stese  il  dominio  su 
quasi  tutto  il  paese.  Ernesto  Augusto,  del  ramo  di  Brunswick  Luneburg,  nel  1692 
fu  fatto  elettore,  e  sposando  Sofia  nipote  di  Giacomo  1  d'Inghilterra,  acquistò  diritti 
eventuali  a  q  jel  trono,  su  cui  infatti  salì  nel  1714  Giorgio  Luigi  suo  figlio  col  nome 
di  Giorgio  I.  Da  quest'epoca  al  1837  l'elettorato  d'Hannover  venne  governato  a  parte 
dai  re  della  Gran  Bretagna.  Occupato  dai  Francesi  nel  1805,  restituito  a' suoi  antichi 
signori  nel  1813,  nel  1815  9  giugno  fu  costituito  regno.  Nel  1837  salita  al  trono 
inglese  Vittoria  nipote  di  Guglielmo  IV,  il  regno  d'Hannover  seguì  nella  linea  ma- 
scolina, onde  lo  possedè  il  fratello  minore  d'esso  Guglielmo,  Ernesto  Augusto  duca 
di  Cumberland 1851 

Giorgio  V,  18  novembre 1851 


Canili,  Documenti.  —  Tomo  1,  Cronologia. 


14 


m 


CRONOLOGIA 


§  106.  —  Olanda. 


Guglielmo   1   di    Nassau- 
Orange,  slatolder    .     .     1559 


Enrico  Federico    .     .    . 

J  oot 

■1625        i 

Guglielmo  II     ,     ;     .     . 

1647        i 

Soppresso  lo  statolderato 

fino  a  Guglielmo  III     . 

1672        i 

Soppresso  lo  statolderato 

fino  a  Guglielmo  IV 

MAI        \ 

Guglielmo  V     .     .     .     . 

1751         \ 

abdica  1800,  muore  1806 

Repubblica  democratica  . 

1795 

Repubblica  baiava      .    . 

1798 

158i 
1625 
1647 
1650 

1702 

1751 

1795 


con  un  granpensionario 

Scbimmelpenninck.     .  1805 

Luigi  Buonaparte  re  .     .  1806 

Aggregata  alla  Francia    .  1810 
Guglielmo  I  s'intitola  re 

dei  Paesi  Bassi  ...  1814 

re  d'Olanda   ....  1831 

rinunzia    .....  1 840  m.  1843 

Guglielmo  II  re  d'Olanda  1840        1849 

Guglielmo  III,  17  marzo  1849 
il  Belgio  si  separa  dall'Olanda  nel  1830. 
Leopoldo  di  Coburgrede/ 

Belgio,  4  giugno     .     .  1832 


g  107.   —   Montenegro. 


Daniele  Pétrovic  eletto  metropolita 

a  Celine 1097 

Sava 1737 

Vasile 1750 


Pietro  I 1782 

Pietro  II 1830 

Daniele 1851 

Nicola  Pétrovic  ^'jegosch     .     .     .  18G0 


§  108.   —  Stati  Uniti. 


Washington  ,  presidente  del  Con- 
gresso     1789  1797 

Adams 1797 

Jefferson  .  ^ 1801. 

Madison   .  * 1805 

Monroe 1817 

Quincy  Adams 1825 

Jackson 1829 


Ruren 1837 

Harrison,  poi  Tyler 1841 

Polk 1845 

Taylor 1849 

Filìniore 1850 

Pierce 1853 

Buchanan 1857 

Lincoln 1861 


g  109.  —  Messico. 


Montezuma  imperatore  m.  1520 

Quetvalaca 1520 

Gualimozin 1520        1522 

Domi  nazionespagnuola  fino 

all'agosto 1821 

Iturbido  Agostino  I  impera- 
tore   1822abd.l823 

Repubblica  federale.  Presi- 
denti: Vittoria     ...  1824 

Pedrazza 1828 

Guerrero 1828 

Bustamente 1829 

Santa-Anna 1832 

Bustamente  di' nuouo    .     .  1836 
Governo   centrale.     Presi- 
dente: Parcdcs    .     .     .  1841 


Santa-Anna  dittatore    .     .  1843 

Governo  centrale.  Presiden- 
ti :  Ilerrera      ....  1844 
Parèdes  di  nuovo     .     .     .  1846 
Repubblica  federale.  Presi- 
denti: Santa-Anna  di  «uoro     18i7 
Herrera  di  «uoro     .     .     .  1848 
Varie  mutazioni  finché  al  6  gennnjo  18o3 
la  repubblica  federale  cessa,  e  al  20aprile 
sotlentra  la  ditlaf  ura  di  Santa-Anna.  Que- 
sti abdica  nell'agosto  1855,  e  gli  succe- 
dono come  presidenti: 

Carré  ra 1855 

Alvarez      .......  1856 

Comonfort 1857 

r.cuilo  Juiirez      .     .     ,  18.^8  e  18(^1 


TAVOLE 


211 


§  MO.   —  Perù. 


Manco-Ciipac   I   inca ,   e 

Coya-Oclla 
Sinchi-Roca 
Lloqiie-Yiipanqui 
Mayta-Capac 
Capac-Yupanqu 
Roca   .     .     . 
Yahuarhuacac 
Viracocha     . 
Pachacutec  . 


HOO 


Inca  Yupanqui  ....  — 

Tupa  Yupanqui ....  — 

Ilunna-Capac  ....  iri26?  iri29 
Ataliualpa  o  Atabalipa     .     1529        1533 

Hua^car i529        1532 

Manco-Capac  II  ...  1533  1537 
Domi  nazione  spagnuolafinoalla  repubblica. 
Presidente:  Ramon  Castilla  1843 

rieletto  nel     ...     .  1855 

poi  ancora  l'ottobre     .  4858 


§  HI.   —  Colombia, 

Proclamata  repubblica  da  Bolivar  17  dicembre  1819,  vi  si  uniscono  Caracas  e  la  Nuova 
Granata  18J9,  poi  Quito  1821,  e  Panama  1823.  Nel  1831  si  divide  nei  tre  Stati  di 
Yenezuela,  Nuova  Granata,  Equatore. 

Venezuela. 


Presidenti  :  Paez 1831 

Vargas  e  Monagas  si  disputano  il 
seggio,  e  torna  Paez. 

Soubrette 1842 

Monagas 1846 


rieletto  nel 1857 

dopo  datasi  la  nuova  costituzione, 
in  cui  la  durata  del  presidente  è 
stabilita  a  4  anni. 
Manuele  Filippo  di  Tovar    .     .     .    1860 


Nuova   Granata. 


Presidenti:  Mosquera 1840 

Lopez 1849 


Obaldia 1855 

Mariano  Ospina 1857 


Equatore. 


Presidenti:  Florez 1835 

Roca 1843 

Urbina 1845 


Robles 1856 

Jose  Garda  Moreno 18G1 


§  112.  —  Chili. 

Repubblica  per  la  costituzione  del  1833,  che  porta  un  presidente  quinquennale. 

Presidente:  Manuel  Monti 1851 

rieletto  nel 1856 

Giose  Gioachino  Perez 1861 


§  115. 


America  Centrale. 


Dichiarasi  indipendente,  21  settembre  1821  :  si  separa  dalla  Confederazione  messicana, 
luglio  1823:  trattato  di  unione  7  ottobre  1842  fra  Guatiraala,  Ondura,  Nicaragua,  San 
Salvador:  vi  si  unisce  Costa-Rica:  al  Nicaragua  nel  1856  è  unito  il  territorio  dei 
Mosquitos.  Ciascuno  Stato  ha  presidente  proprio,  con  distinta  costituzione. 


§  114. 


Confederazione  Argentina. 


Presidente  con  residenza  a  Pàrana:  Urquiza 1853 

Santiago  Derqui 18G0 


212 


CRONOLOGIA 


iìb. 


Buenos- Ayres . 


Dalla  Confederazione  Argentina  nel  4853  si  stacca  il  Buenos-Ayres,  ch'era  la  maggiore 
delle  quattordici  provincie. 

Governatore  per  tre  anni  :  Alsina 4857 

Per  trattato  H  novembre  1859  è  riunito  alla  Repubblica  Argentina. 


§   116.    —   Uruguai. 

Repubblica  riconosciuta  pel  trattato  di  Montevideo  1828:  si  promulga  la  costituzione 

il  10  settembre  1829. 
Presidenti:  Rivera 1830     Suerrez 1845 


Oribe 1835 

Ri\er di  di  nuovo 1838 


Pereira 4856 

Prudenzo  Berrò     ......    4860 


g  417.   —  Brasile. 

Il  Brasile  è  eretto  in  regno  il  15  dicembre  4815;  in  impero  l'il  ottobre  1822. 

Don  Pedro  I  de  Alcantara       1822  abd.  1831  ra.  1834 

Don  Pedro  li,  7  aprile 4831  coronato  4844 


§  448.  —  Haiti. 


Toussaint  (Louverture)  pre- 
sidente a  vita  ....  1800 
Giacomo  I  (Dessalines)  im- 
peratore       1804 

Enrico  I  (Cristoforo)  re      .1811 
Petion  presidente    ...         1816 

Boyer 1818 

presidente  di  tutta  l'isola         1822 

Herrard 1843 

Guerrier 1844 

Perrot 1845 


4802 

1806 
1820 


Ricbè 1846 

Soulouque 4847 

imperatore  col  nome  di  Faustino  I  4849 
Repubblica  Domioicana  all'est  del- 
l'isola nel  1844. 

Presidenti:  Santana 4844 

Baez 4849 

Santana  dì  nuovo   .     .         ...  4853 

Alfan 4856 

Baez  di  nuovo 4857 

Fabre  Geffrard 4859 


§  419.   —  Giappone. 

Sin-mu,  primo  dairi  o  imperatore  spirituale,  regnava  il  660  av.  C.  Nel  4817  salì  al 
trono  il  suo  cenventunesimo  successore,  e  finché  vive  se  ne  ignora  il  nome.  U  Siogun, 
principe  temporale,  è  Mina  Motto  I. 


TAVOLA  ALFABETICA 

D^IJ0M1!\I  ILLUSTRI 

PKINCIPALMENTE    NELLE    SCIENZE    E    NELLE    LETTERE    (^) 


Aa  (Van  der)  Pietro,  giureconsulto  fiam- 
mingo, 1530-94. 

Aagard  Cristiano,  poeta  danese,  1616-64. 

Aagesen  Svend ,  storico  danese,  v.  1186. 

Aaron  d'Alessandria,  medico,  v.  622. 

*Abacuch,  uno  dei  xii  profeti  minori,  v. 
620. 

Abailard  (Abelardo)  Pietro  da  Palais,  sco- 
lastico, 1079-1142. 

Abancourt  (Francesco  d') ,  scrittor  fran- 
cese, 1745-1803. 

Abano  (Pietro  d'j,  medico  italiano,  1250- 
1516. 

*Abarcida,  filosofo  scita,  v.  1250. 

Abbadie  Giacomo,  teologo  bernese,  -1727. 

Abbone,  abbate  di  Fleury,  -1404. 

Abbone,  dotto  francese,  x  secolo. 

Abbone  monaco,  poeta  francese,  ix  secolo. 

Abbot  Roberto,  vescovo  di  Salisbury,  1560- 
1617. 

Abbracciavacca  Meo,  poeta  italiano,  xiii 
secolo, 

Abdallatif,  storico  arabico,  1161-1231. 

*Abdia,  profeta  minore,  v.  700. 

Abdoul-Kerim,  scrittore  persiano,  v.  1741. 

Abdoul-Rahym,  scrittore  mongolo,  -1627. 

Aben-Hitar,  botanico  e  medico  arabo, -1248, 

Aben-Ezra,  dotto  rabbino,  1179-1274, 

Aben-Ragel  da  Cordova,  astronomo  arabo, 
ix  secolo. 

Aben-Zoar  da  Pegnaflor,  medico  arabo,  xii 
secolo. 

Abercromby  Tommaso  ,  dotto  scozzese  , 
1656-1726. 

Abernethy  Giovanni ,  teologo  irlandese  , 
1680-1740, 


Abich  Giorgio,  orientalista  tedesco,  1672- 

1740. 
*Abideno,  storico  greco,  v,  330, 
Abiidgaard  Cristiano,  medico  e  naturalista 

danese,  -1808, 
Able,  teologo  inglese,  -1540. 
Abrabanel   Isacco ,    rabbino    portoghese , 

-1508, 
Abulfaragio,  storico  e  medico  arabo,  1230- 

1286, 
Abul-Faragy  d' Ispaan  ,  scrittore  arabo, 

897-967. 
Abul-FazI,  scrittore  arabo,  -1604. 
Abul-Feda,  storico  e  geografo  arabo,  1273- 

1331. 
AbulHassan-Ali ,  astronomo  arabo,  xiii 

secolo, 
Abul-Mahassan  ,  storico  arabo  d'Aleppo  , 

v,  1455. 
Abul-Obaid  al-Cascem,  autore  arabo,  -838, 
Abul  Ola,  poeta  arabo,  973-1037, 
Abul-VVesa,  astronomo  arabo,  959-98, 
Abu-Osaibah,  medico  arabo,  xiii  secolo, 
Abu-Ryhan,  astronomo  arabo,  -941, 
Acacio,  vescovo  di  Berea,  522-432, 
Acacio  da  Cesarea,  biografo,  -565, 
Acacio,  patriarca  di  Costantinopoli,  -485, 
Accarisi  Alberto,  grammatico  italiano,  v, 

1543. 
Accarisi  Francesco,  giureconsulto  italiano, 

-1622. 
Acciainoli  Donato,  erudito  fiorentino,1428- 

1478. 
'Accio  Lucio,  tragico  latino,  v.  190. 
Accolti  Francesco,  giureconsulto  aretino, 

1418-83. 


(\)  NB.  Prefiggiamo  1'  *  ai  vissuti  avanti  Cristo,  v,  vuol  dire  ver$o.  Due  numeri  distinti  col  -  indi- 
cano l'anno  delia  nascita  e  quello  della  morte.  Il  solo  -  si  antepone  all'anno  della  morte;  n.  a  quello 
della  nascita.  Pei  regnanti  si  vedano  le  Tavole  precedenti. 


214 


cnoNOLor.iA 


Accolti  Reroardo,  poeta  detto  rUnico  Are- 
tino, XVI  secolo. 
Accoramboni  Felice,  medico  e  poeta  ita- 
liano, ìd. 
Accorso  Mariangelo,  critico  napoletano,  id. 
Accursio  Francesco,  giureconsulto  italiano, 

1151-1229. 
Achard  Antonio  ,  predicatore  ginevrino  , 

1696-1772. 
Achard   Federico  da  Berlino  ,   chimico  , 

1754-1821. 
Achenwal  Goffredo,  pubblicista  prussiano, 

1719-72. 
"Acheo,  poeta  greco  d'Erctria,  484-49. 
Achermann  G.  Gr.,  medico  tedesco,  175(5- 

1801. 
Achery  Giovan  Luca,  benedettino  francese, 

1609-85. 
Achille  Tazio ,  scrittore  erotico  greco ,  v. 

250. 
AchilliniClaudio,poetaitaliano,  1571-1 640. 
Achillini  Giovanni  Filoteo,  dotto  italiano, 

1466-1538. 
Acidalio  Valente,  poeta  critico  tedesco, 

1567-95. 
Aciudino,  monaco  greco,  xiv  secolo. 
Acosta  (Gian  d'),  teologo  spagnuolo,  1539- 

1600. 
Acosta  (Uriele  d'),  giudeo  convertito, -1 047. 
Acquaviva  Andrea,  scrittor  italiano,  1456- 

1528. 
*Acrone  d'Agrigento,  medico,  v.  4i4. 
Acropolito  Giorgio,  storico  greco,  1220-82. 
*Acrotato,  capitano  lacedemone,  v.  520. 
Acton  Giovanni,  inglese,  ministro  napole- 
tano al  fine  del  secolo  xviii. 
Acuna  o  Acugna  (Carlo  d'),  missionario 

spagnuolo,  1597-1675. 
Acuna  (Francesco  d'j,  scrittore  spagnuolo, 

-1580. 
Adalardo,  vescovo  francese,  753-826. 
Adalberto,  arcivescovo  di  Praga,  -997. 
Adam  Giacomo,  letterato  francese,  1663- 

1755. 
Adam  Melchiorre  da  Grotkar  in  Siberia, 

scrittore,  -1622. 
Adamo  da  Brema,  storico  ecclesiastico,  v. 

1067. 
Adanson  Michele,  botanico  francese,  -1806. 
Addison  Giuseppe ,  filosofo  moralista  in- 
glese, 1672-1719. 
Addison  Luigi,  scrittor  inglese,  1632-1703. 
Adelboldo  d'Utrecht,  dotto  teologo,  -1029. 
Adelburner,  matematico  e  medico  tedesco, 

1702-79. 
Adelfo,  filosofo  platonico,  ni  secolo. 
Adelman  da  Liegi,  teologo  e  poeta,  -1057. 


Adelmo  da  Cantorbery,  scrittore  e  poeta, 

-709. 
Adelung  Giovan  Cristoforo,  letterato  della 

Pomerania,  1734-1806. 
Ademar  da  Marjevols,  trovatore,  xiii  secolo. 
Ademaro  o  Aymar,  storico  francese,  998- 

1030. 
Adimari  Alessandro  ,   scrittore   italiano  , 

1579-1649. 
Adimari  Luigi,  poeta  satirico  fiorentino, 

1644  1708. 
Adlerfeld  (Gio.  d'),  storico  svedese,  1071- 

1709. 
Adone  (sant'),  cronista  francese,  -875. 
Adria  G.,  storico  siciliano,  -1560. 
Adriani  Giambattista,  storico  italiano,  1513- 

1579. 
Adriani  Marcello,  traduttor  italiano,  1533- 

1604. 
Adriani  Virgilio,  letterato  italiano,  1464- 

1521 
Adriano,  sofista  greco,  ii  secolo. 
AdricomoCristiano,  scrittor  olandese,  1  .'j33- 

1585. 
Affichart  (Tommaso  1'),  poeta  comico  fran- 
cese, -1753. 
Afflitto  Matteo  da  Napoli,  giureconsulto, 

1430-1510. 
Affò  Ireneo,  storico  parmigiano,  1741-97. 
*Afranio  Lucio,  poeta  comico  latino,  v.  100. 
Africano  Sesto  Giulio,  storico  e  matema- 
tico, V.  251. 
*Afro  Gneo  Domizio,  oratore  latino,  v.  15. 
Aftonio,  retore  greco,  m  secolo. 
Agapeto  da  Costantinopoli,  scrittor  greco, 

V.  527. 
*Agatarchide  da  Guido,  geografo  e  storico, 

V.  104. 
Agatarchide,  scrittor  greco,  ii  secolo. 
"Agatarco  da  Samo,  pittore,  v.  400. 
Agatemero,  geografo  greco,  m  secolo. 
Agatia,  poeta  e  storico  greco,  559. 
*Agatone  d'Atene,  poeta,  v.  422, 
*Agelada  d'Argo,  scultore,  v.  432. 
♦Aggeo,  profeta  minore,  v.  520. 
Agileo,  dotto  greco,  xvi  secolo. 
Agnello  A.,  scrittore  italiano,  ix  secolo. 
Agnesi  Maria  Gaetana,  matematica  mila- 
nese, 1718-99. 
Agobart,  arcivescovo  di  Lione,  -840. 
Agostino  (sant'j,  apostolo  dell'Inghilterra, 

VI  secolo. 
Agostino  (sani')  da  Tagaste,  dottor  della 

Chiesa,  554-426. 
AgricolaGiorgio,  mineralogo  tedesco,  1494- 

1555. 
Agricola,  pittore  romano,  -1857. 


TAVOLA    AI.PAnRTir.A    p'rOMIM    n.r.lISTRI 


Agricola  Rodolfo  da  Groninga,  fi  1  oso  lo  , 

*Agri|)pa  Marco  Vipsanio,  ministro  d'Au- 
gusto, 1  secolo. 

*Agrippa,  astronomo  asiatico,  i  secolo. 

Agrippa  Enrico  da  Colonia  ,  scienziato  , 
1-486  1535. 

Aguesseau  (Francesco  d'),  cancelliere  fran- 
cese, 1668-1751. 

Aguìllon  (Francesco  d'),  erudito  di  Brus- 
selles,  1567-1617. 

Aauirra  (G.  d'),  teologo  spagnuolo,  1639- 
^1699. 

Ainsworth  II.,  scrittore  inglese,  xvi  secolo. 

Ainsworth  R.,  grammatico  inglese,  1660- 
17i3. 

Aitzema  (f>eone  d'),  storico  olandese,  1600- 
1669. 

Akakia,  scrittor  medico  e  traduttore,  -1 551 . 

Alacocque  Margherita,  ascetica,  1647-90. 

Alain,  autore  drammatico  francese,  -1720. 

Alain  de  l'isle,  dotto  francese,  xiii  secolo. 

Alaleona  Giuseppe,  letterato  e  giurista  ita- 
liano, -1749. 

Alamanni  Luigi,  poeta  fiorentino,  1495- 
1556. 

Alano,  autore  danese,  -1594. 

Alard,  teologo  olandese,  1532-74. 

Alazene,  matematico  arabo,  xi  secolo. 

Alba  (duca  d')  Francesco,  ministro  di  Fi- 
lippo II,  15U8-82. 

Albani  Alessandro  cardinale,  scrittor  ita- 
liano, 16'J2-1799. 

Albano  Francesco,  pittor  bolognese,  1578- 
1647. 

Albano,  giureconsulto  italiano,  1504-91. 

Albategni,  astronomo  arabo,  -929. 

Albergali,  giureconsulto  italiano,  xvr  sec. 

Alberico  da  Aix,  cronista  francese,  xii  sec. 

Alberico,  legista  italiano,  xiv  secolo. 

Alberoni  Giulio,  piacentino,  cardinale  e 
ministro  di  Spagna,  1644-1752. 

Alberti  G.  d'Arlem,  teologo,  1698-1762. 

Alberti  Leandro,  storico  italiano,  1479- 
1552. 

Alberti  Leon  Battista,  matematico  fioren- 
tino, -1490. 

Alberto  da  Strasburgo,  cronista,  v.  1375. 

Alberto  Magno,  fisico  ed  ascetico  tedesco, 
1193-1280. 

Albertolli  Giocondo,  ornatista  di  Lugano, 
1742-1N39. 

Albinovano,  poeta  latino  del  secolo  d'Au- 
gusto. 

Albino,  matematico  tedesco,  xvi  secolo. 

Albornos  (Gilles-Alvarez  Carillo),  arcive- 
scovo di  Toledo,  1300-67. 


21.^ 

Al  Bucazis,  medico  arabo,  -1107. 

Al-Bumazar,  astronomo  arabo,  805-885. 

Albiiquer(|ue  Alfonso,   navigatore  porto- 
ghese, 1452-1515. 

Alcazar,  scrittore  spagnuolo,  xvi  secolo. 

"Alceo  da  Mitilene,  poeta,  v.  604. 

Alciato  Andrea,  giureconsulto  milanese 
1492-1550. 

"Alcibiade,  capitano  ateniese,  456-404. 

Alcifrone,  scrittor  greco  oscurissimo ,  ii 
secolo. 

*Alcimada,  filosofo  e  retore  greco,  v.  424, 

Alcinoo,  filosofo  greco,  ii  secolo. 

Alcionio,  scrittore  italiano,  -1527. 

Aickmaar,  poeta  tedesco,  xv  secolo. 

"Alcmano,  poeta  lacedemone,  v.  660, 

"Alcmeone,  poeta  lirico  greco,  v.  659. 

"Alcmeone,  scrittor  greco,  v.  500. 

Alcuino,  teologo  scozzese,  -804. 

Aldo  Manuzio,  tipografo  e  filologo  romano 
nel  secolo  xvi, 

Aldred,  scrittore  da  Worcester,  -1069, 

Aldrido,  vescovo  di  Mans,  ix  secolo. 

Aldrovandi  Ulisse,  naturalista  bolognese, 
1527-1605. 

Aleander  Girolamo  di  Carniola,  cardinale 
grecista,  -1U2. 

Aleman  Matteo  da  Siviglia,  scrittore  spa- 
gnuolo, 1550-1620. 

Alemaud  L.  A.,  medico  e  letterato  fran- 
cese, -1728. 

Alembert  (Giovanni  Le  Rond  d'),  geometra 
francese,  1717-72. 

Alessandro  Alessandri,  giureconsulto  ita- 
liano, 1461-1525. 

'Alessandro  Polistore  da  Mileto,  gramma- 
tico, v.  46. 

Alessandro  d'Afrodisea,  filosofo  peripate- 
tico, V.  150, 

Alessandro  di  Traile,  filosofo  e  medico,  vi 
secolo, 

Alessandro,  trovatore,  xii  secolo, 

Alessandro,  poeta  scozzese,  -1640, 

Alessi,  architetto  italiano,  -1592, 

Alessi,  empirico  e  viaggiatore  piemontese, 
XVI  secolo. 

Alessi  Guglielmo,  poeta  francese,  v.  1493. 

"Alessio,  poeta  comico  greco,  iv  secolo. 

Alfarabio,  filosofo  arabo,  v.  950. 

"Alfeno,  giureconsulto  romano,  v.  15. 

Alfano  Varo,  scrittor  italiano,  -1086. 

Alfieri  Vittorio  d'Asti,  tragico,  1749-1803. 

Alfragano,  astronomo  arabo,  ix  secolo. 

Algardi  Alessandro,  scultore  e  architetto 
bolognese,  1583-1654. 

Algarotli  Francesco,  dotto  veneziano,  471 2- 
4764. 


216 


CRONOLOGIA 


Alipio,  filosofo  plalonico,  iv  secolo. 
Allacci  Leone,  erudito  grecista,  -leGO. 
Allegri  A.,  poeta  italiano,  xvi  secolo. 
Allegri  Antonio  (il  Correggio),  pittore  par- 
migiano, 1494-1534. 
Allegri  Gregorio  romano,  compositore  di 

musica,  -1640. 
Alletz  Edoardo,  scrittore  francese,  1798- 

1850. 
Allioni  Carlo,  botanico  piemontese,  1728- 

1804. 
Almeida,  scrittor  portoghese,  1722-1802. 
Almon  Giovanni,  scrittore  inglese,  1738- 

1805. 
Alpino  Prospero,  medico  e  botanico  a  Pa- 
dova, 1553-1617. 
'Alpino,  poeta  latino,  i  secolo. 
ALsledio,  teologo  tedesco,  1588-1658. 
Alstroemer,  negoziante  ed  economista  sve- 
dese, 1665-1761. 
Allhamer,  teologo  tedesco,  xvi  secolo. 
Alvarez  Diego,  teologo  spagnuolo,  -1635. 
Alvarez  Emanuele,  gesuita,  grammatico 

latino,  1526-83. 
Alvarotto,  giureconsulto  italiano,  -1546. 
Amalrico  Paolo,  storico  italiano,  -1517. 
Amalteo,  poeta  latino,  xv  secolo. 
Amant  (Saint-),  poeta  francese,  xvii  secolo. 
Amaseo,  letterato  italiano,  1489-1552. 
Amboise  Francesco,  scrittor  francese,  1550- 

1 620. 
Amboise  (Giorgio  d') ,  ministro  francese, 

1460-1510. 
Ambrogio  (sanf),  padre  della  Chiesa,  340- 

397. 
Ambrogio,  traduttore  italiano,  1378-1439. 
Ambrogio    Teseo ,    orientalista    italiano , 

-1540. 
Ameilhon  Pasquale,  dotto  parigino,  1730- 

1811. 
Amelio,  filosofo  platonico,  iii  secolo. 
Amelot  de  la  Houssaie,  storico  francese, 

1634-1706. 
"Amilcare  Barca ,   capitano  cartaginese  , 

-228. 
Ammiano  Marcellino  d'Antiochia,  storico 

latino,  320-90. 
Ammirato  Scipione  di  Lecce,  storico,  1 531  - 

1601. 
Ammonio,  dotto  italiano,  1477-1517. 
Ammonio,  grammatico  greco,  vi  secolo. 
Ammonio  Sacca,  filosofo  greco,  ii  e  ni 

secolo. 
Amontons  Guglielmo  da  Parigi  ,   fisico  , 

1663-1705. 
Amoretti  Carlo ,   naturalista  di  Oneglia , 

1740-1816. 


*Amos,  profeta,  v.  787. 

Amsdorf,  vescovo  di  Norimberga,  1483- 
1565. 

Amyot  Giacomo  da  Melun,  letterato,  1513- 
1593. 

Amyraut,  teologo  francese,  1596-1664. 

*Anacarsi,  filosofo  scita,  v.  580. 

*Anacreonte  da  Teo,  poeta  greco,  v.  530. 

Anagnosta,  storico  greco,  xv  secolo. 

*Anassagora,  filosofo  greco  da  Clazomene, 
V.  490. 

*Anassandride,  poeta  comico,  v.  377. 

*Anassarco  d'Abdera,  filosofo,  v,  323. 

*Anassilao  da  Larissa,  id.,  v.  20. 

'Anassimandro  da  Mileto,  id.,  610-546. 

'Anassimene  da  Mileto,  id.,  v.  543. 

Anastasio  bibliotecario,  ix  secolo. 

Ancillon  Carlo  di  Metz,  scrittor  francese, 
1659-1715. 

Ancre  (Leonora  Galigai  marescialla  d'), 
-1617. 

Anderloni  Faustino  di  Brescia,  incisore, 
1766-1847. 

Anderson,  giureconsulto  inglese,  -1605. 

Anderson,  storico  tedesco,  xvii  secolo. 

'Andocide,  oratore  ateniese,  v.  455. 

Andrada,  teologo  portoghese,  1528-75. 

Andrada,  viaggiatore  portoghese,  -1634. 

André,  giureconsulto  del  Brabante,  1588- 
1656. 

André,  riformato  tedesco,  1586-1654. 

André,  scrittor  francese,  1675-1764, 

André,  teologo  tedesco,  1528-90. 

Andrea  da  Pisa,  architetto,  -1345. 

Andrea  del  Sarto  (Vanucci),  pittor  fioren- 
tino, 1488-1530. 

Andrea  (Giovanni  d')  da  Mugello,  giure- 
consulto, -13i8. 

Andreini  Giambattista,  attore  e  comedo 
fiorentino,  1578-1630. 

Andreini  Isabella  di  Padova,  attrice,  1562- 
1604. 

And  reossi  Anton  Francesco,  generale  e 
matematico  francese,  1761-1828. 

Andreossi  Francesco  di  Tolosa,  ingegnere, 
1633-88. 

Andres  Giovanni,  gesuita  spagnuolo,  scrit- 
tor italiano,  1740-1817. 

Andrieu  di  Strasburgo,  letterato  e  poeta 
francese,  1759-1833. 

'Andronico,  dotto  greco  rifuggito,  -1478. 

'Andronico,  filosofo  rodiano,  v.  36. 

*Andronico  Livio,  poeta  latino,  v.  240. 

Anelli  Angelo  di  Desenzano,  poeta,  1761- 
1820. 

Angela  Merici  da  Brescia,  fondatrice  delle 
Orsoline,  -1540, 


TAVOLA   ALFABETICA  D*L'OMlNl   ILLUSTRI 


217 


Angeli  Pietro,  poeta,  detto  Rargeus,  -1596. 

Angelico,  il  Beato,  pittore  fiesolano,-144j. 

Angelo  e  Agostino  da  Siena,  architetti  e 
scultori,  V.  1350. 

Angenncs,  dotto  francese,  1S38-1601. 

Angliiera  (Pietro  d') ,  storico  lombardo, 
1453-1526. 

Anguillara  Andrea  di  Sutri,  poeta  italiano, 
1Ò17-70. 

*Anito,  retore  ateniese,  -359. 

Anna  Conineno,  storica  greca,  'JOSS-HiS. 

^Annibale,  capitano  cartaginese,  247-183. 

Annio  da  Viterbo,  erudito,  1452-1502. 

"Annone,  navigatore  cartaginese,  v.  1000. 

Anquetil  Duperron,  orientalista  parigino, 
1723-18U8. 

Ansaldi  Innocenzo,  archeologo  sacro,  se- 
colo XVIll. 

Anscario  (sanf),  monaco  di  Gorbia,  apo- 
stolo della  Danimarca  e  della  Svezia , 
-805. 

Ansegiso  abbate,  che  raccolse  i  Capitolari 
di  Carlomagno,  -823. 

Anselmo  (sanf)  d'Aosta,  arcivescovo  di 
Cantorbery,  teologo  e  filosofo,  1 033-1 1 09. 

Auson  Giorgio,  ammiraglio  britanno,  1697- 
170-2. 

Antemio  da  Traile,  matematico,  vi  secolo. 

"Antifane,  poeta  comico,  v.  414. 

"Antifone,  retore  ateniese,  v.  417. 

"Antigono,  capitano  d'Alessandro,  -301. 

'Antigono  Socheo,  capo  de'  Sadducei,  v, 
300. 

'Antigono  Garistio,  scrittor  greco,  v.  255. 

Antimaco,  dotto  italiano,  1475-1332. 

"Anlimaco,  poeta  greco,  v  secolo. 

"Antioco,  filosofo  greco  stoico,  v.  100. 

Antioco,  giureconsulto  latino,  v  secolo. 

Antioco,  scrittore  siriaco,  xv  secolo. 

'Antipatro,  capitano  d'Alessandro,  poi  re 
di  Macedonia,  -521 . 

"Antipatro  da  Sidone,  stoico  e  poeta,  v. 
156. 

*Antipatro,  governatore  dell'ldumea,  -43. 

"Antipatro  Lucio  Gelio,  storico  latino,  v. 
124. 

'Antistene,  filosofo  greco,  v.  324. 

Antoni  (Rappacino  d') ,  matematico  pie- 
montese, -1786. 

Antoniano  Silvio,  autore  italiano,  -1603. 

Antonides  Van  der  Goes,  poeta  olandese, 
-1684. 

Antonino  Liberale,  scrittor  greco,  iisecolo. 

Antonino  (sanf),  arcivescovo  di  Firenze  e 
scrittore,  -1459. 

"Antonio  (Marc'),  generale  romano,  86-30. 

"Antonio  Musa,  medico  d'Augusto,  i  secolo. 


Antonio  (sanf)  da  Padova ,  di  Lisbona , 
1295-1331. 

Antonio  (sanf),  eremita  della  Libia,  25J- 
336. 

Antonius,  giureconsulto  tedesco,  -1618. 

Anville  (liourguignon  d'),  geografo  pari- 
gino, 1697-1782. 

Anwari,  poeta  persiano,  v.  1200. 

*Apelle,  pittore  da  Coo,  v.  332. 

"Apellicone,  filosofo  greco,  v.  86. 

Apiano,  astronomo  tedesco,  -1551. 

Apione,  grammatico  egizio,  v.  70. 

Apollinare  il  vecchio,  scrittore  da  Berito, 
IV  secolo. 

Apollinare  il  giovane,  icL,  v.  il  420. 

Apollinare,  grammatico  cartaginese,  ii  sec. 

"Apollodoro,  grammatico  greco,  v.  140. 

"Apollodoro,  pittore  ateniese,  v.  504. 

"Apollodoro,  poeta  comico,  v.  347. 

Apollonio  d'Alessandria,  grammatico,  v. 
138. 

"Apollonio  da  Perga  in  Pamfilia,  geometra, 
n.  244. 

"Apollonio  da  Rodi,  poeta  greco,  n.  304. 

"Apollonio  da  Tiro,  filosofo,  v.  74. 

Apollonio  Tianeo,  filosofo  pitagorico  e  tau- 
maturgo, -97. 

Apostolio,  dotto  greco,  xv  secolo. 

Appiani  Andrea,  pittore,  1754-1817. 

Appiano  Alessandrino  ,  storico  greco ,  ii 
secolo. 

Aprosio,  erudito  italiano,  -1581. 

Apulejo  Lucio,  filosofo  platonico,  ii  secolo. 

Apulo  Guglielmo,  cronista  dei  Normanni 
d'Italia,  XII  secolo. 

Aquaviva,  scrittore  spagnuolo,  .xvi  secolo. 

Aquilano,  poeta  italiano,  1466-1300. 

Aquino,  lessicografo  italiano,  1654-1740. 

Arabaschah,  storico  siro,  -1430. 

''Arato,  poeta  comico  ateniese,  v.  375. 

"Arato,  astronomo  e  poeta  greco,  v.  277. 

"Arato  da  Sidone,  capitano  acheo,  v.  272. 

Aratore,  poeta,  vi  secolo. 

Arbuthnot  Gio.,  medico  scozzese,  -1735. 

"Arcesilao,  filosofo  platonico,  v.  306. 

"Arcesilao  da  Pitene,  filosofo  greco,  v.  250. 

"Archelao,  id.,  v.  448. 

"Archia,  poeta  greco  d'Antiochia,  v.  50. 

Archigene,  medico  greco,  v.  90. 

"Archiloco,  poeta  greco  da  Paro,  v.  700. 

"Archimede  da  Siracusa,  geometra,  287- 
212. 

Archinto ,  famiglia  milanese  che  risale  al 
1228,  ed  ebbe  personaggi  illustri  in  ogni 
genere. 

"Archita,  filosofo  pitagorico  da  Taranto 
v.  381. 


318 


CRONOLOGIA 


Arcimboldi ,  famiglia  parmense  trasferita 
a  Milano,  estinta  il  ]  T2.1,  che  diede  scrit- 
tori, prelati,  magistrati. 

"Arcippo,  poeta  ateniese,  v.  419. 

Arron  de  Pontarlier,  scrittore  di  cose  mi- 
litari, 1755-1800. 

Arcq  (d'j,  letterato  francese,  -1779. 

Arduino  Giovanni  di  Quimper,  erudito  ge- 
suita, 1646-17:29. 

Arena,  poeta  francese,  -1544. 

Aresi,  scrittore  italiano,  -1644. 

Areteo,  medico  greco,  v.  HO. 

*Areteo  di  Cappadocia,  medico,  v.  50. 

Aretino,  giureconsulto  italiano,  -1480. 

Aretino  Pietro,  poeta  toscano,  1492-15S7. 

Aretino,  storico  italiano,  1570-1444. 

Argand  di  Ginevra,  fisico,  -1803. 

Argelati  Filippo,  dotto  bolognese,  168S- 
1755. 

Argens  (marchese  d')  d'Aix,  scrittor  fran- 
cese, 1704-71. 

Argentai  (conte  d') ,  amico  di  Voltaire, 
1700-88. 

Arguelles  Agostino,  statista  e  oratore  spa- 
gnuolo,  1775-1844. 

Argyrio  Isacco,  matematico  greco,  v.  1035. 

Argyropulo,  commentatore  e  storico  greco, 
V.  1480. 

Aria  Montano,  erudito  spagnuolo,  -1588. 

Ario,  eretico  della  Libia,  v.  300. 

*Arione,  poeta  lirico  da  Memmo,  v.  650. 

Ariosto  Lodovico,  poeta  da  lieggio,  1474- 
1533. 

"Aristarco  da  Samo,  astronomo,  v.  265. 

*Aristarco  da  Samotracia,  critico,  160-88. 

"Aristea,  storico  greco,  v.  275. 

Aristenete,  scrittor  erotico  greco,  iv  secolo. 

Aristeo,  matematico  greco,  v.  285. 

"Aristide,  capitano  ateniese,  detto  il  Giusto, 
V.  485. 

Aristide  (sanf),  ateniese,  apologista  cri- 
stiano, V.  125. 

Aristide,  sofista  da  Mileto,  n.  v.  129. 

"Aristione,  sofista  ateniese,  v.  87. 

"Aristippo,  filosofo  greco  da  Cirene,  v.  450. 

"Aristobulo,  filosofo  ebreo,  v.  184. 

*Aristofane,  poeta  comico  greco,  v.  427. 

"Aristogitone  e  Armodio  ateniesi,  uccisori 
d'Ipparco,  515. 

"Arisiomene,  capitano  de'  Messenj,  v.  685. 

"Aristomene,  poeta  ateniese,  v.  456. 

"Aristone,  filosofo  da  Chio,  v.  280. 

"Arislosseno,  filosofo  greco,  324. 

"Aristotele,  filosofo  greco  da  Stagira,  584- 
322. 

Arkwright  Ricardo,  meccanico  inglese, 
-1792. 


Arlotto  piovano  di  firenze,  xiv  secolo, 

celebre  per  motti  arguti. 
Armenopulo,  giureconsulto  greco ,  1320- 

1585. 
"Arminio,  capitano  de'  Cherusci,  v.  50. 
Arminio,  teologo  olandese,  1560-1609. 
Arnaldo  di  Brescia,  settario,  v.  1155. 
Arnaldo  di  Mareuil,  poeta  provenzale,  xu 

secolo. 
Arnaldo  di  Villanova ,  medico  francese , 

XIV  secolo, 
Arnauld  Antonio  da  Parigi,  controversista, 

1612-1694. 
Arnauld  d'Andilly  ,  traduttore  francese  , 

1589-1674. 
Arnobio,  retore  nùmida,  iii  secolo. 
Arnobio  di  Galles,  teologo,  vi  secolo. 
Arnold,  storico  tedesco,  xiii  secolo. 
Arnold,  teologo  tedesco,  1618-80. 
Arnolfo  di  Lapo,  architetto,  -1500. 
Arnolfo',  storico  milanese,  x  secolo. 
"Arpalo,  astronomo  greco,  v.  480. 
Arriano  da  Nicomedia,  storico,  -175. 
Arringhi  Paolo,  archeologo  romano,  xvii 

secolo. 
Arrivabene,  famiglia  mantovana,  ricca  di 

bei  nomi. 
Artaud  de  Montor,  storico  parigino,  1772- 

1849. 
Arteaga  Stefano,  aragonese,  scrittor  italiano 

di  cose  teatrali,  1747  99. 
Artedi  Pietro,  ittiologo  svedese,  1705-55. 
"Artemidoro,  geografo  greco,  v,  104. 
Artemidoro,  scrittor  greco,  v.  120. 
Arundel  (conte  d')  Tommaso,  archeologo 

inglese,  V.  1622. 
Ascelino,  scolastico  francese,  xiii  secolo. 
"Asclepiade  da  Bitinia  ,   medico  a  Roma 

V.  80. 
AsconioPediano,  grammatico  latino,  v.  59. 
Aselli  Gaspare  di  Cremona,  anatomista, 

1581-1626. 
"Aspasia,  cortigiana  in  Atene,  425. 
Assarotti  Ottavio,  genovese,  educatore  dei 

sordimuti,  1753-1829. 
Assemani  Simone  di  Tripoli  in  Siria,  orien- 
talista, 1686-1768. 
Assemani  Luigi,  id.,  1710-82. 
"Assioteo,  dotto  greco,  v.  560. 
"Astidama,  poeta  comico,  v.  373. 
Astruc  Giacomo,  medico  francese,  1684- 

1765. 
Atanasio  (sanf),  padre  della  Chiesa  orien- 
tale, v.  373. 
Atenagora  d'Atene,  filosofo,  v.  177. 
Ateneo,  grammatico  greco,  ii  secolo. 
Ateneo,  matematico  greco,  iii  secolo. 


1 


TAVOLA    ALFAIiKTICA    D  UOMINM    ILLUSTRI 


219 


*Atenodoro,  filosofo  stoico,  i  secolo. 

Aubery,  storico  francese,  xvii  secolo, 

Aubespine,  teologo  francese,  -1630. 

Aubin  (Saint-),  teologo  ed  erudito  fran- 
cese, I(i7j-17i2. 

Aubignac (Francesco  d')da  Parigi,  letterato 
e  critico,  i60i-76. 

Aubigné  (Teodoro  Agrippa  d')  da  Saint- 
Maurice  presso  Pons,  storico  francese, 
1530-1030. 

Audifredi,  astronomo  e  bibliografo  italiano, 
-1794. 

AudouinVittore,naturalistafraacese,'1797- 

1841. 
Auger  Edmondo,  gesuita  francese,  lolo- 

1S91. 
Auger  Atanasio,  grecista  parigino,  173i- 

1792. 
Augurello,  poeta  italiano,  xv  secolo. 
Augustino,  antiquario  spagnuolo,  -lo86. 
Aulo  Gelilo  0  A  Gelilo,  grammatico  latino, 

V.  150. 
'Aurelio  Cotta,  filosofo  romano,  v.  63. 
Aurelio  Vittore,  storico  romano,  iv  secolo. 
Aurispa,  autor  siciliano,  xv  secolo. 
Aurivilio,  erudito  svedese,  -1786. 
Ausonio,  poeta  latino  di  Bordeaux,  509-74. 
*Autolico ,  matematico  greco  da  Pitana 

V.  330. 
Autreau  Giacomo  di  Parigi,  pittore  e  poeta, 

1636-1 743. 
Auvergne  (La  Tour  d'),  detto  primo  gra- 
natiere di  Francia,  e  linguista,   17-i3- 

1800. 
Auzout  Adriano,  matematico  di  Rouen  , 

-1691. 
Avancino  Meda,  teologo  ed  ascetico,  xvii 

secolo. 
Avanzio,  giureconsulto  italiano,  xvi  secolo. 
Avellino  Francesco,  archeologo  napoletano, 

1788-1830. 


Aventino  (Giovanni  Thurnraaier  d"),  storico 
tedesco,  1470-1334. 

Abenzoar,  medico  spagnuolo,  xii  secolo. 

Averani,  matematico  italiano,  -1707. 

Averroe  da  Cordova,  medico  arabo,  v.  1206. 

Avicenna,  medico  arabo,  980-1057. 

Avieno  Rufo  Festo,  poeta  latmo,  iv  secolo. 

Avila,  storico  spagnuolo,  xvi  secolo. 

Avila  (Giovanni  d'j,  missionario,  ascetico 
spagnuolo,  -1569. 

Avito  da  Vienna,  scrittore,  secolo  v  e  vi. 

Avogadro  Giuseppe  di  Casanova,  letterato 
ed  economista  piemontese,  -18J4. 

Avogadro  Amedeo  di  Quaregna,  fisico  pie- 
montese, -1837. 

Avrillon  (Giambattista  d'},  ascetico  fran- 
cese, -1729. 

Avrigny  (Giacinto  Robilland  d') ,  storico 
francese,  -1719. 

Ayala  Baldassare ,  scrittor  militare  d'An- 
versa, -1584. 

Ayala  (Giovanni  Iteriano  d'j,  monaco  spa- 
gnuolo, 1750. 

Ayala,  scrittor  di  Valenza,  -1366. 

Aymon  frate  da  Fulda,  ix  secolo. 

Ayraut  Pietro  d'Angers ,  giureconsulto, 
1336-1601. 

Ayrer,  autore  tedesco,  xvii  secolo. 

Azara  (Giuseppe  Nicola  d'},  scrittore  spa- 
gnuolo, 1751-1804. 

Azario,  cronista  novarese,  xiv  secolo. 

Azevedo,  missionario  portoghese,  -1634. 

Azolino,  giureconsulto  e  satirico,  -1670. 

Azorio,  teologo  spagnuolo,  -1603. 

Azuni  Domenico  Alberto,  sardo,  giuris- 
prudente  e  storico,  1749-1827. 

Azzanello  da  Cremona,  storico,  xv  secolo. 

Azzo,  giureconsulto  italiano,  v.  1220. 

Awkvood  (Acuto)  Giovanni,  inglese,  capi- 
tano di  ventura,  xiv  secolo. 


B 


"Bacchilide,  poeta  da  Geo,  v.  461. 
Bacchini  Benedetto,  storico  italiano,  1631- 

1721. 
Dacci  Andrea,  scrittor  medico,  1396. 
Bacone  Francesco  da  Verulamio,  filosofo 

inglese,  1361-1626. 
Bacone  Ruggero,  dotto  inglese,  1214-92. 
Bacque,  poeta  francese,  n.  1008. 
Raglivi  Giorgio,  medico  raguseo,  1668- 

1707. 
Bahrdt,  scrittor  tedesco,  1741-92. 


Baier,  teologo  tedesco,  -1694. 

Baier  Gian  Giacomo,  medico  tedesco,  1677- 
1735. 

Baillet  Adriano,  scrittor  francese,  1649- 
1706. 

Baillie,  teologo  inglese,  1660. 

Bailly  Gforgio  Silvano,  astronomo  pari- 
gino, 1756-93. 

Bajus,  giureconsulto  da  Lovanio,  1313- 
1389. 

Baker,  scrittore  inglese,  j 368-1 643. 


220  CnONOLOGIA 

Balbi  Adriano  di  Venezia,  geografo  e  sta- 
tista, 1782-1848. 

Balbo  Cesare,  letterato  piemontese,  4789- 
185o. 

Balboa,  viaggiatore  castigliano,  n.  iAlS. 

Balbuena,  poeta  spagnuolo,  xvi  secolo. 

Baldo  G.,  scrittore  e  cardinale,  v.  1334. 

Baldo  degli  Ubaldi  Pietro ,  giureconsulto 
perugino,  1340-1400. 

Baldelli  Fr.,  letterato  italiano  nel  xvisecolo. 

Balderico,  storico  ecclesiastico,  xii  secolo. 

Baldini,  erudito  italiano,  xvi  secolo. 

Baldinucci  Filippo,  scrittor  italiano,  1624- 
1696. 

Ballanche  Pier  Simone ,  filosofo  lionese  , 
1776-1847. 

Ballenden,  teologo  scozzese,  -1ù50. 

Ballerini  Pietro,  teologo  e  controversista 
di  Verona,  -1757. 

Balliani,  scrittor  genovese,  1576-1666. 

Balsamone  Teodoro  ,  canonista  siriaco  , 
-1214. 

Balthasar,  scrittor  francese,  1588-1670. 

Baltus  Giovanni  Francesco,  gesuita  fran- 
cese, 1667-1745. 

Baluzio  Stefano  da  Tulle,  erudito  reli- 
gioso, 1630-1718. 

Balzac  Gian  Luigi,  letterato  francese, 
1594-1655. 

Balzac  Onorato  ,  romanziere  francese , 
1799-1850. 

Bambocci  (Pietro  di  Laar),  pittore  fiam- 
mingo, 1613-75. 

Bamboccio  Antonio  da  Piperano,  scultore, 
-1368. 

Bandello  Matteo  ,  vescovo  e  novelliere 
lombardo,  1480-1561. 

Bandettini,  improvisatrice  lucchese,  1763- 
1837. 

Bandiera,  grammatico  e  traduttore  italiano, 
xviii  secolo. 

Bandinelli  Baccio  ,  scultore  fiorentino  , 
1487-1559. 

Bandini  Angelo  Maria,  letterato  italiano, 
1726-1800. 

Banduri  Anselmo,  erudito  raguseo,  1670- 
1743. 

Bangio,  teologo  svedese,  -1696, 

Banier  Giovanni  Gustavo,  feldmaresciallo 
di  Svezia,  1600-41. 

Bank,  scrittore  inglese,  xvii  secolo. 

Banks  Giuseppe,  naturalista  inglese,  com- 
pagno al  viaggio  di  Cook,  1740-J820. 

Bannier  (l'abbate)  Antonio ,  mitologista 
francese,  1673  1741. 

Paraguay  d'Hilliers  Luigi,  guerriero  pari- 
gino, 1764  1812. 


Baranzano,  barnabita  matematico  di  Ver- 
celli, -1622. 

Baratier  Giovanni  Filippo,  giovinetto  scrit- 
tore tedesco,  1721 -40. 

Barbadillo,  autore  drammatico  spagnuolo, 
V.  1630. 

Barbadino,  erudito  portoghese,  xviii  se- 
colo. 

Barbarigo  famiglia  dogale  veneta.  Gio- 
vanni, procuratore  di  San  Marco,  nel 
1378,  introduce  l'artiglieria  ;  Marco 
doge,  1485,  e  Agostino,  14861501; 
Agostino,  vincitore  a  Lepanto,  -1571  ; 
Gregorio  vescovo  di  Padova  ,  erudito, 
1625-97. 

Barbaro  Daniele  veneto  ,  diplomatico  e 
scrittore,  1514-70. 

Barbaro  Ermolao,  erudito,  1455-93. 

Barbaro  Giosafatte,  viaggiatore,  -1494. 

Barbaro  Francesco,  letterato  e  magistrato, 
1398-1454. 

Barbarossa  Ariadeno  (Kbair-Eddyn),  cor- 
saro, -1546. 

Barbeau  de  La  Bruyère,  geografo  fran- 
cese, 1710-81. 

Barbeyrac,  medico  francese,  -1699. 

Barbeyrac  Giovanni  di  Beziers,  giurecon- 
sulto, 1674-1726. 

Barbiano  (Alberico  da),  capitano  di  ven- 
tura italiano,  1409. 

Barbiano  (Gian  Giacomo  da),  generale^ 
1565-1626. 

Barbio  du  Bocage  Giovan  Dionigi ,  geo- 
grafo parigino,  1760-1825. 

Barbier  Antonio  Alessandro,  bibliografo 
francese,  -1825. 

Barbier  iMarianna  d'Orléans,  poetessa  tra- 
gica, -1745. 

Barbier  d'AncourG.  da  Langres,  letterato, 
1641-91 

Barbo,  famiglia  nobile  veneta,  donde  fu- 
rono Pietro,  pontefice  nel  1464  col  nome 
di  Paolo  II;  Marco,  cardinale  e  amba- 
sciatore, -1490;  Luigi,  fondatore  d'una 
congregazione,  -1440. 

Barbosa  Ario,  scrittor  latino,  -15i0. 

Barbosa,  giureconsulto  portoghese,  -1590. 

Barcker,  antiquario  inglese,  -1760. 

Barclay  Giovanni,  filosofo  scozzese,  1582- 
1621. 

Barclay  Guglielmo,  giureconsulto  scozzese, 
15431604. 

Barclay,  quachero  scozzese,  1618-90. 

Barclay  de  Tolly  ,  maresciallo  russo  ,■ 
1759-1818. 

Barcoceba  ebreo,  pseudo-messia,  -136. 

Bardesane,  scrittore  siriaco  del  ii  secolo. 


TAVOLA   ALIAllLTlCA    u'UOMINl   ILLUSTRI 


2-21 


Bardi  Giovanni  conte  di  Vernio,  letterato 

e  matematico  fiorentino,  xvi  secolo. 
Bardi  Giuseppe  Benedetto,  biblicista  tori- 
nese, -1824. 
Baret,  prima  donna  che  facesse  il  giro  del 

mondo  nel  17G6  con  Bougainville. 
Baretti  Giuseppe,  letterato  torinese,  171G- 

1789. 
Barisone,  serie  di  re  di  Torres  in  Sardegna. 
Barlaam,  teologo  greco,  xiv  secolo. 
Burland,  scrittore  olandese,  -loi2. 
Barleo,  ellenista  olandese,  v.  1593. 
Barletta  Gabriele,  predicatore,  secolo  xv. 
Barlow  Gioele,  poeta  e  diplomatico  degli 

Stati  Uniti,  17S5-1812. 
Barnaba  (san)  da  Cipro,  i  secolo. 
Barnave   Anton    Giuseppe   di    Grenoble, 

membro  dell' Assemblea  nazionale,  1761- 

1795. 
Barnaud,  scrittore  francese,  xvi  secolo. 
Barneveldt  Giovanni,  granpensionario  olan- 
dese, 1S49-1617. 
Barocci  Federico,  pittore  d'Urbino,  1S28- 

1612. 
Baronie  Cesare  napoletano,  cardinale,  sto- 
rico ecclesiastico,  1538-1607. 
Baroni  Lorenzo,  letterato  ferrarese,  1724- 

1801. 
Barrai,  lessicografo  francese,  1772. 
Barras,  rivoluzionario  provenzale,  1755- 

1829. 
Barreme  Francesco  ,  aritmetico   lionese , 

-1703. 
Barrington,  giurista  inglese,  xvii  e  xviii 

secolo. 
Barros  (de)  Giovanni,  storico  portoghese, 

14961571. 
Barrow  Isacco,  geometra  inglese,  1630-77. 
Barruel  gesuita,  scrittore  francese,  1741- 

1820. 
Bartenstein,  ministro  austriaco,  -1690. 
Bart  Giovanni   da  Dunkerque  ,  marinajo 

francese,  1650-1702. 
Barth  Gaspare,  critico  tedesco,  -1658. 
Barthas  Guglielmo,  poeta  francese,  1544- 

1590. 
Barthélemy  Gian  Giacomo  da  Cassis,  scrit- 

tor  francese,  1716-93. 
Barthez  da  Montpellier,   medico,   1734- 

1806. 
Bartoli  Daniele,  gesuita,  scrittore  italiano, 

1608-85. 
Bartoli   Giuseppe,  antiquario  padovano, 

1717-90. 
Bartoli  Pietro,  incisore  romano,  1635-1700. 
B;irtolini  Lorenzo,  scultore  toscano,  1777- 

1850. 


Bartolo  ,  giureconsulto  da  Sassoferrato  , 
1313-56. 

I5artolocci,  scrittor  napoletano,  1613-87. 

Bartolomeo  (fra)  della  Porta,  pittore  fio- 
rentino, 1469-1517. 

Bartolomeo  dei  Martiri  ,  teologo  porto- 
ghese, -1590. 

Bartolomeo  da  San  Concordio,  scrittore 
pisano,  1262-1347. 

Bartolozzi  Francesco,  incisore,  1725-1819. 

''Baruch,  profeta  minore,  v.  620. 

Baruffaldi  Girolamo,  letterato  ferrarese, 
1673  1755. 

Barzelletti  Giacomo,  medico  sienese,  1768- 
1859. 

Basilio  (san)  di  Cesarea,  padre  della  Chiesa, 
529-379. 

Basilio  Valentino  ,  alchimista  tedesco  , 
n.  1394. 

Baskerville,  tipografo  ed  incisore  inglese, 
-1 775 

Basnage  Giacomo,  controversista  francese, 
1653-1723. 

Bassano  Giacomo  da  Ponte,  pittore  ita- 
liano, 1510-92. 

Bassano  Francesco,  pittore  italiano, -1591. 

Basseville  Giovani  Ugo,  diplomatico  fran- 
cese, -1793. 

Bassi  Laura  Maria ,  giureconsulta  bolo- 
gnese, 1711-78. 

Bassi  Martino,  architetto  milanese,  1542- 
1591. 

Basso,  poeta  romano,  v.  40. 

Bassompierre,  maresciallo  francese,  scrit- 
tor di  Memorie,  1579-1646. 

Basta  Giorgio,  generale  e  scrittore,  -1607. 

Bastiat  Federico,  economista  di  Bajona , 
1801-50. 

Bastide  (Chiniac  de  La),  scrittor  francese, 
1741-1802. 

Bastien,  librajo  editore  parigino,  -1824. 

Balhurst,  medico,  poeta  e  teologo  inglese, 
1020  1704. 

Battaglini,  storico  italiano,  -1717. 

Balteux  Carlo,  precettista  francese,  1713- 
1780. 

Baudol  di  Juilly,  storico  francese,  -1759. 

Baudouin,  giureconsulto  francese,  1520- 
1573. 

Baudrand,  geografo  francese,  xvii  secolo. 

Bauhin  Gaspare  da  Basilea ,  naturalista, 
1550-1624. 

Baumé  Antonio  di  Senlis,  chimico  fran- 
cese, 1728-1804. 

Bausset  Francesco  di  Pondichery,  cardi- 
nale e  biografo,  1748-1824. 

Baxter,  dotto  tedesco,  1758-1807. 


2^  CRONOLOGIA 

Bayard  du  Terrail  Pietro,  cavaliere  fran- 
cese, V.  1476-1524. 
Bayen  Pietro,  chimico  francese,  1723-99. 
Bayer,  astronomo  tedesco,  xvii  secolo. 
Bayer,  dotto  tedesco,  -1728. 
Bayle  Pietro,  scettico  francese,  1647-1706. 
Bealtie  Giacomo,  poeta  scozzese  ,  1733- 

1803. 
Beauchateau,  poeta  fanciullo  francese,  v. 

16i5. 
Beaufort  (duca  di)  Francesco,  da  Parigi, 

1616-69. 
Beaulieu,  teologo  francese,  -1675. 
Beaulieti,  generale  austriaco,  172o-1820. 
Beaumanoir,   giureconsulto  francese,  v. 

1300. 
Beaumarchais  (Caron  di),  autor  francese, 

1753.-99. 
Beaumelle  (La),  letterato  francese,  1727-73. 
Beaumont,  romanziera  moralista  francese, 

1711-80. 
Beaune,  matematico  francese,  n.  1601. 
Beaurain,  geografo  francese,  n.  1696. 
Beausohre,  tpologo  francese,  16S91738. 
Beausoleil,  astronomo  tedesco,  xvii  secolo. 
Beauvais  'monsignor  di),  predicatore  ed 

oratore  francese,  1731-90. 
Beauvais,  storico  francese,  1698  1773. 
Beauzée  Nicola  ,    accademico    francese  , 

1717-89. 
Becan,  dotto  del  Brabante,  -1572. 
Beccadelii,  scrittore  italiano,  -1572. 
Beccafumi  Domenico  (Micherino),  pittore 

sienese,  1484-1549. 
Beccari,  poeta  italiano,  xvi  secolo. 
Beccaria  Cesare  milanese,  giurista,  1738- 

1794. 
Beccaria  Giambattista  di  Mondovì,  fisico, 

1716-81. 
Becker  Giovanni  Gioachino ,  chimico  di 

Spira,  1628-85. 
Becket  Tommaso  ,  arcivescovo  inglese  , 

1117-70. 
Beclard,  anatomico  francese,  1785-1825. 
Beda  il  Venerabile,  teologo  inglese,  672- 

735. 
Bedmar  fmarchese  di),  cardinale  vescovo 

di  Oviedo,  1578-1655. 
Bedoyère,  generale  francese,  1787-1815. 
Beethoven  Luigi  di  Bonn,  compositore  di 

musica,  1772-1827. 
Beger,  autore  tedesco,  1653-1705. 
Begon,  erudito  francese,  -1726. 
Beguillet,  erudito  francese,  -1786. 
Behaim,  cosmografo  tedesco,  1430-1509. 
Behring  Vitale,  viaggiatore  danese,  a  metà 

del  xviii  secolo. 


Bekker,  teologo  tedesco,  1634-98. 

Belestat,  antiquario  francese,  -1583, 

Belhomme,  scrittor  francese,  1653  1727. 

Belidor  Bernardo  ,    ingegnere  francese  , 
-1761. 

Belin  di  Ballù,  ellenista  parigino  -1815? 

Belin,  poeta  francese,  v.  1672. 

Belisario,  generale  del  Basso  Impero,  -565. 

Bell  Andrea  scozzese,  inventore  del  mutuo 
insegnamento,  1653-1832. 

Bellamy,  poeta  olandese,  1757-86. 

Bellarmino   Roberto,  cardinale  italiano, 
scrittor  ecclesiastico,  n.  1542. 

Bellay,  poeta  francese,  v.  1524. 

Belleforest,  storico  francese,  v.  1583. 

Belleval ,  naturalista  francese  ,  xv  e  xvi 
secolo. 

Bellin,  ingegnere  geografo  francese,  1703- 
1772. 

Bellincioni,  poeta  italiano,  xv  secolo. 

Bellini,  famiglia  di  pittori  veneti-,  Giacomo, 
v.  1430; Gentile, -1501;  Giovanni,-1512. 

Bellini  Lorenzo  ,   naturalista  fiorentino  , 
1634-1704. 

Bellini  Vincenzo  di  Catania,  compositore 
di  musica,  1804-35. 

Belsunce,  arcivescovo  di  Marsiglia,  1671- 
1755. 

Beltrami  cremonese,  intagliatore  in  gemme, 
-1854. 

Belzoni   Giambattista  padovano,  viaggia- 
tore, 1778-1823. 

Bembo  Pietro  veneziano,  cardinale,  sto- 
rico e  letterato,  -1547. 

Benedetti,  poeta  italiano,  xvii  secolo. 

Benedetto  d'Aniano,  autore  d'una  regola 
monastica,  -821. 

Benedetto  Giambattista ,  matematico  ita- 
liano, V.  1490. 

Benedetto  (san),  fondatore  dei  Benedettini, 
480-543. 

Bengel,  autore  tedesco,  n.  1687. 

Beni,  scrittore  italiano,  1552-1625. 

Beniamino  di  Tudela,  viaggiatore  ebreo , 
V.  1174. 

Beniowscki,  avventuriere  ungherese,  1741- 
1786. 

Benivieni,  poeta  italiano,  xv  secolo. 

Benserade,  poeta  francese,  1612-91. 

Benson,  teologo  inglese,  -1762. 

Bentivoglio  Guido,  cardinale,  scrittore  ita- 
liano, 1579-1644. 

Bentley,  critico  inglese,  1661-1743. 

Béranger  Pietro  Giovanni,  parigino,  autore 
di  canzoni,  1780-1857. 

Berardier  di  Bataut ,   erudito   francese , 
1720-94. 


TAVOLA   ALE'ABETICA    D  UOMIM    ILLU§TRI 


223 


Bergamasco  Giambattista,  pittore  miche- 
langiolesco in  Ispagna,  -1570. 

Bergasse,  pubblicista  lionese,  1750-1 8ò2. 

Bergerac  (Cyrano  de),  autore  comico,  1G20- 
46S5. 

Bergier  Nicolò  Silvestro ,  controversista 
francese,  1718-90. 

Bergier,  ellenista  di  Transilvania,  xvi  se- 
colo. 

Bergmann  Torbcrn  ,  chimico  svedese  , 
1735-84. 

Berigard,  filosofo  francese,  1578-1663. 

Berille,  vescovo  di  Bostra,  v.  240. 

Berker  da  Spira,  chimico,  v.  1682. 

Berkiey  Giorgio,  vescovo  Irlandese,  1684- 
1753. 

Berkiey,  giureconsulto  inglese,  -1667. 

Berlinghieri  Francesco,  poeta  italiano,  xv 
secolo. 

Bermudez,  poeta  spagnuolo,  xvi  secolo. 

Bernard  Giuseppe  da  Grenoble,  poeta, 
1710-75. 

Bernard  Samuele,  banchiere,  -1739. 

Bernardin,  teologo  francese,  1649-1714. 

Bernardo,  astronomo  inglese,  1638  84. 

Bernardo  da  Mentone,  fondatore  dell'o- 
spizio sul  monte  Sanbernardo,  923-1 008. 

Bernardo  da  Padova,  alchimista,  v.  1406. 

Bernardo  fsan)  ,  abbate  di  Chiaravalle  , 
commentatore  ed  ascetico,  1091-1155. 

Bernardo,  trovatore,  xv  e  xvi  secolo. 

Berni  Francesco,  poeta  toscano,  -1536. 

Bernier,  viaggiator  francese,  1779  1804. 

Bernini  Lorenzo,  artista  napoletano,  1598- 
1680. 

Bernis  (cardinale  di)  Gioachino ,  poeta 
francese,  1715-94. 

Bernoulli  Giacomo,  matematico  da  Basilea, 
1654-1705. 

Bernoulli  Giovanni,  id.  1667-1748. 

Beroaldo  Filippo  da  Bologna,  letterato  , 
1453-1505. 

*Beroso,  astronomo  e  storico  caldeo,  v. 
284. 

Berquin  Arnaldo,  scrittor  francese,  1749- 
1791. 

Berriat-Saint-Prix  Giacomo  di  Grenoble, 
giureconsulto,  1769-1845. 

Berruver  Giuseppe  gesuita,  scrittor  fran- 
cese, 1681-1758. 

Bersmann,  dotto  tedesco,  -1611. 

Bertaud  Giovanni,  poeta  francese,  1594- 
1611. 

Berthauid,  autore  francese,  -1681. 

Bertheau,  teologo  francese,  1660-1732. 

Berthier  Alessandro,  maresciallo  di  Napo- 
leone, 1753-1815. 


Berthicr,  fisico  francese,  -1783. 

Berthollet  Claudio  ,  chimico  savojardo  , 
1748-1822. 

Bertholon,  fisico  francese,  -1799. 

Berli  Alessandro  lucchese,  teologo  -176G. 

Berlin  Antonio,  poeta  francese,  1752-90. 

Berlin  Luigi  Francesco,  scrittore  politico 
parigino,  1766-1841. 

Bertinazzi  Carlino,  attore  italiano,  1 71 3-83. 

Bertram  ginevrino,  orientalista,  -1594. 

Bertrand-Moleville  Antonio,  ministro  e  sto- 
rico francese,  1744-1818. 

Bertrandi  Giovanni  ,  chirurgo  torinese  , 
-1775. 

Berulle  Pietro  francese,  cardinale,  fonda- 
tore dell'Oratorio,  1575-1629. 

Bervic  Carlo,  incisore  parigino,  1 756-1 822. 

Berzelius  Giacomo,  chimico  svedese,  1779- 
1848. 

Berw'ick  (duca  di)  Giacomo ,  maresciallo 
francese,  1671-1734. 

Besly,  antiquario  francese,  1572-1644. 

Besoigne,  storico  francese,  1686-1763. 

Bessarione  Giovanni  greco,  cardinale  ve- 
scovo di  Nicea,  1395-1472. 

Bessières  Giambattista  ,  maresciallo  del- 
l'Impero, 1766-1813. 

Bella,  giureconsulto  italiano,  1526-99. 

Bettinelli  Saverio,  letterato  mantovano, 
1718-1808. 

Beza  Teodoro,  calvinista,  teologo  francese, 
1519-1605. 

Bezout  Stefano  da  Nemours,  matematico 
francese,  1730-83. 

Bianchini  Francesco,  dotto  italiano,  1662- 
1729. 

*Bianle  da  Priene  in  .Ionia,  v.  570,  uno 
dei  Sette  sapienti. 

Bibliander  (Buchmann)  Teodoro,  teologo 
svizzero,  1504-64. 

Bichat  Francesco  Saverio,  medico  francese, 
1771-1802. 

Bidloo  Goffredo  dall'Aja,  anatomico,  1649- 
1713. 

Biel  Gabriele,  ultimo  scolastico,  1420-95. 

Bièvre  (marchese  di),  maresciallo  e  poeta 
francese,  1747-89. 

Billaut,  mastro  Adamo  da  Nevers,  -1662. 

Bioersthal,  dotto  svedese,  1731  79. 

Biondo  Flavio,  storico  italiano,  1398-1463. 

*Bione,  bucolico  greco  da  Smirne,  v.  188. 

*Bione,  filosofo  greco  di  Boristcne,  v.  276. 

Birago  milanese,  cancelliere  di  Francia  e 
cardinale,  1507-82. 

Biscioni  Antonmaria  ,  erudito  toscano  , 
-1756. 

*Bitone,  matematico  greco,  v.  355. 


224 


CRONOLOGIA 


Blacas  d'Aulps,  trovatore,  xiii  secolo. 
Blackmore,  scrittor  inglese,  -d729. 
Blackstone  Guglielmo,  pubblicista  inglese, 

d723  80. 
Blaew  Guglielmo  d'Amsterdam,  geografo- 
tipografo,  1571-1638. 
Blainville  (Ducrotay  de),  zoologo  d'Arques, 

47781850. 
Blair  Ugo,  retore  scozzese,  1718-1800, 
Blake  Roberto,  ammiraglio  inglese,  1599- 

1657. 
Blandrata  Giorgio,  eretico  piemontese,  xvi 

secolo. 
Bletterie  (de  La)  Renato,  scrittor  francese, 

1669-1772. 
Blondel   Francesco,  architetto  francese, 

1617-86. 
Blondel,  teologo  francese,  1591-1655. 
Blosius  0  De  Blois ,  ascetico  benedettino, 

1506-63. 
Blount  Carlo,  deista  inglese,  1654-93. 
Blucher    de    Wahlstatt ,    feldmaresciallo 

prussiano,  1742-1819. 
Boccaccio  Giovanni ,   novelliere  toscano, 

1313-75. 
Boccage  (Du)  di  Rouen,  poetessa  francese, 

1710-1802. 
Boccalini  Trajano,  poeta  e  satirico  italiano, 

1556-1615. 
Bochard,  erudito  francese,  1730  93. 
Bochart  Samuele  dar  Rouen,  archeologo  e 

geografo,  1609-67. 
Bodin   Giovanni,  autor  francese,  1530- 

1596. 
Bodley  Tommaso,  inglese  che  lasciò  all'u- 
niversità di  Oxford   la   sua  biblioteca, 

detta  Bodlejana,  1544-1612. 
Bodoni  Giambattista  daSaluzzo,  tipografo, 

1740-1813. 
Boecler,  storiografo  svedese,  n.  1611. 
Boehme  Jacopo  tedesco,  illuminato,  1575- 

1625. 
Boétie  (de  La)  Stefano  ,  autor  francese , 

1531-63. 
Bogino  Giambattista,  ministro  piemontese, 

1701-84. 
Boerhaave  Ermanno  ,  medico  olandese  , 

1668-1758. 
Boezio  Anicio  Severino,  autor  latino,  470- 

524. 
Boileau  Egidio,  autore  parigino,  1631-69. 
Boileau  Giacomo,  teologo  parigino,  1635- 

1716. 
Boileau  (Nicolò  Despréaux) ,  poeta  fran- 
cese, 1630-1711. 
Boindin  Nicolò,  poeta  drammatico  fran- 
cese, 1675-1751. 


Bois  Morand  (Chéron  di),  poeta  satirico 

francese,  1680-1740. 
Bois  Robert,  autore  francese,  1592-1662. 
Boissard  Gian  Giacomo,  archeologo  fran- 
cese, 1528-1602. 
Boissy  (Luigi  di),  autor  comico  francese, 

1694-1758, 
Boiste  Pier  Claudio,  lessicografo  francese, 

1765  1824. 
Boivin  Giovanni,  autore  francese,  1649- 

1724. 
Bojardo  Matteo  Maria,  poeta  italiano,  1434- 

1494. 
Bokhari,  dottore  arabo,  -870, 
Boldetti  Marcantonio ,  erudito   romano  , 

-1750. 
Bolingbroke  Enrico,  ministro  e  scrittore 

inglese,  1672-1751. 
Bolivar  Simone  di  Caracas,  creatore  delle 

repubbliche  dell'America   meridionale, 

1775-1830. 
Bolland  Giovanni  gesuita,  agiografo  fiam- 
mingo, 1596-1665. 
Bologna  Giovanni ,  scultore  fiammingo  , 

XVI  secolo. 
Bon-Saint-Hilaire,  autore  francese,  1678- 

1761. 
Bona  Giovanni   da  Mondovì ,  cardinale , 

scrittore  sacro,  1609-74. 
Ronald  (visconte  di),   scrittore  francese, 

1753-1840. 
Bonamici  Lazzaro,  autore  italiano,  v.l5b2. 
Bonamici  Castruccio, storico  italiano,  171 0- 

1761. 
Bonarelli,  poeta  italiano,  -1659. 
Bonanno,   architetto  della  torre  di  Pisa, 

1174. 
Bonaventura  (san),  di  Bagnarea,  mistico, 

1221  74. 
Bondi  Clemente  parmigiano,  poeta,  -1821. 
Bondt,  giureconsulto  olandese,  1752-92. 
Bonfadio  Jacopo  di  Salò,  storico,  -1550. 
Bonfinio  Antonio  d'Ascoli,  storico,  1427- 

1502. 
Bonfrerius,  autor  francese,  1573-1643. 
Bongars  Giacomo,  id.,  1546-1612. 
Bonifazio  (san),  arcivescovo  di  Magonza, 

-754. 
Bonifazio,  veneto,  poeta  e  giureconsulto, 

1547-1635. 
Bonnet  Carlo,  naturalista  ginevrino,  1720- 

1793. 
Bontemps  (madama),  autrice  francese, 

1718-68. 
Borbone,  casa  reale,  che  vorrebbe  farsi  di- 
scendere da  un  prefetto  romano  delle 

Gallie.  Da  Giacomo  I  conte  de  la  Mar- 


TAVOLA    ALIABETICA    I»' UOMINI   ILLUSTRI 


225 


che,  e  da  Giovanna  dj  Chàtillon  Saint- 
Poi,  sposati  il  1335,  uscirono  le  varie 
case  di  Vendùine,  Montpensier,  Soissons, 
Condé,  Conti,  Francia,  Spagna,  Napoli, 
Panna,  Orleans.  Carlo  connestaliile  di 
Borbone,  1489-1527. 

Borda  Giovanni  Carlo  di  Dax,  fisico,  1735- 
1799. 

Borda  Siro,  medico  pavese,  1761-18^4. 

Borde  fde  La),  artista  e  autore  francese, 
■1 733-9Ì. 

Bordeu  Tommaso,  medico  francese,  1722- 
1770. 

Borelli  Gian  Alfonso,  matematico  e  fisico 
napoletano,  1608-79. 

Borghese,  famiglia  romana  oriunda  di  Sie- 
na, poi  da  Paolo  V  eretta  in  |)rincipesca. 

Borghesi  Bartolomeo  romano,  archeologo, 
1781-1860. 

Borghini  Vincenzo,  erudito  toscano,  1515- 
1580. 

Borgia,  famiglia  spagnuola,  di  cui  furono 
Alessandro  VI,  Cesare  duca  di  Valentino, 
Lucrezia  duchessa  d'Urbino,  e  san  Fran- 
cesco gesuita,  1510-72. 

Borgno  (Bertrando  delj,  trovatore,  xii  sec. 

Born,  dotto  tedesco,  17i2-9l. 

Borneil,  trovatore  francese,  xm  secolo. 

Borromeo  (san  Carlo),  cardinale,  arcive- 
scovo di  Milano,  1558  8i. 

Borromeo  Federico,  id.,  156i  1651. 

Borromini  Francesco,  architetto  ,  1599- 
1607. 

Bory  de  Saint-Vincent ,  naturalista  fran- 
cese, 1780-1846. 

Bos  Lamberto,  ellenista  olandese,  1670- 
J717. 

Boscan  Almogaver  Giovanni,  poeta  spa- 
gnuolo,  1500-45. 

Boscovich  Ruggero,  matematico  raguseo, 
17  il -87. 

Bosio  Antonio,  antiquario  italiano,  xvi  e 
XVII  secolo. 

Bosquet,  vescovo  di  .Montpellier,  autore 
francese,  1605-76. 

Bossi  Gius.,  pittor  milanese,  1777-1815. 

Bossi  Luigi  milanese,  polistore,  1758- 
1835. 

Bossu,  critico  francese,  1051-81. 

Bossuet  Giacomo  Benigno  da  Digione,  teo- 
logo e  vescovo,  1627-1704. 

Bottero  Giovanni  ,  statista  piemontese  , 
1540-1617. 

Botta  Carlo  di  San  Giorgio  in  Canavese, 
storico,  1706-1857. 

Bottari  Giovanni  Gaetano,  erudito  italiano, 
16891775. 


Boucher,  dotto  gesuita,  -1665. 

Boucher  Francesco,  pittore  parigino,  1604- 
1 070. 

Boucher,  priore  della  Sorbona,  1548-1644. 

Boucheron    Carlo   piemontese  ,    latinista  , 
1775-1858. 

Boucicaut,  maresciallo  di  Francia,  1567. 

Boudon,  missionario  francese,  1024-1702. 

Boudot,  tipografo  e  lessicografo  francese, 
-1706. 

BoufTlers  (Luigi  Francesco  duca  di),  ma- 
resciallo di  Francia.  1004-1711. 

Bougainville    Luigi    Antonio  ,    navigatore 
francese,  1729-1811. 

Bougeant  Guglielmo,  autor  francese,  1 690- 
1745. 

Bouguer  Pietro,  geometra  francese,  1698- 
1758. 

Bouhours  gesuita,  autore  parigino,  1628- 
1702. 

Bouillard  benedettino,  scrittore  francese, 
1669-1726. 

Bouillaud,  matematico  francese,  xvii  sec. 

Boulainvilliers  Ugo,  autor  francese,  1658- 
1722. 

Boulanger  Nicolò  Antonio,  filosofo  pari- 
gino, 1722-59. 

Bouland  Antonio,  bibliofilo  parigino, -1825. 

Boulay,  storiografo  francese,  -1078. 

Bouillier,  teologo  francese,  1099-1759. 

Bouquet,  autor  francese,  1685-1754. 

Bourdaloue  Luigi  da  Bourges,  predicatore 
francese,  1632-1704. 

Bourette,  poetessa  francese,  1714-84. 

Bourgelat  Claudio  francese,  fondatore  delle 
scuole  veterinarie,  -1779. 

Bourgoing,  autor  francese,  1748-1811. 

Bourignon  Antonietta  di  Lille,  visionaria, 
1616  80. 

BouvierGiovanni,  cronista  francese, -1586. 

Bowdoin,  filosofo  americano,  1727-90. 

Boxhorn,  professore  olandese,  1612  55. 

Boyd,  poeta  scozzese,  1562-1601. 

Boyer  Abele  di  Castres,  grammatico,  1664- 
1729. 

Boyer,  autore  drammatico,  1618-98. 

Boyer  Alessio,  chirurgo,  1757-1855. 

Boyle  Roberto,  chimico  inglese,   1626- 
1091. 

Boze  (Claudio  Gros  di)  da  Lione,  archeo- 
logo, 1680-1755. 

Bracciolini  dalle  Api  Francesco,  poeta  ita- 
liano, 1566-1645. 

Bradley  Giacomo, astronomo  inglese,  1 692- 
1762. 

Brahe  (Ticho-),  astronomo  danese,  1546- 
1601. 


Ca.mù,  Dùcamenli.  —  Tomo  I,  Cronologia. 


15 


226 


CRONOLOGIA 


Bramante  dei  Lazzari  d'Urbino,  architetto, 
14Ì4-1514.  Pare  sotto  questo  nome  si 
confondano  diversi  artisti  lombardi  e 
romagnuoli. 

Brancas  di  Viiieneuve,  geografo,  -1758. 

Brandob'ni  Aurelio,  autore  italiano,  -1  490. 

Bcandt ,  giureconsulto  d'Alsazia,  1454- 
4520. 

Brandt,  teologo  olandese,  1620-80. 

Brandt,  autore  fiammingo,  1660-1708. 

Brantòme  Pietro,  storico  francese,  1527- 
1614. 

*Brasida,  capitano  lacedemone,  v.  424. 

Bréguet  Abramo  Luigi,  oriuolajo,  1747- 
1823. 

"Brenno  capo  dei  Galli,  v.  340,  o  nome 
generale  dei  loro  capi. 

Brequigny,  erudito  francese,  1716-95. 

Bretonneau,  grammatico  francese,  -1656. 

Breugel  Pietro,  pittore  fiammingo,  1565- 
1642. 

Brice  G.  di  Parigi,  autore,  1651-1767. 

Bridaine  Giacomo,  predicatore  francese, 
1701-67. 

Briganti,  medico  italiano,  xvi  secolo. 

Brindley  G.,  meccanico  inglese,  1716-72. 

Brinvilliers  (marchesa  dij  Maria,  avvele- 
natrice,  -1676. 

Brisson  Barnaba,  giureconsulto,  -1591. 

Brissot  di  Chartres,  rivoluzionario,  1754- 
1793. 

Brissot,  medico  francese,  1478-1522. 

Brito  (De)  Bernardo,  storico  portoghese, 
1569-1617. 

Brito  Guglielmo,  poeta,  xi  secolo. 

Brocchi  Giambattista  di  Bassano,  natura- 
lista, 1752-1826. 

Broglia  ,  famiglia  d'origine  piemontese  , 
che  diede  generali  e  marescialli  alla 
Francia  nei  secoli  xvii  e  xviii. 

Brongniart  Alessandro ,  minerologo  pari- 
gino, 1770-1847. 

Bronzino,  pittore  e  poeta  italiano,  1501-70. 

Bresses  (Carlo  di),  scrittor  francese,  1709- 
1777. 

Brotier  Carlo  Andrea,  traduttore  francese, 
XVIII  secolo. 

Broughton  Roberto ,  navigatore  inglese  , 
-1821. 

Broukhusius,  dotto  olandese,  1649-1717. 

Broussais  Francesco  Vittore,  medico  fran- 
cese, 1772-1858. 

Brousson,  teologo  francese,  1647-98. 

Brussonnet  Maria  Angusto,  naturalista  fran- 
cese, 1701-1807. 

Brown  Giovanni,  medico  scozzese,  1756- 
1787. 


Bruca   Giacomo  ,    viaggiatore  scozzese  , 

1730-94. 
Brucker  Gian  Ciac,  dotto  tedesco,  -1770. 
Druccioli,  traduttore  italiano,  xvi  secolo. 
Brueys  (Davide  dij,  poeta  comico  francese, 

1640-1723. 
Bruguières,  erudito  francese,  1750  99. 
Brumoy  Pietro,  traduttore  del  Teatro  greco, 

1688-1742. 
Brunelleschi  Filippo,  architetto  fiorentino, 

1377-1444. 
Brunk,  ellenista  tedesco,  1729-1803. 
Bruno  Giordano,  filosofo  napoletano,  1550- 

1600. 
Bruno  (san)  da  Colonia,  istitutore  dei  Cer- 
tosini, 1030  noi. 
Brusanlini,  autore  italiano,  -1670. 
Brute,  cronologo  francese,  1699-1762. 
*Bruto  Lucio  Giunio  ,  espulsore  de'Tar- 

quinj,  509. 
*Bruto  Marco  Giunio,  uccisore  di  Cesare, 

V.  43. 
Bruto,  storico  fiorentino,  1515-93. 
Bruyère  (Giovanni  de  La),  letterato  fran- 
cese, 1644-96. 
Bruys,  storico  francese,  n.  1708. 
Bruzen  de  LaMartinière,  lessicografo,  1 749. 
.  Buache  Filippo,  geografo  parigino,  1700- 

1773. 
Buat,  scrittore  francese,  1732-87. 
Buchanan  Giorgio,  poeta  e  storico  scozzese, 

1506-82. 
Buddeo,  filosofo  tedesco,  1667  1729. 
Bude  Guglielmo,  erudito  parigino,  1467- 

1540. 
BuffierClaudio,  erudito  e  geografo  francese, 

1661-1737. 
Buffon  Giorgio  Luigi,  naturalista  francese, 

1707-88. 
Bugeaud,  maresciallo  di  Francia,   1784- 

1849. 
Bullef,  teologo  francese,  1699-1775. 
Biilliard  Pietro,  naturalista  francese,  1742- 

1795. 
BuUinger,  riformatore  svizzero,  1504-75. 
Bunyan,  autore  inglese,  1628-88. 
Buoramattei   Benedetto  ,  grammatico  to- 
scano, -1647. 
Buonaccorsi  Filippo,  storico  italiano,  -1 496. 
Buonafede  Appiano  di  Comacchio,  filosofo, 

1716-93. 
Buonarroti  Michelangelo  aretino,  pittore, 

scullore,  architcUo,  1474-1564. 
Buonarroti   il   giovane,  letterato  italiano, 

1564-1640. 
Buonincontri,  astronomo  e  storico  italiano, 

n.  1  5!l. 


TAVOLA    ALFABETICA    b'uOMI.M    M.LCSfRI 


227 


*Bapa!o,  sciiltor  greco,  vi  secolo. 

Burcliiello,  poeta  toscano,  -14i8. 

IJurcldiard  Giacomo  di  Sulzbacb,  erudito, 
iG81-17.-)3. 

Burette  Pietro,  erudito  parigino,  1665- 
ilil. 

Biirger  Goffredo  Augusto,  poeta  tedesco, 
1718  9i. 

Buridan  Giovanni  da  Betliune,  filosofo  sco- 
lastico, 1300-60. 

ISurignv  (Levesque  di],  storico  francese, 
1(iW-l785. 

Burke  Edmondo,  politico  irlandese,  1730- 
1 797. 

Burlamachi  Gian  Giacomo  ginevrino,  pub- 
blicista, 1694-1748. 

Burmann  Pietro,  critico  olandese,  1668- 
1741. 

Burnet  Tommaso  scozzese,  controversista, 
1643-1713. 

Burns  Boberto,  poeta  scozzese,  1759-96. 

Burnouf  Gian  Luigi ,  filologo  francese  , 
1775-1844. 

Busbecq  ( Auger-Gislen  di),  viaggiatore 
olandese,  1522-92. 


Buscb,  erudito  da  Luneburgo,  1728-1800. 
Buschclto,  arcbitetto  del  duomo  di  Pisa, 

10^2-2  80? 
Buscbing  Antonio  Federico,  geografo  \vest- 

faliano,  1724-93. 
Busenibauni,  teologo  tedesco,  1600-08. 
Bussières,  autore  francese,  1007-78. 
Bussv-Babutin  (Ruggero  di),  scrittor  fran- 
cese, 1618-93. 
Buller  Samuele,  poeta  inglese,  1612-80. 
Duttmann   Filippo,   grammatico  tedesco, 

1764-1829. 
Buttner  Cr.  G.,  naturalista  tedesco,  1616- 

1701. 
Buttura  Antonio,  letterato  italiano,  1771- 

1855. 
Buxtorf  Giovanni,  lessicografo  ebraistasviz- 

zero,  156Ì-1629. 
Bvneo  Antonio,  antiquario  olandese,  1654- 

^1698. 
Bvng  Giovanni,  ammiraglio  inglese,  1663- 

'l733. 
Byron  Giorgio,  poeta  inglese,  1787-1824. 
Bzovio  Abramo,  erudito  polacco,  1567- 

1637. 


c 


Cabanis  Pietro  Giorgio,  medico  materiali- 
sta francese,  1757-1808. 

Cabasila,  scrittor  greco,  xiv  secolo. 

Cabassut,  scrittore  francese,  1604-85. 

Cabestano  o  Cabestaing,  trovatore,  sec.  xiii. 

Caliot  Giovanni,  e  suo  figlio  Sebastiano, 
navigatori  veneziani,  xv  secolo. 

Cabrai  Pietro  Alvarez ,  navigator  porto- 
ghese, XV  secolo. 

Cabrerà  Giovanni  Tommaso,  storico  spa- 
gnuolo,  -1655. 

*Cabria,  capitano  ateniese,  v.  392. 

Cacciaguerra  Monsignore,  ascetico,  xvi  sec. 

Cadamosto  Luigi  ,  navigator  veneziano , 
1432-70. 

"Cadmo  da  Mileto,  primo  prosatore,  vi  sec. 

Cadoudal  Giorgio,  capobande  bretone, 
1769-1804  , 

Caffarelli  (Gaetano  Majorano)  di  Bari,  so- 
prano, 1710-83. 

CalTaro  Andrea,  cronista  genovese,  n.  1080, 

Cagliostro  (il  conte  di),  avventuriere  sici- 
liano, 17Ì3-95. 

Gagnola  Luigi,  architetto  milanese,  1762- 
1833. 

Cahusac  (Luigi  di)  da  Moutauban  ,  lette- 
rato, 1700-59. 


Cailleau  Andrea,  tipografo,  scrittor  fran- 
cese, 1751-98. 

Calile  (i\.  de  La),  astronomo  francese,  1713- 
1 762. 

Calabro  Quinto  Smirneo,  poeta  greco,  in  se- 
colo. 

Calamy,  teologo  inglese,  1600-66. 

^Calano,  filosofo  indiano,  v.  525. 

Calas  Giovanni,  negoziante  francese,  1698- 
1762. 

Calasanzio  (san)  Giuseppe,  spagnuolo,  1600. 

Calcagnini  Celio  e  Alfonso,  critici  italiani, 
xvi  secolo. 

Calcidio,  filosofo  platonico,  ni  secolo. 

Calco  Tristano,  cronista  milanese,  xv  sec. 

Calcondila  Demetrio,  erudito  greco,  1424- 
1511. 

Calcondila  Leonico,  storico  ateniese  ,  v. 
1499. 

Calderon  de  la  Barca,  poeta  spagnuolo, 
1600-77. 

Calendario  Filippo,  architetto  e  statuario 
veneto,  secolo  xiv. 

Calepino  Ambrogio  bergamasco,  lessico- 
grafo, 1433-1511. 

Calignon  Ambrogio,  storico  francese,  1 550- 
1006. 


228 


CRONOLOGIA 


Calisto,  storico  greco,  v.  1526. 
Calisto,  teologo  tedesco,  1 586-1 6S6. 
*Callicrate,  architetto  greco,  v.  4-i4. 
*Caliicratide,  capitano  lacedemone,  v.406. 
*Callimaco,  scultore,  pittore  e  architetto 

greco,  V,  539. 
*Callimaco,  poeta  greco,  v.  250. 
Callimaco  il  giovane,  poeta,  v.  145. 
"Callipido,  attore  greco,  v.  420. 
Callipido  da  Cizica,  astronomo,  v.  530. 
Callistene,  filosofo  greco,  v.  327. 
Callot  Giacomo  da  Nancy,  intagliatore  e 

pittore,  1593-1635. 
Calmet  Agostino,  erudito  monaco  francese, 

1672-1757. 
Calmo  Andrea,  commediante  veneziano, 

XVI  secolo. 
Calonne,  controllore  delle  finanze  francesi, 

1734-1802. 
Calprenède  (Gualtiero  de  La),  poeta  fran- 
cese, 1610-63. 
Calprenède,  romanziere  francese,  -1661. 
Calvino  Giovanni  da  Noyon  ,  eresiarca  , 

1509-64. 
Calvisio,  cronologo  tedesco,  1556-1617. 
Cambacérès,  principe  dell'impero  francese, 

1755-1820. 
Camden  Guglielmo  di  Londra,  archeologo, 

1551-1625. 
Camerario,  erudito  tedesco,  xvi  secolo. 
"Camillo  (Marco  Furio),  dittatore  romano, 

V.  365. 
Camoens  Luigi  di  Lisbona,  epico,  1517- 

1579. 
Campan  (madama) ,    letterata   educatrice 

francese,  1752-1822. 
Campanella  Tommaso,  filosofo  napoletano, 

1568-1639. 
Campano  Giannantonio,  scrittore  italiano, 

XVI  secolo. 
Campano,  matematico  novarese,  xii  secolo. 
Campistron  Giovanni  Gualberto  da  Tolosa, 

tragico,  1656-1723. 
Camuccini  Vincenzo,  pittore  romano,  1775- 

1844. 
Camus,  scrittori  francesi  del  xvi ,  xvii  e 

xviii  secolo. 
Carausat,  scrittore  francese,  1695-1732. 
Cancellieri  Francesco,  archeologo  romano, 

1775-1826. 
Candido  Matteo,  storico  siciliano,  v.  14i0. 
Candolle  (Agostino  De),  botanico  ginevrino, 

1778  1841. 
Canina  Luigi,  architetto  e  archeologo  pie- 
montese, 1795  1850. 
Canisio  di  Nimega,  scrittore  ecclesiastico, 
-1597. 


Canitz,  poeta  prussiano,  -1699. 
Canning  Giorgio,  ministro  inglese,  1771- 

1827. 
Cano  Melchior,  teologo  spagnuolo,  1523- 

1560. 
Canova  Antonio  veneto  da  Possagno,  scul- 
tore, 1747-1822. 
Cantacuzeno  Giovanni,   storico  greco,  v. 

1360. 
Cantemiro  Antioco,  fondatore  della  poesia 

classica  russa,  -1744. 
Cantemiro  Demetrio,  principe  di  Moldavia, 

storico,  1673  1723. 
Cantero,  critico  olandese,  1542-75. 
Capaccio  Giulio  Cesare,  erudito  italiano, 

-1651. 
Capece  Scipione,  poeta  latino,  xvi  secolo. 
Capella  Marciano,  scrittore  latino,  vi  sec. 
Capilupi  Lelio,  scrittore  italiano,  sec.  xvi. 
Capistrano  (san  Giovanni  da),  missionario 

abruzzese,  -1456. 
Capitolino  Giulio,  biografo  latino,  v.  325. 
Capodistria  Giovanni  di  Corfij,  diplomatico, 

1780  1851. 
Caporali,  poeta  italiano,  1531-1601. 
Capodivacca  Girolamo,  medico  padovano, 

-1589. 
Cappel,  ebraizzante  francese,  xv  secolo. 
Capriata  Pier  Giovanni  genovese,  storico, 

XVII  secolo. 
Capua  (Andrea  di),  giureconsulto  italiano, 

XIII  secolo. 
Caracci  Luigi,  Agostino  ed  Annibale,  pit- 
tori bolognesi,  xvii  secolo. 
Caracciolo,  molti  scrittori  e  uomini  illustri 

italiani,  dal  xv  al  xviii  secolo. 
Caraffa,  illustre  famiglia  napoletana,  da  cui 
papa  Paolo   IV,  dodici  cardinali,  due 
patriarchi,  ventisei  vescovi. 
Caramueledi  Lobkowic,  casista  spagnuolo, 

1606-82. 
Caravaggio  (Polidoro  Caldara  da),  pittore 

italiano,  1495-1543. 
Caravaggio  (Michelangelo  Merighi  da),  id., 

1569-1609. 
Carbonnel,  trovatore  provenzale,  xiii  sec. 
Cardano  Girolamo,  medico  e  astrologo  ita- 
liano, 1501-76. 
*Carete,  capitano  ateniese,  v.  367. 
*Carilao  da  Locri,  poeta  tragico,  v.  326. 
Carissimi  G.  G.  veneziano,  compositore  di 

musica,  secolo  xvii. 
Caritone  d'Afrodisia,   romanziere  greco, 

secolo  v. 
Carleton,  politico  inglese,  1575-1651. 
Carli  Gian   Rinaldo  di  Capodistria,  anli- 
t|uario  ed  economista,  1720  95. 


Tavola  Ai.FAnF.Tir.v  d  lomim  ii.i.tistni 


220 


Carlier,  scrittor  francese,  172^-87. 
Carmagnola  (Bussone  conte  di),  capitano 

di  ventura,  •  14-32. 
*Carmì  da  Marsiglia,   medico  empirico, 

V.  20. 
'Cameade  da  Cirene,  v.  520. 
Carnot  Lazzaro  borgognone,  membro  della 

Convenzione,  1753-1824. 
Caro  Annibale,  letterato  italiano,  1507-G6. 
*Caronda,  legislatore  della  Magna  Grecia, 

V,  G;iO. 
Carpani  Giuseppe,  poeta  drammatico  ita- 
liano, 1752-1823. 
Carpentier  Pietro,  dotto  benedettino  fran 

cese,  1697-1767. 
Carranza   Bartolomeo,   autore   spagnuolo, 

arcivescovo  di  Toledo,  1503-76. 
Carrer  Luigi,  poeta  veneziano,  1801-30. 
Carrera  Francesco,  scrittor  siciliano,  1371- 

1647. 
Carrion-Nisas  (barone  Enrico) ,  letterato 

francese,  1767-1840. 
Carron,  pio  e  dotto  ecclesiastico  francese, 

1760-1820. 
Cartari,  filosofo  e  medico  italiano,  -1393. 
Carteret  Filippo,  navigatore  inglese,   v. 

1766. 
Cartheuser,  dotto  tedesco,  1704-77. 
Cartier  Giacomo,  navigatore  francese,  v. 

1533. 
Cartouche ,   masnadiero   parigino,  1693- 

1721. 
Carvalho,  scrittore  portoghese,  1630-1713. 
Carlwright,  scrittori   inglesi,  xvi,  xvii  e 

xviii  secolo. 
CarvajaI,  cardinale  spagnuolo,  1469. 
Carve,  scrittore  irlandese,  -1664. 
Carver,  scrittore  americano,  1732-80. 
Casa  (monsignor  Giovanni  della),  scrittore 

italiano,  -1336. 
Casali,  antiquario  romano,  1746  67. 
Casanova  Gian  Giacomo,  avventuriero  ve- 
neziano, 1723-1803. 
Casanova  Marcantonio,  poeta  latino, -1327. 
Casas  (Bartolomeo  di  Las),  missionario 

spagnuolo,  1474-1566. 
Casati,  matematico  italiano,  1617-1707. 
Casaubon  Isacco,  erudito  ginevrino,  1339- 

1614. 
Ca'ssandra  Fedele,  erudita  veneziana,  1463- 

1367. 
Cassiano  ,   scrittore  ascetico  della  Chiesa 

latina,  v.  434 
Cassini  Giandomenico  da  Nizza,  astronomo, 

1623-1712. 
Cassini  Giacomo,  da  Parigi,  ic/.,  1677-1736. 
Cassiodoro  Aurelio,  scrittor  latino,  470-362. 


Castaldi,  poeta  italiano,  'im\-\nòG. 
Castalion,  erudito  francese,  1313-63. 
Castellosa  (Dona),  poetessa  provenzale,  .\iii 

secolo. 
Castelvelro  Lodovico,  critico  italiano,  130S- 

1371. 
Casti  Giambattista,  poeta  italiano,  1721- 

1803. 
Castiglioni  Baldassarre,  scrittore  italiano, 

1478-1529. 
Castiglioni  Ottavio,  erudito  milanese,  1785- 

1849. 
Castilhon  G.  da  Tolosa,  letterato  francese, 

1719  99. 
Castlereagh  Boberto  marchese  di  London- 

derry,  diplomatico  inglese,  1709  1823, 
Castro  (Giovanni  di),  medico  portoghese, 

1363-1637. 
Castruccio  Castracane,  signore  di  Lucca, 

1281-1330. 
Catalani  Angelica  di  Sinigaglia,  cantante, 

1779-1849. 
Caterina  da  Siena  (santa),  ascetica,  1347-80. 
Caterina  de'  Medici,  1319-89. 
Caterino,  teologo  italiano,  1487-1333. 
Cathelinau  Giacomo,  capo  de'  Vandeani, 

1759-95. 
"Catilina,  cospiratore  romano,  -65. 
Catinai  Nicola,  generale  francese,  1637- 

1712. 
*Catone  (Cajo  Porcio)  Uticese,  93-46, 
*Catone  (Marco  Porcio)  il  vecchio,  254-149. 
Catone,  poeta  romano,  v,  130. 
Catrou  (il  padre),  scrittor  francese,  1639- 

1737. 
"Catullo  Cajo  Valerio  da  Verona,  poeta  Fa- 
tino, 86-46. 
Cauchy  Agostino,  matematico  parigino, 

1789-1857. 
Caus  (Salomone  di),  primo  applicatore  deJ 

vapore  alle  macchine,  1580-1630. 
Caussin,  dotto  francese,  1383  1631. 
Caux  de  Montrebert,  letterato  e  poeta  drami- 

matico,  1683  1733. 
Cavaignac   Eugenio,   generale   francese ^ 

1802-57. 
Cavalca  fra  Domenico,  classico  italiano^ 

XIV  secolo. 
Cavalcanti  Bartolomeo,  scrittore  fiorentino, 

1503-62, 
Cavalcanti  Guido,  poeta  fiorentino,  v,  1300, 
Cavalier  G, ,  capo  dei  Camisardi ,  1669- 

1740, 
Cavalieri  Bonaventura  milanese,  matema- 
tico, 1398  1647. 
Cave  Guglielmo,  scrittore  ecclesiastico  in- 
glese, 1637-1713. 


230 


CrONOLOGlA 


Cavendish  Enrico,  fisico  e  chimico  inglese, 

-1731  1810. 
Cavour  Camillo,  statista  ed  economista  to- 
rinese, 1810-1861. 
Caylus  Carlo,  archeologo  parigino,  1692- 

ITtìo. 
Cazot  G.  di  Bigione,  poeta,  1720  92, 
Ceba  Ansaldo,  scrittore  italiano,  1S65-1 723. 
*Cebete  Tebano,  filosofo,  v.  39o. 
Cecchi  Gianmaria  ,  comico  italiano  ,  xvi 

secolo. 
Cecco  Stabili  d'Ascoli,  astrologo,  12S7- 

4527. 
*Cecilio,  poeta  comico  latino,  v.  259. 
*Cefisidoro,  poeta  ateniese,  v.  433. 
'Cefisidoro,  scultor  greco,  v.  360. 
*Celio,  orator  romano,  v.  70. 
Celio  Aureliano,  medico  africano,  v  secolo. 
Cellamare  (Antonio  di),  italiano,  ministro 

di  Spagna,  1657-1755. 
Cellario  Andrea  e  Daniele,  cosmografi  del 

XVI  secolo. 
Cellario  Cristoforo,  dotto  tedesco,  1638- 

1707. 
Cellario  Giacomo,  teologo,  1568-1631. 
Cellario  (Kellner)  Giovanni,  erudito  tede- 
sco, M96-lo42. 
Cellini  Benvenuto,  artista  italiano,  1500-70. 
Celso  Aurelio,  medico,  v.  56. 
Celtes  Protucius  Corrado  da  Yurzburgo, 

poeta  latino,  1459-1508. 
Censorino,  grammatico  e  filologo  latino, 

V.  238. 
Cerutti  G.,  gesuita  torinese,  amico  di  Mi- 

rabeau,  1738-92. 
Cervantes  Saavedra  Michele,  scrittore  spa- 

gnuolo,  1547-1616. 
Cesalpino  Andrea,  medico  d'Arezzo,  -1605. 
"Cesare,  dittator  romano,  100-45. 
Cesari  Antonio,  dell'Oratorio,  scrittore  ita- 
liano, -1828. 
Cesario  (san),  vescovo  d'Arles,  v.  542. 
Cesarotti  Melchior,  poeta  padovano,  1730- 

1808. 
Cesio  Basso,  poeta  latino,  -79. 
Cessart  Luigi,  ingegnere  francese ,  1715- 

1800. 
Ceva  Tommaso,  scrittore  milanese,  10i8- 

1736. 
Chabanon,  poeta  francese,  1732-92. 
Chaduc,  antiquario  francese,  156i-1638. 
Chalotais  (Luigi  Renato  de  La),  magistrato 

francese,  1701-85. 
Chambers  Efraiino,  scrittor  inglese, -1640. 
Chambert,  erudito  inglese,  1757-1802. 
Chamfort  Sebastiano,  autor  francese,  1741- 

1794. 


Cliainillard,  scrittore  francese,  1656-1730. 
Champeaux,  scolastico  francese,  xii  secolo. 
Championnet  Stefano,  generale  francese, 

17021800. 
ChampoUion  il  giovane,  spiegatore  de' ge- 
roglifici, francese,  1790-1852. 
Chandler,  ellenista  inglese,  1738-1810, 
Chantal  beata  Francesca,  francese,  fonda- 
trice delle  Visitandine,  1572-1641. 
Chapelain  Giovanni,  poeta  parigino,  1595- 

1674. 
Chapelain,  predicatore  francese,  -1779, 
Chapel  Claudio,  scrittore  francese,  1626- 

1686. 
Chappe  Claudio,  francese,  inventore  dei 

telegrafi,  1765-1805. 
Chappe  d'Auteroche  Giovanni,  astronomo 

francese,  1722-09. 
Chaptal  Giannantonio  ,  chimico  francese, 

1756-1852. 
Chardin  Giovanni,  viaggiatore  francese, 

1043-1715, 
Charlevoix  (F.  di),  missionario  francese, 

1682-1761, 
Charnoix  (di),  letterato  francese,  -1792, 
Charpentier,  autor  francese,  1620-1705. 
Charrette  (de  la  Contrie),  capo  di  Vandeani, 

1763-96, 
Charron  Pietro,  scrittore  parigino,  1541- 

-1603. 
Chartier  Alano,  poeta  francese,  1386-1458, 
Chartier  G.,  biografo  francese,  v.  1462. 
Chasles,  autor  francese,  1659-1730. 
Chassé,  attore  ed  aulor  francese,  1698-1 786, 
Chastelet  (Du),  autore  francese,  1 592-1 636, 
Cbastelet  (Emanuele  marchese  di),  geo- 
metra francese,  1706-79, 
Chastellux  (Francesco  marchese  di^,  autor 

francese,  175Ì-88, 
Chateaubriand  Francesco   Henato ,  poeta 

francese,  1768-1818. 
Chatelain  Giorgio,  poeta  fiammingo,  -1475. 
Chatterton  Tommaso  ,    letterato   inglese  , 

1 752-70. 
Chaucer  Goffredo,  poeta  inglese,!  328-1  iOO. 
Chaulieu  (Guglielmo  Amfrye  di),  lirico 

francese,  1639-1720. 
Chausse,  anti<|uario  francese,  1710. 
Chaussée  (Pietro  de  La),  scrittor  dramma- 
tico parigino,  -1751 . 
Chauvin,  teologo  francese,  1610-1725. 
Chazelle  (G.  M.  di),  matematico  francese, 

1657-1710. 
Chemnitz,  teologo  tedesco.  Ir 22-88, 
Chenier  .\ndrea,  poeta  francese,  1762-94, 
Chenier  Maria  Giuseppe,  id.,  1761-1811. 
Chennier,  diplomatico  francese,  1723-90. 


TAVOLA    Al.r.\t)KTlCA    Il'lJOSIIM    IILCS-TP,! 


231 


Cherefeddin  Ali,  storico  persiano,  v.  HiàS. 

"Cliersia  d'Orcoiiienc,  poola,  v.  5ri(;, 

Cliesterlicid  fFilippo  conte  di},  autor  in- 
glese, IG9i  1779. 

Chevreau,  politico  svedese,  1  (il 5-1 701. 

Clievrier,  satirico  francese,  -1762. 

Chezy,  orientalista  francese,  1775-1852, 

Chialirera  Gabriele  di  Savona,  poeta,  1552- 
1637. 

Chigi,  famiglia  romana,  di  cui  fu  Ales- 
sandro VII. 

*ChiloDe,  lacedemone,  uno  dei  Sette  sa- 
pienti, V.  542. 

*Chionide,  poeta  ateniese,  v.  488. 

Chirac  Pietro,  medico  francese,  1G52  1732. 

*Chirillo  da  Samo,  poeta,  v.  479. 

"Chirillo,  poeta  tragico  ateniese,  v.  534. 

Chishull,  antiquario  inglese,  1680-1733. 

Choiseul  (Stefano  Francesco  di),  ministro 
francese,  1719-85. 

Church  Hicardo,  inglese,  generale  in  Gre- 
cia, -1858. 

Churchil  Carlo,  poeta  inglese,  1751-64. 

Ciaconio,  autore  spagnuolo,  1540-90. 

Ciaconio,  critico  spagnuolo,  1525-81. 

Ciampini,  erudito  italiano,  1665-98. 

■^Cicerone  Marco  Tullio,  console,  filosofo  e 
oratore  romano,  116-45. 

Cicognara  Leopoldo  da  Ferrara ,  storico 
della  scultura,  1767-1854. 

Cid  (Rodrigo  del  Bivar,  il),  da  Burgos, 
1040-99. 

Cienfuegos,  botanico  spagnuolo,  xvi  secolo. 

Cimabue,  fiorentino,  ristoratore  della  pit- 
tura, 12i0  1310. 

Cimarosa  Domenico,  compositore  di  musica 
napoletano,  1754-I80J. 

*Cimone,  capitano  ateniese,  v.  460. 

*Cinea,  filosofo  greco,  v.  338. 

Gino  da  l'isloju  ,  giureconsulto  italiano  , 
1270-1557 

Cinonio,  grammatico  italiano,  xvi  secolo. 

Cinq  Mars,  favorito  di  Luigi  Xlil,  1620-Ì2. 

Cipriano  da  .Mosca,  storico,  v.  1388. 

Cipriano  (san),  padre  della  Chiesa,  -258. 

Cirillo  (san),  padre  della  Chiesa,  -444, 

Cirillo,  botanico  e  medico  italiano,  1671- 
1734. 

Cirillo  Lucar,  patriarca  di  Costantinopoli, 
1572-1658. 

Cirino,  autor  siciliano,  1618-50. 

Clairaut  Alessio,  geometra  parigino,  1713- 
1765. 

Clairon  Clara,  tragica  francese,  1725-1803. 

Clancy,  autore  irlandese,  xviii  secolo. 

Clapperton  Ugo,  viaggiatore  inglese,  1788- 
1827. 


Clarendon  Edoardo,  autore  inglese,  1008- 

167i. 
Clario,  teologo  itali.ino,  1495-1555. 
Ciurla;  Edoardo,  viaggiatore  inglese,  1768- 

1825. 
Clarice  Samuele,  teologo  inglese,  167S- 

1729. 
Claudiano  Claudio,  poeta  latino,  v  secolo. 
Claudiano  Mamerto  da  Vienne,  v.  474. 
Clavio  Carlo  da  Bamberga,  matematico, 

V.  1612. 
Clayton,  medico  botanico  americano,  1693- 

1775. 
"Cleante,  filosofo  greco  stoico,  v.  240. 
Clémencet,  autor  francese,  1703-78. 
Clómenges  Matteo,  autor  francese,  -1435. 
Clément,  benedettino  francese,  1714-95. 
Clemente  Alessandrino  (san),  dottore  della 

Chiesa  greca,  -217. 
Clemente,  autor  ginevrino,  1707-67. 
Clemente  Giacomo  da  Digione  ,  autore, 

1742-1812. 
Clemenza  Isaura  da  Tolosa,  istitutrice  dei 

giuochi  Floreali,  v.  1568. 
*Cleobulo  da  Lindo,  uno  de' sette  Savj, 

V.  550. 
*Cleobulino  da  Lindo,  poeta,  v.  497. 
*Cleofante  da  Corinto,  pittore,  v.  840. 
*Cleone,  capitano  ateniese,  v  secolo. 
*Cleostrato,  astronomo  greco,  v.  495. 
Clerc  (Daniele  Le),  medico  ginevrino,  1 652- 

1728. 
Clerc  (Giovanni  Le),  erudito,  1657-1736. 
Cleveland,  poeta  inglese,  1615-59. 
Cliilord,  navigatore  inglese,  1558-1605. 
Climaco  (san  Giovanni) ,  dottore  mistico, 

525-605. 
Clisson,  connestiibile  francese,  -1407. 
*Clilomaco,  filosofo  cartaginese,  v.  208. 
Clive  (lord;,  generale  inglese,  1725-74. 
Clopinel,  0  Giovanni  da  Meliun,  poeta  fran- 
cese, n.  1280. 
Cluverio  o  Cluver,  geografo  (edesco,  1580- 

1023. 
CobbetGuglielmo,  demagogo  inglese,  1766- 

1855. 
CobentzeI  Luigi,  diplomatico  tedesco, 1753- 

1808. 
Coccejo,  giureconsulto  romano,  i  secolo. 
Coccejo  Giovanni,  teologo  da  Brema,  1603- 

10(39. 
Cocchi  Antonio,  medico  di  Benevento,  169b- 

1758. 
Cochetdi  Saint- Vallier,  giureconsulto  fran- 
cese, -1738. 
Cochin  Enrico  ,   giureconsulto  francese  , 

1687-1747. 


232 


CRONOLOGIA 


Cochrane  Alessandro,  ammiraglio  inglese, 

1748-1822. 
Coclejo,  scrittor  tedesco,  1 479-1  bb2. 
Coeleo,  medico  ed  astrologo  italiano,  1467- 

1504. 
Coco  Vincenzo  ,  pubblicista  napoletano  , 

1773-1824. 
Cocuen,  autore  irlandese,  -17-49. 
Coello  Alonzo,  pittore  portoghese,  -1590. 
Cffiur  Giacomo,  banchiere  francese,  -1461. 
Collier,  notomista  olandese,  n.  1534. 
Coke,  pubblicista  inglese,  1549-1634. 
Colbert  Giambaltista  da  Reims,   ministro 

francese,  1019-83. 
Coleridge  Samuele,  lirico  inglese,  1772- 

1834. 
Colet  Giovanni,  autor  inglese,  14C6-1529. 
Coligny  (Giovanni  di),  ammiraglio  francese, 

1517-70. 
Collenuccio  Pandolfo,  scrittor  italiano,  xv 

secolo. 
Colletta  Pietro,  storico  napoletano,  1775- 

1831. 
Collings,  teologo  inglese,  1623-90. 
Collins  Antonio,  filosofo  inglese,  1670-1 729. 
Collins  Giovanni,  poeta  inglese,  1720-56. 
Collot  Filippo,  medico  francese,  1595  1650. 
Colombano  (san) ,  missionario  irlandese  , 

VI  secolo. 
Colombière,  ascetico  francese,  1641-82. 
Colombo  Cristoforo,  ^-enovese,  1441-1506 
Colonia  fOomenico  di),  gesuita  francese, 

1600  1741. 
Colonna,  famiglia  italiana,  della  quale  fu- 
rono papa  Martino  V  e  molti  generali, 
fra  cui  Prospero  celebre  nella  spedizione 
di  re  Carlo  Vili,  e  Marcantonio  vincitore 
a  Lepanto;  —  lìgidio  ,    detto   il   Dottor 
fondatissimo,  1247-1316  ;— Fabio,  eru- 
dito botanico,  1507  1650;  —  Vittoria  , 
poetessa,  -1541. 
Columella  Lucio  Moderato  da  Cadice,  agro- 
nomo latino,  1  secolo. 
Coluto,  poeta  greco,  v  secolo. 
Combefis  Francesco,  ellenista  e  critico  sa- 
cro, 1605-79. 
Comber,  teologo  inglese,  1045  99. 
Combes-Dounous,  giureconsulto  francese, 

1758  1820. 
Comines  (Filippo  di),   storico  francese, 

1446-1509. 
Commandino,  matematico  italiano,  1509. 
Commendone,  cardinale  e  scrittor  vene- 
ziano, 1524  8  i. 
Commodiano,  poeta  Ialino,  vi  secolo. 
Comneno,  famiglia  imperiale  di  Co.stanti- 
nopoli  nel  secolo  xii. 


Compagni  Dino,  cronistafiorentino,  XIV  sec. 
Concina  Daniele,  friulano,  teologo,  1686- 

1756. 
Concina  Nicolò,  friulano,  giureconsulto 

erudito,  1692-1762. 
Condamine  (Carlo  de  La),  viaggiatore  e 

geometra  parigino,  1701-74. 
Condé,  maresciallo  di  Francia,  1621  86. 
Condillac  (Stefano  Honnot  di),  metafisico 

francese,  1715-80. 
Condorcet  (Nicola  di),  filosofo  francese, 

1743-94. 
^Confucio,  filosofo  cinese,  vi  secolo. 
Congrève  Guglielmo,  poeta  drammatico  in- 
glese, 1672-1729. 
*Conone,  autor  greco,  v.  45. 
*Conone,  capitano  ateniese,  v  594. 
*Conone  da  Saino,  astronomo,  v.  300. 
Conring,  dotto  tedesco,  1000-81. 
Conslant  Beniamino,  pubblicista  francese, 

1767-1830. 
Consta ntin  Roberto  ,   ellenista  francese  , 

-1605. 
Contarini,  famiglia  veneta,  di  cui  furono 

i  dogi  Giacomo  -1280;  Andrea  -1582; 

Francesco  -1625;  Nicola  -1631;  Carlo 

-1656;  Domenico  -1075;   Luigi  -1684; 

Gaspare  cardinale  1483-1542. 
Conti  Antonio,  autor  veneziano,  1677-1748. 
Conti,  famiglia  principesca  di  Francia. 
Contile,  scrittor  italiano,  1505-74. 
Convennole  o   Convenevole  ,  grammatico 

toscano,  xiv  secolo. 
Cook  Giacomo,  navigatore,  1728-79. 
Cook,  giureconsulto  inglese,  v.  1634. 
Cooper,  anatomico  inglese,  1768  1841. 
Cooper,  autor  inglese,  1723-67. 
Cooper,  romanziere  americano,  -1851, 
Cootwyk,  giureconsulto  olandese,  xm  sec. 
Copernico  Nicolò ,  astronomo  da  Tliorn  , 

1475-1545. 
Coray  Adamante,  ellenista  da  Smirne,  1748- 

1833. 
Corbinelli,  letterato  italiano,  xvi  secolo. 
Cordara  (padre),  satirico  col  pseudonimo 

di  Quinto  Sellano,  1704-84. 
Corday  Carlotta,  tirannicida  francese,  1768- 

1 793. 
Cordier,  autore  francese,  xv  secolo. 
"Corinna  da  Tebe,  poetessa,  v.  495. 
Corio  Bernardino,  storico  milanese,  1459- 

1519. 
*Coriolano,  capitano  romano,  v  secolo, 
Cornaro,  famiglia  illustre  di  Venezia,  che 

diede  molli  dogi  e  uno  scrittore, 
Cornaro  Piscopia,  erudita  veneziana,  1046- 

1684. 


TAVOLA    ALI  AUFTICA    D' UOMINI   ILLUSTRF 


233 


Corneìlle  Pieiro  di  Rouen,  poeta  dramma- 
tico, lG0(ì-84. 

Corneiile  Toniiiiaso  di  Houen,  jc/.,  1625- 
1709. 

"Cornelia,  madre  dei  Gracchi,  ni  secolo. 

"Cornelio  Nepole,  storico  latino,  v.  39. 

'Cornelio  Severo,  scrittor  latino,  v.  39. 

Corniani  Giambattista,  letterato  italiano, 
-1813. 

Cornwallis  Carlo,  generale  inglese,  1738- 
1805. 

Coronelli,  geografo  veneziano,  xviii  secolo. 

Corrado  Q.  Mario,  autore  italiano,  1508  75. 

Corrado  Sebastiano,  letterato  italiano, -1556. 

Correggio  (Allegri  Antonio),  pittore  italia- 
no, 1-Ì94- 155/1.. 

Corsini,  autore  italiano,  1702  65. 

Corso  Donati,  fiorentino,  xiv  secolo. 

Corso  Henaldo,  letterato  italiano,  1525-82. 

Cortes  Ferdinando,  spagnuolo,  conquista- 
tore del  Messico,  1485-1554. 

Cortusj,  cronisti  veneti,  .xiv  secolo. 

Corvisart  Nicola,  medico  francese,  1755- 
1821. 

Cosma  (Frate),  chiriJrgo  francese,  1703-81. 

Cossart,  poeta  francese,  .wii  secolo. 

Costantino,  medico,  detto  l'Africano,  n. 
1070. 

Costantino  Manasse,  storico  greco,  v.  1150. 

Costanzo  (Angelo  di),  storico  e  poeta  ita- 
liano, 1507  92. 

Coster,  poeta  olandese,  xvn  secolo. 

Cotelier,  autor  francese,  1627-86. 

Cotta  Giambattista,  poeta  italiano,  1668- 
1758. 

Cottin   (madama),  romanziera  francese, 
1773-1806. 

Cotton,  gesuita  francese,  1564-1629. 

Coulange,  autore  francese,  xviii  secolo. 

Courayer,  apostata,  traduttore  francese, 
1681-1776. 

Courier  Gian  Paolo,  ellenista  e  umorista, 
1774-1825. 

Court  di  Gebelin  Antonio,  scrittor  francese, 
1 725-84. 

Courtiltz  de  Sandras,  parigino,  1644-1712. 

Cousin  Giovanni,  pittore  francese,  1550-90. 

Courtanvaux,  erudito  francese,  1718-81. 

Coutel,  poeta  francese,  1622-93. 

Conto  Diego,  storico  portoghese, 1 542  1616. 

Cowiey  Abramo,  poeta  inglese,  1618-67. 

Cowper  Guglielmo,  id.,  1752-1800. 

Cox  Ricardo,  storico  irlandese,  1650  1733. 

Crabbe  Giorgio,  autore  inglese,  1754  1832. 

Craig  Giovanni,  geometra  scozzese, -1685. 

Cramail  Adriano,  autore  francese ,  1568- 
1646. 


Crajiior  Adriano,  erudito  tedesco,  1723-88. 

Cramer  Gabriele ,   matematico  ginevrino 
1704-52. 

Cranmer,  arcivescovo  di  Cantorbery,  1489- 
1556. 

"Crantore,  filosofo  di  Cilicia,  vi  secolo. 

Crassei,  ascetico  francese,  1648  92. 

"Grate,  filosofo  ateniese,  v.  501. 

"Grate,  filosofo  tebano,  v.  328. 

"Grate,  poeta  comico,  v.  459. 

"Gratino,  autor  comico  ateniese,  v.  452. 

^Gratino  da  Mitilene,  peripatetico,  v.  50. 

Crebillon  (Joliot  di),  autore  francese,  1707- 
1777. 

Crebillon  (Prospero  Joliot  di),  da  Bigione, 
1 674  1 762. 

Crellio,  socciniano  tedesco,  1590-16.52. 

Cremonini  Cesare,  filosofo  italiano,  -1631. 

Crescente,  filosofo  cinico,  ii  secolo. 

Crescentini  Girolamo  d'Urbino,  soprano, 
1769-1846. 

Crescenzio  Pietro,  agronomo  italiano,  xiii 
secolo. 

Crescenzio,  tribuno  romano,  v.  998. 

Crescimbeni  Giovan  Mario,  critico  italiano, 
1605-1728. 

Crévier  Giovan  Luigi,  storico  parigino, 
1693  1765. 

Greuzer  Federico  di  Marbourg,  archeologo, 
1771-1858. 

Crinito,  autore  italiano,  n.  1465. 

"Crisi ppo,  filosofo  stoico,  280-207. 

Crisolora  Emanuele,  erudito  greco,  xvsec. 

Cristiano  Fiorente  da  Troyes,  poeta  e  ro- 
manziere, XII  secolo. 

Cristina  di  Pisan ,  autrice  veneziana,  v. 
1411. 

Cristina  regina  di  Svezia,  1622-89. 

"Critolao,  filosofo  peripatetico,  v.  156. 

"Gritone,  filosofo  ateniese,  v.  389. 

'Crizio,  poeta  ateniese,  v.  413, 

Croce  (Giulio  Cesare  della),  autore  bolo- 
gnese, secolo  xvi-xvii. 

Croese  Gerardo,  teologo  olandese,  1642- 
1710. 

Croeser  Ermanno,  traduttore  olandese,  n, 
1510. 

Croiset,  ascetico  francese,  -1730. 

Cromer  Martino  di  Warmia,  storico  po- 
lacco, -1589. 

Cronegk,  poeta  tedesco,  1731-58. 

Crouzas  (Giovan  Pietro  di),  da  Losanna, 
autore,  1663-1750. 

Crudeli  Tommaso,  poeta  italiano,  -1745. 

"Ctesia  da  Guido,  storico  greco,  v.  337. 

'Ctesibio  d'Alessandria,  matematico,  v.  120. 

Cudworth,  dotto  inglese,  1617-88. 


234 


CRONOLOGIA 


Coeva,  poeta  spagnuolo,  xvi  secolo. 
Cujaccio  Giacomo  da  Tolosa,  giureconsulto, 

•J  520  90. 
CuUen  Guglielmo,  medico  scozzese,  1712- 

1790. 
Cumberland  Ricardo,  autore  inglese,  1632- 

1718. 
Cuneo,  autore  olandese,  1586-1638. 
Cunich  Raimondo  di  Ragusa,  poeta  latino, 

1719-94. 


Cunitz  0  Cunizia,  erudita  tedesca,  '1264. 
Curione  Celio  Secondo,  autore  piemontese, 

iriOó  69. 
Curzio  Quinto,  storico  latino  d'età  incerta. 
Cusa  (Nicolò  da),  scrittore  tedesco,  140J- 

1464. 
Cuvier  Giorgio,  naturalista  francese,  1769- 

1832. 
Cygne  (Du),  erudito  francese,  1619-69. 


1> 


Dacier  Andrea,  erudito  francese,  1 6S1  -1 722. 
Dacier  Anna,  erudita  francese,  1651-1720. 
Daguerre ,  francese  ,  inventore  della  foto- 
grafia, 1788-1851. 
Dalin  (Olao  di),  poeta  svedese,  1708-63. 
Dalrvmple  Alessandro,  autore  scozzese, 

1737-1808. 
Dalton,  autore  inglese,  1709-63. 
Damaselo,  filosofo  eclettico,  v  secolo. 
Damiano  (Pier),  cardinale  italiano,  988- 

1073. 
Damiens,  regicida  francese,  1714-57. 
*Damone,  filosofo  pitagorico  della  Sicilia, 

IV  secolo, 
Dampier  Guglielmo,  viaggiatore  inglese, 

1652-1722^. 
Dancliet  Antonio,  autor  francese,  1671- 

1748. 
Dancourt  Fiorente  Carton,  autor  comico 

francese,  1601  1726. 
Dandini,  giureconsulto  italiano,  1695-1747. 
Dandolo  Andrea,  doge  e  storico  veneziano, 

-1354. 
Dandolo  Vincenzo,  agronomo  ed  econo- 
mista veneziano,  -1819. 
Daneau  Lamlierto,  autor  francese,  1530-96. 
Danes  Pietro,  erudito  francese,  1497-1577. 
Danet  Pietro,  grammatico  francese,  1640- 

1709. 
Danhaver,  teologo  tedesco,  1603-60. 
Daniel  Arnaldo,  trovadore,  xii  secolo. 
Daniel  P>anccsco  ,  storico  ed  antiquario 

napoletano,  -1812. 
Daniel  Gabriele,  gesuita,  storico  francese, 

1649-1728. 
Daniel  Samuele,  poeta  e  storico  inglese, 

1552-1619. 
"Daniele,  profeta  maggiore,  600. 
Dante  Alighieri,   poeta  fiorentino,  1265- 

1321. 
Danton  Giorgio,  rivoluzionario,  1769  94. 
Dantz,  teologo  tedesco,  1664-1727. 


"Darete  frigio,  storico  supposto,  v.  1209. 
Darwin  Erasmo,  medico  e  poeta  inglese, 

1731-1802. 
'Datarne,  capitano  cario,  iv  secolo. 
Dalhevatsi,  erudito  armeno,  1340?-1410. 
Dati  Carlo,  filologo  italiano,  1619-76. 
Dati  Giorgio,  traduttore  di  Tacito,  1503. 
Dati  Gore,  autore  italiano,  1563-1436. 
Daubenlon    Guglielmo  ,    autor  francese  , 

1648-1723. 
Daul»enton    Luigi    Giovanni ,    naturalista 

francese,  1716-1800. 
Daunou  Claudio,  letterato  francese,  1761- 

18-40. 
Davanzali  Bernardo,  letterato  fiorentino, 

1529-1606. 
Davenant  Giovanni,  poeta  inglese,  1605-68. 
"David,  re  de'  Giudei  e  poeta,  v.  1040. 
David,  pittor  francese,  1750-1825. 
Davies  Giovanni,  erudito  inglese,  -1732. 
Davila  Enrico  Caterino  di  Cipro,  storico 

italiano,  1576-1631. 
Davity  Pietro,  autor  francese,  1573-lt>35. 
Davoust,  principe  di  Eckmuhl,  generale  di 

Napoleone,  -1825. 
Davy  Unfredo,  fisico  inglese,  1778  1829. 
Decembrio  Pier  Candido,  cronista  italiano, 

1399-1477. 
Decio  Filippo,  icL,  1454  1535. 
Decker,  poeta  fiammingo,  1610-66. 
Dee  Giovanni,  astrologo  e  matematico  in- 
glese, 1527-1607. 
Delfant  (marchesa  di),  1697-1780. 
Defoe  Daniele,  autore  inglese,  1663-1731. 
Deken  Agata,  autrice  olandese,  1741-1 80 i. 
Delambre,  astronomo  francese,  1749  1822. 
Delaroche  Paolo,  pittore  francese,  1797- 

1856. 
Delavigne  Casimiro,  scrittore  drammatico 

francese,  1793  1843. 
Delille  Giacomo,  poeta  francese,  1 738-1 81 3. 
DelisleGuglielmo,  geografo  francese, -1726. 


TAVO(.,\    MFARr:TICA    lì' UOMINI   ILLUSTRI 


57,S 


Delisles  di  Snlles,  filosofo  francpso,  I7'i3- 

■1810. 
Delonne    Filiberto,   arcliitetlo    francese, 

-1577. 
Dell'io  Martino,  gesuita  fiammingo  demo- 

nologo,  Joo  1-1008. 
Deluc  Giovanni  Andrea,  fisico  ginevrino, 

17-27-1817. 
Deluca  Giambattista  di  Venosa,  giurecon- 
sulto, i(il4-83. 
*Deuiade,  demagogo  ateniese,  -3:28. 
"Demetrio  Falereo,  filosofo  e  retore,  v,  296. 
Democrate,  oratore  ateuiese,  iv  secolo. 
*Democede  da  Crotone,  medico,  v.  S20. 
"Democrito  d'Abdera,  filosofo  greco,  460- 

371 . 
^Demostene,  capitano  ateniese,  v  secolo. 
"Demostene,  oratore  ateniese,  381-322. 
Demster  Tommaso,  dotto  scozzese,  1579- 

fQ-2o. 
Denham,  poeta  irlandese,  1615-68. 
Denina  Carlo,  storico  piemontese,  1731- 

1815. 
Denisart  Giambattista,  giureconsulto  fran- 
cese, 1712  65. 
Dennis  Giovanni,  critico  inglese,  1657- 

1 755. 
Denon  Domenico,  erudito  francese,  17i7- 

1823. 
Derham  Guglielmo,  fisico  inglese,  1657- 

1733. 
Derossi  Gian  Bernardo,  orientalista  pie- 
montese, 1742  1851. 
Desaguliers  Tommaso,  fisico  francese,  1 683- 

1745. 
Desault  Pietro  Giuseppe,  chirurgo  francese, 

1744-93. 
Descartes  (Cartesio)  Renato,  filosofo  fran- 
cese, 1596-1630. 
Desessarts  (Lemoyne),  bibliografo  ed  autor 

francese,  1744-1810. 
Desfaucheret,  autor  francese,  -1808. 
Desfontaines  Pietro  di  Uouen,  critico,  1685- 

1745. 
Desforges  P. ,  autore  e  attore  francese,  1746- 

18U6. 
Deshoulières  (madama),  poetessa  parigina, 

1633-94. 
Desmaretsdi  Saint  Sorlin,  accademico  fran- 
cese, 1593-1676. 
Despaze  Gius.,  poeta  francese,  1769-1814. 
Dessaix  Giuseppe  Maria,  generale  francese, 

1768-1800. 
Destouches  Filippo  Nericault  da  Tours, 

scrittor  comico,  1680-1754. 
Destutt  deTracv,  ideologo  francese,  1754- 
1856. 


Dosvignnios,  cronologo  francese,  v.  1714. 
Devoti  Giovanni,  canonista  italiano,  1744- 

1820. 
De  Witt,  uomo  di  Stato  olandese,  1623-72. 
D'IIozier  Paolo,  generale  francese,  1592- 

1 660. 
Diagonio  Francesco  ,  storico  spagnuolo  , 

-1613. 
"Diagora,  filosofo  greco  da  Melos,  condan- 
nato per  ateo,  v,  416. 
Diaz  Bartolomeo,  navigatore  portoghese, 

XV  secolo. 
Dibdin  Tommaso,  bibliofilo  inglese,  1775- 

1847. 
*Dicearco,  storico  e  filosofo  greco  da  Mes- 
sina, v.  293. 
Diderot  Dionigi  di  Langres,  enciclopedista, 

1713-84. 
"Didimo  d'Alessandria,  critico,  i  secolo. 
Didimo  il  Cieco ,  dottor  della  Chiesa,  m. 

393. 
Didot  Francesco,  Ambrogio,  Firmino,  eru- 
diti tipografi  parigini  del  sec.  xviu  e  xix. 
Diemen  (Antonio  van),  navigatore  olan- 
dese, 1593-1643. 
Dieu,  teologo  olandese,  dotto  orientalista, 

1590  1642. 
Digby  Keneira,  autor  inglese,  1603-03. 
Dillen   Giangiacomo  ,    botanico  tedesco  , 

1687-1747. 
"Dinarco,  orator  greco  da  Corinto,  560. 
Dino,  giureconsulto  italiano,  xiii  secolo. 
*Dinocrate,  filosofo  greco,  v.  550. 
"Dinoloto,  poeta  comico  siculo,  v.  418. 
"Dinostrate,  geometra  greco,  v.  400. 
"Diocle,  medico  greco,  v.  315. 
"Diocle,  poeta  ateniese,  v.  452. 
Diodati  Giovanni,  letterato  lucchese, -1632. 
"Diodoro  Siculo,  storico  greco,  v.  43. 
Diofaute,  geometra  greca,  v.  529. 
"Diogene,  filosofo  cretese,  v  secolo. 
*Diogene  il  Cinico,  filosofo  greco,  523. 
Diogene  Laerzio,  storico  greco,  ni  secolo. 
Dione  Cassio,  storico  greco,  v.  239. 
Dione  Crisostomo  da  Prusa,  oratore,  v.  96. 
"Dione,  espulsore  del  tiranno  Dionigi,  557. 
"Dionigi  d'Alessandria,  astronomo,  -241. 
*Dionigi  d' Alicarnasso,  storico  greco,  v.  50. 
*Dionigi  da  Mileto,  storico,  v.  521. 
"Dionigi  da  Sinope,  poeta  comico,  v.  579. 
Dionigi  il  Piccolo,  scita,  introduttore  del- 
l'era cristiana,  v.  530. 
"Dionigi,  nome  d'alcuni  tiranni  di  Sicilia. 
Dionigi  (san),  apostolo  francese,  ni  secolo. 
Dionigi  (san)  Areopagita,  ateniese,  i  secolo. 
Dionis  de  Séjour,  erudito  geometra  fran- 
cese, n.  173i. 


236 


cno.Noi.or.u 


Dioscoride,  medico  greco,  n.  64. 
Diplovazio,  giureconsulto  italiano  ,  1468- 

1541. 
Dithmar,  autore  tedesco,  1677  1737. 
Dithmar,  vescovo  di  Mersburgo  ,  crona- 
chista, -1018. 
*Dilti  Cretese,  storico  supposto,  v.  1280. 
DittoD  Umfrido,  matematico  inglese,  167S- 

1715. 
Djamy,  poeta  persiano,  1414-92. 
Dod.-ley  Roberto,  poeta  inglese,  1703-64. 
Dodwel  Enrico,  erudito  inglese,  1 641  -171 1 . 
Dolce  Carlino,  pittore  fiorentino,  1616-86. 
Dolce  Lodovico,  scrittor  veneziano,  1508- 

1566. 
Dolcino  (frate),  eresiarca  italiano,  xiv  sec. 
Dalet  Stefano,  letterato  e  tipografo  fran 

cese,  1509-46. 
Dolomieu   Diodato  ,  naturalista  francese  , 

1750-1801. 
Domai  Giovanni,  giureconsulto  francese, 

1625-95. 
Domenichi  Lodovico  ,  letterato  italiano , 

1564. 
Domenichino  Zampieri,  pittore  italiano, 

1581-16Ì1. 
Domenico  (san)  di  Gusman,  1170  1221. 
Domergue,   grammatico  francese,  1745- 

1810. 
Dominis  (Marc'Antonio  De),  dalmata  apo- 
stato, 1556-1624. 
Donato,  grammatico  latino,  iv  secolo. 
Donato,  scismatico  africano,  iv  secolo. 
Donato  Vitaliano,  naturalista  italiano,-!  763. 
Dondi  Giovanni,  medico  e  matematico  pa- 
dovano, xiv  secolo. 
Doni  Anton  Francesco  ,  autore  italiano , 

-1574. 
Donizetti  Gaetano  di  Bergamo,  compositore 

di  musica,  1798-1848. 
Donne,  matematico  inglese,  1718-46. 
Doppel-Mayer,  matematico  tedesco,  1671- 

1750. 
Dorat,  poeta  ed  erudito  francese,  -1588. 
Doria,  famiglia  di  Genova,  da  cui  fra  altri 
usci  Andrea  ammiraglio  generale,  1468- 
1560. 
Dorset,  poeta  inglese,  -1705. 
Dousa  Giovanni,  erudito  olandese,  1545- 

1604. 
Dow  Gerardo,  pittor  olandese,  1613-74. 
Dowal,  erudito  scozzese,  1590-1653. 
Downham,  teologo  inglese,  -1634. 
*Dracone,  legislatore  ateniese,  -624. 
Dragut-rais,  capo  di  corsari  di  Barberia, 

-1565. 
Drake  Frane,  navigatore  inglese,  1545-96. 


Drakenbork ,   critico  e  storico  olandese, 

1684-1747. 
Drayton  Michele,  poeta  inglese,  1563-1631. 
Drebbel  Cornelio,  fisico  olandese,  1572- 

1634. 
Drélincourt,  teologo  francese,  1595-1609. 
Drexelio  Geremia,  gesuita  tedesco  ascetico, 

1581  1638. 
Droz  Pietro,  meccanico  svizzero,  1721  90. 
Drusio  (van  der  Driesche] ,  erudito  fiam- 
mingo, n.  1550. 
Dryden  Giovanni,  poeta  inglese,  1681 -1701, 
Duaren  Francesco,  dotto  francese,  1309-59. 
Uubellay  Gioachino,  poeta  francese,  1524- 

1560. 
Dubellay  (il  cardinale),  letterato  francese, 

v.  1560. 
Dubois  Guglielmo,  cardinale  e  ministro 

francese,  1656-1723, 
Dubos  (l'abbate),  erudito  francese,  1670- 

1742. 
Dubraw,  storico  boemo,  -1553. 
Ducange,  erudito  francese,  1610-88. 
Ducas  Michele,  storico  greco,  xv  secolo. 
Duchat  Giacobbe,  erudito  francese,  1658- 

1736. 
Duchàlel  Paolo,  letterato  francese,  1480- 

1552. 
Duchàlelet  (madama),  autrice  francese,  v. 

1749. 
Duché  di  Vancy,  poeta  francese,  1 668-1 704. 
Duchesne  Andrea,  storico  francese,  1584- 

1640. 
Ducis  Giovanni  Francesco,  poeta  tragico 

francese,  1733-1816. 
Uuclos  Carlo,  letterato  francese,  1704  72. 
Duclót  Giuseppe,  dotto  ecclesiastico  savo- 

jardo,  1725-1821. 
Dudith,  teologo  ungarese,  1353  1439. 
Dugay-Trouin  ,  marinajo  francese,  1673- 

1736. 
Duguesclin  Bertrando,  connestabile  fran- 
cese, 1314-80. 
Duguei  Giovanni,  controversista  ed  asce- 
tico francese,  1649  1733. 
Duhalde  Giambattista,  autor  francese,  1 674- 

1743. 
Duhamel  Giambattista,  dotto  oratoriano, 

1624  1706. 
Dumarsais  Cesare,  grammatico  francese, 

1676-1756. 
Dumas  Luigi,  grammatico  francese,  1676- 

1726. 
Duns  (Duncano)  Scot  Giovanni,  teologo 

scozzese.  1275-1308. 
Dunstan  (san),  arcivescovo  inglese,  924- 
988. 


TAVOLA   ALl'AUtTICA    D  UOMIM    ILLUSTRI 


237 


Dupaty  Giambattista,  autor  francese,  1744- 

1788. 
Duperron  Giacomo,  cardiriiilo,  autor  fran- 
cese, 1556  1618. 
Dupin  Ellies  Luigi,  teologo  parigino,  1657- 

1719. 
Dupin,  giureconsuilofrance.se,  1681 -17i5. 
Diipleix  Scipione,  storiografo    francese, 

1569-1661. 
DuportiluTertre,  storico  francese,  171 5-59. 
Duprat  Antonio,  cancelliere  francese,  1463- 

1535. 
Dupré  di  Saint-Maur,  erudito  francese, 

1695-1774. 
Dupuis  Carlo  Francesco,  td.y  1742-1809. 
Dupuvtren  Guglielmo,   chirurgo,    1778- 

1835. 
Duquesne  Abramo,  marinajo  francese,  1 61 0- 

1676. 


Durand  di  Saint-Pourcain,  autore  francese, 

-1333. 
Durante,  maestro  di  musica  italiano,  1718- 

1780. 
Dureau  de  Lamalle,  aiilore  francese,  1742- 

1807. 
Durer  Alberto,  pittore  di  Norimberga,  1461 - 

1528. 
Duryer  Pietro,  autore  francese,  1605-58. 
Dutrochet  Gioachino  ,  fisiologo  francese, 

1776-18Ì7. 
Duval  Alessandro,  autore  drammatico  fran- 
cese, 1767-1842. 
Duval  Amalrico  ,  erudito  francese,  1760- 

1857. 
Duval  Valentino,  antiquario  francese,  1695- 

1775. 
Dyche,  lessicografo  inglese,  n.  1750. 


JB 


Earle,  filantropo  inglese,  1740-96. 
Echellense  Abramo,  dotto  maronita  della 

Propaganda,  -1664. 
Eckhard  Giacomo,  autore  francese,  1644- 

1724. 
Eckhard  Giorgio,  storico  tedesco,  1674- 

1750. 
Eckhel  Giuseppe,  antiquario  tedesco,  1756- 

1798. 
Eckio  Giovanni,  teologo  tedesco,  1486- 

15i3. 
Eclusesdes  Loges,  autor.francese,  1715-83. 
Ecolampadio  Giovanni,  teologo  tedesco, 

1482-1551. 
Ecumenio,  autor  greco,  x  secolo. 
Edelink  Gerardo,  incisore  fiammingo,  1641- 

1707. 
Edgeworth  Maria,  moralista  irlandese,  1 770- 

1846. 
Edoardo,  principe  Nero,  1330-76. 
Edris  (Ben),  geografo  arabo,  v.  1156. 
"Efestione  ,  favorito  d'Alessandro  Magno, 

-325. 
Efrem  (sanf),  siro,  scrittore  ascetico,  -579. 
Egesippo,  storico  ecclesiastico,  -180. 
Eginardo,  storiografo  di  Carlomagno,  -859. 
Egnazio,  erudito  veneto,  1478-1555. 
Eguiara,  autor  messicano,  xviu  secolo. 
Eich  (Uberto  van)  da  Liegi,  pittore,  1366- 

1426. 
Eisen  Schmidt,  matematico  d'Alsazia,  n. 

1656. 
*Elia,  profeta,  900. 


Eliano  Claudio,  scrittor  greco,  242, 

Elio  Lampridio,  biografo,  v.  336. 

Elio  Sesto,  giureconsulto  romano,  v.  260. 

Eliodoro  da  Emesa,  romanziere  greco,  v. 
400. 

^Eliseo,  profeta,  900. 

*Ellonio  da  Mitilene,  storico,  v.  450. 

El-macino,  storico  arabo,  1223-73. 

Elmen-horst,  critico  tedesco,  -1621. 

Elphinston  Giacomo,  grammatico  scozzese, 
-1809. 

Elstol),  teologo  inglese,  1675-1714. 

Elvezio  Adriano,  filosofo  francese,  1715-71. 

Elvico  Cristoforo,  scrittor  tedesco,  1581- 
1617. 

Elvio,  erudito  svedese,  xvni  secolo. 

Elzevir  Luigi,  Bonaventura,  Abramo,  Da- 
niele, tipografi  da  Leida,  xvii  secolo. 

Emerson,  matematico  inglese,  1701-82. 

Emery  Giacomo  Andrea,  scrittore  francese, 
n.  1752. 

Emmio  Ubbo,  storico  olandese,  1547-1626. 

^Empedocle  agrigentino,  filosofo  pitago- 
rico, -473. 

Empereur  (Costantino  1'),  orientalista  olan- 
dese, -1648. 

"Enea  lo  Strategico,  autor  greco,  iv  secolo. 

Enfield,  teologo  inglese,  1741-97. 

Engel  Gian  Giacomo,  poeta  drammatico 
tedesco,  1741-1802. 

Engel  Samueleda  Berna,  geografo,  1702  84. 

Engeibrecht,  missionario  tedesco ,  1599- 
1651. 


258 


CaoNOLOGlA 


Eogelniann  Goffredo  da  Mulhouse,  lito- 
grafo, 1788-1839. 

Enjedim,  erudito  ungarese,  -1597. 

Ennio  da  Huntington,  storico  inglese,  v. 
1154. 

"Ennio  Quinto,  poeta  latino,  236-169. 

Ennodio ,  vescovo  di  Pavia  e  scrittore, 
473-521 . 

Entik,  autor  inglese,  1713-53, 

Entrecasteaux  (Giuseppe  d') ,  navigatore 
francese,  -1795. 

Enziua,  poeta  spagnuolo,  n.  v.  1446. 

Eou  (cavaliere  di),  spia  francese,  travestito 
da  donna,  1728-1810. 

"Epaminonda,  capitano  tebano,  -565. 

Epée  (Abbate  de  L'},  educatore  di  sordi- 
muti,  1712-89. 

"Epicarmo,  poeta  e  filosofo  greco,  v.  440. 

"Epicuro,  filosofo  greco,  542-270. 

*Epimenide,  id.,  v.  598. 

Epifanio  lo  Scolastico,  vi  secolo. 

Epifanio  (  sant'  ) ,  autore  e  dottor  della 
Chiesa,  405. 

Episcopio  Simone,  teologo  olandese,  1583- 
4645. 

Epitteto,  filosofo  stoico,  ii  secolo. 

Eponina,  eroica  moglie  di  Giulio  Sabino, 
galla,  -78. 

Eppendorf,  letterato  tedesco,  -1553. 

Equicola  Mario  da  Alvito,  filosofo,  xvi  sec. 

*Eraclide  da  Ponto,  ù/. ,  v.  557. 

"Eraclito,  filosofo  greco  d'Efeso,  v.  500. 

"Erasistrato,  medico  greco,  v.  300. 

Erasmo  Desiderio  da  Rotterdam,  autor  la- 
tino, 1465-1556. 

Erasto,  medico  tedesco,  1524-85. 

"Eratostene,  astronomod'Alessandria,  -194. 

Ercilla-y-Cuniga,  epico  spagnuolo,  1525- 
1600.' 

Eriberto  da  Cantù,  arcivescovo  di  Milano, 
-1045. 

Ericeyra  Francesco  Saverio,  storico  porto- 
ghese, 1614-99. 

"Erinna,  poetessa  lirica  greca,  v.  612, 

Erizzo  Sebastiano  ,  letterato  veneziano , 
1525-85. 

Ermanno  Contratto  cU  Svevia ,  storico  e 
ascetico,  -1034. 

Ermia,  filosofo  platonico,  i  secolo. 

"Ermippo,  poeta  comico,  v.  450. 

Ermogene  da  Tarso,  retore  greco,  v.  140. 

*Ermogene  di  Caria,  famoso  architetto,  vi 
secolo. 

Ermogene,  eretico,  ii  secolo. 

Ermogene,  giureconsulto,  iv  secolo. 

Ernesti,  varj  dotti  tedeschi  dal  xv  al  xvni 
secolo. 


Ernst,  dotto  giureconsulto  tedesco,  1605- 

1665. 
Erodiano,  storico  greco,  in  secolo. 
"Erodoto  d'Alicarnasso,  id.,  n.  484. 
"Erone  detto  il  vecchio,  matematico  greco, 

n.  334. 
Erpenio  Tommaso,  grammatico  olandese, 

1584-1624, 
Errerà  Ferdinando,  poeta  spagnuolo,  xvi 

secolo. 
Errera-Tordesillas  Antonio,  storico  delle 

Indie,  -1625. 
Erskine  Tommaso,  oratore  inglese,  1750- 

1825. 
Escherny,' autore  svizzero,  1754-1815. 
"Eschilo,  tragico  greco,  -477. 
"Eschine,  filosofo  ateniese,  v.  395. 
"Fschine,  oratore  ateniese,  587-312, 
Escobar  Antonio,  casista  spagnuolo,  1589- 

1669. 
Escoiquitz  don  Juan,  ministro  spagnuolo, 

1762-1820, 
"Esculapio,  padre  della  medicina,  1321- 

1243, 
"Esdra,  sacerdote  ebreo  e  storico,  v  secolo, 
Esichio  d'Alessandria,  filologo,  v.  609. 
"Esiodo,  poeta  greco,  v.  900. 
Esmenard,  poeta  francese,  1770-1811. 
"Esopo  Clodio,  commediante  romano,  V,  84, 
"Esopo  frigio,  favoleggiatore,  v,  582. 
Espen  (Bernardo  van)  da  Lovanio,  cano- 
nista, 1646-1728. 
Espence  (Claudio  d'},  erudito  dottore  della 

Sorbona,  1511-71. 
Espinasse  (madamigella  de  L'),  autrice 

francese,  1723-74. 
Esprit,  autore  francese,  1611-78. 
Estio  Guglielmo  (van  Est),  teologo  braban- 

zone,  1542-1613. 
Etienne  Carlo  Guglielmo,  pubblicista  e  au- 
tore drammatico  francese,  1778-1845. 
Etoile  (deL'),  cronista,  1540  1611. 
"Eubulide,  filosofo  greco,  iv  secolo. 
*Eubulo,  poeta  comico  ateniese,  v.  374. 
"Euclide  Alessandrino,  matematico,  v.  285. 
"Euclide  di  Megara,  sofista,  v.  390. 
Eudossia,  poetessa,  moglie  di  Teodosio  il 

giovine,  -460. 
"Eudossio  da  Gnido,  geometra,  v.  405. 
"Euforione,  poeta  greco,  -220. 
"Eufranore,  pittore  ateniese,  iv  secolo. 
Eugenio  fprincipe  di   Savoja) ,  generale, 

1663-1736. 
Eugesippo,  geografo,  v.  1040. 
Eulero  Leonardo,  matematico  da  lìasilca, 

1707  83. 
"Eumene,  capitano  lacedemone,  v.  315. 


TAVOF.A    AM'AItKTlCA    D  UOHIINI    ILLUS'Cni 


239 


Eumenio,  panegirista  latino,  -5H. 
*Eumcto,  poeta  greco  da  Corinto,  v.  741. 
*Eumolpo,  trovatore  o  introdultorc  di  riti 

sacri  in  Atene,  i  quali  poi  cuslodivansi 

da' suoi  discendenti,  detti  Euniolpidi. 
Eunapio,  medico  e  autor  greco,  iv  secolo. 
Eunapio  da  Sardi,  sofista  e  storico,  v  secolo. 
*Eupoli,  poeta  comico  greco,  v.  -iiO. 
*Euripide  da  Salamina,  poeta  tragico  greco, 

480  407. 
Eusebio  da  Cesarea,  ecclesiastico  scritlor 

greco,  -358. 
Eustachio  liartolomeo,  medico  e  naturalista 

salernitano,  -1574. 
Eustazio,  romanziere  greco,  v.  500. 
Eustazio,  vescovo  di  Tessalonico,  -UGO. 
Eustrale,  commentatore  greco,  xii  secolo. 
Euticbe,  eresiarca,  v  secolo. 


Eulichio,  medico  e  patriarca  d'Alessandria, 

V.  9i0. 
*Euticrate,  scultor  greco,  v.  500. 
Eutocio,  matematico  assiro,  v.  540. 
Eutropio,  storico  latino,  iv  secolo. 
Evagrio  lo  Scolastico,  storico  greco,  v.  536. 
*Eveemero,  filosofo,  .510. 
Eveillon,  teologo  francese,  1572-1651. 
Evelio  Giovanni,  astronomo  da  Danzica, 

1611-87. 
Evrart  da  Ratisbona,  storico,  v.  1506. 
Expilly  Gio.Gius.,  autor  francese,  1719  95. 
"Ezechiele,  poeta  tragico  ebreo,  v.  120. 
"Ezechiele,  profeta  maggiore,  v.  590. 
Ezelino  da  Romano,  tiranno  di  Padova, 

1194-1259. 
Ezio,  generale  romano,  -454. 
*Ezione,  pittor  greco,  v.  332. 


JF 


Fabbre  Guido,  letterato  francese,  1541- 

1616. 
Fabbri,  teologo  francese,  1607-88. 
Faber  Samuele,  autore  tedesco,  1 657-1 71 6. 
Faber  Ernesto,  orientalista  tedesco,  1745- 

1774. 
"Fabio  Massimo,  dittator  romano,  -204. 
"Fabio  Pittore,  primo  storico  romano,  v. 

216. 
Fabre  d'Eglantine,  autore  francese,  1755- 

1794. 
Fabre  d'Olivet,  orientalista  francese,  1767- 

1825. 
Fabretti  Raffaello  ,  antiquario  d'Urbino  , 

1618-1701. 
Fabricio,  entomologo  tedesco,  1742-1807. 
Fabricio  Giorgio,  storico  e  poeta  tedesco, 

1516-71. 
Fabricio  Giovanni  Alberto,  bibliografo  te- 
desco, 1668-1736. 
Fabricy   Gabriele ,   bibliografo   francese  , 

1723-1800. 
Fabrini  Giovanni,  grammatico  italiano, 

1516-80. 
Fabroni  Angelo,  toscano,  biografo,  1732- 

1805. 
Fabroni  Giovanni  di  Firenze,  naturalista 

e  statista,  1752-1822. 
Fabrot  Carlo  Annibale,  giureconsulto  fran- 
cese, 1580-1659. 
Facciolati  Jacopo,  filologo  italiano,  1682- 

1766. 
Faerno  Gabriele  da  Cremona,  poeta  latino 

del  XVI  secolo. 


Fagan,  autor  comico  francese,  1702-55. 
Fagiuoli  Giambattista,  poeta  comico  fioren- 
tino, 1660-1742. 
Fagon,  medico  francese,  1638-1719. 
Fahrenheit  Gabriel  Daniele,  fisico  tedesco, 

1686-1736. 
Faille,  storico  francese,  1616  1711. 
Faini  Diamanta,  poetessa  bresciana,  -1770. 
Fairfax  Tommaso,  politico  inglese,  1611- 

1671. 
Falbaire  (Fenouillot  dej,  autor  drammatico 

francese,  1727-1800. 
Falcando  Ugo,  cronista  siculo,  v.  1175. 
Falconieri  Ottavio  ,   antiquario   romano , 

xvu  secolo. 
Falletti  Girolamo,  storico  italiano,  n.  v. 

1518-64. 
Falloppio  Gabriele,  medico  italiano,  1523- 

1662. 
"Fannio,  poeta  latino,  v.  40. 
Fanshaw  Riccardo,  diplomatico  e  poeta 

inglese,  -1666. 
Fantin  Desodoards,  storico  francese,  1738- 

1820. 
Fantoni  Giovanni,  detto  Labindo  ,  poeta 

italiano,  1755-1807. 
Fantuzzi  Marco  da  Ravenna,  erudito,  1740- 

1806. 
"Faraone ,  appellativo  dei  re  sacerdoti  di 

Egitto. 
Fardella  Michelangelo  ,  filosofo  italiano , 

1650-1718. 
Farei  Guglielmo,  calvinista  francese,  1489- 

1565. 


240 


CllONOLOGU 


Farla  y  Souza  Manuele,  storico  e  poeta  ca- 
stigliano,  1588  J  647. 

Farinacio  Prospero,  giureconsulto  italiano, 
1564-16J8. 

Farinata  degli  Uberti,  v.  ISSO. 

Farinelli  (Carlo  Broschi),  musico  napole- 
tano, 1705-82. 

Farmer,  teologo  inglese,  171 4-87. 

Farnese ,  famiglia  italiana ,  sollevata  da 
Paolo  IH  alla  sovranità  di  Parma  e  Pia- 
cenza. Ebbe  molti  prodi  :  Pietro,  gene- 
rale dei  Fiorentini,  -1564;  Pier  Luigi, 
tiranno,  -1547;  Ottavio,  generale  di 
Carlo  V,  -1586;  Alessandro,  generale 
contro  i  Fiamminghi,  -1592. 

Farquhar,  autore  drammatico  inglese,  1678- 
1707. 

Fatio  (de  Duiller)  da  Basilea,  geometra, 
1755. 

Fauchet,  autor  francese,  1529-92. 

Fauque  (madama  di  Valchiusa),  autrice 
francese,  -1777, 

Fauriel  Claudio,  critico  francese,  1772- 
1844. 

Faust  Giovanni  da  Magonza,  uno  degl'in- 
ventori della  stampa,  v.  1450. 

Fausto  da  Riez,  dottore  della  Chiesa  latina, 
V.  480. 

Favart  Carlo,  autore  comico  francese,  1710- 
1792. 

Favorino,  filologo  italiano,  -1557. 

Favre  o  Fabro  Antonio,  giureconsulto  sa- 
voiardo, 1567  1624. 

Fawkes,  poeta  inglese,  1721-77. 

Faydit  (l'abbate),  autore  francese,  1640- 
1709. 

Fayette  (Madama  di  la),  autrice  francese, 
1652-95. 

Fazio,  storico  latino,  m.  v.  1547. 

Febronio  (Gio.  Nicola  de  Hontheim),  ca- 
nonista tedesco,  1701-90. 

Fecht  0  Feczio ,  teologo  tedesco,  1656- 
1716. 

Federici  Camillo  da  Garessio,  autore  co- 
mico, 1751-1802. 

"Fedone  d'Elea,  filosofo  greco,  v.  570. 

Fedro,  favoleggiatore  latino,  i  secolo. 

*Fedro,  filosofo  greco,  v.  588. 

Félibien  Andrea,  autore  francese,  1619-95. 

Feller  Francesco  Saverio,  gesuita,  autor 
belgico,  1735-1802. 

Fénélon  de  la  Molte,  vescovo  di  Cambray, 
1651-1715. 

Fenton  Eliseo,  poeta  inglese,  -1730. 

Ferdinando  da  Cordova,  erudito  spagnuolo, 
1420-80. 

Ferdussi,  poeta  jicrsiano,  91  (ì  1020. 


^Ferecide  da  Siro,  filosofo  greco,  v.  560. 
*Ferecide,  storico  greco,  v  secolo. 
*Ferecrate,  poeta  comico  ateniese,  v.  400. 
Fergusson  Adamo,  scrittore  scozzese,  1 724- 

1S01. 
Fergusson  Giacomo,  astronomo  scozzese, 

1710-76. 
Fermai,  giureconsulto  francese,  1650  90. 
Fermai   Pietro    da  Tolosa ,    matematico , 

1595-1665. 
Fernel  Giovanni,  medico  francese,  1497- 

1558. 
Ferrari  Bartolomeo,  milanese,  fondatore 

dei  Barnabiti,  -1544. 
Ferrari   Gaudenzio  ,   pittore   piemontese  , 

1484-1550. 
Ferrari  Guido,  gesuita,  storico  latino,  1717- 

1791. 
Ferrari  Ottavio,  antiquario  italiano,  1607- 

1682. 
Ferrariis  (De),  giureconsulto  pavese,  v. 

1345. 
Ferraris,  lessicografo  canonista  italiano, 

XVII 1  secolo. 
Ferreira,  poeta  portoghese,  1528-69. 
Ferreras,  storico  spagnuolo,  1652-1735. 
Ferreto,  storico  italiano,  xiii  secolo. 
Ferretti,  antiquario  italiano,  1659  82. 
Ferrier  Armando,  poeta  francese,  1652- 

1721. 
Ferrière  Claudio,  giureconsulto  francese, 

1659-1715. 
Ferrucci   Francesco  ,  patriota  fiorentino , 

-1530. 
Feuerbach  Luigi  Andrea,  razionalista  te- 
desco, 1804  55. 
Feuerbach   Paolo  ,  criminalista   tedesco  , 

1775-1855. 
Feuillè,  botanico  ed  astronomo  francese, 

1660-1732. 
Feuquières,  scrittore  diplomatico  francese, 

-1640. 
Févre  (Giovanni  d'Élables,  detto  Le),  teo- 
logo francese,  1455-1537. 
FOvre  (Tanneguy  Le),  dotto  francese,  161 5- 

1672. 
Fevret  di  Fontette,  magistrato  e  letterato 

francese,  1701-72. 
Feyoo  Montenegro  Benedetto,  critico  spa- 
gnuolo, 1701-64. 
Fiamma  Galvano,  storico  milanese,  1285- 

1344. 
Fibonacci  Leonardo  da  Pisa,  matematico, 

1202. 
Fichard,  giureconsulto  francese,  1512-81. 
Fichte  Gian  Teofilo,  filosofo  tedesco,  1762- 

1814. 


TAVOLA   ALFABETICA    D'IìOMIM   ILLUSTRI 


241 


ricino  Marsilio,  filosofo  platonico  fioren- 
tino, 1433-99. 
Ficoroui  Francesco  ,  antiquario  italiano  , 

166Ì-I7-Ì7. 
*Fidia,  scultore  ateniese,  v  secolo. 
Fielding  Enrico,  romanziere  inglese,  1707- 

17S4. 
Filangeri  Gaetano  ,   leggista  napoletano , 

1752-87. 
Filelfo   Francesco,  grammatico  italiano, 

1598-1481. 
Filemone,  filologo  greco,  vi  secolo. 
'Filemone,  poeta  comico  greco,  v.  346. 
*Fileterio,  id.,  v.  380. 
Filicaja  Vincenzo,  lirico  fiorentino,  1642- 

1707. 
'Filillio,  poeta  comico,  v.  430. 
'Filippide,  poeta  comico  ateniese,  510. 
Filippone  Herveng,  teologo  francese,  -1 172. 
'Filisto,  storico  greco,  v  secolo. 
*Filistone,  poeta  comico  da  Nicea,  v.  IS. 
Filleau  de  la  Chaise,  autore  francese,  1650- 

1695. 
Filleul,  poeta  francese,  n.  1530. 
Fillips  Giovanni,  puela  inglese,  1670  1706. 
*Filoclete,  poeta  comico,  v.  434. 
*Filolao,  filosofo  da  Crotone,  584. 
Filone  Alessandrino,  autore  ebreo  del  i 

secolo. 
'Filone  Bisantino,  arcbitetlo  greco,  v.  500. 
Filone  da  Biblo,  storico,  v.  18i. 
*FiloDÌde,  poeta  ateniese,  v.  427. 
'Filopemene,  capitano  acheo,  -190. 
Filopono,  filologo  greco,  vii  secolo, 
Filosseno,  id.,  v.  525. 
*Filosseno,  poeta  ditirambico,  v.  382. 
Filostorgio,  storico  ecclesiastico  di  Cappa- 

docia,  IV  secolo. 
*Filostrato,  retore  ateniese,  iii  secolo. 
Fineo  Oronzio,  matematico  francese,  1494- 

1555. 
Finiguerra  Maso,  orefice  fiorentino,  1452. 
Fioravanti  Valentino,  romano,  compositore 

di  musica,  1764-1837. 
Firenzuola  Agnolo,  letterato  italiano,  1495- 

1548. 
Firmico  Materno,  autor  latino,  iv  secolo. 
Fischer,  filologi  tedeschi  dal  xvii  al  xix  sec. 
Flacé ,  ecclesiastico  e  letterato  francese, 

1530-85. 
Flacius  (Mattia  Illirico  Francowitz),  diret- 
tore delle  Centurie  di  Magdeburcjn),  1521- 

1575. 
Flammei  Nicola  di  Pontoise ,  alchimista, 

1400. 
Flaminio  Antonio  da  Verona,  poeta  latino, 

1464-1536. 


Cantù,  Documenli.  —  Tomo  I,  Cronologia. 


Flamsteed  Giovanni ,  astronomo  inglese  , 

1646  1719. 
Flassans,  poeta  provenzale,  xiv  secolo. 
Flavigny,  letterato  francese,  1740-1808. 
Flechier   Spirito  ,    predicatore   francese  , 

1632-1710. 
Fleetvood,  letterato  inglese,  v.  1695. 
Flegone  Tralliano,  autor  greco,  ii  secolo. 
Fleischer,  naturalista  tedesco,  1537-93. 
Fletcher  Giovanni,  poeta  inglese,  1586- 

1627. 
Fleury  Andrea  Ercole,  cardinale  e  ministro 

francese,  1653-1743. 
Fleury  Claudio,  scrittore  francese  di  Storia 

ecclesiastica,  1640-1725. 
Flodoart  o  Frodoart ,  cronista  francese  , 

894-966. 
Florez,  dotto  spagnuolo,  1701-75. 
Florian  G   P.,  letterato  francese,  1755-94. 
Florida  Bianca,  ministro  spagnuolo,  1730- 

1808. 
Florio,  autore  inglese,  1540-1625. 
Floro  (.Auueoj,  storico  latino,  u  secolo. 
Fludd  (de  Fluclibus),  medico  e  filosofo  iu- 

gleàc,  155i-i637. 
"Fucilide  da  Milelo,  poeta  morale,  v.  547. 
*Focione,  capitano  e  politico  ateniese,  -518. 
Foglietta  Uberto,  storico  genovese,  1518- 

1581. 
Foix  (Gastone  di),  capitano  francese,  1489- 

1512. 
Folard  Giovanni,  ingegnere  francese,  1669- 

1752. 
Folengo  Teofilo  (Merlin  Coccai)  da  Man- 
tova, poeta  maccheronico,  1487-1544. 
Folques,  antiquario  e  matematico  inglese, 

1690-1754. 
Foncemagne  (Stefano  di),  storico  francese, 

1694-1779. 
Fontaine,  critico  inglese,  -1753. 
Fontaine  (Giovanni  de  La),  favolista  fran- 
cese, 1621-95. 
Fontainelle  (Dubois), autore  francese,  1737- 

1812. 
Fontana  Domenico  ,   architetto  italiano  , 

1543-1607. 
Fontanes  Marcellino,  poeta  e  letterato  fran- 
cese, 1751-1821. 
Fontanini  Giusto,  antiquario  italiano,  1666- 

1736. 
Fonte  Moderata  (Modesta  Pozzi),  poetessa 

veneziana,  1555  92. 
Fontenay  (di  Bonafous),  letterato  francese, 

1737-1806. 
Fonlenelle  (Le  Bovier  de)  da  Rouen,  autore 

francese,  1657-1757. 
Fontius(Fonti),  dotto  fiorentino,  1445  1515. 

16 


242 


CRONOLOGIA 


Foote  Samuele,  autor  comico  inglese,  -1  111. 

Forbes,  giureconsulto  scozzese,  1683-')  747. 

Force  (madamigella  de  La),  poetessa  e  ro- 
manziera francese,  -1724. 

Forcellini  Egidio,  dotto  padovano,  1688- 
1768. 

Foresti  Jacopo  Filippo ,  storico  italiano , 
1434-1520. 

*Formione,  capitano  ateniese,  v  secolo. 

Forster  Giovanni,  naturalista,  1729-98. 

Forster,  grammatico  tedesco,  1495-1556. 

Forster,  teologo  e  filosofo  inglese,  17J7-57. 

Forstner,  giureconsulto  tedesco,  1598- 
1667. 

Fortia  d'Urban,  erudito  francese,  1756- 
1843. 

Fortiguerri  Nicolò  (Nicolò  Carteromaco), 
poeta  italiano,  1674-1733. 

Fortis  Alberto,  naturalista  e  antiquario  pa- 
dovano, 1741-1803, 

Fortunato  (Venanzio)  da  Treviso ,  poeta 
cristiano  latino,  v.  606. 

Foscarari  Egidio,  bolognese,  prelato  e  scrit- 
tore, 1512-64. 

Foscari,  famiglia  illustre  nella  storia  ve- 
neta. Francesco  fu  doge,  1423-57. 

Foscarini  Marco  ,  veneziano  ,  scrittore  e 
doge,  1695-1763. 

Foscarini  Michele, storico  veneziano,  1632- 
1692. 

Foscolo  Ugo,  poeta  italiano,  1776-1827. 

FosterGiacomo,  inglese,  teologo  dissidente, 
1697-1753. 

Fotino,  eresiarca  greco,  -376. 

Foucault,  antiquario  francese,  1645  1721. 

Fouché  Giuseppe,  ministro  di  Napoleone, 
1753-1820.- 

Foucher  Paolo,  autor  francese,  1704  78, 

Fougeroux,  dotto  francese,  1732-98. 

Fouquet  (madama),  empirica,  xvii  secolo. 

Fouquet  Nicolò,  ministro  francese,  1615- 
1680. 

Fourcroi  (Antonio  di),  chimico  parigino, 
1755-1809. 

Fonder  Carlo,  capo  dei  Forieristi,  1772- 
1837. 

Fourmont  Stefano ,  orientalista  parigino , 
1683-1745. 

Fowler,  teologo  inglese,  1611-76. 

Fox  Carlo,  ministro  inglese,  1748-1806. 

Fox  Giorgio,  fondatore  della  setta  dei  Qua- 
keri,  1624  90. 

Fozio,  patriarca  di  Costantinopoli,  autore 
dello  scisma  orientale,  e  compilatore  di 
una  Biblioteca,  -886. 

Fracastoro  Girolamo  di  Verona,  medico  e 
poeta  latino,  1485  1555. 


Frachetta  Girolamo ,  pubblicista  italiano , 
1560-1620. 

Francesco  d'Assisi  (san),  1182-1226. 

Francesco  di  Paola  (san),  calabrese,  fonda- 
tore de'  Minimi,  1416-1507. 

Francesco  di  Sales  (san),  vescovo d'Annecy, 
ascetico,  1567-1622. 

Francesco  Saverio  (san),  spagnuolo,  apo- 
stolo delle  Indie,  1506-52. 

Franckenstein,  storico  tedesco,  1643-97. 

Franco  Nicolò  da  Benevento,  emulo  dell'A- 
retino, 1505-69. 

Francois  (don  Giovanni),  dotto  benedettino 
'francese,  1722-91. 

Frangipani,  famiglia  romana,  illustre  nei 
secoli  XII,  XIII,  xi.v. 

Frank  Giovanni  Pietro ,  medico  tedesco , 
1745-1821. 

Franklin  Beniamino  ,  fisico  americano  di 
Boston,  1706-90. 

Franz  Giuseppe,  medico  tedesco  ,  1771- 
1842. 

Franzio,  teologo  francese,  1564-1628. 

Frauenlob,  trovatore  tedesco,  -1217. 

Frayssinous  Dionigi,  francese,  vescovo  di 
Ermopoli,  apologista,  1765-1842 

Fredegario  lo  Scolastico  ,  storico  borgo- 
gnone, VII  secolo. 

Fregoso  Federico,  cardinale  e  poeta  geno- 
vese, -1541. 

Fregoso  Paolo,  cardinale  e  scrittore,  -1498. 

Freind  Giovanni,  medico  inglese,  n.l675. 

Freinshemio  Giovanni,  erudito  tedesco, 
1608  60. 

Freret  Nicolò,  storico  e  critico  parigino, 
1688  1749. 

Freron  Elia,  critico  francese,  1719-76. 

Fresnaye  (Vauquelin  de  La),  poeta  fran- 
cese, 1556-1606. 

Trine  da  Mitilene,  cortigiana,  iv  secolo. 

"Frinico,  poeta  tragico  ateniese,  v.  512. 

Frisi  Paolo  da  Monza,  matematico  e  fisico, 
1728-84. 

Froben  Giovanni,  tipografo  tedesco,  -1527. 

Frobischer  Martino,  navigatore  inglese, 
XVI  secolo. 

Frodoardo  da  Reims,  cronista,  v.  910. 

Froidmond,  dotto  teologo  belgico,  1587- 
1655. 

Froissard  da  Valenciennes,  cronista,  1333- 
1402. 

Friilich  Erasmo,  antiquario  tedesco,  1700- 
1758. 

Frontino,  autor  latino,  45-106. 

Frontone  Marco  Cornelio,  oratore  Ialino, 
V.  160. 

Frugoni  Carlo,  genovese,  poeta,  1 692-1 768. 


TAVOLA    ALFABETICA    D  UOMINI    ILLUSTHl 


>A3 


Fuga  Ferdinando  di  Firenze,  architetto, 

ÌG99-1782. 
Fugger,  famiglia  di  negozianti  d'Augusta 

protettori de'leitcrati.  Ulderico,  1528-84. 
Fulgenzio  (san)  da  Lepti,  4G3-533. 
Fuller ,  ecclesiastico  e  letterato  inglese, 

1()08-6I. 
Fulton  Roberto  ,  meccanico  americano  , 

1767-181S. 


Fumagalli  Angelo,  erudito  milanese,  1728- 

1804. 
Funcio  0  Funk,  erudito  tedesco,  1G95- 

1777. 
FiJssli  Enrico  di  Zurigo,  pittore,   1758- 

1825. 
Fiissli  Giovanni  Corrado  di  Wezlar,  storico 

della  riforma,  1704-75. 


O 


Gabriele  Sionita,  maronita  orientalista,  xvi 
secolo. 

Gaddi  Gaddo,  pittore,  1239  1312;  Taddeo, 
1300-1552;  Angelo,  1524  87. 

Gaetano  Tiene  (sanj,  italiano,  1480,  fonda- 
tore dei  Teatini. 

Gaetano  Tommaso  Da  Vio,  cardinale  na- 
poletano, 1469  1534. 

GafTarel,  teologo  francese,  1601-81. 

Gagliardi  Paolo,  bresciano,  dotto  ecclesia- 
stico, 1695-1742. 

Gagliardo  Achille,  padovano,  dotto  gesuita, 
1637-1707. 

Gagliuffi  Faustino,  raguseo,  poeta  latino, 
-1834. 

Gagnier,  orientalista  francese,  16701 740. 

Gaillard,  lessicografo  francese,  1634-95. 

Gajo,  giureconsulto,  v.  161. 

Galanti  Giuseppe  .Maria,  letterato  napole- 
tano, 1743-1806. 

Galeno  Claudio,  medico  da  Pergamo,  131- 
200. 

Galeotti  Alberto,  giureconsulto  di  Parma, 
-1285. 

Galeotti  Marzio,  filosofo  di  Narni,  -1494. 

Galerone  Antonio,  grammatico  e  traduttore 
piemontese,  secolo  xvm. 

Galesini  Pietro  di  Ancona,  storico,  1520  90. 

Gaietti  Giorgio  Augusto,  storico  tedesco, 
1750-1806. 

Galiani  Ferdinando  ,  economista  napole- 
tano, 1728-87. 

Galileo  Galilei  da  Pisa,  astronomo,  1564- 
1642. 

Gali  Francesco,  fisiologo  da  Baden,  1758- 
1828. 

Galland  Antonio,  orientalista  di  Picardia, 
1646-1715. 

Galliccioli  Giambattista,  orientalista  e  sto- 
rico veneziano,  1733  1806. 

*Gallo  Cajo,  poeta  elegiaco  latino,  66-26. 

Gallonio  Antonio, dotto  oratoriano di  Pioma, 
1617. 


Galluzzi  Riguccio  di  Volterra ,  storico , 

1755-1801. 
Galuppi  Pasquale,  filosofo  calabrese,  1770- 

1846. 
Galvani  Luigi,  fisico  bolognese,  1737-98. 
Gama  (Vasco  de),  ammiraglio  portoghese, 

-1524. 
Gambara  Veronica  da  Brescia ,  poetessa , 

1485-1518. 
Ganilh  Carlo,  economista  francese,  1758- 

1856. 
Gans  Eduardo,  pubblicista  di  Berlino,  1 798- 

1839. 
Garasse  Francesco,  gesuita  francese,  1585- 

1651. 
Garat  Pietro,  musico  francese,  1764-1823. 
Garay  Gio. ,  poeta  ungherese,  1812-53. 
Garcilasso  de  La  Vega,  poeta  spagnuolo, 

15()5-36. 
Gardin-Dumesnil  Giambattista,  1720-1802. 
Garnier,  poeta  tragico  francese,  1545-1601. 
Garnier,  storiografo  di  Francia,  1729-1805. 
Garofolo  (BenvenutoTisio),  pittor  ferrarese, 

1481-1559. 
Garrick  Davide,  attore  drammatico  inglese, 

1716  78. 
Garth  Samuele,  poeta  e  medico  inglese, 

1718. 
Garve,  filosofo  tedesco,  1742-98. 
Garzoni  Giovanni,  scrittore  italiano,  1549- 

1589. 
Garzoni  Pietro,  storiografo  veneto,  1652- 

1719. 
Gassendi  Pietro,  filosofo  francese,  1592- 

1655. 
Gaston  (M.  di)  da  Rodez,  poeta  francese, 

1767-1808. 
Gattinara  (Mercurino  Arborio  di),  piemon- 
tese, cancelliere  di  Carlo  V,  -1530. 
GaubiI  Antonio,  erudito  francese,  1689- 

1759. 
Gauchat  Gabriele,  teologo  apologista  fran- 
cese, 1709-79. 


244 


CRONOLOGIA 


Gaudenzi  Pellegrino,  poeta  e  letterato  ita- 
liano, 1749-84. 

Gaurico  Luca,  astrologo  napoletano,  1476- 
-1558. 

Gauss  Carlo  Federico,  matematico  di  Bruns- 
wick, 1 777-1855. 

Gay  Giovanni,  poeta  inglese,  1688  1743. 

Gay-Lussac  Nicola,  chimico  francese,  1778- 
1850. 

Gaza  Teodoro,  erudito  greco,  -1478. 

Gazet  Gazeo,  storico  ecclesiastico  francese, 
1554-1612. 

Gelasio  da  Cizico ,  storico  ecclesiastico 
greco,  V.  480. 

Geldenhaur  Gerardo,  storico  olandese,!  542. 

Geleo  Claudio  lorenese,  pittore,  -1678. 

GellertC,  letterato  tedesco,  1715-69. 

Gelli  Giambattista  ,  scrittore  fiorentino , 
1498-1563. 

Gemelli  Carreri ,  viaggiatore  napolitano  , 
1651. 

GemistioPletone,  filologo  grecista,  v.  1480. 

Genehrardo  Gilberto,  benedettino  francese, 
1537-97. 

Genesio,  storico  del  Basso  Impero,  x secolo. 

Genlis  (madama  di),  autrice  francese,  1746- 
1830. 

Gennari  Giuseppe,  erudito  padovano,  1 721- 
1800. 

Gennaro  Giuseppe  Aurelio,  giureconsulto 
napoletano,  -1761. 

Genovesi  Antonio,  filosofo  italiano,  1712- 
1769. 

Genson  o  Jenson  Nicola,  tipografo, -1498. 

Gentile  Alberico,  giureconsulto  italiano, 
1551-1611. 

Gentile  da  Fabriano  ,  pittore  sotto  papa 
]\lartino  V. 

Gentile  Giovanni  Valentino  di  Cosenza,  an- 
titrinitario, -1566. 

Genzio,  orientalista  tedesco,  1618-87. 

Geoffrin  (madama),  colta  parigina,  1699- 
1777. 

Geoffroy  Giuliano  di  Rennes,  critico  fran- 
cese, 1745-1814. 

Geoffroy  Saint- Hilaire  Stefano,  zoologo 
francese,  1772-1844. 

GeofTroy  Stefano  Francesco,  medico  pari- 
gino, 1672-1731. 

Cerando  (Giusepjie  Maria  De),  filosofo  lio- 
nese,  1772  1842. 

Gerberon  Gabriele,  dotto  benedettino,!  628- 
1711. 

Gerbier  [Metro,  avvocato  di  lli'nnes,  1725- 
1  7.S8. 

GerbillonCiovan  Francesco,  geometra  fran- 
cese, 1654-1707. 


Gerdil  Sigismondo,  savojardo,  cardinale  e 

filosofo,  1718  1802. 
'Geremia,  profeta  maggiore,  v.  620. 
'Germanico  Cesare,  generale  romano,  17 

av.  C,  19  d.  C. 
Germano  (san)  di  Autun,  vescovo  di  Pa- 
rigi, 496-576. 
Gersen,  monaco  da  Cavaglià  in  Piemonte, 

V.  1237,  supposto  autore  àeW Imitazione 

di  Cristo,  che  i  più  attribuiscono  a 
Gerson  (Giovanni  Charlier  di),  cancelliere 

dell'università  di  Parigi,  1565-1429. 
Gesenio,  orientalista  tedesco,  1786-1842. 
Gessner  Corrado  da  Zurigo,  naturalista, 

1516-65. 
Gessner  Giovanni,  erudito  tedesco,  1691- 

1761. 
Gessner  Salomone  da  Zurigo,  poeta,  1730- 

1788. 
Gherardo  da  Cremona,  astrologo,  1114  87. 
Ghezzi  Francesco,  gesuita  italiano,  1685- 

1766. 
Ghilini  Girolamo,  letterato  italiano,  1589- 

1670. 
Ghirlandajo  (Domenico  Corradi,  il),  pittor 

fiorentino,  1451-95. 
Giacomelli,  letterato  italiano,  1695-1774. 
Giambliòo,  filosofo  platonico,  iv  secolo. 
GiambuUari  Pier  Francesco,  letterato  fio- 
rentino, 1495-1564. 
Gianni  Francesco,  improvisatore  romano, 

1760-1825. 
Giannone  Pietro,  storico  napoletano,  1677- 

1758. 
Gianotti  Donato,  pubblicista  italiano,  1494- 

1563. 
Giansenio  Cornelio,  vescovo  di  Gand,  bi- 

blicista,  1510-76. 
Giansenio  Cornelio  di   Lovanio ,  vescovo 

d'Ypri,  1585-1638. 
*Giasone,  capo  degli  Argonauti,  v.  1292. 
Gibbon  Edoardo,  storico  inglese,  1757-94. 
Gibelin  Spirito,  antiquario  francese,  n. 

1759. 
Gibert  Baldassare  ,  erudito  francese ,  n. 

1662. 
Giberti,  dotto  vescovo  italiano,  1495-1543. 
Gigli  Girol.,  letterato  italiano,  1660-1722. 
Gilbert  Nicola  ,  poeta  satirico  francese  , 

1751-80. 
Gilberto  da  Montreuil,  trovatore,  xiii  sec. 
Gildas  da  Dumbrittou,  autor  latino,  494- 

570. 
Gilles,  viaggiatore  francese,  1490-1555. 
Gillies,  storico  inglese,  v.  1786. 
Ginguené  Paolo,  letterato  francese,  1748- 

1815 


Tavola  alfabetica  d'uomini  iLLUSinr 


i>4J) 


Gioachino,  abbate  calabrese,  fatidico,  n, 
H50, 

Gioberti  Vincenzo,  filosofo  torinese,  1801» 
d852. 

Giocondo  (fra),  veronese,  dotto  e  architetto, 
-1530. 

'Gioele,  profeta,  v.  800. 

Gioja  Flavio  d'Amalfi,  scopritore  della  bus- 
sola, secolo  XI. 

Gioja  Melchiorre  ,  piacentino  ,  statistico  , 
1 757-1829. 

Giolito  de'  Ferrari  da  Trino,  tipografo-li- 
brajo  a  Venezia,  xvi  secolo. 

"Giona,  profeta,  v.  800, 

Giordani  Pietro  di  Parma,  letterato,  1774- 
1848. 

Giorgi  Domenico,  dotto  italiano,  -1747. 

Giorgio  da  Pisidia,  poeta  greco,  v.  (530. 

Giorgio  da  Trebisonda,  autor  latino,  1397- 
1486. 

Giorgio,  frate  greco,  storico,  1020. 

Giorgio  il  Sincello,  cronologo,  v.  820. 

Giorgione,  pittore  trevigiano,  1477-1511. 

Giornandes,  storico  dei  Goti,  -552. 

Gioseffo  Flavio,  storico  ebreo,  57-95. 

Giotto,  pittore  fiorentino,  1265-1556. 

Giovanna  d'Arco,  eroina  francese,  1410-31 . 

Giovanni  da  Bielaro,  cronista  latino,  v.590. 

Giovanni  da  Capua,  traduttore,  xiii  secolo. 

Giovanni  Damasceno  (san),  dottore  della 
Chiesa,  670-754. 

Giovanni  da  Meung,  poeta,  v.  1364. 

Giovanni  da  Milano,  medico  poeta,  v.  1101. 

Giovanni  da  Novogorod,  storico,  v.  1250. 

Giovanni  da  Ravenna,  erudito  italiano,  v. 
1582. 

Giovanni  d'Arras,  romanziero,  xv  secolo. 

Giovanni  da  Salishury,  cronista,  xii  secolo. 

Giovanni  da  Siviglia,  autore  spagnuolo, 
XII  secolo. 

Giovanni  da  Troyes,  storico  francese,  xv 
secolo. 

Giovanni  di  Matha  (san),  fondatore  de' Tri- 
nitari, 1161-1215, 

Giovanni  (  De  ) ,  giureconsulto  siciliano  , 
1699-1753. 

Giovanni  (san)  di  Dio,  portoghese,  fonda- 
tore dei  Fate-bene- fratelli,  1495-1550. 

Giovenale  da  Carlencas,  autore  francese, 
1669-1760. 

Giovenale  Decio  Giunio,  satirico  latino, 
42124. 

Giovenale  degli  Orsini,  biografo,  v.  1474. 

Giovio  Benedetto,  storico  di  Como,  1471- 

1544. 
Giovio  Paolo,  vescovo  di  Nocera,  storico, 
1483-1552. 


Giraldi  Giambattista  ,  letterato  italiano  , 
150Ì-73, 

Giraldi  Lilio  Gregorio,  erudito  e  poeta  ita- 
liano,  1479-1552. 

Giraldo  Cambrense  (Barry),  autore,  xii  sec. 

Girard  da  Villethierry,  autore  ascetico  fran- 
cese, -1709. 

Girard  (l'abbate),  grammatico  francese, 
1677-1748. 

Girard  (il  padre  Gregorio),  istitutore  sviz- 
zero, 1765-1850. 

Girardon  Francesco  ,  scultore  francese  , 
1630-1715. 

Giraud  Giovanni,  conte  romano,  comedio- 
grafo,  1776-1834. 

Girodet  Luigi,  pittore  francese,  1767-1824. 

Girolamo  da  Praga,  eretico,  -1416. 

Girolamo  (sanj,  Padre  della  Chiesa,  340- 
420. 

Girolamo  Emiliani  (san),  fondatore  dei 
Cherici  somaschi,  -1557. 

Giuda  Hakkadosch,  dotto  rabbino,  ii  sec. 
.Giuda  Leone,  dotto  protestante  di  Zurigo, 
-1542. 

Giulini  Giorgio,  erudito  milanese,  1714-80. 

Giulio  Africano,  autor  latino,  v.  240. 

Giulio  Romano,  pittore,  1492  1546. 

Giusti  Giuseppe,  poeta  satirico  fiorentino, 
1809  50. 

Giustiniani,  famiglia  veneta,  di  cui  molti 
prelati  e  magistrati,  e  il  doge  Marcan- 
tonio, -1688. 

Giustiniani,  grammatico,  v.  1556. 

Giustiniani,  orientalista  genovese,  1470- 
1531. 

Giustiniani  (san)  Lorenzo,  ascetico  vene- 
ziano, -1465. 

Giustiniani,  vescovo  d'Ajaccio,  1568-1627. 

Giustiniano ,  imperatore  e  legislatore  del 
Basso  Impero,  483  565. 

Giustino  (san)  martire  ,  filosofo  e  dottor 
della  Chiesa,  ii  secolo. 

Giustino,  storico  latino,  v.  158. 

Glaber  Rodolfo,  storico  francese,  xi  secolo, 

Glaovil  Giuseppe,  giureconsulto  inglese, 
-1661. 

'^Glauco,  filosofo  ateniese,  v.  386. 

Gleichen  (Francesco  di) ,  naturalista  da 
Bareuth,  1717  83. 

Gleim  Giovanni,  poeta  tedesco,  1719-1803. 

Glica,  storico  greco,  xii  secolo. 

Glover  Ricardo,  poeta  inglese,  1712-85, 

Gluck  Cristoforo,  musico  tedesco,  1712-87. 

Gmelin  Giovanni,  botajiico  tedesco,  1709- 
1755. 

Goar,  erudito  domenicano  francese,  1601- 
1653. 


246 


CRONOLOGIA 


Godeau,  prelato  e  letterato  francese;  1605- 

1672. 
Godescard,  erudito  ecclesiastico  francese, 

47-28-1800. 
Codinot  da  Reims,  teologo  francese,  1661- 

1749. 
Godwin  Tommaso,  storico  inglese,  v.  1603. 
Goeree ,  erudito  librajo  olandese,  less- 
ali. 
Goertz  Enrico,  politico  svedese,  -1719. 
Goesio  (Goes),  filosofo  olandese,  1611-86. 
Goez   Damiano  ,   storiografo   portoghese , 

1501-60. 
Goffredo  da  Viterbo,  cronista,  v.  1180. 
Goffredo  di  Buglione,  crociato,  -1100. 
Goffredo  Dionigi,  giureconsulto  parigino, 

1540-16^2. 
Goguet  Antonio,  erudito  parigino,  1716- 

'17o8. 
Goldast  Melchiorre,  giureconsulto  svizzero, 

-1655. 
Goldman  Nicola,  matematico  tedesco,  1 623- 

1665. 
Goldoni  Carlo ,  poeta  comico  veneziano , 

1707-93. 
Goldsmith  Oliviero,  autore  inglese,  1728- 

1764. 
Golio,  erudito  olandese,  1599-1667. 
Goltzio  da  Venloo,  erudito,  1526  1583. 
Gomar  Francesco,  teologo  fiammingo  capo- 
setta,  1565-1641. 
Gomberville  Marino  le  Roy,  ?d.,  1600-47. 
Gomez  Alvaro  da  Toledo,   poeta  latino, 

1488-1558. 
Gongora  y  Argote,  poeta  spagnuolo,  1561- 

1627. 
Gonsalvo  da  Cordova,  capitano  spagnuolo, 

1445-1515. 
Gonzaga,  famiglia  italiana,  dominatrice  di 

Mantova,  che  die'  molti  illustri,  fra  cui 

san  Luigi,  -1591. 
Goodwin,  teologo  inglese,  1595-1665. 
Gordon,  letterato  e  pubblicista  irlandese, 

-1750. 
Gore,  autor  inglese,  1631-84. 
*Gorgia  Leonlino,  sofista  siciliano,  v,  354. 
Cori   Antonfrancesco ,    erudito    italiano  , 

1691-1757. 
Gorleo  Abramo,  erudito  fiammingo,  1549- 

1609. 
Gòrres  Giuseppe,  scrittore  tedesco,  1776- 

1848. 
Goselini  Giuliano  da  Roma,  storico,  1525- 

1587. 
Gosselin,  erudito  francese,  1518-1604. 
Gosselin  Carlo  Roberto,  letterato  francese, 

-1820. 


Gòthe  Wolfango  di  Francoforte,  poeta  te- 
desco, 1749-1832. 

Gotti  Vincenzo,  dotto  cardinale  apologista, 
-1742. 

Gottleber,  erudito  critico  tedesco,  1735  85. 

Gottsched  da  Kònigsberg,  poeta  e  gram- 
matico, 1700-66. 

Goudelin,  poeta  guascone,  1579  1649. 

Goujet,  bibliografo  francese,  1697-1767. 

Goiijon  Giovanni,  scultore  francese,  -1572. 

Goulart,  autor  protestante  francese,  1543- 
1628. 

Goulu,  grecista  francese,  1550-1601. 

Gourdan,  autore  ascetico  francese,  1646- 
1729. 

Goussainville,  erudito  francese,  -1683. 

Goutières,  antiquario  e  giureconsulto  fran- 
cese, -1638. 

Gouye,  matematico  francese,  1650-1725. 

Govea,  giureconsulto  portoghese,  1505-65. 

Gozzi  Carlo  veneziano,  drammatico,  1722- 
1806. 

Gozzi  Gaspare  veneziano,  poeta  e  prosatore, 
1713-86. 

Grabe  Gian  Ernesto,  teologo  prussiano, 
1627-86. 

*G racco  Cajo,  tribuno  romano,  154-125. 

"Gracco  Tiberio,  id.,  169-133. 

Grafeo,  autor  fiammingo,  1482-1558. 

Graffigny  (madama)  da  Nancy,  autrice  fran- 
cese, 1694  1758. 

Grain  d'Orge,  benedettino  francese,  1760- 
1805. 

Gramaye,  storiografo  olandese,  -1635. 

Granada,  predicatore  spagnuolo,  1505-88. 

Grancolas  Giovanni,  erudito  teologo  fran- 
cese, -1752. 

Grandet,  biografo  francese,  1646-1724. 

Grandier  Urbano,  curato  di  London,  con- 
dannato per  stregone  il  1654. 

Grand  vai,  poeta  ed  attore  francese,  1670- 
1753. 

Granelli  Giovanni,  gesuita  genovese,  pre- 
dicatore, -1770. 

Granger,  medico  e  poeta  scozzese,  1723- 
1767. 

Granucci  Nicola,  novelliere  italiano,  n. 
1530. 

Crassei  Giacomo,  autor  francese,  1757- 
1810. 

Grassetti,  agiografo  italiano,  1577-1657. 

Grassi  Giuseppe,  filologo  torinese,  -1831. 

Gratarola  Guglielmo,  medico  bergamasco, 
-1568. 

Gravesande  Guglielmo,  matematico  olan- 
dese, 1688-1742. 

Graville,  autor  francese.  1727-64. 


TAVOLA    AI.FARETICA    d' DOMIMI    ILLUSTtll 


247 


Gravina  Gian  Vincenzo,  giureconsulto  ita- 
liano, I6Ì4-17I8. 
Gravio  (Greaves),  orientalista  inglese,  1602- 

Gray  Tommaso,  poeta  inglese,  1716-71. 
Graziani  Anton  Maria,  prelato  e  letterato 

italiano,  1537-1611. 
Graziani  Girolamo,  poeta  italiano,  1604- 

1673. 
Graziano  Baldassare  ,  dotto  gesuita  spa- 

gnuolo,  -1658. 
Graziano  di  Cliiusi,  giureconsulto  italiano, 

v.  1160. 
Grazio  Falisco,  poeta  latino,  v.  15. 
Grazioli  Pietro,  bolognese,  barnabita  eru- 
dito, 1700-53. 
Grazzini  Anton  Francesco  (il  Lasca),  poeta 

italiano,  1503  83. 
Grécourt   Giambattista  ,    poeta   francese  , 

1684-1743. 
Grégoire  Enrico,  scrittore  francese,  1750- 

1831. 
GregoraNiceforo,  storico  greco,  1295-1 359. 
Gregorio  da  Tours,  storico  francese,  544- 

595. 
Gregorio  Magno  (san),  dotto  papa,  550-604. 
Gregorio  Nazianzeno  (san),  dottor  della 

Chiesa,  328-389. 
Gregory,  teologo  inglese,  xvi  secolo. 
Gresset  Giambattista,  poeta  francese,  1709- 

1777. 
Gretry  Andrea  da  Liegi ,  compositore  di 

musica,  1741-1813. 
Greuze,  pittore  francese,  1726-1805. 
Grevio,  erudito  olandese,  -1520. 
Grevio  Gian  Giorgio,  critico  sassone,  1632- 

1705. 
Gribaldi  Matteo,  giureconsulto  di  Chieri 

apostata,  -1564. 
Gribner,  giureconsulto  tedesco,  1682-1 734. 
Grierson,  erudito  irlandese,  1706-33. 
Griffet  Enrico,  gesuita  erudito  francese, 

1608-1771. 
Grifio  Sebastiano,  svevo,  tipografo  a  Lione, 

1493-1556. 
Grignon,  metallurgo  e  antiquario  francese, 

-1785. 
Grijalva  Giovanni,  spagnuolo  scopritor  del 

Messico  nel  1518. 
Grillenzoni  Giovanni,  erudito  modenese, 

1521-51. 
Grimaldi,  famiglia  genovese  guelfa. 
Grimani ,  famiglia  veneta,  da  cui  i  dogi 

Antonio  -1323,  e  Marino  -1606. 
Grimarest,  autore  francese,  -1720. 
Grimm  Federico  tedesco,  enciclopedista, 

1723-1807. 


Grimm  Giacomo,  n.  1785, 

Grimtn  Guglielmo,  filologo  tedesco,  1786- 
1859. 

Gringore  Pietro,  poeta  francese,  1480-1 547. 

Grisologo  (san  Pier),  dottore  della  Chiesa 
latina,  v.  430. 

Grisolora,  dotto  greco,  -1415. 

Crisostomo  (san  Giovanni)  d'Antiochia, 
dottore  della  Chiesa,  344-407. 

Grobeodougue,  gesuita  fiammingo,  1600- 
1072. 

Grognier,  agronomo  ed  ippiatro  lionese, 
-185i. 

Gronovio  Gian  Federico,  critico  tedesco, 
1611-71,  e  Jacopo,  1645-1716. 

Gropper  Giovanni,  teologo  tedesco,  169S- 
1738. 

Gros  Antonio,  pittor  francese,  1747-1835. 

Grosley  Pietro,  autor  francese,  1718-85. 

Grossi  Tommaso,  letterato  milanese,  1791- 
1853. 

Grotto  Luigi  (Cieco  d'Adria),  poeta  e  idrau- 
lico, 1541-85. 

Grouchy  o  Gruchio,  erudito  francese,  -1572. 

Grouvelle,  autor  francese,  1738-1806. 

Grozio,  giureconsulto  olandese,  1397-1662. 

Grozio  Ugo,  erudito  olandese  da  Delft , 
1583-1643. 

Grudio  (Klaus  Everta),  giureconsulto  olan- 
dese, 1442-1532. 

Gruner,  teologo  tedesco,  1723-78. 

Gruter  Giovanni,  filologo  fiammingo,  1560- 
1627. 

Grynoeus  Simone,  teologo  tedesco,  1493- 
1541. 

Gryph,  erudito  tedesco,  1649-1706. 

Gryphe  Andrea,  autore  drammatico  tede- 
sco, 1616-64. 

Gua  da  Malves,  matematico  francese,  1712- 
1786. 

Guadagni  Leopoldo  di  Firenze,  giurecon- 
sulto, 1703-83. 

Guadagnini  Giambattista  bresciano,  prete 
controversista,  1722-1806. 

Guadagnoli  Antonio  di  Arezzo,  poeta  ber- 
nesco, 1798-1858. 

Guadagnolo  Filippo,  erudito  ecclesiastico 
italiano,  1596-1635. 

Gualberto  (san  Giovanni)  fiorentino,  fon- 
datore dei  Vallombrosani,  -1075. 

Gualdo  Priorato  Galeazzo,  storico  italiano, 
J 606-78. 

Gualther  da  Chatillon,  poeta  da  Lilla,  xu 
secolo. 

Guarini  Camillo  di  Modena  ,  architetto  , 
162483. 

Guarini  Giambattista daFerrara,1537-1612. 


u» 


CnONOLOGIA 


Guai'ioi  Guarino,  dotto  veronese,  ^570- 

1460, 
Guarnacci  monsignor  Mario  di  Volterra, 

erudito,  1701-83. 
Guasco  da  Pignerol,  autore  francese,  1712- 

1781. 
Guazzo,  poeta  e  storico  italiano,  -1556. 
Guenée  Antonio,  dotto  abbate  francese, 

1717-1803. 
Guénebaud,  antiquario  e  medico  francese, 

-1650. 
Guercino  (Francesco  Barbieri,  il),  pittore 

italiano,  15<J7-1666. 
Guerick  Ottone ,    meccanico    prussiano  , 

1602-86. 
Gueudeville,  autore  e  traduttore  francese, 

1650-1720. 
Guevara,  poeta  comico  spagnuolo,  1574- 

1646. 
Guglielmini  Domenico,  matematico  da  Bo- 
logna, 1655-1710. 
Guglielmo  Apulo,  storico,  xii  secolo. 
Guglielmo  da  Jumiege,  storico  normanno, 

XI  secolo. 
Guglielmo  da  Lorris,  trovatore,  v.  1265. 
Guglielmo  da  Nangis  ,  cronista  francese  , 

-1502. 
Guglielmo  da  Tiro,  storico  delle  Crociate, 

V.  1180. 
Guglielmo  il  Bretone,   storico  francese, 

V.  1180. 
Guglielmo  il  Piccolo,  storico  inglese,  1136- 

1215. 
Guibert  Giacomo,  maresciallo  e  scrittore 

francese,  1745-00. 
Guicciardini  Francesco,  storico  da  Firenze, 

1482  1540. 
Guichard  di  Savoja,  storiografo,  -1607. 
Guichenon    Samuele,    storico    francese, 

1607-64. 
Guidi  Carlo  Alessandro,  lirico  pavese,  1 650- 

1712. 


Guidiccioni  Giovanni  di  Viareggio,  scrit- 
tore e  diplomatico,  1500-41. 

Guido  d'Arezzo,  inventore  delle  note  mu- 
sicali, -1028. 

Guido  delle  Colonne,  storico,  v.  1516. 

Guido,  pittore  italiano  da  Bologna,  1575- 
1642. 

Guignes  (Giuseppe  De),  orientalista  fran- 
cese, 1721-1800. 

Guilbert  Carlo,  autore  drammatico  fran- 
cese, 1775-1844. 

Guillard,  poeta  drammatico  francese,  1752- 
1814. 

Guillemain,  autore  francese,  1750-99. 

Guilleville,  poeta  francese,  12901560. 

Guillon  Nicola  di  Parigi,  vescovo  letterato, 
1760-1847. 

Guillotin,  medico  francese,  inventore  della 
ghigliotina,  1758-1814. 

Gui-pape,  giureconsulto  francese,  -1476. 

Guiraudet,  autor  francese,  1754-1804. 

Guittone  d'Arezzo,  poeta  italiano,  -1294. 

Guldenstaed,  viaggiatore  russo,  1745-80. 

Gundiing,  storico  tedesco,  1673-1731. 

Gunter  b^dmondo ,  matematico  inglese, 
1581-1626. 

Gunther,  poeta  tedesco,  1695-1723. 

(juntz,  anatomista  sassone,  1714-54. 

Guthrie  Guglielmo  ,  geografo  scozzese  , 
1708-70. 

Guttemberg  da  Magonza,  uno  degl'inven- 
tori della  stampa,  1400  68. 

Guyand  di  Berville,  autore  francese,  1697- 
1770. 

Guyet  Francesco  d'Angers,  filologo  e  poeta 
latino,  1575  1655. 

Guymon  de  La  Touche,  poeta  francese, 
1725-60. 

Guyon  (madama)  da  Montargis,  quietista, 
1648-1717. 

Guyton-Morveau  Bernardo  da  Dijon,  chi- 
mico, 1757-1816. 


H 


Haas  Matteo,  geografo  tedesco,  1684-1742. 
Ilabert  da  Cerisy,  dotto  francese,  1610-55. 
llaberl  Luigi,  teologo  francese,  -1718. 
Habert  Susanna,  erudita  francese,  -1655. 
Hachette  Giovanna  da  Beauvais,  eroina, 

V.  1472. 
Hackspan,  orientalista  e  teologo  luterano, 

1607-59. 
Haen  (  Antonio   de  ) ,   medico  olandese  , 

-1776. 


Haendel  G.,  musico  tedesco,  1684-1759. 

Hafiz,  poeta  persiano  da  Chiraz,  -1389. 

Hagedorn  (Federico  di),  poeta  tedesco , 
1708-54. 

Haguenbuch ,  teologo  e  antiquario  sviz- 
zero, 1700-65. 

Hahn  Simone,  storiografo  tedesco,  1692- 
1729. 

Hahnemann  Samuele  di  Meisscn,  fondatore 
dell'omeopatia,  1755-1843. 


TAVOLA   ALFABETICA   d'UOMINI   ILLUSTRI 


249 


HailIaD,  storiografo  i'rancese,  1535-1610. 

Ilakluyt  Ricardo,  storico  inglese,  1553- 
161G. 

Halle,  avvocato  e  poeta  francese,  1  Gì  1-89. 

IIaller(Aib.  d'j,  medico  di  Berna,  1708-77. 

Ilaiier  Luigi,  pubblicista  di  Berna,  175G- 
185i. 

llalley  (Edoardo  d'),  astronomo  da  Londra, 
1G36  1742. 

Ilamann  Gian  Giorgio,  poeta  tedesco,  1730- 
1788. 

Hamilton  Guglielmo,  ministro  e  antiquario 
scozzese,  -1803. 

Hammer  (Giuseppe  Du)  di  Gratz,  orienta- 
lista, 1 774-1 85G. 

Hampden  Gio.,  patrioto  inglese,  1594-1 G 43. 

Ilancarville  Ugo,  erudito  antiquario  fran- 
cese, 1729-1800. 

Ilanckins,  erudito  filologo  tedesco,  1G35- 
1709. 

Hans  Sachs  di  Norimberga,  poeta,  1494- 
157G. 

Hardouin  Giovanni,  erudito  francese,  1646- 
1729. 

Hardy  Alessandro,  poeta  drammatico  fran- 
cese, 1 560-1652. 

Hariot,  matematico  inglese,  1560-1621. 

Hariri,  retore  arabo,  1121. 

Harlay  (Achille  di) ,  magistrato  francese, 
1536-1616. 

Harmer,  teologo  inglese,  1715-88. 

Harney,  autore  olandese,  1654-1704. 

Harpe  (de  La),  critico  francese,  1739-1803. 

Harrington,  autor  politico  inglese,  1611- 
1677. 

Harriott  Tommaso,  matematico  inglese  del 
secolo  XVI. 

Harris  Giac,  metafisico  inglese,  1709-80. 

Harrison  Giovanni ,  meccanico  inglese , 
1695-1776. 

Hartsoeker  Nicola,  fisico  olandese,  1656- 
1723. 

Hartzheim,  erudito  tedesco,  1694-1763. 

Hartung,  grecista  tedesco,  1505-79. 

Ilarvey  Gugl.,  medico  inglese,  1578-1658. 

Hase  di  Brema,  erudito,  1682-1732. 

Ilasselquist,  naturalista  svedese,  1722-52. 

Hastings,  erudito  inglese,  1735  1818. 

Havercamp,  erudito  olandese,  1683-1745. 

Hauy  (l'abbate),  mineralogista  francese, 
1743  1822. 

Hawkins,  autore  inglese,  1719  89. 

Haydn  Gius.,  musico  tedesco,  1732-1809. 

Haym  Francesco  Nicolò,  romano,  editore 
a  Londra,  1729. 

Hayton  d'Armenia,  storico,  1271-1313. 

Hecht,  autore  tedesco,  1696-1748. 


Hedelin  d'Aubignac,  autor  francese,  1604- 
1676. 

Hederic,  filologo  tedesco,  1675-1748. 

Ileercn  Arnoldo  d'Arberg,  storico,  1760* 
18i2. 

Hegel  Giorgio  Federico  di  Stuttgard,  filo- 
sofo, 1770-1852, 

Heidegger,  teologo  svizzero,  1655-98. 

Heineccio  Giovanni  Teofilo,  giureconsulto 
tedesco,  1681-1741. 

Heineccio  (Heineke),  teologo  tedesco,  1674- 
1722. 

Heinsio  Daniele,  filologo  fiammingo,  1580- 
1665. 

Heinsio  Nicolò,  filologo  olandese,  1620- 
1781. 

Heiss  Giovanni,  storico  tedesco,  -1688. 

Helgaud,  biografo,  v.  1056. 

Hell  Massimiliano  tedesco,  gesuita,  astro- 
nomo, 1720  92. 

Helladio  d'Antinoe,  filologo,  v.  400. 

Helmont  (Giambattista  van),  medico  di 
Brusselles,  1577-1644. 

Hemelard,  autore  olandese,  -1640. 

Hemsterhuys  Francesco,  filosofo  olandese, 
1720-90- 

Hemsterhuys  Tiberio,  filologo  da  Groninga, 
1685-1766. 

Hénault  (il  presidente)  Francesco,  storico 
francese,  1685-1770. 

Henkel  Giovanni  Federico,  erudito  chimico 
tedesco,  1679-1744. 

Hennepin,  missionario  francese,  1640  97. 

Henninges,  giureconsulto  tedesco,  1645- 
1711. 

Ilenrion  de  Pansey  Nicolò,  magistrato  fran- 
cese, 1742-1829. 

Henriquez,  gesuita  portoghese,  15201600. 

Henry,  erudito  teologo  inglese,  1662  1714. 

Henschenio,  erudito  fiammingo,  1600-81. 

Herbart  Giovanni  Federico,  filosofo  tede- 
sco, 1770-1841. 

Herbelot  (Bartolomeo  d'),  orientalista  fran- 
cese, 1625-95. 

Herberay  des  Hessarts,  traduttore  francese, 
-1552. 

Herbert  da  Chirbury,  autor  inglese,  1581- 
1646. 

Herbin  Augusto  ,  orientalista  francese  , 
1733-1806. 

Herbinio,  erudito  della  Slesia,  1655-76. 

Herder  (Giovanni  d'),  erudito  tedesco, 
1744  1803. 

Ilerensbach,  jd.,  1509-76. 

Herentais,  scrittore  del  Brabante,  1320-90. 

Héricourt  Luigi,  giureconsulto  francese, 
1687-1752. 


2  so 


CRONOLOGIA 


Héritier  (L'),  poeta  francese,  -iGSO. 
Herlicio  Davide,  poeta,  medico  e  astro- 
nomo tedesco,  i  557-1 636. 
IIermanContratto,storicotedesco,10I3  54. 

Hermann  Goffredo  di  Lipsia,  filologo,  1772- 

1848. 
Hermann,  matematico  svizzero, 1678-'! 733. 

Hermant  Giovanni,  storico  francese,  1650- 

1725. 
Herminier  fi'),  teologo  francese,  16571735. 
Herrera  Antonio,  storico  spagnuolo,  1559- 

1625. 
Herrera  (di)  Ferdinando,  poeta  spagnuolo, 

1516-95. 
Herschell  Guglielmo,  astronomo  annove- 

rese,  1758  1822. 
Hersius,  giureconsulto  tedesco,  1652-1710. 
Herson,  autor  francese,  1622  1724. 
Hérouet,  vescovo  di  Digne,  poeta  francese, 

XVI  secolo. 
Hervet,  teologo  francese,  14991584. 
Hervey  G.,  teologo  inglese,  1714-58. 
Heshusio,  teologo  tedesco,  l5i6-88. 
Heylin,  autore  inglese,  160U-62. 
Heyne  Cristiano,  dotto  tedesco,  1729  1812. 
Hiches,  antiquario  inglese,  1642-1715. 
Hildeberg  da  Lavardin  ,  autor  francese, 

1057-1154. 
Hincmar,  arcivescovo  di  Reims,  -882. 
Hincmar,  vescovo  di  Laon,  871. 
Hobbes  Tommaso,  filosofo  inglese,  1588- 

1679. 
Ilocschelio,  erudito  tedesco,  -1617. 
Ilochstetter,  autor  tedesco,  xvu  secolo. 
Hodid'Oxford,  erudito  inglese,  1659  1706. 
Hoffmann  Ernesto  Teodoro,  scrittore  umo- 
ristico tedesco,  1766-1822. 
Hoffmann  Federico,  medico  tedesco, -1742. 
Hoffmann,  filologo  tedesco,  1 635-1 7U6. 
Hogartli  (juglieliuo,  pittore  e  incisore  in- 
glese, 1697-1764. 
Ilolbach  (barone  d'j,  sofista  tedesco,  1723- 

1789. 
Holbein  Giovanni,  pittore  svizzero,  1495- 

1554. 
Holberg  Luigi,  comico  di  Bregen,  1684- 

1754. 
Holdsworth,  letterato  inglese,  1688  1746. 
Holingshed,  cronista  inglese,  v.  1580. 
Holland  Giorgio,  (ìlosofo  tedesco,  1742-84. 
Holmes,  archeologo  inglese,  1662-1748. 
llolstenio  Luca,   erudito   tedesco,  1696- 

1 661 . 
Home  Enrico,  autore  scozzese,  1696-1782. 
Hommel,  giureconsulto  tedesco,  1722-81. 
Hondio,  geografo  ed  incisore  fiammingo, 

1546-1611. 


Hontan  (La),  viaggiatore  francese,  1666- 

1715. 
Hontheim  Nicolò,  teologo  e  diplomatico 

tedesco,  1701  90. 
Hooper,  riformatore  inglese,  1495-1535. 
Hoornobseck,  erudito  olandese,  1617-06. 
Hoppers  (Hoppero),  id.,  1525-76. 
Hopton,  matematico  inglese,  1588-1614. 
Hornio,  storico  e  geografo  tedesco,  1620- 

1670. 
Horrebow,  astronomo  danese,  1679-1764. 
Hortensio,  astronomo  olandese,  xvi  secolo. 
Hosio,  teologo  polacco,  1504-79. 
Hoste  (L'),   matematico  francese,  1652- 

1700. 
Hotman,  giureconsulto  parigino,  1524-90. 
Hottinger,    orientalista   svizzero,    1620- 

1667. 
Houbigant    Carlo   parigino ,    oratoriano  , 

ebraicista,  1686-1785. 
Houssaye  (Amelot  de  La),  storico  francese, 

1654-1706. 
Houteville,  apologista  sacro,  1688-1742. 
Howard  Giovanni,  filantropo  inglese,  1726- 

1790. 
Howell,  autor  inglese,  1594-1666. 
Hozier  (D'),  genealogista  francese,  v.  1660. 
Huber  Francesco,  naturalista  ginevrino, 

1750-1801. 
Hubert,  erudita  ginevrina,  1693-1755. 
Hubner  Giovanni ,  storico  e  geografo  te- 
desco, 1668-1751. 
Hudson  Enrico,  navigatore  inglese,  -1611. 
Hudson  Giovanni,  filologo  inglese,  1662- 

1719. 
Iluet  Pietro,  dotto  teologo  francese,  1 630- 

1721. 
Hugues  abbate  di  Flavigny,  cronista,  xii 

secolo. 
Humboldt  Alessandro ,  naturalista  prus- 
siano, 1769-1859. 
Ilume  Davide  di  Edimburgo,  storico,  1 71 1  - 

1766. 
Hunt,  orientalista  inglese,  1696-1774. 
Hunter,  chirurgo  ed  orientalista  inglese, 

1760-1815. 
Hunter  Guglielmo,  medico  scozzese,  1718- 

1783. 
Huntington,  teologo  inglese,  1656-1701. 
Huon  de  Villeneuve,  trovatore,  xni  secolo. 
Huot  Giangiac,  geografo  francese,  1790- 

1845. 
Iluskisson,  statista  ed  economista  inglese, 

1760-1830. 
lluss  Giovanni,  eresiarca  boemo,  -1425. 
Hutcbinson  Giovanni,  filosofo  ed  ellenista 

inglese,  -1737. 


TAVOLA    AIIABETICA    D'I'OMINI   ILLUSTHl 


asi 


Hùtten  (di),  teologo  e  poeta  tedesco,  1488- 

Hutton ,  letterato  e  viaggiatore  scozzese, 
4723-1815. 


Huygens  Cristiano  di  La  Ilaye,  astronomo, 

1629-9ì>. 
Huzard,  veterinario  francese,  xviii  secolo. 
Hyde  Tommaso,  orientalista  inglese,  1G3G- 

1703. 


*Ibico,  poeta  greco,  v.  5i0. 

Idacio,  vescovo  e  cronista  spagnuolo,  v 
secolo. 

Ideler  Luigi  brandeburghese,  cronologo, 
1706-1846. 

Ifland  Augusto,  drammatico  tedesco,  1759- 
18H. 

*lficrate,  capitano  ateniese,  v.  590. 

Igino,  mitologo  latino,  contemporaneo  di 
Ovidio. 

Ignazio  (sanf)  d'Antiochia,  martire,  -107. 

Ignazio  (sant'j  di  Lojola,  spagnuolo,  fon- 
datore de' Gesuiti,  1491-1556. 

Ilario  (sant'j  da  Poitiers,  dottore  della 
Chiesa,  -368. 

lllel,  commentatore  ebreo,  v.  50. 

Imbert  Bartolomeo,  poeta  francese,  1747- 
1790. 

Imhof  Giacomo,  storico  e  genealogista  te- 
desco, 1651-1728. 

Inchbald ,  attrice  ed  autrice  drammatica 
inglese,  -1821. 

Inchofer  Melchiorre,  dotto  gesuita  tedesco, 
1584-1648. 

Inghirami  Giovanni  di  Volterra,  astronomo, 
1779-1851. 

inghirami  Tommaso,  poeta  e  orator  latino, 
1470-1516. 

Ingrassia  Gian  Filippo,  medico  siciliano, 
-1590. 

Ingolfo,  cronista  inglese,  1030-1109. 

Interiano  d'Ayala ,  religioso  spagnuolo, 
1656-1750. 

Intorcetta  Prospero,  gesuita  siciliano,  mis- 
sionario e  storico  della  Cina,  1625-96. 


Tpazia,  figlia  del  filosofo  Teone  d'Alessan- 
dria, -415. 

*Iperide,  oratore  ateniese,  v.  321. 

Iperio,  teologo  fiammingo,  Ioli  64. 

*lpparco,  astronomo  greco  da  Nicea,  v.  108. 

*lppia  d'Elea,  filosofo,  v.  398. 

*lppocrate,  medico  greco  da  Coo,  v.  404. 

*Ipponasso  d'Efeso,  poeta  lirico,  v.  559. 

*lpsicle,  matematico  d'Alessandria,  ii  sec. 

Ireneo  (sant'),  autor  ecclesiastico,  140-202. 
.  Irnerio  (Werner),  giureconsulto  italiano, 
v.  1140. 

*Isaia ,  il  primo  de' quattro  profeti  mag- 
giori, V.  700. 

Isamberto,  teologo  francese,  1565-1642. 

Isardo,  poeta  francese,  -1073. 

Isaiira  Clemenza  da  Tolosa,  v.  136S. 

Iselino,  teologo  ed  erudito  filologo  sviz- 
zero, 1681-1737. 

*lseo,  orator  greco,  v.  597. 

Isernia  (Andrea  d'),  giureconsulto  italiano, 
1290. 

Isidoro  da  Gaza,  filosofo  platonico,  vi  sec. 

Isidoro  da  Mileto,  matematico,  vi  secolo. 

Isidoro  da  Siviglia,  erudito  teologo,  570- 
656. 

Isidoro  Mercatore,  autore  delle  false  De- 
cretali, -805. 

Isidoro  (sant')  da  Pelusio,  ermeneutico  bi- 
blico, 4i0. 

Israel  (Menasse  ben),  erudito  rabbino,  1 657. 

Ittigio  (Ittig),  teologo  tedesco,  1643  1710. 

Ives  di  Chartres,  dottor  della  Chiesa,  1113. 

Iveteau,  poeta  francese, -1649. 

Izarn,  trovatore,  xii  secolo. 


Jablonski,  letterato  e  giureconsulto  prus- 
siano, 1665-1731. 

Jablonski  D.  Ernesto,  teologo  prussiano, 
1660  17i2. 

Jablonski  P.  Ernesto  ,  orientalista  prus- 
siano, 1693-1757. 

Jacob  ben-Haim,  rabbino  italiano,  -1525. 


Jacob  de  Saint-Charles,  carmelitano,  bi- 
bliografo francese,  1608-70. 

Jacobeo,  erudito  danese,  1630-1701. 

Jacobs  Federico  di  Gotha,  ellenista,  1764- 
18i7. 

Jacopone  da  Todi,  poeta  ascetico  italiano, 
-1306. 


im 


cronologìa 


Jacquart  Nicolò,  meccanico  lionese, -17^2- 

1854. 
Jacquemart,  autor  francese,  1733  99. 
Jacquier  Francesco  minimo,  matematico 

francese,  1711-88, 
Jago,  poeta  inglese,  171S-81, 
Jaillot,  geografo  francese,  ■1640-1712. 
Jamin,  benedettino  francese,  1730  82. 
Jamyn,  poeta  francese,  -1585. 
Jansens,  autore  fiammingo,  1685-1762. 
Janson  Forbin,  teologo,  1621-1713. 
Jarchi  (Rasci)  Salomone ,  dotto  rabbino , 

1040-1105. 
Jardins  (Des),  autor  francese,  1640-83. 
Jaubert   Amedeo  ,   orientalista   francese  , 

1779-1847. 
Jault ,    medico   ed   orientalista  francese, 

1700-57. 
Jauregui,  poeta  e  pittore  spagnuolo,  1566- 

1650. 
lavello,  teologo  italiano,  -1540. 
Jeannin,  magistrato  francese,  1540-1622. 
Jefferv  di  Monmouth  ,  cronista  inglese, 

1180. 
Jefferv,  teologo  inglese,  1647-1720. 
Jenisckius,  autore  fiammingo,  1647. 
Jenkin,  teologo  inglese,  1656-1727. 
Jenner  Edoardo,   medico  inglese,  1749- 

1823. 
Jephson,  poeta  drammatico  irlandese,  1736- 

18U3. 
Jerocle,  filosofo  platonico,  vi  secolo. 
"Jetino,  architetto  greco,  v.  450. 
Jobert,  antiquario  francese,  -1719. 
Jodelle  Stefano,  poeta  francese,  1532-75. 
Johnson  Samuele,  letterato  inglese,  1709- 

1784. 
Johnstone,  uomo  di  Stato  inglese,  -1787. 
Joinville  (Sir  de),  cronista  francese,  1223- 

1317. 
Jonas,  teologo  protestante,  -1555. 
"Jone  da  Scio,  poeta  tragico,  v.  458, 
Jones,  erudito  inglese,  1555  1636. 
Jones,  erudito  giureconsulto  inglese,  1746- 

1794, 


Jones,  marinaio  anglo-americano,  1736  92. 

Jonghe,  dotto  olandese,  1648-1726. 

Jonsio,  erudito  filologo  tedesco,  1624-59. 

Jonson  Beniamino,  poeta  drammatico  in-=- 
glese,  1574-1637. 

Jordaens  Ciac,  pittore  fiammingo,  1594- 
1678. 

Jordan  Giovanni  Battista,  maresciallo  fran- 
cese, 1762-1833. 

Jouennes,  bibliografo  francese,  -1741. 

Jouffroy  Teodoro,  filosofo  francese,  1796" 
1842. 

Jouin,  poeta  francese,  1686  1757. 

Jourdain,  benedettino  francese,  1 696-1 782, 

Jourdan  Ant.,  traduttore  parigino,  1788- 
1848. 

Jourdan,  giureconsulto  francese,  1791- 
1826. 

Jouvency  (il  padre),  grammatico  parigino, 
1643-1719. 

Joiiy  Stefano,  letterato  francese,  1 764  1 846. 

Jovellanos  Gaspare,  poeta  spagnuolo,  1 744- 
1811. 

Juda-Ching,  grammatico  ebreo,  n,  v.  1040, 

Judex  (Richter),  dotto  tedesco,  1.528-64. 

Juenin,  teologo  francese,  1650-1715, 

Juncker,  erudito  tedesco,  1668-1714, 

Jungermann,  filosofo  tedesco,  -1610. 

Junio,  dotto  tedesco,  15891678. 

Junot  Andoco  ,  duca  d'Abrantes  ,  mare- 
sciallo francese,  1771-1813. 

Jurieu  Pietro,  teologo  protestante,  1639- 
1715- 

Jussieu  ,  botanici  francesi  :  Antonio  di , 
1686-1758;  Bernardo  1699-1777;  Giu- 
seppe 1704-79;  Antonio  Lorenzo,  1748- 
1856, 

Justi,  mineralogista  tedesco,  -1771. 

Juvara  Filippo  da  Messina,  architetto  ba- 
rocco, 1685-1735. 

Juvareg  Gioachino,  architetto  spagnuolo, 
1685-1735, 

Juvencio  Vezio  Aquilino,  poeta  cristiano, 
IV  secolo. 


K. 


Kccmpfer  Engelberto,  medico  e  viaggiatore 

tedesco,  1651-1716. 
Kahler,  erudito  teologo  tedesco,  1 649  1 729. 
Kampen  Nicolò  Goffredo,  storico  olandese, 

1776-1800. 
Kant  Emanuele,  filosofo  tedesco,  1724- 

1804. 


Karamsine  Nicolò,  storiografo  russo,  1765- 

1827. 
Katavacia  da  Novogorod,  cronista,  -1534. 
Kaufmano  Angelica,  pittricegrigiona, 1741- 

1807, 
Kautz,  erudito  tedesco,  1735-97. 
Kazinczy  Fr.,  poeta  ungherese,  1759-1 831. 


TAVOLA    ALIAUETICA    D  UOMINI    ILLUSTRI 


253 


Kean  Edmondo ,   attore  tragico  inglese  , 

1787-1833. 
Keble,  giureconsulto  inglese,  1632  1710. 
Keill  Giovanni,  matematico  scozzese,  1671- 

1721. 
Kelgren,  filosofo,  letterato  e  poeta  svedese, 

17o1-95. 
Kellermann,  maresciallo  di  Francia,  173S- 

1 820. 
Kempis  (Tommaso  a),  ascetico  da  Colonia, 

1380-1471. 
Kennicolt   Beniamino,    teologo    inglese, 

1718-83. 
Kepler  Gio.,  astronomo  tedesco,  1 571  -1 650. 
Keralio  (Felice  di],  letterato  francese,  1751- 

1793. 
Khiikos,  storico  russo,  -1718. 
Kilian  del  Brabunte,  erudito,  -1607. 
Killigrew,  poeta  inglese,  xvii  secolo. 
Kimkij  (David  Radac),  dotto  ebreo,  -1192. 
Kioepping,  viaggiatore  svedese,  1650-67. 
Kipping,  filologo  tedesco,  1725-1822. 
Kippis,  autor  inglese,  1723-93. 
Kircher  Atanasio,  filosofo  tedesco,  1602- 

1080. 
Kirchmann,erudito  archeologo  fiammingo, 

1373-1 6  i3. 
Kirchmeier  (Naogeorgos) ,  autore  prote- 
stante, 1511-63. 
Klaproth  Giulio,  orientalista  tedesco,  1783- 

1855. 
Klaproth  Martino,  chimico  prussiano,  1 743- 

1817. 
Kléber  Giambattista,  generale  francese  di 

Strasburgo,  1754-1800. 
Klee  Enrico,  teologo  tedesco,  1800-40. 
Kleist  Enrico,  poeta  drammatico  tedesco, 

1777-1811. 
Klopstok  Federico  di  Quedlimburg,  poeta, 

1724-1803. 
Kluber  J,  L, ,  pubblicista  tedesco,  1762- 

1839. 


KnoUes,  storico  inglese,  xvi  secolo. 
Knorr  von  Rosenroth,  dotto  tedesco,  1657- 

1689. 
Knox  Giovanni,  riformatore  scozzese,  1505^ 

1572. 
Koch,  erudito  pubblicista  d'Alsazia,  1737- 

1813. 
Kosci  usko  Taddeo,  generale  polacco,  1 755- 

1817. 
Koenig  Samuele,  dotto  matematico  tedesco, 

1712  57. 
Koerner  Teodoro,  poeta  tedesco,  1 788-1 81 3. 
Koestner  Abramo  ,  matematico  tedesco  , 

1719-1800. 
Kondemir  ben  Horaameddin,  storico  per- 
siano, -1508. 
Kornmann,  giureconsulto  tedesco,  xviisec. 
Kotzebue  Augusto  Federico,  commedio- 
grafo tedesco,  1761-1819. 
Kotzebue  Ottone,  viaggiator  russo,  1787- 

1846. 
Kraft  Giorgio,  fisico  tedesco,  1701-54. 
Krantz  Alberto,  cronista  tedesco,  1723-77. 
Krause  Carlo,  (ilusofo  tedesco,  1781-1832, 
Kreutz,  poeta  tedesco,  1721-70. 
Kreutzer  Uodolfo,  musico  francese,  1767- 

1831. 
Krudner  (baronessa  di)  Giulia,  mistica  di 

Riga,  1766-1823. 
KrugTraugott,  filosofo  tedesco,  1770-1841. 
Krummacber  Federico  Adolfo  di  Brema, 

scrittore,  1768-1843. 
Krusenstern  Adamo,   viaggiatore  russo, 

1770-1846. 
Kugler  Fr.  Teodoro,  archeologo  tedesco, 

1808-58. 
Kuhn  Carlo  ,    medico  scrittore  tedesco  , 

1734-1840. 
Kuster  Lodolfo  ,  filologo  tedesco,  1670- 

1716. 
Kydderminster,  antiquario  inglese,  -1531. 


Labbat  Giambattista,  viaggiatore  francese, 
1663-1738. 

Labbe,  dotto  gesuita  francese,  1607-67. 

Labbe,  giureconsulto  francese  e  filologo, 
1582-1637. 

"Laberio  Decimo,  cavalier  romano,  poeta 
ed  attore,  -44. 

Laboureur  Fr.  Massimiliano,  scultore  fran- 
cese, 1767-18-22. 

Lacai  Ile  Nic. ,  astropopio  francese,  1 71 3-62. 


Lacépède  Stefano  ,  naturalista  francese  , 
1736- 1823. 

Lachaise  (Francesco  di),  dotto  gesuita  fran- 
cese, 1024-1709. 

Lacide  da  Cirene,  filosofo  platonico,  -243. 

Laclos  (P.  Ambrogio  De),  generale  e  scrit- 
tore francese,  1741-1803. 

Lacretelle  P.  L.,  letterato  francese,  1731- 
1824. 

I.acroix  (Nico)a  De),  geografo^  1704-60. 


2S4 


CRONOLOGIA 


Lacroix  Silvestro  ,  matematico  francese , 
1763-1843. 

Lacroze  (Matteo  De),  orientalista  francese, 
1661-1739. 

Lacry,  attore  ed  autore  drammatico  in- 
glese, -1681. 

Ladvocat  Giambattista  ,  dotto  francese  , 
1709-65. 

Laet  (Giovanni  De),  geografo  e  filologo 
fiammingo,  -1649. 

Lafare,  poeta  francese,  1644-1712. 

Lafayette  Gilberto,  generale  francese,  1757- 
1834. 

Lafitau  P.,  prelato  teologo  da  Bordeaux, 
-1740. 

Lafont  Giuseppe,  autore  drammatico,  1686- 
1725. 

Lafosse  (A.  di),  poeta  parigino,  1653-1708. 

Lafosse  padre  e  figlio,  ippiatri  francesi, 
xviii  secolo. 

Lagerbring,  storico  svedese,  1707  88. 

Lagerloef,  erudito  svedese,  1648-99. 

Lagny  Tommaso  ,  matematico  francese  , 
1660-1734. 

Lagomarsini  Girolamo,  filologo  genovese, 
1698-1775. 

Lagrangia  Luigi,  matematico  torinese, 
1756-1813. 

Lagrive,  ecclesiastico,  geografo  francese, 
1689-1757. 

Laharpe  Giovanni  Francesco,  critico  fran- 
cese, 1739-1803. 

Lahire  Filippo,  matematico  parigino,  1640- 
1719. 

*Laide,  cortigiana  sicula,  -340. 

Lainez,  poeta  francese,  1650-1710.  ' 

Laire,  autore  francese,  1738-1801. 

Lalande  Francesco,  astronomo  francese, 
1752-1817. 

Lalli  Giambattista,  poeta  e  giureconsulto 
italiano,  -1572. 

Lally  Tommaso  Arturo,  generale  irlandese, 
1702-66. 

Lamanon,  naturalista  e  viaggiatore  fran- 
cese, 1752-87. 

Lamare  (M.  di),  giureconsulto  francese, 
1661  1723. 

Lamarque  Massimiliano,  generale  francese, 
1770-1832. 

Lambecio  Pietro, bibliografo  tedesco,  1628- 
1680. 

Lambert  Enrico  ,  matematico  francese  , 
1728-77. 

Lambert  (marchesa  Anna  Teresa  di),  scrit- 
trice francese,  16i7  1733. 

Lambini  Dionigi,  filologo  e  critico  fran- 
cese, 1516-72. 


LamblardieG.,  matematico  francese,  1747- 
1 797. 

Lami  Bernardo,  prete  dell'Oratorio  fran- 
cese, 1645-1715. 

Lami  Fr.,  scrittore  benedettino,  -1711. 

Lami  Giovanni,  archeologo  italiano,  1697- 
1770. 

Lamoignon,  poeta  latino,  n.  1584. 

Lamoignon  (Guglielmo  di),  magistrato 
francese,  1617-77. 

Lamotte  Houdard,  letterato  francese,  1672- 
1751. 

Lampe,  teologo  tedesco,  1683-1729. 

Lampredi  Giovanni  Maria,  giurista  fioren- 
tino, 1752-93. 

Lampridio  Elio,  biografo  latino,  v.  356. 

Lana  Pier  Francesco,  bresciano,  inventore 
degli  areostati,  -1670. 

Lancelìotto  Gian  Paolo,  giureconsulto  ita- 
liano, -1591. 

Lancelot  Antonio,  letterato  francese,  1675- 
1740. 

Lancelot,  grammatico  francese,  1615-95. 

Lancisi  Gian  Maria,  medico  italiano,  1654- 
1720. 

Laudi  Ortensio  milanese,  agostiniano  apo- 
stata, -1550. 

Landino  Cristoforo,  critico  italiano,  1424- 
15U4. 

Landolfo,  storico  italiano,  ix  secolo. 

Lanfranco,  chirurgo  italiano,  xiii  secolo. 

Lanfranco  da  Pavia,  arcivescovo  di  Can- 
torbery,  teologo,  -1089. 

Lange  Giovanni  Michele,  orientalista  e  teo- 
logo tedesco,  1664-1731. 

Langebek,  erudito  danese,  1710-74. 

Languet  Giovanni,  curato  di  San  Sulpizio 
a  Parigi,  filantropo,  1675-1750. 

Languet  Uberto  ,  diplomatico  francese  , 
1518-81. 

Lantara  Simone,  pittore  francese,  1745-78. 

Lantier,  poeta  e  letterato  francese,  1756- 
1826. 

Lanzi  Luigi  italiano  ,  storico  delle  arti , 
1732-1810. 

Laperouse  Giovanni  Francesco,  viaggiatore 
francese,  1741-88. 

Laplace  Simone,  geometra,  astronomo  di 
Francia,  1749-1827. 

La-Porte  (Dutheilde),  erudito  francese , 
1742-1815. 

Larcher  P.,  erudito  francese,  1726-1812. 

Lardner,  teologo  inglese,  1684  1768. 

Larive  (G.  Mauduit  de),  autore  tragico 
francese,  1749-1827. 

Larrey  Giovanni  Domenico,  chirurgo  mi- 
litare francese,  17661842. 


TAVOLA    ALFABETICA   D  UOMINI    ILLUSTRI 


2S5 


Lasca  fAntonio  Grazzini,  il),  poeta  italiano, 

1503-83. 
Lascari  Costantino,  erudito  greco,  -1493. 
Lascari  Gianandrea,  letterato  greco,  -1535. 
Las  Casas  fra  Bartolomeo,  spagnuolo,  1474- 

15(ì6. 
Las  Cases  Diodato,  erudito  francese,  17C6- 

1842. 
Lasena,  avvocato  napoletano,  1590-1636. 
*Laso,  poeta  greco,  v.  501. 
Lastesio  o  Dalle  Laste  Natale,  erudito  ve- 
neto, 1707-92. 
Latini  ser  Brunetto,  grammatico  fiorentino, 

1220  94. 
Latino  Latini,  erudito  da  Viterbo,  1515-95. 
Lattanzio  Lucio  Celio,  autore  cristiano, 

V.  500. 
Laubrussel  (Ignazio  di),  autor  francese, 

1663-1750. 
Laud  Guglielmo,  arcivescovo  inglese,  1 573- 

1645. 
Laudon  Gedeone,  generale  austriaco,  1 71 6- 

1789. 
Launav  Francesco,  pubblicista  francese, 

1612-95. 
Launoy  (Giovanni  di),  teologo  francese, 

1603-78. 
Lauremberg,  erudito  olandese,  1547-1612. 
Laures  (De),  poeta  di  Linguadoca,  1707-79. 
Laurière  Eusebio,  giureconsulto  francese, 

16j9-1728. 
Lavater  Gaspare  da  Zurigo,  fisiognomonico, 

1741-1801. 
Lavater  Lodovico,  teologo  svizzero,  1527- 

1586. 
Lavoisier  Ant.,  chimico  parigino,  1745-94. 
Law  Giovanni,   finanziere  d'Edimburgo, 

1671-1729. 
Lawrence  P.  Tommaso,  pittore  inglese, 

1769-1850. 
Lazio,  erudito  tedesco,  1514  65. 
Lazzarelli  Gian  Francesco,  poeta  italiano, 

1710-94. 
Lazzari,  erudito  italiano,  1710-89. 
Lebeau  Carlo,  storico  francese,  1701-78. 
Lebeuf  abbate,  id.,  1087-1760. 
Leblanc,  autor  francese,  17U7-8I. 
LeblondG.,  matematico  parigino,  1704-81. 
Lebrixa,  erudito  spagnuolo,  1444-1522. 
Lebrun  Carlo,  pittor  francese,  1619-90. 
Lebrun  Ecouchard,  poeta  lirico  francese, 

1729  18U7. 
Lecchi  Antonio  ,  dotto  gesuita  italiano , 

1702-76. 
Lecomte,  storico  francese,  v.  1582. 
Leczio  (  Lect  ) ,  giureconsulto  ginevrino , 

1560-1611. 


Lee  Natanaele,  poeta  drammatico  inglese, 
-1090. 

Lefebvre  (Tanneguy),  grecista  francese, 
1015-72. 

Lefort  Francesco  da  Ginevra,  ammiraglio 
russo,  1656  99. 

Legendre  Adriano  Maria,  geometra  fran- 
cese, 1752-1834. 

Legouvé  Giambattista,  poeta  francese, 
1764-1813. 

Legouvé,  giureconsulto  francese,  1730-82. 

Legrain  o  Legrin,  storico  francese,  1565- 
16i2. 

Legrand  d'Aussy  Giambattista,  letterato 
francese,  1737-1800. 

Lehoc,  diplomatico  e  letterato  francese, 
1743-1810. 

Leibniz  Gotofredo  Guglielmo  di  Lipsia , 
filosofo,  16Ì6-1716. 

Leich  G.,  filologo  tedesco,  1720-50. 

Lejay  Gabriele  Francesco,  retore  e  tradut- 
tore francese,  -1731. 

Lejay  Giuseppe  ,  orientalista  parigino  , 
1588-1694. 

Leland  Giovanni,  erudito  inglese,  v.1552. 

Lelong  Giacomo,  erudito  prete  dell'Ora- 
torio francese,  1665-1721, 

Lemaire  Giovanni,  storico  e  poeta  francese, 
1475-1547. 

Lemaistre  Ant.,  avvocato  francese,  -1658. 

Lembin,  letterato  francese,  v.  1560. 

Lemery  Nicola,  chimico  francese,  1645- 
1715. 

Lemierre  Antonio,  poeta  drammatico  pa- 
rigino, 1733  93. 

Lemolinier  Carlo,  astronomo  da  Parigi, 
1715-99 

Lemonnier  Pietro,  autor  francese,  1675- 
1757. 

Lémontey  Edoardo  ,  letterato  francese  , 
1762-1826. 

Lenau  Nicola,  poeta  tedesco,  1802  50. 

Lenclos  (Ninon  de),  parigina,  1616-1706. 

Lenfant  Jacopo,  storico  francese,  1661- 
1728. 

Lenglet-DufresnoyN.,  abbate  erudito  fran- 
cese, 16741755. 

Lennep  (van),  etimologo  ellenista  olandese, 
-1771. 

Lenólre  Andrea,  architetto  francese,  1613- 
1700. 

Leo  Leonardo,  compositore  di  musica  ita- 
liano, 1694-1744. 

Leone  da  Modena,  dotto  rabbino,  1574- 
1654. 

Leone  da  Orvieto,  cronista,  .\iii  secolo. 

Leone,  dotto  frate  spagnuolo,  1527-91. 


256 


CRONOLOGIA 


Leone  Giovanni,  geografo  arabo  di  Spagna, 
XVI  secolo. 

Leone  (il  diacono),  storico  greco,  x secolo. 

Leone  il  Grammatico,  storico  bizantino, 
V.  1013. 

Leone  (san)  il  Grande,  dotto  pontefice,  -461 . 

Leoniceno  Nicola,  medico  da  Lonigo,  1428- 
1S24. 

Leonio,  poeta  latino  di  Parigi,  da  cui  i 
versi  leonini,  xii  secolo. 

Leonzio,  grammatico,  v.  1536, 

Leonzio,  poeta  latino,  v.  1159. 

Leopardi  Giacomo  di  Recanati  ,  filologo 
e  poeta,  1798- 1837. 

Léotaud,  matematico  francese,  1595-1672. 

Leowicz  Cipriano,  astronomo  e  astrologo 
boemo,  -1574. 

*Lepido,  triumviro  romano,  i  secolo. 

Leprotti  Antonio  da  Correggio,  fisiologo, 
1685-1746. 

Lequien,  erudito  domenicano  francese, 
1661-1733. 

Lernuzio  (Lernout,\  poeta  latino,  xvi  sec. 

Lesage  Alano  Renato  ,  autore  fraucese  , 
1 068-1 747. 

'Lesbonace,  filosofo  da  Miti  lene,  i  secolo. 

Lescailles,  poetessa  d'Amsterdam  ,  1649- 
17H. 

Lescalopier  da  Nourar ,  autore  francese , 
1709-79. 

Lesley,  vescovo  scozzese,  1527  96. 

Lessi ng  Efraimo,  letterato  tedesco,  1729- 
1781. 

Lessio,  gesuita  del  Brabante,  1554-1623. 

Lestrange,  autore  inglese,  1616-1704. 

Lesueur  Eustacliio,  pittore  francese,  1617- 
1655. 

Leti  Gregorio,  storico  italiano,  1650-1701. 

Letronne  Gianantonio,  viaggiatore  e  geo- 
grafo parigino,  1787-1848. 

*Leucippo,  filosofo  greco,  v.  428. 

Leuliette,  autore  francese,  1767-1808. 

Leunclavio  (Loewenkiau)  Giovanni,  orien- 
talista tedesco,  1533-93. 

Leunsden  Gio.,  erudito  olandese,  -1699. 

Leutinger,  storico  tedesco,  1547-1612. 

Leuwenhoeck  Antonio ,  naturalista  olan- 
dese, 1632-1723. 

Levaillant  Francesco,  viaggiatore  e  natu- 
ralista, -1824. 

Levesque  de  La  Reveillière,  storico  fran- 
cese, 1697-1762. 

Levesque  di  Poully,  erudito  francese,  1691- 
1750. 

Levesque  P.  C,  erudito  francese,  1736- 
1812. 

"Levio,  poeta  latino,  v.  100. 


Levis  M.,  autore  inglese,  1773-1818. 
Leyda  (Luca  di),  pittore,  1494-1533. 
Lhomond  C,  grammatico  francese,  1727 

1 794. 
L'Hopital  Guglielmo,  matematico  francese, 

166M70Ì. 
L'Hopital  Michele,  cancelliere  francese, 

1505  73. 
Libanio,  retore  greco,  514-390. 
Liceti  0  Liceto  Fortunio,  filologo  genovese, 

1577-1657. 
Lichtenberg  Giorgio,  fisico  tedesco,  1742- 

1799. 
*Licinio,  oratore  romano,  i  secolo. 
^Licinio,  poeta  Ialino,  in  secolo. 
*Licinio,  tribuno  romano,  in  secolo. 
'Licone,  filosofo  peripatetico,  v.  275. 
*Licofrone,  poeta  greco,  n.  v.  250. 
*Licurgo,  legislatore  spartano,  v,  il  ix  sec. 
Lieutaud,  astronomo  francese,  1660-1755. 
Lieutaud  Gius.,  medico  francese,  -1779. 
*Ligario  Quinto  ,  proconsole  d'Africa  ,  i 

secolo. 
Ligne  (principe  di)  da  Bruxelles,  1735- 

1814. 
Ligorio    Pirro  ,    antiquario    napoletano , 

-1583. 
Liguori  (sant'Alfonso  de'),  moralista  ed 

ascetico  napoletano,  1696-1787. 
Lilienlhal  M.,  filologo  tedesco,  1686-1740. 
Lilio  Luigi,  medico  calabrese,  riformatore 

del  calendario  $otto  Gregorio  XIII. 
Lillo,   autor  drammatico  inglese,  1693- 

1739. 
Limborg  Filippo,  teologo  olandese,  1632- 

1712. 
Lindano  Guglielmo,  teologo  fiammingo, 

1525-88. 
Lindsay  (sir  David),  poeta  scozzese,  1490- 

1567. 
Lingard  Giovanni,  storico  inglese,   1851. 
Lingendes  Claudio  ,  predicalor  francese  , 

1591-1660. 
Lingendes  (di),  poeta  francese,  1580-1616. 
Linguet  Simone,  autore  francese,  1756-94. 
Linière  (Payot  de),  poeta  satirico  francese, 

1628-1704. 
Linnant,  medico  letterato  francese,  1708- 

1749. 
Linneo  Carlo  svedese,  naturalisla,  1707-78. 
Linschoten  E.,  viaggiatore  olandese,  1565- 

1633. 
Linsey  Davide,  poeta  scozzese,  -1557. 
Lippi  fra  Filippo,  pittore  fiorentino,  1412- 

1469. 
Lippi  Lorenzo,  pittore  e  poeta  fiorentino, 

1606-64. 


TAVOLA    ALKAIIETICA    li'UoMIM   ILLUSTRI 


257 


Lippomani  Marco,  erudito  vendo,  1500- 

1 559. 
Lipsio  Giusto,  filologo  fiammingo,  15i7- 

'1GU6. 
Liron,  dotto  benedettino  francese,  1665- 

iliS. 
'Lisandro,  capitano  lacedemone,  v.  i05. 
*Lisia,  oratore  ateniese,  v.  578. 
*l>isippo,  scultor  greco,  v,  300. 
Lisle  de  La  Drovetière  (di),  autor  dram- 
matico francese,  -175G. 
Lisle  (di,\  astronomo  francese,  1688-1768. 
Lisle  (Guglielmo  dij,  geografo  francese, 

1675-1726. 
Lisola  (dij,  pubblicista  francese,  n.  J613. 
Lissoir,  religioso  francese,  1730  1806 
Lilla  Pompeo,  geneologo  milanese,  1781- 

■1852. 
Littleton  Adamo,  erudito  inglese,  1627-94.. 
Livonière  (C.  di;,  giureconsulto  francese, 

1652  1726. 
Liutprando,  prelato  e  storico  lombardo, 

X  secolo. 
Llovd  Guglielmo,  vescovo  inglese,  storico, 

1627-1717. 
Lobau  (conte  di)  Giorgio,  maresciallo  di 

Francia,  1770  1838. 
Lobineau  Guido  Alessio,  erudito  francese, 

1666-1727. 
Lobo  Girolamo,  gesuita  e  missionario  por- 
toghese, 1595-1678. 
Lobo  Rodriguez  Francesco ,    poeta   spa- 

gnuolo,  -1568. 
Locke  Giovanni,   filosofo  inglese,  1632- 

1704. 
*Lockman,  filosofo  e  favolista  etiope,  dei 

tempi  favolosi. 
Loheostein,  autore  della  Slesia,  1635-85. 
Loisel  Antonio,  giureconsulto  da  Beauvais, 

1536-1617. 
Lollard,  eresiarca  tedesco,  xiv  secolo. 
Lollino,  dotto  prelato  veneto,  n.  1557. 
Lollio  Alberto,  erudito  fiorentino,  -1569. 
Lolme  (Giovanni   di) ,   autor  ginevrino , 

4749-90. 
Lomazzo  Gian  Paolo  ,  pittore  ed  erudito 

italiano,  1538-92. 
Lombardo  Pietro,  novarese,  detto  il  Maestro 

delle  sentenze,  -1160. 
Lomenio  da  Brienne,  autor  francese,  1631- 

1698. 
Lomonosoff,  poeta  russo,  17M-65. 
Londe  (de  La),  dotto  francese,  1685-1765. 
Long  (Giovanni  Le),  bibliopola  parigino, 

1665-1721. 
Longepierre  Bernardo,  drammatico  fran- 
cese, 1659-1721. 


Longhi  Giuseppe,  incisore  milanese,  1766- 
1831. 

Longiano  (Fausto  da),  moralista  e  tradut- 
tore italiano,  xvi  secolo. 

Longino  Dionisio,  scrittore  e  retore  greco, 
210-273. 

longo  Sofista,  romanziere  greco,  iv  secolo. 

Longomontano  Cristiano,  astronomo  da- 
nese, 1 562-1 C47. 

Longiieii  Cristoforo  di  Malines,  giurecon- 
sulto, 1490  1522. 

Longueil  ,  medico  e  letterato  olandese, 
1507-13. 

Longuerue  (Luigi  di),  erudito  francese, 
1652  1733. 

Longueval,  storico  francese,  n.  1680. 

Longucville  (duchessa  di),  1619  79. 

Lonicero  Giovanni,  erudito  tedesco,  1499- 
1569. 

Loos,  teologo  olandese,  -1595. 

Lope  de  Vega  Felice ,  drammatico  spa- 
go uolo,  1562  1635. 

Lopin,  benedettino  francese,  1655-93. 

Loreduno,  famiglia  veneta,  di  cui  furono 
i  dogi  Leonardo  1501  ,  Pietro  1567,  e 
Antonio  difensore  di  Scutari. 

Lorenese  Claudio,  pittore  francese,  1600- 
1682. 

Lorens  (di),  satirico  francese,  -1655. 

Lorenzi  abbate  Bartolomeo,  improvisatore, 
1732  1822. 

Lorenzini  Francesco  Maria,  poeta  romano, 
1680-1728. 

Lorenzini  Lorenzo,  matematico  fiorentino, 
-1721. 

Loriti  (Glareanus)  Enrico,  autore  svizzero, 
1188  1563. 

Lorris  (Giovanni  di),  poeta  francese, -1240. 

Lorry,  giureconsulto  francese,  1719-66 

Losana  Matteo,  teologo  ed  agronomo  pie- 
montese, -1833. 

Lotich  Secondo,  autor  tedesco,  1528-60. 

Louvencourt  (  madamigella  di),  poetessa 
francese,  -1712. 

Louvet  di  Couvray  ,  religioso  ed  autore 
francese,  1764-97. 

Louvois  (Fr.  Letellier  di),  ministro  fran- 
cese, 1641-91. 

Lovolace,  poeta  inglese,  xvii  secolo, 

Lovibond,  letterato  inglese,  xviii  secolo. 

Loypr  (Pietro  Le),  autore  francese,  1550- 
1631. 

Lovseau  Carlo  ,  giureconsulto  francese  , 
1566-1627. 

Lovseau  di  Mauléon,  autore  francese,  1728- 
1771. 


.uberi  (m.lla),  autrice  francese,  1715  80, 
Cantò,  Documenti.  —  Tomo  L  Cronologia.  17 


2S8  CRONOLOGIA 

Lubia,  filologo  tedesco,  ISeS-iGSl. 

Luca  (Carlaotonio  De)  di  Molfetta,  cano- 
nista, 1676. 

Luca  da  Bruges,  teologo  francese,  -^619. 

Lucano  Anneo  di  Cordova,  poeta  latino, 
38-6S. 

Lucas  Paolo,  viaggiatore  francese,  1664- 
1737. 

Lucchesini  Gian  Vincenzo,  letterato  luc- 
chese, -1744. 

Lucchesini  Cesare,  antiquario  e  filologo 
lucchese,  1736-1832. 

Lucchi,  cardinale  ed  autore  italiano,  1744- 
1802. 

Luciano  da  Samosata ,  satirico  greco ,  ii 
secolo. 

*Lucilio  Cajo,  cavaliere  romano,  149-103. 

Lucrezio,  poeta  latino,  93-51. 

Ludolfo,  dotto  orientalista  tedesco,  1624- 
1704. 

Lugo  (cardinale  De)  Giovanni,  teologo  spa- 
gnuolo,  1383  1660. 

Luini  Bernardino,  pittore  lombardo,  1460- 
1530?  Altri  pittori  seguirono  dell'egual 
cognome. 


Lulli  Giambattista,  compositore  fiorentino, 
1658  87. 

Lullo  Baimondo  di  Palma  in  Majorca,  filo- 
sofo alchimista,  1235-1315. 

Luneau  de  Boisgermain  P.,  letterato  fran- 
cese, 1732-1801. 

Lunig  G.  Cr.,  diplomatico  tedesco,  -1740. 

Lupi  Anton  Maria,  antiquario  fiorentino, 
-1737. 

Lupo  monsignor  Mario  di  Bergamo,  eru- 
dito, 1720-89. 

Lupo  Cristiano,  teologo  francese,  -1681. 

Lurbe,  cronista  francese,  -1613. 

Lutero  Martino  d'Eisleben,  eresiarca,  1484- 
1546. 

Luxemburg  (duca  di),  maresciallo  di  Fran- 
cia, 1628-93. 

Luzerne  (cardinale  Della)  Cesare,  scrittore 
francese,  1738-1821. 

Lydia,  cronista  e  matematico  inglese,  1372- 
1646. 

Lyonnet  Pietro,  naturalista  da  Macstricht, 
1707-89. 

Lyttleton,  uomo  di  Stato  e  letterato  inglese, 
1709-73. 


ITI 


Mabillon  Giovanni,  dotto  benedettino  fran- 
cese, 1652-1707. 

Mably  Gabriele,  dotto  pubblicista  di  Gre- 
noble, 1709  85. 

Macartney  Giovanni,  diplomatico  inglese, 
1737-1806. 

Macaulay  Graham,  autore  inglese,  1733-91. 

Maccarthy  Giacomo,  geografo  irlandese, 
1783-1835. 

Macdonald  Alessandro,  maresciallo  fran- 
cese, 1765-1840. 

Macé  Frane,  autor  francese,  1640-1721. 

Macedo  Fr.,  dotto  portoghese,  1595-1681. 

Macedonio,  epigrammista  greco,  v.  550. 

Macfarlane  Boberlo,  autore  inglese,  1734- 
1804. 

Machau,  poeta  francese,  xiii  secolo. 

Machiavelli  Nicolò  ,  politico  fiorentino  , 
1469-1527. 

Mack  Carlo,  generale  austriaco,  1732  1828. 

Mackensie  Giorgio,  autore  e  giureconsulto 
scozzese,  1636  91. 

Maclaurin  Colino,  matematico  scozzese, 
1698-1746. 

Macpherson  Giacomo,  scozzese,  1758-96, 
autore  de'  supposti  poemi  d'Ossian. 

Macquer,  autor  francese,  1720-70. 


*Macone  da  Sicione,  poeta  comico,  v.  318. 

Macrino,  poeta  latino,  -1557. 

Macrobio  Aurelio,  filologo  latino,  v.  420. 

Macropedio  Langeveld,  autore  olandese, 
-1338. 

Madden  o  Maddain,  ecclesiastico  irlandese, 
1687-1703. 

MalTei  Bernardino  cardinale,  autore  ita- 
liano, 1514-53. 

Maffei  Gian  Pietro,  erudito  gesuita  berga- 
masco, 1535-1603. 

Maffei  Scipione,  archeologo  e  letterato  ve- 
ronese, 1675-1735. 

MalTeo  Veggio  da  Lodi,  poeta  italiano , 
1406-38. 

Magalotti  Lorenzo,  erudito  italiano,  1637- 
1712. 

Magellano  (Magallianes)  Ferdinando,  navi- 
gatore portoghese, -1321. 

Maggi  Carlo  Maria,  poeta  milanese,  1630- 
1699. 

Maggi  Girolamo  d'Anghiari,  erudito  scrit- 
tor  militare,  -1372. 

Magini  Giannanlonio,  astronomo  italiano, 
1335  1617. 

Magliabechi  Antonio,  bibliofilo  fiorentino, 
1633-1714. 


TAVOLA    ALKAULTICA    d' UOMINI   ILLUSTIU 


359 


Magnan,  erudito  francese,  1731-96. 
^Magnete,  poeta  ateniese,  v.  498. 
Magneo  A.,  storico  irlandese,  1663-1730. 
Magnon,  poeta  francese,  -1662. 
Magno  Olao,  storico  svedese,    1^68. 
Magri  Domenico,  lessicografo  sacro,  -1672. 
Malie  de  La  Cordonnaie,  navigatore  fran- 
cese, 1699-1755. 
Mahudei,  medico  ed  antiquario  francese, 

1675  1747. 
Maignan  Emanuele,  fisico  francese,  1601- 

1676. 
Maiilet  (Benedetto  di),  erudito  francese, 

1656  1758. 
Mailiy,  letterato  francese,  -1724. 
Maimbourg  Luigi,  storico  francese,  1620- 

1686. 
Maimonide,  rabbino  e  filosofo  di  Cordova, 

1159-1209. 
Maintenon  (Francesca  madama  di),  moglie 

di  Luigi  XIV,  1636-1719. 
Mairan  (Giovanni  di),  fisico  da  Beziers, 

1678  1771. 
Mairault,  autor  francese,  1708-46. 
Mairet  Giovanni,  poeta  francese,  1604-86. 
Maironis,  erudito  francese,  xiv  secolo. 
Maistre  (contedi)  Giuseppe,  pubblicista  da 

Chambéry,  1753-1821. 
Maittaire  Michele,  bibliografo  ed  ellenista, 

-1 747. 
Maizeroi  Paolo  di  Metz,  tattico,  1719  80. 
Majoragio  (Marcantonio  Conti) ,  commen- 
tatore italiano  e  latinista,  1514-55. 
Makrisi,  storico  arabo,  v.  1442. 
*Malachia,  ultimo  profeta,  v.  440. 
Malacrida  Gabriele,  gesuita  comasco,  1689- 

1761. 
Maiala  Giovanni,  cronista  greco  di  Siria, 

V.  534. 
Malaspini  Ricordano,  cronista  fiorentino, 

-1281. 
Malatesta,  famiglia  regnante  a  Rimini  fin 

al  1528. 
Maldonato  Giovanni,  spagnuolo,  commen- 

tator  biblico,  153^-83. 
Malebranche  Giovanni  Nicolò  da  Parigi, 

filosofo,  1658-17J5. 
Malesherbes  Crist.,  ministro  di  Luigi  XVI, 

1721-94. 
Malespines,  autor  francese,  1700-68. 
Malfilatre,  poeta  francese,  1753-67. 
Malherbe  (Francesco  di),  poeta  francese  da 

Caen,  1556-1628. 
Maliemans  da  Messanges,  erudito  matema- 
tico francese,  1653-1723. 
Malingre,  storiografo  francese,  1580-1653. 
Mallet,  storico  ginevrino,  1730-1807. 


Mallet  Du  Pan,  pubblicista  ginevrino,  1749- 

1800. 
Mallevine,  poeta  francese,  1597-1647. 
Mallinkrot,  erudito  benedettino  francese, 

xir  secolo. 
Malpighi    Marcello ,    medico   bolognese 

1628-94. 
Malte  Brun  Corrado,  erudito  geografo  da- 
nese, 1775-1826. 
Malthus  Tommaso  Roberto,  economista  in- 
glese, 1706-1834. 
Malus  Luigi,  fisico  francese,  1775-1812. 
Malvai  Francesco  di  Marsiglia,  mistico, 

1627-1715. 
Malvezzi  Virgilio,  letterato  italiano,  1599- 

1654. 
Mamachi  Tommaso  Maria  di  Scio,  archeo- 
logo sacro,  1713-92. 
Manasse  Costantino,  storico  greco,  v.  1179. 
Mancini  Maria,   nipote  di  Mazarino ,  ro- 
mana, 1659-1715.  Ortensia  e  Marianna, 
sue  sorelle. 
Mandeville  Giovanni,  viaggiatore  inglese, 

1300-72. 
Mandeville  Bern.,  autore  olandese,  1670- 

1733. 
Manete,  eresiarca  del  ni  secolo. 
*Manetone,  sacerdote  egizio,  v.  278. 
Manetti  Gianozzo,  erudito  italiano,  1396- 

1459. 
"Manilio,  poeta  latino,  v.  31. 
Manfredi ,  casa  regnante  a  Faenza  fino  al 

1500. 
Manfredi  Eustachio  da  Bologna,  matema- 
tico e  poeta,  1674-1739. 
Mangeart,  antiquario  francese,  1695-1762. 
Mangenot,  poeta  francese,  1694-1768. 
Manget  Gian  Giacomo  di  Ginevra,  medico, 

1652-1742. 
Mangold,  erudito  tedesco,  1716-87. 
Mansard  Francesco ,  architetto  francese 

1598-1666. 
Mantegna  Andrea,  pittore  padovano,  -1 51 7- 
Maoraetto,  profeta  degli  Arabi,  570-633. 
Maraldi  Giovanni  da  Nizza,  matematico, 

1664-1729. 
Maran,  dotto  benedettino  francese,  1683- 

1762. 
Marat  Giovanni  Paolo,  medico  svizzero, 

rivoluzionario,  1744-93. 
Maratta  Carlo,  pittore  anconitano,  1625- 

1713. 
Marbffiuf,  poeta  francese,  xvi  secolo. 
Marca  (Pietro  di),  dotto  prelato  francese, 

1564-1662. 
Marcantonio  Raimondi,  incisore  bolognese 
del  1500. 


260 


CRONOLOGIA 


Marc' Aurelio,  imperatore  filosofo,  -180. 

Marcel,  cronologo  francese,  1647-1708. 

Marcellin  (il  conte),  storico,  v.  52S. 

Marchand  Prospero,  letterato  e  bibliografo 
francese,  1 673-1750. 

Marche  (de  l.a),  poeta  e  cronacista  fran- 
cese, 1426-1301. 

Marchetti  Alessandro  ,  erudito  italiano  , 
16.53-1 71  i. 

Marchi  Francesco  ,  bolognese  ,  architetto 
militare,  v.  1360. 

Marchion  d'Arezzo,  uno  dei  primi  archi- 
tetti, -1205. 

Marconville,  autor  francese,  n.  1540. 

Marculfo,  storico,  v.  672. 

Marcuzzi,  dotto  italiano,  1725-90. 

"Mardocheo,  zio  d'Ester,  vi  secolo. 

"Mardonio,  capitano  dei  Persiani,  v  secolo. 

Maréchal  Silvano,  letterato,  poeta  e  filosofo 
francese,  1750-1803. 

Maret,  generale  francese,  1763  1839. 

Marets  Samuele,  calvinista  picardo,  1599- 
1673. 

Margaritone ,  pittore  e  scultore  aretino, 
-1275. 

Margherita  di  Valois,  regina  di  Navarra, 
1492  1549. 

Mariana  Giovanni  da  Talavera,  storico  spa- 
gnuolo,  1537-1624. 

*Mario  Cajo,  capitano  romano,  153-86. 

Marillac,  giureconsulto  francese,  v.  1632. 

Marinelli  Lucrezio,  poeta  veneziano,  1571- 
1653. 

Mario  da  Tiro,  geografo  greco,  v.  100. 

Marini  (cav.  Giambattista),  poeta  italiano, 
1569-1625. 

Marini  Gaetano  di  S.  Arcangelo,  antiquario, 
1742  1815. 

Marino  da  Napoli,  filosofo  platonico,  vi  sec. 

Mario  d'Avenche,  cronista  latino,  v.  495. 

Mariotte  Edmondo,  fisico  francese,  1620- 
1684. 

Marivaux  (P.  Charlet  de),  letterato  fran- 
cese, 1688-1763. 

Markiand,  erudito  inglese,  1693-1776. 

Marlbourough  (Churchill  de)  Giovanni,  ge- 
nerale inglese,  1650  1722. 

Marlowe  Cristoforo,  drammatico  e  letterato 
inglese,  -1593. 

Marmoniel  Giovanni  Francesco,  letterato 
francese,  1728-99. 

Marnesia  Lezav  ,  diplomatico  e  letterato 
francese,  1770-1814. 

.Marolles  (M.  di),  traduttore  francese,  1600- 
1681.  " 

Marot  Clemente,  |)oeta francese,  1 495-1 54 i. 

Marot  Giovanni,  id.,  1465  1523. 


Marquart  Freher,  poligrafo  tedesco,  1565- 
1614. 

Marracci  Ippolito,  bibliografo  devoto,  di 
Lucca,  1604  75. 

Marracci  Luigi  di  Lucca,  orientalista,  1612- 
1700. 

Marrier,  dotto  benedettino  francese,  1572- 
1644. 

Mars  (madamigella),  attrice  francese,  1778- 
1847. 

Marsham  Tommaso,  storico  inglese,  1602- 
1683. 

Marsigli  Luigi  Ferdinando,  geografo  bolo- 
gnese, 1638-1750. 

Marsilio  da  Padova,  giureconsulto,  v.  1 520. 

Marsollier  Giacomo,  storico  parigino,  1647- 
1724. 

Martelli  Pier  Jacopo,  poeta  italiano,  1665- 
1727. 

Marlene  Edmondo,  dotto  benedettino  fran- 
cese, 1654  1759. 

Martens  Guglielmo  Federico,  diplomatico 
tedesco,  1756-1821. 

Martin-Aimé,  letterato  francese,  1786  1847. 

Martin  (dom),  erudito  benedettino  fran- 
cese, 1684-1751. 

Martinengo,  famiglia  bresciana,  illustrata 
da  molti  personaggi. 

Martinez,  diversi  pittori  spagnuoli  :  Seba- 
stiano 1602-67. 

Martinez  Pasquale,  portoghese,  istitutore 
de'  Martinisti,  -1779. 

Martini  Antonio,  arcivescovo  di  Firenze, 
interprete  biblico,  -1809. 

Martini ,  gesuita  e  missionario  italiano , 
1 61 4-61 . 

Martini  Lorenzo,  medico  e  letterato  pie- 
montese, 1785-1844. 

Martinière  (P.  de  La),  viaggiatore  francese, 
-1746. 

Martino  delle  Battaglie,  pittore  francese, 
1659-1735. 

Martino  (san)  da  Braga,  dottore  della  Chiesa 
latina,  v.  580. 

Martino  (san),  vescovo  di  Tours,  516  400. 

Martino  Polacco  ,  cronista  da  Troppau , 
-1278. 

Marucelli ,  dotto  prelato  italiano,  1625- 
1713. 

Marullo,  dotto  greco,  xv  secolo. 

Marziale  d'Eraclea,  geografo,  v  secolo. 

Marziale  Marco  Valerio,  poeta  latino,  40- 
104. 

Masaccio  (Tommaso  Guidi),  pittore  fioren- 
tino, 1401-43. 

Masaniello  (Tommaso  Aniello),  rivoluzio- 
nario d'Amalli,  1622  47. 


TAVOLA    ALFAÈETlCA   d' UOMINI   ILt.L'Sfnr 


^i 


Mascagni  Paolo,  iiotomista  italiano,  1732- 
1813. 

Mascardi,  dotto  genovese,  Io9l-lfii0. 

Mascaron  Giulio  ,  predicatore  francese , 
•1  Coi- 1703. 

Mascheroni  Lorenzo,  poeta  e  matematico 
italiano,  1730-1800. 

Masclef  Francesco,  dotto  ebraizzante  fran- 
cese, 1003-17-28. 

Masenio  (Masenj,  dotto  gesuita  tedesco, 
1606-81. 

Maskeleyne  Nevil,  astronomo  inglese,  RÓS- 
IS11. 

Maso  Finiguerra ,  orefice  fiorentino ,  v. 
1430. 

Mason  Guglielmo,  poeta  inglese,  1723-97. 

Masoudi,  storico  arabo,  x  secolo. 

Massena  Andrea  da  Nizza,  maresciallo  fran- 
cese, 1738-1817. 

Massieu  Gugl.,  dotto  francese,  1663-1722. 

Massillon  Giambattista,  predicatore  fran- 
cese, 1603  1742. 

Massimiano,  poeta  latino,  v.  330, 

Massimo  da  Tiro,  filosofo  platonico,  v,  184. 

Massimo  (sanj,  vescovo  di  l'orino,  dottore 
della  Chiesa,  v.  463. 

Masson,  storico  francese,  1344-1611. 

Massucco  Celestino  genovese ,  letterato  e 
traduttore,  -1830. 

Massuet,  dotto  benedettino  francese,  1066- 
1713. 

Mathieu  da  Westminstcr,  cronista,  v.  1380. 

Mattei  Saverio,  poeta  e  giureconsulto  na- 
poletano, 1742-93. 

.Matthieu  Pietro,  storiografo  e  poeta  fran- 
cese, 1365-1621. 

Mattioli  Pietro  Andrea  da  Siena,  medico  e 
botanico,  -1577. 

Maubert  da  Gouvert ,  letterato  francese , 
1721-67. 

Mauclerc,  trovatore,  xiii  secolo. 

Maucroix,  letterato  e  traduttore  francese, 
1619-1708. 

Mauduit,  dotto  matematico  francese,  1751- 
1813. 

Mauduit,  oratoriano  francese,  biblicista, 
-1709. 

Maultrot  Giovanni,  giureconsulto  francese, 
1714-1803. 

Maupeou  lienato ,  cancelliere  francese , 
1714-92. 

Maupertuis  (Moreau  de),  geometra  fran- 
cese, 1098  1739. 

Maurepas  (Giovanni  di),  ministro  francese, 
1701-81. 

Mauriceau  Francesco ,  chirurgo  ostetri- 
cante  parigino,  -1709. 


Maurocordalo,  principe  valacco,  -ITI^O. 

Maurolico  Francesco,  matematico  siciliano) 
1494-1375. 

Miiury  (cardinale),  arcivescovo  di  Parigi, 
1746-1817. 

Maussac  Fili|)po  Giacomo,  grecista  fran- 
cese, -1630. 

Mayer,  astronomo  tedesco,  1723-62. 

Mayer,  matematico  tedesco,  1716-82. 

.Maynard,  poeta  francese,  1582-1046. 

Mayr,  gesuita,  ellenista  ed  ebraista, -1623. 

Mazzarino  Giulio  da  Piscina,  cardinale,  mi- 
nistro francese,  1602-61. 

.Mazzei  Francesco,  giureconsulto  italiano, 
1709-88. 

Mazzocchi  Alessio,  antiquario  napoletano, 
1684-1771. 

Mazzola  Giacomo  (il  Parmigiano),  pittore, 
1303-40. 

Mazzoni  Girolamo,  filosofo  italiano,  1348- 
1398. 

Mazzuchelli  Giovanni  Maria,  biografo  ita- 
liano, 1717-63. 

"Mecenate  Cajo  Celio,  ministro  d'Augusto, 
V.  29. 

Méchain,  astronomo  francese,  1744-1805, 

Meckitar  Pietro  di  Sebaste,  fondatore  de' 
Meckitaristi,  1076-1749. 

Medici,  famiglia  fiorentina,  cultrice  e  pro- 
tettrice delle  lettere.  Di  Lorenzo  e  Lo- 
renzino  restano  lavori  letterarj. 

Medici  (Caterina  de'),  regina  di  Francia, 
1;ì19-89. 

*Megastene,  storico  greco,  v.  292. 

MéhuI,  musico  francese,  1763-1817. 

Mei  Cosimo,  erudito  italiano,  1728  98, 

Meibomio,  erudito  da  Lubeka,  1038-1700. 

Meibomio  Giovanni  Enrico,  dotto  medico 
tedesco,  1390-1635. 

Meibomio  .Marco,  filologo  tedesco,  1630- 
1711. 

Mela  Pomponio,  geografo  latino,  i  secolo, 

■^Melanippide,  poeta  tragico,  v.  318. 

Melanclon  Filippo  da  Bretten,  riformatore,, 
1497-1560. 

"Meleagro,  poeta  greco,  v.  100. 

Melezio-Sirico,  teologo  greco,  1386  1664, 

Melendez-Yaldez,  poeta  spagnuolo,  1754- 
1817. 

"Melisso  da  Samo,  filosofo,  v.  468. 

*Melito,  poeta  greco,  -400,  uno  degli  ac-' 
cusatori  di  Socrate. 

Mellin  da  Saint-Gelais  ,  poeta  e  musico 
francese,  1491-1358. 

Melzi  d'Eril,  vicepresidente  della  Repub- 
blica italiana,  1776-1816. 

Memmi  Sim.,  pittore  coetaneo  del  Petrarca, 


262 


CRONOLOGIA 


Menage  Egidio  d'Angers,  letterato,  1613- 
1692. 

'Menandro  d'Atene,  poeta  comico,  542  290. 

Menaridro,  storico  bizantino,  vi  secolo. 

Mendoza  (Diego  Ilurtado  de),  guerriero  e 
scrittore  spagnuolo,  1573. 

Mendoza,  poeta  spagnuolo,  1398-1458. 

*iVlenedemo,  filosofo  greco,  v.  292. 

Menestrier  Claudio ,  gesuita  ,  archeologo 
francese,  -1659. 

Mengs  Rafaello,  pittore  sasso-boemo,  1728- 
1779. 

Meninski  Francesco,  dotto  orientalista  lo- 
renese,  1623-98. 

Menochio  Giacomo,  giureconsulto  pavese, 
-1607 

Menot  Michele  (lingua  d'oro),  cordeliere 
francese,  1S18. 

Mentelle  Edme,  geografo  di  Parigi,  1730- 
1815. 

Menzini  Benedetto,  poeta  italiano,  1646- 
1704. 

Merati,  teatino  liturgista,  -1744. 

Mercatore  Gerardo  da  Ruremonda ,  geo- 
grafo, 1512  94. 

Mercatore  (KaufTmann),  geometra  tedesco, 
-1687. 

Mercier  abbate  di  Saint -Léger,  bibliografo 
francese,  1754  99. 

Mercuriale  Girolamo.,  dotto  medico  ita- 
liano, -1606. 

Meriao,  filosofo  svizzero,  1725-1807. 

Menile,  giureconsulto  francese,  1579-1647. 

Merlin  Filippo  Antonio,  giureconsulto  fran- 
cese, 1754- 18:38. 

Merlino,  profeta  o  mago  caledonio,  v  sec, 

Mersenne  padre  Marino,  erudito  francese, 
1588-1648. 

Merula  Giorgio,  dotto  italiano,  1424-94. 

Merville  Michele,  autore  drammatico  fran- 
cese, 1696-1733. 

Mery  G.,  notomista  francese,  1645-1722. 

Mesenguy,  autore  ecclesiastico  francese, 
1677-1765. 

Meslier,  curato  d'Estrepigny  in  Sciampa- 
gna, 1678-1733, 

Mesmer  F.  A.,  medico  di  Merseburg,  1734- 
1815. 

Meston,  poeta  scozzese,  1688-1745. 

Metastasio  (Trapassi  Pietro),  poeta  romano, 
4698-1782. 

'Metello,  capitano  romano,  ii  secolo. 

Metio,  geometra  olandese,  1571-1035. 

Metodio  da  Tessalonica,  v.  898  ;  inventa  i 
caratteri  slavi. 

Metodio  (san)  vescovo,  poeta,  -312. 

'Melone,  astronomo  ateniese,  v  secolo. 


'Metrodoro,  filosofo  ateniese,  v  secolo. 
'Metrodoro ,   filosofo  e   pittore   ateniese , 

Il  secolo. 
Mettrie  (OlTredo  de  La),  medico  e  filosofo 

francese,  1709-31. 
Meung  (Clopinel),  poeta  francese,  v.  1280. 
Meursio  Giovanni  1,  antiquario  olandese, 

1579-1639. 
Meursio  Giovanni  II,  letterato  da  Leida, 

1615  53. 
Mey,  giureconsulto  francese,  1712-96. 
Mezeray  (Francesco  di),  storico  francese, 

1610-83. 
Mezirac  (Bachet  di),  dotto  autore  francese, 

1381-1638. 
MezzabarbaCarlambrogio,  legato  nella  Cina, 

-1740. 
Mezzabarba  Francesco,  antiquario  pavese, 

1643-97. 
Mezzofanti  Giuseppe  bolognese,  cardinale, 

poliglotto,  1774-1849. 
Micali,  erudito  toscano,  -1845. 
'Micerino,  fabbricatore  d'una  delle  pira- 
midi d'Egitto. 
Michaelis  Giovanni  Enrico,  orientalista  te- 
desco, 1668-1738. 
Michaelis  Giovanni  David,  id.,  1717-91. 
Michaud  Giuseppe,  storico  francese,  -1839. 
'Michea,  profeta  minore,  v.  700. 
Michelangelo  delle  battaglie,  pittore,  v. 

1661. 
Micheli  P.,  botanico  fiorentino,  1679-1757. 
Mickle,  poeta  scozzese,  1734-88. 
Micrelio,  filosofo  e  teologo  tedesco,  1597- 

1658. 
Middleton   (  Conyers  ) ,  letterato  inglese  , 

1685-1750. 
Middleton  Cristoforo  ,  navigator  inglese , 

1770. 
Migliara  Giovanni  d'Alessandria,  pittore, 

1783-1857. 
Mignard  Nicola,  pittore  francese,  1608-96. 
Milante,  dotto  autore  napoletano,  -1749. 
Miller,  poeta  drammatico  inglese,  1705-44. 
Milletière  (l.a) ,  controversista  francese  , 

1596-1663. 
Millevoye  Carlo  Uberto,  poeta  francese, 

1782-1816. 
Millin  Luigi,  naturalista  ed  archeologo  pa- 
rigino, 1759-1818. 
Millot  Claudio,  storico  francese,  1726-85. 
'Milone  Crotoniate,  atleta,  v.  508. 
Milton  Giovanni,  poeta  londinese,  1608-74. 
'Milziade,  capitano  ateniese,  v.  489. 
'Mimnermo,  poeta  da  Colofone,  v.  594. 
Mina  Francesco,  generale  spagnuolo,  1784- 

1854. 


TAVOLA    ALFARmCA    I)  UOMINI   If.I.fSTRr 


ìm 


Minuzio  Felice,  orator  latino  d'Africa,  iii 
secolo. 

Minzoni  Onofrio,  poeta  ferrarese,  1734- 
1817. 

Miraband  (Di),  letterato  francese,  1675- 
1760. 

Mirabeau  (marchese  di),  economista  fran- 
cese, d7lo-89. 

Mirabeau  (Onorato  di),  oratore  francese, 
i 749  91 . 

Mirandola  (Giovan  Pico  della),  autore  ita- 
liano, 1  i65-9i. 

Mirkhond  Mohammed,  storico  persiano, 
1433  98. 

*Mirone,  scultore  greco,  celebre  per  la  sua 
vacca,  V  secolo. 

Mizault ,  medico  e  astronomo  francese , 
1520-78. 

Mockari,  storico  russo,  v.  1572. 

Modestino  Erennio,  giureconsulto  romano, 
111  secolo. 

Mohabed  (Ibn  Batuta) ,  viaggiatore  arabo 
del  XIV  secolo. 

Molay  Giacomo,  borgognone,  ultimo  gran- 
maestro  dei  Templari,  -1314. 

Mole  Matteo,  magistrato  francese,  1584- 
1656. 

Molesworth,  diplomatico  olandese,  1656- 
1725. 

Molière  (Giambattista  Pocquelin  di),  dram- 
maturgo parigino,  1622-73. 

Molière  di  Tarascon,  matematico  francese, 
1677  1742. 

Molina  Luigi,  teologo  spagnuolo,  da  cui  i 
Molinisli,  1555- 1601. 

Molinet  (Di),  antiquario  francese,  1620-87. 

Molinos  Michele,  teologo  spagnuolo,  capo 
dei  Quietisti,  1627-96. 

Moller,  filologo  tedesco,  1642-1712. 

Molloy,  drammatico  irlandese,  -1767. 

Molza  Frane,  poeta  modenese,  1489-1544, 

Molza  Tarquinia,  poetessa  italiana,  1542- 
1617. 

Mombrizio  Bonino,  agiografo,  xv  secolo. 

Moncada  (Ugo  di),  capitano  spagnuolo, 
1528. 

Moncey,  maresciallo  di  Francia,  1754-1 842. 

Monconis  (Di),  viaggiatore  francese,  1601- 
1665. 

Monge  Gaspare,  geometra  francese,  1746- 
1818. 

Monk  Giorgio,  generale  inglese,  1608-70. 

Monod,  dotto  gesuita  savojardo,  -1644. 

Monstrelet  (Enguerrando  di),  cronista  fran- 
cese, 1390-1455. 

MoDlagiie  Maria,  autrice  inglese,  introdut- 
trice  dell'innesto,  1690-1762. 


Montaigne  Michele,  filosofo  francese,  1533- 

1592. 
Montano,  eresiarca  del  secolo  ii. 
Montano  Giambattista,  medico  italiano, 

-1551. 
Montazet,  teologo,  arcivescovo  di  Liotae, 

-1788. 
Montecuccoli  Raimondo  modenese,  capi- 
tano e  scrittore,  1608-81. 
Monteggia  Giambattista,  medico  milanese, 

1762  1815. 
Monteil  Alessio,  storico  francese,  1769- 

1850. 
Montemayor  (Di),  poeta  spagnuolo,  1520- 

1562. 
Montespan  (marchesa  di),  cortigiana  di 

Luigi  XIV,  1641-1707. 
Montesquieu  Carlo,  giurista  francese,  1689- 

1755. 
Monte-Ubaldo  (Guido  di),  matematico  ita- 
liano, 1540-1601. 
Montfaucon  Bernardo,  dotto  benedettino 

francese,  1655-1741. 
Montgaillard  (Di),  storico  francese,  1722- 

1825. 
Montgollìer  Giuseppe  Michele,  meccanico 

francese,  1740  1810. 
Monthyon  (barone  di),  filantropo  francese, 

1 735-1 820. 
Monti  Yinc,  poeta  di  Fusignano,  1733- 

1828. 
Montine   Biagio ,   maresciallo  francese  e 

scrittore,  1502  68. 
Montmorency,  baroni  di  Francia,  suddivisi 

in  più  rami.  Fra  gl'illustri  accenneremo 

Aoneo,  connestabile  di  Francia,  1493- 

1567. 
Montmort  (P.  di) ,  matematico  francese , 

1678-1719. 
Montucla  Giovanni  Stefano ,  matematico 

lionese,  1725-99. 
Moore  Giovanni,  medico  e  letterato  scoz- 
zese, 1730-1802. 
Moore  Giovanni,  generale  inglese,  1761- 

18U9. 
Morabin,  erudito  francese,  protettore  di 

Champfort,  -1762. 
Morales  da  Cordova,  erudito,  v.  1593. 
Morand  (Di),  chirurgo  francese,  1697-1773. 
Moratin  iSicolò,  drammaturgo  spagnuolo, 

1730-80. 
Morcelli  Antonio  da  Chiari,  epigrafista, 

1757-1821. 
Moreau  Vittorio,  generale  francese,  1763- 

1813. 
Morel,  grammatico  francese,  1725-1812. 
Morell,  numismatico  svizzero,  1646-1703. 


CRONOLOGIA 


Morellet,  autore  francese,  1727-1819. 
Morelli   Jacopo  ,    bibliografo    veneziano  , 

1745-1819. 
Moreri  Luigi,  erudito  francese,  l6i5-80. 
Moreto  Agostino,  drammatico  spagnuolo,' 

1600-69. 
Morgagni  Giambattista,  medico  da  Forlì, 

168-2  1771. 
Morgan  lady,  scrittrice  irlandese,  1783- 

1859. 
Morglien   Raffaele,    incisore   napoletano, 

1761-1833. 
Morhoff  Giorgio,  filologo  tedesco,  1639- 

1691. 
Morigia  famiglia  milanese,  da  cui  Bonin- 
contro  cronista  1350.  Giacomo  Antonio 
fondatore  de' Barnabiti  1497  1546.  Gia- 
como Anton  io  cardinale  1632-1 708.  Paolo 
storico   160i. 
Morillo  Paolo,  pittore  spagnuolo,  1618-82. 
Morin  Giovanni,  dotto  oratoriano,  1591- 

1659. 
Morin  Stefano,  orientalista  francese,  1625- 

1700. 
Morisot  Moberto,  botanico  scozzese,  1620- 

1683. 
Morlacclii  Francesco,  musico  di  Perugia, 

1784-1 8  il. 
Morland  (sirj,  meccanico  inglese,  1625-97. 
Mollino,  giureconsulto  napoletano,  xvi  sec. 
Mornay  (Filippo  di),  autore  protestante, 

154Ò  1623. 
Moro  Tommaso,  dotto  cancelliere  inglese, 

1480-1535. 
Morone  Girolamo,  diplomatico  italiano, 

145U-1529. 
Morone  Giovanni,  cardinale. 
Morosini  ,  antica  famglia  veneta ,  da  cui 
quattro  dogi,  Andrea  storico,  1558-1618, 
ed  altri. 
Morozzo,  dotto  prelato  italiano,  1045-1729. 
Morrison  Roberto  di  Morpetb,  sinologo  e 

missionario  protestante,  1782-183Ì. 
Mortier  Edoardo ,    maresciallo   francese , 

1768-1835. 
Moscati  Pietro  mantovano,  medico  e  diplo- 
matico, 1739-1824. 
*Mosco,  poeta  greco  di  Siracusa,  v.  180. 
Moscopolo,  grammatico  greco,  xiv  e  xv 

secolo.  , 
*Mosè,  legislatore  ebreo,  1725  1605? 
Moscr  Giangiacomo,  pubblicista  tedesco, 

1701  85. 
Mosbeim  Lorenzo,  teologo  tedesco,  1694- 
1755. 


Motbe-le-Vayer  (Francesco  de  La),  autore 

francese,  1588-1672. 
Motte  (Houdard  de  La),  id.,  1672-1713. 
Motte-piquet  (La) ,  ammiraglio  francese  , 

1728  91. 
Motteville  (signora  di),  autrice  francese, 

1621-89. 
Moulin  (Du)  Carlo,  giureconsulto  francese, 

1500-66. 
Mounfort,  autore  ed  attore  drammatico  in- 
glese, 1659-92. 
Mouradgea  d'Ohsson,  diplomatico  svedese, 

1740  1807. 
iMourgues,  dotto  francese,  1742-1813. 
Mozart  Vulfango  da  Salisburgo,  composi- 
tore di  musaica,  1756-91. 
Muis  (Marolte  di),  erudito  francese,  1587- 

1644. 
Moller  Andrea,  orientalista  prussiano,  1 630- 

1694. 
Miiller  Gerardo,  dotto  viaggiatore  e  storico 

tedesco,  1705  83. 
Miiller  Giovanni   (Regiomontano) ,  astro- 
nomo prussiano,  1456-75. 
Miiller  Giovanni   da  Coblenza ,  fisiologo, 

1801-58. 
Miiller  Giovanni ,  storico  svizzero,  1752- 

1 809. 
Miiller  Ottofredo,  erudito  tedesco,  1797- 

1840. 
Munioh  Cristoforo,  tedesco,  generale  dei 

Russi,  1685-1767. 
Muiioz  Sebastiano,  pittore  spagnuolo,  165i- 

1690. 
MuBster  Sebastiano,  ebraista  tedesco,  1 489- 

1552. 
Muratori  Lodovico  Antonio,  storico   ita- 
liano, 1672-1750. 
Muret  Marcantonio  limosino,  critico  e  poeta 

latino,  1526  85. 
Murpby,  drammatico  inglese,  1727  1805. 
Murtola  Gaspare,  poeta  genovese,  -162i. 
Musscbenbroek  Pietro,   fisico   da    Leida, 

1092-1761. 
"Museo,  poeta  greco  del  iv  o  in  secolo. 
Museo  Grammatico,  poeta  greco,  v.  500. 
Muss;ito  Albertino,  storico  padovano,  1261- 

1330. 
Musso  Cornelio,  predicatore  italiano,  1511- 

1574. 
Musuro,  dotto  greco,  1470-1517. 
Muzio  Girolamo  giustinopolitano,  letterato, 

1496-1575. 
Mydorge  (Claudio,  dotto  geometra  francese, 
1585-16  i  7. 


TAVOLA  AI.PAttKTICA    n'iIOMlM   ILMISTtlt 


2r.fi 


IV 


'Nahiim,  profeta  minore,  v,  700. 

Naigeon,  letterato  e  filologo  francese,  i  738- 
1810. 

Nangis  (Guglielmo  di),  storico,  v.  1293. 

Nani  Giambattista,  storico  veneziano,  1016- 
1678. 

Nannio  Pietro,  dotto  olandese,  -1500-57. 

Manquier  (Nanquerus) ,  poeta  latino  ,  xvi 
secolo. 

Nanteuil  Roberto,  scultore  francese,  -1678. 

Napier  Giovanni,  scozzese,  inventore  dei 
logaritmi,  1550-1617. 

Napione  Gian  Francesco ,  letterato  pie- 
montese, 1748-1830. 

Nardi  Jacopo,  dotto  fiorentino,  n.  1476. 

Nassir-eddin  Goussy,  astronomo  persiano, 
v.  1214. 

Natale  Alessandro  di  Rouen,  domenicano, 
storico  della  Chiesa,  1639  1724. 

Natali,  teologo  italiano,  1750-91. 

Natanael  ,  rabbino  contemporaneo  degli 
Apostoli. 

Nauclero  Vergen,  cronista  tedesco,  1450- 
1510. 

Naudé  Filippo,  geometra  francese,  1654 
1720. 

Naudé  Gabriele  da  Parigi,  erudito,  1600- 
1653. 

Nausea  Fed.,  teologo  tedesco,  1480-1550. 

Nauze  (Jouard  de  La),  dotto  gesuita  fran- 
cese, 1696-1773. 

Navagero  Andrea,  autor  veneziano,  1483- 
1529. 

Navarete  Ferdinando ,  missionario  spa- 
gnuolo,  -1689. 

Navarra,  teologo  spagnuolo,  1493-1586. 

Neander,  dotto  tedesco,  1525  95. 

*Nearco,  capitano  d'Alessandro,  naviga- 
tore, v.  350. 

Nebel,  botanico  tedesco,  1664-1753. 

Necker  Giacomo,  ginevrino,  economista  e 
ministro,  1732-1804. 

Needbam  Marchamont,  pubblicista  inglese, 
1620-78. 

Needbam  Giovanni ,  fisico  inglese,  1713- 
1781. 

"Neemia,  governatore  de'  Giudei,  -430. 

Neercassel  Giovanni,  vescovo  di  Castorio, 
autore  olandese,  1623-86. 

Negri  Palladio,  grammatico  italiano,  1520. 

Negrisoli  Francesco  Maria,  medico  e  filo- 
sofo ferrarese,  -1727. 


Nelli  Pietro,  poQta  sanese,  xvi  secolo. 
Nelson  Orazio,  ammiraglio  inglese,  1757» 

1 805. 
Nemesiano,  poeta  latino,  nato  a  Cartagine, 

111  secolo. 
Nemesio,  vescovo  d'Emesa,  filosofo  greco, 

v.  400. 
*Neofrone,  poeta  tragico,  v.  335. 
Nepomuceno  (san)  Giovanni,  canonico  di 

Praga,  1350-83. 
Nepveu,  autore  francese,  1639  1708. 
Neri  Antonio,  chimico  fiorentino,  xvi  sec. 
N^ri  (san  Filippo),  1515-95. 
Nerli  Filippo,  storico  italiano,  1486-1556. 
Nesbit,  antiquario  scozzese,  1672-1725. 
Nessel,  bibliografo  tedesco,  1644-99. 
Nesseirode,  diplomatico  russo,  1780-1802. 
"Nesso  da  Chio,  filosofo,  v.  409. 
Nestore  da  Kiof,  cronista,  1056-1116. 
Nestorio,  eresiarca  del  v  secolo. 
*Nevio,  poeta  latino,  v.  250. 
Neubof  (Teodoro  di),  re  di  Corsica,  1690- 

1755. 
Neuville  (Claudio  Frey   di) ,   predicatore 

francese,  -1774. 
Newcommen,  ingegnere  francese,  xvii  se- 
colo. 
Newton   Isacco   da    Wooldstrop ,   filosofo 

inglese,  1642-1727. 
Ney  Michele,  maresciallo  francese,  1769- 

1815. 
Nicaise  Claudio,  antiquario  francese,  1 623- 

1701. 
*Nicandro  ,  grammatico ,  medico  e  poela 

greco,  v.  139. 
Niceforo  Gregora  ,    storico  greco,  1295- 

1359 
Niceron  Gian  Pietro,  biografo  parigino, 

1685-1758. 
Niceron  Gian  Francesco,  matematico  fran- 
cese, 1613-46. 
Niceta  Coniate,  storico  greco,  m.  v.  1206. 
Niceta  Eugeniano,  romanziere  greco,  xir 

secolo. 
*Nicia,  capitano  ateniese,  v  secolo. 
*Nicocrate,  poeta  comico  greco,  v.  426. 
Nicolai,  dotto  gesuita  italiano,  1706-8i. 
Nicolai  ,  erudito  matematico  veneziano , 

1726  93. 
Nicolai,  filologo  sassone,  1660-1708. 
Nicolai  Federico,  filosofo  tedesco,  1733- 

1811. 


26G 


CRONOLOGIA 


*iNicolao  da  Damasco  ,  poeta  e  storico , 

V.  42. 
Nicole,  geometra  francese,  -1683-1758. 
Kicole,  poeta  francese,  1611  86. 
Nicole  Pietro,  moralista  e  controversista 

francese,  1625-93. 
Nicolini  Nicola,  giureconsulto  napoletano, 

1772  1857. 
Nicolle  de  la  Croix  ,   geografo  francese  , 

1704-60. 
Nicolò  di  Lira,  commentatore  biblico  nor- 
manno, -1340. 
Nicolò  da  Malia,  musico  francese,  1777- 

1818. 
Nicolson  Guglielmo  ,  erudito  bibliografo 

inglese,  1655-1727. 
Nicolson  Guglielmo, chimico  inglese,  1753- 

1815. 
*Nicomaco,  poeta  tragico  ateniese,  v.  457. 
Nicon,  prelato  russo,  erudito  storico,  1613- 

1681. 
Nicol  Giovanni,  lessicografo  francese,  1530- 

1600. 
Niebuhr  Carsten,  danese  viaggiatore,  1 733- 

1815. 
Niebuhr  Bertoldo  Giorgio,  storico  e  statista 

tedesco,  1777-1831. 
Niebuhr  Giacomo ,  storico  e  giureconsulto 

danese,  -1857. 
Nieremberg  Giovanni  Eusebio  ,    ascetico 

spagnuolo,  159U-1658. 
Nieupoort,  antiquario  olandese,  1670-1 730. 
Nieuwenlyt  Bernardo,  erudito  olandese, 

1654-1718, 
Niewland,  erudito  matematico  olandese  , 

1764  94. 
Nifo  Agostino,  filosofo  italiano,  1473-1538. 
Nilo  (sanj,  dottore  della  Chiesa,  v.  435. 
Nina,  poetessa  sicula,  xiii  secolo. 
Nipote  Cornelio,  biografo  latino,  i  secolo. 
Nithard,  storico  francese,  m.  v.  856. 
Nivernois  (duca  di)  ,  letterato  francese, 

1716-98. 
Nizolio  Mario,  letterato  e  filologo  italiano, 

1498-1566. 
Noble   (Eustachio   Le)  ,  autore  francese , 

1643-1711. 


Nocito  Girol.,  semplicista  siciliano,  -1611. 

Nodier  Carlo,  letterato  francese,  1780- 
18ii. 

Nogarola  Lodovico,  dotto  veronese,  1554. 

Noghera  Giambattista  di  Valtellina,  critico 
ed  apolof^ista,  -1784. 

Noinville  (Durydi),  magistrato  ed  autore 
francese,  1683-1768. 

Nollet  (l'abbate),  fisico  francese,  1700-70 

Nonio  (Nunez),  medico  e  matematico  por- 
toghese, 1492-1577. 

Nonnotte  (l'abbatej,  autor  francese,  1711 - 
1793. 

Nonno  Panopolitano  ,  poeta  greco,  v  se- 
colo. 

Noodt  Gerardo,  giureconsulto  olandese, 
1647-1725. 

Norbert  (Pietro  Parisot),  cappuccino  lore- 
nese,  missionario,  -1769. 

Norberto  (sanj,  arcivescovo  di  Magde- 
burgo,  1092-1134. 

Norden  Federico,  viaggiatore  danese,  1708- 
1742. 

Norés  Giasone  da  Nicosia,  letterato,  -1590. 

Noris  Enrico,  cardinale,  erudito  e  critico 
italiano,  1651-17(j4. 

Norris   Gio.,  teologo  inglese,  1657-1711. 

Norris,  poeta  drammatico  veneziano,  1640- 
1708. 

North  Federico,  oratore  e  ministro  inglese, 
1640-85. 

Nostradamus  Michele  da  Saint-Remy,  astro- 
logo, 1303  66. 

Nota  Alberto,  autore  comicotorinese,  1775- 
1847. 

Nòtre  0  Nostre  (Le),  architetto  francese, 
1613-1700. 

Notturno,  poeta  napoletano, -1519. 

Noue  (Giovanni  de  La) ,  poeta  francese, 
1701  61. 

Novalis  Federico  Hardenberg,  poeta  te- 
desco, 1772-1801. 

Novara,  astronomo  italiano»,  1464-1514. 

Novato ,  prete  cartaginese  eresiarca ,  in 
secolo. 

Numenio  d'Apamea,  filosofo  greco,  n  se- 
colo. 


o 


Oates,  ecclesiastico  inglese,  1019-1705, 
OatesTito,  intrigante  inglese,  1019  1705. 
Oberkamps    Cristoforo    di    Weissenbach  , 

fonda  la  manifattura  delle  tele  dipinte  a 

Jouy,  1758-1815. 


Oberlin   Geremia  ,    antiquario  e    filologo 

d'Alsazia,  1735  1806. 
Obrecht  Ulrico,  giureconsulto  e  filofogo 

d'Alsazia,  1646  1701. 
Obsequens  Giulio,  autor  latino,  iv  secolo. 


TAVOLA    AI.FABF.TICA    D  UOMINI   ILLUSTRI 


2G7 


''Ocello  Lucano,  filosofo  pitagorico,  v.  500. 
Ochiiio  Bernardino  sienese,  frate  apostato, 

1487-I5GÌ. 
Ockam  Guglielmo,  teologo  inglese,  ISSO- 

Ocklei,  orientalista  inglese,  ÌG78-I720. 

O'Connel  Daniele,  agitatore  dell'Irlanda, 
1774-1847. 

Oddi  (Nicolò  degli),  poeta  italiano,  1510- 
1G10. 

Oderico  da  Pordenone,  missionario  fran- 
cescano, -133] . 

Odilon,  abbate  di  Cluny,  962-1048. 

Odone  (sant'J,  id.,  879-942. 

OEhlenschlager   Adamo  ,    poeta   danese  , 
1779-1850. 

OErstedt  (Giovanni  Cristiano,  fisico  danese, 
1777-1851. 

Olao  Magno,  storico  svedese,  -1568. 
"Olavides  Anton  Giuseppe  ,  ministro  spa- 
gnuolo,  1725-1803. 

Oleario  Adamo,  viaggiatore  tedesco,  1600- 
1671. 

Oleario  Goffredo  ,  filologo  tedesco,  1672- 
1715. 

Olesnicki-Zbigniew,  cardinale  e  letterato 
polacco,  1589-1455. 

Olier,  fondatore  del  seminario  di  San  Sul- 
pizio  a  Parigi,  1608  57. 

Olimpiodaro,  filosofo  greco,  vi  secolo. 

Oliva,  letterato  spagnuolo,  1497-1522. 

Oliver  (Thoulier  d'j  da  Salins,  gramma- 
tico, 1682  1768. 

Olivier  Guglielmo  ,  entomologo  francese, 
1756-1814. 

Oliviero  della  Marca,  storico,  v.  1491. 

Olstenio  Luca,  dotto  tedesco,  -1661. 

*Omero,  poeta  greco,  907? 

Oraodei  Sigoorolo,  giureconsulto  vercel- 
lese, xiv  secolo. 

*Onesicrito,  poeta  ateniese,  v.  540. 

Opie  Giovanni,  pittore  inglese,  1 761  -1 807. 

Opitz  Martino,  poeta  tedesco  ,  1597  1659. 

Opitz  Enrico,  orientalista  tedesco,  1642- 
1712. 

Oporino  (Ilerbst)  Giovanni,  dotto  tipografo 
di  Basilea,  -1568. 

Oppiano,  poeta  greco  della  Cilicia,  ii  se- 
colo. 

Optato,  vescovo  di  Miliève  in  Africa,  584. 

Orange,  casa  regnante  nei  Paesi  Bassi,  che 
fra  molti  illustri  diede  Guglielmo  di 
Nassau,  1533  84;  Maurizio  di  Nassau, 
capitano  e  uom  di  Stato,  1567-1625. 

Ora  pollo,  matematico  greco,  nato  in  Egitto, 
IV  secolo. 

"Orazio  Coclite,  romano,  vi  secolo. 


"Orazio  Quinto  Fiacco,  poeta  latino,  GG-9. 

Oresio  Agostino,  filosofo  e  teologo  fioren- 
tino, -1655. 

Orellana,  viaggiatore  spagnuolo ,  xvi  se- 
colo. 

Ordii  Giovanni  Gaspare,  filologo  svizzero, 
J 787-1849.  " 

Oresme  Nicola,  autore  francese,  -1582. 

"Orfeo,  poeta  di  Tracia,  v.  1550. 

"Orfeo  di  Crotone,  poeta,  v.  5i6. 

Oriani  Barnaba,  astronomo  milanese,  1752- 
1832. 

Origene  d'Alessandria,  dottor  della  Chiesa, 
185-253. 

Orioli,  antiquario  romano,  1782-1856. 

Orléans  (p.  Pier  Giuseppe  d'),  storico  fran- 
cese, v.  1698. 

Orobio  Isacco,  autore  ebreo,  1687. 

Orosio  Paolo,  storico  da  Tarragona,  v.  41 4. 

Orsi  Giuseppe  Agostino  da  Firenze,  storico 
ecclesiastico,  -1761. 

Orsini ,  principi  italiani ,  da  cui  celebri 
capitani  e  un  erudito  v.  1595. 

Ortelio  Abramo,  dotto  geografo  fiammingo, 
1527-98. 

'Ortensio  Quinto,  oratore  romano,  114-50. 

Orto  (Alberto  dell'),  giureconsulto  luila- 
nose,  V.  1170. 

Orville  (D'),  filologo  francese,  1696-1751 . 

Osbnrne  Francesco,  autore  inglese,  1589- 
1659. 

*Osea,  il  primo  dei  profeti  minori,  -800. 

Osiander  Andrea  ,  teologo  tedesco ,  1498- 
1522. 

Oslo  Stanislao  di  Cracovia,  teologo,  -1579. 

Osorio  Girol.,  storico  portoghese,  1506  80. 

Ossat  (Arnaldo  d'),  cardinale  francese,  di- 
plomatico, 1556-1604. 

Ossian,  bardo  scozzese  del  in  secolo. 

"Ostane,  filosofo  persiano,  v.  486. 

Osterwiild  ,  teologo  protestante  svizzero  , 
1662  1747. 

Otfiid,  teologo  e  poeta  d'Alsazia,  ix  secolo. 

Otho,  orientalista  tedesco,  1634-1715. 

Olt,  teologo  svizzero,  1617-1782. 

Olter,  orientalista  svedese,  1707-48. 

Otto,  diplomatico  francese,  1754-1817. 

Otto  Everardo,  giureconsulto  tedesco,  1 685- 
1 756. 

Ottoboni  Gian  Francesco,  scienziato  vene- 
ziano ,  -1575.  Di  questa  famiglia  fu 
Alessandro  Vili. 

Ottomano  Francesco  ,  giureconsulto  pari- 
gino, 1524-90. 

Ottone  da  Frisinga,  cronista,  xii  secolo. 

Ottone  da  Guericke  di  Magdeburgo,  fisico, 
1602  80. 


^(^H 


CP.ONO?.OfilA 


Ottone  (sant'),  opostolo'deila  Pomerania , 
1060-H39. 

Otway  Tommaso,  tragico  inglese,  165Ì-85. 

Oudinet  Marcantonio,  numismatico  fran- 
cese, 1G43-1712. 

Oudinot  Nicola,  maresciallo  francese,  •! 767- 
1847. 

"Ovidio  Publio  Nasone  ,  poeta  latino  ,  43 
av.  C.  M  d.  G. 

Oviedo  Gonsalvo ,  viaggiatore  e  storico 
spagnuolo,  n.  1478. 


Owen  Giovanni,  poeta  latino  del  paese  di 

Galles,  -1622. 
Owen,  ecclesiastico  inglese,  1765-1822. 
Oxenstierna  (Axel  conte  dij  ,  cancelliere 

svedese,  1583-1654. 
Ozanam  Giacomo,  matematico  francese, 

1640-1717. 
Overbeck  Bonaventura,  pittore  fiammingo, 

1660-1706. 
"Ozia,  profeta,  v.  970. 


p 


Pacchioni  Antonio,  anatomico  di  Reggio  , 
1664- 1726. 

Paccioli  Luca  di  Borgo  San  Sepolcro,  ma- 
tematico, -1508. 

Pachimero  Giorgio,  storico  greco  da  Nicea, 
1242-1510. 

Paciaudi  Paolo  Maria,  antiquario  da  Torino, 
1710-85. 

Pacifico  (fra),  compagno  di  san  Francesco 
e  poeta,  xn  secolo. 

Pacomio  (san) ,  istitutore  dei  Cenobiti  , 
292  348. 

*Pacuvio  Marco,  poeta  latino,  v.  153. 

Padilla  don  Giovanni ,  casligliano  rivolu- 
zionario, -1522. 

Paez  Francesco  Alvaro,  teologo  portoghese, 
-1352. 

Paganini  Gaudenzio  da  Poschiavo  ,  lette- 
rato, 1596-1648. 

Paganini  Nicolò  genovese,  violinista,  1781- 
1840. 

Pagi  Antonio,  dotto  francescano  francese, 
1624-90. 

Pagnini  Luca  di  Pistoja ,  erudito,  1737- 
1814. 

Pagnino  Sante  da  Lucca  ,  orientalista  , 
1470-1541. 

Paisiello  Giovanni  napoletano,  compositore 
di  musica,  1741-1816. 

Paixhans  Enrico,  perfezionatore  di  can- 
noni, 1784-1855. 

Pajou  Ag.,  statuario  francese,  1730-1809. 

Palafox  Giovanni,  vescovo  e  moralista  spa- 
gnuolo, -1659. 

Palaprat  Giovanni  da  Tolosa,  autor  dram- 
matico, 1650-1721. 

Paleario  Aonio,  latinista  ed  eresiarca  da 
Siena, -1590. 

"Palefato,  mitografo  greco,  v.  300. 

Paleologo,  famiglia  d'imperatori  d'Oriente 
nel  XIV  secolo,  trasferita  poi  in  Italia. 


Palestrina  Giambattista,  romano,  compo- 
sitore di  musica,  1529-94. 

Palisot  di  Beauvais,  naturalista  francese  , 
1752-1820. 

Palissotdi  Montenoy,  poeta  francese,  1730- 
1814. 

Palissy  Bernardo  d'Agen  ,  smaltista  fran- 
cese, 1500  89. 

Palladio  Butilio  ,  agronomo  latino,  ii  se- 
colo. 

Palladio  Andrea  da  Vicenza  ,  architetto  , 
1518-80. 

Pallas  Simone,  viaggiatore  e  naturalista  e 
linguista  prussiano,  1741  1811. 

Pallavicini  Sforza,  romano,  cardinale  e 
storico,  1607-67. 

Pallavicino  Ferrante  di  Piacenza,  letterato 
stravagante,  1618-44. 

Palma  Jacopo,  pittore  bergamasco,  1518- 
1566. 

Palma  il  Giovane,  pittor  veneziano,  1540- 
1588. 

Palmieri  Matteo,  storico  e  politico  italiano, 
1405-75. 

Palmieri  Vincenzo  dell'Oratorio,  apologista 
genovese,  1753-1820. 

Palomino  de  Velasco,  pittore  spagnuolo, 
1633  1726. 

Panciroli  Guido  da  Reggio,  giureconsulto, 
1523-99. 

Panckoucke  Carlo  da  Lille,  librnjo  pari- 
gino, 1736  98. 

Pandolfini  Agnolo,  moralista  fiorentino, 
XIV  secolo. 

*Panezio,  filosofo  di  Rodi,  v.  130. 

"Panfilo,  pittore  macedone,  v.  350. 

Paniasi,  poeta,  v.  476. 

Panigarola  Francesco  ,  predicatore  mila- 
nese, 1548-94. 

Panin  Niceta,  uom  di  Stato  russo,  1718- 
1783. 


TAVOLA    ALFABETICA    I>  COMIM    ILLUSTH1 


269 


Pannartz  Arnoldo  un  dei  primi  stampatori 
tedeschi,  i  i76. 

Panormita  (Antonio  I?eccadclli),  letterato 
siciliano,  1504-1471. 

Panteo,  storico  siciliano,  v.  180. 

Panvinio  Onofrio, antiquario  italiano,  1 529- 
15(58. 

Paoli  Pasquale,  generale  còrso,  17'25-1807. 

Paoli  padre  Sebastiano,  conlroversista  luc- 
chese, 1G84-1751. 

Paolino  da  Périgueux  (san),  poeta  latino, 
V.  485. 

Paolino  (san),  vescovo  di  Nola,  353-431. 

Paolo  da  Samosata,  patriarca  greco,  iii  se- 
colo. 

"Paolo  Emilio  il  Macedonico,  capitano  ro- 
mano, 111  secolo. 

Paolo  Giulio  da  Padova  ,  giureconsulto  , 
V.  193. 

Paolo  (san),  apostolo  da  Tarso,  -GO. 

Paolo  Silenziario,  autor  greco,  vi  secolo. 

Paolo  Warnefrido  ,  diacono  di  Cividale, 
storico  de'  Longobardi,  790. 

Papebroeck  Daniele,  gesuita  di  Anversa, 
uno  dei  compilatori  degli  Ada  Sancto- 
rum,  1628  171 4, 

Papendrecht,  teologo  fiammingo,  1686- 
17o8. 

Papi  Lazzaro,  poeta  toscano,  -1834, 

Pa|)in  Dionigi,  medico  e  meccanico  fran- 
cese, -1710. 

Papiniano,  giureconsulto  romano,  v.  212. 

Pappenheim  Gotifredo  ,  generale  tedesco, 
159  i-I  632. 

Pappo,  matematico  greco  d'Alessandria, 
IV  secolo. 

Parabosco  Girolamo,  poeta  comico  italiano, 
xvi  secolo. 

Paracelso  Aurelio  Teofrasto  Bombast,  al- 
chimista svizzero,  1i93  1541. 

Paradisi  Agostino,  poeta  reggiano,  1763- 
1837 

Paradisi  Paolo,  erudito  veneziano,  d'ori- 
gine ebreo,  -1559. 

Parck  (Mungo),  viaggiatore  inglese,  1771- 
1805. 

Pardessus  Gian  Maria  di  Blois ,  legista  , 
n.  1772. 

Pardies  Ignazio  Gastone,  geometra  fran- 
cese, 1656-75. 

Pare  Ambrogio,  medioo  francese,  1390. 

Pareo  Voengler,  teologo  tedesco,  1548"- 
1622. 

Parfait  Francesco,  storico  da  Parigi,  1G98- 
1753. 

Panzer  Giorgio  Volfaogo  di  Siilzbacli ,  bi- 
bliografo, 1729-1805. 


Parini  Giuseppe,  poeta  milanese,  1729-99. 
Paris  (Francesco  di),  diacono,  taumaturgo, 

1690-1727. 
Paris  Mattia,  benedettino  inglese,  cronista, 

-1259. 
Paris-Duverney,  finanziere  francese,  -1 770. 
Pariset  Stefano  ,  dotto  medico  francese  , 

1770  1847. 
Parker  Matteo,  arcivescovo  di  Cantorbery, 

1504-75. 
■^Parmenide  d'Elea,  filosofo  greco,  v.  436. 
Parmentier  Antonio  ,  agronomo  francese, 

1757-1813. 
*Parmenione  ,    capitano   di    Alessandro  , 

V.  530. 
Parny   (Evaristo  Desiderato   di),   empio 

poeta  francese,  1755-1814. 
ParrasioGiano,  grammatico  italiano,  1470- 

1554. 
*Parrasio,  pittore  d'Efeso,  v.  575. 
Parry,  viaggiatore  inglese,  1790-1855. 
Parsons  (Personio),  dotto  gesuita  inglese, 

1547-1610. 
Partenay  Anna  e  Caterina  sua  figlia,  erudite 

francesi,  xv  e  \vi  secolo. 
Partenio  da  Nicea,  scrittore,  v.  40. 
Parola  Paolo,  storico  veneziano,  1540-98. 
Pascal  Biagio  da  Clermoot,  autor  francese, 

1625-62. 
Pascasio  Ralberto  ,  benedettino  francese  , 

IX  secolo. 
Pasquier  Stefano  ,   magistrato    parigino  , 

1529-1615. 
Passavanti  fra  Jacopo,  domenicano  fioren- 
tino, -1357. 
Passeri  Giambattista  ,  antiquario  napole- 
tano, 169M780. 
Passeroni  Gian  Carlo  da  Tenda,  poeta,  1 71 5- 

1802. 
Passionei   (  iT  cardinale ) ,  dotto  italiano, 

1682-1761. 
Pasta  Giuseppe,  medico  bergamasco,  1742- 

1823. 
Patin  Guido,  medico  francese,  1601-72. 
Patrizio  Frane,  filosofo  dalmata,  1530  97. 
Patrizio  (san)  scozzese,  dottore  della  Chiesa, 

V.  493. 
Patrizio,  storico  greco,  v.  550. 
Patuzzi  Gian  Vincenzo  da  Corneliano,  teo- 
logo, -1769. 
*Pausania,  capitano  lacedemone,  -474. 
Pausania,  storico  greco,  ii  secolo. 
Paw  (Cornelio  di),  erudito  olandese,  -1799. 
Pavne  Tommaso,  pubblicista  inglese.  1757- 

1809. 
Pearce,  dotto  evangelista  inglese,  1690- 

1773. 


270 


CRONOLOGIA 


Pearson  Giovanni ,  vescovo  inglese ,  eru- 
dito, 1613-86. 

Pechmeja,  letterato  francese,  1741 -80. 

Pecorone  Giovanni,  novelliere  fiorentino, 
1378. 

*Pedo  Albinovano,  scrittor  romano,  v.  42. 

Peel  Roberto,  uom  di  Stato  inglese,  1778- 
1850. 

Pegolotti,  mercante  fiorentino  del  sec.  xiv. 

Peguilain,  trovatore  francese,  xii  secolo. 

Peignot  Stefano  Gabriele,  bibliofilo  fran- 
cese, 1767-1849. 

Peiresc  Nic,  erudito  francese,  J.'d80-1657. 

Pelagio  d'Oviedo,  cronist.i,  v.  1170. 

Pelagio,  eresiarca,  v  secolo. 

Pellegrino  Cam.  da  Capua,  erudito,  -1548. 

Pellegrino  Simon  Giuseppe  da  Marsiglia, 
drammatico,  1661S-1745. 

Pellegrino   Tibaldi ,   architetto  milanese, 
1527-92. 

Pellico  Silvio  da  Saluzzo,  scrittore  italiano, 
1789-1854. 

Pellisson  Fontanier  da  Beziers  ,  politico 
francese,  1624-93. 

Pelloutier,  dotto  tedesco  d'origine  fran- 
cese, 1694-1757. 

"Pelopida,  capitano  tebano,  v.  380. 

Penn  Guglielmo  di  Londra,  capo  dei  Qua- 
keri,  1644-1718. 

Penna  (Francesco  della)  da  Macerata,  mis- 
sionario al  Tibet,  1680-1747. 

Penni  Giovan  Francesco,  pittore  fiorentino, 
1488-1528. 

Percy  Pier  Francesco,  pubblicista  francese, 
1754-1825. 

*Perdicca,  capitano  d'Alessandro,  -322. 

Perefìxe  (Giovanni  di),  biografo  francese, 
-1670. 

Pereira  Goniez,  medico  spagnuolo,xvi  sec. 

Perez  Antonio,  dotto  spagnuolo,  v.  1598. 

Perfetti  Bernardino,  improvisatore  senese, 
-1747. 

Pergola  (Angelo  della),  generale  italiano, 
-1426. 

Pergolesi  Giambattista  da  Jesi ,  composi- 
tore di  musica,  1704-57. 

*Pericle,  capitano  ateniese,  494-429. 

Perier  Casimiro,  ministro  francese,  1777- 
1832. 

Perizonius  Giacomo,  dotto  filologo  olan- 
dese, 1651-1715. 

Perkins  Eliseo,  medico  americano,  -1795? 

Perotli  Nicolò,  grammatico  italiano,  1430- 
1480. 

Pcrrault  Carlo,  autore  parigino,  1628-1703. 

Perraull  Claudio,  architetto  parigino,  1013 
10G8. 


Perrier  (Carlo  di)  d' Aix,  poeta  latino,  -1692. 
Perron  (Giacomo  di),  cardinale  scrittore,, 

1556-1618. 
Perrot    Nicolò  d'  Ablancourt ,  traduttore 

francese,  1606-64. 
Perruche  Michele,  scultore  francese,  1685- 

1779. 
Persio  Fiacco,  satirico  latino,  34-62. 
Perticari  Giulio,  filologo  romagnuolo,  1 799- 

1822. 
Pertusati  Francesco,  traduttore  e  scrittore 

ascetico  milanese,  -1823. 
Perugino  (Pietro  Vanucci),  pittor  romano, 

1446-1524. 
Peruzzi   Baldassare ,    pittore  e  architetto 

fiorentino,  1481-1556. 
Pescetti,  grammatico  toscano,  xvi  secolo. 
Pestalozzi  Enr.,  educatore  svizzero,  1745- 

1827. 
Petau  Dionigi  d'Orleans,  gesuita,  teologo 

e  cronologo,  1583-1652. 
Petit  Gian  Luigi,  chirurgo  francese,  1674- 

1750. 
Petit  Giovanni,  teologo  francese,  -1411. 
Petit  Paolo,  matematico  francese,  1594- 

1677. 
Petit  Samuele,  antiquario  protestante,  1 594- 

1643. 
Petit-Pied  Nicola,  teologo  controversista 

parigino,  1665-1747. 
Petit-i^adel  Filippo,  medico  parigino,  n. 

1749. 
Petit  Radei    Francesco,    dotto   francese, 

1756-1836. 
PetitotGio.,  smaltista  ginevrino,  1607-91. 
Petòfi,  poeta  ungherese,  1823-48. 
Petrarca  Francesco  d'Arezzo,  poeta,  1304- 

1 574. 
Petronio  Arbitro,  autor  latino,  -66. 
Peurbach  Giorgio,  astronomo  austriaco, 

1423-64. 
Peulinger  Corrado  d'Augusta,  dotto  tede- 
sco, 1465-1547. 
Peyrère  (La)  di  Bordeaux,  teologo,  -1676. 
Peyrols,  trovatore  francese,  xii  secolo, 
Peyssonel,  antiquario  francese,  1700-77. 
Pe«ay  (marchese  di),  autor  francese,  1741- 

1777. 
Pezron  Paolo,  cronologo  francese,  1659- 

1706. 
Pfeiffel  Federico ,  giureconsulto  francese, 

.1726-1807. 
Pfeifi'er,  dotto  orientalista  tedesco,  1640- 

1G98. 
Philip  Arturo,  navigatore  inglese,  -1814. 
Philipon  de  La  Madelaine,  letterato  fran- 
cese, 1734-1818. 


TAVOLA    ALI  ADE!  ICA    D  UOMINI    ILLUSTRI 


271 


Pbranza  Giorgio,  storico  bisantino,  1401- 
1477. 

Piazza  Calisto,  pittore  lodigiano,  -ISriC? 

Piazzi  Giuseppe,  astronomo  italiano,  1746- 
4826. 

Pibrac  (Guido  Dufaur),  autor  francese, 
1529-84. 

Picard  Giovanni,  astronomo  de  La  Fiòche, 
1G56-83. 

Picard  L.  Benedetto,  drammatico  francese, 
1769-1828. 

Picard  F.  Benedetto,  storico  francese,  1680- 
1720. 

Piccini  Nicolò,  compositore  napoletano, 
1728  1800. 

Piccolomini  famiglia  senese ,  che  diede 
molti  illustri,  fra  cui  Enea  Silvio,  dive- 
nuto papa  Pio  II,  1 403-64  ;  un  cardi- 
nale, letterato,  1422-79;  Alessandro, 
dotto  italiano,  1308-78;  Ottavio,  gene- 
rale imperiale,  1o99-1656. 

Pichegru,  generale  francese,  1761-1801. 

Pichler  Weith,  teologo  tedesco,  -1736. 

Pichon,  teologo  francese,  1731-1812. 

Picot  abbate  Michele,  scrittore  francese , 
1770-1841. 

Pictet  Benedetto  da  Ginevra,  teologo,  1663- 
1724. 

Pictet  Carlo  da  Ginevra,  erudito,  1733- 
1824. 

Pier  delle  Vigne,  cancelliere  di  Federico  II, 
-1246. 

Pierin  del  Vaga  (Buonaccorsi),  pittore  ita- 
liano, V.  1347. 

Pierio  Valeriano  di  Belluno ,  letterato , 
-1338. 

Piermarini  Giuseppe  da  Foligno,  archi- 
tetto, 1734-1808. 

Pierson,  critico  olandese,  -1739. 

Pietro  Comestore,  erudito  francese,  xii  sec. 

Pietro  Crisologo  (san),  v.  432. 

Pietro  da  Cortona  (Berettini),  pittore,  1009- 
1669. 

Pietro  delle  Fontane,  giureconsulto  fran- 
cese, V.  1269. 

Pietro  des  Vaux,  storico  francese,  v.  1212. 

Pietro  di  Blois,  id.,  v.  1200. 

Pietro  di  Cluny,  il  Venerabile,  1091-1136. 

Pietro  Eremita  d'Amiens,  -1113. 

Pietro  Martire  Vermiglio,  apostato  italiano, 
XV  secolo. 

Pietro  .Martire  (san),  -1236. 

Pietro  (san)  d'Alcantara,  1499-1362. 

Pietro  (san),  principe  degli  Apostoli,  -66? 

Pigafetta  Antonio  da  Vicenza,  descrisse  i 
viaggi  di  Magellano  e  suoi  dal  1319  al  22, 

Pigalle,  scultore  francese,  1714-83. 


Piganiol  de  La  Force,  storico  francese, 

1673  1765. 
Pigault-le-Brun  ,    romanziere   francese, 

1733-1833. 
Pighio,  antiquario  olandese,  1320-1604. 
Pigna,  storico  e  letterato  italiano,  1329-73. 
Figneau  di  Behaine,  missionario  francese, 

1 741 -99. 
Pìgnorio,  erudito  italiano.  1371-1631. 
Pignotti  Lorenzo,  favoleggiatore  e  storico 

Uiscano,  1739-1812. 
Pikler,  famiglia  tirolese,  da  cui  molti  in- 
cisori su  pietre  dure  nei  sec.  xviii  e  xix. 
'Pilade,  pantomimo  romano,  i  secolo. 
Pilato  Leonzio,  filologo  grecista,  v.  1570. 
Pilatre  de  Rosier,  fisico  francese,  1736-86. 
^Pindaro,  poeta  lirico  da  Tebe,  -442. 
Pindemonte  Ippolito,  poeta  veronese,  1733- 

1828. 
Pi  nel,  medico  francese,  1743-1826. 
Pinelli,  bibliografo  napoletano,  1333-1631. 
Pingone  Emanuel  Filiberto,  dotto  savo- 

jardo,  1323-81. 
Pingré  Alessandro,  astronomo  parigino, 

1711-96. 
Pinheiro-Ferreira  Silvestro,   pubblicista 

portoghese,  1769-1847. 
Pinkerton  Gio.,  erudito  scozzese,  1738- 

1826. 
Pino  Ermenegildo,  naturalista  milanese, 

1739-1823. 
Pins  (Giovanni  di),  vescovo  di  Rieux,  1470- 

1357. 
Pinsson  Francesco,  giureconsulto  francese, 

1612-91. 
Pinturicchio  Bernardino,  pittore,  -1383. 
Piranesi  Giambattista,  intagliatore  veneto, 

1 720-78. 
Piron  Alessio,  poeta  francese  da  Bigione, 

1089-1773. 
^Pirrone  d'Elide,  filosofo  scettico,  v.  276. 
Pisan  (Cristina  di),  veneziana,  scrittrice 

francese,  1363-1413. 
*Pisandro,  poeta  greco,  v.  648. 
Pisano  (Tomaso  di)  da  Bologna,  astrologo, 

V.  1330. 
'Pitagora,  filosofo  greco,  580-300. 
*Pitea,  astronomo  e  navigatore  di  Marsi- 
glia, V.  348. 
"Pitea,  orator  ateniese,  v.  338. 
Pithou  Francesco  da  Troyes,  giureconsulto, 

V.  1631. 
Pithou  Pietro  da  Troyes,  scrittore,  1 339-96. 
Pitisco  Samuele,  dotto  filologo  olandese, 

1361-1613. 
Pitt  Guglielmo,  ministro  inglese,  1708-78  ; 

suo  figlio  del  nome  stesso,  1736-1806. 


272 


CRUNOLOGfA 


*Pittaco  da  Mitilene ,  uno  de'  Sette  savj, 

649-579. 
Pizzarro  Francesco,  ammiraglio  spagnuolo, 

J 465-1 541. 
Place  (0.  de  La),  poeta  francese,  1707-93. 
Piacentino,  giureconsulto,  xii  secolo. 
Plantin  Cristoforo  d'Anversa,  tipografo, 

XVI  secolo. 
Planude  Massimo,  monaco  greco,  xiv  sec. 
Platina  (Bartolomeo  Sacchi  detto),  storico 

italiano,  1421  81. 
*Platone,  filosofo  greco  d'Egina,  450-347. 
*Platone  il  giovane,  poeta  comico,  v.  500. 
"Plauto  Marco  Accio,  poeta  Ialino,  222-184. 
Playfair  Giovanni,  matematico  e  geologo 

inglese,  1749  1819. 
Plessis  fDu),  dotto  benedettino  francese, 

1689  1767. 
Plinio  il  vecchio,  naturalista  romano,  23-79. 
Plinio  Cecilio,  autor  romano,  G2-11o. 
Plotino,  filosofo  alessandrino,  205-270. 
*Plozio  L.,  retore  gallo,  i  secolo. 
Pluche  Natale,  autor  francese,  1688-1761. 
Pluquet  Francesco,  id.,  1716-80. 
Plutarco,  filosofo  platonico,  v.  400. 
Plutarco,  storico  e  filosofo  greco,  50-119. 
Pocock  Edoardo ,  dotto  teologo  inglese  , 

1604-91. 
Pococke  Rie,  viaggiatore  inglese,  1704- 

1765. 
Poggiani  Giulio,  letterato  novarese,  1522- 

1568. 
Poggio  Bracciolini,  dotto  italiano,  1580- 

1459. 
Poinsinet  di  Sivry,  drammaturgo  francese, 

1733-1804. 
Poiret  Pietro,  autore  protestante  francese, 

1646-1759. 
Poisson  Raimondo,  attore  ed  autore  dram- 
matico francese,  -1690. 
"Polemone,  filosofo  ateniese,  v.  315. 
Poleni  Giovanni,  matematico  da  Venezia, 

1685-1761. 
'Polibio,  medico  greco,  v.  420. 
^Polibio,  storico  greco,  205-148. 
*Policleto  da  Sidone,  scultor  greco,  v.  461 . 
'^Policrale,  tiranno  di  Samo,  vi  secolo. 
Polidoro  Virgilio,  storico  d'Urbino,  1470- 

1555. 
Polidoro  da  Caravaggio,  pittore,  1 495-1 545. 
Polieno,  storico  greco,  v.  16i. 
Poliuto,  martire  armeno  del  in  secolo. 
Polignac  (Melchiorre  di),  cardinale  e  au- 
tore francese,  1661-1741. 
*Polignoto  da  Taso,  pittor  greco,  v.  420. 
Politi  Catarino  ,  giureconsulto  e  teologo 

italiano,  1487-1553. 


Poliziano  Angelo  da  Montepulciano,  lette- 
rato, 1454  95. 

*Pullione  Cajo  Asinio,  oralor  latino,  v.  50. 

Pollione  Trel)ellio,  storico  romano,  v.  500. 

Polluce  Giulio,  grammatico  greco,  n  sec. 

Polo  Marco,  viaggiatore  veneziano,  1250- 
1323. 

Polo  Reginaldo,  cardinale  inglese,  1 500-58. 

Ponibal  (il  marchese  di),  mmistro  porto- 
ghese, 1699-1782. 

"Pompeo  Magno,  capitano  romano,  1 06-48. 

Pompignan  (  Lefranc  di),  poeta  francese, 
1709-84. 

Pomponazzi  Pietro,  filosofo  e  medico  ita- 
liano, 1463-1525. 

"Pomponio  Attico,  dotto  romano,  v.  50. 

Pomponio  Feslo,  grammatico,  v.  358. 

Pomponio  Leto,  dotto  letterato  napoletano, 
1425-97. 

Pomponio  Mela,  geografo,  v.  78. 

Pomponio  Sesto,  giureconsulto  romano. 
Il  secolo. 

Pontano  Gioviano,  filosofo  italiano,  1426- 
1505. 

Pontano  o  Da  Ponte,  grammatico  fìammin 
go,  1480-1530. 

Pontoppidan  Erico,  autor  norvegio,  1698- 
1764. 

Pontormo  (Giacomo  Carrocci),  pittore  to- 
scano, 1493-1536. 

Pope  Alessandro,  poeta  inglese,  1688-1744. 

Popma  (Ausonio  di],  filologo  e  giurecon- 
sulto tedesco,  -1615. 

"Poramone,  filosofo  alessandrino,  v.  279. 

Porcacchi  Tommaso  aretino,  storico, -1585. 

Pordenone  Giulio,  pittor  veneziano,  1500- 
1561. 

Porfirio,  platonico  greco,  255-305. 

Porpora  Nicola,  musico  napoletano,  1685- 
1767. 

Porporati  Carlo,  incisore  torinese,  1741- 
1816. 

Porta  Carlo,  poeta  milanese,  1776-1821. 

Porta  (Giacomo  della),  architetto  milanese, 
1530-95. 

Porta  (Giambattista  della) ,  fisico  napole- 
tano, 1540-1615. 

Portalis  Stefano  Maria,  giureconsulto  fran- 
cese, 1746-1807. 

Porte  du  Theil  (de  La),  autore  francese, 
1742-1815. 

Portes  (Des) ,  protestante  francese,  1546- 
1606. 

Porzio  Camillo  ,  storico  napoletano,  xvii 
secolo. 

*Posidippo,   poeta  comico  njacedone,  v. 
330. 


TAVOLA    ALFABETICA   d'UOMINI   ILLUSTRI 


273 


*Posidonio,  filosofo  stoico,  i  secolo. 
Possel  Giovanni,  filologo  tedesco,  -1591. 
Postel  Guglielmo,  dotto  francese,  1510  81. 
"Postumio,  dittator  romano,  v  secolo. 
Potamone,  filosofo  greco  d'Alessandria,  ii 

secolo. 
Potemkin,  ministro  russo,  1736-91, 
Pothier  Roberto,  giureconsulto  francese, 

1690-1772. 
Potter  Roberto,  grecista  e  poeta  inglese, 

1721 -180i. 
Pouqiieville  Francesco  Carlo,  viaggiatore 

e  diplomatico,  1770-1838. 
Pouschkine  Alessandro,  poeta  russo,  1799- 

1837. 
Poussin  Nicola,  pittore  francese,  1594- 

1665. 
Pozzodiborgo  Carlo  Andrea ,  diplomatico 

còrso,  1764  1842. 
Pradon,  poeta  tragico  francese,  1632-98. 
Pradt  (monsignore  di),  arcivescovo  di  Ma- 

lines,  1759-1837. 
*Prassagora,  storico  ateniese,  iv  secolo. 
*Prassilla  da  Sidone,  poeta,  v.  470. 
'Prassitele,  scultor  greco,  v.  320. 
*Prativa,  poeta  tragico,  v.  500. 
Preti  Girol.,  calabrese,  secentista,    1613. 
Prévot  d'Exiles  Antonio,  autor  francese, 

1697-1763. 
Pricseus  o  Price,  dotto  scoliaste  inglese, 

1600-76. 
Price  Ricardo,  autor  politico  inglese,  1723- 

1 791 . 
Prideaux,  dotto  teologo  inglese,  1 578-1 650. 
Prideaux  Umfredo,  antiquario  e  storico  in- 
glese, 1648  1724. 
Prierio  (Silvestro  Mazzolino  di),  domeni- 
cano controversista,  -1523. 
Priestley  Giuseppe,  fisico  inglese,  1733- 

1804. 
Primaticcio  Francesco,  architetto  e  pittore 

italiano,  1490-1570. 
Prince,  teologo  e  biografo  inglese,  1643- 

1723. 
Prior  Matteo,  poeta  inglese,  1664-1721. 
Prisciano,  grammatico  da  Cesarea,  v.  525. 
Prisciano  da  Costantinopoli,  poeta  latino, 

v.  560. 
Priscilliano,  eresiarca,  iv  secolo. 
Prisco  di  Panio,  storico  bizantino,  v  secolo. 
Prisco,  giureconsulto  romano,  v.  106, 


Procaccini,  pittori  bolognesi:  Ercole,  1520- 
1591  ;  Camillo,  iriiO-1626;  Giulio  Cesare, 
1548-1626-,  Ercole,  1596  1676. 

Precida  (Giovanni  da),  gentiluomo  napole- 
tano, n.  1225. 

Proclo,  filosofo  platonico,  -487. 

Procopio  da  Cesarea,  storico  greco,  -565. 

Procopio  da  Gaza,  dottor  della  Chiesa  greca, 
v.  640. 

*Prodico,  sofista  greco,  v.  400. 

Pronv  Gaspare,  ingegnere  francese,  1755- 
1839. 

'Properzio  Sesto  Aurelio  ,  poeta  latino  , 
52-12. 

Prospero  (san)  d'Aquitania,  poeta  cristiano 
latino,  403-63. 

Prospero  Tiro,  poeta  gallo,  v  secolo. 

'Protagora  d'Abdera,  sofista  greco,  489- 
408. 

*Protogene,  pittor  greco,  v.  336. 

Proyart  (l'abbate),  autor  francese ,  1743- 
1808. 

Prudenzio  Aurelio  Clemente ,  poeta  cri- 
stiano latino,  V.  405. 

Psaume,  dotto  prelato  francese,  1518-75; 

Psello  Michele,  autor  greco,  -1079. 

'Publio  Nigidio  Figulo,  filosofo  pitagorico, 
V.  50. 

'Publio  Siro,  poeta  mimico  latino,  v.  36. 

Pucci  Francesco,  controversista  italiano, 
-1600. 

Puffendorf  Samuele,  pubblicista  e  storico 
tedesco,  1632-94. 

Puget  Pietro,  ingegnere,  pittore  e  scultore 
francese,  1622  94. 

Pulci  Luigi,  poeta  italiano,  1432-87. 

Purchas,  itinerografo,  v,  1526. 

Purchas  Samuele,  teologo  inglese,  1577- 
1628. 

Puricelli,  dotto  compilatore  italiano,  1589- 
1659. 

Puteano  (Erico  Dupuy),  filologo  fiammingo, 
1574  1646. 

Putschio  Elia,  id.,  1580-1605. 

Puy  (Claudio  Du),  giureconsulto  francese, 
1583-1651. 

Pyle,  teologo  inglese,  1674-1756. 

Pujati  Giuseppantonio  ,  medico  friulano  , 
1701  60.  Giuseppe  Maria  suo  figlio,  teo- 
logo, 1733-1824. 


Cantò,  Documenti.  —  Tomo  I,  Cronologia. 


XS 


274 


CRONOLOGIA 


« 


Quadrio  Francesco  Saverio  di  Valtellina, 

letterato,  169S-1756. 
Quarin  Giuseppe,  medico  austriaco,  1774- 

1814. 
Quatremaire  Roberto,  benedettino  francese, 

1611-71. 
Quatremère  de  Quincy  Crisostomo,  erudito 

francese,  1 753-1849. 
Quattromani  Sertorio  ,  letterato  italiano  , 

1851-1606. 
Qiiensted  Giovanni  Andrea,  teologo  tede- 
sco, 1617-88. 
Querenghi  Antonio,  poeta  italiano  e  latino, 

1546-1653. 
Querini  Angelo  Maria,  cardinale  veneziano, 

1680  1736. 
Querno  Camillo,  poeta  burlesco  latino,  v. 

1528. 
Quesnay  Francesco,  medico  ed  economista 

francese,  1694-1774. 
Quesne  (Abramo  Du),  pilota  francese,  1610- 

1688. 


Quesnel  (l'abbate),  storico  francese,  1699- 
1774. 

Quesnel  Pascasio,  teologo  francese,  1634- 
1719. 

Quetif  Giacomo  di  Parigi,  domenicano  sto- 
rico, 1618-98. 

Quevedo  Francesco  de  Villegas,  poeta  e 
letterato  spagnuolo,  1580-1645. 

Quien  (Le),  erudito  domenicano  francese, 
1661-1753. 

Quinault  Filippo,  poeta  francese,  1635-88. 

Quintiliano  Marco  Fabio,  retore  ed  uma- 
nista latino,  sotto  Adriano. 

Quintinie  (Giovanni  de  La),  agronomo  fran- 
cese, 1626-88. 

Quinto  Calabro  Smirneo,  greco  continua- 
tore d'Omero,  secolo  v. 

Quinto  Curzio,  storico  latino  d'età  incerta. 

Quinziano  Gian  Francesco,  poeta  Italiano, 
1484-1357. 

Quiros  (Pedro  de),  ammiraglio  spagnuolo, 
-1614. 


K 


Raban  Mauro,  dotto  vescovo  di  Magonza, 
776  856. 

Rabelais  Francesco,  autof  francese,  1483- 
1553. 

*Rabirio,  poeta  latino,  v.  15. 

Rabutin  (Bussy)  da  Nevers,  autore,  1618- 
1693. 

Rricine  Bonaventura,  storico  ecclesiastico, 
1678-1745. 

Racine  Giovanni,  poeta  drammatico  fran- 
cese, 1639  99. 

Racine  Luigi,  poeta  francese,  1692-1763. 

RadclilTè  Anna,  moralista  inglese,  1764- 
1823. 

Raimondi  Giambattista,  orientalista  cremo- 
nese, 1340  1627? 

Raimondi  Marcantonio,  incisor  bolognese, 
1488-1546. 

Raimondo  (san)  di  Pegnafort,  compilatore 
delle  Decretali,  1185-1273. 

Rainaldi,  storico  ecclesiastico,  1595-1671. 

RaleighGuglielmo,navigator  inglese,  1532- 
1618. 

Kameau  Gian  Filippo,  compositore  di  mu- 
sica francese,  1683  1764. 


Ramler  Carlo,  poeta  tedesco,  1725  98. 
Ramsay  (Andrea  di) ,  letterato  francese , 

1686-1743. 
Ramsden  Jesse,  ottico  e  meccànico  inglese, 

1755  1800. 
Ramus  Pietro,  filosofo  francese,  1502  70. 
Ramusio  o  Ramnusio  Giambattista,  storico 

italiano, -1557. 
Rancé  (Armando  di),  abbate  riforinatore 

della  Trappa,  1626-1700. 
Rapiu  di  Toiras  Paolo,  storico  francese, 

1661-1725. 
Rapin  Nicolao^  poeta  francese,  1540  1608. 
Rapin  Renato,  letterato  francese,  1621  87. 
Rflsori  Giovanni  di  Parma,  medico,  1766- 

1837. 
Rases,  storico  arabo  di  Spagna,  v.  928. 
Rfltramno,  frate  francese,  ix  secolo. 
Ranch,  scultore  di  .Arolsen,  1777-1857. 
Rawlinson,  autor  inglese,  -1715. 
Ray  Gio.,  naturalista  inglese,  1628  1705. 
Raymaro  Ursus,  matematico  danese,  v. 

1600. 
Raynal  Guglielmo,  storico  francese,  1713- 

1796. 


TAVOLA    ALFABETICA    D  UOMINI    ILLUSTllI 


27» 


Raynaud  Teofilo,  scrittor  ecclesiastico  fran- 
cese, 1583-  I(i63. 

Raynoiiard  Francesco  Giusto,  erudito  e 
poeta  francese,  Ì76I-I836. 

lìeal  (di  Curban),  pubblicista  francese, 
1082-1752. 

Iléaumur  Renato,  fisico  francese,  1683- 
1767. 

Redi  Francesco  di  Arezzo,  dotto  medio©  e 
naturalista,  1020-94. 

Reginone,  cronista  tedesco,  -915. 

lìegis  Pietro  Silvano,  filosofo  francese, 
1632-1707. 

Re;.'ius  Urbano  (Lerov) ,  dotto  francese , 
-^1577. 

Regnard  Giovanni,  poeta  comico  parigino, 
1647-1709. 

Regnault  Giambattista,  pittore  parigino, 
17541829. 

Regnier  Maturino,  poeta  satirico,  1575- 
1613. 

Regnier  Desmarais  Francesco  ,  letterato 
francese,  1632  1713. 

Reid  Tommaso,  filosofo  scozzese,  1710-96. 

Reigny  (RelTroy  di),  autor  francese,  1757- 
1810. 

Reimann  Giacomo,  bibliografo  da  Gronin- 
ga,  1668-1 7  i3. 

Reinesio  Tommaso,  filosofo  ed  autore  da 
Gota,  1587  1667. 

Reinhard  Francesco,  predicatore  tedesco, 
1753  1813. 

Reinhold,  metafisico  tedesco,  1758-1823. 

Reiske  Giangiac,  dotto  tedesco,  1716-74. 

Reland  Adriauo  ,  orientalista  olandese  , 
1666-1718. 

Rembrandt  van-Rein  ,  pittore  olandese  , 
1606-74. 

Remigio  (san),  arcivescovo  di  Reims,  438- 
533. 

Remusat  Abele,  orientalista  e  sinologo  fran- 
cese, 1788-1832. 

Renano  Beato,  filologo  tedesco,  -1547. 

lìenaudot  Eusebio,  orientalista,  16i6-1720. 

Renaudot,  storico  francese,  1730-80. 

Renaudot  Teofrasto,  primo  giornalista  fran- 
cese, 1584-1653. 

Renazzi  Filippo  Maria,  giureconsulto  ro- 
mano, 1747-1808. 

Remici  Giovanni,  uffiziale  inglese,  geo- 
grafo, 1742  1830. 

Rennio  Giovanni,  ingegnere  inglese,  1761- 
1822. 

Requenoy  Vives,  letterato  spagnuolo,  1743- 
1811. 

Resnel  de  Bellay  Giovanni,  letterato  fran- 
cese, 1692-1761. 


Restif  de  La  Bretonne,  autor  francese, 
1734  1806. 

Retz  (Pietro  di  Gondy,  cardinale  di),  di- 
plomatico, 1614-79. 

Reucbiin  Giovanni,  filologo  tedesco,  14S5- 
1522. 

Reynolds  sir  Giosuè,  pittore  inglese,  1723- 
1792. 

Rhazis  Maometto,  medico  arabo,  850  923. 

Ribera  Francesco,  poeta  spagnuolo,  1580- 
1629. 

Ricard  Domenico,  letterato  francese,  1741- 
1803. 

Ricardo  Davide,  economista  inglese,  1772- 
18Ì3. 

Hiccati  Vincenzo,  dotto  matematico  trevi- 
sano, 1707-75. 

Ricci  (padre)  Matteo,  missionario  da  Ma- 
cerata, 1552-1610. 

Ricci  Michelangelo,  matematico  italiano, 
1619  82? 

Ricci  Scipione,  vescovo  di  Pistoja,  1741- 
1810. 

Riccioli  Giovanni,  astronomo  da  Ferrara, 
1593  1671. 

Riccoboni  Luigi  di  Modena,  comico  fran- 
cese, 1674-1753. 

Riccoboni  (madama),  attrice  e  autrice  pa- 
rigina, 1714-92. 

Richard  ,  gesuita  francese ,  matematico 
1589  1664. 

Richardot,  dotto  vescovo  d'Arras,  1507-74. 

Ricbardson  Samuele,  tipografo  e  roman- 
ziere inglese,  1689-1761. 

Richelieu  Armando  Giovanni  Duplessis 
(cardinale  di),  ministro  francese,  1585- 
1642. 

Richer  Edmondo,  teologo  francese,  1560- 
1631. 

Ricbter  Giovan  Paolo,  umorista  tedesco, 
1763-1825. 

Rienzi  (Nicola  Gabrino  di  Lorenzo),  tri- 
buno romano,  1310-54. 

Riga,  poeta  greco,  1753-98. 

Rigaud  Giacinto,  ritrattista  francese,  1659- 
1743. 

Rigault  Nicolò,  filologo  francese,  1577- 
1654. 

Rigoley  di  Juvigny ,  letterato  francese , 
-1788. 

Rinuccini  Ottavio,  poeta  fiorentino,  -1621. 

Riperda,  uomo  di  Stato,  v.  1737. 

Riquet  (Pietro  di),  ingegnere  francese, 
1604-80. 

Risbeck  Gaspare,  autore  tedesco,  1750-86. 

Rittenbouse,  astronomo  americano,  1732- 
1796. 


276 


CRONOLOGIA 


Rivarol  (Antonio  di),  letterato  francese, 
1754  1801. 

Rivault  (David  de  Fieurance),  autor  fran- 
cese, 1571-1616. 

Robert  d'Auxerre,  cronista  francese,  -1212. 

Roberti  Giambattista,  gesuita  italiano,  po- 
ligrafo, 1712-86. 

Robertson   Guglielmo  ,    storico    inglese  , 
1721  93. 

Roberval  (Gilberto  di),  geometra  francese, 
1602-75. 

Robespierre  Massimiliano  di  Arras,  rivolu- 
zionario, 1759-94. 

Robilan  Benedetto  di  Torino,  minerologo, 
1724-1801. 

Robins,  matematico  inglese,  1707  51. 

Robinson  Maria,  commediante  ed  autrice 
inglese,  1758-1800. 

Robortello  Francesco  ,   fdologo   italiano  , 
1516-67. 

Rochefort,  letterato  francese,  1731-88. 

Rochefoucauid  (Francesco  de  La),  mora- 
lista francese,  1613-80. 

Rochester  (Giovanni  Wilmot  di),  poeta  in- 
glese, 1648-80. 

Rochon  Alessio ,  astronomo  e  navigatore 
di  Brest,  1741-1817. 

Rochon  de  Chabannes,  autor  drammatico 
francese,  1750-1800. 

Rocque  (A.  de  La),  poeta  da  Marsiglia, 
1672-1724. 

Roderer  Pier  Luigi,  magistrato  e  storico, 
1754-1835. 

Rodia,  medico  e  archeologo  danese,  1587- 
1659. 

Rodigino  Celio,  filologo  italiano,   1450- 
1525. 

Rodney  Giorgio,  ammiraglio  inglese,  1717- 
1792. 

Rodriguez  (b.  Alfonso),  ascetico  spagnuolo, 
1526-1616. 

Roe,  viaggiatore  inglese,  1560-1644. 

Roger  di  Howeden  ,  storico  inglese  ,  v. 
1199. 

Roger  Fr.,  letterato  francese,  1776-1842. 

Rohan  (Enrico  duca  di),  capitano  e  scrit- 
tore militare,  -1638. 

Rollin  Carlo,  storico  francese,  1661-1741. 

Romagnosi  Gian   Domenico    piacentino, 
giurista,  1771-1835. 

Romano  (san),  eremita  francese,  425  460. 

Romano  (san),  vescovo  di  Rouen,    639. 

Rome  de  Lisle,  fisico  francese,  1736-90. 

Romer  Olao ,  astronomo  da  Copenaghen , 

1644-1710. 
Romiily  Samuele,  giureconsulto  inglese, 
1758-1818. 


Romme  Carlo,  geometra  francese  ,  1744- 

1805. 
Romualdo  (san)  di  Ravenna,  fondatore  de' 

Camaldolesi,  956-1027. 
Rondinelli,  letterato  fiorentino,  1589-1665. 
Rondolet  Guglielmo,  naturalista  di  Mont- 
pellier, 1507-66. 
Ronsard  (Pietro  di),  poeta  francese,  1525- 

1586. 
Rosa  Salvatore ,  pittore  e  poeta  italiano , 

1615-97. 
*Roscio  Quinto,  comico  latino,  v.  50. 
Roscoe  Guglielmo,  storico  inglese,  1752- 

1831. 
Roscommon  Wentworth  ,  poeta  inglese  , 

1653-84. 
Rosellini    Ippolito  ,    antiquario   italiano  , 

1800-43. 
Rosello  Lucio  Paolo,  giureconsulto  italiano, 

1580-1466. 
Rosmini-Serbati  Antonio  da  Roveredo,  fi- 
losofo, 1797-1855. 
Rosselli  Cosmo,  pittore  fiorentino,  1416-84. 
Rossetti  Gabriele,  poeta  napoletano,  1792- 

1854. 
Rossi  Bastiano ,  uno  dei  fondatori  della 

Crusca,  1582. 
Rossi   Gian   Vittorio  (Janus  Nicius  Ery- 

ihrcBus) ,  filologo  e  biografo  romano, 

-1 647. 
Rossi  Pellegrino  di  Carrara,  economista  e 

diplomatico,  1787-1848. 
Rossi  Properzia,  pittrice  bolognese,  1495. 
Rossi  Quirico,  poeta  e  predicatore  italiano, 

1696  1760. 
Rossignol,  dotto  gesuita  francese,  1726- 

1807. 
Rosso  (il),  pittore  fiorentino,  1496-1541. 
Rostopchin  Teodoro,  generale  russo,  1765- 

1826. 
Rota  Bernardino,  poeta  napoletano,  -1575. 
Rotrou  (Giovanni  di),  poeta  francese,  1609- 

1650. 
Rotteck  Carlo  di  Friburgo  in  Brisgovia, 

storico  e  statista,  1775-1840. 
Roucher  Giovanni,  poeta  francese,  1745- 

1794. 
Rouget  de  l'Isle,  autore  della  Marsigliese, 

1760-1836. 
Rousseau  Giambattista,    poeta   francese, 

1670-1741. 
Rousseau  Giangiacomo  di  Ginevra,  filosofo, 

1712-78. 
Rowe  Nicola,  poeta  drammatico  inglese, 

1673-1718. 
Roy  Pietro  Paolo,  poeta  francese,  1683- 

1764. 


TAVOLA   ALKABETICA    D UOMINI    ILLUSTRI 


277 


Royer-Collard ,  oratore  e  filosofo  francese, 
1763-1843. 

Royon  ,  giornalista  ed  autore  francese , 
1741-92. 

Rozier  Gio.,  agronomo  francese,  1734  93. 

Rubens  Pietro  Paolo,  pittore  fiammingo, 
1577-1640. 

Rubruquis  Guglielmo  (Ruysbroeck),  fran- 
cescano olandese  ,  viaggiatore  del  xiii 
secolo. 

Rncellai  Gio.,  poeta  fiorentino,  1473-1523. 

Rue  (Carlo  de  la) ,  predicatore  e  retore 
francese,  1643-1725. 

Rufino  d'Aquileja ,  storico  ecclesiastico, 
v.^OS. 

Rufo  Pesto,  storico  latino,  v.  370. 

Ruhnkenio  Davide,  filologo  tedesco,  1723- 
1798. 

Ruinart  Teodorico,  dotto  benedettino  fran- 
cese, 1657-1709. 


Rulhière  (Claudio  di),  storico  francese, 
1735-91. 

Runiford  Beniamino ,  fisico  degli  Slati 
Uniti,  1753  1814. 

Rumpt  G.,  botanico  tedesco,  1626-93. 

Rupert  (il  principe),  generale  inglese, 
1619-82. 

Ruperti  (abbate),  scrittore  ecclesiastico, 
XIII  secolo. 

Ruscelli  Girolamo  da  Viterbo,  critico  ita- 
liano, -1566. 

Rushworth  Giovanni,  autore  inglese,  1607- 
1690. 

Rutilio  Numaziano,  poeta  latino,  v.  420. 

Ruysck  Francesco  dall'Aja,  anatomista, 
1638-1731. 

Ruyter  Michele  Adriano,  ammiraglio  olan- 
dese, 1607-76. 

Rymer  Tommaso,  storico  inglese,  1650- 
1713. 


8 


Sa  0  Saa,  dotto  gesuita  portoghese,  -1596, 
Saa  de  Miranda,  poeta  portoghese,  1495- 

1558. 
Saadi  da  Schlraz,  poeta  persiano,  1195- 

1296. 
Saas,  bibliografo  francese,  1703-74. 
Saavedra  Faxardo,  moralista  e  storico  spa- 

gnuolo,  1584-1648. 
Sabatier  Antonio,  letterato  francese,  1742- 

1817. 
Sabatier  Rafaele,  chirurgo  francese,  1732- 

1811. 
Sabatino  Andrea,  pittore  salernitano,  -1 480. 
Sabellico  Marcantonio,  storico  veneziano, 

v.  1506. 
Sabellio,  eresiarca,  iii  secolo. 
Sabino  Giorgio,   poeta    brandeburghese, 

1508-60. 
Sablier,  letterato  francese,  1693-1786. 
Sablière  (madama  de  La),  -1680. 
Sacchetti   Franco ,   novellista  fiorentino 

1335-1410. 
Sacchi  Giovenale,  milanese,  scrittore  di 

musica,  1726-89. 
Saccbini,  napoletano,  compositore  di  mu- 
sica, 1755-86. 
Sacrobosco  Giovanni,  astronomo  inglese, 

v,  1226. 
Sacy  (Le  Maistre  di),  commentator  biblico, 

1613-84. 
Sacy  (Luigi  di),  letterato  francese,- 1654- 

1727. 


Sacy  Silvestro,  orientalista  parigino,  1758- 

1838, 
Sade  (marchese  di),  autor  francese,  1740- 

1814. 
Sadoleto  Giacomo ,  cardinale  e  letterato 

modenese,  1502-47. 
*Saffo,  poetessa  greca,  n.  v.  612. 
Sagittario  Gasp.,  storico  sassone,  1643-94, 
Sagredo   Giovanni,  storico   veneziano   e 

doge  nel  1675. 
Saint-Allais  (Viton  de),  genealogista  fran- 
cese, 1773  1842. 
Saint- Amand  (di),  poeta  francese  ,  1594- 

1660. 
Saint-Cyran  (abbate  di),  teologo  francese, 

1581-1642. 
Saint-Evremont  (Carlo  di),  autor  francese, 

1613-1703. 
Saint-George,  letterato  francese,  1745-99. 
Saint-Lambert  (Carlo  Francesco  ili),  poeta 

francese,  1717-1803. 
Saint  Martin  Claudio  d'Amboise,  teosofista, 

1743-1803. 
Saint-Non  (Ricardo  abbate  di),  1727-91. 
Saint-Pavin  Dionigi,  poeta  francese,  1600- 

1670. 
Saint-Pierre  Bernardino ,  autor  francese  , 

1737-1814. 
Saint-Pierre  Carlo,  pubblicista  e  moralista 

francese,  1658-1743. 
Saint-Simon  (conte  di)   Claudio  Enrico , 

capo  dei  Sansiraonisti,  1760-1825. 


278 


Saint  Simon  (duca  di)  Luigi,  autor  fran- 
cese, 1 675-1 75S. 
Sainte-Beuve,  casista  francese,  1Glo-77. 
Sainte-Croix   Guglielmo ,   dotto    scrittore 

francese,  1746-1809, 
Sainle-iVJarthe,  famiglia  francese,  illustre 

per  varj  scritlori. 
Saiote-Palaye  Giambattista,  erudito  fran- 
cese, 1697-1781. 
Salandri  Pellegrino,  poeta  italiano,  -1771. 
Sale  (de  La)  Antonio,  romanziere  francese, 

1598-1462. 
Salinas  y  Cordova,  dotto  peruviano,  -1635. 
Salis  Ulisse,  grigione,  storico  e  guerriero, 

1594-1674. 
Salisbury  (Gio.  di),  dotto  inglese,  -1180. 
Sallengre,  autor  olandese,  1694-1723. 
Sallier  Claudio,  filologo  francese ,  1685- 

1761. 
Sallo  (Dionigi  di),  francese,  primo  esten- 
sore del  Journal  des  Savans^  1626-69. 
^Sallustio  Cajo  Crispo,  storico  latino,  86  38. 
Sallustio,  lìlosolo  platonico,  vi  secolo. 
Salomes,  poeta  aploellenico,  -1857. 
Salutato  Coluccio  ,  dotto  italiano,  1330- 

14U6. 
Saluzzo    Diodata  ,    poetessa   piemonlese  , 

1774-1840. 
Salviani  Ippolito,  ittiologo  italiano,  1514- 

1572. 
Salviano,  dotto  prete  di  Marsiglia,  590-484. 
Salviano,  giureconsulto  latino,  v.  148. 
Salviati    Leonardo ,    biologo    fiorentino  , 

1540-89. 
Salvini  Antonmaria,  id.,  1053-1729. 
Salvino  degli  Annali,  borentino,  inventor 

degli  occbiali,  -1517. 
SaiuOuc  Giovauui,  meif^co  e  storico  unghe- 
rese, 1531-84. 
Sanchez  Tommaso,  teologo  da  Cordova, 

1550-1610. 
*Sanconialone,  scrittore  fenicio,  n.  1040. 
banders  iNicula,  teologo  inglese,  1527  80. 
Sandio  Ciisioforo  ,  socimano   prussiano  , 

1644-80. 
Sandis  Edwin,  viaggiatore  e  poeta  inglese, 

1576  1643. 
Sangallo  Antonio ,   architetto  borentino  , 

-1546. 
Sanmicbeli  Michele,  architetto  veronese, 

1484-1559. 
Sannazaro  Giovanni ,  poeta  napoletano  , 

1458-1550. 
"Sannirio,  poeta  greco,  v.  429. 
Sansevero  (llaimondo  di  Sangro),  principe 

napoletano,  architetto,  -1771. 
Sanson  INicolò,  geografo  francese,  1600-67. 


CRONOLOGIA 

Sansovino  Francesco,  letterato  italiano, 

1521-86. 
Sansovino  (Giacomo  Tatti  da),  architetto 

toscano,  1479-1570. 
Santeuil  (Giovanni  di),  parigino,  poeta  la- 
tino, 1630-97. 
"Santippe,  capitano  ateniese,  v  secolo. 
''Santippe,  capitano  lacedemone,  v.  255. 
Santorini  Gian  Domenico,  anatomista  ve- 
neziano, -1737. 
Santorio  da  Capo  d'Istria,  medico,  -1636. 
Sanuto  Marino,  storico  veneziano,  1466- 

1551. 
Sanvitali,  matematico  italiano,  1704-61. 
Sanzio  Rafaele  d'Urbino,  pittore,  1483- 

1520. 
Sarasa  Alfonso  Antonio,  gesuita  fiammingo, 

-1667. 
Sarmiento  da  Gamboa,   navigatore  spa- 

gnuolo,  XVI  secolo. 
Sarpi  fra  Paolo,  teologo  veneziano,  1552- 

1623. 
Surrasin,  autor  francese,  1603-54. 
Sassi  Giuseppe  Antonio,  critico  milanese, 

1675-1751. 
Sassonia  (Maurizio  di),  generale  francese, 

1696  1750, 
Saumaise  (Salmasius)  Claudio,  dotto  fran- 
cese, 1588  1658. 
Saunderson  iNicolò,  matematico  inglese, 

1682-1759. 
Saurin  Bernardo,  poeta  drammatico  fran- 
cese, 17u6  81. 
Saunn  Giac,  predicatore  francese,  1677- 

1750. 
Sauriii  Giuseppe  da  Gourtaison,  matema- 
tico, 16ò9  1757. 
Saussay  Andrea,  dotto  ecclesiastico  pari- 
gino, 1598-1675. 
Saussure  (Benedetto  di),  fisico  ginevrino, 

1740-99. 
Sauvuge  Dionigi,  letterato  francese,  -1587. 
bauvage    Francesco ,   medico    e   botanico 

francese,  1706-67. 
Sauveur  Giuseppe,  matematico  francese, 

1653-1716. 
Savary  Ciac,  negoziante  di  Douai,  1622- 

1690. 
Savary  Nicolò,  viaggiatore  ed  orientalista 

lìanceso,  1750-88. 
Savary  ilenato,  duca  di  Rovigo,  generale 

liauceso,  1774-1833. 
Saviguy  Carlo,  giurista  tedesco,  1779-1838. 
Savioli  Lodovico  bolognese,  poeta,  1729- 

1804. 
Savouaj'ola  (fra  Girolamo)  di  Ferrara,  pre- 
dicatore e  palrioto,  1452-98. 


TAVOLA    AtTARrTICA    D'UOMIM    II  r  ISTRI 


279 


Saxo,  grammatico  e  storico  danese ,  xm 
secolo. 

Say  Giambattista  di  Lione ,  economista 
francese,  1 707- J 852. 

Scaligero  Giulio  Cesare,  filologo  italiano, 
1 484- J 558. 

Scaligero  Giuseppe  Giusto,  filologo  fran- 
cese, 1540  J6()9. 

Scamoz^i  Vincenzo,  architetto  vicentino, 
XVII  secolo. 

Scanderbeg  Giorgio  Castrioto,  capitano  al- 
banese, 1414-02. 

Scapala,  (ìlologo  tedesco,  xvi  secolo. 

Scarpa  Antonio,  anatomico  friulano,  1747- 
1852. 

Scarron  Paolo,  poeta  parigino,  1010-00. 

*Scevola  Cajo  Muzio,  giureconsulto  ro- 
mano, V.  507. 

Scbadow  Giovanni  Goffredo,  scultore  prus- 
siano, 1704-1850. 

Scheiner  Cristoforo,  gesuita  e  astronomo 
tedesco,  1575 -1050. 

Schelestrate,  autor  belgico,  1049-92. 

Scbelhorn  biovanni  Giorgio ,  bibliografo 
tedesco,  1094-1775. 

Schelling  Federico  del  Wurtemberg,  filo- 
solo,  J  775-1854. 

Schickard  Giovanni,  orientalista  tedesco, 
1592-1055. 

Schiller  Gian  Federico  ,  poeta  tedesco  , 
1759  1805. 

Schilling  di  Soletta,  storico,  v.  1480. 

Schlegel  Federico,  critico  e  storico  d'Han- 
nover, 1772-1829. 

Schlegel  Guglielmo,  critico  e  poeta,  1767- 
1852. 

Schlegel  Gio.  Elia,  poeta  tedesco,  1718  49. 

Schleiermacher  Federico,  filosofo  tedesco, 
1708-1634. 

Schlosser  Cristiano,  storico  tedesco,  1770- 
1801. 

Schmeitzel,  storico  ungherese,  1079-1747. 

Schmidt  Michele  Ignazio,  storico  tedesco, 
1750-94. 

Schmidt  Cristoforo,  td.,  1740-1801. 

Schoeider  Giovanni,  filologo  tedesco,  1750- 
1822. 

Schott  Gaspare,  fisico  tedesco,  -1000. 

Schroeder  Gioachino,  orientalista  tedesco, 
1080-1750. 

Schultens  Alberto,  id.,  1080-1730. 

Schulze  J.  H.,  medico  e  filologo  tedesco, 
1087-1744. 

Schulze  Ernesto,  filosofo  tedesco,  1701- 
1855. 

Schwantbaler  Francesco,  scultore  tedesco, 
1800-54. 


Scbwartz    Bertoldo ,   francescano  fribur- 

gbese  del  secolo  xm,  cui  attribuiscono 

l'invenzion  della  polvere. 
*Scilace,  geografo  greco,  -o2o, 
^Scimmia  da  Rodi,  poeta  lirico,  v.  319. 
"Scimmia,  filosofo  tebano,  v,  416. 
'Scimno  da  Chio,  geografo  e  poeta,  v.  92. 
Scinà  Dom.,  fisico  di  Palermo,  1705-1837. 
Scioppio  (SchoppJ  Gaspare,  critico  tedesco 

1570-1049. 
'Scipione  Publio  Cornelio,  detto  Africano 

230-172. 
Scolari  Giorgio,  dotto  greco,  patriarca  di 

Costantinopoli  nel  1453. 
"Scopa,  architetto  e  statuario  greco,  n.  460. 
Scopoli  Gianoantonio,  naturalista  italiano 

1723-87.  ' 

Scott  Erigena,  dotto  irlandese,  ix  secolo. 
Scott  (sir  WalterJ ,  romanziere  scozzese , 

1771-1832. 
Scotto  Michele,  dotto  scozzese,  xm  secolo. 
Screvelio  Cornelio,  grammatico  olandese 

1015-07. 
Scribani  Carlo,  autore  belgico,  1561-1629. 
Scriverlo  (  Schryver  ; ,  autore  olandese 

1570-lObO. 
Scuderi  (madamaj,  autricq  francese,  1607- 

1701. 
Scupoli  Lorenzo,  ascetico  teatino,  -1610. 
Sebastiani  còrso,  maresciallo  ui  Francia 

-1851.  ' 

Seckendorf  (Vito  Luigi  dij,  autor  tedesco, 

1020-92. 
Second  Giovanni  dall'Aja,   poeta  latino 

1511-50.  ' 

Sedaine,  autor  drammatico  francese  1719- 

1797.  ' 

Sedillot  Giangiacomo,  astronomo  e  orien- 
talista francese,  1777-1  «52. 
Seduiio  Cajo  Celio,  poeta  latino,  v  secolo. 
Segato  Girolamo,   naturalista  bellunese, 

1793-1830. 
Segaud  Guglielmo,  predicatore  parigino, 

-1 748. 
Segueri  Paolo  da  iNettuoo,  gesuita,  predi- 
catore ed  ascetico,  1024-94. 
Segni  Pietro,  storico  italiano,  -1538. 
Segrais  (Giovauni  Rinaldo  dij,  poeta  fran- 
cese, 1024-1701. 
Seguier  Pietro,  magistrato  parigino,  1388- 

1072. 
Seguier   Pietro,  antiquario  e  naturalista 

francese,  1705-84. 
Segur  Filippo  ,  maresciallo  di  Francia , 

1724-1801. 
Segur  Luigi  Filippo,  suo  figlio,  autore  di 

Me/none,  1753  1853. 


280 


CRONOLOGIA 


Selden  Giovanni,  archeologo  inglese,  1584- 
1654. 

*Semiramide,  regina  assira  conquistatrice, 
XIX  secolo. 

Semonville  Carlo  Luigi,  pari  di  Francia, 
d  754-1 839. 

Senac  Giambattista,  medico  di  Luigi  XV, 
i  693-1 770. 

Senancourt  Stefano,  filosofo  parigino,  1770- 
1846. 

Sénault  Gian  Francesco  ,  prete  dell'Ora- 
torio, autor  francese,  1600-72. 

Senebier,  naturalista  ginevrino,  1 742  1809. 

Seneca  da  Cordova  (Marco  Anneo),  retore 
latino,  58  av.  C.  -32  d.  C. 

Seneca  (Lucio  Anneo),  filosofo,  2-65, 

Senecé  (Antonio  Bauderon  di),  poeta  fran- 
cese, 1643  1737. 

Senefelder  Luigi  di  Praga,  inventore  della 
litografia,  1771-1834. 

Sennert  Daniele,  medico  di  Slesia,  1572- 
1637. 

Sennert,  dotto  orientalista  tedesco,  1606- 
1689. 

*Senocrate,  filosofo  greco,  406  314. 

'Senofane,  id.,  617  517. 

Senofonte  da  Efeso,  scrittor  erotico  greco. 
Il  secolo. 

'Senofonte ,  storico  e  capitano  ateniese , 
445-355. 

Sepulveda  (J.  Ginez  de),  storico  spagnuolo, 
1490-1573. 

Serao  Giannandrea,  autore  italiano,  1731- 
1799. 

Serassi  Pierantonio,  biografo  da  Bergamo, 
1721-91. 

Serbelloni  Gabriele  di   Milano ,   generale 
imperiale,  1508  80. 

Serdonati  Francesco  ,  classico  fiorentino , 
XVI  secolo. 

Sereno  Sammonico,  poeta  e  medico  ro- 
mano, 111  secolo. 

Sergardi  Lodovico  (Quinto  Settano)   da 
Siena,  satirico  latino,  1660  1726. 

Seripando  (cardinale  Girolamo),  dotto  ita- 
liano, 1493-1563. 

Serlio  Sebastiano,  architetto  da  Bologna, 
1475-1552. 

Serra  Ant.  da  Cosenza,  economista,  -1599. 

Serres  Oliviero,  agronomo,  1539  1619. 

Serres  Giovanni,  filosofo  e  teologo  fran- 
cese, 1540  98. 

*Sertorio  Quinto,  capitano  romano,  -73. 

Serurier  Filiberto,  maresciallo  di  Francia, 
4742-1819. 

Servandoni  Girolamo,  pittore  e  architetto 
fiorentino,  1695  1766. 


Serveto  Michele,  spagnuolo,  antitrinitario, 

1509-53. 
Servio,  grammatico  e  commentatore  latino, 

v.  430. 
*Sesostri ,  re  e  conquistatore  egizio ,  xvii 

secolo. 
Sestini  Domenico,  antiquario  fiorentino, 

1720  1832. 
Sesto  Empirico,  filosofo  scettico,  ii  secolo. 
Settala  Lodovico,  medico  milanese,  -1633. 
Severino  Marc'Aurelio,  giureconsulto  cala- 
brese, 1580-1666. 
Severino  (san),  apostolo  dell'Austria,  -482. 
Sévigné  (Maria  di  Rabutin  marchesa  di), 

autrice  francese,  1627  96. 
Sevin  Francesco,  filologo  francese,  1682- 

1 741 . 
Seward,  poeta  inglese,  1747-1809. 
Seybold,  filologo  tedesco,  1747-1804. 
Seyssel  (Claudio  di),  storico  francese,  1450- 

1520. 
Shaftesbury  (Antonio  di),  autore  inglese, 

1671-1713. 
Shakspeare  Guglielmo,  poeta  drammatico 

inglese,  1563-1616. 
Sharp  Giovanni,  matematico  inglese,  1651- 

1742. 
Shaw  Giorgio,  naturalista  inglese,  1751- 

1813. 
Shaw  Tommaso,  viaggiatore  inglese,  1692- 

1751. 
Shelley  Percy,  poeta  inglese,  1792-1822. 
Sheridan  Riccardo,  oratore  ed  autor  in- 
glese, 175M8I6. 
Sheridan  Tommaso,  autore  inglese,  1721- 

178K. 
Sherlok,  predicatore  inglese,  1678-1771. 
Shirley,  viaggiatore  inglese,  1565  1631. 
Sicard  Claudio,  missionario  francese,  1677- 

1726. 
Sicard  Rocco  Ambrogio,  educatore  dei  sor- 

dimuti,  1742-1822. 
Sicardo,  cronista  del  xii  secolo. 
Sidney  Algernon,  uora  di  Stato  inglese, 

161783. 
Sidonio  Apollinare  di  Clermont,  autore, 

430-489. 
Sieyès  Giuseppe  Emanuele,  politico,  1748- 

1836. 
Sifilino,  compendiatore  di  Dione  Cassio, 

XI  secolo. 
Sigaud  de  I  afond,  chirurgo  e  fisico  fran- 
cese, -1810. 
Sigiberto  (frate)  da  Gemblouns,  cronista, 

secolo. 
Signorelli,  autore  napoletano,  1731-1815. 
Sigonio  Carlo,  storico  modenese,  1520  84, 


TAVOLA    ALFABETICA    D  UOMINI    ILLUSTRI 


Siguenza,  poeta  e  matematico  spagnuolo, 
1645  1700. 

Silio  Italico,  poeta  latino,  i  secolo. 

"Siila  Lucio  Cornelio,   dittalor  romano, 
137-78. 

Simeone  Gabriele,  autore  italiano,  1509-70. 

Simeone  Metafraste,  autore  di  Vite  di  santi, 
94-2. 

Simeone  Stilila  (san),  anacoreta,  390  460. 

Simmaco  Quinto  Aurelio,  uom  di  Stato  e 
di  lettere,  vi  secolo. 

Simon  Mago  ;  taumaturgo  samaritano  ,  i 
secolo. 

Simon  Riccardo,  autore  francese,  1638- 
1712. 

Simon  Tommaso,  medico  e  letterato  fran- 
cese, 1740-1818. 

Simone  da  Genova,  medico,  1288. 

"Simone,  filosofo  ateniese,  v.  392. 

Simonetta  Bonifazio,  storico  italiano,  n. 
1491. 

*Simonide  da  Geo,  poeta  greco,  558-468. 

'Simonide  l'Antico,  id.,  v.  489. 

Simplicio  filosofo  platonico,  vi  secolo. 

Simpson  Tommaso,  matematico  inglese, 
1710-61. 

Simson,  matematico  scozzese,  1687-1768. 

Sincello  Giorgio,  cronografo  greco  dell'vui 
secolo. 

Sinesio,  scrittor  greco  del  v  secolo. 

Singlin  Antonio,  moralista  ed  ascetico  pa- 
rigino,   1674. 

Sinner  Giovanni,  filosofo  da  Berna,  1730- 
1787. 

Siret,  grammatico  francese,  1745-98. 

Siri  Vittorio,  storico  italiano,  1608-85. 

Sirmond  Giacomo,  dotto  gesuita  francese, 
1559-1651 

"Sisenna,  scrittor  latino,  v.  51. 

Sisibut,  re  e  poeta  de'  Visigoti,  iv  secolo. 

Sismondi  Carlo  Simondo,  storico  ed  eco- 
nomista ginevrino,  1775-1842. 

Sisto  da  Vesoul,  dotto  orientalista,  1736- 
1792. 

Sitoni  Giambattista,  filosofo  e  medico  mi- 
lanese, XVII  secolo. 

Sleidan  Giovanni,  storico  tedesco,  1 506-56. 

Sloane  Hans,  naturalista  irlandese,  1660- 
1752. 

Smetio  (Smit),  antiquario  olandese,  -1615. 

Smith  Adamo,  economista  scozzese,  1723- 
1790. 

Smith  Giovanni,  navigatore  inglese,  1579- 
1631. 

Smith  Tommaso,  letterato  inglese,  1 51 4-77. 

Smollet  Tobia,  storico  e  romanziere  scoz- 
zese, 1720-71. 


281 

Snellius  (Snell),  geometra  di  Leida,  1591- 
1626. 

Snorro-Sturleson,  storico  islandese,  1178- 
1241. 

Snyders  Sartorio,  retore  olandese,  -1570. 

Soave  Francesco,  luganese,  scrittore  ele- 
mentare, 1743-1806. 

Soccino  Fausto,  eresiarca,  1559  1604. 

Soccino  Lelio,  id.,  1525-62. 

"Socrate  d'Atene,  filosofo,  470-400. 

Socrate  lo  Scolastico,  storico,  v.  440. 

Sodoma  (Antonio  Razzi),  pittore  berga- 
masco, -1549. 

*Sofocle,  poeta  tragico  greco,  4957-4Ò5. 

*Sofonia,  profeta  minore,  v.  600. 

Solari,  famiglia  d'architetti  e  scultori  lom- 
bardi nel  XVI  secolo. 

Solignac  (di),  autor  francese,  1687-1773, 

Solino  Cajo  Giulio,  geografo  latino,  iiisec. 

Solis  (don  Antonio  de),  storico  e  comico 
spagnuolo,  1610-86. 

'Solone,  uno  dei  Sette  sapienti,  640-559. 

Sommer,  antiquario  inglese,  1598-1669. 

Sommonte  Giovan  Antonio,  storico  napo- 
letano, XVI  secolo. 

Sonnenberg  Federico,  poeta  tedesco,  1779- 
1805. 

Sonnerat  P.,  viaggiatore  francese,  1745- 
1814. 

Sonnini  Carlo  Nicolò,  naturalista  francese, 
1751-1812. 

Sorbon  (Roberto  di),  dottor  francese,  1201- 
1274. 

Sordello,  trovatore  italiano,  xiii  secolo. 

Sorel  Carlo,  letterato  francese,  1599-1674. 

"Sosigene,  astronomo  d'Egitto,  i  secolo. 

"Sostrato,  architetto  greco,  v.  285. 

*Sotade,  poeta  greco  lascivo,  ni  secolo. 

Soto  Domenico,  teologo  spagnuolo,  1494- 
1560. 

Soufllot  Giacomo,  architetto  francese,  1 71 4- 
1781. 

Soulavie  Gian  Luigi,  ecclesiastico  e  lette- 
rato francese,  1751-1813. 

SouliéFed.,  romanziere  francese,  1800-47. 

Soumet  Alessandro,  poeta  francese,  1780- 
1845. 

Southey  Roberto,  poeta  inglese,  1 774-1 843. 

Souwarof  Alessio,  maresciallo  russo,  1750- 
1800. 

Souza  Boteiho,  letterato  portoghese,  1735- 
1825. 

Soyouthi  (Al-),  autore  arabo,  1445-1505. 

Sozomene  Ermia,  storico  ecclesiastico  gre- 
co, V.  450. 

Spagnuoii  Battista,  autore  italiano  e  poeta 
latino,  1436-1516. 


CHONOLOGU 


Spalding  Giovanni  Gioachino,  predicatore 

tedesco,  -1804. 
Spallanzani  Lazzaro,  naturalista  italiano, 

1729-99. 
Spanheim  Ezechiele,  filologo  e  numisma- 
tico ginevrino,  1629  1710. 
Spanheim  Federico ,  teologo   protegtapte 

tedesco,  16U0  49, 
"Spartaco,  capo  di  gladiatori  romani,  -72, 
Sparziano,  uno  degli  scrittori  ùeW Historia 

Augusta,  iv  secolo. 
Spedalieri  iNicola  ,  pubblicista  siciliano  , 

1740-93. 
Spelman  Enrico,  antiquario  inglese,  1698- 

4768. 
Spencer  Giovanni ,  dotto  teologo  inglese, 

1630-95. 
Spener,  fondator  dei  Pietisti,  1635-1703. 
Spenser  Edmondo  di  Londra,  poeta,  1555- 

1598. 
Speroni  Sperone,  autore  italiano,  1500  88. 
**peusippo,  filosofo  ateniese,  -339. 
Spinelli  Matteo  da  Gioveuazzo  ,  cronista 

napoletano,  xiii  secolo. 
Spinola  Ambrogio  ,    capitano   genovese  , 

-16Ò0. 
Spinosa  Benedetto,  israelita  d'Amsterdam, 

panteista,  16-32-77. 
Spohn  Fr.,  filologo  tedesco,  1792-1824. 
Spon  Giacomo ,  medico  ed  antiquario  da 

Lione,  -1685. 
Spondano  Enrico,  guascone,  storico  e  teo- 
logo, 1Ò68-1645. 
Spontini,  maestro  di  musica,  -1851, 
Sprengel,  medico  tedesco,  xviu  secolo. 
Sprengel  Alatila  Cn&liano,  storico  tedesco, 

174U-lfc>u3. 
*Sse-matsian,  storico  cinese,  n.  143. 
Sse-iiia-kuang,  ministro  e  storico  cinese, 

JUl8-«6. 
Stabili  Cecco  d'Ascoli,  poeta  e  astrologo, 

I2i57-J3:i7. 
Stael  llolsiein  (madama  di),  critica  pari- 
gina, J7U6  I8i7. 
Stabi  Giorgio  Ernesto ,  medico  tedesco  , 

1660-17Ò4. 
Stanley  Tommaso,  filosofo  inglese,  1020-78. 
Stappher  da  Zurigo,  teologo  moralista  pro- 
testante, 1708-75, 
Staplelon  Tommaso,  controversista  e  mo- 
ralista inglese,  1533-98, 
Starle  Giovanni  Augusto,  storico  e  filosofo 

tedesco,  -1816, 
Stay  benedetto,  poeta  Ialino,  1714-1801, 
Stazio  l'apiuio,  id.,  -96. 
Steele  Uicardo  ,  letterato  inglese  da  Du- 
blino, 1672-1729. 


Stefani  (Étiennes),  famiglia  di  stampatori 
parigini  del  xvi  secolo,  Enrico,  Rolierto, 
e  un  altro  Enrico. 

Stellini  Giacomo,  moralista  friulano,  -1 770. 

Stenon  Nicolò,  medico  danese,  1638-86. 

Stephenson  Giorgio,  inglese,  introduttore 
delle  locomotive  a  vapore,  1781-1848. 

Sterne  Lorenzo,  bizzarro  autor  inglese, 
1713-68, 

"Stesicoro.  poeta  greco,  v.  556. 

Steuchio,  teologo  italiano,  1496-1349. 

Stevip  Simone,  matematico  del  secolo  xvi, 

Steward  Dugaldo  scozzese,  filosofo,  1733- 
1828, 

Stewart  Giacomo  ,  economista  scozzese , 
1713-80. 

Stewart  M.,  matematico  inglese,  4717-85. 

Stigliani  Tommaso,  poeta  contemporaneo 
del  Tasso, 

Stilicone,  generale  d'Onorio  imperatore, 
IV  secolo, 

Slillingfleet,  dotto  teologo  ipglesp,  1633- 
1699. 

"Siilpone,  filosofo  da  Megara,  v,  514. 

Slobeo  Giovanni,  compilatore  greco,  v.  450, 

Stolller  Giovanni,  astronomo  tedesco,  1452- 
1531, 

Stolberg  Federico  Leopoldo,  letterato  te- 
desco, 1750-1819, 

Stow  Gio,,  antiquario  inglese,  1325-1005. 

Slrabone,  geografo  greco  d'Aijiasea,  n.  50. 

fetrada  Famiano,  storico  latino,  1572  1649, 

Stradella  Alessandro  veneziano,  composi- 
tore e  cantore,  n,  1650, 

Stratl'ord  (conte  dij  Tommaso,  ministro 
inglese,  1593  1641, 

Strozzi,  famiglia  fiorentina  di  molti  illustri: 
Pietro,  maresciallo  di  Francia , -1558; 
Filippo,  guerriero,  1541-81;  Pullaute, 
erudito,  -1462;  Vito  ed  Ercole,  poeti, 
XV  secolo. 

Struensee  Gian  Federico  di  Halle,  medico 
e  ministro  danese,  1737-72, 

Slruvio,  dotto  tedesco,  1671-1758. 

Slruvio  Giorgio  Adamo,  giureconsulto  te- 
desco, 16iy-92, 

Slurm  Cristoforo  Cristiano,  predicatore 
tedesco,  -17ò6. 

Sturm  Giovanni,  fisico  tedesco,  1655-1703, 

Suarez  Fr,,  teologo  spagnuolo,  1348-1617. 

Sue  Eugenio  di  Parigi,  romanziere  frap- 

cese,  1804-57. 
Sueur  (Eustachio  Le),  ijudoriuSf  autore  e 

filologo  francese,  1540-94 
SuUreu,  marioajo  francese,  1726-88. 
Suger  (.l'abbalej,  ministro  di  Luigi  IX  di 
Francia,  1082-1152. 


TAVOLA    AI.FAIIETICA    n'COMINl    II-I.L'STRl 


28r, 


Suida,  scrittoi'  greco  del  x  secolo. 

Sally  (duca  di)  Massimiliano,  ministro  di 
Enrico  IV  di  Francia,  15d910ì). 

Sulpizio  Severo  d'Agen ,  storico  ecclesia- 
stico, 3(>3-4-29. 

Sulzer  Giovanni  Giorgio,  autore  tedesco, 
1720  79. 

Sumorokof,  poeta  e  autor  drammatico 
russo,  1718-78. 

Surena,  nome  generico  de'  capitani  parti. 

Surio  Lorenzo,  ascetico,  -1378. 

*SusarioDe  da  Megara,  autor  comico,  V.  570. 


Svetonio  Cajo  Tranquillo,  biografo  latino, 

Il  secolo. 
Swammerdam,  notoniista  olandese,  1G57- 

l(i80. 
Swedenborg,  misticista svedese,  1G88-1 772. 
Swift  .lulinatan  da  Dublino,  autor  inglese, 

1()G7  MiH. 
Suze  (Enrichetta  contessa  de  La),  autrice 

francese,  -1675. 
Sydenhum  Tommaso,  medico  inglese, i 62 i- 

1689. 
Sydney  (sir),  autor  inglese,  'J5S4-86. 


Tacito  Cornelio,  storico  latino,  -13S. 

Tagliacozzi  Gaspare,  filosofo  bolognese, 
-1699. 

Tagliazucchi  Girolamo,  retore  modenese, 
1674-1749. 

*Taide,  cortigiana  greca. 

Taillepied  i.\atale,  storico  e  teologo  fran- 
cese, 1540  J589. 

*Talete  joQio,  uno  dei  Sette  sapienti,  639- 
5i8. 

Tallemant  des  Kéaux  Francesco ,  storico 
francese,  16::i0-93. 

Tallemaui  Gedeone  suo  fratello,  autore  di 
Meìiiorie,  1621  -98. 

Talleyrand  Carlo  Maurizio,  diplumatico 
francese,  I7ò4-1838. 

Talma,  attore  drammatico  parigino,  1765- 
1826. 

Taloo  (Omer),  autor  francese,  lo95-1632. 

Tamagna,  teologo  romano,  -1798. 

Tamburini  Fielro,  teologo  bresciano,  1757- 
1827. 

*Tamiri,  poeta  e  musico  greco,  d'età  in- 
certa. 

TansiUo  Luigi,  poeta  italiano,  1510-68. 

Tanucci  Bernardo,  toscano,  ministro  di 
iSapoli,  1698-1783. 

Tarcaguota  Giovanni ,  storico  italiano , 
-1566. 

Targioni-Tozzetti,  fisico  fiorentino,  1755- 
1829. 

Tartaglia  Nicolò,  matematico  bresciano, 
-1557. 

Tartagni  Alessandro,  giureconsulto  ita- 
liano, -1477. 

Tartini  Giuseppe,  istriota,  maestro  di  mu- 
sica, 1692-1770. 

Tassin,  dotto  benedettino  francese,  1697- 
1777. 

Tasso  Bernardo  da  Bergamo,  1493-1569,  e 


Torquato  da  Sorrento  suo  figlio,  poeti, 
1544-95. 

Tassoni  Alessandro,  poeta  e  critico  da  Mo- 
dena, 1563-1655. 

Tatishchew  Basilio,  storico  russo,    -1750. 

Tatti  Jacopo,  vedi  Sansovino. 

Taubmann ,  poeta  latino  e  filologo  tede- 
sco, 1565-1613. 

Taveruier  Giambattista ,  viaggiator  fran- 
cese, 1605-86. 

Taziano,  filosofo  platonico,  n.  in  Siria  v. 
150. 

Tazio  Achille,  romanziere  greco  d'Ales- 
sandria, v  secolo. 

Taylor  Giovanni,  matematico  inglese,  1 685' 
1 751 . 

"Teano,  moglie  di  Pitagora,  v.  530. 

Tebakleo  Aot.,  poeta  italiano,  1456-1538. 

Tegner,  poeta  svedese,  1782-1846, 

Teissier  Antonio,  autor  protestante  francese, 
1632-1715. 

"Teleclide,  poeta  comico  ateniese,  v.  444. 

''Telesilla  d'Argo,  poetessa,  v.  462. 

Telesio  Bernardino,  filòsofo  italiano,  -1588. 

*Teleste,  poeta  ditirambico,  v.  408. 

Temistio,  retore  e  sofista  greco,  iv  secolo. 

"Temistocle,  capitano  ateniese,  533-470. 

Tempesta  Antonio,  pittore  e  scultore  fio- 
rentino, -1650. 

Tempie  (il  cav.  Guglielmo),  autor  inglese, 
1628-98. 

Tencin  (madama  di)  da  Grenoble,  1681- 
1749. 

Teniers  il  Vecchio,  pittore  fiammingo, 
1582-1649. 

Teniers  il  Giovane,  id.,  1610-94. 

^Teocrito,  poeta  bucolico,  n.  a  Siracusa  v. 
252. 

Teodolfo,  vescovo  d'Orleans,  autor  fran- 
cese, vili  secolo. 


284 


CRONOLOGIA 


Teodoreto  di  Ciro,  scrittore  ecclesiastico 

greco,  387-458. 
Teodoreto,  vescovo  di  Mopsuesta,  330-^28. 
Teodoro  il  Lettore,  storico  greco,  vi  secolo. 
Teodoro  Prodomo,  monaco  greco,  xii  se- 
colo. 
Teodoro  Studita,  abbate  di  Saccudion,  759- 

826. 
*TeofaDe,  storico  e  poeta  greco  i  secolo. 
Teofane  Giorgio,  uno  degli  scrittori  della 

Storia  bizantina,  75Ì-818. 
Teofilo,  giureconsulto  greco,  v.  553, 
Teofilo,  vescovo  d'Antiochia,  padre  della 

Chiesa,  ii  secolo. 
*Teofrasto  di  Lesbo,  moralista  greco,  571- 

286. 
*Teognide,  poeta  greco,  secolo  vi. 
Teone  il  Vecchio,  matematico  greco,  ii  se- 
colo. 
Teone  il  Giovane,  id.,  v.  401. 
*Teopompo,  oratore  e  storico  da  Chio, 

-358. 
*Teramene,  orator  ateniese,  v  secolo. 
"Terenzio  Publio  Africano,  comico  latino, 

192-149. 
Teresa  (santa),   riformatrice  dell'ordine 

Carmelitano,  1515  82. 
''Terpandro  da  Lesbo,  poeta  e  musico,  v. 

645. 
Terrasson  Gaspare,   dell'Oratorio,  1680- 

1752. 
Terrasson   Giovanni ,  filosofo  e  scrittore 

francese,  1670-1750. 
Terrasson  Matteo,  giureconsulto  francese 

1669-1754. 
Terray  (l'abbate),  controllore  delle  finanze 

in  Francia,  1715-78. 
Tertre  (Du),  missionario  ed  autor  francese, 

1610-87. 
Tertulliano,  padre  biella  Chiesa,  160-245. 
Tervhitt,  dotto  filologo  inglese,  1730-86. 
Tesauro  Emanuele,  autore  italiano,  1591- 

1677. 
*Tespi,  creatore  della  tragedia  greca,  v. 

536. 
Testi  Fulvio,  poeta  italiano,  1595-1646. 
Théveneau,  matematico  e  poeta  francese, 

1759-1821. 
Thévenot  Giovanni,  viaggiatore  parigino, 

1633-67. 
Thibault  di  Sciampagna,  trovatore,  1201- 

1254. 
Thiers  Giambattista,  teologo  da  Chartres, 

1636-1701. 
Thomas  Ant.,  letterato  francese,  1732-85. 
Thomassin  Luigi,  teologo  francese  dell'O- 
ratorio, 1619-95. 


Thompson  Edoardo,  poeta  inglese,  4700- 

1748. 
Thoresby,  antiquario  inglese,  1658-1725, 
Thorwaldsen  Bartolomeo,  scultore  danese, 

1 769-1 84-i. 
Thou  (Giovanni  De),  Thuanm^  storico  da 

Parigi,  1553-1617. 
Thisio,  storico  e  filologo  olandese,  1603- 

1665. 
'Tibullo  Aulo,  elegiaco  latino,  v.  49. 
Tiedemann,  dotto  tedesco,  1745-1803. 
Tiepolo,  pittor  veneziano,  1692-1769. 
Tillemont(Le  Nain  di)  Sebastiano,  storico 

parigino,  1637-98. 
Tillet  (Giovanni   di),   letterato   e  storico 

francese,  v.  1590. 
Tillotson,  predicatore  inglese,  1630-94. 
Tilly(conte  di),  generale  imperiale,  -1652. 
*Timagene,  retore  alessandrino,  v.  55. 
''Timante  da  Sidone,  pittore,  iv  secolo. 
*Timeo  da  Locri,  filosofo  pitagorico,  v.  480. 
*Timeo,  retore  e  storico  greco,  n.  in  Si- 
cilia, 550-254. 
"Timocarete  d'Alessandria,  astronomo,  v. 

272. 
'Timocreone  da  Rodi,  poeta,  v.  474, 
"Timone  il  Misantropo,  ateniese,  iii  secolo. 
"Timoteo,  generale  ateniese,  v.  576. 
"Timoteo,  poeta  greco,  v  secolo. 
Tintoretto  (Giacomo  HobustiJ,  piltor  vene- 
ziano, 1512  94. 
Tiraboschi  Girolamo,  erudito  bergamasco, 

1751-94. 
Tiraquello  Andrea,  giureconsulto  francese 

sotto  Francesco  1. 
"Tirone,  liberto   di   Cicerone,   inventore 

delle  noie  stenografiche. 
"Tirteo,  poeta  greco,  v.  654. 
Tissot  Simone  Andrea,  medico  svizzero, 

1728-97. 
*Tito  Livio,  storico  latino,  59  av.  C.  -14 

d.  C. 
Tiziano  Vecellio,  pittor  veneziano,  1477- 

1576. 
"Tobia,  ebreo  della  tribù  di  Nettali,  v.  712. 
Tochon,  antiquario  e  numismatico  savo- 

jardo,  1772  1820. 
Tofinodi  San  Miguel, astronomo  spagnuolo, 

1740-1806. 
Toland  Giovanni,  autor  inglese,  1670  1722. 
Tolomeo  Claudio,  astronomod'Alessandria, 

V.  130. 
Tolomeo  da  Lucca,  storico,  v.  1306. 
Tomasio  Cristiano,  giureconsulto  tedesco, 

1655-1728. 
Tomasio  Giacomo,  filologo  tedesco,  1622- 

1684. 


TAVOLA    AH  ABUICA   U'COMINI  ILLUSTRI 


285 


Tomitano  Bernardino,  scrittore  e  filosofo 

padovano, -1576. 
Tommasi  Giuseppe,  cardinale  e   teologo 

siciliano,  1Gi9  1721. 
Tommaso  d'Aquino  (san),  detto  l'Angelico, 

domenicano  e  teologo,  1227-74. 
Torelli  Lelio,  giureconsulto  italiano,  1489- 

1576. 
Toreno  (José  de)  d'Oviedo,  storico  spa- 

gnuolo,  1786-1843. 
Tornielli  Girolamo  Francesco,  gesuita  pre- 
dicatore novarese,  -1732. 
Torquemada  (Giovanni  di),  inquisitore  spa- 

gnuolo,  1420-92. 
Torre  (Della),  archeologo  italiano,  1657- 

1717. 
Torricelli  Evangel.,  fisico  italiano,  1668-47. 
Torrigiani  Pietro,  pittore,  -1522. 
Toscaiielli  Paolo,  astronomo  italiano,  1597- 

1482. 
Tostai  Alfonso,  teologo  spagnuolo,  -1454. 
Toup,  filologo  inglese,  1715-85. 
Tournefort  Giuseppe  d'  Ai.\,  botanico,  1 656- 

1708. 
Tournemine   (il   padre),  autore  francese, 

1661-1739. 
Tournon  (Francesco  di),  cardinale  e  prelato 

francese,  1489-1562. 
Tourreil  (Giacomo  di),  letterato  francese, 

1636-1716. 
Tourrette  (M.  de  La),  naturalista  francese, 

1729-93. 
Tourville  (Di),  ammiraglio  francese,  1642- 

1701. 
Toustain,  dotto  benedettino  francese,  1700- 

1734. 
Traballesi,  pittore  fiorentino,  1724-1812 
Trebazio  Cajo,  giureconsulto  romano,  i 

secolo. 
Treilhard  Giambattista,  giureconsulto  fran- 
cese, -1810. 
Trembley  Abramo,  naturalista  ginevrino, 

1700-84. 
Tremellio,  teologo  italiano,  1510-80. 


Tremouille  (de   La),  capitano  francese, 

1460-1523. 
Trenk  (barone   di),  letterato  prussiano, 

1726-94. 
Tressun  (conte  di),  autor  francese,  1 703-83. 
Triboniano,  giureconsulto  del  Basso  Im- 
pero, V.  529. 
Trincarelli  Vittore,  medico  veneto,  1491- 

1373. 
Trissino   Giorgio,    poeta   italiano,  1478- 

1550. 
Tristan,  dotto  e  numismatico  francese, 

-1056. 
Tristano  l'Eremita,    poeta  drammatico, 

1601-58. 
Tritemio   Giovanni,    storico    da  Treves, 

1462-1518. 
Trivisan  Zaccaria,  letterato  italiano,  1652- 

1720. 
*Trogo  Pompeo,  storico  latino,  v,  40. 
Tromp  Cornelio,  marinajo  olandese,  1629- 

1691. 
Troya  Carlo,  storico  napoletano,  1773- 

1858. 
Truchet  (il  padre  Sebastiano),  meccanico 

lionese,  1657-1729. 
Trudaine,  matematico  francese,  1703-69. 
Tschudi  Egidio,  storico  svizzero,  1505-72. 
*Tuberone,  giureconsulto  romano,  v.  80. 
^Tucidide,  storico  greco,  471-391. 
Turcbi  Adeodato,  predicatore,  vescovo  di 

Parma,  1724-1803. 
Turen  ne  H. ,  maresciallo  francese;  1 61 1  -75. 
Turgot  Roberto,  ministro  francese,  1727- 

1781. 
Turnebo  Adriano,  erudito  filologo  francese, 

1512-65. 
Turner  Sharon,  storico  inglese,  1768-1847. 
Tursellino  Orazio,  gesuita  romano,  retore 

e  storico,  -1599. 
Tycho-Brahe,  astronomo  danese,    1546- 

160J. 
Tzetzes    Giovanni ,   poeta  e  grammatico 

greco,  1120-85. 


U 


Ubaldini  Petruccio,  storico  italiano,  xvi 
secolo. 

Uezio  Pier. Daniele  di  Caen,  erudito,  1630- 
1721. 

Ughelli  Ferdinando,  dotto  cistercese  fio- 
rentino, 1595-1670. 

Ugone,  erudito  gesuita  da  Brusselles,  1568- 
1629. 


Ugolino   Bartolomeo ,    canonista  italiano 

sotto  Sisto  V. 
Ugolino  della  Gherardesca,  tiranno  di  Pisa, 

-1288. 
Ulfila  goto,  traduttore  della  Bibbia,   v. 

370. 
Ulioa  Antonio,  pilota  e  viaggiatore  dotto 

spagnuolo,  1716-95. 


266 


CRONOLOGIA 


UlpiatìO  da  Tiro,   giureconsulto  romano, 

-216. 
Urceo  Codro,  dotto  italiano,  1446-'1500. 
Irfé  (D'j  Gnor,,  autor  francese,  1567-1625. 


Urville  (Dumont  d'),  ammiraglio  e  viag- 
giatore francese,  1791-1842. 

Usserio  (Usber)  Giacomo,  cronografo  di 
Dublino,  1580-1656. 


Vacca  di  Gusman,  poeta  spagnuolo,  1S45- 
1605. 

Vacca  Flaminio,  scultore  romano,  xvi  sec. 

Vacca  Berlinghieri  Francesco,  medico  pi- 
sano, 1732-1812. 

Vacca  Berlinghieri  Andrea,  chirurgo  to- 
scano, 1772-1826. 

Vaccario,  giureconsulto  italiano,  v,  1149. 

VaccaroAndrea,  pittornapoletano,  n.  1598. 

Vaillant  Giovanni  Foy,  numismatico  fran- 
cese, 1632-1706. 

Vaillant  Sebastiano  ,  botanico  francese , 
1669-1722. 

Vaissette  Giuseppe,  benedettino,  storico 
francese,  1685  1756. 

Valckenaer  Luigi,  filologo  olandese,  1715- 
1785. 

Valdo  Pietro,  capo  dei  Valdesi,  v.  1180. 

Valentino,  eresiarca  egiziano,  m  secolo. 

Valeriano  Pierio,  letterato  italiano,  1477- 
1558. 

Valeriani  Molinari  Luigi,  da  Imola,  econo- 
mista, 1758-1828. 

Valerio  Fiacco,  poeta  latino,  -111. 

Valerio  Massimo,  storico  latino,  i  secolo. 

Valesio,  medico  spagnuolo,  secolo  xvi. 

Valla  Lorenzo,  filologo  romano,  1405  1457. 

Vallarsi,  antiquario  italiano,  1702-71. 

Valle  (Pietro  della),  viaggiatore  romano, 
1586-1652. 

Vallemont  Pietro,  scrittore  francese,  1649- 
1721. 

Valiière  (madamigella  de  La)  Luigia,  asce- 
tica francese,  1644-1710. 

Vallisnieri  Antonio,  medico  e  naturalista 
padovano,  1661-1730. 

Valniont  de  Domare  Giacomo,  naturalista 
francese,  1731-1807. 

Valois  (Adriano  di),  storiografo  francese, 
1607-92. 

Valois  (Fnrico  di),  Valesius,  storico  e  gre- 
cista francese,  1605-76. 

Valpi^rga  di  Caluso  Tommaso,  critico  pie- 
montese, 1737-1815. 

Valsalva  Antonio,  anatomista  italiano, 
1 666-1  72;ì. 

Valsecchi  Antonio  da  Verona,  apologista  e 
predicatore,  -1791. 


Vancouver    Giorgio,   navigatore  inglese, 

1750-98. 
Van  Dale  Antonio,  antiquario  olandese, 

1638-1708. 
Vandermonde,  matematico  francese,  oriun- 
do olandese,  1735-96. 
Van-Dvck   Antonio,   pittore    fiammingo, 

1598  1640. 
Van  EfTen,  letterato  olandese,  1684-1755. 
Van-Evck    Giovanni,    pittore    olandese, 

-1 426. 
Vanini  Lucilio,  filosofo  italiano,  1 585-1 61 9. 
Vanloo    Giambattista,    pittore    francese, 

1684-1745. 
Vanloo  Carlandrea,  «d.,  1705-65. 
Vannetti  dementino,   letterato  da  Rove- 

redo,  1754  95. 
Van-Swieten  Gerardo,   medico  da  Leida, 

1700-72, 
Vanvitelli    Luigi,   architetto  napoletano, 

1709. 
Vaquette  di  Cardonnov,   poeta  francese, 

1658-1739. 
Varagine   (Jacopo  da),  storico  italiano, 

1236-98. 
Varano  Alfonso,  letterato  e  poeta  ferra- 
rese, 1705  88. 
Varchi  Benedetto,  storico  italiano,  1S02- 

1565. 
Varenio  Bernardo,  geografo  d'Amsterdam, 

xvii  secolo. 
Vargas  (Francesco  di),  giureconsulto  spa- 
gnuolo, -1!)60. 
Varignon  Pietro,  geometra  francese,  1654- 

1722. 
Varillas  Antonio,  storico  francese,  1624-96. 
"Varo  Quinto,  capitano  romano   vivente 

sotto  Augusto. 
*Varrone  Marco  Terenzio,  scrittor  latino, 

116-26. 
*Varrone   Publio   Terenzio ,  poeta  latino 

delle  Gallie,  n.  82. 
Vasari  Giorgio,  pittore  e  scrittore  aretino, 

1512-74. 
Vasques    Gabriele,     teologo    spagnuolo, 

-1604. 
Vassalli-Eandi  Antonmaria,  fisico  torinese, 

-1825. 


TAVOLA    ALFABETICA    b'DOMI.M   ILLISTRI 


287 


Vatable  Francesco,  ermeneutico  francese, 
-\M1. 

Vauban  (Sebastiano  di),  maresciallo  fran- 
cese, Ì653-1707. 

Vaucanson  (Giovanni  di),  meccanico  fran 
cese,  1709-82. 

Vaugelas  (Claudio  di),  grammatico  fran- 
cese, 1 583-1 6S0. 

Vauvenargues  Luca,  moralista  francese, 
'1710-87. 

Vega  (Lope  de)  da  Madrid,  poeta  dram- 
matico, 1 560-1 63S. 

Vegezio  Flavio,  scrittor  latino  di  cose  mi- 
litari, IV  secolo. 

Velasquez  Diego,  pittore  spagnuolo,  1594- 
1660. 

Velasquez  Giacomo  Rodrigo,  icL,  1599- 
1660. 

Vellejo  Patercolo,  storico  latino,  v.  51. 

Vellutello  Alessandro,  letterato  lucchese, 
XVI  secolo. 

Velly  Paolo,  storico  francese,  1709-59. 

Venanzio  Fortunato  di  Valdobiadene,  poeta 
latino,  -609. 

Vence  (Luigi  Francesco  de),  commentatore 
della  Bibbia,  1 676-1 7i9. 

Vendòme  Giuseppe  (duca  di),  generale 
francese,  1654-1712. 

Vcnini  Ignazio ,  predicatore  gesuita  da 
Como,  1711-78. 

Venturi  Pompeo  senese,  spositoredi  Dante, 
1693-1752. 

Vergier  Giovanni,  autor  francese,  1655- 
1720. 

Verazzani  (fratelli),  viaggiatori  veneziani, 
XVI  secolo. 

*Vcrcingetorige,  capo  gallico,  i  secolo. 

Vergerlo  Pier  Paolo,  vescovo  di  Capodi- 
stria,  apostato,  -1565. 

Vermiglio  Pietro  Martire,  apostato  fioren- 
tino, 1.500-62. 

Vcrnet  Claudio  d'Avignone,  pittore  di  ma- 
rine, 1714-89. 

Vernet  Carlo  di  Bordeaux,  pittore  di  ca- 
valli, XIX  secolo. 

Vernet  Orazio,  pittore,  1789-1863. 

Veronese  (Paolo  Caliari),  pittor  italiano, 
1530-88. 

*Verre,  pretore  romano,  119-43. 

Verri  Pietro,  economista  e  storico  mila- 
nese, 1728-97.  Suoi  fratelli,  Carlo  agro- 
nomo e  Alessandro  letterato. 

*Verrio  Fiacco,  grammatico  latino,  v   18. 

Verrochio  Andrea,  pittore  fiorentino,  1422- 
1488. 

Vertot  Renato,  storico  francese,  16S3- 
1735. 


Vesalio  Andrea,   anatomico  da  Brusselles, 

1514-04. 
Vespucci  Amerigo,  navigatore  fiorentino, 

1441-1512. 
Vestri   Luigi,  attore  comico   fiorentino, 

1781-1841, 
Vettori  Pietro  (Vidorim),   filologo  e  cri- 
tico italiano,  1499-1585. 
Vico   Giambattista,    filosofo   napoletano, 

1068-1744. 
Vicqd'^Azyr    Felice,    medico  francese, 

1748  94. 
Vida  Marco ,   poeta   latino  da  Cremona, 

1490-1566. 
Vieta   Francesco ,  matematico    francese , 

1540-1603. 
Vigano  Salvatore  da  Napoli,  coreografo, 

1769-1821. 
Vigilio,  vescovo  di  Tapso,  v  secolo. 
Vignola  (Giovanni  Barozzio  da),  architetto 

italiano,  1507-73. 
Vignoles  (Des)  Alfonso,  cronologo  francese, 

1649-1744. 
Viguiers  Pier  Francesco,  orientalista  fran- 
cese, 1745  1821. 
Villa  Teodoro,  letterato  italiano,  -179i. 
Villani  Giovanni,  storico  fiorentino,  -1348: 

lo  seguitarono  Matteo  e  Filippo. 
Villaret  Claudio,  storico  francese,  1717-66. 
Villars  (duca  di)  Luigi,  maresciallo  fran- 
cese, 1655-1754. 
Villegas  (don)  Manuele,  poeta  spagnuolo, 

1595-1669. 
Villehardouin  Goffredo,  storico  delle  Cro- 
ciate, 1167-1215. 
Villenave  Matteo,  letterato  francese,  1762- 

1846. 
Villoison    (Anse  di),   grecista  francese 

1750-1805. 
Villon  Francesco,   poeta  francese,  1431 

1500. 
Vimercato  Francesco,  aristotelico  italiano 

154070. 
Vicenzo  di   Beauvais,    scrittore  domeni 

cano,  1200-64. 
Vincenzo  di  Lérins,  religioso  gallo,  -450 
Vincenzo  di  Paolo  (san)  di  Dax,  fondatore 

dei  Preti  della  Missione  e  dei  ricoveri 

per  l'infanzia,  1576^1660. 
Vinci   (Lionardo   da) ,    pittor   fiorentino 

1452-1519. 
Vinnio  Arnoldo,  giureconsulto  olandese 

1588-1657. 
Viotti   Giambattista,   violinista   torinese 

1755-1824. 
Virev  Giulio,  dotto  naturalista  francese 

1776-1847. 


288  CRONOLOGIA 

*Virgilio  Publio  Marone ,  poeta  latino, 
70  i8. 

*Viriato,  capo  lusitano,  v,  ■150. 

Visconti  Ennio  Quirino,  antiquario  ro- 
mano, 1751  1818. 

Visconti  Giambattista,  antiquario  italiano, 
1722-84. 

Visdelou  Claudio,  missionario  francese, 
1656-1737. 

Vital,  canonista  ed  antiquario  francese, 
1708-74. 

Vitré,  dotto  stampatore  parigino,  -1674. 

Vitringa,  dotto  orientalista  tedesco,  1659- 
1722. 

"Vitruvio  Marco  Pollione,  architetto  ro- 
mano, V.  15. 

Vitry  (Ciac,  di),  storico  francese,  v.  1244. 

Viltoreili  Jacopo  da  Bassano,  poeta,  1749- 
1835. 

Vittore  l'Africano,  cronista  latino,  v.  490. 

Vittore  Sesto  Aurelio,  biografo  latino,  v. 
384. 

Vittorino  da  Feltre,  erudito,  xv  secolo. 

Vittorino,  grammatico  latino,  iv  secolo. 

Vives  Giovanni  Lodovico,  dotto  spagnuolo, 
1490-1540. 

Viviani  Quirico,  letterato  trevisano,  1776- 
1835. 


Viviani  Vincenzo,  geometra  italiano,  1622- 

1703. 
Voezio  (Voet)  Gisberto,  teologo  olandese, 

1595-1680. 
Vogel    Giovanni,   mineralogista  tedesco, 

1657-1725. 
Volture  Vincenzo,  autor  francese,  1598- 

1648. 
Volney  (Chasseboeuf  di)  Costantino,  id,, 

1757-1820. 
Volpato  Giovanni  di  Bassano,  incisore  in 

rame,  1733  1802. 
Volpi  Giovanni  Antonio  e  suo  fratello  Gae- 
tano, editori  e  letterati  di  Padova,  xviii 

secolo. 
Volta   Alessandro,  fisico  comasco,  17-45- 

1826. 
Voltaire  (Arouet  di)  Francesco  Maria,  autor 

francese,  1694-1778. 
Volterrano  Rafaele,  dotto  italiano,  xv  sec. 
Vopisco  Flavio,  storico  latino,  iv  secolo. 
Voss  Giovan  Enrico,  poeta  e  critico  tedesco, 

-1726. 
Vossio  Gerardo,  dotto  olandese,  1577-1 6  i9; 

Isacco,  1518  89. 
Voyer    d'Argenson,    ministro    francese, 

1696-1764. 


MT 


Wading  (Luca  di),  autore  irlandese,  1588- 
1657. 

Wagenaar,  storico  olandese,  1709-75. 

Wagenbare,  dotto  frate  fiammingo,  1599- 
1662. 

Wagenseil  Gian  Cristoforo,  orientalista  te- 
desco, 16-55-1705. 

Wakefiel,  teologo  e  critico  inglese,  1756- 
1801. 

Wallenstein  Alberto  Eusebio,  generale  te- 
desco, 1583-1634. 

Wallis  Giovanni,  matematico  inglese, 
1616-1703. 

V^alpole  (Roberto  di),  ministro  inglese, 
1676-1745. 

Walsb  Guglielmo,  poeta  inglese,  1663-1 709. 

Warburton  Guglielmo,  autor  inglese,  1698- 
1779. 

Warton  Tom.,  storico  inglese,  1728-90. 

Washington  Giorgio,  uno  dei  fondatori 
della  repubblica  degli  Stati-Uniti,  -1799. 

Waterloo,  cronista  fiammingo,  1107-72. 

Watt  Giacomo,  ingegnere  scozzese,  1736- 
1819. 


Weber  (Carlo  di),  compositore  di  musica 
tedesco,  1786-1826. 

Weisse  Cristoforo,  poeta  tedesco,  1720- 
1804. 

Wellington  Arturo,  ammiraglio  inglese, 
1769-1852, 

Welser,  storico  e  filologo  tedesco,  1558- 
1614. 

Wendelin,  geometra  ed  astronomo  del 
Brabante,  1580-1660. 

Werner  Federico,  poeta  tedesco,  1768- 
1823. 

Wesseling,  filologo  tedesco,  -1764. 

Whiston,  matematico  e  teologo  inglese, 
1667  1752. 

White  Giuseppe,  dotto  orientalista,  1746- 
1814. 

Wicherley  Guglielmo,  autor  comico  in- 
glese, 1640-1715. 

Wiclef  Gio.,  eresiarca  inglese,  1314-87. 

Wicquefort  Abramo,  diplomatico  e  pubbli- 
cista dandolo,  1598-1682. 

Wieland  Cristoforo,  autor  tedesco,  1753- 
1813. 


TAVOLA    ALI'ALEilCA    d'uOMIM    IlXlSiril 


28U 


Wilkcs  Giovanni,  autor  inglese,  1727-97. 
Wiikins  Giovanni,  dolio  predicatore  in- 
glese, 1014-72. 
Williams  Anna,  autrice  inglese,  1700  83. 
Willis,  anti{]uario  inglese,  1082  1700. 
Willugby,  naturalista  inglese,  1035-70. 
Wimpheling,  teologo  dell'Alsazia,  14t)0- 

1528. 
Winckelmann  Gian  Gioachino,  antiquario 

tedesco,  1717-08. 
Winseniio,  poeta  e  storico  tedesco,  1580- 

104i. 
Winslow  Giacomo   Benigno ,   anatomista 

danese,  1009-1700. 
Wissowazio   Andrea    lituano,  sociniauo , 

1008-78. 
Witikindo,  benedettino  di  Gorbia,  cronista, 

X  secolo. 
Wilt   (Giovanni   di),    ministro  olandese, 

1625  72. 


Willonbacli  Daniele,  filologo  da  iJcrna, 
1749-1820. 

Wolcott  Giovanni,  detto  Peter-Pindai\  li- 
rico inglese,  1738-1819. 

WolIT  Giovanni,  filosofo  tedesco,  1679- 
i704. 

Wolsey  Tommaso,  cardinale  e  ministro  in- 
glese, 1401-1530. 

Woltmann  Luigi,  storico  tedesco,  1770- 
1817. 

Wood  Antonio,  archeologo  inglese,  1632- 
1095. 

Woolston Tommaso,  filosofo  inglese,  1069- 
1753. 

Wordsworth  Guglielmo,  poeta  inglese, 
1770-1850. 

Wouwermans  Filippo,  pittor  olandese, 
1020-08. 

Wren  Cristoforo,  matematico  inglese, 
1632-1721. 

Wright  Edoardo,  id.,  1500 -1620. 


Ximencs  Francesco,  ministro  spagnuolo,  1  Xvlander  Guglielmo,  dotto  tedesco,  1532- 
1437-1515.  I      ^1576. 


Young  Eduardo,  poeta  inglese,  1081-1705. 
Young  Arturo,  agronomo  inglese,  1741- 
1820. 


Yriarte  Tommaso,  poeta  sjiagnuok»,  175:: 
1791. 


K 


Zimara  Marcantonio,  filosofo  napoletano, 
-1532. 

Zabarella  Jacopo,  filosofo  italiano,  1533-89. 

*Zaccaria,  profeta  minore,  v.  520. 

Zaccaria  da  Lisieux,  missionario  francese, 
1582-1000. 

"Zaleuco,  legislatore  dei  Locresi,  v.  000. 

Zamagna  Bernardo  da  lìagusi,  poeta  la- 
tino, -1820. 

Zamet  Sebastiano,  finanziere  lucchese, 
1343-1014. 

Zanipieri  Camillo,  poeta  italiano,  -1784. 

Zanchi  Bergamasco,  poeta  latino,  150J- 
1558. 

Zanobi,  poeta  fiorentino,  secolo  xiv. 

Zanon  Antonio  di  Udine,  agronomo, -1770. 

Cantò,  Documenti.  —  Tomo  I,  Cronologia. 


Zanoja  Giuseppe,  di  Omcgna,  poeta  e  ar 
chitetto,  -1817. 

Zanolti  Eustachio,  matematico  bolognese, 
1709-82. 

Zanotti  Francesco  Maria,  letterato  bolo- 
gnese, 1092-1778. 

Zajìata,  cardinale  spagnuolo,  1550-1035. 

Zappi  Giambattista,  poeta  imolese,  1007- 
1719. 

Zarate  Agostino,  storico  spagnuolo,   xvi 
secolo. 

Zendrini  Bernardino,  idraulico  bresciano, 
10791747. 

Zeno  Apostolo,  poeta  drammatico  e  lette- 
rato veneziano,  1008-1750. 

*Zenone  d'Elea,  filosofo,  n.536. 

19 


290 


CnONOLOGIA 


'Zenone,  stoico  di  Cizio,  302-264. 

Zenone  (san),  vescovo  di  Verona,  -380. 

"Zeusi,  pittor  greco  d'Eraclea,  478-590. 

Zimmermann  Giovan  Giorgio,  filosofo  sviz- 
zero e  medico,  1728-9.5. 

Zingarelli  Nicolò,  musico  napoletano, 
1752-1837. 

Zinzeling  (Jodociis-Sincerus),  filologo  te- 
desco, 1S90-1G18. 

Ziska  0  Zizka,  capo  degli  Ussiti,  1580- 
1424. 

'Zoilo,  critico  greco  d'Amfipoli,  v.  270. 

Zollikofer,  predicatore  e  moralista  prote- 
stante, 1730-1788. 

Zouara Giovanni,  storico  greco,  xii  secolo. 


'Zoroastro,  riformatore  persiano,  1080. 
"Zoroastro  il  Giovine,  v.  484. 
Zosimo,  autor  greco,  v  secolo. 
Zscbokke  Daniele,  scrittore  svizzero,  1771  - 

18i8. 
Zuinglio     Ulrico,    riformatore    svizzero, 

1i8i  1551. 
Zurita  Gerolamo,  storico  spagnuolo,1512- 

1581. 
Zurla  cardinale  Placido  di  Crema, geografo, 

1769-183Ì. 
Zurlauben   (barone  di),  storico  svizzero, 

1720-95. 
Zypeo   (Van  dcn  Zip),  dotto  benedettino 

liammingo,  1578-1059. 


,i 


TAVOLA    SINCRONA 

D'UOMIM  ILLUSTRI 


SECOLI    PRIMITIVI. 


Dei  e  semidei;  patriarchi  delle  varie  religioni.  Foroneo.  Semiramide.  Ogige.  Pelasgo. 
Enotro.  Mosè.  BeseleeI  ed  Ooliab  fabbricatori  del  Tabernacolo  nel  deserto.  Tot  o  Mer- 
curio Trismegisto.  Orapollo.  Sesostri.  Cecrope.  Giosuè.  Le  Sibille.  Cadmo.  Danao.  Mi- 
nosse. Anfione  e  Lino.  Museo.  Pelope.  Ercole.  Giasone.  Orfeo.  Teseo.  Chirone.  Eteocle 
e  Polinice.  Atreo  e  Tiestc.  Eumolpo.  Agamennone.  Menelao.  Achille.  Ajace.  Diomede. 
Nestore.  Filoltete.  Ulisse.  Idomenco.  Priamo.  Ettore.  Paride.  Enea.  Codro.  Samuele 
profeta.  Zoroastro.  Sanconiatone.  Lockman  favoleggiatore  etiope.  David.  Salomone. 
Asaph,  Eman,  Iditun  coregi  degli  Ebrei.  Iram  re  di  Tiro.  Annone  cartaginese.  Xaca 
fondatore  del  buddismo. 

SECOLO   X. 

Gcroboamo.  Sedecia.  Omero.  Esiodo. 

SECOLO  i\. 

Licurgo.  Fidone  d'Argo  inventore  dei  pesi  e  delle  misure.  Ermogone  primo  archi- 
tetto. Dibutade  inventor  della  plastica.  Aretino  poeta.  Giona  ,  Osea  ,  Gioele  profeti. 
Fan-pe,  Yui-pe  poeti  cinesi.  Didone. , 

SECOLO  vili. 

Eumelo  poeta.  Archiloco,  Romolo.  Numa.  Isaia,  Amos,  Abdia,  Michea,  Nahum  pro- 
feti. Sardanapalo  o  Assaraddon  ultimo  re  d'Assiria.  Corebo,  primo  vincitore  de'  giuochi 
Olimpici.  Kia-fu  poeta  cinese.  Belesis  fondatore  del  nuovo  regno  di  Babilonia.  Nabo- 
nassar.  Dcjocete  primo  re  dei  Medi. 

SECOLO    VII. 

Giuditta.  Tirteo.  Arione.  Alcmano.  Alceo.  Saffo.  Dracene.  Zaleuco.  Caronda.  Pisan- 
dro.  Terpandro.  Periandro.  Geremia,  Baruch,  Sofonia,  Abacuch  profeti.  Tobia.  Stesi- 
coro.  Reco  di  Samo  fonditore  e  architetto.  Psammetico,  capo  della  xxvi  dinastia  d'E- 
gitto. Sin-mu  primo  dairi  del  Giappone.  Kaikobad  capo  della  ni  dinastia  di. Persia. 
Dracone  legislatore  di  Sparta.  Sigovcso  e  Belloveso  galli.  Ezechiele  profeta.  Lao-tseu 
fondatore  dei  Tao-ssc  nella  Cina. 

SECOLO   VI. 

Ciro.  Creso.  Sette  sapienti.  Talete.  Solone.  Pittaco.  Biante.  Periandro.  Chilone.  Cleo- 
bulo.  Epimenide.  Esopo.  Zoroastro  IL  Anassimandro.  Anassimene.  Anacreonte.  Pitagora. 
Anacarsi  scita.  Susarione  e  Dolone  rappresentano  le  prime  commedie  ad  Atene.  Teo- 
gnidc.  Focilide.  Daniele,  Aggeo,  Zaccaria  profeti.  Papirio  giureconsulto  romano.  Tespi 
primo  tragico. 

SECOLO   V. 

Serse.  Coriolano.  Milziade.  Aristide.  Temistocle.  Cimone.  Pericle.  Alcibiade.  Amil- 
care. Leonida.  Rustam  persiano.  Eraclito,  Erodoto.  Eschilo.  Ippocrate.  Pindaro.  Metone 
autore  d'un  ciclo.  Anassagora.  Aristofane.  Euripide.  Sofocle.  Empedocle.  Socrate.  Tu- 


292  CRONOLOGIA 

cidide,  Fidia.  Parrasio.  Zeusi.  Corinna.  Timeo  di  Locri.  Simonide.  Confucio.  Zenone  di 
Elea.  Lisia  oratore.  Gorgia  sofista.  Esdra.  Isocrate.  Aspasia.  Libone  architetto  del  Giove 
olimpico. 

SECOLO    IV. 

Dionigi  il  Vecchio.  Filippo.  Alessandro.  Tolomeo  Solere.  Conone.  Camillo.  Pelopida. 
Epaminonda.  Dione.  Timoleone.  Focione.  Ctcsia.  Antisfene.  Eudosso.  Democrito  filosofo. 
Senofonte.  Platone.  Pirrone.  Diogene.  Aristotele.  Demostene.  Demetrio  Falereo.  Apelle. 
Prassilele.  Aristippo  di  Cirene.  Aristofane.  Cebete.  Euclide.  Archita.  Scopa.  Meng-tseu 
cinese.  Menandro  comico.  Epicuro.  Pitea  geografo.  Callislene.  Teofrasto.  Eveemero. 
Annone  cartaginese  viaggiatore. 

SECOLO    III. 

Demetrio  Poliorcete.  Pirro.  Tolomeo  Filadelfo.  Agide.  Cleomene.  Eumene  di  Pergamo. 
Arato  capo  della  Lega  achea.  Uegolo.  Fabio  Massimo.  Menandro,  Teocrito.  Euclide.  Bc- 
roso.  Manetone.  Timocare.  Zenone.  Livio  Andronico.  Archimede.  1  settanta  interpreti. 
Zoilo  critico.  Fabio  pittore-primo  storico  romano.  Aristarco  astronomo.  Licofrone  tra- 
gico. Nevio  comico  romano.  Arcesilao  capo  della  seconda  Accademia.  Callimaco  da 
Cirene.  Ennio.  Lisippo.  Sotade  poeta  osceno.  Ilan-uang  fondatore  della  dinastia  cinese 
degli  Han. 

SECOLO   li. 

Filopemene.  Annibale.  Paolo  Emilio.  Gli  Scipioai.  I  Gracchi.  Polibio.  Eratostcne. 
Plauto.  Dione.  Mdsco.  Ennio.  Terenzio.  Ipparco  astronomo.  Sadoch  capo  de'  Saducei. 
Aristarco  critico.  Cameade  capo  della  nuova  Accademia.  Pacuvio  tragico  latino.  Lucilio 
poeta  latino.  Cossuzio  architetto  romano  finisce  il  Giove  olimpico. 

1  SECOLO  AV.  cnisio. 

Mitradate.  Giulio  Cesare.  Ottaviano  Augusto.  Mario.  Siila.  Sertorio.  Lucullo.  Pompeo. 
Spartaco.  Catilina.  Mecenate.  Agrippa.  Sse-ma-tsian  padre  della  storia  cinese.  Scevola 
oratore  romano.  Pan-ku  storico  cinese.  Asclepiade.  Terenzio  Varrone.  Lucrezio.  Cor- 
nelio Nepote.  Sosigene  matematico.  Tibullo.  Catullo.  Diodoro  Siculo.  Cicerone.  Trogo 
Pompeo.  Sallustio.  Manilio.  Dionigi  d'Alicarnasso.  Vitruvio.  Virgilio.  Orazio.  Properzio. 
Ortensio.  Alfeno  Varo  giureconsulto.  Partenio  di  Nicea.  lllel  l'Antico,  rabbino.  Filone 
ebreo. 

I   SECOLO    D.    CRISTO. 

Germanico.  Nerone.  Vespasiano.  Agricola.  Labeone  giureconsulto.  Simon  mago.  Gli 
Evangelisti  e  gli  Apostoli.  Tito  Livio.  Strabene.  Ovidio.  Vellejo  Patercolo.  Seneca.  Va- 
lerio Massimo.  Celso.  Fedro.  Columella.  Persio.  Dioscoride.  Lucano.  Petronio  Arbitro. 
Silio  Italico.  Pomponio  Mela.  Plinio  il  Vecchio.  GiosefTo  ebreo.  Dione  Crisostomo.  Gio- 
venale. Apollonio  Tianeo.  Stazio.  Tacito.  Quintiliano.  Pilade  e  Batillo  pantomimi. 

SECOLO   11. 

Trajano.  Marc'Aurelio.  Darcokeba.  Plinio  il  Giovane.  Marziale.  Floro.  Plutarco.  Tolo- 
meo geografo.  Svelonio.  Arriano.  Apulejo.  A.  Gellio.  Appiano.  Epitteto.  Sesto  Empirico. 
Ateneo.  Luciano  diSamosala.  Galeno  medico.  Sant'Ignazio  vescovo  d'Antiochia.  Areico 
medico.  Salvio  Giuliano  giureconsulto.  Favorino  d'Arles.  Quadrato  apologista.  San  Giu- 
stino apologista.  Frontone  oratore.  Gajo  giureconsulto.  Pausania.  Celso.  Asciba  e  Si- 
meone ben  Jocai  fondatori  della  Cabala.  Giuda  Ilakadosc  autore  della  Misnah.  Ciang-kio 
cinese,  capo  dei  Berretti  gialli.  Solino  Polistore. 

SECOLO    111. 

Settimio  Severo.  Zenobia.  Sapore  re  di  Persia.  Diocleziano.  Arlabano  ultimo  re  dei 
Parti.  Zu  wu-ti  apre  la. dinastia  cinese  degli  Tsin  occidonlali.  Papiniano,  ripiano, 
Ermogeniano,  Modostino,  Paolo  giureconsulti.  Diogene  Laerzio.  Diofanlc.  Krodiano. 
Oppiano  poeta.  San  Clemente  Alessandrino.  Panteno  filosofo  stoico.  Ammonio  Sacca. 


TAVOLA   SINCRONA   D'UOMINI  ILLUSTRI  293 

Giustino  storico.  Dione  Cassio.  Giulio  Africano.  Plotino  filosofo.  Eliano.  Tertulliano. 
Origene.  Longino.  Manote.  San  Cipriano.  Porfirio  filosofo.  Stobeo.  Arnohio.  Rabbi  Sa- 
muele fonda  l'accailcinia  di  Naliardea.  Censorino  gratiimalico.  Lao-lsc  fonda  la  setta 
cinese  dei  Quietisti.  Achille  Tazio  romanziere. 

SECOLO    IV. 

Costantino.  Giuliano  apostata.  Teodosio.  Radagaiso  capo  degli  Unni.  San  Basilio. 
Sant'Atanasio.  San  Gregorio  Nazianzeno.  Sant'Ambrogio.  San  Giovanni  Crisostomo. 
San  Girolamo.  San  Paolo  primo  eremita.  San  Pacomio.  Sant'Antonio.  San  Gregorio 
Nisscno.  Ario  e  Donato  eresiarchi.  Lattanzio.  Elio  Lampridio.  Sant'Ilario.  Ausonio. 
Eusebio  da  Cesarea  storico.  Giamblico.  Alipio  architetto.  Aurelio  Vittore.  Ammiano 
Marcellino.  Teone.  Eutropio.  Libanio.  Salviano.  Simmaco.  Vopisco.  Prudenzio  poeta. 
San  Martino  di  Tours.  Vegezio  strategico,  Ipazia.  Paolino  da  Nola. 

SECOLO   V. 

Alarico.  Genserico.  Attila.  Leon  Magno.  Odoacre.  Wu-ti  fonda  la  dinastia  cinese  dei 
Sung  settentrionali.  Romolo  Augustolo  ultimo  imperatore  di  Roma.  Vortigerno  re  dei 
Bretoni.  Sant'Agostino.  San  Cirillo.  San  Patrizio  apostolo  dell'Irlanda.  Simmaco.  Rufino. 
Sinesio.  Macrobio.  Paolo  Orosio.  Claudiano.  Socrate  Scolastico.  Sozomene.  Teodoreto. 
Proclo.  Pelagio  eretico.  Teodoro  di  Mopsuesta.  Giovanni  Cassiano.  Nestorio.  Simeone 
Stilita.  Marciano  Capella.  Sidonio  Apollinare.  Zosimo  storico.  Merlino  mago.  Senofonte 
d'Efeso  e  Caritone  romanzieri.  Quinto  Calabro  Smirneo.  Rabbi  Asèh  autore  della  Ghe- 
mara  o  Talmud  di  Babilonia. 

SECOLO   VI. 

Clodoveo  re  de'  Franchi.  Teodorico  re  degli  Ostrogoti.  Giustiniano.  Cosroe  Nuscirvan 
di  Persia.  Alboino  longobardo.  Gregorio  Magno.  Amalasunta.  Clotilde.  Gondebaldo 
legislatore  de'  Borgognoni.  Artù  re  favoloso  de'  Bretoni.  San  Benedetto.  Belisario.  Nar- 
sete.  San  Fulgenzio.  San  Medardo.  San  Mauro.  San  Giovanni  Climaco.  Sant'Agostino 
apostolo  dell'Inghilterra.  San  Colombano.  Ennodio.  Boezio.  Cassiodoro.  Gilda.  Conte 
Marcellino  storico.  Triboniano.  Dionigi  il  Piccolo.  Giornandes.  Procopio.  Gregorio  di 
Tours.  Prisciano  grammatico.  Antemio  ed  Isidoro  architetti.  Alessandro  di  Traile  medico. 
Agatia.  Fortunato  poeta.  Esichio  grammatico.  Cosma  viaggiatore.  Giovanni  Lidio. 

SECOLO  vii. 

Maometto.  Eraclio.  Rotari  legislatore  dei  Longobardi.  Sisibut  visigoto.  Li-sci-min  eroe 
cinese.  Abubekr  capo  dei  Sunniti.  Ali  capo  degli  Alidi  o  Sciiti.  Fredegario.  Marculfo, 
Callinico.  Isidoro  di  Siviglia.  Paolo  d'Egina  medico. 

SECOLO   vili. 

Pepino  d'Heristal.  Leone  Isaurico.  Liutprando.  Carlo  Martello.  Pelagio  primo  re  dcl- 
l'xVsturia.  Abderaman  primo  califfo  di  Spagna.  Pepino  il  Piccolo.  Aron  al-Rascid.  Beda 
il  venerabile.  Giorgio  Sincello.  Giovanni  Damasceno.  Alenino.  Abu-Naval  poeta  persiano. 
Paolo  Warnefrido.  Acmet  ben-Anbal  capo  degli  Anbalisti,  setta  dei  Sunniti. 

SECOLO   IX. 

Carlo  Magno.  Al  Mamun.  Alfredo  il  Grande.  Olda  principessa  russa.  Rurik  primo 
granprincipe  di  Russia.  Eginardo.  Adon.  Giovanni  Scoto.  Incmaro.  Albategui.  Ansegiso 
raccoglie  i  capitolari.  Alfragan  astronomo.  Rabano  Mauro.  Sant'Ignazio.  Fozio  patriarca 
di  Costantinopoli.  Anastasio  Bibliotecario.  Metodio  di  Tessalonica  inventa  i  caratteri 
slavi.  Isidoro  Mercatore  autor  delle  filse  Decretali.  Benedetto  d'Aniano.  Pascasio  Rat- 
berto.  Guido  da  Ravenna  geografo. 

SECOLO   X. 

Ottone  il  Grande.  Ugo  Capeto.  San  Dunstano.  Crescenzio  romano.  Costantino  il  Filo- 
sofo. Alfonso  il  Grande  di  Spagna.  lìollone  capo  dei  Normanni.  Bernardo  di  Mentone 
fonda  l'ospizio  del  San  Bernardo.  Frodoardo.  Eutichio.  Snida.  Alfragan.  Ebn  .lunis. 


294  CRONOLOGIA 

Abul  Wesa.  Razi  medico  arabo.  Liutprando  vescovo  di  Cremona.  Roswita  poetessa 
tedesca.  Witikindo  storico  dei  Sassoni.  Hosein  capo  dei  Karmati.  Simeone  Metafraste. 

.    SECOLO   XI. 

Stefano  d'Ungheria.  Gregorio  VII.  Canuto  il  Grande.  Guglielmo  il  Conquistatore.  En- 
rico IV.  Contessa  Matilde.  Gerberto  papa.  Gelaleddin  Selgiucide  di  Persia.  Roberto 
Guiscardo.  Pietro  eremita.  Gofredo  di  Buglione  e  gli  altri  Crociati.  Hassan  scià,  fonda- 
tore degli  Assassini.  Lanfranco.  Sant'Anselmo.  San  Brunone,  fondatore  dei  Certosini. 
Ditmaro.  Fulberto.  Firdussi  persiano.  Avicenna.  Glaber.  Adamo  di  Brema.  Michele 
Psello.  Giovanni  Scylitze  curopalata.  Boschetto  architetto  di  Pisa.  Guido  d'Arezzo. 
Sant'Odilone  abbate  di  Cluny.  Abul-Ola-Ahmed  poeta  arabo.  Michele  Celulario  autore 
dello  scisma  orientale.  Berengario  eretico.  Sse-ma-kuang  storico  cinese.  Pier  Damiani. 
Wipone  storico.  Ives  di  Chartres.  Papia  grammatico.  Ermanno  Contratto. 

SECOLO   XIl. 

Federico  Barbarossa.  Riccardo  Cuor-di-leone.  Filippo  Augusto.  Saladino.  Enrico 
Dandolo.  San  Bernardo.  L'abbate  Sugero.  Tommaso  Becket.  Nestore.  Abelardo.  Arnaldo 
da  Brescia.  Anna  Comneno.  Guglielmo  da  Tiro.  Ugo  Falcando.  Pier  di  Valdo.  Roberto 
Wallace.  Giovanni  da  Milano  medico,  llariri  oratore  arabo.  Nestore  cronista  rus.so. 
I  Trovadori.  Irnerio  giureconsulto.  Pier  Lombardo.  Giovanni  Tzetses.  Giovanni  di 
Salisbury.  Eustathio  commentatore.  Bonanno  e  Guglielmo  architetti  della  torre  di  Pisa. 
Maimonide. 

SECOLO  xin. 

Innocenzo  HI.  Giovanni  Senzaterra.  Gengis-kan.  Federico  II.  San  Luigi  di  Francia. 
Filippo  il  Bello.  Simone  di  Monfort.  Kubilai-kan,  Manco  Capac  primo  re  del  Perù. 
San  Domenico.  San  Francesco  d'Assisi.  Saxo  grammatico.  Averroe.  Villehardouin. 
Nasireddin.  Abulfaragio.  Abul-IIassan.  Giorgio  Acropolita.  Saadi.  Ruggero  Bacone. 
Guglielmo  di  Nangis.  Jacopo  da  Varagine.  Marco  Polo.  Cavalcanti.  Giovanni  de  Malha 
fondatore  de'  Trinitarj.  Marchione  d'Arezzo  scultore  ed  architetto.  Dante.  Petrarca. 
Roccaccio.  Francesco  Acursio  giureconsulto.  Pier  dalle  Vigne.  Giovanni  da  Sacrobosco. 
Roderico  Ximenes  storico  spagnuolo.  Vincenzo  di  Beauvais.  Nicolò  di  Pisa  architetto 
e  scultore.  Tommaso  d'Aquino.  Bonaventura.  Alberto  Magno.  Mattia  Paris.  Raimondo 
di  Pegnafort.  Margaritone  d'Arezzo  architetto.  Cimabue.  Martin  Polacco.  Ervino  di 
Steinbach  architetto  della  chiesa  di  Strasburgo.  Arnolfo  di  Lapo  architetto.  Dino  giu- 
reconsulto. Rubruquis  e  Giovanni  Piano  da  Carpi  viaggiatori.  Flavio  Gioja. 

SECOLO   XIV. 

Margherita  di  Waldemar.  Rajazet  IL  Carlo  V  di  Francia.  Ines  di  Castro.  Tamerlano. 
Caterina  da  Siena.  Giovanni  Nepomuceno,  Castruccio.  Dolcino  settario.  Cola  di  Rienzo. 
Duguesclin.  Guglielmo  Teli.  Gino  da  Pistoja.  Albertino  Mussalo.  Bartolo.  Joinville. 
Marsiglio  di  Padova.  Giovanni  Scoto.  Marin  Sanuto.  Giovanni  Dondi.  Abulfeda.  Baldo 
giureconsulto.  Giovanni  Froissard.  Mandeville  chirurgo  di  Filippo  il  Bello,  e  un  viag- 
giatore. Planude  grammatico.  Guglielmo  Ockam  medico.  Lorenzo  Ghiberto.  Wiclef. 
Raimondo  Lullo.  Pietro  d'Abano.  Cecco  d'Ascoli. 

SECOLO   XV. 

Maometto  IL  Carlo  VII.  Luigi  XI.  Enrico  VII.  Fernando  il  Cattolico.  Carlo  il  Teme- 
rario. Giovanni  Uniade.  Scanderbeg.  Giovanni  Vasiliewitz.  Gonsalvo  di  Cordova.  Xime- 
nes. Cristoforo  Colombo.  Gilianez.  Vasco  de  Gama.  Vasco  Mugnez.  Mngcllano.  Amerigo 
Vespucci.  Francesco  Sforza.  Giovanna  d'Arco.  Sant'Antonino.  Acmet  bascià  inventore 
de'  bastioni.  Enea  Silvio  Piccolomini.  Lorenzo  de'  Medici.  Savonarola.  Sceik  Aidar 
ristoratore  degli  Sciiti.  Giovanni  IIuss.  Nicolò  di  Clemangis.  Caloondila.  Gerson.  Lio- 
nardo  aretino.  Arab-scià  storico  di  Tamerlano.  San  Francesco  di  Paola.  Filippo  Co- 
mines.  Ariosto.  Alano  Chartier.  Giovenale  degli  Orsini.  Chaucer.  Poggi.  Dojardo.  Bes- 
sarione.  Teodoro  Gaza.  Giovanni  Argiropulo.  Costantino  Lascaris.  Poliziano.  Brunelleschi 
architetto.  Filelfo.  Agricola.  Leon  Battista  Alberti.  Vincenzo  Ferreri.  Ermolao  Barbaro. 


TAVOLA   SlNCnONA   D' L'OMINI   ILLISTHI  29j 

Nicola  Flamel  alchimista.  Pico  della  Mirandola.  Pomponio  Leto,  lllug  l»cg.  Giorgio 
Purbach.  Giovanni  Muller  Regiomontano.  Pietro  Soluioncr.  Giovanni  Faust.  Guttcmberg. 
Aldo  Manuzio.  Maso  Finigucrra.  Bramante.  Giorgione.  Fra  Giocondo.  Giovanni  Yan 
Eyck  fondatore  della  scuola  fiamminga.  Gentile  e  Gian  Bellino  pittori  veneziani.  Andrea 
Mantegna.  Lionardo  da  Vinci.  Platina.  Andrea  Vcrrocchio  pittore.  Corio.  Annio  da 
Viterbo.  Calepino. 

SECOLO  XVI. 

Leone  X.  Luigi  XIL  Francesco  I.  Enrico  VIIL  Ismael  Sofì.  Ibraim  re  di  Deli.  Cuati- 
niozin  imperatore  del  ^Jessico.  Carlo  V.  Solimano.  Sisto  V.  Filippo  IL  Caterina  de'  Me- 
dici. Enrico  Vili.  AnnaBolena.  Maria  Stuarda.  Elisabetta.  Duca  d'Alba.  Caterina  Cornaro 
regina  di  Cipro.  Bajardo  Senza-paura.  La  Trimouille.  Marchese  di  Pescara  Andrea 
Doria.  Wolsey.  Tommaso  Moro.  Las  Casas.  Ignazio  di  Lojola.  Conte  d'Egmont.  Fran- 
cesco Pizzarro.  Ferdinando  Cortes.  Pigafetta,  Verazzanl  viaggiatore.  Coligny.  Michele 
L'IIùpital.  Scei-beck  kan  degli  Usbek.  Don  Giovanni  d'Austria.  I  Guisa,  Francesco, 
Enrico.  Drake.  Barnewelt.  Anton  de  Leyva.  Francesco  Saverio.  Santa  Teresa  fondatrice 
delle  Carmelitane.  Carlo  Borromeo.  Filippo  Neri  fondatore  dell'Oratorio.  Lutero.  Calvino. 
Meiancton.  Zuinglio.  Michele  Serveto.  Teodoro  Beza.  Giovanni  di  Leida  capo  degli  Ana- 
battisti. Ecolampadio.  Pietro  Martire  da  Firenze.  Knox  apostolo  della  Riforma  in  Iscozia. 
Fausto  e  Lelio  Socino.  Torquemada  inquisitore.  Giordano  Bruno.  Campanella.  Bohme. 
Paracelso.  Erasmo.  Francesco  Rabelais.  Francesco  Guicciardini.  Budeo.  Cardinale  Sa- 
doleto.  Montaigne.  Cujacio.  Giacomo  Amyot.  Cluverio.  Roberto  ed  Enrico  Stefano. 
Giulio  Cesare  Scaligero.  Brantòme.  Giambattista  Ramusio.  Tiraquello  giureconsulto. 
Andrea  Cesalpino.  Aldrovandi.  Fracastoro.  Andrea  Vesalio.  Gesner  naturalista.  Clemente 
Marot.  Garcilasso  de  La  Vega.  Camoens.  Tasso  Torquato.  Guarini.  Kondemir  storico 
persiano.  Sannazaro.  Machiavelli.  Boscano  di  Barcellona.  Firenzuola.  Paolo  Giovio. 
Pietro  Aretino.  Della  Casa.  Tartaglia  matematico.  Giovanni  Dorat.  Paolo  Paruta.  Limong- 
yang  poeta  cinese.  Copernico.  Falloppio.  Tycho  Brahe.  Viète.  Giovan  Leone  di  Granata 
viaggiatore.  Giusto  Lipsio.  Baronio.  Perugino.  Rafaello  d'Urbino.  Alberto  Durer.  Luca 
di  Leida.  Andrea  del  Sarto.  Correggio.  Licinio  da  Pordenone.  Giulio  Romano.  Giovanni 
Ilolbein.  Michelagnolo.  Tiziano.  Filiberto  Delorme.  Palladio.  Paolo  Veronese.  Tintoretto. 
Bassan  da  Ponte.  Caravaggio.  Caracci  Luigi,  Agostino,  Annibale.  Sebastiano  Serlio  ar- 
chitetto. Benvenuto  Cellini.  Barozzi  da  Vignola.  Pellegrino  Tibaldo.  Clemente  Birago 
incisore  in  pietre  dure.  Domenico  Fontana. 

SECOLO  xvu. 

Gustavo  Adolfo.  Cronnvell.  Luigi  XIV.  Carlo  XII.  Pietro  il  Grande.  Guglielmo  d'O- 
range.  Cristina  di  Svezia.  Wallenstein.  Tilly.  Richelieu.  Masaniello.  Oxenstierna.  Akmet 
Koproli  visir.  Montecuccoli.  Blake.  Mazarino.  Giovanni  de  Wilt.  Turenne.  Ruyter. 
Cardinale  di  Retz.  Colbert.  Condé.  Duquesne.  Louvois.  Luxemburg.  Giovanni  Bart. 
Catinat.  La  Vallière.  Newton.  Keplero.  Cassini.  Galileo.  Grozio.  Descartes.  Gassendi. 
Spinosa.  Locke.  Bossuet.  Francesco  Bacone.  Mabillon.  Bourdaloue.  Massillon.  Fléchier. 
Fénéion.  Malebranche.  Leibniz.  San  Vincenzo  di  Paolo.  Bellarmino.  San  Francesco  di 
Sales.  Fra  Paolo  Sarpi,  Mariana.  Giansenio.  Arnauld.  Nicole.  Baluzio.  Dupin.  Campa- 
nella. Molinos  quietista.  Claudio  Saumaise.  Usserio.  Bollando.  Fox  capo  dei  Quakeri. 
Puffendorf.  De  Balzac.  Vossio.  Bayle  Chardin.  Cervantes.  Shakspeare.  Stanley.  Gongora, 
Boileau.  Lope  de  Vega.  Alonso  Ercilla.  Molière.  Milton.  La  Rochefoucauld.  Corneille. 
Bacine.  Chapelain.  Chapelle.  Quinault.  La  Fontaine.  Madama  di  Sévigné.  La  Bruyère. 
Dryden.  Régnard.  Addison.  De  Thou.  Rinuccini.  Giambattista  Marini.  Chiabrera.  Ilob- 
bes.  Ilarvey.  Redi.  Bellini.  Pascal.  Iluygens.  Flamsteed.  Prospero  Alpino  Brown.  Ottone 
Guerike.  Boyle.  Bernoulli.  Magalotti.  Oliviero  de  Serres.  Gobelin  tintore.  Cavalieri. 
Elzevir  Abramo  e  Bonaventura  stampatori.  Marino.  Cureau  de  La  Chambre.  Stefano  Paolo 
di  Riquet  ingegnere.  Lulli  e  Gorelli  musicanti.  Magliabechi.  Rubens.  Domenichino. 
Vaodyck.  Guido.  Eustachio.  Le  Sueur.  Spagnoletlo.  Poussin.  Wouwermans.  Rembrandt. 
Salvator  Rosa.  Giacomo  Callot.  Breughel.  Algardi.  Guercino.  Bernini.  Le  Brun.  Pelitot 
smaltista.  Marali.  Bartoli. 


296 


CRONOLOGIA 


SECOLI   XVm    E   XIX. 

Clemente  XIV.  Pio  VI.  Pio  VII.  Pio  IX.  Tharaasp  Kulikan.  Maria  Teresa.  Federico 
di  Prussia.  Gustavo  III.  Luigi  XVi.  Berwick.  Villars.  Eugenio  di  Savoja.  Duguay-Trouin. 
Maurizio  di  Sassonia.  Turgot.  Menzilioff.  Law.  Coibert.  Guglielmo  Pitt.  Piiperda.  Penn 
capo  dei  Quakeri.  Alberoni.  Teocìn.  Giovanni  Calas.  Giorgio  d'Anson  viaggiatore.  Daun 
generale  austriaco.  Ali  Bey  abissino.  Pombal  ministro  di  Porlogallo.  Tanucci  ministro  di 
Napoli.  Potenikin  ministro  russo.  Pitt,  Peel ,  NYellington,  Castelreagh  ,  Russel,  Pai 
nierston,  Canning,  ministri  inglesi;  francesi  Talleyrand,  Perrier,  Thiers,  Guizot;  italiani 
Prina,  Cavour,  Consalvi.  Cagliostro.  Paoli.   Robespierre.  Danton.  Mirabeau.  Barnave 
Pethion.  Suvarof.  Kleber.  Dessaix.  Toussaint  Louverture,  capo  dei  Negri  di  San  Do 
mingo.  Necker.  Nelson.  Ali  Tebelen  bascià  di  Giannina.  Anckastrom.  Napoleone  Duo 
naparle  e  tutti  i  suoi  marescialli.  Quesnel.  Dacier.  Fleury.  Zeno.  Metaslasio.  Parini 
Frugoni.  Alfieri.  Monti.  Goldoni.  Muratori.  Passeri.  Lami.  Fontanini.  Gravina.  Visconti 
Borghesi.  Giannone.  Beccaria.  Filangeri.  Romagnosi.  Clarke.  Montfaucon.  Gray.  Pope 
Vertot.  Giambattista  Rousseau.  Rollin.  Swift.  Le  Sage.  Tompson.  Fréret.  Bolingbroke 
Fielding.  Puchardson.  Montesquieu.  Fontenelle.  Crébillon.  Young.  Winckelmann.  El 
vezio.  D'Alembert.  Duclos.  Chesterlìeld.  Hume.  Basnage.  Abbadie.  Sanadon.  Terrasson 
Lavater.  Vauvenargues.  Berkeley.  Tatischew.  Lenglet  Dufresnoy.  Mosheim.  Smollelt 
La  Blelterie.  Le  Beau.  Mably.  Tliomas.  Galiani.  Ilolbach.  Washington.  Franklin.  Smith 
Howard  benefico.  Blair  retore.  Bentham.  Burlamachi.  Wolf.  Barthelemy.  Florian.  Ray- 
nal.  Macpherson.  Reid.  Laharpe.  Klopstock.  Gessner.  Schiller.  Gothe.  Gresset.  Gian- 
giacomo  Rousseau.  Voltaire.  Kant.  Condillac.  Diderot.  Robertson.  Gibhon.  Saint-Pierre. 
Sterne.  Condorcet.  Cuvier.  Lavoisier.  Mongolfier.  Montucla.  La  Ilire.  Lancisi.  Leuve- 
noek.  Marsigli.  Vallisnieri.  Boerhaave.  .Senac.  Le  Camus.  Vicq-d'-Azir.  Ilalley.  Eulero. 
Lalande.  Cassini.  Dumarsais.  Béaumur.  Galvani.  Volta.  Piazzi.  Spallanzani.  Lord  Anson. 
Saussure.  Clairaut.  Pothier.  La  Condamine.  Linneo.  Cook.  BufTon.  Fahreneit.  Jussieu. 
Tommaso  Sinipson.   La  Calile.   Haller.  Tronchin  Teodoro.  Tissot.  Broussais.  Brown. 
Boscowich.  Arago.  La  Pérouse.  Bonnet  naturalista.  Humboldt.  Ilorschell.  Bailly.  La- 
grangia.  Tartini  maestro  di  musica.  Jomelli.  Antonio  Sacchini  Gluck.  Pergolesi.  Mozart. 
Rossini.  Bellini.  Donizetti.  Garrik  comico.  Rachel,  Ristori  tragiche.  Ilandel.  Rameau. 
Juvara.  Scamozzi.  Carlo  Vanloo.  Canevari.  Mengs.  Bibiena.  Ilogarlh.  Piranesi.  David. 
Piermarini.  Cornelius.  Bohsi.  Albertolli.  Gagnola.  Canova.  Thorwaldsen.  Schwantaler. 
Berzelio.  Midler.  Schelling.  Rossi.  Rosmini.  Gioberti.  Pellico.  MiUler.  O'Connel.  Ste- 
phenson.  Wealhstone.  Daguerre.  Brunel.  Arago.  Ampère.  Humboldt 


INVENZIONI  E  NOVITÀ 


Le  arti  di  edificare,  di  filare,  di  tessere,  di  lavorar  i  metalli  sono  anteriori  al 
diluvio,  secondo  iMosè.  Alcuni  citano  libri  di  Enoch  e  colonne,  sulle  quali 
i  discendenti  di  Set,  prima  del  diluvio,  avrebbero  scritto  per  memoria  a  chi 
verrebbe  dappoi. 

3000-2000  av.  C.  I  Cinesi  conoscono  l'astronomia,  le  lettere,  i  tegoli,  i  ponti,  la  mo- 
neta, l'organo,  le  campane,  i  pesi  e  le  misure. 

2100.  Già  usa  l'oro  in  moneta  e  in  vezzi.  Eleazaro  ofTre  a  Rebecca  orecchini  da  due 
sicli,  e  braccialetti  da  dieci  ;  Abimelech  dà  ad  Abramo  mille  sicli  per  comprare 
un  velo  a  Sara. 

1880.  Le  carovane  scontrate  dai  fratelli  di  Giuseppe  mostrano  come  già  fosse  vivo  il 
commercio. 

1630.  Primi  libri  scritti  da  Mosè  —  Si  vuole  che  a  quest'ora  già  i  Cinesi  conoscessero 
l'uso  della  bussola,  ed  esistessero  sì  i  loro  libri  religiosi  e  morali,  che  i  monu- 
menti religiosi  degl'Indi  e  degli  Egizj;  il  che  suppone  in  loro  cognizioni  di 
disegno,  d'architettura,  di  scultura,  di  pittura,  di  geometria,  d'astronomia, 
di  fdosofia,  di  poesia  e  di  musica:  così  i  canali  aperti  per  l'irrigazione,  che 
derivavano  l'acqua  dal  Nilo,  e  l'imbalsamazione  dei  corpi  provano  negli  Egizj 
cognizioni  d'idraulica  e  chimica.  Da  loro  appresero  queste  arti  gli  Ebrei  ; 
BeseleeI  della  tribù  di  Giuda  ed  Ooliab  della  tribìi  di  Ì)an  sapevano  far  ogni 
opera  in  argento,  oro,  bronzo,  marmo,  gemme,  legno,  sicché  prepararono  nel 
deserto  il  tabernacolo,  l'arca  e  i  sacri  arredi;  Mosè  poi  era  istrutto  in  talta 
la  scienza  degli  Egizj. 

1o80?  Cadmo  dalla  Fenicia  trasporta  in  Grecia  le  lettere  dell'alfabeto. 

1350.  1  Fenicj  trovano  la  polvere.  —  Epoca  storica  della  nascita  delle  arti  in  Grecia. 

1S00?  Prometeo,  primo  operatore  della  civiltà  greca. 

13S0'?  La  spedizione  degli  Argonauti  prova  i  progressi  della  navigazione  presso  i  Greci; 
come  i  vantati  portenti  della  lira  di  Lino,  d'Orfeo  e  d'Anfiooe  esprimono 
i  progressi  della  civiltà.  —  Prima  instituzione  dei  giuochi  Olimpici.  —  Amfi- 
zioni.  —  Gli  Etruschi  inventano  le  trombe;  Lino  il  filar  le  budella  e  farne 
corde  sonore. 

1320?  Minosse,  legislatore  di  Creta. 

1270?  Guerra  di  Troja  ;  arti  ausiliarie  della  guerra.  —  La  Grecia  divisa  in  varj  Slati, 
congiunti  in  unità  nazionale  dalla  religione,  dai  giuochi,  dalla  favella. 

1200.  Omero,  secondo  Eratostene;  lOiO  secondo  Apollodoro;  907  secondo  i  Marmi 
di  Paro.  Da'  suoi  poemi  impariamo  qual  fosse  la  religione  dei  Greci,  quale  lo 
stato  di  coltura,  in  quanto  pregio  tenuta  non  solo  la  forza  fisica,  ma  anche  la 
morale;  come  già  fosse  sviluppato  il  sentimento  estetico,  onde  a  sì  alto  grado 
salirono  nella  Grecia  le  arti  belle. 

1000.  Tempio  di  Salomone,  costrutto  da  artefici  fenicj.  —  i  Fenicj  inventano  il  vetro 
e  la  tintura  della  porpora. 

906.  Pamfilia  di  Coo  insegna  a  lavorar  la  seta. 

894.  Prime  monete  d'oro  e  d'argento  ad  Argo. 

880?  Licurgo,  legislatore  di  Sparla. 


298  CRONOLOGIA 

840.  Cleofante  da  Corinto  trova  la  pittura  monocromatica. 

809.  Debutade  da  Sicione  inventa  la  plastica. 

786.  I  Corintj  fanno  galee  a  tre  ordini  di  remi. 

770,  Corebo,  vincitore  nei  giuochi  Olimpici,  pel  primo  ottiene  una  statua  :  da  quel 
punto  lo  storico  Timeo  siciliano,  vissuto  dopo  Alessandro,  prese  a  contare  l'èra 
delle  Olimpiadi. 

753.  Fondazione  di  Roma;  già  fioriva  d'arti  l'Etruria. 

740.  Bularco,  primo  tra  i  Greci  a  dipingere  a  varj  colori. 

718.  Teodoro  da  Samo  trova  la  squadra  e  il  livello,  mentre  fin  allora  s'adopravano  il 
compasso  e  il  regolo. 

K97.  Talete  di  Mileto  predice  un  eclisse  di  sole. 

f)90.  Solone,  viaggiato  in  Egitto  e  in  Lidia,  dà  leggi  agli  Ateniesi. 

530.  Pitagora  da  Samo,  viaggiato  nell'India  e  nell'Egitto,  si  fa  maestro  di  sapienza  agli 
abitanti  della  Magna  Grecia  o  dell'Italia  meridionale,  ove  detta  precetti  di 
morale,  di  politica,  d'astronomia  e  di  geometria.  —  Marsiglia  fondata  dai  Fo- 
cesi,  causa  potente  d'incivilimento  l'.er  la  razza  gallica. 

540.  Anassimandro  e  il  suo  discepolo  Anassimene  insegnano  ai  Greci  l'uso  del  qua- 
drante solare  e  la  divisione  del  zodiaco  in  dodici  case  o  costellazioni,  cogni- 
zioni già  antiche  presso  gli  Egizj^  —  compongono  le  prime  carte  geografiche. 

530.  Ciro  introduce  le  poste  in  Persia. 

52G.  Prima  biblioteca  pubblica  in  Atene,  fondata  da  Pisistrato. 

506.  Prima  statua  eretta  in  Roma,  ad  onore  d'Orazio  Coclite. 

500.  .Comincia  la  gloria  della  Grecia,  come  nelle  armi,  cosi  nelle  arti  e  nella  filosofia. 

4G9.  Eschilo  e  Sofocle  si  disputano  il  premio  della  tragedia. 

450.  Morte  del  poeta  Pindaro. 

450.  Agatarco  applica  la  prospettiva  alle  decorazioni  teatrali. 

444.  Erodoto  nelle  feste  Panatenee  legge  la  sua  storia.  —  Fioriscono  i  filosofi  Melisso, 
Protagora  ed  Empedocle. 

439.  Parmenide  divide  la  terra  in  cinque  zone. 

457.  Costruzione  de'  Propilei  di  Atene.  Ippocrate  medico. 

43:2.  .Metone  ateniese  avverte  il  solstizio  d'estate,  e  trova  il  numero  aureo.  —  Fidia  fa 
la  sua  Minerva  pel  Partenone,  Prassitele  la  Venere  per  Guido.  —  Costruzione 
de'  più  bei  monumenti  di  Atene  :  Pericle. 

423.  Prima  rappresentazione  delle  Nubi  d'Aristofane. 

401.  Arcesilao  di  Paros  inventa  la  pittura  sulla  cera  e  sullo  smalto. 

400.  Platone  risolve  il  problema  della  duplicazione  del  cubo.  —  Morte  di  Socrate:  Seno- 
fonie  e  Platone  suoi  discepoli  ne  raccolsero  e  ampliarono  gl'insegnamenti. 

350.  Nascita  d'Alessandro  Magno.  Il  tempio  di  Efeso  incendiato  da  Eroslrato. 

350.  Aristotele  fonda  la  scienza  della  storia  naturale  e  un  sistema  di  filosofia  sopra 
l'esperienza  dei  sensi;  dà  precetti  di  politica,  di  eloquenza  e  di  poesia. — 
Epicuro  filosofo;  Menandro  poeta  comico.  —  Zeusi,  Apelle  e  Prologene  portano 
la  pittura  al  più  alto  grado  di  perfezione. 

310.  Viaggio  di  Imilcone  cartaginese  alle  isole  Cassiteridi  (la  Gran  Bretagna);  di  Pitea 
da  Marsiglia  fino  a  Tuie  (Islanda  o  Scandinavia);  d'Annone  fin  al  capo  Bianco 
in  Africa. 

332.  Le  conquiste  fatte  da  Alessandro  in  Egitto  vengono  disegnate  sopra  una  lastra 
d'oro,  che  si  depone  nel  tempio  di  Giove  Ammone. 

328.  Calippo  fa  ritratti  con  modelli  di  plastica,  in  cui  fonde  la  cera. 

320.  Primi  saggi  d'anatomia  di  Erasistrato. 

300.  Primo  quadrante  a  Roma. 

300.  Erofìlo  trova  il  modo  di  abbassar  le  cateratte  dagli  occhi. — Callistene  aveva  rac- 
colto in  un  libro  le  cognizioni  astronomiche  de' Babilonesi,  ed  Euclide  gl'in- 
segnamenti geometrici  de'  predecessori. 

270.  Versione  dei  Settanta.  —  Sotto  i  Tolomei  fioriscono  le  scienze  in  Alessandria.  A 
quei  tempi  riferiscono  alcuni  l'invenzione  delle  clessidre,  od  orologi  a  acqua, 
e  degli  organi  idraulici;  ma  si  può  ragionevolmente  crederla  pi>i  antica;  di 
organi  parla  già  Davide  nei  Salmi,  ma  s'intende  ogni  stromento  a  fiato. 


INVENZIONI   E   NOVITÀ  290 

203.  La  carta  pergamena  trovata  da  Eumene  I  re  di  Pergamo. 

220.  Archimede  di  Siracusa  inventa  gli  specchi  ustorj,  la  vite  perpetua,  le  tanaglie; 
determina  il  peso  specifico  dei  corpi,  pesandoli  in  un  liquido  (corona  del  re 
Cerone). 

20!.  l  Cinesi  trovano  la  carta  di  seta,  l'inchiostro,  i  pennelli  da  scrivere. 

200.  Musaici  di  vetro  e  di  metalli. 

180,  Ipparco  da  Nicea  inventa  l'astrolahio  (sfera  armillare;  ;  numera  le  stelle  conosciute, 
determinandone  la  posizione;  osserva  un  eclissi  di  luna;  avverte  la  |»reces- 
sione  degli  equinozj  ;  designa  la  posizione  dei  paesi  colla  longitudine  e  lati- 
tudine. 

03.  Tirone  inventa  le  ahhreviature  o  ìiote. 

fio.  S'introduce  l'ordine  toscano. 

Del  tesoro  dell'antica  sapienza  furono  depositarie  Roma,  Alessandria  e  Costanti- 
nopoli, poi  nel  medio  evo  gli  Arabi,  e  sul  finire  di  questo  ed  al  principio  dei 
tempi  moderni  gl'Italiani. 
Roma,  poco  curando  le  arti,  dall'architettura  in  fuori,  ed  ancor  meno  le  scienze, 
si  tenne  quasi  solo  contenta  a  ripetere  ed  imitar  quello  che  nella  filosofia  e 
nelle  lettere  avevano  fatto  i  Greci.  Negli  ultimi  anni  della  repuhhiica  molti 
illustri  scrittori  produsse.  In  tanta  grandezza  di  conquiste  non  conosceva  né 
vetri,  né  camini,  né  carta,  né  poste,  ne  carrozze,  né  alberghi  o  panattieri 
pubblici,  od  oriuoli;  non  calze,  né  camicie,  od  altra  biancheria:  dormivasi 
su  foglie  secche,  mangiavasi  in  legno  o  terra:  un  lachezzo  era  il  pan  di  segale; 
le  case  erano  capanne. 
Al  tempo  dell'impero  crebbe  il  lusso,  più  che  le  comodità.  Letti  d'avorio  e  d'ar- 
gento cesellato,  coltrici  di  piuma  fina  e  coperte  di  porpora;  vasellame  d'ar- 
gento, d'oro,  di  pietre  fine;  in  tavola  cinghiali  intieri  ripieni  di  gru  e  pavoni; 
vivaj  d'ostriche  e  murene,  e  pranzi  che  costavano  l'uno  cinquantamila  dramme; 
addosso  perle  e  gemme;  la  bellezza  femminile  rilevata  con  mille  manteche  e 
vernici;  l'India  mandava  per  loro  le  sete,  la  Scizia  le  pelliccie,  l'ambra  il 
Baltico  ecc. 

43  d.  C.  Coll'opera  principalmente  dell'astronomo  Sosigene  d'Alessandria,  Giulio  Cesare 
riforma  il  calendario. 

79,  Plinio  il  Vecchio  muore  osservando  da  vicino  l'eruzione  del  'V^csuvio:  la  sua  Ilisto- 
ria  naturce  contiene  nozioni  curiosissime,  benché  raccolte  a  caso  ed  inesatte. 

1  iO.  Tolomeo  insegna  che  la  terra  è  centro  del  sistema  planetario;  l'evezione  della 
luna;  la  refrazione  dei  raggi  delle  stelle  ecc. 

1G0.  Galeno,  il  più  gran  medico  dell'antichità  dopo  Ippocrate.  —  Cornelio  Celso,  altro 
lume  della  medicina. 

200.  La  giurisprudenza  coltivata  da  Ulpiano  e  Papiniano.  —  Plotino  e  il  suo  discepolo 
Porfirio,  della  scuola  alessandrina,  insegnano  la  filosofia  platonica  in  Roma. 
Al  cristianesimo  son  dovuti  gli  ospizj  pei  pellegrini,  gli  spedali  pei  malati, 
i  ricoveri  pei  trovatelli.  Per  convocare  i  fedeli  s'inventano  le  campane  da 
san  Paolino  di  ^o!a  nel  v  secolo,  o  da  papa  Sabiniano  nel  vii.  Dapprima  da- 
vansi  i  segni  battendo  due  assicelle.  La  campana  più  grossa  è  a  Mosca,  del 
giro  di  quattordici  metri,  del  peso  di  mille  quattrocento  quintali. 

393.  Invenzione  dei  caratteri  armeni,  georgiani,  albanesi. 

300.  Boezio  e  Cassiodoro,  segretari  di  Teodorico  re  dei  Goti,  sostengono  l'onore  delle 
lettere  in  mezzo  alle  tenebre  del  medio  evo. 

320.  Dionigi  il  Piccolo,  monaco  scita,  introduce  l'èra  cristiana. 

330.  L'imperatore  Giustiniano  fa  raccorre  da  dotti  giureconsulti  le  leggi  romane. 

333,  La  semenza  de' bachi  da  seta  viene  trasportata  dall'India  in  Europa.  —  Di  quel 
tempo  si  sostituiscono  le  penne  per  iscrivere  alle  cannuccie  che  i  Romani 
adoperavano, 

030.  Mulini  a  vento,  inventati  dagli  Arabi. 

037.  Primi  organi  nelle  chiese. 

078.  Invenzione  del  fuoco  greco,  con  cui  Callinico  abbrucia  i  vascelli  dei  Musulmani 
che  assediavano  Costantinopoli. 


300  CRONOLOGIA 

720.  Gli  Aral)i  sotto  i  califfi  Abhassidi  coltivano  prosperamente  le  scienze  e  le  arti; 
aprono  pubbliche  scuole  in  Asia,  in  Africa  ed  in  Ispagna. 

800,  Sotto  Aron  al-Rascid  fioriscono  tra  gli  Arabi  l'astronomia,  la  filosofia,  la  chimica 
e  le  arti.  Da  essi  ci  vengono  l'acquavite,  l'alcool,  le  essenze,  l'alambicco  ecc. 
—  Carlo  Magno  ristabilisce  gli  studj  in  Occidente. 

820.  Pacifico,  prete  veronese,  introduce  in  Italia  gli  orologi  a  ruota:  ma  già  Aron 
al-Rascid  ne  aveva  mandato  uno  in  dono  a  Carlo  Magno.  Altri  ne  fanno  in- 
ventore Boezio. 

933.  I  Cinesi  inventano  la  stampa. 

9C0.  Scavo  delle  miniere  d'argento  dell'Hartz,  le  più  ricche  d'Europa. 

990.  Il  monaco  Gerberto,  divenuto  poi  papa  Silvestro  II,  e  detto  per  la  sua  dottrina 
Mirabilia  mundi,  porta  dalla  Spagna  in  Francia  ed  in  Germania  l'uso  delle 
cifre  arabiche,  che  in  breve  si  diffonde  per  tutta  Europa.  Egli  fa  il  primo  oro- 
logio a  bilanciere,  e  gli  organi  a  vapore  {per  aquce  calefacUe  violentiam,  implet 
ventus  emergens  concavitatem,  etc.) 

1000.  Stile  lombardo  dell'architettura. 

1028.  Fra  Guido  d'Arezzo  inventa  le  note  musicali,  nominandole  dalle  iniziali  dei 
primi  emistichi  dell'inno  in  onore  di  san  Giovanni  Battista,  su  cui  prima- 
mente adoprò  quelle  note  : 

Ut  queant  laxis  re  sonare  fibris 
Mira  gestorum  /"a-muli  tuorum, 
Sol  \e  polluti  la-hìi  realum, 

S-ancte  /-oannes. 

1100.  Le  crociate  in  Asia  ed  in  Egitto  ridestano  il  gusto  per  le  arti  in  Europa,  e  il 
commercio;  e  trapiantano  fra  noi  molti  usi  di  quei  paesi,  e  nuo\i  gusti  e  co- 
modila. Forse  allora  si  conobbero  i  mulini  a  vento.  La  canna  di  zucchero 
dall'Arabia,  Nubia  ed  Egitto  fu  trasferita  in  Sicilia,  donde  in  Portogallo,  e  di 
là  alle  due  Indie.  —  S'introducono  le  osterie,  i  camini,  i  vetri  alle  finestre. 
Cominciasi  a  scrivere  le  lingue  vulgari.  S'adottano  gli  stemmi  delle  famiglie. 

1120.  Poeti  provenzali,  detti  Trovadori. 

1150.  In  Europa  domina  la  filosofia  scolastica.  —  Salgono  in  gran  nominanza  le  scuole 
di  medicina  di  Salerno  e  di  Montpellier.  — Architettura  di  stile  gotico. 

11GI.  Citansi  lettere  di  cambio  sopra  Messina  e  Costantinopoli,  tratte  da  mercanti  di 
•    Messina. 

1171.  A  Venezia  fondasi  il  banco  di  deposito,  detto  di  San  Marco. 

1210.  Primi  saggi  di  poesia  siciliana. 

1246.  Innocenzo  IV,  col  mandato  di  cambio  più  antico  che  si  conosca,  trasmette  all'an- 
ticesare  Raspon  venticinquemila  marchi  d'argento,  che  una  casa  di  Venezia 
gli  fa  pagare  a  Francoforte. 

1250.  I  fratelli  veneziani  Nicolò  e  Maffio  Polo  intraprendono  i  primi  viaggi  nell'Asia 
orientale;  ai  quali  si  aggiunse  Marco  figlio  di  Nicolò,  che  nel  suo  Milione 
narrò  i  viaggi  di  tutti  e  tre  fin  dopo  il  1300,  facendo  conoscere  all'Europa 
i  paesi  da  loro  visitati  in  Asia  ed  in  Africa. 

1260.  Ruggero  Bacone  inglese  costruisce  specchi  ustorj  ;  parla  dell'esplosione  del  sal- 
nitro chiuso  in  una  sfera  ;  si  pretende  conoscesse  il  telescopio. 

1270.  Rinnovamento  della  pittura  in  Italia. 

1296.  Alessandro  Spina  da  Pisa  trova  gli  occhiali.  —  A  questa  età  risale  l'invenzione 
degli  specchi  di  cristallo,  di  cui  forse  non  a  ragione  si  attribuirono  l'onore 
i  Veneziani,  sebbene  per  lungo  tempo  ne  fossero  i  soli  fabbricatori,  facendo 
di  quest'arte  un  segreto.  Le  dame  portavano  specchietti  a  cintola,  come  oggi 
si  fa  degli  orologi.  —  La  carta  di  cenci  di  lino  pare  già  fosse  nota  agli  Aralti; 
i  Cinesi  adoperavano  carta  di  cotone  e  di  seta;  gli  antichi  scrivevano  su  fogli 
di  scorza  d'alberi  (papijrus),  su  tavolette  di  legno  cerate,  su  pelli  di  pecora 
(pergamena),  e  d'altri  animali.  Nel  xii  secolo,  a  Padova  principalmente  si 
estendono  le  fabbriche  di  carta  di  lino. 
Belgi  e  Liegesi  si  disputano  a  chi  primo  scoprisse  il  carbon  fossile.  —  Un'asso- 
ciazione di  frati  fabbrica  molti  ponti  in  Francia.  — Si  selciano  le  vie,  uso 


INVENZIONI    E    NOVITÀ  oOl 

airutlo  dimenticalo  fuor  d'Italia.  Cordova  era  selciala  neirSoO;  Parigi  soltanto 
nel  XIII  secolo;  Milano  lo  fu  sotto  Azzone  Visconti.  Filippo  l'Ardito  noi  1285 
ordina  che  ciascuno  spazzi  il  selciato  avanti  alla  propria  casa  5  e  solo  nel  1G09 
si  nettarono  a  pubbliche  spese.  Galline  e  porci  vagavano,  come  ora  i  cani: 
uno  si  attraversò  fra  le  gambe  del  cavallo  del  giovane  re  Filippo  (|uando  tor- 
nava d'essersi  fatto  coronare  a  Reims,  sicché  cadendo  morì.  Le  vie  di  Berlino 
non  erano  ancora  ripulite  nel  162^,  e  i  porci  si  ravvoltolavano  tra  le  pozze 
e  i  rigagni.  ÌNel  1671  si  ordinò  che  ogni  villano,  venendo  al  mercato,  portasse 
via  una  carretta  di  spazzatura. 

1302.  Flavio  Gioja  d'Amalfi  insegna  e  perfeziona  l'uso  della  bussola  per  dirigere  le  navi 
in  mare.  Risorgono  in  Italia  le  arti  con  Cimabue,  Giotto,  frate  Oderisi,  Nicola 
da  Pisa,  Arnolfo,  Gaddo  Caddi;  come  pure  la  filosofia  e  le  lettere  con  Tom- 
maso d'Aquino,  Dante,  Petrarca  e  Boccaccio. 
Sotto  Filippo  il  Bello  questi  mestieri  aveansi  in  Parigi:  venditrice  d'agli,  fabbri- 
cator  di  mozzette,  di  piatti  di  slagno,  di  coreggie;  pittore  di  blasoni,  fabbri- 
catore di  fibbie,  ricamatrice,  tappezziere,  mercante  di  legna,  zoccolajo,  fab- 
bricatore di  calze  e  calzoni,  vetturale,  la  rivendugliola,  il  conciatore  di  cuojo 
cordovano;  giardiniere,  trippajuolo,  fabbricator  di  nastri,  di  corazze  in  lamine 
di  ferro,  di  piatti  metallici  a  martello,  di  ferro  grosso;  fabbro-ferrajo,  bruni- 
tore d'armi,  pasticciere,  facitore  di  cofani,  cuoco,  lavandajo,  mandeliniere, 
che  fa  tazze  di  pietre  fine,  il  santese  delle  chiese,  fabbricator  di  ostie,  rostic- 
ciajo  di  oche,  fabbricatore  di  stufe  e  padelle,  che  fa  corone  di  rosarj ,  erbiven- 
dola,  giojelliere,  mercante  di  sacchi,  barbiere,  mercante  di  sale,  sartore, 
panaltiere,  fabbricatore  di  cosciali,  che  fa  immagini,  che  fa  brache  ecc. 
Il  medico  Arnaud  a  Montpellier  sottopone  le  vinacce  a  fuoco  vivo,  il  quale  ne 
fa  svaporar  l'acqua,  lasciandovi  solo  la  parte  spiritosa,  e  ne  ottiene  l'acqua 
di  ferro,  0  acqua  di  morte,  infine  detta  acquavite.  —  Le  candele  di  sego  erano 
un  lusso;  dapprima  usavasi  l'olio  0  legni  resinosi,  e  nelle  chiese  la  cera. — 
Gli  antichi  andavano  col  capo  scoperto  e  a  cappuccio.  I  cappelli  vennero  di 
Spagna  ;  e  Tristano  Salazar  biscaglino,  ì^scovo  di  Sens,  dicono  gl'introducesse 
in  Francia,  invece  dei  berretti  e  dei  tòcchi.  Carlo  VI  fu  il  primo  re  che  portasse 
cappello  alla  campagna:  sotto  Carlo  VII  portavansi  quando  piovesse;  sotto 
Carlo  Vili  in  ogni  tempo.  —  Per  dare  spasso  a  Carlo  VI  di  Francia  s'introdusse 
il  giuoco  delle  carte,  già  conosciuto  da  prima  ;  e  per  istampar  queste  si  fecero 
le  prime  incisioni  in  legno.  —  Agli  Ebrei  son  dovute  le  lettere  di  cambio, 
e  gl'Italiani  ed  i  negozianti  d'Amsterdam  le  introdussero  in  Francia,  al  tempo 
di  Filippo  il  Lungo. 

J520.  Prima  moneta  d'oro  battuta  in  Occidente  dopo  i  Barbari. 

1540.  Invenzione  della  polvere  da  cannone,  attribuita  a  Bertoldo  Schwartz ,  monaco 
di  Friburgo  0  di  Colonia.  Applicata  alle  armi,  muta  faccia  alla  tattica  di  terra 
e  di  mare;  e  ricchezze  diventano  necessarie  per  mantenere  eserciti  e  (lotte. 

Ì3U.  Giovanni  Dondi  pone  in  Padova  il  primo  orologio  da  torre. 

J346.  Invenzione  delle  bombe  e  de'  mortai. 

15S0.  Bartolo  e  il  suo  discepolo  Balbo  ristaurano  la  scienza  del  diritto  in  Italia;  per 
loro  salgono  in  onore  le  università  di  Pisa,  di  Bologna,  di  Perugia,  di  Padova 
e  di  Pavia. 

1401.  Luigi  di  Berguera  da  Bruges  inventa  il  tagliare  i  diamanti. 

1405.  Giovanni  Belhencourt  normanno  scopre  le  isole  Canarie. 

1407.  Fondasi  a  Genova  il  banco  di  San  Giorgio,  sul  modello  di  quel  di  Venezia. 

1410.  Invenzione  della  pittura  a  olio,  attribuita  al  fiammingo  Giovanni  Van-Eyck,  dal 
quale  l'avrebbe  appresa  e  portata  in  Italia  Antonello  da  Messina.  Gli  antichi 
stempravano  i  colori  nell'acqua  più  0  meno  gommata.  —  Fin  dalla  prima 
crociata  pare  fosse  nota  la  pittura  sul  vetro,  che  fiorì  in  questo  secolo.  —Gio- 
vanni delle  Corniole  fiorentino  trova  l'incisione  all'incavo. 

1412.  Il  caffè  è  portato  dalla  Persia  in  Arabia. 

1416.  Guglielmo  Beukoltz  trova  il  metodo  di  salare  le  aringhe,  ricchezza  del  Nord. 

1432.  Gilianez  volta  il  capo  Non.  I  Portoghesi  scoprono  le  isole  Azzore. 


502  cnoxoLocu 

ii55.  A  Darcellona  pubblicasi  l'ordinanza  sulle  assicurazioni  marittime;  codice  molto 
esteso,  che  dicesi  in  uso  nelle  Fiandre  fin  dal  1310. 

1140?  Invenzione  della  stampa  con  caratteri  mobili  per  opera  di  Pietro  Schffiffer,  Gio- 
vanni Faust  e  Giovanni  Guttenberg. 

14S0.  Tommaso  Finiguerra,  orefice  di  Firenze,  trova  l'arte  d'incidere  in  rame.  — I  Ci- 
nesi e  gl'Indiani  da  immemorabile  fanno  intagli  in  legno  per  le  loro  stoffe 
stampate.  I  Cinesi  fin  prima  del  Mille  adopravano  pei  libri  la  stereotipia.  Presso 
gli  anticbi  popoli  colti  era  conosciuta  soltanto  l'incisione  in  pietra  ed  in  cri- 
stallo, sì  in  incavo  che  in  rilievo.  —  I-uigi  Berguem  da  Bruges  avendo  osser- 
vato che  due  diamanti  stropicciati  fra  sé  s'intaccano,  raccolse  la  polvere  che 
ne  veniva,  e  se  ne  valse  per  tagliare  e  levigar  i  diamanti.  Gli  antichi  traevano 
i  diamanti  dall'Etiopia-,  poi  ne  vennero  dall'India,  Arabia,  Cipro,  Macedonia; 
ora  soltanto  da  Golconda  e  dal  Bengala. 

14S7.  La  regina  di  Francia  riceve  dal  re  d'Ungheria  una  carrozza  sulle  molle;  novità 
che  fece  meravigliare  Parigi.  Gl'Italiani  v'applicarono  i  vetri  agli  sportelli. 

14G0.  Bovillas  trova  la  curva  cicloidale. — S'introducono  i  Monti  di  pietà  a  Perugia: 
Paolo  II,  poi  Leone  X  nel  1515  gli  approvano.  —  Caduto  l'impero  d'Oriente, 
i  dotti  Greci  rifuggiti  in  Italia  vi  propagano  la  cognizione  de'  classici. 

1483.  VOrfeo  del  Poliziano  è  il  primo  dramma  regolare  in  lingua  moderna,  non  reli- 
gioso. L'Euridice  del  Rinuccini  è  il  primo  messo  in  musica.  A  mezzo  il  se- 
colo XVI  Perrin  l'introduce  a  Parigi,  e  ottiene  di  stabilire  un'accademia  per 
l'Opera.  Fino  al  1681  nessuna  donna  v'avea  cantato. 

I486.  I  Portoghesi,  che  da  un  pezzo  cercavano  la  via  per  andare  alle  Indie  orientali 
girando  intorno  all'Africa,  dopo  avere  scoperto  le  isole  di  Porto  Santo,  di 
Madera,  le  Azzore,  quelle  di  capo  Verde,  la  Guinea,  il  Congo,  condotti  da 
Bartolomeo  Diaz,  pervengono  finalmente  al  capo  di  Buona  Speranza. 

1492.  Cristoforo  Colombo  salpato  da  Palos,  porto  di  Spagna,  il  5  agosto,  la  notte  dall'H 
al  12  ottobre  scopre  l'isola  di  San  Salvatore;  nel  95  le  Antilie;  nel  98  il  conti- 
nente d'America. 

1498.  Vasco  de  Gama,  dato  volta  al  tapo  di  Buona  Speranza,  scopre  le  coste  orientali 
dell'Africa,  e  giunge  alle  Indie.  Nei  seguenti  anni  crescono  le  scoperte  in 
America  e  nel  mare  Indiano,  per  opera  specialmente  di  Amerigo  Vespucci, 
Giovanni  e  Sebastiano  Cabotto,  Alvarez  Cabrai,  Alfonso  Albuquerque,  Balboa, 
Ferdinando  Cortes,  Magellano  ed  altri. 
Dalle  terre  scoperte  ci  arrivano  molte  nuove  produzioni,  l'indaco,  il  tabacco, 
il  cotone,  la  vaniglia,  il  cacao,  la  china,  la  cocciniglia  ecc.  Dai  Messicani  im- 
pararono i  Gesuiti  a  far  la  cioccolata,  che  nel  1520  fu  portata  dal  Messico  in 
Europa:  in  Francia  pel  primo  ne  fece  uso  l'arcivescovo  di  Lione,  fratello  del 
cardinale  Richelieu.  Ora  si  consumano  in  Europa  da  ventitré  milioni  di  lib- 
bre di  cacao  ogni  anno.  — Si  estende  l'uso  del  caffè  in  Oriente,  or  proibito, 
ora  permesso,  finché  dopo  il  1660  gl'Italiani,  e  specialmente  i  Veneziani,  ne 
mettono  botteghe  nelle  principali  città  d'Europa. 

1500.  Copernico  determina  il  sistema  del  mondo.  —  Epoca  più  gloriosa  delle  arti  in 
Italia,  Rafaello,  Michelangelo,  Lionardo  da  Vinci,  altri  rinomati  artisti  — 
Fiorisce  la  tipografia  per  opera  degli  Aldi  in  Venezia  e  a  Roma. 

1503.  Prime  mine  alla  presa  di  Castel  dell'Ovo. 

1504.  Pittura  su  smalto,  inventata  in  Italia. 
1518.  Incisione  all'acquaforte. 

1520.  Magellano  compie  il  primo  viaggio  attorno  al  mondo. — Telajo  per  tessere,  in- 
ventato da  un  francese.  — Re  Francesco  porla  le  prime  calze  di  seta. 

1526.  La  chinachina  è  introdotta  in  Europa. 

1528.  Fernel  misura  un  arco  del  meridiano. 

1553.  Primo  orlo  botanico  a  Padova:  vi  succedono  quelli  di  Firenze,  Pisa  ecc.;  nel 
1568  a  Montpellier;  nel  159!  a  Parigi. 

1547.  Gli  aranci  portati  dalla  Cina  in  Portogallo. 

1549.  Giambattista  Porta  inventa  il  telescopio  e  la  camera  oscura; 

1553.  Oliviero  Aubry  batte  monete  col  mulino  e  il  bilanciere. 


INVENZIONI    K    NOVITÀ  303 

'J5G0.  Il  tabacco  è  introdotto  in  Europa.  Nicol,  ambascialorc  di  Francia  alla  Corte  di 
Portogallo,  ne  riceve  da  un  mercante  fiammingo,  e  lo  presenta  al  granpriorc 
a  Lisbona,  poi  a  Caterina  de"  Medici  in  Francia;  e  perciò  è  detto  nicoziana^ 
erba  del  gran  priore ,  erba  della  regina ,  ovvero  erba  di  Santacroce ,  erba  di 
Tornabuona  dal  nome  dei  due  cardinali  che  lo  mettono  in  uso  in  Italia:  gli 
Spagnuoli  lo  chiamano  tabago  perchè  prima  lo  trovarono  a  Tabago,  una  delle 
Antdie.  —  Di  questo  tempo  s'introduce  il  grano  turco,  che  sembra  derivi  dal- 
l'America, non  dall'Asia. 

1563.  Editto  di  Parigi,  pel  quale  L'Itòpital  istituisce  tribunali  di  commercio. 

itìGi.  Clemente  Birago  milanese  trova  come  incidere  sul  diamante. 

i57i.  S'applica  il  mercurio  per  affinare  l'oro  e  l'argento. 

1580.  Viaggio  dell'ammireglio  Drake  attorno  al  mondo.  — Fioriscono  in  Italia  le  lettere. 
Ariosto,  Tasso.  Accademia  della  Crusca.  —Viete,  Mecord,  Stifelio  introducono 
1  segni  algebrici. 

1582.  Papa  Gregorio  XIII  riforma  il  calendario. 

1584.  Don  Pedro  Ponce  spagnuolo  inventa  un  metodo  per  istruire  i  sordimuli. 

158G.  Walter  Raleigh  porta  in  Inghilterra  il  pomo  di  terra,  di  cui  tardi  si  comprende 
l'immensa  utilità. 

•J590.  Antonio  De  Dominis  spiega  la  rifrazione  della  luce  e  l'iride.  — Sistema  astrono- 
mico di  Ticho-Brahe.  —  Si  perfe'zionano  gli  orologi,  facendoli  per  tasca:  bombe 
e  mortaj  s'applicano  all'espugnazione  delle  città:  a  Pìstoja  inventansi  le  pi- 
stole, a  Bajona  le  bajonette. — Gl'Inglesi  trovano  gli  spilli,  mentre  prima 
s'adopravano  spine  d'avorio  o  di  legno. 

1600.  Guglielmo  Lee  inventa  il  telajo  da  calze.  —  Giovanni  Kepler,  precursore  di  Des- 
cartes nell'ottica  e  di  Newton  nelle  scienze  fisiche,  dimostra  le  vere  leggi  del 
sistema  del  mondo,  e  le  forze  centrifughe  e  centripete.  —  Francesco  Bacone 
da  Verulamio,  filosofo,  teologo,  storico  e  giurista,  indovina  l'elasticità  ed  il 
peso  dell'aria,  intravede  l'attrazione  newtoniana,  segna  nuove  orme  nello 
studio  della  filosofia. 
Il  gelso  era  stato  introdotto  in  Francia  sotto  Carlo  Vili:  Enrico  IV  ne  favorisce 
la  coltura,  e  coll'ajuto  di  Oliviero  De  Serre  ne  fa  piantare  quindicimila  nel 
giardino  delle  Tuileries.  — 11  cardinale  De  Lugo  gesuita  insegna  l'uso  della 
chinachina. 

IGOl.  Alto  del  43"  anno  del  regno  di  Elisabetta,  che  istituisce  la  tassa  dei  poveri. 

1605.  Giusto  Byrge  inventa  i  logaritmi  e  il  compasso  di  proporzione. 

1609.  Scoperta  della  grande  circolazione  del  sangue,  attribuita  all'inglese  Ilarvey,  ma 

già  avvertita  dagli  italiani  Sarpi  e  Cesalpini.  —  Galileo  Galilei  inventa  o  per- 
feziona il  telescopio;  scopre  i  satelliti  di  Giove;  dimostra  il  moto  di  rotazione 
e  di  rivoluzione  della  terra  intorno  al  sole;  trova  la  teoria  del  pendolo  ed  il 
compasso  di  proporzione;  —  filosofia  sperimentale. — Banco  d'Amsterdam,  il 
più  celebre  di  deposito. 

1610.  Gli  Olandesi  introducono  il  the:  nel  I63G  conosceasi  in  Francia,  nel  1670  in 

Inghilterra. 

1616.  Luigi  XI  avea  già  nel  li64  introdotto  le  poste,  che  erano  corrieri  portanti  gli 
spacci  reali.  Ma  le  regolari  furono  stabilite  dal  conte  Tassi  della  Torre  di  Val- 
sassina  nel  1616  in  Germania:  onde  la  sua  famiglia  ottenne  come  feudo  eredi- 
tario il  grado  di  mastro  delle  poste  imperiali. 

lOiO.  Prime  parrucche. 

1621.  Termometro,  inventato  dall'olandese  Cornelio  Dressel.  Beaumur  lo  perfezioua. 
—  A  Venezia  s'introducono  fogli  che  annunziano  le  novità,  un  per  settimana, 
e  del  valore  d'una  gazzetta.  Il  medico  Rcnaudol  nel  1631  le  dà  alla  Francia, 
e  n'ebbe  lungamente  il  privilegio.  —  SpeVimenti  della  bacchetta  divinatoria. 

1628.  Ritrovamento  dei  Marmi  di  Paro,  che  l'inglese  conte  di  Arundel  trasporta  ad 
Oxford. 

1630.  Renato  Descartes  fa  conoscere  la  rifrazione  della  luce,  apre  una  nuova  via  allo 
studio  della  natura.  —  Gobelin  trova  la  tintura  in  iscarlatto,  da  cui  le  famose 
tintorie  nel  sobborgo  di  San  Marcello  a  Parigi. 


50i  CnOXOLOGlA 

1034.  Un'assemblea  di  dotti  a  Parigi  fissa  il  primo  meridiano  all'isola  del  Ferro. 
163S.  Bonaventura  Cavalieri  da  Milano,  nella  sua  Geometria  degli  indivisibili ,  fonda  il 

calcolo  infinitesimale. 
1637.  Gli  Olandesi  portano  i  tulipani:  cenventi  bulbi  sono  venduti  novantamila  lire. 
1643.  Barometro,  inventato  da  Evangelista  Torricelli  fiorentino. 
1650.  Macchina,  pneumatica,  inventata  secondo  gl'Inglesi  da  Boyle,  secondo  i  Tedeschi 

da  Ottone  Guerrick.  —  Nelle  cave  del  carbon  fossile  di  Newcastle  si  usano 

strade  ferrate  a  cavallo. 
1056.  Si  stabiliscono  in  Francia  le  prime  manifatture  di  calze  sotto  la  direzione  d'Hin- 

dret.  Prosperando,  nel  1666  egli  forma  una  compagnia  tanto  fiorente,  che  fra 

sei  anni  potè  istituirsi  una  maestranza  di  calzetta]. 
1657.  Fondasi  in  Firenze  l'accademia  del  Cimento,  che  precede  di  Ire  anni  quella  delle 

Scienze  di  Londra,  e  di  nove  quella  di  Parigi. 
1660.  Scoperta  della  Nuova  Olanda.  —  Si  misura  la  velocità  della  nave  secondo  i  nodi 

che  fila.  —  Atto  di  navigazione,  che  esclude  tutte  le  bandiere  dai  porti  delle 

colonie  inglesi,  e  vieta  di  portare  in  Inghilterra  altri  prodotti  che  quei  del 

loro  paese. 
1662.  Invenzione  delle  pompe  da  fuoco. 
1664.  Tournefort  classifica  le  piante  secondo  la  corolla. 
1607.  Auzout  inventa  il  micrometro. 

1669.  Brandt  trova  il  fosforo. 

1670.  Huygens  applica  il  pendolo  al  movimento  degli  orologi,  sostituendolo  al  bilan- 

ciere. —  Scopre  l'anello  di  saturno. 

1076.  Barlow  fa  orologi  a  ripetizione.  — Il  barone  Bòltcher  fabbrica  la  prima  porcel- 
lana in  Europa. 

1680.  Newton  dà  la  teoria  dell'attrazione  universale;  fa  varie  scoperte  nell'ottica;  com- 
pone il  telescopio  di  riflessione.  —  Domenico  Cassini,  tra  i  più  celebri  che  si 
volsero  ad  esaminar  il  cielo,  scopre  quattro  satelliti  di  saturno,  spiega  il  moto 
delle  comete,  scioglie  i  più  difficili  problemi  astronomici.  —  Sotto  Luigi  XIV 
si  mettono  vetture  a  nolo  in  città  a  Parigi  La  prima  chiamavasi  carrozza  da 
cinque  soldi,  perchè  tanto  la  si  pagava  allora;  faceva  stazione  sotto  un  taber- 
nacolino  di  San  Fiacre,  donde  prese  il  nome  che  le  rimane.  —  Apresi  il  canale 
di  Linguadoca,  cominciato  nel  1663. 

1683.  Jourdan  a  Stuttgard  inventa  il  sifone,  e  lo  confida  al  duca  di  Wurtemberg.  Ma 
uditone  gli  effetti,  il  famoso  navigatore  Giovanni  Davis  e  Dionigi  Papin  ne 
fecero  altri.  —  Ilomberg  inventa  l'areometro  o  pesa-liquori. 

168i.  Leibniz  introduce  il  calcolo  differenziale. 

1688.  Luca  di  Nehor  fonde  grandi  lastre  da  specchi. 

1689.  Papin  inventa  la  prima  macchina  a  vapore  a  pistone  e  cilindro,  ma  a  due  corpi 

di  pompe. 
1692.  Primo  uso  delle  bajonette  come  arma  decisiva. 
1694.  Banca  d'Inghilterra,  che  opera  di  sconto,  di  circolazione  e  di  finanza. 

1700.  Bernoulli  trova  il  calcolo  integrale. 

1701.  Cassini  termina  la  meridiana,  e  s'accorge  che  la  terra  è  oblunga.  —  Istituzione 

delle  camere  di  commercio  in  Francia. 

1705.  Luigi  XIV  adotta  i  fucili  in  luogo  de'  moschetti  e  dell'archibugio:  alle  picche  si 

surrogano  generalmente  le  bajonette.  —  I  Prussiani  caricano  i  fucili  con  bac- 
chette di  ferro. 

1706.  Con  carta  della  regina  Anna  si  stabilisce  in  Inghilterra  la  prima  compagnia  di 

assicurazione  sulla  vita. 
1710.  Bameau  di  Bigione  riforma  la  musica. 

1715.  Il  barometro  viene  applicato  da  Laplace  alla  misura  delle  altezze. 

1716.  Banca  di  Law  in  Francia. 

1720.  Inventasi  l'incisione  a  colore,  —  Lady  Montagùe  porta  l'innesto  del  vajuolo  da 

Costantinopoli  in  Europa. 
1724.  Wodward  scopre  l'azzurro  di  Berlino. 
1728.  Bradley  scopre  l'aberrazione  delle  stelle  fisse. 


INVENZIONr   E   ^OVIT.Ì  305 

1730.  Linneo,  nafmalista  svedese,  crea  il  sistema  sessuale.  —  Brandt  cliimico  svedese 

scopre  il  cobalto. 
1736.  Lacondamine,  Bouguer,  Godin  e  Jussieii  misurano  un  arco  del  meridiano  sotto 

l'equatore,  mentre  altri  ne  misurano  uno  sotto  il  polo,  e  cosi  determinano  la 

periferia  della  terra. 
1738.  Mirabili  automi  di^Vaucanson  da  Grenoble. 
17i3.  iMicroscopio  solare  di  Lieberkuhn. 
17'ir».  Bottiglia  di  Leida. 
1747.  Eulero  trova  le  lenti  acromatiche. 
17,10.  .\fontfaucon,  poi  Winckelmann  spargono'gran  luce"negli  sfudj  archeologici,  e 

maggiore  in  appresso  l'italiano.  Ennio  Quirino  Visconti. 
17f>2.  Esperienze  di  Franklin  sull'elettricità. 

1754.  A  Napoli  si  fonda  una  cattedra  d'economia  politica  per  Antonio  Genovesi. 
17o7.  Parafulmini  perfezionati  da  Chappe  e  Bertholon. 
1760.  Spallanzani  e  Buffon  spiegano  l'universa  natura. 
1765.  Un  tal  Boulanger  di  Parigi  apre  bottega  di  trattore,  e  scrive  per  insegna:  Venite 

a  me  tutti  che  soffrite  di  stomaco,  ed  io  vi  ristorerò.  Di  là  il  nome  di  ristoranti. 
1767.  Apertura  del  canale  di  Bridgewater,  primo  d'Inghilterra,  costruito  dall'ingegnere 

Brindley. 
1769.  Arkwright  perfeziona  la  macchina  per  filar  il  cotone.  —  Watt  inventa  la  prima 

macchina  a  vapore  a  un  sol  corpo  di  pompa. 

1772.  Viaggio  di  Cook  intorno  al  mondo  ;  di  La  Perouse  nel  1786. 

1773.  Guyton-Morveau  scopre  i  mezzi  di  disinfettare  l'aria. 

1775.  Lavoisier  decompone  l'acqua  e  l'aria,  crea  la  nuova  chimica. 
1777.  William  inglese  trova  il  modo  di  dare  il  color  verde  al  cotone. 

1780.  Nell'istituto  del  cavaliere  Paulet  per  gli  orfani  militari  a  Parigi  s'introduce  prima 

il  mutuo  insegnamento.  È  poi  esteso  in  Inghilterra,  e  migliorato  dal  dottor 
Bell  e  dal  quakero  Lancastre. 

1781.  Elerschell  scopre  il  pianeta  urano.  —  Saussure  inventa  l'igrometro.—  L'Epée 

perfeziona  il  modo  d'istruire  i  sordimuti. 

1782.  Samuele  Taylor  inventa  la  stenografia. 

1783.  Ascensione  dei  primi  palloni  aerostatici  (Lunardi,  Montgolfier,  Landriani,  Zara- 

beccari).  —  Herschell  fa  il  più  forte  telescopio,  lungo  13  metri,  al  quale  soa 
dovute  le  maggiori  scoperte. 

1784.  Mesmer  divulga  il  magnetismo  animale. 

1786.  Hauy  istruisce  i  ciechi.  —  Bernardo  Jussieu  dà  il  sistema  di  classificazione  natu- 
rale delle  piante.  —  Lebon  ingegnere  stabilisce  a  Parigi  il  primo  apparecchio 
d'illuminazione  a  gas. 

1790.  Claudio  Chappe  inventa  i  telegrafi,  di  Francia  passati  a  tutti  i  popoli  civili;  Ar- 
gan,  le  lampade  a  doppia  corrente;  Hargravt,  la  filatura  del  cotone.  —  Si  ap- 
plica la  chimica  alle  arti  ;  Chaptal  migliora  così  i  vini  ;  Parmentier,  l'arte  dei 
panattiere,  introducendo  pure  la  patata;  Rumfort,  i  metodi  di  scaldare;  Lowitz, 
Rouppe,  Morozzo  insegnano  a  purificar  l'acqua;  Seguin,  a  conciar  le  pelli: 
altri,  a  raffinare  la  polvere  fulminante  ;  Berthollet  e  Vauquelin,  a  migliorar 
le  tintorie  e  l'imbiancatura  :  Thénard  e  Brongniart  somministrano  nuovi  colori 
alla  pittura  e  allo  smalto.  —  Jacquart  inventa  i  telaj  de'  broccati,  che  creano 
la  ricchezza  di  Lione. 

1792.  Vancouver  scorre  i  mari  australi. 

1793,  Galvani  di  Bologna  scopre  l'elettricità,  che  egli  pretende  animale.  Volta  comasco 

inventa  la  pila. 

1795.  Introduzione  del  calcolo  decimale. 

1796.  Laplace  dà  il  sistema  del  mondo.  Jenner  trova  la  vaccinazione. 

1797.  Montgolfier  inventa  l'ariete  idraulico;  e  Didot  la  stereotipia. 

1798.  Gay  Lussac,  Thénard,  Davy,  Berthollet  fanno  grandi  scoperte  e  applicazioni  delia 

chimica.  —  Prima  esposizione  dei  prodotti  dell'industria  francese. 
1801.  Davy  colla  pila  voltiana  decompone  l'acqua  ecc.  — Piazzi  scopre  il  pianeta  cerere. 
Cantù,  Documenti.  —  Tomo'I,  Cronologia,  20 


306  CRONOLOGIA 

Hauy  pubblica  un  nuovo  sistema  mineralogico.  —  Adottasi  in  Francia  il  sistema 
metrico. 

1802.  Berte  di  Tolosa  inventa  il  bilanciere  per  battere  monete.  —  Garncrin  trova  il  pa- 

racadute per  gli  aerostati.  — Olbers  scopre  il  pianeta  pallade.  —  Sennefelder 
inventa  la  litografia.  —  Delessert  raffina  gli  zuccheri. 

1803,  Harding  scopre  il  pianeta  giunone.  —  Fondazione  della  banca  di  Francia.— 

Prime  penne  d'acciajo. 

180S.  Gali  pubblica  le  sue  ricerche  sulla  craniologia.—  Beyer  trova  i  solfanelli  fosforici. 

1807.  Olbers  scopre  il  pianeta  vesta.  — Primo  liattello  mosso  a  vapore  da  Fulton  negli 
Stati  Uniti  :  macchina  di  Walt. 

-1808.  Lagrange  dà  la  soluzione  delle  equazioni  numeriche  di  qualunque  grado. 

1809.  Herschell  scopre  altri  satelliti  di  urano. 

1811.  Prime  illuminazioni  a  gas  in  Inghilterra,  —  Trovasi  il  modo  d'estrarre  lo  zuc- 
chero dalla  barbabietola.  — Accendi-lume  pneumatici. 

1813.  Courtois  scopre  il  jodio. 

18U.  Il  chinino.  —  Ferrovie.  —  Ponti  sospesi.  —  Giornalismo. -^  Studj  sull'Oriente  e 
sull'Egitto. 

1816.  Fondazione  della  banca  degli  Stati  Uniti. 

1817.  Col  canale  del  lago  d'Eriè  gli  Stati  Uniti  preludono  all'estesissimo  sistema  di  vie 

di  comunicazione. 

1818.  Prima  cassa  di  risparmio  in  Francia:  in  Inghilterra  cominciarono  nel  1810.— 

I  caleidoscopj. 
1820.  S'introduce  l'uso  medico  della  segale  cornuta. 
1823.  Concessione  della  ferrovia  di  Saint-Etienne,  la  prima  di  Francia  (1). 

(1)  Cronologia  delle  macchine  a  vapore- 

-120  av.  C.  Erone  alessandrino  inventa  l'eolipila,  in  cui  l'acqua  convertita  in  vapore  da  molo  ad  una  ruota. 
80  d.  C.  Vitruvio  (lib.  !.  cap.  6    scrive  cbe  l'colipilii  produrp  un  soffio  violento. 

990.  Cerberto  (cbe  fu  papa  Silvestro  II)  col  vapore  move  un  orologio,  e  soffia  nelle  canne  degli  orgaui 
[Speculum  hiatorkum,  part.  il,  cap.  93). 

1343.  Blasco  di  Garray  presenta  a  Carlo  V  una  niaccbina  a  vapore  applicabile  all«  navi;  sperimento  felice 
nella  rada  di  Barcellona  il  17  giugno  1  j4ó  sopra  la  Sartia  Trinila^  nave  di  ducente  tonnellate. 
Il  tesoriere  Ravago  levasi  contro  al  progetto,  trovando  probabile  lo  scoppio  doUa  caldaja,  e  troppo 
celere  il  moto  delle  ruote  (Nav.ìrretk,  Registri  degli  archirj  reali  di  SaUnianca.  Madrid  1826). 

Isso.  Matbesio  descrive  un  meccanismo,  simile  alTeolipila  di  Erone. 

1570.  Scappi  col  vapore  mette  in  moto  uno  spiedo. 

1615.  Salomone  di  Caux  pubblica  Les  raisons  de$  forces  mouvanles  avec  diverse»  machìnes,  in  cui 
tratta  ampiamente  del  vapore  acqueo. 

1629.  Giovanni  Branca  di  Sant'Angelo  presso  Pesaro  studia  l'applicazione  del  vapore  alle  macchine  ([.e 
macchine.  Roma  1629). 

I6S7.  Gaspare  Scott  gesuita  scrive  sullo  stesso  argomento  (Macchina  idraulica  pneumatica.  Wnrtzburg 
1657). 

1663.  Enrico  Sommcrsct,  marcbese  di  VVoreester,  ripete  e  loda  quanto  avca  scritto  Caux  intorno  al  vapore 
acqueo. 

1689  Dionigi  Papin  di  Blois  cimbina  la  forza  elettrica  del  vapore  colla  sua  proprietà  di  condensarsi  per 
raffreddamento,  e  l'applica  ad  uno  stantuffo.  Propone  i  battelli  a  vapore,  o  presagisce  l'impor- 
tanza di  questo  motore  (Jcta  erudilorum  Lipsia;  IfiOO.  Angusta,  p.  410). 

1696.  Savery  capitano  inglese  pubblica  col  suo  nome  il  libro  del  Sommcrsct,  con  nuovi  commenli  ed  ap- 
plicazioni all'arte  dei  minatori  (The  wiwer'j  friend.  Londra  1096). 

176S.  Newcomen  e  Cawley  modificano  l'invenzione  di  Papin,  costruendo  la  macchina  atmoiferica .,  in  cui 
il  vapore,  condensandosi  nel  corpo  delle  pompe  mediante  l'acqua  fredda,  produce  il  vuoto,  e  lo 
stantuffo  discende  per  la^prcssione  almosfeiica.  Savery  tenta  rapirgli  il  merito  dell'invenzione. 

1737.  Gionata  llutls  pubblica  in  Londra  la  descrizione  d'un  battello  a  vapore,  con  cui  proponeva  di  rimor- 
chiar le  navi. 

1757    Serafino  Serrali  toscano  pone  in  corso  sull'Arno  un  battello  a  vapore. 

4767.  Giacomo  Watt  di  Glasgow  scopre  il  condensatore,  rocipiente  separalo  dulia  pompa,  e  comunicante 
con  essa  per  mezzo  d'un  tubo. 

4785.  Jouffrois  d'Arras  ne  sperimenta  un  altro  sulla  Saona. 

4791.   Una  nave  a  vapore  compare  per  la  prima  rotta  a  Leith  nella  Scozia 


INVENZIONI   E  NOVITÀ  307 

1827.  Fresnel  costruisce  fari,  visil)ili  a  grandi  distanze.  --  Filature  del  lino  a  macchina. 

1828.  Unione  doganale  tedesca. 
1830.  Soubeiran  trova  il  cloroformio. 

1833,  Reiclienbacli  estrae  la  croosola  dal  catrame. 

1855.  L'elettro  magnetismo:  si  tenta  applicarlo  alla  meccanica. 

1837.  Telegrafi  elettrici,  inventati  in  Inghilterra  da  Wheatstone. 

1838.  Lega  inglese  contro  i  vincoli  nel  commercio  dei  grani.  —  lUiolz  inventa  la  gal- 

vanoplastica. 
183i).  Daguerre  trova  il  modo  di  (issar  i  contorni  degli  oggetti  su  lamine  metalliche  per 

solo  elTetto  della  luce. 
ISiO.  Strade  a  propulsione  atmosferica.  —  Estensione  delle  penne  metalliche. 
1811.  Teoria  chimica  della  pila  per  Faraday. 
1843.  Ilenke  scopre  il  pianeta  aslrea.  —  Applicazione  dell'etere  solforico  a  istupidire  la 

sensività  ,  dai  dottori  Jackson  e  Morton  americani.  Dappoi  vi  si  surroga  il 

cloroformio. 
ìSii).  Leverrier  pei  puri  calcoli  assegna  il  posto  ove  si  trovò  in  fatto  da  Galle  il  pianeta 

nettuno.  —  PeeI  fa  decretare  in  Inghilterra  la  libertà  del  commercio  del  grano. 

—  Teoria  degli  equivalenti  chimici. 

1847.  Applicazione  dell'elettricità  a  fondere  il  rame.  —  Scopresi  da  Schonbein  l'ozono 

e  il  cotone  fulminante. —  Jackson  introduce  l'anestesia  mediante  l'inalazione 
dell'etere  e  del  cloroformio.  —  Piscicoltura. 

1848.  Lassel  a  Liverpool  trova  l'ottavo  satellite  di  saturno. 

1849-o0.  Annibale  De  Gasparis  scopre  a  Napoli  due  altri  asteroidi  piccolissimi  fra  marte 

e  giove,  che  intitola  l'igea  borbonica  e  lapartenope. 
i8o4.  Scoperta  dell'alluminio  da  Saint-Claire  Deville. 

1856.  Carte  ecli[)tiche  di  Chacornac.  —  Trovansi  sempre  nuovi  asteroidi.  —  Gli  ste- 

reoscopj  ecc.  ecc. 

1858.  Conservazione  della  luce. 

1859,  Braid  scopre  l'ipnotismo, 

1861.  L'analisi  spettrale,  mediante  le  strie  della  luce  decomposta.  —  Formazione  del- 
l'alcool colla  semplice  reazione  dell'acido  solforico  col  gas  illuminante.  — 11 
telestereoscopio. 

<802.  Fulton  americano  sperimenta  uà  piccolo  battello  a  vapore  fatto  di  euojo.  La  prova  riesce  felicemente 
sulla  Senna,  |ireseDti  alcuni  membri  dell'Istituto  di  Francia     1803) 

1804.   Wolf  propone  modificazioni  alle  uiacchioe  a  vapore,  ed  ottiene  patenti  per  quelle  a  doppio  effetto. 

IS07.  Fulton  introduce  l'uso  delle  navi  a  vapore  negli  Stati  Luili,  e  costruisce  il  primo  piroscafo  a  Nuova- 
York,  per  trasportar  uomini  e  mercanzie:  in  questo  stesso  anno  spcrimcnlansi  in  Inghilterra  le 
locomotive. 

1811.  Trewitick,  come  Wolf,  [iropoue  migiiiiranienti  alle  macchine  a  \apoic. 

^812.  Gli  Inglesi  adottano  l'uso  de' piruscaD. 

1816.  La  Francia  gli  adotta,  e  li  rendo  più  comodi  pei  viaggiatori. 

1832.  In  Francia,  da  Lioue  a  Saiut-Elienue.  si  provano  le  prime  locomotive  su  strada  ferrata. 


INDICE 


PARTE    TECNICA 


i 

2, 

3. 

4. 

5. 

6. 

7. 

8. 

9. 
10. 
II. 
12. 
13. 

a. 

13. 


16, 
17. 


Divisione  del  tempo      ,  pag.  9 

Giorno »  ivi 

Settimana »  10 

Mese ;.  ivi 

Anno      .  • )>  13 

Cicli  e  Periodi     .     .     .     >.  14 

Il  grand'anno  .     .     .     .     >j  16 

Ère »  ivi 

Èra  della  creazione  ...    «  17 

Le  Olimpiadi   ....    »  18 

Èra  di  Roma   ....    »  19 

Èra  volgare     ....    «  ivi 

L'Egira >.  20 

Epoche »  ivi 

Concordanza  della  cronolo- 
gia sacra  colla  storia  pro- 
fana     I)  13 

Sulla  cronologia  egiziana    •>  48 
Sul   tempo   della   presa  di 
Troja,  e  in  generale  sulle 

epoche  greche  ...    «  o4 


S  18. 


19. 
20. 
21. 


23. 
2i. 

25. 

26. 
27. 

28. 
29. 
30. 
31. 


Canone  cronologico  per  l'e- 
poca di  Enotro  e  dell'in- 
civilimento dell'Italia .  pag. 
Monumenti  cronologici  .     » 
Marmi  di  Paro      ...» 
Fasti  consolari      ...» 
Dell'anno  dei  Romani  anti- 
chissimi, e  degli  altri  Ita- 
liani    )). 

Calendario  giuliano-romano  " 
Riforma  gregoriana  del  Ca- 
lendario   » 

Metodo  per  trovare  le  feste 

mobili » 

Di  alcune  date  ecclesiastiche 
Calendario  greco ,   arabo  e 

turco » 

Calendario  ebraico  .  .  » 
Calendario  repubblicano  » 
Degli  almanacchi  ...» 
Degli  oriuoli     ....     » 


o5 
58 
ivi 
59 


93 
96 

113 

ilo 
116 

118 
119 
121 

126 
ivi 


TAVOLE    CRONOLOGICHE 


§    1.  Cronologia  degli  Ebrei  . 

pay. 

132 

g  20. 

Re  d'Arcadia 

pay. 

156 

2.  Impero  cinese  .    ,     . 

>ì 

134 

21. 

Re  di  Messene      .     . 

» 

ivi 

3.  Re  d'Egitto      .     .     . 

» 

li6 

22. 

Re  d'Atene      .     .     . 

» 

ivi 

4.  Re  d'Assiria     .     .     . 

» 

1  i7 

23. 

Re  d'Elide 

» 

158 

5.  Re  di  Media     .     .     . 

» 

149 

24. 

Re  dell'Acaja 

w 

ivi 

6.  Impero  dei  Persi  .     . 

» 

ivi 

25. 

Re  di  Megara 

» 

ivi 

7.  Re  di  Siria  .... 

„ 

150 

26. 

Re  d'Etolia 

» 

ivi 

8.  Regno  di  Troja     .     . 

h 

131 

27. 

Re  di  Tebe 

» 

159 

•    9.  Regno  di  Lidia     .     . 

)/ 

ivi 

28. 

Tessaglia 

» 

ivi 

10.  Rtìgno  di  Caria     .     . 

» 

ivi 

29. 

Re  di  Creta 

n 

160 

11.  Regno  di  Tiro  .     .     . 

» 

ivi 

30. 

Re  di  Rodi 

» 

ivi 

12.  Cartagine     .... 

)) 

152 

31. 

Regno^di  Macedonia\ 

» 

ivi 

13.  Mauritania  e  Numidia 

« 

ivi 

32. 

Regno  d'Epiro      .     . 

» 

161 

14.  Re  di  Cirene    .    .     . 

» 

155 

33. 

Regno  di.Tracia    .     . 

n 

162 

15.  Re  d'Argo  .... 

» 

ivi 

34. 

Re  Seleucidi^di_Siria 

n 

ivi 

16.  Re  di  Micene  e  d'Argo 

w 

ivi 

35. 

Re  dei  Parti     .     .    .    . 

» 

ivi 

17.  Re  di  Sidone  .     .     . 

» 

154 

36. 

Re  d'Armenia  .     .     .     . 

» 

163 

18.  Redi  Corinto  .     .     . 

u 

ivi 

37. 

Re  dellalPiccola  Armeni 

a   » 

ivi 

19.  Re  di  Sparta  e  di  Lac( 

;de- 

38. 

Re  del  Ponto  .     .     . 

» 

ivt 

monia     .... 

)( 

155 

39. 

Re  del  Bosforo 

Cimmerie 

)    » 

16i 

310 

§40. 
41. 
42. 
43. 
44. 
45. 
46. 
47. 


50. 
51. 

52. 
53. 
54. 
55. 
56. 
57. 

58. 
59. 

60. 
61. 

62. 

63. 

64. 
65. 
66. 
67. 
68. 
69. 
70. 
71. 
72. 

73. 

74, 
75. 
76. 
77, 
78, 
79, 
80, 


Re  di  Cappadocia  .  .  pag. 
Regno  di  Battriana  .  .  » 
Regno  di  Pergamo  .  .  » 
Re  di  Bitinia  ....  « 
Re  di  Sicilia  .  .  .  .  » 
Re  del  Lazio  ....  » 
Re  di  Roma  ....  » 
Imperatori  romani     .     .     -> 

Papi " 

Re  degli  Unni .  .  .  .  » 
Re  degli  Svevi  .  .  .  '» 
Re  dei  Vandali  ...» 
Re  ostrogoti  ....  » 
Esarchi  di  Ravenna  .  .  >' 
Re  longobardi  ....  » 
Duchi  di  Spoleto  .  .  .  » 
Duchi  del  Friuli  ...  « 
Duchi  poi  principi  di  Bene- 
vento       ) 

imperatori  e  re  d'Italia  .     » 
Conti  e  duchi  di  Puglia  e  Ca- 
labria       » 

Conti  e  re  delle  Due  Sicilie  » 
Duchi  di  Parma  e  Piacenza  » 
iMarchesi,  duchi  egranduchi 
di  Toscana  ....  » 
Duchi  di  Ferrara,  Modena  e 

Reggio » 

Dogi  di  Venezia     ...» 

Genova    » 

Signori  e  duchi  di  Milano  -> 
Mantova  e  Monferrato    .     » 

Savoja I) 

Re  dei  Bulgari  .  .  .  o 
Re  crociali  di  Gerusalemme  » 
Re  di  Cipro  .  .  .  .  » 
Principi  latini  d'Antiochia  e 

Tripoli » 

Re  e  Sofi  di  Persia    .     .     » 

Arabia » 

Egitto « 

Turchi  Selgiucidi ...  » 
Kan  Mongoli  .  .  .  .  o 
Impero  del  Mogol  .  .  » 
Imperatori  Ottomani  .  .  « 
iMarocco  e  Fez .    .     .     .    » 


164 

§81. 

Imperatori  e  re  di 

Germa- 

165 

nia     .     .     .     . 

.     .  pag. 

192 

ivi 

82. 

Austria  .... 

.  '   .    1) 

193 

ivi 

83. 

Sassonia .... 

.     .     » 

194 

ivi 

84. 

Baviera  .... 

'> 

ivi 

166 

85. 

Wiìrtemberg     .     . 

» 

ivi 

ivi 

86. 

Re  di  Ungheria     . 

.     .     >' 

195 

ivi 

87. 

Re  di  Boemia  .     . 

n 

ivi 

168 

88. 

Re  di  Francia  .     . 

>' 

196 

175 

89. 

Re  di  Borgogna    . 

» 

197 

ivi 

90. 

Duchi  di -Lorena    . 

» 

198 

ivi 

91. 

Conti  di  Fiandra  . 

» 

ivi 

ivi 

92. 

Duchi  di  Normandia 

» 

199 

ivi 

93. 

Bretagna  francese 

'> 

ivi 

176 

94. 

A(|uitania  e  Tolosa 

» 

ivi 

ivi 

95. 

Conti  ereditar]  di  Provenza» 

200 

ivi 

96. 

Spagna  .     .     .    <, 

» 

ivi 

97. 

Portogallo   .     .     . 

» 

202 

ili 

98. 

Gran  Bretagna  .     . 

» 

203 

ivi 

99. 

Re  di  Danimarca  . 

» 

205 

100. 

Re  di  Svezia    .     . 

» 

206 

178 

101. 

Re  di  Norvegia     . 

.       .       » 

ivi 

ivi 

102. 

Gran  principi,  czar 

c  impe- 

179 

retori  di  Russia 

» 

207 

103. 

Re  di  Polonia  .     . 

» 

208 

ivi 

104. 

Re  di  Prussia   .     . 

» 

209 

105. 

Re  di  Hannover    . 

» 

ivi 

180 

106. 

Olanda    .    .'    .     . 

»> 

210 

-181 

107. 

Montenegro      .     . 

>> 

ivi 

182 

108. 

Slati  Uniti  .     .     . 

>' 

ivi 

184 

109. 

Messico  .... 

» 

ivi 

ivi 

110. 
111. 

Perù 

^^ 

211 

ivi 

Colombia    .     .     . 

i> 

ivi 

185 

112^ 

.Chili 

» 

ivi 

186 

1   -^ 

113.  America  Centrale  . 

» 

ivi 

ivi 

114. 

Confederazione  Argentina    » 

ivi 

115. 

Buenos  Ayres  .     . 

» 

212 

ivi 

116. 

Iruguai      .     .     . 

i> 

ivi 

ivi 

117. 

Brasile   .... 

» 

ivi 

187 

118 

Haiti       .... 

» 

ivi 

188 

119. 

Giappone    .     .     . 

» 

ivi 

189 

Tavola  alfabetica  d'uomini 

illustri, 

190 

principalmente  nelle. scienze  e 

191 

nelle  lettere    .     .     . 

.     .     » 

213 

ivi 

Tavola  sincrona  d'uomini 

illustri  n 

291 

ivi 

Invenzioni  e  novità    .     . 

») 

297 

dm;   DtLLA   CRO.>OL001.V 


GEOGRAFIA  POLITICA 


<i  La  jjcograpliie  dc  consiste  pas  Beulemcnt  dans  Ics  derniers 
renseigQcmcnts  oblcnus  sur  le  globe  quc  nous  habitons, 
mais  clic  est  la  réunion  dc  toiites  Ics  connaissances  acqui- 
ses  sur  ce  sujct  depuis  Ics  premicrs  tcmps  de  l'histoirc 
jusqu'à  nos  jours.  C'cst  par  cct  ensemble  dc  notions  quc 
nous  pouvons  avoir  quelquc  idée  dcs  rógions  où  Ics  mo- 
derncs  n'ont  pas  pcnctré,  quc  nous  recucillons  les  dctails 
plus  circonstanciés  et  plus  cxacts  sur  ccllcs  qui,  souvcnt 
parcourus  dans  Ics  sicclcs  passés,  ont  aussi,  à  différcntcs 
époques,  étc  micux  décritcs  qu'elles  ne  pcnvcnt  l'ctrc  dans 
le  siede  qui  s'ccoulc.  C'cst  aussi  par  la  scule  ctude  des 
tcnips  prórédcnts  quc  nous  pouvons  assigncr  aux  nations 
qui  ont  vécu  dans  les  difrércnis  àgcs  la  place  qu'elles  ont 
occupóc  sur  le  globe,  et  connaìtrc  Ics  divisious  et  Ics  dé- 
noniinations  dcs  divcrses  contrécs  dc  la  terre,  seloa  les 
tcmps,  Ics  licux,  Ics  dialccts  » .     WaLkeaaer. 


Canti),  Documenti.  —  Tomo  I,  Geografia  politica. 


i 


PREFAZIONE 


La  geografia  è  indispensabile  accompagnamento  alla  storia,  giacché,  col  designarne 
i  luoghi,  rende  piìi  chiara  e  precisa  la  cognizione  degli  avvenimenti,  e  qualche  volta 
anche  ne  dà  la  ragione. 

Sebbene  noi  neghiamo  l'onnipotenza  del  clima  e  le  virtù  misurate  ai  gradi  di  latitu- 
dine; sebbene  respingiamo  le  nubi  di  Hegel,  pel  quale  anche  il  mondo  fisico  è  un  pro- 
dotto dello  spirito,  è  la  base  del  movimento  storico;  crediamo  però  che  molto  influisca 
il  clima,  molto  la  conformazione  del  suolo.  Essi  spiegano  l'origine,  il  prosperare,  il 
decadere  d'alcune  città,  i  motivi  delle  guerre,  talora  perfino  la  libertà  o  la  schiavitù  : 
i  pendii  determinano  il  corso,  non  solo  de' fiumi,  ma  de' popoli  conquistatori  o  educa- 
tori. 1/ abitante  dei  deserti  libici  dissomiglierà  sempre  da  quel  della  Siberia  :  il  cuore 
dell'Asia  chiude  gli  arcani  cominciamenti  della  civiltà,  la  quale  ne  scese  a  seconda 
della  corrente  dei  fiumi.  Nel  mondo  primitivo  Babilonia  è  designata  come  un  centro 
importante,  cosi  ai  conquistatori  che  vennero  dall'Oriente  in  Occidente,  quali  i  re  di 
Assiria  e  di  Persia,  come  a  quelli  che  si  dirigevano  in  senso  opposto,  quale  Alessandro. 
Egli  infatto,  quando  mori,  pensava  ridurla  capitale  del  suo  vasto  impero  ;  sebbene  quel 
punto  fosse  meno  centrale  dopo  che  la  bilancia  traboccava  verso  il  mondo  occidentale. 

I  Seleucidi  l'ebbero,  ma  preferirono  Antiochia  presso  al  Mediterraneo,  e  ciò  fu  non  ul- 
tima causa  del  loro  cadere.  Cartagine,  men  centrale  di  Roma,  soccombette  a  questa. 

II  Bosforo  arrestò  gl'invasori,  i  quali  distrussero  l'impero  Occidentale,  e  le  orde  di  Timur. 
La  geografia  spiega  la  nascita  e  la  decadenza  di  Venezia,  e  le  incancellabili  divisioni^he 
furono  la  piaga  e  la  vita  dell'Italia.  I  paesi  attorno  al  Mediterraneo  raggiunsero  il  più 
insigne  aggrandimento  intellettuale;  e  quest'equilibrio  delle  stagioni  favorisce  i  pro- 
gressi dell'Europa,  ove  il  pendìo  che  piega  al  Mediterraneo  è  d'incivilimento  diverso  da 
quel  che  volge  al  Baltico.  Senza  tornare  ai  sofismi  del  Campanella  e  del  Montesquieu, 
il  signor  Passy  esponendo,  non  ha  guari,  all'Accademia  delle  scienze  morali  e  politiche 
di  Parigi  le  cause  che  operano  suW andamento  della  civiltà  ìielle  diverse  parli  del  globo, 
attribuì  gran  parte  al  clima  e  alla  situazione  de' paesi. 

Non  poteva  dunque  un  corso  di  Geografia  mancare  alla  nostra  Storia  Universale. 

A  disporre  i  moltissimi  fatti  presentati  dalla  geografia,  vuoisi  un  metodo.  E  perchè, 
come  le  altre  scienze,  questa  si  perfezionò  col  suddividersi,  essa  è  distinta  in 

Geografia  matematica,  la  quale  considera  la  terra  come  un  pianeta,  e  nelle  sue  rela- 
zioni col  sole  e  cogli  altri  corpi  celesti  : 

Geografia  fisica,  che  studia  del  nostro  pianeta  la  sola  natura  materiale;  cioè  l'origine, 
la  sostanza,  la  forma,  le  dimensioni,  le  proprietà,  gli  accidenti,  le  attinenze  presenti, 
passate,  future;  al  che  le  coadiuvano  l'astronomia,  la  chimica,  la  geologia,  la  filosofia 
naturale  : 

Geografia  politica,  descrizione  della  terra  considerata  come  stanza  degli  uomini,  che 
fa  conoscere  le  disposizioni  e  i  cangiamenti  riguardanti  la  specie  umana,  i  grandi  corpi 
politici,  le  divisioni  dei  popoli. 


4  GEOGRAFIA    POLITICA 

Ciascuna  di  queste  fu  trattata  diversamente  secondo  il  genio  e  gli  studj  speciali  degli 
autori.  Gli  uni  s'appigliano  a  un  punto  unico,  e  lo  svolgono  sotto  ogni  aspetto  :  altri 
indagano,  tra  i  frantumi  dell'erudizione,  popoli  e  paesi  scomparsi,  e  dove  fossero  si- 
tuati -,  altri  descrivono  per  filo  e  per  segno  le  contrade  che  visitarono:  altri  estesero  le 
loro  corse  a  gran  parte  della  terra,  così  acquistando  quel  supremo  stroraento  di  verità, 
il  confronto  :  altri,  senza  moversi  dal  proprio  gabinetto,  raccolsero  relazioni  altrui,  per 
tesserne  l'intera  descrizione  dell'orbe.  Benché  tali  compilazioni  non  possano  aspirare 
all'originalità  né  ascriversi  alla  scienza,  tornano  di  grandissimo  uso  agli  studiosi,  quanto 
i  dizionarj  e  i  libri  elementari  (1). 

In  tali  descrizioni,  alcuni  non  osservarono  che  le  razze  e  le  divisioni  loro  ;  altri  la 
conformazione  naturale  della  crosta  del  globo,  coordinando  secondo  i  monti  e  le  valli; 
altri  si  tennero  strettamente  alle  distribuzioni  politiche,  per  quanto  queste  separassero 
genti  sorelle,  o  ne  riunissero  di  dissomiglianti. 

Era  desiderio  di  Gian  Domenico  Romagnosi  «  una  geografia  che  potremmo  dire  pro- 
gressiva, della  quale  non  sappiamo  se  mai  sia  stato  immaginato  il  progetto  e  tentata 
l'esecuzione.  Con  le  nuove  ricerche  storiche,  che  dall'Islanda  si  estendono  sino  al  Me- 
diterraneo, si  tengono  sotto  mano  tutti  i  dati  per  tessere  una  Geografia  storica,  la  quale  ' 
incominci  dai  tempi  di  notizie  storiche  dei  diversi  paesi.....  Questo  lavoro  sarebbe  de- 
gno del  secolo  presente.  Questa  geografia  dovrebb'essere  distribuita  in  periodi  o  età,  e 
rimontando  indietro,  per  esempio  fino  ad  Erodoto  ed  Omero,  e  anche  secondo  le  me- 
morie asiatiche  conservate,  dire,  per  esempio,  la  tal  contrada  in  quest'età  era  selvaggia; 
dell'altra  tale  contrada  non  si  sa  nulla  5  di  questa  non  si  avevano  che  le  tali  imperfette 

0  strane  notizie ;  e  qui  segnare  le  rubriche,  ossia  i  capi  delle  geografie  abbozzate 

a  norma  dello  stato  assegnabile  di  quella  data  età Tutto  dovrebb'essere  annesso  ai 

fasti  storici  più  importanti Ecco  in  succinto  il  lavoro  da  noi  desiderato,  e  che  sa- 
rebbe pure  infinitamente  utile  per  la  storia,  per  l'economia,  per  la  filosofia  e  per  la 
politica  »  (2). 

Il  metodo  da  lui  indicato  restava  a  noi  prefisso  dal  nostro  lavoro  -,  e  come  nella  Sto- 
ria Universale  seguimmo  l'umanità  ne'  varj  suoi  periodi,  così  dovevamo,  per  ciascun 
di  questi,  descrivere  i  paesi  abitati  dalle  nazioni  che  lasciarono  storia.  Mal  potrebbe  in-, 
tendere,  per  esempio,  la  formazione  de' feudi,  de' Comuni,  dei  nuovi  regni  dopo  il  me- 
dioevo chi  non  avesse  sott'occhio  la  nostra  Geografia  delle  epoche  XI,  XII  e  Xlll. 

1  limiti  di  ciascun'epoca  saranno  gli  stessi  che  prefiggemmo  nella  nostra  Storia 
Universale.  Nominare  non  dovevamo  tutti  i  paesi,  ma  stimarne  l'importanza  a  norma 
della  storia. 

Questa  costante  unione  della  storia  colla  geografia  ci  tolse  lo  sconcio  troppo  comune 
di  dare  un  semplice  itinerario  0  un'arida  nomenclatura:  e  benché  il  nostro  compendio 
non  potesse  esser  pittoresco  come  in  Malte-Drun,  c'ingegnammo  che  anche  nella  geo- 
grafia lavorasse  qualch'altra  facoltà  oltre  la  memoria;  ed  eravamo  portati  a  continui 
confronti,  e  ad  esporre  gli  elementi  di  prosperità  materiale,  che  sono  valutabili  a  cifre, 
cioè  la  statistica  nel  suo  senso  migliore. 

Nell'esibire  la  popolazione  nei  diversi  tempi,  non  vogliamo  illudere  i  nostri  lettori, 
come  chi  di  questa  scienza  fa  una  ciarlataneria  e  un'arte  di  cabala.  Oggi  che  la  stati- 
stica divenne  scienza,  oggi  che  quasi  dapertutto  sono  introdotte  le  anagrafi,  che  si  regi- 
strano rigorosamente  i  nati  e  i  morti,  è  ancora  incerta  la  popolazione  delle  città  meglio 
sistemate,  per  esempio  Milano  0  Parigi.  Quanto  più  quella  delle  provincie  e  degli  Stali  ! 


(I)  Per  OS.  Grundriss  dcr  Gengraphie  di  IìehG-  ìiairc  iinivcrscl  de  Gcographie  poUlique,  hislori- 

IIAUS;  i  Conipcndj  di  Burktte,  di  Cavx  et  Poinson,  quc  ci  comincrciak'.,  2  voi. 
di  Balbi,  di  Delica,  di  Mabmocciii,  ecc.;  lo  Enei-  (2)  Annali  di  Statislica,  xviii,  ^5. 

clopcdic  ;  e  principalmente  Mac  Cahthv,  Diclion- 


PREFAZIONE  5 

Come  dunriue  fidarci  a  numeri  dati  dagli  storici  per  incidenza,  e  in  tempi  che  norme 
precise  mancavano  ? 

Chi  volesse  conoscere  l'incertezza  della  scienza  su  questo  punto,  non  ha  che  a  vedere 
le  nozioni  che  Adriano  Balhi  prepose  al  suo  Compendio  e  agli  Elementi^  e  ancor  più  il 
modo  che  egli  teneva,  porgendo  una  media  delle  popolazioni,  fra  dati  disparatissimi. 
Ravvisava  egli  la  scienza  in  tutte  le  generalità  puramente  geografiche;  seppe  estendere 
un  sistema  a  tutto  il  mondo,  e  preparare  un  Manuale  che  fu  adottato  come  il  più  com- 
piuto, e  ch'egli  ehbe  la  diligenza  di  arricchire  continuamente  colle  ultime  scoperte, 
non  lasciando  che  della  sua  perseveranza  trionfasse  l'ostinazione  d'un  amor  proprio 
mal  inteso.  Ora  egli,  sulla  Biblioteca  italiana  del  1838,  ragionò  della  popolazione  della 
Spagna  antica  e  moderna,  adducendo  le  opinioni  di  moltissimi  storici  e  geografi,  i 
quali,  da  Osorio  y  Redin  che  le  assegna  settantotto  milioni  di  abitanti  prima  dei  Romani, 
fino  al  cardinale  Zapata  che  nel  secolo  xvii  la  restringeva  a  tre  milioni,  variano  per  modo, 
da  toglier  credito  alla  scienza.  Or  che  sarà  quando  si  pretenda  dare  la  popolazione  dei 
paesi  barbari,  o  quella  di  tutto  il  mondo,  o  quella  degli  Zingari,  ovvero  degli  Ebrei  ? 

Né  qui  intendiamo  spargere  sulla  geografia  quello  scetticismo  che  altri  ha  applicato 
alla  storia  5  ma  solo  premunire  il  lettore  contro  le  asserzioni  troppo  assolute  in  questo 
fatto,  e  preparare  a  noi  stessi  una  difesa  quando  ad  un  numero  che  togliamo  da  uno 
storico,  se  ne  opponga  uno  differente,  tolto  da  un  altro.  L'esempio  dell'indefesso  geo- 
grafo or  ora  citato  ci  sarà  sempre  di  scusa.  Basti  l'asserire  che  noi  ci  valemmo  de'  mi- 
gliori (3),  e  nella  geografia  contemporanea  ricorremmo  alle  statistiche  più  reputate  e  più 
recenti,  ogni  giorno  aggiungendo  quel  che  di  nuovo  acquistavamo. 

Una  volta  chiunque  imprendeva  a  trattar  di  una  scienza,  dovea  dire  :  —  Nessuna  ve 
n'ha  più  estesa,  più  utile,  più  bella  di  questa;  le  altre  son  chiamate  a  giovarla  della 
loro  potenza  ».  Oggi  si  tiene  che  ogni  scienza,  considerata  nella  sua  estensione,  dee 
valersi  di  tutte  le  altre,  non  come  di  ancelle,  ma  come  di  coadjutrici.  Così  fece  la  geo- 
grafia, e  per  tal  modo  arrivò  alla  presente  ampiezza. 

Se  la  consideriamo  nella  sua  parte  grafica,  mappamondo  chiamansi  le  carte  quando 
rappresentano  i  due  emisferi  terrestri,  projettati  sul  piano  d'un  dei  grandi  circoli  del 
globo,  che  per  lo  più  è  il  meridiano  principale;  planisferio,  quando  l'intera  superficie 
della  terra  vi  è  rappresentata  s'una  projezione  piana  0  ridotta.  Dii;esi  generale  0  parli- 
colare  la  carta  secondo  racchiude  grand'estensione  di  paese,  0  si  limita  ad  uno  speciale; 
corografica,  se  un  paese  solo  ;  topografica,  se  solo  un  luogo,  in  modo  che  vi  sian  notali 
non  solamente  gli  accidenti  del  terreno,  ma  anche  le  abitazioni.  Le  corografiche  richie- 
dono maggior  esattezza  valeudo  ad  usi  economici  ed  amministrativi  ;  e  si  distinguono 
in  stradali,  idrografiche,  amministrative  ecc.  Di  utilità  più  immediata  sono  le  topografi- 
che ;  sicché  nel  farle  richiedonsi  maggiori  cautele,  e  particolarità  e  precisione  di  misure 
e  di  termini  (4). 

Le  idrografiche  0  marine  offrono  le  rive  e  le  coste,  cogli  scandagli,  i  banchi,  i  bassi 
e  alti  fondi,  gli  scogli  e  quanto  può  importare  alla  navigazione:  le  orografiche,  il  con- 
catenamento e  la  disposizione  delle  montagne:  le  fìsiche  danno  i  caratteri  esteriori  del 

(3)  Oltre  gli  autori  citati  nel  corso  dell'opera,  ci  nRACONMER ,   Application  de  la  géographie  à 

siamo  giovati  de'  seguenti;  Vhistoire.  Parigi  IS'id. 

.Ax.sART,  Préds  de  Géographie  ancienne  et  mo-  Annali  di  geografia  e  di  statistica,  pubLIicati 

dcrne  comparée,  %\  cih.  ''a  Graeberg   (Genova  1802;,  in  cui  Icggesi   una 

L0E^^E^BERG,  Geschichte  der  Géographie.  Ber-  '^f'  ''^"^  Seog^ana  dalla  sua  origine  fin  al  se- 

]•        ,o-n  colo  XIX. 

Otto  Hlbner,  Jahrbuch  der  VolksuHrthschafl 
Malte-Brin,  Précis  de  Géographie.  Parigi  1836       ^^d  Stalislili.  Lipsia  18od  c  seguenti. 

e  seg.,  con  correzioni  e  supplementi  di  Huolealtri.  (4)  Sul  che  potranno  vedersi  Pi'lSSAXT  e  Fran- 

Desjardins,  Physisch-slalislisch-politisch  und       coeur  ,   Tratte  de  geodesie,  de   (opographie  el 

historiscli,er  Alias  von  Europa.  Vienna  1838.  d^arpenlage. 


6  GEOGRAFIA.    POLITICA 

suolo:  le  geologiche,  la  natura  de'  terreni  ;  che  divengono  poi  mineralogiche  se  indicano 
la  giacitura  de'  varj  minerali  :  al  modo  stesso  se  ne  fa  di  botaniche,  di  fitografìche,  di 
zoologiche.  Per  gli  usi  civili  servono  le  politiche,  le  amministrative,  h  postali,  le  ìnili- 
tari.  Le  storiche  rappresentano  un  paese  in  un  dato  tempo  ;  le  uranogra fiche,  l'aspetto 
del  cielo. 

Quella  suddivisione  dei  lavori  che  reca  al  perfezionamento,  introdusse  nuovi  rami  in 
questa  scienza.  Gli  uni  ci  diedero  la  geografìa  delle  piante  (3),  cioè  la  distrihuzione  di 
esse  secondo  la  distanza  dall'equatore  e  l'elevazione  sopra  il  mare,  accompagnata  ne- 
cessariamente dalla  meteorologia  e  dallo  studio  del  calor  radiante  del  suolo  (6)  ;  altri 
la  geologica  e  mineralogica  (7)  e  quella  degli  animali  -,  altri  la  militare  (8)  -,  e  chi  la  com- 
merciale e  l'industriale. 

Ma  perchè  si  richiedono  tante  cognizioni,  difficile  è  l'aver  carte  perfette,  sulle  quali 
cioè  tutti  i  luoghi  sieno  segnati  nella  vera  lor  posizione  rispetto  ai  principali  circoli 
geografici,  e  serbino  tra  loro  la  stessa  proporzione  di  grandezza  e  distanza  come 
nel  vero. 

Due  cose  sono  a  considerarsi  nelle  carte;  e  potremmo  paragonarle  al  canovaccio  ed 
al  ricamo  che  vi  si  fa  sopra.  La  prima  è  quel  graticolato  di  linee,  costituite  dai  meri- 
diani tirati  dal  polo  all'equatore,  e  dai  paralleli.  Una  carta  è  tanto  migliore,  quanto  più 
fedelmente  rappresenta  le  distanze,  le  superfìcie  e  la  figura  de'  paesi  :  ma  la  carta  è  piana, 
mentre  la  superficie  della  terra  è  convessa;  laonde  i  geografi  cercarono  metodi  per 
render  minima  tale  alterazione,  e  perchè  i  quadrilateri  formati  dall' incrociarsi  dei  me- 
ridiani coi  paralleli,  rappresentino  al  piiì  vero  possibile  le  faccette  in  cui  si  può  sup- 
porre compartito  il  solido  sferoidale.  A  tal  uopo,  o  ricorsero  alla  prospettiva;  o  suppo- 
sero che  la  descritta  porzione  di  terra  fosse  rappresentata  da  una  corrispondente  della 
superficie  del  cono  o  del  cilindro,  che  si  suppongono  tangenti  alla  terra.  Nel  primo 
metodo  rappresentasi  per  proiezione;  nel  secondo  per  sviluppo. 

Le  visuali,  tirate  dall'occhio  ai  diversi  punti  del  globo,  incontrandosi  con  un  piano 
che  si  suppone  tangente  alla  superfìcie  di  questo,  danno  la  projezione  prospettica,  che 
perciò  varia  secondo  che  varia  la  distanza  dell'occhio  da  esso  piano.  I  geografi  suppo- 
sero tal  distanza  o  infinita,  o  eguale  al  raggio  o  al  diametro  del  globo.  Da  ciò  la  proie- 
zione ortografica  e  la  stereografica.  Projezione  ortografica  è  quella  dove  la  superfìcie  di 
una  sfera  è  rappresentata  dal  piano  che  la  taglia  in  mezzo,  l'occhio  essendo  collocato 
verticalmente  a  distanza  infinita  :  stereografica,  dov'essa  superficie  sia  figurata  sul  piano 
d'uno  de' suoi  grandi  circoli,  supponendo  l'occhio  al  polo  d'esso  circolo.  11  metodo  pili 
consueto  per  raffigurare  un  intero  emisfero  è  lo  stereografico,  pel  quale,  al  modo  delle 


{">)  HUMBOLDT,    Saggio  sulla  geografia   delle  matematica  e  fisica.  II  colonnello  Denaix,  nel  A'ou- 

pianle.  —  De  distributione  gcographica  pianta-  veau  cours  de   Gèngraphie  generale,  diede  una 

rum  secundum  cali  lemperiem  et  altitudinem  raccolta  Ji  carte  sloriche,  alcune  delle  quali  riguar- 

monlium,  -1817.  —  Maven,  Grundriss  der  Pflati-  dano  specialmente  le  piazze  forti,  gli  assedj,  le  bal- 

zengeographie  mit  ausfùhrlichen    Untersuchun-  taglie.  Nel  -1803  Hommeyer  imprese  una  geografi.i 

gen  uber  des   Yalerland,   der  Anbau,  und  der  militare  degli  Stali  d'Europa,  ma  non  compi  che  la 

Niilzen  der  vorznglichsten  Kulturpflanzen.  Ber-  Svizzera.  La  prima  completa  è  quella  di  Hahnzog 

lino  Ì9ZG;  —  Le  pilole  fran^ais  di  Beautemps-  di  Magdeburg,  Lehrbuch  der  militare  Geographie 

Beai;prÉ.  ton  Europa,  <820.  Lavallée  ne  fece  un  corso  per 

(G)  HiMDOLDT,  Asie  Centrale;  rerherches  sur  le  scuole  di  Francia,  con  molta  applicazione  delia 

les  chames  de  montagnes  et  la  climalologie  com-  matemaliea,  affine  di  darvi  l'accordo  e  la  certezza 

parée.  Parigi  I8'(3,  delle  scienze  esatte.  Il  vurtemberghcse  Kausler  puli- 

(7)  Vedasi  la  carta  geologica  della  Francia  di  blicò  l'atlante  delle  più  memorabili  battaglie  e  ossi- 
lìcaumont  et  Dufrcsnoy,  di  cui  nel  <8S5  comparve  dioni  de'  tempi  antichi,  niedj  e  nuovi,  in  200  fogli 
una  seconda  edizione  ridotta  a  i  :  iiOOOOO.  Per  l'I-  (Carlsruhc  1830-50).  ionissime  carte  diede  il  corpo 
talia  se  ne  sta  preparando  una  da  illustri  cultori  di  del  genio  del  Regno  d'Italia,  e  finche  lavorò  a  Mi- 
questa  scienza  nuova.  lano,  e  dopo  trasferito  a  Vienna.  E  insigne  la  gco- 

(8)  Lacroix  fece   un'introduzione  alla  geografia  grafia  militare  di  Hudtorffer. 


PREFAZIONE  7 

prospettive,  da  un  punto  di  vista  si  considerano  le  intersecazioni  delle  rette  col  piano 
di  projezione.  Per  projettarc  tutto  o  in  parte  un  emisfero  si  suppone  clic  l'occhio  si 
trovi  in  un  punto  della  superficie  terrestre,  e  che  il  piano  di  projezione  sia  quello  del 
circolo  massimo,  di  cui  è  polo  esso  punto.  Pertanto  o  l'occhio  trovasi  all'un  de'  poli,  e 
la  projezione  accade  sul  piano  dell'equatore  (projesjone  polare):  o  trovasi  sull'equatore, 
0  la  projezione  cade  sul  piano  d'un  meridiano  (projezione  meridiana):  o  fra  il  polo  e 
l'equatore,  e  la  projezione  si  fa  sul  piano  del  rispettivo  orizzonte  (proje2Ìone  orizzontale]. 

Lasceremo  a  trattati  particolari  il  discorrere  dei  differenti  metodi  con  cui  si  correg- 
irono  le  projezioni,  acciocché  più  s'accostino  al  vero.  Qualunque  sieno  i  metodi,  hanno 
e  pregi  e  difetti,  ma  in  generale  l'errore  cresce  quanto  più  si  va  lontani  dal  centro  della 
carta.  Perciò  ove  si  tratti  di  grandi  distanze,  meglio  varrà  dedurle  dalle  longitudini  e 
latitudini,  che  non  dall'apertura  del  compasso.  L'errore  poi  che  sulle  superficie  è  pro- 
dotto dalla  projezione,  si  evita  con  tabelle  che  danno  la  valutazione  dei  quadrilateri 
risultanti  dalle  intersecazioni  dei  meridiani  coi  paralleli.  Nelle  projezioni  di  Lorgna  e 
di  bonne  le  superficie  mantengonsi  eguali  alle  vere.  Perciò  è  desiderabile  che  in  ogni 
carta  sia  indicato  di  qual  projezione  si  fece  uso. 

Per  le  carte  particolari,  dove  molto  lunghi  sono  i  raggi  de'  meridiani  e  dei  paralleli, 
alle  stereografiche  si  preferiscono  le  projezioni  per  isviluppo,  il  quale  è  o  conico  o  cilin- 
drico. La  projezione  cilindrica,  di  cui  oggi  si  fa  uso  generale,  fu  introdotta  da  Merca- 
tore, poi  resa  regolare  da  Eduardo  Wright  ;  e  si  fonda  sul  fatto  che  i  gradi  dei  meridiani 
son  sempre  eguali  fra  loro,  mentre  qne'  dei  paralleli  si  vanno  restringendo  quanto  più 
si  allontanano  dall'equatore.  Per  rappresentare  dunque  nelle  carte  marine  i  meridiani 
con  rette  parallele  (cosa  importantissima  per  agevolare  la  delineazione  del  viaggio),  si 
fa  che,  quanto  è  maggiore  la  latitudine,  si  allarghi  la  distanza  dei  paralleli,  in  progres- 
sione correlativa  all'aumento  di  spazio  dei  meridiani;  in  modo  che,  sulla  carta  ridotta, 
i  luoghi  conservino  la  reale  positura  relativa. 

Pinax  cioè  pittura  dai  Greci,  tabula  cioè  quadro  o  anche  mensa  dai  Latini  furon  dette 
le  carte  geografiche  ;  mappa  da  noi  e  dagli  Spagnuoli,  perchè  si  facevano  sopra  stoffe. 
Ne'  libri  più  antichi  se  ne  trova  menzione,  benché  i  Greci,  che  tutto  voleano  indigeno, 
faccian  le  prime  carte  disegnate  da  Anassimandro  scolaro  di  Talete  ;  ma  non  doveano 
essere  che  delineazioni  corografiche,  ottenute  con  una  grossolana  combinazione  delle 
linee  odometriche  e  della  relativa  positura  dei  paesi.  La  graduazione  geometrica  pare 
nascesse  nella  scuola  d'Alessandria,  e  che  Eratostene  pel  primo  costruisse  su  tal  base 
il  planisferio  del  mondo  conosciuto.  Invece  della  projezione  piana,  Ipparco  usò  una  rete 
di  meridiani  convergenti,  tenendo  conto  dello  impicciolirsi  de' gradi  di  longitudine  a 
proporzione  del  restringersi  delle  latitudini.  Marin  da  Tiro  tornò  alla  carta  piana,  e  To- 
lomeo ricostruì  stereograficamente  i  risultamenti  corretti  da  esso.  A  lui  si  attennero  i 
Piomani,  né  ce  ne  restano  monumenti  che  attestino  verun  progresso  ;  tal  non  potendo  con- 
siderarsi la  rozza  Tavola  Peutingeriana,  lunga  ventun  piede  e  larga  un  solo  ;  e  della, 
quale  doveano  essere  migliori  gli  Itineraria  pietà  che  Vegezio  raccomanda  di  aver  sot- 
tocchio nelle  spedizioni  militari.  Molte  carte  son  mentovate  e  alquante  conservate  del 
medioevo  e  degli  Arabi,  che  sono  piuttosto  oggetti  di  curiosità,  fin  al  tempo  che  acqui- 
stano importanza  per  le  scoperte  progressive  nelle  due  Indie.  Ben  tosto  la  stampa  fece 
che  non  fossero  più  monumenti  isolati  ciascuna;  le  notizie  divennero  comuni,  e  così 
i  metodi  per  migliorar  le  carte;  alle  quali  ogni  perfezionamento  della  calcografia,  del- 
l'astronomia, della  geodesia,  dell'erudizione  giovò. 

Stabilita  la  rete  matematicamente,  l'astronomia,  la  geodesia,  la  pratica  de' ragguagli, 
la  storia,  la  critica  soccorrono  a  situarvi  precisamente  i  paesi  ;  e  sovente  lo  studio  di 
un  anno  non  basterà  per  collocare  un  solo  punto,  e  conciliare  i  dati  diversi;  indi  se- 
guirà la  fatica  del  metter  insieme  le  particolarità,  sicché  formino  un  tutto.  Della  critica 
geografica  i  migliori  modelli  restano  De  l'Isle,  D'Anville,  Rennel,  Humboldt,  Ritter. 


8  GEOGRAFIA   POLITICA 

II  bulino  dell'artista  corona  l'opera  col  dar  nettezza  ai  contorni,  precisione  alle  ombre, 
posto  conveniente  ai  nomi. 

Anche  dopo  tanti  raffinamenti,  resta  molto  a  desiderare  rispetto  all'orografia,  non 
conoscendosi  un  metodo  chiaro  insieme  e  vero,  sicché  anche  i  meno  esperti  possano 
prontamente  distinguere  il  carattere  de' monti.  Da  principio  si  copiava  il  terreno  qual 
si  presenta  all'occhio  ;  indi  vi  si  surrogò  la  ìnezza  prospettiva,  che  ancora  può  adoprarsi 
con  vantaggio  in  alcuni  casi,  come  nel  render  più  evidenti  le  gole  di  montagne.  Altri 
rappresentano  le  montagne  nel  supposto  che  sieno  illuminate  sotto  un  angolo  di  43 
gradi.  L'effetto  del  chiaroscuro  dà  a  scorgere  immediatamente  il  vario  rialzamento  del 
suolo  e  l'andamento  delle  catene;  ma  conviene  che  il  disegnatore  corregga  l'effetto  vi- 
suale, il  quale  carica  le  tinte  dov'è  minore  la  pendenza.  Se  questa  è  più  pittoresca,  la 
rappresentazione  geometrica  non  può  ottenersi  che  colla  projezione  ortogonale  delle; 
diverse  linee  di  pendenza  -,  nel  che  si  richiede  occhio  esercitato  per  discernere  la  forma 
dei  monti.  Le  più  belle  sono  quelle  del  territorio  francese,  per  ordine  della  Repubblica 
e  di  Napoleone;  quella  delle  coste  occidentali  di  Francia,  cominciata  nel  181G  sotto  la 
direzione  del  signor  Beautemps-Beaupré;  quelle  d'Olanda  per  Jansson  e  Vankeulen  ; 
delle  coste  di  Svezia  per  Nordenmarck;  dell'altopiano  del  Messico  per  Humboldt;  del 
Danubio  e  del  Reno  di  Marsigli  e  Wiebeking;  le  foci  dell'Elba  e  del  Weser,  e  i  mari 
Baltico  e  del  Nord,  per  Ileather;  dell'isola  Borbone  per  Bory;  dell'Isola  di  Francia  per 
Freycinet;  le  carte  marittime  pubblicate  il  1837  dall'Uffizio  idrografico  di  Londra; 
quelle  del  Corpo  topografico  già  residente  a  Milano,  poi  a  Vienna  ;  quella  della  Gran 
Bretagna  dall'Uffizio  d'artiglieria;  l'atlante  del  mare  Adriatico,  per  l'Istituto  geografico 
austriaco  (1821  )  e  The  Mediterraman  dell'ammiraglio  Smylh  (1854),  Oggi  a  Lipsia  escono 
carte  di  esattissime  forme  e  di  nettissima  scrittura  a  tenui  prezzi.  Lo  stabilimento  di 
Giusto  Perthes  a  Gota,  che  pubblica  pure  un  eccellente  giornale  {Miilhcilungen  aus  Ju- 
stus  Perthes  geographischer  Anstalt  iiber  ivichtige  neue  Erforschungen  auf  dem  Gesamm- 
gehiete  der  Geographie  von  D.  Petermann),  raccoglie  e  comunica  i  progressi  tutti  di 
questa  scienza;  e  in  esso  giornale  del  1856  il  signor  Sydow  espose  un  ragguaglio  di 
tutte  le  carte  geografiche  d'Europa  (9). 

Non  è  chi  non  veda  quanto  importi  alla  geografia  odierna  l'aver  ottime  carte,  e  alla 
storia  il  confronto  delle  vecchie.  Una  preziosa  raccolta  geografica  fu  in  pochi  anni  fatta 
nel  Cabinet  des  cartes  et  plans  di  Parigi ,  per  cura  del  signor  Jomard,  defunto  or  ora 
(1862  7bre).  Oltre  le  carte  originali,  potè  egli  ottenere  copia  delle  più  curiose  che  le 
altre  biblioteche  possedono,  quali  il  mappamondo  circolare  di  Torino  del  x  secolo; 
quel  della  biblioteca  di  Lipsia  del  xi;  il  mappamondo  rettangolare,  citato  da  Playfair 
del  tempo  stesso;  una  carta  itineraria  tedesca,  dei  primi  tempi  dell'invenzione  della 
stampa  col  legno;  le  carte  di  Marin  Sanuto  del  1321  ;  la  copia  del  famoso  atlante  Cata- 
lano del  1575;  della  carta  di  fra  Mauro,  che  sta  a  Venezia;  del  mappamondo  di  Mar- 
tino Beheim  di  Norimberga,  disegnato  l'anno  stesso  della  scoperta  d'America;  porzione 
della  carta  di  Giovanni  de  la  Cosa,  piloto  di  Cristoforo  Colombo  ecc.  Al  secolo  seguente 
spettano  la  cassetlina  all'agiamina  trovata  a  Milano,  molti  portolani,  e  le  carte  più  pre- 
ziose che  si  stampassero.  Inoltre  carte  arabe  del  x  secolo  di  Abu-Isac  ed  Istakar:  la 
serie  quasi  compiuta  delle  edizioni  di  Tolomeo,  dove  si  soleva  aggiungere  man  mano 
le  scoperte:  molte  carte  autografe,  come  quelle  di  d'Anville;  quella  del  mar  Caspio,  di 
mano  di  Pietro  il  Grande  ;  quella  che  La  Bourdonnais  tracciò  stando  in  prigione  e 
senza  mezzi  di  scrivere.  Vi  sono  poi  le  migliori  moderne,  alcune  anche  dell'estremo 
Oriente;  altre  in  rilievo  ;  e  molti  istromenti  vecchi,  come  astrolabi!  arabi,  bussole  cinesi, 
il  globo  celeste  di  Milano  del  461.  Una  raccolta  d'egual  genere  si  fa  al  Lloyd  di  Londra. 

(9)  Un  estratto  se  ne  diede  nella  Rivisla  conterà-  formazioni  si  trovano  nel  Rèpertoire  des  Carles, 
foranea  di  Torino  in  dicembre  1857.  Ampie  in-       pubblicato  dall'Istituto  reale  nccrlandese. 


PREFAZIONE  9 

Ben  lontana  dunque  dall'essere  un  catalogo  di  paesi  e  un  registro  di  numeri,  la  geo- 
grafia elevasi  al  paro  delle  scienze  più  insigni,  e  di  tutte  si  giova  per  isciogliere  i  pro- 
blemi che  da  una  parte  riguardano  l'economia  del  nostro  pianeta,  dall'altra  gli  ordini 
dell'incivilimento.  Non  piccola  fatica  è  per  essa  il  tener  dietro  alle  scoperte  die  ogni 
giorno  si  fanno.  In  un  quarto  dì  secolo  noi  vedemmo  penetrare  arditamente  nel  centro 
dell'Asia,  dell'Africa,  della  Nuova  Olanda;  assicurare  d'un  passaggio  nel  mare  al  Nord; 
al  polo  Sud  riconoscere  un  nuovo  continente,  biirnes  esplora  l'Indo,  Chesney  ed  Helfcr 
l'Eufrate,  Wilcox  il  Bramapulra,  Wliitelock  il  golfo  Persico.  Le  esplorazioni  nell'India 
di  Ilannay,  Johns,  Wilcox,  Burllon....  s'avvicinarono  assaissimo  alla  Cina,  e  poco 
manca  che  possan  congiungersi  con  quelle  che  i  missionarii  spinsero  fino  all'Yun-nan. 
Ingegneri  inglesi  han  teso  la  rete  trigonometrica  sull'India,  e  ne  pubblicano  carte  pari 
a  quelle  d'Europa;  e  la  scienza  loro  ispira  sgomento  ai  principi  di  colà. 

Intanto  Ermann  ci  descriveva  la  Siberia,  Ellis  e  Pritchard  la  Polinesia,  Drege  l'Africa 
australe,  De  Angelis  il  Rio  della  Piata,  Miigel  il  Cascemir,  Buchanan  il  Missur,  Corn- 
wallis,  Harris,  Galinier  e  Ferret  l'Abissinia;  Codazzi  determinava  non  meno  di  lO'ii 
altezze  sull'ampio  territorio  di  Venezuela.  Wood  risale  alle  sorgenti  dell'Odo,  e  trova 
esatto  il  calunniato  Marco  Polo;  le  peregrinazioni  di  Pentland,  d'Orbigny,  Tesier,  Rose, 
Murchison,  Russegger,  Schimper,  Blume,  Forbes,  Schow,  Vigne,  La  Marmora,  Pelet 
estendono  i  dominii  della  geografia:  Leichart  trova  nell'inesplorato  interno  della  Nuova 
Olanda  laghi  e  prati  opportuni  al  cotone  e  al  riso,  ed  alle  razze  di  bovi  e  di  cavalli.  Le 
società  scientifiche  tedesche  e  svizzere  mandano  fisici  e  naturalisti  su  tutti  i  continenti: 
l'Austria  fa  esplorare  il  Cascemir  ed  il  Brasile;  il  re  dei  Paesi  Bassi  la  Malesia;  la  To- 
scana, l'Egitto  e  l'America;  molti  ne  invia  la  Norvegia,  altri  il  Piemonte;  altri  il  desi- 
derio di  convertire  alla  fede  nostra  (10).  Le  ultime  guerre  in  Crimea,  nella  Cina,  nel 
Giappone  porsero  occasione  di  eccellenti  lavori  geografici. 

I  viaggiatori  più  non  ci  raccontano  corse  avventurose,  ma  profondi  nella  scienza  che 
vogliono  ampliare,  dirigono  le  ricerche  secondo  le  idee;  così  accumulano  documenti 
per  riconoscere  la  fisica  del  globo;  compiono  la  geografia  degli  esseri  viventi,  mostrando 
come  le  specie  e  le  famiglie  d'un  continente  si  riflettano  in  forme  analoghe  nell'altro, 
per  modo  da  supplirsi  nella  gran  serie  degli  organismi. 

Altri  intanto  nella  quiete  del  gabinetto  profittano  delle  ricerche,  come  Zeune,  Mahl- 
mann,  Stieler,  Strantz,  Zimmermann,  Worcester,  Darby,  Baumgartner,  Jomard,  Ha- 
milton, Moreau  de  Jones...:  Humboldt  associò  a  lunghissimi  viaggi  una  cognizione 
portentosa  di  lingue  e  di  arti:  Giovanni  Schmidt  di  Pietroburgo  cercò  le  lingue  e  i  mo- 
vimenti dei  popoli  dell'Asia  interna:  Klaproth  applicò  la  cognizione  delle  lingue  e  delle 
razze  all'estremo  Oriente  e  agli  altipiani  asiatici:  Berghaus,  nelle  dissertazioni  sull'A- 
tlante  dell'Asia  e  nell'Atlante  fisico,  oflrì  veri  portenti  di  pazienza,  d'erudizione,  d'e- 
sattezza. Gli  studj  della  terra  in  relazione  colla  natura  e  colla  storia  dell'uomo,  di 
Carlo  Bitter,  alle  vedute  della  geografia  comparata  diedero  solidità  e  splendore  qual 
non  mai  prima;  dov'egli  segnò  i  caratteri  della  fisonomia  del  nostro  globo,  gli  effelli 
che  l'esterna  sua  configurazione  produce  vuoi  sui  fenomeni  fisici  della  superficie,  vuoi 
sulle  migrazioni  e  l'indole  dei  popoli  e  le  loro  avventure  principali.  Le  sue  ricerche 
sull'Asia  rimangono  di  somma  opportunità  anche  dopo  che  a  quelle  sul  centro  dell'A- 
frica la  tolsero  le  nuove  indagini. 

Si  direbbe  che  per  utile  della  geografia  durasse  lunga  pace  e  il  commercio  giganteg- 
giasse: per  essa  rafTinaronsi  l'architettura  navale  e  la  potenza  del  vapore  e  la  telegrafia: 


(JO)  Sono  de'pììi  utili  lavori  in  fatto  (li  geografia  frica  equatoriale;   nen[li   altri   Pallegois  vescovo  ili 

gli  Ànnalet  de  la  Propagalion  de  la  foi^  e  il  Mis-  Siam  descrisse  quel  paese,  l'abliatc  Boilat  il  Senegal, 

sionary  inlelHgencer .  In  quest'ultimo  Krapf  e  Reb-  Knoblecher  le  fonti  del  Nilo, 
raana  esposero  testé  importantissime  scoperte  nell'A- 


10  GEOGRAFIA   POLITICA 

l'arte  lungamente  tentata  di  dirigere  i  palloni  non  ajuterà  a  riconoscere  gli  arcani  in- 
terni dell'Africa  e  della  Nuova  Olanda? 

11  perfezionamento  delle  matematiche,  dei  cronometri,  dei  cannocchiali,  la  fotografia, 
la  conoscenza  più  perfetta  delie  leggi  della  rifrazione  atmosferica,  valsero  a  precisar  le 
conquiste  della  geografia.  Vuoisi  ch'essa  studii  il  confronto  delle  misure  celesti  geode- 
tiche, itinerarie;  valuti  la  credibilità  dei  viaggiatori  e  degli  statisti;  il  valore  dei  me- 
todi astronomici  adoperati  nel  precisare  la  postura  dei  luoghi.  Se  ancora  non  basta, 
percorrevasi  l'equatore  magnetico,  e  se  ne  assegnavano  i  poli,  i  meridiani,  i  paralleli. 
Si  meditò  anche  l'equatore  termometrico,  indicando  e  ormai  assegnando  i  poli  di  mi- 
nima temperatura:  poi  si  determinano  gli  angoli  sotto  cui  questi  due  equatori  interse- 
cano il  geografico.  L'altezza  dei  monti  si  fa  meglio  precisa  correggendo  la  misura  ba- 
rometrica colla  diminuzione  che  cagiona  il  moto  ascensivo  delle  correnti  calde.  Colla 
geologia  si  riconobbe  la  natura  dei  terreni;  conosciam  bene  le  ampie  zone  vulcaniche 
che  costeggiano  il  Grande  oceano,  e  fendono  i  continenti  d'Asia  e  d'Europa;  si  segnano 
i  letti  del  carbon  fossile,  oro  dell'età  nostra,  e  la  possibilità  dei  pozzi  artesiani.  La  for- 
mazione dei  banchi  di  corallo  è  studiata  io  guisa,  da  assegnar  leggi  a  questa  quotidiana 
creazione. 

Le  correnti  dell'atmosfera  lasciaronsi  sottoporre  a  regole  dalla  fisica  generale:  fu  se- 
gnata la  zona  delle  calme,  la  direzione  de'  venti  periodici  e  de'  continui,  quella  delle 
correnti  atmosferiche  polari,  i  punti  d'incontro  e  d'opposizione  di  esse  coi  venti  alisei. 
Abbiamo  dissertazioni  sugli  uragani,  e  sulle  cause  di  questi  enormi  vortici  atmosferici: 
cercasi  se  le  variazioni  della  pressione  atmosferica  spieghino  il  tempestar  del  mare  ad 
aria  calma:  con  moltiplicati  osservatori  e  colle  osservazioni  contemporanee  procurasi 
stabilire  le  dottrine  meteorologiche,  tanto  vaghe  finora  eppur  tanto  importanti.  I  tempi 
e  la  forza  delle  maree  in  tutti  i  mari  son  preveduti  :  si  esaminarono  le  correnti  sotto  e 
sopra-marine,  confrontandone  la  temperatura  con  quella  del  mare  adjacente;  le  cause 
della  fosforescenza:  si  delineò  fin  dove  giunga  il  fuco  natante.  Fin  a  tredicimila  metri 
tentaronsi  gli  abissi  dell'oceano,  e  si  disegnano  esattamente  i  fondi,  ogni  scoglio,  ogni 
correntìa,  ogni  fonte  d'acqua  dolce. 

In  questi  ultimi  lustri  gl'Inglesi  scandagliarono  un  gran  tratto  del  mare  del  Nord, 
tutte  le  coste  della  Sardegna,  e  può  dirsi  tutto  il  fondo  del  Mediterraneo,  a  segno  da 
poter  offrirne  la  carta  sottomarina  (H).  Una  società  inglese  (Trinity-house)  si  formò  nel- 
l'unico intento  di  mettere  segnali  nel  mare,  indicare  i  luoghi  dove  gettare  e  dove  rac- 
cogliere la  zavorra,  chiamar  i  piloti,  ergere  fari.  Le  reti  trigonometriche,  ornai  dilatate 
per  tutta  Europa  dai  bisogni  del  censimento,  danno  preziosi  elementi  di  buone  carte. 
Nel  misurare  l'Irlanda  pel  censimento,  il  governo  inglese  ingiunse  che  si  ponesse  atten- 
zione anche  alla  geologia,  alla  storia  naturale,  alle  antichità. 

La  botanica  deve  alla  geografia  tante  piante,  che  ebbe  a  crear  nuovi  metodi  scienti- 
fici per  distribuire  l'incommensurabile  vegetazione.  L'etnografia  le  deve  la  conoscenza 
de'  linguaggi,  e  di  usi  e  superstizioni  nuove,  di  cui  giovossi  alle  sue  grandi  classifica- 
zioni e  a  riconoscere  la  fratellanza  di  popoli  lontanissimi.  La  geografia  trapianta  l'in- 
daco sul  Mediterraneo,  il  the  in  Provenza,  la  quercia  tintoria  in  Francia  ;  guida  il  com- 
mercio nelle  sue  speculazioni  ;  indicando  le  pelli  dei  vitelli  marini,  rese  qualche  scoglio 
importante  quanto  la  Cina;  colla  pesca  delle  perle  su  varj  punti  della  Malesia  e  del 
Crand'oceano  fece  abbandonare  le  poco  proficue  delle  Antilie  e  della  California, 

Associata  alle  scienze  morali  la  geografia  ne'  suoi  ragguagli  smette  le  insane  divisioni 
di  classi  produttive  e  improduttive,  i  bilanci  di  entrata  e  uscita:  nel  calcolar  la  ric- 
chezza si  ricorda  che  il  credito,  esteso  dagli  Stati  ai  Comuni  e  perfino  ai  privati  (12) , 

(11)  RoniQUET,  Carle  generale  de  la  mer  Mediterranée.  Parigi  18'Ó0.  — Smith,  The  lUedilerranenr)., 
n  Ulemoir  physical^  hislnrical  and  nauHcal.  Londra  1854. 

(12)  Por  c8em|iio,  il  prestito  Eslerliazy  del  1826  e  1829,  e  le  lotterie. 


PREFAZIONE  H 

rompe  ogni  confine  di  regno  e  di  proprietà,  e  fa  ondeggiare  irreparabilmente  i  possessi. 
Sa  che  i  calcoli  proporzionali  del  debito  pubblico  dei  di/Terenti  Stati,  è  fallace  qualora 
non  tenga  conto  di  elementi  spesso  trascurati;  se  vi  abbia  fondo  d'ammortizzazione; 
se  questo  operi  su  tutte  o  su  alcune  parli  soltanto;  se  estingua  le  carte  ritirale  dallo 
Stato,  0  le  serbi  per  proprio  conto;  a  quanto  ascenda  l'interesse;  se  al  debito  nazio- 
nale si  uniscano  debiti  provinciali.  Altrettanto  dilficili  sono  i  paragoni  sulla  gravezza 
delle  tasse  pagate  e  sui  delitti,  fin  sull'incremento  della  popolazione:  giacché  la  tiran- 
neggiata e  miserabile  Irlanda  offre  pure  quel  portentoso  aumento,  che  ha  la  florida  e 
libera  America.  La  geografia  presta  molta  attenzione  alle  posizioni  militari,  e  alle  linee 
d'operazione  e  di  difesa:  accompagna  insomma  tutti  i  fatti  di  sapienza  e  i  fatti  di  forza, 
ma  sa  che  il  raccoglierli  è  nulla,  se  vi  manchi  il  necessario  compimento  dell'applica- 
zione e  delle  conseguenze. 

Ecco  di  quanta  importanza  sia  la  geografia,  e  se  a  buon  diritto  pretenda  posto  fra  le 
scienze  più  elevate  e  più  utili.  Perciò  società  geografiche  formaronsi  a  Parigi,  a  Lon- 
dra, a  Berlino,  i  cui  Annali  danno  a  conoscere  i  progressi  della  scienza;  suppliscono 
in  parte  a  quella  mancanza  delle  opere  originali,  che  tanto  sentesi  in  Italia  e  da  chiun- 
que studia  isolato;  offrono  quantità  di  documenti  originali,  e  divengono  eco  alle  voci 
di  accademie  lontanissime  o  di  sparsi  coltivatori. 

Deh  sorga  chi  unisca  erudizione,  pazienza,  coraggio,  amore  per  tracciare  con  pie- 
nezza il  quadro  di  questa  scienza,  tanto  utile  quanto  dilettevole  ;  e  ch'è  vergognoso  non 
abbia  ancora  un  posto  decente  nelle  nostre  università. 


1 


ETIMOLOGIE  DI  JNOMl  DI  PAESI 


I  nomi  primitivi  de'  paesi  ebbero  una  significazione,  di  cui  si  smarrì  la  chiave  sia 
per  l'alterarsi  delle  radici,  sia  per  essersi  perduta  la  lingua  di  cui  queste  furono.  Nelle 
lingue  che  comportano  la  composizione,  e  dove  in  conseguenza  gli  elementi  rimangono 
inalterati  accanto  un  all'altro,  è  più  facile  conoscere  un  significato  ai  nomi.  In  altri  si 
mutarono  stranamente  col  venir  sulla  bocca  di  stranieri  invasori  che  parlavano  diver- 
samente. È  però  studio  curioso  il  cercar  quelle  etimologie,  ed  anche  importante,  perchè 
alcune  ci  offrono  voci  di  lingue,  di  cui  altro  vestigio  più  non  resta,  e  servono  a  indi- 
care le  migrazioni  o  i  passaggi  de'  popoli. 

Qui  noi  soggiungeremo  poche  radici  che  più  spesso  ricorrono  nella  geografia. 

Aa  acqua,  aar  corso  d'acqua  (celtico);  trovasi  in  molti  nomi  di  fiumi:  hara^  Arari, 
Aade,  Aach,  Aar,  Argeìit. 

Ab  (persiano),  abi  (sanscrito)  acque:  Pendgiab  i  cinque  fiumi,  Abikuren  il  fiume  di 
Kur  0  di  Ciro. 

Abad  casa  (persiano  e  indiano):  Nussesutabad  città  della  vittoria,  Sciaabad  casa  reale, 
Korsabad  città  di  Cosroe,  Narensciabad  città  degli  aranci. 

Abbe  e  appe  dal  latino  abbas:  Appenzell,  Abbeville  cella  o  città  dell'abbate;  e  in 
inglese  Abbot'sford  guado  dell'abbate. 

Aber  apertura;  è  prefisso  a  molti  nomi  inglesi  di  paesi  posti  all'imboccatura  d'un 
fiume:  Aberdeen  imboccatura  del  Dee. 

Ac  e  ak  bianco  (tartaro)  :  Aklau  montagna  bianca,  Aksou  fiume  bianco. 

Acro  sommità,  alto  (greco)  :  Acrocorinto,  Agrigento,  Acropoli. 

Adel  nobile  (tedesco)  :  Adelsberg,  Adelsdorf. 

Ago  terminazione  comunissima  nell'Alta  Italia  e  nei  paesi  cimrici  transalpini  :  Tor- 
nacum  (Tournai),  Massacum  (Maeseck),  Paciacum  (Paci). 

Al,  el  articolo  arabo:  Al-Gezair  le  isole,  El-Arisch  la  cuna.  Restò  a  molti  paesi  domi- 
nati da  Arabi:  Alcamo  in  Sicilia,  Alcantara  il  ponte,  Alcazar  il  palazzo,  Algarve 
il  ponente. 

Alb  e  aip  luogo  elevato  (celtico)  ;  onde  le  Alpi, 

Albus  bianco  (latino)  :  Albano,  Auberive,  Aubin,  Aubeterre. 

Aid  e  alt  vecchio  (tedesco):  Altkirch  chiesa  vecchia,  Allenbriik  vecchio  ponte. 

Allah  Dio  :  sta  in  composizione  in  moltissimi  nomi  arabi,  turchi,  persiani  ecc.:  Mar- 
sala in  Sicilia,  porto  di  Dio. 

Also  (ungherese)  indica  posto  al  disotto. 

An  acqua  (celtico)  :  Ancoìia,  Olano,  Lugano  (Logh-an  acqua  tranquilla). 

Ano,  an  terminazione  frequentissima  di  nomi  derivati  da  aggettivi  di  possesso  latini: 
Mariano,  Ultrano,  Romano,  Boviano. 

Anti  ri m petto  (greco):  Antiparos,  Anticyra,  Antilibuno. 

Aqua,  aquae,  aigues ,  aix ,  agua,  ac,  acco  secoudo  i  paesi:  Aquapetidente,  Veragua 
acqua  verde  in  Spagna,  Aigues-morles ,  Aix-la-Chapelle  (  Aquisgrana) ,  Airagucs , 
Polignac. 


14  GEOGRAFIA    POLITICA 

Arde,  aerde  desinenza  olandese,  dal  tedesco  erde  terra:  Oudenarde  terra  antica. 

Argue,  ergue  finale  di  molti  nomi  francesi,  dal  latino  ager  campo:  Bouergue  paese 
delle  roveri,  Aymargues,  Camargues. 

As  principio,  sorgente  (celtico):  Asso,  Ascona. 

Asta  rupe  (basco):  Asturie,  Astorga,  Asteasu. 

Au  isola  (tedesco)  :  Lobau,  Petersau  ;  o  prato,  campagna  verdeggiante  (aue)  :  Auerbac 
riva  del  prato. 

Augusta  è  attaccato  a  moltissimi  paesi  sorti  dove  accampamenti  o  altre  memorie  di 
imperatori  romani  :  Augusta,  Autun  (Augustodunum),  Aosta,  Ausburg,  Ccesarea  Au- 
gusta (Saragozza),  Pax  Augusta  (Badajoz). 

Ba  fiume  (africano):  Gioliba  il  gran  fiume. 

Bah  porta,  corte  (arameo)  :  Babilonia  corte  di  Belo,  Bab  el-mandeb  porta  del  duolo, 
Bah  el-abrad. 

Bach  ruscello  (tedesco):  Schivarzbach,  Anspach,  Magerbach. 

Bad  bagno  (tedesco)  :  Carlsbad,  Bade,  Baden,  Badenvilliers. 

Bahr  fiume  (arabo)  :  Bahr  el-azrek  il  fiume  azzurro,  Bahr  cl-abiad  Nilo  bianco,  Bahr 
el-irak. 

Bar  paese  (sanscrito):  Malabar  paese  di  montagna. 

Bar  da  barra,  barriera,  porta,  come  posti  in  confine:  Bar-le-Duc,  Bar-sur-Aube. 

Bela,  bielo,  bialy  (russo  e  polacco)  bianco  cioè  bello  :  Belgrado,  Belligrad,  Belozerck, 
Bialystock.  Baltico  in  lituano  vuol  dire  bianco. 

Beled  pesce  (arabo):  Beled  el-gerid  paese  dei  datteri. 

Bender  porto  (turco):  Benderruijk  porto  della  sabbia. 

Bereaza  betulla  (russo)  :  Berezina,  Berezof,  Berezan. 

Berg  monte  (tedesco)  :  Schneeberg  monte  della  neve,  Konigsberg  monte  regio. 

Beth  casa  (arameo):  Bethlem,  Bethania  ecc. 

Bir  pozzo;  è  aggiunto  a  varj  nomi  arabi  ed  ebraici  di  stazione  nei  deserti. 

Borgo  in  italiano,  borg  in  svedese  e  danese,  borough  in  inglese,  burg  in  tedesco, 
bourg  in  francese  ,  propriamente  è  terra  munita ,  ma  comunemente  prendesi  per 
grossa  terra:  Magdeburg  borgo  della  fanciulla,  Strassburg  borgo  della  strada,  Edim- 
burg  borgo  di  Odino.  Brandeburg  è  corrotto  dallo  slavo  bor,  foresta  di  pini. 

Botn,  boden  profondo  (tedesco)  :  onde  Botnia,  Bodensee  lago  profondo. 

Brig  fortezza  (celtico)  :  Brixia,  Brixen. 

Briga  terminazione  frequente  che  i  Latini  diedero  ai  nomi  di  paesi  iberici,  equiva- 
lente a  città  :  Segobriga  Segovia,  Coimbriga  Coimbra. 

Briv  ponte  in  celtico,  che  i  Latini  dissero  briva:  donde  Samarobriva  ponte  sulla 
Somma  (A.miens),  Eburobriva,  Brives  sulla  Corrèze,  Brives-la-Gaillarde  in  Francia, 
Brivio  in  Lombardia.  Da  qui  il  tedesco  prùck  e  bruck,  come  Innspruck,  Osnabruck; 
il  fiammingo  brugge;  l'inglese  bridge;  Cambridge  ponte  del  Cara. 

Brod  guado  (slavo):  onde  Brod,  Brody. 

Brunn  fontana  (tedesco):  Schijnbrunn  bella  fonte. 

Bud  fabbricare  (tedesco)  :  Buda,  Budweis. 

Bujuk  grande,  prefisso  a  molti  nomi  turchi. 

Bury  residenza  (inglese):  Canterbury  città  di  Kent,  Abbotsbury  residenza  dell'abbate. 

Caleh,  kalah  (arabo  e  turco)  castello:  Jenicaleh  Castel  nuovo,  e  molti  nomi  in  Sicilia 
in  cala  e  calata. 

Campo,  champ  ecc.  :  Champagne,  Campaldino,  Campbeltoivn,  Champeaux. 

Car  e  caer  luogo  forte  (ccltico)  :  Cardignan,  Caernarvon,  Carailz;  e  in  Italia  Cairo, 
Caravaggio,  Cavate,  Chieri. 

Carta,  certa  e  cirta  città  in  semitico:  Cartha-hadath  Cartagine,  città  nuova:  Tigra- 
noceria  ecc. 

Casa  e  ca  trovasi  in  parecchi  composti  italiani;  e  così  Caddea  Lega  de'  Grigioni  (Ca- 
de-Deo),  Cìiaise-Dieu  casa  Dei. 

Castello  entra  in  composizione  di  moltissimi  nomi  italiani  5  nei  francesi  Chateaubriand 
(castello  del  brenno,  del  capo),  Chdtellerault,  Chàtelet,  Chùtillon;  nei  tedeschi  Cassel, 
h'essel;  negl'inglesi  Castle,  Castlebar. 


ETIMOLOGIE  DI  NOMI  DI   l'AÉSI  1^ 

Castra  diccansi  gli  accampanietili  latini ,  donde  sorsero  più  paesi  clic  ne  trassero  il 
nome  0  la  desinenza;  fra  i  Greci  Kastro,  Kastri;  nei  francesi  La  CluHre,  Caslrcs; 

in  italiano  Castro,  Neocastro;  in  inglese,  Glocester,  Wincester. 
Cerny  nero,  io  molti  nomi  slavi:  Cernikof,  Cernovitz. 
Cesare  trovasi  in  moltissimi  paesi  ad  onor  de'  Cesari  :  Ccssarea^  Saragozza  (Casarca 

Augusta),  Cherbourg,  h'aiserberg,  Kaiseru-erth  ecc. 
Chat  fiume  (arabo):  Chat  el-harab  fiume  arabo. 
Cheher  casa,  città  (turco)  :  Allah-cheher  casa  di  Dio,  Cheheristan  paese  0  città,  Pon- 

dichery  città  nuova. 
Cherso  terra  incolta  (greco):  Cherson,  Chersoneso,  Cherso. 
Città,  Civita,  ciudad,  ciotat :  diverse  forme  del  latino  civilas. 
Colonia  e  le  sue  alterazioni  in  Kliln,  Coulanges,  Coulonges,  Carogna,  Coloniola,  indi- 
cano la  sede  di  qualche  colonia  romana. 
Cordeliera  catena  :  Cordeliera  delle  Ande. 

Corte  e  cors,  cour,  court  derivazione  dal  latino  curtis,  trovasi  in  Harcourt,  Corbeton. 
County  contea  (inglese):  Kings-County  contea  del  re,  Queens-Countg  contea  della 

regina. 
Curia  abbreviato  in  cur  e  cour:  Courcelles,  Coirà,  Cordova,  Corta,  Courmayeur, 

Courtraì,  Corbella  (Curiapicta). 
Dagh  montagna  (turco):  Tdiar-dagh  monte  Scardo,  Eminch-dagh  monte  Emo. 
Dale.   —  Vedi  Thal, 
Dan»  anteposto,  viene  da  dama  o  da  damnum:  Dammarie  domina  Maria,  Dampierre 

petra  damni.   Posposto  in  nomi  tedeschi  e  olandesi,   significa  chiusa:  Rotterdam, 

Amsterdam  (Amslelodamum)  indicano  le  chiuse  con  cui  furono  frenati  il  Rotter  e 

TAmstel,  e  così  guadagnato  quel  terreno.  Lo  stesso  esprime  dych. 
Decimo  e  COSÌ  quarto,  quinto,  sesto,  vigesimo,  triginto  ecc.  derivano  dagli  Ordinali 

latini,  indicanti  a  quante  miglia  quel  villaggio  stava  dal  capo-provincia.  Però  Ven- 

timiglia  vien  da  Alba  Intimelium. 
Deir  casa  (arabo)  :  Deir  el-kamar  casa  della  luna. 
Den  città  (gotico),  terminazione  comunissima  :  Lunden,  Minden. 
Dib  e  div  isola  (indiano)  :  Maldive,  Lachedive,  Serendib, 
Djebel  e  gebel  monte  (arabo)  :  Gebel  el-Tarik  Gibilterra,  Gebel  el-Mousa  monte  di  Muse, 

Beled  el-Gebel  Mongibello. 
Domus  casa  (latino)  :  Domodossola,  Domremy,  Dommartin. 
Dorf  villaggio,  in  moltissimi  nomi  tedeschi:  Altdorf  villaggio  vecchio,  Dusseldorf 

villaggio  del  Dussel. 
Dun  in  celtico  è  altura,  collina,  e  i  Latini  ne  fecero  la  terminazione  dunum;  Au- 

guslodunum  Autun  ,  Dunkerque  chiesa  delle  dune.   In  molti  nomi  inglesi  derivali 

dallo  scandinavo  ha  per  radice  down  basso-,  e  cosi  in  Danimarca  piano  al  basso. 
Es  e  eis  preposizioni  greche  significanti  in.  I  Turchi  per  ignoranza  le  innestarono 

a  varj   nomi  di  paesi  greci ,  es  Thivai ,  es  Athinai ,  e  ne  fecero  Stives ,  Selines , 

Stamboul  bì  t»2v  tto/iv,  Spalatro  es  palatium. 
Est,  aest  oriente:  Essex  Sassonia  dell'est,  Estanglia. 
Eto,  edo  terminazione  di  molti  nomi  latini  e  italiani,  indicanti  spazio  già  coperto  di 

piante:  Carpineto,  Albaredo,  Roveredo. 
Eu  bene  (greco):  Eusino  buono  agli  stranieri,  Eupatorio  in  Crimea  ecc. 
Ex,  ey,  aye;  con  queste  terminazioni  i  Celti  indicavano  un  luogo  piantato  d'alberi: 

Ferney,  Aulnay ,  piantagione  di  roveri,  di  alni;  Onex  querceto;  e  così  Vaudrey , 

Cerisaye. 
Ey  isola  (scandinavo):  Anglesey  isola  degli  Angli. 
Feld  (tedesco) ,  field  (inglese)  campo  :  Feldkirk  chiesa  del  campo  ,  Lilienfeld  campo 

dei  gigli,  Southfield  campo  del  sud. 
Fels,  fieli,  field  (scandinavo)  e  felsen  (tedesco)  rupe:  Dofrepeld  rupi  triste,  Weissenfels 

rupe  bianca. 
Ferté  derivato  dal  basso  latino  fìrmitas  fortezza;  è  prefisso  a  molti  nomi  francesi: 

la  Ferie-Bernard,  la  Ferté-sur-Aube,  la  Ferté-Jouare. 


I 


1Q  GEOGRAFIA    POLITICA 

Fiord  stretto,  braccio  di  mare,  io  molti  nomi  scandinavi. 

Fold  terra,  contrada  (tedesco):  Westfold;  donde  Westfalia,  paese  occidentale. 

Folk  gente  (inglese)  :  Nordfolk  popolo  al  nord, 

Fons    fontana:  Borgofoìitana,  Fontarabia^  fontaincbleau. 

Ford  guado  (inglese):  Oxford  guado  dei  bovi,  Herfford  guado  dei  cervi. 

Forum  mercato  in  molti  nomi  derivati  dal  latino:  Forlì  forum  Livii,  Friuli  e  Frejus 
forum  Julii,  Fossombrone  forum  Sempronii,  Forcalquier  forum  calcarium. 

Franco,  Frank  libero;  Castelfranco,  Franconia. 

Free  (inglese)  e  frey  (tedesco)  libero  :  Freetoivn  città  libera ,  Freeport  portofranco , 
Friburgo,  Freyemlein,  Freysingen. 

Frith  stretto  (inglese)  corrisponde  al  latino  f return ,  al  tedesco  furi;  Frankfurt  pas- 
saggio libero. 

Fu  in  cinese  terminazione  delle  città  di  primo  ordine  e  delle  Provincie,  come  ceu 
(tcheu)  indica  i  dipartimenti,  e  hian  i  distretti. 

Gamia  antico  (svedese):  Gamia- Carleby  antica  Carolina. 

Gar  e  gard  città  forte,  nelle  lingue  germanica,  slava,  persiana:  Kasgar  città  delle 
montagne  ,  Stargard  città  antica  ,  Darubgherd  città  di  Dario  ,  Parsagard  città  dei 
Parsi.  Vi  corrispondono  grad  e  gorod  in  slavo:  Novgorod  città  nuova,  Camengrad, 
Visgorod,  e  i  dirninuiivi  Gorodetz,  Gorodisch,  Gradiska,  Graditz,  Gratz  ;  e  in  boemo 
hrad,  onde  i  diminutivi  Hraditz,  Hradisch. 

Gate  porta  (nordico)  :  Kategat. 

Gau  cantone  (tedesco):  Thurgau ,  Aargau,  cantone  del  Thur  ,  dell'Aar;  IViingau  , 
Wildgau. 

Gebel.   —  Vedi  Djebel. 

Geblrge  montagna  (tedesco):  Riesengebirge  monti  dei  giganti  ,  Ertzgebirgc ,  Fichtd- 

gebirge. 
Ghiri  montagna  (sanscrito):  Dhaicalighiri  monte  bianco. 
Gold  oro  (tedesco)  :  Goldbaeli  rivo  d'oro. 
Gora  montagna  (slavo)  :  Gorizia,  Gorlitz. 
Great  (inglese),  gross  (tcdesco)  grande:  Great-iron-mountains  grandi  montagne  del 

ferro,  Grosstvardein. 
Green  (inglese),  groen  (germanico)  verde:  Greenfield,  Grcemvich,  Groenland,  Groe- 

ningen  campi  verdi. 
Raff  (germanico),  baven,  havn  porto,  golfo:  Le  Hdore,  Curischehaff  golfo  de' pescatori 

curlandesi ,  Frischehaff  golfo,  delle  acque  ,  Karlshaven  ,  Kioebenhavn  (Copenaghen) 

porto  de' mercanti.  Hamn  in  svedese:  Freidrichshamn. 
Hall  (inglese)  sala,  ostello,  stabilimento  o  proprietà. 
Haus  (tedesco),  house  (inglese),  huus  (scandinavo)  casa:  Schaffhausen,  Mullhausen, 

Karltoicnhouse  palazzo  della  città  di  Carlo,  Aarìnms,   Wardhus. 
Heide  campo,  piano  (tedesco):  Heidersbach  fiume  del  piano. 
Hejlig  santo  (tedesco):  Helgoland  isola  santa. 
Heim  finale  di  molti  nomi  tedeschi  indicanti  casa:  Mannheim  dimora  degli  uomini, 

Ildesheim.  E  così  i  derivati  ham  e  honne  in  inglese:  Durham,  Buckingham.:  hem 

in  svedese  ecc.  Sentesi  anche  in  Bergamo,  Berg-hom  abitazione  sul  monte  (Orobio). 
Hieu  al  fine  de'  nomi  cinesi,  indica  città  di  terzo  grado. 
Hill  collina  (inglese). 

Ho  fiume,  canale  (cinese):  IIoa7ig-ho  fiume  giallo. 
Hoch  alto  (tedesco):  Hochstadl  città  alta, 
Hof  corte  (tedesco)  :  Hofheim  residenza  della  corte. 
Hohe  alto  (tedesco):  Hohenstadt,  Hohenlinden. 
Holl  cavo,  basso  (tedesco)  :  Holland  paese  basso. 
Horn  corno  (tedesco):  Ilornberg  monte  del  corno,  Fiìisteraarhorn. 
Ili  paese  (turco)  :  Roumili  paese  de'  Romani. 
Inge  campo  (tedesco)  :  Turinge,  Zepfingen,  Tubingen,  Croningen. 
Inter  preposizione  latina,  che  sentesi  in  Terni  e  Teramo  Inter  amncs,  Enlrevaux, 

Entraigues,  Interseen  fra  due  laghi. 


ETIMOLOGIE   1)1    NOMI    1)1    PAESI  17 

Is  basso  (celtico):  Is-Ombria  Insubria,  Iseo^  Isera. 

Jar  riva  (russo):  Jarosla f  nva  degli  Slavi,  Kraftnojarsk  città  della  riva  rossa. 

Jeni  nuovo  (turco):  Jenicheher  città  nuova  (Larissa).  Jenicaleh  Castel  nuovo. 

Julius  in  Friuli  (forum  Julii),  Lillebonne  (Julia  bona). 

Kamen,  kanaien  pietra  (slavo)  :  Kamin,  h'amientz,  h'aminiec. 

Kara  nero  (tartaro) ,  ed  esprime  anclie  schiavo  ,  brutto  :  Karamania  paese  di  Neri , 

Karahaliìaks  kalpak  tributar]. 
Khota  (mongolo)  e  khoton  (manciuo)  città. 
Ki'ang  fiume  (cinese):   Yang-tse-kiaììf)  fiume  figlio  del  mare. 
Kin  oro  (cinese):  Kin-chan  monte  dell'oro. 
King  (inglese),  konig  (tedesco)  re:  Kingston  e  Kdnigstadt  città  del  re,  Kònigingràtz 

città  della  regina. 
Kirche  (tedesco),  kirk  (inglese),  kerke  (fiammingo)  chiesa:  Steenkerke,  Kirchenlauter 

chiesa  chiara,  Kirkxoood  bosco  della  ciiiesa,  Kirchheim. 
Kloster  chiostro:  Neukloster  nuovo  chiostro. 

Kol  e  koul  (tartaro)  lago:  Baikal  gran  lago,  lethkoul  lago  del  cane. 
Kreis  circolo  (tedesco). 
Kreml  fortezza  (tartaro):  Kremlin. 
Land  paese  (tedesco):  England  terra  degli  Angli,  Neerland  paesi  bassi,  Island  paese 

del  ghiaccio. 
Lang  lungo  (tedesco):  Langhau,  Langport,  Langenburg  ecc. 
Licht  luce  (tedesco):  Liclitenivald  foresta  chiara. 
Liman  derivato  dal  greco ,   che  unito  a  molti  nomi  russi  e  turchi  significa  il  porto 

formato  dall'imboccatura  d'un  fiume. 
Lin  città  (estonio):  Talliti  o  Danilin  città  dei  Danesi  (Revel). 
Lipa  liglio  (slavo):  Lipsia. 

Magde  fanciulla  (tedesco):  Magdeburg,  Magden. 
Maha  grande  (sanscrito):  Mahanoddij  gran  fiume. 
Male  montanina  (albanese). 

Maloe  piccolo  (russo):  Mahiarossia  Piccola  llussia. 
Mandala  paese  (sanscrito)  :  Coramandalam  regno  di  Coro  (Coromandel). 
Mark  frontiera  (tedesco):  Markenslein  pietra  della  frontiera,  Marca  d'Ancona,  Marca 

Trivigiana. 
Mate  terminazione  di  molti  nomi  alla  gotica,  indica  uomo:  Sarmati. 
Mikla  grande  (slavo):  Meklemburg. 
Medineh   città  (arabo):   Medineh  el-nabi  città   del   profeta,  Medina  C  celi ,  Medina 

Sidonia. 
Middle  (inglese),  mittel  (tedesco)  medio:  Middlesex  Sassonia  di  mezzo,  Mittelgard, 

Mcdiolano,  Mediterraneo. 
Minster,  munster,  moutier  monastero:  Wesiminster  monastero  all'occidente,  Munster- 

thal  valle  di  monastero,  Formoutiers,  Noirmoutiers. 
Mons,  mont,  monte,  mount  è  frequentissimo  nelle  lingue  romane:  Monfppulciano , 

Piemonte,   Montigny  monte  infiammato,   Muntjie.llier  monte  delle  fanciulle,  Mont- 

martrc  monte  de'  martiri,  Mountpleasant  bel  monte,  Montreuil,  Monlvtlliers. 
Mor  mare  (celtico  e  slavo):  Pomeriani  sul  mare,  Armorico  al  mare;  fors'anche  Morea 

e  Marmara  (Mar-mori  in  sarmato  è  mar  Nero). 
More  finale  irlandese  di  montagne. 

Mota,  motha  in  basso  latino  un'altura,  un  fòrte:  onde  Motta,  Lamothe. 
Mouth  (inglese),  mund  (tedesco)  bocca,  e  indica  l'imboccatura  d'un  fiume:  Falmouth, 

Plymouth,  alla  foce  del  Fale,  del  Ply;  Dendermonde  bocca  del  Dender. 
Nagor,  nagar  città  (sanscrito):  Bisnagar  città  della  vittoria,  Chandernagar  città  della 

luna. 
^*sy  grande  (ungherese),  e  il  suo  opposto  kis,  sono  prefissi  a  molti  nomi. 
Nahr  fiume  ;  prefisso  arabo. 

Nan  meridionale  (cinese):  Nanking  residenza  del  sud. 
Nant  ruscello  (celtico):  Nantes,  .\antua,  Nanterre. 

Castù,  Documenti.  —  Tomo  I,  Geografia  politica.  2 


18  (JEOGRAFIA    POLITICA 

Naus  nave  (greco)  :  Naucrati,  Nauplia. 

Neo,  nea  (greco)  ;  novus  (latinoj  ;  neu  (tedesco)  ;  new  (inglese);  nieuw  (olandese); 
novoi,  novaia  (russo)  ;  novy  (slavoj  ;  neuf  (francese);  nuevo  (spagniiolo)  ;  ny  (scan- 
dinavo) nuovo:  Neapolis  (Napoli)  città  nuova,  Neocastro  caste!  nuovo,  Neuburg  e 
ChcUeaimeuf  o  Neufchdtel,  Newca^tle  castel  nuovo,  Neustadt  o  Neuville  o  Villeneuve, 
Novgorod,  Novgrad  città  nuova,  Neukirch^  Nieuwkerk  chiesa  nuova,  Nylaiid  terra 
nuova. 

Neso  isola  (greco):  Peloponneso  isola  di  Pelope,  Chersoneso,  Micronesia  piccole  isole, 
Melanesia  isole  nere,  Polinesia  più  isole. 

Ness  promontorio;  finale  scandinava. 

Nieder  (tedesco),  nijnei  (russo)  inferiore,  in  moltissimi  nomi. 

Nor  lago  (tartaro):  Hohonor  lago  azzurro. 

Norr,  nord,  nort  settentrione:  Normanno,  Norige  (Norvegia). 

O  vecchio  (ungherese),  opposto  di  ui. 

Ober  superiore  (tedesco)  in  moltissimi  nomi  ;  per  opposto  di  nieder  o  unter. 

Oe  affisso  a  molti  nomi  scandinavi  di  isole  :  Feroe. 

Oest,  est  e  oost  per  est  in  vecchio  tedesco  e  olandese:  Oestreich  (Austria)  regno  dei 
Franchi  orientali,  O^imark. 

Ola,  oola  montagna  (mongolo). 

Olden  e  old  vecchio  (tedesco  e  inglese)  :  Oldland  vecchia  terra,  Oldham,  Oldenswort, 
Oldendorf,  Oldenburg;  oude  in  olandese:  Oudenard  vecchia  terra. 

Ort  (tedesco)  villaggio. 

Ostrog,  affisso  a  molti  nomi  russi  di  fortezza. 

Ostrov,  affisso  a  nomi  russi  di  isole:  Lissie-ostrov  isole  delle  volpi. 

Oula  fiume  (manciuo)  :  Zakaline-oula  fiume  nero,  quel  che  chiamasi  Amour  o  Sa- 
ghalien. 

Oural  cintura  (russo). 

Ozerò  lago  (russo)  :  Belozerck  città  dal  bel  lago. 

Ovest,  wast,  uest  occidentale:   ìf'estfalia,  Westminster. 

Pao  fortezza  (cinese). 

Patam,  patnam  finale  di  molte  città  dell'India:  Seringapatam  città  di  Srivanga  (Visnù), 
Massalipatam.,  Negapatnam. 

Pe  (cinese)  il  nord:  Peking  residenza  del  nord. 

Pei  bianco  (cinese):  Pei-ho  fiume  bianco. 

Pen  testa,  sommità  (celtico):  Apennino,  Alpi  Pennine,  Penochsen  vetta  del  bove. 

Pendgi  cinque  (sanscrito):  Pendgi-ab  cinque  fiumi,  Pendgi-chehr  cinque  città. 

Philos  amico  ^greco)  :  Filadelfia. 

Pico,  pizzo,  pitz  cima  di  monte:  Picco  di  Teneriffa,  Ortìerspilz, 

Pile  porte  (greco):  Termopile  porte  calde,  Ecatompila  dalle  cento  porte. 

Polis  città  (greco):  Nicopoli  città  della  vittoria,  Stauropol  cittadella  croce,  Napoli 
città  nuova,  Empoli.,  Grenoble  (Gratianopolis). 

Pons  ponte  (latino),  alterato  in  varie  guise:  Porrentruy  ponte  del  Rheinter,  Pontirolo 
ponte  d'Aureolo,  Pons,  Pontevedra  Pons  vetus. 

Ponto  mare  :  Ellesponto,  Propontide. 

Poulo  isola  in  malese;  piccolo  in  greco  moderno:  Poulosamo. 

Pour,  poura  città  (sanscrito):  Singapour,  Royapour  città  del  re. 

Ras  festa,  prefisso  arabo  a  nomi  di  promontorj. 

Reich,  rik  ricco  6  regno  (tedesco)  :  lìeichstadt  città  ricca,  Osterreidk  regno  orientale. 

Reka  fiume  (russo);  Tchernaia-reka  fiume  nero  (Cernaja). 

Rio  fiume  (spagnuolo):  Rio  Negro,  Rio  de  la  Piala  fiume  dell'argento. 

Rocca ,  roche  piccola  fortezza  :  Roccaforte ,  Roquamadour  rocca  dell'amante ,  Rocroy 
rocca  del  re,  Rochefort. 

Roth  rosso  (tedesco):  Rothn-eil  villaggio  rosso. 

Roum  romano,  io  nomi  turchi  ;  Romelia,  Erzerum,  Charzel-roum  paese  di  Romani. 

Ruhe  luogo  di  riposo  (tedesco)  :  Karhruhe. 

Salz  sale  (tedesco),  indica  le  saline:  Salzburg  Salisburgo, 


ETIMOLOGIA    PI    .>OMl    DI    PAESI  l'J 

Schnee  (tcdesco),  snee  (danese),  snow  (inglcsc)  neve:  Schneeberg  monte  di  neve, 

Sneehattan  berretto  di  neve. 
Schon  bello  (tedesco)  :  Scldinbrunn  bella  fonte. 
Schwarz  nero  (tedesco)  :  Schicarzenberg  monte  nero. 
See  lago,  mare  (tedesco)  :  Bodensee^  Seeland. 
Selo  villaggio  (russo)  :  Tzurkoeselo  villaggio  imperiale. 
Semlia  terra  (slavo):  Novaia  Seinlia  Nuova  Zembla. 
Serai  palazzo  (tartaro)  :  Bakhtcheserai  palazzo  dei  giardini. 
Shah,  scià  re  (persiano)  :  Shah-gi'hanpour  città  del  re  del  mondo. 
Shire  contea;  divisioni  dell'Inghilterra. 

Si  occidente  (cinese)  :  Si /fa?  mare  occidentale,  Cho-si  terra  occidentale. 
Sierra  sega,  e  per  metafora  montagna  (spagnuolo)  :  Sierra- Leona ,  Sierra-Calderona , 

Sierra-Nevada. 
Skoe,  skaia  e  contratto  sk,   finale  russo  che  rende  adjettivi  i  nomi  proprj  applicati 

a  paesi  :  Alexandrotosk  città  d'Alessandro,  Tobolsk  città  del  fiume  Tobol. 
Slaf  e  slav  tinaie  di  molti  nomi  russi,  indicante  l'origine  slava. 
Spring  sorgente  (inglese):  S[iringfìetd  campo  delle  sorgenti,  Lippspring. 
Stadt,  stad  città  (tedesco),  comunissimo. 
Stati  paese  (sanscrito),  terminazione  comune  in  oriente:  Daghistan  paese  di  montagne. 

È  contratto  in  Curassan  paese  del  sole,  Aderbigian  paese  del  fuoco,  Boutan  paese 

di  IJudda. 
Stanitza  significa  villaggio,  accampamento,  unito  a  denominazioni  russe;  proprio  dei 

luoghi  abitali  da  triliù  cosacche. 
Staroe  (russo),  stary  fpolacco)  vecchio  :  Starygrad  città  vecchia. 
Steen  ffìammingo),  stein  (tedesco),  stone  (inglese)  pietra  roccia:  Frankenstein  pietra 

de'  Franchi,   Steitibach  fiume  dalle  pietre,  Stonehaven  porto  delle  pietre, 
Strom  corrente  d'acqua  (tedesco)  :  Mahlslrom  vertice. 
Sund  stretto,  golfo  (tedesco). 
Sutber  ,  south  ,  sud  il  mezzodi  :  Southivark  bastione  del  sud  ,  Sutherland  terra  del 

sud.  In  olandese  zuider-.  Zuidersee  mar  meridionale. 
Sviatoe  (russo),  szent  (ungherese),  agios  (greco)  santo. 
Ta  grande  (cinese)  :.  Ta-c/inn  montagna  grande. 
Tag  monte  (tartaro):  Mustag  monte  della  neve. 
Tana,  tania  terminazione  di  molti  nomi  nelle  lingue  orientali  ed  europee,  e  significa 

paese,  luogo  posseduto:  liagepotana  paese  del  figlio  dei  re,  Mauritania  paese  dei 

Mori.  Anche  il  basco  ha  etania  :  Lusitania,  Aquitania. 
Thal,  date  valle  (tedesco)  :  Pusterthal  valle  del  Puster ,  Kirkdale  valle  della  chiesa. 
Tong  orientale  (cinese):  Tong  kong  palazzo  orientale. 
Torre,  turris,  tour,  thur  ecc.  :  Torquemada,  Tiralo,  Tirreno,  Winterthur. 
Town,  ton  città  (inglese):  Nnvtoicn  città  nuova,  Washington  città  del  lavare.  In  da- 
nese tuna  :  Eskilstuna  ,   Sigtuna.   Talvolta  è  contratto  da  stuna  pietra  ,  come  in 

Brighlon;  o  invece  di  don  collina,  come  in  Taunton. 
Trecht ,  tricht,  drecht  in  parecchi  nomi  alemanni,  dal  latino  trajectum  passaggio: 

Utrecht,  Dordrecht,  Maestricht  passo  della  Mosa. 
Unter  disotto  (tedesco),  opposto  a  ober:  Unterlaken,  Unterwald. 
Ura  acqua  (basco). 

Val,  valle,  vau  trovasi  in  Vaucluse,  Va'.romey  vai  romana,  Vaudiable  valle  del  diavolo. 
'Vatn  lago  (islandese):  Tingvallavàtn,  Apavaln. 
Veliki  grande  (russo),  opposto  a  maloe. 
Vicus  e  le  sue  contrazioni  vìe,  wìck ,  wy ,  wì  villaggio:   Viesvic  vecchio  villaggio, 

Longinj  villaggio  lungo,  Alnicy  villaggio  sull'Alno,  Sovico ,   Vimercate ,  Vignano, 

Videscrto ,   Vigevano  (Vicus  Levum ,   cioè  dei  Levi),  Brunswick  (Vicus  Brunonis), 

Bardeirìjck. 
Ville  città  (francese):  Hauteville,  Abbevilìe,  Neuville. 
Wad,  wady  valle,  letto  d'un  fiume  (arabo):  Wad  el-kebir  (Guadalquivir)  il  gran  Game, 

U'adyeìana  (Guadiana)  il  fiume  Anas,  Guad  ai-Lete. 


20  GEOGRAFIA    POLITICA 

Wald  foresta  (tedesco)  :  Schivarzwald  foresta  nera,  Unterwald,  Oberwald. 

War  guerra  e  guardia  (germanico  e  ungherese)  :  Warese.  Varburg,  Varebridge  ponte 

della  guardia ,  Temeswar  fortezza  del  Teraes  ,  Petenvardein ,  Ungtvar  ,  Kolowsar , 

IVardhus. 
Warm  caldo  (tedcsco):  Worms,  Warmbrum;  e  in  inglese  Warminster,  Warmsprings. 
Weiler  villaggio  (tedesco):  Badenweiler  villaggio  dei  bagni. 
WeJsse  bianco  (tedesco)  :   Weissenburg. 
Well  pozzo  (inglese):  Tidestvell  pozzo  a  marea. 
Wood  selva  (inglese):  Sherjnvood. 
Yuen  paese  (cinese):  Kiang-yuen,  paese  dei  fiumi. 


GEOGRAFIA   POLITICA 


EPOCA   PRIJflA 


PROPEDEUTICA 

§    1.    —   Cosmologia. 

La  mano  di  Dio  sparse  nell'infinito  spazio  un  numero  immensurabile  di  Soli,  ciascuno 
de' quali  può  considerarsi  come  fisso  rispetto  ai  pianeti  che  gli  girano  attorno,  e  ciie 
con  lui  costituiscono  altrettanti  sistemi  solari. 

Un'ottantina  di  pianeti  conosciuti  ,  venti  satelliti  ,  e  un  numero  indeterminalo  di 
comete  gravitano  attorno  al  nostro  sole,  ricevendone  luce  e  calore.  I  pianeti  sono  mer- 
curio, venere,  terra,  marte,  cinquantadue  asteroidi,  poi  giove,  saturno,  urano  e  nettuno. 

I  pianeti  fino  a  marte  sono  di  grandezza  media,  senza  satelliti  eccetto  la  terra,  molln  piamoti 
densi,  e  circolano  sopra  se  stessi  in  tempi  quasi  eguali,  cioè  ventiquattr'ore.  Quelli 
dopo  gli  asteroidi  sono  enormemente  più  grossi,  rotano  almen  due  volte  più  presto,  (^ 
hanno  molti  satelliti;  cioè  quattro  giove,  sei  urano,  otto  saturno  oltre  un  anello  lumi- 
noso, uno  nettuno. 

Ecco  sii  elementi  dei  nostro  sistema  solare  : 


22 


fiF.OGIlAFIA  —  EPOCA    PPIMA 


PRINCIPALI    ELEMENTI 


Durata  delle  rivoluzioni  side- 
rali, giorni 

Disianze  medie  dal  Sole    .    . 

Eccentricità 

Longitudine  del  perielio    .     . 

Longitudine  media  dell'epoca 

Longitudine  del  nodo  ascen- 
dente      

Inclinazione 

Epoche      

Diametri  reali 

Volume 

Massa 

Densità 

Peso  alla  superficie  .... 

Luce  e  calore 

Rotazione  in  giorni,  ore  e  mi- 
nuti   


MERCURIO 

87,97079 

0,5870985 

0,2036063 

74"  20'  42" 

H2°  16'  4" 

45°  57'  38" 

70  0'  5" 

1  genn.  1800 

0.391 

0.060 
-I 


2025810 

2.94 
i.\n 
0.67 

0.  24.  5 


224,70080 
0,7233317 
0,0068618 
128°  43' 6" 
146°  44'  56" 

74°  51'  41' 

3°  23'  29" 

1  genn.  1800 

0.985 

0.957 

4 


401847 
0.92.5 

0.91 

1.91 

0.  23.  21 


365,25637 
1 ,0000000 
0,01679226 
99°  30'  29" 
100»  53'  30" 

0°  0'  0" 

0°  0'  0" 

1  genn.  1800 

1.000 

1.000 


25493G 
LOCO 

1.00 

1 

0.  24.  50 


686,97961 

1,523691 

0,0932168 

332°  22"  51  ' 

255"  5'  34" 

47"  59'  38" 

1"  5i'  6" 

1  genn.  1800 

0.519 

0.140      " 


2680337 
0.948 

0..50 

0.45 

0.  24.  37 


Cinque  di  questi  pianeti  furon  noti  all'antichità,  che  non  tramandò  memoria  del  loro 
scoprimento,  e  che,  unendovi  la  luna  e  il  sole,  formavano  il  numero  di  7,  destinalo 
alla  divisione  settimanale,  i  cui  giorni  traevan  nome  appunto  dai  pianeti.  Urano  fu 
scoperto  da  Herschell  a  Londra  nel  1781  :  nettuno  nel  18i6  fu  trovato  mediante  calcoli 
da  Leverrier  a  Parigi.  Fra  marte  e  giove  esiste  poi  un  numero  indeterminalo  di  aste- 
roidi 0  piccoli  pianeti,  de' quali  il  primo,  cerere  ferdinandea,  fu  scoperto  da  Giuseppe 
Piazzi  a  Palermo  nel  1801.  Dapoi  se  ne  trovarono  e  trovano  moltissimi;  ma  essendo 
tutti  telescopici,  ci  limiteremo  a  darne  i  nomi  e  gli  scopritori. 


Nome 

Scoperto  da 

a 

1. 

Cerere 

Piazzi 

Palermo 

2. 

Pallade 

Olhers 

Brema 

3. 

Giunone 

Harding 

Lilienthal 

4. 

Vesta 

Olhers 

Brema 

5. 

Astrea 

Ilenke 

Driessen 

6. 

Ebe 

id. 

id. 

7. 

Iride 

Hind 

Londra 

8. 

Flora 

id. 

id. 

9. 

Meli 

Graham 

Markree 

40. 

Igea 

De  Gasparis 

Napoli 

Epoca 

1801 

1  gennajo 

1802 

28  marzo 

1801 

1  settembre 

1807 

29  marzo 

1845 

8  dicembre 

1847 

1  luglio 

— 

15  ago.«to 

— 

18  ottobre 

18i8 

26  aprile 

1849 

12  aprile 

COSMOLOGIA 


23 


)EL    SISTEMA    SOLARE 


GIOVE 

SATUBNO 

URANO 

NETTUNO 

SOLK 

LUNA 

4532,58480 

10759,2198 

30686,8205 

00 127 

M 

n 

5,202767 

0,558950 

19,1824 

30,037 

1) 

» 

0,04816 

0,05615 

0,0466 

0,0086 

» 

}> 

11°  7' 38" 

89"  8'  20" 

167°  50'  24" 

48'  21'  3" 

M 

» 

81^  54' 49" 

123"  6'  29" 

173°  30'  37" 

528°  31'  56" 

» 

» 

98'  25'  45" 

IH"  56' 7" 

72°  59'  21" 

130°  4'  35" 

» 

1) 

1"  i8'  52" 

2o  29'  56" 

0°  46'  28" 

1°  46'  59" 

» 

» 

1  genn.  1800 

1  genn.  1800 

1  genn.  1800 

i  genn.  1847 

ì) 

» 

11.225 

9.022 

4.344 

4.8? 

112.06 

0.264 

1414.2 

734.8 

82.0 

111? 

1407124.0 

0.018 

1 

^330 

2.;ooo 

-13800 

1 

i 

-1050 

354936788 

0.258 

0.138 

0.242 

1) 

0.252 

0.019 

2.45 

1.09 

1.05 

u 

28.36 

0.163 

0.037 

O.OH 

0.003 

0.001 

» 

1 

0.  9.  55 

0.  10.  30 

)) 

» 

25.  12.-0 

27.  7.  43 

Nome 

Scoperto  da 

a 

11. 

Partenope 

De  Gasparis 

Napoli 

12. 

Vittoria 

Hind 

Londra 

13. 

Egeria 

De  Gasparis 

Napoli 

14. 

Irene 

Hind 

Londra 

15. 

Eunomia 

De  Gasparis 

Napoli 

16. 

Psiche 

id. 

id. 

47. 

Teti 

Luther 

Bilk 

48. 

Melpomene 

Hind 

Londra 

19. 

Fortuna 

id. 

id. 

20. 

Mas^alia 

De  Gasparis 

Napoli 

21. 

Lutezio 

Goldschmidt 

Parigi 

22. 

Calliope 

Hind 

Londra 

23. 

Talia 

id. 

id. 

24. 

Temi 

De  Gasparis 

Napoli 

25. 

Focpo 

Chacornac 

Marsiglia 

26. 

Proserpina 

Luther 

Filk 

27. 

Euterpe 

Hind 

Londra 

28. 

Anfitrite 

Marth 

id. 

29. 

Bellona 

Luther 

Bilk 

1850 


1851 


1852 


1853 


1854 


Epoca 

11  maggio 

12  settembre 

2  novembre 
19  maggio 
29  luglio 

17  marzo 
17  aprile 
24  giugno 
22  agosto 
19  settembre 

15  novembre 

16  novembre 
15  dicembre 

3  aprile 
6  aprile 
5  maggio 

8  novembre 
1  marzo 


u 


fiEOfiRArfA'--«!P0CA  fRIMA 


30.  Urania 

31.  Eufrosine 

32.  Pomona 

33.  Polinnia 

34.  Leucotoe 

35.  Circe 

36.  Atalanta 

37.  Fede 

38.  Leda 

39.  Letizia 

40.  armonia 

41.  Da/'ne 

42.  /Side 

43.  Arianna 

44.  Msa 
4'5.   Eugenia 

46.  Hertia 

47.  Aglaja 

48.  Dorj 

49.  /'a/e 

50.  Virginia 

51.  A^e?»jausa 

52.  Europa 


Scoperto  eia 
Hind 
Ferguson 
Goldschmidt 
Chacornac 

id. 
Luther 

id. 
Goldschmidt 
Chacornac 

id. 
Goldschmidt 

id. 
Pogson 

id. 
Goldschmidt 

id. 

PogSOQ 

Luther 
Goldschmidt 

id. 
Ferguson 
Laurent 
Goldschmidt 


Londra 

Washington 

Parigi 

id. 

id. 
Bilk 

id. 
Parigi 

id. 

id. 

id. 

id. 
Oxford 

id. 
Parigi 

id. 
Oxford 
Bilk 
Parigi 

id. 
Washington 
Niraes 
Parigi 


Època 

—  22  luglio 

—  2  settembre 

—  26  ottobre 

—  28  ottobre 

1855  16  aprile 

—  19  aprile 

—  5  ottobre 

1856  12  gennajo 

—  8  febbrajo 

—  31  marzo 

—  22  maggio 

—  23  maggio 

1857  15  aprile 

—  27  maggio 

—  11  luglio 

—  16  agosto 

—  15  settembre 

—  19  settembre 

—  4  ottobre 

1858  22  gennajo 


Dopo  d'allora  altri  asteroidi  vennero  scoperti  da  Goldschmidt,  Luther,  Chacornac, 
Forster,  Ferguson:  ed  è  notevole  che  dal  9  al  15  settembre  1860  quattro  diversi  astro- 
nomi scoprirono  ciascuno  un  diverso  asteroide.  Al  13  agosto  1861  Luther  scoprì  il 
settantunesimo  asteroide,  chiamato  niobe. 

Si  suppone  che  il  nostro  sole  faccia  parte  d'uno  strato  di  stelle  isolato,  di  forma  len- 
ticulare  schiacciata,  il  cui  asse  maggiore  sarebbi^  grande  come  700  in  800  volte  la  di- 
stanza da  Sirio  alla  terra,  e  il  minore  come  130.  Si  sa  che  la  luce  da  sirio  a  noi  tiene 
pili  di  tre  anni.  Pare  che  il  sole  stia  quasi  nel  mezzo  dello  strato  nel  senso  della  gros- 
sezza, ma  eccentricaniente  nel  senso  della  lunghezza,  e  piìi  vicino  a  sirio  che  all'aquila. 
Luce        Appartiene  inoltre  alla  sfera  d'azione  del  nostro  sole  un  anello  di  materia  nebulosa, 

zodiacale  ani  „,ata  da  movimento  di  rotazione,  e  situata  probabilmente  fra  marte  e  venere;  e  che 
produce  quell'apparenza  di  splendore  piramidale,  che  si  chiama  luce  zodiacale.  Un'in- 
finità di  asteroidi  piccolissimi  colle  orbite  loro  tagliano  quella  della  terra  o  poco  se  ne 
scostano,  e  con  essi  spiegansi  i  fenomeni  delle  stelle  cadenti  e  degli  areoliti. 
Comeic  Poco  tempo  è  che  si  apprese  a  calcolare  le  rivoluzioni  delle  comete.  Certo  ve  n'ha 
delle  miriadi,  ma  di  tre  sole  si  sa  preciso  il  ritorno;  quella  di  Ilalley  in  75  anni,  quella 
di  Biela  in  6  ^j,,,  e  quella  di  Enke  in  1207  giorni.  Si  calcolò  l'orbita  di  forse  ducento, 
metà  dirette,  metà  retrograde.  Esse  non  vanno  per  orbite  circolari  intorno  al  sole  cojne 
i  pianeti,  ma  formano  elissi  estremamente  allungate,  apparendo  perciò  da  prima  picco- 
lissime, indi  via  via  crescendo,  e  talora  strascinando  lunghissima  coda.  Variabilissima 
è  la  dimensione  delle  lor  code:  quella  del  1680  l'avea  di  41  milioni  di  leghe,  di  16 
milioni  quella  del  171)9,  di  36  quella  del  1811  ;  quella  del  1744  aveva  sei  code  spiegate 
a  ventaglio  sulla  lunghezza  di  30  gradi.  La  densità  delle  comete  è  sì  scarsa,  che  la  luce 
delle  stelle  le  attraversa  senz'essere  rifratta.  La  massa  della  parte  più  compatta,  che 
chiamasi  nucleo,  in  nessuna  arrivò  ai  cinquemillesimi  di  quella  della  terra.  Eppure  il 
vulgo  teme,  e  qualche  dotto  calcolò  l'urto  che  possono  dare  alla  terra. 

Coltella^.  Innumerevoli  sono  le  stelle;  ad  occhio  nudo  possono  contarsene  4100:  Herschell  col 
suo  gran  telescopio  ne  numerò  .^^10,000  in  una  zona  larga  2  e  lunga  15  gradi.  Vennero 
distribuite  in  cvsti'llazioni  di  figure  arbitrarie,  cui  si  attribuì  il  nome  di  animali  o  di 
personaggi  o  di  strumenti.  48  ne  contavano  gli  antichi;  1:2  ne  agj^iunsero  Bavere  Ile- 
velius,  8  Halley,  16  Lacaille,  12  altri  moderni;  talché  ora  sono  lOS.  Costellazioni  zo- 
diacali sono  quelle  che  ci  appajono  successivamente  dietro  al  sole  nel  moto  annuo  della 


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terra,  e  chlaiiiansi  {'aride,  il  (oro,  i  gemelli,  il  granchio,  il  leone,  la  rergine^  la  6i7an- 
ci'a,  lo  scorpione,  il  sagittario^  il  capricorno,  rocquario,  i  pese». 

§  2.  —  Geodesia, 

Il  pianeta  che  noi  abitiamo,  detto  terra,  è  una  massa  del  diametro  medio  di  6875  mi- La  terra 
glia,  di  21,600  di  circonferenza,  e  di  148,321,609  miglia  quadrate  di  superficie;  ossia 
in  misure  metriche  ha 

il  raggio  all'equatore  di metri  6,376,851 

il  semiasse »       6,3oo,943 

il  raggio  a  45"  di  latitudine    ....      »      (i,366,407 

La  superficie  del  globo  è  minametri  quadrati 5.098,837 

e  il  suo  volume  miriametri  cubi.     .     .     .  1,082,634,000 

La  prima  misura  scientifica  della  terra  fu  fatta  dall'abbate  Picard  in  Francia,  uscente  Misura 
il  secolo  XVII.  Ecco  da  che  viene  dedotta.  Più  ci  avanziamo  verso  il  nord,  vediamo  il 
polo  maggiormente  innalzarsi,  crescere  l'altezza  meridiana  delle  stelle  poste  a  setten- 
trione, e  diminuir  quella  delle  opposte.  L'elevazione  o  depressione  delle  stelle  dà  a 
conoscere  l'angolo  che,  al  loro  punto  di  convergenza,  formano  le  verticali  innalzate  alle 
estremità  dell'arco  percorso  sulla  terra:  il  qual  angolo  è  eguale  alla  differenza  delle  al- 
tezze meridiane  d'una  medesima  stella,  trascurando  rinfioitesima  piccolezza  della  pa- 
rallassi d'esso  arco.  Si  misuri  dunque  quest'arco  con  esattissime  operazioni,  e  queste 
daranno  la  lunghezza  d'un  grado;  e  moltiplicandola  per  .560,  quella  dell'intera  perife- 
rìa. Di  tal  modo  Picard  trovò  che  l'arco  compreso  fra  le  parallele  che  passano  per 
Amiens  e  Malvoisine,  era  lungo  78,850  tese:  e  l'elevazione  corrispondente  d'una  stilla 
di  cassiopea  1"  22'  33";  onde  conchiuse  che  un  grado  era  lungo  tese  37,060. 

Col  ripetere  questa  misura  sotto  difl'erenti  latitudini,  le  piccole  diversità  fecero  ac- 
corgere che  la  terra  non  fosse  precisamente  sferica.  L'Accademia  delle  scienze  di  Parigi, 
rettamente  argomentando  che,  se  tal  fatto  sussisteva,  dovea  sentirsi  maggiormente  col 
paragonare  gradi  misurati  vicino  ai  poli  e  all'equatore,  nel  1736  mandò  Uouguer,  La- 
Condami  ne  e  Godm  sotto  la  linea,  e  Maupertuis  con  altri  quattro  sotto  al  circolo  polare. 
I  primi  trovarono  per  lunghezza  d'un  grado  tese  36,733^  gii  altri  non  ebbero  buon 
esito:  ma  dotti  Svedesi  la  determinarono  poi  di  57,693.  Moltiplicate  operazioni  prova- 
rono che  la  figura  della  terra  fosse  elissoide,  sebbene  le  più  fine  osservazioni  facciano 
riconoscere  d'estrema  diffigoltà  l'accertare  laditlerenzafra'  due  suoi  diametri,  che  prima 
erasi  determinata  in  1/312- 

Il  peso,  cioè  la  gravitazione  dei  corpi  verso  il  centro  della  terra,  varia  secondo  le 
latitudini;  e  avvicinandosi  a' poli,  cresce  in  proporzione  del  quadrato  del  seno  della 
latitudine;  e  in  tutto  il  quarto  del  meridiano  cresce  di  0.0034  del  valore  equatoriale. 
Nuovo  argomento  della  depressione  ai  poli. 

Questo  mezzo  istesso  diede  a  conoscere  che  il  globo  della  terra  non  è  omogeneo. 
Ingegnosissimi  esperimenti  chiarirono  che  la  densità  media  della  scorza  del  globo  sia 
a  quella  dell'acqua  come  5  a  1. 

Benché  la  terra  sia  sferoidale  e  piena  di  cavità  ed  elevazioni,  i  globi,  nei  quali  si  rap-Rotomlità 
presenta,  si  fanno  perfettamente  rotondi  e  lisci;  giacché  la  differenza  fra  idue  diametri 
è  minima,  cioè  di  soli  metri  20,908,  e  le  montagne  e  valli  sono  un  nulla  a  petto  di 
tanta  massa,  poiché  la  montagna  più  alta  arriva  a  8000  metri  verticali,  il  che  è  appena 
i/ioo  del  diametro  medio  terrestre  ;  le  scavazioni  più  profonde  delle  miniere  non  scen- 
dono a  800  metri  verticali  sotto  la  superficie  della  terra  ;  la  maggior  profondità  del  mare 
non  passa  le  maggiori  elevazioni:  onde  queste  ondulazioni  rappresentate  sopra  un 
globo  del  diametro  di  16  pollici,  non  apparirebbero  maggiori  che  le  scabrosità  di  una 
scorza  di  melarancio. 

La  terra  è  tutta  abitabile  ;  e  le  genti  che  tengono  le  piante  dei  piedi  rivolte  contro  le 
nostre,  diconsi  nostri  antipodi. 

La  terra  gira  sopra  se  stessa  in  24  ore  da  occidente  in  oriente,  sicché  presenta  alter- iìì\„1iiz. 
namente  al  sole  una  delle  due  faccie,  la  quale  dicesi  aver  giorno,  mentre  notte  ha  l'op- 
posta, e  mattino  e  sera  i  punti  intermedj.  Inoltre,  nello  spazio  di  giorni  563,  ore  5, 


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onoCRAFIA  —  ÉPOf.A    PRIMA 


minuti  48,  secondi  48,  gira  elitticamente  attorno  al  soie,  presentando  successivamente 
ai  diretti  raggi  di  questo  i  punti  di  sua  superficie  compresi  fra  i  due  tropici,  il  che  pro- 
duce la  varietà  delle  stagioni. 

Ogni  corpo  girando  sopra  se  stesso,  rota  attorno  a  una  linea  ideale  che  passa  pel  cen- 
tro, e  chiamasi  asse.  Le  estremità  dell'asse  nel  globo  terrestre  diconsi  poli;  e  come 
avviene  nell'asse  delle  carrozze  e  de'  mulini,  stanno  fermi  rispetto  al  movimento  rota- 
torio, sicché  possono  servire  di  punti  fissi  per  le  misure.  La  stella  polare,  perpendico- 
lare al  polo  ar/?co,  insegna  questo;  antartico  dicesi  l'opposto.  Il  primo  segna  il  setten- 
trione 0  nord,  l'altro  il  mezzogiorno  o  sud.  Giù  guardi  al  primo,  avrà  a  destra  Variente 
0  est,  cioè  la  parte  che  prima  riceve  il  sole  5  e  a  sinistra  Voccidente  od  ovest,  quella  cioè 
che  ultima  al  sole  si  asconde. 
Orientaz.  Queste  indicazioni  servono  a  determinare  la  posizione  dei  luoghi  sul  nostro  globo  : 
ma  per  più  precisarli,  vennero  esse  plaghe  divise  in  quattro  altre,  denominate  dai  due 
punti  cardinali  più  vicini,  cioè  nord-est  e  nord  ovest,  sud-est  e  sud-ovest.  Queste  ven- 
nero suddivise  di  nuovo,  sin  ad  avere  trentadue  aree  0  rombi  che  formano  la 

Rosa  dei  venti. 


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È  convenuto  che  nelle  mappe  il  settentrione  tengasi  sempre  in  allo,  abbasso  il  mez- 
zodì, a  destra  il  levante,  il  ponente  a  sinistra.  Tanto  non  bastando  a  determinare  la  po- 
sizione dei  luoghi,  si  ricorse  a  divisioni  che  non  esistono  in  natura,  ma  solo  sulle  carte 
geografiche  e  sui  globi  artifiziali. 
Equatore  Su  questi  SÌ  tira  da  oriente  ad  occidente  una  linea  egualmente  distante  dai  poli,  e  che 
denominano  equatore  perchè  divide  la  terra  in  due  parti  eque,  emisfero  meridionale  ed 
emisfero  settentrionale;  od  anche  linea  equinoziale,  perchè  quando  la  terra  presenta 
direttamente  al  sole  i  paesi  posti  in  quell'altezza,  eguali  sono  i  giorni  e  le  notti  in  tutta 
la  terra  (21  marzo,  e  21  settembre). 

Questo  circolo  attorniante  il  globo  si  divide  in  trecensessanta  parli  eguali,  che  di- 
consi gradi. 

Orizzonte  è  la  linea  della  superficie  terrestre  fino  a  cui  arriva  la  nostra  vista,  e  dove 
pajono  congiungersi  la  terra  e  la  vòlta  aerea:  varia  dunque  secondo  le  posizioni. 


Il  punto  che  la  terra  prespiila  al  sole  a  mezzo  il  suo  corso,  dicesi  meridiano;  e  la  Meridia-o 
sequela  di  tali  punti  segnasi  con  una  linea  tirata  da  un  polo  all'altro.  Ciascun  paese  piij 
ad  oriente  o  ad  occidente  dovrelibe  averne  uno  particolare,  giacche,  per  l'incessante 
moto  di  rotazione,  varia  l'istante  preciso  del  mezzodì;  ma  per  non  fare  soverchio  in- 
gomhro,  si  segna  un  meridiano  ogni  grado,  ovvero  ogni  10  gradi  dell'equatore.  Se  ne 
fissa  poi  uno  per  principale,  da  cui  si  cwntano  le  distanze:  Tolomeo  lo  poneva  nello  Longìid. 
isole  Fortunale,  oggi  Canarie:  gli  Olandesi  lo  fissarono  al  picco  diTenerifTa,  allora  cre- 
duto il  più  alto  del  mondo  ;  Luigi  Xlll  ordinò  si  facesse  passare  per  l'isola  del  Ferro, 
la  più  occidentale  delle  Canarie;  Gerardo  Mercatore  scelse  quel  che  passa  per  l'isola  del 
Corvo,  una  delle  Azzore,  percaè  allora  su  quella  linea  l'ago  magnetico  non  provava 
alcuna  deviazione.  E  veramente  questi  punti  sono  i  più  comodi  per  la  divisione  dei  map- 
pamondi :  ma  anche  qui  si  mescolò  la  vanità  nazionale;  e  mentre  gl'Italiani  conserva- 
rono quel  dell'isola  del  Ferro,  gl'Inglesi  preferirono  quel  che  passa  per  l'osservatorio  di 
Greeuwich,  i  Francesi  quel  di  Parigi,  i  Kussi  quel  di  Vilna,  i  Nord  americani  quel  di 
Washington,  gli  Spagnuoli  quel  di  Cadice  ecc.  Ora  vorrebhero  accordarsi  a  prendere 
per  meridiano  principale  universale  quello  che  passa  pel  capo  Horn. 

Si  potrà  dunque  dire  che  un  paese  è  distante  20,  30,  50  gradi  dal  meridiano  princi- 
pale: e  dividendo  il  grado  in  60  minuti  e  questi  in  60  secondi,  si  dirà  che  Milano  è  26 
gradi,  51  minuti  primi,  e  57  minuti  secondi  discosto  dal  meridiano  dell'isola  del  Ferro; 
e  Torino,  5  gradi,  21  minuti  primi,  e  25  secondi  da  quel  dell'osservatorio  di  Parigi. 
Ciò  chiamasi  la  lonyiiudim  d'un  paese;  e  contando  sull'equatore  solamente  fin  al  180", 
distinguesi  la  longitudine  orientale  e  la  occidentale.  Parigi  sta  19"  53'  45"  più  ad  oriente 
che  il  meridiano  dell'isola  del  Ferro;  ma,  per  comodità  di  riduzione.  De  l'Isle  stabilì 
di  supporvi  la  dillerenza  di  20". 

Anche  il  meridiano  si  divide  in  360  gradi,  e  qui  pure  ogni  10  od  ogni  15  segnasi  un  Latitudine 
circolo  sul  globo,  e  serve  a  dinotare  l'altezza  d'un  paese,  che  sarà  settentrionale  o  me- 
ridionale secondo  che  sta  da  un  lato  o  dall'altro  dell'equatore.  Così  dicendo  che  Milano 
è  a  45°  2«'  0"  24'",  e  Torino  a  45'  4'  81",  indico  che  di  tanto  appunto  sovrastano  al- 
l'equatore. Ciò  dicesi  la  latitudine  d'un  paese. 

11  grado  di  longitudine  d'un  luogo  può  determinarsi  dal  sapere  qual  ora  vi  fa  quando  Oie 
è  mezzogiorno  sotto  il  meridiano  principale.  La  rivoluzione  della  terra  si  compie  in  24 
ore,  entro  le  quali  essa  presenta  al  sole  tutti  i  360  gradi.  Dunque  la  differenza  d'un'ora 
porta  la  distanza  di  15  gradi,  ossia  un  grado  la  differenza  di  quattro  minuti.  Se  in  due 
punti  distanti  si  osservi  lo  stesso  fenomeno  celeste,  poi  si  paragonino  i  minuti  precisi 
in  cui  apparve,  si  avrà  la  distanza  esatta  dei  due  luoghi,  ossia  la  loro  longitudine.  Ov- 
vero si  determina  precedentemente  l'istante  preciso  che  in  luogo  noto  avverrà  il  tal 
fenomeno,  come  una  posizione  della  luna,  o  un  eclisse;  e  chi  se  ne  trova  lontano,  nel 
vedere  questo  fenomeno,  calcola  dalla  dilfereuza  di  tempo  la  distanza  dei  luoghi.  Con 
buone  tavole  astronomiche  ed  esatti  cronometri  si  può  dunque  ottenere  la  longitudine 
d'un  paese:  l'averne  l'esattezza  è  opera  d'arte  e  di  calcolo  diflìcile,  massime  sul  mare. 

La  latitudine  si  fissa  osservando  la  differenza  fra  l'altezza  massima  o  culminazione  di 
un  astro  dall'orizzonte,  e  la  declinazione  sua  già  conosciuta,  ossia  la  distanza  dall'equa- 
tore. Anche  senza  conoscere  la  declinazione  delle  stelle  si  può  trovare  la  propria  latitu- 
dine servendosi  di  un  quadrante  diviso.ed  esattamente  collocato  nel  pian  del  meridiano. 

È  chiaro  che,  per  determinare  la  posizione  d'un  luogo  sulla  terra,  non  bastano  la 
longitudine  e  la  latitudine,  ma  è  duopo  saperne  anche  la  verticale  altezza  sopra  il  livello 
del  mare. 

Siccome  la  terra  non  è  perfettamente  rotonda  ma  sferoidale,  un  circolo  meridiano 
non  è  ampio  quanto  un  equatore.  Mentre  poi  i  circoli  paralleli  all'equatore  dividono  i 
meridiani  in  parti  sempre  uguali,  i  meridiani  al  contrario  convergono  al  polo;  onde  si 
restringe  il  loro  interstizio  quanto  più  s'innalzano,  fino  a  divenire  zero. 

Dai  meridiani  dunque  si  deduce  l'unità  di  misura;  valutando  che  un  grado  di  esso 
sia  60  miglia  italiane,  ossieno  25  leghe  francesi,  o  20  leghe  manne;  cioè  ogni  minuto 
primo  equivale  a  un  miglio,  o  a  950  tese.  E  secondo  il  sistema  metrico,  il  polo  è  distante 
dall'equatore  10  milioni  di  metri;  cioè  un  meridiano  ha  la  periferia  di  40  milioni  di 
metri  ;  un  grado  medio  di  latitudine  vale  metri  411,111  Vy;  un  minuto,  metri  4752; 
un  secondo,  metri  51,  o  circa  100  piedi  parigini. 


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GEODESIA 


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30 


GEOGRAFIA  —  EPOCA    PIUMA 


§  3.  —  Climatologia, 


La  terra  nel  suo  giro  annuale  non  presenta  costantemente  al  sole  la  parte  più  lontana 
?o:ie(lai  due  poli,  cioè  l'equatore,  ma  ora  un  polo  or  l'altro  più  direttamente;  onde  Vedittica 
(come  si  chiama  la  linea  centrale  del  circolo  che  la  terra  pprcorrei  non  è  perpendico- 
lare all'asse,  ma  inclinata  di  gradi  66  i/j.  Pertanto  nella  rivoluzione  annua  la  terra  dee 
ricevere  i  raggi  diretti  del  sole  dai  due  lati  dell'equatore  fin  a  una  distanza  da  questo, 
eguale  all'apertura  dell'angolo  formato  dal  piano  dell'equatore  con  quello  dell'eclittica. 
Quest'apertura  è  di  23"  ZIO':  onde  i  paesi  collocati  dall'equatore  sin  al  23^'  50'  di  lati- 
tudine boreale  od  australe,  ricevono  successivamente  il  sole  a  perpendicolo;  epperciò 
chiamansi  la  zona  torrida.  » 

Le  due  estremità  di  essa  zona  segnansi  sul  globo  artifiziale  con  due  circoli  detti  tro- 
pici da  rpinivj  rivolgersi,  perchè  quando  la  terra  si  è  girata  al  sole  fin  a  quel  punto, 
cambia  di  piega  per  esporgli  altre  parti;  e  poiché  in  .quel  tempo  il  sole  ci  si  mostra 
davanti  alle  costellazioni  del  capricorno  e  del  cancro,  chiamasi  tropico  ad  cancro  quel 
dell'emisfero  boreale,  dd  capricorno  l'opposto. 
Stagnili  11  tempo  che  la  terra  presenta  al  sole  direttamente  i  due  tropici,  diconsi  sohliz]  :  d'e- 
state quello  pel  nostro  emisfero,  d'inverno  quel  per  l'opposto;  perchè  sembra  che  il 
sole  s/ta^dall'ascensinne  sua  verso  il  polo,  per  ridiscendere  verso  l'equatore. 

Dal  2o"  al  50'  sin  al  66"  30'  di  latitudine  australe  o  boreale,  dicesi  ■zona  temperata^ 
perche  il  sole  non  vi  dà  mai  né  a  perpendicolo  né  troppo  obliquo,  ond'essa  non  pa- 
tisce gli  eccessi  del  freddo  né  del  caldo.  Di  là  dalla  linea  che  si  traccia  a  quel  punto, 
e  che  chiamasi  circolo  polare,  sta  la  zona  gelata,  che  ricevendo  il  sole  sotto  angolo  molto 
ottuso,  ha  lunghi  inverni;  perpetui  poi  al  polo. 

Pertanto  al  21  dicembre  la  terra  offre  al  sole  dirèttamente  il  tropico  del  capricorno, 
e  a  noi  comincia  l'inverno:  al  21  marzo  il  sole  presentasi  all'equatore,  e  abbiam  la 
primavera  e  i  giorni  uguali  alle  notti:  poi  al  21  gugno  il  sole  trovasi  sopra  al  tropico 
del  cancro,  e  l'estate  s'apre:  al  21  settembre  la  terra  comincia  a  presentare  l'emisfero 
australe,  e  noi  entriamo  nell'autunno. 

Quando  al  sole  è  esposto  direttamente  l'equatore,  il  che  avviene  al  21  marzo  e  21 
settembre,  le  notti  sono  lunghe  quanto  il  giorno;  ma  tosto  uno  o  l'altra  prevale.  L'ine- 
guaglianza è  maggiore  quanto  più  si  avanza  verso  il  polo:  sotto  il  tropico  la  maggior 
differenza  non  eccede  1  ora  e  m  minuti.  Al  circolo  polare  il  sole  non  tramonta  il  21 
giugno,  e  non  si  leva  il  21  dicembre.  Al  polo  il  giorno  dura  quanto  il  sole  sta  in  quel- 
l'emisfero, cioè  sei  mesi;  altrettanto  la  notte. 

Per  gli  abitanti  della  zona  torrida  la  sfera  dicesi  drifta,  perché  il  sole  par  che  monti 
nel  cielo  sempre  perpendicolarmente  all'orizzonte.  Nei  paesi  dove  il  sole  sta  allo  zenit, 
1  corpi  non  fanno  ombra  a  mezzogiorno;  negli  altri  l'ombra  è  ora  a  sinistra,  ora  a  de- 
stra, secondo  il  sole  è  al  nord  o  al  sud  dell'equatore. 

Nelle  zone  temperate  il  giorno  può  essere  da  13  ore  e  V2  fi"  a  24;  la  sfera  è  obliqua, 
cioè  il  corso  del  sole  è  sempre  obliano  all'orizzonte..  Nella  nostra  l'ombra  è  a  sinistra 
di  chi  guarda  a  oriente;  a  destra  nella  temperata  australe. 

Fino  al  15"  di  latitudine  ai  due  lati  dell'equatore,  il  calore  conservasi  quasi  uniforme, 
e  più  temperato  che  non  sia  al  tropico  del  cancro,  ove  in  fatti  si  trovano  la  più  parte 
dei  deserti  inabitati.  La  zona  tropicale  sfendesi  variamente:  (ino  al  40»  di  rado  vedesi 
nnve  alla  pianura:  di  là  fino  al  60",  cioè  da  Madrid  a  Stockolm,  la  temperatura  scema, 
ma  non  così  che  gli  abitanti  non  conservino  un  tenor  uniforme  di  vivere:  dipoi  fin  al 
78°  i  freddi  crescono  sì  stemperati,  che  la  terra  gela  fin  a  cento  piedi  di  profondità. 
Quattro  stagioni  non  sono  determinale  che  in  una  parte  delle  zone  temperate  fra  il  35» 
e  il  60";  sotto  l'equatore  e  fin  verso  i  tropici,  due  sole  ne  ha,  la  cocente  e  secca,  e  la 
piovosa;  quando  il  sole  passa  al  sud  della  linea,  viene  la  stagione  piovosa;  mentre  la 
socca  comincia  al  nord.  Dal  60"  al  78"  si  trovano  le  stagioni  delle  nevi  e  quella  dei 
fiori:  questa  che  dura  appena  sei  settimane,  è  una  continua  festa,  talora  di  calori  in- 
tensi mercè  la  lunghezza  delle  giornate. 

Sotto  la  zona  torrida  il  sole  innalzasi  verticalmente  sul  capo  dell'osservatore;  le  due 


DI.niATOI.OClA  31 

orse  s'abbnssano  sull'orizzonfc  fino  a  scomparire;  mentre  dal  lato  opposto  elevasi  il 
polo  antartico,  ricco  di  bellissime  costellazioni,  quali  la  croce  australe,  lo  sfavillante 
canopo,  la  splendidissima  quercia  di  Carlo,  i  piedi  del  centauro.  Ivi  un  vento  che  du- 
rerà quanto  il  mondo;  ivi  la  gran  corrente  intertropicale,  così  costante  e  variata;  ivi  a 
tratti  un'atmosfera  nel)|)iosa,  infocata,  umida,  un  mar  di  pioggia,  e  i  turbini  (lornados) 
delle  Canarie;  alternantisi  poi  con  un  clima  incantevole;  tramonti  che  altrove  neppur 
si  possono  immaginare,  e  notturne  aurore,  e  luce  zodiacale,  e  brezze  ricreanti. 

Però  le  linee  isotermiche,  cioè  indicanti  egual  calore  medio  per  tutto  l'anno;  le  /'^o- climi  fisici 
teri,  cioè  d'egual  calore  estivo;  e  le  isochimene,  cioè  d'egual  calore  invernale,  variano 
le  inflessioni  per  molte  cause,  come  l'elevazione  sopra  l'oceano,  senza  che  vi  siano 
estesi  pianori  ;  la  direzione  delle  catene  dei  monti,  che  impediscono  i  venti  caldi  o  i 
gelati;  la  vicinanza  di  picchi  isolati,  che  determinano  correnti  fredde  notturne;  la  fre- 
quenza di  paludi,  che  compongono  piccoli  ghiaccia]  sotterranei  ;  un  cielo  nebbioso,  che 
diminuisce  l'azione  dei  raggi  solari  ;  un  ciel  sereno  invernale,  che  favorisce  la  perdita 
di  calore  pel  radiamento.  Quindi  è  diversa  la  linea  delle  nevi. 

I  mari  liberi  di  ghiaccio  elevano  la  temperatura  lungo  le  coste,  e  la  abbassano  ri- 
spetto ai  vasti  paesi  ove  predominano  le  masse  fluide.  Nei  due  emisferi  separati  dall'e- 
quatore, le  terre  sono  nel  rapporto  di  3  a  1.  Le  terre  appartenenti  alle  zone  temperate 
sono,  negli  emisferi  boreale  ed  australe,  come  13  a  -1  ;  le  torride,  come  5  a  4.  Dividendo 
pel  meridiano  di  Parigi  in  orientale  ed  occidentale  l'Europa,  la  orientale  ha  molto  più 
terre  che  l'altra.  La  legge  generale  della  temperatura  indica  dunque  una  graduai  dimi- 
nuzione man  mano  che  si  procede  da  levante  verso  ponente  ,  dalla  costa  europea 
dell'Atlantico  fin  alle  montagne  Rocciose. 

Foreste,  steppe  verdeggianti,  marazzi  abbassano  la  temperatura;  l'infocano  i  deserti 
di  sabbia  e  le  nude  rupi.  Il  Sahara,  che  occupa  un'area  di  194,000  leghe  marine  qua- 
drate, cioè  più  del  doppio  del  Mediterraneo,  è  cagione  dell'elevata  temperatura  media 
non  solo  dell'Africa  ma  dell'Europa  meridionale.  Però  la  maggior  lemperatura  media 
non  trovasi  in  Africa  soltanto:  e  a  Pondichery  è  di  29  gradi  del  centigrado,  mentre  al 
punto  più  cocente  dell'Abissinia  non  pare  arrivi  a  3J  ;  e  l'isola  di  Maleville  all'estre- 
mità boreale  dell'America  del  sud  l'ha  di  18  gradi,  come  Algeri.  Quifo  che  è  sotto  l'e- 
quatore, gode  di  primavera  eterna,  mercè  l'altezza  sua.  Costantinopoli  e  Peking  stanno 
quasi  alla  medesima  latitudine;  ma  mentre  i  venti  d'Africa  ricreano  Costantinopoli  di 
una  temp'Tatura  dolcissima,  i  settentrionali  irrigidiscono  quella  di  Peling,  In  generale 
la  gran  massa  di  terre  rende  l'emisfero  boreale  men  rigido  dell'australe,  sicché  non 
offre  ghiacci  galleggianti  che  a  G.^"  o  70"  gradi,  mentre  in  questo  se  ne  trova  fino 
a  50.  Sugli  Imalaja.  all'altezza  di  5000  metri,  cioè  quanto  la  sommità  del  Monbianco, 
regna  ancora  la  più  ricca  vegetazione,  con  immensi  alberi  da  frutti,  e  pioppi  della 
circonferenza  di  quattro  metri. 

La  quantità  delle  pioggie,  come  il  calore,  diminuisce  allo  scostarsi  dell'equatore. 
Colle  acque  che  cadono  alle  Antilie  in  un  anno  si  coprirebbe  il  globo  a  508  centi- 
metri d'altezza  ;  con  quelle  di  Calcutta,  a  505;  di  Parigi,  a  53;  di  Pietroburgo,  a  46: 
al  polo  non  piove.  Ma  anche  tal  legge  è  alterata  dalle  circostanze,  e  in  qualche  luogo 
dell'Alta  Italia,  come  Tolmezzo  nella  valle  del  Tagliamento  ,  cadono  418  centimetri 
d'acqua,  cioè  più  che  nelle  Antilie;  poco  meno  a  Bergen  in  Norvegia,  e  assai  di  più 
nel  centro  del  Portogallo. 

L'Europa  è  mirabilmente  disposta  anche  per  riguardo  al  clima.  La  sua  porzione 
orientale  forma  un  immenso  piano  ove  il  mare  non  penetra,  sicché  partecipa  alquanto 
della  temperatura  dell'Asia  boreale:  ma  l'occidente  e  il  centro  di  essa  sono  profon- 
damente tagliati  da  golfi  e  separati  da  alte  catene,  che  ogni  passo  variano  le  esposi- 
zioni e  in  conseguenza  i  climi,  dando  all'abitazione  dell'uomo  un  carattere  più  ac- 
concio alle  fasi  successive  e  alle  funzioni  molteplici  della  civiltà. 

Al  contrario  il  centro  dell'Asia  ha  temperatura  freddissima  ed  eccessiva,  cioè  che 

-passa  da  un  estremo  all'altro.  11  polo  del  freddo  asiatico  sembra  posto  fra  il  78"  e  r87'' 

di  longitudine  orientale.  L'aria  dell'Asia  centrale  e  boreale  è  più  secca  che  in  verun 

luogo:  dal  Tibet  alla  Siberia  fu  trovata  non  contenere  che  ^^/iiHjdi  vapore.  Invece  in 

quasi  tutta  la  Siberia  costante  è  il  gelo  sìdo  a  quindici  piedi  nel  terreno. 


52 


GEOGRAFIA  —  EPOCA   PKIMA 


§  4.   —    Meteorologia. 

L'atmosfera  è  lo  strato  d'aria  che  circonda  il  globo,  e  che  si  crede  estendersi  da 
SO  a  80  chilometri  fé  pesa  H  trilioni  229  mila  bilioni  di  chilogrammi).  A  7000  metri 
già  è  sì  rara,  che  non  vi  si  potrebbe  vivere  a  lungo. 

È  composta  d'una  quantità  molto  variabile  di  vapore  acqueo;  di  2301  parti  d'ossi- 
gene  in  peso  e  7699  di  azoto,  e  di  2081  di  ossigene  in  volume,  e  7919  di  azoto,  oltre 
un  poco  d'acido  carbonico,  d'idrogene,  e  forse  d'acido  cloridrico.  Al  livello  del  mare 
ha  il  peso  medio  di  una  colonna  di  mercurio  alta  metri  0,762,  ossia  28  pollici. 

L'umidità  che  noi  sentiamo,  è  in  ragion  composta  del  vapore  acqueo  che  l'aria  con- 
tiene e  della  sua  freddezza;  onde  d'inverno  l'aria  ci  sembra  più  umida.  In  generale 
il  vapore  acqueo,  misurato  co'  più  squisiti  igrometri,  è  massimo  al  levar  del  sole,  ma 
l'aria  è  umidissima  quando  la  temperatura  è  bassa.  Crescendo  il  sole,  l'aria  si  carica 
più  di  vapori,  ma  si  fa  più  secca.  In  gennajo  hawi  la  minor  quantità  di  vapori,  la 
quale  va  crescendo  fin  in  luglio,  poi  scema  (in  a  gennajo.  La  quantità  del  vapore 
diminuisce  elevandosi  dall'equatore  al  polo.  Sul  mare  l'aria  n'è  quasi  satura,  onde 
basta  un  piccolo  abbassarsi  di  temperatura  perchè  il  vapore  passi  in  istato  liquido. 
Estrema  è  la  siccità  nelle  grandi  pianure  della  Russia,  dell'Orenoco,  dell'Africa.  Secca 
è  l'aria  sui  monti,  ma  s'impregna  di  vapori  quando  cinti  di  nubi. 

Il  vento  nord  contiene  la  minor  quantità  di  vapori,  ma  è  più  umido  perchè  più 
freddo.  Nel  verno  il  vento  d'est  è  il  più  umido,  e  quello  d'ovest  più  secco;  il  con- 
trario all'estate.  Abbassandosi  la  temperatura  di  notte,  l'aria  abbandona  il  vapor  acqueo 
che  forma  la  rugiada;  masgiore  nelle  notti  serene  e  tranquille,  più  sulle  piante  che 
sulla  terra,  sulla  sabbia  mobile  che  sul  sodo,  sul  vetro  che  su  metalli-,  più  ne'  paesi 
vicini  al  mare.  Se  il  vapor  acqueo  si  condensa,  prende  il  nome  di  mbhia  alla  superficie 
della  terra,  di  nube  in  alto.  Se  le  vescichette  di  questa  crescono,  cadono  in  pioggia. 
Contansi  in  un  anno  giorni  di  pioggia  1^2  in  Inghilterra  e  nella  Francia  occidentale, 
147  nel  centro  della  Francia,  Hi  nel  cuor  della  Germania,  172  a  Buda,  90  a  Kasan, 
180  a  Milano. 

L'aria  riflettendo  i  raggi  del  sole  levante  e  ponente,  produce  i  crepuscoli  mattutini 
e  vespertini.  La  durata  di  questi  è  in  proporzione  colla  durata  del  giorno  ;  brevissima 
all'equatore;  al  polo  di  sei  settimane,  lo  che  vi  diminuisce  la  lunghezza  delle  notti. 
Inoltre  queste  son  rallegrate  talvolta  dalle  aurore  boreali.  Qualche  ora  dopo  tramontato 
il  sole,  compare  verso  il  polo  una  nube  densa  semicircolare,  appoggiata  sull'orizzonte; 
poco  a  poco  la  sua  circonferenza  si  colora,  e  raggi  luminosi  dardeggiano  dal  suo  seno 
a  guisa  di  lampi.  Allo  zenit  formasi  una  corona  splendente,  che  sembra  il  centro  del 
fenomeno,  e  il  suolo  resta  magnificamente  illuminato.  Tal  è  l'aurora  boreale,  ma  non 
_  può  vedersi  intiera  che  al  di  là  del  60". 

L'atmosfera  è  sottoposta  a  movimenti  regolari  e  irregolari,  come  l'oceano.  I  venti 
ah'sei  spirano  da  oriente  a  occidente  nei  limiti  stessi  della  corrente  equatoriale;  ipo- 
lari vengono  al  posto  dell'aria  dilatata  dal  sole  nella  zona  torrida.  I  venti  polari  artici 
sono  dal  mar  delle  Indie  respinti  per  le  elevate  montagne  dell'Asia:  gli  alisei  non  co- 
minciano a  dominarvi  che  al  10- di  latitudine  australe,  per  causa  ignota.  Fra  questo 
limite  e  il  continente  regnano  i  mon.'ioni,  venti  di  periodo  semestrale,  dipendente  dal 
corso  del  sole  Da  aprile  a  ottobre,  quando  quest'astro  è  quasi  sempre  al  nord  dell'e- 
quatore, regna  un  vento  di  sud-ovest  accompagnato  da  pioggie  e  nembi,  e  dicesi  il 
monsone  piovono:  da  ottobre  ad  aprile  dominando  il  sole  al  sud  della  linea,  un  vento 
di  nord -est  reca  la  serenità,  e  dicesi  il  monsone  secco.  Qnesle  due  stagioni  sono  se- 
parate da  tempeste  fìerissime,  quali  i  tifoni  della  Cina,  i  colpi  di  vento  del  Bengala  ecc. 
Negli  altri  paesi  non  vi  ha  venti  regolari,  eccetto  le  efesie  o  venti  di  state  nel  Me- 
diterraneo, e  i  venti  freschi  (brise)  di  terra  e  di  mare. 

Moderato  è  il  vento  quando  percorre  2  metri  per  secondo:  nei»  temporali  ne  per- 
corre 2S  e  fin  43.  L'incontrarsi  di  due  venti  produce  le  trombe  o  sifoni,  formidabilis- 
sime nelle  Antilie  e  sulle  coste  orientali  dell'Asia.  1  temporali  sono  spaventevoli  fra  i 
tropici.  DI  là  del  bS"  di  rado  si  vedono  lampi. 


lUKOISTICA  33 

Un  vento  è  secco  qucindo  percorse  i  continenti  ;  ardente  quando  passò  sui  deserti  ; 
gelato  quando  su  regioni  fredde;  piovoso  quando  sulla  superficie  dei  mari.  Il  vento  di 
levante  è  piovoso  per  la  Cina,  e  secco  per  la  Francia.  É  spaventoso  il  simum,  vento 
cocente  del  deserto,  che  soffoca  intere  carovane  (1). 

§  5.  —  Idroistica. 

Dio  separò  le  acque  dalla  terra  asciutta.  Le  prime,  dalle  loro  sorgenti  fluendo  in  Acque 
ruscelli,  torrenti,  fiumi,  fermatesi  talvolta  in  stagni  e  laghi,  scendono  al  mare:  il  quale 
in  alcun  laogo  penetra  fra  le  terre,  e  dicesi  mediterraneo;  altrove  le  circonda,  e  dicesi 
oceano;  o  ne  frastaglia  i  contorni,  formando  golfi,  seni,  rade. 

Chiamano  traverse  il  banco  di  sabbia  che  s'accumula  dove  l'acqua  d'un  fiume  s'in- 
contra con  quella  del  mare,  e  barra  l'onda  che  gli  si  solleva  intorno  al  venire  della 
marea.  Col  crescer  del  fiume  la  traversa  portasi  in  giù;  in  su  nelle  maggiori  maree. 
A  Rouen  la  barra  alzasi  un  metro  e  mezzo;  nel  fiume  di  Calcutta  fin  cinque  metri  e  di 
più  in  quello  delle  Amazzoni. 

La  dritta  e  la  sinistra  di  un  fiume  si  riferiscono  alla  direzione  delle  acque  verso  la 
foce.  E  foce  è  il  luogo  dove  un  fiume  sbocca  nel  mare;  confluente  dove  sbocca  in  un 
altro  fiume. 

Bacino  dicesi  il  complesso  delle  acque  del  mare,  e  più  spesso  tutte  le  pendenze  di 
acque  che  tributano  ad  un  fiume  nel  suo  corso.  Thaliveg  con  nome  tedesco  si  deno- 
mina il  filone  della  corrente  d'un  fiume. 

Linea  di  divisione  delle  acque  è  la  cresta  culminante  d'un  paese;  e  i  terreni  in  pen- 
denza contraria  che  la  formano,  diconsi  pendii  o  pioventi;  il  loro  piede,  falda.  Le  cara 
pagne  vicino  al  mare  chianiansi  maremme. 

Le  acque  del  mare  han  colore  verdognolo:  ma  o  per  piante  marine,  o  per  animali  Mare 
microscopici,  o  per  terre  coloranti,  o  fors'anche  per  rifrazione  della  luce,  talvolta  nel 
Mediterraneo  appajon  rosse,  bianche  nel  golfo  di  Guinea,  nerastre  al  capo  Comorin, 
giallastre  fra  la  Cina  e  il  Giappone.  Nella  zona  torrida  talora  sembrano  in  fuoco,  per 
efTetto  della  fosforescenza,  che  qualche  fiata  vedesi  anche  sul  Mediterraneo. 

Le  acque  marine  contengono  da  48  millesimi  di  sale,  il  che  le  preserva  dalla  putrefa- 
zione: ma  l'amarezza  le  rende  imbevibili,  ed  è  maggiore  verso  il  22'  di  latitudine  nord 
e  il  il°  di  latitudine  sud;  diminuisce  verso  l'equatore,  e  più  verso  i  poli  in  grazia  dello 
sgelo.  Nello  stretto  di  Gibilterra  l'acqua  a  600  metri  è  quattro  volte  più  salata  che  alla 
superficie;  meno  salsa  è  nel  mar  Bianco,  nel  Nero,  nel  Giallo,  nel  Caspio;  assai  più 
nel  Mediterraneo. 

La  temperatura  ne  scema  a  misura  che  si  approfonda,  e  alcuno  asserisce  che  di  là 
da  1200  metri  cresca  in  grazia  del  calor  centrale:  pure  essendo  d'inverno  più  calde  e 
d'estate  più  fredde  che  i  terreni  circostanti,  le  acque  marine  temperano  il  clima. 

In  grazia  della  marea  il  mare  monta  verso  le  rive  per  sei  ore;  resta  alto  per  un  quarto 
d'ora  {marea  alta),  poi  per  sei  altre  discende  {marea  bassa).  Questo  fenomeno  compiesi 
due  volte  in  24  ore  e  48  minuti;  talché  ogni  volta  cambia  d'ora.  Nel  Grande  oceano 
monta  appena  di  qualche  metro,  ma  nell'Atlantico  s'eleva  fin  22  metri  sulle  coste  bri- 
tanniche, e  25  su  quelle  dell'America  e  di  Terranuova.  Che  se  sia  secondata  dai  venti 
e  dalla  corrente,  diviene  nìinacciosa,  e  copre  fin  isole.  L'angustia  dello  stretto  di  Gi- 
bilterra fa  che  poco  se  ne  sentano  gli  effetti  nel  Mediterraneo;  così  nel  Baltico.  L'azione 
che  risulta  dalle  forze  attrattive  del  sole  e  della  luna,  varia  in  un  luogo  medesimo  colle 
posizioni  che  i  due  astri  prendono  ciascun  giorno  rispetto  al  meridiano  di  esso  luogo. 

L'evaporazione  impedisce  che  il  mare  cresca  pei  tanti  fiumi  che  vi  sgorgano.  E  poi- 
ché quella  è  maggiore  sotto  l'equatore,  vi  affluiscono  le  acque  del  polo,  determinando 
le  correnti  polari.  Un'altra  corrente  equatoriale  da  oriente  in  occidente  regna  a  30"  di 
latitudine  boreale  e  australe,  sulla  larghezza  di  0000  chilometri,  vero  fiume  marittimo. 

(-1)  Vcdansi  Lecoq  ,  Elementi  di  fisica  del  globo;  lady  Sommerville ,  Geografia  fiiica  (ingl.); 
PODiLLET,  Trattalo  di  meteorologia  ;  Kasitz,  Corto  completo  di  meteorologia;  e  i  lavori  di  Muhl- 
maoD,  di  Schouw  ecc. 

Cantù,  Documenti.  —  Tomo  1,  Geografia  politica.  3 


54  GEOGRAFIA  —  EPOCA    PIUMA 

Correnti  Toccando  il  Continente  americano,  dividesi  in  due:  ed  una  costeggia  il  Brasile,  respinge 
marittime  |jj  corrente  polare  artica,  volta  il  capo  Horn,  e  raggiunge  la  corrente  equatoriale  nel 
Grande  oceano  ;  l'altra  corre  il  mare  delle  Antilie,  il  golfo  del  Messico  e  lungo  gli  Stati 
Uniti  (ov'è  chiamata  Gulf-stream  o  fiume  caldo  per  la  temperatura  delle  sue  acque  ce- 
rulee), e  parte  va  a  perdersi  sulle  coste  settentrionali  d'Europa,  parte  ri|)iegandosi  sulle 
Azzore  e  le  Canarie  raggiunge  l'altra  corrente  dopo  corsi  142  mila  chilometri  in  tre 
anni.  Nel  Pacifico,  la  corrente  è  franta  dalle  tante  isole,  poi  vi  ripiglia  al  golfo  di  Ben- 
gala, circuisce  il  Madagascar,  urta  la  costa  australe  d'Africa,  volta  il  capo  di  Buona  Spe- 
ranza, e  trova  la  corrente  equatoriale  dell'Atlantico.  Si  attribuisce  alla  corrente  la  for- 
mazione dell'immenso  banco  di  Terranuova,  e  che  ora  questo  la  spezzi  in  modo,  che  più 
non  costeggi  il  Groenland  e  l'Islanda:  da  ciò  l'abbassata  temperatura  di  questi  paesi, 
che  minacciano  di  tornare  disabitati. 

Due  correnti  scontrandosi  cagionano  terribili  vortici,  e  ad  esse  pajono  da  attribuirsi 
le  sformate  tempeste  attorno  ai  capi  llorn  e  di  Buona  Speranza.  Esse  recano  talvolta 
sulle  spiagge  del  Groenland,  della  Siberia,  dell'Irlanda  cumuli  di  legna,  di  cui  non  si 
saprebbe  dire  la  provenienza,  e  ghiacci  estesissimi,  alti  fin  più  di  iOO  metri  sopra  il 
mare,  e  che  cagionano  freddo.  La  corrente  antartica  non  essendo  arrestata  all'ovest  della 
Nuova  Olanda  dalla  equatoriale,  fa  sentirsi  fin  nel  mare  della  Cina,  ove  produce  grosse 
tempeste  nel  respingere  le  artiche. 

Onde  Che  che  dicano  i  poeti  delle  onde  alte  come  montagne  e  delle  valli  sin  all'abisso  in 
cui  son  approfondate  le  navi,  i  grandi  bastimenti  di  ferro  han  permesso  ultimamente 
di  ridur  al  vero  quelle  dimensioni:  e  il  dottore  Scoresby,  son  pochi  anni,  nell'attraver- 
sare  l'Oceano  studiò  le  onde,  e  trovò  che  la  loro  altezza  media  è  di  7  metri,  e  di  rado 
passano  i  9;  la  maggior  lunghezza  è  di 200  metri,  di  lUO  in  una  commozione  ordinaria, 
e  circa  40  in  un  vento  fresco. 

Fondo  II  fondo  del  mare  è  disugualissimo,  e  Laplace,  dagli  effetti  che  sul  globo  nostro  pro- 
duce l'influenza  lunare,  deduceva  non  poter  esso  in  nessun  luogo  sprofondarsi  più  di 
8000  metri:  la  maggior  profondità  riconosciuta  cogli  scandagli  per  l'addietro  era  di 
4680  metri  nell'oceano  settentrionale,  mentre  il  meridionale  è  tutto  a  bassi  fondi.  Parve 
strano  quando  Giacomo  Boss  asser'i  avere  svolto  8412  metri  di  scandaglio  senza  toccar 
fondo:  e  nel  1854  il  capitano  Denham  trovò  al  capo  di  Buona  Speranza  la  profondità  di 
metri  13623. 

Il  fondo  dell'Adriatico,  che  ora  ben  si  conosce,  può  somigliarsi  a  una  gran  valle,  che 
scende  blandamente  verso  la  punta  d'Otranto  coll'inclinazione  di  150  metri  su  400  chi- 
lometri, cioè  di  0,000225  per  metro:  i  lati  penderebbero  alquanto  più,  cioè  0,001788 
per  metro.  11  Po  da  Torino  alla  foce  ha  pendenza  doppia  del  fondo  dell'Adriatico:  e  il 
suolo  di  Lombardia  dalle  falde  dell'Alpi  sin  verso  il  Po  è  inclinato  0,002755  per  metro, 
cioè  più  che  le  sponde  dell'Adriatico  ;  onde  il  fondo  di  questo  è  più  piano  che  non  la 
pianura  lombarda. 
Livello  II  livello  del  mare  serve  di  putito  fisso  a  misurar  le  altezze-,  non  è  però  veramente 
del  mare  assoluto,  essendo  il  mare  un'elissoide,  la  cui  superficie  è  turbata  dalle  maree,  dalle  tem- 
peste e  dalle  correnti.  Ma  attesa  l'immensità  di  tale  elissoide,  può  la  superficie  consi- 
derarsene come  orizzontale  ;  onde  basta  fissar  il  punto  ove  tal  superficie  si  trova  a  mare 
quieto,  il  che  s'ottiene  sommando  sopra  una  costa  le  alte  e  le  basse  maree,  e  prendendo 
la  media  proporzionale. 

Ma  le  maree,  i  venti,  e  forse  cause  a  noi  ignote  portano  diversità  di  livello  fra  i  varj 
mari,  tanto  che  il  Bosso  sovrasta  al  Mediterraneo  non  metri  8,  come  si  dicea  fin  ora, 
ma  circa  2;  l'oceano  Pacifico  sovrasta  7  all'Atlantico-,  il  quale  poi,  sospinto  dai  venti 
alisei,  nel  gulfo  del  Messico  alzasi  quasi  7  metri  sopra  il  Pacifico,  da  cui  non  lo  separa 
che  l'istmo  di  Panama. 

I  mari  sono  le  principali  frontiere  e  la  miglior  difesa  degli  Stati;  i  fiumi  sovente  de- 
terminano i  limiti  fra  regni  e  provincie,  ma  gli  strategi  li  considerano  men  difendibili 
che  non  i  mari  e  le  montagne.  Sulle  rive  de'  grandi  fiumi  si  accolgono  le  popolazioni, 
il  commercio,  l'industria;  meglio  ancora  sui  mari  ;  e  più  un  paese  abbonda  di  coste, 
di  golfi,  di  stretti,  di  penisole,  ha  maggiori  clementi  di  prosperità  e  di  gloria. 

Fiumi  Riflette  Carlo  Bitter  che  il  minimo  fiume  può  essere  della  massima  importanza  pel 
paese  a  cui  appartiene.  Così  il  piccolo  Isar  in  Baviera  riceve  860  riviere  sulla  sinistra, 


OKOLO«1A  35 

di  cui  4i  direttamente;  e  sulla  dritta  433,  in  TiO  letti  ;  onde  è  alimentalo  da  lofi  laf,'lii 
e  'J293  riviere,  che  vi  si  buttano  in  103  letti:  epi)ure  non  è  che  uno  dc':54  aflhicnti  del 
Danubio,  che  egli  stesso  occupa  solo  il  terzo  posto  fra  i  maggiori  fiumi  della  terra. 

Alcune  volte  i  (iunii  non  vanno  al  mare,  ma  si  perdono.  Il  Rodano  scompare  per 
ricomparire,  come  vorj  rivi  nel  Devonshire.  L'Arve  tributario  del  Rodano  cresce  tal- 
volta in  modo,  che  respinge  il  Rodano  nel  lago  di  Ginevra,  sin  a  far  movere  i  mulini 
in  senso  contrario.  Un  gran  vento  e  un  gran  freddo  uniti  arrestano  talvolta  un  fiume 
perchè  rac()ua  ne  iiela  alle  sorgenti  ;  al  contrario  in  Siberia,  ove  scorrono  da  mezzodì 
a  settentrione,  l'acqua  è  talora  sgelata  alle  fonti,  e  non  ancora  allo  sbocco,  per  modo 
che  inonda  la  campagna. 

il  mare  può  distribuirsi  in  cinque  grandi  regioni  :  liegloni 

I.  Ocrano  Artico  attorno  al  polo  boreale,  che  comunica  cogli  altri  mari  per  lo  stretto  "^^"^''™'' 
dì  Behring,  il  mare  di  Baffin,  il  gran  canale  che  dalla  punta  del  Groenland  s'allunga 

fino  alle  Orcadi. 

II.  Oceano  Antartico  attorno  al  polo  australe,  non  limitato  da  verun  ampio  continente 
che  finora  si  conosca,  e  pieno  di  foche  e  grandi  cetacei. 

III.  Oceano  Atlantico  fra  le  due  Americhe  all'ovest,  l'Africa  e  l'Europa  all'est,  e  i 
due  mari  predetti  a  settentrione  e  mezzodì. 

IV.  Oceano  Indiano^  detto  anche  mar  d'olio  per  le  grandi  calme,  rotte  a  tratto  a  tratto 
dalle  più  sformate  procelle,  è  stretto  dall'Africa  all'ovest,  dall'Asia  meridionale  al  nord, 
dalle  isole  della  Sonda  e  dell'Australia  al  sud. 

v.  Oceano  Pacifico,  dall'Atlantico  separato  per  l'America,  all'ovest  ha  l'Asia  orientale 
e  l'Oceania,  al  nord  ed  al  sud  i  mari  polari.  Benché  in  fatto  pacifico,  è  reso  diffìcile  a 
navigare  dalle  molte  madrepore  e  dai  bassi  fondi  ond'è  seminato,  e  che  crescono 
tuttodì. 

§  6.    —   Geologia, 

• 

Basta  un'occhiata  alla  superficie  della  terra,  per  accorgersi  che  fu  In  pfeda  a  viò-  Rìvolnz. 
lente  rivoluzioni:  sulle  più  elevate  cime  si  scontrano  conchiglie  ;  variamente  iùclinati '•^'■'■^^'■■' 
sono  gli  strati  delle  roccie;  talvolta  sulle  vette  posano  enorifli  pietrodi  isolati  {trovanti, 
erratici)-^  scavando  appajono  frammisti  al  terreno   e  alcuna  volta  chiusi   nei  màSsi^ 
avanzi  di  vegetali  e  d'animali,  anche  in  quantità  sterminata. 

La  scienza  ha  potuto  classificare  i  varj  terreni  a  norma  dei  corpi  organici  che  con- Terreni 
tengono;  indicando  per  primitivi  quelli  che  racchiudono  animali  e  vegetali  piiì  gros- 
solani, felci,  molluschi;  indi  quei  delle  palme,  de'  pini  ecc.,  cui  corrispondono  nel  regno 
animale  i  primi  Vertebrati,  pesci,  rettili,  lucertoloni.  Ne' successivi,  gli  esseri  presero 
una  struttura  più  complicata  e  perfetta. 

Per  la  formazione  terziaria  si  valuta  fin  a  7  od  8  miglia  la  grossezza  degli  strati  fossi- 
liferi, e  un  tempo  immenso  vi  volle  a  tali  depositi.  Tutti  i  fiumi  portano  sabbia,  fango, 
gbiaje  al  mare;  il  Gange  depone  più  di  7U0,000  piedi  cubi  di  limo  all'ora;  il  fiume 
Giallo  nella  Cina  2,60it,000;  e  di  più  ancora  il  Mississipi.  Ebbene,  il  nostro  Manfredi 
calcolò  che,  se  il  sedimento  di  tutti  i  fiumi  del  globo  fosse  ripartito  equamente  sul  letto 
dell'oceano,  vi  vorrebbero  milb^  anni  per  alzarlo  d'un  solo  piede.  Laonde  3,960,000 
anni  basterebbero  appena  ad  elevarlo  della  grossezza  degli  strati  fossiliferi.  L'opera- 
zione vorrebbe  quadruplo  tempo  se  si  tratti,  non  del  solo  vano  dell'oceano,  ma  dell'in- 
tero globo,  supponendo  uniformi  i  letti,  e  non  valutando  che  spesso  questi  furono 
trascinati  nel  mare,  e  sollevati  di  nuovo  al  di  sopra  di  esso  da  eruzioni  sotterranee. 
UUtinto  maggior  tempo  non  si  richiederà  alle  formazioni  granitiche  e  metamorfiche? 

Sol  ne'  terreni  più  l'ecenti  si  trovano  i  mammiferi  oggi  viventi  e  l'uotno:  sicché  la 
geologia  conferma  che  la  creazione  dell'Uomo  sia  avvenuta  tìellà  siéslft  grortìata,  cioè 
dopo  gli  altri  esseri. 

Ma  fu  l'ncqtia  o  il  Tuoco,  che  sovvertì  la  faccia  della  terra,  e  non  cbd  In  superficie, 
ne  sommosse  le  viscere?  L'opinione  tietliinira  è  insnflìciente  a  spiegar  la  formazione 
della  (erra,  atteso  che,  per  mezzo  dellfi  bilancia  di  torsione,  sia  provato  cbe  la  massa 
di  questa  pesa  cin<ìue  volte  ima  sfera  eguale  d'acqua,  e  tutte  le  acque  del  globo  pesano 


36  GEOGRAFIA  —  EPOCA    PRIMA 

appena  un  cinquantamillesimo  dell'intero  globo,  sicché  era  impossibile  vi  stesse  disciolta 
tutta  la  materia. 

Più  ricca  di  risultamenti  e  di  spiegazioni  è  l'ipotesi  vulcanica^  cioè  che  la  terra 
stesse  infusione,  prima  di  assumere  la  forma  sferoidale,  e  che  poc'a  poco  la  crosta  si 
raffreddasse.  Dico  la  crosta,  giacché  per  sempre  nuovi  argomenti  si  prova  che  sotto  di 
essa  divampa.  Quest'idea  d'un  fuoco  centrale  è  attestata  anche  dalla  temperatura,  cre- 
scente quanto  più  si  scende  sotterra,  nella  proporzione  di  almeno  un  grado  ogni  2S  metri. 
Stando  a  tale  misura,  3000  metri  sotterra  s'avrebbe  la  temperatura  dell'acqua  bollente; 
alla  quarantesima  pnrte  del  raggio  terrestre  si  avrebbero  i  100  gradi  del  pirometro  di 
Wedgwood,  necessarj  a  tener  in  fusione  tutte  le  lave  e  parte  delle  roccie  conosciute; 
il  centro  della  terra  dovrebb'essere  a  230  mila  gradi  del  termometro  centigrado,  ed  ogni 
cosa  esservi  fluida.  Ma  è  altrettanto  provato  che  questa  legge  d'aumento  non  procede  così 
proporzionale. 

La  crosta  medesima  della  terra  non  è  consolidata  affatto,  e  forse  galleggia  sopra  il 
mare  di  fuoco,  or  elevandosi,  or  cedendo,  talvolta  col  peso  e  coi  crepacci  determinando 
il  sollevamento  delle  roccie  o  l'eruzione, 
iioccie     Le  roccie  possono,  secondo  l'origine  loro,  distinguersi  in 

1°  Roccie  d'eruzione  (porfido,  granito,  basalte,  serpentino,  raelafiro),  uscite  dalla 
terra  in  istato  di  fusione  odi  ammollimento;  irregolari,  non  stratificate,  spesso  cristal- 
line, e  senza  corpi  organici. 

2"  Roccie  di  sediuiento,  precipitate  da  un  liquido  in  cui  erano  sciolte  o  sospese; 
come  sono  i  terreni  secondar]  e  terziarj,  i  travertini;  in  strati  sovrapposti,  con  reliquie 
di  corpi  organici. 

3"  Roccie  metamorfiche  o  trasformate,  di  cui  la  testura  e  la  stratificazione  fu  al- 
terata pel  contatto  o  la  prossimità  d'una  roccia  d'eruzione,  o  più  spesso  per  l'azione 
dei  vapori  e  delle  sublimazioni,  che  accompagnano  lo  sbocco  di  certe  masse  in  fluidità 
ignea. 

40  I  rottami  delle  roccie  predette  formano  i  conglomerati,  le  puddinghe,  i  gres  di 
grana  fina  0  grossolana,  le  breccie. 

Dallo  studio  di  tali  fatti  si  arguì  che  la  scorza  solida  della  terra  abbia  uno  spessore 
medio  di  20  leghe  ;  ineguale  però,  e  questa  disuguaglianza  contribuisce  assai  alla  tem- 
peratura anche  della  superficie  ;  e  forse  da  essa  viene  se  le  coste  della  Norvegia  haa 
freddi  moderati. 
Aulcani  H  focolajo  centrale  potè  tratto  tratto  squarciare  quella  scorza,  sollevando  e  rove- 
sciando montagne,  od  innalzar  lunghi  tratti  di  essa  crosta.  Sfiatatoj  continui  0  a  tempo 
ne  sono  i  vulcani  che  eruttano  vapori  densissimi,  qualche  volta  anche  infocati,  e  con 
essi  cenere,  sabbie,  lapilli,  scorie  simili  a  quelle  dulie  fucine,  pomici  leggerissime,  e 
talora  grandi  massi. 

Sembra  che  alcuni  vulcani  comunichino  tra  loro,  anzi  formino  catene,  la  cui  azione 
appare  corrispondente:  e  immensa  dev'essere  la  forza  di  projezione  per  lanciare  a  gran- 
dissime altezze  molti  milioni  di  metri  cubi  di  materia. 

Ultimamente  Girardin  contava  vtjcani 

in  Europa,  continentali  4       insulari       20 
Asia  il  29 

Africa  2  9 

America  86  28 

Oceania  —  108 

Altri  li  somma  a  SS9,  di  cui  22  in  Europa  non  contando  l'Islanda,  126  in  Asia,  25  in 
Africa,  204  in  America,  '182  nell'Oceania. 

Quelli  d'Europa  sono,  nella  Geologia  di  Philipps,  ridotti  a  sei  centri  :  1°  L'Islanda, 
ove  l'Ekla,  lo  Skapta  .lukull,  lo  Skapta-Syssel,  Leyfialla-Jókull,  il  Krabla,  il  Kattalgiaa 
sono  potentissimi  fino  ad  innalzare  intere  spiagge:  oltreché  v'ha  vulcani  di  fango  e 
d'acqua  bollente.  E  notevole  che  quando  uno  d'essi  vulcani  erutta,  gli  altri  taciono. 
2"  Le  Azzore,  ove  a  tempo  sorgono  e  scompajono  isolette.  3"  La  Sicilia,  ove  l'Etna  mi- 
naccia sem|)re  Catania  che  altre  volte  sobbissò,  e  dalle  acque  vicine  emerse  nel  1831 
l'isoletla  Ferdinandea,  formata  di  materie  incoerenti,  raccoltesi  agli  orli  d'un  cratere 
sottomarino,  e  scomparsa  ancora  nel  33.  4"  Le  isole  Eolie,  ove  a  Stromboli,  ch'è  il  più 


r.roLociA  37 

basso  de'  vulcani  conosciuti,  la  lava  si  spinge  quasi  perennemente  fino  all'orlo  del  cra- 
tere, sicché  arde  continuo  come  un  faro  al  Mediterraneo,  5"  Il  Vesuvio,  che  nella  prima 
sua  eruzione  storica  del  79  d.  C.  lanciò  in  aria  mezzo  il  monte  Somma,  il  quale  rica- 
dendo in  ceneri  e  lapilli,  sepelli  Ercolano,  Pompej  e  Stabia  sotto  uno  strato  incoerente 
che  in  qualche  luogo  è  da  3U  a  40  metri  :  tacque  dappoi  dal  1500  al  1031  quando 
eruppe  con  una  furia  proporzionata  al  lungo  silenzio,  distruggendo  50  paesi  e  da  4000 
persone;  d'allora  continua  le  eruzioni  più  miti  e  più  frequenti.  V'appartiene  i'ipomeo 
dell'Isola  d'Ischia,  cinto  da  dodici  vulcani  secondarj,  ma  che  non  erullò  più  dopo  il 
1302.  6"  Tera  nell'Arcipelago,  l'olrehbero  aggiugnersi  i  vulcani  fangosi  della  Crimea. 

Dal  trovar  tulli  i  vulcani  in  isole  o  presso  il  mare,  erasi  argomentato  che  questo  fosse 
necessario  alle  eruzioni:  ma  in  Asia  molli  vulcani  eruttano  nelle  parti  interne,  lonta- 
nissimi dal  mare,  come  il  Pe-scian  nella  Cina,  il  Cibel  Coldanghi  nel  Kordofan,  il  De- 
mavent  nella  giogaja  di  EIhurz.  Più  frequenti  sono  vicino  al  mare,  e  massime  sulla  linea 
tra  il  golfo  di  Bengala  e  il  mar  Polare. 

Dell'Africa  è  poco  nolo  l'interno  j  ma  le  isole  che  la  circondano  offrono  molte  bocche 
ignivome,  tra  cui  va  distinta  Lanzerotta  pel  vulcano  a  superGcie  piana.  In  America 
frequentissimi  sono  i  vulcani,  e  più  rivoluzioni  vi  produssero,  e  tuttodì  mutano  aspetto 
a  vaste  superficie.  L'Oceania  è  un  continuo  teatro  dell'azione  vulcanica,  che  s'impronta 
nelle  roccie  e  scorie  di  tutte  le  isole  aite,  mentre  le  basse  son  formate  di  coralli,  aventi 
radice  sul  labbro  dei  coni  vulcanici  sottomarini. 

Nessuna  combinazione  chimica  arriva  a  produrre  le  lave  vomitate  dai  vulcani:  il  che 
prova  sempre  più  ch'esse  formansi  fuori  di  quell'ordine  di  corpi  onde  la  crosta  della 
terra  è  composta. 

L'altezze  del  cono  vulcanico  si  proporziona  alla  forza  d'impulsione  che  ricevette  dal- 
l'interno; e  non  generalmente,  ma  per  lo  più  la  frequenza  delle  eruzioni  è  in  ragione 
inversa  dell'altezza.  Stromboli,  alto  70"  metri,  arde  continuo  dai  tempi  d'Omero;  i 
colossi  delle  Cordiliere  appena  una  volta  al  secolo. 

Sottomarini  diconsi  i  vulcani,  la  cui  bocca  non  arriva  alla  superficie  dell'acqua. 

Alcuni  hanno  il  cratere  largo  (in  2  chilometri,  lalvolla  si  videro  lanciar  una  colonna 
di  fumo  alta  900  e  1000  metri,  da  sentirne  il  rumore  a  800  chilometri.  Dal  cratere  di 
Timor  neirOceania  per  molli  mesi  esala  un  vento  sì  forte,  che  non  si  può  accostarvisi. 
I  vulcani  di  fango  o  salse  erompono  sempre  con  violenti  segni,  dapoi  seguitano  quie- 
tamente, come  la  salsa  di  Macaluba  presso  Girgenti,  descrittaci  già  da  Solino.  Alcuni 
portano  seco  gran  quantità  di  pesci. 

L'Ekla,  il  più  conosciuto  fra  i  moltissimi  vulcani  dell'Islanda,  ha  il  cono  diviso  in 
tre  punte  da  crepacci  pieni  di  neve:  dal  4004  al  1766  ne  son  ricordate  ventitre  grandi 
eruzioni,  una  delle  quali  durò  sei  giorni,  desolando  un  territorio  fiorenlissimo.  L'ultima 
eruzione  dello  Skapla-Jòkull,  prenunziata  da  un  gran  tepore,  cagionato  dall'avvicinarsi 
della  vampa  vulcanica  alla  superficie,  scoppiò  VS  maggio  1785,  e  durò  fin  all'agosto: 
per  più  giorni  il  sole  restò  ottenebralo  da  vapori  che  si  stesero  fin  in  Inghilterra  e  io 
Olanda:  e  le  materie  vulcaniche  vomitate  si  calcolarono  da  150  a  1«0  milioni  di  piedi 
cubi:  alcuni  fiumi  bollivano,  altri  diseccarono,  il  vapore  condensato  cascava  in  neve 
e  in  torrenti  di  pioggia:  l'orribile  scena  finì  con  un  violento  tremuoto,  a  cui  seguirono 
fame  e  malattie,  talchèperirono  1500  uomini  e  150,000  cavalli  e  montoni, 

11  fuoco  centrale  che  elevò  le  montagne,  è  pur  la  causa  delle  fonti  termali,  delle  Forni 
esalazioni  di  gas  acido  carbonico  {mofette)  e  di  vapori  sulfurei,  e  de'tremuoli.  Del  gas  ««'•■mali 
idrogeno  carbonaio,  avuto  per  via  di  pozzi  profondissimi,  valgonsi  nella  provincia  ci- 
nese del  Szu-sciuan  per  iscaldare  e  illuminare,  e  fu  applicato  testé  ai  medesimi  usi  a 
Fredonia  nella  Nuova-York.  Le  mofette  abbondano  nei  terreni  vulcanici,  come  ultimo 
sforzo  dell'attività  vulcanica:  la  gran  quantità  che  dovette  uscirne  ne'  primitivi  secoli 
produsse  la  vegetazione  esuberante,  di  cui  ora  non  restano  che  le  traccie  nei  letii  del  car- 
bon  fossile.  La  combinazione  dell'acido  carbonico  colla  calce  produsse  le  roccie  calcaree. 

Fonti  termali  incontransi  in  ogni  sorta  di  terreni;  e  le  più  calde  sono  discoste  dai 
vulcani.  Tali  acque,  cariche  d'acido  carbonico  e  di  gas  solforoso,  co' loro  depositi  pro- 
ducono il  travertino  in  strati  orizzontalmente  sovrapposti  o  anche  monlicelli  conici. 

Coll'ultimo  grande  cataclisma  la  terra  prese  la  configurazione  che  ha  di  presente:  Csmbiam, 
non  però  così  che  sulla  sua  siiperficie  non  siensi  operati  cangiamenti  notabili,  lemsiri 


38  GEOCriAFIA  —  EPOCA    PRIMA 

L'ucf|ua  e  i  venti  ne  sono  una  causa;  poiché  i  fiumi  trasportano  terreni  alle  lor  foci, 
e  le  onde  del  mare  accumulano  dune  di  sabbia  sui  lidi,  Aquileja,  Ravenna,  Adria  stanno 
ben  discoste  dal  mare  sul  quale  s'aprivano;  Venezia  si  conserva  marittima  a  gran  fa- 
tica: cosi  furono  interriti  i  porti  un  tempo  famosi  di  Ostia,  Taranto,  Frejus,  Aigues- 
Mortes  Narbona,  Nauplia,  Candia,  i\lileto,  Efeso,  e  tutti  quei  della  costa  fenicia.  Forse 
tutta  la  Lombardia  è  formata  dai  sedimenti  del  Po,  come  da  quei  del  Nilo  il  Delta  egizio, 
dall'Arno  il  pisano,  ecc.  Sulle  coste  francesi  del  golfo  di  Guascogna  le  dune  s'avanzano 
ogn'auno  20  e  più  metri  fra  terra,  sulla  lunghezza  di  150  miglia,  sepellendo  borghi  e 
città.  Altre  volte  il  mare  invase  provincia  intere,  riducendo  a  golfo  una  valle,  o  spez- 
zando un  istmo:  così  fu  dello  Zuidersee.  Le  montagne  franandosr  mutano  aspetto  alle 
pianure  :  a  tacere  il  lento  trasportarne  che  fanno  le  acque. 

"Violente  mutazioni  producono  i  vulcani,  distrussero  e  sepcllirono  città  intere,  for- 
marono nuovi  monti;  presso  Napoli  emerse  il  monte  Nuovo  nel  1558;  nel  .Messico  il 
Jorullo  vulcano  spaventosissimo,  sorse  dopo  50  giorni  di  tremuoti  nel  1759;  mentre 
a  Giava  nel  177^2  si  sprofondò  quello  di  Papadayang,  sobbissando  quaranta  villaggi. 
I  tremuoti  alzano  od  abbassano  vastissimi  tratti,  operazione  che  altrove  succede  per 
lenta  onera  della  natura.  Le  forze  vulcaniche  si  manifestano  continuamente;  e  chi 
avesse  notizia  d'ogni  paese,  troverebbe  che  forse  nessun  giorno  passa  senza  qualche 
tremuoto.  In  alcuni  territorj  poi  manifestansi  maggiormente,  qual  è  la  linea  che  dalle 
isole  Aleutine  scende  lungo  il  Giappone,  le  Filippine,  le  Molucche,  l'arcipelago  della 
Sonda  e  perdesi  nel  gulfo  di  Bengala;  l'altra  che  venendo  dal  Giappone,  traversa  la 
Cina,  sottopassa  la  catena  dell'lmalaya,  traversa  1  altopiano  della  Persia,  l'arcipelago 
ereco  l'Italia  meridionale,  il  Mediterraneo,  la  Spagna  centrale,  e  termina  a  Lisbona. 
Le  madrepore  e  i  coralli  formano  dei  banchi  che  ricingono  uno  spazio,  il»  ijuale  ben 
presto  riempiuto  da  spoglie  del  mare,  diviene  un'isola,  e  vi  cresce  la  vegetazione. 

L'Asia  principalmente  fu  teatro  di  cambiamenti  meravigliosi.  Il  mar  ^'ero  aprì  120 
miglia  di  monta"ne  per  correre  nel  Mediterraneo.  11  Caspio  e  l'Arai  non  si  sa  come 
siensi  formati  né  come  sussistano,  alimentati  da  scarsi  fili  d'acqua  e  in  mezzo  a  sabbie 
che  dovrebbero  assorbirli  o  farli  svaporare,  l  deserti  di  Siria,  Arabia,  Persia,  pregni  di 
sale  e  d'avanzi  marini  ;  il  golfo  Persico  che  si  spinge  fra  terra  per  mille  leghe  quadrate, 
sono  testimoni  di  grandi  rivoluzioni:  e  tuttodì  ne  fanno  i  tremuoti,  i  quali  al  tempo  di 
Tiberio  cancellarono  molte  città.  Da  pochi  secoli  l'Oxo  mutò  la  foce  dal  Caspio  nel- 
l'Aral  come  in  minori  dimensioni  e  a  memorie  storiche,  la  Chiana  che  tributava  sue 
acque'  al  Tevere,  le  voltò  nell'Arno.  Bagdad,  Mossul,  le  città  di  Georgia,  Armenia, 
Aderbician  immensamente  soffersero;  Tauris  fu  distrutta  HO  anni  fa.  L'antica  Ninive 
credeasi  perita  ma  poc'anzi  (1845j  le  grandiose  sue  rovine  furono  scontrate  da  Emilio 
Botta  a  04  chilometri  nord  est  di  Singara,  e  560  nord  ovest  di  Babilonia.  Nel  luglio 
18^0  un  tremuoto  rovesciava  Nakscivan,  guastava  Erivan  e  due  distretti  dellArraenia; 
e  uno  scoscendimento  dell'Ararut  sepelliva  il  popoloso  villaggio  di  Akuli. 
Coniinenii  La  superficie  della  terraferma  sta  a  quella  dell'acqua  come  1  a  2  ^/j  ;  o  secondo 
altri  come  100  a  1270,  o  a  1284.  Le  isole  unite  formerebbero  appena  1/33  dei  conti- 
nenti- e  son  ripartite  disugualmente,  tanto  che  sull'emisfero  boreale  hanno  tre  volte 
maggior  superficie  che  sull'australe.  Dal  40'^  di  latitudine  sud  fino  al  polo  antartico  è 
quasi  tutt'acqua  se  pur  non  è  vera  l'esistenza  della  terra  Adelia  :  così  domina  l'actiua 
fra  le  coste  orientali  del  vecchio  continente  e  le  occidentali  del  nuovo. 

U  terra  offre  due  vasti  continenti,  ciascuno  in  due  porzioni,  riunite  mediante  un 
istmo  angusto.  Il  primo  continente  abbraccia  le  tre  parti  del  mondo  antico,  Asia  ed 
Europa  unite,  Africa  congiunta  all'Asia  per  l'istmo  di  Suez.  L'altro  continente  son  le 
due  y1mmc/ie  settentrionale  e  meridionale,  aderenti  per  l'istmo  di  Panama.  All'estremità 
sud-est  dell'Asia  sorge  un'infinità  d'isole,  e  tra  esse  la  Nuova  Olanda,  che  formano  il 
mondo  nuovissimo,  intitolato  Oceania.  Or  pare  sia  ad  aggiungere  un  continente  australe 
sotto  al  polo  antartico. 
Pianure  Steppe,  savane,  lande,  brufjìiiere,  scopeti  sono  pianure  incolte,  coperte  d'erbe  e  di 
arbusti,  ma  senza  piante.  I  di'serli  son  tutta  sabbia,  senza  vegetazione,  fuorché  in  al- 
cune come  isole,  chiamate  oaf^i.  Nelle  grandi  pianure  si  risolvono  le  maggiori  battaglie, 
come  a  Maratona,  Arbela,  Farsaglia,  Marengo,  Wagram,,Austerlilz,  Waterloo. 
Orografia      Collina  è  una  piccola  montagna  ;  costa  una  picoola  oùlima;  dune  i  monlicelli  di  sai)- 


firni.ociA  39 

bia  che  trovansi  su  alcune  spiaggie,  ammontala  dal  mare;  periufiio,  passo,  gola,  ftlretla 
un  passaggio  angusto  fra  due  montagne.  I.c  gole  hanno  importanza  storica  per  le  di- 
fese che  i  pojioli  vi  oppongono  agl'invasori;  come  i  Galli  ad  Annihuic  nelle  Alpi,  i 
Greci  ai  Persiani  alle  Termopile  e  ai  Galli  nel  passo  del  Parnaso,  i  Circassi  ai  Hussi  nel 
Caucaso.  Tra  un  monte  e  l'altro  scendono  le  valli. 

Sulle  montagne  s'arriva  a  un  limite,  ove  le  nevi  non  si  sciolgono  mai  \  e  questo  è  sotto 

la  Linea,  a  metri  4b00 

a  20°  di  latitudine  >.  4GU0 

45°  2or)0 

6S"  ).  1500 

La  precisione  di  (|ueste  indicazioni  non  resse  alla  scienza  moderna,  secondo  la  quale, 
il  limile  inferiore  delle  nevi  non  è  l'andamento  di  una  sola  linea  isometrica  determinata 
dallo  zero,  ma  che  oscilla  fra  il  -♦-  ]"  7  e  il  —  6'^  8  centigrado  ;  e  la  maggior  altezza  non 
è  sotto  l'equatore,  ma  nella  catena  settentrionale  dell'Jmalaya  alla  latitudine  di  51°,  e 
nella  Cordiiiera  orientale  della  Bolivia  a  17". 

Dalle  nevi  perpetue  slaccausi  talvolta  enormi  volumi,  che  rotolandosi  a  precipizio 
rovesciano  ogni  cosa  sul  loro  passo,  e  diconsi  valanghe. 

Lo  squagliarsi  della  neve   nelle  più  alte  montagne  produce  le  ghiacciaie  o  mari  dj  c.liiacciajo 
ghiaccio:  entro  valloni  o  crepacci  inaccessi  al  sole,  ve  n'ha  di  alte  centinaja  di  metri, 
e  di  40  chilometri  di  lunghezza  su  15  di  larghezza,  colla  superficie  scabra  come  un 
mar  in  tempesta  che  di  colpo  fosse  gelato.  Quelle  sulle  cime  dei  monti  sono  meno  estese 
e  maestose.  Di  là  nascono  la  più  parie  dei  tiumi. 

Vuoisi  che,  non  contando  le  ghiacciaje  de'  Grigioni,  v'abbia  nella  soia  catena  alpina 
1500  miglia  quadrate  di  ghiaccio,  di  25  a  20U  metri  di  profondità.  Alcune  sono  stazio- 
narie da  tempo  immemorabile,  altre  occupano  terreni  un  tempo  coltivati  o  boscosi. 
Dalle  alte  montagne  scendono  nelle  valli,  talvolta  formando  arco  sopra  gli  abissi,  tal 
altra  empiendoli  ;  poi  nelle  valli  ove  una  temperatura  più  mite  le  squaglia,  depongono 
ammassi  di  terriccio  e  di  ciottoli,  che  chiamano  murene  e  le  cui  curve,  simili  a  quelle  Morene 
che  l'onda  lascia  in  riva  al  mare,  segnano  i  diversi  punti  ove  il  ghiaccio  arrivò.  V'ha 
ghiacciaje  nelle  Alpi  che  s'avanzano  8  metri  Tanno  5  altre  si  ritirano.  Secondo  Agassiz, 
che  fece  i  maggiori  studj  in  proposito,  la  valle  di  Chamouny  fu  una  volta  ricoln)a  da 
una  ghiacciaja,  che  s'era  mossa  verso  il  colle  di  Balme:  e  a  San  Maurizio  a  050  metri 
sopra  il  Rodano  trovasi  una  morena,  la  quale  mostra  che  verano  ghiacciaje  a  700  metri 
di  sopra  del  lago  di  Ginevra. 

Entro  i  monti  si  trovano  ampie  spelonche.  Alcune  sono  arlifiziali,  quelle  cioè  donde  Grotte 
si  trassero  i  metalli,  il  sale  e  il  carbon  fossile  :  tra  cui  ve  n'ha  di  meravigliose  sia  per 
belle  stallatiti  e  per  ischerzi  di  luce;  e  fra  esse  insigne  quella  di  Adelsberg  nelle  vici- 
nanze di  Trieste.  Altre  son  naturali,  più  0  meno  profonde,  molle  volte  riempiute  di 
avanzi  di  ossa  d'ogni  specie,  e  principalmente  antidiluviane:  la  più  famosa  è  la  grolla 
di  Mammolh  nel  Kentucky,  con  lunghissime  gallerie,  dilatantisi  or  ad  ora  in  ampie  sale 
0  gentili  gabinetti,  aventi  sofiìlte  e  volte  d'ogni  maniera;  e  che  salendo  e  scendendo 
estendonsi  per  molte  miglia,  finché  arrivano  ad  un  vasto  lago,  dal  quale  partono  tre 
fiumi,  su  cui  navigando  per  più  d'un  miglio,  trovansi  altre  gallerie  e  sale  e  camere, 
insomma  un  mondo  sotterraneo. 

Una  continuazione  di  monti  dicesi  giogaja  0  catena.  Varie  catene  costituiscono  un  Catene 
gruppo.  Nell'antico  continente  le  maggiori  catene  vanno  dall'occidente  all'oriente,  nel 
nuovo  dal  sud  al  nord  ;  onde  il  primo  è  più  lungo,  l'altro  più  largo.  Questa  direzione 
però  intendasi  accennala^iu  digrosso,  divergendone  esse  più  0  meno,  poi  spingendo 
varj  bracci  in  diramazioni  dillerenli.  1  mari  mediterranei  non  sono  che  grandi  vaili  di 
essi  monti,  riempiute  dalle  acque  in  tempi  dillerenli;  e  forse  quando  si  sollevò  l'im- 
mensa spina  di  monti  che  occu|)a  il  litorale  occidentale  dell'Auierica  e  le  parli  orien- 
tali e  meridionali  dell'Asia,  e  che  traversa  l'Africa  orientale,  le  acque  del  Grande  oceano 
precipitaronsi  fra  l'Africa,  l'Europa  e  l'America,  sobbissando  l'Atlantide. 

La  distribuzione  della  geografia  fisica  secondo  il  concatenamento  delle  giogaje  e  la 
separazione  delle  acque,  accettata  dalla  pluralità  de'  geografi,  ora  vien  impugnata,  e 
massime  dallo  svedese  Giovan  Augusto  ILizelius,  appoggiandosi  a  ciò:  1'^  che  gli  spar- 
litori  delle  acque  non  ebbero  tanta  importanza  quanta  si  vuol  credere  circa  alla  forma- 


40  GEOGRAFIA  —  EPOCA    PRIMA 

zione  della  superficie  terrestre  ;  2"  che  quelli  noa  costituiscono  sempre  una  giogaja  o 
spina  continuata;  3"  che  la  giogaja  principale  non  segue  sempre  le  acquapendenze, 
ove  da  ampie  regioni  montuose  sieno  queste  separate-,  4"  che  il  concetto  della  concate- 
nazione delle  giogaje  riunisce  molte  masse,  affatto  eterogenee  per  essenziali  riguardi  ; 
5"  che  esso  concetto  al  contrario  separa  sovente  masse  tra  loro  omogenee. 
Età  Le  grandi  schiene  di  monti  son  come  l'ossatura  della  terra  nostra,  sollevatesi  in 
de' monti  tempi  diversi,  e  di  cui  la  scienza  arrivò,  o  almeno  pretese  determinare  le  età  rela- 
tive. Noi  le  cercheremo  pei  soli  monti  d'Europa. 

Ammessa  la  formazione  delle  montagne  per  via  di  sollevamento,  i  geologi  hanno  a 
chiedere  se  tutte  le  grandi  giogaje  siano  sorte  ad  un  tempo  stesso,  o  quale  sia  la  rela- 
tiva loro  antichità.  Di  tali  quistioni  ebbe  ad  occuparsi  il  signor  Elia  di  Beaumont. 
Secondo  lui,  il  sistema  dell'Erzgebirge  in  Sassonia,  della  Costa  d'oro  in  Borgogna,  e  del 
monte  Pilas  nel  Forez,  fu,  tra  le  montagne  da  esso  studiate,  il  primo  sollevato.  11  si- 
stema de'  Pirenei  e  degli  Apennini,  ancorché  più  esteso  e  alto,  è  molto  meno  antico. 
Il  sistema  delle  Alpi  occidentali,  del  quale  fa  parte  il  Monbianco,  sorse  gran  tempo  dopo 
i  Pirenei.  Un  quarto  sollevamento  posteriore  diede  origine  alle  Alpi  di  mezzo  (il  San- 
gotardo),  ai  monti  Ventoux  e  Leberon,  vicino  d'Avignone,  e  giusta  ogni  probabilità, 
airimalaya  dell'Asia  e  all'Atlante  dell'Africa. 

l  terreni  propriamente  detti  di  sedimento  sono  in  tutto  o  in  parte  composti  di  tri- 
tumi, menati  dalle  acque,  simili  alle  bellette  dei  nostri  fiumi  o  alle  arene  delle  rive 
del  mare.  Queste  stritolature  più  o  meno  minute,  saldate  insieme  da  cementi  calcari 
ò  silicei,  formano  le  rocce  arenarie  chiamate  gres. 

Alcuni  terreni  calcari  sono  parimenti  posti  fra  quelli  di  sedimento,  ma  solo  le  rare 
volte  che  non  lasciano  alcun  residuo  sedimentoso  dopo  sciolte  nell'acido  nitrico;  pe- 
rocché i  frammenti  di  conchiglie  che  racchiudono  mostrano,  di  un  altro  modo  e  forse 
anche  meglio,  che  la  formazione  loro  ebbe  luogo  in  grembo  all'acque. 

I  terreni  di  sedimento  sono  sempre  composti  di  strati  successivi  molto  visibili.  Dei 
più  recenti  possono  farsi  quattro  grandi  divisioni,  e  per  ordine  d'antichità  sono:  il  cal- 
care colitico,  ovvero  calcare  del  Giura;  il  sistema  del  gres  verde  e  della  creta;  i  ter- 
reni terziarj;  finalmente  le  prime  deposizioni  d'interrimento  o  di  trasporto  (j). 

Sebbene  questi  terreni  siano  stati  deposti  dalle  acque,  e  si  trovino  ne'  luoghi  stessi, 
e  gli  uni  sugli  altri,  il  passaggio  da  una  specie  alla  susseguente  non  si  fa  per  insen- 
sibile gradazione,  ma  v'apparisce  perpetuamente  un  variare  subitaneo  e  dtciso  nella 
natura  fisica  del  deposito  e  degli  esseri  organizzati  de'  quali  contiene  i  frantumi.  È 
quindi  manifesto  che,  fra  il  tempo  nel  quale  il  calcare  del  Giura  si  deponeva,  e  quello 
della  precipitazione  del  sistema  gres  verde  e  creta  che  lo  ricopre,  vi  ebbe  sulla  super- 
ficie del  globo  un  intero  rinnovamento  dello  stalo  delle  cose.  Altrettanto  si  può  dire 
del  tempo  che  ha  separato  la  precipitazione  della  creta  da  quella  de'  terreni  terziarj  ; 
ed  è  in  egual  modo  palese,  che  in  ciascun  luogo  la  natura  del  liquido,  dal  quale  i 
terreni  si  precipitavano,  ebbe  interamente  a  mutare  fra  il  tempo  della  formazione  ter- 
ziaria e  il  tempo  degli  antichi  terreni  di  trasporto. 

(\)  Per  lo  scopo  qui  propostoci,  e  inutile  un'e-  ora  agglomerato  di  granellini  rotondi  detti  ooliti, 

satta  definizione  di  cotesti  terreni.   Sarebbcsi  pure  dal  che  la  designazione  di  calcare  colitico, 

potuto  non  denominarli,  e  restringersi  a  designarli  II  terreno  di  sedimento,  che  comprende   il  gres 

♦       per  mezzo  dei   numeri  •!,   2,   3,   4;   il  numero   i  verde  e  la  creta,  iì  una  successione  di  strati  di  gres, 

avrebbe  per  esempio   indicato    il   terreno  di   sedi-  misti  sovente  a  qu|^tità  di  granellini  verdi  di  sili- 

mento    l'antichissimo  dei  quattro,  quello  che  dagli  calo  di  protossido  di  ferro,  e  sormontati  da  grossis- 

altri  è  coperto,  in  una  parola  il  calcare  del  Giura,  simi  strati  di  creta.  Gli  strati  dell'una  specie  e  del- 

e  quindi  il  numero  4  si  sarebbe  trovato  apposto  al  l'altra  che  formano  le  alte  spiaggie  della  Manica, 

terreno   superiore,    vale   a  dire  ai  deposili  d'allu-  sono  il  tipo  di  questo  genere  di  terreni, 

tione.   Daremo   nondimeno   alcune  brevissime   no-  Terreno  di  sedimento  terziario  e  quello  delle  vi- 

zioni  intorno  alla  natura  e  all'aspetto  di  questi  di-  cinanzc  di  Puiigi,  associazione  variatissima  di  strati 

versi  generi  di  depositi.  d'argilla,  di  calcare,  di  marna,  di  gesso,  di  gres  e 

Humboldt   ha   chiamato   calcare   del  Giura  quel  d'alberese, 
vasto  sedimento,  del  quale  il  Giura  è  in  gran  parte  Finalmente  gli  anlichi  terreni  d'interrimento  sono 
composto,   formato  di  un  calcare  biancastro,   ora  cosi  chiamati  dulia  somiglianza  agli  interrimenti  pro- 
compatto  ed  eguale  come  la  pietra  litografica,  ed  dotti  dalle  correnti  ne'tempi  attuali. 


REOLOGIA  41 

Queste  notabili  variazioni,  ricise  e  non  graduali,  nella  natura  delle  successive  depo- 
sizioni formate  dall'accjua,  sono  dai  geologi  considerale  siccotiie  ellelti  delie  rivoluzioni 
del  globo.  E  ancorché  potesse  parer  diflicile  il  dire  esattamente  in  che  sifFatte  rivolu- 
zioni consistessero,  non, sarebbe  nien  certa  l'esistenza  loro. 

Ho  toccato  dell'ordine  cronologico,  nel  quale  i  diversi  terreni  di  sedimento  furono 
deposti:  però  conviene  dica  che  cotest  ordine  fu  determinato  col  seguire  senza  inter- 
ruzione ciascuna  natura  di  terreno  sino  nelle  regioni,  dove  era  possil)ile  l'avverare  po- 
sitivamente e  sopra  una  grande  estensione  orizzontale,  che  il  tale  strato  stava  sopra  un 
tal  altro.  Gli  scoscendimenti  naturali,  quali  ad  esempio  appariscono  lungo  il  lido  del 
mare,  i  pozzi  comuni,  i  pozzi  trivellati,  l'aprimento  dei  canali,  furono  a  ciò  di  gran 
giovamento. 

Ho  avvertito  che  i  terreni  di  sedimento  sono  stratificati.  Nei  paesi  di  pianura,  come 
era  a  credere,  gli  strati  sono  disposti  quasi  orizzontalmente  ^  ma  via  via  che  ci  acco- 
stiamo ai  montagnosi,  l'orizzonlalilà  viene  ad  alterarsi:  e  finalmente  sul  pendio  dei 
monti,  alcuni  di  quegli  strati  sono  inclinatissimi,  altri  fansi  persino  verticali. 

Cotesti  strati  di  sedimento  inclinati  sui  pendii  hanno  essi  potuto  deporvisi  in  gui.-^a 
obliqua  o  verticale?  o  non  è  più  naturale  il  supporre  che  forojasfero  primitivamente 
dei  banchi  orizzontali,  come  gli  strati  contemporanei  delia  stessa  natura  onde  le  jiia- 
nure  sono  coperte,, e  che  fossero  sollevati  e  addirizzati  nel  punto  che  emersero  le  mon- 
tagne sul  cui  fianco  s'appoggiano? 

In  tesi  generale,  egli  non  sembra  al  tutto  impossibile,  che  le  montagne  sieno  sialo 
nell'attuale  loro  posizione  intonacate  e  incrostate  di  deposizioni  sedimentose,  atteso  che 
quotidianamente  vediamo  pur  le  pareti  verticali  de'  vasi,  dentro  i  quali  si  evaporano 
delle  acque  selenitiche,  coprirsi  di  uno  strato  salino,  che  fassi  via  via  più  denso.  .Ma  la 
nostra  quistione  non  è  di  tanta  generalità,  perchè  solo  trattasi  di  sapere  se  gli  strati 
conosciuti  dei  terreni  di  sedimento  siano  stali  deposti  nel  modo  suddetto.  Ora  a  questo 
s'ha  da  rispondere  di  no,  e  lo  proverò  mediante  due  ordini  di  considerazioni  total- 
mente diverse. 

Osservazioni  geologiche  incontrastabili  dimostrano  che  gli  strati  calcari,  che  costi- 
tuiscono le  cime,  alte  da  3  in  4000  metri,  del  Buet  in  .Savoja  e  del  monte  Perduto  nei 
Pirenei,  sono  stati  formati  nel  tempo  stesso  che  le  crete  dell'alte  spiagge  della  Manica. 
Se  la  massa  dell'acque,  dalle  quali  cotesti  terreni  vennero  precipitati,  si  fosse  alzata  a 
3  0  iOGO  metri,  la  Francia  sarebbe  stata  per  intero  coperta,  e  analoghi  depositi  esiste- 
rebbero sopra  tutte  le  alture  minori  di  óuOU  metri.  Ora  per  l'opposto  nel  settentrione 
della  Francia,  dove  sifatti  depositi  sembrano  essere  stati  pochissimo  rimescolati  le  crete 
non  giungono  mai  a  200  metri  sopra  il  mare  attuale,  offrono  precisamente  la  dispo- 
sizione di  un  deposito  che  si  fosse  fatto  in  una  gran  vasca  piena  di  un  liquido  il  cui 
livello  non  avesse  toccato  nessuno  dei  punti  oggi  più  ahi  di  200  metri. 

Una  seconda  prova  tolta  da  Saussure,  mi  pare  convincentissima.  i  terreni  di  sedi- 
mento chiudono  spesso  certi  ciottolini  arrotolati,  di  forma  presso  a  poco  elittica.  Nei 
luoghi  dove  la  stratificazione  del  terreno  è  orizzontale,  gli  assi  maggiori  di  quei  ciot- 
toli sono  tutti  orizzontali,  per  la  stessa  ragione  per  cui  un  ovo  non  può  star  ritto  sulla 
sua  punta  ;  ma  dove  l'angolo  d'inclinazione  degli  strati  sedimentosi  sia  di  45  gradi,  gli 
assi  maggiori  di  moltissimi  di  quei  ciottoli  fanno  parimenti  coll'orizzonte  un  angoìo 
di  45  gradi;  quando  gli  strati  fansi  verticali,  gli  assi  maggiori  di  molli  ciottoli  sono 
pur  verticali. 

È  dunque  dimostrato,  che  i  terreni  di  sedimento  non  sono  stati  deposti  nel  luogo 
da  essi  occupato  né  nella  'presente  loro  giacitura,  ma  furono  alzati  più  o  meno  nel- 
l'atto in  cui  le  montagne,  delle  quali  coprono  le  pendici,  uscirono  dal  grembo  della 
terra.  Per  convincersi  che,  nell'alto  del  dirizzarsi  d'uno  strato  orizzontale,  non  era 
mestieri  che  tutti  i  grandi  assi  de'  ciottoli  in  esso  contenuti  divenissero  verticali,  basta 
segnare  delle  linee  in  diverse  direzioni  sopra  un  piano  orizzontale,  e  quindi  farlo 
girare  come  intorno  a  una  cerniera:  in  questo  movimento  le  linee  parallele  alla  cer- 
niera rimarranno  continuamente  orizzontali;  per  l'opposto  le  linee  perpendicolari  ad 
essa  cerniera  s'inclineranno  all'orizzonte  di  tutta  la  quantità  della  quale  il  piano  verrà 
a  moversi,  in  guisa  che  al  momento  in  cui  toccherà  la  verticale  ,  le  linee  saranno 
pur  esse  verticali;  le  linee  poste  primitivamente  in  direzioni  intermedie  a  quella  dei 


42  GEOGRAFIA   —   l'POCA    miMA 

detti  due  sistemi,  faranno  coU'orizzonte  degli  angoli  compresi  fra  0  e  90°.  Fedele 
immagine  della  disposizione  dei  grandi  assi  dei  ciottoli  negli  strati  dirizzali. 

Ciò  posto,  è  manifesto  che  i  terreni  di  sedimento,  i  cui  strati  saranno  sul  pendio 
delle  montagne  in  direzioni  inclinate  o  verticali,  esistevano  prima  dell'alzarsi  di  quelle 
montagne.  1  terreni  del  pari  sedimentosi,  che  si  prolungheranno  orizzontalmente  sino 
al  cominciare  dei  pendii  stessi ,  saranno  per  lo  contrario  di  data  posteriore  al  for- 
marsi della  montagna;  perocché  non  sarehbe  possibile  concepire  come,  uscendo  dalla 
terra,  essa  non  avesse  a  un  tempo  levato  seco  tutti  gli  strati  esistenti. 

Venendo  a  particolari,  fra  le  quattro  specie  di  terreni  sedimentosi  da  noi  distinte, 
ve  ne  ha  tre,  e  sono  le  più  alte  e  vicine  alla  superficie  del  globo,  o  diremo  le  più 
moderne,  le  quali  si  prolungano  in  istrati  orizzontali  fino  ai  monti  della  Sassonia, 
della  Costa  d'oro,  del  Forez -,  una  sola  che  è  il  calcare  del  Giura,  ovvero  oolitico, 
vi  apparisce  sollevata.  Dunque  l'Erzgehirge,  la  Costa  d'oro  e  il  monte  l'ilas  del  Forez 
sono  sorti  dopo  la  formazione  del  calcare  oolitico,  e  prima  della  formazione  dei  tre 
altri  terreni  di  sedimento. 

Sulle  pendici  dei  Pirenei  e  degli  Apennini  trovansi  due  terreni  sollevati,  cioè  il 
calcare  oolitico,  eél  terreno  gres  verde  e  creta:  il  terreno  terziario  e  il  terreno  al- 
luviale  che  lo  copre,  hanno  conservato  la  primitiva  loro  orizzontalità.  Sono  dunque 
i  Pirenei  e  gli  Apennini  più  moderni  del  calcare  del  Giura  e  del  gres  verde  che 
hanno  sollevato,  e  più  antichi  del  terreno  terziario  ed  alluviale. 

Le  Alpi  occidentali  (fra  cui  il  Monbiauco)  hanno,  come  i  Pirenei,  sollevalo  il  cài- 
care  oolitico  e  il  gres  verde,  ed  oltre  a  questi  il  terreno  terziario:  il  terreno  alluviale 
soltanto  nella  vicinanza  di  queste  montagne  è  orizzontale.  La  nascita  del  Monbianco 
vuol  essere  dunque  posta  fra  la  formazione  del  terreno  terziario  e  quella  del  terreno 
alluviale. 

Finalmente  sul  pendio  dell'ordine  dei  monti,  del  quale  il  Ventoux  fa  parte,  nes- 
sun terreno  di  sedimento  è  orizzontale,  "bensì  tutti  e  quattro  sono  sollevati.  Quando 
adunque  sorse  il  Ventoux,  il  terreno  alluviale  s'era  già  pur  esso  depositato.  • 

1  terreni  di  sedimento,  tanto  per  la  natura  loro,  come  per  la  disposizione  regolare 
dei  loro  strati,  sembrano  essere  stali  deposti  in  tempi  di  tranquillità.  Trovandosi  ogni 
terreno  contrassegnato  da  un  ordine  peculiare  di  esseri  organizzati  vegetali  ed  animali, 
era  assolutamente  da  supporre  che  fra  i  tempi  di  tranquillità  corrispondenti  al  precipi- 
tarsi di  due  di  que'  terreni  sovrapposti,  avesse  la  lena  patito  una  grande  rivoluzione 
fisica.  Noi  di  presente  sappiamo  che  tali  rivoluzioni  sono  consistite,  o  veramente  furono 
contrassegnale  dal  sollevamento  d'un  sistema  di  monti.  Non  essendo  i  due  primi  solle- 
vamenti di  cui  tratta  Beaumont,  i  più  notabili  dei  quattro  da  lui  classificati,  ben  si  vede 
che  non  si  può  dire  che  il  globo  invecchiando  divenga  meno  atto  a  provare  catastrofi 
di  tal  natura,  né  che  il  tempo  nostro  di  tranquillità  non  sia  per  terminare  come  i  pre- 
cedenti coll'improviso  emergere  di  qualche  immensa  giogaja. 

Stabilito  non  avere  tutti  i  monti  terrestri  forato  il  globo  in  un  medesimo  temi)0,  fu 
naturale  l'esaminare  se  i  monti  contemporanei  non  offrissero  tra  loro  qualche  relazione 
di  postura.  E  s'è  trovato  quanto  segue. 

Le  direzioni  dell'Erzgebirge,  della  Costa  d'oro  e  del  Pilas  sono  parallele  a  un  cerchio 
massimo  del  nostro  globo,  il  quale,  passando  per  Bigione,  facesse  col  meridiano  di  que- 
sta città  un  angolo  di  45°  circa. 

Le  montagne  contemporanee  della  seconda  sollevazione,  vale  a  dire  i  Pirenei  e  gli 
Apennini,  i  monti  della  Dalmazia  e  della  Croazia,  e  i  Crapac,  i  quali  appartengono  a 
uno  stesso  sistema,  come  si  può  dedurre  dalla  descrizione  datane  da  parecchi  geologi, 
sono  tutti  disposti  parallelamente  all'arco  di  un  cerchio  massimo,  del  quale  può  esser 
designala  la  posizione  con  dire  che  passa  per  Nalchez,  e  l'imboccatura  del  golfo  Per- 
sico. Però  qualunque  esser  ne  possa  la  cagione,  i  monti  che  in  Europa  sono  sorti 
dalla  terra  nel  tempo  medesimo,  formano  sulla  superficie  del  globo  delle  catene,  vale 
a  dire  degli  sporti  longitudinali,  e  paralleli  tulli  a  un  certo  circolo  della  sfera.  E  se 
suppongasi,  come  sembra  niturale,  che  colesla  regola  sia  applicabile  pur  fuor  dei  li- 
miti dentro  i  quali  ostata  avverata,  inclinerassi  a  credere  che  gli  Allegani  dell'Aiiierica 
settentrionale,  giacché  la  direzione  loro  è  pur  parallela  al  cerchio  massimo  che  con- 
giuuge  Natchez  e  il  golfo  Persico,  appartengono  per  età  al  sistema  dei  Pirenei.  E  pare 


01,01. oci  A  43 

potersi  dire,  senza  gran  rischio  di  dar  in  fallo,  clic  i  monti  della  Grecia,  qnelli  a  sot- 
tentrione  deirEulVatc,  e  la  gioyaja  della  [tenisola  dell'India,  che  pur  rispondono  esat- 
tamente all'additato  parallelismo,  siano,  come  gli  Allegani,  sorti  coi  IMr(yici  e  cogli 
Apennini. 

Il  terzo  sistema  di  montagne,  per  rispetto  d'antichità,  quello  di  cui  fanno  parie 
le  Alpi  occidentali  e  il  Monhianco ,  è  una  lunga  prominenza,  parallela  a  un  circulo 
massimo  che  passasse  per  Marsiglia  e  per  Zurigo.  Per  tutto  l'intt-rvallo  fra  queste  diie 
città  tal  regola  s'avvera  con  esattezza  notevolissima.  E  poiché  la  giogaja  che  separa 
la  Norvegia  dalla  Svezia  e  la  Cordiliera  del  Brasile  sono  entramhe  del  pari  parallele 
allo  stesso  cerchio,  egli  è  altresì  probahile  che  ahhiano  forato  la  corteccia  del  globo 
a  un  tratto  col  Monhianco. 

Quanto  al  ipiarto  ed  ultimo  sistema  studiato  dal  signor  di  Beaumont,  il  cerchio  mas- 
simo al  quale  può  essere  raffrontato,  passa  pel  regno  di  Marocco  e  l'estremila  orientale 
dell' Imalaya.  11  parallelismo  fu  avverato  sui  monti  Ventoux  e  Leheron  presso  Avignone, 
la  Santa-Baume  e  parecchie  sommità  della  Provenza,  e  finalmente  sulla  giognja  cen- 
trale delle  Alpi,  del  Valese  fino  all'llliria:  e  se  il  parallelismo  è  quivi  pur  indizio  di 
data,  come  par  conveniente  il  pensare,  noi  |)orremo  in  questo  meno  antico  sistema  di 
monti  il  Balkan,  la  grande  catena  del  Caucaso,  l'imalaya  e  l'Aliante. 

Dapoi  Beaumont  estese  i  sistemi  di  sollevamento  a  tredici  principali,  ed  altri  mir 
Dori  :  ma  a  tutto  fu  dato  importunza  e  defernnnazione  più  precisa  dall'esame  dei  corpi 
organici  che  son  compresi  nei  dilferenti  terreni. 

Di  strani  errori  ci  tramandarono  gli  antichi  sull'altezza  delle  montagne.  Così  GiosefTo  Altezza 
Ebreo  fa  il  monte  Tabor  aito  30  stadj,  ed  è  appena  3.  Aristotele  dice  che  il  Caucaso  è'^'^'™""'' 
per  un  terzo  della  notte  illuminato  dal  sole;  ed  altri,  che  dal  monte  Atos  il  disco  del 
sole  vedeasi  tre  ore  prima  che  dalla  marina  dell'Egeo.  Ora  dal  picco  di  Teneriffa,  dup- 
pio  almeno  dell'Atos,  non  si  vedrebbe  il  sole  che  12  minuti  prima  di  chi  stesse  al 
mare;  e  per  ottenere  quel  fenomeno,  avrebbe  l'Atos  dovuto  esser  alto  1423  miglia 
geogr.,  cioè  mille  cinquecento  volte  più  del  vero. 

Uno  dei  monti  più  elevati  della  Svizzera  centrale  è  il  Piiat,  e  il  più  alto  d'Kuropa  il 
Wonbianco  Se  sul  primo  si  ponga  lo  Schreckhorn,  o  sull'altro  la  Schneekoppe,  non 
s'arriva  ancora  all'altezza  del  Cimborazo.  Questo  passò  gran  tempo  per  la  montagna 
più  alta:  ma  è  JiOa  metri  più  basso  del  Sorata  nell'Alto  Perù,  il  quale  pure  è  di  metri 
ioi  inferiore  al  Giawahir,  la  più  gran  montagna  finor  misurata  nell'lmalaya,  e  che 
pare  inferiore  di  803  metri  al  Uawalagiri.  Per  eguagliarla  bisognerebbe  dunque  sovra- 
porre  al  Cimborazo  il  Righi  e  il  monte  Atos. 

Oggi  l'altezza  dei  monti  si  determina  esattamente  colla  livellazione,  la  triangolazione, 
il  barometro;  e  apprussiniativainente  col  grado  termometrico  a  cui  bolle  l'ucciua  di- 
stillata col  calcolo  della  distanza  da  cui  se  ne  vede  la  cima,  colla  temperatura  dimi- 
nuentesi,  colla  linea  delle  nevi. 

Nella   zona    torrida, 

ni  e  tri 

Sistema  delle  Ande Nevado  di  Sorata,  nella  Bolivia 7897 

Nevado  d'Illimani,  ivi 7474 

Vulcano  d'Aconcagua,  nel  Chili 7299 

Cimborazo,  nella  repubblica  dell'Equatore     .  6722 

Zona   temperata. 

Sistema  dell' Imalaya...  Dawalagiri,  al  nord  dell'India 8oS6 

Giawahir,  o  Nanda-Dewi ,  ivi 7951 

).       delle  Alpi Monhianco 4810 

Monrosa 4G36 

Finsteraarhorn 4362 

Jungfrau ' 4180 

«       de' Pirenei Cerro  de  Mulhacen,  nella  Sierra-Nevada    .     .  3356 

Picco  di  Nethu,  ne'  Pirenei 3403 

Monte  Perduto,  ivi 5559 


44  CEOCnAFlA   —  EPOCA    rniMA 

mefri 

Sistema  delle  Canarie..  Picco  di  TenerifTa     .     .     .     < 3713 

Zona   fredda. 
Sistema  Scandinavo....  Sulitelma,  nella  Lappoiiia  svedese    ....    1883  (1j 

Le  altezze  si  computano,  come  abbiam  detto,  dal  livello  del  mare:  ma  la  varietà 
nelle  misure  risultanti  suggerì  di  cercarvi  un  punto  fisso,  come  s'è  fatto  colle  longitu- 
dini e  col  calore.  Alfonso  Decandolle  propose  di  pigliare  per  unità  di  misura  la  più  alta 
montagna  del  globo,  riducendo  le  altre  a  frazioni  decimali:  così  facendo  iOO°  la  mag- 
gior vetta  deirJmalaya,  il  Nevado  di  Sorata  sarà  98"  4,  il  Monbianco  61°  o  ecc.  Ma 
oltreché  non  è  ben  determinata  l'altezza  di  quel  picco,  chi  assicura  se  esso  non  cresca 
o  scemi? 

Jomard,  conservatore  che  fu  del  Museo  geografico  della  Biblioteca  imperiale  di  Pa- 
rigi, dava  un  metodo  più  razionale.  Si  segnino  le  latitudini  di  un  grado  del  meridiano 
terrestre,  per  modo  che,  prendendo  sopra  qualsiasi  meridiano  un  arco  di  C,  cioè  la 
novecentesima  parte  del  quarto  di  circolo,  e  svoltolo  verticalmente  qual  prolungamento 
del  raggio  del  globo,  questa  sia  la  scala  delle  altezze,  partendo  dal  livello  dell'oceano, 
e  riferendovi  l'elevazione  de'  luoghi,  determinata  coi  metodi  geodetici,  le  misure  baro- 
metriche e  le  osservazioni  trigonometriche.  Così,  prendendo  due  luoghi  italiani,  avremo 
le  tre  seguenti  coordinate  : 

Monbianco  Croce  di  San  Pietro  a  Roma 

longitudine  da  Parigi         4°  41'  22"  est  10°    6'  41"  est 

latitudine  45"  49'  58"  nord  41"  54'    8" 

altezza  2'  33"  52'"  5"  12"' 

Che  se  si  chieda  il  valore  assoluto,  si  troverà  che,  assumendo  il  grado  medio,  cioè 
del  45"  parallelo,  un  grado  equivarrà  a  metri  111,111  i/q,  cioè  ogni  minuto  primo 
=  metri  1851.  85185M8;  ogni  secondo  =  metri  oO.  8641975;  ogni  terzo  =  melri 
0.  5144033:  sicché  il  Monbianco  corrisponderà  in  altezza  a  metri  4810.  7. 

Tornando  alle  protuberanze  del  nostro  globo,  appare  che  il  mondo  antico  offre  una 
massa  i»iù  larga,  quasi  a  parallelogrammo,  ma  dove  s'insinua  un'infinità  di  golfi  e  me- 
diterranei, moltipllcando  le  coste,  e  in  conseguenza  il  contatto  col  mare  e  le  comuni- 
cazioni :  l'Africa  e  l'Asia  centrale  e  settentrionale  non  dieder  passo  all'oceano,  il  nuovo 
mondo  è  meno  frastagliato  dal  mare,  ma  fiumi  immensi  corrono  dall'ovest  all'est, 
fecondando  le  solitudini.  Tale  configurazione  operò  granderuenle  sull'incivilimento  e 
sulla  storia  dei  popoli. 

E  appunto  alla  storia  de'  popoli  stessi  importa  il  conoscere  la  geografìa  fisica,  perciiè 
una  valle,  un  fiume,  un  monte  segnano  fra  le  nazioni  i  confini  che  la  spada  non  riesce 
a  svellere,  dividono  una  civiltà  da  un'altra,  e  danno  ragione  di  grandi  avvenimenli 
anche  a  chi ,  come  noi ,  neghi  che  i  gradi  di  latitudine  determinino  stabilmente  la  na- 
tura dei  popoli  e  la  loro  coltura  e  bontà. 

§  7.  —  Ecdidastica. 

Gcoprafia  Animali  e  vegetali  sono  distribuiti  sul  globo  a  norma  dei  climi;  e  ottantamila  specie 
botanica  di  piante,  centomila  d'animali  vi  furono  distinte.  Pomposa  è  la  vegetazione  nella  zona 
torrida,  coi  palmizj,  l'immenso  baobab,  le  felci  arborescenti,  l'erba  tra  cui  s'ascondono 
gli  elefanti,  l  datteri  non  maturano  di  qua  del  35"  di  latitudine;  la  vigna  fra  il  ."0"  e 
il  45"  ;  il  frumento,  la  segala,  l'orzo,  l'avena,  fra  il  40  e  il  60  vedonsi  uniti;  il  frumento 
giunge  al  30;  l'orzo  e  l'avena  maturano  fin  nella  Siberia.  E  via  via  nelle  zone  temperalo 

(1)  Lo  pili  esteso  quadro  è  a  wdersi  nella  Me-  par   le  Bureau  des.longiiudes ;  per  cs.  il  ISevailn 

moria  di  Adriano  Balbi,  Delle  primarie  alliludini  di  Sorala  non  ha  che  metri  0488;  8187  il  Dawnhi- 

del  globo.  Milano  1845.  Ma  nella  determinazione  giri;  e  8588  il  Kunchinginga  nella  parte  occiden- 

di  queste  altezze  v'ha  molta  varietà,  e  affatto  di-  tale  dell'Imalaya. 
verse  sono  date  aeWAnnuaire  pour  4858  publié 


ECDIOASTICA  45 

si  trovano,  dal  nord  al  sud,  prima  soli  muschi,  poi  licheni,  betulle,  salici  nani,  pini, 
abeti,  querce,  tigli,  ciliegi,  olivi,  fichi,  agrumi.  Sulle  montagne  riproducesi  la  mede- 
sima legge  di  vegetazione,  e  il  palmizio  può  maturare  al  pie  di  alcune,  sulla  cui  sommità 
si  coglie  la  germandrea  del  settentrione.  Tournefort  trovò  alle  falde  del  monte  Ararat 
Je  produzioni  dell'Armenia,  al  mezzo  quelle  d'Italia  e  Francia,  in  vetta  quelle  della 
Scandinavia. 

Nel  Messico  v'ha  cipressi  di  16  metri  di  circuito.  Presso  Astoria,  i  maggiori  pini 
conosciuti,  alti  più  di  100  metri,  e  della  circonferenza  fin  di  19;  uè  i  rami  cominciano 
che  ad  80  metri.  Ad  Altixco  un  cipresso  ha  25  metri  di  circonferenza;  e  36  uno  ad 
Oaxa,  che  credesi  formato  di  tre.  Sull'Ohio  v'è  platani  di  20  metri  di  circonferenza: 
a  Cuba  acagiù  che  danno  tavole  di  7  metri  sopra  2:  i  cacti  delle  aride  pianure  di  Cu- 
niaoa  somigliano  colonne  nel  deserto. 

A  Giava  ha  felci  alte  25  metri,  e  muschio  di  spessezza  portentosa.  Il  museo  Britan- 
nico conserva  il  tronco  d'una  felce  arborescente  (alaophila  brutioniana  Wall.)  lungo 
15  metri,  e  che  cresce  nei  monti  di  Stilhet  al  nord-ovest  di  Calcutta.  A  Borneo  si  ha  il 
betel,  il  cavolo-palma,  l'albero  del  sandragone,  la  sandraca:  alle  Celebi  l'ebano,  il  san- 
dalo, l'albero  del  pane,  il  cocco,  il  zenzero,  e  insieme  il  terribile  upas,  che  uccide 
tutte  le  piante  in  giro,  e  del  cui  veleno  ungono  le  loro  freccie  i  Macassari. 

I  moscati  che  si  coltivano  a  Banda  danno  circa  250  mila  chilogrammi  di  noci  l'anno, 
e  150  mila  i  garofani  d'Amboina,  dove  si  raccoglie  pure  Vhenne,  profumo  cercatissimo 
dalle  belle  d'Oriente.  Sumatra  dà  eccellente  cannella,  e  vi  si  vede  il  più  gran  fiore,  la 
rafflesia,  di  5  metri  di  circonferenza,  e  pesante  8  chilogrammi.  Solor  abbonda  di  bambù. 

Nelle  Savane  l'erba  elevasi  fin  5  metri-,  e  gli  alberi  della  senna,  della  gomma,  del 
banano,  del  burro,  il  tamarindo,  il  fico  d'India  ristorano  d'ombra  e  di  cibo.  Il  baobab 
è  il  gigante  della  vegetazione,  e  taluno  ha  fin  55  metri  di  circonferenza.  Vuoisi  che  un 
fico  della  Carolina  ne  abbia  70  :  l'albero  del  pane  v'è  preziosissimo,  e  i  frutti  di  tre 
basterebbero  a  nutrir  un  uomo. 

Ne'  paesi  temperati  prosperano  la  magnolia,  la  sassifraga,  l'acacia  ;  ne'  torridi  l'albero 
del  cocco,  il  cotoniere,  il  mogano,  il  cacto,  la  vaniglia,  il  banano,  il  cavolo-palma,  alto 
fin  70  metri.  Alle  Antilie  si  ha  il  sandalo,  il  campeggio,  il  brasile,  il  bambù,  il  tama- 
rindo, l'ananas,  il  legno  ferro,  il  velenosissimo  manseniliere. 

Carciofi,  cipolle,  tartufi  sono  squisiti  al  sud  del  -15°  ;  al  nord  di  questo  valgon  meglio 
i  cavoli,  le  rape,  i  piselli.  Nei  paesi  orientali  d'Europa,  la  vigna,  il  grano  turco,  il 
gelso  s'innalzano  al  nord  molto  più  che  nell'occidente,  ove  la  vigna  non  passa  il  50'. 

II  frumento  vuoisi  originario  della  Persia  e  dell'India:  l'orzo  cresce  spontaneo  in 
Ceorgia"  e  sull'Arasse:  il  bananiere  credesi  dell'India,  donde  seguì  le  migrazioni  :  le 
biade  del  Marocco,  meglio  coltivate,  potrebbero  bastare  a  nodrir  tutta  Europa.  Di  Bar- 
beria  ci  vengono  i  datteri,  e  gli  ulivi  ne  son  più  belli  che  quei  di  Provenza:  il  dura, 
specie  d'orzo,  è  il  cibo  de' Mori.  L'Abissinia  è  coperta  di  selve  di  agrumi:  a  Benin  gli 
Europei  trovarono  il  pimento,  che  per  secoli  le  carovane  portarono  a  Alessandria  co! 
nome  di  grano  di  paradiso. 

Nelle  regioni  settentrionali  non  vi  s'incontra  pur  una  delle  centrentasette  specie  di 
felci  sinora  conosciute.  In  Lapponia  le  betulle  son  appena  alle  un  metro;  il  salice  er- 
baceo allo  Spitzberg  non  elevasi  più  che  l'erba.  I  pini  e  gli  abeti  mostransi  fin  al  67°, 
i  tigli  e  il  faggio  a  65",  la  quercia  a  62',  il  pioppo  a  60  ,  dove  ancor  trovasi  qualche 
macchia  di  nocciuole.  Al  Groenland,  appena  allorché  la  state  rapida  e  cocente  fé  sparir 
i  geli,  verdeggiano  le  lande  d'un'erba  corta  e  magra  con  qualche  scarso  fiore,  mentre 
al  Chili  e  alla  Piata  essa  alzasi  in  modo,  da  nascondere  gl'infiniti  armenti  che  se  ne 
pascono.  I  pini,  le  querele,  i  faggi,  i  cipressi  differiscono  da  quelli  d'Europa. 

Le  cure  dell'uomo  naturarono  i  prodotti  a  climi  non  loro;  così  in  Fraacia  e  in  Italia 
recò  igeisi,  i  limoni,  l'uva,  l'albicocco,  il  castagno,  i  cedri,  i  ciliegi,  i  peschi,  i  prugni, 
i  ranuncoli,  le  ortensie,  le  rose,  l'orzo,  il  grano,  il  miglio,  gli  asparagi,  le  zucche  dal- 
l'Asia. L'arancio  venne  dalla  Cina  in  Portogallo,  donde  al  resto  d'Europa;  il  cavolofiore 
da  Cipro;  il  cocomero,  il  marrone,  il  fagiuolo,  il  riso,  il  gelsomino  dall'India;  la  segala 
dalla  Siberia;  dall'Africa  i  fichi;  il  melogninato  da  Cartagine;  il  prezzemolo  e  i  cavoli 
dall'Egitto;  i  mandorli  dalla  Mauritania  ;  dall'America  il  tabacco,  le  robinie,  i  jìlalani, 
i  pomidoro,  le  potate,  ecc. 


i 


46  GEOGRAFIA  —  El'OCA    l'RIMA 


g  8.   —   Metalli. 

L'oro,  l'argento,  gli  altri  metalli  si  trovano  dapertiitto,  ed  è  pregiudizio  antico  che 
i  paesi  caldi  abliondino  maggiormente  di  metalli  preziosi.  Le  più  ricche  miniere  sono 
agli  Orali,  al  Perù,  al  Messico,  alla  California;  ma  una  cava  di  carbon  fossile  oggi  si 
valuta  più  che  una  d'oro.  Nell'India  e  nel  Brasile  raccolgonsi  diamanti  ;  rubini  e  mala- 
chiti nella  Siberia;  e  per  dir  qui  d'altre  sostanze  preziose  come  ornamento,  perle  nel 
golfo  Arabico  e  Persico;  corallo  nell'Oceania,  men  bello  però  di  quel  del  Mediterraneo; 
ambra  sulle  coste  del  F3altico. 

L'Ural  offre  la  più  grande  varietà  di  sostanze  cristalline,  accumulata  sopra  piccola 
estensione.  La  piccola  catena  dell'ilmen  esibisce  essa  sola  ventotto  specie  di  minerali. 
L'altura  fra  Orsk  e  Bogoslovsk  ne  chiude  più  di  centodieci,  di  cui  venti  non  si  trovano 
in  verun'altra  regione  del  mondo.  Poi  ad  ogni  passo  s'incontrano  il  berillo,  il  topazio, 
grandi  cristalli  di  feldispato,  smeraldi,  i  graniti  e  i  porfidi  più  belli,  e  anche  diamanti. 
Dal  181  i  al  39  le  arene  lavate  diedero  166  mila  libbre  d'oro,  oltre  quel  che  si  cava  da 
filoni  :  v'abbonda  pure  il  platino.  È  favolosa  la  quantità  d'oro  che  in  questi  ultimi  anni 
diede  la  California;  ed  altrettanto  ne  promette  l'Australia. 

§  9.  —  Zoologia. 

Gnocrafia  L'elefante,  la  tigre,  il  leone,  il  rinoceronte  appartengono  a'  paesi  torridi  ;  l'America, 
animale  -^^  |q^^  ^g^g  1^,^  jj  tapjf^  jj  giagar,  la  vigogna.  La  zona  glaciale  porta  animali  di  ricche 
pelliccie,  volpi  azzurre,  ermellini,  zibellini,  vaj,  martore,  e  gli  utili  reoni.  L'orso  bianco 
abita  solo  le  regioni  polari:  il  renne  non  vien  di  qua  del  50°:  dal  22"  al  S5°  vive  il  ca- 
mello ad  una  gobba,  mentre  il  dromedario  passeggia  la  zona  torrida:  le  sdraie  stanno 
sugli  alberi  de'  paesi  caldi. 

Quanto  a  uccelli,  le  zone  fredde  nutrono  i  cigni,  le  anitre,  le  oche  di  morbidissima 
piuma:  le  temperate  i  pavoni,  i  fagiani,  gli  usignuoli:  le  torride  i  colibrì,  gli  uccelli 
mosche  e  da  paradiso,  lo  struzzo,  i  papagalli,  il  casnar.  L'aquila  e  l'avoltojo  sorvolano 
alle  montagne  eccelse,  ma  evitano  i  geli  polari.  Nelle  più  elevate  cime  de'  monti,  ove 
balzellano  lo  stambecco  e  il  camoscio,  fa  nido  il  condor. 

Le  aringhe  popolano  l'oceano  artico,  donde  sciamano  periodicamente  lungo  i  con- 
tinenti. Nei  mari  australi  abbondano  mostri;  nei  boreali  i  vitelli  marini;  fra  f  tropici 
le  dorate,  i  pesci  volanti.  La  gran  balena  del  nord,  differente  da  quella  del  sud,  evita 
la  Linea:  il  balenotto  (cachalot)  colla  testa  grossa  dei  mari  dell'india  non  è  quel  de'gla- 
ciali  :  il  pesce-cane  preda  in  tutti  i  mari.  I  pesci  son  rari  in  alto  mare;  più  ne  contiene 
il  Grande  oceano.  Fa  meraviglia  ai  naturalisti  il  trovar  foche  ne'  bassissimi  bacini  salati 
del  C;is|)io  e  dell'Arai,  e  nel  lago  Baikal  in  Siberia,  alto  114  metri,  ed  ampio  un  terzo 
dell'Adriatico,  eppur  d'acqua  dolce. 

Enormi  tartarughe  strascinansi  nella  zona  torrida.  I  zoofiti  si  fanno  più  numerosi 
avvicinandosi  all'equatore,  e  formano  quasi  una  cintura  al  globo:  cosi  è  di  molti  mu- 
luschi  marini.  Nei  paesi  caldi  vivono  i  serpenti  più  micidiali,  come  il  boa  d'America, 
il  pitone  della  Malesia,  il  crotalo  e  la  vipera  gialla  delle  Antilie. 

l)ovunque  sieno  maremme  e  paduli,  foreste  intatte,  pianure  incolte  molestano  nugoli 
di  moscerini  e  zanzare. 

In  Africa  le  rive  de'  fiumi  son  coperte  di  cocodrilli  e  d'icneumoni,  che  dicesi  mangino 
le  ova  di  fpielli,  e  che  in  riconoscenza  di  ciò  erano  adorati  dagli  Kgizj.  Il  cavallo  di 
Barberia,  il  bufalo  del  Capo,  il  nudo  del  Senegal  sono  vantati:  i  bovi  d'Abissinia  hanno 
corna  fin  d'un  metro  di  lunghezza,  e  vi  si  avvicinano  quei  di  Sicilia.  Comuni  sono  i 
cinghiali  e  i  lupi;  ne' deserti  le  antilopi,  le  gazelle,  gli  sciarali,  le  jene,  le  giraffe;  sui 
fiumi  gli  ippopotami;  oltre  le  zebre,  le  scimie  ecc.  il  rinoceronte  e  l'elefante  cedono 
di  forza  e  statura  a  quelli  d'Asia.  1  Romani  traevano  d'Africa  leoni,  tigri,  leopardi,  pan- 
tere, jene  pei  loro  anfiteatri.  Il  camello  a  un  gibbo  solo  nel  iv  secolo  passò  ad  occi- 
dente del  Nilo,  e  sarebbe  di  grande  importanza  il  naturarlo  alCapo. 


ZOOLOCIA  47 

L'aquila,  l'avoltojo,  la  pernice,  le  cicogne,  i  bengali,  la  pintada  o  gallina  numida  sono 
uccelli  d'Africa;  eie  ova  e  le  penne  dello  struzzo  vi  son  cercalissimi.  Il  serpente  boa 
sgomenta  per  la  sua  forza;  mollissiini  altri  pel  veleno.  La  conchiglia  che  dava  la  por- 
pora a  Tiro  e  Cartagine,  si  pescava  in  abbondanza  sulle  coste  del  Madagascar.  Enormi 
sono  le  tartarughe  dell'isola  dell'Ascensione,  come  sulle  coste  del  Coromandel.  Gli  scor- 
pioni son  pericolosi:  le  cavallette,  sovente  micidiali  ai  prodotti,  talora  servono  di  cibo. 

In  Siberia  i  cani  menano  le  slitte,  facendo  sin  cinquanta  miglia  al  giorno;  e  su  tutte 
quelle  coste  trovansi  l'orso  bianco,  conigli  del  nord,  pernici,  oche  selvatiche.  A  Seilan 
sono  begli  elefanti,  e  più  stimati  i  bianchi.  In  India  trovasi  il  tigre  reale,  e  nel  Cabul 
cani  che  lottano  con  esso.  Abbondano  le  scimie  nelle  selve  dell'India.  Vantansi  le  ga- 
zelle  di  Siria,  le  capre  d'Angora  e  del  Tibet,  le  asine  di  Palestina,  gli  onagri  di  Dauria. 
I  nomadi  tengono  moltissimi  camelli  e  innumerevoli  greggi. 

1  cavalli  del  Corassan  sono  men  leggieri,  ma  pu'i  belliche  quei  di  Arabia;  alcuni  capi 
ne  possedono  fin  diecimila,  ed  un  figlio  di  Gengis-kan  ne  regalò  a  questo  centomila. 
Nell'isole  della  Cocincina  la  rondine  salangana  fa  i  nidi,  lacchezzo  dei  ghiotti  della 
Cina.  Nelle  selve  dell'India  abbondano  i  pavoni;  i  fagiani  dorati  in  quelle  del  Caucaso: 
i  più  magnifici  uccelli  in  (juelle  d'America,  come  papagalli,  colibrì  rossi,  ecc.  Le  perle 
delle  isole  Baharein  hanno  un'acqua  più  bella  che  quelle  del  Seilan  e  del  Giappone.  Da 
Canton  e  da  Maniglia  viene  il  cane  senza  pelo. 

L'America,  prima  dell'arrivo  degli  Europei,  non  avea  cani  delle  nostre  razze,  né  gatti, 
né  cavalli,  o  bovi  ;  ma  que'  che  noi  vi  recammo  si  moltiplicarono  meravigliosamente, 
e  talvolta  tornarono  selvaggi,  come  i  cavalli  e  i  cani  oggi  formidabili  nei  pampa  del 
sud.  In  quei  della  Piata  i  cavalli  selvaggi  errano  a  torme  fin  di  diecimila,  custoditi  dai 
Gauchos,  Spagnuoli  divenuti  anch'essi  selvaggi.  Il  cane  del  Perù  somigliava  al  nostro 
da  pastore:  quei  del  Messico  non  latravano,  e  furon  mangiati  dagli  Spagnuoli  prima 
che  vi  s'introducesse  gli  armenti  :  quel  di  Terranuova  è  prezioso  perchè  ripesca  chi  cade 
nell'acqua. 

Indigeni  d'America  sono  altresì  il  bue  moscato,  l'alce,  il  lama,  il  colibrì,  gli  orsi 
bianchi,  le  volpi  rosse  e  azzurre.  Il  bue  moscato  o  bisonte  è  diverso  dal  zebus  dell'India 
e  dall'auroch  o  bue  primitivo  dell'Europa  settentrionale.  L'alano  è  più  grosso  del  ca- 
vallo. Dicesi  che  qualche  orso  al  Croenland  pesi  fin  800  chilogrammi.  Sulle  Ande  scor- 
rono bei  capriuoli ,  cervi  simili  ai  nostri;  e  nel  nord  si  colgono  lontre,  màrtore, 
castòri,  de'  quali  un'immensità  edificava  sui  fiumi  e  laghi  del  Canada.  Alla  foce  dell'A- 
niazone  abbondano  serpenti  e  cocodrilli  enormi,  mentre  le  vicine  selve  sono  gremite 
di  scimie.  Fra  i  serpenti  ve  n'ha  fin  di  20  metri  di  lunghezza,  e  1  di  circonferenza. 
Lucertole,  scorpioni  e  moscerini  infestano  le  regioni  basse  ;  e  la  luciola  splende  per 
modo,  da  rischiarar  le  notti. 

Innumerevoli  specie  nuove  d'uccelli  presentò  l'America,  dal  condor  delle  Ande  fin 
all'uccello  mosca  delle  Antilie.  Il  tachino  ci  viene  di  là,  e  così  il  cardinale,  il  papa- 
gallo,  il  jabira.  Al  banco  di  Terranuova  raigliaja  di  pescatori  van  ogni  anno  a  pescare 
il  merluzzo.  Alle  terre  boreali  ed  australi  si  prendono  le  balene,  le  foche,  i  vitelli  ma- 
rini. Il  can  marino  è  il  pasto  degli  Escbimali. 

Indicibilmente  variata  è  la  natura  nell'Oceania.  Alle  Molucche  son  le  farfalle  più 
grandi,  a  Borneo  lo  scoiattolo  volante,  e  l'orangotang,  fra  i  quali  il  pongo  ha  forza  di 
resìstere  a  sei  uomini;  il  rinoceronte  ha  due  corna  come  a  Giava,  mentre  a  Sumatra 
non  n'  ha  che  uno.  Alla  Nuova  Olanda  destano  meraviglia  il  kangurù,  l'echidne,  l'or- 
nilorinco  che  ha  corpo  peloso,  becco  d'anitra,  piedi  con  sproni  velenosi,  e  fa  ova.  Il 
mare  è  ricco  di  pesci,  che  in  alcuni  luoghi  si  crederebbero  isole  natanti.  Sulle  rive  si 
raccolgono  le  più  grandi  e  variopinte  conchiglie.  Gli  uccelli  di  paradiso  son  pompa  della 
Nuova  Guinea:  nell'Australia  il  cigno  nero  e  il  loriot,  che  fu  chiamato  dagl'Inglesi  p»*m- 
cips  reggmte  per  la  bellezza.  Un  piccolo  serpente  di  Borneo  dà  morte  istantanea.  A 
Mindanao  alcuni  pipistrelli  son  grossi  come  galline.  Enormi  ippopotami  frequenl  ino  le 
bnje  della  Nuova  Olanda.  Le  isole  Nicobar  danno  un'infinità  di  nidi  di  salangana. 

L'uomo  seppe  conquistare  per  uso  e  servigio  proprio  alcune  specie  d'animali,  che  Animali 
diconsi  domestici,  e  che  passando  a  tal  condizione,  canìbiarono  natura.  Queste  sono  fra  ^•'"'«'''" 
i  mammali,  il  cavallo,  l'asino,  il  mulo,  il  bove,  il  porco,  la  pecora,  la  capra,  i'  cane, 
il  gallo,  il  coniglio  ;  cui  possono  aggiungersi  il  camello  e  il  dromedario,  il  bufalo,  la 


48  GEOGRAFIA  —  El'OCA   PRIMA 

vigogna,  il  renne:  dell'elefante  si  domesticò  l'individuo,  non  mai  la^ specie.  Fra  gli  uc- 
celli, il  gallo,  il  tachino,  l'oca,  l'anitra,  i  piccioni;  e  più  rari  il  pavone,  il  fagiano,  il 
cigno,  la  gallina  faraona.  Fra  gl'insetti  le  api,  i  bachi  da  seta,  la  cocciniglia. 

Gli  animali  domestici  seguono  l'uomo  in  quasi  tutti  i  climi,  ma  le  loro  specie  differi- 
scono secondo  la  regione  cui  s'acconciano.  All'equatore  il  cane  più  non  latra;  al  nord 
i  bovi  perdono  le  corna. 
♦ 

§  10.   —  Commercio. 

Antico  quanto  la  società  è  il  commercio.  Dapprima  si  fece  per  baratto,  il  pastore  dando 
la  lana  o  la  carne  delle  sue  pecore,  per  ricevere  dall'agricoltore  frutti  e  grani  ;  poi  s'in- 
ventò un  rappresentante  comune  dei  valori,  il  denaro,  tardi  agevolato  mediante  le  let- 
tere di  cambio. 

Il  più  antico  commercio  dovette  farsi  per  carovane,  conformi  alle  abitudini  di  popoli 
nomadi:  dapoi  si  avventurò  sul  mare;  e  i  mezzi  se  ne  perfezionarono  sin  alla  presente 
raffinatezza.  Talora  per  estendere  il  commercio  si  formano  compagnie,  con  privilegi  o 
prerogative,  e  che  talvolta  divennero  perfin  sovrane,  come  la  Co^npagnia  inglese  delle 
Indie  orientali. 

Scali  chiamano  in  Levante  i  porti  o  villaggi  dove  i  mercanti  d'Europa  fan  posata  e 
tengono  magazzini  ;  nell'india,  in  Persia,  in  Africa  diconsi  banchi,  loggie,  palizzate, 
ecc.  Nei  porti-franchi  \e  navi  d'ogni  bandiera  possono  entrare  cariche  di  qualsia  merce 
senza  pagar  dazj. 

Sulle  fìpre  unisconsi  a  tempi  stabiliti  i  mercanti,  protetti  da  certe  concessioni,  per 
vendere  e  comprare.  Le  più  importanti  son  quelle  di  Jj'psia  e  di  Nijni-Novogorod. 

Gli  oggetti  principali  del  commercio  di  lungo  corso  sono  il  the  della  Cina,  il  cotone 
dell'India  e  dell'America  settentrionale,  le  spezie  dell'Oceania,  i  coloniali  delle  Antiiie, 
le  pelliccie  del  nord,  le  stoffe  fine  del  sud,  i  tessuti  dell'India  e  dell'Inghilterra,  gli  aromi 
d'Arabia,  i  legni  tintorj,  le  lane  del  Tibet  e  la  seta  della  Cina  e  della  Persia,  che  si  tes- 
sono con  finezza  incomparabile;  le  porcellane  del  Giappone,  i  cuoj  dell'America  me- 
ridionale; dipoi  le  balene,  i  vitelli  marini. 

§   H.   —  Antropomorfologia. 

L'uomo  L'uomo  abita  sotto  tutti  i  climi  ed  in  tutte  le  altezze,  e  v'ha  città  che  superano  le 
più  erte  cime  d'Europa,  quali  Taklakot  e  Curi  nell'lmalaya.  Deba,  principal  terra  del 
paese  di  Undes,  donde  ci  vengono  le  lane  di  Cascemir,  è  più  alto  del  monte  Cervino, 
ch'è  il  terzo  fra  gli  Europei.  Più  alte  del  Finsteraarhorn,  dell'Etna,  del  picco  di  Te- 
neriffa  sorgono  le  città  di  Pasco  nel  Perù,  e  di  Polosi  (4.166  m.)  nella  Bolivia.  La  ca- 
panna Indren  sul  Monrosa,  il  fòrte  dell'Infernet,  l'albergo  del  Faulhorn,  il  casino  dei 
Rulteri  sullo  Stelvio,  l'ospizio  del  Gran  Sanbernardo,  il  villaggio  d'Ancois  sono  le  più 
alte  stanze  d'uomini  in  Europa.  La  villeggiatura  fastosa  dei  re  di  Spagna  a  Sant'ldel- 
fonso  sta  a  115S  metri,  cioè  più  alto  che  il  Broken  di  Germania,  e  che  lo  Snowdon,  il 
più  elevato  monte  d'Inghilterra. 

Civiltà  Gli  uomini  sono  o  civili  o  barbari,  il  barbaro  può  aver  un  governo  regolato,  canti 
nazionali,  qualche  arte,  moltissima  attitudine;  ma  non  letteratura,  infimo  grado  dei 
barbari  sono  i  selvaggi,  molti  de'  quali  (aniropofagi)  mangiano  carne  umana.  Essi  vanno 
nudi  0  quasi,  e  si  dipingono  o  punteggiano  il  corpo,  non  hanno  nozze  stabili,  non  pro- 
prietà riconosciuta  e  garantita,  non  tutti  gli  altri  modi  di  assicurar  i  proprj  diritti  e 
d'arrivare  al  proprio  perfezionamento. 

Fra  i  civili  distinguonsi  generalmente  a.  la  classe  co//a,  cui  sono  affidate  la  religione, 
la  giustizia,  il  governo,  la  scienza;  6.  de' ^werr/er/,  che  protegge  lo  Stato;  e.  de'pro- 
prietarj  e  indusiri,  che  lo  nudrisce  e  veste;  d.  la  classe  serrile,  che  offre  servigi  liberi. 
Fra  alcuni  esiste  ancora  la  vera  schiavitù,  come  nelle  colonie:  o  la  serviiù  obbligata 
a  certe  prestazioni  e  servigi  di  corpo  (corvée,  comandate). 
Razze     Derivati  da  un  ceppo  solo,  molte  circostanze  introdussero  gran  varietà  fra  gli  uomini, 


ANTROPOMORFOLOGIA. 


49 


talché  possono  fra  loro  distinguersi  molte  razze.  Fra  i  sistemi  tentati  per  classificar 
queste  razze  e  la  distribuzione  loro  sulla  faccia  della  terra,  gli  antropologi  non  s'accor- 
dano in  alcuno.  Gli  uni  dedussero  le  distinzioni  da  caratteri  sociali,  cioè  il  linguaggio 
eia  figliazione  storica;  gli  altri  da  caratteri  naturali^  cioè  la  forma  e  il  colore:  i  quali 
attribuirono  chi  ad  una  originaria  disparità,  chi  a  cause  posteriori.  Senza  entrar  nelle 
quistioni,  diremo  come  la  più  vulgata  è  la  classificazione  di  Dlumenbach,  che  distingue. 

la  razza  Bianca  o  Caucasiana^  cui  appartengono  gli  Europei,  gli  Arabi,  le  genti  del 
Caucaso,  gli  Indi,  i  Persiani,  gli  Africani  de'  paesi  del  Nilo,  del  Sahara  e  dell'Atlante; 

la  razza  Gialla  o  Mongolica,  dei  popoli  dell'Asia  più  orientale,  di  cui  sono  princi- 
pali i  Cinesi,  Mongoli,  Tibetani,  Manciui,  Giapponesi,  e  quei  dell'India  transgangetica ; 

quella  color  di  Rame  o  Aìnericaìia,  che  comprende  gl'indigeni  delle  Americhe,  ec- 
cettuandone quei  delle  due  razze  precedenti  che  vi  migrarono  in  tempi  storici; 

la  Olivastra  o  Malese,  che  abbraccia  i  popoli  dell'arcipelago  Indiano,  detto  Malesia, 
e  della  Polinesia,  e  quelli  dell'Isole  Madagascar  e  Formosa,  della  penisola  di  Malacca  e 
d'altri  ; 

la  Negra  o  Etiopica,  non  solo  stabilita  in  Africa,  ma  diffusa  molto  in  Asia  e  nell'O- 
ceania, oltre  quelli  trasportati  in  America. 

I  frutti  della  mescolanza  di  queste  razze  han  nomi  diversi:  mulatto  il  figlio  d'un 
Bianco  e  d'una  Negra;  meticcio  quel  d'un  Europeo  con  un'Americana;  samòo  d'un 
Negro  con  un'Americana;  creolo  il  nato  in  America  da  genitori  europei. 

II  seguente  Quadro  è  appoggiato  alla  relazione  di  Omalius  d'Halloy  all'Accademia 
delle  Scienze  di  Bruxelles  nel  marzo  1844,  e  il  genere  umano  v'è  diviso  in  razze^  rami 
e  popoli,  col  numero  approssimativo  : 


I.  Divisiom  in  razze  e  rami. 


Razza  bianca 

Razza  gialla 

Razza  bruna 

Razza  rossa 
Razza  negra 


Ramo  europeo 
arameo 
persico 
scitico 

Ramo  iperboreo 
mongolo 
sinico 

Ramo  indo 
etiope 
malese 

Ramo  settentrionale 
meridionale 

Ramo  occidentale 

orientale 
Ibridi,  cioè  meticci, 


260,000,000 
26,050,000 
23,050,000 
21,000,000 

312,000 

2,280,000 

216,000,000 

124,000,000 
10,100,000 
16,000,000 

500,000 
4,500,000 

40,000,000 
1,000,000 

mulatti,  zambos  ecc. 


330,000,000 

218,592,000 

150,100,000 

5,000,000 

41,000,000 
10,000,000 


Totale     754,692,000  (1) 


(I)  Computi  recenti  sembrano  estender  molto  più 
il  numero  degli  abitanti  della  terra,  numerando  pel 

•I8b8  in  Europa 272,000,000 

Asia 750,000,000 

Africa 200,000,000 

America 59,600,000 

Australia 2,000,000 


d'abitanti,  divìsi  così: 

Razza  caucasea  .     . 
mongola  . 
etiopica  (nera) 
americana 
malese      .     . 
E  secondo  le  religioni 

Cristianesimo     . 

Ebrei 

Heligioni  asiaticbe  . 

Islam  ....     I 


In  tutto     >l  ,283,000,000 
L'ultima  statistica  generale  cL'io  conosca  e  quella 
di  Dietrici  direttore  dell'uffizio  di  statistica  a  Ber- 
lino, pubblicata  negli  Annali  di  quell'accademia. 
Stima  egli  la  popolazione  del  globo  -1288  milioni 

Cantù,  DoQmmti,  —  Tomo  I,  Geografia  politica. 


369  milioni 
552      » 
-196      » 

4  » 

200        n 

555  milioa 

5  » 

eoo     » 

-160       » 


Politeismo     .....    20O 


bO  GEOGRAFU  —  EPOCA   PRIMA 


IL  Suddivisione  del  ramo  Europeo  in  famiglie  e  popoli. 

l  Svedesi  3,000,000 

Scandinavi    |  Norvegi  1,000,000 

I  Danesi  1,500,000 

Famiglia  tentone      <  (j^^mani        \  ^IZZt.i  !  43,500,000  >     «2,500,000 


Neerlandesi 


f  p.     .  \  Gallesi  500,000  1 

„     ...        „.  l  uran  )  Bassi  bretoni       1,000,000  (      .,»  iwwninn 

tauiigha  celtica  ^  ,r,ajjjjggi  8;000;000         1^,000,000 

(  ^^"'  ^  Highlandesi  500,000  ' 

i  Francesi  proprj  i 

Francesi  Valloni  [  35,000,000 

(  Romani  } 

Famiglia  latina         <  Spagnuoli      }  pSJfoghesi  (  22,S00,000  >     8^.^00,000 

Italiani 22,500,000 

Valachi 0,500,000 

.,     .  ,.  \  Greci 2,500,000  (        ,  -.n^  ,w,n 

Famiglia  greca  j  ^jj^^^^^j       1 1500,000  i        -i>000,000 

\  Russi  proprj    ì 
Russi  Rusniaci  47,000,000 

(  Cosacchi         ) 
Bulgari 4,000,000 

\  Serviani  / 

Serbi  Bosniaci  [    3,500,000 

(  Dalmati  ecc.    ' 

Famiglia  slava  (  Carni 2,000,000  >     70,600,000 

Vendi 200,000  ' 

(  Boemi  I 

Cesci  Slovachi  8,500,000 

I  Anaki  ' 

Polacchi  ....:..      9,000,000 

l  >-"--          S  UUoSi  """"'i    ^'''^•'^  ì 
Famiglia  basca  Baschi 400,000 

Totale    260,000,000 

HI.  Suddivisione  del  ramo  Arameo  in  famiglie  e  popoli. 

.  Arabi 16,000,000  / 

Famiglia  semitica         Ebrei 4,000,000        20,500,000 

I  Siri 500,000  \ 

Ìi  Calibi  1,000,000 

iipri.pri  )  Amazirgi  4,000,000 

Derueri  i  Tuariki  300,000  >       5,550,000 

(  Tibbù  100,000 

Copti .         150,000 

Totale     26,050,000 

IV.  Suddivisione  del  ramo  Persico  in  famiglie  e  popoli. 

Tagichi 9,500,000 

Afgani  proprj       3,500,000 

Famiglia  persiana     ì  ^^„.^^.  \  ^jjjuf  i    2,000,000  \     20,000,000 


■D" 


lì*^,'""-  5,000,000 

Fataai  ecc.     \    ^»'^"^>""'^ 


ANTROPOMORFOLOOU  SH 

i  Curdi  1  ^Z^'  l*'^«l""j''  j    J,5U0,0UU  i 

Famiglia  persiana        ^^^^^.    _    /  ^"'|  _      ^^^0000^3  2,550,000 

f  Osseli 50,000  ' 

(  Georgiani i 

Famiglia  georgiana  |  Mingrelj |  500,000 

I  Lasi \ 

Totale      23,050,000 

V.  Suddivisione  del  ramo  Scilicu  in  famitjlie  e  poi)oli, 

\  Circassi 600,000  ì 

Famiglia  circassa  Teescinzeri 200,000  1,200,000 

ì  Lesghi 400,000  \ 

Famiglia  magiara      j  ^'^'S'^ari     ...........    j        4,^00,000 

(   Osmanli 4,000,000  \ 

l  Turcoraani 1,600,000   J 

Carttlpaki     \ 3,000,000 

Famiglia  turca  ^  Kirghizi 2,000,000  ;      12,200,000 

J  Kumisci  I  1 

ìì%lf  1.^00,000  ] 

\  Turanianiecc.)  ' 


/  ,  Teleuti 

Finni 

Siberia       )  Voguli 

f  Ostiaki 


Finni        \  Sagaisti  ( 

di  l  Cacinzi  }     120,000 


/  Baschiri  140,000 

l  Tepliari  105,000 

\  Meceriaki  10,000 

Finni         1  Giuraci  370,000 

Famiglia      /  della  Russia  \  Cermissi  190,000  >  1,110,000  \        ..  iniimui 

Unnica       \     orientale      ]  Morduani  90,000  (  /       '*,iyy>"uu 

Permiaki  54,000 

Siriani  50,000 

Voltiaki  141,000 

e  Livi 

\  Fsti 

Finni        )  Iscori  v  ,  ^-..  ., ,,, 

del  Baltico  Kyriali  ^  1, «70,000 

/  Ymi 

l  Quaini 


!'■  i 


Totale      21,000,000 
VI.  Suddiviaione  della  razza  Gialla. 


nigi 

lia  lappone 

Lapponi 

16,000 

1) 

sauiojeda 

Samojedi 

20,000 

» 

jenissea 

Jenissei 

08,000 

» 

jacuta 

Jakuti 

88,000 

» 

canisciadala 

Camsciadali 

9,000 

» 

coriaca 

Coriaci 

8,000 

i> 

giukagira 

Giukagiri 
■   Sciukci      ] 

5,000 

» 

eschiraala 

\  Sciugasci  ( 
\  Aleuli        ( 
/  Eschiraali  ' 

50,000 

» 

?  kuriliaaa 

Àiaos 

50,000 

Ramo     ^        »        coriaca  Coriaci  8,000  \  -.a  mqq 

ll)Erl)OrGO      '  "  rrìiil'Ofrirn  l^ìiiL'Qrrirì  '^  f\C\Ì\    f  > 


t)2 


Karao 
mongolo 


I{amo 
sinico 


Famiglia  mongola 

„       tongusa 

Famiglia  cinese 
,)        coreana 


Ramo 
indo 


Ramo 
etiope 


Ramo 
malese 


GEOGRAFIA  —  EPOCA  PRIMA 

500,000 

4,000,000 

120,000 

60,000 

000,000 

160,000,000 

8,000,000 

25,000,000 

12,000,000 

4,000,000 


giapponica 

indo-cinese 

tibetana 


Mongoli 

Eleuti 

Boriati 

Tongusi 

Mancini 

Cinesi 

Coreani 

Giapponesi 

Annamìli 

Siamesi 


Peguani 
Birmani 
Tibetani 


5,000,000 

2,000,000 
Totale 


2,280,000 


216,000,000 


218,592,000 


VII.  Suddivisione  della  razza  Bruna. 


Famiglia 
inda 


Famiglia 
malabara 

Famiglia 

abissina 

Famiglia 

fellala 


Famiglia 
malese 


Famiglia 
micronesia 


Famiglia 
tabuana 


Seiki 

Ragiaputi 

Maratti 

Bengali 

Zigeuni  ecc. 

Malabari 

Tamuli 

Telingi 

Cingalesi  ecc. 

Abissini 
I  Galla  ecc. 
I  Fellati 
1  Ova  ecc. 

Malesi 
[  ^  Batta 

Giavanesi 

Macassari 

Bugi 

Turagia 

Daja 

Binajos 

Tagali  ecc. 

Mariannesi 

Caroliniani 

Mulgraviani 

Neozelandesi 

Tungani 

Bougainvilliani 

Cookiani 

Taitiani 

Pomoluani 

Marchesani 

Sandwicesi 


74,000,000 

(    50,000,000 

j      5,000,000 
l      5,000,000 

15,000,000 


124,000,000 


10,000,000 


^,  \      16,100,000 
100,000  ì 


1,000,000 


Totale    150,100,000 


Vili.  Suddivisione  della  razza  Rossa. 
Famiglia  kaliuga 


Famiglia  lennapc 

Ramo      /  Famiglia  irochese 
settentrionale  \ 

Famiglia  sciua 
Famiglia  apaca  ed  allix 


Kaliugi 
Aidas 
Knistenali 
Cippewai 
Algonchini  ecc. 
Uroni  ecc. 

Dacota 

Assiniboini 
I  Pani 

Osagi 

Apachi  ecc. 


)00,000 


Fani,  azteca 
Il      chiscia 


Ramo 
meridionale 


cbisciuana 

antisìana 

araucana 

pampana 

cichiteana 
moxaiia 

guaraniana 


AMROPOMORFOLOr.IA 

Aztechi  ecc. 
Maja,  Chisci  ecc. 
Chisciiia 
Aimara  ecc. 
Tacani  ecc. 
Arauci 
Fuegiani 
Patagoni 
Macobi  ecc. 
Cichitos  ecc. 
Moxos  ecc. 
Guarani 
Butecudi  ecc. 

Altre 216,000 

Totale 


83 


2,r;oo,ooo 

100,000 

1,315,000 

15,000 

3i,O0O 

32,000 

19,000 
27,000 

[     242,000 


4,500,000 


IX.  Suddivisione  della  razza  Negra. 


Ramo 
occidentale 


Ramo 
orientale 


Famiglia  cafra 
»        ottentota 
))        nesra 


Famiglia  papuana 


Famiglia  andamana 


popolazioni  varie,  la  piiì 
parte  sconosciute 

Figiani 

Neocaledonj 

Neobridiani 

Salomoniani 

Papusj 

degli  Andaman 

deirindo-Cina 

di  Lucon 

della  Nuova  Guinea 

della  Nuova  Olanda 

del  Van-Diemen 


,000,000 


40,000,000 


1,000,000 


Totale     41,000,000 


^  12. — Etnografia  d'Europa. 


Unica  in  principio  dev'essere  stata  la  lìngua;  poi  si  suddivise  in  tre  gruppi,  giape- Le  lingue 
tica,  semitica,  camitica;  e  in  questi  un'indefinibile  varietà  di  lingue  e  di  dialetti.  Sono 
da  duemila  le  lingue  conosciute,  ma  quindici  possono  guardarsi  come  le  principali,  per- 
chè estese  su  maggiori  contrade:  cioè  in  Asia  il  cinese^  Varabo,  il  turco,  il  persiano, 
Vebreo,  il  sanscrito:  in  Europa  il  tedesco,  Vinglese,  il  russo^  il  greco,  il  latino,  il  portO' 
ghese,  lo  spagnuolo,  il  francese;  nell'Oceania  il  malese. 

Come  pili  a  noi  importante,  qui  daremo  la 

DIVISIONE  ETNOGRAFICA  DELL'EUROPA. 

L'Europa,  di  sì  angusti  confini  fisici,  abbraccia  tutto  il  globo,  stante  che  le  sue  genti 
antiche  e  moderne  fondarono  innumere  colonie  in  tutte  le  altre  parti  del  mondo.  Genti 
straniere  troviamo  in  Europa  stanziate  di  buon'ora  ;  asiatiche  nella  parte  orientale, 
come  gli  Ottomani  che  dominano  la  Turchia  europea;  gli  Ebrei  sparsi  dapertutto  ;  gli 
Zingani  e  gli  Armeni  diffusi  molto,  ma  in  assai  minor  numero;  i  Calmuchi  e  i  Samo- 
jedi.  L'etnografia  non  trova  orme  d'antiche  invasioni  d'Africani  sul  fcuolo  d'Europa, 
benché  la  storia  le  accenni. 


].  FAMIGLIA   DELLE  LINGUE   IBERE , 
diusa  in 

Lingue  antiche  f,  idiomi  deiTurdelani, 

Carpetani,  Lusitani  ecc.  (1) 
Lingue  antiche  vive:  Escuara  o  basca. 


II.    FAMIGLIA   DELLE   LINGUE  CELTI- 
CHE, divisa  in 

Lingue  antiche  f,  idiomi  de'  Biturigi, 

Edui,  Senoni,  Calati. 
Lingue  antiche  fwc;  Gallico,  Gaelico 


(t)  Segneremo  col  f  le  lingue  morte;  col  ?  quelle  la  cui  classificazione  è  incerta;  col  «e  quelle  miste 
ad  altre. 


u 


GEOCnAFU  —  EPOCA   PRIMA 


0  Celtico  proprio,  Cimro,  Celtobel- 
gico. 

IH.  FAMIGLIA  DELLE  LINGUE  TRACO- 
PELASGICIIE  0  GRECO  LATINE  in  quat- 
tro rami: 

Tracf.-ili.irico,  idiomi  dei  Frigi,  Tro- 
jani,  Lidj,  Traci,  Macedoni,   Illirici 
antichi. 
Albanese,  Skipo  moderni. 
Etrusco  t- 

PErASGo-ELLENico,  idiomi  de'  Pelasgi , 
Cretesi,  Enotri,  Arcadi  ecc. 
Ellenico  o  Greco  antico, 
Romeico  ,  Apio-Ellenico  o   Greco 
moderno. 
Italico,  idiomi  degli  Aborigeni,  Luca- 
ni ,  Piceni  ecc. 

Latino  f . 
Romano. 
Italiano. 
Francese. 
Spagnuolo. 
Portoghese. 
Valaco. 

IV.  FAMIGLIA  DELLE  LINGUE  GERMA- 
NICHE in  quattro  rami  : 

Teutonico,  idiomi  de'Quadi,  Marco- 
manni,  Ermonduri ,  Catti. 
Alto-tedesco  antico  f. 
Sassone,  idiomi  de'  Cimri,  Angli,  Sas- 
soni ecc. 
Basso-tedesco  antico  o  Sassone  an- 
tico. 
Basso-tedesco  moderno  o  Sassone 

moderno. 
Frisone. 

Neerlandese  o  Datavo  moderno. 
Scandinavo  o  normanno  gotico,  idiomi 
degli  Joti ,  Goti ,  Ostrogoti ,  Vandali? 
Eruli?  Borgognoni? 
Mesogotico  f. 
Normanno  f. 
Norvegio. 
Svedese. 
Danese. 
Anglo-britannico,  Anglo-Sassone. 
Inglese. 

V.  FAMIGLIA  DELLE  LINGUE  SLAVE  in 
tre  rami  : 

Russo-illirico  ,  Slavone  ,  Slavenscki  , 
Serviano,  Serbo,    Illirico  o  Ruteno. 
Russo  ,  Ruski  0  Russo  moderno. 
Croato. 
Windo. 


BoEMO-poLACCo,  Bocmo  0  Ceko. 

Polacco. 

Serbo  o  Sorabo. 
Wendo-lituano,  Wendo. 

Pruczo  0  Prussiano  antico. 

Lituano. 

Letto  0  Lettwa. 

VI.  FAMIGLIA  DELLE  LINGUE  URALIE, 
dette  Finniche  o  Ciude,  in  cinque  rami: 

FiNNico-GERMANizzATO  :    Fiunìco    pro- 
prio. 

Estonio. 

Lappone. 

Livo. 
WoLGAico:  Cermisso. 

Morduino. 
Permiano:  Permiano. 

Wotiaco. 
Ungherese  o  Ugriano  ;    Ungherese   o 

Magiaro. 

VVogolo. 

Ostiaco  0  Obiostiaco. 
Incerto  :  Unnico?  \ 

Avaro  ?  \ 

Bulgaro?  f 

Kazaro  ?  f 

I.  FAMIGLIA  PELASGA. 

A.  lìAMO  TRACIO   (Adelung,  Vater  , 

Gatterer). 

i.  Frigi  in  Asia;  Brizj  in  Europa  f. 

2.  Lidj,  di  cui  una  colonia  in  Etruria  ? 

*  Lidia,  distretto  della  Macedonia. 

*  Tirreni  di  Macedonia. 

3.  Trojani,  e  loro  migrazioni  f. 

4.  Bitinj,  cui  discendenti  i  Tini  oo 

(Mannert). 

5.  Carj,  colonie   in   Laconia ,   ecc.   | 

(Raoul-Rociiette). 

6.  Traci   propriamente    detti    f  (vedi 

Slavi,  ecc.). 

*Maidi  in  Tracia?  (Ramo  dei  Medi. 

Maltebrun). 
*Pel'jgoni  io  Macedonia ,  Pehlau-'an  ? 

(Maltebrun). 

B.  RAMO  ILLIRICO. 

\ .  Myù  0  Moesii,  popolo  misto. 

2,  Baci  0  Ceti  ?  oo  (vedi  Valachi). 

3,  Dardani?  oo. 

4.  Macedoni  antichi ,   almeno   in    par- 

te   00. 

5.  Illirj  antichi  oo  (vedi  Albanesi). 

a)  Phartini  (bianchi  in  albanese). 
/3)  Taulantii. 
7)  Molossi. 


ETNOr.RÀFU   nnLL'P.UROPA 


3)  Arà(pi  (Eordir ì  in  Macedonia). 
e)  Dalmati. 

6,  Pannoni  o  Pawies  f  (Mann^rt). 

7.  \eneti,    colonia   illirica  in  Italia   oo 

(Fnr.iiET). 

8,  Siculi,  idem  oo. 

9.  Japtjgi^  idem  f. 

C.  RAMO  PELASGO-ELLENWO. 

1.  Pelasgi ,  o  indigeni   primitivi    della 

Grecia  e  d'Italia  oo. 

2.  Lelegi ,    colonia  asiatica  venuta   in 

Grecia  t  (Raoui-Rochette). 

3.  Cureii,  idem?  f 

4.  Perrhebi,  Pelasgi  di  Tessaglia  f- 
J).  Tesproti,  idem  in  Epiro  f. 

fi.  Etolj  (forse  Illirj). 

7.  Ellenij  nominati  anteriormente  GrcBci 

in  Epiro  e  Graz  in  Tracia. 

a)  Achcei  0  Achivi,  vale  a  dire  li- 
torani  dei  fiumi. 

/3}  Jones  o  Jaones ,  cioè  lancia- 
frecce. 

'/)  Dores  o  Dori,  cioè  portalance. 

j)  Aioli,  Eolj,  cioè  erranti,  scor- 
ridori. 

8.  Arcadi,  Pelasgi  del  Peloponneso   oo. 

9.  Enotri,  migrati  in  Italia   oo, 

10.  Tirreni;  migrati  in  Italia  oo  (Raoul- 
RocnETTE). 

Lingue  antiche  di  questi 
tre    rami 

A.  LINGUE  TRACE  f  o  oo. 

i.  Tracio    proprio,    rassomigliante   al 
persiano,  pei  nomi  proprj. 

2.  Frigio,  idem;  una  delle  origini  del 

greco  e  dell'illirico  o  albanese. 

3.  Lidio,  forse  ramo  frigio. 

4.  Cario,  forse   pelasgico  misto  di  fe- 

nicio. 

*  Licaonio  di  san  Paolo. 

B.  LINGUE  ILLIRICHE  oo  ? 

1.  Illirico  proprio,    una  delle  origini 

dell'albanese. 

2.  Getico,  prima  della  dominazione  dei 

popoli  slavi. 

*  I  Siginni ,    popolazione  meda  o 

indostana,  da  cui  trassero  origi- 
ne gli  Zingari,  e  che  parla  pro- 
babilmente un  idioma  asiatico. 

C.  LINGUE  ELLENICHE,  greco  antico 

(TiERscH  e  Maltebrun). 

1.  Ellenico  primitivo,  rassomigliante  al 
pelasgico  f. 


a.  Arcadico  f. 

b.  Tessalico,  col  greco  macedonico 

antico?  00. 
e,  Enotrico,  trasportato  in  Italia  e 
misto  al  latino  ce. 
2.  Ellenico  dei  tempi  storici. 

a.  Eolico  antico  rassomigliante  al- 

l'enotrico;  lingua  degli  Dei  in 
Omero   oc. 

b.  Dorico   antico,    derivante    dal- 

l'eolico; lingua  di  SafTo,  Pin- 
daro ecc. 
a)  Laconico,  idioma  separato. 
j3)  Dorico  recente  di  Siracusa; 
lingua  di  Teocrito, 
e.  .Ionico  antico,  o  l'ellenico  rad- 
dolcito   dalle    nazioni    com- 
mercianti;   lingua    d'Omero, 
rimasta  classica  per  la  poesia 
epica. 
a)   Ionico    d'  Asia  ,   ancor    più 
raddolcito  ;  lingua    d'  Ero- 
doto. 
P)  Ionico    d'  Europa ,    piij    ma- 
schio :  ne  è   la  derivazione 
principale  V  idioma  attico, 
lingua  classica  degli  oratori 
e  del  teatro. 

d.  Greco  letterale  comune  ,  o  l' i- 

dioma  antico  purgato  ed  as- 
soggettato a  regole  dai  gram- 
matici d'Alessandria;  comune 
a  tutta  Grecia,  all'Oriente,  alle 
persone  civili  di  Roma,  e  fino 
a  Barbari. 

e.  Idiomi  locali,  poco  conosciuti. 
a)  L'alessandrino  vulgare. 

p)  Il  Siro-greco,  lingua  del  Nuovo 
Testamento. 

11.  FAMIGLIA  ETRUSCA  0  ITALICA. 

1.  Aborigeni  o  Opici  (figli  di  Ope , 
la  terra) ,  nomi  generici  (Malte- 
brun). 

a.  Euganei,  prima  dei  Veneti  f. 

b.  Liguri,  divisi  in  molte  tribù, 
e.  Etruschi,  la  totalità  della  nazione 

ctrusca  (Maltebrun). 

d.  Piceni  coi  Sabini. 

e.  Marsi^  ecc. 

f.  Umbri  (Dionigi  d'Alicarnasso). 

g.  Sanniti,    forse   Samones ;  abi- 

tanti delle  alte  terre  (Samos), 

divisi  in 
i.  Irpini,  cacciatori  dei  lupi. 
2.  Caudini  ,   armati    di  tronchi 

d'albero. 


86 


GEOGRAFIA  —  EPOCA  PRIMA 


o.  PmtTì,  da  pmnus,  punta 

4.  Caraceni,  vestiti  di  caraca. 

5.  Frentani,  armati  di  fionda. 
h.  Latini,  ecc.  <» 

ì.  ^usones  oo. 
k.  Sjcu?t  (Dionigi). 
1.  Lucani  e  Brutta  o  Eretti. 
2.  Colonie,  storicamente  probabili. 

a.  Orientali,  cioè: 

«}  Pelasgi  d'Arcadia,  1400  av. 
C,  +. 

§)  Greci  antichi  e  Pelasgi  di  Tes- 
saglia f . 

7)  OEnolriij  divisi  in 
j.  OEnotrii  proprj,  vignaiuoli. 
2.  Chonii,  agricoltori. 

^)  Daunii,  Japygi,  ecc. 

e)  Tirreni  della  Lidia  macedo- 
nica, UGO  a  1200  av.  C.  f. 

?)  Trojani,  che  forse  parlavano 
r  eolico  antico,  900  av.  C, 
(Maltebrun). 

ri)  Colonie  achee,  doriche,  calci- 
diche  in  Sicilia  e  nella  Magna 
Grecia  a». 

b.  Settentrionali,  cioè: 

a)  Siculi ,  secondo  1'  opinione 
dei  moderni  00. 

P)  Veneti ,  tanto  Illirici  che 
Slavi  00. 

7)  RasencB  {Rceies),  tribù  con- 
quistatrice dell' Etruria? 

S)  Peligni?  {Pela,  rupe  in  ma- 
cedonico). 
e.  Occidentali,  cioè: 

«)  Colonie  celtiche  co  (Freret). 

1.  Umbri?  Vedi  pili  sopra. 

2.  Senones. 

3.  Liguri?  Vedi  sopra. 

4.  Insubri  (Isombri). 

5.  Volsci  (Volcce?)  f. 

^)  Colonie  ibericheobasche (Mal- 
tebrun). 

1.  Sicani. 

2.  Oschi  00. 

3.  Corsi  propriamente  detti, 

4.  /h'ensi    in    Sardegna    (  G. 
Humboldt). 

5.  Balariy  ecc. 

Lingue  antiche  di  questa 
famiglia. 

A.  LINGUE  ITALICHE  (Merula  e  Mal- 
tebrun). 

1.   Lingua  cfrusca  00,  probabilmente 
divisa  in  sacra  e  vulgare-,  oltre  i 


dialetti,  quali 
Il  r etico. 
Il  falisco. 
Vumbrico  (Merula). 

2.  Lingua  «7aZ/ca  centrale  0  opscica  oc, 

in  cui 
Il  sabello  0  sannj^jco. 
11  sabino,  ecc. 
Il  latino. 

3.  L'ausonjo  col  sìculo,  il  lucanio,  ecc. 

B.    LINGUE    STRANIERE    ALU  ITA- 
LICA. 

i.  Dialetti  celtici  ed  illirici: 

a.  Il  ligure  00 . 

b.  Il  gallo-cisalpino  00. 
e.  Il  veneto. 

d.H  volsco? 

e.  L'idioma  degli  Iapigi? 

2.  Dialetti  iberici  o  òasc/te  (G.  Hum- 

boldt). 

a.  L'osco  {eusce  0  basco). 

b.  il  sicanio,  ecc. 

3.  Dialetti  ellenici  00. 

a.  Il  dorico  (Merula). 

1 .  Il  siracusano  0  siciliano. 

2.  Il  tarantino  (laconico). 

b.  L" acheo-jonico  (Maltebrun). 
4 ,  Il  sibaritico. 

2.  Il  crotoniate. 

e.  L'eo/o-dorìco. 

*  Il  locrino. 

Lingue    moderne    dai     rami 
pelasgo- elleno -etruschi. 

1.  Greci-moderni  0  Romei,  misti  di  Ro- 

mani, Slavi,  Asiatici,  ecc. 

Lingua  greca  moderna  (Romeika,  Apio- 
ellenica). 

ì.  Eolio-dorico  rimodernato. 

2.  Tzakonito,  avanzo  del  dorico. 

3.  Cretese  0  candioto. 

4.  Greco-epiroto  ed  albanese. 

5.  Greco  di  Valachia ,   di  Bulga- 

ria, ecc.  (Adelung). 

2.  Albanesi  0  Skipetari,  miscuglio  d'an- 

tichi illirici,  Greci  e  Celti  (Masei 
e  Maltebrun). 

Lingua  skipa  0  albanese. 

a.  Lo   skipo  0  albanese  proprio , 

coli' idioma  dei  Gheghi,   dei 
Mirditi,  deiToski,  dei  Chamu- 
ri,  dei  Japy. 

b.  L'albanese  misto,  dove 

l'albanese  grecizzato  d' Epiro; 


ETNOGRAFÌA  DELL'EUROPA 


67 


r italo-albanese  di  Calabria; 
l'albanese  di  Sicilia. 

3.  Valachi  o  Romani ,   raiscuglio   dei 

paesani  di  Dacia  e  di  Tracia  ,  colle 
colonie  militari  romane,  slave  ed 
altre. 

Lingue  valacà,  o  slavo-latina, 
0  daco-Romana. 

a.  Romanico  o  valaco  proprio. 

b.  Moldavo. 

e.  Valaco  d'Ungheria  e  di  Transil- 
vania. 

d.  Kutzo-valaco  o  valaco  di   Tracia 

e  di  Grecia. 

4.  Italiani     ì         ,.„ ,. 

-o.  Francesi  ^eaiqm  avanti 

Q.  SpagnuoliS    ^  mo\^  celto-romam. 

Lingue   celto-latine. 

a.  Italiana. 

h.  Romanica  o  provenzale. 

e.  Francese. 
d.  Spagnuola. 

Ili,    FAMIGLIE  SLAVE   0   WINIDICHE. 

Rami  antichi  conosciuti 
dai   Greci    e    dai   Romani. 

A.    POPOLI    PADRONI    DI     PAESI 
SLAVI. 

i.  Sciti,  divisi  in  Caste  e  tribù. 

a.  Sciti  reali.  Casta  dominante,  che 

parlava  lo  zend  o  altro  idioma 
dell'Aita  Asia.  Quattordici  vo- 
caboli medo-scitici  si  hanno 
presso  Erodoto, 

b.  Scili    agricoltori ,    tribù    vas- 

salle  ,    forse    slave  ,    vendute 
come  schiave.  Si  ha  l' idioma 
scitico   in   Aristofane,   alcune 
parole   in  Plinio ,  e  le  iscri- 
zioni d'Olbia. 
e.  Sciti  pastori,  tribù  vassalle,  forse 
finniche  o  ciude  (Bayer). 
2.  Sarmati,  orda   conquistatrice  d'a- 
spetto   mongolo-tartaro    (  Malte- 
brdn). 

a.  Sflrmatì  proprj. 

b.  Jaxamati  [Jazigi?]. 
e.  Exomati. 

d.  Thisomati  (iscrizione  di  Prota- 
gora). 

5.  Ostrogoti,  vincitori  dei  Sarmati. 


B.  POPOLI  SLAVI  ANTICHI  SENZA 
DENOMINAZIONE  GENERALE. 

i.  Popoli  slavi  del  mezzogiorno, 

a.  Eneli  in  Paflagonia?  f  (Sestren- 

CEWICZ). 

b.  Cappadoci?  ("idem). 

e.  Crobizy  (Chrowitzyj,  in  Tra- 
cia 00  (Maltebrun). 

d.  Ressi  (idem)  oo, 

e.  Triballi  (Drewaly)  ?  t 

f.  Dardani,  da  darda  lancia  (Mal- 

tedrun). 

g.  Diverse   tribù   delle    montagne 

della  Grecia, 
h.  Carili  cogli  Istri. 
i.  Veneti,  secondo  alcuni. 
2.  Popoli  slavi  del  settentrione. 

a.  Serbi    coi    Vali    presso   i  Rha 

(Volga)  t. 

b.  Rossolani  oo ,  più  tardi  cono- 

sciuti sotto  il  nome  di  Ros. 
e.  Budini,  popolo  0  goto  o  slavo  f. 

d.  Bastarnce  coi  Peucini. 

e.  Daci,   0  tal  altro  popolo,  che 

diede  alle  città  della  Dacia 
i  suoi  nomi  slavi  desinenti  in 
ava  00. 

f.  Olbiopoliti  del  11  secolo,  misti  di 

Greci. 

g.  Pannoni  {pan  signore)  ? 
h.  Carpi  nei  monti  Biecziad. 
i.  Sabogues,  ecc. 

1.  Lijdii  OD,  dipoi  Licechi,  ecc. 

m.  Mongilones  ed  altri  in  Stra- 
bone. 

n.  Venedi  o  Venedce ,  dipoi  nomi- 
nati Wendi,  alle  imboccature 
della  Vistola. 

0.  Semnones,  fra  l'Oder  e  l'Elba?  f 
p,  Vindili  di  Plinio. 

q.  Osi  di  Tacito  [Otsclii,  i  padri). 

Nazioni  e  lingue  slave 
conosciute    dopo    Attila. 

1.  Slavi  propriamente  detti. 

A.  Ramo  orientale  e  meridionale. 

(DOBROWSKl,  VaTER). 

1.  Russi,  popoli  misti  di  Rossolani,  Sla- 
vi, Goti,  ecc. 

a.  I  grandi   Russi  di  Novogorod  , 

Mosca,  Suzdal,  ecc. 

b.  I    piccoli   Russi  di   Kiovia   ed 

Ucrania. 
e.  I  Rusniaci  0  Orosz,  nella  Gallizia 
e  nell'Alta  Ungheria. 


S8 


CEOGRAHA  —  EPOCA   TRIMA 


d.  I  Cosacchi,  misti  ai  Tartari,  ecc. 

Lingua  ruxsa. 

a)  Dialetti  delia  grande  Russia 
(lingua  scritta). 

/3)  Idioma  di  Suzdal,  il  più  ete- 
rogeneo di  tutti. 

7)  Dialetto  d'Ucrania  0  della  pic- 
cola Russia. 

(?)  Il  rusniaco,  antichissimo  dia- 
letto. 

e)  11  russo-lituano  ,  avanzo  del 
krùritzo?  Vedi  i  Wendi. 

K)  11  russo-cosacco. 

2.  Serviani  0  Slavi  del  Danubio. 

Lingua  serviana  (serbska). 

a.  Dialetto  serviano  proprio  (lingua 

scritta  e  pulita). 

*  Antico   slavo  ,    lingua   della 

Chiesa  russa,  quasi  identica 

al  serviano. 

b.  Dialetto  bosniaco. 

e.  —      raguseo  e  dalmata  (ita- 

lianiz.). 

d.  —      montenegrino. 

e.  —      uscocco  misto  di  turco. 

f.  —      slavo,  purissimo. 

g.  —      bulgaro-slavo,  ecc. 

3.  Croati  0  Chrobati  0  Slavi  narici. 

Lingua  croata. 

a.  Dialetto  croato  0  chrobato,  vale 

a   dire  delle  montagne. 

b.  —      sloveno,     parlato    nel- 

l'ovest della  Bassa  Un- 
gheria (dialetto  scritto). 
e.      —    windo,  parlato  dai  Win- 
di  meridionali ,  popolo 
misto: 
a)  windo   di    carniola ,   cogl*  i- 
diomi  dei   Karts  ,   Tzizsch , 
Porjk,  ecc. 
P)  ìfindo  di  Stiria  e  di  Carintia. 

d.  Dialetti  dei  Podlusacki  in  Mora- 

via, e  forse  dei  Chartcati. 

.  Ramo    centrale    ed    occidentale 

(DOBEOWSKi), 

1 .  Polacchi  0  Liaich. 

Lingua  polacca  scritta  e  lette- 
raria. 

a.  Dialetto  della  grande  Polonia. 

b.  —  piccola  Polonia. 

e.  I  Mazuri  in  Mazovia  e  Podla- 

chia:  il  dialetto  mazuro  è  im- 
purissimo. 

d.  I  Corali  nei  monti  Crapack. 

e.  I  Cassubi  in  Pomerania? 

f.  Gli  Sleso -Polacchi ,  col  dialetto 


medziboriano  ^  antico  polacco 
misto  di  tedesco. 

2.  Boemi  0  Ceki  (Tchekes). 

a.  Ceki  propriamente  detti. 

b.  Ceki  di  Moravia. 

Lingua  ceka,  scritta  e  puli- 
ta, quasi  senza  dialetti. 

3.  Slovachi  o  Slavi  dell'  Ungheria  set- 

tentrionale. 

a.  Dialetti    slovachi    delle    mon- 

tagne. 

b.  Dialetto   delle  sponde   del  Da- 

nubio, 
e.  L'idioma  hanaco  in  Moravia. 

d.  —       straniaco     idem. 

e.  —       selagsciaco  idem  ;  tutti 

avanzi    del    mahrairany   0 
slavo  della  grande  Moravia. 
*  Dialetto  ceko ,  usato  come 
lingua  scritta. 

IL  Wendi  0  Slavi  del  Baltico. 

A.  Wendi  proprj  (Windili?  Winidoe). 

Wagri  (Ilolstein  orientale)  f. 
Obotriti  0    Afredi    (  Mecklem- 

burgo). 
Jìani  f. 

Rugiani  misti  di  Scandinavi  00. 
Lutilzi.     .     . 
Wilzi    .     .     . 
Welatabi  .     . 
Havelli ,   ecc. 
Milzieni.    .     . 
Serbi  0  Sorabi.  .  \ 
Wendi  di  Altenburgo  00. 
,  Regio    Slavonum    in    Franco- 

nia  00. 
Luzinki    .     . 


Brandebur- 

go  00. 

Sassonia. 


Zpriawni  .     .     .\ 
Polabi  0  Linoni  00, 


Lusazia. 


B.  Wendi-Lituani  (Vened.v,  yEstii). 

1.  Pruczi  0  Wendi-Goti  (Gudai). 

Lingua  prucza  t  1G85. 

2.  Litìcani  0  Lituani. 

a.  Lingua  litewka,  scritta. 
\.  Dialetto  di  Vilna. 

2.  —        sc/iammìoodiSa- 

mogizia. 

3.  —        prussiano. 

1).  Idioma  kriìcitzo,  nella   Russia 

Bianca  00. 
e.  Letone  0  letttoa,  con' 

11  letone  di  Livoni.a, 

11  semgallo  in  Semigallia,  e  i 

Dialetti   dei  Rhedi ,  dei   Tra- 
vineki,  ecc. 


ETNOGRAFIA 

IV.  FAMIGLIE  FINNICHE  0  CIUDE. 

Nazioni    antiche 

che   occuparono    le    contrade 

Unniche. 

1.  Sciti  d'Europa,  f  200  d.  C. 

2.  Sarmati?  f  400  d.  C. 

3.  Jazigi  (Jatìringi  della  storia  polac- 

ca); t  1268. 

4.  Fermi  di  Tacito,  Zoumi  (Suomi)  di 

Strabene  (Mai.tebrun). 

5.  JEstii  0  Ehstii?  Vedi  più  sopra. 

6.  Scyri,  Eruli,  ecc.?  (Lelewel). 

7.  Unni  europei,  o  Ounni  e  Chuni  del- 

l'antica  geografia   classica.  Razza 
turco-mongola. 

8.  Razze  ignote,  sottomesse  agli  Fnni. 

Nazioni  e  lingue  odierne. 

A.  RAZZA  FINNICA   PURA  (Adelunc, 

PORTHAN,    PaLLAS). 

1 .  Finlandese  o  Suome. 

a.  Dialetto  finlandese ,   pulito   nel 

mezzogiorno  (lingua  scritta). 

b.  Dialetto  tatcastiano,  diviso  in 
a)  taìvastiano. 

/3)  satacundiano. 

V)  ostroboinico. 
e.  Dialetto  careliano  o  kiriala , 
diviso  in  idioma  di  Savolux  , 
d'Ingria,  di  Hautalamb,  di  Ca- 
relia  e  Olonetz,  ecc.,  di  Ca- 
yanien  o  quòne. 

2.  Ehsti,  forse  un  avanzo  degli  iEstii. 

a.  Ehsto  proprio  ,   diviso    in  dia- 

letto di  Reval  o  della  Har- 
ria,  di  Dorpat  o  à.'Ungannia, 
d'CEsel. 

b.  Liici  0   Livoni.    Col    dialetto 

anlico-Lixco ,  e  il  kreiicina- 
no,  ecc. 

B.  POPOLI  FINNICI  MISTI. 

ì.  Permiaci  o  Biarmj  ,  schiatta  poco 
conosciuta,  mista  di  Finni  e  di 
Scandinavi? 

Lingua  permiaca  in  dae  dialetti , 
permiaco,  e  siriano. 
2.  Magheri  o  Magyar,  Finni  soggiogati 
dai  Turchi  e  da  una  razza  ignota 
deiTnonti  Ural  (Gyarmaty,  Laino- 
vicz). 
Lingua  magiara  scritta,  coi  dia- 
letti di   Raab    o    occidentale 
(Adelung)  ,  Debrezin  o  orien- 
tale,   degli   Szekler   tribù  di 
Transil  Vania. 


dell'europa  ►iO 

3.  Lapponi,  ramo  finnico  misto  con  una 
tribù  unnica  (Unni  di  Scandinavia 
di  Graberg)? 

V.  FAMIGLIA  GERMANICA. 

A.  RAMO    TEUTONICO    Sl'L    RENO 

E  Sl'L  DANUBIO. 

Tribù  ed   idiomi   antichi. 

Rastarna>\?      .      Idioma   ignoto  (Vedi 

Slavi). 
Svevi  0  nomadi,  f  Idioma  svevico  antico, 
ignoto. 

Marcomanni J  ,  tj- 

Quadi  .  '  t  Idioma  alto 

Taurisci     .     \     .     \     '.     \\    teutonico. 
BoiQivarì.  Dialetto  misto 

di  celtoboico. 
Istevones ,  più  tardi  Fran-1 

chi /      Dialetto 

Hermonduri  o  Her-  \     [rancico 

miones l       (Gley). 

Catti ) 

Alemanni.  Dialetto  alemannico  (Hebel). 

Tribù  moderne 
ed    idiomi    esistenti. 

1.  Svizzeri  (Svevi  venuti  al  luogo  dei 

Celto-Elvetici). 

a.  Idioma  di  Berna  e  d'Argovia. 

b.  —        della  valle  d'  Hasli. 
e.        —        di  Friburgo. 

*  Vernacolo  icelsc   di   Misten- 
lach. 

d.  Idioma  d'Appenzell. 

e.  —      dei  Grigioni. 

2.  Renani. 

a.  Dialetto  àeWAlsazia. 

b.  —      di  Svevia. 

e.      —      del  Palatinato. 

3.  Danubiani  o  ramo  marmonnico. 

a.  Bavaresi,  coi  dialetti  di  Mona- 

co ,   Hohen-Schwangen,  Salis- 
burgo. 

b.  Tirolese,  coi  dialetti  della  valle 

di  Zill,  della  valle  d'/nn,  della 
Lientz ,    dei   così  detti  Cimri 
del  Veronese  e  del  Vicentino^ 
(Hormayr). 
e.  Austriaco. 
d.  Boemo-Slesiano. 
i.  Franco-sassone  o  media  Germanica. 
Lingua  scritta  universale  Volto  te- 
desco, 0  dialetto  di  Misnia  sottc-i 
posto  a  regole. 

B.  RAMO  CIMRO-SASSONE  nelle    pia 


60 


GEOGRAFIA  —  EPOCA   PRISfA 


nure  che  costeggiano  il  mar  Baltico  e 
del  Nord- 

Popoli  antichi. 

Cimbri  oo  (secondo  altri,  Joti-Scandinavi). 
Angli  00,  idioma  anglico  antico  oo. 
Saxones  (Ingoevones  dei  Romani). 
Heruli?  f 
Longobardi  o  Vinuli  di  Cimbra  oo  ;  idioma 

vinulico. 
Semnones?  f?  (piuttosto  Slavi-windi). 
Cherusci,  misti  ai  Franchi  oo. 
Bructeri  e  Caucij  idem,  oo. 
Frisones. 
Baiavi,  secondo  1  Romani,   colonia  dei 

Calti. 

C.  RAMO  SCANDINAVO 


Menapj,  ecc.  oo. 
Tungri. 

Nazioni    moderne. 

1,  Sassoni,  o  abitanti  della  Bassa  Ger- 

mania. 

a.  Sassone    propriamente    detto  , 

idioma  della  Bassa  Sassonia. 

b.  Sassone  orientale. 

e.  Westfaliano  o  sassone  occiden- 
tale. 

2.  Frisoni,  dove  l'antico  frisone,  e  molti 

dialetti  moderni: 
^a.  Frisone  propriamente  detto, 
b.  Neerlandese  o  baiavo  moderno. 

0  NORMANNO-GOTICO. 


Ioti,  Goti,  Manni ,  Vanni;   popolazione 
anticamente  stabilita  nella  Scandinavia. 


Alani?  Rhos  o  Roxolani,  Golhones  [Godatj 
dei  Lituani),  Heruli?,  Segri,  Longo- 
bardi oVinuli  emigrati,  Vandali,  Juthun- 
gi,  Burgundiones;  popoli  di  razza  scan- 
dinavaj  misti  di  Slavi,  di  Wendi  e  d'altre 
nazioni  soggiogate. 


Popoli  ed  idiomi  antichi. 

lotico  antico,  basso  scandinavo. 
Gotico  antico,  alto  scandinavo. 
Manheimico,  dialetto  medio ,  origine  delle 

lingue  moderne. 
Vandalico  ? 
Alanico,  simile  al  gotico  f. 

a.  Rhos-alanico  (oo  nel   russo).    Gotico 
antico  di  Vater. 

b.  Ostrogotico  (oo  in  Ucrania  ed   in 
Italia). 

0.  Visigotico  (oo  in  Polonia  ed  in  Ispa- 

gna). 
d.  Mesogotico  (dialetto  d'Ulfila). 
Erulo,  incertissimo,  misto,  secondo  alcu- 
ni, di  lituano. 
Longobardico ,  forse  derivante  dal  jotico  o 

dal  cirarico. 
Burgundico,  forse  normannico ,   misto   al 
wendo. 


Divisioni  moderne. 

11  normanno  o  lingua  generale  dei  se- 
coli vili  e  IX  (usata  dagli  Scaldi  e 
nell'Edda  :  alt-nordisch  di  Grimm). 

1 .  Il  norvegio  (norrena)  dei  secoli  x  e  xi. 

2.  Lo  svedese  (svensk),  dal  1400  in  qua, 

distinto  in 

a.  Svedese  (lingua  scritta), 

b.  Gotico  moderno. 

3.  Il  danese  fdansk)  dal   1400  in   poi , 

distinto  in 

a.  Danese  (lingua  scritta), 

b.  Jullandese  o  jotico  moderno. 

D.  RAMO  ANGLO-BRITANNICO. 

Popoli  e  idiomi  antichi. 

Belgi.    .  .  I  Vedi  più  avanti  famiglie  cel- 
Cumbri .  .  i      liclie. 


Gallo-Romani.  Lingua  romana  rustica. 
Germani  o   Scandinavi.    Antico   dialetto 
gotico    0    scandinavo    (Tacito).    100 
av.  C.   00. 

Lingua    anglo  -  sassone , 
449-900  00. 

a.  angla  al  nord 
del  Tamigi. 

b.  sassone  al  sud 
del  Tamigi. 

c.jotica  nella  con- 
tea di  Kent. 
Danesi.  Lingua  dano-sassone,  800-1040  oo. 
Normanni.  Idioma  franco-nmstriano,  dopo 
il  1066  00. 

Dialetti  odierni, 
a.    L' inglese   propriamente    detto 
(lingua  scritta). 


Angli  .  . 
Sassoni  . 
Jutlandesi . 


ETNOGRAFIA  DELL'CUROI'A 


61 


h.  V  inglese  norlumbriano  (dano- 
inglese). 

e.  Lo  scozzese  (anglo-scandinavo). 

d.  V anglo-americano ,  che  va  sco- 
standosi dall'inglese. 

VI.  FAMIGLIA  CELTICA. 

Popoli    e    idiomi    antichi    (Malte- 
bhun). 

i.  Celti  del  Danubio.  Idiomi  ignoti. 

Elvetii,  BoiiosjScordisci,  Albani  A' W- 
liria?  Aoci  celtiche  nell' Alhanese, 
Catini  in  Sarmazia,  ecc.  (Tacito). 

2.  Celli  d'Italia  oo.  Idiomi  poco  noti. 

Ligures  o  Ligyes  fino  al  Rodano,  In- 
subri, Cenomani ,  ecc.,  Rhasence  o 
Etrusci?  voci  nella  lingua  etru- 
sca  00,  Umbri,  ecc.  (vedi  più  sopra 
Pelasgi  italiani). 

3.  Celti  delle  Gallie  oo.  Lingua  celtica  o 

gallica  degli  storici  romani. 

Salyes,  Allobroges,  ecc.  (sulle  Alpi), 
Volcce  forse  Belgi ,  Arverni  (ausi 
Latio  se  dicere  fratresj,  J^dui,  Se- 
quani,  Helvetii ,  Bituriges ,  ecc. 
Pictones,  Seniones ,  ecc.  Carnutes , 
Cenomani,  TuroneSj  ecc.  (la  celtica 
dei  Druidi  ) ,  colonie  alle  isole 
britanniche?  *  Pitti  dai   Pittoni? 

Colonie  in  Ispagna.  Lingua  celti- 
berica. 

a)  I  Celtiberi  divisi  in  sei  tribù  :  Be- 
rones,  Lusones ,  Pelendones,  Belli, 
Arevaci,  Dittili. 

/3)  I  Celti. 

4.  Celti  dell' Ibernia. 

lerni  (Iverni ,  Iliberni)  nell'  Irlanda , 
lingua  ersa  antica?,  Scoti  passati 
Iscozia,  Silures  nel  paese  di  Galles 
meridionale  oo,  Damnonii  nel  Corn- 
eali 00,  Celtici  Galizia,  Oystrimnes. 

5.  Cello-Germani.  Lingua  belgica  o  celto- 

0  Belgi.         germanica  oo. 

a.  Belgi  del  continente  oo. 

b.  Belgi  oltramarini,  o  Celto-Bretlo- 
ni,  0  Cumbri  oo.  Lingua  celtobre- 
tona,  cumbrica  o  cambrica. 

e.  I  Gallazj  0  Galli  d'  Asia  (San  Gi- 
rolamo) f. 

Popoli  e   idiomi    esistenti. 


4.  Celti  propriamente  detti 

a.  GV  Irlandesi    ,        ( 

0  Ires.  g  S  'i 

b.  I  Caledonj  '«^3  , 
o  Highlan-  ^  §>' 
ders. 


a.  Dialetto 
erso  0  eri- 
nach. 

b.  —  Cal- 
donach. 


u)  ncirilighland. 
P)  nell'Ulster, 
v)    idioma     mank 
neir  isola    di 
Man. 
6)    —    di  Walden 
nella     contea 
d'Essex. 
2.    Cumbri  o   Celto-belgici. 

a.    I    Gallesi        Lingua  icelscia. 
0  Welsc.      a.  Dialetto  di  ÌVallis. 
h.  —  di  Cornvall  a>. 
Lingua    bassa' bret- 
tona. 

a.  Il  tr econico. 

b.  Il  leonardo. 

c.  L'idiomadelCorn- 

wal  00. 

d.  —    di  Vannes. 

VII.' FAMIGLIE  IBERICHE. 

i.  I  Turdetani.        Idioma  ignoto,  e  col- 
tivato 6000  anni  fa 
(Stradone). 
2.  1  Eonii  (Cyneles, 

Cynesii).         Voci  finniche  e  slave? 
*  1  Soìicani,  ecc. 


b.   Brettoni 
0  Breyzad. 


5. 

I  Lusitani. 

Dialetto  ignoto  f. 

4. 

I  Calaichi. 

Forse  Celti  di  un  ra- 

0 GallcEci. 

mo  ignoto  05. 

5. 

Gli  Astures. 

idem  !• 

6. 

I  Vacccei. 

idem. 

7. 

I  Vettones. 

idem. 

8. 

l  Carpetani   . 

j 

9. 

Gli  Oretani   . 

/Dialetti  ignoti  della 

10. 

Gli  Editani  . 

>          lingua    iberi- 

H. 

I  Basietani     . 

\          ca  oo. 

12. 

I  Contestani  . 

' 

13. 

Gli  Ilergetes 

Idioma  osco,  dialetto 
del  bosco  t  (Mal- 
tebrln). 

*  La  vescitania 

»  con  Osca. 

14. 

Gli  Ilercaones.  . 

15. 

I  Latetani.    .     . 

Dialetti  iberici  ignoti. 

16. 

I  Cerretani  .     . 

17. 

Gli  Aquitani. 

Dialetto  basco. 

18. 

I  Cantabri. 

idem. 

19. 

I  Vascones. 

Lingua  basca  o  iberica 
(Humboldt). 

a.  Dialetto 

del  Lampurdan. 

b.      — 

di  Guipuscoa. 

e.      — 

di  Discaglia. 

Vili.  LINGUE  CELTO-LATINE. 
A.  ITALIANO. 

*  La  lingua  romana-ruslica,  stipite 
comune  al  1000. 


62 


GEOGRAFIA  —  EPOCA   PRIMA 


1.  Italiano  settentrionale. 

a.  Dialetti  italo- francese: 
a)  Dialetto  del  Piemonte. 

/3)  —  del  Friuli  colle  va- 
rietà di  Fassa,  Livinalun- 
ga,  ecc. 

b.  Dialetti  liguro-italici. 
a)  11  genovese. 

P)  Dialetto  di  Monaco, 
v)      —      di  Nizza. 
S)      —      d'Estragaolles,  ecc. 
e.  Dialetti  lombardi: 
a)  Milanese. 
/3)  Bergamasco, 
y)  Bresciano, 
ò')  Modenese. 
e)  Bolognese. 
?}  Padovano. 

2.  Italiano  meridionale  ed  orientale. 

a.  Dialetti  veneziani  : 

x)  Veneziano   proprio    scritto  e 

pulito. 
/3)  Dalmato -italiano. 
y)  Cor  fiotto. 
S)  Zantiotto. 

j)  Italiano  di  alcune  isole  del- 
l'Arcipelago. 

b.  Dialetti  toscani  : 
a.)  Toscano  puro. 

|3)  Fiorentino  vulgare. 

V)  Senese. 

S)  Pisano. 

s)  Lucchese. 

K)  Pistoiese. 

«)  Aretino,  con  molte  varietà. 

*  Dialetti  dell'  Umbria  e  delle 
Marche  ? 

e.  Dialetti  ausonj. 
a)  Romano  civile. 

*  Transteverino  vulgare. 
J3)  Sabino  negli  Abruzzi. 
y)  Napoletano. 

d)  Calabrese. 
s)  Pugliese. 

?)  Tarenlino  o  greco-pugliese 
•/))  Idiomi  di  Bitonto. 
3.  Italiano  delle  isole  : 

a.  Siciliano. 

«)  Siciliano  del  xii  seco/o  (lingua 
scritta  poetica)  oo. 
§)        —         moderno    (  lingua 
scritta). 

*  Dialetti  poco  noti. 

b.  Sardo: 

a)  Sardo  diviso  in  Campidaneso 
(dialetto  scritto),  e  al  Capo 
di  ^oprot 


/3)  Toscano  di  Sassari,  ecc. 
y)  Catalano  o  d'Alghero, 
e.  Córso. 

B.  ROM. ÌN ICO  (Provenzale,  Occitanico). 

4.  Romanico  delle  Alpi. 

2.  Retico  0  romanico  dei  Grigioni  e  del 

Tirolo. 
a)  Dialetto    dell'  alto   paese   dei 

Grigioni^  cioè:  Schams;  di 

Ileinzerberg  ;  di  Domlesch  -, 

di   Oberhaibstein-,  di  Tusis. 
|3)  11  rumonico  delle   pianure  e 

delle  montagne, 
y)  Il  ladinum  a  Coirà,  con  l'alto 

engadino ,  e  il  basso  enga- 

dino. 
3)  L'idioma  gerdena  o  della  valle 

di  Groden. 

a.  Valesano ,  antico   idioma  cello- 
romano  del  Basso  Valese. 

b.  Elvetico   0   romanico   di    Fri- 
burgo. 

a)  Il  gruverin,  nell'alto  paese. 

(?)  Il  quetzo,  nel  centro. 

v)  11  broyar,  nel  basso  paese. 

3.  Provenzale. 

a.  Il    provenzale   proprio   (  lingua 
scritta). 

a)  Dialetti  d'Aix. 
f)      —      di  Berry. 

b.  Il  linguadochese  proprio. 

«)  Dialetto   tolosano  o  il  moundi 

(lingua  scritta). 
fi)      —      di  Nimes. 
y)      —      dei  contorni  di  Nizza. 
(J)  Il  rovelgat. 
e)  Il  valayen. 
e.  Il  delfinese  più  misto  di  celtico 
(lingua  scritta). 
«)  Dialetto  della  Bresse. 
|3)      —      del  Bugey. 
d.  Il  guascone. 
a)  Il  guascone  di  Guascogna. 
P)  11  tolosano  popolare   distinto 

dal  moundi. 
y)  11  bearnese  di  Francia. 
(j)  Il  limosino  attuale  ,  col  dia- 
letto del  Perigord. 
4.  Romanico-iberìco. 

a)  11  limosino  antico. 

p)  Il  caialaììo. 

y)  Il  valenziano  (lingua  scritta). 

di')  Il  major  eluse. 

*  Lingua  franca^  idioma  mi- 
sto, la  cui  maggior  parte 


ETNOGRAFIA  DELL'EUROPA 


63 


formano 
limosiDO. 
rabo. 


il   catalano,    il 
il  siciliano  e  l'a- 


C.  SPAG^'UOLO  diviso  in  due  rami. 

1.  11  castigltano  (lingua  scritta  e  pu- 

lita, chiamata  nelle  provincie 
el  romanze). 

a.  Dialetto  puro  di  Toledo. 

b.  —      di  Leon  e  Asturie. 
e.  L'aragonese. 

d.  L'andalusiano. 

e.  11  mur  ciano. 

2.  Il  galiziano  o  galega. 

a.  11  galego  propriamente  detto. 

b.  11  portoghese  (  lingua  scritta  e 
letteraria  )  ,  diviso  nelle  va- 
rietà é'Alentejo^  di  Beira  e  di 
Minho. 

e.  11  dialetto  d'Algarve. 

D.  FRANCESE. 

Lingua  del  medio  evo. 

u.  La  romana  del  nord  o  franco- 
romana  (dei  Troveri)  oo. 

b.  La  celto-romana  all'ovest  ed  al 
centro  oo. 

e.  La  vasco-romana  nella  Guasco- 
gna 00, 

d.  La  Romana  pura  o  l'antico  pro- 
venzale (dei  Trovadori)  oo. 

Lingua  moderna. 

1.  Il  francese- accademico  (lingua  scrit- 

ta, sociale  e  diplomatica  dell'  Eu- 
ropa). 

2.  Dialetti  parlati. 

a.  Dialetti  francesi  del  nord: 


i.  Il  wallon  o\ 
rouchi  a  Namur/ 
e  a  Liegi    .     .[  Rami  della  lingua 

2.  Il  fiammingo\  franco-normanna 
francese .    .    .1         del  nord. 

3.  Il /)2ccar(/o  col -\ 
l'artesiano  .     .) 

b.  Dialetti  moderni  del  nord. 
i.  11  normanno. 

2.  II  francese  vulgare  (dell'  isola  di 

Francia  e  di  Sciampagna). 

3.  Il  lorenese  col  vogesico. 

4.  Il  borgognone. 

5.  Vorleanese  ed  il  blesese. 

6.  U angiovino  ed  il  manese. 

7.  Il  francese  di  Berlino,  di  Frederi- 

cia,  ecc. 

8.  Il  francese  canadese,  venuto  dalle 

sponde  della  Loira. 
e.  Dialetti  del  centro  e  deW ovest: 
i.     Dialetto   del- 
l'^/yernea.     . 

2.  —  del    Poitout 
0  pictavo  . 

3.  —  della  Fanrfeal 

4.  —   basso-bret-} 

tone  francese.' 

5.  —  del  Berry. 

6.  —  di  Bordeaux   ed  altri    dialetti 
guasconi. 

d.  Dialetti  deWest: 
i.  Dialetti  deWdi  Franca-Contea,  colla 
varietà  di  Basilea ,  e  di  Neufcha- 
tel. 
2.  —  di  Vaud  o  reman  (romano). 
0.  —  di  Savoja  col  ginevrino,  idioma 

pulito. 
4.  —  di  Lione, 
b.  —  delle  città  del  Dclfìnato. 


avvicinanlisi 

per  l'accento 

al  celtico. 


I.  —  Famiglia  delle  lingue  basche  e  celtiche. 

Queste  lingue  primitive,  dominate  un  tempo  nella  piìi  gran  parte  dell'occidente  e  del 
mezzodì  d'Europa,  formano  due  famiglie,  fiasca  e  Celtica,  e  si  parlavano  una  nella  pe- 
nisola Ispana  e  di  qua  da'  Pirenei,  l'altra  da'  popoli  conosciuti  sotto  il  nome  generico 
di  Celti  0  Galli,  che  occupavano  la  maggior  parte  delle  Gallie,  il  Belgio,  le  isole  Bri- 
tanniche, parte  dell'Alemagna,  della  Svizzera,  dell'Italia,  della  Spagna  e  dell'Asia  Minore. 

Abbandonando  quasi  affatto  le  lingue  degli  avi  per  quella  de'  conquistatori,  le  succe- 
dute popolazioni  si  associarono  alle  dottrine  e  al  genio  di  questi,  e  costituirono  nuove 
lingue,  illustrate  dalle  meraviglie  delle  scienze,  delle  lettere  e  delle  arti. 


FAMIGLIA     BASCA. 


A.  Fra  le  LINGUE  DA  TEMPO  ESTINTE,  e  poco  tra  sé  differenti,  sembra  devano 
collocarsi  gli  idiomi  che  parlavano  gl'Iberi  nella  penisola  Ispana,  nel  sud  delle 
Gallie,  in  alcune  parti  d'Italia  e  nelle  grandi  sue  isole.  1  principali  popoli  di  questa 
famiglia,  tutti  cstiuli  eccetto  uo  solo,  sono  : 


64  GEOGRAFIA  —  EPOCA  PRIMA 

a.  I  Turdetant  nella  Betica,  pare  inciviliti  meglio  di  tutti  gl'lberi. 

b.  I  Lusitani  fra  il  Iago  e  il  Duero,  rinomati  per  agilità  e  coraggio. 

e.  I  Cantabri  al  nord  della  penisola,  selvaggi,  che  difendevano  con  eroico  coraggio 
la  loro  indipendenza  fra  montagne  di  difficile  accesso. 

d.  I  Carpetani,  cui  capoluogo  era  Toletum,  celebre  per  lavori  d'acciajo. 

e.  1  Celtiberi  nell'interno  della  penisola,  mescolanza  d'Iberi  puri  con  Celti,  molto 

inciviliti,  dediti  al  commercio  e  all'industria,  e  numerosissimi. 

f.  I  Vasconi,  padri  de' moderni  Baschi. 

g.  Gli  Asiuri,  Turduli,  Ilergeti  ed  altri  nella  Spagna  presente, 
h.  Gli  Aquitani,  che  occupavano  il  sud-ovest  delle  Gallie. 

ì.  Gli  Oschi?  stanziati  in  Italia,  e  che  Maltebrun  crede  della  famiglia  degli  Ilergeti. 
Sembra  che  i  Turdetani,  i  Celtiberi  ed  altri  di  questo  ceppo  possedessero  antichi  mo- 
numenti di  poesia  e  storia,  e  un  alfabeto  speciale  di  cui  non  si  conoscono  tutti  gli  ele- 
menti, per  quanti  dotti  vi  si  sieno  industriati  onde  spiegare  le  iscrizioni  ibere  trovate 
su  pietre,  lastre  metalliche,  vasi  di  terra,  medaglie,  che,  colla  lingua  basca,  sono  i  soli 
avanzi  di  questi  popoli. 

B.  Delle  LINGUE  ANTICHE,  unica  vive  I'Escuara  o  Basca,  parlata  dagli  Escualdunac, 
ossieno  Bascongados  o  Baschi  nelle  campagne  della  Biscaglia  e  della  Navarra  in 
Ispagna,  in  Francia,  nella  Bassa  Navarra  francese,  nei  paesi  di  Labour  e  Soule 
(dipartimento  de'  Bassi  Pirenei).  L'escuaro,  che  non  somiglia  a  verun  altro  idioma 
d'Europa,  benché  abbia  adottato  molte  voci  latine  e  tedesche,  sembra  avesse  af- 
finità colle  lingue  semitiche,  e  nella  conjugazione  somiglia  alle  americane  (1).  È 
fra  le  europee  quella  che  meno  cangiò,  e  le  cui  forme  grammaticali  più  rivelano 
una  lingua  primitiva  ;  ricchissima,  armoniosissima,  senza  scontro  sgradevole  di 
consonanti,  massime  al  principio  e  fine  dei  vocaboli;  non  ha  generi,  affigge  l'ar- 
ticolo alle  parole,  per  es.  egun  giorno,  eguna  giorno  il,  egimac  giorni  i;  coU'ag- 
giungere  certe  particelle,  può  cambiare  un  nome  in  verbo,  avverbio  ed  altre  parti 
del  discorso,  e  colle  terminazioni  tasuna  e  queria,  aggiunte  ai  nomi,  esprimere  la 
qualità  buona  colla  prima,  cattiva  colla  seconda.  Conjugazione  difficilissima  quanto 
ricca,  non  esprimendo  solo  la  significazione  attiva  e  passiva,  ma  potendo  dare 
gradazioni  che  le  altre  lingue  non  fanno  se  non  col  riunire  molti  verbi  o  con  frasi 
intere.  Le  grammatiche  basche  contano  non  meno  di  undici  modi,  indicativo,  con- 
suetudinario, potenziale,  volontario ,  forzato,  necessario,  imperativo,  soggiuntivo, 
ottativo,  plemìudinario,  infinitivo:  i  sei  primi  hanno  ciascuno  sei  tempi,  due  pre- 
senti, due  passati,  due  futuri;  gli  altri  cinque,  un  numero  minore. 
La  letteratura  basca  possiede  solo  libri  ascetici,  grammatiche,  dizionarj  e  qualche 
poesia,  li  più  manoscritti.  L'opera  basca  più  interessante  è  la  Collezione  dei  proverbj, 
pubblicati  in  francese  e  basco  da  Orienhart ,  con  frammenti  di  canzoni  popolari.  La 
canzone  Lelo  il  Lelo  credesi  la  più  antica  d'ogni  lingua  spagnuola  o  portoghese.  I  paschi 
scrivono  coU'alfabeto  latino   e  l'ortografia  non  è  diversa  dalla  pronunzia.  Secondo  l'ab- 
bate Bidassouet,  l'idioma  basco  può  declinare  e  verbizzare  (siami  lecita  la  parola  ne- 
cessaria) i  caratteri  alfabetici,  verbizzare  i  pronomi  declinabili  ed  anche  i  verbali,  can- 
giar i  participi  in  nominativi,  e  declinarli  come  i  nomi  ordinarj,  avendo  ciascuno  fin 
sedici  casi  diversi,  prodotti  da  desinenze  nuove;  può  declinare  tutto  ciò  che  è  indecli- 
nabile nelle  lingue  moderne,  come  preposizioni,  avverbj,  interjezioni,  e  anche  verbiz- 
zarli;  coniugare  ogni  verbo  radicale  sino  a  ventisei  volte,  senz'aumentarne  né  variarne 
l'unità  indivisibile,  e  sempre  con  desinenze  nuove;  cambiar  tutti  gl'infiniti  e  participi 
in  nominativi,  e  declinarli  poi  come  nomi  ordinari  coi  loro  undici  casi;  in  fine  non 
v'  ha  né  verbi  difettivi,  né  rifiessivi.  Ha  quattro  lingue  dilferenti  nell'unità  indivisibile 
della  medesima  conjugazione  ;  cioè  un  linguaggio  infantile  q  diminutivo,  uno  adulto  o 
d'eguaglianza,  uno  di  maggioranza  o  di  rispetto,  uno  femminile;  e  ognuno  de' suoi 

(\)  Guglielmo  HumljoliU  [Prufung  dcr  Vnlcr-  d  Italia,  o  le  tre  maggiori  isole  del  Mediterraneo, 

tuchungen  uherdic  Urhewohner  Hispaniens  ver-  apparlcnevano  alla  lingua  ibcra  di  cui  e  avanzo  la 

milleht  dcr  vasckischen  Sprachc)  riconobbe  che  Lasca.  Klaprolh  trovò  nel  basco  molte  forme  appar- 

gl'idiomi  do'  varj  popoli  anlicbi  che  abitavano  la  tenenti  alle  parti  aclteutrionali  ed  occidentali  dcl- 

pcuisola  Ispanica,  le  Gallie  uieridiouali,  ukune  parti  l'Asia, 


fcTNOGRAFÌ\  dell'europa  65 

nomi  sostantivi  ha  fin  dodici  casi  differenti,  e  sei  gradi  di  nominativo  ;  ed  ogni  adjet- 
tivo  fin  venti  casi  diversi.  Abbiate  un  esempio  de'  sei  gradi  di  nominativo:  1  ait  padre, 
2  aitaren  quel  del  padre,  3  aitarmarcna  quello  di  quel  del  padre,  4  aitarenarengani- 
cacoarena  quello  di  quel  di  quello  di  quel  del  padre,  5  aitar enarenganicacoarenarena 
quello  di  quel  di  quello  di  quel  del  padre,  6  aitarenaretiarenganicacoarenarena  quello 
di  quel  di  quello  di  quel  di  quel  del  padre;  nell'ablativo  fixaìtarenarenarenganicacoare- 
narenarequin,  quarantadue  lettere  1  Bidassouet  fa  pure  riflettere,  che  la  nomenclatura 
basca  è  desunta  dalla  posizione  topografica  :  così  una  casa  chiamasi  bidartia,  perchè 
posta  fra  due  vie  ;  bidegaina,  perchè  fabbricata  su  una  strada;  bidekhuruchia,  perchè 
situata  ad  un  crocicchio;  hegìiasia,  perchè  esposta  al  mezzodì;  ipharraguerria,  perchè 
esposta  al  nord;  aizheotchenia,  perchè  dominata  dal  vento  freddo;  bidegorrieta,  perchè 
fondata  sopra  una  strada  rossastra.  Il  grammatico  stesso  calcola  che,  mentre  la  lingua 
francese  ha  2,119,000  sillabe,  il  basco  non  ne  ha  meno  di  d, 592, 448, 000  ;  divario  nato 
dal  coDJugarsi  ogni  verbo  basco  in  ventisei  maniere,  e  perchè,  potendo  ogni  nome  di- 
venir verbo,  può  somministrare  altrettante  sillabe  quante  ne  somministrerebbe  un  verbo 
passando  per  tutte  le  modificazioni  delle  ventisei  conjugazioni. 
Questa  lingua  si  parte  in  tre  dialetti  principali: 

a.  Il  biscaglino,  che  passa  pel  più  puro,  e  che  possiede  le  migliori  grammatiche,  par- 
lasi nella  Discaglia  propria. 

b.  Il  guipuscoo,  parlato  nelle  provincie  di  Guipuscoa  e  d'Alava,  e  che  ha  il  miglior 
dizionario. 

e.  Il  basco  o  lampurdam,  parlato  nella  Navarra  spagnuoia  e  francese,  e  nei  paesi  di 
Labour  e  Soule. 

FAMIGLIA    CÈLTICA. 

A.  Alle  LINGUE  ESTINTE  sembra  appartengano  gl'idiomi  usati  dai  Celti  nelle  Gallie, 

nel  Belgio,  nelle  isole  Britanniche,  in  parte  della  Germania,  dell'Italia,  della  Spa- 
gna, dell'Asia  Minore. 

B,  Fra  le  LINGUE  ANTICHE  ANCOR  VIVE,  la  Gallica,  Gaelica,  o  Celtica  propria 

è  parlata  in  varj  dialetti  dai  discendenti  de'  veri  Celti,  nella  più  gran  parte  dell'Ir- 
landa, in  quasi  tutto  l'IIighland  (Alta  Scozia),  nelle  isole  Western  o  Ebridi,  e  nel- 
l'isola di  5Ian.  La  declinazione  del  celtico,  che  ha  i  sei  casi  del  latino,  si  fa  in  gran 
parte  per  flessione,  in  parte  per  preposizioni.  La  conjugazione  è  ricca  di  modi, 
ma  povera  di  tempi,  perchè  ha  un  modo  negativo  che  adopera  dopo  le  negazioni 
n«,  cha  ed  altre,  e  perchè,  eccetto  il  verbo  bi,  non  ha  che  due  tempi,  il  passato 
indeterminato  e  il  futuro,  formando  gli  altri  tempi  semplici  o  composti  per  via  di 
perifrasi,  coH'ausiliario  6«,  preceduto  dalla  preposizione  ag  o  iar:  per  es.  ta  mi 
ag  bualadah,  io  batto,  e  letteralmente,  io  son  appresso  a  battere;  ta  tu  ag  bualadah, 
tu  batti,  0  tu  sei  appresso  a  battere. 
"   Come  il  kimbro,  questa  lingua  ha  tre  ausiliarj;  6/,  che  fa  gran  parte  della  conjuga- 
zione; dean,  fare;  rack,  andare,  che  come  l'ausiliario  ober  in  kimbro  e  do  in  inglese, 
serve  a  crescere  l'espressione  alla  frase:  per  es.  doan  suidhe,  siedi,  e  alla  lettera,  fa  di 
sedere  ;  rinn  e  seasham,  era  in  piedi,  e  alla  lettera,  egli  faceva  d'essere  in  piedi.  Questi 
due  stessi  verbi,  uniti  ad  altri,  formano  una  quantità  di  frasi  particolari.  Il  gallico  fa  i 
verbi  passivi  come  il  latino  senza  ricorrere  ad  ausiliarj,  eccetto  che  nei  modi  ottativo 
e  congiuntivo.  Secondo  Ahwardt,  i  soli  tempi  dei  modi  congiuntivo  e  imperativo  hanno 
in  ciascuna  persona  terminazioni  differenti,  come  in  greco,  in  latino,  in  francese  e  in 
altre  lingue.  Nell'indicativo  la  terminazione  resta  uguale  al  singolare  e  al  plurale  per 
tutte  le  persone,  e  il  pronome  personale  è  posposto  al  verbo.  La  seconda  persona  del 
singolare  dell'imperativo  è  la  radice  di  ciascun  verbo,  come  in  tedesco,  in  persiano,  in 
turco  ed  in  altre  lingue.  Come  il  latino  e  l'italiano,  può  conjugare  i  verbi  attivi  senza 
i  pronomi  personali;  ha  molte  particelle  o  sillabe  che  si  potrebbero  dire  semipreposi- 
zioni, come  di,  ao,  ea,  ew,  eas,  mi,  nco,^ an  ecc.,  e  che  unite  ad  un  aggettivo,  a  un  so- 
stantivo, a  un  verbo,  ne  cambiano  o  modificano  il  senso.  L'articolo,  tutti  i  verbi  ei 
pronomi  possessivi  sono  anteposti  al  sostantivo,  ma  il  nominativo  o  il  soggetto  si  col- 
loca per  lo  più  dopo  il  verbo:  le  preposizioni  precedono  sempre  il  loro  complemento. 
Cantù,  Documenti.  —  Tomo  I,  Geografia  politm.  £> 


[ 


66  GEOGRAFU  —  EPOCA   PRIMA. 

Ha  diminutivi  e  molti  composti,  e  come  il  greco,  il  tedesco,  il  persiano  ed  altri,  ne  può 
fare  illimitatamente  :  per  es.  oglach  servo,  beau  donna,  banoglach  la  serva,  uisge  acqua, 
fior  vero,  fioruisge  acqua  di  fonte  ecc.  Il  gallico  adopera  l'alfabeto  latino,  ma  sole  di- 
ciotto lettere,  non  occorrendogli  mai  le  k,  q,  v,  w,  x,  y,  z.  Anticamente  scriveasi  con 
varj  alfabeti,  inventati  dai  frati,  e  su  cui  i  dotti  emisero  le  piìi  assurde  opinioni;  più 
tardi  vi  fu  surrogato  l'alfabeto  anglosassone.  Le  vocali  o,  o,  m,  seguite  o  precedute  da 
m,  mh,  n,  nn,  hanno  suono  nasale;  la  pronunzia  dellV  avanti  queste  tre  vocali  è  dif- 
ficilissima. Non  pone  vocali  mute  al  fin  delle  parole,  e  ha  molte  lettere  aspirate.  La 
pronunzia  differisce  di  molto  dall'ortografia,  giacché  leggendo  non  si  pronunziano 
molte  consonanti  scritte,  o  si  cangiano  in  più  dolci. 
Il  gallico  parlasi  ora  in  tre  dialetti  principali,  suddivisi  in  molte  varietà;  e  sono: 

a.  L'erso,  ms/i,  erinach,  parlato  nella  maggior  parte  dell'Irlanda. 

b.  Il  caldonach,  parlato  nelle  valli  dell'Alta  Scozia  e  nelle  isole  Ebridi, 
e.  Il  manck  nell'isola  di  Man. 

L'erso,  coltivato  di  buon'ora,  è  più  pulito,  e  pare  che  al  ix  secolo  risalgono  > 
suoi  manoscritti  più  antichi:  il  vii  e  viii  furono  l'età  più  splendida  della  letteratura 
ersa,  dovuta  in  gran  parte  a  dotti  cristiani,  che  cercando  un  asilo  in  Irlanda,  vi 
fecero  fiorire  le  scienze  e  le  arti  allora  accreditate  nei  paesi  meno  incolti  dell'Eu- 
ropa meridionale.  Scaduto  all'invasione  dei  Normanni,  Terso  fu  poi  sempre  ne- 
gletto. Poverissima  n'è  la  letteratura  odierna,  non  contando  altro  che  libri  asce- 
tici 0  grammaticali.  Il  dialetto  caldonach,  men  raffinato  e  più  puro,  acquistò  gran 
celebrità  ultimamente  pei  brani  di  poesia  su  cui  Macpherson  fabbricò  i  suoi  poemi 
di  Ossian.  Il  dialetto  manck  è  il  più  incolto  e  misto.  La  Bibbia  fu  tradotta  in  ciascuno. 
C  II  KIMBRO,  0  KUMBRO,  o  CELTO -BELGICO,  parlato  anticamente  dai  Kymri  o  Belgi 
nel  Belgio  e  nella  Bretagna,  ed  ora  limitato  ad  una  porzione  dell'Inghilterra  e  della 
Francia,  forma  la  declinazione  al  modo  del  francese;  modificando  l'articolo;  non 
ha  che  due  generi,  e  nelle  dinotazioni  generali  si  serve  del  genere  femminile,  come 
l'ebraico  ;  per  es.  divezad  eo  anezhi  è  tardi  ;  parola  per  parola,  tardi  è  di  lei.  Il 
plurale  del  sostantivo  differisce  molto  dal  singolare,  ma  gli  aggettivi  non  variano 
mai  di  terminazione  per  genere  o  numero.  Ha  molti  diminutivi,  fatti  coll'aggiun- 
gere  iìcoig  al  primitivo;  conjugazione  difficilissima,  ma  ricca  di  tempi  che  si  fanno 
per  flessione  come  in  latino.  Ha  due  maniere  di  conjugar  tutti  i  verbi:  al  perso- 
nale, omettendo  il  pronome  e  dando  terminazione  diflerente  a  ciascuna  persona  ; 
all'impersonale,  adoprando  uno  dei  verbi  ausiliarj  al  personale  coU'infinito  del  verbo 
principale  ;  anzi,  pel  presente  di  tutti  i  verbi  neutri  e  aitivi  ha  quattro  differenti 
conjugazioni.  Il  kimbro  come  il  gaelico  ha  tre  verbi  ausiliarj,  beza  essere,  con  cui 
si  formano  i  passivi;  kaout  avere,  che  serve  pei  passati  composti;  e  ober  fare,  che 
annunzia  il  compimento  o  la  confermazione  dell'azione. 
In  questa  lingua  si  distinguono  tre  dialetti  principali: 

a.  Il  welsc  0  gallese,  parlato  e  scritto  dai  Gallesi  discendenti  dai  Bretoni  sottomessi 
da  Cesare,  che  stanno  nei  principati  di  Galles  in  Inghilterra  e  nelle  montagne  di 
Galloway  (?)  in  Iscozia. 

b.  11  cornisc,  parlato  nell'arcipelago  di  Scilly,  e  un  tempo  nella  Cornovaglia  da  Kymri, 
ove  si  estinse  dopo  la  metà  dell'ultimo  secolo. 

e.   Il  breyzad  o  basso  bretone  o  cello -br clone,  parlato  in  Francia  dai  bassi  Bretoni,  che 
nel  V  secolo  cercarono  un  ricovero  nell'Armorica  e  vi  si  stanziarono.  Distinguonsi 
nel  breyzad  quattro  varietà,  cioè  il  leonardo  parlato  nella  diocesi  di  San  Paolo  di 
Leon,  che  credesi  il  più  regolare,  onde  il  signor  Legonidec  ne  scrisse  un'eccellente 
grammatica;  il  trecoriand  o  bretone  bretonante,  parlato  nella  diocesi  di  Tréguier, 
che  pare  men  corrotto  degli  altri  ;  il  cornovalliese  parlato  nella  diocesi  di  Quimper- 
Cotentin;  il  vannetoso  della  diocesi  di  Vannes,  che  è  il  più  guasto. 
Scrivesi  il  kimbro  colTalfabeto  latino  di  ventidue  lettere,  che  bastano  per  tutti  i  suoni 
mediante  certe  composizioni.  Vi  si  distingue  la  n  nasale,  la  /,  il  eh,  e  la  l  mouillèe  dei 
Francesi,  la  eh  de'  Tedeschi.  La  pronunzia  poco  differisce  dall'ortografia  quando  siano 
scritte  le  consonanti  mutabili,  (b,  k,  d,  g,  m,  pe,  te)  ;  altrimenti  differisce  assai,  do- 
vendosi cambiarle  secondo  certe  regole  per  addolcire  la  pronunzia,  il  che  forma  la  mag- 
gior dilTicoUìi  di  ({uegta  lingua.  11  kimbro  è  un  idioma  misto,  foruiatoiji  forse  prima- 


ETNOGRAFIA   DELL'CUnOPA  (j7 

niente  dalla  mcscolan/a  del  basso  tedesco  col  celtico  puro:  nel  weisc  la  metà  delle 
parole  vengono  dal  latino  e  dal  francese,  il  resto  dal  tedesco  e  gaelico.  Il  weIsc  e  il 
breyzad  (in  dal  xvi  secolo  possiedono  grammatiche  e  dizionari  a  stanipa,  ma  la  loro 
letteratura  si  riduce  a  poche  poesie  più  o  meno  antiche  e  a  lihri  ascetici.  11  weIsc  però 
fu  coltivato  prima  che  il  breyzad,  e  pare  possano  farsi  ascendere  fino  all'xi  secolo  al- 
cune sue  cose  più  antiche:  e  il  Cyireithieu  Hyvcl  Dda  ac  Eraill  o  codice  gallese,  fin  a 
mezzo  il  X.  Il  weIsc  possiede  pure  molte  poesie  anteriori  al  secolo  xiv.  Secondo  Owen, 
vi  sarebbero  non  meno  di  duemila  manoscritti  nel  solo  principato  di  Galles,  e  i  soli 
brani  in  versi  sarebbero  almeno  tredicimila.  Fra  le  numerose  produzioni  delle  orde  gal- 
lesi, le  più  celebri  sono  quelle  che  si  riferiscono  al  famoso  re  Arturo,  eroe  loro  princi- 
pale, e  che  pare  sia  stato  un  dei  capi  più  coraggiosi  nelle  lunghe  loro  guerre  contro  i 
Sassoni.  Da  alcuni  anni  si  pubblica  un  giornale  letterario  e  una  gazzetta  in  questo  dia- 
letto, che  conta  già  ducento  opere  stampate. 

Le  lingue  di  questa  famiglia,  e  massime  i  dialetti  della  gaelica,  sono  parlati  da  nii- 
gliaja  di  coloni  inglesi  nell'America  settentrionale,  principalmente  a  Perth,  Glengary, 
e  altri  luoghi  ultimamente  fondati  dagli  Scozzesi  e  Irlandesi  nell'Alto  Canada,  nella 
Nuova-Brunswick  e  Nuova-Scozia  ;  e  da  assai  più  abitanti  della  confederazione  Anglo- 
americana, massime  nella  Pensilvania,  nel  Maryland,  nella  Nuova-York,  Nuova-Ham- 
pshire, Nuova-Jersey,  Kentucky,  Virginia  e  due  Caroline:  ma  quasi  tutti  que' che  usano 
tali  lingue,  parlano  più  o  raen  bene,  e  per  lo  meno  capiscono  l'inglese. 

II. — Famiglia  delle  lingue  traco-pelasgiche  o  greco-latine. 

Si  distingue  in  quattro  rami: 
A.  TRACE  ILLIRICO,  ove  si  comprendono  le  lingue  anticamente  parlate  dai  popoli 
traci  e  illirici  stanziati  nell'Asia  Minore  ad  occidente  del  fiume  Alis,  e  in  Europa 
in  tutta  la  parte  orientale,  dal  Norico  sino  alle  foci  del  Danubio  e  del  Dnieper,  e 
anche  di  là.  Da  gran  tempo  perirono  o  si  confusero.  Principali  erano  : 

a.  I  Frigj\  che  occupavano  il  centro  dell'Asia  Minore,  dominata  da  essi  e  i  loro  fra- 
telli Brigj  abitanti  nella  Tracia.  Dicesi  abbiano  i  Frigj  insegnato  ai  Greci  parte  del 
loro  culto,  la  musica,  la  danza. 

b.  I  Trojani,  immortalati  da  Omero. 

e.  I  Bitinj,  che  tennero  il  regno  di  Bitinia. 

d.  I  Lidj,  che  si  fanno  inventori  della  moneta,  dei  giuochi  ginnastici  e  di  molte  arti. 
Nel  VI  secolo  av.  C.  dominavano  nell'Asia  Minore,  e  Creso  loro  re  osò  disputare  a 
Ciro  l'imperio  dell'Asia. 

e.  I  Carj,  famosi  per  marina:  la  loro  lingua  era  la  frigia  e  la  lidia,  la  più  diffusa 
nell'Asia  Minore  prima  che  le  colonie  greche  vi  avessero  sparsa  la  propria. 

f.  I  Licj  nella  Licia,  il  cui  alfabeto  fu  illustrato  da  Saint-Martin. 

g.  I  Cimmeri,  i  più  settentrionali  e  orientali  dei  Traci,  al  nord  del  mar  Nero  e  della 
Meotide,  ne'  paesi  che  ora  corrispondono  al  governo  della  Tauride  di  Kerson,  di 
Jekaterinoslaw,  e  a  parte  del  territorio  dei  Cosacchi  del  Don. 

h.  I  crudeli  Taurj^  che  dieder  nome  al  Chersoneso  taurico  (Crimea). 

i.   I  Traci  proprj,  che  coi  Mesj  abitavano  la  Tracia. 

1.   Molte  tribù  di  Baci  o  Geli  occupavano  la  presente  Bessarabia,  la  Transilvauia,  la 

Moldavia,  la  Valachia,  e  parte  dell'Ungheria  fino  al  Theiss. 
m.  I  Macedoni. 
n.  Gli  Illirj  stanziati  lungo  l'Adriatico,  e  divisi  in  molte  genti ,  fra  cui  i  Dalmaii  e 

gVhtri. 
0.  I  Pannoni  o  Peoni  nella  Pannonia. 
p.  I  Venetiy  che  sembrano  una  colonia  illirica  stabilita  nell'Italia  settentrionale  lungo 

l'Adriatico, 
q.  I  Siculi. che,  dopo  posseduta  gran  parte  della  penisola  italica,  presero  stanza  nella 

Sicilia. 
Pare  a  riporre  in  questa  famigliala  lingua  Albanese,  o  Skii-,  o  Scipa,  parlata  nell'Alba, 
nia  e  in  altri  paesi  dagli  Skipetari  arvenesei,  detti  Arnauti  dai  Turchi,  e  conosciuti  gene- 
ralmente col  nome  d'Albanesi.  Formano  la  popolazione  principale  dell'Albania,  e  sono 


68  GEOGRAFIA  — •  EPOCA  PRIMA 

sparsi  per  tutta  la  Turchia  europea,  massime  nella  Romelia,  Bulgaria  e  Macedonia.  Altri 
Albanesi,  detti  Clementini,  vivono  a  Herkoveze  e  Niknieze  ne'  Confini  militari  slavi  del- 
l'impero d'Austria,  ove  si  stanziarono  neH737  :  altri,  detti  e  creduti  a  sproposito  Greci, 
stanno  ne'  contorni  di  Celso,  Regio,  Lecce  ed  altri  paesi  del  reame  di  Napoli,  e  presso 
Messina  in  Sicilia,  ove  si  ritirarono  nel  1461,  "1532  e  1744.  Malgrado  le  somiglianze  col 
latino,  col  greco  e  collo  slavo,  l'albanese  è  molto  men  ricco  di  forme  che  1  due  ultimi, 
e  di  men  regolare  derivazione  ;  non  ha  né  le  parole  composte  del  greco,  né  le  costruzioni 
ardile  del  latino  ;  adopera  molte  voci  ausiliarie:  l'aggettivo  ha  articoli  prepositivi,  la  de- 
clinazione dei  pronomi  è  molto  compita  e  regolare,  e  tiene  qualche  analogia  col  latino 
nella  prima  e  seconda  persona.  L'imperfetto,  il  passato,  il  futuro  condizionale,  l'impe- 
rativo, l'infinito,  il  participio  si  formano  per  flessione,  gli  altri  tempi  cogli  ausiliarj 
avere  ed  essere.  Questo  forma  il  passivo  coU'infinito  attivo.  L'infinito  è  sempre  preceduto 
dall'articolo  me  quando  il  senso  è  attivo,  e  meon  quando  è  passivo  o  reciproco. 

Tre  alfabeti  usano  gli  Albanesi,  cioè  Valbanese  o  ecclesiastico,  composto  di  trenta  let- 
tere, da  un  pezzo  disusato.  11  greco,  di  cui  si  servono  nella  letteratura,  ma  dando  un 
valore  speciale  a  certe  combinazioni  di  lettere.  Nell'alfabeto  moderno,  in  cui  sono  i  libri 
pubblicati  dalla  Propaganda,  si  aggiunsero  quattro  lettere  particolari  per  rappresentare 
il  suono  delle  due  th  forte  e  dolce  degl'Inglesi,  Vu  francese,  la  II  degli  Spagnuoli,  e  un 
altro  suono  molto  sibillato, 

B.  ETRUSCO.  La  lingua  etrusca  oo  fu  parlata  dagli  Etruschi  o  Raseni,  uno  dei  popoli 

più  insigui  dell'antichità.  Formavano  una  gran  federazione,  che  al  tempo  suo  più 
bello  abbracciava,  oltre  l'Etruria,  il  paese  degli  Umbri,  dei  Liguri,  degli  Oschi  e 
de'  Campani,  e  stendeasi  sui  mari  e  le  isole  vicine, 

C.  PELASGO -ELLENICO,  detto  così  perchè  vi  si  comprendono  gl'idiomi  usati  antica- 

mente dai  Pelasgi  ed  Eileni,  nazioni  incerte  che  da  gran  pezzo  perirono  o  si  con- 
fusero. Pajono  a  collocare  in  questo  ramo  : 

a.  I  Pelasgi,  forse  gl'indigeni  primitivi  della  Grecia  e  dell'Italia. 

b.  1  Lelegi,  forse  colonia  asiatica  venuta  in  Grecia. 
e.  I  Perrebj,  che  occupavano  parte  della  Tessaglia. 

d.  I  Tesprozj  e  i  Molossi,  principali  popoli  dell'Epiro,  famosi  sotto  il  re  Pirro. 

e.  I  Cretesi,  che  dovettero  la  potenza  a  Minosse. 

f.  Gli  Enotri,  che  migrarono  in  Italia. 

g.  Gli  Arcadi,  abitanti  nell'Arcadia. 

h.  I  Tirreni,  che  possedettero  parte  dell'Italia, 

i.  Gli  Ellmi,  piccola  gente  di  Tessaglia,  che  diede  poi  il  nome  a  tutta  la  celebre 
nazione  che  parlava  la  lingua. 

Ellenica  o  Greca  antica  oo  usata  pure  nei  paesi  dipendenti,  e  poi  in  gran  parte  della 
Sicilia  e  della  Bassa  Italia,  e  dell'Asia  Minore,  della  Siria,  dell'Egitto  e  sue  dipendenze, 
in  parte  della  Gallia  Narbonese  ecc.  Durante  la  dominazione  macedone,  la  lingua  elle- 
nica si  parlò  a  tutte  le  corti  degli  Alessandridi,  e  dalle  persone  colte  in  tutti  i  paesi  a 
loro  soggetti 5  più  tardi  fu  coltivata  dai  Romani,  e  dominò  nell'Impero  d'Oriente  fin 
alla  sua  caduta,  quando  con  ardor  nuovo  fu  studiata  in  Occidente.  La  sua  letteratura 
è  delle  più  ricche,  e  la  più  insigne  del  mondo,  ed  offre  lo  spettacolo  quasi  unico  d'una 
serie  di  scrittori  seguitisi  da  Omero  fino  a  mezzo  il  secolo  xv.  È  delle  più  flessibili,  ric- 
che ed  armoniose  del  globo;  con  forme  grammaticali  quasi  identiche  a  quelle  del  latino, 
alla  cui  formazione  e  perfezione  contribuì  ;  ha  il  duale  e  l'articolo  che  a  questo  man- 
cano, più  ricca  e  più  regolare  conjugazione,  costruzione  più  conforme  all'ordine  logico 
grammaticale,  e  facoltà  illimitata  di  far  composizioni  di  parole. 

Maltebrun  dislingue  nel  greco  antico  due  idiomi  differenti  rispetto  al  tempo  che  fu- 
rono parlati  : 

a.  L'ellenico  primitivo,  vicino  al  pelasgico,  e  che  egli  suddivide  in  tre  dialetti  prin- 
cipali, arcade,  tessalo  col  greco  macedone  antico?  e  Venoirio  trasportato  in  Italia  e 
misto  col  latino. 

b.  L'ellenico  ne' tempi  storici,  suddiviso  in  quattro  dialetti  principali  e  molte  varietà: 
a  L'eolio  antico,  vicino  all'enotrio,  che  Omero  chiama  lingua  degli  Dei. 

/3  II  dorico  antico,  disceso  dall'eolio ,  lingua  di  Saffo ,  di  Pindaro  ecc.  ;  e  com- 
prende il  laconico  di  Sparta,  e  il  dorico  gentik  di  Siracusa,  lingua  di  Teocrito  eco* 


ETNOCRAriA  DELL'EUROPA  69 

y  II  dorico  antico  o  ellenico  addolcito  dalle  nazioni  trafiìcanti  •  è  la  lingua  d'O- 
mero, rimasta  classica  per  la  poesia  epica,  e  comprende  lo  jonico  d'Asia,  ancor 
pili  molle,  che  è  quel  d'Erodoto,  e  il  jonico  d'Europa,  restato  più  maschio,  e 
di  cui  il  ramo  principale  è  l'attico,  lingua  classica  degli  oratori  e  del  teatro. 
S  II  greco  letterale  comutie,  o  idioma  attico ,  depurato  e  fissato  dai  grammatici 
d'Alessandria;  lingua  comune  di  tutta  la  Grecia,  dell'Oriente  e  dei   Romani 
eleganti,  fino  all'invasione  de'  Barhari.  L'alfabeto  primitivo  dei  Greci  non  avea 
che  sedici  lettere,  identiche  con  quelle  degli  Etruschi  e  de'  Latini;  poi  ne  ven- 
nero aggiunte  otto  altre,  onde  furono  ventiquattro,  di  cui  sette  vocali.  È  l'al- 
fabeto stesso  con  cui  si  scrive  il  romaico,  e  servì  a  formare  gli  alfabeti  slavo, 
russo  ed  altri.  Declinata  la  letteratura  greca  antica,  la  lingua  parlata  dal  po- 
polo nelle  provincie  greche  dell'impero  romano  s'elevò  poco  a  poco  alla  di- 
gnità di  lingua  scritta,  come  la  latina  rustica  nelle  provincie  occidentali.  Oggi 
è  conosciuta  col  nome  di 
Lingua  RoMEiKA,  Aplo-ellenica  o  Greca  Moderna.  La  parlano  i  Greci  d'oggidì,  e 
le  isole  joniche.  Non  potrebbe  dirsi  con  precisione  in  che  tempo  il  romeiko,  sepa- 
randosi dall'ellenico,  prese  forma  di  lingua  nuova  e  indipendente.  Certo  è  che  tutti 
quei  che  parlavano  più  particolarmente  al  popolo,  allontanavansi  dalla  lingua  scritta, 
e  servivansi  della  parlata,  che  è  proprio  la  lingua  d'oggi,  salvo  certe  modificazioni. 
Le  opere  più  antiche  ne  sono  omelie  popolari,  traduzioni  od  imitazioni  di  romanzi 
di  cavalleria  del  medioevo,  o  delle  opere  d'immaginazione  allora  più  diffuse,  come 
il  Sindbad,  le  favole  di  Bidpay,  i  Sette  Sapienti  ecc.  ;  cronache  metriche,  come  quella 
che  Buchon  pubblicò  sullo  stabilimento  de' Franchi  in  Morea;  e  canzoni  relativo  a 
tutte  le  abitudini  della  nuova  società.  Nel  nostro  secolo  i  Greci  tradussero  le  migliori 
opere  francesi,  inglesi,  italiane  e  tedesche,  e  ne  scrissero  d'originali. 
D,  ITALICO.  Comprende  le  lingue  degli  Aborigeni  od  Opici  d'Italia.  Distinguonsi  in 

a.  Latino  oc -^  lingua  scritta  e  comune  alle  persone  colte  dell'impero  romano,  assai 
differente  dalla  plebea  o  rustica,  usata  nelle  campagne  della  penisola  e  dalle  classi 
inferiori  nelle  provincie.  Le  sue  forme  grammaticali  sono  greche,  sebben  meno 
perfette.  La  sovversione  dell'impero  romano  nei  v  secolo  fé  nascere  una  specie 
di  latino  corrotto  e  mescolato  di  voci  barbare,  detto  la  bassa  latinità,  che  fino 
al  XIV  secolo  Cu  quasi  la  sola  scritta  dell'Occidente.  Nel  xiv  e  xv,  la  letteratura 
latina  rifiorì,  massime  in  Italia,  ma  quasi  non  per  altro  che  per  contribuire  al  per- 
fezionamento delle  lingue  moderne,  che  con  ardore  e  fortuna  coltivate  dagli  autori 
nazionali,  giunsero  a  relegare  la  latina  a  sole  opere  d'erudizione.  Ora,  eccetto  la 
Polonia  e  l'Ungheria,  ove  molti  parlanlo  abbastauza  puramente  nella  vita  comune, 
può  il  latino  considerarsi  per  morto,  sebbene  usato  nella  liturgia  cattolica,  nella 
medicina,  per  molti  affari  alla  corte  di  Roma,  e  nella  letteratura  di  tutte  le  na- 
zioni civili. 

b.  Bomanzo  o  romano  rustico,  parlato  ne' bei  tempi  di  Roma  dalle  classi  basse 
della  società  in  tutto  il  mezzodì  dell'Europa  romana,  eccetto  la  Grecia  e  qual- 
ch'altro  paese.  Subite  modificazioni  più  o  meno  considerabili,  sembra  che  il  ro- 
manzo sussista  ne'  dialetti  vulgari  che  parlansi  in  gran  parte  della  Spagna,  della 
Francia,  della  Svizzera,  e  in  alcuni  luoghi  d'Italia.  I  suoi  principali"  dialetti , 
classificati  secondo  quattro  regioni,  sarebbero: 

I.  In  Ispagna  si  parla  il  catalano  nella  Catalogna,  e  ad  Alghero  in  Sardegna  ; 
in  cui  nel  x  e  xui  secolo  fu  scritto  l'antico  codice  marittimo.  II  valenziano 
nel  regno  di  Valenza,  che  si  distingue  per  dolcezza  ed  armonia.  11  majorcano 
nelle  isole  Baleari. 

II.  In  Francia  si  parla  il  linguadochese  ne' dipartimenti  del  Card,  dell'ITe- 
rault,  parte  de'  Pirenei  orientali,  in  quelli  dell'Ande,  dell'Arriège,  dell'Alta  Ga- 
ronna,  del  Lot  e  Garonna,  del  Tarn,  dell'Aveyron,  del  Lot,  del  Tarn  e  Garonna; 
dolce  e  grazioso.  Il  provenzale  nei  dipartimenti  della  Dróme,  di  Valchiusa, 
delle  Bocche  del  Rodano,  delle  Alte  e  delle  Basse  Alpi,  del  Varo,  e  in  Italia  nella 
contea  di  Nizza;  vivo  ed  aspro.  Il  delfinese  nel  dipartimento  dell'lsera,  dia- 
letto, come  il  lionese,  monotono  e  strascicato,  e  partecipa  di  questo,  del  savo- 
iardo e  del  provenzale.  11  lionese  ne' dipartimenti  del  Rodano  e  dell'Aio,  e  in 


70  fìÉOGRAriA  —  ÈPOCA    PRIMA 

parte  di  quello  di  Saona  e  Loira.  L'alvergnate  nei  dipartimenti  dell'Allier, 
della  Loira,  Alta  Loira,  Ardèche,  Lozère,  Puy-de-Dóme  e  Cantal  :  alcune  sue  va- 
rietà rendono  i  suoni  di  questa  lingua  più  ingrati  e  duri.  11  limosino  nei  di- 
partimenti della  Corrèze,  Alta  Vienna,  Creuse,  Indre,  Cher,  Vienna,  Dordogna, 
Charente,  Charente  inferiore,  e  in  parte  di  quello  dell'lndre  e  Loira;  men  ar- 
monioso del  linguadochese.  11  guascone,  strascicato  e  stridulo,  ne' dipartimenti 
della  Gironda,  gli  Alti  e  Bassi  Pirenei  e  del  Gers, 

IH.  In  Isvizzera  usasi  il  romancio  o  celto-ro  manico  (romanisch,  chur- 
walsch,  rhetischj,  in  cui  bisogna  distinguere  il  reto,  parlato  in  più  di  metà  del 
canton  Grigione  e  in  una  valle  limitrofa  nel  Tirolo;  il  rumonico  dei  piani  e  delle 
montagne,  che  è  il  romancio  più  puro,  e  usasi  verso  le  sorgenti  del  Reno,  il 
ladino  parlato  a  Coirà  e  nell'Engaddina,  e  più  analogo  coU'italiano;  il  gardena 
nella  valle  di  Gròden  nel  circolo  di  Bolzano  in  Tirolo ,  Velveiico  in  parte  del  can- 
ton Friburgo,  colle  tre  varietà  dette  gruverin,  quatzo  e  broyar  nel  paese  alto,  nel 
medio  e  nel  basso  :  il  valesiano  in  parte  del  Valese. 

IV.  Negli  Stati  sardi  il  savojardo  corre  in  Savoja  con  moltissima  varietà;  il 
vodese  nelle  valli  di  Luserna,  Perosa,  elusone  e  san  Martino  nelle  proviucie  di 
Pinerolo. 

Potrebbe  aggiungersi  quel  gergo  detto  lingua  franca,  misto  principalmente  di 
catalano,  limosino,  siciliano  ed  arabo,  e  che  si  usa  nelle  grandi  città  mercantili 
lungo  la  costa  del  Mediterraneo  nell'impero  ottomano  e  negli  Stati  barbareschi 
dagli  Europei  e  dagl'indigeni  dati  al  traffico. 
Là  letteratura  romanza,  che  potrebbe  anche  dirsi  dei  Trovadori  dal  nome  dei  suoi 
poeti,  contribuì  non  poco  alla  formazione  dell'italiana,  francese,  spagnuola,  porto- 
ghese, e  anche  dell'antica  tedesca  alta.  Le  carte  de'  Comuni,  ed  alcune  traduzioni  di 
libri  devoti  sono  le  sue  prose  più  antiche;  versi  e  composizioni  dei  Trovadori,  e  se 
ne  trovano  già  nel  x  secolo.  Il  linguadochese,  il  provenzale,  il  limosino,  il  catalano, 
il  valenziano,  sono  i  dialetti  di  più  ricca  letteratura. 

Dalla  mescolanza  del  latino  coi  varj  idiomi  germanici,  slavi  ed  altri,  dopo  il  x  se- 
colo, si  formarono  le  cinque  lingue  seguenti: 
e.  Italiano,  che  si  suddivide  in  molti  dialetti,  di  cui  sono  principali  il  piemon- 
tese e  genovese,  misti  d'assai  vocaboli  francesi,  ed  il  secondo  vicino  al  pro- 
venzale ;  il  milanese  o  lombardo,  che  ha  l'eu,  l'w,  e  la  n  nasale  de'  Fran- 
cesi; il  basso  lombardo  del  Bresciano,  Cremonese,  Mantovano,  Parmigiano, 
Modenese,  Ferrarese,  che  perde  i  suoni  francesi  del  milanese,  benché  nel  resto 
gli  somigli;  il  bolognese  e  bergamasco,  più  aspri  di  tutti;  il  veneziano 
dolce,  ed  in  cui  si  distingue  il  proprio  parlato  in  Venezia  e  nel  contorno,  il  conti- 
nentale della  terraferma  fino  al  Mincio ,  ed  il  marittimo  nelle  città  dell'Istria ,  sul 
litorale  ungherese,  nella  Dalmazia,  nelle  isole  Jonicheed  in  alcune  dell'Arcipelago; 
il  furiano,  misto  di  molte  voci  romancie,  francesi  e  slave;  il  tirolese  delle 
altre  valli  di  Fassa  o  Evaes,  di  Livinalo  o  Buchenstein,  di  Enneberg,*  di  Badia, 
differente  molto  dall'italiano  parlato  nel  restante  Tirolo,  e  che  è  forse  il  più  cor- 
rotto di  tutti  i  dialetti  italiani;  il  toscano  vulgare,  parlato  con  molte  varietà 
nel  granducato  di  Toscana,  nel  Perugino,  e  in  qualche  angolo  di  Sardegna,  ri- 
pulito e  perfezionato  divenne  la  lingua  della  letteratura  e  della  buona  società  in 
Italia,  ma  singolarmente  nella  pronuncia  fiorentina  si  distingue  per  le  forti  gut- 
turali ha,  he,  hi;  il  romano  parlato  a  Roma,  e  con  molte  varietà  nella  parte 
meridionale  degli  Stati  pontifìzj,  il  più  puro  dopo  il  toscano,  e  più  dolce  di  questo 
nella  pronunzia  ;  il  s  a  b  i  n  o  coll'a  bruzzese,  il  calabrese  ed  il  pugliese, 
molto  incolti  ed  aspri;  il  tarantino,  misto  a  molte  espressioni  greche;  il  na- 
poletano, parlato  in  molti  soddialelti  a  Napoli  e  nelle  vicine  provincie,  e  che 
ha  una  letteratura  più  ricca  d'ogni  altro;  il  siciliano  con  molte  voci  d'origine 
araba,  greca  e  provenzale;  il  sardo,  usato  in  quasi  tutta  Sardegna,  misto  di 
voci  greche,  francesi,  tedesche  e  spagnuole.  Pressoché  tutti  questi  dialetti  pos- 
sedono  libri  stampati,  alcuni  dizionarj,  grammatiche,  commedie,  e  fin  poemi. 
d.  Francese,  parlato  dai  Francesi  in  quasi  tutta  la  Francia  settentrionale,  dai 
Valloni  e  Fiamminghi  nelle  provincie  neerlandesi  della  Fiandra  orientale ,  del- 


ETNOr.RAFU   dell'europa  71 

rilainault,  di  Naniur,  di  parte  del  Luxemburg,   del  Limburg,  di  Liegi,  e  del 
Brabante;  dagli  Svizzeri  nei  Cantoni  di  Ginevra,  Yaud,  Neufchàtel,  e  quasi  tutto 
quel  di  Friburgo;  inoltre  dagli  abitanti  delle  isole  di  Gersey  e  di  Guernesey,  di- 
pendenti dall'Inghilterra;   in  alcune   parti  dell'impero  russo  e  austriaco  e  della 
monarchia  prussiana  da  coloni  francesi  ;  nell'Asia,  Africa,  America  francesi  ;  nelle 
isole  Seichelles,  di  Francia,  Santa  Lucia,  Tabago;  nel  Basso  Canada,  nell'Africa 
e  America  inglesi;  nella  parte  occidentale  della  repubblica  d'Haiti,  in  molti  degli 
Stati  Uniti,  massime  in  quelli  della  Luigìana,  d'Illinese,  del  Mississìpi.  La  grande 
influenza  politica  de'  Francesi,  specialmente  all'età  nostra,  e  la  ricca  loro  lette- 
ratura, resero  il  francese  scritto  o  accademico  la  lingua  sociale  e  politica  del- 
l'Europa, e  per  conseguenza  di  tutto  il  globo. 
Un  quinto  delle  sue  parole  pare  derivato  dal  basso  tedesco;  ed  è  forse  la  sola  fra  le 
lingue  vive  che  sia  fissata.  Di  ritmo  delicatissimo,  ma  reale,  povera  d'aggettivi  e  par- 
licipj,  mancante  dei  diminutivi,  aumentativi,  superlativi  che  abbondano  nelle  sue  so- 
relle, è  ricchissima  di  modificazioni  di  tempi,  e  le  vince  tutte  in  precisione,  e  dispone 
sempre  le  frasi  giusta  l'ordine  logico-grammaticale.  Le  tante  sue  voci  di  differente  ac- 
cettazione, benché  analoghe  o  simili  nell'ortografia  e  nella  pronunzia,  la  rendono,  come 
l'inglese,  attissima  a  giocherelli  spiritosi  ed  epigrammi.  Le  desinenze  francesi  sono  uno 
de'  principali  suoi  elementi,  quelle  anzi  che  soffrono  men  eccezioni.  La  lingua  scritta 
differisce  assai  dal  vecchio  francese  e  dai  dialetti  vulgari  quali  parlansi  nelle  campagne, 
benché  questi  ultimi  sensibilmente  dileguino  nelle  città  in  grazia  dell'educazione,  del 
teatro  e  dei  giornali  :  la  lingua  parlata  s'accosta  ognidì  più  alla  scritta,  che  è  quasi 
identica  colla  parlata  dalle  persone  educate. 

Principali  dialetti  del  francese  sono  il  picardo,  il  fiammingo,  il  normando,  e 
il  vallone  di  Rouchi,  parlati  nella  Picardia,  Fiandra  francese  e  neerlandese,  nella 
Normandia  e  nelle  provincie  neerlandesi  di  Namur  e  di  Liegi,  i  quali  dialetti  sono  il 
ceppo  di  questa  lingua,  avendole  dato  i  primi  scrittori;  il  francese  vulgare,  il 
bretone  francese,  lo  sciarapanese,  il  lorenese,  il  borgognone,  il 
franco-con  tese ,  il  n  usciate  lese ,  l'orleanese,  1' angevino,  il  manso, 
parlati  nell'isola  di  Francia,  in  parte  della  Bretagna,  nella  Sciampagna,  nella  Lorena, 
in  parte  della  Borgogna,  nella  Franca-Contea,  nel  cantone  Neufchàtel  in  Isvizzera,  nel- 
rOrleanese,  nell'Angiò  e  nel  Maine.  Tutti  possedono  opere  di  varj  generi  in  prosa  ed 
in  verso,  e  taluno  anche  dizionarj.  Potrebbesi  aggiungere  il  gergo  degli  schiavi  negri 
delle  colonie  francesi,  notabile  per  le  tante  voci  straniere  che  adottò,  l'alterazione  che 
fece  subir  al  francese,  e  la  mancanza  di  costruzione  grammaticale. 

e.  Spagnuol  0  o  Castigliano^   usato  dagli  Spagnuoli  nella  piìi  parte  della 
Spagna,  e  con  qualche  varietà  di  pronunzia  e  mistura  di  voci  straniere,  dai  loro 
discendenti  nell'Oceania,  Africa,  America  spagnuola  ;  inoltre  dai  tanti  Ebrei  spa- 
gnuoli, diffusi  nell'impero  Ottomano  e  in  altri  Stati  d'Europa  e  della  costa  setten- 
trionale dell'Africa,  e  dagli  abitanti  d'origine  spagnuola  dell'isola  della  Trinità 
nell'America  inglese,  delle  Floride,  d'alcuni  posti  della  Luigiana  negli  Stati  Uniti, 
e  della  regione  occidentale  di  San  Domingo  nella  repubblica  d'Haiti.  Questa  lingua 
è  pur  comune  a  tutti  gli  abitanti  delle  città  di  Spagna,  ove  parlansi  le  lingue  basca 
e  romanza.  La  scritta  è  quasi  identica  nelle  forme  grammaticali  alla  romanza  e 
portoghese,  e  differisce  poco  dall'italiana  ;  ricchissima  e  armoniosa,  benché  abbia 
suoni  gutturali  e  aspiranti,  venutile  dal, parlar  arabo  donde  tolse  assai  voci. 
Sembra  che  all'xi  secolo  ascenda  l'origine  d'essa  lingua,  giacché  si  pretende  che  in 
quello  fosser  composte  le  romanze,  che  unite  formano  il  Sid:  questo  poema,  quello  in 
onore  di  san  Domenico  di  Silo,  scritto  da  Berceo  all'entrare  del  xiu  secolo,  e  le  poesie 
del  principe  don  Juan  Manuel,  sono  le  più  antiche  composizioni  di  essa  lingua,  che  avea 
raggiunta  la  perfezione  nel  xiii  secolo  regnando  Federico  HI  e  Alfonso  X  :  il  primo  la 
introdusse  nei  pubblici  affari,  e  vi  promulgò  il  suo  codice;  l'altro  la  usò  in  parte  delle 
sue  composizioni.  La  letteratura  spagnuola  è  ricchissima  quanto  variata.  I  regni  di  Carlo 
Quinto  e  di  Filippo  H  ne  sono  l'età  dell'oro,  quando  molti  stranieri  coltivavano  una 
lingua  che  dominava  e  nella  letteratura  e  nella  politica.  Da  poi  scadde,  risorse  sotto  Fi- 
lippo V  e  massime  sotto  Carlo  HI,  quando  produsse  tante  opere  di  bella  letteratura  e  di 
Scienza.  La  rima  assonante  è  caratteristica  della  poesia  spagnuola. 


72  GEOCRAFIA  —  EPOCA  PRIMA 

I  dialetti  del  castigliano  poco  differiscono  fra  loro.  Ecco  i  principali  e  che  piìi  si 
scostano  dalla  lingua  scritta  :  il  toletano  che  è  il  più  puro,  e  che  dopo  Carlo  V  di- 
venne lingua  della  Corte  e  del  bel  mondo;  quello  di  Leon  e  delle  Asturie,  padre 
della  lingua  spagnuola;  l'aragonese,  il  più  vicino  ai  dialetti  romanzi  catalano  e 
valenziano,  ha  inflessioni  particolari,  e  la  sua  letteratura  era  in  gran  fiore  prima  di 
Carlo  V;  l' andaluso,  che  ritenne  molte  radici  arabe;  il  murciano,  che  partecipa 
del  castigliano  insieme  e  del  romanzo  ;ilgalizianoogalego,  che  riguardasi  come 
fonte  della  lingua  portoghese,  e  che  in  effetto  ha  più  analogia  con  questa  che  non  col 
castigliano;  1' ultra-atlantico,  parlato  in  tutti  i  possedimenti  d'oltremare,  si  di- 
stingue per  l'adozione  di  molte  parole  straniere,  e  per  notevoli  differenze  di  pronunzia. 
La- spagnuola  è  delle  lingue  più  difl'use  del  mondo;  in  America  è,  dopo  l'inglese,  par- 
lata dal  più  di  abitanti,  e  la  sola  europea  usata  su  tutti  gli  altipiani  del  Nuovo  mondo. 

f ,  Portoghese  adii  Portoghesi  nel  Portogallo  e  nell'arcipelago  delle  Azzore  ;  e  con 
qualche  varietà  di  pronunzia  e  adozione  di  voci  forestiere  dagli  Ebrei  portoghesi 
stabiliti  ad  Amburgo,  Amsterdam,  nel  Tirolo,  e  in  altre  parti  d'Asia,  Africa  ed  Eu- 
ropa; inoltre  dai  discendenti  de'  Portoghesi  in  Asia,  Africa,  Oceania,  e  nell'Ame- 
rica portoghese.  Lingua  ricca  e  concisa  quanto  qualunque  delle  sue  sorelle,  tolse 
alcuni  vocaboli  dall'arabo  e  dal  francese  ;  pare  anche  deva  a  questo  il  gotaj  e  le 
nasali  ;  è  sonora,  dolce,  ed  esente  dall'aspirazione  e  dai  suoni  gutturali  dello  spa- 
gnuolo;  ma  i  frequenti  iati  e  il  nasale  moderno  in  «o  nuociono  all'armonia. 

Anche  di  questo  idioma  può  collocarsi  l'origine  all'xi  secolo:  e  le  opere  più  antiche 
ne  sono  i  frammenti  d'un  poema  sull'occupazione  della  Spagna  fatta  dagli  Arabi ,  che 
si  attribuisce  a  re  Rodrigo;  una  canzone  di  Gonzalo  Ilermigues,  composta  all'entrar  di 
quel  secolo;  un'altra  di  un  anonimo  sotto  il  conte  Enrico  ;  quella  d'Egaz  Moniz  Coelho, 
scritta  regnante  Alfonso  I;  molte  antiche  leggi  ed  altri  componimenti  anteriori  al  re 
Dionigi;  infine  i  frammenti  del  Cancioneiro.  Questa  lingua  progredì  grandemente  re- 
gnando Dionigi,  che  la  scriveva  con  eleganza:  fu  fissata  poco  dopo  il  regno  d'Edoardo; 
nel  secolo  xvi  ebbe  la  sua  età  dell'oro.  La  letteratura  portoghese,  che  deve  a  Camoens 
una  delle  più  belle  epopee,  è  variata  e  quasi  ricca  quanto  la  spagnuola,  benché  assai 
meno  conosciuta. 

Può  dirsi  che  il  portoghese  non  offra  differenza  di  dialetti  ma  solo  varietà.  Quelle  che 
più  si  scostano  dalla  parlata  sono  le  varietà  del  Minho,  degli  Algarve  e  delle  Azzore  in 
Europa,  del  Brasile  in  America,  del  Congo  e  di  Mozambiche  in  Africa,  di  Goa  e  Macao 
in  Asia!  Potrebbe  aversi  come  dialetto  del  Portogallo  la  lingoa  geral  che  parlasi  lungo 
le  coste  orientali  ed  occidentali  dell'Africa  massime  nella  Senegambia  e  Guinea,  e  lungo 
quelle  di  Seilan  e  delle  Indie,  gergo  che  in  Africa  ed  in  Asia  riproduce  il  fenomeno  della 
lingua  franca  sulle  rive  del  Mediterraneo,  e  attesta  l'antica  potenza  de'  Portoghesi  in 
quelle  regioni  remote, 

g,  Valaco  0  Daco-Latino  parlato  dai  Rumani  o  Rumni,  o  vogliam  direValachi, 
che  pajono  un  misto  di  antichi  coloni  romani  stabiliti  nella  Dacia  e  nella  Tracia, 
con  nazioni  slave  ed  altre  che  v'abitarono.  La  conjugazione  di  questa  lingua  è  più 
complicata  che  delle  altre  sorelle  :  il  plurale  del  nome  differisce  grandemente  dal 
singolare;  innesta  i  pronomi  personali  al  verbo;  ha  pure  assai  accrescitivi  e  di- 
minutivi come  lo  spagnuolo,  l'italiano  e  il  portoghese,  ma  forma  i  comparativi  e 
superlativi  al  modo  francese;  esprime  il  passivo  coi  pronomi  riflessivi. 

La  sua  letteratura  consiste  in  libri  ascetici,  dizionarj,  grammatiche,  alcune  poesie 
popolari,  e  la  traduzione  della  Bibbia  nel  dialetto  che  parlasi  in  Moldavia.  La  più  parte 
dei  Valachi  scrivono  coll'alfabeto  latino  :  quei  della  Moldavia,  dopo  l'ospodaro  Alessan- 
dro II  (1450),  usano  l'alfabeto  serbo. 

Tutte  queste  lingue  servonsi  dell'articolo  per  distinguere  i  casi,  e  dei  verbi  ausiliarj 
per  formare  il  passivo  e  molti  passati  dell'attivo  ;  eccetto  la  francese  ed  in  parte  la  va- 
aca,  tutte  possono  far  senza  de'  pronomi  nella  conjugazione.  Poverissime  tutte  di  voci 
composte,  ma  l'italiana,  poi  la  spagnuola  e  la  portoghese  hanno  molti  diminutivi,  au- 
mentativi, superlativi,  che  mancano  quasi  affatto  alla  francese.  Il  valaco  e  il  rumanico, 
che  formano  come  questa  il  superlativo,  abbondano  d'accrescitivi  e  diminutivi.  Tutte, 
ranne  la  francese,  offrono  riunioni  dei  pronomi  al  verbo.  Nella  rumanica,  italiana  e 
^alaca  la  scrittura  nott  differisce  dalla  pronunzia;  molto  nella  francese;  meno  nella 


ETNOCnAFIA  DELL'éHROPA  73 

spagnuola  e  portoghese.  La  spagnuola  contiene  assai  radici  latine:  la  francese  le  alterò 
più  delle  altre  :  la  valaca  ne  ritenne  di  quelle  che  non  si  trovano  nelle  sorelle. 

III.  —  Famiglia  delle  lingue  germaniche. 

Gridionii  germanici  sono  divisi  in  quattro  rami: 
I.  TEUTONICO  che  comprende  gl'idiomi  parlati  già  dai  Bastami,  Svevi  o  Nomadi, 
Taurisci,  Bojovari,  Quadi,  M ar cornarmi  ;  gli  Ermonduri  o  Ermioni  ;  che  pajono  i 
padri  de'Tunngi;  i  Catti  che  occupavano  l'Assia  e  i  dintorni;  gli  Alemarmi,  che 
sotto  Caracalla  erano  una  confederazione  di  popoli  del  sud-ovest  dell'Alemagna,  cui 
s'unirono  poi  gli  Svevi;  gVIstevoni  detti  poi  Franchi,  che  uniti  ad  altri  popoli,  for- 
marono la  più  poderosa  confederazione  della  Germania,  e  principali  erano  i  Franchi- 
Saliciy  che  condotti  da  Clodoveo  misero  fine  alla  dominazione  romana  nelle  Gallie. 
L'etnografia  distingue  in  questo  ramo  le  seguenti  lingue  : 

A.  t  ALTO  TEDESCO  ANTICO  (ALTHOCHDEUTSCH),  parlato  già  in  varj  dialetti 

per  tutta  ìa  Germania  meridionale,  Svizzera,  Alsazia,  Assia,  Turingia,  Wetteravia, 
parte  dei  paesi  soggetti  ai  Franchi.  Può  tenersi  come  morto  da  un  pezzo.  Poveris- 
sima n'è  la  letteratura,  massime  del  dialetto  francico,  in  grazia  dell'impero  quasi 
esclusivo  esercitato  dal  latino  quando  l'alto  tedesco  parlavasi.  Yi  si  distinguono 
tre  dialetti  principali  : 

a.  Il  francico  tedesco  era  parlato  alle  corte  dei  Merovingi  e  de' Carolingi  fin  a 
Carlo  il  Calvo;  dopo  il  quale  fé  luogo  al  vecchio  francese  in  Francia,  ma  continuò 
ad  esser  lingua  della  corte  in  Alemagna  fin  al  tempo  degli  Hohenstaufen.  Le  prin- 
cipali e  più  antiche  composizioni  che  ce  ne  restino,  sono  frammenti  d'una  tradu- 
zione del  trattato  d'Isidoro  De  nativitate  Christi,  del  principio  dell'viu  secolo  ; 
frammenti  del  poema  d'Ildebrando  e  Adubrando,  che  pajono  della  fine  di  quel 
secolo  ;  la  traduzione  àeìV Armonia  dei  Vangeli  di  Taziano,  che  sembra  del  ix  en- 
trante ;  il  giuramento  di  Carlo  I  re  di  Francia  neir842;  e  il  codice  de' Franchi. 

b.  Dell'  a  I  e  m  a  n  n  i  e  0  le  più  antiche  produzioni  sono  :  la  traduzione  della  regola  di 
san  Benedetto,  fatta  verso  il  720  da  Kero  ;  la  parafrasi  poetica  dei  Vangeli,  fatta 
neir865-72  da  Otfrido  benedettino  di  Weissenburg  in  Alsazia;  la  traduzione  dei 
Salmi,  eseguita  sul  fine  del  x  secolo  da  Naker  monaco  di  Sangallo. 

e.  Sotto  il  nome  d'alto  tedesco  medio  comprendiamo  la  lingua  in  cui  furono 
composte  molte  opere  degli  Svevi,  Bavari,  Austriaci,  Svizzeri,  e  altri  della  Germania 
Media  e  Bassa  dall'xi  al  xv  secolo,  e  massime  alla  splendida  età  degli  Hohenstaufen 
(iiù6-i2oi),  delta  pure  dei  Minnesingeri,  che  sono  i  Trovadori  e  Troveri  della 
Germania.  I  Niebelungen  la  miglior  produzione  epica  in  questa  lingua,  si  suppone 
composta  da  Corrado  di  Wurzburg  verso  il  1290. 

B.  ^eìV ALEMANNO  proprio,  detto  anche  ALTO  TEDESCO  MODERNO  non  usato 

in  nessun  luogo  dal  popolo,  si  formò  al  tempo  di  Lutero,  rifiutando  l'alto  tedesco 
medio  e  il  basso  tedesco  medio,  e  preferendo  il  dialetto  della  Misnia  che  più  tardi 
erasi  cominciato  a  scrivere.  Quest'ultimo  divenne  in  breve  la  lingua  de'  libri  e 
della  buona  società,  comune  a  tutti  i  Germani  educati,  e  la  lingua  dotta  di  tutto  il 
Nord  e  di  gran  parte  dell'Europa  orientale.  Vince  le  altre  in  numero  d'opere,  emu- 
landole in  merito. 
11  tedesco  è  per  avventura  l'idioma  europeo  più  ricco  di  parole,  in  grazia  delle  tante 
radici  monosillabiche  con  cui  crea  termini  nuovi  per  derivazione  o  per  composizione  ; 
prerogativa  che  solo  il  greco  possiede  in  tanta  estensione.  I  dialetti  parlati  possono  ri- 
dursi a  quattro  : 

a.  Lo  svizzero  che,  col  tirolese,  è  il  più  puro  di  tutti. 

b.  Il  renano,  coi  sottodialelti  dell'Alsazia  in  Francia;  e  del  Westerwald,  paese 
diviso  fra  la  Prussia  e  il  ducato  di  Nassau. 

e.   Il  danubiano,  suddiviso  in  bavarese,  tirolese,  austriaco,  hoemo-ungaro-silesiano. 
d.  11  franconeo  medio  tedesco,  suddiviso  in  nove  sottodialetti  e  molte  varietà, 

fra  cui  il  più  notevole  è  l'alto  sassone  moderno,  preferito  da  Lutero.  Potrebbero 

aggiungersi 


74  GEOGRAFIA  —  EPOCA   PMìlK 

e.  Il  tedesco  ebreo,  formato  dai  Giudei  polacchi,  adoperato  per  l'educazione 
de'  Giudei  tedeschi. 

f.  Il  r  0  t  h  w e  I  s e  h  ,  parlato  dagli  Jonisch  o  Jaumr,  ladri  e  vagabondi,  che  ha  una 
folla  di  espressioni  e  frasi  affatto  stranie  al  tedesco. 

11.  SASSONE  0  CIMRICO,  che  comprende  gl'idiomi  parlati  già  dai  Cimri;  dagli  Angli; 
dai  Brutterì  e  Cauci ;  dai  Cherusci  potenti  sotto  Erminio;  dai  Menapj^  Tungri,  Ba- 
iavi, Frisoni  ed  altri  men  notevoli;  dai  Sassoni;  dai  Longobardi? 
L'etnografia  distingue  in  questo  ramo  i  quattro  seguenti  idiomi: 

A.  t  BASSO  TEDESCO  ANTICO  (ALTNIEDERDEUTSCH),  detto  sassone  antico.  Pare 

che  anticamente  e  nel  medio  evo  fosse  usato  in  tutta  la  Germania  settentrio- 
nale e  ne'  Paesi  Bassi,  ove  non  stavano  Frisoni  e  Angli.  Per  le  forme  grammaticali 
bisogna  distinguere  il  basso  tedesco  antico  e  il  basso  tedesco  medio. 
Le  più  vecchie  produzioni  del  basso  tedesco  antico  sono  dall' viii  all'xi  secolo,  e 
principali  1'  Evangelien  Harmonie  che  pare  del  ix  secolo  entrante ,  e  le  Glossce 
Lipsii  del  secolo  stesso.  Il  basso  tedesco  medio  comprende  tutti  gli  scritti  dall'xi 
al  XVI  secolo.  Pare  che  questa  lingua  fiorisse  alla  corte  di  Brunswick. 

B.  BASSO   TEDESCO    MODERNO   ( NEUENIEDERDEUTSCH   o   NEUEPLATT- 

DEUTSCHJ,  0  sassone  moderno ,  parlato  in  molti  dialetti  in  tutto  il  nord  della 
Germania  e  quasi  tutta  la  Prussia.  Dopo  Lutero  gli  successe  l'alto  tedesco  ne'  tri- 
bunali, nella  liturgia,  nei  documenti  pubblici,  onde  cessò  d'essere  scritto  dal  se- 
colo XVII.  Poverissima  è  la  letteratura,  benché  abbia  varie  poesie  popolari  e  qualche 
cronaca,  fra  cui  quella  della  Livonia  di  Riissou.  I  suoi  dialetti  sono  più  dolci  che 
quei  dell'alto  tedesco,  ed  evitano  l'accumulazione  di  consonanti  e  la  frequenza  di 
suoni  gutturali,  meno  ricchi  di  forme  grammaticali  ma  più  di  radici. 

C.  FRISONE,  parlato  già  lungo  le  coste  dal  Reno  all'Elba,  dai  Frisoni  e  Cauci.  Po- 

chissime opere  sono  scritte  in  questa  lingua:  le  più  antiche  sono  il  Brokmer  ìViìkii- 
ren,  non  anteriore  al  xii  secolo,  e  VAsegabuch  del  xiii. 

D.  NEERLANDESE  o  B ATAVO  MODERNO  con  due  dialetti  principali: 

a.  Il  fiammingo,  parlato  nelle  provincie  meridionali  della  Neerlandia,  ove  non 
usasi  tedesco  o  francese.  Affinatosi  ben  prima  dell'  olandese,  era  generale  nelle 
diciassette  provincie  sottomesse  ai  conti  di  Borgogna;  finiti  i  quali,  e  dominando 
gli  Spagnuoli,  cedette  al  nord  all'olandese,  e  al  sud  al  francese,  talché  restò  escluso 
dagli  affari  e  dalla  letteratura,  e  poche  opere  produsse. 

b.  L'olandese  è  parlato  nelle  sette  provincie  del  nord  e  in  alcuni  cantoni  di  quelle 
del  sud  limitrofe,  e  con  varietà  e  mescolanza  nell'Africa,  Oceania,  America  olan- 
dese. Solo  verso  il  fine  del  secolo  xvi  divenne  lingua  scritta.  È  mista  di  frisone 
antico ,  francico,  basso  tedesco,  vicino  molto  a  questo  per  rispetto  alle  parole,  e 
al  tedesco  scritto  per  la  costruzione  e  le  forme  grammaticali,  superandolo  però  in 
suoni  gutturali;  e  strascica  i  suoni  vocali  più  di  ogni  altro  idioma  d'Europa.  Le 
più  antiche  opere  olandesi  sono  la  cronaca  rimata  di  Nicolò  Kolyn,  che  dicesi 
composta  verso  il  1156,  ma  che  par  più  recente;  e  quella  di  Melis  Stocke,  che  è 
del  principio  del  secolo  xiv.  Il  xvu  fu  l'aureo  per  la  letteratura  olandese,  che  però 
cede  assai  alla  tedesca,  francese,  inglese  per  numero  di  produzioni. 

111.  SCANDINAVO  o  NORMANNO  GOTICO,  che  comprende  gl'idiomi  parlati  anticamente 
dagli  Jotì,  Goti,  0  Giitz,  Manni,  Vanni,  e  altri  popoli  conosciuti  dalla  razza  gotica 
pura;  e  gl'idiomi  parlati  già  ne'  paesi  più  meridionali  dai  popoli  di  razza  scandinava, 
disseminati  fra  Slavi  e  Finnici,  e  divenuti  celebri  per  le  incursioni  nell'Europa  orien- 
tale, fra  cui  i  più  famosi  sono  i  Gotoni  presso  la  foce  della  Vistola;  gli  Ostrogoti, 
tribù  dominante  principalmente  alle  rive  del  Dnieper,  e  nocciolo  della  vasta  monar- 
chia fondata  nel  iv  secolo  da  Ermanrico;  i  Visigoti,  che  fondarono  la  monarchia  in 
Ispagna;  gli  Eruli?  i  Vandali?  i  Borgognoni? 
Vi  si  distinguono  cinque  idiomi: 
A.  MESOGOTICOf,  parlato  già  dai  Goti  stanziati  nella  Mesia.  È  la  lingua  germanica 
più  ricca  di  forme  grammaticali.   È  morto  da  molti  secoli;  ha  composizioni  più 
antiche  d'ogni  altro  idioma  germanico,  che  sono  il  Codex  argenteus  di  Upsal,  e 
il  Codex  carolinus  e  alcune  versioni  della  Bibbia  fatte  tra  il  360  e  il  376  dal  ve- 
scovo Ulfila. 


ETNOCnAFfA   DELL'EUROPA  7r> 

B.  NOMfANNICO  f,  lingua  àeWEdda  e  della  Voluspa^  e  d'altre  poesie  di  data  incer- 

ta, e  idioma  generale  della  Scandinavia  nei  secoli  vni,  ix  e  x-,  possiede  i  più 
vecchi  monutnenli  del  Nord,  e  per  dovizia  di  forme  grammaticali  non  cede  che 
al  niesogotico. 

C.  NOIiVEGIO  proprio,  o  antico,  ben  distinto  dal  moderno  (nork)^  che  è  un  dialetto 

del  danese.  Vi  si  possono  distinguere  questi  principali  dialetti: 

a.  L'islandese,  parlato  dopo  il  secolo  ix  in  Islanda  dalle  colonie  norvegie  ivi  sta- 
bilitesi neirsei,  e  celebre  per  ìeSaga  o  memorie  storiche,  in  prosa  mista  di  versi, 
e  per  la  letteratura  degli  Scaldi,  che  è  delle  più  ricche  e  curiose  del  medioevo. 
Gli  altri  dialetti  viventi  sono: 

b.  11  norvegio  proprio  parlato  nelle  valli  centrali  della  Norvegia,  e  molto  simile 
di  parole  all'islandese. 

e.  Il  dalska  della  Dalecarlia  occidentale. 

d.  Lo   tàmtelandese  nella  Svezia. 

e.  Il  feroe  dell'arcipelago  delle  Feroe,  mischiato  di  voci  islandesi,  norvegiane,  da- 
nesi, sfigurato  da  inflessioni  particolari  e  stranie. 

f.  Il  no r so,  parlato  nelle  isole  di  Shetland,  misto  col  dialetto  anglo-scozzese. 

D.  SVEDESE,  parlato  dagli  Svedesi  nella  maggior  parte  del  regno  di  Svezia,  nell'isola 

di  San  Bartolomeo  in  America,  nelle  principali  città  della  Finlandia,  e  nell'  isola 
Rune  dell'  impero  russo.  Come  il  danese,  può  considerarsi  figlio  del  normannico, 
e  si  fissò  nelle  forme  presenti  soltanto  nel  secolo  xv  ;  la  sua  letteratura  è  del  regno 
di  Gustavo  Wasa.  Due  dialetti  principali: 

a.  Lo  svedese  propriamente  detto,  fra'  cui  sottodialelti  è  quello  di  Upland,  che 
nel  XV  secolo  divenne  la  lingua  scritta  e  comune. 

b.  Il  gotico  moderno  della  Svezia  meridionale,  suddiviso  in  molti. 

E.  DANESE,  parlato  dai  Danesi  nella  Danimarca,  nell'Asia  ,  Africa,  America  danesi , 

dalla  classe  educata  delle  isole  Feroe  e  dell'Islanda,  usato  pure  e  scritto  nella  Nor- 
vegia. Nel  secolo  xv  fu  fissato  nella  odierna  sua  forma ,  danneggiato  però  dalla 
predilezione  data  dalla  Corte  alla  letteratura  e  lingua  tedesca  fin  all'  entrare 
del  xviii  secolo.  Gli  scrittori  danesi  e  norvegi  con  zelo  e  fortuna  attesero  a  formar 
una  letteratura  nazionale,  che  or  grandeggia  nella  poesia  e  nelle  scienze.  Conser- 
vando le  finezze  principali  delle  lingue  di  questo  ramo,  offre  la  più  gran  sempli- 
cità nelle  forme  grammaticali,  nel  che  vien  tosto  dopo  l'inglese,  il  più  semplice 
fra  i  parlari  germanici.  Men  maestoso  ed  armonico  che  lo  svedese,  ha  più  grazia  e 
agevolezza;  e  tiene  dell'inglese  e  del  francese  più  che  del  teutonico;  né  alcun  Te- 
desco riesce  a  parlarlo  o  scriverlo  bene. 
IV.  ANGLO -BRITANNICO,  il  quale  comprende  due  linguaggi: 

A.  ANGLO-SASSONE  f,  mistura  degl'idiomi  de'Sassoni,  Angli  e  Juti.  Ricco  di  radici 

e  immagini,  povero  di  forme  grammaticali,  ma  la  sua  letteratura  è  delle  più  im- 
portanti e  curiose  del  medioevo,  quando  molte  opere  sue  furono  voltate  in  fran- 
cese e  tedesco  antico.  I  monumenti  primi  sono  il  Caedmonische  paraphrase,  spo- 
sizione del  Vecchio  Testamento,  che  si  suppone  composta  nell'viii  secolo,  benché 
volgarmente  si  ascriva  a  un  tal  Cedemone  morto  nel  681)5  la  traduzione  alliterata 
del  trattato  De  consolatione  di  Boezio;  quelle  d'Orosio,  Beda  e  altri,  del  re  Alfredo 
verso  la  seconda  metà  del  ix  secolo;  i  viaggi  d'Others  e  Wulfstans,  dell'epoca  stessa  ; 
la  meditazione  della  sacra  Scrittura  dell'abbate  Alfrick;  il  poema  di  Boewalf,  com- 
posto nel  X  secolo,  prima  d'ogn' altro  poema  moderno;  quello  degli  Skialdunghi; 
la  cronaca  anglo-sassone  del  secolo  xu.  Nella  sintassi  l' anglo-sassone  s'accosta  di 
più  al  tedesco  e  al  latino  che  all'islandese,  massime  nell'età  più  antica,  il  che 
venne  0  in  grazia  de'  monaci,  0  per  l'influenza  delle  prische  forme  grammaticali 
del  sassone  primitivo  e  del  dialetto  degli  Angli  ;  ortografìa  incerta. 

B.  INGLESE,  parlato  dovunque  dominano  gì'  Inglesi,  poi  per  tutto  il  mondo  in  grazia 

dell'  importanza  sua  letteraria,  politica  e  commerciale;  è  misto  d'anglosassone  e 
di  francese  neustriano  0  franco-normanno ,  con  alcune  parole  celtiche,  e  molte 
romane.  Ricchissimo  e  di  gran  forza,  è  il  più  semplice  e  monosillabo  degli  euro- 
pei, e  quello  in  cui  la  pronunzia  più  differisce  dalla  scrittura.  Sta  accanto  alle 
lingue  più  compite,  e  primeggia  per  energia;  la  concisione  non  vi  toglie  nulla  alla 


76  GEOGRAFU  —  EPOCA   PRIMA 

grazia.  La  sua  letteratura,  cominciata  nel  secolo  xn  con  traduzioni  e  cronache, 
toccò  il  più  alto  punto  nel  xvii  e  xviii:  ricca  quanto  variata,  gareggia  colle  più 
celebri.  I  più  antichi  monumenti  ne  sono  un  inno  alla  Vergine,  d'un  certo  Godric 
morto  nel  H70;  la  traduzione  del  romanzo  del  Bruto  di  Wace  di  Layamon  o  La- 
zamon,  e  la  parafrasi  de'Yangeli  di  Owen  Ormin  del  xu  secolo;  il  Castel  of  Love 
di  Roberto  Groslhead  della  prima  metà  del  xiii,  e  la  cronaca  di  Roberto  Gloucester 
della  seconda  metà  del  medesimo  secolo;  le  opere  di  Roberto  Brunne ,  Chaucer, 
Adamo  Davie,  John  Gower  e  Roberto  Langeland,  autore  della  satira  Visioni  di 
Pietro  Ploughman  che  sono  del  secolo  xiv. 
Pare  vi  si  possano  distinguere  quattro  dialetti: 

a.  L'inglese  proprio,  che  forbito  da  Chaucer  nel  xiv  secolo,  divenne  lingua  scritta 
e  generale  di  tutta  la  nazione. 

b.  L'inglese  northumberland,  che  potrebbe  anche  dirsi  dano-inglese ,  tante 
voci  danesi  conservò. 

e.  Lo  scozzese  o  anglo- scandinavo,  distinto  in  scozzese-proprio,  parlato  già 
alla  corte  dei  re  di  Scozia,  e  in  cui  Giacomo  V  scrisse  poesie  molto  graziose , 
Ramsay  compose  una  pastorale  che  ricorda  V  Aminta  del  Tasso,  e  Burns  stese  pur- 
dianzi  poesie  popolari. 

d.  L'inglese  ultro-europeo,  parlato  nelle  colonie. 

Carattere  di  queste  lingue  è  l' accento  tonico,  voglio  dire  quella  particolare  intona- 
zione con  cui  si  pronunzia  ciascuna  parola.  Eccetto  l'inglese,  la  pronunzia  poco  diffe- 
risce dalla  scrittura;  in  svedese  e  danese  è  identica,  benché  varii  alquanto  nel  discorso 
famigliare:  ma  tranne  gl'idiomi  moderni  del  ramo  scandinavo,  è  in  tutti  più  o  men 
dura;  la  pronunzia  dell'olandese,  del  ramo  sassone,  e  quella  degl'idiomi  teutonici  più 
ancor  delle  altre,  specialmente  nei  dialetti  svizzero,  tirolese,  alsaziano,  svevo,  bavarese, 
ove  strabbondano  i  suoni  gutturali  e  l'accumulamento  di  consonanti.  Lo  svedese,  ricco 
di  vocali  sonore,  è  il  più  musicale.  Dopo  lo  svedese  viene  l' islandese,  poi  il  danese, 
massime  parlato  coU'acceuto  norvegio;  il  danese  rigetta  o  trasforma,  come  il  basso- 
sassone  e  l'olandese,  le  consonanti  sibilanti  e  raddoppiate.  La  vocale  e  vi  predomina, 
come  \'a  nello  svedese.  Il  suono  wh  o  ha  è  particolarmente  conservato  nell'  inglese  e 
jutlandese.  11  mesogotico,  il  normannico,  l'alto  e  basso  tedesco  antico,  per  ricchezza  di 
forme  grammaticali,  hanno  il  primato;  poi  l'inglese  ;  ultimo  il  danese. 

La  declinazione  degl'idiomi  germanici,  eccetto  questi  due  ultimi  e  l'olandese  e  sve- 
dese, è  ricca;  molto  vi  fa  l'articolo,  che  in  quei  del  ramo  scandinavo,  tranne  il  meso- 
gotico, è  posto  come  suffisso  dopo  il  nome,  siccome  in  copto,  in  valaco,  ecc.  11  tedesco, 
l'olandese,  lo  svedese  hanno  tre  generi;  due  il  danese  e  il  basso-tedesco,  uno  per  le 
persone,  uno  per  le  cose;  nessuno  l'inglese.  11  mesogotico,  l'alto  e  basso  tedesco  antico, 
l'anglo-sassone,  il  normannico,  l'islandese  e  il  dialetto  di  Feroe  hanno  il  duale  ne'pro- 
nomi  personali.  Le  lingue  germaniche  formano  il  comparativo  per  flessione;  povera 
n'è  la  conjugazione ,  che  ricorre  a  tre  ausiliarj  per  esprimere  i  tempi  e  modi  onde 
manca;  eccetto  però  gl'idiomi  scandinavi,  fra  cui  il  mesogotico  ha  il  duale  e  il  vero 
passivo  compiuto ,  e  gli  altri  in  cui  trovasi  pure  quest'  ultimo ,  benché  limitato  a 
quattro  tempi.  Le  lingue  scandinave  hanno  eziandio  molti  verbi  ausiliarj  particolari 
per  variare  e  arricchire  la  conjugazione,  ma  non  possono,  come  il  tedesco,  liberamente 
creare  aggettivi  nuovi  coli' unir  un  nome  al  participio  attivo,  benché  facilmente  colle- 
ghino i  nomi  e  gli  aggettivi  o  fra  loro  o  gli  uni  cogli  altri.  Possedono  tutte  la  prero- 
gativa di  poter  formare  parole  nuove  secondo  regole  fisse,  prerogativa  comune  col 
greco  e  lo  slavo,  ma  negata  al  latino  e  a'  suoi  figli  ;  essa  in  ricambio  fa  trascurar  i  giri 
e  le  finezze  dello  stile.  La  costruzione  del  tedesco  e  dell'olandese  è  molto  artifiziale; 
meno  quella  delle  altre  lingue;  semplicissima  nell'inglese.  Forse  nessuna  famiglia  etno- 
grafica offre  altrettanta  varietà  nell'  uso  de'  pronomi  personali  che  servono  a  diriger  la 
parola,  trovandosene  quattro  differenti. 

Quanto  alla  scrittura,  1'  alfabeto  runico,  non  si  sa  quando  inventato,  era  in  uso  in 
tutta  Scandinavia  e  fra  gli  Slavi-Vendi  prima  del  cristianesimo.  Valfabeto  islandese  è 
quasi  identico  del  runico,  ed  ha  una  lettera  particolare  per  esprimere  il  ih.  Valfa- 
beto mesogotico  fu  formato  da  UHila  a  imitazione  del  greco.  L'  alfabeto  anglo-sassone 
era  già  adoperato  in  Inghilterra  e  Scandinavia.  L'alfabeto  gotico  è  il  latino  ridotto  a 


KTNOcnxFi.v  dell'europa  77 

forma  quadrata,  e  carico  di  ghirigori  dagli  scrivani  del  medio  evo,  adoprato  da  quasi 
tutti  i  popoli  dell'Europa  latina  dal  xiii  al  xv  secolo.  11  preteso  alfabeto  tedesco  è  il  go- 
tico alquanto  modificato:  usasi  dai  Germani,  Boemi,  Sloveni,  e  alternato  col  latino  dagli 
Svedesi,  Olandesi,  Danesi;  e  fu  unico  agli  Inglesi  e  Olandesi  fin  al  secolo  xvi.  IJ alfa- 
beto latino  usasi  da  quei  che  parlano  inglese  e  olandese,  si  estende  in  Isvezia,  e  co- 
mincia in  Danimarca,  in  Germania  e  ne'  paesi  fuori  di  questa  ove  parlasi  tedesco. 

IV.  —  Famiglia  delle  lingue  slave. 

Dai  contorni  di  Udine,  da  Siliam  nel  Tirolo,  e  dal  Bohmerwald  nel  cuore  della  Ger- 
mania, fino  alle  estremità  più  remote  dell'Europa  e  dell'Asia  e  alla  costa  nord-ovest 
dell'America,  sono  diffusi  popoli  d'origine  slava,  su  circa  un  sesto  della  superficie 
abitabile  del  globo.  E  mentre  mostrano  le  più  grandi  differenze  fisiche  e  morali  oppo- 
sizioni, le  lingue  sì  poco  differiscono  che  potrebbero  riguardarsi  come  dialetti  d'  un 
solo  idioma. 

Queste  nazioni  ,  che  tanto  figurarono  nel  medioevo,  in  parte  si  estinsero,  e  quasi 
tutte  perdettero  l'indipendenza.  I  Russi  e  alcune  popolazioni  della  Turchia  europea  sole 
conservano  l'esistenza  politica,  le  altre  sono  soggette  alla  Russia,  all'Austria,  alla  Prus- 
sia, alla  Turchia.  Da  alcuni  anni  gli  Slavi  partecipano  al  movimento  generale  degli 
Europei  verso  la  coltura,  una  nuova  attività  gli  anima,  e  fra  alcuni  rapida  procede  la 
civiltà.  Ma  i  Russi  che  dominano  il  più  vasto  impero  che  finora  sia  in  realtà  esistito, 
primeggiano  fra  le  genti  slave  pel  numero  di  popoli  che  incivilirono  e  convertirono  al 
cristianesimo,  come  per  tante  istituzioni  letterarie,  e  perfezionamenti  e  produzioni 
in  ogni  genere,  e  grandi  servigi  prestati  alla  geografia,  svelando  regioni  affatto 
ignote. 

Pare  vadano  fra  loro  collocati  i  Sarmati?  implacabili  nemici  degli  Sciti  e  dei  Roma- 
ni; i  Rossolani,  detti  poi  Ros;  gli  Jazigi  di  Strabone,  celebri  nel  medioevo  col  nome 
di  Jativinges  e  di  Pollexiani ,  i  quali  amavano  meglio  perir  coli' armi  che  perdere 
l'indipendenza:  i  Moravi  che,  prima  di  tutti,  abbracciando  il  cristianesimo,  godet- 
tero la  civiltà  che  lo  accompagna;  1  Venedi  o  Vendi,  distinti  per  coltura,  e  tra'  quali 
sono  segnalati  la  potente  federazione  repubblicana  dei  Lutizii  e  il  regno  degli  Obotriti; 
i  Serbi,  il  cui  re  Stefano  Duchan  nel  secolo  xiv  conquistò  gran  parte  dell'  impero 
d'Oriente,  e  solo  da  morte  fu  impedito  di  sedersi  su  quel  trono  ;  i  Pruczi,  che  dife- 
isero  contro  gli  Alemanni  con  incredibii  valore  i  loro  Dei  e  l'indipendenza;  i  Kuri  che, 
uniti  con  altri  sotto  il  nome  di  Kureti,  colle  piraterie  sgomentarono  i  naviganti  del 
Baltico;  i  Rusniaci ;  i  Novogorodi,  repubblicani  spertissimi  del  commercio  e  delle  bat- 
taglie ;  i  Cosacchi  Zaporoghi,  Spartani  moderni  per  la  singolare  costituzione,  il  modo 
di  vivere,  e  la  meravigliosa  intrepidezza;  i  Cosacchi;  i  Ragusei,  piccola  gente  che  da 
più  secoli  coltiva  le  scienze  e  le  lettere,  e  conserva  costumi  dolci  e  raffinati  tra  nazioni 
abbrutite;  i  Montenegrini,  cui  le  rupi  e  il  coraggio  e  il  semplice  costume  proteggono 
l'indipendenza,  non  obbedendo  che  agli  anziani  e  ai  vescovi.  Troviam  pure  in  questa 
famiglia  i  Boemi,  si  possenti  e  civili  ;  i  Polacchi;  i  Lituani,  che  entrante  il  secolo  xiv, 
fondano  un  vasto  impero  che  diviene  primo  nel  Nord  sotto  il  grande  Olgierd  e  Si- 
gismondo Augusto;  finalmente  i  Russi. 

Ci  pare  poter  in  tre  rami  distinguere  le  lingue  di  questa  famiglia: 
I.  RUSSO-ILLIRICO,  detto  dai  Russi  e  dagli  Ulirj ,  nome  dato  alla  più  parte  dei  po- 
poli che  parlano  serbo  o  croato.  Sue  lingue  sono: 
A.  SLAVA,  SERVI ANA,  SERBA  e  ILLIRICA  o  RUTENA,  parlata  in  molti  dialetti 
dagli  Slavi  meridionali  che  chiamansi  illirici,  viventi  negl'imperi  turco  e  austria- 
co, eccetto  pochi  coloni  della  Russia  meridionale.  Questa  lingua,  una  delle  più 
ricche  di  vocaboli  e  forme  grammaticali,  è  pure  armoniosissima.  La  lunga  domi- 
nazione dei  Turchi,  Germani ,  Ungheresi  ,   Veneziani  introdusse  nei  suoi  dialetti 
molte  parole  di  questi,  ignote  alle  antiche  produzioni.  Da  alcun  tempo  gli  autori 
studiano  di  scriver  puro  ,  ed  evitando  queste  espressioni ,  avvicinarsi  al  .russo. 
Benché  la  letteratura  slava  sia  men  ricca  che  la  boema,  la  polacca  e  la  russa,  è 
però  più  antica,  e  distinguesi  in  stot-ens/a  e  s/auo.  La  letteratura  slava  è  variata  assai, 
possiede  grammatica  e  dizionario,  poemi  epici,  drammi,  tragedie,  commedie  ori- 


78  CEOGHAriA  —  EPOCA    PRIMA 

ginali,  oltre  assai  traduzioni  dal  greco,  latino,  italiano,  tedesco,  su  quasi  ogni 
soggetto  anche  di  scienze.  Quasi  tutte  però  sono  dovute  a  Ragusei  o  Serbi  del- 
l'impero austriaco,  e  furono  pubblicate  a  Venezia,  Ragusi ,  Buda,  Vienna.  La  let- 
teratura dello  slawenski,  cioè  dell'antico  russo,  è  poverissima.  I  monumenti  più 
antichi  sono  la  versione  di  libri  sacri,  alcuni  fin  dell'863  ;  il  codice  di  Jaroslaf  I 
del  principio  dell' xi  secolo;  il  testamento  di  Vladimiro  il,  morto  nel  H25;  il 
poema  d'Igor  e  la  cronaca  di  Nestore,  del  xii,  continuata  fino  al  xvii.  In  questa 
lingua  sono  scritti  tutti  i  libri  pubblicati  in  Russia  fino  a  Pietro  il  Grande.  Escluso 
dalla  letteratura  profana,  losla-svenski  restò  sempre  in  Russia  lingua  della  religione 
e  della  liturgia.  Il  serbo  scritto,  che  poco  differisce  fra  i  varj  popoli,  differisce 
assai  se  si  consideri  qual  è  parlato. 

I  dialetti  che  più  ci  pajono  diversi  tra  loro  e  dall'antico  slavo  e  dalla  lingua 
parlata  fin  al  medio  evo,  sono: 

a.  Il  servi  ano  proprio  o  serblin,  parlato  dai  Serviani,  detti  impropriamente 
Illirj,  Raczen,  o  Rhaces,  che  occupano  quasi  tutta  la  Servia  coli'  Erzegowina  nella 
Turchia  europea,  e  sono  diffusi  anche  nella  Croazia,  come  nell'Ungheria  e  paesi 
limitrofi. 

b.  Lo  slavo  italianizzato  delle  coste  di  Dalmazia  dalla  Narenta  al  Litorale  un- 
gherese, delle  isole  limitrofe,  e  dell'  Istria. 

e.  L'use 0  00,  parlato  dagli  Uscochi  o  Morlachi,  che  da  sé  diconsi  Serbli,  Vlahe  o 
Lahe,  o  Vlahe,  nomadi  coraggiosi  e  selvaggi,  sparsi  nella  Servia,  Bosnia,  Dalmazia, 
Croazia,  Litorale  ungherese  e  Carniola.  È  misto  di  molti  vocaboli  Turchi. 

d.  Il  bulgaro,  in  Bulgaria,  dai  discendenti  de' famosi  Bulgari,  di  cui  disimpara- 
rono la  lingua,  e  ora  è  un  serbo  misto  di  forestiere,  massime  di  Turco.  Pare 
abbia  un  articolo,  che  colloca  dopo  il  nome.  È  poco  noto. 

B.  RUSSA  MODERNA,  parlata  nell'impero  russo  dalla  nazione  dominante,  e  dalle 
persone  colte  delle  nazioni  suddite;  inoltre  nella  più  parte  della  Gallizia  e  in  parie 
dell'  Ungheria.  Da  che,  sotto  Pietro  il  Grande ,  si  abbandonò  lo  slawenski  per 
iscrivere  in  ruski,  questa  divenne  lingua  dei  libri  e  degli  affari  in  tutto  l'impero. 
Da  alcun  tempo  i  letterati  procurano  sostituir  parole  slave  alle  straniere  introdot- 
tesi. Men  libero  nella  costruzione  che  non  lo  slawenski,  senza  duale,  né  passati 
composti  che  forma  coli'  ausiliario  essere,  il  ruski  può  far  diminutivi  e  accrescitivi 
per  flessione;  quasi  tutti  i  nomi  hanno  uno  o  due  accrescitivi  e  tre  diminutivi  e 
più;  gli  aggettivi  hanno  solo  diminutivi.  La  letteratura  ruska,  nata  sotto  Pietro  il 
Grande,  progredì  straordinariamente  in  ogni  genere,  ma  primeggia  per  le  liriche 
e  per  lavori  di  geografia  e  statistica.  Il  dizionario  russo  per  ordine  di  radici,  pub- 
blicato al  fine  dell'ultimo  secolo  dall'Accademia,  è,  malgrado  i  difetti,  la  miglior 
opera  in  tal  genere  che  abbiano  le  lingue  vive. 
L'etnografia  segna  i  seguenti  dialetti,  poco  tra  loro  differenti  ; 

a.  11  veliki  ruski  o  russo  della  Gran  Russia,  e  che  a  Mosca  parlasi  più  puro  ed 
elegante. 

1).  Il  maloruski  o  russo  della  Piccola  Russia,  differentissimo  dal  primo  non  solo 
per  la  pronunzia,  ma  per  la  grammatica  e  l'accettazione  di  molte  parole. 

e.  Il  suzdaliano,  che  prese  molte  voci  slave. 

d.  L'oloneziano ,  con  molte  voci  finniche. 

e.  Il  rusniaco,  dialetto  antichissimo  della  Gallizia  e  di  parte  della  Polonia. 

C.  CROATA,  dai  Korbati  che  la  chiamano  illirica.  Poco  se  ne  conoscono  i  dialetti,  e 

scarseggia  di  libri. 

D.  TFMD^,  parlata  da  molti  popoli  slavi  sottoposti  all'impero  d'Austria,  impropria- 

mente chiamati  Windi.  Sembra  se  ne  possano  distinguere  questi  dialetti: 

a.  11  carniolino  nella  Carniola,  usato  anche  dagli  Sciavi  che  abitano  all'est  di 
Udine  nella  valle  di  Resia. 

b.  11  carintio. 

e.  Lo  stiriano  pochissimi  libri  ha,   ma  una  delle  migliori  grammatiche  della 
lingua  slava. 
II.  BOEMO-POLACCO,  divisione  che  corrisponde  a  quella  che  Dobrowski  chiama  Sla- 
vANiSKi  od  Occidentale.  Gli  appartengono  le  lingue: 


ETNOGRAFIA   DELL'EUROPA  79 

A.  BOEMA  0  CEKA,  in  cui 

a.  Il  boemo  grosso  è  parlalo  in  molti  dialetti  ;  quel  di  Praga  divenne  lingua 
scritta. 

b.  Lo  slovako,  parlato  dagli  Slovaki  in  Moravia,  Slesia  e  Ungheria, 
e.  L'hannaco  nella  Moravia  centrale. 

d.  Lo  straniato  nell'estrema  Moravia  verso  l'Ungberia. 

e.  Il    passekarscio,    parlato   dalle   Settanlacinque-capanne   (Passeken)    presso 
Frankstadt. 

f.  Il  sai  lasci  asco,  dalle  Ventinove-capanne  (Sallaschen)  nel  circolo  di  Radisc. 

g.  Lo  szotaco  misto  di  slovaco,  rusniaco  e  polacco. 

La  lingua  boema  è  ricca  e  armoniosa,  e  prestasi  molto  al  canto.  Le  tante  relazioni 
coi  Tedeschi  v'introdussero  molte  voci  loro.  La  letteratura,  più  antica  che  la  polacca, 
ebbe  l'età  dell'oro  sotto  re  Carlo  IV  e  Rodolfo  11,  poi  scadde  nelle  guerre  religiose. 
Ultimamente  rivisse,  ed  è  coltivata  in  giornali  ed  opere.  I  monumenti  suoi  prischi  sono 
un  inno,  composto  dal  vescovo  Adalberto  verso  il  990;  il  salterio  latino-boemo  di  Wit- 
teraberg,  che  credesi  del  xii  o  xin  secolo  ;  del  qual  tempo  si  giudica  pure  un  codice 
in  pergamena,  non  ha  guari  trovato  dal  signor  Ilanka  di  KòniginhotT,  con  poesie  sto- 
riche ed  altre;  seguono  la  cronaca  di  Dalemil  del  1510,  e  la  traduzione  della  Bibbia. 
Il  governo  fece  stampare  a  Vienna  trecento  canzoni  popolari,  fra  cui  alcune  antichis- 
sime. Per  alcun  tempo  il  boemo  fu  la  lingua  dotta  e  diplomatica  di  tutta  Germania, 
dopo  che  Carlo  IV  nella  Bolla  d'oro  ordinò  che  ciascun  elettore  dovesse  impararla. 

B.  POLACCA,  dai  Polacchi  detti  Lechi  nel  medio  evo.  Parlasi  ne' paesi  che  già  forma- 

vano la  Polonia.  Adottò  molte  voci  tedesche  e  latine,  e  i  principali  suoi  dialetti  sono: 

a.  quel  della  Grande  Polonia,  che  raffinato  divenne  lingua  scritta. 

b.  quel  della  Piccola  Polonia,  parlato  in  Cracovia  e  nella  Gallizia. 
e.  quel  della  Prussia  orientale. 

d.  Il  kassubo  sulle  rive  della  Leda,  dalle  reliquie  de'Kassubi,  numerosa  gente  che 
occupava  già  buona  parte  di  essa  provincia. 

e.  Il  mazuro  nella  Mazovia  e  Podlachia. 
L  II  polacco  silesiano. 

g.  Il  gora  li  ano  de' montanari  dei  Crapaki. 

La  preferenza  data  al  latino  ritardò  i  progressi  del  polacco,  che  fiorì  poi  da  Sigismon- 
do I  a  Vladislao  VII,  quando  ingegni  eletti  collocarono  questa  letteratura  fra  le  prime. 
Caduta  in  disuso  fra  le  guerre  civili,  risorse  sotto  Poniatowski:  nel  4801  a  Varsavia  si 
fondò  un'accademia  per  conservare  e  incoraggiare  la  lingua  e  la  letteratura  polacca, 
ma  tante  sventure  troppo  la  contrariano.  Il  dizionario  di  Linde  è  il  pili  dotto  e  impor- 
tante di  tutte  le  lingue  slave. 

C.  SERBA  0  SOR  AD  A,  parlata  fino  al  xiv  secolo  dai  Serbi  che  abitavano  dalla  Saal 

all'Oder  nell'Osterland,  la  Misnia,  il  ducato  d'Anhalt,  il  circolo  di  Wittemberg,  la 
parte  australe  della  marca  di  Brandeburgo,  piccola  parte  della  Franconia,  e  le  due 
Lusazie.  Si  spense  poi,  né  pili  si  parla  che  in  pochi  villaggi.  Non  ebbe  libri  fin  al 
principio  del  secolo  xviii  ;  ora  possiede  dizionario,  grammatica,  traduzione  della 
Bibbia  nel  dialetto  di  Cottbus  e  di  Bautzen,  nel  quale  fu  tradotta  parte  della  Mes- 
siade  di  Klopstock. 
in.  WENDO-LITUANO  o  GERMANO  SLAVO.  Sue  lingue  sono: 

A.  ìVENDA  t  parlata  fino  al  secolo  xiv  in  varj  dialetti  per  tutto  il  nord  della  Germa- 

nia, misto  di  dialetti. 

B.  PRUCZJ  0  ANTICA  PRUSSIANA  t,  parlata  in  undici  dialetti  differentissirai  da 

altrettante  genti  che  costituivano  la  nazione  dei  Pruczi,  fra  la  Vistola  e  il  Pregel. 
Per  quanto  facessero  i  cavalieri  Teutonici  onde  estinguerla,  usavasi  ancora  al  tempo 
della  Riforma  nel  Samland,  nel  Natangen  e  in  parte  dell'Oberland.  Verso  il  fine  del 
secolo  xviii  pili  non  parlavasi  che  da  vecchi,  poi  morì,  né  ha  libri  che  una  gram- 
matica, il  catechismo  e  ì'Enchiridion  pubblicati  a  Kónigsberga  nel  secolo  xvi,  in 
dialetto  di  Samland.  La  lingua  prucza  si  discerne  dalle  sorelle  per  la  prevalenza 
del  tedesco  sopra  lo  slavo,  massime  nelle  declinazioni  e  nelle  forme  del  participio: 
ha  due  articoli,  sei  casi,  e  la  sintassi  molto  simile  al  tedesco ,  senza  i  sibili  del 
polacco  0  lituano,  ne  le  voci  Unniche  di  quest'  ultimo. 


80  GEOGRAFIA  —  EPOCA  PRIMA 

C.  LITUANA,  parlata  già  dai  potenti  Lituani,  ed  ora  dal  solo  vulgo. 

D.  LETTA,  LETTWA,  LETTONE,  dai  Lettoni,  che  sono  il   grosso  degli  abitanti  del 

governo  di  Mittau,  di  Riga,  e  di  parte  di  quel  di  Witepsk  nella  Russia,  e  pochi 
nella  Prussia  orientale.  I  più  antichi  monumenti  sono  del  secolo  xiii.  :   il  primo 
saggio  letterario  fu  la  versione  d'alcuni  cantici  eseguita  nel  1530  da  Nicolò  Ramm, 
poi  quella  della  Ribbia  di  Gluck  nel  IGSO,   e  racconti  della  santa  Scrittura, 
libretti  d'istruzione  o  ascetici.  Ora  si  traducono  altre  opere,  e  si  stampano  giornali 
pel  popolo. 
Queste  lingue  abbondano  più  che  le   tedesche  di  consonanti,  che  accumulano  al 
principio  delie  sillabe,  massime  il  polacco  e  boemo;  molte  sono  molli,  e  in  fine  di 
sillaba  addolcite  da  un  suono  tutto  particolare.  Eccetto  gl'idiomi  serbo,  wendo,  pruczo 
eccito,  e  il  bulgaro,  nessuna  ha  articolo  ;  si  declinano  per  flessione,  e  quasi   tutte 
hanno  sette  casi,  cioè  i  sei  del  latino  e  V istromentale.  Il  boemo,  il  polacco,  il  russo 
distinguono  nella  declinazione  gli  esseri  vivi  dagli  inanimati.  La  più  parte  di  queste 
lingue  sono  ricche  di  aumentativi  e  diminutivi  per  flessione,  e  formano  cosi  i  compa- 
rativi e  i  superlativi. 

Nessuna  famiglia  etnografica,  fuor  della  semitica ,  della  sanscrita  e  della  malese , 
offre  tante  differenze  d'alfabeti  per  rappresentar  suoni  quasi  identici.  Usano  gli  Slavi: 
il  cir  UH  ano  0  serbo  o  ruteno,  più  antico  di  tutti,  inventato  dal  greco  Cirillo  nell'SeS, 
coU'aggiunger  nuove  lettere  a  quelle  dell'alfabeto  greco.  I  suoi  più  antichi  monumenti 
sono  un'iscrizione  su  pietra  a  Kiof  del  996;  libri  di  chiesa  manoscritti  del  10S6,  con- 
servati a  Pietroburgo  o  ne'  conventi  del  monte  Atos.  Ila  quarantadue  lettere,  e  chi  dice 
quarantotto.  V alfabeto  glagolitico- schiavone-bukountza  o  diviuca,  detto  anche  di  san  Gi- 
rolamo, poiché  lo  pretendono  inventato  da  questo  santo,  pare  posteriore  al  cirilliano, 
e  trovato  da  un  prete  dalmata;  e  differisce  molto  dal  primo  pei  ghirigori  onde  sono 
cariche  le  sue  quarantadue  lettere,  che  lo  rendono  discomodissimo.  Il  suo  più  antico 
monumento  è  un  salterio  del  secolo  xiii,  in  pergamena,  e  si  usa  da  pochi  in  libri  asce- 
tici. L'alfabeto  russo  o  di  Pietro  il  Grande,  è  il  cirilliano,  modificato  da  questo  impe- 
ratore col  toglierne  alcune  lettere  inutili  e  arrotondarne  altre.  Ila  trentacinque  lettere, 
di  cui  due  si  adoprano  di  rado,  e  si  usa  in  tutto  l'impero  russo.  I  Servi,  i  Roemi, 
parte  degli  Slovachi,  ed  altri  che  parlano  dialetti  boemi,  i  Cassubj  e  gli  Slavi  silesj 
che  parlano  dialetti  polacchi,  si  servono  di  lettere  tedesche;  gli  altri  di  latine:  combi- 
nandone due  0  più,  e  con  alcuni  accenti  o  segni  particolari,  s'ingegnarono  di  rap- 
presentar i  suoni  speciali  al  loro  idioma,  cui  non  basterebbero  i  pochi  caratteri  latini 
e  tedeschi.  A  questi  cinque  alfabeti  si  possono  aggiungere  il  runico-ivendo,  usato  già 
dai  Wendi  settentrionali,  gran  tempo  prima  che  vi  s'introducesse  il  cristianesimo,  ed 
i  cui  caratteri  vedonsi  sugl'idoli  di  Retra,  non  lungi  da  Neustrelitz  :  il  greco,  adottato 
nel  secolo  vii  dagli  Slavi  stabilitisi  nel  Peloponneso:  il  bulgaro,  imitato  dal  glagolitico, 
che  ha  trentuna  lettera,  quasi  tutte  a  linea  doppia  come  i  glagolitici. 

V.  —  Famiglia  delle  lingue  uraliane  o  finniche. 

Dalla  costa  nord-ovest  della  Norvegia  sino  all'  Ural ,  e  da  questa  lunga  catena  lìn 
presso  a  Jenissei  nel  centro  della  Siberia,  poi  dalla  Leila  al  Seret,  e  dai  Crapak  al  Da- 
nubio ,  vivono  nazioni  uraliane,  fra  popoli  differenti  conservando  da  secoli  i  costumi, 
le  abitudini,  la  favella  propria.  Come  la  razza  slava,  l'uraliana  offre  moltissime  varietà 
sia  nella  statura,  nel  color  de' capelli,  ne'  lineamenti,  nella  forza,  sia  nei  costumi,  nella 
religione,  nello  sviluppo  intellettuale.  Fra  i  tratti  differenti  delle  nazioni  onde  si  com- 
pone questa  famiglia,  gli  Ungheresi  e  gli  Ostiachi  pajono  esibirne  le  estremità  fisiche  e 
morali,  malgrado  la  grande  affinità  delle  lingue.  Le  nazioni  uraliane,  generalmente  più 
indietro  nella  civiltà,  e  fra  gli  Europei  le  solo  dove  alcune  tribù  languiscano  nell'ido- 
latria, mostrano  però  nel  costume  una  certa  civiltà,  che  trapela  traverso  il  silenzio 
della  storia,  le  favole  e  le  esagerazioni  delle  cronache  e  de'viaggiatori.  I  molti  termini 
relativi  a  pesca,  navigazione,  agricoltura  ed  a  certe  comodità  della  vita  ,  che  varj 
idiomi  settentrionali  tolsero  dal  finnico;  la  bussola;  la  gran  fiera  annuale  che  leaevasi 
nella  capitale  della  famosa  Riarmia,  ne  sono  prova. 

Rispetto  alle  lingue,  possono  disiiuguersi  in  ciaque  rami  : 


ETNOGRAFIA  DELL'EUROPA  8i 

I.  FINNICO,  detto  germanizzalo  per  le  tante  voci  venutegli  dalle  lunghe  relazioni  dei 
popoli  Ciudi  0  Finnici  coi  Goti,  Norvegi,  Svedesi,  Tedeschi,  poi  coi  Russi.  L'etno- 
grada  pare  vi  distingua  quattro  lingue: 

A.  FINNICA  propria  o  Si'OMENh'IELI,  parlata  dai  Suomi  o  Finlandesi,  che  sono 

la  maggior  parte  del  granducato  di  Finlandia,  e  parte  dei  governi  di  Olonetz  e 
Pietroburgo.  Suoi  dialetti: 

a.  Il  finnico,  che  divenne  lingua  scritta  di  tutti  i  Finlandesi. 

b.  Iltawasino  della  Finlandia  centrale  e  settentrionale. 
e.  Il  care  Mano  dell'orientale. 

d.  L'olonetziano  nel  governo  d'Olonetz. 

e.  Il  watialaiset  dei  Watlander,  popolo  un  tempo  numeroso,  ora  ridotto  a  pochi 
abitanti  presso  Narva. 

Riunita  la  Finlandia  svedese  alla  Russia,  la  letteratura  Unnica  progredì,  ed  ora  è  la 
più  importante  di  questa  famiglia  dopo  l'ungherese.  I  suoi  monumenti  più  antichi  sono 
i  Runotz,  canzoni,  pubblicate  in  tedesco  da  Schrotternel  1819;  ed  iproverbj,  pubblicati 
l'anno  stesso  a  Viborg:  sulle  prime  Ganander  formò  hmitologia  finnica.  Oltre  la  tradu- 
zione della  Ribbia  e  molti  libri  ascetici,  bisogna  noverare  fra  le  produzioni  più  antiche 
la  versione  del  libro  d'Erasmo  De  civiiitate  morum  puerilium,  fatta  nel  1670;  fra  le 
moderne,  molti  libri  d'istruzione,  grammatica,  dizionarj,  altri  componimenti  originali 
0  tradotti,  il  codice  svedese  e  la  Ribbia. 

B.  ESTONI Aj  dagli  Esten,  i  cui  avi  erano  formidabili  corsari,  e  che  ora  abitano  il 

governo  di  Revas  ed  i  circoli  di  Pernau  e  Dorpat  in  quel  di  Riga.  Dialetti  princi- 
pali il  revas  e  il  d  orpat. 

C.  LAPPONE,  dai  Sami  o  Lapponi,  abitanti   1'  estremità  settentrionale  dell'  Europa 

nella  monarchia  svedese  e  russa. 

D.  UVA  t  parlata  già  dai  Liwen,  numerosa  nazione  della  Livonia,  prima  che  v'arri- 

vassero i  Tedeschi-,  terribili  corsari  che  occupavano  il  terreno  fra  il  Baltico,  la 
Duna  e  il  Salis.  Avendo  poco  a  poco  abbandonato  il  loro  idioma  per  parlare  quello 
dei  Letti,  può  riguardarsi  come  morto,  sebbene  lo  usino  tra  loro,  misto  però  di 
moltissime  espressioni  forestiere. 

II.  VOLGAICO,  che  parlasi  lungo  il  Volga  e  i  suoi  confluenti ,  misto  assai  di  turco. 
Comprende 

A.  La  CERMISSA,  parlata  dai  Mari  o  Cermissi,  viventi  lungo  il  Volga  e  isuoi  confluenti 

a  sinistra,  alcuni  ancor  idolatri,  agricoltori  insieme,  pescatori,  cacciatori  e  pastori. 
Alcune  centinaja  vivono  come  coloni  nel  governo  del  Caucaso:  altri  sono  sparsi 
fra  altre  nazioni.  La  lor  lingua,  di  cui  è  una  grammatica,  ha  due  declinazioni  con 
sei  casi  ,  ove  i  pronomi  hanno  declinazione  propria:  il  plurale  si  forma  coH'ag- 
giungere  schaniuts,  il  comparativo  coll'aggiunger  rafc,  e  il  superlativo  col  preporre 
pesch.  La  conjugazione  ha  tre  tempi,  presente,  imperfetto,  trapassato,  che  forma 
quasi  al  modo  delle  lingue  slave;  esprime  il  futuro  coll'aggiunger  un  avverbio  al 
presente;  ha  quattro  modi,  infinito,  passivo,  neutro  e  casuale,  ognuno  con  conju- 
gazione  particolare  quando  il  senso  è  negativo  ;  le  preposizioni  son  aggiunte  alla 
fine  della  voce  che  reggono. 

B.  MORDUINA,  dai  Morduini,  divisi  in  varie  tribù,  ciascuna  con  un  dialetto:  quasi 

tutti  cristiani,  viventi  di  caccia  e  pesca.  Vi  fu  tradotta  non  è  guari  la  Bibbia. 

III.  PERMIANO,  parlato  dai  Komi-maart  o  Permiani,  e  dai  Sireni,  che  usano  due  dia- 
letti distinti.  Il  permiano  può  riguardarsi  come  quasi  morto,  avendo  i  più  adottato 
il  russo.  Anche  il  sire  no  parlasi  da  pochi. 

Il  wotiaco  è  parlato  dai  Wotiachi,  che  vivono  principalmente  fra  il  Rama  e  la  Viatka 
e  luogo  la  Bielaga;  tutti  cristiani,  molto  sudici,  e  industriosi  più  degli  altri  di  lor 
razza  nell'impero  russo,  eccetto  i  Finnici,  e  forse  gli  Estonj.  La  grammatica  wotiaca 
ha  molte  particolarità  notevoli;  declina  il  nome  in  sei  diverse  guise  secondo  i  sei 
pronomi  possessivi  che  li  precedono  ;  anche  i  pronomi  presentano  molle  difficoltà 
e  anomalie  nella  declinazione;  il  verbo  ha  due  conjugazioni,  cinque  modi,  ed  or 
più  or  meno  tempi;  la  negazione  intercalala  nella  conjugazione  vi  i)roduce  molti 
cambiamenti;  le  preposizioni  seguono  sempre  il  loro  reggimento,  e  alcune  hanno 

'  fin  tre  diverse  terminazioni,  non  secondo  i  generi,  che  questa  lingua  non  distin- 
Cantù,  Documenti.  —  Tomo  I,  Geografia  politica.  6 


82  GEOGRAFIA  —  EPOCA  PRIMA 

gue  negli  oggetti  che  naturalmente  ne  sono  privi ,  ma  secondo  le  persone.  Vi  fu 
tradotta  la  Bibbia. 

IV.  UNGHERESE.  Sue  divisioni  sono: 

A.  UNGHERESE  o  MAGIARO,  parlato  dai  Magiari  o  Ungheresi,  che  sono  circa  un 

terzo  della  popolazione  dell'  Ungheria  e  un  quarto  della  Transilvania,  oltre  altri 
nella  Bukovina,  Gallizia,  Moldavia.  Gli  Ungheresi  non  sono  sparsi  che  in  quaranta 
comitali  del  regno  d'Ungheria.  Quattro  dialetti  principali  vi  si  distinguono:  il 
paloczen,  quel  dei  magiari  di  là  dal  Danubio,  quel  dei  magiari  del  Teiss, 
quel  degliszekli,  che  sembra  il  meno  raffinato,  e  che  strascica  eccessivamente 
le  parole. 
L'  ungherese  è  armonioso  per  la  proporzione  di  vocaboli  e  consonanti,  e  la  cura  di 
schivar  l'incontro  di  consonanti  doppie.  Ila  molte  voci  straniere,  massime  slave,  tede- 
sche, latine,  quasi  tutte  relative  a  idee  morali  e  scientifiche,  e  altre  importate  dalle 
nazioni  che  incivilirono  il  paese  e  che  v'  ebbero  a  fare.  Non  ricco  come  il  tedesco,  lo 
vince  in  energia  e  concisione,  e  può  crescer  le  sue  parole  per  flessione  o  per  composi- 
zione. È  attissimo  alla  poesia,  come  lo  mostrano  i  saggi  fattine  da  Revai,  Zabo,  Rajnis, 
che  v'introdussero  i  metri  greci  e  latini.  Come  l'inglese,  non  ha  generi;  due  declina- 
zioni e  otto  casi.  La  conjugazione  abbonda  di  modi  e  tempi ,  benché  deva  ricorrere  al 
verbo  essere  per  esprimere  il  piuccheperfetto,  e  ad  un  altro  pel  futuro;  ed  ha  tre  parti- 
cipj ,  uno  pel  presente,  uno  pel  passato,  uno  pel  futuro.  In  alcune  sue  forme  somiglia 
alle  conjugazioni  semitiche  pifiele  hifrìil.  11  verbo  attivo  ha  la  singolarità  d'esser  coniu- 
gato in  due  modi  differenti,  secondo  che  si  usa  in  un  senso  generale  o  in  uno  deter- 
minato: per  es.  tudok  io  so  in  generale;  adok  io  do  in  generale;  (iidom  so  una  tal  cosa; 
adom  do  una  tal  cosa.  Come  l' italiano ,  il  latino  e  altre  lingue,  non  ha  bisogno  d'ag- 
giungere i  pronomi  personali  al  verbo,  se  non  quando  voglia  darsi  maggior  espressione 
al  discorso:  colloca  sempre  le  preposizioni  dopo  il  loro  complemento.  Fin  al  1792  limi- 
tato ai  soli  usi  della  vita  comune,  ed  escluso  dai  tribunali,  dall'amministrazione,  dalle 
scuole  ove  usavasi  il  latino,  1'  ungherese  non  poteva  perfezionarsi,  onde  la  sua  lettera- 
tura, benché  antica,  è  ancor  poco  ricca.  Un  decreto  di  Francesco  1  sanzionò  l'uso  della 
lingua  nazionale  nei  tribunali  e  nelle  amministrazioni  del  regno,  e  l'insegnamento  in 
tutte  le  scuole  pubbliche,  salvo  quelle  di  teologia  e  di  medicina.  Allora,  e  massime  in 
questi  ultimi  anni,  venne  in  gran  fiore,  ponendosi  non  solo  al  primo  posto  tra  le  lingue 
di  sua  famiglia,  ma,  sotto  l'aspetto  poetico,  in  un  distinto  fra  le  altre  d'Europa.  Vi 
furono  tradotte  le  migliori  opere  d'Inglesi,  Tedeschi,  Italiani,  Francesi,  Greci,  Latini, 
e  in  sì  breve  tempo  vi  comparvero  molte  opere  originali,  oltre  almanacchi  e  giornali. 

B.  WOGULO  dai  Mansi  o  Woguli,  quasi  tutti  cristiani  e  viventi  di  caccia  e  pesca  nelle 

alte  valli  dell'  Ural  e  nel  governo  di  Toboisk  e  di  Tomsk.  Secondo  Klaprotb, 
cogli  Osliachi  dell' Obi  discendono  dagli  abitanti  della  famosa  Juguria,  di  cui 
occupano  una  parte.  Egli  distingue  in  essi  quattro  dialetti,  denominati  dai  cantoni 
ove  si  parlano. 

C.  OSTIACO  0  ODIOSTIACO,  distinto  dagl'idiomi  della  famiglia  Jenissei.  Gli  A$-jach 

0  Ostiachi  dell' Obi  che  lo  parlano,  son  per  lo  più  cristiani,  vivono  di  caccia  e  pe- 
sca, e  discendono  dagli  abitanti  dell'  Ingovia. 

V.  INCERTO.  Chiamiamo  così  una  classe  che  comprende  lingue  classificate  solo  per 
congettura  : 

A.  L'UNNICA?  t  parlata  già  dagli  Unni. 

B.  AVARA?  \  parlata  dagli  Avari. 

C.  BULGARA?  \  dai  Bulgari  della  Gran  Bulgaria,  paese  lungo  la   Kauna  e  il  Volga 

nell'odierna  Russia  centrale. 

D.  KAZARA?  t  dai  Kazari,  nazione  bellicosa,  guerresca  e  commerciante,  il  cui  nome 

trovasi  nel  ii  secolo  nei  racconti  degli  autori  armeni. 
Gl'idiomi  di  questo  gruppo  sono  in  genere  dolci  e  armoniosi ,  e  poco  singolari  le 
grammatiche.  Le  finniche  proprie  distinguonsi  per  gran  numero  di  casi,  che  sono  sette 
nell'estonio,  tredici  in  alcuni  dialetti  del  lappone,  e  quindici  nel  finlandese.  Da  tal  do- 
vizia sono  ben  lontani  gli  altri  rami,  eccetto  l'ungherese,  cui  le  antiche  grammatiche 
attribuivano  tredici  casi,  otto  le  moderne.  In  generale  le  lingue  uraliane  non  ricono- 
scono sesso  negli  oggetti  che  non  ne  hanno  naturalmente;  formano  per  flessione  il 


FORME  DI  GOVERNO  83 

comparativo,  superlativo  e  diminutivo;  la  conjugazione  povera  di  tempi,  onde  ricorrono 
ad  ausiliari;  la  negazione  intercalata  nella  conjugazione,  rende  quella  d'un  verbo  ne- 
gativo differente  assai  da  quella  del  positivo  ;  e  le  preposizioni  seguono,  invece  di  pre- 
cedere il  loro  complemento.  Per  la  scrittura  valgonsi  dei  caratteri  tedeschi  e  latini , 
esprimendo  con  gruppi  di  lettere  i  suoni  a  loro  particolari,  che  non  potrebbero  rap- 
presentarsi con  quelle  semplici.  Alcune  grammatiche  e  dizionarj  delle  nazioni  più 
incolte  furono  pubblicate  dai  Russi  colle  lettere  loro  proprie. 

La  lingua  è  il  carattere  più  stabile  delle  nazioni,  fratellanza  di  popoli,  quantunque  Nazioni 
distinti  per  religione  e  civiltà  e  modo  di  governo.  Così  una  è  la  nazione  italiana,  benché 
divisa  fra  tanti  dominj;  e  inglesi  diconsi  quelli  stabiliti  da  secoli  nelle  colonie.  Politi- 
camente si  dà  invece  il  nome  di  nazione  a  quelli  tutti  che  son  compresi  in  una  sola 
unità  governativa,  come  i  Francesi,  benché  ve  n'abbia  di  Tedeschi,  d'Italiani,  di 
Baschi. 

S/ató  chiamasi  geograficamente  un  tratto  di  terra,  i  cui  abitanti  son  legati  socialmen- Stati 
te,  e  sottoposti  alla  medesima  potestà  civile.  Alcuni  Stati  sono  sovrani,  cioè  indipendenti 
da  ogn'altro;  alcuni  son  ristretti  da  altri  nell'esercizio  dei  loro  diritti,  come  vassalli,  o 
tributar],  o  protetti  :  così  l' Inghilterra  è  Stato  indipendente,  ed  ha  vassalli  molti  Stati 
dell'  India,  sudditi  alcuni  altri,  io  protezione  le  isole  Jonie. 

Talvolta  uno  Stato  è  compreso  fra  limiti  naturali,  come  1'  Inghilterra  e  la  Spagna; 
talaltra  fra  artiGziali,  come  il  Belgio  e  la  Svizzera. 

I  governi  possono  essere  o  monarchici  o  repubblicani,  secondo  che  l'imperante  è  una 
persona  fìsica  e  stabile,  o  una  morale  ed  eleggibile.  Nei  monarchici  il  re  talvolta  con- 
centra in  sé  il  potere  legislativo,  l'esecutivo  e  il  giudiziale,  e  tutti  i  diritti  maestatici 
senza  restrizioni  positive,  e  allora  dicesi  assoluto:  che  se  anche  è  arbitro  degli  averi, 
della  libertà  e  della  vita  de'  sudditi,  chiamasi  dispotico.  Monarchia  costituzionale  o  tem- 
perala si  ha  dove  il  capo  strinse  un  patto  coi  sudditi,  e  non  può  far  leggi  senza  il  con- 
corso de'  rappresentanti  di  tutta  la  nazione  o  d'alcune  classi.  L'effetto  giuridico  di  tale 
limitazione  è  che  l'imperante  non  oltrepassi  i  confini  assegnatigli. 

Nel  governo  repubblicano,  il  potere  supremo  risiede,  o  nell'  assemblea  generale  di 
tutti  i  cittadini  naturalmente  capaci  di  votare,  e  allora  chiamasi  democratico  ;  o  in  alcune 
classi  0  persone  privilegiate,  e  chiamasi  aristocratico.  La  democrazia  può  degenerare  in 
oclocrazia,  quando  la  feccia  del  popolo  delibera  per  capriccio  ;  o  in  oligarchia,  quando 
pochi  prevalgono,  in  modo  di  surrogare  la  propria  alla  volontà  di  tutti. 

Nel  governo /eurfa/e  v'è  un  capo  supremo,  che  concede  porzione  dell'autorità,  della 
giurisdizione  e  delle  proprietà  ad  alcuni,  e  questi  la  sublocano  ad  altri,  in  modo  da 
formar  una  concatenazione  di  dipendenze,  obbligate  a  certi  servigi  e  prestazioni,  mas- 
simamente militari. 

Gli  Stati  monarchici  prendono  i  varj  nomi  di  impero,  regno,  arciducato,  granduca- 
to, ducato,  principato,  contado,  landgraviato,  margraviato  o  marchesato,  banato,  ecc. 
Questi  nomi  non  esprimono  una  gradazione,  essendo  il  piccol  principe  di  Monaco  indi- 
pendente quanto  l'imperatore  di  Russia:  la  diplomazia  assegna  i  titoli  da  dare  a  questi 
signori,  che  si  conservano  talora  anche  cessata  la  cosa,  come  avviene  dei  re  di  Gerusa- 
lemme e  di  Cipro. 

Molti  Stati  indipendenti  possono  formare  una  confederazione.  Talvolta  questa  è  di 
Stati  repubblicani,  come  la  Svizzera  e  gli  Stati  Uniti  d'America;  talvolta  di  Stati  rego- 
lati diversamente ,  come  la  Confederazione  germanica.  Una  confederazione  non  forma 
uno  Stato  solo,  giacché  vi  manca  l'elemento  essenziale  d'un  comune  imparante. 

§  13.  —  Religione. 

Non  si  è  trovato  popolo  che  non  avesse  una  religione,  cioè  là  credenza  in  qualche  Religioni 
essere  superiore,  efficace  sugli  avvenimenti  della  terra,  e  perciò  invocato  e  propiziato. 
Declinando  dalla  prima  rivelazione,  gli  uomini  cangiarono  più  o  meno  di  credenze;  ed 
oggi  —  I.  alcuni  riconoscono  il  Dio  vero  rivelato.  — ii.  altri  un  Dio  creatore  e  reggitore, 
ma  gli  attribuiscono  e  nome  e  forme  differenti  5  —  ni,  altri  adorano  le  creature. 


84  GEOGRAFIA  —  EPOCA   PRIMA 

Sono  tra  i  primi 

a.  gli  Ebrei,  tenaci  all'Antico  Testamento,  rifiutando  il  Nuovo.  Non  hanno  più  sede 
fissa,  ma  trovansi  diffusi  per  tutto  il  mondo.  Non  effigiano  la  divinità  :  raccolgonsi  a 
canti  e  preghiere  nelle  sinagoghe:  santificano  il  sabbato;  e  distinguonsi  in  tre  sette 
princidali,  Talmudisti,  Rabbinisti,  Caraiti. 

b.  i  Cristiani ,  seguaci  del  Vangelo,  portato  da  Gesiì  Cristo  figliuol  di  Dio  in- 
carnato. Venerano  la  domenica,  s'adunano  in  chiese  o  cappelle;  ed  occupano  la  parte 
più  colta  del  mondo  intero,  sempre  più  crescendo.  Distinguonsi  in  moltissime  chiese, 
di  cui  ecco  le  principali: 

La  Cattolica,  che  oltre  il  Vangelo  e  i  libri  canonici,  riconosce  la  tradizione  con- 
servata nell'adunanza  de' fedeli,  a  cui  capo  è  il  papa.  Ammette  molte  diversità  di  di- 
sciplina e  di  riti,  ma  sta  ferma  all'unità  di  credenze,  chiarite  dalle  decisioni  de'  Concilj  (1  ). 

La  Greca  od  orientale,  cui  appartengono  gli  Ortodossi  dell'impero  russo,  della 
Grecia,  della  Turchia,  sotto  capi  non  dipendenti  fra  loro  ne  dal  papa;  i  Nestori  ani  o 
Caldei;  i  Monofisiti,  suddivisi  in  Giacobiti,  Copti,  Armeni;  i  Maroniti  del  Libano. 

La  Luterana  o  protestante,  e 

La  Calvinista  o  riformata  ;  nate  nel  xvi  secolo,  e  che  proclamarono  la  personale 
interpretazione  de'  libri  sacri,  talché  può  dirsi  che  ogni  credente  ha  una  fede  sua  pro- 
pria ;  né  ormai  sono  più  tenuti  ai  simboli  che  in  origine  avevano  fissato. 

In  questo  esame  individuale  altri  spinser  più  innanzi  la  negazione,  e  ne  vennero  i 
Socciniani  che  impugnano  la  Trinità,  e  in  conseguenza  la  divinità  di  Cristo;  la  più 
parte  di  questi  stanno  nell'impero  austriaco.  Altri  proclamarono  la  personale  ispira- 
zione, donde  le  varie  sètte  àei  Metodisti,  numerosissimi  nelle  possessioni  e  nelle  colonie 
britanniche;  i  Mennonisti  o  haHis\i  ;  i  Fratelli  Moravi  o  Ernutti,  diffusi  moltissimo, 
benché  in  piccol  numero;  gV Indipendenti  o  Congregazionisti,  che  uscirono  dai  Calvi- 
nisti di  Scozia;  ed  ora  i  Mormoni  in  America. 

La  chiesa  Anglicana  è  piuttosto  uno  scisma  della  cattolica,  avendone  conservato  le 
principali  credenze,  ma  togliendo  la  supremazia  spirituale  al  papa,  per  darla  al  re. 

e.  i  Musulmani  vengono  dall'arabo  Maometto;  tengono  per  codice  civile  e  re- 
ligioso il  Corano,  santificano  il  venerdì,  adorano  nelle  moschee,  e  contano  gli  anni  lu- 
nari dal  622  d.  C,  anno  dell'egira,  cioè  della  fuga  del  loro  profeta.  Le  principali  sètte 
ne  sono  i  Sunniti,  che  olire  il  Corano,  accettano  la  tradizione,  e  son  diffusissimi  nel- 
l'Asia ;  i  Siiti,  che  venerano  i  primi  imami  ed  Ali  genero  del  profeta,  e  dominano  prin- 
cipalmente nella  Persia.  Ciascuna  setta  è  suddivisa  in  altre  moltissime,  e  a  tutte  porta- 
rono guerra  1  Vahabiti,  sorti  in  Arabia  a  mezzo  il  secolo  passato,  e  che  tentano  ridurre 
l'islam  alla  primitiva  semplicità. 
Fra  le  religioni  della  seconda  classe  poniamo 

a.  il  Culto  degli  spiriti,  religione  antichissima  del  Giappone,  della  Corea, 
del  Tonkin,  della  Cina  ; 

6.  la  Religione  di  Confucio,  razionalismo  da  questo  dottore  introdotto  nella 
Cina,  e  diffuso  nei  paesi  ove  dominavano  la  religione  predetta  e  quella  del  Sinto  ; 

e.  il  Bramismo,  religione  dell'India,  cui  testo  sono  i  Veda,  e  varietà  l'adora- 
zione di  Siva,  di  Visnù,  d'altri  Dei,  ne' quali  è  personificata  la  potenza  dell'unico  Iddio; 

d.  il  Buddismo  uscì  dal  precedente  dieci  secoli  av.  C.  con  precetti  più  sem- 
plici, e  metafisica  più  complicata,  la  quale  conchiude  al  panteismo.  Ha  un'infinità  di 
seguaci  nelle  Indie,  nella  Cina,  nell'Oceania.  Ne  è  varietà  il  Lamismo,  che  vi  innestò 
una  gerarchia  regolare,  e  signoreggia  l'elevato  centro  dell'Asia; 

e.  da  una  mistura  dell'islam  e  del  buddismo  si  formò  il  Nanekismo  o  religione 
dei  Siki,  professato  nell'India; 

f.  la  religione  dei  Magi  ha  per  codice  lo  Zendavesta,  per  simbolo  il  fuoco,  per 
cultori  i  Parsi  o  Guebri,  stanziati  nella  Persia  e  nell'India. 

Alla  terza  classe  appartengono  le  varie  forme  del  politeismo.  Se  si  adorano  efTigie 
delle  varie  divinità,  chiamasi  Idolatria,  e  questa  formò  un  panteon  coltissimo  in 
Egitto,  in  Grecia,  nell'Italia  antica.  Se  si  adorano  i  corpi  celesti,  appellasi  Sabeismo, 

(I)  L'Orbe  Cattolico,  ossìa  Aliante  geoqra/ico,  storico,  ecclesiastico.  Opera  del  comni.  Girolamo 
Preti,  Roma  185b  (P.  1",  Italia  e  Svinerà). 


RELIGIONI 


85 


forma  diesi  mescolò  a  lutti  i  culti. Sci  corpi  naturali, animati o no,  dicesi  Feticismo, 
ed  è  la  forma  più  grossolana  cui  sicno  discesi  i  barbari  e  i  selvaggi.  Al  fondo  però  di 
tutte  queste  religioni  si  trova  ancora  la  credenza  in  un  Dio  creatore,  e  conservatore,  e 
talvolta  rimuneratore. 

Quelli  che  negano  la  divinità,  chiamansi  Atei.  Quelli  che  accettano  un  Dio,  ma  senza 
influenza  sulle  cose  umane,  non  rivelatosi,  non  rimuneratore,  diconsi  Deisti.  Chi  iden- 
tifica Iddio  colla  creazione,  cosicché  il  mondo  sia  Dio,  chiamasi  Panteista.  Chi  alla  ri- 
velazione 0  al  sentimento  surroga  i  raziocinj,  e  riserva  a  ciascuno  il  diritto  d'interpretar 
come  vuole  le  credenze  e  i  precetti,  dicesi  Razionalista-. 


Comparazione  numerica  presuntiva  delle  principali  credenze 
dsgli  abitanti  del  globo. 


Maltebrcn 

Graberg 

PiNKERTOIV 

Balbi 

Hassel 

luìlioni 

Crisliancsimo  (Chiesa  latina  1 
139  milioni?  greca  e  dira-  / 
mazioni  62  milioni?  prò    l    228 
testante  e  sue  suddivisioni  l 
59  milioni?) ] 

mìlioDi 
236 

milioni 
235 

milioni 

262 

252,000,000 

Giudaismo  tutt'al  più  ....        5 

5 

5 

4 

3,930,000 

Islam  co'  suoi  rami 120 

120 

120 

00 

120,105,000 

Dramismo  co' suoi  rami  ...      60 

00 

60 

60 

111,353,000 

Buddismo  co'  suoi  rami  ...    150 

150 

180 

170 

315,977,000 

Credenze  di  Confucio,  di  Sinto, 
culto  degli  Spiriti,  credenza 
dei  Siki ,  Magismo,  Fetici- 
smo ecc 100 

115 

100 

147 

134,490,000 

Totale    653 

686 

700 

739 

937,855,000 

14.  — Epeìrografia. 


Passiamo  ora  a  considerar  la  terra  come  reale  stanza  dell'uomo,  e  secondo  gli  spar-  Divisione 
timenti  in  cui  penetrò  successivamente  la  nostra  stirpe,  migliorando  e  migliorandosi,     «iella  terra 

Le  presenti  divisioni  del  globo  terracqueo  non  sono  storiche,  e  i  nomi  applicativ 
letterariamente  sono  spesso  ignoti  ai  popoli  medesimi.  Europa  un  tempo  chiamavasii 
solo  un  piccol  paese  vicino  al  mar  Nero  ;  Asia  un  lembo  delle  coste  occidentali  dell'A- 
natolia (Asia  Minore)  5  Africa  una  parte  della  costa  meridionale  del  Mediterraneo.  So 
quattro  secoli  av  C.  s'incontra  questa  divisione  in  tre  parti,  mal  determinate.  11  Medi-I 
terraneo  segnava  limiti  naturali  fra  l'Africa  e  l'Europa  ;  ma  fra  questa  e  l'Asia,  fra  l'Asia 
e  l'Africa  erano  irresoluti.  Si  assegnavano  in  Europa  il  Don  0  il  Volga;  in  Africa  il 
Nilo  ;  anzi  la  valle  di  questo  (Egitto)  fu  gran  tempo  tenuta  per  asiatica.  Da  poco  in  qua 
i  limiti  son  determinati,  per  convenzione  più  che  per  ragione  -.  ma  non  tutti  gradirono 
l'idea  d'attaccar  le  isole  alla  parte  cui  trovansi  più  vicine;  il  che  ne  separerebbe  dal- 
l'Europa alcune,  che  la  storia  vi  connette. 


86  GEOGRAFIA  —  EPOCA   PRIMA 

^  j5.  —  GeograGa  fìsica  dell'Europa. 

L'EunopA  fra  il  55°  e  il  70"  dì  lat,  sett.,  e  fra  illO  occid.  e  il  60  or.  sulla  superficie 
di  2,793,000  miglia  geografiche,  ossia  10  milioni  di  chilom.,  è  conterminata  al  nord  dal- 
l'oceano Artico,  all'ovest  dall'Atlantico,  al  sud  dal  Mediterraneo  e  dal  mar  Nero;  all'est 
si  unisce  coll'Asia,  e  sui  confini  suoi  variarono  i  geografi,  ma  oggi  ritengono  il  corso 
del  Kara,  i  monti  e  i  fiumi  Ural,  la  costa  occidentale  del  Caspio,  e  la  sommità  del  Caucaso. 
Mari  Oltre  gli  oceani  predetti,  la  bagna  il  Mediterraneo  dallo  stretto  di  Gibilterra  a  quel  dei 
Dardanelli,  variando  nome  secondo  le  terre  che  lambe  o  fra  cui  s'ingolfa.  Per  lo  stretto 
de'  Dardanelli  va  a  comunicare  col  mar  Nero,  che  i  monti  della  Crimea  separano  dal 
mare  d'Azof. 

Un  altro  mediterraneo  al  settentrione,  cioè  il  Baltico^  s'insinua  fra  la  penisola  Scan- 
dinava, le  coste  di  Germania  e  di  Russia  ;  poi,  col  nome  di  mare  del  Nord,  separa  le 
isole  Britanniche  da  Francia,  Germania  e  Norvegia. 
Golfi  Copiosissima  di  golfi  è  l'Europa,  quali  sono  —  a.  Nell'Oceano  Artico  il  Cerskaja  e  il 
mar  Ì3ianco,  il  Waranger-Fiord,  il  West-Fiorden.  —  6.  Nell'Atlantico  il  golfo  di  Gua- 
scogna (mare  Cantabricum).  —  e.  Nel  Mediterraneo  i  golfi  di  Lione,  di  Genova,  di  Ta- 
ranto, l'Adriatico,  quei  del  Quarnero,  di  Patrasso  o  Corintio,  di  Corone,  di  Nauplia, 
d'Egina,  di  Salonichi,  d'Odessa,  di  Perekop;  ultimo  il  mare  di  Azof  o  palude  Meotide, 
il  quale  forse  un  tempo  attaccavasi  col  Caspio  (1).  —  d.  Nel  Mediterraneo  nordico,  i  golfi 
di  Botnia,  di  Finlandia,  di  Livonia,  di  Danzica,  di  Cristiania,  di  Bergen,  di  DoUart,  dello 
Zuidersee,  e  i  tanti  sulle  coste  inglesi. 

Molti  stretti  pongono  in  comunicazione  queste  acque. 
Monti  È  l'Europa  tagliata  in  due  parti  da  una  spina  di  monti,  che  dal  capo  Finistere  in 
Galizia  s'allunga  fino  al  mar  Nero.  Al  sud  se  ne  staccano  perpendicolarmente  varj  rami, 
che  formano  le  tre  penisole  di  Spagna,  Italia  e  Grecia.  Al  nord  le  corre  parallela  un'altra 
linea  di  montagne  più  basse,  separatane  per  le  valli  del  Danubio  e  del  Rodano  ;  e  dietro 
di  essa  scende  una  gran  pianura  verso  il  mare,  la  quale  avanzando  verso  l'Asia  dilatasi 
a  segno,  che  fra  il  mar  Nero  e  l'oceano  Artico  copre  tutto  il  continente  per  l'ampiezza 
d'oltre  2060  miglia.  Poi  sollevasi  ancora  il  terreno  nelle  alture  delle  isole  Britanniche 
e  della  Scandinavia,  che  dirigendosi  dal  nord  al  sud,  accostansi  al  continente,  col  quale 
formano  gli  stretti  di  Calais  e  del  Cattegat. 

Pertanto  possiam  in  Europa  designare  quattro  sistemi  di  montagne:  a.  Vesperio  pe- 
ninsulare ;  6.  Valpino  continentale,  che  potrebbe  dirsi  attaccato  al  primo  per  via  delle 
Sevenne  ;  e.  lo  scandinavo,  e  d.  il  britannico  oceanici.  1  Pirenei  non  hanno  altissime  cime 
di  perpetui  ghiacci,  ma  i  passaggi  vi  sonpoco  meno  elevati  che  nelle  Alpi.  Quest'ultime 
hanno  la  maggiore  altezza  del  continente  nostro,  e  determinano  la  disposizione  dei  ter- 
reni dell'Europa  centrale,  acquapendendo  verso  i  quattro  mari  europei,  e  dando  ori- 
gine ai  principali  fiumi,  mentre  spartono  il  clima,  i  venti,  la  flora  e  la  fauna  del  Set- 
tentrione da  quelle  del  Mezzodì,  e  anche  in  molti  rispetti  le  lingue  e  la  civiltà.  Sopra 
uno  sviluppo  di  7o0  miglia,  stringonsi  in  cinque  gruppi  principali:  il  centrale  che  co- 
mincia appo  Savona,  e  stendesi  fin  alle  sorgenti  della  Drava  ove  si  biparte;  il  gruppo 
orientale  da  Fiume  sin  alle  fonti  della  Livenza,  poi  fin  al  mar  Nero  ;  il  gruppo  meri- 
dionale 0  degli  Apcnnini,  che  staccansi  dalle  Alpi  presso  Savona,  e  traversano  Italia  fin 
all'estremità;  il  gruppo  occidentale,  cioè  il  Giura,  le  Sevenne  e  i  Vogesi  ;  il  gruppo 
settentrionale,  ossieno  le  montagne  di  Germania  e  d'Ungheria. 
Altipiani  Tra  questi  monti  giaciono  alcuni  altipiani,  come  sono  il  centro  della  Spagna,  gran 
parte  della  Svizzera  occidentale  e  settentrionale,  le  alture  del  Poitou  e  dell'Orleanese, 
la  Boemia,  e  sovratutte  la  Russia. 

Le  pili  grandi  pianure  sono  la  già  detta  da'  Pirenei  occidentali  all'Ural;  le  pantanose 
dell'Ungheria;  quelle  della  Svezia  orientale,  dell'Inghilterra  orientale,  e  dell'Irlanda; 

(<)  Quest'asserzione  ci  fu  impugnata  da  alcuni,  crede  tale  diversità  venuta  solo  da  .diminuzione  di 

allcgaDdo  che  tra  il  Caspio  e  il  mare  d'Azof  corra  acque  nel  Caspio  dopo  separatosi  |  e  ritiene  che  que- 

una  differenza  di  livello  di  ni.  -108,  comeasserirouo  sto  fosse  una  volta  unito  col  mar  Nero:  altra  asser- 

Parrot  e  Engclhart.  Ma  i  viaggi  di  lloraniaire  nel  zionc  nostra,  di  cui  un  benevolo  critico  ci  appuntò. 
-I8Ì3,  riducono  questo  slivcllo  a  m.  -18.  505.  Kgli 


1 


GEOGRAFIA  FISICA  DELL'EUROrA 


87 


poi  la  Russia  mcTÌdionaìe,  larga  il  doppio  della  Francia.  I  contorni  del  mar  Caspio, 
l'Olanda  e  alcune  parli  della  Germania  settentrionale  stanno  più  depresse  che  il  livello 
dell'Oceano. 

Tra  le  valli  la  più  ricca  è  quella  del  Po,  le  più  belle  quelle  del  Reno  e  del  Rodano,  la  Valli 
più  lunga  quella  del  Danubio.  Le  maggiori  valli  delle  Alpi  e  del  Giura  sono  longitudi- 
nali, mentre  ne' Pirenei,  ne'Carpazj,  negli  Apennini,  nelle  Sevenne,  e  nei  Vogesi  le 
dirette  in  quel  senso  son  le  più  piccole. 

Quattro  grandi  penisole  vedonsi  in  Europa:  la  Spagna^  fra  l'Atlantico  e  il  Medi- renisele 
terraneo;  l'Italia,  fra  il  mar  Tirreno  e  l'Adriatico;  la  Grecia,  fra  l'Adriatico  e  l'Arci- 
pelago; la  Scandinavia,  fra  il  Baltico  e  il  mare  del  Nord.  Secondarie  sono  il  Giutland, 
fra  il  Baltico  e  il  mare  del  Nord;  la  Bretagna^  fra  la  Manica  e  il  golfo  di  Guascogna; 
la  Crimea,  fra  il  mar  Nero  e  quello  d'Azof. 

Delle  isole  le  principali  sono  :  nell'Atlantico  le  britanniche,  Parcipelago  delle  Feroe,  Isole 
quelle  sulle  coste  di  Francia,  le  Azzore  ;  nel  Mediterraneo  meridionale  le  Baleari,  le 
sardo-corse,  le  italiane,  colla  Sicilia,  Malta,  le  jonie,  l'arcipelago  greco  ;  nel  Mediterraneo 
settentrionale  le  isole  olandesi  di  Valchern,  Beveland,  le  danesi  di  Seeland,  Fionia, 
Laaland,  Falster,  Bornholm,  l'arcipelago  di  Aland,  nell'oceano  Artico  le  innumerevoli 
attorno  alla  Norvegia,  la  Nuova  Zembla,  l'arcipelago  dello  Spitzberg  ecc. 

Dalle  montagne  scendono  fiumi,  che  secondo  il  pendio  di  quelle  scorrono  ai  mari.  Fiumi 
Quelli  che  versa  il  sistema  alpino  da  Toulon  a  Costantinopoli,  cadono  nel  Mediterraneo  : 
quelli  che  piovono  dalla  catena  parallela  a  questa,  dai  Pirenei  sino  al  Pruth,  se  scendono 
dal  pendio  orientale  o  meridionale,  sono  portati  dal  Rodano  nel  golfo  di  Lione,  o  dal 
Danubio  nel  mar  Nero,  o  dal  Reno  nel  mar  Germanico;  se  scendono  all'ovest  o  al  nord 
d'essa  catena,  mettono  nell'Atlantico  e  nel  Mediterraneo  settentrionale,  e  alcuno  nel 
mar  Nero.  Nel  sistema  esperico,  le  catene  Iberica  e  Peno-betica  separano  gli  affluenti 
del  Mediterraneo  da  quei  dell'Atlantico.  Gli  altri  sistemi  essendo  più  semplici,  i  fiumi 
piovono  pei  due  pendii. 


Origine 


Pirenei 


Catena  iberica 
Altura  centrale 
Catena  penobetica 


QUADRO.  DEI   FIIMI   PRINCIPALI   D'EUROPA. 
Fiumi  del  sistema  esperico. 

Nomi  odierni  Nomi  antichi         Lungh.  in  leghe     Sbocco 

IMinho  Minius                     65        Atlanticc 

Garonna  Garumna 

Adur  Athurus 

Ebro  Iberus 

i   Duero  Durius 

(  Xucar  Sucro 

S   Segura  Tader 

)   Tago  Tagus 

Guadiana  Anas 

Guadalquivir  Boeiis 


Gruppo  centrale  : 
pendio  meridionale^ 


pendio  settentrio- 
nale 
e  occidentale 


Fiumi  del  sistema  alpino. 

Po  Padus 

Ticino  Ticinus 

Adda  Addua 

Oglio  Ollius 

Adige  Athesis 

Rodano  lihodanus 

Isera  Isara 

Durenza  Druentia 

Reno  Khenus 

Reuss  .    .    . 

Aar  Arola 

Lech  Licus 

Isar  Isargus 

Inn  GEnus 

Drava  Braus 

Muhr  Murius 

Sava  Savus 


65 

Atlantico 

130 

}) 

70 

1) 

150 

Mediterraneo 

165 

Atlantico 

90 

Mediterraneo 

70 

3> 

225 

Atlantico 

200 

» 

120 

» 

100 

Adriatico 

40 

Po 

50 

» 

40 

)) 

90  . 

Adriatico 

190 

Mediterraneo 

68 

Rodano 

80 

]) 

330 

Mare  del  Nord 

50 

Reno 

60 

» 

50 

Danubio 

70 

» 

100 

» 

160 

» 

80 

Drava 

HO 

Danubio 

GEOGRAFIA  —  ÈPOCA  PRIMA 


Origine 


Gruppo  orientale: 
pendio  meridionale 


Nomi  odierni 
Narenta 
Drin 
Vojussa 
Aspropotamo 
Rufia 

Vasilipotarao 
Vardari 
Mari  za 
Struma 
Salembria 

pendio  settentrionale  Morava  di  Ser 

ÌArno 
Tevere 
Volturno 
Ofanto 
Mosella 
Mosa 
Schelda 
Somma 
Senna 
Marna 
Orne 
Vilaine 
LofVe 
AUier 
Cher 
Vienne 
Creuse 
Charente 
Dordogne 
Lot 
Tarn 


Nomi  antichi        Lungh.  in  leghe    Sbocco 

Naro  CO  Adriatico 

Drinus  70  » 

Aous  40  » 

Achelous  50  Mediterraneo 

Alpheus  50  » 

Eurotas  30  » 

Axius  HO  Arcipelago 

Hebrus  90  » 

Strymon  40  » 

Peneus  30  » 


via 


Gruppo  occiden- 
tale: 
pendio  occidentale 
e  settentrionale 


pendio  sud 

dei  Vogesi 

e  ovest  del  Giura 


Gruppo  settentrio- 
nale : 
pendio  meridionale 


pendio  settentrio- 
nale 


Saone 
Doubs 

Danubio 

March  o  Morava 

Waag 

Theiss 

Maros 

Aluta  0  Alt 

Sereth 

Pruth 

Meno 

Necker 

Lippe 

Ems 

Allèr 

Weser 

Sprea  e 

Saala 

Elba 

Oder 

Warta 

Netze 

Vistola 

Dniester 


llavel 


Margus 

Arnus 

Tiberis 

Vulturnus 

Aufidus 

Mosella 

Mosa 

Scaldis 

Samara 

Sequana 

Matrona 

Olena 

Vindana 

Liger 

Elaver 

Caris 

Vigenna 

Crosa 

Carantonus 

Duranius 

Oltis 

Tarna 

Saucona 
Dubis 

Ister 

Mar  US 

Cusus 

Tibiscus 

Murisus 

Aluta 

Araris 

Hierasus 

Mcenus 

Nicer 

Luppia 

Amisis 

Visurgis 


Albis 
Viadrus,  Oderà 

Vistula 
Tyras 


70 
60 
60 
50 
30 
120 
160 
86 
40 

no 

97 
50 
45 

220 
90 
78 
75 
60 
85 

106 
60 
75 

HO 

90 

680 

60 

60 

165 

150 

90 

100 

200 

70 

70 

40 

80 

50 

120 

90 

70 

270 

220 

150 

50 

260 

200 


Danubio 

Mare  di  Toscana 

» 
Adriatico 
Reno 
Mare  del  Nord 

» 
Manica 

» 
Senna 
Manica 
Atlantico 

» 
Loire 


Vienne 

Atlantico 

Garonna 


Rodano 
Saone 

Mar  Nero 
Danubio 


Reno 


Mare  del  Nord 

Weser 

Mare  del  Nord 

Elba 

» 
Mare  del  Nord 
Baltico 
Odor 
Warta 
Baltico 
Mar  Nero 


GEOGRAFIA   FISICA  DELL'EUROPA 


89 


Fiumi  del  pianoro  sarmatico. 


Origine 


pendio  oslro- 
occidentale 


pendio  ostro- 
orieniale 


Nomi  odierni 

Peciora 

Dwina 

Mezen 

Onega 

Duna 

Nienien 

Bug 

Narew 

Dnieper 

Bog 

Desna 

Pripet 

Don 

Khoper 

Manitsch 

Donetz 

Volga 

Mologa 

Oka 

KM  asma 

Rama 

Ural  0  Jaik 


pendio  orientale- 
meridionale 


pendio  orientale 
d' Inghilterra 

e  Scozia 
pendio  occidentale 
pendio  occidentale 

d'Irlanda 


Nomi  antichi 


lìhubon? 
Chronus? 


Borysthenes 
Ilypanis 


Tanais 


Rha 

Ocharius 

Rha  orieìitalis 
Jaxartes 


Lungh.  in  leghe 

330 

\m 

150 

90 
180 
160 
130 

70 
2ì)0 
240 
200 
140 
520 
160 
190 
UO 


■Fiumi  del  sistema  scandinavo. 


Tornea 
Dal 
Kemi 
Glommen 
Goetha  o  Elf 


Fium,i  del  sistema  britannico. 


Tamigi 

Trent  o  Ilumber 

Tay 

Saverna 
Shannon 


Tamesis 
Abus 

Sabrina 
Sacana 


89 
90 
bO 

93 
83 


Shocco 

Oceano  artico 


Ballico 

n 

Vistola 
Bug 
Mar  Nero 

n 

Dnieper 

» 
Mare  d'Azof 
Don 


840        Caspio 

100 

280 

130 

350  .) 

580  » 


140        Baltico 

HO 

100 

120 

120 


Cattegat 


Mare  del  Nord 


Atlantico 


I  maggiori  laghi  sono  in  Russia,  quei  di  Ladoga,  Saima,  Pajana,  Onega,  Peipìi  ;  poi  Laghi 
quelli  di  Vener,  Melar  e  Vetter  in  Isvezia-,  vengono  in  terzo  luogo  i  così  pittoreschi  di 
Svizzera  e  d'Italia,  e  il  Balaton  d'Ungheria. 

Talora  l'acqua  fermandosi,  massime  ne'  paesi  poco  elevati,  forma  grandi  paludi.  Tali  Paludi 
sono  in  Russia  gli  stagni  di  Pinsk  sulle  due  rive  del  Pripet,  e  quasi  tutto  il  nord-est 
della  Russia  europea;  altri  nella  Crimea  settentrionale,  e  lungo  le  coste  di  Kerson  e  di 
Bessarabia,  e  alle  foci  del  Danubio.  Aggiungi  le  torbiere  di  Lapponia,  di  Finlandia  e 
della  Svezia  settentrionale;  le  bassure  del  litorale  della  Germania  settentrionale;  le 
rive  del  Danubio  in  Ungheria  ;  le  paludi  della  Vandea,  e  alcune  nella  Guascogna  ;  e  le 
maremme  di  Toscana  e  di  Romagna. 

II  clima  d'Europa  io  generale  è  dolce  ;  anzi  caldissimo  fin  al  45",  ove  rare  le  nevi,  e  clima 
breve  il  verno,  e  la  vegetazione  ricomincia  in  gennajo  :  di  là  dal  55"  è  rigido.  Ma  le 
circostanze  variano  questa  condizione  generale:  a  Bergen  fa  men  freddo  che  a  Vienna; 

a  Londra  meno  che  a  Edimburgo,  che  a  Copenaghen,  che  a  Ginevra;  in  Lapponia  più 
che  allo  Spitzberg;  e  sullo  Stelvio  e  sul  Sanbernardo  più  che  all'estrema  Norvegia.  Il 
mare  d'Azof  sta  gelato  la  maggior  parte  del  verno,  eppure  è  alla  latitudine  di  Venezia. 
I  giorni  più  lunghi  a  Cadice  sono  di  14  ore  V?»  di  16  a  Parigi,  di  16  e  Vs  a  Londra, 
di  17  a  Copenaghen,  di  18  V2  a  Pietroburgo,  di  22  a  Tornea,  di  24  in  Islanda,  di  2  mesi 


m 


GEOGRAFIA  —  EPOCA   PRIMA 


a  Wardhus,  e  di  4  allo  Spitzberg.  Altengaard  in  Norvegia  è  l'ultimo  paese  dell'Europa 
settentrionale  coltivato;  Ilammerferst  l'ultima  città;  Wardhus  l'ultima  fortezza. 


Durata 

dei  giorni  alle  diverse  latituc 

ini  (1). 

Latitudini  geografiche 

Giorni  più  lunghi 

Giorni 

)iu  Lrevi 

0° 

121'  0' 

121»  0' 

5" 

12.  17 

11. 

43 

10'^ 

12.  55 

11. 

25 

15° 

12.  53 

11. 

7 

20'^ 

13.  13 

10. 

47 

25" 

13.  34 

10. 

2G 

30" 

13.  56 

10. 

4 

35° 

14.  22 

9. 

58 

40" 

14.  51 

9. 

9 

45" 

15.  26 

8. 

34 

50" 

16.  9 

7. 

51 

55" 

17.  7 

6. 

53 

60" 

18.  50 

5. 

30 

65" 

21.  9 

2. 

51 

66"  32' 

24.  0 

0. 

0 

Non  credasi  inutile  alla  storia  la  cognizione  fisica  del  terreno,  atteso  che  spesso  vi 
si  trova  la  ragione  dei  fatti  e  la  spiegazione  di  lunghe  resistenze  o  di  facili  conquiste. 
I  mari  ond'è  cinta  e  frastagliata  l'Europa,  vi  temprano  gl'inverni  e  i  calori  cui  la  sua 
posizione  l'esporrebbe,  e  vi  agevolano  le  comunicazioni  a  vantaggio  del  commercio  e 
della  civiltà.  La  posizione  poi  de'  paesi  influisce  sulle  razze  che  vi  abitano,  sì  col  se- 
gnarne i  confini,  si  col  provedere  ai  bisogni  e  ai  diletti  loro. 
Divisione  E  poiché  l'Europa,  oltr'essere  la  terra  nostra,  è  il  campo  piìi  splendido  della  Storia  e 
dell'industria  dell'uomo,  non  ci  spiaccia  l'esaminarla  più  partilamente  (2j. 

I.  Al  nord  troviamo  dapprima  la  penisola  Scandinava,  le  cui  coste  occidentali  soa 
tutte  rotte  da  seni,  mentre  le  orientali  van  liscie  e  con  pochissimi  seni.  Principali  monti 
sono  le  alpi  Lapponiche  e  il  Kiolen  che  separa  la  Svezia  dalla  Norvegia,  prolungandosi 
coi  nomi  di  Dofrefield,  Langfield,  Sognefield,  Mardangerfield.  Poi  all'estremità  boreale 
il  suolo  s'avvalla  verso  il  mar  Bianco  o  golfo  di  Lapponia;  e  verso  il  sud-est  forma  i 
laghi  Vener,  Vetter,  Melar,  Uirlmar.  Dal  fianco  orientale  scendono  grossi  fiumi,  pochis- 
sime acque  dall'opposto.  Le  cime  dei  monti  allargansi  in  pianure,  con  larghi.  Dal  lato 
occidentale  il  clima  è  umido  e  nebbioso,  come  avvien  delle  isole,  con  verni  miti  e 
fredde  estati  5  dall'orientale  è  secco  e  con  freddi  e  calori  sensibili.  A  Enontekis,  che  sta 
a  68°  di  latitudine,  talor  gela  il  mercurio,  cioè  il  freddo  passa  il— 31°.  La  penisola  è 
tutta  boschi  d'abeti,  pini,  betulle.  Le  biade  maturano  molto  alto,  fin  al  70";  le  mele  e 
le  ciliegie  fin  al  03».  11  renne  vive  nella  Lapponia  ove  altri  animali  domestici  poco  reg- 
gono. Agricoltura,  pastorizia,  caccia,  metallurgia  formano  le  occupazioni  della  razza 
scandinava,  dalla  quale  distinguesi  la  lappone,  piccola  e  giallognola,  errante  e  che  non 
coltiva  le  terre  gelate. 

II.  La  Svezia,  ricca  di  laghi,  ma  senza  fiumi  né  monti  notevoli,  ha  molte  foreste  an- 
che di  faggio  sino  al  58",  e  querele  pertutto:  nella  Scania  prospera  il  grano. 


(I)  Nella  teorica  Jei  climi  si  suppone,  come  in 
questa  tavola,  che  il  sole  sia  compcnctrato  al  suo 
centro  di  figura,  e  viene  inoltro  trascurata  l'in- 
fluenza che  l'atmosfera  terrestre  esercita  sulla  luce. 


(2)  Vedasi  F.  Scnuow,  VEuropa-,  facile  quadro 
fisiologico  (danese).  Copenaghen  1832,  con  atlante 
di  sci  mappe  orografiche  e  climatograiìchc. 


GEOGRAFIA  —  EPOCA  PRIMA  01 

III.  La  Finlandia  le  assomiglia  assai;  ma  la  temperatura  n'è  più  bassa,  e  più  sensi- 
bile la  differenza  delle  stagioni. 

IV.  L'Islanda,  ai  confini  dell'oceano  Glaciale,  è  montuosissima  con  molle  acque  e 
sorgenti  calde  e  fin  bollenti  come  quella  di  Geyser;  e  frequenti  vulcani.  Clima  umido, 
incostante:  onde  non  altri  alberi  vi  fanno  che  la  betulla  e  il  sorbo,  e  questi  pure  rat- 
trappiti, mentre  v'abbonda  il  lichene;  non  frutti,  non  grano;  legna  somministrano  i 
tronchi  galleggianti  spintivi  dal  mare;  molte  pecore,  moltissimi  uccelli  marini,  mas- 
sime le  anitre  che  offrono  la  piuma  più  fina  (Eder-dun). 

V.  Le  isole  Feroe  di  là  dal  61"  parallelo,  scogliose  ed  elevate,  hanno  carbon  fossile 
e  opali;  non  boschi,  e  l'orzo  non  sempre  matura.  Gli  abitanti  s'occupano  delle  pecore 
e  del  lanifizio. 

VI.  Le  isole  di  Shetland  e  le  Orcadi,  al  sud-ovest  delle  precedenti,  vi  somigliano. 

VII.  Le  Britanniche  fra  il  bO»  e  il  59"  e  ^Jz-  La  Scozia  è  assai  montuosa,  ma  nessuna 
altura  passa  i  1400  metri,  e  le  pianure  interposte  sono  torbose.  Nell'Inghilterra  i  monti 
sono  tutti  ad  occidente;  il  resto  è  colline  e  late  pianure,  tantoché  i  canali  mettono  in 
comunicazione  parti  lontanissime.  Nell'Irlanda  i  monti  circondano  le  coste.  Queste  e  la 
Scozia  abbondano  di  laghi,  mentre  ne  manca  affatto  l'Inghilterra:  le  miniere  di  stagno 
del  Cornwall,  già  famose  ai  secoli  antichi,  cedono  d'importanza  al  carbon  fossile.  Il 
clima  è  umido  e  piovoso  pertutto ,  ma  più  verso  occidente:  a  Dublino  contano  208 
giorni  di  pioggia  fra  l'anno,  178  a  Londra.  La  Scozia  s'inselva  di  pini  e  betulle,  e  venso 
mezzodì  anche  di  querele  e  faggi  ;  ma  il  più  de'  monti  son  nudi.  In  Inghilterra  e  Ir- 
landa tutto  prospera,  salvo  alcuni  frutti  meridionali.  L'agricoltura  e  la  pastorizia  vi  sono 
una  ricchezza,  sebbene  più  si  cerchino  il  commercio,  la  navigazione  e  le  manifatture. 

vili.  Una  Pianura  settentrionale  stendesi  a  mezzodì  del  Baltico  e  del  mare  del  Nord, 
comprendendo  il  Chersoneso  cimbrico,  le  isole  danesi  ;  e  ad  occidente  va  fin  all'Atlan- 
tico, abbracciando  la  Francia  settentrionale,  il  Belgio,  l'Olanda,  la  Germania  settentrio- 
nale, Danimarca,  Prussia,  Polonia.  Nessuna  gran  montagna  vi  sorge:  il  calore  medio 
diminuisce  verso  levante  e  più  si  scosta  dal  mare  :  i  venti  di  ponente  vi  dominano. 
Querele  e  faggi  allignano  nella  Francia  e  ne'  Paesi  Bassi,  come  sulle  coste  del  Baltico; 
alberi  coniferi  nelle  parti  arenose  della  Germania  boreale.  Grandi  pianure  incolte  sten- 
donsi  dal  centro  dell'Hannover  alla  penisola  danese.  Il  frumento  vi  prospera,  ma  la 
segala  dà  il  pane  più  comune;  l'orzo  serve  alla  birra. 

IX.  Monti  centrali  G\Q\tix\s\  fra  questa  pianura  e  le  Alpi,  come  quelli  dell'Alvernia,  le 
Sevenne,  il  Giura,  i  Vogesi,  l'IIartz,  i  monti  Boemi.  Questi  tolgono  in  mezzo  la  Boemia, 
come  l'Ungheria  è  circonvallata  dai  Carpazj,  aperta  solo  dove  entra  ed  esce  il  Danubio. 
Abbondano  selve  di  pino  marittimo,  di  faggi,  querele,  castagni,  abeti  :  la  vigna  massi- 
mamente nelle  valli  del  Reno  e  del  Rodano. 

X.  La  Pianura  orientale  estesissima  va  a  congiungersi  con  quella  dell'Asia  boreale; 
senza  monti  alti,  ma  pianori,  attraversata  dai  maggiori  fiumi,  e  formata  da  terreni  d'al- 
luvione :  non  vi  piove  molto,  ma  nevica,  e  la  terra  riman  coperta  di  ghiaccio  da  mezzo 
novembre  a  mezzo  aprile  ;  il  gigantesco  Volga  presso  Kasan  sta  gelato  dal  fin  d'ottobre 
all'entrare  d'aprile,  e  serve  di  strada  maestra.  A  Pietroburgo  la  Neva  dura  gelata  da  ot- 
tobre a  marzo,  e  col  ghiaccio  si  fecero  case  e  persino  cannoni:  a  Kasan  il  termometro 
scende  fin  a— 40°;  il  porto  d'Arkangel  non  è  libero  di  ghiacci  che  per  tre  mesi.  I 
mercati  del  nord  son  particolari  perchè  tutto  vi  si  vende  gelato,  bovi,  montoni,  ma- 
jali,  polli,  ova,  burro,  pesce;  e  ciascuno  fa  le  provigioni  per  tutto  l'anno,  che  conser- 
vansi  in  cave. 

Il  settentrione  abbonda  di  selve,  che  danno  la  resina,  il  catrame,  magnifico  legname 
di  costruzione.  La  foresta  di  Voikonski  (Tver)  ove  nasce  il  Volga,  è  la  più  vasta  d'Eu- 
ropa. Gli  avanzi  della  foresta  Vergine  di  Bialowicza  alle  sorgenti  della  Narew  e  sulle 
frontiere  della  Lituania,  han  pini  e  abeti  e  querele  alte  fin  50  metri  :  mancano  affatto 
al  mezzodì,  ove  invece  verdeggiano  le  steppe.  La  Russia  meridionale  fin  all'altezza  di 
Mosca  è  coperta  di  un  metro  e  mezzo  di  terra  vegetale,  che  non  ha  bi.sogno  d'ingrasso, 
e  simile  a  quella  della  valle  del  Gange;  donde  la  ricchezza  della  Volinia.  Gli  animali 
domestici  vivono  bene,  ma  l'asino  soltanto  nelle  parti  meridionali  :  ad  oriente  siede  la 
razza  calmuJca,  differente  dal  resto  d'Europa. 

XI.  La  Crimea  è  affatto  piana  -,  e  massime  verso  la  costa  meridionale,  mite  così,  che 


i 


92  GEOGRAFIA  —  EPOCA    PRIMA 

vi  prosperano  l'olivo,  l'alloro,  il  cotone,  il  frassino,  la  vite,  non  che  i  grani.  La  Bcs- 
sarabia  produce  le  pesche  e  le  albicocche  migliori  ;  Wladimir  e  Mosca  pomi  trasparenti, 
alcun  de' quali  pesa  fin  2  chilogrammi,  \oronega  ha  foreste  di  pruni,  Wladimir  di  ci- 
liegi, di  nociuole  altre  città:  deliziose  uve  produce  Astrakan  e  la  Crimea:  rinomati  sono 
i  grani  della  Russia  meridionale,  i  lini  di  Curlandia  e  Livonia,  i  cereali  dell'Ucrania. 

XII.  11  Balkan  e  le  alpi  Dinariche  che  lo  congiungono  alle  Alpi  nostre,  non  sono 
abbastanza  conosciute  :  roccie  calcari  aride. 

XIII.  Delle  Alpi  parlammo  poc'anzi.  La  parte  occidentale  v'è  piìi  elevata  che  l'orien- 
tale, il  fianco  meridionale  è  più  ripido  del  settentrionale,  e  ne  scendono  grossi  fiumi. 
La  massa  centrale  si  compone  di  granito,  scisto  micaceo,  arenaria,  pietra  calcare;  ra- 
rissime le  roccie  vulcaniche,  e  dominante  il  ferro.  Nella  pianura  lombarda  l'inverno  fa 
più  rigido  che  ad  Edimburgo,  ma  più  calda  l'està  :  a  Milano  il  maggior  calore  toccò, 
nel  giro  di  molt'anni,  appena  il  -+-  28°,  e  il  freddo  il  —  •12°.  Sul  San  Gotardo  e  il  San 
Bernardo  trovi  una  temperatura  inferiore  a  quella  del  capo  Nord  nella  Lapponia.  Sulle 
falde  australi  delle  Alpi  abbondano  le  pioggie,  e  la  linea  delle  nevi  eterne  incontrasi  a 
5070  metri  dal  mare,  sul  pendìo  settentrionale  a  2G40:  sul  primo  gli  alberi  allignano 
fin  a  metri  2070,  mentre  sul  settentrionale  cessano  a  metri  1820. 

XIV.  Ne'  Pirenei  la  temperatura  è  più  dolce  verso  il  Mediterraneo  che  verso  l'Oceano: 
sul  fianco  settentrionale  la  neve  si  perpetua  a  2560  metri,  e  gli  alberi  vi  s'incontrano 
fin  a  2150,  mentre  sul  meridionale  arrivano  a  2260  metri,  e  la  neve  si  eterna  a  2820. 
Pascoli  men  copiosi  che  nelle  Alpi. 

Seguono  le  tre  grandi  penisole  dell'Europa  meri-dionale  : 

XV.  L'Iberica  ha  nel  centro  un  gran  pianoro,  fiumi  di  poca  portata,  e  nessun  lago 
importante.  A  mezzodì  l'autunno  e  l'inverno  son  piovosi,  le  coste  ridono  di  verde  per- 
petuo, e  vi  fanno  il  sughero,  il  leccio,  varie  specie  di  quercia  e  rovere,  oltre  l'alloro,  il 
mirto,  il  lentisco,  il  corbezzolo,  il  cipresso  ;  ma  poche  le  selve.  11  riso  viene  nella  Va- 
lenza e  sulle  coste  lusitaniche-,  la  vigna  dà  squisiti  vini  ;  l'olivo  egli  agrumi  sulle  coste; 
il  cotone  nelle  parti  meridionali,  come  il  fico,  il  mandorlo  e  la  cannamele.  Rinomate 
sono  le  pecore,  che  han  diritto  di  pascolare  sul  grande  altopiano,  il  quale  perciò  non 
può  abbastanza  coltivarsi.  Poche  bestie  bovine,  e  molti  cavalli,  e  ottimi  asini  e  muli. 

XVI.  L'Italia,  circonvallata  al  nord  dalle  Alpi  e  corsa  al  lungo  dall'Apennino,  presenta 
a  settentrione  la  vasta  pianura  lombarda,  valle  del  Po;  altre  nella  Puglia,  attorno  a 
Roma,  a  Pisa,  e  in  Terra  di  Lavoro.  Molti  vulcani  vi  sono,  e  acque  termali  :  gli  Apen- 
nini,  di  calcareo  cinerognolo,  han  poche  petrificazioni  e  pochi  metalli,  salvo  l'isola 
d'Elba,  ricchissima  di  ferro;  mentre  abbondano  di  marmi,  massime  verso  Carrara.  Il 
clima  a  mezzodì  dell'Apennino  tiene  più  della  natura  del  Mediterraneo,  e  l'estate  vi  si 
prolunga:  all'estremità  meridionale  si  gode  e  si  soffre  d'un  clima  caldissimo  l'està,  e 
piovoso  nell'inverno:  lo  scirocco  proveniente  d'Africa  produce  spesso  una  caldura  op- 
primente. La  malaria  nell'estate  e  nell'autunno  genera  morbi  micidiali,  massime  in 
luoghi  paludosi  come  le  Maremme,  o  ignudi  come  la  Puglia  e  la  Campagna  di  Roma. 

xvii.  La  penisola  Ellenica  sporgesi  in  punta  ad  ostro,  ed  ha  le  coste  molto  frasta- 
gliate; del  resto  montuosa,  di  fiumi  e  laghi  piccoli  ;  e  in  generale  più  fredda  che  Italia 
e  Spagna  meridionali,  cui  somiglia  per  vegetazione. 

È  dunque  ben  distinta  l'Europa  settentrionale  dall'australe;  la  prima  con  grandi  pia- 
nure basse,  mentre  l'altra  è  ricca  di  monti,  e  questi  più  alti,  in  guisa  che  salendovi  tro- 
viamo i  climi  e  le  produzioni  del  Nord.  Al  settentrione  delle  Alpi  stanno  i  maggiori 
laghi,  e  le  miniere  più  abbondanti  in  Inghilterra,  in  Scandinavia,  in  Ungheria,  in  Sas- 
sonia. Le  estati  vi  son  meno  differenti  che  non  gl'inverni,  come  può  scorgersi  da  questa 
tabella  dei  calori  medj  : 


Latitadine 

Inverno 

Estate 

Palermo 

58» 

-f-  9 

.+.  d9 

Firenze 

-43 

-+-  s  1/2 

+  18  1/2 

Vienna 

47  1/2 

0 

H-  17  1/2 

Londra 

SI  'Iz 

-»-  3 

■+■  13 

Amburgo 

531/2 

0 

-t-  U 

Copenaghen 

55  1/2 

-i  V2 

-H  14  1/2 

Stoccolma 

59  1/2 

-  5 

-¥■  15 

GEOCnAFIA    FISICA   DELL'aSIA  93 

Presso  ai  monti  cadono  più  copiose  le  pioggie,  e  in  generale  maggiori  nell'Europa 
meridionale;  e  più  si  procede  al  sud,  minori  sono  le  estive,  e  crescono  le  invernali: 
pure  i  giorni  piovosi  sono  di  più  al  settentrione.  Quivi  frequenti  le  nevi,  (juasi  scono- 
sciute al  sud,  ove  invece  ricorrono  le  gragnuole,  e  dove  i  temporali  accadono  in 
qualsiasi  stagione:  di  cento  temporali  all'anno,  se  ne  contano  a 

Copenaghen  d'inverno  1,  primavera  18,  estate  70,  autunno  11 
Palermo  »        i5  «  1b      »       22        «         48 

Al  sud  l'aria  è  più  serena  ;  e  il  quotidiano  alternarsi  dei  venti  di  terra  e  di  mare  fa  che 
di  giorno  la  terra  sia  più  calda  che  il  mare,  e  il  contrario  la  notte.  1  scirocchi  e  la  ma- 
laria, llagello  del  mezzodì,  sono  ignoti  al  settentrione. 

Invece  degli  alberi  sempre  verdi  del  mezzodì,  ne'  paesi  settentrionali  sono  i  prati  più 
verdeggianti,  ove  pure  la  segale,  mentre  da  noi  s'  ha  il  frumento  e  il  granoturco;  di 
qua  il  vino  e  l'olio  e  i  frutti  e  gli  erbaggi,  di  là  la  birra  e  il  burro  e  molta  carne;  di 
qua  la  seta  e  il  cotone,  di  là  il  lino  e  le  canape. 

Mentre  al  settentrione  le  vaste  pianure  dan  Juogo  a  grandi  imperi,  a  mezzodì  le  pe- 
nisole restano  ben  separate:  ma  i  tanti  fiumi  e  monti  secondarj,  se  non  tolgono  affatto, 
impediscono  l'unione  di  popoli  che  vi  sono  fratelli. 

§  16.  —  Geografia  fìsica  dell'Asia. 

L'Asia  occupa  una  superfìcie  di  13  milioni  di  miglia  quadrate  o  circa  42  milioni  di 
chilometri,  fra  il  24"  e  il  172"  di  longitudine,  e  dall'equatore  al  78.^  di  latitudine  bo- 
reale. Legata  all'Europa  pei  monti  Ural  e  Caucaso,  e  all'Africa  per  l'istmo  di  Suez, 
non  è  dall'America  separata  che  per  lo  stretto  di  Behring.  La  bagnano  al  nord  l'oceano 
Artico,  all'ovest  il  Mediterraneo  e  il  golfo  Arabico,  al  sud  l'oceano  Indiano,  all'est  il 
Pacifico. 

Questi  mari  ottennero  particolari  denominazioni  ;  e  nell'oceano  Artico  si  disse  mar  Mari 
di  h'ara  quello  fra  la  Nuova  Zembla  e  la  costa  asiatica;  nell'Indiano,  mare  d'Oman  fra 
l'Arabia  e  l'India,  e  golfo  di  Bengala  dall'altra  parte  dell'India;  nell'oceano  Pacifico,  il 
gran  Mediterraneo  che  bagna  le  parti  orientali  dividesi  in  mar  della  Cina  al  sud,  mare 
della  Corea  e  del  Giappone  al  centro,  d'Okolsk  al  nord  ;  il  mare  di  Behring  ondeggia 
fra  l'America,  l'Asia  e  le  isole  Aleutine;  una  parte  del  mar  di  Corea  verso  la  Cina  di- 
cesi Giallo. 

Molti  golfi  frastagliano  le  rive,  ma  non  s'addentrano  tanto  come  in  Europa. 

Secondo  i  monti,  al  nord  e  all'est  scorrono  il  più  de' fiumi  d'Asia.  Il  Tigri  e  l'Eu- Fiumi 
frate,  tanto  ricantati  nella  storia,  congiungonsi  col  nome  di  Sciat-el-Arab  per  cadere 
nel  golfo  Persico.  I  nostri  fiumi  sono  un  nulla  a  petto  agli  asiatici.  L'IIoang-ho,  che 
devasta  la  Cina  colle  mal  frenate  inondazioni,  ha  fin  12  chilometri  di  larghezza.  L'Yang- 
seu-kiang,  che  la  irriga  per  un  corso  di  quasi  4000  chilometri,  ha  quasi  sempre  2 
chilometri  di  larghezza,  e  fin  30  allo  sbocco;  la  marea  vi  si  risente  a  GOO  chilometri; 
e  le  navi  grosse  la  rimontano  per  1000  chilometri.  Il  Bramaputra  in  India  si  dilata  fin 
20  chilometri  fra  le  sterili  sponde. 

Il  mar  Caspio  e  il  lago  Arai  sono  il  fondo.d'una  gran  bassura,  tanto  che  il  pelo  delle  Altopiano 
lor  acque  è  molto  di  sotto  da  quel  dell' liusino.  Il  Caspio  ha  le  acque  più  amare  e  sa-  centrale 
late  che  si  conoscano,  in  grazia  delle  tante  sorgenti  di  nafta:  è  il  più  gran  lago  del 
globo,  coprendo  S270  miriametri  quadrati:  non  ha  maree,  ma  violente  procelle:   me- 
diocri ne  sono  i  porti,  e  in  quello  di  Bakù  stanzia  la  flottiglia  russa. 

L'Asia  centrale,  di  cui  ci  diede  un'insigne  descrizione  Alessandro  Humboldt,  è  oc- 
cupata da  un  vasto  terrazzo ,  che  da  sud-sud-ovest  a  nord-nord-est  si  estende  dal 
Turkestan  orientale  fino  ai  Kalka  orientali  e  alla  catena  del  Kang-kai,  fra  i  meridiani 
79"  e  116"  ad  oriente  da  Parigi,  e  fra  il  36"  e  il  48"  parallelo  settentrionale.  La  ca- 
tena de'  monti  di  Kouen-lun  lo  divide  dal  Tibet,  unito  col  quale  formerebbe  una  lun- 
ghezza trasversale  di  520  leghe  marittime,  e  una  superficie  gonfia  di  62,000  leghe 
quadrate,  ch'è  la  maggior  continuità  di  elevamento  di  suolo  che  sia  al  mondo. 

Dopo  gli  studj  di  Homboldl  non  è  più  possibile  considerare  tutte  le  montagne  asia- Montagne 
tiche  come  derivate  dal  solo  altopiano  centrale,  come  faceva  Pallasj  e  le  vette  dell'Aitai 


94  GEOGRAFIA  —  EPOCA  PRIMA 

trovansi  affatte  indipendenti  da  quelle  del  Camsciatka,  ed  entrambe  dall' Imalaya;  la 
bassura  del  Caspio  e  dell'Arai  separa  i  monti  Ural  ;  e  i  deserti  dividono  il  Libano  dal 
pianoro  centrale  della  penisola  arabica. 

Un'immensa  linea  prolungasi  dalle  isole  di  Rodi,  Samo  e  Lesbo  pel  Tauro  fin  al  Cau- 
caso ;  e  n'è  nodo  geologico  l'Armenia.  Di  là  s'irradiano  al  nord  le  montagne  dell'istmo 
caucasio:  al  sud  il  Libano  e  l'Antilibano,  rami  del  Tauro,  traversano  Siria  e  Palestina; 
un  altro  ramo  perdesi  ne'  deserti  della  Mesopotamia  ;  un  altro  per  la  Media  e  la  Persia 
tocca  le  rive  del  golfo  Persico  ;  un  quarto  volgesi  ad  oriente  per  raggiungere  le  im- 
mense masse  dell' Imalaya  e  dell'Aitai. 

Potremo  dividerle  in  —  a.  sistema  tauro-caucasiano  che  è  l'anzidetto,  e  dove  l'Ararat 
s'eleva  a  4292  metri,  e  l'Elbruz  nel  Caucaso  a  5457.  Il  Caucaso  è  composto  di  tre  linee 
di  montagne,  suddivise  in  numerosi  bracci  da  valli  profonde  e  strettissime,  mercè  delle 
quali  ogni  pianoro  è  come  un  paese  indipendente,  proletto  da  copiosi  torrenti;  quindi 
difficilissimi  gli  attacchi.  —  6.  sistema  uraliano,  lunga  catena  dal  Caspio  (in  al  mare  di 
Kara,  poco  elevata  e  ricchissima  di  metalli.  —  e.  sistema  altaico,  poco  conosciuto,  e  al 
quale  si  legano  —  d.  il  sistema  sinico  —  ed  e.  ì'imalayano.  La  più  alta  cima  di  questo 
(il  Dawalagiri)  supera  di  3746  metri  il  Mombianco,  e  tutt'insieme  occupa  da  5  a  000,000 
miglia  quadrate.  Ivi  sono  abitazioni  d'uomini  sin  a  4223  metri  d'elevazione,  belle  fo- 
reste di  betulle  a  4548,  e  arboscelli  fino  a  5522.  —  f.  il  sistema  indostanico,  non  molto 
elevato,  è  diviso  dal  precedente  per  la  valle  del  Gange  e  pei  deserti  all'est  dell'Indo. 

Fra  i  sistemi  altaico,  sinico,  iraalayano  restano  rinserrali  molti  acrocori  o  piani  ele- 
vati del  centro  dell'Asia,  quali  sono  il  Tibet,  il  Kuku-Noor,  la  Mongolia,  la  Bukaria,  la 
Dzungaria,  alti  da  J 299  a  3248  metri.  Questi  ad  oriente;  ad  occidente  sta  l'altopiano 
dell'Iran  o  Persia,  1202  metri  più  basso.  Li  congiunge  un  istmo,  steso  fra  i  piani  della 
P.ukaria  e  quelli  dell'India. 
Pianure  Una  gran  pianura  paludosa  nell'impero  russo  continua  quella  che  trovammo  in  Eu- 
ropa. Sulla  costa  orientale,  da  Peking  al  fiume  Kiang  se  ne  stende  un'altra  fertilissima. 
Le  steppe  de'  Kirghizi  e  del  Turkestan  ;  il  deserto  di  Cobi  e  della  Mongolia  fra  il  sistema 
altaico  e  il  sinico;  il  deserto  sabbioso  o  Tarim  ;  quei  di  Carism  e  dell'India  settentrio- 
nale; il  gran  desorto  salato  della  Persia,  formano  una  fascia  di  130U  leghe  quasi  affatto 
sterile,  dove  errano  popoli  pastori  e  cacciatori,  disposti  sempre  ad  invasioni,  delle 
quali  sentesi  lontanissimo  il  contraccolpo. 
Penisole  Fra  mare  spingonsi  alcune  penisole,  quali  l'Arabia,  il  Decan,  Malacca,  la  Corea,  il 
Camsciatka,  l'Asia  Minore,  la  penisola  dei  Samojedi.  D'innumerevoli  isole  ne  è  coronato 
lutto  il  contorno:  le  sole  isole  della  Sonda  passano  il  mille. 
Clima  Le  alture  dell'Asia  centrale,  chiuse  da  catene  enormi,  sovente  nevose,  benché  poste 
fra  il  40"  e  il  48'  parallelo,  sono  di  temperatura  bassissima,  salvo  pochi  giorni  estivi 
cocenti;  nei  deserti  d'Arabia  e  di  Persia  il  calore  può  più  stemperatamente  che  in  qual 
altra  siasi  parte.  Il  pianoro  centrale,  ch'è  il  più  alto  del  globo,  arresta  i  venti  del  sud 
che  raddolcirebbero  il  clima  della  Siberia,  e  quelli  del  nord  che  guasterebbero  l'eterna 
primavera  del  Cascerair.  La  Russia  asiatica,  aperta  ai  venti  del  polo,  mentre  da  quei 
del  mezzodì  la  schermiscono  i  monti,  è  tutta  solitudini  gelale.  Clima  felice  e  lussureg- 
giante vegetazione  beano  per  contrario  la  penisola  indostanica,  bagnata  da  grossi  fiumi 
e  da  periodiche  pioggie. 

[  caratteri  dunque  dell'Asia  sono  le  grandi  penisole  ed  isole  al  margine;  al  centro 
la  vasta  unione  di  terre,  la  cui  elevazione  o  bassura  forma  grandissime  varietii  clima- 
teriche; la  posizione  de'  paesi  occidentali  al  centro  del  mondo  antico,  donde  la  grande 
efficacia  sulla  civiltii. 

§  1 7.  —  Geografia  fisica  dell'Africa. 

L'ArnicA  posta  fra  il  "5"  di  lai.  boreale  e  il  35"  di  australe,  o  fra  il  20»  di  longit.  occid. 
e  il  50"  di  orientale,  è  una  penisola,  lunga  1700  leghe,  e  rcstringcntesi  in  forma  di  tri- 
angolo, attaccata  all'Asia  per  l'istmo  di  Suez,  e  circondata  al  nord  dal  Mediterraneo, 
ove  da  Suez  allo  stretto  di  (Gibilterra  offre  una  costa  di  1000  leghe;  all'ovest  dall'At- 
lantico su  cui  incurvasi  la  costa  per  2600  leghe;  all'est  dall'oceano  Indiano,  su  cui  ha 
2400  leghe  sul  golfo  Arabico. 


GEOGRAFIA   FISICA  DELL'AFRICA  9S 

Sulla  superficie  di  chilometri  quadrati  30  milioni  pochi  golfi  la  rompono  e  pochis- 
simi fiumi,  giacché  è  orlata  alle  coste  da  montagne  o  da  deserti  sabbiosi.  I  principali  Fiumi 
sono  il  Nilo,  che  scende  traverso  l'Egitto;  il  Niger  oGioliba  nella Senegambia  ;  il  Cuango 
nel  Congo  ;  l'Orange  nell'Africa  meridionale;  il  Zanibese,  che  gittasi  nel  canale  di  Mo- 
zambiche  ecc. 

Parità  di  circostanze  fa  che  anche  gli  altri  fiumi  scendano,  come  il  Nilo,  per  cate- 
ratte, e  crescano  periodicamente.  Lo  Zairo  è  profondo  fin  30  metri  ;  il  Senegal,  che  di- 
laga, respinge  fin  le  maree  dell'Atlantico  ;  la  Cambia,  nella  stagione  delle  pioggic,  è 
violentissima;  a  somma  distanza  odesi  il  fragore  delle  cascate  della  Coanza. 

Pochissimi  laghi  deve  pur  avere  ;  ma  di  recente  si  scoperse  il  grandioso  di  Ciad  nel  Laghi 
Sudan.  Ciò  rende  dilficili  le  comunicazioni  coll'interno  paese,  che  perciò  resta  pochis- 
simo conosciuto. 

Così  de' suoi  monti  non  si  conoscono  che  alcuni'del  litorale.  Ìj' Aliante,  argine  meri- Monti 
dionale  del  Mediterraneo,  e  parallelo  alle  Alpi,  stendesi  dal  capo  Bogiador  sin  all'estre- 
mità della  reggenza- di  Tripoli,  e  pare  che  nelle  maggiori  altezze  arrivi  a  4000  metri. 
Le  montagne  dell' Abissinia  formano  un  secondo  sistema  all'altra  estremità  dell'Africa, 
che  forse  ad  occidente  si  prolunga  fin  ai  monti  della  Luna,  se  pur  è  vero  che  sussistano, 
e  da  cui  spingonsi  verso  il  nord,  traverso  al  Sennaar,  le  montagne  che  fiancheggiano 
il  Nilo.  Pare  s'unisca  ai  medesimi  l'altro  sistema  dei  monti  del  Sudan,  della  Guinea, 
della  Senegambia.  Un  quarto  sistema  offresi  nel  Congo;  un  quinto  all'estremità  meri- 
dionale, detto  monti  del  Rame  o  di  Nemceld;  finalmente  i  monti  Lupaia. 

11  picco  di  Teneriffa  è  il  vulcano  più  alto,  salendo  a  3713  metri.  Tutta  vulcanica  è 
l'isola  dell'Ascensione,  coperta  afl'atto  di  cenere  e  roccie  calcinate.  Vulcanica  è  pure 
l'isola  di  Sant'Elena,  di  clima  temperato  e  di  mirabile  vegetazione. 

L'immenso  deserto  del  Sahara  pare  il  fondo  disseccato  d'un  mare,  alla  cui  estremità  n  Sahara 
occidentale  comincia  una  successione  di  solitudini  sabbiose,  che  stendesi  fin  all'estre- 
mità orientale  del  Cobi.  Vogliono  che  l'estensione  di  esso  sia  eguale  a  metà  dell'Europa, 
0  piuttosto,  al  doppio  del  Mediterraneo;  dandogli  l'area  di  72,000  miglia  qiiadr.  geo- 
grafiche, compreso  le  oasi  ;  e  50,000  senz'esse  ;  la  lunghezza  di  450,  e  la  larghezza  di 
300  miglia  geografiche  (Ritteh),  misure  soltanto  approssimative.  Son  ammassi  di  ciot- 
toli 0  di  sale  sparso  di  conchiglie,  uniformemente  stesi  sul  suolo,  e  che  tratto  tratto 
lasciano  luogo  a  roccie  nude,  per  lo  più  calcari,  raramente  di  granito  o  basalto.  Il  vento 
move  continuamente  la  sabbia  quarzosa  di  quella  superficie,  togliondovi  l'aggregazione, 
prima  condizione  d'ogni  vita  organica.  Dalla  parte  orientale  vi  sono  molte  oasi,  e  quelle 
della  Nubia  chiamansi  giardini  del  tropico.  L'oasi  di  Syouah,  dove  si  scopersero  le  ro- 
vine del  tempio  di  Giove  Ammone  visitate  da  Alessandro,  è  ricca  di  datteri,  larga  4 
chilometri,  nò  mai  vi  piove,  giacché  le  nubi  son  tosto  disciolte  da  colonne  d'aria  infocate. 

L'equatore  taglia  l'Africa  in  due  parti  disuguali;   pure  il  clima  non  v'è  sì  cocente  Clima 
come  darebbe  a  presumere  questa  posizione,  atteso  le  molte  alture  e  i  diluvj  di  pioggia 
che  periodicamente  ingrossano  i  fiumi  intertropicali.  11  maggior  caldo  fa  nel  Sahara  e 
nelle  pianure  confinanti,  ove  s'eleva  sino  a  45". 

La  valle  del  Nilo  è  infesta  da  crudeli  malattie  durante  l'inondazione.  Delizioso  e  sa- 
lubre è  il  cielo  di  Marocco  ;  ed  una  delle  più  sane  situazioni  è  San  Salvadore  al  Congo: 
mentre  invece  sono  delle  più  insalubri  le  foreste  e  le  paludi  del  Mazaga,  insuperabile 
frontiera  all'Abissinia;  e  le  coste  occidentali,  massime  della  Guinea.  Negli  altipiani  la 
temperatura  è  talvolta  fredda;  a  Murzouk  il  termometro  varia  fin  di  40  gradi  di  R.  Le 
brezze  di  mare  mantengono  dolcissima  la  temperatura  alle  Azzore;  alle  Canarie  talvolta 
è  soffocante  pei  venti  del  deserto. 

Il  calore  del  Sahara  determina  forti  correnti  d'aria  dal  mare  ;  talché  fra  il  capo  Bo- 
giador e  lo  sbocco  del  Senegal  domina  il  vento  occidentale,  invece  degli  alisei  d'est. 
Sanissimo  e  temperato  è  il  clima  all'isola  Borbone,  se  non  che  la  scuotono  frequenti 
uragani.  Sulle  montagne  dell'Africa  australe  dura  la  neve  metà  dell'anno,  e  nell'Atlante 
v'  ha  cime  a  4000  metri  di  nevi  eterne,  come  ve  n'  ha  nelle  Canarie.  Dolce  è  la  tempe- 
ratura del  capo  di  Buona  Speranza,  ma  vi  sono  estreme  la  siccità  e  le  inondazioni. 

L'Egitto  d'inverno  pare  un  giardino  ;  d'estate  è  sferzato  dal  sole  e  tutto  arido  e  a  cre- 
pacci. L' Abissinia,  come  elevata,  ha  calori  moderati,  ma  i  paduli  la  infestano.  Nei  de- 
serti il  caldo  giunge  fin  a  44*^  di  R.  Venti  pericolosissimi  sono  il  siraum  del  deserto,  il 


96  GEOGRAFIA  —  EPOCA   PRIMA 

kamsin  d'Egitto,  il  samiel  d'Arabia,  l'hermaton  del  Benin,  il  tornados  di  Guinea.  Per 
nove  mesi  il  vento  spira  da  nord  a  nordovest;  sicché  le  colline  di  sabbia  si  avan- 
zano 5  0  4  metri  ogn'anno,  mentre  nel  vero  deserto  non  rimangono  che  ciottoli  escheg- 
gie;  e  selve  di  palme,  fontane,  villaggi,  palazzi,  piramidi  vengono  sepolti. 

^18.  —  Geografia  fisica  dell'America. 

Non  v'è  argomento  a  persuadere  che  I'America  siasi  formata  dopo  le  altre  parti  del 
mondo  (i).  È  bagnata  dall'oceano  Artico  al  nord,  dall'Atlantico  all'est,  dall'Antartico 
al  sud,  dal  Pacifico  all'ovest,  e  distinta  in  settentrionale  e  meridionale,  congiunte  per 
l'istmo  di  Panama.  La  settentrionale  posta  fra  illO"  e  il  75"  di  lai.  boreale,  e  fra  il  60" 
e  il  170"  di  long,  occidentale  lira  15Ó0  leghe  dallo  stretto  di  Barrow  a  Rio  Verde,  e  200 
da  Rio  Verde  alla  punta  Burica,  su  H50  di  larghezza  sotto  il  53"  parallelo  boreale,  dal 
capo  San  Carlo  all'arcipelago  di  Pitt:  la  meridionale  è  lunga  altrettanto  in  figura  di 
trapezio  fra  il  10"  di  lat.  boreale  e  il  35°  d'australe,  e  fra  il  57^^  e  l'SS"  di  longitudine 
occidentale. 
Monti  Una  spina  di  monti  continua  dallo  stretto  di  Behring  a  quello  di  Magellano  lungo 
l'oceano  Pacifico,  coi  nomi  di  montagne  Rocciose  nell'America  settentrionale,  e  delle  Atide 
nella  meridionale:  sulle  coste  dell'Atlantico  elevansi  i  monti  Allegani;  nell'America 
meridionale  le  cime  della  Gujaua  e  del  Brasile. 

Le  montagne  equatoriali  d'America  abbondano  di  ricche  miniere.  Nelle  Ande  sono  le 
montagne  più  alte  del  globo  dopo  l'Imalaya.  La  gran  Cordiliera,  che  forma  la  spina  di 
tutto  l'emisfero  occidentale,  si  estende  7tJ00  miglia:  ma  possono  considerarsi  come  di- 
stinte le  Ande  del  sud  e  la  Cordiliera  del  nord  per  mezzo  della  bassura  dell'istmo  di 
Tebuantepetl  o  di  Panama. 
Piani  Fra  le  Rocciose  e  gli  Allegani  ergesr  il  più  vasto  acrocoro  del  mondo,  traversato  dai 
gran  fiumi  del  Mìssuri  e  del  Mississipi  :  l'altro  del  Brasile,  solcato  dalla  Sierra  dos  Ver- 
tentes,  uguaglia  in  estensione,  se  non  in  altezza,  quelli  dell'Asia  centrale.  Almeno  260 
mila  leghe  quadrate  è  il  caldo  e  umido  piano  delle  Amazoni,  e  i35  mila  quello  del  Rio 
della  Piata.  Le  valli  abitabili  sono  a  tale  elevazione,  che  scemano  l'altezza  relativa  delle 
montagne.  (1  piano  di  Quito,  base  delle  Cordiliere,  è  più  alto  de' Pirenei;  e  le  eccelse 
montagne  stanno  coronate  d'eterne  nevi  anche  sotto  alla  Linea. 

Il  bellissimo  monte  Cayambè  presso  Quito  è  notevole  perchè  l'equatore  passa  pel  suo 
vertice.  Il  Cimborazo  è  alto  6722  metri  ;  ma  la  vetta  più  sublime  è  il  picco  Nevado  di 
Sorata  a  metri  7897.  Il  Cotopaxi  è  il  vulcano  più  alto  del  globo,  dopo  l'Antisana,  supe- 
rando il  900  metri  quel  di  Teueriffa;  e  nell'eruzione  del  1718  le  sue  fiamme  sorsero  a 
più  di  800  metri  sopra  il  cratere. 

Il  più  faticoso  passo  delle  Cordiliere  è  fra  la  città  d'ibaga  e  di  Cartago,  di  dieci  giorni 
di  marcia  fra  deserte  foreste,  per  un  calle  largo  4  o  5  decimetri  e  3500  metri  sopra  il 
mare.  Da  Bogota  a  Popayan  voglionsi  ventidue  giorni  a  percorrere  76  chilometri.  Vi  è 
ammirato,  nella  valle  d'icononzo,  l'arco  naturale  di  metri  12  e  1/2  d'apertura  sovra  un 
torrente  a  98  metri  di  profondità. 

L'immensa  caverna  di  Mammouth  presso  l'Ohio,  che  ancora  non  s'è  potuta  percor- 
rere tutta,  e  ch'è  piena  di  scheletri,  dà  una  quantità  di  nitro.  Presso  Drurango  trovasi 
un  masso  di  ferro,  che  peserà  1900  miriagrammi,  e  forse  è  un  areolito. 

1  llanos  si  valutano  10  milioni  di  chilom.  q.  ;  e  nella  stagion  delle  pioggie  divengono 
un  lago  ;  dipoi  verdeggiano  sempre,  se  pure,  come  in  quei  di  Caracas,  il  sole  non  le 
brucia.  Negli  Siati  Uniti  si  distendono  molte  savane,  coperte  d'erba  altissima,  fin  a 
centinaja  di  miglia,  senza  una  ondulazione  di  terreno. 
Fiumi  In  America  scorrono  i  maggiori  fiumi;  quali  il  San  Lorenzo,  che  traversa  la  serie  di 
laghi,  detti  mare  del  Canada;  il  Mississipi,  che  riceve  il  Missuri  e  l'Ohio  e  il  Rio  Ros- 
so, l'Orenoco,  che  per  un  braccio  raggiunge  il  Rio  delle  Amazoni.  Questo  è  il  fiume 
più  grosso  del  mondo,  avendo  5400  chilometri  di  corso,  e  allo  sbocco  una  larghezza 
di  288;  la  media  profondità  di  325  metri,  e  in  alcuni  luoghi  non  vi  si  trova  fondo: 

(\)  Le  ragioni  sono  in  Hlmdoldt,  Yuc$  des  Cordillcres. 


CEOfìnAFlA   FISICA   DEI.L'AMKRir.A  97 

respinge  a  iZo  chilometri  l'acque  dell'Oceano;  onde  la  marca  alta  è  formidabile,  for- 
mandosi montagne  d'acqua  enormi,  che  in  pochi  istanti  percorrono  OriO  chilometri 
fpororoca).  La  corrente  che  l'Orenoco  forma  tra  la  costa  e  la  Trinità  è  così  rapida,  che 
1  vascelli  a  piene  vele  non  possono  vincerla.  Il  fiume  Nero,  tra  l'Orenoco  e  il  Cassi- 
chiaro,  è  tinto  da  una  soluzione  di  carburo  d'idrogene  e  dalle  piante  circostanti:  tal- 
ché non  ha  pesci  nò  cocodrilli,  |)ochi  moscerini  e  gninde  freschezza. 

Alla  famosa  cascata  di  Tequendama  presso  Santa  Fé,  il  fiume  è  largo  H  metri  e  prò-  CaieiaiiR 
fondo  175,  ed  è  posta  2467  metri  sopra  l'Oceano.  La  cateratta  del  Nlagara  è  larga 
G40  metri,  alta  45;  e  le  roccie  che  la  formano,  crollano  di  tempo  in  tempo,  per  modo 
che  è  già  indietreggiata  di  molti  chilometri.  Le  cateratte  più  belle  del  mondo  credonsi 
quelle  del  Missuri,  traverso  a  enormi  prismi  basaltici,  ben  più  vasti  che  quei  d'Irlanda 
e  di  Scozia.  Questi  fiumi  sboccano  nell'Atlantico;  nell'oceano  Artico  mette  il  Maken- 
zie;  nel  mare  d'Hudson  il  Curchill  e  il  Nelson;   nel  Pacifico  l'Oregon  o  Colombia, 

1  fiumi  lasciano  una  quantità  d'immensi  laghi  nell'America  settentrionale,  scorrendo  laghi 
da  nord-ovest  a  sud-est,  mentre  nella  meridionale  non  formano  che  temporarie  paludi. 
Pure  fra  i  laghi  il  più  memorabile  è  il  Titicaca  o  Chucuito  nel  Perù ,  alto  più  del 
picco  di  Teneri.fTa,  e  cinto  dalle  montagne  più  eccelse  del  nuovo  continente.  De' mol- 
tissimi laghi  dell'America  settentrionale,  quello  dello  Schiavo,  largo  1G0  sopra  4iO  chi- 
lometri, è  coperto  di  ghiaccio  sei  mesi  dell'anno.  Nel  lago  Superiore,  nell'Huron,  nel 
Michigan  le  tempeste  sono  fiere.  Il  Maracaybu  è  coperto  di  vapori  bituminosi,  che  tal- 
volta divampano. 

Seni  e  golfi  e  mediterranei  molti  ha  l'America,  fra  cui  i  primarj  sono,  sulla  costa Mediter- 
oecidentale,  il  mare  di  Behring  e  il  golfo  di  California;  sull'orientale,  il  mare  di  Baffin    ''^"c' 
e  la  baja  d'Hudson  ;  il   mediterraneo  Colombiano,  formato  dal  golfo  del  Messico  e  dal 
mar  delle  Anlilie;  e  il  Canadiano,  cioè  il  golfo  di  San  Lorenzo. 

Poco  largo,  molto  allungato  verso  i  poli,  cinto  dall'oceano,  la  cui  superficie  è  domi- Clima 
nata  dai  venti  alisei,  esposto  a  correnti  d'acque  violente,  con  montagne  elevatissime  e 
d'eterna  neve,  con  deserti  sabbiosi  e  foreste  impenetrabili,  il  continente  americano 
nelle  parti  basse  ha  un  clima  ben  più  fresco  e  umido  che  l'Africa  sotto  il  medesimo 
parallelo;  ciò  che  produce  una  vegetazione  ricca  e  succulenta.  In  generale  la  tempe- 
ratura è  10  gradi  più  bassa  che  nel  nostro  emisfero  ad  egual  latitudine.  La  grande  * 
elevazione  rende  temperate  le  pianure  del  Messico  e  del  Perù,  benché  sotto  la  zona 
torrida.  Potosi  è  la  città  più  alta  del  globo,  sorgendo  a  4166  metri  sopra  il  mare,  cioè 
quasi  il  doppio  dell'ospizio  del  Gran  Sanbernardo.  Mite  è  la  temperie  delle  Floride, 
eterna  la  primavera  a  Quito,  delizioso  il  clima  della  California  e  a  P»io  Janeiro. 

Da  novembre  a  maggio,  pioggie  periodiche  cadono  nelle  vaste  pianure  fra  le  Ande  e 
l'Atlantico;  ma  non  nelle  ristrette  fra  le  Ande  e  il  Grand'oceano.  Verso  il  polo  la  neb- 
bia è  cosi  densa,  da  toglier  affatto  il  vedere:  sulle  montagne  invece  l'aria  è  tanto  tras- 
parente, che  Humboldt  assicura  avere,  nella  provincia  di  Quito,  distinto  a  occhio 
nudo  il  mantel  bianco  d'un  viaggiatore  a  cavallo,  alla  distanza  orizzontale  di  30  chi- 
lometri. 

In  giugno,  luglio,  agosto  gran  neve  cade  sulle  Ande,  e  mettonsi  con  forza  venti  ge- 
lati di  sud.  Il  pamparos,  vento  d'ovest,  irrigidisce  spesso  l'aria  a  Montevideo.  Nel  Chili 
da  settembre  a  dicembre  è  primavera,  e  tutto  l'anno  un  clima  dolce  e  salubre.  Venti 
e  pioggie  lavano  spessissimo  la  Patagonia.  La  Gujana  è  insalubre;  ma  meno  di  quel  che 
si  dica.  Nelle  Antilie  non  vi  sono  che  la  stagione  secca  da  ottobre  ad  aprile,  e  la  pio- 
vosa in  cui  tuona  e  diluvia,  e  i  fiumi  dilagano.  Nella  Nuova  Bretagna  il  freddo  è 
rigido  ;  così  al  Canada,  ove  piove  moltissimo. 

§  19.  —  Geografia  fisica  dell'Oceania. 

L'Oceania  comprende  tutte  le  terre  sorgenti  da  quell'immenso  mare  delle  Indie,  che 
copre  più  di  mezzo  il  globo  nostro;  e  stendonsi  dall'  estremità  nord-ovest  dell'isola  di 
Sumatra  verso  il  S"  di  latitudine  nord  e  il  93"  51'  di  longitudine  orientale  fino  al  105" 
ad  occidente  delle  coste  d'America  ;  e  in  altezza,  dalle  isole  del  Vescovo  e  San  Clerc 
in  55"  di  latitudine  meridionale,  fin  al  10°  al  sud  delle  isole  Aleutine,  poste  verso  il  40° 
Cantù,  Documenti.  —  Tomo  1,  Geografìa  politica.  7 


98  GEOGRAFIA   —  EPOCA   PRIMA 

di  latitudine  boreale,  e  appartenenti  all'America.  Larghezza  di  2375  leghe,  e  lunghezza 
di  4650;  superficie  500,850  leghe  quadrate. 

Lo  stretto  di  Malacca,  fra  la  penìsola  di  questo  nomee  l'isola  di  Sumatra,  e  lo  stretto 
delle  isole  Baschi  o  Babujane  tra  le  Filippine  e  Formosa,  separano  l'Oceania  dall'Asia. 
Dall'isola  di  Sala  che  lo  termina  all'est  verso  il  107"  di  longitudine  occidentale,  vi  sono 
600  leghe  marittime  ad  arrivare  al  continente  americano, 

Dumont  d'Urville  divise  l'Oceania  in  quattro  grandi  spartimenti,  non  tanto  secondo 
le  distinzioni  fìsiche  del  paese,  quanto  secondo  il  carattere  degli  abitanti,  il  color  della 
pelle,  ecc.;  divisione  etnografica  insomma  piuttosto  che  geografica. 

a.  11  primo  racchiude  le  ricche  ed  am|)ie  regioni  dette  arcipelago  d'Asia,  o  anche 
Malesia  dalla  principale  nazione  che  lo  occupa;  e  comprende  le  isole  della  Sonda,  Cla- 
va, Sumatra,  horneo,  le  Celebi,  le  Molucche  e  l'arcipelago  delle  Filippine. 

6.  Nella  seconda  divisione,  detta  Melanesia^  verso  mezzodì,  trovasi  l'Australia  o 
Nuova  Olanda,  continente  vasto  quanto  l'Europa,  e  su  cui  sono  sparse  le  tribù  di  razza 
negra,  che  s'incontrano  nell'isola  di  Van  Diemen,  nella  Nuova  Guinea,  e  in  tutte  le 
terre  verso  oriente,  come  la  Nuova  Islanda,  la  nuova  Bretagna,  le  isole  Salomone, 
le  Nuove  Ebridi,  sino  alle  Fidgi  verso  il  i80'  di  longitudine  orientale. 

e.  1  numerosi  arcipelaghi  clella  Polinesia  verso  levante  sorgono  di  mezzo  al  mar 
Pacifico,  popolati  da  una  razza  che  si  estese  dalla  Nuova  Zelanda  al  sud  fino  alle  isole 
Sandwich  al  nord;  e  fra  questi  due  punti  estremi  occupa  da  occidente  in  oriente  l'ar- 
cipelago dì  Tonga  ,  le  ridenti  ìsole  dì  Taiti ,  1'  arcipelago  scoperto  dallo  spagnuolo 
Mendana,  quello  di  Po-Moutou  e  l'isola  di  Pasqua. 

d.  Nell'emisfero  meridionale,  sin  verso  il  40"  parallelo,  stendesì  una  catena  d'iso- 
lette  formanti  la  Micronesia,  dal  126"  dì  longitudine  orientale  al  167'  di  longitudine 
occidentale.  Le  principali  sono  quelle  di  King's  Mìll ,  le  Marianne,  le  Caroline,  le 
Pelew,  ecc.,  con  una  popolazione  varìatìssìma  di  lingua,  d'usi,  dì  governo,  di 
civiltà. 

Le  infinite  isole  della  Polinesia,  la  cui  superficie  somma  appena  quanto  la  Sardegna, 
la  Corsica  e  la  Sicilia  unite,  dìlTuse  sopra  una  superficie  marittima  di  23,330,000  mi- 
glia quadrate,  cioè  1/7  dell'area  totale  del  globo,  non  hanno  alture  notevoli,  eccetto 
che  negli  arcipelaghi  d'iiawai  e  di  Tahiti. 

Moltissimi  sono  i  vulcani  :  il  Tomboro  a  Sumatra,  più  terribile  di  tutti,  dal  5  al 
7  aprile  1816  lanciò  una  quantità  incredibile  di  cenere,  e  fino  alla  distanza  di  1200  chi- 
lometri, e  distrusse  la  vicina  città  di  dodicimila  abitanti. 

Questi  arcipelaghi  non  offrono  alcuna  uniformità  di  aspetto.  Alcune  isole  le  più 
grandi  del  globo,  sono  granìtiche,  sollevate  forse  nelle  prime  giornate  del  mondo;  altre 
son  masse  calcari  di  data  più  recente  ;  e  alcune  a  fior  d'acqua  sì  formano  ora  per  opera 
di  milioni  d'animali  microscopici  ;  alcune  non  sono  che  ammassi  di  pesci ,  di  con- 
chìglie, d'altri  animali  acquatici. 
Clima  Accanto  a  valli  saluberrime,  rinfrescate  dalla  brezza,  ombreggiate  dal  benzoino,  dal 
betel,  dal  sandalo,  dall'albero  del  pane,  dall'arancio,  in  cui  s'annida  l'uccello  di  para- 
diso, fra  monti  che  nel  seno  covano  l'oro  e  il  diamante,  e  al  cui  piede  si  raccolgono 
le  perle,  trovansi  pianure  omicide,  con  piante  velenosissime,  e  pesci  la  cui  carne 
reca  la  morte. 

Il  cielo  più  puro  s'inazzurra  sopra  le  isole  dell'  oceano  Pacifico,  con  perpetua  prima- 
vera, non  turbata  da  uragani.  Nell'Australia  la  costa  meridionale  è  arsa  dal  sole;  fa 
inverno  da  giugno  ad  agosto  ;  segue  la  primavera,  poi  l'estate  in  dicembre.  Le  rugiade 
somigliano  a  pioggia;  e  le  pioggie  abbondano  in  autunno.  Alle  Molucche,  isole  vulca- 
niche, il  calore  sarebbe  insopportabile  senza  le  molte  pioggie;  e  così  alle  Celebi,  spesso 
scosse  da  tremuotì.  Trombe  e  sifoni  imperversano  non  di  rado  nell'Oceano,  che  talvolta 
mostrasi  color  di  fuoco,  talaltra  di  latte  0  di  sangue;  e  magnifici  vi  sono  gli  effetti 
della  fosforescenza. 


EPOCA    H 


DALLA   DISPERSIONE   DEI' POPOLI   FINO   AL   77G   av.    C. 


I  primi  paesi  che  ci  presenta  la  storia,  sono  V Assiria,  Vlnclia,  V Arabia,  VEgUto,  la 
ralestina,  la  Cina,  la  Grecia.  Della  Cina  favelleremo  alla  IV  Epoca  quando  vi  compare 
Confucio:  dell'Arabia,  al  venire  di  Maometto. 


§  1.   —  Assiria. 

La  civiltà  del  genere  umano  si  mostra  primamente  ne' paesi  fra  il  Ponto  Eusino,  il 
Caucaso,  il  mar  Caspio  al  nord,  l'Arabia  e  il  golfo  Persico  al  sud. 

Mancano  documenti  per  descrivere  lo  stato  de'  primi  regni  che  si  succedettero  nei 
paesi  bagnati  dall'Arasse,  da!  Tigri  e  dall'Eufrate.  Qualcosa  ci  è  raccontato  della  Caldea 
e  dell'/tssnva. 

La  Caldea  abbracciava  il  paese  in  riva  al  Tigri  e  all'Eufrate,  detto  poi  Babilonia 
e  Mesopotamia,  e  dominato  da  Nemrod,  al  quale  s'attribuisce  la  fondazione  di  Babilo- 
nia. Tutto  è  mistero  su  questo  popolo,  anzi  si  disputa  se  popolo  fosse  o  non  piuttosto 
una  Casta  che  divenne  dominatrice. 

L'Assiria,  ove  Nino  fondò  o  crebbe  Ninive,  conservò  il  primato,  mentre  Babilonia, 
caduta  in  potere  degli  Arabi,  stentò  a  rifarsi.  I  re  di  Ninive  la  liberarono  dai  re  Pastori 
0  Icsos,  indi  osteggiarono  prosperamente  VArmeìiia  o  paese  dell' Ararat,  la  Battriana, 
la  Media,  ecc.  Il  più  illustre  fra  essi  fu  Belo,  deificato  ;  indi  Semiramide  dominò  a 
Babilonia,  mentre  Nino  suo  sposo  regnava  a  Ninive  :  essa  stendeva  l'impero  fin  di  là 
dall'Armenia,  traverso  l'Egitto,  l'Asia  Minore  e  nell'Alta  Asia,  ove  die  di  cozzo  ne' Saci 
0  Sciti.  Semiramide  allora  si  volge  a  sottomettere  l'Armenia  e  quasi  tutta  l'Asia  cono- 
sciuta. Con  Ninin  suo  figlio  comincia  la  decadenza  dell'  impero  assiro,  che  perduta  l'E- 
tiopia, l'Egitto,  la  Fenicia,  la' Siria,  lìnisce  a  Sardanapalo  (759?j. 

Sei  province  formavano  l'impero  assiro:  al  nord  V Armenia;  poco  sotto  la  Media,  che 
lambe  l'Assiria  e  corre  fin  alla  Persia;  al  sud  dell'Armenia  V Assiria;  al  sud  di  questa 
la  Babihnia;  all'ovest  dell'Armenia  la  Mesopotamia;  in  fine  la  BaUriana  all'est  del  de- 
serto medico. 

'].  La  Babilonia  0  Caldea  confianva  al  nord  coll'Assiria  e  la  Mesopotamia  ;  all'ovest 
coll'Arabia;  al  sud  ancora  coH'Arabia  e  col  golfo  Persico-,  all'est  colla  Susiana.  Capi- 
tale n'era  Babilonia  sull'Eufrate  che  la  traversava  da  nord  a  sud.  Le  sue  mura  erano 
alte  92  metri,  grosse  23,  e  del  giro  di  i5  miglia  in  un  gran  quadrato;  e  meraviglie  si 
contano  dei  giardini  pensili,  de'  ponti,  degli  argini,  sopratutto  della' torre,  vasto  edi- 
lizio di  otto  torri  una  sopra  l'altra,  decrescenti;  tempio  di  Belo  e  osservatorio.  Era  fab- 
bricata a  mattoni,  e  una  via  sotterranea  traversava  da  una  parte  all'altra  del  fiume.  Ora 
ne  cercano  le  rovine  a  Cil-Minar. 

2.  L'Assiria  aveva  al  nord  l'Armenia,  all'ovest  la  Mesopotamia,  al  sud  la  Caldea, 
all'est  la  Media.  Capitale  n'  era  Ninive,  sul  Tigri,  non  inferiore  di  grandezza  e  lusso  a 
Babilonia.  Giona  le  dà  il  giro  di  tre  giornate:  altri  una  mura  lunga  30  miglia,  alta 
29  metri,  larga  tanto  da  corrervi  sopra  tre  carri  di  fronte,  con  mille  cinquecento  torri, 
alte  ciascuna  58  metri. 

3.  ]j' Armenia  confinava  al  nord  coi  paesi  del  Caucaso;  all'est  colla  Media;  al  sud 
colla  stessa,  e  coll'Assiria  e  Mesopotamia;  all'ovest  coi  monti  TeeCie  e  Scidisse.  Resistè 
lungamente  all'armi  assire,  finché  Semiramide  la  domò,  ed  in  riva  al  lago  Arsissa  fab- 


400  CnOCRAFU   —  EPOCA    SECONDA 

bricò  Semiramocerta,  suo  riposo  estivo.  Le  solide  mura  non  poterono  esser  distrutte  da 
migliaja  d'anni. 

-i.  La  Mesopotamia  o  paese  in  mezzo  ai  fiumi,  così  detta  dall'esser  posta  fra  il  Tigri 
e  l'Eufrate,  incliti  fiumi,  aveva  al  nord  l'Armenia  e  il  Tauro;  all'est  l'Armenia  e  l'Assi- 
ria; al  sud  la  Siria;  all'ovest  il  mar  Inferiore.  Tr,  patria  di  Abramo,  sorgeva  forse  ove 
poi_Antiocbia  indi  Edessa:  altri  la  collocano  presso  Assw. 

5.  La  Media,  paese  assai  dilatato  da  nord  a  sud,  ha  all'occidente  l'Armenia  e  l'Assi- 
ria; al  sud  la  Susiana  e  la  Persia;  all'est  grandi  deserti  e  il  mar  Caspio  ;  al  nord  i  paesi 
caucasei.  Dejocete,  verso  il  700,  aveva  circondato  di  settemplice  mura  Ecbatana,  fab- 
bricata ad  anfiteatro  in  collina  presso  il  monte  Oronte.  Astiage  Csecondo  Erodoto}  fu 
l'ultimo  signore  distinto  della  Media  (560). 

6.  La  Battriana,  arricchita  dal  commercio  dell'India  che  vi  passava,  confinava  al 
nord  colla  Sogdiana;  all'ovest  colla  Margiana  e  il  paese  dei  Parti;  al  sud  col  Caucaso 
indiano  o  monte  Paropamiso  ;  all'est  colle  montagne  dell'Indo.  Bailra,  capitale  sull'0\o, 
era  forte  di  mura,  che  arrestarono  lungo  tempo  Nino.  Le  tradizioni  orientali  la  chia- 
mano Omm  el-Biddan,  madre  delle  città,  quasi  sia  la  più  antica  del  mondo. 

Altre  città  vi  fabbricò  Sardanapalo,  che  in  un  giorno  ne  fece  piantar  due,  dove  poi 
si  disse  la  Cilicia,  cioè  Tarso  e  Anchiale. 

11  medo  Arbace,  arrivato  al  trono,  restrinse  tutta  l'attenzione  alla  Media;  onde  nelle 
altre  provincie  varj  governatori  si  resero  indipendenti.  I  re  di  Ninive  tentarono  poi  riu- 
nirli, e  portarono  le  armi  sin  in  riva  al  .Mediterraneo.  Nalìucodonosor  li ,  signore  degli 
imperi  di  Ninive  e  di  Babilonia,  doma  la  Giudea,  prende  Tiro  dopo  undici  anni  d'as- 
sedio, sottopone  l'Egitto. 

Dallo  smembrarsi  del  primo  impero  assiro  tre  regni  principali  si  formano,  d'Assiria, 
di  Babilonia ,  di  Media.  Gli  ultimi  due  collegatisi  contro  il  primo,  l'annichilaro- 
no; Ninive  fu  distrutta;  ma  Tacito  parla  dell'uri?;  Xinos,  vetustissima  sedes  Assijrice 
come  ancora  sussistente  a'suoi  tempi.  Credesi  riscontrarne  le  rovine  ad  oriente  del  Ti- 
gri ,  in  faccia  a  Mossul.  Secondo  Mannert,  sarebbe  diversa  la  Ninive  della  Scrittura  , 
posta  al  mezzodì  della  .Mesopotamia,  poco  discosto  da  Babilonia.  Ora  se  ne  fa  un  gran 
parlare  delle  mine  trovatene  a  Khorsabad  ;  ma  nulla  se  ne  può  dire  con  sicurezza.  La 
Media  si  stese  conquistando  nell'Asia  superiore;  e  alla  Babilonia  formarono  confine  le 
coste  orientali  del  Mediterraneo,  il  Tigri  e  la  Susiana.  A  Carchemis  sulla  sinistra  del- 
l'Eufrate (Circesium),  Nabucodònosor  battè  Necao  11  re  degli  Egiziani  (602?). 

Gli  storici  classici  per  lo  più  sotto  il  nome  d'Assiria  abbracciano  la  Babilonia^  la  Me- 
sopotamia,  VAluria  e  VAgiabene,  e  talvolta  l'estendono  fin  a  tutta  V Asia  Minore;  più 
spesso  confondono  Assiria  e  Siria. 

Nel  Tigri  si  gettano  il  Lycus  o  Zabatus  (Zab  maggiore),  che  Senofonte  passò  coi  Die- 
cimila presso  al  conduenle;  e  il  Caprus  (Zab  minore),  che  parimente  dovette  varcare 
Senofonte,  sebbcn  noi  ricordi.  Nascono  nei  monti  Zagro,  e  traversano  il  Curdistan. 


g  2.   —  India, 

Questo  nome,  dal  fiume  Indo,  applicarono  gli  stranieri  al  vastissimo  paese  che  siede 
dietro  le  più  alte  montagne  del  globo,  dette  Imahnja  cioè  nevose.  Le  cognizioni  degli 
antichi  arrestaronsi  al  gran  deserto  di  sabbia  che  stendesi  fra  l'Indo  e  il  Paddair.  È 
l'India  una  vasta  penisola  formata  dal  sistema  indostanico  dei  monti  d'Asia,  curvantisi 
in  angolo:  al  nord  la  catena  poco  elevata  dei  Vindia  corre  da  occidente  in  Oriente;  i 
Gati  occidentali,  alti  in  molti  luoghi  più  di  2924  metri,  coprono  la  costa  all'ovest  sin 
al  capo  Comorin;  i  Gati  orientali  staccansi  dai  precedenti  al  sud  di  Misore  e  rimon- 
tano verso  r  estremità  orientale  de'  monti  Vindia,  seguendo  la  costa  di  levante,  alla 
distanza  media  di  100  miglia.  L'ampia  valle  del  Gange,  il  quale  scende  dall'Imalaya, 
e  i  deserti  ad  oriente  dell'Indo  e  al  sud  del  Gharra  (IfasiJ  suo  influente,  la  separano 
dal  sistema  imalayo,  ove  trovansi  i  monti  più  elevati,  giacché  una  cima  di  essi  su- 
pera di  3476  metri  l'altezza  del  iMonbianco. 

Tult'insieme  è  più  vasta  che  la  nostra  Europa  cominciando  dai  confini  settenlrio 
nali  verso  la  Bukaria  sino  al  |)romontorio  in  cui  finisce  al  sud,  e  all'isola  di  Seilan, 


l.NDl\  —  EGITTO  lui 

alla  quale  |)arc  doversi  aUiibiiirc  l'anlieo  nomo  ili  Taprobam,  cioè  luogo  ove  nasce 
il  sole. 

Terra  originaria  della  nazione  considerano  la  settentrionale  e  la  media,  comprese  IVa 
i'imalaya  e  i  monti  Vindia.  LV/n/o  e  il  (lange,  due  de'  maggiori  fiumi  del  mondo,  ne 
formano  il' vanto,  e  vi  otlencano  venerazione  divina.  Il  primo  corre  da  oriente  in  occi- 
dente, poi  da  nord  a  sud,  l'altro  da  occidente  in  oriente,  parallelo  all'lmalaya  da  cui 
piovono  entrambi.  Famoso  era  pure  il  Dramapulra,  che,  venendo  dal  paese  de'Bor- 
kamti,  si  mesce  col  Gange. 

Il  clima  vi  è  felicissimo,  e  la  terra  vestita  degli  alberi  più  preziosi,  talché  da  imme- 
morabile tempo  i  popoli  occidentali  vi  andarono  a  provedersi  di  droghe.  Di  smgolar 
bellezza  ride  al  nord-ovest  la  valle  di  Cascemir^  Tessaglia  dell'India,  formata  dall' Ima- 
laya,  ove  dividesi  in  due  coi  nomi  di  Paropamiso  e  d'imavo.  Colà  sorge  il  monte  Werù, 
reputato  centro  del  mondo,  e  ne  scorrono  i  quattro  gran  fiumi  Indo,  Gange,  Oxo  (Giìion) 
e  Bramaputra,  sicché  alcuni  lo  credettero  il  paradiso  terrestre. 

I  Greci  conobbero  solo  il  Pendgiab,  cioè  il  paese  seltentrionale  bagnato  da  cinf|ue 
fiumi,  fra  cui  l'Indo;  nò  Alessandro  si  avanzò  oltre  l'idaspe.  Però  di  Sesostri  dicesi  vi 
penetrasse  fin  alle  sponde  del  Gange,  e  passatolo,  non  si  arrestasse  che  all'  oceano 
Orientale.  I  Fenicj  fecero  regolare  commercio  col  paese,  e  navi  arabe  e  persiane  fre- 
quentavano da  antichissimo  V  isola  di  Seilan  ,  abbondante  di  tutte  le  naturali  ric- 
chezze. 

Poiché  la  sua  storia  non  s'è  ancora  potuta  disporre  per  tempi,  noi  non  seguiremo 
le  mutazioni  sue  politiche,  se  non  quando  venga  a  contatto  con  altre  genti  di  stona 
meno  incerta. 

§  3.  —  Egitto. 

Chiamavasi  Chemi  dai  natii,  e  il7«sra«m  dagli  Ebrei  quel  che  i  Greci  nominarono 
yEcjìjpios^  cioè  la  valle  del  Nilo  e  il  Delta  che  esso  forma  presso  alle  foci.  Essa  valle 
non  è  larga  più  che  da  5  in  15  miglia,  e  circa  160  alla  base  del  Delta,  e  lunga  circa 
il  triplo.  Deserti  di  sabbia  la  separano  verso  levante  dulia  Siria,  banchi  d'  arena  dal 
mare  a  settentrione,  vasti  deserti  ad  occidente,  e  dal  seno  Arabico  inabitabili  solitudini. 

Kascc  il  Mio  nei  monti  dell'Abissinia;  e  dalla  Nubia,  come  chiamano  il  deserto  su- 
periore, trabalzandosi  per  varie  cateratte,  più  famose  di  nome  che  mirabili  di  fatto, 
entra  nell'Egitto,  sempre  correndo  a  settentrione;  presso  Cercasoro  si  divide  in  due 
rami,  che  scendono  al  mare  per  molte  foci.  Le  maggiori  sono  oggi  quelle  di  Rosetta  e 
di  Damielta  o  Damiata  (Tamialliis)  :  anticamente  se  ne  contavano  sette  principali,  che 
erano,  cominciando  da  occidente,  la  Canopica,  o  Eradeotica^  o  A'cucralica,  detta  così 
da  città  vicine,  e  che  oggi  corrisponde  al  profondo  lago  Madieh;  la  IJolbiiina,  corri- 
spondente a  quella  di  Rosetta;  la  Sebmitica  che  shocca  nel  lago  Burlos  ;  la  Fcttmica, 
corrispondente  a  quella  di  Daniietta;  la  Mendesia;  la  Tanitica  e  la  Pelusiaca,  che  oggi 
mettono  nel  lago  Menzaleh.  Esso  fiume  ha  500  chilometri  di  dominio,  contando  gli 
affluenti,  le  cascate  dei  quali  hanno  talora  il  salto  fin  di  90  metri,  mentre  le  celebri 
del  Nilo  non  eccedono  i  5. 

L'Egitto  appartiene  alla  zona  temperata,  ma  la  vicinanza  del  tropico  settentrionale 
rende  l'alto  paese  caldissimo  e  quasi  sempre  asciutto:  benché  sìa  falsa  l'opinione  che 
non  piova  mai  neanche  nel  Basso  Egitto,  pure  a  differenza  degli  altri  paesi  tropicali 
non  v'ha  l'alternamento  di  stagione  secca  e  stagione  piovosa;  ma  il  suo  adacquamento 
proviene  dalle  periodiche  alluvioni  del  Nilo.  Generalmente  comincia  questo  a  crescere 
al  giugno;  in  agosto  e  settendtre  inonda  i  piani;  allora  le  acque  prendono  a  scemare, 
finché  uscente  ottobre  rientrano  nel  loro  letto.  Fertile  pertanto  non  è  se  non  la  parte 
irrigua,  cioè  la  valle  del  Nilo  e  il  Delta. 

Savary,  nella  lettera  1-4*  del  voi.  ii,  così  descrive  la  festa  che  si  fa  tuttavia  al  crescer 
del  Nilo: 

«  Il  Nilo  comincia  ogni  anno,  entrante  giugno,  a  crescere  quasi  insensibilmente, 
finché  nel  solstizio  si  fa  sensibile  l'aumento  delle  sue  acque,  che  ingrossano  fin  presso 
al  terminare  d'agosto.  Anticamente  il  nilometro  posto  ad  Elefantina  serviva  ad  indicare 
la  futura  inondazione;  ed  alcuni  segni,  autenticati  dalla  esperienza  di   più  secoli, 


102  GEOGHAFU  —  EPOCA   SECONDA 

annunziavano  di  affrettarsi  ad  avvisare  i  prefetti  delle  provinole,  i  quali  avvertivano  i 
popoli  perchè  pensassero  al  meglio  dell'agricoltura. 

Il  Allorché  gli  Arabi  conquistarono  l'Egitto,  il  nilonietro  era  situato  nel  villaggio  di 
Ilokiàin,  rimpetto  a  Memfì  ;  avendo  però  Ainru  rovesciata  quella  superba  capitale  ed 
ereita  la  citià  di  Fostat ,  i  governatori  dei  califfi  vi  stabilirono  la  loro  residenza,  e  vi 
situarono  pure  il  nilometro.  Alcuni  secoli  appresso  fu  stabilito  il  Mekios,  od  Osserva- 
torio alla  punta  dell'isola  di  Raudah,  ove  fu  pure  situata  la  colonna  indicante  l'eleva- 
zione delle  acque,  che  non  ha  più  cangiato  di  posto.  Oggi  gli  uffiziali  destinati  ad 
osservare  il  crescer^del  Nilo,  ne  avvertono  i  pubblici  banditori,  i  quali  proclamano 
per  le  strade  la  prossima  inondazione. 

«  Il  momento  di  tale  annunzio  è  il  punto  in  cui  nasce  la  maggior  allegrezza,  ed  il 
più  espressivo  brioche  immaginar  si  possa.  Scende  il  bascià  dal  castello,  accompa- 
gnato da  tutta  la  sua  Corte,  e  si  reca  in  gran  pompa  a  Fostat,  dove  comincia  il  canale 
che  attraversa  il  Cairo,  e  dove  egli  prende  posto  sotto  un  magnifico  padiglione,  in  faccia 
alla  diga.  I  bey,  preceduti  da  una  l)anda  di  musicali  strumenti,  e  seguiti  dai  loro  ma- 
melucchi, formano  il  suo  corteggio;  ed  i  ministri  della  religione  compajono  anch'essi 
alla  festa  su  cavalli  riccamente  bardati.  Tulti  gli  abitanti,  chi  a  piede,  chi  a  cavallo,  chi 
in  barca,  concorrono  per  assistere  alla  solennità-,  ed  i  battelli  graziosamente  dipinti,  ed 
ornati  d'un  ombrello,  fanno  allegra  pompa  di  varie  banderuole  a  diversi  colori.  I  na- 
vigli che  servono  alle  donne,  sono  facili  a  conoscersi  per  la  eleganza  e  ricchezza;  gli 
stolli  che  sostengono  l'ombrella,  sogliono  esservi  dorati  ;  vi  s'aggiunge  la  gelosia  per 
decenza.  Un  mirabile  silenzio  tiene  tutti  gli  astanti  immobili  lin  al  momento  in  cui 
il  bascià  dà  il  consueto  segnale:  e  ueiristante  di  questo,  rimbomba  l'aria  di  grida  di 
gioja,  e  strepiti  di  trombe,  di  cembali  e  d'altri  moreschi  strumenti. 

Il  Vedonsi  allora  montar  sulla  diga  diversi  opera]  per  rovesciare  nel  fiume  una  statua 
di  terra,  che  chiamano  la  Sposa,  avanzo  dell'antico  culto  degli  Egiziani,  i  quali  consa- 
cravano una  vergine  al  Nilo.  Poi  si  disfà  la  diga,  eie  acque  non  trovando  più  ostacolo, 
scorrono  libere  verso  il  Gran  Cairo.  11  viceré  getta  nel  canale  delle  monete  d'oro  e 
d'argento,  e  in  tutti  cresce  allora  l'entusiasmo  a  segno,  che  li  diresti  ebri  d'allegrezza. 
Intanto  una  folla  di  danzatrici  mena  tripudio  sul  margine  del  canale,  ed  accresce  il 
brio  e  il  giubilo  negli  spettatori  con  lieti  balli,  che  non  sono  però  i  più  decenti. 

«  Tutto  quello  é  giorno  di  dissipazione  per  ogni  classe  di  persone,  e  fino  i  più  men- 
dichi si  danno  alla  crapula.  Le  notti  seguenti  poi  offrono  uno  spettacolo  ancor  più 
giocondo,  essendoché  il  canale  riempie  d'acqua  le  piazze  della  capitale,  e  vi  richiama 
ogni  sera  il  concorso  delle  barche,  guarnite  di  ricchi  tappeti  e  di  cuscini,  e  tutte  biz- 
zarramente illuminate.  E  si  fa  ordinariamente  il  maggior  concorso  a  Sosebeckiè  el- 
Elzbekieh,  piazza  la  più  grande  della  città,  che  gira  quasi  mezza  lega.  Forma  essa  un 
immenso  Iracino,  circondato  dai  palazzi  del  bey,  che  sono  allora  tutti  con  bellissima 
varietà  illuminati  -,  ed  un  tal  colpo  d'occhio  sorprende  qualunque  Europeo,  il  quale 
non  isperi  altrove  un  sì  imponente  spettacolo. 

«  Cresce  ancora  il  piacere  di  questa  notturna  scena  il  vedere  che  la  calma  dell'aria 
è  poche  volte  turbata  dal  soffio  impetuoso  dei  venti.  Imperocché  essi  si  acquietano  sul 
tramontar  del  sole,  e  quindi  un  leggiero  zefiro  agita,  nel  corso  della  notte,  sì  dolce- 
mente l'atmosfera,  che  invita  i  ricchi  a  diportarsi  sull'acqua,  ed  a  passarla  in  feste  e  in 
tripudio  fino  al  sorgere  del  nuovo  giorno,  nel  quale  poi  cercano  riposo. 

«  Le  escrescenze  del  Nilo  non  sono  però  sempre  eguali,  né  tutto  l'Egitto  gode  quindi 
i  vantaggi  delle  benefiche  sue  inondazioni.  Hanno  queste  colle  loro  torbe  alzato  il  suolo 
in  modo,  che  è  facile  il  trovare  qua  e  là  degli  obelischi  interrati  fino  a  15  e  20  piedi, 
e  dei  portici  per  metà  scpelliti. 

«  Le  città  costruite  sopra  luoghi  elevati  artifizìalmentc,  e  le  dighe  opposte  in  varie 
parti  all'impeto  del  fiume,  ci  fanno  manifesto  che  gli  antichi  Egiziani  temevano  più  le 
grandi  escrescenze,  che  non  le  scarse.  Oggi  che  il  terreno  è  considerabilmente  rialzato, 
rare  volte  l'inondazione  arriva  a  un  punto  da  nuocere  alla  coltura  della  campagna. 

«  Allorché  le  acque  si  elevano  dai  IS  fino  ai  22  cubiti,  si  può  generalmente  contare 
sull'abbondanza  del  ricolto  ;  ma  vi  è  da  temere  fame,  se  non  giunge  o  sorpassa  di  poco 
i  16  cubiti.  La  scarsa  escrescenza  fa  sì  che  i  campi  un  po'  troppo  elevati  rimangono 
senza  produrre;  e  l'eccedente,  facendo  che  le  acque  restino  troppo  a  lungo  sopra  i  ter- 


EGITTO  103 

reni,  iiDpediscc  che  possano  seoiinarsi  a  tempo.  Se  si  scavassero  ilei  canali,  se  si  rista- 
bilissero le  dighe,  ed  una  maggior  industria,  animala  da  più  eque  leggi,  sollecitasse  i 
coltivatori  a  cercare  il  proprio  bene,  una  più  gran  parte  di  quel  bel  paese  godrebbe  i 
vantaggi  del  Nilo,  e  sarebbero  le  sue  raccolte  periodicamente  assai  più  abbondanti  e  più 
felici.  A  ciò  s'ingegna  il  presente  viceré,  quanto  lo  permette  la  forma  del  suo  reg- 
gimento ». 

Al  cominciare  dell'inondazione,  il  ricolto  è  già  fatto  ,  poiché  le  biade  non  maturano 
nei  mesi  estivi,  bensì  in  quelli  d'inverno  e  primavera,  non  facendovi  mai  gelo;  sicché 
in  quella  temperie  di  clima,  ricchissimo  vegeta  il  terriccio  deposto  dal  Nilo.  In  gennajo 
s'allegrano  del  più  bel  verde  le  pianure,  che  all'estate  sono  arse  e  screpolate.  Il  vivo 
calore  però  non  toglie  che  l'aria  vi  sia  sana,  e  tranne  le  oftalmie,  non  v'è  quasi  altra 
malattia  endemica  ;  la  peste  v'  è  portata. 

Savary  dà  l'Egitto  per  un  paradiso  terrestre,  Volney  pel  più  infelice  paese  del  mondo. 
È  il  caso  del  notissimo  adagio  Distingue  tempora,  et  concordabis  jura.  llozière,  membro 
della  spedizione  francese  in  Egitto,  così  ne  parla  : 

«  Oltre  ogni  dire  pittoreschi  sono  i  dintorni  di  Siene  e  delle  cateratte;  ma  il  restante 
Egitto,  specialmente  il  Delta,  è  di  monotonia  tale,  qual  sarebbe  forse  impossibile  incon- 
trare altrove  ...  I  campi  del  Delta  olirono  tre  quadri  diversi  secondo  le  tre  stagioni 
dell'anno  egiziano;  cominciando  dalla  metà  di  primavera,  non  si  mostra  che  una  terra 
bigia  e  polverosa,  cosi  profondamente  screpolata,  che  uno  appena  oserebbe  percorrerla. 
All'equinozio  d'autunno,  ecco  un  immenso  strato  d'acqua  rossa  e  salmastra,  da  cui 
sporgono  palme,  villaggi,  anguste  dighe  per  comunicazioni  :  ritirale  le  acque,  che  i)oco 
tempo  sostengonsi  a  quell'altezza,  sino  al  .fine  della  stagione  più  non  iscorgeresli  che 
un  suolo  nero  e  fangoso.  Nella  vernata,  la  natura  spiega  la  sua  magnificenza  ;  allora  la 
freschezza,  la  forza  della  vegetazione  novella,  l'abbondanza  delle  produzioni  che  rico- 
prono la  terra,  superano  quanto  mai  si  ammira  nei  nostri  paesi  più  vantati.  Durante 
quella  beata  stagione,  l'Egitto  da  un  capo  all'altro  è  una  splendida  prateria,  un  campo 
di  fiori  od  un  oceano  di  spighe;  fertilità  cui  cresce  spicco  il  contrasto  dell'aridità 
assoluta  che  la  circonda;  e  questa  terra  tanto  scaduta,  ancor  giustifica  le  lodi  che  un 
giorno  le  diedero  i  viaggiatori.  Ma  a  malgrado  del  magnifico  spettacolo,  la  monotonia 
ne  scema  l'incanto;  l'animo  per  difetto  di  sensazioni  rinnovate,  prova  un  certo  vuoto; 
e  l'occhio,  prima  rapito,  presto  si  smarrisce  ìnditTerente  su  quelle  pianure  sterminate, 
le  quali  da  tutti  i  lati,  quanto  l'occhio  arriva,  presentano  sempre  e  poi  sempre  i  mede- 
simi oggetti,  le  tinte  slesse,  gli  slessi  accidenti. 

«  Tutto  concorre  ad  accrescere  un  simile  effetlo.  Il  cielo,  non  m»no  della  terra  uni- 
forme, non  offre  che  una  vòlta  cosiantemenle  pura,  durante  tutto  il  giorno  piuttosto 
bianca  che  azzurrina;  l'atmosfera  è  inondata  d'una  luce  che  l'occhio  appena  vale  a 
sostenere;  ed  un  sole  scintillante,  di  cui  nulla  tempera  il  calore,  arde  quant'è  lungo 
il  dì,  quell'immensa  pianura  quasi  scoperta;  essendo  carattere  dei  siti  egiziani  l'esser 
nudi  d'ombre  senz'essere  nudi  d'alberi. 

«  Tuttavia  qual  è,  l'Egitto  ancor  piace  agli  stranieri,  e  bea  gli  abitatori,  possedendo 
ciò  che  gli  uomini  più  pregiano,  suolo  ubertoso  e  bel  cielo.  Sotto  quel  clima  felice, 
dove  l'acqua  non  gela  mai,  ignota  è  la  neve,  gli  alberi  non  lasciano  le  foglie  che  per 
produrne  di  nuove,  la  vegetazione  non  rimane  mai  sospesa  ;  e  l'agricoltore,  colmi  i  suoi 
voli,  non  conterebbe  che  una  stagione  perpetuamente  produttiva,  se  le  circostanze  del 
traripamento  del  Nilo  non  limitassero  la  coltura  ad  una  parte  dell'anno.  Quindi,  allor- 
ché le  opere  degli  uomini  suppliscono  alle  inondazioni,  la  terra  può  in  un  anno  dare 
due  0  tre  ricolli  ... 

«  Il  Said  sfoggia  una  coltura  ancor  più  ricca  del  Basso  Egitto.  Quivi  immense  messi 
dorale  di  grano,  d'orzo,  di  mais;  campi  di  fave  fiorite  a  tiro  d'occhio;  verdeggianti 
pianure  di  trifoglio  e  di  lupini;  quivi  campi  di  lino  e  di  sesamo,  che  somministrano 
l'olio  al  paese;  il  kennà,  onde  da  tempo  immemorabile  le  donne  tingonsi  di  rosso  le 
unghie  ;  l'indaco,  il  cotone  erbaceo,  quei  cespi  di  tabacco,  quelle  zucche  rampicanti 
che  coi  verdi  loro  frutti  coprono  le  piagge  arenose.  Se  ha  meno  risaje  di  quel  che  com- 
portino terreni  bassi  e  sommersi,  maturanvi  perfettamente  le  selve  di  canne  da  zuc- 
chero; meglio  vi  fa  il  cotone:  havvi  di  più  il  cartamo,  il  cui  fiore  rosso  e  prezioso 
raccogliesi  con  cure  tutte  particolari:  il  bamia,  che  dà  un  frutto  verde  e  viscoso;  so- 


l 


ÌO'i  GEOGRAFIA  —  EPOCA  SECONDA 

pratutlo  il  durra,  o  sorgo  clic  vogliam  dirlo,  dalle  lunghe  foglie  arcuate,  dagli  elevati 
fusti,  che  popolano  le  altre  terre  della  Tehaide,  e  nelle  lunghe  loro  pannocchie  portano 
il  cibo  principale  del  paese. 

(I  11  Kayoun  ha  campi  di  rose,  che  somministrano  l'essenza  più  soave.  Quivi  il  loto 
dagli  antichi  riverito,  e  che  nel  Said  più  non  si  trova,  lascia  sulla  superficie  delle  acque, 
durante  l'inondazione,  sbocciare  quei  brillanti  fiori  rosei,  o  bianchi  o  cilestrini,  tanto 
comuni  nei  canali  e  nei  terreni  inondati  del  Basso  Egitto,  il  nopal  o  fico  indiano  spi- 
noso, colle  foglie  d'un  verde  fosco,  grosse  più  dita,  forma  siepi  somiglianti  ad  alte  mu- 
raglie: vi  si  vede  l'olivo  che  dal  rimanente  Egitto  disparve;  la  vite  ed  il  salice  quasi 
altrettanto  rari. 

'I  Nella  Tebaide  colpisce  particolarmente  la  vista  la  palmadum,  albero  di  singolare 
aspetto:  il  fusto,  alto  da  iO  in  12  piedi,  biforcasi  costantemente,  al  pari  de' suoi  rami, 
pochi. di  numero,  corti  ed  inflessibili,  che  portano  all'estremità  pinocchi  assai  grossi, 
duri,  legnosi,  di  forma  irregolare,  del  colore  e  del  gusto  del  panpepato,  con  larghi 
fascetti  di  foglie  lunghe  e  rigide,  spiegate  a  ventaglio. 

«  La  Tebaide,  ricca  specialmente  di  monumenti  e  di  memorie,  sembra  un  paese  in- 
cantato. Venti  città  e  molti  luoghi  disabitati  offrono  al  viaggiatore  stupefatto  quei  grandi 
cdifìzi  antichi,  capolavori  dell'architeltura,  per  le  imponenti  loro  moli  non  solo  e  pel 
carattere  grave  e  religioso,  ma  eziandio  per  il  bello  e  semplice  ordinamento,  per  l'ele- 
zione e  saggia  distribuzione  delle  scolture  emblematiche  che  li  decorano,  e  per  l'in- 
concepibile ricchezza  degli  ornamenti  non  mai  senza  significato. 

<'  Tebe,  posta  sossopra  da  tante  rivoluzioni,  Tebe,  ora  deserta,  stupefa  ancora  coloro 
che  hanno  veduto  le  meraviglie  di  Roma  e  d'Atene.  Tebe,  al  cui  aspetto  i  francesi  eser- 
citi, vittoriosi  di  tanti  paesi,  celeberrimi  nelle  arti,  arrestaronsi  spontanei,  gittando  un 
grido  unanime  d'ammirazione;  Tebe,  da  Omero  celebrata  come  prima  città  del  mondo, 
dopo  ventiquattro  secoli  di  devastazioni  è  ancora  la  più  stupenda.  Ti  crederesti  il- 
luso da  un  sogno  quando  contempli  l'immensità  delle  sue  rovine,  la  grandezza  e  maestà 
degli  edifizj  suoi,  e  gli  avanzi  innumerabili  dell'antica  sua  magnificenza  .  .  . 

«  Così,  malgrado  la  miseria  e  il  degradamenlo  odierno,  l'Egitto  serba  le  traccie  d'una 
fortuna  splendida  un  tempo  e  prospera;  ed  il  contrasto  continuo  di  quello  che  fu 
e  di  quello  che  è,  quantunque  in  se  stesso  doloroso,  non  è  per  l'osservatore  senza 
grandissimo  interesse.  Egli  domanda  perchè  quell'antica  prosperità  sia  cessata,  e  tro- 
vando la  natura  quella  medesima  in  tutte  le  cose  come  per  lo  passato,  avvisa  nella  dif- 
ferenza delle  istituzioni  sociali  la  cagione  di  sì  prodigioso  cangiamento:  vasto  argo- 
mento e  degno  di  meditazione  per  coloro  che  tracciano  la  storia  dei  popoli,  e  per  quelli 
che  son  chiamati  al  glorioso  quanto  difficile  uffizio  di  governarli  ». 

1  primi  abitanti  dell'Egitto,  venuti  dall'Asia,  e  potenti  nella  Bassa  Nubia,  indi  nel- 
l'Alto Egitto,  si  diffusero  man  mano  che  le  paludi  del  fiume  disseccavansi,  e  fondarono 
successivamente  le  città  di  Elefantina^  This  e  Tebe.  Le  valli  impinguate  dal  Nilo  si  po- 
polarono e  distribuironsi  tra  varie  colonie,  onde  venne  la  divisione  dell'Egitto  in 

a.  Tebaide  o  Alto  Egitto,  da  Siene  a  Chemnis; 

b.  Eptanomide  o  Medio  Egitto,  composto  di  sette  nómi  o  distretti,  da  Chemnis  a 
Cercasoro  dov'era  Memfi; 

e.  y/asso  E(jilto,  chiamato  anche  Delta  per  la  somiglianza  con  questa  lettera  greca 
A,  ove  si  fondarono  Mcndes,  Bubastc,  Sebmita. 

Sotto  Menete,  primo  re  d'Egitto  (2ìj0?),  o  personificazione  della  primiera  civiltà,  fu 
fondata  Meiufi,  e  Avari  o  Pelusio  alla  foce  della  bocca  pelusiaca  del  Nilo. 

Alle  invasioni  etiopiche  tenner  dietro  (|uelle  degli  Arabi,  che,  allettati  dalle  ricchezze 
del  paese,  accorsero,  e  tolsero  ai  primieri  possessori  il  Basso  Egitto:  ma  i  vinti  che 
conservarono  il  resto,  finirono  a  cacciarli  di  là  dall'istmo  di  Suez. 

La  schiatta  tebaica,  forte  di  quest'espulsione,  alzò  città  e  palagi.  Meride  (lOOO'!*)  co- 
struisce un  lago  artifiziale,  fondo  97  metri,  e  del  giro  di  3G00  stadj,  con  due  piramidi 
in  mezzo,  per  serbare  le  acque  del  Nilo  e  moderarne  a  voglia  le  piene  ;  sicché  la  pianura 
p(jtè  sicuramente  coltivarsi  e  abbellirsi. 

Sesostri  (1015)  portò  le  armi  dell'Egitto  sin  di  là  dal  Gange;  poi  ne' deserti  della 
Scizia,  nell'Asia  Minorr,  nelle  isole  dell'Arcipelago,  e  per  la  Tracia  invadeva  l'Europa, 
quando  gl'interni  tumulti  il  richiamarono  in  Africa,  senza  conservare  le  conquiste.  Li- 


EGITTO  lOy 

miti  pertanto  del  suo  impero  erano  al  sud  l'Etiopia,  al  nord  il  Mediterraneo,  all'ovest  i 
deserti  della  Libia,  all'est  il  golfo  Arabico.  Lo  divise  egli  in  trentasci  nómi;  cioè  dieci 
nel  Basso,  sedici  nel  Medio  Egitto,  dieci  nella  Tebaide.  Dipoi  variarono,  e  Tolomeo  ai 
suoi  tempi  ne  contava  ventisei  nel  Delta  e  sue  adiacenze,  cioè  Mareotico,  Alessandrino, 
Menelaito,  Andropoiilc,  Latopolile,  Ftcnoti,  Cabasite,  Saile,  Prosopite,  Sebcnite  inferiore, 
Gioite,  Ftegmuchi^  Anufite,  Atribitc,  Mendesio,  Scbenile  superiore,  Busirite,  Leontopolite, 
Ncutite,  Tanile,  Farbetile,  Setroile,  Arabico,  Bubastite,  Eliopolite. 

Ultima  città  al  sud  era  Elefantina,  in  un'isoletta  cbe  fronteggiava  l'Etiopia.  Poco 
lungi,  sulla  destra  del  Nilo,  sorgeva  Siene,  vicin  della  quale,  sul  pendìo  d'una  collina, 
trovavasi  un  pozzo,  cbe  al  solstizio  di  estate  era  illuminato  sin  al  fondo.  Più  in  su  l'^l- 
pollinnpolt  superiore  e  l'inferiore  occupavano  le  due  rive,  adorne  di  magnifici  edifizj. 

Alquante  leghe  discosto  dalla  grande  Apollinopoli  eraJeraconopoli,  delta  dal  culto  che 
vi  si  rendeva  agli  sparvieri  ;  poi  Latopoli,  ov'era  tra  l'altre  cose  uno  zodiaco  dipinto  sul 
lacunare  d'un  tempio,  che  tanto  diede  a  dire  ai  nostri  tempi.  Di  Tebe,  o  Diospoli  ma(j- 
giore,  ampliata  da  Busiride  li,  vedonsi  vaste  reliquie  sulle  due  rive  del  Nilo;  e  i  vil- 
laggi di  Carnack  e  di  Luxor,  divenuto  famoso  per  l'obelisco  trasportato  a  Parigi,  erano 
quartieri  della  città,  insieme  con  A/emnonio,  Medinet-Abù  e  Curnà.  Abido,  poco  discosta 
dal  Nilo,  dove  sorgeva  il  tempio  di  Memnone,  fu  invasa  dalle  sabbie.  Seguivano  This, 
Tolemaide ,  Chemnis  o  Panopolis  sulla  destra  del  Nilo,  dove  avea  tempio  e  giuochi 
Perseo. 

Dopo  LicopoU  0  città  dei  lupi,  s'entrava  n^W Eptanomide  ;  e  prima  incontravasi  Er- 
mopoli  0  città  di  Mercurio,  non  lungi  dalla  quale  cominciava  un  canale  parallelo  al 
fiume,  cbe  congiungeva  questo  al  lago  Meride,  e  cbe  diceasi  costruito  da  Giuseppe 
ebreo,  ministro  d'un  faraone.  Sopra  questo  canale  era  edificato  Oxirinco,  detto  così 
da  un  pesce  dal  naso  aguzzo  (o'^ìi;  p'iv)  onoratovi  ;  e  vi  abitavano  molli  sacerdoti.  Presso 
Eracleopoli  stava  il  labirinto,  immensa  fabbrica  destinata  a  raccogliere  i  capi  dei  nómi 
a  concilio  generale.  Infine  trovavansi  Crocodilopoli  e  Memfì  :  questa,  fondata  da  Ucoreo 
e  sede  dei  faraoni,  è  famosa  per  le  piramidi  e  pei  sepolcri  dei  re  cbe  sono  nella  valle 
di  Biban-el-Moluk,  e  pel  palazzo  d'Osimandia.  Partiva  di  là  la  strada  che  conduceva 
all'oasi  di  Giove  Ammone,  cbe  Belzoni  suppose  nella  piccola  Oasi,  confutato  in  ciò  da 
Minutoli  ;  Heeren  lo  colloca  a  Siwah. 

Dopo  il  piano  delle  piramidi  comincia  il  Basso  Egitto  o  Delta,  creazione  del  Nilo. 
Principali  città  n'erano  Cercasoro  sulla  sinistra  del  Nilo,  e  rimpetto  ad  essa  Babilone', 
fabbricala  dai  prigioni  di  Sesostri.  Qui  il  Nilo  si  divide. 

Eliopoli,  0  città  del  sole,  vedeva  la  fenice  ardersi  e  rinnovarsi  :  Sesostri  v'alzò  una 
mura  cbe  interchiudeva  agli  Arabi  l'Egitto.  Atribi  sul  ramo  pelusiaco  del  Nilo  al  par 
di  Bubaste,  presso  la  quale  accampavano  i  Greci,  che  rimisero  in  trono  Psammetico. 
Leontopoli  sul  ramo  mendesio,  detto  così  da  Mendes  presso  la  quale  scorre. 

Tanis  e  Farbeto  erano  capi  di  nùmo.  Dafne  era  posto  avanzato  verso  Pelusio,  per 
frenare  le  incursioni  arabe.  Magdolo  stava  presso  il  muro  di  Sesostri.  Tmuis  capo  di 
nònio.  Rinocolura,  detta  così  perchè  fabbricata  da  esigliati,  cui  un  re  d'Egitto  avea  fatto 
tagliar  il  naso,  era  fuori  dal  muro  di  Sesostri,  allo  sbocco  del  Torrente  d'Egitto. 

Sebenita  e  Busiri,  capi  di  nómi.  Butus  in  mezzo  alla  palude  Elearcbia,  ove  si  ricoverò 
Psammetico,  cacciato  dagli  undici  suoi  collegbi.  Questi  egli  vinse  poi  presso  Monemfi. 
Segue  Sais,  ov'era  un  tempio  d'un  pezzo  solo,  in  tre  anni  condotto  dalle  cave  d'Ele- 
fantina. Al  collegio  de' sacerdoti  ivi  raccolti  venivano  ad  istruirsi  i  sapienti  di  Grecia. 

Ove  il  Nilo  si  separa  nei  rami  canopico  e  bolbilino,  stava  Naucrati,  scalo  del  com- 
mercio milesio;  Canopo,  detta  poi  Abukir,  ad  una  delle  foci  del  Nilo;  e  No-Ammon, 
dove  fu  fabbricata  Alessandria.  Marea,  presso  il  lago  Mareotide,  era  un  quartiere  per 
difesa  verso  la  Libia.  Ad  Anisi  nacque  il  re  cieco  del  nome  stesso;  a  Sru/"  nacque 
Amasi.  Ramesse  e  Cabasa  erano  capi  di  nómi  ;  PJtam  e  Aisma  porli  sul  golfo  Arabico. 

Tra  le  molte  isole,  erano  principali  Elbo  rifugio  di  re  Anisi  ;  Chemni  nel  lago  Bu- 
lico ;  Faro,  poi  congiunta  al  continente  con  una  diga,  e  cbe  die  il  suo  nome  alle  lan- 
terne di  mare,  perchè  ivi  fu  eretta  quella  del  porto  d'Alessandria. 


lOG  GEOGRAFIA  —  ErOCA   SECONDA 


§  4.  —  Palestina. 

Per  attestato  di  Plinio  maggiore,  di  Strabene,  di  Giuseppe  Ebreo,  la  Siria,  anche 
ne' tempi  storici,  era  teatro  di  grandi  rivoluzioni  terrestri.  Se  ne  ba  la  prova  nella 
forma  delle  montagne  di  Palestina,  ne'  crepacci  delle  loro  spalle,  nelle  acque  termali 
attorno  al  Libano  e  al  lago  di  Tiberiade,  e  nei  molti  prodotti  vulcanici  sparsi.  Ila  pa- 
recchie montagne:  la  principale  nasce  nel  deserto,  traversa  il  paese  da  nord  a  sud,  poi 
curvasi  verso  nord-ovest  per  terminare  verso  il  mare  al  Carmelo. 

Lungo  il  gran  piano  d'Esdraelon  son  situati  monti  scoscesi  e  isolati,  Gelboa,  il  pic- 
colo Ermon,  il  Tabor.  La  catena  del  Libano  comincia  più  al  nord;  e  dopo  le  lievi  on- 
dulazioni attorno  a  Nazaret,  s'eleva  accostandosi  alla  catena  vulcanica  del  Safed,  fin 
alle  erte  vette,  propriamente  dette  il  Libano.  Tutte  sono  calcari:  la  catena  centrale  è 
coperta  d'arbusti  odoriferi j  come  l'oleandro,  l'arbuto,  la  rosa  selvatica. 

All'oriente  delle  montagne  il  paese  più  non  è  fertile,  ma  sparso  di  colline  calcari 
aride,  ove  non  si  vede  macchia  o  fil  d'erba,  se  non  intorno  a  Gerico.  All'oriente  di 
quest'arido  paese  s'apre  la  profonda  valle  del  Giordano,  che  racchiude  pure  il  n)ar  di 
Tiberiade  largo  6  miglia,  poi  il  mar  Morto:  è  tutta  molto  inferiore  al  livello  del  Medi- 
terraneo in  iil  metri.  Il  mar  Morto,  ove  non  v'è  conchiglie,  non  uccelli  acquatici,  è 
lungo  40  su  6  in  8  miglia  ;  non  barca  -,  l'acqua  ha  un  verde  cupo  ;  non  ha  sbocco. 

Recentissime  indagini  ci  mettono  in  grado  d'attestare  un  fatto  di  geografia  fìsica,  im- 
portantissimo riguardo  alla  valle  del  Giordano.  Burkhardt  avea  studiato  la  lunga  valle 
del  Wadi  el-Araba  (ignota  ai  geografi  nostrali  anteriori],  che  dalle  fonti  del  Giordano 
stendesi  al  mar  llosso,  e  servì  anticamente  di  comunicazione  fra  Gerusalemme  e  i  paesi 
dipendenti  al  sud.  Non  sapeasi  dapprima  spiegare  dove  si  perdessero  le  acque  del 
Giordano,  innanzi  che  la  distruzione  della  Pentapoli  aprisse  loro  il  vasto  cratere  che 
divenne  il  mar  Morto  ;  allora  si  credette  che  la  valle  del  Wadi  el-Araba  servisse  di  scolo 
a  quel  fiume  verso  il  mar  Rosso  Ma  Giulio  di  Berton,  con  lunghe  osservazioni  dimostrò 
che  non  potea  sostenersi  l'esistenza  d'una  tal  via  del  Giordano,  e  che  il  lago  Asfalte  ha 
sempre  dovuto  ricevere  le  aciiue  della  valle  di  Siddim;  e  colle  osservazioni  barometri- 
che accertò  che  esso  lago  sta  sotto  al  Mediterraneo,  dodici  volte  più  basso  che  non  il 
mar  Caspio  sotto  al  Nero. 

11  monte  Sinai  (Gebel  Ilousa)  è  alto  da  2814  metri;  cinto  da  montagne  più  elevate, 
coperte  di  neve  l'inverno,  e  sparso  di  sorgenti  e  verzura.  All'estremità  sua  settentrio- 
nale s|)iegasi  il  deserto  El-Teh,  lungo  70,  largo  50  miglia,  dove  gl'Israeliti  vagarono 
quarant'anni  ;  coperto  di  lunghe  catene  di  rupi,  triste  a  vedere  e  interrotte  da  profondi 
spacchi,  poco  larghi  e  con  pareli  naturali  alte  fin  mille  piedi.  Tal  è  l'aspetto  di  tutta 
l'Arabia  Petrea,  o  Edom. 

Al  monte  Cavio,  elevantesi  a  picco  dal  mare  ove  vi  sbocca  l'Oronte,  comincia  la  ca- 
tena del  Libano,  la  cui  vetta  più  elevata  è  a  4800  metri;  poi  alle  fonti  del  Giordano 
si  parte  in  due  rami,  che,  rinserrano  la  Celesiria.  L'Antilibano  comincia  al  monte  Er- 
mon, traversa  la  Palestina,  e  si  perde  fra  le  roccie  del  deserto  del  Sinai. 

Le  valli  e  le  pianure  di  Siria  son  piene  di  terra  vegetale,  e  particolarmente  il  piano 
di  Damasco  splende  di  lieta  verzura,  benché  contornato  di  deserti.  I  deserti  dell'Assiria 
in  primavera  si  vestono  di  fina  erba;  ma  presto  dissecca,  e  non  appare  più  che  deso- 
lazione. Più  si  fa  arida  la  regione  accostandosi  a  Terrasanta  ;  benché  vi  s'incontrino  le 
selvose  montagne  del  Carmelo  (I),  di  Basan,  del  Tabor,  e  qualche  valle  fertile,  come 

(I)  L'inglese  Carne,   ebc  rcccnlcmcntc  sali  sul  parla  dell'eccellenza,   ossia   degli  splendidi  orna- 

Carmclo,  cos'i  lo  descrive:    «  Vi  s'incontrano  duo  o  nienti  del  Carmelo;  l'autore  del  Conlieo  de^cantici 

Ire  villaggi  ed  alcuni  casali  sparsi  i[iia  e  là;  pochi  (vii,  ii),  che  paragona  la  vaghezza  dol  capo  della 

i  hoschetti  ma  lussureggianti;  non  vi  sono  nò  dirupi  sposa  alla  vaghezza  del  (darmelo,  celchre  anche  per 

ne  precipizi  n'e  roccie  per  le  capre  selvatiche;  ma  di  l'uherlh  de'  suoi  pascoli,  e  perciò  degno  di  reggere 

ricca  0  costante  verdura  rivestesi   la  sua  superficie  al  confronto  dei  pingui  boschi   di   Basan.   La  sua 

(LuKcrs,  li,   119).   In  ciì>  vanno  d'accordo  i  ving-  struttura  è  di  compatta  pietra  calcare,  e  perciò  ab- 

gialori  collo  hrillantl  descrizioni  che  i  lihii  sacri  ci  honda  di  ca\ernc,  clic  sorpassano,  a  quanto  dicesi, 

lasciarono  del  Carmelo,  per  es.  Isaia  (xxxv,  2),  che  il  numero  di  mille.  In  un  tratto,  che  chiamasi  la 


PALESTINA 


107 


quella  del  Giordano,  simile  ad  un  gran  parco.  Una  riva  del  lago  di  Galilea  è  del  lutto 
selvatica  ;  l'altra  mostra  piccole  colline,  valli  agresti  con  palme  e  ulivi  e  sicomori.  Pro- 
cedendo a  mezzodì,  ogni  cosa  si  fa  più  trista;  le  valli  restringonsi,  le  colline  diven- 
gono sassose  e  nude. 

Da  Ur  in  Mesopotamia,  Abramo  padre  degli  Ebrei  venne  nella  Cananea,  così  detta  da 
Canaan  figlio  di  Can  di  Noè.  Quivi  trovò  molti  re,  e,  nella  valle  di  Siddim  o  dei  boscbi, 
fiorenti  le  città  di  Sodoma,  Gomorra,  Segor,  Adama,  Seboim,  in  riva  al  Giordano,  le 
prime  quattro  delle  quali  furono  sobbissate  dall'Asfalte. 

Alcuni  Ebrei  migrarono  in  Egitto  coi  figli  di  Giacobbe,  donde  numerosi  tornarono  a 
ricuperare  la  patria  antica.  La  trovarono  occupata  dai  discendenti  di  Canaan,  divisi 
in  undici  tribù,  denominate  secondo  il  loro  genio. 

Al  nord  appiè  del  Libano  gli  Evei  (astuti).  Cacciati  dai  Filistini,  si  collocarono  fra  i  Cananei 
monti  EbaI  e  Garizim;  e  un  de'  loro  capi  fondò  Sichem.  antichi 

Sotto  di  loro  i  Cananei  proprj,  ad  occidente  del  Giordano,  che  forse  erano  i  Sidonj, 
dilatatisi  sulla  costa  fino  al  Carmelo  al  sud-ovest,  e  al  Giordano  al  sud-est.  All'oriente 
di  questi  stava  forse  Us,  patria  di  Giobbe. 

Sulla  sinistra  del  Giordano  e  del  lago  di  Genesaret,  i  Gergesei  detti  così  dalla  qualità 
argillosa  del  loro  territorio:  per  le  vittorie  di  Giosuè  migrarono  in  Africa.  All'est  del 
loro  era  il  paese  di  Bazan,  seconda  conquista  degl'Israeliti. 

Poi  i  Feresei,  popolo  nomade,  stranio  alla  razza  di  Canaan.  1  Gcbusei  (sdegnosi)  al 
sud  de'  precedenti;  la  cui  ben  collocata  capitale  Gebus  fu  poi  detta  Gerusalemme.  Gli 
Elei  (guerrieri)  al  sud  di  questi  fra  le  montagne  e  intorno  a  Betsabea.  Ivi  erano  la  valle 
di  Mambre  o  del  Terebinto,  stanza  di  Abramo,  il  pozzo  del  Giuramento,  e  la  città  di 
Arbea,  fondata  da  Arbeo  padre  dei  giganti  Anakim,  sette  anni  prima  di  quella  di  Tanni 
in  Egitto.  Fu  poi  delta  Ebron  da  un  dei  capi  degli  Amorrei  (comandanti),  cbe  coi  Moa- 
biti e  gli  Ammoniti,  discendenti  da  Lot,  dispulavano  ai  Cananei  la  Palestina  meridionale. 

Madianiti,  Amaleciti  e  Idumei  o  Edomiti  stavano  alle  frontiere  meridionali,  minac- 
ciosi al  paese  de'Gebusei.  I  Filistini  o  Pales tini  àieder  nome  a  tutta  la  terra  di  Canaan 
all'estremità  sud  ovest,  sulle  coste  del  mar  Interiore:  venivano  governati  da  cinque  re, 
sedenti  in  Gaza,  dov'erano  il  tempio  di  Dagon  e  un  porlo  sul  mare:  A^calona  porlo  e 
fortezza,  Azot  ove  si  fermò  l'arca,  Acaron  celebre  pel  tempio  di  Belzebut,  e  Gat. 

Questi  popoli,  cominciando  dai  paesi  in  riva  al  Giordano,  furono  vinti  dalle  dodici  Tribù 
tribù  d'Israele,  le  quali  ivi  presero  stanza.  E  prima  le  tribù  di  Gad  e  di  lluben  otten-  ^^'^^^ 
nero  lor  porzione  da  Mosè  medesimo,  dopo  sconfitto  Og  re  di  Bazan,  e  Selion  degli 
Amorrei.  In  quel  vasto  paese  voleano  menar  vita  nomade,  con  mezza  la  tribù  di  Ma- 
nasse che  si  fé  loro  compagna.  Sulla  sinistra  del  fiume  pertanto  stavano 

o.  La  mezza  tribù  di  Maìiasse,  limitata  al  nord  dall'Ermon  maggiore  e  minore, 
all'est  dairidumea  orientale,  al  sud  dalla  tribù  di  Gad,  all'ovest  dal  Giordano.  La  città 
di  Astarot  era  già  capitale  dei  Bazani  ;  al  nord  di  essa  Edrai,  ove  fu  vinto  Og. 

b.  Al  sud  della  precedente  era  la  tribù  di  Gad  col  Giordano  ad  occidente,  il  paese 
degli  Ammoniti  ad  oriente,  la  tribù  di  Piuben  al  sud.  Sue  città  Jahes  Galaad  ove  Saul 
vinse  gli  Ammoniti,  Masfa  patria  di  Jefte,  Jazer  presso  un  lago  del  nome  stesso. 


Caverna  del  monaco,  ve  ne  sono  ben  qualtroccnto, 
attigue  le  une  alle  altre,  fornite  Ji  finestre  e  di  gia- 
cigli, servienti  ad  uso  di  letti,  intagliati  nel  sasso. 
Il  viaggiatore  Schulz  nota  una  particolarità  intorno 
a  parecchie  di  cotcsta  caverne  ,  e  si  è  che  il  foro 
d'ingresso  vi  è  tanto  angusto,  da  non  potervi  entrar 
carponi  che  una  persona  alla  volta;  e  che  le  caverne 
stesse  sooc  incavate  in  guisa  che  la  persona  entrata, 
se  non  le  si  stia  daccanto,  si  perde  imnicdialamcntc 
di  vista.  La  quale  osservazione  ci  porge  il  filo  a  ben 
intendere  le  parole  di  Amos  (ix,  3)  :  E  se  si  saranno 
nascosti  nel  vertice  del  Carmelo,  frugando  indi 
gli  eslrarrà,  ]ier  indicare  che  mal  si  attenta  uomo 
vivente  a  celarsi  e  sottrarsi  colla  fuga  alla  punizione 
che  gli  e  dovuta.  Le  grotte  o  caverne  antichissime 


del  Carmelo  furono  nei  tempi  remoti  il  ricovero  dei 
profeti,  per  esempio  di  Elia  e  di  Eliseo  (3'^  Rcg-i 
XVII,  19,  .i2;  A°  Reg.,  n,  25;  iv,  23),  più  lardi  di 
molti  religiosi  eremiti,  ed  oggidì  del  pari.  Vienvi 
ancora  additata  una  caverna,  detta  la  spelonca  di 
Elia,  un  po'  al  disotto  della  suranientovata  Caverna 
del  monaco,  ed  è  al  presente  un  santuario  musul- 
mano. Si  scorgeva  sulla  vetta  un'antica  abitazione 
di  monaci  Carmelitani,  il  cui  ordine  trasse  appunto 
il  nome  suo  da  questa  montngna.  L'iinlico  convento 
fu  distrutto  da  Abdallah  pascià,  che  ne  destinò  i 
materiali  a  suo  proprio  uso;  ma  da  qualche  anno 
venne  ristauralo  sopra  un  disegno  piuttosto  gran- 
dioso, merce  delle  contribuzioni  dell'Europa  ». 


108  GEOGRAFIA  —  EPOCA   SECONDA 

c.  La  tribù  di  Ruben  aveva  al  nord  la  precedente,  all'ovest  il  Giordano  e  il  mar 
Morto,  all'est  il  paese  degli  Amorrei  non  occupato,  quel  de'  Moabiti  al  sud.  Città:  Ese- 
bon,  prima  conquista  degli  Israeliti;  Sitlim,  ove  accampò  Giosuè  prima  di  prender 
Gerico  :  Jussa,  ove  le  tribù  vinsero  gli  Amorrei. 

Delle  tribù  che  passarono  il  Giordano,  presero  stanza  primamente  il  resto  di  quella  di 
Manasse,  e  le  guerresche  à'Efraim  e  di  Giuda:  le  altre  sette  indugiaronsi  tanto  sul 
campo  di  Silo,  che  Giosuè  ne  le  svergognò.  Alfine  s'assisero  così: 

d.  Neflali  aveva  al  nord  il  Libano,  ad  ovest  la  tribù  di  Azer,  ad  est  i  monti  Er- 
mon,  al  sud  la  tribù  di  Zàbulon,  colle  città  di  Madom  fortezza  al  settentrione,  Cedes  ove 
Giaele  uccise  Sisara,  Azor  ove  Giosuè  vinse  il  re  Giabin. 

e.  ^-er  stendeasi  sul  litorale  del  mar  Interno  che  le  facea confine  ad  occidente,  fra 
le  tribù  di  Neftali,  Zàbulon  e  Isacar,  togliendosi  in  mezzo  la  Fenicia  indipendente.  Sue 
città  Aco  (San  Giovanni  d'Acri)  il  miglior  porto  di  Palestina;  Acaf  e  Gabara. 

f.  Zàbulon  fra  Azer,  Neftali,  Isacar  e  il  Giordano:,  colla  fortezza  di  Sefori  e  He- 
tulia  patria  di  Giuditta. 

(j.  Isacar  fra  Zàbulon,  il  Giordano  e  la  mezza  tribù  occidentale  di  Manasse,  avca 
le  città  di  Gesrael  ove  Gedeone  vinse  i  Madianiti,  ^fec  fortezza,  Eìidor  ove  Saul  con- 
sultò l'indovina. 

h.  La  mezza  tribù  occidentale  di  Manasse  stendeasi  dal  Giordano  al  mar  Interno, 
stretta  fra  Isacar  al  nord  ed  Efraim  al  sud.  Ivi  erano  Dora  porto  -,  Mageddo  ove  fu  sepolto 
Giosuè;  Teòe ove  Abimeloch  fu  ucciso;  Efra  patria  di  Gedeone;  Dotaim  presso'cui  Giu- 
seppe fu  venduto. 

i.  Efraim  andava  dal  Giordano  al  mare,  toccando  le  tribù  di  Manasse,  Dan  e  Be- 
niamino. Sue  città  erano  Stc/iem,  luogo  di  rifugio  dove  furono  fatte  le  prime  promesse 
ad  Abramo;  Silo,  ove  Giosuè  cominciò  lo  spartimento  della  Cananea;  5aron  fortezza. 

l.  Beniamino  aveva  al  nord  Efraim,  all'est  il  Giordano,  al  sud  Giuda,  all'ovest 
Dan  ed  Efraim.  Sue  città  Gerusalemme;  Gàlgala  primo  accampamento  degli  Israeliti, 
passato  il  Giordano  ,  Gerico  presa  da  Giosuè  ;  Ai  e  Betes  già  esistenti  al  tempo  d'Abramo  ; 
Nobi  e  Gabaon  città  levitiche;  Rama  e  Masfat. 

m.  Dan  aveva  attorno  Efraim,  Beniamino,  Simeone,  il  mare  e  le  terre  de'  Fili- 
stini.  Sue  città:  Tamna  ove  Sansone  sposò  Dalila;  Gedor ;  Joppe  sulla  costa  e  porto, 
formava  il  confine  settentrionale:  celebre  per  la  favola  di  Perseo  ed  Andromeda. 

n.  Simeone  era  limitato  dal  paese  de'  Filistini,  e  dalle  tribù  di  Dan  e  Giuda.  Sue 
città:  Betsabea  dove  Abramo  s'attendò  co' suoi  armenti;  Siceleg  ove  gli  Amaleciti  fu- 
rono respinti. 

0.  Giuda,  confinato  al  nord  da  Beniamino,  all'est  dal  mare  Morto,  al  sud  dal  ter- 
ritorio idumco,  all'ovest  da  Simeone.  Città:  Efrala  o  Betlem  patria  di  David,  Gabaa, 
Lobna,  Ebron  cMik  di  rifugio,  Masfa  sede  di  Samuele: 

La  tribù  sacerdotale  di  Levi  non  ebbe  territorio  unito,  ma  quarantotto  città  sparse, 
sei  delle  quali  erano  asilo  per  gli  omicidi  involontarj.  Le  principali  erano  Gioob,  Eleat, 
Abdon,  Masal,  Astarot,  Gaulon,  Maanaim,  Ramot,  Jaser,  Esebon,  Jaffa,  Basar,  Ademot, 
Mefaat,  Sichem,  Gerusalemme  (1). 

In  quasi  tutte  le  tribù  si  mantennero  misti  alcuni  Cananei.  Gli  abitanti  di  Gessur  e 
Machat  non  furono  sterminati;  Giuda  non  potè  snidare  i  Gebusei,  né  impadronirsi  del- 
l'assegnatogli paese  de'  Filistini  ;  Efraim  lasciò  ({uelli  stabiliti  a  Gazer  ;  Manasse  non  potè 
occupare  molte  delle  sortite  città,  né  Azer  quelle  di  Tiro  e  Sidone.  Così  i  Fenicj  al  nord, 
i  Filistini  al  sud  conservaronsi  indipendenti,  ristretti  fra  le  tribù  di  Simeone,  Dan  e  il 
mare. 

La  Palestina  fra  52"  e  S4  '/z  t''  longitudine,  e  fra  31°  e  33  1/2  di  latitudine  nord,  era 
in  superficie  la  metà  della  Svizzera  ;  con  all'ovest  una  costa  inospita  e  baje  mal  sicure, 
ove  furono  Tiro,  Sidone,  Gaza,  Acri  ;  un  vasto  deserto  di  sabbia  alla  estremila  meridio- 
nale, asilo  de'  Beduini.  Verso  oriente  il  debole  ma  rapido  Giordano  la  separava  dallo 
sterile  paese  de' Moabiti:  la  frontiera  settentrionale  variava  secondo  la  fortuna.  Oggi  la 
vigna  ne  sparve  quasi  ;  restano  rari  gruppi  d'ulivi  e  melagrani;  il  Giordano  s'impoverì 
e  cangiò  direzione. 

(I)  La  licscrizionc  ili  Gcnisalciumc  votlasi  niirEpoca  XI,  g  2.  Può  servire  LeoìS  DK  LauoUDE,  Commcn- 
taire  géographique  sur  l'Exode  el  Ics  Pfomhrvs,  iii-fol.  con  15  carte,  l'arigi  18 il. 


PALESTINA  —  FENICIA  109 

Su  questi  terreni  allurgaronsi  gli  El)rei  poco  a  poco,  sicché  (|uanclo  David  successe  Regno 
a  Saul  (lOiO),  i  popoli  già  doiuinalori  del  Canaan  trovavansi  sterminali  o  respinti  dalle'"  "'»^''' 
frontiere,  o  ridotti  a  non  dar  più  timore.  Al  suo  regno  facevano  confine  al  nord  il  monte 
Libano,  all'est  l'idumea  orientale  e  i  deserti  arabici,  al  sud  la  grande  Idumea,  all'ovest 
il  mare  interno. 

Domati  i  Filistini  e  gli  Amaleciti,  tolto  agli  Idumei  i  porti  di  Elat  e  d'Esiongaber  sul 
golfo  elamitico  di  Giudea,  abbatte  i  Moabiti  che  volevano  abbarrargli  la  via,  e  messosi 
vincente  per  le  pianure  di  Siria,  dilatò  le  conquiste  fin  in  riva  all'Eufrate  presso  Ta- 
psaco:  nel  ritorno  vince  gl'fdumei  presso  al  luogo  ove  poi  Salomone  fondò  Tadmor. 
ossia  Palmira.  Al  sud  dominò  i  popoli  estesi  fin  al  golfo  Arabico,  e  apri  le  vie  al  com- 
mercio. Salomone,  terminata  la  conquista  col  sottoporre  le  reliquie  degli  Amorrei,  Elei, 
Ferezei,  Evei,  Gebusei,  signore  di  tutto  il  paese  fra  l'Eufrate,  le  arene  d'Arabia  e  il  mar 
Intcriore,  vi  si  consolida  :  ma  tosto  cominciano  le  divisioni,  per  cui  la  Cananea  è  par- 
tita (902)  nei  due  regni  d'Israele  e  di  Giuda. 

Il  regno  di  Giuda  comprendeva  le  due  tribù  meridionali  di  Giuda  e  Beniamino,  ca- 
pitale Gerusalemme.  Quello  d'Israele  stendeasi  sull'altre  tribù,  e  ne  fu  capitale  Sichem, 
poi  Terza,  indi  Samaria  fondata  verso  il  912  da  re  Amri  sulla  montagna  d'egual  nome. 
La  popolazione  dei  due  regni  era  quasi  uguale.  Filistini,  Amaleciti,  Idumei,  Moabiti, 
Ammoniti,  e  i  regni  della  Siria,  già  sottoposti  da  David,  tornarono  indipendenti. 

Allora  cominciarono  le  invasioni  degli  Assiri:  Teglal-Falasar  distrusse  i  regni  giu- 
daici, e  nuove  genti  sostituì  a  quelle  menate  in  ischiavitù;  donde  non  rimpatriarono 
che  per  magnanimità  di  Ciro  nel  536.  Così  rapidamenie  decrebbe  il  dominio  degli  Ebrei. 

Vuoisi  che  l'intero  paese  sottoposto  a  David  sommasse  a  70,000  miglia  quadrate,  colla 
popolazione  di  nove  milioni  e  mezzo.  Adriano  Balbi  ridusse  gli  Ebrei  a  questi  termini: 
All'uscir  dall'Egitto  e  al  fine  del  viaggio.     .     .    2,500,000 

Al  fin  del  regno  di  David 7,000,000 

di  Salomone 8.000,000 

Alla  nascita  di  Cristo 5,000,000 

Nel  1 853 4,000,000 

di  cui  2,200,000  in  Europa. 

§  5.  —  Fenìcia. 

Al  crescere  degli  Ebrei,  uno  de'  popoli  della  Cananea  s'era  ristretto  dietro  al  monte 
Carmelo  fra  le  catene  del  Libano  e  il  mare,  e  fu  detto  de'  Fenicj.  Anch'essi  di  stirpe 
aramea,  crebbero  in  (|uiete  e  silenzio  sulle  50  leghe  di  costa,  larghe  appena  iO,  ove  i 
conquistatori  della  Palestina  li  dimenticavano;  e  giovandosi  della  felice  disposizione  del 
terreno  orlato  d'infinite  baje,  delle  isole  poste  innanzi  al  continente  e  difese  da  scogli, 
dalle  montagne  ricche  di  legname,  si  diedero  alla  navigazione,  e  fabbricarono  molte 
città. 

Sidone  già  era  grande  ai  tempi  di  Mosè:  essa  pose  una  colonia  che  fu  Tiro,  divenuta 
centro  del  commercio  d'Oriente  e  d'Occidente.  Assalita  dai  Babilonesi,  si  trasportò  so- 
pra un'isola.  Altre  città  fecero  altrettanto,  giacché  mal  bastando  alla  loro  prosperità 
quel  lembo,  versavano  il  soverchio  della  crescente  popolazione  nelle  isole  vicine:  una 
delle  più  antiche  loro  fondazioni  fu  Arado,  la  più  settentrionale,  sopra  angusto  scoglio, 
sicché  le  case  vi  si  edificarono  a  molti  palchi. 

Rimpetto,  sul  continente  era  Antarado;  venti  miglia  più  lontano,  Tripoli  che  ancor 
sussiste,  detta  così  perchè  fabbricata  da  coloni  di  Tiro,  Sidone,  Arado.  Seguiva  il  tempio 
d'Apollo,  attorno  al  quale  alzavasi  Biblos.  Di  là  dal  fiume  Adora  erano  le  reliquie  del- 
l'antica Biblos  0  Palebiblos;  al  sud  veniva  Derito;  poi  qua  e  là  Botri,  Sarepta,  Ortosia; 
ultime,  le  più  ricche.  Tiro  e  Sidone. 

Ma  l'importanza  de'  Fenicj  consistea  nelle  colonie,  che,  nei  mille  anni  dalla  venuta  Coionio 
di  Cadmo  fin  alla  conquista  de'  Persiani,  piantarono  in  tutto  il  mondo.  Le  molte  isole  fenicie 
che  incontravano  ne'  primi  viaggi,  furono  da  essi  popolate,  e  ne  rimasero  traccie  anche 
dopo  distrutte  dai  Greci.  Forse  per  rifarsi  di  queste  perdite  si  spinsero  innanzi  nel  Me- 
diterraneo, varcarono  lo  stretto  di  Cadice ,  e  salirono  fin  alle  Sorlinghe ,  pertutto  la- 
sciando floride  colonie. 


no  GEOGRAFIA  —  EPOCA   SECONDA 

Sulla  costa  d'Africa  ne  posero  tardi,  e  solo  dal  40»  di  longitudine  orientale  da  Parigi, 
verso  occidente.  La  più  antica  fondazione  loro  è  Ulica,  scala  alle  relazioni  colla  Spagna. 
Sulla  costa,  al  nord  della  piccola  Sirli,  si  trovavano  Adrumeto-Tùdro,  la  grande  e  la 
piccola  Lepti,  ed  altre  di  minor  importanza.  Fra  Adrumeto  e  Utica  fu  poi  fabbricata 
Cartagine  (v.  869),  colonia  di  Sidone,  sopra  l'istmo  d'una  penisola,  del  circuito  di  45 
miglia,  in  ottima  posizione  per  difendersi  e  per  trafficare:  il  suo  porto  diviso  in  esterno 
e  interno,  conteneva  da  ducento  darsene  per  ricoverare  i  vascelli. 

La  Sicilia  fu  anch'essa  popolata  da  colonie  fenicie,  trattevi  dalla  meravigliosa  sua 
fertilità  e  posizione;  e  fondaronvi  Panormo  sulla  costa  settentrionale,  sulla  sud-ovest 
Lilibeo. 

Altre  ne  posero  sul  lido  meridionale  della  Spagna,  la  maggior  fonte  di  ricchezze  alla 
metropoli.  Strabone  vi  conta  ducento  colonie  fenicie  nel  paese  che  or  chiamasi  Anda- 
lusia e  dai  due  lati  dello  Stretto,  dalle  bocche  dell'Anas  (Guadalquivir)  e  del  Beti,  (in 
ai  moderni  regni  di  Granata  e  Murcia.  I  Turdetani  natii,  mistisi  coi  Fenicj,  formarono 
il  popolo  detto  Basluli.  Principali  città  n'erano  Gade  (Cadice)  in  un'isola  artifiziale, 
Carteja  presso  lo  stretto,  Malaca,  if«spo/Js  (Siviglia),  Tartesso  pur  in  un'isola  allo  sbocco 
del  Beti. 

§  6.  —  Siria. 

Alla  razza  di  Aram  figlio  di  Sem,  stanziata  fra  l'Eufrate  e  il  Mediterraneo,  apparteneva 
pure  la  Siria  propriamente  detta;  limitata  all'est  dall'Eufrate,  al  nord  dal  Tauro  e 
dall'Armenia,  all'ovest  dalla  Fenicia  e  dal  Mediterraneo,  al  sud  dalla  Palestina. 

Principali  regni  n'erano  quelli  di  Hamaih  sulla  destra  dell'Oronte;  di  Tsobah  nel 
paese  che  poi  fu  detto  Celesiria  o  Siria  cava,  sulle  rive  del  Leonte;  di  Damasco  più  an- 
tico degli  altri;  di  Gessur  vicino  alla  mezza  tribù  di  Manasse.  Più  tardi  vi  sorsero  le 
città  di  Tadmor  o  Palmira,  Eliopoli^  ed  Elath. 

%  1 .  —  Grecia. 

Dalla  nazione  principale  fu  V Eliade  chiamata  Pelasgia:  poi  Grecia  dai  Greci  che 
abitavano  attorno  a  Dodona  coi  Selli  ;  indi  Ellenia  o  Eliade  da  Elleno  re  della  Ftiotide. 
Trovansi  gli  abitanti  chiamati  anche  Achei,  Argivi,  Danai,  pei  popoli  prevalenti. 

La  Grecia  è  una  vasta  penisola,  opportuna  a  comunicare  coi  tre  mondi,  di  mezzo  ai 
quali  è  posta.  Confina  al  nord  coi  monti  Cambuni  che  la  separano  dalla  Macedonia; 
all'est  coH'Egeo,  che  la  bagna  pure  al  sud,  congiungendosi  col  Jonio  che  la  bagna  al- 
l'occidente. Dividesi  in  Grecia  settentrionale,  Grecia  centrale,  Grecia  meridionale,  ed 
Isole. 

I.  La  Grecia  settentrionale  stendesi  dall'Olimpo  al  nord,  fin  alla  catena  dell'Oeta  e 
del  Pindo,  al  sud  ;  fra  il  golfo  d'Ambracia  all'ovest,  e  il  Maliaco  all'est.  La  compongono 
la  Tessaglia  al  nord,  l'Epiro  all'ovest. 

La  Tessaglia^  dapprima  detta  Emonia,  era  chiusa  tra  i  favolosi  monti  Cambuni,  Pindo, 
Otri,  Olimpo  e  il  mar  Egeo.  Vuoisi  che  la  spedizione  degli  Argonauti  introducesse  in 
Tessaglia  i  fagiani,  detti  così  dal  Fasi  da  cui  li  portarono.  1  principali  pojìoli  al  nord 
erano  gli  Eniani  in  riva  all'Orco  fiume  infernale;  al  disotto  i  Perebj :  loro  prime  città 
Dodona,  Cifo,  Oloosson^  Argissa,  Home,  Tricea,  patria  d'Esculapio.  Al  sud  i  Mirmidoììi, 
gli  Achei,  il  regno  àc'  Magneti,  i  Ftiotidi,  la  penisola  di  Magnesia;  colle  città  di  Fere, 
Jìebe,  Melibea,  Glafira,  Elia,  Larissa,  Magnesia. 

L  Epiro  cioè  continente,  fu  cosi  detto  per  opposto  all'isola  di  Corcira  che  lo  fronteg- 
gia. Aveva  al  nord  l'Illiria,  all'est  la  Tessaglia,  al  sud  il  golfo  d'Ambracia,  all'ovest  il 
mar  Jonio.  Popoli  suoi,  i  Caoni  al  nord,  i  Tesprozj  al  sud,  i  Molossi  all'est;  città  //«- 
Iroto,  Dodona,  Chiamerà,  Ambracia. 

II.  La  Grecia  centrale  o  Eliade  stava  fra  il  golfo  d'Ambracia,  il  monte  Oeta  e  il  mar 
Egeo.  Suoi  paesi  erano  al  nord  : 

a.  V Acarnania  scarsa  di  gente,  colle  città  di  Amfilochia  e  Strato. 

b.  VEtolia  all'est  della  predetta,  con  Pitene,  Oleno,  Pleceron,  Calidone. 


GRECIA  IH 

c.  I  Locri  Ozolj  occidentali  e  Opuìizj  orientali,  in  riva  alI'Euripo  e  al  golfo  di  Co- 
rinto: città  Ainfìs^a,  Oputìto,  Cino,  Scarfca,  Naupatlo,  detta  così  perchè  ivi  gli  Era- 
clidi  costriissero  le  navi  per  ritornare  nel  l'eloponneso  ; 

d.  La  Focide  all'ovest  toccava  i  Locri,  al  sud-est  la  Beozia:  città  Delfi  e  Cipari 
sul  Parnaso,  la  ricca  Crissa  col  porlo  di  Cirra,  Anemorea;  luoghi  rinomali  pei  culto 
delle  muso.  Il  Parnaso  alza  due  punte  scoscese:  dalla  orientale  //;/am/)eagettavansi  i  rei 
d'empietà;  dopo  che  ne  fu  ingiustamente  dirupato  Esopo,  si  servirono  dell'altra  detta 
Nauplea.  Su  quelle  vette  ricoveraronsi  gli  abitanti  di  Delfi  nel  diluvio  di  Deucalione, 
Anticira,  città  marittima,  era  famosa  per  l'elleboro; 

e.  La  Beozia  al  sud-est  della  Focide,  paese  montivo  e  paludoso,  abbonda  di  miti 
religiosi,  d'intellettuali  ricchezze,  di  poetiche  tradizioni.  Posta  sul  cammino  delle  tribù 
del  nord,  risenti  di  tutte  le  invasioni,  e  la  sua  popolazione  fu  più  volte  rinnovata.  Ila 
molle  città,  quali  Tebe  dalle  sette  porte,  fabbricata  da  Cadmo,  distrutta  dagli  Epigoni, 
poi  capo  d'un  paese  particolare,  che  per  forza  dominava  sopra  il  Comune  beotico  ; 
Coronea,  presso  la  quale  era  il  tempio  di  Minerva  Itonia,  ove  il  Comune  de'  Beoti  teneva 
le  sue  adunanze.  Presso  Midea^  detta  poi  Lebadea,  parlava  l'oracolo  di  Trofonio.  Che- 
ronea  acquistò  nome  dalle  due  battaglie  di  Filippo  e  di  Siila,  e  v'era  venerato  lo  scet- 
tro d'Agamennone.  A  Orcomene,  una  delle  città  più  ricche,  erano  i  tempj  d'Apollo  e 
delle  Grazie,  il  sepolcro  d'Esiodo,  il  tesoro  di  Minia.  Medeone,  Tespia,  nel  cui  territorio 
era  Leutra,  famosa  per  la  rotta  de'  Lacedemoni  ;  Aulide  donde  salpò  la  flotta  per  l'as- 
sedio di  Troja;  P/a^eo  celebre  per  la  vittoria  d'Aristide;  Tisbea  ;  Cope  dà  nome  al  lago 
Copai,  formato  dal  Cefiso,  dal  Permesso  e  altri  fiumi  che  scaricansi  nel  mare  d'Eubea 
per  meati  sotterranei,  i  quali  essendosi  ostruiti,  ne  venne  il  diluvio  (1832), 

f.  La  jUe;;a(ù/e  unisce  l'Attica  al  Peloponneso. 

g.  L'i/^ca  è  all'estremità  della  prima  penisola;  Atene  era  già  importante.  La  po- 
polazione dell'Attica  era  divisa  in  dieci  tribù,  dette  dagli  eroi  dell'Attica,  Ip|)otoonlide, 
Antiochide,  Ajantide,  Leonilde,  Eretteide,  Egeide,  Oineide,  Acamantide,  Cecropide, 
Pandionide;  poi  vi  s'aggiunsero  dai  successori  d'Alessandro  l'Attalide  e  la  Tolemaide, 
e  dai  Romani  l'Adrianide.  Ciascuna  tribù  divideasi  in  demi,  che  fra  tutti  erano  censet- 
lanta  o  censettanquattro. 

All'Etulia  si  ascrivevano  le  tribù  agresti  che  da  questo  lato  coprivano  il  territorio 
greco:  tali  erano,  cominciando  dall'occidente,  gli  Anfdochi,  gli  Agrei,  gli  Apodoti,  gli 
Euritani,  gli  Ofiesi. 

IIL  La  Grecia  meridionale  o  Peloponneso,  cinta  dai  mari  Egeo  e  Jonio,  non  s'attiene 
al  continente  che  per  l'istmo  di  Corinto;  ed  era  divisa  in  molti  regni  : 

a.  Quel  à' Argolide,  di  Corinto^  di  Sidone,  d'Egìalea,  dominio  d'Agamennone,  che 
stendeasi  su  tutta  la  costa  del  golfo  di  Corinto,  colle  città  di  Micene,  Corinto,  Regio, 
Sidone. 

b.  Quel  deW Argolide  meridionale  e  di  Tirinto,  che  abbracciava  tutta  la  penisola 
fra  i  golfi  d'Argo  e  Saronico.  Città  Argo,  Tirinto,  Trezene,  Epidauro,  Ermione  ;  poi 
l'isola  d'Egina  e  altre  intorno. 

e.  Il  regno  d'Arcadia,  unico  del  Peloponneso  che  non  toccasse  il  mare,  chiuso  fra 
l'Argolide,  l'Egialea,  l'Elide,  la  Messenia,  la  Laconia.  Città  Mantinea,  Orcomene,  Par- 
ra^ia,  Stinfalo  sul  lago  d'egual  nome,  Feneos. 

d.  Il  regno  d'Elide  al  nord-ovest  del  precedente,  ov'erano  la  rikca  Olenia,  Bu- 
prana,  Elide. 

e.  Quello  di  Trifilia  e  Messenia,  obbediente  al  savio  Nestore  ;  steso  al  sud  del  pre- 
cedente fin  al  golfo  di  Messenia,  colle  città  di  Pilos,  Ciparissa,  Anfigenia. 

f.  La  Laconia,  regno  di  Menelao,  confinato  al  nord  dall'Arcadia,  all'est  dal  golfo 
d'Argo,  al  sud  dal  mare,  all'ovest  dalla  -Messenia:  Omero  lo  chiama  dalle  cento  città, 
fra  cui  Sparla,  Amicle,  Elos,  Brisea. 

§  8.  —  Asia  Minore. 

11  nome  d'Asia  Minore  è  recente,  non  essendosi  che  sotto  gl'imperatori  romani 
adoperato  a  designar  la  penisola  che  oggi  diciamo  Anatolia,  avente  al  nord  il  mar  Nero, 


H2  GEOGRAFIA  —  EPOCA   SECONDA 

all'ovest  l'Egeo,  al  sud  il  Mediterraneo,  all'est  dilatandosi  fin  all'Eufrate  e  all'Armenia. 
Fu  delle  prime  sedi  dell'incivilimento. 

Dei  molti  popoli  che  stabilironsi  nella  grande  penisola  dell'Asia  Minore  (Erodoto  ne 
accenna  fin  trenta),  i  più  importanti  sono  i  Cari  all'ovest;  i  Frigj  nell'interno  presso  il 
fiume  Ali;  i  Siri-Cappadoci  o  LeucoSiri  di  là  d'esso  fiume:  i  Traci  sulle  rive  meri- 
dionali della  Propontide. 

La  musa  d'Omero  diede  eterna  fama  al  regno  frigio  di  Troja,  che  aveva  al  nord  la 
Propontide.  all'est  l'Esepo  o  il  Tarso,  al  sud  il  Caico,  all'ovest  il  mar  Egeo  ;  e  divideasi 
in  otto  principati. 

La  Troade  al  sud-ovest  aveva  il  promontorio  Lecto,  al  nord  il  Sigeo,  presso  cui  era 
il  porto  Acheo  ove  sbarcarono  i  Greci.  Troja  o  Ilio,  colla  sua  ròcca  Pergamo,  stava  fra 
il  monte  Ida  e  il  mare,  poco  sopra  al  confluente  del  Simoenta  col  Xanto  o  Scamandro. 
Là  intorno  era  Colone,  il  cui  re  Tennes,  cacciato  da  Cigno  suo  padre,  passò  nella  vi- 
cina isola  di  Leucoforis  cui  denominò  Tenedo,  e  vi  fabbricò  una  città  sacra  ad  Apollo 
Sminteo  ;  Larissa,  colonia  pelasgica,  presso  la  costa  ;  Crise,  sotto  la  protezione  di 
Apollo  Sminteo. 

Alla  guerra  di  Troja  (1280  ?j  preser  parte  anche  le  isole  di  Rodi,  Carpato,  Coo,  e  le 
dipendenti. 

A  questa  confederazione  ellenica,  che  armò  quattrocentotrenla  vascelli,  montati  da 
almeno  trecentomila  uomini,  Priamo  ne  oppose  un'altra  di  gente  Pelasga.  Dominava 
egli  dalla  Propontide  al  mare  di  Licia,  senza  togliere  l'indipendenza  ai  varj  popoli,  che, 
dalla  parte  dell'Asia  Minore  più  accostala  all'Europa,  accorsero  a  soccorrer  Troja.  La 
quale  allora  fu  distrutta;  ma  dopo  qualche  tempo  una  nuova  se  ne  fabbricò,  30  stadj  ad 
occidente  della  prima,  poco  considerevole  quando  Alessandro  Magno  vi  si  recò  a  ve- 
nerare la  famosa  tomba  del  fiero  Achille;  Cesare  ed  Augusto  meditarono  farla  capitale 
dell'impero  romano. 

§  9.  —  Strade  commerciali. 

L  Strade  delle  carovane  arabico -fenicie. 

Esse  si  dirigono  sopra  Petra  nell'Arabia  settentrionale,  e  di  là  in  Fenicia. 
i.  Della  s^raiia  dall' /irabia  Felice  a  Petra  l'esistenza  è  attestata  da  Strabene  (p.  1119), 
che  ne  determina  e  la  direzione  e  le  giornate. 

2.  La  strada  dall'Arabia  Felice  a  Gerra  è  ugualmente  conosciuta  da  Strabene,  che 
ne  indica  le  giornate. 

3.  Sulla  strada  da  Gerra  a  Tiro  non  abbiamo  nulla  di  positivo  ;  ma  non  potrebbe 
esser  posta  in  dubbio,  poiché  da  una  parte  Gerra  è  rappri^sentata  come  una  città  ricca 
di  commercio,  e  dall'altra  le  testimonianze  del  suo  commercio  continentale  trovansi 
esposte  in  Agatarchide  (Geogr.  min.  i  60)  e  Strabene  (p.  LHO).  I  profeti  parlano  delle 
sue  relazioni  con  Tiro  (Is.  xxi,  13;  Ezech.  xxvii,  15),  e  si  ammette  come  certo  che 
il  Dedan  degli  ultimi  sia  una  delle  isole  vicine  di  Gerra  nel  golfo  Persico  (probabil- 
mente una  delle  Baharein).  La  direzione  della  via  da  Gerra  a  Tiro  è  incerta.  Essa 
divide  in  due  metà  uguali  il  gran  deserto  dell'Arabia  moderna:  le  vie  commerciali 
partono  da  Hegiar,  traversano  la  fertile  Neged,  e  vanno  in  linea  occidentale  alla  .Mecca, 
l'antica  Massoraba.  In  tal  caso  la  via  si  sarebbe  riunita  con  quella  dell'Yemen,  il  che 
l'avrebbe  resa  più  lunga,  ma  meno  pericolosa. 

4.  La  strada  per  l'Egitto,  sopratutto  per  Memfi.  11  commercio  tra  la  Fenicia  e  Car- 
tagine e  questo  paese  non  soffre  dubbio,  ed  evidentemente  è  anche  quella  una  via  di 
carovane,  colle  stazioni  medesime  d'oggi.  Le  indicazioni  di  Erodoto  moslrano  vera- 
mente essere  la  strada  commerciale  fra  l'Alto  Egitto  ed  il  Fezzan,  fra  Cartagine  e  questi 
paesi,  giungendo  fino  alle  spiaggie  del  Niger.  Movendo  dall'Egitto,  questa  via  traversa 
il  deserto  della  Tebaide,  conduco  fino  al  tempio  d'Ammone,  poi  parte  del  deserto  di 
Barca  e  i  paesi  aridi  dei  monti  Aradusc,  fiede  al  Fezzan,  donde  par  che  si  perda  nello 
terre  che  oggi  formano  i  regni  di  Kasna  e  Bornù. 

Il  tempio  d'Aminone  era  anche  un  santuario,  tanto  più  arricchito,  quanto  erano 
maggiori  i  pericoli  che  avea  superati  chi  vi  arrivava  ;  ed  un  carovanserraglio  fra  la 
Nigrizia  e  l'Africa  settentrionale. 


STRADE   COMMF.Rr.lAI.l  113 

Ma  dov'era  questo  tempio?  IJrown  pel  primo,  indi  Ilornemann  scopersero  le  ruine 
d'un  tempio,  che  a  prima  vista  riconobbero  per  quello  d'Ammone,  ed  è  Siwah  d'oggi: 
la  cosa  fu  confermala  dal  generale  Minutoli.  Le  molte  catacombe  che  vi  stanno  d'at- 
torno, e  le  mummie  che  di  loro  reli(|uie  empiono  le  colline  circostanti,  attestano  quello 
che  eli  antichi  aveano  già  detto,  non  essere  l'Ammonio  soltanto  un  tempio,  ma  un 
piccolo  Stato,  fondato  da  Egizj  ed  Etiopi  insieme,  con  un  re  particolare.  L'oasi  ha  un 
10  miglia  di  lunghezza,  né  mai  più  di  5  di  larghezza,  e  il  terreno  n'è  ubertoso.  Forma 
anche  oggidì  uno  Stato  di  quattro  o  cinque  città,  fra  le  quali  Kebir,  che  è  la  più  con- 
siderevole, è  retta  da  sceichi  particolari,  e  solo  nel  18i6  fu  sottomessa  al  viceré  d'E- 
gitto. Minutoli,  nella  tavola  xi  del  suo  viaggio,  dà  la  pianta  delle  ruine  del  tempio,  che 
i  paesani  chiamano  ancora  Birbe  (tempio)  o  Umeleda  ;  e  sono  coperte  di  geroglifici 
indicifrati  e  di  bassorilievi  al  modo  di  quei  di  Tebe,  colla  processione  e  la  nave  sacra, 
rituale  nel  culto  d'Ammone.  Ancora  vi  si  discerne  la  fontana  e  il  sale  perfettissimo. 

Se  non  che,  mentre  Erodoto  colloca  l'Ammonio  a  dieci  giornate  da  Tebe,  Siwah  n'è 
discosta  almeno  venti,  se  si  valutino  le  giornate  di  carovana  per  sei  o  sette  leghe  cia- 
scuna. Forse  nel  greco  fu  ommessa  qualche  stazione. 

5.  La  strada  per  cui  i  Fenicj  facevano  commercio  con  l'Armenia  e  i  paesi  del 
Caucaso,  non  è  determinata.  Siccome  non  c'erano  qui  che  paesi  abitati  e  colti,  non  ha 
verosimilmente  esistito  strada  comune. 

IL  Strade  delle  carovane  babilonico- perse. 

A.  Strade  per  VAsia  occidentale. 

1!  La  strada  dalla  Lidia  a  Susa  in  Persia  non  è  dubbia,  poiché  Erodoto  (v,  52} 
ne  descrive  e  la  direzione  e  il  numero  delle  stazioni,  valuta  stazioni  centoundici,  mentre 
nelle  indicazioni  parziali. non  ammontano  che  ad  ottanluna.  Si  è  ingannato  egli  nel 
raccorre  la  somma,  od  è  fallo  de'  copisti? 

2.  La  strada  da  Babilonia  alla  Fenicia  non  è  in  alcun  luogo  designata,  e  forse  ne 
esistevano  molte.  Due  ragioni  fanno  però  arguire  passasse  per  Palmira:  prima,  l'esser 
il  cammino  più  naturale,  perchè  altrimenti  avrebbero  dovuto  fare  un  gran  giro  verso 
il  nord,  oppure  passare  per  un  deserto  vasto  ed  interamente  sprovisto  d'acque;  inoltre 
Palmira  è  città  già  antica,  e  non  potè  aver  avuto  da  principio  altra  destinazione  che  di 
stazione  alle  carovane.  La  strada  andava  poi  a  Tapsaco,  la  più  importante  città  di  com- 
mercio sull'Eufrate,  che  si  varcava  a  Circesio;  dirigevasi  in  fine  verso  il  sud,  per  il 
Muro  medo,  e  riusciva  a  Babilonia. 

3.  La  strada  da  Babilonia  alla  Siria  appare  esattamente  in  Strabone  (p.  1084). 
Sole  carovane  poteano  viaggiarvi,  essendo  forza  fendere  la  Mesopotamia,  deserto  pieno 
di  orde  erranti,  da  cui  si  comprava  il  passaggio.  Attraversando  la  Siria,  essa  trovava 
Antemusia  sull'Eufrate,  che  si  varcava  in  questo  luogo:  da  lì  si  andava  per  Bambica 
a  Edessa,  e  poi,  a  tre  giorni  dal  fiume,  per  le  steppe  popolate  degli  Sceniti  o  nomadi, 
e  proviste  di  qualche  cisterna,  nella  città  di  Scene,  sulle  frontiere  di  Babilonia,  a  di- 
ciotto scheni  (2S  leghe)  da  Seleucia  sul  Tigri.  Si  vuole  che  questa  strada  fosse  già 
frequentata  dai  Fenicj  ;  ma  non  citando  Strabone  le  sue  autorità,  non  sappiamo  a  qual 
epoca  essa  appartenga. 

B.  Strade  per  VAsia  orientale. 

Strada  da  Babilonia  e  da  Susa  verso  l'India.  La  strada  che  parte  dalle  due  capitali, 
può  riguardarsi  come  una  sola.  V'erano  tra  esse  facili  comunicazioni,  ed  il  cammino 
dall'una  all'altra  attraversava  paesi  popolatissimi  e  ben  colti  (Arriano,  ih,  16}.  Ma 
i  cammini  verso  i  paesi  situati  sopra  l'Indo  non  potevano  andare  proprio  dritti  verso 
l'est,  perchè  sarebbe  bisognato  passare  pel  gran  deserto  tra  la  Perside  e  la  Media.  La 
strada  grossa  passava  per  la  Media,  lasciando  al  nord  il  deserto.  Essa  seguiva  dunque 
in  prima,  sulla  riva  sinistra  del  Tigri,  la  regia  strada  maestra  fattaci  conoscere  da  Ero- 
doto, che  conduceva  nell'Asia  Minore,  e  si  riuniva  sulle  frontiere  della  Media  colla 
strada  dell'India  ,  di  cui  Strabone  e  Plinio  ci  hanno  tracciate  le  principali  stazioni. 
Questi  due  autori  cavarono  i  loro  dati  da  più  antiche  sorgenti;  Strabone  da  Eratostene, 
Plinio  dai  rapporti  dei  compagni  d'Alessandro  Magno,  cioè  dai  geografi  Belone  e  Dio- 
gneto  (BcaaTtijTxi,  itinerum  dimensores)  uniti  all'esercito  del  re.  Non  si  possono  dunque 
CaiMÙ,  Documenti.  —  Tomo  I,  Geografia  politica.  8 


114  GEOGRAFIA  —  ÈPOCA  SECONDA 

metter  in  dubbio  né  la  direzione  né  l'anticbità  di  questa  strada;  pure  è  difficile  fissare 
esattamente  la  posizione  di  tutti  i  luoghi  ch'ella  toccava,  perchè  le  cifre  sono  spesso 
falsate  negli  autori,  e  le  nostre  carte  moderne  di  queste  contrade  sono  difettosissime. 

All'uscire  della  Mesopotamia,  la  strada  si  dirige  pel  36"  di  latitudine  nord,  sempre 
dritta  sopra  Ecbatana,  capitale  della  Media  (Tolomeo,  i,  22),  e  da  lì  per  Rages  verso  le 
Porte  Caspie  (Uv/^t  Kà77Tta().  Tuttociò  che  dall'occidente  dell'Asia  si  trasportava  verso 
l'oriente,  dovea  passare  per  queste  strette,  perchè  più  al  nord  il  cammino  diveniva 
inaccessibile  a  motivo  delle  montagne  Ircanie  e  de'  suoi  abitanti,  ed  al  sud  cominciava 
il  deserto.  È  dunque  importante  determinare  la  posizione  di  queste  strette,  che  felice- 
mente non  è  soggetta  a  controversie.  Esse  trovansi  nelle  montagne  Caspie,  e  separano 
la  Media  dall'Aria  al  35"  latitudine,  51"  longitudine,  ove  sono  indicate  sulla  carta.  Se- 
condo Plinio  (vi,  17),  la  strada  era  strettissima,  aperta  fra  le  roccie,  e  lunga  8  miglia 
romane. 

Di  là  delle  Porte  Caspie  si  rendevano  a  Ecatompilos  nella  Partia,  ad  Alessandria  in 
Aria,  Proftasia  nel  paese  dei  Drangi,  Aracoto,  Ortospana,  sino  all'Indo.  In  quanto  a 
queste  stazioni,  i  dati  d'Eratostene  in  Strabene  (p.  782  e  1053),  di  Belone  e  di  Diogneto 
in  Plinio  (vi,  17,  21),  si  accordano  perfettamente;  ma  essi  differiscono  qualche  volta 
nella  determinazione  delle  stazioni,  e  non  è  sempre  facile  fissarne  la  jiosizione.  Perù 
la  differenza  è  poco  sensibile  quanto  alla  determinazione  di  tutta  la  lunghezza  della 
strada  dalle  Porte  Caspie  sino  all'Indo.  Le  distanze  partendo  dalle  Porte  Caspie  sono 
fissate  dai  due  autori  come  segue: 

Plinio  Stp.abone  « 

Miglia  rom.  StaJj  Miglia  roiu. 

Ecatompilos 133  1960  2i5 

Alessandria  in  Aria  ....  566  4550  566  2/, 

Proftasia 199  1600  200 

Aracoto 515  4120  515 

Ortospana 250  2000  250 

Alessandria  sul  Paropamiso    .  50 

Peucela  sull'Indo     ....  227  1000  125 

1940  15210  1901  2/, 

6i7  leghe  635  leghe 

La  differenza  è  ben  poca;  ma  Plinio  osserva  che  variano  le  indicazioni  dei  mano- 
scritti, il  che  ci  mostrano  ugualmente  i  nostri  manoscritti  moderni.  Il  totale  di  635 
leghe  sembra  pure  soverchio,  giacché,  secondo  la  situazione  dei  luoghi  sulle  carte  mo- 
derne, non  eccederebbe  le  500  leghe.  Ma  le  nostre  cognizioni  geografiche  non  sono 
ancora  precise  quanto  basti  per  ridurre  d'accordo  tutte  le  misure. 

La  prima  stazione  è  Ecatompilos,  ca|)itale  dei  Parti.  L'incertezza  delle  misure  non 
lascia  fissarne  la  situazione  che  confusamente.  Il  nome  di  Cento  porte  è  senza  dubbio 
greco,  e  proveniva,  secondo  Plinio,  dal  conlluirvi  altrettante  strade.  Il  luogo  dovette 
dunque  essere  importante  per  transito.  La  seconda  stazione  è  Alessandria  in  Aria.  Stra- 
Itone  dice  espressamente  (p.  1053),  che  la  strada,  sin  lì  una,  si  divide  in  due  bracci, 
dei  quali  uno  riesce  nella  Battriana,  mentre  l'altro  inclina  al  sud  verso  l'Indo.  Deside- 
rerebbesi  poter  determinare  esattamente  la  posizione  d'Alessandria;  ma  il  solo  dato  che 
possediamo  è  che  questa  città  è  566  miglia  all'est  da  Ecatompilos,  e  situata  sul  fiume 
Ario  (Plinio,  vi,  23),  che  mette  nel  lago  dell'islesso  nome  (oggi  Zere).  Bisogna  dunque 
cercarla  al  nord  o  nord-est  del  lago;  e  poiché  (secondo  Strabone,  p.  1083)  la  strada 
che  vi  conduce  è  tutta  diritta  e  press' a  poco  sotto  la  stessa  latitudine  che  le  Porte 
Caspie,  é  l'antica  capitale  Artacoane  o  l'ilerat  moderno.  Indi  la  strada  piegava  verso 
il  sud  per  mettere  alla  terza  stazione  Proftasia  nel  paese  dei  Drangi,  che  forse  è  il  Se- 
gestan  d'oggi.  La  distanza  era,  secondo  i  due  autori,  di  circa  70  leghe.  La  staziono 
seguente  è  Aracoto  nel  paese  dell'islesso  nome,  che  si  è  conservata  nell'attuale  Arocagio. 
La  sua  posizione  non  iiuò  esser  determinata  a  punto;  come  pure,  senza  una  conoscenza 
più  particolarizzuta  del  paese  e  de'  suoi  abitanti,  non  si  saprebbe  dire  perchè  la  strada 


STRADE   COMMFftCIALI  115 

inclinavasi  tanto  verso  il  sud.  Sifatta  inclinazione  cessava  andando  al  nord  verso  Orto- 
spana  e  verso  Alessandria,  discosta  poche  leghe.  Quest'ultima  città  è  situata  alle  falde 
del  Paropamiso,  per  cui  le  diedero  il  soprannome  di  Alessandria  sul  Paropamiw.  Alcuni 
la  presero  pel  Caudaar  attuale  :  ma  secondo  le  moderne  geografie  è  verosimile  che 
l'antica  Alessandria  sia  Ortospana,  collocata  JG  leghe  circa  al  sud  del  Candaar.  Era  una 
stazione  importanle  pel  commercio,  perchè  il  cammino  della  lialtriana  vi  riusciva,  e 
riunivansi  tre  strade  {h  iy.  Dax.rpwu  Toto'Jo;).  Di  qui  varcando  il  fiume  Clioes,  arrivavano 
a  l'eucela  e  Ta.\ila,  dove  passavano  ordinariamente  l'Indo  per  entrare  nell'India. 

III.  Strade  per  la  Battriana  e  Samarcanda. 

1.  La  strada  dalVAsia  occidentale  a  Battriana,  sino  ad  Alessandria  in  Aria  seguiva 
quella  dell'India;  quivi  girandosi  verso  la  Dattriana,  faceva  3000,  o,  secondo  un'altra 
lezione,  2870  stadj,  e  continuando  per  Maracanda  lino  allo  Jossarte,  5000  stadj;  e  fino 
alla  frontiera  dell'Asia  centrale  o  della  Gran  Tartaria,  abitata  dagli  Issedoni  o  ìlassageti 
(Strabo.ne,  p.  782). 

2.  Strada  dalla  Battriana  alV  India.  Strabone  (p.  -1033)  riguarda  questa  strada 
come  una  continuazione  dell'ultima,  di  modo  che  essa  era  praticata  ugualmente  da 
coloro  che  venendo  dalla  Media  per  le  Porte  Caspie,  erano  arrivati  ad  Alessandria  d'Aria, 
e  volevano  evitare  la  strada  meridionale,  cui  rendevano  più  lunga  le  sue  curvature.  La 
strada  andava  dalla  Battriana  al  sud  del  Paropamiso,  e  si  riuniva  ad  Ortospana  coll'altra 
strada  dell'India;  ciò  che  fece  chiamare  questa  città  Trivio  di  Battriana.  Si  può  inten- 
dere perciò  che,  oltre  le  due  strade  che  conducono  nell'India  e  nella  Battriana,  n'era 
anche  una  terza  che  metteva  verso  il  sud  dell'Indo.  Ma  non  è  che  una  congettura: 
d'altronde  si  forma  proprio  un  trivio  ad  Ortospana,  se  riguardiamo  questa  città  come 
il  centro  delle  Ire  strade  per  l'India,  la  Battriana  e  l'Asia  occidentale. 

3.  La  strada  dalla  Battriana  alla  piccola  Bucaria  ed  a  Serica  ci  è  indicata  da 
Gtesia  dove  parla  delle  carovane  indiane  del  Piccolo  Tibet,  e  stabilisce  in  maniera  tanto 
evidente  le  relazioni  commerciali  tra' Battriani  ed  Indiani,  che  non  bisognano  altre 
prove  dell'esistenza  della  strada  proveniente  dalla  Battriana.  Essa  riunivasi  con  quella 
che  veniva  dall'India,  e  tutte  due  avevano  una  stazione  principale  presso  la  Torre  di 
Pietra,  la  quale  trovasi  sotto  la  latitudine  di  42"  come  Bisanzio  e  la  capitale  dei  Seri. 
In  riguardo  della  strada  da  Serica  al  Gange,  noi  non  abbiamo  che  congetture. 

IV.  Strada  commerciale  per  l'Asia  centrale. 

L'esistenza  di  questa  strada,  che  andava  dalle  città  greche  sul  mar  Nero  pei  monti 
Urali  sino  agli  Agrippini  o  Calmuchi  nella  Gran  Tartaria,  è  fondata  sulle  relazioni  d'E- 
rodoto, e  sopratutto  sul  passo  del  libro  iv,  24.  Noi  la  crediamo  prolungata  di  là  dai 
confini  degli  Issedoni;  perchè  questo  popolo  trafficante,  vicino  di  Serica,  dovea  aver 
relazione  coi  Seri,  i  quali  facevano  gran  commercio  cogli  altri  popoli.  Stendendosi  gli 
Issedoni  all'est  fino  a  Serica  e  al  sud  fino  allo  Jassarte,  dove  finisce  la  strada  delle  caro- 
vane provenienti  dall'India,  e  menzionata  più  alto  secondo  Strabone,  si  vede  chiara- 
mente per  qual  via  aveva  luogo  la  permuta  delle  mercanzie  dell'oriente  e  del  mezzodì 
dell'Asia.  Come  avrebbe  potuto  Erodoto  acquistare  un'esatta  conoscenza  degl'immensi 
popoli  sparsi  come  nomadi  nella  Sogdiana,  se  non  vi  fosse  stato  commercio? 

Viaggi  marittimi. 

La  navigazione  dei  mari  asiatici  si  limitava  un  tempo  ai  golfi  Arabico  e  Persico  e  al 
mar  delle  Indie.  Non  può  dubitare  che  questi  viaggi  non  si  eseguissero,  chi  consideri 
le  circostanze  che  rendevanli  facili,  perch'essi  facevansi  ordinariamente  lungo  le  coste, 
le  distanze  non  erano  grandi,  e  infine  essi  erano  favoriti  dai  venti  periodici.  La  dire- 
zione dei  venti  spiega  quanto  queste  vie  agevolavano,  nelle  differenti  stazioni,  i  viaggi 
per  la  penisola  di  qua  del  Gange  e  pel  ritorno. 

Il  porto  Barigaza  (Beroach;  era  il  principale  al  tempo  del  Periplo,  Ma  inoltre  Pattala, 
pel  Delta  dell'Indo,  sembra  essere  stata,  dai  tempi  più  remoti,  una  piazza  importante, 
e  si  presenta  come  tale  nelle  spedizioni  d'Alessandro.  La  navigazione  da  questo  porlo 
sino  a  Taprobana  o  Seilan,  e  lungo  la  costa  orientale  della  penisola  sino  al  Gange, 
bisogna  credere  non  fosse  che  un  semplice  cabotaggio. 


116  GEOGRAFIA  —  EPOCA   SECONDA 

§  10.   —  Le  carovane. 

Le  carovane,  destinate  a  traversare  regioni  deserte  o  mal  sicure,  sono  composte  da 
varj  padroni  di  camelli,  i  quali  si  obbligano  in  società  a  trasportare  da  luogo  a  luogo, 
a  proprio  rischio  e  pericolo,  le  mercanzie  affidate.  Formata  la  carovana,  i  capi  eleggono 
fra  di  loro  uno  sceJk  o  comandante,  il  quale  dirige  i  movimenti,  ordina  gli  accampa- 
menti, conserva  il  buon  ordine,  veglia  alla  sicurezza  comune,  comanda  da  padrone, 
ed  all'occasione  dev'essere  il  primo  a  farsi  contra  il  nemico.  11  prezzo  per  le  merci 
e  pei  viaggiatori  è  regolato  un  tanto  per  camello;  e  varia  secondo  le  stagioni  o  le  cir- 
costanze di  guerra,  per  il  maggiore  o  minor  numero  d'archibugieri,  ch'è  necessario 
assoldare,  come  pure  pei  doni  che  si  prevede  dover  fare  in  viaggio  alle  tribù  erranti, 
secondo  le  regioni  per  le  quali  bisogna  passare.  I  capi  sono  a  cavallo,  camminano 
sempre  alla  testa  della  carovana,  talvolta  la  precedono  per  esplorare  il  paese  e  vedere 
se  vi  abbia  accampamenti  ;  e  quando  ne  ravvisano,  se  si  credono  superiori  vanno  loro 
incontro;  ma  se  avvi  qualche  pericolo,  ritornano  alla  carovana  per  meglio  preparare 
i  mezzi  di  difesa.  I  fucilieri  sono  d'ordinario  a  piedi,  e  non  si  allontanano  mai  dal 
convoglio.  Quando  poi  devesi  accampare,  lo  sceik  pianta  una  bandiera,  attorno  alla 
quale  ciascheduno  innalza  la  sua  tenda,  collocandole  circolarmente.  Le  balle  e  le  casse 
delle  mercanzie,  poste  all'esterno  le  une  sopra  le  altre,  formano  una  guisa  di  trincea. 
Appena  il  campo  è  formato,  si  mandano  a  pascolare  i  camelli,  accompagnati  da  alquanti 
servi  e  fucilieri;  di  notte  s'internano  nel  campo. 

Prima  del  levar  del  sole  tutte  le  tende  si  abbassano;  e  fatto  il  primo  naìnaz  o  pre- 
ghiera, lo  sceik  dà  l'ordine  della  partenza;  ciascuno  s'incammina  un  dietro  all'altro, 
né  troppo  vicini,  né  troppo  discosti.  I  soli  cavalieri,  e  i  viaggiatori  senza  mercanzie, 
possono  precedere  a  lor  talento.  D'ordinario  le  persone  libere  d'impaccio  vanno  di 
conserva  ;  e  fatte  alcune  miglia,  smontano  per  aspettare  la  carovana,  per  far  colazione, 
o  soltanto  pel  piacere  di  pipare  a  lor  agio  e  bere  il  caffè,  che  preparasi  all'istante  racco- 
gliendo alcuni  arbusti,  ai  quali  si  appicca  il  fuoco.  Giunta  la  carovana,  rimontano  essi 
a  cavallo,  la  precedono  di  nuovo  fino  a  che  sieno  arrivati  all'accampamento.  Esso  è 
scelto  a  preferenza,  per  quanto  è  possibile,  nel  sito  ove  altre  carovane  siansi  fermate; 
precauzione  importantissima,  perchè  vi  si  trovano  sempre  gli  escrementi  de' cavalli  e 
dei  camelli  necessarj  per  accendere  il  fuoco  e  preparare  gli  alimenti;  quegli  escrementi 
servono  specialmente  a  cuocere  il  pane.  Mentre  che  ardono,  s'impasta  un  poco  di  farina, 
si  leva  la  cenere,  si  pone  la  pasta  sul  suolo,  e  la  si  copre  con  una  lamina  di  rame  calda; 
e  così  cuoce  senza  abbruciarsi.  Il  pane  di  tal  fatta  è  molto  cattivo,  ma  par  buono  per  la 
fame  :  sì  gli  Arabi  che  i  Tartari  se  ne  accontentano.  I  viaggiatori  meglio  agiati  portano 
sempre  seco  sufficiente  biscotto.  Gli  Arabi  non  accendono  fuoco  che  per  abbrustolire 
e  fare  il  caffè,  o  per  cuocere  il  pane.  Quelle  due  operazioni  ripetonsi  ogni  giorno, 
perchè  il  loro  pane  vecchio  è  molto  peggiore  del  fresco.  Altri  cibi  non  si  mangiano, 
fuorché  datteri,  uva  passa,  fichi  secchi,  e  cascio  chiuso  nelle  pelli  d'agnello. 

Nelle  regioni  asiatiche,  e  segnatamente  in  Arabia,  non  vi  sono  strade,  e  neppur  ponti 
sopra  i  fiumi  o  torrenti  che  scorron  lontani  dalle  città,  quantunque  necessarissimi  in 
tempo  d'inverno.  Di  città  in  città  le  relazioni  si  mantengono  col  mezzo  di  camellierì, 
i  quali  non  hanno  mai  giorni  stabili  per  la  partenza,  a  motivo  che  non  possono  mettersi 
in  cammino  che  per  carovane:  nessun  viaggio  da  solo,  a  cagione  della  poca  sicurezza 
delle  strade.  Bisogna  attendere  che  molti  viaggiatori  o  mercadanti  vogliano  andare  allo 
stesso  sito,  ovvero  profittare  del  transito  di  qualche  gran  personaggio,  come  sarebbe 
d'un  governatore  (pascià  o  agà),  il  quale  d'ordinario  si  fa  protettore  della  comitiva. 
Vi  sono  però  delle  carovane  che  hanno  tempo  fìsso  per  la  loro  partenza  :  fra  le  princi- 
pali è  quella  che  ogni  anno  da  Costantinopoli  parte  per  Damasco,  e  da  questa  città  alla 
Mecca,  ove  arriva  alcuni  giorni  prima  della  festa  yairon-aI-nahhr,  o,  come  dicono  i 
Turchi,  kurban  beirain,  la  (juale  cade  nel  giorno  10  del  mese  dulage.  Una  carovana 
simile  parte  da  Marocco,  traversa  la  Mauritania  e  la  Libia  per  unirsi  a  quella  degli  Lgizj 
che  si  raduna  al  Cairo,  onde  poi,  per  la  via  di  Suez,  recarsi  alla  Mecca  per  la  stessa 
solennità.  Un'alira  gran  carovana  parte  dalla  Persia,  e  via  via  ingrossandosi  a  Bagdad 
ed  a  Bassora,  perviene  essa  pure  alla  stessa  mela:  senza  contar  quelle  che  provengono 


LE  CAROVANE  UT 

dalla  Nubia  e  dall'interno  delTAfrlca  varcando  il  mar  Rosso,  come  pure  quelle  che 
conducono  i  pellegrini  musulmani  delle  regioni  dell'lndostan,  e  die  giungono  io  Arabia 
dalla  parie  dell'Oman,  traversando  il  golfo  Persiano. 

Oltre  le  sopra  indicate  grandi  carovane  composte  di  devoti  pellegrini,  a  cui  nulladi- 
meno  si  unisce  gran  quantità  di  viaggiatori  e  mercadanti,  partono  dal  Cairo  due  o  tre 
carovane  all'anno  per  la  Nubia,  otto  o  dieci  per  la  Libia  e  Barbcria,  trenta  o  trenta- 
cinque  per  Gaza  e  la  Siria.  Da  Damasco  escono  circa  ogni  quindici  giorni  sei  carovane, 
cioè  per  Bassura,  per  Bagdad,  per  Aleppo,  per  l'Egitto,  per  l'Armenia  e  per  la  Mesopo- 
tamia.  Da  Bagdad,  ogni  mese  si  mettono  in  moto  alcune  piccole  carovane  di  camelli, 
asini  e  muli,  in  numero  di  circa  seicento,  le  quali  difTondonsi  nel  Curdistan,  nell'Ar- 
menia, nella  Siria,  nella  Caramania  ed  in  Natòlia,  e  spingonsi  fino  ad  Ispaban  ed  a 
Costantinopoli;  quest'ultima  sta  in  viaggio  più  di  quattro  mesi.  Si  sono  vedute  talvolta 
delle  carovane  arrivare  a  Borsa,  le  cui  bestie  da  soma  erano  quasi  tutti  camelli,  in 
numero  persino  di  cinquemila.  I  proprietarj  di  quelle  che  provengono  dall'Arabia  per 
la  via  di  Damasco  e  di  Aleppo,  vendono  i  loro  camelli,  non  riservandosi  ordinariamente 
se  non  il  numero  assolutamente  necessario  al  trasporto  delle  poche  mercanzie  che  tro- 
vano pel  ritorno,  se  pure  il  loro  arrivo  non  coincida  colla  prossima  partenza  de'  pelle- 
grini per  la  Mecca. 

Non  sempre  le  carovane  pernottano  alla  serena  :  sferzati  dal  caldo  e  dalla  sete,  ab- 
battuti dalla  fatica  e  dalla  stanchezza,  talvolta  traversato  un  mare  di  sabbia,  che  il  vento 
agita  e  scompiglia,  scorsa  una  regione  deserta,  senz'alberi,  senza  coltura,  senza  luogo 
di  riposo  e  di  rinfresco,  i  viaggiatori  godono  di  trovarsi  uniti  in  uno  di  que'gran  fab- 
bricati kan  0  kam  ed  anche  kerban  che  i  Turchi  e  Persiani  appellano  kervan-seraiy  e 
volgarmente  caravanserragli.  Quegli  edifizj,  dopo  le  moschee,  sono  i  più  sontuosi  che 
vedansi  nei  paesi  musulmani.  Costrutti  da  pie  persone,  e  talvolta  ancora  dai  governi, 
sono  sempre  aperti;  ed  i  viandanti  e  le  carovane  entrano  ed  escono  alla  libera  senza 
chieder  licenza,  rimanendovi  quanto  ognun  vuole,  senza  scotto.  Questa  istituzione  è 
dovuta  al  principio  di  morale  religiosa  che  obbliga  tutti  i  Musulmani  ad  esercitare 
l'ospilalilà  verso  il  pellegrino  o  viandante,  di  qualunque  nazione  o  culto  egli  sia.  In 
conseguenza  di  tale  principio  sonovi  dei  kam  in  tutti  i  luoghi  abitati,  e  talvolta  nelle 
campagne  ove  si  presume  che  i  viaggiatori  sieno  costretti  a  fermarsi. 

Nelle  città,  il  numero  dei  caravanserragli  è  in  proporzione  del  commercio  e  delle 
mercanzie  che  vi  devono  passare.  Sono  poi  tutti  fabbricali  sopra  strade  frequentate, 
a  20  0  23  miglia  l'uno  dall'altro,  e  per  quant'è  possibile  collocati  vicino  ad  acque  lim- 
pide 0  a  fontane.  In  quella  specie  d'alberghi  non  vi  ha  mobili;  il  viaggiatore  è  costretto 
a  portare  il  suo  letto  e  l'occorrente  per  la  cucina:  si  trova  però  dapertutto  paglia  ed 
orzo  per  i  cavalli,  e  per  gli  uomini  pane,  riso,  latte,  carne  e  frutta,  a  prezzo  modico 
e  fissato.  Non  è  che  in  alcuni  distretti  dell'Arabia,  cioè  fra  i  popoli  più  ospitalieri  del 
mondo,  che  trovinsi  stabilimenti,  ove  il  viaggiatore  sia  ricoverato  e  nutrito  senza  il 
menomo  pagamento.  Principalmente  nel  Tehama  e  negli  Stati  dell'imam  di  Sanale,  cioè 
nell'Yemen,  abbondano  tali  pii  stabilimenti,  i  quali  portano  il  nome  di  simserè  o  mansal. 
Colà  il  viaggiatore,  qualora  voglia  accontentarsi,  viene  trattato  secondo  l'usanza  del 
paese;  e  chi  viaggiò  in  quelle  felici  contrade,  provò  sovente  quanto  generosa  sia  l'araba 
ospitalità.  Bisogna  però  che  gli  Europei  portino  con  sé  il  vino.  Il  danese  Niebuhr,  tra- 
versando il  Tehama,  e  passando  per  il  villaggio  di  Menagrè,  cosi  si  esprime:  «  Menagrè 
ci  divenne  rimarchevole  per  il  primo  mansal  che  noi  incontrammo:  è  una  casa  in  cui 
i  viaggiatori  sono  ricevuti  gratuitamente;  la  stanza  o  capanna  in  cui  sono  alloggiati, 
è  mobiliata  d'un  serir  (sedia)  ;  viene  lor  dato  del  kisdier,  del  pane  caldo  di  miglio,  del 
latte  di  camelia,  del  butirro  e  del  caffè.  Quando  poi  il  padroue  di  quel  benefico  stabili- 
mento fu  avvertito  ch'erano  giunti  alcuni  ospiti  europei,  corse  immantinente  a  vedere 
se  i  suoi  servi  ci  trattavano  bene;  e  se  noi  vi  fossimo  dimorati  più  lungo  tempo,  voleva 
far  uccidere  un  montone.  Ci  fece  cuocer  del  pane  di  frumento,  il  quale  è  raro  in  ([uella 
provincia;  fece  recar  latte  di  vacca,  quando  vide  che  quello  di  camelia  non  ci  andava 
a  genio  per  la  sua  viscosità.  I  nostri  servi  arabi  ci  dissuasero  d'offrire  un  regalo  al 
padrone  di  quella  casa,  per  tema  di  disgustarlo:  ma  un  costui  servo  venne  a  noi  in 
luogo  da  non  esser  veduto,  ed  accettò  la  piccola  ricompensa  che  gli  demmo».  Anche 
in  Siria  e  uell'Irak  trovansi  talvolta  simili  benefìci  stabilimenti.  In  Khoug,  citlà  di 


H8  GEOCnAFIA  —  EPOCA  SECONDA 

Siria  suirOronte,  che  da  taluni  vieti  cliiamata  Shogle,  vi  ha  un  heliissimo  caravanser- 
raglio, in  cui  i  viaggiatori  senza  veruna  distinzione  sono  ricevuti  ed  alimentali  gratui- 
tamente per  un'intera  giornata. 

1  caravanserragli  hanno  presso  a  poco  la  stessa  forma:  fabhricati  in  quadrato  con 
ampio  cortile  nel  mezzo,  e  talvolta  con  due  cortili,  attorno  ai  quali  vi  sono  le  scuderie 
e  al  di  sopra  molte  camere;  nel  mezzo  una  piccola  moschea  o  semplice  cappella  per 
le  preghiere.  Vi  si  entra  per  una  gran  porta,  che  chiudesi  in  tempo  di  notte.  Le  camere 
formano  un  quadrato  di  12  in  15  piedi  ;  si  danno  a  scelta  e  sempre  senza  distinzione, 
al  primo  che  arriva.  Le  scuderie  ricevono  luce  da  fìnestruole  molto  alle;  le  camere  or- 
dinariamente non  l'hanno  che  dalla  porta  d'ingresso.  Nell'inverno  la  maggior  parte  dei 
viaggiatori  si  colloca  nelle  scuderie,  assai  pulite,  e  più  calde  delle  camere,  anche  per 
vegliare  sui  cavalli  o  camelli  :  i  servitori  delle  carovane  stanno  sempre  vicini  alle  bestie 
e  mercanzie  affidale.  In  quelle  scuderie  lungo  tutto  il  muro  corre  dappiedi  un  assito 
largo  cinque  o  sei  piedi ,  sul  quale  i  viaggiatori  adagiansi  in  faccia  ai  loro  cavalli  : 
simile  tavolato  è  nel  cortile,  e  serve  in  tempo  d'estate  come  nella  scuderia.  Nella  bella 
stagione  di  rado  le  carovane  si  recano  in  un  caravanserraglio,  preferendo  accampare, 
ove  non  si  tema  di  ladri. 

La  custodia  di  quegli  ampj  e  maestosi  edifizj  è  commessa  a  persone  responsali  d'ogni 
furto  di  merci,  cavalli  e  bestie  da  soma,  che  potesse  accadere  nel  loro  recinto.  Il  cu- 
stode abita  vicino  alla  porta,  ed  è  altresì  incaricato  di  mantenere  chi  la  spazzi;  con- 
segna la  chiave  della  camera,  ed  una  sluoja,  se  vien  domandata.  In  quelle  gratuite  celle, 
come  si  accennò,  non  si  trovano  che  nude  pareti,  ed  il  viaggiatore  deve  portare  con  sé 
tutto  che  possa  rendergli  agiata  la  dimora:  ond'è  che  gli  Orientali  danno  ai  loro  arnesi 
da  viaggio  la  massima  semplicità  e  la  forma  più  facilmente  portatile.  Il  corredo  d'un 
viaggiatore  che  di  nulla  manchi,  consiste  in  un  tappeto  o  stuoja,  un  materasso,  una 
coperta,  due  casseruole  coi  loro  coperchi,  una  entrante  nell'altra,  sei  piatti,  una  caffet- 
tiera, un  bossolo  di  legno  pel  sale  e  pepe,  due  tazze  da  caffè  senza  manico  in  una  pelle, 
una  tavola  rotonda  di  cuojo,  che  si  attacca  alla  sella  del  cavallo;  alcune  piccole  otri 
0  sacchi  di  cuojo  per  l'olio,  il  burro  fuso,  l'acqua  e  l'acquavite  se  non  è  musulmano; 
finalmente  una  pipa,  un  accendifuoco,  una  lazza  di  cocco,  riso,  uva  passa,  datteri,  for- 
maggio, e  sopratutto  caffè  in  grani,  col  tamburo  per  torrefarlo  ed  un  macinino.  I  ne- 
gozianti e  viaggiatori  europei  non  si  adattano  facilmente  a  tanta  semplicità  ,  quindi 
i  loro  viaggi  sono  dispendiosissimi,  e  per  tal  ragione  rarissimi;  ma  gli  Asiatici,  anche 
i  più  ricchi,  non  fanno  difficoltà  di  passare  una  parte  di  loro  vita  in  tal  modo  sulle 
grandi  vie  da  Costantinopoli  a  Damasco,  da  Ispahan  a  Peking,  dal  Cairo  a  Marocco,  e 
da  quest'ultima  città  a  Tombuclu  ed  alle  interne  regioni  del  Sudan.  I  viaggi  formano 
la  loro  educazione  e  la  loro  scienza:  dire  che  una  persona  è  un  negoziante,  è  lo  stesso 
che  indicar  un  viaggiatore.  Essi  hanno  il  vantaggio  di  comperar  le  merci  alla  fonte  ove 
sono  prodotte,  di  averle  a  miglior  mercato,  di  vegliare  alla  loro  sicurezza  lungo  il 
viaggio,  e  d'ottenere  persino  dei  ribassi  sui  moltiplicali  pedaggi;  finalmente  imparano 
a  conoscere  i  pesi  e  le  misure,  la  cui  grande  diversità  rende  cotanto  complicalo  il  ne- 
goziare. Ogni  città  ha  peso  proprio,  sovente  eguale  pel  nome,  ma  diverso  in  valore. 

Col  sistema  dei  caravanserragli  i  viaggi  in  Oriente  riduconsi  a  moderato  dispendio; 
le  spese  pel  trasporto  sono  lenuissime,  poiché  il  nutrimento  delle  bestie  da  soma  costa 
poca  cosa,  jìascolando  esse  gratuitamente  ne'  campi  incolti,  presso  i  quali  si  ferma  la 
carovana,  e  non  mangiando  nei  caravanserragli  che  paglia  ed  orzo,  i  (]uali  si  hanno  per 
lutto  a  buon  patto  :  l'alloggio  è  sempre  gratuito. 


li:  p  o  e  A    111 

DAL  770  AL  323  AV.  e. 


§  1 ,  —  Impero  persiano. 

I  cotKiuistatori  niniviti  e  babilonesi  soccombettero  ai  re  della  Persia,  che  più  stabile 
dominio  posero.  Prima  che  fra  questi  sorgesse  Ciro  a  creare  un  vastissimo  impero, 
moltissimi  popoli  di  razza  e  lingua  diversa  abitavano  nella  penisola  asiatica  vicina  al- 
l'Europa, e  caddero  in  soggezione  di  Creso  re  della  Lidia.  J'ali  erano  la  Frigia  inferiore  Hoauo 
e  la  superiore,  in  tutta  la  larghezza  della  penisola  fin  alla  Cilicia;  la  Paflagonia  sulla '^' ^'■"" 
costa  del  Ponto  Eusino;  ad  occidente  delle  Frigie  la  Alisia,  la  Lidia,  la  Caria  o  Doride: 
all'estremo  mezzodì  la  Pisidia,  la  Licia,  la  Panfilia,  la  Cilicia-,  dalla  Cappadocia  arri- 
vavasi  agli  altri  paesi  dell'Armenia,  Mesopotamia  ecc. 

I.  La  Lid  ia  fra  l'Ermo  e  il  Meandro,  ebbe  nome  di  Meonia  da  Meone  re  della  stirpe 
degli  Atiadi,  dalla  quale  uscì  pure  Lido,  onde  il  nome  di  Lidia.  I  Lidj  assistettero 
Priamo  nella  guerra  di  Troja.  Da  Gige  fin  a  Creso  crebbe  questo  regno,  a  scapito  delle 
colonie  greche  orientali,  assoggettando  Smirne,  Mildo,  Colofone^  la  Troade,  Prime. 
Creso,  soggiogata  la  più  parte  dell'Asia  Minore,  ebbe  per  confini  al  nord  l'Alis  in  Cap- 
padocia, all'ovest  il  mar  Egeo,  al  sud  la  Cilicia.  Sardi,  sul  Pattolo  dalle  arene  dorate, 
a  pie  del  monte  Tmolo  ricchissimo  di  miniere,  fu  capitale  del  regno  :  altre  città  im- 
portanti erano  Efeso;  Smirne  sul  mar  Egeo;  Colofone,  colonia  greca  caduta  la  prima 
in  man  de'  Lidj;  Eraclea,  città  dorica  come  Alicarnasso;  Prusa  in  Bitinia;  limbrea  al 
sud-est  della  Frigia  dove  fu  dato  il  crollo  alla  potenza  lidia. 

II.  Arbace  sottrasse  (759)  alla  dominazione  assira  la  Media,  che  conservò  la  nazio- 
nalità finché,  pel  matrimonio  di  Cambise  e  Mandane,  annestandosi  alla  Persia,  dominò 
sul  resto  dell'Asia.  Le  vittorie  da  Arbace  a  Ciro  dilatarono  q^pl  territorio  fino  all'Alis 
e  alle  frontiere  lidie.  Città  principali  Ecbatana,  una  delle  più  floride  dell'Asia,  cinta  da 
settemplice  muro  ;  liages,  Larissa. 

MI.  Malgrado  le  conquiste  di  Nabucodònosor  II,  la  Babilonia  conservò  le  antiche 
frontiere,  che  erano  al  nord  la  Media  e  l'Armenia,  all'ovest  il  mar  Interiore,  al  sud  l'A- 
rabia, all'est  la  Persia. 

IV.  Quest'ultima,  quasi  ignota  fin  a  Ciro,  fu  detta  Elam,  Iran,  Achemenia,  poi  Persm Persia 
o  Perside,  e  abitata,  credesi,  dagli  Elamiti  di  razza  semitica.  Da  nomadi  scorreano  le 
sterili  lande,  senza  quasi  città  ;  sebbene  si  nomini  Pasargada  o  Persagarda  come  centro 
delle  erranti  tribù. 

Ingrandì  essa  allorché  Ciro  (536)  si  propose  d'assoggettare  tutta  l'Asia  conosciuta  ; 
e  in  meno  di  venl'anni  stese  i  confini  al  nord  sino  al  Ponto  Eusino  e  alle  valli  caucasee, 
al  mar  Caspio  ed  al  paese  dei  Messageti  ;  all'ovest  sino  ai  mari  Egeo  ed  Interiore;  al 
sud  fin  all'Arabia,  al  golfo  Persico  e  al  mar  Egeo;  all'est  fin  all'Indo  :  tirando  da  oc- 
cidente in  oriente  non  meno  di  5600  miglia,  e  più  di  1500  dal  sud  al  nord. 

Né  a  ciò  stettero  contenti  i  successori  di  Ciro  ;  e  Cambise,  penetrato  in  Africa  per 
l'istmo  di  Suez,  conquistò  l'Egitto;  ma  volendo  spingersi  fra  i  deserti,  vi  restò  sepolto 
dalle  arene.  Dario,  suo  successore  (522),  traversato  l'Indo,  aggiunse  all'impero  il  paese 
dei  Seri;  indi  lo  spartì  in  venti  satrapie  o  governi,  di  cui  alcuni  restarono  si  può  dire 
indipendenti,  pagando  grosse  imposizioni. 

La  P  satrapia,  all'estremo  occidente  dell'Asia,  detto  Asia  Minore,  abbracciava  l'£o- Satrapie 
Ha,  la  Jonia,  la  Caria,  la  Licia,  la  Miliade  e  la  Panfilia,  cioè  la  più  parte  delle  colonie 
greche.  Città  principali  Cuma,  Smirne,  HJileto,  Magnesia,  Alicarnasso,   Xanto,  Milia. 

All'est  di  questa  era  la  2='  satrapia  o  Grande  Misia,  composta  della  Misia,  Lidia,  Ca- 
balia,  I genia,  Lasonia,  Città  Pergamo  e  Sardi, 


120  GEOGRAFIA  — EPOCA   TEF.ZA 

La  3"  abbracciava  i  paesi  al  nord  e  al  centro  dell'Asia  Minore-,  la  Piccola  Misia  in 
riva  all'Ellesponto;  la  Bitinia,  divisa  in  orientale  ed  occidentale  sulle  rive  del  Ponto 
Eusino;  la  Pajlagotiia  all'est  della  precedente  e  sul  mare  stesso;  la  Frigia,  altura  nel 
cuor  dell'Asia  Minore,  cui  s'addossavano  le  altre  provincie,  cioè  al  nord  la  Bitinia  e  la 
Patlagonia,  all'ovest  la  Misia  e  la  Lidia.  Più  tardi  questa  provincia  divisa  prese  i  nomi 
di  Galazia,  Pisidia,  IJcaonia.  Poi  tutto  il  paese  verso  l'Armenia,  abitato  da  popoli  siri, 
fu  detto  Cappadocia  maggiore  e  minore  o  ponlica.  Fra  le  città  si  distinguevano  Cizico, 
Lampsaco,  Dascilio,  Apollonia^  Prusa,  Eraclea,  Celene,  Colosso  Sagalasso,  Comana 
ponlica. 

La  Cilicia  formava  la  4"  satrapia,  al  sud  della  Cappadocia  e  al  nord  del  mar  Interiore, 
con  grandi  e  ricche  città,  quali  Tarso,  Soli,  Anch'ale. 

Componevasi  la  5"  di  provincie  fra  l'Eufrate  e  il  mar  Interiore,  come  Siria,  Fenicia, 
Palestina,  Isola  di  Cipro,  colle  città  di  Tripoli,  Damasco,  Tadmor. 

la  Egitto,  le  Oasi  e  la  Cirenaica  componevano  la  6'. 

La  7-'  era  il  paese  ad  occidente  dell'indo,  abitato  da  Gandari,  Allacidi,  Dacidi. 

8"  la  Susiana,  all'est  della  Babilonia  ;  capitale  Susa. 

D'I  la  Babilonia,  Assiria  e  Mesopotamia  ;  caititale  Babilonia. 

iO'  la  Media  con  Ecbatana. 

W"  il  litorale  al  sud-est  del  Caspio,  ove  i  Caspi,  i  Pausici,  i  Pantimali,  i  Bariti. 

La  12*  constava  della  Ballriana  con  Battra. 

La  13"  ùeW  Armenia  e  due  altre  piccole  regioni  non  ben  determinate. 

La  14*  delle  regioni  Sagarisiana,  Sarangiana,  Tamaniana,  Wmna  all'est  della  Per- 
sia, colle  città  Proftasia,  Agriaspe,  Caramana. 

Estrema  orientale  era  la  15'',  composta  dal  paese  dei  Saci  e  Casi,  tribù  messagele  al 
nord-est  della  Battriana. 

La  16*  chiudeva  la  Sogdiana,  la  Partia,  la  Corasmia,  VAria,  colle  città  iVEcatom- 
pila,  Maracanda,  Artacoana. 

La  IT''  in  riva  all'Eritreo,  comprendeva  la  Gedrosia,  la  Paricania,  le  Oriti. 

La  18',  il  paese  degl'lberi,  Albani,  Alarodi. 

La  19',  i  Moschi,  Macroni,  Tibareni,  ad  occidente  de'  predetti. 

La  20''  abbracciava  le  conquiste  indiane  di  Dario,  ove  Sere  capitale  della  Serica. 

La  Persia,  cui  capitale  era  Perscpoli,  in  fertile  piano,  al  confluente  del  Medo  coH'A- 
rasse,  oltre  Pasargada,  dipendeva  immediatamente  dal  re,  e  non  pagava  imposte. 

Fiedono  alla  Persia  fre  strade,  rinomate  nella  storia.  La  più  orientale  staccasi  dal 
porto  di  Bender-Abassi  o  Cabrun  presso  l'imboccatura  del  golfo  Persico,  e  mena  verso 
borea  alla  Caramania  (Scirman).  La  media  comincia  a  Buscire  sulle  sponde  del  golfo 
stesso,  e  di  sopra  una  giogaja  inferiore  a  Cazrun,  mena  a  Sciapur,  sede  dei  Sassanidi; 
poi  scendendo  una  montagna  dirupata  a  Sciraz,  già  residenza  dei  califfi,  indi  per  la 
valle  ove  fu  Persepoli,  volge  a  tramontana  per  gole  anguste,  donde  sbuca  nel  grande 
acrocoro  ove  sta  Ispahan.  La  strada  montana  occidentale  comincia  a  Bagdad,  passa  per 
le  Porte  Medie  nella  catena  detta  Zogros,  traversa  Cliersonmansciar,  Besittun,  gli  avanzi 
del  tempio  di  Kangiaor,  e  riesce  ad  Ecbatana  {Amadaìi}  nella  Media. 

g  2,  —  Grecia  al  tempo  della  guerra  Medica, 

Allorché  la  Grecia  tornò  a  contesa  coll'Asia  (490),  in  parte  conservava,  in  parte  avea 
mutato  la  condizione  sua  di  quando  sostenne  la  prima  lolla  generale  nella  guerra  di 
iroja. 

iXclla  Grecia  settentrionale  erano: 

La  Tessaglia,  già  Emonia,  bagnata  dal  Penco,  celebre  per  cavalli,  onde  nac(|ue 
la  favola  de' Centauri,  l-a  dividoano  in  Pelasgioti.le,  Esliotide  ,  Tessaliotidc,  Fliotidc, 
Magnesia.  La  Pclasgiotide  al  nord-est  occupava  le  jìcndici  dell'Olimpo  e  dell'Ossa,  fra  i 
quali  la  beata  valle  di  Tcnipc:  n'era  capitale  Lar^ssrt.  L'Esliotide,  all'ovest  della  pre- 
cedente, avea  le  città  di  Gomfi  e  Tricca.  Al  sud  delle  predette  era  la  Tessaliotide  con  Far- 
saglia.  Al  sud  di  questa  la  Fliotide  sul  margine  del  golfo  Maliaco  fino  al  golfo  Sagasitico, 
e  verso  le  rivo  del  lago  Bebé:  sue  città,  Fere,  dominata  da  Alessandro  tiranno;  Aniicira, 


r.UECIA    AL    TEMPO   DELLA   CLEURA    MÈDICA  iìi 

rinomata  per  l'elleboro:  Eraclea  di  Trachinia,  vicino  della  quale  aprivasi  la  gola  delle 
Termopile,  (|uelle  mortali  strette,  così  famose  che  altro  non  ne  san  dire  le  storie.  Fra 
Aipeoo  e  la  foce  dello  Sperchio,  Icvansi  a  mancina  rupi  inaccessibili,  api)endice  del 
monte  Callidromo,  una  delle  punte  dell'Oeta  ;  a  destra  impaludano  fiumi  scendenti  al 
mare;  e  traessi  e  il  monte  non  rimane  che  un  sentiero  anj.'usto  e  fangoso,  largo  talvolta 
appena  per  un  carro,  altrove  sin  a  16  metri.  Dopo  Alpeno  veniva  il  sasso  Melampifjc^ 
poi  la  sedia  de' Cecropi,  indi  le  sorgenti  calde,  sacre  ad  Ercole.  Queste  davan  il  nome 
al  passo,  detto  Portecalde  (Termopile),  perchè  quivi  un  muro  fin  da  antico  chiudeva  il 
passo  ai  Focesi,  salvo  una  porta.  Segue  il  confluente  del  Fenice  ncll'Asopo,  e  dove 
questo  sbocca  in  mare,  sorgeva  il  borgo  d'Antela,  di  là  dal  quale  il  tempio  di  Cerere 
Amfizionia,  dove  sedea  il  consiglio  degli  Amfizioni.  Quivi  fu  alzato  il  sepolcro  agli 
Spartani  che  caddero  «  obbedendo  alle  sante  leggi  della  patria  ».  Veniva  poi  la  dirupala 
Trachis,  che  die  nome  alle  Trachinie  di  Sofocle.  Cinque  stadj  più  oltre  scorre  il  Melas  ; 
e  a  venti  stadj  va  al  mare  il  Diras,  poi  ad  egual  distanza  fluisce  lo  Sperchio,  un  dei 
jìrincipali  fiumi  di  Grecia. 

L'Epiro,  V  Acarnan  ia,  V  Etolia  già  ci  furono  descritte. 
La  Doride  o  Driopid e,  piccolo  paese  montuoso  chiuso  dall'Etolia,  dai  Locresi 
e  dalla  Focide,  patria  dei  Don  che  invasero  il  Peloponneso;  era  detta  anche  Tetrapoli 
in  grazia  delle  quattro  sue  città  Pindo  o  Clfardo,  Erinea,  Beo  e  Citinio. 

1  Locresi  si  dividevano  in  Ozolj  all'occidente,  con  Naupalto;  Opunzj  e  Epicnemi- 
diani  a  oriente,  con  Gino  e  Oponto  sull'Euripo  rimpetto  all'Eubea,  Augea  e  Tarfe  nel- 
l'interno. 

La  Focide,  avente  i  Locresi  al  nord-ovest  e  la  Beozia  al  sud-est,  era  celebrata  pel 
tempio  di  Delfo,  città  sul  pendio  del  Permesso.  Vantavasi  inoltre  della  città  di  Crissa, 
e  Elatea,  Cirra  a  pie  del  monte  Cirfi,  Anticira  al  sud  sul  golfo. 

La  Beozia  al  sud-est  della  predetta,  tutta  cinta  da  monti  sicché  un  solo  de'  suoi 
fiumi  giungeva  al  mare,  gli  altri  stagnavano  in  laghi,  di  cui  erano  principali  il  Copai 
e  rilica,  era  rinomata  per  fecondo  terreno  e  grossi  ingegni.  Sue  città,  Tebe,  patria  di 
Pindaro;  Platea,  Cheronea,  celebri  per  due  battaglie;  Delio,  ove  Socrate,  combattendo 
coi  Tebani,  salvò  la  vita  a  Senofonte. 

La  Meg aride,  piccolo  paese  tra  il  Cilerone  e  il  golfo  Saronico.  Megara  stava  sul 
golfo  col  porto  di  Nisea.  Poco  discosto  erano  le  rupi  Scironidi,  traverso  le  quali  fu  aperta 
la  strada  che  tagliava  l'istmo. 

U  Attica  occupava  la  penisola  triangolare  all'estremità  sud-est  dell'Eliade,  larga  al 
più  30  miglia  da  occidente  in  oriente,  e  lunga  43  da  nord  a  sud,  cioè  dal  Citerone  al 
capo  Sunio.  Dalla  Beozia  separavala  il  Citerone;  del  resto  circondata  dall'Egeo,  e  pel 
Cefiso  divisa  in  occidentale  ed  orientale.  Questa  penisola  secca  e  montuosa  partivasi  in 
Diacria  o  terre  alte  al  nord,  Paratia  o  paese  a  mare,  Pedion  o  pianura.  La  popolazione 
n'era  divisa  per  tribù,  suddivise  in  demi  o  borghi:  le  tribù  dapprincipio  furono  IO, 
indi  li  ;  i  borghi  170  o  174. 

In  un  piano  che  verso  sud-ovest  stendeasi  fin  al  mare,  dall'altro  lato  era  cinto  da  Ueue 
montagne,  stava  Atene,  la  sede  della  più  bella  civiltà,  edificata  da  Cecrope  egiziano  il 
1643?  av.  C,  e  così  denominata  dal  culto  di  Atena  (Minerva).  Divideasi  in  Acropoli  o 
cittadella  primitiva,  detta  Cecropia  dal  fondatore,  e  posta  s'una  collina,  al  cui  piede 
stendeasi  VAstu  o  città  propria,  compreso  il  colle  dell'Areopago,  e  parte  di  quelli  delti 
Museo  e  Licabetto,  fra  i  quali  e  l'Acropoli  scendeva  la  valle  del  Ceramico  interno.  L'A- 
cropoli sulla  sommità  era  larga  da  576  metri,  e  lunga  il  doppio,  sicché  pareva  appro- 
priata a  sostenere  i  monumenti  che  da  lungi  annunziassero  la  gloria  d'Alene,  e  fra  i 
quali  soUevavasi  il  Partenone-  A  piò  dell'Acropoli  s'incontravano  da  un  lato  l'Odeonc 
e  il  teatro  di  Bacco;  dall'altro  il  Pritaneo,  ove  davansi  banchetti  gratuiti  ai  principali 
magistrati  e  ai  cittadini  più  degni.  Dapertutto  erano  sparsi  tanti  monumenti,  che  si 
fatica  a  credere  potessero  capire  in  sì  angusto  spazio. 

Atene  aveva  tre  porti;  l'antico  di  Falero,  e  due  di  Munichia  e  del  Pireo:  e  gli  abi- 
tanti di  questi  formavano  tre  demi  distinti.  Due  braccia  di  muro  amplissime  furono 
edificate  da  Temistocle  per  unire  i  porti  alla  città,  lunghe  40  stadj,  e  dette  i  muri  lun- 
ghi 0  le  gambe.  Distrutti  nella  tirannia  dei  Trenta,  furono  ricostruiti  con  minor  rego- 
larità da  Conone;  abbattuti  da  Siila,  né  più  riedificati  :  oggi  uon  ne  rimangono  che  la- 


122  GEOGRAFIA  —  EPOCA  TERZA 

ceri  avanzi,  lambiti  da  una  strada  di  ferro.  Per  la  porta  P«Va?ca  uscivasi  al  Pireo,  per  la 
Falerica  al  Falere:  sulla  via  del  Palerò  era  il  monumento  di  Antiope,  ed  una  cella  sacra 
a  Giunone  che  fu  bruciala  da  Mardonio  figlio  di  Gobria;  sopra  quella  del  Pireo  erano 
sepolcri,  fra'  quali  i  più  celebri  il  cenotafio  d'Euripide  e  la  tomba  di  Menandro.  — Da 
Atene  al  Pireo  in  linea  retta  contavansi  55  stadj:  le  sue  fabbriche  e  i  tre  porti  in  cui 
suddividevasi,  erano  architettura  d'Ippodamo  di  Eurifonte  nativo  di  Mileto,  o  secondo 
altri  Turio.  Questi  tre  porti  nomavansi  il  porto  Grande  o  Cantaro,  Afrodisio  e  Zea:  il 
secondo  prendea  nome  da  un  tempio  di  Venere  eretto  ivi,  presso  il  mare,  da  Conone 
dopo  la  vittoria  di  Gnido  :  sul  porto  Cantaro  era  il  sepolcro  di  Temistocle.  Veniva  chiuso 
da  due  rupi  dette  Eetion  ed  Alcime,  che  ne  rendevano  l'ingresso  angusto  e  difficile.  Le 
sue  fortificazioni,  intraprese  da  Temistocle  durante  il  suo  arcontato  (477),  furono  com- 
piute da  Pericle,  che  le  portò  a  quaranta  cubiti,  o  20  mftri  circa  d'altezza:  giravano 
tutta  la  città  del  Pireo:  distrutti  dagli  Spartani  a  suon  di  tibie  nel  40 i,  furono  rialzate 
da  Conone;  e  finalmente  rovesciate  da  Siila,  il  Pireo  fu  ridotto  a  semplice  borgata.  Esi- 
stevano pure  in  questa  città  l'arsenale  costrutto  da  Filone;  il  fòro  marittimo  o  portico 
lungo;  il  fòro  interno  ;  il  recinto  sacro  di  Minerva  e  di  Giove  con  statue  dì  bronzo  di 
queste  divinità,  e  pitture  di  Arcesilao  rappresentanti  Leosfene  co' figli;  ed  il  teatro: 
presso  il  porto  eranvi  le  statue  di  Giove  e  del  Popolo,  opera  di  Leocare.  Oggi  de'  tre 
porti  solo  il  Grande  è  accessibile,  gli  altri  due  si  riconoscono;  i  Greci  lo  chiamano  porto 
Drar.o;  i  Franchi  porto  Lione,  per  un  leone  di  marmo  che  ivi  esistette  fino  all'anno  lt)87, 
donde  fu  trasportato  in  Venezia.  —  Munichia,  fornita  pure  di  porto  particolare,  appel- 
lavasi  la  penisola  o  promontorio,  che  separa  il  Falero  dal  Pireo:  essendo  un  colle  de- 
serto e  forte,  servì  di  difesa  a  Trasibulo  nella  guerra  contro  i  Trenta:  ivi  fu  un  tempio 
di  Diana  soprannoraata  Munichia,  del  quale  rimangono  avanzi,  e  l'ara  di  Diana  Fosforo: 
il  porto  è  oggi  interrato. 

La  pianura  d'Atene  era  da  tre  lati  cinta  di  monti,  e  dominavasi  tutta  dall'alto  dell'A- 
cropoli; vedendo  ver  levante  rimetto  dalla  doppia  cima;  a  settentrione  il  Pentelico, 
ricco  di  marmi  ;  verso  sud-est  le  miniere  di  Laurio;  a  sud-ovest  i  porti  e  il  golfo  Sa- 
ronico,  e  le  isole  di  Salamina  e  d'Egina,  e  via  sin  alla  cittadella  di  Corinto. 

Oltre  il  piano  propriamente  detto  Attica,  se  ne  apriva  un  altro,  denominato  da  Eelusì 
al  nord-ovest,  ove  celebravansi  le  misteriose  iniziazioni:  nel  campo  Bario  credeasi  fosse 
la  prima  volta  da  Trittolemo  seminato  il  frumento.  Un  altro  piano  comprendeva  Mara- 
tona al  nord-est,  ove  (490)  cendiecimila  Persiani  furono  vinti  da  diecimila  Greci:  le 
fortezze  di  File,  Decelia,  Enoe  proteggevano  la  frontiera  settentrionale. 
Popolaz.  La  popolazione  dell'Attica  dividevasi  in 
di  Atene         j_  Ateniesi  propriamente  detti,  che  soli  partecipavano  al  governo; 

II.  Metechi  o  Meteci,  stranieri  domiciliati  in  Atene  colle  loro  famiglie,  protetti  dal 
governo  senza  parteciparvi; 

in.  Schiavi  fra  greci  e  stranieri  :  imprimi  erano  i  vinti  in  guerra  ;  gli  altri,  comprati 
nella  Tracia  e  in  altri  paesi  barbari. 

Ateneo  [Convito,  lib.  vi)  cita  un  Ctesicle,  il  quale  dice  che,  nel  censo  fatto  per  ordine 
di  Demetrio  Falereo,  si  trovarono  ventunmila  cittadini,  diecimila  metechi,  quallrocen- 
tomila  schiavi.  Wallace  adunque,  supponendo  che^ciascun  libero  rappresenti  una  fa- 
miglia di  quattro  teste,  computò  nell'Attica  liberi 124,000 

schiavi 400,000 

in  tutto 524,000 

0  meglio  valutando  di  sei  leste  ogni  famiglia 580,000 

Dume  invece  leva  uno  zero  dal  numero  degli  schiavi,  ma  suppone  che  cia- 
scuno avesse  famiglia,  onde  moltiplica  sì  questi  sì  i  liberi  per  quattro,  e  ot- 
tiene liberi 12i,000 

schiavi 160,000 

in  tutto    .     .     281,000 
Correzione  affatto  arbitraria,  e  conchiusione  falsa,  non  avendo  famiglia  gli  schiavi. 

Altri  hanno  trattato  di  questo  soggetto,  ma  meglio  di  tulli  Lclronne  nel  volume  vi  delle 
Memoria  dell' Accademia  delle  iscrizioni  e  belle  lettere.  Primieramente  egli  revoca  in  dubbio 


M 


GRECIA    AL   TEMPO   PEI.LA   GUERRA    MEDICA  123 

l'autorità  di  Ateneo.  In  fatto  i  qualtrocentomila  schiavi  ch'esso  nomina  non  sarehbero 
tutti  quei  dell'Attica,  ma  quei  soli  che  lavoravano  le  miniere  :  onde  almeno  un  altro 
terzo  converrebbe  aggiungerne  per  le  arti  e  l'agricoltura,  il  che  li  porterebbe  a  seicen- 
lomila,  non  contando  i  vecchi,  i  fanciulli  e  le  donne:  numero  la  cui  esorbitanza  fa  du- 
bitare dell'esattezza.  Il  dubbio  cresce  chi  consideri  che  l'Attica  era  non  più  di  80  leghe 
quadrate,  montuosa,  sterile,  tanto  che  un  quarto  almeno  non  è  abitabile;  sicché  sul 
restante  sarebbero  vissuti  tredicimila  schiavi  per  lega  quadrata,  tredici  volte  il  doppio 
della  Francia. 

Eccessivo  inoltre  sembra  Ateneo  in  altre  indicazioni  sul  numero  degli  schiavi,  men- 
tre dice  che  solo  in  Corinto  n'avea  quattrocensessantamila  ;  che  nell'insurrezione  degli 
schiavi  in  Sicilia  (J33  av.  C),  un  milione  ne  perì;  in  quella  avvenuta  al  tempo  stesso 
nell'Attica,  ventimila  schiavi  nelle  miniere  uccisero  i  loro  capi  ;  che  Egina  contava 
quattrocensettantamila  schiavi,  Egina  non  più  estesa  di  4  leghe  quadrate;  infine  che 
ogni  Romano  avea  diecimila,  ventimila  e  più  schiavi  per  corteggio.  Non  si  può  dunque 
accettare  alla  cieca  il  testimonio  d'Ateneo. 

Confrontando  però  i  passi  di  varj  altri  autori,  quasi  concordemente  ne  risultano  i 
ventimila  cittadini  liberi  incirca.  Secondo  gli  statistici,  le  donne  stanno  agli  uomini 
=  22:  2I;i  minori  di  venti  anni  ai  maggiori  =  2  :  5  (più  esatto  =4018:  3981).  Fa- 
cendo dunque  diciannovemila  cinquecento  i  cittadini,  cioè  quelli  che,  avendo  passato 
i  vent'anni,  aveano  prestato  il  giuramento  nella  cappella  d'Aglauro,  e  godevano  dell'in- 
tiera cittadinanza,  si  avrebbero  dodicimila  novecento  minori,  e  in  tutto  trentaduemila 
seicento  maschi.  Onesta  somma  avrà  variato  fra  tante  guerre,  ma  forse  la  costituzione 
limitava  il  numero  di  quelli  che  poteano  godere  della  piena  cittadinanza. 

Indeterminato  era  al  contrario  il  numero  dei  metechi,  e  nessun  dato  abbiamo  per 
trovarlo.  Sembra  però  da  varj  ravvicinamenti  fossero  undicimila,  intendendo  però  solo 
quelli  fra  i  venti  e  i  cinquanta  che  poteano  essere  arruolati,  il  che  darebbe  un  totale  di 
ventimila  maschi,  e  così  si  avrebbe,  raddoppiando  per  le  donne, 

ateniesi 70,000 

metechi 40,000 

libera  popolazione  totale  dell'Attica  ....  110,000 
Fermiamoci  più  sugli  schiavi,  non  soltanto  per  determinarne  il  numero,  ma  per  com- 
prenderne la  condizione.  Senofonte  (De  vecltgal.,  iv,  il),  suggerito  un  modo  d'avere 
schiavi,  soggiunge:  «  Che  se  la  mia  proposta  si  accetti,  ne  verrà  questo  solo  cambia- 
«  mento,  che  al  modo  onde  i  particolari  comprando  schiavi  si  procureranno  una  rendita 
«  perpetua,  anche  lo  Stato  ne  comprerebbe  per  proprio  conto,  fm  che  ve  ne  fossero 
«  tre  per  ciascun  Ateniese  ».  Se  qui  Senofonte  intese  di  spingere  ad  avere  tre  schiavi 
per  ciascun  abitante  dell'Attica,  voleva  egli  portarli  a  trecentrentamila  :  ciò  che  già  indi- 
cherebbe che  non  erano  seicentomila,  come  s'inferisce  da  Ateneo.  Ma  siccome  il  nome 
d'Ateniesi  non  fu  mai  esteso  ai  metechi,  più  probabile  è  ch'esso  abbia  inteso  soltanto 
de' ventimila  cittadini,  cioè  di  sessantamila  schiavi.  E  poiché  altrove  suggerisce  di 
comprarne  diecimila,  quasi  tanti  appunto  mancassero  a  compier  la  somma  da  lui  sug- 
gerita, possiamo  contare  cinquantamila  schiavi  al  tempo  di  Senofonte. 

Egli  però  non  intendeva  che  i  più  robusti  e  capaci  di  quei  tali  lavori  ;  non  i  vecchi, 
le  donne,  i  fanciulli.  Però  le  donne  e  i  fanciulli  erano  pochissimi,  per  quanto  vediamo 
dalle  arringhe  degli  oratori.  Cinquantadue  schiavi  adopràva  Demostene  nelle  sue  fab- 
briche (Demostene  cantra  Aphob.},  e  non  v'appare  pur  una  donna:  Timarco  n'avea  una 
sola  sopra  dodici  schiavi.  (Éscuine  contro  Tim.),  nel  testamento  di  Teofrasto,  neppur 
una  sopra  quattordici  schiavi,  (Diogene  Laerzio):  due  e  un  fanciullo  trai  sedici  schiavi 
del  testamento  di  Licone  (id)  :  e  Demostene  {contra  Mid.)  considera  come  segno  di  ma- 
gnificenza l'aver  molte  schiave,  giacché  non  le  s'adopravano  ai  lavori,  ma  solo  nel  gi- 
neceo e  nell'economia  domestica.  Poche  dunque  se  ne  compravano,  e  le  più  eran  nate 
tali  0  prese  in  guerra. 

Questo  ci  dà  la  ragione  per  cui  la  popolazione  schiava  scemava  di  più  in  più  nell'Ai 
lica,  onde  erano  costretti  sempre  a  trarne  di  fuori.  Due  passi  di  Demostene  (contro 
Everg.  —  Petit ^  Leg.  Attic.  —  Plctarco,  Maral.  —  Senofonte,  Econom.  i\)  provano 
che  agli  schiavi  non  consentivasi  il  matrimonio  se  non  dopo  affrancati;  e  benché  Solone 


i2i  GEOCnAFlA  —  EPOCA   TERZA 

l'avesse  permesso,  i  padroni  vi  si  opponevano,  forse  perchè  non  venissero  distraiti  dal 
lavoro,  0  perchè  conoscessero  già  il  calcolo  de'  nostri  piantatori  delle  colonie,  che  uno 
schiavo  costa  assai  più  quand'è  allevalo  in  casa,  che  a  comprarlo  già  fatto.  Oltreché 
importava  il  tenere  un  equilibrio  fra  i  cittadini  e  gli  schiavi,  che  mai  questi  non  alzas- 
sero la  testa.  Col  dar  loro  una  famiglia,  si  sarebbe  dato  una  moralità,  e  questa  è  la  ma- 
dre della  libertà. 

Errò  dunque  Ilume  nel  calcolo  sopra  riferito,  supponendo  ogni  schiavo  capo  d'una 
famiglia  di  quattro;  e  quando  si  raddoppiasse  il  numero  de'  cinquantamila  sarebbe  ij 
massimo. 

Senofonte  però  racconta  di  Nicla  figlio  di  Nicerato,  il  quale  possedeva  nelle  miniere 
d'argento  mille  schiavi,  ch'e' noleggiava  a  Sosia  trace,  colla  condizione  che  gli  paghe- 
rebbe un  obolo  netto  per  testa  al  giorno,  e  gli  renderebbe  l'egual  numero  d'uomini. 
Ipponieo  ne  aveva  seicento,  che  dava  ai  patti  stessi,  e  ne  ricavava  una  mina  al  giorno. 
Di  qui  non  si  può  argomentare  uno  sterminato  numero  di  schiavi,  ma  che  di  essi  face- 
vasi  speculazione,  come  di  qualunque  altra  mercanzia,  tenendo  schiavi  da  nolo  per  le 
occorenze  della  mietitura  o  della  seminagione,  o  per  le  miniere,  o  per  servizio  di  quei 
che  ne  avevano  nessuno  o  pochi.  Secondo  Aristofane  (Nubi  vs.  24  e  1227},  un  cavallo 
costava  dodici  mine;  e  in  Demostene,  abbiamo  che  Meriade  tolse  a  prestito  quaranta 
mine  dal  padre  di  Demostene,  e  gli  diede  in  cambio  venti  schiavi  ;  il  che  vuol  dire 
che  uno  schiavo  valeva  due  mine.  Questo  nolo  d'uomini  fruttava  assai.  In  fatti  uno 
schiavo  operante  valeva  ducento  o  ducencinquanta  dramme.  Aggiungetevi  l'interesse 
del  dieci  per  cento,  trattandosi  di  capitale  vitalizio,  e  avremo,  tenendo  il  più,  per  ogni 
schiavo  il  valore  di  ducensessantacinque  dramme,  ossia  mille  seicencinquanta  oboli. 
Vedemmo  che  ne  ritraevano  un  obolo  al  giorno,  e  sappiamo  altronde  che  non  v'era 
giorno  escluso;  quindi  il  prodotto  netto  di  mille  seicencinciuanta  oboli  era  trecenses- 
santacinque  oboli,  cioè  il  ventidue  per  cento. 

Altre  ragioni  adduce  I.etronne  per  sostenere  che  gli  schiavi  non  eccedettero  nell'At- 
tica i  cenventiiuila.  Gli  pare  impossibile  che  potesse  un  maggior  numero  tenersi  in  freno, 
colla  facilità  che  avevano  di  camparsi  alla  patria  vicina.  Ma  che  un  solo  capo  tenga  in 
freno  centinaja  d'uomini,  non  è  cosa  poi  tanto  strana,  neppur  nelle  società  moderne 
e  fra  gente  non  schiava.  Non  abbiam  veduto  eserciti  grossissimi,  strappati  dal  dome- 
stico focolare,  e  spinti  a  morire  mille  miglia  lontano  dalla  patria  pel  cenno  di  un  solo? 
Inoltre  fra  gli  Stati  greci  il  diritto  pubblico  imponea  di  non  ricettare  gli  schiavi  un  del- 
l'altro ;  e  gravi  lamenti  leggiamo  portati  contro  chi  vi  mancasse.  Nelle  guerre  poi  ec- 
citavansi  alla  sollevazione  sì,  ma  non  per  restituirli  alla  libertà,  se  pur  non  fossero  quei 
soli  che  appartenevano  alla  potenza  guerreggiante.  Senza  ricorrere  ad  eserapj  lontani, 
abbiam  veduto,  nell'ultima  rivoluzione  della  Polonia,  sollecitarsi  i  campagnuoli  all'in- 
surrezione ;  eppure  una  delle  prime  provigioni  prese  fu  che  non  si  parlasse  della  libe- 
razione degli  schiavi. 

Continua  Letronne,  e  asserisce  che  alle  miniere  del  monte  Laurio  non  doveano  usarsi 
più  di  dieci  0  dodicimila  schiavi.  Per  vederne  il  ricavo,  facciamo  i  calcoli  addosso  a 
quel  trace  Sosia,  cui  Nicla  dava  a  nolo  mille  schiavi.  Pagava  un  obolo  per  giorno;  in 

tutto,  all'anno,  oboli 360,000 

Calcoliamo  al  5  1/2  per  centj  le  spese  di  malattie  e  le  eventualità  di  morie  .      50,000 

pel  vitto  un  obolo  almeno 360,000 

il  25  per  cento  del  prodotto  in  ispese  di  combustibile  eco 200,000 

Spesa  totale  .  .  .  970,000 
ossia  dramme  .  .  .  162,000 
Quanto  ritraeva?  Nelle  fabbriche  di  Demostene,  Irenlatre  schiavi  ppoducevano  tremila 
dramme  nette  l'anno,  cioè  dramme  novanta  i)er  schiavo;  altri  venti  schiavi  di  minor 
valore,  sessanta  dramme  ciascuno  ;  medio  seltantacinque.  Nella  fabbrica  di  Timarco, 
alcuni  guadagnavano  tre  oboli  al  giorno,  0  cencinquanta  dramme  l'anno  ;  altri,  due  oboli 
0  cento  dramme;  medio  cenventicinque  :  e  medio  dei  quattro  prodotti,  cento  dramme. 
Non  meno  di  quest'ultimo  valore  doveano  fruttare  le  miniere  all'impresario.  Converrà 
dun(|ue,  alle  sommate  censcssantaducmila  dramme  aggiungerne  centomila  per  avere  il 
prodotto  lordo  d'una  miniera  lavorata  da  mille  schiavi.  Dumiuc  ducensessauladuemilu 


GRECIA    \L   TF.MPO   DELLA   GUERRA    MEDICA  125 

dramme,  ossiano  mille  cen(|iiarantascltc  cliilogr.  =  quattromila  secensessanta  marchi 
d'aryento.  Ogni  schiavo  dovea  quindi  pel  minimo  cavare  e  purgare  quattro  marchi  e 
due  terzi  d'argento  (Oggi  se  ne  ha  tre  volte  e  mezzo  di  più;  la  miniera  d'ilimmelsfurst 
in  Sassonia,  lavorata  da  settecento  manovali,  dà  diecimila  marchi,  cioè  quattordici  e  due 
settimi  per  testa).  Se,  giusta  Ateneo,  v'erano  impiegati  quattrocentomila  schiavi,  doveano 
l'anno  ricavare  un  milione  ottocensessantaseimila  marchi  d'argento.  È  troppo,  e  porta 
a  credere  esagerato  il  computo  di  Ateneo;  sehhene  non  guidi  con  altrettanta  sicurezza 
a  conoscere  la  popolazione  dell'Attica,  la  quale,- dalla  guerra  Peloponnesiaca  alla  hatta- 
glia  di  Cheronea,  da  esso  Letronne  vorrehbe  restringersi  ad  ateniesi   .     .     .      70,000 

metechi    .    .    .      40,000 
schiavi     .     .    .    110,000 

in  tutto    .     .     .    220,000 
olire  forse  un  ventimila  stranieri.  —  Popolazione  minore  di  moltissime  città  odierne  : 
eppure  tanto  operò  ! 
11  Peloponneso  divideasi  in  sei  parti  : 

1.  L'Acaj a,  lungo  il  golfo  di  Corinto,  dal  capo  Arasse  fin  alla  Sicionia,  già  detta 
Egialia  :  abbracciando  gli  antichi  paesi  di  Corintia,  Sicionia,  Egialo,  Sidone,  aveva 

un  porto  e  ricchi  tempj.  Più  famosa  è  Corinto  fra  paese  montuoso  ma  fertile,  che  posta  Corinio 
presso  l'istmo,  dominava  il  seno  Corintiaco  verso  occidente,  e  il  Saronico  verso  oriente 
per  mezzo  di  due  porti  denominati  da  Leche  e  Cencria  figli  di  Nettuno  e  Pirene,  delta 
perciò  òjmarjs  da  Orazio:  nell'occidentale  (Lec/ieo)  era  il  tempio  di  Nettuno  con  statua  di 
bronzo;  nell'orientale  (Cencrea)  un  tempio  di  Venere  con  statua  di  marmo;  sull'ante- 
murale un  Nettuno  di  bronzo;  ed  all'estremità  del  molo  i  tempj  di  Esculapio  e  d'Iside. 
Rimpetto  a  Cencrea  era  il  lavacro  d'Elena  ;  fra  quello  e  Lecheo  il  tempio  di  Diana,  con 
un'antica  statua  di  legno  ;  e  andando  di  là  a  Corinto  trovavansi  sepolcri,  fra  cui  presso 
la  porta  quello  del  cinico  Diogene.  Ivi  erano  pure  il  Craneo,  il  sacro  recinto  diBellero- 
fonte,  il  tempio  di  Venere  Melenide,  il  monumento  di  Laide.  Sessanta  stadj  dall'Acroco- 
rinto  verso  scirocco  fu  Tenea,  con  tempio  celebre  di  Apollo  :  essa  die  nome  ad  una 
porta  di  Corinto,  presso  la  quale  eravi  un  tempio  di  Lucina.  Sul  mare  Saronico  fra 
Tenea  e  Cencrea  era  il  porto  detto  degli  Ateniesi,  ed  il  porto  Bucefalo. 

Da  Corinto  e  da'  suoi  porti  andando  verso  oriente  ai  confini  della  Megaride,  traversasi 
l'istmo  che  unisce  il  Peloponneso  coU'Ellade.  In  esso  celebravansi  giuochi  istmici  ad 
onor  di  Nettuno,  onde  vi  si  vedevano  il  teatro  e  lo  stadio,  di  marmo  bianco,  ed  il  tem- 
pio di  Nettuno,  non  molto  grande  ma  ricco  di  statue.  Gli  acroterj  erano  ornati  di  tri- 
toni di  bronzo;  nel  pronao  due  statue  di  Nettuno,  una  d'Amfitrite  ed  una  del  Mare, 
ancor  esse  di  bronzo  :  e  nella  cella  un  carro  a  quattro  cavalli  d'oro  colle  unghie  d'a- 
vorio, fiancheggiato  da  due  tritoni  delle  stesse  materie;  sul  carro  stavano  Nettuno  e 
Amfitrite,  e  sopra  un  delfino  Palemone,  tutt'oro  ed  avorio.  Questo  tempio  sorgeva  in  un 
recinto  sacro  di  bellissimi  pini  ;  ove  pure  il  tempio  di  Palemone  e  un  sotterraneo,  nel 
quale  se  prendevasi  un  giuramento,  era  riputato  inviolabile  sotto  pena  di  morte;  un 
tempio  antico  chiamato  l'ara  de' Ciclopi,  presso  a  cui  i  sepolcri  di  Sisifo  e  Neleo. 

Patra  e  Dime  sono  al  fondo  d'un  piccolo  golfo. 

2.  VE lide  all'est  dell'Acaja,  bagnata  da  moltissimi  fiumicelli  e  molto  fertile,  divi- 
devasi  in  Pisatide  al  centro.  Elide  propria:  e  Trifilia.  In  Egio'seùeva.  il  consiglio  degli 
Achei  ;  Olimpia  era  famosa  pei  giuochi  che  vi  si  celebravano  ;  Elide,  metropoli  non 
mentovata  da  Omero,  formossi  dopo  la  guerra  de'  Persiani  col  riunire  varj  borghi  dello 
stesso  distretto;  a  Paleopoli,  moderno  borgo,  vedonsi  ancora  poche  rovine  dell'antica 
città. 

3.  VArgolide,  quasi  tutta  nella  penisola  formata  dai  golfi  Saronico  ed  Argolico, 
dividevasi  in  Arg^olide,  Epidauria,  Trezenia,  Ermionia.  Città  Argo,  Micene,  Ermione, 
Nauplia.    Epidauria,  sul  seno  Saronico,  era  sacra  ad  Esculapio. 

4.  U  Arcadia  già  Pelasgia,  al  centro  del  Peloponneso,  paese  tutto  cinto  di  mon- 
tagne, con  valli  ed  eccellenti  pasture,  colle  città  di  Mantinea,  Orcomene,  Megalopoli, 
Caria.  Gli  abitanti  di  quest'ultima  lasciarono  memoria  della  loro  servitìi  nelle  caria- 
tidi degli  edifìzj.  La  situazione  tolse  all'Arcadia  d'aver  esistenza  esteriore.  Pelasgi  fu- 
rono i  primi  suoi  abitanti ,  come  lo  attestano  le  mura  di  Licosura  e  di  iMantinea ,  e 


Ì2G  GEOGRAFIA  —  EPOCA  TERZA 

le  tradizioni  che,  mercè  della  postura,  conservarono  più  che  altro  popolo,  mentre  la 
civiltà  ellenica  non  v'ebbe  mai  gran  fiore.  Il  paese  era  pieno  di  memorie:  l'Alfeo,  bel- 
lissimo fiume,  fu  testimonio  degli  amori  di  Apollo  con  Dafni:  il  monte  Liceo  è  ri- 
nomato pel  culto  di  Pane;  il  Gortinio,  per  la  freschezza  delle  acque;  l'Acheloo  e  il 
Platanisto,  per  le  iniziazioni  che  vi  si  celebravano:  da  Pallanzio  partì  Evandro  per 
menar  una  colonia  in  Italia:  Tegea  ebbe  un  insigne  tempio  di  Minerva;  Orcomene 
un  delle  Grazie;  Mantinea  il  monumento  d'Epaminonda:  nel  lago  Stimfale  Ercole  uc- 
cise certi  uccelli  malefici  :  e  la  rinomanza  delle  delizie  alpestri  fece  dell'Arcadia  nn 
tipo  poetico,  come  la  Svizzera  o  gli  highlands  di  Scozia, 

5.  La  Messenia^  all'ovest  della  Laconia  di  cui  anticamente  formava  parte,  al  sud 
dell'Elide,  bagnata  all'ovest  e  al  sud  del  mar  Jonio,  era  paese  molto  fertile  e  mon- 
tuoso. Il  valore  piìi  costante  non  bastò  a  sottrarla  alla  servitiì  di  Sparta.  Sue  città 
Messene  sul  Pamiso,  sotto  il  monte  Itome,  rifabbricata  da  Epaminonda;  Pilos,  regno 
del  vecchio  Nestore,  ora  Navarino  vecchio;  Ira,  fortezza;  Limna  con  un  tempio  di 
Diana,  che  diede  origine  alla  prima  guerra  messenica;  Melone  o  Modone  rimpetto  al- 
l'isole Enusse;  Corone  sulla  costa  orientale  del  golfo  di  Messenia. 

6.  La  parte  piìi  meridionale  del  Peloponneso,  detta  anticamente  Lelegìa ,  poi 
Laconia,  avea  l'Arcadia  al  nord,  la  Messenia  e  il  suo  golfo  all'ovest,  il  mar  Egeo 
dall'altre  parti.  Distinguevasi  in  territorio  Lacedemonio  dipendente  da  Sparta,  e  paese 
degli  Eleuterolaconi,  che  formavano  una  confederazione  di  Comuni.  V Eurota  sorgeva 
ai  confini  della  Laconia,  e  scendea  nel  golfo  Laconico,  oggi  Kalokyihia.  Il  promon- 
torio più  meridionale  chiamavasi  Tenaro,  oggi  Matapan.  Alle  falde  del  Taigeto,  presso 
Crocece ,  cavavasi  bellissimo  serpentino.  Nell'andare  da  Amicla  a  Sparta,  distanti  20 
stadj,  incontravasi  dapprima  il  tempio  delle  Grazie,  sotto  i  nomi  di  Faenna  e  Gleta, 

Sparta  eretto  da  Lacedemone.  Sparta,  metropoli  della  Laconia,  e  per  gloria  e  possanza  ca- 
pitale di  tutto  il  Peloponneso,  avea  avuto  nome  da  un  figlio  di  Amicla,  o  da  una 
figlia  dell'Eurota,  o  dall'essersi  ivi  raccolti  i  Lelegi  pria  disseminati  e  sparsi:  altri  il 
derivavano  dai  seguaci  di  Cadmo,  nati  dai  denti  sparsi  del  dragone,  i  quali  cacciati 
dalla  Beozia  ivi  rifuggirono  :  poscia  fu  detta  anche  Lacedemone  dal  re  di  questo 
nome,  che  forse  ampliolla  (1577).  Estendevasi  lungo  la  riva  destra  o  occidentale 
dell'Eurota,  in  una  pianura  in  parte  paludosa,  e  comprendeva  cinque  colline  poco 
considerabili,  sulla  più  alta  delle  quali  posteriormente  fu  edificata  l'acropoli.  Impe- 
rocché, durante  la  sua  gloria,  essa  non  fu  difesa  da  mura  né  da  cittadella:  ma  nelle 
scorrerie  di  Cassandro,  Demetrio  e  Pirro,  vennero  fortificati  i  luoghi  posti  alla  pia- 
nura, fortificazioni  accresciute  da  Nabide  tiranno,  a'  cui  tempi  Sparta  era  forte  d'ogni 
apparato  guerresco.  Mislra,  succeduta  a  Sparta,  è  a  mezz'ora  di  cammino  verso  mae- 
stro. Porto  e  arsenale  di  Sparta  era  Gizio.  Gli  abitanti  di  Melos  furono  ridotti  servi 
col  nome  di  Iloti. 
Isole  Circondavano  la  Grecia  un'infinità  d'isole,  quali  erano  nel  mar  Jonio  le  Echinadi 
alla  foce  dell'Acheloo,  di  cui  la  più  importante  era  DuUchio.  Dal  golfo  di  Ambracia 
a  quel  di  Corinto  erano  disposte  le  isole  di  Itaca  regno  d'Ulisse:  Lcucade  divenuta 
isola  dopo  che  i  Corintj  tagliarono  l'istmo,  e  famosa  per  un  sasso  da  cui  gl'innamo- 
rati dirupavansi  in  mare,  sperando  guarire;  Cefalonia,  Zacinto,  Corcira.  Idomeneo 
regnava  sulla  grande  isola  di  Creta  nel  mar  Egeo,  dove  sorgevano  cento  città,  fra  cui 
le  principali  Gnosso,  Gortino,  Cidonia  (Canea),  e  il  monte  Ida  ove  Giove  fu  nodrito. 
Famosi  n'erano  i  vini  e  le  saline.  Ebbe  presto  colonie  orientali,  poi  leggi  da  Minosse. 
Ajace  Telamonide  dominava  Salarnina. 

Le  Cicladi,  son  cosi  dette  da  /uz/o?,  circolo,  perchè  contornano  Belo,  già  Ortigia, 
una  delle  maggiori  dell'Arcipelago  ov'era  nato  Apollo.  Nasse  dei  Carj,  al  sud  di 
quella,  è  più  di  tutte  ampia  e  fertile,  e  sacra  a  Bacco  come  Andros.  l'aro,  famosa 
por  marmo  statuario,  passò  dai  Fenicj  ai  Carj,  da  (|uesti  agli  Arcaj.ii  e  ni  Cretesi  al 
tempo  di  Minosse:  vi  naG(|ue  Archiloco  satirico.  Melos,  presa  e  colonizzata  dagli  Ate- 
niesi,  fu  patria  di  Diagora  ateo.  Ceos,  molto  fertile,  avea  quattro  città:  .Aristoo  vi 
condusse  le  prime  greggie,  e  vi  era  statuito  che  l'uomo  giunto  a  sessant'anni  si  desse 
morte  o  migrasse:  vi  nacquero  Simonide  e  Bacchilide  poeti,  Prodico  oratore.  Andros 
è  l'ultima  delle  Cicladi. 

Isole  del  Peloponneso,  oltre  Salamina,  erano  Citerà  sacra  a  Venere  Urania;  Sferia 


COLONIE  cnixiiE  127 

rimpetto  al  porto  di  Trezene,  unita  per  un  l)anco  di  sabbia  all'isola  di  Calauria;  Egina 
rinipetto  al['E|)idauria  in  mezzo  al  golfo  Saronico,  popolata  da  Argivi.  V'ebbe  regno 
Eaco,  posto  giudice  dell'inlerno,  e  die  vi  fabbricò  il  te(npio  di  Giove  Fanellenio,  le  scul- 
ture del  cui  frontone  sono  di  tanta  importanza  alla  storia  delle  arti ,  e  trovansi  nel 
museo  di  Monaco. 

Isole  della  Grecia  propria,  VEuhea  dalla  Tessaglia  al  promontorio  Sunio,  popola- 
tissima,  colle  città  di  Alalanta  ,  Isliea,  Calcide,  Eretria,  ('aristo,  e  col  capo  Arte- 
misio, celebre  per  la  battaglia  di  Serse:  Sciro  all'est  di  quella;  Eudemia  al  sud. 

Al  nord  del  mar  Egeo  erano  Lenmo,  colle  città  di  Lumno^  Efesiia,  Mirene ;  Irnbro, 
Taso,  Samotracia,  rinomata  per  le  cerimonie  sacre. 

Secondo  i  calcoli  di  Arow  Smith  la  Grecia  antica°estendeasi  :'_5G7i  miglia  quadrate 
inglesi  la  Tessaglia;  G28S  l'Eliade;  J410  l'Eubea  ;  7779  il  Peloponneso:  1080  le  isole 
minori;  in  tutto  22,25J. 

§  3.  —  Colonie  greche. 

La  grandezza  della  Grecia  appariva  singolarmente  nelle  colonie,  nate  dal  crescere 
della  popolazione,  dall'allargarsi  del  commercio,  dal  fuoruscire  delle  fazioni  vinte,  e 
che  davano  alle  città  il  vanto  di  essere  metropoli  e  d'avere  primazia  sopra  una  con- 
federazione. In  esse  i  Greci,  come  la  moderna  Europa,  mostrarono  l'insigne  feno- 
meno d'una  federazione  di  piccoli  popoli,  che  tengono  in  rispetto  immense  contrade. 

Conosciuta  l'Asia  nella  guerra  di  Troja,  gli  Elleni  delle  tre  principali  stirpi,  Eolj ,\a  Asia 
Jonj,  Dori,  piantaronsi  sulla  costa  occidentale  dell'Asia  Minore,  donde  diffusero 
le  lor  colonie  nelle  isole  vicine,  sulle  coste  settentrionali  e  meridionali  della  penisola, 
e  sull'occidentale  dell'istmo  caucaseo. 

I  Pelopidi,  respinti  dal  Peloponneso,  dal  IJSO  al  1120  occuparono  le  isole  di  Tènedo,  eoUe 
Macaria,  Ecatoneso:   in  fine  si  restrinsero  sulla  costa,  che   dal  nome  loro  fu  detta 
Eolide,  fra  il  golfo  Adramiti  e  l'Ermeo. 

Nell'isola  triangolare  che  finisce  coi  promontori  Maleo,  Sigrio  e  Argenno,  detta  suc- 
cessivamente Issa,  Pelasgia,  Macaria,  dalle  colonie  pelasgiclie  che  vi  si  posero,  e  poi 
Lesbo  da  un  capo  eolio,  fondarono  e  crebbero  MitHene  lor  principale  colonia  al  sud- 
est ;  oltre  Pirra,  Eresso,  Antissa,  Metinma,  tutte  indipendenti,  e  con  particolare  co- 
stituzione interiore. 

Sul  continente  edificarono  Smirne  in  fondo  al  golfo  Ermeo  ;  Magnesia  a  piò  del 
monte  Sipilo:  Larissa  sulla  sinistra  dell'Ermo;  Temno  sulla  destra;  Cyme  sul  golfo 
d'egual  nome,  non  seconda  che  a  Mitilene;  Neontico  sua  colonia;  Mirinjj.;  Elea  al- 
Timboccatura  del  Caico;  Pergamo  su  questo  fiume;  Adramilio  fondato  dai  Pelasgi  in 
fondo  al  golfo  cui  die  nome. 

Sulle  coste  meridionali  avevano  costrutto  Sida  nel  gran  golfo  di  Panfilia. 

Gli  Jonj,  venuti  verso  il  1140,  occuparono  la  costa  del  fondo  del  golfo  di  Jasso  sin  jonio, 
al  fiume  Ermo  e  al  promontorio  che  chiude  il  golfo  Elaitico  o  di  Cyme;  tolsero  agli 
Eolj  Smirne,  Magnesia,  Larissa,  e  diedero  alle  conquiste  il  nome  di  Jonia,  aggiun- 
gendovi le  isole  di  Chio  e  Samo. 

Delle  loro  città  sul  continente  erano  principali  Focea  sui  due  porti  di  Lampetra 
e  Naustatmo,  che  dilatava  il  suo  commercio  ad  occidente  ;  Clazomene,  al  sud ,  sul- 
l'istmo della  penisola  omonima;  Eritrea,  fondata  dai  Cretesi  avanti  la  guerra  di  Troja, 
come  Colofone;  Teo  ;  Efeso  sulla  sinistra  del  Caistro,  col  tempio  di  Diana;  tra  la  (]uale 
e  Priene  era  il  tempio  di  Nettuno,  ove  adunavasi  il  Panjonio;  Miunte  sul  Meandro; 
Milfto  all'entrata  del  golfo  Latmico,  che  gareggiava  con  Tiro  e  Cartagine,  Latmos  o 
Eraclea  in  fondo  al  golfo.  Le  città  di  Chio  e  Samo  salirono  a  grandissima  prosperità. 

Mileto  stese  colonie  sulle  coste  dell'Ellesponto,  della  Proponlide,  del  Ponto  Eusino, 
tra  cui  distingueremo  Lampsaco  sull'Ellesponto;  Cizico  in  un'isola  della  Proponlide, 
già  detta  Dindimene  perchè  vicina  al  monte  Dindimo,  su  cui  gli  Argonauti  avevano 
fabbricato  un  tempio  alla  Madre  degli  Dei;  Sinope,  pur  fondata  dagli  Argonauti,  e 
divenuta  la  principale  delle  colonie  greche  dell'Eusino  ;  Cotiora,  Cera<'onte,  Trapezonle 
nel  paese  de' Cappadoci  ;  Faso  alla  foce  del  Fasi,  sulle  coste  della  Colchide;  Dioscu- 
ria,  fondata  da  Castore  e  Polluce. 


i 


^28  GEOGRAFIA  —  El'OCA    TERZA 

doriche  Dal  1131  al  1116  i  Dori  successivamente  si  collocarono  nelle  due  penisole  separate 
dal  golfo  Ceramico,  e  nelle  isole  di  Coo  e  Rodi.  Nel  continente  occuparono  Alicar- 
nasso,  sul  golfo  predetto;  come  Guido,  presso  la  quale,  sul  promontorio  Triopio, 
sorgeva  il  tempio  di  Nettuno,  ove  adunavasi  l'amlìzionia  dorica,  composta  dalle  due 
predette  città,  e  da  Coo,  Jalisso ,  Camiro  e  Lindo,  nell'isola  di  Rodi.  Altre  città 
molte  vi  fiorivano,  fra  le  quali  Sole,  dal  cui  difettoso  parlare  trasser  nome  i  sole- 
cismi ;  Tarso,  fondata  dagli  Argivi  in  traccia  di  Io  ;  Calcedonia  sulla  Propontide. 

Anche  Cipro  ricevette  di  molte  colonie,  fra  cui  Salamina,  Pafo  sacra  a  Venere,  ed 
Epea. 
Delle  colonie  greche  in  Italia  parleremo  al  §  9. 

§  4.  —  Regno  di  Filippo  il  Macedone. 

Prima  Emazia,  poi  Macedonia  intitolavansi  tutte  le  provincie  finite  all'est 
dal  monte  Rodope,  al  nord  dall'Orbelo  e  dallo  Scapio,  all'ovest  dai  Candavi,  al  sud  dai 
Cambuni  e  dal  mar  Egeo.  Queste  erano: 

a.  L'Emazia  al  nord  del  golfo  Termaico  fra  l'Axius  (Vardari)  e  l'Aliacmon  (Indie- 
Karasou],  i  cui  re  divennero  poi  padroni  di  tutta  Macedonia.  Edessa  (Vodina)  o  Egea 
era  capitale  del  regno,  prima  che  Filippo  facesse  Fella  (Palatisia). 

b.  La  Miydonia,  divisa  nelle  valli  di  Amfazitide  e  Crestonia,  all'est  dell'Emazia. 
Terma  (Salonichi)  dava  il  nome  al  golfo  Termaico,  su  cui  era  piantata. 

e.  La  Pelagonia  o  Peonia,  al  nord  ovest  dell'Emazia,  avea  le  città  di  Deuriope  sul- 
l'Erigone,  Stoli  o  Ociolofe. 

d.  La  Pieria  sulla  costa  occidentale  del  golfo  Termaico,  con  Pidna  capo  della  pro- 
vincia, e  Melone  al  cui  assedio  Filippo  perdette  un  occhio. 

e.  V Elimiotide,  all'occidente  della  Pieria,  con  Elimea  ed  Ermonia. 

f.  La  Orestide  al  nord  delle  precedenti,  colla  città  di  Celetra  sul  lago  Castorio. 

g.  La  Stimfalide  al  sud  delle  precedenti ,  sulla  frontiera  tessala  :  città  Ericene  e 
Milibea. 

h.  VEordea  al  nord  dell'Orestide,  colla  capitale  d'ugual  nome. 

i.   La  Lincestide  n  più  de' monti  Candavi,  ad  occidente  della  Pelagonia;  con  Eraclea. 

l.    La  Medica  al  nord  della  Crestonia;  capitale  Stobi  s'un  atlluente  dell'Axio. 

w.  La  Sintica  all'est  della  predetta;  capitale  Eraclea  sullo  Strimone.  Al  nord  di 
questo  paese  erano  i  Bessi  selvaggi. 

n.  La  Bisaltica  al  sud  della  Sintica;  capitale  Euporia. 

0.  L'Edenide  sul  golfo  Strimonico,  con  Amppoli,  detta  anche  Cmo/jo/i  per  le  miniere 
d'oro  del  monte  Pangeo,  e  famosa  nelle  lotte  fra  la  Grecia  e  la  Macedonia.  Porto  suo  era 
Eione,  difeso  dallo  storicoTucidide.  All'est  d'Amfipoli  sorge  Filippide,  gik  detta  Crenide. 

p.  La  Calcidica  al  sud  della  Macedonia,  composta  della  Calcidica  propria,  e  delle 
tre  penisolettedi  Pallene,  Sitonia  e  Aclea  fra  i  golfi  Strimonico  e  Termaico.  Città  :  Olinto, 
capo  della  confederazione  delle  città  calcidiche,  eternata  nelle  arringhe  di  Demostene; 
Enia  in  faccia  a  Metone  ;  Calcide,  che  dà  il  suo  nome  alla  penisola  ;  Stagira  patria  d'A- 
ristotele ;  Potidea,  colonia  corintia  nella  Pallene,  cagionò  la  guerra  Peloponnesiaca,  e 
tenne  occupati  tre  anni  gli  Ateniesi  ;  Scione,  Singus,  Cleone  in  Sitonia  e  in  Actea. 

Dall'ereditato  regno  che  comprendeva  soltanto  l'Emazia,  la  Migdonia,  la  Pelagonia, 
Filippo  s'allargò  su  tutto  il  resto,  poi  sulle  vicine  llliria  e  Tracia. 

Il  Uria  chiamavasi  tutto  il  paese  al  nord  dell'Epiro  e  al  nord-ovest  della  Macedonia 
e  della  Dardania:  confinava  inoltre  all'ovest  col  mar  Adriatico,  al  sud  col  monte  Alsio, 
ossieno  alpi  Dinariche,  al  nord  col  fiumicello  Arsia  ;  abitata  da  molti  popoli,  quali 
erano  gli  Atintani  vicini  all'Epiro,  con  Ùrico  sul  mare,  colonia  degli  Abanti  ;  al  nord 
di  essi  i  Pimntiniani,  capitale  (ìerranio  sull'Aoo  ;  i  Pene.tti  al  nord-est  di  questi,  ca- 
pitale Uscana;  i  Taulanti  all'ovest  de'  precedenti,  con  Apollonia  fondata  dagli  Abanti  ; 
i  Parlini  al  nord  de'  predetti,  con  Dirrachio  o  Epidamno  colonia  corcirese;  i  Dassareti, 
dal  lago  Licnide  ai  monti  Candavi,  con  Licnide  sul  lago. 

Tracia  fu  detto  dapprima  tutto  il  paese  ad  oriente  dell'Axio,  ma  ben  presto  la 
Peonia  se  ne  staccò;  le  alte  valli  donde  scende  quel  fiume,  popolate  da  Pelasgi,  ebber 


REfìNO   DI   FILIPPO   IL   MACEDONE  129 

nonicdi  Pelagonia;  e  questi,  e  la  Dcuriopia  nella  valle  dell'Erigone,  e  al  nord  l'Almopia, 
e  gli  Agriani  nelle  gole  dell'Orhelo  e  dei  monti  ove  nascono  lo  Strimone,  il  Nesto, 
l'Ebro,  formarono  genti  distinte,  separate  dalla  Tracia  mediante  lo  Strimone  [Struma). 

Al  tempo  d'Aristotele  v'era  ancora  leoni  in  Tracia.  Famosi  erano  i  cani  molossi  del- 
l'Epiro, quanto  per  piccolezza  e  grazia  i  cani  di  Melibea  a' piedi  dell'Ossa.  In  Epiro,  in 
Macedonia,  in  Tracia  i  Greci  venivano  a  comprare  schiavi,  come  anche  legnarne  da  co- 
struzione, lane,  cuoj,  vini,  altre  merci  di  prima  necessità:  dal  mar  Nero  i  grani,  che 
facevano  scala  a  Bisanzio.  Le  miniere  del  Pangeo,  che  Filippo  tolse  ai  Traci,  rendevano 
cinque  milioni  l'anno. 

Al  tempo  di  questo,  la  Tracia  confinava  all'ovest  colla  Macedonia,  da  cui  separavala 
il  Rodopc;  al  nord  col  monte  Emo;  all'est  coll'Eusino;  al  sud  colla  Propontide,  l'Elle- 
sponto e  il  mar  Egeo.  Posta  non  lontano  dall'Asia,  fu  la  prima  invasa  dai  Persi;  come 
doveano  traversarla  tutti  i  conquistatori  che  venissero  dall'Egeo  o  dall' Eusino.  Dario 
gettò  un  ponte  sul  Danubio  a  jEgisso  (Isakscia). 

Sulle  coste  meridionali  s'erano  assise  ed  arricchite  molte  colonie;  al  nord  abitavano 
robuste  tribù  di  famosi  cavalcatori.  Tali  erano  i  Bessì  in  riva  all'Ebro  sin  nelle  gole  del 
Rodope  e  in  un  canto  della  Macedonia;  di  sotto  i  Traci  proprj  :  ad  oriente  de'  predetti 
gli  Odrisi,  che  aveano  fondato  un  potente  impero;  e  i  fransi  al  sud  de' Traci.  Città, 
Filippopoli  sull'Ebro,  fabbricata  da  Filippo  per  frenar  i  Barbari  ;  e  detta  anche  Pone- 
ropoli  cioè  de' ribaldi,  perchè  v'erano  stati  deportati  i  profanatori  del  tempio  di  Delfo; 
0  Trimoìitio,  per  le  tre  colline  che  chiudeva.  Orestia,  detta  poi  Adrianopoli,  al  con- 
fluente dell'Ebro,  dell'Arpeso  e  del  Tonso,  cosi  chiamata  perchè  Oreste  venne  in  quel- 
l'acqua a  purificarsi  dall'incesto  e  dal  parricidio. 

Ricche  e  fiorenti  erano  le  coste;  e  su  quelle  dell'Egeo  stavano  i  Bistonj  sul  confine 
della  Macedonia,  i  Ciconj  all'est  de' predetti.  Città,  Abdera  colla  foce  del  Nesto,  patria 
di  Democrito,  d'Anassagora,  di  Protagora,  eppur  in  fama  di  leggera  e  spensierata;  Ma- 
ronea  all'est  d'Abdera  presso  il  monte  Ismaro,  sulle  pendici  del  quale  coglievasi  un  fa- 
moso vino,  da  cui  restò  ubriacato  Polifemo  nell'Odissea.  Alquanto  più  all'est  stendesi 
il  Campo  Dorisco,  nel  cui  mezzo  Serse  fece  la  rassegna;  Enos  nel  paese  de'Ciconj. 

All'estremità  di  quest'ultimo  sporgeasi  il  Chersoneso  tracio,  ove  l'ateniese  Milziade  e 
Io  spartano  Lisandro  fecero  prova  di  lor  valore  ;  Cardia  sul  golfo  Melane;  Sesto  rimpetto 
ad  Abido  d'Asia,  ricantato  per  l'avventura  d'Ero  e  Leandro. 

In  riva  alla  Propontide  stavano  le  città  di  Perinto  o  Eraclea,  da  Alcibiade  conquistata 
nella  guerra  Peloponnesiaca;  Selimbria  ad  oriente  di  quella.  Sul  Bosforo  di  Tracia  sor- 
geva Bisanzio,  che  Focione  difese  contro  Filippo,  e  che  stava  presso  un  golfo  detto  il 
Corno  d'oro,  come  oggi  ancora  si  chiama.  Sul  Ponto  Eusino  era  il  paese  deW Astica,  con 
molte  colonie  greche;  e  Bizia,  antica  città  de' re  traci. 

Questi  paesi  ridusse  Filippo  sotto  il  proprio  giogo;  poi  acquistata  una  marina,  s'ap- 
propriò parecchie  isole  sull'Egeo,  come  Taso  rimpetto  alla  città  di  Filippide  in  Edo- 
nide,  Lemno  ed  Imbro  nell'Arcipelago. 

§  5.   —  Conquiste  d'Alessandro   Magno. 

CoU'opinione  che  Filippo  aveva  procacciata  alla  Macedonia,  coll'esercito  e  il  tesoro 
da  questo  raccolti,  e  con  talenti  ed  ambizione  molta,  Alessandro  s'accinse  a  più  larghe 
conquiste.  Sceso  in  Tessaglia,  entrato  a  Corinto,  acquista  il  titolo  di  generalissimo  della 
Grecia;  torna  a  soggezione  la  Tracia  e  l'Illiria;  e  tanto  si  spinge  afsettentrione,  che  la 
Grecia  lo  crede  perduto  nelle  pianure  del  Danubio:  ma  ben  tosto  ricompare,  e  assog- 
gettata la  Grecia,  va  a  Dio  ad  offerir  libazioni  e  voti  al  cielo  per  averlo  propizio  nella 
impresa  che  assume  di  repulsare  l'Oriente  minaccioso  e  trafiggerlo  nel  cuore. 

Primo  intento  d'Alessandro  fu  di  allontanare  i  Persiani  dalle  coste,  poiché  nelle  inva- 
sioni traevano  la  principal  forza  dalla  marina.  In  tre  anni  soggiogò  l'Asia  occidentale, 
e  le  città  grnche  e  fenicie,  eraporj  del  commercio  asiatico. 

Sul  piccolo  stretto  che  separa  Sesto  da  Abido,  traversò  (ZZi)  l'Ellesponto  con  qua- 
rantamila uomini,  e  presto  ebbe  sottomessa  Lampsaco.  A  Zeleia  intanto  i  satrapi  per- 
siani occidentali  aveano  raccolto  da  centomila  uomini;  e  malgrado  l'avviso  del  rodio 
Cantò,  Documenti.  —  Tomo  I.  Geografìa  politica.  9 


430  GEOGRAFIA  —  EPOCA  TERZA 

Memnone,  vollero  combattere  sulla  riva  del  Cranico,  che  scende  dal  monte  Ida  per 
gettarsi  nella  Propontide.  Alessandro  vincitore,  trovossi  aperta  l'Asia  Minore;  e  tosto 
la  Misia,  la  Jonia,  la  Lidia,  la  Caria,  la  Frigia,  e  tutte  le  provincie  ad  occidente  dell'Alis 
sono  sua  preda  ;  Sardi,  Efeso  volontarie,  MUeto,  Alicarnaf^so  per  forza  se  gli  apersero. 

Da  Alicarnasso  spedì  in  Macedonia  ordine  ad  Antipatro  di  spedirgli  nuove  truppe,  e 
seguitò  sua  strada  verso  il  sud  della  penisola  asiatica,  mentre  Parmeninne  assodava  la 
conquista  della  Lidia  e  della  Frigia.  In  questa  poi  raggiunge  Parrnenione  traverso  le 
gole  della  Licia.  Da  Faselis  costeggia  la  Pamfilia  fino  a  Side;  \)Q\  risalendo  per  Af^pende 
e  Perga,  giunge  tra  i  Pisidj  e  davanti  a  Cekm  in  Frigia,  che  per  due  mesi  sostenne  l'as- 
sedio. Allora  scende  ad  ytnctVa  capitale  della  Calazia,ove  gli  si  sottomette  la  Paflagonia; 
soggioga  la  Cappadocia,  entra  per  le  Porte  Cilicie  nella  Cilicia,  e  doma  Tarso. 

Mentre  qui  stava  sicuro  dietro  le  montagne,  Dario  s'avanzava  fuor  delle  pianure  della 
Mesopotamia,  e  giungeva  alle  Porte  Armeniche.  Avendo  ripigliato  hso,  ne  esce  per  dar 
battaglia  in  un  piano  chiuso  fra  le  montagne  al  nord  e  il  mare  al  sud.  Alessandro  vince, 
e  trovasi  dischiuse  la  Siria,  la  Fenicia,  la  Palestina. 

Entrato  nella  Siria  costeggiando  prende  Damasco,  poi  le  fenicie  città  ù' Arado,  Biblo, 
Sidone,  Tiro;  anche  Gerusalemme,  che  non  resiste:  ma  Gaza,  antica  capitale  de'  Fili- 
stini,  lo  arresta  per  due  mesi,  dopo  i  quali  il  vincitore  si  difila  verso  l'Egitto.  CU  abi- 
tanti, cui  i  Persiani  aveano  privati  delle  leggi  civili  e  religiose,  favorirono  il  conqui- 
statore, che  in  sette  giorni  fu  a  Pelusio,  e  ben  tosto  a  Memfì.  Poi  imbarcato  sul  Nilo 
(552),  vien  a  porre  le  fondamenta  d'una  città  ottimamente  disposta,  Alessandria. 
Alessan-  Sta  questa  sul  lago  Mareotide,  formato  dal  Nilo  e  comunicante  col  mare,  sicché  è 
«•"a  porto  capacissimo  e  sicuro,  che  mette  in  contatto  l'Egitto  col  Mediterraneo,  e  per  poco 
spazio  è  divisa  dal  golfo  Arabico.  La  città  fu,  informa  di  clamide  macedonica,  tracciata  da 
Alessandro  Magno,  architettata  da  Dinocrate,  abbellita  poi  dai  Tolomei.  Due  grandi  strade 
lagliavanla  ad  angolo  retto,  larghe  32  metri,  e  fiancheggiate  di  bellissimi  edifizj.  Era 
divisa  in  cinque  quartieri;  quel  della  reggia  fu  detto  Bruchion  ,  e  contenea  pure  il 
Museo,  collegio  di  filosofi  e  filologi,  fondato  dal  Filadelfo,  colla  biblioteca  di  quattro- 
centomila volumi.  Attorno  al  tempio  di  Serapide  era  il  Serapeo,  secondo  appena  al 
Campidoglio  in  magnificenza,  e  con  una  biblioteca  di  trecentomila  volumi.  1/acqua 
v'era  portata  da  lontano,  e  per  condotti  sotterranei  diffusa  a  tutta  la  città.  Diodoro  vi 
contava  un  milione  d'abitanti,  di  cui  trecentomila  liberi. 

Un  miglio  verso  settentrione  eravi  l'isola  di  Faro,  sopra  un  cui  scoglio  fu  eretta  la 
lanterna,  una  delle  meraviglie;  costò  800  talenti  egizj.  Tolomeo  di  Lago  che  la  fece 
alzare,  congiunse  quell'isola  al  continente  con  un  argine-acquedotto  detto  eptastadion, 
che  divideva  in  due  l'ampio  bacino  del  porto;  cioè  il  Porto  Crande  a  settentrione,  e 
l'Eunosto  0  del  buon  ritorno,  a  maestro,  ciascun  de' quali  ne  conteneva  altri  minori. 

Nei  quattro  anni  successivi  Alessandro  si  dirige  al  cuor  dell'impero.  Varcato  l'Eufrate 
a  Tapsaco,  costeggia  il  Migdonio,  dalla  Mesopotamia  passa  in  Assiria:  Dario  fattosegli 
incontro,  è  vinto  ad  Arbela  (331),  e  abbandonando  esercito  e  famiiilia,  fugge  tra  i  Bar- 
bari in  riva  al  Caspio. 

Babilonia,  Susa,  PersepoU  schiudonsi  allora  al  vincitore,  che  vi  prende  immensi 
tesori.  Udito. che  Dario  tornava  a  rinforzarsi  in  Ecbatana,  vi  si  spinge  in  dodici  giorni, 
invece  dei  trenta  che  di  solito  vi  si  tenevano;  ma  noi  trovando,  manda  Parmenione 
a  rincacciarlo  in  Ircania,  ed  egli  entrato  trionfante  nella  capitale  della  Media,  procede 
sopra  Tagea. 

Qui  cominciano  le  spedizioni  verso  il  nord,  meravigliose  anche  senza  i  [irodigj  onde 
le  circondarono  i  narratori.  E  prima  occupa  l' Ircania  e  la  Partia:  da  Ecatompilos  giunge 
a  Susia ,  ove  ode  la  morte  di  Dario  e  l'usurpazione  di  Hesso.  Move  nell'Aria  ,  e  vi  fab- 
brica un'altra  Alessandria  ;  poi  piega  verso  oriente  pel  paese  dei  Drangiani ,  dalla  cui 
capitale  Proflasia  marcia  ad  Ariaspe,  al  paese  degli  Evergeti.  Nell'Aracosia  pianta  una 
terza  Alessandria  ;  poi  voltando  a  settentrione  affronta  i  geli  del  Paropamiso. 

Per  faticosissime  marcie,  pili  disastrose  che  sconfitte,  giunge  a  lìatira,  e  tosto  ha 
tutta  la  Battriana;  e  fabbricata  una  quarta  Alessandria,  avanza  verso  settentrione.  Var- 
cato rOxo,  invasa  la  Sogdiana ,  procacciasi  cavalli  a  Maracanda ,  mentre  a  Nantaca 
Desso  paga  il  fio  del  suo  tradimento.  Giunge  alfine  allo  Jassarte,  ove  trova  gli  Sciti, 
centra  cui  non  vale  la  fortuna  sua  o  l'arte.  Di  mezzo  a  ciò  reprime  alcune  sollevazioni 


CONQUISTE  D'ALESSANDRO  MAGNO  131 

tra  i  sublimi  monti  che  chiutlono  l'India,  finisce  di  conquistare  quant'è  fra  lo  .lassarle 
e  il  mar  Caspio,  e  fonda  ancora  una  quinta  Alef<sandn'u. 

Ormai  spingesi  in  regni,  dove  mortali  conquistatori  non  penetrarono,  ma  solo  Bacco, 
Ercole,  l'rometeo,  ch'cf^li  vuol  emulare.  Calatosi  fin  di  qua  dei  Paropamisadi,  varca  le 
nuvolose  vette  della  più  alta  catena,  e  calasi  nella  favolosa  India.  Dalle  rive  del  Cofc 
risale  Xiza  e  Ari  geo  ;  soggioga  gli  Assaceni,  e  prende  la  loro  capitale  Massaga;  e  va 
a  passar  l'Indo  a  TaxHIa. 

Poro,  re  del  paese,  tenta  arrestarlo  sull'Idaspe,  ma  è  vinto  (327);  e  s'innalzano  in 
memoria  le  città  di  Bnccfalia  e  Nicea.  Traversati  i  fiumi  Acesine  e  Idraote,  move  per 
passar  anche  Tifasi,  quando  l'esercito  ammutinatogli  dichiara  che  più  oltre  non  proce- 
derà. Allestita  pertanto  immensa  flotta,  v'imbarca  armi  ed  armati,  e  abbandonasi  alla 
corrente  dell'Indo  che  lo  reca  sin  a  Xilenapoli,  lungo  il  paese  dei  MciUi^  degli  Oxi- 
dracJu,  Sabrachi,  Sogdi,  Musicani,  lasciando  sul  passaggio  altre  Ales'^andrie. 

Rivolge  allora  verso  Babilonia  l'esercito  affaticato  e  spesso  affamato  pel  paese  degli 
Oriti;  da  Ora  va  a  Rambacia,  traversa  la  Gedrosia,  la  Caramania,  e  giunge  in  Persia; 
donde,  percorsa  la  Susiana,  esplorato  il  golfo  Persico,  dà  una  volta  a  Ecbatana,  e  torna 
a  Babilonia  per  trionfare,  godere  e  morire  (323). 

La  flotta  intanto,  da  lui  confidata  a  Nearco  di  Creta  per  costeggiare  sin  al  fondo  del 
golfo  Persico,  sarpato  da  Xilenopoli,  superati  i  fiotti  e  i  banchi  di  sabbia  in  quella  foce 
dell'Indo,  va  a  ripararsi  in  una  sicura  baja,  detta  perciò  Porto  d'Alessandro.  Bordeg- 
giano poi  lungo  glMnospiti  Oriti,  giungono  nella  Gedrosia  e  fra  gli  Ittiofagi,  ove  niun 
altro  cibo  trovano  che  pesci:  un  piloto  esperto  tolse  a  guidarli  fin  al  golfo  Persico. 
Non  potendo  passar  la  notte  su  fragili  e  stretti  navigli,  sbarcano,  con  frequenti  pericoli; 
sinché  in  capo  a  settanta  giorni  la  flotta  raggiunse  l'estremo  punto  del  paese  degli 
Ittiofagi.  Entra  allora  nel  golfo  Persico,  e  cessano  le  privazioni;  voltato  il  capo  Arabico, 
che  con  quel  di  Gedrosia  chiude  questo  golfo,  costeggia  la  Caramania;  indi  volto  alla 
Persia  e  alla  Susiana,  entra  nella  foce  ove  s'uniscono  l'Eufrate,  il  Tigri,  l'Euleo  e  altri 
fiumi  ;  fatte  da  quattrocento  leghe. 

Cosi  ne'  dieci  anni  che  stette  fuor  di  Macedonia,  l'esercito  d'Alessandro  percorse  tutta 
l'Asia  che  aveva  una  storia;  e  l'impero  di  lui  toccava  al  nord  in  Europa  al  Danubio,  in 
Asia  al  Ponto  Eusino,  al  Caucaso,  al  mar  Caspio  e  allo  Jassarte,  allargandosi  dall'Adria- 
tico all'Indo,  e  finito  al  sud  dai  mari  Egeo  e  Mediterraneo,  dall'Etiopia,  dall'Arabia  e 
dai  due  golfi  che  la  chiudono,  infine  dal  mar  Eritreo. 

§  6.   —  Italia. 

La  penisola  italica  fra  il  4"  15'  e  il  16°  15'  di  longitudine  orientale  da  Parigi,  e  il 
36°  3i'  e  47'  8'  di  latitudine,  chiusa  dal  Mediterraneo,  dall'Adriatico  e  dalle  Alpi,  e 
tagliata  per  lo  lungo  dall'Apennino,  va  restringendosi  dal  settentrione  verso  mezzodì 
ove  finisce  in  una  punta,  dalla  quale  staccasi  la  Sicilia.  Le  stanno  d'accosto  altre  isole, 
come  le  vaste  di  Corsica  e  Sardegna,  e  le  minori  di  Elba,  Giglio,  Capraja,  Gorgona, 
Lipari,  Stromboli,  ecc.  Le  Alpi  la  chiudono  al  nord  e  all'ovest,  dette  marittime  dal 
Mediterraneo  sino  al  Monviso,  poi  cozie  sin  al  Cenisio,  graje  sin  al  Monbianco,  pennine 
fino  al  Sangotardo,  leponzie  od  elvetiche  fino  al  Sanbernardi  no ,  indi  retiche ,  carniche, 
noriche,  e  giulie  o  dinariche. 

La  catena  alpina  porge,  nel  suo  aspetto  generale,  una  linea  incessante  di  nevose 
giogaje,  diverse  nell'ampiezza,  lunghezza  e  direzione  delle  ramificazioni  loro,  e  digra- 
danti nella  loro  altezza  da  4,782  a  2,340  metri,  secondo  Humboldt.  Essa  si  stende  lungo 
12  gradi  di  longitudine,  ovvero  fra  il  6"  e  18"  est,  ed  ha  una  larghezza  variante,  fra 
i  paralleli  del  44"  e  48°  nord,  da  80  a  241  chilometri.  L'intiero  sistema  alpino  credesi 
copra  un'area  di  193,080  chilometri,  ed  è  popolato  di  almeno  7,000,000  abitanti,  la 
più  parte  de'  quali  d'origine  germanica. 

I  passaggi  delle  Alpi  sono  chiamati  dai  loro  abitatori  colli  o  gole  di  monti,  e  dai  To-  Passaggi 
scani  varchi.  Se  oggi  non  trovansi  in  migliore  stato  che  ai  tempi  dell'impero  romano,   a'p'"' 
sono  certamente  in  maggior  numero,  e  fra  essi  ve  ne  ha  taluni  che  non  mai  da'  più 
recenti  secoli  si  pensò  a  praticare. 


132  GEOGRAFIA  —  EPOCA  TERZA 

Quattro  passaggi  soltanto  erano  conosciuli  da'  Romani  a' tempi  di  Polibio:  1"  quello 
del  litorale  che  conduceva  da  Antibo  a  Pisa  passando  per  Nizza  ;  2°  quello  del  Monginevro 
da  Brianzone  a  Cesana;  3"  quello  del  Piccolo  San  Bernardo  da  Moiìtiers  ad  Aosta; 
4°  quello  dello  Spluga  o  del  Septimer  da  Coirà  a  Milano. 

Venticinque  sono  le  grandi  comunicazioni  o  le  vie  maestre  che  mettono  dall'Italia 
ne'  paesi  limitrofi;  novantolto  le  strade  secondarie-,  cenventuno  i  sentieri  bastanti  alle 
bestie  da  soma.  Fra  le  strade  carreggiabili  o  di  primo  ordine  si  contano  oggi  le  seguenti: 

a)  Nelle  Alpi  marittime.  1"  Quella  da  Oneglia  a  Ceva  pel  colle  di  Nova  ;  2"  da  Nizza 
a  Cuneo  pel  colle  di  Tenda;  3°  da  Barcellonetta  a  Cuneo  pel  colle  dell'Argenterà. 

b)  Nelle  Alpi  cozie.  i°  La  strada  da  Brianzone  a  Cesana  pel  colle  del  Monginevro; 
2"  da  Ciamberì  a  Torino  pel  Moncenisio. 

e)  Nelle  Alpi  graje.  La  strada  da  Moiìtiers  ad  Aosta  pel  Piccolo  San  Bernardo. 
d)  Nelle  Alpi  perniine.  1"  La  strada  da  Martigny  ad  Aosta  pel  Gran  San  Bernardo; 
2"  da  Ginevra  a  Milano  pel  Sempione. 

Ecco  i  più  frequenti  varchi  alpini  negli  Stati  Sardi,  colle  loro  altezze: 

Nelle  Alpi  marittime. 

i°  Colle  di  Nova,  tra  la  vallata  della  Centa  e  quella  del  Tanaro    .     ,  metri  955 

2"  Colle  di  Tenda,  sulla  via  da  Nizza  a  Torino »  1,795 

3"  Colle  delle  Finestre,  che  conduce  da  San  Martino  di  Santona  al  villaggio 

d'Entraque »  2,288 

4"  Colle  di  Longet,  tra  la  vallata  dell'Ubaja  e  quella  della  Yraita  per  venire 

a  ponte  Chiaccale 3,154 

Nelle  Alpi  cozie. 

5"  Colle  deir Agnello,  a  ponente  del  Monviso,  tra  il  Guil  e  la  Vraita  .  .  »  3,246 
6°  Colle  di  Servières,  a  scirocco  del  Monginevro,  tra  la  Duranza  e  la  Dora 

Riparia »     2,333 

7°  Colle  del  Monginevro ,  a  levante  di  Brianzone,  tra  la  Duranza  e  la  Dora 

Riparia »     1,975 

Nelle  Alpi  graje. 

8"  Colle  del  Moncenisio,  tra  le  valli  dell'Orco,  dell'Are  e  della  Dora  .  »  2,064 
9°  Colle  del  Piccolo  San  Bernardo,  tra  la  valle  dell'lsero  e  quella  d'Aosta  »  2,195 
10"  Colle  della  Seigne,  tra  il  Piccolo  San  Bernardo  e  il  colle  di  Buonomo  »    2,462 

Nelle  Alpi  pennine. 

11°  Colle  del  Buonomo,  tra  la  vallata  dell'Orco  e  quella  dell'lsero     .     .     »  2,446 

12°  Col  di  Ferrei,  a  greco  del  Monbianco »  2,329 

13°  Colle  del  Gran  San  Bernardo,  tra  la  valle  di  Entremont  e  quella  del 

Buttier >'  2,429 

14"  Colle  del  monte  Cervino,  tra  il  Piemonte  e  il  Vallese »  3,384 

Nelle  Alpi  leponzie. 

15"  Colle  del  monte  Moro,  tra  il  Piemonte  e  il  Vallese »     2,725 

16°  Colle  del  Sempione,  tra  il  Piemonte  e  il  Vallese »     2,006 

17°  Colle  del  monte  Grìes,  tra  il  Piemonte  e  il  Vallese »     2,384 

18"  Pas'^o  della  Forca  del  Bosco,  Ira  la  vai  Formazza  e  il  canton  Ticino     »     2,343 
1  varchi  che  stanno  coperti  di  nevi  perpetue,  sono  i  seguenti  principali  : 
1»  Nelle  Alpi  leponzie.  Il  passo  d'y(/ro/o,  il  colle  Auf  der  Mark,  il  passo  del  Carro, 
quello  del  Gries,  il  colle  della  Rossa,  il  passo  di  San  Hocco,  e  quello  di  Monte  Moro. 
2"  Nelle  Alpi  pennine.  il  passo  del  Vallese,  quello  d'Ollen,  il  colle  della  Cresta 


ITAMA.  —  CATENA  ALPINA 


133 


Secca,  (jucllo  della  Balma,  quello  delle  Finestre,  di  Meìiove,  il  colle  di  Ferrei^  e  il  passo 
del  Gigante. 

3°  Nelle  Alpi  graje.  I  colli  di  Uhéme<:,  di  Galisia,  del  Carro,  di  Girard,  di  Sea, 
del  Collarin,  d'.-lras,  àeW Autaret,  di  Roccia  Melone,  del  Moncenisio,  della  /focca  d'Am- 
bia, della  Roche  Molle,  di  Etiache,  di  Valmeyner,  di  Galibier,  di  Goleon,  della  /Wi/e, 
della  Fréche. 

4"  iVeWe  yl//n"  cos/e.  Il  colle  di  Tzso  o  delle  Traversette,  quello  di  Vallanta,  e  (juello 
di  Soustra. 

5"  iYe//0  -'l//n"  marittime.  Il  colle  della  Ruina,  quello  dei  Goias  d«  Belvedere,  ed 
alcuni  altri  di  minor  conto. 
Restano  sgombri  dalle  nevi  in  alcuni  mesi  dell'anno  i  passaggi  seguenti  : 

1"  Nei  soli  mesi  di  luglio  ed  agosto: 

a)  Nelle  Alpi  leponzie.  Colle  d' Arbola,  passo  del  Forno,  colle  di  Forca,  passo 
ù'Autrona,  passo  di  Pontimia,  colle  di  Saas,  e  colle  d'Antigene. 

b)  Nelle  Alpi  pennine.  Colle  del  Barascone,  colle  del  Gran  San  Bernardo,  ed 
altri  di  minor  rilievo. 

e)  A''e//e  ^//n'  graje.  Colle  del  Buonomo,  colle  dell'^Z/ee  Bianche,  colle  di  ì1/o;ì/, 
colle  di  Cloux,  e  colle  di  Sau??ie. 

d)  A'e//e  y^//n'  cozic.  Colle  Rodoretto,  colle  dei  Deserts,  e  qualche  altro. 

2°  INei  mesi  di  giugno,  luglio,  agosto  e  settembre,  ed  alcuni  anche  in  maggio: 

a)  Nelle  Alpi  pennine.  1  colli  del  San  Gotardo,  di  Forca  e  del  Sempione. 

b)  Nelle  Alpi  graje.  Quello  del  Piccolo  San  Bernardo. 

e)  Nelle  Alpi  cozie.  I  colli  del  Piccolo  Moncenisio,  del  monte  Froid,  di  Pelouse, 
di  Fréjus,  di  Sestrières,  di  Clapier,  della  l'a/,  del  Grand  Vallo7i,  di  Thures,  d'EcJtelles, 
d'Acles,  del  Monginevro,  di  Bourget,  della  Terra  Rossa,  di  Thurra,  della  J/a?7,  d'^òrtes 
»iuoro  e  d'yl6r«e3  vecchio,  della  Croce,  della  Vittona,  di  Chevalleret,  ed  altri  di  minor 
conto. 

d)  ^Ye//c  yi?pi  marittime.  Da  luglio  a  settembre,  i  colli  dell'/lpne/Zo,  di  Feraw, 
di  Louget,  daWAutarel;  e  da  giugno  a  settembre,  i  colli  del  Mulo,  di  Maurin,  della 
Portola,  delle  Monic,  del  5ufi,  di  Feuillas,  e  di  Roburent. 

Il  colle  della  Maddalena  o  delIMrg'enfera  è  da  molti  anni  sgombro  di  nevi  da  maggio 
a  ottobre  ;  e  da  giugno  a  settembre  resta  libero  il  transito  pei  varchi  di  Pouriac,  del 
Ferro,  del  colle  Lungo,  di  Santanna,  della  Lombarda,  Fronca  morta,  e  del  Sabbione. 

Da  maggio  a  settembre  sono  agevoli  i  passi  di  Margaria,  di  Tenda,  delle  Caserne, 
delle  Saline,  del  Pezso,  d'OrjJzea,  del  Pean  de  Termini  e  del  Casotto;  da  maggio  a  ot- 
tobre restano  liberi  i  colli  di  Tavarello  e  della  iiossa  ;  e  da  aprile  a  ottobre  tutti  quei 
passaggi  delle  Alpi  marittime  e  degli  Apennini,  che  dal  colle  di  Nova  s'incontrano  sulle 
giogaje  ehe  cingono  la  Liguria  sin  al  monte  Bastione,  ultimo  punto  confinante  cogli 
Apennini  di  Toscana. 

Ora  colle  strade  ferrate  già  fu  aperto  il  varco  fra  Trieste  e  la  Stiria,  e  fra  Verona  e  il 
Tirolo:  si  lavora  al  gran  traforo  del  Cenisio,  e  si  disputa  se  la  via  che  deve  raggiunger 
la  Germania  deve  varcare  il  Lucmagno  o  le  Alpi  retiche. 

Le  Alpi,  quantunque  di  ragguardevole  mole,  non  sono  che  di  terza  categoria  per 
elevazione  in  confronto  degli  altri  monti  della  terra.  Abbiam  veduto  che  le  più  alte 
montagne  stanno  in  Asia  nella  catena  dell'lmalaya-,  poi  le  Ande  in  America. 

Tavola  delle  altezze  principali  delle  Alpi  misurate  sulla  linea  delle  sommità. 


Alpi  marittime. 

Monte  Pelvo  del  Mulet  .    .  metri  3,034 

Varco  di  Maurin »  2,982 

Varco  di  Montariolo  ....  »  930 

Varco  di  Borghetto   ....  »  920 

Sorgenti  della  Corsaglia      .     .  »  2,020 

Monte  d'Eza "  ool 

Varco  di  Braus »  978 


Varco  di  Brouis   ....  metri 

Poggio  del  Moro » 

Varco  del  Colle  di  Tenda    .    .  » 

Alpi  cozie. 

Monte  Viso >' 

Monte  Ginevro » 

Monte  Tabor " 


1,290 

550 

1,795 


3,835 
3,592 
5,171 


13i 


GEOGRAFIA  —  EPOCA   TERZA 


metri 


Monte  Chaberton  .     . 

Monte  Abhergian » 

Monte  Freidoiir » 

Picco  di  Servières     ....  » 
Varco  di  Traversetta      ...» 

Monte  Visolotto » 

Varco  delle  Finestre  ....  » 

Sorgenti  del  Po '> 

Alpi  graje. 

Varco  di  Valdobbia  ....     » 

Varco  d'Ollen » 

Monte  Vallesano > 

Monte  Iserano » 

Roccia  Micbele » 

Lago  del  Cenisio » 

Roccia  d'Asse  sul  Cenisio  .     .     » 
Varco  della  Hella  presso  l'ospizio 

del  Cenisio » 

Monte  Gramont > 

Monte  Gregorio » 

Monte  Soglio » 

Alpe  Mussa » 

Varco  della  Cervella  ....     » 

Alpi  della  Porlia » 

Monte  Musinetto » 

Monte  Ci V rari » 

Roccia  Melone » 

Ghiacciaja  d'Ambino      ...» 

Roche  Chevrière » 

Monte  Perron  des  Encombres  .     » 

Monte  Cenisio » 

Pie  du  Frène » 

Monte  Jouvet ) 

Monte  Bellachal » 


3,128 
5,056 
i,U\ 
2,921 
2,524 
5,556 
2,216 
1 ,95 1 


2,409 
2,802 
3,332 
4,045 
2,800 
1,914 
2,896 

2,800 
2,734 
1 ,955 
1,967 
1 ,676 
1,265 
1 ,965 
1,158 
2,204 
3,583 
3,373 
3,273 
2,820 
2,816 
2,796 
2,551 
2,477 


Monte  Trelod metri 

Monte  Granier » 

Alpi  pennine. 

Monte  Rosa » 

1"  punta » 


punta 
punta 
punta 
punta 
punta 


Cima  bruna  del  Breithom   .     .  » 

Picco  bianco » 

Alpe  di  Pedriolo » 

Monte  Cervino » 

Monte  Combino » 

Monte  Velano » 

Il  Harassone » 

Gran  San  Bernardo    > 

Monte  Maledetto » 

Varco  del  Gigante     ....  » 

11  Gigante » 

Monte  Bianco > 

Alpi  elvetiche. 

Cima  del  Gries » 

Monte  Leone  o  Sempione    .     .  » 

Pizzo  del  Ruse » 

Tagliaferro » 

Pizzo  del  Moro » 

Varco  d'Equa » 

Monte  Camera » 

San  Gotardo « 


2,173 
1 ,926 


4,656 
4,218 
4,434 
4,553 
4,557 
4,598 
4,616 
5,902 
5,106 
2,119 
4,522 
4,505 
3,372 
2,982 
3,469 
3,508 
3,405 
4,206 
4,810 


3,074 
5,518 
2,654 
2,966 
2,337 
2,152 
2,758 
3,225 


Le  molte  acque  scendenti  dal  pendìo  meridionale  delle  Alpi  vengono  le  più  a  per- 
dersi nel  Po,  il  quale  attraversa  l'Italia  da  ponente  a  levante  per  ducensettanta  miglia  (1) 
dal  Monviso  o  monte  Vesolo,  fino  all'Adriatico.  De' suoi  confluenti  i  principali  sono,  a 
sinistra,  la  Dora  minore  o  Riparia,  la  Stura,  \a.  Dora  Ballea,  \a  Sesia,  il  Ticino,  VAdda, 
VOglio,  il  Mincio.  Questi  ultimi  quattro  formano  nel  loro  corso  i  laghi  Maggiore  o  \'er- 
bano,  Lario  o  ài  Como,  Sebino  o  d'Iseo,  Benaco  o  di  Garda.  Sulla  destra  il  Po  riceve 
dagli  Apennini  il  Tanaro,  la  Scrivia,  la  Staff'ora,  la  Trebbia,  il  Taro,  il  Galjecello 
(Gabellus),  il  Panaro  (Scuìtena),  la  Parma,  VEnza,  la  Nura,  la  Secchia.  11  Reno  che 
vi  sboccava,  fu  inalveato  nel  vecchio  Podi  Primaro  il  1770;  ramo  abbandonato  quando 
unico  braccio  sin  al  mare  rimase  il  Po  di  Lombardia.  Esso  Po,  per  bocche  cambiate 
sovente,  perdesi  poi  nell'Adriatico,  che  colle  sue  alluvioni  va  sempre  più  restrin- 
gendo. Dall'Alpi  scendono  al  mare  stesso  V Adige,  il  Baccìnglione,  la  Brenta,  (Medoa- 
cus  minor  et  major) ,  la  Piave,  il  Tagliamento  (Tilaventum) ,  V Isonzo  (Sontius) ,  il 
Timavo,  VArsa. 

Dove  le  Alpi  avvicinano  il  mar  Ligure,  se  ne  staccano  gli  .Apennini,  che  corrono  per 
lo  lungo  fin  alla  Puglia:  ivi  partonsi  in  due  rami,  che  riescono  l'uno  all'estremo  del- 
l'Abruzzo, l'altro  nel  paese  de' Salenlini.  Verso  oriente,  ove  i)iù  s'accostano  al  mare. 


(1)  In  linea  retta;  ma  calcolando  le  tortuosità, 
viene  a  286  j   ossia  I>28  chilometri.  Vedi  Le  Alpi 


che  clnijono  l'Italia,  Torino   I8<;>.  .;  e  Sciii.AGEN- 
>\EiTii,  Geografia  fisica  delle  Alpi,  Lipsia,  ÌS'óÙ, 


ITALIA.  —  FIUMI  iZ'i 

spargono  di  colline  e  torrenti  quella  parte,  mentre  vaste  campagne  e  più  tranquilli  fiumi 
vanno  dalle  loro  radici  occidentali,  talvolta  così  piane  che  vi  stagnano  infauste  maremme. 
Da  quei  monti  piovono  al  mar  Toscano  la  Magra,  VArno,  VOmbronp,  la  Marta  e 
VArone,  che  escono  dai  laghi  di  Bolsenu  (\'uhini'nsisj  e  di  Bracciano  (SabatwuaJ  ;  il 
Tevere,  che  riceve  la  Chiana  (ClanisJ^  la  A'errr,  il  Teverone  (AnioJ^  e  più  di  quaranta 
altre  acque  minori  ;  il  Gariijliuno  (Lirh),  il  Volturno^  il  Sele  (SHaroa),  il  Imo.  Mettono 
nel  golfo  di  Taranto  il  Sinno  (Siris)  e  VAgri  (Aciris).  Bell'Adriatico  cominciando  dal 
Po,  il  Savia,  il  Pisatello  (Rabico),  il  Foglia  (risaurus),  il  Metauro,  VEsino  (Oesis),  il 
Tronto,  la  Pescara  (Alermui),  il  Sangro,  il  Tiferno,  il  Fortore  (Fronlo) ,  VOfanlo 
(Aupdas). 

Seguendo  l'ossatura  principale  della  penisola  e  il  corso  de'  suoi  fiumi,  abbiamo  un 
pendio  delle  Alpi  e  due  degli  Apennini,  clie  possono  considerarsi  come  le  tre  principali 
divisioni  di  essa.  Il  primo  nordico  o  alpino,  che  finisce  nel  Po  e  nell'Adriatico,  suddi- 
videsi  ancora  ne'  pendii  occidentale  dal  Tanaro  alla  Sesia 
de'  laghi       dalla  Sesia  all'Oglio 
atesino  dall'Oglio  all'Agoa 

orientale       dall'Agna  all'Arsa. 
È  il  più  unito,  proporzionato  in  lunghezza  e  larghezza,  e  popoloso. 

Il  |)endio  dell'Apennino  orientale  è  il  più  oblungo,  avendo  fin  750  miglia  di  lunghezza, 
e  al  più  75  di  larghezza,  e  si  divide  nei  clivi 

padano  dal  Tanaro  all'Enza 

adriaco-padano      dall'Enza  alla  Cattolica 
grecale  dalla  Cattolica  al  Tronto 

centrale  dal  Tronto  al  Gargano 

siroccale  dal  Gargano  al  capo  Spulico. 

Il  piovente  occidentale  o  Apennino  lirrenio,  è  il  men  vasto  e  popolato,  e  scende  al 
Mediterraneo,  suddiviso  ne'  pendii 

boreale    dal  Varo  al  Lavenza 
amico      dal  Lavenza  al  Fiora 
tiberino  dal  Fiora  a  capo  Circello 
vesuvico  dal  Circello  al  Palinuro. 
Rimane  poi  l'estremità  montuosa,  detta  Calabria,  che  comprende  i  monti  fra  i  capi 
Palinuro,  Ipalico  e  il  mare. 

Frastagliata  da  tanti  fiumi  e  valli,  parve  l'Italia  disposta  da  natura  a  restar  divisa  in 
piccoli  paesi,  senza  unità  di  governo  e  di  capitale,  ma  al  tempo  stesso  a  formare  una 
sola  nazione,  franca  da  stranieri,  dai  quali  la  separano  il  mare  e  le  montagne. 

%  1.  —  Popolazione  d'Italia. 

Quali  fossero  le  prime  colonie  venute  in  Italia,  è  tuttavia  disputato,  contraddicendosi 
fra  sé  gli  storici.  Noi  ne  abbiam  discusso  nella  nostra  Storia  Universale:  qui  por- 
giamo l'opinione  più  comune. 

A)  Diciasette  secoli  av.  C.  Pelasgi  e  Illir],  venendo  da  settentrione,  occuparono  tut-peiasni 
l'Italia,  ai  quali  attribuiscono  le  costruzioni  ciclopiche  di  moltissime  città  in  riva  al- 
l'Adriatico fra  il  Po  e  l'Aterno  e  lungo  il  mar  Tirreno.  Da  essi  sarebbero  uscite  le  varie 
popolazioni  che  sono:  nella  .Japigia  dal  Liri  fino  al  Gargano,  i  Messapj,  divisi  in  Sa- 
lentini  e  Calabri ;  nell'altra  penisola  di  Lucania  e  del  Bruzio,  gli  Enotri,  i  Conj,  gVI- 

tali,  i  Morgeti  ;sop'ca.  la  Japigia,  i  Peuceli  o  Pediculi,  e  i  Danni. 

Rimontando  verso  settentrione,  fra  gli  Apennini  e  il  mar  Superiore  incontravansi  i 
Liburni;  e  dietro  loro,  al  nord  del  Po,  sulle  rive  dell'Adriatico  da  Aquileja  ad  Adria, 
i  Veneti,  cui  capitale  era  Patavium.  I  Siculi,  anch'essi  pelasgi  o  illirici,  popolarono  al 
medesimo  tempo  parte  della  valle  di  Po  e  le  coste  occidentali  d'Italia. 

B)  Verso  il  1500,  le  tribù  ibere  dei  Sicani  e  dei    Liguri,   sospinte  da  un'invasione  jj^^^f 
celtica,  si  diffusero  lungo  tutto  il  Mediterraneo,  dalla  foce  dell'Arno  sino  ai  Pirenei,  e 
con  diversi  nomi  occuparono  in  Italia  le  alpi  Marittime,  e  i  due  pendii  degli  Apennini 
fino  al  Ticino  e  al  Po.  Essi,  e  principalmente  i  Sicani  loro  colonia  avanzata  verso  sud- 


136  GEOGRAFtA  —  EPOCA  TERZA 

est,  molestavano  i  Siculi,  che  dicevansi  Autoctoni  per  attestare  l'antica  possessione,  e 
che  si  videro  forzati  a  scostarsi  dalle  rive  dell'Arno. 
Celli  C)  Un  secolo  i)iù  tradi  sopragiunsero  i  Galli,  formanti  un'umbra  ossia  fratellanza  di 
nobili  0  prodi,  che  dopo  fiere  battaglie  occuparono  quanto  i  Siculi  tenevano  nelle  pia- 
nure del  Po  :  indi  respinsero  in  giù  i  Liburni,  non  restandone  che  qualche  reliquia  in 
riva  all'Aterno,  col  nome  di  Pretuzj  e  Peligni ,  e  passando  anche  l'Apennino,  dai  paesi 
fra  il  Tebro  e  l'Arno  scacciarono  i  Sicani  e  i  Siculi.  Così  i  Galli  Umbri  possedevano 
quant'è  fra  l'Alpi,  il  Ticino,  il  Tevere,  il  Nar,  il  Tronto,  l'Adriatico,  e  quello  dei  Veneti; 
il  paese  fu  diviso  in  humbria  (Bassa  Umbria,  cioè  le  pianure  del  Po;  Ollumbria  (Alta- 
Uinhria)  fra  l'Adriatico  e  gli  Apennini  ;  Vilumbria  (Umbria  Marittima)  fra  gli  Apennini, 
il  Tevere,  l'Arno  e  il  mar  Inferiore.  Molte  città  vi  sorsero,  e  principali  Ravenna^  Ari- 
minOy  Ameria. 

I  Siculi  spossessati  furono  assaliti  da  altri  popoli  della  penisola  ;  e  gli  Aborigeni,  ca- 
lati dalle  montagne  al  nord-est  del  Lazio,  li  spinsero  verso  il  paese  degli  Eiìotri,  che 
anch'essi  li  costrinsero  coi  Morgeti  a  ricoverare  nell'isola  cui  diedero  il  nome.  Pari 
sorte  corsero  i  Sicani;  ma  altri  di  loro  razza  si  mantennero  nelle  montagne  di  Liguria. 
Tirreni  D)  Ne'  paesi  fra  il  Tevere  e  l'Arno  era  venuta,  non  si  sa  come,  una  razza  pelasga 
detta  dei  Tirreni,  che  abitava  le  città  di  Crestone  (Grotona),  Agilla  (Coere),  Pisa,  Alsio, 
Pyrgi,  Tarquinii. 
Elleni  E)  Poco  prima,  e  al  tempo  della  guerra  di  Troja,  giunsero  diverse  colonie  dalla 
Grecia,  arrivo  abbellito  da  favolose  tradizioni.  Evandro  si  piantò  a  Pallanzio^  antica 
città  de' Siculi  ;  un  figlio  di  Anfiarao  a  Tibur-,  Enea  nel  Lazio.  Suo  figlio  Ascanio  fab- 
bricò Alba  long  a  ;  sul  golfo  di  Taranto  all'ovest  Petilia  fu  fondata  da  Filottete,  al  nord 
Me.taponto  da  Nestore  di  Pilo,  all'est  Salento  da  Idomeneo.  Molte  città  nella  Daunia  sta- 
bilirono Diomede  e  suoi  compagni;  Siponto  sul  golfo  Urias  ;  Argos  Hippium  (Argi)  al 
sud-ovest  dell'anzidetta;  Sa/a/j«a  (Salpi)  al  sud-est;  Canusmm  al  sud-ovest;  Maleven- 
tum  (Beneventum)  all'ovest;  e  isole  di  Diomede  furon  dette  alcune  al  nord  del  monte 
Gargano, 

Queste  colonie,  divise  dalla  madre  patria,  non  acquistarono  grande  importanza,  e 
presto  si  confusero  co'  natii.  Cuma  però,  fondata  sulle  coste  di  Campania  verso  il  1300 
da  una  colonia  eolia  venuta  da  Calcide  d'Eubea,  e  da  Cyme  d'Eolia,  sorse  a  molta  gran- 
dezza, occupò  le  isolette  di  Prochita,  Nesis  e  Caprea,  e  fondò  Dicearchia  (Pozzuoli) 
per  porto;  Partenope,  ossia  Paleopoli,  detta  poi  Napoli;  e  Zancle  o  Messina  in  Sicilia. 
Anche  Ajace  d'Oileo  dicesi  conducesse  una  colonia  di  Locresi  al  sud-ovest  della  pe- 
nisola dopo  distrutta  Troja. 

F)  Nel  centro  della  penisola  gli  abitanti  si  dicevano  Autoctoni,  antichissimi,  ma  spo- 
stati sovente  dalle  invasioni  straniere.  Nelle  provincie  che  dipoi  si  chiamarono  Lazio, 
Osclii  Campania,  Sannio,  due  stirpi  abitavano,  Oschi  e  Sabellj.  1  primi,  detti  anche  Opicj  e 
SabcUj  ,4usonj,  tenevano  il  fertile  paese  dal  Tevere  sin  alle  montagne  di  Cales  e  di  Benevento. 
Già  vi  aveano  avuto  stanza  i  Siculi  ;  ma  allorché  questi  perdettero  le  pianure  del  Po  e 
dell'Etruria,  i  Casci,  tribù  degli  Oschi,  detti  anche  degli  Aborigeni,  scesero  dalle  mon- 
tagne di  Beate,  e  occuparono  la  dritta  del  Tevere,  e  misti  con  Umbri,  Tirreni,  Ausonj, 
formarono  il  nuovo  popolo  da' Latini,  così  detto  da  Inalino  re  di  Laurento.  Al  tempo 
stesso  le  altre  popolazioni  ritoglievano  ai  Siculi  le  pianure  di  Campania  e  del  Lazio  me- 
ridionale, onde  i  Latini  trovaronsi  daccosto  al  sud  i  lìutuli,  i  Volsci,  gli  Ernici,  gli 
Aurunci.  I  pastori  Sabellj  costituivano  ancora  un  solo  popolo  de' Sabini,  abitanti  nei 
paese  settentrionale,  che  dipoi  fu  detto  il  Sannio. 

Pertanto  undici  secoli  prima  dell'era  vulgare,  al  nord  dell'Italia  abitavano  gli  Umbri. 
che  dicesi  possedessero  trecencinquantotto  città  e  villaggi  nelle  sole  Isumbria  e  Ollum- 
bria, ma  che  erano  minacciati  dai  Tirreni  al  sud-ovest.  In  fondo  al  golfo  adriatico  sta- 
vano i  Veneti;  i  L«(;uri  a  quel  di  Genova:  Oschi  e  Sabellj  nella  parte  montuosa  cen- 
trale; ad  oriente  sull'Adriatico  le  reliquie  dei  Liburni  e  g\'\  stabilimenti  pelasgi  della 
Japigia;  ad  occidente  gli  Enotri  nella  Lucania  e  nel  Bruzio,  che  allora  propriamente 
dicevasi  Italia. 
Etrusclii  G)  ^^^  corrente  l'undecimo  secolo  giunsero  in  Italia  i  Raseni,  detti  anche  Tusci,  poi 
Tirreni  (]uando  si  furono  mescolati  con  una  colonia  lidia,  piantala  in  riva  al  mar  Infe- 
riore. Pure  entrassero  dalle  montagne  della  Bezia,  e  traverso  alla  valle  di  Po  e  agli 


AUTOCTONI  DEI,  LAZIO  137 

Apeonini,  soggiogati  i  Tirreni,  piantarono  nell'Umliria  marittima  dodici  città,  che  fu- 
rono Cere,  Taniuinii,  Populonia,  Volaterra,  Arretium,  Perusia,  Clusium,  liusella',  no- 
minate da  Tito  Livio  ;  le  altre  probabilmente  sono  Veii,  Volsiniuw,  Cortona,  Vetulonium. 
Con  cura  le  fortificarono,  tenendo  dipendente  tutto  il  paese;  indi  allargaronsi  ai  nord  e 
al  sud.  Come  già  i  Siculi,  cosi  allora  gli  Umbri  furono  cacciati  dalla  Vilumbria  e  dalle 
trecento  borgate  sul  Po,  e  costretti  a  rifuggire  tra'  Liguri  e  fino  tra  gli  Elveti  e  gli  Edui 
di  là  dall'Alpi.  Alcuni  si  mantennero  fra  il  Ticino  e  l'Adda,  per  fronteggiare  i  quali  fu 
dagli  Etruschi  fabbricata  Me.lpum.  Sull'altra  riva  del  Po  i  Liguri  si  difesero  dietro  la 
Trebbia  e  nelle  culline  del  Piacentino  e  del  Tortonese.  I  Galli  dell'Ollumbria,  assaliti 
dai  Raseni  ad  occidente,  e  a  mezzodì  dai  popoli  del  centro  della  penisola,  furono  rin- 
cacciati fino  in  riva  dell'Esis,  né  più  tornarono  poderosi.  A  conservar  le  conquiste  in 
vai  di  Po,  gli  Etruschi  fabbricarono  altre  dodici  città,  Briria,  Verona,  Mantua,  Mel- 
pum,  Fehina  o  Bononia,  Hatria.  .  .  unite  pur  esse  in  federazione  come  le  dodici 
metropoli. 

Un  otto  secoli  avanti  l'ora  vulgare,  gli  Etruschi  passarono  il  Tevere,  occupando  Fi- 
dene  nella  Sabina;  per  alcun  tempo  dominarono  sopra  i  Volsci  all'estremità  del  Lazio; 
poi  nella  ricca  contrada  fra  il  Volturno  e  il  Silaro  fondarono  una  terza  confederazione  di 
dodici  città,  fra  cui  principali  erano  Nola,  Vuliurnum,  Atella,  Acerrcp.  Di  là  si  stesero 
ben  anco  nella  Corsica  e  Sardegna  e  nelle  minori  isole  attorno  all'Italia,  da  Uva  ricca 
di  ferro,  sino  alla  fumante  Lipari  nido  di  pirati.  Fors'anche  fondarono  nel  Piceno 
Adria,  Cupra  marittima,  Capra  montana,  e  tennero  altre  isole  dell'Adriatico,  sicché 
tutta  la  penisola  stava  a  lor  dominio,  mentre  scorrevano  i  mari,  di  cui  alcun  tempo 
tenner  l'impero.  Ma  a' loro  danni  sovrastavano  Galli  e  Sanniti,  finché  giungesse  Roma 
a  sterminarli. 

^8.  —  Autoctoni  del  Lazio,  della  Campania  e  del  Sannìo. 

Le  succedentisi  invasioni  e  colonie  non  spostarono  le  primitive  popolazioni  italiche 
dell'Italia  centrale.  Fra  queste  erano  al  sud  del  Tevere  i  Latini  dal  mare  al  monte  Al- Latini 
bano,  e  dal  Tevere  al  Numicio.  Principali  città  n'erano  Laurentum  e  Laviniuni  sulla 
costa;  Lanuvium  a  pie  del  monte  Albano  ;  Pallantium  sopra  una  collina  lambita  dal 
Tevere;  sul  monte  Albano  Alba  longa,  che  fu  quasi  capitale  di  trenta  città  latine,  e  si- 
gnora d'altrettante  borgate.  Già  allora  sussistevano  Bovillce,  Tellene,  Ficana,  Lubicum, 
Pedani,  Ortona,  Preneste,  Gabii,  Arida.  Nel  tempio  di  Venere  fra  Lavinio  e  Ardea  con- 
venivano tutti  i  popoli  latini  ;  in  quel  di  Diana  ad  Aricia  gli  abitanti  di  Tusculo,  Lanu- 
vio,  Laurenio,  Cora,  Tibur,  Pomeiia,  Ardea. 

A  mezzodì  del  Lazio  slavano  molte  tribù  ausonie.  Quelle  dei  Butuli  formavano  un  Ausonj 
regno  avente  Ardea  per  capitale:  quelle  dei  Volsci  possedevano  ventitre  città  nelle  pia- 
nure ora  infeste  dalle  paludi  Pontine,  tra  le  quali  Anzio,  celebre  pel  tempio  della  For- 
tuna, e  ricovero  di  terribili  pirati,  come  un  tempo  Formia,  asilo  de'  Lestrigoni.  Gli 
Aninci  abitavano  in  Fundi,  città  di  mura  ciclopiche.  Ad  oriente  nella  montagna  erano 
gli  .Equi,  estesi  all'est  di  Tusculo  e  del  monte  Albano,  razza  ausonia  come  gli  Ernici 
al  sud  di  essi.  I  Sedicini  abitavano  pure  dapprima  nel  Lazio,  poi  cacciati  da  Latini  ed 
Etruschi,  piantaronsi  sulle  frontiere  del  Sannio,  della  Campania,  del  Lazio,  intorno  a 
Teano. 

Dei  primitivi  abitanti  della  Campania  non  restano  che  incerte  tradizioni.  Nominano  Campani 
come  tali  gli  Opicj,  che  alcuno  confonde  cogli   Ausonj,  e  che  avevano  casa  attorno  al 
golfo  che  curvasi  da  Sorrento  a  Miseno.  Indeboliti  dagli  Enotri,  furono  dagli  Etruschi 
spogliati  della  più  fertile  parte  di  lor  paese,  di  cui  la  parte  meridionale  fu  occupata  dai 
Picentini,  gente  sabellia. 

Adunque  ai  resti  della  grande  stirpe  degli  Opicj,  che  vantavasi  autoctona,  non  rima- 
nevano più  che  il  Lazio  e  porzione  di  Campania,  a  stento  difendendosi  dagli  Etruschi. 
Pure  erano  destinati  a  tanto  impero. 

I  Sabelij  frattanto  popolavano  le  cime  degli  Apennini,  cancellando  i  nomi  delle  stirpi  Sabcllj 
pelasghe  o  illiriche  dell'oriente  e  del  mezzodì.  In   tempi  antichissimi  mossero  dalle 
montagne  vicine  ad  Amiterno,  respingendo  al  nord-est  e  al  sud-ovest  gli  Umbri  e  gli 


138  GEOGRAFIA  —  EPOCA  TERZA. 

Aborigeni,  e  col  nome  di  Sabini  piantaronsi  fra  il  Tevere  e  l'Anio.  La  parte  meridio- 
nale della  Sabina,  cbe  dipoi  fu  delta  Sannio,  era  allora  abitata  dagli  Ausonj,  die,  me- 
scolandosi coi  Sabini,  formarono  i  Sanniti.  Questi  spedirono  a  levante  e  a  mezzodì  co- 
lonie, che  coi  nomi  di  Ferentani,  Picentini,  Lucani  si  posero  in  riva  all'Adriatico,  al 
mezzodì  della  Campania  e  nell'antica  Enotria. 

Dai  Sabini  discendevano  pure  i  Marsi,  accasati  attorno  al  lago  Fucino;  i  Mamicini 
sulla  destra,  e  i  Vestini  sulla  sinistra  dell'Aterno;  gVIrpiiii  al  sud  del  Sannio  fra  la 
Campania  e  i  Danni.  Sembra  tutte  queste  colonie  cominciassero  prima  di  Roma. 

^9.  —  Colonie  greche  in   Italia. 

Importantissime  alla  civiltà  furono  le  colonie  greche,  le  quali,  dalla  metà  del  secolo 
vili  av,  C.  fino  a  metà  del  v,  si  sono  stabilite  nell'Italia  meridionale,  detta  iv'of/naGreaa, 
e  nella  Sicilia. 
Sicilia  La  Sicilia  sta  di  mezzo  fra  l'Italia  e  l'Africa;  ma  dalla  prima  dista  appena  3  mi- 
glia, quante  sono  dalla  punta  del  Faro  a  Sciglio  o  punta  del  Cavallo,  mentre  dal  capo 
Boco  0  Marsala  sono  80  miglia  per  giungere  al  capo  Bona  in  Africa.  Ha  630  miglia  di 
giro:  180  di  lunghezza  est-ovest,  dal  Faro  al  Boco;  e  133  da  nord  a  sud. 

I  tre  apici  del  triangolo  in  cui  è  conformata  sono  i  tre  capi,  Peloro  o  capo  del  Faro 
verso  l'Italia;  Pachino  o  capo  Passaro  verso  la  Morea  ;  Lilibeo  o  capo  di  Boco  verso 
l'Africa. 

Dentro  la  dividono  in  tre  valli,  di  Démona,  di  Noto,  di  Mazara  ;  il  primo  ricco  d'al- 
beri e  frutti,  gli  altri  di  cereali,  che  acquistavano  alla  Sicilia  il  titolo  di  granajo  d'Italia. 
V'abbondano  acque  termali,  pietre  fine  ed,  oro  suo,  lo  zolfo;  ricco  di  pesci  il  mare, 
massime  anguille  del  Faro,  tonno  e  pesce-spada. 

Quest'isola  mutò  il  nome  di  Sicania  o  Trinacria  in  quel  di  Sicilia  quando  vi  migra- 
rono grillirj  Siculi.  Fecondissima  di  terreno,  opportunissima  alla  navigazione,  fa 
tosto  cercata  da'  Fenicj,  Cartaginesi  e  Greci.  I  Dori  e  gli  Jonj  si  collocarono  principal- 
mente sulle  sue  coste.  Siracusa,  colonia  corintia,  posta  ad  oriente,  divenne  principale 
della  Sicilia.  Fu  fondata  sull'isola  Ortigia,  donde  stese  palagi  e  templi  sulle  collinee 
pianure  circostanti. 

Agrigento  (Acragas)  era  centro  d'un  vasto  commercio,  e  fu  eretta  da  coloni  di  Gela 
(582).  Famosi  furono  1  suoi  tiranni,  i  carri  ed  i  cavalli,  e  la  magnificenza  de'  suoi  abi- 
tanti che  salirono  fino  ad  ottocentomila.  Sulla  costa  medesima  era  Gela  colonia  cretese, 
la  più  importante  dell'isola  prima  che  crescessero  Siracusa  ed  Agrigento. 

I  Messenj,  fuggenti  dalla  vinta  patria,  ricoverarono  a  Zancle,  mutandone  il  nome  in 
Messana  o  Messina  (667),  dove  la  costa  è  pili  vicina  all'Italia.  Imera  fu  pure  colonia  di 
Zancle.  Al  sud  di  essa  Tauromenium,  colonia  jonica,  era  famosa  pei  suoi  vini.  Alquanto 
fra  terra,  al  nord  di  Siracusa,  era  Leontium.  Fra  Siracusa  e  Tauromenium  sulla  costa 
orientale,  Catania  in  fondo  a  un  bel  golfo,  già  vasto  porto.  Fra  essa  e  l'Etna  stava 
Hgbla,  celebrata  pel  suo  miele,  che  non  cedeva  a  quel  dell' Imetto.  Camarinay  colonia 
di  Siracusa,  sulla  costa  sud-est. 

Selinunte,  colonia  d'Ibla,  all'ovest  d'Agrigento  (645),  fu  sterminata  dai  Cartaginesi 
trecentonovantasei  anni  dopo  fabbricata.  1  templi  scoverti,  non  ha  molt'anni,  attestano 
un'antichità,  per  lo  mono  contemporanea  a' più  vetusti  monumenti  architettonici  di 
Atene.  Altre  ragguardevoli  antichità  si  trovano  a  Segesta,  sulla  costa  nord-ovest  del 
mar  Inferiore,  fabbricata  dagli  Elimi,  abitata  poi  da  Segesta  compagno  di  Enea,  e  colo- 
nizzata da  Tessali:  importante  è  il  teatro,  ivi  pure  era  Panormo^  cioè  tutto  porto,  per- 
chè il  mare  toccava  la  città  che  ora  n'è  un  miglio  distante.  Sul  promontorio  Lilibeo 
sorgeva  una  città  del  nome  stesso,  colonia  fenicia  ;  l'unica  che  stette  franca  dalla  domi- 
nazione di  Dionigi  il  vecchio,  il  quale  erasi  recata  in  soggezione  tutta  la  Sicilia  e  parec- 
chie città  della  Magna  Grecia. 

Attorno  alla  Sicilia  stanno  molte  isole,  fra  cui  quelle  di  Eolo  e  di  Vulcano  al  nord, 
dove  principale  era  Lipari  colonia  di  Gnidj;  le  Egati  al  nord-ovest  rimpetto  a  Dre- 
pano  ;  al  sud  Gaulos  e  Melile  (Gozo  e  Malta),  ove  i  Fenicj  aveano  lasciato  colonie  e 
monumenti. 


COLONIE  GRECHE  IN  ITALIA  139 

Altre  colonie  piantaronsi  ncH'llalia  meridionale  che  n'ebbe  il  nome  di  Magna  6're-Ma(]na 
eia:  s'ignora  donde  Iralto,  e  durò  fui  verso  il  v  secolo  di  Roma,  dopo  del  quale  i  pò- ^^rccia 
poli  s'indicarono  dalla  contrada  che  ciascuno  occupava.  Non  si  sa  bene  quanto  quel 
nome  si  estendesse,  ma  reputano  abbracciasse  otto  regioni,  Locrese,  Caulonite,  Scillc- 
tica,  Crotoniate,  Sibaritica.  Kraclese,  Metapontina,  Tarantina. 

a.  Verso  il  1^2o  Sibari  sorse  sulla  costa  occidentale  del  golfo  di  Taranto,  in  territorio 
che  rendeva  il  cento  per  uno,  e  in  capo  a  cent'anni  popolato  di  venticinque  città:  po- 
teva armare  trecentomila  uomini.  Corrottasi  pel  lusso,  fu  distrutta  da'  Crotoniati.  Figlie 
di  Sibari  erano  Posidonia  o  Pesto  al  sud  del  Silaro  (510),  oggi  rovinata  affatto,  ma  dove 
un  secolo  fa  si  scopersero  i  famosi  templi  che  misero  in  moda  l'ordine  pestano.  Rino- 
mate n'erano  le  rose.  Essa  tìglio  Pandosia  sulla  costa  occidentale  della  penisola  all'es- 
tremità sud-ovest  dell'Italia.  Terina  al  sud  ovest  della  precedente,  Laus  in  fondo  al 
golfo,  S cidr US  su\  mar  Jonio,  erano  pur  colonie  di  Sibari. 

6.  Al  sud  di  Sibari  fu  fondala  Crotone  dagli  Achei  verso  il  753,  pronta  crescendo,  fin 
quando  i  tiranni  di  Siracusa  la  presero  e  ripresero.  Famosi  n'erano  gli  atleti. 

e.  Verso  il  707  sorse  Taranto,  con  un  porto  immenso  ma  poco  sicuro,  emula  delle 
precedenti,  e  più  a  lungo  indipendente.  Nel  tempio  di  Delfo  depose  trofei  di  sue  vit- 
torie sopra  gli  Jopigi,  i  Messapj,  i  Peucezj.  Piantò  le  colonie  di  Heraclea  ad  occidente 
in  riva  all'Aciris,  di  Drundusium  ad  oriente  sulla  costa  di  Calabria,  ove  minor  acqua 
separa  Italia  dalla  Grecia. 

d.  Locri  al  sud  di  Crotone,  presso  il  promontorio  Zefirio,  fu  edificata  o  ripopolata  nel 
683  dai  Locresi  Ozolj,  e  prosperò  fin  quando  Dionigi  il  giovane  le  die  il  crollo,  llip- 
ponium  al  sud  di  Terina  era  colonia  de'  Locresi. 

e.  Beggio  all'occidente  di  Locri,  sullo  stretto  di  Messina,  risale  al  723,  e  dominò  fino 
a  Dionigi  il  vecchio.  Vorrebbero  che  il  nome  suo  indicasse  lo  strappamento  della  Sicilia 
dall'Italia, 

f.  Elea  0  Velia  al  sud-est  di  Pesto,  fondata  dai  Focesi  dopo  che  la  lor  città  fu  presa 
dai  Persiani  (o36),  venne  in  fama  per  scuola  filosofica. 

g.  Verso  il  44i  Tliurii  fu  posta  dagli  Ateniesi  allato  all'antica  Sibari, 

h.  I  Siracusani,  fuggenti  la  tirannia  di  Dionigi  il  vecchio,  fondarono  Ancona  nel  Pi- 
ceno il  393, 

§  10,  —  Invasioni  galliche. 

Nuove  tribù  galliche  furono  da  interni  moti  spinte  sopra  l'Italia,  eBellovesobiturige, 
verso  il  587,  superò  il  Monginevro,  e  traversate  le  terre  de'  Liguri  Taurini,  sconfisse 
un  esercito  etrusco  in  riva  al  Ticino,  e  prese  quant'è  fra  questo  fiume,  il  Vo  e  il  Serio; 
indi  i  suoi,  dal  nome  degli  Umbri  rimasti  indipendenti,  come  dicemmo,  fra  l'Adda  e 
il  Ticino,  tolsero  il  nome  d'Insubri.  Nel  mezzo  di  quel  paese  fu  fondato  Uediolano, 
nelle  cui  vicinanze  gli  Orobj  aveano  già  fondato  Como,  Bergamo  e  Bara  città  d'ignoto 
luogo. 

Altri  Galli  seguirono  l'esempio;  e  una  banda  di  Aulerchi,  Carnuti  e  Cenomani  cacciò 
gli  Etruschi  dalla  Transpadana,  e  si  stanziò  fra  gl'Insubri  e  i  Veneti,  cui  principali  città 
furono  Brescia  e  Verona  sua  figlia.  Poi  Salii,  Levi,  Libici  si  fissarono  ad  occidente 
degli  Insubri  sulla  destra  del  Ticino.  Boi,  Anamani,  Lingoni,  scesi  dall'Alpi  Pennine, 
e  trovando  la  Transpadana  già  occupata  dai  compatrioti,  passarono  il  Po,  e  gli  Anamani 
si  posero  ad  occidente  dei  Liguri  fra  lo  Jala  (Staffora)  e  il  Taro,  fondandovi  Placentia  ; 
i  Lingoni  alla  foce  del  Po;  i  Boi,  più  poderosi,  fra  il  Taro,  il  Po,  gli  Apennini  e  l'Utis 
{Montone),  fabbricarono  Dononia  sulle  rovine  dell'antica  Felsina.  Nel  520  i  Senoni  si 
collocarono  dall'Utis  all'Esi,  ove  poi  sorse  Sena  dei  Galli  [Sinigaglia).  Pure  alcune  re- 
liquie d'Etruschi  ed  Umbri  sussistettero;  e  Mantova,  Melpo,  Dutrio,  Ravenna,  Arimino 
restarono  quasi  libere,  sebbene  tributarie  e  minacciate. 

§   11,  — Movimenti  degli  Itali, 

Alquanto  più  tardi,  all'estremo  dell'Italia  si  formò  il  nuovo  popolo  de'  Bruzj,  mesco- 
lanza di  schiavi  fuggiaschi  di  varie  razze.  Nell'altra  penisola  fu  detto  Apulia  il  paese 


140  GEOGRAFIA  —  EPOCA    TERZA 

dei  Dauni  e  de'Peucezj,  e  talvolta  tutta  la  penisola  orientale  dal  Sannio  e  dalla  Luca- 
nia fino  all'estremità  della  Calabria.  Alcuno  crede  quel  nome  significhi  senza  porti,  e 
quello  di  Campania  i  profondi  seni  di  essa  (■/.y.fir.r,). 

La  Campania  anch'essa  mutò  faccia,  poiché  una  nuova  invasione  di  Galli  nella  Cisal- 
pina, respinse  la  gente  fra  gli  Apenninl  e  in  Toscana  e  verso  la  Campania,  ove  emulò  le 
città  della  Magna  Grecia:  Cuma  principalmente  ne  fu  di  continuo  bersagliata.  Però  gli 
Etruschi  stessi  erano  minacciati  dai  Sanniti,  che  allettati  dal  clima,  né  più  paghi  di  cor- 
rerie, nelle  pingui  pianure  dell'Apulia,  del  Lazio  meridionale,  della  Campania,  scesero 
ed  occuparono  Nola,  Nocera^  Pompcj,  Ercolano^  e  finirono  la  dominazione  etrusca  col 
espugnare  Volturno  ch'essi  denominarono  Capua.  Anche  Cuma  presero  nel  420,  poi  me- 
scendosi agli  antichi  abitanti  e  adottandone  i  molli  costumi,  formarono  il  nuovo  popolo 
dei  Campani,  steso  da  Sinuessa  al  Silaro,  e  nell'interno  sin  alla  frontiera  del  Sanzio. 
Più  tardi  i  Romani  v'incontrarono  tre  soli  popoli,  Campani,  Sedicini,  Picentini, 

§  12.  —  Primordj   dì  Roma. 

Roma  nacque  (723)  sul  colle  Palatino,  cui  presto  fu  aggiunto  il  Tarpeo  da  Romolo, 
da  Numa  il  Quirinale,  da  Anco  Marzio  V Aventino  e  il  Gianicolo,  da  Servio  il  Viminale 
eVEsquilino.  Contemporaneamente  estendevasi  il  suo  territorio:  Romolo  sottomise  i 
paesi  dei  Cennini,  Crustumeri,  Antemnati,  posti  sopra  al  confluente  dell'Anio  col  Te- 
vere; Curii,  città  sabina  al  nord-est  delle  predette,  riconobbe  Roma  per  metropoli; 
colonia  romana  fu  posta  in  Fidene,  dissotto  dal  confluente  dell'Anio  col  Tevere  ;  in 
Etruria  Vejo  cesse  il  paese  de'  Sette  Rorghi  [Sept^m  Pagi).  Sotto  Tulio,  distrutta  Alba, 
il  territorio  ne  fu  unito  al  romano,  che  sotto  Anco  arrivò  al  mare  fondando  Ostia  alla 
foce  del  Tevere.  Regnante  lui  e  il  successore,  la  Sabina  occidentale  e  l'antico  Lazio 
vennero  in  dominio  di  Roma,  che  con  Tarquinio  Superbo  si  stese  traverso  al  paese  dei 
Volsci  sin  al  promontorio  Circeo. 

Stabilita  la  Repubblica,  dalla  battaglia  del  lago  Regillo,  e  da  un  trattato  d'alleanza 
cogli  Ernici  rimase  assicurato  il  Lazio  ai  Homani.  Caduti  i  Decemviri,  si  dilatano  le 
conquiste  :  i  Volsci  perdettero  Suessa  Pomeiia  loro  capitale  nel  495,  poi  Coriolo,  e  la 
marittima  Anzio  e  Fidene;  da  ultimo  Equi  e  Volsci  furono  ridotti  ad  ubbidienza  de'  Ro- 
mani, che  presero  Vejo,  la  città  primaria  degli  Etruschi,  e  Falari  (Falisca)  nel  394. 

I  Galli  Senoni  irruppero  fino  ad  occupar  Roma  ;  ma  rifabbricala,  essa  conquistò  molte 
città  latine  ed  etrusche,  sicché  la  confederazione  d'Etruria  restò  disciolta;  e  quando 
furono  espugnate  Satrico  nel  Lazio  antico,  Sera  all'estremità  sud-est  del  paese  de'Vol- 
sci,  Roma  vi  restò  dominatrice  dell'Italia  centrale. 

Allora  i  Galli  stavano  divisi:  i  Liguri  ristretti  fra  l'Alpi  e  l'Apennino;  i  Veneti  fra  le 
paludi  e  la  laguna;  gli  Umbri  più  non  erano  un  popolo.  L'Etruria  avea  perduto  lo  scet- 
tro dei  mari  e  gli  stabilimenti  di  Campania  e  le  città  meridionali.  La  Magna  Grecia  era 
snervata  dal  lusso,  nel  commercio  turbata  dalla  concorrenza  di  Cartagine  e  di  Marsiglia, 
ed  assalita  dai  tiranni  di  Sicilia  e  dai  popoli  del  Rruzio,  della  Lucania,  del  Sannio.  Fra 
il  decadere  di  queste  rimanevano,  robusti  di  gioventù,  i  Romani  e  i  Sanniti,  che,  ben 
tosto  venuti  al  cozzo,  sovvolsero  tutta  Ualia. 


DAL  323  AL  134  AV.  e. 


g  1 .  —  Divisioni  deirimpero  macedone, 

Alessandro  non  avea  trovato  l'impero  di  Persia  regolato  da  amministrazione  unica, 
nò  gli  era  bastato  tempo  di  stabilirla;  in  altri  paesi  lasciò  l'autorità  ai  re  precedenti, 
come  a  Poro  e  Tassilo;  e  tante  generazioni,  così  diverse  di  carattere,  costumi,  favella, 
non  potevano  facilmente  piegarsi  sotto  una  sola  volontà.  Morto  appena  il  conquistatore 
(323),  si  sottrassero  dunque  al  giogo  per  ripristinare  le  nazionali  unità,  mentre  l'ambi- 
zione dei  generali  d'Alessandro  procacciava  dominj  parziali. 

Prima  la  Grecia  si  rivoltò,  e  ne  venne  la  guerra  Lamaica;  ben  tosto  i  capi  delle 
varie  provincie  se  le  presero  in  proprietà,  e  venner  tra  loro  a  uno  sparti  mento  di 
quelli  che  i  re  sogliono,  senza  interrogare  la  volontà  né  i  bisogni  dei  popoli.  Alle  pro- 
vincie ove  Alessandro  non  era  pervenuto  in  persona,  non  furono  cangiati  i  governatori, 
il  che  del  resto  non  sarebbe  stato  agevole  in  paesi  lontani.  Le  satrapie  dell'Asia  Ante- 
riore e  dell'Africa,  principali  dell'antico  impero  di  Persia,  furono  spartite  in  modo,  che 
Tolomeo  di  Lago  ebbe  l'Egitto,  Laomedone  di  Mitilene  la  Siria,  Pilota  la  Cilicia,  Pitone 
la  Media;  ad  Eumene  furono  affidate  da  Paflagonia,  la  Cappadocia  e  le  provincie  vicine, 
dove  Alessandro  per  l'intemperie  non  aveva  potuto  arrivare;  ad  Antigono  la  Pamfìlia,  la 
Licia  e  la  Frigia  Grande;  a  Cassandro  la  Caria,  a  Meleagro  la  Lidia,  a  Leonato  la  Frigia 
Ellespontica.  Delle  provincie  d'Europa  fu  data  a  Lisimaco  la  Tracia  e  i  paesi  vicini  al 
Ponto  Eusino;  ad  Antipatro  la  Macedonia.  Perdicca  non  ebbe  porzione,  sperando  do- 
minare su  tutti;  ma  gli  altri  il  contrariarono,  sinché  morì  (321). 
•  Allora  a  Trisparadi  in  Siria  si  fa  un  secondo  scomparto,  poco  diverso  dal  primo,  ove 
le  Provincie  di  Eumene  sono  attribuite  ad  Antigono,  la  Licia  a  Clito  ammiraglio  mace- 
done, la  Frigia  ad  Arideo,  la  Babilonia  a  Seleuco  che  dapprima  avea  solo  un  comando 
militare. 

Antipatro  incatenò  gli  altri  colla  sua  ambizione;  ma  lui  morto,  più  chiare  apparvero 
le  dissensioni,  e  in  Grecia  e  in  Asia  vennero  a  fronte  Cassandro  con  Polispercone,  Eu- 
mene con  Antigono.  Polispercone  ed  Eumene  sostengono  con  gloria  ma  senza  fortuna 
la  discendenza  del  Magno;  morti  loro,  Antigono  pare  concentrar  in  sé  la  dominazione 
d'Alessandro  in  Asia,  se  non  che  gli  altri  si  collegano  contro.  Per  quindici  anni  di  mi- 
rabili sforzi  tiene  le  sfuggenti  provincie,  sostenute  dal  valore  del  (iglio  Demetrio  Polior- 
cete,  che  con  dotte  macchine  assedia  Rodi. 

La  sorte  dell'Asia  e  della  Macedonia  fu  decisa  a  Isso  (301)  ;  ove,  morto  Antigono,  i 
principi  e  re  vincitori  spartonsi  di  nuovo  l'impero.  Tolomeo  aggiunge  all'Egitto  la  Ce- 
lesiria  e  la  Palestina;  ma  Tiro  e  Sidone  tengonsi  fedeli  a  Demetrio.  A  Lisimaco  fu  data 
l'Asia  Minore  sin  alle  frontiere  della  Cappadocia  e  del  Ponto.  Il  resto  fu  unito  alle  pro- 
vincie di  Seleuco.  Cassandro  per  suo  fratello  Plistarco  ottenne  la  Cilicia. 

Da  qnel  momento  possono  considerarsi  distintamente  le  provincie  uscite  dallo  smem- 
bramento dell'impero  macedone: 

\°  U Egitto,  sotto  i  Tolomei,  era  ad  oriente  protetto  dal  mare,  ad  occidente  dalle 
sabbie.  Oltre  l'Egitto  proprio  questo  regno  possedeva  la  Cirenaica  sulla  costa  del  Medi- 
terraneo, la  Palestina,  la  Fenicia,  la  Celesiria,  parte  d'Arabia,  alcune  Cicladi,  e  il  li- 
torale della  Tracia. 

2°  Al  regno  di  Siria  dava  grand'importanza  l'estendersi  dall'Eufrate  all'Indo;  e 
comprendeva  la  Siria  propria,  la  Cappadocia  e  V Alta  Asia,  conquistata  nelle  ultime  im- 
prese d'Alessandro. 

3'  La  Tracia  vicina  alla  Macedonia,  oltre  la  Tracia  propria  e  il^suo  Chersoneso, 


142  GEOGRAFIA  —  EPOCA   QHARTA 

abbracciava  la  Mista,  VEoUde,  la  Lidia,  la  /onm,  la  Caria,  la  Doride,  la  Paflagonia, 
la  Grande  Frigia  e  la  Licaonia.  Lisimaco  vìionàò  Lisimachia  ;  Antigono  aveva  in  Bi- 
tinia  fondato  Antigonia,  die  poi  fu  detta  Nicca. 

4"  11  regno  di  Macedonia  componeasi  delle  provincie  europee  (salva  la  Tracia) 
d'antica  dominazione  macedone.  Erano  la  Macedonia  propria,  V Epiro,  la  Tessaglia, 
VAcarnania,  molte  città  di  Grecia  e  del  Peloponneso.  V'appartenne  alcun  tempo  la  Ci- 
licia,  naturalmente  aggregata  alla  Siria. 

Queste  divisioni  si  conservarono,  benché  temporariameute  alterate.  Nel  regno  di  Siria 
formaronsi  sette  principati,  di  Cappadocia,  del  Ponto,  della  Battriana,  de'  Parti,  del- 
V Armenia,  di  Galazia,  di  Pergamo.  Le  repubblicbe  greche  vennero  ricuperando  l'in- 
dipendenza, e  altri  popoli  l'individualità. 

Demetrio  e  Pirro  tornarono  ad  agitar  l'urna  sanguinosa,  finché  si  formarono  tre  sta- 
bili divisioni.  L'Asia  Minore,  staccata  dal  regno  di  Tracia,  viene  ai  Seleucidi-,  la  Frigia 
settentrionale  è  occupata  dai  Calati ,  che  si  piantano  fra  le  pianure  del  Sangario  e 
dell'Alis;  la  Tracia  ricupera  i  re  proprj;  e  la  Grecia  l'indipendenza. 

Allora  restano  : 

1"  Il  regno  di  Siria  sotto  i  Seleucidi,  formato  di  otto  provincie  dell'Asia  Minore  e 
di  tutte  quelle  dell'Asia  Alta. 

2°  U Egitto,  regnato  dai  Lagidi,  che  dalla  Grande  Sirte  giungeva  alla  Celesiria, 
unita  alle  già  dette  provincie  l'isola  di  Cipro. 

3"  Regno  di  Macedonia,  ove  poi  si  pose  la  discendenza  d'Antigono  e  Demetrio, 
di  confini  sempre  variati,  ma  sempre  steso  dall'Adriatico  alla  Tracia,  dai  monti  Orbello 
e  Scardo  alla  Grecia  centrale. 

^2.  —  Italia  superiore  al  tempo  della  guerra  sannitica. 

La  parte  superiore  dell'Italia,  tra  le  Alpi  al  nord  e  all'ovest,  il  Varo  al  sud-ovest, 
l'Arsa  all'est,  la  Macra,  gli  Apennini,  il  Rubicone  al  sud,  essendo  il  più  abitata  dai 
Galli,  fu  detta  Gallia  Cisalpina,  e  suddivisa  in  Cispadana  e  Transpadana  secondo  il 
fiume  Po.  Davasi  più  particolarmente  il  nome  di  Liguria  alla  parte  montuosa  del 
sud-ovest,  e  di  Venezia  ed  Istria  a  quella  del  nord-est. 
Liguri  A.  I  Liguri  fra  le  Alpi,  l'Apennino,  la  Macra  e  il  mare,  toccavano  all'est  e  al  nord 
le  possessioni  dei  Galli,  al  sud-est  quelle  degli  Etruschi,  al  sud  il  mar  Ligustico;  ad 
occidente  il  Varo  li  separava  dai  Liguri  della  Gallia ,  che  abitavano  il  pendìo  occi- 
dentale delle  Alpi  marittime,  e  il  litorale  dal  Varo  al  Rodano  ,  col  nome  di  Salii  o 
Saluvii,  Oxyhii,  Deceates,  Suetri,  Quariates,  Adunicates. 

Ad  oriente  dell'alpi  Marittime  si  trovavano: 

i"  In  riva  al  mare  da  ovest  in  est  i  Vediantii,  capitale  Cemenelium  (Ciraies)  al  nord 
dei  due  banchi  massalioti  di  Nizza  e  Monaco  (Herculis  Monetici  Portus)  ;  gV Int>7nelii, 
capitale  Alhium  Intimelium  (  Ventimiglia  )  ;  gV Inganni,  capitale  Albium  Ingaunum 
(All)cnga),  all'est  dei  quali  trafficava  Ge7iua  porto  dei  Liguri,  forse  indipendente  da 
tutte  le  tribù.  All'est  di  Genova  e  sulle  due  rive  della  Macra  stavano  gli  Apuani, 
capitale  Apua  (Pontremoli),  verso  le  fonti  della  Macra,  cui  pare  che  Lucca  appartenesse. 

Sulla  riviera  da  occidente  in  oriente,  fra  Nizza  e  Genova  si  trovavano  Tropcea  Au- 
gusti (Turbla),  monumento  a  onore  d'Augusto  al  varco  dell' ^//j?'s  Maritima,  al  nord- 
ovest di  Monaco,  dov'erano  sculti  i  nomi  di  tutti  i  popoli  vinti  da  Augusto  fra  l'Alpi, 
dal  Varo  all'Adriatico;  Olivula  Portus  (Ospizio  o  Villafranca),  Avisio  Portus  (Eza), 
Costa  Balenai  (Torre  di  Larma) ,  Tavia  (Taggia) ,  Portus  Maurici  (Porto  Maurizio), 
Lucus  Bormani  (Burgonzo),  Vada  Sabatin  (Vado),  Saro  (Savona),  Vico  Virginis  (Le- 
gine),  Alba  Docilia  (Albissola) ,  ad  Navalia  (Laban),  Hasta  ad  Figlinas  (Feggino). 
Ad  oriente  di  Genova,  Ricinum  (Recco) ,  Portus  Delfìni  (Porto  Fino),  ad  Salaria 
presso  Campi,  Segesta  Tiguliorum  (Sestri  di  Levante),  Tegolata  (Trigoso),  ad  Monilia 
(Moneglia),  Bodetia  (Bonassola),  Portus  Veneris  (Porto  Venere),  Eryx  (Lerici)  presso 
la  Macra. 

2"  Negli  Apennini,  sul  pendìo  meridionale,  gli  Ercati,  i  Lapicini,  i  Caruli,  i  Fri- 
niati  presso  gli  Apuani  ;  sul  settentrionale ,  fral  o  Jala  (StatTora)   all'est   e   le  Alpi 


ITALIA    SUPERIÓRE  i43 

all'ovest,  1  Vibeìli,  i  Mafìelli ,  gli  Emburiati ,  i  Casmonati ,  gli  Illuati,  i  Ceklati,  i 
Cerdiciati;  ad  occidente  sul  Tanaro  gli  Slalielli  più  poderosi;  sul  corso  superiore 
del  Po  i   Vcneui  ;  e  alle  fonti  d'esso  fiume  i  Vagiani  d'origine  celtica. 

Loro  principali  città  erano  da  ovest  in  est  lungo  il  Po  Saìuvii  (Saluzzo);  presso 
il  Tanaro  Casmoìiates  (Casotto),  Augusta  Vagiennorum  (Vasco),  Asta  Colonia  (Asti); 
presso  il  Feòo.s  (Belco),  Epanderii  (Bardinetto),  Levi  (Levico),  Aqucc  Staliellcp  (Acqui), 
fra  Ilvalea  (Ovada)  al  sud  e  Car>jxtus  TCarrosio)  al  nord.  Presso  Ira^,  Briniate^  (Bri- 
gnolo),  Ccrdiciates  (Ceretto),  Retovium  (Retorbido),  celebrato  pel  lino;  presso  lo  Jala 
Dertona  (Tortona),  e  al  sud,  accostandosi  agli  Apennini,  Celeates  (Celle),  Garuli  (Ca- 
reglio),  Lepicini  (Bucena),  Hercates  (Arcen). 

Altre  città  lungo  il  Po  da  ponente  a  levante ,  Cerialis  (Ceresole),  Carea  (Chieri), 
Industria  presso  Verrua,  Ce.s/o  (Moncestino?)  Rigomagus  (Rinco),  ad  Medias,  Valen- 
tiììum  (Valenza).  Al  sud  di  esse  presso  il  Tanaro  Diovia  (Mondovi),  Potenfia  (Carrù), 
Polentia,  Alba  Pompeja.  Presso  al  Belco  Calanicum  (Calizzano),  Ceba  (Ceva),  Crixia 
(Bocchetta  del  Censio),  Nicea  Palcea  (Nizza  della  Paglia),  Urbs  (Orba),  Libarna  (Mon- 
techiaro).  Al  sud  presso  Ercate  Boacce  (Bozzolo),  Rubra  Terra  Rossa. 

o°  Seguendo  la  curva  dell'Alpi,  le  cui  vette  erano  occupate  da  genti  galliche,  tro- 
vavansi  nelle  valli  inferiori  i  polenti  Taurini,  al  confluente  della  piccola  Dora  col 
Po.  Ivi  era  Saltus  Taurinorum,  passaggio  de' Galli  in  Italia;  inoltre  Taurasia,  detta 
poi  Augu<tta  Taurinorum  (Torino),  e  Grajoceli  (Bragella),  Magelli  (Maniglia),  ad  Fines 
(Avigliana),  ad  Duodecimum  (Giaconera),  ad  Octavum  (?),  Vibiforum  Colonia  (Pine- 
rolo).  Al  nord  e  all'est  de' Taurini  abitavano  i  Libici  sulle  rive  della  Sesia,  capitale 
Vercelloe  ;  e  i  Levi  sul  Ticino,  capitale  Ticinurn  o  Papia.  V'erano  inoltre  Randa  (Rotta), 
ove  i  Campi  Baudj ,  famosi  per  la  disfatta  de'  Cimbri  ;  Coltala  (Cozzo) ,  Carbantia 
presso  La  Castagna,  Laumcllum  Durii  (Doma),  Quadrata,  Lambrus  (Castel  Lambro). 
Tres  Tabernce  presso  Borghetto,  ad  Rota  (Orio). 

La  disabitata  isola  Gallinaria,  in  faccia  ad  Album  Ingaunum,  apparteneva  alla  Li- 
guria marittima. 

B.  Sovra  i  predetti,  nell'alte  valli  dell'Alpi  erano: 

io  I  Segusiani  con  Segusio  (Susa),  che  dominava  tutta  la  valle  della  piccola  Dora -,  Galli  delle 
Ocelum  (Oulx)  presso  la  Dora,  Sincomagus  (Sezanne).  Alpi  Cozie, 

2°  1  Salassi  nella  valle  della  Dora  maggiore;   dov'erano  Salassi  (la  Sala),  e  dove  pennme 
Augusto  fondò  Augusta  Prcetoria  (Aosta)  per  vigilare  sulle  due  strade  dell'alpi  Graje 
e  Pennine.  V'avea  inoltre  Eporedia  (Ivrea)  fondata  per  un  oracolo  sibillino,    Vitri- 
cium  (Verres),  Ariolica  (Arpetta),  Arebrigium  (Art). 

3»  I  Lepontini  dieder  nome  alle  Alpi  fra  il  Mourosa  e  il  Sanbernardino  ;  e  sebbene 
appartenessero  ai  popoli  della  Rezia,  possedeano  nella  Gallia  Cisalpina  alcune  città, 
come  Summum  Penninum,  Eudracinum  (Entraune),  Ictimolum  (Pedemulo)  alle  fonti 
della  Sesia,  Umana  (Omegna). 

C.  Insubri  e  Cenomani  dividevansi  la  Gallia  Traspadana.  I  primi  ad  occidente  ave- Galli  Tras- 
vano  in  dipendenza  i  Marici  che  abitavano  fra  i  Levi  intorno  al  Ticino,  e  le  tribù  P^Ja"» 
stanziate  a  Novaria,  a  Como  e  a  Bergamo  col  nome  di  Vertacomagores  e  Orobii.  Oltre 
Medioìanum  capitale,  avevano  Melpum,  Laus  (Lodi)  detta  Pompeja  dopo  che  ricevette 
colonia  da  Pompeo,   Forum  Diuguntorum  (Crema),   Acerrce  (Pizzighettone) ,  la  città 

più  forte  degl'Insubri;  al  nord  di  Laus  era  Spina  (Spinazzino),  e  all'est  Minervium 
(Manerbio)  detto  Buddig  dai  Galli  :  all'estremo  meridionale  del  paese  degl'Insubri , 
ove  l'Adda  confluisce  col  Po,  era  Cremona^  già  de' Cenomani ,  poi  colonizzata  dai 
Romani;  aggiungiamo  Tetellus  (Rovato?),  Sebum  (Iseo),  Tolleyata  (Telgate),  Leucum 
(Lecco?)  ove  l'Adda  esce  dal  lago  di  Como,  Argentia  (Crescenzago) ,  Pons-Aureoli 
(Pontirolo),  Modicia  (Monza)  sul  Lambro,  Sibrium  (Castel  Seprio).  Gli  Orobj ,  oltre 
le  principali  città  di  Bergomum  e  Comum ,  detto  novo  dopo  colonizzato  da  Pompeo 
e  da  Cesare,  avevano  Forum  Licini  (Incino),  Coronata^  Campus  (Cornate).  I  Cenomani, 
nemici  agl'insubri,  s'erano  piantati  ove  già  le  città  etrusclie  di  Brescia,  Verona,  Man- 
tova, limitati  al  nord  dai  Reti,  all'ovest  dagl'Insubri,  al  nord-est  dagli  Euganei,  al- 
l'est dai  Veneti,  al  sud  dal  Po,  dove  sorgeano  Beneventum  (Castel  Venzago),  Ariolica 
(Oliosi)  all'estremo  del  lago  di  Garda,  Garda,  Bedriacum,  ad  Castoris  (Canseroj,  Ho- 
stilia  sul  Po.  Dipoi  Brescia  e  Verona  ebber  colonia  romana. 


ÌM  GEOGRAFIA  —  KPOCA   QUARTA 

D.  Al  nord-est  della  Traspadana. 
Veneti,  lo  La  Venezia  comprendeva  i  paesi  fra  il  Po,  l'Adige,  l'alpi  Gamiche,  il  limavo  e 
Carni,  |'Adriatico.  Ad  occidente  lungo  l'Adige  abitavano  gli  antichi  Euganei  o  Bechuniani, 
forse  fondatori  di  Padova  e  Verona,  respinti  poi  nella  parte  montana  che  ne  conserva 
il  nome  (Colli  Euganei).  Principali  loro  città  da  sud-ovest  a  nord  erano  l'antica  Atrio 
fra  il  Po  e  l'Adige,  Ateste  (Este)  sul  Ruteno,  Patavium  sul  Medoacus  minor  (Bacchi- 
glione)  potente  di  commercio,  Vicentia  (Vicenza).  In  riva  all'Adriatico  ad  oriente  di 
Padova  Aliinum;  più  al  nord  Vedinum  (Udine);  all'est  sulla  spalla  orientale  dell'alpi 
Giulie  .Emona  (Laibach),  città  d'importante  commercio. 

2"  Al  nord  de'  Veneti  stavano  i  Carni  a  pie  delle  alpi  Gamiche,  la  cui  capitale  fu 
poi  detta  Julium  Carnicum. 

Moltissimi  paesi  sono  ricordati  dei  Veneti  e  dei  Gami:  Vicus  Varianiis  presso  Le- 
gnago,  Annejanum  (Montagnana),  Forum  Alieni  (Alende),  Maria  (Loreo)  presso  Adria, 
Fosm  Clodia  (Chioggia),  Edron  (Castello  in  vai  di  Pozzo),  Medoacus  minor  (Porto  di 
Malamocco),  Mons  Ilicis  (Monselice),  ad  Fines  (Avigliana),  Cadiana  (Caldiero?),  Au- 
rati (Montebello),  Atina  (Tine),  ad  Cepasias  sul  Sile  (Albaredo),  Tarvisium  (Treviso), 
Acelum  (Asolo),  Opitergium  (Oderzo),  Concordia  all'est  di  questa,  Apicilia  presso  Lat- 
tisana,  e  Portus  Rumatinus  (Portogruaro) ,  Marianum  (Mirano),  A'^uileja  fabbricata 
dai  Romani  per  custodir  quell'entrata.  A  settentrione  fra  Vicenza  ed  Aquileja  erano 
Smonnia  (Savogna?),  Cencta,  Feltria  sulla  sinistra  della  Piave,  Belunum  abitata  dai 
Reti,  Ccehna,  Ibligo  (Ipplis)  e  Glemona  (Geniona)  città  de'Garni,  Forum  Julii  (Friuli) 
fortificata  e  colonizzata  dai  Romani,  Pucioli  (Pozzolo).  Più  al  nord  erano  Menocakni 
(Monfalcone),  Quarqueni  (Gorizia),  Larice  (Ladra)  sull'Isonzo,  Carnium  (Kraynburg), 
Nauportos  (Ober  Laybach),  ecc.  È  difficile  determinare  quali  de'  paesi  che  nominiamo 
esistessero  da  antico,  quali  fosser  fondati  dapoi. 

3"  GV  htrioti ,  di  stirpe  illirica  come  i  Veneti,  abitavano  la  penisola  d'Istria,  cui 
l'Arsia  separava  dall' llliria.  Gittà  principali,  Tergeste  (Trieste)  divenuta  importante  al 
tempo  d'Augusto;  Parentium  porto  di  mare  frequentato  fra  Trieste  e  Pola  ;  Hesactium 
(Refonzi),  che  generosameute  resistette  ai  Romani  ;  Pala,  antica  quanto  importante. 
Calli  E.  I  Galli  Gispadani  abitavano  il  paese  cb'è  fra  gli  Apennini,  lo  .Tala,  il  Po,  l'A- 
Cispailani  driatico  e  l'Esi.  Gli  Anamani  e  i  Boi  possedevano  moltissime  borgate  e  città,  eclis- 
sate dalle  colonie  romane.  Placentia  capitale  degli  Anamani,  Parma,  Mulina,  Bono- 
nia  erano  in  piccolo  stato,  da  cui  dovevano  rialzarsi  sotto  i  Romani  5  più  importanti 
erano  Clastidium  ad  occidente  in  riva  al  Po,  Janrae^um  all'est  di  Parma;  di  Rhegium 
Lepidi  (Reggio),  s'ignora  il  nome  bojo.  Aggiungiamo  Fidentia  (San  Donnino?),  5ar- 
derafes  (Bardi)  presso  l'Apennino,  Comillomagus  (Gicognola),  Florentia  (Firenzola) , 
Buxeta  (Busseto),  Forum  Noiium  (Fornovo),  ad  Tarum  (Castel  Guelfo),  Nuceria  (Luz- 
zara), Colicaria  (Roncaglio  di  sotto),  Cornelium  (Imola)  fondata  da  Lucio  Cornelio 
Siila,  e  Flaventia  (Faenza). 

L'antica  Spina  sorgeva  sul  territorio  de'  Lingoni;  Ravenna  poco  discosta  dal  Po  e 
dall'Adriatico,  ai  quali  fu  da  Augusto  congiunta  per  via  d'un  porto  e  d'un  canale. 
Ferrarla  non  è  nominata  che  tardi  da  Paolo  Diacono. 

I  Senoni  abitavano  molte  città  della  Cispadana,  fra  cui  la  più  importante  pare  Ce- 
sena; ma  essi  dilatavansi  principalmente  al  sud  del  Rubicone  nell'Umbria.  Contansi 
pure  Forum  Livii  (Forlì)  sull'Utis,  Forum  popoli  (Forlimpopoli),  Cwreviani  (Torre  di 
Cervia). 

§  3.   —  Italia  propria. 

L'Italia  propria,  confinata  al  nord  dalla  Macra,  dall'Apennino  e  dall'Utis,  all'ovest 
dal  mar  Inferiore,  al  sud  dal  Silaro  e  dal  Tronto,  all'est  dall'Adriatico,  suole  partirsi  in 
sei  regioni,  Etruria,  Umbria,  Piceno,  Sannio,  Lazio,  Campania. 
Eiruria  ^'  '''  ^fi^w'^'^  Stava  fra  il  mar  Inferiore  all'ovest,  il  Tevere  al  sud  e  all'est,  al  nord 
gli  Apennini  e  la  Macra,  la  cui  sinistra  però  era  occupata  dai  Liguri.  I  suoi  dodici  po- 
poli erano  così  disposti  : 

1.  Ad  oriente  verso  la  frontiera  umbra  dal  nord  al  sud  gli  Arretini^  in  forte  posizione 


ITALIA    PHOPniA  Ì4S 


a'  pie  dogli  Apennini  ;  i  Cortoniati,  ove  Cortona,  fondata  dagli  Umbri,  tenuta  lunga- 
mente dai  Pelusgi  ciie  la  cinsiTO  di  mura  ciclopee;  i  Clmini,  i  Perugini,  i  Vulsinii 
(Bolsena). 

2.  Ad  occidente  verso  la  costa,  dal  nord  al  sud,  i  Volaterrani,  le  cui  mura  giravano 
quattro  miglia:  i  Veiulunii,  i  Ru^ellani,  i  Coselani. 

3.  Kella  parte  più  stretta  e  meridionale,  al  sud  della  foresta  Ciminia,  fra  i  laghi  Vol- 
sinio  e  Ciminio,  i  Falerini,  la  cui  capitale  Falera,  presso  Civita  Castellana,  era  stata 
fondata  dai  Pelasgi,  abitata  da  gente  estrania  agli  Etruschi;  distrutta  dai  Romani,  la 
Confederazione  etrusca  le  sostituì  i  Cosetani.  Al  sud  est  de' Falerini  stavano,  i  Vejenti ; 
ad  occidente  di  questi  i  Ceretani,  la  cui  capitale  Cere  era  santuario  del  popolo  romano; 
al  nord  di  essi  i  Tarquinii  alla  sinistra  del  fiume  Marta  fin  al  lago  Sabazio  (di  Bracciano). 

Secondo  l'opinione  meglio  accettata 

I.  I  Chiusini  (Chisini)  comprendevano  oltre  la  città  di  Chiusi,  una  parte  del  terri- 
torio di  Siena  e  di  quello  d'Orvieto. 

M.  I  Perugini  [Perusini)  estendevansi  dalle  sorgenti  del  Tevere  fino  al  Trasimeno. 

IH.  I  Cortonesi  (Corlonenses)  occupavano  una  parte  dell'odierno  territorio  fiorentino 
al  disopra  dell'anzidetto  lago. 

iv.  Gli  Aretini  [Arreiini]  da  Arezzo  dilatavansi  nei  dintorni  di  Fiesole  e  di  Firenze 
fin  a  Pistoja. 

V.  1  Volterrani  [Volaterrani]  da  Volterra  ingombravano  la  costa  mediterranea  di  Pisa 
e  di  Livorno. 

VI.  1  Vetulonii,  da  Vetulonia,  ora  distrutta,  dominavano  una  parte  del  Senese  e  lo 
Stato  di  Piomltino. 

VII.  1  Rosellani  (Rusellani)  erano  abitatori  della  maremma  Senese  e  del  paese  di 
Castro,  avendo  per  capitale  Rosella. 

vili.  1  Tarquinii,  dal  capoluogo  denominato  Tarquinia,  occupavano  le  contrade  di 
Corneto  e  Civitavecchia. 

IX.  1  Vulsci  [Vuhimi),  centralizzati  nella  città  di  Bolsena,  e  di  là  sparsi  nei  territorj 
di  Montefiascone  e  d'Orvieto. 

X.  I  Ceretani,  che  aveano  per  capoluogo  l'antica  Cere,  oggi  Cervetri,  e  signoreggia- 
vano su  Palo  e  Bracciano. 

XI.  l  Falisci,  che  dall'estinta  Faleria  davano  leggi  ad  una  parte  dell'attuale  provincia 
del  Patrimonio  di  San  Pietro. 

XII.  I  Vejenti,  che  dalla  città  di  Vejo  imperavano  agli  abitanti  del  monte  Cimino  ed 
a  quei  di  Nepi,  Sutri  e  Baccano,  infine  al  suburbicario  di  Roma. 

Oltre  le  dodici  capitali  erano  altre  città: 

1"  Al  nord  fra  la  Macra  e  l'Arno,  Luna  porto  e  mercato  frequentissimo;  Macra  (Monte 
Morello)  ;  Pisa  fondata  dai  compagni  di  Nestore.  Stava  anticamente  sull'angolo  formato 
dal  confluire  dell'Arno  a  destra  e  del  Serchio  [Auser,  Esar)  a  sinistra;  onde  Rutilio 
Numaziano  cantava  : 

AlphecB  veterem  cuntempior  originis  urbem, 

Quam  cingunt  geminis  Auser  et  Arnus  aquis. 
Conum  pyramidis  coeuntia  [lumina  clucunt, 
Intratur  modico  frons  patefacta  solo  .  .  . 
Sed  proprium  retinet  communi  in  gurgite  nomen. 
Et  pontuni  solus  scilicet  Arnus  adit. 
Nell'interno  erano  Pistoria,  Fesulce  rinomata  por  la  scienza  degli  auguri,  Florentia. 
2°  Fra  l'Arno  e  il  Tevere  sulla  costa  Portus  Labronici  (Livorno),  Populonium  presso 
Piombino,  e  Telamon  aveano  porti  e  fonderie  pel  ferro  dell'Elba. Tra  loro  stava  Rusellce. 
Presso  Cossa  era  Portus  Comnus  o  Porto  Ercole;  ad  oriente  di  Cossa,  Saturnia;  al  sud, 
Graviscce,  Caslruni  i\ovum,  ecc.  Fra  Alsium  (Palo)  e  Fregena;  (Castel  Guido)  Hegisuilla 
era  sede  d'un  capo  pelasgo.  L'isola  d'Elba  è  detta  da  Virgilio  Insula  inexaustis  chahjbum 
generosa  metallis.  La  principale  è  la  miniera  di  Rio,  da  cui  oggi  si  cavano  cinquantatre 
milioni  di  libbre  di  vena  ogni  anno.  Rimpetto  sorge  l'isola  Gorgona,  ben  tracciata  da 
Rutilio  Numaziano  : 

Assurgit  ponti  medio  circumflua  Gorgon 
Inter  pif.anum  cyrniacumque  latus. 
Caktù,  Documenti.  —  Tomo  J,  Geografia  politica,  10 


146  GEOGRAFIA  —  EPOCA   QUARTA 

3°  Nell'interno,  e  lungo  e  vicino  al  Tevere,  Saxa  Rubra  (Grotta  Rossa)  a  sei  miglia 
da  Ponte  Milvia  (Ponte  Molle);  Capena  (Civitella?)  presso  il  monte  Soratte,  sul  cui 
vertice  stava  il  tempio  della  dea  Feronia,  attorno  a  cui  si  formò  una  città;  al  nord  del 
Soratte,  Nepe  (Nepi)  antemurale  a  Roma  contro  i  popoli  settentrionali;  Sutrium  (Sutri) 
presso  Trossuli  (Trosso),  e  Ferentinum  al  sud  di  Vulsinii;  Sena  (Siena)  al  nord  di  Vola- 
terra,  e  all'est  Salpis  (Monte  Alfino). 
Drabrìa  B.  Confini  dell'  Umbria  pei  Romani  erano  al  nord  il  Rubicone,  all'ovest  il  Tevere 
e  il  mare,  al  sud  l'Esis,  all'est  l'Adriatico;  ma  prima  di  loro  questo  paese  era  occupato 
dagli  Umbri  al  sud-ovest  nella  parte  montuosa,  dai  Smani  al  nord-est  sul  litorale. 
Quest'ultimi,  nel  paese  al  nord  dell'Umbria  fra  l'Utis  e  il  Rubicone,  possedeano  molte 
città  :  gli  Umbri  pure  stendeansi  oltre  il  Tevere  sin  alla  foresta  Ciminia  e  al  Clanis,  sulle 
cui  rive  alzavasi  la  loro  città  di  Aharna  (Bargiano). 

Nell'Umbria  propria  erano,  sulla  costa  dal  Rubicone  all'Esis,  Ariminum,  antica  e 
fiorente  città  ;  Pisaurum  (Pesaro)  che  pretendeano  denominata  dall'oro  che  vi  si  pesò 
per  riscattar  Roma  da  Brenno;  Fanum  Farlunce  (Fano)  dapprincipio  tempio,  allo  sbocco 
del  Pisauro  e  del  Metauro  ;  Seno  o  Senogallia  allo  sbocco  della  Sena.  Nell'interno  presso 
la  via  Flaminia,  al  sud  Mevania  (Bevagna)  bella  e  forte  città  al  confluente  del  Clitumnus 
e  del  Tinia;  Hispellum  (Spello)  all'occidente  sulla  via  di  Perugia;  Spoletum  al  sud  delle 
predette;  Interamna  (Terni)  sul  Nar;  Ocriculum  (Otricoli)  al  sud-ovest  presso  il  con- 
fluente del  Tevere  e  del  Nar;  Sentinum  presso  l'Esis,  Iguvium  negli  Apennini  (Gubbio), 
Snrsina  sul  Sapi.  Mentano  pure  menzione  Fo?*um  Sempronù' (Fossombrone),  Fulginium 
(Foligno),  Trebiales  (Trevi),  CarsuloB  (Monte  Castrilli),  Assisium^  Tifernum  Tiberinum 
(Tifi)  verso  le  sorgenti  del  Tevere;  Urbinum  Hortense  (Urbino),  e  Urbinum  Metaurense 
(Urbania),  Camerinum,  fondato  ai  tempi  di  Siila  sull'Esi  dagli  abitanti  della  distrutta 
Camerta;  Nequinum,  che  poi  i  Romani  denominarono  Narnia. 
Piceno  C.  Chiudevano  il  Piceno  al  nord  l'Esi,  al  sud  il  Matrino  (Piomba),  all'ovest  l'Um- 
bria, la  Sabina,  il  paese  de'  Marsi  e  dei  Vestini.  11  litorale  diceasi  più  pròpriamente 
Ager  Adrianus;  il  piano,  Ager  Prcetutianus  ;  la  montagna,  Ager  Picenus. 

Sulla  costa  dal  nord  al  sud  incontravasi  la  coionia  siracusana  di  Ancona,  Numana 
allo  sbocco  del  Miscus,  Potentia  sul  Flosis,  Firmum  (Fermo)  ;  più  a  mezzodì  l'antica 
Cupra  maritima,  Caslrum  Novum  allo  sbocco  del  Batino,  Hadria  (Atri)  fondata  dai 
Liburni.  Fra  terra,  Juximum  (Osimo)  la  più  forte  del  Piceno,  Asculum  (Ascoli)  sulla 
montagna,  Jiora  famosa  per  l'oracolo  di  Marie. 
Sannio  D.  Il  Sannio,  paese  montuoso,  chiuso  al  nord  dall'Umbria  e  dal  Piceno,  all'est 
dall'Adriatico,  al  sud  dall'Apulia  e  Lucania,  all'ovest  dalla  Campania  e  dal  Lazio,  com- 
prendeva quattro  popoli  fra  gli  Apennini  e  l'Adriatico,  quattro  negli  Apennini  e  nel 
pendio  occidentale. 

\.  1  Vestini  fra  il  Matrinus  (Piomba)  al  nord  e  VAternus  (Pescara)  al  sud  ;  con  Pinna 
(Penna)  presso  la  costa,  Amiternum  presso  San  Vittorino,  ad  occidente  fra  le  montagne 
Pitinum  presso  Vasteo  sul  Novanus,  Privernum  e  Aveja  perite. 

2.  i  Marrucini  al  sud  dell' Aterno;  con  Aternum  (Pescara)  città  sulla  costa,  con  un 
porto  comune  ai  Marrucini,  Vestini  e  Frentani  ;  Teatce  (Cliieti)  città  forte  sopra  un'erta 
collina  appo  l'Aterno. 

3.  I  Peligni  al  sud  ovest  de' precedenti  negli  Apennini.  Città,  Corfìtiium  (Pellino) 
fortissima,  tre  miglia  al  sud  dell'Aterno,  che  poi  fu  detta  Italica  quando  gl'Itali  la  scel- 
sero capitale  nella  guerra  Sociale;  Sulmo  (Sulmona),  anticamente  fondata  da  un  com- 
pagno di  Enea,  sette  miglia  da  Corfinio. 

4.  I  Frentani  in  riva  al  Tiferno  e  al  nord  del  Frento  che  li  separava  dall'Apulia. 
Città,  Oriana,  un  de' porti  più  sicuri  della  difficile  costa;  Anxanum  (Lanciano)  poco 
lungi  dalla  costa;  Histanium  (Vasto  d'Amone),  Buca  (Termoli  nella  Capitanata),  e  La- 
vinum  capitale. 

5.  I  Sabini  sul  pendio  occidentale  degli  Apennini,  fra  il  mar  Superiore  al  nord,  il 
Tevere  all'ovest,  l'Anio  al  sud,  le  sommità  dell'Apennino  all'est.  Avevano  poche  città 
e  molti  villaggi,  come  agricoli  e  pastori  :  Fidene,  quaranta  sladj  al  nord  da  Roma,  co- 
lonia aliiana;  al  lìord-esi  Ficaìnea  antichissima;  al  sud-est  di  questa  Cornicuìum,  Ca- 
nina, Nomenturn,  al  sud  di  Crustamerium,  di  cui  s'accennano  le  rovine  al  nord  di  Fi- 
dene  sopra  la  collina  da  cui  scende  l'AUia  ;  Eretum,  convegno  de'  popoli  della  Sabina  ; 


ITALIA    PnOPRIA  1^7 

Cures  (Corresc)  presso  ilei  Tevere;  Regillum,  stanza  di  Alta  Clausiis  prima  clic  traspor- 
tasse a  Roma  i  numerosi  suoi  clienti;  Trclula,  antica  e  ragguardevole  città  sul  Velino; 
Beate  (Rielij,  e  la  fredda  Xurcia  presso  le  sorgenti  del  Clitunno. 

6.  1  Alarsi  sulla  riva  orientale  del  lago  Fucino.  Oltre  Marrutium  antica  capitale, 
v'erano  Alba  Fucentia,  Carseoli  e  Clilernum.  Attorno  al  Fucino  stavano  i  Fucenses  e 
Lucenses  verso  il  bosco  di  Angizia;  più  lontano  gli  Anxatani  presso  i  Uri,  e  gli  Anti- 
nati verso  Civita  d'Antina. 

7.  Gl7r/)m?,  abitanti  il  pendio  orientale  del  monte  laburno  e  le  colline  che  s'alzano 
fin  ai  piani  di  Puglia.  Città:  Calli  fa,  Avellinum,  Rufrium,  Taurasia  Oeca  (Troja  di 
Capitanala?),  Herdonia  (Ordona),  Trivicum^  Aquilonia  (Cedogna),  Cominium,  Roinulea 
(Morrò)  piazza  fortissima,  Compsa  (Gonza  nel  Princi|)ato  Ulteriore),  iFquotalicus  (Ariano), 
e  a  tre  miglia  da  essa  Maleventum,  fondata  da  Diomede  all'angolo  formato  dal  confluente 
del  Sabato  col  Calore,  e  che  poi  dai  Romani  fu  detta  Benevento.  Fra  questa  e  Capua 
trovavasi  Appiola;  sul  monte  laburno. 

8.  i  Sanniti  proprj  occupavano  il  paese  selvoso  e  montuoso  al  sud  de'  Peligni,  e  la 
loro  federazione  componeasi 

a.  Dei  Peutri.  Città,  Telesia  al  confluente  del  Vulturno  e  del  Sabato,  /Esernia  (Sergna) 
presso  la  frontiera  de'  Peligni,  Alipe  sulla  riva  settentrionale  del  Vulturno,  Trevcntum 
(Trivenlo),  Tifetnum  al  nord-est  d'.-Esernia  verso  le  fonti  del  Tiferno  e  del  Trino,  Sepino 
(Sipisciano),  Morgantia,  Bovianum  capitale  popolosissima  e  ricchissima. 

6.  I  Caraceni,  piccolo  popolo  all'ovest  de'  Frentani,  in  paese  sterile  e  montuoso,  cui 
capitale  e  forse  unica  città  era  Aufidma  nell'Abruzzo  Citeriore,  sul  Sagro. 

e.  1  Caudini  sul  pendio  occidentale  del  Taburno.  Città,  Caudium  (Ariola)  nella  valle 
traversata  dal  piccolo  fiume  Iscloro,  al  cui  mezzodì  stanno  le  Forche  Caudine,  stretto 
selvoso  fra  due  colline  del  monte  Taburnus  (Rocca  RainolaJ;  Saticula,  Trebola,  Com- 
pulteria. 

d.  GVIrpini  e  i  Frentani  già  detti. 

E.  Il  nome  di  Lazio  s'allargò  poco  a  poco  dal  Tevere  al  Liri.  Vantico  Lazio  com- Lazio 
prendeva  tutto  il  paese  al  nord  ovest  fra  il  Tevere  e  il  promontorio  Circello;  il  nuovo 
aveva  confini  al  sud  la  città  di  Sinuessa  sulla  costa,  nell'interno  Suessa,  all'est  il  Sannio. 
1  varj  popoli  che  l'abitavano,  non  poterono  difendere  la  propria  indipendenza  contro 
Roma.  Loro  città  principali  erano: 

1"  Lungo  il  Tirreno  dal  nord  al  sud,  Ostia  fondata  da  Anco  Marzio;  Laurenium 
(Torre  di  Paterno),  e  Lavinium  (Patrica)  che  presto  perdettero  l'importanza;  Ardea 
capitale  de'  Rutuli  sulla  sinistra  del  Numicio;  Antiwn  ne'  Volsci,  al  par  di  Ardea  e  di 
Tusculo  fondata  da  un  figlio  d'Ulisse  e  di  Circe,  sopra  un  promontorio  del  mar  Tirreno, 
e  che  più  volte  presa  e  saccheggiata  dai  Romani,  rialzossi  al  fine  della  Repubblica  mercè 
la  libertà  del  commercio  marittimo;  Interamna  al  confluente  del  Liri  e  del  Cassino; 
Circcei  (Santa  Felice),  colonizzata  da  Tarquinio  Superbo;  Anxur  o  Terracina,  dove  al 
termine  delle  paludi  Pontine  finisce  nel  mare  l'erta  montagna,  sulla  cui  sommità  era 
il  tempio  di  Giove  Ansuriano;  Arpinum,  sulla  sinistra  del  Liri;  Fundi  era  fra  gli  Au- 
runci,  come  Cajeta  sul  golfo  dello  stesso  nome,  FormicB  nel  centro  d'esso  golfo,  Min- 
iurnce  alla  foce  del  Liri;  e  più  a  mezzodì  sulla  sinistra  del  fiume  stesso  Sinuessa,  a  pie 
del  monte  Massico,  e  dapprima  chiamata  Siìiope. 

2>  Oltre  gli  A  pennini  che  fronteggiano  il  Lazio,  e  donde  staccansi  i  monti  Lucretilis 
e  Simbruini,  nell'interno  paese  levavansi  tre  gruppi  di  montagne;  al  nord  i  monti 
Albani,  col  tempio  di  Giove  Laziale,  centro  della  Confederazione  latina;  all'est  le  mon- 
tagne degli  Equi,  da  Tibur  a  Preneste;  al  sud-est  quelle  dei  Volsci  da  Preneste  a  Pri- 
verno.  All'est  di  quest'ultima  slendeasi  l'ampia  valle  degli  Ernici  ;  all'ovest  sin  al  mare 
le  paludi  Pontine,  il  cui  disseccamento  fu  più  volte  tentato  invano. 

3°  Sul  monte  Albano  e  sue  colline  al  sud  di  Roma  erano  Ficana  sul  Tevere,  Tellence^ 
Politorum,  Lanuvium;  più  all'oriente  Alba  longa  sull'altura,  poco  lungi  da  Albano; 
al  sud  ed  all'est  Arida,  celebre  pel  tempio  di  Diana  e  la  grotta  d'Egeria;  il  delizioso 
Tusculuni  presso  Frascati,  vicino  al  quale  i  Romani  fabbricarono  il  forte  Carventana 
per  fronteggiare  i  Volsci  ;  al  nord  est  Gabii  fra  Roma  e  Preneste,  antica  colonia  d'Alba 
lunga;  Collatia,  Medullia,  Preneste  (Palestrina)  di  fondazione  pelasga. 

4    I  Volsci  furono  i  più  terribili  nemici  di  Roma,  pieni  di  città  indipendenti  una 


US  GEOGRAFIA   —  EPOCA    QUARTA 

dall'altra.  Nel  loro  paese  trovavausi  dal  nord  al  sud  Longula,  Pollusca,  Corioli  all'est 
di  Anzio  che  die  nome  a  Conolano;  Velitrce  ai  sudest  di  Aricia,  e  presto  entrata  nella 
Confederazione  latina;  Sacriportus  al  nord  di  Signia  (Segni),  posta,  come  Cora  (Corij, 
fra  le  montagne  e  cinta  di  mura  ciclopee;  Verriigo,  Ecetra,  Suessa  Pometia  più  ricca 
di  tutte  le  confederate;  Norba,  antica  città  latina,  unita  alla  lega  de'  Volsci,  e  attenta- 
mente fortificata  dai  Romani  sin  dal  493;  Salmo  (SernionetaJ  sull'Ufento,  già  diroccala 
al  tempo  di  Plinio  il  vecchio;  Setta  (Sezzaj  presso  l'Ufento;  Privernum  sopra  una  mon- 
tagna lambita  dall' Amasenus;  al  sud-ovest  di  Priverno ,  Ausona  capitale  de' Volsci 
Ausonj. 

La  più  parte  di  queste  città  stavano  nelle  montagne  de'  Volsci  ;  sulle  rive  del  Liri 
erano  Sora?  la  più  orientale;  Atina  al  sud  ovest  presso  Melpi  ;  Casinum,  la  cui  citta- 
della sorgeva  dove  ora  il  monastero  di  Monte  Cassino;  Fregelle  al  nord  di  Priverno 
(Ceprano  o  Pontecorvo)  ;  Fahrateria  sul  Trero,  affluente  del  Liri;  Arpino  &\i\  Fihreno; 
Aquino  con  mura  ciclopee;  Interamna  sulla  via  di  Teano;  Vescia  che  pare  la  Suessa 
Aurunca  de'  Romani. 

5'  Fra  gli  Ernici,  Anagnia  ove  teneansi  le  assemblee  di  tutte  le  piccole  città  degli 
Ernici  ;  Ferentino  con  mura  ciclopiche;  Frusino  (Prosinone)  nella  valle  del  Cosa. 

6"  Nel  paese  degli  /Equi,  ViteUia  città  antica  all'est  di  Preneste  ;  Sublaqueum  (Su- 
biaco)  in  riva  all'Anio,  importantissima;  Carseoli  sul  Turanio  che  donvinava  un  passo 
degli  Apennini;  Boia  città  importante  fra  le  montagne;  Tthur  traversata  dall'Anio,  un 
cui  quartiere  conservò  nel  nome  di  Siculion  la  memoria  de' suoi  fondatori. 
Campania  F.  La  Campania,  cinta  dal  Lazio,  dal  Sannio,  dalla  Lucania  e  dal  mar  Tirreno, 
era  popolata  da  un  misto  di  tutti  i  popoli  vicini,  e  divisa  in  piana  e  montuosa.  La 
prima  stendeasi  dal  Liri  al  Vesuvio,  su  una  superficie  di  40  miglia  quadrate  attorno 
a  Capua.  Le  montagne,  rotte  da  valli  ubertose,  slendeansi  dal  nord  al  sud  in  semicir- 
colo di  18  0  20  miglia.  Tre  popoli  vi  abitavano:  Campani  alla  pianura,  Sidicini  nei 
monti  al  nord-est,  Picentini  in  quelli  del  sud  ovest.  Sulla  sinistra  del  Liri  abitavano 
pure  gli  Aurunci  a  Suessa  e  Sinuessa. 

Primarie  città  erano  : 

V  Sulla  costa  dal  nord  al  sud,  Vulturnum,  Linternum,  Cuma  al  nord  del  promon- 
torio Miseno,  città  delle  più  forti  d'Italia;  Bajce,  Puteoli  porto  di  Cuma,  e  villeggiatura 
de'  Romani,  che  non  contenti  di  coprir  di  casine  le  falde  del  vitifero  monte  Gauro, 
fabbricavano  anche  nel  mare;  Neapolis  divisa  in  due;  Resina  a  pie  del  Vesuvio;  Her- 
cuhmum  e  Pompeii  fondate  dagli  Osci  e  sepolte  dal  Vesuvio.  Quest'ultima,  in  riva  al 
Sarno,  serviva  di  porto  alle  interne  città  di  Noceria,  Nola  ecc.  Stabice  era  fortezza  fon- 
data dai  Campani  sul  mare;  a  Sorrentum  finiva  la  Campania  meridionale. 

Nelle  terre  dei  Picentini,  piccolo  popolo  che  possedeva  unicamente  Picenlia  al  sud 
di  Salerno,  trovavansi  pure  Marsina  e  Salerno,  destinata  a  fortuna  più  alta. 

2°  Nell'interno  da  nordest  a  sud  ovest,  Venafro,  Teanum  Sidicinum  (Teano),  capitale 
de'  Sidicini  al  sud-ovest  del  monte  Callicula  che  ergevasi  dalla  fertile  pianura  degli 
Stellates;  Cales  (Calvi)  capitale  degli  Ausonj;  Caleni  al  sud  di  Suessa;  Casilinum  sul 
Vulturno,  donde  i  Romani  protessero  il  Lazio  contro  Annibale  che  teneva  Capua;  Ca- 
latia  (Gajaza)  all'est  della  predetta;  Capua  sulla  sinistra  del  Volturno,  a  pie  del  monte 
Tifala;  Atella  sulla  via  da  Capua  a  Napoli,  celebre  per  le  sue  commedie,  dette  Favole 
atellane;  Saticula,  Trebua,  Suef^sula  fra  Capua  e  Salerno;  Totella  e  Acervo  all'ovest 
delle  precedenti  ;  Nola,  piazza  forte  della  Campania,  fondata  dagli  Ausonj,  popolata  dai 
Calcidesi,  amica  di  Napoli  e  Cuma,  con  cui  ostò  ad  Annibale:  vasi  fittili  di  immenso 
pregio  si  disottcrrarono  intorno  ad  essa. 

§  -4.   —   Magna  Grecia. 

La  .Magna  Grecia  era  s|»arlita  in  Ire  regioni  :  Apulia,  lAicania,  Rriizìo. 
Apiilia      A.  U  Apulia,  divisa  dal  Sannio  pel  Frento  e  dalla  Lucania  pei  monti  del  Vultur, 
comprendeva  la  Daunia  tra  il  Frento  e  l'Aufido,  la  Peucezia  fra  l'Aiilido,  il  Rradauo 
e  la-  Calabria,  la  Japigia  divisa  in  Messapia  all'occidente,  Calabria  al  nord,  paese  dei 
Salcnlini  al  sud  e  all'est. 


MAGNA    oniXlA  'J  i') 

Sulla  cosl;i,  da  Irainontana  a  mezzodì,  trovavansi  Sipontum  e  Salaria  (Salpi)  al  sud 
del  monte  GariL'ano,  Aufìdenum  (Torre  dell'Ofanto)  all'imboccatura  dcH'Aufìdo  che  se- 
parava i  Dauni  dai  Pediculi,  fìariwn  (Harij,  Eijìiatia  (Agnazzo)  termine  del  territorio 
de'  Pediculi,  ove  poi  riusciva  la  via  Appia.  Nella  Calabria  Brundusium  posta  dai  Cretesi 
o  dagli  Etolj,  e  donde  con  un  tragitto  di  !223  miglia  varcavasi  in  Grecia;  Htjdrunlum 
(Otranto),  che  dovca  poi  succedere  a  Brindisi. 

Procedendo  verso  la  Japigia,  gli  A  pennini  si  abbassano  poc'a  poco  per  rialzarsi  verso 
il  paese  de' Salentini,  ove  il  promontorio  di  Japix  frange  le  onde  jonie,  e  sostiene  la 
cittadina  di  Leuca  (Santa  Maria  di  l.euca).  Ad  occidente  sulle  rive  del  golfo  di  Taranto, 
che  dal  promontorio  .lapigio  al  Lacinio  piegavasi  in  semicerchio,  molte  cittadine  sorge- 
vano, e  Taranto,  la  più  poderosa  fra  quelle  della  Magna  Grecia,  colonia  dorica,  che 
fondò  Brindisi  sull'Adriatico  ed  Eraclea  in  Campania. 

Nell'interno  paese  dal  nord  al  sud  Teanum  Apuluin  sul  Trento,  Lucerla,  antica  e 
potente,  al  sud-ovest  Arpi  in  fertile  pianura,  Jlerdonia  (Ordona)  al  sud-est,  Asculum 
Apulum  (Ascoli  di  Satriano)  al  sud,  Canusium  sull'Aufido,  d'amplissimo  giro;  al  nord- 
est Cannce  presso  Vergello;  al  sud-ovest  Venusia  antica  città  degli  Irpini  presso  il 
Vultur,  città  delle  meglio  fortificate  d'Italia,  donde  i  Romani  custodivano  l'Italia  me- 
ridionale. 

B.  La  Lucania  sta  fra  il  Silaro  al  nord,  il  Laus  al  sud,  il  monte  Vultur  e  il  Era-  Lucania 
dano  al  nord  est,  il  golfo  di  Taranto  al  sud-est,  il  mar  Tirreno  all'ovest.  Sue  città: 

a.  Sul  mar  Tirreno,  dal  nord  alsud.  Pesio  o  Posidonia,  colonia  di  Sibari,  prosperata 
per  la  mina  della  sua  metropoli  ;  Helea  o  Velia,  colonia  focese,  non  discosta  dallo 
sbocco  dell'Helos,  patria  del  filosofo  Zenone,  onde  la  setta  elealica;  /^uj^en^wm  (Poli- 
castro),  fondata  nel  467  da  Micito  tiranno  di  Messana. 

6  Sul  golfo  di  Taranto  dall'est  all'ovest  Metaponto  al  nord  della  foce  del  Casucntum 
(Basiento);  Heraclea  (Policoro)  a  qualche  distanza  dalla  costa,  cui  la  piccola  e  antica 
città  di  Siris  serviva  di  porto;  al  sud  d'Eraclea  Thurium,  poco  distante  dall'antica 
Sibari  e  dalla  frontiera  del  Bruzio,  che  ricevette  leggi  da  Caronda. 

e.  Al  centro  della  Lucania  sola  città  importante  era  Grumentum  verso  le  fonti  del- 
l'Aciris, 

C.  Il  Bruzio  nella  punta  che  si  spinge  verso  lo  stretto  di  Sicilia  obbediva  a  Dio-  Bm/io 
nigi.  Principali  città  dal  sud  del  Laus  e  del  Grati  sin  all'estremo  della  penisola,  erano: 

a.  Sulla  costa  occidentale,  ferina  alquanto  discosta  dal  mare;  Thempsa  fondata  forse 
dagli  Ausonj  :  Hipponium  o  Vibona  Valentia  (Bibona,  distrutta  dai  tremuoti  nel  1783) 
sul  mar  Inferiore,  coll'//ercu/<s  Portus  sul  golfo  Ilipponiates;  Scijllfesum  (Scilla)  all'es- 
tremità della  penisola,  fabbricata  da  Anassilao  di  Beggio  per  custodia  contro  i  pirati 
etruschi;  Co/um/ja  ov'era  l'ultima  pietra  migliare  d'Italia;  Rhegium  (l5egio)  rimpelto 
a  Messina,  prima  città  caduta  in  potere  di  Dionigi. 

6.  Sulla  costa  orientale  dal  sud  al  nord,  Locres  al  nord  del  promontorio  Zephyrum, 
che  avea  avuto  leggi  dal  pitagorico  Zaleuco;  Caulonia  (Castel  Vetere);  Croton  sull'CE- 
sarus,  colonia  achea,  rivale  di  Sibari,  famosa  per  la  scuola  pitagorica  e  per  gli  atleti, 
fra  cui  Milone;  Petilia  (Strongoli)  presso  la  costa  al  nord  di  Crotona. 

e.  Nell'interno,  Acherontia  (Acri)  e  Pandosia  sull'Acheronte;  Tisia  (Tasitano)  in  forte 
posizione  sul  monte  Alibano;  e  maggiore  di  tutte  Consentia  (Cosenza)  verso  le  sorgenti 
del  Grati. 

Delle  isole  parliamo  altrove. 

§  5.   —  Conquiste  dì   Roma  in   Italia. 

Lasciammo  Roma  vicina  a  domare  i  Sanniti,  supremo  sforzo,  dopo  il  quale  non  dovea 
più  bastarle  il  conquisto  di  tutta  Italia.  Or  ci  resta  a  seguirne  le  conquiste  nella  peni- 
sola e  fuori. 

Nel  343  essa  occupava  solo  le  più  forti  piazze  del  Lazio,  parte  della  Sabina  e  dell'E- 
truria  meridionale,  e  poteva  armare  cencinquantamila  uomini:  ma  al  285,  consumata 
la  guerra  sannitica,  dominò  tutta  Italia  dallo  Stretto  al  Rubicone,  e  aggiunse  cinque- 
centomila  ausiliari  alle  sue  truppe.  Le  popolazioni  tenne  docili  con  una  gradazione  di 


150  GEOGRAFIA  —  EPOCA   QUARTA 

privilegi;  col  mandare  colonie  (cinquantotto  già  n'avea  fondate  alla  seconda  guerra 
punica),  le  quali  alle  nazionalità  surrogassero  i  costumi,  le  leggi,  gli  ordinamenti  ro- 
mani; coll'aprir  grandi  vie. 
Lazio  I.  l  Latini  tentarono  ancora  una  volta  di  ricuperare  l'indipendenza  ;  ma  vinti  a  Vezeris 
appiè  del  Vesuvio,  poi  fra  Sinuessa  e  Minturno,  dovettero  piegarsi  al  giogo.  Diritto  di 
cittadinanza  ebbero  le  città  più  prossime  a  Roma,  Laurentum ,  Lanuvium,  Arida, 
Tuacidum,  Pedum,  Nomentum.  Seguiva  una  seconda  linea  di  città  meno  privilegiate-, 
Tibur  e  Prcenn^te  furono  scemate  di  territorio;  le  città  degli  Ernici,  ridotte  a  municipj 
senza  diritto  di  suffragio;  Anagnia  fu  città  di  prefettura;  Verulanum  e  Fermiinum, 
conservatesi  in  fede,  serbarono  le  proprie  leggi. 

Vengono  poi  le  colonie,  poste  in  città  importanti,  ovvero  in  situazioni  militari,  e  sì 
ben  fortificate  cbe  le  mura  d'alcune  sussistono  ancora.  A  Norba  e  Setta,  colonie  anti- 
chissime, furono  aggiunte  quelle  di  Velitrce  e  Antium  nel  338;  à\inxur  e  Fregellai  nel 
329;  di  Sora,  Amona,  Minturnce,  Vescia  nel  315;  di  Atina,  Casiniirn,  Interamna,  Svesta 
Àurunca  nel  314  ;  di  Sinuessa  nel  30i,  di  CarscoH  nel  301  ,  di  OEsulum  nel  247,  ba- 
luardi di  Roma.  Più  tardi  furono  colonizzate  Fabrateria,  Aquinum,  Lavicum,  Prcenesie, 
Cora.  Alle  altre  città  del  Lazio  venne  concesso  lo  jus  Latii,  con  divieto  di  tener  as- 
semblee generali,  far  guerra,  o  contrarre  nozze  fuor  del  loro  territorio. 
Campania  n.  Coll'egual  arte  fu  ordinata  la  Campania.  Capua,  datasi  ai  Romani  nel  3i3,  venne 
trattata  duramente  in  grazia  delle  sue  pretensioni,  e  mandato  un  pretore  a  governarla 
(319).  Anche  gli  Aurunci  furono  costretti  a  ricever  colonie  a  Minturno,  a  ]'escia,  a 
Suessa  Aurunca ;  mentre  a  municipj  furono  erette  Fundi,  Formice,  Cajeta,  Suessula, 
Cuma,  quest'ultime  due  con  diritto  di  suffragio;  ridotte  a  prefetture  Venafriim,  Alella, 
Calatia.  Una  colonia  posta  nell'isoletta  di  Pontia  (313),  ove,  dopo  conquistata  la  Cam- 
pania, s'erano  stabiliti  alcuni  Sanniti,  custodì  il  litorale.  Napoli  restò  libera  nella  sua 
alleanza;  Nola,  presa  nel  314,  fu  trattata  rigidamente;  Acerrai  ottenne  la  cittadinanza. 
Quando  poi  ebbe  presa  Calatia  (314),  spedito  due  colonie  a  Teanuìn  Sidicimim,  a  Cales, 
a  Salicula  (312)  sulla  frontiera  del  Sannio,  e  data  la  cittadinanza  senza  suffragio  ai  ca- 
valieri campani  nel  337,  e  alle  altre  città  nel  334,  Roma  si  trovò  al  sicuro  possesso  del 
paese.  Più  tardi  furono  mandate  colonie  a  Salernum,  VuUurìium,  Lintcrnum,  PuteoU 
nel  195;  a  Atella,  Acerce,  Nuceria  sotto  Augusto;  a  Nola  nel  123  d.  C.  ;  ad  Abella  sotto 
Vespasiano. 

Sannio  H'-  Finita  la  conquista  del  Lazio  e  della  Campania  (3i3-31l),  Roma  cinse  di  posti 
militari  tutta  la  frontiera  de' Sanniti,  poi  una  ad  una  ne  occupò  le  piazze  (3I2-29i}, 
e  ne  ricevè  la  sommessione  (291).  Fiaccato  da  sì  lunga  guerra,  poche  colonie  bastarono 
a  tener  in  dovere  il  Sannio.  Dal  forte  Benevento  (269j  il  senato  custodiva  la  Campania, 
il  Sannio  meridionale  e  la  Magna  Grecia,  sicché  vi  mettevano  capo  tutte  le  grandi  strade 
del  mezzodì.  OEsernia  presso  il  paese  de'  Peligni  (2G3),  poi  J4lha  Facentia  ne'  Marsi 
(263)  ebber  altre  colonie.  Le  città  a  mare  presto  furono  occupate  dai  Romani;  nel  52(3 
Bruto  avea  già  tolte  tutte  quelle  de'  Vestini,  senza  però  che  meritassero  colonie  apposite 
per  custodirle,  bastando  isolarle  e  concedere  lo  jus  italicum.  Solo  i  Sabini  per  la  vici- 
nanza di  Roma  ottennero  il  diritto  di  cittadinanza  e  di  voto  (269).  Più  tardi  furono 
colonizzate  Abellinum  e  Ferentinuvi  (118),  Bobianum  e  Ali  fa  (89). 

Piceno  '^"  L^e  principali  città  del  Piceno  vennero  occupate  da  colonie:  Hadria  rìe\  285; 
Castrum  Nomun  e  Firinum  nel  264;  più  tardi  Asculum,  Sulmo,  Auximum,  Riciìia, 
Potentia. 

Lmbria  ^-  ^-^  prima  colonia  nell'Umbria  fu  a  Narnia  (298),  un'altra  nella  capitale  propria 
de'  Senoni  (263),  poi  a  Spoleto  (241)  e  Arimino  (269).  A  quei  di  Camerino  fu  assentito 
il  titolo  di  socj,  per  aver  tradito  la  causa  nazionale. 

Etniria  ^''-  ^^"^  guerra  del  Sannio  gli  Etruschi  fecero  una  nuova  e  sciagurata  prova  di  loro 
forze;  e  sebbene  nella  pace  serbassero  l'indipendenza,  presto  si  trovarono  affatto  sog- 
getti a  Roma.  Già  colonie  eransi  piantate  a  Nepi  nel  381,  a  Sutrium  nel  383;  C(vrc 
godeva  il  diritto  di  cittadinanza;  Cosa  ebbe  una  colonia  noi  273,  Ahium  nel  246,  Fre- 
gelles  nel  24 i:  onde  il  mezzodì  restava  servo,  il  nord  impotente.  In  appresso  furono 
ridotte  a  colonie  Pisa,  Lucca,  Fiesole,  ]'olterra,  liosella,  Saturnia,  Graiusca,  Arezzo, 
Clusio,  Vulsiìiia,  Biturgca,  Sena  Julia,  Faleria  che  allora  fu  denominata  Junonia  Fati- 
scorum,  Perusia,  Cortona,  Florentia,  Pirgos. 


CONQUISTE   DI   ROMA   IN   ITALIA  1J51 

vit.  Le  guerre  contro  Pirro  associarono  il  dominio  di  Roma  sulla  penisola  meridio-  Magna 
naie.  Napoli,  Turio,  Renio,  Locri,  Eraclea,  Arpi,  Taranto  si  conservarono  indipen-  Grecia 
denti  col   titolo  d'alleate;  Luceria  (515),   Venosa  (292),  Pe^to  (272),  Brindisi  (244), 
Valeìitia  (239)  ricevettero  colonie;  e  più  tardi  Umsento,  Siponto,  Tempsa,  Crotone  (19K); 
Scilace,  Mimrvio,  Taranto,  Nettunia  (123).  Le  altre  ottennero  lo  jus  italicum. 

Per  vigilare  la  penisola,  il  senato  la  divise  in  quattro  grandi  spartimenti,  assegnando  Provincie 
ciascuno  ad  un  questore  provinciale,  residente  a  Ostia,  a  Cales,  nell'Umbria  e  nella  quesiono 
Calabria.  A  giurisdizione  del  primo  stavano  l'Etruria,  la  Sabina,  il  Lazio  fino  al  Liri  ; 
del  secondo,  la  Campania,  il  Sannio,  la  Lucania,  il  paese  de' Bruzj  ;  del  terzo,  l'Umbria 
col  territorio  tolto  ai  Senoni,  il  Piceno,  il  paese  de'  Frentani  e  le  adjacenze  fin  al  lembo 
dell'Apulia;  del  quarto,  l'Apulia  col  territorio  de'  Salentini,  de'  Messapj,  de'  Tarantini, 
uniti  sotto  il  nome  di  Calabria. 

L'amministrazione  e  la  marcia  degli  eserciti  era  pure  agevolata  dalle  grandi  strade,  strado 
di  cui  le  quattro  principali  furono  costruite  dal  312  al  220.  Cioè 

a.  La  via  Appia,  dal  censore  Appio  Claudio,  che  stendevasi  da  Roma  a  Capua  per 
d42  miglia,  passando  per  Ad-Novar,  Bovillae,  Alba,  Aricia,  Lavinio,  Taberna^;  traver- 
sava le  paludi  Pontine  sino  a  Terracina,  poi  per  Fondi,  Formine,  Minturno,  Slnuessa, 
Urbana,  Casilio,  Capua. 

6.  Via  Aurelia,  dal  censore  Aurelio  Cotta,  che  uscendo  dalla  porta  del  Gianicolo, 
traversava  le  città  marittime  dell'Etruria  meridionale,  Alsio,  Pyrgos,  Gravisca,  Centum- 
cellae.  Forum  Aurelii,  per  85  miglia.  In  apprpsso  fu  continuata  traverso  le  città  marittime 
della  Toscana  e  Liguria  fin  a  Marsiglia  con  una  deviazione  verso  Tortona. 

0.  Via  Flaminia,  dal  console  Flaminio,  lunga  360  miglia,  dal  campo  Marzio  ad  Ari- 
mino, traverso  la  Sabina,  l'Umbria,  il  paese  de'  Senoni. 

d.  Via  /Emilia,  dal  console  Emilio,  da  Arimino  a  Piacenza,  per  Bologna,  Modena, 
Parma.  In  seguito  varcò  anche  il  Po,  e  corse  da  Ivrea  ad  Aquileja  per  Vercelli,  Novara, 
Milano,  Bergamo,  Brescia,  Verona,  Vicenza,  tutta  la  Gallia  Traspadana. 

e.  Dopo  la  guerra  punica  s'apersero  i  passi  delle  Alpi  già  detti  (pag.  132). 

f.  Domata  la  Grecia  e  la  Macedonia,  fu  costruita  traverso  ad  esse  la  Via  Egnatia, 
che  traversava  le  città  di  Durazzo,  di  Lichnidos,  Eraclea,  Pelagonia,  Edessa,  Pelle, 
Tessalonica,  Amfipoli,  Filippi,  e  a  Dicea  entrava  nella  Tracia. 

§  6.   —  Guerre  puniche.   —  Cartagine. 

L'Africa  settentrionale  forma  una  vasta  altura  che  dal  Mediterraneo ,  cui  corona  per 
500  0  600  leghe  di  costa,  alzasi  di  piano  in  piano  fin  alle  vette  dell'Alto  Atlante  (Daran); 
poi  sull'opposto  pendio  cala  gradatamente  verso  il  Sahara.  Potrebbe  dirsi  una  grande 
isola,  cui  il  Mediterraneo  abbraccia  al  nord,  l'Atlantico  all'ovest,  al  sud  il  mar  di  sabbia 
cioè  il  Sahara,  all'est  verso  le  Sirti  le  montagne  dechinano,  e  il  deserto  e  il  Mediterraneo 
si  confondono.  Di  là  da  questo  stretto,  in  riva  al  Mediterraneo,  sorge  una  seconda  isola 
men  vasta  e  più  piana,  che  è  l'antica  Cirenaica.  Quivi  i  Greci  piantarono  una  colonia; 
mentre  i  Fenicj  posero  molti  banchi  a  Ulica  presso  lo  sbocco  del  Bagradas,  Adrumeto, 
le  due  Lepti,  Tisdro,  e  principalmente  Cartagine. 

Questa,  sòrta  verso  r869,  lentamente  crebbe  per  quattro  secoli,  fin  a  toccare  il  fiume 
Tusca  e  la  frontiera  dei  Cirenaici.  Allora  gli  indigeni  dovettero  cessar  la  vita  errante 
e  fabbricare  città,  ove  mescolavansi  ai  coloni  cartaginesi.  Le  altre  fenicie  dovettero 
piegarsi  alla  primazia  di  Cartagine,  cui  le  tribù  erranti  de'  Lotofagi,  Nasamoui,  Gara- 
manti  portavano  le  derrate  dell'interno.  Stese  ella  i  suoi  banchi  sulla  costa  settentrio- 
nale e  occidentale  dell'Africa,  sulla  sud-est  e  sud-ovest  di  Spagna;  scoprì  nell'Oceano 
le  Canarie  e  Madera,  e  mandava  trafficare  fino  al  Senegal,  alle  isole  Sorlinghe  e  al  Bal- 
tico; occupò  le  Baleari,  la  Sardegna,  parte  della  Corsica  e  della  Sicilia. 

Pel  possesso  di  quest'ultima  lottò  contro  Dionigi,  Timoleone,  Agatocle,  Pirro  (480- 
264) ,  e  alfine  n'occupò  due  terzi.  In  Africa  assodò  il  dominio  sopra  gli  indigeni  e  la 
preponderanza  sulle  colonie  fenicie  ;  sinché  scontrò  Roma,  che  già  sua  alleala,  ora  giunta 
fin  allo  stretto  di  Messina,  le  si  metteva  emulatrice.  Nella  prima  guerra  punica,  Carta- 
gine perde  la  Sicilia,  la  Corsica,  la  Sardegna  e  l'impero  del  Mediterraneo. 


132  GEOGRAFIA  —  EPOCA   QUARTA 

Passessio-  A).  Al  rompersi  della  seconda  guerra  punica  (219),  Cartagine  dominava  in  Africa  so- 
ni cartagi- pra  una  lunghezza  di  sedicimila  stadj  (da  2000  miglia)  dalle  Are  Filene  alle  colonne 
jiesi  m  A- ^>j7|.gj^|g^  Ql|.|.g  jg  gaigari  e  la  Spagna.  Ad  oriente,  nella  grande  e  piccola  Sirti  erravano 

trihù  indomite;  ad  occidente,  poco  lungi  dalla  capitale,  i  due  regni  indipendenti  di 

Numidia,  e  i  nomadi  di  Mauritania  minacciavano  Cartagine. 

1  possessi  suoi  in  Africa  avanti  il  219  possono  dividersi  in  tre  regioni:  le  due  Sirti; 

il  territorio  proprio  di  Cartagine;  le  coste  di  Numidiae  Mauritania. 

a.  LaLi'egione  delle  Sirti  (reggenza  di  Tripoli),  fra  le  Are  Filene  all'est,  e  il  lago  Tri- 
tone all'ovest,  era  un'estensione  di  500  miglia,  sabbiosa,  traversata  da  pochi  fiumi ,  al 
cui  sbocco  eransi  poste  colonie  fenicie  o  cartaginesi,  come  Automala  fortezza  presso 
l'Are  Filene;  Euphranta  che  facea  vivo  commercio  con  Cirene;  all'ovest  del  Cinyps  le 
tre  importanti  città  di  Leptis  magna  (Lepida),  Oea  (Tripoli),  Sabrata,  onde  il  nome  di 
Tripolitana  a  quella  regione. 

Nell'interno,  da  ponente  a  levante,  cominciando  dal  lago  Tritone,  erano  molte  tribii 
nomadi:  i  Maclili,  che  in  parte  lavoravano  la  terra;  i  Lotofagi  dall'isola  di  Meninx  fin 
attorno  alla  grande  Lepti  ;  i  Maci  in  riva  al  Cinyps  ;  i  Nasamoni  presso  la  frontiera  cire- 
naica. Se  di  poco  arricchivano  la  metropoli,  la  difendevano  però  dai  Greci  di  Cirene,  e 
mandavano  carovane  nell'Alto  Egitto,  nell'Etiopia,  e  sino  al  Niger, 

b.  Costituiva  il  territorio  di  Cartagine  l'ubertoso  paese  dal  fiume  Tusca  alla  piccola 
Sirti,  e  dal  capo  Bon  al  lago  Tritone,  lungo  223  miglia,  largo  da  180.  Qui  consisteva 
il  nerbo  di  Cartagine.  Le  antiche  tribù  dei  Maxi,  Zaueci^  Gizanli,  assoggettate  e  miste 
a  colonie  cartaginesi,  avevano  formato  il  nuovo  popolo  ùe'  Libifenicj ^  dati  all'agricol- 
tura e  viventi  in  molte  borgate,  cui  non  poterono  cinger  di  mura;  onde,  per  rassicu- 
rarsi dalle  loro  rivolte,  Cartagine  lasciavasi  esposta  alle  invasioni  nemiche.  Emporio, 
cioè  mercato,  chiamavansi  i  dintorni  ubertosi  del  lago  Tritone  pel  traffico  delle  caro- 
vane e  i  magazzini  di  Cartagine;  e  appartenevano  alla  provincia  di  Bysacium,  stesa  sia 
al  nord  d'Adrumeto  ove  cominciava  la  Zeugitana. 

Bisacio,  pianura  creata  dalle  alluvioni  del  Bagradas,  era  rinomatissimo  presso  gli 
antichi  per  l'abbondanza  di  biade;  e  colle  derrate  d'Europa  vi  si  vedevano  le  africane, 
il  dattero  col  frumento. 

Fra  le  colonie  agricole  poste  da  Cartagine  nell'interno  paese,  le  piìi  conosciute  erano, 
verso  Numidia,  dal  nord  al  sud,  Adis  poco  discosto  dal  Bagradas;  Salerà  al  sud-est 
d'ippona  Diarrhytus;  Vacca  città  di  commercio,  non  lungi  da  Mutimi;  Bulla  sul  Ba- 
gradas; Sicca  presso  quello;  Zama  sopra  uno  de'  suoi  affluenti,  e  ben  fortificata  contro 
i  nomadi  ;  Sufetula  e  Capsa  al  sud  ;  Tisurus  sul  lago  Tritone. 

Queste  città  aperte  restavano  protette  da  una  linea  di  piazze,  che  erano  le  piìi  antiche 
colonie  fenicie  venute  sotto  Cartagine.  Principali  erano  Cartagine  stessa  sopra  un'an- 
gusta penisola,  a  100  miglia  dalla  Sicilia,  in  fondo  d'ampissimo  golfo,  fra  il  promontorio 
d'Apollo  (capo  Zibid)  e  quel  di  Mercurio  (Rus-Addar,  o  capo  Bon);  difesa  verso  terra 
da  triplice  muro,  alto  26,  largo  10  metri,  e  dalla  cittadella  di  Birsa  donde  vedeansi 
litica  a  9,  e  Tunisi  a  6  miglia. 

Cartagine  racchiudeva  tre  città  murate:  Birsa  suddetta  in  cima  a  una  collina,  con 
case  a  sette  piani  attorno  alle  angustissime  vie;  il  Colon  coi  magazzini  e  il  porto  mili- 
lare,  scavato  a  mano,  e  capace  di  ducenlo  vascelli  da  guerra;  Magara,  città  campa- 
gnuola,  ove  le  case  erano  distinte  da  giardini,  fruiteti  e  canali. 

Al  sud  di  Carlagine  e  sulla  costa  seguivano  Tunisi,  Aspis  o  Clypea,  Adrumeto  (Ila- 
maniett),  liuspina,  Leptis  parva,  Thapsus  al  sud  d'Adrumeto.  Queste  città  erano  emule 
di  Cartagine,  poi  Itoma  le  lasciò  libere.  Ulica  restò  sempre  indipendente  in  riva  al  Ba- 
gradas. Hippona-Diarrhìjlus  o  Zarytos  stava  sul  golfo  d'egual  nome.  In  riva  al  fiumi- 
cello  Tusca,  confine  della  Zeugitana  ad  occidente,  sorgeano  le  Are  sacre  al  Sole,  dai 
Bomani  e  Greci  dette  tempio  di  Apollo. 

e.  Due  maniere  di  colonie  fondò  Cartagine  secondo  la  duplice  sua  natura:  1"  nella 
Zeugitana  e  Bisacena  stabilimenti  agricoli  per  nutrire  i  numerosi  eserciti  e  l'immensa 
popolazione,  che  al  cominciare  della  terza  guerra  punica  (149),  dopo  un  secolo  di  dis- 
astri, passava  ancora  le  scttecentomila  persone;  2'^  sulla  costa,  banchi  fortificati.  Tali 
erano  le  città  sul  lembo  della  Numidia  e  della  Mauritania. 

Di  là  dalle  Colonne  d'Ercole  avevano  i  Cartaginesi  esplorato  l'Africa  a  mare  sin  ai 


GUERRE   PUNICHE  —  CARTACINl.  153 

paesi  auriferi  dei  Senegal  e  della  Cambia;  ed  Annone  con  sessanta  vascelli  cariclii  di 
triMitaiiiila  coloni  fondò  sulle  coste  di  Fez  e  di  Marocco  sette  città,  la  più  meridionale 
delle  quali  nella  isoletta  di  Cerne,  nel  golfo  di  Santa  Cruz.  Ma  queste  colonie  tenute 
con  gran  gelosia,  mai  non  potevano  trafficare  per  conto  proprio,  e  caddero  con  Car- 
tagine. 

B;.  La  Spagna,  posta  all'estremità  dell'Europa  fra  l'Oceano  e  il  Mediterraneo,  lia  la  Posscss. 
lunghezza  di  220  leghe  da  est  a  ovest,  e  di  190  da  mezzodì  a  settentrione;  il  Mediter-  '"  Spagna 
raneo  ne  bagna  315  leghe  di  costa,  l'Oceano  285.  Tutte  le  temperature  come  tutte  le 
produzioni  si  trovano  in  essa;  tropicali  a. Cadice,  nordiche  nell'altopiano  della  Casti - 
glia.  È  traversata  da  molte  montagne  e  valli.  Dai  Pirenei  che  curvansi  fra  la  Calila  e  la 
Spagna  e  lungo  il. golfo  Cantabrico,  sin  al  promontorio  Nerium  (Finistcrre),  spiccasi 
Vldubeda  che  da  nord-est  a  sud-est  prolungasi  parallelo  all'Ebro  sin  a  Valentia:  poi  alle 
fonti  del  Iago  staccasi  la  nuova  catena  dell'Or/o^perfa  dal  nord  al  sud,  che  coll'ldubeda 
cammina  e  si  congiunge.  Separano  esse  le  acque  che  cadono  nell'Oceano  da  quelle  che 
nel  Mediterraneo,  e  ne  nascono  tre  catene  secondarie  da  nord-est  a  sud-ovest  fra  quattro 
grandi  fiumi:  il  Durius  (Duero)  fra'  Pirenei  della  Galizia  e  la  catena  che  corre  da  Se- 
gontia  a  Olisippo;  il  Tago,  fra  la  precedente  catena  e  quella  di  Segobriga  al  promon- 
torio Sacro  (capo  San  Vmcenzo);  VAnas  (Guadiana)  fra  la  catena  predetta  e  il  monte 
Mariano;  il  Dcetis  (Guadalquivir)  fra  questo  e  l'Ilipula. 

Quest'altura  continua  è  ricca  di  miniere,  che  buon'ora  vi  chiamarono  popoli  traffi- 
canti, come  Focesi,  Rodj,  Massalioti,  Zacintj,  Fenicj.  Gades,  principal  banco  de'  Fenicj 
nella  Betica,  preponderò  sulle  altre,  ma  Cartagine  venne  dominatrice  delle  città  litorali; 
poi  Amilcare,  .\sdrubale,  Annibale  (236-219)  conquistarono  anche  l'interno.  Le  tribù 
di  là  dal  Duero  e  nella  valle  superiore  dell'Ebro,  bellicose  e  ineducate,  fecero  sempre 
parte  da  sé,  e  conservaronsi  libere  fin  ad  oggi.  Del  resto  Cartagine  comandava  ai  mon- 
tanari della  parte  orientale  dei  Pirenei  e  dell'ldubeda,  a  quei  dell'Ortospeda  e  dell'lli- 
pula,  alle  genti  delle  grandi  valli  dell'Ebro  inferiore,  del  Beti,  dell'Anas,  del  Iago,  della 
sinistra  del  Duero. 

I.  Ne'  Pirenei  orientali  da  occidente  in  oriente  si  trovavano: 

a.  i  Ceretani  all'oriente  de'  Vasconi; 

b.  i  Castellani  ; 

e.  gVIndigeti  sulla  costa  e  nei  valichi  delle  montagne,  sul  cui  territorio  i  Massalioti 
aveano  fondato  Emporia  (Ampuriasj,  e  i  Rodiani  Rodes  (Roses). 

d.  Al  sud  de'  precedenti  erano  i  Laceiani ,  e  gli  Ausetani,  nel  cui  paese  trovavasi 
Bcecula. 

e.  Sul  litorale  sud-est  abitavano  i  Laletani,  di  cui  erano  Barcino  (Barcellona),  fatta 
poi  colonia  romana. 

II.  Nella  valle  inferiore  dell'Ebro  : 

a.  Sulla  sinistra  gVllergeti  di  molte  e  poderose  città  fra  l'Ebro  e  i  Pirenei,  quali  llerda 
(Lerida),  Osca  (lluesca),  Atanagia  forse  capitale  primitiva. 

b.  Sul  corso  inferiore  dell'Ebro  i  Cosetani,  capitale  Tarraco  (Tarragona  ,  una  delle 
più  antiche  colonie  fenicie  in  Spagna;  e  più  in  giù 

e.  GV llercaoni,  con  Dertosa  (Tortosa)  e  IntibUis. 

d.  Sulla  destra,  al  nord  ovest  e  al  sud  degl'Ilercaoni  stavano  gli  Edetani,  nazione 
poderosa  che  possedeva  quanto  è  fra  il  mar  Balearico,  gl'llercaoni,  l'Ebro  e  l'Idubeda, 
dal  Salo  fino  al  Turi.  Città  Salduba,  nominata  poi  Ccesaraugusta  (Saragozza)  quando  fu 
colonizzata  nel  2G  av.  C.  ;  Ibera  distrutta  dai  Romani  nella  seconda  guerra  punica. 
Greci  di  Zacinto  e  Rutuli  di  Ardea  aveano  sulla  costa  fondato  Sagunto  presso  al  mare. 

III.  Sul  pendio  orientale  dell'Ortospeda  e  dell'llipula,  dal  nord  al  sud  fra  le  montagne 
incontravansi:  , 

a.  i  Lobetani  piccola  gente. 

b.  gli  Olcadi,  più  forti,  colle  città  di  Carteja  e  Munda,  e  che  forse  furono  poi  confusi 
nel  nome  slesso  cogli  Oretani. 

e.  Sul  litorale  i  Contc^tani  al  sud  del  Sucro ,  ove  Asdrubale  fondò  Cartagine  nova 
(Cartagena)',  che  poi  divenne  colonia  romana;  la  quale,  posta  al  centro  del  litorale 
della  penisola  sul  Mediterraneo,  col  porto  più  sicuro  della  Spagna,  con  miniere  sì  ricche 
che  una  sola  rendeva  ad  Annibale  trecento  libbre  d'argento  il  giorno,  e  colle  forti  mura, 


154  GEOGRAFIA  —  EPOCA   QUARTA 

parve  opportuna  ai  Barca  per  formarne  il  centro  d'una  nuova  dominazione  che  medi- 
tavano contro  la  madre  patria. 

d.  Al  sud  de'  Contestani  erano  i  Bastitani. 

e.  Più  al  sud  fra  l'Ilipula  e  il  mar  Ibero  sin  alla  rupe  di  Calpe,  con  Bigerra  e  Basti 
(Baza),  i  Basiuli,  mescolati  di  buon'ora  con  coloni  fenicj ,  sicché  gli  altri  Ispani  non  li 
riconoscevano  fratelli.  I.a  loro  costa  era  coperta  di  colonie  straniere,  quali  Malaca, 
Carteja,  Calpe  fondata  da'  Fenicj,  ^òdara  (Adra),  la  più  occidentale  colonia  focese. 

IV.  Nella  valle  superiore  del  Beli  stavano  i  Turduli  ,  e  nell'inferiore  i  Turdetani ,  le 
cui  principali  città  sorgeano  sul  fiume,  come  llitufgis,  Corduba  di  gran  commercio,  e 
fatta  poi  colonia  romana;  come  Hispalis  (Siviglia)  aventi  leghe  dal  mare;  poi  all'estre- 
mità Gades^  metropoli  delle  colonie  fenicie  di  Spagna ,  e  cui  Cesare  concesse  diritto  di 
cittadinanza. 

V.  L'Anas,  traversato  il  paese  degli  Oretani,  passava  per  quel  dei  Celtici,  e  lambiva 
al  sud  quello  dei  Cunici.  1  primi  stendeansi  sulla  destra  dell'Anas  fino  al  Iago,  e  sulla 
sinistra  fino  al  monte  Mariano.  Città  principali  Pax  Julia  (Baja),  Ebora  (Evora),  Moron 
piazza  d'armi  dei  Romani  nelle  guerre  di  Lusitania.  Capitale  dei  Cunici  o  Cinesj  era 
Cunaca. 

VI.  Sul  Iago  abitavano  tre  popoli:  Carpetani  verso  le  sorgenti,  Vettoni  a  mezzo,  Lu- 
sitanì  sulla  parte  inferiore  e  sulla  costa:  capitale  la  piccola  ma  forte  Toletum  ;  la  vasta 
Ilelinantica  (Salamanca)  nell'altura  che  separa  quel  fiume  dal  Duero;  e  Olisippo  (Lisbona) 
alla  foce  del  Iago. 

VII.  Ad  occidente  degli  Arevachi  rimasti  indipendenti,  verso  le  fonti  del  Duero,  sta- 
vano i  potenti  Vaccej ,  che  coi  Carpetani  e  li  Oleadi  opposero  centomila  guerrieri  ad 
Annibale,  il  Duero  nel  basso  corso  separava  Vettoni  e  Lusitani  da'  Bracari,  tribù  gallica 
che  sembra  possedesse  alcune  città  al  sud  d'esso  fiume.  Città  dei  Vaccej  erano  Albocela 
(Villa  Fasilla),  e  Pallentia. 

vili.  Sul  pendio  occidentale  delTOrtospeda  sedevano  i  Ceìtiberi  al  nord,  gli  Oretanì 
al  sud.  Nel  paese  de'  primi  nascevano  il  Duero,  il  Iago,  la  Guadiana,  sicché  facilmente 
comunicavano  coi  varj  popoli  della  penisola,  il  che,  unito  alla  loro  valentìa,  li  faceva 
il  popolo  più  temuto  di  Spagna.  Arevachi,  Beroni,  Pekìidoni,  Lusoni  al  nord.  Belli  e 
Tittiani  al  sud  erano  tribù  cellibere,  di  cui  sol  l'ultima  soccombette  ai  Cartaginesi.  Città 
principali  dei  Ceìtiberi  erano  Contrebia  verso  Albarracin,  Bilbilis  verso  l'Ebro,  Sego- 
briga:  degli  Oretani,  Castula  (Cazorla),  e  Bigerra}  (Becerra). 
Isole  Pei  trattati  del  241  e  237,  perduto  due  terzi  della  Sicilia  e  le  isolette  vicine,  la  Sar- 
degna e  il  più  della  Corsica,  restavano  a  Cartagine,  al  principio  della  seconda  guerra 
punica,  tutte  le  isole  del  Mediterraneo  occidentale,  e  quelle  tra  l'Africa  e  la  Si- 
cilia, cioè  : 

a.  Sulla  costa  di  Spagna  l'isola  d'Ercole  rimpetto  a  Cartagine,  Planesia  nel  golfo 
Ulicitano,  Plumbaria  presso  il  promontorio  di  Diana,  Alona  in  faccia  alla  città  d'ugual 
nome,  Colubraria  poco  lontano  dalla  costa  degli  Edetani. 

6.  In  alto  mare  le  Baleari,  Majorica  con  molte  città  e  princijialmente  Palma;  Mino- 
rica;  e  al  sud-ovest  di  esse  le  isole  Pitiuse  (Iviza  e  Formentara),  nella  più  grande  delle 
quali  i  Cartaginesi  avevano  fondato  la  città  di  Erezus,  rinomata  pel  sicuro  porto  come 
Palma. 

e.  Sulla  costa  d'Africa  nomineremo  da  occidente  in  oriente  Hidras,  Calata  rimpetto 
a  Trabaca,  Draconthius  al  sud  della  Sardegna,  le  Are  d'Egimuro  30  miglia  da  Carta- 
gine, i  due  scogli  di  Larmiesiw  rimpetto  a  Tunisi,  Lopadusa  (Lampedusa)  in  faccia  a 
Tapso,  Elhusa  al  nord  della  predetta,  Cercina  con  città  e  porto,  Menix  sulla  costa  dei 
Lotofagi,  Misynus,  Ponlia,  Cada  nella  grande  Sirti. 

d.  Fra  la  Sicilia  e  l'Africa  Cossyra  (Panlalaria) ,  Lampas,  Gaplos  e  Melita  (Malta), 
principale  officina  de'  tessuti  cartaginesi,  e  porto  buono. 

§^7.  —  Viaggio  dì  Annone. 

Biferiamo  la  descrizione  del  viaggio  di  Annone  cartaginese,  probabilmente  figlio  del- 
l'Amilcare morto  in  Sicilia  nel  480,  quale  si  trova  nel  voi.  i  dei  Geografi  greci  minori: 


VIAGGIO   DI   ANNONE  1S5 

n  I  Cartaginesi  risolsero  clic  Annone  navigasse  di  là  dalle  Colonne,  e  vi  fondasse 
città  tibie  fenici.  Annone  pose  alla  vela  con  ..una  flotta  di  sessanta  legni  da  cinquanta 
remi,  carichi  di  trentamila  uomini  e  donne,  provigioni  ed  altre  necessità. 

«  Entrati  nell'alto,  e  navigato  due  giorni  fuor  dello  Stretto,  fondammo  una  città  chia- 
mata J/ìj//»2<7/erjon  ;  aveva  a  lato  una  gran  pianura.  Di  là  continuando  ad  occidente, 
arrivammo  al  capo  di  Libia  detto  Soruc,  coperto  di  folti  boschi,  e  v'alzammo  un  temi)io 
a  Nettuno.  Poi  una  mezza  giornata  navigamnìo  verso  oriente,  finché  venimmo  a  uno 
stagno  vicino  al  mare  e  pieno  di  giunchi  ;  quantità  di  elefanti  e  altre  bestie  vi  strameg- 
giavano.  Costeggiammo  per  una  giornata  questo  slagno,  e  fabbricammo  sul  mare  delle 
città  che  chiamammo  Caricum-Teichos,  Gytte,  Aera,  Melitta,  Aravibe. 

«  Continuando,  giungemmo  al  gran  fiume  IJxo,  che  viene  dalla  Libia.  Sulle  rive  di 
questo  i  Lixiti  nomadi  pascolavano  gli  armenti:  vi  dimorammo  alcun  tempo,  con- 
traendo  con  essi  alleanza.  Sopra  di  loro  vivono  Etiopi  selvaggi  in  paese  montuoso  e 
pieno  di  belve,  ove  il  Lixo  ha  sorgente.  Le  montagne  erano  abitate  da  Trogloditi  di 
strana  sembianza,  che  al  corso  vincevano  1  cavalli  ,  per  quanto  diceano  i  Lixiti.  Presi 
interpreti  tra  i  Lixiti,  seguimmo  per  due  giorni  una  costa  deserta  che  stendeasi  a  mez- 
zodì. Piegando  poi  ad  oriente,  in  un  giorno  di  navigazione,  trovammo  al  fondo  d'un 
golfo  un  isolotto  del  circuito  di  cinque  stadj,  che  chiamammo  Cerne,  e  vi  piantammo 
coloni. 

«  A  Cerne  calcolammo  la  via  fatta,  e  trovammo  che  quest'isola  era  all'opposto  di  Car- 
tagine riguardo  alle  Colonne;  giacché  la  nostra  navigazione  da  Cartagine  alle  Colonne 
era  durata  quanto  dalle  Colonne  a  Cerne.  Risalendo  un  gran  fiume  detto  Chretes,  giun- 
gemmo ad  un  lago  ov'erano  tre  isole  più  grandi  di  Cerne;  e  arrivammo  al  suo  fine 
navigando  una  giornata. 

«  Quivi  sorgevano  alte  montagne  abitate  da  gente  Sflvaggia,  vestili  di  pelli  di  firre, 
e  che  avendoci  assaliti  a  sassi,  ci  costrinsero  a  dar  indietro.  Entrammo  poi  in  un  altro 
fiume,  larghissimo,  pieno  di  cocodrilli  ed  ippopotami.  Di  là  ci  tornammo  a  Cerne.  Da 
Cerne  riprendendo  via  a  meriggio,  vogammo  dodici  giorni  lungo  la  costa  abitata  da 
Etiopi,  che  parevano  evitarci,  e  fuggivano  al  venir  nostro.  1  Lixiti  nostri  interpreti  non 
ne  capivano  il  linguaggio. 

«  il  dodicesimo  giorno  ci  trovammo  vicini  a  grandi  montagne  vestite  d'ogni  sorta  di 
alberi  fragranti  :  navigato  due  giornate,  eccoci  in  un  immenso  golfo  cinto  di  pianure; 
la  notte  si  vedeano  da  ogni  parte  sfavillare  fuochi  or  più  or  meno  elevati.  Facemmo 
acqua,  e  costeggiato  cinque  giorni  il  golfo,  arrivammo  a  una  gran  baja ,  che  i  nostri 
interpreti  chiamarono  Corno  di  ponente,  {s'intenda  non  promontori .,  come  fecero  Gos- 
selin  e  Bougaiìiville,  ma  fjracci  di  fiumi).  Era  in  esso  una  grand'isola,  ed  in  questa  un 
lago  salato,  che  comprendeva  un  altro  isolotto.  Presa  terra,  non  vedemmo  tutto  il 
giorno  che  foreste;  ma  la  notte  vedemmo  brillare  molti  falò,  e  udimmo  risonar  (lauti, 
cimbali,  taballi  ed  urli  spaventosi,  onde  restammo  atterriti,  ed  i  nostri  indovini  c'im- 
posero di  lasciar  tosto  l'isola. 

«  Partiti,  vogammo  lungo  una  costa  arsa,  detta  Tymiamala,  donde  torrenti  di  fuoco 
sboccavano  per  tutto  il  mare;  il  suolo  v'era  sì  bollente,  che  i  piedi  noi  comportavano. 
Ci  ritirammo  subitamente,  e  per  quattro  giorni  che  restammo  al  largo,  la  terra  ci  parve 
tutte  le  notti  piena  di  fuochi.  Di  mezzo  a  questi  ne  sorgeva  uno  maggior  degli  altri;  e 
sembrava  giungere  alle  stelle:  ma  di  giorno  non  si  discerneva  che  un'alta  montagna 
detta  Carro  degli  Dei. 

«  Perire  giorni  passammo  presso  questi  fuochi,  poi  arrivammo  a  una  baja  detta  Corno 
di  mezzodì.  In  fondo  a  questa  sedeva  un'isola,  che  anch'essa  conteneva  un  lago,  dove 
un  altro  isolotto  abitato  da  selvaggi.  Le  donne,  maggiori  in  numero  degli  uomini,  ave- 
vano il  corpo  villoso,  e  i  nostri  interpreti  le  chiavano  gorille.  Non  potemmo  pigliare 
nessun  uomo,  perchè  fuggivano  traverso  ai  precipizj ,  e  si  difendevano  a  pietrate;  ma 
ghermimmo  tre  donne:  rompevano  esse  i  lacci,  mordevano,  graffiavano  furibonda- 
mente; perciò  noi  le  uccidemmo,  e  scuojate,  ne  riportammo  la  pelle  a  Cartagine.  Non 
potemmo  procedere  più  oltre  per  mancanza  di  provigioni  ». 

Fin  qui  la  narrazione.  Dalla  cui  semplice  lettura  appare  ,  che  non  è  una  relazione 
di  viaggio  qual  noi  l'intendiamo,  sibbene  un  monumento  della  spedizione,  scolpito  in 
un  tempio  principale;  e  di  fatti  v'è  sottoscritto*   Periplo  d'Annone,  che  lo  espose  nel 


1B6  GEOGRAFIA  —  EPOCA    QUAUTA 

tempio  di  Crono.  Era  usanza  conuine  ai  Cartaginesi  di  porre  ne'  tempj  sifTatte  memorie 
di  loro  imprese. 

Sarà  stata  in  punico,  ma  un  Greco  innominato  la  voltò  in  greco:  forse  un  mercante, 
certo  un  indotto,  cbe  in  parte  l'alterò,  in  parte  l'alterarono  i  lunghi  anni,  traverso  ai 
quali  è  gran  meraviglia  cbe  siasi  conservata.  Le  alterazioni  però  non  autorizzano  a 
negarle  fede. 

Moltissimi  critici  vi  lavorarono  intorno;  e  chi  la  fa  risalire  alla  guerra  di  Troja,  chi 
la  pone  ai  tempi  d'Alessandro  Magno,  chi  a  quei  d'Erodoto,  forse  con  miglior  ragione. 
Disputano  anche  fin  dove  giungesse  questa  navigazione,  lasciata  incerta  dall'avere  il 
traduttor  greco  ora  accennate  or  taciute  le  giornate,  che  nel  testo  non  saranno  mancate 
mai.  Possono  vedersi  le  opinioni  loro  riassunte  in  Mai.tebuln,  Histoire  ile  la  Géotjra- 
phie,  lib.  IV,  pag.  85  e  seg.  ;  ediz.  di  Parigi  'I83G;  e  in  Hi:eren,  Idee  sulla  politica  e 
sul  commercio  cartaginesi.  Pare  che  il  paese  del  fuoco  sia  la  Senegambia,  la  cui  natura 
mostrò  Rennel  come  ben  s'accordi  coi  fenomeni  veduti  da  Annone. 

g  8.  —  Marcia  di  Annibale. 

Annibale,  come  capitano  di  ventura,  con  forze  proprie  combatte  nella  seconda 
guerra  punica,  e  reca  il  terror  dell'armi  sue  (ino  all'estremità  dell'Italia.  Invece  d'una 
spedizione  per  mare,  l'assale  per  terra  ;  nel  santuario  di  Gades  offre  sacrifizio  al  dio 
nazionale  Ercole  Fenicio;  poi  movendo  da  Cariar/ena,  traversa  le  città  di  Ihiar,  Ilici, 
Aspis,  Adsllum,  ad  Statua^,  Suerun,  Saguntum  dianzi  da  lui  distrutta,  Sepelarum, 
Uduba,  Ildum,  Intibilis;  passa  l'Ebro  fra  Tortosa  e  il  punto  ove  esso  fiume  si  divide; 
lambisce  le  città  iVOkaslrum,  Tarracoti,  Cartago  vetus ,  Barcino  ;  poi  staccandosi  dal 
litorale,  procede  verso  le  montagne  per  Prcelorium,  Seterrce,  Vocone,  Gerunda,  Cinniana, 
Juncaria,  Declaìia^  e  pel  promontorio  Cervaria  entra  nelle  Gallie,  dopo  un  viaggio  di 
quasi  eoo  miglia. 

A  Ruscino  adunansi  i  capi  Galli,  che  gli  consentono  libero  il  passo  ;  onde  egli  avanza 
verso  il  Rodano  per  liliberis,  Ruscino.,  Combusta,  Salsulce,  JXarbo,  Beterrce,  iSextaritio, 
Ambrussum,  lungo  il  golfo  di  Gallia.  Qui  volta  a  settentrione,  traversa  Nemausus,  e 
passa  il  fiume  all'altura  d'/trousjo  (Orangej,  dissi|)ando  la  resistenza  de'  V old  Ar ecomici. 
Allora  in  su  pel  fiume  alla  riva  sinistra,  onde  evitare  l'esercito  di  Scipione  sbarcato  a 
Marsiglia,  per  Senomago,  Acunum^  Valentia,  legna,  L'rsoke,  Figlinai,  giunge  a  Vienne; 
poi  piega  ad  oriente  verso  Burgusium  e  Augustum  nella  valle  del  Rodano. 

Quivi  arrestalo  dalle  alpi  Graje  e  Pennine,  per  cercare  un  passo  più  agevole,  calasi 
al  sud  sino  ad  Eburodunum  (Embrunj  per  Morginum,  Catoriasium,  Mellosectum ,  Du- 
rotracum,  Stabatio,  Vapincum  (Gap),  Caturiges. 

Gli  storici  retori  non  rifinano  di  parlare  del  difficilissimo  passo  delle  Alpi,  per  le 
quali,  dice  Cornelio  Nepote,  non  era  venuto  nessuno  dopo  l'Ercole  Grajo,  e  appena 
vi  potea  passare  un  uomo  disimpacciato,  non  che  un  esercito.  Consta  invece,  da'  loro 
stessi  racconti,  che  erano  popolatissime,  e  que'  montanari  servirono  di  guida  all'av- 
venturiero. 

Da  Embrun  risale  al  nord,  e  per  Rama,  Brigantia  (Brianron),  Ocelum  (Oul.\)  entra 
nella  valle  della  piccola  Dora.  Disputatissimo  è  il  luogo  dove  realmente  varcò  l'Alpi 
Annibale,  quali  ponendo  il  Monginevro,  quali  il  Monviso,  (|uali  il  Cenisio ,  quali  il 
Piccolo  0  il  Grande  Sambernardo;  e  in  conseguenza  variando  tutti  l'itinerario  da  Ro- 
queraaure  ove  passò  il  Rodano,  fin  al  suo  arrivo  a  Torino  ;  dove  cinque  mesi  dopo 
mosso  di  Spagna,  arrivò  con  venliuìila  fanti,  di  cinrjuanta  che  n'avea.  Al  Ticino 
(a  Pavia  o  a  Sesto  Calende)  vince  i  Romani,  poi  passa  il  Po  presso  Clastidium ,  uc- 
cide trentamila  Romani  presso  la  Trebbia,  e  lascia  dai  Cisalpini  saccheggiare  Victumvice. 

Svernato  nelle  ricche  pianure  del  Po,  la  primavera  del  ili  valica  gli  Apennini , 
passa  l'Arno  presso  la  cittadina  delta  ad  Aquileja,  e  con  gran  fatica  traversale  le  ma- 
remme dell'Arno  e  del  Clanis,  balte  Flaminio  ai  Trasimeno,  e  non  osando  assalire  la 
ben  munita  l'ioma,  volgesi  all'est  verso  l'Umbria,  e  costeggia  l'Adriatico.  Non  avven- 
turandosi a  tentare  il  cuor  dell' lliilia  ben  riparato,  desta  nella  Magna  Grecia  le  mal  so- 
pite ire  degli  antichi  Uali  contro  Rouìa.  Tutto  allora  va  in  marcie  e  ritorni,  e  operazioni 


AFRICA  E   SPAGNA  NF.L  Ì4G  AV.  C.  157 

Strategiche  d'ogni  modo,  e  assedj  delle  cillà  di  Campania,  del  Sannio  meridionale, 
della  Magna  Grecia,  consumandovi  qualtordici  anni:  a  Canne  in  riva  all'Aufido  rompe 
affullo  i  Romani  ('2Ì6) ,  ma  la  loro  costanza  alfine  trionfa.  Portasi  allora  la  guerra  in 
Africa,  e  Cartagine  stessa  è  vinta  e  distrutta  (140). 

§  9,  —  Africa  e  Spagna  al  fine  delle  guerre  puniche. 

Caduta  Cartagine,  la  Zeugitana  e  le  poche  città  marittime  del  sud  est  che  le  erano 
restate,  vennero  ridotte  a  provincia.  A  questa,  dopo  la  caduta  di  Giugurta,  furono  riuniti 
molti  cantoni  dell'antico  regno  numidico  di  Massinissa.  La  Numidia  e  la  Mauritania 
conservaronsi  buona  pezza  indipendenti,  con  re  indigeni. 

La  Numidia  stendeasi  dalla  Tusca  alla  Malva,  ed  era  dall'Ampsagas  divisa  in  dueNumi.lia 
parti,  l'occidentale  abitata  dai  Ma^sesilj  sudditi  di  Siface,  l'orientale  dai  Massilj  sud- 
diti di  Massinissa.  Dopo  la  battaglia  di  Zama  (202),  quest'ultimo  riunì  le  due  Numidie, 
facendo  capitale  Cirta,  città  forte  sopra  un'altura  dirupata,  che  più  tardi  ebbe  dai 
Romani  colonia  e  il  nome  di  Costantina.  Hippo  Regius  (Bona)  era  il  porto  principale 
della  Numidia  raassesiliana  ;  la  ricca  e  grande  città  di  Siga  era  residenza  di  Siface, 
poi  colonia  romana  (presso  Tlemecen)  ;  Portus  Magnus  era  il  migliore  di  quella  costa 
(Merzel-Kibir). 

La  Mauritania,  regno  di  Rocco,  confinava  al  nord  col  Mediterraneo,  ad  ovest  Mauritania 
coll'Atlantico,  al  sud  colla  Getulia,  all'est  col  fiume  Malva  o  Molocath.  Cillà  principale 
n'era  Tìngis  (Tanger)  sullo  stretto  d'Ercole. 

La  Cirenaica,  detta  anche  Penlapoli  per  le  cinque  sue  grandi  città  di  Berenice,  CWermìca 
Arsinoe,  Tolemaide,  Apollonia,  Cirene,  fu  legata  ai  Romani  dall'ultimo  suo  re  Apione 
nel  96,  ma  solo  nel  66  il  senato  la  ridusse  a  provincia,  unendovi  Creta,  conquistata 
quell'anno  da  Metello. 

Quanto  alla  Spagna,  quattro  anni  dopo  finita  la  seconda  guerra  punica,  il  senato  la 
divise  in  due  provi ncie.  Citeriore  all'est  {Tarraconense),  e  Ulteriore  al  sud-ovest  {Lusi- 
tanta  e  Betica),  con  due  pretori  che  la  governassero.  Ma  ben  tosto  una  generale  solle- 
vazione ruppe  il  giogo,  e  un  secolo  di  guerra  si  volle  perchè,  presa  Numanzia  , 
sottomessi  i  Celtiberi  dell'ldubeda,  i  Galleci  e  i  Vaccej,  potesse  dirsi  vinta.  Pure  con- 
servaronsi indipendenti  ancora  i  Guasconi  fino  a  Pompeo,  gli  Asturi  e  i  Cantabri  fino  ad 
Augusto. 

La  Spagna  romana,  oltre  i  popoli  già  soggetti  a  Cartagine,  abbracciava 

a.  1  Gallaici  all'estremità  nord  della  penisola  (Galizia),  divisi  in  Bracarli  al  sud  fra 
il  Duero  e  il  Mino,  e  Lucemes  al  nord,  quelli  di  ventiquattro,  questi  di  sedici  genti  ; 
colle  capitali  Bracara  (Braga)  al  nord  del  Mino,  e  Lucus  (Lugo)  all'estremo  della  gran 
catena  de'  Pirenei.  Sul  territorio  de'  Lucensi  ,  verso  il  promontorio  ^"erio ,  abitavano 
molte  genti  celtiche,  di  cui  la  più  considerevole  erano  gli  Artabri. 

b.  I  Vasconi  ne'  Pirenei,  fra  i  Cantabri  all'ovest,  e  gl'Ilergeti  all'est.  Capitale  Cala- 
gurris  (Calahorra)  suH'Ebro,  città  importante,  la  cui  presa  terminò  la  guerra  di  Serto- 
rio  (72j;  poi  fu  colonia  romana. 

e.  1  Celtiberi  dell'ldubeda,  cioè  gli  Arevachi,  capitale  Numanzia  sopra  un  colle  ba- 
gnato dal  Duero,  e  i  Pelendoni,  i  Beroni,  i  Lugani. 

d.  Le  isole  Baleart,  assicurate  ai  Romani  dalla  spedizione  di  Metello  e  dalla  fonda- 
zione di  Palma  e  Pollèntia  in  Majorica. 

§  10  —  Gallia  Cisalpina. 

Dopo  la  prima  guerra  punica,  Roma  cominciò  la  conquista  della  Cisalpina;  ma  inter- 
rotta da  Annibale,  non  potè  avere  che  poche  città  ove  pose  guarnigioni  e  colonie. 
Furono  nel  224  .l/u//na,  Clastidium,  Tannetum;  nel  218  Placeìitia  e  Cremona,  propugna- 
colo dell'Alpi.  Più  tardi  furon  poste  colonie  ad  Asta  Colonia,  Dertuna  per  Emilio  Scauro; 
lìhegium  Lepidi  per  Emilio  Lepido;  Taurasia  per  Augusto;  Vibri  forum,  Colonia,  Laus 
Pompeja  pel  padre  di  Pompeo  Magno;  Verona,  Ateste,  Concordia,  Forum  Juiii,  Emoni 
fra  Veneti,  Tergeste  nell'Istria,  per  Vespasiano. 


1^8  GEOGRAFIA  —  EPOCA   QUARTA 

Inoltre!  Romani  possedevano  parte  del  territorio  senone  al  nord  del  Rubicone; 
alquante  terre  di  là  dal  Po,  avute  dai  Galli  per  la  pace  del  222;  tutta  l'Istria,  occupata 
nel  221,  donde  padroneggiavano  quell'entrata  d'Italia,  e  dall'llliria  minacciavano  le 
Provincie  macedoniche. 

Col  pretesto  di  vendicarsi  del  favore  dato  ad  Annibale,  Roma  rinnovò  guerra  all'Italia 
superiore  per  trentasette  anni  (200-'165),  colla  quale  prese  le  Alpi  a  barriera,  e  spedì 
molte  colonie,  e  moltiplicò  le  strade.  Nel  161,  seimila  famiglie  crebbero  le  antiche  co- 
lonie di  Cremona  e  Piacenza;  tremila  uomini  ricevette  Bologna  nel  189;  ventimila 
Parma,  e  altrettanti  Modena  nel  184.  Cosi  munitisi  centra  i  Boi,  duemila  coloni  spedi- 
rono (184)  ad  Aquileja  per  vigilare  sulla  Venezia;  altrettanti  a  Lucca  (178)  contro  i 
Liguri;  più  tardi  a  Tortona,  freno  della  Liguria  interiore,  mentre  Cajo  Sestio  fondava 
ad  Aquas  Sexlias  la  prima  colonia  fuor  d'Italia  per  frenare  i  Liguri  della  Gallia  (122j. 
È  il  paese  ove  furono  sconfitti  poi  i  Galli  da  Mario.  Dopo  di  che  Eporedia  (Ivrea) , 
chiave  dell'Alpi  pel  frequentato  passo  della  Dora  grande,  ebbe  l'ultima  colonia  che 
Roma  fondasse  per  intento  i)olitico  ;  giacché  le  successive  erano  ricompense  date  ai 
veterani.  Dopo  la  disfatta  de'  Cimri  (101),  la  Cisalpina  e  l'Italia  furono  ridotte  a 
provincia. 

g  Jl.  _  Sicilia. 

Quando  scoppiò  la  prima  guerra  punica,  Cartagine  possedeva  due  terzi  della  Sicilia, 
restando  a  Cerone  le  coste  orientali,  e  ai  Mamertini  la  città  di  Messina.  Non  bene  deter- 
minarsi può  il  limite  fra  i  territorj  de' Cartaginesi  e  dei  Siracusani,  ma  pare  apparte- 
nesse a  questi  il  paese  a  levante  de'  monti  Herei  e  del  fiume  Herminus  che  rimase 
indipendente  nella  pace  del  241,  quando  la  Sicilia  cartaginese  cadde  ai  Romani. 

Ivi  erano 

a.  Sulla  costa  meridionale  da  oriente  ad  occidente,  Camarina  all'ovest  dell'Ermino, 
Àcrilke  sul  Drilon,  Gela  presso  il  fiume  del  nome  stesso,  Achetuin  (Alleata),  Dcedalium 
(Castel  di  Palma),  Agrigentum  (Girgenti),  tra  il  quale  e  Gela  trovasi  il  monte  Ecnome  ; 
Heraclea  lUinoa,  Selinus  (Torre  di  Polluce),  Mazara. 

b.  Sulla  occidentale,  Liltbeo,  a  venti  leghe  dall'Africa,  e  perciò  importantissimo  ; 
Drepanum  (Trapani),  Eryx  (Trapani  al  monte). 

e.  Sulla  settentrionale,  da  occidente  in  oriente,  Segesta  sullo Scamandro,  Parthenicum 
sul  Telmisco,  Hiccara,  Ercta  (Iraci),  Panorunis  (Palermo),  cioè  iutto  porto,  detto  così 
a  cagione  dell'ampiezza  del  suo  porto  allo  sbocco  dell'Oreto  ;  Solunlum  (Solante),  Hi- 
mera  allo  sbocco  d'un  fiume  d'egual  nome;  distrutta  dai  Cartaginesi,  fu  ricostruita 
sulla  destra  d'esso  col  nome  di  J/iermce  (Termini);  Cephaledium  (Cefalù\  Alesa  (Torre 
di  Pitineo),  Calacte,  Agathirna  (Sant'Agata),  Aluntium  (Capo  di  Orlando),  Bricinnice 
(Brizzi),  Tyndaris  (Santa  Maria  in  Tindaro),  MìjIcb  (Milazzo),  Artemisium  o  Fanum 
Diame,  Facellincs,  Abaccenuvi  (Pace),  Nautochus.  Poi  di  là  dal  promontorio  Pelerò, 
Messaìia  sullo  stretto  di  Messina;  nell'interno  Enna  in  Val  di  Noto,  sopra  una  mon- 
tagna centro  dell'isola,  e  col  celebre  tempio  di  Diana  ;  Engioìi  a  pie  de'  monti  Nebrodi 
(Cangi  Vetere)  al  nord-ovest  di  Enna  ;  Erbita  (Erba  Spina)  al  sud-est,  fra  i  monti  Erei  ; 
Camicos  all'occidente  dell'Imera,  vicino  ad  Agrigento  (Camastro);  Erbessus  e  Inyx  al 
nord  d'Agrigento;  Entella  al  nord-ovest  di  Selinunte,  come  Icrta  (lato).  Macellagli 
nord  delle  predette;  Triocale  fortezza  sul  Cremissus,  Ancijra  sull'alto  Imera  (Fiume 
Grande). 

La  Sicilia  fu  la  prima  ridotta  a  provincia,  essendo  omai  Roma  abbastanza  forte 
per  non  voler  più  alleati,  ma  sudditi  e  provinciali.  Alcune  città  ottennero  privilegi, 
come  Tauromenium  ch'ebbe  titolo  di  federata  e  di  colonia,  Catania,  Panormus,  Termo:: 
arte  solita  di  Homa  per  eccitare  le  gelosie. 

Anziché  ia  seconda  guerra  punica  finisse,  Roma  prese  possesso  degli  antichi  Stati  di 
Cerone,  di  cui  erano  confini  all'est  i  monti  Erei  e  il  fiume  Erminio.  Colà  dal  nord  al 
sud  si  trovarono  Tamaricio,  Palma,  Catlipolis,  Tauromenium  (Taormina),  Naxos,  Catana 
alle  fidde  dell'Etna  ;  Morgantia,  Leontini  (l.entini)  nel  campo  de' Lestrigoni,  Xiphonia 
(C;ipo  Santa  Croce),  Megara  già  detta  Hgbla  Parva,  Thapfius  s'una  penisola,  Myke 
(Melili).  Siracuice  divisa  in  cinque  città  separate  da  forti  mura  :   cioè  Visola  Ortigia 


SARDEGNA  E  CORSICA  d59 

ove  il  palazzo  di  Cerone,  molti  lempj  e  la  fonte  d'Aretusa;  VAcradiìia,  parte  più  bella 
e  più  forte  delia  città;  Ticha  la  più  popolata;  VEpipoli  sopra  una  collina  scoscesa  che 
dominava  la  parte  occidentale  della  città;  e  Neapolis.  Inoltre  Dascon  sul  promontorio 
Pleiìimyrium;  Helorum  e  Motya  presso  il  capo  Facilino.  Sulla  costa  meridionale  fra 
questo  capo  e  l'Ermio,  Eclissa  o  Plaga  Herceo.  Nell'interno  dal  nord  al  sud,  Elna, 
jdranum  (Aderno),  Hybla  Major  (Paterno)  rinomata  pel  micie,  Herbessus  (Grutti  presso 
Lentini),  Aeree  (Palazzola),  Neetum  (Noto  Vetere),  Casmena  (Cacciola)  al  nord-est  di 
Plaga  Heraeo,  Mutyca  (Modica)  al  nord-est  di  Acri,  Hercea  Hybla  (Chiaramonte)  nei 
monti  Erei.  Tutte  furono  annesse  alla  provincia  siciliana. 

•  §  12.  ■ —  Sardegna  e  Corsica, 

Le  due  isole  di  Sardegna  e  Corsica,  medie  fra  l'Italia,  la  Calila,  la  Spagna  e  l'Africa, 
dovettero  buon'ora  stimolare  l'ambizione  romana  :  e  Cartagine  che,  uscendo  della  prima 
guerra  punica,  le  aveva  conservate,  dovè  cederle  nel  237  acciocché  Roma  non  desse 
mano  ai  mercenari  rivoltati. 

Nella  Sardegna,  abitata  già  da  Iliani,  Tarati,  Sossinati,  Balari,  Aconiti,  fiorivano 
molte  città,  fra  cui  Caralis  o  Calaris  (Cagliari)  al  sud,  sopra  ampio  golfo,  fondata  dai 
Cartaginesi;  Olbia  a\  nord,  Cornus  (Corneto)  sulla  costa  occidentale,  a  qualche  tratto 
dalla  riva  ;  \ova  (Nurri)  al  nord  di  Corno,  Ilienses  (Iliola)  al  sud  di  Cornus,  Balari 
(Porta  Paglia),  Sala  colonia  cartaginese  all'estremità  sud  ovest  dell'isola. 

La  Corsica  al  tempo  di  Plinio  chiudeva  trentatre  città,  di  cui  le  più  importanti 
erano  : 

o.  Sulla  costa  orientale  dal  nord  al  sud  Clunium  (Santa  Caterina)  presso  il  promon- 
torio Sacro;  Nicea  fondata  dagli  Etruschi  sul  Colo,  detta  Mariana  Colonia  quando  Mario 
la  colonizzò  ,  Aleria  Colonia  fondata  dai  Focesi  allo  sbocco  del  Tavignano  ;  Siracusa- 
nus  Porlus  (Porto  Vecchio),  Palla  (Porto  Palio). 

6.  Sulla  costa  occidentale  Alalia  Urcinum  (Orcine) ,  Attium  (Ajaccio),  Marianum 
(Castel-campo  di  Moro). 

Colla  pace  del  241  Cartagine  cede  tutte  le  isolette  fra  la  Sicilia  e  l'Italia,  cioè:  1°  Le 
Eolie Strongyle  (Stromboli),  Phcenicusa  (Felicudi),  Ericusa  (Alicudi),  Euunimos  (Panaria), 
Didyme  (Salina),  Hycesia  (Lisca  Bianca),  Basilidia  (Basiluzzo),  Osteodes  Biera  che  sorse 
dal  mare  nel  183,  Lipara,  la  più  grande,  già  stazione  dei  pirati  etruschi,  e  trafficante 
di  bitume.  2"  Le  Egati  verso  il  Lilibeo,  Phorbantia  (Levanzo),  ,Egusa  (Favignana), 
Hiera  (Maretimo).  5"  L'isola  d'Ustica  ad  occidente  delle  Eolie. 

§  13.  —  Grecia,  Illiria,  Macedonia. 

Domata  Cartagine,  Roma  rimane  incontrastata  dominatrice  dell'Occidente,  onde  ri- 
volge le  armi  e  la  politica  verso  Oriente. 

La  Grecia  era  formata  di  ventotto  Stati,  che,  se  avessero  ristretta  la  federazione  loro 
e  postala  sotto  l'autorità  militare  della  Macedonia,  poteano  certo  resistere  ai  Romani: 
al  contrario  ebbero  gelosia  di  quella  per  memoria  dell'antica  dominazione,  e  così  Roma 
potè  profittarne  per  soggettarsele  divise. 

La  Macedonia  era  cresciuta  rapidamente  dopo  la  battaglia  d'Ipso,  fin  a  padroneggiare 
su  quasi  tutta  la  Grecia.  Etolj  e  Lacedemoni  aveano  sempre  conservato  la  libertà;  Te- 
bani.  Ateniesi,  Megaresi,  Focidesi,  Achei,  Argivi  la  ricuperarono  ben  presto. 

Antigono  di  Goni  tornò  in  grandezza  la  Macedonia;  ma  gli  Etolj  ben  presto  l'ebbero 
superato.  Al  re  e  al  popolo,  minacciosi  all'indipendenza  di  Grecia,  s'oppone  Arato, 
che  frange  la  potenza  macedone  nel  Peloponneso,  libera  Corinto,  Megara  ed  altri  paesi, 
dei  quali  forma  una  robusta  confederazione,  detta  la  lega  Achea  (281). 

Presto  la  lega  Etolia,  che  con  essa  erasi  confusa,  torna  a  meditare  ingrandimenti  nel   Leghe 
Peloponneso,  invano  assistito  da  Filippo  HI  di  Macedonia;  fra  le  quali  discordie  Roma «^"'""'cbe 
spedisce  le  sue  legioni  (215). 

Come  colle  leghe  avea  cominciato,  così  colle  leghe  finì  dunque  la  Grecia  :   poiché  i 


460  GEOGnAFIA  —  EPOCA   QUARTA 

popoli  dell'Eliade  e  del  Peloponneso  si  strinsero  in  federazioni  per  respingere  la  signo* 
ria  romana;  se  non  che  rivivendo  tra  loro  le  niinicizie  di  paese,  indebolironsi  a  vi-r 
cenda,  e  divennero  stromento  d'oppressione  al  senato. 

a.  La  Lega  Achea  comprendeva  il  nord  e  il  sud-ovest  del  Peloponneso;  cioè  Dime, 
Patrasso,  Tritea,  Phares,  .Egio,  Dura,  Cerinea,  Sicione,  Corinto,  Megara,  Trezene,  Epi- 
dauro,  Cleone,  jMegalopoli,  Argo,  Demione,  Fliunte,  la  Messenia,  l'isola  d'Egina. 

b.  La  Lega  Etolia  abbracciava  l'Etolia  propria,  capitale  Termo;  la  Tessaglia  meri- 
dionale, cioè  le  città  d'Eraclea,  Lamia,  Hypata  ;  Naupatto  in  Locride,  Figalea  in  Arca- 
dia, Tegea  e  Mantinea,  e  l'Acarnania  meridionale,  mentre  la  settentrionale  era  occupata 
dagli  Epiroti. 

e.  La  Lega  Beolica,  in  cui  tutta  la  Beozia  antica. 

d.  Le  ventidue  città  della  Focide,  i  cui  membri  si  raccoglievano  nel  Phociseum, 
vasto  edifizio  sulla  via  tra  Delfo  e  Dauli. 

e.  Il  varj  popoli  Acarnani,  che  raduoavansi  a  Turio  e  a  Leucade  loro  città  principali. 

f.  In  Epiro  i  Molossi,  i  Caoui,  i  Tesprozj,  abolita  la  monarchia  alla  morte  di  PirrolU 
(229),  unirono  le  settanta  loro  città  in  federazione,  e  tenevano  le  assemblee  a  Fenice. 

Al  tempo  dunque  dell'invasione  de' Romani  tal  era  la  geografia  politica  dell'impero 
macedone  : 
Grecia  I.  In  Grecia,  la  Macedonia  preponderava  dall'Orbelo  al  mar  di  Creta,  indarno 
contrastata  dagli  antichi  repubblicani  dell'Eliade  e  del  Peloponneso.  Essa  sola  poteva 
tener  testa  ai  Romani,  e  avea  per  confine  al  nord  i  monti  Scardj  e  Orbelo,  all'est  il 
paese  solcato  dallo  Strimone  sin  al  fiume  Nesto,  all'ovest  il  lago  Licinde,  al  sud  il  mar 
Egeo:  teneva  soggette  la  Tessaglia  e  l'Eubea,  guarnigione  all'Acrocorinto  e  ad  Orco- 
mene,  e  alleanza  con  tutti  i  popoli  greci,  eccetto  gli  Elei,  gli  Spartani,  gli  Ateniesi,  gli 
Etolj  e  gli  Atamani  che  stavano  fra  la  Tessaglia,  l'Epiro  e  l'Etolia. 

Ma  l'Olimpo  e  il  Pindo  piìi  non  proteggevano  la  libertà,  anzi  davano  asilo  a  una  folla 
di  tirannelli.  Nella  Tessaglia  figurarono  nelle  prime  imprese  dei  Romani  contro  Filippo, 
Larissa  capitale,  presa  da  Flaminio  dopo  la  giornata  di  Cinocefalo,  valle  posta  al  suo 
mezzodì  ;  Falena  dalla  cui  presa  cominciò  la  fortuna  de'  Romani;  Demetriade,  ultima 
che  resistette  a  Flaminio.  Molte  piazze  forti  v'avea  pure,  principalmente  Metropoli. 

Di  là  dal  Pindo  s'aprivano  le  valli  dell' £'p«ro,  sottoposte  anch'esse  alla  Macedonia. 
Fra  quei  popoli  i  più  importanti  erano  gli  Atamani,  con  cui  sovente  s'erano  confusi  i 
Molossi  e  Tesprozj  antichi.  La  vittoria  della  gola  d'Antigone,  vicin  dell'Aoo,  aperse  ai 
Romani  l'Epiro. 

Al  sud  di  questo  era  V Acarnania,  capitale  Leucade,  sopra  un'isola  d'ugual  nome;  i 
cui  abitanti  furono  ultimi  a  lasciare  il  partito  macedone, 

L'Acheloo  separava  dull'Acarnania  V Etolia,  che  aveva  all'est  la  Locride  Ozolia,  al 
nord  il  monte  Ótro,  al  sud  il  golfo  di  Corinto.  Gli  Etolj  collegati  sperarono  coH'ajuto 
de' Romani  predominare,  e  perciò  li  favorirono.  Principale  loro  città  era  iSauputto  s,u\ 
golfo. 

All'est  dell'Etolia  era  la  Focide,  anch'essa  obbediente  ai  Macedoni  che  teneano  guar- 
nigione in  Elatea.  Ivi  era  Delfo,  città  santa,  presso  le  cui  alture  i  Galli  furono  rotti, 
prima  d'andar  a  piantarsi  nelle  pianure  di  Frigia.  Alla  Focide  facevano  corona  i  Lo- 
cresi  Ozolj  e  Opunzj,  le  cui  città  Oponto  e  Anticira  appena  resistettero  alle  legioni 
romane. 

Senza  ostacolo  cadde  in  mano  di  Flaminio  la  Beozia,  all'est  della  Focide. 

\j  Attica,  al  sud  della  Reozia,  aveva  da  buon  tempo  cangiato  la  vita  politica  in  voluttà 
e  dispule  filosofiche,  né  più  curava  la  gloria  delle  lettere  né  il  vanto  della  libertà. 

Nella  Penisola  molti  popoli  obbedivano  a  Filippo  III  di  Macedonia;  cioè  V Acaja,  ca- 
pitana degli  altri  paesi  per  situazione  geografica  come  per  prevalente  influenza,  e  che 
fu  centro  della  lega  Achea.  Ora,  per  salvare  l'indipendenza  nazionale,  sosteneva  Filippo, 
che  teneva  guarnigione  in  Corinto;  dove  poi  fu  proclamata  bugiardamente  la  libertà 
della  Grecia.  Arato,  eroe  d'essa  lega,  nasceva  in  Sidone. 

Al  sud-est  VArgolide,  incerta  ne' suoi  procedimenti,  ma  facilmente  occupata  dai 
Macedoni. 

All'ovest  di  questa  V Arcadia,  f|uasi  sempre  consorte  di  casi  coll'Acaja.  Guarnigioni 
macedoni  slavano  nella  città  di  Megalopoli,  Erea,  Orcomene. 


GRECIA,   ILLiniA,    MACEDONIA  101 

Al  sud  dell'Arcadia  la  Messenia  lenevasi,  per  la  sua  posizione,  quasi  fuor  di  contesa. 

Questi  paesi  riconoscevano  l'autorità  militare  di  Filippo,  e  avrebber  potuto  sostenere 
la  causa  nazionale  se  uniti.  Quanto  aW Elide,  come  vicina  all'Etolia  e  soggetta  alla  sua 
influenza,  si  congiunse  ai  Homani  ;  e  presso  Elis  sua  capitale,  Filippo  andò  sconfitto 
dalle  legioni  romane. 

La  Laconia,  scaduta  dalla  fierezza  e  magnanimità  antica,  serviva  al  tiranno  Nabi, 
che  volca  consolidarsi  appoggiandosi  ai  Romani. 

L'isola  A'Euhca  nell'Egeo  sorresse  costante  il  partito  di  Filippo,  difendendo  Calcide 
sua  capitale.  Orca  cadde  prima  in  potere  di  Flaminio,  poi  l'altre  città  di  Carisio  ed 
Eretria. 

IL  Fra  i  monti  Bcbio,  Candavi  ed  Acrocerauni,  e  l'Adriatico  si  estende  l' Illir ia  ,  iiiiria 
ove  prima  i  Romani  entrarono  di  verso  il  nord.  Un'altra  Illiria,  da  molto  tempo  sog- 
getta ai  Macedoni,  toccava  all'Epiro  e  alla  Macedonia  propria,  e  dicevasi  Illiria  greca. 

a.  Neirilliria  propria,  dal  fiume  Arsia  al  nord,  sino  ai  monti  Acrocerauni  al  sud, 
stavano,  a  pie  del  pendìo  occidentale  dell'Albio,  i  Giapidi,  domati  soltanto  al  tempo 
dell'impero.  I  Liburni  al  sud  est  dei  predetti,  avendo  Jailera  (Zara)  per  capitale.  1  Dal- 
mati al  sud-est  de'  Liburni,  suddivisi  nelle  piccole  popolazioni  dei  Daorizi,  Antariates, 
Ardcei,  Vardcei:  in  faccia  al  loro  paese  era  l'isola  di  Faro,  resa  celebre  da  un  Demetrio 
traditor  della  patria.  I  Laheati  in  riva  a  un  lago  d'egual  nome,  al  nord  del  Drilon.  I 
Partini  coi  Taulanti  e  gli  Atinlani  popolavano  quel  che  oggi  dicesi  Albania. 

Fra  i  Dalmati  eranvi  le  città  di  So/ona  da  cui  i  Romani  vigilavano  l'Illiria,  Epidaurus^ 
Risano,  sul  golfo  di  Cattaro,  Ulcinium  (Dulcigno).  Fra  i  Partini  al  nord  trovavasi  Epi- 
damno  colonia  greca,  il  cui  nome  parendo  di  mal  augurio,  i  Romani  lo  mutarono  in 
Dyrraclnum  (Durazzo),  donde  movea  la  via  Egnatia.  Dimallum,  forte,  credesi  slesse  in 
riva  al  Genuso,  e  fece  vigorosa  resistenza  ai  Romani  (219).  Fra  i  Taulanti,  non  lungi 
dall'Adriatico,  era  Apullonia,  che  Demetrio  di  Faro  assoggettò  ai  Romani.  A  pie  degli 
Acrocerauni,  fra  gli  Atintani,  era  Oricum  (Orto) 

ò.  Neirilliria  greca  abitavano  i  Candavi,  i  Penesti,  i  Dassareli:  loro  città  importanti, 
Antipatria  fra  i  Penesti,  Lichnide  sul  lago  di  egual  nome,  Pelio  al  sud. 

L'ampio  golfo  tra  le  due  penisole  era  jìopolato  d'isolette,  fra  cui  le  principali  erano 
P/ìaros  (Lesina),  e  Corcijra  Nigra  (Curzola),  detta  così  per  distinguerla  da  quella  nel 
mar  Jonio.  Aggiungi  le  isole  Brattica  (Brazza),  Issa  (Lirsa),  Melila  (Meleda).  11  golfo 
del  Quarnero  chiamavasi  Flanaticus  sinus. 

Pleurale,  re  dell' Illiria  greca,  spogliato  da  Romani  e  da  Macedoni,  non  conservò  più 
che  il  paese  de'  Labeati. 

III.  La  Macedonia  non  avea  cambiato  delle  divisioni  e  denominazioni  precedenti  Macedonia 
(pag.  128). 

§   14.  —  Conquiste  dei  Romani  in  Grecia. 

Lunga  durò  la  guerra  de'  Romani  coi  collegati  ;  ma  dopo  la  vittoria  di  Cinocefalo 
(197),  il  senato  ridusse  alle  strette  Filippo  IH  Macedone,  dichiarando  liberi  e  franchi  da 
tributo  Corinlj,  Focidesi,  Locresi,  Eubei,  Achei,  Ftioti,  Magnesj,  Tessali,  Dolopi,  Perrebi. 

Le  città  di  Grecia  e  d'Asia  ov'egli  tenea  guarnigione,  poterono  governarsi  con  pro- 
prie leggi,  quali  erano  Eurome,  Pedaso,  Bargilio,  Jasso  in  Caria;  Mirina  in  Eolia  e  in 
Tracia  ;  Ahido  sulla  costa  asiatica  dell'Ellesponto  ;  Perinlo  su  quella  di  Tracia  ;  Taso  nel- 
l'isola del  nome  stesso,  in  faccia  allo  sbocco  del  Nesto  ;  Espetia  nella  Tracia.  La  tribù 
macedone  negli  Orestini  sollevatisi  nella  guerra,  ottenne  pure  l'indipendenza  (193). 

Dopo  sconfitto  Antioco  (190),  anche  la  potenza  degli  Etolj  restò  distrutta,  e  il  senato 
prese  possesso  di  Cefaknia  all'entrata  del  golfo  di  Corinto  (189). 

Rotto  Perseo  a  Pidna  (168),  la  .Macedonia  e  l'Illiria  greca  cessarono  d'esistere  come 
regni,  e  furono  divise  in  distretti  che  doveano  restar  liberi,  a  patto  di  non  aver  rela- 
zione né  tra  sé,  né  con  stranieri.  I  quattro  distretti  macedoni,  mediante  i  quali  cono- 
sciamo l'estensione  successiva  del  paese,  furono  :  a.  Tutto  il  paese  conquistato  in  Tracia, 
fra  lo  Strimone  e  il  Nesto,  capitale  A  in  fi  poli  ;  b.  Tessalonica  col  paese  fra  l'Assio  e  lo 
Strimone,  di  conquista  anteriore;  e.  Pella  col  paese  fra  l'Assio  e  il  Peneo  al  sud,  fra 
l'Aseio  e  il  monte  Derno  o  Bora  al  nord,  cioè  l'Emonica  primitiva j  d.  Pelagonia  o 
Cantò,  Documenti.  —  Tomo  I,  Geografia  politica.  il 


462  GEOGRAFU  —  EPOCA    QUARTA 

Eraclea  col  resto  delle  provincia  occidentali,  l'Eordea,  la  Lincestide,  la  Pelagonia,  l'Atin- 
tania,  la  Sinfalide,  cioè  l'Elimiotide.  Anche  il  rejj-no  di  Genzio  fu  partito  in  tre  distretti, 
e  rase  le  settanta  città  dell'Epiro  (167).  Vent'anni  dipoi  Macedonia  e  Grecia  furon  ri- 
dotte a  provincia. 

§  15.   —  Asia  Minore  e  Alta. 

Nel  200,  l'impero  de'Seleucidi  stendevasi  ancora  sovra  i  paesi  fra  l'Indo  e  il  Medi- 
terraneo ;  ma  varj  regni  se  n'erano  formati  con  terre  tolte  ai  confinanti  : 

a.  Ad  oriente  il  regno  di  ììattriana,  che  pare  si  estendesse  dall'Arasse  alla  foce  del- 
l'Indo. 

6.  Al  nord-est  quei  dei  Parti,  che  comprendeva  la  Partiene  e  l'Ircania. 

e.  La  Media  Atropatene  al  sud-ovest  del  Caspio. 

d.  All'ovest  di  questo  la  Georgia. 

e.  f.  L'Armenia  divisa  in  due  regni  :  Grande  Armenia  dalle  montagne  della  Georgia 
al  corso  superiore  dell'Eufrate  ;  Piccola  Armenia  all'est  della  predetta  fra  l'Eufrate  e 
la  Cappadocia. 

g.  Regno  di  Cappadocia. 

h.  Regno  del  Ponto  sulle  coste  del  mar  Nero,  unito  colla 

i.    Paflagonia,  che  verso  il  179  formò  regno  particolare. 

l.  La  Galazia  fra  la  catena  che  corre  dal  Sanyario  all'Alis  al  nord,  il  monte  Dindimo 
0  Adoreo  al  sud,  il  territorio  di  Tavio  all'est,  all'ovest  quel  di  Pessinunte,  toccando  la 
Paflagonia,  il  Ponto,  la  provincia  sira  di  Frigia,  il  territorio  di  Pergamo  e  la  Ritinia  ; 
onde  i  Galati  poteano  mettere  a  ruha  e  taglia  tutta  l'Asia  Minore. 

m.  La  Bitinia  avea  per  capitale  Nicomedia.,  fabbricata  poc'anzi  in  fondo  al  golfo 
Astacene. 

n.  Pergamo  nell'antica  provincia  di  Misia. 

I  successori  di  Seleuco  non  bastarono  a  tener  unite  sì  lontane  regioni.  E  prima,  sotto 
Antioco  li,  se  ne  staccò  il  regno  degli  Arsacidi,  e  le  città  della  Rattriana  si  rivoltarono. 
La  Celesiria  è  occupata  dall'Egitto.  L'Asia  Minore  si  costituisce  in  regno  sotto  Antioco 
.Terace  ;  e  tosto  i  popoli  d'Oriente  ricuperano  l'indipendenza.  Antioco  III  torna  all'ob- 
bedienza alcuni  paesi,  ma  alfine  ne  accelera  lo  smembramento. 

Sempre  col  sistema  di  proleggere  i  deboli  contro  i  forti,  Roma  sostenne  i  re  di  Per- 
gamo e  di  Ritinia  contro  Antioco  e  i  Galati. 

Quando  re  Antioco  rimase  vinto  a  Magnesia  nella  Lidia  (190),  tali  erano  i  paesi  del- 
l'Asia Minore  e  dell'Alta: 

a.  L'impero  de' 5e/euc?c//,  fra  il  Tauro,  l'Armenia,  l'Atropatene,  i  Parti,  i  Greco  Rat- 
triani  al  nord;  all'est  i  monti  Rarlìitani;  al  sud  il  mar  Eritreo,  il  golfo  Persico,  il  de- 
serto Arabico;  all'ovest  il  mar  Interno. 

b.  i^a  repubblica  di  Rodi.,  dov'erano  state  rinnovate  Stratonicea  da  Antioco  Sotero, 
e  Arsinoe  da  Tolomeo  Filadelfo. 

e.  Il  regno  di  Pergamo,  che  comprendeva  la  Lidia,  la  Misia,  le  due  Frigie,  la  Pisidia, 
la  Licaonia,  il  Chersoneso  di  Tracia.  Alcune  città  greche  delle  coste  occidentali  del- 
l'Asia Minore  conservavano  una  specie  d'indipendenza  sotto  la  protezione  romana. 

d.  Il  regno  di  Bitinia. 

e.  La  piccola  repubblica  di  Eraclea. 

f.  Il  regno  di  Paflagonia,  capitale  Gangra.  La  colonia  greca  di  Sinope  formava  una 
repubblica  indipendente. 

g.  La  Galazia,  occupata  dai  Galli  chiamati  in  soccorso  da  Nicomede  I,  e  divisi  in 
tre  tribù:  Tolistoboi,  capitale  Pessinunte;  Tectosagi,  capitale  ^nctra,  Trocmii,  capitale 
Tavio. 

h.  Regno  di  Cappadocia,  capitale  Mazaca. 

i.    Regno  del  Ponto. 

l.    La  Colchide  e  la  Iberia  occidentale. 

m.  Regno  d' Iberia  o  di  Georgia,  capitale  Mitsketa. 

n.  L'Albania. 


ASIA   MINORE   E   ALTA  163 

0.  Regno  d'Armenia,  di  solo  nome  sottoposta  ai  Seleucidi  ;  capitale  Artaxata  sul- 
l 'Arasse. 

p.  Regno  d'Atropateìie,  capitale  Fraaia. 

q.  Regno  dei  Parti  o  degli  Arsacidi. 

r.  Impero  greco- bai Iriano,  che  comprcndea  la  Rattriana,  Sogdiana,  Margiana,  Aria, 
Drangiana,  Aracosia,  Paropamisia,  e  i  paesi  bagnati  dall'alto  Indo  e  da' suoi  affluenti. 

s.  Regno  di  Koian  all'estremità  occidentale  del  pianoro  asiatico,  che  abbracciava  il 
paese  dei  Casi  e  degli  Issedoni,  e  parie  di  quel  dei  Seri. 

t.  Impero  de'  Vrasi  o  Gangaridi,  steso  (in  alle  bocche  del  Gange  e  dell'Indo  ;  capi- 
tale Palibolra. 

u.  Il  paese  di  Darhinabad,  cioè  la  restante  penisola  indiana,  spartita  fra  molti  regni 
indipendenti. 

V.  Regno  di  Traprobane,  capitale  Anurogrammum. 

Nel  trattato  fattosi  allora,  ecco  com'era  disposta  l'Asia  : 

1.  Nell'Asia  Minore  i  Romani  non  lasciarono  ad  Antioco  che  la  VanfiUa  e  la  Cilicia   Asia 
al  sud-est.  La  Panfilia  abbracciava  tutta  la  riva  del  golfo  dello  stesso  nome:  quivi  erano '^^'°<""® 
venute  colonie  greche  per  mercatare  sull'Egeo  dei  prodotti  dell'Oriente  e  dell'Occidente, 
come  Sida,  ^spendo,  Pergu.  La  Cilicia,   divisa  in  Trachea  e  dei  piani  era  ricca  di  po- 
polose città,  e  dal  Tauro  al  mare  stavano  disposte  Olba,  Omanada,  Selinunte,  e  lungo 

il  lido  Seleucia,  Tarso,  Sole,  Malie,  A7iabarso. 

IL  La  Celeairia,  conquistata  da  Antioco,  era  la  provincia  piìi  importante,  come 
avamposto  verso  l'Asia.  Da/zinisco  città  ricchissima,  traeva  pagliuzze  d'oro  dal  Criseroo; 
Eliopoli  era  santuario  del  culto  del  Sole. 

Ili.  La  Siria  abbracciava  provinole  di  grand'importanza  :  al  nord  la  Comagene,  al 
sud  di  questa  la  Cirrestica,  confinante  al  nord  colla  Seleucide  e  la  Palmirene. 

a.  La  Comagene  separata  pel  Tauro  dall'Armenia  e  dalla  Cuppadocia,  era  dall'Eu- 
frate confinata  verso  la  Mesopotamia;  onde  restò  indipendente  anche  dopo  che  la  Siria 
fu  ridotta  a  provincia  romana,  e  sin  al  regno  di  Vespasiano.  Sainofiata  sull'Eufrate  era 
sede  dell'antico  governo. 

6.  La  Cirrestica  era  cosi  chiamata  dalla  città  di  Cirro;  v'erano  pure  Berea  o  Calibon 
oggi  Aleppo,  e  Calcide. 

e.  La  Seleucide  o  Telrapoli  fu  così  detta  dalle  quattro  città  che  Seleuco  Callinico  vi 
fondò,  vaghissimo  delle  belle  valli  tra  l'Antilibano  e  il  gran  Mare,  e  che  denominò  An- 
tiochia, Seleucia,  Laodicea,  Apamea,  dal  nome  suo  e  del  padre,  della  madre,  del  fra- 
tello. Antiochia,  occhio  della  Siria,  regina  dell'Oriente,  stava  poco  lungi  dalla  foce  del- 
rOronte,  e  la  sua  gloria  durò  fin  ai  primi  secoli  dell'era  cristiana.  Dal  magnifico  porto 
di  Laodicea  partivano  i  vini  rinomati  di  quel  territorio,  per  tutti  i  paesi  a  meriggio 
dell'Asia  Minore.  Sopra  una  penisola  fra  l'Oronte  e  un  lago,  tra  pingui  pascione  ove 
svernavano  la  cavalleria  e  gli  elefanti  di  Seleuco,  sorgeva  Apamea.  Seleucia  era  pur 
sull'Oronte,  poco  lungi  d'Antiochia.  Aggiungi  Epifania  a  pie  dell'Amano  ;  ed  Emesa 
che  si  eresse  in  regno  indipendente. 

d.  Palmira  traeva  nome  dalle  palme  che  ricreavano  i  deserti  sabbiosi  di  quella  pro- 
vincia. La  sua  ricchezza  è  dovuta  alla  situazione,  a  tre  giornate  dall'Eufrate,  sopra  una 
delle  principali  strade  del  commercio  fra  l'India  e  l'Europa  pel  golfo  Persico.  La  sua 
magnificenza  antica  è  attestata  dalle  ruine,  e  da  quelle  immense  schiere  di  colonne  che 
di  mezzo  alla  sconfinata  pianura  tagliano  l'orizzonte.  Il  tempio  del  Sole  supera  tutti 
quelli  di  Grecia,  non  per  correzione  e  grandezza,  ma  dovizia  d'ornati  e  precision  di 
lavoro.  Del  triplo  portico  trionfale  restano  in  piedi  cenventinove  colonne;  e  ve  n'avea 
due  trionfali,  alte  20  metri.  * 

IV.  La  Fenicia  e  la  Palestina  erano  da  gran  tempo  desiderate  dai  Lagidi  e  dai  Seleu- 
cidi, essendovi  i  migliori  porti  e  il  più  bet  legname  di  costruzione  pei  vascelli.  Oltre 
Tiro,  Sidone,  Gerwialemrne  scaùule  dall'antica  grandezza,  nomineremo  Aco  detta  Tote- 
maide  da  Tolomeo  Filadelfo  che  la  ingrandi;  Rafia  importante  per  la  sua  posizione  sul 
Mediterraneo,  presso  cui  Antioco  il  Grande  fu  battuto  da  Tolomeo  Filopatore  (217).  i 

V.  Benché  esso  Antioco  tornasse  al  freno  molte  provincie  che  aveano  ricuperato  l'in-  Alta  Asia 
dipendenza  col  negare  il  tributo,  alcune  si  dissoggettarono  affatto,  quali  la  Partia,  l'Ir- 
cania,  la  Battriana,  la  Sogdiana. 


164  GEOGRAFIA  —  EPOCA  QUARTA 

All'impero  de'  Seleucidi  appartenevano  ancora  la  Mesopotamia,  la  Caldea  memore,  dei 
patriarchi  e  degli  astrologi,  la  Babilonia  decaduta  dalia  gloria  antica.  Le  due  Medie,  la 
Susianu,  la  Perside,  VAria,  la  Curamania ,  la  Gedrosia,  la  Drangiana,  VAracosia,  la 
Paropamisia  non  eransi  ribellate;  ma  lontane  e  coperte  di  genti  errabonde,  non  s'ac- 
corgeano  del  padrone. 

§   16.  —  Egitto  alla  morte  di  Tolomeo   Evergete. 

Sotto  i  Tolomei  l'Egitto  dilatò  alcuna  volta  la  sua  potenza  fuori  dell'istmo  di  Suez, 
ma  dalle  antipatie  di  razza  fu  sempre  ricacciato  ne' suoi  confini.  Allora  i  Tolomei  vol- 
sero l'ambizione  e  la  curiosità  verso  i  deserti  di  Libia  e  le  coste  dell'Africa.  L' Evergete 
spedì  ad  esplorarle  Eudosso  di  Cizico,  astronomo,  che  percorse  tutte  le  coste  orientali 
per  trovare  una  via  di  giungere  ai  paesi  del  mezzodì;  ma  non  osò  spingersi  tanto  avanti, 
da  voltare  l'estremo  capo  dell'Africa;  pure  ei)be  mostrato  agli  Egizj  la  via  dell'Indie. 
Anche  Tolomeo  Filadelfo  avea  speditr»  in  Etiopia  arditi  viaggiatori,  che  penetrarono 
fino  a  Meroe,  poi  si  avanzarono  in  paesi  mai  più  visitati.  Importanti  banchi  eransi 
stabiliti  sulle  coste  del  golfo  Arabico  e  del  mar  Eritreo,  che  giovavano  al  commercio, 
se  non  estendeano  il  dominio. 

Internamente  questo  fiaccavasi  per  opera  di  Roma,  che  s'era  mescolata  de'  fraterni 
dissidj  ;  e  Popilio  spartì  il  regno  assegnando  a  Filometore  VEgitlo  è  l'isola  di  Cipro, 
ad  Evergete  la  Libia  e  la  Cirenaica. 

Città  principali  in  quel  tempo  erano  Ale^^sandria ,  regina  del  Mediterraneo,  abbellita 
di  monumenti  da  Tolun)eo  Lago  e  Filadelfo.  Pelusio  sul  Mediterraneo,  sopra  una  delle 
bocche  del  Nilo,  ebbe  grand'incremento  dai  Lagidi:  quasi  porta  dell'Africa,  stando 
sull'istmo  di  Suez,  vide  più  volle  cozzare  i  due  mondi.  Al  sud  di  Pelusio,  più  addentro 
stavano  Buba'^te,  presso  cui  fu  fabbricato  il  tempio  ebreo  detto  Onion  da  Onia  pontefice 
rifuggito  in  Alessandria,  che  ne  ottenne  licenza  da  Tolomeo  Filometore. 

Memfi  non  era  più  capitale  dell'Egitto;  ma  conservava  le  religiose  ricordanze,  e  v'e- 
rano coronati  i  re.  Ancor  più  basso  era  Tebe,  devastata  irreparabilmente  per  la  sua  ri- 
bellione sotto  Tolomeo  Lago.  Al  posto  di  Crocodilopoli  sorse  Arsinoe,  e  vi  sta  ancora 
l'immenso  obelisco  di  Filadelfo.  Da  un'altra  Arsinoe  partiva  un  canale,  che  congiungeva 
il  mar  Uosso  con  Bubaste,  e  così  il  Nilo  col  Mediterraneo. 

Sul  golfo  Arabico  s'aprivano  molti  porti  ;  Filolera,  Berenice  al  sud  di  essa,  città  ab- 
bondanti pel  commercio  dell'Arabia  e  dell'India,  e  piene  d'elefanti  allevati  per  la  guerra. 
Nell'interno,  Copio  sul  Nilo  riceveva  le  merci  da  diffondere  per  tutto  l'Egitto.  Così 
Tolemaide. 

Sebben  dunque  scaduto  d'esterna  potenza,  l'Egitto  conservava  grandezza  e  prosperità. 

§.   17.  —Cina. 

Tardi  gli  Europei  ebber  contezza  di  quest'impero,  che  nell'estremità  orientale  del- 
l'Asia, indipendentemente  dal  mondo  occidentale,  sviluppava  un'antichissima  civiltà 
in  un  linguaggio  e  con  una  scrittura  che  riportano  fin  ai  primordj  delle  società  civili. 
Però  Indiani,  Persiani,  Arabi  lo  conobbero  al(|uanli  secoli  prima  dell'era  volgare;  e 
nelle  leggi  di  Mimù  trovasi  nominato  Cina,  nome  dedotto  da  quello  dei  Tsin,  antico 
regno  feudatario  deirim|)ero,  collocato  nella  parte  occidentale,  e  donde  usci  la  dinastia 
dei  Tsin  o  Tsing  che  regnò  dal  'ìi'.)  al  2i)"2  av.  C.  Pari  origine  ebbe  il  nome  di  Sin  dato 
dagli  Arabi,  e  con  poca  variazione  adottato  da  lutti  gli  Europei.  Since  trovansi  detti 
dai  geografi  antichi  gli  abitanti  della  parte  meridionale,  e  Seres  quei  della  settentrio- 
nale dell'Alta  Asia.  Nel  medio  evo,  Giovanni  da  Carpi  lo  nomina  Calai.  1  Cinesi  poi 
lo  intitolano  impero  di  mezzo  (Cion(i-kae),  il  disotto  del  cielo  (Thian-hia),  e  se  slessi 
Han-jin,  gente  della  dinastia  degli  Ilan,  la  quale  regnò  dal  ±0ì  av.  C  fino  al  2o  d.  C, 
ed  è  considerata  come  rigenilrice  dell'impero.  Spesso  denominano  l'impero  dalla  di- 
nastia regnante,  come  Hia,  Ceu,  Han  ...  ed  oggi  Tsing. 

Sotto  la  diuaslia  degli  Hia  l'impero  cinese  terminava  all'est  colla  parte  settentrionale 


I 


CINA  163 

del  Tung-hai,  o  mare  Orientale  ;  al  sud  coH'Yang  seiikiang;  all'ovest  col  Mukua  ho, 
che  si  scarica  nel  Kia-ling  kiang  confidente  dell'Yang  seu,  e  coll'IIoang-ho  superiore 
e  il  lago  Si-hai  o  mare  Occidentale  ;  al  nord  con  una  linea  che  si  tirasse  dall'estre- 
mità nord  del  golfo  di  Leao-tung  fin  al  corso  più  settentrionale  del  lloaog-ho  e  al 
lago  Si-hai. 

Dividessi  in  nove  provincie:  tre  al  nord,  tre  all'est,  due  al  sud,  una  al  centro.  Le 
settentrionali  erano  Vong,  dove  la  città  di  Cing  ki-ti  patria  di  Fo-i.  Ki  all'est  della 
predetta,  ove  Vìdng  gang-fu.  Fan  al  sud-est  della  precedente  con  Seu-yhian,  ove  l'im- 
peratore Cingnong  trasferì  la  sua  Corte  nel  2S22  ;  Coa-yavg-cm^  resa  capitale  da  Ciuen- 
hio  nel  2512,  Le  tre  provincie  orientali  erano  dal  nord  al  sud,  Tsing^  Su,  Yang.  Le 
due  meridionali  King  al  sud-ovest,  Leang  all'ovest.  Nella  provincia  centrale  o  Yu  , 
era  Cin-tu-ti,  fahhricata  da  Fo  i  per  sua  capitale  il  3468.  A  un  miglio  di  là  mostrano 
ancora  la  tomha  di  lui  fra  alti  cipressi,  e  cinta  di  mura. 

Qui  conviene  avvertire  che  le  città  cinesi  non  hanno  propriamente  nomi,  ma  si 
designano  con  quel  della  provincia  (fu),  del  circolo  (cew) ,  del  distretto  (hian)  o  della 
dipendenza  diretta  (c/-/jj  di  cui  sono  capoluogo,  l-a  città  ove  la  Corte  siede  chiamasi 
King-sse,  capitale.  Quando  v'ehhe  diverse  dominazioni  simultanee,  o  la  Corte  camhiò 
di  residenza,  si  designarono  solo  colla  loro  posizione:  Pe-king  Corte  del  settentrione; 
Nan-king  CoYle  del  mezzodì;  Tung-king  Corte  orientale. 

I  Ciang  e  i  primi  Ceu  ingrandirono  l'impero  cinese,  tanto  che  sotto  il  xiv  di  questa 
dinastia  (759)  toccava  all'est  il  mar  Giallo  e  l'Azzurro,  al  nord  i  monti  In-chan  ,  al- 
l'est il  lago  Siai  e  il  fiume  Kin-scia  kiang,  e  aveva  conquistato  parte  del  paese  al  sud 
del  Kiang. 

Divideasi  tra  un'infinità  di  principotti,  che  ricevevano  l'investitura  dall'imperatore, 
e  ogn'anno  venivano  ad  offrirgli  doni  ed  omaggio.  Furono  sin  mille  ottocento;  nel 
centro  de'  quali  stava  il  dominio  imperiale  dei  Ceu.  Prima  loro  patria  e  capitale  sin 
al  1109  fu  Fong  Imo  fu,  poco  discosto  dalla  riva  destra  deH'Iloei-ho ,  affluente  del- 
l'iloang-ho.  Cing  uang,  fahhricata  Chig  pe-fa  nel  ILil,  vi  trasportò  la  Corie.  Come 
poi  si  fece  con  tutte  le  città  cinesi ,  questa  era  circondata  da  un  vasto  recinto  di 
mura,  con  torri  e  fossi,  che  formavano  un  quadrato  perfetto  di  dodici  miglia  in  giro. 
Come  in  tutte  le  capitali,  pei  sacrifizj  al  Tien  e  le  cerimonie  dell'investitura  feudale, 
si  alzò  nel  palazzo  un  monticello,  composto  di  cinque  sorta  di  terre,  verde  all'est, 
rossa  al  sud,  hianca  all'ovest,  nera  al  nord,  gialla  al  centro.  Ancor  vi  si  mostra  l'os- 
servatorio, e  il  gnomone  alto  circa  due  metri,  di  cui  quell'imperatore  servivasi  per 
misurare  l'omhra  solsliziale  e  l'elevazione  del  polo. 

Cresciuta  ancora  per  conquiste  sopra  i  Barbari,  fu  la  Cina  divisa  in  ventun  regni 
indipendenti  (722) ,  dominati  solo  di  nome  dagli  imperatori,  sedenti  in  Lo-i.  Allora 
cominciò  a  dirsi  Ciurtg  hoa  cioè  fior  di  mezzo,  o  Ciong-kue  cioè  regno  del  mezzo, 
nome  serhato  poi  sempre  alla  Cina,  e  che  i  presenti  dominatori  Manciù  tradussero  in 
tartaro  col  nome  di  Tulimpa  corù. 

Verso  il  tempo  che  morì  Alessandro  macedone  (."123),  in  undici  regni  era  smembrato 
l'impero  di  mezzo,  ridotto  ai  due  soli  principati  di  Lo  i  e  N-pao. 

Lo  tornarono  all'unità  e  ingrandirono  le  conquiste  di  Tsin  sci-uang  li  (221),  sicché 
lo  confinavano  al  nord  i  monti  Sian-pi,  in-chan  e  Olong  sciang ,  che  lo  dividevano 
dagli  Yuan  e  dagli  Yun-nu;  all'ovest  i  monti  Kuen-lun,  il  lago  Si-hai,  l'Ya-long-kiang 
e  il  Mei-cong,  dietro  cui  stavano  gli  Yue  ci ,  gli  L-sun,  i  Si  kiang;  al  sud  i  monti 
Ma-tiang-ling  e  il  Nan-hai  o  mare  del  sud  ;  all'est  il  Tung  hai  e  il  regno  di  Ciao-sian. 

Era  diviso  in  quaranta  provincie;  trentasei  suddite  aveano  ciascuna  un  viceré ,  un 
governatore  e  un  vicegovernatore  ;  delle  quali  diciasetle  fra  l'IIoang  ho  e  le  frontiere 
settentrionali  dell'impero,  una  sulle  due  rive  dell' Hoang-ho  inferiore,  tredici  fra 
l'Iloang-ho  e  il  Kiang,  quattro  fra  il  Kiang  e  i  monti  Nan-ling  e  Tang-ling,  una  sulle 
due  rive  del  Kiang  inferiore,  le  altre  quattro  fra  i  monti  Nan-ling  e  Tang-ling  e  il 
Nan  hai.  Fra  le  città  nomineremo  Li  nello  slato  feudale  di  Tsu,  che  oggi  è  la  pro- 
vincia di  Ha-ìian,  patria  di  Lao-seu  fondatore  dei  TdO-sse  :  come  nel  regno  pur  tri- 
butario di  Lu  nacque  il  maggior  filosofo  Confucio. 

Raccogliamo  qui  i  dati  statistici  sulla  Cina: 


k 


166  GEOGRAFIA  —  EPOCA  QUARTA 

Famiglie  Boccile 

Nel  i"  secolo  di  C.  si  confarono  ....     13,233,062  S9,594,978 

Nel  740,  sotto  la  dinastia  dei  Taog  .     .     .       8,-412,800  48,U5,600 

Nel  1393,  sotto  Ilong-vu 16,052,860  60,545,812 

Nel  1-491,  sotto  liiao-tsung 9,113,446  52,281,158 

Nel  1578,  sotto  Scing-tsung 10,621,436  60,692,856 

Nel  1790,  secondo  la  gran  Geografia  pubblicata  nella  Cina  141,840,091 

Nel  1795,  secondo  Macartney •     .     .     .     .  553,000,000 

Nel  1815,  secondo  il  censo  generale   fatto  il  diciottesimo 

anno  del  regno  di  Kia-king 461,221,348 

Questi  ultimi  numeri  pajono  esagerati  dalla  boria  dei  Cinesi,  ben  rappresentata  in 
quell'aneddoto  ove  si  dice  che,  raccontando  un  Inglese  ad  un  Cinese  che  il  suo  re 
in  certe  circostanze  va  a  tiro  di  otto  cavalli,  il  Cinese  soggiunse  :  —  E  il  nostro  di  ven- 
tiquattro ». 

Lord  Macartney,  come  ambasciatore  dell'lnghiterra  nel  1795,  ottenne  dal  mandarino 
Ciu-ta-zin  questo  specchietto  della  Cina  propria  : 

Provincie  Mijjlia  qiiadr.  Acri 

Pe-ci-li 5S,949  37,727,360 

Kiang  su  (due  provincie) .  92,901  59,495,040 

Kiang-si 72,176  46,192,640 

Tse-kiang 59,150  25,056,000 

Fu-kiaa 53,480  34,227,200 

Hu-kuang    \  ""'P^     l     .     144,770  92,652,800 

"    \  Hu-nan  \ 

Ilo-nan 65,104  41,666,560 

Sian  tung 65,104  41,666,560 

Scian-si -.       55,268  35,171,520 

Scen-si  proprio  (         .     .  ^g^oOS  98,565,120 

Kansu                \  '  ' 

Szu-sciuan 166,800  106,752,000 

Kuang-tung 79,456  50,851,840 

Kuang-si 78,250  50,080,000 

Yun-nan 107,969  69,100,160 

Kuei-tseu 64,554  41,314,500 

1,297,999  830,529,360 

Stando  a  Rienzi,  l'impero  celeste  avrebbe  oggidì  la  popolazione 

(  Di  teste 145,471,000  ^ 

„.  .     )  Viventi  sull'acqua 2,418,000/     ,,f,„„^„«, 

Cina  propria      ^^,^^,,i^-,  j;  9^,1,5^;  ,  i^^pi^g^^;  .^^^^.^^.        '^^g;,,^^       148,897,000 

{  Esercito  di  terra  e  di  mare     ....  906,000  ) 

Corea 8,463,000 

Tibet  e  Bulan 6,800,000 

Manciuria,  Mongolia,  Dzungaria ,  Turkestan  cinese,  ed  altri  paesi  tri- 

butarj 9,000,000 

Colonie 10,000,000 

185,160,000 

Alcuni  hanno  portato  fin  a  1,800,000  i  soldati:  ma  bisogna  distinguere  fra  i  veri  e 
quei  che  figurano  soltanto  nei  quadri;  giacché  gli  uffiziali  li  danno  in  nota  per  goder 
le  paghe,  poi  nelle  riviste  mettono  in  fila  i  moltissimi  loro  servi,  e  così  ingannano  e 
godono.  Questo  rillcsso  è  di  RIaproth. 


CINA  167 

Secondo  Rienzi,  nella  Cina  si  spendono  per  l'amministrazione 
civile        fr.        28,91 9,"22i    in  9,222  impiegati 

militare     »       100,498,728     in      1,259,200  uomini 

senza  contar  le  spese  della  marina,  troppo  incerte.  S'aggiungano  fr.  16,000,000  per 
l'annua  riparazione  delle  rive  dell'IIo;ing-ho,  e  8,000,000  per  quelle  dei  giardini  Yuen- 
ming  e  Gi-hu  ;  e  s'avrà  una  somma  di  fr.  2l9,il7,9o2  per  le  spese,  che  sottratte  dal- 
l'entrata, lasciano  a  questa  l'eccedente  di  fr.  60,420,784. 

In  tasse  e  diritti  in  danaro  s'incassano  l'anno fr.     279,838,736 

In  tasse  di  grani  e  riso lib.        758,407,725 

In  grani  e  riso  conservato  ne'  pubblici  granaj  »       5,605,587,875 

Totale  6,363,995,600 
che  dà  il  valore  circa  di fr.    590,161,264 


Onde  l'entrata  dell'impero  può  sommarsi  a »       870,000,000 

Aggiungasi  l'imposta  prelevata  a  Canion  sopra  i  forestieri,  e  da 
Rienzi  stimata  di    .......     fr.     6,000,000    \ 

e  quella  che  colpisce  varj   tessuti  di    seta  ed  i  56,000,000 

altri  per »    50,000,000  \ 

Si  avrà  l'entrata  totale  di fr.     926,000,000 

Sempre  secondo  Rienzi,  la  città  di  Pe-king  ha  la  popolazione  di   1 ,700,000 

Nan-king 51  i  000 

Kang-ceu 700,000 

Ou-ciang 580,000 

King-ciu 500,000 

Foh-han      320,000 

Nang-ciang 320,000 

Su-ciu-fu 214,017 

Kuang-ceu-fu  (Canton)  .     .        845,729 

Macao 32,268 

L'esercito  sarebbe  diviso  così: 

Fanteria  regolare 300,108 

Cavalleria  regolare 227,000 

Artiglieria 47,000  )     581,000 

Seguito  dell'esercito  regolare     .     .  30,000 

Ufliziali  delle  truppe  regolari     .     •  6,892 

Fanteria  irregolare 400,000  \ 

Cavalleria  irregolare 273,000  S    678,200 

Uffiziali  delle  truppe  irregolari  .     .  5,200  ) 

Marina 32,440 


1,291,640 
Le  guerre  e  i  trattati  recenti  (1862)  avendo  aperta  la  Cina  agli  Europei,  si  possono 
averne  più  esatte  notizie  che  daremo  a  suo  luogo. 


£PO€A    V 

DAL    134   AV.    C.    AL   4   DOPO   C. 


§  1 .  —  Regni  d'Asia.   Mitradate. 

Ai  regni  di  Pergamo,  Bitinia,  Ponto,  Cappadocia,  Armenia,  ecc.  la  disfatta  d'An- 
tioco porse  il  mezzo  d'acquistare  o  consolidare  la  loro  indipendenza,  finché  Roma 
non  ebbe  tempo  e  forze  per  sofTocarli  nel  f.itale  suo  abbraccio.  Eumene  di  Pergamo 
ottenne  il  resto  della  Misia,  la  Frigia  dell'Ellesponto,  la  Frigia  grande,  la  Lidia,  la 
Ionia,  Telinesso  in  Licia,  e  in  Europa  Lisimachia  e  il  Chersoneso  Tracio.  Ai  Calati 
Roma  consentì  la  libertà  e  il  territorio,  dopo  distruttane  la  forza  militare. 

Tenuti  sessiint'anni  nell'umiliazione  i  re  dill'Asia  Minore,  finalmente  (129)  il  senato 
ridusse  a  provincia  romana  il  regno  di  Pergamo  col  nome  d'Asia.  Dopo  altri  cin- 
quanlacinque  anni  Nicomede  gli  lasciò  la  Cappadocia;  nel  6S  Pompeo  rese  provincie 
la  Bitinia,  la  Paflagonia,  il  Ponlo,  la  Panfilia,  la  Cilicia,  l'isauria,  La  Licaonia,  con  al- 
cune diocesi  dell'antica  provincia  d'Asia,  cui  fu  dappoi  riunita  la  Fenicia  e  la  Siria, 
cioè  i  paesi  che  hanno  l'Eufrate  ad  est,  Cappadocia  e  Cilicia  al  nord,  Palestina  al- 
l'ovest, Arabia  al  sud. 
„  j.  Mitradate  il  Grande  non  avea  dal  padre  ereditato  (123)  che  il  regno  del  Poìito  fra 
Mitrailaie  l'Alis  e  il  Fasi,  della  Pajlagonia  orientale,  della  Cappaiocia  settentrionale,  della  Magna 
Frigia,  che  gli  fu  tolta  ben  tosto  dai  Romani.  Egli  v'aggiunse  : 

1.  La  città  e  il  territorio  di  Chersoneso,  repubblica  fiorente,  fondata  dagli  Eracleoti 
sulla  costa  sud-est  della  Tauride. 

2.  11  regno  greco  del  Bos>foro  Cimmerio  nel  Chersoneso  Taurico,  paese  fortissimo 
e  granajo  d'Atene:  fra  le  cui  ricche  città  nomineremo  Panticapea ,  vasta  il  giro  di  20 
stadj,  e  Fanagoria  nella  Sarmazia  asiatica  in  riva  a  un  lago  che  comunicava  col  mare. 

3.  La  Paflagonia,  ch'ei  divise  col  re  di  Bitinia. 

4.  La  Cappadocia,  che  acquistò  a  forza  di  delitti,  ma  che  dovette  ben  tosto  rendere 
ad  Ariobarzane. 

5.  I  paesi  all'oriente  di  Trebizonda  sin  ai  confini  della  Colchide,  cedutigli  dal 
principe  Antipatro,  e  abitati  da'  Macroni,  Tzani,  Lazi. 

6.  La  Colchide,  che  sottomise  coH'artni,  avente  l'Iberia  ad  oriente,  al  nord  il 
Caucaso  e  il  fiume  Corax,  a  occidente  l'Eusino,  il  Fasi  a  mezzodì. 

7.  Le  regioni  Caucasie.  Passato  il  Caucaso,  Mitradate  vinse  molte  genti  scitiche, 
e  dominò  tutti  i  paesi  che  bagna  il  Ponto  Eusino  orientale,  dal  Chersoneso  Taurico 
alle  frontiere  della  Bitinia.  Come  genero  di  Tigrane  re  d'Armenia  e  Siria,  e  alleato 
delle  tribù  sarmate  e  germaniche  d'in  riva  al  I)anubio,  slese  l'influenza  molto  larga- 
mente, fino  in  Tracia  da  un  lato,  e  dall'altro  fin  nel  mezzo  dell'Asia;  monarchia  senza 
unità  politica,  ma  che  gli  dava  il  modo  di  soldare  numerose  orde  di  barbari  coi  te- 
sori somministratigli  dalle  città  della  costa  o  dell'interno  ,  ricche  dalle  pesche  del- 
l'Eusino,  dall'ubertà  della  Tauride  ,  dai  cambj  cogli  Sciti,  e  massime  dal  commercio 
coirindia,  che  passava  per  l'Oxo,  il  mar  Caspio  e  il  Caucaso, 

Lusingatosi  di  Cacciari  Romani  dall'Asia  (88j,  con  quattrocento  vascelli  custodisce 
il  Ponto  Eusino,  e  distrugge  la  flotta  romana  all'entrata  del  Bosforo  di  Tracia  ;  poi  con 
trecentomila  Sciti,  Bastami,  Traci,  Sarmati,  gettasi  sulla  Cappadocia,  sconfigge  il  re  di 
Bitinia  in  riva  all'Amnias,  fiume  della  Paìlagonia  tributario  dcll'Alis;  il  [iroconsole 
Aquilio  nelle  gole  dei  monti  Scoboras,  che  separano  la  Paflagonia  dalla  Bitinia;  e  il 
generale  Oppio  sulle  frontiere  di  Cappadocia.  Cosi  padrone  di  tutta  l'Asia  Minore  e 
delle  isole  dell'Egeo,  a  Belo  rajìisce  il  tesoro  del  tempio  di  Apollo,  a  Coo  quelli  che 
d'Egitto  avea  portati  Tolomeo  Alessandro  1;  ma  Rodi  il  batte   più  volte.  Dritto  allora 


REGNI   d'aSIA.    MITRADATE  1G9 

sopra  la  Grecia,  sbarca  cencinquanta  mila  uomini  nell'Attica;  ma  dalle  vittorie  di  Siila 
n'è  snidato,  e  privato  di  tutte  le  conquiste  nell'Asia  Minore,  eccetto  la  Paflagonia  e 
parte  della  Cappadocia  (85j. 

Nella  nuova  guerra,  Mitradate  assedia  Cotta  governator  di  Bitinia  in  Cukedonia  antica 
capitale  della  Bitinia  sul  Bosforo  Tracio  rimpetto  a  Bisanzio;  ma  Lucullo  governatore  Spedizione 
di  Cilicia  snida  Mitradate  di  là  e  da  Cizico  città  marittima,  lo  batte  al  passo  del  Ryn-  «li  Lucullo 
dacus,  fiume  che  separava  la  Bitinia  dalla  provincia  di  Asia,  traversa  rapidamente  la 
Bitinia  e  la  Galazia,  e  penetra  nel  regno  del  Ponto  fin  ad  Amho,  all'est  della  foce  del- 
l'Alis  sopra  un  golfo  dello  stesso  nome.  Insegue  Mitradate  nelle  montagne  fra  il  Ponto, 
la  Colcbide  e  l'Armenia,  poi  si  ritira  sulla  sacra  città  di  Gorbia  alle  frontiere  della  pic- 
cola Armenia  e  del  Ponto  presso  l'Alis,  ove  colla  fame  e  co'  replicati  assalti  distrugge 
l'esercito  del  Posto  (71). 

Allora  s'avanza  fin  nella  Cappadocia  dietro  al  fuggiasco  Mitradate;  poi  come  questi 
si  ricovera  presso  Tigrane,  Lucullo  sottomette  la  piccola  Armenia,  il  paese  de'  Calibi 
e  de' Tibareniani  fra  il  promontorio  di  Giasone  e  il  territorio  di  Trebizonda;  prende 
Amiso  e  Sinope  città  di  Paflagonia  sopra  una  lingua  di  terra  protetta  dal  promontorio 
di  Syrias,  e  antica  residenza  di  Mitradate.  Traverso  la  Cappadocia  si  drizza  all'Eufrate 
per  assalire  nella  Siria  e  nella  Mesopolamia  Tigrane;  entra  nella  Piccola  Armenia,  passa 
l'Eufrate  nella  provincia  di  Sofene,  e  assedia  Tigvanocerla  nella  Gordiana,  posta  sopra 
un  monte  lambito  ai  piedi  dal  Niceforio  affluente  dell'alto  Tigri.  Presala,  vince  Tigrane 
sul  Tigri  ;  poi  signore  della  Gordiana,  sottomette  molle  provincie  dell'Assiria,  e  pro- 
cede contro  i  due  re  accampati  fra  il  Tauro,  e  snidatili,  batte  Tigrane  in  riva  all'Arsa- 
nias  ;  ma  l'indisciplina  dei  soldati  lo  costrmge  a  prendere  quartieri  d'inverno  nella 
Mesnpotamia,  ove  soggioga  la  Migdooia  (nord  est  della  Mesopotamiaj ,  e  occupa  Nisibi 
capitale  di  essa  alle  falde  del  monte  Masio. 

La  gloria  de'  finali  trionfi  gli  è  rapita  da  Pompeo,  che  (63)  sconfigge  Mitradate  nelle 
montagne  dell'Acilisene,  provincia  della  Grande  Armenia,  e  fonda  la  città  di  Nicopoli 
dove  avea  tenuto  il  campo,  riduce  Tigrane  alla  pace,  doma  gl'lberi  e  gli  Albanesi,  ri- 
mette Ircauo  li  sul  trono  di  Gerusalemme,  penetra  al  nord-est  fin  di  là  dal  Caucaso,  al 
sud-ovest  fino  al  mar  Bosso;  e  quando  parte,  non  lascia  nell'Asia  Anteriore  che  quattro 
piccoli  Stati  indipendenti,  Armenia,  Cappadocia,  il  Bosforo,  la  Giudea. 

Più  tardi  Augusto  ridusse  la  Galazia  in  provincia;  alla  Siria  unì  parte  della  Giudea; 
estese  l'influenza  romana  in  Asia  dando  un  re  all'Armenia  ed  uno  ai  Cimmerj.  Tentò 
soggiogare  l'Arabia,  ma  non  riuscì. 

§  2.  —  Gallìa  propria. 

Sotto  il  nome  di  Gallia  intendevano  gli  antichi  quanto  oggi  forma  la  Francia 
continentale,  oltre  i  paesi  sulla  sinistra  del  Beno  e  parte  della  Svizzera;  difesa  al  nord 
e  all'ovest  dall'Oceano,  al  sud  dai  Pirenei  e  dal  golfo  di  Gallia;  le  alpi  centrali  dalle 
Marittime  al  Sangotardo  la  proteggevano  al  sud-est;  all'est  e  al  nord-est  il  Reno  la  di- 
videa dalla  Germania. 

I  Galli  non  indicavano  se  stessi  cou  nome  comune,  ma  ciascuna  tribù  il  suo;  pure 
le  molte  possono  disporsi  in  tre  grandi  famiglie.  Al  sud-ovest  fra  i  Pirenei  e  la  Garonna 
erano  gli  Arecomici ,  che  i  Bomani  dissero  Aquilani:  al  sud-est  i  Liguri  o  Ligi  dalle 
bocche  del  Rodano  all'Etruria,  dal  Mediterraneo  alla  Durenza:  fra  loro,  dai  Pirenei 
orientali  sin  alle  rive  della  Senna  e  della  Marna,  stavano  le  ricche  e  bellicose  tribù  dei 
Celti  0  Galli.  1  Belgi,  mescolanza  di  Germani  e  Celti,  possedevano  il  paese  al  nord  est 
fra  la  Marna  e  il  Reno. 

I  Bomani,  invitati  dai  Massalioti  contro  i  Liguri  (loo),  pensarono  a  vincere  per  sé; 
e  rotti  gli  Allobrogi  e  gli  Arverni  (121),  vollero  formare  una  provincia  di  là  dalle  Alpi. 
Dapprima  abbracciò  essa  tutti  i  paesi  ad  oriente  del  Rodano,  dal  punto  ove  entra  nel 
Lemano  fin  dove  sbocca  in  mare;  poi  s'ingrandì  unendovi  ad  occidente  il  territorio 
degli  Elvi,  dei  Volchi  Arecomici  e  de'  Sordi:  all'est  i  passi  delle  alpi  Marittime  e  Graje 
erano  occupati  dalle  legioni.  Al  tempo  dell'invasione  dei  Cimri,  Cepione  prese  Tolosa, 
capitale  dei  Tectosagi ,  i  paesi  dei  quali  e  degli  Arecomici  e  Liguri  furono  uniti  alla 


170  GEOGRAriA  —   EPOCA   QUINTA 

Provincia  (Provenza),  e  fondate  le  due  robuste  colonie  di  Aquce  Sextice  (Aix)  e  Narbo 
Martius  (Narbona). 

Confinava  la  Provincia  al  sud  col  golfo  di  Gallia,  dal  Varo  sin  al  tempio  di  Venere 
Pirenea  e  al  promontorio  Cervaria-  all'ovest  coH'Aquitania;  al  nord  col  Rodano  supe- 
riore; all'est  colle  Alpi. 

Sette  popoli  erano  prevalenti  :  all'ovest  del  Rodano 

a.  Bebìici  o  Sardotii  ne'  Pirenei  e  lungo  la  costa  sin  presso  Narbona. 

6.  Volchi,  divisi  in  Teciosagi  e  Arecomici ,  separati  pel  fìimie  Orbis,  e  che  tenevano 
dipendenti  molti  popoli,  fra  cui  principali  gli  OEtacini.  Città  dei  Tectosagi ,  Narbo 
Martius^  Tolosa,  anch'essa  colonia  romana  e  c'entro  del  commercio  fra  il  Mediterraneo 
e  l'Oceano,  fra  Burdigalia  e  Massilia  ;  Carcassa  (Carcassona).  Degli  Arecomici  era  città 
principale  Nemausus  (Nimes),  dipoi  colonia  latina  indipendente  dal  pretore  della  Pro- 
vincia, e  capo  di  ventiquattro  cantoni  che  godevano  io  jus  Lalii. 

e.  Helvii  (dipartimento  dell'Ardèche). 

All'est  del  Rodano 

d.  Gli  Allobrogi  fra  il  Rodano  e  l'Isera,  con  Vienne  presso  il  Rodano,  e  Ginevra 
all'estremità  del  lago  Lemano.  Agli  Allobrogi  possono  unirsi  i  Trìcastini  fra  Aosta  e 
Grenoble,  gli  Euganei  sul  lago  di  Ginevra,  i  Nantuati,  i  Veragri,  i  Sedunii,  i  Vtberi 
nel  Valese  :  loro  città  Oc^otlurus  (Martignyj,  Sedani  (Sion),  lìòeri  (Vispach)  ;  da  ultimo 
i  Centrones  nella  valle  Tiiranlasia.  Tutti,  eccetto  i  Tricastini,  furono  uniti  alla  Proviacia 
solo  durante  la  guerra  de'  Gn\\\. 

e.  1  Cavavi  fra  il  Rodano,  la  Durenza  e  l'Isera.  Città  Avenio  (Avignone),  Vindalium 
(Vedène),  Carpentoracte  (Carpentras)  ove  Cesare  pose  una  colonia,  Arausio  (Grange)  co- 
lonia romana.  Cabelio  (Cavaillon)  n'era  capitale,  secondo  Plinio. 

/.  1  Vacontii  popolo  potente,  privilegiato  dai  Romani  di  molti  diritti,  e  fra  gli  altri 
di  conservar  le  antiche  consuetudini  e  portare  il  nome  di  alleati.  Città  \'asio  (Vaison)  e 
Dea  (Die),  colonie  romane. 

Ai  due  primi  popoli  erano  soggette  tutte  le  tribìi  fra  l'Isera  e  la  Durenza,  cioè  Me- 
mini  nelle  Basse  Alpi,  Vulgenti  all'occidente  di  quelli,  Se.galauni  clienti  de' Cavari, 
Tricorii  sulla  riva  orientale  del  Tricus  (Drac)  colla  città  di  Cujaroj  delta  poi  Gratiano- 
polis  (Grenoble),  Calurigi  (Chorge),  Brigiani  intorao  a  Brigantio  (Briancon).  Altri  pic- 
coli popoli  stavano  fra  il  Verdon  che  scende  dall'alpi  Marittime,  e  la  Durenza  che  viene 
dall'alpi  Cozie;  cioè  Alpicsci,  Avantici,  Bodiontici ,  Nemaloni,  Esubiani,  Savincati. 

g.  Saiiiy  0  Salava,  Salici,  dominavano  il  paese  al  sud  del  Verdon  e  della  Durenza. 
Fra  loro  abitavano  i  Commoni,  i  Suelteri,  gli  Oxybii,  i  Suetri,  i  Vediantii  fra  l'.^lpi  e 
la  Durenza.  I  Nerusii  stendeansi  fin  al  Varo,  frontiera  tra  Gallia  e  Italia:  nelle  Alpi  i 
Vergummi  (Vergons),  e  gli  Ectini  (Estène).  Colonie  fenicie,  greche,  romane  entrarono 
presto  sul  loro  territorio,  misti  alle  quali  erano  i  Massalioti ,  rimasti  liberi  sulla  costa; 
e  nell'interno  Arelate  (Arles),  Aquce  Sextice  (Mk),  Forum  Voconii  (Vidauban?). 
Marsigliesi  I  Massalioti ,  presi  in  mezzo  dalla  nuova  Provincia,  col  titolo  di  alleati  conserva- 
rono piena  indipendenza,  e  mercè  l'amicizia  dei  Homani  sopravissero  a  tutte  le  antiche 
repubbliche  commerciali.  11  litorale  del  Mediterraneo  dai  Pirenei  alle  Alpi  era  coperto 
di  banchi  massalioti;  come  all'estremo  delle  alpi  Marittime  Porlus  Moneci  (Monaco), 
sulla  sinistra  del  Varo,  Niccea  (Nizza);  lungo  il  golfo  di  Gallia  Antipolis  (Anlibo)  che 
dovea  tener  in  freno  i  Deceati ,  gli  Ossibii  e  i  Nerusii;  Athcnopolis  (Napoule),  Olbia 
(Aube),  Tauroentum  (presso  Toulon) ,  Heraclea  Cacabaria  (Saint  Gilles]  all'ovest  di 
Massiglia;  Rhodanusia  presso  la  foce  occidentale  del  Rodano;  Agatha  (Agde)  alla  foce 
deirilérault;  in  Ispagna  lìhoda  (Wnses) ,  Emporice  (Ampurias),  Dianium  (I)enia).  Alla 
foce  del  Rodano  aveano  pure  alcuni  stabilimenti  militari,  ed  oltre  ciò  le  isole  vicine,  di- 
sputatele talvolta  dai  pirati  liguri,  cioè  le  Sta^cades  (di  llyères),  Planasia  o  Lerinus  (Saint- 
Ilonorat),  Leron  (Sainte- Marguerite). 
Gallia  in-  Inetto  della  Gallia  sottomessa  ai  Romani  o  ai  Massalioti,  vediamo  qual  era  la  indi- 
dipendente  pendente,  allorché  (tesare  la  minacciò,  CO  anni  av.  C.  I  quattrocento  popoli  e  le 
mille  cinquecento  città  sue  formavano  confederazioni,  ove  i  più  deboli  eransi  ag- 
gruppali attorno  ai  prevalenti,  e  talvolta  diverse  federazioni  univansi  in  leghe  este- 
sissime, come  quella  dei  Relgi  che  potè  accampare  duecenlottantamila  uomini  contro 
Cesare.  L'esame  di  questi  gruppi  c'informerà  della  geografia  politica  della  Gallia, 


CALLI  A    PUOPnlA  Mi 

I.  II  territorio  dei  Relgi  era  conterminato  dalla  Senna,  dalla  Marna,  dai  Vogesi,  dal  BeI(jio 
Reno  e  dall'Oceano.  I  popoli  più  potenti  erano,  ad  occidente  fra  l'Oise  e  la  Sonna. 

a.  I  Bellovaci  che  poteano  armare  centomila  guerrieri,  e  avevano  per  capitale  lìra- 
tuspantium  (presso  Breteuil,  dipartimento  dell'Oise  e  della  Somme). 

6.  Attorno  a  loro  sedevano  all'ovest,  sulle  rive  della  Senna,  i  VoUocassi ,  capitale 
Rotomaguf,  al  nord  sulle  coste  dell'Oceano  ;  i  Caleti  (paese  di  Caux),  capitale  Caletes 
(Caillys.) 

e.  Al  nord-est  gli  Ambiani  sulle  due  rive  della  Somma,  capitale  Samarobriva  (Amiens) 
e  Amhiliali  (Abbeville). 

d.  All'est  i  yeromandui,  capitale  Veromandui.  I  primi  due  popoli  armavano  diecimila 
uomini  ciascuno;  gli  altri  cinque. 

e.  Al  sud  dei  precedenti  i  Suessioni,  capitale  Noviodumim,  le  (;ui  dodici  città  da- 
vano cinquantamila  combattenti,  e  per  alcun  tempo  tennero  il  primato  sopra  tutta  la 
Gallia  settentrionale,  e  assalsero  fin  l'isola  di  Bretagna. 

f.  All'est  de'  precedenti  i  Remi  fratelli  de'  Suessioni ,  e  cresciuti  poc'anzi  con 
alcune  clientele  perdute  dai  Sequani.  Città  Durocorturum  o  Rpmi  (Reims) ,  e  Bihracc 
(Braine  o  Bièvre  o  Pont-à-Vesle).  Come  gli  Edui,  favorirono  i  Romani,  aprendo  alle 
loro  legioni  l'entrata  del  Belgio. 

Tra  Te  frontiere  degli  Edui,  de'  Sequani,  de'  Treviri  e  dei  Remi  stavano  varj  popoli, 
forse  a  clientela  di  questi  ultimi;  quali  erano 

g.  Al  sud  i  Catalauni  (Chàlons). 

h.  Al  sud-est  i  Verodwiensi  (Verdun). 

i.  All'est  ancora  di  questi  i  Medio  matrici  (Metz). 

/.  Al  sud  dei  tre  precedenti  i  Leuci  (Toul  o  Grand-Nancy). 

m.  I  Vadicasii  (Vassy)  ;  e  vicin  di  loro 

n.  I  potenti  Lingoni  (Langres). 

0.  La  poderosa  gente  dei  Treviri^  capitale  Treveri,  stendeasi  sulle  due  rive  della  Mo- 
sella  fra  il  Reno  e  i  Remi,  e  dominava  all'est,  come  all'ovest  dominavano  Bellovaci , 
Suessioni  e  Remi,  e  al  nord  i  Nervii  ;  e  sulle  prime  somministrarono  ai  Romani  la  mi- 
glior cavalleria  della  Gallia.  Sotto  la  loro  clientela  erano  i  Segìii^  i  Condrusi,  i  Ceresi , 
i  ?  emani ,  reliquie  di  tribù  germaniche  rifuggite  sul  territorio  gallo,  ove  a  titolo  di 
tributar]  dei  Treviri  occupavano  la  parte  della  foresta  Arduenna  fra  gli  Aduatici ,  i 
Nervii,  i  Veromandui ,  i  Remi  e  i  Treviri;  e  unendosi  gli  Eburoni  poteano  dare  qua- 
rantamila combattenti. 

p.  Al  nord  i  Nervii  ([hìaauM)  armavano  sessantamila  uomini.  Sulla  costa  del  Belgio, 
al  sud  della  foce  della  Schelda  ,  al  nord  de'  Nervii,  e  in  loro  clientela  erano  i  Cen- 
troni,  i  Gradii,  i  Levaci,  i  Pleumoxi,  i  Geiduni .  .  . 

Aggiungiamo  q.  fra  il  gruppo  predominato  dai  Bellovaci  e  quello  dei  Nervii,  gli 
Atrebati  (Arras)  e  i  Morini  (Pas-de-Calais),  che  armavano  quelli  quindici,  questi  venti- 
cinqueraila  uomini. 

r.  Fra  i  Nervii  e  i  clienti  de'  Treviri  gli  Aduatici  (Brabante  meridionale)  con  dician- 
novemila guerrieri. 

s.  All'est  di  questi  fino  al  Reno  gli  Eburoni  (Limburg). 

t.  Al  nord  degli  Eburoni,  al  nord-est  de'  Nervii  fra  il  Reno  e  la  Mosa,  i  feroci 
Menapii  (Brabante  settentrionale);  ultimi  Belgi  a  resistere  a  Cesare. 

u.  Sulle  due  rive  del  Reno  e  della  Senna  erano  molti  popoli  non  appartenenti  pro- 
priamente al  Belgio,  come  i  Tribocci  nell'Alsazia,  i  Vangioni  da  cui  dipendeano  i  Ca- 
racati  e  i  Nemeti;  poi  gli  Ubii,  i  Baiavi,  i  Caninefati. 

II.  La  Celtica,  tra  la  frontiera  del  Belgio,  l'oceano  Germanico,  laGaronna,  il  Ro- Celtica 
dano,  l'Alpi  e  il  Reno,  era  in  due  parti  divisa  dalle  Sevenne  e  dalle  montagne  che  se 

ne  staccano  al  nord-ovest  fino  ai  Vogesi.  All'ovest  e  al  nord-ovest  di  questa  catena 
erano  le  immense  pianure  traversate  dalla  Senna  ,  dalla  Loira ,  dalla  Garonna  e  dai  tanti 
loroatTluenti;  all'est  la  profonda  e  lunga  valle  del  Rodano,  nella  cui  parte  superiore  domi- 
navano gli  Edui;  alla  destra,  nel  prolungamento  delle  Sevenne,  gli  Arverni;  alla  sinistra 
nel  Giura,  i  Sequani;  e  nelle  Alpi  i  numerosi  Elvezii.  Erano  centro  di  quattro  federazioni 
potenti,  che  da  occidente  a  settentrione  stringevano  le  frontiere  della  provincia  romana. 
Nella  Celtica  dei  piani,  le  tribù  più  temute  erano  le  città  Armoriche  nella  penisola 


172  GEOGRAFIA  —  EPOCA    QL'lMA 

fra  la  Senna  e  la  Loira.  I  Carnuii  sulla  Loira,  i  Senoni  suU'Yonne  e  la  Senna,  erano 
pure  importanti  fra  i  Galli. 

a.  Le  quattro  trilni  deH'TT/wsm  stavano  tra  il  Reno  e  il  Giura,  il  Rodano,  il  Le- 
mano  e  le  alpi  Pannine,  in  dodici  città  e  quattrocento  villaggi;  legati  d'amicizia  con 
molti  popoli  dell'Alsazia  meridionale,  della  riva  destra  del  lieno,  della  Svevia  e  della 
Baviera  {Rauraci ,  Latobriges,  Tulmyes ,  Boi]\  insieme  coi  quali  meditarono  migrare, 
unendosi  in  cinquecentomila,  di  cui  ducensessantatremila  Elveti. 

h.  I  Se^uani  eransi  estesi  un  tempo  fin  alle  sorgenti  della  Senna;  all'arrivo  d'Ario- 
visto  possedevano  ancora  il  ricco  paese  confinato  tra  il  Giura,  la  Saona  e  il  Rodano 
(Franca  Contea  e  Borgogna  meridionale),  dov'erano  le  città  di  Vofiontio  (Besangon)  e 
Amagetobriga  (Madebroge).  Ariovisto  con  cenventunila  Svevi  occupò  un  terzo  del  lor 
paese;  un  altro  terzo  voleva  dare  alla  tribù  germanica  degli  Arudi. 

e.  Gli  Edui,  incalzati  all'ovest  dagli  Arverni,  all'est  dai  Sequani,  cercarono  in  ajuto 
i  Romani.  Dominavano  essi  sui  paesi  fra  l'Allier,  la  Loira  media  e  la  Saona,  e  com- 
merciavano coi  Carnuti  e  i  Namneti  ;  poi  soccombettero  ad  Ariovisto.  Città  Bibracte 
(Autun) ,  Cabillonum  (Chàlons  surSaòne) ,  Arebrinus  pagus  (Arnay),  Noviodunum 
(Nevers). 

Molti  clienti  avevano,  cioè  al  nord  i  Mandubi  con  Alesia  (Alise  presso  Sémur);  al 
sud-est  gli  Ambarri  con  Ainbivareti  (Amberien),  e  gli  Jsombri  verso  il  confluente  della 
Saona  col  Rodano;  al  sud  i  Segusiani;  all'ovest  i  Biturigi  (Berry)  un  tempo  podero- 
sissimi. La  capitale  de'  Segusiani  ne  portava  il  nome  (Cuzieux)  ;  quella  dei  Biturigi  era 
Avaricum  (Bourges).  Disfalli  gli  Elveti,  gli  Edui,  con  permissione  di  Cesare,  pianta- 
rono sul  loro  confine  occidentale  i  Boi,  affinchè  questi  valorosi,  che  avevano  fatto 
parte  della  migrazione,  li  difendessero  contro  gli  attacchi  degli  Arverni:  loro  città  fu 
Boi  (Boyen  o  Beaujeu). 

d.  Gli  Arverni  occupavano  il  paese  montuoso  che  ne  serba  il  nome,  e  dominavano 
sopra  gli  abitanti  delle  Sevenne  settentrionali ,  capitale  Gergovia.  Clienti  avevano  i 
Velluvi,  capitale  Vellauni  (PuyenVelay?  ),  i  Cabali  (la  Lozère),  i  Ruthfni  (Houergue). 
Ausiliarj  consueti  alle  loro  imprese  erano  i  Cadurci  e  i  Nitiubrigi.  1  Nitiobrigi  ci  son 
poco  noti;  i  Cidurci  furono  gli  ultimi  della  Gallia  che  resistessero  a  Cesare:  loro  città 
Cadarci  (Cahors),  Uxelloduìium  (Capdenac  o  Puèche  d'Isselon). 

e.  La  confederazione  degli  Armorici,  nella  quale  primeggiavano  i  Veneti,  compren- 
deva, dalla  foce  della  Loira  a  quella  della  Senna,  i  Namneti  con  Corbilo  (Coueron),  i 
Veneti  (Morbihanj  con  Venetia  (Vannes),  i  Curiosopiti  (Quimper-Corentin),  gli  Osismii, 
i  CuriosoUti  (Corseuil),  gli  Abrincaiui  (Avranches)  che  dipendevano  dagli  i'nelli  (dipar- 
timento della  Manica),  i  Boioca^si  (Bayeuxj,  i  Lexovii  (LisieuxJ,  nel  centro  i  potenti 
Bedonei  (llle  e  Vilaine). 

Questa  confederazione  aveva  gran  potere  su  tutta  la  Gallia  occidentale,  e  traevasi 
dietro  altri  popoli  fra  la  Loira,  l'Oceano,  la  Garonna,  quali  i  Santones  (Saintonge)  con 
Sesuvii  (Soubise),  i  Petrucorii  (Perigord),  i  Lemovici  (Liraousinj,  i  Pictones  (Poitoujcon 
Limonum  o  Pictavi  (Poitiers). 

All'insù  della  Loira,  dopo  il  paese  de'  Namneti,  si  trovavano  gli  Andi  o  Andegavi 
(Anjou)  con  Andea  (Angersj;  so|)ra  di  loro  fra  terra  la  piccola  confederazione  Aulerka, 
che  abbracciava  i  Cenomani  (dipartiuiento  della  Sarlhe),  la  cui  capitale  fu  poi  chiamata 
Subdinum  e  Vindinum  (M'àns)  \  gli  Eburovici  (diparliriienlo  dell'Lure),  capitale  Aulerci 
Eburovices  (Evreuxj;  i  Diablinti,  capitale  Diablinti  (Jublainsj  e  A'ocodunuiìi  (Alenc^on); 
nel  nord  del  dipartimento  della  Muyenne  slavano  gli  Arvii. 

f.  All'est  della  confederazione  armorica  trovavansi  i  Carnuti  d'importanza  politica  e 
religiosa  fra  le  genti  galle.  La  loro  capitale  Carnutum  o  Autricum  (Cbartres)  conside- 
ravasi  centro  del  territorio  gtillico.  V'era  inoltre  sulla  Loira  Genabum  (Orleans),  che 
teneva  relazione  di  commercio  con  Corbilo  e  con  Noviodunum.  Al  sud-est  de'Ciirnuti, 
fra  le  due  rive  della  Loira,  stavano  i  Turones  (Tours). 

(/.  Al  sud-est  de' Carnuti,  fra  hi  Loira  e  la  Senna,  abitavano  i  Senoni,  con  Agendicum 
(Sens),  Vellnunodunum  (Cbàteau-Landon),  Melodutìuin  (Wdun). 

Cesare  chiama  alleati  de'  Senoni  i  Parisii,  che  abitavano  al  nord-ovest  dei  procedenti 
sulle  due  rive  della  Senna:  città,  Lulctia  Parisioruvi  (Parigi),  AJetioseduni  (iMoudon). 
AU'orieale  de' Parisi!  erano  i  Mddi  (Aleaux)  ;  al  sud  di  questi  i  Tricassi  (Troyes). 


BnETACNA  i73 

III.  Limitavano  l'Aquitania  il  corso  della  Garonna,  l'Oceano  e  i  Pirenei  ;  ma  delle  Aqultania 
trenta  sue  popolazioni  a  fatica  si  rintracciano  i  nomi.  I  più  potenti  erano  gli  Ausci,  i 
più  illustri  gli  Aquitani;  aggiungansi  i  Tarbelli,  gli  Elusati,  i  Sottiati  primo  popolo  at- 
taccato dal  luogotenente  di  Cesare. 

a.  Nella  parte  occidentale  verso  il  mare,  i  Tarbelli  stendeansi  lungo  l'Oceano,  dai 
Pirenei  alla  foce  della  Garonna.  Capitali  de'  varj  popoli  erano  Garites  (Garrìs) ,  Sihuzates 
(Sobusse),  Tarusate^  iTartas),  Coequosa  (ChalosseJ.  All'estremità  settentrionale  era  un 
popolo  di  razza  gallica,  detto  Biturigi  liben,  di  cognome  Ubisci  ;  capitale  Burdigalia 
(Bordeaux);  evicin  di  essi  i  Vacati;  città  P/vc/anj  (Hrezacj. 

b.  Nella  parte  meridionale  verso  i  Pirenei,  gli  .4usc<  stavano  all'altro  estremo  dell'A- 
quitiinia  fra  la  Garonna  e  l'Adouf .  Al  sud  sulla  Garonna  e  al  pie  dei  Pirenei  i  Convena:, 
che  Pompeo  collocò  a  Lugdunum  Convenarum  (Saint  Bertrand  de  Comminges).  Fra 
questi  e  i  Tarbelli,  ne'  monti  che  ora  diconsi  Alti  Pirenei,  erano  i  Bigerrones,  i  Cam- 
poni,  i  Tornates:  all'est,  sul  lembo  della  provincia  romana  i  Consorauni  verso  Saint- 
GiroDS. 

e.  Nella  parte  settentrionale  verso  la  Garonna,  al  nord-ovest  degli  Ausci  erano  gli 
Eludati,  capitale  Elusa  (Eùze),  e  i  Lacturati;;  al  nord-est  deyli  Elusati  i  Sotiati  (Sòsj. 

All' Aquitania  calla  Celtica  appartengono  queste  isole:  1°  Nel  golfo  Aquitanico  Uliarua 
(Oleron),  Ogia  (d'Yeu),  Saiìinitum  (Noirmoùliers) ,  Vindilis  (Belle-Isle),  Sena  (Sein), 
Uxantius  (Ouessant).  2"  Nello  stretto  Gallico  Sarnia  (Guernesey),  Ccesarea  (Jersey}, 
Riduna  (d'Aurignyj,  Borsa  (Gers). 

§  3.  —  Bretagna. 

La  Bretagna  fu  primieramente  abitata  da'  Galli.  1  Fenicj  vi  venivano,  sbarcando  soli- 
tamente nella  baja  di  Falinouth,  massime  per  averne  lo  stagno  delle  isole  Sorlinghe, 
perciò  dette  grecamente  Cassiteridi  :  da  poi  i  Cimri  vi  si  piantarono,  talché  i  Calli  in- 
digeni si  ridussero  nel  paese  settentrionale  e  occidentale:  più  tardi  vi  venne  un'altra 
stirpe  cambrica,  i  Logriani,  dal  nord-ovest  della  Gallia.  Primamente  visitiita  in  armi 
da  Cesare,  la  Bretagna  al  par  della  Gallia  die  gran  fatica  all'impero.  A' tempi  di  quello 
due  popoli  l'abitavano  : 

a.  In  iscozia  i  Galli,  divisi  in  tre  grandi  confederazioni,  cioè  Mujati  al  piano,  al  sud 
del  Forlh;  Albani  al  monte,  al  nord  d'esso  fiume;  Caledonii  nelle  foreste,  al  sud  dei 
monti  Grampian. 

b.  Nel  paese  di  Galles  e  sulla  costa  dell'ovest  i  Cimri. 

Nel  resto  dell'isola  i  Belgi,  che  i  Romani  chiamavano  Bretoni  insieme  coi  Cimri. 
I  Bretoni  erano  suddivisi  in  molte  genti,  di  cui  principali 

a.  Sulla  costa  meridionale,  dall'imboccatura  del  Tamigi  fin  all'estremo  della  Corno- 
vaglia  da  oriente  in  occidente,  i  Kantii,  capitale  Durovernum  (Cantorbery)  ;  i  Begni  e 
i  Belgi,  capitale  Venta  Belgaruni  (Vinchester)  ;  i  Durotriges,  capitale  Muridunum  (Dor- 
chester);  i  Damnonii,  capitale  Isca  Damnoniorum  (Axminster). 

b.  Fra  il  Tamigi,  l'Abus  Ouse),  la  Seteja  .Estuarium  (Dee)  e  la  Saverna,  gli  Atrebatii 
sull'alto  Tamigi,  capitale  Caleva  presso  Silchester  ;  i  Trinobanli,  capitale  Londinium 
(Londra);  gVIceni,  capitale  Venia  Icenorum  (Lynn);  i  Cattjeuchlani  a\  nord  e  all'ovest 
de' predetti,  dal  golfo  di  Wash  (.Estuarium  Metaris)  fin  verso  il  Tamigi,  capitale  Veru- 
lamiuin,  una  delle  prime  colonie  romane  nell'isola;  i  Duboni  in  riva  alla  Saverna,  i 
Coritani  al  sud  dell'Ouse. 

e.  Fra  la  Saverna,  la  Dee  e  il  mar  d'Irlanda,  da  nord  a  sud,  i  Cornavii,  capitale  Deva 
(Chester);  gli  Ordovicii  rimpetto  all'isola  di  Mona,  santuario  della  religione  druidica; 
i  Demetce  all'estremità  sud-ovest  del  paese  di  Galles;  i  Siluri  sul  golfo  della  Saverna. 

d.  Al  nord  dell' Abus  ove  l'isola  è  più  ristretta,  i  Brigantes,  il  popolo  più  numeroso 
di  Bretagna  :  all'estremo  del  loro  territorio  i  Piomani  alzarono  la  mura  d'Adriano.  Città 
Eboracum  (York,  Luguvallium  (Carlislej,  Camalodunum  (Almond  Burryj,  Manucium 
(Manchester).  Nella  parte  sud-est  del  territorio  dei  Briganti  stava  la  piccola  gente  dei 
Parisii,  capitale  Pr(jetorium  (Preston). 


174  GEOGRAFIA  —  EPOCA   QUINTA 


§  4.  —  Germania. 

La  Germania  antica  avea  per  confini  il  Reno  e  il  Danubio  all'ovest  e  al  sud,  il  mare 
degli  Sveci  al  nord,  i  Carpazj  e  la  Vistola  all'est,  Plinio  divide  quei  popoli  in  Istevones 
(Ist-wohn)  abitanti  dell'ovest  ;  Ingevones  (Eigion,  mare)  al  nord;  Hermiones  (Hehr,  alto) 
al  centro  e  a  levante  ;  Vindili  (Vand,  frontiera,  costa)  al  nord  est. 
Istevoni     A).  Sotto  il  nome  à'Islevoni  andavano 

1.  I  Brutteri  al  nord  della  Lippe  fra  l'issel  e  i  paesi  bagnati  dal  Weser.  Più  tardi 
forse  si  riunirono  ai  Franchi,  poi  si  confusero  coi  Sassoni. 

2.  I  Marni,  antica  rinomata  tribù  verso  Munster  (Bogadium)  ;  fra  cui  era  il  tempio  di 
Tanfana. 

3.  1  Tubanti  fra  il  Reno  e  l'Issel.  Cacciati  dagli  Usipj  durante  la  guerra  delle  Gallie, 
si  piantarono  al  sud  della  Lippe,  e  poi  nella  parte  meridionale  del  paese  de'  Marsi, 
dopo  che  questi  furono  rotti  da  Germanico. 

4.  Gli  Usipj,  che  fuggendo  innanzi  agli  Svevi,  riuscirono  nell'interno  della  Germania 
(56  av.  C.),  e  si  fissarono  in  riva  al  Reno,  ove  Tacito  li  considera  per  la  tribù  più  me- 
ridionale. 

5.  I  Dulgibini  nella  foresta  di  Teutberg  verso  Paderborn,  indi  sulla  destra  del  Weser. 

6.  Gli  Am^ibarj  alle  sorgenti  dell'Ems. 

7.  I  Chamavi  sul  Reno,  donde  cacciati  dagli  Usipj,  si  posero  fra  il  Weser  e  l'IIartz. 

8.  I  Tenetevi  ai  sud  degli  Usipj,  poi  presso  ai  Sicambri,  indi  fra  questi  e  i  Catti,  la 
cui  fanteria  non  era  men  rinomata  che  la  cavalleria  dei  Tencteri. 

9.  I  Sicambri,  potenti  più  di  tutti  gli  Istevoni,  fra  il  Sieg  e  la  Lippe. 
Occupavano  dunque  tutto  il  paese  fra  il  Reno,  il  Lahn  {Langona),  il  Weser  e  il  paese 

marittimo  de' Frisoni  e  dei  Cauci;  ed  entrarono  nella  lega  fatta  dai  Cherusci  contro  i 
Romani.  Più  tardi  soa  nominati  i  Maltiaci  ira  il  Meno  e  il  Lahn,  paese  occupato  da- 
poi  dagli  Alemanni. 
Ingcvoni     R).  GVIngevoni,  o  popoli  marittimi  del  nord-ovest,  erano 

1.  I  Frisj  minori^  al  nord  dell'isola  dei  Datavi,  e  i  maggiori  fra  l'Issel,  l'Ems  e  i 
Rrutteri. 

2.  I  Cauci,  la  più  nobile  nazione  germanica,  abitante  fra  le  foci  dell'Ems  e  del 
Weser,  e  ostile  alla  lega  cberusca,  come  i  Frisoni. 

3.  Gli  Angrivari  sulle  due  rive  del  Weser, 

4.  I  Sassoni  al  nord  dell'Elba. 

5.  I  Cimri  nella  penisola  cimrica  (Giutland). 
G.  I  Teutoni  sul  seno  Godano. 

Eiraloni     C).  Le  tribù  dell'alto  paese,  o  Ermioni,  erano 

1.  I  Catti  0  cacciatori,  che  Cesare  trovò  alle  fonti  del  Weser,  e  Druso  e  Germanico 
fra  il  Meno  e  il  Lahn  ;  poi  occuparono  le  montagne  della  Turingia  e  le  terre  Decumale^. 

2.  1  Cherusci  nella  maggior  loro  potenza  occupavano  tutto  il  paese  coperto  dallo 
montagne  dell'IIartz,  e  si  fecer  capi  d'una  lega  formidabile:  vinti  poi  da  Cauci  e 
Catti,  si  divisero  nelle  piccole  popolazioni  de'  Turani,  Marvingi,  Teuriochcemi,  Fosi. 

3.  Gli  Ermunduri  nelle  montagne  al  nord  della  Boemia  e  sul  corso  superiore  dell'Elba: 
per  sottrarsi  ai  Marcomanni  si  piantarono  in  riva  al  Meno. 

4.  I  Marisci  tra  le  montagne  settentrionali  della  Boemia  e  la  Rednitz, 

Alla  nazione  degli  Svevi,  la  cui  confederazione  abbracciava  gran  parte  della  Germa- 
nia, appartenevano. 

5.  I  Marcomanni,  gloriosi  e  potenti,  che  dapprima  sedeano  fra  il  Reno,  il  Meno  e  il 
Danubio:,  poi  vinti  da  Druso,  migrarono  nel  paese  de'  Boi,  gran  tempo  minacciosi  ai 
posti  romani  del  Danubio. 

G.  I  Quadi,  nel  sud-est  della  Boemia,  dove  ora  dicesi  Moravia  e  Austria,  donde  le 
colonie  romane  d'in  riva  al  Danubio  traevano  i  grani. 

7.  Al  nord-est  della  Boemia  i  Marsingi. 

8.  All'est  de'  precedenti  i  Ligi  divisi  fra  molte  cittiì,  come  gli  Arj,  gli  Elveconi,  i 
Manimi,  gli  Elisj,  i  iNaharvali. 


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GERMANIA  475 

9.  Al  nord  della  Boemia  fra  l'Elba  e  l'Oder  i  Semnones,  antichissimi  fra  gli  Svevi, 

de'  quali  reputavansi  capi,  tenendo  ben  cento  cantoni. 

D).   Vindili^  0  popoli  del  litorale,  erano  Vindill 

'J.  I  Burgundiones,  che  dal  basso  corso  dell'Oder  e  della  Vistola  snidati  dai  Gepidi, 

portaronsi  parte  nell'isola  che  denominarono  Burgundaholm  (Burnholmj,  parte  verso  il 

centro  della  Germania,  donde  corsero  frequente  sulla  Gallia. 

2.  I  Guttones  sulle  due  rive  e  alle  foci  della  Vistola.  Poco  discosto  era  l'isola  Abaio, 
ove  si  raccoglieva  l'ambra  gialla,  che  g'i  abitanti  vendevano  ai  Teutoni  loro  vicini,  i 
quali  traverso  il  paese  de'  Quadi  la  recavano  sin  alle  città  romane  del  Danubio. 

3.  1  Rayi  all'est  dello  sbocco  dell'Oder,  coi  Sciri,  i  Turcilingi  e  gli  Eruli,  loro 
tribù. 

4.  I  Sidini  fra  la  Trave  (Chalusus)  e  l'Oder  (Viadrus). 

5.  I  Varini,  popolo  svevo  in  riva  alla  Warna  (Suebus),  che  poi  migrò  nella  Turingia. 
G.  Sulle  due  rive  dell'Elba  stavano  molte  tribù  sveviche,  quali  i  Longobardi  gloriosi 

d'esser  pochi  ed  ardimentosi,  i  Beudigni,  gli  Avioni,  gli  Angli,  gli  Eudosi,  i  Suardoni, 
i  Nuitoni,  protetti  da  fiumi  e  da  foreste,  e  che  tutti  adoravano  Erta  o  la  madre  Terra. 
Alcuni  dovevano  poi  divenir  famosi  nella  migrazione,  e  dar  nomea  paesi.  Cosigli  Angli, 
dalla  sinistra  del  Danubio  cacciati  dai  Longobardi  parte  nel  Chersoneso  Cimrico,  parte 
nella  Turingia  ove  si  mescolarono  coi  Sassoni,  conquistarono  poi  la  Bretagna,  cui  die- 
dero il  proprio  nome.  1  Longobardi,  dai  contorni  di  Magdeburg,  mutaronsi  sulla  destra 
dell'Elba  dopo  rotti  da  Tiberio;  Tolomeo  li  riscontrava  nel  territorio  de'  Cherusci  e  dei 
vicini,  dall'Llba  e  dal  Weser  fino  al  Reno:  respinti  poi  ad  oriente  dalle  leghe  de'  Fran- 
chi, de'  Sassoni,  degli  Alemanni,  nel  v  secolo  abitavano  l'Ungheria  superiore,  nel  vi  la 
Pannonia,  infine  l'Italia  settentrionale  che  ne  serba  il  nome. 

Prima  dunque  che  i  fiomani  passassero  il  Reno  o  il  Danubio,  la  parte  di  Germania  fra  il 
Reno,  il  mare  del  Nord,  l'Elba  e  il  Meno  era  occupata  dagli  Istevoni  e  dagli  Ingevoni.  Dietro 
di  loro,  dall'est  al  sud,  dal  Reno  superiore  e  dal  Danubio  sin  al  Baltico,  traverso  tutta  la 
Germania  mediterranea,  era  la  vasta  confederazione  degli  Svevi,  i  cui  due  popoli  prin- 
cipali stavano  all'estremità,  cioè  i  Semnoni  al  nord  fra  l'Elba  e  l'Oder,  e  i  Marcomanni 
al  sud-ovest  fra  il  Meno  e  il  Danubio.  Di  là  gli  Svevi  minacciavano  la  Gallia,  che  già  con 
Ariovisto  aveano  invasa  quando  Cesare  li  ricacciò  di  là  dal  Reno.  All'est  degli  Svevi 
erano  i  Vandali  agli  estremi  della  Germania,  i  Borgognoni  e  i  Goti,  primi  popoli  che 
dovevano  piombar  sull'Impero. 

Quando  i  Romani  signori  della  Gallia  minacciarono  la  Germania,  vi  si  opposero  due  Nuove 
confederazioni  poderose:  al  nord  quella  de'  Cherusci,  che  nella  foresta  di  Teutberg  pro-'^"'.*Ì°°' 
tesse  la  germanica  indipendenza;  abbracciava  i  Dulgibini,  parte  dei  Catti,  i  Camavi,  i  P° '"*^  *' 
Tubanti,  i  Marsi,  i  Brutteri,  iTencteri,  i  Sicambri.  Al  sud  della  Boemia,  la  lega  dei 
Marcomanni  minacciò  la  linea  del  Danubio  sotto  il  poderoso  Maroboduo. 

Fra  il  I  e  il  m  secolo  i  Flomani  conquistarono  la  Germania  al  sud-ovest,  ove  il  Reno 
e  il  Danubio  sono  ancora  debole  barriera.  Que'  paesi  furono  detti  Agri  decumates,  abi- 
tati da  avventurieri  Galli. 

A  mezzo  del  in  secolo  altre  leghe  si  fecero  in  Germania,  Alcuni  Svevi  col  nome  d'A- 
lemanni invadono  le  terre  decumati,  e  occupano  tutto  il  sud-ovest  della  Germania.  Al 
nord  degli  Alemanni  fra  il  Meno,  il  Reno  e  il  Weser,  i  Cauci,  gli  Amsibari,  i  Cheru- 
sci, i  Camavi,  i  Brutteri,  i  Catti,  gli  Attuariani,  i  Sicambri  formano  la  confederazione 
dei  Franchi,  minacciosa  ai  posti  del  basso  Reno,  come  la  prima  a  quei  dell'Alto  e  della 
Rezia.  Al  nord-est,  dalle  frontiere  de'  Cherusci  fin  alla  penisola  cimrica',  appajono  i 
Sassoni,  corsari.  All'est  i  Goti,  arrivati  sul  Danubio,  sottentrano  ai  Daci  vinti  da  Tra- 
jano.  Le  tribù  Vandale  serbano  ancora  le  rive  dell'Oder  e  del  Baltico.  Gli  Svevi  sono 
nel  cuore  della  Germania,  ma  indeboliti  e  mescolati  coi  popoli  vicini, 

§  5.  —  Popoli  delle  Alpi  e  sulla  destra   del  Danubio. 

Per  dare  naturali  confini  all'Impero,  Augusto  dovette  condur  molle  guerre-,  e  per 
ischermire  l'Italia,  rmchiuder  nell'Impero  le  Alpi,  e  stanziar  legioni  sul  Danubio,  come 
fece  col  conquistare  la  Rezia,  la  Vindelicia,  il  Nerico,  la  Pannonia. 


d76  GEOGRAFIA  —  EPOCA   QUINTA 

Rczia  A).  La  Rezia  stendeasi  dall'alpi  Pennine  sino  alle  Gamiche,  fra  l'Elvezia  all'ovest, 
il  Norico  all'est,  al  sud  la  Venezia  e  la  Cisalpina,  al  nord  la  Vindelicia.  I  molti  suoi 
popoli  erano  : 

1.  Al  nord  delle  Alpi  i  Leutienses  sul  Danubio;  i  Vùiìioìies  ^  capitale  Brigantia  che 
dava  nome  al  lago  di  Costanza;  gli  Estioìies  all'est  de'  predetti  suWllargus  (lller),  ca- 
pitale Campodunum  (Kempten). 

2.  Nelle  Alpi  e  sul  pendio  meridionale  i  Lepontii  con  Oscela  (Domodossola)  e  Focuna- 
tes  (Vocogna);  i  Venosti  sulle  sommità  donde  scendono  l'Inn  e  l'Adige,  capitale  Veno- 
stium  Caput  (Finstermunz),  oltre  Teriolis  che  die  nome  al  Tirolo. 

3.  I  Camuni  stavano  dal  Lario  all'alpi  Pennine. 

4.  I  Triumpilini  sul  Renaco. 

5.  1  fireunj  sull'Adige  superiore,  coi  Brixentes  {'Qv'w^n). 

6.  I  Ge.nauni  sulla  destra  dell'Adige,  al  nord  del  lago  di  Garda. 

7.  1  Tridentini  al  sud-est  de'  Breuni  sulla  sinistra  dell'Adige  (Trento). 

Vindelicia  ^J-  Alla  V indelicia  faceano  confine  al  nord  il  Danubio,  all'ovest  il  lago  di  Co- 
stanza, al  sud  la  Rezia,  all'est  l'inn.  Principali  popoli,  in  sul  Danubio  i  Bunimtce ;  s\.\\ 
Lech  i  Licales,  capitale  Augmta  Vindelicorum  (Augsburg)  allo  sbocco  del  Vindo  (Wer- 
tach)  nel  Licus  (l.echj;  sull'lnn  gli  hard,  capitale  Oeni  Pons  (Innspruck). 
Norico  C).  11  Norico  confinava  all'ovest  coll'lnn  ,  al  sud  colla  Sava  e  coll'alpi  Gamiche, 
all'est  col  monte  Cetio  (Kahlenberg),  al  nord  col  Danubio.  Due  principali  popoli  n'erano: 
nel  Norico  fluviale  (Norico  Ripense)  i  Boi,  uelle  montagne  (Alpes  Noricce)  i  Taurisci, 
suddivisi  in  molte  genti. 

Pannnnia  D).  La  P annonia  era  così  detta  dai  Pceones,  abitanti  al  nord  della  Macedonia, 
dal  monte  Emo  fin  alle  alpi  Giulie.  Stendeasi  all'est  del  Norico,  al  nord  dell'llliria,  al 
sud-est  del  Danubio;  il  Piaab  (Arrabo)  la  divideva  in  superiore  ed  inferiore,  cioè  occi- 
dentale e  orientale.  Di  questo  gran  popolo  erano  tribù  principali,  nella  valle  della  Drava 
da  occidente  ad  oriente,  i  Strreti ,  i  Serrapilli,  gli  Jasi,  gli  Andizeti  ;  in  quella  della 
Sava,  i  Colapiani  e  i  Brcuci. 

Città  nella  Pannonia  superiore,  Vindobona  (Vienna),  antica  città  celtica,  poi  stazione 
principale  dei  Romani;  Siscia  sulla  Sava,  la  più  forte  della  provincia.  Nella  Pannonia 
inferiore,  Acincum  sul  Danubio,  antica  e  forte  città  colonizzata  dai  Romani;  AJursa 
major  (Essek)  sulla  Drava;  sulla  Sava  Sirmium,  antemurale  dell'Impero  contro  i  Daci  ; 
Taurunuin  (Semlin)  al  confluente  dei  due  fiumi, 
Mesia  Ej.  La  Mesia,  paese  paludoso,  era  limitato  all'ovest  dall'Illiria,  al  sud  dalla  Mace- 
donia e  dalla  Tracia,  all'est  dal  Ponte  Eusino,  al  nord  dal  Danubio.  Il  fiumicello  Ciabvos 
(Zebritz)  la  divideva  in  superiore  ad  occidente,  e  inferiore  all'oriente.  Nella  superiore 
abitavano  Tricornesii  presso  la  Dalmazia,  Moesii  sul  Ciabros,  Picentii  fra  i  due  predetti, 
Dardani  verso  la  Macedonia,  Scordisci  che  a  vicenda  sedettero  nella  Pannonia,  nella 
Mesia,  nella  Tracia,  nella  Dacia:  città  principali  Singidunum  (Belgrado)  allo  sbocco 
della  Sava  nel  Danubio,  nell'interno  paese  Naissus  (Nissa),  e  Sardica  (Triaditzaj.  Nella 
Mesia  inferiore  slavano  all'occidente  i  Triballi ,  all'oriente  i  Peucini,  al  sud-est  i  Chro- 
bici  Sciti  0  Ceti  nella  parte  orientale  della  Mesia  inferiore,  detta  piccola  Scizia:  città, 
sul  Danuljjo  Oiscos  Triballun  (OreszovitzJ  ;  Odessus  (Varua),  colonia  milesia  sull'Eusino, 
Tomi  (Toìnisvar),  confine  d'Ovidio. 

Questi  paesi  non  ebber  ordine  nuovo  da  Augusto,  ma  sottoposti  a  regime  militare, 
furono  custoditi  da  otto  legioni  di  oltantottomila  uomini,  sparsi  io  molte  città  della 
Rezia,  della  Vindelicia,  del  Norico,  della  Pannonia,  della  Mesia,  della  Dalmazia,  oltre 
una  buona  flotta  sul  Danubio. 


KPOCA    VI 

DAI.  4   AL   525   D.    C. 


§  1.  —  Impero  romano,   suoi  limiti. 

All'impero  romano  faceano  confine,  al  nord  ed  all'ovest  il  Ponto  Eusino,  il  Danu- 
bio, il  Reno,  l'Oceano  dalle  foci  del  Reno  fino  alio  stretto  di  Cadice;  nell'Asia  Minore 
giungeva  sino  alla  Colchide  e  all'Armenia;  in  Siria  sino  all'Eufrate  e  ai  deserti  del- 
l'Arabia, in  Africa  sino  all'Atlante,  alle  arene  libiche,  ai  deserti  che  separano  l'Egitto 
dall'Etiopia. 

Nell'interno  sussistevano  ancora  alcuni  Stati  indipendenti  alla  morte  d'Augusto.  Nelle 
alpi  Cozie  il  re  Cozio  manteneva  le  sue  dodici  città,  di  cui  era  capitale  Segusia  (Susa). 
Leggi  proprie  conservavano  Corcira,  Scio,  Rodi,  Samo,  Bisanzio;  e  proprio  governo 
Nimes,  Marsiglia,  Lacedemone,  e  varie  genti  di  Gallia  e  di  Spagna.  Egual  privilegio 
aveano  ottenuto  molte  delle  cinquecento  città  d'Asia,  principalmente  quelle  della  Pan- 
filia, Tracia  e  Licia  mantenevansi  libere  ;  re  proprj  avevano  la  Cappadocia,  parte  della 
Cilicia,  la  Comagene,  Palmira,  la  Giudea,  la  Mauritania,  il  Ponto.  Indipendenze  di  puro 
nome,  giacché  re  e  repubbliche  erano  strumenti  di  Roma. 

^2.  —  Conquiste  degli  Imperatori. 

Negli  ottantaquattro  anni  da  Augusto  a  Trajano,  gl'imperatori  tolsero  il  governo  na- 
zionale ad  alcune  provincieche  l'aveano  serbato:  la  Cappadocia,  la  Comagene,  la  Cilicia 
Trachea  furono  riunite  all'Impero  da  Tiberio;  da  Claudio  la  Licia,  la  Tracia,  la  Mau- 
ritania, la  Palestina  ;  da  Nerone  il  piccol  regno  di  Cozio  nell'Alpi  e  il  Ponto.  Vespasiano 
tolse  i  privilegi  a  Rodi,  a  Bisanzio,  a  Samo,  a  Marsiglia,  condannò  di  nuovo  la  Grecia 
al  tributo  da  cui  l'aveva  assolta  Nerone.  La  Bretagna  fu  conquistata  da  Agricola,  che 
penetrò  fin  tra  i  Maeti  e  i  Caledonj  ;  e  tutto  il  paese  de'  Bretoni  dal  capo  di  Cornovaglia 
sin  al  Clyde  fu  diviso  in  tre  provincie:  Britannia  prima  al  sud-est;  Britannia  secunda 
al  sud-ovest;  Maxima  Ccssariensis  al  nord  delle  precedenti.  Vespasiano,  mentr'era 
generale  di  Vitellio,  avea  conquistato  l'isola  di  Vectis  (Vight)  sulla  costa  meridionale 
della  Bretagna  :  Agricola  soggiogò  quella  di  Mona  (Anglesey)  sulla  costa  occidentale,  e 
le  Orcadi  al  nord  della  Caledonia. 

Sotto  Trajano,  l'Impero  giunse  alla  massima  sua  estensione,  da  cui  decadde  ben  tosto. 
Cinque  nuove  provincie  egli  aggiunse  alle  antiche  romane  : 

i.  Fra  l'Egitto  e  la  Siria  V Arabia  Petrea,  che  assicurò  il  commercio  fra  l'Asia  e 
l'Africa. 

2.  L'Armenia,  che  posta  fra  la  Media  e  il  Caspio  all'est,  l'Iberia  e  l'Albania  al  nord, 
la  Cappadocia  e  l'alto  Eufrate  all'ovest,  la  Mesopotaraia  e  la  Siria  al  sud,  serviva 
di  baluardo  all'Asia  Minore  o  all'Alta  Asia,  secondo  n'erano  padroni  i  Romani  o 
i  Parti. 

5.  La  Mesopotamia  fra  il  Tigri  all'est,  il  monte  Masio  o  la  Grande  Armenia  al 
nord ,  l'Eufrate  che  la  separava  dalla  Siria  e  dall'Arabia  deserta  a  ovest ,  al  sud  la 
Babilonia. 

4.  Ij' Assiria  fra  la  Media  all'est,  l'Armenia  al  nord,  la  Mesopotamia  all'ovest,  la 
Susiana  al  sud. 

5.  In  Europa  la  Dacia  fra  il  Theiss  all'ovest,  i  Crapak  {Carpates)  e  il  Dniester 
(Danaster  o  Tyras)  al  nord  il  Danubio  al  sud,  il  Ponto  Eusino  e  il  Dniester  all'est; 
abbracciando  cioè  quel  che  ora  è  il  banato  di  Temeswar,  l'Ungheria  all'est  del  Theiss, 

Cantò,  Documenti.  —  Tomo  I,  Geografìa  politica.  12 


478  GEOGRAFIA  —  EPOCA  SESTA 

la  Transilvania ,  la  Bukovina,  l'estremità  meridionale  della  Gallizia,  la  Moldavia  ad 
occidente  del  Pruth,  e  la  Valachia.  Città  Tibiscum  (presso  Karavan  sul  Temes) ,  la 
quale  ebbe  titolo  di  municipio;  Tierna  (Orzova)  fortezza,  che  nelle  Pandette  è  chia- 
mata Colonia  Zernensium;  Z armizegethusa  capìlaìe  di  Decebalo,  poi  di  tutta  la  Dacia, 
col  nome  di  Ulpia  Trajana.  Come  provincia  fu  di\isa  in  Dacia  Ripmsts  a  riva  del  Da- 
nubio, Dacia  Alpensis  a  pie  dei  Carpazj ,  Dacia  Mediterranea  nel  paese  interno.  Oltre 
quindici  tribù  daciche  che  v'abitavano,  al  tempo  della  conquista  vi  furono  portati  molti 
coloni  romani. 

§  3.  —  Divisioni  amministrative. 

Per  cancellar  la  memoria  delle  costituzioni  antiche,  Augusto  introdusse  nuove  divi- 
sioni amministrative  in  molte  provinole. 
Spagna  '-^  Spagna  fu  da  lui  pacificata  col  sottomettere  gli  Anturi  e  i  Cantabri.  Quelli  abita- 
vano le  valli  del  monte  Vendio  fra  i  Galeci  all'occidente  e  i  Cantabri  all'oriente;  e  i 
ventidue  popoli  furono  divisi  in  Transmontani  al  nord,  e  Augustani  al  sud  d'esso 
monte.  Asturia,  sopranominata  Augusta  (Astorga),  ebbe  un  tribunale  di  provincia.  I 
Cantabri,  sull'oceano  Cantabrico,  aveano  per  capitale  JuUobriga. 

Allora  la  Spagna  fu  divisa  in  tre  grandi  provincie:  a.  l.a  Lusitania  ad  occidente  fra 
il  Duero,  la  Guadiana,  l'Atlantico  e  il  paese  de'  Carpetani.  1  Conventus  juridici  erano 
posti  ad  Augusta  Emerita  (Merida),  Pax  Julia  (Beja),  e  Scalabis  (Santnrem). 

b.  La  Betica  al  mezzodì  fra  la  Guadiana,  l'Oceano  e  il  Mediterraneo  sin  al  capo  di 
Caridemo  (Gata)  con  settantacinque  città,  di  cui  due  libere,  quattro  con  diritto  di 
cittadinanza  romana,  sette  municipj,  undici  colonie,  cinque  città  stipendiarle.  Tre 
Conventus  juridici  sedeano  a  Corduba  (Cordova),  Hispalis  (Siviglia),  e  Astigi  (Ecija). 

e.  La  Tarraconese  o  Celtiberia  abbracciava  il  resto  della  Spagna,  con  censettantanove 
città  grandi  e  duecennovantaquattro  piccole.  I  Conventus  juridici  sedevano  a  Carta- 
gena,  Tarragona,  Ccesaraugmta  (Saragozza),  C/un«a  (presso  Corogna) ,  yls/or^a,  Lucus 
(Lugo),  Bracara  Augusta  (Braga). 

Tre  legioni  erano  acquartierate  in  Spagna. 
Gallia  Alla  GalliaNarbonese,  antica  Provincia,  Augusto  conservò  i  vetusti  confini.  I  Romani 
fondarono  Aquce  Sextice  (Aix),  che  divenuta  colonia  sotto  la  protezione  di  Giulio  Cesare, 
prese  il  nome  di  Colonia  Julia;  Forum  Julii  (Fréjus),  il  cui  porto  fu  perfezionato  da 
Augusto;  Apla  Julia  (Apt).  Per  le  colonie  spedite,  Narbona  prese  il  nome  di  Narbo 
Marlius,  Lodève  di  Forum  Neronis,  Nìmes  di  Colonia  Augusta. 

Nell'Aquitania  innestò  quattordici  grandi  popolazioni  celtiche,  portandone  così  i  con- 
fini dalla  Garoona  alla  Loira. 

La  Celtica  ridotta  a  metà  col  nome  di  Lugdunese,  abbracciò  solo  i  paesi  fra  l'Oceano, 
la  Loira,  la  Senna,  la  Eresse,  la  Marna  e  la  Saona. 

Con  terre  tolte  al  Belgio  formaronsi  altre  due  provincie:  a.  la  Germania  superiore  àa 
Arzenheim  (Argentovaria)  sino  a  Worms  (Borbetomagus),  e  dal  Reno  alla  Mosella;  e  b. 
la  inferiore  da  Worms  al  Wahal,  e  dal  Reno  e  dalla  Mosella  sin  alla  Schelda.  11  Belgio 
non  serbò  che  i  paesi  fra  le  due  Germanie  e  la  Lugdunese. 

Otto  legioni  e  una  piccola  flotta  stavano  a  guardia  del  Reno. 

In  tale  mutazione  molte  città  perdettero  l'importanza  e  il  nome,  altre  crebbero. 
Così  nella  Narbonese,  Orange,  Carpentras,  Cavailloo,  Valence,  Nìmes,  Vienne,  Fréjus 
divenuto  un  degli  arsenali  dell'Impero;  Aoust,  Apt,  Viviers  ebbero  o  coloni  o  titolo 
di  colonie  romane;  Marsiglia  perdi-tte  Antiboe  Agde,  dichiarate  quella  colonia,  questa 
città  romana.  Nell'Aquitania,  nella  Belgica  e  nella  Lugdunese,  Lugdunum  (Lyon)  fu 
fabbricata  a  pie  dell'Alpi  per  sede^dell'amministrazione  imperiale  nella  Gallia  Chiomata; 
capitale  degli  Arverni  non  fu  più  Gergovia,  ma  Nemetum  (Clermont)  ;  così  Bratwipan- 
sium  cedette  a  Ccesaromagus  (Beauvais)  l'esser  capo  de'  Bellovaci;  le  capitali  de'  Sues- 
soni,  de'  Veromandui,  de'  Tricassi,  de'  Rauraci,  degli  Ausci,  dei  Treviri,  dei  Lemovici 
presero  il  nome  d'Augusta;  Turones  (Tours)  mutossi  in  Cesarodunum,  e  Bibracte  in 
Augustodunum  (Autun).  Variando  di  privilegi,  gli  Edui  e  i  Remi  conservarono  il  titolo 
d'alleati,  concesso  pure  ai  Carnuti  acciocché  all'ovest  e  al  nord  tre  popoli  potenti  aves- 


DIVISIONI  AMMINISTRATIVE  179 

sero  interesse  a  consolidare  il  nuovo  ordinamento.  Arverni,  Biturigi,  Treviri,  Suessoni 
mantennero  l'autonomia;  il  gius  latino  ottennero  gli  Ausci ,  i  più  polenti  dell'antica 
Aquitania. 

L'Italia  non  restò  circoscritta  dalla  Macra,  dal  Rubicone  e  dal  mare,  ma  giunse  ad  Italia 
oriente  fin  all'Arsia,  a  settentrione  all'Alpi,  al  Varo  verso  occidente.  Fu  divisa  in  undici 
regioni:  1.  Lazio  e  Campania^  ove  Pozzuoli  era  centro  di  tutto  il  commercio  del  Me- 
diterraneo-, 2.  il  paese  dei  Picentini  e  degli  Irpini;  3.  la  Lucania,  il  ìiruzio,  VApulia, 
la  Calabria,  ove  Brindisi  prevaleva;  4.  il  paese  spopolato  dei  Morsi  Frentani ,  Sabini, 
Satiniti;  5.  Piceno;  6.  Umbria;!.  Etruria]  8.  Gallia  Cispadana,  con  Ravenna  posta 
fra  canali  del  mare;  9.  Liguria;  IO.  Iene:  (a  ed  Istria  ;\\.  Gallia  Transpadana.  Roma 
formava  un  governo  a  parte  sotto  il  prefetto  della  città.  La  Sicilia  ebbe  da  Antonio  la 
cittadinanza  romana,  ma  era  una  provincia  sola  colla  Corsica  e  la  Sardegna;  Siracusa 
non  era  più  che  un  borgo. 

La  Grecia,  caduta  d'ogni  importanza,  era  divisa  in  due  provincie:  Grecia 

a.  L'Acaja  comprendeva  al  sud  il  Peloponneso,  vuoto  d'abitanti,  ove  da  cento  le 
città  erano  ridotte  a  trenta,  con  due  piccole  repubbliche  vassalie  di  Roma,  Lacede- 
mone e  il  cantone  degli  Eleuteio-Laconi;  inoltre  la  Messenia,  l'Elide,  l'Arcadia,  l'Acaja, 
la  Sicionia,  la  Fliasia,  l'Argolide,  la  Corintia,  ove  Cesare  con  una  colonia  avea  rideste 
le  ruine  di  Corinto;  al  nord  l'Eliade,  cioè  la  Megaride,  l'Attica,  la  Beozia,  la  Focide,  la 
Doride,  la  Locride,  l'Etolia,  l'Acarnania. 

6.  La  Macedonia  abbracciava  la  Tessaglia,  l'Epiro,  dove  rapidamente  crebbe  Nicopoli 
(Prevesa  vecchia)  fondata  da  Augusto,  e  la  Macedonia  ove  Tessalonica  eclissava  Edessa 
e  Pella. 

Le  isole  Egee  formavano  una  provincia ,  di  cui  ben  presto  si  considerò  per  capi- 
tale Bodi.  Delo  sottentrò  nel  commercio  a  Corinto, 

L'Asia  Romana  fu  ripartita  in  molti  governi:  Asia 

1.  Asia  Proconsolare,  antico  regno  di  Pergamo,  con  Efeso  per  capitale. 

2.  Le  Provincie  imperiali  di  Bitinia,  Paflagonia,  Ponto. 

5.  Galazia,  Panfilia,  Cilicia,  hauria,  Licaonia,  Isola  di  Cipro. 

4.  Fenicia  e  Celesiria,  cioè  le  tre  grandi  vaili  formate  dal  Libano  e  dall'Antilibano 
all'est  di  Tiro,  al  sud-est  e  sud-ovest  di  Eliopoli,  sin  alla  fertile  pianura  di  Dama.sco.  La 
Celesiria  fu  annessa  alla  Fenicia,  chiamandola  Phcenicia  Libanesia  o  Salutaris. 

5.  La  Siria  divisa  in  nove  regioni,  alcune  delle  quali  serbarono  re  indigeni:  la  Ca- 
siotidesnì  litorale  del  Mediterraneo  fra  il  Casio  e  il  Libano,  capitale  Laodicea ;  V Apamene 
suirOronte,  capitale  Apamea:  la  Calcidica  sulla  destra  dell'Oronte,  capitale  Calcide  ;  la 
Seleucide,  capitale  Se?euaa  all'occidente  d'Antiochia;  la  Pieria  ai  nord-est  della  pre- 
cedente sul  golfo  d'Isso;  la  Comagene  al  nord  sulla  destra  dell'Eufrate,  capitale  Sa- 
mosata,  riunita  all'Impero  soltanto  al  tempo  di  Vespasiano;  la  Cìrrestica ,  capitale 
Hierapolis,  tra  Antiochia  e  la  Comagene;  la  Calibonite,  capitale  Chahjbon  presso  l'Eu- 
frate, al  nord  della  Palmirene;  finalmente  la  Palmirene,  capitale  Palmira.  Parte  del 
regno  d'Erode  restò  pure  indipendente,  e  divisa  in  tre  tetrarchie:  Galilea  e  Perea,  Iturea 
e  Traconitide,  Abilene. 

I  Conventus  juridici  posti  da  Augusto  in  Asia  sussistettero  fin  al  iv  secolo,  a  Sardi  in 
Lidia,  a  Smirne,  ad  Apamea  in  Frigia,  ad  Alabanda  in  Caria,  a  Cibira  in  Frigia.  Quattro 
legioni  accampavano  in  Asia. 

Dopo  la  morte  di  Cleopatra,  Augusto  avea  ridotto  l'Egitto  in  provincia,  e  spedito  Africa 
armati  nell'Etiopia,  che  passarono  300  leghe  di  là  dal  tropico,  senza  far  però  stabile 
conquista.  La  Numidia  e  la  Mauritania  furono  da  Cesare  ridotte  in  provincie:  ma  Au- 
gusto ripristinò  Giuba  II,  dandogli  la  Mauritania  Tingitana  sin  al  Malva,  e  la  Numidia 
Massiliana  che  allora  fu  detta  Ccesarea;  la  Numidia  occidentale,  fra  l'Ampsagas  e  il 
Tusca,  fu  assolutamente  riunita  all'Impero. 

Colla  sommessione  dei  Garamanti,  potentissimi  fra  le  genti  libiche,  le  possessioni  ro- 
mane in  Africa  trovaronsi  allargate  dalle  fonti  del  Bagardas  fin  alla  palude  Nuba.  Allora 
fu  partita  in  quattro  provincie:  V Egitto,  la  Cirenaica,  l'Africa  propria,  cioè  l'antico 
territorio  di  Cartagine,  e  la  Numidia.  Ed  era  custodita  da  quattro  sole  legioni,  di  cui  due 
in  Egitto. 

Delle  ventinove  provincie  dell'Impero,  Augusto  cedette  al  senato  l'amministrazione  Provincie 

Senatorie 


180  GEOGRAFIA  —  EPOCA  SESTA 

(li  dodici:  Sicilia,  Sardegna  e  Corsica,  Narbonese,  Betica,  Macedonia ,  Acaja,  Creta, 
Asia  proconsolare,  Bitinia,  Paflagonia  e  Ponto,  Numidia,  Africa,  Cirenaica. 
Imperiali  A  sè  riserbo  diciassette,  la  più  parte  di  frontiera,  e  dov'erano  eserciti  :  Lusitania, 
Tarraconese,  Aquitania,  Lugdunese,  Belgica,  le  due  Germanie,  la  Rezia,  la  Vindelicia, 
il  Norico,  la  Pannonia,  la  Dalmazia,  la  Mesia,  la  Siria,  la  Fenicia,  la  Galazia,  la  Pan- 
filia, la  Cilicia,  Vlsauria,  la  Licaonia,  Cipro  e  V Egitto.  L'Italia  non  consideravasi 
come  provincia. 

§  4.  —  Strade,   accampamenti. 

Strade  Per  portare  rapidamente  i  cenni  e  gli  eserciti  imperiali  a  tutti  i  punti  dell'Impero, 
s'aveano  grandi  strade  militari,  continuazione  di  quelle  della  Repubblica.  Per  ordine 
d'Augusto,  tutte  quelle  d'Italia  furono  rimesse  in  buono  stato;  recata  fino  a  Cade  quella 
che  traversava  i  Pirenei  orientali,  mentre  Agrippa  ne  conduceva  altre  per  la  Gallia.  Trajano 
ne  fece  una  traverso  le  paludi  Pontine  da  Forum  Appii  a  Terracina,  e  compì  la  via 
Appia  da  Benevento  a  Brindisi.  Gli  altri  imperatori  ne  apersero  di  nuove  per  tutto  l'Im- 
pero. La  via  Aurelia,  che  tagliava  l'Etruria ,  la  Liguria  e  la  Narbonese  fin  ad  Arles,  fu 
continuata  per  Narbona,  Tarragona  e  Cartagena  sin  a  Cade;  e  di  là  dallo  Stretto  riusciva 
a  Tanger.  La  Flaminia,  da  Roma  per  l'Italia  settentrionale,  Pannonia,  Mesia,  Tracia, 
Asia  Minore,  Siria,  Egitto,  Africa,  giungeva  all'oceano  Atlantico,  passando  per  Rimini, 
Bologna,  Modena,  Piacenza,  Milano,  Verona,  Aquileja,  Siscia,  Sirmio,  Singiduno,  Naisso, 
Sardica,  Filippopoli,  Adrianopoli,  Eraclea,  Costantinopoli,  Dadastane,  Ancira,  le  città 
di  Cappadocia  e  di  Pisidia;  e  passato  il  Tauro,  per  Isso,  Antiochia,  le  città  marittime 
dell'Africa,  Alessandria,  Cirene,  Cartagine,  Tanger. 

Altre  diramazioni  raggiungevano  le  grandi  città  ove  sboccavano  altre  minori.  Come 
Roma  era  centro  della  bassa  Italia,  così  era  Milano  per  la  settentrionale;  Arles  per  la 
Narbonese;  Bordeaux  \)%v  l'Aquitania;  Lione  per  l'antica  Celtica;  Reims  pel  Belgio; 
Treveri  per  la  Germania;  Augusta  per  la  Rezia  e  per  l'alto  Danubio;  Sirmio  per  la 
Pannonia;  D  arazzo  per  la  Grecia;  Naisso  perla  Mesia;  Ancira,  Tavio,  Damasco  per 
l'Asia  Minore  e  la  Siria;  Alessandria  e  Cartagine,  per  l'Egitto  e  l'Africa  ;  Mericla, 
Astorga,  Saragozza,  Cordova  per  la  Spagna;  Londra  per  la  Bretagna  ecc. 

L'Italia  avea  quarantotto  strade,  che  sviluppavansi  per  3000  leghe  da  Roma  fin  alle 
estremità  di  Brindisi,  Regio,  Aquileja,  Verona,  Como,  Aosta,  Nizza,  le  Alpi  e  i  porti; 
la  Spagna  trentuna,  di  2600  leghe;  la  Bretagna  quindici,  di  870  leghe;  l'Asia  ad  occi- 
dente dell'Eufrate  trentotto  ;  la  Sicilia  nove,  di  40  leghe  ;  la  Sardegna  sei  ;  la  Corsica  una 
di  -iO  leghe;  quelle  d'Egitto  stendeansi  SOO  leghe,  quelle  d'Africa  più  di  5000.  Lungo 
esse  vi  erano  disposte  pietre  miliari,  e  come  dice  Numaziano 
Intervalla  vice  fessis  prcestare  videtur 
Qui  notai  inscriptus  millia  crebra  lapis; 
inoltre  stazioni  ed  alberghi,  con  ogni  opportunità  pei  viaggiatori  e  pel  cambio  de'  ca- 
valli; talché  Tiberio  potè  in  ventiquattr'ore  far  200  miglia  da  Lione  in  Germania. 

Canali  Pochi  canali  si  facevano,  non  conoscendosi  le  chiuse;  pure  la  Fossa  Drusiana  met- 
teva in  comunicazione  il  Reno  col  lago  Elevo  ;  la  Fossa  Corbulonis  stendeasi  per  28 
miglia  fra  la  Mosa  e  il  Reno  ;  e  al  tempo  di  Nerone,  Lucio  Veto  tentò  congiungere  la 
Mosella  che  cade  nel  Reno  colla  Saona  che  va  nel  Bedano,  unendo  così  l'Oceano  col 
Mediterraneo. 

Castra     La  maggior  parte  delle  venticinque  legioni  furono  da  Augusto  spedite  alle  frontiere, 

stativa  Qyg  posero  campi,  che  poc'a  poco  crebbero  in  città  importanti  lunghesso  il  Rodano  e 
il  Danubio;  quali  Castra  /{p'/ma.  (Ratishona),  Botava  Cas/ra  (Passau),  Prcesidium  Pom- 
peii  (Maschina),  Castellum  (Kostendil-Karaul).  Anche  in  Asia,  nell'Osroene,  lungo  l'Eu- 
frate e  nell'Arabia  v'ebbe  una  linea  di  fortificazioni,  che  poco  durarono,  eccetto  Nisibi, 
Amida  poi  Daras. 
Trincera-  Ove  natura  avesse  abbastanza  munito  un  paese,  collocavasi  una  semplice  linea  di 
'"®"''  posti  fortificati,  come  i  cincpianta  castelli  costrutti  da  Druso  lungo  il  basso  Reno,  e  gli 
altri  sull'alto  Beno  e  sul  Danubio.  Se  poi  nessuna  barriera  naturale  proteggea  dai  Bar- 
bari, ergevansi  lunghe  muraglie;  tali  erano 


1 


l'impero   fin   a   COSTANTINO  18 

1.  La  mura  di  Bretagna,  detta  d'Adriano,  tra  lo  sbocco  della  Tinna  (Tync)  e  ì'Ituna 
wstuariuin  (Solway-Frilh).  Sottomessi  i  Bretoni,  Agricola  elevò  fra  il  Mar  d'Irlanda  e 
l'oceano  Germanico  una  linea  di  castelli,  che  Adriano  congiunse  con  una  mura, 
lunga  32  leghe;  Antonino  e  Severo  la  portarono  più  verso  il  nord.  Erano  due  linee 
parallele  di  trincea,  ciascuna  con  un  fosso,  e  tra  esse  una  strada  militare.  La  mura 
settentrionale  era  alta  4  e  larga  3  metri,  con  otiantuna  torri  da  21  metri  di  diametro 
e  moltissimi  bastioni;  ventitre  castelli  servivano  di  riparo  alle  truppe  custodi  delle  mura. 

2.  La  trincea  frail  Reno  e  il  Danubio,  estesa  140  leghe,  cominciata  da  Druso,  fu 
continuata  da  Tiberio  e  Germanico  sin  al  monte  Taiinus  (ileyrich  fra  Wiesbadcn  e 
Gomburgo),  da  Trajano  sin  al  Meno,  e  da  Antonino,  Adriano,  Severo,  Caracalla,  Aure- 
liano e  Probo  sin  al  Danubio.  Stendeasi  dal  nord  al  sud  da  Bonn  fino  a  Magonza  lungo 
il  Reno;  staccavasi  dal  fiume  per  risalire  al  nord  da  Wiesbaden  (Aquce  ^Jatt^acce)  fin  di 
là  da  Bucinobantes ;  poi  calava  ancora  al  sud  verso  Laiiriacum  (Lorcb),  donde  correva 
all'est  finché  incontrava  il  Danubio  non  lungi  dalla  foce  dei  Nablis  (iNaab).  Era  una  mura 
con  torri  ad  ogni  miglio,  e  colla  fossa,  o  palizzate  sul  margine  d'un  fosso,  custodite  da 
castelli. 

'ò.  Men  importante  la  trincea  dacica,  era  un  terrapieno  con  palizzate  traverso  tutta  la 
valle  settentrionale  del  Danubio;  cominciando  poco  sotto  al  ponte  di  Trajano,  e  termi- 
nando presso  lo  sbocco  dello  Hierasus  (Pruth)  nel  Danubio. 

§  5.  —  L'Impero  fin  a  Costantino. 

Da  Trajano  a  Costantino  l'Impero  acquistò  e  perdette  a  vicenda.  Adriano  rinunziò  le 
Provincie  del  Tigri  conquistate  dal  predecessore,  protesse  lOsroene  con  una  fila  di  for- 
tezze, e  sull'Eufrate  fece  confine  dell'Impero  Nisibi  a  pie  del  monte  Masio  nella  Migdo- 
nia.  Severo  dilatò  in  Bretagna  la  frontiera  romana,  30  leghe  più  al  nord  della  muraglia 
d'Adriano.  Aureliano  abbandonò  la  Dacia,  ma  conquistò  la  Palmirene,  centro  di  potente 
Stato. 

Sotto  Diocleziano,  i  Persiani  vinti  lasciarono  che  Roma  collocasse  un  re  vassallo  sul 
trono  d'Armenia,  nominasse  quello  d'Iberia  che  per  loro  proteggesse  le  gole  del  Cau- 
caso; cedettero  anche  le  cinque  provincie  di  là  dal  Tigri,  cioè  VArzanene  sull'Eufrate, 
capitale  Amida;  la  ZabJicene  sulle  due  rive  del  Tigri,  all'est  del  monte  Masio,  capitale 
Bezabde;  la  Moxoene ,  la  Gordiem ,  vasto  paese  montuoso  al  nord  dell'Arzanene  ;  della 
quinta  non  si  conosce  il  nome  né  il  posto.  Sotto  lo  stesso  furono  rialzate  le  fortificazioni 
di  frontiera;  tolte  dalle  mine  Treveri,  Autun,  Grenoble,  Winterthur;  rifabbricati  e 
muniti  i  posti,  dalle  bocche  del  Reno  a  quelle  del  Danubio;  nuove  fortezze  nella  Sar- 
mazia;  e  una  linea  di  campi  fortificati  si  stese  lungo  l'Eufrate,  e  da  questo  all'Egitto. 
Da  Diocleziano  a  Costantino  l'Impero  non  perdette  nulla,  restando  suoi  confini  ad  occi- 
dente l'Atlantico  pel  continente,  i  golfi  del  Clyde  e  del  Forth  per  la  Bretagna;  al  nord 
il  mar  Germanico,  poi  il  corso  del  Reno  e  del  Danubio,  colla  trincea  che  proteggeva  le 
terre  Decuraati;  in  Africa  il  deserto  libico;  in  Asia  le  Arene  arabiche,  la  Babilonia, 
l'Assiria,  la  Media,  il  Caspio,  il  Caucaso. 

§  6.  —  Tetrarchìa,  e  nuovo  ordinamento  amministrativo. 

Diocleziano  divise  (286-92)  l'Impero  in  quattro,  tenendo  per  sé  l'Oriente,  vale  a  dire 
le  possessioni  asiatiche,  l'Egitto,  e  in  Europa  la  sola  Tracia,  A  Galeno,  suo  cesare,  as- 
segnò la  Mesia  superiore  o  Dacia  d'Aureliano,  la  Macedonia,  l'Epiro,  l'Acaja;  e  ne  fece 
capitale  Sirmio.  Massimiano  Erculeo  che  sedette  in  Milano,  ebbe  l'Italia,  colle  isole  del 
Mediterraneo,  le  due  Rczie,  i  due  Norici,  la  Pannonia,  l'Illiria  e  parte  dell'Africa.  Il  suo 
cesare  Costanzo  Cloro  ebbe  la  Gallia,  la  Spagna  con  porzione  d'Africa  e  la  Bretagna  ro- 
mana, e  sedeva  in  Treveri  nel  Belgio,  o  ad  Eboracum  (York)  nella  Grande  Cesariana. 

Per  rendere  men  pericolosi  i  governatori,  Diocleziano  avea  comincialo  a  frangere  le 
grandi  provincie,  e  Costantino  compì  l'opera.  Parti  l'Impero  in  quattro  prefetture  (I): 

(^)  Vedi  la  NolUta  dignilalum  utriutque  Jmperii  nei  Documenti  di  Legislazione  e  Diplo. 
in  a  zi  a,  N^  XIV. 


182  '       GEOGRAFIA." —  EPOCA  SESTA 

1"  Delle  Galli  e,  colla  Gallia,  la  Bretagna,  la  Spagna,  le  Baleari,  la  Mauritania  occiden- 
tale fra  il  iMalva  e  l'Oceano.  2'  Quella  A'  Italia^  coH'ltalia  la  Rezia,  la  parte  dell'A- 
frica che  è  tra  la  Cirenaica  e  la  Mauritania  Tingitana.  3"  Quella  ^'  Illiria  ,  cioè  No- 
rico,  Pannonia,  llliria, Grecia,  Mesia.  4' Quella  ù'  Oriente  teneva  il  resto  dell'Impero. 
Ciascuna  fu  suddivisa  in  diocesi,  e  queste  in  provincie. 
[.Prefettura   delle   Ga/Z«  e,  in  tre  diocesi: 

A.  Diocesi  della  Gallia,  fra  il  Reno,  l'Alpi,  i  Pirenei  e  l'Oceano,  con  diciassette  Pro- 
vincie, di  cui  cinque  nell'antica  Belgica,  aggiuntovi  il  paese  de'  Sequani  e  degli  Elveti, 
cioè  le  due  Germanie  lungo  il  Reno,  capitali  Colonia  e  Magonza;  le  due  Belgiche  for- 
mate col  resto  della  Belgica  antica,  capitali  Treveri  e  Reims;  il  paese  de' Sequani  e  degli 
Elveti,  detto  Maxima  Sequanorum,  capitale  Besancon.  Quattro  nella  Lugdunese,  cioè 
Gallia  Lugdunensis  Prima,  capitale  Lione;  Secunda,  caldàie  Rothomagus  fRouen); 
Tertia,  capitale  Civitas  Tur o?ium  (Toms);  Quarta,  capitale  Civiias  Senonum  (Sens).  Tre 
nell'Aquitania,  cioè  Aquilania  prima,  capitale  Avaricum  (Bourgesj  ;  Secunda^  capitale 
Burdigala  (Boììi'iieiìnx);  Tertiao  Novempopulonia,  capitale  jEiusa  (Eiìze).  Cinque  nella 
Narbonese,  cioè  Narbonensis  Prima,  capitale  Narbona  ;  Secunda,  ciì\)\l<i\e  ^quce  Sextice 
(Aix)  ;  Alpes  Marilimce,  capitale  Eburodunum  (Embrun)  ;  Provincia  Viennensis,  capitale 
Vienne;  Alpes  Grajce,  capitale  Darantasia  (Cen\.TO&), 

B.  La  Diocesi  di  Spagna  comprendeva  sette  provincie:  le  antiche  di  Lusitania  e  Be- 
tica,  capitali  Merida  e  Siviglia  ;_  e  tre  formate  a  spese  della  Tarraconese,  cioè  la  Gal- 
lecia  ai  nord-ovest,  capitale  Braga;  la  Cartaginese,  capitale  Cartagena;  la  Tarraconese 
fra  le  due  precedenti,  capitale  Tarragona;  infine  le  Baleari  e  la  Mauritania  Tingitana 
fra  l'Atlantico  e  il  Malva,  capitale  Tanger. 

C.  Diocesi  di  Bretagna,  in  quattro  provincie:  Britannia  Pr mia  sulle  coste  orieiitali, 
capitale  Canterbury  ;  Secunda  sulle  coste  occidentali;  Flavia  Ccesariensis  al  mezzodì  fra 
il  mare  e  l'alto  Tamigi  ;  Maxima  Ccesariensis  al  nord,  lungo  la  mura  d'Adriano,  capi- 
tale York.  Dipoi  'V^alentiniano  formò  la  nuova  provincia  Valentia  fra  il  muro  d'Adriano 
e  quel  di  Severo. 

II.  Prefettura  d' Italia,  m  due  diocesi  : 

A.  Diocesi  d' Italia ,  con  quindici  provincie:  Campania,  Samnium,  Lucania  e  Bru- 
tium,  Apulia  e  Calabria,  Etruria,  e  Umbria,  Picenum  Suburbicarium  che  comprendeva 
l'occidente  dell'antico  Piceno  e  il  sud  ovest  dell'Umbria,  Picenum  e  Flaminia  fra  Mo- 
dena e  Rimini  con  tutto  il  litorale  dell'antica  Umbria,  Venetia,  yEmilia  fra  il  Po  e  l'Apen- 
nino,  Liguria,  Sicilia,  Sardinia,  Corsica,  Alpes  Cottice,  Betia  unita  alla  Vindelicia. 

B.  La  Diocesi  d'Africa  abbracciava  il  proconsolato  di  Cartagine  e  una  viceprefettura 
che  contenea  cinque  provincie  :  la  Binacene  fra  il  golfo  della  Piccola  Sirti  e  quel  d'Adru- 
meto ,  capitale  fiysacjum;  la  Numidia  propria,  Cii\)\lai\e  Comtantina  ;  la  Tripolitana  , 
capitale  Leplis  Magna;  la  Mauritania  Ccesariensis  fra  il  Malva  e  il  Serbelo ,  capitale 
Cwsarea;  la  Mauritania  Sitifensis,  capitale  Sitin  tra  il  Serbelo  e  l'Ampsagas  che  la  di- 
videa dalla  Numidia  propria. 

l\l.  Prefettura  d' llliria,  in  due  diocesi: 

A.  Diocesi  d' llliria,  divisa  in  dieci  provincie:  Noricum  Ripense  lungo  il  Danubio,  ca- 
pitale Lauriacum;  Noricum  Medilerraneum,  capitale  ]'irunum  ;  le  due  Pannonie,  capi- 
tale Sabaria  e  ììregelio ;  la  Valeria,  piccolo  paese  sul  Danubio,  ad  oriente  delle  due 
Pannonie,  capitale  Acincum;  la  Savia,  parte  della  Pannonia  antica  fra  la  Drava  e  la 
Sava,  capitale  Siscia;  la  Dalmazia,  capitale  Sa/ona;  la  Mesia  Prima  o  superiore,  ca- 
pitale Viminiacium;  la  Dacia  Ripensis  e  la  Mediterranea,  cioè  la  porzione  compresa  fra 
la  Mesia  Supcriore  e  l'inferiore,  detta  cosi  in  memoria  degli  antichi  possessi  di  Roma 
nella  vera  Dacia  al  nord  del  Danubio:  capitale  Ratiaria  e  Sardica. 

B.  La  Diocesi  della  Macedonia  abbracciava  sette  provincie:  Macedonia,  capitale  Tes- 
salonica;  Tessaglia,  capitale  Larissa;  Grecia,  capitale  Corinto;  antico  e  nuovo  Epiro, 
capitali  Nicopoli  e  Durazzo;  Prevalitana,  porzione  meridionale  della  Dalmazia,  dove 
erano  Scodra  e   Lissus  ;  e  la  Creta. 

IV.  Prefettura  d'Oriente,  in  sei  diocesi  : 

A.  Diocesi  del  proconsolato  d'Asia,  colle  tre  provincie  dell'^lsm  Propria  antico  regno 
di  Pergamo,  Ellesponto  già  Misia,  e  le  Isole. 

B.  Diocesi  0  contea  d'Oriente,  in  quindici  provincie:  h  Palestina,  suddivisa  in  Prima 


NUOVO  ORDINAMENTO  AMMINISTRATIVO  183 

governata  da  un  consolare  sedente  in  Cesarea,  Securìda,  capitale  Samaria,  e  Salutare  ^ 
capitale  Gerusalemme  ;  l'Arabia,  capitale  lìoslra;  la  Fenicia  marittima,  capitale  Tiro;  la 
Siria  Consolare,  capitale  Antiochia;  la  Cilicia,  capitale  Tarso;  l'isola  di  Cipro;  la  Fe- 
nicia del  Libano,  capitale  Damasco;  V Eufratina,  capitale  llierapolis;  la  Siria  Salutare, 
capitale  Apamea;  VOsroene,  capitale  EJessa  ;  la  Mesopotamia,  capitale  Amida  ;  la  Cilicia 
Secuìida,  capitale  Anazarbe;  V Isauria,  capitale  Seleucia  Trachea. 

C.  Diocesi  d' Egitto,  in  cinque  provincie  :  Libia  Inferiore,  cap'\lai\e  Paraatonium  ;  Libia 
Superiore,  ad  occidente  della  predetta,  capitale  Cyrene;  Tebaide,  capitale  Tebe;  Egitto 
(Delta),  capitale  Alessandria;  e  Arcadia. 

D.  Vicariato  d'Asia ,  in  otto  provincie:  Panfilia,  capitale  Aspenda;  Lidia,  capitale 
Sardi;  Pisidia,  capitale  .hi ^ioc/na;  Licaonia,  capitale  Iconio,  Frigia  Pacatiana,  capi- 
tale Laodicea;  Frigia  Salutare,  capitale  Synnade;  Licia,  capitale  it/i/ra;  Caria,  capitale 
Alicarnasso. 

E.  Diocesi  del  Ponto,  colle  nove  provincie  di  Calazio,  capitale  Andra;  Bitinia,  capi- 
tale Nicomedia;  due  Cappadocie,  capitali  Cesarea  e  Tiane  ;  Ellenoponto,  parte  occiden- 
tale dell'antica  provincia  del  Ponto,  capitale  Amasea;  Ponto  Polemoniaco,  capitale  Tre- 
bisonda;  due  Armenie,  capitali  Sebaste,  Meliteìie  e  l'antica  Cabira;  Paflagonia,  capitale 
Gangra.  Teodosio  formò  una  Galazia  Salutare,  capitale  Pessinunte,  ed  una  Onoriade, 
capitale  Claudiopoli  presso  le  coste  dell'Eusino. 

F.  Diocesi  di  Tracia  in  sei  provincie  ;  Europa  lungo  il  Bosforo  Tracio  e  la  Propontide, 
capitale  Eraclea,  già  Perinto;  Tracia,  ch'era  l'estremità  occidentate  della  Tracia  antica, 
capitale  Filippopoli  ;  Monte  Emo,  capitale  Adrianopoli ;  Rodope,  capitale  Abdera;  Se- 
conda Mesia,  capitale  Marcianopoli  ;  Piccola  Scizia,  capitale  Tomi. 

Tra  queste  provincie  era  una  gradazione  di  dignità,  come  negli  impieghi  amministra-!- 
tivi,  e  le  une  erano  amministrate  da  proconsoli  e  consoli,  altre  da  presidi  e  correttori: 

1"  Provincie  Proconsolari  erano  l'Acaja,  l'antico  regno  di  Pergamo  sotto  il 
nome  d'Asia  Proconsolare,  l'Africa  Cartaginese  sotto  il  nome  di  Proconsolato  di  Car- 
tagine, 

2°  Province  Consolari  erano  trentasette:  la  Prima  Palestina,  la  Fenicia,  la  Siria, 
Cipro,  la  Cilicia  nel  contado  d'Oriente-,  la  Panfdia,  l'Ellesponto,  la  Lidia  nella  diocesi 
d'Asia;  la  Galazia,  la  Bitinia  nella  diocesi  del  Ponto;  l'Europa,  la  Tracia  nella  diocesi 
di  Tracia;  la  Creta,  la  Macedonia,  la  Dacia  Mediterranea  nella  diocesi  d'illiria;  la  Ve- 
nezia e  l'Istria,  l'Emilia,  la  Liguria,  la  Flaminia  e  il  Piceno  Annonario,  la  Toscana  e 
l'Umbria,  il  Piceno  Suburbicario,  la  Campania,  la  Sicilia  nella  diocesi  d'Italia;  la  Bi- 
zacene  e  la  Numidia  in  Africa  ;  la  'V^iennese,  la  Lugdunese  Prima,  la  Belgica  Prima  e 
Seconda,  le  due  Gernnnie. 

3°  Settantuna  erano  \e  Provincie  Presidiali:  le  due  Libie,  la  Tebaide,  l'Egitto 
proprio,  l'Arcadia  in  Egitto;  la  Palestina  Salutare,  la  Palestina  Seconda,  la  Fenicia  del 
Libano,  l'Eufratina,  la  Siria  Salutare,  l'Osroene,  la  Mesopotamia,  la  Cilicia  Seconda  nel 
contado  d'Oriente;  la  Pisidia,  la  Licaonia,  la  Frigia  P;icatiana  e  la  Salutare,  la  Licia,  la 
Caria,  le  Isole  nella  diocesi  d'Asia;  l'Onoriade,  le  due  Cappadocie,  l'Ellenoponto,  il 
Ponto  Polemoniaco,  le  due  Armenie,  la  Galazia  Salutare  nella  diocesi  del  Ponto;  il 
monte  Emo,  il  Rodope,  la  Mesia  Seconda,  la  Scizia  nella  Tracia;  la  Tessaglia,  i  due 
Epiri,  la  Dacia  Ripense,  la  Mesia  Prima,  la  Prevalitana,  la  Dardania,  la  Macedonia  Sa- 
lutare, la  Dalmazia,  la  Pannonia  Prima,  le  due  Rezie,  il  Sannio,  la  Valeria,  la  Sardegna, 
la  Corsica  nell'Italia;  la  Mauritania  Sitifense ,  la  Tripolitana  in  Africa;  la  Tarraconese, 
la  Cartaginese,  la  Tingitana,  le  Baleari  in  Ispagna  ;  le  alpi  Marittime,  Pennine  e  Graje, 
la  grande  Sequanese,  l'Aquitania  Prima  e  Seconda,  la  Novempopulonia,  la  Narbonese 
Prima  e  Seconda,  la  Lionese  Seconda  e  Terza,  la  Lionese  de'Senoni  nella  Gallia;  la  Bre- 
tagna Prima  e  Seconda,  la  Flavia  Cesariense. 

4"  Quattro  erano  Provincie  Corretto r iati:  Paflagonia,  Apulia  e  Calabria, 
Lucania  e  Bruzio,  e  Savia.  Roma  e  Costantinopoli,  governate  da  un  particolare  prefetto 
della  città,  non  appartenevano  a  veruna  provincia. 

Separate  le  funzioni  militari  dalle  civili,  v'ebbe  uffiziali  destinati  a  custodir  la  fron- 
tiera; le  legioni,  ridotte  a  mille  cinquecento  uomini,  vennero  ripartite  fra  le  principali 
città  interne,  sotto  otto  conti  e  venticinque  duchi.  L'impero  d'Oriente  avea  due  conti 
militari ,  uno  nell'lsauria,  l'altro  in  Egitto;  sei  quel  d'Occidente,  in  Italia,  in  Africa, 


184  GEOGRAFIA  —   EPOCA   SESTA 

nella  Tingitana,  a  Strasburgo,  nella  Bretagna,  e  uno  per  custodire  il  lido  sassonico.  A 
duchi  erano  sottoposte  la  Libia,  Tebaide,  Fenicia,  Eufratina,  Siria,  Palestina,  Osroene, 
Mesopotamia,  Arabia,  Armenia,  Scizia,  Mesia  prima  e  Seconda,  Dacia  Ripense,  Mauri- 
tania Cesariense,  Tripolitana,  Pannonia  Prima,  Norico  Ripense,  Valeria  Ripense,  Pan- 
nonia  Seconda,  le  due  Rezie,  la  Sequanese,  l'Armorica,  il  paese  de'Nervii,  la  Belgica 
Seconda,  la  Germania  Prima,  la  Bretagna  e  il  territorio  di  Magonza. 
Città  Ng|  grai2(jg  uguagliamento  introdotto  da  Diocleziano  e  Costantino  erano  scomparsi 
indusirìg]j  antichi  privilegi  delle  città,  e  resa  uniforme  la  servitiì  in  tutto  l'Impero.  Solo  distin- 
guevansi  le  città  ov'erano  manifatture  imperiali. 

Nella  Gallia,  Strasburgo  fabbricava  ogni  sorta  armi,  freccie  Macon  ,  corazze  Autun, 
scudi,  balestre,  spade  Soissons,  spade  Reims,  scudi  e  balestre  Treveri,  spade  e  scudi 
Amiens.  In  Italia,  freccie  a  Concordia,  scudi  e  ogni  arme  a  Verona,  corazze  a  Mantova, 
scudi  a  Cremona,  archi  a  Pavia,  spade  a  Lucca.  Neirillirico  e  nel  Norico,  a  Sirmio 
scudi,  baliste  e  ogni  specie  armi;  a  Acinco,  a  Carnunto,  [a  Lauriaco  scudi,  a  Salona 
ogni  arme.  In  Asia,  scudi  e  altr'arme  a  Damasco  e  Antiochia;  scudi  ed  altri  arnesi  a 
Edessa,  uno  dei  grandi  arsenali  dell'Impero;  picche  a  Frenopoli  di  Cilicia  ;  spade  a  Ce- 
sarea di  Cappadocia;  tutte  armi  a  Sardi,  Nicomedia,  Adrianopoli,  Marcianopoli,  Tessa- 
lonica,  Naisso,  Ratiaria,  Horreum  Margi. 

Altre  città  aveano  manifatture  pubbliche,  ove  faceansi  e  tingeansi  slofTe  di  lana  e  seta 
per  uso  particolare  degl'imperatori,  vesti  militari,  vele  e  cordami  per  le  navi,  Arles, 
Vienne,  Lione,  Reims,  Tournay,  Treveri,  Autun,  Metz,  Salona,  Sirmio,  Spalatro,  Aqui- 
leja,  Milano,  Ravenna,  Roma,  Canusio,  Venosa,  Cartagine,  Venta  in  Bretagna  avevano 
telaj  ;  Taranto,  Salona,  Siscia,  Siracusa,  Tolone,  Narbona,  molte  città  dell'Africa  e  delle 
Baleari,  tintorie. 

Cesellature  e  dorature  facevansi  nell'impero  d'Occidente  in  tre  sole  città  della  Gallia; 
Arles,  Reims,  Treveri.  Moneta  battevasi  a  Siscia,  Aquileja,Roma,  Lione,  Arles,  Treveri. 
Tesori  pubblici  teneansi  a  Salona,  Siscia,  Sibaria,  Aquileja,  Milano,  Roma,  Augusta, 
Lione,  Arles,  Nimes,  Treveri. 


EPOCA     VII 

DAL  323  AL  476  D.  e. 


§  1 .  —  Impero  romano. 

Il  dio  Termine  è  stato  smosso;  già  i  Barbari  d'ogni  parte  restringono  i  confini  del- 
l'impero di  Roma.  Il  discendente  di  Costantino,  da  Bisanzio  mandava  i  suoi  ordini  al 
nord  fin  all'oceano  Germanico,  al  Reno  e  al  Danubio;  all'ovest  fin  all'Atlantico,  poi 
nell'isola  Britannica  sino  al  golfo  della  Clyde  e  del  Forth  ;  in  Africa  sino  alla  Getulia, 
alla  Libia,  e  ai  deserti  di  Siene;  in  Asia  fino  al  porto  d'Ailath  sul  mar  Rosso,  a  Susa 
sull'Eufrate,  dove  al  gomito  che  forma  questo  fiume  sotto  il  34°  di  latitudine,  sorge- 
vano le  are  indicanti  i  confini  dell'Impero;  a  Circesio,  e  alle  frontiere  dell'Armenia. 
Inoltre  la  grandezza  antica  e  la  religione  il  faceva  molto  influente  soprai  Lazi,  abitanti 
fra  il  Ponto  Eusino  e  il  Caucaso,  e  sopra  gli  Iberi  e  le  città  mercantili  di  Dandaca, 
Cherson,  Teodosia,  Bosforo,  Fanagoria,  sul  lato  meridionale  del  Chersoneso  taurico. 

A  quest'Impero  ancora  sì  vasto  mancano  la  forza  e  la  ricchezza  vera,  cioè  la  popola-  Popolai, 
zione,  giacché  dapprima  la  conquista,  poi  la  lenta  oppressione  del  fisco  n'avea  snidato 
gli  abitanti;  e  tutti  gli  scrittori  s'accordano  a  deplorare  le  intere  provinole  vuote  di 
gente.  Plutarco  dice:  «Gli  oracoli  cessarono  perchè  distrutti  i  luoghi  dond'essi  profe- 
«  tavano:  a  fatica  in  Grecia  troveresti  tremila  uomini  da  guerra».  E  Strabene:  <tlo  non 
«  descriverò  l'Epiro  e  i  luoghi  circostanti,  perchè  affatto  deserti.  Lo  spopolamento,  co- 
«  minciato  già  da  un  pezzo,  prosegue  di  modo,  che  i  soldati  romani  mettono  il  campo 
«  nelle  case  abbandonate  ». 

Più  compassione  facea,  pel  paragone  dell'antica  grandezza ,  l'Italia.  In  alcune  Pro- 
vincie eransi  già  annidati  i  Barbari  :  Scoti  e  Pitti  occuparono  la  Valenzia  ;  Franchi  Sa- 
lici, l'isole  de'  Batavi  e  la  Toxiandria  (Anversa)  ;  Franchi  Ripuarj,  la  sinistra  del  Reno 
intorno  a  Colonia  ;  Alemanni,  le  terre  decumati;  Silingi ,  la  Pannonia  ;  Visigoti,  la 
Mesia  Seconda,  le  due  Dacie,  la  Tracia;  Ostrogoti,  la  Galazia:  altri  Barbari  minaccia- 
vano l'Impero,  altri  gli  prestavano  infelice  servigio  come  ausiliarj. 

Più  volte  erasi  già  diviso  l'Impero  romano,  ma  definitivamente  dopo  morto  Teodosio  Divisione 
(395)  formaronsi  i  due  imperi  d'Oriente  e  d'Occidente,  tra  cui  erano  confine  in  Africa 
la  Tripolitana  e  la  Pentapoli ,  in  Illiria  il  corso  del  Brino  affluente  della  Sava,  e  quel 
della  Barbana,  che  al  nord  di  Scodra  gettasi  nel  lago  Labeati.  Ecco  lo  specchio  di  quella 
divisione: 

Prefetture  Diocesi  Provincie 

(    3  Palestine,  Fenicia, 
j    2  Sirie,  Cipro,  Arabia. 
!    2  Cilicie,  Mesopotamia. 
\    Egitto  proprio,  Tebaide. 

2  Libie,  Arcadia,  Augustanica. 

Panfilia,  Ellesponto. 

Lidia,  Licaonia,  2  Frigie. 

Licia,  Caria,  isole. 

2  Galazie,  Bitinia,  Ponto, 

2  Cappadocie,  Paflagonia, 

2  Armenie,  Ellesponto,  Poleraonia. 

Europa,  Tracia,  Rodope. 

Emo,  2  Mesie,  Scizia. 

Acaja,  Macedonia. 

Creta,  Tessaglia. 

Epiro  antico, 

Epiro  nuovo. 

Dacia  interiore. 

Dacia  ripense. 

Mesia  I. 

Dardania. 
S  \  l    Prevalitana. 


I'  Oriente 


IF  Illiria 

(orientale) 


Diocesi 
I  Oriente 

lì  Egitto 

III  Asia 

IV  Ponto 

V  Tracia 

I  Macedonia 

II  Dacia 


186 


Prefetture 


P  Italu 


IF  Gallie 


GEOGRAFIA  - 

Diocesi 

I  Italia 

suddivisa  in 
diocesi  d'Ita- 
lia e  diocesi 
di  Roma. 

II  Illiria 

(occidentale) 

III  Africa 


I  Spagna 


V' 


Gallia 


EPOCA   SETTIMA 

Provincie 
Venezia  Liguria,  2  Piacentini. 
Toscana  e  Umbria,  Campania. 
Sicilia,  Apulia  e  Calabria. 
Lucania  e  Bruzio. 
Alpi  Cozie. 
2  Rezie,  Sannio. 
Valeria,  Sardegna. 
Corsica. 

2  Pannonie,  Savia. 
Dalmazia,  2  Nonci. 
Tripolitana,  Bizacena. 
Numidia. 
2  Mauritania. 
Betica,  Lusitania,  Galizia. 
Tarraconese,  Cartaginese. 
Isole  Baleari,  Tingitana  in  Africa. 
Narbonese  I    Metropoli  Narbona  (I) 


ili  Bretagna 


Narbonese  II 

Viennese  » 

Alpi  marittime  » 

Alpi  Pennine  » 

Afjuitania  I  » 

Aquitania  II  » 
Aquitania  III  o 

Novempopulonia» 

Lionese  I  » 

Lionese  II  « 

Lionese  III  » 

Lionese  IV  » 
Lionese  V  o 

Sequanese  » 

Belgica  I  » 

Belgica  II  >> 

Germania  I  » 

Germania  II  » 
Bretagna  i  e  H. 
Massima  Cesariense, 
Flavia  Cesariense. 
Valenzia. 


Aix  (2).^ 
^MenDe  (3). 
Embrun  (i). 
Tarantaise  (S). 
Bourges  (6). 
Bourdeaux  (7). 

Eiìze  (8). 
Lyon  (9). 
Rouen  (10). 
Tours  (11). 
Sens  (12). 

Besancon  (13). 
Treves  (14). 
Reims(15). 
Mayence  (16). 
Nimègue  (17). 


(<)  Alta  Garonna,  Ariège,  Pirenei  orientali,  AuJe, 
Tarn  e  Garonna,  Tarn,  Herault,  Gard,  Lozère,  Ar- 
dèchc. 

(2)  Bocche  del  Kodano,  Varo,  Valchiusa,  basso  e 
alte  Alpi,  Iscro. 

(o)  Bocche  del  Rodano,  Dròme,  Valchiusa,  Ain, 
Isero,  Savoja,  Ginevra. 

(•'()  Conica  di  Nizza,  dipartimento  del  Varo, 
basse  e  alte  Alpi. 

(5)  Savoja,  cantone  del  Valcse. 

(6)  Cher,  ludre,  Crcnse,  alta  Vienna,  Corrczc, 
Puy-dc-Dòmc,  Allicr,  Lozere,  Cantal,  Avcyron,  Lot, 
Tarn  e  Garonna. 

(7)  Loirc  inferiore,  Maine  e  Loire,  Vandca,  Due 
S'evres,  Vienne,  Charcntc  inforiorc,  Charente,  Gi- 
ronda,  Dnrdojna,  Lot  e  Garonna,  Gers. 

(8)  Gironda,  Landes,  Gcrs,  alta  Garonna,  alti  e 
bassi  Pirenei,  Ariègc. 

(9)  Alta  Marna,  Góte  d'Or,  Ni'evre,  Allier,  Saone 
e  Loire,  Rodano,  Loire,  Ain. 


(IO)  Seine  e  Oise,  Scine  inferiore,  Euro,  Calva- 
dos, Oine,  Manche. 

(H)  Finislbre,  Còtes  du  Nord,  Ile  e  Vilainc, 
Morbihan,  Loirc  inferiore,  Mayennc,  Sarthc,  Maine 
e  Loire,  Indre  e  Loire. 

(12)  Senna  e  Marna,  Senna,  Senna  e  Oise,  Euro 
e  Loire,  Loire  e  Cher,  Loiret,  Nièvrc,  Yonne,  Aube. 

(15)  Alta  Saona  ,  Doubs,  Jnra,  Saonee  Loire,  Aiu. 
(14)  Granducati   del  basso  Reno  e   di    Liisseni- 

biirgo,  dipartimento  della  Mosa,  Mosella,  Meurthc, 
Vogesi,  aita  Marna 

(lij)  Paesi  Bassi,  Fiandra,  Ilainaut,  dipartimento 
Nort,  passo  di  Caiais,  Somme,  Oise,  Aisnc,  Marne, 
Ilauti'-Marne. 

(16)  Assia  Darmstadt,  Baviera  renana,  diparti- 
mento dell'alto  e  basso  Reno. 

(17)  Paesi  Bassi,  Olanda  meridionale ,  Gueldria 
meridionale,  Brabante  seltcntrionalc,  Zelanda,  An- 
versa,  Limbiirgo,  Liegi,  Naraur,  granducato  del 
bosso  Reno. 


BARDARI   SETTENTRIONALI  187 


§  2.  —  Barbari  settentrionali. 

Circuendo  i  confini  dell'Impero,  si  sarebbero  trovati  d'ogni  parte  vicini  minacciosi. 
Al  nord  i  Pitti  piombavano  dai  monti  Granipian  sopra  la  Bretagna,  le  cui  coste  erano 
devastate  da  Franchi  e  Saswni.  In  Germania,  Marcomanni  ^  Quadi ,  Jazigi  usavano  le 
ultime  forze  a  guastar  le  provincie  del  Danubio.  Intanto  in  riva  al  Reno  s'erano  formate 
le  confederazioni  dei  Franchi  e  quella  degli  Alenianni;  la  prima  abbracciando  gli  anti- 
cbi  Amsivari^  i  Cherusci,  i  Chamavi,  i  Brulteri,  i  Catli,  gli  Attuari,  i  Sicambri,  i  Salj 
e  Ripuarj;  l'altra  le  tribù  sveve,  massime  Usipj,  Bucinobanti,  Caracasiani ,  Elveti^  In- 
tuergi,  Rucinati^  Tenetevi. 

Dietro  dagli  Alemanni,  sulle  sponde  del  Danubio,  stendeansi  da  occidente  in  oriente  i 
borgognoni,  scesi  dal  Baltico  alle  sorgenti  del  Meno;  gli  Svevi  assisi  tra  le  fonti  del- 
l'Elba e  del  Weser;  all'est  di  questi  i  Marcomanni  nella  Boemia;  i  Quadi  nell'Unghe- 
ria; sotto  di  essi  i  Giutungi  sul  Danubio;  tra  il  quale  e  il  Theiss  i  Sarmati  Jazigi. 

Anche  i  popoli  più  settentrionali  si  accostavano  ;  e  i  Longobardi  erano  venuti  dal  Bal- 
tico sull'Elba;  i  Gepidi,  loro  fratelli,  ad  oriente  della  Boemia;  i  Vandali  nella  Transil- 
vania.  Ai  Sassoni,  pirati  terribili  fra  il  Weser  e  l'Elba,  s'erano  confederati  altri  popoli 
adottandone  il  nome,  come  i  Cauri,  i  Brufteri,  gli  Angli.  Al  mar  del  Nord,  tra  il  lago 
Elevo  e  le  foci  dell'Ems,  restavano  immoti  i  Frisoni;  al  nord-est  i  Bugi  in  riva  al- 
l'Oder,  e  nella  parte  superiore  di  questo  i  Ligi;  al  nord-est  della  Vistola  i  Venedi,  sul 
golfo  Venedico;  al  nord  del  Niemen  i  Borussi  ;  al  nord  della  Dvina  gli  Estj,  razza 
finnica. 

Nel  Chersoneso  cimbrico  stavano  al  nord  i  Giuli;  i  Dani  nelle  isole  vicine  e  nella 
Scandinavia  meridionale;  nel  resto  di  questa  Goti  al  sud,  Sujoni  al  centro,  Finni  nel 
Einnmark  e  sul  continente  nella  Finlandia  e  nella  Russia  settentrionale. 

I  Goti  aveano  le  prime  stanze  alla  foce  della  Vistola;  donde  nel  ii  secolo  calaronsi 
verso  il  sud,  nel  in  si  piantarono  nella  Dacia,  di  dove  una  porzione  passarono  sulla  riva 
settentrionale  del  Ponto  Eusino.  Gepidi,  Grentungi,  Tervingi,  Tai falli,  Victovali,  Ue- 
sogoti  erano  le  precipue  tribù  sedenti  nella  Dacia  e  nella  Mesia  inferiore.  Le  uni  il 
grande  Ermanrico,  che  stese  la  spada  e  l'impero  (352-72)  sopra  gli  Bruii  del  mare 
d'Azof,  i  Rossolani  della  Russia  orientale,  gli  Estj  del  Baltico,  ed  altri  Slavi  e  Venedi 
della  Russia  e  Polonia.. 

Spezzarono  quell'impero  gli  Unni,  che  venuti  dal  Caspio,  sottomisero  gli  Akaziri  in 
riva  al  Volga,  gli  Alani  al  nord  del  Caucaso,  gli  Fruii  ad  occidente  della  palude  Meo- 
lide;  e  cacciaronsi  innanzi  i  Vandali,  che  salirono  in  su  pel  Danubio;  i  Visigoti,  che 
piantaronsi  nella  Mesia,  e  dal  Volga  al  Theiss  sommossero  le  genti  gotiche.  Più  allar- 
garono le  conquiste  allorché  Attila  (441-55)  li  menò  a  minacciare  Costantinopoli  e 
Roma,  ed  estese  la  dominazione  sua  dal  Reno  al  Caspio,  dal  Baltico  ai  monti  della  Gre- 
cia settentrionale. 

Dietro  gli  Unni,  verso  gli  Urali  stavano  sul  lembo  dell'Asia  genti  turche  ;  tra  i  Finni 
e  i  limiti  della  Siberia,  i  Magiari,  gente  turca  o  tartara:  di  sotto  i  Magiari,  dal  nord  al 
sud  gli  Avari,  i  Pacinati,  i  Cumani;  sulla  riva  settentrionale  del  Caspio  gli  Akaziri  e 
Cazari;  sul  Volga  i  Bulgari. 

§  3.  —  Barbari   d'Asia  e  d'Africa. 

Alcuni  Alani,  fuggenti  innanzi  agli  Unni,  s'annidarono  presso  il  Caspio;  gli  Zichial 
nord-est  del  Ponto  Eusino,  e  i  Goti  Tetraxiti  nella  Crimea,  furono  dalla  posizione  pro- 
tetti contro  gli  Unni  Nell'istmo  del  Caucaso,  i  Lazi  in  riva  al  Fasi,  ^Vlberi  sul  Ciro, 
pendevano  per  gl'imperatori;  gli  Armeni  pei  Persi. 

L'Armenia  stendevasi,  ad  oriente  dell'Eufrate,  da  Satala  fin  alla  spina  di  monti  che 
costeggia  il  Caspio  ;  avendo  città  principali  Artaxata  sull'Arasse,  sede  dei  re,  che  poi 
trasportaronsi  a  Tibion;  Ani  fortezza  sull'Eufrate;  Teodosiopoli  fondata  il  415  e  delta 
poi  Azel  Roum  paese  de'  Romani  (Erzerum),  avea  perduto  i  re  proprj. 


188  GEOGRAFU  —  EPOCA   SETTIMA 

L'impero  dei  Sassanidi  in  Persia  al  fine  del  iv  secolo  terminava  al  nord  coll'Oxo  e 
rOcho,  che  lo  separavano  dall'impero  degli  Indo-sciti  o  Ine-ci,  col  Caspio  e  colle  porte 
Albane,  per  dove  sbucavano  tratto  tratto  gli  Alani;  all'ovest  col  regno  di  Georgia  e 
d'Armenia  orientale,  e  colle  frontiere  romane;  al  sud-ovest  col  regno  arabico  di  Ira  o 
dei  Mondar,  da  cui  lo  divideva  l'Eufrate;  al  sud  colle  coste  meridionali  del  golfo  Per- 
sico e  col  mar  Eritreo;  all'est  coi  monti  Barbitani  e  Parsyeti,  che  lo  sceveravano  dagli 
Indo-sciti.  Ctesifonte  era  capitale  di  tutto  l'impero  sassanide. 

Ad  oriente  della  Palestina  stavano  i  Nabatei,  e  a  levante  di  questi  i  Saracini,  bersa- 
gliando l'impero  romano. 

Blemmj  e  Nubj  combattevansi  tra  loro  fra  Siene  e  Meroe ,  dove  erano  perite  le  ses- 
santotto città,  un  tempo  famose,  non  rimanendo  che  Napata  sul  Nilo;  Cartagine,  che 
per  otto  strade  comunicava  colle  città  marittime  dell'Africa  proconsolare  e  colle  medi- 
terranee della  Numidia;  Ippoìm,  città  forte  e  trafficante,  popolata  da  molti  Ebrei-,  Co- 
stantina,  donde  quattro  vie  dirigeansi  alle  precipue  città  numide. 

Il  resto  dell'Africa  romana  era  popolatissimo  e  fiorente  per  civiltà  e  cristianesimo, 
con  almeno  quattrocensessantasei  vescovadi  :  ma  gli  Austuritani  devastavano  già  la  Tri- 
politana,  e  sotto  Valentiniano  l  misero  a  rovina  Lepti  ;  Teodosio  respinse  gli  Isaflensi 
al  sud  della  Mauritania  Cesariense,  ma  senza  poter  ottenere  rispetto  dalle  tribù  vicine 
al  monte  Ferrato  (JuriuraJ. 

§  4.  —  Invasioni. 

Questi  popoli  stringono  l'Impero,  costretto  a  dar  indietro  man  mano  che  essi  ne  oc- 
cupano qualche  porzione.  1  Goti  sotto  Fritigerno  ed  Alarico,  gli  Alemanni  sotto  Rada- 
gaiso,  Svevi,  Vandali,  Alani  soUo  Godegisilo  moltiplicano  le  scorrerie.  Poi  Borgognoni, 
Svevi,  Vandali  formano  regni.  Dai  frantumi  dell'impero  d'Attila  sorgono  i  brevi  do- 
minj  degli  Unni  Uturghi  e  Cuturghi,  dei  Longobardi,  Gepidi,  Bugi,  Turingi ,  Eruli .  Gli 
Ostrogoti  occupano  l'Italia;  Franchi  e  Sassoni  la  Gallia  e  l'Inghilterra.  Gli  Slavi  appa- 
jono  sulle  terre  abbandonate  dai  Germani  ;  le  orde  turche  vengono  dagli  Urali  sopra  la 
Russia.  Anche  i  Finni  giungono  dai  paesi  iperborei  fino  al  Volga,  mentre  i  ranrfa/i  in- 
vadono l'Africa,  e  i  Sassanidi  l'Armenia ,  che  nel  428  fu  divisa  tra  essi  e  l'Impero, 
restando  a  quelli  la  ricca  ed  estesa  Persarmenia,  a  questo  il  contado  d'Oriente,  che  fu 
poi  partito  in  cinque  provinole  :  la  Grande  Armenia,  capitale  Erzerum-,  V  Armenia 
Prima  Q  la  Seconda,  capitali  Sebaste  ^  Melitene  ;  la  Quarta,  coi  cantoni  di  Anzitene, 
Ingilene,  Belabitene,  Sofene;  la  Terza  o  Ponfo  Po/emon«aco  sul  mar  Nero,  capitale  Tre- 
bisonda. 


EPOCA    Vili 

DAL  476  AL  622  D.  e. 


gì    —  Basso  Impero. 

L'impero  Occidentale  è  sciolto  (476),  e  spartito  fra  varie  genti  che  avviano  una  nuova 
civiltà.  L'Orientale  o  /?o/»anm  ha  per  confini,  in  Europa  al  nord  il  Danubio  dalla  foce  fin 
all'Esco,  ad  occidente  di  Nicopoli,  a  nord-ovest  il  corso  dell'Esco,  indi  i  paesi  ad  occi- 
dente di  Sardica  e  Stobi,  e  a  settentrione  di  Dirrachio  :  in  Africa  possedeva  l'Egitto  e 
la  Libia,  fin  ai  limiti  occidentali  della  Pentapoli:  in  Oriente  aveva  acquistato  la  Col- 
chide  e  il  contado  d'Armenia,  e  stendevasi  dal  Caucaso  al  mar  Rosso,  passando  per  Teo- 
dosiopoli,  Martiropoli,  sul  Ninfeo  affluente  del  Tigri;  l'inespugnabile  Merden  nel  monte 
Masio;  Darà  al  nord  de'  monti  Singiar:  verso  l'Arabia,  le  fortezze  di  Siria  e  Palestina 
mal  frenavano  gl'irrequieti  Saracini. 

Quivi  Tiro,  Berito,  Sidone,  Antiochia  conservavano  l'antica  industria;  l'Egitto  era 
granajo  di  Costantinopoli,  ma  la  Grecia  e  la  Tracia  giacevano  spopolate;  Sciri,  Satg,'ji, 
Alani,  Goti  accampavano  sulla  destra  del  Danubio,  inutile  schermo  a  Slain  ,  Gepidi ^ 
Bulgari,  irruenti;  la  muraglia,  eretta  da  Anastasio  per  18  leghe  dalla  Propontide  al  mar 
Nero  onde  proteggere  Costantinopoli,  ne  mostrava  la  debolezza;  Darà  rimpetto  a  Nisibi, 
Teodosiopoli  verso  le  sorgenti  dell'Eufrate,  Amida  al  varco  del  Tigri  opponevano  l'arte 
delle  fortificazioni  e  i  vantaggi  della  disciplina  al  furore  persiano. 

Tutte  le  rinforzò  Giustiniano  (527-65),  che  coprì  di  ottanta  forti  le  rive  del  Danubio,  Impero 
ristaurò  Palmira,  munì  le  città  della  Bisacene  e  della  Numidia  meridionale.  Le  sue  con-  ^.'"sii- 
quiste  parvero  tornar  grandezza  all'Impero,  avendo  occupato 

o.  Il  regno  de'  Vandali  in  Africa,  salvo  le  Mauritanie  Tingitana  e  Cesariense,  rimaste 
ai  Mori  ; 

b.  11  regno  degli  Ostrogoti,  eccetto  la  Provenza  e  la  Baviera,  da  Vitige  cedute  ai 
Franchi  ; 

e.  Valenza  e  la  Betica  in  Ispagna,  cedutegli  da  un  re  visigoto:  onde  l'impero  suo  avea 
per  confini  in  Africa  all'ovest  l'Atlantico;  al  sud  il  grande  Atlante  e  il  deserto;  in  Eu- 
ropa la  catena  occidentale  dell'Alpi ,  il  Danubio  dal  confluente  dell'Ems  fino  al  mar 
Nero;  in  Asia  gli  antichi:  oltreché  possedette  le  isole  del  Mediterraneo,  e  nella  Spagna 
Valenza  e  la  Belica.  Ma  tali  conquiste  indebolivano  il  centro,  senza  poter  rendersi  du- 
revoli, e  mal  si  proteggeano  colle  fortezze. 

§  2.  —  Impero  persiano. 

Come  l'impero  orientale  dai  Germani,  così  il  persiano  era  minacciato  dai  Tartari, 
che  cercavano  passare  il  Caucaso.  Gli  Unni  Eftaliti,  varcatolo  nel  473,  lo  ridussero  a 
pagare  un  tributo,  da  cui  lo  redense  Cobad  nel  505,  che  munì  le  gole  del  Caucaso. 
Le  principali  sono  quella  di  Dariel,  per  cui  si  va  da  Mozdok  a  Tiflis  ;  e  quella  di  Derbend 
in  riva  al  Caspio,  nel  Daghestan.  La  prima  è  una  valle  approfondata  fra  due  catene  di 
erte  montagne,  che  taglia  l'istmo  del  Caucaso.  La  gola  di  Derbend  è  una  steppa,  dove 
erano  le  porte  Caspie,  e  Cosroe  Nuscirvan  la  chiuse  con  una  muraglia,  lungo  tutta  la 
catena  del  Tabasseran. 

Al  sud-est  la  Persia  era  minacciata  dai  Saracini,  che  correvano  la  Mesopotamia  e  la 
Siria;  le  provincie  al  nord  est  dagli  Unni  Ajateliti,  situati  nella  Transoxiana  ;  e  le  sa- 
trapie  orientali  dal  re  dell'India  marittima,  che  mandava  sue  flotte  a  saccheggiare  il 
litorale  del  golfo  Persico. 


490  GEOGRAFIA  —  EPOCA  OTTAVA 


g  3.  —  Irlanda,  Bretagna,  Gallia,  Africa. 

Irlanda     L' Ibemia  0  Irlanda  era  divisa  in  tribù  o  sept,  i  cui  capi  dicevansi  confinnies\ 
e  varj  sept  costituivano  uno  Stato.  Questi  erano  cinque:  di  VUoniadX  nord,  di  Connacia 
0  Connaught  all'ovest,  di  Momonia  o  Munster  al  sud,  di  Leinster  o  Lagenia  al  sud-est, 
di  Midia  0  Meath  sulla  costa  orientale;  il  qual  ultimo  aveva  primazia  sugli  altri,  e  il 
suo  capo,  detto  ardriagh,  raccoglieva  gli  altri  riagli  a  consiglio  in  Teamor  sulla  costa 
orientale.  Il  cristianesimo  v'avea  portato  monasteri  e  scuole  floride. 
Bretagna     1  monti  Grampian  dividevano  i  due  Stati  de'  Caledonj  :  gli  Scoti  al  nord-est  e  nelle 
Ebridi  e  Orcadi-,  i  Pitti  al  sud-est  e  nelle  pianure  della  bassa  Scozia.  Da  questi  mole- 
stato, il  pendragon  dei  Bretoni  chiamò  in  ajuto  i  Sassoni  (449),  cui  assegnò  in  com- 
penso il  paese  di  Thanet  all'estremità  nord 'est  del  paese  di  Kent.  Fu  allettamento  ad 
altri,  che  fondarono 
Eptarchia     a.  Nel   453  il  regno  di  Kent,  al  sud-est  del  Tamigi,  ove  stanziarono  i  Giuti  ;  ca- 
Anglo-  pitale  Cantorbery. 
sassone     ^  ^^^  ^gj  q^jg||Q  ^jj  Sussex,  0  Sassonia  meridionale:  capitale  Chichester. 

e.  Nel  519  quel  della  Sassonia  occidentale  o  ìVessex,  avente  all'est  il  Sussex,  al  nord 
il  Tamigi,  all'ovest  la  Saverna  o  Cornovaglia,  al  sud  il  mare,  compresa  l'isola  di  Wight; 
capitale  Winchester. 

d.  Nel  526  il  regno  di  Sassonia  orientale  o  Essex;  capitale  Londra. 
Contemporaneamente  gli  Angli  vennero  in  riva  all'Umber,  ove  formarono  altri  tre 

regni  : 

e.  Northumberland  (547),  avente  al  nord  il  Forth,  al  sud  l'Umber,  diviso  talvolta  nei 
due  regni  di  Bemicia  tra  il  Forth  e  il  Tees,  e  di  Deira  fra  il  Tees  e  il  Trent. 

f.  Estangìia  (571),  che  comprendeva  il  Norfolk,  Suffolk,  Cambridge  e  l'isola  d'Ely. 

g.  Merda  (584),  che  comprendeva  l'interno  dell' isola,  dalle  frontiere  dell' Essex  e 
dell'  Estangìia,  sin  alle  montagne  di  Galles. 

GÌ'  indigeni  si  restrinsero  sulle  coste  dell'  ovest,  nella  Cornovaglia,  nel  paese  di  Galles, 
fra  i  golfi  di  Bristol  e  Chester,  nel  Cumberland  e  nel  Galloway,  cioè  nel  paese  ad  oc- 
cidente delle  montagne  che  fendono  l'Inghilterra  dal  nord  al  sud. 
Gallia     Nel  paese  che  ora  è  Francia  varj  popoli  stanziarono  : 

A.  Regno  de'  Borgognoni.  Alani,  Svevi,  Quadi,  Vandali,  Borgognoni,  traversato  il 
Reno  a  Magonza  e  devastati  i  contorni,  penetrarono  nella  Spagna  :  soli  i  Borgognoni 
fermaronsi  presso  Magonza  e  nell'  Ehass  (Alsazia),  così  delta  dal  fiume  III.  Quivi  nel 
decader  dell'impero  s'  afforzarono,  e  stesero  il  dominio  su  buona  parte  della  Gallia  del 
sud-est,  fra  la  Loira  ad  occidente,  la  Durenza  al  sud,  le  Alpi  all'  est  ;  al  nord  e  nord- 
ovest abbracciarono  il  territorio  di  Nevers,  Langres,  Besanzone  e  la  Svizzera  occiden- 
tale, onde  comprendevano  le  antiche  città  di  Besanzone  sul  Doubs,  Lione,  Vienne  e 
ta/en:o  sul  Rodano,  Embrun  tra  l'Alpi;  oltre  Ginevra  sul  Lemano,  che  allora  ac- 
quistò importanza. 

B.  Ostrogoti.  Teodorico,  tolta  ai  Borgognoni  la  Prima  Narbonese  al  sud  della  Durenza, 
r  aggiunse  al  resto  della  Provenza.  Marsiglia  governavasi  a  repubblica,  trafficando  sin 
nell'  Egitto. 

C.  Bretoni.  Migrati  dalla  Bretagna,  vennero  essi  nell' Armorica,  cui  diedero  il  proprio 
nome,  e  rinnovarono  la  lega  delle  città  Arraoriche,  cui  s'  unirono  molte  della  Seconda 
e  Quarta  Lionese. 

D.  Altri  popoli  germani  occuparono  diversi  paesi  :  gli  Alemanni  l'Alsazia  e  i  paesi 
fra  il  Reno  e  la  Mosella  ;  Alani  al  sud  est  di  Rennes  in  riva  alla  Vilaine;  Sassoni  a 
Bayeux.  Siagrio  a  nome  dell'  Impero  comandava  a  Beauvais,  Soissons,  Amiens,  Troyes 
e  Beims. 

E.  Franchi.  Loro  principi  sedevano  a  Mans,  Cambrai,  Terouane,  Colonia,  Tournai. 
Re  di  quest'ulliuia  era  Clodoveo  (481-511),  che  colla  vittoria  di  Sojssons  acquistò 
quant'è  fra  l'Oisa  e  la  Loira;  con  quella  di  To/ò/ac,  i  possessi  degli  Alemanni  in  (iallia, 
più  quelli  in  Germania,  il  Meno,  il  Beno  e  il  Neker;  con  quella  di  VouUlé  [Voclade],  i 
paesi  de'  Visigoti  fm  u'  Pirenei,  i  Bretoni  gli  porsero  omaggio,  tributo  i  Borgogaoui  ;  e 


GALLIA  —  ITALIA  191 

coir  uccidere  gli  altri  re  Franchi  compiè  la  conquista  delle  Gallie,  non  restando  ai  Vi- 
sigoti che  la  Settimania,  cioè  Carcassona,  Narhona,  Béziers,  Agde,  Maguelonne,  Nimes, 
Lodèvfr.  Al  regno  dei  Rorgognoni  faceano  confine  il  corso  dell'Ardèche  e  della  Loira 
sin  a  Nevers,  donde  il  Reno.  Ui  là  da  f|ueslo  i  Franchi  possedevano  il  paese  che  già 
era  stato  degli  Alemanni,  avente  al  nord  il  Sieg,  all'ovest  il  Reno,  al  sud  il  Danubio, 
all'est  la  frontiera  de'  Turingi. 

I  figli  di  Clodoveo  non  crebbero  questo  dominio,  ma  al  modo  germanico  se  lo  divi- 
sero formando  quattro  regni: 

a.  Ad  occidente  il  regno  di  Parigi,  che  comprendeva  I'  Isola  di  Francia,  Picardia, 
Normandia,  Bretagna,  Poitou,  Limosino,  Perigord,  Gujenne,  Guascogna. 

6.  Al  centro  il  regno  d'  Orleans,  formato  del  Maine,  dell'Anjou,  della  Turena  e  del 
Berrì.  Fu  poi  diviso  tra  il  precedente  e  il  seguente. 

e.  Al  nord  il  regno  di  Soissons,  steso  da  Soissons  e  Amiens  fin  al  Reno,  e  che  com- 
prendeva la  Picardia  orientale,  la  parte  nord-est  dell'Isola  di  Francia,  l'Artois,  la 
Fiandra,  i  Paesi  Bassi,  fra  la  Mosa,  il  I^eno  e  l'Oceano, 

d.  Ad  oriente  il  regno  di  Reims  o  3Jeiz,  che  abbracciava  la  Champagne'  orientale,  la 
Lorena,  1'  Alsazia,  i  paesi  fra  il  Reno,  la  Mosella,  la  Mosa  e  le  possessioni  dei  Franchi 
di  là  dal  Reno. 

Le  città  dell'  Aquitania,  sgombrate  da  Goti,  né  occupate  da  Franchi,  furono  com- 
partite :  al  re  di  Parigi  le  Provincie  marittime  a  mezzodì  della  Loira;  a  quello  d'Orleans 
il  Berrì  ;  a  quel  di  Metz  l'Albigese,  il  Quiercy,  il  Rouergue  e  l'Auvergne  -,  il  resto  a  quello 
di  Soissons. 

I  quattro  regni  furono  riuniti  in  ClotarioI  (5b8),  già  cresciuti  colla  Turingia,  la  Bor- 
gogna, la  Provenza  meridionale  e  il  paese  de'  Bavari  ;  poi  (56'1)  di  nuovo  divisi  in  tre 
regni  piìi  durevoli  ;  Borgognoni,  Franchi  ripuarj,  Franchi  salici.  11  primo  compren- 
deva il  paese  fra  le  Alpi,  il  Mediterraneo  e  la  Loira;  il  secondo  quel  che  i  Franchi  pos- 
sedeano  sulla  destra  del  Reno;  il  terzo  stendeasi  lungo  l'Oceano,  dal  Reno  alla  Loira. 
L'  Aquitania  era  ancora  composta  di  città  sconnesse  e  spartite  fra  essi  re. 

Sotto  Dngoherto  I  (631)  riuniti  i  tre  regni,  tocca  al  colmo  la  potenza  meroviugia, 
dilatandosi  dal  Weser  a' Pirenei,  dall'oceano  Occidentale  alla  Boemia;  ma  tosto  decade, 
e  Sasmni,  Turingi,  Frisoni,  Alemanni,  Bretoni  ricusano  obbedienza,  i  Venedi  ingran- 
discono in  Carintia,  i  Serbi  devastano  la  Turingia. 

Gli  Alano-Vandali  nel  429  abbandonano  la  Spagna  a  Svevi  e  Visigoti,  e  passano  nella  Africa 
Mauritania,  ceduta  loro  dal  conte  Bonifazio;  a  cui  Genserico  unì  in  breve  la  Numidia 
e  l'Africa  proconsolare;  poi  Valentiniano  III  cesse  tutta  l'Africa  romana,  sicché  il  regno 
dei  Vandali  giungeva  sin  ai  confini  orientali  della  Tripolitana.  Cartagine  ne  divenne 
capo  ;  e  soggette  furono  Sardegna,  Corsica,  le  Baleari,  il  Lilibeo  in  Sicilia,  e  tutte  l'isole 
fra  questa  e  l'Africa.  Le  rivolte  de' Mori  sobbalzavano  il  paese,  talché  facilmente  fu 
conquistato  da  Giustiniano. 

§  4.   —  Italia. 

Ostrogoti  e  Bugi,  dopo  vagato  nelle  provinole  inferiori  al  Danubio  dalla  Pannonia  Italia  regia 
alia  Tracia,  invadono  l'Italia  con  Teodorico  (488),  e  vinto  Odoacre,  l'occupano  tutta, 
e  v'  uniscono  la  Sicilia,  la  Rezia,  le  due  Pannonie,  e  fors'anche  il  Norico  e  la  Vinde- 
licia;  oltre  le  due  Narbonesi,  tolte  ai  Franchi,  per  le  quali  Teodorico  congiungeva  i 
suoi  dominj  con  quelli  del  nipote  suo  in  Ispagna;  cosicché  ai  Coti  reslava  sottomesso 
quant'èda  Gibilterra  ai  monti  della  Macedonia. 

Teodorico  pertanto  trasmise  a  sua  figlia  (526)  un  regno  che  comprendeva,  al  sud 
tutta  Italia  e  Sicilia,  eccetto  il  Lilibeo;  il  Danubio  gli  faceva  confine  da  Ratisbona  a  Ni- 
copoli,  separando  da  Turingi,  Cesci  di  Roemia,  Longobardi  d'Ungheria,  Gepidi  della 
Dacia;  al  nord-ovest  lo  confinavano  il  corso  del  Lech,  il  lago  di  Costanza,  la  frontiera 
dell'antica  Elvezia.  Quivi,  e  precisamente  nell'antica  Vindelicia,  aveva  egli  raccolto 
molti  Alemanni  ;  Boi,  Fruii,  Bugi,  Svevi,  col  nome  di  Bavari,  abitavano  fra  il  Lech  e 
l'Ens,  sotto  duchi  dipendenti  da  Teodorico:  nella  Gallia  avea  pure  la  parte  di  Provenza 
a  mezzodì  della  Durenza.  Sua  sede  erano  Ravenna,  Verona,  Pavia,  Terracina. 


492  GEOGRAFIA  —  EPOCA  OTTAVA 

Sarebbesi  dunque  detto  che  i  Goti  fossero  per  prevalere  agli  altri  Barbari.  Ma  vent'anni 
dopo  morto  Teodorico,  l'edifizio   suo  era  sovverso.  I  Greci  venivauo  a  ricuperar  1'  I- 
Longo-  talia  (569),  poi  con  Alboino  scendevano  i  Longobardi  a  conquistarne  gran  parte.  I  capi 
bardi  (jella  nazione  si  divisero  il  paese  in  trenta  o  trentasei  ducati,  fra  cui  erano  Trento,  il 
Friuli,  Ivrea,  Torino,  Liguria,  Brescia,  Lucca,  Toscana,  Castro,  Ronciglione,  Perugia, 
Spoleto  e  Benevento.  Pavia  era  capitale  del  regno:  importanti  erano  pure  Verona,  Tre- 
viso, Lucca]  indi  Spoleto  e  Benevento,  che  divenner  poi  capitali  di  due  ducati  indipen- 
denti, sopravissuti  al  regno  longobardo. 
Roma      Roma  e  i  paesi  a  mare  conservaronsi  all'  Impero,  il  cui  esarca  sedente  a  Ravenna, 
imperiale  governava 

a.  La  Pentapoli,  cioè  il  territorio  delle  cinque  città  di  Ancona,  Rimini,  Pesaro,  Fano, 
Sinigalia,  confinante  al  nord  colla  Marecchia,  all'occidente  col  Tevere,  al  sud  col  Mu- 
sone, all'est  coir  Adriatico; 

b.  L'  Esarcato,  cioè  le  spiaggie  della  Venezia,  con  Oderzo,  Treviso,  Padova^  e  il  paese 
fra  l'Adige  inferiore  al  nord,  la  Scultenna  e  gli  Apennini  all'ovest,  la  Marecchia  al  sud, 
l'Adriatico  all'est,  e  dov'erano  Ravenna,  Bologna,  Imola,  Faenza,  Forlimpopoli,  Fer- 
rara, Adria,  Comacchio,  Forlì,  Cesena,  Bobbio,  Cervia. 

Questi  paesi  governava  direttamente;  poi  soprantendeva  ai  duchi  che  amministra- 
vano Roma,  Napoli,  Gaeta,  Amalfi,  Sorrento  e  la  Calabria  meridionale.  L'  llliria  pure 
era  provincia  greca;  le  Isole  venete  professavano  una  dipendenza  di  puro  nome;  la  Si- 
cilia stava  sotto  un  patrizio. 

Continuo  intento  dei  Longobardi  fu  lo  spossessare  i  Greci:  ma  con  ciò  nimicaronsi  i 
ponteflci,  che  invitarono  i  Franchi,  dai  quali  fu  distrutto  il  loro  dominio  (774). 

^5.  —  Barbari  indipendenti. 

I  popoli  che  aveano  dovuto  piegarsi  ad  Attila,  alla  morte  di  lui  formarono  molti 
regni  efimeri. 
r.ermani  Nella  Germania  occidentale  abitavano  lungo  il  Reno:  4.  Frisoni  in  riva  all'  Oceano 
del  nord,  tra  le  foci  del  Reno  e  dell'  Elba  ;  2.  Sassoni,  aventi  al  nord  i  Frisoni,  all'  est 
1'  Oder  inferiore,  al  sud  la  riva  sinistra  della  Lippe,  all'  ovest  il  Reno  ;  3.  Turingi ,  forse 
gli  antichi  Ermanduri,  nel  cuor  della  Germania  fondarono  un  regno,  che  per  alquanto 
tempo  si  estese  dal  Reno  alle  montagne  di  Boemia  e  dal  Danubio  all'IIarz;  poscia  gli 
Alemanni  e  i  Franchi  tolser  loro  la  parte  occidentale  del  regno,  respingendoli  fra'Sud- 
deti;  4.  Alemanni  nell'Alsazia,  nella  Svevia  e  in  parte  della  Franconia,  il  cui  ducato 
era  sottoposto  ai  Franchi,  come  ai  Visigoti  quel  di  Baviera  fra  il  Lech  e  1' Ens. 

Nella  Germania  meridionale,  sulla  sinistra  del  Danubio  stavano  :  1.  ad  est  de'Turingi 
i  Cesci,  gente  slava  che  tenea  parte  della  Boemia;  2.  a  sud-est  della  Boemia,  dove 
ora  dicesi  Austria  e  Moravia,  i  Rugi,  il  cui  regno  fu  distrutto  da  Odoacre.  Ben  presto 
occuparono  quel  paese  i  Longobardi,  stendendosi  fino  al  Theiss;  3.  Di  là  cominciavano 
i  Gepidi,  posati  sulla  Dacia  antica  fra  il  Theiss,  il  Danubio,  i  monti  Crapak;  4.  Fra  il  Da- 
nubio e  il  Theiss  erano  pure  gli  Jazigi  Metanasti. 
Slavi  I  paesi  lasciati  vuoti  dalle  tribù  germaniche  erano  occupati  dagli  Slavi,  che  nel  vt 
secolo  abbracciavano,  dall'  Elba  al  Tanai,  la  gran  pianura  che  ora  è  Russia,  Polonia, 
Prussia.  Dividevansi  in  tre  tribù  :  1.  Anti  all'oriente,  in  riva  al  Danubio,  al  mar  Nero  e 
al  Dnieper;  2.  Slavini  al  centro;  3,  Venedi  a  ponente,  che  suddivideansi  in  Obotriti, 
Vilzi  0  Volatabili  sull'Oder,  Serbi  fra  la  Saal  e  l'  Oder,  Cesci  o  anteriori  in  Boemia, 
Slesj  0  posteriori  in  Slesia,  Lusizj  in  Lusazia,  Moravi  in  Moravia,  Gravati  o  monta- 
nari ne'  monti  Crapak. 

Gli  Slavi  in  riva  al  lago  llmen  aveano  alzato  Novogorod]  i  Krivici  Smolensko  presso 
le  sorgenti  del  Dnieper;  e  altri  Slavi  yuo/"sulla  diritta  d'  esso  Dnieper,  e  santuario  dello 
religioni  slave. 
Turchi  Anche  i  Turchi  dall'Ural  eransi  mossi  fin  al  Tanai.  Tra  questo  e  il  Volga  accampava 
la  più  formidabile  loro  tribù,  quella  degli  Avari,  che  eslesero  le  conquiste  fino  all' Ens, 
sottoposero  tutti  gli  Slavi  meridionali,  e  sgomentarono  per  due  secoli  la  Germania  e 
l'impero  d'Oriente. 


BARBARI  INDIPENDENTI  193 

Al  nord  e  al  sud-ovest  degli  Avari  sedeano  i  Bulgari,  misti  di  Slavi  e  Turchi  ;  sulla  Scandinavi 
Palude  Meotide  al  nord-ovest  gli  Unni  Cutriguri,  e  al  sud  gli  Unni  Uturguri  ;  al  nord 
del  Caspio  gli  Akaziri  o  Cazari -,  sullo  laik  i  Pacinali  ;  nell' Ural  gli  Uzi  e  i  Comani -^ 
sui  confini  di  Siberia  i  Magiari  od  Ungari. 

Al  nord  della  penisola  Cimrica,  al  sud  della  Scandinavia  e  nelle  isole  frapposte,  erano 
piccoli  Stati  dei  Danesi,  soggettati  poco  poi  al  re  di  Lethra,  nell'isola  di  Sioeland.  Il 
resto  della  Scandinavia  meridionale  e  della  Norvegia  era  abitato  dai  Goti  e  Sujoni,  ob- 
bedienti a  varj  iarl,  fra  breve  sottoposti  da  quello  di  Upsala. 

Al  nord  di  questa,  nel  Finmark,  che  è  la  parte  più  settentrionale  della  Svezia  e  Nor- 
vegia colla  Lapponia,  nella  Biarmia  fra  il  mar  Bianco  e  la  Duina,  nel  Quaeland  che  è 
porzione  della  Finlandia,  stavanvi  Finni,  alcuni  de' quali  procedettero  a  mezzodì  fino 
al  Volga  e  al  Niemen.  Nella  Curiandia,  Livonia,  Estonia  erano  i  Ciudi  e  gli  Esti^  i  Meri 
presso  le  fonti  del  Volga,  i  Murami  nel  governo  di  Mosca,  i  Morduini  in  quello  di 
Wladimir. 


Cantù,  Documenti.  —  Tomo  I,  Geografìa  politica.  43 


EPOCA      IX 

DAL  622  all'800  d.  C. 


^1.  —  Impero  arabo. 

La  penisola  araba  è  cinta  dal  golfo  Persico,  dal  mar  delle  Indie  e  dal  Rosso,  e  at- 
taccata all'  Asia  per  aridi  deserti.  Antichissima  n'  è  la  civiltà,  riscontrata  fin  nella 
Genesi,  ove  si  mostra  come  vi  abitassero  insieme  i  figli  di  Cam,  razza  negra,  e  quelli 
di  Sem.  Alla  prima  appartenevano  Canaan  o  i  Fenicj  5  Mesrim  0  l'Egitto:,  Phut,  cioè  i 
popoli  della  Mauritania;  e  /i7ìms  cioè  gli  Etiopi,  i  quali,  olire  1' Abissinia,  eransi  stesi 
sul  lido  orientale  del  mar  Rosso,  e  sul  lembo  dell'Arabia  da  Bah  el-Mandeb  sino  al 
paese  di  Madian  presso  al  Sinai.  Da  Sem  nasceva  Eber,  primo  anello  della  parentela 
fra  Arabi  ed  Ebrei.  Le  tribù  primitive  sono  chiamate  al-Arab  al-Ariba,  cioè  Arabi  veri, 
a  distinzione  degli  al-Arab  al- Mosiareha,  Arabi  misti,  cioè  gl'Ismaeliti,  razza  d'A- 
bramo,  che  prevalsero  in  potenza,  e  formarono  dodici  tribù,  Nabajot,  Kedar,  Adeel, 
Mibsani,  Mishma,  Dumah,  Massa,  Haclar,  Tema,  Fetur,  Nafish,  Kedemak. 

I  due  paesi  più  popolati  ne  sono  V  Egiaz  al  nord  ovest,  1'  Yemen  al  sud-ovest, 
formati  dal  prolungamento  delle  montagne  di  Palestina.  La  vicinanza  delle  Indie  e  del 
golfo  Persico  raccoglie  gente  sulle  coste  del  Bahrein,  di  Lahsa,  dell'  Oman  ;  il  resto  è  a 
vasti  deserti. 

Sui  lembi  pascolosi  errano  i  Beduini,  uniti  in  tribù  sotto  sceichi,  e  senza  legame  d'una 
coH'altra.  Pure  al  nord-ovest  verso  l'Eufrate  trovavasi  il  regno  di  Hira;  all'est  lungo 
il  golfo  Persico,  i  regni  di  Bahreìn  e  di  Jemamah;  al  sud,  quello  ò' Yemen;  ad  ovest, 
lo  scerifato  della  Mecca;  a  nord-ovest  vicin  di  Damasco  e  di  Bosra,  il  regno  di  Ga^san. 
Nessuno  straniero  potè  tenervi  stabile  dominazione,  ma  alcuni  l'eblìero  temporaria,  e 
da  ultimo  Cosroe  Nuscirvan  esercitava  l'alto  dominio  sopra  le  coste  del  golfo  Persico,  e 
del  Grand'  oceano. 

I  Beduini  orientali  0  Saracini  abitavano  il  deserto  di  Siria  e  porzione  della  Meso- 
potamia  :  altri  avevano  attraversato  il  golfo  Persico,  piantandosi  sulle  sponde  orientali 
di  questo. 

L'idolatria  e  il  culto  degli  astri  dividevano  gli  Arabi  :  poi  il  cristianesimo  avea  gua- 
dagnato i  paesi  di  Ailah,  Domai  al-Giandal,  Gassaìi,  Hira,  e  le  tribù  beduine  dei 
Tonchiti  e  Taglebìti,  oltre  Y  Jemamah  e  molti  dell'  Yemen:  i  vicini  alla  Caldea  aveano 
conservato  il  sabeismo;  il  culto  del  fuoco  quei  di  Bahrein:  nell'  Egiaz  abbondavano  gli 
Ebrei.  Ma  il  culto  fondamentale  era  la  credenza  in  un  Dio,  il  cui  tempio  sorgeva  alla 
Mecca,  ove  però,  recando  ciascuno  gì'  idoli  cui  era  devoto,  introdussero  l' idolatria. 

Solo  la  parte  occidentale  possedeva  città,  di  cui  le  primarie  erano,  nell'Yemen,  Sanaa 
emula  della  Mecca;  nel  Teama  lungo  il  mar  Rosso,  Occarf,  ove  i  poeti  disputavansi  il 
premio  nella  gran  fiera  annuale;  nell' Egiaz,  2't7je/' centro  del  commercio  de' Coreisciti 
coir  Yemen  ;  la  Mecca  discosta  due  giornate  da  Gidda^  suo  porto  sul  mar  Rosso;  Jatreb 
0  Medina,  in  una  valle  fra  aride  montagne,  sulla  via  di  Siria,  talché  sovente  le  caro- 
vane de'Coreisciti  v'erano  arrestate  dai  natii,  per  lo  più  ebrei;  al  nord  sorgeva  Kaibar 
città  forte,  e  sede  d'un  re  de' Giudei;  Ano,  non  guari  discosta  dalla  riva  destra  del- 
l'Eufrate, era  sede  dei  principi  Almondar,  al  sud  di  Babilonia. 

Attorno  di  Medina  succedono  le  prime  scene  dell'islam:  nella  grotta  à' TIera  presso 
la  Mecca,  il  Profeta  riceve  la  prima  rivelazione;  alla  Mecca  forma  i  primi  proseliti;  a 
Bedr,  posta  al  sud  est,  tocca  una  gran  rotta;  ad  llonain,  tre  miglia  al  sud  della  Mecca, 
riporta  l'ultima  vittoria;  Domai  al-Giandal,  a  sedici  giornate  da  Medina  sul  confine  di 
Siria,  è  il  punto  più  lontano  al  nord  dove  egli  giungesse.  Ben  tosto  tutta  l'Arabia  è  a 
lui  obbediente,  salvo  Gassan  e  Hira,  che  conservano  l' indipendenza  e  il  cristianesimo. 


CONQUISTE  DEI  MUSULMANI  195 


g  2.  —  Conquiste  de!  Musulmeni  fìn  allo  smembramento  del  califfato. 

L'  unità  politica  e  religiosa  che  sempre  era  mancata  agli  Arabi,  fu  loro  data  da  Mao- 
metto (010-52),  e  con  ciò  un'immensa  potenza.  Morto  il  profeta,  i  suoi  califfi  ne  esten- 
dono coU'armi  la  religione,  che  in  meno  d'un  secolo  giunge  ad  oriente  fin  all'indo,  ad 
occidente  fìn  ai  Pirenei, 

A).  Provincie  al  nord  e  all'est  delV  Arabia. 

4°  La  Siria,  compresavi  Fenicia  e  Palestina,  avea  al  sud  l'Arabia,  al  nord  il  monte 
Amano  (Alma  Dagh),  all'ovest  il  Mediterraneo,  all'est  l'Eufrate.  Qui  gli  Arabi  conqui- 
stano ben  tosto  il  porto  d' Ailath  sul  mar  Rosso,  Bostra  all'est  del  Giordano,  Damasco 
paradiso  terrestre.  Emesa  al  nord  sull'Oronte,  Eliopoli  o  Balbek  sul  pendio  occidentale 
del  Libano,  infine  Gerusalemme  terza  città  santa  dell'islam.  Nella  Siria  settentrionale 
prendono  Aleppo  e  Antiochia;  poi  senza  difficoltà  riducono  le  città  della  Fenicia,  Lao- 
dicea,  Cabala,  Tripoli,  Berito  Sidone,  Tiro,  Tolemaide,  Cesarea,  Joppe,  Ascaluna,  Gaza. 
Parte  della  Cilicia  orientale  occuparono;  ma  dall'Asia  Minore,  li  tenner  fuori  lungamente 
i  Mardaiti,  bellicose  genti  che  tenevano  il  Libano,  e  le  Montagne  fra  Mopsuesta  e  la 
quarta  Armenia. 

2'^  Mesopotamia.  Questo  paese  al  nord-est  della  Siria  è  detto  dagli  Arabi  al-Gezirah  la 
penisola,  pei  due  gran  fiumi  Tigri  ed  Eufrate  che  la  bagnano.  La  Migdonia  e  1'  Os- 
roene  a  settentrione  son  de' paesi  più  popolati  e  ubertosi  dell'  Asia  ;  al  sud  è  tutto  arena. 
L' Osroene  apparteneva  all'impero  greco,  e  avea  città  principali  Edessa  al  nord-est; 
yl»Ta«,  anticamente  Carré,  al  centro 5  Bara  all'est:  la  Migdonia,  la  cui  capitale  era 
Nesbin  (Nisibi),  obbediva  allo  scià  di  Persia.  Ben  presto  conquistate,  Modar  si  stabilì 
neir  Osroene,  Rabia  nella  Migdonia,  Bekr  nella  Sofrene  al  nord  dell'Osroene,  ov'era 
Amido;  sicché  quelle  provincie  chiamaronsi  Giar-Modar.  Giar-Rabia,  Giar-Bekr.^eUà 
Me.^opotamia  meridionale,  che  propriamente  dicevasiai-Gestraft,  non  v' avea  città  impor- 
tanti. 

3°  La  Babilonia,  nel  qual  nome  comprendonsi  le  regioni  bagnate  a  oriente  e  occidente 
dal  Tigri  e  dall'Eufrate,  chiamavasi  dagli  Arabi  Irak-Arabi.  Entrativi  essi,  ad  Ambar 
sulla  destra  dell'Eufrate  al  nord  delle  rovine  di  Babilonia,  ad  Hira,  a  Cadesiach  posta  a 
due  giornate  al  sud  di  questa,  vinsero  i  Persiani,  poi  presero  Modain,  cioè  le  due  città 
di  Seleucia  e  Ctesifonte,  congiunte  sulle  due  rive  del  Tigri,  ad  oriente  di  Babilonia. 
Isdegerde  III,  vinto  ancora  a  Gialula  all' est  del  Sciat  el-Arab,  cioè  del  fiume  Tigri  ed 
Eufrate  riuniti,  ritirossi  da  questi  due  fiumi,  e  gli  Arabi  invano  impediti,  passarono  le 
gole  del  monte  Zagros,  e  penetrarono  nella 

4"  Media,  al  nord  della  Susiana  e  all'est  dell'Assiria.  La  vittoria  di  Neawend  al  sud 
d'Ecbatana,  circa  al  34°  di  latitudine,  diede  loro  V  Ir ak- Agemi  (Media)  e  V  Aderbi gian 
(Media  Atropatene)  sulla  costa  sud-ovest  del  Caspio:  poi  presero  Ispahan  ^\  sud-est 
delia  Media,  Anxadan  (Ecbatana)  al  centro, 'Casòm  al  nord-  est,  Tebris  (Tauris)  al  sud-est 
dell'Aderbigian  :  indi  passato  il  Tigri  aj¥ossu/,  rimpetto  alle  rovine  di  A'mtue,  raggiun- 
sero l'esercito  di  Siria,  che  avea  occupato  il  Gezirah. 

5"  Uniti,  rincacciarono  lo  scià,  rifuggito  fra  i  monti  della  Perside  0  Farsistan,  e  tra 
via  ebber  soggette  le  principali  città  della  Susiana  (Kusistan),  Avuz  al  sud-ovest 
dell'antica  Susa,  Custer  presso  questa,  e  Giondisciapur  al  nord -ovest  di  Custer.  Isde- 
gerde espulso  di  Persepoli  (652),  porta  le  reliquie  dell'esercito  e  il  fuoco  sacro  nel  Co- 
rassan. 

6"  Persia  orientale.  All'est  del  Farsistan  è  la  Caiamania  (Kerman),  e  al  sud-est  di 
questa  la  Gedrosia  (Mekran)  lungo  il  mare  delle  Indie.  Subito  furono  sottomesse  dagli 
Arabi,  che  allora  si  volsero  alle  provincie  settentrionali,  presero  Reij  al  nord-est  del- 
l'Irak-Agemi ,  che  robustamente  proteggeva  il  Corassan,  cioè  le  provincie  A' Aria, 
Jcaria,  Margiana,  Battriana,  Paropamiso,  Aracosia.  Vi  tenne  dietro  la  sommissione 
de' principi  dipendenti  di  Mazandaran  e  Gilen  al  sud  del  Caspio;  poi  del  Segesfan 
(Drangiana)  fra  l'Aria  e  la  Gedrosia.  Isdegerde,  ridotto  al  solo  Corassan,  sollecitati  in- 
vano i  soccorsi  de'  Cinesi  e  de'  Turchi  della  Transoxiana,  Sogdiana  e  Battriana,  vide 
gli  Arabi  entrare  in  Merù  (Antiochia  di  Margiana) ,  in  Herat  (Alessandria  d'Aria)  al 


19G  GEOGIIAFIA  —  EPOCA   NONA 

sud-est  della  precedente,  in  Balk  (Battra)  al  nord-est  del  Corassan,  in  Nisciapur  al 
sud-ovest. 

7°  Provincie  al  nord  e  aWestdelVOxo  (Giun).  Mezzo  secolo  tardarono  a  varcare  l'Oxo, 
finché  nel  707  l'emir  Kotaiba  invase  la  Transoxiana  (Mavarelnhar)  fra  l'Oxo  al  sud, 
r  lassarle  (Siun)  al  nord,  e  il  lago  d'Arai  all'ovest.  Da  Alessandro  in  poi  il  commercio 
fra  l'India  e  1'  Europa  passava  per  Bokara,  Samarcanda  s\ìv  un  affluente  del  Giun,  Ka- 
risma  suU'Oxo,  Queste  furono  prese  da  Kotaiba,  come  altre  città  della  provincia  stessa, 
e  il  Kovaresm  all'  occidente  di  essa,  e  il  Turkestan  al  nord  del  Siun  :  poi  penetrando 
nella  Cina,  occupò  varie  città  del  Cian-hian-nan-lu  o  Piccola  Bucarla;  e  il  suo  luo- 
gotenente Kasim  sottometteva  la  destra  dell'Indo  e  parte  della  sinistra  verso  la  foce. 

8°  Armenia  e  Regioni  Caucasie  al  nord  del  Diarbekr  edelF  Aderbigian.  Dai  Mardaiti 
furono  arrestati  mezzo  secolo  gli  Arabi  sulle  frontiere  della  Cilicia;  su  quelle  dellaCap- 
padocia  e  Armenia  romana  dai  Cristiani  di  Siria  colà  rifuggiti;  e  nell' Aderbigian  dai 
Cazari.  Ma  quando  Giustiniano  li  obbligò  i  Mardaiti  ascender  al  piano,  gli  Arabi  occu- 
parono la  Cilicia  fin  oltre  Seleucia  ;  indi  Moslem  prese  Tiane,  Cesarea  in  Cappadocia,  e 
parte  dell'Armenia  romana  e  del  Ponto;  i  Cazari  furono  respinti  dall' Aderbigian  sul- 
1' altro  lato  dell'istmo,  fortificato  Derbend,  e  assegnato  per  confine  dell' impero  il 
Caucaso. 

B).  Conquiste  all'  ovest  dell'  Arabia. 

1°  Amrù,  mosso  da  Gaza  all'estremità  sud-ovest  della  Palestina,  prende  Farmah  an- 
temurale dell'  Egitto,  e  spingendosi  avanti ,  occupa  Metsra  residenza  del  governatore 
greco,  e  rimpetto  ad  essa  Memfi,  sulla  riva  occidentale  del  Nilo.  I  Copti,  disgustati 
dalle  persecuzioni  religiose  degl'  imperatori  di  Costantinopoli,  il  favoriscono,  sicché  as- 
sedia Alessandria,  e  presala,  ha  tutto  l'Egitto  :  d'  onde  penetrano  nella  Nubia. 

2"  Nell'Africa  settentrionale  gl'impedirono  i  Bereberi  dell'Atlante,  sicché  non  po- 
terono che  devastarla.  Dipoi  sotto  Otmano  fu  conquistata  la  Cirenaica-,  uscente  il  vii 
secolo,  vinti  i  Greoi  e  Bereberi,  si  impadronirono  di  tutte  le  piazze  della  Tripolitana  e 
dell'interno  dell'Africa,  e  tolsero  ai  Greci  le  città  marittime  della  Numidia  e  Mauritania, 
Byserta  (Ippozaritos),  Culla,  Cesarea,  e  distrussero  Cartagine. 

0°  Avuta  a  tradimento  Ceufa  nella  Tingitana,  varcarono  in  Spagna,  e  vincitori  al  fiume 
Lete  (Guad  ai-Lete)  nelle  pianure  di  Xeres  in  Andalusia,  prendono  Cordova  sul  Guad 
al-kibir,  Toledo  sul  Iago  nel  cuor  della  Spagna,  Merida  sulla  Guadiana;  tutta  insomma 
la  penisola,  eccetto  i  paesi  montuosi  del  nord-ovest,  Navarra,  Biscaglia,  Cantabria. 

4"  Passati  i  Pirenei  orientali,  gli  Arabi  soggiogano  le  città  della  Settimania,  e  scor- 
razzano fino  a  Tours  al  nord  dell'Aquitania,  a  Autun  nella  Borgogna,  a  Sens  nella  Cham- 
pagne: ma  sconfitti  da  Carlo  Martello  a  Poitiers  (732),  non  tengono  più  che  il  paese 
già  posseduto  dai  Visigoti  al  nord  de'  Pirenei. 

C).  Conquiste  marittime. 

Dai  porti  delia  Fenicia  e  delle  coste  meridionali  del  Mediterraneo,  poterono  gli  Arabi 
spingersi  a  spedizif)ni  marittime,  e  occuparono  le  grandi  isole  del  Mediterraneo,  Cipro, 
lìodi,  le  Baleari  ;  corseggiarono  sopra  le  Cicladi,  la  Sicilia,  la  Corsica,  la  Sardegna. 

L'impero  arabo,  al  tempo  dell'ultimo  califfo  Ommiade  (730),  toccava  l'Indo  e  l'Atlan- 
tico all'est  e  all'ovest;  al  sud  in  Spagna  l'Oceano  slesso,  in  Africa  il  deserto,  in  Asia  il 
mar  delle  Indie;  al  nord  in  Asia  il  corso  del  Giun  che  lo  separava  dall'impero  dei  Tang, 
il  Caucaso,  e  una  linea  stesa  da  Lazica  all'lsauria,  lungo  le  rive  dell'Acampsis  passando 
a  occidente  d'Erzerum,  di  Melitene,  e  lungo  l'Antitauro  sin  al  mare.  Erano  compresi  in 
questi  limili 

1.  Tutta  la  penisola  arabica,  divisa  in  sette  contrade  principali,  cioè  VEgiaz  inferiore 
al  nord,  e  superiore  al  sud;  VYeìnen;  VAdramaut ,  detto  così  dagli  Adramiti,  antichi 
abitanti;  l'Oman,  colle  città  di  Moscate  al  fondo  d'una  baja  del  mar  d'Arabia,  e  à'Oman 
o  Burka;  il  Bahrein  o  Lahsa  ;  il  Neged  e  il  Berriah  deserto  interiore. 

2.  Il  paese  di  Cam  al  nord-ovest,  cioè  Palestina  e  Siria,  parte  della  Cilicia,  l'Armenia 
Terza ,  la  Lazica,  con  Messis  (Mopsuesta)  e  Malatia  (Melitene)  rifabbricata  da  Almanzor. 

3.  Al-Gezirah,  cioè  la  Mesopotamia. 

4.  V Irak-Arabi,  cioè  Babilonia,  con  Cufa^  capitale  dell'impero. 

5.  Il  Kusistan  al  sud-est,  o  Susiana. 

6.  Il  Moladah  o  Curdistan,  cioè  l'Assiria  e  parte  della  Media  occidentale. 


COLONIE  ARABE  197 

7.  r  regni  tril)utarj  di  Georgia  e  Armenia:  dei  primo  era  capitale  Tiflis  sulla  destra 
del  Ciro;  dell'altra  Ani  o  Anisi  (Alinicuni). 

8.  il  Daghestan  e  lo  Scirvan  (Albania),  colla  capitale  Bah-al-abvad. 

9.  Ìj  Aderbi gian  e  il  Dilem  o  Gliilan,  già  Media  Alropatene,  e  paese  dei  Cardusi. 

40.  11  Tabaristan  e  il  Mazanderan,  già  paese  dei  Tapiri,  e  parte  dell'lrcania  e  della 
Partia. 

M.  Belcd-al-Gebel,  o  Irak-Agemì^  ch'è  la  maggior  parte  dell'antica  Media,  colle  città 
di  Ispahan,  Sfaan,  Rei  (Arsacia). 

-12.  il  Farsistan,  già  Perside,  con  Istacar  (Persepoli)  e  Zalai  Ziad,  fortezza  sopra  una 
rupe  inaccessibile,  detta  dai  Persiani  Calaa-dive-sefìd,  castello  del  demonio  bianco;  e 
dove  collocano  molte  imprese  di  Rustam. 

i3.  Il  Herman  e  il  Mecran,  o  vogliam  dire  la  Caramania  e  Gedrosia. 

\i.  Il  Singi  sulle  due  rive  dell'Indo  inferiore  ,  e  la  parte  meridionale  del  Pengiab  , 
con  Multan,  antica  capitale  dei  Malli  detta  Deral-zeheb  dagli  Arabi,  cioè  casa  d'oro, 
per  le  immense  dovizie  trovale  in  quella  pagoda. 

do.  Il  Seistan,  parte  dell'Aria  e  della  Drangiana. 

16.  Il  Karism ,  il  Corassan,  i  paesi  di  Balk  e  di  Cabul ,  parte  del  Maivarannahar, 
colle  città  di  Tus,  di  Candaar^  Cabul,  Balk,  Bocara,  Samarcanda. 

il.  In  Europa  l'antico  regno  visigoto. 

18.  In  Africa  VEgitto  e  V Africa  settentrionale. 

Così  in  ottant'anni  acquistano  un  impero  più  vasto  che  non  i  Romani  in  otto  secoli 
di  vittorie. 

§  3.  —  Colonie  Arabe. 

Per  assodarlo,  piantarono  dapertutto  colonie  militari,  agricole,  commerciali,  che  spar- 
sero la  civiltà  a  loro  modo,  sicché  quell'immensa  estensione  divenne  araba  dileggi,  di 
culto,  di  lingua. 

a.  Più  che  altrove  se  ne  posero  in  Spagna.  La  legione  di  Damasco  si  stabilì  a  Cor- in  Spagna 
dova,  divenuta  capitale  della  Spagna  musulmana;  quella  di  Hems  a  Siviglia  sul  Gua- 
dalquivir, e  a  Niebla  all'ovest  di  Siviglia;  quella  di  Kinnesrin  (Colchide  di  Siria)  a  Jaen 
al  sud-est  di  Cordova;  quella  di  Palestina  a  Medina  Sidonia  all'ovest  di  Cadice,  e  ad 
Algeziras  sullo  stretto  ;  quella  di  Persia  a  Xeres  de  la  Fron^era  al  nord  di  Cadice;  quella 
dell'Yemen  a  Toledo  sul  Iago,  a  Huetta  nella  provincia  di  Cuenoa  ;  quella  d'irak  a 
Granata  al  sud-est  di  Jaen;  quella  d'Egitto  a  Murcia  al  nord-est  di  Granata,  e  a 
Lisbona  aWA  foce  del  Iago:  diecimila  cavalieri  dell'Egiaz  spartironsi  le  più  ubertose 
terre  dell'interno. 

Avvezzi  in  patria  all'agricoltura  e  al  tradìco,  secondati  dagli  Ebrei,  de' quali  ben 
cinquantamila  famiglie  trapiantaronsi  in  Spagna,  volendo  profittare  delle  produzioni 
del  ricco  suolo  e  soddisfare  al  lusso  orientale,  introdussero  eccellente  agricoltura,  ripo- 
polarono paesi  incolti,  fecero  strade;  e  le  pelli  di  Cordova,  i  panni  di  Murcia,  le  sete 
di  Granata  e  d'Almeria,  la  carta  di  cotone  di  Salibah,  vennero  ricercatissime  per  tutto; 
nell'Andalusia  si  coltivò  lo  zucchero,  il  cotone,  lo  zafferano,  i  gelsi  ;  Valenza  produsse 
tutti  i  frutti  del  mezzodì;  dai  porti  di  Cadice  e  Barcellona  uscirono  ricchissimi  pro- 
dotti. Contansi  meraviglie  del  prosperare  di  quelle  città:  Toledo  numerava ducentoniila 
abitanti,  e  trecentomila  Siviglia,  che  ora  ne  hanno  appena  venticinque  e  novantamila: 
Cordova  misurava  8  leghe  di  circuito,  con  sessantamila  palazzi  e  ducentottantatremila 
case,  mentre  oggi  conta  solo  cinquantaseimila  abitanti:  la  diocesi  di  Salamanca  chiu- 
deva cenventicinque  città  o  borghi,  invece  dei  tredici  d'oggi:  in  Siviglia  sola  battevano 
sessantamila  telaj  per  la  seta.  Facciasi  deduzione  alle  esagerazioni  orientali,  e  rimarrà 
ancora  assai. 

6.  L'Africa,  spopolata  dai  Barbari  e  dalle  prime  correrie  degli  Arabi,  fu  poi  da  jq  Africa 
questi  ristorata;  e  crebbero  da  occidente  in  oriente,  :1/arocco  sopra  un'altura  del  grande 
Atlante,  al  sud  est  del  capo  Bianco  ;  Fez  al  nord  di  Marocco;  Tanr/er  sullo  stretto  ;  Oran 
e  Algeri  sulle  coste  di  Mauritania  :  quando  la  prima  di  queste  fu  conquistata  dal  cardi- 
nale Ximenes,  dice  un  contemporaneo,  vi  si  contavano  più  botteghe  che  non  in  tre  delle 


198  GEOGRAFIA  —  EPOCA   NONA 

migliori  città  di  Spagna.  Aggiungi  Kairoan  nell'antica  Bizacene,  12  leghe  dal  mare,  e 
piazza  d'arme  de'  Saracini  ;  Maadia  prima  capitale  de'  Fatimili,  sulla  costa  ad  oriente 
di  Kairoan;  Tripoli,  sorta  dalle  rovine;  il  Cairo  nelle  arene,  poco  lungi  da  Postai 
(vecchio  Cairo),  sulla  destra  del  Nilo  che  gli  serve  di  porto;  Tenneso  o  Tennis  sopra 
un'isola  della  laguna  Menzaleh,  non  lontana  dalla  nuova  Damietta,  e  operosa  di  ma- 
nifatture. 

Quando  poi  si  spinsero  di  là  dallo  stretto  di  Bab  el-Mandeb,  sulla  costa  orientale 
dell'Africa,  molte  città  fondarono  sulla  costa  di  Zanguebar  ,  floride  lungo  tempo,  poi 
deserte;  quali  Magadoxo ,  Brava,  Mdinda ,  Mombaza,  Quiloa,  Mozambiche,  Sofala. 
Anche  dell'isola  di  iMadagascar  occuparono  molti  punti,  donde  giunsero  all' Indostan;  sicché 
a  mezzo  del  ix  secolo,  ottocentomila  Musulmani  popolavano  la  costa  del  Coromandel. 

11  paese  di  Sous,  dell'impero  di  Marocco,  e  l'antica  Tingitana  gareggiavano  in  fiorire 
colla  Spagna;e  ad^/^eri,  Bona,  Tunisi,  Tripoli  prosperavano  il  commercio  e  le  lettere. 

V Egitto  tornò  granajo  del  mondo,  e  avendo  Amrù  riaperto  il  canale  di  Kolzum  fra 
il  Nilo  e  il  mar  Bosso,  e  Ahmed  Tulun  quello  di  Cleopatra  fra  il  Nilo  ed  Alessandria, 
se  n'agevolò  il  commercio  verso  le  Indie, 
in  Asia     e.  Asia  occidentale.  Ma  glielo  disputarono  le  città  dell'Irak-Arabi,  ove  si  posero 
le  colonie  più  ricche: 

Basra,  sotto  al  confluente  del  Tigri  coU'Eufrate,  poco  disgiunta  dal  golfo  Persico; 
Cìifa  sulla  riva  occidentale  dell'Eufrate,  al  sud  di  Babilonia  ;  Ascemia  all'est  di  Ambar, 
presso  l'Eufrate,  fu  alcun  tempo  capitale  degli  Abbassidi,  che  prima  l'aveano  tenuta  a 
Cufa,  dipoi  a  Bagdad  :  'Moamedia  sulla  destra  di  esso,  al  sud  di  Racca  capitale  del  Giar- 
Modar  e  sede  prediletta  di  Aron-al-Bascid  ;  Arunia  fra  l'Eufrate  e  l'Antitauro:  sul  Tigri 
Weset,  ma  principalmente  Bagdad,  difesa  da  sessantatre  torri. 

Le  tribij  di  Bekr  e  Rabia  ripopolarono  le  antiche  Amida  e  Nisibi  col  nome  di  Diar- 
bekr  e  Ne.sbin.  Bezabde  nella  Migdonia  fu  antemurale  dell'impero.  Ad  Erzerum  in  Ar- 
menia capitava  il  commercio  fra  il  mar  Nero  e  il  golfo  Persico.  Aggiungi  Thoss  nel 
Corassan,  presso  Mesced  che  ora  n'è  capitale;  Bokara,  Samarcanda  sulla  strada  della 
Cina;  Balk  su  quella  dell'India;  Sciraz  nel  Farsistan,  tutte  fiorenti. 

11  vasto  commercio,  steso  dal  cuor  dell'Africa  sin  al  Baltico,  dalla  Cina  alla  Francia, 
i  pellegrinaggi  alla  Mecca  e  alle  tombe  degl'imami,  dieder  vita  e  fiore  a  molti  paesi 
nuovi,  da  cui  l'industria  e  la  civiltà  diffondeansi  nel  contorno. 

La  potenza  e  la  gloria  maggiore  ebbe  l'impero  musulmano  sotto  Aron  al-Bascid  (786 
809),  quando  stendeva  i  confini  sin  all'impero  dei  Tang  e  sin  all'Idaspe,  che  lo  sepa- 
rava dai  regni  indipendenti  dell'india  settentrionale.  Allora  n'era  capitale  Bagdad  fon- 
data dal  califfo  Almanzor  in  riva  al  Tigri,  e  centro  delle  scienze,  delle  arti,  come  del 
commercio.  Kascian  fabbricata  da  Zobeida,  sposa  d'Aron,  presso  al  gran  deserto  salato 
di  Naubendan:  Tauris  pur  da  lei  fabbricata  presso  l'antica  Gauzaca:  Jiacca^  l'antico 
Nicephorium,  sede  prediletta  di  Aron  che  l'abbellì. 

§  4.  —  Impero  greco. 

Le  conquiste  fatte  dai  generali  di  Giustiniano  vanno  perdute  nella  Spagna  e  altrove; 
i  Barbari  passano  il  Danubio:  Sorabi  o  Serbli,  progenitori  dei  Servi  moderni,  occupa- 
vano sotto  principi  indigeni  la  più  parte  della  Dalmazia;  i  Bulgari  eransi  dilatati  sulla 
dritta  del  fiume  sin  al  monte  Emo;  altri  Slavi  erano  penetrati  sin  nella  Tessaglia,  nel 
Peloponneso,  e  nella  Mesia;  Croati  e  Serbi  aveano  occupato  la  Dalmazia,  la  Servia,  la 
Bosnia,  la  Macedonia.  Appartenevano  all'Impero  le  città  marittime  dell'illiria  franca, 
singolarmente  Tran,  Zara,  Spalatro,  oltre  la  Sicilia,  la  Calabria  al  sud  del  Sebeto,  la 
Terra  d'Otranto,  Amalfi,  Napoli, Gaeta.  Sull'isole  venete  serbava  una  supremazia  nomi- 
nale. La  Sardegna  era  disputata  con  Arabi  e  Franchi.  L'Africa  era  perduta,  e  dell'O- 
riente non  gli  restava  che  l'Asia  Minore:  gli  Arabi  aveano  occupato  Cipro,  e  minaccia- 
vano la  capitale. 

In  luogo  dell'antica  divisione  in  diocesi  e  provincie,  erasene  introdotta  una  per  /emt, 
che  in  Europa  erano  dodici,  fra  i  quali  l'Italia  formava  il  teme  di  Lombardia,  gover- 
nato da  un  calapaa  residente  a  Bari,  e  un  teme  la  Sicilia,,  capoluogo  Regio. 


IMPERO   DI  CARLO   MAGNO  199 


^5.  —  Impero  di  Carlo  Magno. 

Mentre  la  potenza  de'  Merovingi  "decadeva  soilevavasi  la  famiglia  dei  Pepini  nel 
Belgio  e  sul  Reno,  tra'  Franchi  Ripuarj,  ricca  di  clientele  e  possessi.  Fatti  maggiordomi, 
regnarono  a  nome  dei  re  titolari,  e  presero  il  titolo  di  duchi  e  principi  di  Francia,  in 
fine  quello  di  re.  Nel  7C8  il  regno  che  Pepino  il  Piccolo  lasciava  ai  due  suoi  figliuoli, 
confinava  ad  occidente  coll'Oceano;  al  sud  coi  Pirenei,  col  Mediterraneo  e  le  Alpi  ;  al 
nord  col  Reno  inferiore,  la  Lippe,  l'Unstrutt;  ad  oriente  colla  Saale,  le  montagne  orientali 
di  Boemia,  il  Danubio  e  l'Ens;  a  sud  est  il  confine  passava  per  la  valle  superiore  della 
Drava  e  il  pendio  meridionale  dell'Alpi,  chiudendo  la  Carintia,  parte  del  Tirolo,  Val 
d'Adige  sin  a  Bolzano,  Però  la  Baviera  non  era  che  tributaria  ;  i  Goti  della  Seltimania 
conservavano  leggi  e  amministrazione  nazionali;  la  Bretagna  era  indipendente  nella 
parte  che  restava  a  ponente  d'una  linea  che  passasse  per  Vannes,  Rennes  e  Saint- 
Malo;  e  così  la  Guascogna  al  sud  della  Garonna.  1  Frisoni  non  erano  sottoposti  che  di 
nome. 

Spartito  questo  dominio,  a  Carlo  Magno  toccano  la  Turingia,  l'Ostria,  la  Neustria  e 
la  più  parte  dell'Aquitania  •,  a  Carlomanno  la  Baviera,  l'Alemagna  o  Svevia,  l'Alsazia,  la 
Borgogna,  la  Provenza,  la  Settimania. 

Carlo  Magno  nel  771  riunì  il  regno  paterno,  e  colle  conquiste  il  crebbe  d'assai.  Con- Regno  di 
fini  gli  erano  a  settentrione  e  a  ponente  l'Oceano,  dalla  foce  dell'Elba  alla  riva  spa-   Carlo 
gnuola  del  golfo  di  Guascogna,  salvo  la  penisola  Armorica,  tributaria  soltanto;  a  mez-      '*''°° 
zodì  il  corso  inferiore  dell'Ebro  nella  Spagna,  in  Ralla  il  Garigliano  e  la  Pescara  ,  ad 
eccezione  di  Gaeta  soggetta  ai  Greci  e  di  Venezia  indipendente,  e  la  Cettina  in  llliria  ; 
ad  oriente  aveva  la  Cettina  stessa,  poi  la  Bosoa  e  la  Sava,  sin  al  confluente  di  questa 
nel  Danubio,  tranne  le  città  marittime,  e  specialmente  Tran,  Zara,  Spalatro  obbedienti 
ai  Greci;  il  Theiss,  dal  suo  confluire  col  Danubio,  sin  dove  riceve  l'Hernath;  allora 
piegando  ad  occidente,  traversavasi  la  Moravia,  per  una  linea  equidistante  dal  Danubio 
e  dai  Crapak  fin  alle  montagne  della  Boemia ,  cui  lasciava  ad  oriente  per  prendere  a 
settentrione  il  corso  della  Saale,  poi  dell'Elba.  Queste  provincie  erano  amministrate  da 
conti  Franchi. 

Altri  popoli  stavano  tributar],  in  maggiore  o  minor  dipendenza.  I  Franchi  erano  pe- 
netrati nella  Spagna  da  due  parti:  ad  ovest,  prendendo  Pamplona,  e  sottomettendo  là 
Navarra  ;  ad  est  si  assisero  fra  la  Segra,  l'Ebro  ed  il  Mediterraneo.  Quivi  dunque  tribu- 
tavano a  Carlo  Magno  la  Navarra  e  l'alta  valle  dell'Ebro:  seguendo  a  mezzogiorno, 
trovavasi  in  Italia  il  ducato  di  Benevento,  il  Sannio  meridionale ,  la  piij  parte  della 
Magna  Grecia.  Erano  state  devastale  non  sottomesse,  a  levante  la  Boemia,  a  ponente  la 
penisola  Armorica,  che  non  avea  città  notevoli,  ma  molte  piccole  fortezze  tra  paludi  e 
alture.  A4  nord  est  dell'Ebro  fino  all'Eyder  nell'IIolstein,  i  Sassoni  Nordalbingi  erano 
stati  soggiogati,  ma  gli  Obotriti  alle  loro  spalle  erano  alleati  incontentabili.  I  Wilzi  che 
abitavano  la  Pomerania  fino  all'Oder,  interruppero,  non  cessarono  le  ostilità.  11  conte 
di  Turingia  guardavasi  per  conte  della  marca  de'Sorabi,  i  quali,  sulle  due  rive  del- 
l'Elba superiore,  non  erano  sottoposti  alla  giurisdizione  imperiale.  Le  isole  grandi  del 
Mediterraneo  erano  disputate  tra  Greci,  Franchi  e  Saracini. 

Ai  Longobardi,  agli  Alemanni,  agli  Aquilani,  ai  Bavari,  ai  Turingi ,  ai  Frisoni  tolse  Ammini- 
Carlo  i  re;  i  capi  ai  Sassoni  e  ai  Goti  della  Settimania;  le  amministrazioni  particolari sirazione 
alla  Borgogna,  Neustria,  Ostria;  onde  l'impero  tutto  soggettò  al  medesimo  ordine  poli- 
tico. Contadi  e  legazioni  rinnovarono  allora  l'antica  divisione  territoriale  in  città  e  pro- 
vincie. Baviera,  Alemagna,  Turingia,  Sassonia,  Franconia  formarono  allrettanti  missa- 
tici,  0  paesi  governati  da  un  messo;  quelle  fra  il  Reno  e  la  Mosa,  patria  della  gente 
dominatrice,  non  pare  fossero  sottoposte  a  un  messo.  Presto  le  legazioni,  al  par  dei 
contadi,  divennero  ereditarie  col  nome  di  ducati. 

Poi  pe'  figli  suoi  Carlo  Magno  istituì  i  regni  à'Aquitania  e  d'Italia,  che  poteano  con- 
siderarsi come  grandi  legazioni. 

I  paesi  di  confine  o  marche  aveano  governatori  particolari  col  nome  di  marchesi  o 
margravi;  ed  erano  la  marca  Orientale  (Austria)  ;  la  marca  di  Carintia  o  ducato  del 


200  GEOGRAFIA   —  EPOCA   NONA 

Friuli  ;  la  marca  dì  Spagna  o  contea  di  Barcellona  ;  e  sulla  frontiera  bretone,  quella  di 
Rennes,  Nantes,  Angers.  Marche  in  Italia  erano  quelle  di  Susa  nelle  Alpi,  della  Liguria, 
di  Trento,  di  Treviso,  oltre  il  Friuli. 

In  marcie  era  diviso  militarmente  l'interno  dell'impero ,  chiamandosi  cosi  il  punto 
da  cui  cominciavansi  a  contare  i  novanta  giorni,  pei  quali  i  capi  erano  obbligati  a  por- 
tar viveri,  vesti,  armi  nell'esercito.  Pe'  Franchi  Ripuarj  e  Salici,  le  marcie  erano  alla 
Loira  se  si  moveva  verso  i  Pirenei,  al  Reno  se  verso  la  Germania.  Gli  Aquitani  e  i  Ger- 
mani al  contrario  erano  obbligati  traversare  a  loro  spese  tutto  il  regno  prima  d'arrivare 
al  punto  della  marcia;  sebbene  si  risparmiassero  col  destinare  i  primi  alle  guerre  di 
Spagna,  gli  altri  a  quelle  contro  gli  Slavi, 

Obbedienti  a  Carlo  Magno  erano,  Germani  fra  la  Loira  e  l'Elba;  Italiani  nella  peni- 
sola; Gallo-romani  nell'Aquitania  fra  la  Loira  e  i  Pirenei. 
Germania     A.  I  Germani  abitavano  Francia,  Germania,  Borgogna:  cioè  la  Neustria  ad  ovest, 
VOstria  al  centro,  Sassonia  e  Frigia  al  nord,  Turingia  e  Baviera  ad  est,  Alemagna  e 
Borgogna  al  sud. 

o.  La  Neustria  dal  sud-ovest  al  nordest  dilatavasi  fra  la  Loira  e  la  Mosa,  e  tra  l'O- 
ceano e  l'antica  frontiera  di  Borgogna  per  Nevers  e  Langres.  Reims,  Parigi,  Soissons, 
antiche  città  romane,  eran  ancor  popolose  e  ricche,  ma  gli  atti  politici  consumavansi 
nelle  ville  regie,  e  vi  si  accoglievano  le  truppe  e  le  assemblee;  tali  erano  Atligìiy  sul- 
l'Aisne,  Quiercy  sull'Oise,  Verberie  presso  il  fiume  stesso,  Laon  e  Compicgne.  A  Boulogne, 
sul  passo  di  Calais ,  e  a  Gand ,  ove  confluiscono  la  Lys  e  la  Schelda,  Carlo  Magno  pose 
arsenali. 

b,  VOstria,  o  antica  Francia,  occupava  le  due  rive  del  Reno,  dalla  Schelda  e  dalla 
Mosa  fin  alla  Saale.  Quella  a  destra  del  Reno  divideasi  ancora  in  Francia  neustriana , 
che  poi  fu  il  Palatinato,  e  ostriana,  che  si  disse  Franconia.  Quest'era  il  cuore  dell'im- 
pero carolingio,  con  città  importanti,  quali  erano,  lungo  la  sinistra  del  fiume  dal  sud 
al  nord.  Spira,  Worms,  Magonza  al  confluente  del  Reno  col  Meno;  Ingelheim  alquanto 
ad  ovest  di  Magonza;  Coblenzaal  confluente  della  Mosella  col  Reno;  A^we^-a sul  Vahal; 
Metz  e  Treves  sulla  Mosella;  Francoforte  a  levante  di  Magonza ,  sulla  destra  del  Meno; 
Wurzburg  sul  Meno. 

Tra  le  ville  imperiali,  primeggiava  Aquisgrana  o  Aix-la-Chapdle,  così  denominata 
dalle  acque  termali  e  dalla  cappella  che  vi  pose  Carlo  Magno  (775j,  il  quale  vi  faceva 
ordinaria  residenza,  vi  aprì  una  fiera,  ed  alzò  fabbriche,  abbellendole  con  colonne  e 
statue  tolte  a  Ravenna.  Ivi  fu  coronato  Lodovico  il  Pio ,  e  dopo  lui  trentacinque  re  e 
dieci  regine,  sin  a  Francesco  II;  vi  si  tennero  dieci  diete  dal  953  al  1580,  e  altrettanti 
sinodi  dal  799  al  -1022.  All'est  di  Aquisgrana,  altra  villa  imperiale  era  Duren ,  e  al 
nord-est  Heristal  o  Herstall,  primitivo  dominio  dei  Carolìngi  ;  al  nord  di  Metz,  Tfiion- 
ville  (villa  Theodonis)  ;  Valenciennes  s\  confluente  del  Rodanello  colla  Schelda;  Tribur 
al  sud-est  di  Magonza;  Weiblingen  presso  al  confluente  del  Necker  nel  Reno  ;  Salz  verso 
le  frontiere  della  Turingia  ;  Gondreville  sulla  Mosella  al  sud  di  Metz  ;  Remiremont  nel 
dipartimento  dei  Vogesi,  ecc. 

e.  La  Sassonia  steodevasi  dall'Elba  al  Reno  d'oriente  in  occidente ,  a  mezzodì  fino 
all'Unstrutt  e  alle  montagne  poste  a  meriggio  della  Lippe.  All'ovest  abitavano  i  West- 
falj,  all'est  gli  Ostfaìj,  al  centro  gli  Engriani,  i  Nordalbingi  fra  il  corso  inferiore  del- 
l'Elba, l'Eyder,  il  Baltico  e  gli  Obotriti.  Tietmelli,  cioè  assemblea  del  popolo,  è  il  nome 
corrotto  poi  in  detmold,  dal  paese  ove  tenevano  la  generale  adunata.  Ai  Franchi  oppo- 
sero molte  castella,  principalmente  Sigiburg  ed  Ehresburg,  al  sud  della  Lippe,  ove  sor- 
geva l'irminsul  (Irmensàule),  idolo  nazionale. 

La  guerra  di  trentatre  anni  con  Carlo  Magno  spopolò  il  paese,  e  molti  rifuggirono 
nella  Scandinavia.  Carlo  il  ripopolò  di  castella,  monasteri,  vescovadi;  come  Lippspring 
alle  sorgenti  della  Lippe,  Paderborn  al  nord  di  quello,  Herstell  sul  Weser,  Halle  sulla 
Saale,  Magdeburgo  sull'alta  Elba,  Hochburg  (Amburgo)  e  altre  alla  foce  di  questo.  Pro- 
teggevano essi  le  educatrici  fatiche  de' vescovi  di  Minden,  Brema  sul  Weser,  Verden 
sull'Aller,  Osnabruck  sull'IIase,  Munster  sull'Aa,  Paderborn,  IJildesheim  sull'lnnerste, 
Halberstadt  sull'IIolzemme. 

Può  considerarsi  dipendente  dalla  Sassonia  la  Frisia,  ov'erano  Deventer  sull'Yssel, 
celebre  poi  per  una  società  monastica  ivi  istituita  per  diffondere  gli  studj;  e  Rustringen 


ÌMPERO   di   CARLO  MAGNO  201 

presso  le  bocche  del  Weser.  I  Frisoni  verso  ponente  aveano  passalo  il  lago  Flcvo ,  ma 
sulle  coste  erano  continuamente  minacciati  dai  Normanni. 

d.  La  Turinnia  stava  al  sud  della  Sassonia,  separata  per  l'Unstrutt;  ad  ovest  e  sud 
n'aveano  distaccato  molli  l)rani;  la  parte  occidentale  della  Verrà  era  incorporata  colla 
Francia  orientale;  e  un  cantone  distinto  del  Nordgau  era  formato  dai  paesi  collocati 
fra  il  Rednitz,  l'Altmulil,  le  montagne  di  Boemia.  Città  imperiali  erano  Ingolstadt  sul 
Danubio,  Lutrahahof  nel  Nordgau  interno. 

e.  La  Baviera,  antico  ducato  posto  al  sud  est  della  Turingia  fra  il  Lech  e  l'Ens,  era 
divisa  fra  molti  conti  Franchi;  ed  eranvi  città  principali^/Ja/isòona  e  Passau,  sul  Da- 
nubio, Freysingen  sull'Iser,  Salzburg  sulla  Salza.  Sulle  due  rive  del  Danubio  al  nord- 
est della  Baviera  stava  la  marca  Orientale  (Austria),  coi  due  nuovi  vescovadi  di  Fa- 
viana  sul  Danubio  ad  occidente  di  Vienna,  e  Nitra  (Neutra)  in  Ungheria  a  levante  di 
Presburgo. 

La  Pannonia  antica,  detta  Unnìa  o  Avaria,  ad  oriente  dell' Ens,  e  i  paesi  fra  il  Danu- 
bio e  il  Theis,  giacevano  deserti  ;  onde  Carlo  Magno  lasciò  che  le  reliquie  degli  Avari 
si  stabilissero  di  là  dal  Theiss,  sotto  principi  nazionali,  che  obbligaronsi  al  battesimo  e 
al  tributo.  Ivi  pure  stanziossi  qualche  tribù  di  Venedi,  di  cui  resta  memoria  nell'idioma 
della  Carniola  e  della  Stiria. 

f.  V  Alemagna,  compresa  la  Rezia  e  l'Alsazia,  stendevasl  dal  Lech  ai  Vogesi  ad  ovest 
dell'Alsazia;  al  nord,  dal  confluente  del  Lech  col  Danubio  sin  al  Reno  sopra  Spira;  a 
mezzodì  alle  Alpi  centrali.  Città  sue:  Coirà  (Curia  Rhetica)  sull'alto  Reno;  Sangallo  al 
sud  del  lago  di  Costanza,  città  sorta  attorno  ad  un  monastero  fondatovi  dal  santo  Irlan- 
dese di  cui  porta  il  nome;  Costanza  sul  lago  del  suo  nome,  celebre  poi  per  la  pace  ivi 
conchiusa  nel  1183  fra  i  collegati  lombardi  e  Federico  Barbarossa,  e  pel  concilio  tenu- 
tovi dal  1414  al  1418  ;  Augusta  sul  Lech  ;  Basilea  e  Strasburgo  sul  Reno.  Kircheim  al- 
l'occidente di  Strasburgo  ne'  Vogesi,  era  residenza  reale. 

g.  La  Borgogna,  lontana  troppo  dai  confini  dell'Impero,  scadde  dall'importanza  sua. 
Principali  città:  Arles,  Lione,  Vienne,  Ginevra  lungo  il  Rodano,  sulla  Saona  Chàlons. 
Ville  reali  erAno  Mantailles  sul  Rodano  fra  Vienne  e  Valenza,  Payerne  nel  paese  di  Vaud. 

B.  Italia.  Consumata  la  conquista  di  Carlo  Magno,  alcuni  paesi  restarono  ai  Greci,  Kalia 
altri  ai  Longobardi;  altri  dipendettero  dai  Franchi,  altri  formarono  il  nuovo  Stato  della 
Chiesa. 

a.  Coll'impero  greco  stettero  ancora  la  Sicilia,  la  Calabria  inferiore,  disotto  dal  Se- 
beto,  la  terra  d'Otranto,  Amalfi,  Napoli,  Gaeta  e  qualche  volta  la  Sardegna. 

b.  I  Longobardi  conservarono  il  ducato  di  Benevento  al  sud  del  Garigliano  e  della 
Pescara  fin  al  Sabato,  ora  tributario,  ora  indipendente  dai  Franchi;  avendo  per  città 
principali,  Benevento,  Capua,  Boviano. 

e.  Il  restante  paese,  già  appartenente  a'  Longobardi,  formò  il  regno  d'Italia,  asse- 
gnato ad  un  principe  della  famiglia. 

d.  Roma  e  il  suo  territorio,  cioè  la  Sabina  e  il  Lazio  antico  erano  governati  a  nome 
dell'imperatore  di  Costantinopoli,  fin  quando,  avendo  Leone  Isaurico  fatto  guerra  al 
culto  delle  immagini,  la  repubblica  romana  scosse  l'indipendenza,  e  diede  al  pontefice 
anche  il  primato  temporale  su  quanto  è  da  Viterbo  a  Terracina,  e  da  Narni  ad  Ostia. 
Re  Pepino  e  Carlo  Magno  (734,  799)  confermarono  quest'ordine,  aggiungendovi  in  dono 
la  Pentapoli  e  l'Esarcato.  Così  formossi  il  Patrimonio  di  San  Pietro. 

Ad  oriente  della  Longobardia,  Carlo  Magno  stabili  la  marca  di  Carintia  o  ducato  del 
Friuli,  che  abbracciava  i  paesi  a  mezzodì  della  Brava  nella  Pannonia  inferiore  e  l'Istria, 
la  Liburnia,  la  Dalmazia;  salvo  le  città  di  costa  e  le  isole  illiriche,  appartenenti  all'im- 
pero greco.  Francocorion,  cioè  paese  de' Franchi,  si  nominò  lungamente  la  parte  orien- 
tale della  terra  fra  la  Sava,  la  Drava  e  il  Danubio:  ma  vi  abitavano  Slavi  o  natii,  che 
stretti  fra'  Bulgari  e  i  Franchi  del  Friuli,  rimasero  in  fedeltà. 

C.  VAquitania  all'ovest  e  al  nord  toccava  l'Oceano,  all'est  la  parte  meridionale AquUanla 
della  Turena  e  il  Rodano  inferiore,  al  sud  il  Mediterraneo,  abbracciandovi  la  Settima- 

nia,  la  marca  di  Spagna  e  la  Guascogna,  dipendenti  dal  re  di  Tolosa. 

0.  Aquitania.  Pepino  e  Carlo  Magno  mandarono  a  rovina  questo  paese,  insoflercnte 
del  giogo;  poi  vi  posero  conti  in  quindici  città,  che  erano,  al  nord  Bourges  e  Poitiers; 
ad  occidente  Saintes  e  Angouléme  sulla  Charente,  Bordeaux  sulla  Gironda  ;  al  sud  Agen 


202  GEOGRAFU  —  EPOCA  NONA 

e  Tolosa  sulla  Garonna,  Alby  presso  il  Tarn,  funestamente  celebre  per  l'eresia  cresciu- 
tavi e  combattuta  a  furore;  ad  oriente  Bhodez  sull'Aveyron,  Mende  sul  Lot,  Le  Puy  nel 
Velay  presso  la  Loira,  Clermont  in  Alvergna,  ove  (1095)  si  tenne  il  concilio  famoso  per 
la  prima  crociata  che  vi  si  bandi;  al  centro  Limoges  sulla  Vienne,  Perigueux  sull'lsle, 
Cahors  sul  Lot,  celebre  per  banchieri.  Residenze  reali,  Doué  nel  dipartimento  di  Maine 
e  Loira;  Chasseneuil  in  quel  di  Lot  e  Garonna,  dove  si  tenne  l'unico  campo  di  maggio 
raccolto  in  Aquitania. 

b.  Guascogna.  Quel  ducato,  circoscritto  dal  corso  della  Garonna,  era  posseduto  da 
capi  Merovingi ,  sempre  avversi  ai  Carolingi  ;  sicché  affatto  precaria  era  la  costoro  do- 
minazione da  questa  parte.  Ne'  Pirenei ,  al  sud  di  Bajona,  era  Roncisvalle,  dove  Carlo 
Magno  fu  sconfitto,  e  morto  Orlando. 

e.  Marca  di  Spagna.  Ad  oriente  i  conti  Franchi,  posti  a  Barcellona  capitale,  ad  Am- 
puria  sul  Mediterraneo,  a  Gìrona,  ad  Aufiona  (Vich),  a  Urgel^  custodivano  il  passo  dei 
Pirenei.  Tortosa  fu  tolta  agli  Arabi  ma  per  poco;  Lerida  sulla  Segra,  Tarragona  al  sud 
di  Barcellona,  furono  distrutte  da  Lodovico  Pio. 

d.  Settimania.  Le  sette  sue  città  erano  governate  da  conti,  non  avendo  Carlo  Magno 
riconosciuto  i  privilegi  garantitile  da  Pepino. 

Colle  conquiste  esso  Carlo  aggiunse  appena  un  terzo  all'impero  lasciatogli  dal  padre; 
ma  soggettò  meglio  l'interno,  giacché  le  varie  genti  germaniche  affatto  disunite  e  indi- 
pendenti, allora  furono  unite  alla  stessa  assemblea  ,  sotto  le  medesime  leggi ,  ammini- 
strazione medesima,  e  gerarchia  religiosa  e  politica. 

Per  quanto  però  Carlo  Magno  procurasse  un'amministrazione  regolare,  non  era  pos- 
sibile ridurre  all'unità  queste  differentissime  nazioni.  Le  città  d'Italia  e  della  Francia 
meridionale  non  aveano  perduta  atfatto  l'antica  prosperità;  quelle  della  Francia  setten- 
trionale, del  Reno,  del  Danubio  erano  la  più  parte  cadute  al  fisco  reale,  o  date  in  be- 
nefizio a  vescovi  e  grandi  Cessano  dunque  d'ogni  influenza,  ch'è  acquistala  invece  dai 
possessori  di  benefizj  o  d'allodj ,  ai  quali  unicamente  compete  il  formar  l'esercito,  se- 
dere nei  parlamenti,  ecc.  Invece  d'assidersi  nelle  città,  piantansi  in  ville,  che  i>oi  si 
mutano  in  castelli,  alfine  in  città.  Anche  Carlo  Magno  stava  sempre  in  ville  regie,  avendo 
una  sola  volta  visitato  Parigi,  sede  dei  re  merovingi. 

Le  continue  guerre  di  Carlo  impedirono  la  prosperità  che  egli  cercava,  e  moltiplica- 
rono le  fortezze.  Intanto  il  settentrione  della  Francia  restava  sodoo  boscoso,  boscose  la 
Germania,  la  Boemia,  la  Turingia  orientale  e  la  meridionale;  mentre  la  Germania  meri- 
dionale, il  paese  degli  Avari,  i  Paesi  Bassi,  la  Fiandra  erano  invasi  da  paludi. 

Centri  di  civiltà  erano  i  monasteri  e  i  vescovadi  ;  e  i  nuovi  fondati  da  Carlo  Magno 
colla  religione  estesero  la  dottrina  nella  Sassonia,  nella  Carintia,  nell'Austria,  mentre  la 
conservavano  nell'Oslria  e  Neustria  antiche.  Eginardo,  storico  di  Carlo  Magno,  crebbe 
di  libri  il  convento  di  San  Vandrillo  presso  Caudebec  sulla  Senna  inferiore;  Angilberto 
ne  pose  altri  a  San  Richerio  ,  al  nord-est  di  Abbeville ,  dipartimento  della  Somma, 
scuola  de'  figli  illustri;  altri  n'avea  a  Ferrières;  a  Etaples  nel  dipartimento  del  Passo- 
di-Calais;  a  San  Lupo  di  Troyes  in  Champagne  ;  a  Saint-Josse  sul  mare  ;  a  San  Martino 
di  Tours;  a  Fleury  sulla  Loira,  ove  affluivano  scolari  a  migliaja  ;  all'isola  Barbe  a  Lion; 
a  Beichenau  presso  Costanza;  ad  Utrecht  sul  Reno  inferiore,  frequentata  da  scolari  di 
Germania  e  di  Inghilterra;  ad  Ilirsauge  nella  diocesi  di  Spira;  e  principalmente  a  Fulda 
nella  Francia  orientale.  Come  gl'ingegni,  così  le  terre  vi  si  coltivavano, 

L'Aquifania  e  la  Provenza  aveano  visto,  nelle  correrie  de' Franchi  e  de'Saracini, 
perir  le  scuole,  famose  al  tempo  dell'Impero.  l'Italia  riceveva  e  dava  incoraggiamenti  e 
maestri  agli  sludj,  e  v'erano  stabilite  scuole. 

§  6.  —  Stati  indipendenti  da  Carlo  Magno. 

Bretagna     A.  Isole  britanniche: 

a.  V Irlanda  era  ancora  divisa  fra  cinque  regni  paesani:  l'Ulster  [Ullonia]  al  nord; 
il  Connaugbt  [Connacia]  di  nord  ovest;  il  Meath  (Midia)  al  centro;  il  Munster  al  sud- 
ovest;  il  Leinster  al  sud-est.  Re  d'Irlanda  consideravasi  quello  di  Meath,  ma  i  capi  dei 
clan  esercitavano  di  fatto  l'autorità,  che  quelli  di  nome;  e  peggio  fu  dacché  i  Normanni 
vennero  a  devastazioni  annue. 


STATI  INDIPENDENTI   DI  CAHLO   MAGNO  203 

6.  Scozia.  Al  fine  del  vii  secolo  i  Pitti,  respinti  dagli  Anglo-sassoni  sino  al  Forth  e 
alla  Clyde,  aveano  vinto  i  Nortunibri,  e  posto  il  Tweed  per  confine  tra  le  due  razze.  Poi 
Pitti  e  Scoti  s'uniscono  in  un  sol  regno  (833) ,  steso  dal  settentrione  estremo  fino  al 
Tweed.  Jona,  una  delle  Ebridi,  era  popolata  di  conventi,  che  spargevano  apostoli  di 
fede  e  di  civiltà. 

e.  Inghilterra.  Dell'eptarchia  sassone  restano  solo  i  regni  di  Northumberland  al  nord, 
Wessex  al  sud,  Merda  in  mezzo.  A  questo  ultimo  s'erano  riuniti  VEslanglia,  VEssex  al 
nord  e  il  Kent  al  sud  del  Tamigi,  sicché  abbracciava  tutto  il  mezzo  dell'isola.  Egberto 
sottomise  poi  tutti  i  capi  anglosassoni,  e  s'intitolò  re  d'Inghilterra  (827j. 

d.  Nel  Paese  di  Galli'S  dimorava  l'antica  stirpe  bretone,  che  per  fronteggiare  Angli  e 
Pitti  avea  fabbricalo  Diimbarton,  città  de'  Bretoni.  Molte  tribù  di  Cambrì  aveano  trovato 
rifugio  nell'angolo  montagnoso  bagnato  dal  golfo  di  Solway,  ma  di  questi  gli  Angli  con- 
quistarono poi  la  costa  meridionale;  e  di  colonie  sassoni  si  coperse  il  paese  fra  la  Sa- 
verna  e  la  Wye  tolte  ai  Bretoni;  e  quelli  da  (|uesti  restavano  divisi  per  un  terrapieno 
ed  una  fossa  di  cento  miglia,  dalle  foci  della  Wye  a  quella  della  Dee.  Egberto  tolse  l'in- 
dipendenza anche  ai  Bretoni  della  punta  di  Gornovaglia. 

B.  Spagna  : 

a.  Regno  d'Oviedo.  I  Visigoti  che,  nel  58b,  aveano  acquistato  il  paese  degli  Svevi,  Spagna 
furono  spodestati  dagli  Arabi,  salvo  un  lembo  montagnoso  al  nord-ovest  della  penisola, 

ove  Pelagio  regnava  sopra  ventisette  miglia  di  lunghezza  e  dodici  di  larghezza.  Questo 
doveva  essere  il  nocciolo  della  monarchia  spagnuola;  e  già  nelI'SU  il  regno  d'Oviedo 
0  delle  Asturie  arrivava  al  sud  fino  al  Onero,  al  nord  ed  all'ovest  fin  al  mare  Nel  regno 
delle  Asturie  vedeansi  Leon,  già  così  detta  perchè  stanza  d'una  legione;  Astorga,  Lugo, 
città  ricinte  di  m.ura  romane;  Braga,  piena  di  anticaglie;  Oviedo  fondata  il  701  da 
Frolla;  Zamora  fortificata  sul  Duero;  Gijon  sul  golfo  cantabrico,  sede  di  Pelagio;  Pra- 
via  edificata  da  Silo. 

All'est,  fra  le  montagne  ove  l'Ebro  nasce,  e  quelle  ove  sullo  scorcio  del  ix  secolo  fu 
fabbricata  Burgos,  i  conti  di  Castiglia  visigoti  mantenevansi  indipendenti  contro  i  Mori. 
Apparteneva  alle  Asturie  la  proviuiùa  biscaglina  d'Alava  ,  separata  dalla  Discaglia  pro- 
pria per  la  catena  principale  de'  Pirenei. 

b.  Navarra.  I  Franchi  di  Carlo  Magno  presero  e  smantellarono  Patnplona  a  pie  dei 
Pirenei,  ma  Calahorra  sull'Ebro  tentarono  invano. 

e.  11  resto  della  Spagna  formava  l'emirato  di  Cordova:  moltissime  colonie  vi  si  pian- 
tarono, come  già  si  disse  (pag.  197)  e  la  portarono  a  gran  prosperità  materiale. 

C.  Danimarca  e  Scandinavia  erano  divise  tra  molti  piccoli  re,  detti  Sma^  Danimarca 
kongar;  ma  uno  superiore  a  tutti,  detto  Theodkongar,  sedeva  a  Upsala  e  Leithra,  fin   e  Scandi- 
alla  morte  di  Regnardo  Lodbrok  nel  794,  quando  Danimarca  e  Svezia  furono  ancora  °*^"* 
separate. 

Nel  regno  di  Leithra  erano  compresi  il  Giutland,  le  isole  Danesi,  la  Scania  colle 
Provincie  di  BlekiìigaeHalland.  Tra  gli  smalkongar  i  piìi  potenti  erano  quelli  dell'isola 
Bornholm,  indipendenti  sino  al  900,  e  quelli  del  Giutland  meridionale,  che  ajutarono  i 
Sassoni  nelle  guerre  contro  Cario  Magno.  Un  di  essi,  saccheggiata  Ròrich  presso  Lubeka, 
mercato  allora  di  tutta  Europa,  ne  arricchì  Sleswig  sua  capitale,  e  lungo  l'Eyder  scavò 
un  fosso  di  difesa  da  un  mare  all'altro.  Re  delle  isole  (A'a'sfcon(/ar)  dominavano  levarle 
isole  del  Baltico,  del  Kattegat  e  del  mare  del  Nord  ;  ed  essi,  come  i  re  inferiori  (Unterkon- 
gar)  del  Giutland,  dello  Sleswig,  della  Scania  ecc.  dipendevano  dall'alto  re  (Oberkon- 
gar)  di  Leithra.  l  re  del  mare  (Soekongar)  faceano  come  indipendenti.  Ciascuno  Stato 
mandava  uomini  o  ivikings  a  scorrere  i  mari  del  nord,  devastando  le  coste;  e  già  ave- 
vano ridotta  la  Frisia,  si  può  dire,  tributaria  al  re  di  Leithra. 

I  pirati  di  Svezia  e  Norvegia  erano  detti  Wareghi  nel  Baltico ,  e  Normanni  nel  mare 
del  Nord  e  sulle  coste  di  Francia  che  devastavano.  Ma  l'interno  del  paese  era  ripopolato 
da  nuove  immigrazioni.  Nel  ÌVermeland,  vicino  al  gran  lago  Wernern,  nell'viii  secolo 
alcuni. discendenti  dai  re  di  Upsala  aveano  fondato  uno  Stato  nuovo,  indi  si  resero  po- 
tenti su  tutta  Norvegia.  Altri  Norvegi  penetrarono  nella  Svezia  settentrionale,  e  presero 
stanza  nelle  foreste  del  Giamteland  e  deWHelsingland. 

D.  S  arma  ti.  Degli  Slavi  parliamo  altrove.  Nelle  vaste  contrade  fra  i  monti  Boemi  Sarmati 
e  l'Ural,  all'oriente  dei  Venedi,  che  col  nome  di  Obotriti,  Wiizi,  Sorabi,  Cesci,  Moravi, 


201  GEOGRAFU  —  EPOCA   NONA 

formavano  il  confine  orientale  dell'impero  Carlovingio,  dominavano  i  GlioechihaW  Bug 
e  roder;  i  Lituani  fra  il  Bug  e  la  Dvina  ;  i  Krivici  sul  corso  superiore  della  Dvina  ;  gli 
Sloveni  presso  Novogorod  ;  i  Dregovici  sul  Dnieper;  i  Belodovati  sui  monti  Crapak. 

I  Bulgari  aveano  steso  il  nuovo  regno  fra  questi  monti  al  nord,  il  Theiss  all'ovest,  il 
Danubio  al  sud,  il  Dnieper  all'est.  I  Kazari  aobracciavano  quant'è  fra  il  Volga  all'est, 
il  Dnieper  al  sud  est,  e  a  nord-ovest  il  Dnieper  superiore.  Fra  loro  abitavano  Slavi  ed 
Ungheria  cbe  dall'lngria  eransi  calati  a  dilungo  del  Dnieper  inferiore.  Ad  oriente  vaga- 
vano orde  turche.  I  Finni  erano  rimasti  al  posto. 


EPOCA    IL 

dall'  800  AL  1096  DOPO  C. 


§  i,  —  Divisioni  dell'impero  di  Carlo  Magno. 

Le  varie  nazioni  che  Carlo  Magno  aveva  unite  senza  spegnerne  le  leggi,  la  lingua,  le 
consuetudini,  aspiravano  a  ricuperare  la  nazionalità;  i  signori  tendevano  a  farsi  indi- 
pendenti ;  nuovi  Barbari  sopravenivano:  dal  che  fu  scomposto  l'impero  del  Magno. 

Nei  settantatre  anni  (814  887}  fra  la  costai  morte  e  la  deposizione  di  Carlo  il  Grosso, 
in  Ispagna  la  Navarra  si  rende  indipendente;  i  Saracini  occupano  la  contea  d'Ausone  e 
i  territorj  di  Lerida  e  di  Tarragona;  nell'illiria  i  Crobati  e  i  Liburni,  posti  al  di  sotto 
della  Sava,  ricusano  obbedienza  ai  marchesi  del  Friuli  e  della  Carintia.  Di  rimpatto  Lo- 
dovico il  Tedesco  conquista  tutta  la  Moravia  dal  Danubio  fin  alle  sorgenti  della  Morava, 
la  Boemia  e  il  paese  de'  Sorabi. 

Conservava  dunque  l'Impero  a  un  bel  circa  l'antica  estensione,  ma  di  dentro  scom- 
ponevasi  la  potenza  reale,  mentre  le  genti  facevano  tentativi  di  acquistare  i  naturali 
confini  ;  e  ne  furono  conseguenza  le  varie  divisioni  avvenute  fra  i  Carolingi. 

1  =»  Carlo  Magno  morendo  lascia  a  Lodovico  il  Pio  l'impero  ;  il  regno  d'Italia  a  Pepino, 
poi  a  Bernardo  figlio  di  questo. 

2*  Nell'SlTad  Aquisgrana  si  fa  divisione  tra  i  figliuoli  di  Lodovico  il  Pio:  e  Lotario 
primogenito  è  associato  all'impero;  Pepino  ottiene  l'Aquitania  e  la  Guascogna  coi  terri- 
torj di  Nevers,  Autun,  Avallon  ia  Borgogna;  Lodovico  la  Baviera,  la  Carintia,  la  Boe- 
mia, la  Moravia,  la  Pannonia. 

3=*  Neir830,  in  nuovo  scomparto,  Lotario  ottiene  l'Italia;  Pepino  l'Aquitania,  la  Gua- 
scogna, i  paesi  fra  la  Loira  e  la  Senna,  e  sulla  destra  d'esso  fiume  Chàlons,  Meaux, 
Amiens  e  il  Ponthieu.  Lodovico  il  Tedesco  alle  precedenti  possessioni  unisce  la  Turin- 
gia,  la  Sassonia,  la  Frisia,  la  Fiandra,  il  paese  de'  Ripuarj  (Bassa  Lorena)  il  Vermaudese. 
Carlo  il  Calvo  ha  l'Alemagna,  la  Rezia,  la  Borgogna,  salvo  i  possessi  di  Pepino,  la  Gotia 
(Settimania  e  marca  Spagnuola),  e  quel  che  dipoi  fu  Lorena  Mosellana. 

4»  L'837  ad  Aquisgrana,  i  tre  primi  dovettero  cedere  varj  brani  a  Carlo  il  Calvo, 
che  allora  ebbe  tutta  la  Frisia,  i  paesi  fra  il  Reno,  la  Mosella,  la  Senna  e  il  mare  ;  la 
parte  settentrionale  di  quel  che  fu  poi  ducato  di  Borgogna  ;  il  sud  della  Champagne  e 
dell'  Isola  di  Francia;  il  Gatinese,  e  1' Orleanese  settentrionale. 

b^  Nella  divisione  dell' 859  a  Worms,  Lodovico  il  Tedesco  possiede  come  nelPSH; 
Lotario  (salvo  il  ceduto  al  precedente]  ebbe  tutte  le  provincie  all'  est  della  Mosa,  del 
Giura,  del  Rodano  ;  Carlo,  quelle  ad  ovest. 

6'  A  Verdun  nell'843  si  fa  un'altra  distribuzione;  cioè  a  Lotario  Italia,  Provenza, 
Delfinato,  Savoja,  Svizzera  francese,  Franca  Contea,  la  Borgogna  all'est  della  Saona, 
l'Alsazia,  la  Lorena,  il  Cambresis,  e  quant'è  fra  il  Beno,  la  Schelda  e  la  Mosa,  eccetto 
Spira,  Worms,  Magonza,  Ingelheim  ;  poi  sulta  destra  del  Reno,  da  Bonn  sino  alla  Frisia 
l'antica  Francia  Ripuaria  dal  Reno  alla  Sassonia;  aggiungi  sulla  destra  del  Rodano  il 
Lionese,  il  Vivarese  e  l'Uzège.  A  Lodovico  il  Tedesco  toccò  la  Francia  transrenana  con 
Worms,  Spira,  Magonza,  Ingelheim,  scemategli  però  la  Frisia  e  la  parte  di  Francia  Ri- 
puaria data  al  precedente.  Carlo  il  Calvo  sortì  la  Francia  occidentale,  vale  a  dire  i  paesi 
ad  ovest  della  Schelda,  della  Mosa,  della  Saona,  del  Rodano,  sin  ai  due  mari  che  sono  i 
confini  conservati  dal  regno  di  Francia  fino  al  secolo  xiv. 

Adunque:  a.  Lotario  teneva  l'Italia  e  la  Francia  centrale,  cioè  i  regni  d' Italia,  Lo- 
rena e  Borgogna.  Questi  spartironsi  tra'  suoi  figli.  Lodovico  II,  re  d'Italia  e  impera- 
tore, muore  senza  prole.  Lotario  II,  re  di  Lorena  e  Borgogna,  muore  anch'  egli  senza 
figli.  Carlo  li  è  re  di  Provenza,  ossia  d'Arles.  1  tre  dominj  toccavansi  all'ospizio  del 


206  GEOGRAFIA  —   EPOCA   DECIMA 

Sanbernardo  :  poi  morto  Carlo,  i  due  fratelli  se  ne  divisero  l'eredità,  ponendo  a  con- 
fine il  Rodano 

b.  Lodovico  il  Tedesco  dell' ^/emof/na,  cioè  della  Francia  orientale,  alla  morte  di 
Lotario  li  (869)  ottiene  le  contee  sulla  destra  della  Mosa,  dell' Ourthe  e  della  Mosella 
superiore,  e  all'est  del  Doubs,  della  Saona  e  del  Rodano,  Ha  tre  figli:  Carloraanno  re  di 
Baviera,  poi  d' Italia  (877);  Lodovico  il  giovane  re  di  Sassonia,  poi  anche  della  Baviera 
alla  morte  del  precedente-,  Carlo  il  Grosso,  re  d'Alemagna,  che  alla  morte  dei  primi 
eredita  Italia  e  Francia  (882). 

e.  Carlo  il  Calvo,  signore  della  Francia  occidentale,  poi  re  d' Italia  e  imperatore,  ha 
successori  Lodovico  il  Balbo,  poi  Lodovico  IH,  e  Carlomanno.  Infine  alla  morte  di  questi 
riconcentrasi  il  regno  in  Carlo  il  Grosso,  re  d' Italia,  Baviera,  Germania,  Sassonia,  Lo- 
rena e  della  Francia  occidentale;  tutto  insomma  l'impero  di  Carlo  Magno,  eccetto  il 
regno  di  Provenza  posseduto  da  Bosone. 

Malgrado  di  questa  riunione,  i  popoli  s'erano  in  fatto  staccati  ;  la  Baviera  unita  alla 
Carintia  e  Boemia  ;  1'  Alemagna  con  Rezia,  Alsazia  ecc.  ;  la  Sassonia  con  Frisia  e  Tu- 
ringia-,  l'Ostria,  cioè  la  Lorena  e  la  Neustria,  restarono  distinte  con  re  proprj.  Solo  dei 
paesi  di  lingua  latina  l'Aquitania  fu  colla  Bretagna  unita  alla  Neustria:  1'  Italia  fu  dis- 
putala fra  gli  scaltri  e  i  forti. 

^2.  —  Provincie  invase  dai  Barbari. 

Alcuni  brani  erano  stati  spiccati  dai  nuovi  Barbari  : 

i.  I  lYormanni  devastarono  corseggiando  le provincie  marittime  di  Francia  e  Germania, 
dalle  foci  dell'Elba  a  quelle  dell' Adour,  spingendosi  dentro  fino  ai  pie  delle  Sevenne, 
dei  Vogesi,  de'  monti  Germanici,  col  qual  nome  intendo  la  serie  delle  alture  cui  so- 
vrastanno le  piccole  catene  derivate  dal  Fichtelgebirge  all'  estremità  occidentale  della 
Boemia,  dirigendosi  pel  nord-ovest  a  raggiungere  le  alture  della  sinistra  del  Reno  verso 
Coblentz  e  Treveri. 

Sperperavano  campagne  e  città,  poi  ritraevansi;  né  fermarono  il  piede  se  non  in  isole 
allo  sbocco  dei  fiumi,  come  Valchern  e  Bettau  fra  i  rami  della  Schelda  e  della  Mosa, 
altri  puuti  alla  foce  della  Somma  e  della  Senna,  Noir-Moutier  in  faccia  alla  Loira  ecc. 
Li  fortificavano  per  isvernarvi  e  deporre  il  bottino,  e  di  là  spargevansi  sul  contorno. 
Fuggendo  la  popolazione  atterrita,  trasportaronsi  anche  in  terraferma;  e  i  pirati  della  sta- 
zione della  Schelda  occuparono  la  Frisia,  la  Fiandra,  la  Bassa-Lorena  ;  quei  della  Senna  la 
Normandia;  quei  di  Noir-Moutier,  Cbartres,  Blois,  Tours,  Nantes,  In  Germania  tentarono 
piantarsi  in  riva  all'Elba;  ma  furono  cacciati  dai  Sassoni.  In  Ispagna  il  re  d'Oviedo  li 
respinse  dalla  Galizia,  ma  dopo  ch'ebber  saccheggiato  Gihon  :  devastarono  pure  paesi 
soggetti  agli  Arabi,  Lisbona,  Cadice,  Siviglia;  e  passato  lo  Stretto  sotto  la  condotta  di 
Ilasting,  molestarono  Italia  e  Provenza.  Contro  l'Inghilterra  principalmente  si  drizza- 
rono, ove  fecero  importanti  stabilimenti. 

2.  I  Saracini  eguale  strazio  faceano  delle  coste  del  Mediterraneo,  Prese  le  isole  di 
Malta,  Sicilia,  Corsica,  Sardegna,  le  Baleari,  s'affìssero  anche  al  litorale.  Da  Frassineto 
{Garcle-Frénety  al  nord  di  Grimaud  nel  dipartimento  del  Varo)  a  pie  delle  alpi  Marit- 
time, lanciaronsi  a  baldanza  sulla  Provenza  e  la  Liguria  ;  la  Camargue  fra  i  due  bracci 
del  Rodano  li  rese  arbitri  di  questo  fiume.  A  Taranto,  a  Bari,  al  monte  Gargano,  sul  Ga- 
rigliano  posero  altre  stazioni,  donde  guastavano  la  Bassa  Italia;  finché  Lodovico  li  im- 
peratore li  snidò  da  Bari,  e  papa  Giovanni  X  dal  Garlgliano  (916). 

§  3.  —  Grandi  feudatarj. 

Per  grandi  feudatarj  intendo  quelli  che  immediatamente  rilevano  dalla  corona.  Già 
verso  r880  i  duchi  di  Gua"^cogna  fra  laGaronna  e  i  Pirenei  ;  i  duchi  à'  Aquitania,  i  conti 
di  Poitou,  del  Limonino,  del  ['eriyord  ;  i  conti  di  Tolosa  che  dominavano  dai  Pirenei  fin 
all' Alvergna;  i  duchi  di  lìre.tagna  nella  penisola  Armorica  ;  i  duchi  di  Francia  fra  la 
Somma  e  la  Loira  ;  quei  del  Friuli  tra  la  Carniola  e  l'Adige  ;  di  Spoleto  fra  il  Musone  e 


DISSOLUZIONE  DELL'EUROPA  GERMANICiV  207 

il  Tiferno;  il  marchese  di  Toscana  fra  la  Marta  e  la  Magra;  tutti  insomma  i  grandi  vas- 
salli ambivano  l'indipendenza.  Già  l'avea  ottenuta  il  regno  di  Borgogna,  che  compren- 
deva Savoja,  Franca  Contea,  parte  di  Borgogna,  il  Lionese,  il  Forez,  il  Delfinato,  la  Pro- 
venza, col  Vivarese  e  l'Uzège  sulla  dritta  del  Rodano,  cioè  il  paese  che  ha  da  un  lato 
la  Saona  e  il  Giura,  dall'altro  1'  Alta  Loira  e  le  Alpi. 

%  4.  —  Dissoluzione  dell'Europa  germanica. 

Carlo  il  Grosso  fu  deposto  nell' 887,  e  il  dominio  suo  spartito  fra  sette;  regnando 
Arnolfo  in  Germania,  Eude  in  Francia,  Bosone  nella  Borgogna  Cisgiurana,  Guelfo  nella 
Borgogna  Transgiurana,  Zventiboldo  nella  Lorena,  Fortunio  nella  Navarra,  Guido  e  Be- 
rengario in  Italia. 

A.  Il  regno  di  Germania  era  elettivo  e  poderoso,  essendogli  annesse,  sotto  Arnolfo,  Rogro  di 
la  Lorena, iedue  Borgognee  l'Italia.  Poi  sotto  Enricoll,i  marchesati  di  Misnia,  Sassonia  ^«■'"'^"'^ 
settentrionale  e  Sleswig  si  formano  a  spese  degli  Slavi  ;  la  Boemia  è  ridotta  tributaria  ; 
gli  Ungheri  sconfitti,  i  quali  poi  sotto  Ottone  I  battuti  ancora  al  Lech,  cessano  le  cor- 
rerie. Gli  Slavi  sino  all'Oder,  la  Polonia,  la  Danimarca  pagano  tributo;  l'Italia  è  unita 
al  Germanico  impero,  che  si  allarga  dalla  Schelda  e  dalla  Saona  fin  alla  Vistola  e  alle 
montagne  d'  Ungheria,  e  dal  Limfiord  nel  Giutland  settentrionale  fino  ai  temi  di  Lom- 
bardia o  Calabria  nell'Italia  meridionale. 

Decadendo  i  re  Sassoni,  sottentrano  i  Salici,  che  pajono  vicini  a  rinnovar  l'impero  di 
Carlo  Magno;  ma  tosto  anch'essi  decadono. 

Al"  fine  dell'epoca,  l' Impero  confinava  al  nord  coll'oceano  Germanico,  l'Eyder,  il 
Baltico;  all'est  coll'Oder,  il  Gesenkergebirge  fra  la  Slesia  e  la  Moravia,  e  la  catena  che 
spiccasi  dai  Crapak  occidentali  verso  il  Danubio  fra  la  Moravia  e  il  Waag  :  al  sud  del 
Danubio,  da  Haimburg  all'ovest  di  Presburgo,  tirava  quasi  retto  fin  all'Adriatico,  vicino  a 
Fiume:  In  Italia  dominava  quanto  l'antico  regno:  verso  Francia  toccava  il  Rodano, 
la  Saona,  la  Mosa  superiore  e  la  Schelda. 

Comprendeva  sei  arcivescovadi  :  a)  Magonza  coi  quattordici  vescovadi  di  Worms, 
Spira,  Strasburg,  Costanza,  Coirà,  Augusta,  Eichstadt,  Wurzburg,  Olmutz,  Praga,  Hal- 
berstadt,  Ilildesheim,  Paderborn  e  Verden;  6)  Colonia  coi  cinque  vescovadi  di  Liegi, 
Utrecht,  Munster,  Osnabruck,  Minden  ;  e)  Treverì  coi  tre  vescovadi  diMetz,Toul, 
Verdun;  d)  Magdeburgo,  coi  cinque  di  Brandeburg,Havelburg,  Naumburg,  Merseburg, 
Meissen  ;  e)  Brema  con  Oldenhurg,  dappoi  Lubeka,  Mekiemburg,  dappoi  Schwerin, 
Ratzhurg;  f)  Salzburg  coi  cinque  vescovadi  di  Ratisbona,  Passau,  Frisinga,  Brixen  e 
Gurk.  Bamberg  dipendeva  direttamente  dal  papa,  eCambrai  dall'arcivescovo  di  jReims. 
Oltre  questi  treotasette  vescovi,  v'avea  settanta  prelati,  abbati  o  badesse,  tre  ordini  re- 
ligiosi, formanti  più  di  cento  Stati  ecclesiastici.  Gli  Stati  laici  erano:  quattro  elettori, 
compreso  il  re  di  Boemia:  sei  granduchi,  di  Baviera,  Austria,  Carintia,  Brunswick, 
Lorena,  Brabante,  Limburg;  da  trenta  contee  con  titolo  principesco  di  duca,  margravio, 
landgravio,  burgravio;  da  sessanta  città  imperiali,  che  formano  cento  stati  laici. 

Le  maggiori  divisioni  del  territorio  erano: 

a.  Sassonia,  dall'Oder  fin  presso  la  riva  destra  del  Reno,  e  dalla  Frisia  e  Danimarca  fin  Sua  divi- 
alla  Turingia.  Ducati  distinti  formavano  le  antiche  divisioni  di  Weslfalia,  Engria  o  s'o°e 
Angria,  Ostfalia:  la  parte  orientale  fra  l'IIarz  e  l'Oder  formava  i  ,due  marchesati  di 
Nordmark  (Brandeburgo)  al  nord  e  A'Ostmark  at  sud  (Lusazia).  La  casa  di  Billung  ne 
possedeva  come  allodj  gran  parte  fra  il  VVeser  e  l'Elba  nel  Brunswick  e  Hannover:  e 
quella  di  Nordheim  nell'Assia.  Un  Guelfo  di  Baviera  sposò  l'ultima  erede  dei  Billung,  e 
suo  figlio  quella  del  Nordheim  e  di  Brunswick,  onde  quella  casa  si  trovò  superiore  a 
tutti  i  principi  dell'Impero.  Le  città  più  notevoli  erano  Bardewick  e  Magdtlurg  sul- 
l'Elba, Brema  sul  Weser. 

Consideravasi  come  a  lei  annessa  la  6.  Turingia,  avente  la  Boemia  al  sud-est,  al  nord 
la  Sassonia,  all'ovest  il  Turingerwald  e  l'Eichsfeldgebirge.  Abbracciava  il  langraviato 
di  Turingia  al  nord-ovest,  colle  città  di  Warlburg,  Eisenach,  Erfurt,  Weimar;  il  mar- 
graviato di  Merseburg  al  centro,  con  Alla,  Merseburg.  Lipsia;  il  margraviato  di  Misnia 
all'est,  con  Misna,  Budissin,  Gorlitz. 


208  GEOGRAFIA  —  EPOCA  DECDfA 

c.  Boemia  e  Moravia,  al  sud-est  della  Turingia,  riconosceva  la  supremazia  dell'Im- 
pero, e  spesso  la  esercitava  sopra  i  re  di  Polonia.  Città:  Praga  quasi  nel  cuor  della 
Boemia,  Olmutz,  Znaym  in  Moravia. 

d.  Lsi  Baviera  aveva  al  sud  il  contado  di  Trento  e  il  ducato  di  Carintia,  all'ovest  il 
Lech,  all'est  stendeasi  fino  a  Presburgo.  Città:  Ratisbona,  Passau,  Salzburg,  Frey- 
sìngen,  Brixen.  Ne  facevano  parte  sulla  sinistra  del  Danubio  il  Nordgau  con  Eichstadt, 
Norimberga,  Sahbach,  e  i  paesi  tra  i  detti  fiume,  la  Boemia  e  la  Moravia.  Quelli  fra 
l'Ens  e  la  Leitha  diceansi  marca  Orientale  o  Austria.  La  casa  di  Merania  possedeva  tutta 
la  parte  sud-est  della  Baviera,  cioè  il  Tiralo. 

e.  Carintia  al  sud  delle  Alpi  orientali:  questo  ducato  abbracciava  i  paesi  che  bagna 
il  corso  superiore  della  Brava  e  della  Snva;  e  oltre  la  Carintia  propria  sull'alta  Brava 
con  Villach,  comprendeva  la  marca  di  Pulten  sulla  Leitha;  la  marca  Superiore  o  del 
fìaab  sulla  Mur,  con  Judenburg  e  Grcetz  ;  la  marca  Inferiore  o  di  Cilly  sulla  Brava, 
all'est  della  Carintia,  con  Peitau  e  Cilly;  la  marca  di  Carniola  sulla  Sava,  con  Lubiana. 
Sotto  gl'imperatori  di  Sassonia  vi  furono  annessi  il  contado  di  Trento,  le  marche  di 
Verona,  Aquileja  ed  Istria,  per  vigilare  la  Lombardia  e  proteggerla  dagli  Ungari  e  as- 
sicurar sempre  il  passo  in  Italia  agl'imperatori  tedeschi.  A  quest'uopo  tutte  le  alte  Alpi 
erano  state  inchiuse  in  ducati  tedeschi;  poiché  la  Baviera  stendevasi  fin  a  Bolzano, 
l'Alemagna  fin  a  Bellinzona. 

f.  Alemagna  fra  il  Lech  e  i  Vogesi,  Città:  Sangallo,  Costanza,  Ulm,  Augusta,  Basilea, 
Strasburg.  La  casa  Guelfa  vi  possedeva  grandi  dominj  fra  il  Lech  e  il  lago  di  Costanza, 
e  nella  bassa  Baviera. 

g.  La  Franconia  aveva  al  sud  la  Svevia,  all'est  il  Nordgau  e  la  Turingia,  al  nord  la 
Sassonia,  all'ovest  il  Reno  ;  oltreché  sulla  sinistra  di  questo  fiume  abbracciava  'ì  di- 
stretti di  Worms,  Spira,  Magonza.  Sì  vasta  provincia  divideasi  in  Francia  renana  all'oc- 
cidente con  Francoforte  e  Francia  orientale  con  Bamberga.  Nella  prima  era  V  Assia  con 
Fritzlar,  nell'altra  il  Grobfeld  che  oggi  forma  il  Sassonia-Coburg  ecc. 

h.  Lorella  a  occidente  della  Franconia  e  Sassonia  fin  alla  Schelda  e  fin  di  là  dall'alta 
Mosa;  spartivasi  in  mosellana  eripuaria.  La  prima  tra  i  Vogesi,  la  Borgogna,  la  Cham- 
pagne e  la  Franconia  transrenana,  aveva  le  città  di  Toul,  Metz,  Thionville,  Treveri  sulla 
Mosella,  Verdun  sulla  Mosa:  l'altra  fra  la  precedente,  la  Sassonia,  il  Vermandese,  la 
Fiandra  e  la  Frisia,  comprendeva  Givet,  Namur,  Liège  sulla  Mosa,  Bonn,  Colonia,  Ni- 
mega  sul  Reno,  Aquisgrana  ecc.  Il  loro  confine  tirava  fra  Bouillon  al  nord  e  Arlon  al 
sud,  indi  correa  parallelo  alla  Mosella  finché  incontrava  il  Reno  fra  Bonn  e  Andernach. 
Dipoi  variò.  La  Lorena  formò  regno  distinto  sotto  Zventiboldo,  poi  nel  900  fu  unita 
alla  corona  di  Germania,  e  a  mezzo  il  x  secolo  data  all'amministrazione  di  due  duchi 
particolari;  restando  però  sottomessi  immediatamente  all'Impero  le  contee  dell'Alta  e 
Bassa  Lorena,  e  i  vescovati  di  Treveri,  Toul,  Metz,  Verdun. 

i.  Il  regno  à'Arles  o  della  Borgogna  Cisgiurana,  fu  fondato  da  Bosone  (879)  ;  esteso 
fra  il  Reno,  la  Reuss,  il  Giura,  la  Saona,  la  valle  del  Rodano  e  le  Alpi,  racchiudeva  la 
Franca  Contea,  la  Borgogna  meridionale,  il  Delfinato,  la  Provenza,  il  Vivarese,  l'Uzège 
e  porzione  di  Savoja.  Neir888  Rodolfo  eresse  il  regno  della  Borgogna  Transgiurana, 
cioè  la  Svizzera  fino  al  Reuss,  il  Valese,  parte  della  Savoja,  Ginevra,  il  Bugey  ecc.  Suo 
figlio  Rodolfo  11  nel  953  vi  unì  quel  della  Borgogna  Cisgiurana,  Basilea  e  suo  territorio, 
poi  l'Argovia  sull'Aar  con  Muri  ed  Eglisau,  cedutigli  da  Enrico  Uccellatore,  Gli  Un- 
gheri,  che  corsero  traverso  alla  Rezia  sino  al  Rodano,  e  i  Saracini  delle  Alpi  svigo- 
rirono il  nuovo  regno,  che  poi  Rodolfo  III  cedette  a  Enrico  II  di  Germania.  Disputato 
da  varj  pretendenti,  restò  infine  ai  signori  e  vescovi,  indipendenti  sotto  la  supremazia 
nominale  dei  re  di  Germania.  Perciò  conti  o  principi  dell'Impero  intitolavansi  gli  ar- 
civescovi di  Lione,  di  Besancon,  ù'  Embrun,  di  Vienne,  e  i  vescovi  di  Basilea,  Gine- 
vra, Losanna,  Belley,  Grenoble,  Valenza,  Gap,  Die,  avendo  giurisdizione  sulle  città  e  parte 
del  territorio.  Su  quell'esempio  i  conti  di  Provenza  fra  il  Rodano,  il  Mediterraneo,  le 
Alpi  e  la  Durenza  superiore,  regnarono  per  la  grazia  di  Dio  :  ma  a  vicenda  si  sottrassero 
da  loro  i  conti  di  Baux,  signori  di  trenta o  quaranta  piazze  forti  ;  i  conti  di  Forcalquier 
eàiSisteron,  i  baroni  ài  Castellane,  i  principi  d'Orange,  i  signori  di  Sabran  e  d'^- 
gout  ecc.  Già  Marsiglia  e  Avigìione  governavansi  a  popolo,  e  il  desideravano  Arles  e 
Nizza.  I  conti  di  Tolosa,  dal  line  del  secolo  x  ereditarono  il  Marchesato  di  Provenza 


DISSOLUZIONE   DELL'EUROPA   GERMANICA  209 

fra  l'isero  e  la  Durenza.  Nel  Delfinato,  i  conti  di  Die,  Valenza,  Albon  estesero  la  supre- 
mazia su  quasi  tutta  la  provincia. 

La  Franca  Contea,  già  divisa  in  cinque,  fu  unita  verso  il  IIOO  nel  solo  contado  di 
Borgogna  superiore,  il  cui  possessore  avea  dovuto  render  omaggio  a  Enrico  111.  In 
Savoia  alzavasi  la  Casa  di  Morienna,  che  raddoppiò  i  suoi  possessi  acquistando  la  Ta- 
rantasia  e  il  marchesato  di  Sufia  (106ij.  Il  paese  di  Vaud,  lo  Sciablese,  il  Faucigny,  il 
Bugeij,  parte  della  valle  d'Aosta  e  del  i'alese  che  si  unirono  in  questa  Casa,  fecero  il 
conte  di  Savoja  un  dei  più  potenti  feudatarj  dell'Impero. 

B.  Al  cadere  de'  Carolingi,  l' Italia  meridionale  era  disputata  fra  i  Greci,  i  Saracini,  Itali» 
i  principi  di  Salerno  e  di  Benevento,  e  il  conte  di  Capua.  Nel  centro  il  papa  dominava 
l'antico  ducato  di  Roma,  la  Pcntapolie  l'Esarcato;  nell'Umbria  meridionale,  nel  Piceno 

e  in  parte  del  Sannio  signoreggiava  il  duca  di  Spoleto;  nell'Etruria  il  marchese  di  To- 
scana; al  nord-est  il  duca  del  Friuli  possedea  fin  a  Mantova;  al  nord-ovest  i  marche- 
sati A' Ivrea  e  di  Sma  abbracciavauo  tutto  il  pendio  orientale  delle  alpi  Pennine,  Craje 
e  Marittime.  Benché  dunque  avesse  titolo  di  regno,  andava  partita  fra  molti  feudatarj. 

I  varj  pretendenti  alla  corona,  le  incursioni  di  Ungheri,  Normanni,  Saracini  impedirono 
che  qui  si  stabilisse  un  re  unico,  mentre  gli  avanzi  del  sistema  municipale  e  delle  di- 
visioni longobardiche  agevolarono  lo  sminuzzamento  feudale  e  i  governi  a  comune.  E 
Genova ^\k  cresceva  fra  i  marchesati  di  Savona  e  di  Genova  che  presto dovea  trarre  a  sé;  Repub- 
Pisa  signoreggiava  la  Corsica,  e  disputava  a  Genova  la  Sardegna;  Venezia  era  padrona  tl'c'i« 
del  litorale  fra  le  bocche  del  Po  e  quelle  della  Livenza,  e  d'un  ducato  sulle  coste  di 
Dalmazia. 

Al  nordovest  i  marchesati  di  Susa  e  d'/yrea  erano  posseduti  dalla  casa  di  Savoja  ;  Signori» 
fra  gli  Apennini,  il  Po,  e  le  alpi  Marittime  era  quello  del  Vasto;  quel  del  Monferrato 
fra  il  Po,  gli  Apennini,  il  Tanaro  e  Tortona;  fra  i  tre  predetti  il  contado  d'Asti.  Fra  il 
lago  di  Garda  e  la  marca  di  Carniola  stavano  i  grandi  feudi  di  Trento,  Verona,  Acjuileja. 
La  Lombardia  che  aveva  al  nord  le  Alpi,  ad  occidente  la  Dora  Baltea,  il  Po  e  il  Mon- 
ferrato, al  sud  gli  Apennini,  all'est  la  Lenza,  il  Mincio,  il  lago  di  Garda,  formava  il 
marchesato  di  Milimo,  forse  di  puro  titolo:  e  dove  Milano,  Vercelli,  Novara,  Como, 
Bergamo,  Brescia,  Cremona.  Pavia  sulla  sinistra  del  Po,  e  Tortona,  Parma,  Piacenza 
sulla  destra,  formavano  contadi  particolari,  posseduti  per  lo  più  dai  vescovi  delle  stesse 
città,  che  ben  presto  assunsero  governo  a  popolo. 

Al  sud  della  Lombardia,  la  contessa  Matilde  possedeva  i  marchesati  di  Toscana  e  di 
Luni,  le  contee  di  Lucca,  Modena,  Reggio,  Mantova,  Ferrara,  e  forse  anche  Parìua  e 
Piacenza,  e  ne  fé  dono  alla  Santa  Sede  (I077j.  Al  sud  della  Toscana,  da  Clusio,  la  Sa- 
bina e  il  Lazio  fin  a  Sora  e  Fondi,  era  il  Patrimonio  di  san  Pietro.  Quasi  tutte  le  città 
ad  oriente  del  Lazio,  nell'antico  ducato  di  Spoleto  e  al  nord-ovest  della  Toscana,  nella 
Romagna  da  Ferrara  a  Pesaro,  costituivano  altrettanti  ducati,  amministrati  da  vescovi. 
Al  sud  della  Romagna,  fra  la  catena  centrale  degli  Apennini  e  l'Adriatico,  da  Pesaro  ad 
Osimo  incontravasi  il  marchesato  di  Guarnieri,  daOsimo  alla  Pescara  quel  di  Camerino 
0  di  Fermo  dalla  Pescara  a  Trivento  quel  di  Peate. 

Di  quivi  cominciava  il  ducato  di  Puglia  o  di  Calabria,  che  nuovamente  ('1043)  ave- 
vano fondato  i  Normanni,  giovandosi  delle  discordie  de' Greci  e  de'  Longobardi,  e  lo 
divisero  in  dodici  contadi  ;  poi  ebbero  tutta  Italia  meridionale,  tranne  Benevento  hscialai 
al  papa,  e  Napoli  rimasta  ai  Greci  almen  di  nome.  Anche  la  Sicilia  fu  conquistata  da 
Roberto  Guiscardo  (1058). 

C.  Ai  discendenti  di  Carlo  Magno  non  era  in  Francia  rimasto  ornai  che  la  città  reale  Francia 
di  Laon,  finché  sottentrò  loro  Ugo  Capeto  (987),  la  cui  casa  possedeva  il  ducato  di  Francia 

fra  la  Loira  e  la  Somma.  Questi  nuovi  re  per  un  secolo  furono  ristretti  fra  la  Loira  e  la  Dominj 
Senna.  Il  ducato  di  Francia  neir887  comprendeva  il  Maine,  l'Anjou,  la  Turena,  l'Or-  '"'* 
leanese,  quasi  tutta  l'isola  di  Francia,  come  chiamavasi  il  contado  di  Parigi,  perchè 
circuito  tra  i  fiumi  Senna,  Marna,  Ourcq,  Aisne  e  Oise  ;  il  sud-est  della  Picardia  fin  alla 
Somma.  Ma  l'increnifnto  dei  conti  d'Anjou,  di  Blois,  di  Chartres  ridussero  Filippo  I 
nel  1095  alle  sole  contee  di  Parigi,  Melun,  Etampes,  Orléans  e  Sens;  e  la  comunica- 
zione fra  esse  gli  era  impedita,  sorgendo  fra  Parigi  ed  Etampes  il  Castello  del  signor  di 
Montlheri  (capo  dell'IIurepoix,  aG  leghe  da  Parigi);  fra  Parigi  e  Melun  la  città  di  Corbeil 
(nell'Hurepoi.x,  al  confluente  della  Juigne  colla  Senna)  ;  tra  Parigi  ed  Orleans  il  castello 
Cawtù,  Documenti.  —  Tomo  I,  Geografìa  politica,  14 


210  GEOGRAFIA  —  ÈPOCA   DÈCIMA 

di  Puiset;  attorno  poi  a  Parigi  avea  i  signori  di  Montmorencij  e  di  Dammartin,  all'ovest 
i  conti  di  Moììtforl  e  Meulent  e  Mantes,  tutti  indipendenti  e  turbatori  de' viandanti. 

Poderosi  vassalli  del  re,  come  duca  di  Francia,  al  nord  erano  i  conti  di  Ponthieu  fra 
la  Clianclie  e  la  Somma,  con  Montreuil  per  capitale;  di  Amiens  al  sud  di  Ponthieu;  di 
Vermandois  e  Valois  unite  all'est  del  precedente,  capitale  Cre/jy;  di  Soissons  al  sud  delle 
due  predette;  di  Clermont  nel  Beauvaisis  al  sud-est  d'Amiens. 
F«uJ'  Attorno  ai  dominj  del  piccolo  re,  fra  la  Loira,  l'Oceano,  la  Schelda,  la  Mosa  superiore 
e  la  Saona,  erano  vasti  principati  feudali;  cioè  al  nord  il  contado  di  Fiandra;  all'ovest 
i  ducati  di  INormandia  e  Bretagna;  al  sud-ovest  il  contado  d'Anjou;  all'est  il  contado 
di  Champagne;  al  sud-est  il  ducato  di  Borgogna. 

a.  Fiandra  diceasi  dapprima  il  solo  contado  di  Bruges,  poi  abbracciò  da  oriente  in 
occidente  dalle  foci  della  Schelda  fin  a  Térouanne,  da  nord  a  sud  dalle  coste  della  Ma- 
nica fin  al  contado  di  Saint-Poi  e  d'Artois.  I  conti  già  erano  ereditarj  sotto  Carlo  il 
Calvo,  poi  acquistarono  feudi  tedeschi,  onde  faceano  omaggio  e  al  re  di  Francia  e  al- 
l'Impero. Baldovino  IV  il  Barboso  del  989  ottenne  da  Enrico  111  l'a/e/jcrnme  sulla  Schelda, 
il  castello  di  Gaìid  al  confluente  della  Lys  colla  Schelda,  l'isola  di  Valcheren  e  tutta 
Zelanda  di  qua  dalla  Schelda;  poi  da  Enrico  IV  Baldovino  di  Lille  ebbe  il  paese  fra 
questo  fiume  e  il  Dender,  cioè  la  contea  di  Alost  e  il  territorio  fra  Gand  e  Anversa, 
detto  i  Quattro  distretti.  Fra  la  Schelda  e  la  Lys  crescevano  per  commercio  Gatid  al- 
l'est, Bruges  al  nord-est,  Ypres  al  centro,  e  Lille  testé  fondata. 

Vassalli  immediati  del  conte  di  Fiandra  erano  i  conti  di /le ras  al  sud-est  della  Fiandra, 
di  Saint-Poi  all'ovest  dell'Artois,  di  Esdin  ai  sud  di  Saint-Poi,  di  Térouanne  al  nord- 
ovest di  Saint-Poi,  di  Boulogne  sullo  stretto  di  Guines  al  nord  di  Boulogne. 

b.  Kollone,  pirato  normanno,  col  trattato  di  Saint-Clair  sull'Epte  nel  912,  ottenne 
porzione  dell'antica  Newitria,  colla  sovranità  sulla  Bretagna,  che  però  non  potè  eser- 
citare. Al  1066  quei  duchi  divennero  re  d'Inghilterra.  Varj  signori  particolari  lottarono, 
ina  al  fine  soccombettero  alla  Normandia. 

e.  11  titolo  di  duca  di  Bretagna  fu  disputato  un  pezzo  fra  i  conti  di  Nantes,  Vannes, 
Cornouailles  (Quimperj,  TJennes,  sinché  gli  ultimi  prevalsero.  La  parte  settentrionale 
formò  la  contea  di  Ponihieu,  appartenente  a  un  ramo  cadetto  della  casa  di  Bretagna. 

d.  1  due  contadi,  separali  dalla  Mayenne,  furono  nell'SSS  riuniti  in  mano  dei  conti 
d'Anger?,  che  già  possedevano  il  Gatinais,  poi  .acquistarono  le  signorie  Loc/tes,  Ml- 
landri,  la  Haie,  e  la  città  di  Loudun  e  Tours  ;  onde  l'/ln/oustendeasi  dal  ducato  di  Bre- 
tagna al  contado  di  Blois.  Dipoi  tolsero  al  duca  d'  Aquitania  la  Saintonge,  esercitarono 
potere  larghissimo  sul  Maine.  1  conti  di  Champagne,  gelosi  di  tanto  incremento  degli 
An^evini,  s'appoggiarono  ai  re,  che  attribuirono  loro  la  dignità  di  gran  siniscalco,  e 
n'ebber  ajuti  e  ne  prestarono. 

e.  Dal  1032  in  poi  il  ducato  di  Borgogna  apparteneva  a  un  ramo  cadetto  della  casa 
di  Francia.  Al  sud  di  quello  il  conte  di  Forez,  che  avea  per  capitale  Roanne,  stendea 
la  giurisdizione  sul  Beaujoluis  al  nord-ovest,  sul  Lionese  all'est;  mai  baroni  di  Beaujeu 
vi  si  sottrassero  presto;  e  gli  arcivescovi  di  Lyon  che  pretendeano  dipendere  dall'Im- 
pero e  non  dalla  Francia,  trassero  a  so  il  governo  della  città  e  del  territorio. 

/.  11  contado  di  Troyes  o  di  Champagne  fu  posseduto  dal  9i5  al  1020  dai  discendenti 
di  Uberto  di  Vermandois;*  allora  passò  ai  conti  di  Z//o2s, che  già  possedevano  Chartres, 
Meaux,  Provins.  Imbaldanzito  da  tanti  possessi,  Eude  il  si  trovò  signore  dell'antico 
regno  di  Borgogna,  e  pensava  farsi  coronar  re  di  Lorena,  quando  fu  ucciso  (J037). 

L'antico  regno  d'Aquitania  racchiudea  quattro  feudi  dominanti  :  ducato  d'Aquitania 
al  nord;  contado  di  Tolosa  al  sud-e.st;  ducato  di  Guascogna  al  sud-ovest;  contado  di 
Barcellona  al  sud  e  al  nord  de'  Pirenei  orientali.  Ma  com'essi  erano  indipendenti  dal  re, 
così  aveano  vassalli  che  intitolavansi  signori  per  la  grazia  di  Dio. 

a.  Lodovico  il  Balbo  neir877  diede  a  Bainolfo  1  conte  di  Poitiers  il  titolo  di  duca 
d'Aquitania,  e  giurisdizione  sul  Poitou,  il  Saintonge,  l'Angoumois.  Già  quei  conti  pos- 
sedevano Tolosa,  poi  aciiuistarono  \Wunis  e  il  Limosino,  indi  comprarono  il  ducalo  di 
Guascogna  (1038)  colle  contee  di  Bordeaux  e  d'Agen.  Signori  sì  potenti  ebbero  corte 
fiorita  d'ogni  cortesia,  e  abbellita  dalla  letteratura  provenzale. 

b.  11  ducalo  di  Guascogna,  fra  la  Garonna  e  i  Pirenei,  stette  a  lungo  indipendente 
sotto  ai  duchi  merovingi,  avente  per  capitale  Bordeaux  e  molli  vassalli.  Nel  1032  passò 


DISSOLUZIONE   DELL'EUROPA   GERMANICA  211 

in  eredità  a  iin  conte  d'Armngnac,  die  però  dovette  vendere  al  conte  di  Poitiers  il  ti- 
tolo di  duca  di  Guascogna;  onde  i  signori  di  questa  provincia  pretesero  esser  posses- 
sori delle  loro  (erre  per  grazia  di  Dio,  non  d'altri. 

e.  Alla  contea  di  Tolosa,  resa  ereditaria  nell'85;2,  fu  unita  spesso  la  dignità  di  duca 
d'Aquitania,  e  crebbe  acquistando  i  contadi  di  lììwilcs,  Querct/,  Albi],  il  ducato  di  iVar- 
bona  0  Settimania,  e  il  marchesato  di  Provenza.  L'autorità  n'era  limitata  dai  privilegi 
delle  molte  città  chiuse  fra'  suoi  feudi,  dalle  rivalità  dei  conti  di  Barcellona,  e  dalla 
potenza  dei  visconti  di  Carcassona. 

d.  Lodovico  il  Pio  neir  817  eresse  in  ducato  la  Se/Z/manm  unita  alla  marca  di  Spagna; 
Carlo  il  Calvo  nell'SBi  la  divise  in  due  marchesati,  di  Narbona  che  nel  918  cadde  nella 
casa  di  Tolosa,  e  di  Barcellona  che  stendeasi  dall'Aude  all'Ebro.  Nel  1083  ;i  potenti  vi- 
sconti di  Carcassona  piegaronsi  a  far  omaggio  ai  conti  di  Barcellona.  Principali  vassalli 
di  questi  erano  i  conti  di  Roussillon,  che  spesso  v'univano  i  contadi  di  Ampurias  e  di 
Pierrelate;  i  contigli  Ctrdagna  colla  capitale  Puycerda,  di  Iksala  al  nord  di  Barcellona, 
d'b'rgcl  all'ovest  di  Puycerda. 

Anche  la  Chiesa  tenea  posto  ragguardevole  nella  gerarchia  feudale.  L'arcivescovo  diFeucliec- 
Reims  avea  titolo  di  conte  nella  sua  città,  e  supremazia  su'  conti  di  Betel  e  i  signori''®^'"''" 
di  Sedan,  e  possedeva  Mouzun  in  allodio.  Il  vescovo  di  Auch  partecipava  alla  signoria 
della  sua  città  col  conte  d'Armagnac,  che  gli  dava  omaggio  e  ricognizione,  al  par  dei 
migliori  signori  di  Guascogna.  A  quel  di  Narbona  spettava  mezza  questa  città,  e  la  su- 
premazia sul  visconte  che  amministrava  l'altra  metà. 

Signori  delle  città  vescovili  e  di  parte  del  territorio  con  titolo  di  con!e  e  diritti  regj 
erano  i  vescovi  di  Chàlons-sur- Marne  in  Champagne;  d'/lm/ms  e  Nuijon  in  Picardia; 
à' Arras  e  Autun  in  Borgogna;  di  Quimper-Corentin,  di  Saint-Poi  de  Leon,  di  Treguier, 
di  Dol  in  Bretagna;  di  Lizieux  in  Normandia;  di  Cahors,  di  Rhodes,  di  Saintes,  d' Uzés, 
à'Agde,  à'Oleron,  di  Conserans. 

Il  vescovo  di  lieauvais  era  conte  di  questa  città,  visdomino  di  Gerberoy,  signore  di 
Bresle.  A  quel  di  Langres  toccava  la  signoria  temporale  di  tutta  la  sua  diocesi  e  l'o- 
maggio dei  conti  di  Bar-sur-Seine  e  di  Dijon,  oltre  quel  dei  conti  di  Champagne  e  dei 
duchi  di  Borgogna  per  varj  possessi.  11  vescovo  di  Troyes  avea  fra  suoi  vassalli  sei  ba- 
roni, quatiro  quel  di  Nevers,  cinque  quel  à'Orleans^  tre  quello  ù'Angers;  (|uello  di 
Auxerre  tutti  i  beneficiati  di  sua  diocesi,  della  quale  era  stato  un  pezzo  signor  tempo- 
rale. Il  vescovo  d'Hvreux  possedea  in  proprio  quattro  baronie;  quel  di  Mende  intito- 
lavasi  conte  di  t^evaudan  ;  quel  del  Pid/,  conte.  Ottocento  minori  feudi  rilevavano  dal 
vescovo  di  Lodéve,  signor  temporale  della  sua  città,  conte  di  Montbrun  ecc.;  Mont- 
pellier era  alto  signore  di  questa  città,  e  proprietario  di  Aiais;  quel  di  Tolosa  teneva  la 
città  di  Lavaur;  quel  d'Angouléme,  intitolato  Barone  del  Piano,  avea  larghi  diritti  si- 
gnorili e  supremazia  su  molti  grandi  feudi  della  sua  diocesi;  quei  di  Nantes,  Vannes, 
Béziers  partecipavano  coi  visconti  alla  signoria. 

Nelle  città  di  loro  titolo  aveano  dominio  parecchi  abbati ,  oltre  signorie  particolari. 
Quelli  di  San  Ormano,  Santa  Genovieffa,  San  Vittore  aveano  ciascuno  sotto  il  loro 
censo  un  quartiere  di  Parigi. 

§  5.  —  Spagna. 

Lentamente,  ma  di  continuo  i  Cristiani  allargavano  i  loro  dominj,  e  toglievano  for- 
tezze e  città  agli  Arabi.  Ordogno  1  neil'8GI  occupa  Salamanca  sul  Tormés  confluente 
del  Duero;  sul  corso  inferiore  di  questo  sta  Lamego,  presa  da  Alfonso  111  successore  di 
Ordogno  (866),  al  par  di  Coimbra  sul  Mondego,  e  Viseu  in  mezzo  ad  esso;  egli  pure 
fortificò  tutta  la  linea  del  Duero,  Zamora,  Toro,  Portogale  alla  sua  imboccatura  ecc. 
Suo  figlio  Garzia  (910),  munendo  Rueda,  Coca,  Osma  all'oriente  di  Salamanca,  assicurò 
al  regno  d'Oviedo  la  valle  tutta  del  Duero. 

Le  montagne  fra  la  Vecchia  e  la  Nuova  Castiglia  furono  passate  dai  Cristiani  a  mezzo 
il  X  secolo,  che  occupato  Madrid,  ebbero  stanza  nella  valle  del  Iago,  e  continuo  cor- 
seggiarono fin  alle  porte  di  Toledo  e  di  Lisbona,  questa  all'imboccatura  del  l'ago,  quella 
sull'alto  suo  corso.  Ordogno  11  trasportò  la  sede  da  Oviedo  a  Leon,  donde  ebbe  nome  il 


212  GEOGRAFIA  —  EPOCA   DECIMA 

regno,  la  cui  fortuna  fu  restaurata  dalla  vittoria  di  Calatanazor  (998)  al  nord-ovest  di 
Osnia,  sulla  dritta  dell'alto  Duero;  e  più  quando  nel  1037  le  corone  di  Leon  e  Casliglia 
furono  unite  nella  persona  di  Ferdinando.  Il  Sid  iinpadronivasi  (109i)  del  regno  di  Va- 
lenza sulle  coste  del  Mediterraneo.  1  re  mori  di  Saragozza  sull'Ebro,  Toledo  sul  Iago, 
Cordova  e  Siviglia  sul  Guadalquivir,  Badajoz  sulla  Guadiana,  furono  ridotti  tributarj  : 
poi,  preso  Toledo,  i  Cristiani  si  trovarono  padroni  di  tutta  la  valle  dell'alto  Iago. 

Così  la  croce  era  rialzata  su  tutta  la  linea  de' Pirenei,  le  valli  del  Miiìo  e  del  Duero, 
dell'Ebro  e  del  Iago,  cioè  in  mezzo  alla  penisola;  la  quale  però  restava  divisa  tra  molti 
principi.  Ad  oriente  fra  il  Mediterraneo  e  la  Segra,  dominava  il  conte  di  Barcellona, 
che  nel  1088  conquistò  larragona^  ma  senza  poter  occupare  Prades,  Balaguer  e  Lerida 
sulla  sinistra  dell'Ebro.  I  paesi  uniti  di  Navarra  e  Aragona  stendevansi  fra  la  Segra, 
l'Ebro  e  i  Pirenei,  eccettuato  Fraga  al  sud-ovest  di  Lerida,  e  la  parte  del  territorio  di 
Saragozza  ch'è  sulla  sinistra  d-ell'Ebro.  Le  provincie  di  Biscaglia  ed  Alava  appartenevano 
alla  Navarra:  quella  di  Ritija  al  sud  dell'Alava  e  sulla  destra  dell'Ebro,  al  regno  di  Ca- 
sliglia, il  quale  avea  per  confini  all'est  le  montagne  donde  sorgono  il  Duero  e  il  Iago, 
al  sud  questo  fiume.  Alfonso  VI  (109o)  diede  il  Portogallo  a  suo  genero  Enrico  di  Bor- 
gogna. 

^6.  —  Isole  britanniche. 

Irlanda     Dalla  metà  del  secolo  vni  i  Danesi  erano  comparsi  sulle  coste  d'Irlanda,  poi  si 
piantarono  allo  sbocco  de' fiumi  grossi;  sulla  costa  orientale  a  Dublino,  che  presto  fu 
■  rinomata  per  esteso  commercio  ;  al  sud-est  a  Waterford;  al  sud-ovest  a'Limerik:  onde 
per  le  battaglie  fra  loro  e  i  re  paesani  perì  la  coltura  e  la  civiltà  del  paese. 

L'isola  di  Man  fra  l'Irlanda  e  l'Inghilterra  fu  capo  d'un  regno,  che  per  alcun  tempo 
abbracciò  anche  le  Ebridi,  Dublino  e  parte  della  Scozia;  ma  ben  presto  fu  fatto  a  pezzi, 
e  reso  tributario  alla  Norvegia, 
Scozia  I  due  regni  de' Pitti  e  Scoti  furono  uniti  nell'  838  sotto  re  Kenneth  li;  poi  Malcolm  I 
(945-58)  fu  investito  del  Cumberland  ;  e  la  Scozia  allargossi  al  sud-ovest  fino  alla 
contea  di  Lancaster,  mentre  al  sud  est  fermavasi  al  Tweed.  Le  città  più  importanti 
erano  già  Edimburgo  e  Glascoiv.  11  re  delle  Isole,  sotto  la  supremazia  della  Norvegia, 
possedeva  alcune  isolette  all'occidente  e  a  settentrione. 
Inghilterra  1  Danesi  cominciarono  fin  dal  787  a  corseggiare  suWInghilterra;  e  neir832  già 
si  erano  postati  nell'isola  di  Thanet  e  in  quella  di  Sheppey  allo  sbocco  del  Tamigi; 
nell'Sol  incendiarono  le  due  città  principali,  Londra  e  Cantorbcry  ;  e  crebbero  tanto, 
che  Alfredo  il  Grande  non  si  trovò,  quando  salse  al  trono  (871),  che  il  Wessex.  Ma  dopo 
cinquanta  battaglie  ricuperò  anche  il  Sussex,  il  Kent,  la  Merda.  Edoardo  sottomise 
VEstanglia  e  VEssex  tra  la  foce  del  Tamigi  e  il  golfo  di  Boston  ;  rese  tributarj  i  Gallesi. 
Atelstano  conquistò  le  isole  Scilhj  al  sud-ovest  della  Cornovaglia.  Finalmente  sotto 
Edredo  (946-53)  tutta  l'Inghilterra,  dal  Tweed  al  capo  di  Cornovaglia,  si  trovò  unita, 
eccetto  il  Cumberland  che  apparteneva  alla  Scozia,  e  il  paese  di  Galles  solamente  tri- 
butario. 

I  pirati  ricomparvero  ben  tosto,  e  tre  re  successivi  regnarono  a  Londra  (101-341)  fin 
quando  fu  di  Normandia  richiamalo  Edoardo  111  il  Confessore.  Ma  egli  trovò  il  regno 
diviso  fra  potenti  signori,  talché  poca  resistenza  ebbe  Guglielmo  il  Normando  quando, 
colla  battaglia  di  Ilastings  nel  Sussex  (1066),  soggettò  tutta  la  parte  sud-est  dell'Inghil- 
terra; poi  col  prendere  Exeter  capitale  del  Devonshire,  ebbe  la  Cornovaglia,  infine 
anche  il  centro  e  il  nord.  Sotto  il  successore  di  Guglielmo,  fu  tolto  alla  Scozia  il  Cum- 
berland ;  e  Carlisle  fortificata,  fu  antemurale  dell'Inghilterra  contro  la  Scozia,  come  lo 
era,  dall'altro  lato  delle  montagne,  Bam^ourou^/i  nel  Northumberland,  al  sud  del  Tweed. 
11  paese  di  Galles  fu  più  volte  invaso,  ma  Guglielmo  li  dovette  contentarsi  di  confi- 
narne gli  abitanti  fra  le  loro  montagne  con  una  schiera  di  castelli  affidati  ai  lord  delle 
marche. 


SCANDINAVI,   SLAVI   E   TARTARI  213 


§  7.  —  Scandinavi,  Slavi  e  Tartari. 

A).  Fra  gli  Scandinavi  all'uscire  del  ix  secolo  già  l'unità  monarchica  erasi  stabilita 
nella  Danimarca,  Svezia  e  Norvegia,  coi  confini  che  poco  variarono  dipoi.  I  tre  regni 

La  Danimarca  comprendeva  il  Giutlancì,  le  isole  Danesi,  la  Scania,  e  le  due  Pro- 
vincie di  Dlekinga  e  Halland.  Città  principali  erano  Slesirig  e  Aarhuus  nel  Giulland 
orientale,  Rippen  sul  lido  opposto,  U'iborg  al  nord  nell'interno,  Lunt  e  Dalhij  nella 
Scania,  lioskild  nell'isola  di  Seeland,  residenza  del  re.  Nel  1026  Corrado  Salico  e  Canuto 
il  Grande  convennero  che  l'Eider  fosse  confine  tra  la  Danimarca  e  l'impero  germanico, 
onde  un'antichissima  iscrizione  sulle  porte  di  Rendshurg,  città  di  confine,  dice  Eidori 
romani  termini  imperii,  e  fu  cancellata  nel  1806  quando  cadde  l'impero. 

La  Si'ezta,  al  nord  della  Scania  e  all'est  dei  Dofrini,  possedeva  il  Wermelatul  al 
nord-ovest  del  gran  Iago  Wener  :  ed  erasi  aggiunto  parie  della  La  p  poni  a ,  delle  coste 
occidentali  della  Finlandia  e  deW Estonia,  colle  isole  ù'Oeland  e  Gottland.  Sue  città; 
Linki'ìping  fra  il  Welter  e  il  mare,  Eskilstuna  al  sud  del  lagoMelarn,  Sigtuìm  e  Upsala 
al  nord  di  questo. 

La  Norvcg  ia  ahbracciava  le  coste  occidentali  della  penisola  scandinava  e  la  provincia 
di  Bohus,  ad  occidente  del  Wenern.  Città  sue:  Drontheim  al  nord,  Bergen  sulla  costa 
del  sud-ovest,  Opslo  (Cristaniaj  al  sud-est. 

Di  là  correvano  a  prede  e  scoperte  lontane;  e  i  pirati  svedesi  cercarono  le  terre  ad  Scoperte 
oriente  del  Baltico;  i  Danesi  le  coste  di  Germania,  Francia,  Inghilterra;  i  Norvegi  pe- 
netrarono oltre  il  circolo  polare,  e  di  conserva  coi  Danesi  predarono  le  coste  europee, 
formidabili  col  nome  di  Normanni.  Stabilmente  durarono  nel  nord  dell'Inghilterra  e 
nelle  isole.  Occupata  l'Irlanda,  conquistarono  pure  la  provincia  di  Caithness  all'estremità 
settentrionale  della  Scozia,  la  penisola  di  Cantire  a  occidente.  Man,  le  Ebridi,  le  Or- 
cadi,  le  Shetland,  che  costituirono  il  regno  delle  isole,  sotto  la  sovranità  della  Norvegia. 

Le  Feroe  al  nord-ovest  delle  Shetland,  e  VI  slanda  {Sneelaìid)  al  nord-ovest  delle 
Feroe,  furono  scoperte  verso  r861  :  verso  il  982  trovarono  il  Groenland ,  grande 
isola,  che  lo  stretto  di  Davis  separa  dall'America  settentrionale:  poi  al  principio  dell'xi 
secolo  la  tempesta  gittò  un  Irlandese  sulla  costa  dell'America  settentrionale,  che 
chiamò  Vinland  in  grazia  delle  vigne  salvatiche  che  vi  trovò. 

Colonie  norvegie  si  trasportarono  in  quei  paesi;  e  massime  nell'Islanda  i  nobili,  che 
colà  nella  pace  conservarono  i  costumi,  le  tradizioni  e  la  religione  scandinava,  e  creb- 
bero sino  a  centomila  in  repubblica  indipendente. 

Anche  sul  mar  glaciale  s'avventurarono  i  Normanni,  e  voltato  il  capo  Nord,  penetra- 
rono nel  mar  Bianco,  e  trafficarono  coi  Permiani  (Samojedi)  ;  nel  Baltico  contrastarono 
coi  pirati  della  Finlandia  e  coi  Barbari  della  Prussia.  Queste  piraterie  si  mutarono  poi 
in  commercio,  massime  da  che  altri  Scandinavi  ebber  fondato  l'impero  russo.  Dai  fiumi 
di  questo  arrivavano  nel  Baltico  le  derrate  d'Oriente  e  fin  mercadanti  arabi. 

B).  Gli  Slavi,  divisi  in  moltissime  tribù,  furono  repressi  ad  occidente  dai  Franchi  eSlaTì 
dall'ordinamento  militare  della  Germania  sotto  gl'imperatori  sassoni;  al  sud  da  terribili 
invasioni  e  prolungate,  che  tolsero  loro  la  sinistra  del  Danubio  e  le  rive  del  mar  Nero. 
Spinti  dai  Tedeschi  di  là  dell'Oder  e  dagli  Ungheri  al  nord  dei  monti  Crapak,  gli  Slavi 
costituirono  due  potenze. 

a.  La  catena  dei  Crapak,  che  corre  dal  sud-est  al  nord  ovest,  da  Brahilof  nella  Vala- 
chia  sin  a  Dresda  nella  Sassonia,  separava  le  stanze  certe  degli  Slavi  dai  paesi  su  cui 
succedevansi  le  orde  asiatiche  degli  Unni,  Avari,  Bulgari,  ecc.  Questi,  girando  attorno 
all'estremità  orientale  della  catena,  penetrarono  per  la  Moldavia  nella  valle  inferiore  del 
Danubio,  mentre  gli  Siavi  all'opposta  estremità  popolavano  la  Boemia  e  la  Moravia,  e 
calavano  sin  alle  rive  del  Danubio,  donde  si  diflusero  nella  Pannonia,  nel  Norico,  n?l- 
ruiiria,  nella  Mesia  e  nella  Tracia,  e  rinnovarono  la  popolazione  della  Grecia.  Nel  659  i 
Serbi  occuparono  la  parte  del  sud-est  della  Pannonia  (Bosnia),  e  la  Mesia  superiore 
(Servia),  e  parte  della  Dalmazia,  di  cui  il  restante  apparteneva  agli  Slavi  Corwati,  cioè 
la  parte  fra  il  Kulp  e  laSavaal  nord,  il  Verbas  all'est,  la  Cettina  al  sud  ,  che  oggi  dicesi 
Croazia.  Altri  Slavi  si  trovano  sullo  Striraone,  intorno  a  Tessalonica,  nella  Mesia  e  nella 


214  GEOGRAFfA  —  EPOCA   DÈCIMA 

Macedonia,  donde  si  diffusero  su  tutto  il  Peloponneso  ed  altri  in  Asia,  ove  ducentomila 
piantaroQsi  nella  Bitinia  il  7o8.  Le  conquiste  dei  Franchi  nell'viii  secolo,  e  nel  ix  l'ir- 
ruzione degli  Ungheri  nella  valle  del  Danubio,  arrestarono  le  migrazioni  degli  Slavi  di 
là  dei  Crapak;  e  le  colonie  loro  sulla  destra  del  Danubio  perdettero  l'indipendenza. 

Gli  Slavi  di  Carintia  e  i  Croati  si  assoggettarono  alla  supremazia  di  Carlo  Magno  ; 
quelli  della  Bosnia  e  della  Servia  agl'imperatori  bisantini.  Ma  la  dipendenza  era  incerta 
e  mutabile,  tanto  che  nell'xi  secolo  i  Serbi  ebbero  un  re  che  sedeva  a  Scodra,  e  regnava 
sul  paese  compreso  tra  il  Serbas,  la  Cettina  e  l'Adriatico  all'ovest,  la  Sava  al  nord,  la 
Morava  all'est,  la  Bojana  al  sud.  Il  capo  dei  Croati  nel  970  prese  il  titolo  di  re;  ma 
poi  gli  Ungheri  conquistarono  quel  regno  (1091-1 102j,  salvo  i  paesi  montani  e  i  ma- 
rittimi. 
Della  Mo-  b.  In  questo  tempo  gli  Slavi  sulle  frontiere  orientali  della  Germania  esercitarono 
rayia,  Boe- spesso  le  armi  degl'imperatori  tedeschi.  Sulla  gran  linea  che  occupavano  tra  il  Baltico 
mia,  ecc.  ^j  j|  [ja,^y|,jo^  furono  costretti  cedere  nel  centro  le  marche  dell'est  e  del  nord-,  ma  agli 
estremi  fondarono  due  Stati  potenti.  Uno  comprese  per  alcun  tempo  la  Moravia,  la 
Boemia  e  la  Pannonia;  ma  Arnolfo  ben  presto  la  sconciò.  L'altro  si  formò  nell'xr  secolo 
•fra  la  Bilie,  l'Elda  e  la  Peene,  col  nome  di  regno  di  Slavonia,  abbracciando  il  paese 
degli  Obotrili,  la  cui  capitale  Ikric  fu  detta  Miktinburg,  cioè  la  gran  città;  il  paese  dei 
Polabi  sull'Elba;  la  Wagria  all'est  dell'Holstein,  con  Starigard,  che  i  Tedeschi  chiama- 
rono Altenburg  (Oldenburg)  o  città  vecchia;  infine  il  paese  de'  Uedariani,  la  cui  capitale 
R'^thra  era  santuario  venerato  dagli  Slavi.  Sembra  v'appartenessero  anche  i  Pomerani  o 
popoli  marittimi  fra  l'Oder  e  la  Vistola. 
fra  roder  c  11  paese  dei  teschi,  che  nell'xi  secolo  fu  detto  Polonia,  cioè  quant'è  fra  la  Vi- 
e  l'Ural  gtola  all'est,  la  Nelze  al  nord,  i  Crapak  al  sud,  il  Bober  all'ovest,  fu  nelI'SiS  unito  sotto 
un  solo  duca.  Questi  duchi,  cercando  sottrarsi  al  vassallaggio  dell'Impero,  conquistarono 
la  Pomerania  orientale,  a  ponente  della  Vistola;  la  Masovia  fra  il  Bug,  la  Vistola  e  la 
Prussia  ;  e  al  sud-est  spinsero  le  frontiere  sin  ai  confini  delle  provincie  russe  di  Ilalitsch 
e  di  Vladimir  (Galli/ia  e  Lodomiria}.  Città  principali:  nella  Pomerania  polacca  Danzica 
presso  la  foce  della  Vistola  ;  in  Polonia  Grudek,  Vladislaiv,  Sandomir,  Cracovia  su  per 
quel  fiume;  Krmwicz  residenza  di  Piast,  e  Gnesne  sede  del  metropolita  di  Polonia, 
ambe  fra  la  Warta  e  la  Vistola  ;  Glogau  e  Breslau  sull'Oder  nella  Slesia.  Hestavano  indi- 
pendenti i  Prussi  fra  la  Vistola  e  il  Memen,  e  i  Lituani  fra  questo  e  la  Ovina. 
Rumi  Ai  moltissimi  popoli  tra  cui  era  spartita  la  pianura  fra  il  Bug  e  l'Uras,  diedero  unità 
politica  gli  Scandinavi.  Il  normanno  Hurik  verso  l'SBO  sottomise  Novogorod  sul  lago 
d'ilmen,  Polotsk  sulla  Dvina,  Itostow  e  Murom  sull'Oka  ;  Smolensho^  LinbeUch  e  Kiof 
sul  Dnieper  furono  conquistate  da  suo  figlio  Igor.  Sviatoslaf  e  Vladimiro  il  Grande 
(945-1015)  dilatarono  il  nuovo  impero  all'ovest  sino  al  Bug  e  al  San,  tributar]  della 
Vistola:  al  sud  fin  sopra  le  cascate  del  Dnieper  e  al  Caucaso;  all'est  sin  al  Volga;  al 
nord  fin  al  lago  di  Laduga.  I  paesi  però  bagnati  dal  Donetz  e  dal  Don  presto  furono 
occupati  dai  Comani  e  dagli  Uzi,  cui  confine  all'est  diventò  la  Zna,  affluente  deli'Oka. 
Ma  già  altri  principi  Vareghi,  fomentando  le  antiche  gelosie  delle  tribù  slave,  avevano 
fermato  varj  principati,  sicché  al  gran  principe  di  Kiof  non  restava  che  l'ombra  del 
potere:  Novogorod  conservava  l'ordinamento  a  popolo,  e  le  serviva  di  porto  Aldeiguburg 
sul  golfo  di  Finlandia.  Ciò  doveva  agevolare  le  conquiste  de' Mongoli. 
Tartari  ^'-  ^^  ''''^'^  asiatiche,  che  dopo  Attila  continuavano  a  versarsi  sull'Europa,  vi  giun- 
gevano traverso  la  Russia  meridionale,  lungo  il  mar  Nero  e  il  Danubio;  e  non  potendo 
penetrare  nella  Germania  e  nell'Italia  fermavansi  ne' paesi  meridionali  degli  Slavi,  im- 
pedendo che  questi  s'assodassero. 

a).  Primi  vennero  i  Bulgari  dalle  rive  del  Volga,  ove  presso  Kazan  mostransi  ancora 
gli  avanzi  della  loro  ca[)itale.  Sottomessi  gli  Slavi  sul  basso  Danubio,  al  principio  del 
[Avarivi  secolo  invasero  più  volte  la  Tracia.  Ma  gli  Avari ^  che  nel  557  apparvero  in  riva  al 
Don,  domarono  i  lUilgari  e  gli  Anti  ;  e  traverso  la  Moravia  e  la  Boemia  penetrarono  fin 
nella  Turingia  (5051,  abbatterono  il  regno  de'Gepidi,  e  occuparono  la  Pannonia  abban- 
donata dai  Longobardi  ;  colle  correrie  resero  deserta  l'Illiria,  e  spesso  assalsero  Costan- 
tinopoli ;  poi  conquistarono  la  Dalmazia  (605),  salvo  le  città  marittime,  assalsero  il  Friuli 
(610),  e  minacciarono  l'Italia. 
Allora  stendeano  essi  l'impero  dall'Ens  e  dall'UnstruU  fin  oltre  il  Tanai,  ed  ai  paesi 


SCANDINAVI  ,   SLAVI   E   TARTARI  'tiK 

che  separano  le  acque  pioventi  nel  mar  Baltico  e  Bianco,  da  quelle  che  scendono  al  mar 
Nero,  eccettuate  le  regioni  del  Dniepcr  superiore.  Tosto  i  Venedi  della  Carintiae  della 
Boemia,  e  i  Serbi  della  Turingia  orientale  si  sollevarono  (030);  poi  i  Bulgari  sul  Don: 
onde  gli  Avari  rimasero  stretti  nella  Dacia,  Moravia  e  Pannonia,  finché  essendosi  alleati 
con  Tassilone  duca  di  Baviera,  Carlo  Magno  prese  i  loro  accampamenti,  e  recò  il  suo 
impero  fin  oltre  il  Theiss  (799). 

6).  Di  là  del  Theiss  sorgeva  il  nuovo  regno  dei  Bulgari,  che  resisi  indipendenti  (634),  Bulgari 
si  dispersero  ;  e  parte  sulle  due  rive  del  Don  caddero  in  balia  dei  Cazari,  parte  tornarono 
nella  Dacia  e  nella  dominazione  degli  Avari,  parte,  varcato  il  Danubio,  domarono  i  Serbi 
della  Mesia,  e  costrinsero  l'imperatore  d'Oriente  a  cedere  il  paese  fra  il  Danubio  e  l'Emo 
(679).  Nel  71-4  fu  aggiunta  a  (]uesto  regno  porzione  della  Tracia  ;  poi  la  rivolta  de' Bul- 
gari nella  Dacia  lo  allargò  al  nord  fin  ai  monti  Crapak.  Nel  ix  secolo  furono  respinti 
sulla  destra  del  Danubio,  ove  lungo  tempo  minacciarono  l'impero  bisantino,  cui  occu- 
parono l'Epiro,  la  Tessaglia,  laServia,  le  due  Mesie,  parte  della  Macedonia  e  della  Tracia; 
e  avevano  per  capitale  Acride,  sulle  frontiere  della  Macedonia  e  dell'Epiro.  Alfine,  dopo 
trentasette  anni  di  guerra,  furono  sottomessi  dall'imperator  greco  Basilio  li  (1018)  -,  ed 
ora  il  loro  nome  rimane  solo  a  una  provincia  al  sud  del  Danubio. 

e.  Entrante  il  vii  secolo,  i  Cazari,  nemici  dei  Persiani,  poi  degli  Arabi,  occupavano  Cazari 
i  paesi  al  nord-ovest  del  Caspio,  donde  correano  fin  di  là  dal  Caucaso.  Nel  679  doma- 
rono i  Bulgari  del  Don  e  gli  Ungheri  del  Volga,  che  allora  varcarono  nella  Lebedia 
(L'krania;  ;  poi  stesero  l'impero  col  sottometterei  Poleni  verso  Kiof,  i  Badimizi  e  iViatizi 
al  nord  e  nord-est  de'  predetti  5  sicché  arrivava  all'est  fin  di  là  dal  Bug,  al  nord  sin  alle 
fonti  del  Volga.  Ma  la  rivolta  degli  Ungheri,  l'arrivo  de' Pecinechi,  de'Comani,  e  degli 
Uzi,  e  l'ingrandirsi  dei  Russi  ebbero  ridotto  i  Cazari  alla  sola  Crimea.  Loro  città:  Ba- 
langiar  0  Atei  alla  foce  del  Volga,  Tanai  celebre  per  commercio,  Sarkes  fortezza  co- 
struita per  essi  da  ingegneri  greci  in  riva  al  Don. 

d.  Gli  Ungheri  0  Magiari,  che  lunga  stagione  erano  abitati  tra  i  Finni,  scesero  lungo  t-'ugh 
l'Ural,  e  all'viii  secolo  accostaronsi  al  Don  e  alla  palude  Meotide.  1  Cazari  si  traspor- 
tarono nella  Lebedia  all'occidente  del  Don  superiore,  donde  furono  cacciati  dai  Peci- 
nechi (888);  allora  si  assisero  parte  nei  Crapak  orientali  a  Munkaz  Ungtoar,  ecc.,  parte 

sul  Danubio  inferiore.  Altri  costretti  dai  Pecinechi  a  ritirarsi  verso  occidente,  risalirono 
il  Danubio  nella  Dacia,  abbatterono  il  regno  dei  Moravi  (908),  e  presero  al  nord  del 
Danubio  i  paesi  fra  la  Morava  e  il  Gran,  e  al  sud  l'antica  Pannonia. 

Quindi  spinsero  le  corse  per  l'Italia,  la  Germania  meridionale,  la  Francia,  e  sin  là  dai 
Pirenei  ;  ma  le  vittorie  di  Enrico  l'Uccellatore  e  di  Ottone  il  Grande  li  rinchiusero  nelle 
Provincie  che  preser  nome  da  loro,  e  cui  confini  furono:  al  nord  i  Crapak:  all'est  la 
Moravia  e  le  marche  di  Baviera  e  Carintia  ;  al  sud  la  Mur,  la  Brava,  il  Danubio,  fin  al 
suo  confluente  coll'Alt,  che  separa  la  Transilvania  dalla  Valachia;  all'Alt  non  arrivò  se 
non  quando  Stefano  I  ebbe  conquistato  l'Ungheria  Nera  (1002);  poi  (1079)  l'occupazione 
del  Sirmio  e  della  Slavonia  fra  la  Sava  inferiore  e  la  Drava,  aperse  a  Ladislao  I  la  Croazia, 
conquistata  al  fine  dell'xi  secolo,  tranne  le  città  rimaste  ai  Veneziani.  Città  principali: 
Presburgo,  Gran,  Buda  sul  Danubio,  Alba  Reale  al  sud-ovest  di  Buda,  Pecks  0  Cinque 
c/i/ese  al  sud  di  Alba  Beale. 

D'allora  la  Pannonia,  il  paese  degli  Jazigi  e  la  Dacia  furono  salve  da  nuove  invasioni, 
e  i  Crapak  segnarono  il  limite  alle  orde  asiatiche,  tumultuanti  in  riva  al  mar  Nero, 

e.  1  Pecinechi  verso  r83i  aveano  tolto  ai  Cazari  la  parte  orientale  del  vasto  loro  ter- Peciuechi 
ritorio.  Mezzo  secolo  dipoi,  cacciati  dagli  Uzi  dalle  rive  del  Don,  respinsero  gli  Ungheri 

fra  i  monti  Crapak,  e  si  stesero  traverso  la  Russia  meridionale  e  le  moderne  provincie 
di  Moldavia  e  Valachia,  dal  paese  del  Don  sin  a  Orsowa  sul  Danubio.  Solo  dopo  il  1070 
gli  Ungheri  sottoposero  il  paese  fra  l'Orsovva  e  l'Alt:  allora  le  reliquie  dei  Pecinechi 
migrarono  nella  Bulgaria  greca,  dove  furono  sottomessi. 

f.  Gli  Uzi  e  i  Cumani,  che  già  padroneggiarono  le  regioni  fra  il  Volga  e  il  Tanai,  a  Uzì  e 
mezzo  l'xi  secolo  occuparono  il  paese  già  posseduto  dai  Pecinechi  dal  Don  all'Alt.        Comam 

Adunque  sulle  rive  del  Danubio  erano  passati  fin  nove  popoli  diversi:  Goti,  Unni, 
Gepidi,  Avari,  Bulgari,  Ungheri,  Pecinechi,  Uzi,  Comani;  aggiungete  i  coloni  romani 
anticamente  trasportati  da  Trajano  nella  Dacia,  e  avrete  la  ragione  della  gran  varietà  fra 
quel  popolo. 


216  GEOGRAI lA  —  ErOCA   DÈCIMA 


^8.  — '  Smembramento  dell'impero  arabo. 

L'impero  Arabo,  cominciato  coli'unità,  si  scompose  anch'esso  al  pari  dei  regni  de' 
Barbari,  e  ne  vennero  tre  califTati  :  degli  Abbassidi  che  regnarono  sull'Asia  e  l'Africa  sino 
al  909,  poi  sull'Asia  sola  fin  al  1258;  dei  Fatimiti  nella  Siria  ed  Africa  dopo  il  909; 
degli  Ommiadi  signoreggianti  nella  Spagna  e  talvolta  nell'Africa  occidentale  [Magreb). 
Califfi  1.  Del  califfato  degli  Abbassidi  consuete  divisioni  amministrative  erano:  a.  Ad  occi- 
albassidi  jgj^^g  Y £gillQ  cqU^  Cirenaica,  la  Palestina  e  la  Siria  di  Damasco,  b.  Al  nord-ovest  la 
Mesopotamia  colla  Siria  di  Aleppo.  e.  Al  nord  V Aderbigwn  coU'Armenia  e  regioni  cau- 
casee.  d.  Al  nord-nord  est  V Ìrak-Agemi  col  Tabaristan  e  il  Giorgìan  al  nord  di  quello, 
e.  Al  centro  V frak-Arabi  colle  due  città  sante  di  Medina  e  della  Mecca,  f.  Al  sud-ovest 
l'Yemen  con  gran  parte  dell'Arabia  meridionale,  g.  Al  sud-est  il  Farsistan  col  Kuzislan 
all'ovest,  il  Lorestan  al  sud,  il  Kerman  all'est,  h.  Al  nord-est  il  Corassan  col  Mazan- 
deran  sulle  coste  meridionali  del  Caspio  all'ovest,  al  nord  il  Karism  e  la  Transoxiana, 
al  sud  il  Segestan. 

La  lontananza  ed  estensione  di  questi  governi  fece  potenti  gli  emiri  a  segno,  che  ben 
presto  si  resero  indipendenti,  e  ridotto  il  califfo  a  sommo  pontefice,  varie  dinastie  si 
stabilirono:  in  Egitto  e  Siria  i  Tulonidi  nell'868,  poi  nel  905  gli  Iksiditi^  da  ultimo  i 
Fatimiti.  Gli  Amadanidi  possedevano  il  Gezireh  e  il  nord-est  della  Siria,  cioè  Mossul  e 
Aleppo. 

1  Pagraditi  ricuperarono  l'indipendenza  nell'Armonia,  e  un  di  loro,  sovrano  dei 
principi  ed  emiri  dell'Armenia,  della  Georgia,  dell'Albania,  assunse  il  titolo  di  re  dei 
re.  I  Dilemiti  regnavano  nel  Giorgian  e  nel  Tabaristan.  I  Bovidi  nell'Irak-Agemi ,  nel 
Kuzistan,  nel  Farsistan  e  nel  Kerman:  e  come  emiri  al-omra  dominavano  a  Bagdad  e 
sopra  rirak-Arabi.  Gli  Zijatidi  governavano  l'Yemen.  1  Samaridi  le  provincie  orientali, 
Mazanderan,  Corassan.  Il  Segestan,  vasto  paese  di  molti  deserti,  ebbe  principi  Soffaridi, 
ora  vassalli,  ora  indipendenti  dalle  varie  dinastie;  finché  nel  1544  fu  annesso  alla 
Persia. 

I  Samunidi^  più  potenti  degli  altri,  signori  di  quant'è  fra  l'Indo  e  il  Tigri,  sovrani 
per  alcun  tempo  anche  de' Bovidi  della  Persia,  e  i  cui  sudditi  andavano  a  trafficare  fin 
sul  Baltico,  parca  dovessero  raccorre  tutta  l'eredità  dei  califfi  quando  gli  abbatterono  i 
Turchi  Gaznevidi.  Questi  (detti  da  Gazna  nel  regno  di  Cabul)  sulle  rovine  di  essi  fon- 
darono un  impero,  che  la  spada  di  Mahmud  (997-1028)  dilatò  dal  Tigri  fin  all'Indo. 

Ma  le  orde  turche,  ritenute  dagli  Arabi,  poi  da  Mahmud  di  là  dal  Sihun,  vennero  a 
sostenere  gli  emiri  rivoltosi,  e  in  compenso  occuparono  le  contrade  al  nord  del  Gihun. 
I  Selgiucidi,  più  degli  altri  potenti,  penetrarono  nel  Corassan,  respinsero  i  Gaznevidi  di 
là  dall'indo,  e  sotto  Malek  scià  [Gelaleddino]  dominarono  dal  Caucaso  e  dal  Sihun  fino 
all'Yemen,  dal  Mediterraneo  fin  alla  Cina,  sulle  cui  frontiere  ebbero  tributario  il  re  di 
Casgar.  Tosto  però  i  principati  indipendenti  ripullularono,  e  i  successori  di  lui  (1093) 
furono  nulla  più  che  capi  mal  rispettati  di  potenti  vassalli. 
ratimiii  IL  In  Africa  s'erano  stabilite  varie  dinastie.  Edris  alide,  rifuggito  nel  Magreb,  si  fece 
proclamare  iman  a  Velili  (789),  al  nord-est  della  quale  suo  figlio  fabbricò  Fez,  e  dominò 
sopra  Tanger,  Centa,  Tlemecen^  Algeri,  cioè  tutta  l'antica  Mauritania.  Il  governatore  di 
Cairoan  non  tardò  a  rendersi  indipendente  nell'antica  Numidia,  nell'Africa  propria  e 
nella  Tripolitana,  e  i  successori  suoi  s'allargarono  fino  a  Gran;  al  nord  occuparono  le 
grandi  isole  del  Mediterraneo,  Sicilia,  Corsica,  Sardegna,  Malta,  devastando  le  coste 
d'Italia. 

1  Fatimiti  sottoposero  questi  varj  principi,  e  sedettero  fin  al  690  a  Mahdia,  città  fab- 
bricata sopra  l'antico  Afrodisio,  in  un'isola  30  leghe  al  sud  di  Tunisi,  Allora,  conqui- 
stato l'Egitto  fondarono  presso  Fostat  la  città  del  Cairo  cioè  della  vittoria,  capitale  del 
loro  califfato  in  Africa.  AII'Kgitto  aggiunsero  ben  presto  la  Siria,  ma  intanto  nell'Africa 
occidentale  ne  usurpavano  i  dominj  gli  Zeridi  nel  Magreb  (979);  gli  Amadidi  in  Bugia 
all'est  d'Algeri  (997);  i  Sanagidi  o  Badisidi  di  là  dove  ora  sono  Algeri  e  Tunisi  (972): 
poi  anche  la  Siria  era  tolta  ai  Fatimiti,  sebbene  agli  Orkiadi  ritogliessero  la  Palestina  e 
Gerusalemme  (1096). 


SMEMBRAMENTO  DELL'iMPERO   ARABO  217 

111.  Il  califfato  omraiade  di  Cordova  (7S6)  emulo  di  quel  di  Bagdad,  copriva  la  Spagna  Ommiadl 
de'monumenti  d'arti  e  di  scienze.  Di  Spagna  Abd  ei-Haman  il  Grande  si  spinse  venti 
volte  negli  Stati  cristiani,  ebbe  alleati  gl'imperatori  di  Costantinopoli  e  di  Germania. 
Sotto  di  lui  (-788)  gli  Arabi  spagnuoli  dominavano  Ceufa,  Tanger,  Fez,  e  tutto  il  Ma- 
greb'ìn  Africa,  di  là  da'  Pirenei  Tolosa;  pirateggiavano  la  Provenza  -,  e  piantavansi  anche 
tra  le  Alpi  da  Nizza  marittima  fin  a  San  Maurizio  nel  Valese. 

Ma  varj  d'origine  e  di  setta,  non  si  tennero  in  pace,  e  i  governatori  di  vaste  e  ricche 
Provincie  ambirono  l'indipendenza,  onde  quel  califfato  andò  a  pezzi  (1010-1031.  Gio- 
vandosene i  Cristiani  occupavano  già  metà  della  penisola,  restringendo  i  Musulmani  al 
sud  del  Iago  e  dell'Ebro,  dove  anche  il  Sid  conquistò  Valenza.  Quivi  erano  spartiti  in 
molti  regni,  cioè  :  a.  Al  nord  Huesca  fra  l'Ebro  e  i  Pirenei  ;  Lerida  sul  Segro  ;  Saragozza 
e  Tortosa  sull'Ebro.  6.  All'est  Denta,  Marcia,  Cartagena,  Almeria,  Algezira  lungo  il 
Mediterraneo;  Oriuela  poco  discosto  da  Alicante  fra  Murcia  e  Denia,  in  un  piano  deno- 
minato il  giardino  di  Spagna;  Jaen  all'est  di  Cordova,  e.  AI  sud  Siviglia  sul  Guadal- 
quivir; Granata  al  sud  di  Jaen  ;  Xeres  all'est  di  Cadice,  d.  All'ovest  Badajoz  sulla  Cua- 
diana;  Lisbona  alia  foce  del  Tago;  ed  altre  Provincie,  i  cui  governatori  s'erano  eretti 
re.  Anche  le  Baleari  avevano  principe  proprio. 

Perciò  sarebbero  presto  soccombuti  se  non  avesser  ricevuto  rinforzi  dall'Africa:  cosi 
gli  Almoravidi,  venuti  di  là  nel  1086,  ridestarono  l'entusiasmo  religioso  e  guerresco 
de' Musulmani,  e  posero  a  gran  punto  i  regni  di  Leon  e  Castiglia. 

In  Sicilia  entrarono  i  Saracini  d'Africa  (Aglabiti)  neir827;  nelI'SSl  presero  Messina, 
l'anno  seguente  Palermo,  nelI'SiS  Motia,  nel  successivo  Lentini ,  Agrigento  nell'858, 
nell'878  Siracusa  e  Taormina;  distrussero  Siracusa,  e  posero  capitale  Palermo.  Divisero 
il  paese  in  tre  valli:  vai  di  Mazara  all'occidente,  vai  di  Demona  al  nord-est  attorno 
all'Etna,  vai  di  Noto  al  sud-est. 


£POCIlJE    XI    £    XII 

DAL    1096    AL    iÓOO   D.    C. 


Il  mondo  civile  sta  diviso  tra  l'islam  e  la  cristianità,  l'uno  all'altra  nemici,  e  cercanti 
di  reciprocamente  distruggersi.  Onde  prevenire  il  colpo,  ma  diretta  non  tanto  da  ra- 
gionamenti, quanto  da  quel  senso  popolare  di  opportunità  che  rado  s'inganna,  l'Europa 
s'armò  nelle  crociate,  e  precipilossi  sull'Asia.  11  cozzo  cui  vennero  allora  i  nostri  col 
popol  misto  d'Asia  e  d'Arabia,  preparò  il  nodo  che  le  sparse  genti  d'Europa  raccolse  in 
unità  di  credenze  e  d'interessi. 

$  ì.  —  I  Musulmani  e  ì  regni  turchi. 

Africa.  Nella  Mauritania  signoreggiano  gli  Almoravidi  o  Morabeth  ,  che  poi  inva- 
sero la  Spagna;  nella  Bizacene,  Zeugitana,  Numidia  (or  reggenze  di  Algeri  e  TunisiJ  i 
Badìsidi,  che  dominarono  Malta,  Sicilia,  Corsica,  Sardegna  ;  in  Egitto  i  Fatimiti,  signori 
della  Cirenaica  e  della  Palestina. 

Asia.  La  più  potente  signoria  è  quella  de'  Seìgiucidi ,  che,  al  tempo  della  prima 
crociata,  teneano  la  più  parte  dell'Asia  occidentale,  e  anch'essi  eransi  spezzati  in  cin- 
que dinastie,  le  quali  dominavano  dall'Arcipelago  fin  ai  monti  Belortagh,  e  dai  confini 
dell'Arabia  settentrionale  fin  al  Caucaso. 

A).  Superiore  alle  altre  riguardavasi  la  suitnnia  di  Persia:  in  Bagdad  risedeva  un 
califfo,  capo  dell'islam  soltanto  di  nome,  giacché  l'autorità  sacerdotale  gli  era  dispulata 
dai  Fatimiti  e  dall'eretico  Assan-ben-Sabab,  e  la  politica  dalle  nuove  signorie  piantatesi 
attorno  a  lui.  Le  città  di  Rei,  Amadan,  Ispaan,  Marv-ciagian  furono  ad  ora  ad  ora  re- 
sidenza di  sultani  selgiucidi.  Al  centro  di  questa  sultania  ,  nelle  montagne  di  Dema- 
vend,  s'era  stabilita  la  setta  degli  Assassini  o  Ismaelidi,  il  cui  capo  (Vecchio  della  Mon- 
tagna) sedeva  nel  castello  di  Almout  presso  Casbin. 

li).  La  sultania  di  Kerman  abbracciava  la  più  gran  parte  del  Farsistan ,  il  Laristan 
e  il  Kerman.  Gli  abitanti  di  Ormuz,  vinti  dai  Selgiucidi,  lasciarono  il  continente,  e  sulla 
vicina  isola  fabbricarono  la  nuova  Ormuz ,  venuta  ben  presto  in  gran  prosperità  di 
commercio. 

C).  La  sultania  di  Rum  (Iconio)  avea  tolto  all'impero  greco  tutti  i  possessi  asiatici, 
salvo  le  isole,  alcune  fortezze  sulla  costa  occidentale  e  parte  della  costa  meridio- 
nale del  mar  Pontico,  ove  erano  rimaste  greche  le  città  di  Sinope  e  Trebizonda.  Così 
allargavasi  da  Laodicea  di  Siria  fin  al  Bosforo  di  Tracia,  e  dalle  fonti  dell'Eufrate  sia 
all'Arcipelago.  Capitale  Nicea.  Smirne  e  il  piccolo  suo  territorio  formavano  uno  Stato 
turco  tributario  del  sultano. 

D).  La  sultania  di  Aleppo,  tra  le  due  precedenti,  e 

E).  Quella  di  Damasco,  stesa  dall'Eufrate  al  Mediterraneo,  con  Damasco  ed  Emesa. 

Questi  Stati,  in  guerra  fra  sé  e  dentro  di  sé,  mutavano  ogni  tratto  forma  ed  esten- 
sione. I  tre  figli  di  Melek-scià  dopo  lunga  contesa  spartironsi  l'impero  (1105),  sicché  il 
più  giovane  sortì  il  Cora^san  ;  il  secondo  V Aderbi gian  colla  sovranità  sopra  l'Armenia, 
il  Diarbek  e  la  Siria;  il  primogenito  il  resto.  Nel  1094  Tutusc  avea  unito  Damasco, 
Aleppo,  il  Gezireh,  l'Aderbigian  :  ma  disfatto,  non  lasciò  ai  figli  che  le  due  sultanie  di 
Siria.  L'emir  d'Antiochia  occupò  Edessa.  I  principi  ortocidi  possedevano  Diarbek,  Mar- 
din,  Mcjafarekin,  e  anche  Gerusalenvne. 

Lo  Stato  ortocidedi  Gerusalemme,  confinante  al  nord  colla  soldania  di  Damasco,  al 
sud  colle  possessioni  asiatiche  dei  Fatimiti  d'Egitto,  chiudea  Gerusalemme  e  Ramla. 
Nel  1096  l^u  ripreso  dai  Fatimiti. 

Nell'Armenia  signoreggiavano  tuttora  i  Pagratidi. 


TERRASANTA  219 


§   2.  —  Terrasanta. 


La  Sìria  è  una  vasta  regione,  confinante  a  oriente  coIl'Eiifrate,  a  ponente  col  Me- 
diterraneo, a  tramontana  con  la  Cilicia,  e  a  mezzodì  con  l'Arabia  ,  il  mar  Rosso  e  l'K- 
gitto.  In  due  'a  dividono  l'alte  montagne  del  Libano,  dell'Antilibano  e  del  Carmelo. 
Nella  parte  orientale  e  mediterranea  regnavano  i  re  o  soldani  di  Aleppo,  di  Mossul  e  di 
Damasco,  tribntarj  al  gran  soldano  di  Persia:  nell'occidentale  o  marittima  dominavano 
confusamente  Turchi,  Saracini,  Egiziani.  I  pellegrini,  seguitando  la  pronunzia  de' Greci 
orientali,  chiamavano  questa  lunghissima  costiera  Sorìa.  Essa  facea  quattro  provincie: 
la  Celenria  dalle  montagne  della  Cilicia  fino  a  Gibello;  la  Fenicia  fino  a  Caifa;  la  Pa- 
lestina 0  Terrasanta  fino  ad  Assodi;  e  l'antico  paese  de'  Filistei  fin  al  distretto  di  Gaza, 
ultima  città  di  Soria,  verso  l'Egitto. 

Antiochia  «  occhio  di  Siria,  |)erla  d'Oriente»  giace  nella  Celesiria,  e  i  Greci  l'aveano  Antiochia 
intitolata  regina  d'Oriente  e  Tetrapoli,  cioè  raccolta  di  quattro  città.  Ma  per  guerrieri 
devoti  le  memorie  più  preziose  erano,  che  ivi  san  Pietro  pose  la  prima  sua  sedia,  e  che 
i  seguaci  del  vangelo  si  chiamarono  quivi  la  prima  volta  Cristiani.  Ila  due  cerchie  di 
mura  estese  9  miglia,  e  una  fortissima  cittadella.  Alte  montagne,  ma  così  incurvate  che 
rassomigliano  a  fertili  colli,  la  dominano  dentro,  fuori,  intorno,  salvo  dalla  parte  volta 
a  libeccio,  ove  mutando  direzione,  s'inoltra  l'Oronte,  e  trascorrendo  placidamente  al 
mare,  divide  per  mezzo  un  amenissimo  piano  di  40  e  più  miglia.  I  Greci  ritolta  l'a- 
veano  a'  Fatimili  d'Egitto,  e  i  Turchi  Selgiiicidi  ai  Greci.  L'emir  Baghisian  comandava 
la  guarnigione  maomettana  di  settemila  cavalli  e  ventimila  fanti;  il  resto  della  popola- 
zione era  un  misto  di  Siri,  Armeni,  Arabi,  Egiziani  e  Greci  ,  che  fra  tutti  sommavano 
a  duecentomila  persone. 

Il  Musulmano  va  in  pellegrinaggio  alla  Mecca,  a  Medina,  a  Damasco,  a  Gerusalemme;  Gerusa- 
l'Ebreo  a  Gerusalemme,  Tiberiade,  Sufed  ed  Ebron;  il  Cristiano  a  Betlem,  Nazaret,  Gè-  lemme 
rusalemme,  Roma:  sicché  in  Gerusalemme  come  nel  suolo  comune  s'incontrano  i  sen- 
tieri delle  divote  pellegrinazioni  del  Musulmano,  dell'Ebreo  e  del  Cristiano.  Gli  Ebrei  la 
chiamano  Salem,  cioè  la  città  della  pace  ;  gli  Arabi  Cod,  vale  a  dire  la  santa.  Era  stata 
distrutta  da  Tito;  Adriano  ne  disperse  gli  abitanti,  vi  piantò  gl'idoli  pagani,  ed  in  parte 
ricolmò  le  tre  valli  attorno  alla  città ,  sicché  men  diffìcile  era  accostarla,  massime  dal 
nord.  Fu  tra  le  prime  conquiste  dei  Musulmani,  che  a  vicenda  tolleranti  e  persecutori, 
faceano  pesare  il  loro  giogo  sopra  i  Cristiani  che  vi  abitavano,  e  i  molti  più  che  anda- 
vano a  visitarla. 

Novant'anni  prima  della  conquista  de' Crociati ,  nella  fiera  persecuzione  di  Ilakem 
Bamrillah,  furono  distrutti  il  santo  Sepolcro  e  il  tempietto  della  rupe  del  Sacrifizio  sul 
Moria.  Ai  califfi  egiziani  fu  tolta  Gerusalemme  dai  Selgiucidi ,  che  molestando  i  pelle- 
grini cristiani  diedero  impulso  alla  prima  crociata.  I  calilfì  la  ritolsero  quando  l'eser- 
cito di  Kerboga  fu  sconfitto  dai  Crociati  innanzi  ad  Antiochia:  poi  i  Crociati  la  con- 
quistarono (1099),  ma  dopo  ottantanove  anni  Saladino  la  rioccupava. 

Di  città  così  importante  e  visitata  da  miglinja  di  pellegrini  e  viaggiatori,  è  strano  che 
finora  non  si  possieda  un  piano  esatto  del  ricinto  e  dei  contorni.  Ducent'anni  fa  Des- 
hayes  ne  diede  uno,  che  finora  è  il  migliore,  ma  non  sapeasi  allora  per  anco  rappre- 
sentar esatto  coll'incisione  le  disuguaglianze  del  terreno.  D'Anville  lo  riprodusse  tal 
quale  nella  dotta  sua  Dissertazione  sull'estensione  dell'antica  Gerusalemme (ìlil)  e  nella 
carta  di  Palestina:  lo  riprodusse  pure  Michaud  nella  Storia  delle  Crociate,  sulla  scala 
di  1  :  20,000.  Nella  carta  della  Palestina,  data  da  Krause  a  Magdeburgo  il  i83.^,  c'è  un 
piano  di  Gerusalemme;  ed  uno  molto  circostanziato  pubblicarono  alcuni  ecclesiastici 
greci;  altri  ne  sono  nelle  opere  di  Sbaw,  Pococke,  Muriti,  Clarke,  Scliolz,  Buckingam, 
ma  i  più  informi,  e  tanto  diversi  da  quel  di  Deshayes,  da  togliere  ogni  fiducia.  Eppure 
quest'ultimo  differisce  dai  precedenti  scrittori,  e  da  ciò  che  essi  ci  dicono  della  dire- 
zione delle  profonde  lavine  che  da  tre  lati  cingono  la  città;  appena  segnata  è  la  valle 
del  Siloe  tra  il  monte  Sion,  l'Aera  e  il  Moria;  confusa  l'estremità  settentrionale  della 
valle  di  Efraim  a  pie  del  Golgota  ecc. 


220  GEOGRAFU  —  EPOCA   UNDECIMA   É   DUODÈCIMA 

Sotto  un  arido  ciel,  morto,  che  infonde 

Una  tristezza  al  cor  grave,  affannosa; 

Fra  squallide  montagne  ,  erte,  infeconde; 

In  una  terra  sterile  e  inacquosa 

Siede  Gerusalemme-,  e  le  profonde 

Piaghe  ancor  mostra  della  salda,  annosa 

Ira,  che  ogni  regal  lustro  ne  ha  spento, 

E  la  pietà  vi  spira  e  lo  spavento. 
Par  che  le  rupi  intorno  e  le  caverne 

Rispondan  lamentando  tuttavia 

Al  gemito  che  fea  sulle  materne 

Mura  un  di  l'atterrito  Geremia: 

Il  pellegrin  commosso  ancor  discerne 

L'antro  ove  il  mesto  a  profetar  venia , 

Ancor  l'altura  addita,  onde  la  rea 

Città  mirando,  il  iXazaren  piangea. 
Sovra  due  colli  povera  si  stende 

Di  quadrati  ahituri  edificata: 

De'  minareti  a  loco  a  loco  splende 

Qualche  aguglietta  a  hei  color  screziata; 

Ma  su  tutte  gigante  in  alto  scende 

Di  gran  mole  una  cupola  lunata, 

Che  d'oro  sfolgorante  a'  rai  del  giorno 

Par  che  insulti  ai  tuguri  che  ha  d'intorno. 
Dell'araho  Profeta  è  la  moschea, 

La  qual  vasta  torreggia  all'oriente 

Sul  terren  dove  il  tempio  un  dì  sorgea 

Che  votò  Salomone  al  Dio  vivente'. 

Qui  di  Giosafat  s'apre  la  vallea 

Entro  cui  scorre  al  verno  ampio  torrente 

Il  Cedron,  devolvendo  i  misti  rivi 

Che  versa  il  Moria  e  il  colle  degli  Olivi. 
Aspra  difende  alla  città  le  spalle 

In  ver  meriggio  di  Sion  l'altura; 

All'occaso  il  dirupo  d'una  valle 

D'ogni  approccio  guerresco  l'assecura; 

Ma  dolcemente  per  agevol  calle 

Dal  lato  horeal  vassi  alle  mura 

Ivi  più  alte  e  sode,  e  da  quadrate 

Spesse  torri  e  da  macchine  guardate, 

GKossr, 
Gerusalemme  sta  dunque  sovra  due  monti  separati  da  una  valle;  sul  meridionale  e 
più  alto,  chiamato  Sion,  la  superiore;  nel  settentrionale  e  più  basso  (Aera)  la  inferiore, 
dalla  parte  orientale  dell'Aera  spiccasi  il  Moria;  il  Golgota  dall'occidentale.  Sul  Sion, 
chiamato  fin  da  Davide  la  cittadella  cagione  della  sua  fortezza,  sorgeva  il  castello  d'E- 
rode; sul  Moria,  il  tempio  di  Salomone  ;  poi  sulle  fondamenta  di  questo  la  moschea  di 
Aksa.  A  levante  il  Moria  dirupasi  nella  valle  percorsa  dal  Cedron,  di  là  dal  quale  sor- 
gono due  monti,  l'Oliveto  e  quel  dello  Scandalo,  su  cui  è  fama  che  Salomone  sacrifi- 
casse a  Moloch.  Al  pie  meridionale  del  Moria  scaturisce  il  Siloe,  la  più  rinomata  delle 
sette  fonti  di  Gerusalemme,  che  sono  quelle  di  Betsabea,  di  Neemia,  d'Ezechia,  della 
beata  Vergine,  il  Gihon  e  il  Cedron.  Il  Gihon,  omonimo  del  terzo  fiume  dell'Eden, 
scorre  tra  i  due  stagni  che  si  nomano  da  esso  ;  percorre  la  valle  occidentale  nella  parte 
esteriore  della  città,  poi  valle  meridionale  di  Inom,  detta  dagli  Arabi  valle  dell'inferno, 
sul  cui  fianco  drillo  stendonsi  rupi  sepolcrali,  che  portano  la  greca  iscrizione  della 
santa  Sionne. 

•Tra  i  sepolcri  di  Gerusalemme,  dopo  quello  di  Cristo  sul  Golgota  e  di  Maria  nell'orto 
di  Getsemani,  distinguonsi  quelli  di  Giosafat,  di  David,  di  Zaccaria  e  di  Assalonne.  11 


TERRASANTA  221 

pellegrino  visita  ì  primi  cinque;  il  Musulmano  scaglia  pietre  contro  quello  di  Assa- 
lonne, figlio  disubbidiente.  11  pellegrino  visita  pure  le  selle  grolle  del  sudor  di  Siinguo, 
di  Cristo,  di  Lazzaro,  degli  Apostoli,  di  Geremia  dov'è  fuma  che  questi  abbia  scritto  i 
suoi  Treni^  del  signore  Gesù  nella  moschea  Aksa,  e  quella  della  valle  di  Inom. 

L'antico  muro  che  circondava  Gerusalemme  fu  distrutto  da  Tito;  il  presente  fu  in- 
nalzato da  Solimano  1  neliSoi.  Di  quello  ond'era  cintala  citliì  al  tempo  delle  crociate, 
non  altro  conservossi  che  il  nome  d'alcune  torri  sopra  la  loro  rovina,  come  (juelle  di 
Antonio  e  di  Marianna,  d'Ippico  Fasaelo  Psefico,  di  Kisto,  del  Galileo,  dove,  nel  mo- 
mento dell'ascensione,  furon  veduti  due  uomini  bianco-vestiti. 

Esdra  vi  contava  otto  porle  nella  cinta  fatta  da  Neemia,  ma  non  si  potrebbero  deter- 
minare. Quelle  del  recinto  di  Solimano  erano:  a.  la  porta  di  Giafa  o  di  Betlemme; 
fìab  el-Kalil  ;  Bah  el-Milarab;  b.  di  Sion  o  di  David;  e.  de'  Mograbini  ;  d.  dorata,  già 
porta  delle  tribù,  forse  la  più  vetusta,  e  doppia  come  solcasi  negli  antichissimi  tempi; 
sotto  i  re  latini  aprivasi  solo  per  la  processione  della  domenica  delle  palme;  i  Musul- 
mani la  fecero  murare;  e.  d'oro,  diversa  dalla  precedente;  f.  di  Cedar  o  di  Giosafat; 
g.  antica  di  santo  Stefano  al  nord  ;  h.  d'Erode  o  dei  Turcomani  ;  i.  di  Damasco  e  d'E- 
fraira  ad  ovest. 

Più  sante  sono  pel  Musulmano  le  orme  impresse  dal  Profeta  quando  fece  la  sua  not- 
turna ascensione  al  cielo  ;  la  stanza  di  Chisr  custode  della  fonte  vitale,  il  trono  del 
signore  Gesù,  la  capanna  sotterranea  di  Salomone,  il  suo  trono,  il  tempietto  dell'ascen- 
sione del  Profeta,  il  luogo  dove  fu  legato  il  Borak  (cherubino  dell'islam)  per  l'ascen- 
sione al  cielo,  il  tempietto  della  rupe  Sacbara,  sulla  quale  Abramo  volle  immolare  suo 
figlio  al  Signore. 

La  moschea  Aksa,  degna  di  particolar  descrizione  non  men  di  quella  degli  Ommiadi 
in  Damasco,  è  un  quadrilungo  di  273  metri  sopra  470  da  tramontana  a  mezzodì,  e 
verso  oriente  le  sorge  incontro  il  monte  Oliveto.  La  pietra  del  sacrifizio  di  Abramo,  e 
l'oratorio  di  Davide  sono  i  due  luoghi  più  santi  di  questo  santuario  dell'islam.  La  vera 
Aksa  si  stende  per  60  metri  in  lunghezza  da  nord  al  sud,  per  46  in  larghezza  da  ovest 
ad  est.  In  lunghezza  è  divisa  da  quarantasette  colonne  in  selle  gallerie,  cui  corrispon- 
dono nella  parte  settentrionale  selle  porte,  di  cui  la  mezzana  è  di  bronzo:  la  parte  orien- 
tale dove  orano  gli  uomini,  chiamasi  di  preferenza  la  moschea  d'Omar;  l'occidentale, 
moschea  delle  donne. 

Il  grande  altare  nella  parte  meridionale  della  moschea  d'Omar  passa  per  l'Altare  di 
Davide,  sebbene  alcuni  tengono  per  tale  un'altra  nicchia  fuori  della  moschea,  vicino 
alla  culla  di  Gesù.  Allato  sorge  il  pulpito,  al  quale  è  contigua  una  cappella  circon- 
dala da  un  cancello  di  ferro,  che  si  appella  l'angolo  della  circoncisione.  Il  pulpito 
d'ebano  e  d'avorio  onde  Nureddin  il  Giusto  aveva  ornalo  la  gran  moschea  di  Aleppo, 
fu,  dopo  la  conquista,  tras|)ortalo  a  Gerusalemme  da  Saladino.  Al  lato  occidentale 
di  esso  è  la  casa  dei  predicatori,  dove  nel  venerdì  si  recita  la  preghiera  del  prin- 
cipe regnante.  Rimpetto  all'aitar  maggiore,  dal  lato  della  porla  grande  è  il  pozzo 
della  foglia,  santificalo  dalla  leggenda  di  Maometto:  per  mezzo  del  quale  al  tempo  di 
Omar  è  fama  che  un  Arabo  sia  salito  al  paradiso,  e  n'abbia  al  suo  ritorno  descritto 
le  meraviglie. 

Fuori  dal  recinto  della  moschea  di  Omar  havvene  un'altra  più  piccola,  edificata 
dallo  stesso,  e  chiamata  la  moschea  dei  Magrebi,  cioè  dei  Maurilani,  i  quali  nella  con- 
quista di  Gerusalemme  si  segnalaroao,  e  furono  primi  tra  gli  assalitori.  Dal  lato  set- 
tentrionale sono  i  quartieri  di  Esdra  e  di  Zaccaria;  dall'orientale  la  culla  di  Gesù  e 
il  mercato  della  scienza,  non  lungi  dalla  porta  del  pentimento. 

Tutto  il  gran  recinto  ha  sette  porte  verso  ponente,  tre  a  tramontana ,  due  murale  a 
levante,  e  nessuna  a  mezzodì.  Nel  mezzo  del  tempietto  di  Sachara  evvi  l'altare  della 
rupe,  il  più  grande  santuario  della  moschea  Aksa  ;  edifizio  ottagono,  con  cupola  alta  50 
metri,  sostenuta  da  otto  pilastri  e  sedici  colonne.  Valid  II,  figlio  di  Abd  el  Malek,  lo 
eresse  sullo  scorcio  del  primo  secolo  dell'Egira,  in  un  cogli  oratorj  dell'ascesa  al  cielo, 
della  bilancia  della  giustizia,  della  catena,  e  del  dì  del  giudizio,  sorgenti  fuori  del  po- 
ligono. Sotto  la  rupe  scendesi  verso  mezzodì  in  una  grotta  ;  e  il  Musulmano  crede,  sotto 
di  quella,  siavi  il  pozzo  onde  tulle  derivano  h  sorgenti.  Il  pavimento  e  le  pareti  dell'e- 
difizio  ottagono  sono  di  marmo  screziato. 


222  GEOGRAFIA  —  EPOCA   UNDECIMA   E   DUODECIMA 

Acri  L'ultimo  rifugio  dei  Cristiani  dopo  perduta  Gerusalemme,  fu  Acri.  Gli  Ebrei  la  chia- 
mano Acco,  gli  Arabi  Acca,  i  Greci  e  i  Romani  Tohmaide;  i  moderni  viaggiatori,  con 
ordinaria  mutazione  del  nome  arabo,  Acre  o  San  Giovanni  d'Acri.  Giace  all'estremità 
d'una  fertile  pianura  lunga  sei  ore,  larga  due,  attraversata  dal  fiume  Belo,  rinomato  per 
l'invenzione  del  vetro,  e  chiamato  dagli  Arabi  Naanian.  A  levante  questa  pianura  ba  le 
montagne  di  Galilea:  a  mezzodì  vicino  al  mure,  il  Carmelo.  Il  Kiscion  (oggi  iMocattaa, 
vale  a  dire  il  tagliato),  sceso  dal  Tabor,  e  attraversala  la  pianura  d'Israele  o  Esdraelon, 
mette  nel  mare  a  pie  del  Carmelo.  A  mezzogiorno  della  città  sorge  il  monte  Turon, 
lungo  un  quarto  d'ora  di  cammino,  largo  un  ottavo,  scosceso  da  tutti  i  lati  fuorché 
dal  meridionale:  gli  Arabi  lo  chiamano  il  colle  de' preganti.  A  tramontana  bavvi  il 
colle  Agiadiget,  cbe  le  cronacbe  delle  crociate  chiamano  Mahumeria,  dal  nome  d'una 
moschea  ivi  innalzata.  Quello  ai  Cristiani,  questo  ai  Musulmani  odersero  luogo  oppor- 
tunissimo  per  accamparvisi  nell'ultimo  assedio;  e  la  pianura  posta  frammezzo,  uno  stu- 
pendo campo  di  battaglia. 

La  città  è  situatalo  fondo  d'un  seno,  che  penetra  fra  terra  quasi  due  ore  di  cammino. 
Doppia  muraglia  con  profondi  fossati  e  gagliarde  torri  difendeva  la  città  dalla  parte  di 
terra;  la  più  celebre  fra  le  torri  è  la  makddla  all'estremità  della  muraglia  verso  greco, 
così  intitolata  percbè,  secondo  la  tradizione,  vi  si  coniarono  i  trenta  denari  pe'  quali 
Giuda  tradì  il  Hedentore.  L'ingresso  del  porto  era  difeso  da  due  torri,  una  delle  quali 
posta  sulla  rupe,  si  diceva  la  torre  delle  mosche.  Le  tre  torri  a  destra  della  ma/ede^^a 
verso  il  mare  erano  sul  muro  esterno  :  la  torre  di  san  Nicolò,  del  ponte  e  del  patriarca  : 
dietro  quella,  nel  muro  secondo,  la  torre  degli  stranieri  e  de'  Tedeschi  :  a  manca  della 
maledetta  stava  l'inglese,  quindi  quella  del  cappello  de' Veneziani,  cui  seguivano  fin  giù 
al  mare  altre  torri  affidate  ai  Sangiovannili  ed  ai  Templarj. 

§  3.  —  Regni   cristiani, 

I  Crociati  fondarono  in  Asia  diversi  Stati  al  modo  feudale.  Il  regno  di  Gerusa- 
lemme abbracciava  gran  parte  di  Palestina  e  di  Fenicia,  confinando  da  un  lato  col  fiume 
Adonis,  dall'altro  con  Ascalona  e  coi  deserti  d'Arabia.  Dipendevano  da  esso  la  contea  di 
Edessa  nel  Gezireb  alle  due  rive  dell'Eufrate  e  sull'opposta  parte  del  Tauro,  con  im- 
portanti città,  quali  Edessa,  Samosala,  Serugia  ;  il  principato  di  Galilea  e  Ttberiade  in 
Palestina;  la  contea  di  Tripoli  e  di  Tortosa  sulla  costa  della  Fenicia,  che  poi  fu  riunita 
al  principato  ù'A7itiochia  sul  basso  Oronte,  lungo  il  mare,  dal  golfo  d'Isso  fin  a  quel 
di  Laodicea,  da  Tarso  alle  porte  d'Aleppo,  dal  Tauro  ad  Emesa  e  Palmira  :  città,  An- 
tiochia, Laodicea.  Le  signorie  di  Markah  (.Maratus),  di  Gebileh  (Cabala),  di  Bairut  (Be- 
rito),  di  Kaisarieh  (Cesarea),  di  Naplusa  (Sichem),  sulle  coste  di  Fenicia  e  di  Palestina; 
di  Krak  (Petra)  al  lembo  del  deserto;  il  contado  di  Joppe  e  d\4scalona  sul  litorale. 

Aggiungasi  il  regno  d'Armenia  nella  Cilicia  e  nella  Piccola  Armenia,  ove  dal  109u  re- 
gnavano i  discendenti  di  Rupen;  e  quel  di  Cipro,  conquistato  sopra  i  Greci  da  Ricardo 
Cuor  di  leone,  e  da  lui  dato  a  Guido  di  Lusignano  (U92).  Questo  si  conservò  indi- 
pendente fin  all'uscire  del  xv  secolo:  l'Armenia  Cilice  fu  sottomessa  ai  Mamelucchi 
d'Egitto  nel  1373:  ma  Gerusalemme  soccombette  tantosto;  poi  dal  1262  al  Ì2M  i  Ma- 
melucchi d'Egitto  ritolsero  ai  Cristiani  le  ultime  loro  possessioni  in  Siria  e  Palestina. 

%  i.  —  Impero  latino  in  Grecia, 

Presa  Costantinopoli,  l'impero  Greco  fu  diviso  tra' Veneziani  e  i  capi  delle  crociate. 
Baldovino  imperatore  ebbe  un  quarto  di  tutte  le  possessioni  dell'impero  greco,  cioè  la 
Tracia  coi  due  palazzi  di  Riacberne  e  di  Bucaleone.  Venezia  ebbe  tre  degli  otto  quartieri 
della  città,  e  metà  dei  tre  quarti  dell'impero,  cioè  la  più  parte  del  Veloponnesu  e  delle 
isole  dell'Arcipelago,  Efiina,  Curcira,  Candia,  il  chersooeso  di  Tracia,  le  coste  della 
Propontide,  le  città  di  Friijia  non  occupate  dai  Turchi:  aggiungcano  una  catena  di 
banchi;  lungo  le  coste,  da  Ragusi  fin  allo  stretto  di  Costantino|)oli.  A  Bonifazio  III 
marchese  di  Monferrato  toccò  la  Tessaglia  e  parte  della  Macedonia;  al  conte  di  Blois 


IMPERO   LATINO  IN   GRECIA  223 

il  ducato  di  Bitinia  oNicea;  a  Guglielmo  di  Cliamplilte  della  casa  di  Champagne  il 
principiito  à'Acdja,  da  cui  rilevavano  i  ducati  di  Tebe  e  ò'Aiene  conquistali  da  Ottone 
de  La  Iloche;  a  Giacomo  d'Avcsncs  l'isola  di  Negropontc;  a  Raniero  di  Trilli  il  du- 
cato di  Filippiiijuli  in  Tracia;  a  un  conte  di  Saint-1'ol  il  principato  di  Demotica  pur 
nella  Tracia. 

Venezia,  trovando  costoso  il  conservare  i  possessi  suoi  ch'erano  la  miglior  parte  di 
quella  conquista,  abbandonò  li  più  a' suoi  nobili,  sotto  condizione  d'omaggio  feudale. 
Così  i  Sanuto  fondarono  il  ducato  di  Nasso,  che  abbracciava  anche  le  isole  di  Paro, 
Melo,  Saniorììw;  i  Navagero  ebbero  il  granducato  di  Lemno  ;  i  Michiel  il  principato  di 
Ceo;  quel  à'Andros  i  Dandolo;  i  Ghisi  quel  di  Teun;  altri  le  signorie  di  Meldino  e 
Lesbo,  di  Focea,  di  Enos,  le  contee  di  Zunte,  Corfìi,  Cefaìonia,  il  ducato  di  Durazzo; 
poi  i  Viari  fondarono  quel  di  Gallipoli  nel  chersoneso  di  Tracia.  Venezia  aveva  già 
acquistato  Zara,  poi  da  re  Bonifazio  comprò  l'isola  di  Candia. 

Alcuni  paesi  evitarono  la  conquista.  Così  Leone  Sguro  greco  restò  signore  di  Corinto 
eXau/jlia;  Michele  Comneno  occupò  Dumszo,  V Epiro,  V Etolia,  VAcarnania,  e  parte 
di  Tessaglia.  In  Asia  Teodoro  Lascari  erasi  conservato  la  Bitinia,  la  Frisia,  la  Alisia,  la 
Jonia,  la  Lidia;  un  Comneno  fondò  l'impero  grecodi  TrebisonJa  sulle  coste  del  Ponto 
e  della  Colchide  ;  poi  la  notte  del  25  luglio  1261,  l'imperatore  di  Nicea  ricuperò  Co- 
stantinopoli. Pure  i  Veneziani  possedevano  ancora  le  isole  con  Modone  e  Corone  in 
Morea  :  Tebe,  Atene,  Corinto,  Patrasso,  Pilo  costituivano  un  principato  indipendente, 
come  V Etolia,  VAcarnania,  V Epiro,  e  porzione  della  Tessaglia:  in  Asia  non  apparte- 
nevano all'impero  che  alquante  città  della  costa  di  Paflagonia,  la  Misia,  la  Lidia,  la 
Jonia,  porzione  della  Frigia  e  della  Bitinia:  in  Costantinopoli  stessa  i  Veneziani  e 
i  Genovesi  potevano  più  che  l'imperatore. 

V Egitto  e  la  Siria  appartenevano  ai  Mamelucchi  :  l'impero  di  Trebisonda  rimaneva 
indipendente  al  sud  del  Ponto  Eusino  :  la  sultania  d'Iconio,  sottoposta  ai  Mongoli,  ab- 
bracciava la  maggior  parte  dell'Asia  Minore. 

Adunque  l'impero  non  possedeva  in  Asia  che  la  Paflagonia,  la  Misia,  la  Bitinta,  la 
Frisia  grande,  la  Caria,  parte  della  Cilicia  ;  in  Europa  il  regno  dei  Bulgari,  novamente 
eretto  (1186)  da  Isacco  l'Angelo,  tra  il  Danubio  al  nord  e  il  monte  Emo  al  sud,  colle 
città  di  Sofia,  Trinobo,  Varna.  11  regno  di  Servia,  fondato  dai  Sorabi  al  tempo  d'E- 
raclio (630j,  stendeasi  dalla  Bulgaria,  dal  Danubio,  dalla  Sava  e  lungo  il  Drin  bianco  fm 
a  Durazzo.  I  principali  stabiliti  dai  Crociati  al  centro  e  al  mezzodì  della  Grecia,  sta- 
vano tuttavia,  sol  avendo  il  Paleologo  ripreso  le  coste  sud-est  del  Peloponneso. 

§  5.  —  L'Islam. 

Nella  Spagna  continuava  la  lotta  di  Cristiani  con  Musulmani;  ma  la  battaglia  del 
Pian  di  Tolosa,  al  nord  di  Jaen  verso  le  montagne  che  separano  la  Guadiana  dal  Gua- 
dalquivir (1212),  abbattè  l'impero  degli  Almoravidi.  Allora  gli  emiri  di  Spagna  si  scos- 
sero dalla  costoro  obbedienza:  in  Africa  gli  Abuaflìani  si  resero  indipendenti  in  Tunisi, 
gli  Zianidi  in  Tlemecen  (1248).  I  Merinidi  o  Zeneli,  che  fin  dal  1213  s'erano  rivoltati, 
occuparono  Marocco  nel  1270,  e  fondarono  potente  dinastia,  in  continua  relazione  coi 
principi  arabi  di  Spagna,  cui  soccorsero  onde  prolungarne  la  durata;  ma  per  tali  soc- 
corsi si  fecero  cedere  nel  1509  Algeziras  e  altre  piazze. 

Contro  gli  AbuafTiani  di  Tunisi  fu  diretta  l'ultima  crociata  di  san  Luigi.  Allora  ogni 
resto  di  civiltà  si  spense  sulle  coste  d'Africa. 

Un  generale  di  Nureddin  terminò  nel  1171  la  dominazione  dei  califlì  fatimiti  in 
Egitto;  il  qual  paese  passò  nel  74  a  Saladino,  che  spodestando  i  tìgli  di  Nureddin  e  i 
Crociati  di  quanto  teneano  in  Siria,  dominò  dall'estremo  Egitto  sin  a  Mossul  sul  Tigri 
e  sin  al  Tauro  nell'Asia  .Minore.  Mentre  san  Luigi  stava  in  Egitto,  i  Mamelucchi  sbalza- 
rono l'ultimo  discendente  di  Saladino;  poi  dal  1288  al  12'JI,  un  dei  loro  capi  prese 
Tripoli,  Sidone,  Tiro,  Tolemaide,  ultime  città  rimaste  ai  Crociati  in  Asia. 

Ma  nuovo  nembo  arrivava,  i  Mongoli.  Gengis-kan  (1206-27),  raccolte  le  bande  tutte  Monijoli 
che  accampavano  fra  il  Volga  e  la  Gran  muraglia,  conquistata  porzione  della   Cina, 
vinto  il  soldano  di  Carism,  sottomessa  la  Transoxiana  e  il  Corassan,  morì  tornando  nella 


224  GEOGRAFIA  —  EPOCA  UNDECIMA  E  DUODECIMA 

Cina.  I  suoi  successori  ne  continuarono  le  conquiste;  e  Ulagù  kan  nel  -1209  prese 
Bagdad,  e  fondò  un  nuovo  impero  persiano,  che  durò  fin  al  1405,  e  si  estese  dalle 
rive  dell'Indo  fin  al  cuor  dell'Asia  Minore.  1  Selgiucidi  d'Iconio  sussistettero,  ma  tri- 
butar], onde  nel  loro  indebolimento  profittarono  molti  emiri  turchi  per  ritirarsi  fra  le 
montagne  dell'Asia  Minore  in  perfetta  indipendenza.  Tra  quelli  sorse  poi  Osman,  che 
cominciò  (1299J  la  dinastia  ottomana,  oggi  in  decadenza. 

^6.  —  L'Asia  alla  morte  di  Gengìs-kan. 

Tra  molti  principati  restava  partita  l'Asia  al  morire  di  Gengis-kan  : 

a.  L'impero  greco  di  iVicea,  fra  il  mar  Pontico,  la  Propontide,  l'Arcipelago,  il  Meandro 
e  il  Sangario;  con  Nicea,  Brusa,  Smirne,  Efeso,  Filadelfia,  Antiochia. 

b.  L'impero  greco  di  Trebisonda,  sulle  rive  meridionali  del  mar  Pontico. 
e.  La  soldania  d'Iconio,  con  Erzerum. 

d.  il  regno  della  Piccola  Armenia,  con  Sis,  Tarso  e  Seleucia. 

e.  I  principi  cristiani  vi  possedevano:  i°  il  regno  di  Cipro,  con  Leucosia,  che  rac- 
chiudeva trecento  chiese  e  una  magnifica  reggia;  Famagosta  sopra  uno  scoglio,  rin- 
forzata da  Guido  di  Lusignano;  2'  il  principato  à' Aritiochia,  unitovi  Tripoli,  che  non 
abbracciava  piti  se  non  alcune  fortezze  lungo  il  mar  di  Siria,  come  Laodicea,  Gebail, 
Bairut,  oltre  le  due  principali  Antiochia  e  Tripoli,  desolate  dal  tremuoto  del  1170; 
5°  il  principato  di  Tiro,  con  Tiro,  Sarepta  e  Sidone;  4"  le  città  di  Tolemaide,  Cesarea, 
Giaffa  ed  altre  men  importanti. 

/.  Gli  Ajubiti  aveano  smembrato  il  regno  di  Saladino  in  sette:  \°  regno  di  Damasco. 
La  capitale  era  protetta  da  altissime  mura,  e  da  un  castello  di  cui  narrano  meraviglie, 
e  massime  d'una  sua  muraglia  di  vetro,  con  trecensessantacinque  finestre.  Ascalona  era 
stata  distrutta  da  Saladino.  Nelle  valli  del  Libano  s'erano  piantati  i  Drusi.  2°  il  regno 
d'Emesa;  3"  quel  di  Ama;  4"  di  Aleppo  ;  ti"  di  Meiafarekin  ;  6"  di  Kelat,  uno  dei  più 
potenti;  7"  dell' Femm,  con  Zobaid  bellissima  città  in  amena  valle,  e  Aden  porto  dei 
più  frequentati  d'Arabia. 

g.  Gli  Ortocidi  possedevano  il  regno  d'Emed  e  di  Caifa,  e  quello  di  Mardin. 

h.  I  principi  Atabek  dominavano  cinque  regni:  i°  Geziret  el-Omar,  la  cui  capitale 
era  stata  fondata  da  Omar  in  una  sabbiosa  valle  del  Tigri  ;  2°  Mossul;  5"  Arbel;  4"  Far- 
sistan  ;  5°  Laristan. 

i.  L'impero  di  Deli  istituito  da  Cothbeddin  afgano,  emir  dei  Guridi,  aveva  Lahor  an- 
tica capitale  de'Gaznevidi;  Silkota  ingrandita  da  Mohammed  Ghuri. 

/.  L'impero  dei  Sung  meridionali. 

m.  Quello  dei  Kin,  assai  ristretto  dalle  conquiste  di  Gengis-kan. 

«.Quello  dei  Mongoli  abbracciava  il  regno  vassallo  della  Corea;  la  più  parte  del- 
l'impero dei  Kin;  quello  dei  kan  di  Tongut;  il  regno  vassallo  di  Tu-fan  ;  i  regni  di 
Hoei-hu,  di  Kotan,  di  Kao  ciang;  il  paese  di  Kirgbiz  ;  il  vasto  impero  di  Carism;  i  regni 
vassalli  di  Armenia,  Scirvan  e  Georgia.  Capitale  Caracoru7n. 

Alla  morte  di  Cubilai-kan  (1294),  l'impero  mongolo  va  diviso  in  quattro  indipen- 
denti : 

a.  Impero  degli  Yuen  o  Mongoli  della  Cina,  che  comprendeva  le  nove  provincie  della 
Cina  propria,  capitale  Kan-ceu  fu,  detta  Kam-pion  o  Kan-pian  da  Marco  Polo;  dodici 
governi  esteriori  ;  nove  regni  vassalli. 

6.  Impero  di  Ciagatai,  capitale  Casgar  o  Ordu-kend. 

e.  Impero  del  Capciak.  Grand'Orda  o  Orda  d'oro  chiamavasi  un  impero  fondato  dai 
Mongoli  nella  Cumania,  che  gli  Orientali  denominavano  Capciak,  e  che  dilatarono  al 
nord-est  a  danno  de' Russi,  tanto  che  dominava  sino  al  Voroneia,  alTluente  delia  si- 
nistra del  Tanai.  Nel  secolo  seguente  fu  smembrato,  e  nel  1453  era  diviso  in  cinque 
kanati:  kanato  dei  Tartari  Nogai  sulle  rive  settentrionali  dei  mari  d'Azof  e  Nero,  fra  il 
Don  e  il  Dniester;  kanato  di  Crimea  nella  penisola  di  questo  nome;  kanato  d'/ls/rafran 
fra  il  Volga,  il  Don  e  il  Caucaso;  kanato  di  Cape ju/c  fra  il  Volga  e  l'Ural  ;  kanato  di 
Casan  al  nord  del  predetto. 

d.  Impero  dei  Mongoli  di  Persia,  capitale  Tebriz,  la  quale  acquistò  lo  splendore  che 
andava  perdendo  Bagdad. 


IMPERO   CINESE  225 

I  regni  d'Armenia,  Georgia,  Maredin  e  Piccola  Armenia  aveano  conservato  re  na- 
zionali, sebbene  tributar]. 

Taraerlano  (1360-140o)  rinnovò  poi  le  devastazioni  di  Gengis-kan:  ma  la  crescente 
potenza  dei  sofì  di  Persia,  degli  Ottomani  e  dei  gran-principi  di  Russia  frenò  i 
Tartari. 

§  7.  —  Impero  cinese. 

La  dominazione  mongola  ci  riconduce  all'impero  di  mezzo.  I  ventun  regni  indipen- 
denti fra  cui  lo  vedemmo  diviso  (pag.  165),  furono  riuniti  nel  2i7  av.  C,  sicché  la 
Cina  arrivava  al  sud  fino  al  Nan-hai  ;  all'ovest  sin  al  ramo  orientale  dell'Irauaddy  e  al- 
l'impero degli  Jung-nu;  al  nord  fin  oltre  la  Gran  muraglia,  che  da  vicino  al  mare  sten- 
desi  per  tutto  il  nord  della  Cina,  dalle  rive  del  golfo  Pe-ce  al  Si  ning,  per  18  gradi 
e  mezzo,  ossiano  1,400  miglia. 

È  alta  8  metri,  grossa  altrettanti  alla  base  e  4.  80  alla  piattaforma;  tutta  merlata, 
con  una  torre  ogni  due  tratti  di  freccia.  Secondando  le  ineguaglianze  del  terreno,  elevasi 
fin  a  160  metri  sopra  il  mare;  e  avendo  la  solidità  di  1,440,000  metri  cubi,  si  calcolò 
che  coi  materiali  di  essa  potrebbe  fabbricarsi  un  muro  alto  quasi  2  metri,  grosso  cen- 
timetri 04,  in  doppio  giro  attorno  a  tutto  il  globo.  Duhalde  la  fa  fabbricare  nel  215 
avanti  Cristo  dal  primo  imperatore  della  dinastia  Tsin  :  Bell  la  porterebbe  al  1160  d.  C. 
I  geografi  orientali  anteriori  al  trecento  non  ne  fan  menzione;  né  Marco  Polo.  I  Ge- 
suiti ne  mandarono  in  Francia  un  esatto  disegno  su  raso,  con  tutta  l'estensione  e  le 
giravolte. 

Per  mettere  in  comunicazione  paesi  tanto  discosti,  fu  fatta  la  strada  sospesa,  che 
attraversa  fiumi  e  monti  e  precipizj. 

Accanto  all'impero  stavano  gli  Jung-nu  distinti  in  due  accampamenti  principali, 
l'ala  destra  ad  oriente,  e  la  sinistra  ad  occidente,  sotto  capi  che  riconoscevano  la 
supremazia  del  Cen-yu,  residente  sul  Seleuga  superiore. 

L'impero  cinese  sotto  gli  Ilan  (202  av.  C  )  arrivò  alla  maggior  sua  grandezza,  e  dalla 
nuova  capitale  Ho-nan-fu  o  Lo-i  abbracciava,  oltre  la  Cina  propria,  i  regni  vassalli  e 
tributar]  del  centro  dell'Asia,  posti  sotto  la  protezione  e  vigilanza  d'un  governatore 
militare  cinese;  fra  cui  vanno  annoverati  il  regno  degli  Jung-nu  meridionali,  e  quel 
di  Ta-van;  inoltre  il  paese  de'  Sian-pi  e  degli  U-van,  succeduti  agli  Jung-nu  setten- 
trionali; e  l'impero  degli  Vue-ci. 

Fu  poi  (220  d.  C.)  diviso  in  tre  regni  d'inegual  estensione:  a.  Euhan,  che  occu- 
pava le  due  rive  del  Kiang  a  mezzo  il  suo  corso;  6.  il  regno  d'U,  che  comprendeva 
tutta  la  Cina  all'est  dei  monti  Miaoling  e  al  sud  del  Kiang;  e.  quello  di  Goei,  che  com- 
prendeva i  regni  del  centro  dell'Asia. 

Al  cadere  della  dinastia  degli  Tsin  (419),  si  divide  la  Cina  in  due  imperi,  meridio- 
nale e  settentrionale,  oltre  alcuni  regni  indipendenti  :  il  settentrionale,  o  degli  Yuen-Goei, 
occupava  la  parte  fra  la  Gran  muraglia  e  l'IIoang-bo;  capitale  Lai:  il  meridionale,  o 
dei  Sung,  estendevasi  al  sud  dell'Hoang-ho  e  dei  monti  Pe-ling;  capitale  Nan-king. 

Verso  il  560,  l'impero  meridionale  governato  dai  Tsin  piìi  non  abbracciava  che  il 
paese  al  sud  del  Kiang  e  del  Hoai-hoe  inferiore,  capitale  Nan-king.  il  settentrionale 
era  cresciuto  colla  conquista  de'  piccoli  regni  circostanti,  ed  erasi  partito  in  due  ira- 
peri  indipendenti,  quello  dei  Pe-tsi  all'est,  capitale  Siang-cen\  quello  degli  Eu-cen 
all'ovest,  capitale  Ciang-ug. 

Acquistò  poi  grand'estensione  sotto  Kao-lsung,  terzo  della  dinastia  dei  Tang  (650), 
e  comprendeva  : 

1"  L'impero  cinese  proprio,  dalla  Gran  muraglia  sin  all'impero  dei  Tu-fan ,  in  dieci 
Provincie,  composte  di  trecencinquantotto  spartimenti,  con  mille  ottocensessantanove 
città. 

2°  11  regno  delle  isole  Lieu-kieu,  capitale  Zeu-ly. 

5°  Quello  di  Kao-li  o  Corea  centrale  e  settentrionale,  capitale  Phing-yang. 

■4"  11  Liao-tung. 

5'^  L'impero  vassallo  e  tributario  dei  Tu-kiti  o  Turchi  orientali ,  Ira  le  montagne 
Bianche  e  i  monti  Urgan-tagh  e  Aitai. 

Cantò,  Documenti.  —  Topio  I,  Geografìa  politica.  ìb 


226  GEOGRAFIA  —  EPOCA  UNDECIMA  E  DUODECIMA 

6'  li  paese  degli  Uiguri  orientali,  in  ventuna  orde,  che  menavano  le  loro  mandredai 
monti  della  Dauria  sin  verso  le  fonti  dell'lrtisc. 

7°  Il  regno  di  Kao-canr/,  o  degli  Uiguri  occidentali. 

8"  L'impero  vassallo  e  tributario  dei  Tu  kiu  occidentali,  dalle  sorgenti  dell'lrtisc  alle 
rive  settentrionali  del  lago  di  Carism  e  ai  monti  Urali. 

9"  I  quattro  Cm,  o  governi  militari  dell'Asia  centrale. 

iO°  Gli  ottantotto  Fami  o  principali  feudatarj,  che  dall'impero  riceveano  patenti, 
suggelli  e  cinture. 

Allo  estinguersi  della  dinastia  dei  Tang  (907),  la  Cina  fu  partita  in  tredici  Stati 
affatto  indipendenti.  Attorno  a  quelli  sussistevano  altri  regni;  quello  degli  Hoeihu, 
ossieno  Uiguri  occidentali  ;  quel  del  Cao  ciancia  o  Uiguri  orientali;  quel  del  Kitan. 

Sotto  l'ultimo  regnante  (1260),  l'impero  de' Sung  stendevasi  al  nord  fino  ai  monti 
Pe-IÌDg  e  airiloei-ho  e  IJoang-bo,  ad  oriente  al  Tung-hai,  a  sud  al  Sanghoi,  ad  ovest 
al  regno  di  Ta-li  ;  e  si  dividea  in  venti  provincie. 

L'impero  che  vi  fondò  la  dinastia  mongola  degli  Yuen  (-1260)  terminava  al  nord 
coi  monti  Stanovoi,  Baicali,  piccolo  Aitai,  Ulug-tag;  ad  occidente  cogli  Zambal  che 
lo  separavano  dal  Capciak,  e  con  un  ramo  dei  monti  di  Zungaria,  i  Mustag,  l'Iraa- 
laya,  il  Sohenryka,  che  lo  separavano  dall'impero  di  Ciagatai,  dal  regno  di  Cascemir, 
dall'impero  di  Deli,  e  dal  regno  di  Nepal;  al  sud  toccava  il  golfo  di  Bengala  e  i 
regni  di  Siaìn,  Camboja  e  Dziamba;  all'est  il  Grande  oceano.  Abbracciava  in  si  vasta 
estensione:  a.  la  Cina  propria,  divisa  in  nove  provincie;  6.  dodici  governi  esteriori; 
G.  nove  regni  vassalli. 

§  8.  —  Europa  cristiana. 

L'Europa  cristiana  è  divisa  in  sedici  Stati  principali: 

i°  Scozia  perde  il  Cumberland,  e  dal  re  delle  Isole  lasciò  occupare  molte  delle  sue 
penisole  all'ovest  e  al  nord. 

2'i  Inghilterra  non  s'acconciò  ancora  alla  conquista  dei  Normandi. 

3°  In  Francia  i  successori  di  Ugo  Capeto  han  poco  più  che  il  nome  di  re,  bilan- 
ciati dai  possessori  dei  grandi  feudi 

4°  1  regni  uailì  d' Aragona  e  iVararrc,  colla  Discaglia  e  l'Alava. 

S**  I  regni  uniti  di  Leon  e  Castiglia,  colle  Asturie  al  nord,  la  Galizia  all'ovest,  la 
eontea  di  Portogallo  al  sud-ovest,  il  regno  di  Toledo  al  sud-est. 

6^*  L'impero  Germanico  è  turbato  dalla  questione  delle  investiture. 

7"  Venezia  colle  coste  di  Dalmazia. 

S"  11  ducato  di  Puglia,  Calabria  e  Sicilia,  compresa  Malta. 

9°  La  Danimarca,  cioè  il  Giutland,  le  isole  danesi  e  la  Scania. 

10»  La  Norvegia,  col  regno  delle  Isole,  ossia  conica  delle  Orcadi,  le  Feroe,  ecc. 

i\°  La  Svezia  colle  isole  d'OEland  e  Gotland,  parte  della  Lapponia,  delle  coste  di 
Finlandia  e  dell'Estonia.  Vanno  smettendo  la  pirateria,  ma  son  troppo  discoste  per 
esercitare  molta  |)aite  nella  politica  europea. 

12°  Regno  di  Slavunia  in  riva  al  Baltico. 

13"  Ducato  di  Polonia,  colla  Pomerania  orientale  e  la  Masovia. 

ii°  Granprincipato  di  Russia,  spartilo  in  molli  principati  emuli. 

i5°  11  regno  d'Ungheria,  colla  Slavonia,  quasi  tutta  Croazia,  il  Sirmio  e  l'Ungheria 
nera. 

•IO"  L'impero  d'Oriente  teneva  ancora  in  Europa  la  vasta  penisola  al  sud  del  Da- 
nubio e  della  Sava  tra  l'Adriatico,  l'Egeo  e  il  Nero,  salvo  la  Croazia  di  fresco  presa 
dagli  Ungberi;  e  nell'Asia  Minore  quasi  tutte  le  coste  e  alcune  città  forti.  Tolto  in 
mezzo  dai  Normanni  d'Italia,  dagli  Arabi  d'Egitto  e  d'Africa,  dai  Turchi  dell'Asia  Mi- 
nore, dai  Russi  che  di  frequente  assediano  Coi^tanlinopoli,  dai  Pecmec/jj  che  poc'anzi 
occuparono  la  Tracia,  è  costretto  ricorrere  all'infido  soccorso  di  Barbari  occidentali. 

Secondar]  sono: 

17°  Nell'isole  britanniche  i  piccoli  regni  irlandesi  e  il  paese  di  Galles. 

18°  In  Ispagna  il  regno  di  Valenza,  conquista  del  Sid. 


IMPtrtO  GÈRMAMCO  227 

49°  Nell'antico  regno  d'Arles  e  al  nord-ovest  dell'Italia  i  possessi  del  sud  della 
Savoja. 

20°  In  Italia  le  repubbliche  di  Pisa  e  Genova,  le  molte  di  Lombardia,  gli  Stati 
della  contessa  Matilde,  il  Patrimonio  di  san  Pietro. 

21°  Nell'antica  Sarniazia,  al  nord  il  paese  de' Prussiani  e  dei  Lituani,  al  sud  quel 
degli  Uzi. 

§  9.  —  Impero  germanico. 

L'Italia  e  il  regno  d'Arles  staccavansi  sempre  più  dall'Impero;  e  così  la  Lorena, 
come  cessata  n'era  la  supremazia  sull'Ungheria,  la  Polonia,  la  Danimarca.  Però  nel  H82 
gli  era  stata  incorporata  la  Pomerania  ;  e  i  granmaestri  dei  due  ordini  militari  dei 
cavalieri  Teutonici  e  Portaspada  riconoscevano  dall'  imperatore  la  Prussia  e  la  Po- 
lonia. 

1.  Le  Case  che  principavano  in  Germania  al  1170  erano:  Feudi  laio 

a.  la  Gup.lfa,  nel  ducato  di  Sassonia,  eccetto  la  marca  di  Brandeburgo  ;  nell'antico 
regno  di  Slavonia;  nel  ducato  di  Baviera;  nella  porzione  di  Svevia  fra  il  Lech  e  il 
contado  di  Costanza  ; 

h.  di  Hohenstaufen,  che  aveva  la  più  parte  della  Svevia,  la  contea  palatina  di  Bor- 
gogna e  il  Voiglland  ; 

e.  di  Zabringen,  col  granducato  di  Baden  e  il  ducato  della  Piccola  Borgogna  o  Sviz- 
zera borgognone; 

d.  di  Ascanio^  nella  marca  di  Brandeburgo,  parte  di  quella  di  Lusazia,  e  nel  prin- 
cipato di  Anhalt; 

e.  di  WettiTì,  sul  resto  della  Lusazia,  eccetto  le  marche  di  Gòrlitz  e  di  Budissin,  e  sulla 
Misnia; 

f.  dei  Carlovhigi,  nell'Assia  e  nel  landgraviato  di  Turingia; 

g.  di  Merania,  io  paite  della  Franconia  orientale,  nel  Tirolo  e  nell'Istria; 

h  di  Stiria^  nella  Stiria  e  nell'antico  ducato  di  Carintia,  tranne  la  Carintia  propria 
che  spettava  alla  casa; 

i.  di  Orlenburg,  con  porzione  della  Carniola: 

/.  di  Bamberga,  che  aveva  l'Austria. 

Le  prime  due  erano  prepotenti  ed  avverse:  i  Guelfi  padroni  della  Toscana,  Bavièra, 
Sassonia;  e  gli  Ilohenstaufen  duchi  di  Svevia  e  Franconia,  re  d'Italia  e  d'Arles,  e 
imperatori.  Una  di  queste  famiglie  rovinò,  l'altra  finì;  e  al  fine  della  contesa  loro  né 
i  duchi,  capi  antichi  delle  grandi  tribù  germaniche,  né  l'imperatore  rappresentante 
l'unità  dell'inìpero,  restavano  vittoriosi,  ma  sibbene  n'uscì  una  folla  di  principati 
ereditar]  e  sovrani,  che  proseguirono  la  guerra  civile  e  lo  sminuzzamento,  mentre  la 
Francia  traeva  al  centro  le  parziali  autorità. 

I  tre  grandi  ducati  di  Svevia,  Franconia  e  Sa'isonia  nel  cuor  dell'impero  si  estinsero; 
quel  di  Baviera  fu  dato  a  una  casa  nuova,  ma  fatto  a  pezzi;  il  ducato  delle  due  Lo- 
rene  fu  di  puro  titolo;  né  il  regno  d'.(4r/es  ebbe  più  capo. 

Degli  altri  gran  feudi  laici , 

a.  Nella  Lorena  mosellana  dominavano  il  duca  di  Lorena  e  i  conti  di  Vaudemont  e 
di  Bar;  nella  bassa  il  conte  d'Olanda  e  di  Zelanda  e  il  duca  di  Brabante  al  nord; 
al  nord-est  il  conte  di  Gueldria  fra  la  Mosa  e  il  Reno,  dallo  Zuidersee  fin  alla  giu- 
risdizione del  vescovo  di  Colonia;  al  nord-ovest  la  contessa  di  Fiandra,  signora  del- 
l'Hainault  e  del  marchesato  di  Namur;  al  sud  il  duca  di  Limburg  e  il  conte  di 
Luxemburg;  all'est,  lungo  il  Reno,  i  conti  di  Cieves,  Berg  e  Juliers. 

b.  Caduto  Enrico  il  Leone  (1180),  nelle  provincie  sassoni  di  ^Vestfalia  ed  Angria 
esercitava  la  dignità  ducale  l'arcivescovo  di  Colonia;  il  clero  ne  possedeva  moltissimo; 
de' secolari  feudalarj,  principali  erano  i  conti  di  Mark,  Arensberg,  Waldeck  al  sud,  di 
Lippe  e  Ravensberg  all'est,  di  Falkenburg  e  Oldenburg  al  nord.  Nella  Sassonia  orien- 
tale sorgeva  la  marca  di  Brandeburgo,  anticamente  detta  il  Nordmark.  Da  che  di  questo 
erano  stati  investiti  nel  1102  i  conti  d'Ascanio,  avevano  estesa  la  supremazia  sulla 
parte  orientale  dell'antico  regno  di  Slavonia,  e  su  tutto  il  ducato  della  Pomerania 


228  GEOGKAFU  —  EPOCA  UNDECIMA  E  DUODECIMA 

occidentale;  v'aggiunsero  parte  della  inarca  di  Misnia,  il  ducato  di  Sassonia  che 
abbracciava  solo  il  Lauenburg  e  il  Wiltemberg,  la  sovranità  sopra  l'Holstein,  oltre 
il  principato  di  Anbalt,  loro  patrimoniale.  I  ducati  di  Brunswick  e  Luneburg 
erano  proprietà  allodiali  de'  Guelfi.  1  duchi  di  Mecklemburg,  tornati  indipendenti 
dopo  la  caduta  d'Enrico  il  Leone,  erano  divisi  (122G}  in  quattro  rami.  Al  nord  della 
Sassonia,  che  anticamente  diceasi  Nordalbingia,  sorgea  il  contado  d'IIolstein,  dove 
aveano  governo  quasi  indipendente  Lubeka,  Anjburgo  e  i  Ditmarsi,  gente  delle  coste 
fra  l'Elba  e  l'Eyder.  Anche  la  Frisia  area  serbato  forme  repubblicane,  eccetto  la  por- 
zione sottomessa  al  vescovo  di  Utrecht. 

e.  La  casa  di  Wettin,  feudataria  del  marchesato  di  Misnia  e  di  Lusazia,  vi  unì  lì 
marchesato  di  Turingia  o  Osterland  (Lipsia)  fra  la  Misnia  e  la  Saale,  il  contado  pa- 
latino di  Sassonia,  la  provincia  di  Plisnia  al  sud  ovest  della  Misnia,  il  landgraviato 
di  Turingia,  ed  altri  dominj  della  foresta  Turingia  sin  all'Oder,  interrotti  però  dai 
feudi  de'  molti  vescovi  immediati  e  da  quei  di  molti  conti  poderosi. 

d.  I  duchi  di  Boemia  e  Moravia,  dopo  il  M98,  intitolavansi  re;  e  Premislao  Ot- 
tocaro  li,  coU'acquistare  i  ducati  d'Austria  e  Stiria  all'estinguersi  della  casa  di  Ba- 
benberg  (1246),  e  i  ducati  di  Carintia  e  Carniola  ceduti  da  lirico  di  Ortemburg,  si 
trovò  il  signore  più  potente  di  Germania,  finché  (1278)  Rodolfo  di  Habsburg  non  lo 
sbalzò  per  erigere  la  propria  casa. 

e.  Nel  1180  la  casa  di  Wittelsbach  che  già  possedeva  il  Nordgau  e  il  palatinato  del 
Reno,  ottenne  la  Baviera,  ma  ridotta  ai  paesi  fra  l'Inn  e  il  Lech  ;  dichiarando  Batisbona 
città  imperiale,  e  feudi  immediati  i  margraviati  di  Stiria  e  d'Istria,  i  dominj  dei  conti 
d'Andech  nel  Tirolo,  e  i  vescovadi  della  Baviera.  È  vero  che  quella  casa  riunì  ben 
presto  a' suoi  i  dominj  delle  principali  famiglie  che  vennero  ad  estinguersi;  ma  la  ten- 
nero debole  la  divisione  in  Baviera  inferiore  e  superiore,  e  l'essersi  concessa  giurisdi- 
zione civile  e  criminale  ai  signori  laici  ed  ecclesiastici.  Al  sud  della  Baviera,  i  conti  del 
Tirolo  e  di  Gorizia,  palatini  di  Carintia,  ed  eredi  di  parte  dei  beni  della  casa  di  Me- 
rania,  avvocati  de'  vescovi  di  Trento  e  di  Brixen  e  del  patriarcato  d'Aquileja,  riusci- 
rono i  pili  potenti  signori  del  paese, 

f.  Spenta  la  dignità  ducale  della  Svevia  colla  casa  degli  Ilohenslaufen  (1268),  ve- 
scovi, abbati,  conti,  dinasti  di  Svevia  usurparono  i  dominj  e  le  ragioni  degli  antichi 
conti.  Fra  essi  citeremo  solo  il  conte  palatino  di  Turingia,  i  conti  di  Dillingen,  di 
ÌNellenburg,  di  llohenberg,  di  Kiburg,  di  Ileiligenberg,  di  Calw,  di  Fiirstenberg,  di 
Gruoingen,  di  Wiirtenberg.  Della  casa  Zahringen,  la  più  poderosa  dopo  gli  Staufen, 
restavano  solo  i  rami  cadetti.  Al  sud  fra  l'Aar  e  il  lago  di  Costanza  cresceva  la  casa 
d'Habsburg,  il  cui  capo  Rodolfo  era  avvocato  di  Strasburg,  Schwitz,  Uri,  Unterwald, 
Zurigo,  landgravio  dell'Alta  Alsazia,  burgravio  di  Rheinfeld. 

(/.  Nella  Franconia  renana  dominavano  i  conti  palatini  del  Reno  di  casa  Wittels- 
bach ,  i  margravj  di  Baden  ,  i  conti  di  Nassau  ;  nella  Franconia  orientale  i  burgravj  di 
Norimberga,  erede  di  porzione  degli  allodj  della  casa  di  Merania  in  Franconia;  i 
conti  di  Ilenneberg,  Ilohenlohe,  Wiltberg,  ecc.  Tra  la  Franconia  e  la  Weslfalia,  i 
landgravj  d'Assia  eransi  appropriata  la  più  parte  dell'Assia  franconiana. 

h.  Il  re  di  Francia  e  il  conte  di  Savoja  traevano  a  proprio  ingrandimento  le  spoglie 
del  regno  ò'Arles:  e  questi  già  avea  preso  la  Eresse;  quegli  stabiliva  procuratori  suoi 
sulle  rive  della  Saona  e  del  Rodano. 

i.  Principi  dell'Impero  intitolavansi  pure  i  granmaestri  dell'ordine  Teutonico  e  dei 
Portaspada,  che  possedevano  quello  la  Prussia  tra  la  Vistola  e  il  Memel ,  questo  la 
Livonia  e  porzione  (\dV Estoiiia. 

Nel  cuore  e  all'occidente  abbondavano  gli  Stati  immediali:  le  provincie  orientali  dal 
Baltico  alla  Sassonia  erano  quasi  tutte  occupate  dal  marchese  di  Brandeburgo  o  dal  re 
di  Boemia.  Il  detto  marchese  acquistò  al  pari  dei  duchi  d'Austria,  il  diritto  di  sotto- 
porre alla  propria  giurisdizione  i  nobili  del  suo  margraviato;  e  il  re  di  Boemia  tenne 
in  dipendenza  il  clero;  opera  continuata  da  Rodolfo  d'Ilabsburg  quando  vi  succe- 
dette. E  tanto  più  che  questi,  col  Patto  di  famiglia,  impedì  le  divisioni  tra'  figli, 
mentre  le  altre  s'andavano  crescendo. 
P'fuili  ec-  II-  Mezza  la  Lorena  mosella?ia  apparteneva  ai  vescovi  di  Toul,  di  Verdun,  di  Metz, 
clesiastici  ^  all'arcivescovo  di  Treveri  che  comandava  alle  due  rive  della  Sarre  inferiore  e  della  Mo- 


IMPERO   GERMANICO  229 

sella.  Nella  bassa  Lorena  il  vescovo  di  Liège  giiidioava  da  C.ivet  a  Maestricht;  l'arci- 
vescovo di  Colonia,  tutta  la  sinistra  del  Heno  dall'Aar  sin  verso  Meurs;  e  il  duca  di 
Westfalia  ed  Angria  possedeva  sulla  destra  di  quel  fiume  Deu/s,  Reklinhausen,  Essen, 
^Verl,  Siisi,  Brilon  ecc.  Il  vescovo  d'Utrecht,  signore  della  olandese  provincia  da  cui 
traeva  il  titolo,  fra  il  Reno  e  lo  Zuidersee,  teneva  sull'altro  lato  della  Gueldria,  fra 
l'Issel  e  rilunte,  metà  della  Frisia  da  Deventer  a  Groninga. 

La  Sassonia  occidentale  andava  tutta  in  feudi  ecclesiastici  dei  vescovi  sovrani  di  Co- 
lonia, Munster,  Osnabruck,  Minden,  Paderborn,  Hildesheim  :  il  paese  fra  l'Aller,  il 
AVeser  e  l'Elba  era  occupato  dal  vescovo  di  Werden  e  da"irarcivescovo  di  Brema.  Nella 
orientale  minori  di  numero  e  ricchezza  erano  le  possessioni  ecclesiastiche:  ma  vanno 
distinti  il  vescovado  di  Ila'.berstadt,  la  nobile  badia  di  Quediimhurg,  l'estesissimo  ar- 
civescovado di  Magdeburg  fra  il  Weser  e  l'IIavel,  e  i  minori  vescovati  di  Havelberg, 
Brandeburg,  Schwerin,  Lubeka  ecc. 

In  Turingia  erano  i  vescovadi  poco  potenti  di  Merseburg,  di  Neuburg,  di  Misnia. 
L'arcivescovo  di  Praga  signoreggiava  nove  città  in  varie  parti  della  Boemia,  e  parecchi 
distretti  sul  Danubio  in  Austria. 

In  Baviera  poco  era  rimasto  ai  vescovi  di  Frisinga  e  Ratisbona -,  mentre  quel  di  Pas- 
sau  allargavasi  fin  alla  frontiera  di  Boemia  ;  e  l'arcivescovado  di  Salzburg  a  quasi  tutte 
le  due  rive  della  Salza,  da  Burghausen  sin  all'alta  valle  della  Brava  dal  nord  al  sud,  e 
dairinnalla  Traun  da  ovest  ad  est.  Allo  spegnersi  della  casa  d'Ortemburg,  i  vescovi 
di  Bamberg,  Frisinga,  Brixen  e  l'arcivescovo  di  Salzburg  ottennero  molti  dominj  nella 
Stiria,  Carintia  e  Carniola. 

In  Svevia,  quasi  tutta  la  sinistra  del  Lech,  e  molto  territorio  a  manca  del  Danubio 
verso  Dillingen  appartenevano  al  vescovado  d'Augusta:  sul  Reno,  dalle  sue  sorgenti 
sin  alle  frontiere  della  Lorena  trovavansi  nella  Svizzera  le  badie  di  Dissentise  Sangallo, 
il  vescovato  di  Coirà,  e  poco  discosto  dal  fiume  quei  di  Costanza  e  Basilea:  dell'Alsazia 
un  quarto  spettava  al  vescovo  di  Strasburgo:  nel  Yalese  sul  Rodano  erano  il  vescovado 
di  Sion;  nel  paese  di  Vaud  quel  di  Losanna,  e  la  ricca  badia  di  Kempten  suU'lller.  11 
vescovo  di  Wurzhurg  era  duca  di  Franconia,  conte  di  Waldsassen,  di  Badengau,  di 
Gotzfeld,  deiriffìgau,  del  Rangau  e  di  parte  del  Grabfeld  orientale;  quel  di  Bamberga 
possedeva  Rednilz;  quel  d'Eichstadt  era  conte  di  Suabfeld  :  gli  abbati  di  Fulda  e  di 
Hersfeld  erano  signori  del  Grabfeld  occidentale;  e  coi  vescovi  di  Spira,  di  Worms  e 
l'arcivescovo  di  Magonza,  dominavano  gran  parte  dell'antica  terra  dei  Franchi. 

III.  Quanto  sia  alla  giurisdizione  ecclesiastica,  l'arcivescovo  di  Colonia  la  stendeva Giuvisdi- 
sulla  bassa  Lorena,  la  Frisia,  la  Westfalia,  sin  alla  Huute:  quel  di  Treveri,  sulla  Lorena  ^''"'.'' ''•'' 
mosellana  e  piccola  parte  della  Franconia  renana:  quel  di  Magonza  sui  distretti  fran- *^'"'^''"'' 
coni  della  sinistra  del  Reno,  l'Alsazia,  la  Svizzera  tedesca,  la  Svevia,  alcuni  distretti 
bavari,  la  Franconia,  la  Turingia  fin  alla  Saale,  l'Assia,  la  Sassonia  fra  la  Ilunte  e  l'Elba, 

cioè  su  tutta  la  Germania  centrale:  quel  di  Brema  sulle  contee  di  Oldenburg  e  Holstein, 
sul  Mecklemburg  e  la  Polonia  tedesca:  quello  di  Magdeburg  sui  margraviati  di  Brande- 
burg, Lusazia  e  .Misnia:  quel  di  Praga  sulla  Boemia  e  la  Moravia:  quello  di  Salzburg 
sulla  Baviera,  il  Tirolo,  la  Carintia,  la  Carniola,  la  Stiria,  l'Austria. 

IV.  Il  dominio  della  corona  era  formato  da  terre  ancora  libere,  cioè  non  dipendenti   nomini 
che  dal  re.   Le  piìi  trovavansi  nella  Svevia  e  Franconia,  e  principali  erano:  a)    il  imperiali 
Voigtland,  o  avogaderie  proprie,  cioè  i  possessi  della  casa  di  Reuss,  le  signorie  di  Ron- 
neberg  e  Hof,  il  circolo  del  Voigtland  nel  regno  di  Sassonia,  quel  di  Neustadt  nel  gran- 
ducato  di   Sassonia-Weimar;   b)  la   provincia  A' Egra;  e)  il  Voigtland  di  Spiregau ; 

d)  quello  del  Nachgau  e  del  Rhingau  superiore  fra  Worms  e  Magonza;  e)  la  Terra  del 
re  al  sud-ovest  del  Nachgau;  f)  il  Wildgau  nel  governo  prussiano  di  Treveri. 

Nella  Svevia  apparteneva  all'imperatore  il  landgraviato  dell'Or/enaurimpetto  a  Stras- 
burg,  e  gli  avanzi  dei  dominj  patrimoniali  de' Guelfi,  tra  il  contado  di  Costanza  e 
il  Lech. 

V.  Per  appoggio  contro  i  grandi  feudatari,  gl'imperatori  crescevano  di  numero  e  forze  Ciicà 
quei  che  naturalmente  favorivano  il  poter  centrale;  e  immunità  e  ricchezze  accorda- 
rono a  vescovi  ed  abbati,  e  sottrassero  le  città  ai  signori.  A  quelli  e  a  queste  consenti- 
rono d'esser  immediali,  cioè  rilevare  unicamente  dall'imperatore:  dal  che  venne  poi 

la  superiorità  territoriale  degli  Stati;  onde  i  vescovi  diventarono  principi  sovrani,  e 


230  GEOGRAFIA  —    EPOCA  UNDECIMA   F.  DliODEClMA 

molte  città  si  fecero  repubbliche,  con  amministrazione  municipale  piij  o  meno  aristo- 
cratica. 

Per  lo  stesso  interesse  o  costretti,  i  principi  dovettero  far  concessioni  alle  città  dei 
loro  dominj.  Le  più  importanti  città  imperiali  o  privilegiate  erano: 

Nella  Lotaringia,  jWeiz,  Verdun,  Colonia:  quest'ultima  metteva  in  piedi  trentamila 
armati,  e  partecipava  le  sue  legyi  a  tutte  le  città  del  sud-est  di  Germania;  come  quelle 
di  Sost  erano  siale  aduliate  dulie  citià  di  Weslfulia  e  de'  Paesi  Bassi,  e  quelle  di  Luheka 
e  i/a^deòurt/o  dalle  città  al  nord-est.  Inoltre  Kaiserwerl;  Aqmsyrana ,  reputata  quasi 
capitale  dell'Impero;  Bruxelles,  che  solo  nel  r23i  ricevette  l'ordinamento  municipale; 
Dordrecht,  bentosto  deposilo  del  commercio  de'  Paesi  Bassi  coll'lnghillerra;  Cambrai, 
in  continua  guerra  col  proprio  vescovo  ecc. 

In  Sassonia  SUst  città  di  gran  traffici;  Stade,  Brunsivick,  Luneburg ,  dotate  di  pari 
privilegi  ;  Hannover,  che  d'importanti  n'ottenne  il  1241  ;  Goslar,  che  non  era  obbligata 
a  servigio  più  che  di  quindici  giorni,  qualunque  fosse  la  guerra;  Magdeburgo;  Brema, 
che  dopo  il  trattato  del  1229  coil'arcivescovo,  era  sommessa  a  un'aristocrazia  borghese; 
Lubeka,  ch'era  franca  di  pedaggio  per  tutta  Sassonia,  Svezia,  Danimarca,  Inghilierra; 
esente  da  servigio  militare,  se  non  fosse  per  propria  difesa;  diritto  che  i  suoi  cittadini , 
dovunque  fossero  dell'Impero,  venisser  giudicati  con  proprie  leggi;  Amburgo,  Kiel , 
Oldenburg  in  Vagria  ;  oltre  le  città  prussiane  di  Brunnsberg,  Elbtng,  Kuhn,  Tfiorn  ecc. 

In  Boemia  Praga.  In  Austria  Vienna,  fatta  città  imperiale  nel  1237,  e  centro  di  gran 
commercio.  In  Turingia  Erfurt.  In  Baviera  Ratisbona,  città  imperiale  dopo  il  1180; 
Innsbruk,  Brixen. 

Nell'Alemanna  quasi  tutte  le  città  avevano  titolo  d'imperiali.  Distingueremo  Augusta 
sul  Lech;  Hodislàdt,  Lavingen,  Ulm,  Sigmartnyen  sul  Danubio;  Frtburg  in  Brisgovia, 
dotata  d'uno  dei  più  notevoli  statuti  di  tutta  Germania;  Halle,  Reutlingen,  Basilea, 
Berna  che  nel  1218  fu  sciolta  d'ogni  aggravio  verso  l'impero;  Zurigo,  Winterthur ,  e 
le  dieci  città  imperiali  d'Alsazia,  Hagenuu,  Colmar,  Strasburgo  ecc. 

Nella  Franconia  orientale,  IVurizbury,  emancipata  dui  vescovo;  Norimberga  città  im- 
periale che  dagli  imperatori  aveva  fatto  sanzionare  un  articolo  del  suo  statuto  che  di- 
ceva: «  Nessuno  può  contro  un  cittadino  invocare  il  diritto  feudale  »;  Francoforte  sul 
Meno  e  Wetzlar  città  imperiali;  Lorch,  Amceiler ,  Spira,  Worms ,  cui  il  vescovo  con- 
servava rilevanti  prerogative;  Magonza,  ove  l'arcivescovo  non  poteva  entrare  che  colla 
scorta  che  gli  consentissero  i  cittadini;  ed  altre. 

In  queste  città  ricoveravano  quei  che  fuggivano  la  tirannide  dei  signori,  e  se  ne  for- 
mava una  classe  distinta,  staccata  dall'ordine  feudale  come  dal  capo  dell'Impero,  che 
non  potè  però  mai  divenire  ordine,  né  fondersi  col  resto  per  formar  la  nazione. 

g  10.  —  Italia. 

Le  molte  città  di  cui  erano  sparse  la  superiore  e  la  media  parte  dell'Italia,  si  rialza- 
rono, appena  rallentata  l'oppressione  dei  Barbari;  e  arricchite  coll'industria ,  e  adde- 
stratesi all'armi  nelle  incursioni  e  nelle  lotte  feudali,  costituirono  i  Comuni,  che  presto 
si  risolsero  in  repubbliche,  quasi  tante  quant'esse  città. 

Le  più  importanti  erano: 

A.  Alla  sinistra  del  Po  da  occidente  in  oriente:  Vercelli,  dominatrice  della  riva  si- 
nistra della  Sesia;  Novara,  il  cui  territorio  era  limitato  dalla  Sesia,  dal  Ticino,  dalle 
Alpi  che  s'alzano  fra  il  Monrosa  e  il  Grimsel,  e  dalle  montagne  che  formano  il  pendio 
occidentale  del  bacino  del  lago  Maggiore;  Mtluno,  signoreggiava  la  pianura  fra  l'Adda, 
il  Ticino,  il  lago  Maggiore  e  alcune  terre  di  là  da  questo  ;  Como  abbracciava  le  rive 
del  suo  lago  sin  a  quelle  del  lago  di  Lugano,  e  del  Maggiore  sin  alle  alpi  Leponzie  e 
Retiche,  che  ora  sono  gran  parte  della  provincia  di  Como  e  del  canton  Ticino  e  la  Val- 
tellina. Fra  le  montagne  di  questa,  l'Adda  e  il  lago  d'Iseo,  dominava  Bergamo;  Brescia, 
daU'Oglio  ad  Asola  e  al  lago  di  Garda;  Lodi,  fra  il  Po  e  l'Adda  inferiore;  Crema,  sul 
basso  Serio;  Cremona,  sulla  destra  dell'Oglio  dal  Bergamasco  a  Cusalmaggiore;  Man- 
tova, sulle  due  rive  del  Mincio  e  del  Po,  da  Asola  sin  al  territorio  della  Mirandola; 
Verona,  sul  bacino  dell'Adige  inferiore  da  Avio  nel  territorio  retico  di  Uoveredo 


ITALIA  fSI 

sin  a  Lendinara  nel  Polesine  di  Rovigo;  Vicenza,  Padova,  Treviso ,  fra  l'Adige  e  la 
Piave. 

B.  Al  sud  del  Po,  Asti  dominava  da  questo  fiume  al  Tanaro;  Alessandria  sulle  due 
rive  del  Tanaro  e  della  Bormida;  Tortona  sulla  Scrivia;  Pavia  sulle  due  rive  del  Po,  tra 
i  dominj  di  Vercelli,  Novara,  Lodi,  Tortona,  Monferrato.  L'antica  Gallia  cispadana  fra  il 
Po,  gli  Apcnnini,  la  Trebbia  e  il  Reno  era  partila  fra  Piacenza  (le  due  rive  della  Treb- 
bia), Parma,  Reggio,  Modena  (quasi  fin  al  Reno)  ;  i^errara  possedeva  porzione  de' paesi 
fra  i  rami  del  Po  vicino  all'Adriatico;  Bologna,  Ravenna,  Faenza,  Rimini  nella  Roma- 
gna, Camerino  nella  marca  d'Ancona. 

C.  In  Toscana  Lucca  sulle  due  rive  del  Serchio  e  della  Lima.  Pisa  dominava  gran 
parte  del  litorale  toscano,  le  vicine  isole  di  Capraja,  Gorgona,  Giglio,  Elba,  Pianosa,  ecc. 
e  porzione  della  Sardegna  ,  e  contava  sin  cencinquantamila  abitanti.  La  emulava  Fi- 
renze,  che  stendeva  il  dominio  dalle  alture  cbe  separano  l'Elsa  e  l'Era  affluenti  del- 
l'Arno, sin  all'altro  pendio  degli  Apennini  in  Romagna  da  occidente  a  oriente,  e  dalla 
valle  superiore  del  Reno  fino  al  sud  di  Colle.  Da  Colle  a  Montepulciano  signoreggiava 
Siena.  Fra  le  tre  era  ristretto  il  dominio  di  Volterra.  Al  nord-est  di  Siena  era  ^Ireszo; 
al  nord-ovest  di  Firenze  Pistoja.  Ben  tosto  Firenze  obbligò  Pistoja,  Arezzo,  Siena  a  far- 
sele alleate  o  piuttosto  ligie;  nel  1254  smantellò  Volterra;  infine  prevalse  anche  a  Pisa. 

Queste  repubblichette  guerreggiavansi  l'una  l'altra,  nimicandosi  sotto  il  titolo  di 
guelfe  e  ghibelline.  Guelfe  erano  ordinariamente  Milano,  Vercelli,  Novara,  Lodi,  Ber- 
gamo, Brescia,  Verona,  Mantova,  Vicenza,  Padova,  Treviso,  Alessandria,  Tortona,  Pia- 
cenza, Bologna,  Faenza,  Firenze;  ghibelline  Pavia,  Cremona,  Parma,  Modena,  Reggio, 
Lucca,  Pisa. 

D.  Ai  due  lati  stavano  due  potenti  repubbliche  marittime:  Genova  che  signoreggiava 
il  litorale  del  suo  golfo  e  parte  della  Corsica  e  Sardegna,  oltre  molti  possedimenti  in 
Levante,  come  Gaffa,  Azof,  Smirne,  Scio,  Metelino,  Tenedo,  Pera  e  Calata.  Venezia  si 
formò  colle  rovine  delle  città  di  Terraferma ,  poi  dal  procacciarsi  sicurezza  passò  ad 
avere  dominio.  E  prima  soggiogò  Pola,  Capodistria  e  le  altre  cittadine  dell'Istria,  rifugio 
di  ladroni;  poi  in  Dalmazia  Zara,  Salona,  Sebenico,  Spalatro,  Trau,  Ragusi,Narenta.  Ma 
la  Dalmazia  le  fu  tolta  il  1117  dagli  Ungheresi,  eccetto  Zara.  Questa  pure  le  si  ribellò 
nel  1181,  ma  coil'ajuto  de'  Crociati  la  ricuperò  nel  1202.  In  quella  crociata  Venezia  ot- 
tenne pure  tre  ottavi  di  Costantinopoli,  la  più  parte  del  Peloponneso  e  delle  isole  del- 
l'Arcipelago, Egina,  Corcira,  Candia,  il  chersoneso  Tracio,  le  coste  della  Propontide,  le 
città  di  Frigia  non  occupate  dai  Turchi,  ecc.  Allora  potè  veramente  dirsi  sposa  dell'A- 
driatico, quale  l'avea  dichiarata  Alessandro  IH;  e  inipose  un  tributo  su  qualunque  nave 
mercantile  passasse  al  nord  d'una  linea  tirata  da  Ravenna  al  golfo  di  Fiume,  e  vietò 
affatto  quel  mare  a  navi  di  guerra. 

E.  La  libertà  delle  città  non  avea  distrutto  i  feudi,  massime  nei  paesi  montuosi  dove 
i  signori  s'erano  potuti  munire.  Fra  quelli  al  nord-ovest  del  lago  di  Como  annidavansi 
i  Rusco,  che  talvolta  padroneggiarono  Lugano  e  Bellinzona  ;  sul  Bergamasco  e  nella 
valle  che  ne  serba  il  nome,  i  Calepi;  sul  Mantovano  i  Bonacossi,  poi  i  Gonzaga;  nel 
Padovano  le  case  A'Este  e  di  Carrara;  nel  Vicentino  e  nella  marca  Trivigiana  i  Col- 
lalto,  ì  Camino,  i  Romano;  nel  Veronese  gli  Scala  e  i  San  Bonifazio;  sul  Reggiano  i 
Correggio,  i  P?co,  i  Fogliani,  i  Carpineti;  sul  Parmigiano  i  Rossi  verso  l'Apennino,  e  i 
Pelavicini  verso  il  Po;  sul  Piacentino  gli  Scotti  e  i  Landi;  nel  Pavese  al  nord  del  Po  i 
Langoschi,  i  Gambarani,  ì  LomeUìni. 

Nella  riviera  e  fra  le  balze  della  Liguria  aveano  conservato  signorie  i  Boria,  i  Fìeschi, 
i  Grimaldi,  gli  Spinola;  i  Malaspina  negli  Apennini  della  riviera  di  Levante;  i  Porcari 
fra  le  montagne  di  Lucca;  i  Segatori  e  quei  della  Gherardesca  nel  Pisano;  nel  Senese 
gli  Ardenghi  a  occidente,  gli  Scalenghi  ad  oriente,  i  Giulieschi  al  settentrione;  nel  Fio- 
rentino gli  Ubaldini  al  nord-est,  i  conti  Guidi  fra  gli  Apennini  ad  est,  gli  Vberti  e  i 
Pazzi  sull'Arno  superiore,  ad  ovest  i  Certaldi  e  i  Capraja  .  .  . 

In  questi  signori  era  continuo  il  desiderio  d'acquistare  o  ricuperare  il  dominio  sopra 
le  città;  e  vi  riuscirono,  talché,  quante  repubbliche,  tante  tirannie  si  stabilirono.  Poi 
a  poco  a  poco  vennero  assorbite  dalle  signorie  maggiori,  come  quelle  de'  lorriani  e 
Visconti  a  Milano,  degli  Scaligeri  a  Verona,  degli  Estensi  a  Modena. 

Alcuni  feudi  più  potenti  serbavansi  ai  due  estremi  di  Lombardia:  ad  oriente  il  pa- 


232  GEOGRAFIA  —  EPOCA   UNDECIMA   E  DUODECIMA 

triarca  à'Aquileja,  che  possedeva  il  Friuli  e  parte  dell'Istria;  ad  occidente  la  casa  di 
Savoja,  cui  appartenevano  il  Bugey  (Bellay),  la  Savoja  {Cliamléry),\o  Sciablese  sulla  si- 
nistra del  lago  Lemano,  parte  del  Faucigny,  del  Valese  e  del  Paese  di  Vaud,  il  ducato 
d'Aosta,  la  Tarantasia,  cioè  la  valle  superiore  dell'lsero,  il  marchesato  di  Susa  e  Torino. 
Avrebbe  dunque  padroneggiato  le  Alpi  se  non  fosse  slata  divisa  in  varj  rami,  e  quindi 
tenuta  dipendente  dalla  Francia. 

Confinavano  con  essa  il  marchesato  di  Saluzzo  e  quel  di  Monferrato;  dal  quale  sin 
alla  costa  ligure  stendeasi  il  marchesato  di  Finale  e  Carrello. 

F.  Il  tempo  aveva  assodalo  la  dominazione  temporale  del  papa  che  per  diritto  signo- 
reggiava la  Romagna,  la  marca  d'Ancona,  il  ducato  di  Spoleto,  la  Toscana  meridionale, 
la  Sabina,  il  Lazio  sin  a  Terracina  e  Fondi.  Ma  nelle  città,  massime  delle  tre  prime 
Provincie,  erano  sorti  varj  tiranni,  che  inalberando  il  vessillo  imperiale  per  sottrarsi  alla 
santa  sede,  in  fatti  non  obbedivano  a  nessuno:  cos'i  a  Ravenna  aveano  dominio  i  Po- 
lenta; a  Rimini  i  Malatesla:  a  Bologna  i  Lambertazzi,  i  Geremei,  i  Pepali;  a  Urbino  i 
conti  di  Montefellro;  a  Camerino  i  Varano;  a  Imola  i  Manfredi.  Nella  stessa  campagna 
di  Roma  erano  sorte  famiglie,  che  il  papa  non  poleva  tener  in  freno:  gli  Orsini  fra  le 
montagne  all'est  del  Teverone;  i  Colonna  ad  occidente  di  Frenesie;  i  Savelli  nel  Lazio 
antico  verso  i!  monte  Albano;  i  Frangipani  verso  Anzio  al  nord  delle  paludi  Pontine; 
i  Farnesi  ad  occidente  del  lago  di  Bolsena;  gli  Aldobrandini  al  sud-est  della  Toscana. 

Men  corsi  dai  Barbari,  v'erano  rimaste  più  vestigia  del  governo  municipale  antico, 
onde  ogni  villaggio  pretendeva  formare  uno  Stato  da  sé;  e  quindi  lo  Stato  della  Chiesa 
non  era  che  l'incondita  aggregazione  di  tanle  città,  corpi,  signorie  indipendenti. 

G.  11  resto  d'Italia  al  sud  da  Ascoli  sul  Tronto,  e  da  Terracina  sul  golfo  di  Gaeta, 
eccetto  Benevento  rimasto  al  papa,  formava  il  regno  di  Napoli.  Comprendeva  esso  gli 
Abruzzi  (Aquila,  Sulmona,  Teramo,  Chieti,  Ortona,  Pescara);  il  contado  di  Molise  (Iser- 
nia);  la  Terra-di-lavoro  (Sora,  Aquino,  Fondi,  Capua,  Napoli,  Nola);  il  Principato  (Be- 
nevento, Nocera,  Amalfi,  Salerno,  Policastro);  il  ducato  di  Calabria,  cioè  l'antico  Bru- 
zio;  la  Capitanata  (Foggia,  Lucerà,  Manfredonia);  il  principato  di  Bari  (Bari,  Bitonlo, 
Barletta);  quel  di  Taranto  (Brindisi,  Otranto,  Taranto);  la  Basilicata  (Potenza,  Melfi),  e 
tutta  Sicilia. 

Quando  le  vittorie  di  Benevento  (i26S)  e  di  Tagliacozzo  (1268),  al  nord-ovest  del  lago 
Fucino,  ebbero  assicurato  il  regno  a  Carlo  d'Anjou,  parca  dover  crescere  a  grande  po- 
tenza. 11  re  di  Tunisi  era  tributario  a  Carlo,  che  come  senatore  di  Roma  e  vicario  del- 
l'Impero in  Toscana  e  Romagna,  godeva  su  tutto  il  centro  d'Italia  un'autorità  mai  più 
usata.  AI  suo  contado  di  Provenza  unì  molte  città  di  Piemonte,  qual  vicario  imperiale, 
propose  alle  città  lombarde  di  riconoscerlo  signore,  e  meditava  la  conquista  dell'im- 
pero d'Oriente.  I  Vespri  Siciliani  (1282)  sovvertirono  i  suoi  divisamenti,  e  il  regno 
restò  diviso  in  due,  di  Terraferma  e  di  Sicilia. 

Ma  la  monarchia  non  avea  potuto  spegnervi  la  feudalità,  radicatasi  al  tempo  de' Nor- 
manni; e  i  baroni  ebber  sempre  parte  importante  nelle  tante  vicissitudini  del  regno. 
Principali  erano  i  Sanseverini,  che  possedevano  la  più  parte  della  Basilicata,  il  ducato 
di  Amalfi,  le  contee  di  Sanseverino,  di  Marsico  nel  Principato,  di  Bassignano  in  Cala- 
bria, di  Matera  nella  provincia  di  Taranto;  i  Pipino,  che  dominavano  su  molta  parte 
della  Capitanata  e  sulle  parti  montuose  del  principato  di  Bari.  La  parte  occidentale  della 
provincia  di  Taranto  ed  alcun  che  della  Basilicata  orientale  apparteneano  ai  Balzi;  ai 
Ruffo  la  costa  nord^est  del  Bruzio  ;  ai  Cantelmi  il  pendìo  occidentale  degli  Apennini,  dal 
lago  Fucino  sin  a  Venafro.  Gli  Orsini  romani  erano  conti  di  Tagliacozzo  e  Monupella 
negli  Abruzzi,  conti  di  Nola  e  principi  di  Salerno,  e  dipoi  successero  nel  ducato  di 
Amalfi  ai  Sanseverini,  e  ai  Balzi  nella  provincia  di  Taranto.  1  Colonna,  romani  anch'essi, 
ereditarono  nel  Bruzio  i  beni  di  casa  Ruffo. 

Oltre  questi ,  si  trovavano  negli  Abruzzi  sulla  costa  il  contado  di  Atria  degli  Aqua- 
viva,  il  marchesato  di  Pescara  degli  Avalos ,  il  marchesato  del  Vasto;  nell'interno  le 
contee  di  Montorio  dei  Gambahsa,  e  di  Celano  dei  Savelli;  nelia Terra-di-lavoro  il  con- 
tado di  Fondi  dei  Gaetani,  il  ducato  di  Sessa  dei  Marsano;  nel  Principato  i  contadi  di 
Martino  dei  Tocco,  di  Cerreto  dei  Sanframondo ,  d'Aviano  dei  Sovratio;  in  Calabria 
quelli  di  Nicastro  degli  Origlia,  di  Gerace  dei  Caraccioli,  ecc. 


rBANCiA  233 


$  ii.  —  Francia. 

Tra  la  prima  crociata  e  quella  di  san  Luisi,  la  Francia  non  mutò  confini,  se  non  che 
dal  lato  dei  Pirenei  orientali,  col  trattato  del  d258,  esso  Luigi  rinunziò  ogni  diritto 
sovrano  sopra  la  marca  di  Spagna.  D'allora  i  conti  di  Barcellona  e  Rossiglione  rileva- 
rono dalla  corona  d'Aragona;  e  il  Rodano,  la  Saona,  l'alta  Mosa,  la  Schelda  segnavano 
il  limite  fra  la  terra  di  re  e  terra  d'impero. 

Mentre  la  feudalità  soccombeva  in  Ralia  ai  Comuni,  e  in  Germania  prevaleva  alla  mo- 
narchia, qui  dovea  cedere  al  re  alleato  coi  Comuni,  il  quale  sgombravasi  lo  spazio  at- 
torno al  primitivo  suo  ducato.  Feudale  affatto  era  ancora  la  proprietà;  grossi  feudi  re- 
stavano tuttora,  Fiandra,  Borgogna,  Bretagna:  pure  il  re  e  suoi  agenti  s'insinuano 
pertutto,  e  fanno  sentire  al  popolo  l'azione  tutelare  della  monarchia. 

Ai  cinque  contadi  di  Parigi,  j\Jelun,  Etampes,  Orléans  e  Sens^  retaggio  del  re  di  Fran- 
cia al  tempo  di  Filippo  I,  furono  successivamente  aggregati,  al  nord  il  Vermandois  e  il 
Valois  (1213),  VArtois  (1180),  il  contado  di  Clernvmt  in  Beauvaisis  (1218).  Ad  occi- 
dente la  signoria  di  Montlhéry  (ili 8),  la  contea  di  Meulant  (■120;ì),  il  Vexin  (120o);  le 
contee  di  Dreux  (sotto  i-uigi  VI)  e  di  Evreux  (J200),  la  Normandia,  il  Maine,  VAnjou 
(i20i),  le  contee  di  Alen^on  e  di  Perche  (1221).  Al  sud  le  contee  di  Corbeil  (sotto 
Luigi  VI),  di  CJiarires,  Blois,  Sancerre  ('12oi),  la  città  di  Montargis,  le  signorie  di  Gien 
e  di  Pont  Sainte-Maxence  (sotto  Filippo  II),  il  viscontado  di  Bourges  (1100),  la  contea 
di  Macon  (1239),  la  parte  della  città  di  Lyon  ch'è  sulla  destra  della  Saona  (1183),  le 
contee  di  Poitiers  e  A'Auvergne  (1205),  di  Tolosa  colla  dipendenza  (1270),  di  Carcas- 
sona  e  Béziers  (1247). 

Pertanto  de'  sei  grandi  feudi  fra  la  Schelda  e  la  Loira ,  il  ducato  di  Normandia  e  il 
contado  d'Anjou  più  non  esistevano,  due  altri  erano  decimati  a  prò  della  monarchia. 
IVel  1191  il  conte  di  Fiandra  cedette  Arrasy  Bapaume,  Aire,  Saint-Omer,  Hesdin,  Lens, 
cogli  omaggi  di  Boulogne,  Guines  e  Saint-Poi  d'Ardres.  Nel  1234  il  conte  di  Champa- 
gne vendette  a  san  Luigi  le  contee  di  Biois,  di  Sancerre,  di  Charlres,  e  la  viscontea  di 
Chàteaudun.  Il  ducato  di  Borgogna  e  il  contado  di  Bretagna  erano  posseduti  da  due  rami 
cadetti  della  casa  di  Francia.  Al  sud  della  Loira,  la  contea  di  Tolosa,  e  i  ducati  d'Aqui- 
tania  e  Guascogna  erano  estinti:  il  contado  di  Barcellona,  quarto  gran  feudo  dell'antico 
regno  d'Aquitania,  più  non  apparteneva  alla  Francia. 

Anche  la  Chiesa  era  esposta  a  continue  usurpazioni  de'  nobili,  degli  uffìziali  regj  e 
de'  borghesi,  mentre  scemavano  le  pie  istituzioni  ;  sicché  se  nel  xii  secolo  s'erano  fon- 
dati settecentodue  monasteri,  nel  xiii  se  ne  dotarono  soli  duecentottantasette,  nel  xiv 
non  più  di  cinquantatre. 

Questi  cresciuti  dominj  della  corona  non  erano  dai  Capeti  ripartiti,  come  solevasi  dai  Appanafgi 
Merovei  e  dai  Carolingi;  pure  davansi  provincie  intere  in  appanaggio  ai  figli  di  Fran- 
cia, col  che  elevavasi  una  nuova  feudalità  ancor  più  pericolosa.  Luigi  VI  diede  al  suo 
terzogenito  la  contea  di  Dreux;  Filippo  Augusto  quella  di  Dammarlin  al  figlio  Filippo 
Hurepel;  i  tre  fratelli  di  san  Luigi  ebbero,  Roberto  la  contea  d'Artois,  Carlo  il  Maine  e 
VAnjou,  Alfonso  la  contea  di  Poitiers  con  parte  dell'Auvergne,  e  tutta  la  contea  di  To- 
losa. Anche  san  Luigi  infeudò  molte  provincie  ai  suoi  figliuoli:  a  Giovanni  Tristano  il 
Valois,  a  Roberto  il  contado  di  Clermont  nel  Beauvaisis,  a  un  altro  le  contee  A' Alengon 
e  di  Perche. 

Gli  effetti  degli  appanaggi  restavano  elisi  dacché  s'andò  stabilendo  che,  in  mancanza 
di  maschi,  gli  appanaggi  ricadessero  alla  corona,  al  contrario  dell'uso  che  negli  altri 
feudi  s'insinuava  di  ereditarne  anche  le  donne. 

Per  quest'uso  gli  antichi  feudi  suddivideansi,  e  passavano  in  altre  famiglie.  Sussiste-  FeaJi 
vano  ancora  : 

0.  Al  nord  della  Loira,  la  contea  di  Fiandra,  che  in  quel  tempo  s'unì  coWlIainaut, 
e  che  pel  doppio  matrimonio  di  Roberto  di  Dampierre  e  suo  figlio,  acquistò  le  contee 
di  Rethel  e  ^'evers,  le  baronie  di  Don-y  e  Biceys;  inoltre  le  contee  di  Guines  e  Sainl- 
Pol;  quella  d' Eu,  posseduta  dalla  casa  di  Brienne;  quella  di  Bretagne,  aumentata  coi 
beni  confiscati  alla  casa  di  Penthièvre;  la  signoria  di  Lavai,  posseduta  da  un  ramo  dei 


234  GEOGRAFIA  —  EPOCA    L'NDECIMA    E   DUODECIMA 

Montmorency -,  la  contea  di  Vendóme;  quella  di  Montfort  VAmaury,  che  stava  per  pas- 
sare ai  conti  di  Bretagna;  la  baronia  di  Montmorency  ;  le  contee  riunite  di  Champagnej 
Brie,  Bar-sur-Seine,  il  cui  signore  aveva  ereditato  il  regno  di  Navarra;  le  contee  di 
Joigny,  di  Grand-Pré,  di  Boussy,  di  Soissons  della  casa  di  Nesles;  la  baronia  di  Coucy; 
la  signoria  di  Joinville;  il  ducalo  di  Borgogna. 

b.  Al  sud  della  Loira,  le  contee  riunite  della  Marche  e  ù' AngouUme  ;  il  viscontado  di 
Turenne;  i  lenimenti  della  casa  à'Auvergne,  ristrelli  benché  avesse  acquistalo  la  contea 
di  Boulogne;  le  baronie  di  Bourbon  e  di  Beaujeu;  i  contadi  di  Rouergue  e  di  Foix;  il 
viscontado  di  Narbona. 
Possessi  ai     e.  1  feudi  tra  la  Garonna  e  i  Pirenei  restavano  indipendenti,  o  ligi  al  re  d'Aragona, 
stranieri      jj  fg  d'Inghilterra  aveva  conservato  in  Francia  il  ducato  à'Aquiiania,  sebben  di  puro 
nome;  il  Bordelais^  VAgenois,  il  Quercy,  e  supremMia  sopra  la  contea  di  Perigord  e  la 
viscontea  di  Limoges.  A  un  ramo  cadetto  delia  casa  di  Castiglia  ;  dopo  il  Ì2S2  ,  appar- 
tenevano il  contado  di  Aumale ,  le  baronie  di  Montgomery  e  di  Noyelles,  la  signoria 
à'Epernon  ecc.  La  casa  d'Aragona  era  signora  di  Montpellier. 
Comuni     Accanto  alla  feudalità  sorgevano  i  Comuni  e  le  città  municipali,  che  doveano  repri- 
merla e  infine  distruggerla.  1  Comuni  più  gloriosi  furono  Beauvais  (1099j,  Noyon  (HTS), 
Saint-Quentin  (11(J2J,  Laon  (HI 2),  Amiens  (Mia),  Soissons  (1116)  in  Picardia  ;  Reims 
(H58),  Sens  (1146)  in  Champagne;  in  Borgogna,  Vezelay  (sotto  Luigi  VII). 

A  questi  voglionsi  aggiungere  Abbeville  (1100),  Corbia  (sotto  Luigi  VI),  Chamoilles, 
Cerny  e  Verneuil  (1184),  Montreuil  (1188),  Saint-Riquier  (1189),  i  borghi  dipendenli 
dalla  chiesa  di  San  Giovanni  di  Laon  (1196),  Athyes  (1212)  in  Picardia,Chaumont(1182) 
e  Dijon  (1183)  in  Borgogna,  Baune,  Chevy,  Cortone  (1184),  Bourg ,  Coiiiin  e  Crespy 
(1184)  Bois-Commun  nel  Gatinais ,  e  Lorris  (118(3),  Voisines  (1187),  Saint-André 
presso  Macon,  Pontoise  (1188),  Dimont-Chéry  (1201),  Pont  Audemer  (1204),  Ferrières 
(1203),  Bray  (1210),  Chaulny  (1215),  Crespy  nel  Valois  (1215),  i  borghi  dipendenti  dalla 
badia  di  Aurigny  nella  diocesi  di  Laon  (1216),  Poissy,  Triel,  Saint-Léger,  Niort  (1230), 
AiguesMorles  (1246)  .  .  . 

Tra  le  città  municipali  le  più  importanti  erano  Tolosa,  Narbona,  Mmes,  Périgueux, 
Bourges,  Reims,  Parigi.  Seguivano  Agde,  Angoulème,  Arras,  Auch,  Auxonne,  Autun, 
Auxerre,  Bavay,  Bayeux,  BesanQon,  Bourdeaux,  Boulogne,  Cahors,  Chàtons-sur  Marne, 
Chàlons-sur-Saone,  Chartres,  Evreux,  Langres,  Limoges,  Lyon,  Macon,  Maguelonne, 
Mans,  Meaux,  Nantes,  Nevers,  Poitiers,  Puy,  Hennes,  Rouen,  Seez,  Senlis,  Tours,  Tro- 
yes,  Usez  e  molt'altre;  tante  che  all'assemblea  del  1249  vennero  cinquantadue  deputa- 
zioni di  città  della  sola  Linguadoca  per  giurar  fede  al  nuovo  conte  di  Tolosa  Alfonso, 
fratello  di  san  Luigi. 

Moltissime  altre  città  non  erano  né  municipj  né  Comuni,  pure  godeano  privilegi,  ot- 
tenuti al  tempo  delle  crociate  o  in  altri  bisogni  de'  lor  signori.  Fra  essi  n'era  di  pri- 
marie, come  Orleans,  e  Parigi  stessa  che  non  conservò  i  diritti  dell'antica  curia. 

g  12.  —  Spagna. 

Respìnte  le  nuove  invasioni  degli  Almoravidi  e  degli  Almoadi,  i  Cristiani  crescevano 
grandemente  nella  Spagna  :  Cordova,  Jaen,  Siviglia  e  le  altre  dodicimila  città  o  villaggi, 
di  cui  dicono  popolate  le  rive  del  Guadalquivir,  erano  state  da  Fernando  III  lolle  ai 
Mori;  da  Alfonso  X  il  Savio  Niella  al  sud-ovest  di  Siviglia:  l'Aragona  ricuperò  il  regno 
di  Valenza  e  le  isole  Baleari,  e  divise  colla  Castiglia  il  regno  di  Marcia:  il  re  di  Porto- 
gallo sottopose  Lisbona  e  gli  Algarvi;  talché  ai  Mori  non  restava  più  che  il  regno  di 
Granata,  cioè  i  paesi  del  sud-est  della  penisola  che  traversano  gli  altissimi  monti  della 
Sierra-Nevada  e  Sierra- Loxa.  Ma  tra  le  fortezze  naturali  di  questi  monti  e  le  artefatte 
di  Granata,  Gibilterra,  Algeziras  e  Tarifa,  affollate  d;illa  gente  uscita  dai  paesi  perduti, 
e  soccorse  dal  re  di  Marocco,  due  secoli  ancora  resistettero. 

I  regni  cristiani  erano  : 

i.  Ad  occidente  il  Portogallo  dal  Mino  sin  allo  sbocco  della  Guadiana  ;  ove  tro- 
vavansi,  dal  nord  al  sud,  le  città  di  Braga,  Porto  sul  Duero,  Coimbra  sul  Mond^go,  ^an- 
tarem  e  Lisbona  sul  Tago,  Faro  all'estremità  degli  Algarvi. 


INGHILTEBRA,    IRLANDA,   SCOZIA  23?» 

2.  Al  centro  i  regni  uniti  di  Casti  gli  a  e  Leon^  che  comprendeano  la  Ga/jzm  fin 
al  Mino  (Liigo,  San  Jugo,  Tuy);  la  Guifiùscoa  (Villoria,  Bilhao,  San  Sebastiano);  la  Vec- 
chia Castiijiia  (Biirgos,  Calaliorra,  Santillana,  Oviedo,  ooria,  Segovia,  Avila,  Leon,  Cur- 
non,  Valladolid,  Salamanca,  Zaniora,  Toro);  la  Nuuva  tastii/lia  (Madrid,  Toledo,  Si- 
guenza,  Cuenca,  Ciudad  Real);  V Estremadura  (Badajoz  e  Caceres);  V Andalusia  (Siviglia, 
Niebla,  Cadice,  Cordova,  Jaen);  la  provincia  di  Marcia  nella  capitaneria  generale  di 
Valenza  (Marcia  e  Cartagena  sul  Mediterraneo). 

5.  Al  nord-est  il  regno  d'  Aragona,  allora  posseduto  dai  conti  di  Barcellona,  e 
formato  dalla  riunione  t\^\V Aragona  (Saragozza,  Caspa,  Huesca)  colla  Catalogna  (Bar- 
cellona, Lerida,  Girona,  Urgel)  e  col  Rossiglione  (Perpignano).  Giacomo  I  v'aggiunse 
poi  il  regno  di  Valenza  (Denia  ,  Valenza,  Peiiiscola  sul  Mediterraneo,  Morella  al  nord- 
ovest di  Valenza),  il  sud  di  Marcia  e  le  Baleari  ;  ma  quando  il  regno  di  Murcia,  eccetto 
solo  Alicante,  fu  ceduto  alla  Castiglia,  l'Aragona  non  trovandosi  più  in  contatto  coi 
Mori,  cessò  dal  guerreggiarli,  e  sola  rimase  in  campo  la  Castiglia,  Dipoi  l'Aragona,  per 
proteggere  il  commercio  de' Catalani,  volgeva  tutta  l'attenzione  al  Mediterraneo,  tanto 
più  daccbè  ebbe  reso  sua  provincia  la  Sicilia. 

4.  Al  nord  la  Navarra  (Pamplona  e  Viana,  fortezza  sull'Ebro  per  fronteggiar  la 
Castiglia),  piccolo  regno,  da  cui  erano  state  staccate  la  Discaglia,  VAlava^  la  Guipuscoa. 
K'erano  re  i  conti  di  Champagne. 

§  13.   —  Inghilterra,   Irlanda,  Scozia. 

Limiti  fra  l'Inghilterra  e  la  Scozia  erano  ancora  al  nord  il  Tweed  ;  ma  quella  preten- 
deva dominare,  questa  ricusava  obbedire.  Airo\est  il  paese  di  Galles  fu  solo  tributario, 
sinché  Eduardo  1  lo  conquistò.  Di  là  dal  canale  di  San  Giorgio,  l'Irlanda  piana  era  stata 
sottomessa,  mentre  le  parti  montuose  dell'ovest  e  le  paludose  del  nord  erano  ricovero 
agl'indigeni  sofferenti  del  giogo.  1  nobili  normanni  che  aveano  fatta  quella  conquista 
sotto  Enrico  II,  se  la  spartirono  senza  vantaggio  della  corona.  Questa  possedeva  grossi 
feudi  in  Francia. 

Dopo  l'invasione  normanna,  l'Inghilterra  era  stata  divisa  in  sessantamila  ducente- Dominio 
quindici  feudi  di  cavalieri,  dei  quali  il  re  aveva  presi  mille  quattrocentosessantadue  pos-    reale 
sessi  e  le  principali  città,  per  formaisene  il  dominio  particolare.  Il  resto  fu  distribuito    Femii 
fra  più  di  seicento  signori  seguaci:  45u  feudi  a  Odone  fratello  del  Conquistatore;  973 immediati 
al  conte  di  Mortagne;  28U  al  vescovo  Gofredo;  242  a  Alano  Fergent  conte  di  Bretagna; 
298  a  Guglielmo  di  Varennes;  171  a  Kicardo  di  Giare  ecc.  Ma  acciocché  tanta  potenza 
non  divenisse  pericolosa,  Guglielmo  avea  disperso  quei  dominj  ne'  varj  contadi. 

I  conti  furono  resi  ereditarj,  ed  erano  la  prima  dignità  dopo  il  re,  con  giurisdizione  r       ,• 
regia  nelle  provincie,  vasti  territorj,  e  il  doppio  carattere  d'ulfizialidelre  e  grandi  vas- 
salli. I  contadi  erano  : 

a.  Al  sud  del  Tamigi  da  oriente  in  occidente  Cornovaglia  (Falmouth);  Devon  (Exeter, 
Plymouth);  Dorsei  (Dorchester)  ;  Somerse^Glastonbury,  Bath)  ;  Glocester  (Bristol,  Glo- 
cester)  ;  ire/is  (Salisbury,  Clarendon);  Hamps  (Winchester,  Ramsay,  Southampton, 
Portsmouth);  Sussex  (Cbichester,  Arundel,  Lewes,  Perensey,  Hastingsj;  Kent  (Canter- 
bury, Dover,  Sandwich,  Rochester);  Surrey  [GuWàiorà) -^  Berks  (Windsor). 

6.  Fra  il  Tamigi  al  sud,  il  Wye  e  il  Dee  all'ovest,  il  Trent  al  nord,  il  mare  del  Nord 
all'est,  erano  E->sex  (Colcliester);  Middlesex  (Londra);  Buckingam;  Hertford  (Sant  Al- 
bano); Bedford;  Huntingdun  sull'Ouse;  Cam6r«c/(/e  abbracciava  molta  parte  delle  ma- 
remme fra  rOuse,  il  Welland  e  il  golfo  di  Boston  (Cambridge,  Ely,  Thorney)  ;  Suffotk 
(Ipswich,  Bury,  Saint  Edmond);  Aorfulk  (Korwick,  Yarmoutb); Ox/'ord  (Oxford,  Wood- 
stock,  Uambury);  Hereford  sul  Wye  (Hereford,  Ross);  trorces/ersullaSaverna  (W^orcesler, 
Evesham);  Shrup  sullaSaverna  (>chre\vsbury);  It'ant'jcfe  (Warwick,  Kenilworth,  Co- 
ventry) :  Leicester  (Leicester,  Bosworth)  ;  Northampton  (NorthamptonsulNen,  Naseby); 
i{u</a«d  (Stamford)  :  Lincoln  (Lincoln,  Grimsby,  Spalding,  Crowland) 

Le  città  furono  rovinate  dalla  conquista  e  dal  sistema  feudale.  Di  1607  case  che  York  ci(,j, 
aveva,  fu  ridotta  a  967;  Oxford,  da  721  a  243;  Chester,  da  487  a  282;  Derby,  da  243 
a  140;  e  così  le  altre.  Pure  poco  a  poco  si  rifecero,  e  cominciando  da  Enrico  li,  ot- 


236  GEOGRAFIA  —  EPOCA    UNDECIMA    E  DUODECIMA 

tennero  dal  re  o  dai  signori  carte  che  assicuravano  il  commercio  e  quindi  la  prosperila, 
sicché  arricchite,  acquistarono  alcun  peso  nello  Stato.  1  cittadini  di  Londra  e  dei  cinciue 
porti  Dover,  Sandwich,  Hythe,  Ilastings,  e  Romney,  oltre  i  larghi  privilegi  munici- 
pali, ebbero  titoli  di  nobili  e  baroni.  Poi  il  24  dicembre  1264  furono  invitati  al  Par- 
lamento gli  abitanti  di  tutte  le  città  inglesi:  nel  1283  fu  determinato  dovessero  elegger 
deputati  al  Parlamento  quelle  tutte  ove  teneasi  un  mercato  ;  e  cenventi  spedirono  rap- 
presentanti nel  129S. 
Nobili  I  piccoli  nobili  e  i  liberi  possessori  unironsi  alle  città,  il  che  ne  crebbe  l'importanza; 
imnudiati  e  trovandosi  minacciati  dal  re  e  dai  baroni,  si  strinsero  fra  sé  ed  opposero  un  corpo, 
di  spiriti  eguali  perché  d'eguali  interessi,  e  giunsero  ad  ottenere  la  garanzia  de'  loro 
diritti. 
Scozia  I  re  di  Scozia  riperdettero  il  Northumberland,  ma  dal  re  di  Norvegia  acquistarono 
Man  e  le  Ebridi  (126G);  se  non  che  alla  morte  di  re  Alessandro  HI  comincia  lunga 
anarchia  (1286  1370] .  Città  importanti  e  forti  erano  Roxburg,  Jedeburg,  Dericick  sulla 
frontiera  inglese;  Edimburg  capitale  del  paese;  Stirling  n\  nordovest  di  esso. 

Assicurata  l'indipendenza,  si  trovò  in  preda  all'anarchia  feudale.  Le  terre  basse 
(/o?o/a/?ds}  riconoscevano  l'autorità  del  re;  ma  le  alte  [highlands)^  cioè  la  parte  setten- 
trionale montuosa,  era  occupata  da  uomini  indipendenti.  1  montanari  divideansi  in 
dan^  nominati  ciascuno  da  un  antico  capo,  e  di  cui  i  principali  erano  i  Duglas,  i  Gregor, 
i  Donald,  i  Campbel.  Al  sud  verso  l'Inghilterra  stavano  altri  clan  indocili  formati 
da  avventurieri  dei  due  regni,  chiamati  Borderers,  che  scorrazzavano  sulle  terre  con- 
finanti. 
Le  Ebridi  obbedivano  a  un  lord  delle  Isole. 

§  14.  —  Scandinavia, 

Col  cristianesimo  s'introduce  nella  Scandinavia  un  vivere  civile,  cessa  l'errabonda 
fierezza,  e  invece  delle  conquiste  armate,  cercansi  quelle  della  civiltà. 

11  Giulland,  la  Scania,  le  isole  Danesi,  fiugen,  Dornholm,  l'Estonia  settentrionale 
formavano  la  monarchia  danese,  la  quale,  già  potente  sotto  i  primi  Valdemari,  fu  dal 
clero  e  dai  nobili  mutilata. 

La  Norvegia  stendeasi  dall'estremità  della  provincia  di  Bohus  (Marstrand)  sin  tra 
i  geli  del  Finnmark.  Acquino  VI  (1247)  la  ripopolò,  rifornì  di  mura  le  città,  assodò  l'alto 
dominio  sull'Islanda,  sul  Groenland  e  sulle  isole  del  mare  del  Nord,  eccetto  Man  e  le 
Ebridi.  Ma  lo  stabilimento  d'un  banco  di  Lubeka  a  Bergen  e  i  privilegi  concessi  ai  ne- 
gozianti anseatici,  furono  seme  di  turbolenze. 

La  Svezia  comprendeala  Golia  propria,  la  Svezia,  le  isole  di  Oeland  e  di  Gothland 
della  Finlandia,  e  parte  della 'Lapponia  finlandese.  Jarl  Birger  reggente  del  regno  (12S0) 
fabbricò  Abo  sulla  costa  del  Finland,  e  fortificò  Stockolm. 

Le  città  nei  tre  regni  erano  ancora  deboli;  ma  i  villani,  rimasti  sempre  liberi,  en- 
travano alle  diete  e  agli  alTiiri.  Feudi  come  s'intendeano  altrove,  non  ebbe  mai  la 
Norvegia;  due  soli  contadi  vi  furono  istituiti  al  fine  del  medioevo,  quando  i  re  danesi 
la  possedevano. 

§  15.  —  Stati  slavi. 

Un  nuovo  dominio  piantavano  i  cavalieri  Teutonici  sulle  rive  del  Baltico  tra  la  Vi- 
stola e  il  golfo  di  Finlandia,  nella  Prussia,  nella  Curlandia  e  nella  Livonia.  Gl'indi- 
geni, sostenuti  dai  Lituani,  resistettero,  ma  ben  tosto  si  trovarono  incatenati  dai  nu- 
merosi castelli  de' cavalieri, 
Lituania  I  Lituani  si  tolsero  nell'xi  secolo  dall'obbedienza  de' principi  russi;  nel  xui  ebber 
conquistato  larghissimo  paese,  che  al  nord  abbracciava  i  paesi  bagnati  dalla  Dwiiia  a 
mezzo  il  suo  corso,  all'est  quelli  attraversati  dal  Dnieper,  al  sud  tutto  il  bacino  del  l'ri- 
petz  ove  sono  le  più  vaste  paludi  d'Europa,  all'ovest  poca  parte  del  bacino  del  Bug  e 
quasi  tutto  quello  del  Niemen,  ove  le  città  di  Polotsk  sulla  Dwina,  Minsk  verso  le  sor- 


STATI   SLAVI  237 

genti  del  Niemen,  Novogorodek  all'ovest  di  Minsk,  Grodno  sul  Niemen,  Pinsk  presso  il 
Pripetz. 

I  ducati  di  Masovia  e  Cujavia,  cioè  quasi  tutta  la  parte  polacca  del  bacino  della  Polonia 
Vistola,  pretendeano  essere  indipendenti,  ciò  che  indeboliva  il  regno  e  produceva  guerre 
civili.  Ne  profittavano  i  cavalieri  Teutonici,  i  Lituani,  gli  Ungheresi,  i  Mongoli,  che 
devastarono  tutta  la  Polonia  meridionale,  saccheggiarono  Sandomir  e  Cracovia;  sicché 
fa  meraviglia  come  tra  divisioni  esterne  e  interni  attacchi,  la  Polonia  divenisse  potenza 
prevalente  del  Settentrione. 

La  Russia  era  anch'essa  divisa  in  principati  {Suzdal,  Ttcer,  Casan,  Smolensk,  Kiof,  Russia 
Cernicof),  e  in  repubbliche  poderose,  come  Pskof  sul  lago  Peipus,  Novogorod  domina- 
trice della  Russia  settentrionale.  Perciò  i  Mongoli  la  ridussero  serva,  ponendo  una  capi- 
tazione sujili  abitanti,  pur  conservando  al  granducato  di  Vladimiria  il  titolo  di  capo 
supremo,  dipendente  dalla  Grande  Orda  che  dominava  tutta  la  Russia  orientale  sino  al 
Voroneja,  affluente  della  sinistra  del  Tanai. 

AW'Ungheria  fu  aggiunta  tutta  la  Dalmazia,  salvo  Zara  che  i  Veneziani  recuperarono  angheria 
nel  1202,  e  il  palatinato  di  Machoiv  stabilito  nel  1247  a  spese  de'  Servj  lungo  la  destra 
del  Danubio,  da  Belgrado  fin  presso  Widdin.  I  Cumani  rozzi  e  idolatri  che,  avendo  i 
Mongoli  conquistato  la  Russia  meridionale,  rifuggirono  in  Ungheria-,  i  Sassoni  stan- 
ziati in  Transilvania  ove  fabbricarono  Hermanstadt,  con  molti  privilegi  ;  e  le  conces- 
sioni fatte  ai  magnati  divenner  causa  di  turbolenze,  tra  le  quali  i  Mongoli  invasero 
il  paese. 

La  Boemia  si  rese  indipendente  nel  Grande  interregno  (1234-73),  formando  un  regno  Boemia 
elettivo.  Nel  1268  vi  s'aggiunsero  i  ducati  d'Austria,  Stiria,   Carinlia,  Camicia,  per- 
duti nel  1276.  Carlo  IV  imperatore  v'innestò  come  feudi  la  Lusazm,  l'alta  e  bassa  Slesia, 
la  contea  di  Glalz. 

Sulla  destra  del  Danubio  da  Belgrado  in  giù  stavano  Serbi  e  Bulgari.  La  Servia,  la    Servia 
cui  parte  nord-est  cbiamavasi  anche  Bascia,  comprendea  pure  il  litorale  dell'Adriatico®  ^"'s*"** 
dal  territorio  di  Hagusi  a  quel  di  Sculari;  e  al  sud  stendeasi  fin  alle  montagne  di  Mace- 
donia. Fra  il  Danubio  e  l'Emo  dominavano  i  Bulgari,  che  aveano  testé  conquistato  la 
Tracia,  ma  mal  si  reggevano  contro  Ungheri  e  Mongoli. 


EPOCA    ILIII 

DAL   1300    AL   1492   D.    C. 


In  questo  tempo  gli  Stati  prendono  l'assetto  che  poi,  con  lievi  alterazioni,  con- 
servarono nell'età  moderna:  giova  dunque  descriverli  con  qualche  particolarità. 

$ì.  —  Asia. 

Quando  Tamerlano  comparve  (1560),  l'Asia  era  divisa  cosi  : 

1°  Il  regno  degli  Ottomani  abbracciava  l'occidente  dell'Asia  minore;  città  principali 
Brusa,  Marmora,  Pergamo  e  Smirne  rifabbricata  da  Giovanni  Comneno. 

2"  I  regni  se/gmcùh'  di  Soliman  Bascià,  capitale  Co&tamun ;  di  Ghermian,  capitale 
Kutahieh ;  ài  Zakaria,  capitale  Karaliissar  ;  di  Caramanio,  capitale  Caraman;  d'A- 
merkhan,  capitale  Ak-serai;  di  Siva,  capitale  Siva. 

3"  Regno  degli  Ilkaniani,  avente  al  nord  il  Caucaso  che  lo  separava  dal  Capciak, 
all'est  il  Caspio,  al  sud  il  Bar  el  Irak  e  altri  fiumi  che  lo  separavano  dagli  Arabi  liberi, 
all'ovest  l'impero  dei  Mamelucchi  baariti  ;  capitale  fia^rfarf. 

4°  Impero  de'  Moda  (feri  ani,  diviso  in  quattro  Stati  principali  nominati  dalle  loro  ca- 
pitali Ispahan,  Sciraz,  Kerman,  Yezd. 

b"  Regno  de'  Sarbedari,  capitale  Sebzavar. 

6"  Quello  dei  Kurt  all'ovest  toccava  i  due  predetti,  e  all'est  l'Indo:  capitale  Herat. 

1°  L'impero  di  Delhi  al  nord  confinava  coll'lmalaya,  all'est  col  Bengala,  al  sud  col- 
l'impero  dei  Bamani,  all'ovest  coU'Indo;  capitale  Delhi,  abbellita  d'insigni  edifizj, 

8°  Regno  di  Malva,  paese  montuoso  sui  due  pendii  dei  monti  Yindia;  capitale 
Mandò. 

9"  L'impero  de'  Bamani  abbracciava  tutto  il  Decan  musulmano;  capitale  Calberga. 
Ivi  erano  pure  le  città  sante  di  Ellora  famosa  pei  templi  scavati  nel  granilo,  e  di  Gia- 
grenat  sul  golfo  di  Bengala,  con  un'  immensa  pagoda,  al  cui  idolo  accorrono  ogn'anno 
innumerevoli  pellegrini. 

10.  Regno  di  Bisìiagar,  capitale  Vigianagara,  o  città  della  vittoria. 

11.  Quello  dei  Belala  abbracciava  il  resto  della  penisola,  diviso  in  moltissimi  princi- 
pati dipendenti. 

12.  Quello  di  Bengala,  capitale  Porniah,  presso  la  sinistra  del  Maanada,  con  bel- 
lissima moschea,  fabbricata  da  llias  Agi,  secondo  re  maomettano  del  Bengala. 

13.  Impero  dei  Ming,  capitale  Nan-king. 

14.  Quello  degli  Yuen  del  Nord  o  Mongoli,  capitale  Carakorum. 

15.  e  di  Ciagatai,  che  Tamerlano  tornò  all'unità. 

§  2.  —  Impero  mongolo  alla  morte  di  Tamerlano, 

Tamerlano  lasciava  (1405)  un  impero  esteso  al  nord  fino  ai  monti  Beczka  e  Ulugtag, 
al  Caspio  e  al  Caucaso;  all'ovest  sin  all'impero  di  Trebisonda,  all'Eufrate  superiore, 
agli  Stati  tributari  de'  principi  selgiucidi  da  lui  ristabiliti,  e  all'mipero  dei  Mamelucchi 
Borgiti,  signori  della  Piccola  Armenia  dal  137i;  al  sud  fin  al  reguo  degli  Ilkaniani; 
all'est  fin  all'impero  dì  Delhi  e  a  (jucllo  dei  Ming  e  ai  Mongoli  indipendenti.  Cillà  ca- 
pitale era  Sama/7ianc/a,  centro  d'immenso  commercio  :  fìokara  era  tornata  ricca  e  in 
fiore:  di  Herat  furono  diroccale  le  fortificazioni,  e  le  porte,  rivestile  di  lastre  d'acciajo 
con  fregi  e  iscrizioni,  trasportate  a  Rese:  a  hpahan  settantamila  cittadini  vennero 
scannati  per  ordine  di  Tamerlano. 


REGNI    M118ULMAM  239 

La  Cina  stendevasi  ancora  per  grande  ampiezza,  toccando  al  nord  i  Mongoli  indipen 
denti  e  l'impero  del  Timur  ;  all'ovest  questo  slesso  ;  al  sud  l'impero  di  Delhi  «  i  regni 
di  Nepal  e  di  Dengala,  da  cui  la  separavano  gl'lmalaya  ;  all'est  i  popoli  Ainos,  Com- 
prendeva dunque:  i.  Cina  propria,  divisa  in  quattordici  provincie;2.  il  regno  di 
Ngan-nan,  o  Kiao-ci  e  Tang-king ,  conquistato  dopo  estinta  la  famiglia  reale  dei 
Cin  (4408);  3.  Il  Tibet,  governato  da  otto  piccoli  re  sotto  la  supremazia  civile  dell'im- 
peratore, e  la  spirituale  del  Dalai-lama  residente  nel  famoso  tempio  di  Palata;  4  l'antico 
regno  di  Kamil  e  le  varie  tribù  suddite,  disperse  dalle  frontiere  nord-est  del  Tibet  e 
dai  monti  Bajan-k^  fin  alle  montagne  Bianche, 

Alla  morte  di  Tamerlano,  tutta  l'Asia  si  solleva.  I  paesi  fra  il  Giaik,  il  Siun,  i  monti 
Kuen-lu  e  Tang-nu,  già  nel  1408  sfuggiti  alla  sua  famiglia,  formano  gli  Stati  indipen- 
denti degli  Usbeki  nomadi,  Monpoli  Uirat,  Eleuti  o  Calmuki^  dei  kanati  gengiskanidi 
di  Camil-kotan  e  Casgar.  Del  Carism,  Transoxiana,  Persia  e  provincie  settentrionali 
dell' Indostan  formansi  i  kanati  di  Mavcarannaar,  Fergana,  Badakcian,  Cabul,  Can- 
dahar,  Spgestan,  Corassan. 

La  Georgia  recupera  l'indipendenza  sotto  i  re  Giorgio  VII  e  Alessandro  I.  Nell'India  di 
qua  dal  Gange,  il  regno  di  Mulian  è  fondato  da  un  principe  afgano  (1412).  Da  un  altro 
l'impero  di  Delhi  (1450),  da  cui  dipendono  più  o  meno  i  regni  mongoli  di  Cascemir  e 
Sindi.  La  maggior  parte  della  penisola  sta  divisa  fra  molti  piccoli  Stati  ;  più  o  meno  in- 
dipendenti. Il  regno  di  Seilan  comincia  fin  dal  S43  av.  C, 

Nel  resto  dell'Asia,  i  sultani  borgiti  d'Egitto  sottomisero  la  Siria  fin  all'Eufrate  e  al 
Cidno,  e  parte  dell'^rafcm  settentrionale  fin  al  tropico  (1402  20),  e  resero  tributario  il 
regno  di  Cipro,  che  poi  nel  147S  venne  sotto  la  protezione  dei  Veneziani. 

^  5.   —  Regni  musulmani. 

Maometto  lì  (1451-81)  toglie  ai  Genovesi  l'isole  di  Metelino  e  Scio;  il  principato  di 
Lesbo;  conquista  lo  Stato  selgiucide  di  Sinope  e  di  Amerkan;  l'impero  di  Trebizonda, 
e  il  principato  di  Caramania,  cioè  tutta  l'Asia  Minore  fin  al  Tauro  e  alla  foce  del  Cidno. 
Distrutto  l'impero  romano  orientale,  formò  l'ottomano  (14S3),  il  quale  dalla  capitale 
Costantinopoli  estendeasi  al  nord  fino  al  mar  di  Marmara  e  al  mar  Nero  ;  all'est  fino 
all'Antitauro,  al  Tauro,  al  Cidno,  che  lo  separavano  dall'impero  dei  Turcomani  del 
Monton  bianco  e  dei  Mamelucchi  Borgiti,  cui  non  tardò  a  soggiogare;  al  sud  fino  al 
Mediterraneo;  all'ovest  fin  all'Arcipelago,  di  cui  abbracciava  le  isole,  salvo  iiìoJt  tenuta 
dai  Cavalieri  che  aveano  fabbricata  Budrun  sulle  mine  dell'antica  Alicarnasso. 

Primarie  città  erano  Brma,  devastata  da  Tamerlano,  rifabbricata  da  esso  Maometto  ; 
Smirne,  distrutta  da  questo,  e  ricostruita  da  Amurat  li;  Amastra,  tolta  ai  Genovesi  da 
Maometto,  che  vi  trasportò  due  terzi  della  popolazione  di  Costantinopoli;  Amasia,  ab- 
bellita da  Bajazet  II,  che  vi  fece  la  magnifica  moschea  e  il  collegio  celeste  ;  Trebisonda. 
consci  porte,  le  mura  elevate  di  sasso  sul  margine  di  profondi  precipizi;  la  sua  chiesa, 
chediceasi  fabbricata  da  Giustiniano,  fu  ridotta  a  moschea  da  Maometto. 

In  Europa  l'impero  ottomano  stendeasi  dal  mar  Nero  all'est  fino  al  Timok,  che  al- 
l'ovest lo  separava  dalla  Servia;  e  dal  monte  Tatra,  che  al  nord  lo  separava  dall'Un- 
gheria, sino  all'Arcipelago  al  sud.  Comprendeva  dunque  al  nord  la  Valachia,  al  sud 
di  questa  la  Bulgaria,  al  sud  ancora  di  questa  la  Romelia,  la  Livadia  al  sud-ovest 
della  precedente,  e  all'  ovest  di  questa  il  ducato  di  Giannina  ;  oltre  la  Moldavia  tri- 
butaria. 

1°  Il  regno  di  Bulgaria  fondato  dai  KutzoValachi  fra  il  Danubio  e  il  Balkan  (1186), 
era  stato  conquiso  dai  Turchi  Ottomani  il  1396.  Città  Nicopoli,  Silistria  sul  Danubio, 
Varna  sul  mar  Nero,  Sofìa  sulla  Bochana. 

2"  Nella  Valachia  rifuggirono  i  Kutzo-Valaohi  dopo  distrutto  il  regno  di  Bulgaria, 
fondandovi  un  ospodarato,  dipendente  or  dall'Ungheria  or  dalla  Polonia,  infine  incor- 
porato nell'impero  ottomano.  Città  Tergoivitz  sulla  Jalomnisza. 

3"  La  Romelia  o  Romania  formavasi  delle  antiche  provincie  greche  di  Tracia  e  Ma- 
cedonia, alle  quali  infine  trovavasi  ridotto  l'impero  greco.  Città  Stavibul  (Costantino- 
poli), Misiori  (Mesembria),  Siliori  (Selembria). 


240  GEOGRAFIA  —  EPOCA  DECIMATERZA 

4»  La  Livadia,  o  antica  Tessaglia,  stendeasi  al  sud  fin  al  ducato  d'Atene.  Città  Tri- 
cala  sulla  Salampria. 

5"  Il  ducato  di  Jannina  (Etolia  e  Acarnania)  avea  per  città  principale /anta/i  su  piccol 
lago. 

6°  La  Moldavia  era  ospodarato  fondato  dai  Vaiachi,  migrati  di  là  del  Seret,  verso 
il  1332,  e  mescolati  a  un  resto  di  Cumani,  che,  al  tempo  della  conquista  dei  Mongoli, 
eransi  posti  fra  il  Dniester  e  il  Pruth,  guidati  da  Bessarab,  onde  il  paese  fu  detto  Bessa- 
rabia.  Snidati  dai  Vaiachi,  si  chiamarono  jl/o/rfafta  tutte  le  terre  fra  il  Seret,  la  Moldava 
suo  affluente  e  il  Dniester,  distinguendo  la  Moldavia  propria  all'occidente  e  la  Bessa- 
raòm  a  levante.  Città,  Jassi  verso  il  centro;  Semeìidroica  aà  occident^ul  Seret;  Choczitn 
al  nord  sul  Dniester;  Suczaiva  al  sud-ovest  di  quella. 

Indipendenti  si  mantennero  alquanto  tre  principati,  staccati  dall'impero  greco,  ma 
poco  durarono:  il  ducato  d'Atene,  che  comprendea  l'Attica  e  la  Beozia,  e  spettava  alla 
famiglia  Acciajuoli  fiorentina;  la  despotia  di  Morea,  divisa  fra  due  principi  Palcologhi; 
e  la  contea  di  Cefalonia,  composta  delle  isole  di  Cefalonia  e  Zante,  e  delle  coste  d'Epiro 
ed  Acarnania. 

Vicini  e  minacciati  erano  la  Bosnia,  fatta  regno  nel  xiv secolo,  al  sud  dell'Ungheria; 
la  Servia,  all'est  della  Bosnia,  da  cui  la  separava  il  Drin;  e  dopo  che  Belgrado  era 
stato  ceduto  al  re  d'Ungheria,  capitale  n'era  Semendria  al  nord  del  Danubio;  come 
Croja  àeW Albania. 

§  4.  —  Germania, 

L'Impero  germanico  stendevasi  ancora  dal  Baltico  alle  Alpi,  dalla  Mosa  e  dalla  Saona 
fin  alla  Boemia,  Polonia  e  Prussia,  abbracciando  oltre  l'Alemagna  propria,  le  reliquie 
degli  antichi  regni  di  Lorena  e  d'Arles. 
Alemagna      L  Alemagna.  L'Alta  comprendeva  : 

a.  L'Austria  eretta  in  arciducato  il  6  gennaio  1433;  composta  delle  contee  di  Ilabs- 
burg  e  Kyburg,  e  del  landgraviato  dell'Alta  Alsazia  o  Sundgau,  patrimonio  della  casa 
dominante;  delle  contee  di  Stiria,  Carintia,  Carniola,  Austria,  Tirolo,  prefettura  di 
Svevia;  capitale yt/^or/".  Non  chiudeaverun feudo  immediatodell'impero;  e  tutte  le  terre 
signorili  ivi  comprese  rilevavano  direttamente  da  duchi  ch'erano  pure  avvocati  {land- 
vogts)  d'Alsazia. 

6,  Il  Palatinato  del  Reno,  come  il  Nordgau  o  Alto  Palatinato,  era  posseduto  da  uno 
dei  due  rami  della  casa  di  Wittelsbach;  il  quale  nel  1410  erasi  suddiviso  in  tre:  ramo 
Elettorale,  ramo  di  Neuburg,  e  ramo  di  Simmern. 

Nel  Palatinato  erano  compresi  i  grandi  baliaggi  di  Heidelberg,  Linderfels,  Bacarach, 
Alzey,  Neustadt  sotto  Hart,  le  contee  di  Due  Ponti,  di  Spanheim,  eibaliaggidi  Mosbacb, 
Ladenburg,  Bozberg,  Bretten,  Germersheim,  Utzherg,  Umstadt,  Oppenheim. 

e.  Ducato  di  Baviera,  composto  dalla  Bassa  Baviera,  e  appartenente  all'altro  ramo  di 
Wittelsbach.  Questa  casa  ducale  nel  1382  era  divisa  in  quattro  rami:  di  Straubingen 
e  Ingolstadt,  estintisi  nel  1430  e  47;  di  Landshut  e  di  Monaco,  suddiviso  ancora 
in  due. 

d.  Contea  di  Wilrtemberg,  formata  di  parte  degli  Stati  dell'antica  casa  di  Svevia,  e 
che  nel  1493  fu  eretta  in  ducato.  Al  1441  erasi  partita  in  due:  contea  di  Stuttgard,  e 
Alto  Viirtemberg  colla  contea  di  Muntbéliard, 

e.  Margraviato  di  Baden  fra  il  Reno  e  la  Foresta  Nera.  Nel  1190  fé  i  due  rami  di 
Hochberg  e  di  Baden  :  nel  loOO  il  primo  si  suddivise  in  due  altri,  di  Hochberg-Hochberg 
estinto  nel  1418,  e  Hochberg-Sauenberg. 

f.  Burgraviato  di  Norimberga,  di  cui  i  conti  di  Hohenzollern  furono  investiti  a  ti- 
tolo ereditario  da  Rodolfo  d' Ilabsburg,  poi  da  Carlo  IV  elevati  a  principi  del  sacro 
impero. 

Della  Bassa  Alemagna  i  principali  Stati  erano: 

a.  11  ducato  di  Saasonia.  Nel  11 80  Federico  Barbarossa  l'avea  dato  alla  casa  d'Ascanio, 
la  quale  nel  1260  ebbe  due  rami,  di  cui  il  primo  tenne  il  ducato  di  Sassonia  fin  al  1422, 
(juando  fu  conferito  al  margraviato  di  Misnia,  della  casa  di  Welfin;  il  secondo  ebbe  il 
principato  di  Anhalt.  Un  terzo  ramo  ebbe  il  ducato  di  Sassonia- Lauenburg. 


GERMANIA  241 

b.  Landgraviato  di  Turingia  staccato  nel  1481  dalla  Sassonia, 
e.  Contado  di  Reuss,  ne' tre  rami  di  Cera,  di  Weida,  di  Plauen. 

d.  Landgraviato  d'Jsùa,  formato  di  parte  della  Turingia,  e  nel  1292  eretto  in  prin- 
cipato del  sacro  impero. 

e.  Contea  di  Hanau,  che  nel  1431  fu  divisa  ne'  due  principati  di  Hanau-Munzenberg 
e  HanauLìchtenberg. 

f.  Quella  di  Nassau,  dopo  il  12S4  distinta  in  ramo  di  Walram  e  ramo  di  Ottone. 
Nel  1366  furono  creati  principi  del  sacro  impero. 

g.  Quella  di  Lippe,  nominata  anch'essa  principato  da  Federico  III. 

/(.  Margraviato  di  Brandeburg,  i  cui  possessori  della  casa  d'Ascanio  furono  elevati  a 
principi  dell'impero  nel  1142.  Passò  poi  alle  case  di  Baviera  nel  1320,  di  Luxemburg 
nel  1373,  di  Hohenzollern  nel  1415. 

i.  Ducato  di  Pomerania,  nel  1107  diviso  in  principato  Ulteriore  o  Citeriore,  che  fin 
al  1181  rilevavano  dai  duchi  di  Sassonia.  Nel  1186  furono  assoggettati  dal  re  di  Dani- 
marca ;  poi  liberaronsi  nel  1223;  ma  ricaddero  sotto  la  sovranità  dei  margravj  diBran- 
deburgo. 

/.  Ducato  di  Mecklenburg,  composto  della  maggior  parte  del  regno  di  Slavonia  ces- 
sato nel  1168.  Chiamavasi  allora  principato  di  Venedi,  i  cui  principi,  vassalli  dei  duchi 
di  Sassonia,  erano  stati  sottomessi  dal  re  di  Danimarca  nel  1201  ;  liberaronsi  nel  1223; 
nel  1236  il  paese  fu  suddiviso  tra  quattro  rami,  de' quali  l'unico  superstite  prese  il  titolo 
di  conte  Schwerin  o  di  Mecklemburg.  Fu  eretto  in  ducato  nel  1347. 

m.  Ducato  di  Slesivig-Holstein ,  fondato  a  spese  della  Sassonia  nel  1106,  e  conferito 
alla  casa  di  Schaumburg,  dichiarato  feudo  imperiale  nel  1180,  sottomesso  alla  Dani- 
marca nel  1201,  ritornò  indipendente  nel  1223. 

71.  Ducato  di  Brunsicick,  già  patrimonio  della  casa  di  Sassonia;  composto  dei  princi- 
pati di  Brunswick  e  di  Luneburg^  fatti  immediati  da  Federico  II  nel  1235. 

0.  Contea  é'Oldenburg,  divisa  fra  il  re  di  Danimarca  e  il  ramo  cadetto  di  casa 
Schaumburg. 

p.  Quella  d'Ostfrisia,  una  delle  sette  Zelande  di  Frisia. 

q.  Signoria  d'/erern. 

II.  I  paesi  dell'antico  regno  di  Lorena  che  rilevavano  dall'Impero,  erano;  Lorena 

a.  11  ducato  àeWAlta  Lorena. 

b.  Quello  di  Brabante,  appartenente  ai  duchi  di  Borgogna,  al  par  dei  ducati  di  Lu- 
xemburg e  Limburg,  delle  contee  di  Olanda,  Zelanda,  Frisia,  Namur,  Fiandra,  del  mar- 
chesato d'Anversa,  della  signoria  di  Malines  e  delPHainaut. 

e.  11  margraviato  di  Juliers,  eretto  in  ducato  e  principato  dall'imperatore  Carlo  IV, 
1556. 

d.  il  ducato  di  Gueìdria^  spettante  ai  duchi  di  Juliers. 

e.  Il  contado  di  Cleves,  colla  contea  della  Mark,  erette  poi  in  ducato  dall'imperatore 
Sigismondo,  1417. 

IH.  Dall'antico  regno  A'  Arie s  erano  venuti  all'Impero:  ^rle, 

a.  La  Franca  Contea  o  contea  di  Borgogna  ; 

b.  La  contea  di  Montbéliard  ; 

e.  Le  contee  di  Ferrette  e  di  Neufchàtel; 

d.  Il  ducato  di  Savoja. 

Entravano  inoltre  all'Impero  molti  principi  ecclesiastici,  cioè:  Nell'Alta  Àlemagna  gli  Principi 
arcivescovi  di  Magonza  e  di  Salzburg;  il  vescovo  di  Wurzburg,  che  nel  1452  avea  preso  "'='^""' 
il  titolo  di  duca  di  Franconia;  quello  di  Strasburg,  che  dal  1365  in  poi  possedeva  il 
landgraviato  della  Bassa  Alsazia;  quei  di  Bamberg,  Eichstadt,  Passau,  Augusta,  Fia- 
tisbona,  Coirà,  Costanza,  Basilea,  Spira,  Worms.  Nella  Bassa  Àlemagna,  gli  arcivesco- 
vadi di  Magdeburg  e  di  Brema,  i  vescovi  di  Minden,  Halberstadt,  Hildesheim,  Werden, 
Lubeka ,  Osnabruck ,  Paderborn  e  Munster.  Nella  Lorena,  l'arcivescovo  di  Colonia 
che  avea  ottenuto  i  ducati  di  Westfalia  e  d'Angria;  quel  di  Treveri  ;  i  vescovi  di  Liegi, 
Metz,  Toul,  Verdun,  Cambrai ,  Tournai ,  Utrecht.  Nel  regno  d'Arles  ,  l'arcivescovo  di 
Besanron,  e  i  vescovi  di  Basilea,  Ginevra,  Lausanne  e  Sion. 

Quanto  all'ordinamento  politico  della  Germania,  gli  Stati  dell'impero  erano  divisi  in 
quattro  classi,  cioè  il  collegio  elettorale,  il  collegio  de' principi,  il  corpo  delle  città  li- 
Cantìj,  Documenti.  —  Tomo  I.  Geografìa  poliiica.  16 


342  GEOGRAFIA  —  ICPOCA    bKCUIATERZA 

bere  e  imperiali,  il  corpo  della  nobiltà  immediata.  Gli  elettori  erano  tre  ecclesiaBtici, 
gli  arcivescovi  di  Maqonza^  Colonia,  Treveri;  e  quattro  secolari,  il  re  di  Boemia,  il  conte 
Palatolo,  il  duca  di  3a<<!^onia,  il  marchese  di  Brarulphiirrio.  Il  collegio  de'  principi  com* 
ponevasi  di  tutti  i  prandi  vassalli  che  ritraevano  direttamente  dalla  corona. 
l'L-ghe  j]  corpo  delle  città  lihere  e  imperiali  formava  alle  diete  il  banco  del  Reno  e  il  banco 

di  Svevia.  Del  banco  del  fieno  emno  Colonia,  Aquisgrana,  Ltibeka,  Worms,  Spira,  Fran- 
coforte, Goslar,  Brema,  Mulhausen,  Nordhausen,  Dortmund,  Wetziar,  Gelnhausen.  Del 
banco  di  Svevia,  Ratisbona,  Augusta,  Norimberga,  Essiingen,  Ulm,  Reutlingen,  Nordlin- 
gen,  Rotenburg,  Halle,  Rotweil,  Uberlingen,  Heiibronn,  Cemunde,  Memmingen,  Lin- 
dau,  Rauensluirg,  Scbweinfurt,  Ken-pten,  Windsheim  ,  KaiifTbeuren,  Weil ,  Wangen , 
Pfuilendorf,  OtTenburg,  Leutkirch,  Wimpfen,  Weissenburg,  Giengen,  Gegenbak,  Zeli, 
Buchorn,  Aaien,  Buckau.  Roffìngen,  Donawerth. 

Rappresentavano  essi  le  due  leghe,  formate  dalle  città  per  propria  difesa:  cioè  la 
Confederazione  del  Reno,  stretta  da  prima  fra  Magonza  ,  Colonia,  Worms  e  Strasburgo 
C1247),  poi  cresciuta  d'oltre  sessanta  città  sul  Reno  da  Zurigo  a  Colonia;  e  la  Gran 
lega  o  Lega  di  Svevia,  costituita  nel  1380  dalle  città  di  Svevia,  e  in  cui  entrarono  quelle 
di  Franconia, 

Quasi  una  repubblica  disfinta  formava  V Ansa  ienlonica  o  Lega  anseatica,  fondata 
verso  il  12i1,  poi  cresciuta  nel  xv  secolo,  entrandovi  le  città  trafficanti  dall'imboccatura 
della  Scbelda  sin  in  fondo  alla  Mvonia.  In  un'assemblea  generale  a  Colonia  nel  ISOl 
si  compilò  il  primo  atto  conosciuto  di  federazione  tra  queste  città  che  erano  ripartite 
ne'  quattro  circoli  di  Lribeka,  Colonia,  lìrunsicike  Danzica.  La  prima  riguardavasi  come 
capo  della  Lega,  e  ogni  tre  anni  vi  si  teneano  le  assemblee  generali. 

Più  0  men  numero  di  città  comprese  l'Ansa:  nel  1360  erano  52,  poi  crebbero  a  72, 
e  sin  a  80.  Principali  erano,  oltre  le  predette,  Amburgo,  Brema,  Wismar,  Rostok  , 
Stralsund,  Stettin,  Thorn,  Riga,  Munster,  Osnabruk,  Magdeburg,  Utrecht  .  .  ,  Aveano 
inoltre  banchi  a  Bergen  in  Norvegia,  a  Novogorod  in  Russia,  a  Londra  in  Inghilterra, 
a  Brugps  in  Fiandra. 
Njliltk  La  nobiltà  immediata  era  sorta  all'estinguersi  dei  ducati  di  Svevia  e  di  Franconia, 
immediata  quando  i  nobili  possidenti  in  essi  cessarono  dalla  dipendenza,  e  i  loro  feudi  divennero 
allodj.  A  modo  delle  città  libere,  formarono  delle  piccole  associazioni  per  guastar  il 
commercio  e  la  potenza  di  quelle:  tali  erano  lo  scudo  di  San  Giorgio,  il  Leon  d'oro. 
San  Guglielmo,  il  Santo  Spirito  ecc.  Erano  distribuite  io  tre  circoli:  uno  di  Svevia  in 
cinque  cantoni  ;  due  di  Franconia  in  sei  cantoni;  tre  del  Reno  iti  tre  cantoni. 

§  b.  —    Svizzera. 

A  scapito  dell'Impero  germanico  si  stabili  fi  31 5)  la  Confederazione  elvetica, 
che  da  |)rincipio  contava  otto  cantoni  o  IVahlstcetlen,  cioè:  Schivitz ,  Uri,  Inlervalcl 
nel  centro,  attorno  al  lago  dei  Quattro  cantoni;  Lucerna,  Zurigo,  Glaris,  Zug,  Rema. 
Tolsero  ai  duchi  d'Austria  le  città  di  Zofjingen,  Aarau,  Hrigg ,  le  contee  di  Ausburg, 
Lensburg,  e  il  meglio  ùcW'Argovia:  per  forza  con(iuislarono  i  baliaggi  liberi,  col  con- 
tado di  Baden,  e  le  città  di  Mellmgen  e  BrmgarUn. 

Nel  1400  conquistano  la  Turgovia,  e  aggiungonsi  cinque  altri  cantoni,  cioè  Friburgo 
e  Soletta  nel  1481,  Basilea  e  Sciaffuni  nel  150!  ,  Appcnzcll  nel  1jI3.  Mescendosi  alle 
guerre  d'Italia  acquistano  di  qua  dall'Alpi  i  balinggi  di  BeUinzona,  Riviera,  Val  Rrcgno 
nei  Ì5U0;  di  Lugano.,  Locamo,  AJendrisio,  Val  Maggia  nel  1512. 

Si  consolidò  la  Svizzera  coll'unirsi  nel  1497  ai  Grigioni.  Le  leghe  grigie  erano  tre: 
la  Superiore  0  Grigia  pro|)riauioiite  detta,  ad  occidente;  la  Caddea  (Ca  de  DioJ  al  sud; 
le  Dieci  drilture  i\]  nord.  Anch'essi  conquistarono  di  qua  dall'Alpi  Bormio  nel  1498, 
Chiavenna  e  la  Valtellina  nel  15.^0,  e  le  tennero  come  baliaggi. 

Nel  15o0  s'aggiimsero  alla  federazione  i  paesi  di  Vaud,  di  Ginevra  e  del  \'alese.  L'in- 
dipendenza della  Svizzera  non  fu  riconosciuta  formalmente  che  nel  1648,  alia  pace  di 
Westfalia. 


1  KA.NCU  243 


§  6.  ^ —  Francia. 

Ormai  sgombra  di  stranieri,  la  Francia  avvicinasi  all'unità  territoriale,  benché  la 
ritardi  la  formazione  dogli  appanaggi,  donde  erano  sorti  altri  grandi  vassalli.  I  princi- 
pali erano:  I.  Il  duca  di  Borgofjna^  pari  al  re  in  potenza,  che  di  ampj  Stati  circondava 
la  Francia  all'est  e  al  nord.  2.  La  casa  di  Borbone,  nel  I^.So  unita  alla  contea  di  Cler- 
niont  nel  Heauvoisis  ;  suddivisa  poi  tra  varie.  3.  Quella  d'Or/e'ans,  proveniente  da  Luigi 
duca  d'Orléans,  fratello  di  Carlo  VI;  e  possedeva,  per  parte  di  Valentina  Visconti,  la 
contea  d'Asti  in  Italia  e  diritti  sul  [Milanese.  4.  La  casa  d'Aììjou,  con  possessi  estesi 
quanto  quella  di  Borgogna,  ma  men  compatti  e  omogenei:  capo  stipite  ne  fu  Carlo  fra- 
tello di  Luigi  IX.  5.  Quella  di  Bretagna,  discendente  da  Pietro  Mauclerc. 

Altri  vassalli  inferiori  eppur  potenii  erano  spesso  in  guerra  aperta  colla  corona:  e 
principali  i  conti  d' Armagnac,  i  siri  à'Albret,  i  conti  di  Foix  e  d' Orange  al  mezzodì: 
al  centro  i  conti  d'Auvergne  e  i  duchi  di  Aleticon  ;  al  nord  i  conti  di  Soissons  e  i  si- 
gnori di  Secìaìi. 

A  metà  del  secolo  xv,  il  dominio  reale  si  riduceva  alla  Normandia,  Isola  di  Francia, 
parte  di  Picardia,  Champagne,  Orleanese,  Berry,  Turena,  Poitou,  Saintonge,  Aunis, 
Guienne,  contea  di  Cominges  in  Guascogna,  la  Linguadoca,  il  Lionese,  il  Delfinato.  Ma 
nel  mezzo  secolo  tra  Luigi  XI  e  Francesco  1  fu  diroccata  la  feudalità  e  ridotto  uno  il 
regno. 

Luigi  XI  unì  alla  corona  i  ducati  di  Nemours  e  Borgogna,  la  Franca  Contea,  l'Artois, 
le  città  della  Somma  (1477),  la  contea  di  Etampes  (1478),  l'Anjou  (1480),  il  Maine,  il 
ducalo  di  Bar,  il  contado  d'Armagnac  (1481)  :  dal  re  d'Aragona  fé  cedersi  il  Rossiglione 
e  la  Cerdiigna  (I4G2) 

Questi  due  ultimi  abbandonò  Carlo  Vili,  come  l'Artois  e  la  Franca  Contea  all'arci- 
duca Massimiliano  (1493);  pure  aggregò  la  Provenza  (1487),  e  preparò  l'unione  della 
Bretagna,  compita  poi  da  Luigi  XII.  Il  quale  incorporò  alla  corona  il  proprio  ducato 
d'Orléans;  come  Francesco  I  l'Angoumois  (1515).  I  principi  che  conservarono  appa- 
naggi, come  il  signore  di  Seclan,  il  conte  di  Nevers  e  Rethel,  il  duca  di  Borbone,  più  non 
furono  sovrani  assoluti  nel  proprio  dominio. 

§  7.  —  Gran  Bretagna. 

V  Inghilterra  comprendeva  a.  tutta  la  parte  meridionale  della  Bretagna  fino  al 
Tweed  e  al  golfo  di  Sohvay,  cioè  V Inghilterra  propria  all'est  e  il  principato  di  Galles 
all'ovest,  aggregato  il  1285;  b.  Y Irlanda,  conquistata  il  1172;  e.  l'isola  d'AngUseij,  le 
iSorlinqhe,  le  isole  di  Wight,  d'Aurignij,  di  Guerneseìj,  di  Jersey  nella  Manica;  d.  la 
città  di  Calais  col  suo  territorio  sul  continente  francese. 

La  Scozia  abbracciava  la  parte  settentrionale  della  Gran  Bretagna,  l'isola  di  Man, 
e  le  Ebridi  comprate  dalla  Norvegia  il  126(j:  presto  s'accrebbe  coU'acquisto  del  Ber- 
wich  al  sud  delle  Orcadi,  e  delle  Shetlaìid  al  nord. 

Le  Ebridi  formavano  un  principato  sovrano,  sotto  il  lord  delle  Isole  conte  di  Ross, 

§  8.    —  Scandinavia, 

I  re  di  Danimarca,  che  sottomesso  tutto  il  litorale  sud  e  sud-est  del  Baltico 
sin  al  golfo  di  Finlandia,  avean  assunto  il  titolo  di  re  di  Vandalia,  al  fine  di  questa  età 
non  possedeano  più  che  il  nord  del  Giutland,  parte  delle  isole  danesi,  le  isole  di  Burn- 
holm  e  di  Rugen.  La  meridionale  del  Giutland,  cioè  il  ducato  di  Sleswig  e  la  contea 
d'Hulstein,  formavano  un  principato  indipendente,  come  le  isole  Femera,  Laland, 
Falster. 

Però  essi  re  avevano  acquistato  la  Nurvegia ,  le  Orcadi ,  \e  Shetlaìid,  \e  Feroe  e 
V Islanda,  che  insieme  colla  Svezia  furono  aggiunte  a  quel  regno  nell'unione  di  Calmar 
(1397)  e  vi  rimasero  anche  dopo  che  la  Svezia  se  ne  staccò  ne!  1448. 


244  GEOGRAFIA    —    tPOCA    DECIMATtRZA 

La  Svezia,  ridotta  a  monarchia  nel  1278,  comprendeva  la  Gulia  al  sud,  la  Svezia 
propria  al  nord  di  essa,  la  Lapponia  svedese  al  nord  della  Svezia  propria,  la  Botnia  at- 
torno al  golfo  cui  dà  nume  ,  la  Finlandia  all'est  del  suo  golfo.  Ne  dipendevano  pure 
l'arcipelago  delle  isole  Aland,  e  l'isola  OEland.  Della  Gotlandia  disputava  il  possesso 
colla  Danimarca. 

^  y,   —   Penìsola  iberica. 

Il  Portogallo  reso  indipendente,  prese  i  confini  che  poi  conservò,  cioè  al  nord 
il  Mino,  all'ovest  e  sud  l'oceano  Atlantico,  all'est  le  città  di  Miranda  sul  Duero,  d'Elvas 
sulla  Guadiana,  l'Elga,  la  Chanza.  Tali  erano  le  sue  provincie,  successivamente  conqui- 
state: Entre  Duro-e-Mino  e  Tras  osmontcs  (1094  1112),  lieira  ed  Estremadura  (1112- 
8Sj,  Jlentejo  cioè  al  sud  del  Iago  (1203),  Algarve  (12Ì2-51). 

C  astiglia  e  Leon  formarono  due  regni  dal  1157  al  1230:  uniti,  crebbero  a  spese 
de'  vicini  allargandosi  dal  golfo  di  discaglia  al  nord  sin  al  Mediterraneo  al  sud-est  e 
all'Oceano  al  sud-ovest. 

h'  Ar  agona  pure  si  estese,  sottomettendo  quattro  regni  musulmani  di  Saragozza, 
Tortosa,  Baleari  e  Valenza;  poi  altri,  in  modo  da  divenire  il  più  potente  Stato  cristiano 
di  Spagna.  Aggiunse  la  Sicilia  dopo  i  Vespri  (1282),  la  Sardegna  tolta  ai  Pisani  (1320), 
Napoli  acquistata  da  Alfonso  V  (1442). 

La  Navarro,  tornata  indipendente  nel  1134,  stette  unita  alla  Francia  dal  1284  al 
1322;  infine  fu  innestata  al  regno  d'Aragona  (1458). 

Il  regno  di  Granata  era  ridotto  alle  coste  del  Mediterraneo  da  Gibilterra  al 
capo  Gata. 

Il  matrimonio  di  Fernando  d'Aragona  con  Isabella  di  Castiglia  uni  queste  due  co- 
rone (1479);  il  regno  di  Granata  fu  conquistato  (1492);  tolta  la  Navarra  alla  casa  d'AI- 
bret  (1512);  sottomesso  il  regno  di  Napoli  (1504).  Allora  (1515)  la  monarchia  spagnuola 
comprendeva  la  Galizia,  le  Asturie,  le  due  Casiiglie,  la  Navarra,  V Aragona,  la  Catalo- 
gna, i  regni  di  Valenza,  Murcia,  Granata,  l'Andalusia,  V Estremadura ,  le  Baleari,  la 
Sardegna,  la  Sicilia,  il  regno  di  Napoli. 

g  10.    -  Italia. 

Entrando  in  Italia,  sui  due  pendii  delle  Alpi  incontrasi  la  Savoja,  appartenente  ai 
conti  di  Morienna,  creati  conti  del  sacro  Impero  il  1111 ,  e  che  per  matrimonio  avean 
acquistato  il  marchesato  di  Susa,  il  ducato  di  Torino  o  Piemonte,  e  conquistata  la  Ta- 
rantasia;  da  Enrico  VII  ebber  titolo  di  principi  dell'Impero  (1510),  e  il  feudo  di  Aosta 
dipendente  dal  regno  d'Italia  (1313).  V'aggiunsero  la  Bresse,  le  baronie  di  Faussigny, 
di  Gex  e  di  Vaud  (1356);  il  Bugey,  il  Valromoj,  (1559),  le  contee  di  Nizza,  Ventimi- 
glia,  Tenda,  Beuil,  con  Villafranca  e  la  valle  di  Barcellonetta,  staccate  dalla  Provenza 
(1388);  infine  il  Generese  (1401).  L'imperatore  vSigismondo  ne  fece  un  ducato  (1416), 
investendo  il  Piemonte  (1418),  fin  allora  appanaggio  di  cadetti,  al  duca  Amedeo  Vili, 
che  dal  duca  d'Anjou  (1419)  si  fece  confermare  il  possesso  delle  terre  smembrale  dalla 
Provenza,  e  cedere  dal  duca  di  Milano  Vercdìi  (1427). 

All'est  del  ducato  di  Savoja  e  all'ovest  del  Milanese,  il  marchesato  di  Monferrato 
fin  al  1305  appartenne  alla  stirpe  d'Aleramo,  passò  poi  ad  un  ramo  di  Paleologlii.  La 
casa  era  divisa  in  marchesi  di  Monferrato  e  njarchesi  di  Saluzzo. 

Genova  s'avvicendava  fra  tirannia  e  franco  stato,  costretta  dalle  turbolenze  a  sot- 
toporsi a  Milano  (1352),  a  Francia  (1596),  al  marchese  di  Monferrato  (1409),  ancora  al 
duca  dì  Milano  (1421),  da  cui  si  sottrasse  il  1436,  per  ritornarvi  il  1487.  Sulla  terra- 
ferma possedea  la  costiera  ligure  da  Ventimiglia  fin  oltre  Sarzana,  divisa  in  Biriera  di 
Levante  e  Biviera  di  Ponente.  Qualche  tempo  tenne  il  porlo  di  Livorno  in  Toscana,  che 
poi  nel  142!  vendette  ai  Fiorentini.  In  mare  possedea  la  Corsica  lolla  ai  Pisani;  Fa- 
magosfa  nell'isola  di  Cipro;  .Sevo,  conquistata  nel  15 i6;  il  sobborgo  di  Pera  a  Costan- 
tinopoli, poi  anche  quel  di  Golata:  ylso/"  sul  mare  dello  stesso  nome;  Coffa  in  Crimea; 


ITALIA  24  Ji 

Amastro  sul  mar  Nero.  L'isola  di  Lesbo  con  quella  di  Imbros,  Lemno,  Thasos  e  la  citlà 
di  Eìios  sulle  coste  di  Tracia,  erano  signoria  di  casa  Gatilusi.  Aveva  inoltre  banchi  a 
Nìmes,  Aiguesmortes,  Majorca  e  Tunisi. 

Il  HJ ilanese  fu  a  signoria  de'  Visconti,  che  poi  ottennero  il  titolo  di  duchi  (1393), 
indi  passò  a  Francesco  Sforza  (14i7j  e  sua  famiglia.  Tra  la  Sesia  e  l'Adda,  il  ducato 
comprendeva  i  territorj  di  Milano,  Pavia,  Lodi,  Cremona,  Parma,  Piacenza,  Alessan- 
dria, Tortona,  Xovara,  Como,  Belliìizona,  la  contea  ó'Anghiera,  la  Geradadda;  crebbe 
poi  (in  ad  abbracciare  tutta  l'Italia  settentrionale  fra  la  Sesia,  l'Alpi,  la  Brenta  e  il  Po; 
anzi  di  là  dal  Po  acquistò  Siena  e  Pisa,  Bologna  e  Perugia,  Spoleto  e  la  marca  à' Ancona. 

Luigi  il  Ijavaro  confermò  il  Mantovano  a  casa  (Jonzaga  (1528J  unendovi  PiCggio 
per  poco  (J552);  Sigismondo  ne  fece  un  marchesato  (1435)  che  comprendeva  le  si- 
gnorie di  Sabionetae  Bozzolo.  Altri  rami  di  casa  Gonzaga  signoreggiavano  a  Ca'^tiglione 
delle  Stiviere,  a  Xovellara ,  a  Solferino,  a  Guastalla,  la  quale  nel  LiOo  fu  unita  colla 
contea  di  Monlechiarugolo. 

La  signoria  di  Venezia  erasi  per  sua  sciagura,  estesa  sulla  terraferma,  dominando 
sin  all'Adda;  sicché  comprendeva:  a.  il  Dogato,  cioè  le  lagune  e  il  litorale  dell'Adria- 
tico fra  Adige  e  Piave;  b.  il  Friuli,  tolto  nel  1  i21  al  patriarca  d'Aquileja;  e.  le  città  e 
i  territorj  di  Cadore,  Belluno,  Feltre,  Treviso,  formanti  la  marca  Trevigiana,  tolte  ai 
Della  Scala  il  -1587;  d.  il  Padovano,  tolto  ai  Carrara  il  1588,  e  incorporato  il  1405  alla 
signoria  con  Vicenza  e  Verona;  e  il  Bresciano,  Bergamasco,  Cremasco,  ceduti  il  li28  dai 
duchi  di  Milano;  /'.  la  Dalmazia,  ritolta  il  1420  al  re  d'Ungheria.  Però  7?a(;ws/ formava 
repubblica  da  sé,  sotto  la  protezione  dei  Turchi  (1445).  Inoltre  la  signoria  possedeva  sul 
continente  d'Italia  Cervia,  Ravenna  tolta  ai  Polenta  liiO;  nell'Adriatico  le  isole  Dal- 
mate fin  a  Caltaro  ;  nel  .Tonio  Corfù;  nell'Arcipelago  Candia,  Xegroponte  e  le  minori 
isole  frapposte;  e  Tenedo ,  ceduta  ai  Genovesi  nel  1."22  dall'miperatore  Andronico  II 
Paleologo;  in  Grecia  Patrasso  e  Lepanto,  da  cui  dominava  il  golfo  di  Corinto. 

Casa  d'  Este  regnava  a  Modena,  Reggio  e  Ferrara,  e  sulla  penisola  fra  il  Po  e  l'A- 
dige che  dicono  Polesine  di  Rovigo,  Borso  d'Este  ottenne  da  Federico  III  il  titolo  di 
duca  di  Modenese  Reggio  e  conte  di  Rovigo  e  Comacchio  (1453J;  cui  papa  Paolo  II  ag- 
giunse quello  di  duca  di  Ferrara  (1471). 

La  Toscana  era  divisa  tra  le  repubbliche  di  Lucca,  Pistoja,  Siena,  Pisa,  brezzo, 
Piombino,  ]'olterra,  Firenze.  Lucca  fu  eretta  in  ducalo  da  Lodovico  il  Bavaro  (1327), 
venduta  a  varj ,  e  pur  conservò  la  libertà  quando  le  altre  l'ebbero  perduta.  Pisa,  rovi- 
nata dalle  guerre  con  Genova  ,  soccombette  a  Firenze  il  140G.  Piombino  fu  capo  di  un 
piccolo  principato,  cui  apparteneva  anche  l'isola  d'Llba,  tolta  ai  Genovesi.  Firenze  do- 
minava su  Pisa,  Volterra,  Arezzo,  Livorno,  Pistoja.  Siena  ne  rimase  franca,  e  le  sopra- 
visse quand'essa  soccombette  ai  iMedici. 

Innocenzo  Ili  acquistò  per  la  Santa  Sede  la  marca  d'Ancona  e  il  ducato  di  Spoleto 
(1212);  il  suo  successore  si  assicurò  l'eredità  della  contessa  Matilde:  sicché  lo  Stato 
della  Chiesa  stendeasi  da  Bologna  a  Terracina,  e  da  Ancona  a  Civitavecchia,  com- 
prendendo la  Romagna  (Esarcato),  la  marca  tV Ancona  fPentapoli),  il  ducato  di  Spoleto, 
il  Patrimonio  di  san  Pietro,  cioè  i  beni  allodiali  della  contessa  Matilde:  nel  1229  eragli 
stato  ceduto  il  contado  Venesino ,  e  nel  1.348  venduta  la  città  d'Avignone,  ove  alcun 
tempo  tennero  sede  i  papi.  Fin  dall'xi  secolo  po.'^sedea  Benevento. 

Ma  varie  famiglie  aveano  eretto  principati  particolari  ;  come  i  Benlivoglio  a  Bolognoy 
i  Manfredi  a  Faenza,  i  Riario  ad  Imola  e  Forlì ,  i  Malatesta  a  Rimini ,  i  Montefeltro  a 
Urbino,  Montefeltro  e  Gubbio,  i  Fogliani  a  Camerino,  i  Varano  a  Fermo,  i  Baglioni  a 
Perugia,  i  Vitelli  a  Cività-di-Castello,  uno  Sforza  a  Pesaro,  ecc.  Ferrara  apparteneva  a 
casa  d'Este;  Ravenna  ai  Veneziani.  Francesco  Sforza  conquistò  nel  1433  la  marca  d'an- 
cona, con  Jw* ,  Osimo ,  Fermo,  Recanati,  Ascoli;  ma  vi  rinunziò  divenendo  duca  di 
Milano. 

San  Marino,  al  sud-ovest  di  Rimini,  restava  repubblica. 

Altre  piccole  signorie  erano  il  principato  di  Monaco  al  sud  del  Piemonte;  la  si- 
gnoria di  Massa  al  nord-ovest  della  Toscana;  la  contea  della  Mirandola  al  nord- 
ovest di  Modena. 


24G  Gror.RAFiA  —  ppoca  dkcimateuza 


§  11.    —  Russia  e  Gapcìak. 

Era  stato  fondato  dai  Mongoli  nel  '123i  nella  Cuniania  o  Capciak  un  vasto  impero, 
ch'essi  chiamarono  Orda  d'oro  o  GrarnVorda.  Ma  nel  xiv  e  xv  secolo  decrebbe,  e  alfine 
trovavasi  partito  in  cinque  kanati;  dei  Tartari  Nogai ^  della  Crimea,  d'Astrakaìi,  del 
Capciak,  di  Casari. 

Nell'Europa  settentrionale,  il  ducato  di  Mosco  via,  composto  da  quei  di  Vladimiria 
e  Suzdal,  si  scosse  alTatto  dal  giogo  dell'Orda  d'oro  per  opera  di  Ivan  HI  (1480);  e 
crebbe  coi  territori  di  Novogorod  e  Fskof,  e  dei  piccoli  principati  ancora  indipendenti. 

§  12.  —  Polonia, 

Alla  Polonia  fu  unita  la  Lituania  (1386),  in  modo  che  abbracciava  al  nord  fin  alla 
Dwina,  al  sud  fino  ai  Crapak  e  al  Dniester,  all'ovest  sin  all'impero  di  Germania,  all'est 
sino  all'alto  Donetz,  all'Oka  superiore  e  all'Ugra,  che  la  divideva  dalla  Russia;  al  nord- 
ovest sin  al  Baltico  per  la  Sainogizia,  al  sud-esi  fin  al  mar  Nero  per  la  Podolia. 

Comprendeva  la  Cujavia,  la  Grande  e  Piccola  Polonia,  la  Masovia,  ducato  distinto  e 
quasi  indipendente.  La  iiilesta  era  stala  abbandonata  alia  supremazia  del  re  di  Uoemia. 
Le  pro\incie  sul  Baltico  appartenevano  all'ordine  Teutonico.  L)i  tali  perdite  erasi  risto- 
rata la  Polonia  acquistando  la  Bussia  rossa  (1340j,  la  Podolia  e  Volinia  (1549)  tolte  ai 
Russi  e  Lituani. 

Il  granprincipato  di  Lituania  non  racchiudeva  che  piccolissima  parte  della  Samo- 
gizia  e  della  Lituania  propria;  ma  nel  xui  e  xiv  secdlo  fu  cresciuto  colle  conquiste 
successive,  togliendo  ai  Russi  la  Pudtachia,  Polesia,  Russia  nera  e  bianca,  i  principati 
di  Eiof  e  di  Sìnolensko,  quello  nella  piccola,  questo  nella  grande  Russia  ;  la  Russia 
rossa,  la  Podolia,  la  Volinia,  la  Samogizia  intera-,  onde  slendeasi  dSl  mar  Baltico  al 
Nero. 

§13,  —  Prussia  e  Livonia. 

L'ordine  Teutonico  e  quello  dei  Portaspada,  uniti  nel  1257  sotto  un  solo  granmae- 
stro,  dominavano  tutto  il  litorale  del  Baltico,  dal  golfo  di  Finlandia  allo  sbocco  del- 
l' Oder,  cioè  la  Pomerania  orientale,  Prussia,  Hamoyizia,  Curlandia,  Livonia,  Estonia. 
Perdettero  poi  la  Samogizia,  parte  della  Prussia  e  la  Pomerania  occidentale. 

La  Pomerania  orjen/a/e  o  di  Danzica,  conquistata  il  1511,  stava  all'est  della  Vistola, 
e  dicevasi  anche  Pomerelia. 

La  Prussia,  all'est  della  Pomerelia  ed  al  nord  della  Polonia,  conquistata  il  1230,  di- 
videasi  nelle  undici  proviucie  di  Sambia,  Nadrovia,  Sudai-ia,  Sculavonia,  Natangia, 
Sartia,  Galingia,  Warmia,  Ogerland,  Pomerania,  Culniia,  A'bniysberg  era  slata  fon- 
data il  1255  sul  Pregel  ;  Culm  sulla  Vistola  il  1261  ;  Marienburg  sul  Nogat  il  1280. 

La  Curlandia  era  abitata  da  Curi  e  Semigalli,  tribù  vendoletloni. 

La  Livonia  dai  Livi,  tribìi  finnica;  conquistata  dai  cavalieri  Portaspada  il  1220,  tornò 
indipendente  il  1227.  Riga,  sede  arcivescovile,  formava  una  specie  di  sovranità  indi- 
pendente. 

V  Estonia  dagli  Esti,  confederazione  finnica,  fu  conquistata  dai  Danesi  il  1219,  e 
il  1347  venduta  da  loro  all'ordine  Teutonico. 

^  \\.  —  Viaggio  d'Ibn  Batuta. 

Abu  Abd  Mohammed  Ibn  Abd  Allah  el-Lawati,  noto  sotto  il  nome  di  Ibn  Ratuta,  la- 
sciò Tanger  sua  patria  per  compiere  il  pellegrinaggio  nel  72S  dell'egira,  132i-o  d.C. 
Viaggiando  per  pie  intenzioni,  cerca  in  particolar  modo  chi  era  in  conto  di  santo,  vivo 


MAf.f.io  ii'iBN  nvTi'TA  ;B47 

0  morto  clie  si  fosse.  Uno  ile'  nioggìori  santi  di  Alossandiin,  al  suo  piuri'er  colò,  era  il 
dotlu  e  nio  iiiiaiii  lioruu  Oddiii  el-Aarag,  che  uvea  la  facoltà  di  far  miracoli.  Quando  ibn 
IkilLitaandò  un  yiorno  a  fur^-li  \ibitii,  l'imam  gli  dibse:  —  Vedo  tlie  ardete  dui  desiderio 
«'  di  visitare  [laesi  lontani  :  andrete  a  vedere  mio  IVuteilo  FaridOddm  nell'india,  e  mio 
«  fratello  lìokn  Oddin  ibn  Zaliaria  nella  Sindia,  ed  anche  mio  fratello  liarun Oddio  nella 
«  Cina;  presentate  loro  i  miei  saluti  ».  11  nostro  jìellej^rino,  tocco  a  queste  parole,  de- 
liberò di  visitare  quelle  contrade;  né  desistè  che  non  ebbe  alle  tre  persone  indicate 
presentato  i  saluti  dell'imam. 

Percorse  alcun  tempo  le  città  del  Delta,  giunse  al  Cairo.  A  propogitodeIJSilo,  una  breve 
digressione  prova  le  sue  cognizioni  geogratìcbe  ;  'i  il  iNilo  die  scorre  per  ([uesto  paeae 
vince  di  gran  lunga  gli  altri  (lumi  per  dolcezza  d'accjue,  lungliezza  di  corso  e  utilità;  è 
uno  dei  cinque  gran  liunii  del  mondo,  di  cui  gli  altri  sono  TLufrate,  il  Tigri  il  aiune 
il  Gion.  Avvene  altri  cinque  che  possono  a  (]uebli  essere  paragonati,  cioè  il  Sindia 
(l'Indo)  chiamato  il  Pcngiab  o  cinque  tiuini  ;  il  Gange,  cui  gl'Indiani  vanno  in  pellegri- 
naggio, e  nel  quale  gettano  le  ceneii  de' morti  quando  sun  arsi,  e  dicono  che  scende 
dal  paradiso;  il  liume  Jun  (o  Jumnaj,  il  (iume  Alhil  (il  Volga)  nei  deserti  del  Kipsiak, 
e  il  liume  Saro  nella  Tartaria,  sulla  cui  sponda  è  la  citlà  di  Kant  Balikh  (Feking),  e 
scorre  da  quel  luogo  a  El-Kansa,  e  quindi  alle  citlà  di  Zailun  nella  Cina.  11  corso  del 
Mio  è  diretto  da  mezzogiorno  a  settentrione,  al  contrario  di  tuiti  gli  altri  tìumi». 

Dal  Cairo  procedette  attraverso  rLgillo  sin  alle  frontiere  della  INubia;  ma  le  turbo- 
lenze di  quel  paese  non  lasciandolo  continuare  verso  mezzogiorno,  tornò  giù  pel  Mio  e 
andò  a  Gaza,  dove  vide  i  sepolcri  d'Abramo,  Lacco  e  Giacobbe,  e  loro  mogli.  Da  Tiro, 
che  trovò  meravigliosamente  forte  e  circondata  da  tre  parli  dall'acqua,  s'afl'reltò  alla 
volta  di  Tiberiade,  che  bramava  parlicolarmenle  vedere;  ma  non  vi  scòrse  che  sorgenti 
d'acque  calde  e  vaste  ruine  (J). 

11  nostro  viaggiatore  volse  quindi  al  Libano,  passando  per  le  fortezze  dei  Fedaviab 
0  Assassini.  Il  Libano  è  la  montagna  più  fruttifera  del  mondo,  abbonda  di  varie  specie 
frutte,  sorgenti  d'acqua,  e  ombrosi  recessi,  ed  è  coperta  di  celle  di  romiti.  Da  (juesto 
andò  per  Balbek  a  Damasco  :  sgraziulaiuente  il  suo  abbreviatole  ci  ha  privati  di  un 
ragguaglio  di  quelle  rinomate  città;  tuttavia  gli  aneddoti  religiosi  hono  scrupolosa- 
mente conservati,  tra  cui  il  seguente  è  singolare:  Fuori  di  Damasco,  sulla  via  dei  pelle- 
grinaggio, havvi  la  inuscliea  del  piede  tenuta  in  gran  venerazione,  e  vi  conserva  una 
pietra  che  porta  l'impronta  del  piede  di  Mosè.  In  (juella  moschea  si  fanno  preghiere  in 
tempi  di  calamità,  lo  stesso  era  presente  nel  74G  (J345j,  allurchè  la  gente  radunata  pre- 
gava d'essere  liberata  dalla  peste,  e  la  peste  cessò  quel  medesimo  giorno.  Ventimila 
morivano  ogni  dì  in  Damasco;  me  presente,  ne  erano  morti  giornalmente  ventiquattro- 
mila: tuttavia  dopo  le  preghiere  la  peste  cessò  »,  La  niorialilàqui  accennata  è  meno  cre- 
dibile che  il  miracolo:  ma  la  pietra  coll'impronta  del  piede  merita  qualche  considera- 
zione. Si  suppone  generalmente  che  i  monumenti  di  questa  sorta  siano  avanzi  di  bud- 
dismo; ma  è  possibile  siano  da  attribuire  a  più  remota  antichità.  L'impronta  di  un 
piede  veduta  da  Erodoto  presso  il  fiume  Tira,  era  ascritta  ad  Ercole:  una  simile  nei 
Seilan  o  fra  i  Birmani  prendeva  nome  da  Budda  :  in  Damasco  si  credeva  il  piede  di 
Mosè.  La  gran  distanza  fra  le  contrade  nelle  quali  questa  singolare  specie  di  monumenti 
venne  trovata,  e  la  sua  esistenza  a  Damasco,  tendono  ugualmente  a  provarne  la  grande 
antichità. 

Lasciando  Damasco,  Ibn  Batuta  pellegrinò  alla  tomba  del  Profeta  a  Medina,  e  passò 
per  la  città  di  Meshed  Ali,  arricchita  dalle  offerte  dei  pellegrini.  «  11  17  di  rajah  (dice 

H)  Quelle  sono  più  lungamente  dcscritle  da  El-  ticaraentc  da  dedici  lunghi,  ciascuno  dei  quali  era 

Harawi:    »  I  bagni  di  Tiberiade  (dice  qucs(o  sciit-  destinalo  alla  cura  di  quuUhc  malaKia  ;  onde  cljiun- 

tore),  meraviglie  del  mondo,  non  sono  giìj  qucllf  que  ne  era  affetto,  vi  si  lavava  e  guariva.  Qucst'ac- 

presso  le  porte  della  città  dalla  parte  del  hgo,  che  qua  è  assai  calda,  purissima  e  gralissima  al  gusle  e 

di  simili  a  questi  se  ne  possono  vedere  allrove:  ma  all'odorato.  Le  sorgenti  versano  in  un  largo  e  bel 

i  meravigliosi   si  trovano  in  una   valle  all'orieutc  serbalnjo,  in  cui  la  gente  va  a  bagnarsi.  L'utilità  di 

della  città,   nominata  El-Hosainya.  La  costruzione  questi  bagni  è  evidente,  n'e  ci  "e  avvenuto  di  veder 

che  gli  abliraccia  e  di   grande  antichità,  e   diccsi  allrove  alcuna  cosa   che   sia   loro  da  paragonarsi, 

opera  di  Salomone:  consiste  in  un  grande  edilizio,  salvo  le  Terme  vicino  a  Costantinopoli»  . 
dalla  cui  facciata  esce  l'acqua.  Questa  scaturiva  an-  , 


248  GEOGRAFIA  —  EPOCA  DEClMATERZA 

il  viaggiatore)  arrivavano  storpi  dai  paesi  di  Fars,  Rum,  Corassan  e  Irak,  e  si  raduna- 
vano in  brigate  da  venti  a  trenta  uomini  ciascuna:  tosto  dopo  il  tramonto  del  sole 
vengono  posti  sulla  tomba  di  Ali;  e  parte  pregando,  parte  recitando  il  Corano,  parte 
prostrati,  aspettano  la  guarigione  ». 

Invece  di  Medina  andato  a  Bassora,  fece  il  giro  dell'Irak,  trattato  con  onore,  rice- 
vendo dal  principe  denaro  per  sé  e  compagni.  «  Avendo  in  dieci  giorni  finito  il  giro  dei 
distretti  appartenenti  al  re  d'Irak  »,  entrò  in  quelli  d'Ispahan.  Né  su  questa  città  né  in- 
torno a  Sciraz,  che  visitò  le  prime,  non  lasciò  alcun  particolare  ;  confessa  bensì  che  a 
cercar  l'ultima  null'altro  il  trasse  se  non  la  brama  di  vedere  lo  sceico  Magd  Oddin, 
modello  dei  santi  e  taumaturgo.  Era  pure  in  Sciraz  la  tomba  dell'imam  Abu  Abd  Allah, 
il  quale,  secondo  l'autore  osserva,  ha  insegnata  la  strada  dall'India  alla  montagna  di 
Serendib,  ed  errò  fra  le  montagne  nell'isola  di  Seilan:  dal  che  dobbiamo  forse  inferire 
fosse  il  primo  a  mettere  in  credito  quel  pellegrinaggio  fra  i  Maomettani.  Mentre  l'imam 
vagava  fra  le  montagne  di  Seilan,  in  compagnia  forse  di  trenta  fachiri,  i  suoi  tormentati 
dalla  fame,  si  arrischiarono  contro  il  suo  consiglio  ad  uccidere  un  elefante  e  cibarsene. 
Quando  tutti  s'erano  posti  a  dormire,  gli  elefanti  vennero  in  frotta,  e,  annasatone  uno, 
lo  misero  a  morte;  s'accostarono  poscia  allo  sceico,  e  odoratolo  anch'esso,  non  gli  fecero 
alcun  male  ;  anzi  uno  d'essi  levatolo  di  terra  colla  proboscide,  lo  portò  ad  alcune  case 
dove  pianamente  lo  depose  e  se  n'andò.  Questo  fece  che  lo  sceico  fosse  grandemente 
onorato  dagli  abitanti  di  Seilan. 

Ibn  Batuta  passò  quindi  a  Bagdad,  la  quale,  sebbene  avesse  poco  prima  patiti  molti 
danni,  era  ancora  di  grandissima  importanza.  Di  là  visitò  Tebriz,  viaggiò  fra  i  Curdi,  e 
poi  diresse  il  corso  verso  Medina  e  la  Mecca,  dove  soggiornò  tre  anni.  Dalla  Mecca  si 
pose  in  cammino  coi  mercatanti  che  andavano  all'Yemen  ;  dove  visitate  le  città  prin- 
cipali, passò  da  Aden  a  Zaila  porto  dell'Abissinia,  «  città  dei  Berberi,  popolo  del  Sudan, 
della  setta  Safia.  Il  loro  paese  é  un  deserto  di  due  mesi  di  cammino.  La  prima  parte  si 
chiama  Zaila,  l'altra  Makdashu  ».  Questa  è  la  Magadocia  dei  Portoghesi,  Il  popolo  ci- 
basi di  carne  di  camello  e  di  pesci;  onde  il  paese  è  insopportabile  pel  fetore  del  pesce 
e  del  sangue  dei  camelli  scannati  nelle  strade.  A  Magadocia,  quindici  giorni  di  navi- 
gazione da  Zaila,  pare  fosse  abbondanza  di  cibi  delicati  ;  però  il  nostro  autore  parla  con 
compiacenza  d'elkushan  o  fricassea,  delle  piantagioni  bollite  nel  latte  fresco,  del  cedro 
confettato,  dei  baccelli  di  pepe  e  del  zenzevero  verde:  ghiottornie  che  non  si  toccavano 
finché  non  si  erano  moderati  col  riso  gli  stimoli  della  fame.  <<  Gli  abitanti  di  .Makdashu 
sono  assai  curpulenti  e  gran  mangiatori  ;  uno  di  essi  logora  quanto  basterebbe  ad  una 
brigata  ». 

Da  Makdashu  procedeva  per  mare  al  paese  degli  Zanug  (Zingi  o  abitanti  del  Zan- 
guebar),  e  di  là  all'isola  di  Mambasa,  o  Mombas,  donde  tornando  a  Kulwa  sulla  costa 
del  Zanug,  fece  vela  per  Zafar,  «  ultima  città  dell'Yemen,  situata  sulla  spiaggia  del 
mare  indiano  »  che  trovò  sudicia,  sebbene  assai  frequentata,  e  piena  di  mosche  per  la 
gran  quantità  di  pesce  e  di  datteri  esposti  in  sul  mercato.  Qui  si  pascono  pure  il  be- 
stiame e  le  greggie  col  pesce,  usanza  dall'autore  in  nessun  altro  luogo  riscontrata.  Da 
Zafar  si  asportavano  cavalli  per  l'India,  e  con  un  buon  vento  si  faceva  il  tragitto  in  un 
mese  :  oggidì  richiederebbe  appena  dieci  giorni.  Mezza  giornata  di  là  da  Zafar  trovò  la 
città  di  El  Akaf,  nelle  cui  vicinanze  erano  magnifici  giardini  in  tutta  la  pompa  della 
vegetazione  indiana,  e  si  vedeva  il  betel  avviticchiarsi  in  torno  al  tronco  dell'albero  del 
cocco.  Procedendo  lungo  la  costa  arabica  verso  Aman  o  Oman,  vide  per  la  prima  volta 
a  Hasik  l'albero  dell'incenso,  dalla  cui  corteccia  scarificata  geme  un  umore  simile  al 
latte,  che  in  breve  indurisce  e  prende  il  nome  di  lobati  o  incenso.  Le  case  erano  co- 
strutte con  ossi  di  pesci,  e  coperte  con  pelli  di  camelli.  Nelle  città  dell'Oman  man- 
giavasi  dell'asino  domestico,  e  vendevasi  nelle  strade  come  cibo  permesso. 

Lasciando  l'Arabia,  passò  a  Ornius,  sulla  spiaggia  del  mare,  «  rimpetto  a  cui  v'ha  la 
Nuova  Ormus,  isola  la  cui  capitale  vien  chiamala  Harauna  ».  Qui  Batuta  vide  la  più 
strana  cosa  che  mai;  la  testa  d'un  pesce  «  che  poteva  paragonarsi  ad  una  collina;  gli 
occliicome  due  porte,  sicché  la  gente  avrebbe  potuto  entrare  dall'uno  e  uscire  dall'altro  ». 
Esagerazione  appena  da  paragonarsi  con  quella  dei  Greci  guidati  da  Nearco,  i  quali, 
verso  il  finire  della  navigazione  loro  nel  golfo  Persico,  ebbero  l'opportunità  di  misu- 
rare una  balena  rimasta  sul  lido  presso  Mepambria  (forse  sulle  sabbie  alla  punta  di 


VIAGGIO  d'ibn  batiJta  249 

Rohilla),  la  quale  aveva  cinquanta  cubiti  di  lunghezza,  la  pelle  grossa  un  cubito,  piena 
di  conchiglie  e  d'alche,  ed  era  attorniala  da  deilìni  maggiori  di  quelli  che  si  vedono 
nel  Mediterraneo.  Dalle  relazioni  degli  antichi  scrittori  parrebbe  che  la  balena  altre  volte 
visitasse  frequentemente  il  golfo  Persico. 

Partendo  da  Ormus,  Batuta  passò  qualche  tempo  nella  provincia  persiana  di  Fars,  e 
vide  pescar  le  perle;  quindi  da  Siraf,  uno  dei  principali  porti  n)ercantili  del  golfo  Per- 
sico, andò  a  Bahrein,  dove  le  case  sono  spesso  schiacciate  dalla  sabbia  del  deserto;  e 
di  là  a  Kotaif,  dove  i  datteri  così  abbondano  da  essere  il  principal  nutrimento  del  be- 
stiame, l'oco  dopo  intraprese  il  secondo  suo  pellegrinaggio  alla  Mecca,  e  vi  giunse 
nel  733  (1332),  tre  anni  dopo  la  prima  visita.  Compiuto  il  pellegrinaggio,  si  pose  nuo- 
vamente in  cammino  per  Judda,  coll'intenzione  di  tragillarsi  per  mare  dall'Yemen  al- 
l'India; ma  i  venti  contrarj  lo  respinsero  ad  un  porto  chiamato  Ras  Dawair;  e  siccome 
sembra  che  per  lui  fosse  indifferente  l'andare  da  una  parte  o  dall'altra  si  unì  ad  al- 
cuni Arabi  Beduini,  e  passato  un  deserto  pieno  di  struzzi  e  di  gazelle,  giunse  nell'alto 
Egitto,  e  successivamente  al  Cairo.  Riposatosi  alcuni  giorni,  si  avviò  verso  la  Siria, 
Gerusalemme,  Tripoli,  poi  per  mare  al  paese  di  Rum,  e  al  distretto  della  Natòlia. 

Fra  i  Turcomani  nella  Natòlia  sembra  esistesse  una  forma  di  antica  ospitalità,  che  il 
viaggiator  moro  mal  comprese;  poiché  un'usanza  qual  è  la  seguente,  non  è  verosimile 
che  nascesse  in  Oriente  da  una  associazione  volontaria.  «  In  tutte  le  città  turcomane 
(egli  narra)  esiste  una  confraternita  di  giovani,  uno  dei  quali  è  particolarmente  chia- 
mato/"ra/e//o.  Non  v'ha  gente  che  più  di  loro  sia  cortese  verso  gli  stranieri,  con  mag- 
gior sollecitudine  li  sovvenga  di  alimenti  e  delle  altre  cose  necessarie,  e  sia  più  nemica 
de'  soprusi.  La  persona  chiamata  fratello  presiede,  attorno  al  quale  si  raccolgono  indi- 
vidui che  hanno  una  medesima  occupazione,  od  anche  stranieri  privi  d'amici.  Tosto 
eletto,  e'  fabbrica  una  cella,  e  vi  mette  un  cavallo,  una  sella  e  tutto  il  bisognevole;  è 
servizievole  verso  i  compagni,  e  la  sera  si  radunano  tutti,  portando  quanto  hanno  po- 
tuto raccogliere  ad  uso  della  cella.  Se  sopragiunga  uno  straniero,  di  buona  voglia  lo 
mantengono  finché  non  lasci  il  paese.  1  socj  chiamansi  giovani,  e  il  presidente  fra- 
tello ».  Ibn  Batuta  in  Natòlia  sperimentò  la  cortesia  di  questa  società.  Un  uomo  gli  si 
presentò  per  invitare  lui  e  i  suoi  compagni  ad  un  banchetto,  ed  egli  si  maravigliò  che 
uno  il  quale  pareva  sì  povero,  pensasse  a  convitare  tanta  gente;  ma  venne  informato 
che  costui  era  della  confraternita  di  ducento  mercatanti  da  seta,  i  quali  avevano  una 
cella  loro  propria;  ond'egli  consentì,  e  fu  testimonio  della  rara  loro  amorevolezza  e  li- 
beralità. A  simili  banchetti  egli  intervenne  poi  frequente  fra  i  Turcomani.  Una  volta 
entrando  in  una  città  si  trovò  improvisamente  attorniato  da  molte  persone,  che  diedero 
di  piglio  alle  redini  del  suo  cavallo,  con  non  poco  suo  spavento;  ma  un  di  loro  che 
sapeva  di  arabo,  fattosegli  dappresso,  gli  disse  com'essi  appartenevano  alla  società  dei 
Giovani,  e  contendevano  fra  loro  pel  comune  desiderio  di  convitarlo.  Allora  conobbesi 
in  mani  amiche:  i  giovani  gettarono  le  sorti,  e  Batuta  co'  suoi  compagni  avviossi  alla 
cella  dei  vincitori. 

Visitando  le  principali  cittadella  Natòlia  o  Asia  Minore,  pervenne  ad  Erzerum.  Quivi  il 
re  gli  domandò  se  avesse  mai  veduto  alcuna  pietra  caduta  dal  cielo;  e  rispondendo  egli 
di  no,  il  re  soggiunse  esservene  caduta  una  nelle  vicinanze  della  città,  ed  ordinò  fosse 
arrecata.  Era  di  sostanza  nera,  lucente  e  durissima  al  martello,  del  peso  di  più  d'un 
talento.  Né  questa  è  la  sola  menzione  di  aeroliti  che  s'incontri  negli  scrittori  arabi; 
parlano  d'una  pioggia  di  sassi  nell'Africa  propria,  la  quale  uccise  quanti  ne  furono  col- 
piti ;  e  che  un  giorno  fu  recato  al  califlb  Motavvakkel  un  sasso  caduto  dall'aria  nel  Ta- 
baristan,  del  peso  di  8i0  roti  (620  libbre  da  16  oncie):  il  rumore  che  fece  cadendo  fu 
udito  tutt'intorno  alla  distanza  di  quattro  parasanghe,  e  il  sasso  penetrò  nel  terreno  fin 
alla  profondità  di  cinque  cubiti.  Citano  altri  casi  di  simile  natura,  e  le  osservazioni  mo- 
derne non  lasciano  dubitare  dell'esattezza  delle  relazioni  loro.  Ma  .lahed  ricorda  un  fe- 
nomeno meteorico  molto  più  straordinario.  A  Aìdag  tra  Ispahan  e  Cuzistan  videsi  una 
densa  e  nera  nuvola  così  vicina  a  terra  che  quasi  sarebbesi  toccata  col  capo,  dalla  quale 
uscivano  suoni  simili  a  quelli  de'  camelli  maschi:  squarciossi,  e  versò  una  si  terribile 
pioggia  che  parve  la  terra  fosse  per  esser  inondata  da  un  secondo  diluvio:  dopo  ciò 
mandò  fuori  rane  e  certi  pesci  detti  shabutt  di  straordinaria  grossezza,  dei  quali  gli  uni 
furono  mangiati  dal  popolo,  e  gli  altri  messi  io  serbo.  È  incontestabile  che  i  vulcani 


§50  r.F.or.RAFiA  —  epoca  nr.r.iMATEnzA 

delle  Cordigliere  vomilano  quantità  di  pesci  ;  e  sebbene  una  pioggia  di  pesci  non  possa 
facilmente  spiegarsi  senza  l'azione  d'un  vulcano,  tuttavia  la  natura  è  così  piena  di  por- 
tenti, che,  anche  nello  stato  attuale  della  scienza,  sarebbe  presuntuoso  il  negare  afiatto 
questo  fenomeno. 

Pare  Ibn  Batuta  visitasse  le  città  principali  e  i  principi  turchi  della  Natòlia;  ma  per 
mala  sorte  ci  ha  soltanto  lasciato  breve  cenno  di  uno  dei  più  valenti  e  fortunali  della 
famiglia  ottomana,  che  ne'  suoi  tempi  crescea  rapidan)ente.  «  Andai  (dic'egli)  a  Brusa, 
vasta  terra  governata  da  Iktiyar  Oddin  Lrkan  Beg,  figliuolo  di  Olman  Juk,  uno  de'  più 
grandi  e  ricchi  re  turcomani,  non  meno  per  estensione  di  paese  che  per  poderoso  eser- 
cito. Egli  ha  costume  di  visitare  continuamente  le  sue  fortezze  e  le  varie  parti  dello 
Slato,  ed  esaminarne  la  condizione.  Dicesi  non  dimorò  mai  un  mese  nel  medesimo 
luogo  ». 

Da  Kastemuni  Batuta  andò  a  Crim  pel  mar  Nero.  Descrive  il  deserto  di  Capciak  sic- 
come verdeggiante  ed  ubertoso,  ma  senz'alberi  o  montagna,  collina  o  bosco  di  sorta. 
Vi  si  viaggiava  in  una  specie  di  carro  detto  arila,  e  vuleansi  sei  mesi  a  traversarlo.  Ba- 
tuta noleggiò  uno  di  codesti  carri  per  recarsi  alla  città  diEI-Kafa  soggetta  a  Mohammed 
Usbek  kan,  il  quale  era  allora  accampalo  col  suo  seguilo  in  un  luogo  dello  Btsc  lag  o 
cinque  mo7i lagne,  dove  il  viaggiatore  giunse  il  primo  dì  del  ramadan,  e  rimase  attonito 
dallo  spettacolo  d'una  città  movibile,  quul  gli  si  offeriva  il  campo  colle  sue  moschee  e 
le  cucine  il  fumo  delle  quali  lasciava  dietro  una  striscia  mentre  quelle  si  avanzavano. 
11  sultano  lo  accolse  grazioso,  e  gli  mandò  una  pecora,  un  cavallo  ed  un  sacchetto  di 
pelle  pieno  di  kumis  o  latte  di  giumenta,  bevanda  prediletta  dei  Tartari. 

Ibn  Batuta  anelava  la  città  di  Buigar  per  avere  opportunità  di  verificare  il  rigore  del 
clima  e  l'ineguaglianza  dei  giorni  e  delle  notti.  Giaceva  a  dieci  giorni  dal  campo  tar- 
taro. Accompagnalo  da  una  guida  datagli  dal  sultano,  si  pose  in  cammino,  e  là  giunto, 
trovò  che  le  relazioni  dei  viaggiatori  erano  in  ogni  parte  esalte.  Correva  la  stale  quando 
visitò  Buigar,  e  le  notti  erano  così  brevi  che,  prima  di  aver  finita  la  preghiera  del  tra- 
monto del  sole  veniva  il  tempo  di  quella  della  sera  che  era  costretto  a  recitare  frello- 
losamente;  poi  la  preghiera  della  mezzanotte  e  quella  delta  el-Witr;  ma  prima  che  ter- 
minasse, si  vedeva  sorpreso  dall'aurora. 

In  Bul-'ar  udito  della  terra  delle  tenebre,  ebbe  gran  desiderio  di  andarvi.  «  Richiede- 
vansi  quaranta  giorni  di  cammino,  ed  io  fui  distolto  da  quest'impresa  tanto  pel  gran 
pericolo  che  si  correva,  quanto  pel  poco  vantaggio  che  potevasi  ricavare.  Mi  fu  dello 
non  vi  si  viaggiava  che  su  piccole  slille  traile  da  grossi  cani,  e  in  tulio  il  viaggio  le 
strade  sono  coperte  di  ghiaccio,  sul  (luale  né  piede  d'uomo  né  zampa  d'animale  può 
stampar  orma  :  ma  cotesti  cani  hanno  unghie,  per  cui  camminano  sul  ghiaccio  di  passo 
fermo  ed  agevole.  Niuno  entra  in  (|uella  contrada  tranne  mercatanti  facoltosi,  ciascuno 
dei  quali  ha  forse  cento  di  tali  slille  cariche  di  provigioni,  bevande  e  legna,  poiché  non 
vi  s'incontrano  né  alberi  nò  pietre  né  case.  Prendesi  per  guida  in  (juel  paese  il  cane 
che  abbia  fatto  più  volle  il  viaggio,  e  il  suo  prezzo  può  ascendere  a  mille  denari.  Gli  si 
allaccia  al  collo  la  slilla,  e  gli  si  aggiungono  altri  tre  cani,  dei  quali  egli  è  guida.  Se- 
guono gli  altri  con  slitte,  e  quando  quello  si  ferma  fermansi  anch'essi.  11  padrone  non 
lo  percuote  né  sgrida;  e  quando  vuol  mangiare,  i  primi  a  nutrire  sono  i  cani;  perciocché 
altrimenti  si  stizzirebbero,  e  forse  dandosi  a  fuggire  lascerebbero  che  il  padrone  perisse. 
Compiute  le  quaranta  giornale  o  stazioni  per  (|uel  deserto,  i  viaggiatori  arrivano  alla 
terra  delle  tenebre,  e  ciascuno  lasciando  ciò  che  ha  portato  seco,  torna  indietro  al  luogo 
stabilito.  Il  mattino  seguente  vanno  a  vedere  le  loro  merci,  e  vi  trovano  invece  pelli  di 
zibellino,  d'ermellino  e  singiab.  Se  il  mercante  è  contento  di  ciò  che  trova,  se  lo 
prende:  in  caso  contrario  lo  lascia,  evi  si  suol  fare  qualche  aggiunta.  Avviene  tut- 
tavia che  talvolta  gli  abitanti  si  ripigliano  le  merci  loro,  e  lasciano  quelle  dei  merca- 
tanti. In  (|ueslo  modo  si  compra  e  si  vende,  e  i  mercatanti  non  sanno  se  abbiano  a 
fare  con  uomini  odemonj,  non  vedendosi  anima  viva  durante  tali  permute.  E  proprietà 
di  coleste  pelliccerie  il  non  andar  soggette  alle  tarme  «. 

Fallo  questo  giro,  Batuta  tornò  al  campo  del  sultano,  che  accompagnò  ad  Astrakan 
sull'Atil  0  Volga,  uno  de'  maggiori  fiumi  del  mondo.  Quivi  il  sultano  dimorava  nel  ri- 
gore dell'inverno;  e  quando  il  Volga  e  i  vicini  fiumi  erano  gelali,  i  Tartari  spandevano 
sul  ghiaccio  migliaja  di  fastelli  di  fieno,  e  sovr'esso  passavano. 


vU(.f.io  d'iiìN  iiMlTA  2rj4 

Una  delle  mogli  del  kan  tartaro  era  figliuola  dell'imperatore  di  Costantinopoli.  Avendo 
questa  principessa  ottenuto  di  visitare  suo  padre,  fu  concesso  ad  Ibn  Batuta  di  accom- 
pagnarla. La  regina,  die  colà  chiamasi  baiìun,  era  convogliata  nel  viaggio  da  cin- 
quemila soldati  del  kan,  fra  i  quali  circa  cinquecento  cavalieri.  «  Ad  una  giornata  da 
El-Sarai  (dice  l'autore)  sono  montagne  dei  Russi,  brutta  e  perfida  genie,  con  capelli 
rossi,  ed  occhi  cilestri,  che  professa  la  religione  cristiana.  Hanno  miniere  d'argento, 
e  dal  loro  paese  vengono  i  micam  o  verghe  d'argento,  ognuna  delle  quali  pesa  cinque 
oncie  ». 

Quando  la  cavalcata  giunse  alla  fortezza  di  Matuli  sulle  frontiere  dell'impero  (che  a 
quanto  pare,  stendcvasi  tuttora  a  venlidue  giornate  di  cammino  verso  settentrione) 
l'imperatore,  seguito  dalle  dame  di  sua  Corte,  si  pose  in  viaggio  con  numeroso  esercito 
per  incontrare  la  principessa.  Elia  traeva  seco  una  moschea,  che  nella  prima  parte  dei 
viaggio  faceva  mettere  in  ordine  ad  ogni  stazione;  ma  la  lasciò  a  Matuli  e  cessato 
l'uffizio  del  muezio,  cominciò  a  ber  vino  e  mangiare  carne  di  porco:  insomma  tosto 
che  pose  piede  nei  dominj  di  suo  padre,  tornò  alle  sue  antiche  usanze.  Tuttavia  rac- 
comandò caldamente  agli  uffizialiche  vennero  a  riceverla,  di  trattare  con  ogni  riguardo 
il  nostro  Batuta. 

Allorché  la  principessa  si  trovò  presso  Costantinopoli,  la  piij  parte  degli  abitanti 
uomini,  donne  e  fanciulli  in  abito  da  festa  venner  fuori  a  piedi  o  a  cavallo,  sonando 
tamburi  e  mandando  grida  di  gioja.  Allo  scontrarsi  delle  comitive,  sì  fìtta  era  la  calca 
che  il  nostro  viaggiatore  dichiara  non  aver  potuto,  se  non  a  rischio  della  vita,  vedere 
in  parte  l'incontro  della  principessa  co'  parenti.  Entrarono  in  Costantinopoli  verso 
il  tramonto,  ed  era  tanto  lo  scampanìo  «  che  a  quel  fragore  lo  stesso  orizzonte  tre- 
mava ». 

Poco  dopo  l'arrivo  della  principessa  a  Costantinopoli,  Batuta,  in  riputazione  di  gran 
viaggiatore,  fu  introdotto  a  Corte.  «  Al  quarto  giorno  do[)0  il  nostro  arrivo  (dic'ef'lij  fui 
presentato  al  sultano  Takfur  (Andronico  lllj  figliuolo  di  Giorgio  redi  Costantinopoli. 
Quando  giunsi  alla  quinta  porta  del  palazzo  che  era  custodita  da  soldati,  mi  frugarono, 
temendo  non  celassi  qualche  arma;  la  qual  cosasi  fa  tanto  al  cittadino  quanto  allo 
straniero  che  brama  essere  presentato  al  re;  lo  stesso  si  pratica  presso  gl'imperatori 
dell'India.  Introdotto  resi  il  dovuto  omaggio.  L'imperatore  sedeva  in  trono  con  la  regina 
e  con  la  figliuola  nostra  signora;  i  fratelli  di  lei  sedevano  appiè  del  trono.  Fui  gra- 
ziosamente accolto  e  interrogato  delle  cose  mie  e  del  mio  arrivo,  come  pure  intorno  a 
Gerusalemme,  al  tempio  della  Risurrezione,  alla  culla  di  Gesù,  Betlemme  e  la  città 
d'Abramo  (o  EbronJ  ;  quindi  di  Damasco,  dell  Egitto,  dell'Irak  e  del  Rum:  alle  quali 
cose  tutte  diedi  convenienti  risposte-.  Ln  Ebreo  faceva  da  interprete.  11  re  fu  maravi- 
gliato al  mio  racconto,  e  disse  ai  figliuoli:  Trattisi  amorevolmente  quest'uomo,  e  gli  si 
dieno  lettere  di  salvucondutto.  Quindi  mi  pose  in  dosso  una  veste  d'onore,  e  comandò 
mi  si  desse  un  cavallo  bardato  con  una  delle  sue  proprie  ombrelle;  la  qual  cosa  è  fra 
essi  segno  di  protezione,  lo  lo  piegai  allora  di  deputare  qualcuno  che  meco  cavalcasse 
pei  diversi  quartieri  della  città,  onde  li  potessi  vedere.  Egli  esaudì  la  mia  domanda  ed 
io  andai  cavalcando  per  alcuni  giorni  coll'utlizfale  datomi,  esaminando  le  meravi"lie 
del  luogo.  Di  tutte  le  sue  chiese  la  più  vasta  è  Agia  t'ofia,  di  cui  vidi  soltanto  l'esterno  ; 
internamente  no,  perchè  all'entrata  trovasi  una  croce  che  lutti  sono  obbligati  adorare: 
dicesi  fondata  da  Asaf  figlio  di  Barachia  e  nipote  di  Salomone.  Le  chiese,  i  monasteri 
e  gli  altri  luoghi  destinati  al  culto  nella  città  sono  innunierevoli  ». 

1  Turchi  divenendo  padroni  di  Costantinopoli  tolsero  d;ii  Greci  molte  delle  loro  usanze 
e  cerimonie,  e  sin  la  foggia  del  vestire.  La  pompa  della  Corte  ottomana  fu  in  gran 
parte  imitazione  di  quella  degl'imperatori  greci,  ed  è  curioso  osservare  che  l'odioso 
costume  di  frugar  le  persone  ammesse  alla  presenza  imperiale  (costume  che  tuttavia 
esiste  in  parte  presso  la  Porta,  anche  trattandosi  di  ambasciatori;  appoja  essere  uno  di 
quelli  che  i  Turchi  copiarono  dai  Greci.  E  pure  singolare  che  nel  xiv  secolo  la  credenza 
popolare  dei  Greci  attribuisce  la  fondazione  del  loro  tempio  principale  ad  Asaf  nipote  di 
Salomone  {)). 

(1)  Il  cenno  cbe  Batuta  ne  dà,  si  limita  alla  sua  uilirela  relazione  che  ne  fa  un  altro  scrittore  arabo, 
parte  esterna,    onde    non  sarà  discaro    al   lettore        El-Hara-vvi  precitato,  cbe  \Ì6Ìiò  Costantinopoli  nel 


2o2  GEOGRAFIA  —  EPOCA   DECIMATEPZA 

Dimorato  un  mese  e  sei  giorni  in  Costantinopoli,  Ibn  Batuta  tornava  ad  Astrakan , 
dove  si  fermò  alcun  tempo.  Lasciando  poi  la  Tartaria,  continuò  il  suo  viaggio  al  Kho- 
waresm  o  Koaresm,  per  un  deserto  scarso  d'erbe  e  d'acque.  Ma  in  questa  parte  del  suo 
racconto  vi  è  un  tal  difetto  di  particolari,  sia  per  la  fretta  del  viaggiatore  stesso,  sia  per 
colpa  del  suo  abbreviatore,  che  niente  invita  a  seguire  le  sue  tracce,  e  non  si  prova 
altro  interesse  se  non  quello  che  desta  il  suo  instancabile  amor  di  viaggiare.  Koaresm  era 
città  popolosa,  e  gli  parve  la  più  vasta  che  possedessero  i  Turchi  ;  la  gente  cortese  ed 
ospitale.  Prevaleva  nondimeno  fra  loro  un'usanza  singolare:  coloro  che  mancavano  alle 
pubbliche  preghiere,  venivano  frustati  dal  sacerdote  in  presenza  della  congregazione, 
ed  erano  di  più  condannati  in  cinque  denari.  In  ogni  moschea  vedevasi  appesa  una 
frusta  pei  negligenti.  Quest'  usanza  è  tuttodì  in  vigore  a  Bokara,  dove  il  popolo  è  ra- 
dunato alla  preghiera  per  mezzo  del  frustino.  La  setta  scismatica,  o  di  coloro  che  ne- 
gavano la  predestinazione,  era  la  più  numerosa  a  Koaresm  ;  ma  non  si  curavano  di  pro- 
pagare la  loro  eresia. 

Da  Koaresm  Batuta  passò  a  Bokara,  nella  qual  città  trovò  ancora  molti  indizj  della 
desolazione  ch'ebbe  a  patire  da  Gengis-kan.  Poscia  venne  a  Samarcanda,  ricca  e  vaga 
città  sanlilicata  agli  occhi  del  divoto  viaggiatore  dalle  tombe  di  molti  santi.  Traversato 
il  Gion,  entrò  nel  Koaresm,  e  viaggiando  un  giorno  ed  una  notte  per  un  deserto  privo 
d'ogni  abitazione,  arrivò  a  Balk,  grande  citlà  un  tempo,  ma  allora  in  ruine.  Gengis-kan 
l'avea  sì  fattamente  distrutta,  che  sebbene  il  sito  di  essa  manifestamente  si  ricono- 
scesse, era  impossibile  formarsi  idea  dell'ordine  de'  suoi  edifizj.  Afferma  il  Maomettano 
che  la  moschea  era  delle  più  grandi  del  mondo,  e  le  sue  colonne  impareggiabili;  ma 
queste  furono  distrutte  dal  barbaro  conquistatore,  iudotto  dalla  popolare  credenza 
che  sott' esse  fosse  sepolto  un  gran  tesoro,  destinato  alla  restaurazione  dell' edifizio. 

Lasciando  Balk,  il  viaggio  durava  sette  giorni  per  le  montagne  del  Kubistan,  paese 
montuoso  tutto  popolato  di  villaggi.  Batuta  passò  quindi  a  Herat,  città  la  più  grande 
del  Korassan  dopo  le  devastazioni  di  Gengis-han.  Di  là  capitò  a  Barwan,  «  sulla  cui 
strada  s'incontra  un'alta  montagna  coperta  di  neve,  delta  Indù  Cush  »,  vale  a  dire, 
secondo  la  fantastica  traduzione  dell'autore,  «l'uccisore  degli  indù,  perchè  la  maggior 
parte  degli  schiavi  trasportativi  dall'India  vi  muojono  pel  rigor  del  freddo  » .  Nella  mon- 
tagna detta  Bashai  v'era  una  cella  abitata  da  un  vecchio  chiamato  Ata  Evlia,  cioè  il 
padre  dei  santi.  Diceasi  avesse  trecencinquant'anni,  quantunque  a  Batuta  non  sembrasse 
averne  più  di  cinquanta.  Egli  narrava  di  sé  che  ogni  cento  anni  gli  si  rinnovavano  i  ca- 
pelli e  i  denti,  e  che  fu  già  il  raja  Aba  Uaim  Batan  dell'India,  stato  sepolto  a  Multan 
nella  provincia  di  Sindia.  Le  quali  fole  e  strane  fantasie  trovarono  poca  fede  nel  super- 
stizioso Musulmano,  che  si  dimostrò  questa  volta  alquanto  scettico,  mancandogli  l'ar- 
ditezza della  credulità  indiana. 

11  Candaare  il  Cabul  erano  entrambi  desolati  quando  Ibn  Batuta  li  visitava:  «  que- 
st'ultimo (dice)  è  abitato  da  gente  venuta  dalla  Persia,  che  porta  il  nome  di  Afgani  ». 
La  sua  testimonianza  intorno  alla  derivazione  di  questo  popolo  è  di  qualche  rilievo.  Gli 
Afgani  stessi  pretendono  esser  discesi  dagli  Ebrei;  e  sebbene  tutto  ciò  che  è  nolo  in 
Europa  del  loro  linguaggio  smentisca  quest'asserzione,  tuttavia  dotti  orientalisti  si  at- 
tengono all'autorità  delle  storie  afgane.  Ma  queste  sono  intrinsecamente  di  così  poco 
valore  e  così  moderne,  che  l'asseveranza  d'un  istruito  viaggiatore  orientale  del  xiv  se- 
colo riesce  di  qualche  peso.  Batuta  ce  li  descrive  come  gente  violenta  e  poderosa,  e 
vivente  da  masnadieri. 

L'instancabile  viaggiatore  qui  s'imbarcava  sul  Sind,  che  chiama  il  maggior  fiume  del 
mondo,  e  scendeva  a  Labari  (forse  Larry  Bunder)  alla  sua  foce.  A  poche  miglia  da 

secolo  Xiii:    «  In  questa  ciUà  sono  statue  Ji  bronzo  di  lui  si  racconta  »  .  Harawi  promette  parlare  in  ai- 

e  di  marmo,  colonne,  portentosi  talismani,  ed  altri  tro  hio(;o   della    particolare  disposizione  di  questa 

monumenti  senza  eguali  al  mondo.  Qui  pure  ì;  Agia  chiesa,  della  sua  ampiezza,  altezza,  porte  e  colonne 

Sofia,   il   maggior  tempio  die  aliliiano.   Jjkut   ehn-  che  \i  sono  ;  come  pure  delle  maraviglie  della  città, 

Allah  mi  disse  rsservi  stato  dentro,  e  averla  trovata  dell'ordine  che  vi  regna,  del  pesce  che  vi  si  trova, 

appunto  quale  io  la  descrivo.  Nell'interno  v'ha  tre-  della  porta  doro,  delle  torri  marmoree,   degli  rlc- 

ccnsessanta  poi  te,  e  dicono  che  nn   angelo  vi  di-  fanti  di  bronzo  e  di  lutti  i  suoi  monumenti  e  cose 

mora.  Intorno  al   luogo  ch'egli   abita,  si  sono  co-  mirabili, 
strutti  cancelli  d'oro  ;  e  stranissima  è  la  storia  che 


VIAGGIO  d'ihn   batlta  253 

questa  si  vedevano  le  ruine  di  un'altra  città,  in  cui  trovavansi  infinite  pietre,  scolpite 
in  figura  d'uomini  e  bestie.  Era  opinione  che  qui  sorgesse  una  gran  città,  ma  che  i 
suoi  abitanti  divennero  così  empj  e  scellerati,  che  Dio  trasformolli  con  gli  animali  e  le 
erbe  in  sassi.  Hecavasi  quindi  a  Multan  capitale  della  Sindia,  dove  vide  come  presso 
gl'Indiani  si  levino  i  soldati.  Nel  giorno  della  leva  o  rivista,  l'emir  avea  dinanzi  varj 
archi  di  diverse  dimensioni,  e  quando  alcuno  presentavasi  per  essere  arrolato  come  ar- 
ciere, doveva  tirarne  uno  di  forza,  da  quello  dipendendo  il  grado  che  gli  veniva  poscia 
assegnato.  Parimenti  coloro  che  si  offerivano  per  cavalieri,  dovevano  correre  a  briglia 
sciolta  verso  un  tamburo  sospeso  a  mo'  di  bersaglio,  ed  ottenevano  posti  corrispondenti 
ai  colpi  che  in  quello  lasciavano  le  loro  lancie. 

Descrive  Delhi  siccome  la  città  più  grande  dell'islam  nell'Oriente,  e  di  bellezza  pari 
alla  forza;  composta  di  quattro  città  che  allargandosi  erano  venute  a  formarne  una 
sola.  Tuttavia  osserva  che  la  più  vasta  città  del  mondo  aveva  più  scarso  numero  d'a- 
bitanti che  le  altre;  avendola  gli  abitanti  abbandonata  per  isfuggire  alla  crudeltà  del- 
l'imperatore, né  valevano  a  ripopolarla  gl'incoraggiamenti  dati  a  chi  venisse  a  di- 
morarvi. 

Questo  terribile  sovrano  era  l'imperatore  Mohammed,  figliuolo  di  Giat  Oddin  Toglik, 
disceso  dai  Turchi  che  si  erano  stabiliti  nelle  montagne  della  Sindia.  «  Mohammed  (se- 
condo l'autor  nostro)  era  uno  dei  più  generosi  e  munifici,  dove  fosse  di  lieto  umore; 
in  altri  casi  era  dei  più  impetuosi  ed  inesorabili,  e  ben  di  rado  accadeva  che  alla  sua 
collera  seguitasse  il  perdono  ».  Era  pericoloso  accostarsi  a  un  tal  uomo;  ma  il  dotto 
Ibn  Batuta  fu  ricevuto  con  singoiar  favore,  raccolse  i  frutti  della  generosità  dell'impe- 
ratore, e  fu  abbastanza  avventurato  per  non  incorrere  l'ira  sua.  Allorché  fu  chiamato 
alla  presenza  imperiale,  ed  ebbe  reso  i  dovuti  omaggi,  il  visir  gli  disse:  —  11  signore 
«  del  mondo  vi  nomina  all'uffizio  di  giudice  in  Delhi,  donandovi  nello  stesso  tempo 
«  una  veste  d'oro  con  un  cavallo  bardato  e  dodicimila  denari  pel  vostro  immediato 
«  sostentamento;  di  più  l'annuo  stipendio  di  altri  dodicimila  denari*,  ed  una  porzione 
«  di  terreni  nei  villaggi  che  produrranno  annualmente  una  tal  somma  ».  Il  viaggiatore 
a  questa  inaspettata  nomina  rese  omaggio  secondo  l'uso,  e  si  ritirò.  Né  qui  si  limitò  la 
munificenza  dell'imperatore,  il  nuovo  giudice  di  Delhi  ricevette  altri  dodicimila  de- 
nari, eduna  casa  fornita  del  bisognevole  fu  messa  a  sua  disposizione.  Tuttavia  sì  grandi 
furono  le  spese  cui  dovette  sottostare  per  seguire  la  Corte  nelle  spedizioni  dello  impe- 
ratore, che  in  breve  si  trovò  il  debito  di  cinquantacinquemila  denari.  Da  questo  imba- 
razzo pensò  uscire  con  un  artifizio  orientale  :  «  Composi  in  arabo  un  panegirico  in 
lode  dell'imperatore,  e  glielo  lessi.  Egli  stesso  se  lo  tradusse,  e  se  ne  compiacque  gran- 
demente: perocché  gl'Indiani  sono  amanti  della  poesia  araba,  e  godono  moltissimo 
d'esservi  rammentati.  Allora  lo  informai  del  debito  che  avevo,  ed  egli  ordinò  fosse 
pagato  del  suo,  dicendomi  :  Badate  in  avvenire  di  non  eccedere  i  limiti  delle  vostre 
entrate. 

Non  andò  guari  che  il  viaggiatore  e  giudice  fece  esperienza  dell'ansietà  in  cui  vive 
chi  dipende  da  un  capriccioso  tiranno.  Per  non  so  qual  cagione  uno  sceico,  che  era 
stato  onorato  della  confidenza  dell'imperatore,  se  n'era  attirato  il  risentimento.  Fattesi 
indagini  intorno  alle  persone  che  usavano  coll'inviso  personaggio,  il  giudice  Batuta  fu 
tra  gli  accusati.  Per  quattro  giorni  questi  stettero  alla  porta  della  reggia  mentre  un 
consiglio  vi  era  radunato  per  deliberare  sulla  loro  sorte:  la  situazione  era  dolorosa  pel 
nostro  giudice,  il  quale  avea  veduto  le  vittime  dei  sospetti  dell'imperatore  lanciate  in 
aria  da  baliste,  e  calpestate  da  elefanti  coi  piedi  armati  di  coltelli.  Pertanto  egli  ebbe 
ricorso  ad  un  continuo  digiuno,  e  non  assaggiava  altro  che  acqua.  Nel  primo  giorno 
ripetè  trentatremila  volte  il  motto  —  Dio  è  nostro  sostegno  e  prolettore  eccellentis- 
simo %  e  dopo  il  quarto  fu  salvo;  ma  lo  sceico  e  tutti  gli  altri  che  lo  aveano  visitato, 
furon  messi  a  morte. 

Atterrito  da  questo  crudele  despotismo,  Ibn  Batuta  rinunziò  alla  carica  di  giudice, 
diede  quanto  possedeva  ai  fachiri,  e  indossando  l'abito  di  quell'ordine,  passò  pe'  varj 
gradi  del  mistico  noviziato,  finché  potè  reggere  a  un  digiuno  continuato  di  cinque 
giorni.  Allora  fece  colazione  con  un  po'  di  riso.  Dopo  ciò  mandato  a  chiamare  dall'im- 
peratore, e  recatosi  alla  reggia  con  la  rozza  tunica,  fu  ricevuto  con  più  favore  che  mai. 
Mohammed  gli  disse:  —  Bramo  inviarvi  in  ambasciata  all'imperatore  della  Cina,  perchè 


2b4  OLOGRAFIA — EPOCA   DECIMAI LKZA 

«  SO  a  voi  piace  viaggiare  in  paesi  stranieri  »,  Consentiva  egli  di  buona  voglia,  e 
immediatamente  gli  erano  date  vesti  d'onore,  cavalli,  denari,  ed  ogni  cosa  necessaria 
pel  viaggio. 

L'imperatore  della  Cina  aveva  a  quel  tempo  mandato  presenti  di  gran  valuta  al  sul- 
tano, chiedendo  gli  permettesse  di  riedificare  un  tempio  d'idoli  nel  paese  vicino  alia 
montagna  di  Korah,  sulle  alture  inaccessii)ili  della  quale  dicevano  allungarsi  una  pia- 
nura di  tre  mesi  di  cammino.  «  Qui  (dice  l'autore)  dimoravano  molti  re  indiani  infedeli. 
Gli  estremi  confini  di  quelle  parti  si  stendono  fino  alle  montagne  del  Tibet,  dove  si 
trovano  le  gazelle  dal  muscliio.  Avvi  pure  miniere  d'oro  su  quelle  montagne,  e  un'erba 
velenosa;  e  quando  le  pioggie  vi  cadono,  e  scorrono  a  torrenti  nei  fiumi  vicini,  non 
v'ha  chi  osi  bere  di  quell'acqua  finché  i  fiumi  sono  gonfi;  che  se  alcuno  ne  bevesse, 
sarebbe  còlto  da  morte  improvisa.  Il  tempio  degli  idoli  chiamavasi  Rud  Khana  (Budda 
Khana)  ;  slava  al  piede  della  montagna,  ed  era  stato  distrutto  dai  Maomettani,  quando 
si  erano  impadroniti  della  pianura.  Ma  siccome  i  montanari  non  potevano  procurarsi  il 
vitto  senza  possedere  il  piano,  erano  ricorsi  all'imperatore  della  Cina  perchè  intercedesse 
in  lor  favore  presso  il  re  dell'India.  Oltre  a  ciò  i  Cinesi  erano  avvezzi  a  far  pellegri- 
naggi a  questo  tempio  degl'idoli,  che  era  posto  in  un  luogo  detto  Semhal  «.  È  facile  il 
comprendere  che  quel  tempio  o  Budknna,  di  cui  si  fa  qui  menzione,  era  situato 
sulle  frontiere  del  Budtan,  la  cui  aria  pestifera,  effetto  della  troppo  rigogliosa  e  sovrab- 
bondante  sua   vegetazione,    ha   potuto    dar  origine   alla  storia  dei  fiumi   avvelenati. 

A  questa  domanda  l'imperatore  di  Delhi  rispondeva  che  nessun  tempio  poteva  esistere 
in  un  paese  soggetto  a  Maomettani,  se  non  dove  si  pagava  un  tributo;  a  questa  sola 
condizione  potersi  riedificare  il  tempio.  Ibn  Batuta  era  nominato  ambasciatore  per  por- 
tare questa  dura  risposta;  nel  tempo  stesso  eransi  preparati  regali  di  gran  valore,  af- 
fidati a  due  favoriti  dell'imperatore.  Mille  cavalieri  scortavano  l'ambasceria  sin  al  luogo 
dell'imbarco.  i>a  spedizione  nel  procedere  verso  la  costa  passò  per  un  paese  lutto  scon- 
volto da  turbolenae:  qui  trovarono  una  banda  d'insorgenti  che  misero  pienamente  in 
rotta,  perdendo  però  nel  conflitto  uno  degli  uffiziali  cui  erano  affidati  i  presenti.  Pochi 
giorni  dopo  si  sparse  l'allarme  che  gl'Indiani  assalivano  un  villaggio  maomettano  nelle 
vicinanze;  e  Ibn  Baluta  co'  suoi  accorse  alla  difesa  dei  Musulmani.  Al  primo  atlacco 
gl'Indiani  furono  in  rotta:  ma  come  videro  il  nostro  malarrivato  ambasciatore  rimaner 
indietro  con  soli  cinque  compagni,  tornarono  alla  carica,  e  riuscirono  a  tagliargli 
la  ritirata.  Fuggiva  egli  di  tutta  lena,  ma  ridottosi  in  una  valle  ingombra  da  folti 
macchioni,  e  da  cui  non  era  modo  di  scampare,  scese  di  cavallo  e  si  rese  prigio- 
niero. 

1  masnadieri,  de'  quali  non  capiva  il  linguaggio,  spogliatolo  d'ogni  cosa  e  legato, 
lo  condussero  seco  per  due  giorni  con  intenzione  di  ucciderlo:  finalmente  lasciaronlo 
andare,  ed  egli  si  mise  in  cammino  non  sapendo  per  dove.  Temendo  poscia  non  cam- 
biassero pensiero  e  tornassero  a  levargli  la  vita,  si  nascose  in  una  foresta  foltissima,  e 
colà  rimase  alcun  tempo  cautamente  celato.  Ogniqualvolta  si  avventurava  sulle  strade, 
gli  pareva  lo  guidassero  o  nei  villaggi  degl'Indiani  o  ad  altre  mine,  quindi  gli  era  forza 
tornar  indietro;  e  in  tal  modo  passò  sette  giorni  in  agonia.  Krano  suo  cibo  i  frutti  e  le 
foglie  degli  alberi  della  montagna.  Al  settimo  giorno  finalmente  gli  venne  veduto  un 
Negro,  che  portava  una  brocca  d'acqua,  ed  aveva  un  bastone  colla  punta  di  ferro.  Sa- 
lutatisi a  vicenda,  il  Negro  gli  domandò  il  suo  nome;  rispos'egli  Mohammed;  e  il 
Negro  similmente  inlerrogato  disse  chiamarsi  El  Kalh  el-Karih;  diede  all'infelice  viag- 
giatore pochi  legumi  e  acipia  da  bere,  e  il  richiese  d'accompagnarlo.  Batuta  si  provò  a 
camminare,  ma  non  potè  moversi,  e  cadde  a  terra.  Allora  il  Negro  se  lo  tolse  sulle 
spalle,  e  mentre  camminava,  il  suo  estenuato  compagno  si  addormentò.  Sul  far  del  se- 
guente mattino  svegliatosi,  si  trovò  alla  porta  del  palazzo  imperiale. 

Un  corriere  aveva  già  recato  a  Delhi  novella  dell'accaduto.  L'imperatore,  riparando 
con  animo  benigno  alle  sventure  del  suo  inviato,  gli  diede  dodicimila  denari,  nominò 
un  altro  utfiziale  che  avesse  cura  dei  presenti  in  luogo  del  morto,  e  poco  dopo  la  spe- 
dizione si  pose  di  nuovo  in  viaggio.  Passarono  per  Kul,  dove  prima  avevano  incontralo 
tanti  accidenti,  e  proseguirono  per  Canoge,  Merua  eCualior  fortezza  dell'India  notevole, 
di  cui  il  nostro  autore  dà  una  descrizione  curiosa;  indi  capitarono  a  Barun,  piccola 
città  abitala  da  Musulmani. 


VIAGtilU    DIBN    BATliTA  255 

Nelle  sue  vicinanze  trovavansi  distretti  d'Infedeli,  infestati  da  fiere  che  frequente- 
mente entravano  nella  città  e  nocevano  agli  abitanti.  Narravasi  tuttavia  non  esser  vere 
belve,  bensì  magbi  detti  Joghi,  che  hanno  il  potere  di  prendere  qual  forma  loro  piace. 
Batuta  ripete  la  storia  nariiita  da  Ctesia  diciasette  secoli  prima,  quando  all'erma  che  gli 
Joghi  possono  astenersi  allatto  dal  mangiare  per  molti  mesi.  «  Molti  di  essi  (dic'egli)  si 
scavano  case  sotterra,  ed  è  lecito  a  chicchessia  di  fabbricarvi  sopra,  purché  si  lasci  uno 
spiraglio  suflìciente  pel  passaggio  dell'aria.  In  queste  case  gli  Joghi  rimangono  talora 
mesi  senza  mangiare  o  bere;  ed  io  ho  udito  d'uno  che  vi  stette  un'intero  anno.  Essi 
hanno  il  potere  di  predir  il  futuro  », 

Tra  le  qualità  miracolose  attribuite  dall'autore  a  cotesti  Joghi,  havvi  il  potere  ucci- 
dere un  uomo  collo  sguardo,  proprietà  più  frequente  nelle  donne,  che  in  tal  caso  chia- 
mavansi  Goftare.  Le  crudeltà  praticate  nell'India  sopra  le  infelici  che  diventassero  og- 
getto di  superstiziose  paure,  erano  simili  alle  adoperate  contro  le  streghe  in  Europa. 
Mentre  Batuta  sedeva  giudice  a  Delhi,  una  pretesa  Goftaragli  fu  condotta,  accusata  d'a- 
ver ucciso  un  ragazzo  collo  sguardo.  Il  giudice  la  mandò  al  visir,  il  quale  ordinò  fosse 
gettata  nel  fiume  Giumna  con  quattro  grandi  orci  appesi  al  i;orpo.  Essa  galleggiò  tuttavia, 
e  il  visir  la  fece  ardere.  11  popolo  si  divise  le  sue  ceneri,  credendo  preservasser  tutto 
l'anno  dalle  malie  delle  Goftare.  Waab  e  Ahuzaid,  viaggiatori  arabi  del  ix  secolo,  osser- 
varono pure  che  nel  settentrione  dell'India  si  praticava  la  prova  del  fuoco  come  in  Eu- 
ropa. L'accusato  portava  una  spranga  di  ferro  rovente  ad  una  data  distanza;  indi  gli 
si  fasciava  la  mano,  e  il  magistrato  ne  sigillava  la  fasciatura:  se  dopo  alcuni  giorni  i 
segni  del  fuoco  erano  scomparsi,  l'accusato  era  dichiarato  innocente;  in  caso  con- 
trario, tenevasi  il  delitto  per  provato. 

L'ambasciatore  avviavasi  quindi  pel  Malahar.  Tutta  la  via  per  terra  era  ombreggiata 
da  alberi,  e  ad  ogni  mezzo  miglio  una  casa  di  legno  con  camere  da  alloggiare  i  vian- 
danti. Nella  città  di  Mengiarun  contavansi  quattromila  mercanti  musulmani:  al  con- 
trario in  Pattan,  abitata  da  Bramini,  non  v'era  un  solo  maomettano. 

A  Calicut,  gran  porto  frequentato  da  mercatanti  d'ogni  nazione,  Batuta  si  fermava 
tre  mesi  per  aspettare  la  stagion  favorevole  a  far  vela  per  la  Cina.  La  descrizione  sua 
delle  grandi  navi  cinesi,  dette  giunche,  è  accurata.  «  Le  vele  di  questi  bastimenti  sono 
di  canne,  intrecciate  insieme  a  foggia  di  stuoja,  e  quando  entrano  in  porto  le  lasciano 
spiegate  al  vento.  In  alcune  di  esse  navi  contansi  persino  mille  uomini,  seicento  dei 
quali  sono  marinari,  gli  aUri  soldati.  Ciascuna  delle  navi  maggiori  è  seguitata  da  tre 
altre  di  minor  dimensione.  Bastimenti  di  questa  fatta  non  si  costruiscono  se  non  ne'  più 
lontani  porti  della  Cina.  Adoperano  remi  smisurati,  paragonabili  a  grossi  alberi  da 
nave,  e  ad  alcuni  di  essi  sono  destinati  venticinque  uomini  che  vogano  stando  in  piedi. 
11  comandante  di  ciascuna  nave  è  un  grande  emir.  Nei  bastimenti  maggiori  seminano 
ortaggi  e  zenzevero,  che  coltivano  in  corbelle  disposte  lungo  i  fianchi.  In  questi  v'ha 
pure  camere  di  legno,  nelle  quali  gli  utfiziali  superiori  dimorano  con  le  loro  mogli  ;  di 
modo  che  ogni  vascello  sembra  una  città.  Uomini  privati  nella  Cina  talvolta  posse- 
dono  buon  numero  di  navi  di  questa  sorte,  poiché  i  Cinesi  sono  il  più  ricco  popolo  del 
njondo  ». 

Venuto  il  tempo  di  far  vela,  erano  nel  porto  tredici  grosse  giunche,  una  delle  quali 
fu  destinata  a  recar  l'ambasciata.  I  presenti  imperiali  già  erano  imbarcati,  e  Batuta 
che  preferiva  valersi  d'un  vascello  più  piccolo  aveva  mandato  ogni  sua  cosa  a  bordo, 
rimanendosi  ancora  a  terra  per  assistere  alla  preghiera  nella  moschea.  La  floita  doveva 
salpare  il  giorno  seguente;  ma  la  notte  scoppiò  un  violento  uragano,  il  mare  gonfiò  e 
distrusse  quasi  tutti  i  maggiori  vascelli  del  porto,  e  fra  gli  altri  la  giunca  che  portava 
il  tesoro.  L'equipaggio  e  gli  uffiziali  dell'imperatore  perirono  tutti,  ed  ogni  cosa  andò 
perduta.  La  nave,  su  cui  Batuta  avea  imbarcato  le  sue  sostanze,  era  riuscita  a  pren- 
dere il  largo  ;  onde  null'altro  gli  avanzava  se  non  il  tappeto  per  le  prostrazioni  e  dieci 
denari  che  gli  diedero  alcuni  devoti. 

Dopo  questa  sventura  non  osando  più  tornare  alla  corte  di  Delhi,  Ibn  Batuta  solle- 
citò ed  ottenne  la  protezione  del  re  d'IIinaur,  col  quale  si  badò  breve  tempo,  passando 
poscia  alle  isole  Maldive,  che,  egli  dice,  sono  circa  duemila,  e  formano  una  delle  me- 
raviglie del  mondo.  La  gente,  secondo  egli  descrive,  n'è  ollremodo  pulita,  ma  debole 
e  delicata  della  persona;  e  una  donna  reggeva  le  isole  principali:  osservazione  fatta 


256  GEOGRAFIA  —  EPOCA   DECIMATEKZA 

eziandio  dai  viaggiatori  arabi  del  ix  secolo.  Il  loro  traffico  primario  consisteva  in  una 
specie  di  filo  tratto  dalie  fibre  del  noce  di  cocco,  macerato  nell'acqua,  e  battuto  poi 
con  una  maciulla  fincbè  diviene  molle;  quindi  sì  filano  le  fibre,  e  si  torcono  in  funi. 
Queste  vengono  adoperate  a  cucire  insieme  i  legnami  delle  navi  dell'Yemen  e  del- 
l'India. 

Batuta  venne  in  gran  riputazione  nell'isola  di  Mohl,  dal  cui  nome  suppone  che  tutte 
le  isole  del  gruppo  siano  state  cbiamate  Maldive  (1).  Accettovvi  la  carica  di  giudice, 
sposò  tre  donne,  e  andava  a  cavallo;  onore  comune  col  solo  visir.  Ma  questo  gran  per- 
sonaggio che  era  pure  marito  della  regina,  ingelosì  della  crescente  influenza  di  Batuta; 
ond'egli  già  stanco  forse  di  rimanere  lungamente  nello  stesso  luogo,  stimò  prudente  il 
ritirarsi;  fatto  divorzio  con  due  mogli,  fece  vela  per  Maabar,  nome  che  gli  Arabi  danno 
alla  parte  meridionale  della  costa  del  Carnatico  e  del  Coromandel,  e  che  non  vuol  con- 
fondersi con  Malabar. 

Dal  bel  principio  della  navigazione  il  vento  imperversò,  e  portò  la  nave  verso  Seilan. 
Afferma  l'autore  che  la  gran  montagna  di  Serendib  era  visibile  alla  distanza  di  nove 
giorni  di  navigazione,  come  una  colonna  di  fumo  attorniata  da  nubi  alle  falde.  Allorché 
la  nave  entrò  nel  porto,  con  difficoltà  si  concesse  ai  Maomettani  di  scendere  a  terra; 
ma  Batuta  dicendosi  parente  del  re  di  Maabar,  fu  trattato  con  rispetto.  Ammesso  alla 
presenza  del  re,  dichiarò  esser  venuto  nell'isola  per  visitare  la  sacra  pedata  del  nostro 
comun  padre  Adamo  ».  il  re  acconsentiva  a  questo  pellegrinaggio,  deputava  Joghi  e 
Bramini  ad  accompagnare  il  Maomettano,  con  servi  che  portassero  provigioni.  Vassi 
alla  montagna  di  Serendib  o  Picco  d'Adamo  per  due  strade;  l'una  detta  dagli  abitanti 
via  di  Babà  o  Adamo,  l'altra  via  di  Maina  o  Eva.  La  seconda  era  più  agevole;  ma 
poiché  il  merito  del  pellegrinaggio  cresceva  in  proporzione  dell'asprezza  del  cammino, 
la  via  di  Babà  fu  preferita.  Il  precipizio  che  é  immediatamente  al  di  sotto  della  vetta, 
si  ascende  per  mezzo  di  catene  di  ferro,  assicurate  a  caviglie  piantate  nella  ròcca.  Di 
queste  catene  ve  n'ha  dieci,  l'una  sopra  dell'altra,  l'ultima  delle  quali  si  chiama  la  ca- 
tena del  testimonio,  perchè  coloro  che  vi  giungono,  guardando  in  giù,  sono  cólti  da  gran 
paura  di  dover  cadere.  Alla  decima  catena  sta  la  spaziosa  caverna  di  Kizr,  nella  quale 
i  pellegrini  lasciano  le  loro  provigioni,  onde  ascendere  poi  per  circa  due  miglia  sulla 
cima  della  montagna  alla  rupe  ov'é  l'impronta  detta  piede  di  Budda  dagl'Indiani,  e  piede 
di  Adamo  dai  Maomettani.  •(  La  lunghezza  dell'impronta  (dice  Batuta),  è  di  undici 
palmi.  1  Cinesi  ci  vennero  un  tempo,  e  tagliarono  da  questo  sasso  la  parte  occupata  dal 
pollice,  e  la  posero  in  un  tempio  nella  città  di  Zaitun,  ove  si  va  in  pellegrinaggio  dalle 
più  remote  parti  della  Cina.  Nella  rupe  che  contiene  l'impronta,  si  scarpellarono  nove 
piccole  buche,  ove  i  pellegrini  mettono  oro,  rubini  ed  altri  giojelli  ;  quindi  i  fachiri, 
che  giungono  alla  caverna  di  Kizr,  corrono  a  gara  per  dar  di  piglio  a  ciò  che  conten- 
gono ».  La  descrizione  che  Ibn  Batuta  fa  àe\  piede  di  Adamo,  differisce  essenzialmente 
da  quella  fatta  nel  ix  secolo  da  Waab,  il  quale  non  avea  compito  egli  stesso  il  pellegri- 
naggio,  ma  forse  ne  udì  soltanto  la  descrizione  dagli  abitanti;  e  dice  che  l'impronta 
non  é  di  undici  palmi,  ma  di  settanta  cubiti  di  lunghezza;  ed  aggiunge  questa  curiosa 
circostanza,  che  mentre  Adamo  poneva  l'un  piede  sulla  montagna,  coH'altro  stava 
nel  mare. 

Nei  boschi  intorno  alle  falde  del  Picco  d'Adamo  vide  quantità  di  scimie  di  colore 
scuro,  e  con  barbe  somiglianti  a  uomini.  Siccome  i  Greci  dell'antichità,  pare  fosse  in- 
dotto a  credere  questi  animali  una  varielà  della  specie  umana.  Lo  sceico  Otman  e  suo 
figliuolo,  persone  pie  e  fededegne,  lo  assicurarono  che  le  scimie  hanno  un  capo  che 
trattano  da  re;  porta  un  turbante  fatto  di  foglie  d'alberi;  quattro  scimie  con  una  verga 
in  mano  costantemente  lo  servono,  e  gli  provedono  la  tavola  di  noci,  limoni  e  altri 
frutti  della  montagna.  Colà  fu  pure  mostrato  al  nostro  viaggiatore  un  elefante  bianco, 
posseduto  dal  re. 

L'irrequieto  maomettano  scioglieva  da  Seilan  per  la  costa  del  Coromandel.  A  mezzo 
il  viaggio  per  violenta  burrasca  il  legno  rischiò  di  andare  perduto.  Dal  Coromandel  passò 

(I)  E  più  pi(il)aliilc  la  congi'ttura  di  coloro  che  supponfjono  quel  nome,  come  quello  delle  I-nccadive, 
significare  le  millt  isuk.  Mal  nei  dialcUi  e  lacca  io  sanscrito  significano  entrambi  mille;  e  dip  o  dipa 
isola. 


VIAGGIO  d'ibn  batuta  257 

per  terra  al  Malabar;  e  poco  poi  s'imbarcò  a  Kulan  por  tornare  a  Ilinaur.  Nuove  cala- 
mità lo  attendevano.  La  nave  fu  presa  dai  pirati  ;  e  tolto  quanto  possedeva,  venne  la- 
sciato pressoché  nudo  sulla  spiaggia.  In  tale  slato  giunse  a  Calicut,  dove  andò  a  rifug- 
girsi in  una  moschea,  (ìuchè  alcuni  mercatanti  conosciuti  a  Delhi  vennero  in  suo  soccorso. 
Kivedute  le  Maldive,  passò  al  Bengal,  che  gli  sembrò  il  paese  più  fertile  che  avesse  mai 
veduto,  e  in  cui  si  potesse  vivere  a  miglior  mercato,  il  principale  oggetto  di  questo  suo 
viaggio  era  di  visitare  un  gran  santo  nelle  montagne  di  Kamru ,  adjacenti  a  quelle  del 
Tibet,  e  frequentate  dalle  gazzelle  del  muschio.  Lo  sceico  Gialal  Oddin,  come  chiama- 
vasi  il  santo,  trattò  il  nostro  pellegrino  cortesemente  ,  e  alla  sua  partenza  gli  pose  in- 
dosso la  bella  veste  di  pelo  di  capra  che  portava  egli  stesso. 

Tornato  al  mare,  Batuta  trovò  una  giunca  in  procinto  di  far  vela  per  Sumatra,  Non 
sapendo  resistere  alla  tentazione  di  fare  quel  viaggio,  s'imbarcò,  e  dopo  cinquanta 
giorni  di  navigazione  approdò  al  paese  di  Baranakar  (verosimilmente  una  delle  isole 
Nicobar),  dove  gli  uomini  hanno  bocche  da  cani,  e  case  di  canne  lungo  il  lido.  In  quin- 
dici giorni  arrivò  a  Sumatra,  che  aveva  allora  per  re  un  principe  generoso,  affeziona- 
tissimo  ai  Maomettani.  Perlaqual  cosa  Batuta  fu  amorevolmente  accolto  alla  sua  Corte: 
ma  non  vi  rimase  più  di  quindici  giorni ,  e  il  re  gli  diede  provigioni ,  frutti  e  denaro 
pel  suo  viaggio  alla  Cina.  Dopo  una  navigazione  di  trentaquattro  giorni  trovossi  nel  così 
detto  Mare  tranquillo,  di  color  rosso,  senza  né  vento  né  flutti  né  movimento:  però  giun- 
gendo in  quelle  acque,  le  giunche  cinesi  devono  esser  rimorchiate  da  più  piccoli  legni. 

Avendo  navigato  per  trentasette  giorni  in  quelle  tranquille  acque,  che  in  parte  somigliano 
a  quella  porzione  dell'Atlantico  detta  haja  della  Madomia  (Lady's  Bay),  il  viaggiatore 
giunse  ad  un  paese  che  dal  nome  del  suo  re  chiamavasi  Tawalisi,  e  della  cui  posizione 
è  impossibile  il  formar  congettura.  Quel  re,  dic'egli,  era  abbastanza  potente  per  tener 
testa  all'imperatore  della  Cina:  la  gente  vi  era  idolatra,  bella  d'aspetto,  e  somigliante 
ai  Turchi;  di  colore  rossastro  di  rame,  e  di  gran  forza  e  valore.  Le  donne  cavalcavano, 
erano  destre  nel  lanciare  giavellotti,  e  combattevano  al  pari  degli  uomini.  Kailuka,  una 
delle  città  principali,  porto  in  cui  era  entrata  la  nave,  era  governata  dalla  figliuola  del 
re.  Essa,  mandato  pel  viaggiatore,  lo  salutò  cortesemente  in  lingua  turchesca,  e  fattosi 
recare  carta  e  inchiostro,  scrisse  in  sua  presenza  il  Bismillah.  Partendo  di  quivi,  Batuta 
giunse  in  sette  giorni  alla  prima  provincia  della  Cina,  di  cui  descrive  con  parole  d'alta 
ammirazione  l'industria,  l'opulenza,  la  coltura  ed  il  buon  ordine. 

Osserva  pure  che  i  contratti  dei  Cinesi  si  fanno  per  mezzo  di  carta.  «Essi  non  com- 
prano né  vendono  col  dirhem  o  denaro;  e  se  alcuna  di  queste  monete  capitasse  loro 
nelle  mani,  la  fonderebbero  immediatamente.  Quanto  alla  carta,  ogni  pezzo  è  circa  della 
larghezza  della  mano,  ed  è  improntato  col  bollo  del  re.  Allorché  queste  carte  sono  la- 
cere 0  logore,  si  portano  ad  una  casa,  che  tien  luogo  delle  nostre  zecche,  e  il  re  ne  fa 
dare  delle  nuove  in  cambio.  Ciò  si  fa  senz'interesse,  contentandosi  il  re  del  vantaggio 
che  proviene  dalla  loro  circolazione. 

1  Cinesi  gli  parvero  i  più  valenti  artefici  del  mondo  ;  nella  pittura  non  aveano  chi  li 
pareggiasse;  e  in  prova  di  ciò  si  fa  a  narrare  un  grazioso  aneddoto:  <•  Entrai  un  giorno 
in  una  loro  città  solo  un  istante;  e  dopo  alcun  tempo  avendo  occasione  di  tornarvi, 
quale  non  fu  il  mio  stupore  nel  vedere  me  e  i  miei  compagni  effigiati  sui  muri  e  sopra 
fogli  di  carta  affissi  nelle  vie!  Questo  si  suol  fare  di  tutti  coloro  che  passano  per  le  loro 
città;  e  se  uno  straniero  commettesse  cosa  per  cui  gli  fosse  forza  fuggire,  mandando 
essi  il  suo  ritratto  in  tutte  le  provincie,  verrebbero  necessariamente  a  scoprirlo». 

La  prima  città  in  cui  ponesse  il  piede  nella  Cina,  chiama  egli  El-Zaitun  (1).  11  porto 
gli  parve  dei  più  belli  del  mondo.  Eranvi  circa  cento  giunche  delle  più  larghe;  piccoli 
legni  innumerevoli;  mercatanti  maomettani  in  buon  numero  e  facoltosi;  e  quando  al- 
cuno di  lor  religione  vi  capitava,  trattavanlo  con  tanta  liberalità,  che  in  breve  lo  face- 
vano ricco  quanto  essi  medesimi.  Da  Zaitun  Ibn  Batuta  ,  navigando  per  ventisette 
giorni,  venne  a  Sin-kilan ,  una  delle  principali  città  della  Cina.  Qui  pure  trovò  una 

(^)  Questa  città,  crciluta  da  molti  essere  Canton,  mente  Tsen-tung,  da  cui  gli  Arabi  fecero  Zaitun,  e 

è    la    Thsìuan-ceu-fu  dei  Cinesi,  situata  a  più  di  Marco  Polo  Zaitum.  Rlapboth  ,   Journal  atiat., 

centoventi  leghe  al  nord-est  di  quella  città  ed  nn  voi.  v,  pag.  Ai. 
poco  a  tramontana  di  Naukin.  Chiamavasi  antica- 

Camò,  Documenti.  —  Tomo  I,  Geografia  politica,  17 


258  eEOGRAFlA  —  EPOCA  decìmaterza 

moschea  ed  un  giudice  maomettano  ;  come  in  ogni  grande  città  cinese,  v'erano  merca- 
tanti maomettani,  con  un  giudice  ed  uno  sceico  el-lslam  per  comporre  le  loro  liti.  Ivi 
ebbe  notizia  che  di  là  di  Zaitun  non  v'era  città  di  rilievo.  «  Tra  essa  e  l'impedimento 
di  Gog  e  Magog  havvi,  a  quanto  mi  fu  detto,  sessanta  giornate;  la  gente  che  v'abita, 
mangia  tutti  coloro  cui  può  mettere  le  mani  addosso;  quindi  nessuno  frequenta  quelle 
parti  ».  Per  questo  impedimento  di  Gog  e  IVIagog  taluni  hanno  supposto  si  deva  inten- 
dere la  Gran  muraglia;  ma  siccome  Batuta  ha  cura  d'informarci  che  né  egli  stesso  l'a- 
rea veduta,  né  avea  favellato  con  alcuno  che  di  là  venisse,  è  verosimile  che  egli  dubi- 
tasse di  questa  parte  del  suo  racconto.  A  Fangianfur  trovò  un  natio  di  Cauta  che  aveva 
conosciuto  in  gioventù,  ed  aveva  pure  avuto  una  carica  nella  reggia  di  Delhi  ;  venuto 
poi  nella  Cina,  vi  avea  accumulate  grandi  ricchezze.  Qualche  tempo  dopo,  Batuta  in- 
contrando il  fratello  della  medesima  persona  nel  Sudan,  esclamava:  —  Che  distanza  fra 
questi  due  fratelli  !  »  Ma  ai  tempi  d'ibn  Batuta  i  mercatanti  maomettani  frequentemente 
stendevano  il  loro  traffico  dalla  Cina  all'Atlantico. 

Dieci  giorni  di  navigazione  sul  fiume  conducevano  il  viaggiatore  a  El-Kansa  (forse 
Chen-si),  che  descrive  come  la  città  più  vasta  della  terra.  Siccome  ogni  casa  vi  è  cir- 
condata da  un  giardino,  la  lunghezza  della  città  è  di  tre  giorni  di  strada,  divisa  in  sei 
cittadine,  ciascuna  attorniala  da  un  muro.  Nella  prima  stavano  dodicimila  guardie.  Nella 
seconda,  che  era  la  più  bella,  dimoravano  gli  Ebrei,  i  Cristiani,  i  Turchi  e  gli  adoratori 
del  sole.  1  Cristiani  qui  accennati  erano  probabilmente  nestoriani  penetrati  nella  Cina 
dalla  Persia,  o  Cristiani  di  san  Tommaso  del  Malabar.  La  terza  divisione  era  principal- 
mente occupata  dagli  uffiziali  del  governo.  La  quarta  era  il  quartiere  dei  ricchi.  Nella 
quinta,  che  era  la  maggiore,  abitava  la  gente  minuta.  Fra  le  rare  manifatture  che  Batuta 
vi  vide,  fa  particolar  menzione  di  piattelli  formati  di  canne  incollate  insieme,  e  dipinti 
con  colori  vivaci  e  durevoli.  La  popolazione  della  sesta  città  era  composta  di  marinari, 
pescatori,  maestri  da  calafato  e  da  legnami,  insorsero  in  questo  tempo  dissensioni  fra  i 
membri  della  famiglia  regnante,  che  menarono  ad  una  guerra  civile  ed  alla  morte  del 
kan.  11  defunto  monarca  fu  sepellito  con  gran  pompa,  secondo  l'usanza  dei  Tartari:  si 
scavò  una  gran  fossa,  nella  quale  si  distese  un  bel  letto,  su  cui  fu  deposto  colle  sue 
armi  e  i  ricchi  abbigliamenti:  il  vasellame  d'oro  e  d'argento  della  sua  casa,  quattro 
schiave  e  sei  prediletti  mamelucchi  furono  con  lui  sepolti:  quindi  vi  si  ammonticchiò 
terra  all'altezza  di  un  monticello,  e  sul  colmo  s'impalarono  quattro  cavalli.  Per  queste 
turbolenze  Batuta  affrettossi  a  lasciar  il  paese. 

Da  Zaitun  navigò  a  Sumatra,  e  quindi  a  Calicut  e  a  Ormus.  Fatto  poscia  il  giro  della 
Persia  e  della  Siria  ,  compiè  per  la  terza  volta  il  Pellegrinaggio  della  Mecca  nell'anno 
749  (1548).  li  seguente  anno  tornò  a  Tanger,  e  visitò  il  paese  natio:  ma  l'amor  del 
viaggiare  non  era  ancora  spento  in  lui.  Poco  poi  partì  per  la  Spagna,  e  corsa  la  parte 
meridionale  di  quel  paese,  tornò  a  Marocco  andando  al  Sudan  o  contrada  del  Niger. 
Lasciando  Segelmessa,  in  venticinque  giorni  giunse  aTagari  «  villaggio  in  cui  non  v'ha 
nulla  di  buono,  perchè  le  sue  case  e  le  moschee  sono  fabbricate  di  pietre  di  sale,  e  co- 
perle  di  pelli  di  camelli  ».  Gli  abitanti  del  Sudan  comperavano  questo  sale  tagliato  in 
pezzi  regolari,  e  se  ne  valevano  in  luogo  di  denaro. 

Avendo  traversato  il  Gran  deserto,  venne  ad  Abu  Latin,  primo  distretto  del  Sudan,  i 
cui  abitanti  erano  principalmente  dati  al  commercio,  e  traevano  i  loro  abili  dall'Egitto. 
Le  donne  poi  parvero  al  nostro  viaggiatore  assai  leggiadre.  «  Nessuno  qui  pigliali  nome 
dal  padre,  ma  dallo  zio  materno.  11  figliuolo  della  sorella  succede  sempre  nell'eredità, 
a  preferenza  del  figlio;  usanza  che  non  ho  veduta  altrove,  salvo  fra  gl'Indiani  in- 
fedeli del  Malabar  ». 

La  Abu  Latin  a  Malhi  trovò  le  strade  ombreggiate  da  alberi  così  enormi,  che  una  ca- 
rovana avrebbe  potuto  mettersi  a  coperto  sotto  uno  di  essi;  e  passando  vicino  ad  uno 
di  quelli,  vide  un  tesserandolo  lavorare  al  suo  telajo  nel  vuoto  del  tronco.  Mentre  era  a 
Malhi,  avvenendogli  un  giorno  d'incontrare  il  re  ad  un  banchetto,  si  levò  in  piedi  e 
disse:  —  Ho  percorso  tutto  il  mondo,  ed  ho  veduto  i  suoi  re;  ed  ora  son  quattro  mesi 
«  che  abito  ne'  tuoi  doniinj,  né  ho  ricevuto  da  te  regalo  o  provigione  alcuna:  che  cosa 
(I  dovrò  io  dire  di  te  quando  sarò  interrogato  su  questo  proposito?  »  A  tale  rimostranza 
il  sultano  gli  destinò  una  casa  con  tutto  l'occorrente. 

Lungheggiando  il  Niger,  ch'egli  chiama  Nilo,  Ibn  Batuta  vide  numero  d'ippopotami 


VI  ACCIO   DI   CLAVIGO  J59 

sulle  sponde  di  un  gran  golfo  o  lago  che  si  fosse.  Qui  fa  informato  che  in  alcune  parti 
del  Sudan  gl'infedeli  mangiano  carne  umana,  ma  solo  di  Negri,  slimando  la  carne  dei 
Bianchi  malsana  [ler  non  essere  ahbaslanza  matura.  Dopo  alcuni  giorni  giunse  a  Toni- 
Luctii,  intorno  alla  quale  non  entra  in  alcun  particolare. 

La  città  di  Kakau,  più  oltre,  era  stimata  la  più  bella  del  Sudan.  Passò  quindi  a  Bar- 
dama,  e  poscia-Q  Nakda,  città  di  vago  aspetto,  fabbricata  di  pietra  rossa,  nelle  cui  vici- 
nanze erano  ricche  miniere  di  rame.  Da  questo  luogo  tornò  à  Fez,  dove  fissò  sua  dimora 
l'anno  75i  (1353),  ventott'anni  dacché  si  era  mosso  per  la  prima  volta  in  viaggio.  In- 
tanto aveva  adempiute  tutte  le  obbligazioni  che  emsi  imposto  nel  corso  delle  sue  pere- 
grinazioni; visitato  i  tre  fratelli  dello  sceico  Boran  Oddin-el-Aaraj,  che  dimoravano  uno 
in  Persia,  l'altro  nell'India,  il  terzo  nella  Cina;  ed  al  fratello  dello  sceico  KawanOddin 
incontrato  fra  i  Cinesi,  portò  novelle  del  suo  parente  fin  nel  cuore  dei  Sudan. 

§  IS,   —  Viaggio  di  Clavigp. 

La  fama  delle  conquiste  di  Tamerlano  essendosi  sparsa  in  Europa,  Enrico  IH  di  Ca- 
stiglia  volle  mandar  ambasciadori  a  rendergli  omaggio,  ed  esplorare  i  costumi  e  la  forza 
delle  nazioni  nell'interno  dell'Asia,  la  condizione  dei  vinti  e  il  carattere  del  conquista- 
tore. Due  gentiluomini  della  Corte,  Pelagio  de  Sotomayor  e  Fernando  de  Palazuelas, 
partirono  nel  1595  pel  Levante,  giunsero  al  campo  di  Tamerlano,  e  furono  testimonj 
della  totale  sconfitta  dell'esercito  di  Bajazet.  11  conquistatore  congedò  gli  Spagnuoli  ca- 
richi di  presenti,  e  mandò  con  essi  un'ambasceria  per  onorare  maggiormente  il  re  di 
Castìglia. 

Il  buon  esito  incoraggiò  Enrico  a  una  seconda  ambasceria  nel  1403,  alla  testa  della 
quale  si  trovò  Buy  Gonzales  di  Clavigo,  che  tornato  io  Ispagna  nel  1406,  scrisse  una 
relazione  dell'accoglimento  avuto  a  Samarcanda,  e  di  ciò  che  avea  osservato  nelle  varie 
contrade  percorse. 

Soggiornò  qualche  tempo  a  Costantinopoli,  che  descrive  come  vasta  di  otto  miglia  di 
circonferenza,  benché  non  popolata  in  proporzione,  e  conteneva,  dic'egli,  tremila  chiese, 
tutte  ricche  di  reliquie.  Dopo  un  tedioso  viaggio  nel  mar  Nero,  giunse  nel  1404  a  Tre- 
bisonda,  dove  Genovesi  e  Veneziani  occupavano  ciascuno  un  forte  o  castello.  Traversò 
l'Armenia,  il  settentrione  della  Persia  e  il  Corassan  ;  spesso  passava  le  notti  in  mezzo 
dei  deserti,  o  sotto  le  tende  di  un'orda  errante,  ch'e'  chiama  Ciacatais.  Ad  Arsigna  ossia 
Erzerura  l'ambasceria  fu  coi  maggiori  onori  festeggiata  per  parecchi  giorni,  e  prove- 
duta d'ogni  necessario  a  terminare  il  suo  viaggio.  Procedendo  verso  oriente,  passarono 
il  fiume  Corras,  e  a  sette  od  otto  leghe  dal  monte  Ararat,  giunsero  a  Calmurin  città 
grande  e  fortificata,  che  si  fé  credere  agli  ambasciadori  spagnuoli  essere  stata  la  prima 
fabbricata  dopo  il  diluvio. 

A  Iloy  0  Choi  sui  confini  della  Persia  e  dell'Armenia,  Clavigo  incontrò  l'ambasciadore 
del  sultano  di  Bagdad,  diretto  anch'esso  alla  corte  di  Tamerlano,  e  portatore  di  molti 
presenti,  non  men  pregevoli  che  rari.  Fra  questi  un  animale  che  riempì  gli  Spagnuoli 
d'ammirazione;  con  corpo  di  cavallo  e  testa  di  cervo,  ma  principalmente  notevole  per 
la  straordinaria  lunghezza  delle  gambe  anteriori  e  del  collo,  di  sedici  palmi  di  altezza; 
dimodoché  quando  portava  la  testa  alta,  era  un  vero  prodigio,  potendo  con  facilità  pa- 
scersi delle  foglie  dei  più  alti  alberi.  Clavigo  chiama  questo  animale  jornufa,  ed  è  chia- 
ramente la  giraffa  o  camellopardo,  che  abita  l'Africa  centrale,  ed  è  per  conseguenza  og- 
getto raro  nel  centro  dell'Asia. 

Tauris  o  Tebriz  viene  descritta  da  Clavigo  come  gran  città  di  commercio,  contenente 
ducentomila  case,  quantunque  fosse  in  decadenza:  aveva  molti  superbi  edifizj,  e  poco 
prima  ch'egli  vi  giungesse,  potea  vantarsi  di  possedere  uno  dei  più  splendidi  palazzi 
dell'Oriente,  che  diceasi  aver  contenuto  ventimila  appartamenti,  ed  era  allora  ridotto 
in  rovine.  Tamerlano  aveva  affidato  il  governo  di  questa  parte  della  Persia  al  suo  pri- 
mogenito Miassa  Miraxa,  principe  debole  e  caparbio,  che  non  sapeva  segnalarsi  se  non 
col  distruggere  ciò  che  era  stato  ambizione  di  altri  d'innalzare,  atterrava  tutti  gli  splen- 
didi palagi  che  si  trovavano  nelle  contrade  soggette  alla  sua  autorità,  ed  aveva  appunto 
compiuto  la  sua  distruzione  in  Tebriz,  riducendo  a  rovine  il  vasto  edifizio  succennato, 


260  GEOGRAFIA  —  EPOCA  DEClMATERZA 

quando  gli  fu  annunziato  die  Tamerlano  veniva  per  metterlo  a  morte.  Sapendo  impos 
sibile  il  fuggire,  si  alTretlò  incontro  al  padre  irritato  per  implorar  perdono;  e  ad  inter- 
cessione degli  amici  ebbe  salva  la  vita,  ma  Tamerlano  lo  privò  d'ogni  grado  ed  autorità, 
e  lo  costrinse  a  vivere  da  privato. 

In  Tauris  i  Genovesi  godevano  grandi  privilegi  pel  commercio;  v'erano  stabiliti  quasi 
colonia  commerciale  che  dirigeva  il  traffico  fra  l'Europa  e  le  Indie,  conttutti  i  vantaggi 
d'una  posizione  intermedia. 

Da  Tauris  Clavigo  passò  a  Sultania,  la  quale,  sebbene  inferiore  in  grandezza  e  in  po- 
polazione, faceva  tuttavia  traffico  piìi  attivo.  Ogni  anno  fra  giugno  e  agosto,  vi  giunge- 
vano carovane  dall'India;  altre  venivano  da  Yedz  e  da  Serpi;  e  stoffe  di  cotone  d'ogni 
colore  eranvi  portate  dal  Corassan.  Le  perle  e  le  pietre  preziose  ci  capitavano  per  un 
cammino  di  sessanta  giorni  da  Ormus,  dove,  secondo  Clavigo,  i  mercatanti  del  Catai 
recavano  bei  rubini  e  gioje  di  varie  specie.  Le  carovane  vegnenti  dall'India  erano  ca- 
riche di  preziosi  aromi,  di  garofani,  macise  noce  moscada,  pei  quali  il  miglior  mercato 
era  Sultania.  Clavigo  è  il  primo  o  forse  il  solo  scrittore  che  indichi  questa  linea  di  co- 
municazione fra  l'India  e  l'Europa.  Forse  non  fu  seguitata  se  non  dopo  distrutta  Bagdad 
dai  Mongoli  :  e  non  pare  che  Sultania  continuasse  ad  esser  sede  di  questo  florido  com- 
mercio molto  dopo  i  tempi  di  Clavigo  ;  perciocché  i  viaggiatori  che  vi  passarono  verso 
il  finire  del  xv  secolo,  non  vi  osservarono  altro  che  le  torrette  d'una  moschea,  costrutte 
di  metallo,  e  lavorate  con  rara  delicatezza. 

Pel  settentrione  della  Persia  l'ambasceria  giunse  finalmente  a  Domghaun,  allora  capi- 
tale militare  del  regno.  Quivi  ebbero  a  vedere,  monumento  nuovo  e  terribile,  la  piazza 
del  mercato  ornata  di  quattro  torri,  alte  un  trarre  di  mano,  e  formate  di  teschi  umani, 
uniti  con  fango.  Per  innalzarle,  Tamerlano  avea  messo  a  morte  sessantamila  Turcomani, 
0  Tartari  bianchi  siccome  chiamavansi,  vinti  in  battaglia.  Lasciato  questo  luogo,  gli 
ambasciadori  provarono  i  sofTj  cocenti  del  deserto  ;  e  giungendo  ad  una  città  chiamata 
Vascal,  non  ottennero  tampoco  un  sol  momento  per  ristorarsi,  ma  furono  obbligati  a  con- 
tinuare immediatamente  il  viaggio;  tale  essendo  la  volontà  del  terribile  Tamerlano. 

Alquanto  più  oltre,  ad  un  luogo  detto  Jagero ,  ebbero  opportunità  d'osservare  il  si- 
stema delle  poste  stabilito  da  Tamerlano.  Ad  una  giornata  l'un  dall'altro  si  erano  eretti 
caravanserragli,  bastanti  per  cento  a  duecento  cavalli  ;  coiài  corrieri  al  servizio  dell'im- 
peratore ricambiavano  le  bestie,  ed  erano  investiti  della  facoltà  di  valersi  dei  cavalli  di 
tutti  coloro  che  incontravano,  e  d'impiegare  qualunque  forza  per  affrettare  le  loro  corse. 
Giunto  a  Samarcanda,  Clavigo,  dopo  qualche  ritardo  di  cerimonia,  fu  ammesso  alla 
presenza  dell'imperatore.  Lo  trovò  seduto  sovra  cuscini  di  seta  ricamata ,  coi  gomiti 
appoggiati  a  guanciali,  e  con  un  zampillo  d'acqua  dinanzi.  Fu  introdotto  da  gentiluo- 
mini della  Corte,  i  quali  lo  istruirono  come  piegar  il  ginocchio  e  fare  le  altre  riverenze. 
Ad  ogni  genuflessione  si  avvicinava  all'imperatore,  il  quale  volle  che  Clavigo  e  i  suoi 
compagni  gli  si  facessero  in  questo  modo  assai  vicini  ,  per  soddisfare  la  sua  curiosità 
esaminando  da  presso  gli  Spagnuoli,  poiché  gli  occhi  suoi  erano  oramai  quasi  chiusi,  e 
le  lappole  ne  erano  cadute  per  la  vecchiaja. 

L'ambasciata  fu  ben  accolta;  Clavigo  potè  vedere  la  rozza  magnificenza  dell'ospita- 
lità tartara,  e  descrive  con  ammirazione  prolissa  le  feste  dategli  alla  Corte.  Gli  ospiti 
furono  in  quelle  occasioni  suntuosaniente  trattati  con  carne  di  cavallo  a  lesso  ed  ar- 
rosto, con  riso  e  castrato  allestiti  in  molte  guise.  Pecore  e  cavalli  erano  trasportati  a 
dosso  di  camelli  dalle  cucine  agli  scalchi;  la  carne  lessata  era  chiusa  in  grandissimi 
otri  di  cuojo,  che  a  gran  fatica  si  strascinavano  nelle  sale  del  banchetto,  colà  squarcia- 
vansi,  e  le  vivande  erano  tosto  ridotte  a  pezzi  dalle  persone  di  servizio.  Tutto  ciò  che 
apponevasi,  apparteneva  ai  convitati,  i  servi  dei  quali  potevano  portar  via  gli  avanzi  ;  e 
gii  apparecchi  erano  cosi  straordinariamente  copiosi ,  che  se  i  servi  di  Clavigo  avesser 
voluto  valersi  del  privilegio,  avrebbero,  dai  soli  rilievi  d'un  festino,  raccolto  vivande 
per  mezz'anno.  Non  vino  se  non  in  rare  occasioni  e  con  espressa  permissione  dell'im- 
peratore ;  allora  era  somministrato  in  gran  copia,  e  pare  si  considerasse  qual  prova  di 
devozione  non  meno  che  di  civiltà  il  berne  con  quella  larghezza  con  cui  era  servilo. 
V'erano  servi  destinati  solo  a  riempier  le  tazze;  e  coloro  che  intendevano  bere  alla  sa- 
lute dell'imperatore,  doveano  vuotarle  di  un  fiato.  Clavigo  fu  presente  a  banchetti  dati 
da  due  principesse,  la  moglie  principale  e  la  nuora  dell'imperatore;  e  in  queste  occa- 


VIAGGIO   DI   CLAVIGO  261 

sioni  si  versava  il  vino  con  insolita  abbondanza,  le  donne  stesse  dando  esempio  di  bac- 
canale allegria,  e  più  volte  vuotando  le  loro  tazze  in  onore  dei  convitati.  Colui  che  più 
d'ogni  altro  beveva  a  questi  festini,  era  onorato  del  titolo  di  liahìdar. 

Tamerlano  cambiò  frequentemente  di  residenza  mentre  la  legazione  stava  olla  sua 
Corte;  ed  ogni  nuovo  palazzo  visitato  da  Clavigo  vinceva  il  precedente  in  magnificenza. 
Ma  lo  sfoggio  più  imponente  della  grandezza  imperiale  segui  all'orc/a  ossia  campo,  al- 
lorquando Tamerlano  e  i  suoi  nobili  spiegarono  ventimila  tende  in  una  vasta  pianura. 
Alcune  di  esse  erano  di  seta  e  di  tessuti  d'oro  a  perle ,  rubini  e  pietre  preziose.  In 
quelle  dell'imperatore  vedevansi  tavole  d'oro,  e  tutti  gli  utensili  erano  d'oro,  d'argento 

0  della  più  fina  porcellana. 

Samarcanda  parve  a  Clavigo  non  più  vasta  di  Siviglia,  ma  infinitamente  più  popolosa, 

1  suoi  sobborgbi ,  che  racchiudevano  molli  giardini  e  ampie  vigne,  si  stendevano  in 
ogni  direzione  a  gran  distanza.  Tamerlano  vi  aveva  trasportato  per  forza  cencinquanta- 
mila  anime  da'  paesi  conquistati, scegliendo  sempre  i  più  ingegnosi  artigiani  d'ogni  spe- 
cie. Inoltre  aveva  dato  ordine  a'  suoi  ufTìziali  di  raccogliere  tutte  le  persone  indigenti  e 
senz'asilo,  e  mandarle  alla  sua  capitale,  di  cui  intendeva  fare  la  maggiore  città  del- 
l'Oriente. Le  case  di  Samarcanda  erano  insufTìcienti  ad  alloggiare  l'immensa  popola- 
zione raccolta  con  questo  mezzo  dispotico,  laonde  molti  dei  più  poveri  erano  ridotti  la 
grotte  0  in  capanne  temporarie  ne'  sobborghi.  Ma  siccome  gli  sciagurati,  che  il  tiranno 
aveva  in  tal  modo  costretti  ad  abbandonare  i  loro  luoghi  natii  per  mettersi  a  Samar- 
canda, tentavano  continuamente  fuggire,  tutti  i  passi  del  fiume  Gihon  ossia  Oxo  erano 
gelosamente  custoditi ,  e  senza  permissione  dell'imperatore  nessuno  varcava  il  gran 
ponte  di  barche. 

A  malgrado  delle  guerre  e  delle  rivoluzioni  che  avevano  desolate  le  circostanze,  Sa- 
marcanda faceva  ancora  gran  traffico.  Tartari  e  Russi  vi  portavano  pelli ,  pelliccerie  e 
panni;  dalla  Cina  venivano  drappi  di  seta,  muschio,  perle,  ])ietre  preziose  e  rabarbaro. 
Da  Samarcanda  a  Cambalù  o  Pekino  teneansi  sei  mesi,  dei  quali  due  interi  solamente 
nel  traversare  i  deserti.  Vi  giungevano  pure  carovane  dall'India  cogli  aromi  fini,  cioè 
garofani,  macis  e  noce  moscada  ;  e  Clavigo  ripete  qui  un'osservazione  già  da  lui  fatta  a 
Sultania,  che  spezie  di  questa  qualità  non  si  trovavano  sui  mercati  d'Alessandria. 

Passati  parecchi  mesi  in  feste  a  Samarcanda,  finalmente  fu  da  Tamerlano  fissato  un 
giorno  nel  quale  gli  ambasciatori  dovevano  ricevere  risposta  e  congedo.  Venuto  il 
giorno,  furono  informati  che  l'imperatore  era  malato  e  non  poteva  riceverli  ;  in  una  se- 
conda visita  ebbero  una  simile  risposta  ;  e  quando  fecero  un  terzo  tentativo  per  otte- 
nere udienza,  gli  ufiìziali  della  Corte  disser  loro  che  il  tempo  della  partenza  era  venuto 
e  i  preparativi  del  loro  viaggio  compiuti.  Ma  Clavigo  era  determinato  di  non  lasciare 
Samarcanda  senza  prender  congedo  con  le  solite  formalità  ;  né,  benché  fosse  assicurato 
che  l'imperatore  era  in  punto  di  morte,  si  potè  indurre  il  puntiglioso  Spagnuolo  a  cam- 
biar di  risoluzione,  finché  i  principali  utfiziali  non  gli  comunicarono  un  ordine  di  par- 
tire in  termini  così  perentorj  da  non  dar  più  luogo  ad  esitanza.  Pertanto  egli  partiva, 
e  al  suo  arrivo  a  Tebriz  apprendeva  che  Tamerlano  era  morto,  e  che  i  figliuoli  e  i  ni- 
poti di  lui  si  contendevano  la  possessione  dell'impero.  Egli  stesso  provò  quivi  i  tristi 
effetti  di  quelle  turbolenze,  essendo  spogliato  d'ogni  sua  roba,  e  tenuto  alcuni  mesi  ri- 
gorosamente prigione.  Finalmente  Omar  Miraz  nipote  di  Tamerlano,  rimasto  al  governo 
della  Persia,  diede  libertà  agli  ambasciadori  e  ogni  cosa  stata  loro  rapita,  e  mercè  i  suoi 
passaporti  poterono  ritornare  sani  e  salvi  in  Europa. 


EPOCA    XIV 

COMMERCIO   E  SCOPERTE 


§  1.  —  Commercio  del  medioevo. 

Mentre  alcuni  Stati  ingrandivano  per  le  armi,  altri  doveano  la  prosperità  al  com- 
mercio, come  le  città  dell'Ansa,  della  Fiandra,  delle  rive  del  Reno  e  del  Danubio,  e 
ancor  più  quelle  d'Italia,  di  Provenza  e  di  Catalogna.  Quest'ultime,  genti  latine,  tratB- 
cavano  nel  Mediterraneo;  gli  altri  di  lingua  tedesca,  sulle  coste  del  Baltico,  del  mar 
Nero,  lungo  il  Reno  e  il  Danubio,  in  Germania,  Francia,  Inghilterra.  Gli  Arabi  appar- 
vero anch'essi  a  concorrenza,  ed  eclissarono  il  commercio  dei  nostri,  ma  per  breve 
tempo  quanto  la  loro  civiltà. 

Il  commercio  del  Mediterraneo  tendeva  a  procurare  all'Europa  le  delizie  di  vesti  ed 
aromi  dell'Asia.  Marsiglia,  già  fiorente  sotto  l'impero  romano,  continuava  a  trafficar 
coU'Egilto,  e  i  suoi  mercanti,  come  quelli  di  Lione  e  d'Avignone,  andavano,  due  volte 
l'anno,  a  cercare  ad  Alessandria  le  derrate  d'Arabia  e  dell'India;  le  quali  poi  su  pel 
Rodano,  la  Saona  e  il  Doubs,  indi  scendendo  per  la  Mosella  e  pel  Reno  fin  ad  Aquis- 
grana,  erano  vendute  e  cambiate.  Barcellona  nella  marca  di  Spagna,  e  le  città  marit- 
time d'Italia  ebbero  principal  parte  in  questo  commercio.  Crebbe  esso  di  molto  al 
tempo  delle  crociate,  agevolato  dal  trovarsi  in  tutti  i  porti  del  Mediterraneo  orientale  dei 
banchi,  ove  le  merci  potessero  in  sicurezza  aspettare  l'arrivo  delle  flotte  mercantili,  e 
consoli  che  prevenissero  e  raccomodassero  i  litigi. 

I  principali  banchi  erano  : 

o.  A  Costantinopoli.  I  Veneziani  n'ebbero  sin  dalla  prima  crociata;  poi  Pisani,  Ge- 
novesi, Amalfitani,  Barcellonesi. 

6.  Nel  mar  Nero.  Genovesi  e  Veneziani  n'erano  unici  dominatori;  quelli  a  Cafla  sulla 
costa  di  Crimea,  questi  a  Trebisonda  e  Sinope  sull'altra  riva  dell'Eusino. 

e.  Sulle  coste  di  Siria.  Venezia  possedeva  un  terzo  della  città  di  Acri,  Genova  un 
altro  terzo,  nel  resto  Italiani,  Marsigliesi,  Siri.  Venezia  tenne  banchi  a  Biblos,  Berito, 
Antiochia;  Pisa  a  Laodicea,  Tiro,  Tripoli;  Genova  aveva  a  Tiro  un  console  per  tutta  la 
Siria;  e  Marsiglia  in  tutti  quei  porti  godeva  di  larghi  privilegi. 

d.  In  Egitto.  Venezia  tenevasi  in  buona  relazione  coi  sultani  Ajubiti  e  i  Mamelucchi 
a  loro  succeduti  ;  onde  faceva,  si  può  dire,  monopolio  del  commercio  di  Damielta  ed 
Alessandria. 

e.  Sulla  costa  d'Africa.  Pisa,  Genova,  Venezia  aveano  trattati  di  commercio  coi  re- 
gnanti. 

strade  A  questi  banchi  dirigevansi  le  merci  dal  cuor  dell'Asia  e  dell'Africa,  e  sboccavano  le 
grandi  strade  di  commercio  traverso  ai  due  continenti.  Una  venendo  dalla  Cina,  scen- 
deva lungo  l'Oxo,  ove  scontrata  la  strada  dell'India,  proseguivano  insieme  traverso  al 
mar  Caspio,  al  Volga,  al  Don,  al  mare  d'Azof,  sboccando  a  Gaffa.  Un'altra  dietro  l'Indo 
e  l'Oxo,  radeva  al  sud  del  Caspio,  poi  calava  pel  Fasi  fino  al  mar  Nero  per  raggiungere 
Sinope  e  Trebisonda.  Una  terza  fendeva  l'oceano  Indiano  e  il  golfo  Persico,  risaliva 
l'Eufrate  fino  a  Bagdad,  donde  le  carovane  trasportavano  le  merci  ad  Aleppo,  a  Da- 
masco e  nei  porti  di  Siria.  I  mercanti  dell'India  diretti  all'Egitto,  invece  d'entrare  nel 
golfo  Persico,  giravano  l'Arabia,  melteansi  pel  mar  Rosso,  e  affidavano  il  carico  a  ca- 
rovane che  lo  portavano  sin  al  Nilo,  donde  calavano  al  Cairo  e  ad  Alessandria. 

Ne  vennero  potentissime  Genova,  Amalfi,  Pisa,  Firenze.  Barcellona,  emporio  dell'in- 
dustria araba  in  Ispagna,  s'arricchi  di  molto,  come  Narbona,  Arles,  Marsiglia,  Nizza, 
Montpellier,  che  però  non  poterono  ergersi  in  reiiubbliche,  atteso  la  vicinanza  dei  conti 
della  marca  di  Spagna,  di  Tolosa,  di  Provenza.  Tran,  Zara,  Spalatro,  Ragusi,  sulla  riva 


COMMERCIO  DtL  MEDIO   EVO  263 

orientale  dell'Adriatico,  facevano  pure  vivo  commercio;  ma  la  pirateria  propria  e  l'altrui 
le  impedi  di  prendere  gran  volo. 

Nelle  basse  terre  a  settentrione  della  Francia  e  della  Germania,  coperte  d'acqua  e 
rotte  dai  fiumi,  le  città  prevalsero  al  feudalismo;  e  giovandosi  del  vicino  mare  e  dei 
molti  fiumi,  si  diedero  al  commercio.  Invece  di  emularsi  e  nuocersi  come  le  italiane, 
fecero  accordi  per  proleggersi  a  vicenda;  e  la  lega  Anseatica  dominò  lunga  pezza  il 
nord  d'Europa,  e  raccolse  in  unico  interesse  commerciale  tutte  le  città  sul  Baltico  e  i 
grandi  Comuni  di  Fiandra.  Da  Londra  a  Novogorod  non  veleggiavano  clic  navi  d'An- 
seatici; essi  le  pesche,  le  miniere,  l'agricoltura,  l'industria  di  Germania;  sui  loro  mer- 
cati baratlavansi  le  pelliccie,  i  seghi,  i  cuoj  di  Russia,  i  grani,  la  cera,  il  miele  di  Po- 
lonia, l'ambra  di  Prussia,  i  metalli  di  Sassonia  e  di  Boemia,  i  vini  del  Reno  e  di  Francia, 
le  lane  e  lo  stagno  d'Inghilterra,  le  tele  d'Olanda  e  di  Frisia,  i  panni  di  Fiandra  ecc.; 
e  Italiani  e  Provenzali  recavano  le  derrate  d'Oriente  all'immenso  deposito  di  Bruges. 

1  banchi  più  importanti  erano  quelli  di  Wisby  nell'isola  di  Gotland,  di  Novogorod  in 
Russia,  di  Skanacer  e  di  Falsterbo  in  Scania,  di  Bergen  in  Norvegia,  di  Bruges  nei 
Paesi  Bassi,  di  Parigi,  di  Londra  ecc. 

Queste  pel  commercio;  per  l'industria  fiorì  la  Fiandra,  la  quale  nel  xvi  secolo  chiu- 
deva ben  seicencinquantaquattro  città;  e  gli  Spagnuoli,  quando  l'invasero  con  Filippo  li, 
la  credettero  uua  città  sola. 

La  Frisia  portava  fuori  le  sue  tele,  che  doveano  poi  utilmente  nelle  biancherie  sur- 
rogarsi alle  lane  degli  antichi  e  al  cotone  degli  Arabi.  Un  dilagamento  dell'Oceano,  nel  xiu 
secolo,  congiunse  al  mare  lo  Zuidersee  che  prima  era  golfo  separato,  e  Amsterdam  fu 
ridotta  a  porto.  Un'altra  fisica  rivoluzione  trasportò  nel  secolo  seguente,  l'aringa  dalle 
coste  scandinave  su  quelle  d'Inghilterra  e  di  Olanda,  di  che  venne  la  prosperità  di 
quest'ultima. 

Gl'infiniti  armenti  d'Inghilterra  porgevano  lana  finissima;  ma  quel  paese,  occupato 
ad  acquistare  la  libertà  politica,  non  agognava  ancora  la  prosperità  commerciale.  L'a- 
gricoltura vi  fioriva,  mercè  dei  tanti  conventi;  e  a  diversità  delle  altre  città  di  com- 
mercio, accanto  ai  negozianti  ergeva  i  proprietarj  stabili,  donde  uq  equilibrio  di  ric- 
chezze e  di  diritti  che  costituì  la  sua  grandezza. 

3  2.  —  Portoghesi  in  Africa. 

I  Portoghesi  apersero  il  corso  delle  scoperte  moderne  (1  )  dalle  coste  d'Africa .  La  prima 
spedizione  del  1412  guadagnò  loro  Ceuta,  tolta  ai  Merinidi.  Nel  1418  due  capitani  por- 
toghesi sono  spinti  dalla  tempesta  sopra  un'isola,  che  chiamano  Porto  Santo;  nel  1419 
approdano  a  Madera,  più  all'ovest;  enei  1424  altri  alle  Canarie,  già  trovate  da  Geno- 
vesi, poi  nel  1404  da  Giovanni  Bethencourt  gentiluomo  francese.  Nel  1432  Van  der  Berg 
toccò  a  Santa  Maria,  una  delle  Azzore. 

Più  arditi  divennero  quando  voltarono  il  capo  flogiudor  (1 433),  esi  formò  a  Lagos  (1444) 
una  compagnia  d'Africa.  Passato  il  tropico,  voltano  il  capo  Bianco  e  approdano  all'i- 
sola di  Arguin  (144S),  ove  nel  1461  fu  fondato  un  banco  pel  commercio  dell'oro:  su- 
perano la  foce  àdSenegal,  toccano  capo  Verde  (1449),  indi  riconoscono  la  Cambia,  Rio 
Grande,  la  costa  di  Sierra-Leona,  della  Guinea,  dell'Oro  (1471);  e  Fernando  Po  scontra 
l'isola  che  ne  serba  il  nome. 

Nel  1472  varcano  la  Linea,  e  formano  stabilimenti  alle  isole  del  Principe,  di  San 
Tommaso,  d'Annobon:  nel  1484  riconoscono  il  regno  àiBenin,  e  s'avanzano  a  trecento 
leghe  di  là  dall'equatore,  scorrono  le  coste  del  Congo,  risalgono  il  Zairo,  e  muniscono 
di  fòrti  le  coste  della  Guinea.  Finalmente  Bartolomeo  Dias  il  1486  voltò  il  capo  estremo 
che  fu  nominato  di  Buona  speranza,  e  Vasco  de  Gama  condusse  per  quello  una  flotta 
nell'India  il  1497. 

Nel  1468  Gama  visitò  parte  delle  coste  di  Cafreria,  che  chiamò  Terra  di  Natale;  ap- 
prodò alle  isole  di  Mozambico,  Mombaza,  Melinda;  e  riconobbe  la  costa  di  Zanguebar. 

{\  )  Ho  compilato  questa  parte  in  modo,  che  nno  possa  sulla  carta  seguitare  con  progressione  di  spazio  « 
di  tempo  le  scoperte.  Apporrò  la  N  ai  moltissimi  paesi  cb'ebbcr  nóme  di  nuovo. 


264  GEOGRAFIA  —  EPOCA  DECIMAQUARTA 

Nel  J500  Cabrai  scoperse  l'isola  di  Quiloa,  visitò  la  costa  di  Sofala  avanti  a  cui  Gama 
era  passato  senz'avvedersene,  e  vi  pose  banchi,  siccome  a  Mozambico.  Quiloa  fu  presa 
nel  1506,  e  finito  il  regno  di  cui  era  capitale.  Anche  gli  altri  piccoli  re  di  qnel  litorale 
e  del  Zanguebar  furono  sottomessi.  Albuquerque  nel  1508  conquistò  Socotora,  e  fu  es- 
plorata la  grand'isola  di  Madagascar.  Tutti  questi  possessi  formarono  il  governo  di  Mo- 
nomotapa,  uno  dei  tre  viceregni  dell'impero  portoghese  in  India. 

^5.  —  Stabilimanti  in  Asia. 

Quando  i  Portoghesi  voltarono  il  Capo,  trovarono  grandeggianle  in  quei  mari  la  po- 
tenza musulmana,_erettasi  sulle  rovine  dei  regni  indiani  e  mongoli.  Potentissimo  era 
però  l'impero  indiano  di  Bisnagar,  i  cui  due  re  Narsinga  e  Crisna  dominavano  tutto  il 
Camatico,  e  teneansi  tributar]  i  principi  della  costa  del  Malabar,  di  cui  principali  erano 
quei  di  Travancoi\  Cochin,  Curgo^  e  lo  zamorino  di  Calicut. 

I  Portoghesi  sottomettono  i  piccoli  regni  arabi  di /Idert  e  il/asca^e  (1507),  di  Goa(ÌMO), 
di  il/a/flcca  (1511),  à'Ormus  (1514),  di  Dm(1536j -,  fondano  A^e^a/ja/am sulla  costa  orien- 
tale della  penisola,  ed  occupano  tutta  la  occidentale  dall'imboccatura  dell'Indo  sin  al 
capo  Comorin. 

Ivi  devono  sostenere  l'inimicizia  d'Akbar  il  Grande,  che  li  caccia  dal  golfo  Persico; 
ma  in  mezzo  alle  discordie  dei  piccoli  principi  della  costa  di  iMalabar  si  reggono:  sulla 
costa  orientale  di  qua  dal  Gange  fondano  San  Tommaso  (1545);  mettono  uno  stabili- 
mento al  Giappone  nella  città  di  Nangasaki  (Ì5A9);  ottengono  dall'imperatore  cinese  la 
penisola  di  Macao  (1580).  A  quel  tempo  possedevano  inoltre  Daman,  Ciul,  Bossein^ 
Salietta,  Bombai,  Goa,  e  aveano  banchi  a  Dabol,  Onor,  Barcelor,  Mangalor,  Cananor, 
Cranganor^i  Calicut,  Cochin,  Quiloa;  altre  sulle  coste  del  Seilan,  e  nel  golfo  di  Ben- 
gala, a  Mazulipatam,  Aegapatam. 

Dominavano  dunque  lungo  le  coste  del  mare  d'Oman  e  del  golfo  di  BengaladalBab-el- 
Mandeb  fin  allo  stretto  di  Malacca.  Città  principali  erano  Moka,  che  allora  acquistò  im- 
portanza-, Aden,  che  la  perdette  ben  tosto;  Mascate,  cui  i  Portoghesi  fortificarono,  e  vi 
condussero  acqua  danna  montagna  vicina;  Dia,  da  essi  fabbricata  e  inespugnabilmente 
munita  ;  Daman,  ove  i  Parsi  aveano  trasportato  il  fuoco  sacro  quando  i  Musulmani  con- 
quistarono la  Persia;  Tanna,  di  tempj  venerati  con  due  colossi  di  Budda;  Bombai  ce- 
duta  dal  raja  di  Salsetta  (1530)  col  miglior  porto  del  mondo»  sicché  divenne  centro  di 
gran  commercio  marittimo;  Goa,  dall' Albuquerque  tolta  al  re  di  Visapur,  e  fatta  ca- 
pitale dei  possessi  portoghesi  in  Oriente;  Cranganor,  che  dal  490  stava  in  mano  degli 
Ebrei;  Malacca,  fondata  il  1252  da  un  principe  malese  cacciato. 

JNel  1560  i  possessi  portoghesi  furono  divisi  in  due  viceregni:  deW  India  sulle 
coste  del  mare  d'Oman,  dal  capo  Guardafui  fino  a  Seilan;  e  di  Malacca  da  Seilan  alla 
Cina. 

A  tanta  grandezza  nocquero  gli  acquisiti  degli  Olandesi  e  Inglesi.  I  primi,  postisi  a 
Sadras  (1550)  e  Palicate  (1609),  s'accordano  col  re  di  Seilan  (1632)  per  cacciare  i  Por- 
toghesi dalle  coste  dell'isola;  soppiantaronli  a  Nangasaki  (1640),  tolser  loro  Ma- 
lacca (1041);  nel  1634  presero  Formosa  e  le  isole  vicine;  al  principio  del  .wiii  secolo 
vennero  al  colmo  di  loro  grandezza. 

Gl'Inglesi  fecero  stabilimenti  a  Surate,  Cambaja,  Ahmed-Abad  (1613),  Bender- 
Jòassi  (1622),  il/advas  (1639),  Bengala  (1640);  altro  banco  posero  a  Caricar;  acqui- 
starono Bombaja  ben  fortificata  ;  fra  i  tre  villaggi  di  Calcutta,  Cottanotty,  Gobindpore 
ottennero  di  porre  un  banco  (1690)  che  tosto  fortificarono. 

Anche  i  Danesi  si  collocarono  a  Serawpor  e  Tranquebar  (1616). 

Nel  corso  del  secolo,  i  Portoghesi  van  decadendo,  non  conservando  che  Goa,  Din, 
Daman,  Salsetta,  e  i  banchi  di  Mangalor,  Calicut,  Mosulipatam.  (;li  Olandesi,  cacciatili 
dalle  coste  di  Seilan  (16."j6),  fanno  guerra  incessante  col  re  di  Candi  padrone  dell'in- 
terno dell'isola:  li  snidano  pure  da  Onor,  Darcelor,  Negapatam,  che  scelgono  a  capitale 
di  loro  possessioni  nell'India  (1660);  da  Cochin  (1663),  da  Cranganor  che  vendono  al 
raja  di  Travancor  ;  occupano  anche  Culan  e  Cananor  (1664J;  couìprano  San -Tome  Ùl'aì 
Francesi  (1672;. 


OCEÀNU  265 

Questi  ultimi  comprarono  Pondichery  (1672)  sul  golfo  di  Bengala,  e  Chander- 
nagor  (1676)  in  bella  posizione  sulla  destra  dell'Ugli. 

•■ 

§  4.  —  Oceania. 

Solo  nel  secolo  passato  allargaronsi  le  scoperte  nel  mare  Antartico,  tanto,  da  for- 
marne una  ([uinta  parte  del  mondo,  detta  Oceania,  a  cui  si  ascrissero  molti  paesi, 
dapprima  considerati  come  asiatici. 

La  parte  più  anticamente  conosciuta  è  la  Malesia,  che  indicavasi  col  nome  di  ar- Occident. 
cipelago  delle  Indie. 

Nel  lolO  i  Portoghesi  comparvero  a  Sumatra,  isola  che  racchiudeva  sei  regni  prin- 
cipali: dei  Batta  al  nord  est,  d'Achin  al  nord-ovest,  di  Menanykabou  al  centro,  dei  Re- 
yiang  al  sud-est  del  precedente,  dei  Lampong  al  sud,  e  dei  Palembang  alsud-est. 

Il  re  d'Achin  seguitò  tutto  il  secolo  xvi  a  contrastarei  Portoghesi,  che  pervennero  a 
fondare  il  banco  di  Padang  sulla  costa  occidentale  dell'isola:  poi  verso  il  1640  esso 
regno  andò  in  decadenza.  Quel  di  Palembang,  che  nel  secolo  xiv  era  slato  sottomesso 
dai  sovrani  di  Giava,  recuperò  l'indipendenza  verso  il  1500.  Gli  Olandesi,  sottentrati  ai 
Portoghesi  nelle  Indie  orientali,  e  che  a  Sumatra  fondarono  molti  banchi,  sottoposero 
esso  regno  e  quello  di  Menangkabou  e  di  Lampong.  Poi  nel  secolo  xviii  gl'inglesi  po- 
sero scali  a  Bencoulen,  Indrapura,  Padang,  Natal,  Toppanuhj  ;  dai  quali  tentarono  an- 
nichilar la  potenza  olandese  a  Sumatra.  Però  i  trattati  del  1815  assicurarono  agli  Olan- 
desi il  possesso  dei  loro  stabilimenti  ;  oltre  la  sovranità  del  regno  di  Lingan,  composto 
dell'isola  di  questo  nome,  di  quella  di  Bintang,  e  di  altre  attorno  a  Sumatra. 

Giava  al  principio  dell'era  cristiana  comprendeva  il  solo  regno  d'Astina.  Verso  l'SOG 
la  sede  del  governo  fu  trasferita  a  Kediri,  poi  il  regno  di  Kediri  staccato  in  due,  di 
Brambanan  e  Peng' ging.  Furono  nel  1002  assorbiti  nell'impero  di  Mendang-Kamulan, 
suddiviso  poi  anch'esso  nei  quattro  regni  di  lang-gaìa,  Kediri,  Ngaraca7i,  o  Karaoang 
e  Singasari.  Verso  il  lòOO,  la  città  di  Magiapait  divenne  sede  d'un  nuovo  impero,  che 
nel  1325  riunì  tutta  l'isola,  ed  ebbe  riverenti  quei  delle  isole  di  Bali  e  Borneo,  e  quel 
di  Palembang.  Al  principio  del  xvi  secolo  esso  impero  è  distrutto,  succedendovi  quel 
di  Demak  fondato  dai  Musulmani;  e  i  re  suddetti  ricuperarono  l'indipendenza.  L'im- 
pero fu  poi  diviso  nelle  due  suitanie  di  Demak  e  Sceribon  :  la  prima  formò  gli  Stati  di 
Pravata,  Japara,  Pajang,  o  Materem,  Madura,  Gipang  ;  la  seconda  si  suddivise  nei 
tre  principati  di  Sceribon,  Jacatra  e  Bantarn.  Però  molti  capi  rendonsi  indipendenti, 
e  formano  nuove  sovranità.  Ma  sullo  scorcio  d'esso  secolo,  i  sovrani  di  Matarem  sten- 
dono la  dominazione  su  quasi  tutta  l'isola,  col  titolo  di  imperatori. 

In  quel  tempo  i  Portoghesi  v'aveano  posto  fattorie:  poi  gli  Olandesi  nel  1595  si  fis- 
sano anch'essi  a  Giava;  nel  1598  piantano  uno  stabilimento  a  Sumatra;  poi  (1618)  di- 
strutta l'antica  città  di  Calappa  o  Giakatra,  sulle  sue  mine  nel  1621  fondano  Batavia, 
che  divenne  capitale  dei  loro  possessi  in  questi  paesi.  1  quali  possessi  erano  divisi  in 
cinque  governi,  di  cui  il  più  importante  fu  quel  di  Giava,  ora  distribuito  in  diciassette 
Provincie. 

11  commercio  diede  agli  Olandesi  grandissima  influenza  nell'isola,  e  nel  1722  tenta- 
rono farsene  anche  signori;  ma  con  ciò  dieder  di  cozzo  agli  imperatori  di  Matarem. 

Quindi  guerra,  ove  l'impero  finì  coH'essere  diviso  (1758)  tra  il  susunan  di  Matarem 
sedente  a  Sura  Karta  o  Solo,  e  il  sultano  di  Giokio-Karta  sedente  nella  città  omonima. 
L'impero  di  Matarem  sussiste  ancora  di  nome,  benché  gli  Olandesi  nel  181-i  siano  di- 
venuti signori  di  Giava. 

Nelle  Molucche  i  tre  principali  regni  erano  Ternate,  Tidor,  Gilolo,  il  qual  ultimo 
aveva  la  primazia,  e  teneva  in  qualche  dipendenza  le  isole  vicine:  ma  nel  1377  pre- 
valse quel  di  Ternate,  che  nel  secolo  xv  dominava  la  più  parte  delle  Molucche. 

I  Portoghesi  stabilirono  molti  banchi  in  quelle  isole,  poco  a  poco  rendendosene  pa- 
droni. Da  poi  ne  li  snidarono  gli  Olandesi,  che  nei  1607  si  impossessarono  di  Tidor  e 
Amhoina,  e  divisero  quei  possessi  in  due  governi,  di  Ternate  e  d'Amboiìia.  Vennero  a 
disputargliene  il  dominio  gl'Inglesi,  ma  con  sanguinose  lotte  ne  furono  cacciati  (1623): 
solo  al  fine  del  secolo  passato  vi  ricomparvero,  ed  occuparono  Amboina  ;  ma  la  pace 


266  GEOGRAFIA  —  EPOCA  DECIMAftUARTA 

del  1814  rintegrò  gli  Olandesi.  11  sultano  di  Ternate  che  lasciarono  sussistere,  comanda, 
sotto  la  supremazia  loro,  a  Gilolo  e  Macassar. 

Le  FUiirpine  furono  scoperte  da  Magellano  (1S2I),  che  approdò  a  Mindanao^  isola 
divisa  tra  molti  piccoli  regni;  e  la  chiamò,  colle  vicine,  isole  de  los  Pintados  per  l'uso 
dei  natii  di  pingersi  il  corpo.  Filippine  s'intitolarono  poi  quando  gli  Spagnuoli  ne  pre- 
sero possesso  pel  loro  re  Filippo  II  (1S64).  Conquistata  Lwcon  (1571)  principale  fra  esse, 
vi  fondarono  Manilia,  il  cui  nome  si  estese  a  tutta  l'isola;  e  le  città  di  Fernandina 
e  N.  Segovia.  A  Luron,  quando  i  Portoghesi  v'arrivarono,  abitavano  sulle  coste  i  Ta- 
gali,  oriundi  di  Borneo  e  della  penisola  di  Malacca;  nelle  montagne  e  nei  boschi  in- 
terni, i  Negri  divisi  in  Igoletti  e  Iraja,  i  Tinghian  e  i  Zambali.  Gli  Spagnuoli  la  parti- 
rono in  undici  provinole,  e  Mindanao  in  sette. 

Gl'Inglesi  le  tolsero  agli  Spagnuoli  nel  1762,  e  le  resero  l'anno  appresso.  Allora  le 
Filippine  formarono  una  capitaneria  generale,  dividendo  i  possedimenti  spagnuoli  in 
ventisette  alcadie,  di  cui  quindici  a  LuQon,  tre  a  Panai,  tre  a  Mindanao,  una  a 
Negros,  una  a  Leyte,  una  a  Samar,  una  a  Mindoro,  una  per  Zebiì  e  Bohol,  una  pei 
Calamajani. 

Sono  esse  collocate  nel  punto  più  opportuno  al  gran  commercio.  Singolarmente  Ma- 
nilla sta,  al  centro  dell'isola  di  Lucon,  in  fondo  d'un'imniensa  baja,  che  riceve  grandi 
fiumi,  pei  quali  essa  comunica  con  tutte  leprovincie  dell'isola;  e  fu  presto  popolata  da 
Cinesi,  industriosissimi  ma  irrequieti. 

Borneo  fu  scoperta  nel  1512;  ma  gl'indigeni  ne  vietarono  sempre  l'entrata,  sicché  è 
poco  conosciuta. 

Celebe  fu  visitata  dai  Portoghesi  il  1525,  poi  nel  1660  presa  dagli  Olandesi,  che  quindi 
l'ebberoin  piena  soggezione.  Alcuni  principi  indipendenti,  come  quel  di  Boni,  ài  Oagiu, 
di  Luca,  di  Goa,  di  Turate,  di  Bolan,  di  Mandar,  erano  alleati  degli  Olandesi. 
Centrale  Dell' /l  M  s  ir  a  ha  0  iV.  Olanda  la  parte  settentrionale  fu  visitata  dal  1530  al  1540  dai 
Portoghesi,  che  la  chiamarono  Giara  la  grande.  Meglio  fu  riconosciuta  da  poi,  ma  poco 
più  che  le  coste  ce  ne  son  note.  Solo  nel  1614  ebbe  dall'olandese  Abele  Tasman  il  nome 
di  N.  Olanda. 

Sulla  costa  settentrionale,  da  est  in  ovest,  partendo  da  capo  York  si  trovano:  la  terra 
di  Carpentaria,  scoperta  nel  1638;  quelle  di  Arnheim,  di  Van  Diemen  e  di  Witt.  Sulla 
costa  occidentale,  da  nord  a  sud,  le  terre  di  Endracht  o  della  Concordia  (1616),  d'E- 
(le/s(1619),  della  Liona  (1622).  Sulla  meridionale,  da  ovest  in  est,  le  terre  di  Auj//2(1627), 
di  Flinders,  di  Baudin,  di  Grant,  la  N.  Galles  del  sud,  dove  gl'Inglesi  deportano  i 
malfattori:  questa  è  la  sola  parte  ben  conosciuta,  divisa  in  diciannove  contee. 

Mendana,  partito  dal  Perù,  nel  1568  scopre  il  nuovo  arcipelago  che  chiama  di  Sa- 
temone;  Quiros,  suo  compagno,  nel  1606,  le  A^.  Ebridi:  ma  non  trovandovisi  oro,  ar- 
gento, diamanti,  que'  posti  non  furono  colonizzati. 

Tasman  nel  1642  approda  alla  N.  Zelanda,  da  esso  detta  Tasmania;  visitata  quindi 
da  Cook  nel  1769  e  da  altri. 
Orientale     Le  Marianne  furono  scoperte  da  Magellano  che  le  intitolò  delle  Vele  latine,  in  grazia 
dei  bastimenti  a  vele,  con  cui  gl'indigeni  vi  vennero  incontro  ;  poi  de'  Ladroni  per 
furti  che  vi  soffrì:  infine  ebber  quel  nome  da  Marianna  d'Austria,  regina  di  Spagna. 

Le  isole  Hawai  o  Sandwich,  già  scoperte  il  1542  dallo  spagnuolo  Gaetano,  e  chia- 
mate degli  Amici  o  dei  Giardini,  furono  dimenticate  sin  quando  il  capitano  Cook  le 
trovò  di  nuovo  nel  1778  obbedienti  ciascuna  a  un  capo  supremo  (arii-rahi),  sotto  cui 
erano  diversi  arii.  Quale  ordine  sussiste  ancora,  e  il  capo  risiede  ad  Haicai^  sotto  l'in- 
fluenza dell'Inghilterra. 

Una  feudalità  quasi  simile  incontrasi  nell'arcipelago  delle  Caroline  o  A^.  Filippine^  e 
il  re  supremo  siede  a  Lamorsek. 

L'arcipelago  di  Taiti  fu  trovato  nel  1606  da  Quiros,  che  l'isola  principale  nominò 
Sagittaria.  Poi  nel  1766  v'approdò  Wallis,  e  ne  ebbe  cessione  dal  re  d'Inghilterra,  a 
cui  onore  l'intitolò  di  Giorgio.  Bougainville  il  1768  ne  prese  possesso  a  nome  della 
Francia.  L'isola  era  divisa  in  tre  principati,  che  il  1817  furono  uniti  sotto  l'autorità  di 
Pomarè  II. 

Le  isole  Marchesi,  scoperte  da  Mendana  nel  1595,  furono  dette  cosi  ad  onore  del 
marchese  di  Mendoza  viceré  del  Perù. 


AMERICA  267 


§  y.  —  America. 

Le  prime  scoperte  dell'America  pajono  da  attribuire  agli  Scandinavi,  che  fin  daH'SGS 
si  piantarono  nell'Islanda,  scopersero  il  Groenland  (982j,  e  si  spinsero  nella  Caro- 
lina (Ij.  Paesi  di  civiltà  inoltrata  erano  l'altura  di  Anahuac  al  Messico,  il  Perù,  e  l'al- 
tura di  Cimdinamarca. 

L'impero  del  Messico,  abbracciato  fra  il  vasto  golfo  di  questo  nome  al  nord-est,  e 
il  Grand'oceano  al  sud-ovest,  comprendeva  l'impero  proprio  degli  Aztechi,  diviso  in 
trenta  provincie  o  principati,  governati  da  cassichi  ;  i  regni  più  o  meno  indipendenti 
di  Campegio,  Quichè^  Guatimala,  Zachiia,  Cuernavaca,  Mechoacan,  Xatisco  ;  e  le  re- 
pubbliche indipendenti  di  Tlascala  e  Tepeaca.  Tenochtitlan  o  .Messico,  città  capitale, 
sovra  un  gruppo  d'isole  unite  al  continente  per  tre  selciate,  di  cui  la  principale  era 
lunga  tre  miglia,  conteneva  centomila  abitanti  :  altrettanto  ne  contava  Tlascala  a  pie 
d'alta  montagna. 

L'impero  degli  Tnca,  che  gli  Europei  denominarono  Perù,  nel  continente  meridio- 
nale, dapprima  limitavasi  alla  valle  di  Cuzco;  ma  undici  Inca  con  successive  conquiste 
l'estesero  sui  due  pendii  delle  Ande,  fra  l'equatore  e  il  55'  di  latitudine  sud,  e  il  65" 
e  84'^  longitudine  ovest  da  Parigi.  Cuzco,  città  capitale,  stava  in  un  piano  cinto  di 
monti,  difesa  da  ampia  fortezza  in  grosse  pietre,  chiudente  moltissimi  palagi  e  un  me- 
raviglioso tempio;  e  ne  partivano  due  strade,  che  per  cinquecento  leghe  riuscivano  a 
Quito,  una  pel  piano,  l'altra  per  le  montagne.  Titicaca,  in  un'isola  omonima,  era  stata 
sede  dellinca  Manco-Capac. 

Il  regno  di  Muischi  o  di  lunga,  men  avanzato  dei  due  precedenti,  stava  sul 
terrazzo  di  Cundinamarca,  a  più  di  2700  metri  sopra  il  mare,  fra  il  4"  e  il  dO"  di  la- 
titudine nord, 

Fuor  di  questi  tre,  alcun  ordine  civile  mostravano  iiVoicestin  riva  al  Mississipì,  gover- 
nati monarchicamente,  e  all'altra  estremità  gli  Araucani  fra  il  Biobio  e  il  Grand'oceano, 
le  Chibe  e  le  Ande. 

^  —  6.  Scoperte  e  conquiste  in  America. 

Colombo  trovò  nel  primo  viaggio  Guanahani  o  San  Salvatore,  Cuba,  Haiti  o  la  Ispa- 
iiiola  (1492)-,  nel  secondo  la  Dominica,  Maria  Galanta,  la  Guadalupa,  Monserrato,  An- 
tigoa,  Portoricco,  la  Giamaica  ('1493)  ;  nel  terzo  la  Trinità  e  la  Costa  Ferma  sin  alla 
punta  à'Araja  (1498;;  nel  quarto  la  Martinica,  il  seno  di  Portobello,  il  litorale  di  Co- 
staricca  e  di  Onduras  (1502-6). 

Altri  corsero  sull'orme  di  lui.  Giovanni  e  Sebastiano  Caboto  veneziani  trovarono  una 
grand'isola,  che  chiamarono  Baccalà  dal  pesce  che  vi  abbonda,  e  ne  presero  possesso 
a  nome  d'Enrico  Vili  d'Inghilterra,  ed  esplorarono  le  coste  del  continente  dal  56" al  38" 
di  latitudine  nord  (1496-97).  Due  anni  appresso.  Alonzo  d'Ojeda  e  Amerigo  Vespucci 
riconobbero  la  Co-ita  Ferma  sin  al  capo  della  Vela. 

Vincenzo  Pinzon  trova  lo  sbocco  del  fiume  delle  Amazoni,  e  visita  seicento  leghe  di 
costa  prima  d'arrivare  ad  Haiti  (1500).  Poco  dopo  il  portoghese  Alvares  Cabrai  s'im- 
batte nel  Brasile,  che  occupa  col  nome  di  Santa  Croce;  e  l'altro  portoghese  Gasparo 
Cortereal  visita  la  costa  orientale  di  Terranova  e  lo  stretto  d'Anian,  e  approda  alla  pe- 
nisola del  Labrador  (1501).  Rodrigo  Bastidas  e  Giovanni  della  Cosa  compiono  le  sco- 
perte d'Ojeda,  scorrendo  cento  leghe  di  costa  dopo  il  capo  della  Vela.  Il  1505  Ovando 
avea  sottomessa  tutta  l'isola  d'Haiti,  detta  San  Domingo  dalla  città  fondatavi  il  1495. 
Il  1506  Giovanni  Dias  de  Solis  e  Vincenzo  Pinzon  determinano  le  coste  di  terraferma 
dell' Onduras  e  di  Yucatan.  D'allora  si  tende  a  precisare,  più  che  ad  ampliar  le  sco- 
perte ;  poi  cominciano  le  imprese  de'  conquistatori. 

Una  colonia  posta  alla  Giamaica  (1509),  la  assicuraagli  Spagnuoli:  così  Cuba  (1511), 

(I)  Vedi  la  nota  A  in  fiae  del  Libro  XIV  delia  Storia    Universale. 


268  GEOGRAFIA  —  EPOCA   DECIMAQUARTA 

di  cui  Sebastiano  Oampo  fece  il  giro  (1507).  Giovanni  Ponce  de  Leon  finisce  la  con- 
quista di  Porto-ricco  (1512),  e  sbarca  nella  penisola  della  Florida,  nome  che  gli  Spa- 
gnuoli  applicarono  a  tutta  la  parte  orientale  della  Nord  America.  Nel  1513  Vasco  Nu- 
gnez  di  Balhoa  dalle  montagne  dell'istmo  di  Darien  vede  il  Grand'oceano. 

Fernando  t'ortes  conquista  la  N.  Spagna  o  Messico  (1S18),  scoperto  allora  da  Giovanni 
de  Grijalva  ;  trova  sulla  costa  occidentale  una  lunga  penisola  che  chiamò  California,  e 
il  profondo  golfo  detto  mar  di  Cortes;  e  fa  esplorare  tutte  le  coste,  in  cerca  d'un  pas- 
saggio al  Grand'oceano. 

Giovanni  Ponce  de  Leon  fin  daHS26,  partendo  dal  luogo  ove  poi  si  fabbricò  Panama, 
seguitò  la  costa  occidentale  fin  al  golfo  di  Nicoya.  Sei  anni  appresso.  Gii  Gonzales  Da- 
vila  e  Andrea  Nino  procedettero  fin  alla  baja  di  Fonseca:  e  il  primo  occupava  la  pro- 
vincia di  Nicaragua;  il  secondo  arrivò  nell'Onduras,  ove  fondò  Truxillo. 

Nel  1524  Pedro  Alvaredo  e  Cristoforo  d'Olid,  luogotenenti  di  Cortes,  conquistarono 
il  Guatimala;  Fernando  di  Cordova  sottomise  il  Nicaragua  e  Costaricca.  L'anno  se- 
guente Cortes  venne  a  metter  riparo  a'  guaj  recati  dalle  costoro  nimicizie,  e  fondò  un 
altra  volta  Truxillo. 

Nell'America  centrale  penetrarono  gli  Spagnuoli  mercè  di  Giovanni  Peres,  Dardon, 
Francesco  di  Montejo  e  il  Missionario  Las  Casas;  e  se  ne  formò  una  capitaneria  gene- 
rale, dipendente  dal  viceregno  del  Messico,  creato  il  1535;  poi  ne  fu  staccata  nel  1544. 

D'ogni  parte  cresceano  intraprendenti  e  scoperte.  Marco  deNiza  missionario  s'addentra 
nel  Messico,  e  scopre  il  paese  di  Cibala  (1559),  conquistato  poi  da  Coronado  (1557). 
Nel  1542,  Gian  Rodrigo  Cabrillo  arriva  sin  al  capo  Mendocino,  e  quivi  essendo  perito, 
Bartolomeo  Ferrela  suo  piloto  spingesi  fin  al  capo  Bianco  a  43»  23'  di  latitudine  nord. 
Nel  154G  Francesco  de  L'iloa  riconosce  di  nuovo  la  costa  occidentale  della  California, 
e  Alarcon  risale  il  Rio  Colorado  per  ottantacinque  leghe.  Andrea  Ardanieta  nel  1556  ar- 
riva presso  allo  stretto,  che  fu  poi  scoperto  da  Behring. 

In  questo  mezzo,  Pamfilo  Narvaez,  Alvaro  Nugnez,  Cabeza  de  Vaca  (152G-30),  Fer- 
nando di  Solo  conquistatore  della  Florida  (1539-42),  e  Moscoso  de  Alvaredo  (1542-5) 
crescono  le  cognizioni  sull'interno  dei  paesi  fra  il  Messico  eia  Florida. 

Quanto  alle  coste  orientali,  Stefano  Comes,  spedito  da  Carlo  V  per  cercare  un  pas- 
saggio alle  Indie  orientali,  toccò  a  Baccaleo,  e  visitò  minutamente  la  costa  sin  al  40"  di 
latitudine  nord  (1524-5).  L'anno  stesso  il  fiorentino  Verazzano,  per  commissione  di 
Francesco  J,  esplorò  gran  parte  delle  coste  della  Nordamerica,  e  in  nome  di  quel  re 
prese  possesso  della  penisola  d'Jcatim  e  dell' isola  di  Terranova.  Nel  1553  Giacomo  Cartier 
ne  continuò  le  scoperte,  visitando  la  baja  di  San  Lorenzo;  dipoi  (1535)  rimontò  questo 
fiume  sin  a  cento  leghe  dalla  foce,  e  chiamò  N.  Francia  i  paesi  che  bagna,  e  vi  fondò 
la  prima  colonia  francese.  Nel  1540  La  Roque  de  Roverbal  risali  lo  stesso  fiume,  ed 
eresse  il  forte  Charlebourg. 

Nell'America  meridionale,  fin  dal  1516  Giovanni  Dias  de  Solis  penetrò  primo  pel  Rio 
della  Piata.  Quattr'anni  appresso  Magellano  riconobbe  esso  fiume,  scoperse  la  Patagonia 
e  l'arcipelago  che  chiamò  Terra  de^  Fuoco,  ed  entrò  nello  stretto  che  porta  il  suo  nome. 

Francesco  Pizarro  invade  il  Perù  (1531),  e  lo  conquista  facilmente,  il  suo  compagno 
Diego  Almagro  scopre  il  Chili,  e  procede  sin  al  fiume  di  Coquinbo,  a  30"  di  latitudine 
sud:  Benalcazar  suo  luogotenente,  occupata  Quito,  penetra  fin  in  riva  al  mar  delle  .un- 
tine, traversando  tutta  la  A".  Granata,  cui  dal  lato  opposto  già  assaliva  Quesada,  che 
ne  compì  la  conquista. 

Pizarro  manda  nelle  varie  parti  del  Perii  a  fare  o  accertare  scoperte.  L'alto  è  presto 
conquistato  ;  Gonzalo  Pizarro  da  Quito  arriva  sul  Napo,  scende  per  questo,  ed  è  abban- 
donato da  Orellana,  che  dietro  (|uel  fiume  giunge  in  quel  delle  Amazoni,  cui  scende  fin 
al  mare  (1541),  sbarcando  all'isola  della  Trinità,  ove  gli  Spagnuoli  fin  dal  1532  aveau 
inesso  colonie.  VOrcnoco  è  da  Girolamo  Ordas  risalilo  fin  allo  sbocco  del  Meta. 

Molti  avventurieri,  spinti  dalla  lusinga  di  trovar  V Eldorado,  percorrono  la  Gujana  e 
le  rive  di  (]uei  due  (lumi.  Carlo  V  vende  ai  Welser  la  colonia  spngnuola  di  Caracas,  tra 
la  foce  deirOrenoco  e  l'isola  della  Margherita;  poi,  perchè  la  loro  tirannide  irritava  i 
natii,  ne  li  priva,  formandone  una  capitaneria  generale  (1550). 

Nella  parte  meridionale,  sull'orme  d'Almagro  si  mette  Valdivia,  che  scorre  il  Chili, 
fonda  Sa/Uia(/o  e  \<x  Concezione,  penetra  neir^rauca«m  e  vi  stabilisce  laWjt'm  (1541-55) 


SCOPERTE  E  CONQUISTE   IN    AMERICA  2G9 

verso  il  40"  di  latitudine  sud.  Nel  lSo8,  Garzia  di  Mendoza  scopre  l'isola  àiChiloe,  e  le 
piccole  del  golfo  di  Guaiteca.  Sull'opposto  lato  del  continente,  dopo  perito  Solis,  Se- 
bastiano Caboto  scopre  il  Parnna  e  il  fiume  Paraguai,  e  pianta  il  forte  Santo  Spi- 
rito (IS'^S-SO)  die  gl'indigeni  distruggono. 

Fedro  di  Mendoza,  govcrnator  generale  a  nome  di  Carlo  V,  sulla  destra  del  Piala 
fonda  Nostra^  Donna  di  Buenos  Aijres  (Ì33G),  e  manda  Giovanni  d'Ayala  e  Domenico  di 
Irala  ad  esplorare  l'interno  paese:  i  quali  penetrano  nel  fiume  Paraguai  fin  alla  laguna 
Xarayes  (1557).  L'anno  dipoi  Gonzalo  Mendoza  e  Giovanni  di  Salazar  fabbricano  l'As- 
sunzione in  riva  quel  fiume.  Nugnez  Cabeza  de  Vaca,  succeduto  al  Mendoza,  fa  ricono- 
scere il  Tucuman,  il  Cuyo,  il  nord  delle  Pampas,  e  compie  la  conquista  del  Paraguai. 
Undici  anni  dopo,  i  Gesuiti  vi  poser  principio  alla  loro  dominazione  (irioG). 

I  Portoghesi  fra  ciò  colonizzano  o  conquistano  il  Brasile  (1531-Ó-4}:  re  Giovanni  io 
divide  in  dodici  capitanerie;  e  Tommaso  da  Souza  governator  generale  edifica  San  Sal- 
vatore {\Si9).  1  due  gesuiti  Nobrega  e  Anchieta  fanno  prodigj  incivilendo,  e  piantano 
San  Paolo  e  la  colonia  de'  Paolisti  (1554).  Gli  stabilimenti  che  i  Francesi  tentarono  nel 
Brasile,  uno  a  Fernambuco  il  1551,  l'altro  nella  bajadi  Rio  Janeiro  il  1555,  non  ressero. 

Alla  morte  di  Carlo  V  l'America  spagnuola,  fra  il  30°  di  latitudine  nord  e  il  41°  di 
latitudine  sud,  e  fra  il  56"  e  il  120°  di  longitudine  ovest,  era  partita  in  due  grandi  vi- 
ceregni, sotto  l'amministrazione  del  Consiglio  delle  Indie,  residente  iu  Ispagna. 

I.  11  viceregno  della  X.  Spagna  comprendeva: 

a.  I  paesi  immediatamente  sottoposti  al  viceré  e  alla  giurisdizione  dell'udienza  reale 
del  Messico,  cioè  il  Messico^  la  A'.  Galizia  e  la  N.  Biscaglia.  Messico,  fondata  da  Cortes 
dopo  distrutta  l'antica,  formava  un  quadrato  di  cinque  leghe  di  giro.  A  lui  stesso  è  do- 
vuta Vera  Cruz:,  moltre  altre  citlà  a  suoi  compagni.  6.  La  capitaneria  generale  di  Gua- 
timala  che  comprendeva  il  Guatimala,  il  Nicaragua  e  VOnduras.  Capitale  Santiago, 
fabbricata  il  1324  da  Alvarado,  presso  al  luogo  dov'era  Tecpanguatemala  appiè  di  due 
vulcani  d'acqua  e  di  fuoco:  dalle  acque  del  primo  sobbissata  il  1541,  fu  rifabbricata  con 
maggior  magnificenza,  e.  Le  isole  di  Cuba,  Giamaica,  Ispaniola,  San  Domingo,  Borica 
0  Porto-ricco. 

IL  II  viceregno  del  Perù  abbracciava: 

a.  Il  Perù  proprio:  capitale  Lima  nella  bella  valle  del  Riraac,  fondata  da  Pizarro 
111533.  b.  11  Chili:  c\llìi  Santiago,  la  Concezione,  Valdivia,  Villa-ricca,  e.  Il  governo  Chili 
di  Buenos  Aijres,  con  Nostra  Signora  e  V Assunzione,  d.  I  governi  della  Casiiglia  d'oro 
0  N.   Granata  e  di  Terraferma,  e.  La  capitaneria  generale  di  Caracas:  capitale  San- 
tiago de  los  Caballeros.  L'isola  Margherita  fu  celebre  per  le  perle. 

L'America  portoghese  constava  del  Brasile,  diviso  in  dodici  capitanerie  sotto  un  go- 
vernator generale. 

§  7.  —  Scoperte  posteriori. 

Altri  vennero  a  concorrere  co'  primi  conquistatori ,  e  infine  gli  eclissarono.  Fran- 
cesco Drake  penetra  nell'oceano  Pacifico,  desolando  le  coste  del  Perù  (1578)  :  il  suo  com- 
patrioto  Davis  scopre  le  isole  Maluine  (1392):  AYalter  Raleigh  s'impadronisce  dell'isola 
della  Trinità,  e  risale  l'Orenoco  per  ducento  leghe.  Tra  ciò.  Martino  Ruiz  Gamboa 
prende  possesso  dell'arcipelago  di  Chiloe,  e  fonda  le  città  di  Castro  e  Chacao  (1563): 
due  anni  appresso,  Diego  di  Losada  fabbrica  Santiago  di  Leon  di  Caracas  per  capitale 
della  capitaneria  generale. 

II  Brasile  venne  col  Portogallo  a  signoria  della  Spagna  (1580),  la  quale  cercò  di  metter 
colonie  anche  sullo  stretto  di  Magellano,  ma  furono  distrutte  dalla  fame;  donde  il  nome 
a  Porto-Fame  (1584). 

Al  cominciare  del  secolo  xvii,  i  Gesuiti  hanno  già  allargate  le  loro  parrochie  nel  Pa- 
raguai: crescono  anche  le  colonie  del  Brasile,  ove  i  Paolisti  spingono  arditissime  esplo- 
razioni fin  in  riva  all'Amazone  e  sui  limiti  del  Perù  (1560-1016).  I  francesi  Razilli  e 
La  Ravardière  posero  una  colonia  efimera  nell'isola  di  Maranham.  Réfaut,  Devaux,  Mo- 
quet,  Planque  penetrano  nell'Amazone.  Raleigh  va  a  bruciare  la  capitale  della  Gujana 
Spagnuola  (1616);  e  l'olandese  Lemaire  l'anno  stesso  scopre  lo  stretto  fra  la  Terra  degli 


270  GEOGRAFIA   —   EPOCA  DECIMAQUARTA 

Stati  e  la  Terra  del  Fuoco,  e  voltando  il  capo  Horn,  insegna  una  via  più  breve  per  l'o- 
ceano Pacifico. 

Al  nord  gl'Inglesi  proseguono  le  scoperte  con  Frobisher,  il  quale  cercando  il  pas- 
saggio settentrionale,  riconosce  le  coste  meridionali  del  Groenland,  e  vede  lo  stretto  da 
lui  denominato  (1577).  Drake  va  alquanto  piìi  in  là  che  Cabrillo  (1578),  e  Davis  giugne 
fin  al  72"  (1587);  ma  non  riescono  a  colonizzare  Terranova^  e  le  coste  fra  quest'isola  e 
Florida,  e  il  paese  cui  Raleigh  die  nome  di  Virginia  ad  onore  della  regina  Elisabetta 
(1584-87). 

Dipoi  gl'Inglesi,  condotti  da  Bartolomeo  Gosnald,  fanno  un  primo  stabilimento  nel 
Massacius'^et  (1602),  ove  diciott'anni  dipoi  si  pose  una  colonia  di  Puritani  nel  terri- 
torio di  Plymouth.  La  Virginia  ne  riceve  nel  1607  e  10;  le  Bermude  nel  1609  e  12. 

Miglior  fortuna  accompagna  gli  Spagnuoli,  che  al  Messico  aggiungono  il  N.  Messico, 
occupato  da  Antonio  di  Espejo  nel  1581,  colonizzato  da  Giovanni  di  Onate  nel  1595: 
Sebastiano  Yiscaino  visita  a  minuto  le  coste  della  A^  California  (1602). 

1  Francesi  dilatansi  nel  Canada,  e  pongono  colonie  sulla  boja  di  Fundy  e  A'Acadia, 
mercè  le  cure  di  Samuele  Champlain,  che  percorse  il  fiume  di  San  Lorenzo,  scoprì  i 
grandi  laghi  dond'esce,  ne  diede  la  carta,  e  gettò  le  fondamenta  di  Quebec  (1603-15). 

Al  tempo  stesso  moltiplicavansi  scoperte  al  nord:  e  Davis  varcò  lo  stretto  che  ne 
porta  il  nome  (1607);  BafTin  penetrò  sin  al  fondo  del  golfo,  detto  mare  di  Baffin,  Hud- 
son, inglese  al  servizio  dell'Olanda,  scoprì  e  denominò  il  mare  di  Hudson  (1609-15). 
Nel  1614  l'avventuriero  Giovanni  Smith  arriva  all'isola  di  Manhegin ,  esplora  la  costa 
della  baja  di  Penobscot  fino  al  capo  Cod,  e  fonda  una  colonia,  che  col  nome  diiV.  Lnco- 
nia  fu  conceduta  al  capitano  Giovanni  Mason  nel  1623,  poi  nel  29  fu  delta  N.  Hampshire, 
e  nel  40  unita  al  Massaciusset. 

]\el  1622  una  colonia  scozzese  spedita  nell'Acadia,  che  Giacomo  I  avea  ceduta  a  Gu- 
glielmo Alessandro  di  Neustria  ,  la  chiamò  N.  Scozia.  L'anno  che  venne,  Tommaso 
Warner  stabilì  una  colonia  inglese  nell'isola  di  Liamniga  o  San  Cristoforo,  e  unitosi  a 
una  colonia  di  Dieppesi  condotti  dal  capitano  Desnambuc,  fecero  guerra  a  morte  ai  Ca- 
raibi.  Trenta  Inglesi,  condotti  da  Dean,  si  posero  nell'isola  della  Barbada,  che  Giacomo  I 
avea  donata  al  conte  di  Marlborough,  e  vi  cominciarono  Jamestou-n  (1624-26). 

Gli  Olandesi  dal  1612-14  aveano  fondato  un  forte  sull'Hudson  e  nell'isola  di  Manhatta, 
che  chiamarono  N.  Amsterdam  ;  e  subito  vi  s'aggiunse  il  paese  fra  il  Delaware  e  il  Con- 
necticut, che  fu  intitolato  N.  Belgio,  concesso  dagli  Stati  generali  alla  Compagnia  delle 
Indie  occidentali  nel  1621.  Dopo  due  anni  colonizzarono  parte  del  territorio  di  Dela- 
ìcare;  il  resto  fu  occupato  da  una  colonia  di  Svedesi  e  Finlandesi  (1627).  L'anno  suc- 
cessivo gl'Inglesi  fermano  piede  nell'isola  di  Nevis ,  colonizzano  la  Providenza  delle 
Lucajè,  e  prendono  Quebec. 

Nel  1631  Roggero  Williams  puritano  pianta  la  colonia  del  Bhode  Island ,  che  nel  44 
ebbe  governo  particolare.  Guglielmo  Clayborne  forma  un  piccolo  stabilimento  nell'isola 
di  Kent,  e  nel  1652  Giorgio  Calbert,  lord  Baltimore,  Guglielmo  Penn  cominciano  sulla 
costa  vicina  una  colonia  detta  Mariland  a  onore  d'Enrichetla  Maria,  moglie  di  Carlo!, 
estesa  ben  tosto  dalla  riva  settentrionale  del  Polomac  fin  al  40"  di  latitudine  nord,  enei 
1659  ordinata  con  governo  particolare.  Anche  le  isole  di  Monserrato  e  Antigoa  ebber 
una  colonia  inglese  di  San  Cristoforo. 

Dal  1655  datano  i  primi  stabilimenti  sul  Connecticut  e  il  golfo  di  Long  Island,  presto 
cresciuti  dissipando  affatto  gl'indigeni  (1657). 

Nel  16i3  le  (juattro  colonie  di  N.  Aveo,  Connecticut,  Plymouth,  e  Massaciusset  si  fe- 
derarono col  nome  di  Colonie  Unite  della  N.  Inghilterra;  e  Carlo  H  vi  diede  una  carta 
nel  1662:  tre  anni  dopo  furono  ristrette  in  una  sola  colonia,  detta  Connecticut. 

Una  inglese,  posta  nel  1657  nell'isola  di  Santa  Lucia,  fu  l'anno  seguente  distrutta 
dai  Caraibi  ;  e  quella  della  Providenza  dagli  Spagnuoli  nel  1641.  Da  Santa  Croce  gl'In- 
glesi cacciarono  gli  Olandesi,  ma  ne  furono  cacciali  dagli  Spagnuoli,  e  questi  dai  Fran- 
cesi. Gl'Inglesi  se  ne  vendicarono  togliendo  agli  Spagnuoli  la  Giamaica,  e  devastando 
Cuba  (1(560). 

Fin  dal  1650  essi  aveano  occupato  Anguilla.  Nel  1652,  ducente  Flessinghesi  stabili- 
ronsi  nell'isola  di  Tabago,  ma  ne  furono  snidati  dagli  Spagnuoli.  Nel  1035  gli  Olandesi 
colonizzano  l'isola  di  Sant'Eustachio,  e  avvicendansr  i  padroni. 


SCOPERTE  POSTERIORI  271 

I  Francesi,  ricuperato  Quebec  e  la  N.  Scozia  fl632),  stendonsi  nel  Canada,  e  me- 
diante i  missionari,  inciviliscono  gli  Uroni,  ed  altri  abitanti  sui  laghi  Erte,  Huron,  e 
Michigan  (163S-48).  Lollive  e  Duplessis  s'impossessano  della  Martinica  (1635),  ove  si 
fonda  San  Pietro  (1638);  la  Guadalupa  è  colonizzala  dal  1035  al  38;  Maria  Galanla^ 
i  Santi,  la  Desirada,  la  Dominica  nel  i647  e  48;  la  Granata,  le  Granatine,  Santa  Lu- 
cia, la  parte  settentrionale  di  San  Martino,  nel  Ì6b0. 

I  due  stabilimenti  della  Tortola  e  di  San  Domingo  divengono  nido  de'  Filibustieri;  e 
corsari  inglesi  ed  olandesi  devastano  la  capitaneria  di  Guatimala,  molestata  pure  da  in- 
digeni Moschiti  e  Poya.  I  missionarj  spediti  nel  16i2  in  California,  vi  fanno  il  primo 
stabilimento. 

Gli  Olandesi  cacciano  gli  Svedesi  dal  Delaware  (1655),  distruggono  gli  stabilimenti 
spagnuoli  della  Margherita  (1662),  prendono  due  volte  Maria  Galanta  ,  ricuperano  Ta- 
bago  (1677),  disputato  dai  Francesi  sinché  nel  1748  è  dichiarato  neutro;  e  così  alter- 
nansi  i  possessori  delle  Antilie  nelle  guerre  e  nelle  paci. 

Nel  1764  Bougainville  stabilisce  nell'isola  di  Soledad,  nell'arcipelago  detto  Falkland 
o  Mainine,  la  colonia  di  Porto  Luigi,  che  tre  anni  appresso  è  venduta  alla  Spagna. 

Sul  continente,  Lasalle  diede  prosperità  agli  stabilimenti  francesi  nella  Luigiana ,  e 
stabilì  comunicazione  fra  questa  e  il  Canada  per  Vlllinesee  rO/H"o(1679  83);  ma  la  cat- 
tiva amministrazione  della  Campagnia  francese  d'Occidente,  e  le  continue  guerre  cogli 
indigeni,  massimamente  i  Natcesi,  fece  languir  la  colonia,  sicché  il  commercio  ne  fu 
dichiarato  libero  per  qualunque  francese  (1731).  Allora  crebbe,  ma  la  rovinarono  le 
ostilità  degli  Inglesi,  sicché  al  fin  del  secolo  la  Francia  non  tenea  piìi  in  America  che 
il  piccol  gruppo  delle  isole  di  San  Pietro,  Grande  e  Piccolo  Michelone,  la  parte  occi- 
dentale di  San  Domingo,  la  settentrionale  di  San  Martino,  la  Martinica,  la  Guadalupa, 
Maria  Galanta,  la  Desirada,  e  Santa  Lucia. 

I  Russi,  entrati  in  questo  secolo  fra  gli  scopritori  e  colonizzatori  dell'America,  ac- 
certano la  sua  separazione  dal  continente  asiatico.  Behring  nel  1728  scopre  lo  stretto  che 
denomina,  e  dodici  anni  dipoi  esplora  la  costa  nord-ovest,  la  penisola  d'Alaska,  le  isole 
Shumagin.  Altri  navigatori  scoprono  maggiori  coste,  e  le  isole  Aleutine,  delle  Volpi,  di 
Mednoi  Ostrof  (1740-66).  Cheicgof  (1760)  prende  possesso  àiKodiak,  e  vi  fonda  il  primo 
banco  della  Compagnia  russa  d'America,  la  quale  tosto  scese  verso  il  sud  fin  al  50'  pa- 
rallelo, avvicinandosi  agli  stabilimenti  spagnuoli, 

II  governo  spagnuolo  cede  la  Florida  agli  Inglesi  in  cambio  di  Cuba  (1763),  stabilisce 
nella  N.  California  otto  missioni  e  duepresidj  (1763-70);  e  i  navigatori  Giovanni  Peres, 
Vincenzo  Vila,  Giovanni  de  Ayala,  Quadra,  Canizares,  Arteaga,  Manuele  par  che  rinno- 
vino le  antiche  imprese  di  quella  nazione,  esplorando  le  coste  settentrionali  del  Grande 
oceano. 

Gl'Inglesi,  cacciati  gli  Olandesi  dall'Isola  Tortola,  occupano  la  più  parie  delle  isole 
Vergini  (1666),  e  stabiliscono  un'altra  colonia  alla  Providenza;  poi  vinti  i  Filibustieri, 
sommettono  le  Lucaje  (1718). 

Nel  1661 ,  una  colonia  di  migrati  dalla  Virginia  si  ferma  al  capo  Fear-Iìiver,  chia- 
mandolo Albemarle.  Dopo  due  anni  Carlo  II  concesse  a  lord  Clarendon  e  a  sette  altri 
l'Albemarle  e  la  Carolina;  i  quali  fabbricarono  Brunsivick  (1665),  il  vecchio  e  nuovo 
Charlestown,  dove  accorsero  migrati  protestanti  francesi,  fratelli  moravi,  presbiteriani  : 
ma  le  continue  invasioni  degli  Indiani,  massime  Tuscarora  e  Cheroki,  indussero  i  si- 
gnori compadroni  a  vender  le  terre  al  governo,  che  le  divise  in  Carolina  delnorde  Ca- 
rolina del  sud. 

Il  colonnello  inglese  Nichols  prese  N.  Amsterdam  (1664),  col  che  ridusse  a  sottomet- 
tersi tutta  la  colonia  olandese  de'  N.  Paesi  Bassi,  di  cui  si  formarono  ^.V.  Jork  e  A'.  Jer- 
sey. Quest'ultima,  data  in  feudo  ereditario  alle  famiglie  Berkley  e  Carteret,  fu  divisa  in 
orientale  e  occidentale  (1667).  Entrambi  stettero  sotto  la  giurisdizione  della  N.  In- 
ghilterra. 

Nel  1670  si  stabili  la  Compagnia  della  baja  d'Hudson  pel  traffico  delle  pelliccie. 

Il  quachero  Guglielmo  Penn,  ottenuti  (1681)  da  Carlo  li  i  paesi  che  denominò  Pemil- 
vania  dal  nome  suo  e  dalle  molte  selve,  die  agl'Indiani  esempio  di  lealtà  comprandone 
il  territorio,  fabbricò  Filadelfia  (1682),  e  dettò  statuti  e  costituzione  alla  colonia. 

Nel  1733  censedici  avventurieri;  condotti  dal  generale  OgIethorpe,  fondano  tra  Sa- 


272 


GEOGRAFIA  —  EPOCA   DECIMAOUARTA 


vannah  e  V Alatamaha  una  colonia,  detta  Georgia^  ad  onore  di  Giorgio  II  che  ne  con- 
cesse loro  la  proprietà,  e  dove  s'introdussero  coloni  tedeschi  e  scozzesi:  dopo  dician- 
nove anni  la  Compagnia  ne  cedette  la  proprietà  alla  corona  (1752),  che  la  dilatò  fin  al 
San  Mary.  Nel  1749  un'altra  colonia  della  N.  Scozia  avea  fabbricato  Halifax. 

Il  Kentuckìj  ^  visitato  primamente  da  Giacomo  Macbridge  {175'4)  e  Giovanni  Finlay 
(1767)  e  dal  colonnello  Daniele  Boone  (1771),  fu  da  quest'ultimo  colonizzato,  sotto  la 
protezione  della  Virginia. 

Cook  avea  nel  ■1764  rilevato  la  carta  del  corso  del  San  Lorenzo  e  delle  coste  di  Terra- 
nova ;  poi  giovò  più  che  tutti  i  predecessori  alla  conoscenza  della  costa  nord-ovest. 
Ilearne,  mandato  dalla  Compagnia  della  baja  di  Hudson,  scoperse  il  Coppermine,  esce- 
solo  sin  alla  foce,  vide  primo  il  mar  Polare  (1769-72). 

Al  tempo  poi  che  l'Inghilterra  perdeva  le  sue  colonie  dell'America  settentrionale,  ne 
la  ristoravano  altre  scoperte.  Il  capitano  Cook  scopriva  ÌVilliam's  Suncl  e  il  fiume  del 
suo  nome,  visitava  le  Aleutine,  la  penisola  d'Alaska,  e  al  nord  procedea  sin  al  capo  dei 
Ghiacci  (1776-78).  Per  trafficarvi  di  pelliccie  si  formò  la  Compagnia  del  nord-ovest,  i  cui 
sforzi  svelarono  altri  paesi.  11  banco  stabilito  a  Nolka  nel  1786,  fu  occupato  dagli  Spa- 
gnuoli  neirSO,  che  però  dovettero  abbandonarlo  agli  Inglesi  nel  92. 

Portlocke  e  Dikson  nel  1787  scoprono  le  isole  della  Regina  Carlotta,  e  Giorgio  Van- 
couver nel  1790  riconosce  la  costa  nord-ovest  dal  59'  al  52"  18'  di  latitudine  nord.  Poi 
nel  93  e  9i  procedette  fin  al  56",  vide  l'isola  Cirikov,  esplorò  a  minuto  la  N.  Georgia, 
il  N.  Hannover,  la  N.  Cornovaglia,  la  N.  Caledonia,  l'arcipelago  di  Giorgio  HI  e  del 
principe  di  Galles,  e  l'isola  dell'Ammiragliato. 

Rottasi  intanto  la  guerra,  l'Inghilterra  profitta  della  sua  superiorità  in  mare  per  oc- 
cupar moltissime  isole  a  Francia,  Spagna,  Olanda,  parte  rese  nelle  paci,  parte  no.  Fi- 
nite le  guerre,  nel  1818  fonda  la  colonia  d'Hopparo  sulla  punta  sud-est  della  Terra  del 
Fuoco,  per  asilo  ai  navigli  balenieri.  Crescono  coi  migrati  le  sue  possessioni,  e  nell'A- 
merica settentrionale  Lewis  e  Clarke  giungono  al  Grand'oceano  traverso  le  montagne 
Mocciose  (180Ì-5).  1  viaggi  di  Ross  (1818-19-52),  di  Parry  (1819-21-27),  di  Franklin  e 
Richardson  (1820-24-26],  di  Beechey  (1825-28),  di  Back  (1836-7),  di  Wrangel,  di  Du- 
mont  d'Urville  chiarirono  abbastanza  la  geografia  delle  terre  polari.  Del  che  riparliamo 
nell'Epoca  XVHL 


EPOCA      XV 

DAL  1S00  AL  1648  D.  C. 


Dopo  la  presa  di  Costantinopoli ,  il  movimento  d'invasione  verso  l'Europa  può  dirsi 
cessato;  le  nazioni  presero  assetto  definitivo-,  né  più  i  grandi  spostamenti  dei  secoli  an- 
teriori distrussero  l'equilibrio  delle  genti  europee.  Noi  distrussero  ma  ondeggia  ancora, 
e  la  Geografia  politica  deve  seguitarne  il  movimento  ,  benché  meno  sensibile  ,  per  de- 
terminare la  situazione  geografica  e  politica  di  ciascun  popolo.  La  centralità  va  preva- 
lendo, e  la  monarchia  è  la  forma  cui  più  generalmente  s'acconciano  le  nazioni  europee: 
tanto  che  in  più  d'uno  successivamente  potè  sorgere  l'idea  d'una  monarchia  universale, 
e  l'opporsi  a  questo  tentativo  è  l'intento  della  diplomazia  e  delle  guerre,  da  cui  sono  ad 
or  ad  ora  alterati  i  limiti  dei  differenti  popoli. 

§  1,  —  Italia, 

La  pace  di  Lodi  (1434),  suggerita  dallo  sgomento  dei  Turchi,  pose  una  specie  d'e- 
quilibrio fra  gli  Stati  italiani. 

11  Milanese  comprendeva  Milano,  i  contadi  d'Angerae  Pavia,  le  città  di  Parma  e  Pia- 
cenza; al  sud  e  sud-est  toccava  Castelnuovo  tolto  al  duca  di  Modena,  Pontremoli, 
Tortona  tolto  ai  Gonzaghi,  Alessandria  resa  dal  marchese  di  Monferrato.  Con  quest'ul- 
timo paese  i  confini  stavano  di  qua  d'Alessandria:  col  ducato  di  Savoja,  tra  Vercelli  e 
Novara  alle  rive  della  Sesia.  Ai  Veneziani  Francesco  Sforza  cedeva  il  Cremasco,  ma  ser- 
bava Cremona,  Soncino,  Caravaggio  Castiglione  e  la  Geradadda  ;  il  marchese  di  Mantova 
gli  abbandonava  Ròcca,  Budrio  e  qualch'altro  paese. 

Venezia  ha  molto  a  fare  coi  Turchi;  rinunzia  ai  suoi  possessi  nell'antico  impero  greco 
(1479),  ma  acquista  Cipro  (1474).  Dominava  l'Istria  e  la  costa  di  Dalmazia,  eccettuate 
Trieste  e  Ragusi;  le  isole  di  quel  litorale,  quelle  del  mar  Jonio,  e  la  più  parte  di  quelle 
dell'arcipelago,  massime  Candia  e  Negroponte;  sulle  coste  del  Peloponneso,  Argo,  Na- 
poli di  Romania,  Patrasso,  Modone,  Corone;  in  terraferma,  il  Friuli,  il  Cadore,  Feltre, 
Belluno,  Treviso,  Vicenza,  Verona,  Padova;  il  Polesine  di  Rovigo  lasciatole  in  pegno 
dal  duca  di  Ferrara  (1484);  Lonato,  Valeggio,  Peschiera,  cedute  dal  marchese  di  Man- 
tova ;  il  Bresciano,  il  Bergamasco,  il  Cremasco  ;  inoltre  Cervia  in  Romagna  e  Ravenna. 

Firenze  dominava  tutta  Toscana,  tranne  le  repubbliche  di  Siena  e  Lucca,  e  compreso 
Massa  e  Carrara,  Piombino,  e  l'isola  d'Elba. 

il  ducato  di  Savoja  occupava  i  due  pendii  delle  Alpi  dalla  Saona  alla  Sesia,  e  dal  Me- 
diterraneo al  lago  di  Neufchàtel,  colla  Savoja  abbracciando  il  Bugey,  il  Valromey  e  la 
Eresse,  i  paesi  di  Gex,  di  Vaud,  di  Sciablese,  di  Faucigny,  di  Ginevra,  parte  del  Valese, 
e  verso  l'Italia  Aosta  e  il  Piemonte.  Ne  restavano  però  indipendenti  il  marchesato  di  Sa- 
luzzo,  la  contea  di  Tenda,  il  marchesato  di  Monferrato,  il  principato  di  Monaco  ;  oltre 
le  grosse  porzioni  assegnate  in  appanaggio  ai  principi  della  Casa. 

I  ducati  di  Modena  e  Reggio,  e  le  contee  di  Cornacchia  e  Rovigo,  elevate  a  tal  dignità 
nel  1452,  e  la  signoria  di  Ferrara  dipendente  dal  papa,  ed  elevata  in  ducato  nel  1471, 
appartenevano  a  casa  d'Este. 

II  marchesato  di  Mantova  nel  1S30  fu  eretto  in  ducato,  e  Federico II  Gonzaga  acqui- 
stò il  Monferrato  (1553). 

Altri  piccoli  principati  sussisleano  fra  il  Mantovano  e  gli  Estensi,  cioè  Correggio,  la 

Cantù,  Documenti,  ~  Tomo  I,  Geografìa  politica.  18 


l 


274  GEOGRAFIA  —  EPOCA  DECIMAQUINTA 

Mirandola^  i  contadi  di  Guastalla  e  Montechiarugolo  dominati  da  casa  Torelli,  poi  al 
nord-est  del  Veneto  verso  l'Ii^tria  il  patriarcato  ù'Aquileja. 

Genova,  spesso  suddita  altrui,  dominava  nel  mar  Nero  e  a  Calata,  e  le  isole  di  Scio  e 
Lesbo,  Famagosta  nell'isola  ^i  Cipro,  la  Corsica  e  il  Finale.  Dalla  potenza  turca  le  fu 
rovinata  la  sua  colonia  di  CafTa  (1475j. 

La  Romagna  e  i  regni  di  Napoli  e  Sicilia  stavano  quali  nell'età  precedente. 

Quest'assetto  durò  finché  l'ambizione  di  Lodovico  il  Moro  chiamò  Carlo  Vili,  erede 
delle  pretensioni  degli  Angioini  su  Napoli  :  gli  tenne  dietro  Luigi  XII,  che  con  Venezia 
patteggiò  la  divisione  del  Milanese,  cedendole  il  Cremonese  e  la  Geradadda.  Ma  contro 
Venezia  soUevossi  allora  la  vendetta  o  l'invidia  universale,  stringendo  la  lega  di  Cam- 
brai  (1508),  dalla  quale  essa  non  si  salvò  che  col  abbandonare  tutti  i  possessi  di  Ter- 
raferma, recuperandone  però  gran  parte  nella  pace  delle  Dame  (1329). 


2.  —  Germania. 


La  divisione  della  Germania  in  circoli,  per  mantenere  la  pace  pubblica,  già  proposta 
da  Venceslao  e  da  Alberto  II,  fu  effettuata  dalla  dieta  d'Augusta  nel  1S00.  Sei  erano  i 
circoli:  di  Baviera,  di  F  ronconi  a ,  di  Sassonia,  del  Reno,  della  Svevia,  di  Westfalia. 
Dapprima  restavano  fuori  gli  Stati  austriaci  e  di  Borgogna,  né  vollero  entrarvi  gli  elet- 
tori dell'impero,  i  re  di  Boemia  e  l'ordine  Teutonico.  La  dieta  di  Treveri  e  Colonia  nel 
1512  v'aggiunse  i  quattro  nuovi  circoli  d'Austria,  Borgogna,  Basso  Beno,  Alta  Sassotiia; 
i  quali  ultimi  furono  una  suddivisione  degli  antichi  circoli  di  Reno  e  Sassonia,  allora 
intitolati  Alto  Reno  e  Bassa  Saf<sonia. 

Questi  circoli  potevano  dirsi  repubbliche  federative,  con  Stati  e  assemblee  generali,  e 
capi  proprj.  Ciascuno  ebbe  direttori  che  presedevano  agli  St&t'\, principi  convocanti  che 
li  radunavano,  colonnelli  che  comandavano  alla  milizia. 

i.  11  circolo  d'ylus^rm  comprendeva  V  Arciducato,  la  Stiria,  Carintia,  Carniola,  Go- 
rizia, Svevia  austriaca,  Tirolo. 

2.  Il  circolo  di  Baviera  a  ponente  del  predetto,  comprendeva  la  Baviera,  l'arcivesco- 
vado di  Salisburgo,  i  vescovadi  di  Ratisbona,  Passau,  Frisinga. 

5.  Il  circolo  di  Svevia  ad  occidente  del  predetto,  abbracciava  il  Wiirtemberg,  il  mar- 
graviato di  Baden,  la  contea  di  Fiirstenberg ,  i  vescovadi  di  Costanza  e  Augusta,  e  la 
badia  di  Kempten. 

4.  Il  circolo  di  Franconia  al  settentrione  dei  due  precedenti,  comprendeva  i  margra- 
viati di  Anspach  e  Baireuth,  i  vescovadi  di  Bamberga,  Wurzburgo,  Aichstett,  le  città  di 
Norimberga,  Schiceinfurt,  Wind<Jteim,  Rothenburg. 

5.  Il  circolo  del  Basso  Reno  o  Elettorale,  a  occidente  del  predetto,  comprendeva  i  tre 
elettorati  ecclesiastici  e  il  palatino. 

6.  Il  circolo  deiry4//o  Reno  abbracciava  parte  dei  dominj  della  casa  Palatina,  il  land- 
gravialo  d'Assia,  i  principati  di  Nassau,  Hanau,  Waldeck,  i  vescovati  di  Worms,Spira^ 
Basilea,  l'abbadia  di  Fulda,  e  la  città  imperiale  di  Francoforte. 

7.  Il  circolo  di  Westfalia,  al  nord-ovest  dell'anzidetto,  abbracciava  parte  degli  Stati 
di  Nassau,  i  ducati  di  Clèves,  di  Juliers,  di  Oldmburg,  VOstf risia,  la  contea  d'Hogay  i 
vescovadi  di  Munster,  Liegi,  Paderborn,  Osnabruck. 

8.  Il  circolo  della  Bassa  Sassonia  al  nord-est  del  precedente,  coi  ducati  d'Holsteiìi, 
Sassonia- Lauf.nburg,  Mecklemburg,  Bnmsivick,  e  i  vescovadi  d'Hildesheim  e  Lubeka. 

9.  Il  circolo  dcW Alta  Sassonia,  al  sud-est  del  precedente,  cogli  elettorati  di  Sassonio 
e  Brandeburg,  la  Pomerania  e  i  dominj  della  casa  d' Anhalt. 

10.  Il  circolo  di  Borgogna,  ali'occidenie  di  quello  di  Westfalia,  occupava  i  paesi  che 
casa  d'Austria  ereditò  da  Carlo  il  Temerario,  cioè  Fiandra,  Brabante,  e  gli  altri  detti 
Paesi  Barasi  o  Neerland,  VArtois  e  la  Franca  Contea, 

La  Boemia  è  una  specie  di  dipendenza  feudale  dell'Impero,  finché  non  viene  in- 
corporata ai  possessi  austriaci  (1526). 
La  Lega  Anseatica  e  la  Confederazione  Renana  cadono  in  decadenza. 
La  Prussia  diviene  Stato  secolare  (1525J  sotto  la  sovranità  della  Polonia;  il  qual 


CASA  D'AUSTRIA  27S 

nuovo  ducato,  unito  poi  all'elettorato  (li  Brandebiirgo  (1618),  nella  pace  di  Westfalia 
(1648)  cresce  d'importanti  possessi. 

Dalla  Prussia  si  slaccò  la  Livonia,  che  liberatasi  dall'ordine  Teutonico  (1521),  si 
dà  ai  Polacchi. 

La  Polonia  così  ingrandita,  viene  di  gran  peSo  negli  affari  del  Nord;  sottomette  i 
Cosacchi  (lo76\  che  fin  dal  1S16  erano  uniti  in  orde;  e  toglie  ai  Russi  molle  Provin- 
cie ad  oriente  (1018). 

L'Ungheria  parea  dover  prevalere  nel  bacino  del  Danubio,  dove  occupava  la  parte 
più  considerabile  al  nord,  fra  i  monti  Sudeti  e  i  Crapak  e  quel  loro  prolungamento  che 
comprende  la  Transilvania.  All'est  dei  Crap.ik  e  al  sud  di  quell'altura  che  separa  il 
Pruth  dal  Dniester,  stavano  la  Moldavia  e  la  Valachia. 

L'altra  parte  della  gran  pianura  slava  era  anch'essa  divisa  fra  quattro  Stati ,  la  Bul- 
garia, la  Servio^  la  Bosnia,  la  Croazia,  addossale  al  Balkan  o  al  suo  prolungamento. 
Queste  tre  ultime  furono  suddite  dell'Ungheria  5  tributarie  la  Bulgaria  (1.562)  e  la  Va- 
lachia (1390):  la  Moldavia  dipendeva  piuttosto  dalla  Polonia.  Però  non  sepper  mai 
unirsi  in  modo  da  costituire  una  nazione  grande,  e  doveva  anche  qui  dominare  casa 
d'Austria. 

^3.   —  Casa  d'Austria. 

Al  primo  acquisto  del  ducato  ù'Amtria,  formato  da  due  brani  della  Baviera  e  del- 
l'Ungheria, di  sopra  e  di  sotto  dell'Eos,  questa  Casa  unì  ben  presto  allri  Stati,  in  parte 
posseduti  dalla  Baviera  sotto  Enrico  il  Leone:  la  Stiria  unita  da  Alberto  !•,  la  Carinlia 
da  Alberto  II  nel  I55G;  il  Tirolo  e  la  Carniola  nel  136.".  Ritardarono  il  suo  incremento 
le  divisioni;  delle  quali  la  prima  fu  fatta  nel  1379,  un'altra  nel  1411.  Tre  rami  domi- 
navano nel  14o5:  la  linea  Albertina  in  Austria;  e  due  linee  Leopoldine,  una  in  Carin- 
tia,  una  in  Tirolo. 

Alberto  V  successe  nel  1437-38  io  Ungheria  e  Boemia  alla  casa  di  Luxenburg:  dopo 
lui,  queste  e  le  unite  Lusazia,  Slesia^  Moravia  obbedirono  a  Ladislao  Postumo;  ma  l'im- 
matura sua  morte  (1457)  lasciò  la  Boemia  a  Giorgio  Podiebrado,  l'Ungheria  a  Mattia 
Corvino,  e  l'Austria  a  Federico  di  Carintia. 

Restaurò  la  casa  d'Austria  Massimiliano  (1493),  che  riunì  i  possessi  della  linea  del 
Tirolo,  Gorizia,  parte  dell'Istria,  il  resto  della  Carniola,  e  molti  brani  della  Baviera.  Pel 
matrimonio  di  lui  colla  erede  di  Borgogna,  e  d'un  suo  figlio  colla  erede  dell'immensa 
monarchia  di  Spagna,  parea  quella  Casa  dover  assorbire  tutta  Europa;  tanto  più  dopo 
che  stette  come  tutrice  della  cristianità  contro  i  Turchi,  e  delcattolicismo  contro  i  Pro- 
testanti. La  politica  dunque  si  volse  ad  umiliarla,  donde  le  prime  lotte  tra  Francesco  I 
e  Carlo  V,  che  pareano  mirar  solo  al  possesso  dell'Italia,  ma  dopo  la  pace  di  Madrid 
(1326)  presero  aspetto  di  europee. 

Carlo  V  possedeva  : 

i'  L'Aragona,  il  Rossiglione,  la  Cerdagna,  la  Sardegna  e  il  regno  delle  Due  Sicilie,  Regno  di 
come  dipendenti  dalla  Casliglia;  Orano,  Bugia,  Tripoli  conquistate  da  Ximenes  sulle  Carlo  V 
coste  di  Barberia  (1509)  ;  le  Canarie  e  il  Nuovo  Mondo, 

2"  L'eredità  della  casa  di  Borgogna,  cioè  la  Franca  Contea,  i  Paesi  Bassi,  che  poi  for- 
marono le  diciassette  provincie  unendovisi  il  vescovado  diJUtrecht  e  la  Gueldria,  e  che 
erano  i  ducati  di  Brabante,  Limburg,  Luxemburg  e  Gueldria,  le  contee  di  Fiandra,  FJai- 
nault,  Artois,  Olanda,  Zelanda,  Namur,  Zutfen,  il  tnarchesaio  d'Anversa,  le  signorie  di 
Malines,  Frisia,  Utrecht,  Groninga,  Over-Yssel,  Carlo  occupò  quindi  (1543)  la  città  di 
Cambrai. 

3'  L'eredità  di  Massimiliano,  cioè  gli  Stati  austriaci  in  Germania,  ch'egli  però  cedette 
al  fratello  Ferdinando.  Carlo  V  fu  pure  eletto  imperatore  (1519). 

L'Italia  che  avea  parteggiato  per  Francesco  I,  da  questo  fu  abbandonata  a  Carlo  V 
nel  trattato  di  Cambrai,  e  sagrificati  que'  che  lo  aveano  favorito,  i  Fregosi  a  Genova, 
gli  Orsini  a  Roma,  il  partito  Angioino  a  Napoli,  Firenze,  Venezia,  Ferrara.  Carlo,  che 
possedeva  già  il  regno  di  Napoli,  sottomise  la  restante  Italia  alla  sua  influenza.  Al  papa 
fece  rendere  Parma  e  Piacenza  occupata  da  Francesco  I ,  Cervia  e  Ravenna  tornai»  a 


276  GEOGRAFIA  —  EPOCA   DECIMAQUINTA 

Venezia;  promise  anche  Reggio,  Modena,  Robiera,  ma  non  si  die  cura  di  ritorle  dal  duca 
di  Ferrara.  I  Medici  alzò  sulle  ruine  della  repubblica  di  Firenze,  ma  per  non  ingran- 
dirli di  troppo  lasciò  il  ducato  d'Urbino  a  casa  della  Rovere  che  n'avea  preso  possesso 
a  danno  di  quelli.  Siena,  Luca,  Genova  serbaronsi  indipendenti.  Venezia  fu  trattata  con 
rigore,  ed  oltre  Cervia  e  Ravenna,  dovette  restituire  all'Austria  Riva  di  Trento,  Rove- 
redo  e  Gradisca,  i  porti  occupati  nella  Puglia,  e  cessò  le  pretensioni  di  dominio  esclu- 
sivo sull'Adriatico.  Il  ducato  di  Milano,  ristabilito  un  istante,  fu  presto  congiunto  ai 
possessi  austriaci.  De'  principi  minori  Carlo  dispose  a  suo  talento.  Per  deprimere  laSa- 
voja,  lasciò  che  il  duca  di  Mantova  raccogliesse  l'eredità  del  Monferrato. 

Ma  una  forte  opposizione  a  Carlo  V  si  sollevò  in  Germania,  dove  il  protestantismo 
diede  unione  a  quelli ,  cui  non  l'avea  mai  data  la  politica.  L'elettore  di  Sassonia  sì  fé 
principale  sostegno  di  Lutero,  e  anche  la  linea  Albertina  ne  adottò  le  credenze  (1539); 
il  landgravio  d'Assia  ne  fu  caldo  difensore;  le  abbracciarono  i  principi  d'Anhalt,  e  così 
i  rami  d'Anspach  e  di  Baireulh  della  casa  di  Brandeburgo,  benché  l'elettore  rimanesse 
fedele.  Nella  casa  di  Brunswick  la  linea  di  Grubenhagen  si  rese  protestante  il  dS3l, 
mentre  la  principale  fu  sostenitrice  del  cattolicismo  :  nella  linea  di  Gottinga  venner 
protestanti  i  principi  del  ramo  di  Luneburgo;  gl'imitarono  i  principotti  di  Mansfeld , 
Nassau,  Waldeck  ecc.  e  molli  vescovadi,  sazj  di  ricevere  da  gran  tempo  per  vescovi  i 
cadetti  delle  grandi  case  regnanti.  Così  il  protestantismo  regnava  sulle  rive  del  mare  del 
Nord  e  del  Baltico,  nell'Ostfrisia,  Oldenburgo ,  Holslein,  Mecklemburgo,  Pomerania; 
la  Prussia  fu  secolarizzata;  Danimarca  e  Svezia  divennero  colonne  a  quel  partito.  Al 
nord  non  restavano  cattolici  che  i  duchi  di  Sassonia,  di  Brunswick,  "NVolfenhuttel,  Ca- 
lenberg,  l'elettore  di  Brandeburgo,  ma  tra'  loro  sudditi  cresceva  il  luteranismo. 

Cattolici  stettero  la  più  parte  de'  paesi  al  sud,  cioè  Ferdinando  d'Austria,  che  domi- 
nava l'Austria,  la  Stiria,  la  Carintia,  la  Carniola,  il  Tirolo,  Gorizia,  l'Istria,  Trieste,  l'Al- 
sazia, la  Svevia  austriaca;  inoltre  il  ducato  di  Wiìrtemberg,  che  esso  comprò  dalla  Lega 
Sveva;  e  l'eredità  della  Boemia  e  dell'Ungheria;  i  quali  paesi  erano  dunque  regolati 
dalla  politica  dell'imperatore.  Fedele  alla  Chiesa  rimaneva  eziandio  la  Baviera;  così 
l'elettor  Palatino  della  casa  di  Wittelspach,  benché  condiscendente  ai  Protestanti  ;  e  il 
ramo  dei  Due  Ponti.  Poi  il  protestantismo  s'introdusse  qui  pure,  come  nei  ducati  di 
Baden  e  di  Wurtemberg,  e  nelle  città  libere:  a  stento  se  ne  preservarono  gli  elettorati 
ecclesiastici.  La  Lorena  serbossi  cattolica:  la  Svizzera  variò;  e  i  cantoni  aristocratici  di 
Berna,  Zurigo,  Basilea,  Soletta,  ScialTusa  furono  protestanti;  cattolici  i  democratici  di 
Uri,  Schwitz,  Unterwald,  Glaris;  diviso  il  democratico  di  Appenzel. 

Uniti  nella  Lega  Smalcaldica,  i  Protestanti  di  Germania  opposero  barriera  insormon- 
tabile all'imperatore,  giovata  dai  movimenti  della  Francia  e  della  Turchia.  Carlo  vi  op- 
pose una  Lega  Cattolica  e  l'attività  politica  e  guerresca,  e  parve  un  momento  trionfare; 
ma  infine  l'Impero  dovette  adattarsi  alle  paci  d'Augusta  (1555)  coi  Protestanti,  e  di  Ca- 
teau-Cambresis  (1559)  colla  Francia. 

Intanto  la  Riforma  si  era  viepiiì  dilatata  ;  l'elettore  di  Brandeburgo  aumentava  i  suoi 
dominj  a  spese  della  Chiesa;  il  duca  di  Wolfenbuttel,  da  caldo  difensore  di  questa,  l'a- 
veva abbandonata;  così  anche  al  mezzodì,  i  tre  rami  della  casa  Palatina  e  i  duchi  di 
Baden  e  Wiìrtemberg. 

La  divisione  dei  due  rami  austriaci,  tedesco  e  spagnuolo,  confermata  all'abdicazione 
di  Carlo  V  (155G),  cominciò  la  decadenza  di  quella  casa.  I  Paesi  Bassi  rivoUaronsi  con- 
tro Filippo  IL  Enrico  iV,  calmate  le  inquietudini  del  suo  paese,  non  cercò  che  a  de- 
primere gli  Austriaci.  1  principi  di  Germania  protestanti  continuavano  ad  estendersi  di 
dominj  e  d'influenza;  due  Leghe  cattolica  e  riformata  si  contrariavano,  né  l'Austria 
aveva  saputo  mettersi  a  capo  della  prima:  poi  la  successione  di  Juliers  diede  motivo 
alla  guerra  dei  Trenl'anni,  finita  col  trattato  di  Westfalia  (1048),  di  cui  può  considerarsi 
come  complemento  quello  de'  Pirenei  (1G59). 

La  Spagna  riconobbe  l'indipendenza  delle  sette  provincie  dell'unione  d'Utrecht,  cioè 
Groìiinga,  Over-Ysscl,  Gucldria,  Utrecht,  Olanda,  Zelanda,  Frisia;  ma  rinunziava  alla 
naturale  barriera  che  la  Mosa  ponea  fra  quelle  e  le  provincie  sue,  cedendo  ad  esse  molte 
parti  del  Brabante,  del  Limburg  e  della  Fiandra,  che  furono  appellate  Papsi  delta  Gene- 
ralità ;  la  città  di  Grave,  il  territorio  di  Kuitk  sulla  iMosa,  liuis-le-Duc,  Berg-op-Zoont, 
Breda  ecc.;  la  città  e  giurisdizione  di  Miistricht;  la  comproprietà  dei  tre  quartieri  di  là 


FRANCIA  277 

della  Mosa  ,  Fauquemont,  Dalem  e  Rolduc,  il  qual  ultimo  poi  restò  alla  Spagna:  i 
baliaggi  di  Hulstz  e  Axel  in  Fiandra  \  e  le  fortezze  del  paese  di  Vaes.  Consentendo 
tener  chiusa  la  SclieUla,  la  Spagna  sagrilìcava  il  commercio  delle  proprie  provincie 
agli  Olandesi,  ai  (juali  inoltre  lasciava  le  conquiste  fatte  nelle  Indie  orientali  e  occi- 
dentali. 

Alla  Spagna  non  restavano  che  frantumi  de'  Paesi  Bassi  ;  Aire  e  Saint- Onicr  ncH'Ar- 
tois;  Lilla,  Donai  e  Orchies  nella  Fiandra  francese;  la  Fiandra  da  Dunkerque  al  forte 
dell'Ecluse  e  Anversa;  la  città  di  Cambrai,  VHainault,  parte  del  Luxenburg,  il  paese  di 
Xamur,  il  Limburg,  il  Brabante ;  e  dell'eredità  di  Borgogna,  \d.  Franca  Contea,  Besan- 
zone  fm  allora  immediata. 

g    i,    —  Francia. 

La  Francia  ridotta  all'unità  territoriale,  tenia  conquiste.  Carlo  Vili  occupa  e  perde  il 
regno  di  Napoli.  Luigi  XII  due  volte  acquista  il  Milanese  e  il  Napoletano  (1499-'1S01), 
ma  quest'ultimo  gli  è  tolto  dalla  Spagna  (1S03J:  dee  pure  cedere  il  Milanese  (1513) 
dopo  datone  quattro  baliaggi  agli  Svizzeri  ;  e  nel  trattato  di  Cambrai  rinunzia  alle  pre- 
tensioni su  di  esso,  e  alla  sovranità  sulla  Fiandra  e  l'Artois.  Internamente  sussistevano 
le  case  principesche  di  Bretagna,  à'Albret,  di  Bourbon,  di  Necers  e  Rethel,  di  Melun, 
Tonnerre  ecc.  Ma  quantunque  Carlo  V  procurasse  fare  stabilire  l'indipendenza  d'alcuni, 
pure  venivano  assorbiti  poco  a  poco  nella  monarchia.  Vera  sovranità  formava  il  princi- 
pato A'Oraìige;  e  così  quello  di  Sedati. 

Nelle  guerre  rinnovatesi  a  mezzo  il  secolo  xvi,  la  Francia  toglie  all'Impero  i  Tre  ve- 
scovadi di  Metz,  Toni  e  Verdun  (1552),  Calais  all'Inghilterra  (1558),  e  acquista  la  Na- 
varra  francese  (1589).  L'assunzione  di  Enrico  IV  al  trono  unisce  alla  corona  il  ducato 
di  Vendóine,  il  regno  di  Navarro,  il  Béarn,  la  contea  di  Foix  ecc.  ;  poi  nel  secolo  se- 
guente la  Francia  s'impadronisce  della  Savoja  e  della  Lorena  (1601,  1631)  ;  infine  nella 
pace  di  Weslfalia  le  son  confermate  le  sue  conquiste  sull'Impero,  cioè  la  sovranità  dei 
Tre  vescovadi  ;  in  Italia  Pinerolo  ;  diritto  di  guarnigione  in  Philippsbarg,  che  restava 
alla  sovranità  del  vescovo  di  Spira;  il  Xecchio  Brisac;  il  landgraviato  dell'Alta  e  Bassa 
Alsazia  col  Sundgau  e  la  prefettura  delle  dieci  città  imperiali. 

Così  Francia  allargava  le  frontiere  ad  oriente  ;  al  nord  e  al  sud  prosegui  la  guerra 
colla  Spagna,  finché  la  pace  de'  Pirenei  pose  che  la  Francia  serbasse  al  nord  la  contea 
d'Artois,  Hesdin,  Thérouanne,  LilUers,  Bethune,  Saint-Poi,  Arras,  Bapauine,  Lens:  poi 
nelle  attigue  provincie  una  serie  di  città  da  Calais  a  Thionville  ampliavano  la  sua  fron- 
tiera, cioè  Graveline,  Bourbourg,  SamMenanf  in  Fiandra  ;  nell'Hainault  Landrecies  e 
Le  Qaesiioy  ;  fra  la  Sambra  e  la  Mosa  Avesìie,  Marienburg,  Philippeville;  nel  Luxenburg 
Carignan,  Chauvancy,  Mont-Medy,  Marville,  Damvillers,  Thionville:  inoltre  il  duca  di 
Bouillon,  per  farsi  perdonare  la  complicità  nella  congiura  di  Cinq-Mars  (1642),  cedette 
Sedan  e  Rancourt.  La  Lorena  fu  resa  al  suo  duca,  ma  riservandosi  Moyenvich,  il  Bar- 
rois,  la  contea  di  Clermont,  Dan,  Stenay,  Jametz,  Così  la  Mosa  restava  barriera  della 
Francia.  Ad  oriente  la  Franca  Contea  e  il  Contado  Venesino  ne  erano  ancora  esclusi  ; 
ma  assicurati  il  Rossiglione  e  la  Cerdagna,  cioè  dati  per  confine  i  Pirenei. 

Sotto  Luigi  XIII  la  Francia  era  divisa  in  dodici  grandi  provincie:  i  Parigi  e  Isola  di 
Francia;  2  Picardia  coi  paesi  conquistati  dell' Artois;  5  Normandia;  4  Bretagna; 
5  Champagne;  6  Borgogna;  7  Orleanese,  compreso  il  Poitou,  l'Angoumois,  l'Anjou,  la 
Turaine,  il  Maine,  il  Berry,  parte  del  Nivernese;  8  Lionese,  compreso  l'Auvergne,  il 
Bourbonnais,  la  Manche  e  il  resto  del  Nivernese;  9  Guyenne;  10  Linguadoca  che  ab- 
bracciava tutto  il  mezzodì;  11  Deljìnato;  12  Provenza,  Col  trattalo  di  Weslfalia  le  fu 
ceduta  VAlsazia. 

^5.  —  Penìsola  ìbera. 

11  Portogallo  si  dà  tutto  a  scoperte  ed  ac(|uisti  marittimi,  che  lo  rendono  potenza 
prevalente  la  Europa,  e  priaiaria  ia  Asia.  Caduto  il  1580  sotto  la  Spagna,  vi  dimora 


278  GEOGRAFIA  —  EPOCA   DECIMAQUIMA 

sessant'anni,  finché  la  casa  di  Braganza  (1640)  gli  torna  l'indipendenza,  e  ricupera  le 
antiche  frontiere,  salvo  Ceuta  in  Africa,  rimasta  alla  Spagna. 

La  Spagna,  unita  un  istante  all'Impero,  sgomentò  l'Europa;  pure,  malgrado  i  pos- 
sessi del  Nuovo  mondo,  decade.  Filippo  it  che  già  aveva  il  Milanese  e  le  diciassette  Pro- 
vincie de'  Paesi  Bassi  colla  Franca  Contea,  all'abdicazione  di  suo  padre  vi  unì  le  corone 
di  Napoli,  Sicilia,  Spagna,  coi  possessi  d'Africa,  d'Asia  e  d'America. 

Sette  Provincie  de'  Paesi  Bassi  emancipandosene,  proclamansi  indipendenti  e  riunite 
a  Utrecht  neH  579,  e  sono  riconosciute  nel  1609,  poi  nell  648;  non  restando  alla  Spagna 
che  le  dieci  provincie,  cioè  Brabante,  Luxenburg,  Limburg ,  Gueldria  meridionale,  le 
contee  di  Fiandra,  di  Hainault,  di  Namw,  d'Arlois,  e  le  signorie  di  Malines  e  d'in- 
verso. 

Nel  Mediterraneo  la  Spagna  teneva  ancora  le  isole  principali,  e  la  Sicilia  e  l'Elba;  e 
nella  penisola  italica  Napoli  collo  Stato  de'Presidj,  e  il  ducato  di  Milano. 

Da  Carlo  V  erano  state  cedute  ai  cavalieri  di  Rodi,  come  feudi  della  corona  sici- 
liana, le  isole  di  Malta,  Gozo,  Cornino,  e  Tripoli  in  Africa,  che  fu  ripresa  dai  Musul- 
mani il  1551. 

^  C.  —  Gran  Bretagna, 

La  Scozia  si  dibatte  ancora  nella  confusione  feudale:  fra  le  montagne  sostengonsi 
i  capi  dei  clan;  nelle  isole  settentrionali  il  conte  di  Boss;  altri  nelle  marche  e  nelle 
terre  basse.  Però  o  per  guerra  o  per  successione  que'  paesi  vengono  riuniti  alla  corona; 
e  il  matrimonio  di  Giacomo  I  con  Margherita  d'Inghilterra  prepara  l'unione  dei  due 
regni  (1603J. 

L'Irlanda  già  era  soggiogata, 

L'Inghilterra  perdette  i  suoi  possessi  sul  continente;  anche  Calais  fu  ceduto  nel 
1558.  Più  tardi  Dunkerque  in  assicurato  all'Inghilterra  da  Cromwell ,  il  quale  ostentò 
pretensioni  di  supremo  dominio  sul  mare.  La  guerra  civile  rimescolò  il  paese  ;  ma 
alfine  Irlanda  e  Scozia  furono  rimesse  in  soggezione,  dando  al  paese  il  nome  di  Gran 
Bretagna  àopo  che  vennero  al  trono  gli  Stuard  (16Uij. 

Pertanto  VI  ni  pero  della  Grati  Bretagna  era  formato  delle  isole  Britanniche 
(Inghilterra,  Irlanda,  Anglesey,  Man,  Western,  Orcadi,  Shetland,  Sorlinghe  e  Wight), 
delle  isole  Norniande  (Aurigny,  Guernesey,  Jersey),  della  fortezza  di  Gibilterra  in  Ispa- 
goa,  e  dei  possessi  in  Asia,  Africa,  America.  Colla  incoronazione  di  Giorgio  1  (i7i-i) 
vi  fu  unito  l'elettorato  di  Hannover. 

L'Inghilterra  dividevasi  in  quaranta  contee,  oltre  dodici  del  principato  di  Galles.  Di 
esse,  trentasette  sussistevano  fin  dall'xi  secolo;  vi  s'aggiunsero  Norlhumberland,  Du- 
rham,  Westmoreland.  Possono  distribuirsi  così: 

Sei  al  nord  :  Norlhumberland,  Cumberland,  Durham ,  Westmoreland,  York,  Lan- 
caster. 

Diciotto  al  centro  :  Chester,  Derby,  Nottingham,  Lincoln,  Shrewsbury,  Stafford,  Lei- 
cester, Rutland,  Hereford,  Worcester,  Warwik,  Northampton,  Iluntingdon,  Glocester, 
Oxford,  Cuningam,  Bedford,  Monmouth. 

Sei  ad  est  :  Norfolk,  Suffolk,  Cambridge,  Herlford,  Essex,  Middlesex. 

Dieci  al  sud  :  Kent,  Susscx,  Surreij,  ìlant  o  Southampton,  Berks,  Wilts,  Somersef, 
Dorset,  Devon,  Cormvall. 

Le  dodici  del  principato  di  Galles  erano  Anglesey,  Caernarvon,  Denbigh,  Flint,  Me- 
rionelh.  Montgomery,  Cardigan,  Radnor,  Brecknok,  Caermarthen,  Pembroke,  Glamorgan 
e  Landaff. 

La  Scozia  pel  Tay  è  divisa  in  settentrionale  e  meridionale:  la  prima  comprende 
tredici  contee,  ventidue  l'altra. 

Le  tredici  della  settentrionale  erano ,  da  nord  a  sud  :  Caithness,  Stratnavern,  Su- 
therland,  Fioss,  Lochabir,  Braid-Albain,  Alhol,  Murray,  Buchan,  Marr,  MerniSf  Angus, 
Ferth. 

Le  ventidue  della  meridionale,  da  nord  a  sud:  Strathern,  Fife,  Mentheith,  Stirling, 
Lothian,  MerSf  Tiveedale,  Tifedule,  Lidisdalc,  Eskedale,  Annandak,  Nythsdak,  Galloway, 


SCANDINAVIA,   RUSSIA  279 

Carrick,  Kyle,  Clydsdalc,  Cunningham,  Lennox,  Argyle,  Lorn,  Cantyre,  Arran.  Il  ducato 

di  Bothsay  era  nell'isola  di  Bute. 
L'Irlanda  partivasi  in  quattro  provincie,  formanti  trentadue  contee: 
i.  L'Ulster  comprendeva  le  dieci  contee  di  Dunghal,  Fermanagh,  Tyrone,  London- 

deny^  Antrim,  Doicn,  Armagh,  Monaghan,  Loioth,  Caxcan. 

2.  11  Leinster  o  Lagenia  colle  undici  contee  di  Longford,  IVestmeath,  Easf-Meat, 
Dublin,  Wiklow,  Wexford,  Kildare,  h'aterlagh,  King's-County,  Queen's-County^  Kil- 
kenny. 

3.  Il  Munster  o  Momonia  colle  sei  contee  di  Waterford,  Tipperary,  Liìnerick,  Cork, 
Kerry,  Clave. 

4.  Il  Connaught  o  Connaccia  colle  cinque  contee  di  Gahoay^  Roscommon,  i!/ayo,  Sligo, 
Leitrim. 

g  7.  —  Scandinavia. 

Nella  Scandinavia  è  rotta  l'unione  di  Calmar;  Svezia  e  Dan^narca  contendono, 
finché  questa  prevale  (1520).  Ma  la  Svezia  si  sottrae  (1523),  Gustavo  Wasa  l'alza  assai, 
e  ancor  più  Gustavo  Adolfo:  nella  pace  di  Bromsebro  (16iS)  toglie  alla  Danimarca  le 
Provincie  al  sud  della  Scandinavia  e  le  isole  Gotland  ed  Oesel;  in  quella  di  Westfalia 
(1648)  molto  dilatasi  verso  Germania,  acquistando  la  Pomerania  Citeriore  da  Stral- 
sunda  all'Oder,  e  parte  della  Ulteriore;  l'aspettativa  di  tutta  la  Pomerania  quando  si 
estinguesse  la  casa  di  Brandeburg-,  l'isola  di  Rugen  come  principato  ;  ad  occidente,  la 
città  e  il  porto  di  ìVismar,  coi  due  baliaggi  meklemburghesi  di  Poi  e  Neukloster  ;  l'ar- 
civescovado di  Brema  e  il  vescovado  di  Werden  come  principati.  Anche  verso  la  Russia 
erasi  dilatata  conquistando  di  là  dal  golfo  di  Finlandia,  dove  occupava  la  Carelia  e 
ì'Ingria,  resele  dalla  Russia  nella  pace  di  Stolbova  (1617).  Nel  1656  avea  tolto  ai  Po- 
lacchi V Estonia  e  la  Livonia. 

Cosi  essa,  come  la  Danimarca  per  VHolstein  che  possedeva  fio  dal  1459  e  che  le  fu 
reso  nel  1640,  venivano  a  far  parte  della  confederazione  Germanica, 

g  8.  —  Russia. 

La  Russia  contrasta  con  Tartari,  Polacchi  e  Svedesi;  umilia  i  primi  riunendo  Kasan 
(lbS2)  e  conquistando  Astrakan  (1.'5o4);  disputa  la  Livonia  e  VEstonia  alla  Polonia, 
Vlngria  e  la  Carelia  alla  Svezia:  ma  dovendo  rinunziar  queste  nelle  paci  di  Kiwerowa- 
Horka  (1580)  e  Stolbova  (1617),  perde  la  comunicazione  col  Baltico.  Di  rimpatto  stendesi 
al  nord,  scoprendo  il  mar  Bianco  nel  ISSo,  e  stabilendovi  un  porto:  la  Siberia,  pro- 
vincia grande  quanto  l'Europa,  le  è  data  da  un  capo  di  Cosacchi:  poi  ingrandisce  a 
spese  della  Polonia,  cui  toglie  Smoìensko,  Cernicofy  Novogrodek. 

La  Russia  compreadeva,  ad  occidente  del  mar  Bianco,  bi  Lapponia  divisa  in  Mure- 
manskoi  all'ovest,  Terskoi  all'est,  Mureskoi  al  sud;  ad  oriente  di  esso  mare.  Divina 
capitale  ^r/ia?ì5fe?,  Condora  all'est,  lvhorf;ki  al  nord,  Peciora  a\  nord-est,  Permski  al 
sud-est.  Di  là  da  queste  comincia  la  Siberia.  Al  sud  del  Bianco  e  attorno  al  lago  Onega, 
Cor^apo/,  cioè  la  Carelia  moscovita  ;  Wologda  a\  sud;  Bielozera,  Novogorod,  Pleskof 
all'est  dell' Ingria  e  della  Livonia,  ancora  spettanti  alla  Svezia.  Nel  centro,  Jaroslaf, 
Bostof,  Tver,  Biella,  Worotinsk,  fin  alla  piccola  Tartaria;  Suzdal  al  sud  est  di  Wo- 
logda; Mosca,  Biasan,  VUcrania;  Wladimir  e  Nijni-I\'ovogorod  M'est  del  Suzdal  ;  i 
Cermissi  suWe  due  rive  del  Volga;  Viatka  e  Casan  all'est;  i  Morduali  idolatri  nelle 
foreste  all'est  del  Don;  il  Fole  o  deserti  all'occidente;  i  Vachini  e  il  regno  d'Astrakan 
sul  Volga  al  sud-est. 


280  GEOGRAFIA  —  EPOCA   UKCIMAQUÌNTA 


§  9.   —  Turchia. 

Sotto  Solimano  I,  l'impero  ottomano  tocca  il  colmo  di  sua  grandezza.  Lemno  fu  toKa 
ai  Veneziani  nel  1479.  Selim  1  nel  1514  toglie  a  Ismael  Soli  parte  dell'Armenia  e  del 
Diarbekir,  nel  1516  la  Siria  ai  mamelucchi  Borgiti ,  di  cui  l'anno  appresso  distrugge 
l'impero  in  Egitto,  e  sottomette  gli  sceichi  della  Mecca  e  Medina.  Solimano  conquista 
Badi,  fa  tributario  il  princi|)e  georgiano  dell' Imerezia,  e  stende  i  confini  verso  la  Persia 
sin  al  golfo  Persico  e  alle  montagne  del  Curdistan  (1555-36);  spiega  la  bandiera  otto- 
mana sul  golfo  Arabico  e  i  mari  dell'india,  e  conquista  il  regno  d'Yemen  (1538). 

Allora  l'impero  di  Solimano  toccava  al  nord  il  mar  di  Marmara,  il  Caradergbiz,  il 
Caucaso  occidentale-,  ad  oriente  il  Caucaso  centrale,  il  lago  di  Van,  i  monti  del  Curdi- 
stan, e  il  Tigri  che  lo  dividea  dall'impero  dei  Sofi,  la  parte  orientale  della  penisola 
arabica  rimasta  indipendente  sotto  varj  sceichi;  al  mezzodì  il  mare  d'Oman,  il  Bar- 
Kolzum,  il  Mediterraneo  ;  ad  occidente  l'Ac-Denghiz  e  le  isole  asiatiche  di  questo  mare. 

V'erano  comprese  (oltre  il  regno  georgiano  A' Imerezia  che  ne  riconoscea  la  sovranità 
pagando  annualmente  quaranta  garzoni  e  altrettante  fanciulle)  le  possessioni  proprie  di 
Solimano,  ch'egli  divise  in  quattordici  ejaleti  o  principati,  suddivisi  in  liva  e  sangiacati, 
e  governati  i  primi  da  bascià  da  tre  code,  gli  altri  da  mirmirani  o  bascià  da  due  code: 

1.  L'Arcijjelago  che  comprendea  tutte  le  isole  di  questo  mare.  2.  L'Anatolia,  capitale 
Kutaieh.  3.  La  Caramania,  capitale  Konieh,  dove  Selim  avea  fabbricato  un  tempio  sul 
modello  di  Santa  Sofia.  4.  Rum,  o  Siva  o  Amasia,  capitale  Siva.  5.  Trebisonda.  6.  Diar= 
bekir.  7.  ]'an.  8.  Haleb.  9.  Damasco.  10.  Bagdad.  11.  Mossul.  12.  Bosra;  ciascuna 
colla  capitale  del  nome  stesso,  13.  La  Mecca  e  Medina.  14.  V  Yemen  e  Aden  aveano 
qualche  modo  d'indipendenza,  governati,  l'Yemen  da  principi  nazionali,  la  Mecca  e 
Medina  da'  sceichi  che  riconosceano  solo  l'alta  protezione  del  sultano. 

In  Europa  furono  successivamente  conquistati  all'Impero  ottomano  il  ducato  à' Atene 
(1456),  la  despotia  di  Morea  (1457),  la  Servia  (1458)  i  possedimenti  dei  Genovesi  nel- 
l'antico Impero  orientale  (1462-76),  la  Bosnia  (1463),  VAlbatiìa  (14^66),  la  cui  capitale 
Croja  fu  un  pezzo  disputata  da  Scanderbeg  (1478),  la  Croazia  (I486),  i  possedimenti 
veneziani  dell' Arcipelago  e  della  Morea  (1 470-1 540),  la  il7oWat;m(l  530),  Cam/m  (1 644-68): 
ritolta  .'l:o/ ai  Cosacchi  (1642).  Più  volte  i  Turchi  invasero  l'Ungheria,  staccandone 
Belgrado  il  1521,  Buda  e  molti  cantoni  orientali  dieci  anni  dopo:  onde  l'impero  restò 
dilatato  dal  mar  Nero  all'Adriatico,  dal  Pruth  al  Mediterraneo. 

.  Sotto  Solimano  i  possessi  ottomani  in  Europa  formavano  quattro  governi,  suddivisi  io 
sangiacati:  cioè  il  Buinili,  V Arcipelago,  Ofen  o  Buda,  Temeswar.  Sullo  scorcio  del 
secolo  \vi  crebbero  a  otto,  aggiunti  quei  di  Bosnia,  Semendria,  Gaffa,  Candia;  oltre  i 
(jualtro  paesi  tributar]  di  TransUvania,  Vulachia,  Moldavia,  Bagusi. 

§  10.    -  L'Asia. 

Nel  resto  dell'Asia,  Ismael  Sofi  si  rivoltò  contro  i  Turcomani  del  Monlon  bianco,  e  a 
capo  de' settari  d'Ali  prese  il  titolo  di  scià  nello  Scirvan,  poi  conquistate  le  provinole 
della  Persia,  del  Corassan  e  del  Carism,  fondò  la  dinastia  dei  Sofi  di  Persia 
(1499-1510). 

I  discendenti  di  Timur  si  osteggiano  tra  loro ,  finché  Sciaibek  kan  degli  Usbeki  ne 
sottomette  molti;  poi  è  vinto  da  Ismael  Sofi,  e  non  restano  che  i  kanati  usbeki  di  Bu- 
kara,  Badakcian,  Candahar  e  del  Carism. 

Mentre  i  Timuridi  soccombono  altrove,  un  d'essi  Babur-Zebir-Eddin  Mohammed,  cac- 
ciato dall'avito  regno  di  Fergana,  conquista  i  kanati  di  Cabul  e  Candaar,  unisce  l'impero 
afgano  di  Delhi,  e  fonda  quello  del  Gran  Mogol  (1505-30). 

Questo  estendcvasi  al  nord  fino  all'Imalaya,  che  lo  divideva  dai  regni  di  Cascemir, 
Tibet,  Nepal,  Bengala;  all'est  al  Bogmotti  e  alla  Sobenrica,  che  lo  separava  dal  Bengala; 
al  sud  aveva  i  Mehenedi  e  i  monti  Ganduana,  che  lo  separavano  dai  regni  di  Orissa, 
Berar,  Ahmednagar  e  il  mare  d'Oman;  il  Mekran,  che  io  spartiva  dall'impero  dei  Sofi. 


Asu  281 

Città  principali:  Agra^  capitale  degli  ultimi  principi  afgani;  h'anm,  Lahor  sede  del 
governo  sotto  i  due  primi  mongoli,  che  la  ornarono;  Cabul  residenza  di  Babur  per 
alcun  tempo;  Tatta,  fondata  il  1485  da  Gihan-Mundel  sul  posto  dell'antica  Pattala,  e 
fiorente  per  commercio  e  manifatture. 

Sulle  rovine  dell'impero  dei  Bamani  ergonsi  cinque  regni  musulmani  di  Begiapur, 
Ahmednagar,  Gokonda,  Berar,  Bider.  L'impero  indiano  di  Bisnagar  aumenta  sovra  i 
principi  della  costa  di  Malabar,  di  cui  primarj  erano  quelli  di  Travancor,  Cochìn,  Curgo, 
il  zamorino  di  Calicat.  Indipendenti  conservaronsi  i  regni  mongoli  di  Cascemir,  Nepal 
e  Bengala. 

Abbas  il  Grande,  settimo  dei  Sofì,  riconquistò  il  Mazanderan  e  il  Corassan  invasi  dagli 
Usbeki  (1397),  ritolse  agli  ottomani  le  conquiste  fatte  sull'impero  suo,  e  Bagdad  (162S); 
e  la  pace  del  1638  assegnò  ai  due  imperi  i  limiti  che  tuttora  conservano.  Ispahan  fu  da 
Abbas  cresciuta  e  resa  capitale  (lo90},  con  una  mura  di  12  leghe  di  circuito,  e  mezzo 
milione  d'abitanti. 

Vlmpero  cinese  sotto  gli  ultimi  imperatori  Ming  era  dalla  Gran  muraglia  al  nord 
separato  dai  regni  dei  Manciiì,  dei  Calmuki,  del  Carail  e  del  Cotan;  all'occidente  l'ima- 
laya  lo  divideva  dal  Gran  Mogol,  e  al  sud  dal  Nepal  e  dai  regni  di  Assam,  Mian,  Laos, 
Cocincina:  all'est  aveva  il  Tuug  hai  e  Hoang  hai.  V'appartenevano  la  Cina  propria  in 
quindici  provincie,  i  regni  vassalli  di  Tiao-Tibet  e  Ugan-nan,  e  le  isole  di  Lieu-ming. 
Ma  era  fiacco  per  discordie  interne  e  per  gli  attacchi  incessanti  dei  Manciù. 

La  Corea  è  tributaria.  11  Giappone  non  cangiò. 


EPOCA     XVI 

DAL  1648  AL  1700  D.  e. 


La  pace  di  Westfalia  (1648)  diede  nuovo  assetto  all'Europa,  che  si  trovò  divisa  in 
ventidue  Stati  principali. 

§  1.  —  Germania. 

Nella  Gran  Bretagna  nulla  si  cambiò.  La  lunga  guerra,  e  la  pace  che  la  chiuse, 
molti  cambiamenti  recarono  alla  Germania.  I  circoli  dell'Impero  erano  ridotti  a  nove, 
dopo  l'emancipazione  dei  Paesi  Bassi. 

I.  Circolo  deW Austria.  1  dominj  austriaci  nel  1648  erano  divisi  fra  il  ramo  del  Tiralo 
e  quello  di  Stiria.  Questo,  che  occupava  pure  il  trono  imperiale,  oltre  l'Austria,  la 
Stiria,  la  Carintia,  la  Carniola,  l'Istria  e  il  vescovado  di  Salisburgo,  possedeva:  1.  il 
regno  di  Boemia  colla  Moravia  e  la  Slesia.  UAlta  e  Bassa  Lusazia  erano  state  cedute 
all'elettor  di  Sassonia;  2,  il  regno  d'Ungheria,  coWIlliria,  la  Croazia,  e  parte  della 
Dalmazia.  Ma  porzione  dell'Ungheria  restava  ai  Turchi;  il  resto  era  mal  sottoposto;  la 
Transilvania  n'era  stata  staccata  (1622)  pef  darla  a  Betlilen-Gabor  in  principato  eredi- 
tario, confermato  a  Giorgio  Ragotzki  (1648). 

La  casa  del  Tirolo  possedea  la  contea  del  Tirolo  coWe  fortezze  di  Kuffstein,  il  baliaggio 
di  ilioMsee,  molte  signorie  nell'Alta  Austria,  le  contee  di  Neuburg  sull'lnn,  il  marchesato 
di  Rurgau,  la  contea  di  Kirchberg,  piìi  signorie  in  Svevia,  l'avocheria  delle  chiese  di 
Salzburg  e  Passau.  L'Alsazia  le  fu  tolta  dalla  pace  di  Westfalia,  la  quale  rese  alla  Casa 
imperiale  i  contadi  di  Hauenstein,  la  Foresta  nera,  il  Brisgau,  l'Órtenau,  le  Città  foreste, 
vale  a  dire  le  quattro  della  Svevia  austriaca  sul  Reno,  Waldshutt,  Seckingen,  Lauffen- 
burg,  Rhinfeld. 

Il  matrimonio  dell'arciduchessa  Claudia  coll'imperatore  Leopoldo  (1673)  riuni  i  due 
rami. 

II.  Circolo  di  Baviera.  I  duchi  di  Baviera  della  linea  Lodovica  di  Wittelsbach  non 
poterono  conseguire  intera  l'eredità  dei  ramo  di  Landshut;  ma  altri  acquisti  fecero,  di 
cui  i  più  importanti  sono  VAlto  Palatinato  (1621;  e  il  landgraviato  di  Leuchtenberg 
(1646).  Ebbero  alcun  tempo  anche  il  Basso  Palatinato,  ma  nella  pace  fu  ritolto,  for- 
mandone un  ottavo  elettorato. 

III.  Circolo  di  Svevia.  Massimiliano  I  eresse  in  ducato  la  contea  di  Wiirtenberg  (149S)  ; 
Carlo  V  la  confiscò  e  riunì  ai  possessi  austriaci  (1519);  poi  la  pace  di  Westfalia  con- 
fermò quel  ducato  immediato,  e  ripristinò  i  diritti  della  casa  di  Wiirtenberg.  Crebbe 
questa  collo  smembrare  altre  delle  molte  piccole  signorie  di  Svevia. 

I  dominj  della  casa  di  Baden  formavano  due  Stati:  VAllo  margraviato,  appartenente 
al  ramo  Baden-Baden  ;  e  il  Basso  margraviato  della  ca  a  Baden-Durlacb. 

IV.  Del  circolo  di  Franconia  i  due  Slati  più  rilevanti  erano  i  margraviati  di  Anspach 
e  di  Baireuth  della  casa  cadetta  di  Brandeburgo. 

V.  Nel  circolo  del  Basso  Reno  teneva  i  principali  possedimenti  la  casa  Palatina  :  aveano 
conservato  la  religione  e  i  conlini  antichi  i  tre  elettorati  ecclesiastici  di  Colonia,  Ma- 
gonza,  Treveri.  Colonia  sottrattasi  alla  secolarizzazione  nel  1582  unicamente  per  le  pre- 
mure della  Baviera ,  ne  attestò  la  riconoscenza  col  chiamar  sempre  a  quella  sede  un 
principe  di  essa  casa. 

VI.  Nel  circolo  deWAlto  Reno  si  trovano  i  dominj  dei  rami  di  Simmern  e  Due-Ponti; 
la  casa  langravialed'Jssta,  e  quelle  di  Nassau  e  dì  Hanau  ;  i  vescovadi  di  Spira,  Worms, 
Strasburgo,  Fulda;  la  città  di  Franco  forte. 


PRUS»U  E  nRANDEBURGO  283 

VII;  Nel  circolo  dì  Westfalia  erano  i  dominj  di  Nassau-Sicgen  e  Nassau-Dillenburg . 
Il  possesso  della  sede  episcopale  di  Osnahruck  fu  stabilito  si  alternasse  fra  Cattolici  e 
Protestanti,  l  vescovadi  di  Muii'ilcrn,  Paderborn,  Liegi  si  sottrassero  alla  secolarizzazione 
pronunziata  contro  Minden  e  Werdcn. 

Vili.  Nel  circolo  della  Bassa  Sassonia,  VHohlein  apparteneva  per  metà  alla  casa  re- 
gnante di  Danimarca-,  il  resto  era  della  linea  IIolstein-Gottorp  e  di  varj  altri  rami.  Al 
sud-est  deirilolstein  era  la  contea  di  Sassonia  -  Laucnhur  g ,  la  cui  linea  fini  nel  1689; 
all'est  il  Mekleinburg,  diviso  in  ducati  di  Schwerin  e  di  Gusiroìi:  ;  al  sud-est  del  Mek- 
leinburg,  il  Brunsicick,  dominato  dall'unica  linea  superstite  di  Luneburg,  cioè  la  casa 
Zeli,  suddivisa  pure  ne' due  rami  da  cui  vennero  le  case  di  Brunswick  e  Hannover. 
Nella  pace  di  Westfalia  perdette  i  tanti  vescovadi  cui  soleva  porre  i  proprj  figli,  non 
restandole  che  ad  alternare  con  un  cattolico  nel  vescovado  d'Osnabriick. 

Sole  dell'antica  lega  Anseatica  restavano  libere  Brema,  Amburgo,  Lubeka. 

IX.  Nel  circolo  dell'Alta  Sassonia  primo  posto  aveano  le  case  di  Brandeburg  e  di 
Sassonia  5  poi  quella  di  Anhalt;  e  inferiori  quelle  di  Mansfeld,  Reuss,  Scwartzburg,  ecc. 
La  casa  di  Brandeburg  s'ingrossava,  mentre  suddividevansi  quelle  di  Anhalt  e  di  Sas- 
sonia. In  Sassonia  la  linea  Albertina  elettorale  acquistò  VAlta  e  Bassa  Lusazia,  e  quattro 
baliaggi  dell'arcivescovado  di  Magdeburg:  la  linea  Ernestina  si  sminuzzò. 

Di  quel  tempo  in  Germania  contavansi  fin  trecento  principi  sovrani. 

§  2.  —  Prussia  e  Brandeburgo, 

Il  granmaestro  Alberto  di  Brandeburg  secolarizzò  la  Prussia  (152b};  onde  l'ordine 
Teutonico  si  trasferi  in  Franconia,  fissando  la  sede  del  suo  dominio  a  Mergentheim  0 
Marienthal  sulla  Tauber.  La  Prussia  eretta  in  ducato  sotto  la  sovranità  della  Polonia,  e 
cresciuta  col  ducato  di  Crossen  cedutole  dalla  Boemia  il  1348,  all'estinguersi  dei  di- 
scendenti di  Alberto  (16I8j  passò  alla  casa  elettorale  di  Brandeburg.  Questa  nella  succes- 
sione di  Juliers  (1609)  avea  ottenuto  il  ducato  di  Cleves ,  le  contee  di  Mark  e  Ravens- 
berg,  mentre  Juliers,  Berg  e  Ravenstein  furono  date  al  conte  Palatino  di  Neuburgo  ; 
inoltre  raccolse  (1637)  i  due  ducati  pomerani  di  Stettin  e  Volgasi.  Tanto  cresciuta, 
prese  posto  tra  le  primarie  potenze. 

In  tre  circoli  era  divisa:  di  Samland  a.\  nord;  di  Matangia  al  sud  5  di  Oggerland 
all'ovest. 

La  pace  di  Westfalia  staccò  dal  Brandeburgo  la  Pomerania  Citeriore,  attribuendola 
agli  Svedesi;  ma  in  co)npenso  le  assegnò  i  vescovadi  di  Halberstadt  e  di  Minden,  e 
l'aspettativa  dell'arcivescovado  di  Magdeburg. 

A  cagione  della  Prussia,  su  cui  la  Polonia  e  la  Svezia  aveano  rinunziato  ogni  pre- 
tendenza,  il  ducato  di  Brandeburgo  formava  uno  Stato  indipendente  e  sovrano;  i  pos- 
sessi suoi  sul  Baltico  e  sul  Reno  l'implicavano  nelle  rivoluzioni  del  nord  e  del  sud 
d'Europa,  dove  esercitando  l'influenza,  poteva  andar  crescendo.  Per  lo  che  Federico  III 
potè  far  riconoscere  la  dignità  regia  da  lui  assunta,  colla  quale  si  pose  capo  del  partito 
protestante  in  Germania.  Alla  fine  della  guerra  di  religione,  in  iscambio  del  principato 
à" Grange  acquistò  V Alta  Gueldria,  che  arrotondava  le  sue  provincie  renane  di  Cleves, 
Mark,  Ravensberg;  il  paese  di  Kessel,  e  il  baliaggio  di  Krieckenberg,  oltre  la  sovranità 
di  ^eufchàtel  e  Vallengin,  ereditata  alla  morte  della  duchessa  Longueville  di  Nemours 
nel  1707. 

§  3.   —  Francia. 

Colla  pace  de' Pirenei  (I6b9)  la  Spagna  cedeva  alla  Francia:  a.  quasi  tutto  il  con- 
tado d'Artois,  b.  molte  città  nella  contea  di  Fiandra,  e.  molti  possessi  in  quella  di  Hai- 
nault,  d.  altri  nel  ducato  di  Luxenburg,  e.  Marienburg  e  Pbilippeville  tra  la  Sambra  e 
la  Mosa,  f.  la  contea  di  Rossiglione  e  Conflans:  e  in  compenso  riceveva  altre  città  e 
terre,  massime  la  contea  di  Charolais.  Nella  pace  d'Aquisgrana  (1668)  Luigi  XIV,  resti- 
tuendo le  grandi  conquiste  che  avea  fatte  nella  Franca  Contea  e  nei  Paesi  Bassi,  con- 


284  GEOGRAFIA   —   EPOCA   DECIMASESTA 

servò  alcune  terre.  Altre  variazioni  si  fecero  ne' trattati  di  Nimega  (1678-79)  e  di 
Hyswick.  (1697),  che  infine  ritolsero  alla  Francia  quasi  tutti  gli  acquisti  nuovi,  salvo 
Strasburg  e  sue  dipendenze  sulla  sinistra  del  Reno. 

Malgrado  le  sventure  degli  ultimi  anni  del  gran  re,  al  morir  suo  (1715)  la  Francia 
conservava  quasi  i  confini  assegnatile  dalla  pace  di  Ryswick  ;  cioè  al  nord-ovest  la 
Manica  e  il  Passo  di  Calais;  al  nord-est  i  Paesi  Bassi  spagnuoli,  ove  il  trattato  della 
Barriera  (1715)  diede  all'Olanda  le  città  di  Namur,  Tournai ,  Menin,  Ypres ,  Werwick, 
Warneton,  Comines,  Knocke  per  tenervi  guarnigione.  Da  quel  lato  confinava  la  Francia 
anche  il  ducato  di  Lorena^  in  cui  però  essa  possedeva  i  tre  vescovadi,  e  le  città  di  Sar- 
reburg,  Sarrelouis,  Longwy.  All'est  il  Reno  dal  confiuente  della  Lauter  sin  a  Uninga, 
il  Giura,  il  Rodano  dal  suo  uscire  dal  Lemano  sin  al  gomito  che  fa  al  sud  di  Belley,  le 
Alpi  e  il  Varo  ;  al  sud  il  Mediterraneo  e  i  Pirenei;  all'ovest  l'Atlantico.  Più  non  resta- 
vano a' forestieri  che  la  Lorena,  il  contado  Tenesmo  e  il  principato  di  Dombes,  colla 
contea  di  Eu.  All'unità  di  territorio  s'aggiungeva  quella  d'amministrazione,  di  finanze, 
di  militare,  d'ecclesiastico. 

Tutto  il  territorio  divideasi  in  trenta  governi  :  Fiandra  (Lille) ,  Picardia  (Amiens), 
Normandia  (Rouen),  Bretagna  (Rennes),  Poitou  (Poitiers),  Aunis  (La  Rochelle),  la 
Saintonge  (Saintes),  la  Gayenne  (Bordeaux),  il  Bearn  (Pau),  il  contado  di  Foix,  il  Ros- 
siglione (Perpignano),  la  Linguadoca  (Tolosa),  la  Provenza  (Aix),  il  Delfinato  (Grenoble), 
il  Lionese  (Lyon),  la  Franca  Contea  (Besan(;on),  Y Alsazia  (Strasburgo),  la  Champagne 
(Troyes),  Vlsola  di  Francia  (Parigi),  il  Maine  (Mans),  VAnjou  (Angers),  la  Touraine 
(Tours),  la  Marche  (Guéret),  il  Limosino  (Limpges),  VAuvergne  (Clermont),  il  Borbonese 
(Moulins),  la  Z/or^o^na  (Dijon),  il  Xivernese  (Nevers),  VOrleanese  (Orléans),  il  Bemj 
(Bourges). 

V'aveva  inoltre  sei  governi  particolari  di  città,  cioè  quei  di  Parigi,  Dunkerque,  Le 
llavre,  Sauraur,  Toul,  Metz,  Verdun.    ,*, 

Eranvi  12  parlamenti,  12  corti  de'  conti,  e  12  corti  de'  sussidj.  1  Parlamenti  sedevano 
a  Parigi,  Rouen,  Rennes,  Bordeaux,  Pau,  Tolosa,  Aix,  Grenoble,  Besanron,  Dijon,Metz, 
Cambrai.  Le  Corti  de'  conti  a  Parigi,  Rouen,  Nantes,  Pau,  Montpellier,  Aix,  Grenoble, 
Dòle,  Dijon,  Aire,  Lille,  Blois.  Le  Corti  de'sussidj  a  Parigi,  Rouen,  Rennes,  Bordeaux, 
Pau,  Montauban,  Montpellier,  Aix,  Grenoble,  Clermont,  Dijon,  Metz. 

Sedici  università  erano  a  Aix,  Angers,  Bordeaux,  Besanron,  Bourges,  Caen,  Cabors, 
Douai,  Montpellier,  Nantes,  Orléans,  Parigi,  Poitiers,  Reims,  Tolosa,  Valenza;  oltre 
quelle  di  Lovanio  e  Avignone. 

Secondo  la  geografia  di  Dangcau,  stampata  il  1677,  la  Francia  aveva  18  arcivescovadi, 
Aix,  Arles,  Alby,  Auch,  Besanron,  Bourges,  Bordeaux,  Cambrai,  Embrun,  Lyon,  Nar- 
bonne,  Parigi,  Rouen,  Reims,  Sens,  Tolosa,  Tours,  Vienne;  112  vescovadi,  50  princi- 
pati, 100  ducati,  12  governi  di  provincia,  12  giurisdizioni  che  comprendeano  almeno 
100  presidiali;  150  principali  baliaggi,  900  prevostati,  viscontati,  avogadrie  o  altre  giu- 
stizie reali. 

11  clero  aveva  140  deputati,  la  nobiltà  132,  il  terzo  stato  192 
Nell'ecclesiastico  si  numeravano  40,000  curati,  30,000  vicarj,  16,000  canonici,  13,000 
cantori,  6000  fanciulli  da  coro,  15,000  ca|)pellani,  20,000  Benedettini,  10,000  Bernar- 
dini, altrettanti  Carmelitani,  40,000  altri  monaci  con  rendite,  20,000  Cappuccini,  12,000 
altri  frali  mendicanti,  1500  eremiti,  80,000  monache. 

Contavansi  4000  famiglie  nobili  antiche,  e  46,000  meno  antiche,  che  a  cinque  per 
casa  darebbero  250,000  nobili;  50,000  uffiziali  di  giustizia,  100,000  finanzieri,  200,000 
mercanti,  600,000  albergatori  o  taverna],  3  milioni  d'artigiani,  operaj,  garzoni,  1  mi- 
lione di  agricoltori  proprietarj,  2  milioni  d'agricoltori  non  proprietarj,  1,500,000  servi- 
tori, 2  milioni  di  mendicanti  o  poveri. 
Si  raccoglievano  59  milioni  di  staja  di  grani,  36  milioni  di  botti  di  vino  (muids). 
Stimavasi  la  rendita  del  clero  a  300  milioni  di  lire;  agli  uffiziali  di  giustizia,  magi- 
strati, impiegati  dello  Stato  andavano  40  milioni  in  onorarj;  10  milioni  ad  avvocati, 
procuratori,  nota],  pratici;  ai  servitori  30,000,000;  ai  negozianti  un  guadagno  di  40 
milioni  ;  agli  artigiani  un'entrata  di  500  milioni  ;  ai  proprietarj,  agricoltori  e  fittajuoli 
1200  milioni. 


SETTENTRIONE  28L 


Settentrione, 


La  Svezia,  per  la  pace  di  Westfalia  rimasta  prevalente  nel  Nord,  crebbe  ancora  di 
possessi  nella  pace  d'Oliva  del  1660,  per  cui  la  Polonia  le  cedette  \'Esto7iia  e  la  Livonia 
settentrionale  (in  alla  Duna;  e  nel  trattato  di  Copenaghen  dell'anno  stesso  ebbe  dalla 
Danimarca  le  Provincie  di  Bahus,  Scania^  Bleking,  Halland. 

Da  quella  grandezza  artifiziale  presto  cade,  ed  ha  bisogno  del  sostegno  della  Francia. 
Risorge  sotto  Carlo  XII,  ma  a'ia  sua  morte  s'affretta  a  cercar  pace  ad  ogni  costo.  Per- 
tanto col  trattato  di  Stockolm  (1719)  cede  all'Hannover  i  paesi  di  Brema  e  Werclen ; 
alla  Prussia  abbandona  Steltin  col  distretto  fra  l'Oder  e  la  Peene,  le  isole  di  TT"o//m  e 
Usedon,  le  imboccature  della  Swiene  e  del  Dievenow,  il  Frisch-haff  in  fondo  al  golfo  di 
Danzica,  e  l'Oder  fin  dove  sbocca  nella  Peene,  e  di  là  da  esso  le  città  di  Damm  e 
Golnau. 

La  Danimarca  s'arricchì  delle  spoglie  della  Svezia  in  Germania,  ma  nella  pace 
dovette  abbandonarle,  ricevendo  invece  i  paesi  che  al  duca  d'Holstein-Gottorp  erano 
stati  confiscati  perchè  alleato  alla  Svezia;  presto  però  l'imperatore  lo  fece  rinlegrare 
nella  parte  che  dipendeva  dall'Impero. 

La  Russia^  col  trattato  di  Nystadt  (1720)  acquistava  la  Livonia  svedese,  VEstonia, 
Vlngria,  con  parte  della  Carelia  e  col  distretto  di  Wiborg;  le  isole  di  Oesel,  di  DagUo, 
di  Moen  e  le  vicine  :  col  che  restavale  riaperto  il  Baltico. 

Alla  Polonia  era  stato  nel  IbOl  incorporato  il  granducato  di  Lituania;  poi  vi  si 
aggiunsero  1.  la  Prussia  occidentale,  cioè  le  città  e  territorio  di  Culm,  Marienburg,  El- 
bing,  Thorn,  Danzica  e  della  Pomerelia  ;  2.  le  provincie  di  Smolensko  e  di  Cernicof,  tolte 
ai  Russi,  e  cedute  coi  trattati  di  Diwilina  (1618)  e  Viazma  (1634);  5.  VUkrania,^  il 
paese  occupato  dai  Cosacchi  di  là  dal  Dnieper  (1576).  Abbandonava  però  alla  Svezia  la 
Livonia  ed  Estonia  (1635). 

Divideasi  in  tre  provincie  e  principati  : 

a.  \di  piccola  Polonia  al  sud  con  10  palatinati  o  waivodie,  di  Cracovia,  Sandomir, 
Lublino,  Chelin,  Beh,  Lemberg,  Lucko  o  Volinia,  Cernicof,  Breslaf,  Caminieczo  Podolia. 

b.  la  grande  Polonia  con  li  palatinati,  di  Posen,  Kalicz,  Gnesne,  Sieradz,  Lenezyga, 
Brzesc-Cujazcski  o  Cujavia,  Inowroczlaf  o  Wladislaf,  Ploke^  Bava,  Masovia,  Podlachia, 
Pomerelia,  Marienburg,  Culm. 

e.  La  Lituania  con  11  palatinati,  ài  Samogizia,  Vilna,  Troki,  Novogrodeck,  Brzesc- 
Litewski,  Minsk,  Mstislaf,  Witebsk,  Polutsk,  Livonia,  Smolensko. 

Dipendea  dalla  Polonia  come  feudo  ereditario  il  ducato  di  Curlandia  e  Semigallia, 
riservato  da  Gotardo  Kettler  granmaestro  dei  Portaspada,  allorché  cedette  la  Livonia  a 
Sigismondo-Augusto  re  di  Polonia  (1561),  e  che  l'Ordine  fu  soppresso,  al  pari  dell'ar- 
civescovado di  Riga,  e  suoi  vescovadi  di  Dòrp,  Pilten,  Revel. 

Venula  in  guerra  colla  Russia  per  occasione  della  Svezia,  la  Polonia  sofferse  molte 
perdite,  confermate  dalla  tregua  d'Andrussof  (1667);  per  la  quale  i  Cosacchi  di  qua  dal 
Dnieper  restarono  alla  Polonia;  in  dominazione  comune  colla  Russia  i  Cosacchi  Zapo- 
roghi,  collocali  verso  la  foce  di  quel  fiume. 

La  pace  di  Mosca  (1672)  confermò  quella  tregua;  e  la  Polonia  cedette  alla  Russia 
Smolensko,  Bialla,  Dorogohoj,  Cernicof,  Starodub,  Novgorod,  Severskoi  e  tutta  la  Pic- 
cola Russia,  cioè  il  paese  sulla  sinistra  del  Dnieper,  oltre  /uo/' sulla  destra  ;  e  i  Cosacchi 
Zaporoghi  furono  abbandonati  alla  Russia. 

La  Russia  crebbe  rapidamente,  sottomettendo  i  principati  e  le  repubbliche  di  ?\ov- 
gorod  e  Pskof:  riconobbe  il  mar  Bianco,  e  unì  i  paesi  tra  gli  Urali  e  la  Finlandia.  Nel 
1648  l'impero  stendeasi  dall'oceano  Glaciale  al  Caspio,  e  confinava  al  sud  col  kanato  di 
Crimea  e  l'impero  Ottomano  che  gli  chiudeva  il  mar  Nero;  ad  occidente  avea  perduto 
le  coste  del  Baltico;  ad  oriente  acquistò  la  Siberia. 

Così  formava  otto  governi,  due  al  nord,  sei  al  sud:  a.  il  governo  à'Arkangel,  che 
comprendeva  nella  parte  occidentale  le  provincie  di  Divina  e  Vaga,  Kolskoi,  Ouslioug, 
Vologda,  Galicz,  e  nell'orientale  la  Juguria  e  la  Peciora  ;  b.  il  governo  di  Novgorod, 
con  7  Provincie  di  Novgorod,  Pskof,  Bielozero,  Olonetz,  Kargapol,  VeUki-Louki,  Tver  ; 


286  GEOGRAFIA   —  ÈPOCA   DECIMASÉSTA 

c.  quello  di  Mosca  in  H  provincie,  di  Mosca,  Uglicz,  Jaroslaf,  Kostroma,  Pereshf-Za- 
levskoi,  Juref-Polskoi,  Suzdal,  Vladimir,  Pereslaf-Iìiazatiskoi,  Tuia,  Ka'.uga;  d.  quello 
di  Kiof,  con  Pultava;  e.  di  Bielgorod  in  4  provìncie,  dì  Bielgorod,  Sevsk,  Orel,  Kourk; 
f.  di  Kasan;  g.  di  Nijni-Noogorod,  in  3  provincie,  di  Nijni-Novgorod,  Arsamas  e  Alatyr; 
h.  di  Astrakan. 

Indicammo  gl'incrementi  che  verso  l'Europa  le  diede  Pietro  czar.  Colla  Turchia  nel 
1700  stipulò  di  restituire  le  città  conquistate  sulle  rive  del  Dnieper,  ma  demolite-,  e  di 
conservare  Azof  e  il  suo  territorio,  col  che  fu  aperto  alla  Russia  il  mar  Nero,  come  già 
il  Baltico:  ma  noi  potè  conservare.  In  quella  vece  crebbe  verso  il  Caspio,  quando  la 
Persia  fu  costretta  cederle  le  città  di  Derbeni  e  Bakù,  colle  loro  dipendenze  lungo  quel 
mare,  e  le  provincie  di  Ghilan,  Mazanderan,  Asterabad  che  lo  costeggiano  al  sud. 

Dei  paesi  settentrionali  possiam  dunque  segnare  così  i  limili: 

La  Danimarca  comprendeva  la  penisola  danese  fin  ai  confini  dell'Holstein  -,  Jever,  e  il 
contado  à'Oldenburg  a  occidente  dei  doniinj  d'Hannover;  Bornholm.,  e  le  isole  com- 
prese fra  le  due  penisole;  la  Norvegia,  che  confinava  all'est  colla  Svezia  e  la  Lapponia 
settentrionale,  per  cui  mezzo  toccava  alla  Lapponia  svedese  e  alla  moscovita  ;  e  le  isole 
Feroe  e  Islanda. 

La  Svezia  avea  ad  ovest  la  Norvegia  ;  al  nord  la  Lapponia  danese  ;  al  nord-est  la  Lap- 
ponia moscovita;  al  sud-est  stendeasi  nella  Finlandia  sin  al  distretto  di  Wiborg.  Inoltre 
serbava  alcuni  resti  dei  possessi  in  Germania,  Wismar,  Stralsund,  la  Pomerania  Ante- 
riore, fin  alla  Pecne  e  all'isola  di  Hugen. 

La  Polonia  al  nord  toccava  il  Baltico,  possedendo  tutta  la  Prussia  reale  dalla  Pome- 
rania alia  Curlandia;  ad  occidente  avea  per  confine  la  Slesia;  al  sud  i  Crapak  la  dìvi- 
deano  dall'Ungheria;  al  sud-est  il  Dnieper  separava  la  Podolia  dai  possessi  ottomani  5 
all'est  il  Dnieper  sej^nava  quasi  pertutto  i  suoi  confini  colla  Kussia. 

Quest'ultima  confinava  a  occidente  colla  Danimarca  e  la  Svezia  nella  Lapponia,  colla 
Svezia  nella  Finlandia  sopra  Wiborg,  colla  Polonia;  al  nord  col  mar  Glaciale;  all'est 
coU'indeterminata  Siberia  e  la  Gran  Tartaria  ;  al  sud  col  Caspio;  e  di  là  dal  Caucaso 
colle  Provincie  cedute  dalla  Persia;  attorno  al  mar  Nero  colle  steppe  de' Tartan,  tribu- 
tar] alla  Porta. 

^  5.  • —  Impero  ottomano. 

I  minacciosi  incrementi  dell'impero  Ottomano  indussero  l'imperatore  di  Germania  a 
prender  le  armi.  Una  prima  guerra  (1664]  poco  fruttò;  in  un'altra  (1683)  gl'Imperiali 
ricuperarono  Buda  e  tutta  la  parte  d'Ungheria  già  soggetta  ai  Turchi;  colla  battaglia 
di  Mohacz  (1687)  tornarono  alla  dominazione  austriaca  la  Transilvania,  la  Schiavonia  ; 
poi  la  pace  di  Carlowitz  (1699)  regolò  le  relazioni  fra  la  Turchia,  l'Impero  e'  suoi  alleali. 
L'Impero  conservò  V  Ungheria,  la  Transilvania,  la  Schiavoiìia,  eccetto  i  banali  di  Te- 
mesivar  e  di  Belgrado  lasciati  alla  Porta,  restando  per  confini  la  Marosc ,  il  Teiss,  la 
Sava  e  l'Unna.  La  Polonia  ricuperò  la  fortezza  di  Kaminiecz,  la  Podolia  e  i  Cosacchi 
deirUkrania.  Venezia  riebbe  la  Morea,  le  isole  A' E g ina,  e  di  Santa  Maura,  e  alquanti 
fòrti  di  Dalmazia,  riconoscendo  però  indipendente  Ragusì.  Alla  Russia  fu  assicurato  Azof, 
che  avea  conquistato  nel  1096. 

Pertanto  al  nord  formavano  confine  alla  Turchia  le  frontiere  di  Russia  e  Polonia; 
verso  l'Ungheria  e  la  Venezia,  la  pace  di  Passarowilz  (1718)  ne  restrinse  il  limile.  La 
Moldavia  e  la  Valachia  conservavano  i  limiti  antecedenti  ;  ma  la  parte  della  Valachia 
sulla  destra  dell'Aiuta,  come  il  banato  di  Temeswar,  restarono  all'Austria,  colle  princi- 
pali fortezze  del  Danubio:  sicché  il  nuovo  confine  era  determiuato  dall'Aluta,  da  dove 
esce  di  Transilvania  fin  dove  sbocca  nel  Danubio;  indi  il  Danubio  fin  al  confluente  del 
Tiraok  sulle  frontiere  della  Servia  ;  poi  da  un  punto  di  questo  fiume  a  IO  miglia  dalla 
foce,  prolungavasi  il  confine  traverso  la  Servia,  in  modo  da  lasciare  all'Ungheria  Bel- 
grado e  le  due  rive  del  Danubio  ;  inoltre  le  fortezze  sulla  Sava,  dalla  Dwina  alI'Unna, 
la  qual  ultima  era  l'antico  limite,  mentre  ora  di  là  da  essa  l'Ungheria  possedeva  diversi 
fòrti  nella  Croazia  turca. 

La  Turchia  di  tante  perdite  non  fu  compensata  che  verso  la  Grecia,  tenendo  la  Morea 


ITALIA  ^  287 

tolta  a  Venezia,  alla  quale  più  non  restavano  che  Cerigo  nell'Arcipelago,  Butrinto, 
Prevesa,  Vonizza  sulle  coste  dell'Albania  ;  e  ne'possessi  illirici  confinava  coll'Erzegovina 
mediante  un  angusto  lembo  di  riva,  segnato  coi  fòrti  d' Imoski,  Tiscovatz,  Sternizza, 
Anìsta.  Venezia  dovè  pur  cedere  varie  piazze ,  cbe  impedivano  alla  Turchia  la  libera 
comunicazione  con  Ragusi. 

Raglisi  serbavasi  indipendente  col  pagar  tributo  alla  Porta,  a  Venezia,  al  |)apa  , 
all'imperatore,  alla  Spagna:  per  timore  di  sorpresa  chiudeva  le  porte  a  quattro  ore  in 
estate,  a  una  e  mezzo  in  inverno  ;  e  di  notte  rinserrava  a  chiave  gli  stranieri. 

§  6.  —  Italia. 

Colia  pace  di  Cateau-Cambresis  (loo9)  era  stato  dato  ordine  all'Italia.  La  Francia  ce- 
dette la  Savoja  ed  il  Piemonte,  compresi  la  Eresse  e  il  Bugey,  ed  eccettuati  Torino, 
Pinerolo,  Cherasco,  Chivasso,  Villanova  d'Asti,  il  marchesato  di  Saluzzo;  poi  nel  trat- 
tato del  1362  non  serbò  che  quest'ultimo,  con  Pinerolo,  Perosa  e  Savigliano,  che  furono 
quindi  nel  1S74  ceduti  da  Enrico  III.  Poi  per  trattato  con  Enrico  IV,  il  duca  ebbe  Sa- 
luzzo, cedendo  la  Eresse,  il  Eugey,  il  Valromey,  e  le  due  rive  del  Rodano  da  Ginevra  a 
Lione,  e  il  baliaggio  di  Gex  (1601).  Nel  1630  la  casa  di  Savoja  si  divide  in  due  rami, 
(lucale  e  di  Carignano.  Le  susseguenti  guerre  civili  danno  alla  Francia  Pinerolo  (1651), 
in  cambio  di  Trino  ed  Alba. 

La  Spagna  possedeva  il  ducato  di  Milano  e  il  regno  delle  Due  Sicilie;  e  li  trattava 
come  conquiste. 

Minacciati  dalla  Spagna,' i  piccoli  principi  attorno  al  Milanese  stringeansi  colla  Francia, 
volenterosa  sempre  di  mescolarsi  alle  loro  querele,  e  che  piìi  d'una  volta  meditò  spartir 
il  Milanese,  massime  colla  Savoja. 

I  Medici  acquistarono  anche  Siena  e  ottennero  il  titolo  di  granduchi  (1369). 

La  Spagna  si  riservò  Porto  Ercole,  Orbitello,  Telamone,  Monte  Argentare,  Porto 
Santo-Stefano,  Porto  Longone  e  Piombino,  chiamati  i  Presidj.  Lucca,  Piombino,  Massa 
e  Carrara  restavano  di  propria  balla. 

Genova,  riordinata  in  libertà  da  Andrea  Doria,  in  quella  pace  recuperò  quanto  i  Fran- 
cesi le  avevano  tolto  della  Corsica;  poi  nel  trattato  di  Moncon  (1624)  ebbe  assicurata 
l'indipendenza  propria  e  il  possesso  di  Zuccarello  minacciatile  dalla  Savoja. 

II  principe  di  Monaco  per  aver  abbandonato  il  partito  spagnuolo  ottenne  da  Luigi  XIII 
il  ducato  del  Valentinese  e  il  baliaggio  delle  Baronie  nel  Delfmato  (1642). 

Paolo  111  eresse  (lo4o)  Parma  e  Piacenzain  ducato  vassallo  della  Santa  Sede,  a  favore 
del  suo  figlio  naturale  Pier  Luigi  Farnese:  nel  1398  la  Chiesa  recuperò  parte  di  quello 
Stato. 

La  Santa  Sede  uni  al  suo  patrimonio  il  contado  di  Montefeltro,  il  ducato  d'Urbino 
(1631),  il  ducato  di  Castro  e  Roncilione,  abbandonatole  dal  duca  di  Parma  nel  1649,  e 
nel  1661  incorporato  alla  Camera  apostolica.  Le  famiglie  papali  eransi  formate  diverse 
signorie  nel  paese.  Allora  lo  Stato  ecclesiastico  era  diviso  così  :  Campagna  di  Roma 
(Roma),  Patrimonio  di  san  Pietro  (Viterbo),  ducato  di  Castro,  l'Orvietano,  il  Perugino, 
l'Umbria  (Spo/e^o),  la  Sabina  (il/aghano),  la  marca  d'Ancona,  il  ducato  d'Urbino,  la 
Romagna  (Ravenna),  il  Ferrarese,  il  Eolognese.  Possedea  pure  il  ducato  di  Benevento 
e  il  principato  di  Pontecorvo  nel  regno  di  Napoli;  e  il  contado  Venesino  in  Francia. 

San  Marino  restava  repubblica. 

A  Venezia  i  Turchi  tolsero  Cipro  nel  lo71,  e'Candia  nel  164o. 

Essendosi  la  stirpe  dei  Gonzaghi  di  Mantova  estinta  nel  1627,  un  principe  Paleologo, 
che  per  matrimonio  aveva  acquistato  il  ducato  di  Nevers  in  Francia,  viene  a  pretendere 
all'eredità,  malgrado  dei  duchi  di  Savoja  e  dei  Gonzaghi  di  Guastalla,  i  quali  nella  pace 
di  Cherasco  (1631)  ottengono  lieve  parte  dell'eredità,  col  titolo  di  ducato. 

Gli  Estensi  di  Modena  e  Reggio,  privati  nel  1398  del  Ferrarese  per  aver  favorito  l'Im- 
pero nella  guerra  dei  Trent'anni,  ricevono  nel  1635  i  principati  di  Carpi  e  Correggio. 

La  pace  d'Utrecht  (1713),  come  tutte,  aumentò  la  Savoja,  dandole  il  Monferrato  e 
varj  paesi  verso  Francia,  colla  quale  diventava  confine  la  cresta  dell'Alpi  verso  Savoja; 
inoltre  la  Sicilia,  che  fu  poi  cambiata  colla  Sardegna,  portante  il  titolo  di  re.  Al  ramo 


288  GEOGRAFIA  —   EPOCA  DECIMASESTA 

austriaco  tedesco  toccarono  il  Milanese,  il  regno  di  Napoli,  gli  Stati  de'Presidj  e  la 
Sardegna,  cambiata  poi  colla  Sicilia. 

§  7.  —  Asia. 

L'impero  de' Sofì  ripiglia  il  Candaar  (1649),  e  frena  le  incursioni  incessanti  degli 
Usbeki. 

Quello  di  Delhi  sale  al  colmo  sotto  Aurengzeb  (I6o9-1706),  che  respinge  gli  Afgani, 
batte  i  Maratti,*  domma  quasi  tutto  il  paese  fra  il  iO'^  e  il  36"  di  latitudine  nord.  La 
capitale,  rialzata  dalle  ruine  da  Sciah-Gihan  I  (1631),  or  divenne  gloriosa,  con  due  mi- 
lioni d'abitanti:  il  palazzo  imperiale  d'un  miglio  di  circonferenza  costava  i4  milioni  in 
soli  arredi. 

I  Manciù,  signori  di  Pe-king  e  della  maggior  parte  della  Cina,  alfine  tutta  l'ottengono 
spossessando  i  Ming  (1016-44).  Comprendeansi  nel  loro  dominio:  a.  la  Cina  propria, 
coH'isola  Formosa  tolta  agli  Olandesi  ;  6.  i  regni  tributar]  delle  isole  di  Lieu-Kieu  e 
Corea;  e.  la  Manciuria  ;  d.  ì  quattro  kanati  tributarj  dei  Kalka;  e.  il  paese  di  KuIìu- 
noor;  f.  il  Tibet. 

Le  tribù  de'Calmuki  e  Usbeki  e  Oleti  mutano  stanza  a  capriccio,  ma  cresce  ai  loro 
danni  l'impero  russo,  che  sottomette  il  Camsciatka  (1697-1706),  e  possiede  tutta  la  parte 
settentrionale  del  continente  asiatico  fra  gli  Urali  e  il  Giaik  ad  ovest,  il  mar  Glaciale  al 
nord,  all'est  il  Grande  oceano,  al  sud  i  monti  King-gan  e  Kentei,  il  piccolo  Aitai,  l'Ir- 
tisc:  al  qual  paese  dieder  nome  di  Siberia,  capitale  Tobolsk  sulla  sinistra  dello 
Irtisc. 

§  8,  —  Possessi  europei  in  Asia. 

In  Asia  gli  Spagnuoli  più  non  avevano  che  le  Filippine;  e  quanto  essi  decadevano, 
tanto  crescevano  gli  Olandesi.  Nel  1661  conquistata  Malacca,  vi  posero  una  Compagnia 
dell'Indie  che  si  estese  sulle  isole  vicine,  Amboina,  Tidor,  Paliacate,Seilan,  la  più  parte 
delle  Molucche,  le  isole  della  Sonda,  e  fin  sulle  coste  del  Giappone  (1639).  La  pace  di 
Westfalia  non  decise  nulla  su  tali  possessi,  giacché  allora  la  Spagna  cercava  piuttosto 
sottomettere  il  rivoltato  Portogallo,  e  ai  Portoghesi  stava  a  cuore  più  l'indipendenza 
propria  che  le  lontane  colonie.  Se  ne  valsero  gli  Olandesi  per  dilatarsi  sulla  costa  occi- 
dentale dell' Indostan,  conquistando  Calicut  (16S8),  Cochin  e  Cananor  (1661),  Xegapatam, 
le  Celebi  (1660).  Tali  possessi  divisero  in  cinque  governi,  dipendenti  da  Batavia  fon- 
data il  1621,  e  che  erano  Giava,  Amboina,  Ternate  (Molucche),  Seilan,  Macassar  (Ce- 
lebi). Nel  16S3  costituirono  un  sesto  governo  al  capo  di  Buona  Speranza. 

I  Portoghesi  cacciati  dapertutto,  conservavano  ancora  Dm  nell'Iodostan;  Chauì, 
Dahul,  Goa  sulla  costa  del  Malabar  nel  regno  di  Visapur  :  l'isola  di  Macao  all'entrata  del 
golfo  di  Canton  nella  Cina  ;  sulle  rive  orientali  d'Africa  la  costa  di  Sofala  nel  Monomo- 
lapa  ;  la  costa  di  Melinda  nel  Zanguebar. 

Gl'Inglesi  non  possedevano  che  banchi  a  Bantam  nell'isola  di  Giava,  a  Surate  sul 
golfo  di  Cambaja,  e  il  piccolo  fòrte  San  Giorgio  costruito  nel  1620  presso  Madera;  e 
restavano  esposti  alla  superiorità  degli  Olandesi,  che  in  caso  di  guerra  in  Occidente  li 
danneggiavano  senza  pietà;  nel  1623  li  trucidarono  tutti  ad  Amboina  ;  nel  1683  tolsero 
loro  Bantam.  Uscente  il  secolo,  la  Compagnia  inglese  non  possedeva  che  Surate  e  pochi 
stabilimenti  nuovi,  Beneulen  nell'isola  di  Sumatra,  Huyly  e  Calcutta  al  sud  est  dell'ln- 
dostan,  e  Bombay  nel  regno  di  Visapur,  avuto  da  Carlo  11  in  dote  di  sua  moglie  Caterina 
di  Portogallo,  e  da  lui  donato  il  1670  alla  Compagnia,  la  quale  poi  essendosi  fusa  con 
un'altra,  cominciò  progressi  meravigliosi. 

I  Francesi  poco  s'avanzarono,  e  la  Compagnia  delle  Indie  fondata  da  Colbert,  a  stento 
pose  un  banco  a  Surate  nel  1675;  nel  1688  comprò  Candernagor  da  Aurengzeb;  nel 
1679  fondò  Pondichery  sulla  costa  del  Coromandel ,  che  poi  fu  preso  dagli  Olandesi 
nel  1689,  e  nella  pace  di  Ryswick  (1697)  restituito  più  robusto  di  prima.  Sulla  via 
per  alle  Indie  i  Francesi  ebbero  qualche  stazione  nell'isola  ài  Madagascar  (Delfina),  e 


POSSESSI   EUROPEI   IN    AMERICA  289 

nella  prossima  di  fioròone  (1642):  l'isola  di  Francia  (Maurizio)  che  fu  la  miglior  loro 
colonia,  non  occuparono  se  non  quando  gli  Olandesi  più  non  la  vollero  (1713). 
1  Danesi  nel  IfilS  comprarono  Tranquebar  dal  raja  di  Tangor. 

§  9.  —  Possessi  europei  in  America. 

In  America  restava  ancora  il  più  e  il  meglio  alla  Spagna  e  al  Portogallo.  Quest'ultimo 
fé  prosperare  il  Brasile  dopo  che  ehbe  perduto  i  possedimenti  in  Asia.  La  Spagna  con- 
servava quasi  tutto  il  resto  dell'America  meridionale,  la  Terraferma,  il  Perù,  il  Chili  e 
il  Paraguai.  Il  paese  delle  Amazoni,  né  la  terra  Magellanica  non  erano  colonizzati.  Le 
divisioni  sue  erano  a  un  bel  circa  le  indicate  nell'Epoca  XIV,  tanto  sul  continente  che 
nell'istmo  e  nelle  isole. 

Ma  le  isole  principalmente  erano  state  attaccate  da' suoi  nemici,  che  v'avevano  fatto 
anche  molti  stabilimenti.  Così  gli  Olandesi  a  Cura(;ao  (1634)  nelle  isole  Sottovento;  e 
nelle  Piccole  Antilie  a  SanV F.uHachw  (1632)  e  a  Saba  (16-iOj.  Gl'Inglesi  occupavano 
la  Barbada,  parte  di  San  Cristoforo  insieme  coi  Francesi  (162o),  Barbitela  e  Nieves 
(1628),  Monserrato  e  Antigoa  nelle  Piccole  Antilie;  primi  si  piantarono  nelle  isole  di 
Bahama  e  della  Providenza^  importantissime  al  commercio,  e  tolsero  agli  Spagnuoli  la 
Giamaica. 

Francesi  privati  aveano  acquistato  varie  delle  Piccole  Antilie,  cioè  la  Martinica,  la 
Guadalupa,  Santa  Lucia ,  la  Granada ,  Maria  Galanta,  San  Cristoforo,  San  Barto- 
lomeo, San  Martino,  la  Tortola.  Colbert  le  comprò  pel  governo;  e  l'acquisto  della  parte 
occidentale  di  San  Domingo,  occupata  dai  Filibustieri,  poi  tolta  in  protezione  dalla 
Francia  il  167i,  e  assicurata  colla  pace  di  Ryswick,  diede  importanza  alle  colonie  fran- 
cesi. Lo  stabilimento  di  Cayenna  (1664),  isolotto  vicino  alla  Gujana,  poco  prosperò. 

I  Danesi  possedevano  l'isola  San  Tommaso  (1671)  nelle  Piccole  Antilie  ;  nel  1719  po- 
sero a  frutto  risoletta  di  San  Giovanni,  e  nel  i733  comprarono  dalla  Francia  quella 
di  Santa  Croce. 

Gli  Olandesi,  invidiando  il  Brasile,  occupano  Bahia  (1624),  poi  Fernambuco  (ÌG^O), 
indi  le  Provincie  di  Hamania,  Parahiba,  Rio  grande  del  Nort :  e  Maurizio  di  Nassau 
viene  per  sottometter  l'intero  paese  (1637).  La  pace  col  Portogallo  assicura  agli  Olan- 
desi le  conquiste  fatte;  però  vi  si  rendono  talmente  odiosi,  che  il  popolo  li  riduce  a 
rinunziare  ai  Portoghesi  (l6o4).  Allora  nel  Brasile  si  scoprono  le  ricche  miniere  di 
Minas-Geraes ;  combatlonsi  continuamente  natii  e  avveniticci,  i  quali  escludono  ogni 
forestiero,  e  vi  piantano  il  più  tirannico  sistema  coloniale. 

Gl'Inglesi  nel  1640  s'erano  stabiliti  nella  pai  te  della  Gujana  detta  Swrma??i,-  ma  sin  al 
i7lo  non  vi  possedevano  che  il  piccolo  forte  di  Marony^  avendoli  gli  Olandesi  privati  di 
tutti  i  loro  possessi  in  quelle  parti  (1667),  e  conservatili  nel  trattato  di  Westminstcr,  in 
cambio  del  N.  Be.'gio,  detto  poi  N.  York  ;  e  nel  1679  vi  fabbricarono  Paramaribo. 

Gl'Inglesi  moltiplicarono  stabilimenti  nell'America  settentrionale.  Nella  Virginia  ot- 
tennero privilegio  di  colonia  due  Compagnie  :  la  Compagnia  di  Londra  ebbe  la  parte 
meridionale  dal  34°  al  41°,  detta  propriamente  Virginia;  quella  di  Plymouth,  la  set- 
tentrionale dal  42"  al  43°,  col  nome  di  N.  Inghilterra.  Da  Puritani  fu  fondata  la  co- 
lonia dei  Massaciusseti  (1621),  da  cui  alcuni  si  disgiunsero  per  istituire  la  Previdenza 
a  Rhode-l^and  (1631)  :  altri  dissidenti  fondarono  la  colonia  di  Connecticut  (1633),  re- 
spingendo gli  Olandesi  d;l  N.  Belgio  e  dai  N.  Paesi  Bassi.  La  pace  di  Breda  nel  1667 
avendo  assicurato  ngl'lnglesi  le  colonie  già  olandesi,  essi  ne  formarono  gli  Stati  di 
N.  York  e  N.  Yersey;  mentre  altre  colonie  staccate  dai  Massaciusseti  formavano  quelle 
dì  N.  Hampshire  e  di  Maine.  Ciò  al  nord  :  quanto  al  sud,  lord  Bultimore  nel  1632  creò 
la  provincia  di  Maryland,  con  una  città  di  Cattolici;  nel  1663,  per  concessione  di 
Carlo  II,  sorse  la  Carolina,  che  nel  1729  fu  divisa  in  meridionale  e  settentrionale,  e  da 
cui  si  separò  nel  1732  la  Georgia;  nel  1681  Guglielmo  Penn  ottenne  dal  40°  al  42", 
ove  fondò  la  Pensilvania. 

Protestanti  francesi,  guidati  da  Giovanni  di  Ribault,  aveano  posta  nel  1362  sulle  coste 
della  Florida  la  colonia  della  Carolina,  che  però  fu  distrutta  dagli  Spagnuoli  nel  1S63. 
Domenico  di  Gourges  nel  1S67  viene  a  punirneli,  ma  lo  stabilimento  è  abbandonato. 
Cantò,  Documenti.  —  Tomo  I,  Geografia  politica.  19 


290  GEOGRAFIA  ■—   EPOCA   DÈCIMASESTA 

Jl  Canada,  a  lungo  disputato,  fu  nel  iGQi  dagl'Inglesi  ceduto  alla  Francia,  che  aveva 
i  migliori  posti  sul  golfo  San  Lorenzo;  e  si  stese  fino  ai  gran  liiglii  Cliamplain,  On- 
tario, Erié,  degli  Uroni,  Michigan,  e  Superiore,  e  alle  sorgenti  delMississipì.  Con  questi 
potea  sperare  di  congiungere  la  Luigiana  e  il  Canada;  ma  ciò  le  fu  tolto  dall'indebo- 
limento della  marina,  prodotto  dalle  ultime  imprese  di  Luigi  XIY. 

glO.  —  Africa. 

I  geografi  divideano  l'Africa  in  otto  parti  principali:  VEgitto  al  nord-est;  la  Nubia^ 
V Etiopia,  VAbissinia,  dal  nord  al  sud;  la  Barberia  al  nord-ovest;  la  Nigrizia  e  VAlla 
Guinea  da  nord  al  sud  nell'emisfero  boreale;  e  di  là  dall'equatore  la  Bassa  Guinea  al- 
l'ovest, la  Cafreria  al  sud  est. 

V Egitto  dominato  dai  Turchi  o  piìi  realmente  dai  Mamelucchi,  era  diviso  In  do- 
dici governi  di  bey,  sotto  un  beglierbeg  residente  al  Cairo. 

Della  Nubi  a  i  Turchi  possedevano  -A  sud  alcune  parti  della  costa,  dette  regno  di 
Sennaar,  obbedienti  a  capi  particolari,  colle  città  di  Dongola  e  Sennaar. 

V  Ab  issi  ni  a  aveva  ad  (iriente  il  mar  Rosso  e  lo  stretto  di  Rab  el-Mandeh,  e  sten- 
deasi  indeterminatamente  verso  la  Nigrizia  all'occidente  e  la  Cafreria  al  sud.  La  oc- 
cupavano molle  tribù  dipendenti  dal  gran  negusc,  ed  altre  da  capi  particolari,  come  il 
regno  di  TigréAun^o  il  mar  Rosso;  il  regno  di  Scianyala  a  occidente;  quello  di  Goiam 
al  sud;  quello  di  Adel  da  Bah  el-MandebaI  capo  Cuardafui,  estremità  orientale  del- 
l'Africa; quello  di  .l/a^adoa;o  sulla  costa  d'Ajan  ;  quei  di  Machida  e  Alaba  nell'interno 
verso  oriente,  ed  altri. 

La  Barberia  comprendeva  sei  regni  marittimi,  oltre  varj  minori  all'interno,  [ma- 
rittimi erano  Tripoli,  Tunisi,  Algeri,  FeZy  Marocco,  del  qual  ultimo  facea  parte  il  regno 
di  Sus.  Dietro  di  essi  stava  il  Biledulgerid  paese  de' Berberi,  che  comprendeva  il 
Biledulgerid  o  regione  dei  datteri,  il  paese  di  Zoo,  il  Tegorarin,  i  regni  di  Tafìlet,  di 
Fezzan,  d'Ayr,  di  Gibadù.  A  loro  spalle  stava  il  Gran  deserto. 

Di  là  da  questo  incontravasi  il  paese  de'  Negri,  detto  Nigrizia  o  Sudan  mal  co- 
nosciuto nell'interno,  ma  sulle  coste  occidentali  popolato  di  colonie  europee.  V'erano 
od  eranvi  stati  varj  regni,  di  Senegal,  TombuctUy  Gubur,  Agades,  Canà,  Zanfara,  Van- 
gara,  Burnii,  Goaga  verso  il  nord  ;  a  mezzodì  quei  di  Mandinga,  Gongo,  Caffaba, 
Yaurri,  Cororea,  Goran  da  ovest  in  est.  11  regno  di  Pule  stava  nella  Guinea. 

L'  Alta  Guinea  al  sud  della  Nigrizia  divideasi  in  tre  coste  principali  :  di  Mala- 
guette,  dei  Denti,  e  d'Oro.  Altri  regni  trovavansi  nell'interno,  come  il  Benin,  ecc. 

La  Bassa  Guinea  le  tien  dietro,  sulla  costa  che  forma  il  golfo  di  Guinea,  e  ab- 
bracciava sei  regni  principali  :  a  mare  Loango,  Gongo,  Angola,  Benguela;  nell'interno 
Macoco  o  Anzico,  e  Malamba. 

Nella  Cafreria,  alla  punta  meridionale,  poteansi  distinguere  la  Cafreria  propria, 
dov'erano  i  Namaga  e  gli  Oltentoti;  il  Monomotapa,  sotto  un  imperatore  dell'oro,  come 
1  Portoghesi  lo  chiamavano;  la  costa  diZanguebar;  e  nell'interno  il  Nimeamaia,  e  la 
terra  di  laga-Camngi. 

Principali  isole  erano,  nel  mar  delle  Indie  Madagascar,  Comora,  Socotora,  dell'Am- 
miragliato, Borbone,  Maurizio;  nell'Atlantico  Sanf  Elena,  l'Assunzione,  San  Matteo, 
San  Tommaso,  del  Principe,  quelle  del  Capo  Verde,  le  Canarie,  le  Azzore.  ' 
■  Sulle  coste  stanziavano  parecchie  colonie  europee,  principalmente  pel  trafTico  dei 
Negri.  1  Portoghesi  nel  1578  fondarono  SanPaolo  di  Loanda,  da  cui  si  stesero  sul  regno 
di  Angola,  su  quel  di  Benguela  e  parte  del  Congo,  ove  edificarono  .San  Salvador.  Pos- 
sedevano pure  le  isole  à'Annobon,  di  San  Tumma'^o,  del  Principe  lungo  le  coste  della 
Guinea,  e  presso  all'Europa  Madera  e  le  Azzore.  Gli  Olandesi  nel  1()37  toL^ero  loro  Sati 
Giorgio  di  Mina  sulla  costa  d'Oro.  I  Francesi  occupavano  sulle  coste  della  Nigrizia  il 
forte  San  Luigi,  l'isola  di  Gorea  presso  Capo  Verde.  Gl'Inglesi  nel  i07o  vi  piantarono  i 
forti  di  San  James  e  di  Sierra  Leona,  e  tenevano  una  stazione  nell'isola  di  Sanl'Elena, 
della  quale  i  Portoghesi  non  avevano  conosciuto  l'importanza.  Gli  Spagnuoli  posse- 
deano  le  Canarie;  poi  nel  1778  comprarono  dal  Portogallo  le  isole  d'Annobon  e  di  Fer- 
nando Po.  Il  capo  di  Buona  Speranza  era  in  mano  degli  Olandesi. 


EPOCA    JLJf  II 

DAL  1700  AL  1789  D.  e. 


Le  complicatissime  relazioni  diplomatiche  di  questo  secolo,  e  le  molte  guerre  dina- 
stiche e  d'ambizione  trassero  più  volle  i  paesi  europei  da  un  padrone  all'altro,  di- 
visi, permutali  senza  dignità.  Noi  non  seguiteremo  queste  variazioni;  solo  indiche- 
remo le  principali  nel  designare  lo  stato  in  cui  si  trovavano  i  diversi  paesi  allorché 
scoppiò  la  Rivoluzione  francese,  che  dovea  tutti  sovvertirli. 

§  1.  —  Gran  Bretagna  e  Scandinavia. 

Il  regno  della  Gran  Bretagna  rimase  immutato;  i  cangiamenti  delle  sue  colonie  es- 
porremo più  avanti. 

Quello  di  Danimarca  e  Norvegia  componeasi  della  penisola  danese,  delle  isole  vi- 
cine e  di  quella  di  Bornholm  più  lontana,  della  Norvegia  colle  sue  dipendenze  nell'At- 
lantico; ed  avca  rinunziato  ad  ogni  pretensione  nella  Svezia. 

Avendo  la  casa  di  Ilolslein-Goltorp  receduto  dalle  possessioni  dello  Sleswig  ("1720), 
e  cambialo  quelle  dell'Holslein  col  ducato  di  Oldenburg  (1773),  tutta  la  penisola  da- 
nese obbediva  al  re  di  Danimarca,  che  avea  per  capitale  Copenaghen.  Abbracciava  essa 
tre  parti:  1.  il  Giulland  settentrionale  colle  diocesi  di  Aalborg^  IViborg,  Aarhuus  e 
Bippen;  2.  il  Giutland  meridioaale  o  Sleswig;  3,  e  VHolstein  al  sud  dell'Eyder.  Inoltre 
le  isole  poste  fra  le  due  penisole,  cioè  di  Fionia,  di  Seeland,  di  Langeland,  di  Laland, 
di  Falster.,  di  AJoon.- 

Nella  penisola  scandinava,  la  Norvegia  era  divisa  in  tre  regioni  naturali,  cioè  i 
Sonden-neUs  o  piani  del  sud,  i  Xorden-fields.,  e  il  Nordland,  che  formò  un  viceregno, 
finché  nel  1734  ebbe  un  sotto- governatore  e  un  tribunale  superiore  per  ciascuna  delle 
quattro  sue  diocesi  di  Cristiania,  Cristiansand,  Bergen  e  Drontheim. 

Aggiungansi  la  Lapponia  settentrionale  e  le  isole  Feroe,  V Islanda y  il  Groenland. 

Gustavo  III  ripristinò  in  Isvezia  l'onnipotenza  reale.  Coi  trattati  di  Slockolm  (1719-20) 
erano  stati  ceduti  all'elettore  d'Hannover  i  ducati  di  Brema  e  Werden  ;  al  re  di  Prussia 
Steltin  e  parte  della  Pomerania;  poi  alla  Russia  la  Livonia  svedese,  l'Estonia,  la  Carelia. 
Così  il  regno  comprendeva  la  Svezia  propria,  capitale  Stockolm ;  la  Gtzia,  al  sud;  il 
Xortland  al  nord  e  la  parte  meridionale  della  Lapponia;  e  al  sud-est  di  questa,  le  due 
Botnie  e  la  Finlandia;  nel  Baltico  le  isole  di  Gothland  e  Oland;  sul  continente  ger- 
manico la  città  di  Wiimar,  i  baliaggi  meklemburghesi  di  Poi  e  Neukloster,  e  la  Pome- 
rania citeriore. 

§  2.  —  Polonia. 

Russia,  Prussia,  Austria  nel  1772  fecero  il  primo  smembramento  della  Polonia.  Al- 
l'Austria restava  il  territorio  sulla  destra  della  Vistola  sin  di  là  da  Sandomir  e  del  con- 
fluente  della  San,  e  ai  limiti  della  Volinia  e  della  Podolia  fino  al  Dniester.  Alla  Russia 
la  Livonia  polacca  e  la  parte  del  palatinato  di  Polotzk  di  là  dalla  Dwina;  il  palaiinato 
di  Witepsk,  in  modo  che  la  Dwina  divenisse  confine  ai  due  paesi:  procedendo  poi, 
restavano  alla  Russia  il  palatinato  di  Micislaf,  le  due  estremità  di  quello  di  Minsk,  Kiof 
e  il  suo  distretto.  Alla  Prussia  la  Gran  Polonia  di  qua  dalla  Netze,  che  diveniva  confine 
sin  alla  Vistola;  la  Pomerelia  tutta,  eccetto  Danzica,  e  quanto  la  Polonia  conservava 
ancora  della  Prussia. 


292  GEOGRAFIA  --  EPOCA   DECIMASETTÌMA 

Il  resto  del  regao  dividevasi  in  grandi  regioni,  ciascuna  delie  quali  coraprendea  di- 
versi palatinati:  cioè  la  Grande  Polonia  al  nordovest  ;  la  Piccola  Polonia  colla  Podolia 
al  sud-,  il  granducato  di  Lituania;  inoltre  la  città  di  Thorn  sull'Oder  e  Danzica,  else 
le  assicuravano  il  commercio  del  Baltico. 

L'impunità  della  prima  divisione  incoraggiò  alla  seconda  nel  1793,  quando  la  Prussia 
ebbe  per  sua  parte  Danzica  e  Thorn  e  il  più  della  Gran  Polonia,  e  la  città  di  Czen- 
tochau  nella  Piccola;  la  Russia  occupò  metà  della  Lituania.  Alla  Polonia  restavano  di- 
ciotti  palatinati:  cioè  nella  Po/onm  Cracovia,  Sandomir,  Volinia,  Chelm,  VIodzimirsz, 
Lublino,  Masovia,  Varsavia,  Ciechanof,  Podlachia;  nella  Lituania  Vilna,  Bratziaf,  Troki, 
Samogizia,  Merelzk,  Grodno,  Brzesc,  Novogrodek. 

Fallilo  il  tentativo  di  restaurazione  di  Kosciusko,  la  Polonia  subì  una  terza  divisione 
nel  1793,  quando  «la  Bussia  prese  il  resto  della  Lituania  e  della  Volinia,  la  maggior 
parte  della  Samogizia,  della  Curlandia  e  della  Semigallia:  la  Prussia  parte  dei  palatinati 
di  Masovia  e  di  Podlachia  sulla  destra  del  Bug,  e  in  Lituania  la  parte  del  palatinato  di 
Troki  e  della  Samogizia  ch'è  di  qua  dal  Niemen  :  l'Austria  la  più  parte  del  palatinato  di 
Cracovia,  gl'interi  palatinati  di  Lublino  e  Sandomir,  la  parte  dtl  distretto  di  Cbelm  e 
dei  palatinati  di  Brzesc,  di  Podlachia,  di  Masovia  che  sono  sulla  sinistra  del  Bug  (Gal- 
lizia  occidentale). 

§  3.  —  Russia. 

La  Russia  era  divenuta  un  colosso,  preponderante  nel  nord  e  presto  nell'Europa.  La 
pace  di  Nystadt  (1720)  le  diede  le  coste  del  Baltico;  nuovo  incremento  la  divisione 
della  Polonia;  il  trattato  di  Pietroburgo  (1725)  le  attribuì  verso  la  Persia  il  Ghilan,  il 
Mazanderan^  V A^terahad ;  verso  la  Turchia  sottomise  del  tutto  i  Cosacchi  Zaporoghi.  e 
colla  pace  di  Kainargi  (1774)  assicurossi  i  porti  e  il  territorio  di  Azof  e  lagunrog,  le 
due  Cabardie,  varie  fortezze  e  la  steppa  fra  il  Dnieper  e  il  Bug,  dove  nel  1778  fu  fondata 
la  città  di  Kerson;  poi  col  trattato  di  Costantinopoli  (1784)  ebbe  la  sovranità  della 
Crimea,  dell'isola  di  Taman,  di  tutto  il  Cuban  alla  destra  del  fiume  di  questo  nome. 

Pertanto  a  occidente  il  lago  Enara  e  il  fiume  Paez  la  dividea  dalle  possessioni  da- 
nesi in  Lapponia;  e  dalla  Svezia  una  linea  mal  determinata,  che  pei  laghi  di  Finlandia 
raggiungeva  il  fiume  Kymen;  dalla  Podolia  la  Dwina  e  il  Dnieper.  La  Finlandia  fu  poi 
tutta  occupata  dalla  Russia  nel  1808,  in  cui  compenso  la  Svezia  ricevette  tutta  la  Nor- 
vegia e  la  Lapfionia  svedese,  e  congiunse  così  l'intiera  penisola  scandinava.  Verso 
la  Turchia  i  confini  restavano  indeterminati  in  grazia  della  guerra;  poi  la  pace  di 
Jassy  (1792)  confermò  quella  di  Kainargi,  e  pose  il  Dniester  come  perpetuo  confine  fra 
i  due  imperi.  All'est  la  Bussia  toccava  il  mar  Caspio  e  il  Caucaso  da  una  parte,  dall'altra 
le  estremità  orientali  dell'Asia  settentrionale.  In  questa  si  dilatò  grandemente  aggiun- 
gendosi le  piccole  Kurili  (1713  20),  le  isole  di  Mednoi  e  di  Behring  (1740),  San  Lorenzo 
e  San  Matteo  (1764),  il  gruppo  della  N.  Siberia  (17G0-1809)  :  dipoi  la  Giorgia  fu  ridotta 
a  provincia  (1802). 

Quest'amplissimo  impero  divideasi  in  "ììuma  europea  e  asiatica.  La  prima  abbrac- 
ciava trentuna  provincie;  cioè: 

0.  Gran  Russia,  1  Mosca,  2  Vladimir,  3  Pereslaw-Riasanskoi,  4  Kaluga,  5  Tuia,  6  Ja- 
roslaf,  7  Kostrom,  8  Novogorod,9  01onetz,  10  Tver,  11  Vologda,  12Arkangel,  13  Nijni 
Novogorod,  14  Voronesch,  IS,  Tombof,  16  Ekaterinoslaf;  composta  delle  ultime  con- 
quiste sopra  i  Turchi. 

b.  Nella  Piccola  Russia,  il  Kiof,  18  Cernicof,  19  Novogorod-Severskoi,  20  Kursk,  21 
Charkof,  22  Orel. 

e.  Rwisia  bianca,  23  Smolensk,  24  Pleskof.  23  Polotzk,  26  Mohilew. 

d.  Nei  paesi  tolti  alla  Svezia,  "il  Biga,  28  Revol,  29  Pietroburg  (Ingria),  30  M'iborg. 

e.  Parte  della  Crimea^  31  Chersoneso  taurico. 

L'alto  Volga  e  il  Don  inferiore  consideravansi  confine  tra  l'Asia  e  l'Europa  ;  e  all'est 
di  essi  stava  la  Russia  asiatica.  In  questa 

f.  L'antico  paese  dei  Tartari  formava  le  provincie  di  32  Kasan,  33  Sinbirsk,  54  Pensa, 
SS  VViatsk,  36  Perma,  37  Astracan,  38  Saratof,  39  Ufa  (Oremburg). 

g.  E  nella  Siberia,  40  Tobolsk,  41  Kolywan,  42  Irkutsk. 


PRUSSIA  ,  CASA  d'austriA  293 


§   4.    —   Prussia. 

Questo  regno  rapidamente  aumentato  chiudeva: 

a.  la  Prussia  orientale,  o  antico  ducato. 

b.  la  Prussia  polacca,  o  reale,  o  occidentale,  venutagli  nel  primo  sbrano  della  Polonia, 
e.  il  ducato  di  Siettin,  e  la  parte  di  Pomerania  cedutagli  nella  pace  di  Stockolm. 

d.  le  quattro  marche  di  Brandeburg. 

e.  il  ducato  di  Slesia  colla  contea  di  Glatz,  acquistati  da  Federico  II  nel  174], 

f.  parte  della  Bassa  Lusazia,  tolta  all'elettore  di  Sassonia. 

g.  il  ducato  di  iMagdeburg,  in  virtù  dell'aspettativa  stipulata  per  la  casa  di  Brande- 
burgo  nella  pace  di  Westfalia. 

h.  il  territorio  di  Halt,  e  metà  del  contado  di  Mansfeld,  sequestrati  come  feudi  del 
duca  di  Magdeburg. 

i.  il  ducato  di  Cleves,  e  le  contee  di  La  Mark  e  Ravensberg. 

l.  il  principato  di  Murs  confiscato  alla  morte  di  Guglielmo  III  re  d'Inghilterra,  come 
dipendente  dal  ducato  di  Cleves. 

m.  la  pane  spagnuola  della  Gueldria,  colla  città  di  Gueldria  e  il  paese  di  Kessel,  ag- 
giudicalo alla  Prussia  dal  trattato  di  Utrecht  in  compenso  del  principato  d'Orange  ce- 
duto alla  Francia. 

n.  le  contee  di  Lingen  e  Tecfc/enòurflf  acquistate  nel  1707,  e  quella  di  Ostfrisia  invasa 
nel  1744  alla  morte  dell'ultimo  sovrano. 

0.  il  principato  di  Neufchdtel  e  Vallangin,  datosi  alla  Prussia  alla  morte  della  du- 
chessa di  Nemours  Longueville  (1707), 

Nella  pace  di  Tescben  (1779)  era  inoltre  stata  confermata  alla  Prussia  l'eventuale  suc- 
cessione ai  margraviati  di  Anspach  e  Culmbach. 

La  Prussia  orientale  divideasi  io  due  parli:  la  tedesca,  dove  Kdnigsberg,  e  la  lituana 
dove  Gumbinnen.  La  occidentale  abbracciava  quattro  circoli;  di  Marienburg,  di  Pome- 
relia,  della  Xelze,  di  Culm.  La  Slesia  prussiana  componevasi  della  Bassa  Slesia,  conte- 
nente i  principati  di  Bresiau,  Schweidnitz,  Brieg,  Jauer,  Liegnitz,  Crossen,  Glogau, 
Sagan  e  Oels;  e  dell'Alta  Slesia,  coi  principati  di  Ratibor,  Neisse,  Oppelen. 

§  5.  —  Gasa  d'Austria. 

Questa  casa  aveva  superato  le  altre  di  Germania  mediante  nuovi  acquisti.  I  rami  di 
Stiria  e  Tirolo  erano  stati  riuniti  al  principale  nel  1673,  che  inoltre  aveva  acquistato 
ad  est,  per  lo  s|)artimento  della  Polonia,  i  paesi  di  cui  l'ormò  il  regno  di  Gallizia  e 
Lodomiria;  al  sud  est  pel  trattato  di  Belgrado  (1739)  il  banato  di  Temesirar,  cui  ag- 
giunse i  paesi  ottenuti  nella  pace  di  Carlowitz,  e  la  Bucovina  staccata  dalla  Moldavia 
per  la  pace  di  Kainargi;  al  sud  la  pace  di  Rastadt  le  assicurò  i  ducati  di  Milano  e 
Mantova;  e  al  nord-ovest  i  Paesi  Bassi  austriaci.  Aggiungi  la  generalità  di  Bourg- 
hausen,  composta  dei  distretti  bavaresi  fra  il  Danubio,  l'inn  e  la  Salza,  fattisi  cedere 
nella  pace  di  Teschen. 

Comprendeva  dunque: 

a.  Varciducato  d'Austria  o  Austria  inferiore,  divisa  in  paese  di  sotto  delVEns, 
e.  Vienna;  e  paese  di  sopra  c/e//' fns,  e.  Liotz. 

b.  Austria  inferiore,  composta  1  del  ducato  di  Stiria,  diviso  in  alta  (Judeoburg)  e 
bassa  (Gratz);  2  del  ducato  di  Corintia,  divisa  pure  in  bassa  (Klagenfurt),  e  alla 
(Willach);  3  ducato  di  Carniola,  divisa  in  alta  (Lubiana),  bassa  (Gurkfeld),  media 
(Gottschee).  interiore  (Duino);  4  il  Friuli,  che  comprendeva  i  contadi  di  Gradisca  e  di 
Gorizia;  u  il  litorale  o  Istria  austriaca  (Trieste). 

e.  Austria  superióre  o  contado  del  Tirolo,  unitivi  la  contea  di  Brixen,  il  Trentino,  le 
sei  signorie  del  Voralberg,  e.  Innspruck, 

d.  Svevia  austriaca  o  Austria  anteriore,  composta  di  paesi  inchiusi  nel  circolo  di 
Svevia,  ciò  erano  il  Brisgau  (Friburgo  e  Brisac),  le  ruatiro  città  foreste,  il  vescovado  di 


294  GEOGRAFIA    —    KPOCA    DECIMASETTIMA 

CoHanza,  il  landgraviato  di  Nellenburg,  la  contea  di  Hoenberg,  il  marchesato  di  Burgau, 
la  prefettura  di  Svevia. 

e.  i  Passi  Bassi  austriaci,  composti  di  sette  provincie,  cioè  ducato  di  Brabante,  du- 
cato di  Luxemlmrg,  ducato  di  Limburg,  Gueldria  meridionale.  Fiandra  austriaca, 
Hainault  austriaco^  contea  di  Namur. 

f.  il  regno  di  Boemia,  diviso  in  sedici  circoli;  e  in  cinque  altri  il  marchesato  di 
Moravia. 

g.  la  Slesia  austriaca,  dove  la  Oppa  serviva  di  conline  colla  parte  cedutaalla  Prussia. 
h.  il  regno  di  Gallizia  e  Lodomiria  in  diciotlo  circoli. 

i  quello  d'Ungheria  co'   suoi  annessi,  cioè  Transilvania,  Bucovina,  Schiavonia, 
Croazia. 
l.  la  Dalmazia  lungo  l'Adriatico. 
m.  il  ducato  di  Milano. 
n.  Quello  di  Mantova. 

§  6.  —  Casa  di  Baviera. 

Anche  la  Baviera  avea  fatto  notevoli  incrementi,  dacché  la  casa  Palatina  riuni  al  suo 
elettorato  quel  di  Baviera  nel  1777,  Pertanto  gii  Stati  del  Palatino  abbracciavano: 

a.  nel  circolo  del  Basso  Reno,  il  flasso  Palatinato  sulle  due  rive  del  Reno,  con  Man- 
heim,  Heidelberg  e  Bacarach, 

6,  il  principato  di  Sammern,  metà  della  contea  di  Weldenz,  la  parte  superiore  del 
contado  di  Sponheim. 

e.  nel  circolo  di  Baviera,  VAUa  Baviera  e  Bassa,  VAlto  Palatinato,  il  ducato  di  iYeu= 
burg  e  il  principato  di  Sulzbach. 

d.  nel  circolo  di  Svevia,  la  contea  di  Mindelhdm. 

e.  nel  contado  di  Weslfalia,  i  ducati  di  Berg  e  di  Juliers. 

f.  nel  Brabante  olandese,  la  signoria  di  Ravenf<tein. 

Il  duca  di  Birkenleld  teneva  il  resto  dei  possessi  delle  case  Palatina  e  Bavarese;  cioè 
nel  circolo  dell'Alio  Beno,  il  ducato  di  Due  Ponti,  il  principato  di  Birkenfeld,  metà 
della  contea  di  \Velde7iz,  la  città  di  Sponheim,  e  quella  di  Trauerbach  in  comune  col 
margravio  di  Baden. 

§  7.   —  Germania. 

1  possessi  delle  tre  Case  predette  erano  sparsi  nei  varj  circoli  ;  de' quali  or  diviseremo 
i  cangiamenti  sopravvenuti. 

i.  2.  Circolo  à' Austria  e  Borciogna.  Già  ne  abbiam  parlato. 

3.  (circolo  di  Baviera.  Oltre  i  possessi  dell'antica  casa  di  Wittelsbach,  v'era  il  vesco- 
vado di  Salisburgo,  il  prevostato  di  Berchtoldsgadeh,  i  vescovadi  di  Frisinga,  di  lla- 
tisbona,  di  Passau.  Le  iisseuiblee  tenevansi  a  Wassemburg  suU'lnn,  sotto  la  direzione 
dell'eleltor  Palatino  e  dell'arcivescovo  di  Salisburgo. 

i.  Circolo  di  Svevia.  I  duchi  di  Wiirtembergaveano  ereditato  i  dominj  della  linea  di 
Montbeliard.  l  due  margraviati  di  Baden  eransi  riuniti  nel  J771  nella  casa  di  Baden- 
Durlach.  1  vescovi  d'Augusta  e  Costanza  e  l'abbate  di  Ketnpten  risedevano  altrove,  cioè 
il  primo  a  Uiilingen  in  I5aviera,  il  secondo  a  Merseburg,  l'allro  alla  badia  di  Sanl'llde- 
garde.  Eranvi  trentuna  città  imperiali.  Le  assemblee  si  congregavano  a  Ulm. 

5.  Circolodi  Franconia.  Nel  1770  eransi  riuniti  i  beni  della  casa  di  Cuimbach  a 
quelli  d'Anspach.  Le  assemblee  teneansi  a  Norimberga. 

6.  Circolo  del  Bas^o  lìmo.  Oltre  i  già  delti  dominj  della  casa  Palatina,  gli  elettori  vi 
aveano  possessi,  inseriti  in  quelli  d'altri;  l'arcivescovo  di  Magonza  ne  era  direttore,  e 
le  assemblee  si  univano  a  iMagonza. 

7.  Circolo  ^qW  Alto  Reno.  Nuove  divisioni  avea  subito  la  casa  di  Assia-Cassel  ;  quella 
di  Nassau  si  restrinse  in  tre  rami,  d'Orange,  di  Nassau-Usingen  e  di  Nassau-Weilburg. 
Le  assemblee  sedevaao  a  Francoforte  sui  MeDo, 


GEKMAINIA  295 

8.  Circolo  di  ^Vestfalia.  Molt*  paesi  appartenevano  oll'eleltor  Palatino;  il  resto  ri- 
parliti fra  molte  case.  Direttore  del  circolo  era  il  re  di  Prussia,  e  le  assemblee  tenevansi 
a  Colonia. 

9.  Circolo  della  Bassa  Sassonia.  I  dominj  della  linea  di  Gustrow  erano  passati  a  quella 
di  Scljwerin,  della  stessa  casa  di  Mekleniliurg.  Il  ramo  di  Brunswick-IIannover,  della 
casa  di  Brunswick,  avea  nel  i(VM  avuto  la  dignità  elettorale,  indi  era  passato  al  trono 
d'Inghilterra.  Pertanto  il  re  della  Cran  Uretu^ua  era  membro  di  questo  circolo  ;  come 
il  re  di  Prussia  pel  ducato  di  Magdeburg,  e  il  re  di  Danimarca  per  quello  dì  Sleswig- 
Ilolstein.  Le  assemblee  si  univano  ad  Amburgo. 

JO.  Circolo  dfW'AUa  Saì^sonia.  II  Brandeburg  e  la  Pomerania  appartenevano  alla 
casa  di  Prussia;  l'altra  parte,  cioè  la  Sassonia,  ai  due  rami  Ernestino  e  Albertino,  e 
alle  altre  case  di  Anhali,  Reuss,  Schwarzburg.  Direttore  n'era  il  duca  di  Sassonia,  e  le 
assemblee  si  tenevano  a  Lipsia. 

Giovi  riassumere  le  divisioni  dei  dieci  circoli  germanici  come  Stati  d'impero,  dandone 
più  a  minuto  la  composizione; 

i.  Il  circolo  d'Au<i(ria  spettava  tutto  alla  casa  d'Austria,  tranne  i  vescovadi  di  Trento 
e  Brixen,  alcuni  baliaggi  dell'ordine  Teutonico,  e  la  signoria  di  Trasp. 

2.  Del  circolo  di  Borgogna  è  altrettanto. 

3.  il  circolo  del  Basso  Reno  è  convocato  dall'elettore  di  Magonza,  che  vi  ha  il  primo 
posto;  e  dopo  lui  gli  elettori  di  Treveri,  di  Colonia  e  Palatino;  il  duca  d'Aremberg; 
il  principe  della  Torre  Taxis,  benché  non  possieda  Stati  ;  il  baliaggio  dell'ordine  Teu- 
tonico a  Coblentz  ;  il  principe  di  Nassau-Dietz;  il  basso  Yssenburg,  per  cui  l'elettore 
di  Treveri  avea  un  altro  voto;  il  burgraviato  di  Reineck,  rappresentato  dal  conte  di 
Zinzendorf. 

4.  Il  circolo  àeWAlto  Reno,  convocato  dall'elettor  Palatino  come  principe  di  Sim- 
mern  e  dal  vescovo  di  Worms,  contava:  i  vescovadi  di  Worms,  Spira,  Strasburg,  Ba- 
silea, Fulda;  il  granpriorato  di  San  Giovanni;  la  badia  di  Prùm,  il  prevostato  d'O- 
denheim;  l'elettor  Palatino  per  Simmern,  Lantern  e  VVeldenz;  il  conte  Palatino  di  Due 
Ponti;  Assia  Darmstadt;  Hersfeld,  della  casa  d'Assia  Cassel  ;  Sponheim,  diviso  fra  la 
casa  Palatina  e  i  duchi  di  Baden  ;  Salm  e  Kirburg;  i  Nassau,  divisi  in  quattro  rami,  di 
Weilburg,  Usingen,  Yistein,  Saarbrùck;  Ilanau-Munzenberg,  Hanau-Lichtenberg;  della 
casa  di  Solms  nella  Weteravia  i  quattro  rami  di  Ilohensolms,  Rraunfels,  Bòdelheim, 
Laubacb;  l'arcivescovo  di  Maponza  per  Kònijistein;  il  conte  Stolherg  pel  paese  mede- 
simo, disputato  fra  loro;  quattro  rami  d'Isenburg,  cioè  Birstein,  Budingen,  Wàchters^ 
bach  ,  Meerholtz;  sedici  comitati  o  ringravi  ;  le  città  libere  di  Worms,  Spira,  Franco- 
forte, Friedberg,  Wetzlar. 

5.  Circolo  di  Svetta.  I  suoi  Stati  divideansi  in  cinque  banchi  :  o.  Principi  ecclesia- 
stici, i  vescovi  di  Costanza,  Augusta,  Ellwangen,  Kempten.  b.  Principi  secolari,  il  duca 
di  Wurtemberg  che  convocava  il  circolo  e  vi  presedeva;  i  duchi  di  Baden-Baden,  e 
Baden-Durlach;  il  contedi  Ilobenzollern-Hechingen,  e  di  Ilchenzollern  Sigmaringen  ; 
le  badie  secolari  di  Lindau  e  Burchau;  il  ramo  cadetto  di  Auersberg;  la  casa  di 
Schwarzenberg;  il  principato  di  Lichtenstein;  la  casa  di  Fiirstenberg.  e.  Prelati  sedici, 
e  quattro  badesse,  d.  Conti  e  sigìiori,  cioè  ventisei  contee  che  costituivano  iliritti 
nuovi,  univansi  ai  vecchi,  e.  Città  libere  imperiali,  che  erano  trenta:  Augusta,  Ulma, 
Essiingen,  Reuliingen,  Nordlingen,  Halle,  Abertlingen,  Rotweil,  Heilborn,  Geraimd  ed 
altre,  brani  della  casa  di  Ilohenstaufen. 

6.  il  circolo  di  Baviera,  dove  di  convocare  e  presedere  aveano  diritto  il  duca  di  Ba- 
viera e  l'arcivescovo  di  Salisburgo,  i!  quale  possedeva  anche  qualche  baliaggio  nel  cir- 
colo d'Austria.  Inoltre  il  vescovo  di  Frisinga;  i  duchi  di  Neuburg  e  Sulzbach;  il  ve- 
scovo di  Ratisbona;  il  landgravio  di  Leuchtemberg;  il  vescovado  di  Passau;  la  contea 
di  Sternstein;  il  prevostato  di  Berchtuldsgarden;  la  contea  di  Haag;  l'abbadia  di  Sant'E- 
meran  ;  la  contea  di  Ortenburg;  l'abbadia  di  Nieder-Munsler;  la  signoria  d'Ebrenfels; 
l'abbadia  di  Ober-Munster  ;  le  signorie  di  Salzburg  Pyrbaum,  Ilobenwaldeck,  Breteneck; 
la  città  di  iiatisbona. 

7.  il  circolo  di  Franconia  era  convocato  dal  vescovo  di  Bamberg  e  dai  margravj  di 
Anspach  e  Baireulh.  i  suoi  membri  distinguevansi  in  a.  Principi  ecclesiastici,  cioè  i 
vescovi  di  Bamberg,  di  Wurtzburg  ed  Eiclistadt,  e  l'ordine  Teutonico;  6.  Principi  se- 


296  GEOGRAFIA   —  EPOCA   DECIMASETTIMA 

colari,  cioè  Braodeburg-Baireuth,  Brandeburg-Anspach,  Ilenneberg-Scbleusingen  e 
Roomild-Smalkalden,  Schwarzenberg,  Lowenslein-Werlheim,  Hohenlohe-Waldenburg  ; 
e.  Conti  e  signori,  come  HoheDlohe-Neuenstein,  Wertheim,  Reineck  ecc.;  d.  Città  im- 
periali di  Norimberg,  Rolhenburg,  Schweinfurt,  Weissenburg. 

8.  Il  circolo  àeWAlla  Sassonia  conteneva  l'elettor  di  Sassonia;  l'elettore  di  Bran- 
deburg,  re  di  Prussia,  che  col  precedente  divise  il  diritto  di  convocazione;  i  ducati 
di  Sassonia- Weimar,  Eisenach,  Coburg,  Gota,  Altenburg,  Querfurth  ;  la  Pomerania  an- 
teriore e  l'ulteriore  con  Camin;  casa  d'Anhalt;  Quedlimburg,  Genrode,  Walkenried, 
Schwartzburg-Sondershausen,  Schwartzburg-Rudolstadt,  Mansfeld,  Wernigerode,  Barby, 
Reuss,  Schonburg. 

9.  Circolo  della  Bassa  Sassonia.  Magdeburgo  e  Brema,  per  cui  la  Prussia  e  l'Hannover 
aveano  il  diritto  di  dirigere;  Zeli,  Grubenhagen,  Calenberg,  per  cui  la  casa  di  Bruns- 
wick era  condirettrice;  AVolfenbuttel  ;  Halbersladl;  Mecklemburg-Schwerin  ;  Mecklem- 
burg-Gustrow;  Holstein-Glucksladt  e  Holstein-Gottorp  (re  di  Danimarca);  Hildesheim  5 
Sassonia-Lauenberg;  vescovado  di  Lubeka  ;  principato  di  Schwerin;  Ratzpburg,  Blan- 
kenburg,  Rantzau;  le  città  imperiali  di  Lubeka,  Goslar,  Mulhausen,  Norclhausen,  Am- 
burgo, Brema. 

^ÌO.  il  circolo  di  Westfalia  comprendeva  Munster,  Cleves,  Juliers,  che  alternativa- 
mente aveano  il  primo  posto-,  Paderborn,  Liegi,  Osnabruck,  Mindene  Werden  ;  le  badie 
di  Corvey,  Stablo  e  Malmedy  e  Werden  ;  Cornelli-Munster,  Epen,  Thoren,  Hervorden, 
Nassau -Siegen,  Nassau-Dillenburg,  Ostfrisia,  AVied,  Sain,  Schauenburg,  Scbauenburg- 
Lippe,  Oldenburg,  Delmenhorst,  Lippe,  Bentheim,  Tecklemburg,  Diepholz,  Hoya  ecc.; 
le  città  imperiali  d'Aquisgrana  e  Dortmund. 

Inoltre  tutto  il  corpo  della  nobiltà  germanica  era  diviso  in  tre  circoli  :  circolo  della 
nobiltà  di  Svevia  in  3  cantoni;  —  della  nobiltà  di  Franconia  in  6  cantoni;  —  della 
nobiltà  del  Beno  in  5  cantoni. 

Restavano  fuor  dei  circoli  alcune  piccole  signorie,  come  Montbéliard  possesso  dei 
duchi  di  Wùrlenberg,  Asch,  Wasserburg  ecc. 

g  8.  —  Svizzera. 

Lodetìoli  s'intitolavano  i  Cantoni  nelle  relazioni  colle  altre  potenze,  e  Lodevole  corpo 
elvetico  in  faccia  ai  loro  alleati  0  sudditi.  Erano  ancora  tredici,  cioè  enumerandoli  se 
condo  l'ordine  che  doveano  tenere  nelle  diete,  Zurigo,  Berna,  Lucerna,  Uri,  Schicitz 
Unterivald,  Zug,  Glaris,  Basilea,  Friburgo,  Soletta,  Sciaffusa,  Appenzell.  Cattolici  erano 
Uriy  Unterwald,  Sclnvitz,  Zug  democratici,  e  Friburgo,  Soletta,  Lucerna  aristocratici 
misti  Glaris  e  ^ppenze/i  democratici;  riformati  e  aristocratici  Zurigo,  Basilea,  Sciaf- 
fusa, Berna.  Quest'ultimo  era  il  più  vasto,  e  dominava  VArgovia  e  il  paese  di  Vaud 

Voglionsi  aggiungere  i  sudditi  egli  alleati: 

Sudditi  erano  1"  verso  Germania  la  contea  di  Baden,  posseduta  dagli  otto  Canton 
antichi,  e  dopo  il  1712  da  Zurigo  e  Berna;  gli  Uffizi  liberi,  la  cui  parte  settentrionale 
apparteneva,  dopo  il  1712,  a  Zurigo,  Berna  e  Glaris,  e  la  meridionale  agli  otto  Cantoni 
Turgovia  agli  otto  Cantoni  ;  il  Rheinthal  agli  otto  cantoni;  e  a  quello  d'Appenzell;  la 
contea  di  Sargans  agli  otto  Cantoni;  il  Gaster  ai  Cantoni  di  Schwitz  e  Glaris;  il  Bap 
perschwill,  già  dipendente  da  Sclnvitz,  Uri,  Unterwald  e  Glaris,  e  dopo  il  1712  da  Zu 
rigo  e  Berna.  2''  Verso  Francia  i  quattro  baliaggi  di  Marat,  Granson,  Orbe  e  Echalans 
e  Schwarzenhurg,  dipendenti  da  Berna  e  Friburgo.  5"  Verso  Italia  i  sette  baliaggi  con- 
quistati al  principio  del  xvi  secolo,  cioè  Bellinzona,  Riviera,  Val  Bregno,  Lugano,  Lo 
carno,  Mendrisio,   Val  Maggia.   I  Grigioni  dominavano  la  Valtellina  coi  contadi  di 
Bormio  e  di  Chiavenna. 

Dieci  erano  gli  alleati  degli  Svizzeri;  cioè  la  badia  di  San  Gallo;  la  città  di  San 
Gallo,  divisa  dalla  precedente  per  una  muraglia;  le  tre  leghe  Grigie;  il  Valese;  la  re- 
pubblica di  Ginevra;  il  principato  di  Neufchdtel  e  Vallangin ;  la  città  di  Bienne;  e 
quella  di  Mulhausen  in  Alsazia. 


PROVINCIE  UNITE,   SPAGNA,    PORTOGALLO,   FRANCIA,   ITALIA  297 


§  9.  —  Provincie  Unite /Spagna,   Portogallo. 

Non  cambiarono  le  divisioni  politiche  delle  Provincie  Unite;  e  lo  statolderato , 
abolito  nel  1702,  fu  rimesso  come  ereditario  nel  1747;  né  poterono  sottrarsene  nel  1787. 
Giuseppe  II  tentò  ridurre  a  provincia  austriaca  il  Belgio,  e  con  questo  vi  destò  un'in- 
surrezione (1789). 

Colla  pace  di  Utrecht  (1715)  la  Spagna  restò  ridotta  alla  penisola,  perdendo  Minorca, 
la  Sardegna,  la  Sicilia  e  tutti  i  possessi  d'Italia.  Anche  Gibilterra  era  stata  occupata 
dagl'Inglesi,  Sotto  il  ministero  dell'Alberoni  (1715-20)  tentò  rifarsi  delle  perdile  occu- 
pando Sicilia  e  Sardegna,  ma  dovette  ancor  rinunziarvi,  ricevendo  solo  l'aspettativa  di 
Toscana,  Parma,  Piacenza,  che  in  appresso  mutò  colla  corona  delle  Due  Sicilie,  ma 
non  unita  alla  Spagna.  Minorca  fu  ritolta  agl'Inglesi  nel  1782. 

La  Spagna  divideasi  in  tredici  provincie:  Galizia  al  nord-ovest,  Asturie,  Biscaglia^ 
regno  di  Navarra,  regno  d'Aragona,  Catalogna,  regno  di  Valenza,  Nuova  Castiglia, 
Vecchia  Castiglia,  regno  di  Leon,  Andalusia,  regno  di  Granata,  regno  di  Murcia. 

Il  Portogallo  in  sei,  e  ciascuna  in  molte  comarche:  1.  Entre-Douro  e  Miìo,  presso 
l'Oceano,  molto  popolata,  con  1460  parrochie  e  1130  conventi,  e.  Braga.  2.  Tras-os- 
montes  al  nord-est,  e.  Braganza.  3.  Beira  al  sud,  e.  Coimbra.  4.  Estrernadura,  e.  Li- 
sbona, o.  Alem-Tejo,  e.  Evora.  6.  Algarve,  e.  Tavira. 


§  10.  —  Francia. 

La  Francia  acquista  nel  1766  la  Lorena,  compra  la  Corsica  nel  1768  dai  Genovesi. 
Formava  quaranta  governi:  32  grandi,  cioè  di  provincie,  7  di  città,  e  la  Corsica. 

Al  nord  la  Fiandra,  capitale  Lille;  VJrtois,  e.  Arras;  la  Picardia,  e.  Amiens;  la 
Normandia,  e.  Bouen  ;  V ìsola  di  Francia,  e.  Parigi;  la  Champagne,  e.  Troyes;  la  Lo- 
rena, e.  Nancy  ;  V Alsazia,  e.  Strasburgo. 

Al  centro  la  Bretagna,  e.  Rennes;  il  Maine,  e.  Mans  ;  VAnjou,  e.  Angers;  la  Tou- 
raine,  e.  Tours;  VOrleanese,  e.  Orléans;  il  fìerry,  e.  Bourges;  il  Nivernais,  e.  Nevers; 
la  Borgogna,  e.  Dijon  ;  la  Franca  Contea,  e.  Besanoon  ;  il  Lionese,  e.  Lyon;  il  Bor- 
bonese,  e.  Moulins;  VAuvergne,  e.  Clermont;  il  Limosino,  e.  Limoges;  la  Marche, 
e.  Guéret;  il  Poitou,  e.  Poitiers;  VAunis,  e.  la  Rochelle;  la  Saintonge,  e.  Saintes, 
coW Angoumois,  e.  Angoulème. 

Al  sud  e  sud-ovest,  la  Guienna,  e.  Bordeaux,  colla  Guascogna,  e.  Auch;  il  Bearn, 
e.  Pau  ;  la  Linguadoca,  e  Tolosa;  la  contea  di  Foix,  e.  Foix  ;  il  Rossiglione,  e.  Per- 
pignano;  il  Delfmato,  e.  Grenoble;  la  Provenza,  e.  Aix. 

Gli  otto  piccoli  erano  i  governi  di  Boulogne,  Havre,  Parigi,  Metz  e  Verdun,  Toul, 
Sedan,  Saumur,  la  Corsica. 


§11.— Italia. 

Lo  spegnersi  di  molte  famiglie  dinastiche  italiane,  apriva  il  campo  ad  ambizioni  e 
trattati.  E  prima  quella  di  Mantova,  cui  ad  onta  dei  pretendenti  Giuseppe  I  riunì  al 
Milanese  (1708),  abbandonando  al  Gonzaga  di  Guastalla  i  ducati  di  Sabioneta  e  Boz- 
zolo, il  marchesato  d'Ostiano,  la  contea  di  Pomponesco;  e  al  duca  di  Savoja  il  Mon- 
ferrato. Il  ducato  di  Mirandola  col  marchesato  di  Concordia  era  stato  confiscato  ai 
Pico  (1709),  e  dato  al  duca  di  Modena  nel  1710.  I  Gonzaga  di  Castiglione  e  Solferino 
furono  spogliati  dall'imperatore,  e  ricevettero  un  compenso.  Quei  di  Novellarasi  spen- 
sero nel  1728,  e  i  loro  Stati  furono  dall'imperatore  infeudati  al  Modenese  (1737).  La 
famiglia  Cybo,  dominante  a  Massa  e  Carrara,  finiva  in  una  femmina,  che  li  portò  in 
dote  al  duca  di  Modena  nel  1743. 

A.  U  regno  di  Sardegna  formato  nel  1720,  divenuto  il  più  poderoso  d'Italia,  ab- 


298  GEOGRAFIA  —  EPOCA   DECIMASETTIMA 

bracciando  gli  antichi  possessi  della  casa  di  Savoja,  parte ;]del  Milanese  e  l'isola  di  Sar- 
degna, può  dividersi  in  Savoja,  Piemonte,  Monferrato,  Acquisti  nuovi. 

La  Savoja  comprendeva:  lo  Sciablese,  e.  Thonon  •,  il  Geneve$e,  e.  Annecy;  il  Fau- 
cigny,  e.  Bonneville;  la  Savoja  propria,  e.  Chambéry;  la  Tarantasia,  e.  Moutiers;  la 
Morienna,  e.  Saint-Jean. 

Nel  Piemonte,  \.  11  Piemonte  proprio,  e.  Torino,  dov'erano  compresi  l'antico  mar- 
chesato di  Susa^  l'antico  principato  di  Carignano,  le  Quattro  valli  colle  fortezze  di 
Pinerolo,  ExilleSf  Fenestrelle,  Castel  Delfino;  oltre  Cuneo,  Mondovì,  Cherasco,  il  Ca- 
ìiavese,  e.  Ivrea.  2.  Il  ducato  cV Aosta.  5.  La  Signoria  di  Vercelli^  in  cui  restava  chiuso 
il  principato  di  Masserano  dei  Ferrari,  feudatarj  della  Santa  Sede.  4.  La  contea  d'Asti. 
5.  Jl  marchesato  di  Saluzzo.  6.  La  contea  di  Nizza,  dove  rimaneva  indipendente  il 
principato  di  Monaco,  passato  nel  1759  dai  Grimaldi  ai  Matignoni. 

Il  Monferrato,  nel  trattato  di  Cherasco,  era  stato  diviso  in  savojardo  colle  città  d'Alba 
e  Trino,  e  mantovano  con  Casale  ed  Acqui;  ma  nel  1708  fu  riunito.  Al  sud  di  Alba 
ed  Acqui  trovavansi  le  Langhe,  cinquanta  piccoli  feudi  che  rilevavano  dall'imperatore, 
il  quale  gli  aveva  ceduti  nel  175G  al  re  di  Sardegna.  Dal  Milanese  erano  slaccati  la 
Val  Sesia  (Varallo),  V Alessandrino,  la  Lomellina  (Valenza),  il  Vigevanasco,  ceduti  dal- 
l'imperatore al  duca  di  Savoja  nel  1708;  il  Novarese  e  il  Tortonese  cedutigli  nel  1755; 
la  parte  occidentale  del  territorio  di  ^/jg-era  (Domodossola)  ;  e  molta  parte  del  Pavese, 
cioè  Voghera  e  Bobbio,  ceduti  nel  1748,  con  molli  feudi  imperiali. 

La  Sardegna,  ricevuta  io  cambio  della  Sicilia  nel  1720,  dividevasi  nei  due  capi  di 
Cagliari  e  Logudoro  (Sassari). 

Il  re  sardo  possedeva  pure  il  contado  di  Oneglia  nella  riviera  di  Genova.  Questa  re- 
pubblica stendeasi  ancora  sulle  due  Riviere;  e  nel  1748  avea  recuperato  il  marchesato 
(li  Finale. 

B.  Il  ducato  di  Milano  divideasi  in  sei  territorj:  Milanese,  Comasco^  contado  à' Alì- 
gera, di  Pavia,  Lodigiano,  Cremonese. 

C.  Il  ducato  di  Mantova  era  composto  del  Mantovano  proprio,  e  del  principato 
di  Castiglione  e  Solferino. 

D.  Venezia  contava  in  Italia  14  provinole,  cioè  il  Dogato  da  Grado  a  Cavarzere,  il 
Padovano,  il  Polesine,  il  Trevisano,  il  Viceìitino,  il  Feltrino,  il  Cadorino,  il  Friuli,  l'/s- 
tria  veneta,  il  Veronese,  il  Bresciano,  il  Bergamasco,  il  Bellunese,  il  Cremasco;  sulla  cosla 
di  Dalmazia,  Nona,  Zara,  Sebenico,  Tran,  Salona,  Spalatro,  Cataro;  su  quella  d'Al- 
bania, Aria,  Prevesa,  Butrinto.  In  mare  non  le  restavano  che  isole  sulla  costa  di  Dal- 
mazia; alcune  jonie,  quali  Corfù,  Santa  Maura,  Cefalonla,  Zante,  Cerigo  ecc.;  e  Tina 
nelle  Cicladi. 

E  il  ducato  di  Modena  aveva  acquistato  il  principato  di  Massa  e  Carrara;  e  com- 
prendeva, oltre  i  ducati  di  Modena  e  Beggio,  i  principati  di  Carpi  e  di  Correggio; 
il  ducato  della  iJ/trondo/a  vendutogli  dall'iiiqieratore  nel  1710;  il  principato  di  Novel- 
lara,  ereditalo  dall'imperatore,  che  ne  investi  il  Modenese  nel  1757. 

F.  Il  ducato  di  Parma  pel  trattalo  d'Aquisgrana  (1748)  fu  assicurato  a  don  Filippo 
infante  di  Spagna,  e  divideasi  in  ducalo  di  Parma  a  oriente;  ducato  di  Piacenza  a 
ponente  colla  vai  di  Taro;  marchesato  di  Busseto,  o  Stato  Palavicino  al  nord;  e  du- 
cato di  Guastalla,  coi  principati  di  Sabiuneta  e  Bozzolo  nel  Mantovano. 

G.  Il  granducato  di  Toscana  occupava  il  pendio  occidentale  degli  Apennini  da 
Siena  alle  Maremme;  a  nord  ovest  avea  la  repubblica  di  Lucca  e  gli  Stati  di  Modena, 
e  tutt'altrove  gli  Stati  pontifizj. 

Comprendeva  il  Fiorentino,  dov'erano  l'arcivescovado  di  Firenze,  i  vescovadi  di  Pi- 
stoja,  Fiesole,  Borgo,  Arezzo,  Montepulciano  e  Cortona,  e  le  badie  di  Vallombrosa  e 
Camaldoli;  il  Pisano  coll'arcivescovado  di  Pisa,  il  vescovado  di  Volterra  e  il  porto  di 
Livorno;  il  Si'enesc  coll'arcivescovado  di  Siena,  i  vescovadi  di  Pienza,  Chiusi,  Grosseto. 
Inoltre  possedeva  il  territorio  di  Pieirasanta  Ira  Massa  e  Lucca,  quel  di  Pontrcmoti, 
l'isole  di  Gorgona  e  Giglio,  e  la  città  di  Porto  Ferrajo  nell'Elba;  mentre  il  resto  del- 
l'isola con  Piombino  formava  un  principato  iodipendenle  sotto  i  Buoncompagni.  Lo 
Stato  de'  Presidj,  cioè  i  porti  del  Sienese,  restavano  al  Napoletano. 

II.  Lo  Stato  della  Chiesa  non  si  mulo;  e  la  repubblica  di  Son  il/arinogli  fu 
sottomessa  solo  per  un  istante  nel  1759. 


STATI   MUSULMANI  299 

J.  Il  regno  delle  Due  Sicilie  era  stato  assicurato  a  un  ramo  cadetto  dei  Borboni 
di  Spagna.  I.a  parte  continentale  o  Regno  di  A'a/jo/i  componeasidi  quattro  provincia, 
ciascuna  suddivisa  in  tre:  "l"  Terra  di  Lavoro,  suddivisa  in  Campania  Felice.  Principato 
•citeriore,  Principato  ulteriore;  2"  Abruzzo,  suddiviso  in  contado  di  Molise,  Abruzzo 
citeriore,  Abruzzo  ulteriore;  3"  Puglia,  suddivisa  in  Capitanata,  Terra  di  Bari,  Terra 
d'Otranto;  4°  Calabria,  suddivisa  in  Basilicata,  Calabria  citeriore,  Calabria  ulteriore. 
La  Sicilia  partivasi  nei  tre  valli  di  Demona,  Noto,  Mazara. 

Appartenevano  al  regno  le  isole  àUschia,  Capri,  Lipari,  le  Egati.  Malta  rilevava  da 
quella  corona. 

^12.  —  Stati  musulmani. 

La  Turchia  scapitò  verso  l'Europa,  come  vedemmo;  e  dopo  i  trattati  di  Carlo- Turchia 
witz  (1699)  e  di  Passarowitz  (1718),  cessò  d'esserle  minacciosa;  pure  possedeva  più 
che  l'antico  impero  romano.  Dopo  abbandonate  le  conquiste  in  Ungheria,  conservava 
ancora,  al  sud  della  Sava,  tutta  la  Bosnia  e  parte  della  Croazia;  a  settentrione  dominava 
fin  nei  deserti  della  Tartaria  bagnati  dal  Bug  e  dal  Dniester.  Venezia  le  disputava  le 
coste  di  Dalmazia. 

La  Turchia  divideasi  in  settentrionale,  e  meridionale  o  Grecia.  La  settentrionale  chiu- 
deva 7  Provincie:  la  Bessarabia  abitata  dai  Tartari  d'Oczakov  e  di  Budziac;  ìa  Mol- 
davia; la  Valachia;  queste  provinciedi  là  dal  Danubio  non  erano  comprese  nella  si- 
stemazione per  pascialati;  il  pascialato  di  ììulgaria ;  qneì  di  Romelia;  quel  di  Servia; 
quei  di  fiosnm,  che  abbracciava  la  Croazia  e  Dalmazia  turche.  La  meridionale  formava  4 
pascialati:  di  Salonichi,  comprendente  la  Macedonia;  di  Gianina,  comprendente  l'Al- 
bania 0  Arnauta,  divisa  naturalmente  in  Albania  alta  con  Gianina,  Croja,  Durazzo,  e 
bassa  con  Aviona  e  Delvino  ;  di  Livadia,  antica  Grecia  propria;  di  Tripolizza  conte- 
nente la  Morea. 

Le  isole  dell'Arcipelago  Candia,  Egripo  (Negroponte),  le  Cicladi,  le  Sporadi,  erano 
gotto  il  comando  diretto  del  capudan-pascìà.  Alla  Turchia  spettava  pure  la  parte  del 
Cuban,  fra  la  sinistra  di  questo  fiume  e  il  Caucaso. 

In  Asia  essa  possedeva  : 

i°  La  Natòlia  o  Asia  Minore,  che  abbracciava  la  Natòlia  propria,  l'Amasia,  l'AIduIia, 
la  Caramania.  L'isola  di  Cipro  formava  un  pascialato,  con  parte  della  costa. 

2°  L'Armenia  o  Turcomania,  coi  pascialati  di  Erzerum,  Van,  Kars,  Cildir. 

3°  La  Georgia  fra  il  mar  Caspio  e  il  Nero  comprendeva  la  Mingrelia  (Colchide),  il 
Guriel  sul  mar  Nero,  l'imereto  e  il  Carduel  al  centro.  Quest'ultimo  era  feudale  al  re  di 
Persia  ;  le  tre  altre  tributarie  al  gransignore,  sotto  principi  particolari.  11  Daghestan  [Der- 
bent)  fu  in  parte  ceduto  alla  Russia. 

4'  Il  Diarbekir  al  sud  dell'Armenia  {Assiria  e  Mesopotamia)  conteneva  i  pascialati  di 
Diarbekir,  Piika,  Mossul. 

5"  Del  Curdistan,  al  sud-est  dell'Armenia,  la  parte  orientale  spettava  alla  Persia, 
l'altra  formava  il  pascialato  di  Sceheresul. 

6"  L" Irak-Arabi  al  sud  del  Curdistan,  coi  pascialati  di  Bagdad  e  di  Bassora. 

7"  La  Siria  o  Soria  lungo  il  mar  Interiore,  chiudeva  la  Siria  propria  o  pascialato  di 
Aleppo,  la  Fenicia  o  pascialato  di  Damasco,  la  Giudea  o  pascialato  di  Gaza. 

Spettavano  inoltre  alla  Turchia  le  isole  del  litorale  asiatico. 

Anche  in  Asia  decadde  quest'impero  per  le  guerre  contro  la  Russia,  la  Persia  e  i  go- 
vernatori rivoltosi.  L'ultimo  re  tributario  del  regno  giorgiano  é'Imerezia  si  riconobbe 
vassallo  alla  Russia  nel  1783. 

L'Arabia  Petrea  era  sottomessa  al  gransignore,  che  vantava  supremazia  anche  su  Me-  Arabia 
dina  e  la  Mecca,  benché  vi  dominasse  uno  scerifo  indipendente.  Kella  Deseria  fu  sempre 
impossibile  ogni  stabile  dominazione.  La  Felice  comprendeva  i  regni  di  Gamama  al 
nord,  di  Tehama  all'ovestj  di  Yemen Q  Adramaut  ìì\  sud-ovest,  di  Sieger  d\  sud  di  Oman, 
al  sud-est,  di  Lasa  all'est.  Questo  e  l'Yemen  appartenevano  alla  Porta,  formando  due 
pascialati  ;  alla  Persia  il  paese  e  le  isole  di  Bahrein  sulle  coste  di  Lasa. 

Nel  cuor  dell'Arabia,  a  mezzo  il  secolo  xvui,  Mohammed-ben-Abd-el-Wahab  fondava 


300  GEOGRAFIA  —   EPOCA   DECIMASETTIMA 

la  nuova  setta  dei  Vahabiti,  che  nel  1804  trovavasi  signora  degli  Stati  di  Agiar,  Lesa, 
Mecca,  Medina,  e  della  più  parte  d'Arabia;  nel  1818  il  bascià  d'Egitto  la  distrusse. 
Persia     Fra  la  Georgia  e  il  mar  Caspio  al  nord,  il  paese  degli  Usbeki  nella  Tartaria  indipen- 
dente al  nord-est,  il  Gran  Mogol  all'est,  al  sud  il  mare  delle  Indie  e  il  golfo  Persico,  al- 
l'ovest l'Impero  ottomano,  estendevasi  la  Persia,  divisa  in  sedici  Provincie: 

Sei  lungo  il  mar  Caspio  :  1.  il  Daghestan  (Derbent)  conquistato  nel  1720  dalla  Russia, 
2.  il  Scirvan  (ChamaquiJ;  3.  VAderbigian  (TebrizJ;  4.  il  GhUan  (Recbt)  ;  5.  il  Taba- 
ristan  o  Mazanderan  ;  6.  il  Corassan. 

Sei  al  centro,  cioè  da  oriente  in  occidente:  7.  il  Candaar  al  nordest  dell'Indo:  8.  il 
Sablestan  (Gazra);  9.  il  Segestan  (Zarang)  al  sud  est;  10.  Vlrak-Agemi,  dove  Ispaan  ca- 
pitale dell'impero;  11.  il  Laristan  parte  del  Curdistan,  di  cui  i  Turchi  occuparono  il 
resto;  12.  Virati  (Erivan)  al  nord  ovest. 

Quattro  sul  golfo  Persico  e  l'Oceano,  cioè  da  occidente  in  oriente;  13.  il  Cusistan 
fShuster)  ;  14.  il  Farsistan  (Chiraz  e  l.ar);  15.  il  Kerman,  dove  gl'inglesi  avevano 
nel  1613  fondato  il  porto  di  Bender-Abassi;  e  16.  il  Mekran. 

L'impero  de'  Sofì  è  tormentato  da  guerra  intestina  e  forestiera,  finché  Baba-kan 
(Feth-Ali-sciah)  dà  alla  Persia  i  confini  presenti  (1802J.  Ma  le  sue  frontiere  sono  con- 
tinuamente bersagliate  da  tribù  mal  sottomesse. 

L'imam  di  Mascaie  resistè  ai  Vahabiti,  e  conquistò  le  isole  di  Kism  e  Ormus,  e  parte 
del  Farsistan  e  del  Maggistan,  tenendole  sotto  la  sovranità  del  re  di  Persia;  l'isola  di 
Socolora  e  parte  della  costa  di  Zanguebar  in  Africa. 

§  15.  —  Cina  e  Tartaria. 

L' Impero  cinese  crebbe  sottomettendo  gli  Eluti  (1746-59),  sicché  tiene  la  più 
parte  dell'Asia  orientale  e  centrale  fra  il  70"  e  il  140"  di  longitudine  est,  e  il  19°  e  55° 
di  latitudine  nord.  La  Corea  è  tributaria.  Dal  1750  è  da  generali  cinesi  governato  il 
Tibet,  benché  il  Dalai-lama  ne  sia  riconosciuto  sovrano. 

La  Gran  Tar  taria  abbraccia  un  terzo  dell'Asia  fra  il  mar  Glaciale,  la  Russia 
europea,  la  Piccola  Tartaria,  il  Caspio,  la  Persia,  il  Gran  Mogol  e  la  Cina. 

Dividesi  in  Tartaria  moscovita  o  Russia  asiatica,  di  cui  già  parlammo,  e  dove  i  prin- 
cipali popoli  erano  i  Samojedi,  i  Kirghisi,  i  Tungusi.  11  kanato  indipendente  di  Karism 
fu  distrutto,  succedendogli  quel  di  Kiva,  fondato  nel  1802  da  Mohammed-Raim  capo 
usbeko. 

La  Tartaria  indipendente,  partita  fra  molle  orde,  obbedienti  a  kan  particolari  ;  come 
gii  Almaduneri,  i  Mongoli  gialli,  i  Mongoli  neri,  il  Grande  e  il  Piccolo  Tibet,  il  Tur- 
kestan, il  regno  di  Lassa  (L'Hassa),  i  Baskiri,  i  Calmuchi,  i  Turcomani  del  Caspio, 
gli  Usbeki  della  Gran  Bucarla  ecc.  Tre  orde  di  Kirghisi  e  Turcomani  indipendenti  er- 
ravano nel  paese  fra  l'Ural,  il  Caspio,  il  mare  d'Arai,  il  Siun,  le  fonti  dell'lrtisc  e  i 
monti  Algidim. 

La  Tartaria  cinese  fra  il  regno  di  Lassa  e  la  terra  di  Vesso,  dove  erano  ad  ovest  i  regni 
Calka,  il  Tangut  e  parte  del  paese  dei  Mongoli  ;  all'est  il  Bogdoi  o  Tartari  di  Kim,  gli 
Yupi,  i  Tagagriuski,  il  Niulan. 

§  14.  —  India. 

Il  resto  dell'Asia  meridionale  fra  la  Persia  e  la  Cina  costituiva  le  Indie  di  qua  e  di 
là  dal  Gange. 

L'India  di  qua  dal  Gange  obbediva  la  più  gran  parte  al  Gran  Mogol,  cui  antica  ca- 
pitale era  Delhi,  e  che  da  Aurengzeb  era  slato  portato  alla  massima  grandezza.  Alla  sua 
morte  (1700)  comprendeva  quaranta  provincie:  Agemir,  Adoni,  Concan,  Conddapah, 
Doivlatabad,  Candeish,  \ì'isapur,  che  ora  formano  l'impero  dei  Maralli  ;  Cabul,  Ca- 
scemir,  Candaar,  Sindo,  che  or  sono  TAfganistan  ;  Agra,  Jud,  Behar,  Bednore,  Bengala, 
Canara,  i  3irkar,  Carnate,  Cochin,  Caimbetor,  Delhi,  Dindigul,  Allahabad,  Gotich,  Gu- 
zerate,  Madura,  Malabar,  Malicah,  Multan,  Mijsore,  Orissa,  Tinnivelli,  Travancor,  ora 


EMANCIPAZIONE   DELLE   COLONIE    AMERICANE  301 

possessi  immediati  degli  Inglesi  -,  ììerar  e  Serinagor  mediatamente  sottomessi  a  questi  ; 
Assam  e  Butan  indipendenti,  ma  con  un  tributo  alla  Cina,  Nepal  indipendente;  Pend- 
giab  appartenente  ai  Selki. 

Aurengzel)  sottomise  anche  il  Decan,  impero  fondato  nel  1317  da  Ilassan-Baku,  capo 
della  dinastia  dei  Bhamini;  e  nel  1520  si  divise  nei  cin(|ue  regni  di  Ahmedabad,  di 
•Berar,  di  Ahmednagor,  assorti  poi  negli  altri  di  Wisapur  e  Gokonda. 

La  più  antica  tribù  del  Decan  sono  i  Maraiti,  che  allora  cominciarono  un  impero, 
divenuto  poi  principale  a  danno  di  quello  d'Aurengzeb. 

L'impero  di  Dellii,  morto  Aurengzeb,  declina,  finché  nel  17S0  gl'imperatori  trovansi 
ridotti  alla  sola  capitale;  poi  gl'Inglesi  prendono  anche  questa  nel  1805.  E  la  potenza 
inglese  succede  ai  varj  dominatori  alzatisi  sulle  rovine  di  quel  grande  impero  e  alle 
colonie  europee  (I). 

L'India  di  là  dal  Gange,  detta  anche  penisola  Orientale,  chiudeva  sette  paesi  princi- 
pali: il  regno  d'/lracon  a  occidente  in  fondo  del  golfo  di  Bengala,  tributario  al  regno 
d'Ava;  il  regno  d'^i'a  o  del  Birraan,  da  cui  dipendevano  i  piccoli  regni  d'Asem,  Tipra, 
Pegù  ;  il  regno  di  Siam,  che  abbracciava  la  penisola  di  Malacca  ;  il  regno  di  Camhaja^ 
all'est  del  golfo  di  Siam  ;  il  regno  di  Laos  al  nord-est  di  quello  di  Siam  ;  il  regno  di 
Cocincina,  da  cui  dipendea  quello  di  Ciam-po;  il  regno  di  Ton-kin  al  nord  del  predetto. 

§  15.  —  Emancipazione  delle  colonie  americane. 

Per  respingere  le  arroganze  della  madre  patria,  le  colonie  inglesi  insorsero  (1774); 
e  cinquantun  deputati,  uniti  in  Filadelfia,  decretarono  (4  luglio  1776  l'atto  di  confede- 
razione degli  Stati  Uniti,  i  quali  erano  1  ilassaciusxet,  2  /Y.  Hamphire,  5  Bhode- 
Island,  4  Connecticut,  5  N.  York,  6  N.  Yersey,  7  Pensilvania,  8  Delaicare,  9  Maryland, 
10  Virginia,  11  Carolina  del  nord,  12  Carolina  del  sud,  15  Georgia. 

Secondati  da  Francia  e  Spagna,  difendonsi,  e  costringono  l'Inghilterra  a  riconoscerli 
liberi  e  sovrani  (1785j,  abbandonando  loro  tutto  il  paese  alla  sinistra  del  Mississipì,  e 
al  nord  del  3"  parallelo. 

Nel  1787  riunironsi,  eccetto  Rhode-Island  ;  potesse  qualunque  Stato  esser  ammesso 
alla  federazione  tosto  che  contasse  sessantamila  anime:  perciò  v'entrava  il  Vermont, 
col  nome  di  N.  Connecticut.  Da  altri  paesi  ceduti  dagli  Stati  si  formò  (1796)  il  Terri- 
torio al  sud  dell'Ohio;  e  da  quelli  ceduti  dagli  Inglesi,  il  Territorio  al  nord-ovest 
dell"  Ohio. 

L'Ohio  ne  fu  staccato  per  divenire  Stato  dell'Unione  (1802).  La  parte  settentrionale 
ossia  Michigan  ne  fu  separata  il  1805,  e  ammessa  nell'Unione  il  1825;  mentre  il  centro 
e  il  sud  rimangono  occupati  dagli  Ottaway,  Pottowattami,  Miami,  l'ovest  dai  Meno- 
raoni,  il  nord  dai  Chippaway. 

L'Indiana  divenne  Stato  dell'Unione  il  1816;  Vlllinese  nel  1818. 

La  Spagna  nel  1798  cedette  all'Unione  Natchetz  ed  altri  posti  al  nord  del  31"  pa- 
rallelo; e  nel  1800  eresse  in  governo  del  Mississipì  il  territorio  tra  questo  fiume  e  la 
frontiera  occidentale  della  Georgia;  che  poi  cresciuto,  fu  nel  1817  diviso,  e  la  parte 
occidentale  formò  lo  Stato  del  Mississipì,  la  orientale  il  Territorio  d'Alabama  ammesso 
nel  1819. 

L'anno  stesso  il  Maine  fu  staccato  dal  Massaciusset  per  formare  uno  Stato. 

La  Luigiana  a  destra  del  Mississipì,  colla  N.  Orléans  resa  dalla  Spagna  alla  Francia, 
e  da  questa  venduta  agli  Stati  Uniti  per  ottanta  milioni  (1805),  fu  prima  divisa  in  due 
Territori,  di  cui  quello  al  sud  fu  detto  Luigiana  e  unito  agii  Stati  (1812);  l'altro  pure 
unito  col  nome  di  Missuri  (1821),  ma  gran  parte  resta  tuttora  agl'Indiani  selvaggi. 

La  N.  Albione  e  la  N.  Georgia  cedute  (1815)  dall'Inghilterra  all'Unione,  nel  1822 
formarono  il  Territorio  di  Columbia  o  Oregon,  abitato  quasi  soloda  Indiani  indipendenti. 

La  Florida  disputata  alla  Spagna,  che  la  cedette  per  venticinque  milioni  (1821),  fu 
ammessa  all'Unione  nel  1822, 

Per  tal  modo  la  repubblica  federativa  degli  Stati  Uniti  d' America  abbracciò 

(1)  La  serie  degli  acquisti  della  Compagnia  inglese  daremo  nell'Epoca  seguente. 


302  GEOGRAFIA  —  EPOCA  DECIMASETTIMA 

quanto  è  fra  il  24"  SO'  e  52"  26'  di  latitudine  nord,  e  il  69°  10'  e  2260  42'  di  longitu- 
dine ovest,  divisa  in  ventiquattro  Stati  :  Massaciusset,  N.  Hampshire,  Rhode-lsland, 
Connecticut,  .Y.  York,  N.  Yersey,  Pensilvaìiia,  Delaivare,  Maryland,  Virginia,  Carolina 
del  nord,  Carolina  del  sud,  Georgia,  Vermont,  Kentucky,  Tennessee,  Ohio,  Indiana,  11- 
linese,  Mississipì,  Alabama,  Maine,  Luigiana,  Missuri;  e  sei  Territorj  :  Michigan,  Uis- 
consin,  Arkansas,  Missuri,  Colombia  o  Oregon,  Florida.  Nel  distretto  /^ec/era/erf( Colombia' 
è  chiuso  Washington,  e  l'immenso  distretto  occidentale  è  abbandonato  agli  Indiani. 
Molti  di  questi  si  conservano  indipendenti. 

L'Arkansas  fu  Territorio  uel  1819,  e  Stato  nel  1836.  L'Yowa  fu  Territorio  nel  1838. 
11  Michigan,  Territorio  nel  1823,  e  Stato  nel  1836;  quando  anche  l'Uisconsin  fu  fatto 
Territorio.  Onde  l'Unione  si  compose  di  ventisei  Stati,  oltre  i  Distretti  di  Oregon,  Ozagi, 
Ozark,  Siux. 

11  trattato  di  Pietroburgo  del  1824  assegnò  per  confine  colla  Russia  il  54°  di  latitu- 
dine nord  :  il  confine  colla  Francia  fu  determinato  a  Washington  nel  1842.  Le  contese 
coll'Inghilterra  per  l'occupazione  dell'Oregon  furono  combinate  pur  ivi  nel  1846.  Trat- 
tavasi  della  regione  tra  il  42'  e  il  34"  parallelo,  vasta  come  due  Francie,  non  percorsa 
che  da  popolazioni  selvagge  e  cacciatori  intrepidi.  Per  limite  delle  due  possessioni  fu 
preso  il  49°  parallelo  a  occidente  delle  montagne  Bocciose  fin  allo  stretto  della  regina 
Carlotta,  donde  procede  a  levante  per  lo  stretto  di  Fuca,  in  modo  che  all'Inghilterra 
rimane  l'isola  di  Vancouver,  e  il  Colombia  è  libero  alla  Compagnia  della  baja  d'Hudson 
fin  al  cessar  della  carta  d'essa  Compagnia.  Non  è  ancora  ben  determinata  l'immensa 
frontiera  dai  Grandi  laghi  al  Grande  oceano. 

Così  gli  Stati  Uniti,  in  meno  di  un  secolo,  hanno  quintuplicato  la  popolazione,  tri- 
plicato il  territorio,  decuplicato  la  potenza  produttiva;  e  ciò  senza  esercito  né  con- 
quista, tranne  quella  dell'ultima  guerra  col  Messico  nel  1848.  La  quale  procacciò  agli 
Stati  Uniti  altre  851,398  miglia  quadr.,  ossia  più  d'un  terzo  del  territorio  che  aveano 
prima:  sono  esse  il  Texas,  il  iV.  Messico  e  VAlla  California,  importantissima  per  le 
inesauribili  miniere  d'oro,  e  più  per  970  miglia  di  litorale  sul  mar  Pacifico,  col  porlo 
di  Monterey  e  la  baja  di  San  Francesco,  che  è  la  migliore  sulla  costa  occidentale 
d'America. 


EPOCA      XVIII 

DAL  1789  AL  1862. 


§  i,  —  Impero  francese. 

La  Rivoluzione  francese  in  origine  erasi  proposto  di  non  aiterare  i  confini  della 
Francia;  ma  costrella  uscirne,  caml)iò  quelli  di  quasi  tutta  l'Europa.  Sarebhe  lungo  il 
seguitarne  le  vicende,  comandate  dalla  spada  e  dai  tmttali;  e  ci  limiteremo  a  descri- 
vere qual  fosse,  nel  ten)po  di  sua  maggior  grandezza,  l'impero  francese  col  regno  d'I- 
talia. Comprendeva  esso  tutta  l'antica  Francia;  l'Italia,  salvo  Lucca  e  Napoli;  parte 
della  Germania  occidentale;  il  Beljjio,  l'Olanda. 

A.  L'Impero  Francese  era  diviso  in  loO  dipartimenti:  So  formati  delle  antiche 
Provincie  francesi  :  17  di  conquiste  riconosciute  dalla  pace  di  Luneville  (1801);  e  28 
d'acquisti  posteriori. 

Degli  85  primitivi  dipartimenti,  23  erano  al  nord,  cioè;  nella  Fiandra  il  Nord 
e.  Lille,  -  Artois,  con  Calais  e  Boulogne,  il  Pas  de  Calais  e.  Arras.  —  Picardia  la 
Somme  e.  Amiens,  —  Normandia  la  Senna  inferiore  e.  Rouen;  V Bure  e.  Evreux;  il 
Calvados  e.  Caen  :  VOrnc  e.  Alengon;  h  Manche  e.  Saint-Lò.  —  Isola  di  Francia  l'^a'swe 
e.  Laon;  VOise  e.  Beauvais;  Scine  et  Oise  e.  Versailles  ;  Seine  e.  Parigi:  Seine  et  Marne 
e.  Melun.  —  Champagne  le  Ardenne  e.  Mézières;  la  Marne  e.  Chàlons  sur  Marne; 
VAube  e.  Troyes;  la  Haute  Marne  e.  Chaumont.  —  Lorena  la  Mense  e.  Bar  sur  Or- 
nain;  la  Moselle  e.  Metz;  la  Mcurthe  e.  Nancy;  i  Vogesi  e  Epinal.  —  Alsazia  VAlto 
Reno  e.  Colmar;  Basso  Reno  e.  Strasburgo. 

35  al  centro,  cioè:  nella  Bretagna  il  Finistére  e.  Quimper  ;  le  Coste  del  nord  e.  Saint- 
Brieuc;  il  Morbihan  e.  Vannes;  la  Latra  inferiore  e.  Nantes;  Ville  et  Vilaine  e.  Rennes. 
—  Maine  la  Mayenne  e.  Lavai;  la  Sarthe  e.  Le  Mans.  —  Anjou  il  Maine  et  Loire 
e.  Angers.  —  Touraine  ì'indre  et  Loire  e.  Tours.  —  Orleanese  il  Loir  et  Cher  e.  Blois; 
VEure  et  Loir  e.  Chartres:  il  Loiret  e.  Orleans.  —  Berrì  il  Cher  e.  Bourges;  Vlndre 
e.  Chateauroux.  —  Nivernese  la  Niévre  e.  Nevers.  —  Borgogna,  VYonne  e.  Auxerre; 
la  Còle  dar  e.  Dijon  ;  il  Saune  et  Loire  e.  Macon  ;  l'Ain  e.  Bourg.  —  Franca  Contea  il 
Jura  e.  Lons-leSaulnier;  il  Dov.bs  e.  Besanron;  VAlta  Saóne  e.  Vesoul.  —  Lionese  il 
Rodano  e.  Lione  ;  la  Loira  e.  Montbrison.  —  Borbonese  VAllierc,  Moulins.  —  Auvergne 
il  Puy-de-Dóme  e.  Clermont  ;  il  Cantal  e.  Aurillac.  —  Limosino  la  Corrège  e.  Tulle; 
VAlta  Vienne  e.  Limoges.  —  Marche  la  Creuse  e.  Guéret.  —  Poitou  la  Vienne  e.  Poi- 
tiers  ;  le  due  Sèvres  e.  Niort;  la  Vandea  e.  Napoléonville.  — Aunis,  con  parte  della 
Saintonge,  la  Charente  inferiore  e.  Saintes,  —  Augoumois,  con  parte  della  Saintonge, 
la  Charente  'e.  Angoulérae. 

27  al  sud,  cioè:  nella  Gujenna  la  Gironda  e.  Bordeaux;  la  Dordogne  e.  Périgueux; 
il  Lot  et  Garomie  e.  Agen  ;  il  Lot  e.  Cahors  ;  VAveijron  e.  Rodez.  —  Guascogna  le 
Lande  e.  Mont-de-Marsan;  il  Gers  e.  Auch;  gli  Alti  Pirenei  e.  Tarbes.  -  Bearn  ì  Bassi 
Pirenei  e.  Pau.  —  Linguadoca  VAlta  Garonnac.  Tolosa;  il  Tarn  e.  Albi;  VAude  e.  Car- 
cassona  ;  VHérauH  e.  Montpellier:  il  Card  e.  Nimes;  VArdéche  e.  Privas;  la  Lozère 
e.  Mende;  VAlta  Loire  e.  Le  Puy.  —  Contea  di  Foix  VArriège  e.  Foix.  —  Rossiglione 
i  Pirenei  Orientali  e.  Perpignano.  —  Delfinato  V Isera  e.  Grenoble;  la  Dróme  e.  Va- 
lenza; le  Alte  Alpi  e.  Gap.  Provenza  le  Basse  Alpi  e.  Digne  ;  le  Bocche  del  Rodano 
e.  Marsiglia;  il  Varo  e.  Brignoles.  —  Corsica  il  Gaio  e.  Bastia;  il  Liamone  e.  Ajaccio. 

l  17  dipartimenti  confermati  nel  trattato  di  Luneville  erano  :  nel  contado  Venesino, 
unito  nel  1791,  il  dipartimento  di  Vulchiusa  e.  Avignon.  —  Savoja  e  territorio  di  Gi- 


304  GEOGRAFIA  —  EPOCA   DECIMOTTaVA 

nevra  il  Lemano  e.  Ginevra;  il  Monbianco  e.  Chambery.  —  Contea  di  Nizza  col  princi- 
pato di  Monaco,  uniti  nel  1793,  le  Alpi  marittime  e.  Nizza.  —  Paesi  Bassi  Austriaci  o 
Belgio  la  Lys,  formata  della  Fiandra  occidentale,  e.  Bruges;  la  Schelda  o  Fiandra  orien- 
tale, e.  Gand  5  Jemmapes  e.  Mons;  Sambre  et  Mense  e.  Namur;  le  Foreste  e.  Luxemburg; 
ì'Ourthe  e.  Liège;  la  il/oso  inferiore  e.  Maestricht;  la  Dyle  e.  Bruxelles  -,  le  Due  Néthes 
e.  Anversa.  Alla  sinistra  del  Reno  la  Sarre  e.  Treveri  ;  il  Mont  Tonnerre  e.  Magonza; 
il  dipartimento  di  Reno  e  Mosella  e.  Coblentz;  il  Roer  e.  Aquisgrana. 

Dei  28  dipartimenti  novamente  conquistati,  cinque  erano  nel  Piemonte,  riuniti  il  1802, 
cioè  la  Dora  e.  Ivrea;  il  Po  e.  Torino;  la  Stura  e.  Cuneo;  Marengo  e.  Alessandria; 
Sesia  e.  Vercelli. —  Liguria, rìun'dk  il  1S05,  Montenotte  e.  Savona;  Genova  e.  Genova; 
gli  Apennini  e.  Chiavari.  Ducato  di  Parma,  unito  il  1808,  il  Taro  e.  Parma.  —  To- 
scana, unita  l'anno  stesso,  VArno  e.  Firenze;  il  Mediterraneo  e.  Livorno;  VOmbrone 
e.  Siena.  Nella  parte  sud-ovest  degli  Stati  Romani,  unita  il  1809,  il  Tevere  e.  Roma;  il 
Trasimene  e.  Spoleto.  —  Olanda  meridionale,  al  sud  del  Wahal,  unita  l'anno  stesso,  le 
Bocche  della  Schelda  e.  Middelburg  ;  le  Bocche  del  Reno  e.  La  Aja.  —  Regno  d'Olanda, 
riunito  il  1810,  le  Bocche  della  M osa  e.  Bois  le-Duc;  lo  Zwtdersee  e.  Amsterdam  ;  VYssel 
superiore  e.  Arnheira;  le  Bocche  dell' Yssel  e.  Zwolle;  la  Frisia  e.  Leuwarden;  VEms 
occidentale  e.  Groninga;  VEms  orientale  e.  Aurik.  —  Hannover  e  Westfalia,  uniti 
il  1810,  la  Lippe  e.  Munster;  VEms  superiore  e.  Osnabruck;  le  Bocche  del  Weser 
e.  Brema;  le  Bocche  dell' Elba  e.  Amburgo.  — TaZese  unito  il  1810,  il  Sempione  e.  Sion. 

B.  Il  Regno  d' /< a/» a  abbracciava  la  parte  settentrionale  e  l'orientale  della  peni- 
sola dall'Alpi  al  Tronto,  diviso  in  24  dipartimenti,  e  in  6  divisioni  militari.  La  divi- 
sione di  Milano  comprendeva  i  dipartimenti  ùtW Agogna  e.  Novara,  dell'O/ona  e.  Mi- 
lano, del  Lario  e.  Como,  dell'adda  e.  Sondrio.  Quella  di  Brescia  quattro,  àtW Alto 
Adige  e.  Trento,  del  Serio  e.  Bergamo,  del  Mella  e.  Brescia,  dell'^/<o  Po  e.  Cremona. 
—  Di  Mantova  aveva  i  dipartimenti  del  Mincio  e.  Mantova,  dell'Adige  e.  Verona,  del 
Basso  Po  e.  Ferrara.  —  Di  Venezia  sei,  della  Brenta  e.  Padova;  à^W Adriatico  e.  Ve- 
nezia, del  Tagliamento  e.  Treviso,  del  Passeriano  e.  Udine,  della  Piave  e.  Belluno,  del 
Bacchiglione  e.  Vicenza.  —  Di  Bologna  quattro,  del  Crostolo  e.  Reggio,  del  Panaro 
e.  Modena,  del  Reno  e.  Bologna,  del  Rubicone  e.  Forlì.  —  D'Ancona  tre,  del  Metauro 
e.  Ancona,  del  Musone  e  Macerata,  del  Tronto  e.  Fermo. 

Erano  rimaste  indipendenti  la  repubblica  di  San  Marino  e  il  principato  di  Lucca, 
dato  con  Piombino,  Massa  e  Carrara  ai  Baciocchi. 

Alleati  dell'Impero  erano: 

1.  La  repubblica  Elvetica  di  venti  Cantoni. 

2.  La  confederazione  Renana,  che  comprendeva  trentaquattro  Stati,  di  cui  i  princi- 
pali erano  i  regni  di  Baviera,  WUrtembery,  Sassonia,  Westfalia;  i  granducati  di  Baden, 
Berg,  Assia- Darmstadt  e  Franco  forte. 

3.  11  regno  di  Napoli,  in  mezzo  al  quale  erano  i  nuovi  principati  francesi  di  Bene- 
vento e  Pontecorvo. 

4.  Le  Provincie  illiriche. 

§2. 

Il  trattato  di  Vienna  (1815)  diede  all'Europa  l'assetto,  che  poi  conservò  fin  quando 
nel  1848  furono  rimessi  in  quistione  i  destini  europei,  i  confini  dei  popoli,  le  naziona- 
lità, sicché  tutto  è  ora  incerto  e  indeterminato. 

Divideremo  l'Europa  in  meridionale,  media  e  settentrionale.  Questa  divisione,  come 
tutte  le  puramente  artifiziali,  è  tutt'altro  che  esatta,  e,  per  esempio,  si  troverà  nella 
settentrionale  la  Russia,  che  si  stende  fin  al  mezzodì;  nella  media  1'  Hannover  e  il  Me- 
cklemburg,  che  è  più  settentrionale  di  Londra  ;  e  così  via.  Pare  tra  le  varie  divisioni 
adottate  questa  ci  parve  meglio  opportuna  all'intento  storico  dell'opera  nostra. 


PENISOLA   IBERICA  303 

EUROPA    MERIDIONALE. 
Penìsola  iberica. 

È  fra  il  36"  e  il  44o  di  latitudine,  il  1"  orientale  e  il  12°  occidentale  di  longitudine; 
lunga  580  miglia,  larga  502;  cinta  dal  mare  fuorché  al  nord-est,  i  Pirenei  la  separano 
dalla  Francia.  Comprende  la  Spagna,  il  Portogallo,  la  repubblica  d'Andorra,  e  Gibilterra 
posseduta  dagl'Inglesi, 

A.  La  Spagna  ha  confini  naturali  da  tre  parti;  all'occidente  tocca  il  Portogallo, 
a  guisa  di  piramide  dal  mare  elevasi  verso  il  centro  fin  6U0  metri  ;  e  il  suolo  ad  ogni 
piano  ha  natura  differente.  Alla  base  temperatura  calda,  inesauribile  la  terra,  naviga- 
bili i  fiumi.  Questi  al  primo  scaglione  sono  rotti  da  scogliere,  e  le  montagne  ofCrono 
un  labirinto  boscoso,  opportunissimo  alla  difesa;  poi  s'inalza  su  su  fin  alla  Maledetta, 
a  più  di  3300  metri,  con  nevi  perpetue,  agli  Alpuxarras  e  alla  Sierra  Nevada.  Da  questi 
giganti  diramansi  molte  sten*?,  aperte  con  gole  famose  nella  storia  della  difesa  del  paese. 
Al  centro  stanno  i  parameras,  pianure  deserte  e  sabbiose,  di  clima  aspro,  donde  le 
acque  scendono  o  spumeggiando  fra  le  roccie,  o  riposando  nelle  huertas,  fertili  pianori. 
Sifatta  natura  di  suolo  spiega  la  storia  della  penisola. 

La  razza  celtica,  venendo  da  occidente,  toglie  alla  primitiva  iberica  il  fertile  bacino 
del  Duero,  del  lago,  della  Guadiana,  spingendo  gl'indigeni  verso  il  centro  montuoso. 
1  Fenicj,  giunti  da  mezzodì,  occupano  la  costa,  somigliante  alle  africane:  ma  le  irru- 
zioni di  montanari  gli  obbligano  a  una  lotta  continua,  prolungata  sotto  i  Cartaginesi,  i 
Greci,  i  Romani.  Quest'ultimi  non  si  credettero  padroni  della  penisola  se  non  dopo  la 
presa  di  Kumanzia,  che  dava  loro  le  sorgenti  dei  fiumi;  pure  scelsero  per  sede  Toledo, 
già  centro  della  potenza  fenicia,  e  poi  de' Visigoti.  1  Mori  si  piantarono  a  Cordova,  il 
che  ne  limitava  la  dominazione,  e  rendeva  impossibile  l'unità.  I  Cristiani  invece  aveano 
occupato  le  cime,  inabitabili  agli  Africani;  e  padroni  dei  fiumi,  ben  presto  scesero  su 
questi  a  Toledo,  e  via  e  via  al  resto  della  Spagna.  Per  dominare  il  centro  si  fabbricò 
Madrid  in  un'alta  solitudine:  ma  né  poterono  ottenere  lo  sbocco  de' fiumi,  cioè  il  Por- 
togallo, né  avere  in  piena  obbedienza  le  forti  città  della  costa;  sicché  la  lotta  nazionale 
può  dirsi  non  ancora  terminata. 

Oltre  li  milioni  di  Spagnuoli  proprj,  v'ha  800  mila  Baschi  in  Navarra  e  Biscaglia. 
Vuoisi  che  negli  Alpuxarras  vivano  tuttora  moltissime  famiglie  moresche,  e  nella  Sierra 
Morena  colonie  tedesche,  piantate  da  Olavides  nel  1767. 

Sul  primo  piano  delle  montagne  coltivansi  il  riso,  il  mais,  gli  olivi  ;  e  sulle  coste  la 
vite  ed  il  grano,  I  piani  sabbiosi  della  Casti^lia  sono  sferzati  dal  sole;  come  dal  solano, 
vento  d'Africa,  le  coste  meridionali.  In  Andalusia  prosperano  il  banano,  la  palma,  il 
cacto,  lo  zucchero,  il  caffè;  a  Granata  e  Valenza  i  gelsi  ed  il  cotone;  a  Malaga,  Cadice, 
Murcia  immense  piantagioni  di  nopal  resero  indigena  la  cocciniglia;  la  cannamele  ar- 
ricchisce Malaga,  Valenza,  Granata;  e  dapertutto  vigne,  aranci,  lauri,  granati;  né  si  ri- 
chiedono che  braccia  per  ottenere  di  nuovo  le  biade,  che  ne  facevano  il  vanto  sotto  i 
Romani.  11  miele  di  Cuenra  è  bianco  ed  aromatico;  nel  centro  della  penisola  raccol- 
gonsi  ghiande  dolci  ;  rinomate  sono  le  vigne  di  Malaga,  e  gli  aranci  di  Tarifa.  Partico- 
lari sono  i  cavalli  andalusi,  i  bovi  del  Guadalquivir  e  i  merini  :  di  questi  contansi  og- 
gidì da  otto  milioni  stabili  e  cinque  migranti,  che  in  ottobre  lasciano  le  alpi  della 
Vecchia  Castiglia  per  andar  a  pascolare  nei  piani  dell'Estremadura  e  nell'Andalusia  a 
mille  e  più  per  branco,  con  libertà  di  pascere  dove  passano,  poi  in  maggio  tornano  per 
la  tosatura.  Mesta  chiamasi  una  società  di  proprietarj  di  bestiame,  che  sotto  la  condotta 
di  quindicimila  pastori  fa  viaggiare  merini,  col  diritto  a  pascolar  sulle  strade  a  2}  piedi 
di  larghezza,  nei  luoghi  abitati  tagliare  un  ramo  d'ogni  albero  per  far  fuoco  ecc.  ;  ha 
tribunale  speciale  per  le  controversie  fra  pastori  e  proprietarj. 

Negli  Alpuxarras  sono  le  maggiori  miniere  di  piombo  d'Europa;  e  dopo  perdute  le 
colonie  d'America,  si  tornò  a  cavare  quelle  d'oro  e  d'argento,  ricchezza  de' Cartaginesi 
e  de'  Romani  antichi.  Han  rinomanza  le  tele  dell'Estremadura,  i  marocchini  di  Cordova, 

CantO,  Documenti.  —  Tomo  I,  Geografia  politica,  20 


306 


GEOGRAFIA  —  EPOCA  DECIMOTTAVA 


le  Stoffe  di  Granata,  le  sete  di  Valenza,  di  Murcia  e  della  Catalogna,  i  pannilani  di  Bur- 
gos  e  Barcellona,  i  merletti  d'Almagro,  il  tabacco  e  le  orerie  di  Siviglia.  Catalogna  è 
importante  per  gli  olj,  i  grani  e  le  manifatture  crescenti:  Alicante  ed  Alcoy  fioriscono 
per  cartiere  e  panni:  Malaga  primeggia  per  commercio  di  piombo,  mercurio,  saponi: 
l'Andalusia  abbonda  di  miniere  di  rame,  ferro,  piombo,  mercurio,  argento:  la  Galizia, 
l'Asturia,  la  Biscaglia  hanno  letti  di  carbon  fossile  e  di  ferro:  l'acciajo  da  antico  lavo- 
rasi nelle  provincie  basche.  Rinomate  sono  le  fiere  di  Cartagena;  Siviglia  è  il  centro  del 
gusto  e  delle  arti. 

Insomma  il  paese  darebbe  ogni  ben  di  Dio  se  potesse  alfine  assodarsi  nella  libertà.  La 
peggior  mancanza  è  quella  di  comunicazioni  pronte  e  sicure;  e  il  trasporto  degli  olj  da 
Malaga  a  Madrid  costa  sette  volte  più  che  da  Malaga  a  Pietroburgo,  cioè  nel  primo  caso 
52  centesimi  per  chilogramma,  nel  secondo  appena  7  Va-  Pochi  canali,  e  solo  per  l'ir- 
rigazione. Nel  conto  del  commercio  spagnuolo  del '184.3,  l'ultimo  che  si  conosca,  l'aspor- 
tazione non  dà  che  S  milioni  e  mezzo  in  lane;  2  1/4  in  seta  tessuta;  uno  in  tessuti  di 
lana,  cotone,  lino;  10  in  minerale  d'argento;  41/3  in  piombo;  5  in  frutte  secche; 
4  1/2  in  cocciniglia  e  robia;  poi  olj,  zafferano,  sovero,  limoni,  aranci,  grani,  bestiame; 
arrivando  fra  tutto  a  55  milioni. 

Il  doblone  di  8  scudi  vale  lire  81  51  ;  la  pistola  11.  21  ;  la  piastra  11.  5  40;  34  raara- 
vedi  fanno  50  cent,  il  piede  è  metri  0.282;  la  libbra,  granirne  460;  la  lega  comune, 
metri  6680.  La  legge  del  31  maggio  1847  fa  unità  il  reale ,  del  peso  di  25  grani,  e  del 
valore  di  28  centesimi;  10  reali  fanno  mezza  piastra. 

Gravissimo  è  il  debito  pubblico,  montando  a  16,227,474  922  reali  nel  1844;  e  nel 
1857  era  ridotto  a  750  milioni,  ma  sottoponendosi  all'annua  gravezza  di  22,657,214 
reali  ;  oltre  700  milioni  di  debito  lluttuante;  talché  il  debito  sommerebbe  ancora  a  4000 
milioni  di  franchi,  il  bilancio  del  1856  dà  la  rendita  di  1,471,896,257  reali;  ma  tutto  è 
disordinato. 

In  istile  di  cancelleria  quella  penisola  dividesi  in  paese  della  corona  d'Aragona ,  e 
della  corona  di  Castiglia;  militarmente  in  12  capitanerie  generali;  e  amministrativa- 
mente, dopo  il  1853,  in  49  provincie,  denominate  dal  loro  capoluogo,  eccetto  la  Na- 
varra,  l'Alava,  la  Biscaglia  propria,  e  la  Guipuscoa,  che  conservano  questi  nomi  antichi, 
e  godevano  grandi  privilegj,  pei  quali  a  lungo  combatterono.  Eccole  : 


Antiche  provincie 

Nuova  Castiglia . 
.     1,233,587 


Mancia  .  . 
270,700. 


Vecchia  Castiglia 
1 ,609,948 


\ 


Nuove  Provincie 

Madrid 
Toledo 
Guadalajara 
Cuen^a 

Ciudad-real 

Burgos 

Logrogno 

Santander 

Soria 

Segovia 

Avila 

Palencìa 

Valladolid 


ÌLeon 
Za  mora 
Salamanca 

Asturie [  Oviedo 

i  La  Cotogna 

Galizia l  Lugo 

1,776,879,  ì  Orense 

(  Pontevedra 


10 


Slip,  in  leghe  qiiadr. 
(la  20  al  grado 

257.  06 
438. 
444. 
728. 

666. 


00 


14 


04 


436 

152. 

162.  18 

258. 

224. 

275. 

217. 

256. 

593. 
261. 
386. 
398. 
257.  09 
258. 
194. 
424,  47 


Popolazione 
nel  maggio  -1857. 

483,795 
3i0,635 
242,171 
243,200 

277,788 

347,693 
183,203 
232,523 
178,615 
162,082 
187,156 
205,660 
255,116 

354,295 
262,451 
280,722 
555,215 
573,114 
4i6,801 
406,994 
464,969 


PENISOLA   IBEnir.A 


:^n7 


Estremadura  .  ,  .  .  | 
707,115.  I 


Andalusia.  . 
2,927, 3o7. 


TVIurcia  .  . 

582,087. 


Valenza  .  .  . 
1 ,246,383. 


Aragona J 

8,806,473.  j 

Catalogna ) 

1,652,291. 


Provincie  Basche  o  \ 
Vascongadi .  .  .  .  < 
710,892.  ) 


Badajoz  5593. 

Caceres  607.  08 

Siviglia  378.  02 

Cadice  236.  18 

Iluelva  277. 

Cordova  420.  10 

Jaen  430. 

Granata  283. 

Almeria  275.  08 

Malaga  2.'i5, 

Murcia  423. 

AllìQcete  529. 

Valenza  346. 

Alicante  213. 
Castiglion  del  Piano      241. 

Saragozza  536. 

Iluesca  538.  08 

Teruel  434. 

Barcellona  252. 

Tarragona  205. 

Lerida  386. 

Gerona   '  190. 

Navarra  337.  18 

Biscagiia  (Bilbao)  95,  10 

Guipuscoa  51.  10 

Alava  (Vittoria)  110. 


Isole  Baleari . 
—    Canarie 


Totale  del  continente  . 


Totale  delle  isole 


15,670. 

76 

82. 

69 

151. 

56 

234. 

23 

2,309. 

188, 

73 

6, 

75 

810. 

Capitaneria  generale  di  Cuba 2,309 

—  —        di  Portorico  .  .  . 

Le  Vergini  spagnuole 

San  Domingo 


Totale  dell'America.  .  .       3,314.  50 

Asia  e  Terre  australi.  Capitaneria  generale 

delle  Filippine 2,507. 

Africa 24.  50 

Totale  della  popolazione  in  Europa  circa  17  milioni, 
—  —         nelle  colonie        3 


427,032 
313,912 
501 ,030 
397,701 
184,110 
362,538 
301,190 
461 ,240 
326,040 
471 ,554 
387,377 
211,402 
622,677 
392,990 
312,748 
397,366 
270,157 
230,616 
750,804 
339,012 
316,868 
328,736 
308,622 
160,470 
164,991 
100,750 

15,807,753  (1) 

266,952 
227,146 

494,098 

1,449,462 

380,000 

2,600 

200,000 

2,032,062 

2,679,300 
17,071 


Madrid  capitale  ha  300  mila  abitanti;  Barcellona  232  mila;  Siviglia  152  mila;  ma 
tutti  i  computi  statistici  sono  stranauiente  variati  da  anno  ad  anno,  e  da  libro  a  libro* 
Fatto  è  che  la  fertile  Spagna  conta  50  abitanti  per  chilometro  appena. 

Essa  ebbe  già  un  dominio  più  esteso  che  la  moderna  Russia,  che  l'antica  Roma  o 
la  Macedonia,  cioè  su  quasi  24  milioni  di  chilometri  di  superficie,  che  è  un  quinto 
del  mondo  conosciuto  allora.  Adesso  ,  perduta  la  maggior  parte  delle  sue  possessioni, 
le  restano  in  Africa  le  Canarie,  le  isole  della  Guinea  e  i  Presidj,  le  fortezze  della  costa 
di  Marocco  fra  cui  Ceuta;  nelle  Anlilie  Portorico,  Cuba  la  maggiore  e  una  delle  più  fer- 
tili e  meglio  situate;  nell'Oceania  gli  arcipelaghi  delle  Marianne  e  delle  Filippine,  parte 


(I )  A  BÌDìstra  ponemmo  le  eifre  complessive  deU'iàUimo  cmsìracnto. 


308  GEOGRAFIA  —  EPOCA   DECIMOTTAVA 

dell'isola  di  Mindanao  e  di  quella  di  Palmcaìi,  formanti  la  capitaneria  generale  delle 
Filippine,  dov'è  Lmson  o  Manilia,  la  città  piij  grande  dell'Oceania  (1). 

B,  Monarchia  portoghese.  Nel  1801  gli  Spagnuoli  tolsero  al  Portogallo  la  città 
d'Olivenza,  in  modo  che  laGuadiana  restò  confine  dei  due  regni,  e  la  conservarono  nei 
trattati  del  1813:  ai  Portoghesi  rimasero  sulla  sua  sinistra  Mourao  e  Serpa.  Dal  1835 
il  Portogallo  è  diviso  nelle  6  provincie  di  Minho,  Tras-os-montes,  Beira,  Estremadura, 
Alem-Tfjo,  Algarve^  che  formano  17  distretti  civili,  aventi  la  superficie  di  91,000  chi- 
lometri quadrati,  e  3,560,000  abitanti. 

Giusta  una  relazione  del  conte  di  Tojal,  tant'era  difficile  l'esazione,  che  nel  1845 
restavano  d'arretrato  15  milioni  di  franchi.  Egli  stesso  per  quell'anno  valutava  le  spese 
25  milioni,  e  l'entrata  11  milioni  di  franchi;  onde  enorme  il  disyuaglio.  Il  debito  con- 
solidato calcolavasi  allora  a  circa  33,000  milioni  di  reis  l'interiore,  e  48,000  milioni 
l'esteriore;  oltre  10,175  milioni  di  debito  non  consolidato.  11  conto  del  1802-67  mette 
d'entrata  circa  14  milioni  di  milreis,  cioè  100  milioni  di  franchi  ;  ma  il  disavanzo  va 
sempre  crescendo:  il  debito  sale  a  131,247  milioni  di  reis,  e  nel  1852  si  fece  la  ridu- 
zione forzata  degl'interessi  del  5  al  3  f/^. 

L'antica  moneta  d'oro  era  il  doblone  di  lire  169.  23  5  il  nieda-douro  di  11.  34;  la 
meja-doubra  di  II.  45.  27:  la  vecchia  crusada  valea  11.  3.  30;  la  nuova  11.  2.  90.  11 
contos  fa  un  milione  di  reis:  il  millereis  è  qualcosa  più  di  7  franchi,  il  piede  è  di  me- 
tri 0,328;  la  lega  marina  di  metri  5555. 

Nel  bacino  della  Guadiana  inferiore  provasi  un  calore  equatoriale,  solo  temperato  dai 
venti  di  mare.  Dolce  è  la  temperatura  sulle  alture,  e  così  nel  bacino  del  Tago;  e  sulla 
montagna  di  Souza  raccolgonsi  il  ghiaccio  e  la  neve  pel  consumo  di  Lisbona.  Da  otto- 
bre a  gennajo  dominano  le  pioggie;  in  luglio  e  agosto  calori  stemperati,  ma  fresche 
notti.  La  fertile  riva  della  Guadiana  inferiore  è  capace  d'eccellente  coltura,  e  così  la 
valle  del  Tago;  ma  giaciono  quasi  spopolate.  La  vigna  è  preziosa,  e  dà  i  vini  di  Porto, 
i  moscati  di  Setubal ,  i  bianchi  degli  Algarvi,  i  rossi  di  Lisbona.  Bella  è  la  razza  dei  ca- 
valli, d'origine  araba;  eccellenti  i  muli.  Vuoisi  che  Giovanni  de  Castro  nel  1520  por- 
tasse il  primo  arancio  in  Portogallo,  donde  col  nome  di  portogalli  si  diffusero  al- 
l'Europa. 

Lisbona  ha  250  mila  anime;  provò  quindici  tremuoti,  e  quello  dell'Ognissanti  nel 
1755  abbattè  seimila  case,  uccise  trentamila  persone;  il  suo  porto  è  de'  migliori  del 
mondo,  e  l'acqua  vi  giunge  per  un  stupendo  acquedotto  lungo  2000  metri.  Oporto,  se- 
conda città  del  regno,  ha  90  mila  abitanti.  ACoimbra  è  l'università,  e  vi  sedettero  molti 
re.  I  primi,  come  pure  gli  antichi  proconsoli  romani,  e  i  re  alani,  vandali,  visigoti, 
arabi  sedevano  a  Evora. 

Perdute  le  colonie,  cessò  il  traffico  che  rendeva  importantissima  Lisbona:  pure  il 
paese  va  emancipandosi  dal  despotismo  mercantile  dell'Inghilterra.  Biechissima  è  la 
fiera  di  Viseu,  e  quella  di  vini  a  Peso  da  Begoa  :  da  Villareal  asportasi  per  milioni  in 
vino,  e  da  Setubal  in  aranci ,  oltre  il  sale  e  le  concie.  Né  vi  mancano  miniere.  Il  pro- 
getto di  render  navigabile  il  Tago  da  Lisbona  a  Toledo  fu  studiato  fin  dal  tempo  di  Fi- 
lippo II,  e  potrebbe  mutar  faccia  alla  penisola. 

Bestano  al  Portogallo  in  Africa  le  Azzore  f2i0  mila  abitanti),  e  il  gruppo  di  Madera 
(107  mila)  e  di  Capoverde  (85  mila)  ;  inoltre  alcuni  stabilimenti  nella  Senegambia,  al- 
cune isole  nel  golfo  di  Guinea,  la  capitaneria  generale  à' Angola  e  di  Congo^  e  il  go- 
verno di  Mozambiche  (268  mila)  che  comprende  tutta  la  costa  dell'Africa  orientale  dalla 
baja  di  Lagna  al  capo  Delgado,  colla  sovranità  su  la  più  parte  dell'antico  Mononiotapa: 
in  tutto  un  milione  d'abitanti.  In  Asia,  il  viceregno  dell'India,  costituito  di  ViUanova 
sull'isoletta  di  Goa  ;  Damaor  e  Dm  nel  Guzerate,  città  famose  ora  perite:  582  mila 
anime;  Macao  nella  Cina.  Nell'Oceania,  parte  dell'isola  di  Timor  che  è  il  possesso  più 
rilevante,  e  le  due  isolette  di  Sabrao  e  Solor:  380  mila  anime.  Le  colonie  sui  lidi  d'A- 
frica non  erano  che  stazioni  sulla  strada  verso  l'Asia.  Nulla  conserva  nell'America,  ove 
avea  fondato  l'impero  più  ricco  del  mondo.  Le  colonie  dell'Africa  orientale  e  dell'lndo- 
Cina  sono  passive  :  utili  soltanto  quelle  dell'Africa  occidentale,  e  i  pochi  avanzi  di  Goa, 
Diu,  Daman. 

(\)  Della  forza  militare  di  questo  e  degli  altri  Stati  parliamo  nei  Documenti  sulla  Guerra. 


ITALIA  309 

C.  La  Repubblica  d' Andorra  è  una  valle  de' Pirenei ,  con  trentarjuattro  vil- 
laggi, di  cui  principale  Andorra,  sotto  la  protezione  della  Francia  e  del  vescovo  d'Urgel, 
cbe  vi  nominano  ciascuno  un  dei  giudici.  Jo  mila  abitanti. 

D.  Gibilterra  non  ha  d'importante  che  la  posizione.  16  mila  abitanti. 

g   3.  —  Italia. 

L'Italia  di  cui  abbiani  dato  la  descrizione  geografica  a  pag.  190,  ha  da  ventotto  mi- 
lioni d'abitanti,  tutti  cattolici  e  parlanti  italiano,  salvo  pochissimi  comuni  albanesi,  te- 
deschi, valdesi.  Eppure  fu  sempre  divisa  fra  molti  Stati;  grande  varietà  nell'unità  in- 
distruttibile. Eccone  il  prospetto  negli  ultimi  tempi  del  vecchio  assetto. 


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3J0  GEOGRAFU  —   EPOCA   DECIMOTTAVA 

A.  Il  Regno  di  Sardegna  comprendea  l'isola  di  Sardegna  e  i  dorainj  di  Terra- 
ferma. La  maggior  larghezza  della  Sardegna  è  di  miglia  geogr.  77  ijo,  è  la  maggior 
lunghezza  di  miglia  144  1|4,  formando  un  circuito  di  miglia  800:  dei  dominj  in  Ter- 
raferma la  larghezza  maggiore  è  miglia  148,  la  lunghezza  176. 

Lo  statuto  monarchico-rappresentativo,  fu  sanzionalo  da  re  Carlo  Alherto  il  4  marzo 
1848. 

Lo  Stato  era  distribuito  in  14  divisioni  amministrative,  di  cui  3  in  Sardegna:  ciascuna 
amministrata  e  governata  da  un  intendente  generale,  assistito  da  un  consiglio  consultivo 
e  contenzioso  5  e  suddivisa  in  provincie,  rette  da  un  intendente.  Eccone  i  nomi  :  l''  di- 
visione di  Torino,  provincie:  Torino,  Pinerolo,  Susa.  —  2*  di  Genova,  prov.  Genova, 
Chiavari,  Novi,  Levante.  —  3^  di  Ciamherì,  prov.  Ciamberì,  Alta  Savoja,  Moriana,  Ta- 
rantasia.  —  A^  di  Alessandria,  prov.  Alessandria,  Asti,  Voghera,  Tortona,  Bobbio.  — 
5*  di  Cuneo,  prov.  Cuneo,  Saluzzo,  Mondovi,  Alba.  —  6=*  di  Nizza,  [)rov.  Nizza  marit- 
tima, Oneglia,  Sanremo.  —  7*  di  Novara,  prov.  Novara,  Lomellina,  Ossola,  Pallanza, 
Valsesia.  —  B^"  d'Annecij,  prov.  Genevese,  Chiablese,  Fossignì.  — 9*  d'Ivrea,  prov.  Ivrea, 
Aosta.  —  10"  di  Savona,  prov.  Savona,  Acqui,  Albenga.  —  11^  di  Vercelli,  prov.  Ver- 
celli, Casale,  Biella.  —  12"  di  Cagliari,  prov.  Cagliari,  Iglesias,  Isili,  Oristano.  — 13"  di 
Sassari,  prov.  Sassari,  Alghero,  Ozieri,  Tempio.  —  14''  di  Nuoro,  prov.  Nuoro,  Cu- 
glieri,  Lanusei. 

Ogni  provincia  comprendeva  un  determinato  numero  di  Comuni,  che  sono  2711  in 
Terraferma,  388  nell'isola  di  Sardegna.  A  capo  del  Comune  sta  un  sindaco,  ufficiale  go- 
vernativo e  amministratore  del  Comune.  Un  consiglio  generale  elettivo  delibera  sugli 
interessi  comunali;  ed  è  rappresentato  in  sua  vacanza  da  una  giunta.  Un  consiglio  pro- 
vinciale ed  un  altro  divisionale  sono  pur  chiamati  a  discutere  sovra  le  esigenze  di 
ciascuna  provincia  e  di  ciascuna  divisione,  deliberare  il  suo  bilancio,  vederne  i  conti. 

Per  l'amministrazione  della  giustizia  civile  e  criminale  ordinaria,  lo  Stato  era  ripar- 
tito in  sei  distretti  (Torino,  Genova,  Ciamberì,  Nizza  marittima.  Casale,  Cagliari),  in 
ognuno  dei  quali  sedeva  una  Corte  d'appello,  sotto  cui  esercitavano  le  funzioni  giudi- 
ziarie in  prima  instanza  i  tribunali  provinciali,  e  subordinatamente  a  questi  i  giudici 
mandamentali,  incaricati  di  conciliare  0  decidere  le  contestazioni  piìi  ovvie.  In  alcuni 
distretti  esisteano  speciali  tribunali  di  commercio:  dove  questi  non  sono,  ne  fanno  le 
veci  i  tribunali  provinciali.  Suprema  direttrice  della  disciplina  giudiziaria  e  custode 
della  legalità  sedeva  in  Torino  la  Corte  di  cassazione.  Il  contenzioso  amministrativo  avea 
giudici  speciali  nei  Consigli  d'intendenza  generale,  e  in  grado  d'appello  nella  regia  Ca- 
mera dei  conti.  La  giustizia  militare  esercitavasi  dai  Consigli  di  guerra  e  dall'Uditorato 
generale. 

Torino,  capitale  del  regno,  nel  1838  numerava  117  mila  abitanti;  nel  18i8, 136  mila, 
nel  1837,  170;  oggi Genova  contava  120  mila  anime;  oggi 

Dal  1848  al  58  si  contrassero  debiti  per  571,152,133,  portanti  l'interesse  di 
25,837,339;  sicché  il  debito  era  di  720,600,000  lire,  pel  cui  servizio  si  stabilirono  40 
milioni  e  mezzo. 

Pesi  e  misure  legali  sono  i  metrici.  La  ferrovia  tra  Genova  e  la  capitale,  lunga  166 
chilometri,  costò  al  governo  142  milioni  di  franchi.  Un'altra  per  la  Francia  penetrerù, 
presso  Susa,  nelle  viscere  del  Moncenisio  per  13chilom.  Più  altre  se  ne  apersero  0  sono 
in  progetto. 

La  Sardegna  aveva  2  milioni  di  abitanti  sotto  la  dominazione  romana;  ma  a  poco  a 
poco  decrebbe  fino  ad  800  mila;  ed  ora  non  ne  ha  più  di  574  mila.  Il  terreno  coltivabile 
si  eleva  a  più  di  due  milioni  di  ettari.  I  Romani  la  chiamavano  il  granajo  ji  Homa  e  le 
raccolte  ne  erano  talmente  abbondanti,  che  vennero  fatti  costruire  espresso  magazzini 
per  accoglierle;  e  il  prezzo  talmente  basso,  che  le  derrate  erano  vendute  pel  valor  delle 
spese  e  del  trasporto. 

All'esposizione  internazionale  di  Londra  del  1862,  nella  categoria  cereali,  la  provin- 
cia di  Cagliari  ha  fornito  essa  sola  79  espositori,  cifra  fuori  di  proporzione  con  quelle 
delle  altre  provincie  del  regno.  Nella  categoria  mineralogica  e  metallurgica,  ha  esposto 
molto  più  di  (|ualunque  altra  provincia  d'Italia.  1  progressi  che  sarà  per  farvi  l'agri- 
coltura prolitteranno  non  solo  all'isola,  ma  a  tutta  l'Italia. 

B.  Nella  divisione  di  Nizza  era  chiuso  il  principato  indipendente  di  Monaco,  che, 


ITALIA  3H 

prima  della  Rivoluzione,  stava  sotto  la  protezione  del  re  di  Francia,  e  poi  dei  re  di  Sar- 
degna, il  quale  avea  diritto  di  tenervi  una  guarnigione.  11  principe  risiede  a  Parigi. 
Sono  7600  gli  abitanti.  Mentone  e  Hoccabruna,  che  ne  formavano  parte,  nel  1848  vol- 
lero aggregarsi  al  regno  sardo,  poi  passarono  alla  Francia. 

C.  Il  Regno  Lombardo  Veneto  era  formato  degli  antichi  Stati  di  Milano  e  Man- 
tova, di  Venezia  colla  sua  Terraferma,  della  Valtellina,  già  spettante  ai  Grigioni.  Occu- 
pava la  superficie  di  miglia  geografiche  quadrate  13,182,  divisa  in  due.  Stati,  lombardo 
(3,000,000  abitanti),  e  veneto  (2,500,000);  e.  Milano  (170  mila)  e  Venezia  (106  mila). 
Il  primo  era  suddiviso  nelle  9  provincie  di  Milano,  Pavia,  Lodi,  Bergamo,  Brescia , 
Mantova,  Cremona,  Como,  Sondrio:  il  secondo  nelle  8  di  Venezia,  Padova,  Verona,  Vi- 
cenza, Rovigo,  Belluno,  Udine,  Treviso.  Paese  ubertoso  in  generale,  avvivato  da  molti 
fiumi,  e  arricchito  dall'industria  deiruomo,  che  condusse  canali  irrigui,  e  fecondò  le 
lande  e  gli  scopeti  ;  strade  ferrate  uniscono  Milano  e  Venezia  fra  loro  e  con  Mantova, 
col  lago  di  Como,  col  Tirolo,  colla  Germania,  col  Piemonte  e  colla  media  Italia. 

D.  Il  Ducato  di  Parma  e  Piacenza,  indipendente,  abbracciava  gli  Stati  an- 
tichi di  Parma,  Piacenza,  Guastalla;  diviso  ne'  5  distretti  di  Parma,  Piacenza,  Borgo- 
sandonnino ,  Valdilaro ,  Lunigiana.  Il  debito  pubblico  nel  184o  era  di  4,700,000,  nel 
1858  di  12  milioni. 

Fu  dato  a  vita  alla  moglie  di  Napoleone;  morta  lei  (1847)  vi  sottentrò  il  duca  di 
Lucca,  cedendo  a  Modena  il  ducato  di  Guastalla  e  i  distretti  sulla  diritta  dell'Enza,  ri- 
cevendo in  compenso  i  distretti  di  Villafranca,  Treschietto,  Castevoli,  Molazza  da  Mo- 
dena, e  dalla  Toscana  i  distretti  di  Pontremoli,  Bagnone,  Filatierra,  Groppoli,  Lusuoli. 

E.  Il  Ducato  di  Modena,  indipendente,  formato  dagli  antichi  dominj  di  Modena, 
Reggio,  Mirandola,  Massa  e  Carrara,  principati  di  Carpi,  Correggio  e  Novellara,  e  della 
signoria  di  Garfagnana.  Si  divideva  nelle  6  provincie  di  Modena,  Reggio,  Garfagnana , 
Massa  e  Carrara,  Guastalla,  Frignano.  Estensione  miglia  geogr.  quadr.  1670;  popola- 
zione 60i,510,  di  cui  450,000  rurale. 

Nel  1847,  pel  patto  che  or  ora  si  disse,  Modena  perde  i  distretti  sunnominati,  in  com- 
penso ricevendo  Fivizzano,  Guastalla  e  i  distretti  sulla  diritta  dell'Enza.  Il  conto  si  bi- 
lanciava sugli  8  milioni  e  mezzo  di  franchi.  Paese  ubertosissimo  in  frumento  e  grani 
diversi,  olio  d'ulivo,  uva,  filugelli. 

F.  La  Repubblica  di  San  Marino  (superfìcie  di  16  miglia  geogr.  quadr.)  fra  le 
legazioni  pontifizie  di  Pesaro,  Urbino,  Forlì,  sul  monte  Titano  elevato  270  metri  sopra 
il  mare,  e  di  sette  piccoli  colli  che  il  circondano.  È  divisa  in  8  parrochie,  sei  dipen- 
denti dal  vescovo  di  Montefeltro,  due  da  quello  di  Rimini.  L'estimo  è  di  scudi  112,737: 
e  la  tassa  prediale,  il  testatico,  le  privative  costituiscono  la  rendita  di  6000  scudi:  metà 
tanti  sono  la  spesa  fissa  della  repubblica.  Non  ha  debito  pubblico. 

Il  potere  sovrano  risiede  in  un  generale  Consiglio  principe  di  20  nobili,  20  cittadini, 
20  possidenti  di  campagna,  maggiori  dei  25  anni,  nominati  a  vita  dal  Consiglio  stesso. 
In  seno  a  questo  formasi  il  Consiglietto  di  12,  che  ogni  anno  si  rinnova  per  due  terzi, 
ed  è  corpo  intermedio  fra  il  Consiglio  generale  e  i  due  capitani  reggenti,  scelti  uno  fra' 
cittadini,  uno  fra'  villici,  per  sei  mesi,  cominciando  al  1^  aprile  e  al  i°  ottobre.  Nel 
1848  si  riformò  affatto  democraticamente. 

San  Marino,  in  vetta  al  Titano,  è  cinta  di  vecchie  mura  e  torri ,  con  belle  chiese  e 
teatro.  Il  Borgo,  posto  alle  falde,  è  l'emporio  dello  Stato.  A  circa  3  miglia  presso  i  con- 
fini trovansi  i  castelli  di  Serravalle,  Mongiardino,  Faetano. 

G.  Granducato  di  Toscana,  indipendente.  Il  congresso  di  Vienna  del  1815  vi 
unì  lo  Stato  dei  Presidj  e  la  porzione  d'isola  d'Elba  che  dipendevano  dal  Napoletano; 
il  principato  di  Piombino,  venduto  a  prezzo  dal  principe  Ludovisi  Boncompagni  ;  e  gli 
antichi  feudi  imperiali  di  Vernio,  Montauto,  Monte  Santamaria.  Nel  1847  vi  fu  aggre- 
gato il  Ducato  di  Lucca,  esteso  miglia  geogr.  quadr.  328,  con  160,000  abitanti. 

Allora  lo  Stato  fu  diviso  nelle  prefetture  di  Firenze,  Lucca,  Pisa,  Siena,  Arezzo f 
Grosseto,  e  i  governi  di  Livorno  e  dell'isola  d'Elba.  Il  conto  del  1858  batte  sui  38  mi- 
lioni di  lire.  La  marina  avea  184  legni  a  vele  quadrate,  779  a  vele  latine,  959  ba- 
stimenti. 

Capitale  Firenze,  con  103,000  abitanti.  Le  gallerie,  ricchissime  di  capidarte,  attirano 
molti  forestieri.  Vi  si  parla  la  miglior  lingua  d'Italia.  In  tutto  lo  Stato,  la  popolazione 


312  GEOGRAFIA  —    EPOCA    DECIMOTTAVA 

nel  1820  era  di  1,172,542,  nel  1831,  di  4,363,705,  nel  18ol  di  1,761,140.  Un  terzo  del 
paese  è  maremme;  il  resto  floridissimo.  A  Volterra  son  le  cave  d'alabastro  e  del  sale  per 
quasi  tutta  Toscana,  e  i  lagoni  del  borace. 

H.  Stato  della  Chiesa  è  l'antico  dominio  papale,  eccettuati  Avignone  tenuto 
dalla  Francia,  e  alcune  porzioni  del  Ferrarese,  tolte  dall'Austria.  La  superficie  totale  è  di 
12,120  miglia  geogr.  quadr.,  ossia  41,162,652  tavole  censuarie,  ognuna  delle  quali  equi- 
vale a  100  metri  quadrati. 

Dal  1824  fu  diviso  in  21  Provincie  :  1  comarca  di  /?oma,.2  legazione  di  Velletri , 
5  delegazioni  di  Prosinone,  4  di  Benevento,  5  di  Civitavecchia,  6  di  Viterbo,  7  di  Rieti, 
8  di  Spoleto.  Più  liete  per  situazione,  fertilità,  industria  sono  le  delegazioni  di  9  Orvieto, 
10  Perugia,  Il  Camerino,  i 2  Macerata,  ìò  Fermo,  14  Ascoli,  15  commissariato  di  Lo- 
reto, 16  delegazione  di  Ancona,  17  legazioni  di  Urbino  e  Pesaro,  18  di  Forlì,  19  di  lla- 
venna,  20  di  Bologna,  21  di  Ferrara.  Nel  1850  fu  diviso,  almeno  per  decreto,  in  4  le- 
gazioni: Bologna  eoa  Ferrara,  Forlì,  Ravenna;  Urbino  con  Pesaro,  Macerata,  Ancona, 
Fermo,  Ascoli,  Camerino;  Perugia  con  Spoleto  e  Rieti;  Velletri  con  Frosinone  e  Bene- 
vento. Quest'ultimo  e  Pontecorvo  erano  chiusi  nel  regno  di  Napoli. 

Governo  monarchico-costituzionale,  unico  d'Europa  elettivo. 

A  Roma  si  contano  11  biblioteche;  99  istituti  di  beneficenza,  cioè  20  ospedali,  e  79 
pie  associazioni;  71  stabilimenti  d'istruzione,  oltre  le  grandi,  anzi  uniche  raccolte  di 
libri,  d'oggetti  d'arte,  d'antichità.  Lo  scudo  equivale  a  franchi  5,  40,  ed  è  diviso  in  10 
paoli,  ed  ogni  paolo  in  10  bajocchi. 

Una  statistica  generale  fu  ordinata  nel  1852  e  pubblicata;  la  Rivinta  del  Nigrisoh 
tende  a  mostrare  in  incremento  anche  le  industrie;  a  Viterbo  si  fabbrica  il  vitriolo 
tanto  apprezzato,  e  ferri  agricoli;  Spoleto  è  ricco  di  pastorizia,  mandorle,  ghiande;  a 
Prosinone  si  han  selve  bellissime,  da  cui  molta  scorza  per  concerie  ;  agrumi,  fichi,  pi- 
stacchi, carrubi,  castagni  e  cristalli  ad  Ascoli  ;  a  Fermo,  pelli  e  crivelli  da  grano;  car- 
tiere a  Fabriano;  rìcino  a  Forlì;  majoliche  a  Faenza:  rinomatissima  è  la  pineta  di  Ra- 
venna: il  Bolognese  dava  25  milioni  in  canape,  oltre  i  corami,  l'aceto,  la  carta,  le  acque 
odorose. 

1.  Il  Regno  delle  Due  Sicilie  era  cinto  da  tre  mari,  in  cui  sboccano  fiumi 
di  piccol  corso. 

Divideasi  in  dominj  di  qua  dal  Faro  e  di  là  dal  Faro,  e  in  22  provincie.  Di  qua  erano  : 
1  Primo  Abruzzo  ulteriore;  2  Secondo  Abruzzo  ulteriore;  5  Abruzzo  citeriore;  4  Mo- 
lise; 5  Terra  di  Lavoro,  dove  Caserta,  stupenda  residenza  reale,  e  AJontecassino  dal  ce- 
lebre convento,  culla  de'  Benedettini  ;  6  Napoli,  colla  più  grande  città  d'Italia,  in  vista 
del  Vesuvio,  e  per  situazione  non  comparabile  che  a  Costantinopoli;  7  Principato  ulte- 
riore; 8  Principato  citeriore,  con  Salerno;  9  Capitanata,  con  Foggia;  10  Terra  di  Bari, 
ove  il  porto  di  Bari  sull'Adriatico  fa  molto  commercio  ;  1 1  Terra  d'Otranto,  e.  Lecce,  ove 
Brindisi  ha  perduto  affatlo  la  sua  importanza;  12  Basilicata,  la  più  povera  provincia  del 
regno;  13  Calabria  citeriore,  e.  Cosenza;  14  Seconda  Calabria  ulteriore;  15  Prima  Ca- 
labria ulteriore,  con  Reggio  sullo  stretto  di  Messina.  Di  là  dal  Faro  le  provincie  son  no- 
minate dal  capoluogo  :  16  Palermo  va  crescendo  di  commercio;  17  Messina  sullo  stretto; 
18  Catania  a  pie  dell'Etna;  19  Siracusa  con  piccol  porto;  20  Caltanisetta;  21  Girgenti; 
22  Trapani. 

L'amministrazione  comunale  era  composta  da  un  decurione,  un  sindaco  e  due  magi- 
strati, eletti  da  ciascun  Comune.  Per  le  cause  civili  vi  erano  undici  tribunali  di  prima 
istanza,  quattro  Corti  alte  e  la  suprema  a  Napoli;  per  le  criminali,  quindici  Corti  alte. 

Nel  1856  il  conto  bilanciavasi  su  52  milioni  di  ducati,  da  fr.  4.  60:  il  debito  in  159 
milioni  (li  ducali. 

Secondo  il  censimento  del  18i9,  la  città  di  Napoli  avea  410,499  abitanti,  di  cui 
204,010  maschi,  non  contando  i  forestieri,  la  guarnigione  e  i  carcerati;  nacquero 
14,667  persone,  morirono  14,535,  vi  furono  2,757  matrimoni;  allo  stabilimento  del- 
l'Annunziata si  ricevettero  2227  gettatelli. 

Nel  regno  si  contano  da  89  mila  Albanesi  ,  discendenti  da  quelli  che  vi  rifuggirono 
quando  la  loro  patria  fu  con(iuistata  dai  Turchi;  e  circa  18  mila  Greci;  dei  quali  una 
colonia  è  pure  stanziata  nella  Corsica ,  oltre  quelli  che  servono  nei  porti  di  Venezia , 
Trieste  e  Livorno. 


ITALIA  313 

Fermiamoci  particolarmente  sulla  Sicilia,  il  cui  reddito  netto  ragguagliavasi  a 
75,000,000  di  franchi.  Or  fa  cinquant'anni  il  terreno  apparteneva  a  circa  2000  fami- 
glie; ma  spezzati  i  grandi  possessi,  ora  i  proprietnrj  son  circa  20,000,  e  1000  i  pro- 
prietarj  di  miniere.  In  questi  cinquant'anni  la  popolazione  crebbe  di  circa  il  25  per 
cento,  e  il  valore  della  proprietà  è  raddoppiato.  Il  clero  ridotto  da  200,000  a  20,000 
membri.  La  popolazione,  sciolta  dai  vincoli  feudali,  comprende  tre  classi  indipendenti, 
proprietarj  fondiarj,  proprietarj  delle  miniere,  e  braccianti  in  generale. 

11  cibo  delle  classi  operaje  consiste  in  rozzo  pane  di  frumento,  fave  o  cipolle,  olio  di 
oliva;  invece  di  carne,  di  prezzo  assai  caro,  si  fa  grandissimo  consumo  di  pesce  sa- 
lato, e  nelle  città  di  maccheroni  e  formaggio.  Il  raccolto  del  grano  ragguagliasi  a  più  di 
16,000,000  di  moggia-,  quello  del  vino  a  200,000  botti,  e  quello  dell'olio  a  12,000  ton- 
nellate. L'asportazione  del  solfo  ascende  a  150,000  tonnellate  e  cresce  più  sempre. 

L'industria  nazionale  si  sviluppò  largamente  con  questa  estrazione:  la  filatura  e  tes- 
situra della  seta  e  del  cotone,  la  concia  delle  pelli  e  la  fabbricazione  del  vino  e  dell'olio 
fecero  grandi  progressi.  Il  commercio  interno  e  col  resto  d'Italia  va  crescendo,  e  il  com 
mercio  straniero  ascende  fra  importazioni  ed  esportazioni  a  150,000,000. 

L'incremento  della  Sicilia  non  agguaglia  però  quello  dell'alta  e  dell'Italia  centrale, 
pochi  segni  di  benessere,  quali  sarebbero  nuovi  edifizj,  strade  e  giardini  pubblici,  veg- 
gonsi  nelle  città,  e  nel  contado  poche  strade  nuove,  ponti  ed  alberghi.  La  più  parte  dei 
contadini,  scarni  e  adusti,  vegetano  anzi  che  vivere.  Lo  stato  sanitario  delle  città  è  de- 
plorabile, e  febbri  maligne  infuriano  nella  state  e  nell'autunno.  La  istruzione  è  scarsa. 

L.  Malta^  tolta  all'ordine  dei  Giovanniti  dalla  Repubblica  francese  nel  1798,  nella 
pace  rimase  all'Inghilterra.  Dividesi  ne'  6  distretti  della  Valletta,  della  Città  vecchia,  di 
SanV  Antonio,  di  Zeitun,  di  Kurmi  e  di  Gozzo.  Ha  128,000  anime,  la  rendita  di  2,474,000 
franchi,  la  spesa  di  2,220,000. 

Le  molte  e  belle  fortificazioni,  già  munite  di  duemila  bocche  da  fuoco,  ora  cadono  la 
più  parte  come  inutili.  11  dialetto  che  vi  si  parla,  appartiene  alla  lingua  araba  occiden- 
tale, cioè  all'africana,  misto  però  con  vocaboli  delle  tante  genti  colà  stanziatesi,  e  mas- 
sime di  favella  latina.  La  gente  civile  usa  l'italiano. 

M.  Corsica,  mucchio  di  erte  montagne  donde  precipitano  acque,  che  troppo  sta- 
gnano verso  il  lido,  è  isola  importantissima  per  posizione,  bei  porti,  produzioni  natu- 
rali. Forma  un  dipartimento  della  Francia.  Ila  l'estensione  di  2624  miglia  geogr.  quad. 
colle  isole  vicine.  Nel  1811  contava  da  174,000  abitanti;  240,183  nel  1856,  Le  copiose 
sue  produzioni  trovano  spaccio  facile  in  Francia,  e  molti  battelli  a  vapore  la  tengono 
in  comunicazione  continua  con  Marsiglia.  Capoluogo  Bastìa  (9531). 

N.  Il  Canton  Ticino,  quinto  in  estensione  fra  i  Cantoni  svizzeri,  e  formante  la 
decimaquarta  parte  dell'intera  Confederazione  elvetica,  ha  la  maggior  lunghezza  di  mi- 
glia geogr.  70  da  Chiasso  al  confine  di  Uri  poco  oltre  l'ospizio  del  San  Gotardo ,  e  la 
superficie  di  circa  780  miglia  geogr.  quad. 

È  diviso  in  8  distretti;  e  il  governo,  colla  vicenda  di  sei  anni,  siede  a  Lugano,  Bel- 
linzona,  Locamo.  115  mila  sono  gli  abitanti,  occupantisi  del  traffico,  e  gran  parte 
n'esce  come  muratori,  capomastri,  architetti.  La  costituzione  fu  riformata  nel  1850  in 
senso  liberale,  ma  perdette  gran  parte  dell'autocrazia  dacché  la  Svizzera,  nel  1848, 
adottò  la  costituzione  unitaria.  Ha  scarsissime  finanze,  e  la  sua  entrata  si  valuta  d'un 
milione  e  mezzo  di  franchi. 

Sorge  al  suo  confine  il  San  Gotardo,  nodo  delle  catene  principali  d'Europa,  donde  nelle 
varie  inclinazioni  scendono  fiumi  a  tutti  i  mari,  e  dal  suo  vertice  possono  dominarsi 
dodici  laghi. 

0.  Spettano  ai  Grigioni  la  valle  Bregaglia  che  sbocca  a  Chiavenna,  la  doppia 
valle  italiana  Mesolcina  e  Calanca  che  riesce  presso  Bellinzona,  e  la  valle  di  Poschiavo 
che  finisce  a  Tirano  in  Valtellina.  Dipendono  nell'ecclesiastico  dal  vescovo  di  Como,  e 
son  composte  di  comunità,  che  potevano  riguardarsi  altrettante  repubbliche,  debol- 
mente legate  alle  altre  del  Cantone,  finché  la  nuova  costituzione  assodò  il  potere  cen- 
trale. Sono  circa  12  mila  gli  abitanti  italiani. 

P.  Il  Tiralo  italiano  è  la  parte  di  qua  del  Brenner,  fino  al  lago  di  Garda;  col- 
l'estensione  di  13,505  chilom.  e  la  popolazione  italiana  di  509,000,  dove  Trento,  Ilo- 
veredo,  Bolzano. 


314  CEOCRAFIA  —  EPOCA  DECIMOTTAVA 

Q.  Nel  Governo  di  Trieste  e  nel  Regno  illirico  gran  parte  sono  italiani;  e 
la  sola  popolazione  italiana  nel  circolo  di  Gorizia  somma  a  9000;  nella  parte  italiana 
àdViUiria,  della  Croazia  civile  e  dei  Litorale  ungarico,  sulla  superficie  di  miglia  geogr. 
quad.  2800,  salea  481,000. 
Gl'Italiani  secondo  la  religione  dividonsi  così: 

Cattolici :    .    ,    .     22,999,100 

Unitarj  nelle  Due  Sicilie 80,000 

Greci  scismatici  nell'Italia  austriaca.     .     .    .  55,360 

Greci  uniti 60 

Valdesi  nel  Regno  sardo 32,000 

Luterani  e  Calvinisti  nell'Italia  austriaca   .    .  630 

Ebrei 46,600 

La  gerarchia  cattolica  conta,  oltre  il  pontefice  e  72  cardinali,  1  patriarca,  34  arcive- 
scovi,  112  vescovi.  In  tutta  Italia,  da  55,000  individoi  d'ambo  i  sessi  appartengono 
al  clero  regolare  ;  96,000  al  secolare. 

Beata  delle  produzioni  meglio  confacenti  alla  vita,  d'un  clima  per  la  più  parte  beni- 
gno, e  che  vi  trae  molti  forestieri,  non  meno  che  l'ammirazione  de'  suoi  monumenti,  da 
un  pezzo  ha  l'Italia  perduto  quel  primato  che  nel  commercio  e  nell'industria  godette 
nel  medio  evo.  Hanno  ancor  nome  le  stoffe  di  seta  e  le  paste  di  Napoli,  i  velluti  di  To- 
rino, i  fiori  e  i  canditi  di  Genova,  le  trecce  di  paglia  e  i  profumi  di  Firenze,  le  antica- 
glie di  Roma....  I  porti  di  Genova,  Venezia,  Trieste,  Livorno  si  fanno  sempre  più  attivi, 
e  potranno  avere  suprema  importanza  se  il  commercio  riprenda  le  vie  antiche  per 
l'India. 

Ricchissimo  è  il  regno  botanico ,  come  può  raccogliersi  nella  Flora  italica  del  Ber- 
toloni  (Bologna  1855  e  seg.),  e  variato  quanto  il  paese  stesso,  che  ha  clima  meridionale 
a  Nizza  e  in  Sicilia,  nevi  eterne  sulle  Alpi,  in  ogni  parte  vulcani  e  solfatare  ancora 
attive  0  spente,  e  un  infinito  corteggio  d'isolette  e  di  promontorj.  Le  miniere  d'oro 
e  d'argento  poco  rendono;  più  quelle  di  ferro,  massime  all'Elba.  Corallo  si  pesca 
sulle  coste  della  Sardegna,  ove  pure  il  tonno  e  le  sardine.  Allume  cavasi  allaTolfa 
presso  Corueto,  e  borace  nei  lagoni  di  Volterra.  Presso  questa  città  son  ricche  cave  di 
alabastri;  di  marmo  bianco  a  Carrara  ed  a  Seravezza.  Napoli  e  la  Sicilia  provedono  di 
solfo  il  mondo,  come  di  pomice  le  isole  di  Lipari.  Cercasi  daperlutto  il  carbon  fossile , 
finora  con  poco  successo. 
Dopo  il  1859  s'è  formato  il  regno  d'Italia  con 

1.  Gli  antichi  Stati  del  regno  di  Sardegna. 

2.  La  maggior  parte  della  Lombardia,  ceduta  dall'Austria  alla  Francia  e  da  questa 
donata  al  Piemonte  nel  trattato  di  Villafranca  11  luglio  1859  e  nella  pace  di  Zurigo  10 
novembre  1839. 

3.  I  ducati  di  Parma  e  Modena  e  la  Romagna,  uniti  il  15  aprile  1860. 

4.  II  Granducato  di  Toscana,  unito  il  22  marzo  1860. 

5.  Le  Marche,  l'Umbria,  il  regno  delle  Due  Sicilie,  uniti  il  17  dicembre  1860. 
Copre  la  superficie  di  4564  miglia  quad.  con  quasi  22  milioni  d'abitanti. 
Perdette  la  Savoja  e  Nizza  pel  trattato  24  marzo  18G0.  Ecco  il  prospetto  delle  Pro- 
vincie. 


Antiche  provincie  e  Lombardia. 

Prov.  d'Alessandria    .    .    abit.  637,629 

Bergamo 346,550 

Brescia 476,515 

Cagliari 563,212 

Como 454,651 

Cremona 554,760 

Cuneo 607,111 

Genova 643,380 

Milano 910,711 

Porto  Maurizio    .    .    .  121,020 


Novara.    .    .    .    abit.  573,392 

Pavia 41 0,1 -56 

Sassari 209,903 

Sondrio 105,922 

Torino, 924,562 

Emilia. 

Prov.  di  Bologna 385,799 

Ferrara 194,160 

Forlì 218,433 

Massa  e  Carrara  .    .    .  147,838 


ITALIA 


315 


Modena. 
Parma  . 
Piacenza 
Ravenna 
Re  ss  io  . 


abit. 


Marche. 


Prov.  d'Ancona.     ,     .    . 

Ascoli  .     .     .     . 

Macerata   .     .     . 

Pesaro  e  Urbino . 

Umbria. 

Toscana. 


2GS,803 
2rJ8,502 
210,933 
200,018 
230,246 


2S6,231 
202,398 
239,4M 
20i,039 
491 ,745 


Prov.  d'Arezzo  .  .  . 

Firenze.  .  . 

Grosseto  ,  . 
Livorno  ed  Elba 

Lucca   .  .  . 

Pisa.    .  .  . 

Siena    .  .  . 


Napolitaìio. 
Prov.  dell'Abruzzo  Citeriore. 


223,826 
705,127 
86,972 
113,520 
26  i,  478 
237,664 
193,243 


539,148 


Prov 

dell'Abruzzo Uller.I   abit. 

240,965 

Ulteriore  11  . 

339,519 

Basilicata    .     .     .     . 

521,189 

lìenevento  .     .     .     . 

240,771 

Calabria  Citra  .     .     . 

479,933 

Ultra  F    .     . 

336,023 

Ultra  li  .     . 

408,287 

Capitanata  .     .     .     . 

311,734 

Molise 

376,466 

Napoli 

877,120 

Principato  Citeriore  . 

583,317 

Ulteriore  . 

388,311 

Terra  di  Bari   ... 

574,600 

Terra  di  Lavoro   .     . 

681,709 

Terra  d'Otranto    .     . 

447,712 

Sicilia. 


Prov.  di  Caltanisetta 

Catania.  . 

Girgenti  . 
Messina 

Noto     .  . 

Palermo  . 

Trapani  . 


192,481 
426,072 
263,641 
393,744 
263,205 
560,554 
216,228 


Restano  ancor  fuori  del  regno  le  seguenti  parti  d'Italia:  il  regno  Lombardo-Veneto 
con  2,500,000  abitanti,  e  colle  provincie  di  IJelluno ,  Mantova,  Padova,  Rovigo,  Tre- 
viso, Udine,  Venezia,  Verona,  Vicenza  : 

Lo  Stato  pontilìcio,  con  700,000  abitanti  sopra  230  miglia  quad.,  colle  legazioni  di 
Roma  e  Comarca,  Campania  e  Marittima,  e  le  delegazioni  di  Civitavecchia,  Frosinone, 
Viterbo  : 

Inoltre,  le  repubbliche  di  San  Marino  e  del  Canton  Ticino,  indipendenti;  il  litorale 
di  Trieste,  il  Trentino,  la  Dalmazia,  formanti  parte  dell'impero  austriaco,  la  Corsica 
dipendente  dalla  Francia,  Malta  e  Gozzo  dipendenti  dall'Inghilterra. 

Roma  nel  1862  contava  anime  197,000;  di  cui  29  cardinali;  35  vescovi;  1529  preti  e 
cherici;  339 seminaristi  ;  2509  religiosi;  2051  religiose;  2036  allievi  di  collegi  o  conser- 
vatorj; 2128  membri  d'istituti  di  carità  ;  41,087  famiglie;  41,087  uomini;  96,152  donne; 
30,363  conjugati;  4094  vedovi;  9342  vedove;  4895  militari;  152  detenuti;  361  etero- 
dossi ;  4486  ebrei. 

Il  regno  d'Italia  essendo  ancora  in  istato  di  formazione,  mal  possono  calcolarsi  i  suoi 
mezzi  e  le  forze.  Il  debito  cresce  in  proporzioni  spaventose;  ma  stabilito  l'ordine,  e  ces- 
sata la  dura  necessità  di  comprarsi  amici  e  trucidare  avversarj  potranno  spiegarsi  gran- 
dissimi mezzi. 
Nel  1861  vi  erano  queste  università: 

Bologna  con scolari      454 

Modena 439 

Napoli 9000 

Pavia 1353 

Pisa 653 

Palermo 603 

Torino 1291 

Parma 321 

Genova 290 

Altre  a  Cagliari,  Camerino,  Catania,  Ferrara,  Macerata,  Messina,  Milano,  Perugia, 
Sassari,  Siena,  Urbino;  in  tutto  circa  1600  studenti. 


316  GEOGRAFIA  —  EPOCA   DECIMOTTAVA 


$4.  —  Repubblica  delle  Isole  jonìche. 

Le  principali  stanno  nel  marJonio,  eccetto  Cerigo;  e  formano  tre  gruppi  :  nel  setten- 
trionale Corfù,  Paxò,  colle  minori  Ahtipaxo  e  Fano;  nel  medio  Santa  Maura,  Teaki, 
Cefalonia  e  Zante,  con  molti  isolotti:,  nel  meridionale  Cerigo  con  piìi  isole.  Ognuna 
delle  sette  forma  una  provincia  distinta.  Capitale  di  tutte  è  Corfù,  una  delle  piazze  più 
forti  d'Europa,  e  di  vivo  commercio. 

miglia  geogr.  quad.  abitanti  nel  18b6 

Corfù  1 60  52,009 

Paxò  20  5,338 

Santa  Maura  120  15,743 

Teak!  (//aco)  30  7,111 

Cefalonia  225  62,665 

Zante  120  23,127 

Cerigo  80  11,868 

È  repubblica  aristocratica,  e  il  lord  alto  commissario  inglese  vi  ha  autorità  mag- 
giore che  non  il  governatore  in  molte  colonie  inglesi.  Il  senato  è  composto  di  cinque 
membri  e  un  presidente,  nominato  dal  re  d'Inghilterra;  dura  cinque  anni,  nomina  i 
funzionar]  civili  e  militari  per  tre  anni.  L'assemblea  legislativa  è  di  quaranta  membri, 
undici  de'  quali  sono  scelti  dal  lord  commissario,  gli  altri  dal  corpo  elettorale  di  cia- 
scun'isola  a  proporzione  di  popolazione-,  dura  cinque  anni,  nei  quali  si  unisce  tre  volte  ; 
fa  le  leggi,  che  però  devono  aver  la  sanzione  del  senato  e  del  lord  commissario,  a  cui 
spetta  il  veto. 

L'entrata  dello  Stato  nel  1856  valutossi  a  42,216  lire  sterline,  e  la  spesa  33,715. 

§  5.  —  Regno  greco. 

La  penisola  al  sud  della  catena  delle  Alpi  orientali  apparteneva  alla  Turchia,  con 
parte  della  valle  del  Danubio  e  quella  del  Pruth.  Nel  1833  vi  si  costituì  il  Regno 
greco,  che  abbraccia  l'estremità  meridionale  della  penisola  con  parte  delle  isole. 
Questo  regno  è  creazione  della  diplomazia,  onde  non  ha  né  confini  naturali,  né  istitu- 
zioni sue  proprie;  gli  mancano  le  provincie  più  popolose,  cioè  l'Epiro,  la  Tessaglia,  la 
Macedonia;  le  isole  più  fertili  e  belle,  Candia,  Scio,  Mitilene,  Samo,  Samotracia,  Lemno, 
Ipsara,  Metelino  (Lesbo),  Imbro,  Tenedo,  Icaria,  Rodi:  insomma  sono  staccati  tre  mi- 
lioni di  fratelli,  che  nel  1840,  poi  nel  54  a  fatica  furono  impediti  di  riunirsi  per  for- 
mare un  impero  greco,  di  cui  fosse  capitale  Atene,  mentre  un  impero  slavo  avrebbe 
capo  Belgrado. 

Della  precedente  barbarie  la  Grecia  serba  le  traccie  nella  mancanza  d'agricoltura, 
d'industria,  fin  di  piante:  l'indipendenza  le  sarà  ristoro  quanto  più  acquisti  verità. 
Rinomate  però  sono  le  greggie  della  Livadia,  che  viaggiano  a  branchi  come  quelle  di 
Spagna.  Di  olivi  è  coperta  tutta  l'Attica,  e  quelli  di  Lepanto  danno  il  miglior  olio.  Pa- 
trasso, Cefalonia,  Itaca,  Zante  sono  i  soli  luoghi  che  diano  le  uve  di  Corinto.  Tutte  le 
isole  abbondano  di  frutti,  vigne,  gelsi.  Presso  lo  scoglio  di  Stampalia  si  raccolgono  le 
spugne  da  abili  urinatori.  Napoli  di  Malvasia  dà  il  vino  che  porta  questo  nome. 

Il  regno  era  diviso  in  10  nómi  e  40  eptarchie;  cioè  tre  nomi  nell'Eliade  (Livadia): 
1.  Attica  e  Deozia  con  Atene,  capitale  del  regno  ;  2.  Locride  e  Focide  con  Salona  presso 
al  Parnaso;  3.  Acarnania  ed  Elolia  con  Vrakhori,  Lepanto  e  Missolungi.  Cin()iie  nel 
Peloponneso  (Morea),  cioè:  4.  Argolide  con  Nauplia  che  fu  per  alcun  tempo  capitale 
del  paese,  Argo  e  Corinto  disastrate  nell'ultima  guerra;  5.  Laconia  con  Mistra  ;  6.  Mes- 
senia  con  Navarino,  Modonc  e  Corone,  situazioni  forti;  7,  Arcadia  con  Tripolizza; 
8.  Acaja  ed  Elide  con  Pirgos  e  Patrasso.  Nelle  isole  i  nómi  di  9.  Euhea  o  Aegroponte 
con  Calcide;  10.  Cicladi,  di  cui  capo  è  Sira,  che  fiorì  durante  la  sollevazione  in  grazia 
della  neutralità. 


IMPERO  OTTOMANO  317 

Ebbe  poi  nuova  partizione  in  2i  governi  e  7  sottogoverni,  cioè:  I.  Morea,  parlila  noi 
tredici  governi  d 'Argoli de  (/Vau/)//a),  Acaja,  Corinto,  {Sidone}^  (Patrasso),  Kinete  (Cala- 
vrita}^  Elide  (Pirgos),  Trifilia  (Ciparissa)  ,  Messenia  (Calamata),  Mantinea  (Tripolizza), 
Gortinia  [Carilena),  Lacedemone  (Sparla),  Laconia  o  Maina  (AriopoH),  Elolia  (Mis- 
solungi),  Idra  (Idra).  II.  Eliade,  ne'  tì  governi  di  Acarnania  fytm/?/oc/i2on),  Euritania  (Oj- 
chalia)  Focide  (Anifìssa),  Ftiotide  (Lamia),  Attica  (Atene),  Beozia  (Libadia).  III.  Isole, 
cioè  Eul)ea  (Ca/cjd(?),  Tinos  e  Andros  (nnos),  Sira(/sVmopo/i),Nassoe  Paro  (iVasso),  Tera. 

Ora  dividesi  nelle  prefetture  di  Attica  e  Beozia  e.  Atene;  Eubea  e.  Calcide  ;  Ftiotide 
e  Focide  e.  Lamia  ;  Acarnania  ed  Etolia  e.  Missolungi  ;  Argolide  e  Corintio  e.  Nauplia; 
Acaja  ed  Elide  e.  Patrasso;  Arcadia  e  Tripoli  ;  Messenia  e.  Calamoe;  Laconia  e.  Sparta; 
Cicladi  e.  Sira.  Fu  stabilito  a  10  il  numero  delle  diocesi,  e  la  suprema  autorità  eccle- 
siastica è  in  mani  d'un  sinodo  permanente  di  cinque  membri,  scelti  annualmente  dal  re. 
Secondo  la- costituzione  del  18 i-i,  il  re  dev'essere  della  religione  nazionale. 

Superficie  del  regno,  la  più  parte  montuosa,  50,000  chilom.  quad.;  612  mila  uomini 
vi  abitavano  nel  1852,  appena  finita  la  guerra  dell'indipendenza,  i  quali  in  vent'anni 
crebbero  fino  a  1,002,012,  e  nel  1855  sommarono  a  1,043,153.  Sette  decimi  circa  sono 
di  stirpe  greca;  il  resto  Arnauti  (280,000j  ed  Armeni  (20  in  50  mila),  con  pochi  Ebrei. 
Atene,  capitale,  numera  32,000  anime. 

Francia,  Gran  Bretagna  e  Russia  si  resero  garanti  (7  maggio  1852}  d'un  prestito  di 
60  milioni  di  Francbi.  Il  totale  dell'enirata  si  calcola  a  22  milioni  di  dracme  da  fr.  0.  89; 
e  il  debito  nel  1838  ammontava  a  112  milioni. 

Un  rapido  accrescimento  ebbe  la  marineria  mercantile  dei  Greci,  a  considerare  il  nu- 
mero e  la  capacità  delle  navi;  le  quali  nel  1821  non  erano  piij  di  400,  nel  1838  già 
sommavano  a  3,345,  capaci  di  89,642  tonnellate,  e  nel  1856  erano  5,052  e  potevano 
portare  295  mila  tonnellate.  Nel  1802  la  Grecia  sollevossi  e  cacciò  il  suo  re,  talcbè  la 
sua  sorte  rimane  indecisa,  e  spera  unirsi  alle  Isole  Ioniche,  fatte  indipendenti  (\). 

§6.  —  Impero  ottomano. 

Blanqui,  nella  tornata  lo  aprile  1843,  all'Accademia  delle  scienze  morali  e  politiche 
di  Parigi  diceva:  «  La  Turchia  è  pochissimo  conosciuta;  né  meraviglia.  Da  poco  si 
«  può  scorrerla  impunemente  ;  i  sultani  stessi  non  ne  furono  sempre  padroni.  Le  mi- 
«  gliori  carte  levatene,  russe,  austriache,  francesi,  riboccano  d'errori  incredibili,  e  ser- 
«  vono  più  a  far  smarrire  che  a  ravviare;  fiumi  vi  sono  presi  per  città,  città  per  mon- 
0  lagne;  vi  s'indicano  centinaja  di  villaggi  che  non  esistono,  e  se  n'omettono  migliaja 
«  di  esistenti.  Nella  Mesia  antica  e  nella  Tracia  v'ha  delle  valli  meno  esplorate  che  non 
«  certi  territori  americani  all'occidente  degli  Allegani  ». 

L'impero  turco  è  situato  fra  il  13"  e  27°  30'  di  longitudine  orientale,  e  fra  il  37"  30' 
e  48»  30'  di  latitudine,  avendo  l'estensione  di  3,450  chilometri  dall'estremità  N.  E.  fin 
alla  S,  E.  Ne  furono  staccate  varie  provincie,  e  nominatamente  la  Grecia  divenula  in- 
dipendente; {'Algeria,  conquistata  dai  Francesi  ;  i  principati  di  Servia,  Moldavia  e  Va- 
lachia,  non  più  che  vassalli:  molte  altre  dipendono  solo  di  nome. 

Il  paese  è  diviso  in  Ejalati  soUo  governatori  delti  Vali  ;  e  suddivisi  io  livas  o  provincie 
sotto  Kaimakauii  o  vice  governatori:  le  livas  si  dividono  in  cazas  (distretti)  e  questi  in 
7ìahiges. 

Al  principio  del  secolo  davangli  da  52  milioni  d'abitanti;  di  cui  17  cristiani;  la  Tur- 
chia d'Asia  credevano  più  popolata  ;  ma  son  valutazioni  erronee.  Ritiensi  che  la  popo- 
lazione odierna  ascenda  a  35,560,000  anime,  come  segue:  1°  Turchia  europea,  com- 
presevi Servia,  Moldavia  e  Valachia  ;  che  contano  circa  cinque  milioni  di  abitanti, 
anime  15,500,000;  2°  Turcbia  asiatica  16,050,000;  5°  Possedimenti  nominali  dell'Africa 
5,800,000.  Ma  i  sudditi  immediati  della  Sublime  Porta  non  sono  propriamente  che 
27,150,000,  di  quattordici  ceppi  o  stipiti  etnografici;  cioè,  Ottomani  12,^00,000;  Greci 
2,000,000;  Armeni  2,400,000;  Ebrei  150,000;  Slavi  6,000,000;  Rumeni  4,000,000; 

(<)  Vedi  Beitrage  zur  physikalischen  Geographie  von  Griechenland ,  bey  J.  F.  Julius  Schmidt.  Atene 
4861. 


318  GEOCnAFlA  —  EPOCA   DECÌMOTTAVA 

Albanesi  1,500,000;  Tartari  16,000;  Arabi  4,700,000;  Sirie  Caldei  233,000;  Drusi 
30,000  ;  Curdi  1,000,000;  Turcomanni  85,000;  Zingani  214,000. 
Altre  statistiche  danno  :  Possedimenti  d'Africa    .     .     .      5,050,000 
»  d'Asia  ....    16,050,000 

»  d'Europa  .    .    .    15,500,000 


36,600,000 

Nel  1860  la  popolazione  era  classificata,  secondo  i  culti  musulmani  (in  Europa) 
4,550,000;  (in  Asia)  12,650,000;  in  tutto  21  milioni,  compreso  l'Egitto;  greci  ed 
armeni  in  Europa  10,000,000,  in  Asia  3,000,000;  in  tutto  15  milioni;  cattolici  in  Eu- 
ropa 6i0,000;in  Asia  260,000;  io  tutto  900  mila,  di  cui  64.0,000  cattolici  romani  pro- 
priamente detti,  tutti  nella  Turchia  europea;  25  mila  greci  uniti  ;  75  mila  armeni  uniti; 
20  mila  siri  e  caldei  uniti  ;  140  mila  maroniti  ;  ebrei  in  Europa  70,000  ;  in  Asia  80,000; 
in  tutto  150  mila.  Nella  Turchia  europea  gli  abitanti  appartengono  a  sette  stipiti,  e  sono  : 
Vindogerììianico,  pelasgico,  slavo,  semitico,  turco,  magiaro,  armeno.  Traggono  origine 
dalla  famiglia  indogermanica  i  Zingani,  sparsi  per  tutto  l'Oriente,  e  che  formano  nella 
Moldo-Valachia  una  vera  nazione  :  nella  Servia  e  nella  Turchia  propria  sonvene  altri 
200  mila,  in  parte  nomadi,  ed  in  parte  esercenti  un  mestiere  in  parecchi  villaggi  ed  an- 
che in  appositi  quartieri  fuori  delle  porte  delle  città.  Appartengono  alla  razza  pelasgica 
o  greco-romana,  nella  Turchia  europea,  1°  Greci,  sparsi  su  tutto  il  litorale  dell'Arcipe- 
lago, del  mar  di  Marmara  e  del  mar  Nero,  dal  golfo  di  Lamia  o  Zituni  nella  Tessaglia 
fino  alle  porte  di  Varna,  avendo  centro  nella  penisola  calcidica  o  Negroponte.  Appel- 
lansi  da  sé  Romani  o  Romei  ;  parlano  la  lingua  romaica,  ossia  il  greco  moderno,  me- 
scolato di  vocaboli  turcheschi  ed  italici,  mentre  il  greco  classico,  detto  apio-ellenico , 
s'insegna  nelle  scuole  e  scrivesi  più  che  non  si  parli.  2"  Skipetari  (Arnauti  od  Albanesi) 
discendenti  dagli  antichi  Albani,  una  delle  tribù  dell'Illirico;  chiamati  Arnauti,  dal  bi- 
santino  Ap/3avtToi,  corruzione  di  Albani,  mentre  chiamansi  da  sé  Skipetari  o  montanari. 
La  loro  lingua  è  un  miscuglio  di  greco  e  latino ,  innestato  sulla  primitiva  delle  tribù 
illiriche.  5»  Rumeni,  Rumuni  o  Valachi,  discendenti  delle  colonie  romane  piantate  da 
Trajano  e  dai  successivi  imperatori  nella  Dacia,  odierna  Moldo-Valachia  ,  parlanti  una 
lingua  affine  alla  latina  ed  alla  italiana.  Se  ne  contano  7,600,000  compresi  quelli 
della  Bulgaria.  4"  Zingari  o  Vlachi  ed  anche  Macedo-Vlachi ,  sparsi  per  tutta  l'Al- 
bania inferiore,  la  Tessaglia,  Macedonia  occidentale  e  Grecia  continentale.  Parlano  un 
idioma  intelligibile  ai  Moldo-Valachi,  ma  con  parecchi  vocaboli  turchi,  greci,  gotici,  ecc. 

Sono  di  razza  slava  nella  Turchia  europea:  1°  Serbi  o  Serviani  propriamente  detti, 
che  ricuperarono  la  loro  autonomia  sotto  Cara  Giorgio  e  Milos  al  principio  del  secolo, 
e  contano  circa  885  mila  anime.  Vi  si  aggiungono  i  Bosniaci,  i  Rasciani  dell'antico 
regno  di  Rascia,  odierno  Novi  Pazar;gli  Erzegovini  ed  i  Montenegrini;  in  tutto  1,600,000 
anime;  2"  Bulgari  di  origine  ugrica,  misti  cogli  Slavi  da  tempi  remoti,  ed  oggi  stan- 
ziati in  un  territorio  circoscritto  dal  Danubio,  dal  Timok  e  da  una  linea  che  passa  per 
le  città  di  Nis,  Prisrend,  Ocrida,  Castoria,  Nausta,  Salonicchio,  Andrinopoli  e  Sizeboli, 
il  mar  Nero,  Burgas  Slivnè  e  Rasgrad.  3"  Russi,  stabiliti  nella  Bessarabia,  Moldavia  e 
Dobrugia,  detti  Mali-Russi  ossia  Piccoli  Russi.  4"  Polacchi,  colonia  di  70  famiglie,  fon- 
data da  circa  sei  anni  all'imboccatura  della  Salamvria  da  Bescid-pascià,  che  ne  trasse 
il  nucleo  dall'antica  legione  polacca,  adoperata  dal  governo  turco  nella  guerra  del  1854. 

Sono  di  razza  semitica:  1'  GìiArabi  unica  colonia  della  Turchia  europea  a  Docusagaz 
0  Nove  Alberi  presso  Bazargik,  e  provenienti  dalla  Siria.  2°  Gli  Ebrei,  sparpagliati  per 
tutta  la  Turchia,  e  specialmente  nei  principati  danubiani,  e  formanti  maggioranza  in 
Agiut  nella  Moldavia,  in  Fili|)popoli,  e  precipuamente  in  Salonicchio,  dove  formano  una 
colonia  importantissima  della  dei  Mamini,  convertiti  esteriormente  all'islam,  ma  in 
uggia  alla  popolazione  musulmana,  che  ha  coi  medesimi  poche  relazioni. 

Appartengono  alla  razza  turca:  1"  Gli  Osmanli,  figli  e  discendenti  di  Osman  figlio 
d'ErtogruI,  che  nel  1299,  allo  spegnersi  dei  Selgiucidi,  s'impadronì  di  alcune  fortezze, 
e  diventò  capo  di  uno  Stato  che  rapido  crebbe;  al  pari  dei  Turchi,  Mongoli  e  Manciù 
sono  della  razza  ugro-altaica.  Occupano  tutta  la  catena  centrale  degli  antichi  monti  Ro- 
dopei,  continuazione  dell'Emo,  odierno  Balcan,  ma  scompajono  fra  i  Greci,  mano  mano 
che  si  avvicinano  a  Costanlinoi)oli,  nei  cui  dintorni  e  sulle  due  rive  del  Bosforo  sona 


IMPERO   OTTOMANO  519 

scarsi.  2"  I  Jurulci,  ossia  Turcomanni  puro  sangue,  in  Europa  non  formano  che  alcuni 
gruppi  sparsi  nella  Tracia,  e  vagano  por  gli  altipiani  del  Balcan,  da  cui  scendono  nel 
verno  nei  loro  villaggi.  Hanno  vanto  di  moralità  e  di  tran(|uillo  vivere  ,  ad  onta  della 
loro  barbarie,  3"  l  Tartari,  denominazione  impropria  dei  Turchi  della  Dobrugia,  che 
sono  veramente  Turchi  Nogai,  successori  degli  antichi  Scili  e  nella  Scizia  propria  ed  in 
cotesta  penisola  della  Dobrugia,  dove  continuano  imperturbati  anche  dopo  che  i  Rumeni 
ed  i  Russi  fondarono  colonie  tra  il  Danubio  ed  il  Dnieper,  e  separarono  così  i  Nogai 
della  Crimea  dai  loro  fratelli  della  Dobrugia.  Distinguonsi  dagli  Osmanli  pel  tipo  asia- 
tico fedelmente  conservato;  sono. da  3U  mila  pastori  o  agricoltori,  sotto  di  un  can  ere- 
ditario, residente  a  Cetal-Orman  e  soggetto  alla  Sublime  Porta.  1  Magiari  stanno  nei 
principati  Danubiani.  Quelli  della  Moldavia,  numerosissimi  tra  i  Carpazj  ed  il  fiume 
Seret  con  alcuni  villaggi  al  di  là  di  questo,  sono  propriamente  Sederi,  antichi  Siculi 
discendenti  da  coloni  che  vi  si  stabilirono  fin  da  quando  i  re  d'Ungheria  possedevano 
la  Moldavia  fino  al  Raman  e  Bakeu.  Contansene  44,116,  che  conservano  un  bel  tipo 
europeo;  perdono  poco  a  poco  le  fogge  nazionali ,  più  difficilmente  la  lingua,  ch'è  un 
magiaro  un  pò  barbaresco,  e  mai  la  cattolica  religione.  Maometto  II  in  Costantinopoli 
nel  1453  introdusse  le  prime  colonie  armene  nel  quartiere  di  Calata  e  nelle  adjacenze, 
invitandovi  l'arcivescovo  armeno  di  Brussa ,  e  creandolo  patriarca.  Sono  oggidì  nella 
Turchia  europea  circa  400  mila. 

L'entrata  della  Turchia  si  stima  approssimativamente  a  162  in  179  milioni  di  fr.,  di 
cui  la  metà  appena  va  al  tesoro;  la  spesa  legale  sarebbe  da  180  a  200  milioni  ;  e  non 
ebbe  debito  pubblico  fino  al  1854. 

La  piastra,  che  da  principio  valeva  quanto  gli  scudi  o  i  talleri,  d'alterazione  in  al- 
terazione più  non  ha  oggidì  che  il  valore  fantastico  di  27  centesimi,  rappresentato  da 
grossissimi  pezzi  di  rame:  il  governo  si  sta  occupando  di  rifondere  e  sistemare  la 
moneta. 

I.  Le  Provincie  amministrate  direttamente  dal  Sultano  formano  un 
giro  attorno  a  Costantinopoli,  sin  alla  frontiera  della  Croazia  austriaca;  in  Europa  per 
leghe  270,  e  fin  al  golfo  Persico  in  Asia  per  520. 

A.  Turchia  europea.  Le  principali  divisioni  delle  provincie  d'Europasono:  l.al 
sud-est  la  Romelia,  che  abbraccia  la  Tessaglia,  la  Macedonia,  la  Tracia;  2.  al  nord- 
est la  Bulgaria  fra  il  Danubio  e  il  Balkan  ;  5.  all'ovest  Y Albania,  cioò  Epiro,  Acar- 
nania,  Etolia;  V Erzegovina  e  la  Bosnia. 

Alle  divisioni  geografiche  non  corrispondono  le  politiche  e  amministrative.  Secondo 
le  ultime,  sono  in  Europa  24  pascialati  o  ejalati  d'estensione  disuguale,  di  confini  va- 
rianti, e  con  pascià  di  grado  dilferente,  e  in  qualche  modo  gerarchico.  I  visiri  o  lascia 
da  tre  code  ,  che  ora  hanno  grado  di  generali  di  divisione,  in  alcuni  punti  estendono 
l'autorità  sopra  quelli  da  due  o  da  una  coda,  che  han  grado  di  generali  di  brigata  e  di 
semplici  generali.  Sotto  loro  stanno  gli  ayan  o  musselim,  corrispondenti  ai  viceprefetti, 
che  comandano  territorj  d'ampiezze  varie.  Grossi  villaggi  e  fino  grandi  città  sono  sotto- 
poste ad  agà  o  spalli;  e  le  piccole  a  subasci  o  malbasci.  Alcune  famiglie  godono  eredi- 
tariamente le  cariche  di  vaivodi  o  musselim;  e  qualche  distretto  ha  particolari  ammini- 
strazioni, come  Costantinopoli,  Filippopoli,  Pirot ;  altri  restano  di  fatto  indipendenti, 
come  il  Montenegro  (123  mila  abitanti),  il  paese  de'  Mirditi  nell'Albania,  l'armatolo 
AeWOlimpo  e  quel  di  Lelovo. 

Sono  vantati  i  Turchi  per  la  preparazione  dell'essenza  di  rose  e  dello  zalTerano,  le 
seterie,  la  tintura  rossa,  i  velluti,  i  tappeti,  le  armi  damascate  e  con  ornamenti  d'oro, 
di  madreperla,  di  pietre  fine;  benché  ora  scapitino  per  non  aver  adoitato  i  processi 
europei.  Sofia,  Andrinopoli,  Larissa  fabbricano  panni  e  seterie;  Ambeliakia  fili  cerca- 
tissimi  ;  Turnavos  tessuti  di  seta;  Bosnaserai  armi;  Mostar  lame  all'uso  di  Damasco; 
Traconik  lame  di  tempra  squisita.  Salonichi  è  la  seconda  città  de'l'impero  pel  com- 
mercio, e  utilizza  anche  il  famoso  tabacco  di  Macedonia  ;  Rustcliuk  è  lo  scalo  del 
commercio  colla  Germania;  Seres,  centro  della  coltura  del  cotone.  Ferro  misto  traesi 
dal  Balkan,  e  principalmente  presso  Sofia;  oro  e  argento  da  Ghiustendil,  da  Ochrida, 
dalla  Bosnia  e  dall'Albania,  ma  pocoson  curati;  presso  Rimnik  irovansi  le  maggiori  mi- 
niere di  sai  gemma.  Lodati  sono  i  cani  molossi  dell'Epiro,  le  api  e  i  cavalli  della  Mol- 
davia, le  greggie  delle  valli  del  Danubio,  le  mandre  e  i  fagiani  di  Tessaglia,  i  vini  di 


i 


320  GEOGRAFIA  —  EPOCA   DECIMOTTAVA 

Tracia  e  della  Servia,  i  frutti  di  Candia.  Pochi  altri  paesi  offrono  tanta  bellezza  di  si- 
tuazioni :  ma  l'agricoltura  vi  è  trascurata. 

Costantinopoli  (Stambiil)  capitale,  conserva  ancora  quell'importanza  che  la  sua  po- 
sizione le  dà.  L'almanacco  di  Costantinopoli  del  1849  dava  a  questa  787  mila  abitanti , 
fra  i  quali  52  mila  schiavi,  14  mila  forestieri  :  i  restanti  sono  420  mila  Turchi,  e  da  300 
mila  raja,  cioè  sudditi  non  musulmani;  di  questi  ultimi,  131  mila  sono  armeni  non 
uniti,  15  mila  armeni  uniti,  130  mila  greci,  24  mila  ebrei.  Ha  più  di  mille  scuole  primarie 
(mektebs),  assaissimi  coUegj  (medresses),  e  cinquanta  biblioteche,  fra  cui  principale 
quella  del  serraglio,  ricca  di  manuscritti.  La  seconda  città  è  Andrinopoli ;  la  più  com- 
merciante Tessalonica. 

Spettano  all'impero  le  isole  di  Lemno^  Tmbro,  Tasso,  Semendrachi,  Candia.  Gli  scrit- 
tori veneziani,  al  tempo  ch'era  al  dominio  della  Serenissima,  davano  a  Candia  da  b 
a  600  mila  abitanti;  ora  ne  conta  155,000,  di  cui  quattro  quiuti  di  religione  greca,  il 
resto  maomettani  e  alquanti  ebrei,  oltre  moltissim.i  schiavi  Negri. 
Turchìa  B.  La  Turchia  asiatica  è  divisa  in  20  bascialati  o  ejalati  o  beglerbegliki,  suddi- 
asiatica  yjgj  j^  73  |jyr,  Geograficamente  abbraccia  al  nord-ovest  V Anatolia  0  Asia  Minore,  coi 
paesi  di  Rum  e  di  Caramania,  e  coi  bascialati  di  Kutaieh,  Konieb  (Caramania),  Adana, 
Marach,  Sivas,  Trebisonda;  al  nord-est  V Armenia,  coi  bascialati  di  Erzerum,  Kars  e 
Van  ;  e  il  Curdistan  (Assiria)  formante  il  bascialato  di  Cheerezour;  e  al  sud  di  questo  il 
Geziré  (Mesopotamia),  e  ['Irak-Arabi  (Babilonia,  Caldea)  formanti  i  bascialati  di  Bacca, 
Diarbekir,  iMossul,  Bagdad. 

Poi  dall'impero  dipendono  di  solo  nome  il  Curdistan,  i  bascialati  ereditar]  di  fìidlis, 
Van,  MuG,  Bajazid,  Kars;  tutta  la  costa  del  mar  Nero  fra  Batum  e  Trebisonda;  le  mon- 
tuose contrade  degli  Jezidi  fra  Nisibi  e  Mossul;  molti  distretti  del  Geziré  e  dell'lrak- 
Arabi,  popolati  da  Curdi  ;  gran  parte  del  centro  dell'Asia  Minore,  abitato  da  tribù  vas- 
salle  dei  Turcomani. 

Brussa,  nell'Anatolia  a  pie  dell'Olimpo,  è  emporio  del  commercio  che  si  dirige  a 
Costantinopoli.  A  Smirne  danno  ancora  importanza  le  relazioni  fra  l'Asia  e  l'Europa, 
l'ampiezza  del  porto,  e  le  facili  comunicazioni  coll'Asia  Minore,  dove,  pei  piani  delle 
antiche  provincie  di  Lidia  e  Cappadocìa,  si  ha  facile  accesso  all'Eufrate.  Appena  le 
mine  attestano  la  grandezza  delle  grandi  città  di  Nicea  in  Bitinia,  Efeso,  Sardi,  Mileto, 
Cizico,  Troja,  Focea,  Pergamo,  Nicomedia.  Erzerum,  in  Armenia  è  munita  contro  la 
Piussia  e  la  Persia,  e  centro  del  commercio  fra  questa  è  la  Turchia;  Mossul  perdette 
le  sue  fabbriche  di  mossuline;  Bagdad  sulla  sinistra  del  Tigri  conserva  molta  gran- 
dezza e  100  mila  abitanti. 

Spettano  alla  Turchia  d'Asia  le  isole  di  Metelino,  Cipro,  Scio,  Samo,  Rodi:  ma  le  tre 
ultime  hanno  privilegj,  che  le  rendono  piuttosto  vassalle. 

La  Siria,  formante  i  bascialati  di  Damasco,  Tripoli,  Acri,  Aleppo,  è  divisa  tutt'al 
lungo  dalle  due  catene  parallele  del  Libano  e  dell'Antilibano  :  ma  le  città  fumose  d'^ln- 
tiochia,  Laodicea,  Apamea,  Tiro,  Sidone  non  sono  meglio  che  villaggi,  e  i  porti  della 
Fenicia  giaciono  interrati.  A  Damasco  danno  vita  le  carovane  della  Mecca;  ad  Aleppo 
il  traffico  tra  l'Europa  e  i  paesi  dell'Eufrate.  Aleppo,  che  avea  230  mila  abitanti,  fu 
pressoché  distrutta  dal  tremuoto  del  1822,  pel  quale  pure  rimase  quasi  abbandonata 
Alessandretta,  già  viva  di  commercio. 

Il  paese  è  continuamente  minacciato  dai  Turcomani  nomadi  del  Diarbekir  e  della  Ca- 
ramania, al  nord;  al  sud  e  all'est  dai  Beduini.  Costretti  alla  lotta  e  a  fortificarsi,  for- 
maronsi  molte  popolazioni  robuste  e  reluttanti  al  dominio  turco:  quali  gli  A7isari  (As- 
sassini) fra  Bairut  e  Tripoli  ;  i  Drusi  e  i  Maroniti  sul  Libano;  i  Metuali  nelle  valli  di 
Baldek.  Nel  1844  conlavansi  nel  Libano  655  villaggi,  con  153  mila  Cristiani,  26,500 
Drusi,  8775  Musulmani,  5400  Metuali,  290  ebrei. 
Barbarla  C.  la  kkìcdi  h  Reg genz a  di  Tripoli,  fra  Tunisi  e  l'Egitto,  nel  1835  divenne 
provincia  dell'impero  ottomano,  formando  un  bascialato  che  racchiude  la  Tripolitana, 
la  Barca  (Cirenaica),  e  la  grande  oasi  del  Fezzan.  Ha  buon  porto,  e  traffica  assai  col- 
l'Africa  centrale. 

La  Reggenza  di  Tunisi  fra  Tripoli  e  l'Algeria,  antico  territorio  di  Cartagine,  è  il 
più  piccolo  ed  il  più  fertile  Stato  barbaresco.  Capitale  Tuìììsì  (100  ni.),  con  buon  porto. 
Kairoan,  decaduta  dall'antica  grandezza,  conta  ancora  40  mila  anime. 


IMPERO  OTTOMANO  321 

II.  I  tre  Principati  Danubiani  : 

La  Servia,  al  sud  del  Danubio,  separa  la  Turchia  dall'Austria  e  dalla  Valachia.  È  di-  rrlncipaii 
visa  in  il  circoli,  comandati  da  colonnelli  e  da  tenenti;  ha  l'entrata  di  1,340,000  tal- ••a""'''»'»' 
Ieri  di  convenzione;  ha  la  popolazione  di  quasi  un  milione.  Città  Kruschevacz  capitale 
(SO  mila  abitanti);  Belgrado,  forte  al  confluente  del  Danubio  e  della  Sava,  ove  la  Porta 
ha  diritto  di  guarnigione  ;  il  principe  ed  il  senato  siedono  a  Semendria. 

La  Valachia,  fra  il  Danubio  e  la  Transilvania,  in  18  distretti,  ha  capitale  Bukarest 
(100  mila)  in  piano  pantanoso,  e  la  superficie  di  3820  leghe  quad.  La  popolazione  è  di 
rito  greco. 

La  Moldavia  fra  la  Transilvania,  la  Gallizia  austriaca  e  il  Pruth,  colla  superficie 
di  1907  leghe  quadr.,  ha  capitale  Jassy  (S3  mila)  poco  lungi  dalla  frontiera  russa,  ed 
è  divisa  in  13  distretti.  Cresce  il  commercio  di  Galatz,  portofranco  sul  Danubio;  ma 
un  terzo  del  paese  giace  incolto.  La  popolazione  è  di  rito  greco.  Un  tempo  vi  era 
unita  la  Bessarabia,  che  nel  1812,  pel  trattato  di  Bnkarest,  fu  incorporata  all'impero 
russo. 

Si  resero  liberi  coll'ajuto  della  Russia,  riconoscendo  d'un  tributo  la  Porta,  che  dà 
l'investitura  al  principe  ereditario  di  Servia,  e  nominagli  ospodari  a  vita  della  Valachia 
e  della  Moldavia.  L'Austria  e  la  Porta  vigilano  perchè  non  vi  preponderi  la  Russia, 
locchè  cagionò  la  sciagurata  guerra  di  Crimea,  e  le  contese  non  ancora  finite  per  la 
libertà  delle  foci  del  Danubio.  Secondo  il  trattato  di  Parigi,  30  marzo  1856,  e  la  con- 
venzione 19  agosto  1858,  la  Valachia  e  Moldavia  unite  col  titolo  di  Romania,  avran  un 
principe  proprio. 

La  popolazione  si  valuta  per  la  Valachia  di  2,400,000  abitanti,  per  la  Moldavia 
di  1,600,000  i  più  di  culto  greco. 

III.  Provincie  amministrate  dal  vali  d'  Egitto  (MissrJ.  Egitto 
Per  un  istante  (1831)  parve  il  bascià  d'Egitto  dovesse  staccarsi  affatto  dalla  Porta, 

colla  Siria,  l'Arabia  e  l'isola  di  Creta.  Ora  tornò  vassallo,  ma  ritenendo  l'Egitto  come 
dominio  ereditario,  col  titolo  d'altezza  e  viceré,  col  tributo  di  60,000  borse,  e  diviso  in  7 
intendenze  (mudirlik),  suddivise  in  molti  dipartimenti  (maimurlik),  e  questi  in  circoli 
(nadirlik),  colla  superficie  di  8372  miglia  geogr.  quad.  È  abitato  da  più  di  5  milioni 
di  persone  d'ogni  razza  e  fede,  Turchi,  Arabi,  Copti,  Greci,  Ebrei,  Franchi;  la  cattiva 
amministrazione  li  va  decimando. 

Nel  Saia  o  Alto  Egitto,  ad  Esnè  convengono  le  carovane  del  Darfur  e  del  Sennaar; 
a  Kéné  quelle  che  vanno  alla  Mecca;  a  Siut  quelle  della  Nubia  e  del  Sudan.  Al  Vostani 
0  Egitto  Medio  appartiene  il  Fajum,  provincia  nel  deserto  fertilizzata  da  un  canale  del 
Nilo  e  dal  lago  Meride.  Nel  Bahari  o  Basso  Egitto  è  il  Cairo  (260  mila),  residenza  or- 
dinaria del  bascià;  e  Alessandria  (400  mila)  centro  del  commercio  dell'Europa  con  quel 
paese. 

V'appartengono  i  deserti,  che  si  estendono  da  un  lato  sin  alle  frontiere  della  reg- 
genza di  Tripoli,  dall'altro  sino  al  mar  Rosso,  sulle  cui  rive  sorgono  le  città  or  rovi- 
nate di  Suez  e  Cosseir. 

Oggi  più  di  tremila  navi,  da  1,300,000  tonnellate,  vanno  per  le  tempeste  del  capo  di 
Buona  Speranza  e  pel  capo  Horn  al  Grande  oceano;  onde  sarà  incalcolabile  l'im- 
portanza di  aprir  loro  l'istmo  di  Suez,  che  di  13,000  chilometri  accorcerebbe  il  viaggio.  Taglio 
Ora  bisogna  sbarcare  ad  Alessandria;  entrar  nel  Nilo  pel  canale  di  Mahmudiè  di  80^eirisimo 
chilometri,  riaperto  dal  viceré;  risalire  il  fiume  sino  al  Cairo;  poi  traversare  il  deserto 
per  125  chilometri,  fino  a  Suez.  Si  apre  una  strada  di  ferro  in  quest'ultimo  tratto:  ma 
supremo  vantaggio  sarebbe  se  le  navi  passassero  dal  Mediterraneo  al  mar  Rosso  senza 
scaricarsi  ;  e  per  ciò  bisognerebbe  tagliarlo  dritto  nel  punto  ove  l'istmo  è  più  ristretto, 
dal  porto  di  Pelusio  che  l'arte  perfezionata  or  saprebbe  tenere  aperto  e  netto,  fin  a 
Suez,  che  sono  120  chilometri,  40  dei  quali  sono  i  Laghi  Amari,  e  il  suolo  è  affatto 
piano:  la  supposta  altezza  di  8  metri,  di  cui  credeasi  il  mar  Rosso  sovrastare  al  Medi- 
terraneo, è  smentita  ;  30  in  40  milioni  basterebbero  alla  spesa,  della  quale  i  diritti  di 
pedaggio  risarcirebbero  lautamente.  È  opera  che  sperasi  compita  nell'anno  venturo. 

Il  viceré  adoprò  a  sottomettere  l'indocile  Arabia,  e  potè  la  parte  sottoposta  dividere 
in  tre  bascialati,  che  comprendono  VEgiaz,  al  nord-ovest  e  V  Yemen  al  sud-ovest,  for- 
manti da  5  a  600  leghe  sul  mar  Rosso  :  ma  i  dominj  si  limitano  alle  coste.  Ben  s'in- 

Cantù,  Documenti,  —  Tomo  I,  Geografìa  politica.  21 


322 


GEOGRAFIA 


EPOCA    DECIMOTTAVA 


gegnò  di  spingersi  traverso  al  Neged,  patria  del  cavallo  e  del  camello,  fin  al  golfo  Per- 
sico ;  e  occupò  da  Medina  a  Derreyeh  capitale  de' Valiabiti  orientali  :  ma  la  doniinaziune 
non  v'ebbe  mai  stabilità. 

Per  rendere  l'Egitto  indipendente  gli  era  indispensabile  la  Siria,  cbe  sola  potea  dar- 
gli una  marina  e  legname  e  ferro:  perduta  quella  (1841),  l'Egitto  rimane  trastullo  dei 
più  forti. 


EUROPA   MEDIA. 


7.  —  Francia. 


Ventitre  anni  d'immense  guerre  e  conquiste  lasciarono  la  Francia  entro  i  confini  stessi 
del  1789,  scemati  delle  fortezze  di  frontiera,  Philippeville,  Marienburg,  Bouillon,  Sar- 
relouis,  Landau,  in  cui  compenso  ebbe  alcuni  ritagli  ai  confini,  e  nell'interno  Avignone 
e  il  contado  Venesino. 

La  Francia  sta  fra  il  7"  9'  occidentale  e  il  5"  b6'  orientale  del  meridiano  di  Parigi;  e 

il  42"  20'  e  il  Sr  5'  di  latitudine.  Sotto  questo  meridiano,  ha  la  lunghezza  di  220  leghe 

da  25  al  grado;  e  la  larghezza,  sotto  il  5U°  parallelo,  di  510.  Le  coste  svolgonsi  per 

leghe  CI 3. 

Secondo  i  documenti  uffìziali  del  catasto  pubblicati  nel  '1841,  così  .son  divise  le  terre  : 

Tassabili,         Campi  coltivi ettari    25,559,132 

Prati 4,834,621 

Vigne 2,15i,822 

Boschi 7,422,315 

Orti,  giardini,  semenza] 643,699 

Piantati  a  salici,  alni,  vimini 64,490 

Scopeti  e  lande 7,799,672 

Colture  diverse 951,954 

Stagni,  beveratoi,  canali  d'irrigazione   .     .         209,431 

Canali  di  navigazione 1,651 

Superficie  di  fabbriche 241,842 

In  tutto     49,863,649 

Non  tassabili.  Strade,  vie,  piazze ettari  1,215,015 

Fiumi,  laghi,  ruscelli 458,165 

Foreste,  dominj  non  produttivi    ....  1,203,900 

Chiese,  cimiteri,  edifizj  pubblici  ....  17,848 

In  tutto    52,768,618 

Le  teste  di  proprietarj  sono  10,896,682,  suddivise  in  123,360,338:  tanto  è  sminuz- 
zata la  proprietà,  che  mezzo  secolo  fa  restringevasi  in  qualche  migliajo  di  feudatarj , 
abbati,  vescovi,  nobili!  Appena  lOOit  pagano  da  4  a  5(i00  franchi  di  contribuzione  di- 
retta; e  più  di  8  milioni  da  1  a  20  franchi;  700,000  da  21  a  30  ;  altrettanti  da  51  a  50, 
e  530  mila  da  51  a  100. 

Fondato  il  nuovo  impero  nel  2  dicembre  1852,  più  non  v'ebbe  rappresentanza  o  par- 
lamento, ma  un  corpo  legislativo  consulente  ed  elettivo,  e  un  Senato.  E  questa  la  do- 
dicesima costituzione  che  ebbe  la  Francia  in  sessant'anni. 

Dalla  chiesa  di  Giostra  Donna  in  Parigi  partono  28  strade  reali,  che  allungnnsi  s'una 
linea  di  86:54  leghe;  olire  OriUU  di  strade  dipartimentali,  e  275,00(>  di  vicinali,  che  co- 
stano all'erario  da  50  milioni,  senza  per  questo  essere  ben  mantenute.  Le  ferrate  vanno 
crescendo  a  meraviglia. 

Il  governo  di  Luigi  Filipjm,  dal  1830  al  45,  in  lavori  pubblici  oltre  gli  ordinarj.  spese 
1614  milioni,  di  cui  253  in  istrude,  223  in  canali,  176  in  porti,  152  attorno  a  fiumi.  Il 
governo  di  Napoleone  III  non  rimane  addietro.  V'ha  101  canali,  che  si  estendono  leghe 


FRANCIA  323 

9i0;  da  aggiungere  a  100  leghe  di  fiumi  navigabili,  resi  ora  meno  importanti  dalle 
ferrovie. 

La  popolazione,  che  nel  1610  era  di  16  milioni,  nel  1791  di  26,363,074,  nel  1856  fu 
di  36,039,36i,  di  cui  17,870,169  maschi.  Questi,  dal  1831  ,  crel.hero  di  165,210;  le 
femmine  di  180,984.  Ma  in  totalità,  mentre  dal  1836  al  41  era  cresciuta  di  690,000  abi- 
tanti, e  d;il  41  al  46  di  1,170,208,  ne' cinque  anni  seguenti  crebbe  solo  di  382  mila, 
e  negli  altri  cinque  di  256  mila.  Solo  il  dipartiniento  della  Senna  ,  ove  sta  Parigi,  dal 
1836  al  51  crebbe  di  315  mila  abitanti ,  e  ne' cinque  anni  successivi  di  505  mila,  pas- 
sando ora  un  milione  e  mezzo. 
Ecco  un  paragone  dell'aumento  della  popolazione  fra  le  due  potenze  rivali. 

Inghilterra. 
Popolazione  del  1801  9,518,278 

1811  11,071,226 

1821  12,926,722 

1831  14,904,359 

1841  16,420,878 

1851  19,074,658 

1859  19,742,361 

Onde  dal  principio  del  secolo  la  popolazione  crebbe  del  83  per  cento,  crescendo  dal 
12  al  16  per  mille  ogni  anno. 

Francia^  media  per  quinquennio. 
1817-1821  29,982,833 

1822-1826  30,940,917 

1827-1831  31,994,591 

1852-1836  33,058,067 

1837-1841  33,885,544 

1842-1846  34,815,969 

1847-1851  35,592,463 

1852-1856  35,911,267 

1857-1861  36,376,265 

Cioè  crebbe  di  uno  ogni  940  abitanti  ;  o  di  34  per  cento. 

Nel  1862  la  popolazione  era  di  37,500,000  ;  e  5  milioni  nell'Algeria.  Secondo  il  culto 
sarebbero  (Block,  Statist.  de  la  France  1860): 

in  Francia  nell'Algeria 

Cattolici  35,7.34,667  185,100 

Protestanti,  cioè  luterani  nell'Alsazia,  calvinisti  nel 
Poitou,  nell'Aunis,  nella  Linguadoca,  nel  Delfi- 
nato;  qualche  anabattista  nei  Vogesi,  74  m.  ebrei    1,561,250  6,736 
Israeliti                                                                               156,000                     29,007 
Maomettani                                                                           «                    2,778,281 
Culti  non  riconosciuti                                                       20,813  » 
I,a  divisione  fondamentale  è  in  86  dipartimenti,  compresa  la  Corsica  ;  ognuno  con  un 
prefetto:  suddivisi  in  363  sottoprefetture  o  circoli  (arrondissements)^  che  formano  2847 
cantoni,  contenenti  36,835  Comuni.  Magistrato  del  Comune  è  il  maire,  che  dipende  dal 
sottoprefetto,  e  questo  dal  prefetto;  tulli  nominati  dal  ministro,  che  però  deve  scegliere 
il  maire  fra  i  proposti  dal  Consiglio  municipale. 

Pel  militare  la  Francia  è  in  21  divisioni;  pel  giudiziario  in  27  Corti  reali;  per  l'ec- 
clesiastico in  14  arcivescovadi  e  66  vescovadi,  e  la  circoscrizione  diocesana  corrisponde 
per  lo  più  alla  dipartimentale.  A  tutto  ciò  sono  da  aggiungere  la  Savoja  e  Nizzavchela 
Francia  si  fé' cedere  dall'Italia  nel  1860. 

Essendo  di  formazione  diversa,  i  terreni  di  Francia  danno  ogni  sorta  di  produzioni 
minerali  e  vegetali:  303  cave  di  carbon  fossile  ne  somministrano  ogni  anno  2,400,000 
tonnellate  ;  ma  non  basta  all'industria,  perchè  mancano  buone  strade  da  trasportarlo  ove 
ne  è  bisogno.  Miniere  di  rame  trovansi  presso  Lione,  di  piombo  in  Bretagna,  di  cao- 
lino a  Saint-Yrieix,  di  sale  a  Dieuze,  d'ardesie  a  Mézières.  Saint  Malo,  Dieppe ,  Bou- 
logne,  Calais  fanno  pesca  attiva  di  sardine,  ostriche,  merluzzo,  aringhe.  Variatissima  è 
la  coltivazione,  e  ricche  la  caccia  e  la  pesca. 
11  commercio  e  l'industria  crebbero  slerrainatamente  nella  pace;  Parigi  ha  fabbriche 


324  GE0CRAFI4  —  EPOCA  DECIMOTTAVA 

d'Ogni  sorta  ;  ivi  i  fappeti  dei  Gobelins  e  le  porcellane  di  Sevres  non  hanno  pari  in  Eu- 
ropa; Lione  fabbrica  sete  e  drappi;  Beauvais  e  Aubusson  tappeti;  Saint-Etienne  armi, 
come  Charleviile,  Kligenthal,  Chatellerault,  Langres;  panni  Elbeuf,  Carcassona,  Sedan, 
Louviers;  cristalli  Baccarat  e  Creusot;  specchi  Cirey,  Saint-Quirin,  Saint-Gobain;  carta 
Annonay  e  Angouléme;  velluti  Araiens;  merletti  Valenciennes,  Alencon,  Mirecourt; 
guanti  Grenoble,  Luneville,  Niort;  batiste  Saint-Quintin.  Inoltre  si  traffica  delle  sete 
dell'Ardèche;  dei  saponi,  vini,  olj  del  mezzodì;  dell'acquavite  di  Cognac;  dei  vini  di 
Champagne,  Bordeaux,  Borgogna;  degli  armenti  di  Normandia  e  delle  Ardenne. 

Il  commercio  generale  del  1860  valutossi  a  5800  milioni  di  franchi  tra  importazione 
ed  asportazione.  Più  di  due  terzi  delle  merci  entrarono  per  mare  sovra  1 1 ,646  navi  fran- 
cesi, non  contando  il  contrabbando;  e  la  marina  mercantile  possedea  14,922  navi  di 
996,124  tonnellate.  Si  valuta  che  il  numerario  circolante  salga  in  tempi  ordinar]  a  2500 
milioni,  oltre  450  milioni  in  biglietti  della  banca  di  Francia;  mentre  in  Inghilterra,  con 
un  terzo  meno  di  popolazione  e  ogni  cosa  più  cara,  circolano  800  milioni  in  contanti, 
e  750  in  biglietti  di  banche  pubbliche. 

Il  conto  preventivo  del  1863  stima  le  spese  in  2,060,613,362 ,  dei  quali  vanno  per  la 
guerra  366,620,367.  Il  debito  pubblico  consolidato  è  di  circa  8000  milioni  ;  840  milioni 
il  debito  ondeggiante.  A  proporzione  del  2  per  cento  della  popolazione,  la  Francia  può 
armare  da  800,000  persone. 

Parigi,  che  era  chiamata  oppidulum  da  Ammiano  Marcellino  , 

sotto  Giulio  Cesare  avea  l'estensione  di     .     .     .     .ettari        15.28 

Giuliano  imperatore  (375) 38.  78 

Filippo  Augusto  (1211) 252.  85 

Carlo  VI  (1383) 439.20 

Enrico  111(1581) 483.60 

Luigi  XIII  (1634) £67.  80 

Luigi  XIV  (1686) 1103.  70 

Luigi  XV  (1717) 1337.12 

Luigi  XVI  (1788) 3570.  43 

Ora  ha  la  circonferenza  di  metri  24,890:  arrivando  sin  alla  cerchia  fortificata,  ha  la  su- 
perficie di  257  milioni  e  mezzo  di  metri  quadrati,  di  cui  1474  occupati  dalle  strade, 
che  sviluppansi  per  metri  384,665.  Dalla  barriera  della  Stella  a  quella  di  Picpus  tira 
metri  8400;  da  quella  della  Villetta  a  quella  d'Inferno,  metri  6000:  attraversata  dalla 
Senna,  su  cui  sono  ventiquattro  ponti.  Di  fuori  molti  sobborghi  crescono  in  vere  città, 
sicché  può  credersi  non  andrà  guari  che  sarà  riempito  di  fabbricati  tutto  lo  spazio  cinto 
dalle  fortificazioni. 

Su  tanto  spazio  vivono  oggidì  1,696,141  abitanti,  di  cui  soli  28,000  non  cattolici: 
il  clero  secolare  ha  882  preti,  che  attendono  al  servizio  delle  49  parrochie  ;  12  corpo- 
razioni religiose  d'uomini,  48  di  donne,  con  5400  monache,  fra  le  quali  596  suore  di 
San  Vincenzo  di  Paolo,  dedite  alla  cura  dei  malati  negli  spedali  e  nelle  case,  e  all'istru- 
zione di  20  mila  fanciulli.  Questa  popolazione  era  nel  1800  di  552,000;  nel  1805  di 
599,245;  nel  1817  di  715,906;  nel  1831  di  785,862;  nel  1841  di  912,330;  nel  1849  di 
1,100,000. 

Gli  abitanti  di  Parigi  pagano,  per  diversi  titoli,  ogni  anno  136  milioni  di  contribu- 
zione, asportano  per  47  milioni  di  prodotti,  ne  spargono  nelle  provincie  per  100  mi- 
lioni. Alla  cassa  municipale  nel  1857,  entrarono  07,395,892  fr.,  cioè  più  che  a  molti 
regni;  ma  ebbe  più  di  81  milioni  di  spese,  fra  cui  14  di  debito. 

Poche  altre  città  di  Francia  corrispondono  al  lusso  e  all'incremento  della  capitale: 
fra  esse  L/one (518 m.),  al  confluente  di  due  grossi  fiumi,  dove  80  mila  persone  si  oc- 
cupano alle  manifatture;  Marsiglia  (260  m.),  con  un  porto  capace  di  1200  navi,  scala 
a  tutto  il  Mediterraneo  e  al  levante;  Toulon  (84  m.),  una  delle  più  belle  rade  d'Europa, 
cresciuto  assai  pel  commercio  coU'Algeria;  ^orc/eaux  (162  m.)  ha  molte  lande  nel  suo 
territorio,  però  arricchito  dalle  vigne;  Bouen  (102  m.)  è  posto  in  dipartimento  d'ogni 
ricchezza,  donde  si  hanno  le  principali  asportazioni  per  l'America  e  le  colonie,  sicché 
il  solo  Ilàvre  riceve  300  navi,  e  la  sua  dogana  preleva  per  60  milioni. 

In  Asia  non  restava  alla  Francia  che  il  governo  di  Potidichenj  e  qualche  banco,  con  220 
mila  abitanti  :  ora  aggiunse  0  provincie  della  bassa  Cocincina  con  due  milioni  d'abitanti. 


MONARCHIA  OLANDESE  325 

Io  Africa  all'ovest  nella  Seticgambia  il  circolo  di  San  Luigi,  quel  di  Corea ^  e  alcun 
altro  stabilimento,  con  25  mila  animo:  all'oriente  l'isola  di  Riunione,  con  16  mila 
-  anime;  e  le  isole  di  Nos-hch  e  Mayoita  presso  Madagascar,  occupate  dopo  il  1840,  con 
22  mila  anime;  al  nord  l Algeria,  conquistata  nel  iSóO. 

In  America  sul  continente,  una  parte  della  Gujana  (22  m.);  in  mare  la  Martinica 
(137  ni.),  la  Guadnlupa  (139  m.),  con  Maria  Galanta  e  varj  isolotti;  presso  Terranova 
la  Grande  e  la  Piccola  Michelonc,  e  San  Pietro  (2200j,  importanti  per  la  pesca. 

rsel  Grande  oceano,  nel  J8i2  la  Francia  occupò  le  isole  Marchesi  o  arcipelago  di  Men- 
dana,  gruppo  fra  l'S"  48'  e  10"  27'  di  latitudine  sud,  e  il  ÌU°  10'  e  142'  ^5'  di  longi- 
tudine ovest,  con  20  mila  abitanti,  belli,  indolenti,  sensuali,  intrattabili  :  la  principale 
è  Nukahiva.  Possiede  pure  le  isole  della  Società  (9000), capitale  Taiti,  eia  N.  Caledonia 
(60  ni,).  Fra  tutte  le  colonie,  esclusa  l'Algeria,  ha  3  milioni  d'anime. 

$  S,  —  Monarchia  olandese. 

Prima  del  ISSO  formava  il  regno  dei  Paesi  Bassi;  staccatone  il  Belgio,  ora  contiene 
le  antiche  Provincie  Unite  (Olanda,  Gueldria,  Zelanda,  Utrecht,  Frisia,  Òveryssel,  Gro- 
ninga),  la  provincia  di  Drenthe,  i  paesi  della  Generalità,  la  metà  orientale  del  grandu- 
cato di  Luxemburg,  e  piccola  parte  del  vescovado  di  Liegi.  Tocca  l'Hannover,  le  Pro- 
vincie prussiane  di  Westfalia  e  del  Reno,  il  Belgio  e  il  mare  del  Nord  ;  e  sta  in 
longitudine  orientale  da  Parigi  fra  il  \°  e  il  4"  48',  e  in  latitudine  fra  il  50'  45'  e  il 53° 
26'.  Superficie  o5,i57  chilom  quad.  Gli  abitanti  sono  Olandesi,  Frisoni,  Tedeschi ,  Val- 
loni, Fiamminghi;  protestanti  2  milioni  circa,  luterani  66  mila,  cattolici  1,220,000, 
ebrei  64,000.  11  governo  è  costituzionale,  modificato  nell'ottobre  1848,  ma  assoluto 
quanto  alle  colonie. 

È  divisa  in  undici  provincie,  cioè  : 

abitanti 
nel  -1849  nel  •1861 

Brabante  settentrionale 392,265  411,946 

Gueldria 568,855  410,464 

Olanda  meridionale 558,946  635,193 

»        settentrionale 463,760  534,119 

Zelanda 155,271  170,131 

Utrecht 151,324  163,333 

Frisia 245,013  278,559 

Òveryssel 212,707  ^40,209 

Groninga 189,700  211,462 

Drenthe 84,013  98,509 

Limburg  (ducato) 198,467  218,727 

Oltre  il  granducato  di  Luxenburg.     .     .     .    186,485  196,804 

Quest'ultimo,  appartenente  alla  Confederazione  germanica,  dipende  dal  solo  re,  e  la 
Prussia  ha  diritto  di  tenervi  guarnigione. 
Amsterdam  capitale  ha  248,000  abitanti  ;  109,000  Botferdam,  81,000  la  Haye. 
Il  paese  è  vera  conquista  dell'uomo  sopra  il  mare,  che  non  frenato  lo  invaderebbe. 
Le  città  sono  ben  difese  da  paludi  e  canali ,  per  cui  mezzo  si  possono  allagare  i  con- 
torni. Facili  i  canali,  come  in  terreno  d'alluvione,  così  piano  che  le  elevazioni  maggiori 
sono  le  dune:  perciò  ve  n'ha  tonti,  quante  strade.  Quello  del  nord,  che  apre  alle  grandi 
navigazioni  anche  il  porto  d'Amsterdam,  fu  finito  dal  1819  al  25.  La  gigantesca  opera- 
zione d'asciugare  il  mare  di  Harlem,  agevolò  lo  scavo  de'  fossili  combustibili,  e  crebbe 
il  terreno  coltivabile. 

Hanno  rinomanza  i  velluti  d'Utrecht,  le  tele  di  Frisia,  il  tabacco  di  Texel,  le  carte  di 
Saardam,  i  fiori  d'IIarlem,  i  nastri  di  Bois-le-Duc  i  panni  di  Tilburg,  le  porcellane  del- 
l'Aja.  In  Inghilterra  va  ingente  quantità  di  robia;  da  Edam  si  asporta  gran  copia  di  for- 
maggi, e  da  Hoorn  burro  salato.  iMiniere  non  -re,  ma  eccellenti  saline  ad  Haarlingen. 

L'Olanda,  sempre  vissuta  di  traffico  e  manifatture,  si  logorò  nelle  lotte  colla  Francia 
e  riDghiUerra,  poi  nelle  ultime  vicende.  Quando  fu  chiusa  la  Schelda  nel  1648,  Araster- 


326  GEOGRAFIA  —  EPOCA   DECÌMOTTAVA 

darti  restò  la  prima  piazza  commerciale  del  mondo,  ed  ora  pure  è  importante;  posta 
sopra  a  90  isole,  unite  da  290  ponti;  260  mila  abitanti.  Nelle  cave  del  palazzo  di  città 
vi  stanno  i  fondi  della  ricchissima  sua  banca. 

Gli  Olandesi  da  un  pezzo  pescano  la  balena  allo  Spitzberg,  e  vuoisi  che  in  cinquan- 
t'anni  ne  prendessero  53  mila.  Più  produce  la  pesca  delle  aringhe,  ch'essi  primi  sep- 
pero insalare. 

Secondo  il  conto  del  1862,  l'entrata  è  di  86  milioni  di  fiorini  d'Olanda,  il  debito  di 
1029  milioni.  L'antico  fiorino  vale  fr.  2.  16,  il  nuovo  2.  13:  il  ryder  è  una  moneta 
d'oro  di  fr.  31.  55:  il  ducato  d'Olanda  vale  f.  11.  91.  Il  miglio  marittimo  si  agguaglia 
a  chilometri  5555;  la  lega  olandese  è  poco  più  di  6  chilometri.  Dopo  il  1820  vi  fu  in- 
trodotto il  sistema  metrico  francese. 

Delle  estesissime  possessioni  restano  all'Olanda  tante  da  formar  cinquanta  volte  la  sua 
ampiezza,  cioè  più  di  1 ,670,000  chilom.  quadr.  :  in  Africa  alcuni  forti  sulla  Costa  d'oro; 
in  America  alcune  Antilie,  e  sul  continente  laGujana  olandese;  nel  Grande  oceano  Giava 
e  le  isole  vicine,  parte  di  Sumatra  e  delle  isole  attorno,  il  governo  di  Macassar  nelle 
isole  Celebi,  parte  di  quella  di  Borneo,  l'arcipelago  delle  Moluche;  onde  questo  regno 
è  la  potenza  preponderante  nell'Oceania,  e  la  seconda  di  tutto  il  mondo  per  le  colonie. 

Essa  pubblicò  purdianzi  una  descrizione  scientifica  delle  sue  colonie,  bellissima,  e 
che  emenda  gli  errori  e  le  inesattezze  che  in  copia  vi  diffondeva  il  mistero  in  cui  erano 
tenute.  Eccone  la  popolazione  nel  1860. 

Indie  orientali. 

Giava  e  Madura 12,718,717 

Sumatra 1,079,7^3 

Benkulen ■116,777 

Lampongs 87, 8H 

Palembang 480,225 

Rhiau 24,850 

Banca 51,601 

Billiton - 13,172 

Borneo  costa  occidentale 319,962 

costa  orientale  e  meridionale 553,343 

Celebi 266,030 

Moluche:  Menado 176,308 

Ternate    98,371 

Aniboina 185,670 

Banda 111,271 

Timor 1,847,146 

Bali  e  Lombok 32,170 

In  tutto,  più  di  18  milioni  d'abitanti.  Di  questi,  221  mila  sono  cinesi:  44  mila  sono 
indiani  non  natii,  50  mila  sono  europei  :  il  resto  indigeni. 

Indie  occidentali. 

Surinam  . 53,017 

Curassao,conAsuba,S.  Martino,  Bonaria,  S.  Eustachio,  Saba    51,835 
Nel  1863  entra  in  vigore  la  legge  dell'emancipazione  degli  schiavi,  ch'erano  11,300. 
Gli  abitanti  sono  6000  protestanti,  22,500  cattolici,  2500  metodisti,  860  ebrei. 

§  9.   —  Regno  del  Belgio. 

È  formalo  dagli  antichi  Paesi  Bassi  austriaci,  stati  uniti  all'Impero  francese  sin  al 
1815,  e  all'Olanda  sin  al  1830,  quando  se  ne  staccarono  violentemente  e  acquistarono 
l'indipendenza,  con  incremento  di  prosperità  interna,  ma  perdita  di  forze.  Collocato 
fra  0M5'  e  5"  46'  di  longitudine  orientale  da  Parigi,  e  49°  27'  e  51»  30'  di  latitudine  , 


REGNO  DEL  BELGIO  327 

il  Belgio  ha  la  sua  maggior  lunghezza  al  confÌDe  di  Francia ,  in  leghe  francesi  64.  È 
composto  delle  provincie  di 

superGcIe  ettari  abitanti 

Anversa  283,310  452,814 

Brabante  528,322  801,037 

Fiandra  occidentale  523,449  638,733 

Fiandra  orientale  299,787  799,511 

Hainault  372,206  814,019 

Liegi  289,319  530,598 

Limhurg  241,315  195,319 

I.uxenburg  441,704  202,080 

Namur  306,181  298,056 

Gii  abitanti,  la  maggior  parte  fiamminghi,  poi  valloni  e  francesi,  sono  quasi  tutti  cat- 
tolici. Molto  si  opera  per  introdurre  come  lingua  nazionale  il  lìammingo  ,  dialetto  del 
basso  tedesco,  che  è  parlato  da  due  milioni  e  mezzo  d'abitanti  da  Anversa  a  Limburg; 
mentre  un  dialetto  francese  parlasi  da  un  milione  di  Valloni.  La  costituzione  somiglia 
alla  francese  del  30,  senza  le  restrizioni  postevi  dappoi,  e  conservata  traverso  alle  ultime 
rivoluzioni.  È  stabilita  la  neutralità  perpetua. 

Bruxelles  capitale  è  in  grande  aumento,  e  al  fine  del  1861  conlava  178,000  abitanti. 
Anversa  (]\d  in.)  dovette  il  vantaggio  d'un'immensa  prosperità  al  poter  le  navi  rimon- 
tare la  Schelda  fin  là,  quando  i  trattati  non  gliel  impedirono.  Tale  prosperità  era  stata 
ristorata  da  iNapoleone-,  masi  essa,  come  Gand  (120  m.},  Liegi  (96  m.],  Malines,  Bruges 
ed  altre  sono  ancor  lontane  dal  fiore  che  godeano  prima  di  venire  a  Massimiliano 
d'Austria. 

Grandi  manifatture  di  cotone  hanno  Gand  e  Tournay;  Malines  fabbrica  i  merletti, 
Courtray  le  tele,  Anversa  velluti,  rasi,  damaschi,  tessuti  d'oro  e  di  seta;  la  Fiandra  oc- 
cidentale dà  il  lino,  e  l'orientale  i  cavalli  ;  Bruxelles  contraila  i  libri  francesi.  Il  terri- 
torio di  Liegi  è  tutto  sparso  di  manifatture.  Bruges  decadde,  ma  occupa  da  novemila 
persone  nei  merletti.  Di  1,500,000  ettari  di  terreni  aratorj,  41  mila  son  messi  a  lino,  e 
ne  danno  21  milioni  di  chilogr.,  di  cui  tre  quarti  vanno  in  Inghilterra. 

Abbondano  le  ferrovie  ed  i  canali.  I  tre  grandi  letti  carboniferi  di  Liegi,  Mons  e  Char- 
leroi  si  utilizzano  in  proporzioni  sempre  magjiiori;  e  nel  1840  v'erano  497  stabilimenti 
di  carbon  fossile,  dove  s  occupavano  39,000  operai,  producendone  da  4  milioni  di  tour 
nellate  l'anno:  diminuirono  poi  alquanto,  ma  nel  1843  vi  lavoravano  57,503  operaj  in 
427  stabilimenti.  iNel  1841  vi  si  calcolarono  1230  macchino  a  vapore,  sommanti  alla 
forza  di  30  mila  cavalli,  ossia  di  2)0  mila  operaj. 

Nella  separazione  dall'Olanda,  tutte  le  colonie  rimasero  a  questa:  ma  il  Belgio  ne 
piantò  uilimaraente  una  a  San  Tommaso  presso  l'istmo  di  Panama. 

Mentre  nel  1831  aveva  5,78.t,H14  abitanti,  al  principio  del  1857  ne  contava  4,529,461 
e  al  51  dicembre  I8i>l  ,  4,782,2dG  su  ettari  2,945,594;  proporzione  straordinaria  ,  e 
maggiore  anche  della  Lombardia,  facendo  IGO  persone  per  chilometro  quadrato.  Nel 
1850  più  di  90U  mila  erano  iscritti  come  indigenti;  e  nelle  Fiandre  un  quinto  della  po- 
polazione riceve  soccorsi  pubblici,  spendendovisi  da  8  in  9  milioni  l'anno. 

Il  totale  delle  entrate  calcolasi  pel  1862  a  lire  153  milioni;  v'è  un  fondo  speciale  di 
9  milioni  per  strade  ferrate,  canali,  legni  a  vapore.  Ha  un  debito  costituito  di  700  mi- 
lioni, dei  quali  7,024,100  sono  per  compensi  di  perdite  sofferte  nella  rivoluzione.  Pesi, 
misure,  monete  son  le  francesi. 

^   10.    —   Confederazione   svizzera. 

Abbraccia  un  paese  montuoso,  posto  fra  il  45"  50'  e  47»  49'  di  latitudine ,  e  fra  il 
3"  43'  e  8'  5'  di  longitudine  orientale,  colla  superficie  di  40,000  chilometri,  e  2,500,000 
abitanti,  di  cui  tredici  ventesimi  sono  di  razza  tedesca,  cinque  di  francese,  due  d'ita- 
liana   Moltissimi  emigrano  come  snidati,  facchini,  servidori,  iiierciajnoli. 

Il  governo  era  regolato  dall'Atto  federale  7  ag^^sto  1815,  per  cui  i  deputati  dei  venti- 
due Cantoni  sovrani  confederati  formavano  una  dieta  per  gli  atfari  generali,  i  trattati  di 


328  GEOGRAFIA  —   EPOCA  DECIMOTTAVA 

pace,  di  commercio,  la  nomina  degli  agenti  diplomatici,  i  provedlmenti  di  polizia  ge- 
nerale ecc.  Quand'essa  non  era  unita,  ne  sostenea  gli  uffizj  un  Cantone  direttore,  che 
era,  colla  vicenda  di  due  anni,  Zurigo,  Berna,  Lucerna. 

Nell'interno  ciascun  Cantone  resta  sovrano.  In  Uri,  Sch\vitz,  Glaris,  Zug,  Appenzell , 
Unterwald  tutti  i  cittadini,  riuniti  in  assemblee  generali,  nominano  i  magistrati ,  e  de- 
liberano sugli  interessi  proprj.  Ne'  Grigioni  il  poter  supremo  risiede  nella  generalità 
dei  consigli  e  delle  municipalità  di  tutti  i  Comuni.  Negli  altri  Cantoni  è  esercitato  da 
un  gran  Consiglio;  ma  mentre  a  Friburgo,  Berna,  Soletta,  Lucerna,  Sciaffusa,  Zurigo, 
Basilea  gran  parte  dei  posti  di  questo  Consiglio  è  assicurata  ai  cittadini  delle  capitali , 
invece  Sangallo,  Argovia,  Turgovia,  Ticino,  Vaud,  Ginevra,  Valese  ne  lasciano  nomi- 
nare la  più  parte  dal  popolo.  Neufchàtel  era  monarchia  costituzionale  fin  al  1848,  quando 
si  sottrasse  alla  Prussia. 

Le  modificazioni  introdotte  dopo  il  1830  formarono  in  realtà  ventisette  Cantoni,  divi- 
dendosi Basilea  in  città  e  campagna;  Appenzell  in  interiore  ed  esteriore,  uno  cattolico, 
uno  protestante;  quel  de'  Grigioni  nelle  leghe  Grigia,  Cadea  e  delle  Dieci  giudicature; 
Unterwald  in  alto  e  basso  ;  il  Valese  in  alto  che  parla  tedesco ,  e  basso  che  parla  fran- 
cese, ma  che  ormai  forma  una  democrazia  federativa  di  13  decurie.  Altre  varietà  portò 
la  guerra  civile  del  18i7  e  la  susseguente  nuova  costituzione  12  settembre  1848,  per  cui 
la  forma  democratica  prevalse  dapertutto.  Questa  costituzione  dà  maggiore  unità  al  Corpo 
elvetico,  rafforzando  il  poter  centrale,  rendendo  sovrana  la  dieta  che  radunasi  sempre  a 
Berna  (26,300  abitanti),  in  cui  pure  è  stabilito  il  Consiglio  nazionale,  ove  gli  Stati  man- 
dano un  deputato  triennale  ogoi  due  mila  abitanti,  il  Consiglio  federale  di  sette  membri 
o  ministero,  il  Tribunal  federale ,  e  il  Corpo  diplomatico. 

Ecco  il  quadro  della  Svizzera  nel  1860. 


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uadrate 
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Zurigo 

31 

266000 

41256 

253793 

Berna    

123 

467000 

58319 

405727 

Lucerna 

22 

130000 

127867 

2619 

Uri 

19 

15000 

14705 

36 

Schwitz 

16 

45000 

44509 

524 

unterwald  ISSd.-    !    !    ! 

8 

13000 

13283 

93 

5 

11000 

11475 

510 

Glaris 

12 

33000 

5827 

27506 

Zug 

4 

19000 

18990 

609 

Friburgo 

29 

105000 

89970 

15522 

Soletta 

13 

70000 

59624 

9545 

Basilea  città 

8 

40000 

9746 

50515 

Basilea  campagna 

51000 

9751 

41605 

Sciaffusa 

1          5 

35000 

2478 

32950 

Appenzell,  Rhodes  ester.    .    .     . 

7 

48000 

21831 

46218 

Appenzell,  Rhodes  Inter.     .     .     . 

12000 

11884 

113 

Sangallo 

36 

180000 

110731 

09492 

Grigioni 

127 

90000 

39945 

50760 

Argovia 

25 

194000 

88424 

104107 

Turgovia 

18 

90000 

22019 

67735 

Ticino 

50 

117000 

110233 

93 

Vaud 

57 

215000 

12790 

199452 

Valese 

94 

91000 

90088 

693 

Neufchàtel 

14 

87000 

9234 

77095 

Ginevra  

5 

85000 

42099 

40069 

In  tutto  miglia  759,  o  40,750  chilòmetri. 


CONFEDERAZIONE  SVIZZERA  329 

V'ha  inoltre  4216  israeliti,  e  5866  cristiani  d'altre  confessioni.  Gli  Eimatlosen  o 
senza  patria,  ch'erano  circa  2200,  scom|)ajono. 

La  Confederazione  come  tale  non  ha  debito  ;  l'hanno  grave  i  cantoni  di  Uri  e  del 
Ticino;  alcuni  non  ne  aveano  punto  prima  della  guerra  civile  del  47.  L'entrata  è  di 
milioni  20  e  mezzo  di  franchi  :  non  si  levano  imposizioni  dirette,  bastando  il  ricavo  della 
postalettere,  della  dogana,  della  zecca,  della  polvere;  e  quel  che  resta  di  nello  al  go- 
verno son  milioni  2  e  niezzo.  Gli  stipentij  per  impiegati  sono  di  8700  lire  pel  presi- 
dente, 72S0  pe'  sei  altri  membri  del  Consiglio  federale;  [il  ministero  degli  afl'ari  esteri 
costa  appena  70  mila  lire;  18  mila  le  due  più  importanti  legazioni  a  Vienna  e  Parigi. 
Eppure  nessun  paese  è  più  ricco  di  strade,  scuole,  armi,  oltre  le  pubbliche  solennità. 
Molte  spese  son  lasciate  ai  singoli  Cantoni  ed  ai  Comuni  ;  ma  anche  questi  spendono 
poco.  Berna  ha  la  spesa  di  4,500,000  fr.  ;  2  milioni  e  mezzo  per  Zurigo  e  Vaud  ;  i  e 
mezzo  per  Argovia,  Ginevra,  Friburgo;  1  per  Sangallo  e  Ticino;  meno  ne' tredici  altri, 
e  nel  cantone  di  Zug  si  riduce  a  85  mila  fr.  Fra  tutti  i  cantoni  la  spesa  va  dai  22  ai  23 
milioni,  cioè  1/7  0  i/g  del  Belgio.  La  spesa  maggiore  si  fa  nell'istruzione  pubblica,  assor- 
bendo 4  milioni  e  mezzo. 

La  neutralità  perpetua  della  Svizzera,  garantita  dai  trattati,  è  resa  necessaria  dalla 
sua  positura,  quasi  sovrastante  a  tutte  le  potenze,  sulle  quali  potrebbe  versare  i  suoi 
eserciti  pel  San  Bernardo,  il  Sempione,  la  Spluga,  le  valli  dell'lnn,  del  Reno,  del  Doubs, 
del  Rodano. 

Ma  anche  la  repubblica  Svizzera  dovette  aumentar  in  quest'ultimi  anni  le  sue  spese 
per  armarsi  come  l'Europa  regia,  e  nel  1861  erogò  un  milione  e  mezzo  per  trasformar 
i  fucili  della  fanteria,  e  formarne  depositi,  acquistar  cannoni  rigati  e  costruire  arsenali; 
pure  il  conto  lasciò  un  eccedente  di  563  mila  fr.  dovuti  la  più  parte  a  diritti  d'entrata, 
mentre  van  mancando  quei  che  traeva  dalle  poste ,  assorbite  dalle  strade  ferrate.  Di 
queste  cominciò  da  pochissimo  la  costruzione,  enei  1862  già  ne  possiedea  1080  chilo- 
metri, che  costarono  da  500  milioni,  per  lo  più  a  società  straniere. 

I  Cantoni  settentrionali  e  occidentali  fioriscono  d'industria  ;  e  le  galanterie  e  gli 
orinoli  di  Ginevra,  Bienne,  Porentruy,  le  seterie  di  Basilea,  Zurigo,  Gersau,  le  tele  di 
lino  e  cotone  di  Sangallo,  Glaris,  Argovia,  Turgovia,  Zurigo,  Appenzell,  gli  acciaj  di 
Sciaffusa  reggono  a  qualunque  confronto.  Dalle  valli  di  Lode  e  della  Chaux-de-Fond  nel 
cantone  di Neufchàtel  escono  130 mila  orinoli  ogni  anno,  oltre  i  merletti  e  le  orerie: 
Arau  ha  stamperie,  manifatture  e  fonderia  di  cannoni:  nella  valle  di  Bellegarde  si  fanno 
i  formaggi  di  Gruyères:  le  concie  di  pelli  sono  attivissime  dapertutto.  La  pastorizia  è 
l'arte  principale,  e  vi  computano  475,500  vacche,  55,222  bovi,  105,000  cavalli, 
470,000  pecore,  547,000  capre,  517,000  majali,  che  rappresentano  un  valore  di  157 
milioni  e  mezzo:  gran  commercio  se  ne  fa  coi  vicini.  Friburgo  ha  le  migliori  razze  di 
cavalli  e  buoi,  e  di  questi  v'ha  che  pesano  1200  chilogr. 

Chiamano  città  forestiere  quelle  lungo  il  Reno  da  Costanza  a  Basilea.  11  canton  Ticino 
è  arricchito  dal  transito.  Le  strade  del  San  Gotardo,  del  San  Bernardo,  del  Sempione, 
della  Spluga,  coi  pittoreschi  accidenti  di  voragini,  di  precipizj,  di  ghiaccia],  di  ponti, 
di  ospizj,  sono  ricantati  da  tutti  i  viaggiatori,  il  numero  de'  quali  è  sempre  copiosis- 
simo, sì  pel  commercio,  si  pei  bagni  e  le  acque,  sì  per  ammirare  tante  bellezze  naturali. 
I  laghi  di  Ginevra,  Costanza,  Zurigo,  Bienne  hanno  posizioni  deliziosissime.  Il  cantone 
di  Berna  è  più  degli  altri  pittoresco,  commerciale  e  industrioso. 

Ciascun  Cantone  avea  moneta,  misure  e  pesi  proprj:  poi  per  unità  di  moneta  fu 
adottato,  pel  concordato  del  14  luglio  1819,  il  franco,  di  grani  125,543,  diviso  in  10 
batzen,  e  questi  in  10  rappen.  Fu  poi,  dopo  il  1848,  adottato  il  sistema  di  mone- 
tazione francese. 

Vescovi  cattolici  sono  a  Basilea,  Coirà,  Sangallo,  Losanna,  Sion.  A  Zurigo  fu  piantato 
un  istituto  politecnico  federale. 

§  11.  —  Confederazione  germanica. 

I  trecensettanta  Stati  che  chiudeva  l'impero  germanico,  caddero  coll'impero  stesso 
nell805;  la  Confederazione  renana,  compaginata  da  Napoleone,  peri  anch'essa  nel  1815; 
e  dopo  il  1815  la  Confederazione  abbraccia  press'a  poco  l'antico  Impero,  toltine  i  ve- 


i 


330  GEOGRAFIA.  —  ÈPOCA   DECIMOTTAVA 

scovadi  di  Liegi  e  di  Basilea  e  qualch'altro distretto,  unito  alla  Svizzera  o  alla  Francia, 
e  aggiuntovi  il  granducato  di  Luxemburg,  e  alcune  parti  della  Lorena  e  dell'Alsazia, 
estendendosi  dal  Baltico  e  dal  mare  del  Nord  sino  all'Adriatico.  La  formavano  39  Stati 
poi  ridotti  a  55  di  mendace  autonomia,  confederati  per  la  difesa  de'  comuni  interessi 
e  la  conservazione  dell'indipendenza:  fra  essi  v'ha  imperatori  insieme  e  principotti  di 
appena  tremila  sudditi,  molte  razze,  molti  culti,  molte  lingue;  e  in  quei  quaranta  Stati 
son  chiusi  altri  cento  mediatizzati,  fra  cui  alcuni  piiì  considerevoli  che  i  sovrani.  La 
lingua  si  distingue  in  allo  tedesco  al  sud  del  Danubio,  basw  tedesco  al  nord:  in  Sas- 
sonia conserva  la  sua  maggior  purezza,  ed  è  suddivisa  in  un'infinità  di  dialetti. 

L'amministrazione  interna  degli  Stati  doveva  dipendere  dal  solo  sovrano:  ma  la 
dieta,  in  cui  prevaleano  i  grandi  Stati,  gli  obbligava  alla  volontà  di  questi.  Nel  '1848 
ogni  cosa  parve  cambiarsi  dal  rendersi  costituzionali  i  due  Stati  preponderanti,  Prussia 
ed  Austria:  a  Francoforte  si  radunò  un'assemblea  per  formare  una  costituzione  uni- 
taria per  la  Germania,  sotto  un  unico  presidente  o  imperatore,  senza  distruggere  gli 
Stati  particolari,  avendo  bandiera  unica,  flotta  comune,  pesi  e  misure  e  dogane  uguali, 
ministeri  direttori,  esercito  federale.  Questo  tentativo  falli,  e  resta  ancora  la  rivalità  di 
primato  fra  le  due  potenze  prevalenti. 

Germania  settentrionale. 

Oltre  le  provincie  prussiane,  di  cui  diremo  a  parte, 

1.  2.  La  Cosa  dt  Mecklemburg  ebbe  dopo  il  181S  il  titolo  di  granducale.  Nel 
vasto  piano  sabbioso  possiede  i  due  granducati  del  Mecklemburg -Schiverin  sul  Baltico 
e  del  Mecklemburg -Strelitz. 

3.4.  La  C  a  s  o  di  B  r  u  n  s  w  i  eh  ha 
a.  Il  regno  d' Hannover,  composto  di  tre  brani,  chiusi  fra  altrui  dominazioni,  con 
Hannover  capitale  (26  mila  abitanti),  e  la  più  famosa  università  di  Germania  a 
Gottinga:  nel   Luneburg  si  trova  quella  che  chiamano  Arabia  della  Germania, 
vastissimo  piano  sabbioso  e  sterile  di  70  miglia  geogr.  quad.  ted.  L'entrala  delle 
finanze  pel  1858  salì  a  19,108,586  talleri;  la  spesa  a  19,205,270;  il  debitx)  pub- 
blico a  46,213,305.  Il  tallero  vale  fr.  5.  25. 
6.  Il  ducato  di  Brunswick^  posseduto  dal  ramo  primogenito. 
^.  W  granducato  di   0  Idenb  ur  g ,  cinto  dall'  Hannover  e  dal  mare  del  Nord. 

6.  La  signoria  di  Kniphausen,  il  più  piccolo  Stalo  d'Europa  chiuso  nel 
precedente. 

7,  8.  9.  Le  città  anseatiche  di  Brema,  chiusa  nell'  Hannover;  Amburgo,  una  delle 
piazze  più  trafficanti  d'Europa;  Lubecca. 

Germania  occidentale. 

Oltre  il  Luxemburg  olandese,  e  le  provincie  renane  della  Baviera  e  Prussia, 
10.  11.    12.  1  possessi  della  Casa  d' Assia  formano  l'/tssùi  elettorale  o  Cassel,  il 
granducato  d'Assia  Darmstadt,  il  landgraviato  à' Assia- Il omburg. 

13.  Principato  di  W a  Id  eck. 

14.  15.  Casa  di  Lippe-Detmold,  e  Li  p  p  e-  S  eh  a  ii  en  bu  r  g. 

16.  Ducato  di  Nassau,  con  31  piccole  città,  ricco  d'acque  minerali,  fon- 
derie di  ferro,  suolo  produttivo. 

il.  Repubblica  di  Fra  ncoforte  sul  Meno,  dove  siede  l'Assemblea  :  è  la 
prima  piazza  di  banco  e  commissione  di  Germania. 

Germania  centrale. 

18.  19.  20.  21.  22.  Cas  a  di  Sa  s  Sonia,  l  vasti  suoi  possessi  sono  divisi  tra  la 
linea  Albertina  e  la  Erneslina. 

La  prima  possiede  il  regno  di  Sassonia,  che  è  il  paese  più  industriale  della  Germania, 
diviso  dopo  il  1835  in  4  circoli,  di  Dresda  (Misnia);  Lipsia,  famosa  per  la  sua  fiera 
libraria,  ed  ora  centro  d'un  gran  sistema  di  strade  forrale  ;  Zwickau;  Hudissin.  I  a  sua 
entrata  pel  185S  fu  computata  in  scudi  9,305,243  ;  e  la  spesa  altri'llanto.  Ha  di  debito 
scudi  61,524,013.  Lo  scudo  vale  fr.  5.  19.  La  seconda  possiede  il  granducato  di  Sas- 


CONFEDERAZIOME   GERMANICA  331 

sonia-Weimar  con  Jena  di  famosa  università;  il  ducato  di  Sassonia-Cohurg-Gotha ; 
quello  di  Sassonia-Altenburg ;  e  quello  di  Sassonia-Meiningen-Hihlburghauifen. 

23.  24.  La  Casa  di  Schivarzburg  ha  due  principati,  di  Sc/juarzfcur^-Zfu- 
dobfadt,  e  Schivarzburg-Sondershausen. 

25.  26.  27.  ba  Casa  di  fìeuss  ne  possiede  tre  :  Grcitz,  Schleitz,  Lobenstein' 
Ebersdorf. 

28,  29.  30.  Quella  di'  A  nh  alt  ha  tre  ducati  :  Dessau,  Bernburg,  Kothen. 

Germania  meridionale. 

Oltre  l'Austria  vi  sono,  31 .  U  granduca  to  di  B  a  den  lungo  il  Reno  dal  lago 
di  Costanza  fin  presso  Worms,  limitrofo  delia  Francia  e  delia  Svizzera,  forma  baluardo 
alla  Germania  meridionale,  ed  è  in  4  circoli:  Basso  Reno  con  Manheim  e  Heidelberg, 
celebre  per  l'università;  Medio  Reno  con  Carlsruhe;  Alto  Reno  con  Friburg  e  Vecchio 
Brisac,  di  cui  son  distrutte  le  fortezze;  circolo  del  Lago^  con  Costanza. 

32.  Regno  di  Wiirtemberg,  capitale  S^u</t/a)c/ (406  mila).  Il  bilancio  per  il 
periodo  finanziario  del  1848-61  porta  41,271,960  fiorini  di  rendila,  e  40,987,69o  di 
spesa.  Il  debito  pubblico  sale  a  fiorini  53,629,592.  Il  fiorino  vale  fr.  2.  16. 

33.  34.  Casa  di  Ho  hen  zol  l  e  r  n  ha  (ine  principati,  Hohenzollèrn-Hechingen,  e 
Hohenzollern-Sigmaringen,  che  nel  1850  veoner  incorporati  alla  Prussia. 

35,  Il  principato  di  Li  eh  t  ens  le  in  piccolissimo,  ma  il  principe  possiede 
immensi  dominj  mediatizzati  in  Austria  e  Prussia. 

56.11  regno  di  5au»  e  r  a  ,  terzo  Stato  di  Germania.  L'Assia-Darmstadt  lo  separa 
in  due;  all'est  l'antica  Baviera,  all'ovest  il  circolo  dc4  Reno  o  Baviera  renana  costi- 
tuita di  antichi  dipartimenti  dell'impero  francese,  del  quale  vi  si  conservò  in  gran 
parte  la  forma  di  governo.  Capitale  Monaco  (132  mila),  resa  una  delle  più  belle  città 
di  Germania.  È  divìso  in  8  circoli.  Alta  Baviera,  Bassa  Baviera,  Palatinato,  Alto  Pala- 
linato,  Alta  Franconia,  Franconia  Media,  Bassa  Franconia,  Svevia.  L'entrata  nel  1856, 
era  di  39,597,415  fiorini;  la  spesa  41,396,802;  il  debito  pubblico  134,043,964. 

Rilevavano  dalla  corona  di  Baviera  M  principati,  13  contee.  878  signorie;  sicché  la 
nobiltà  vi  era  mollo  potente,  e  duravano  i  privilegi  a  danno  del  popolo.  Questi  vennero 
aboliti  dalla  nuova  costituzione. 

37.  Il  ducalo  di  Holstein  e  L  au  e  n  6  u  »•()',  appartenente  al  re  di  Danimarca. 

38.  Il  granducato  di  Luxemburg-Limburg,  appartenente  al  re  d'Olanda. 

39.  Della  ni  anarchia  prussiana  sei  delle  otto  provincie,  e  tre  quarti  della 
popolazione  spettano  alla  Confederazione;  e 

40.  Dell'impero  ereditario  d'Austria  otto  dei  quindici  governi  e  un 
terzo  della  popolazione. 

Ultimamente  furono  uniti  alla  Germania  la  Prussia  orientale  ed  occidentale,  i  di- 
stretti della  Posnania  esenti  dall'organizzazione  polacca,  e  la  città  e  territorio  di  Posen. 

I  rappresentanti  dei  membri  della  Confederazione  che  si  raccolgono  alla  dieta,  sono 
uguali  fra  loro  in  diritti:  vi  presiede  l'Austria,  e  fra  tutti  hanno  17  voti;  cioè  un  per 
ciascuno  Austria,  Prussia,  Sassonia,  Baviera,  Wiirtemberg,  Hannover,  Assia  elettorale, 
ducati  di  Baden  e  d'Assia- Darmstadt,  Danimarca,  Olanda;  uno  il  granducato  e  i  du- 
cati di  Sassonia;  uno  i  granducati  di  Mecklemburg;  uno  Brunswick  e  Nassau;  uno  il 
granducato  d'Oldenburg,  i  tre  principati  di  Anhalt,  e  i  due  di  Schwarzburg;  uno  i 
principati  di  Reuss,  di  Lippe,  di  Lichtenstein,  di  Waldeck  ;  uno  il  landgravio  d'Assia- 
Ilomburg  e  le  quattro  città  libere. 

Quando  trattisi  di  quistiuni  fondamentali,  la  dieta  si  costituisce  in  assemblea  gene- 
rale, dove  le  voci  sono  70:  quattro  ciascuno  l'Austria,  la  Prussia,  la  Sassonia,  la  Ba- 
viera, il  Wiirtemberg,  l'Hannover;  tre  ciascuno  l'Assia  elettorale,  i  granducati  di  Badea 
e  d'Assia  Darmstadt,  la  Danimarca  e  l'Olanda;  due  ciascuno  i  ducati  di  Brunswick,  di 
Nassau,  e  il  granducato  di  Mecklemburg-Schwerin  ;  gli  altri  tutti  un  caduno. 

1  n)onti  sono  ricchi  di  minerali  e  saline;  le  miniere  d'argento  dell'Ilartz  si  esauri- 
scono, quelle  di  Stiria  danno  il  miglior  ferro,  quelle  di  Carniola  sono  le  più  abbonde- 
voli  di  mercurio  dopo  le  spagnuole.  Gran  parte  è  coperta  di  foreste,  lande,  torbiere, 
piani  sabbiosi.  La  lega  Anseatica  fece  tutto  il  commercio  germanico  nel  medioevo,  ed 
elevossi  a  potenza  politica  fm  alla  guerra  dei  Treat'anni  :  alloca  cominciarono  le  mani- 


i 


332 


GEOGRAFIA  —   EPOCA  DECIMOTTAVA 


fatture,  che  viepiù  crebbero,  ed  ora  emulano  le  inglesi.  Francoforte,  Norimberga,  Au- 
gusta, Lipsia,  Lubeca  sono  centri  di  vivo  commercio.  A  Lipsia  ha  sede  la  Compagnia 
americana  dell'Elba;  a  Erbelfeld  la  renana  delle  Indie  occidentali.  L'industria  ripigliò 
fiato  dopo  l'unione  doganale  (Zoll-verein)  del  1828,  il  cui  effetto  cresce,  popolando  di 
navi  i  sessanta  fiumi  navigabili,  ed  empiendo  i  canali  e  le  strade  di  ferro.  Lo  Zoll-ver- 
ein nel  1861  abbracciava  33  milioni  e  mezzo  d'anime,  ed  ebbe  un  introito  netto  di  25 
milioni  di  talleri,  il  canale  che  la  Baviera  apri  fra  il  Danubio  ed  il  Reno,  con  Sì  cbiuse 
che  scendono  da  un  lato  al  Danubio  fino  a  Kelheim,  dall'altro  al  Meno  fino  a  Bamberga, 
riparò  alla  mancanza  che  la  Germania  avea  di  vie  d'acqua  artificiali. 
Eccone  la  popolazione  : 


STATI 


1  Provincie  austriache 

2  Provincie  prussiane 

3  Regno  di  Baviera 

4  »  Hannover   

5  »  Wurtemberg 

6  »  Sassonia     

7  Granducato  di  Baden 

8  »  Mecklemburg-Schwerin 

9  »  Assia-Darmstadt.  .  . 
10  i>  Oldenburg  .... 
ìì          »  Sassonia- Weimar    .     . 

42  »  Meckleraburg-Strelitz  . 

43  Luxemburg-Limburg 

14  Elettorato  d'Assia 

15  Ducati  di  Holstein  e  Lauenburg    .     . 

16  »)  Nassau 

17  »  Brunswick 

18  w  Sassonia-Meiningen  .    .     . 

19  »  »        Coburg-Gotha .    . 

20  »  Anhalt-Dessau-Kòthen   .     . 

21  ìì  Sassonia-Altenburg  .     .     . 

22  »  Anhalt-Bernburg  .... 

23  Principato  di  Waldeck 

24  »  Lippe-Detmold     .     .     . 
23        »              Schwarzburg-Hudolstadt 

26  »  »        Sondershausen 

27  »  ReussSchleitz 

28  )>  Lippe-Schauenburg 

29  »  Reuss-Greiz    .     . 

50  »  Lichtenstein   .     . 

51  Landgraviato  d'Assia-Ilomburg 

52  Città  libera  di  Luliecca  .  .  . 
33  »  Amburgo.  .  . 
54           I)  Brema.     .     .     . 

53  »  Francoforte  .    . 


Totale  .  .  , 
Senza  i  territorj  prussiani,  austriaci^ 

danesi  e  olandesi 

Aggiunti  tutti  i  possessi  delle  due  grandi 

potenze  gennaoiche  . 


SUPERFICIE 

in  chilom. 
quadrati 


194,531 

183,931 

76,120 

38,500 

19,470 

14,903 

13,234 

13,200 

8,360 

6,580 

3,637 

2,713 

4,813 

9,313 

10,283 

4,748 

5,713 

2,340 

2,001 

1 ,347 

1,323 

824 

1,196 

1,124 

933 

848 

830 

440 

343 

138 

260 

362 

351 

249 

100 


POPOLAZIONE 


secondo 

la  matricola 

del  181 3 


9,482,277 

7,923,429 

3,360,000 

1,303,351 

1 ,393,462 

1 ,200,000 

1,000,000 

358,000 

619,300 

217,769 

201,000 

71,769 

233,628 

367,268 

560,000 

502,769 

209,327 


83,401 

37,046 
51,877 
69,062 
33,937 
45,117 
32,203 
24,000 
22,233 
3,546 
20,000 
44,650 
129,800 
48,300 
47,630 


627,320 

239,930 

1,183,000 


secondo  gli  ultimi 
censimenti 


(1853) 
(1853J 
(1855) 
(1833) 
(1834) 
(1853) 
(1853J 
(1833) 
(1855) 
(1853) 
(1853J 
(1853) 
(1855) 
(1853) 
(1853) 
(1855) 
(1833) 
(1855) 
(1853) 
(1853) 
(1853) 
(1833) 
(1833) 
(1853) 
(1853) 
(1853) 
(1853) 
(circa) 
(1835) 
(circa) 
(1853) 
(1853) 
(1835) 
(1853) 
(1833) 


29,766,796 
11,743,361 
51,000,000? 


12,919,300 

13,170,000 

4,541,000 

1,819,200 

1,784,000 

1,987,800 

1,336,900 

342,700 

836,400 

283,200 

262,300 

99,700 

394,200 

736,400 

373,000 

429,000 

267,100 

163,500 

150,900 

111,800 

132,800 

52,600 

39,700 

106,600 

69,000 

74,900 

79,800 

29,000 

34,900 

7,000 

24,900 

34,000 

208,200 

88,000 

74,800 


43,110,000 

10,033,000 

71,200,000? 


CONFEDERAZIONE  GERMANICA 

Quanto  a  religione ,  sono  così  divisi  : 


333 


STATI 


1 

2 
5 
A 

6 

7 

8 

9 

10 

H 

12 

15 

IJI 
16 
17 

18 
19 
20 
21 
22 
23 
2i 
25 
26 
27 
Ì8 
29 
50 
51 
52 
35 
54 
55 


Provincie  austriaclie  , 
I)         prussiane  . 
Baviera  .     . 
Hannover    . 
Wiirtemberg 
Sassonia 
Baden     .     . 
Meclilemburg-Seliwerin 
Assia-Darmstadt   .     . 
Oldenburg  .... 
Sassonia-Weimar  .     . 
Meciilemburg  Strelitz 
Luxemburg-Limburg . 
Assia  elettorale     .     . 
Holstein  e  Lauenburg 

Nassau    

Brunswick  .... 
Sassonia-Meiningen   . 

»         Coburg-Gotha 
Anbalt-Dessau-Kòthen 
Sassonia-Altenburg    . 
Anhalt-Bernburg  .     . 

Waldeck 

Lippe-Detmold     .     . 
Schwarzburg-Rudolstadt 

»  Sondershausen 

ReussScbleitz .     . 
Lippe-Schauenburg 
Beuss-Greiz 
Lichtenstein     . 
Assia-Homburg 
Lubecca.     .     . 
Amburgo     .     . 
Brema    .     .     . 
Francoforte.     . 


Totale    .     .     . 

Aggiungendovi  tutti  i  paesi 
prussiani  e  austriaci  .... 

I  paesi  germanici ,  tranne 
l'Austria  e  la  Prussia.    .     .     . 


CATTOLICI 


12,200,000 

4,000,000 

5,175,000 

217,000 

535,000 

32,500 

905,000 

700 

215,000 

71 ,600 

10,600 

150 

388,000 

110,000 

1,000 

196,000 

2,600 

1,000 

900 

4,200 

800 

500 

800 

1,000 

300 

300 

200 

100 
7,000 
4,000 

200 

2,000 

1,500 

11,500 


22,900,000 

38,500,000 

5,900,000 


PROTESTANTI 


380,000 

8,200,000 

1 ,230,000 

1,590,000 

1,215,000 

1,803,000 

432,000 

557,060 

600,000 

204,000 

250,000 

98,000 

5,000 

600,000 

520,000 

225,000 

267,000 

164,000 

148,000 

110,000 

130,000 

52,000 

58,000 

105,000 

69,000 

60,000 

79,000 

29,000 

55,000 

20,000 
53,000 
492,000 
78,000 
58,000 


19,700,000 
25,000,000 
11,100,000 


ALTHE  SETTE 
CRISTUIVB 


5,000 
10,000 

5,600 
1,100 

1,000 
1,900 


250 


500 


iOO 


200 
150 


6,700,000 


EBREI 


125,000 

120,000 

56,000 

11,600 

12,000 

1,200 

25,500 

5,200 

28,700 

1,500 

1,300 

700 

2,600 

15,000 

5,500 

7,000 

1,000 

1,500 

1,600 

1,100 

1,400 

300 

800 

600 

200 

200 

600 

400 

1,000 

500 

7,000 

50 

4,600 


440,000 

1,200,000 

190,000 


Notevole  è  in  questi  ultimi  anni  l'emigrazione,  che  nel  1854  arrivò  a  206  mila  Euro- 
pei, usciti  di  Germania  in  gran  parte. 


g  12.   —  Impero  ereditario  d'Austria. 


Allorché  Rodolfo  d'Habsburg  giunse  all'impero  (1273),  avea  possessi  per  479  miglia 
geografiche  quadrate  tedesche.  Le  rendite  di  quell'imperatore  salivano  a  2,600,000 
risdalleri  (da  fr.  5.  64).  Egli  investì  alla  sua  Casa  il  ducato  d'Austria. 


334  GEOGRAFIA.  —   EPOCA   DECIMOTTAVA 

Alberto  I  s'impadronisce  della  Boemia  nel  1306,  ma  tosto  la  perde;  tenta  opprimere 
i  Cantoni  svizzeri,  ma  questi  si  rivoltano.  Egli  allora  possedeva  l'Austria  e  la  Stiria, 

che  coprivano m.  q.      1037 

beni  patrimoniali »  179 

e  il  marchesato  di  Burgau,  ottenuto  nel  1301 r     .     .     »  18 

Nel  1326  Federico  il  Bello  co'  suoi  fratelli  avea  comprato  la  contea 

di  Pfurt »  203 

Nel  1336  Alberto  II  acquistò  la  Carintia »  200    1;2 

Quando  questi  morì  nel  1558,  possedeva  in  tutto  metri  quadrati.  »  1637  1/2 
Alberto  IH  coi  fratelli  nel  1363  ebbe  il  Tirolo,  per  successione  di  Margherita  Maul- 
tache  ;  nel  136S  la  contea  di  Feldkirch,  comprata  da  Rodolfo  ultimo  principe  della 
casa  di  Werdenberg;  nel  1567  il  Brisgau  e  sue  dipendenze,  comprato  dai  principi  di 
FiJrstenberg;  nel  1374  la  contea  di  Gorizia,  per  patto  di  famiglia;  nel  1378  la  contea 
di  Bludens  nel  Walgau,  venduta  da  Alberto  conte  di  Werdenberg;  nel  1579  un  ba- 
liaggio  in  Svevia ,  comprato;  nel  1380  la  contea  d'Hohenberg,  comprata  dal  conte 
Rodolfo;  in  tutto  miglia  quad.  2123. 

Allora  si  divise  la  Casa  in  tre  rami,  di  cui  quello  d'Austria  propria  nel  139S  avea 

per  beni  ereditar] m.  q.        345    1;2 

nel  1404  divenne  signora  dell'Ungheria »       6145 

e  nel  1437  della  Boemia »      2386 

Queste  ultime  andarono  perdute  colla  morte  di  Ladislao  Postumo. 
Nel  ramo  di  Stiria-Tirolo,  il  duca  Federico  IV  ebbe  nel  1395  per  ere- 
dità il  Tirolo,  l'Austria  anteriore,  altri  beni  in  Alsazia  ed  Elvezia  per    »        883 

Sigismondo  perdette  i  beni  in  Isvizzera  per »        179 

ma  acquistò  il  landgraviato  di  Nellemburg,  metà  di  Bregentz,  la  contea 

di  Sonnenberg,  il  castello  di  Megdburg;  in  tutto »        743 

Nel  ramo  Stiria-Stiria,  Ernesto  ebbe  in  eredità  nel  1395  la  Stiria,  Ca- 

rinzia  e  Carniola »        784    1/2 

Federico  HI  ebbe  in  comune  coll'Arciduca  Alberto  la  contea  di  Cilly  »  64    3;4 

Nel  1457  ereditò  da  Ladislao  Postumo »        545 

Esso  Federico  alza  l'Austria  in  arciducato,  che  poi  tocca  a  lui, 
Massimiliano  I  possedeva  in  beni  acquistati  per  la  moglie  Maria,  ere- 
ditiera di  Carlo  il  Temerario m.  q.      1436 

ereditar] »      1394    3/4 

nel  1496  eredita  il  Tirolo »        735 

nel  1500  la  contea  di  Gorizia  e  il  Friuli  austriaco »  47    1/4 

nel  1503  acquista  alcuni  Stati  sulla  Baviera »  2 

nel  1518  il  litorale  ceduto  dalla  Repubblica  veneta »  2    1/2 

in  tutto  miglia  quad.  3,613  1/2,  con  abitanti  9,354,190;  cioè  più  di  venti 
volte  tanto  di  quel  che  la  Casa  d'Austria  avea  trecent'anni  prima. 

Cresce  ancora  col  matrimonio  del  figlio  Filippo  in  Giovanna  di  Spagna  , 
per  cui  Carlo  V  viene  a  possedere 

Paesi  Bassi  e  Borgogna. m.  q.       1820 

corona  di  Castiglia  e  parte  d'America ....     »       6892 

corona  d'Aragona,  Napoli,  Sicilia,  Sardegna >       4587 

Stati  austriaci  in  Germania »      2177    1/2 

il  Milanese  e  la  Navarra  per  diritto  di  conquista »        612 

in  tutto »    16,088    1/2 

con  31  milioni  di  sudditi,  mentre  il  suo  rivale  Francesco  I  di  Francia  non  ne  avea  10. 
Quest'estensione  viene  divisa  tra  Filippo  suo  figlio  e  Ferdinando  fratello.  La  porzione 
del  primo  passò  poi  ne'  Borboni.  Al  ramo  austriaco  restò  circa  un  quarto  dei  possedi- 
menti di  Carlo  V.  Ferdinando  aveva  già  acquistato  i  beni  del  duca  di  Wiirtemberg,  tol- 
tigli dalla  lega  di  Svevia,  ed  eslesi m.  q.         13i 

da  Carlo  V  ebbe  l'Austria  superiore,  inferiore,  anteriore,  e  l'Alsazia  per    n      2,117    1/2 

comprò  Bregenlz  per  metà »  ? 

nel  1526  acquistò  l'Ungheria,  e  l'anno  dopo  la  Croazia »     3,580 


IMPEno  EREDITARIO  D'AUSTRU  335 

poi  definitivnnipnle  la  Rfipmia  colla  T.usazia  e  la  Moravia .     .     .     .  ni.  q.  2,238 

e  la  signciria  di  Thenpoii  in  Svevia >  ìfè 

occupò  Costanza  sotto  piclpsto  ohe  riniinziasse  al  callolicismo  .     .     .     »  8,070 
Ma  perdette  i  beni  che  avea  compri  dal  duca  di  Wiirtemherg.   m.  q.       134 
cedette  parte  dell'Ungheria  e  Transilvania  a  Giovanni  Zapoly,  poi 

ai  Turchi »    l,t)94 

onde  gli  Stati  si  ridussero  a m.  q.  6,342 

Sotto  Massimiliano  II,  Rodolfo  II,  Mattia,  non  vi  furono  quasi  cangiamenti.  Finita  la 
linea  diretta  (1619),  gli  elettori  chiamarono  all'impero  la  linea  di  Sliria-Tirolo.  Ferdi- 
nando II  ebbe  a  sostenere,  come  il  suo  successore,  la  guerra  dei  Trent'anni,  in  cui  l'Au- 
stria perde  un  milione  di  soldati,  e  dovette  cedere  alla  Francia  le  due  Alsazie  ed  altri 
possessi  per  miglia  quadrati  205  1^2. 

restando  così  ridotti  i  possessi  a m.  q.  6,136    J22 

Leopoldo  I  acquistò  definitivamente  il  Tirolo  nel  1665 »  M\ 

poi  nel  1675  la  Silesia »  J06 

e  nel  1699  la  Transilvania »  2,328    1^4 

in  tutto ),  9,1H     3^4 

Nella  guerra  della  Successione  spagnuola  fu  preso  il  Milanese  col  Man- 
tovano  m.  q.  710 

Carlo  VI  crebbe  ancora  i  possessi  nella  pace  di  Rastadt,  acquistando  gli 

Stati  della  Spagna  in  Italia  e  ne'  Paesi  Bassi  per »  2,459    iU 

ricuperò  la  contea  di  Gradisca »  20 

e  dalla  Porta  ottomana  in  Valachia  per »  1,945 

poi  occupò  la  Sicilia ;     »  576 

e  assicuratosi  Milano  e  Mantova  nel  1735,  v'aggiunse  Parma  e  Piacenza  «  90 

che  in  tutto  sommarono .     »  14,612 

Perdette  però  la  Sardegna ra.  q.      430 

restituì  Napoli  e  la  Sicilia,  e  i  distretti  di  Novara  e  Tortona  »    2,239    1/4 

perde  la  Servia,  Valachia  e  Bosnia »    1,169 

restando  all'Austria m.  q.  10,773    3/4 

Con  Carlo  VI  finisce  la  Casa  d'Austria  tanto  fortunata. 

Maria  Teresa  sostiene  la  guerra  di  Successione ,  dopo  la  quale  trovasi 

aver  acquistato  la  contea  di  Ohen-Ems  per  confisca m.  q.  3    1/2 

quella  di  Falkenstein >  2    1/2 

nel  1770  la  Gallizia  orientale  per  lo  sbrano  della  Polonia »  1,389 

1778  la  Bukovina »  172    3/4 

1779  il  quartiere  dell'Inn »  41 

1780  la  contea  di  Lettuag »  9 

che  portavano  gli  Stati  austriaci  a  miglia  quadrate »  12,391     1/2 

Ma  perdette  gran  parte  della  Silesia m.  q.     785 

nel  1743  porzione  del  Milanese  e  la  Sardegna »       97 

nel  1748  i  ducati  di  Paroia  e  Piacenza »       90 

Restando  i  beni  di  Maria  Teresa m.  q.  11,519    1/2 

Giuseppe  II  vi  aggiunse  per >,  5 

Leopoldo  II  il  granducato  di  Toscana »  346 

e  il  distretto  d'Altorscbowa »  4, 

Talché  quando  Francesco  II  salì  al  trono,  avea  per »  11,874    1/2 

Egli  acquistò  nel  1795  altra  parte  della  Gallizia »  866 

nel  1797  il  Veneziano,  l'Istria,  la  Dalmazia »  711     1/2 

nel  1802  i  vescovadi  di  Trento  e  Brixen »  92 

l'arcivescovado  di  Salzliurgo,  la  prevostura  di  Berohtolsgaden,  parte  del- 

l'abbadia  di  Passa u «  193 

nel  1803  parte  dell'Eicbstàdt • »  16 


336  GEOGRAFIA  —  EPOCA  DÈCIMOTTAVA 

Lindau  e  Rolhenfels »  9 

nel  1804  la  signoria  di  Blumenek »  2    1/2 

in  tutto    .     .     .     .    ■: ))    13,764    1/2 

Ma  pel  trattato  di  Campoformio  perde  la  Lombardia     m.  q.  264 
per  quello  di  Luneville,  la  Toscana  e  il  Fricktbal   ....  »  559    1/2 

restandogli  miglia  quadrate »    12,669    1/2 

con  22  milioni  e  mezzo  d'abitanti,  e  l'entrata  di  103  milioni  dì  fiorini. 

Dopo  i  trattati  di  Presburgo  ed  Austerlitz  perde  in  Italia  il  Veneto,  T Istria,  la 
Dalmazia,  e  moltissimi  beni  in  Germania,  acquistando  però  il  Salzburgo  e  Berchtols- 
gaden. 

Secondo  il  trattato  del  1815,  l'impero  austriaco  consta  degli  antichi  suoi  dominj , 
eccetto  i  Paesi  Bassi;  ed  aggiunti  Venezia  co' suoi  possessi,  alcune  porzioni  degli  Stati 
della  Chiesa  e  di  Parma,  la  Valtellina  tolta  ai  Grigioni  :  onde  si  stende  dalla  Polonia  al 
Po,  fra  il  6°  e  il  24°  di  longitudine  orientale  da  Parigi,  e  42^  e  51°  di  latitudine. 

Nel  1846  assorbì  la  città  libera  di  Cracovia  (i). 

Nel  1848  parve  questa  gran  mole  sul  punto  di  sfasciarsi,  poi  si  rifece. 

Nel  1859  perdette  quasi  tutta  la  Lombardia. 

E  poiché  0  la  sua  scomposizione  nelle  varie  nazionalità,  o  la  sua  unità  federale  e  co- 
stituzionale sarà  uno  de' fatti  più  rilevanti  alla  storia,  noi  ci  badammo  qui  lungamente 
sulla  natura  dei  paesi  che  formano  quest'impero. 

Ecco  il  quadro  della  sua  divisione,  area  e  popolazione,  pubblicato  colla  scorta  di  do- 
cumenti ufiìziali  dal  Comitato  d'industria  di  Weimar  per  l'anno  1854.  Le  miglia  qua- 
drate austriache  equivalgono  a  metri  quadrati  57,547. 

Popolazione  Abitanti 

Stati  Miglia  q.  austr.  (esclusi  i  militari)  perm.q.  a. 

Austria  inferiore 344.49  1,714,608  4977 

»       superiore 208.  47  755,250  5622 

Salzburgo 124.  52  154,379  1240 

Stiria 390.  19  1,095,078  2806 

Carinzia 180.  26  546,150  1920 

Carniola 173.  57  505,886  2914 

Gorizia,  Istria  e  Trieste    .     .    .  138.  82  615,056  4417 

Tirolo  e  Yorarlberg 500.12  925,066  1850 

Boemia 902.  85  4,800,818  5518 

Moravia 386.  29  1,972,165  5107 

Silesia 89.  45  479,321  5355 

Gallizia  e  Cracovia 1560.  66  5,056,647  3716 

Bukovina IBI.  31  450,664  2375 

Dalmazia 222.  30  432,337  1945 

Lombardia 375.  09  3,009,505  5023 

Venezia 414.  99  2,493,968  6010 

Ungheria 3123.  73  8,734,481  2799 

Vaivodia  serbica  e  Banato  di  Temes  521,  26  1,574,428  5020 

Croazia  e  Schiavonia    ....  318.  26  967,136  3058 

Transil Vania 1  Obi.  27  2,285,572  2168 

Confini  militari 585.  00  1,054,794  1809 

Totale    ....    11593.  90  39,411,309  3399 


{])  Qucst'ultiraa  reliquia  dell'antico  regno  di  Po- 
lonia fu  nel  -1813  elevata  a  repubblica  siUto  la  pro- 
tezione della  Prussia,  Russia,  Austria.  Comprendeva 
Cnicovia  (42,000)  e  un  piccolo  tcrri(orio  lunjo  la 
Vistola  sulla  frontiera  della  Galli/.ia  austriaca  j  in 
tutto  23  m.  q.,  e  456,000  abitanti,  con  cave  di  car- 


bon  fossile,  ferro,  zinco.  Il  governo  era  composto 
d'un  presidente  e  otto  senatori  ;  l'assemblea  dei 
rappresentanti  di  due  senatori,  due  delegati  del  ca- 
pitolo, venti  deputati  dei  collegi  elettorali,  due  pro- 
fessori dell'università,  e  quattro  giudici  di  pace. 


IMPERO  EREniTAnio  d'austbia  337 

G.  V.  H;infler,  nel  18b6,  stampò  a  Pesi  in  tedesco  una  statistica  della  popolazione 
austriaca  divisa  per  genti,  ed  è  sifatta  : 

Genti  tedesche. 

Alto-tedexchi  nell'Austria,  Stiria,  llliria,  Tirolo,  Boemia,  Moravia,  Un- 
gheria (a  Presl)urgo,  Pestìi,  ("iran,  Wes/.primer,  ecc  ,  compreso  il  oomilato 
d'Hienzenj,  nell.i  Gallizia,  Siiesia,  nelle  colonie  soabie  d'Ungheria,  a  Tol- 
naer  e  a  Baeser,  nel  Hanato  e  nei  Confini  militari;  Ba-iso-tedeschi  in  Tran- 
silvania  e  nei  Confini  militari 7,917,193 

Genti  slave. 

Cesci  in  Boemia,  Moravia,  Ungheria 5,897,970 

Polacchi  0  Lfchi  in  Gallizia  e  Siiesia ;     .     .     .  2,185,580 

lìutetìi  \n  Gallizia  ed  Ungheria -    .     .  SJ^iG.-^gS 

Croati  nella  Croazia  civile  ed  Unijheria,  e  nel  reggimento  Kreuz-Giorgio.  i  ,288, H32 

Sloveni  nella  Stiria,  llliria  ed  Unt-dieria 1,155,582 

Serbi  in  Croazia,  Ungheria,  Confini  militari,  Dalmazia  ed  Austria    .     .  1,584,134 

Bulgari  in  Ungheria  e  Transilvania 24,100 

15,282,196 

Genti  greco-latine. 

Italiani  x\p\  T.ombardoVeneto,  Istria,  Dalmazia 5,445,329 

Rpzj  nel  Tirolo 8,fii2 

Valiichi  in  Ungheria,  Transilvania,  Bukovina,  e  Confini  militari.     .     .  2,6i0,t92 

Macedo-Valaclii,  Greci  e  Schipetari  in  Vagheria 12,293 

8,104,756 

Genti  asiatiche. 

3/ag'mrj  in  Unaheria  e  Bukovina  ;  Szp/t/prt  in  Transilvania     ;     ...     .  5,418,773 

Armeni  in  Ungheria,  Transilvania  e  Boemia 17,584 

Zinqari  in  Ungheria,  Transilvania  e  Vaivodato 95,(i00 

Ebrei  in  tutti  gli  Stati 749,831 

6,279.608 
Quanto  a  religione,  1,218,851  appartengono  alla  Confessione  augustana  ;  2  milioni  alla 
calvinica,  dipendenti  dai  C(mcistori  di  Vienna  ;  2i  milioni  di  Cattolici  dipendono  da  13 
arcivescovi  e  49  vescovi;  circa  3  milioni  e  mezzo  di  Cattolici  greci  hanno  un  arcive- 
scovo e  7  vescovi;  e  2  milioni  e  mezzo  di  Greci  disuniti,  un  arcivescovo  e  10  vescovi  ; 
gli  Armeni  un  arcivescovo.  La  Chieda  cattolica  ha  la  rendita  di  14  milioni  di  fiorini 
(fr.  56,338,400)  l'anno;  la  protestante  è  per  lo  più  mant' nuta  dalle  comunità;  la  greca 
è  poco  ricca.  Vi  ha  nell'im[tero  da  7lj6  conventi  di  frati  e  157  di  monache,  con  circa 
10,200  individui 

Assai  più  importanti  sono  le  statistiche  che  nel  1858  fé  puhhiicare  il  ministero  del- 
l'interno; e  più  speciale  al  presente  discorso  è  la  Ethnographie  der  Oesterreichischen 
Monarchie  VOI)  K.  f.  von  Czokhmg;  Vienna  1837  e  seg.  Secondo  l'anagrafe  del  1837,  la 
popolazione  dell'impero  ammontava  a  57.339,012  anime,  che  vanno  ai  58  annoverando 
il  militare,  e  senza  contare  155,876  stranieri  in  esso  accasati,  né  114,888  austriaci  di- 
moranti all'estero:  formano  8,181,845  famiglie  in  877  città,  970  sohhorghi ,  2436  bor- 
ghi,  71,420  villaggi,  5,720,6iO  case.  Sole  Vienna  (473  m.)  ,  Praga  (118  m.) ,  Pest 
e  Venezia,  (106  m.),  passano  i  100  mila  abitanti.  Quasi  8  milioni  sono  Tedeschi  ;  pres- 
soché il  dopino  Slavi;  8  milioni  Ruuiani;  quasi  5  milioni  Magiari.  Or  son  da  dedurre 
tre  milioni  di  Lombardi. 

Cantò,  Documenti.  —  Tomo  I,  Geografia  politica.  22 


338  GEOGRAFIA  —  EPOCA   DECIMOTTAVA 

Venezia,  Zara,  Cattare,  Trieste  gli  danno  il  commercio  del  mare  Adriatico;  il  Danubio 
potrà  schiudergli  quel  dell'Oriente,  e  già  è  corso  da  battelli  a  vapore,  e  nel  1840  ne 
fu  proclamata  lìbera  la  navigazione.  Crescono  le  ferrovie,  di  cui  possiede  per  500  mi- 
glia. In  Boemia  sono  grandi  letti  di  carbon  fossile;  altri  nel  Tirolo,  nella  Stiria,  nella 
Moravia  ;  adesso  si  scopersero  laghi  di  petrolio  ne'  monti  del  vicentino  e  del  bellunese. 
Ha  terre  fertili,  200  leghe  di  coste,  le  frontiere  prolette  da  montagne  e  fiumi,  miniere, 
popolazione  bellicosa,  e  sta  nel  mezzo  dell'Europa;  talché  prospererebbe  assai  più  se 
non  gli  nocesse  l'esser  composta  di  Stati  differenti ,  la  cui  autonomia  or  essa  procura 
conciliare  coll'unità  mediante  una  buona  costituzione. 

Dei  paesi  austriaci  appartengono  alla  Confederazione  :  il  regno  di  Boemia  (bacino 
della  Moldava  e  dell'Elba  superiore);  il  margraviato  di  Moravia  con  piccola  parte  della 
Slesia  (bacino  della  March);  l'arciducato  d'Austria  (bacino  del  Danubio  da  Passau  a 
Presburgo)  ;  il  ducato  di  Stiria  (bacino  della  Muhr  e  parte  di  quel  della  Drava)  ;  la  contea 
del  Tirolo  (bacini  superiori  dell'Inn  e  dell'Adige)  ;  il  regno  d'Illiria  (Drava  e  Sava  su- 
periori). 

L'impero  divideasi  già  in  IS  governi  : 

4.  Governo  della  Bassa  Austria,  ove  Vienna  capitale,  piccola  città,  attorno  a  cui 
stendonsi  ampiamente  34  sobborghi,  con  moltissimi  spazj  erbosi. 

La  sua  popolazione  fu  neH  754        di   anime        175,640 
1779  »  200,000 

1851  1)  476,222 

1802  »  512,000 

di  cui  355,000  tedeschi;  88,000  slavi,  10,000  magiari.  È  centro  della  navigazione  a  va- 
pore del  Danubio  :  strade  di  ferro  la  uniranno  ai  punti  più  importanti  della  monarchia. 

2.  Governo  àeW'Alta  Austria,  ci.  Linz,  città  forte,  ed  emporio  dei  ferri  della  Stiria. 

3.  Governo  del  Tirolo,  ci.  Innspruck,  e  dov'è  Hall  arricchita  dalle  saline  :  moltis- 
simi Tirolesi  sciamano  in  cerca  di  lavoro.  Trento  è  famosa  pel  Concilio. 

4.  Governo  di  Stiria  ci.  Gràtz.  L'Eisenberg  dà  il  ferro,  di  cui  si  fa  il  migliore  acciajo 
d'Europa. 

5.  Governo  A'Illiria,  ci.  Lubiana,  antica  capitale  della  Camicia,  la  quale,  come  la 
Carintia,  conserva  stati  provinciali,  dove  le  imposte  erano  votate  e  ripartite.  È  impor- 
tante pel  transito  fra  i  porti  dell'Adriatico,  Vienna  e  l'Ungheria.  Idria  ha  la  cava  del 
mercurio,  non  inferiore  che  a  quella  di  Almaden  in  Ispagna. 

6.  Governo  del  Litorale,  ci.  Trieste,  porto  principale  dell'impero  al  fondo  di  un 
golfo  ;  cresce  delle  perdite  di  Venezia,  e  vi  giunge  la  strada  ferrata  da  Wiener-Neustadt. 
Aquileja,  Grado,  Capo  d'Istria,  Pola  son  città  decadute. 

7.  Governo  di  Boemia,  ci.  Praga.  Le  città  sono  divise  in  reali,  del  dominio,  protette 
e  signorili;  e  48  sono  le  reali,  rappresentate  dai  deputati  di  Praga,  Pilsen,  Budweis, 
Kuttenberg.  Reichenberg  fiorisce  per  l'industria;  Carlsbad  e  Toplitz  pei  bagni.  Lo  scavo 
dei  carboni  fossili  v'è  attivissimo,  come  quel  dell'argento. 

8.  Governo  di  Moravia  e  Slesia,  ci.  Brùnn,  creazione  dell'industria  e  del  commercio, 
dov'è  la  famosa  prigione  di  Stato  dello  Spielberg,  e  poco  lungi  Austerlitz, 

9.  Governo  di  Milano,  e 

10.  Governo  di  Venezia;  dei  quali  già  parlammo  a  pag.  311. 

11.  Governo  d'Ungheria  comprendeva,  prima  del  1848,  anche  la  Schiavonia  e  Croazia 
e  i  Distretti  particolari.  Buda  (33  mila),  capitale  del  regno,  è  piazza  forte  sul  Danubio, 
ma  è  men  bella  e  popolata  che  Pesti)  sull'altra  riva  del  fiume,  riunita  con  ponte  sospeso. 
Pesth  nel  1780  avea  1.3,000  abitanti  ;  30  mila  nel  1800;  48  mila  nel  1820;  83  mila  nel 
1825;  131  mila  nel  1857.  Là  presso  allargasi  il  piano  di  Rokasch  ,  ove  faceansi  le  eie- 
zioni dei  re.  Le  vigne  di  Tokai  producono  136  mila  ettolitri  del  vino  più  stimato  d'Eu- 
ropa. Ungvar  e  Munkaz  sono  castelli  sull'alto  Theiss,  primitive  residenze  dejzli  Unghe- 
resi. A  Presburgo,  antica  capitale,  coronavansi  i  re  e  sedea  In  dieta.  Kremnitz  ha  miniere 
d'argento  e  d'oro.  Le  città  ungheresi  han  varj  nomi:  Presburgo  dicesi  rrcsborck  in 
slavo,  l'ozony  in  magiaro,  Posonium  in  latino;  Buda  in  ungherese  è  detta  Budin  dagli 
Slavi,  Ofen  dai  Tedeschi;  Gran  è  Estergon  in  ungherese,  Ostrihom  in  slavo,  Striganium 
in  latino  I  Distretti  particolari,  sottoposti  ad  una  legislazione  propria,  che  dava  loro 
molti  privilegi ,  erano  la  Piccola  e  la  Grande  Comania;  la  Jazigia;  il  territorio  degli 


IMPERO  EREDITARIO  d'aUSTRIA  339 

Aiduki,  popolazione  militare  presso  Tokai,  privilegiata  da  Giovanni  Corvino;  il  Litorale 
ungherese. 

12  Governo  di  Daìmazia  lungo  l'Adriatico  con  Zara,  ci.  Spalatro,  ha  avanzi  del  pa- 
lazzo di  Diocleziano,  da  cui  trasse  il  nomo  {es  Vulalion)-^  Fiafusi,  capo  una  volta  di  re- 
pubblica ;  Caltaro  piazza  forte.  Ne  dipendono  le  molte  isole  della  costa. 

13.  Governo  dei  Confini  milituri.  E  una  striscia  di  terreno  dalla  Dalmazia  alla  Buko- 
vina,  i  cui  abitanti  sono  agricoli  e  soldati.  11  terreno  regalato  dallo  Stato,  si  trasmette  di 
padre  a  figlio,  e  rimangono  sottoposti  a  severa  disciplina  militare,  divisi  in  generalati. 
Quel  de' Confini  militari  ungheresi  ha  sede  a  Temeswar  ;  quel  de'  croati  a  Agratn  ;  quel 
de'  transilvani  a  Ilermamiadt  ;  quello  degli  slavi  a  Peiervaradino. 

I-i.  Governo  di  Transilvania,  granducato,  diviso  in  paese  degli  Ungheresi,  ci.  Klau- 
senburg,  paese  degli  Szeldì,e  paese  dei  Sossor??',  ci.  Hermanstadt.  Popolarmente  la  Tran- 
silvania  si  divide  in  Alt  Land  con  Hermanstadt;  Weinland  con  Schòssburg;  Land-vor- 
-dsin-Wald  con  Reismarkt  :  Burzen-land  con  Kronstadt:  cioè  paese  vecchio,  del  vino, 
avanti  alla  foresta,  e  delle  tempeste.  La  città  più  commerciante  è  Cronstadt.  Le  miniere 
d'oro  sono  abbondantissime. 

15,  Nel  paese  polacco,  il  governo  di  Gallizia  è  separato  dagli  Ungheresi  pei  monti 
Krapak;  ci.  Lemberg,  già  capo  della  Rnssia  Rossa.  Questo  governo  e  la  Dalmazia  erano 
reclamati  dalla  dieta  ungherese  come  antiche  dipendenze  del  regno  d'Ungheria. 

Secondo  l'organizzazione  nuova  del  1848  i  paesi  della  corona  sono:  1.  Austria  su- 
periore e  inferiore;  2.  Salzburgo,  che  dapprima  era  unito  alla  Bassa  Austria;  3.  Stiria; 
4.  Carintia,  Carnioìa,  Litorale,  circoli  di  Trieste,  Gorizia,  Mitterburg  ;  5.  Tiralo  e  Vor- 
arlberg ;  6.  Boemia;  1.  Moravia;  8.  Slesia;  9.  Gallizia  e  Lodomiria,  con  Cracovia; 
10.  Dukovina;  11 .  Dalmazia,  che  comprende  anche  la  Croazia,  la  Schiavonia  e  Fiume  ; 
12.  Ungheria,  colla  vaivodia  di  Servia  e  il  banato  di  Temes;  15.  Transilvania,  com- 
posto della  Transilvania  e  del  paese  de'  Sassoni;  14.  Confini  militari;  15.  Lombardo- 
Veneto. 

L'acquisto  più  importante  per  l'Austria  fu  l'Ungheria,  cui  potè  togliere  i  privilegi 
dopo  il  1849;  locchè  è  un  progresso  per  chi  mette  la  civiltà  nell'eguaglianza.  Grande 
industria  pone  il  governo  centrale  per  estendervi  la  coltura,  le  strade,  l'abitudine  d'ob- 
bedire. I  fogli  ufRziali  si  pubblicano  nella  lingua  del  territorio  al  quale  son  destinati. 
Le  autorità  danno  le  decisioni  nella  lingua  in  cui  sono  formolate  le  petizioni.  I  dibatti- 
menti nella  procedura  civile  e  criminale  si  fanno  sempre  nella  lingua  intesa  dalle  parti. 
L'insegnamento  nelle  scuole  primarie  è  impartito  nella  lingua  materna.  Cresce  la  lette- 
ratura sotto  l'impulso  di  poeti  e  scrittori  distinti,  dimodoché  lo  studio  di  essa  diverrà 
fra  breve  una  necessiià  per  le  classi  colte  delle  altre  nazioni.  L'accademia  ungherese 
delle  scienze,  il  teatro  nazionale  magiaro,  il  museo  ungherese  provano  che  ogni  cura  è 
consacrata  allo  sviluppo  dell'idioma  nazionale,  insieme  col  tedesco. 

Il  piano  di  studj  introdotto  nelle  provincie  gernjano-slave  è  stato  applicato  pure  al- 
l'Ungheria ,  e  tende  a  trasformar  le  scuole  elementari  maggiori  in  collegi  di  quattro 
classi,  e  ad  introdurre  nelle  scuole  primarie  le  materie  insegnate  nelle  tre  classi  inferiori 
di  questi  ultimi.  Più  di  cento  di  tali  collegi  furono  già  creati;  e  la  costruzione  di 
edifizj  per  le  scuole,  o  l'ampliamento  degli  esistenti  fa  rapidi  progressi.  I  maestri  che 
finora  non  aveano  sostenuto  alcun  esame,  devono  ora  prepararvisi.  Furono  organizzate 
conferenze  di  maestri;  regolate  e  stabilite  le  ferie,  la  durata  dell'insegnamento  e  la  fre- 
quentazion  delle  scuole;  introdotti  buoni  libri  d'istruzione,  compilali  nei  diversi  idiomi. 
Vennero  istituiti  ispettori  secolari  per  le  scuole;  e  dapertutto  i  Comuni  zelano  al  perfe- 
zionamento di  queste.  L'insegnamento  tecnico,  che  s'impartiva  solo  nell'Accademia 
Giuseppina,  lo  è  ora  nella  scuola  politecnica  imperiale  a  Buda,  in  una  reale  superiore 
di  sei  classi  ,  e  in  altre  a  Presburgo  ,  a  Pesth  ,  a  Zombor ,  a  Kremnitz.  Sono  scuole  di 
commercio  a  P^sth,  ad  Arad  ,  a  Uebreczin,  ed  una  rurale  celebre  ad  AItcnburg  ;  altre 
due  se  ne  stabiliranno ,  le  quali  serviranno  altresì  di  scuole  forestali.  L'università  di 
Pesth  e  diverse  altre  facoltà  di  diritto  sono  istituzioni  antichissime. 

Col  diploma  20  ottobre  1860  fu  data  una  costituzione  all'Austria,  chiamando  le  diete 
provinciali  e  il  consiglio  dell'impero  a  cooperar  alla  confezione  delle  leggi;  al  consiglio 
dell'impero  è  riservato  quanto  riguarda  le  leggi  di  finanza  e  credito,  monetazione,  banche 
di  emissione,  poste,  telegrafi, strade  ferrate, servizj  militari,  imposte,  prestiti,  conversion 


3i0  GEOGRAFIA  —  EPOCA  DECIMOTTAVA 

di  rendita,  vendita  di  beni  stabili  dello  Stato,  bilancio.  Il  diploma  stesso  ristabilì  la  pri- 
stina costituzione  dell'Ungheria  e  CroHzia  e  Transilvania.  11  messaggio  imperiale  1"  mag- 
gio 1862  sanziona  la  responsalità  de'  ministri. 

L'Austria  non  ha  possessi  funri;  ma  fin  al  18S9  esercitò  una  specie  di  patronato  di 
famiglia  sugli  Slati  di  Toscana,  Parma,  Modena;  e  tenea  guarnigione  nelle  fortezze  di 
Coaiacchio,  Ferrara,  Piacenza  e  Magonza. 

Il  fiorino  valea  lire  2.  60,  diviso  in  60  kreutzer;  lo  zecchino  imperiale  lire  11.  86; 

10  zecchino  ungaro  lire  11.  90.  Nel  1858  fu  introdotta  una  nuova  moneta,  la  cui  unità, 
che  è  il  fiorino  d"ar;;ento,  vale  2.  85  della  moneta  di  convenzione,  ed  equivale  press'a 
poco  a  metà  del  cinquefranchi. 

Si  facevano  ammontare  le  entrate  totali  dell'Austria  a  546  milioni  di  lire  austriache, 
in  cui  figurano  lire  13,i85.7r)0  che  pagava  lUnghena  invece  d'imposta  fondiaria.  Se- 
condo Springer,  le  spese  d'amminis  razione  salivano  a  124  milioni.  11  dehilo  dello 
Stato,  secondo  Tegoborski,  ascendeva  a  franchi  2,910,000,000;  nel  1847  si  contrasse 
un  altro  imprestito  di  2i0  milioni:  onde  in  trent'anni  di  pace  il  debilo  nazionale  fu 
raddopi»iato  del  valor  nominale  ,  e  più  che  quadruplicato  del  valore  effettivo.  Eppure 
l'Austria  ebbe  un  grosso  compenso  dalla  Francia  nel  1815;  altri  189  milioni  nella  se- 
conda pace  di  Parigi  per  iodennizzamento  di  perdite  sofTerte  da  sudditi  austriaci  nel- 
l'occupazione del  territorio,  gran  parte  della  quale  fu  tenuta  dallo  Stato;  altro  per  la 
guerra  di  Napoli  nel  1822.  Insomma  il  debito  pubblico  consumava  150  milioni,  la  cassa 
militare  159,  le  pensioni  militari  18  milioni,  la  guardia  de'  confini  e  la  percezione  dei 
diritti  15.  Restavano  dunque  assorbite  le  entrate,  prima  di  pagar  le  spese  di  Corte,  le 
di|)lomatiche,  i  lavori  piihblici,  le  carceri  ed  altri  stabdimenli,  e  le  paghe  straordinarie. 

11  1848  alterò  affatto  i  conti,  e  nel  1862  l'entrata  si  calcolò  398,657,965  fiorini,  la  spesa 
436,720,581  fiorini. 

11  debito  al  1862  31  ottobre  era  consolidato  e  ondeggiante,  2,264,316,761   fiorini. 
Tolti  i  valori  attivi 2,257,932 

Restano  fiorini  2,262,078.828 
oltre  il  debito  Lombardo  Veneto  di  66.419,585.  Nell'anno  s'aumentò  di  29,257,21 6  fior. 
In  Prussia  e  in  Austria  ogni  abitante  contribuisce  da  8.50  a  9  lire  per  le  spese  njilitari, 
mentre  ne'  piccoli  Stati  di  Germania  solo  da  3.  60  a  4.  80.  Pel  debito,  in  Austria  7  lire; 
in  Prussia  2.  20;  in  Haviera  4.  50;  nel  Wurtemberg  3.  15;  nella  Sassonia  reale  3.  50; 
nell'Annover  e  nel  Baden  4.  40j  nell'Assia  granducale  2.  50  j  nella  elettorale  2.  20. 


^13.  —  Monarchia  prussiana. 

Fra  il  3^^  50'  e  20  50'  di  longitudine  orientale  da  Parigi,  e  il  49"  e  56"  di  latitudine: 
superficie  5103.  97  miglia  geogr.  quadr.  Sorse  frii  le  potenze  di  primo  posto,  e  contese 
coll'Austria  pel  primato  politico  nella  Germania,  come  ebbe  il  morale  ed  il  com- 
merciale. 

L'Hannover,  il  Brunswick,  l'Assia,  il  Nassau,  i  dominj  delle  Case  di  Lippe,  Waldeck 
e  Anhalt  separano  la  Prussia  in  due  parti.  Quella  ad  oriente  del  Weser  chiude  le  Pro- 
vincie di  1.  Prussia  propria,  2,866,817  e  2.  Pof^nania,  1,494,621,  che  appartengono  alla 
Confederazione;  3.  Slesia  3590  m.  ;  4.  Pomerama  1389  m.  ;  5.  Brandeburi/o  2467  m.; 
6.  SufiS07na  1970  m.  L'occidentale,  7.  la  U'estfatia  1618  m.;  8.  \a  ProvÌ7ìci a  renana 
3216  m.  Aggiungesi  poi  l'ilohenzollern  64  m 

Essendo  paesi  d'aggregaziune  successiva,  han  razze  e  religioni  diverse.  Nella  provin- 
cia di  Prussia  son  1,600,000  Protestanti  e  630,000  Cattolici  ;  n^l  granducato  di  Posen 
350,000  Protestanti  e  il  doppio  Cattolici;  in  Pomerania  e  nel  Braiuicnurgi.  p(ìchi  Catto- 
lici; in  Sassonia  appena  un  quindicesimo;  in  We>tfalia  due  terzi;  nella  provincia  Renana 
tre  quarti.  I  Protestanti  hanno  due  vescovi  a  Kòiiigsherg  e  a  Berlino,  ove  ogni  cinque 
anni  tiensi  il  sinodo  generale:  i  Cnttolici  due  arcivescovi  a  Colonia  e  Posen,  cui  suffra- 
gano i  vescovi  di  Bresiau,  Culm,  Ermeland,  Munsler,  Paderborn,  Treveri.  La  popola- 
zione totale  del  1816  era  10,349,000;  nel  1841,  14,907,091,  nel  1861,  18,500,000,  in 


MONARCHIA  PRUSSIANA  341 

cui  6,807,000  Cattolici,  H  milioni  Evangelici,  1,186 Greci,  14,000  Mennoniti,  2S2,000 
Ebrei. 

Quanto  alle  stirpi,  quasi  5  milioni  parlano  polacco-,  233  mila  mazuro;  7600  il  ca- 
sciulio;  82  m.  il  vendo;  IO  m.  il  boemo;  48  m.  il  moravo;  tutti  dialetti  slavi;  136  ra. 
il  lituano;  IO  m.  il  vallone,  pochi  altri  l'olandese  ed  il  kurese. 

Il  governo  era  a.-soluto,  con  stati  provinciali  composti  di  deputati  dei  tre  ordini;  ma 
in  realtà  v'erano  cinque  siati  distinti,  nubili,  che  son  da  20  mila  faiMiglie  con  antichi 
diritti  fendali;  dO  mila  ecclesiastici;  borghesi  di  1('2I  città,  che  formano  quasi  un 
quarto  dell'intera  popolaziune;  paesani  di  56  mila  borgate  e  terre;  e  niilitari.  Nel  1847 
furono  adunati  gli  Stati  (ienerali,  e  l'anno  seguente  concessa  la  costituzione,  stabilita  poi 
il  51  gennajo  1830,  e  più  volte  modificala. 

Le  entrale  pel  1862  si  calcolarono  a  136  milioni  e  mezzo  di  talleri:  il  debito  è  di  quasi 
281  milioni  di  talleri.  La  Corte  ne  irae  dalle  casse  erariali,  pel  proprio  trattamento, 
3  milioni  e  mezzo.  In  una  c;issa  di  guerra  si  deponevano  gli  avanzi  di  ciascun  anno  in 
denaro  sonante;  nel  1847  avea  i9  milioni  e  mezzo  di  talleri,  che  presto  furono  dissipati, 

I  primi  mercanti  furono  chiamati  in  Prussia  dalla  pesca  dell'ambra  gialla;  e  forse 
molti  ne^jozianti  romani  eransi  stabiliti  sull'Oder  e  sul  Baltico;  aTreveri  si  riceveano  le 
lane  inglesi  per  manifatture  romane.  Nel  medioevo  crebbero  le  città  anseatiche,  mas- 
sime Colonia  e  Danzica  ;  poi  manifattori  francesi,  dopo  la  revoca  dell'editto  di  Nantes 
fondarono  nel  Brandeburgo  l'industria.  Oggi  son  rinomate  l'acqua  odorosa  di  Colonia, 
l'aciiua  d'oro  di  Danzica,  gli  aghi  d'Aquisgrana,  e  le  armi  di  Solingen,  ove  fabbricansi 
l'anno  30U  mila  lame  di  spade,  òOo  mila  dozzine  di  coltelli,  200  mila  di  forbici.  Fran- 
coforte fa  gran  commercio,  massime  di  [lanni  La  Slesia  è  piena  di  manifatture  di  panni, 
tele,  ferro,  piombo,  ar^ienlo.  Halle,  oltre  le  saline,  è  importante  pel  commercio  librario, 
come  Berlino  e  Lipsia,  la  cui  fiera  ha  rinomanza  antichissima.  Il  territorio  di  Dusseldorf 
è  una  continua  manifattura  di  ferro,  rame,  piombo,  lana,  seta,  cntone,  sicché  asporta 
più  di  luO  milioni  l'anno.  V'ha  pure  molte  cave  di  rame,  di  giallamina,  d'allume,  di  sale; 
e  le  riccliissime  d'argento  dell'IIarz;  oltre  le  fiibbriche  di  tele,  d'azzurro  di  Prussia,  e 
i  legnami  da  marina.  L'aprile  18i0  scriveasi  da  Danzica,  mai  non  essersi  raccolta  sì 
gran  quantità  di  ambra  come  nelle  ultime  settimane  ;  al  solo  villaggio  di  Weichselmund 
essersene  radunato  per  1500  libbre  al  giorno;  talché  se  ne  temeva  svilito  il  prezzo.  Son 
proposte  28  linee  di  ferrovie. 

Tulle  le  citta  del  Beno  batteaoo  monete,  onde  la  grandissima  varietà  di  ducati,  fiorini, 
risdalleri  in  Germania.  Il  ducato  di  Prussia  vale  lire  11.  77;  il  talleri  3.  70,  diviso  in 
30  silbergros  ;  il  federico  d'oro  bre  41 .  61 ,  e  il  senìplice  la  metà.  La  libbra  407  grammi  ; 
il  piede  del  Beno  514  millimetri;  il  miglio  chilom.  7o32. 

Berlino,  capitale,  nel  1 624  non  aveva  ancora  selciate  le  strade  :  nel  1 661  contava  6b00 
abitanti;  29,000  nel  1700;  136  mila  nel  1793;  nel  1828,  2n3  mila;  nel  1840,  311  mila; 
Hfl  J86I,  547  mila,  e  tutto  vi  ha  aspetto  di  novità.  Poco  lungi  è  l'utailam  (52  mila),  la 
più  bella  residenza  reale  della  Prussia;  e  ne'  contorni  il  Sam  souci  di  Federico  11.  E  pur 
notevole  Franzosisch  Buchholz,  popolato  da  una  colonia  di  Calvinisti  francesi. 

Culonia  (120  milaj,  nella  provincia  Henana,  anticamente  fiorenlissima ,  anche  ora  è 
riguardata  come  capitale  delle  provincie  occidentali.  Kssa  possiede  il  capolavoro  del- 
l'arte gotica.  Gli  elettori  dimoravano  nel  castello  di  Honn,  ora  destinalo  all'università. 
In  quota  parte  si  trovano  le  città  famose  (ì'Aquisj^rana  e  Treviri.  Cohlentz  é  ridotta  una 
delle  piazze  più  forti  d'Europa,  formando  un  campo  trincerato  per  centomila  uomini. 
Più  di  mille  borgate  hanno  titolo  di  città;  queste  abbondano  principalmente  nelle  Pro- 
vincie orientali. 

Ultimamente  la  Prussia  acquistò  i  principati  di  Hohenlohe  e  Sigmaringen.  Le  appar- 
teneva pure  il  cantone  svizzero  di  Neufchatel,  sottomesso  a  regime  particolare;  ma  nel 
1848  se  ne  sottrasse. 

Si  cerca  assimilare  i  paesi  slavi ,  e  Federico  II  fondò  ben  ducensetlanta  colonie  te- 
desche nei  territori  dove  gli  Slavi  erano  più  densi;  e  la  costoro  lingua  dispare,  eccetto 
Posen,  ove  la  polacca  si  coltiva  anzi  specialmente.  Ma  gli  ultimi  moti  in  senso  della  na- 
zionalità rendono  importanza  e  spiriti  agli  Slavi. 


3t2  geografìa  —  EPOCA  DECiMOTTAVA 

EUROPA  SETTENTRIONALE. 
^14.  —  Monarchia  inglese. 

Il  Regno  Unito  della  Gran  Bretagna,  fra  il  0"  35'  e  il  lo»  di  longitudine  occidentale 
da  Parigi,  e  il  50"  e  61"  di  latitudine,  comprende 

A.  L' Inghilterra  propria,  il  principato  di  Galles,  i  regni  di  Scozia  e  d'Irlanda.  L'In- 
ghilterra e  l'Irlanda  sono  partite  come  dicemmo  nell'Epoca  XV,  §  6.  La  Scozia  fu  di- 
visa in  meridionale,  colle  tredici  contee  d'Edimburgo,  Linlitligow  ,  Haddington  (for- 
manti l'antico  paese  di  Lothian),  Berwick,  Boxhurg,  Kenfrew,  Ayr,  Wigton  ,  Lanark, 
Peebles,  Selldrk,  Dumfries,  Kirkcudbright  ;  media  colle  quattordici  contee  di  Argyle, 
Rute,  Mearn  o  Kincardine,  Fife,  Nairn,  Elgio  o  Murray,  BanfT,  Aberdeen,  Forfar  o  An- 
gus, Pcrth,  Kinross,  Clackmannan,  Stirling,  Dumbarton  ;  settentrionale  colle  sei  contee 
di  Orkney,  Caithness,  Sulherland,  Ross,  Cromarty,  Inverness. 

li.  Le  dipendenze  amministrative,  quali  le  isole  di  Scilbi  e  Man  nell'arcipelago  Bri- 
tannico (52,000  abitanti);  le  isole  ^iì/y/onormanc/e  rimpetto  alla  Normandia  (60,700);  il 
gruppo  d'Helgoland  all'imboccatura  dell'Elba  e  del  Weser,  cedutole  poc'anzi  dalla  Da- 
nimarca (2800);  il  gruppo  di  Malta  (li7,000);  Gibilterra  (17,000).  In  tutto  formano 
miglia  quadrate  inglesi  121,280. 

La  popolazione  totale  della  monarchia  nel  1859  era  di  26,516,000  anime;  nel  1843, 
27,624,000;  dal  nuovo  censimento  dell'S  aprile  1861  risultarono: 

Inghilterra  e  principato  di  Galles  uomini  9,758,852  donne  10,302,873 

Isole )  66,594      »  77,585 

Scozia '^       1,446,982       »        1,614,268 

Irlanda «       2,804,961       »        2,959,582 

Non  vi  sono  compresi  gli  individui  dell'esercito  (137  m.)  o  della  marina  reale  assenti 
(42,900).  Non  si  tenne  conto  della  religione.  Nel  ISiO  migrarono  83,746  persone;  nel 
1841,  118,592;  nel  18i6,  129,851  ;  nel  1848,  248,089.  Dal  1851  al  61,  dai  porti  britan- 
nici migrarono  2,249,355  persone;  di  cui  194,532  erano  stranieri,  640,210  inglesi, 
183,627  scozzesi,  1,250,986  irlandesi. 

La  costituzione  britannica  fondasi  su  privilegi  storici,  ma  le  libertà  sono  cresciute 
dopo  la  riforma  parlamentare  del  1830.  Ora  la  Camera  de'  Comuni  è  composta  di  471 
membri  per  l'Inghilterra,  29  pel  Galles,  55  per  la  Scozia,  IO,")  per  l'Irlanda.  Nel  1845 
v'erano  941,782  elettori,  cioè  33,394  più  che  nel  1840;  il  che  dà  un  elettore  ogni  19 
abitanti,  ossia  5  e  1;4  per  cento. 

Nel  1861  la  pubblica  spesa  ammontò  a  lire  sterline  72  milioni,  e  l'entrata  a  69.  La 
maggiore  spesa  va  negl'interessi  del  debito,  che  monta  a  sterline  801,808,000,  oltre  98 
milioni  di  debito  delle  Indie.  Alla  famiglia  reale  (fra  le  varie  persone)  sono  assegnate 
lire  sterline  518,000  (fr.  7,475,000). 

11  re  è  capo  della  Chiesa  inglese  ,  e  senza  consenso  di  lui  non  possono  radunarsi  i 
sinodi,  né  regolare  il  dogma  e  la  disciplina  con  canoni  nuovi.  Essa  Chiesa  ha  2  arcive- 
scovi: (juello  di  Cantorbery,  con  23  vescovi,  e  quello  di  York,  con  3  vescovi:  inoltre 
29  decani  {deans),  58  arcidiaconi,  355  prebendati,  291  canonici,  10,765  incumbenti, 
4815  curati.  La  Scozia  ha  0  vescovi  titolati.  L'Irlanda  4  arcivescovi  e  25  vescovi 
cattolici. 

Dal  rapporto  della  Commissione  di  carità  del  1841  appare  che  la  Chiesa  anglicana  da 
proprietà  stabili  ritrae  per  4,133,508  lire  sterline,  e  per  la  tassa  annuale  lire  784,178; 
onde  quel  clero  ha  un'entrata  di  236,489,125  franchi,  cioè  più  che  quel  di  tutti  gli 
Stati  cattolici  uniti  ;  sebbene  il  regno  non  conti  i)iù  di  dodici  milioni  d'Anglicani. 

Molte  terre  giaciono  incolte  nella  Scozia  e  nel  paese  di  Galles.  In  Inghilterra  nel  1841 
erano  16,200,000  ettari,  de'  quali  7  milioni  a  pascoli,  500,000  a  boschi  cedui,  200,000 
a  boschi  comuni  e  terre  sterili,  .500,(100  in  acque  e  strade,  1,601), 000  maggesi  e  sodi,  e 
soli  4,600,000  in  coltura.  La  maggior  ricchezza  viene  dalle  miniere  di  ferro,  rame,  sta- 
gno, piombo  e  carbon  fossile.  In  Inghilterra  cavasi  ogni  anno  70  milioni  di  tonnellate 


MONAnCHIA  INGLESE  343 

di  carbon  fossile,  che  rappresenta  in  un  bel  circa  il  valore  di  17S0  milioni  di  franchi. 
A  estrarlo  sono  occupate  260  mila  persone:  per  accidenti  ne  muojono  mille  all'anno, 
cioè  per  invasione  di  acque,  franamento,  scoppio  di  gas,  cadute. 

Il  Galles  settentrionale  dà  annualmente  un  milione  di  quintali  di  piombo,  e  il  meri- 
dionale quasi  tre  di  ferro;  onde  a  Cardiff  sono  le  più  grandi  fonderie  del  mondo.  Le 
miniere  di  rame  d'Anglesey  e  quelle  di  stagno  in  Cornovaglia  sono  delle  più  ricche;  e 
aFIintz,  Derby  e  nel  Cumberland  trovansi  filoni  d'argento.  In  Irlanda  havvi  masse 
d'oro  nativo  nelle  montagne  di  Wicklow,  e  piombo  argentifero  ad  Antrira;  a  Enni- 
skorthy,  miniere  di  ferro  e  fucine;  a  Carlow,  cave  di  carbon  fossile;  cave  di  rame  in 
un'isola  del  lago  Killarney,  di  marmo  nero  a  Kilkenny,  di  sale  a  Belfast. 

11  pozzo  di  Duckenfield  nel  Chershire,  ha  7o0  metri  di  profondità;  quello  di  Pendle- 
ton  presso  Manchester  700:  quel  di  Wigan  metri  -1773.  Altrettanto  i  pozzi  di  Durham  e 
di  Cumberland,  che  si  estendono  sotto  l'Atlantico:  e  si  sviluppano  per  quasi  un  chi- 
lometro. 

Nel  1750  il  Cornwall  producea  2000  tonnellate  di  stagno;  nel  1827  ne  produsse  5000; 
e  7000  nel  1857. 

Di  minerale  di  rame  nel  1748  si  produssero  7400  tonnellate;  nel  1859  fin  236  mila. 

11  minerale  di  piombo  da  7  mila  tonnellate  crebbe  a  90  mila,  che  ne  danno  65  mila  di 
metallo  puro,  oltre  16  d'argento  che  prima  andava  perduto. 

Nel  1740  si  cavarono  17,350  tonnellate  di  ferro  metallico;  nel  1840,  tonnell.  248,000j 
nel  1859,  ben  5,720,000. 

Di  carbone  nel  1859  si  cavarono  72  milioni,  e  nel  1860,  80  milioni  di  tonnellate. 

Secondo  i  documenti  officiali  la  produzione  minerale  delle  Isole  Britanniche  fu  : 

1859  1860 

Metalli.     ..     .     .     .  lire  sterline        15,447,086  16,959,717 

Sale  e  minerali   .     .  »  95,000  170,927 

Carbone     ....  »  17,994,741  20010,674 

Pietre,  ardesia,  ecc.  »  7,954,075  8,000,000 


41,491,102  45,121,318 

Franchi  1,100,000,000  1,128,000,000 

Si  calcola  che  gli  agricoli  e  i  cavatori  di  miniere  formino  sette  diciassettesimi  della 
popolazione  inglese,  cinque  diciassettesimi  i  manufattori,  due  diciassettesimi  i  commer- 
cianti; il  resto  professioni  liberali,  poveri  e  viventi  di  rendite.  Fra  i  commercianti  con- 
tano 155,576  marina],  che  salgono  24,095  bastimenti  mercantili,  della  portata  di 
2,508,191  tonnellate.  Nel  1836  lavoravano  nelle  cotoncrie  220,134  operaj,  nelle  seterie 
50,682,  nelle  filature  del  lino  32,283,  in  quelle  di  lana  71,274;  cioè  355,272  operaj, 
de'  quali  55,455  dagli  8  ai  13  anni.  La  macchina  detta  Mule-jenny  può  da  una  libbra 
di  cotone  trarre  un  filo  lungo  53  leghe.  Il  filo  di  cotone  annualmente  adoperato  nelle 
fabbriche,  fu  calcolato  a  51  volte  la  distanza  dalla  terra  al  sole,  o  2000  milioni  di  leghe 
postali;  e  il  valore  del  prodotto  a  più  di  900  milioni  (1).  La  potenza  delle  macchine  vi 
era  valutata  nel  1792  di  12  milioni  di  braccia;  nel  1817  di  200;  nel  1833  di  400;  nel 
1841  di  600;  oggi  di  800. 

Dalle  belle  manufatture  di  lino  d'Exeter,  Dublino ,  Drogheda  ,  Sligo,  Arraagh,  Mona- 
ghan  si  asportano  oltre  100  milioni  in  tele.  Attivissime  sono  le  seterie  di  Dublino  e  di 
Nottingham,  le  concierie  di  Limerick,  le  chincaglierie  di  Sheffield,  le  guanterie  di  War- 
wick,  le  vetrerie  di  Londra,  le  cartiere  di  Hereford,  le  fabbriche  di  stoviglie  di  Stafford, 
Newcastle,  Bristol,  quelle  di  porcellane  di  Worcester,  di  stoffe  di  Leeds,  le  ferriere  di 
Cardiff,  di  Manchester,  di  Birmingham.  La  sola  Glocester  fabbrica  ogn'anno  per  25  mi- 
lioni di  spilli.  I  formaggi  di  Chester  vanno  per  tutto  il  mondo.  Il  commercio  librario  è 
tale  a  Londra,  che  una  sola  casa  spende  per  un  milione  l'anno  in  annunzj  Lincoln  rac- 
coglie ogni  anno  12  milioni  di  chilogrammi  di  lana  da' suoi  armenti.  Ai  mercati  di  Bai- 
fi)  Vedi  Ed.Bai.ves,  Storia  delle  manifatlure  Cina,  \7  tra  Svizzera,  Sassonia,  Prussia,  Belgio. 
di  cotone  inglesi.  —  Computasi  che  del  cotone  si  KoEiìLi\,  EnquNe  cummerciale  de  la  France.  Ciò 
consumino  150  milioni  di  chilogrammi  in  Inghil-  spiega  la  mina  in  cui  caddero  le  manufatture  d'Eu- 
terra,  40  in  Francia,   19  agli  Stati  Uniti,  io  nella       ropa  per  la  guerra  d'America  del  1861. 


344  GEOGRAFIA  —   EPOCA   DECIMOTTAVA 

linasloe  in  ottobre  concorrono  fin  120  mila  pecore  e  40  mila  bovi,  e  si  danno  prenij  a 
chi  ha  il  bestiame  più  beilo.  i,e  corse  di  Kildare  fanno  pompa  delle  belle  razze  di  ca- 
ì'alli.  L'isola  ({athlin  invia  moltissimo  or/o  alle  birrarie  inglesi;  Cork  le  carni  s;ilate  pei 
bastimenti;  Clonmel  il  burro  per  le  colonie.  A  Galway,  Gallina,  Denegai  fassi  gran  pesca 
di  aringhe  e  salmoni;  VVatcrford  spedisce  70  vascelli  a  Terranova  per  la  pesca  del 
merluzzo:  altri  partono  principalmente  da  Ilull  per  la  pesca  della  balena. 

Soltanto  in  ferri,  nel  l.SiS,  si  asportò  dal  regno  per  619.141  tonnellate;  in  chinca- 
glierie e  coltellerie  tonnellaie20,6l4,  del  valore  dichiarato  di  sterline  2,341,980;  in  mac- 
chme,  sterline  1,263,(100.  In  carbon  fossile  nel  1834  asportossi  per  220,746  sterline;  e 
nel  1848  per  1,096,3.o6. 

Al  commercio  interno  danno  ajuto  le  moltissime  comunicazioni.,  avendo  moltissime 
grandi  strade,  1500  leghe  di  canali.  iNel  ISil  per  f)320  miglia  inglesi  di  ferrovie;  nel 
d849,  5447,  su  cui  viaggiarono  60,286,556  passeggieri.  La  spesa  di  costruzione  di  queste 
strade  valutavasi  a  4250  milioni. 

La  marina  mercantile  nel  1861  avea  38,904  legni,  di  cui  2J33  a  vapore  da  5,871,589 
tonnellate. 

Pel  commercio  estero  nel  1861  entrarono  vascelli 
a  vela  britannici  23,607  di  tonnellate  5,596,431  a  vapore  7484  di  tonnellate  2,595,018 

»      stranieri     24,140  «  5,0o2,8«9        »         1554  »  429,879 

uscirono  vascelli 
a  vela  britannici  23,342  di  tonnellate  5,451,923  a  vapore  7072  di  tonnellate  2,305,659 
stranieri     25,8i2  »  5,344,166         »         1148  »  391,604 

La  sterlina,  moneta  di  conto,  prima  del  1816  valutavasi  lire  24.  75;  dopo  lire  25.  25. 
Ogni  lira  dividesi  in  20  scellini,  uno  scellino  in  12  pences,  e  un  penny  in  4  farlhings. 
La  ghinea  fin  al  1816  valse  26.  47;  dopo  vi  fu  surrogata  la  sovrana  di  lire  25.  21.  La 
corona  d'argento  antica  vale  lire  6.  16;  la  nuova  5.  81  ;  il  dollar  o  scudo  di  banco 
5.  41.  La  libbra  di  peso,  455  grammi;  il  galone ,  litri  3.  785  pei  liquidi,  e  4.  405  pei 
grani.  11  piede  inglese,  504  millim.  e  8  decimillimetri:  il  miglio,  chilom.  1.6093:  la 
lega  marittima,  chilom.  5.  592. 

Londra  va  estendendosi  e  ingojando  villaggi  e  città.  Sotto  Enrico  II  contava  40  mila 
abitanti;  sotto  Guglielmo  HI  674, UOO;  sotto  Giorgio  111  866, OOi»;  nel  1801,  1,097,000; 
nel  1821  ,  1,574,000;  nel  1841  ,  1,870,000;  nel  181.9,  2,300,000.  i\el  1856  era  estesa 
sopra  122  miglia  quadr.,  e  conteneva  case  527,392,  abitanti  2,562,256,  che  crescono 
ogn'anno  di  40  mila,  metà  de' quali  per  immigrazione.  Oggi  ha  la  popolazione  di 
2,803,000  abitanti,   in  560,237  case,  occupanti    la  sujierfìcie  di  78,029  acri. 

Ha  dun(|ue  popolazione  due  volte  più  che  (Costantinopoli,  quattro  volte  più  che  Pie- 
troburgo, cinque  volle  più  che  Vienna  o  Madrid  o  N.  York,  sette  volte  più  che  Berlino, 
nove  volte  più  che  Roma.  Senza  domicilio  noto  vi  sono  150  mila  persone;  ladri  e  mal- 
fattori conosciuti  per  tali  16, UOO;  e  i  loro  furti  ammontano  a  42,000  sterline  l'anno. 
Secondo  il  censimento  del  1836,  8854  famiglie  appartenevano  alla  classe  agricola  ,  200 
mila  alla  manufatlrice  ,  110  mila  ad  industrie  varie;  c(tntavansi  600  banchieri,  1650 
agenti  di  cambio,  5000  medici,  820  speziali,  1100  chirurghi,  130  nolaj,  1150  avvocati, 
16,000  negozianti,  5800  agenti  di  coii.mercio,  2100  fornai,  1800  macellaj  ,  200  birraj , 
4560  ostieri  e  trattori,  59oO  sartori,  3i00  calzolai,  3iiO  cappella],  205  conciapelli,  520 
architetti  e  capomastri,  ecc.;  egli  allievi  di  queste  professioni  erano  circa  il  decuplo. 

Nel  1861  v'ebbe  1l^3incendj:  le  varie  compagnie  d'acqua  distribuirono  81  milioni 
di  galloni  d'ac(|ua  a  328,561  case.  Il  valore  reale  della  proprietà  di  Londra  si  calcola  di 
1500  milioni  di  sterline;  e  la  assicurata  è  900  milioni  di  sterline. 

Londra  è  uno  dei  porti  principali  e  il  primo  mercato  del  mondo:  ha  3000  vascelli,  la 
cui  capacità  uguaglia  quella  di  tutta  la  marina  mercantile  francese;  le  sue  entrate  som- 
mano a  67  milioni  e  mezzo  di  franchi. 

Non  credasi  che  quest'enorme  città  annichili  la  vitalità  delle  altre  ;  anzi  molte  ve  n'ha 
di  grandi  e  prospere.  Liverpool,  porto  principale  delle  contee  industriali  di  quelle  parli, 
ne'  cui  bacini  {(hih)  entrano  da  30  mila  navi  l'anno,  nel  1700  avea  5714  aiutanti,  nel 
1801  n'ebbe  77,655,  nel  1861,  441,000.  Manchexler,  città  delle  grandi  manifatture,  con 
rapidità  maggiore  crebbe  ad  altrettanta  prosperità,  e  su  50  inilatelaj  lavora  all'anno  60 
milioni  di  chilogrammi  di  cotone:  nel  1801  avea  94,753  abitanti,  nel  1861,  3.)8  mila.  A 


MONAnCIIlA   INGLESE  345 

Birmingham  (295  m.)  primeggia  la  manifattura  metallurgica.  Bristol  (154  m.).  al  sud 
dell'Inghilterra,  .icquislò  altrettanto  rapido  incremento. 

I.a  Scozia  conservò  le  proprie  leggi  e  la  Chiesa  nazionale,  che  concede  ai  ministri 
non  più  che  da  lìioO  a  3i)00  franchi.  Garegf;ia  coll'liigliilterra  in  perfezione  di  manu- 
fatture,  e  abbonda  di  cave  di  ferro,  rame,  piombo,  carhon  fossile,  sale,  marmo,  agate  , 
cristalli  di  rócca;  e  le  immense  foreste  di  .Sirkirk  la  forniscono  di  legna.  Ne  sono  sti- 
mate le  tele  e  le  lane;  e  Glasyoio  (595  ujila)  conta  meglio  di  30  mila  telai  da  cotone, 
di  300  macchine  a  vapore  nelle  fucine,  nelle  carbonaje  e  nelle  manifatture,  iissa  è  pur 
rinomata  per  terraglie, /Vr///  pei  guanti,  Edimburgo  (268  milaj  per  commercio  librario. 
A  Carron  presso  Kalkirk  èia  più  gran  fonderia  d'artiglierie  d'Euro|)a,  e  vi  si  fondono  le 
caronate.  La  Compagnia  scozzese  dell'India  e  dell'Africa  che  vi  risiede,  creò  la  prospe- 
rità di  Greenock.  Le  coste  furmicoluno  di  [lescatori,  e  il  solo  Inverrary  manda  |)iù  di  400 
battelli  alla  pesca  delle  aringhe,  che  si  fa  di  nolte  al  lume  di  fiaccole:  da  luglio  a  set- 
tembre un'inlìnità  di  navi  si  raccolgono  per  tale  pesca,  centro  della  quale  è  AJull.  Vie 
ferrate  cougiungono  le  grandi  citta,  il  canale  che,  traverso  a  montagne,  va  dal  Clyde  al 
Forth,  unisce  i  due  mari;  un  altro  fende  l'istmo  di  Cantyre. 

L'Irlanda  cattolica  ed  agricola  è  in  contrasto  coll'lnghilterra  protestante  e  manufat- 
turiera;  eppure  le  è  unita  coll'obbligodi  contribuire  a  mantenere  il  lauto  clero  anglicano: 
perciò  domanda  sempre  la  revoca  dell'unione.  Nel  1572  aveva  1,320,000  abitanti;  nel 
1720,  2,5u9,i.00;  nel  l788,  4,040,000;  nel  1851,  7,943,940;  nel  1801,  abit.  5,7(j4,543, 
di  cui  4,490,583  cattolici;  078,001  anglicani,  528,992  presbiteriani,  44,552  metodisti. 
Sono  quasi  800  mila  abitanti  meno  che  nel  1851.  Dublino  capitale  (249  mila)  è  difesa 
dalle  sabbie  da  due  moli  iimnensi. 

Nel  1837  il  regno  ó'Haìmuver  cessò  d'appartenere  alla  Gran  Bretagna. 

Colonie,  in  Europa,  Heligoland,  Gibilterra,  Malta  e  Gozo  già  dette;  più  le  Isole  Ioniche 
con  34  mila  abitanti: 

In  Asia,  la  grande  isola  di  Seilan  al  sud  dell'India  (1,760,000);  Hong-kong  nella  Cina 
(75  milaj;  Labuan  (2500J.  Inoltre  le  Indie  orientali,  che  dopo  il  1857  cessarono  d'esser 
governate  dalla  Compagnia  come  dirassi  al  §  25.  Hanno  la  popolazione  di  186  milioni. 

In  Africa,  Santa  iUarm  allo  sbocco  della  Cambia;  Fernandu-Po  nel  golfo  di  (ìninea, 
acquistata  nel  1858;  capo  Cór>o  ed  aliri  nella  Guinea  orientale;  Sant'Elena,  VAscen- 
sione,  Tristan  d' Acunha^  nell'Atlantico;  capo  di  /hionasperanza^  Maurizio,  Secelle. 

In  America,  a)  La  N.  Bretagna,  che  comprende  tutto  il  nord  dell'America  settentrio- 
nale dall'oceano  Artico  sin  alla  regione  dei  laghi,  cioè  il  Canada,  la  N.  Scozia,  Terra- 
nova, la  baju  (ì'Huilson.  Secondo  la  convenzione  13  giugno  1846  cogli  Stati  Uniti,  acqui- 
stò il  distretto  dell'Oregon  fino  al  49"  di  latitudine,  incbiusa  l'isola  di  lancouver  {±^ 
mila),  ò)  Le  Colonie  delle  Indie  occidentali,  con  le  Berinude,  le  Lucaje,  \e piccole  Antilie 
inglesi,  la  Gojana  inglese,  e)  L'Isola  degli  Stati  nell'arcipelago  di  Magellano  all'estre- 
mità del  continente  meridionale,  occupata  nel  1818. 

Nell'Oceania,  la  N.  Olajida  circuirono  tutta  di  posti,  e  di  là  si  allargano  sui  circo- 
stanti arcipelaghi.  Nel  1845  il  sovrano  delle  isole  Sandwich  le  cedeva  all'Inghilterra. 

Nel  1859  la  parte  nord  est  dell'Australia  fu  staccata  dalla  Nuova  Galles  del  sud,  for- 
mando la  colonia  di  Queensland:  talché  ora  le  colonie  sono  N.  Galles  del  sud  (òiH,SiQ) 
Qaeen4and  (30  m  ),  Victoria  (550  m.),  Australia  meridionale  (127  m.),  Australia  occi- 
dentale (15  m  ),  Tasmania  (86  m.),  A'^.  Zelanda  (75  m.). 

Il  punto  pfù  lontano  dei  possessi  britannici  in  Luropa  è  Zante  ,  che  dista  da  Londra 
2200chilom.;  in  Africa  il  Capo,  che  ne  dista  9i00;  in  Asia  Hong-kong,  11,000;  in 
America  Astoria,  15,80!t;  in  Oceania  la  N.  Zelanda,  22,500. 

Ricapitolando  coll'/l/manacco  di  Gotha,-s\  avrebbe: 

Superficie  Abitanti 

in  cliilom   quadr.  nel  '861 

Isole  britanniche 317,269  27,637,700 

Possessi  in  Europa 3,435  202,000 

»        in  America     ....  7,813,100  4,400,000 

»        in  Africa 569,120  955,000 

»        in  Asia 0,712,000  187,715,000 

j>        in  Oceania     ....  8,307,400  1,20,i,000 

Totale.    .     .     .       20,572,354  223,707,000 


346  GEOGRAFIA   —   EPOCA   DECIIÌOTTAVA 

Queste  cifre  sono  ben  lontane  da  quelle  date  da  Kolb,  secondo  il  quale  l'estensione  e 
la  popolazione  delle  colonie  inglesi  non  sommerebbero  che  a  7,913,316  chil.  quadr., 
con  162,400,000  abitanti  ;  secondo  Reden  giungerebbero  a  8,746,108  chil.  quadr., 
con  183,100,000  abitanti  ;  e  secondoaltri  11,735,930  chil.  quadr.,  con  soli  109,357,000 
abitanti  (Vedi  al  §  26).  Fanno  confusione  e  varietà  quanto  all'estensione  l'America 
Artica  e  l'Oceania  inglese,  le  quali  non  hanno  confini  certi  ;  e  quanto  alla  popolazione, 
gli  Stati  tributarj  della  Compagnia  delle  Indie,  che  alcuni  statistici  calcolano,  altri 
escludono. 


§  15.  —  Monarchia  svedese. 

È  posta  fra  il  4'  e  29'^  di  longitudine  orient.  da  Parigi,  e  il  55"  e  71°  di  latitudine; 
cinta  dall'Oceano,  fuorché  al  nord,  dove  ha  la  Lapponia  e  la  Botnia  russe.  Tra  i  Lap- 
poni alcuni  sono  idolatri  ;  il  grosso  della  popolazione  è  di  tedeschi  e  luterani. 

Svezia  eNorvegiason  riunite  dal  1815,  ma  conservano  amministrazione  par- 
ticolare. La  prima  ha  4  provincie:  Gozia,  Svezia  propria,  Lapponia,  Botnia  svedese, 
suddivise  in  24  prefetture,  e  queste  in  distretti.  La  seconda  in  3  regioni:  Sundenfields 
con  Cristiania,  Nordenfields  con  Berghen,  Nordland  con  Bodoe,  compreso  il  Finmark. 
Antica  capitale  della  Svezia  era  Upsal,  che  ha  la  più  bella  cattedrale  del  nord  ;  ora  è 
Stockolm  nella  Sudermania  (121  mila  abitanti).  Della  Norvegia  è  capitale  Cristiania 
(39  mila). 

La  superficie  della  Svezia  è  di  miglia  geogr.  quadr.  8002,  con  poca  popolazione  ma 
crescente:  e  mentre  un  secolo  fa  aveva  1,736,500  anime ,  ora  ne  conta  5,800,000. 
Sole  88  borgate  oltrepassano  i  300  abitanti;  delle  città  sorpassano  i  10  mila  Stockolm 
(121,000),  Gothenburg  (35,000);  Nordkoping  (19,000),  ftlalmoe  (18,000),  Karlskron 
(14,500).  L'entrata  nel  1861  fu  valutala  29  milioni  di  scudi  (riksmynt).  Solo  nel  1857 
contrasse  un  debito  esterno  pel  commercio  e  le  strade  ferrate.  La  Norvegia  è  di  miglia 
geogr.  quadr.  5799,  e  la  popolazione  di  1,617,000,  contandovi" circa  13,000  Lapponi 
e  OOOOFinni:  l'entrata  del  1860  fu  di  4,755,000  scudi  di  specie.  Cristiania  ha  59  mila 
abitanti,  Bergen  38  mila,  Drontheim  25  mila. 

Anche  in  latitudini  elevatissime  vi  è  mite  il  clima  lungo  le  coste;  sicché  a  lì°  sta 
una  città  di  600  abitanti,  dove  in  Asia  e  in  America  più  non  incontrasi  che  gelo  per- 
petuo. I  suoi  porti  rarissimo  gelano  fino  al  capo  Nord.  La  gran  miniera  di  rame  di 
Kaafiord,  al  70»  di  latitudine,  è  il  punto  più  settentrionale  dell'operosità  montani- 
stica  del  mondo. 

La  Svezia  lungamente  non  fu  proveduta  che  dalle  città  Anseatiche,  tra  le  quali  im- 
portantissima Wisbìj,  or  decaduta  affatto.  Oggi  non  le  mancano  fabbriche  di  nessuna 
sorta,  ma  il  maggior  suo  ritratto  è  dal  legname  di  costruzione  e  dal  ferro  incompara- 
bile. I  Dofrini  son  le  montagne  più  ricche  di  questo  metallo  e  di  rame;  e  il  ferro  ca- 
vasi all'aria  aperta,  come  si  fa  colle  pietre:  si  trova  anche  poco  oro  e  più  argento.  Ri- 
nomata è  la  fiera  d'Lpsala.  D'inverno  i  Dalecarliani,  in  convogli  fin  di  quattrocento, 
vanno  a  spacciare  cantando  le  loro  produzioni  ai  mercati  della  Norvegia,  traverso  a 
laghi  e  fiumi  gelati. 

Nella  Norvegia  l'industria  è  scarsa,  se  non  sia  per  gli  usi  domestici  e  per  la  costru- 
zione delle  navi,  per  le  quali  ha  tesori  nelle  selve,  talché  alcuni  suoi  pini,  alti  quasi  100 
metri,  son  comprali  carissimi  dalla  marina  inglese  e  olandese.  Un  tremuolo  nel  1023 
scoperse  a  R«;raas  ricche  miniere  di  rame;  a  Tonssberg  cavasi  sale  ;  marmi  a  Berghen, 
ch'era  porlo  frequentatissimo  dall'Ansa  tedesca,  giovato  dalla  vasta  baja  del  Waag.  Con- 
siderevole era  una  volta  la  pesca  delle  perle  nel  fiume  Torris,  vicino  a  Christiaosand. 
Molto  producono  le  miniere  d'argento  di  Konsberg,  ove  dianzi  si  trovò  il  maggior  pezzo 
di  quel  minerale,  pesante  1000  chilogr.  Cobalto  cavasi  a  Modum,  ferro  a  Laurvig.  A 
Bodoe  concorrono  in  febbraio  e  marzo,  ventimila  pescatori  per  le  aringhe.  Tromsoe  fa 
gran  commercio  di  pelliccie  e  di  piuma. 

Il  piede  di  Svezia  è  circa  297  millim.  ;  il  miglio,  chilom.  10.6884.  Lo  scudo  r\k- 
smint ,  introdotto  nel  1837 ,  vale  lire  1.  41  ;  il  ducato  d'oro,  11.  70. 

In  Norvegia  corre  una  carta  monetata  del  valore  di  lire  4,  20,  40, 100, 200:  lo  scudo 


MONAUCnlA  DANESE  Sd? 

di  specie  vale  iireb.  63.  Il  piede  è  31  ci  millimetri,  la  lega  chilom.  41.293;  male  misure 
popolari  son  le  danesi.  La  libbra  di  commercio  è  di  SOO  grammi ,  come  quella  di 
Berghen. 
Fuori,  la  Svezia  possiede  San  Bartolomeo  nelle  Antilie. 

§  4G.  —  Monarchia  Danese. 

È  un  complesso  di  quasi  sole  isole,  fra  il  5"  45'  e  il  10°  ii'  di  longitudine  orien- 
tale da  Parigi,  e  il  53"  22'  e  51"  45'  di  latitudine,  cioè:  Danimarca,  Feroe,  Islanda,  e  i 
ducati  di  Slesrvig,  Hulsteiìi  e  Lauenhurg  ;  con  '1(5,500  miglia  geogr.  quadr.  di  super- 
ficie, e  1,600,000  di  popolazione,  e  un  milione  nei  ducati.  Ma  questi  tendono  a  stac- 
carsi per  unirsi  alla  Germania.  La  costituzione  fu  fissata  coU'atto  2  ottobre  1855,  ma 
nel  1858  cessò  d'essere  in  vigore  per  l'Holstein  e  il  Lauenburg. 

Piano  il  suolo;  scarse  produzioni,  poca  industria;  asporta  per  3  milioni  ogn'anno  in 
cavalli;  molto  in  carni  salate,  e  io  oriuoli  di  Bornbolm.  Le  ubertose  praterie  dell' IIol- 
stein  alimentano  cavalli  o  bovi  molto  pregiati.  La  capitale  Copenaghen,  sull'isola  See- 
land  (155 mila  abitanti),  lavora  di  sete,  panni,  porcellana,  arme,  tele  di  vela;  Fiensborg 
di  ferri;  Elseneur  d'armi;  ma  il  maggior  guadagno  si  fa  col  commercio  di  commissione. 

Il  pedaggio  delle  navi  cbe  passano  il  Sund  frutta  da  2  milioni  e  mezzo  di  risdalleri 
l'anno,  ma  è  minacciato.  Nel  1860  l'entrata  del  regno  fu  di  55  milioni  di  risdalleri;  il 
debito  pubblico,  100  milioni. 

Il  ristlallero,  che  or  chiamasi  scudo  dell'impero,  vale  lire  2.  80:  il  ducato  lire 9.  47; 
e  ve  n'  ha  un  altro  di  lire  11.  86  :  il  cristiano  d'oro,  lire  20.  95  ;  il  marco  danese, 
lire  0.  9i.  La  libbra  è  quasi  500  grammi  ;  il  piede,  circa  311  millimetri;  il  miglio,  chilo- 
metri 7.532. 

La  Danimarca  possedeva  in  Asia  Serampur  nel  Bengal  ;  Tranquebar  sulla  costa  del  Co- 
romandel,  che  nel  1844  vendè  alla  Compagnia  inglese  delle  Indie.  Nel  1848  abbandonò 
anche  le  isole  Nicobar. 

In  Africa  tiene  alcuni  forti  sulle  coste  d'oro  e  degli  Schiavi  in  Guinea  (40  mila 
abitanti). 

Nelle  isole  dipendenti  dall'America,  Vlslanda  estesa  55,000  chilometri,  e  ridotta 
da  100  mila  a64  mila  abitanti  per  le  eruzioni  vulcaniche:  le  33  isole  Feroe,  d'origine 
vulcanica  con  8  mila  abitanti;  ì\  Groenland  (9890)]  e  nelle  Antilie  San  Tommaso,  Santa 
Croce,  San  Giovanni  (37  mila),  ora  prosperanti  per  l'introdottavi  libertà  di  commercio. 

^17.    —  Impero  russo. 

Dopo  la  riunione  del  regno  di  Polonia  tocca  fin  al  centro  d'Europa,  fra  il  16"  e  il  72" 
di  longitudine  orientale  da  Parigi,  e  il  40"  e  70  di  latitudine;  confinando  al  nord  col- 
l'oceano  Glaciale;  all'ovest  colla  Svezia,  la  Prussia  l'Austria  e  il  Danubio;  al  sud  col 
mar  Nero  e  il  Caucaso;  all'est  coll'Ural.  Ma  di  là  da  questo  e  dal  Caucaso  allargasi  in 
Asia  fin  allo  stretto  di  Behring,  alla  Persia,  all'impero  cinese;  anzi  di  là  da  esso 
stretto  ti€ne  il  nord -ovest  dell'America  per  un  milione  e  mezzo  di  chilometri  quadrati: 
talché  le  sue  possessioni  in  Asia  e  in  America  sono  congiunte  col  corpo  suo  senza  in- 
terposizione, e  per  la  lunghezza  di  2680  leghe  francesi  da  ovest  ad  est.  La  Bussia  eu- 
ropea forma  una  metà  dell'Europa,  e  l'asiatica  un  terzo  dell'Asia. 

Anche  ultimamente  l'impero  fece  grandiosi  acquisti  di  territorio,  ed  uno  grande 
quanto  la  Francia  ne  acquistò  sul  mar  Pacifico,  occupando  tutto  il  corso  dell'Amour. 
Pertanto  dai  governi  della  Siberia  vennero  nel  1836  separati  quelli  del  Pacifico,  di  Ni- 
colayfe,  Petropawlovsk,  Gischina,  Vosk,  formanti  quattro  provincie,  in  cui  sono  com- 
presi la  penisola  del  Camsciatka,  le  rive  dell'Amour,  le  isole  Curili  abbracciandovi  pure 
le  valli  di  Ciukisc.  Ciascuna  provincia  è  sotto  un  capitano  della  marina  imperiale,  i 
quali  risiedono  nel  fòrte  di  San  Nicola. 

La  popolazione  è  variissima.  Meglio  di  46  milioni  di  gran  Bussi,  cioè  di  Novogorod 
e  Mosca,  sono  al  centroj  di  piccoli  russi,  cioè  di  Kiof  e  di  Servi,  al  sud-ovest;  di 


348  GE0CRAF1\  —  ÈPOCA   DECIMOTTAVA 

Polacchi,  di  Lituani,  Lettoni  e  Curi,  all'occidente;  3  milioni  di  Finni,  Estoni,  Lap- 
poni, Cermissi,  Osliuki  ecc.;  2  di  Tartari  o  Turchi,  Kirghizi ,  Fìasliiri;  20  mila  Sa- 
niojedi  al  nord;  10  mila  Carasciadali  all'estrema  Asia;  SO  mila  Tungusi  alla  frontiera 
della  Cina;  30  mila  indiani  in  America;  20  mila  Kschiinsii;  5(10  mila  Armeni;  altret- 
tanti Circassi;  400  mila  (Jiorgiani  ;  250  mila  Lesghi  nel  Caucaso;  50i)  mila  Tedeschi 
nella  Livonia,  Estonia,  Curlandiae  in  colonie  interne;  e  600  mila  Ebrei,  sparsi  in  ispecie 
nelle  prov  noie  polacche. 

Quanto  a  religione,  i  più  sono  greci,  e  il  czar  n'è  capo  spirituale  ;  3  milioni  cattolici, 
massime  in  t'olonia;  2  milioni  luterani,  massime  in  Finlandia;  2  milioni  e  mezzo  mu- 
sulraani  ;  300  mila  lamisti;  170  mila  idolatri  ecc. 

Giusta  le  notizie  del  ministero  di  finanza  nel  1836,  il  clero  della  chiesa  greca  russa 

comprendeva uomini  254,037  donne    249,748 

—  riunita »  7824  7Si8 

—  cattolica »  2497  — 

—  armena »  474  343 

—  Luterana »  1003  935 

—  riformata »  51  37 

religione  maomettana ;     .  »  7,850  5,891 

culto  del  Lama »  150  — 

Di  nohillà  ereditaria  sono :  »  284,731  253,429 

—        personale »  54,458  51,123 

Figli  d'uffiziali »  24,454  215,150 

A  servizio  militare  come  coloni,  Cosacchi,  corpi- 
franchi     «  950,698  981,467 

Impiegati  alle  cancellerie »  24,666  17,194 

Persone  qualificate »  75,675  64,vi81 

Militari  in  ritiro »  88,706  155,268 

Stranieri »  22,114  15,215 

Ahitanti  di  città:  cittadini  onorar] »  193  144 

Mercanti  di  1' 2'^  3=»  classe »  128,854  118,820 

Mercanti  di  4^  classe,  manovali,  operaj,  paesani,  "  1,301,947              1,399,875 

Borghesi  dei  governi  occidentali »  7,525             •         6,966 

Abitanti  delle  città  in  Bessarabia      .....  »  58,308  65,176 

—  ■     villaggi »  23,587,067            21,854,986 

non  valutando  i  militari  subalterni  né  i  monta- 
nari ed  altri. 

Nelle  Provincie  caucasiane »  689,157  689,159 

Nel  regno  di  Polonia n  2,077,511  2,110,911 

Nel  granprincipiito  di  Finlandia »  663,658  708,464 

Colonie  della  compagnia  russo  americana ...  »  30,761  50,292 

Da  questo  quadro  appare  come  nella  Russia  europea  duri  la  distinzione  delle  classi. 
Nobili  e  preti  vanno  esenti  da  imposte;  14  milioni  di  villani  sono  censiti  della  persona; 
7  milioni  appartengono  allo  Malo  o  alla  corona;  10  milioni  eran  fin  testò  servi  della 
gleba;  uno  e  mezzo  schiavi  domestici.  I  cittadini  notabili  vanno  immuni  dalla  leva,  e 
alla  terza  generazione  possono  divenir  nobili;  i  mercanti  dividonsi,  secondo  le  sostanze, 
in  guUde,  di  cui  le  prime  esenti  da  servizio  militare  Inoltre  vi  sono  odnorvorzi,  posses- 
sori d'una  cascina  ereditaria  ;  pucaaski,  alTiltujuoll  liberi,  ma  senza  beni  fondi  ;  affrancati; 
ed  altre  molle  categorie.  L'imperatore  Alessandro  11  abolì  la  servitù  (1857),  ma  trova 
ostacoli  neireifelluazione. 

11  governo  è  assoluto;  ma  alcune  provincie  godono  privilegi,  come  i  Cosacchi  del 
Don  e  del  mar  Nero,  la  Curlandla,  I  Estonia,  la  Livonia,  la  Finlandia,  che  forma  quasi 
uno  Stato  a  parte.  I  popoli  del  Caucaso  relultano  fra  le  montagne:  a  quei  della  Siberia 
e  dell'America  russa  i  ghiacci  danno  libertà. 

L'oro  si  conta  per  ducati  di  lire  51.  29.  Vi  son  monete  di  platino  di  12  e  24  lire.  11 
rublo  d'argento  ha  diversi  valori:  quello  di  Pietro  il  Grande  valea  lire  4.  48;  quello 
d'Alessandro  1,  lire  3.  99;  in  conto  si  ragguaglia  a  5  franchi.  Cinque  copeck  fanno  21 


iMPEno  RUSSO  349 

centesimi.  La  libbra  di  peso  vale  409  grammi;  il  poiid,  chilogr.  i6.  372;  il  piede  3i9 
millimetri;  la  decialina  109  are  e  2")  centìare;  la  versta  chilometro  1.  668. 

Più  di  tre  ottavi  della  superficie  della  Russia  sono  paludi  e  terre  improduttive;  tre  ot- 
tavi, foreste;  un  pò  più  d'un  ottavo,  terre  coltivate;  e  un  sessantasettesimo  praterie.  [ 
paesi  meridionali  sono  riccliissimi  di  produzioni,  e  asportano  grani  per  10(1  milioni  ;  per  10 
milioni  legname  di  costruzione  ;  TiO  milioni  diseuo  delle  innumerevoli  mandre  di  montoni 
nelle  steppe  del  sud  est  ;  60  milioni  di  cera,  catrame,  pece,  canapa,  Imo;  2  e  mezzo  d'olio 
e  colla  di  pesce,  olire  tele  per  le  vele,  corde,  pelli,  cuoi,  potassa.  I  e  miniere  sul  pendio 
orientale  dell'Ural  abbondano  di  platino,  oro,  argento,  ratiie  e  ferro:  vi  si  trovò  un 
pezzo  nativo  d'oro  di  15  chilogrammi,  e  un  di  platino  di  16.  Jekaterinaburg  è  il  centro 
dello  scavo  delle  miniere.  Secondo  l'almanacco  dell'Accademia  impHrmle,  nel  1X47 
queste  produssero  3'J,000  chilogr.  d'oro,  19, ('00  di  platino,  26,000  d'argento.  In  un  sol 
anno  l'Inghilterra  ne  asportò  1,743,400  chilogrammi  di  ferro 

Poche  buone  strade  permette  la  natura  dei  suolo,  ma  moltissimi  fiumi  lo  attraversano 
in  ogni  senso,  che  mediante  canali  congiungono  i  mari  Nero,  Baltico,  Bianco,  Cìispio. 
Il  Volga  principalmente,  re  de' fiumi  d'Europa,  riceve  un'infinità  di  canali;  benché  sia 
poco  pendente  e  spesso  gelato,  traversi  deserti,  e  metta  in  un  mare  senza  uscita  e  cinto 
da  genti  inospite;  sicché  ha  men  valore  che  alcuni  fiumi  secondar].  L'ukase  impe- 
riale 28  genn  'jo  1858  ordina  si  costruisca  un'estesissima  rete  di  ferrovìe  da  Pietroburgo 
a  Varsavia  e  alla  frontiera  prussiana,  da  Mosca  a  Nijni-Novog'jrod  e  al  basso  Dnieper. 

L'estensione  e  la  difficoltà  delle  couìunicazioni  fanno  che  vi  fioriscano  le  fiere  ;  que'la 
di  Nijni-Novosorod  sul  Volga  è  la  maggiore  d'Europa,  massime  dopo  il  I8i7,  ove  dalla 
Cina  viene  il  the,  dulia  Biikaria  pietre  preziose,  dalla  S  bena  pelliccie,  dalla  Persia  e  dal- 
l'India le  produzioni  del  paese,  e  si  fanno  affari  per  280  milioni  come  nel  1856;  onde 
supera  le  fiere  di  Heaucaire  e  Lipsia,  il  commercio  di  Novogorod  e  d'Arkangel  soccom- 
bette a  quello  di  Pietroburgo,  .\losca  è  contro  del  commercio  russo  interno  ;  Odessa  di 
quello  del  mar  Nero.  Orenburg  è  il  convegno  delle  carovane,  alcune  delle  quali  uni 
scono  perfino  cinquecento  camelli. 

1  Russi  sono  eccellenti  fabbriferraj,  legnajuoli,  conciapelli.  La  pesca  del  Caspio  e  dei 
grandi  laghi  è  abbondantissima,  e  dalsolo  Volga,  sopra  Astrakan,  si  ha  all'anno  1,800,000 
storioni  ;  balene,  aringhe,  vacche  marine  alla  N.  Zembla  e  allo  Spitzberg.  Nei  fiuiiii  di 
Finlandia  pèscansi  perle,  e  l'ambra  gialla  raccogliesi  sulle  rive  del  Baltico  e  nelle  fo- 
reste di  Lituania.  1  Siimojedi  trafficano  di  |)elliccie,  d'oche  selvatiche,  e  di  cigni  di 
Kalgujev.  Alcuni  Lapponi  possedono  fin  cinciuantamila  renni.  Ricchezza  de' Tartari  sono 
i  cavalli,  e  v'ha  chi  ne  possiede  fin  dieci  mila. 

Secondo  le  ultime  statistiche,  tale  sarebbe  la  popolazione  e  la  superficie  dell'impero: 

miglia  quadr.  geogr.  popolnzione 

Russia  Europea  90,13i  53  59,550,752 

Russia  del  Caucaso  8,053  75  4,070,938 

Russia  Asiatica  262,745  57  4,257,704 

Regno  di  Polonia  2,257  81  4,800,000 

Granducato  di  Finlandia  6,870  1,680,000 

Per  la  prima  volta  il  4  ago-«to  1849  il  ministro  delle  finanze  rese  un  pubblico  conto, 
giusta  il  quale  il  debito  pubblico  constava  di  1,300,702,512  franchi,  oltre  3-21,840,740 
rubli  in  carta  moneta.  Nelle  banche  pubbl  che  è  depositato  un  buon  terzo  della  pub- 
blica ricchezza,  cioè  per  693  milioni  di  rubli.  Il  conto  publicato  pel  1862  porta  la  en- 
trata a  295  milioni  di  rubli,  e  la  spesa  a  310:  il  debito  pubblico  a  928  milioni  di  rubli 
d'argento. 

La  capitazione,  che  è  quasi  la  principale  imposta  diretta,  dà  per  1,673.595  abi- 
tanti delle  città  9  rubli;  per  21,132,848  paesani  appartenenti  dianzi  alla  nobiltà,  ed 
ora  alla  corona,  un  rublo  a  testa;  per  2, i65,890  paesani  della  Siberia,  Cosacchi,  Tar- 
tari, 2,454,307  rubli;  per  166,218  famiglie  di  coloni  stranieri  e  di  paesani  liberi  nelle 
Provincie  occidentali,  rubli  496,538;  per  46,402  paesani  liberi  in  Siberia  e  nelle  Pro- 
vincie orientali,  rubli  99,000. 
A.  Russia  Europea. 

1.  Russia  Baltica.  Ila  5  provinole  sul  litorale  dei  Baltico,  cioè  il  granducato  di  Fin- 
landia^ acquistato  sopra  la  Svezia;  l'ingria,  o  governo  di  Pietroburgo  ;  gli  antichi  pos- 


350  GEOGRAFIA  —  EPOCA  DECUIOTTAVA 

sessi  deirOrdioe  Teutonico;  la  Livonia,  V Estonia,  la  Curlandia.  In  quest'ultima  il  suolo 
è  piano  e  pantanoso  come  in  Prussia;  in  Finlandia  sono  moltissimi  laghi,  e  v'appartiene 
l'arcipelago  d'Aland,  donde  gli  eserciti  russi  distano  appena  cinque  leghe  dalla  costa 
della  Svezia  e  24  dalla  sua  capitale. 

Nel  governo  di  Pietroburgo,  sulla  Newa,  fiume  poco  profondo,  spesso  gelato,  e  che 
talvolta  trabocca,  è  la  capitale  moderna  jdella  Russia  Pietroburgo  (MO  mila  anime},  città 
di  grande  appariscenza,  che  fa  metà  del  commercio  dell'intera  Russia.  Riga  (72  mila)  è 
il  secondo  porto  commerciale  dell'impero,  ed  uno  de' suoi  antemurali  verso  la  Dwina.  Il 
granducato  di  Finlandia  forma  governo  distinto,  secondo  la  costituzione  del  27  marzo 
1809,  confermata  il  5  marzo  1855.  Comprende  le  provincie  diNylund,  Abo,  Tavaslehus, 
Wiburg,  S.  Michele,  Kuopio,  Wasa,  Weaborg,  con  4,7UO,000  abitanti,  e  l'entrata  di  3 
milioni  di  rubli  d'argento  e  il  debito  pubblico  di  6  milioni.  Gl'impiegati,  i  preti,  i  sol- 
dati della  milizia  sono  pagati  non  dal  tesoro  ma  dai  Comuni  o  da  terre  demaniali. 

II.  Russia  Grande.  Kido  della  vera  popolazione  russa,  stendesi  da  occidente  in  oriente 
dal  lago  Peypus  e  dalla  Lituania  fin  di  là  dall'Oka  verso  il  paese  de'  Cermissi  e  de'  Mor- 
duini;  e  da"  settentrione  a  mezzodì  dall'oceano  Artico  fin  al  51  parallelo.  Comprende -19 
governi  ;  di  Arkangel,  Vologda,  Kostroma,  Jaroslaf,  Olonetz,  Novogorod,  Tver,  Pskof, 
Smolensko,  Mosca,  Vladimir,  Nijni  Novogorod,  Riazan,  Tambov,  Tuia,  Kaluga,  Orel, 
Voronesch,  Kursk.  La  traversa  il  Volga  superiore,  e  vi  nascono  il  Don  e  il  Dnieper.  È 
piana:  la  foresta  Volkonski,  la  più  vasta  d'Europa,  ch'è  la  parte  sua  più  alta,  sorge 
appena  a  metri  542.  Mosca,  metropoli  religiosa  (386  mila),  dopo  l'incendio  del  1812  fu 
rifabbricata  meglio,  e  vi  risiedono  le  più  illustri  famiglie.  Pskof,  Novogorod,  Vladimir, 
Smolensko  son  decadute;  Arkangel  fa  ancora  vivo  commercio. 

III.  Russia  Piccola.  Comprende  4  governi:  Karkov  sulla  sinistra  del  Dnieper;  Kiof, 
già  santuario  delle  religioni  slave,  poi  capitale  dell'impero,  fa  ancora  gran  commercio, 
ed  è  sede  d'un  metropolita  e  d'un'università  ;  Cernicof  ;  Pultaxva. 

IV.  Russia  meridionale.  Ha  5  governi:  Bessarabia  ,  Ke'^son  ,  Jekaterinoslaf ,  Tauride , 
paese  de'  Cosacchi  del  Don.  Col  nome  di  Cosacchi  s'indicano  gran  parte  dei  popoli  stesi 
dal  Bug  all'Ural,  che  nelle  capanne  conservano  gran  libertà  sotto  proprj  etmani  ;  quei  del 
Don  devono  somminitrare  al  czar  un  corpo  di  cavalleria  di  33  mila  uomini;  quei  del- 
rUcrania  s'abituarono  alla  vita  agricola.  Le  città  primarie  sono  Kerson  con  fortezza  e 
porto  all'imboccatura  del  Dnieper;  Odessa  (104  mila),  la  città  più  trafficante  del  mar  Nero, 
e  sfogo  principale  dei  prodotti  della  Russia  meridionale.  La  Tauride  è  la  parte  più  meri- 
dionale della  Russia  europea,  onde  si  cercò  naturarvi  i  migliori  prodotti  degli  altri  paesi-, 
ma  l'ardor  dell'estate  e  la  rigidezza  del  verno  rendono  difficile  la  coltura  della  vite.  Per 
Taganrog,  fortezza  sulla  penisola  del  mar  Nero,  asportansi  per  questo  mare  i  ferri  di 
Siberia,  i  legnami  ed  altri  materiali  di  costruzione  recatigli  dal  Volga  e  dal  Don  :  di- 
verrà il  porto  primario  del  sud-est  quando  sia  compiuto  il  canale  fra  il  Don  e  il  Volga. 

V.  Russia  or/enia^e.  Vi  stanziano  le  tribù  finniche  dei  Calmuchi,  Tartari,  Cosacchi  ecc., 
e  stendesi  lungo  i  monti  e  il  fiume  Ural  fino  al  Caspio.  Astrakan  (44  mila),  sopra  isole 
alla  foce  del  Volga,  è  punto  intermedio  al  commercio  della  Russia  colla  Persia  occi- 
dentale, la  Bukaria  e  l'India.  Kasan  (58  mila),  abitata  in  gran  parte  da  Tartari,  emula 
Mosca  per  industria,  commercio  e  lusso,  ma  nel  1842  un  incendio  ne  distrusse  metà. 
Nel  governo  di  Perm  v'ha  ricche  miniere. 

VI.  Regione  caucasia.  A  ponente  dei  Circassi  fu  soggiogato  un  vasto  paese  lungo  il 
pendio  nordest  del  Caucaso,  che  in  parte  era  occupato  dai  Cosacchi  del  Caucaso.  Il 
paese  de'  Nogai,  del  Cuban,  l'Ossezia,  la  grande  eia  piccola  Cabarda,  parte  della  Cecnia, 
e  le  tribù  di  Sutak  riconobbero  pacificamente  la  sovranità  della  Russia,  e  formano  repub- 
bliche quasi  indipendenli.  Nel  1859  furono  soggiogati  il  Daghestan  (ove  dominava  Scia- 
mil)  e  il  paese  de'Circassi.  Il  nuovo  governo  di  questi  paesi  siede  a  Ti/lis  (40  mila)  in 
Asia,  abbraccia  5  provincie  e  tre  territori,  dei  quali  spettano  all'Furopa  il  Caucaso,  la 
Circassia,  il  Daghestan  ;  e  all'Asia  la  Georgia,  lo  Scirvan,  l'Imerezia.  Vi  sono  comi>resc 
le  famose  Porte  Caucasie,  il  monte  Ararat,  il  convento  d'Fcmiazin,  ove  sta  il  primo  pa- 
triarca della  Chiesa  armena.  Con  un  sistema  guerresco  va  il  czar  cercando  d'indocilirò 
/juesti  popoli. 

VII.  Nella  Russia  occidentale  sono  la  Lituania,  la  Russia  bianca,  la  nera,  la  Paletta  , 
la  Podlachia,  la  Samogizia:  terre  piane,  sabbiose  e  pantanose;  popolo  infelice  pel  pre- 


IMPERO   RUSSO  3S1 

dominio  delle  Caste  signorili.  Il  Niemen ,  che  la  traversa ,  ha  sua  foce  sul  territorio 
prussiano,  ove  la  navigazione  n'è  im|)acciata  da  gravi  dazj.  U'ilna  (1)2  mila)  fa  multo 
commercio,  ma  quasi  solo  per  man  degli  Ebrei,  che  sono  metà  della  popolazione.  Un 
arcivescovo  cattolico,  sedente  a  Mohilev  presso  il  Dnieper,  fu  testé  dicliiarato  capo  di 
tutti  i  Cattolici  sottomessi  all'impero  russo. 

Vili.  Regno  di  Polonia.  Dopo  la  rivoluzione,  l'ukase  H  (26)  febbrajo  1832  dichiarò 
il  regno  di  Polonia  parte  integrante  dell'impero  russo,  ma  con  amministrazione  distinta 
sotto  un  governatore  generale.  A  Varsavia  furono  tolti  l'università  ed  altri  stalùlimenti; 
vi  si  elevò  una  formidabile  cittadella  e  quattro  altre  fortezze  del  regno.  Nel  t860il  regno 
di  Polonia  fu  ripristinato,  diviso  ne'  governi  di  Varsavia  (162  mila),  Lublino,  Radom , 
Augustowo,  Plotzk;  colla  popolazione  di  quasi  o  milioni  d'anime,  fra  cui  4856  greci 
disuniti;  5,6r;7,140  cattolici  romani;  2I5,%7  greci  uniti;  274,707  luterani;  4189  ri- 
formati ;  ISSI  mennoniti  ;  1451  fratelli  moravi  ;  600,000  israeliti;  sopra  124,000  chilom. 
di  superficie.  Le  entrate  salirono  nel  1860  a  18,272,112  rubli, 

B.  Russia  asiatica  o  Siberia,  deserti  gelati,  incolti,  scarsamente  popolati  da 
nomadi.  Tobolsk  è  il  paese  più  trafficante  della  Siberia,  emporio  delle  pelliccie,  che  si 
cambiano  in  parte  con  derrate  della  Cina,  parte  spedisconsi  a  Mosca  col  the,  colle  por- 
cellane, colla  seta  e  con  altri  prodotti  cinesi.  Irkut>ik,  nel  Camsciatka  sul  mare  di  Beh- 
ring,  è  uno  dei  principali  banchi  della  Compagnia  russa  dell'America,  che  ha  quasi  il 
monopolio  di  tutto  il  commercio  della  Siberia  orientale  e  della  Russia  americana.  Re- 
centemente si  stabilirono  il  governo  di  Amour,  che  abhraacia  il  territorio  lungo  questo 
fiume  sin  alla  catena  di  Stanovoi  ;  e  il  governo  del  Litorale  che  comprende  il  Cam- 
sciatka, il  distretto  d'Okhotsk,  la  foce  dell'Amour,  e  il  lido  fra  l'Ussuri  e  il  mar  del 
Giappone.  Tutta  la  Siberia  ha  quattro  milioni  d'abitanti. 

C.  Russia  americana.  Vi  appartengono  le  isole  Aleutine,  quelle  del  principe  di 
Galles  e  della  regina  Carlotta,  ed  altre;  paesi  non  conosciuti  che  sulle  coste,  e  impor- 
tanti per  le  pelliccie.  L'amministrazione  n'è  abbandonata  a  una  Compagnia  mercantile, 
il  cui  privilegio  scade  col  1863. 


§  18,  —  America.   Mutazioni  storiche. 


Divisammo  nell'Epoca  precedente  ($  1S)  la  formazione  degli  Stati  Uniti.  L'esempio 
dei  Nord-americani  non  doveva  restare  infruttuoso.  Nella  colonia  francese  di  San  Do- 
mingo (1791)  i  Negri  trucidano  i  coloni  e  proclamansi  indipendenti,  e  nel  1820  formano 
una  repubblica,  cui  la  Francia  riconobbe  mediante  un'indennità  di  150  milioni,  ridotti 
poi  a  60:  ora  (18o0j  è  costituita  in  impero. 

La  Spagna  aveva,  verso  il  1776,  mutata  la  divisione  delle  sue  colonie,  formandone  un 
viceregno,  dodici  intendenze  e  nove  provincie.  Fin  nel  1781  cominciò  qualche  moto  di 
emancipazione  nella  N.  Granata  in  grazia  del  diritto  d'alcavala.  Presto  fu  represso:  ma 
dal  1808  al  10  le  colonie  si  sollevarono  da  Buenos-Ayres  al  Messico,  e  in  quindici  anni 
di  guerre  assicuraronsi  l'indipendenza. 

Buenos-Ayres  fin  al  1815  è  governato  da  una  giunta  suprema;  poi  nel  1826  i  rappre- 
sentanti delle  Provincie  Unite  della  Piata  decretano  il  sistema  dell'unione  col  nome  di 
Repubblica  Argentina. 

11  Paraguai  nel  1815  si  costituì  in  repubblica  distinta;  ma  il  dottor  Francia  nel  1817 
si  fé  dittatore  a  vita:  nel  1810  il  paese  si  proclamò  indipendente. 

11  paese  all'est  dell'Uruguai,  dopo  fiere  vicende  in  cui  i  vicini  sei  disputarono,  è  di- 
chiarato indipendente  nel  1828,  col  nome  di  Repubblica  Cisplatina,  o  Repubblica  orien- 
tale delV  Uruguai. 

Nel  Chili  gli  Sp:ignuoIi  tenner  saldo,  finché  nel  1818  furono  vinti  dai  repubblicani;  e 
nel  24  vi  fu  data  una  costituzione  provisoria,  di  repubblica  rappresentata  da  un  con- 
gresso. L'arcipelago  di  Chiloe  nel  182G  adottò  la  stessa,  ma  con  governo  particolare. 

La  capitaneria  generale  di  Caracas  e  il  viceregno  della  N.  Granata,  insorti  nel  1808, 
chiarironsi  indipendenti  nel  1811;  le  vittorie  di  Bolivar  ne  assicurarono  la  libertà,  e 
nel  1819  si  formò  la  Repubblica  di  Colombia.  Nel  1821   e  23  vi  si  unirono  Quito  e  Pa- 


l 


352  GEOGRAFIA  —  EPOCA   DECIMOTTAVA 

nama.  Ma  i  Federalisti  prevalsero  agli  Unitarj,  sicché  nel  31  si  divise  nei  tre  Stati  di 
VenezueAa,  N.  Granata,  Equatore. 

Il  viceregno  del  Peni  insorse  anch'esso  nel  1808,  ma  fu  tenuto  in  freno  dai  realisti, 
finche  nel  1S21  si  proclamò  libero. 

Anche  molte  città  dell'Alto  Perù  aveano  cacciate  le  autorità  della  metropoli  e  procla- 
mato l'indipendenza:  la  Spagna  fece  ogni  sforzo  per  conservarle  in  grazia  delle  ricche 
miniere;  ma  la  vittoria  stette  pei  Liberali,  e  nel  18-26  fu  dichiarata  la  liepubblica  di 
Bolivia. 

Il  Messico,  benché  insorto  esso  pure  dal  1808,  non  pensò  staccarsi  dalla  madrepa- 
tria, finché  iturbido  nel  18:22  noi  proclamò  impero  costituzionale,  indipendente  dalla 
Spagna-,  presto  (1824]  fu  mutato  in  repubblica  federativa,  che  andava  dalla  frontiera 
degli  Stati  Uniti  e  dal  golfo  messicano  sin  all'oceano  Pacifico  Con  molti  fiumi,  felice 
posizione  su  due  m;iri,  suolo  fertilissimo,  ricche  miniere,  popolazione  vigorosa,  sentesi 
chiamato  a  grande  prosperità.  Gli  Stati  Uniti  teodono  ad  assorbirlo  tutto  o  in  parte. 

Messico  è  la  città  piìi  grande  d'America  dopo  N  York  e  Filadelfia:  lyOmila  abitanti. 
N'è  famosa  la  zecca,  che  ha  20  bilanceri  ,  e  dal  1740  al  1825  battè  per  1,401,520,109 
piastre,  cioè  franchi  7,128,056,577,  mentre  Londra  dal  1727  al  1826  non  ne  battè  che 
per  3. 163,808,550,  e  tutie  le  zecche  di  Francia  per  6,452,582,500 

Al  principio  del  1849  fu  presentato  il  primo  rendiconto  regdiare  del  Messico.  Quello 
del  1856  fa  le  sf)ese  di  13  milioni  di  piastre,  e  di  8  le  entrate.  Li  |)iastra  vale  fr.  5.  40. 

La  repubblica  del  Texas,  («a  la  Luigiana  e  l'Arkansas,  si  separò  dall'antico  Stato  mes- 
sicano (^ohahuila  Texas  nel  1835,  aspirando  annettersi  negli  Stati  Uniti  del  nord,  come 
ottenne  in  fatto  nel  45.  Anche  l'Yucatan  staccossi  dal  Messico,  e  proclamò  una  costitu- 
zione priipria  nel  18i1,  poi  definitivamente  si  staccò  nel  45,  e  divenne  Stato  Unito. 

Il  territorio  delle  Californie  è  un  immen>-o  paese  sconosciuto,  dove  errano  Indiani  in- 
domiti. L'Alta  Cnlifornia  si  dichiarò  indipendente  e  repubidica  nel  1845:  i  Nord  ame- 
ricani la  conquistarono  nel  48,  e  vi  scopersero  ricchissimi  letti  auriferi. 

La  capitaneria  gener;ile  di  Guatiniala  pubblicò  il  suo  atto  d'indipendenza  nel  1821  , 
poi  nel  23  costituì  la  Republdica  federativa  dell'  America  cenlrale,  e  si  stendeva  fra  il  mar 
dell»^  Antilie  e  l'oceano  Pacifico,  divisa  in  5  Stati  e  un  Distretto  federale  in  cui  sorge 
A^  Guafimala,  fnbbrìcata  il  1774  dopo  che  l'antica  fu  diroccata  dai  tremuoti.  Nel  1859 
la  confederazione  si  sciolse,  e  gli  Stiiti  firmarono  altrettante  repubbliche  indipendenti. 
Statistica  regolare  non  si  ha.  e  così  vacillante  è  ancora  lo  stato  delle  antiche  colonie 
spagnuole,  che  non  si  potrebbe  determinarne  la  posizione  e  le  condizioni  senza  tema 
d'essere  smentiti  al  domani. 


19.  —  America  settentrionale. 


Oggi  è  divisa  in  quattro  paesi  principali:  1°  possedimenti  russi  al  nord-ovest;  2"  da- 
nesi 0  r.roenland  e  Islanda  al  nord  est;  3"  inglesi  oN.  liretagna  al  nord;  4°  Stati  Uniti 
al  centro  e  al  sud  est. 

Dei  primi  tre  già  parlammo  sotto  le  potenze  cui  appartengono.  Quanto  agli  Stati 
Uniti,  straordinario  fu  l'incremento  della  popobizione,  anche  per  le  numerose  immi- 
grazioni. Eccone  qui  a  fi  meo  lo  specchio  secondo  i  calcoli  del  I8i0:  notiimmo  l'anno 
in  cui  furono  eretti  in  Stati  i  paesi  che  non  appartenevano  alla  primitiva  federazione. 


AMERICA  SETTENTRIONALE 

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iOooS'iooC5f<iXìo^iooo0  3';t—  3->fei— — o»*t^io  —  30iO»*oc50D 
30  «s-i  30  o  r;  co  s  S'i  IO  ~*  -*  o  oc  00  fl-i  -?>  e-i  IO  o  —  o  so  io  -^  fé  M  IO  00 
o^io^;o_-*_-^c;^co_oc  G^i_r-  o-<<-C5-r-oc30irt~oc5C50-*'>*oci^oiro 

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Cantù,  Documenti.  —  Tomo  I,  Geografia  politica. 


23 


854  GEOGRAFIA  —  EPOCA  DECIMOTTÀVA 

Il  Texas,  unito  nel  1845,  ha  la  superficie  di  miglia  geogr.  quadr.  325,b20.  Il  Joiva  ha 
3000  miglia,  con  pochissimi  schiavi.  11  Wisconsin,  unito  anch'esso  come  i  due  prece- 
denti, ha  22,336  miglia  e  pochissimi  schiavi.  La  California  ha  448,691  miglia;  il  N.  Mes- 
sico, 77,387;  l'Oregon,  341,363;  nuovi  acquisti,  in  vigor  del  trattato  13  giugno  1846 
coiringhilterra,  e  2  fehhrajo  1848  col  Messico. 

Dal  rendiconto  del  decennio  1850-60  risulta  che  la  popolazione  era 
neM850  nel  1860 

23,191,570  31,648,496:  aumento  del  36        % 

cioè  popolazione  libera  19,987,571  27,648,643        »        «       ùSìfè\ 

non  libera  3,203,999  3,999,853        ».        »       25        o^„ 

I  23  Stati  da  liberi  hanno  19  milioni  e  mezzo  di  liberi;  17  Stati  a  schiavi  hanno 
8,602,470  liberi  ;  3,999,853  schiavi. 

L'aumento  è  molto  maggiore  ne'  paesi  liberi.  Ecco  i  particolari. 

Popolazione  libera  Schiavi 

Virginia  1,097,373  495,826 

Missouri  1,085,595  115,619 

Due  Caroline  998,151  735,562 

Kentucky  920,077  225,400 

Tennessee  859,528  287,112 

Maryland  646,183  55,382 

Georgia  615,336  467,471 

Alabama  520,444  455,465 

Texas  415,799  184,956 

Mississipi  407,051  479,607 

Arkansas  331,710  109,065 

Altri  sei  Stati  o  territori      715^223  428,390 

Le  primarie  città  ebbero:  nel  1850  nel  1860 

N.York  515,000  814,000 

Filadelfia  408,000  568,000 

Brooklyn  96,000  273,000 

Cincinnati  116,000  160,000 

Washington  40,000  61,000 

Cleveland  17,000  43,000 

Ne!  messaggio  che  il  pres.  Lincoln  fece  nel  dicembre  1862,  diceva  come  la  parte  più 
importante  degli  Slati  Uniti  sia  la  interiore,  limitata  d'un  lato* dagli  Allegani,  al  nord 
dai  possessi  inglesi,  a  occidente  dalle  montagne  Rocciose,  al  mezzodì  dalla  linea  su  cui 
s'incontra  la  coltivazione  del  cotone  e  del  mais.  Ora  contiene  10  milioni  d'abitanti;  fra 
50  anni  n'avrà  più  di  50  milioni.  Ricchissima  di  prodotti  anche  nella  piccola  parte  ch'è 
finora  coltivata,  pure  non  ha  coste,  e  dee  per  isfogar  i  suoi  frutti  passare  per  N.  York, 
0  N.  Orleans,  o  San  Francisco. 

La  popolazione  nostra  (diceva  egli  pure)  oggi  è  di  31  milioni  e  mezzo,  e  avendo  semr 
pre  cresciuto  di  circa  35  per  cento,  nel  1900  giungerà  a  105  milioni  :  anzi  sarebbero  di  più 
se  arrivassimo  ad  avere  75  anime  per  miglio  quadrato  come  ha  l'Europa;  e  già  abbiamo 
157  anime  per  miglio  nel  Massaciusset,  133  nel  Rode  Island,  80  nella  N.  York  e  N.  Jer- 
sey. Ora  a  73  anime  per  miglio  il  nostro  territorio  basterebbe  a  212  milioni  ».  Con  ciò 
egli  intendeva  incoraggiare  ad  accettar  la  legge  per  cui  proponeasi  di  dar  un  compenso 
a  tutti  gli  Stati,  che  fino  al  1900  dichiarerebbero  l'emancipazione  degli  schiavi. 

Ogni  sorta  di  religione  vi  ha  chiese,  e  ne  nascono  di  nuove  ogni  giorno  ,  e  adesso 
van  acquistandovi  importanza  i  Mormoni,  come  sonvi  da  5  milioni  di  Metodisti,  da 
100,000  Quakeri,  da  12  mila  Fratelli  Moravi. 

II  governo  è  a  repubblica  federativa,  dove  ciascuno  Slato  ha  costituzione  particolare. 
Il  Congresso  federale,  che  si  accoglie  a  Washington,  è  composto  del  genpito  e  dei  rap- 


AMERICA  SETTENTRIONALE  355 

presentanti.  Al  primo  manda  due  membri  ciascun  Stato  ;  per  gii  altri  se  ne  nomina  uno 
ogni  93,423  abitanti,  numerando  anclìe  gli  schiavi  in  modo  che  ogni  5  contano  per  3 
liberi.  Questo  privilegio  dato  a  una  tal  maniera  di  possessi  è  quello  che  portò  all'odierno 
conflitto.  Il  presidente  dell'Unione  dura  rpiattro  anni:  il  vicepresidente  presiede  di  di- 
ritto alle  tornate  del  senato. 

Il  conto  del  1857  dava  7  i  milioni  di  dollari  per  le  spese,  e  quasi  altrettanti  d'entrata: 
il  debito  federale  portava  l'interesse  di  25  milioni  di  dollari,  oltre  250  milioni  di  debiti 
particolari  degli  Stati.  Il  dollaro  vale  fr.  5.  80.  I.a  guerra  presente  scompigliò  tutto. 

La  frontiera  marittima  si  estende  dal  25"  al  46"  di  latitudine  nord,  formando  uno  svi- 
luppo di  circa  5360  chilometri  di  litorale,  senza  contare  le  sinuosità  e  baje.  I  sette  la- 
ghi hanno  la  superficie  di  24  milioni  di  ettari.  Il  Mississipi,  co'  suoi  affluenti,  ha  quasi 
5700  leghe  navigabili.  I  canali  stendonsi  per  2000  leghe,  e  costarono  500  milioni.  Vi 
sono  1200  battelli  a  vapore,  della  forza  di  100,000  cavalli,  e  della  portata  di  240,000 
tonnellate.  Le  ferrovie  abbondano;  le  più  combinano  coi  fiumi  e  i  laghi  e  i  canali. 
Tutto  ciò,  unito  alle  ricchissime  produzioni  naturali,  fomenta  l'industria  ed  il  com- 
mercio. 

Questo  pel  1856  si  stimò  di  314  milioni  di  dollari  d'entrata,  e  326  d'uscita.  Nel- 
l'asportazione, 100  milioni  erano  in  prodotti  indigeni,  il  resto  in  manifatture.  La  ma- 
rina rappresentò  un  trasporto  totale  di  14  milioni  di  tonnellate.  Negli  Stati  del  nord 
prevale  l'industria,  nei  meridionali  l'agricoltura;  e  l'opera  manuale  è  molto  cara,  po- 
tendo un  mastro  di  legname  o  di  muro  guadagnare  fin  16  lire  il  giorno.  Vi  si  noverano 
698  banche,  di  53  delle  quidi  i  viglietti  sono  al  valore  del  pari. 

Gli  immigranti  furono  dal  1784al94  appnna  4  mila  l'anno;  crebbero  allora  colle  agi- 
tazioni europee,  e  si  calcolarono  da  10  mila  l'anno.  Dopo  la  pace  del  1815  aumen- 
tarono d'assai,  e  nel  1817  contaronsene  22,240.  Nel  1819  si  adottarono  leggi  per  favo- 
rire l'immigrazione,  che  ne' seguenti  trentasette  anni  toccò  a  4,212,624.  Il  maggior 
numero  fu  nel  1854,  arrivando  a  427,833,  di  cui  226  mila  Tedeschi  :  nel  55  diminui- 
rono a  250,746.  Gli  uomini  che  migrano  sono  un  terzo  di  più  delle  donne,  la  maggior 
parte  dai  venti  ai  venticinque  anni:  i  più  sono  irlandesi  o  altri  di  razza  germanica; 
della  greco-latina,  appena  sette  per  cento. 

Durati  in  lunghissima  pace,  gli  Stati  vennero  in  guerra  nel  1860,  staccandosene  alcuni 
per  la  quistione,  vera  o  solo  apparente,  della  schiavitù.  Ora  gli  Stati  possono  dividersi 
così  • 

Abitanti 
nel  -1861 

Stati  Uberi.  Nuova  Inghilterra.    Maine 

N.  Hampshire 

lrr\:^ >  3,135,501 

Masaaciusset (    '      ' 

Rhode  Island  ...:... 

Connecticut 

Stati  medj.  N.  York i 

N.  Jersey |  7,465,945 

Pensilvania \ 

Stati  del  nord-ovest.  Ohio 

Michigan   

Indiana 

Wisconsin ^7,871,358 

Jowa 

Minnesota 

Kansas 


Stati  pacifici. 


Sè^o":'  ;  ;  ;  :  :  ;  ;  :  ;  I  «vso 


356  CEOGRAru  —  epoca  decimottava 

Stati  con  schiavi.  Delaware 

Maryland 

Virginia    

k::':;''""'  :  :  :  :  :  ir-"'-'»^ 

Tennessee 

Missuri 

Arkansas   

Stati  marittimi  del  Sud.  Caro- 
lina del  Sud  (confederati).        Georgia 

Florida 

i,l'''.'"l^ }  4,968,994 

Mississippi ' 

Luigiana 

Texas   . 

Territori.  N.  Messico 

Utali 

Nebraska 

Washington }    220,143 

Colorado , 

Nevada 

Dacota 

Distretto  di  Colombia 75,076 

I  territorj  Colorado,  Nevada,  Dacota  furono  organizzati  nel  marzo  1861,  con  parti  di 
altri  territorj. 

Di  questi  31  milioni  e  mezzo,  i  separatisti  sono  circa  9  milioni.  Negli  Uniti,  sopra 
quasi  22  milioni  di  liberi  v'ha  432,083  schiavi,  cioè  1  ogni  50:  ne' Confederati  gli 
schiavi  son  quanti  i  liberi.  I.a  guerra  scompigliò  le  finanze,  portando  le  spese  del  1862  a 
475  milioni  di  dollari,  mentre  l'entrata  non  è  che  di  95;  e  il  debito  da  64  milioni  di 
dollari  fin  a  900  milioni;  tutto  consumando  in  esercito  e  in  marina,  mentre  il  com- 
mercio restò  distrutto,  e  nominatamente  l'immensa  uscita  del  cotone. 


§  20. 


America  centrale. 


Comprende  nella  parte  nord-ovest  la  Confederazione  messicana,  formata  degli  Stati  di 
Yucatan,  Tabasco,  Chiapa,  Soconusco,  parte  di  Veracruz  e  Oaxaca,  I  Onduras  inglese: 
nella  parte  sud-est  la  metà  occidentale  dello  Stato  dell'Istmo. 

Fra  questi  territorj  son  collocati  i  selle  Stati  della  repubblica  dell'America  centrale, 
federazione  mal  unita,  e  di  confini  mal  determinati  :  che  sono  Guatimala,  Ondura,  San 
Salvadore,  Nicaragua,  Greylown,  Costaricca,  il  territorio  del  re  de'  Moschiti. 

La  storia  di  questi  paesi  indicammo  al  §  18.  Secondo  la  costituzione  del  1857,  la  re- 
pubblica del  Messico  è  composta  di  24  Stati,  olire  il  territorio  della  California,  e  le  sue 
entrate  darebbero  8  milioni  e  mezzo  di  piastre,  mentre  l'uscita  passa  i  lo  milioni,  e  il 
debito  arriva  a  145  milioni.  1  metalli  preziosi  si  calcola  che  rendano  115  milioni  di 
franchi  l'anno,  e  il  movimento  generale  dei  |)orli  dà  loOO  legni 

Il  Guatimala  ha  17  dipartimenti,  850  mila  iibitanti,  di  cui  60  mila  nella  capitale. 

San  Salvador,  repubblioa  con  presidente  sojenne,  ha  000  nula  abitanti. 

Onduras  circa  550,  di  cui  18  mila  nella  capitale  Comayagna. 

Nicaragua,  secondo  la  costituzione  del  185S  ha  un  presidente  per  4  anni,  300  mila 
abitanti,  di  cui  30  mila  bianchi,  18  mila  negri,  il  resto  indiani  o  meticci. 

Costaricca  con  120,750  anime,  di  cui  30,000  nella  capitale  Sem-José. 


AMERICA   MERIDIONALE 

Ecco  l'ultima  statistica  delle  cinque  repubbliche  dell'America  centrale: 

Sup.  in  cbiloin.  q.  Popolaz. 

Gualimala H2.332  .  850,000 

Honduras 10?,524  350,000 

San  Salvador 24,596  394,000 

Nicaragua 128,156  500,000 

Cosla-Rica 35,185  125,000 


357 


Totale 


Guatimala 
Honduras 
San  Salvador 
Nicaragua 
Costa-Rica     . 


doli 


.    402,793 

Esportazione 
1,880,000 

745,000 
1,200,(00 

958,000 
1,350,000 


Totale    6,123,000 


Guatimala doli. 

Honduras »» 

San  Salvador    » 

Nicaragua « 

Costa-Rica » 


2,019,000 

Importazione 
2,000,000 
1 ,000,000 
1 ,500,000 
1 ,000,000 
1,850,000 

6,750,000 

Entrate 

600,000 
150,000 
300,000 
200,000 
450,000 


Totale     1,700,000 


S21, 


America  meridionale. 


Giace  questa  fra  il  10°  di  lat.  boreale  e  il  55°  di  lat.  australe,  e  fra  il  37°  e  PSó»-  di 
long,  occidentale  colla  superficie  di  19  milioni  di  chilometri  quadr.,  cioè  il  doppio  del- 
l'Europa, e  ha  forma  d'un  trapezio  che  dall'Istmo  al  capo  Horn  allungasi  4,000  miglia. 

Chiude  dieci  paesi:  1.  2.  3.  al  nord  ovest  la  Colombia ,  divisa  nelle  tre  repubbli- 
che di  i'enezuela,  N.  Granata,  Equatore;  4.  al  nord-est  la  Gujana,  parte  francese, 
parte  inglese,  parte  olandese;  5.  6.  all'est  il  firaailee  VUrufjuai;  7.  all'ovest  le  tre 
repubbliche  del  Perù;  8.  al  centro  e  al  sud-ovest  il  Paraguai  e  la  Repubblica 
Ar  gentili  a  ;  9.  al  sud  ovest  il  Chili;  10.  al  sud  la  Pat  agonia. 

La  republtlica  di  Venezuela  separatasi  dalla  Colombia  nel  1829,  ha  314,432  miglia 
geogr.  quadr.  ital.,  con  più  di  290  mila  bianchi ,  480  mila  di  razza  mista,  40  mila 
schiavi  negri,  160  mila  Indiani  ridotti ,  cioè  che  adottarono  la  lingua  e  i  costumi  del 
paese;  14  mila  Indiani  che  conservarono  lingua  e  costumi  proprj-,  50  mila  Indiani  li- 
beri. Capitale  Caracas. 

La  repubblica  di  N.  Granata,  capitale  Santa  Fé  de  Bogota  nel  centro  del  paese  ,  ha  la 
superficie  di  circa  192,000  miglia  geogr.  quadr.  ital.  Questo  Slato  può  acquistare  im- 
mensa importanza  se  si  compia  il  taglio  dell'istmo  di  Panama.  Per  la  nuova  costituzione 
del  22  giugno  1858  prese  nome  di  Confederazione  Granatina,  formata  degli  Stati  di 
Antiognia,  Bolivar,  Boyaca,  Cauca,  Cundinamarca,  .Magdalena,  Panama  e  Sanlander:  nel 
60  tornò  in  rivoluzione  dalla  quale  è  tuttavia  agitata. 

La  repubblica  dell'Equatore,  che  comprende  le  provincie  di  Quito,  Guayaquil  e  As- 
suay,  con  più  d'un  milione  d'abitanti,  ha  per  capitale  Quilo  (76,000),  la  più  alta  città 
del  mondo,  essendo  a  3000  metri  sovra  il  mare. 

Del  Brasile,  allorché  i  Francesi  occuparono  il  Portogallo,  si  apersero  i  porti  a  tutte 
le  nazioni;  poi  si  dichiarò  staccato  dal  Portogallo  (1822)  sotto  un  imperatore  costitu- 
zionale indipendente.  Ogni  provincia  ha  assemblee  legislative  e  amministrative  partico- 
lari, il  che  potrà  un  giorno  staccarle.  Rio  Janeiro  capitale  (290  mila)  è  uno  de'  più  bei 


358  GEOGRAFIA  —  EPOCA   DECIMOTTaVA 

porti  del  mondo.  Nell'interno  stan  quasi  solo  Americani  indipendenti.  Valutasi  la  su- 
perficie 2,000,000  miglia  geogr.  quadr.  ital.  e  la  popolazione  di  7  milioni.  Pel  ISGS-Gi 
si  calcolò  l'entrata  a  SI  mila  milioni  di  reis  e  la  spesa  di  51,500  milioni. 

La  repubblica  dell'Uruguai  con  240  mila  abitanti  ha  per  capitale  Montevideo  con  45 
mila  abitanti. 

L'enorme  territorio  a  ponente  delle  Ande  dal  2°  di  lat.  nord,  al  i7°  di  lat.  sud, 
lungo  4000  miglia,  è  largo  da  300  in  400  formava  il  Perù,  che  «ra  è  frazionato  tiegli 
Stati  di  N.  Granata,  Equatore,  Bolivia,  Chili,  Perù;  e  ne'  primitivi  suoi  tempi  contò 
fin  30  milioni  d'abitanti,  ed  era  coltivato  con  tanta  cura  quanta  la  Cina,  da  cui  forse 
provenivano  i  suoi  primi  tesmofori.  Dopo  la  conquista  vi  riconobbero  10  milioni  d'a- 
nime, che  il  secolo  passato  erano  men  di  2.  Dopo  la  sollevazione  furono  moltissime  le 
forme  di  governo  e  i  capi. 

La  repubblica  del  Perù  dal  1821  al  55  fu  una  sola,  poi  si  distinse  nelle  due,  del  Nord, 
capitale  Lima,  e  del  Sud,  capitale  Cuzco.  Restate  alcun  tem|)o  unite  alla  Bolivia,  se  ne 
staccarono  afi'atto,  e  pare  formino  ancora  una  sola.  La  superficie  si  stima  di  7:^0,000 
miglia  geogr.  quadr.  ital.  -,  e  la  popolazione  di  2  milioni  e  mezzo. 

La  Bolivia,  o  repubblica  dell'Alto  Perù,  è  paese  in  gran  parte  deserto,  le  città  sono 
altissime,  essendosi  formate  attorno  alle  capanne  dei  cavatori  di  miniere.  Dividesi  nelle 
provinole  di  La  Paz,  Tarija,  Veni.,  Atacania,  Oruro,  Putosi,  Cochabamba,  Chuquisaca, 
Santa  Cruz;  della  presunta  superficie  di  miglia  geogr.  quad.  ital.  240,0u0 ,  e  quasi  2 
milioni  d'abitanti. 

Più  che  l'oro  e  l'argento,  che  il  rese  ammirato  e  desiderato  dalla  Spagna,  fruttano 
al  Perù  la  china,  corteccia  preziosa;  il  nitrato  di  soda,  che  asportasi  per  concime, 
e  che  nel  1830  sommò  a  18,700  quintali,  nel  1858  a  61,000;  nel  1860  a  1,370,000  dal 
solo  porto  d'Iquique;  il  borato  di  calce  che  vien  quasi  soltanto  di  là,  e  il  guano  delle 
isole  di  Chincha,  che  si  calcolò  a  2r)0  milioni  di  tonnellate,  ma  che  le  più  recenti  con- 
getture riducono  a  10  milioni,  dopo  la  sterminala  asportazione  degli  anni  passati.  Ora 
si  cercò  asportare  nelle  Indie  l'albero  della  china  e  nell'Australia  gli  alpaca  e  i  lama, 
di  cui  grandi  branchi  pascolano  le  vaste  pianure  e  le  montagne  del  Perù.  Ledger  nel 

1858  levò  8i3  alpaca,  che  traverso  a  700  miglia  inospite  condusse  fin  al  mare,  e  ri- 
dotti a  345  gl'imbarco  nel  porto  chiliano  di  Caldera,  e  giunse  con  252  a  Sidney. 

Lo  scavo  de'  metalli  preziosi  è  immensamente  diminuito  dopo  la  liberazione,  e  nel 

1859  non  produsse  più  di  200m.  lire;  ma  certo  il  terreno  ne  è  abbondante  quanto  la 
California  e  l'Australia.  .La  miglior  descrizione  del  Perù  odierno  è  Cuzco  and  Lima; 
à  visit  to  the  capital  and  provinces  of  ìnodern  Perù,  by  Clements  R.  Markam.  Lon- 
dra 1856;  libro  interessantissimo. 

11  Paraguai,  morto  il  dottor  Francia  (1840),  venne  governato  da  consoli.  Poi  nel  1844 
da  un  presidente  decenne.  Paese  pochissimo  conosciuto;  capitale  V Assunzione.  Al  sud- 
est e  all'ovest  il  paese  del  Gran  Giaico  è  occupato  da  indigeni.  La  superficie  è  di  30 
mila  leghe  da  20  al  grado;  la  popolazione  d'un  milione  e  mezzo. 

La  repubblica  Argentina  o  della  Piata,  colla  capitale  Buenos  Ayres,  ha  la  superficie 
presumibile  di  800,000  miglia  geogr.  quadr.  ital.,  e  la  popolazione  di  1,100,000.  Si 
diede  una  Costituzione  nel  1855,  ma  tutto  è  disordine,  or  unendosi,  ora  separandosi  il 
Buenos  Ayres. 

La  repubblica  del  Chili  sta  fra  il  Perù,  la  Patagonia  e  l'oceano  Pacifico.  11  territorio 
n'è  interrotto  dagli  Araucani,  che  non  poterono  mai  venir  domati.  Ne  dipende  l'arci- 
pelago di  Chiloe.  Dividesi  in  10  provincie,  aventi  la  superficie  di  55,000  miglia  geogr. 
quadr.  ital.,  e  la  popolazione  di  un  milione  e  mezzo.  Nel  1844  essa  prese  possesso  dello 
stretto  di  Magellano. 

Meritano  discorso  particolare  \e  AntUi  e.  Nessun  mare  conosciuto  presenta  un  ar- 
cipelago così  numeroso  ed  esteso,  isole  così  fertili  e  in)portanti  per  ricchezza  e  com- 
mercio. Consta  di  quarantacinque  isole  coltivabili,  e  di  una  moltitudine  d'isolette  più 
0  men  nude  e  sterili  :  è  compreso  tra  i  12"  10'  e  24"  12'  di  lat.  N.,  e  gli  87"  e  61"  di 
long.  0.,  entro  il  golfo  del  Messico:  una  delle  sue  estremità,  formata  dall'isola  di  Cuba, 
s'appoggia  sulla  costa  della  provincia  continrntale  di  Yucutan,  da  cui  la  separa  uno 
Stretto  di  100  chilometri  ;  e  l'altra  estremità,  in  cui  si  trova  l'isola  della  Trinità,  è  quasi 
nel  medesimo  parallelo  che  il  centro  dell'imboccatura  dell'Orenoco. 


AMERICA    MERIDIONALE  3S9 

Grandi  Antilie  si  dicono  le  isole  Sottovento,  Cuba,  la  Giamoica,  Haiti  o  San  Domingo, 
e  Portoricco.  Le  Piccole  Antilie  seguendo  la  linea  curva  di  questo  arcipelago,  si  com- 
pongono di  San  Giovanni,  San  Tommaso,  Santa  Croce,  Tortola,  Virginia-Gorda,  Ane- 
gada,  l'Anguilla,  San  Martino,  San  Bartolomeo,  Saba,  Sant'Eustachio,  San  Cristoforo, 
Nieves,  la  Rarbuda,  Antigoa,  Mooserrate,  la  Guadalupa,  la  Uesirada,  le  Sante,  Maria- 
Galanta,  la  Dominioa,  la  Martinica,  Santa  Lucia,  la  Ùarbada,  San  Vincenzo,  i  Grana- 
ditii  (piccolo  arcipelago  dipendente  dalla  Granada),  la  Granada,  Tabago  e  la  Trinità. 
S'una  linea  più  all'ovest  trovansi  la  Margherita,  Tortua,  Los  Roques,  Orchilla,  Aves, 
Curagao,  Buen-Aire  e  Aruba.  Non  faremo  menzione  speciale  di  un  grandissimo  numero 
d'isolette  incolte  e  disabitate,  e  di  scogli  o  banchi. 

Dodici  delle  Piccole  Antilie  sono  incontrastabilmente  vulcaniche,  cioè  :  la  Trinità,  la 
Granada,  San  Vincenzo,  Santa  Lucia,  la  Martinica,  la  Dominica,  la  Guadalupa,  Nieves, 
Monserrate,  San  Cristoforo,  Santo  Eustachio  e  Saba.  Varie  eruttano  ancora  fuoco,  ma  in 
tenue  quantità.  La  terribile  eruzione  dell'aprile  1812,  che  distrusse  tutte  le  piantagioni 
dell'isola  di  San  Vincenzo,  fu  preceduta  da  più  di  ducento  scosse  sotterranee,  che  si  fe- 
cero sentire  per  più  d'un  anno.  Tutti  i  vulcani  delle  Antilie  sembrano  essere  in  comu- 
nicazione colla  catena  delle  montagne  primitive  di  Caracas,  per  l'intermedio  delle  isole 
Tortua  e  Margherita.  Del  resto  l'esperienza  ha  dimostrato  che  l'azione  vulcanica  si  ma- 
nifestava indifferentemente  per  la  Guadalupa,  San  Cristoforo  o  San  Vincenzo.  Prova 
della  comunicazione  delle  Antilie  vulcaniche  colle  montagne  di  Caracas  si  è  che  il  tre- 
muoto  del  1812,  che  conquassava  quest'ultimo  paese,  cessò  in)mediataraente  dopo  l'e- 
ruzione del  vulcano  di  San  Vincenzo. 

Le  montagne  delle  Antilie  seguono  la  direzione  che  hanno  le  isole  tra  di  loro,  di  ma- 
niera che,  considerandone  solamente  le  vette  senza  portar  l'occhio  alle  basi,  si  crede- 
rebbero una  catena  dipendente  dal  continente,  e  di  cui  la  Martinica  sarebbe  il  promon- 
torio più  avanzato.  Le  più  aite  di  queste  montagne  sono  nell'isola  di  Cuba  all'est,  e 
nell'isola  di  Haiti  all'ovest  :  ne  ha  di  1722  metri  d'altezza  in  Cuba,  e  di  1664  in  Haiti  : 
alla  Giamaica  una  di  1462  metri. 

Abbondano  porti  su  tutti  i  punti  dellla  circonferenza  delle  Antilie  ;  ma  quelli  situati 
all'est  sono  assai  meno  sicuri  ed  ordinariamente  meno  spaziosi  che  quelli  delie  coste 
occidentali.  I  banchi  di  sabbia  e  le  scogliere,  conosciute  alle  Antilie  sotto  il  nome  di 
cayes,  vi  sono  troppo  frequenti,  e  sulle  coste  d'Haiti  e  di  Cuba  si  trovano  in  maggior 
numero. 

Prodigiosa  ne  è  la  vegetazione,  principalmente  sulle  isole  d'una  certa  ampiezza,  e 
mostra  un  rigoglio  non  conosciuto  altrove.  Più  di  tremila  specie  rare  crescono  in  questo 
arcipelago,  e  vi  si  riscontra  buon  numero  di  piante  europee,  specialmente  fra  le  erbacee. 


360 


eEOGIlAFlÀ  —  EPOCA   DEClMOTTArA 


§  22.  —  Popolazione  odierna  e   condizioni  dell'America. 
Ecco  lo  specchio  offerto  ùa\V  Atlante  di  Colton,  stampato  a  N.  York  nel  185S  : 


REGIONI  GEOGRAFICHE 


i.  Terre  artiche 

2.  GltoENLANDU    . 

3.  Hkkinghia   .     . 

4.  Tkkra  d'Hudson 


5.  Isole  della  pesca  (Saint- 

Pierre  e  Miquelun)  .     . 

6.  Canada,  N.  Scozia  ,  N. 

Brunswick,  Tfhranuova 

7.  S TATI  Umti  dell'America 

settentrionale .... 

8.  Messico 


9.  America  Centrale 


iO.  Indie  occid.  o  Antilie 

Isola  di  San  Domingo 

Cuba ,  Portoricco  ,  ecc 
Giamaica,  l)o!ninica,ecc 
Guadalupa,  Martinica  ec 
Isole  sotto  Vento,  ecc 
San  Tommaso,  ecc. 
San  Bartolomeo,  ecc. 

11.  Colombia. 

N.  Granata  .  .  . 
Venezuela  .  .  . 
Equatore  .... 

12.  Perù 

Bolivia     .... 


13.  Plata 


14. 
15. 


Chili. 
Brasile, 


16.  Gujana 
17 

18 


STATI  E  GOVERNI 


Estensione 
in  miglia  q 
iaglesi 


Patagonia  e  Terra  del 

fuoco  

Isole  Falkland  .     .     . 


Non  occupate     .    .     . 

Danese 

Possessi  russi     .     .     . 

Possessi  della  Compa- 
gnia inglese  della  Laja 
d'Hudson  .... 

Colonie  francesi .    .    . 

Colonie  inglesi  .    .    . 

Repubblica  federativa  . 
Repubblica  federativa  . 

(  Guatimala 
Le  cinque  \ Costarica 
repubblicbe  iNicaragua 
alleate  di     JHonduras 

{ S.Salvador 
Oltre  la  terra  di  Belize. 
e  la  costa  dei  Mosquito^. 
sotto  la  protezione  del- 
ringbitterra. 

Impero  d'Haiti  .  .  . 
Repubblica  dominicana 

Colonie  spagnuole  . 

M        inglesi   .  . 

»        francesi .  . 

»         olandesi 

»        danesi    .  . 

»        svedesi  .  . 

Repubblica  federativa 
Repubblica    .     .     . 
Repubblica     .     .     . 
Repubblica    .     .     . 
Repubblica    .     .     . 
Ditiatorato  del  Paraguay 
Repubbl   dell'Uruguay 
Confederaz.' Argentina 
Repubblica     .     .     . 
Impero  costituzionale 
Possessi  inglesi  .     . 
'       »        olandesi 
'       »        francesi.     . 

Non  occupate     .    . 
Inglesi 


600,000 
380,000 
481,276 


2,436,000 
118 

442,338 

2,936,116 
829,916 
28,90U 
16,000 
48,000 
72,000 
13,000 
19,000 
23,000 


10,081 

17,609 

51,145 

15,7S9 

1,015 

369 

127 

25 

S21 ,948 

426,712 

287,658 

49S,726 

473,298 

72,106 

73,?)38 

786,000 

249,952 

2,975,400 

96.000 

59,765 

27,560 

216,500 
6,297 


POPOLAZIONE 


? 
9,400 
78,000 

80,463 

1,338 

2,487,552 

23,191,876  (1850) 

7,661,520  (1852) 

972,000 

138,000 

247,000 

508,000 

563,000 

10,710 

6,000 


572,000 

136,500 

1,462,000 

855,344 

276,453 

28,497 

39,623 

9,000 

2,343,054 

1,149,556 

663,000 

2,115,493 

1 ,447,000 

300,000 

120,000 

764,000 

1,133,862 

6,0()5,000 

127,695 

61 ,080 

22,000 

? 
560 


Le  antiche  colonie  europee  hanno  le  arti,  l'industria  e  la  coltura  nostra,  applicate  alla 
natura  del  paese.  L'Aperica  centrale  e  la  meridionale,  ancora  nel  travaglio  della  rige- 


POPOLAZIONE   ODIERNA    E   CONDIZIONI   DELL'AMCniCA  361 

nerazione,  poco  avanzarono  nelle  manifatture:  vi  si  attendeva  più  allo  scavo  delle  mi- 
niere; ma  anche  queste  vennero  abbandonale,  talché  alcune  Compagnie  inglesi  ne  as- 
sunsero l'impresa. 

La  canna  di  zucchero  conta  per  la  prima  ricchezza  d'America,  se  non  si  biidi  al 
sangue  che  costa.  Fu  portata  dalla  Spagna  ad  Haiti  e  alla  Giamaica,  poi  a  Cuba,  San 
Domingo,  Trinità;  un'altra  specie  venne  direttamente  dall'Asia  orientale,  una  terza 
dall'Africa:  e  v'ha  canne  alte  fin  30  metri,  A  Tahago,  nel  15G0,  fu  trovato  il  tabacco,  le 
cui  qualità  migliori  vengono  dall'Avana,  dalla  Virginia,  dal  Maryland.  A  Jalapa  racco- 
gliesi  la  radice  purgativa  di  tal  nome.  Le  isole  niandano  caffè;  le  foreste  del  Perù  la 
preziosa  corteccia  della  chinachina;  le  Floride  possedono  l'albero  della  cera.  Il  mais  frut- 
tifica tra  il  43"  parallelo  cord  e  il  42"^  sud:  al  Chili  gli  ulivi  hanno  sin  3  metri  di  circon- 
ferenza: il  miglior  cotone  raccogliesi  presso  Tucuman,  e  sul  nopal  si  nutre  l'insetto  che 
dà  la  cocciniglia.  Le  produzioni  europee  al  Messico  non  fanno  che  tra  i  1400  e  1300 
metri  sopra  il  mare,  e  il  banano  soltanto  a  loOO  metri.  Inesausta  ricchezza  sono  le  fo- 
reste vergini  del  Brasile;  e  dalle  magnifiche  di  Onduras  gli  Inglesi  nel  17G9  levarono 
100,000  piante  di  mogano,  100,000  chilogrammi  di  salsapariglia,  10,000  scaglie  di  Tar- 
taruga ;  e  sempre  continuano  a  levarne  il  mogano  ed  il  campeggio.  La  Carolina  manda 
fuori  risi  eccellenti;  Guatimala  l'indaco  e  il  cacao;  Cuenca  cercatissimi  frutti  confet- 
tati, Fernambuco  il  legno  di  Brasile.  Le  immense  pianure  dell'America  meridionale 
danno  milioni  di  bestie  cornute,  che  si  uccidono  unicamente  per  usarne  le  pelli,  che 
salate  si  mandano  in  Europa.  Dalla  pesca  si  ricava  ancor  più  che  dalle  miniere;  e  sol- 
tanto da  Terranova,  dove  concorrono  fin  2o,000  navi  con  3i  mila  uomini,  si  ha  in  mer- 
luzzo per  3j  milioni.  Immensi  banchi  d'ostriche  sono  sulle  coste  della  Florida.  Una 
Società  inglese,  residente  a  Londra  utilizza  le  pelliccie  del  nord;  una  Società  russa, 
stanziata  a  Irkuslk  in  Siberia,  quelle  del  nord-est. 

Abbondano  le  miniere  d'oro,  d'argento,  di  diamanti.  Il  filone  d'argento  di  Veta 
Madre  è  grosso  50  metri  ;  23  quel  di  Veta  Grande,  sulla  lunghezza  di  2200  chilometri: 
la  montagna  argentifera  di  Foiosi  è  forata  da  ^000  cave.  A  Pasto  e  Choco  si  cava  il  pla- 
tino; a  Mozzo  presso  Bogota  gli  smeraldi  ;  a  Sant'Agostino  nel  Chili  le  ametiste;  a  Villa 
ricca  e  Teyuco  nel  Brasile  i  diamanti  ed  altre  gemme;  all'isola  Margherita  le  perle, 
che  però  l'improvida  avidità  esaurì  presso  Ayachuco  nel  Perù  il  mercurio.  OgL-i  il 
mondo  è  pieno  delle  meraviglie  dei  nuovi  terreni  auriferi  della  California,  spazio  di  300 
miglia  in  lunghezza  sopra  30  in  40  di  larghezza,  donde  si  traggono  da  420  in  450  mi- 
lioni di  lire  l'anno;  e  lavorando  centomila  persone,  non  potrebbero  in  un  anno  scan 
dagliare  20  miglia  quadrate;  sicché  sei  secoli  vi  vorrebbero  ad  esaurire  quelle  alluvioni, 
poi  rimarrebbero  le  montagne,  dalle  quali  la  pioggia  le  slaccò. 

Di  suprema  importanza  sarà  il  mettere  il  Grande  Oceano  in  comunicazione  coll'Allan- 
tico,  traverso  all'America  centrale,  tagliando  l'istmo  di  Panama  o  quel  di  Nicaragua. 
Quest'ultimo  taglio  stavasi  enèltuando  da  una  Società  olandese,  allorché  fu  sciolta  dalla 
rivoluzione  del  1850.  L'istmo  di  Panama  fu  esplorato  regolarmenle,  e  si  trovò  che  l'e- 
levazione maggiore,  fra  due  fiumi  che  sboccano  uno  nel  golfo  di  Panama  e  l'altro  nel 
mediterraneo  Colombiano,  è  solo  di  13  metri  sopra  l'alta  marea,  e  di  21.  50  sopra  la 
bassa:  onde  si  potrà  far  un  canale  di  42  miglia  italiane,  largo  metri  4J,  e  profondo 
6.50,  cioè  navigabile  da  legni  di  lOUO  in  1400  tonnellate;  e  costerà  assai  meno  che  il  ca- 
nale Caledonio  di  Scozia,  0  quello  del  Nord  nei  Paesi  Bassi.  Allora  quell'angusta  lingua, 
ora  quasi  deserta,  diverrà  punto  importantissimo  di  commercio  e  di  strategia;  l'Furopa 
si  troverà  ravvicinata  di  migliaja  di  miglia  alle  coste  occidentali  del  nuovo  continente, 
alle  innumere  isole  della  Polinesia,  alla  Malesia,  e  alle  contrade  opulente  che  stanno 
sul  pendio  orientale  e  meridionale  dell'Asia. 

La  speranza  di  questo  fatto  rende  i  Nordamericani  sempre  più  vogliosi  d'occupare  l'A- 
merica centrale.  Essi  hanno  speso  a  quest'ora,  per  annettere  nuovi  paesi,  217  milioni  di 
dollari;  di  cui  110  a  tribù  indiane,  25  alla  Francia  per  la  Luigiana,  6  li2  alla  Spagna 
per  la  Florida,  10  al  Texas,  23  al  Messico. 


k 


362  GEOGRAFIA   —  EPOCA  DECIMOTTAVA 


25.  —  Gl'indìgeni. 


Difficilissimo  sarebbe  il  voler  assegnare  l'estensione  e  la  popolazione  dei  paesi  tuttora 
appartenenti  agli  indigeni.  1  coloni  dilatano  ognidì  la  dominazione  loro  su  qualche 
nuovo  terreno,  col  diritto  che  dà  la  superiorità  di  civiltà  e  l'arte  del  coltivarlo:  pure 
una  buona  metà  spetta  ancora  ai  naturali.  Le  solitudini  gelate  degli  Eschimali,  eie  me- 
ridionali dei  Patagoni  ;  il  nordovest,  dal  polo  sin  al  golfo  di  California;  il  bacino  del 
Missuri  sin  alla  frontiera  dello  Stato  che  ne  trae  il  nome;  il  centro  dell'America  meri- 
dionale, sono  indipendenti:  ma  la  popolazione  è  rarissima.  Tra  questa  nominano,  oltre 
gli  Eschimali  e  i  Patagoìii,  gli  Araucani  all'ovest  delle  Ande;  i  Mocobi  e  i  Guana  nel 
Chaco;  i  Cichitos  nelle  parti  orientali  della  Bolivia;  i  Qiiaycura  sull'Alto  Paraguai  ;  i 
Caraibiaì  nord  della  Sud  America,  e  le  tribùin  riva  all'Orenoco,  al  Para,  al  Rio  Negro, 
nella  Gujana  ;  il  nord  del  Brasile;  gli  Aztechi  nel  Messico  ;  i  Paloni  in  riva  al  Lup  affluente 
del  Piata;  gli  Arrapahoi  su  questo  fiume;  i  Comanchi  (ra  le  sorgenti  del  Missuri,  l'Alto 
Arkansa,  il  Colorado  e  il  Rio  del  Norte;  gV Indiani  Serpenti  nel  bacino  della  Colombia;  i 
Siux-Dacota,  nazione  la  più  potente  fra  le  indipendenti  del  Nord;  i  Creki  e  Sceroki 
negli  Stati  d'Alabama  e  di  Georgia;  i  Seininoli  nella  Florida;  gli  Urani  od  Irochesi  che 
formano  la  confederazione  delle  cinque  nazioni;  gVIIlinesi  ;  i  Ce'ppm-a?/ nel  Canada  ecc. 

Quant'è  specialmente  degli  Stati  Uniti,  nel  censimento  uffiziale  del  184J,  gli  uomini 
rossi  ragguagliavansi  a  342,058;  il  nuovo,  pubblicato  nel  1858  dall'Uffizio  degli  affari 
indiani,  li  divisa  cosi  : 

Alabama Creeki 25,000 

California di  varie  razze 55,639 

Caroline Caiatvba 200 

Florida Seminoli 500 

Indiana Miamii 113 

[  Cippeicay  del  Lago  superiore lOO 

\  Cippeway  e  Otiaicay        5,152 

Michighan <  Cippeivay  di  Sagin&u •1,540 

I  CipppAcay  di  Swan-Creek 138 

(  Potovatomii  . 281 

Mississipi     .    :     .    .     .       Choctawi 1,600 

Seneca 2,557 

Indiani  di  San  Regis 450 

N,  York \  Tuscarora 280 

Oneidi 249 

Cayughi 143 

Comanci  e  Kioivay 2,000 

Asadacoi,  Caddos  e  Joni 3,000 

Witchiti 950 

Texas {  Tonkawi 400 

Keeckii,  Towacarros,  eoe 300 

Lipani S60 

Musealeoros  od  Apaci 400 

Menomonii .         1,950 

Cippeiray  . 4,940 

Wisconsin j  q^^^^^ 978 

f  Stockbridgi '1,950 

Oltre  di  ciò,  nei  quattro  Stati  di  Alabama,  Georgia,  Carolina  settentrionale 

e  Tennessee  abitano  Cherochi 17,530 


INDIGENI  dell'america 


363 


Nei  Territorj  v'ha; 


Kansas 


Minnesota j 

Nebraslta     ....        ^ 

N.  Messico  .... 

Utah 

Oregon    

Washington.     .     .     . 
Trovansi  ancora: 


all'ovest  dell'Arkansas 


lungo  l'Arkansas  . 


sul  Missuri  superiore. 


Cippeicaij  di  Swan-Creek 33 

Cristiani  o  Minsi 44 

Delawari 902 

h'ansa 1,37S 

Joìcay 435 

Oltawa 249 

Potoiratomii  di  Huron 3,440 

Piankeshmca,  Wea,  Peoria  e  Cascachi.     .     .     .  220 

Stockbridyi 13 

Shawnii 8Si 

Mississipi 1 ,626 

Missuri 180 

Cippeicay 2,206 

Mi!^sissipi-Siux 6,285 

]]'innedagsi 2,546 

Homaha 800 

Ottoi  e  Missuri 600 

Ponka 700 

Pawnii 400 

Apaci 7,000 

Navai 7,500 

Puebla- Indiani 40,000 

Utah 2,500 

Comanci  nomadi,  Cheyenni^  eco 17,000 

di  varie  rarze 1,500 

Wiandoti 554 

Cherochi 7,500 

Chidkasato  ■ 1,000 

Creeki ;    .     .  4,787 

Quapaw 314 

Sanduschi 180 

Setieca  e  Shatvnii 271 

Seminoli 2,500 

Osagi 4,098 

Arrapahoi 800 

Comanchi 5,600 

Cheyenni 2,800 

Kiotcay 2,800 

Sjucc  delle  pianure  . 5,600 

Assiniboini 220 

Arikari 3,560 

Pie  neri 500 

Cornacchie 3,360 

Ventruti 750 

Mandani 250 

Minetari 2,500 

Creeki 800 

Siux 15,440 


Totale.     .     .     .     314,622 
che  possono  benissimo  recarsi  fino  a  550,000. 

Non  si  creda  che  questi  paesi  indipendenti  giaciano  in  assoluta  barbarie.  Si  sa  che 
prima  della  conquista  possedevano  arti  e  qualche  scienza  ;  e  basterebbero  per  testi- 
monio le  grandiose  rovine  che  ogni  giorno  vi  si  discoprono.  Ma  anche  i  popoli  odierni 


364  GEOGRAFIA  —  EPOCA   DECIMOTTAVA 

parte  conservarono,  parte  appresero  qualche  forma  civile  ed  esercizio  di  mestieri.  Gli 
Araucani,  gli  Osagi,  i  Cherochi,  i  Muskoghi,  i  Mocol)i  ed  altri  attendono  all'agricoltura, 
lavorano  d'argilla,  dipingono  stoviglie:  nel  che  s'industriano  moltissimi  popoli,  mas- 
sime nell'America  del  Sud.  In  quella  del  Nord  sanno  coltivare  i  hanani,  il  mais,  il  co- 
tone, il  manioco;  tessono  tele,  preparano  pelliccie  e  corLeìle  di  canna;  cuciono  e  ri- 
camano; alcuni  sanno  perfino  operar  il  ferro  e  il  rame.  I  Gauchos,  che  nei  pampas 
della  Piata  custodiscono  mandre  di  fino  10,000  cavalli  inselvatichiti,  sono  spagouoli  di- 
venuti barhari.  Dicesi  che  i  pascoli  di  Buenos  Ayres  nutrano  12  milioni  di  vacche,  3 
milioni  di  cavalli,  e  innumerevoli  pecore.  Gli  Araucani  son  cavalieri  indomabili,  e  fanno 
escursioni  fino  di  1200  chilometri  al  Chili  e  nei  pampas  di  Buenos  Ayres  devastando. 

Molto  resta  ancora  a  fare  alla  generazion  nostra  per  ditTondere  l'incivilimento  sulle 
aride  rupi  calcari  della  California,  nei  llanos  di  gres,  lavati  un  tempo  dall'Oceano,  nelle 
savane  percorse  da  tribù,  inselvatichite  al  par  de' cavalli  e  degli  armenti,  nelle  impene- 
trabili foreste  ove  si  ricovera  l'indiano  cacciatore,  negli  insalubri  pantani  alla  foce  de'  gran 
fiumi.  S'hanno  a  combattere  alture  immense,  fiumi  senza  pari,  geli  e  calori  stemperati, 
foreste  vergini,  fiere  diverse,  secondo  che  s'affrontano  ne'  boschi,  nelle  savane,  nei  de- 
serti; serpenti  e  insetti  velenosissimi,  piante  che  uccidono  pur  coll'ombra,  miasmi  pe- 
stilenziali delle  umide  e  calde  pianure,  diluvj  di  pioggie,  orrendi  temporali,  eruzioni 
di  vulcani,  scosse  di  iremuoti,  trabocchi  vastissimi  di  fiumi,  natura  diffidente  o  ma- 
ligna degli  abitanti. 


§  24.  —  Lingue. 

L'America  numera  moltissime  lingue  (Balbi  dice  423,  Vater  SCO  pel  solo  Messico)  il 
cui  materiale  glottico  è  talmente  diverso,  che  riescono  inintelligibili  una  all'altra  :  ep- 
pure, se  il  corpo  è  differente,  la  struttura  grammaticale  è  identica  dalla  Groenlandia  al 
capo  Horn.  Né  basta:  esse  formano  uno  speciale  sistema  di  lingue,  che  fu  da  Dupon- 
ceau  (Reports  onthe  lunyuages  uf  the  American  Indiana;  1819]  primamente  chiamato  po- 
lisintetico, e  da  A.  Humboldt  piìi  convenientemente  agglutinante,'di  cui,  fuori  del  con- 
tinente americano,  la  sola  lingua  basca  presenta  una  qualche  analogia. 

L'agglutinazione  fa  sì  che  la  significazione  del  nome  cede  il  posto  a  quella  del  verbo, 
sicché  in  esse  lingue  sovrabbondano  le  forme  verbali,  e  nomi,  pronomi  e  preposizioni 
sono  fatti  schiavi  del  verbo,  che  li  raduna  e  ne  compone  un  solo  vocabolo.  Per  esempio, 
nella  lingua  messicana ni-na-ca-Qua,  quattro  monosillabi  congiunti,  indicano  :  io  mangio 
della  carne. 

Vuoisi  peraltro  osservare  che,  se  i  linguisti  americani,  come  Duponceau,  Pickering, 
Squier  {The  stutes  of  centrai  America.  (N.  York,  1838),  riconoscono  spettare  tutte  le 
lingue  americane  indigene  ad  una  sola  classe,  il  berlinese  Sleintlial  {Die  Classifìca- 
tions  der  Sprache ;  18a0)  pone  le  messicane  in  un  gruftpo,  e  le  nord  americane  in  un 
altro,  e  sono  i  gruppi  vm  e  ix  della  sua  riassificazione  delle  lingue  giusta  lo  sviluppo 
dell'idea.  Quando  lo  studio  delle  lingue  dell'America  centrale  ed  australe  sarà  più  inol- 
trato, forse  si  potrà  distribuirle  scientificamente  in  diverse  serie,  giacché,  per  esempio, 
l'idioma  Otomi,  secondo  Naxera  {Transoctiuns  ('f  the  Americaìi  philosuphical  Society; 
1833),  sarebbe  a  considerare  più  monosill.ibico  che  polisintetico  o  agglutinante.  Ow  per- 
altro ciò  fosse,  non  sarebbe  che  un'eccezione. 

Le  lingue  dell'America  settentrionale  furono  da  .\lberto  Callatin  {Transactioììs  of  the 
American  elhnological  Society  ;  1848)  distribuite  in  venlidue  gruppi: 

al  nord 
1.  Ef^chimale 
11.  Chenai 

IH.  Athapashe  dalla  baja  d'Udson  al  Pacifico, 
ad  est  delle  Montacne  rocciose 


nord 


ad  est  del  Mississipi  ad  ovest  del  Mississipi 

IV.  Algonchine  i         vi.  Siux 

V.  Irochesi  «        vii.  Arrapahot 


al 

nord  de 

gli  Stati  Uniti 

XVIII. 

Chulische 

XIX. 

Schittagete 

XX. 

Naas 

XXI. 

Wachas 

IINGI'E    AMERICANE  3G5 

Vili.  Calawbas  i  xiir.  Adaize 

IX.  Cheroche  \  xiv.  Chetimachas 

sud          <^          x.  Chocta-Muskog  '  xv.  Atiacapas 

XI.  Uscee.  j  xvi.  Caddos 

XII.  Natche  [  xvii.  Pawne 

ad  ovest  delle  Montagne  rocciose 

negli  Stati  Uniti 
XXII.  Chitunaha 
xxiii.  Tsihaili  Selis 
XXIV.  Sahaptin 

XXV.   Waiilaptu 
XXVI.  Tshinoochis 
XXVII.  Chalapuya 
xxviii.  Jacon 
XXIX.  Lutuamis 

XXX.  Sa.s/e 

XXXI.  Palaim'che 

XXXII.  Shoshone 

Per  le  altre  parti  dell'America  si  hanno  monografie  linguistiche,  non  lavori  compara- 
tivi; epperò  bisognerà  star  contenti  a  citare  le  lingue  delle  popolazioni  principali,  che 
per  l'America  centrale  sono  :  l'oregona,  la  camantsika,  che  novera  quattro  rami*  l'aztekn, 
l'otomia,  la  messicana,  l'er  l'America  australe  la  onodimarcania,  che  si  suddivide  in 
tre,  diremmo  dialetti  se  fossero  niinori  le  difTerenze-,  la  peruana,  che  conta  quattro 
idiomi;  l'antisana,  l'aramana,  suddivisa  in  (re;  la  pampa,  parlata  da  dieci  diverse 
tribù;  la  tscikita,  parlata  variamente  da  undici  tribù;  la  moka,  parlata  da  otto  tribù;  la 
guarani  o  cariba,  la  botokuda  o  aymora,  la  brasiliana  e  l'orenoka. 

Le  lingue  antiche  si  adopraoo  da  poeti  indigeni ,  massime  fra  i  Ciacta,  e  nella  buona 
società  del  Perù.  Il  raraibo  lodasi  per  gran  dolcezza;  l'algonchino  è  la  lingua  classica 
dei  deserti  al  nord  del  San  Lorenzo:  e  un  giovane  indiano  degli  Stati  Uniti  compose 
non  è  guari  un  alfabeto  di  ottantanove  lettere,  ch'ei  diflbnde  tra'  suoi  compatrioti,  e  in 
esso  tradusse  la  Bibbia. 

Dalle  varie  grammatiche  d'esse  lingue,  dalla  versione  in  esse  fatta  del  Nuovo  Testa- 
mento, specialmente  per  cura  de'  missionarj  anglo-americani,  appare  la  loro  ricchezza 
glottica  e  grammaticale,  e  come,  malgrado  le  forme  complicate  e  così  diverse  da  quelle 
delle  li ngueinflettive,  offrano  una  costruzione  filosofica,  precisa  e  regolare  così,  da  poter 
esprimere  ogni  più  fina  tinta  dell'umano  concetto. 

§  25.   —  Asia.   Divisioni  politiche. 

Dell'Asia  sono  undici  le  principali  regioni.  A  settentrione,  i.  la  Siberia;  a  ponente, 
2.  la  Turchia  asiatica,  .5.  l'Arabia  ;  al  centro,  4.  il  Turkestan,  5.  la  Persia  o  Iran,  6. l' Af- 
ganistan,  7.  il  Belucislan;  a  mezzodì,  8.  l'Indostan,  9.  l'Indocina;  a  levante,  10.  la 
Cina  eli.  il  Giappone. 

Della  Siberia  e  della  Turchia  Asiatica  abbiamo  detto  alle  pag.  351  e  320. 

III.  L'^  rabia,  estesa  su  2  milioni  di  chilometri,  fu  in  parte  sottomessa  dal  viceré 
d'Egitto,  ma  il  più  cooiinua  l'antica  vita  nomade.  È  divisa  in  molti  .stati,  di  cui  i  prin- 
cipali sono  gli  imamali  di  l'eme?»,  cipriale  Sanaa  ;  £/-Onian,  capitale  Mascate  ;  El-Negid, 
ch'è  la  più  gran  divisione  geografica  dell'Arabia,  imperfettamente  conosciuto.  Ivi  creb- 
bero i  Vahabili,  la  cui  capitale  Derreyeh  dopo  la  concjuista  di  Mehemel-Alì  perdette  ogni 
importanza. 

IV.  Il  Turkestan  o  Tartaria  indipendente,  superficie  di  500  mila  chilometri  fra 
il  Caspio,  la  Russia,  la  Cina,  la  Persia,  l'Aft^anistan  e  l'Herat,  benché  molta  parte  sia 
deserti  di  sabbia  mobile  o  laghi  salati,  tiene  ricchissimi  pascoli,  e  a!  sudest  ricche 


366 


GEOGKAFIA    —    IvI'OCA    DECIMOTTAVA 


città;  quali  Samarkancla  (la  Maracanda  d'Alessandro  Magno)  descritta  per  deliziosis" 
sima  dall'imperatore  Babur,  e  come  un  paradiso  terrestre  dai  poeti;  oggi  città  me- 
diocre di  provincia  con  forte  cittadella.  Bókara  (Margiana  o  Battriana),  sede  del  kanaio 
che  ora  abbraccia  tutti  que'  paesi  centrali,  ha  8  miglia  di  giro  con  3G0  moschee,  60 
collegi,  38  caravanserragli,  16  stabilimenti  di  bagni,  4S  bazar;  le  case  son  come  le 
pompejane,  senza  finestre  esterne,  e  attorno  ad  un  cortile,  per  lo  piìi  d'un  solo  piano  ; 
v'abitano  da  80  mila  anime;  è  la  metropoli  universitaria  dell'Asia  media.  Balk ,  un 
tempo  detta  la  regina  delle  città. 

All'ovest  non  v'ha  che  nomadi,  e  specialmente  i  Kirghizi.  Parte  di  questi  si  rico- 
nosce vassalla  de'  Russi,  i  quali  spinsero  una  spedizione  contro  Kiva  (Partia),  lor 
capitale,  al  sud  del  lago  Arai,  posta,  più  direttamente  che  la  Persia,  fra  la  Russia  e 
l'India  inglese.  I  Kirghizi  della  grand'orda  errano  pel  paese  fra  il  mare  d'Arai  e  il  Ca- 
spio, e  fin  al  lago  Issi-kul  nell'impero  celeste,  sotto  capi  che  talora  fanno  omaggio  alla 
Russia,  talora  alla  Cina,  non  per  altro  che  per  averne  doni, 

V.  La  Persia^  o  impero  dei  Sofì,  sta  nella  regione  elevata  fra  la  Turchia  asiatica, 
il  Turkestan,  il  Caspio,  le  provincie  russe  del  Caucaso,  il  golfo  Persico,  l'Afganistan; 
fra  42"  e  ei"  di  longit.  orientale,  26"  e  39"  di  latit.  L'impero  è  diviso  in  11  provincie  , 
di  cui  daremo  i  nomi  moderni  ed  antichi,  per  quanto  lo  permette  la  differenza  dei  con- 
fini che  hanno  spesso  variato  : 


Nomi  moderni 


Nomi  antichi 


Irak-Agemi.    .    .    .    Gran  Media,  Partia. 


Tabaristan 
Mazenderaa 


Paese  dei  Tapiri ,  Ircania 


Ghilan Paese  dei  Gelj  o  Cadusj 


Aderbigian.    .    .    .      Media  Alropatene 


Curdistan  .     .    . 


Elimaidc  o  paese  d'Elam. 


Cursistan     ,    ,    .    ,    Susiana 


Citta  principali 

Teheran  o  Tebran 

Ispahan 

Cascian 

Com 

Amadan 

Casbia 

Zengiaa 

Sultanié 

Demavend 

Damegan 

Sari 

Amol 

Faraabad 

Ascraf 

Barforus 

Asterabad 

Rest 

Enzili 

Tauris  o  Tebriz 

Ugian 

Morega 

Aar 

Aderbil 

Coi 

Selmas 

Miane 

Urmia 

Sabalag 

Chirmanscià 

Senne 

Sciuster 

Dizful 

Corrcmabad 

Avais  0  Aviza 


ASIA  3G7 

Nomi  moderni  Nomi  anlichi  Città  principali 

Sciraz 
Istacar 
Murgab 
Fesa  0  Bessa 
Daiabgherd 

Farsistan    ....      Perside ^  Firozabad 

Cazerua 

lezdcart 

Surma 

Argian 

Giarun 

Bender-Buscer  o  Buscir 

ÌLar 
Velazgherd 
GomrunoBeader-Abbasi 

Kerman Carmania Kerman 

i  Mesced 

Cor§ssan    .     ...     .      Partiene,  Aria j  Nisciapur 

'  Cabuscian 

La  Persia  è  presa  in  mezzo  dai  possessi  russi  ed  inglesi,  e  scompigliata  dalle  guerre 
civili.  D5po  la  divisione  avvenuta  alla  morte  di  Kulikan  nel  1747,  si  formarono  quattro 
regni  indipendenti  :  Vlran  o  Persia  propria,  il  regno  di  Cabul  o  degli  Afgani,  il  regno 
à'Herat,  e  la  confederazione  degli  Saki.  Ora  sull'estensione  di  1,300,000  chilometri 
quadr.,  cioè  più  che  Francia  e  Germania  insieme,  la  Persia  ha  circa  10  milioni  d'abi- 
tanti, di  cui  3  son  nomadi,  4  agricoli  :  gli  altri  abitano  nelle  città,  fra  cui  son  principali 
Ispahan  (180  mila).  Tauri  (160  mila),  Teheran,  residenza  dello  scià  (120  mila),  Mesceb 
(100  mila).  La  più  parte  son  musulmani,  cioè  7  milioni  e  mezzo  della  confessione  sii- 
tica,  300,000  dissidenti  di  varie  sette,  un  milione  e  mezzo  sunniti  :  circa  un  mezzo 
milione  fra  Cristiani  /"Armeni  e  Nestoriani),  Ebrei,  Guebri,  Idolatri. 

Il  tesoro  spirituale  (Beit-ul-MàlJ  ha  circa  3o  milioni  di  rendita,  che  servono  a  man- 
tener le  moschee,  i  ponti,  i  bagni,  pagare  i  giudici,  sovvenire  i  poveri  pel  pellegri- 
aaggio,  e  per  gli  assegni  ai  discendenti  del  profeta. 

Il  tesoro  della  corona  ha  circa  100  milioni,  oltre  i  doni  straordinarj  che  si  fanno  al 
sovrano,  e  serve  alle  altre  spese  dello  Stato  e  della  Corte. 

VI.  W  Afgan  istan  (Aracosia.  Paropamiso),  paese  vasto  quanto  l'impero  d'Au- 
stria, è  fra  la  Persia,  l'Indo  e  il  prolungamento  dell'Imalaya  detto  Indu-koh.  Formava 
cinque  principati  indipendenti,  di //era/,  di  Candelai^  di  Pisciauer,  di  Cabul,  àìSegestan 
o  Seistan.  Principali  città  Cabul  e  Candaar,  da  antico  considerate  quali  porte  dell' In- 
dostan  :  una  mette  al  Turan  o  Alta  Asia,  l'altra  all'Iran  o  Persia;  sicché  importa  il  ben 
custodirle,  come  quelle  che  proteggono  l'Indostan  dagli  stranieri.  Gl'Inglesi  credettero 
di  suprema  importanza  il  collocare  sul  trono  di  Cabul  un  re  vassallo,  affinedi  protegger 
di  là  l'India  e  minacciare  la  Persia  e  la  Bukaria.  Dell'Herat  disputarono  la  primazia 
la  Persia  sostenuta  dai  Russi,  e  il  Cabul  sostenuto  dagli  Inglesi.  La  capitale  Herat 
(100  mila  anime)  fu  fortificata  dagli  Inglesi. 

VII.  Il  Belucistan  (Gedrosia,  Aracosia)  è  al  sud  dell'Afganistan;  e  cosi  il  Sindi, 
0  principato  dei  tre  emiri,  sovra  cui  dirigonsi  le  operazioni  militari  degl'Inglesi.  È  una 
confederazione  di  piccoli  territori,  i  cui  capi  riconoscono  la  primazia  di  quel  che  siede 
a  Kelat,  fattosi  da  poco  indipendente  da  quello  del  Cabul. 

Vili.  W  India  geograficamente  si  divide  in 

a.  Indostan  settentrionale,  in  cui  trovansi  da  occidente  in  oriente  il  Cascemir,  il 
Ghencal,  il  Nepal. 

h.  Indostan  meridionale  o  proprio,  che  comprende  la  maggior  parte  di  quel  che  fu 
impero  del  Gran  Mogol  :  e  le  sue  provinole  sono,  da  ovest  in  est,  il  Lahor,  il  Multan, 
il  Sind,  il  Katch  il  Guzzerate,  il  Malica^  YAgemir,  il  Delhi,  VAyra,  VAud,  ì'Allahabad, 
il  Uehar,  il  Bengala, 


i 


368  GEOGRAFIA.  —   EPOCA    DECIMOTTAVA 

c.  Decan  settentrionale,  che  abbraccia  il  Kancleisch,  V Aurengabad,  il  Begiapui\  VAi- 
derabad,  il  Dider,  il  Derar,  il  Gandwana,  VOrissa,  i  Circari  del  Nord. 

d.  Decan  meridionale  o  paese  al  sud  del  Crisna,  suddiviso  in  Canara,  Maialar,  Kocin, 
Travancor,  Koimbelud,  Carnatico,  Salerno  Barramahat,  Maissur,  Balagat. 

e-  Le  Isole,  di  cui  principali  il  gruppo  di  Salsetta  o  di  Bombar/,  quello  di  Seilan, 
l'arcipelago  delle  Lacchedive,  e  quello  delle  Maldive.  Seilan  (Toprobana  degli  antichi)  è 
un  paradiso  terrestre,  profumato  dagli  alberi  della  cannella,  del  noce  moscaio,  delle 
altre  preziose  piante  equinoziali;  arricchito  di  diamanti,  rubini,  ametiste,  topazj,  za- 
firi,  perle:  capitale  Colombo.  Vuoisi  che  le  Maldive  sieno  i2  mila,  in  il  gruppi;  im- 
portanti pel  commercio  e  perchè  vi  si  pescano  le  conchiglie  dette  cauri,  che  servono 
di  moneta  spiccia  nell'India,  nel  Cabul,  nell'alto  Tibet,  nella  Cina  meridionale,  e  in 
gran  parte  dell'Africa.  Le  32  Lacchedive  (di  cui  19  principali)  sono  cinte  di  banchi  di 
coralli. 

Jl  Gange,  come  molt'altri  fiumi  dell'Asia,  dilaga  da  aprile  a  luglio,  fecondando  le 
spiaggie. 

L'India  politicamente  si  distingue  in 

a.  India  Inglese,  che  era  fin  al  principio  del  nostro  secolo,  l'impero  del  Granmogol. 

he  dipendenze  della  Compagnia  delle  Indie  stendeansi  nelle  due  penisole  dell'india 
fra  il  mare  d'Oman,  l'Indo,  il  Sutlege.  l'imalaya,  l'Irauaddi,  il  golfo  di  Bengala,  il  mar 
delle  Indie.  Formavano  quattro  presidenze  con  più  di  150  milioni  di  sudditi  imme- 
diati, cioè: 

1»  la  presidenza  di  Calcutta,  che  comprende  il  nord  dell'lndostan  e  le  po^ssessioni 
transganfzcliche.  Calcutta,  che  nel  ìlil  era  un  villaggio  appena,  or  ha  600  mila  abitanti 
e  35  giornali.  Nel  paese  Iransgangetico  il/afaeca  decadde  ;  sorse  invece  rapidissima  Sm- 
gapor,  divenula  una  delle  piazze  più  commerciali  d'Asia; 

2^  di  Madras  nel  Carnatico:  nella  capitale,  di  460  mila  abitanti,  siede  la  Società 
Asiatica  ; 

3»  di  Bombay:  la  capitale,  di  200  mila  abitanti,  è  il  miglior  porto  dell'India  ; 

4'  di  Agra:  la  città,  molto  decaduta  da  quando  era  sede  del  Granmogol  Akbar,  or 
va  rialzandosi.  Ne  dipendono  Benarele  sul  Gange,  la  Romane  l'Alene  dell'india;  e  Delhi, 
un  lempo  corte  splendidissima.  La  Compagnia  nel  1843  comprò  dalla  Danimarca  per  2 
milioni  di  franchi  Tranquebar  sulla  costa  del  Cororaandel,  e  Sirampor  bella  cittadina, 
poco  discosta  da  Calcutta. 

Oltre  queste  possessioni  immediate,  una  quantità  di  principotti  sussisteano  i  Berar, 
J/j/sorc,  Travancore,  Iderabad.  ecc.,  riconoscendosi  vassalli  e  tributar];  onde  vengono 
sotto  la  protezione  inglese  altri  48  milioni  d'anime.  Di  là  l'Inghilterra  si  spinse  a  nuove 
conquiste  nell'impero  de'  Birmani,  nel  Sindia,  nel  Cabul,  nel  Nepal,  nell'Aud.  Nel 
golfo  l'ersico  prese /t'oracfc  all'entrala  dello  stretto  di  Bah  elMandeb;  Socotora,  la  mag- 
gior isola  d'Africa  dopo  Madagascar  ;  Aden  sulle  coste  d'Arabia. 

Ecco  la  serie  cronologica  delle  conquiste  fiitte  dogli  Inglesi: 
1754.  Ventiquattro  perganaahas  dal  nabah  di  Bengala, 
1758.  Muzulipatuam  dal  nizarn. 
1760.  Burduan  e  Sciltagong  dal  nabab  di  Bengala, 

176S.  Bengala,  Bahar,  Orissa  dall'imperatore  di  Delhi:  Glahir  nel  Madras  dal  nabab 
di  Arcot. 

1775,  Zemindary  dal  visir  di  Dude. 

1776.  l'isola  di  Salsette  dai  Maratti. 

1778.  Nagpur  dal  raja  di  Langor;  Guntur-Cicar  dal  nizam. 

1786.  Pulo-Pinang  dal  re  di  Queda. 

1792.  il  Malabar  da  Tippu-Saib;  Femgor  dal  raja. 

1800.  le  Provincie  di  Misor  dal  nizam. 

1801.  il  Carnatico  dal  nabab;  il  Korukpora  dal  visir  d'Aud. 

1802.  lìiindelamd  dal  peischwah. 

1803.  Kulinc  e  Hallasa  dal  raja  di  Berar;  il  territorio  di  Delhi  da  quello  di  Sindia. 
1805.  parte  del  Giizzerate  da  Gurcecian. 

1818.  Kandescda  Ilolkar;  Ajmere  da  Sindia  Punah  ;  il  paese  de'  Maralti  dal  peischwah; 
i  distretti  sulla  Merbudda  dal  raja  di  Berar. 


Asu  369 

i824.  Singapor  dal  raja  di  Jukore. 

d82S.  Malzera  dal  re  d'Olanda. 

1826.  Assam,  Arracan,  Tennasserim  dal  re  d'Ava. 

1834.  Coorg  dal  raja. 

18il.  Sindu  dagli  Amur. 

1849.  il  Pengiab  dai  Sikl. 

4853.  Pegù  dal  re  d'Ava. 

Ì8S6.  Il  regno  d'Aud, 

Un  documento  pubblicato  per  ordine  della  Camera  dei  Comuni,  dà  lo  stato  della  po- 
polazione delle  Indie  inglesi,  ed  il  sommario  generale  delle  entrate  e  delle  spese  per 
l'esercizio  terminato  coll'aprile  '1856. 

A.  Stati  sottomessi  al  governo  abitanti 
i.  del  governatore  generale  dell'India 23,255,972 

2.  del  luogotenente  governatore  del  Bengala 40,852,397 

3.  —  delle  provincie  del  Nord 33,655,193 

4.  —  di  Madras •     .     .     .  22,437,297 

5.  —  di  Bombay 41,790,042 

B.  Stati  indigeni 

4.  della  presidenza  di  Bengala 38,702,206 

2.  —           di  Madras 5,213,674 

3.  —            di  Bombay 4,460,370 

C.  Territori  stranieri 547,149 

Totale    480,884,297 

Le  entrate  salirono  a  27,692,924  lire  sterline  (fr.  692,323,000),  dove  sono  inscritti: 

la  rendita  fondiaria  per fr.    378,709,000 

le  dogane 47,411,975 

i  sali  (non  compresi  i  diritti  percepiti  all'importazione  dei  sali  stra- 
nieri , 58,950,425 

l'oppio «f 421,439.475 

«       la  posta  ed  il  bollo 17,414,825 

Le  spese  furono  di  29,754,490  lire  sterline  (fr.  743,862,250),  e  si  suddividono  così  : 

Spese  fatte  nell'India .     .       fr.    662,172,975 

«  nell'Inghilterra 81,689,275 

In  questo  totale  son  notate: 

spese  di  percezione  dei  diversi  rami  di  rendita 407,234,375 

amministrazione  civile  e  politica 56,405,475 

»  giudiziaria. 61,635,800 

»  militare  (marina  compresa) 278,690,950 

lavori  pubblici  (non  comprese  le  costruzioni  o  riparazioni  delle  fab- 
briche militari) 39,554,400 

Le  spese  quindi  sorpassarono  le  entrate  di  51,539,150  lire. 

La  Compagnia  solcò  l'India  di  strade  comuni  e  di  ferrate,  congiungendo  Calcutta, 
Bombay,  Madras  coi  punti  più  importanti;  diffuse  canali  per  lo  sviluppo  di  277  chilo- 
metri tratti  dal  Giumna,  e  di  1660  dal  Gange.  Essa  aveva  il  debito  di  62  milioni  di 
sterline,  che  importava  quasi  3  d'interesse,  allorché  scoppiò  la  rivoluzione  nel  1857,  per 
la  quale  si  trasformò  il  governo  del  paese,  non  più  affidato  ad  una  Compagnia  di  mer- 
canti, ma  al  re  dell'impero  britannico. 

6.  Regno  di  Lahor  o  degli  Siki,  che  dopo  il  1805  si  divisero  in  orientali  e  occidentali: 
quelli  son  vassalli  dell'Inghilterra;  questi  sotto  la  condotta  di  RungetSing  acquistarono 
un'importanza,  che  ricadrà  tutta  a  profitto  degl'Inglesi. 

e.  Regno  di  Sindia,  potentissimo  al  principio  del  secolo,  trovasi  ora  ridotto  in  an- 
gusti confini,  e  tutto  cinto  da  possessi  inglesi,  talché  indipendente  è  solo  di  nome. 
Capitale  Gicalior. 

d.  Dicasi  lo  stesso  del  regno  di  Nepal,  che  si  stende  al  nord  del  Gange  fra  la  presi- 
denza di  Bengala  e  le  inaccessibili  vette  dell'Imalaya,  per  250  leghe  da  est  a  ovest,  e 

Càntù,  Documenti.  —  Tomo  I,  Geografia  politica.  24 


370  GEOGRAFIA.  —  EPOCA  DECIMOTTAVA 

per  50  da  nord  a  sud.  Capitale  Katmandu.  Gl'Inglesi  or  ora  l'acquistarono  per  prender 
a  confine  i  geli  e  le  insuperabili  creste  del  Dawalagiri 

e.  Regno  delle  Maldive,  composto  di  quell'arcipelago  d'isolotti.  11  sovrano  del  paese 
prende  titolo  di  sultano,  e  siede  a  Male. 

f.  /^ossessi  portoghesi  e  francesi  (Vedi  pag.  308  e  325). 

IX.  Nella  penisola  orientale  dell'India,  o  Indocina.,  superficie  di  1,800,000  chil.,  di 
là  dalle  possessioni  Iransgiingetiche  degl'Inglesi,  trovansi:  1"  l'impero  Birmano  al  nord- 
ovest, capitale  lìangun  (U)  mila  abitanti).  Dopo  le  cessioni  falle  agli  Inglesi. nel  1826, 
è  di  mollo  ristretto  fra  i  possessi  di  questi  2'  11  regno  di  Siam  al  centro,  capitale  Bankok 
(90  mila  abitanti),  la  città  di  maggior  traffico  nell'India  transgangetica.  Nel  1768  Piatale 
lo  sottrasse  ai  Birmani,  e  fondò  una  nuova  dinastia,  or  prosperante.  3'  piccola  parte 
della  penisola  di  l\Ialacca,  cioè  la  occupata  da  selvaggi  e  negri.  È  rimpetto  e  vicina  alla 
grand'isola  di  Sumatra,  che  gli  antichi  credettero  attaccata  alla  terra  ferma,  e  denomi- 
narono Chersoneso  aurea.  4'  L'impero  di  Vietnam  o  Annam  all'est,  che  racchiude  i 
regni  di  Cocincina  propria,  di  lonchin,  di  Cambogia,  con  viceré:  //«e  capitale  (200  mila 
abit.).  Or  ora  i  Francesi  acquistarono  nella  bassa  Cocincina  sei  provincie  con  2  milioni 
d'abitanti. 

Negli  arcipelaghi  Andaman  e  Nicobar  si  posero  coloni  inglesi,  austriaci,  danesi;  ma 
ne  furono  sempre  respinti  dalla  mal'aria. 

X.  Impero  Cinese.  La  sua  immobilità  fu  scossa  dall'urto  che  gli  diedero  gl'Inglesi,  e 
cui  conseguenza  fu  l'aprirne  nel  1842  alcuni  porti;  oltre  lasciare  gl'Inglesi  piantarsi 
nell'isola  di  Hong-kong,  la  quale  diverrà  uuo  de'  punti  principali  del  commercio  del 
mondo.  Altre  guerre  schiusero  aflatto  l'impero,  sowolto  poi  da  rivoluzioni  interne,  delle 
quali  non  bene  è  conosciuta  l'indole,  ne  prevedibile  l'esito. 

Dividesi  in  a)  Cina  propria,  cioè  il  sud-est  del  graiid'impero  con  Peking,  Nanking, 
Canton.  È  partita  in  fu  (provincie),  ceu  (dipartimenti)  e  hian  (distretti). 

Sottomessi  alla  Cina  sono;  b)  la  Zungaria  (clan  chan-pe-lu)  in  5  divisioni  militari, 
e  dove  sono  i  nomadi  Eleuti  ed  i  Calmuchi-Torgoli.  e)  La  Piccola  Bucaria  (Thian-chan- 
nan-lu),  che  è  il  Turkestan  cinese. 

Paesi  vassalli  sono:  d)  il  Tibet  sul  pendio  settentrionale  dell'Imalaya,  capitale  Lassa, 
ove  siede  il  dalai-lama:  è  distinto  in  4  provincie.*e)  il  Butan.  f)  La  Corea  penisola. 
g)  Il  regno  di  Lieukieu,  che  racchiude  le  isole  di  questo  nome  e  di  Magicosema.         » 

Paesi  tributar]  sono:  h)  Manciuria  al  nord-ovest  della  Cina,  da  cui  la  divide  la  famosa 
muraglia,  ed  è  patria  della  stirpe  dominante,  i)  La  Mongolia  propria,  cioè  paese  dei 
Mongoli,  paese  dei  Kalka  ed  il  deserto  immenso  di  Cobi.  /)  11  Kuka-noor,  coperto  di 
tribù  nomadi. 

Secondo  il  censimento  fatto  nel  1852,  erano  nella  Cina  596  milioni  d'abitanti:  ora 
ne  valutano  415  milioni,  con  città  fra  1,000,000  e  300,0(i0  abitanti,  e  villaggi  sin  d 
25,000.  Peking,  capitale,  è  situata  in  un'estesa  pianura  sul  Yu-ho,  girata  per  9  leghe 
da  altissime  mura  di  mattoni,  dentro  affollata  di  fabbriche,  cortili,  giardini  mirabili 
per  la  bizzarria.  Vi  siedono  il  tribimale  dei  principi,  quello  dei  mandarini,  dei  riti, 
delle  entrate,  della  guerra,  dei  delitti,  della  storia  e  letteratura;  v'ha  un  collegio  impe- 
riale e  scuole  numerosissime,  un  osservatorio  astronomico,  una  stamperia  regia,  una 
biblioteca,  gallerie  di  storia  naturale,  gazzette,  teatri,  ricoveri,  molt'altre  istituzioni  che 
ricordano  la  civiltà  delle  capitali  europee.  Gli  abitanti  pare  ascendano  a  1,700,000. 
(Vedi  a  pag.  166-7). 

Pel  trattato  di  Nanking  nel  1842  furono  aperti  al  commercio  straniero  i  porti  di  Canton, 
Amoy,  Fu-ceu,  Ningpo,  Sciangai.  Per  quello  di  Tien  tsin  del  1858,  quelli  di  Kiung-ceu 
sull'isola  di  Ilainan;  di  Taivan  sull'isola  di  Formosa:  di  Swatan  sullacosta  della  pro- 
vincia di  Kwang  tung;  di  Ci  fu  sulla  costa  settentrionale  della  provincia  di  Sciang-tung; 
Kiu-kiang  e  Hang  kau  sull'Yang  tse-kiang.  11  trattato  di  Peking  24  e  26  ottobre  1860 
aprì  il  porlo  di  Tienlsin.  Hong  kong  nel  18i6  avea  7000  abitanti,  che  nel  1802  ne  ha 
120  mila.  Il  telegrafo  elettrico  è  steso  dalla  frontiera  russa  fino  a  Peking. 

XI.  L'impero  del  Giappone  (Nifon)  è  formato  da  una  serie  di  5850  isole,  e  dividesi  in 
10  regioni  (c/o),  suddivise  in  provincie  (kokf),  composte  di  più  distretti  (koris).  È  paese 
delizioso,  sol  turbato  da  frequenti  tremoti,  in  grazia  de'  quali  fanno  le  case  di  legno 
e  d'un  solo  piano,  onde  estesissime  le  città.  20  vulcani  sono  attivi  :  suolo  montagnoso, 


ASIA  371 

fatto  (erfile  dall'ope.rosit;"i:  il  grano  indigeno  non  basta:  han  riso,  legumi,  alghe  marine, 
patate,  flutti,  pesci  e  molusclii  di  mare,  volatili,  miele,  e  altboiidanlissime  tartarughe. 
11  Ime  e  la  vacca  non  servono  che  a  portare  e  tirare:  la  carne  consueta  è  d'una  specie 
di  balena  detta  Siebi:  allevano  pochi  montoni,  capri  e  porci:  non  bevon  latte,  ma  con- 
tinuamente il  the  senza  zucchero:  dalle  poche  vigne  non  si  trae  vino,  ma  col  riso  Tassi 
un'aci|uavita  detta  Saki.  Molto  conunercio  di  pelli,  pelliccie  e  corni  di  bestie  (selvagge. 
Non  cacciano  che  i  signori  ed  i  prmcipi.  incalcolabili  sono  le  ricchezze  minerali,  forse 
non  inferiori  a  quelle  della  California.  Sono  valenti  da  secoli  nella  combinazione  dei 
metalli  e  dei  colori.  Cotone,  seta,  canfora,  olio  e  cera  vegetali  forniscono  i  principali  ar- 
ticoli di  commercio;  eccellenti  il  the  e  il  tabacco:  stupenda  la  vernice.  Coll'albero  da 
carta  fanno  libri  ed  abili:  dai  bachi  di  gelso  hanno  la  seta  pei  ricchi,  pei  poveri  da 
quelli  di  quercia. 

I  Giapponesi  derivano  dagli  Ainos,  pescatori  e  cacciatori,  e  da  oltre  2000  anni  sono 
costituiti  in  nazione,  e  cogl'lndiani  e  Cinesi  divìser  il  mondo  orientale.  V'è  gran  diffe- 
renza tra  la  razza  povera  e  la  ricca;  con  civiltà  indigena,  modificata  però  da  elementi 
stranieri,  e  massinìe  cinesi,  la  popolazione  è  da  35  in  40  milioni,  con  una  religione  che 
riconosce  molli  Dei,  e  maggior  di  lutti  il  sole;  i  fedeli  si  chiamano  sinlu  :  fra  i  quali  i 
rigoristi  diconsi  yuit.  11  capo  militare  (Taicun)  risiede  a  Yeddo  (1,300,000  abitanti),  il 
religioso  (Dajri)  a  Miaco  nel  piceni  principato  di  Kioto.  Non  si  conosce  bene  la  forma  di 
governo.  Le  grandi  cariche  son  accessibili  ai  letterati.  V'è  una  certa  gerarchia  di  classi, 
ove  i  mercanti  hanno  il  IV  posto.  I  contadini  sono  affissi  alla  gleba.  Era  vietato  ogni 
commercio  esteriore,  e  soltanto  nel  porto  di  Nangasaki  poteano  entrare  Cinesi,  Coreani 
e  Olandesi,  con  numero  determinato  di  legni  e  sotto  rigida  sorveglianza,  mentre  il 
commercio  interno  vi  godeva  la  massima  libertà.  Dacché  la  California  chiamò  a  sé  tanta 
gente  dall'Asia  e  dall'Europa,  il  Giappone  non  potè  restar  isolato;  dovette  aprire  i  suoi 
porti  ai  vapori  americani,  indi  a  (|uelli  d'Europa.  Da  10  anni  gli  Olandesi  faticavano 
per  aprire  il  Giappone  quando  nel  1854  vi  riuscirono  gli  Americani,  e  dietro  loro  le 
altre  potenze. 

Oggi  agli  Europei  e  ai  nord-Americani  sono  accessibili  i  porti  Hioga,  Kanagawa,  Ni- 
gala,  Hakodadi,  Nangasaki. 


§  :S6.   —  Popolazione  odierna  dell'Asia. 

Dai  geografi  inglesi  fu  calcolata  600  milioni.  Il  Dizionario  geografico  di  Mac  €ulloch 
assegna  375,240,000  abitanti  all'Asia  continentale  e  54,370,000  alle  isole  asiatiche.  I 
geografi  di  Parigi,  nel  1824,  ne  stabilivano  la  cifra  in  480  milioni;  Hasselj  nel  1821, 
la  portò  a  490  milioni,  l,' Almanacco  di  Weimar  del  1848  riparte  la  popolazione  totale 
dell'Asia  nei  diversi  paesi ,  e  determina  cosi  la  superficie  di  ciascuno  in  chilometri 
quadrati: 


372 


GEOGRAFIA 

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374  GEaeBAFià  —  epoca  decimottava 


§  27.  —  Condizione  del  pae«e. 

La  superiorità  delle  razze  europee  sopra  le  asiatiche  espose  queste  a  frequenti  inva- 
sioni per  parte  de'  Greci  e  de'  Romani,  e  più  tardi  dalle  nazioni  moderne,  principalmfnte 
dui  Portoghesi,  Olandesi,  Russi,  Inglesi  e  Krancesi.  1  popoli  europei  più  numerosi  sono 
i  Greci  nell'Asia  ottomana,  ed  i  Russi  nell'Asia  russa;  succedono  quindi  i  Portoghesi, 
gli  Inglesi,  e  dopo  questi  i  Francesi,  i  Danesi,  gli  Olandesi.  Gli  Italiani  sono  in  troppo 
piccol  numero;  ed  un  cattivo  dialetto  italiano,  assai  diffuso  nell'Arcipelago  e  sulle  coste 
del  Mediterraneo,  è  tutto  quello  che  rimase  nei  tempi  moderni  della  signoria  di  Venezia; 
di  Genova  e  di  altre  città  d'Italia,  che  nel  medioevo  aveano  raccolto,  per  mezzo  del- 
l'industria, del  commercio,  e  sovente  delle  armi,  il  retaggio  dell'antica  Roma  in  Oriente. 

Toholsk,  Irkutsk,  Tomsk  fanno  vivo  traffico  di  pelliccie;  Samarkanda,  Bokara,  Herat 
sono  il  convegno  di  numerosissime  carovane;  Smirne  è  scalo  importantissimo  per  l'Eu- 
ropa; Aden  è  uno  de'  porti  più  affaccendati;  viepiù  Canton,  giacché  la  Cina,  oltre  le  sete 
e  il  the  e  le  porcellane,  è  ricca  di  metalli,  stoffe  d'ogni  sorta,  e  gioje. 

La  Siberia  abbonda  di  metalli  fini:  a  Golconda  raccolgonsi  diamanti  dal  fiume  di 
Kistoah:  presso  Nisciapur  è  una  cava  di  turchine:  a  Yarcand  si  trova  lo  jade,  specie 
di  diaspro  cercatissimo  nella  Cina:  da  Iconio  venne  l'allume  all'Europa  fin  al  xvi  secolo. 

Il  Tibet  e  il  Cascemir,  che  è  detto  d  paradiso  dell'India,  asportano  ogn'anno  ottanta- 
mila de'  loro  magnifici  scialli;  benché  il  Cascemir.  che  sotto  i  Mongoli  n'aveva  qua 
rantamila  fabbriche,  or  ne  conti  appena  quindicimila.  Dei  mirabili  tessuti  di  seta  della 
Persia  fan  monopolio  gl'Inglesi,  come  pure  del  commercio  del  the,  che  fanno  princi- 
palmente per  CantoD,  mentre  i  Russi  il  fanno  per  Kiachta.  Le  armi  di  Tiflised  Erzerum, 
i  tessuti  d'oro  di  Chouster,  le  essenze  di  Sciraz,  le  seterie  di  Surate,  i  tappeti  di  Kasgar, 
le  raossoline  di  Mossul,  le  stoffe  di  Nanking,  le  vernici  del  Giappone,  la  cannella  e  la 
canfora  del  Seilan,  il  pepe,  lo  zenzero,  il  betel  del  Malabar,  gli  scialli,  le  gemme,  i  dia- 
manti di  Benarete,  i  cavalli  del  Cabul,  gli  schiavi  di  Kiva  e  del  Caucaso,  il  balsamo  della 
Mecca,  le  manifatture  dell'India,  passano  in  Europa  per  mano  degl'Inglesi. 

Profiltevolissime  sono  le  pesche;  e  il  Caspio,  oltre  le  foche  e  gli  enormi  carpioni,  dà 
un  milione  e  mezzo  di  storioni  all'anno,  centomila  ussoni,  pesce  senza  scoglie  né  ossa, 
eccetto  il  capo.  Moltissime  balene  colgonsi  nei  tempestosi  mari  del  Giappone,  come 
anche  merluzzi.  Nei  fiumi  del  Nord  il  pesce  pigliasi  co'  secchi.  11  pescecane  infesta  le 
coste  del  Malabar.  La  pesca  delle  perle  in  India  non  faceasi  che  ogni  quarant'anni.  ma 
ora  gli  Europei  rinnovanla  ogni  biennio,  talché  esauriscono  la  conchiglia  margarit  fera. 
I  cacciatori  di  Siberia  pigliano  l'orso  bianco,  la  volpe  azzurra,  il  vajo,  martore,  zi!  ellini 
di  gran  valore. 

Il  commercio  colla  Cina  dà  al  resto  del  mondo  la  seta  anche  in  stoffe,  il  cotone  in 
fiocco  e  il  nankin,  l'indago,  lo  zucchero,  il  pepe,  il  rabarbaro,  la  canfora,  la  gomma- 
lacca, i  legni  di  tek,  d'aquila,  di  sandalo;  e  così  rame, stagno,  borace,  mercurio,  zinco, 
madreperla,  tartaruga,  rubini,  zafliri,  lavori  verniciati,  porcellana,  e  sovratutto  iilhe. 
Vi  s'importano  l'oppio  dall'India,  pelbccie  dalla  Siberia  e  dall'America  settentrionale, 
azzurro  di  Prussia,  molti  preparati  medicinali,  ed  ora  panni,  stoffe,  vetrerie,  galanterie, 
ed  altri  prodotti  dell'industria  europea. 

Il  bramismo  ed  il  buddismo  sono  le  religioni  predominanti  dell'Asia,  professandosi  la 
prima  nell'lndostan,  la  seconda  nella  Cina,  nel  Giappone,  nell'Annam,  nel  Siam,  nel- 
l'impero di  Birmai),  e  fra  i  M<  ngoli  ed  i  Tungusi.  L'islamismo  domina  nel  sud-ovest 
dell'Asia,  dal  Bosforo  alle  montagne  dell'Afganislan,  ccine  pure  nel  Turkestan  e  nella 
Bucarla.  Numero  considerevole  di  Maomettani  é  spnrso  |)er  tutta  l'india  e  per  gli  Slati 
indo-cinesi.  1  Guebri,  o  adoratori  del  fuoco,  i  Drusi,  i  Sabei,  ed  una  quantità  di  altre 
sètte  trovansi  disseminate  fra  le  varie  popolazioni  asiatiche:  l'Asia,  tuttoché  culla  del 
cristianesimo,  si  mo.strò  sempre  la  sede  prediletta  dell'idolatria.  Nel  precedente  secolo, 
e  in  ispecie  gli  ultimi  vent'anni,  grandi  sforzi  furono  fatti  dai  missionarj  cristiani  per 
convertire  i  popoli  dell'India  alla  religione  del  vero  Dio:  ma  le  perseveranti  fatiche  di 
questi  coraggiosi  non  furono  peranco  coronate  da  felici  successi. 


LINGUE    DELl'aSIA  %lt 

Ecco  l'enumerazione  delle  sètte  religiose  d'Asia,  giusta  Hassel: 

Setta  di  budda  o  Fo 293,000,000 

Bramini 80,000,000 

Mussulmani 70,000,000 

Cristiani  di  tutti  i  culti 17,000,000 

Sciamani 8,530,000 

Siki 4,500,000 

Setta  di  Lao  kiun  (         ,,    p.         \  2,000,000 

»    di  Confucio    i     nella  una ^  1,000,000 

»    di  Sinto  nel  Giappone 1,000,000 

Ebrei 650,000 

Guebri 300,000 


§  28.  — Lingue  dell'Asia 

Dopo  le  europee,  le  lingue  asiatiche  sono  le  più  numerose  e  le  più  conosciute.  Esse 
sono  affini  alla  più  parte  delle  europee,  sia  per  antichissime  trasmigrazioni  dei  popoli, 
sia  per  posteriori  importazioni  dall'Asia  in  Europa.  Lo  stipite  più  diffuso  è  Vindo  ger- 
manico, al  quale  appartengono,  nell'India,  l'antico  sanscrito  cioè  perfetto,  il  pali,  i  lin- 
guaggi del  Cascemir,  .Multan,  lndo<tan,  il  malabaro,  il  lamuloed  altri;  nell'Afganistan  il 
pucto;  nella  Persia  e  contrade  Boitime  lo  zendo,  il  pelvi  e  il  parso  antichi,  e  le  odierne 
lingue  persiana,  belucica,  buccara,  armena  ed  ossetica.  La  Vmgna  giorgiana,  non  oèìanle 
le  sue  molle  affinità  con  alcune  indo-germaniche,  vuoisi  considerare  come  stipite  di 
speciale.  Le  lingue  caucasee,  comechè  affini  fra  di  loro,  differenziansi  assai  l'una  dal- 
l'altra: esse  hanno  molte  paiole  in  comtme  colle  lingue  finniche  e  samojede;  dal  che 
si  volle  inferire  la  comunanza  di  questi  popoli  in  tempi  remotissimi.  Alle  caucasee  ap- 
partengono l'avarica,  la  lingua  dei  Lesghi,  dei  Midzeghi,  dei  Circassi  e  degli  Abbasj.  Le 
lingue  samojede,  parlate  originariamente  sul  Jenissei  superiore,  sul  monte  Sajanico,  poi, 
ed  oggi  ancora,  lungo  lo  Jenissei,  l'Ob  e  le  coste  del  mar  Ghiacciato,  sono  notevoli  per 
concisione  e  mancanza  di  connessione  nella  struttura  dei  periodi.  Esse  dividonsi  d'or- 
dinario in  tre  rami  o  dialetti  principali:  quello  dei  Samojedi  di  Poi-tosersk  ed  Obdorsk, 
dei  Giurassi,  ecc.;  quello  dei  Samojedi  di  Tas,  Tomsk,  Narym,  Ket,  dei  Laak-Ostiachi  e 
dei  Carassi;  e  quello  dei  Coibali,  Caniaci,  Jlatori.  Alcuni  vogliono  che  le  lingue  degli 
Jenisseiani  (Ostiachi  sul  Jenissei)  formino  uno  stipite  speciale  ;  ed  in  effetto,  non  ostante 
le  loro  molteplici  affinità  con  le  finitime,  havvi  fra  di  loro  una  differenza  radicale.  Ad 
esse  appartengono  i  linguaggi  degli  Assani,  Arinzi,  Cotti,  ecc. 

Viene  quindi  il  gruppo  semitico,  che  abbraccia  il  caldeo,  il  siriaco  farameo),  l'ebraico, 
il  samaritano,  il  neo  rabbinico,  il  fenicio,  e  l'arabo.  Lo  stipite  delle  lingue  finniche 
abbraccia  in  Asia  le  lingue  sirgianica,  permica,  votgiaca,  vogulica,  ostiaca  (sull'Ob), 
mordvinica,  ceremissa,  ed  innumerevoli  dialetti.  Lo  stipite  turco,  oltre  la  lingua  otto- 
mana propriamente  detta,  comprende  il  linguaggio  tartaro  di  Kasan,  Orenburgo,  To- 
bolsk,  ecc.,  l'uiguro,  il  turcomanno,  ed  i  linguaggi  degli  Usbeki,  Nogai,  Cliisilbasci, 
Barabinzi,  Baschiri,  Basiani,  Chumuchi,  Casari,  Comani,  Teleuti,  Jacbuti,  Kirghizi  e 
Ciuvaci.  Allo  stipite  mongolico  e  io? /oro  appartengono  le  lingue  mongolica  propriamente 
detta,  la  calmuca  e  la  burialica.  Queste  lingue  sono  anche  attruppate  in  un  colla  turca, 
la  tungusa  e  la  finnica,  sotto  la  denominazione  di  lingue  finno-tartare.  La  tongusa^ 
affine  alla  tartara  ed  alla  turca,  ha  un  gran  numero  di  dialetti,  dei  quali  non  enoteche 
il  manciù.  Le  lingue  degli  Alni  nelle  isole  Kurili  e,  in  parte,  nel  Camsciatka  meridio- 
nale, hanno  qualche  affinità  con  le  samojede  ed  altri  linguaggi  settentrionali.  Le  lingue 
dei  Jucagiri,  Corgieki  e  Ciukci  molto  disuguagliano  fra  di  toro;  l'ultima  è  pù  di  ori- 
gine americana.  Le  lingue  kamsciodalie ,  quantunque  composte  in  gran  parte  delle 
precedenti,  stanno  di  per  sé,  e  sono  pochissimo  note.  Alla  (;/apponese  attaccansi  la 
lingua  degli  isolani  di  Lieu-kieu  e  la  coreana,  la  cinese  si  è  molto  allargata  in  Asia, 
corrompendo  più  altre  lingue.  Delle  transgangetiche  sono  rami  principali  l'anamito,  il 
siamese,  il  birmano,  le  lingue  del  Pegù,  del  Pey  o  Pape,  ecc.;  la  maggior  parte  poco 


376  GEOGRAFIA  —  EPOCA   DECIMOTTVAA 

note,  ma  appartengono  tutte  a  stipiti  diversi,  e  differenziansi  assai  fra  di  loro.  La  lingua 
tibetana  ha  sue  radici  nella  cinese  ed  in  molte  lingue  asiatiche  e  transgangetiche. 
La  malese,  parlata  nella  metà  meridionale  di  Malacca,  in  tutto  il  mondo  insulare  del 
sud-ovest  dell'Asia,  ed  in  parecchie  isole  dell'Oceano  del  sud,  accoglie  in  sé  molta  parte 
delle  lingue  indiana,  persiana  ed  araba,  ed  ha  molta  affinità  con  le  europee,  in  ispecie 
con  le  slave. 

Vedi  Adelung,  Mithridates,  voi.  ii  —  Klaproth,  Asia  polyglotta.  Parigi  1823  — 
Balbi,  Atlas  ethnographique  du  globe.  Ivi  1826  —  Kennedy,  Besearches  into  the  origin 
and  afjìnity  of  the  principal  languages  of  Asia  and  Europe.  Londra  1826  e  la  nota  5'  al 
cap.  1  del  Libro  li  della  nostra  Storia  Universale. 

§  29.  —  Africa.   Divisioni. 

L'Africa,  fra  il  35°  di  latitud.  boreale  e  il  35°  australe,  e  tra  il  20  di  long,  occiden- 
tale e  il  50  di  orientale,  ha  superficie  tripla  dell'Europa;  ed  è  bagnata  per  chil.  15,517 
di  costa  dall'Atlantico;  per  chil.  10,184  dal  Grande  Oceano  ;  per  chil.  3150  dal  mar 
Rosso  ;  per  5556  dal  Mediterraneo. 

Gli  Europei  non  ancora  fissarono  il  piede  nell'interno  dell'Africa,  ma  sempre  più  vi 
s'addentrano,  e  l'hanno  ricinto  di  colonie:  Turchi  e  Francesi  sulla  costa  settentrionale; 
su  quella  dell'Atlantico,  Inglesi,  Francesi,  Portoghesi,  Danesi;  a  mezzodì,  il  Capo 
spetta  agl'Inglesi  ;  i  Portoghesi  protendonsi  su  gran  parte  del  litorale  a  oriente, 

11  paese,  mal  conosciuto  e  mal  descritto,  sembra  si  possa  dividere  così  :  al  nord- 
est V  Egitto,  la  Nubi  a  e  VAbissinia;  al  nord  la  Barberi  a ,  nella  re- 
gione dell'Atlante;  al  nordovest  il  Saharao  gran  deserto,  e  la  Senegambia 
cioè  il  bacino  della  Cambia  e  del  Senegal  ;  all'ovest  la  Guinea  settentrionale; 
al  sud-ovest  la  Guinea  meridionale  ;  al  sud  il  capo  ài  B  uona  Speranza  e 
il  paese  degli  Ottentoti;  al  sud-est  iìNatal,  il  S  o  fai  a;  il  Monomo  t  apa, 
il  M  ozambico ,  lo  Zangueb  ar,  V  Ajan  e  il  paese  dei  So  ma  u  li;  nell'interno 
il  Sudanj  la  Cafreria  e  i  paesi  incogniti. 

I.  Alla  regione  del  Nilo  appartengono  lEgitto,  la  Nubia  e  VAbissinia.  Dell'Egitto 
abbiamo  già  parlato  a  pag.  521.  La  Nubia  fin  dal  1822  appartiene  politicamente  all'E- 
gitto :  Sukkim,  sulla  costa  occidentale  del  mar  Rosso,  è  la  piazza  piìi  commerciante. 
L'Abissinia,  già  possente  impero  cristiano,  andò  divisa  tra  varj  regni  indipendenti  e 
ostili,  fra  cui  principali  quelli  di  Lasta,  di  Tigre-Choa,  di  Gondar:  le  irruzioni  dei 
Galla,  popolo  feroce  al  sud  e  nell'interno  dell'Abissinia,  contribuirono  non  poco  a  smem- 
brarlo e  agitarlo  di  continuo.  Il  litorale,  corrispondente  alla  Trogloditica  antica,  è  di- 
viso tra  molte  piccole  tribù  nomadi  e  feroci.  Anche  il  paese  al  sud-ovest,  cui  potreb- 
bero ascriversi  il  Darfur  e  il  Kordofan,  è  abitato  da  Negri  indipendenti. 

II.  La  regione  del  nord  comprende  le  reggenze  di  Tripoli  e  di  Tunisi,  VAlgeria,  e 
l'impero  di  Marocco  (Merakach).  Questo  va  dall'estremità  occidentale  dell'Algeria  fin 
quasi  al  capo  Non,  per  220  leghe  sopra  160  di  larghezza,  la  superficie  di  24,500,  e  600 
miglia  di  costa  sull'Atlantico,  200  sul  Mediterraneo,  ed  appoggiasi  alla  catena  dell'At- 
lante :  onde  è  più  importante  che  qualsiasi  altro  paese  dell'Africa  settentrionale.  Gli 
abitanti  sono  Mori  nelle  città  e  borgate,  Arabi  nella  pianura,  Berberi  aborigenilnell'At- 
lante  :  un  decimo  sono  Ebrei,  detestati  perchè  padroni  del  commercio.  Sulla  sua  po- 
polazione variano  gli  autori  dai  4  milioni  e  mezzo  fin  ai  16;  ma  pare  al  disotto  di  8 
milioni.  Mezzo  milione  sono  schiavi  Negri;  appena  500  saranno  i  Cristiani.  Città  prin- 
cipali :  Marocco,  capitale  moderna  f60  mila);  Fez,  capitale  antica  (80  mila)  sta  al  nord, 
con  Mequinez  {50  mila),  porto  sul  Mediterraneo;  Sale  (25  mila);  Tanger  (9  mila)  forma 
baja  sullo  stretto  di  Gibilterra.  Se  ne  asportano  gomma,  mandorle,  lane;  s'importano 
manifatture  francesi  e  inglesi,  ferro,  legname,  zucchero  in  pane.  11  porto  più  fre- 
quentato è  Mogador  (16  mila),  il  cui  commercio  si  valuta  40  milioni  di  lire. 

Tunisi  è  un  territorio  ristretto,  che  a  levante  e  a  settentrione  è  lambito  dal  Mediter- 
raneo, fertilissimo  verso  settentrione,  arido  e  sabbioso  verso  mezzodì. 

Tripoli  è  paese  sprovisto  d'acque  e  con  gran  deserto  di  sabbia.  AI  sud  ha  il  Fezzan, 
dove  sono  le  migliori  oasi  dell'Africa,  ricche  di  palme. 


AFRICA.   DIVISIONI  377 

IH.  La  regione  del  Sahara  è  un  deserto  di  2,400,000  chilom.  con  rare  oasi,  dalle  rive 
dell'Atlantico  sin  alle  frontiere  d'Egitto.  1  popoli  vaganti  per  esso  son  la  pili  parte  in- 
trattabili; alcuni  guidano  il  commercio. 

IV.  Nella  Seneyambia  stanno  tre  popoli:  i  Ghioloji  al  nord-ovest,  i  Peuli  o  Fulah  al 
nord  e  al  centro,  i  Mandinghi  al  sud  e  all'est.  Le  fattorie  servono  ad  asportar  l'oro,  la 
gomma,  l'ambra,  il  pepe,  le  penne  di  struzzo,  l'olio  di  palma  ecc. 

Il  cocente  calore  e  la  molta  umidità  danno  al  suolo  grandissima  forza,  sicché  l'erba 
cresce  gigantesca,  a  segno  da  ascondervisi  gli  elefanti;  e  se  ne  elevano  gli  enormi 
baobab. 

V.  e  VL  La  Guinea,  al  sud  e  all'est  della  precedente,  è  abitata  da  Negri,  che  formano 
varj  Stati,  fra  cui  insigni  l'impero  degli  Ascianii,  i  regni  di  Dahomey  e  di  Benin  nella 
settentrionale  ;  e  nella  meridionale  quei  di  Loango,  Angola,  Benguela.  Di  qui  viene  la 
più  parte  de'  Negri  che  asportansi  per  ischiavi. 

VII.  Al  capo  di  Buona  Speranza  nel  1826  contavansi  30,549  oltentoti  ;  ma  molti  jtìij 
ve  n'ha  fuor  dei  limiti  inglesi.  Solcano  quel  territorio  tre  montagne  parallele,  con  valli 
strettissime,  e  verso  occidente  si  raccolgono  in  un  sol  gruppo,  formando  il  monte 
Tavola,  che  è  un  eccellente  punto  di  mira  pei  naviganti. 

Vili.  La  costa  di  Natal,  dal  Capo  sin  alla  baja  di  Lagoa,  è  l'estremità  sud-est  del 
paese  sconosciuto,  che  vagamente  si  designa  col  nome  di  Cafreria,  e  che  si  suppone 
attraversi  l'Africa,  abitato  da  Cafri.  Alcuni  coloni  olandesi,  sottrattisi  alla  dominazione 
inglese  del  Capo,  stabilironsi  purdianzi  ne'  contorni  di  porto  Natal. 

IX.  Sofala,  Monomotapa,  Mozambico.  Vedi  pag.  263  e  290. 

X.  Il  Zanguebar  è  poco  conosciuto,  e  pare  chiuda  piccoli  re  e  i  possessi  dell'imam 
arabo  di  Mascate. 

XI.  Alla  costa  (VAjan  trovansi  Negri  nell'interno  é  Arabi  sul  litorale. 

XII.  Nel  paese  de'  Somauli  sono  popoli  di  grande  attività  commerciale,  che  sciamano 
per  tutte  le  coste  dell'Africa,  e  siedono  ora  sul  golfo  di  Aden. 

XIII.  Sudan  chiamano  quell'ampiezza,  disposta  sotto  la  medesima  zona,  fra  1*8'  e 
il  18°  di  latitudine,  e  che  comprende  da  oriente  in  occidente  il  Seunaar,  il  Cordovan, 
il  Darfur,  l'Ouadi,  il  Baghermeh,  il  I5ornu,  l'Adiguiz,  l'Afnu,  il  Dartombuctu,  il  Dar- 
mella.  È  paese  tentato  da  molte  esplorazioni  per  cui  si  conobbero,  il  recente  impero  dei 
Fellati,  capitale  Sakatu  (80  mila)  e  il  corso  del  Niger,  e  la  città  di  Tombuctu.  Essa  è 
ben  diversa  da  ciò  che  le  antiche  relazioni  faceano  supporre  :  case  di  terra  mal  costrutte, 
e  attorno  sabbie  mobili  e  una  desolata  natura;  religione  la  maomettana;  gente  dolce 
e  ospitaliera,  d'un  bel  nero;  le  donne  graziose,  né  schiave  quanto  fra'  Barbareschi  ;  il 
re  negoziante  come  gli  altri,  semplice  negli  apparati,  senza  ministri,  senza  tributi.  Le 
carovane  vi  portano  salgemma,  merci  e  prodotti  dell'Europa  e  dell'India,  e  ne  levano 
oro  in  polvere  o  lavorato,  denti  d'elefante  e  rinoceronte,  grano  del  Sahara,  gomma  del 
Senegal,  ebano,  sandalo,  indago,  schiavi,  che  spesso  dai  Musulmani  ottengono  libertà 
coll'abbracciare  l'islam.  Dicono  Tombuctu  fondata  nel  H16da  Boktua,  la  qualesi  fermò 
nell'oasi  vicina  al  Gioliba:  a  mezzo  il  secolo  xiv  era  capitale  d'un  vasto  impero:  nel 
1672  Muley  Ismael  imperatore  di  Marocco  la  conquistò:  venne  poi  ai  Mori  (1727),  che  la 
tennero  fino  al  1803,  quando  il  re  negro  di  Sego  ne  fece  una  provincia  del  potente  im- 
pero di  Bambarra. 

Il  Niger,  grosso  fiume,  indicato  vagamente  a  segno  che  dubitavasi  se  esistesse,  si 
accerta  che  é  il  Nilo  del  Sudan,  che  non  va  confuso  col  Senegal,  né  tanto  meno  col 
Nilo  d'Egitto,  e  neppure  col  Congo.  11  Niger  non  si  dirige  regolarmente  verso  la  foce, 
ma  gira  da  oriente  ad  occidente,  poi  da  occidente  a  oriente,  da  nord  a  sud,  indi  da 
sud  a  nord  ;  ed  ora  sembra  fiume,  or  braccio  di  mare;  dal  che  le  relazioni  contraddit- 
torie: le  sue  rive  sono  coltivate,  e  v'affluiscono  merci  d'ogni  parte:  non  perdesi  in  un 
gran  lago,  ma  versasi  nel  golfo  di  Guinea,  sebben  ancora  non  sappiasi  se  le  diverse 
correnti  che  in  questo  si  gettano,  siano  bocche  sue  o  fiumi  distinti  (Vedi  il  $  32). 

Madagascar,  la  più  grande  isola  del  globo  dopo  l'Australia  (17,000  chilometri  di  lun- 
ghezza su  580  di  larghezza),  cui  s'attribuiscono  4  milioni  d'abitanti,  é  la  sola  d'Africa 
che  appartenga  a  indigeni:  la  Francia  vi  fece  molti  stabilimenti,  ma  gli  abbandonò 
(1829),  conservando  l'isola  di  Borbone  posta  a  levante  del  Madagascar,  con  clima  deli- 
zioso e  ricca  produzione  di  caffè  e  zuccaro.  Le  altre  isole  spettano  ad  Europei. 


i 


378  GEOGRAFIA  —  EPOCA  DÈCIMOTTAVA 

Ecco  le  parti  della  costa  africana  sinora  rilevate: 

Da  El-Arish  31"  35'  di  longitudine  est,  presso  la  linea  convenzionale  di  con- 
fine dell'Africa  e  dell'Asia,  fino  ad  Alessandria chil.        379 

nessun  vero  rilievo.  Il  capitano  Gaulier,  addetto  alla  marineria  francese, 

navigò  lungo  la  costa,  e  ne  segnò  alcuni  punti. 
Da  Alessandria  agli  scogli  detti  dei  Fratelli »     2,249 

rilevato  dal  capitano  Smith. 
Dagli  scogli  dei  Fratelli  al  capo  Spartel >     1,523 

in  parte  dal  capitano  Smith,  e  le  coste  dell'Algeria  dai  Francesi. 
Dal  capo  Spartel  al  capo  Bogiador »     1,406 

è  conosciuta  imperfettamente.  Inglesi  e  Francesi  ne  rilevarono  alcune  parti 

staccate. 
Dal  capo  Bogiador  al  capo  Mirik »        899 

fin  al  capo  Bianco  rilevato  dal  capitano  Baldy,  fin  al  capo  Mirik,  l'orlo 

esteriore  del  banco  d'Arguin  rilevato  da  Fioussin,  la  linea  della  costa  non 

essendo  visibile. 
Dal  capo  Mirik  al  capo  Verde »        S36 

rilevato  da  Roussin  della  marineria  francese. 
Dal  capo  Verde  al  capo  Boxo »        25S 

dal  capitano  Boteler. 
Dal  capo  Hoxo  alia  punta  di  Tomba »         481 

dal  capitano  Belcher. 
Dalla  punta  di  Tumba  al  lato  meridionale  dell'isola  di  Sherboro    ...»        240 

dal  capitano  Owen. 
Dal  luto  meridionale  dell'isola  di  Sherboro  al  capo  Formosa     ....     »     2,360 

da  Antony  de  Maine. 
Dal  capo  Formosa  al  capo  di  Buona  Speranza »     4,837 

dal  capitano  Owen. 
Dal  capo  di  Buona  Spernnza  al  capo  Guardafui »     7,313 

dallo  stesso. 
Dal  capo  Guardafui  al  Ras  Bir «        980 

non  mai  rilevata. 
Da  Ras-Bir  a  Salaka ...»     1,110 

da  marina]  della  Compagnia  delle  Indie  orientali. 
Da  Salaka  a  Suez »     1,371 

da  marinai  della  stessa  Compagnia. 

§  50.    —  Condizione  del  paese. 

I  Negri  Sono  feticisisti,  e  talvolta  un  ordine  di  preti  o  fanciulle  consacrano  a  servire 
qualche  animale  mostruoso  o  feroce.  Da  alcuni  prestasi  culto  a  un  sacerdote,  come  si 
fa  nel  Tiliet  al  dnlai  lama.  Altri  simo  antmpofagi,  tutti  si  punteggiano  la  pelle,  molti  si 
circoncidono.  La  religione  superstiziosa  ofT're  campo  a  sordide  o  lascive  malizie  de' sa- 
cerdoti, che  a  nome  del  dio  libano  le  primizie  maritali.  1  missionari  cristiani  vi  guada- 
gnano terreno:  anche  i  .Musulmani  fecero  moltissimo  per  la  conversione  dell'Africa,  e 
oii"idì  pure  numerose  carovane  partono  annualmente  dal  Darfur,  dal  Sudan,  dalla  Gui- 
nea, dal  Marocco  per  la  .Mecca. 

I  .Mori  presso  l'Oceano  sono  color  di  rame  scuro:  quei  del  Congo  non  hanno  barba: 
il  Cafro  ha  tinta  giallastra  od  un  nero  grigio  di  ferro. ^iNel  S;iliara  errano  i  Tibhos  a 
oriente,  i  Tuariki  a  occidente-,  miste  vi  si  trovano  tribù  bianche,  giallastre  e  nere,  ma 
senza  i  capelli  crespi  né  il  viso  schiaccialo  de'  Negri. 

Questi  favoriscono  i  Francesi  loro  liberatori,  ma  sono  vili,  perfidi,  scostumati.  I  Fel- 
lati  [Fulah)  della  Senegambia  son  dolci  e  ospitali;  fanatici  e  crudeli  i  guerrieri  del  de- 
serto-, rapaci  i  Ghiololi.  Orde  selvaggie  devastano  il  ('ongo  e  il  Monomotapa.  I  Heduini 
sono  guerreschi,  viaggiatori  e  industri.  Nellimpero  degli  Ascianti  si  va  alla  caccia  di 
Negri  come  di  belve,  e  alla  morte  del  re  si  sagrificano  le  sue  donne.  I  Cimbeba  sono 


CONDIZIONI    DEL    PAESE.  379 

ospitali;  gli  Ottentoti  e  i  Cairi  hDD  qualche  civiltà;  non  selvaggi  alTatto  sono  i  Bosniani 
e  i  Galla.  I  Cabili  neir.\tlante  sono,  come  al  tempo  di  Cartagine,  intelligenti,  sobrj,  per- 
fidi, sanguinar]  ;  fan  da  pastori,  agricoli  e  cavatori  di  miniere.  Gli  Arabi  loro  somi- 
gliano, pastori  0  nomadi,  ladri,  infingardi,  traditori  guerreschi.  Gli  Algerini  erano  i 
pirati  più  temuti:  i  Tunisini  lasciarono  la  pirateria  per  l'agricoltura.  In  generale  i  po- 
poli di  contrade  fertili  sono  umani,  il  contrario  gli  altri. 

Il  maggior  numero  delle  femmine  e  la  breve  loro  fecondità  fece  mantenervi  sempre 
la  poligamia;  e  sebbene  questa  sia  vietata  nell'Abissinia,  il  vincolo  matrimoniale  vi  è 
però  cosi  rilassalo,  che  i  costumi  possono  dirsi  in  dissoluzione  pressoché  totale.  Il  can- 
nibalismo anleriormenle  esistette  in  alcune  \rivl\  dell'Africa  con  estensione  formida- 
bile; e  quantunque  sia  notevolmente  scemato  per  l'introduzione  dell'islam,  e  forse 
principalmente  per  gli  aperti  lucrosi  mercati  degli  schiavi  o  dei  prigionieri  da  guerra 
destinati  alle  Indie  occidentali  ed  all'America,  sembra  tuttora  esista  fra  parecchie  tribù. 
In  varie  popolazioni  l'asportazione  dei  bambini  e  l'uccisione  dei  deformi  non  solo  sono 
tollerate,  ma  prescritte.  Dicesi  inoltre  che  in  alcuni  luoghi  il  sangue  umano  si  mesca 
col  cemento  che  si  adopera  nella  costruzione  de'  tempj,  e  che  in  quasi  tutte  le  tribù 
sparse  sulle  coste  della  Guinea  i  ricchi  immolino  una  volta  l'anno  vittime  umane  alle 
ombre  dei  loro  antenati.  Ma  simili  atrocità  sono  speciali  alle  tribù  meno  incivilite 
della  razza  negra. 

Mehemet-Alì  diede  all'Egitto  un  governo,  che  adopra  le  forme  europee  per  crescere 
l'assolutismo:  dispotico  militare  è  il  governo  a  Tunisi  e  Tripoli:  nel  Marocco  segue  la 
legge  araba.  Variatissimi  sono  i  governi  de'  Barbari,  or  feudali,  or  repubbliche  militari 
0  mercantili,  con  capi  elettivi  in  ciascuna  tribù,  eguali  fra  loro;  or  monarchie  tempe- 
rate da  assemblee  di  vecchi;  mentre  altrove  i  capi  sono  così  assoluti,  che  migliaja  di 
teste  fanno  saltare  per  puro  capriccio.  Numero.^i  i  governi  sacerdotali. 

Eccetto  l'Egitto  e  l'Abissinia,  la  scienza  e  la  letteratura  dell'Africa  son  dovute  agli 
Arabi,  che  hanno  scuole  al  Cairo,  a  Mern  e  Darfur,  n^lla  regione  del  JN'ilo,  a  Marocco 
Algeri,  Tunisi,  nella  Barberia,  ed  anche  fra  i  .Mandinghi ,  i  Fulah,  i  Ghiolofi,  e  le  altre 
popolazioni  musulmane  della  pigrizia  centrale  e  del  Sudan.  Le  colonie  europee  del 
Capo,  dell'Algeria  e  d'altri  luoghi  lungo  la  costa  vanno  considerate  come  focolaj,  da 
cui  le  lingue  e  le  scienze  d'Europa  si  irradieranno  poco  a  poco  a  tutto  il  continente. 

Ma  i  progressi  finora  non  sono  tali  da  dar  grandi  speranze;  né  sarebbe  filosofico  il 
supporre  che  coloro,  i  quali  furono  pienamente  inetti  a  produrre  qualche  cosa  originale, 
possano  giungere  ad  altezza  nella  pratica  delle  scienze  e  delle  arti  straniere.  Quel  con- 
corso di  cause,  il  quale  ha  operato  a  tanto  alterare  l'a-'^petto  e  le  qualità  fìsiche  degli 
Africani,  dee  aver  influito  colla  slessa  forza  sulle  loro  facoltà  mentali.  «  Le  tribù  (dice 
Pritchard)  nella  cui  prevalente  conformazione  il  tipo  negro  è  segnalato,  sono  al  grado 
più  infimo  dell'umana  società,  ferocemente  selva^-ge  o  stupide,  sensuali,  indolenti. 
Tali  sono  i  Papali  o  Bullomi,  ed  altre  rozze  orde  sulla  costa  della  Guinea  occidentale 
e  molte  tribù  presso  la  costa  degli  Schiavi  e  nella  baja  di  Benin;  paesi  in  cui  il  traffico 
degli  schiavi  ebbe  le  proporzioni  più  vaste,  ed  esercitò  il  solito  malefico  influsso.  D'altra 
parte,  ovunque  sì  tratti  d'uno  Slato  di  Negri,  i  cui  abitai  ti  siano  giunti  a  notevole  pro- 
gresso nelle  condizioni  sociali,  scorgesi  tantosto  che  le  loro  qualità  fisiche  diversificano 
dal  tipo  ben  proiiiinziato  o  sviluppalo  dei  Negri.  Gli  Asciami,  i  Suiema,  i  Dahomani  ne 
sono  il  vivo  modello  1  Negri  di  Guber  e  lloausa,  ove  da  lunga  pezza  si  elevò  una  civiltà 
ragguardevole,  sono  forse  la  schialla  più  gentile  dei  veri  Negri  in  lutto  il  continente,  se 
si  eccelluino  i  Ghiolofi,  i  quali  aveano  già  una  civiltà  couiparali\amente  superiore  al- 
l'epoca delle  prime  scoperte  de'  Portoghesi  ». 

Gli  Europei  introdussero  in  Africa  molle  vegetazioni  nuove,  il  mais,  il  pomo  di  terra: 
i  Porlofihesi  piantaroMO  a  Madera  la  vile  di  Cipro  e  la  cainamele  di  Sicilia:  al  Capo  le 
viti  di  Sciraz,  di  Cipro,  di  Spagna,  di  Fran(;ia  danno  il  delizioso  vino  di  Costanza:  alle 
Seycelle  prosperano  il  garofano  e  la  cannella.  Dicesi  che  i  calùTi  introducessero  la  col- 
tura del  nso  in  Egitto,  ove  pure  il  papavero  nero  dà  l'oiipio  migliore.  Diamanti  irova- 
ronsi  nell'Algeria,  smeraldi  nella  Niibia,  e  una  miniera  piesso  Berenice.  Dal  mar  hosso 
si  pescano  perle,  non  però  bellissime.  Loro  è  comune  nel  deserto,  né  rari  il  ferro,  il 
piombo,  il  rame. 

11  commercio  per  carovane  v'è  antichissimo,  ed  è  nolo   quanto  per  esso  fiorissero 


380  GEOGRAFIA—   EPOCA    DECIMOTTAVA 

Tebe,  Cirene,  Cartagine,  Alessandria.  La  prosperità  di  questa  cadde  colla  scoperta  del 
capo  di  Buona  Speranza.  Tombuctu  è  il  centro  del  gran  deserto ,  e  vi  giungono  tal- 
volta carovane  di  duemila  uomini  e  il  doppio  camelli:  oggetti  principali  ne  sono  schiavi, 
polvere  d'oro,  denti  d'elefante.  Da  Tripoli  asportano  moltissime  penne  di  struzzo  ;  da 
Marocco  aranci ,  grano,  bestiame;  dall'Egitto  cotone.  In  Nigrizia  lavoransi  benissimo 
l'argento  e  l'oro,  e  si  dà  all'acciajo  una  tempra  eccellente.  Ottentoti  e  Cafri  lavorano 
il  ferro  e  il  rame,  e  fanno  braccialetti  ed  orecchini.  Alle  fonderie  di  cannoni  che  dai 
Francesi  furono  disposte  pel  sultano  di  Bornu,  attendono  indigeni.  Le  belle  armi  di 
Barberia,  i  ricchi  abiti,  le  magnifiche  moschee,  i  palazzi,  i  tappeti  attestano  la  loro  ca- 
pacità. Alcune  popolazioni  dell'interno  tessono  belle  tele:  e  queste  e  i  metalli  sono  l'in- 
dustria del  Madagascar,  che  imita  anche  le  monete  europee.  Bugia  fabbricava  una  volta 
moltissime  candele  di  cera,  che  di  là  preser  nome;  Brava  le  stofie  di  seta,  d'oro,  d'ar- 
gento; Tunisi  velluti,  sete,  berretti  rossi.  Loanda  fa  vivo  commercio,  e  dicono  comu- 
nichi per  carovane  con  Mozambico;  ma  i  Portoghesi  ne  fanno  arcano.  All'Egitto  capi- 
tano le  carovane  di  Nubia  e  del  Sudan  ;  vi  si  fabbricano  i  bordacbi,  vasi  d'argilla  porosi 
per  rinfrescar  l'acqua.  Ad  Esnè  si  traffica  di  penne  di  struzzo,  camelli,  stoffe,  avorio, 
gomma  arabica.  Nel  golfo  di  Guinea  stanziano  le  navi  europee  che  impediscono  la  tratta 
de'  Negri,  il  piccolo  porto  di  Massuah  è  importantissimo,  come  l'unico  per  cui  si  entri 
in  Abissinia.  Nell'Africa  centrale  serve  di|moneta  la  polvere  d'oro,  o  anche  il  sale  dov'è 
raro,  o  i  cauri,  piccole  conchiglie,  di  cui  2S0  valutansi  II.  1.  25. 

§  51.  —  Lingue. 

Gl'idiomi  dell'Africa  centrale  sono  : 

1.  il  copto,  cui  spettano  i  dialetti  dell'Egitto; 

II.  il  berbero,  che  comprende  le  lingue  non  arabe  del  Fezzan,  di  Tripoli,  di  Tunisi, 
d'Algeri,  di  Marocco,  quella  de'  Tuariki  del  Sahara  occidentale,  e  la  lingua  morta  dei 
Guanki  alle  Canarie; 

III.  Vottentoto; 

IV.  il  cafro,  che  va  dal  nord  fin  a  Melinda  e  Loango  sui  due  lati  d'Africa; 
V.  l'ultima  classe  abbraccia  H  gruppi: 

i.  Il  gruppo  nubio,  in  cui  le  lingue  contenute  ne' vocabolarj  seguenti:  il  kensy  e  il 
noub  di  Burckardt;  il  dungola,  il  barabbra  e  il  dar-rounga  di  Mithridates;  il  dongolavy 
e  il  gamamyl  di  Cailliaud  ;  il  routana  di  Eusebio  de  Salle;  il  nubio  di  Costaz;  il  kol- 
dagi,  il  takeli,  il  denka,  il  sciabun,  e  il  fertit  di  Riippel  ;  il  jebel-nuba  di  Holroyd  ;  il 
chilluk  di  Mithridates  e  di  Hiippell  ;  il  darfur  di  Mithridates,  di  Salt,  di  Kònig,  di 
Rùppel  ;  il  darmicegan-changalla  e  il  tacazzè  changalla  di  Salt. 

2.  Il  gruppo  galla  o  danakil,  cui  spettano  il  danakii,  il  chiho,  l'arkiko,  il  hurrur, 
l'adaiel,  il  somauli  di  Salt;  il  galla  di  Krapf  e  d'isenberg;  il  saho  di  d'Abbadìe. 

3.  Le  lingue  di  borgù,  che  abbracciano  il  mobba  di  Mithridates  e  il  borgho  di 
Burckhardt. 

A.  1  vocabolarj  bergharmi  di  Mithridates  e  di  Denham. 

5.  Le  lingue  bornù,  che  abbracciano  l'affadeh  di  Mithridates,  il  bornù  di  Denham, 
i  nomi  di  numero  maiha  di  Bowdich.  L'affadeh  di  Mithridates  è  probabilmente  il  bedeh 
di  Clapperton. 

6.  11  mandara  di  Denham. 

7.  Il  gruppo  hoaussa,  coi  vocabolarj  conosciuti  sotto  i  nomi  di  hoaussa,  l'afnìt  e 
il  kachnè  di  Mithridates,  i  nomi  di  numero  quolla-liffa,  mallowa  e  kallaghi  di  Bowdicb, 
oltre  i  vocabolarj  tiniboctù  d'Adams,  Denham,  Lyon,  Caillié. 

8.  Il  gruppo  mandingo,  che  abbraccia  le  lingue  bambarra,  giallonka,  susù,  sokko, 
bullom ,  timmani,  oltre  i  nomi  di  numero  garangi,  kong,  callana,  hobi,  garman  di 
Bowdich. 

9.  Le  lingue  uoloff. 

10.  Le  lingue  f alali. 

11.  Il  gruppo  ibo-ascianti,  numeroso  e  di  molle  suddivisioni,  ma  poco  fondate,  atteso 
che  non  s'ha  che  scarsissimi  IVaniinenti  di  vocabolarj. 


LLTIML   SCOrtRTE.  581 

Altre  lingue  non  possono  ancora  classiticarsi,  quali  i°  l'agù;  2"  il  'tibbù;  3"  il  bi- 
chari,  Padareb,  il  suakin;  4'  il  seravulli;  5°  il  serere;  6"  l'akuambu;  7°  il  kru. 

§  32.  —  Ultime  scoperte. 

Pare  da  antiche  relazioni  che  vie  commerciali  fendessero  l'Africa,  principalmente 
per  portare  gli  schiavi:  ma,  non  che  giovar  alla  scienza,  impacciavano  i  viaggiatori 
e  le  cognizioni.  Dapper  ne  indicava  una ,  tenuta  dai  Portoghesi  del  Congo,  traverso  al 
paese  d'Anzico  e  di  Nimiemays:  Sancos  un'altra  fra  Benguela  e  Loango  sin  alla  costa 
del  Mozambico.  Gl'Inglesi,  che  cercarono  penetrare  dal  Capo,  caddero  assassinati;  né  il 
padre  Lobo  riuscì  a  condursi  da  Melinda  ad  Habeche,  benché  vi  esistano  antiche  strade; 
né  alcun  Europeo  potè  percorrere  quella  che  gl'indigeni  conoscono  fra  le  coste  di  Som- 
mauli  e  di  Berbera  e  il  centro  dell'Africa.  Un'altra,  recentemente  conosciuta,  da  Caconda 
va  pei  nord-ovest  dell'altopiano  interno  ai  Fellù,  ai  Timbos,  ai  Buros,  ai  Mandingos,  ai 
Seghi.  Balbi  si  lasciò  ingannare  dall'asserzione  di  Douville  sopra  un  costui  viaggio. 

Cinque  sono  i  maggiori  fiumi  dell'Africa,  Nilo,  Niger ,  Zairo,  Zambeze ,  Garieb  o 
Grange.  Il  Nilo  è  formato  da  cinque  rami  navigabili;  Bahr-el-Azrek ,  Sobat,  Riti,  Bar- 
el-Abiad,  Kailak:  una  vaporiera  lo  corre  nelle  cateratte  fra  Assuan  e  Berber.  Il  Niger 
0  Gioliba  ha  piroscafi  inglesi,  ma  non  si  spera  poter  oltrepassare  gli  scogli  sopra  Bussa 
e  Yauri.  Il  Ciadda  o  Benue,  gran  collaterale  del  Niger,  potrà  essere  facilmente  solcato. 
Lo  Zairo  o  Coango  è  lutto  a  cateratte  insuperabili.  Lo  Zambeze  fu  testé  percorso  da 
Livingston. 

Nel  1846  Abbadie  trovò  la  fonte  principale  del  Nilo  nella  foresta  di  Bahia,  sotto  il  70° 
49'  di  latitudine  e  il  34"  38'  di  longitudine  da  Parigi.  L'ungherese  Ladislao  Magyar  dopo 
il  1847  esplorò  per  dieci  anni  l'Africa,  prese  moglie  fra  le  popolazioni  selvaggie,  e  ne 
diede  importanti  ragguagli.  I  missionarj  inglesi  stesero  varj  posti,  dalla  costa  meridio- 
nale verso  l'interno;  e  Lin'ngston  ne  fissò  uno  a  Kolobeng,  a  24"  48'  di  latitudine  sud, 
e  23"  32'  dal  meridiano  di  Parigi.  Di  là  spinse  le  sue  esplorazioni  più  addentro,  e  nel 
1852  pervenne  a  Loanda  capitale  dell'Angola  nell'Africa  occidentale,  percorrendo  due- 
mila miglia  geografiche  di  paesi  quasi  ignoti.  Reduce  poi  da  occidente  in  oriente,  tras- 
corse cenventotto  chilometri  fino  a  raggiungere  il  fiume  Liamye,  sul  quale  tornò  a' 
suoi  paesani:  seppe  cattivarsi  i  Negri,  e  riportò  le  migliori  informazioni  sopra  l'interno 
di  quel  continente.  Fu  il  primo  che  traversasse  dalle  rive  dell'Atlantico  a  quelle  del- 
l'oceano Indiano,  ed  è  meritamente  chiamato  il  Colombo  dell'Africa. 

Sull'ordinamento  sociale  e  politico,di  que'  paesi  dice  nella  Relazione  àe\  1857:  «  Il  go- 
verno della  maggior  parte  delle  razze  o  tribìi  africane  è  patriarcale.  Ciascun  uomo  è  capo 
della  propria  famiglia  e  di  tutti  coloro  che  ad  essa  appartengono.  I  figli  costruiscono  le 
loro  capanne  intorno  a  un  luogo  denominato  kotla.  Sopra  questi  capi  di  famiglia  stanno 
uomini  influenti,  congiunti  per  vincoli  di  sangue  o  maritaggi  al  capo  della  città  o  della 
tribù.  Eglino  hanno  sotto  di  sé  un  numero  di  kotla,  e  portano  spesso  il  titolo  di  bare- 
nana,  vale  a  dire  piccoli  signori.  11  capo  (morena  okosi,  cioè  principe  o  re),  con  la  sua 
kotla  e  la  sua  steccata  per  le  mandrie  nel  centro  della  città,  è  il  sovrano  di  tutti.  Quando 
un  padre  non  può  ridurre  ad  obbedienza  il  proprio  figlio,  chiama  in  ajuto  il  suo  piccol 
signore;  e  quando  un  uomo  d'una  kotla  move  lagnanza  contro  quello  d'un'altra 
kotla,  questi  piccoli  signori  recano  la  vertenza  dinanzi  al  capo.  Se  la  quistione  è  di 
lieve  entità,  il  capo  decide  sulla  deposizione  de'  testimonj;  ma  se  trattasi  d'un  affare 
importante  o  d'una  quistione  pubblica,  il  capo  convoca  tutti  i  piccoli  signori  per  discu- 
terla in  comune.  Costoro  esprimono  liberamente  le  proprie  opinioni,  e  il  capo  assente 
0  no  ad  esse,  secondo  il  caso.  Se  il  capo  è  di  carattere  fermo  e  risoluto,  proferisce  giusta 
il  proprio  sentire;  dove  no,  i  piccoli  signori  lo  traggono  per  solito  dalla  loro:  ma  egli 
prende  raramente  una  risoluzione  contraria  alla  opinione  pubblica:  uno  o  due  energici 
contraddittori  lo  rendono  titubante,  o  lo  indifcono  a  ricorrere  al  trar  delle  sorti  o  ai  pre- 
sagi. Gli  anziani  o  signori  prendono  a  guida  ne'  loro  giudizj  un  certo  numero  di  as- 
siomi 0  proverbj  trasmessi  tradizionalmente. 

«  Queste  osservazioni  riferisconsi  specialmente  alle  tribù  al  sud  del  18»  latitudine 
australe.  Nella  contrada  dei  veri  Negri  al  nord  di  questo  punto ,  le  attinenze  politiche 


382  GtOGUAIIA  —  EPOCS  DKCIMOTTAVA 

sono  alquanto  modificate  dall'influenza  femminile-,  ma  la  relazione  generale  d'una  tribù 
verso  l'altra  è  identica  dapertutto.  Le  singole  Irihù  suno  indipendenti  una  dall'altra; 
però  esiste  fra  di  esse  una  specie  d'alleanza  tradizionale,  oflensiva  e  difensiva. 

«  Fra  i  Negri  di  là  del  18"  il  sistema  dei  capi  supremi  è  in  maggior  vigore  che  nella 
Cafreria.  Matiamvo  è  il  capo  supremo  d'una  tribù  assai  eslesa,  di  nome  Balonda:  ma  i 
varj  capi  sotto  la  sua  giurisdizione  restano  affatto  indipendenti,  e  servonsi  del  nome  suo 
soltanto  come  d'una  specie  di  spauracchio,  e  gl'inviano  ogni  due  anni  un  donativo. 
Cazembe,  vassallo  di  Maliamvo,  esercita  presso  di  lui  l'utTizio  di  generale  in  capo,  a  un 
dipresso  come  un  pari  scozzese  sopra  il  suo  clan.  Monoraolapa  (signor  Motapa),  deno- 
minalo spesso  dai  Portoghesi  Vimperatore ,  forse  è  uno  de'  capi  supremi;  ma  tuttoché 
proveduto  di  denaro  dai  Portoghesi,  e  fornito  d'una  guardia  di  truppe  europee,  non  è 
certo  così  potente  come  Sandilla  nella  Cafreria. 

«Quantunque  pressoché  indipendenti  fra  di  loro,  questi  capi  non  lo  sono  però  dal 
loro  popolo.  Se  qualcuno  è  malcontento  del  proprio  capo,  può  passare  facilmente  sotto 
un  altro;  e  dacché  l'importanza  d'un  capo  cresce  col  numero  de' suoi  sudditi,  i  fug- 
giaschi sono  sempre  aconiti  a  braccia  aperte  .... 

«  11  terreno  dell'interno  dell'Africa  è  fertile.  Il  cotone  è  già  coltivato,  comeché  non  in 
quantità.  Anche  la  educnzione  delle  api  è  in  fiore;  ma  gli  Africani  mangiano  il  miele,  e 
gettano  via  la  cera.  Il  caffo,  il  frumento,  lo  zucchero,  l'indaco  asporlavansi  in  addietro 
da  Tete.  In  molte  parti  il  terreno  è  coperto  da  una  vite  selvatica,  che  dà  grappoli 
di  cattivo  sapore.  Il  frumento  cresce  nei  distretti  inondati  dallo  Zambeze,  il  quale  al- 
laga annualmente,  come  il  Nilo,  vasti  tratti  di  terreno.  Questo  liume  scaturisce  da  una 
valle  contenente  un'enorme  quantità  d'acqua  e  molte  isole  .  .  .  «. 

Deesi  ancora  mentovare  la  spedizione  di  Ricliardson,  Barth  e  Ouverweg  al  nord  del- 
l'equatore. Richardson,  partito  da  Tripoli  il  18o0,  entrato  nel  Sudan,  morì  a  Kuka  ca- 
pitale del  Bornu.  I  due  prussiani  suoi  compagni  penetrarono  nel  cuor  dell'Africa,  e 
Ouverweg  morì  ancb'egli  a  Kuka,  Barth  s'indugiò  a  Tombuctu,  e  un  pezzo  fu  creduto 
morto,  quando  nel  1855  ricomparve  a  Marsiglia.  Edoardo  Vogel  che  lo  avea  raggiunto, 
s'addentrò  pel  primo  nell'impero  dei  Fellati. 

La  Phjade^  vaporiera  inglese,  nel  maggio  i854  movendo  pel  Niger,  entrò  nel  Ciadda, 
confermò  l'identità  di  questo  fiuoie  col  Benne,  e  avaozossi  nel  continente  africano  per 
250  miglia  inglesi  più  di  qualunque  altro  viaggiatore;  nessuno  de'  sessantasei  naviganti 
perì,  e  in  sei  settimane  poterono  dall'Inghilterra  giungere  fin  là. 

Le  spedizioni  di  Denham  e  Clapperton  ci  fecero  conoscere  nel  Sudan  il  lago  Ciad,  che 
per  la  sua  ampiezza  e  posizione  forma  uno  dei  più  notevoli  lineamenti  nella  geografia 
fisica  dell'Africa.  Nel  1855  Anderson  scoperse  nella  parte  australe  il  lago  Ngami  o  In- 
ghiibè  che  poi  fu  descritto  da  Livingston.  Il  missionario  protestante  Hebmann  nel  1849 
e  il  suo  compagno  Erbardt  ebbero  primi  contezza  del  lago,  che  gl'indigeni  dicono 
Njassa,  cioè  mare;  e  ormai  si  sa  che  il  commercio  fra  le  coste  di  Zanguebar  e  di  Mo- 
zambico e  il  centro  dell'Africa  si  fa  per  tre  vie  che  a  occidente  dirigonsi  partendo  dai 
porli  di  Tanga,  di  Bagamayo,  di  Quiloa,  e  tutte  riescono  a  un  gran  bacino  d'acque,  di 
estensione  incerta,  ma  che,  secondo  i  Negri,  richiede  nove  giorni  per  traversarlo  a  vela, 
e  il  doppio  a  remi ,  e  al  di  là  è  popolato  come  un  formicajo.  Sarebbe  dunque  posto 
fra  il  12"  di  latitudine  meridionale  e  l'equatore,  lungo  da  900,  largo  da  150  a  240  mi- 
glia, in  cui  devono  sboccare  grandi  fiumi,  e  forse  ne  sgorgano  il  Nilo  Bianco  e  quelli 
che  arrivano  al  litorale  di  Zanguebar  e  Mozambico. 

Da  una  lettera  che  Rrun-Rollet,  viceconsole  sardo  a  Kharlum  in  Nubia,  ha  indirizzato 
dalle  rive  del  Misselad  o  Babrel  Gazai  al  ministero  degli  affari  esteri  in  Torino,  il  1°  feb- 
brajo  1856,  si  ritrae,  che,  in  capo  ad  un  mese  d'indagini,  egli  era  riuscito  a  riconoscere 
il  lago,  di  circa  2011  chilomeiri  di  lunghezza  dal  nord  al  sud,  medianle  il  quale  le  acque 
del  Misselad  e  del  Modj  o  Loot  comunicano  con  quelle  del  Bahr  el-Abiatl,  ed  avea  tro- 
\alo  la  foce  per  la  quale  il  Misselad  si  getta  in  questo  lago.  Essendosi  addentrato  con  tre 
barche  nelle  acque  del  Misselad,  scortalo  3a  ventitre  soldati,  tolti  da  una  stazione  egi- 
ziana stabilita  poc'anzi  al  confiuente  del  Janbat  nel  Halir-el-Abiad  ,  l'intrepido  savo- 
iardo avea  già  percorso  a  un  di  presso  100  chilometri  n  ritroso  di  questo  fiume,  con 
intenzione  di  spingersi  avanti  al  possibile.  11  Misselad  ha  una  tale  larghezza  e  profon- 
dità, che  Brun-Rollet,  il  quale  ha  già  fatto  tanti  viaggi  sul  Nilo  Azzurro  (Bahr-el-Azrek) 


MONDO  MAunriMO.  383 

e  sul  Nilo  Bianco  (nahr-el-Abiad),  non  diibila  più  che  non  sia  il  vero  Nilo.  Secondo  le 
informazioni  raccolle  dagl'indigeni,  questo  fiume  copre,  nella  slagion  della  pioggie,ua 
immenso  trailo  di  terreno;  la  vegetazione  di  quella  contrada  è  magnilìca;  e  l'acco- 
glienza degli  abitanti,  se  non  sempre  favorevole,  non  fu  mai  ostile. 

Speke  e  Grani  nel  marzo  IHij.l  annunziarono  d'avere  scoperto  le  vere  fonti  del  Nilo, 
ma  pretende  averli  prevenuti  il  veneto  Miani. 

Anche  i  missionarj  cattolici  pubblicano  viaggi,  quei  della  Società  di  Maria  per  le  mis- 
sioni nell'Africa  centrale  in  Austria,  e  quelli  dei  missionarj  d'Africa  nella  l'ropagazione 
della  fede. 

$.  33.  —  Mondo  MAKrrriMO. 

Il  Mondo  marittimo  abbraccia  paesi  così  dillerenti,  ch'è  impossibile  attribuirvi  un 
carattere  generale.  La  sua  geografia  è  resa  più  difficile  dalle  varianti  denominazioni 
delle  isole.  I  primi  navigatori  o  vi  applicarono  i  nomi  che  udivano  dagl'indigeni,  o  li 
deducevuno  da  particolarità;  talvolta  il  secondo  scopritore  imponeva  un  nome  diverso, 
o  per  ignoranza  o  per  vanità.  Ora  cercasi  richiamarle  all'unità  col  ripristinare  i  nomi 
indigeni;  ma  l'ortografia  resta  difficile  e  varia. 

Stanno  fra  il  30''  di  latitudine  boreale  e  il  56°  di  latitudine  australe,  e  fra  il  90"  di 
longitudine  orientale  e  il  130  di  occidentale  da  Parigi;  non  offrono  però  un  immenso 
territorio;  anzi  la  superficie  totale  non  arriva  forse  a  11  mila  cbilom.  quadr.,  cioè  poco 
più  dell'Europa.  L'isola  men  distante  dall'America  è  quella  di  Awai  (700  nìiglia):  dal- 
l'Africa la  N.  Olanda  (IGOO  miglia):  dall'Asia  Sumatra,  divisa  per  piccolo  stretto. 

Può  distinguersi  il  paese  in  Malesia.,  Australia  e  Polinesia:  Malesia  è  quel  che  chia- 
niavasi  arcipelago  Indiano;  l'Australia  abbraccia  il  continente  australe  e  le  sue  dipen- 
denze: nella  Polinesia  chiudonsi  tutti  gli  arcipelaghi  del  Grande  oceano  all'est  del- 
l'Australia. 

A.  Nella  Malesia  o  Xotasia  sono  7  arcipelaghi  principali: 

1.  Gruppo  della  Sunda,  formato  della  grand'isola  di  Sumatra  e  sue  dipendenze.  In 
questa  il  suolo  nelle  colline  è  argilloso  e  sterile,  ma  nelle  valli  ha  mirabile  fecondità:  e 
tutta  la  parte  orientale  è  deliziosa  e  feconda  di  riso,  zuccaro,  noci  di  cocco,  ananas: 
l'ebano  e  il  legnoferro  trovansi  a  selve. 

2.  Gruppo  di  Giava,  dov'è  l'isola  di  tal  nome  desolata  dal  cholera  nel  1819.  Visone 
mirabili  ruine  d'innumerevoli  tempj ,  di  cui  fin  quattrocento  si  contano  in  un  sol 
piano.  La  grande  città  di  Batavia  è  in  posizione  malsana,  ma  inattaccabile  da  mare,  e 
con  uno  de'  più  bei  seni  (60  mila  abitanti):  nel  1846  vi  si  ricevettero  13,610  lettere 
d'Europa,  nel  1848,  24,116;  tanto  crescono  gli  affari.  L'isola  di  Giava  è  il  paese  più 
abbondante  di  vulcani,  non  eccettuata  Guatimala.  Produce  come  Sumatra,  ma  l'aria  è 
malsana  e  fortissimi  gli  sbalzi  di  temperatura. 

3.  Arcipelago  di  Sunibava-Timor  con  clima  micidiale  agli  Europei.  Le  montagne  cal- 
cari gon  composte  di  conchiglie  fin  a  270  metri  d'altezza. 

<i.  Arcipelago  delle  Molucche,  di  forse  un  migliajo  d'isole,  dipendenti  quasi  tutte  dal- 
l'Olanda. Vi  possono  fieramente  i  tremuoti,  che  agitano  anche  il  mar  circostante. 

5.  Gruppo  delle  Celebi  o  Macassar.  1  bovi  sono  gibbosi.  Vi  cresce  l'upas,  che  dà  un 
succo  micidiale. 

6.  Gruppo  di  Borneo  o  Calennmian.  L'isola  principale  è  popolata  da  tribù  bellicose  e 
da  moltissimi  Zingari:  Borneo  (12  mila  anime)  è  fabbricbto  su  palafitte  [come  Venezia, 
L'insalubrità  del  clima  e  l'inospitalilà  degli  abitanti  impedì  d'esplorare  il  centro  del- 
l'isola. Vi  si  raccoglie  moltissima  canfora.  L'equatore  passa  traverso  all'isola,  ove  molle 
acque  temperano  l'arsura,  ma  ricorron  frequenti  i  tremuoti. 

7.  Arcipelago  delle  Filippine:  forma  un  uran  paese  cattolico  in  mezzo  a  musulmani, 
buddisti,  pagani.  La  natura  vi  è  straordinariamente  grata;  lo  zucchero  dà  il  90  per  100 
di  utile,  il  riso  cento  semenze;  il  caffè  e  il  cacao  emulano  quelli  di'  Moka  e  di  Guaya- 
quil;  l'indago  è  superiore  a  quello  di  Giava,  del  Bengala  e  della  Cina;  e  la  cannella  vi 
fa  naturalmente. 

Le  Filippine  non  davano  oro,  siccbè  i  primi  conquistadori  non  vi  esercitarono  le  con- 


384  GEOGRAFIA  —    EPOCA   DECIMOTTAVA 

suete  crudeltà:  si  pensò  a  colonizzarle,  e  profittare  di  quelle  ricchissime  produzioni.  I 
Tagal,  popolazione  indigena,  subito  si  convertirono  e  civilizzarono:  e  i  preti  furono  i 
veri  padri  di  quel  popolo,  proteggendolo  contro  gli  abusi  de'  magistrati  -,  onde  non  è 
meraviglia  se  anche  adesso  la  maggior  parte  dei  beni  è  in  mano  d'ecclesiastici.  Nel  1838 
contavansi  4,300,000  anime,  di  cui  1,860,000  indiani,  cinesi,  meticci:  3,S60,000  sono 
cristiani.  Nell'interno  durano  in  istato  selvaggio  i  Negritos.  11  commercio  è  quasi  tutto 
in  man  de'  Cinesi,  poiché  gl'indigeni  sono  inerti,  e  il  governo  bisogna  ne  stimoli  l'atti- 
vità per  piantar  alberi,  introdurre  frutti  e  sino  uccelli.  11  traffico  era  privilegio  d'una 
compagnia,  istituita  nel  178S,  e  che  cessò  nel  1854.-  Fin  allora  Manilla  era  l'unico 
scalo:  di  poi  si  schiusero  molti  porti.  Prima  la  finanza  spagnuola  cavava  dalle  Filippine 
60  milioni  l'anno,  principalmente  pel  tabacco  e  la  capitazione;  e  dopo  tutte  le  spese, 
ne  avanzavano  6  milioni  netti.  Rotte  le  abitudini,  finora  la  Spagna  è  in  iscapito,  ma  il 
vantaggio  della  libertà  verrà  certo.  John  Bowring  nel  1859  visitò  e  descrisse  quel  paese, 
mettendo  in  riso  le  abitudini  di  colà,  ma  a  me  pare  siano  piuttosto  da  invidiare. 

B.  UAusiralia  può  dividersi  in  9  gruppi  : 

1.  Continente  australe  o  A'^.  Olanda.  Sul  contorno  sono  stabilite  colonie  inglesi.  La 
principale  è  la  A^.  Galles  del  Sud  sulla  costa  orientale,  colla  città  di  Sidney,  che  ha  uno 
de'  migliori  porti  del  mondo  :  fondata  nel  1787,  oggidì  (1863)  conta  80  mila  abitanti  ;  e 
mentre  tutta  la  colonia  nel  1787  avea  1030  individui,  ora  giunge  a  200,000.  Dal  1832 
al  33  vi  migrarono  65  mila  persone,  di  cui  un  terzo  femmine.  Molti  cavalli  si  mandano 
nell'India  perla  rimonta  delle  truppe;  strabbondano  le  pecore  ed  i  cornuti;  cavasi 
qualche  miniera  di  rame.  11  clima  è  salubre,  quantunque  vi  faccia  un  caldo  sin  di  30°,  e 
passino  anni  interi  senza  piovere,  dopo  di  che  le  acque,  correnti  a  precipizio,  menano 
grandi  guasti. 

La  zecca  di  Sidney  ha  fabbricato  21  milioni  di  monete  d'oro:  all'esposizione  di  Lon- 
dra del  62  quel  paese  figura  tra  i  primi  per  manifatture.  Tutta  la  nuova  Galles  è  solcata 
da  vie  ferrate  e  da  telegrafi.  L'Australia  appena  figurava  nelle  statistiche  inglesi,  or 
manda  per  300  milioni  di  franchi  l'anno  in  Inghilterra,  e  ne  riceve  per  673:  Mac 
Arthur  nel  1793  portava  8  merini  in  Australia:  nel  1861  ne  contavano  17  milioni:  uel 
1839  di  la  furono  spedite  all'Inghilterra  33  milioni  di  libbre  di  lana,  del  valore  di  116 
milioni  di  franchi;  e  nel  1861,  68  milioni  di  libbre. 

Figlia  ne  è  la  colonia  di  Vittoria,  che  nel  1831  contava  77,343  abitanti,  dei  quali 
28,143  nella  sola  capitale  Melbourne,  fondata  il  1833,  e  che  nel  1863  giunge  a  2000 
mila  abitanti,  e  tutta  la  colonia  crebbe  immensamente  dacché,  or  fa  12  anni,  vi  si  sco- 
perse tanta  quantità  di  oro.  Di  questo  getta  sui  mercati  europei  per  230  milioni  di  fran- 
chi l'anno:  e  all'esposizione  di  Londra  si  vide  una  piramide  che  rappresentava  il  vo- 
lume d'oro  estratto  in  Australia  dal  1841  in  poi,  che  equivaleva  a  2,313  milioni.  L'In- 
ghilterra nel  1830  ricevette  da  quei  paesi  per  343  mila  sterline  di  prodotti;  nel  1860 
per  1,376,326.  Il  clima  dell'Australia  è  opportunissimo  agli  Europei,  e  mentre  nel  1810 
ve  n'erano  10434  fra  tutte  le  possessioni  inglesi,  oggi  ve  n'ha  1,200,000;  con  città,  ar- 
ricchiti di  tutti  comodi.  Può  dividersi  in  sei  regioni.  All'est  la  N.  Galles  meridionale, 
che  già  descrivemmo,  infestata  da  prima  dal  trasporto  de'  condannati,  che  ormai  si 
abbandona.  Al  sudest  la  Vittoria;  l'Australia  del  sud,  cap.  Adelaide:  al  nordest  il 
Queensland,  cap.  Brisbane-,  poi  l'Australia  occidentale,  cap.  Perth,  dove  orasi  ridu- 
cono i  condannati:  l'Australia  del  nord  non  è  ancora  ridotta  a  provincia,  né  ha  città, 
e  il  clima  vi  è  cocente.  Degli  Aborigeni  dell'Australia  non  esisteano  più  nel  1862  che 
12,163,  erranti  di  terra  in  terra,  dediti  all'ubbriachezza,  insofferenti  del  lavoro,  sic- 
ché v'è  poca  speranza  di  trarli  alla  civiltà,  e  una  commissione  da  ciò  ne  raccoglie  la 
lingua,  le  armi,  gli  utensili. 

Nel  1789  Daws  cercò  superare  la  catena  che  ricinge  tutto  l'interno  della  N.  Olanda; 
ma  solo  nel  1813  per  caso  fu  trovato  uti  varco,  e  penetrati  per  quello,  vi  si  fondò  la  città 
di  Dathurst.  Ivi  fu  scoperto  il  fiume  Lachaln,  che  percorre  ducento  miglia,  poi  perdcsi 
in  paludi  e  in  piani  sterili.  Così  è  del  Maquaire;  ma  sembra  che  le  loro  acque  scolino 
nel  Murray,  il  (luale  comimica  col  mare  mediante  molti  passaggi  navigabdi.  Si  confidò 
dunque  percjuesto  penetrare  nell'interno;  e  Sturt  che  avea  scoperto  esso  fiume,  nel  1843 
s'addentrò  assai,  e  vi  trovò  un  deserto  arido,  dove  il  calore  giungeva  a  66  gradi,  e  che 
poi  nel  tempo  delle  pioggie  è  allagato.  Leichardt,  Eyre,  Gregory  ed  altri  si  spinsero 


MONDO   MARITTIMO.  385 

verso  l'interno:  Babbage  neH858  penetratovi  più  di  400  miglia,  trovò  lande  petrose 
e  senz'acqua.  Il  golfo  di  Carpentaria  sulla  costa  settentrionale  era  stato  scoperto  nel 
d6i4,  ma  solo  nel  1843  vi  si  arrivò  da  Adelaide,  posta  quasi  in  linea  retta  sulla  costa 
meridionale.  Burke  e  \Yills  traversarono  tutto  l'interno  e  il  12  febbrajo  ■1861  giunsero 
al  golfo  di  Carpentaria,  dopo  trovati  e  depositi  d'acqua  e  fertili  piani.  Lo  traversarono 
poi  anche  Landsborough  nel  1861,  e  Mac  Donali  Stuart  nel  1862. 

2.  Gruppo  della  Papuasia  comprende  la  N.  Guinea  ,  i  cui  principali  abitanti  sono  i 
Papù,  dai  quali  è  denominata.  La  N.  Guinea  è  la  piij  grand'isola  dell'Oceania  dopo 
l'Australia;  con  stupende  foreste  di  piante  aromatiche,  d'ebano,  di  legnoferro,  e  sulle 
coste  banani  e  cochi.  V'abbonda  l'ambra,  e  di  là  è  l'uccello  di  paradiso. 

3.  Arcipelago  della  .Y.  Bretagna,  all'est  del  precedente,  e  uno  de'  meglio  popolati, 
con  molti  boschi  e  monti  da  cui  precipitano  numerose  cascate. 

4.  Arcipelago  di  Salomone.  Se  n'ebbe  contezza  migliore  dopo  la  spedizione  di  Du- 
raont  d'Urville:  è  occupato  da  Negri  antropofagi. 

5.  Arcipelago  di  La  Perouse,  così  chiamato  perchè  si  crede  che  a  Vanikoro  siano  pe- 
riti i  legni  di  quel  viaggiatore-  Clima  pestifero. 

6.  Arcipelago  di  Quiros  o  nuove  Ebridi;  dove  l'isola  di  Tanna  ha  un  vulcano,  le  cui 
ceneri  ricadendo  sul  terreno,  lo  fertilizzano  a  segno  da  produrre  assai  più  grandi  e  più 
aromatiche  le  piante.  L'arcipelago  è  abitato  da  Negri  feroci,  come  anche  il 

7.  Gruppo  della  X.  Caledonia.  Le  alture  sono  abbellite  dall'anatolma,  vago  arbusto 
tra'  cui  rami  tende  le  tele  il  ragno  caledonico,  sì  robuste  da  pigliarvi  gli  uccelletti. 

8.  Quello  di  Norfolk:  ove  prospera  il  lino  detto  formio  tenace. 

9.  Quello  della  Tasmania  o  isola  di  Diemen  abitato  da  Malesiani  antropofagi,  ed  ora 
colonizzata,  sicché  nel  1857  vi  si  contavano  77,79i  anime,  fra  cui  3008  deportati. 

C.  La  Polinesia,  è  un  complesso  d'isole  disposte  a  gruppi,  sulla  cui  distribuzione  non 
s'accordano  i  geografi.  1  principali  sono:  quel  delle  Marianna o  dei  Ladroni,  quel  delle 
Caroline,  quel  di  Fidgi,  quel  di  Tonga  o  degli  Amici,  quello  di  Bougainvilh  ;  l'arcipe- 
lago di  Mendana,  in  cui  trovansi  le  isole  Marchesi;  quello  di  Sandwich  o  d'Hate  ai  sotto 
il  tropico  del  cancro,  incivilito  da  missionarj  inglesi.  Delle  isole  della  Società,  Taiti  è 
la  principale,  composta  di  due  penisole,  unite  per  un  istmo  pochissimo  elevato.  Vi  si 
discernono  due  razze,  come  in  tutto  l'oceano  Pacifico:  la  più  antica,  di  Negri;  gli  altri 
somigliantissimi  alla  razza  malese  e  agli  Indios  d'America,  sono  modificati  in  ciascun 
arcipelago.  Voluttuosi,  [leggeri,  ospitali,  intelligenti,  abili  pescatori:  regolare  vi  era 
l'infanticidio;  vi  si  conoscea  la  numerazione  per  dieci;  nel  181S  si  adottò  il  cristia- 
nesimo. Il  paese  fu  spopolato  dalla  sifilide,  dall'armi  da  fuoco,  dall'acquavite;  sicché 
mentre  da  Cook  reputavasi  aver  50  mila  teste,  ora  tocca  appena  a  7  mila. 

In  tutte  le  isole  del  mar  Pacifico  si  temono  gli  streghi.  Alle  Sandwich  i  capi  portano 
seco  uno  sputino,  e  la  saliva  è  attentamente  bruciata  perchè  non  serva  a'  malefizj.  Gli 
abitanti  delle  Marchesi  sono  i  più  belli;  i  più  stupidi  quelli  della  N.  Olanda  e  della 
Tasmania.  Anche  la  vantata  dolcezza  d'alcuni  de' selvaggi  vuoisi  intendere  con  gran 
misura  :  e  tratto  tratto  è  smentita  da  assassinj  non  solo,  ma  da  pasti  umani. 

È  meravigliosa  l'analogia  che  presentano  le  lingue  oceaniche  nei  vocabolarj  di  Forster, 
Mardsen,  Gobien  ed  altri:  non  solamente  tutta  l'Oceania  orientale  parla  lo  stesso  lin- 
guaggio in  varj  dialetti,  ma  questo  somiglia  moltissimo  al  malese,  specialmente  di  Su- 
matra, e  a  quello  pure  del  Madagascar,  che,  secondo  Dupetit  Thouars,  offre  il  tipo  più 
ricco  e  più  regolare.  Sembra  però  dagli  ultimi  viaggi  che  tale  analogia  siasi  alquanto 
esagerata.  Ciò  che  potè  trarre  in  errore  si  è  che  il  malayo,  ossia  la  lingua  de'  Malesia- 
ni, è  la  più  difi'usa,  e  che  la  maggior  parte  delle  lingue  usate  nella  Polinesia  ha  molte 
radici  nel  malayo.  Vedi  la  Storia  Universale,  Libro  XIV,  capo  xxiv. 

L'industria  degli  Oceanici  è  quella  di  selvaggi.  Essendo  la  più  parte  isolani,  gli  abi- 
tanti mostransi  abilissimi  naviganti  ;  anche  fra  i  barbari  trovossi  molto  raffinata  l'arte 
di  costruir  le  piroghe  e  le  barche  da  guerra;  gl'inciviliti  sono  pirati  arditissimi.  Essi 
formano  compagnie  formidabili,  che  talvolta  sono  riconosciute  per  via  di  tributi  di 
merci  ed  oggetti  europei,  i  quali  in  grazia  loro  son  molto  diffusi  per  quei  lidi.  Incredi- 
bile v'è  il  numero  delle  piroghe,  colle  quali  talora  si  fanno  battaglie  navali  regolate; 
il  re  d'Achem  n'avea  molte  migliaja.  Gli  Europei  hanno  stabilito  fortezze  dapertutto, 
e  si  adoprano  alla  repressione  de'  pirati. 

Cantò,  Documenti.  —  Tomo  I,  Geografia  politica.  25 


ì 


386 


GEOGRAFIA  —  EPOCA    DECIMÙTTAX A 


Gli  abitanti  delle  Sandwich  tessono  belle  stoffe  con  scorza  di  gelso;  sono  rinomate  le 
BtofTe  della  Carolina,  i  mantelli  della  N.  Zelanda,  le  orerie  della  Malesia:  del  resto  si  sa 
fabbricar  capanne,  archi,  freccie,  tamburi;  ma  i  Negri  dell'Australia  neppur  di  tanto 
sono  capaci.  I  papù  della  N.  Guinea  per  minuterie  danno  i  mirabili  uccelli  di  paradiso; 
alle  Ebridi  si  lafilia  il  sandalo;  Borneo  dà  la  miglior  canfora,  e  ogn'anno  più  di  3  mi- 
lioni di  chilogrammi  di  pepe.  Le  colonie  inglesi  portano  grano  al  Capo,  cuoj  all'India, 
carni  salale  all'Isola  di  Francia,  lane  merinos  in  Inghilterra  di  qualità  superiore  alle 
spagnuole. 

Le  miniere  di  stagno  della  Malesia,  e  principalmente  di  Banca,  sono  ricchissime; 
come  quelle  d'oro  e  diamanti  di  Borneo.  Le  Filippine  provedono  di  solfo  ;  la  N.  Galles 
del  sud  di  carbon  fossile,  più  prezioso  che  l'oro;  a  Sidney,  a  Giava,  nelle  Celebi,  molto 
salgemma.  A  Taiti  e  Po  Moutou  pescansi  perle;  e  dapertutto  balene  e  foche:  sulle  coste 
delle  Filippine  il  mare  rigetta  molta  ambra.  Gli  Europei  levano  pure  di  là  avorio,  legni 
da  intarsiare,  terebintina,  scaglie  di  tartarughe,  ecc.;  e  vi  portano  oppio,  sale,  tele  or- 
dinarie, seterie,  porcellana,  sapone,  liquori,  polvere. 

Di  sommo  rilievo  è  il  commercio  che  si  fa  nelle  colonie  inglesi  e  olandesi  ;  e  prelen- 
desi  che  nel  1826  dalla  N.  Galles  siasi  asportato  per  2  milioni  e  mezzo  di  franchi  inolio 
di  balena,  nel  1835  per  16  milioni,  e  per  22  nel  1839;  e  dalla  terra  di  Diemen  per  ìi 
milioni  e  mezzo.  Di  lana  (non  contando  queste  due  colonie  inglesi)  si  portarono  nel  1810 
trecento  libbre,  nel  1859  ben  11  milioni  di  libbre,  e  nel  1846  dal  N.  Galles  1G,i79,2.^0 
libbre.  Dall'isola  di  Giava  escono  caffè,  zucchero,  stagno,  riso,  indaco,  di  cui  in  pochi 
anni  decuplicò  la  quantità:  in  sfmima  nel  1840  le  asportazioni  valutaronsi  76,143,445 
fiorini  olandesi,  e  le  importazioni  59,508,013;  il  che  vuol  dire  un  movimento  di  247 
milioni  di  franchi. 

Nuova  importanza  venne  a  dar  ultimamente  a  questi  paesi  la  scoperta  di  letti  auriferi. 
Al  principio  del  secol  nostro  si  trovarono  quelli  degli  Ural,  che  davano  30  mila  chilogr. 
l'anno,  cioè  quanto  basta  a  fabbricare  5  milioni  di  napoleoni:  sebbene  il  governo  russo 
abbia  ristretta  la  produzione  di  questo  metallo  coll'imporvi  una  tassa,  che  arrivò  sin 
al  25  e  al  35  0(0.  Poi  nel  1848  scoprironsi  i  terreni  auriferi  della  California,  e  si  calcola 
otTrano  ogni  anno  400  mila  chilogr.  d'oro,  cioè  quanto  basta  a  battere  15  milioni  di  na- 
poleoni. Economisti  e  commercianti  erano  sbigottiti  dall'alterazione  che  ne  verrebbe  al 
valor  delle  merci  e  alla  proporzione  tra  l'oro  e  l'argento,  quando  l'Australia  svelò  altri 
banchi,  che  ne  dan  tanto  da  fare  20  milioni  di  napoleoni  l'anno. 

Secondo  i  calcoli,  l'oro  dato  dal  Nuovo  Mondo  dalla  scoperta  sino  al  18i8  fu  di 
2,910,000  chilogr.,  che  sarebbero  10,122  milioni  di  franchi:  cioè  in  357  anni  se  ne 
produsse  appena  quanto  ora  in  10  anni.  Al  principio  del  secolo  versavansi  sul  mercato 
generale  24  chilogr.  d'oro,  cioè  82  milioni  di  franchi;  al  1848  se  ne  versò  il  triplo;  e 
oggi  dai  275  ai  3ì)0  mila  chilog.,  cioè  per  mille  milioni  di  franchi.  Quanto  all'argento, 
al  principio  del  secolo  produceasene  700,000  chilogr.  l'anno,  cioè  per  200  milioni:  ora 
crebbe  solo  ad  un  milione;  cioè  l'aumento  della  produzione  dell'argento  è  di  10  a  11, 
mentre  dell'oro  è  di  10  a  150. 

Giava  eccettuata,  tutt'altrove  la  schiavitù  è  riconosciuta  con  tutta  la  fierezza  di  barbari. 
I  condannati,  deportati  dall'Inghilterra  nella  N.  Olanda,  formano  una  popolazione  nuova, 
di  cui  l'origine  influì  troppo  sulla  natura  e  sullo  sviluppamento  della  sua  civiltà. 

Variatissimi  sono  i  governi,  e  generalmente  dispotici.  Nell'interno  delle  Molucche  e 
di  Borneo,  il  capocasa  è  despoto  e  indipendente.  1  re  elettivi  di  Borneo,  di  Sumatra, 
delle  Celebi  son  limitati  da  un'aristocrazia  ereditaria,  la  quale  pesa  gravosissima  sopra 
il  popolo.  Alle  Caroline  il  potere  del  capo  è  talmente  assoluto,  che  le  navi  che  passano 
in  vista  del  suo  palazzo  devono  abbassare  la  vela,  né  si  può  accostarsegli  che  in  gi- 
nocchio. A  Giava  è  un  imperatore  dispotico,  come  a  Mindanao.  Alla  N.  Zelanda  i  capi 
riuniscono  l'autorilh  spirituale  e  temporale.  Nell'arcipelago  degli  Amici,  a  somiglianza 
del  Giappone,  veneravasi  un  pontetìce  re,  mentre  il  capo  militare  aveva  il  poter  delle 
armi.  Alle  isole  Sandwich  e  a  Taiti  gli  Europei  introdussero  il  governo  costituzionale. 

Tutta  l'Oceania  è  sotto  l'influenza  europea.  Portoghesi.  Spagnuoli,  Olandesi,  Inglesi, 
Francesi  han  possessi  nel  Grand'oceano  e  nell'Indiano.  Le  terre  più  ricche  e  popolose 
spettano  agli  Olandesi  :  gli  Spagnuoli  conservano  la  più  parte  delle  Filippine  e  l'arci- 
pelago delle  Marianne:  i  Portoghesi  han  le  due  piccole  isole  di  Sabrao  e  Solor,  e  parte 


SIONliO   MARITTIMO.  587 

di  quella  di  Timor.  Gl'Inglesi,  padroni  di  tutti  gii  approdi,  nel  18i0  occuparono  la 
N.  Zelanda,  disseminarono  in  tutte  le  isole  missionari,  che  spesso  sono  antiguardie, 
sempre  agenti  |)nliiici  e  commerciali,  e  colonizzarono  la  N.  Olanda;  stabiliscono  posti 
dovunque  la  pesca  può  servire.  Gli  Stati  Uniti  imitandoli,  sbarcarono  molli  missionarj 
alle  isole  Ilawai.  Nei  porti  di  queste  entrano  navi  d'ogni  bandiera.  Nel  1842  la  Francia 
occupò  le  Marchesi,  c\ok  Nukahiva  la  principale,  Ohivaoa,  Ilovapoa,  Fatuhwa,  Tahuata, 
Uuahuana,  oltre  due  deserte  ma  abitabili,  lìiau  e  Molane:  vi  si  contano  20  mila  indigeni 
sopra  una  superficie  di  127,160  ettari.  Le  isole  son  popolate  di  malviventi,  disertori  o 
naufraghi,  i  quali  colà  pajono  portenti  di  morale  e  di  civiltà;  le  genti  si  fan  guerra  per 
rapirseli,  ed  i  re  per  maritarli  alle  proprie  figlie. 

La  religione  cattolica  vi  fa  progressi,  e  dopo  il  1842  stabilironsi  dieci  diocesi  ne- 
l'Australia,  e  due  nuove  si  erigono  ora  (1863)  a  Goulbourne  e  Armidale. 

Anche  verso  quel  polo  si  continuarono  le  scoperte.  L'inglese  Weddell  nel  1824  pe- 
netrò 3"  5'  nel  circolo  antartico:  Morrell  e  Kemp  nel  1830-35  accertarono  una  terra 
polare  antartica,  in  traccia  della  quale  furono  spediti  dalla  Francia  Dumont  d'Urville, 
dall'Inghilterra  Ross,  dagli  Stati  Uniti  Wilkes  Quest'ultimo  s'avvicinò  a  poche  miglia 
ad  essa  terra;  D'Urville  procedette  più  che  altri,  e  scòrse  la  terra  cui  die  nome  A' Adelia 
a  06°  30' di  latitudine  sud  e  lS8°21'di  longitudine  est,  la  quale  dall'americano  Peacock 
fu  costeggiata  per  1700  miglia.  Nel  1841  Ross  giunse  180  miglia  di  là  dal  polo  magnetico, 
cioè  a  78**  4'latitudine  meridionale  e  173°  12'  di  longitudine  orientale;  esuquel  nuovo 
continente,  ch'egli  denominò  Vittoria,  accertò  la  posizione  del  vulcano  Èrebo  (11'^  32' 
latitudine  sud,  e  167°  longitudine  est  di  GreenwichJ,  quasi  un  faro  naturale  a  futuri 
ardimenti.  L'inverno  vi  è  perpetuo,  e  nessuna  vegetazione;  moltissimi  cetacei,  per  la 
cui  pesca  vi  vengono  centinaja  di  marini. 

Le  massime  altezze  polari  furono  raggiunte  dal  dottor  C.  Kane  di  Filadelfia,  andato 
alla  ricerca  di  Franklin;  perocché  nel  1854  toccò  sopra  slitte  r82"  30',  e  nel  So  sopra 
VEoIo  r82°.  Traversate  le  prime  barriere  di  ghiaccio,  incontrava  un  mare  navigabile,  su 
cui  nessun  ghiaccione  galeggiante,  benché  soffiasse  da  nord.  È  dunque  dimostrato  quel 
che  già  presumevasi,  che  il  maggior  freddo  non  è  al  polo,  ma  dipende  in  parte  dalle 
correnti  e  dal  ghiaccio  che  queste  trasportano.  11  polo  fìtologico,  quello  cioè  dov'è  mi- 
nore il  numero  dei  generi  vegetali,  è  l'isola  \Yinter  a  66°  30'  latitudine  nord. 


§  34.  —  Epilogo. 

Il  sig.  Deeterici  all'accademia  delle  scienze  di  Berlino  nel  1859  presentò  un  prospetto 
della  popolazione  del  globo,  superiore  alla  vulgata,  deducendola  da'  più  recenti  censi- 
menti, e  supponendola  aumentata  assai  negli  ultimi  60  anni,  siccome  dimostra  coll'esame 
delle  opere  speciali  a  ciascun  paese.  Su  tali  dati,  fìssa  la  popolazione  totale  dell'Europa 
a  272  milioni,  mentre  Busching  nel  1787  la  limitava  a  ISO.  E  la  suddivide  cosi: 


388 


<;E0GKAHA    —    EPILOGO 


STATI 


i.  Francia 

2.  Gran  Bretagna  e  Irlanda    ...... 

3.  Belgio 

4.  Olanda [     [ 

5.  Prussia,  e  parte  della  Confederazione  Ger- 

manica        

6.  Resto  della  Confederazione. 

a)  Provincie  germaniche  di  spettanza  della 

Prussia 

h)  Regno  di  Sassonia ]    * 

e)  Unione  Turingia 

d)  Hannover * 

e)  Oldenburg 

f)  Nassau [ 

g)  Granducato  d'Assia 

h)  Principato  d'Assia 

i)  Baden * 

k)  Wiirtenberg \ 

l)  Raviera \ 

m)  Brunswick 

n)  Francoforte  sul  Meno 

(Per  ciò  che  spetta  alla  Confederazione,  il  Lu- 
xenburg  conta  coll'Olanda). 

7.  Gli  altri  Stati  germanici  che  non  fan  parte 
della  Confederazione,  tolta  l'Austria: 

a)  ì  due  Mecklenbourg 

b]  Amburgo 

e)  Liibeck 

d)  Brema 

e)  Lichtenstein 

fL'Holstein  e   il   Lauenburg  contano  colla 

Danimarca). 

8.  Stati  austriaci 

9.  Svizzera 

10.  [falla:  Stati  sardi \ 

ìì.  ì\  resto  d'Italia,  cioè 

a)  Due  Sicilie 

b)  Stati  della  Chiesa 

c)  Toscana 

d)  Modena 

e)  Parma 

/)  San  Marino 

12.  Danimarca 

■15.  Svezia  e  Norvegia 

li.  Portogallo \ 

15.  Spagna ! 

K).  Grecia 

il.  isole  .Ionie  .     .     .     • 

18.  Russia 

19.  Turchia '.'.'. 

20.  Islanda  e  isole  Fcroe.  Dipendenti  dalla  Da- 
nimarca ma  non  contate  con  essa     . 


Miglia  q. 
tedesche 


9,619.80 

5,749.94 

556.84 

670.96 

5,063.94 


429.82 
271.68 
222.08 
700.48 
116.05 

86.55 
154.04 
168,76 
278.01 
575.00 
1,592.73 

55.54 
1.83 


290.33 
6.59 
6.62 
4.58 
2.90 


12,121.35 

754.50 
1,375.56 

2,040.44 

774.20 

400.41 

102.24 

114.80 

1 .25 

1,037.(10 

14,154.57 

1,881.89 

9,(l6i..57 

895.58 

50.50 

100,429.46 

9,5-45.09 

1,863.92 


Abitanti 


36,089,364 

27,488,853 

4,607,066 

3,487,617 

17,089,407 


466,899 

2,039,176 

1,025,642 

1,841,317 

231,581 

428,257 

848,102 

709,659 

1,312,918 

1,669,720 

4,547,259 

245,771 

76,146 


642,064 

220,000 

54,000 

88,856 

7,000 


36,598,620 
2,494,500 
4,976,054 

8,616,922 

5,100,000 

1,817,166 

606,159 

51 1 ,969 

7,800 

2,468,648 

5,072,820 

3,471,199 

15,518,516 

1,045,155 

226,824 

62,000,000 

18,740,000 

67,808 


Ogni 
miglia 


3746 
4781 
8582 
5198 

3375 


3596 
7506 
4618 
2629 
1994 
4948 
5506 
4205 
4723 
4453 
3265 
4425 


2211 


2414 


3003 
3506 
5617 

4223 
4004 
4558 
5929 
4460 
6240 
2581 

559 
18i5 
1712 
1165 
4556 

617 
1965 

56 


To'iile 182,512.20     272,504,552       1492 

Per  l'Asia  le  fonti  sono  meno  determinate,  e  massime  quanto  alle  popolazioni  nomadi. 
Per  la  Cina  adduce  molte  autorità  onde  attribuirle  560  milioni  d'aninie:  all'lndosfiin  dà 
171  milioni,  comprese  le  possessioni  inglesi:  ma  non  si  hanno  che  dati  incerti  sul  Tonkin, 
la  Cocincina,  il  Siam,  l'impero  Birmano,  e  Malaca.  Mal  determinati  pure  gli  abitanti 
dell'arcipelago  indiano,  come  pure  dell'Asia  centrale  e  occidentale,  e  si  deduce  da 


POPOLAZIONE 


389 


congetture  e  da  calcoli  approssimativi;  viepiù  difficili  per  l'Arabia.  Infine  attribuisce 
all'Asia  755  milioni;  ma  non  v'è  qualche  sicurezza  [che  pei  ^578  milioni  appartenenti 
alla  Siberia,  alla  Cina,  all'Indostan. 


STATI 


1.  Siberia 

2.  Impero  Cinese 

3.  lodostan 

4.  India  posteriore 

5.  Arcipelago  indiano 

6.  Giappone     

7.  Tartaria  (col  Turkestan,  Bukharia  e  Chiwa 

8.  Persia 

9.  Afganistan 

io.  Bélucistan , 

i\.  Arabia , 

12.  Turchia  d'Asia  (con  Jeddo)      .... 


Totale 


Miglia  q. 
tedesche 


247,756 

251 ,021 

68,872 

56,791 

57,620 

7,496 

58, 1 76 

26,450 

12,160 

7,800 

48,260 

31 ,582 


Abitanti 


7,000,000 

400,000,000 

171,000,000 

15,000,000 

80,000,000 

55,000,000 

8,000,0U0 

15,000,000 

4,000,000 

2,000,000 

5,000,000 

15,000,000 


Ogni 
miglio  q. 


28 

1751 

2483 

408 

2  126 

4669 

209 

491 

529 

256 

103 

475 


793,964    I     755,000,000 


945 


Per  l'Africa  si  è  ancor  più  incerti,  salvo  alcune  parti  distinte  come  l'Algeria  e  l'Egitto. 
Carlo  Hitler  avverte  la  perfetta  relazione  che  v'è  in  Africa  tra  il  numero  degli  abitanti 
e  i  costumi  5  parallelismo  logico  che  si  riscontra  in  tutte  le  opere  della  natura.  L'Europa 
ha,  per  media  1492  abitanti  ogni  m.  q.  l'Asia  945;  l'Africa  non  può  averne  200:  e  l'Al- 
geria e  l'Egitto  restano  fra  i  500  e  400.  Adottando  i  300,  si  avrebbero  in  tutto  163 
milioni;  Deeterici  starebbe  a  200,  che  farebbero  217,500,000;  mentre  i  manuali  ordi- 
nar] ne  danno  156. 

Per  l'America  si  hanno  copiose  statistiche  officiali  quanto  al  nord:  degli  Stati  re- 
centi del  sud  tutti  convengono  che  la  popolazione  è  scarsissima.  Tutto  calcolato,  valuta 
gli  abitanti  dell'America  a  59  milioni,  cioè: 


STATI 


1.  Stati  Uniti      .     .     . 

2.  1  due  Canada      .     . 

3.  Messico     .... 

4.  America  centrale     . 

5.  San  Domingo      .     , 

6.  Cuba 

7.  Giamaica  .... 

8.  Il  resto  delle  Antilie 

9.  Nuova  Granata  .     . 

10.  Venezuela     .     .     . 

11.  Equatore  .... 

12.  Perù 

13.  Chili 

14.  Bolivia      .     .     .     . 

15.  Brasile       .... 

16.  Buenos  Ayres     .     . 

17.  Uruguay  .... 

18.  Paraguay  .... 

19.  Gujana      .... 

20.  Indiani  indipendenti 

21 .  Terre  polari  .     .     . 

Colle  lerre  polari    , 
Senza  le  terre  polari 


Miglia  quad. 

Abitanti 

O^ni 

tedesche 

miglio  q. 

146,717 

23,191,876 

158 

64,006 

2,571 ,437 

40 

30,700 

7,661,520 

250 

9,244 

2,150,000 

232 

1,368 

1,133,000 

828 

1,966 

1,449,462 

737 

278 

379,000 

1363 

445 

445,000 

1000 

18,200 

2,250,000 

124 

18,362 

1,356,000 

74 

13,558 

900,000 

66 

23,9  il 

1,700,000 

71 

6,636 

1,300,000 

196 

22,410 

2,326,000 

104 

147,625 

7,677,800 

52 

25,282 

1 ,235,000 

49 

5,080 

150,000 

29 

4.152 

600,000 

145 

4,856 

170,994 

40 

31 ,060 

319,600 

10 

173,290 

10,000 

750,055 

58,976,089 

79 

576,765 

58,976,689 

102 

390  GEOGRAFIA   —   EPILOGO 

Nell'Australia  si  hanno  censimenti  per  le  colonie,  ma  pel  resto  mancano  i  dati. 
L'interno  della  N.  Olanda  ha  scarsi  abitanti,  forse  iO  per  miglio;  e  tutta  l'isola  100  m., 
che  diminuiscono  sempre:  e  per  tutte  le  isole  2  milioni. 

Così  si  epilogherebbe  : 
Europa  .    .     .     182,S71  miglia  quad.  ;  272  milioni  d'abit.  ;  1490  ogni  miglio  quad. 
Asia  ....     793,964  —  750  —  94S  — 

Africa     .     .     .     543,570  —  220  —  59  — 

America      .     .     750,055  _  59  _  2  — 

Polo  Australe  .        2,288  — 

1  paesi  donde  la  civiltà  prese  le  mosse,  l'Asia  occidentale,  l'Arabia,  l'Egitto,  sono 
relativamente  in  decadenza.  L'Europa,  massime  nelle  parti  occidentali  e  settentrionali  è 
in  incremento, e  può  crescere  ancora,  giacché  lastatistica  e  l'economia  non  determinarono 
quanti  abitanti  possa  nutrire  ogni  migliu  quadrate,  ed  oggi  variano  da  1000  a  6000:  v'è 
paesi  che  n'han  12  m.,  spesso  nutriti  unicamente  dai  prodotti  del  suolo,  come  in  Lom- 
bardia, nel  Belgio,  nella  Prussia  renana.  L'America  offre  le  maggiori  probabilità  d'incre- 
mento della  stirpe  umana:  forse  ne  offriranno  in  appresso  anche  il  continente  e  le  isole 
dell'Australia,  ma  l'India  e  la  Cina,  ora  popolatissime,  0  si  arrestano  0  declinano. 

La  geografia  come  la  storia,  ci  attesta  la  superiorità  della  stirpe  europea,  la  (]uale  non 
solo  cresce  nel  suo  paese,  ma  si  amplia  sopra  le  altre  parti  del  mondo,  restringendo 
in  limiti  sempre  più  angusti  le  razze  indigene.  L'America  è  dominata  da  Europei,  che 
spossessano  dapertulto  i  natii.  L'Africa  è  ricinta  da  coionie  nostre,  che  poco  a  poco 
guadagnano  verso  l'interno,  a  malgrado  del  clima  e  delle  barriere  naturali.  Altrettanto 
è  della  Nuova  Olanda.  La  Polinesia  ormai  non  ha  scoglio  ove  non  sventoli  bandiera 
europea.  L'Asia,  antica  culla  delle  stirpi  nostre,  or  le  vede  ritorcersi  contro  di  lei  per 
rincacciare  i  Turchi  che  di  là  vennero,  e  per  sommettere  da  un  lato  l'India,  dall'altro  il 
Caucaso:  da  due  estremi  opposti  si  affaticano  a  quest'opera  Inglesi  e  Russi;  e  giù  tanto 
procedettero,  che  appena  la  Bukaria  li  separa  dal  venire  ad  un  incontro,  che  potrebb'essere 
un  cozzo.  Pertutto  si  stabiliscono  colonie;  e  queste,  fatte  robuste,  si  separano  dalla 
madrepatria  per  divenire  potenze  indipendenti  e  creatrici  di  altre.  Laonde  la  stirpe  eu- 
ropea è  cosi  distribuita  : 

popolazione 

in  Europa 250,000,000 

Asia 140,000,000 

Africa 30,000,000 

America  dipendente 3,500,000 

—        indipendente 50,000,000 

Oceania 15,000,000 

1  che  forma  tre  quinti  della  superficie  e  metà  della  popolazione  totale  della  terra: 

Volendo  istituir  paragoni,  si  troverà  che  l'Asia,  anche  dopo  che  i  moderni  geografi 
ne  aggregano  tanta  estensione  al  Mondo  Marittimo,  è  la  parte  più  grande,  ed  ha  la 
maggior  popolazione  assoluta;  ma  relativamente  conta  poco  più  della  metà  dell'Eu- 
ropa. Di  quest'ultima,  appena  un  sesto  della  superficie  è  incoltivabile. 

Vecso  il  1860  gli  Stati  furono  presi  dalla  smania  de'censimenti ,  e  tutti,  forse  per  la 
maggiore  regolarità,  attestarono  aumenio  di  popolazione.  La  Francia  mostrò  essere  cre- 
sciuta del  54  per  0,0  dal  1801  in  poi,  ma  ora  è  in  decremento.  L'Inghilterra  crebbe  del 
38  p.  0(0  dal  1820  in  poi.  La  Prussia  nel  18IGavea10  milioni  e  mezzo  d'anime;  ora  18 
e  mezzo:  fra  i  quali  268  mila  soldati  in  attività;  sicché  avrebbe  aumentato  del  "8  \).  0|0. 
Dopo  il  1847  crelibe  sterminatamente  l'emigrazione  dall'Europa  in  America:  e  il 
massimo  si  avverò  nel  1854,  quando  contaronsi  600  mila  emigrati;  nel  1859  furono 
200  mila.  Il  maggior  numero  è  dato  dall'Irlanda;  segue  il  resto  della  (^ran  Bretagna, 
poi  le  Provincie  Prussiane  della  Vestfalia,  e  il  resto  della  Germania.  L'emigrazione  d'in- 
glesi oltre  l'Oceano  nel  1861  diminuì,  mentre  crebbe  il  ritorno  degli  emigrati.  Partirono 
91,770  persone,  di  cui  49,764  per  gli  Stati  Uniti;  12,707  per  l'America  inglese:  19,183 
per  l'Australia;  4555  per  la  N.  Zelanda:  1576  pel  Capo:  774  per  Natale.  1  migrati  re- 
duci furono  32  mila;  cioè  8000  più  che  nel  1860.  Nel  1862  migrarono  dalla  Gran  Bre- 
tagna 70,522  uomini,  50,992  donne.  E  si  calcola  che  in  25  anni  la  Gran  Bretagna 


r.EnARCHIA  CATTOLICA  391 

mandò  f>  milioni  di  coloni,  oltre  forse  un  milione  partiti  sopra  altri  legni  che  que' delle 
Agenzie  d'emigrazione. 

Esporremo  altri  riiganagli  statistici,  sempre  colle  riserve  che  ahbiam  fatte  intorno 
alia  genuinità  dei  pritiii  dati.  Il  dover  istituire  confronti  ci  oMiliglierà  a  risalire  a  più 
anni  indietro;  ma  il  lettore  talvolta  può,  ne'  precedenti  paragrali,  trovare  gli  elementi 
assoluti  per  gli  anni  ultimi,  dovun(|ue  ci  fu  possibile  ottenerli. 

E  cominciando  dalla  gerarchia  cattolica,  questa  si  compone  di  70  cardinali  foggi 
elTettivamente  sono  59,  fra  cui  ]0  italiani  ;  oltre  i  9  eletti  nel  18G2J  :  e  di  12  patriarchi, 
di  cui  o  del  rito  orientale;  116 arcivescovadi,  di  cui  13J  di  rito  latino;  gli  altri  di  orien- 
tale, cioè  armeno,  grecoslavo  armeno,  grecoslavo  rumeno,  greco  melchita,  siro  puro, 
Siro  caldeo,  siro  maronita:  69 i  vescovati,  di  cui  6 il)  di  rito  latino.  Nel  1862  i  prelati 
componenti  la  gerarchia  cattolica  con  titolo  ascendeano  a  980,  di  cui  23i  in  jiarUbua 
infidelium  (Ij.  Il  papa  regnante  eresse  i  nuovi  arcivescovadi,  85  vescovadi,  ed  elevò  9 
sedi  a  metropolitiche:  eresse  pure  14  vicariati,  1  delegazione,  5  prefetture.  Stando  al- 
l'Europa, eccone  il  quadro: 

patriarcati     arcidiocesi  diocesi 

Austria \  15  67 

Prussia ....  »  2  6 

Restante  Germania »  5  14 

Svizzera »  i>  S 

Belgio »  1  5 

Francia  e  Corsica n  15  65 

Spagna  colle  Canarie >  8  SO 

Portogallo  con  Tercera  e  Madera i  2  16 

Irlanda »  4  24 

Inghilterra »  \  -12 

Paesi  L'assi »  1  4 

Russia  e  Polonia »  3  ^7  (2) 

Grecia  e  Isole  .Ionie »  2  4 

Turchia  europea \  4  S 

Quant'è  particolarmente  dell'Italia,  ecco  un  prospetto  più  particolareggiato,  stando 
all'antica  divisione. 


Lombardia .     . 
Veneto  .     .     . 
Napoli   .     .     . 
Sicilia  isola 
S;m  Marino 
Stato  pontificio 
Malta      .     .     , 
Toscana      .     . 
Svizzera      .     . 
Piemonte    .     . 
Sardegna  isola 
Modena       .     . 
Paroìa    . 
Tirolo    .     ,     . 
Corsica  .     . 
Monaco  .     .     . 
Isiria  e  Gorizia 


1 

2 

20 

4 


9 
69 
14 

M 

59 
1 

17 

I) 
23 

8 

4 
4 
2 
1 


237i 
1679 
3786 


10950 
? 

2641 
235 

3242 
381 
760 
813 


cloro    regolare 
uomini       donne 


374 

8(i4 

11680 

7591 

23 


981 

659 

9773 

8675 

34 


21415 

284     125 

3234     4172 


133 


3957 
1242 


130 


165 


177 

250 

_!_ 
76 


Clero 
secolare 

Totale 

Prop 

fra  i 

e 

popò 

orzione 
clero 
la 

azione 

9344 

10699 

270 

71 88 

8711 

270 

27144 

48597 

1 S.*) 

1 7000 

33266 

69 

32 

89 

70 

16905 

38320 

81 

900 

1 309 

94 

10031 

17437 

103 

567 

877 

137 

12888 

16845 

240 

2121 

3363 

161 

p 

3.586 

168 

2220 

2900 

178 

1165 

1  \m 

232 

? 

955 

251 

■? 

37 

270 

li  02 

1343 

1    • 

378 

(1)  Secondo  il  Scrrislori,   nel  -1858  i  vcscoTadi  non  erano  che  671 .  L" 
ora  ne  ha  118:  l'Europa  che  ne  aveva  553,  ne  ha  602.  In  Asia  ne  sono  7 

(2)  Ma  sette  chiese  (le  rnteue)  furono  dappoi  ridotte  alla  rosta. 


America  che  allora  ne  aveva  70, 
0;  in  Africa  10;  in  Oceania  i2. 


392  GEOGRAFIA  —  EPILOGO 

La  Congregazione  de  propaganda  fide  tiene  55  missioni  in  Asia,  13  nelle  due  Americhe, 
8  nell'Oceania,  io  nell'Africa,  che  sono  quelle  dell'Africa  centrale,  dei  Galla,  dell'Abis- 
sinia,  dell'Egilto  pei  Latini  e  pei  Copti,  di  Tripoli,  di  Tunisi,  della  Guinea,  del  Senegal, 
del  Congo,  del  Capo,  di  Natal,  del  Distretto  occidentale  e  orientale,  di  Nossibè,  di  Santa 
Maria  e  Mayotle,  delie  isole  Seycelle.  Nel  1846  Gregorio  XVI  creava  per  l'Africa  centrale 
il  vicariato  apostolico,  sedente  a  Rasel  Kartum,  sulla  sinistra  del  fiume  Azzurro,  poco 
lungi  dal  confluente  del  fiume  Dianco. 

Gli  ordini  religiosi,  i  quali  durano  tuttodì,  sono  203;  cioè  60  di  canonici  o  chierici 
conviventi  fuor  del  secolo,  Si  di  frati,  89  di  monache.  È  notabile  che  la  maggior  parte 
di  questi  s'istituirono  nel  xvi  e  xvu  secolo  :  il  più  recente  è  quello  dei  padri  Rosminiani 
della  Carità. 

Il  primo  popolo  della  cattolicità  è  il  francese,  che  appena  ha  un  dissidente  su  17 
cattolici. 

Walcker  nel  1803  computava  che  annualmente  in  Europa  si  pubblicassero  7000  opere. 
Dappoi  stamparono 

Danimarca      nel    1827    opere  264  cioè    1  ogni    7,000    abitanti 

Paesi  Bassi  .     .      1827  470  —              8,000 

Russia  e  Polonia      1828  686  —            60,000 

Germania.    .     .      1851  56S8  —              6,000 

Francia   ...      1831  S06o  —               6,000 

Gran  Bretagna  annualmente  2300  —             10,000          » 

Alla  sola  Parigi  nel  1812  si  stamparono  72  milioni  di  fogli;  nel  1822,  96  milioni  ;  nel 
18i8,  114  milioni:  nel  1833  eranvi  4200  torchi,  oltre  80  a  vapore;  nel  1848,  600  torchi 
meccanici,  e  da  1000  a  1500  a  mano.  Tutto  ciò  è  nulla  a  petto  di  Londra.  L'Italia  nu- 
mera oggidì  presso  a  1000  tipografie,  e  da  20  mila  operaj ,  sempre  crescenti  dacché  i 
libri  scemarono  e  venne  un  diluvio  di  giornali. 

Di  questo  sì  potente  e  sì  abusato  mezzo  d'istruzione,  nel  1847  ne  aveano  la  Spagna 
uno  ogni  864m.  abitanti,  la  Russia  ogni  1 39. m,  Austria  198m.,  Svizzera  66m.  :  Fran- 
cia 25m.,  Inghilterra  46m.,  Prussia  43m.,  Germania  18m.,  Belgio  29m.:  e  in  Italia,  la 
Lombardia  uno  ogni  6om.,  Toscana  e  Stati  papali  80m.,  Due  Sicilie  122m.,  Modena, 
Parma,  Veneto  138m.,  Stati  sardi  145m.,  stando  al  Moniteur  21  gennajo  d'esso  anno. 
Fu  detto  che  agli  Stati  Uniti  escano  oltre  2000  giornali,  quasi  unicamente  a  questi 
trovandosi  ridotta  la  letteratura  di  colà.  Le  rivoluzioni  recenti  alterarono  queste  pro- 
porzioni, a  disastro  del  buon  senso,  dtlla  libertà  e  dell'onore,  e  a  misura  che  deperi- 
rono la  letteratura  e  la  potenza  di  pensare  da  sé.  La  sola  Parigi  nel  1863  pubblica 
609  giornali. 

Gabinetti  di  lettura  con  prestito  di  libri  furono  istituiti  primamente  dal  librajo  Wright 
nel  1740;  ed  ora  la  sola  Germania  ne  conta  10,000.  Negli  altri  paesi  moltiplicano  tuttodì. 
In  Russia  dal  1833  al  43  vi  si  stamparono  7  milioni  di  libri,  e  s'introdussero  45  mi- 
lioni di  opere  straniere,  e  il  ministro  dell'istruzione  fece  intraprendere  40  spedizioni 
scientifiche.  Secondo  il  conto  reso  da  esso  ministro  per  la  fine  del  1844,  le  cinque  univer- 
sità di  Pietroburgo,  Mosca,  Kharkof,  Kief,  Dorpat  contavano  3274  studenti;  e  i  ginnasj, 
collegi,  scuole  di  distretto  e  di  parrocchie  e  pensioni  particolari,  108,000  allievi.  Orche 
quel  paese  si  rigenera  coll'aliolizionedella  schiavitù,  estendonsi  smisuratamente  le  scuole. 
In  Germania  al  V  gennajo  del  1865  v'erano  2859  librerie  di  tedeschi.  Lipsia  spedisce 
almeno  120m.  quintali  di  stampati  l'anno  pel  valore  di  25  milioni  di  franchi.  Nel  62 
comparvero  11,241  libri  nuovi,  cioè  quasi  quanti  in  tutta  la  restante  Europa. 

Sulle  biblioteche  ha  fatto  un  lavoro  Adriano  Balbi,  dal  quale  appare  come  incerti 
ancor  sieno  molti  elementi:  però  vogliono  computare  che  nelle  pubbliche  europee  stia- 
no 20milioni  di  volumi,  cioè  in  Francia  6,4U0,0U0,  in  Italia  5,000,000,  in  Germa- 
nia 5,700,000,  negli  altri  paesi  5,000,000:  altrettanti  forse  nelle  biblioteche  privale.  II 
Museo  Britannico  nel  1849  pubblicò  il  suo  catalogo,  in  88  volumi  in-folio,  secondo  il 
quale  la  biblioteca  contiene  455,678  volumi  stampati,  29, 6^i6  volumi  manoscritti,  23,980 
manuscritti  distaccati,  de'  quali  208  cgizj  su  papiro,  e  10,221  carte  e  piani.  iXcll'lnghil- 
terra  stessa  la  biblioteca  dell'università  di  Aberdeen  ha  35,284  libri  stampali  e  74  ma- 


STATISTICA   LÌETTERARIA    E   INnUSTRIAlE  39S 

nuscritti;  quella  d'Edimburgo  90,854  libri  stampati  e  310  manuscritti  ;  quella  degli  av- 
vocati 148,000  libri  stampati  e  2000  manuscritti. 

Sono  accademie  in  Francia  264;  Svizzera  50;  Baviera  36;  Wiirtenberg,  Baden  , 
Nassau,  Brunswick  48;  Hannover  e  le  quattro  città  libere 23;  Sassonia  20;  Austria  111; 
Prussia  40;  Paesi  Bassi  20;  Belgio  22;  Sardegna,  Parma,  Modena,  Lucca,  Toscana  43; 
Stati  poutifizj  16;  Due  Sicilie  17;  Portogallo  6;  Spagna 90;  Danimarca  20;  Norvegia 24; 
Russia  47;  Polonia  2;  Turchia  europea  e  Principali  danubiani  8;  Grecia  e  Isole  jonie  4; 
Gran  Bretagna  257.  Londra  è  la  città  del  mondo  cbe  più  ne  unisce  :  nel  1 854,  ve  n'avea  40 
in  piena  attività,  comprendenti  80  mila  individui,  cioè  la  Società  di  zoologia  2446,  di 
orticoltura  1 875,  delle  arti  1 000,  l'Istituto  reale  758,  la  Società  reale  750,  la  geologica  700, 
la  linneana  600,  l'asiatica  500,  la  geografica  520  l'astronomica  320,  quella  degli  anti- 
quarj  300,  di  letteratura  271,  sei  Società  mediche  1700,  l'Istituto  meccauico  1000,  ecc. 
in  detto  anno  vi  si  lessero  980  memorie,  di  cui  da  400  furono  pubblicate. 

Secondo  Hassel,  l'Europa  ha  104  università  con  70,235 studenti;  cioè  700  studenti  per 
università,  e  uno  ogni  3000  abitanti.  Ma  il  riparto  varia,  giacché  in  Ispagna  e  in  Italia 
alcune  non  contano  100  studenti  ;  i  Paesi  Bassi  ne  hanno  2686,  cioè  uno  ogni  2500  abi- 
tanti; l'Austria  18,000,  cioè  uno  ogni  1150  abitanti;  la  Prussia  5000.  Ecco  il  catalogo 
delle  principali,  coll'anno  di  lor  fondazione: 

Francia:  Parigi,  1200;  Tolosa,  1229;  Montpellier,  1284;  Orleans,  1305;  Grenoble,  1339 
(trasportata  a  Valenza  nel  1454);  Angers,  1364;  Grange,  1365;  Dole,  1422  (trasportata 
a  Besangon  nel  1676);  Poitiers,  1431;  Caen,  1436;  Valence,  1454;  Nantes,  1460; 
Bourgesl465;  Bordeaux,  1472;  Reims,  1548;Douay,  1572;  Besancon,  1676;  Pau,  1722; 
Nancy,  1769.  Si  sa  come  tutto  dipendono  dall'unica  università  governativa,  quella  di 
Parigi,  che  è  a  capo  di  tutte  l'insegnamento. 

Alemagna  e  Svizzera:  Praga,  13^8;  Vienna,  1364;  Ginevra,  1368;  Colonia,  1385; 
Eidelberga,  1386;  Lipsia  1409;  Basilea,  1459;  Magonza,  1477;  Tubinga  1477;  Wittem- 
berga,  1502  (trasferita  a  Halle  nel  1815);  Marburgo,  1527;  Kònigsberg,  I54i;  Jena,  1558; 
Helmstaìdt,  1575;  Halle,  1694;  Gottinga,  1755;  Erlangen,  1743;  Stuttgard,  1775;  Ber- 
lino, 1810;  Bonn  (formata  da  quella  di  Munster),  1818;  Monaco,  (formata  da  quella  di 
Landshut),  1826;  Zurigo,  1832;  Berna,  1854. 

Gran  Bretagna  Oxford,  1206;  Cambridge,  1229  o  1257;  Saint-André,  1411;  Glas- 
gow, 1454;  Aberdeen,  1506;  Edimburgo,  1582;  Dublino,  1591;  Londra,  1828. 

Paesi  Bassi  e  Belgio:  Lovanio,  1426;  Leida,  1575;  Franeker,  1585; Groninga,  1614; 
Utrecht,  1656;  Liegi  1816;  Gand,  1816;  Bruxelles,  1834. 

Italia:  Napoli,  1224;  Padova,  1228;  Roma,  1245;  Pisa,  1335;  Firenze,  1349;  Pa- 
via, 1360;  Siena,  1370;  Palermo,  1594;  Torino,  1405  ;  Parma,  1482:  oltre  Ferrara,  Ma- 
cerata, Perugia,  Urbino,  Camerino,  Modena,  Catania,  Messina,  Cagliari,  Sassari. 

Spagna  e  Po'^togallo:  Valenza,  1209;  Salamanca,  1239;  Lisbona,  1279;  Coimbra,  1291  ; 
Valladolid,  1346;  Toledo,  1499;  Siviglia,  1504. 

Paesi  del  Nord:  Cracovia,  1364;  Copenaghen,  1476;  Upsal,  1476;  Dorpat,  1632; 
Mosca,  1755;  Vilna,  1805,  Pietroburgo,  1819. 

Grecia:  Atene,  1836. 

Vennero  in  grande  incremento  le  scuole  elementari,  almeno  pel  numero:  potesse 
dirsi  altrettanto  per  la  qualità!  In  molti  Stati  è  diffuso  il  mutuo  insegnamenlo,  mas- 
sime in  Danimarca,  Svezia,  Inghilterra. 

Nella  Spagna  numerarono  5849  artisti.  In  Inghilterra,  secondo  Colquhoun,  piij  di  10 
mila  famiglie  vivono  dietro  alle  belle  arti,  col  lucro  di  1,200,000  sterline.  A  Parigi  nel 
1850  contavano  1525  disegnatori,  510  incisori,  480  architetti,  310  maestri  di  cappella, 
1523  sonatori:  la  rivoluzione  del  1848  li  ridusse  all'inazione  ed  alla  miseria,  e  disperse 
anche  molti  di  quelli  che  da  ogni  parte  affluivano  a  Roma  e  a  Napoli.  1  governi  succe- 
duti affettarono  ,ma  invano,  l'aureola  della  letteratura  e  delle  arti  belle. 

Riguardo  ai  progressi  agrarj,  Léonce  de  Lavergne  (Forces  produci ives  des  divers  pays) 
pone  la  Francia  e  l'Italia  nel  terzo  grado  d'onore,  dopo  aver  dato  il  primo  luogo  all'In- 
ghilterra, e  il  secondo  al  Belgio,  all'Olanda,  alla  Svizzera,  alla  Boemia  ed  alla  Lombardia. 
L'Italia  non  ha  che  il  terzo  del  bestiame  grosso  e  il  quinto  del  minuto  che  noverasi  in 
Francia,  la  quale  nondimeno  in  questo,  come  in  tutte  le  altre  parti  dell'agricoltura,  è 


394  GEOGRAFIA  —  EPILOGO 

assai  inferiore  all'Inghilterra.  Secondo  le  notizie  più  autorevoli,  il  valor  capitale  del 
suolo  italiano  s'avvicinerebbe  a  18,341 ,21  i, 000  franchi,  eia  rendita,  ragguagliata  in 
ragione  del  4  per  cento,  a  franchi  735, 648,000  ;  mentre  in  Francia,  dove  la  densità  della 
popolazione  è  minore  d'un  terzo,  il  capitale  dell'industria  agricola  ascende,  secondo  le 
ultime  statistiche,  al  valore  di  41,460,120,000  franchi. 

Kolb  (Allgemeine  Uebersichten)  dà  questo  quadro,  necessariamente  soltanto  approssi- 
mativo, dei  commercio  del  mondo,  valutato  in  milioni  di  franchi: 

Gran  Bretagna 6800 

Francia. • 4000 

Germania  (esclusa  l'Austria) 3800 

Stati  Uniti 2800 

Belgio 1350 

Olanda 1300 

Cina  ed  Australia -ISOO 

Italia 1000 

Austria 1000 

Russia 850 

Brasile 820 

Svizzera 750 

Turchia  ed  Egitto 550 

Indie  orientali  inglesi 500 

Nord-America  inglese 400 

Spagna  e  Portogallo 400 

indie  olandesi 250 

Regni  Scandinavi 200 

Chili 150 

Argentina 120 

Grecia  e  Isole  Jonie 80 

Totale    28000 
Secondo  le  statistiche  ufficiali  del  1862,  la  marina  mercantile  delle  principali  nazioni 
presentava  quest'effettivo  : 

Stati  Uniti tonnellate      5,145,000 

Inghilterra «  4,638,687 

Francia «  1,025,942 

Paesi  Bassi «  011,330 

Norvegia «  552,600 

Svezia «  373,000 

Grecia «  274,480 

Italia "  222,524 

Danimarca "  173, "31 8 

Belgio «  41,865 

Stato  Romano «  41,560 

Del  commercio  la  miglior  idea  si  trae  dalla  vista  di  Londra  e  dalle  statistiche  colà  pub- 
blicate. P.  E.  la  Peninsular  and  Orientai  Steam  navi(jation  Company  ha  58  bastimenti  a 
vapore,  suoi,  stazzianti  più  di  2000  tonnellate,  e  due  volte  al  mese  ne  partono  da  Sout- 
hampton e  da  Marsiglia  per  tutti  i  porti  del  mondo.  La  francese  Compniinie  des  services 
marilimes  des  messa(jp.ries  impériales  ha.':)!  navi  a  vapore,  di  cui  59  adopra  pel  commer- 
cio del  Mediterraneo  e  del  mar  Nero,  e  6  por  le  linee  del  Brasile,  Piata,  Senegal  ;  con  altre 
0  cominciò  il  commercio  delle  Indie  e  della  Cina,  per  cui  presto  farà  ',\  viaggi  al  mese. 
Per  l'inijhilterra  direttamente  si  asportarono  nel  1839  merci  orientali 

Dall'£r/j7<o  pel  valore  di fr.  214,507,800 

cioè  gomma  arabica,  muschio,  denti  d'elefante,  tartaruga,  manifatture  di 
peli  di  capra,  lane,  seta  greggia  e  manifatturata,  gioje,  cotone,  lino  greggio  : 

Dalle  Indie  orientali fr.  450.187,628 

in  cardaujo,  cassia,  cannella,  gomme,  noce  moscada,  incenso,  olj  es- 
senziali, petrolio,  mandorle,  ìndaco,  zaderano,  catechu,  cera,  cuocìù, 


COMMERCIO,  STRADE  FERRATE  39S 

guttaperca,  caffè,  the,  cotone, seta,  lane,  pellami,  slagno,  denti  d'elefante 

Dall'Australia fr.  3o1,i-i2,040 

in  rame,  stagno,  pellami,  tartarughe,  spermaceti,  olio  di  halena,  oro 

Dalla  Cina fr.  223,337,750 

in  cassia,  zenzero,  rabarbaro,  olj  essenziali  e  profumi,  cera  vegetale, 
porcellane,  mobilie  giapponesi,  lana,  seta,  the  Vedasi  Amiual  statement 
of  the  (rade  and  ìiavigation  of  the  United  Kingdom  in  the  year  1839 
presented  lo  bolli  houses  of  Parliametit. 

AH"  gennajo  1862  calcolaronsi  in  tutto  il  globo  M4,600  chilometri  di  strade  ferrate; 
cioè  in  Europa  33,631  :  nella  INortamerica  33,389,  nell'America  del  sud  882:  in  Asia 
2686:  in  Africa  481:  in  Oceania  214. 

Al  1"  gennaio  1858  non  erano  percorsi  che  87  mila  chil.;  sicché  in  4  anni  se  ne  fini- 
rono quasi  27,600  chil. ,  de'quaii  16  mila  in  Europa,  10  mila  in  America. 

Quanto  alle  strade  ferrate  d'Europa,  eccone  la  partizione:  nella  Gran  Bretagna  17,430 
chil.:  in  Germania  17,07J:  in  Francia  10,016:  in  Spagna  2369:  in  Russia  2103:  nel 
Belgio  1830:  in  Svizzera  1066  :  in  Svezia  e  Norvegia  342  :  in  Danimarca  398:  in  Olanda 
338:  in  Portogallo  144:  in  Turchia  63:  niente  in  Grecia:  in  Italia  2173. 

Quanto  all'Italia,  la  prima  strada  ferrata  fu  quella  da  Milano  a  Monza  nel  1838;  pro- 
lungata poi  nel  1849  lin  presso  a  Como:  nel  l8o9  cominciavasi  quella  da  Napoli  a  Castella- 
mare;  nel  1844  quella  da  Lucca  a  Pisa;  nel  1848  quella  da  Firenze  a  Livorno;  nel  46 
quella  da  Firenze  a  Pistoja  e  da  Pisloja  a  Lucca:  nel  1848  aprivasi  piccolo  tralto  di  quella 
fra  Torino  e  Genova,  nella  quale  sono  la  gran  galleria  di  Busalla  di  m.  5230,  e  l'altra  a 
S.  Pier  d'Arena  di  m.  680,  e  quattro  nella  valle  della  Scrivia  di  700  m.  di  lunghezza 
media,  con  due  viadotti  di  316  e  337  m.:  e  quattro  ponti  di  un  sol  arco  di  43  metri; 
il  ponte  sul  Tanaro  di  13  archi  da  10  metri.  Il  ponte  sul  Po  presso  Valenza  è  stupendo 
sull'altra  via  da  Genova  a  Novara.  Nel  1861  e  02  si  compirono  le  vie  fra  Milano  e 
Piacenza  varcando  il  Po,  e  di  là  a  Bologna,  Himini,  Ancona,  Pescara:  da  Milano  a 
Torreberretti  e  a  Gallarate,  e  quelle  che  da  Pioma  vanno  a  Civitavecchia,  a  Frascati,  a 
Napoli;  oltre  molte  minori  o  aperte  o  in  lavoro.  La  più  insigne  è  la  Lombardo-Veneta, 
che  da  Milano  giunge  a  Venezia  per  chil.  282,  traversando  la  laguna  s'un  ponte  di  333 
archi,  e  che  comunica  colle  vie  che  penetrano  in  Germania  sì  pel  Tirolo  e  l'Alpi  re- 
tiche,  sì  per  Trieste  e  l'Alpi  carniche.  Or  si  lavora  quella  del  litorale  del  Mediterraneo, 
sulle  due  riviere  liguri:  quella  che  per  l'Apennino  congiunga  l'Emilia  alla  Toscana; 
quella  che,  perforando  il  Cenisio  con  galleria  di  12,300  metri,  congiungerà  colla  Francia. 

Si  convenne  fra  gli  Stati  di  tener  le  rotaje  d'eguale  larghezza:  talché  una  stessa  lo- 
comotiva non  solo  può  girar  tutta  la  Francia,  ma  andare  a  Bruxelles,  a  Berlino,  a  Vienna, 
a  Berna  senza  bisogno  di  trasbordare  le  merci.  Anzi  può  andar  da  Parigi  a  Pietroburgo, 
per  2280  chil. ,  passando  per  Colonia,  Berlino,  Kònigsberg,  Kowno,  Dunauhurg. 

Si  calcola  che  l'Inghilterra  abbia  speso  in  strade  ferrate  333  milioni  di  lire  sterline. 
Se  ne  ricavano  all'anno  28  milioni  di  sterline,  eppure  non  fruttano  agli  azionisti  che 
il  3  p.  0|0.  Nel  1861,  ogni  giorno  10,600  traini  trasportarono  iiOO  mila  persone;  230 
mila  tonnelate  di  mercanzie,  53  mila  capi  di  bestiame:  e  l'estensione  delle  linee  era 
di  17,600  chilometri.  L'introito  lordo  fu  di  713  milioni  di  franchi,  di  cui  metà  andò  in 
spese;  57  sinistri  arrivarono,  in  cui  perirono  284  persone;  883  furono  ferite,  sopra  182 
milioni  di  persone  trasportate  nel  1860  vi  erano  in  uso  3801  locomotive;  nel  61  erano 
6156,  e  l'anno  appresso  se  n'aggiunsero  300. 

A  questi  mezzi  di  comunicazioni  oggiungansi  i  telegrafi  elettrici,  di  cui  nel  1802  si 
calcola  la  lunghezza  di  520  mila  chilometri.  Bisogna  supporre  almeno  il  sestuplo  di 
lunghezza  dei  cordoni  conduttori. 

Spaventevole  è  il  numero  de'poveri ,  crescente  a  misura  dei  provvedimenti  che  vi 
oppongono  una  politica  puramente  sensuale,  e  una  filantropia  di  apparato.  Va  pure 
crescendo  il  numero  dei  delitti,  e  in  conseguenza  delle  prigioni  e  degli  altri  mezzi  di 
repressione.  Come  si  concilii  questo  sciagurato  aumento  coi  vantati  progressi  della 
civillà,  è  un  tema  fra  retorico  e  sofistico  per  gli  adulatori  del  secolo.  Come  vi  si  ripari 
vogliano  1  buoni  cercarlo  piìi  in  su  che  nei  decreti  e  nelle  utopie. 


AGGIUNTE 


Pag.  3iS.  L'ultima  statistica  assegna  ài  regno  d'Italia  anime  22,779,800.  |La  superficie 
censita  è  di  ettari  20,000,000,  che  danno  la  produzione  lorda  di  2520  milioni,  e  la  netta 
di  1108  milioni-,  sottraendone  le  spese,  i  carichi,  le  perdite,  si  residua  a  566  milioni.  Si 
valuta  la  produzione  della  seta  in  4,500,000  chilogrammi  ;  della  quale  cinque  sesti  sono 
lavorati  in  paese  a  trame  e  organzini. 

Quanto  ai  boschi,  eccone  lo  specchio: 

Provincie  antiche  ettari  5,878,000  ;  ai  privati  bosco  ceduo  268,823  :  alto  fusto  156,347: 
a  corpi  morali  bosco  ceduo  996,630:  alto  fusto  197.618. 

Lombardia  ettari  2,140,200  ;  ai  privati  bosco  ceduo  124,241  17:  alto  fusto  26,555,05  : 
a  corpi  morali  bosco  ceduo  183,900,  64:  alto  fusto  80,455  81. 

Emilia  ettari  2,156,500;  ai  privati  bosco  ceduo  154,059  58-  alto  fusto  81,373  63: 
a  corpi  morali  bosco  ceduo  50,525  88:  alto  fusto  43,191  49. 

Marche  ettari  '1,002,300-,  ai  privati  bosco  ceduo  55,851  91  :  alto  fusto  20,859  33;  a 
corpi  morali  bosco  ceduo  8,898  58,  alto  fusto  2,537,50. 

Umbria  ettari  923,900;  ai  privati  bosco  ceduo  95,585  08  :  alto  fusto  146.260  77  ;  a 
corpi  morali  bosco  ceduo  43,914  45  :  alto  fusto  50,683  020. 

Toscana  ettari  2,207,100;  ai  privati  bosco  ceduo  21 7,958  28  :  alto  fusto  173,816  31;  a 
corpi  morali  bosco  ceduo  22,364  87:  alto  fusto  19,697  50. 

Provincie  napoletane  ettari  8,81 1 ,400;  ai  privati  bosco  ceduo  79,756:  alto  fusto  1 81 ,880; 
a  corpi  morali  bosco  ceduo  257,009:  alto  fusto  408,164. 

Sicilia  ettari  2,618,200. 

Totale  della  superficie  boschiva  ettari  4,297,845  450. 

Pag.  317.  Secondo  la  statistica  del  1863,  il  regno  di  Grecia  contava  1 ,096,810  abitanti, 
di  cui  1 ,086,600  di  culto  greco,  9358  d'altri  culti  cristiani,  552di  non  cristiani.  Formavano 
218,919  famiglie,  in  case  225,716:  9484  soldati;  5102  ecclesiastici:  16,122  proprietarj: 
147,507  agricoltori.  L'Inghilterra  avrebbe  ora  ceduto  al  regno  ellenico  le  isole  Jonie. 

Pag.  351.  Il  regno  di  Polonia  qual  fu  restaurato  nel  1860,  era  diviso  ne' governi  di 
Varsavia,  Lublino,  Hadom,  Augustowo,  Plotzk,  colla  popolazione  di  quasi  5  milioni  d'a- 
nime, fra  cui  4850  greci  disuniti  ;  3,657,1 40  cattolici  romani;  21 5,967  greci  uniti,-  274,707 
luterani;  4189  riformati,  1581  raennoniti;  1451  fratelli  moravi;  600,000  israeliti:  sopra 
124,000  eh.  di  superficie.  Le  entrale  salirono  nel  1860  a  18,272,102  rubli. 

Pag.  369.  Impero  Indiano.  Secondo  il  conto  presentato  nel  luglio  1860,  le  entrate 
dell'impero  coloniale  pel  1861-62  salivano  a  lire  steri.  45,829,000 

le  spese  a        «  43,880,000 

Pel  1862-63  le  entrate  a        «  45,105,500 

le  spese  a        «  43,825,000 

Cioè  con  un  avanzo  di  1,276,000  L.  sterline. 

11  debito  pubblico  si  diminuì  nell'ultimo  anno,  di  1,750,000  steri,  e  l'interesse  fu  di 
L.  steri.  3,134,847.  L'India  costa  all'Inghilterra  L.  0,634,344  steri,  comprosa  la  garanzia 
per  le  strade  ferrate.  Queste  sono  un  gravissimo  peso  al  tesoro,  ma  poiché  nel  18G2-63 
resero  806,000  steri.  ,  è  sperabile  che,  (|uando  sieno  compiute  e  in  pieno  esercizio,  pos- 
sano esonerare  lo  Slato,  erintegrarlo  delle  sue  anticipazioni. 


INDICE 


Pbefazione pag.       o       Etimologie  di  nomi  di  paesi . 


pag.     -15 


Epoca  I.  —  Propedeutica. 


2  ^ 


Cosmologia »  2i 

Geodesia 25 

Climatologia »  oO 

Meteorologìa n  32 

Idroistica n  55 

Geologia »  35 

Ecdidastica »  44 

Metalli »  46 

Zoologia «  ivi 

Commercio »  48 


g  -H  .  Antropomorfologia m 

^2.  Etnografia  d'Europa » 

^3.  Religione a 

H4.  Epeirografia » 

-iS.   Geografia  fisica  dell'Europa  ...» 


-16. 
-17. 

-18. 

^9. 


dell'Asia. 
dell'Africa 
dell'America 
dell'Oceania 


Epoca  li.  —  Dalla  disperzione  dei  popoli  fino  al  776  av.  G. 


-i .  Assiria >  99 

2.  India »  -100 

5.  Egitto I)  -101 

4.  Palestina »  -106 

5.  Fenicia »  -107 


Epoca  III.  —  Dal  776  al  323  av.  C. 


H- 


Impero  persiano »  'I'I9 

Grecia  al  tempo  della  guerra   Medica. 

—  Popolazione  d'Atene     ...»  •I2I 

Colonie  greche »  -127 

Regno  di  Filippo  il  Macedone  .     »  -128 

Conquiste  d'Alessandro  Magno  .     .     »  -129 

Italia n  154 


§  7.  Popolazione  d'Italia » 

8.  Autoctoni  del  Lazio,  della  Campania  e 

del  Sannìo » 

9.  Colonie  greche  in  Italia  ....  » 

-IO.  Invasioni  galliche ■ 

H.  Movimenti  degli  Itali » 

-1 2.  Primordi  di  Roma » 


Epoca  IV.  —  Dal  323  al  d34  av.  C. 


i^ 


Divisioni  dell'Impero  macedone .     .     »  14-1 
Italia  superiore  al  tempo  della  guerra 

saonitica ^42 

Italia  propria »  144 

Magna  Grecia »  -148 

Conquiste  di  Roma  in  Italia.     .     .     »  -149 

Guerre  puniche.  - —  Cartagine  .     .     »  151 

Viaggio  di  Annone »  -154 

Marcia  di  Annibale »  -156 


§  9.  Africa   e  Spagna  al   fine  delle    guerre 

puniche » 

IO.  Gallia  Cisalpina 

-Il .  Sicilia n 

•12.  Sardegna  e  Coreica » 

-15.  Grecia,  Illiria,  Macedonia      ...» 

14.  Conquiste  dei  Romani  in  Grecia     .     » 

15.  Asia  Minore  e  Alta n 

•16.  Egitto  alla  morte  di  Tolomeo  Evergete  » 
17.  Cina » 


Regni  d'.\sia.  —  Mitradate    ...»      •168 

Gallia  propria »     -169 

Bretagna »     ^175 


Epoca  V.  —  Dal  134  av.  C.  al  4  d.  C. 

2  4.  Germania 


5.  Popoli   delle    Alpi  e  sulla    destra    del 
Danubio » 


g^ 


Epoca  VI.  —  Dal  4  al  523  d,  C. 

Impero  romano;  suoi  limiti  .     .      .      »  177        g  5.  L'Impero  fin  a  Costantino 

Conquiste  degli  Imperatori  ...»  ici 

Divisioni  amministrative  ....     »  ^178 

Strade,  accampamenti      .     ...»  •ISO 


6.  Tetrarchia,  e  nuovo  ordinamento  am> 
ministrativo » 


48 

53 
85 
85 
86 
93 
94 
96 
97 


g  6.  Siria 

7.  Grecia 

8.  Asia  Minore 

9.  Strade  commerciali     .... 
-IO.  Le  carovane »     -116 


HO 

ivi 

112 


-133 

-137 
438 
439 
l'f» 
140 


457 

ivi 

458 

459 

tit 

461 

462 

404 

ivi 


474 
475 


4SI 
iti 


398 


INDICE 


§   \.  Impero  romano 
2.  Barbari  settentrionali 


Epoca  VII.  ~  Dal  523  al  al  476  d 

...       pag 


•J87 


§  3.  Barbari  d'Asia  e  d'Africa 
4.  Invasioni 


pag.  -187 
.     »     488 


§    1 .   Basso  Impero 

2.  Impero  persiano 

o.  Irlanda,  Bretagna,  Gallia,  Africa 


Ei'OCA  vili.  —  Dal  476  al  622  d.  C. 

.     ...     I)      189 


190 


g    4.  Italia 

5.  Barbari  indipendenti 


Epoca  IX.  —  Dal  622  all'800  d.  C. 

^  i.   Impero  arabo »  ^94 

2.  Conquiste  (lei  Musulmani  un  allo  smeni- 

brameiito  del  califfato.     ...»  lOo 

5.  Colonie  arabe 197 


§   4.  Impero  greco 

5.  —     di  Carlo  Magno  .      .     .     . 

6.  Stati  indipendenti  da  Carlo  Magno 


Epoca  X.  —  Dall'800  al  1096  d.  C. 


§  1.  Divisioni  dell'impero  di  Carlo  Magno  »  205 

2.  Provincie  invase  dai  Barbari      .     .  n  206 

D.   Grandi  feudatarj »  iti 

4.  Dissuhuione  dell'Europa  germanica  »  207 


I  5.  Spagna     

6.  Isole  britanniche 

7.  Scandinavi,  Slavi  e  Tartari  . 

8.  Smembramento  dell'impero  arabo 


Epoca  XI  e  XII.  —  Dal  1096  al  1500  d.  C. 


§1.1  Musulmani  e  i  regni  turchi     .     .     » 

2.   Tcrrasanta » 

o.  Regni  Cristiani   .     .  ...» 

4.  Impero  latino  in  Grecia  ....     » 

5.  L'Islam  .  » 

6.  L'Asia  alla  morte  di  Gengis-kau     .     » 

7.  Impero  cinese » 

8.  Europa  cristiana > 


218 

219 
222 

ivi 


223 
226 


J   9.  Impero  germanico .     .     .     , 
'io.  Italia 

1 1 .  Francia 

12.  Spagna 

13.  Inghilterra,  Irlanda,  Scozia 

14.  Scandinavia 

15.  Stati  slavi 


Epoca  XIII.  —  Dal  1300  al  1492  d.  C. 


§  1 .  Asia »  238 

2.  Impero    mongolo   alia    morte    di    Ta- 

nierlano »  ivi 

3.  Regni  musulmani »  239 

4.  Germania >  240 

5.  Svizzera ii  242 

C.  Francia »  243 

7.  Gran  Bretagna u  ivi 


g  8.  Scandinavia. 

9.  Penisola  iberica     . 

10.  Italia 

1  ) .  Russia  e  Capciak     . 

12.  Polonia    .... 

13.  Prussia  e  Livooia    . 

14.  Viaggio  d'ibn  Batuta 
13.        —      di  Clavifio . 


Epoca  XIV.  —  Commercio  e  scoperte. 


\  I.  Commercio  del  medioevo      ...»  262 

2.  Portoghesi  in  Africa »  263 

5.  Stabilimenti  in  Asia »  264 

4.  Oceania »  265 


g  b.  America 

6.  Scoperte  e  conquiste  in  America 

7.  Scoperte  posteriori 


Epoca  XV.  ;- 

1.  Italia » 

2.  Germania » 

3.  Casa  d'Austria » 

4.  Francia » 

5.  Penisola  iberica » 


Dal  1  social  1648  d.  C. 


273 
274 
275 

277 


\  6.  Gran  Bretagna 

7.  Scandinavia 

8.  Russia     ,     . 

9.  Turchia  . 


10.  Asia » 


Epoca  XVI.  —  Dal  1648  al  1700  d.  C. 


g  1.  Germania »  282 

2.  Prussia  e  Brandcburgo     ....     »  283 

3.  Francia »  «i'i 

4.  Setteatrione >  283 

t^.  Impero  ottomano »  286 


\  6.  Italia 

7.  Asia 

8.  Possessi  europei  in  Asia  . 

9.  —            io  America. 
10.  Africa 


191 

192 


198 
199 
202 


211 
2t2 
213 
216 


227 
230 
253 
234 
235 
236 


245 
244 

ivi 
246 
ivi 
ìmì 
ivi 
259 


267 

ivi 
269 


278 

279 

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280 
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»  287 

»  288 

»  ivi 

»  289 

»  290 


INDICE 


399 


Epoca  XVII.  —  Dal  1700  al  1789  d.  C. 


{.  Gran  Brelegna  e  Scandinavia     .       pag.  201 

2.  Polonia »  ivi 

3.  Russia Il  292 

•5.   Prussia 293 

b.  Casa  d'Austria »  tri 

6.  —  di  Baviera »  294 

7.  Germania »  ivi 

S.  Svizzera »  296 


g  9.  Provincie  Unite,  Spagna,  Portogallo  paj.  297 

^0.   Francia »  tei 

'I I .  Italia »  ivi 

^2.  Stati  musulmani »  299 

^ó.  Cina  e  Tartaria »  500 

^4.  India »  ivi 

'IS.  Emancipazione  delle  colonie  americane  »  301 


Epoca  XVIII. 


?^■ 


Impero  francese  . 
Penisola  iberica  . 
Italia    .... 
Repubblica  delle  isole  joniche 
Regno  greco  . 
Impero  ottomano 
Francia     .... 
Monarchia  olandese 
Regno  del  Belgio     . 
Confederazione  svizzera 

-  germanica 

Impero  ereditario  d'Auslr 
Monarchia  prussiana 

—  inglese  . 
svedese  . 

—  danese    . 
Impero  russo. 
America.  —  Mutazioni  storiche 


-  Dal  1789  al  1858  d.  C. 

303        g  19.  America  settentrionale »  ob2 

305          20.        —      centrale »  3b6 

309          21.        —       meridionale »  357 

316  22.  Popolazione  odierna   e   condizioni   dei- 
tri                      l'America «  360 

317  23.  Gl'indigeni »  562 

322         24.  Lingue »  564 

325  25.  Asia.  ■ —  Divisioni  politiche    ...»  365 

326  26.  Popolazione  odierna  dell'Asia     .     .  »  371 

327  27.  Condizione  del  paese »  574 

529          28.  Lingue  dell'Asia »  375 

333          29.  Africa.  —  Divisioni »  376 

3'40         50.  Condizione  del  paese »  578 

542         31.  Lingue »  380 

546  32.  Ultime  scoperte »  581 

547  53.  Mondo  marittimo »  383 

tY'i         34.  Epilogo »  387 

531        AcGiiìNTE I)  396 


FINE   DELLA   GEOGRAFIA    POLITICA. 


ARCHEOLOGIA  E  BELLE  ARTI 


Habent  saia,  cera,  lapìdes,  et  quncuroque 
vetusta  monumenta  quemadinodum  vo- 
ces  suas,  quibus  non  tam  gesta  nmjo- 
rum,  quametoriginem  aetatemque  suam, 
absque  ulla  litterarum  nota,  bene  advcr- 
tentibas  indicat. 

CiAMPiNi,  Vet.  Monim.,  t.  i,  e.  8. 


Camtù,  Documenti.  —  Tonio  I,  Archevlogia  e  Belle  Arti. 


AL  LETTORE, 


È  la  nona  volta  che  noi  ristampiamo  questo  traltatello,  e  sempre  con  amplia- 
zione  di  materia  e  aumento  di  cure:  segno  che  se  ne  compiace  l'Autore,  e  che  il 
Pubblico  lo  gradi.  Infatto  giornali  nostri  e  forestieri  convennero  che  esso  sia  il 
piij  compito  trattato  di  archeologia  che  si  abbia  Onora  alia  stampa,  essendovi  o 
discdrse  estesamente,  o  almeno  toccale  tutte  le  quistioni  che  si  agitano  fra  i  dotti 
intorno  a  questa  scienza,  tanto  oggi  coltivala;  e  sfuggendo  sì  la  severità  che  lo 
renderebbe  proprio  soltanto  de'  profondi  eruditi,  sì  la  leggerezza  che  dia  nozioni 
0  erronee  o  smozzicate.  Ad  essi  eruditi  servi'à  per  ricordarsi;  alla  giovenlìi  è 
necessario  per  acquistare  quella  coltura,  che  non  può  dirsi  compila  quando  manchi 
d'un  buon  corredo  di  cognizioni  classiche.  E  perciò  lo  crediamo  singolarmente 
opportuno  alle  scuole. 

Per  parte  nostra  noi  procurammo  che  il  testo  fosse  viepiù  corretto,  malgrado 
le  tante  citazioni  in  lingue  straniere,  e  lo  corredammo  di  sempre  maggior  numero 
di  figure,  acciocché  e  l'intelligenza  e  la  memoria  fossero  ajutale  dalla  percezione 
immediata. 

Ci  favorisca  il  Pubblico,  come  suole. 

Torino,  4  aprile  1863. 

Gli  Editori. 


INTRODUZIONE 


§  1.  —  Definizione. 

La  parola  Archeologia,  derivata  da  ixpyjx.ìoi  e  Ào'vo;,  significa  ragionamento  intorno  alle 
antichità.  La  scienza  così  denominata  si  propone  d'applicare  le  cognizioni  storiche  e 
letterarie  a  spiegare  i  monumenti  antichi,  e  dai  monumenti  dedurre  spiegazioni  alle 
opere  di  letteratura  e  alla  storia,  nello  scopo  di  chiarire  e  attestare  la  civiltà  di  tutti  o 
di  alcun  popolo  antico. 

Più  particolarmente  s'intende  con  questo  nome  la  critica  applicata  ai  monumenti, 
che  esprìmono  le  teogonie,  la  topografìa,  le  arti,  i  costumi,  gli  usi  dei  popoli  classici,  o 
che  essi  medesimi  sono  capi  d'arte. 

§  2.   —    I  Monumenti. 

Monumento  fda  monendo)  è  tutto  quanto  ci  chiarisce  delle  cose  che  furono.  In  senso 
particolare  questa  parola  indica  le  produzioni  delle  arti  del  disegno,  e  ancor  più  spe- 
cialmente le  opere  pubbliche,  destinate  a  tramandare  la  memoria  di  fatti  o  di  persone. 
Nell'uso  scientifico  dicesi  monumento  qualunque  cosa  antica  giunta  a  noi,  e  che  ci 
porga  notizia  dei  tempi  trascorsi. 

^5.    —  Game  questi  ci  sono  arrivati. 

Tali  monumenti  possono  esserci  arrivati,  i.  per  tradizione  orale,  come  sarebbero  le 
canzoni  popolari,  alcune  leggi  e  consuetudini,  o  leggende  e  somiglianti;  ii.  per  la  scrit- 
tura, quali  sono  i  libri  e  le  carte  (monumenti  letierarjj ;  in.  in  originale,  come  statue, 
iscrizioni,  medaglie,  edifizj,  suppellettili.  Alcuni  di  questi  sono  stabili^  cioè  per  loro 
natura  non  possono  spostarsi  ;  altri  mobili  o  anche  figurati,  od  iscritti. 

§  4.   —  Dei  ntonumenti  orali  e  scritti. 

I  monumenti  orali,  finché  rimangono  sulle  bocche,  non  costituiscono  scienza;  ridotti 
a  scrittura,  si  concentrano  coi  secondi  per  formare  l'Archeologia  letteraria^  distinta 
dalla  artistica,  alla  quale  spettano  gli  altri.  Nel  primo  senso,  Gioseflo  Ebreo  e  Dionigi 
d'Alicarnasso  intitolarono  Archeologia  i  loro  libri  ove  ragionano  dell'origine,  degli  usi, 
della  storia  degli  Ebrei  l'uno:  de'  Romani  l'altro;  e  il  Pottero  Archeologia  greca  il  suo 
ampio  trattito  de'  costumi  greci.  Vi  si  potrebbero  anche  riferire  le  collezioni  di  epigrafi 
antiche  (Archeologia  paleografica) ,  e  quelle  di  diplomi  (diplomatica):  e  monumenti  suoi 
sarebbero  tutte  le  scritture  antiche. 

§    5.  —   Archeologia  artistica,  e  differenza  dell'archeologia 
dall'antiquaria,  dalla  filologia. 

All'Archeologia  artistica  offrono  materiali  le  produzioni  di  mano,  a  noi  giunte  in 
originale.  L'uso,  sovrano  delle  lingue,  circoscrisse  a  questo  significato  la  parola  Archeo- 
logia^ che  si  occupa  di  rintracciare  la  verità  nei  monumenti  artistici,  considerati  quali 


ARCHEOLOGIA    E    BELLE    AFITI 


testimonj  presenti  ed  autentici  del  passato.  La  voce  ^rc/ieo/yro^a introdotta  da  Giacomo 
Spon,  più  propria  ed  esprimente,  non  prese  corso;  e  ben  servirebbe  ad  indicare  la  parie 
descrittiva  de'  monumenti,  serbando  quella  d'yt»T/ì('o/or//a  alla  parte  illustrativa.  La  voce 
latina  Antiquaria,  che  vi  corrisponde,  fu  ristretta  alla  cognizione  degli  oggetti  materiali 
dell'antichità;  onde  l'antiquario  raccoglie,  l'arobeologo  capisce  e  spiega:  a  quello  ba- 
stano le  ricchezze  o  la  fortuna,  e  l'essersi  formato  abitudine  e  gusto;  per  questo  vuoisi 
scienza  ed  erudizione.  I  Tedeschi  col  nome  di  Filologia  indicano,  non  soltanto  lo  studio 
letterale  dei  testi,  ma  anche  la  scienza  propria  dell'antichità. 

^.  6,   —   Dall'erudizione,  dalla  storia,  dalle  belle  arti,  e  dalla  storia  propria. 

Differisce  l'Archeologia  àaiW Erudizione,  perchè  questa  si  applica  principalmente  ai 
monumenti  letterarj,  purgando  i  testi  degli  autori  da  quanto  di  falso  e  di  scorretto  v'in- 
trodusse la  malizia  o  l'incuria  de' copisti;  e  col  rafl'ronio  dei  fatti  e  d'altre  scritture 
ne  accerta  il  senso  e  l'intenzione.  Neppure  vuoisi  confonderla  colla  Storia  delle  belle 
arti,  benché  questa  ne  sia  fondamento;  la  qu.ile  insegna  come  in  generale  l'uomo,  dalle 
rozze  costruzioni  e  figure,  s'innalzasse  fino  alla  più  vera  e  delicata  rappresenlaziotie 
degli  oggetti  naturali  e  dei  concepimenti  umani  per  mezzo  della  materia,  ed  a  raggiun- 
gere quel  tipo  di  bello  che  è  proprio  di  ciascuna  nazione;  e  registra  i  grand'uomini  per 
cui  opera  furono  tradotte  in  immagini  visibili  le  creazioni  del  genio.  K  però  indispen- 
sabile che  e  nell'Erudizione  e  nella  Storia  delle  arti  sia  versato  l'archeologo,  se  vuol 
raggiungere  il  senso  de'monumenti,  e  farne  rette  e  giovevoli  applicazioni;  singolarmente 
dee  avere  pratica  colla  mitologia  e  coi  poeti,  massime  i  tragici  greci,  i  quali  furono  fonie 
ricchissima  d'artistiche  ispirazioni  al  popolo  che  ci  lasciò  i  monumenti  più  belli,  al  po- 
polo unico  al  mondo  che  fosse  tutto  un  grand'ai lista,  e  fra  cui  l'arte  fosse  un'attività 
nazionale. 

L'Archeologia  non  è  neppur  lutt'uno  colla  Storia,  benché  l'una  all'altra  devano  dar 
mano.  Per  lunghissime  età  ogni  sussidio  letterario  manca,  sicché  la  Storia  rimarrebbe 
muta  ove  l'Archeologia  non  ne  adempisse  il  difetto:  tali  sarebbero  in  (ìrecia  i  tempi  an- 
teriori ad  Omero,  e  nella  Baltriana  i  posteriori  ad  Alessandro;  di  molti  regni  la  storia 
non  ci  è  prestata  che  eia  medaglie  ed  iscrizioni;  togliete  i  monumenti,  e  qual  cosa  ci  ha 
tramandato  l'immenso  Egitto?  Pertanto  l'Archeologiaor  viene  in  sussidio  dell'Erudizione 
scritta,  or  gliene  chiede;  l'ajuta  nell'intendere  quel  che  gli  autori  dissero  intorno  alla 
topografia,  alla  teogonia,  all'etica,  cioè  ai  costumi  ;  si  serve  degli  scrittori  per  trovare  il 
senso  vero  de'  monumenti  suoi  proprj  nell'architettura,  nella  plastica,  nella  grafica,  nella 
toreutica,  nella  gliptica,  nell'epigrafia  e  nella  numismatica. 

§   7.   ■ —   Meriti   dell'archeologia. 

Fra  gli  scrittori  antichi  é  generalmente  trasanda!a  la  Cronologia-^  e  i  monumenti  aju- 
tano  a  coordinare  ed  accertare  questa  scienza,  senza  cui  non  vi  è  storia.  Essi  restitui- 
scono i  nomi  di  persone  e  di  luoghi,  guasti  dall'inesatta  trascrizione,  e  dagli  alteramenti 
che  produce  il  mutarli  in  diversa  lingua;  essi  ritessono  la  serie  dei  dominanti,  perduta 
0  confusa. 

Gli  scrittori,  seguendo  o  le  impressioni  personali  o  le  nazionali  sinìpatie,  alterano  il 
vero  anche  senza  volerlo;  mentre  i  monumenti  rimangono  sinceri  testimonj  dei  puri 
fatti.  Gli  scrittori  tacciono  troppo  spesso  i  costumi,  le  usanze,  le  opinioni  dei  popoli, 
paghi  d'esporne  i  fatti  esteriori;  oppure  v'alludono  appena  alla  sfuggita.  Che  se  di  più 
non  occorreva  a  chi  vivea  in  mezzo  a  quelli,  riescono  oscuri  a  noi  che  ne  siam  lontani 
0  per  età  o  per  nazione.  L'Archeologia  vi  supplisce,  scoprendoli  in  quel  che  n'è  rimasto, 
facendoci,  per  dir  cosi,  vivere  in  mezzo  agli  antichi,  ridestando  il  loro  stalo  sociale, 
coll'armi,  le  vesti,  gli  spettacoli,  le  cerimonie,  i  riti  religiosi  e  funerali  e  nuziali,  i  ban- 
chetti, le  abitazioni,  gli  arredi;  dà  una  forma  determinata  alle  immagini  che  lo  spirito 
si  è  creato  dell'antichità,  alle  idee  che  trasse  dalla  lettura  ;  talvolta  colma  lacune  dei  testi, 
dà  alla  loro  interpretazione  mezzi  di  critica  inattesi;  dal  confronto  de'  monumenti  figu- 
rati svolge  certe  tradizioni  religiose  ed  eroiche,  irrivelate  dagli  scritti  ;  introduce  a  tempi, 
su  cui  manca  qualsiasi  monumento  scritto.  Qu  le  storia  ci  addentra  nella  civiltà  romana. 


INTROnUZIO.XK  / 

quanto  una  descrizione,  o  ancor  meglio  un'esplorazione  degli  schiavi  d'Ercolaoo  o  di 
Ponìpei? 

L'Archeolofiia  favorisce  quell'amor  del  bello,  che  è  fonte  di  tanti  piaceri,  ajutando  a 
penetrare  nelle  opere  antiche,  scoprirne  il  soggetto,  valutarne  il  merito,  e  cosi  crescere 
0  n)nderare  l'aminirazione.  Insegnando  a  classificarle,  favorisce  la  menioria  ed  agevola 
l'erudizione.  Educa  infine  a  discernere  ciò  che  è  vero  dalle  abilissime  contralTazioni. 

Alcuni  commentatori  tolsero  ad  illustrare  i  classici  per  via  di  monumenti,  come  fe- 
cero Spanheim  con  Callimaco  e  Giuliano;  Flaxmann,  Tischbein,  Raoul-Rochette  con 
Omero  ed  Euripide;  Heine  e  Sandbeyn,  con  Virgilio;  Pyne  con  Orazio;  Clavier  e  Vi- 
sconti con  Pausania,  Eltimamente  Beugnot  cercò  ne' monumenti  la  prolungazione  del 
paganesimo  in  Occidente  dopo  sparso  il  cristianesimo. 

D'alcune  lingue  antiche  non  rimane  vestigio  se  non  nei  monumenti;  come  delia  ge- 
roglifica egiziana,  dell'etrusca,  della  runica.  In  quelle  medesime  che  vivono,  possono 
essi  attestare  più  certamente  una  dizione,  o  un'ortografia,  o  il  vero  slato  della  favella  in 
certi  tempi,  come  si  fa  della  latina  cogli  epitafj  degli  Scipioni,  colla  colonna  rostrata  e 
con  alcuni  senatiiconsulti  in  bronzo. 

Gravina,  Eineccio,  Rinkio,  Rrissonio,  Terrasson,  Agostini,  Orsini,  Bòck  ed  altri  mo- 
strarono quanto  lume  tragga  la  giurisprudenza  dalla  numismatica  e  dalle  epigrafi,  che 
rivelano  o  leggi  o  pratiche  del  fòro.  Le  ruine  dei  septa,  cioè  del  ricinto  destinato  ai 
grandi  comizj  nazionali  in  Campo  Marzio  a  Roma,  scoperte  non  ha  guari,  risolvono  una 
quisliooe  difficile  e  importante,  cioè  qual  fosse  la  costituzione  di  Servio  Tullio  riguardo 
alle  classi  de'  cittadini  e  alle  loro  suddivisioni.  Gli  sgombri  del  Foro  romano  spiegarono 
passi  di  autori  e  quistioni  del  diritto  civile  o  pubblico. 

Le  arti  belle  tornarono  spesso  allo  smarrito  sentiero  col  ricorrere  agli  avanzi  dell'an- 
tichità; nei  loro  prosperi  giorni  ne  trassero  felici  ispirazioni,  o  impararono  ad  esprimere 
con  classica  correzione  i  pensieri  nuovi  ed  originali.  Testé,  volendosi  alzare  un  monu- 
mento a  prodi  guerrieri  a  Culm,  si  credette  non  poter  fare  di  meglio  che  copiare  una 
preziosa  anticaglia  da  pochi  anni  uscita  di  sotterra  a  Brescia.  Monaco  si  abbellì  con 
molli  edifizj  de'  tempi  andati. 

Quanto  poi  non  reca  e  piacere  all'intelletto  ed  eccitamento  all'immaginazione  il  ri- 
mirare le  effìgie  degli  uomini  grandi?  E  appunto  la  serie  di  questi  ci  è  offerta  dalle  me- 
daglie, dai  busti  0  dalle  pietre  a  rilievo  o  ad  incavo. 

Eccellente  modo  di  far  progredire  un'arte  è  ricondurla  al  suo  principio,  rivelare  la 
ragione  e  i  modi  dell'esistenza  sua,  e  così  risparmiarle  i  pericolosi  tentativi,  garantirla 
dai  traviamenti,  moltiplicarne  i  mezzi,  e  arricchirla  d'anticipata  esperienza,  sicché  pro- 
gredisca franca  per  una  via,  che  non  è  se  non  il  successivo  attuamento  e  la  necessaria 
conseguenza  del  suo  principio.  Laonde  lo  studio  delle  origini  è  il  fondamento  principale 
e  più  vero  del  progresso. 

Né  s'imputino  queste  idee  di  sistema  prestabilito,  di  tributo  ofTerto  a  idee  ora  di  moda. 
L'associamenlo  del  bello,  del  buono,  del  vero,  nel  quale  noi  riponiamo  il  progresso  so- 
ciale, dee  trovarsi  pure  nell'Archeologia,  quando  voglia  elevarsi  al  grado  di  scienza. 
L'uomo  contempla  con  curiosila  e  meraviglia  i  monumenti;  sotto  quest'impressione  li 
descrive  o  gl'imita;  primo  passo,  che  non  appartiene  ancora  alla  scienza.  La  moltipli- 
cità  degli  oggetti  lo  costringe  ad  una  scelta,  a  un  metodo,  a  qualunque  classificazione 
0  secondo  lo  stile,  o  secondo  la  storia.  Progredendo,  da  quegli  esempj  dedurrà  precetti, 
li  concatenerà,  ne  formerà  un  corpo  di  dottrina.  Ma  perchè  questa  si  avvivi  e  s'innalzi 
a  rappresentazione  sociale,  converrà  che  lo  studioso  ne  cerchi  ed  esprima  l'applicazione, 
l'oggetto,  e  qual  pensiero  si  celi  sotto  a  quelle  forme;  e  così  connetta  ciascun  lavoro 
colia  civiltà  che  lo  circonda. 

A  ciò  non  può  elevarsi  se  non  con  larghissimo  corredo  di  cognizioni,  e  sopratufto  col 
profondo  sentimento  del  vero,  cioè  dell'idea  mercè  della  quale  soltanto  può,  dall'idola- 
tria della  forma,  ergersi  al  cullo  del  pensiero,  assegnare  le  sue  ragioni  a  ciascun  lempo, 
e  prefiggere  i  giusti  limili  all'imitazione.  Solo  con  ciò  si  toglierebbero  tante  assurdità  di 
fabbriche  moderne,  storpiate  per  imitare  le  antiche,  ove,  con  istile  convenzionale  che 
non  ha  riguardo  ai  tempi  e  ai  bisogni,  si  architetta  una  chiesa  o  una  borsa  sul  modello 
d'un  tempio  o  d'un  bagno  antico,  si  cerca  dal  Giove  Olimpico  l'espressione  d'un  Padre 
Eterno. 


8  ARCHEOLOGIA    E    BF.I.I.r    ARTI 

Metodo  migliore  non  conosco  per  evitare  questi  sconci  sistematici,  che  il  ricorrere 
alle  origini,  cioè  all'antichità.  Una  scienza  pedantesca  si  è  fissata  su  certe  genti  e  certe 
epoche,  e  intitolò  classiche  quelle,  auree  queste,  e  fuor  di  là  non  riconobbe  buon  gusto; 
come  il  naturalista  che  volesse  studiar  l'animale  soltanto  nel  tempo  del  suo  migliore 
sviluppo,  0  la  pianta  sol  quando  è  carica  di  frutti.  Ma  non  è  vero  che  si  deduce  la  clas- 
sificazione botanica  dai  semi  ;  non  è  la  meditazione  sui  progressivi  incrementi  che  spinge 
innanzi  una  scienza?  Nei  monumenti  del  massimo  splendore  delle  arti  voi  restate  ab- 
bagliato per  modo,  da  perdere  quella  moderazione  che  è  necessaria  a  ravvisarne  i  difetti, 
a  valutarne  il  merito  al  vero;  escludete  ogni  possibiltà  di  altro  bene;  perdete  in  libertà 
quanto  acquistate  in  finezza. 

Da  qui  il  dispregio  che,  poco  tempo  fa,  si  aveva  per  tutto  ciò  che  non  fosse  greco  o 
romano;  da  qui  il  restringer  l'arte  fra  limiti  angustissimi  ;  da  qui  il  vilipendio  per  mo- 
numenti di  grandezza  incomparabile  come  i  gotici,  o  di  profondo  sentimento  come  i 
lavori  dell'arte  cristiana:  e  più  d'uno  storico  delle  arti  dovrà  esser  riprovato  dal  secolo 
nostro,  perchè  di  volontarie  tenebre  si  circondò,  affine  di  non  vedere  se  non  un  solo 
punto  luminoso. 

Insistiamo  sopra  l'utilità  di  questo  studio,  perchè  l'opinione  di  coloro  che  trovano 
comodo  il  disprezzare  per  dispensarsi  dallo  studiare,  riuscì  a  spargere  sull'Archeo- 
logia una  sciagurata  reputazione  di  pedantismo,  la  quale,  se  per  verità  è  giustificata  da 
inetti  e  presuntuosi  suoi  cultori,  viene  gloriosamente  smentita  da  quei  grandi  che  v'ac- 
coppiarono la  filologia  e  il  sentimento  dei  bisogni  dell'età  nostra,  e  che,  da  indagine 
morta  e  inefficace  sulla  lingua  e  gli  osi  degli  antichi,  la  convertirono  in  istudio  filosofico 
delle  classiche  antichità. 

Nelle  recenti  indagini  fatte  in  Grecia,  appare,  priDcipalmente  da  iscrizioni  della  Focide ,  un  fatto  che 
s'ignorava  del  tutto,  cioè  che  talvolta  gli  schiavi  erano  emancipati  col  donarsi  a  un  santuario,  sostituendo 
il  Dio  colà  venerato  al  padrone;  uso  che  credeasi  introdotto  solo  nel  medioevo.  E  un  bel  lavoro  quel 
di  No(»l  des  Vergers  ,  Essai  sur  Marc-Auréle  cfaprès  les  monumenls  épigraphiquet  (Parigi  <860). 
Le  opere  di  Le  Bas  sui  monumenti  della  Grecia  son  una  miniera  di  cognizioni  nuove,  di  retti6cazioni,  di 
conferme:  e  il  Le  Bas  fu  per  avventura  il  primo  che  in  libri  ad  uso  della  gioventù  delle  università  intro- 
ducesse documenti  epigrafici. 

§  8.  —  Grado  suo   di  certezza. 

Alcuno  volle  imputare  l'Archeologia  come  troppo  vaga  e  incerta  nei  risultamenti.  Le 
scienze  morali  non  daranno  mai  quell'assoluto  vero  che  le  matematiche,  né  applicazioni 
immediate  e  sicure  come  le  meccaniche.  Pure  v'è  un  ordine,  né  scarso,  di  verità  che 
tutto  appartiene  al  dominio  della  storia,  spogliata  dell'iracondo  scetticismo  in  cui  la 
vollero  gettare  i  filosofi  nel  secolo  passato,  e  nel  nostro  qualche  loro  tardo  seguace.  Ora 
alla  conquista  di  esse  più  che  mai  contribuisce  l'Archeologia,  quand'anche  non  si  voglia 
contare  per  nulla  il  piacere  sublime  del  riconoscer  la  verità.  Chi,  digiuno  della  scienza 
misuratrice  degli  spazj  e  del  movimento,  senta  l'as^tronomo  precisare  ristante  in  cui,  fra 
molti  secoli,  un  astro  si  troverà  nella  tale  situazione,  sogghigna  ;  e  tanto  più  che  quelli 
stessi,  i  quali  sanno  a  puntino  la  periferia  e  il  volume  d'un  remotissimo  pianeta,  a  fa- 
tica convengono  nella  misura  d'un  grado  del  meridiano  sulla  terra  nostra.  Eppure  i 
cieli  attestano  a  favore  di  quella  scienza,  e  la  prevista  eclisse  viene  al  preciso  minuto  a 
provare  l'infallibilità  de'  metodi. 

Così  è  dell'Archeologia.  Alcuni  ne  fecero  un  vero  giuoco  per  ingannare  altrui,  o  in- 
gannati essi  medesimi,  come  Annio  da  Viterbo,  Serbo,  Struys,  Laurus,  Picart,  Golzio, 
Hardouin.  Facile  sarebbe  citar  errori,  anche  grossolani,  in  cui  inciamparono  altri:  facile 
indicare  le  interpretazioni,  inconcludenti  perchè  troppo  vaghe  o  perchè  dedotte  da  ele- 
menti da  cui  se  ne  poteano  trarre  altre  diametralmente  opposte;  facile  l'indicare  alcuni 
punti  che  rimangono  inaccessibili  alle  sue  ricerche.  È  anche  pur  troppo  vera  l'accusa 
che  Winckelmann  dà  a  molti  studiosi  dell'antiquaria,  d'esser  simili  a  torrenti,  che  si 
gonfiano  quando  l'acqua  è  superflua,  e  restano  a  secco  quand'essa  tornerebbe  necessa- 
ria. Ma  vi  si  possono  opporre  fatti  s|)lendidissimi  ;  ardite  congetture,  rinfiancate  da  un 
corredo  meraviglioso  di  fatti;  molte  verità  o  interamente  rivelate,  o  poste  in  evidenza 
dalle  rirerclie  degli  aniiquarj.  Oi'f'^'o  nostro  lavoro  ne  olTrirà  più  d'una  prova. 


INTROni'ZIONK 


§  9.   —   Difficoltà   d'interpretare  i  monumenti. 

Perocché,  se  la  testimonianza  che  i  monumenti  rendono  alla  civiltà  d'un  popolo,  è 
la  più  sincera  ed  autentica,  <^  anche  la  men  facile  ad  interpretarsi,  o  perchè  non  si  sa 
darvi  un  senso,  o  perchè  non  si  sa  scegliere  fra  i  sensi  diversi.  Isolati  non  han  signifi- 
cazione ne  utilità;  e  il  riunirli  è  lungo  e  costoso.  Pertanto  i  monumenti  originali  non 
vengono  che  da  sezzo  in  ajuto  de'  monumenti  scritti,  man  mano  che  se  ne  comprende 
l'utilità  mediante  il  progresso  degli  altri  studj,  e  come  complemento  di  questi.  Gl'indizj 
otTerti  dai  monumenti  grafici  non  sono  mai  cosi  precisi  come  quelli  degli  autori,  e  facil- 
mente l'illustratore  può  trascinarli  al  proprio  assunto.  Che  non  fu  detto  a  proposito  dello 
zodiaco  di  Dendera?  quante  follie  si  sostennero  con  medaglie!  ma  i  delirj  di  alcuni  non 
devono  screditare  una  scienza,  la  quale  vuoisi  nella  forma  sia  chiara  e  determinata  e  nel 
tondo  diretta  all'intima  cognizione  dell'uomo  e  della  società  antica. 

Klotz  pubblicò  un  trattalollo  in  tedesco  sullo  Studio  deirantichilà,  confutando  quelli  che  il  tacciano  di 
futile.  .Anche  Bir>baim  v'insiste  nel  suo  raro  trattato  Sulla  natura  e  l'uso  dello  studio  delle  antichità. 

Vedi  pure  Gebhardt,    Vorrede  zum  Prodromus  der  anticken  Bildwerke. 

Labis,  De  la  certitude  de  la  scieuce  des  antiquilés.  Milano  1822. 

I.o  scetticismo  del  secolo  passato  contro  i  monumenti  è  riprodotto  da  Dadkoc,  Coursd^ètudeshisloriquet. 
Parigi  18''(2,  l.  I. 

§10.   —  Storia  dell'archeologia  presso  gli  antichi. 

Gli  antichi  aveano  sottocchio  sì  poche  ruine,  e  talmente  dilettavansi  nei  godimenti 
del  presente,  che  non  poterono  istituire  una  scienza  apposita,  la  quale  esaminasse  i  mo- 
numenti e  ne  traesse  la  conoscenza  dei  tempi  preteriti. 

L'India  non  faceva  distinzione  di  temj)i  in  quel  vago  delle  sue  cognizioni,  talché  per 
essa  il  passato  non  v'era,  o  confondevasi  colla  perpetuità. 

La  Cina,  veneratrice  com'è  degli  avi,  tenne  conto  di  quanto  ad  essi  si  riferisce  ;  e 
quando  Yen  ti,  un  secolo  e  mezzo  avanti  Cristo,  ridonò  ai  Letterati  il  favore  tolto  dopo 
la  persecuzione  fattane  da  Sciuang-ti,  fu  suprema  cura  dei  dotti  seguaci  di  Confucio  il 
raccogliere,  non  le  scritture  soltanto,  ma  i  monumenti  d'ogni  sorta,  sfuggiti  all'ordi- 
nata distruzione.  Però  quel  popolo  li  studiò  in  modo  affatto  empirico,  senza  sistema, 
né  con  altro  intento  che  di  perpetuare  lo  stesso  gusto,  le  stesse  idee,  respingere  le  novità, 
0  a  queste  ritrovar  grazia  col  mostrarle  dedotte  o  almeno  appoggiate  alle  vetuste. 

Gli  Egiziani  si  vantavano  il  popolo  pili  antico,  e  con  ciò  dispensavansi  dallo  interro- 
gare il  passato  :  eppure  i  vetustissimi  monumenti  di  Tebe  sono  costruiti  con  rottami 
d'altri  anteriori.  Che  se  sovra  i  padri  de'  loro  padri  sapevano  alcuna  cosa  i  sacerdoti, 
unici  depositar]  della  scienza,  quella  dottrina  restò  sepolta  nell'arcano  dei  tempj,  o  sotto 
l'enigma  della  scrittura  geroglifica,  disperazione  degli  archeologi. 

La  Grecia  diede  l'esempio  di  raccogliere  monumenti  e  notizie  sull'antichità  e  farne 
soggetto  d'erudizione  e  di  scienza,  heuchè  discosta  dall'aspetto  generale  sotto  cui  oggi 
le  ravvisiamo.  Molti  artisti  insegnarono  le  regole  dell'arte  loro,  appoggiandole  a  lavori 
proprj  od  altrui.  Ai  tempj  ed  ai  monumenti  più  famosi  erano  attacati  alcuni  i-.r,',r,Tut, 
ncptrìy7.Ty.t,  uMirx'j'-^'/'ji  che  noi  diremmo  ciceroni,  i  quali  spacciavano  storie  e  aneddoti 
intorno  alle  arti,  finché  (jualche  scrittore  le  raccolse.  Così  fece  Erodoto,  primo  storico 
profano:  Ecateo  diMileto  viaggiò  in  Egitto  per  esaminare  le  antichità:  Acusilao  d'Argo 
compose  un'opera  delle  Genealogie  per  illustrare  certe  iscrizioni  trovatesi.  Antioco  sira- 
cusano al  principio  della  sua  storia  diceva  aver  esaminati  i  vecchi  monumenti,  sceglien- 
done il  certo  e  il  probabile  ''Diomci,  Ani.  rom.  lib.  i):  Pisistrato  fé  una  raccolta  di  iscri- 
zioni su  pietra  e  su  bronzo:  Platone  e  Aristotele  parlano  di  iscrizioni  antiche:  un  Ari- 
stodemo trattò  delle  iscrizioni  tebane .  Eratostene  era  detto  per  antonomasia  V antiquario: 
secondo  Lattanzio  (lib.  i.  e.  44)  Eveemero  trasse  la  sua  Storia  di  Giove  e  degli  Dei  da 
titoli  e  iscrizioni  antichissime  esistenti  ne'  tempj  greci.  In  tarda  età  più  largiimente 
operò  Pausania  ;  ed  anche  Strabene  molla  luce  trae  da  sepolcri,  iscrizioni,  monumenti. 
Ci  resta  qualche  descrizione  di  quadri,  e  molti  epigrammi,  relativi  ad  opere  d'arte  che 
ajutano  a  conoscerle.  Altri  facevano  collezioni  di  capi  d'arte  e  d'anticaglie  ;  e  il  famoso 


10  ARCHEOLOGIA    E    BFIJ.E    AHTI 

museo  d'Alessandria  insieme  coi  libri  univa  antichità  e  monumenti.  Erano  però  vòlti 
piuttosto  ad  accertare  i  tempi  e  dar  appoggio  ai  lutti,  clie  non  a  indurne  un  complesso 
di  cognizioni  intorno  ai  costumi  ed  alle  leygi,  quale  dai  documenti  stessi  seppero  trarre 
gli  eruditi  moderni. 

1  Romani  non  curarono  di  conoscere  le  origini  loro,  e  parvero  desiderosi  di  cancellare 
la  memoria  delle  altrui.  Alla  lupa  di  Romolo  fermavasi  la  loro  antichità  ;  su  quella  degli 
Etruschi,  così  grande  e  madre  della  loro,  stesero  un  velo  insultante  5  degli  Itali  prischi 
affogarono  i  fasti  nel  sangue  Venuti  in  (ìrecia  e  nelle  isole,  rapivano  colla  mano  cruenta 
ciò  che  bello  paresse  ed  opportuno  ad  ornare  la  loro  città,  ma  senza  un  pensiero  di 
conservare  0  di  raccogliere  oggetti  che  alla  storia  prestassero  soccorsi.  In  Campidoglio 
stavano  scolpite  in  pietra  0  in  bronzo  le  leggi,  i  decreti,  i  trattati  antichi  ;  eppure  nes- 
sun loro  storico  degnò  salire  ad  interrogarle;  tantoché  due  stranieri,  Dionigi  d'Alicar- 
nasso  e  Polibio,  seppero  sopra  le  antichità  romane  più  che  non  gli  storici  indigeni.  Tito 
Livio  si  accontenta  di  copiare  dai  Greci,  quando  non  favoleggia  di  suo  capo  ;  Cicerone, 
per  informare  della  costituzione  del  proprio  paese,  traduce  Polibio;  dell'eruditissimo 
Marco  Varrone,  di  cui  gli  antichi  non  rifinano  le  lodi,  scarso  concetto  ci  porgono  i 
frammenti  avanzati  ;  né  meglio  possiam  dire  di  Catone.  E  sebbene  si  facessero  in  l^oma 
musei  di  rarità  e  d'arte,  non  vediamo  n'approfittassero  gli  scrittori,  i  quali,  fin  a  Plinio 
edagli  abbreviatori  successivi,  s'accontentano  sempre  dell'Archeologia  letteraria,  cioè  di 
ripetere  ciò  che  trovarono  scritto  altrove.  Distinguiamo  Vitruvio,  architetto  sotto  Cesare 
ed  Augusto,  il  quale  ci  lasciò  e  norme  ed  esenipj,  che  molto  illustrarono  le  antichità 
architettoniche.  Adriano  imperatore  raccolse  antichità  da  tutto  il  mondo  ;  e  (juel  poco 
che  se  n'ebbe  dalla  sua  villa  di  Tivoli,  arricchisce  oggi  molti  musei. 

Galli,  Germani  ed  altri  popoli  non  erano  così  innanzi  nella  civiltà,  per  pensare  a  rac- 
cogliere la  storia  de'  loro  antichi:  ma  è  dolore  che  siasi  perduta  la  collezione  di  canti 
teutonici,  ordinata  da  Carlo  Magno. 

Gli  Arabi,  fastosi  di  loro  genealogie,  a  queste  restrinsero  la  ricerca  dell'antichità  me- 
scendovi poi  tradizioni  di  genti  vicine. 

SU.  —  Come   fu  studiata  al   risorgimento. 

Quando  si  rinnovò  l'amore  degli  studj  classici,  in  Italia  fu  posta  cura  all'Archeologia. 
Il  Petrarca  ne  diede  l'esempio,  insieme  coi  manoscritti  raccogliendo  iscrizioni  e  meda- 
glie ;  e  all'imperatore  Carlo  IV  spedì  una  raccolta  di  queste,  non  veramente  per  iscopo 
archeologico,  ma  per  proporgli  ad  imitare  quei  principi  di  cui  gli  sottoponeva  le  effigie. 
Cola  di  Rienzo  dallo  studio  delle  iscrizioni  e  dei  monumenti  romani  dedusse  quell'ar- 
dore, per  cui  si  propose  di  rinnovare  la  repubblica  antica. 

I  pontefici  singolarmente  giovarono  allo  studio  dell'antichità  coll'ordinare  scavi,  e  col 
raccogliere  quanto  usciva  dalle  mine  della  città  eterna.  Su  quei  monumenti  si  eserci- 
tarono i  grandi  artisti  che  fecero  bello  il  secolo  de'  Medici;  uno  dei  caratteri  del  quale 
è  la  cura  con  cui  si  cercavano,  e  l'entusiasmo  con  cui  si  accoglievano  le  preziosità  an- 
tiche, massime  dell'arte.  Rafaello  scrisse  a  Leone  X  un  grandioso  divisamento  per  isco- 
prire  tutta  l'antica  Roma.  L'ostentazione  tenne  anche  luogo  d'amor  della  scienza  :  i  pa- 
lazzi se  ne  empirono;  e  restauri  infelici  deteriorarono  talora  i  più  bei  frammenti. 

A  questo,  che  può  dirsi  il  periodo  artistico,  succedette  quel  degli  antiquarj,  non  oc- 
cupati che  a  dar  un  nome  e  assegnare  un  posto  alle  cose  scoperte.  Scarsi  di  critica  e 
di  cognizioni  sulla  vita  dogli  antichi  facilmente  traviavano,  e  dirigeansi  verso  l'esteriore 
e  il  meschino.  Alcuni  però  pensarono  a  descrivere  le  collezioni,  dilfondendone  cosi  la 
cognizione.  (ìià  per  l'inseanamento  imbblico  della  Archeologia  Lorenzo  de'  Medici  avea 
posto  una  cattedra  in  Firenze,  e  cominciarono  opere  per  sistematicamente  illustrare  le 
antichità.  Pomponio  Leto  e  Rufael  di  Vollerra  scrissero  sui  magistrati,  Marliauo  sulLi 
topografia  dell'antica  Roma,  Robortello  sul  nome  delle  famiglie;  Manuzio  {!ìe  ìi'gìbus 
Romanoruni,  e  De.civitate,  l^rw,  L'i85j  trattò  il  soggetto  della  cittadinanza  romana  con 
acume,  ma  lo  superò  il  Sigonio  modenese  trattando  del  diritto  dei  cittadini  romani  (15(i()) 
del  diritto  italico  (1562)  e  dei  giudizj  (1574).  Grouchi  di  Rouen  e  Latino  Latini  s'occu- 
parono de'  comizj,  il  polacco  Zamoscio  del  senato  romano  (1553),  Francesco  Patrizj 
della  milizia  romana  (1683),  Giusto  Lipsie  dei  giuochi  e  d'altre  importanti  materie  (1637), 


INTRObUZlONE  H 

Panciroli  delle  dignità  (1608),  Enea  Vico  delie  medaglie  degli  antichi  {ìmt\],  superato 
da  Sebastiano  Erizzo;  Liberto  Golzio  incisor  fiammingo  piibbiicò  molle  meduiclie  (15^7-79), 
delle  quali  Giuseppe  Scaligero  e  il  p.  Pelau  si  valsero  |)er  l'omeDdazionc  dei  tempi. 

Essendo  Homa  il  centro  di  tali  studj,  si  l'aticù  principalmente  attorno  alla  topografia 
di  questa  città,  e  si  pretose  spiegare  ogni  nionunit-nlo  dell'arie  antica  per  allusione  alla 
storia  romana.  Allri  trascorrevano  a  dedurre  principj  generali  da  casi  particolari,  e  in- 
ventarono teoriche  bizzarre,  mal  l'ondate,  e  sovratutto  incompiute. 

E  qui  luogo  a  riparare  l'oblio  che  generalmente  si  fa  di  Onofrio  Panvinio.  e  Notissima 
cosa  è  (ci  valiam  delle  parole  d'un  altro  eruditissimo,  Scipione  Mallei,  Verona  illuslrala^ 
p.  II.  lib.  IV. j  a  chiunque  penetrò  addentro  nelle  migliori  lettere  e  nella  vera  erudizione, 
come  il  fonte  più  sicuro  e  più  ampio  delle  notizie  antiche,  son  le  lapidi  e  le  iscrizioni. 
Or  questo  studio  a  ninno  è  più  debitore,  che  al  Panvinio,  e  da  niunomai  fu  tanto  illustrato 
e  promosso.  Strano  parrà  il  mio  dire,  poiché  nell'istoria  dello  studio  lapidario,  ch'altri 
eruditamente  si  è  provato  di  l'are  nella  prefazione  alla  seconda  edizione  del  Grulero  né 
verun  di  que'  tanti,  che  in  vane  occasioni  coloro  esaltano,  i  quali  in  tale  applicazione 
si  occuparono,  del  Panvinio  menzione  pur  fanno,  o  ricordanza  alcuna.  Non  pertanto  la 
cosa  sta  pur  così:  poiché  in  primo  luogo,  dove  avanti  di  lui  non  altro  fecero  i  lapidarj 
che  copiar  le  iscrizioni  e  metterle  insieme,  egli  fu  il  primo  che,  adducendole  sempre 
in  alcun  proposito,  ne  mostrasse  l'uso,  e  ne  additasse  il  frutto.  Da  esse  poi  egli  ritrasse 
la  cronologia  dei  tempi  romani,  la  serie  de'  consoli  e  degl'imperadori,  la  notizia  della 
religione,  de' costumi,  del  governo,  delle  dignità,  degli  ulfizj,  delle  tribù,  delle  legioni, 
delle  vie,  degli  edifizj  pubblici,  de'  magistrati  municipali,  de'  giuochi,  e  di  quanto  a' 
più  importanti  punti  dell'erudizione  si  aspetta.  Egli  ancora  interpretò  quelle  che  non  si 
erano  prima  intese;  per  saggio  di  che  veggasi  nel  Grutero  la  pag.  412.  In  secondo  luogo, 
lasciando  le  pure  raccolte,  ninno  mai  nell'opere  sue,  né  tante,  né  così  scelte  iscrizioni 
addusse  e  pubblicò  j  poiché,  ponendo  insieme  quelle  che  son  ne' cinque  libri  de'  Com- 
mentarj  ai  Fasti,  dove  può  dirsi  compilato  un  corpo  delle  Consolari  sincere,  e  delle 
Imperatorie  allor  conosciute  5  e  quelle  che  son  ne'  tre  libri  della  Repubblica  romana,  e 
nelle  Anlichita  veronesi,  e  altrove,  noi  troveremo  poche  iscrizioni  insigni  0  importanti 
esser  nel  Grutero,  che  non  fossero  già  pubblicate  dal  Panvinio:  e  leggiadra  cosa  però 
è  il  veder  quanto  e  quante  volte  notasi  nel  detto  corpo  che  sien  prese  dagli  scritti  del 
Metello,  del  Pighio,  del  Clusio,  dello  Sinezio,  del  Verderio,  iscrizioni  già  dal  Panvinio 
stampate,  e  qualche  volta  più  correttamente,  incontaminale  per  lo  più  essendo  le  da  lui 
riferite;  benché  nel  Grulero  alcuni  pasticci  dicansi  talvolta  gratuitamente  ex  Panvinia- 
nis.  Il  Sigonio  con  più  verità  molte  iscrizioni,  di  cui  si  vale  a  proposito  del  gius  italico, 
protesta  dal  Panvinio  aver  ricevuto.  Egli  ancora  primo  osservò  gl'impronti  de'  mattoni 
e  ogni  altra  reliquia.  Ma  si  aggiunga  ch'egli  avanti  ogni  altro  intraprese  di  ridurre  in 
corpo  e  di  pubblicar  le  iscrizioni  tutte  che  in  quell'età  erano  date  fuori  ;  anzi  sì  gran- 
d'opera  egli  senza  ajuto  d'altri  gloriosamente  condusse  a  fine.  Però  abbiam  nel  catalogo 
delle  opere  di  lui  Antiquarum  totius  terrarum  orbis  inscriptionum  Ubrum.  Nel  secondo 
sopra  i  Fasti,  scusando  non  indicare  i  luoghi  ove  si  conservano  le  citate  lapidi  e  le  me- 
daglie, così  scrive  (pag.  4U1}:  Magnum  imcriiitionum  toHus  orbis  opus  adorno,  quod 
quamprinium,  Deo  auspice,  evulgabitur,  in  quo  omnia  singillatim  iìiscriptionum  loca 
accuratissime  descripta  suni  ;  e  nella  pagina  susseguente  accenna  con  quanta  diligenza 
si  fosse  in  ciò  occupato,  non  già  le  altrui  schede,  come  gli  altri  editori  fecero,  ma  gli 
originali  de'  bronzi  e  de'  marmi  in  Roma  singolarmente,  e  in  altre  parti  dell'Italia  ac- 
curatamente trascrivendo.  Ecco  però  come  dell'immortal  Corpo  delle  iscrizioni  egli  ebbe 
il  merito,  altri  la  gloria:  e  troppo  credibile  per  certo  è,  che  il  suo  manoscritto  avesse 
nella  raccolta  e  pubblicazione  dal  Grutero  poi  fatta,  gran  parte;  poiché,  dove  gli  allri 
suoi  scritti  in  lioma  0  altrove  pur  si  conservano,  di  quello  delle  Iscrizioni  non  si  è  mai 
saputo  novella;  dal  che  può  arguirsi  che  fosse  trafugato;  e  se  può  esser  lecito  per  varie 
considerazioni  di  far  congettura,  io  inclino  a  credere  che  la  raccolta  di  Martino  Smezio, 
ch'è  il  fondo  del  Grutero,  e  che  si  stampò  nobilmente  dal  Piantino  nel  io88,  sia  ap- 
punto quella  del  Panvinio,  in  tempo  del  quale  lo  Smezio  serviva  a  Roma  il  cardinal  Pio. 
Anche  il  titolo  è  l'istesso  :  Antiquarum  inscriptionum  librum  ,  denominava  il  Panvinio 
la  sua  fatica,  come  si  vede  nel  Catalogo,  e  Inscriptionum  antiquarum  liber  si  legge  in 
fronte  alla  stampa  dello  Smezio  ». 


i2  ARCHEOLOGIA    E    BELI  E   ABTl 

Niebuhr,  tanto  rigoroso  co'  suoi  predecessori,  loda  gli  archeologi  del  xvi  secolo,  che 
«  raccogliendo  a  forza  di  fatica  una  moltitudine  di  particolarità  isolate,  giunsero  a 
trarne  ciò  che  dagli  avanzi  della  letteratura  antica  non  era  offerto  in  una  sola  opera, 
un'esposizione  sistematica  delie  antichità  romane:  ciò  che  fecero  è  prodigioso,  e  baste- 
rebbe per  assicurarli  di  fama  immortale  »  (Pref.  alla  Storia  romana). 

Col  secolo  di  Luigi  XIV  cominciò  il  periodo  dotto,  che  con  immensi  mezzi  crebbe 
le  cognizioni  :  l'Accademia  delle  iscrizioni  e  belle  lettere  di  Francia  tolse  ad  illustrare 
diflfereoti  punti;  viaggiatori  eruditi  visitarono  i  terreni  dov'erano  sorte  le  città  famose: 
si  propagò  la  cura  di  conoscere  e  interpretarci  tempi  antichi.  Le  dissertazioni  da  Grevio 
e  Gronovio  radunate  nei  loro  Tesori,  rimangono  utile  fondamento  anche  dopo  che  ne 
furono  dedotte  dottrine  assai  più  ampie;  Muratori  e  Grutero  quasi  contemporaneamente 
riducevano  in  un  corpo  sistematico  le  epigrafi  latine  e  greche;  Mcyitfaucon  toglieva  a 
spiegare  gli  usi  degli  antichi  per  via  di  monumenti;  coi  monumenti  il  Bianchini  pre- 
tendeva divinare  la  storia  primitiva  del  mondo,  e  Kircher  sciogliere  gli  enigmi  della 
sfinge  egiziaca  ;  doni  Martin  e  Baxter  indagavano  le  antichità  dei  Galli  e  della  Bretagna, 
Bosio  e  Aringhi  quelle  de'  primi  Cristiani. 

Il  lavoro  dei  letterati  fu  secondato  dalle  tante  scoperte  nuove,  dai  musei  cresciuti, 
dai  confronti  moltiplicati,  dal  chiamare  in  sussidio  all'Archeologia  lo  studio  delle 
lingue,  l'erudizione,  la  critica ,  la  giurisprudenza.  Ne  vennero  quindi  lavori  insigni. 
Eckhel  diede  ordine  alla  scienza  delle  medaglie  e  monete,  distribuita  alfabeticamente 
da  Basche;  Dempstero  e  più  tardi  il  Passeri  preparavano  i  materiali,  con  cui  il  Lanzi 
spiegava  i  monumenti  e  le  lingue  della  media  Italia;  il  conte  di  Caylus,  distinto  per 
gusto  e  cognizioni  tecniche,  disponeva  per  età  i  monumenti,  meditava  sulle  arti  che  li 
produssero,  e  pubblicava  una  raccolta  d'antichità  egizie,  etrusche,  romane. 

^   i2.   —  Essa  migliora   nel   secolo  passato. 

L'Archeologia,  che  dal  Fabrizio  al  Montfaucon  era  stata  antiquaria,  divenne  artistica 
più  che  filologica  col  Winckelmann  ,  il  cui  nome  vorrà  sempre  pronunziarsi  con  rico- 
noscenza, a  malgrado  delle  sue  teoriche  assolute  ed  esclusive.  Dalle  mal  digeste  favole 
latine  revocò  egli  alla  greca  mitologia;  die  la  storia  delle  arti,  mentre  prima  non  s'ave- 
vano che  cataloghi  e  le  inesatte  notizie  di  Plinio  ;  ponendo  ciascun  monumento  a 
confronto  con  quelli  tutti  che  esistono,  rimosse  le  capricciose  interpretazioni.  Vero  è 
che  restrinse  la  vista  sulla  sola  arte  greca;  e  talmente  ne  rimase  assorto,  che  non  vide 
fuor  di  là  se  non  tenebre;  dell'egiziana  toccò,  siccome  d'un'ombra  alla  luce  di  quella; 
della  romana,  siccome  d'un  rillesso;  le  teste  di  Cristo  fatte  nel  medioevo  gli  parvero 
«  quel  che  si  potea  vedere  di  più  ignobile  ».  La  sua  Storia  dell'arte  cessa  dunque  col 
trasportarsi  della  sede  imperiale  a  Costantinopoli.  Dal  suo  rinascere  in  Italia  prese  a 
contemplarla  il  Cicognara  :  ma  quel  fecondissimo  tempo  di  mezzo  fu  da  lui  pure  franteso. 
1  documenti  di  questo  furono  raccolti  con  gran  pazienza  dal  d'Agincourt,  che  comprese 
l'importanza  delle  miniature,  delle  tessere,  delle  figuline,  dei  dittici,  dei  più  piccoli  e 
fragili  monumenti;  ma  troppo  sjiesso  gli  sfuggì  quello  spirito  che  tutti  gli  animava,  che 
a  tutti  dava  una  superna  significazione. 

Intanto  gli  sludj  prendevano  altra  direzione,  e  depoueano  lo  spregio,  capitale  nemico 
della  verità,  i^essing  cercava  ricondurre  a  idee  profonde  il  carattere  dell'arte  greca,  non 
conoscendo  però  che  un  aspetto  solo  ;  Zoega  con  idee  larghe  e  solide  cognizioni  ten- 
tava interpretare  l'Egitto;  Morcelli  inventava  di  classificare  le  iscrizioni  secondo  il 
soggetto,  e  deduceva  regole  sul  loro  stile  ;  a  tutti  sorvolava  Ennio  Quirino  Visconti, 
interprete  erudito  e  picn  di  gus'o  dell'antichità.  «  Stantechè  nel  vedere  i  monumenti 
dei  remoti  secoli  si  eccita,  in  chiuncjue  è  sensibile  all'attrattiva  delle  cognizioni,  una 
certa  curiosità  risguardante  il  significato,  la  destinazione,  l'epoca,  i  pregi  del  monu- 
mento, perciò  (dic'egli)  ho  creduto  che  parti  dell'illustratore  sieno  di  appagare  questa 
erudita  curiosità,  sulla  quale  in  gran  parte  è  fondata  la  scienza  antiquaria;  non  però 
con  capricciose  e  fantastiche  spiegazioni,  ma  col  confronto  degli  antichi  scritti  e  di 
altre  vetuste  memorie,  e  con  verosimiglianze  tratte  da  un'evidente  e  facile  analogia  ». 
In  fatti,  filologo  non  meno  che  artista  ,  egli  spiega  i  monumenti  coi  libri,  e  i  libri  coi 
monumenli;    e  sebbene  talvolta  accetti  monuuìenti  che  poco  bastava  a  repudiare  per 


i>ri;oiii/.ioM.  13 

falsi,  riuiaiH'  lulUua  priiiciiii;  iii  iiuesta  scienza.  Egli  iiivcnlò  di  disporre  nelle  colle- 
zioni prima  le  divinità  del  cielo  ,  dei  mari ,  della  terra  ,  degli  inferi  ;  indi  gli  eroi ,  la 
storia  antica  e  la  romana,  i  savj,  i  filosofi,  i  dotti  ;  infine  ciò  che  riguarda  storia  natu- 
rale, costumi,  arti;  ciascuna  classe  poi  secondo  l'età  e  il  merito. 

Ecco  i  fatti  principali  dell'età  moderna  dell'Archeologia: 
1345.  Guglielmo  da  Pastrengo  ridesta  lo  studio  delle  iscrizioni   raccogliendole  e  pel 

primo  illustrandole.  Fa   una  specie  d'enciclopedia  alfabetica  De  originihus  rerum, 

edita  poi  dal  Biondo  nel  1547. 
1150.  Nicolò  Niccoli,  vero  padre  della  moderna  Archeologia,  forma  una  raccolta  di 

statue  e  quadri,  e  una  serie  di  medaglie  fino  dai  primi  tempi  ;  spiega  l'ortografia  col- 

l'aulorità  delle  lapidi,  delle  monete  e  dei  codici. 
1430-40.  In  .Mantova  i  Gonzaga  raccolgono  un  tesoro  di  cammei ,  medaglie,  scolture 

ed   ogni  genere  d'antichità  (Ambrosii  Camaldolensis,  Odepor.  et  Epist.;  Tkissino 

Ritratti  ;  Ckkcjti,  Prcef.  ad  Musoeum  Cale,  ecc.). 
1446.  Sopra  i  musei  già  numerosi  e  col  frutto  di  lunghi  viaggi  incomincia  a  lavorare 

Ciriaco  anconitano,  il  primo  che  componesse  un'opera  veramente  antiquaria,  guasta 

da  troppa  credulità. 
1450.  Fiocchi  scrive  sulle  romane  magistrature  un'opera  che  viene  riputata  di  Fe- 

nestella. 
1450.-1502.  Cosmo  de'  Medici  ,  Piero,  e  più  di  tutti  Lorenzo  il  Magnifico  promovono 

l'archeologia  con  biblioteche  e  musei. 
1462.  Flavio  Biondo  nella  Roma  instaurata  ne  spiega  per  la  prima  volta  i  monumenti 

con  le  autorità  degli  antichi  autori. 
1466.  Pomponio  Leto  tratta  dei  sacerdozj,  dei  magistrati,  delle  leggi  e  de'  costumi 

romani. 
1490.  Bologni  comincia  ad    aggiungere  ai  monumenti  spiegazioni  e  commenti  per 

illustrarli  (Tibaboschi,  t.  vi,  p.  i). 
1517.  Compaiono  anonime  le  Immagini  degli  uomini  illustri,  pnm&  opera  numismatica 

a  stampa. 
1521.  Compare  la  prima  opera  lapidaria,  stampata  anonima  e  col  titolo  Iscrizioni  del- 
l'antica città. 
1534.  Apiano  dà  in  luce  le  Inscriptiones  sacrosanctm  vetustatis ,  non  ma'  quidem  ro- 
mance, sed  /of/us  fere  orbis. 
1555.  Sigonio  illumina  la  storia  coll'archeologia. 

1560.  Enea  Vico  introduce  la  critica  nella  numismatica,  porgendo  regole  per  distin- 
guere le  medaglie  vere  dalle  false,  che  industriosamente  erano  lavorate  specialmente 

da  Cavino,  Cellini,  Bonzagna. 

—  Poldo  Giovanni  illustra  le  antichità  di  Nìmes. 

1566-75.  Goltz  colle  lapidi  e  colle  medaglie  cerca  lumi'per  la  religione,  la  storia,  la 

geografia,  la  cronologia  e  tutta  l'antichità;  ma  cade  in  errori  di  medaglie  falsate  e 

supposte,  come  più  tardi  mostrò  Eckhel. 
1575.  Ambrogio  Morales  abbraccia  le  iscrizioni  di  tutta  la  Spagna  e  statuisce  regole  alla 

scienza  lapidaria. 
1595.  Ortelio  chiarisce  la  geografia  col  sussidio  dell'antiquaria 
1614,  .Meursio  illustra  enciclopedicamente  la  Grecia. 
1616.  Pietro  Ciacon  illustra  eruditamente  un  calendario  dei  tempi  di  Cesare;  spiega  il 

frammento  della  colonna  rostrata  di  Uuillio;  e  dai  bassorilievi  della  colonna  Trajana 

trae  una  storia  delle  due  guerre  daciche. 
1618.  Onofrio  Panvinio  conduce  a  nuovo  splendore  la  lapidaria;  pel  primo  osserva 

gl'impronti  dei  mattoni  ed  ogni  lapidaria  reliquia. 
1645.  Lastanosa  apre  un  nuovo  campo  alle  ricerche  antiquariecol  Museo  delle  medaglie 

sconosciute  di  Spagna. 
1647-52.  Doni  e  Meibomio  esaminano  la  musica  greca,  aprendo  le  vie  a  Martini,  Brown, 

Eximeno  e  Burney. 

—  Doni  raccoglie  più  di  seimila  lapidi,  sconosciute  nei  precedenti  lapidar]  eruditi,  e 
Cori  le  pubblica  nel  1731. 


H  AllCIItOLOtilA     r:    Htl.!  r.    AI'.Tl 

1652-5Ì.  Kircher  si  finge  un  nuovo  Edipo  che  interpreta  tutti  gli  enigmi  egiziani. 
1671-87.  Patin  e  Seguin  olFrono  tesori  di  medaglie  scrupolosamente  legittimate. 
1681.  Noris  commenta  i  cenotafj  pisani. 

1688.  Ducange  le  medaglie  orientali  del  Basso  Impero,  neglette  dagli  altri  scrittori. 
1690.  Bellori  gli  archi  esistenti  in  Roma,  i  frammenti  delle  romane  antichità,  e  le 

antiche  pitture  scopertesi  nel  sepolcro  dei  Nasoni. 
1690-99.  Ciampini  le  chiese  antiche  in  Roma  ed  i  musaici  di  esse. 
1694,  Grevio,  Sallengre  (1716),  Gronovio  (1732),  il  Poleni  (1737)  raccolgono  vasti  tesori 

d'antichità  greche  e  romane. 
1698-1716.  Buonarroti  porta  a  nuovo  progresso  l'archeologia  colle  opere  Sopra  alcuni 

medaglioni  antichi.  De' vasi  antichi  di  vetro;  e  con  alcune  congetture  aggiunte 

aWEtruria  regale  del  Dempstero  avviva  lo  studio  delle  antichità  etrusche. 

1699.  Fabretti  pubblica  la  prima  raccolta  d'iscrizioni  che  sia  scevra  di  falsità. 

1700.  Vaillant  colla  numismatica  illustra  la  Grecia,  la  storia  d'Egitto  (1701),  dei  re  di 
Siria  (1732),  dopo  sparsi  di  una  luce  affatto  nuova  alcuni  punti  di  geografia  e  di  storia 
colle  medaglie  delle  colonie  romane  (1688). 

1706.  Spanhemio  prova  l'importanza  della  uumismatica,  e  l'uso  che  fecero  gli  antichi 
delle  medaglie. 

—  Montfaucon  e  i  suoi  confratelli,  autori  del  Nuovo  trattato  di  diplomatica,  avanzano 
la  greca  paleografia. 

1707.  Grutero  compie  le  Inscriptiones  antiquce  totius  orbis  romani. 
1709.  Fabrizio  pubblica  la  Bibliotheca  antiquaria. 

1712.  Niewport  illustra  l'antiquaria  per  ciò  che  concerne  a  costumi  ed  usi. 

1727.  Schiller  l'archeologia  germanica  de'  bassi  tempi. 

1733.  Baxter  la  britannica. 

1739.  Martin  la  religione  de'  Galli  per  mezzo  de'  monumenti. 

1752-67.  Caylus  dispone  in  ordine  cronologico  i  monumenti  delle  diverse  età,  é  penetra 
il  segreto  della  maggior  parte  delle  arti  che  gli  aveano  prodotti. 

1762.  Pellerin  dà  le  prime  idee  del  sistema  numismatico,  che  poi  Eckhel  perfeziona, 

176i.  Winckelmann  consolida  l'alleanza  delle  belle  arti  coll'archeologia. 

1767.  Guarnacci  e  quindi  Olivieri,  Mazzocchi,  Guazzesi,  Passeri  si  applicano  alle  anti- 
chità etrusche. 

17i)8.  Pruesti  pubblica  la  Archeologia  letteraria. 

1779.  Eckhel  coordina  metodicamente  la  scienza  delle  medaglie  antiche. 

1781.  Bayer  fissa  delle  monete  ebreo-samaritane  la  vera  esistenza,  l'età,  le  iscrizioni, 
il  valore,  il  peso,  ecc.,  facendosi  giudice  delle  tante  questioni  su  di  esse  provocate 
da  Postel,  Aria  Montano,  Masio,  Agostino,  Yillalpando,  Walton,  Hottinger,  Wagenseil, 
Basnage,  Sperling,  Tycksen,  Schiòger,  Henrion,  ecc. 

1782-1808.  Ennio  Quirino  Visconti  con  enciclopedica  sapienza  si  eleva  sopra  lutti  gli 
archeologi. 

1785-94  e  supplemento  del  1805.  Basche  sassone  distribuisce  in  ordine  alfabetico  la 
scienza  numismatica  antica. 

1788.  Barthélemy  riedifica  la  Grecia  di  Pericle  dalle  ruine. 

1789.  Lanzi ,  sull'orme  di  Dempstero  e  Passeri,  si  addentra  nell'intelligenza  e  spiega- 
zione degli  idiomi  e  dei  monumenti  dell'Italia  media. 

1792.  Adler  dà  il  primo  saggio  positivo  di  antiquaria  arabica. 

1797.  Zoega  dirada  le  ombre  che  coprivano  i  monumenti  dell'antico  Egitto. 

§.   13.   — -e  più  nel  nostro,  per  tre  fatti. 

Nel  secol  nostro  tre  fatti  importantissimi  spinsero  avanti  lo  studio  delle  antichità.  Il 
primo  fu  la  spedizione  d'Egitto,  ardito  concepimento  di  Huonaparte,  dove,  insieme  colla 
guerra  ,  si  mirò  all'incremento  delle  scienze.  Una  commissione  raccolse  e  trasportò  in 
Europa  molti  monumenti  di  quell'arcano  paese,  che  dieder  origine  a  discussioni,  invo- 
gliarono a  cercarne  di  nuovi,  e  promisero  dicifrare  la  lingua  misteriosa. 

Può  dirsi  che  da  quel  momento  l'antiquaria,  messa  in  moda  nel  paese  che  popolarizza 
le  ideo,  entrasse  Ira  gli  studj  necessari  alla  coltura,  profittando  della  filologìa  tedesca  e 


i>THot>tzio>r.  15 

de'  tanti  capidarte  che  la  conquista  aveva  raccolti  a  Parigi ,  la  cui  vista  giovò  assai 

anche  ai  lavori,  a  cui  nuoce  troppo  la  fretta,  come  quello  di  Millin. 

J803.  Millin,  ne'  Monumenti  inediti,  nella  fiaccolta  di  vasi  etruschi,  e  nella  descrizione 

dei  sepolcri  di  Canosa  (1813). 
Ì806-13.  Mionnet  pubblica  la  Dexcription  des  médailles  antiques  grecquts  et  romaines, 

ecc.,  il  libro  (inora  più  completo  per  esatta  descrizione  delle  medaglie. 
1818-25.  Morcelli  presenta  un  sistema  regolare  per  classificare  le  iscrizioni  secondo  il 

loro  stile. 
1781-4860.  Bartolomeo  Borghesi  pubblica  molte  opere ,  e  principalmente  raccoglie  i 

fasti  consolari  e  le  antichità. 

Altri  tesori  si  scopersero  e  studiarono  in  Grecia;  le  sculture  del  Partenone  recate  in 
Europa,  allargarono  i  concetti  intorno  all'arte,  e  viepiù  il  frontone  del  tempio  d'Egina 
trasportato  a  Monaco.  Venner  poi  le  tombe  scoperte  in  Algeria  e  a  Cartagine,  le  ricerche 
in  Fenicia,  nelle  isole  dell'arcipelago,  nell'Asia  minore  e  nella  maggiore,  e  sempre  nuove 
in  Italia,  per  quanto  interrotte  dalle  sciagure,  sempre  varie  di  questo  paese. 

In  Etruria  primamente,  indi  nella  Campania  e  in  altre  parti  della  bassa  e  media 
Italia,  vennero  e  scoprirsi  migliaja  di  vasi,  rari  dapprima  ;  e  la  moltiplicità  delle  forme, 
dei  disegni  e  dei  caratteri  loro  aperse  nuovo  campo  agli  eruditi ,  e  portò  un  nuovo  si- 
stema di  storia  e  di  mitologia. 

Rivelazione  di  nuovo  genere  e  più  importante  fu  quella  del  mondo  orientale.  Il  do- 
minio degli  Inglesi  nell'India  agevolò  i  mezzi  d'interrogare  e  libri  e  monumenti,  non 
del  sanscrito  soltanto,  ma  delle  varie  lingue  e  civiltà  che  a  quello  si  aggruppano;  onde 
uscì  un  mondo,  possiam  dire  nuovo,  coi  simboli  d'un'antichità  remotissima. 

Pertanto  le  antichità  orientali,  che  al  tempo  del  Winckelmann  e  del  Visconti  erano 
un  accessorio  dell'Archeologia,  ora  ne  sono  necessaria  introduzione,  per  riconoscere 
quanto  l'antichità  classica  abbia  profittato  delle  anteriori.  Le  lingue  indiane  divengono 
necessarie  alla  spiegazione  de'  monumenti  figurati,  come  apparve  dai  lavori  di  Prinsep, 
Lassen ,  Wilson  sulle  medaglie  di  Lahor,  da  quelli  di  Fellow  sulla  Licia,  di  Troyer  sul 
Cascemir  ecc.  La  Bibbia  è  interrogata  sopra  monumenti  di  Babilonesi,  Fenicj  e  d'altri, 
di  cui  manca  ogni  documento  scritto.  Le  ruine  di  Cil -Minar  attestarono  la  connessione 
fra  la  montuosa  Perside  e  le  pianure  dell'Eufrate.  Ora  la  scoperta  de'  palazzi  di  Kor- 
sabad  e  di  Ninive  promette  una  rivoluzione  in  questa  scienza,  qual  già  la  spedizione  di 
Egitto. 

Tosto  in  ogni  paese  quasi  di  concerto  moltiplicaronsi  ricerche  e  discussioni;  varie 
accademie,  principalmente  quelle  di  Parigi,  di  Gottinga,  di  Lipsia,  di  Torino,  di  Cal- 
cutta, attesero  a  punti  speciali;  formaronsi  società  per  la  conservazione  ,  la  ricerca  e 
l'interpretazione  dei  monumenti,  come  quella  per  gli  scavi  d'Ercolano  e  Pompej,  le 
due  archeologiche  di  Roma,  le  altre  di  Parigi,  di  Vienna,  del  Nord  ;  s'inviò  a  misurare 
e  copiare  monumenti  nell'Egitto,  nell'India,  nella  Morea ,  in  Italia,  nel  Chersoneso  e 
più  in  là;  Chandter,  Choiseul  Gouffier,  Cockerell,  Geli,  Leake,  Dodwel ,  Pouqueville, 

Stakelberg,  Broenstt-d,  Texier,  Tiersch,  Heuzey,  Wescher esploravano  la  Grecia;  il 

governo  francese  mandava  una  spedizione  scientifica  in  Morea  ,  una  in  Egitto  insieme 
colla  Toscana  ;  lord  Elgin  colle  spoglie  del  Partenone  arricchiva  il  museo  Britannico  ; 
la  Baviera  comprava  i  monumenti  arcaici  di  Egina;  alcuni  privati  vi  si  posero  per 
proprio  ardore,  Koch  nell'Armenia,  Fellow  nella  Sicilia.  Lòw  nella  Panfilia,  Texier  nel 
Kurdistan,  Hase  a  Orano.  Nebel ,  Galindo,  Jefferson,  Zeisberger,  Wardeo,  Waldeck, 
Scholtz,  Kenney,  Farcy,  Clinton,  Barton,  Frank  ridestano  le  antichità  americane  ; 
Schwarz,  Frank,  Lepsius,  Rougé,  Mariette  scoprono  sempre  meglio  l'Egitto,  come  Va- 
lentyn,  Holmes,  Tiefi'enthaler,  Béianger  l'India,  GuzlatT  e  Medhurst  la  Cina.  Papertutto 
il  patriotismo  volle  frugar  la  terra  ove  dormono  i  padri,  per  riconoscerne  lo  stato  antico, 
non  v'è  omai  contrada  ove  non  s'indaghino  con  passione  le  antichità  nazionali,  sia  delle 
età  remote ,  sia  dei  mezzi  tempi ,  scritte  o  disegnate ,  stabili  o  mobili  ;  e  dapertutto  si 
posero  cattedre  per  l'insegnamento  di  questa  scienza  ,  convinti  che  l'entusiasmo  e  il 
gusto  non  bastano  a  penetrar  nel  santuario  di  una  scienza  ,  che  possiedono  solo  quei 
che  vi  si  danno  esclusivamente. 


i6  .\i;(jiilolo(j1a  i,  ctu.i.  Ann 


§  14.  Metodo,  ardimento  e  moderazione  di  essa. 

Troppo  spesso  i  vecchi  anliquarj  trattarono  delle  materie  loro  come  puramente  di  cose 
d'arte,  non  badando  al  popolo  che  le  faceva  ed  usava,  e  alla  civiltà  di  cui  erano  mani- 
festazione. Di  questo  difetto  si  forbirono  i  moderni,  e  primo  Niebuhr  aperse  la  strada, 
su  cui  camminarono  Breck,  Muller,  Wachsmuth,  Schomann,  Hermann,  Bunsen,  Plater, 
Savigny,  Becker  ...  cercando  le  antichità  del  diritto  e  delle  consuetudini  espressive  e 
rituali.  La  giovane  scuola,  con  ardimento  spinto  qualche  volta  alla  temerità,  venne  a 
dare  il  crollo  a  credenze  inveterate,  felice  talvolta,  non  sempre  incontestabile,  e  posala 
sovra  un  terreno  ancora  si  mobile,  che  sarebbe  presunzione  il  volersene  far  fondamento. 
Il  tempo  in  cui  l'archeologia  pascevasi  di  eruditi  trastulli  e  dotti  inganni,  è  finito  5  le 
elastiche  ipotesi  si  abbandonano,  e  si  sa  confessare  la  propria  ignoranza. 

Evidenti  si  rendono  ogni  giorno  più  i  progressi  di  questa  scienza,  sia  nella  parte 
descrittiva  0  Archeografìa,  sia  nella  illustrativa  0  Archeologia  propria;  e  d'ogni  monu- 
mento si  cerca  la  descrizione,  il  merito  artistico,  il  senso  storico,  il  filologico.  A  certuni 
che  aspirano  ancora  alla  fama  d'eruditi  coll'accumular  citazioni  e  autorità,  vaglia  rac- 
comandare , 

d'abbandonar  le  osservazioni  accessorie,  le  quali  non  nascono  dall'ispezione  del  mo- 
numento né  lo  illustrano; 

e  di  «  trattare  brevemente  le  quistioni  già  decise,  e  cautamente  le  nascenti  ». 

Heine,  nell'elogio  di  Winckelmann,  dice: 

—  Lo  studio  dell'antichità,  e  principalmente  quello  diretto  a  ben  conoscere  e  giusta- 
mente apprezzare  gli  antichi  monumenti  dell'arte,  richiede  molte  previe  cognizioni, 
una  viva  e  al  tempo  stesso  regolata  immaginazione,  e  tali  circostanze  esterne,  che  ben 
di  raro  in  un  solo  trovansi  raccolte.  Come  il  naturalista  deve  ben  conoscere  e  classifi- 
care tutti  i  corpi,  e  il  letterato  tutti  con  ordine  esaminare  i  libri  spettanti  alla  scienza 
a  cui  principalmente  si  dedica;  così  l'antiquario  aver  deve  perfetta  notizia  dei  mo- 
numenti antichi  pervenutici,  quasi  in  serie  disporli  giusta  il  rispettivo  pregio,  e  con 
sagacità  esaminare  le  circostanze  d'ognuno,  giudicar  dell'arte,  determinarne  l'età,  il 
merito  e  il  valore.  Quanta  erudizione  a  tutto  ciò!  Uopo  è  ch'egli  sappia  con  esattezza 
le  antiche  storie,  specialmente  la  greca  e  la  romana;  e  nulla  deve  ignorare  di  ciò  che 
risguarda  i  secoli  vetustissimi,  le  opinioni  ed  i  costumi  de' tempi  eroici,  e  la  favola 
ne'varj  suoi  gradi;  sapere  fondatamente  la  storia  dell'arte,  degli  artisti  e  delle  opere 
loro;  e  poiché  a  tutto  ciò  può  apportar  lumi  lo  studio  delle  medaglie  e  delle  gemme, 
in  questo  pure  dev'essere  istruito. 

Per  acquistare  sì  estese  e  giuste  cognizioni,  richiedesi  una  lettura  immensa  degli  anti- 
chi libri  greci  e  romani,  e  principalmente  de'  poeti;  né  tal  lettura  sarà  abbastanza 
giovevole  a  chi  studiate  non  abbia  a  fondo  le  lingue  erudite,  e  contratto  l'uso  di  ris- 
chiararne i  passi  oscuri.  A  tanto  sapere  fa  duopo  altresì  congiungere  le  nozioni  fon- 
damentali della  scultura,  pittura,  architettura,  né  ignorar  si  può  interamente  il  mec- 
canismo di  queste  arti  ;  molto  vedere,  e  collo  studio  continuo  dei  migliori  capi  dell' 
arte  antica  e  moderna,  formarsi  un  gusto  sicuro,  apprendere  ciò  che  intorno  ad  esse 
è  stato  pensato  finora  0  scritto,  e  riflettervi  profondamente. 

In  mezzo  a  questo  mare  di  cognizioni  che  ornar  denno  un  antiquario,  lo  spirito  di  lui 
conservi  la  sua  energia  per  meditare,  confrontare  e  giudicare  ;  il  suo  gusto  pel  bello, 
pel  vero,  pel  grande  serbisi  in  tutta  quell'attività,  che  dar  possono  la  natura,  lo  studio 
e  il  lungo  uso.  Un  occhio  giusto  e  sicuro,  un'inmiaginazione  facile  ad  accendersi 
ma  che  senta  il  dominio  della  ragione,  un  pensare  pronto  ed  esteso  che  possa  ad  un 
tratto  abbracciare  i  rapporti  degli  oggetti  e  notarne  le  diflerenze,  un  gusto  puro  e 
deciso  che  in  ogni  maniera,  in  ogni  età,  in  ogni  stile  non  mai  traviare  si  lasci  dal  ver* 
e  dal  bello,  sono  caratteri  d'uno  spirito  da  natura  destinato  ad  esser  antiquario. 

Ma  non  bastano  ;  bisognano  circostanze  felici,  r.li  antichi  monumenti  sono  sparsi  per 
molti  e  tentanti  paesi  ;  onde,  chi  tutti  volesse  vederli,  troppo  viaggiar  dovrebbe,  e 
nullameno  tutti  ei  non  li  vedrebbe.  È  vero  che  ciò  non  è  indispensabile,  e  bastar  può 
all'antiquario  se  vede  e  studia  i  più  considerevoli  originali,  acquistando  delle  altre 


INTRODUZIONE 


il 


opere  uaa  cognizione  storica,  osservandone  i  modelli  e  i  disegni,  o  leggendone  le 
descrizioni. 

Prima  regola  critica  per  un  antiquario  è  che,  perbene  esaminare  e  giudicare  un  antico 
lavoro,  bisogna  penetrar  nell'idea  e  nello  spirito  dell'artista.  Giova  perciò  saperne 
l'età  e  le  circostanze  de'tempi  e  le  sue  particolari,  e  indagare  che  intenzioni  aveva 
lavorando.  Cosi  con  altr'occhio  esaminar  si  deve  un'opera  privata  che  una  pubblica; 
una  copia,  un  lavoro  d'imitazione  o  de'secoli  posteriori,  che  un  originale  e  un'opera 
dei  primi  o  de'bei  tempi  dell'arte.  Deve  altresì  l'antiquario  aver  di  questa  una  giusta 
idea,  sì  per  l'invenzione  che  per  l'esecuzione  dell'artista,  quando  esaminar  vuole  e 
spiegare  un  antico  monumento.  La  favola  deve  sempre  esser  presente  al  suo  spirito,  e 
quei  tratti  di  essa  principalmente  e  quelle  idee  che  più  volentieri  solevano  esprimere 
gli  Artisti.  Ove  non  basti,  scorra  per  le  altre  mitologie  e  per  tutte  le  storie,  parago- 
nandone le  opinioni  e  gli  avvenimenti  coi  soggetti  che  vede  rappresentati,  per  iscor- 
gerne  i  rapporti;  e  quando  gli  abbia  trovati,  gli  esponga  allora,  di  quella  sola  erudi- 
zione usando  che  per  rischiarare  l'antico  monumento  è  necessaria.  Che  se  nulla  trova 
che  corrisponda  all'idea  dell'antico  artista,  risparmii  in  tal  caso  a  sé  e  ai  leggitori 
un'inutile  diceria-,  tutto  al  più  brevemente  esponga  le  ragioni  per  cui  crede  non  po- 
tersene dare  una  spiegazione. 

Ben  diversamente  usa  la  turba  degli  antiquarj.  Essi  abbracciano  il  primo  pensiero  che 
lorsi  presenta,  e  lo  trasportano  nell'opera  che  esaminano  -,  s'attengono  ad  una  mitologia 
triviale,  o  alle  notizie  vulgari  dell'antica  storia  ;  copiano  citazioni  e  testi  fuor  di  pro- 
posito, e  che  non  provano  nulla  ;  né  abbastanza  sanno  le  lingue  e  l'arte  per  entrare 
nella  mente  de'prischi  scrittori  e  degli  antichi  maestri.  Quindi  appena  fanno  parola 
del  merito  di  tuli  monumenti  riguardo  ali  arte,  né  tampoco  indicar  ne  sogliono  l'am- 
piezza, la  grandezza  e  altre  simili  proprietà  generali;  e  i  libri  loro  non  sono  che  un 
ammasso  di  erudizione  senza  scelta  né  gusto... 

Havvi  una  critica  antiquaria  che,  quant'è  sicura  e  necessaria,  altrettanto  è  stata  tras- 
curata sinora.  Qualora  esaminar  si  deve  un  antico  scrittore,  o  spiegarne  qualche  passo 
difficile,  la  prima  cura  non  è  quella  di  vedere  se  l'opera  è  genuina,  e  il  passo  non 
guasto?  Non  altrimenti  s'adoperi  cogli  antichi  monumenti;  e  ad  ogni  altra  ricerca 
preceda  questa;  il  lavoro  è  egli  veramente  antico?  di  qual  età?  come  e  in  quali  parti 
è  stato  risarcito  e  ristaurato  ? 

§  15.  —  Su  quali  popoli  essa  si  ferma.  Libri  da  consultarsi. 

I  popoli  sui  quali  l'Archeologia  portò  le  prime  ricerche,  furono  gli  Ebrei  per  la  reli- 
gione, i  Greci  ed  i  Romani  per  gli  studj  classici  :  dappoi  si  aggiunsero  gli  Egizj  e  gl'Itali 
antichi.  A  questi  si  può  dire  si  limitasse  lo  studio  delle  antichità,  come  quelli  che  gio- 
vano all'intelligenza  degli  autori  :  di  loro  soli  preser  cura  Winckelmann,  Heyne,  Muller, 
d'Hancarville,  Visconti  e  la  più  parte  degli  scrittori.  Anzi  Winckelmann,  la  storia  delle 
arti  cominciando  coi  Greci,  riprova  coloro  che  vanno  a  rintracciarne  l'origine  in  Egitto, 
e  nega  che  la  mitologia  greca  venga  di  là.  Eppure,  stando  anche  ai  classici,  ne'  quali 
unicamente  egli  aveva  fede,  potea  trovarsi  contraddetto  da  Platone,  Plutarco,  Pausania, 
Plinio  ed  altri;  Erodoto  |dice  risoluto  che  gli  Dei  tutti  vennero  d'Egitto  in  Grecia; 
Diodoro  asserisce  che  i  primi  Greci  e  nominatamente  Dedalo  impararono  l'arte  dagli 
Egizj.  Infatti  questa  realizzazione  sensibile  della  vita  esterna  si  elTettuò  presso  tutti  i 
popoli,  né  alcuno  deve  considerarsi  come  anello  staccato  dalla  gran  catena  delle  gene- 
razioni. L'incremento  delle  arti  va  parallelo  a  quello  delle  altre  facoltà  umane:  ed  è 
obbligo  della  storia  cercare  qual  é  l'iniziatore,  quale  l'miziato;  quale  la  parte  spontanea, 
quale  la  ereditata;  riconoscere  le  analogie  al  ricorrere  de'medesimi  periodi,  come  av- 
venne dell'arte  religiosa  in  Egitto,  in  Grecia  e  ne'primi  secoli  cristiani  ;  e  vedere  il  per- 
fezionarsi continuo  dell'ideale  attraverso  le  tante  metempsicosi,  e  il  propendere  or  verso 
la  forma  or  verso  il  pensiero. 

Per  tal  modo  la  scienza,  deponendo  le  pregiudicate  esclusioni,  crede  e  vede  che  presso 
le  genti  più  distinte  può  trovarsi  il  bello  letterario  ed  artistico,  e  che  tutte  insieme  con- 
tribuiscono al  procedimento  delle  idee;  onde  lo  studio  non  si  deve  limitare  ai  classici, 
avvegnaché  di  loro  più  volentieri  e  con  maggior  fondamento  si  ragioni.  Informati  uoi 

Cantò,  Documenti.  —  Tomo  I,  Archeologia  e  Belle  Arti.  2 


18 


ARCHEOLOGIA    E   BELLE    ARTI 


siamo  ora  delle  antichità  de'Cinesi  e  dei  popoli  affini,  tanto  più  che  sopravivono  ancora 
quelle  nazioni  e  conservano  la  più  parte  di  quegli  usi.  Pure  sono  così  strani  a  quei  degli 
altri  popoli,  da  non  potere  ridursi  sotto  il  modulo  medesimo  ;  troppo  poco  contribuirono 
a  costituirci  quali  noi  siamo,  né  la  storia  loro  o  la  spiegazione  dei  loro  classici  entra 
nel  generale  sistema  degli  studj.  Potremo  dunque  trasvolarvi,  e  così  dicasi  d'altre  genti 
d'Asia  e  d'America.  S'aggiunga  che  monumenti  romani  occorrono  si  può  dire  ad  ogni 
pie  sospinto,  sovratutto  in  Italia  ;  frequenti  pur  sono  i  greci  ;  ed  oggi  si  moltiplicano  gli 
etnischi  e  gli  egiziani  :  mentre  raramente  fuor  del  loro  paese  occorrono  i  cinesi,  gli 
americani,  i  copti,  gli  arabici,  i  nordici,  né  sussiste  o  non  è  scoperto  il  filo  che  quelle 
civiltà  congiunge  coll'andamento  della  nostra.  Ciò  non  vuol  dire  che  non|inteodiamo  va- 
lercene quando  ne  derivi  chiarimento  al  nostro  soggetto. 

Autori  cte  possono  consultarsi  in  f;cnera!e  e  in  particolare: 
Obbrli^,  Orbis  antiqui  monumenlis  nuis  illustrati  primw  ìinece.  Argentorati  -1790. 
Bot'LANGER  et  H'HoLBACn,   L'anliquité  déioilée  par  ses  usages-  Amsterdam  ^76C. 
J'b  Mo.>tfalco.\.  Vantiquitè  efpMquée-   Parigi   1749-24  ,  io  voi.  in-fol.  Si  serve  dell'arte  per  dare  no- 

eroae  della  parte  esteriore  della  vita  antica. 
Fort.  Sciccm,  Thesaurus  nntiquilatum  sacro-prophanarum.  Hagse-Comit.  479o. 
\iri  Dale^  Disserlaliones  IX anti^uitatibus, quia  et  marmoribus  cum  romanis  tum  grwcis  illuslrandit 

inservientes.  Amsterdam  1702. 
Archeologia.  Londra  1770,  18  voi.  in-4". 

GbOSE  e  ASTLE,  Antiquarian  reperlory.  Ivi  1807,  4  voi.  in-4''. 
GoGUET,   De  Vorigine  des  iois.  des  arts,  des  sciences.  Parigi  1788. 

WiLLEMiN,  CìwìX  des  tnstumes  civils  et  mililaires  de  VantiquUé    Ivi  1800,  2  voi.  in-fol. 
Maii.lot,  Kerherches  sur  let  coslumes.  les  m(eurs  eie.  des  anciens.  Ivi  1804,  3  voi.  \a-i°. 
LcBEKSAC,  Discorso  sui  fnonumenti  pubblici  di  tutti  ipopoli. 

Lens  Andrea,  //  costume  dello  maggior  parte  dei  popoli  d  di' antichità.  Dresda  1794  (fr.). 
Roberto  di  Spalart,  Saggio  sul  costume  de'  principali  popoli  dell  antichità  ^  del  medio  ero  e  deUempi 

moderni  (ted.)  Vienna  1796. 
Ferrario  ed  altri,  //  costume  antico  e  moderno.  Milano  1815  e  scg. 
Meivin,  Il  costume  di  tutti  i  popoli.  Padova  184b. 
BOHirtANN,  erede  del  prol.  Oltenbcrger,  Antichità  egizie.,  greche.,  romane^  fedelmente  esposte  in  figure 

(ted.).  Praga  1819. 
RoccHEGiAM,  Raccolta  di  cmseltanla  tavole,  rappresentanti  i  costumi  degli  antichi incise  in  rame. 

Roma,  2  voi.  in-fol.  ^ 

HOPE,  The  costume  of  the  ancients.  Londra  1809.  2  voi.  ìq-4°. 
Cbristie,  Memorie  sulla  letteratura  e  le  opere  delVarte  (ted.).  1776.  Si  egli .  si  il  precedente  osservano 

gli  fgtjelli  d'arte  e  le  iscrizioni  sol  come  nionumenti  commemorativi  del  passato. 
Mongez,  Dizionario  d'antichità. 

SiXZER,  li. 

Cayli  s,  fiecueil  d'^anliquités.  cgyptiennes.  étrusques.  grrcqueset  romaincs.  Parigi  1752-67,  7  voi.  in-4. 
G.  Wei.keb,  Veher  die   Bedexitung   der   Philologie  (Oiscorso  Ietto  nel  1841  al  congresso  de'  filologi  te- 
deschi a  Bonnl. 
MiLLiN,  inlrndurtion  à  l'elude  des  monument  anliquet,  det  pierres  jrafèe»,  des  méiaillet  et  des  rases 

peinls.  Parigi  1796  1811 .  Serve  a  popolarizzar  la  coooscenEa  de'  monumenti  antichi. 
O.  Mueller  e  C.  Oksterlev,  Denkmaller  der  alien  Kunsl  ecc.  Comiuciali  nel  1852. 
Le  cabinet  de  l'amateur  et  de  V antiquaire . 
Clabac,  Manuel  de  l'archeologie  statuaire. 
Encyrlopedia  of  Jntiquilies  nnd  ehments  of  .ircheology  classical  and  medimxal .  by  the  rev.   TnOUAS 

Dt'DLEL  FoSBiiOKE:  a  nru-  rdition  wilh  improvements.  Londra  I8i0. 
GOIRY,    Recherches  hisinrico-monumenlalcs  roncernant  les  sciences  ^  les  arls  de  l'anliquité  .,  et  leur 

émigralion  d'Orient  en  Oceident.  Parigi  1833;  e  le  opere  di  Rusching.  Eschenbiirg  ecc. 
Trésor  de  numismatique  <  t  de  gtyptique  (20  voi.  in-folio  con  più  di  1000  tavole.  Parigi. 
T.  HoLLBB,  Rappresentazioni  di  antichità  romane  e  greche.,  tratte  da  monumenti  antichi  (ted.).  Vienna 

-1822. 
À  Dictionary  of  greeìc  and  roman  anliquities,  ediled  by  William  Smith.  Londra  1822,  un  Lei  volume 

con  molti  intagli. 
Heim'.,  NiTSCii,  MORITY,  varj  opuscoli. 

Scnr.OER,  Archeologia  Crcecorum  et  Romanorum.  Posen  1845. 
GnONOvn.  Thesaurus  antiquilalum  grrrcarum.  Liigd.  Rat.  16**7,  13  voi   in-fol.  Nel  1737  si  stamparono 

a  Venezia  i  Supplemenla  noia  del  Holeni. 
POTTeni,  ArrhtolofiifL  grwca.  Lugd.  tiot,  1702. 


I.MKODfZlONE  19 

LboM  Menard,  Mauri  et  usages  dei  Greci.  Lione  n4o. 

D'HajìCABVILLk,  Ricerche  iulle  arti  della  Grecia  (inni.)  Londra  HSS. 

MerNERS,  Storia  delle  arti  della  Grecia  (tcJ.);  o  voi. 

WaCiisjuth,  Scienza  dell'anlichità  ellenica  ftcJ.). 

A.  Mkveh  ,  Storia  delle  arti  plattiche  fra  i  Greci^  dalla  loro  origine  fin  al  tempo  del  loro  mattimo 
splendore.  <823.  Allarga  assai  le  viste  di  Winckelmann . 

F.  IlEinuNN,  Lehrbuch  der  griechinchen  Slaati  Alterthùmer.  ^831. 

David  Leroy,  Monumens  de  la  Grece. 

lì.  I).  JliELLKH,  3fythologie  der  griechischen  Stàmme,  Praga  ^862  . 

Stlaht  e  Kevett,  Anliquilé  d'Alhéne. 

Chandeler,  lìEVETT,  Pars  ,  ÀnliquUé  d'Jonie. 

L.  Bos,  Antichità  greche. 

GR.tvn.  Thesaurus  antiquitatum  groecarum  et  romanarum,  59  voi.  in-fol. 

NiEi'POORT,  Rituum,  qui  olim  apud  Romanos  oblinuerunl,  succincla  explicatio. 

Wejerotto,  De'  costumi  e  della  vita  de'  Romani  ne'  varj  tempi  della  repubblica.  Berlino  H802. 

Sam.  Pitisci,  Lexicon  antiquitatum  romanarum.  Leovard.  4  713,  2  voi. 

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\\.  Bax.steri,  Glossarium  antiquitatum  romanarum.  Londra  -1731. 

SiLLE.xCRB,  Novus  thesaurus  antiquitatum  romanarum.  Hagae  Comit.  1716,  o  voi. 

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Cellarii,  Breviarium  antiquitatum  romanarum.  Verona  1739. 

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Tiranesi,  Le  antichità  romane  (figurato).  Roma  1730,  4  voi.  oltre  il  supplemento. 

I  Disegni  di  Pietro  Sante-Barloli,  colle  Spiegazioni  di  P.  Bellori  sono  eccellenti. 

Adolph  Becker,  Handbuch  der  Rtimischen  Alterthum.  Lipsia  1843. 

E.  GiBL  und  W.  KoNER  dal  Leben  der  Griechan  und  Ròmer  nach  antikeu  Bildwerchen  dazettelU. 
Berlin  1861. 

Pekcieb,  Fo.>tai.>8,  Bebnier,  Palazzi,  caie,  edifisj  moderni  dì  Roma. 

Muratori,  Antiquitates  italica:  medii  «et».  Milano,  6  voi.  ia-fol. 

Adams,  Ruine  di  Spalatro. 

Rosellim,  Monumenti  della  Nubia. 

Lacol'r,  Tbierrv,  Bettom,  Monumenti  illustrali  d'Italia. 

NoRMA>D,  De  LA  BoRDE,  31onumenti  della  Francia. 

Clerisseau,  Antiquité  de  la  France. 

Deville,  Antichità  di  Rouen. 

GoiLiEi,  BiET,  Grillo,  Tardieii,  Edifizj  di  Francia. 

Clarke,  Edifizj  d'Inghilterra.^  sul  quale  conto  vi  sono  moltissime  opere  recenti  e  splendide. 

MOMFALCO.%,  Valéry,  Dakervill,  Turnbr,  Polguet,  Rc.iihov,  Viaggi  in  Italia;  in  India  di  Damel, 
Jaqlemom  e  altri  ;  in  Spagna  ,  Portogallo  ,  Africa  di  Taylor  i  in  Grecia  e  Levante  di  Leblanc  , 
Blovet,  LabOrde,  Texier;  in  Turchia  H  Slade,  Adolph;  in  Macedonia  di  CoismERY;  in  Francia 
e  Borgogna  di  Nodier;  in  Olanda^  Belgio  e  Germania  di  Faulkineh,  ecc.  Tra  i  viaggi  più  interes- 
santi all'Archeologia  sono  quelli  di  SpON,  Wheler,  Chanpler,  Cqoiseul-  Colffier,  Foucberot,  Dod- 
well,  Gell,  Leake,  Stuart,  Marcellus,  Quast,  Stacrelberg,  La  Grecia  1830esegg.;  Broensted, 
Voyagcs  et  recherches  dans  la  Grece ,  Parigi  1830.  VeJansi  pure  PocoCK  et  Morder,  Viaggio  in 
Egitto  ;  quel  di  Siria,  Fenicia.,  Basso  Egitto,  Siria  e  Dalmazia  di  CaSSAs  ;  quelli  di  COOK,  La  Pe- 
kouse,  D'Urville,  attorno  al  mondo  ecc. 

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Calmet,  Dictionnaire  historique  et  crilitique  de  la  Bible.  Parigi  1722-28. 

MOROM,  Dizionario  d' erudizione  storico-ecclesiastica .  Venezia  1839  e  seg. 

Della  letteratura  dell'Archeologia  informano  le  storie  letterarie  de'  varj  popoli;  la  Bibliotheca  antiquaria 
del  Fabricio;  quella  del  Meuscl  ;  alcune  dissertazioni  di  Oliviero  (Legiponzio);  Ernesti,  ircfteoJo^ia 
letteraria  ■1790,  che  fu  aumentata  e  corretta  dal  Martini. 

È  un  fatto  notevole  nella  storia  dì  questa  scienza  la  foniiazione  àeWIHituto  di  corris- 
pondenza archeologica  a  Roma,  cominciata  dal  duca  di  Luynes,  dai  signori  Gerhard, 
Panofka,  Bunsen  e  altri,  die  nelle  Memorie  e  nel  liullettino  diede  movimento  aquistiooi 
importanti,  diffuse  nozioni  archeologiche,  e  aprì  la  strada  alla  novità  della  critica,  aspre 
agli  idolatri  della  scuola  classica.  (Questo  Istituto  per  le  vicende  politiche  mancò  di  la- 
vori e  di  collahoratori,  e  fu  trasportato  in  Germania,  poi  nel  58  si  restituì  a  Roma,  e  ri- 
pigliò le  sue  occupazioni). 

Gli  antiquarj  italiani  volgono  pure  i  loro  studj  sui  monumenti  primitivi  del  cristia- 
nesimo, e  una  Commissione  d'archeologia,  instituita  a  Roma  nel  1862,  e  presedula  dal 


20  MI  CKCOi  ()(.!. \    1.    DILLE    Alili 

cardinale  Patrizj,  ha  scopo  precipuo  il  conservare  ed  esplorare  le  catacombe.  Le  anti- 
chità raccolgonsi  in  un  museo  speciale,  fondato  in  una  delle  ampie  sale  del  palazzo  di 
Laterano;  e  mentre  i  viaggiatori  non  aveano  cercato  per  l'addietro  fra  noi  che  le  anti- 
chità del  paganesimo  e  dei  primi  secoli  cattolici  il  signor  Didron  ha  intrapreso  indagini 
sui  monumenti  risguardanti  il  medioevo,  e  additò  a  Roma  in  più  di  cini|nanta  chiese 
lo  stile  archiacuto,  e  si  propone  di  mostrare  che  il  medioevo  monumentale  dell'Italia 
non  è  men  ricco  di  (juello  della  Francia,  e  che  Roma  è  piij  gotica  di  Kouen,  la  più  gotica 
delle  città  francesi.  Queste  cose  le  sapevamo  noi  pure  e  le  dicevamo,  ma  si  volea  che 
un  francese  venisse  ad  asserirle  perchè  trovasser  fede  ed  eco,  e  cessasse  di  considerarsi 
come  novità  lo  stile  archiacuto  della  nuova  chiesa  sul  monte  Palatino,  in  commemora- 
zione del  decreto  dogmatico  dell'Immacolata  concezione. 

Dopo  che  Rio,  Montalembert,  Selvatico  hanno  additato  all'attenzione  pubblica  i  ca- 
polavori dei  primordj  della  pittura  italiana,  gli  archeologi  furono  presi  da  viva,  legittima 
ammirazione  per  gli  antichi  maestri  dell'arte.  Le  Memorie  sugli  artisti  Domenicani  del 
padre  Marchese  hanno  ingloriato  fra  Angelico;  gl'incisori  riproducono  con  predilezione 
le  opere  mistiche  del  xv  secolo;  e  i  pittori  cominciano  a  dar  prove  di  maggior  rispetto 
verso  le  condizioni  spiritualiste  dell'arte,  fin  a  peccare  nel  purismo,  ridotto  a  grettezza. 
In  Francia,  col  decreto  del  ministero  dell'istruzione  pubblica  i4  settembre  ■1852,  il 
Comitato  dei  monumenti  scritti  e  il  Comitato  delle  arti  e  monumenti  furono  ricom- 
posti in  modo  da  poter  distribuire  i  documenti  risguardanti  la  lingua,  l'istoria  e  i  mo- 
numenti della  Francia,  dividendoli  in  tre  sezioni:  lingua,  storia,  belle  arti.  Le  indagini 
dei  corrispondenti  divennero  più  numerose,  ed  importanti  lavori  archeologici  furono 
incominciati  o  proseguiti.  Le  Società  archeologiche  hanno  reso  servigi  segnalati  stimo- 
lando lo  zelo  letterario,  promovendo  lo  studio  dei  testi  e  dei  monumenti,  fondando 
musei,  provocando  o  vegliando  il  restauro  degli  edifizj  storici,  pubblicando  antichi 
manoscritti,  raccogliendo  i  materiali  sparsi  che  servano  all'istoria  particolare  delle  pro- 
vinole ed  alla  generale  dell'arte. 

L'Accademia  delle  iscrizioni  e  belle  lettere,  e  la  Società  imperiale  degli  antiquarj  di 
Francia  continuano  a  mieter  anche  nel  campo  delle  antichità  cristiane;  e  la  Società  di 
sfragistica  fu  fondata  per  pubblicare  i  documenti  relativi  ai  sigilli  del  medioevo.  La 
Società  francese  d'archeologia  per  la  conservazione  dei  monumenti  istorici  tiene  ogni 
anno  congressi  archeologici,  di  cui  si  pubblicano  gli  atti:  nel  1855  tenne  la  ventesima- 
terza sessione  a  ÌN'antes. 

L'iconografia  dei  monumenti,  e  sopratutto  la  zoologia  fantastica  del  medioevo  furono 
esaminate  con  predilezione,  e  fu  riconosciuto  che  certi  soggetti,  inesplicabili  a  tutta  prima 
erano  la  schietta  espressione  di  tradizioni  popolari,  e  la  formola  artistica  delle  leg- 
gende. L'Egitto  pagano  deificò  gli  animali,  il  medio  evo  cattolico  ne  ha  fatto  ora 
i  servi  e  gli  amici  dei  santi,  ora  gli  stromenti  dei  demonj  e  gli  emblemi  de'vizj.  L'ico- 
nografia, studiata  da  questo  aspetto,  è  una  delle  pagine  più  interessanti  dell'istoria  fi- 
losofica del  passato:  né  la  difficoltà  di  dicifrarne  il  senso  enigmatico  scoraggia  gl'inge- 
gnosi Edipi  della  scienza. 

L'Archeologia  ha  rivolto  l'attenzione  all'arredo  delle  chiese,  descrivendo  ciò  che 
esiste  tuttavia,  e  destando  la  ricordanza  di  ciò  che  non  è  più,  e  studiò  i  monumenti 
risguardanti  la  vita  dei  santi;  e  più  di  ducente  chiese  di  stile  del  medio  evo  stannosi 
costruendo  al  presente  in  Francia.  1  pittori  altresì  cominciano  a  por  mente,  più  che  in 
addietro,  all'esattezza  archeologica;  e  molti  comprendono  che  l'arte  non  ha  soltanto 
per  iscopo  di  ricreare  gli  occhi  mediante  la  vaghezza  dalle  linee  e  dei  colori,  ma  una 
missione  istruttiva  e  ispiratrice;  che  (juante  volte  togliesi  a  rappresentare  una  scena 
religiosa  de' tempi  trascorsi,  non  è  lecito  inventare  monumenti  fantastici;  con  anacro- 
nismi di  abbigliamento  rovesciando  le  leggi  dell'antica  simbolica,  e  disconoscendo  gli 

usi  liturgici. 

Nel  Belgio  vennero  fondate  Società  archeologiche  ad  .Anversa,  Liége,  Tournay,  ecc., 
e  non  avvi  città  importante  che  non  abbia  prodotto  qualche  opera  notevole  di  storia  e 
d'archeologia,  siccome  quelle  di  Delsaux,  Dumortier,  Fétis,  Crangagnage,  llennebert, 
Lemaistre  d'Anstaing,  Moke,  L.  Paulet,  Uè  Reiflenberg,  Polain,  Rénier  Chalon,  Schae- 
pkens,  Schayes,  Voisin,  Van  Massel,  ecc. 

L'Inghilterra,  che  precedette  il  Belgio  e  la  Francia  nello  studio  dei  monumenti  del 


INTRODUZIONE  21 

medio  evo,  ha  conservato  una  siiperioriti  incontestabile  nello  splendore  delle  pubblica- 
zioni, capolavori  di  tipografia  e  d'incisione,  (|uali  sono  le  opere  di  Bhickwood,  W.  Rurn, 
J.  Colling,  E.  Frceinann,  A.  Ilope,  Liudsay,  H.  Parker,  Pugin,  D.  Rock,Willis,  Winston, 
ecc.  Gl'Inglesi  hanno  dieci  riviste  archeologiche,  fra  le  quali  V Art  annovera  non  meno 
di  quarantamila  abbonati.  Le  donne  stesse  non  isdegnano  (|uesti  studj,  e  miss  Luisa 
Twining  ha  scritto  sugli  emblemi  dell'arte  cristiana,  mistriss  Menilìeld  e  mistriss  Jamc- 
son  un'opera  in  tre  volumi,  piena  di  erudizione,  sull'iconografia  degli  angeli  e  dei  santi. 

L'Austria,  dopo  aver  circoscritto  per  lungo  tempo  i  suoi  studj  archeologici  nel  do- 
minio dell'antichità  pagana,  mostra  ora  meno  indifTerenza  verso  l'arte  nazionale,  sic- 
come ne  fanno  fede  le  opere  di  Heider,  Meily,  Primisser,  Scheiger,  A,  Scbmidt,  Tscbiscka, 
Wolfskron,  ecc.  Essa  possiede  cattedre  d'archeologia,  ed  una  Commissione  imperiale 
fondata  a  somiglianza  dei  Comitati  francesi  ha  per  iscopo  di  conservare  i  monumenti , 
sopravegliare  il  loro  restauro,  e  descrivere  le  numerose  antichità,  di  cui  l'origine  è 
non  men  diversa  di  quella  delle  provincie  che  compongono  il  vasto  impero  austriaco,  in 
ciascuna  delle  quali  ha  corrispondenti,  e  stampa  con  diligenza  atti,  disegni,  descrizioni. 

La  passione  pel  greco  predomina  sempre  a  Berlino;  ma  in  altre  città  della  Prussia,  a 
Paderborn,  a  Munster  esistono  associazioni  per  descrivere,  conservare,  instaurare  le 
chiese.  Monsignor  Moller  vescovo  di  Munster,  per  rigenerare  il  gusto  antico  nella  pro- 
pria diocesi,  insegna  personalmente  l'archeologia  religiosa  nel  seminario 5  e  così  ado- 
pera a  Colonia  il  signor  Keichensperger,  uno  dei  più  operosi  archeologi  europei.  Mentre 
li  signor  Baudry,  vicario  di  questa  diocesi,  pubblica  una  Uivista  comprendente  tutte  le 
manifestazioni  artistiche  del  pensiero  cristiano  sì  negli  antichi  che  nei  moderni  tempi, 
il  cardinale  Geissel  sussidia  un  museo  ecclesiastico  ove  sono  collocate  opere  di  scul- 
tura, pittura  ed  orificeria  che  devono  ricondurre  l'estetica  nelle  gloriose  vie  del  passato. 

Monaco  è  divenuto  un  vasto  museo  monumentale,  ove  chiese  gotiche  e  bisantine  sor- 
gono a  lato  a  propilei  greci,  a  tempi  egiziani,  a  palazzi  fiorentini  :  ma  fra  questo  bizzarro 
eclettismo  manifestasi  una  predilezione  per  l'architettura  gotica.  Un  semplice  falegname, 
senz'altro  maestro  che  l'osservazione,  è  divenuto  artista  eminente,  ed  ha  già  costrutto 
in  Baviera  più  di  quaranta  chiese  gotiche. 

A  Zurigo,  Basilea,  Ginevra...  si  hanno  Società  archeologiche,  ed  il  signor  Blavignac 
ha  pubblicato  l'istoria  dell'architettura  sacra  dal  iv  al  x  secolo  nelle  antiche  diocesi  di 
Ginevra,  Losanna  e  Sion,  opera  viepiù  interessante  perchè  discorre  anzitutto  de'  mo- 
numenti anteriori  a  Carlo  Magno;  sebben  l'autore  corrivo  a  congetture,  attribuisca 
all'èra  dei  Merovingi  monumenti  coevi  ai  Capeti. 

Dell'archeologia  russa  assai  poco  è  noto.  L'arte  bisantina  pare  abbia  eletto  quell'im- 
mensa contrada  come  seconda  patria,  dove  ad  ogni  passo  rinviensi  l'influenza  dell'O- 
riente, e  la  civiltà  europea  v'è  come  una  pianta  esotica.  Alcune  poche  opere  ci  hanno 
fatto  intravedere  le  dovizie  dell'arte  moscovita,  fra  le  altre  il  Viaguio  archeologico  in 
Russia  di  DemidofT,  e  le  Antichità  di  Monca  di  Sneghireff. 

Una  Commissione  governativa  fu  instituita  di  recente  in  Ispagna  per  la  conservazione 
dei  monumenti  storici  ed  artistici,  la  quale  unirà  i  suoi  sforzi  a  quelli  dell'Accademia 
reale  d'archeologia,  fondala  or  fa  alcuni  anni. 

L'incremento  archeologico  è  meno  percettibile  in  Isvezia,  Norvegia,  Danimarca, 
Grecia  e  Portogallo.  Per  contrario  lo  stile  gotico  ha  valicato  i  mari  per  fare  il  giro  del 
mondo,  e  chiese  gotiche  sorgono  di  presente  nelle  Antilie  inglesi,  a  Calcutta,  nel  Ca- 
nada, a  Nuova-York,  Filadelfia,  San  Francisco,  ecc. 

§  16. — Trattati  d'archeologìa. 

Manca  un  compiuto  trattato  d'Archeologia,  essendo  scarso  di  critica  il  Manuale  di 
Giovan  Filippo  Siebenkees  (Norimberga  1799),  e  incompleto  il  Piano  d'un  archeologia 
di  Cr.  Dan.  Beck  (Lipsia  1816).  Suppliscono  in  parte  le  Lezioni  elementari  d' Archeo'oqia 
di  Giambattista  Vermiglioli  (Milano  1824),  ove  tale  scienza  è  considerata  soltanto  come 
conoscenza  di  monumenti,  ma  da  uomo  sicuro  nelle  parti  più  elevate,  e  che  si  propone 
ridurre  a  facile  intelligenza  le  accessibili.  Champollion-Figenc  [Sunto  completo  d'Ar- 
cheologia) potè  giovarsi  delle  scoperte  fatte  dopo  la  pubblicazione  anzidetta,  e  massimo 


22  ARCHEOLOGIA   E  feELLE   ARTI 

di  quelle  dell'illustre  suo  fratello-,  e  le  espose  in  modo,  se  troppo  compendioso,  chiafo 
però  e  facile  per  chi  non  voglia  che  libare  questa  scienza. 

Del  corso  professato  a  Parigi  da  Raoul  Rochette  non  abbiamo  che  una  breve  analisi, 
e  una  brevissima  di  quello  del  professore  Aldini  (Pavia  1858).  Di  capitale  importanza 
è  il  Manuale  di  Ottofredo  Mtiller,  ma  si  può  dire  che  unicamente  ai  Greci  e' guardasse, 
come  i  soli  cui  riconosceva  il  diritto  di  chiamarsi  popolo  artista,  e  fra  cui  l'arte  pla- 
stica antica  (alla  quale  egli  si  limitò)  ottenne  sviluppo  grandioso,  e  quasi  un  associa- 
mentu  colla  divinità,  mentre  altrove  non  era  che  imitazione,  spasso  o  applicazione  pra- 
tica. Gli  Elementi  di  Archeologia  del  Nibby  (Roma  1828  sono  puramente  topografici,  e 
s'interrompono  alla  descrizione  della  Grecia,  cioè  alla  4^  delle  ventiquatro  lezioni  che 
avea  divisate. 

Aggiun[;ansi  Beck,  Principj  d^ un'' Archeologia. 

KA^EGlESSEB,  Compendio  della  scienza  archeologica  (tod.).  Alla  -18)5. 

Petebsen,  Introduzione  generale  allo  studio  diWArcheologia  {danese).  1828. 

Steinblechel,  Schizzo  della  scienza  dell'antiquaria  (teJ.)  Vienna  1829. 

BoETTiGiP,  Addilamenti  a  ventiquattro  lezioni  archeologiche.  Dresda  1806 

Cal'MO!\t  ,  Cours  d'antiquilés  monumentales,  6  voi.  in-8o,  e  6  atlanti  in-4'',  olire  i  suoi  rapporti  sui 
Congressi  archeologici. 

0.  MiiLLEB,  Handbuch  der  Archeologie  1833.  Si  ha  (radotto  in  francese  da  P.  Nicard.  Parigi  I84J. 

W.  Hoffman:v,  Die  Alter Ihumswissenscha fi.  Lipsia  -l8o5. 

WOLF's,  Vorlesungen  iiber  die  Alterlhumswissenschafl.  Ivi  1834. 

Webeb,  und  Hamnksse,  Reperiorium  der  clasiichen  .4lter(humswissenschaft.  Esscn  1833-3-i,  5  voi. 

Gebhard  ,  Grundzuge  der  Archàologie.  Sta  aeW Uyperborische-riimische  Sludien  far  Archaologie. 
Berlino  1833. 

Ol'din,  Manuel  d^archéologie  religieuse,  civile  el  militaire.  Fontaineblcau  1844. 

Real-Enciclopedie  der  classichen  Alterthumskunde,  herausgegeben  von  AUGCST  Pauly,  fortgeselzt  von 
Chr.  Walz,  und  W.  S.  Teuffel.  Stuttgart  1846. 

Handbuch  der  romischen  Allerihumer  nach  den  Quellen  bearbeitet;  cominciato  da  A.  Becker,  se- 
guito da  G.  Mabqdabt.  Lipsia  1851. 

§   17.  —  Giornali. 

Negli  ultimi  tempi  si  trovò  opportuno  agli  studj  de'  singoli  dar  un  punto  d'unione 
con  opere  periodiche,  di  ciò  solo  occupate.  Tali  furono  VAmaltea  di  Bòttiger,  il  Foglio 
artistico  di  Schoro ,  il  Goirnale  archeologico  di  Nàke  e  Welcber,  i  Monumenti  inediti 
del  Guatlani,  Uenkmàler  und  Forschungen  ;  archàulogischer  Anzeiyer,  fondato  a  Berlino 
da  Gerhard,  il  Bullettino  archeologico  a  Napoli  dall'Avellino,  la  Revue  archéologique,  ou 
recueil  des  docwnenis  et  des  mémoires  relatifs  à  V elude  des  monummts,  à  la  n  inisma- 
tique  et  à  la  philologie  de  Vuntiquité  et  du  moijen-cìge ,  e  le  Annales  archéologiques  di 
Parigi,  la  E-u-hu-pi^  (/p/ato/o'/ixìj  di  Atene,  Vhtiiuto  archeologico  di  F^ondra  e  certamente 
secondi  a  nessuno  le  Memorie  e  il  Bullettino  delV hlituto  di  corrispondenza  archeologica 
di  Roma. 

§  18.   —   Metodi  che  l'archeologìa  può  seguire. 

Può  l'Archeologia  studiarsi  con  metodo,  i.  alfabetico;  ir.  geografico-,  ni.  cronolo- 
gico; IV.  analitico.  L'alfabetico  fu  usato  nella  Enciclopedia  metodica  e  ne'  dizionarj  di 
Sulzer,  di  Mongez  ,  di  Siiiitli  II  geografico  fu  tenuto  dall'Oberlin  in  un  opuscolo  ele- 
mentare sulle  traccie  di  Straiione,  e  dal  Nibby:  vi  si  attengono  i  numismatici  nel  clas- 
sificar le  monete.  Il  cronologico  tratta  dei  monumenti  secondo  i  tempi  :  ed  è  comodo  , 
ma  primamente  non  sempre  è  accertato  (|uali  popoli  veramente  abbiano  preceduto  gli 
altri  nella  «-.iviltà,  gli  Egizj  o  gl'Indiani,  gli  Etruschi  o  i  Greci  ;  poi  vengono  a  separarsi 
elementi  ,  da'  cui  confronti  dedurre  idee  generali  e  distinguere  l'originalitù  dall'imita- 
zione. L'analitico.^  trottandone  in  relazione  a  ciascun  popolo,  s'appiglia  ai  soggetti;  ma 
sovente  trovasi  mancare  i  materiali ,  e  va  capriccioso  nella  disposizione  dì  quelli  che 
po-siede  ,  potendo  cominciar  dalla  religione  o  dalle  tombe  o  dai  numismi  o  da  altro. 
Giova  pertanto  l'uno  coH'altro  innestare,  distinguendo  secondo  le  materie,  poi  queste 
medesime  esponendo  per  ciascun  popolo  e  in  ordine  d'antichitiì;  il  che  ed  agevola  i 
ravvicinamenti,  e  fa  discernere  chi  imita  da  chi  è  imitato. 


IIVTRODUZIONC:  23 


§  19.  —  Distribuzione  del  presente  trattato. 

Questo  nostro  trattalo  sarà  cosi  ripartito  : 
Capo      I.  Dopo  alcune  teoriche  generali,  traccerà  le  vicende  delle  Iielle  arti. 

II.  Parlerà  in  particolare  dell'architetlura,  e  de'  monumenti  stabili  sopra  e  sotto 

terra,  de'  varj  ordini,  e  delle  costruzioni  pul'iiliche  e  private. 

III.  De'  monumenti  plastici,  quanto  alla  materia,  all'arte,  ai  soggetti  delle  statue 

e  de'  bassorilievi. 

IV.  De'  monumenti  grafici,  o  della  pittura  secondo  la  varia  sua  applicazione. 
V.  Della  ceramica,  ossia  de'  vasi. 

VI.  DeHa  gliplica,  cioè  delle  pietre  lavorate  in  cavo  e  in  rilievo;  ove  pure  della 

dattiliologia,  o  studio  degli  anelli,  e  della  sfragistica. 
VII.  Dei  monumenti  letterati,  cioè  dell'epigrafia,  che  è  la  parte  più  nobile;  ove 

anche  della  diplomatica  e  della  paleografia. 
Vili.  Delle  medaglie  e  monete,  che  è  la  parte  più  rilevante  dell'antiquaria. 
IX.  Delle  pompe  e  feste,  e  per  concomitanza  della  musica  e  delle  arti  associate, 

come  la  danza  ed  il  teatro. 
X.  Delle  antichità  cristiane. 

XI.  Finiremo  con  una  corsa  topografica  a'  luoghi  dove  stettero  o  dove  ora  sono 
raccolti  i  principali  monumenti  archeologici. 
Sebbene  lo  scopo  nostro  sia  l'illustrazione  dei  monumenti,  vi  spargeremo  le  notizie 
che  ci  pajono  opportune  a  tessere  un  prospetto  del  vivere,  principalmente  fra  i  popoli 
famosi  dell'antichità. 


CAPO  PRIMO 

DELL'ARTE    IN    GENERALE 


§  20.  —  Analisi  dell'idea  dell'arte. 

VArte  è  un'attività  del  nostro  essere  ,  mediante  la  quale  producesi  di  fuori  ciò  che 
è  concepito  nello  spirito  ;  ossia  la  realizzazione  dell'idea  sotto  una  forma  sensibile.  Con- 
tentandosi di  rappresentare  ,  si  distingue  dalle  attività  pratiche,  dirette  a  scopo  parti- 
colare e  conforme  alla  vita  materiale,  e  che  si  dicono  arti  meccaniche  in  opposizione 
alle  belle  o  liberali;  ma  le  une  e  le  altre  sono  sviluppo  e  stromento  necessario  della  vita 
sociale. 

Definire  più  precisamente  l'Arte  si  può  mediante  l'indole  delle  intime  relazioni  tra 
l'interno  e  l'eterno,  le  quali  appartengono  alla  natura,  non  al  capriccio;  né  imparare 
si  possono,  bensì  cogliere  con  più  o  men  forza,  giusta  i  varj  gradi  di  coltura. 

Tali  relazioni  peraltro  son  così  intime  nell'Arte,  che  l'idea,  non  appena  nasce  in 
noi,  tende  a  manifestarsi  colla  rappresentazione  esteriore,  mediante  la  quale  finisce  di 
svilupparsi.  Tutte  le  arti  posano  su  questa  propeusion  naturale  dell'anima  nostra  per  le 
forme  sensibili. 

La  rappresentazione  dell'Arte  si  eseguisce  mediante  una  forma  sensibile;  la  quale 
può  od  essere  prodotta  dall'immaginazione,  o  colta  da'  sensi  nel  mondo  de'  fenomeni. 
Atteso  però  che  le  ordinarie  facoltà  di  vedere  e  principalmente  l'artistica,  sono  un'attività 
dell'immaginazione,  vuoisi  V immaginazione  considerare  come  il  tesoro  della  rappresen- 
tazione artistica. 

Non  corre  dunque  assoluta  differenza  tra  l'arte  creatrice  e  l'imitatrice,  giacché  l'arte 
del  pittore  consiste  nel  veder  il  bello  e  il  regolare;  nel  qual  caso  il  vedere  è  un'attività 
del  tutto  plastica. 

Alla  concezione  fantastica  delle  forme  si  lega  l'esecuzione,  ad  essa  subordinata,  eppure 
strettamente  connessa. 

Uinterno,  ossia  ciò  che  nell'Arte  é  rappresentato,  chiamasi  Videa  artistica,  ed  è  l'at- 
tività dello  spirito,  da  cui  risulta  il  concetto  della  forma  determinata.  Anche  quando  il 
pittore  imita  un  oggetto  naturale  ,  l'idea  artistica  sussiste  nell'eccitamento  provocato 
nell'intelletto  dalla  contemplazione  del  soggetto. 

Ma  l'artistica  non  è  un'idea  propria.  Quest'ultima  é  quasi  una  tela  su  cui  possono 
colorirsi  diversi  fenomeni:  l'artistica  deve  accordarsi  affatto  colla  forma  tutta  partico- 
lare dell'oggetto  d'arte.  Perciò  il  linguaggio,  il  quale  non  è  che  Videa  parlata,  non 
può  mai  esprimere  in  modo  soddisfacente  un'opera  d'arte. 

L'artistica  é  un'idea  di  suo  genere,  che  contemporaneamente  si  trova  unita  ad  una 
forte  e  viva  sensazione,  di  modo  che  ora  l'idea  e  la  sensazione  rimangono  unite  in  istato 
immateriale,  ora  l'idea  appare  staccata  dalla  sensazione;  pure  la  sensazione  predomina 
sempre  nel  creare  e  nel  ridurre  stabile  la  forma  artistica. 

§  21 .   —  Leggi  generali  dell'arte. 

Le  leggi  dell'Arte  sono  le  condizioni ,  secondo  le  quali  soltanto  la  sensibilità  dell'a- 
nima umana  può  dalle  forme  esteriori  ricevere  un  movimento  piacevole  :  e  poiché  de- 
terminano la  forma  artistica  secondo  il  bisogno  della  sensibilità,  perciò  si  fondano  sulla 
essenza  della  facoltà  di  sentire. 


TEORICHE   DELL  ARTE 


25 


Secondo  questa,  troveremo  innanzitutto,  die  la  forma  artistica  deve  avere  una  rego- 
larità generale,  senza  cui  essa  scomparisce;  e  che  sembra  dedotta  dall'osservazione  o 
dai  rapporti  matematici  come  nella  musica,  o  di  forme  desunte  dalla  vita  organica 
come  nella  plastica. 

Però  questa  regolarità  è  soltanto  il  limite  posto  alle  forme  artistiche,  ma  non  basta 
ila  sola  ad  esprimere  una  vita  più  elevata.  Così  il  rapporto  delle  leggi  armoniche  alla 
melodia ,  della  legge  d'equilibrio  alla  varietà  de'  ritmi ,  delle  forme  fondamentali  orga- 
niche alle  figure  particolari  della  plastica,  esige  che  queste  leggi  sieno  necessarie  condi- 
zioni della  rappresentazione  ;  pure  nessuna  rappresentazione  racchiudono  in  sé. 

§  22.  —  Del  bello. 

La  bellezza,  cioè  l'uno  nel  vario,  compresi  e  accordati  con  proporzione  nel  sentimento, 
è  l'attributo  più  necessario  alla  forma,  in  quanto  riguardano  la  vita  sensibile.  E  belle 
chiamiamo  le  forme  che  sull'anima  esercitano  un'impressione  conforme  alla  sua  natura, 
e  io  armonia  coll'intima  struttura.  La  materia  non  diviene  bella  che  per  la  disposizione 
delle  sue  parti  e  pel  movimento;  cioè  per  l'ordine,  che  è  la  ragione  visibile.  Perciò  si 
dice  che  il  bello  è  l'unità  nella  varietà:  ma  tal  definizione  non  è  generale,  e  non  può 
applicarsi  ad  esseri  viventi  o  alla  bellezza  spirituale  ;  meglio  direbbesi  che  il  bello  è  la 
perfezione  dell'essere,  veduta  dal  nostro  spirito,  sentita  dal  nostro  cuore. 

È  vulgare  il  definire  che  bello  è  quel  che  piace.  Basta  un  lieve  esame  per  accorgersi 
che  le  cose  più  piacevoli  non  sono  le  più  belle,  e  mentre  tutti  i  sensi  possono  darci  sen- 
sazioni piacevoli,  l'idea  del  bello  non  è  eccitata  che  dalla  vista  e  dall'udito.  Neppure 
per  (juesli  due  sensi  la  cosa  più  piacevole  è  sempre  la  più  bella  ;  e  un  quadro  del  Quat- 
trocento di  colorito  mediocre  può  sembrare  più  bello  che  uno  veneziano  di  splendide 
tinte;  e  una  bellezza  voluttuosa  che  alletta  i  sensi,  ributtar  il  sentimento.  Distinguesi 
dunque  affatto  il  bello  artistico  da  ciò  che  piace  ai  sensi  ;  né  coi  godimenti  di  essi  hanno 
a  che  fare  i  desiderj  sensuali  e  il  personale  interesse.  E  poiché  l'unità  di  veduta  degli 
oggetti  materiali  non  può  divenir  semplice  che  nel  sentimento,  al  sentimento  spetta  il 
giudizio  del  bello,  che  potremmo  dire  la  sorgente  dell'emozione  poetica,  la  quale  non  è 
mai  scompagnato  da  piacere,  ma  un  piacere  misto  d'ammirazione. 

L'anima  aspira  naturalmente  a  quest'impressione  salutare,  e  perciò  il  bello  è  principio 
dell'arte,  senza  in  sé  divenire  il  soggetto  della  rappresentazione,  il  concetto  artistico. 
Quest'ultimo  è  un'idea  e  una  sensazione  di  natura  distinta,  come  si  è  detto;  mentre  la 
bellezza  trovasi  elevata  alla  massima  potenza,  in  opposizione  d'ogni  sforzo  fatto  per 
rappresentare  un'individualità. 

Parimenti  il  bello  va  distinto  dall'utile,  molte  cose  essendo  utilissime,  né  per  questo 
belle.  Mentre  è  condizione  dell'utile  l'esser  posseduto  realmente  o  possibilmente,  il  bello 
è  indipendente  da  noi,  si  gode  senza  appropriarselo,  e  unica  misura  nei  godimenti  di 
esso  è  la  potenza  de' sensi. 

Il  bello  va  pur  distinto  dal  vero.  Questo  è  la  perfetta  identità  dell'idea  col  suo  oggetto, 
onde  si  dirige  alla  ragione  sola,  e  suppone  concetti  puri  delle  idee  della  ragione,  spogli 
d'ogni  manifestazione  sensibile  ;  mentre  da  questa  è  inseparabile  il  bello,  il  quale  si  vede 
e  contempla.  Per  identificarsi  col  vero,  il  bello  dee  spogliarsi  della  forma,  il  che  lo  an- 
nichila. Il  bello  fonde  insieme  il  visibile  e  l'invisibile,  il  finito  e  l'infinito,  l'idea  e  la 
forma,  lo  spirito  e  la  materia;  ed  è  manifestazione  sensibile  dell'essenza  delle  cose:  si 
dirige  dunque  ai  sensi,  e  per  mezzo  di  questi  alla  ragione. 

Sebbene  dunque  le  idee  del  bello,  del  buono,  del  vero  possano  credersi  identiche  nel 
loro  principio,  difi'eriscono  per  lo  spirito  dell'uomo.  L'idea  del  bene  implica  il  concetto 
d'un  fine;  lo  che  non  accade  del  bello.  L'idea  del  bello  precede  quella  del  buono;  es- 
sendo intuitiva  e  immediata.  Quella  è  più  nobile  che  non  l'utile,  pure  non  si  confonde 
col  piacere  della  bellezza.  Talora  l'immagine  di  cosa  bella  ne  piace  più  che  la  cosa  reale; 
mentre  invece  il  bene  è  un  obbligo  della  volontà.  Le  azioni  dell'uomo,  oltre  esser  buone 
0  malvagie,  utili  o  nocevoli,  sono  belle  o  no,  secondo  esprimono  le  qualità  dell'anima 
in  armonia  colla  sua  essenza. 


Ì6  [ARCBEOLOeiA   E  ftÈLtfe  AftTl 

^  23.  ^^  Distinzioni  del  bello.  Estetica. 

Tipo  supremo  della  bellezza  è  Dio;  il  creato  n'è  immagine  e  simbolo  :  ma  nel  crealo 
van  misti  il  brutto,  lo  schifoso,  il  prosastico.  L'uomo  sente  dunque  il  bisogno  di  crearsi 
nella  sua  intelligenza  rappresentazioni  conformi  all'idea  del  bello,  e  di  riprodurle. 
Così  nasce  l'arte;  e  in  conseguenza  si  ha  il  bello  assoluto,  il  bello  reale,  il  bello  ideale. 
Bello  assoluto  non  è  che  Dio:  il  bello  reale  è  nella  natura  e  nella  vita  umana:  il  bello 
ideale  è  l'oggetto  dell'arte. 

L'amor  del  bello  è  un  ritorno  dell'uomo  verso  quel  primo  suo  stato,  in  cui  era  uscito 
perfetto  dalla  mano  creatrice.  Disgustato  dallo  spettacolo  delle  presenti  imperfezioni,  che 
viepiù  si  manifestano  nell'essere  che  ne  fu  cagione,  egli  rifugge  nella  fantasia,  creando 
un  mondo  migliore,  una  poesia,  che  è  insieme  reminiscenza  e  presentimento.  Pertanto 
non  s'appaga  dei  tipi  che  lo  circondano,  ma  li  cerca  nell'ideale,  che  è  la  pienezza  ed 
armonia  della  vita,  risultante  dall'accordo  della  perfezione  primitiva  e  della  perfezione 
finale  degli  esseri.  Ecco  perchè  l'intellettuale  deve  prevalere  sul  sensibile,  l'idea  sulla 
materia,  Se  il  contrario  avviene,  in  morale  nasce  la  colpa,  in  esletica  il  deforme,  negli 
atti  la  servitù.  La  libertà  è  riposta  nel  predominio  della  parte  più  nobile  sulla  meno; 
onde  l'anima,  anelante  all'emancipazione,  va  instaurando  le  parti  scadute  e  inferme 
della  natura,  e  contemplandone  quasi  un  ricordo  della  passala  beatitudine  o  una  pre- 
visione futura,  preliba  la  felicità  del  promessole  compito  godimento  del  bello. 

In  tale  ricerca  l'uomo  s'accorge  ognnr  più  della  imperfezione  sua  presente  ;  e  confron- 
tandola coll'idea  propria,  sente  la  capacità  d'un  meglio  che  dovette  una  volta  godere, 
poiché  n'ha  il  concetto,  ed  al  quale  dee  poter  arrivare,  poiché  n'ha  l'aspirazione.  In  tal 
guisa  la  contemplazione  del  bello  lo  innalza  alla  cognizione  del  vero  e  alla  pratica  del 
bene.  Il  bello  travia  da'fini  e  dalla  essenza  sua  quando  si  rende  stromento  di  corruttela. 

Questo  modo  di  contemplar  il  bello  ci  porta  anche  a  spiegare  molti  problemi  artistici. 
Più  appropriati  sembrano  i  soggetti  dedotti  dall'antichità,  e  di  maggior  effetto  i  costumi 
antichi,  perchè  l'immaginazione  confonde  facilmente  le  età  eroiche  con  quella  primor- 
diale, in  cui  il  bello  regnava  senza  mistura. 

Pertanto  hanno  torto  coloro  che  considerano  dal  puro  lato  materiale  la  scienza  del 
bello.  Questa  chiamasi  Callologia  o  Estetica,  ed  è  la  parte  delle  fdosofiche  discipline, 
che  versa  intorno  ad  oggetti  immateriali  e  incommensurabili.  Primo  a  studiare  con  cri- 
tica le  arti  antiche  fu  il  Winckelmann,  che  attenendosi  al  positivo,  né  colla  teorica  stac- 
candosi dalla  realtà,  giudicò  con  vigore  tutto  quel  che  trovasi  fuori  del  cristianesimo, 
ma  niente  più  in  là.  Lessing,  nel  Laocoonte,  studiò  l'arte  men  cogli  occhi  che  col  pen- 
siero ;  e  così  nacque  l'Estetica,  che  può  definirsi  «  valutazione  delle  cose  secondo  la 
bellezza  e  la  convenienza».  Essa  poi  da  Baumgarlen  ebbe  nome  e  ordine:  e  d'allora 
moltissimi  filosofi  tedeschi  faticarono  ad  assegnar  la  definizione  del  bello,  e  giungere  a 
conclusioni  invariabili  ;  ma  spesso  trascorsero  nel  vago,  volendo  con  teoriche  a  priori 
regolar  una  cosa  essenzialmente  sperimentale  e  progressiva,  e  porre  limiti  all'ispirazione 
intima,  la  quale  precede  ogni  esecuzione,  unicamente  guidata  dalla  fede  nella  propria 
attività. 

Però  il  bello  è  un  fatto  divino  come  il  vero,  che  è  forza  accettare  senza  sapere  come 
si  generi;  eie  teoriche,  venute  dopo  le  creazioni,  formolano  i  principj  che  trovansi  già 
attuati  ne' monumenti;  li  giudicano  secondo  i  motivi  che  si  proposero  gli  autori;  di- 
scernono quali  fatti,  in  (|uesti  motivi,  turbinoo  producano  l'armonia;  insomma  s'accon- 
tentano della  critica  storica. 

MuELLER,  llandbuch  eie.  ^,  -1  sc(;i;. 

Battelx,  Delle  belle  arli  ridolle  ad  un  solo  principio. 

Home,  Saggio  sulla  critica. 

l'iETRO  Zam,   Prodromo  d'un' enciclopedia  metodica  delle  belle  arti  spettanti  il  disegno.  Parma  1789. 

Wattelet,  Dizionario  della  pittura. 

Ten  Rate,  Del  bello  ideale. 

Le  opere  di    MkNGS,  I-ESSING,  HaCEDOBN,    Re^NOLDS,  QCiTHEMÈRE  DE  QL'IXCV,    SUI-ZEB,    RtCnARDSON,  «C. 

SoBHY,  Poetica  delle  arti. 
Spb.\ce,  Polymetii. 


tEOftiCffÈ  ftÈLL*ARtÉ  4^ 

JAGEMAN,  Saggio  sul  buon  gus(o  nelle  belle  arti. 
Heyne,  De  tnorum  ti  ad  sensum  pulchritudinit  quam  artes  $eelanlur. 
Dboz,  Elude  sur  le  beau  dans  les  arls.  iSiO. 
Gioberti,  Del  bello. 

Gli  erronei  priacipj  di  Winckclmann  furono  posli  ia  evidenza  da  ScilOBN,  5ut/o  studio  degli  artisti  greci. 
Eidclberga,  481 8  j  e  già  prima  da  Heyne. 

§  24.   —  Suoi  estremi,  il  sublime   e   il  grazioso. 

Nella  mistica  scala  delle  sensazioni,  che  si  indica  col  nome  di  bello.,  e  che  eleva  dalla 
materia  all'idea,  possono  considerarsi  come  punti  estremi  il  mblime  e  il  grazioso.  Questo 
spinge  da  per  sé  l'anima  in  un  circolo  di  sensazioni  piacevoli  :  quello  esige  dall'anima 
un  vigor  di  sensazione  fin  dove  le  sue  forze  possono  giungere  per  abbracciare  maggior 
vastità  di  idee;  sia  il  sublime  matematico,  risultante  dall'intuizione  del  tempo  e  dello 
spazio;  sia  il  dinamico,  risultante  dall'idea  di  forza  o  potenza  materiale  o  spirituale. 
Fra  il  bello  e  il  sublime  corre  questa  differenza  essenziale,  che  il  bello,  benché  si  co- 
nosca in  virtù  delle  disposizioni  del  subjetto,  vien  concepito  come  residente  nell'objetto 
che  ne  eccita  il  sentimento  :  il  sublime,  più  subjettivo,  colla  sola  concezione  sua  attesta 
nell'anima  la  presenza  d'una  facoltà  che  sorpassa  ogni  misura;  è  come  la  rivelazione 
interna  d'un  ideale,  che  da  ninna  cosa  è  rappresentato,  il  bello  è  circoscritto,  limitato, 
e  le  nostre  facoltà  l'abbracciano  facilmente,  perchè  tutte  le  sue  parti  sono  sottomesse  ad 
una  giusta  misura:  il  sublime  ha  forme  non  isproporzionate,  ma  meno  fisse  e  piiJ  diffi- 
cili a  cogliersi,  laonde  eccita  il  sentimento  dell'infinito.  Il  bello  è  l'armonia  del  finito 
coll'infinito:  nel  sublime  prevale  l'infinito,  per  modo  che  sembra  impossibile  esprimerlo 
colla  manifestazione  sensibile.  Del  giudizio  del  bello  si  cercano  la  natura  e  le  regole 
coll'approfondire  la  teorica  delle  arti:  lo  studio  del  sublime  procede  colla  contempla- 
zione della  natura, 

§  25.  —  L'imitazione  e  l'ideale. 

Imitatrici  per  essenza  sono  le  arti  che  rappresentano  forme  naturali  organiche,  fon- 
dandosi sopra  lo  studio  artistico  della  natura.  Però  l'artista  ha  la  potenza  di  crearsi 
della  forma  organica  un'idea  superiore  all'esperienza  individuale,  e  in  quella  trova  il 
tipo  acconcio  alle  idee  più  elevate.  .\fa  perchè  l'arte  adombri  le  cose  naturali,  non  vuol 
dire  che  ne  sia  una  semplice  imitazione  ;  e  chi  pone  scopo  dell'arte  l'imitazione  della 
natura,  confonde  lo  scopo  coll'origine,  ne  abbassa  la  dignità,  e  contraddice  all'idea 
stessa  di  ordine.  Bensì  l'uomo  si  ispira  allo  spettacolo  della  natura,  e  al  par  di  questa 
esprime  la  divinità;  invola  al  sensibile  le  forme,  per  comporre  opere  dovute  solo  al  suo 
genio.  Nell'arte  (  riflette  Gioberti,  Del  bello  )  non  v'ha  propriamente  imiiazione  comples- 
siva del  tutto,  ma  solo  delle  parti,  che,  quasi  materiali  greggi  tolti  dalla  realtà  e  desti- 
tuiti di  valore  estetico,  si  compongono,  armonizzano,  trasformano  per  opera  dell'inge- 
gno, secondo  un  modello  ideale,  che  somiglia,  ma  non  risponde  mai  appieno  agli  oggetti 
esteriori.  Come  difficilmente  incontrasi  in  natura  un  rapporto  matematico  puro,  così 
una  forma  organica  perfetta;  ma  pure  questa  può  essere  sentita  mediante  l'esperienza, 
e  còlta  mediante  l'entusiasmo.  L'ideale  sta  ancora  nell'uomo,  non  come  immagine,  ma 
come  sentimento;  è  un'aspirazione  al  meglio,  secondo  cui  si  giudica  la  realtà,  ma  non 
la  si  trasforma.   11  vero  ideale  dei  capolavori  nacf|ue  dagli  sforzi  fatti  per  giunger  a 
comprendere  un  organismo  perfetto.  Si  sale  dunque  dalle  forme  all'idea;  mentre  altri 
malamente  scendono  dall'idea  alle  forme,  siccome  accade  ne'simboli  di  certe  idolatrie, 
e  nelle  combinazioni  delle  forme  naturali  degli  animali  inferiori  fra  sé  o  con  forme  umane. 
Queste  sono  in  parte  giustificate  dalle  credenze  religiose,  ma  nei  migliori  tempi  non 
appartengono  che  alla  plastica  decorativa  negli  arabeschi  ;  alle  linee  matematiche  prin- 
cipali degli  edifizj  e  dei  mobili  si  applicano  forme  dedotte  dal  regno  vegetale  ed  animale 
secondo  la  fantasia  dell'artista. 

Chi  cerca  solo  il  vero,  non  fa  che  imitazione  ;  chi  solo  il  bello  senza  il  vero,  fa  cari- 
cature e  ideale.  Il  bello  non  si  raggiunge  che  esplorando  le  proporzioni  e  l'armonia  del 

vero. 


ARCHEOLOGIA   E   BELLE   ARTI 


§  26.  ~  Scopo  dell'Arte. 

Scopo  dpM'Arte  non  è  l'illusione.  Una  statua  di  cera  è  più  simile  al  vero  che  non  l'A- 
pollo di  Belvedere;  e  qualche  ornatista  imita  fiori,  uccelli,  architetture  ben  meglio  che 
un  pittore  eccellente.  L'imitazione  troppo  vera  della  natura  non  darebbe  il  perfetto  del 
l'Arte;  e  vuoisi  rappresentarla  vera,  ma  sotto  quel  lume  magico,  che  costituisce  il  ge- 
nio dell'Arte.  Non  basta  dunque  la  perfetta  fedeltà  de'luoghi,  degli  abiti,  di  quel  che 
dicesi  il  costume  ;  e  ciò  prova  viepiù  che  il  bello  non  consiste  nelle  forme,  ma  nel- 
l'idea. 

Neppur  è  vero  che  lo  scopo  del  bello  sia  la  morale.  La  bellezza  vera  è  la  bellezza 
morale;  e  l'ideale  si  eleva  continuamente  verso  l'infinito;  sicché  l'Arte  che  lo  esprime 
purifica  l'anima,  e  così  la  perfeziona.  Però  l'artista  èsovratutto  animato  dal  sentimento 
del  bello,  e  vuole  trasmetterlo  nell'anima  dello  spettatore;  sentimento  puro  e  disinte- 
ressato, ma  distinto  dal  sentimento  morale.  L'Arte  vuol  arrivare  all'anima  per  via  dei 
sensi,  sia  colle  forme,  coi  colori,  coi  suoni  o  colle  parole  artificiose,  disposte  in  modo 
che  eccitino  l'indefiaibile  emozione  della  bellezza,  indipendentemente  dall'utilità  del- 
l'artista, né  di  quella  dello  spettatore  o  uditore. 

Insomma,  scopo  dell'Arte  è  il  rappresentare  per  immagini  sensibili,  creale  dallo  spi- 
rito umano,  le  idee  che  costituiscono  l'essenza  delle  cose;  laonde  può  dirsi  una  rivela- 
zione della  verità  sotto  forme  sensibili.  Pertanto  vero  artista  è  quello  che  da  costante  e 
attiva  inclinazione  è  spinto  a  rappresentare;  e  la  vita  intellettuale  manifestantesi  nell'Arte 
è  intimamente  connessa  con  tutto  il  suo  spirito.  Conseguentemente  in  ogni  opera  d'Arte 
voglionsi  esaminare  e  l'idea  e  l'immagine  da  cui  questa  è  espressa;  nell'accordo  loro 
consiste  il  perfetto  dell'Arte. 

Adunque  le  arti  belle,  piuttosto  che  imitare,  trasformano  la  natura  ;  si  dirigono  sem- 
pre all'intelligenza;  colgono  l'uomo  nella  misteriosa  sua  potenza  di  pensare  e  sentire  ; 
e  sebbene  adoprino  mezzi  diversi,  tendono  all'eguale  scopo,  aspirano  tutte  verso  la  bel- 
lezza infinita. 

§  27.  —  Unità  e  convenienza. 

Ogni  opera  d'arte,  come  risultante  dall'intima  connessione  dell'idea  artistica  colle 
forme  esteriori,  dee  avere  un'unità  cui  riferirsi,  in  modo  che  le  varie  parti,  successive 
0  coesistenti,  appajano  indispensabili  una  all'altra  per  costituire  un  tutto. 

Da  tale  elemento  dell'unità  nel  bello  e  nel  sublime  nasce  la  necessità  della  convenienza^ 
che  è  vita  dell'Arte,  e  senza  cui  la  bellezza  delle  parli  è  deformità  del  tutto.  Profondo 
senso  del  vero,  delicato  senso  del  bello  portano  alla  convenienza.  Ma  ricordiamoci  che 
l'Arte  non  imita  la  veriià,  bensì  la  rappresenta;  e  che  l'imitazione  fisica  della  natura 
non  è  lo  scopo  né  il  mezzo  dell'Arte.  La  natura  non  dà  che  la  varietà  ;  l'unità  è  merito 
del  pensiero.  Perciò  sono  puerili  le  teoriche  che  dalla  capanna  o  dal  corpo  umano  de- 
ducono le  proporzioni  e  gli  ornamenti  architettonici  ;  mentre  la  loro  bellezza  consiste 
nell'utilità  pubblica  e  privata  (e  fin  qui  è  arie  meccanica)  sublimata  dall'espressione, 
dalla  quale  gli  edifizj  traggono  quel  carattere  che  il  Milizia  definì  «  una  conformazione 
necessitata  dai  bisogni  fisici  e  dalle  abitudini  morali,  in  cui  si  dipingono  i  climi,  le 
idee,  i  costumi,  i  gusti,  i  piaceri,  il  carattere  stesso  di  ciascun  popolo  ».  L'oblio  della 
convenienza  è  il  difetto  d'ogni  arie  in  decadenza  ;  è  la  colpa  di  alcuni  insigni  cinque- 
centisti e  di  tulli  i  manieristi;  è  l'abuso  di  quella  massima  di  Winckelmann,  che  «  la 
bellezza  assoluta,  come  l'acqua  più  pura,  non  dee  aver  carattere  particolare». 

§  28.  —  Carattere. 

Quanto  si  è  detto  agevola  il  risolvere  la  disputa  molto  agitata,  se  il  principale  dell'Arte 
sia  il  òe//o,  0  il  cai-altere.  Dimentichi  tu  adatto  la  bellezza  e  la  regol.irilà,  per  attenerti 
a  un  carattere  rigido  e  crudo?  avrai  fallo  una  caricatura.  Le  dimentichi  solo  in  parte? 
puoi  averne  un  potente  mezzo  di  rii[)presentazione. 

Di  qui  nasce  la  bellezza  d'esiiressionc,  ch(^  è  vera  perchè  morale,  e  quasi  simbolo  della 


ILOIIICHE   Dtl.l/AnTE  29 

iKitura  invisibile.  ;  la  sulilimità  della  grazia.  Nei  moderni  l'espressione  degenera  spesso 
in  isinorlia,  anche  perchè  la  concentriamo  nel  volto,  mentre  gli  antichi  la  difibndeano 
per  tutto  il  corpo,  in  modo  che  ogni  menihro  era  in  proporzione  del  suo  carattere  ;  per 
la  qual  cosa  prediligevano  il  riposo,  e  in  tali  proporzioni  consisteva  il  loro  ideale.  A 
ciò  li  portava  l'abitudine  di  andar  ignudi.  Ma  il  bello  ora  più  che  mal  si  pretende  splen- 
dor del  buono,  cioè,  del  sentimento  cristiano  :  laonde  il  rinascimento  a  cui  si  deve  as- 
pirare, anche  fra  questa  confusione  di  sforzi  allatto  individuali,  dev'essere  un  ritorno 
dell'Arte  verso  le  credenze,  e  un  avviamento  verso  lo  stato  sociale  ch'essa  è  destinata  ad 
esprimere;  renderla  linguaggio  dei  pensieri  intimi  d'un  incivilimento  sempre  più  per- 
fezionato, unico  modo  col  quale  possa  farsi  intendere  dalla  moltitudine. 

§  29.  —  Gusto. 

La  facilità  di  vedere  e  prontamente  scoprire  il  punto  della  bellezza,  proprio  di  cias- 
cun soggetto  rappresentato,  àicesì  gusto;  sentimento  |Che  determina  la  scelta  dell'artista 
e  il  giudizio  dell'amatore.  Insomma  è  il  giudizio  applicato  alle  cose  dell'arte;  e  può 
nascere  da  natura  {individuale  )  e  da  abitudine  {nazionale):  più  lodevole  quando  risulta 
dall'una  contemperata  all'altra,  ed  è  raffinato  su'modelll  insigni. 

§   50.    —   Genio. 

Il  gusto  portato  al  grado  supremo  diviene  genio,  ma  quando  vi  sia  unita  la  potenza 
creatrice.  Il  gusto  sente,  analizza,  giudica;  il  genio  inventa,  è  spinto  irresistibilmente 
a  produr  di  fuori  i  pensieri,  i  sentimenti,  le  immagini  che  ha  dentro.  Questo  ammira 
profondamente  la  natura  ;  ma  poiché  tutto  ciò  ch'è  reale  è  imperfetto,  e  i  lineamenti 
della  bellezza  sono  sparsi,  il  genio  li  riunisce,  secondo  un'idea  che  ha  preconcetta  d'un 
bello  perfetto.  Quest'idea  l'artista  se  la  forma  collo  studiar  la  natura  ;  ma  formata  che 
se  l'abbia,  se  ne  serve  per  giudicare  e  rettificare  la  natura  stessa  e  per  emularla. 

Può  fallarsi  o  per  mancanza  d'ideale  o  per  eccesso:  nel  primo  caso  si  copia  un  mo- 
dello, e  non  si  raggiunge  l'intiera  bellezza;  nel  secondo  si  lavora  di  maniera,  e  si  cade 
in  un'idealità  senza  carattere. 

Il  genio  è  la  facoltà  di  produrre  prontamente  e  sicuramente  la  giusta  proporzione 
fra  l'ideale  e  il  naturale,  la  forma  e  il  pensiero:  nel  che  consiste  la  perfezione  dell'Arte. 

Rafacllo  scriveva  al  CastiijIioDe:  —  Essendo  carestia  e  di  buoni  giudici  e  di  belle  donne  ,  io  mi  servo  di 
certa  idea  che  mi  viene  alia  mente  n.  E  Cicerone,  ncll'Orotore ,  parlando  di  Fidia:  Neque  enim  ille 
artifex  1  cum  faceret  Jovis  formam  aul  Minervw  ,  contemptabalur  aliquem  a  quo  simililudinem 
ducerei;  sed  ipsius  in  mente  insidebat  spccies  pulchritudinis  eximia  qucedam  ^  quam  inluens  .,  in 
eaque  de/ixus,  ad  illius  simililudinem  artem  el  manum  dirigebat. 

§  31 .  —  Divisione  dell'arte. 

Dalla  natura  delle  forme  con  cui  l'Arte  rappresenta,  si  traggono  le  divisioni  del- 
l'Arte. Tutte  le  forme  suscettibili  d'una  certa  regolarità,  sono  proprie  a  divenir  forme 
dell'Arte,  e  sovratutto  le  forme  e  i  rapporti  matematici,  da  cui  in  natura  dipendono 
la  configurazione  e  il  sistema  de'  corpi  celesti,  de'  minerali,  degli  organici. 

Quanto  meno  è  chiara  e  sviluppata  l'idea  contenuta  nell'idea  artistica,  più  bastano 
i  rapporti  matematici  a  rappresentarla:  quanto  più  diviene  chiara  e  precisa,  le  forme 
per  rappresentarla  voglionsi  desumere  da  una  natura  organica  più  compiuta.  La  rit- 
mica, la  musica,  l'architettura,  le  quali  vanno  per  rapporti  matematici,  rappresentano 
idee  oscure,  poco  sviluppate;  le  forme  di  questo  genere  sono  le  fondamentali  della  vita 
in  generale,  ma  non  della  individuale.  Quelle  della  vita  vegetativa,  come  la  pittura 
del  paesaggio,  già  maggiormente  precisano  le  idee;  e  ancor  più  quelle  della  vita  animale 
elevata,  come  la  pittura  storica  e  la  plastica.  Ogni  arte  che  le  forme  a  lei  proprie 
vuol  usare  in  modo  diverso  dalla  sua  destinazione,  delira. 

Ogni  forma  suppone  una  grandezza^  sia  nel  tempo  o  nello  spazio,  nella  successione 
0  nella  coesistenza.  Il  tempo  si  rappresenta  e  misura  mediante  il  moto,  il  quale  perciò 
va  considerato  come  una  pura  grandezza  di  tempo.  Questa  troviamo  in  realtà  nel  (qivj 


3w  ABCllEOLOGlA    E   BELLE    AUil 

mufiicalc,  che,  come  tale,  dipende  affatto  dalla  celerità  delle  vibrazioni  regolari  del 
corpo  sonoro,  nella  cui  sequela,  or  più  or  meno  rapida,  può  la  musica  esprimere  a 
pieno  le  idee  artistiche.  Se  l'architettura  (per  dirlo  con  frasi  del  Gioberti)  rappresenta 
il  contenente  (jeoinetrico  che  consiste  nello  spazio  per  via  della  coesistenza,  dell'esten- 
sione e  delle  fi^'ure;  la  musica  rappresenta  il  conlenente  aritmetico  per  via  della  succes- 
sione, della  durata  e  del  numero.  Essa  è  potenza  fecondatrice,  atta  a  destare  la  vera 
estetica,  e  produrre  i  tipi  del  hello  solto  ogni  forma. 

La  musicale  può  dirsi  una  grandezza  di  tempo  velata.  Ma  i  varj  toni  sono  determi- 
nali nella  lor  durata  da  un'altra  specie  di  forma  artistica,  in  cui  allo  spirito  si  offrono 
chiaramente  la  (]uantità  e  la  misura  d'una  grandezza  di  tempo.  L'espressione  di  queste 
idee  mediante  tale  specie  di  misura  chiamasi  ritmica,  che  come  arte  non  può  pro- 
dursi sola,  ma  può  congiungersi  a  tutte  quelle  che  sono  rappresentate  dal  movimento. 

La  ritmica  applicata  al  linguaggio  chiamasi  metrica. 

Altre  arti  congiungono  al  tempo  lo  spazio,  alla  misura  del  movimento  la  qualità,  il 
genere  e  il  modo  di  questo.  A  ciò  non  riesce  l'uomo  che  pel  movimento  del  proprio 
corpo;  e  la  maggior  perfezione  trovasi  nella  mimica  orchestrica  o  teatrale:  danza  piena 
d  espressione,  ove  divengono  forme  artistiche  non  solo  il  ritmo  del  movimento  e  il  ge- 
nere di  questo,  ma  e  la  bellezza  e  il  carattere  degli  atteggiamenti.  Però  manifestazioni 
di  sifatta  attività  artistica  penetrano  più  o  meno  in  tutta  la  vita,  e  s'uniscono  alle  varie 
arti. 

La  mimica  unita  alle  arti  oratorie  chiamasi  declamazione  hr.u.vu,  nyj.uy.xy.,  actio). 
Il  gesto  0  l'atteggiamento  esprime  anche  involontariamente  la  vita  intellettuale.  1  Greci 
drizzavano  l'educazione  a  regolare  quest'involontaria  rappresentazione,  quasi  l'abitudine 
della  dignità  esteriore  e  del  nobile  contegno  dovesse  disporre  l'anima  alla  saviezza  e  al 
decoro.  Anche  la  ginnastica,  massime  nell'esercizio  del  penlatlo,  consideravasi  come 
una  rappresentazione  artistica,  affine  coll'orchestrica. 

Le  arti  del  disegno  rappresentano  solamente  nello  spazio;  onde  non  possono  star 
contente  alla  pura  grandezza  matematica,  giacché  le  cose  che  occupano  spazio  devoa 
essere  determinate,  non  solo  per  quantità  ma  anche  per  qualità,  cioè  come  figurai 
Due  soli  mezzi  possedono  a  ciò  le  arti  del  disegno:  la  forma  corporea  geometrica  sta- 
bile, e  la  forma  corporea  organica  intimamente  unita  coli' idea  della  vita. 

Le  forme  geometriche  possono,  è  vero,  raffinarsi  e  ridursi  artistiche,  ma  di  rado 
sono  indipendenti,  atteso  i  motivi  che  nascono  dalle  connessioni  dell'Arte  col  resto 
della  vita.  Unite  a  una  creazione,  diretta  ad  uno  scopo  particolare,  generano  una  classe 
d'arti  che  eseguisce  mobili,  vasi,  abitazioni,  corrispondenti  da  un  lato  alla  loro  desti- 
nazione, dall'altro  alle  idee  dell'Arte  e  ai  sentimenti  dell'anima.  Tecniche  chiamiamo 
queste  attività  miste,  la  più  elevata  delle  quali  è  V architettura,  che  ergendosi  maggior- 
mente sovra  gli  ordinar]  bisogni  della  vita,  può  rappresentare  idee  profonde.  Fu  detto 
a  ragione  che  la  forma  architettonica  riepiloga  fedelmente  il  carattere,  i  co.stumi,  i  bi- 
sogni di  ciascun'epoca,  ed  è  il  segno  a  cui  sono  raffigurate  le  nazioni.  In  fatto  essa  è 
il  compendio  del  sapere  e  delle  arti,  si  connette  alle  costumanze  e  alle  abitudini,  e 
forma  il  legame  tra  l'Arte  e  la  vita  privata  e  pubblica.  A  (juest'arle  l'ispirazione  del  genio 
non  basta,  e  domanda  studj  lunghi  e  profondi;  convince  essa  del  quanto  sullo  spirito 
umano  possano  le  forme  geometriche  e  le  proporzioni:  perù  tostochè  abbandona  la  fi- 
gura geometrica,  s'appiglia  a  un'arte  diversa,  come  negli  ornamenti  desunti  da  vege- 
tali e  animali. 

Di  queste  arti  è  carattere  comune  il  posarsi  sull'unione  di  due  principi,  conformità 
dello  scopo,  e  rappresentazione  artistica;  i  quali  nelle  opere  più  semplici  vengono 
quasi  a  confondersi,  e  sempre  meglio  si  distaccano  ne'  temi  più  elevali,  in  conseguenza 
ne  è  legge  principale,  che  l'idea  artistica  dell'opera  nasca  dalla  sua  destinazione,  con- 
forme a  un  sentimento  vivo  e  profondo.  Così  un  vaso,  per  quanto  semplice,  si  dirà  bello 
se  appropriato  all'uso  suo.  Pure  l'idea  artistica  si  separa  dall'utilità  esteriore;  e  le  am- 
pie navale  e  le  sublimi  guglie  dell'architettura  gotica  non  hanno  a  che  fare  coll'utilità; 
e  il  bisogno  non  vi  serve  che  di  motivo,  laddove  l'immaginazione  manifesta  la  sua  li- 
bertà creatrice  nel  combinare  forme  geometriche. 

Queste  arti  differiscono  tra  loro  in  quanto  la  scultura  o  plastica  riproduce  le  forme 
organiche,  salvo  i  cangiamenti  che  !a  diversità  di  raateria  esige  per  produrre  una  simile 


'J'EOhICIlii:   DELL  ARTE 


Si 


impressione;  mentre  il  disegno  o  la  grafica  rappresenta  l'apparenza  dei  corpi  sovra  una 
siiperlìcie  piana,  mediante  le  linee,  la  luce  e  le  ombre. 

Il  culore  può  unirsi  ad  enlrambo;  ma  nell.i  plastica  riesce  men  bene,  quanto  più  da 
vicino  vuol  imitare  la  natura.  Riproducete  fedelmente  il  corpo,  e  renderete  più  spiace- 
vole la  mancanza  di  vita,  bisguslano  le  ligure  di  cera,  appunto  per  l'illusione  che  si 
propongono. 

Al  contrario  vanno  d'armonia  il  colore  e  il  disegno.  Ma  questo  produce  gli  oggetti 
più  imperfettamente,  giacché  non  rappresenta  i  corpi  ma  gli  elfetti  della  luce  su  di  essi. 
Tra  (juesti  efletti  è  il  colore,  il  quale  eleva  il  disegno  fin  all'arte  della  pittura;  e  nella 
natura,  negli  effetti,  nelle  leggi  tiene  grand'analogia  col  tono  musicale.  In  fatto,  secondo 
Eulero,  i  colori  non  differiscono^tra  sé  che  pel  numero  delle  oscillazioni  dell'etere, 
formano  una  specie  di  ottava,  hanno  accordi  e  disaccordi,  svegliano  sensazioni  simili 
ai  toni. 

La  plastica  che  rappresenta  la  forma  organica  più  perfetta,  e  di  preferenza  la  figura 
umana,  deve  rappresentare  a  pieno  e  d'ogni  parte,  nulla  lasciando  d'indeterminato; 
pel  carattere  suo  proprio  essa  deve  scegliere  i  soggetti  in  un  campo  limitato,  ma  può 
recarli  alla  massima  chiarezza.  Più  -steso  circolo  ha  la  pittura,  che  rappresenta  princi- 
palmente la  luce,  i  cui  effetti  mirabili  le  servono  a  mostrare  tutta  la  sua  grandezza,  e 
nel  rappresentare  la  forma  dei  corpi  si  contenta  dell'apparenza  prodotta  per  mezzo  di 
questa  luce:  ma  quanto  è  più  espressiva,  tanto  è  meno  precisa  La  plrislica  per  sua  na- 
tura è  portata  a  rappresentar  le  idee  di  riposo,  di  tranquillità;  la  pittura  a  riprodurre 
le  impressioni  passaggere,  potendo  permettersi  maggior  movimento  perchè  rap|)reseuta 
gli  oggetti  or  su  piano  vicino  or  su  lontano.  In  conseguenza  la  plastica  è  meglio  ac- 
concia a  rappresentare  il  carattere,  la  pittura  Vesprei^sione:  quella  è  soggetta  a  regole 
severe,  ad  una  legge  del  bello  più  seaìplice  ;  questa  può  permettersi  una  confusione 
apparente  nelle  particolarità,  possedendo  mezzi  di  farla  sparire  nell'insieme, 

il  basso,  il  ìiiczzo  e  Valto  nlkvo,  i  cui  limiti  son  difficili  ad  assegnarsi,  ondeggiano 
fra  (|ueste  due  arti.  Gli  antichi  li  trattarono  piuttosto  plasticamente;  pittoresca- 
mente i  moderni  ,  fra' quali  la  pittura  predomina. 

L'incisione  in  ()ielra  o  in  metalli  non  è  ordinariamente  che  l'arte  di  produrre  imme- 
diatamente un  rilievo  in  piccole  dimensioni. 

Dalle  altre  differiscono  assai  le  arti  oratorie  quanto  alla  forma  di  rappresentazione. 
Anch'esse  rappresentano  esteriormente  e  sensibilmente,  e  obbediscono  a  leggi  di  forme 
esteriori,  all'eufonia,  alla  ritmica:  ma  tale  rappresentazione  esterna,  cioè  il  suono,  è 
sì  |)oco  importante,  che  un'opera  di  quest'arte  può  godersi  anche  senza  di  quella. 
L'attività  del  poeta  è  più  complicata  che  quella  degli  altri  artisti,  aprendo  in  certo 
modo  una  doppia  carriera;  giacché  dal  motivo  intellettuale  dell'idea  artistica  nasce  una 
sequela  di  concelti  intellettuali,  d'immagini  fantastiche,  che  il  linguaggio  procura  co- 
gliere, descrivere  e  comunicare  per  mezzo  delle  idee. 

Anche  ogni  discorso  che  produce  impressioni  dolci  o  forti,  istruttive  o  benefiche, 
ha  grande  affinità  con  un'opera  d'arte;  il  che  avviene  non  solo  in  un'orazione  propria- 
mente detta,  ma  anche  per  esempio  in  ima  esposizione  filosofica;  pure  questa  non  si 
potrebbe  dire  vera  opera  d'arte. 

§  52.  —  L'espressione  nell'arte. 

Qualità  costitutiva  delle  arti,  nella  varietà  de' loro  mezzi,  dicemmo  essere  il  rappre- 
sentare per  immagini  le  idee:  locchè  chiamasi  anche  espressione:  ed  arti  sono  appunto 
perchè  esprin)ono  sensibilmente  l'invisibile,  l'idea.  La  forma  si  dirige  ai  sensi,  l'es- 
pressione all'anima,  per  recarvi  pensiero,  un  sentimento  che  la  tocchi  e  la  innalzi. 
L'unità  d'espressione  è  quella  che  veramente  si  richiede;  e  la  varietà  non  serve  che  a 
diffondere  sulla  composizione  intera  quell'unica  idea  o  sentimento.  È  ben  composto  ciò 
che  porge  più  potente  espressio«e. 

Secondo  l'efficacia  ad  esprimere  potrebbero  classarsi  le  arti  belle  in  modo  diverso 
dal  predetto.  La  musica  è  potentissima,  perchè  apre  all'immaginazione  un  vastissimo 
campo;  ma  resta  oscura  e  indeterminata  ne'suoi  effetti;  esprime  tutto,  ma  nulla  io 
particolare.  A  differeoza  della  scultura,  che  rappresenta  neltameate  una  data  cosa,  e 


32 


ARCHtOL0l.lA    E    IstLLE    AHTl 


reca  meno  nell'infinito  perchè  ha  determinata  nettamente  ogni  cosa.  La  pittura  è 
quasi  precisa  come  la  scultura,  e  commovente  come  la  musica;  piìi  patetica  di  quella, 
più  chiara  di  questa,  viemeglio  esprime  la  beltà  nella  ricchezza  e  varietà  de' sentimenti. 
Molto  più  espressiva  è  la  poesia,  che  adopra  la  parola,  elemento  medio  tra  il  mate- 
riale e  l'immateriale,  precisa  insieme  e  animata,  patetica  ed  infinita:  quindi  al  veder 
un  quadro,  una  statua,  all'udire  una  musica  insigne,  la  miglior  lode  che  possa  darvisi 
è  l'esclamare,  —  Qual  poesia  !  » 

§  33  —  Rivelazione  storica  dell'arte. 

Allorché  l'idea  o  il  sentimento  naturali  all'uomo  si  manifestano  di  fuori,  la  psicologia 
cede  il  campo  alla  storia.  Fin  qui  vedemmo  la  figliazione  psicologica,  e  sto  per  dire  la 
ragione  delle  arti  belle;  or  vediamole  prodursi  esternamente,  nel  bisogno  d'associare 
coll'utile  il  bello.  Il  cencio  che  dovea  proteggere  il  pudore,  s'acconciò  e  s'ingentilì,  e 
ne  venne  il  lusso  ;  la  voce,  che  esprimeva  una  piena  d'affetti  cui  non  bastava  la  pacata 
parola,  prese  ordine  e  regolati!  modulazione,  e  si  formò  la  musica:  il  tetto  che  copriva 
dall'intemperie  la  nuova  famiglia,  fu  disposto  armonicamente,  sostenuto  da  tronchi 
simmetrici,  adattato  alle  comodità,  ed  ecco  l'architettura:  il  tronco  o  la  colonnetta  che 
doveva  indicare  la  divinità  o  il  padre  defunto  o  il  grande  benefattore,  si  foggiò  in  foniie 
regolari  che  rappresentassero  umane  sembianze,  e  ne  venne  la  plastica  :  l'impressione 
momentanea  che  i  contorni  e  il  colore  producono  sugli  occhi,  venne  fissata  su  super- 
ficie piana,  e  s'ebbero  le  arti  grafiche.  In  queste  si  nota  sempre  un  periodo  di  sviluppo, 
cui  segue  uno  drammatico,  poi  uno  di  raffinamento,  e  in  fine  quello  di  decadenza  ;  frutto 
di  cause  che  non  sono  fatali,  ma  che  spesso  si  riproducono. 

Le  arti  tolgono  a  modello  la  natura,  ingentilendola:  e  il  gorgheggio  degli  uccelli  e 
la  splendida  varietà  delle  lor  penne  potè  suggerire  raffinamenti  al  canto  e  al  vestire  ;  le 
grotte,  dar  l'idea  delle  arcate;  gli  alberi,  delle  colonne.  E  poiché  la  natura  diversamente 
si  presenta  nei  varj  paesi,  perciò  esse  arti  contrassero  differente  indole  presso  le  varie 
nazioni.  L'architettura  piana  e  bassa  degli  Egizj  ritrae  delle  grotte,  entro  le  quali  ave- 
vano l'abitazione  o  il  sepolcro:  la  snella  degli  Arabi  sente  dell'altezza  dei  loro  palmizj, 
attuata  poi  nelle  gotiche  navate  :  indarno  vorresti  cercare  fra  le  genti  scitiche  il  gra- 
zioso viluppo  dell'acanto,  proprio  de'Greci,  o  fra  gli  Europei  il  grandioso  fogliame  di 
che  si  piace  l'indiano. 

I  varj  paesi  poi  ofTrono  varietà  di  materiali  ;  e  il  porfido  è  proprio  di  Siene,  come  il 
cedro  della  Fenicia,  e  il  marmo  delle  isole  greche  e  dell'Italia. 

Aggiungete  i  sentimenti  di  ciascun  popolo,  che  diversamente  si  imprimono  nelle  opere 
di  mano;  e  gli  obelischi  coperti  di  geroglifici  a  Tebe,  e  i  cruenti  altari  druidici,  e  i  bei 
teatri  della  Grecia,  e  gli  anfiteatri  di  Roma,  e  la  muraglia  della  Cina,  e  i  chioschi  del 
Levante,  e  gli  acquedotti  d'Italia  portano  in  sé  l'impronta  del  popolo  che  li  fabbricò. 

II  frivolo  Cinese  s'affina  nelle  minuzie,  e  cerca  il  luccicante,  i  trafori,  gli  sfoggiati 
colori,  le  imitazioni  servili  della  natura  :  le  piramidi  d'Egitto  e  gli  ipogei  dell'India  son 
testimoni  della  servitù  d'un  popolo  intero,  brutalmente  devoto  ad  una  Casta  dominatrice: 
i  castellotti  che  coronano  le  nostre  alture,  parlano  della  prepotenza  dei  feudatarj  del 
medio  evo  :  i  duomi  e  i  palazzi  della  ragione  indicano  la  fiorente  libertà  e  la  baldanza 
operosa  de'padri  nostri  al  tempo  dei  Comuni. 

^  oi.  —  Gusto   individuale  e  nazionale;  stile,  maniera. 

Pertanto  l'attività  artistica,  già  l'accennammo,  è  in  parte  individuale,  in  parte  na- 
zionale: e  da  questi  due  elementi  è  regolata  nella  scelta  delle  idee  artistiche,  come  nel 
modo  di  concepir  le  forme  ;  variando  secondo  i  cangiamenti  sopragiunti  nella  vita  de- 
gl'individui e  delle  nazioni. 

Il  carattere  particolare  che  così  l'arte  riceve,  chiamasi  ^lile  :  onde  si  dice  stile  egi- 
ziano, stile  greco  ;  oppure  stile  greco  della  tal  epoca  ;  o  anche  stile  di  Fidia,  di  Prassitele, 
di  Michelangelo,  di  Palladio.  Stile  proprio  bachi  basta  ad  imprimere  una  maniera  di- 
stinta a  tutta  la  sua  attività  artistica.  Benché  alcuni  facciano  consistere  lo  stile  unica- 
mente nelle  condizioni  della  materia:  in  fatto  esso  abbraccia  e  la  concezione  della  forma 


TEORICHE  dell'arte  33 

e  quella  della  idea,  e  risulta  da  tutte  le  parti  che  concorrono  alla  concezione  alla  com- 
posizione, all'esecuzione  di  un'opera  d'arte;  onde  lo  distinguono  in  sublime,  grande, 
bello,  es[iressivo,  naturale. 

Maniera  dicesi  il  modo  di  comporre  e  di  eseguire,  ch'è  distintivo  d'una  scuola  o 
d'un  maestro.  Più  miteriale  che  lo  stile,  consiste  piuttosto  nell'eseguire  che  nell'im- 
maginare.  La  maniera  dunque  può  esser  forte,  dolce,  corretta,  grandiosa,  barbara,  pe- 
sante, caricata;  ed  un  artista  la  cambia  durante  la  sua  carriera. 

11  falso  introdurre  della  personalità  nell'arte,  per  infingardaggine  o  per  difettoso  modo 
di  sentire,  dicesi  pure  maniera-^  ed  è  il  vizio  di  modificare  la  forma  sempre  ad  un 
modo,  senza  riguardo  a  ciò  che  il  soggetto  richiede,  copiando  l'arte  anziché  la  natura. 

§  55.  —  Dei  sentimento  religioso  ;  il  misticismo  ;  il  simbolo. 

L'Arte  è  in  particolar  modo  legata  al  sentimento  religioso  ;  la  religione  apre  all'uomo 
un  mondo  intellettuale,  qual  non  gli  è  dato  dai  fenomeni  esterni  ;  e  tanta  n'è  l'impor- 
tanza, che  taluno  disse:  «  L'Archeologia  ()otreblie  definirsi  la  conoscenza  della  religione 
ne'suoi  rapporti  colle  arti  »  (Emekico  Dvvio,  Japiter,  intruduction  p.  iv  ). 

Più  artistica  e  plastica  sarà  la  religione,  quanto  più  le  idee  suscitate  da  essa  saranno 
suscettibili  di  rivestir  le  forme  del  mondo  organico.  Una,  come  la  greca,  ove  la  vita 
della  divinità  si  confonda  con  quella  esistente  nella  natura,  e  si  compia  nell'uomo, 
tornerà  opporluoissnna  alla  plastica-,  ma  anch'essa  riconosce  nella  divinità  alcun  che, 
impossibile  a  rappresentarsi  con  forme  dell'arte,  li  sentimento  che  rinunzia  a  trovar 
tali  forme  equivalenti,  chiamasi  mif^tico  ;  e  quand'esso  cerchi  segni  esteriori,  per  lo  più 
sono  informi  e  bizzarri,  a  bella  posta. 

L'alleanza  delle  idee  dell'Essere  divino  coi  soggetti  esteriori  è  fondamento  del  simbolo; 
e  nasce  dal  movimento  che  porta  il  sentimento  mistico  a  cercar  mezzi  esteriori,  quasi 
punti  d'appoggio  ai  lanci  dello  spirilo.  Tai  sono  gli  animali  simbolici  delle  divinità 
greche  e  del  vecchio  e  nuovo  Testamento,  nei  quali  non  iscorge  la  vita  divina  se  non 
chi  è  penetrato  di  vero  sentimento  religioso.  Simbolico  è  il  culto,  e  unicamente  per  ciò 
vi  si  congiuiige  l'arte. 

11  simbolo  è  l'espressione  esoterica  e  naturale  dell'idea;  atteso  che  i  concetti  razio- 
nali non  possono  ripensarsi  se  non  vestiti  di  un  segno,  che  diventa  simbolo  qualvolta 
rappresenta  l'intelligibile  in  modo  acconcio  all'indole  dell'immaginativa.  E  come  l'im- 
maginativa tiene  il  mezzo  fra  la  ragione  e  il  senso,  così  la  simbolica  sta  di  mezzo  tra  la 
fisica  e  la  filosofia. 

Il  simbolo  non  somiglia  alla  cosa  simboleggiata,  e  non  vi  si  lega  che  per  un  vincolo 
arbitrario,  o  fondato  sulle  remote  analogie  tra  il  Creatore  e  le  creature.  Il  bello  invece 
A  rappresentazione  delle  idee  specifiche,  e  corrisponde  ad  esse;  talché  non  può  identi- 
ficarsi col  simbolo  senza  reci[)roco  svantaggio.  In  fatto  nel  arte  orientale  la  venustà  della 
forma  cede  alla  precisione  dell'emblema,  e  n'è  quasi  annichilata;  nella  greca,  il  simbolo 
svanisce  dinanzi  all'idea  del  bello. 

Al  simbolo  appartengono  i  numeri,  dei  quali  fecero  sempre  grand'uso  gli  antichi, 
massime  nell'architettura;  come  espressione  la  più  immediata  delle  leggi  divine,  vedute 
nel  mondo.  Fra  essi  fecero  principal  giuoco  il  5,  e  la  superficie  geometrica  ad  esso  cor- 
rispondente, cioè  il  triangolo,  e  che  presso  tutti  i  popoli  orientali  significò  l'azione  di- 
vina creatrice. 

Dalla  simbolica  orientale,  che,  oltre  i  simboli  propriamente  detti,  abbraccia  anche 
quella  parte  della  mitologia  che  è  diretta  ad  esprimere  le  verità  ideali,  nacque  la  forma 
architetton  ca  de'tempj.  attuazione  della  parola  scritta:  e  perciò  l'architettura  in  origine 
pare  affatto  simbolica,  e  naia  dal  bisogno  d'rsprimere  materialmente  il  simbolo.  Ne  sono 
prova  la  professione  jeratica  dei  primi  architetti,  e  la  vastità  colossale  degli  edifizj,  non 
acconcia  né  alle  pure  ragioni  dell'utile  né  a  riuelle  de'sensuali  godimenti,  ma  diretta 
allo  scopo  estetico  di  eccitare  il  senso  del  sublime,  il  quale  è  necessariamente  sim- 
bolico. 

È  dunque  il  simbolo  alle  belle  arti  ciò  che  sono  al  linguaggio  il  tropo  e  la  metafora; 
e  trov;isi  fra  lutti  i  popoli,  ma  di  necessità  variato,,  come  indipendente  che  è  da  somi- 
glianze naturali. 

C.\NTÙ,  Documenti.  —  Tomo  I,  Archeologia  e  Belle  Arti  3 


34  ARCHEOLOGIA   E   BELLE   ARTI 

Esso  rendeva  l'arte  stazionaria,  obbligandola  a  riprodurre  tipi  determinati:  dov'esso 
nacque,  assoggettò  l'arte  imitativa;  uscitone,  restò  a  questa  assoggettato.  Ma  se  il  sim- 
bolo nuoce  alla  bellezza,  avvicina  al  sublime,  giacché  richiamando  allo  spirito  l'idea 
dell'infinito,  rappresenta  all'immaginativa  l'immensità  o  dinamica  o  matematica. 

§  36.  —  Genere  positivo  :  tipi. 

Quando  le  idee  artistiche  nascono  da  tradizioni  storiche,  diconsi  di  genere  poMtivo  : 
ma  se  positive  interamente  fossero,  torrebber  ogni  viia  artistica,  dovendo  dipendere  da 
forme  prestabilite  e  inalterabilmente  prodotte.  Le  forme  che  la  legge  o  l'uso  pose  per 
limiti  all'attività  artistica,  diconsi  tipi.  11  tipo,  benché  non  sia  la  forma  più  conveniente, 
si  mantiene  fedelmente  nell'imitazione,  prodotta  dal  genio  dell' arfista,  Così  lungo  tempo 
sovra  certi  tipi  si  rappresentarono  la  divinità  incarnata,  Maria,  gli  Apostoli,  benché  si 
sapesse  far  pitture  più  eleganti.  L'ideale  delle  divmità  greche  non  s'incatena  a  un  tipo,  né 
esclude  la  libertà,  anzi  stimola  a  creazioni  nuove,  comunque  sottoposte  ad  un  concetto. 

g  37.  —  Importanza  dell'idealità. 

Doppia  sorgente  hanno  dunque  le  ispirazioni  artistiche:  il  mondo  esterno  colle  varia- 
tissime  sue  forme,  che  l'uomo  può  idealizzare,  cioè  concepire  nella  più  elevata  loro  es- 
pressione, e  crearsene  un  modello  da  imitare  5  il  inondo  simbolico,  erellu  sovra  dofiini 
religiosi,  e  dove  il  genio  imitativo  non  figura  gli  oggetti  se  non  per  richiamare  l'idea 
che  esprimono  :  non  inventa,  ma  eseguisce  ciò  che  il  dogma  sacerdotale  0  la  storia  gli 
dettano.  1  capolavori  di  tutti  i  tempi  partecipano  dell'uno  e  dell'altro,  e  la  combina- 
zione loro  produce  ciò  che  v'ha  di  meglio  e  di  più  originale.  Non  può  riuscire  dunque 
che  all'assurdità  la  servile  imitazion  di  coloro  che  trasportano  i  caratteri  dell'una  in 
un'altra  religione.  Peccarono  di  questo  difetto  gli  artisti  del  nostro  Cinquecento,  co- 
piando le  divinità  e  gli  eroi  pagani  per  signilicare  la  cristiana  santità.  Dalle  bellezze  delle 
forme  lusingati,  i  classici  precettori  non  badarono  alla  mancanza  d'idea  artistica,  e  lo- 
darocio  quel  modo  e  lo  proposero  all'imitazione.  VVinckelmunn  incolpa  Michelangelo  di 
aver  desunte  le  figure  del  Salvatore  dalle  barbare  produzioni  del  medio  evo.,  e  loda  Ra- 
faello  per  una  te.  ta  di  Gesù  Cristo  che  offre  la  bellezza  d'un  giovane  eroe  senza  barba. 
Riponendo  l'essenza  dell'Arte  nella  sola  bellezza  dtlle  forme,  indipendente  dall'espres- 
sione morale,  si  credette  far  bene  col  mettersi  ad  imitazioni  pagane,  spoglie  d'ogni  va- 
lore per  la  nostra  civiltà. 

Ma  il  bello  nelle  concezioni  moderne  veramente  originali  è  lo  splendor  del  buono  ; 
e  la  rivelazione  della  morale  cristiana;  con  cui  deve  intimamente  unirsi  la  forma.  Il  po- 
polo più  acconcio  alla  coltura  delle  arti,  il  tempo  più  ricco  di  capolavori,  saranno 
quelli  la  cui  vita,  profonda  insieme  e  attiva,  sia  sostenuta,  non  incatenata,  dal  posi- 
tivo delle  credenze  e  dei  costumi  ;  concepisca  le  forme  naturali  col  fuoco  dell'entu- 
siasmo pur  conservando  il  necessario  dominio  sopra  la  materia. 

§  38,  —  Come  l'ideale  s'associa  all'indole  de'varj  popoli. 

Immutabile  nell'essenza,  il  bello  ha  grande  varietà  nelle  applicazioni.  Perciò  le  belle 
arti,  comuni  a  tutti  i  popoli,  modificaionsi  secondo  l'indole  e  le  credenze  di  ciascuno, 
presero  un  ruflinameuto  diverso  secondo  le  regioni,  ed  ogni  età  ebbe  uno  stile,  una 
teorica  speciale,  più  0  men  chiara  ed  ispirala,  matematica  e  poetica,  cioè  più  0  meno 
riempila  di  verità. 

11  nomade,  che  di  pascolo  in  pascolo  guida  le  greggie,  non  pensa  a  stabili  edilìzj.  Al 
selvaggio  basta  per  ripararsi  dalle  intemperie  una  fossa  poco  più  grande  di  quella  che 
basterebbe  per  sepellirlo.  11  Tartaro,  cui  unica  ricchezza  sono  gli  armenti,  colle  pelli 
di  questi  si  fa  una  capanna,  ed  occorrendo  mutar  di  luogo,  la  leva,  e  ne  copre  il  suo 
carro.  Pure  dapertutto  esiste  il  bello  ideale;  vale  a  dire  che  un  pensiero  grande  0  bello 
dirigesi  all'anima  per  mezzo  d'una  forma.  E  slanlechè  il  bello  ideale  è  la  rivelazione 
della  presenza  divina  in  un  oggetto  visibile,  perciò  la  religione  è  la  fonte  prima,  e  il 
culto  la  forma  generale  del  bello.  Segue  poi  la  poesia;  infine  la  storia. 

L'arte  in  Oriente  è  ancora  schiava  d'un'immaginazione  male  specificala,  né  raggiunge 
\che  forme  convenzionali  e  simboliche  ;  imita  non  la  natura,  ma  il  simbolo.  In  Egitto 


TEORICHE   DF.LL'ARTr  35 

bada  piuttosto  a  notare  delle  idee  che  a  rappresentar  delle  cose.  Là  dove  migliaia  di 
braccia  eseguiscono  uialenaliuenle  ciò  die  lu  ordinalo  dui  sacerdote  o  dui  tesnioforo, 
si  raggiungerà  la  pertezione  dei  particolari,  ma  non  quel  libero  volo  che  spiegano  le 
arti  dove  la  mano  ell'etlua  ciò  che  l'ingegno  dello  sless  uomo  ideò. 

Questo  libero  lavoro  non  si  ollenue  che  nella  Grecia,  dove  il  bello  ideale  e  il  carattere 
furono  surrogati  al  geroglilico  e  al  simbolo.  Quivi  la  serenità  della  natura,  la  mite  in- 
dole dei  governi,  e  la  più  felice  disposizione  degl'intelletti  e  dei  sensi  portarono  a 
somma  elevatezza  il  concetto  del  bello,  e  vi  associarono  l'ordine  e  la  misura,  non  cono- 
sciuti dagli  altri  popoli  se  non  istintivamente:  promulgando  il  libero  arbitrio,  si  ricon- 
dusse il  gigantesco  alle  proporzioni  naturali,  e  i  simulacri  sirani  degli  Dei  alla  hgura 
umana.  Quivi  solo,  come  di  tutte  le  scienze,  cosi  delle  arti  belle  si  stabilirono  teoriche 
ragionevoli,  fondate  sulla  pratica  migliore,  ed  applicabili  al  mussimo  numero  di  casi. 
Però  i  Greci,  imitando  le  singole  forze  o  qualità  dell'essere,  non  colsero  l'insieme  mo- 
rale dell'individuo  ^  presero  dal  ritratto  naturale  ciò  che  era  essenziale,  e  per  dar  risalto 
a  questo,  trascurarono  il  restante.  Dapprima  conservavansi  inseparabili  le  arti  nel  tempio; 
allora  l'architetturu  se  ne  divise,  e  la  statuaria  restò  una  semplice  decorazione,  e  la  pit- 
tura una  scrittura  più  complessa  e  raffinata. 

Arte  propria  non  ebbero  i  iiomani,  giacché,  potenti  per  la  spada,  comandarono  i  loro 
lavori  prima  agli  Etruschi,  poi  ai  oreci.  Bensì  applicandovi  costantemente  l'idea  della 
pratica  utilità,  essi  editicarono  acquedotti  e  ponti  e  strade,  che  resistettero  al  cozzo 
de'secoli. 

Decaddero  le  arti  al  declinare  dell'impero  romano  ed  al  sopravenire  dei  barbari,  quando 
non  parvero  più  aver  altro  asilo  che  il  chiostro,  altre  occasioni  che  edificare  od  abbellire 
le  chiese.  Ala  tornando  nel  tempio,  dal  quale  aveauo  avuto  l'origine,  il  puro  bello  rav- 
vivarono col  simbolo;  e  quanto  perdevano  in  armonia,  recuperarono  ampiamente  in 
espressione  e  in  idealità.  Il  sublime,  ch'erasi  smarrito  nella  materia,  fu  restaurato  me- 
diante i  rinnovati  dogmi  della  creazione  e  del  rialzamento  della  natura  umana  fin  ad 
essere  assunta  da  Dio,  e  ollrire  nel  Dio  umanato  il  tipo  della  morale  perfezione  e  il  su- 
premo del  bello  ideale. 

Allora  la  personalità  umana  riesce  compiuta,  e  l'arte  non  si  propone  soltanto  il  bello 
ma  anche  il  vero;  e  quanto  ha  vita  vien  chiamato  a  rappresentare  una  parte  nel  gran 
dramma  cristiano:  più  non  v'è  stile  ideale,  non  regole  inviolabili,  e  regna  la  libertà; 
solo  obbligatorj  i  tipi  storici,  perchè  veri. 

Prosperava  intanto  l'architettura  fra  gli  Arabi,  che  compivano  i  meravigliosi  palazzi 
e  le  moschee  di  Bàssora,  di  Cordova,  di  Siviglia:  ma  tutta  materiale,  se  era  finitissima 
nei  particolari,  non  si  elevava  all'espressione  più  nobile  dell'Arte,  quella  dell'uomo,  da 
cui  anche  li  respingeva  la  loro  credenza.  Quando  tali  squisitezze  materiali  furono  av- 
vivate dall'idea  cristiana,  se  ne  originò  l'arcUitettura  gotica,  mirabile  creazione  del 
medio  evo,  associazione  sublime  del  mondo  reale  col  simbolico,  che  può  essere  sprez- 
zata soltanto  da  chi  servilmente  adora  solo  l'imitazione. 

Al  rivivere  degli  studj  classici,  si  tornò  verso  i  modelli  greci  anche  nelle  arti  belle,  è 
abbandonando  l'originidità  dei  mezzi  tempi,  e  quell'architettura  bramantesca  in  cui 
erasi  tentato  d'innestare  le  regole  antiche  coi  bisogni  moderni,  non  si  riconobbe  più 
il  bello  artistico  se  non  in  ciò  che  poteva  giustificarsi  con  antichi  esempj;  e  palazzi  e 
chiese  nostre  dovettero  foggiarsi  sopra  quelle  di  Pioma  e  d'Atene.  Quindi  ai  genj  che 
illustrarono  il  secolo  di  Leon  X,  non  si  credette  poter  dare  lode  maggiore,  che  colcbia*- 
marli  nuovi  Fidia  e  nuovi  Apelli. 

§   59  —  Predominio   che  oggi  lo   spirito   acquista  nell'arte.    Storia   dell'arte. 

Oggi  la  venerazione  per  le  idee  rinasce  di  sotto  al  culto  della  pura  forma,  e  Sembra 
avviarsi  un  rinascimento,  forse  più  vero,  certo  diverso  da  quello  del  Cinquecento.  Se 
non  che  alle  grandi  riforme  vuoisi  che  concorrano  e  le  convinzioni  individuali  e  la  so- 
cietà. Ma  il  buon  senso  particolare  precede  sempre  di  lunga  pezza  il  comune;  e  molto 
tempo  vuoisi  prima  che  le  accademie,  le  commissioni,  i  governi  sappiano  quanto  un 
uomo.  Intanto  giova  radunar  i  frutti  degli  sforzi  isolati,  e  diffondere  le  idee  che  combat- 
tano le  servili  passate,  e  facciano  comprendere  la  possibilità  d'estendere  anche  allearti 


36  ARCHEOLOGIA    E   BELLE    ARTI 

belle  la  riforma  che  da  diciotto  secoli  si  opera  nella  società,  d'avviarle  a  divenire  l'ab- 
bellimeDto  della  idea,  il  linguaggio  digl'inlimi  pensamenti  d'una  civiltà  più  compiuta; 
sicché  le  opere  loro,  comprese  senza  il  bisogno  di  accademiche  interpretazioni,  ripiglino 
il  valore  sociale. 

Oggimai  l'estetica  si  viene  costruendo,  non  con  precetti  arbitrar],  ma  cogli  elementi 
della  storia.  Alcuni  surrogano  il  sentimento  individuale  all'autorità  dell'esempio;  col 
che  acquistano  più  indipendenza  che  giustezza.  Altri  vogliono  il  giusto  mezzo,  cioè  che 
si  rispettino  le  leggi  generali  della  convenienza  e  dell'armonia;  ma  chiunque  pensa, 
conviene  che  si  avrà  il  sommo  dell'arte  quando  la  forma  sarà  la  vera  espreì^sione  dello 
spirito. 

L'èra  moderna  delle  arti  non  ha  a  fare  col  presente  trattato;  nell'antica  è  forza  insi- 
stere maggiormente  su  quelle  di  cui  abbiamo  una  storia  ;  le  greche  cioè  e  le  romane. 
Ma  il  metodo  comparativo  è  fondamento  alle  scienze  de'  giorni  nostri;  onde  noi  non 
trascureremo  le  altre  nazioni,  sulle  quali  [mìì  getteremo  un'occhiuta  particolare.  Peroc- 
ché l'Arte,  considerata  nel  suo  aspetto  più  ampio,  cioè  nel  valore  sociale,  e  sceverata 
dai  pregiudizj  discuoia,  none  sdegnosa  ed  esclusiva,  ma  segue  con  umiltà  le  tenui  ori- 
gini, e  senza  abbagliamento  i  superbi  splendori;  ma  insieme  si  rischiara  col  presenti- 
mento dell'avvenire,  e  tra  i  germi  di  possibile  sviluppo  sa  scegliere  quelli  che  son  de- 
stinati a  prosperare. 

§  40.  —  Primo  periodo  delle  arti.  Costruzioni  ciclopiche. 

§  40. —  Il  bisogno  indusse  gli  uomini  a  mettersi  al  sicuro  dalle  intemperie  e  dalle 
belve,  e  a  proteggere  la  donna,  i  fi^li,  la  roba.  Secondo  i  paesi,  o  accomodarono  le 
grotte  in  modo  che  fossero  men  disagiate  ad  abitare,  o  eressero  capanne  di  legno  e 
paglia,  o  padiglioni.  Sono  i  tre  principi,  se  non  i  tipi  d'ogni  architettura. 

Fin  1),  questa  non  era  che  mestiero;  arte  divenne  quando  gli  uomini  pensarono  a 
consacrar  dimore  più  splendide  alle  loro  divinità,  le  quali  furono  ancora  grotte,  ca- 
panne, tende,  sebbene  più  vaste  ed  ornate. 

Creata  dal  sentimento  e  dal  bisogno  d'esprimere  l'ideale,  l'architettura  non  ebbe 
culla  unica  e  fissa.  Di  quella,  che  propriamente  si  considera  come  arte  Iella,  conver- 
rebbe cercare  le  origini  fra  le  nazioni  piò  antiche,  nelle  alture  della  Mesopotamia,  poi 
tra  Indiani  ed  Egizj.  Ma  la  scarsità  di  documenti,  e  sovralutto  l'mesaltezza  della  cro- 
nologia riguardo  ad  essi,  non  lascia  determinare  con  precisione  il  progresso  della 
scienza.  Nella  nostra  Storia  Universale  (lib.  Il,  cap.  xxiv)  abbiam  indicato  le  ori- 
gini, e  distinto  i  passi  dell'archiletlura,  prima  troglvdiiica,  poi  ciclupica,  finché  sopra 
terra  eresse  monumenti  regolari. 

Carattere  però  costante  dell'arte  primitiva  è  l'uniformità:  solo  col  procedere  del- 
l'incivilimento acquistò  la  raoltiplicità  e  la  varietà,  come  avviene  in  politica  e  in  re- 
ligione. 

Di  buon'ora  qualche  lusso  e  intendimento  della  bellezza  comparve  fra  i  Pelasgi,  po- 
polo primitivo  della  Grecia  e  dell'Italia,  che  forse  li  trassero  dalle  loro  relazioni 
coll'Asia  Minore  e  coll'Oriente.  Appartengono  ai  primi  lem|)i  i  lavori  che  nell'Argolide 
si  chiamarono  mura  ciclopichL',  e  che  vanno  attribuiti  ai  Pelasgi  ;  onde  spesso  s'incon- 
trano in  Arcadia  e  in  Epiro,  patria  di  questi.  Sono  di  grosse  pietre  poligone  irregolari, 
senza  cemento,  e  talora  neppur  tagliate.  Le  porte  in  parte  piramidali,  hanno  le  spalle 
d'un  pezzo  solo.  Dipoi  le  pietre  si  squadrarono,  non  senza  porre  dei  poligoni  irrego- 
lari, massime  nelle  fondamenta. 

Forse  i  Pelasgi  aveano  due  maniere:  una  di  pietre  cubiche,  come  a  Micene,  e  nelle 
città  che  la  Bibbia  chiama  reali,  e  Omero  t.òUu-^  una  di  pietre  informi,  per  torri  e  for- 
tezze, dette  da  Samuele  rifugi,  e  da  Omero  ■^iiyjot.  Proprj  di  essi  erano  pure  i  sotter- 
ranei, onde  la  favola  fa  abitar  i  Ciclopi  nelle  grotte;  e  insigne  di  tal  genere  è  il  tempio 
dei  Giganti  a  Gozo  presso  Malta,  attribuito  ai  Fenicj. 

Cingeano  talvolta  l'intera  città,  più  spesso  la  fortezza;  e  il  trovarne  di  simili  in  parti 
lontane  fa  credere  che  popoli  dill'erenti  e  a  differenti  epoche  usassero  lo  stesso  modo 
di  costrazione. 


STORIA    DEI. 1,  ARTE.    PRIMO    PKhlODO 


37 


Ciclopiche  son  le  mnra  di  Tirinto  nell'Argolide,  ov'è  questa  galleria:  le  mura  di  Mi- 
cene, di  Gortiuo  in  Creta,  ed  altre,  con  macigni  irregolari.  Argo  vuoisi  di  quatlrocen- 


t'anni'anteriore  allo  stile  ciclopico,  e  cosi  Licosura.  Dei  lavori  siffatti  in  Italia  parleremo 
fra  breve. 

Vanno  ascritti  a  quella  prima  età  molti  tumuli,  sepolcri,  acquedotti,  porti  di  mare, 
attribuiti  ad  Ercole,  a  Dedalo  e  simili  enti  ideali. 

In  che  dilTeri-cano  dalle  costruzioni  etrusche, 
lo  vedremo  più  avanli.  Pausania  dice  che,  avendo 
gli  Argivi  cercalo  distruggere  le  mura  di  Micene, 
non  poterono  per  esser  le  pietre  tanto  enormi. 
Aggiunge  che  quelle  di  Tirinto  fossero  mirabili 
quanto  le  piramidi  d'Egitto.  Eccone  un  segno, 
colia  porta  ad  arco  acuto: 

Quelle  di  Lilibeo  (Marsala)  in  Sicilia  sono  di 
massi  tali,  che  non  si  potrebbero  smovere  senza 
la  potenza  della  polvere.  A  che  fine  tanta  forza 
quando  sì  deboli  erano  i  mezzi  d'offesa? 

Sull'andare  medesimo 
dovettero  fabbricarsi  i  pa- 
lazzi dei  re,  ne'  quali  poi 
faceasi  sfoggio  d'orna- 
menti metallici,  come  ve- 
desi  in  Omero.  Parte  sin- 
golarmente notevole  ne 
erano  i  tesori,  costruiti  in 
forma  di  cupole  per  cu- 
stodire gli  oggetti  pre- 
ziosi. Famosi  sono  i  tesori 
di  Minia,  d'Atreo,  di  Au- 
gia e  d'Irieo,  fabbricati 
da  Trifonio  e  Agamede 
ecc.  Quello  di  Micene  è 
composto  di  lastroni  oriz- 
zontali, uniti  a  secco  in 
modo,  che  si  restringono  successivamente  echiudoDo  la  volta:  probabilmente  era  nel- 


38 


ARCHEOLOGIA    E   BELLE    ARTI 


l'interno  rivestito  di  lastre  di  bronzo,  vedendosi  ancora  i  chiovi  con  cui  erano  affisse: 
e  all'esterno  ben  decorato  di  mezze  colonne  e  di  tavolette  di  marmi  colorati. 

Al  modo  eguale  faceansi  alcune  cave  (ovSol) 
ne'tempj,  e  ap|)artamenti  (Sily.uoi)  per  le 
donne.  La  porta  di  Micene,  che  qui  diamo  di- 
segnata, è  l'opera  più  finita  dei  Ciclopi,  e  dove 
spiegarono  tutta  l'arte  di  cui  erano  capaci. 

Ben  quattrocentosessantatre  città  furono  esa- 
minate, da  mezzo  secolo  in  qua,  nella  qui- 
stione  delle  opere  ciclopiche.  Alcuni  viaggia- 
tori pretesero  aver  trovato  costruzioni  ciclo- 
piche nella  parte  interna  e  montuosa  dell'Asia 
verso  oriente  :  sarebbe  questo  un  genere  di  co- 
struzione generale?  o  i  Pelasgi  vennero  di  là? 

Raoul-Rocdette,  Histoire  de  Vélablissement  des  colonies  grecques.  voi.  4. 

—  Nolice  sur  les  Nuraghe»  de  la  Sardaigne.  Parigi  \  826 . 
W.  Gell,  Argolide    Londra  1810. 

—  Saggi  de'  muri  delle  città  dell'antica  Grecia.  Monaco  1851. 
Mazzeba,  Tempie  aniidiluvien  de  Gozo.  ^829. 

DoDwELL,  Ctassical  tour  etc. 

—  Veduta  e  descrizione  delle  rovine  ciclopiche  in  Grecia  e  in  Italia.  Londra  1854. 

Mabiamva  Dionigi,  Viaggi  in  alcune  città  del  Lazio,  che  diconsi  fondale  da  Saturno.  Roma  1809. 

J.  MiDDLRTOK,   Grecian  remains  in  Italy.  Londra  1812. 

Pctit-Padi'l  lavorò  mezzo  secolo  attorno  a'  lavori  di  questo  stile,  e  postuma  fu  pubblicata  l'opera  sua,  dove 
sono  chinramente  compendiate  le  osservazioni  sue  e  altrui  sovra  questi  singolari  monumenti.  Vedine  il 
Voyage  dans  les  principnles  villes  d'Italie.  Parigi  1815,  e  Rerherches  sur  les  inonuments  cyclopéens, 
et  description  des  modéles  en  reUef  composant  la  galerie  pelasgique  de  la  bibliolhèque  Mazarine 
Ivi  1841. 

L'architettura  elevasi  ad  alcun  ideale  staccandosi  dai  materiali  informi  per  alzare 
monumenti  regolari.  In  questi  trovasi  un  carattere  comune  presso  popoli  distintissimi: 
Indiani,  Egizj,  Ebrei,  Celti,  per  quanto  diversi  in  fatto  d'arte,  si  rassomigliano  nel  po- 
sare dei  sostegni  verticali,  e  unirli  con  pietre  orizzontali,  di  cui  essi  portano  le  due 
estremità.  Questa  costruzione  soda  e  robusta  costava  assai  per  la  lunghezza  delle  pietre 
orizzontali,  e  lasciava  dare  poca  ampiezza  iill'edifizio  interiore,  se  non  s'ingombrasse  di 
colonne,  le  quali  non  vi  stanno  come  ornamenti,  ma  sono  necessarie. 

Vi  si  riparò  coll'arco,  che  voltando  sopra  l'architrave,  permise  e  larghezza  e  sfogo  alle 
navate.  Che  l'arco  concentrico  fosse  noto  ai  Greci  prima  d'Alessandro  n'è  prova  il  ponte 

Xerncampo  sopra  uno  de' 
^^.  ^.^  confluenti  dell'Eurota  in 

L  conia,  e  che  si  crede 
contemporaneo  ai  monu- 
menti di  Micene  :  fatto  in 
muratura  poligona  con 
pietre  all'arco  lunghe  fin 
un  metro  e  mezzo  e  lar- 
ghe da  GO  a  90  centime- 
tri (Vedasi  Leake  Pelo- 
ponesiaca).  Però  sembra 
che  gli  Etruschi  abbiano 
pei  primi  conosciuto  l'im- 
portanza della  volta,  che 
fu  il  maggior  progresso 
che  mai  l'architettura  ub- 
bia fallo.  Ee  prime  erano 
costruite  di  pietre  rego- 
lari, nia  senza  cemento, 
sicché  esercitando  grande  spinta  contro  i  piedritti  e  i  muri  di  sostegno,  non  poleano 


STORIA    dell'arte.    PRIMO   PERIODO 


39 


avere  che  piccole  dimensioni,  l  Romani  adoprarono  materiali  più  piccoli  e  leggieri,  unen- 
doli con  cemento  tenace,  sicché  poterono  fare  piìi  sfogate  le  volte,  e  men  grossi  i  muri. 
L'architettura  greca,  colla  quale  comincia  la  storia,  tenne  sempre  l'impronta  dell'ori- 
gine egiziana,  principalmente  nell'esteriore  de'  tenipj,  la  parte  sola  che  al  popolo  fosse 
esposta;  ma  variarono  le  proporzioni  e  gli  accessorj  in  modo  da  costituire  quei  bellis- 
simi tipi.  Nell'interno,  chiuso  ai  profani,  fu  introdotta  anche  la  volta  che  risparmiava  le 
troppe  colonne. 

§  41 .  —  Costruzioni  doriche  e  joniche. 

Co!  ritorno  degli  Eraclidi  in  Grecia  prevalsero  i  Dori,  e  con  essi  il  gusto  ellenico  per 
l'ordinanza  severa  e  per  l'euritmia  delle  proporzioni,  e  l'inclinazione  all'austero,  al  de- 
coro, alla  maestà.  Allora  le  opere  architettoniche  si  raffioìirono,  e  il  gusto  dorico  de' 
tempj  si  pose  in  armonia  colla  musica,  colle  feste  danzanti  e  colla  vita  politica  di  quel 
popolo.  All'amore  della  magnificenza  sottentrano  la  semplicità  e  le  forme  solide;  tutte 
le  parti  concorrono  allo  scopo,  e  concordano  seco  stesse  in  modo  da  conseguire  il  no- 
bile e  il  grande.  Dalle  costruzioni  anteriori  di  Ifgno  si  desumono  molte  particolarità  con- 
servate massimamente  nell'architrave;  onde  fu  chi  pretese  nella  capanna  trovar  adom- 
brate tutte  le  parti  de' suntuosi  edifizj:  teoria  anzi  lusinghiera  che  storica,  giacché  ben 
più  antichi  ed  originali  espmpj  si  trovano  in  Egitto. 

Le  colonne,  sostituite  alle  antiche  travi,  sono  grosse  e  di  scarsi  intervalli  per  ottenere 
la  solidità  ;  e  alla  forza  loro  corrisponde  quella  dell'architrave,  alto  fin  3|7  delle  colonne. 
Il  capitello  assai  sporsente,  e  così  il  gocciolatojo,  rimembranza  delle  tese  del  tetto,  con- 
servano le  forme  dpll'antica  destinazione,  e  poco  si  cerca  temperare  i  passaggi  con 
membri  iniprmedj  :  la  maestosa  semplicità  è  graziosamente  interrotta  da  ornamenti  po- 
chi e  piccoli,  come  gli  astragali,  le  goccie,  i  triglifi. 

Un  ordine  più  ricco  e  ridente  inirorlussero  gli  Jonici,  che  differisce  dal  predetto  senza 
progressive  transizioni.  R  quello  può  dirsi  greco  europeo,  questo  greco  asiatico. 

Omero,  sebbene  ci  ritragga  una  civiltà  poco  raffinata,  mostra  come  già  s'abbellissero 
sedie,  tetti,  coppe,  tripodi,  armi;  e  descrive  le  storie  rappresentate  da  Vulcano  sullo 
scudo  d'Achille:  se  pur  quel  pnsso  non  è  tarda  interpolazione.  Con  gran  finezza  si  con- 
duceano  gl'intngli  di  legno,  del  che  fu  capolavoro  l'arca  di  Cipselo,  che  stava  nell'erèo 
di  Olimpia,  fatta  di  cedro,  con  figure  parte  rilevate  sul  legno,  parte  incrostate  d'oro  e 
d'avorio,  formanti  cinque  fascie  una  all'altra  sovrap- 
poste, e  rappresentanti  scene  mitologiche  ed  eroiche. 
Statue  ne'  primi  tempi  greci  non  ottennero  che  gli 
Dei,  considerate  segno  simbolico  della  loro  persona. 
Come  tali  si  veneravano,  più  in  antico;  scabre  pietre, 
massime  aeroliti;  o  mucchi  di  ciottoli,  o  sassi  appena 
squadrati,  o  lancie:  poi,  perchè  il  segno  meglio  rap- 
presentasse la  divinità,  vi  si  annestarono  parti  molto 
significanti,  come  teste  di  forma  caratteristica,  brac- 
cia che  tenevano  qualche  attributo,  o  il  Fallo:  donde 
gli  ermi,  che  lungo  tempo  restarono  l'opera  princi- 
pale della  scultura.  Gli  intagliatori  in  legno  s'indu- 
striarono di  formare  statue  intere,  grossolane,  sovra- 
cariche  d'attributi,  con  molte  braccia  o  molte  mam- 
melle come  l'Artemide  Efesiaca  qui  disegnata,  e  che 
rimasero  fin  tardi  in  venerazione,  raccontandosene 
molli  miracoli.  Tali  statue  servivansi  come  vive;  la- 
varle, stropicciarle,  vestirle,  pettinarle,  ornarle  di 
corone  e  diademi,  e  catene  d'oro  e  orecchini. 

1  primi  scultori  tramandavano  la  loro  arte  in  fa- 
miglia, come  i  Dedali,  carattere  degli  scultori  di 
Creta  e  dell'Attica:  gli  Smili,  degli  Egineti  ;  i  Tel- 
chini,  di  Sìcione  e  di  Rodi.  Poi  dall'Asia  Minore 
imparò  forse  la  Grecia  a  fare  statue  di  metallo:  altre 
di  cotto  servivano  al  culto  domestico. 


iO  ARCHEOLOGI     K    )!l!M,h    AKTI 

\Vi?iCKELMA!S\.  Recueil  de  pièces  sur  les  arU.  Pariiji  l"8tj. 

—  Hisloire  de  l'ari  chez  les  anciens.  Ivi  1802. 

Serolx  d'Agi>coirt,  Jiistoire  de  Vari  par  les  monumens.  Ivi  181 1. 

Dalla VAT,  Of  Statuary  and  sculpture  among  Ihe  ancients.  Londra  1816. 

Carelli,  Disseriazione  esegetica  intorno  aWorigine  ed  al  sistema  della  sacra  architettura  presso  i 
Greci.  Napoli  1 831 . 

Battissif.b,  Hisloire  de  l'art  monumentai  dans  Vantiquilé  et  au  moyen-dge.  Parigi  1854. 

HiRT,  Die  Geschichle  der  bildenden  Kunsle  bey  den  Alien.  Berlino  1833. 

IIet.\e  ,  nel  voi.  v.  ilejrli  Opuscoli  accademici ,  da  Ih  fronolp[;ia  de'  varj  lavori  greci.  Furiando  di  Dedalo 
dice:  »  Le  figure  delle  sliidie  {zo'x'j'd,)  lavorate  da  Dedalo,  parevano  vivere  e  moversi",  mani  slaccate 
dai  fianchi;  piedi  iinilanli  il  passo;  aperti  gli  occhi  Di  molte  slalue  nella  Grecia,  nella  Sicilia  e  ir  Italia 
credcasi  Dedalo  autore  (Diodoro  iv.  78;  Pausania  vii.  4.p.  531.  vili. 46. p.  69i;  paragonali  colVEnei- 
de  di  Virgilio.,  vi.  li  s.).  Ilacronta  Pausania,  che  al  suo  tempo  eravi  una  statua  di  Giunone  dì  pero  sil- 
vestre in  un  antico  tempio  di  essa  dea  non  lungi  da  .Micene,  ivi  traspoitata  da  Tirinto,  e  dedicata  in  un 
col  tempio  da  Piraso  figlio  d'Argo,  il  quale  v'avea  posto  per  sua  prima  sacerdotessa  sua  figlia  Callilia 
{n.  ^7:  lò  6è  jtp/iioTXT'jv  a/a/txa ''H|:>3!;  nin'jirzy.i.  u£>  s|  ce'/cyiSó:,  i.Jirshr,  i?è  ic  Tt'-vv^x 
ùtò  RupÙTOu  ~oO  ''As-z'/u).  Dalla  cronologia  delle  cose  argive  appnre  doversi  Piraso  assegnare  all'anno 
4642  av.  C.  Oltre  U  Cronica  d'Eusebio  e  le  greche  di  Scaligero,  è  notevole  il  passo  dì  CliìMEMé,  Pro- 
trept.  p.  14  Sylb  :  Ay/yr,Tpo;  '/ip  iv  S.xjtì^u)  twv  Atto/O'/»^''''-'  f'-'y  ^''  T'C/'-'Oi  rrii  Hpa;  foàvou 
y.txi  ■tr,'.'  ù/y/V  ó'//^nv,  /ai  zÒj  -otr.rrrj  'Airpo./  à:'jU'/oy.'3-i,  invece  di  Piraso  figlio  d'Argo.  La  dea 
era  seduta:  il  che  fa  meraviglia  di  vedere  in  molte  statue  dell'arte  antica,  avendo  già  l'arte  avanzato 
tanto  da  saper  variare  la  posizione  del  corpo,  menlre  le  statue  più  rozze  ban  tutte  la  forma  di  persone 
ritte  in  piedi.  Si  racconta  che  avesse  figura  di  sedente  la  slalua  di  Minerva  iliaca  (lliad.  Z  302),  eia 
Minerva  d'Endeo  in  .4tene  ,  lavoro  antichissimo:  Smilide  scolpi  sedenti  le  Ore  nel  tempio  di  Giunone  in 
Olimpia  (Pausania,  t.  17  pr.):  e  cosi  altre  ». 

§  42.  —  Secondo  periodo.  Stile  greco  arcaico.  S80-460  av.  C. 

Il  cresciuto  commercio  coll'Asia  e  coll'Egitto,  l'aumento  delle  ricchezze,  l'ambizione 
dei  tiranni  diedero  nuovo  impulso  alle  arti,  e  più  lo  svilupparsi  della  vita  greca,  cogli 
esercizj  della  ginnastica  e  dell'orchestrica.  il  vedere  quelle  nudità  e  gli  atleg^jiainenli , 
e  il  modellare  le  figure  degli  atleti  portarono  a  studiarla  natura  con  maggior  attenzione: 
sì  surrogarono  figure  ai  tripodi  e  agli  altri  voti  die  ofTrivansi  agli  Dei  f«no/'»n/),  conser 
vando  però  alcun  che  della  primitiva  durezza,  benché  vi  si  desse  qualche  espressione 
di  emozioni  passeggere. 

L'architettura  elevò  allora  i  tempj  piij  magnifici,  dove  gli  ordini  dorico  e  jonico  acqui- 
starono quanto  occorreva  per  essere  l'uno  maestoso,  l'altro  elegante.  Principali  furono 
V  il  tempio  di  Diana  in  Efeso,  a  spese  di  Creso  e  d'altri  re,  opera  solo  compita  da 
Demetrio  e  Peonio  d'Efeso  fra  la  xc  e  la  e  olimpiade:  era  jonico,  ottastilo ,  diptero, 
diastilo  e  ipetro,  lungo  m.  128.  53  sopra  157:  visi  saliva  per  dieci  scalini;  sulle  colonne 
joniche,  alte  m.  19.  TjO  e  in  parte  monolite,  fu  posato  un  architrave,  lungo  più  di  iii. 
9.  73.  Fu  bruciato  da  Erostrato  il  336,  l;i  notte  che  nacque  Alessandro  Magno. 

2"  Tempio  di  Cibele  a  Sardi,  opera  dei  re  di  Lidia;  junico,  ottastilo,  diptero;  lungo 
m.  79.  S4  per  45.  88. 

3'  L'Heroeum  di  Samo,  d'ordine  jonico,  di  m.  lOo.  43  per  57.  60. 
4°  Di  Giove  Olimpico  ad  Atene,  sotto  i  Pisistratidi,  dorico. 

5"  Di  Delfo,  edificato  dal  corintio  Spintaro,  contribuendo  per  un  quarto  delle  spese 
gli  abitanti  di  Delfo. 

6"  La  casa  di  bronzo  di  Pallade  a  Sparta,  così  delta  dai  rilievi  che  ne  ornavano  l'interno. 
1°  A  Metaponto  reggonsi  ancora  quindici  colonne  del  tempio. 

8"  A  Pesto  vedesi  il  gran  tempio  di  iNettuno,  periptero  con  colonne  doriche  di  8  nio- 
duli  compreso  il  capitello,  nella  semplicità  severa  del  vecchio  stile  dorico,  il  piccolo 
tempio  di  Cerere,  periptero  esastilo,  molto  più  recente,  ha  colonne  assai  più  snelle,  e 
molto  panciute.  Sussiste  inoltre  una  sloa  con  nove  colonne  sul  lato  esterno  minore  e 
diciolto  sul  maggiore,  e  di  dentro  un  colonnato  tutto  in  giro,  di  tufo  duro  giallastro. 
9°  Edifizj  antichi  ha  la  Sicilia,  ma  non  può  accertarsi  appartenessero  a  questo  periodo, 
giacché  assai  tardi  vi  si  conservarono  le  proporzioni  pe.smti  Di  questo  periodo  però 
sembra  a  Siracu^a  il  tempio  di  Minerva  in  Ortigin,  le  cui  colonne  alzansi  meno  di  nove 
moduli.  Ad  Agrigento  magnifici  tempj  edificarono  i  prigionieri  cartaginesi,  di  cui  i  due 


sriir.iv  m.u.'AHji..  si.coxuo  PthioDu  41 

principali  oliianiriiisi  ai  liiirarinmenle  della  Concordia  e  di  Giunone:  le  colonne  sono  da 
y  a  l(t  ukuìiiIì,  ili  un  calcare  giallof^-nolo.  A  Solinunle  i  Ire  più  anticlii  tenipj  sono  quei 
dell'Acropoli;  e  massime  quel  di  mezzo  lia  un  carattere  paiticolare,  con  cella  ristretta, 
ampio  colonnato,  doppio  peristilio,  pronao  e  opistodomo,  cinto  di  mura  :  le  colonne 
di  9  0  9  e  Ip2  moduli,  sono  rastremate.  A  Egina  nel  golfo  Saronico  è  il  tempio  di 
Giove  Panellenio,  che  meglio  si  crede  di  Minerva,  edificato  dopo  la  cacciata  dei  Persi, 
e  somigliante  al  tempio  di  Teseo;  le  colonne,  di  cui  ventitré  sfanno  ancora,  han  dieci 
moduli  e  l|ó;  la  cella  è  colorata  in  rosso,  il  timpano  in  celeste,  l'architrave  in  giallo  e 
verde,  i  triglifi  in  azzurro.  Aggiungansi  acquedotti,  fontane  ed  altri  edifizj,  ordinati  dai 
tiranni  a  puhhlica  comodità. 

La  plastica  migliora,  non  piìi  ristretta  in  famiglie  privilegiate;  e  ai  Dedalidi  va  dietro 
una  serie  di  uomini  d'ingegno.  Pure  le  statue  destinate  al  culto  si  continuò  a  farle  di  ma- 
teria e  di  stile  simile  all'amico.  Spesso  un'anima  di  legno  rivestivasi  d'oro  e  d'avorio: 
ma  cominciossi  a  fonderne  altre  di  bronzo,  senipre  in  altitudini  gravi  e  di  forza  ;  e  non 
di  rado  le  colossali  ne  tengono  in  mano  altre  piccole.  Si  fanno  pure  effigie  d'atleti  vin- 
citori ,  di  cui  la  più  antica  sale  alla  olimpiade  lviu.  Dice  Pliuio  (xxxiv9)  che  «  in  Olim- 
pia dedicavansi  le  statue  di  tulli  quei  che  vincevano;  di  quelli  poi  che  tre  volte  ripor- 
tassero il  premio,  si  ritraevano  le  semhianze ,  e  dicevansi  iconiche  ».  Offerte  alla  divi- 
nità erano  statuette  e  gruppi,  per  lo  più  di  bronzo,  dedotte  dalla  mitologia  e  dai  poemi. 
Sifatte  erano  pure  quelle  che  ornavano  i  tempj  nelle  metope,  al  fregio,  al  frontone,  agli 
acroteri.  Le  dieci  metope  di  Selinunte,  ad  allo  rilievo  di  tufo  calcare,  indicano  l'infanzia 
dell'arte:  le  scolture  del  frontone  d'Egina,  ora  a  Monaco,  formavano  due  gruppi,  cor- 
rispondenti fra  loro,  e  univasi  al  marmo  il  bronzo  dorato,  e  talvolta  i  colori. 

In  questi  lavori  già  scorgesi  un  raffinamento,  benché  esuberanti  or  di  eleganza,  or  di 
forza  :  nei  marmi  dEgina  talvolta  appare  meravigliosa  imitazione  della  natura;  e  sempre 
è  studialo  il  parallelismo  e  la  simmetria  nei  gruppi  come  nelle  acconciature:  e  massime 
ne'volli  si  conserva  ancora  alcun  che  di  tipico,  che  costituisce  lo  stile  arcaico. 

Difficile  sarebbe  l'accertare  quali  dei  lavori  jtlastici  appartengano  a  quel  tempo;  ma 
tra  i  principali,  nomineremo  la  Palìade  della  villa  Albani,  quelle  di  Dresda  e  d'Ercolano, 
\&ì'emlope  del  museo  Pio  (  lemenlino,  V Artemisia  d'Ercolano,  l'Apollo  del  museo  Chia- 
ramonti,  la  Vesta  del  palazzo  Giustiniani,  l'altare  dei  Dodici  Dei  a\  Louvre,  oltre  molle 
terre  cotte. 

Allora  crebbe  anche  l'arte  di  intagliar  pietre  dure  e  conj  per  \p  monete  e  suggelli.  Sotto 
Argio  Feidone  re  d'Argo,  verso  l'vin  olimpiade,  già  all'argento  in  verga  erasi  sostiluilo 
il  coniato  ,  con  grossolane  impronte,  per  esempio  d'una  tarlaruga  ,  di  bovi,  di  pesci,  e 
nel  rovescio  un  incavo  quadrato,  per  tenere  ferma  la  mcmeta  menile  battevasi.  In  questa 
età  cominciossi  a  porvi  teste,  o  anche  intere  figure  di  divinità;  e  sul  rovescio  compo- 
sizioni artistiche  sempre  migliori. 

I  vasi  perfezionaronsi  col  trovar  il  modo  di  gittarli  in  una  forma,  del  che  si  dà  lode 
al  samio  Reco;  e  colla  invenzione  della  saldatura  f/o/^y,-!!:)  cioè  di  un'unione  chimica 
de'melalli,  attribuita  a  Glauco  di  Scio.  L'arte  de'vasaj  di  cotto  fioriva  massime  a  Corinto, 
Egina,  Samo,  Atene;  e  non  solo  leggieri  e  fini,  ma  si  facevano  anche  fregiati  e  verni- 
ciati elegantemente. 

Di  pittura  non  parla  Omero  ;  né  a  principio  fu  applicata  che  a  colorire  statue  e  bas- 
sorilievi. La  serena  fantasia  ellenica  inventò  che  la  figlia  di  Debu'ade,  vasaja  di  Sicione, 
mossa  in  Corinto  dall'amore  di  un  giovane  che  doveva  abbandonarla,  delineasse  sulla 
parete  il  profilo  di  lui  segnalo  dall'ombra.  Si  attribuiscono  ai  Sicionj  e  Corinlj  i  primi 
dipinti,  ove  probabilmente  si  allearono  presto  colla  fabbrica  dei  vasi,  su  cui  per  lo  ()iù 
sono  dipinte  scene  bacchiche,  con  forme  e  contorni  rigidi.  l,avoravasi  vuoi  a  Corinto  e 
Alene,  vuoi  in  Sicilia  e  per  l'Italia,  ma  spesso  con  sogi.elti  desunti  dall'arte  greca.  !  più 
soliti  sono  d'argilla  rossa  con  fiiiure  nere  in  stile  arcaico,  cioè  esprimenti  fortemente 
le  articolazioni,  con  vesti  appiccicate  al  corpo,  pieghe  regolari,  attitudini  rigide.  Questi 
lavori  si  può  dire  che  solo  ai  di  nostri  furono  conosciuti. 

§  43.  —  Terzo  periodo.   160-336.  Da  Pericle  ad  Alessandro. 

La  Grecia,  come  riconobbe  se  stessa  nel  respingere  i  Persi,  lrovos<i  nazione  gran- 
de; e  Atene  principalmente  usò  de'  ricchi  suoi  mezzi  per  raggiungere  un'altezza  in- 


42 


ARCHEOLOGIA    E   BELLE    ARTI 


comparabile.  Prima  si  munì  colie  mura  del  Pireo,  robuste  quanto  le  ciclopiche  ma 
regolari;  poi  s'abbellì  con  tempj  ed  edifizj,  ricostruendo  quelli  diroccali  dai  Persiani. 
La  libertà  si  manifestava  nello  abbandonar  i  tipi  per  attaccarsi  ad  esprimere  il  vero,  e 
maggiore  sensualità,  e  desiderj  vivi.  Negli  edifizj  l'architetto  ha  in  vista  la  loro  desti- 
nazione e  i  migliori  mezzi  di  raggiungerla. 

L'ordine  dorico  acquistò  grazia  senza  perdere  maestà:  lo  jonico  vi  ricevette  forma 
particolare  molto  ornata.  A  Corinto  viene  perfezionato  il  tempio  dorico:  si  ornano  il 
frontone  coi  rilievi  di  terra  cotta,  poi  con  gruppi  di  statue,  e  le  embrici  frontali  con 
ornamenti  scolpiti,  poi  i  lacunari;  e  comincia  ad  apparire  il  capitello  corintio,  formato 
coH'unire  la  voluta  jonica  a  forme  vegetali  più  libere  e  ricche.  I  tempj  ateniesi  hanno 
proporzioni  più  esatte,  forme  più  scelte,  armonia  più  perfetta;  altrettanto  quelli  del 
Peloponneso:  nella  Jonia  compajono  particolarmente  l'eleganza  e  la  magnificenza;  e  il 
gigantesco  in  qnelìi  di  Sicilia. 

Meritano  particolare  attenzione:  il  Theseon,  d'ordine  dorico,  fatto  dall'anno  4  della 
Lxxvu  olimpiade  fin  alla  lxxx.  11  Partenone,  dorico  di  marmo  pentelico,  sovra  un'alta 
piattaforma  consistente  in  un  colonnato,  un  vpstibolo  o  pronao  ai  lati  minori,  di  colonne 
con  cancelli  interposti  ^  la  cella  lunga  m.  32.  50,  con  sedici  colonne  attorno  OiWhijpcstron; 
il  Partenone,  o  camera  chiusa  quadrata,  dove  era  la  statua  della  Dea;  \'opi  staci  omo  ri- 
cinto di  mura,  con  quattro  o  sei  colonne  verso  occidente,  e  la  facciata  ad  oriente:  le 
colonne  sono  12  moduli,  gl'intercnlimnj  quasi  2  2|3  ;  il  fusto  si  restringe  15|  0,  si 
gonfia  Ijii,  e  le  due  colonne  d'angolo  snn  dì  millimetri  più  grosse:  airmcbilrave  sita- 
vano sospesi  degli  scudi,  e  il  marmo  era  reso  più  splendido  dall'oro  e  d;ii  colori.  Nel 
bombardamento  dei  Veneziani  il  28  settembre  1H87  l'edifizio  soffii  grandemente;  poi 
ai  di  nostri  lord  Elgin  lo  spogliò  de'  fretti.  I  Propilei,  fabbrif^ali  da  Mnesicle,  conduceano 
all'Acropoli,  quasi  portico  ;  composti  d'una  porta  principale  con  quattro  laterali,  un  por- 
tico jonico  all'esterno,  sui  due  lati  un  frontisp'zio  dorico,  ben  armonizzato  col  jonico 
interno.  11  tempio  d'Atene  Poliade  e  di  Poxeidon  Eretteo  fu  rifabbricato  dopo  la  guerra 
Medica,  ma  compiuto  solo  dopo  la  xcii  olimpiade;  pieno  di  monumeuti  venerali,  a  ca- 
gione dei  quali  se  ne  modificò  la  costruzione.  Erano  essi  uniti  con  quello  di  Pandrom, 
il  cui  pronao  era  formato  da  quattro  cariatidi,  fanciulle  attiche  col  vestire  che  usavano 
nelle  feste  panatenee:  è  di  stile  jonico,  ma  con  forme  speciali,  massime  ne' capitelli. 
A  Eleusi  era  una  gran  cella  con  quattro  ordini  di  colonne  doriche  disposte  in  traver- 
so, e  nel  mezzo  un  gran  vano  onde  ricevere  la  luce:  il  portico  dorico  avea  le  colonne 
striate;  sotto  alla  cella  una  cripta. 

Nel  Peloponneso  il  Giove  Olimpico,  finito  verso  la  lxxxvi  olimpiade,  aveva  il  pronao 
chiuso  da  porte  a  cancelli  fra  le  colonne,  come  l'opistodomo  che  gli  corrispondeva. 
Del  tempio  di  Era  ad  Argo,  e  deW'Olimpico  a  Megara  non  resta  vestigio.  Più  di  tutti 
bello  e  grande  era  quello  di  Atene  Alea  a  Tegea,  opera  di  Scopa. 

In  Jonia  il  Didimeon  di  Mileto  mai  non  compiuto,  presentava  il  più  magnifico  ordi- 
ne jonico,  con  semicolonne  corintie  al  pronao,  e  con  colonne  più  svelte  che  non  ad 
Efeso,  Samo  e  Sardi,  essendo  alte  ra.  26.  50,  sul  diametro  di  2.  03.  Il  celebre  Piteo 
architettò  quel  di  Pallade  Poliade  a  Priene  verso  la  ex  olimpiade,  jonico  puro,  con  pro- 
pilei che  nell'interno  invece  di  colonne  hanno  pilastri  con  Ciipitelli  a  grifoni  in  rilievo. 

In  Sicilia  ad  Agrigento  il 
tempio  dorico  di  Giove  Olim- 
pico non  era  compiuto  quan- 
do i  Cartaginesi  la  presero, 
e  tal  rimase.  La  cella  ha  nel- 
l'interno pilastri  larghi  m. 
5.  90;  all'esterno  semicolon- 
ne  della  circonferenza  di  ra. 
5.  60,  e  portico  anche  sui 
lati  minori.  Le  colonne  non 
arrivano  a  10  moduli  di  al- 
tezza. Internamente  soste- 
neano  il  tetto  figure  di  gi- 
ganti, di  stile  primitivo. 


STORIA   dell'arte.    TERZO   PERIODO  43 

Selinunte  pure  avea  tenipj  magnifici,  di  cui  rimangono  sette.  Il  principale  dorico 
non  era  compito  quando  i  Cartaginesi  la  presero,  talché  alcune  colonne  non  erano  an- 
cora striate.  A  Egesla  le  trentasei  colonne  del  peristilio  dorico  del  tempio  esastilo  non 
sono  scanalate. 

Anche  i  privati  fabbricavansi  case  suntuose;  e  qualche  architetto  ebbe  a  disegnare 
intere  città,  come  ippodamo  da  Mileto  che  architettò  il  Pireo  e  Rodi,  dandogli  forma  di 
teatro. 

Giganteggiano  allora  anche  le  arti  plastiche,  le  quali  non  esprimono  più  soltanto  il 
gesto  e  la  caricatura,  siccome  ne' bassorilievi  primitivi  e  ne' vasi  più  antichi,  ma  i  sen- 
timenti interni,  gli  sforzi  della  volontà  umana,  gl'impeti  dell'anima.  Tali  meriti  sono 
personificati  nell'ateniese  Fidia,  che  diresse  tutte  le  opere  del  tempo  di  Pericle,  e  prin- 
cipalmente le  statue  colossali  d'oro  e  avorio,  frutto  della  liberalità  dei  varj  Stati.  La 
sua  Pallade  aveva  un  panneggiamento  d'oro  amovibile,  erto  appena  una  linea,  eppur 
pesava  24  talenti,  che  varrebbero  franchi  230,000.  Nella  Pallade  Parteno^  la  dea  sorgea 
sur  un  gran  piedestallo  ornatissirao,  con  egida  e  lancia.  Il  Giove  Olimpico,  suo  capo- 
lavoro, figura  alta  m.  13  sopra  una  base  di  m.  3.  90,  esprimeva  l'onnipotenza  calma: 
Il  trono  di  cedro  era  arricchito  di  pitture,  fregi,  rilievi  d'oro,  avorio,  ebano,  pietre  fine. 

Molti  suoi  scolari  si  applicarono  a  rappresentar  la  divinità,  colla  bellezza  e  grandezza 
dolce  e  tranquilla:  altri  eseguirono  gli  ornati  architettonici  de'tempj,  come  del  Te- 
seon,  del  P.irtenone,  dove  l'antica  rigidezza  è  del  tutto  abbandonala. 

Accanto  alla  scuola  ateniese  camminano  quelle  di  Sicione  ed  Argo,  sotto  Policleto, 
che,  se  raffinò  la  parie  artistica,  rimasp  addietro  nella  rappresentazione  della  divinità, 
prevalendi)  invece  nel  modellare  le  statue  degli  atleti;  onde  il  suo  Doriforo  fu  tenuto 
canone  delle  proporzioni  del  corpo  umano,  in  generale  più  larghe  e  più  corte  che  non 
si  solesse  dapprima.  Più  materiale  è  l'arte  nelle  opere  di  Mirone  Eleutero,  che  concepì 
la  forza  della  vita  fisica  nella  varietà  più  eslesa  de' suoi  fenomeni,  con  verità  e  inge- 
nuità grande:  tali  furono  la  sua  vacca,  il  cane,  i  mostri  marini,  il  discobolo,  e  molti 
Ercoli.  Callimaco  e  Demetrio  raffinarono  le  particolarità  a  scapito  dell'insieme. 

Dopo  la  guerra  del  Peloponneso,  sorse  nell'Attica  un'altra  scuola,  adatta  ai  nuovi 
costumi,  e  ne  furono  capi  Scopa  e  Prassitele,  che  mirarono  al  grazioso  ed  all'animato. 
All'un  dei  due  attribuiscono  il  gruppo  delle  Niobidi,  ove  appare  come  si  possa  ripro- 
durre soggetti  commoventi,  pur  conservando  un  nobile  contegno.  Come  questi  mante- 
neano  le  tradizioni  della  scuola  di  Fidia,  così  quelle  di  Policleto  erano  riprodotte  da 
Eufranore  e  Lisippo  ;  e  quelli  la  vita  interiore,  questi  ritraevano  la  forza  eroica  e  atle- 
tica. Lisippo  espresse  principalmente  la  nerboruta  potenza  di  Ercole,  mentre  nell'arte 
introduceva  moltissimi  raffinamenti  particolari,  nella  disposizione  de' capelli,  nelle  pro- 
porzioni delle  membra,  ecc. 

Pirgotele  è  il  solo  incisore  in  pietre  e  metalli  che  ci  sia  ricordato,  benché  quest'arte 
prendesse  allora  gran  volo.  Le  monete  sono  bellissime  e  variate,  e  si  eternano  su  di  esse 
i  fasti  delle  città.  Coi  tetradrammi  di  Atene  possiamo  seguire  la  storia  dell'arte.  1  primi, 
ancor  grossi  e  globulosi,  portano  la  testa  di  Minerva  affatto  di  maniera  egizia,  coi  ca 
pelli  a  rigide  treccie,  l'angolo  facciale  molto  prominente  e  gli  occhi  da  pollo,  aperti  e 
di  faccia.  Procedendo,  qualche  movimento  maggiore  acquista  il  viso;  le  treccie,  l'elmo 
son  più  variati,  e  vi  s'aggiunge  qualche  ornamento  elegante.  Ma  all'età  di  Fidia,  il 
ti[)0  rituale  cedette  all'imitazione  del  vero;  il  profilo  è  severamente  bello,  col  naso 
aquilino  e  l'occhio  come  in  fatto  sta  ;  i  capelli  cascano  sul  collo  e  sull'orecchio  grazio- 
samente ondeggianti  ;  l'elmo  è  coperto  di  bei  fregi  e  d'un  triplice  cimiero. 

La  pittura  emulò  la  scultura,  alle  cui  traccio  s'attenne  nel  disegno  severo  e  preciso, 
e  nel  f.ir  largo.  Tale  si  mostrò  in  Polignoto  e  in  molti  suoi  seguaci,  che  traevano  i  sog- 
getti o  dalla  mitologia  o  dalla  storia  contemporanea.  Apollodoro  ateniese  studiò  di  ri- 
produrre le  gradazioni  di  luce  ed  ombre,  per  conseguir  l'illusione,  negligendo  per 
ciò  il  disegno.  Illudere  i  sensi  e  contentare  lo  spirito  potè  Zeusi  colla  sua  scuola,  che 
fu  chiamata  asiatica  o  jonica,  in  opposizione  della  greca;  mentre  una  sicionia  era  fon- 
data da  Pamfilo  nel  Peloponneso,  ricca  di  cognizioni  artistiche  e  corretta  nel  disegno. 
A  tutti  sorvolò  Apelle,  che  accoppiò  i  meriti  delle  varie  scuole,  aumentandoli  colla 
grazia,  suo  distintivo.  Gli  stanno  accanto  Protogene  incontentabile  ne'  lavori,  e  leone 
rariatissimo  nelle  invenzioni. 


44  AUClifCOLOGIA    E    HF.I.IE    ARTI 

Le  opere  loro  perirono.  I  vasi  dipinti,  lavorati  da  artigiani,  lasciano  argomentare  il 
merito  degli  artisti. 

Fra  i  Greci  l'arte  fu  sempre  cittadina  e  religiosa,  né  sembra  che  i  capi  d'arte  fossero 
mai  commissione  o  proprietà  privata,  o  almeno  non  se  n' ha  cenno  negli  scrittori.  Il 
noto  aneddoto  di  Frine,  che  acquistò  l'Amorino  di  Prassitele,  non  fa  forza,  atteso  che 
essa  lo  donò  alla  città  di  Tespia  (Ateneo  p.  591).  Solo  nel  discorso  d'Andocide 
contro  Alcibiade  è  scritto  che  questo  chiuse  il  pittore  Arcagafo  in  sua  casa  acciocché 
gli  facesse  un  quadro.  Anche  molto  più  tardi  l'ausania  scorre  tutta  la  Grecia  descri- 
vendone i  monumenti,  ma  non  adduce  tampoco  un  privato^  che  possedesse  un  capo 
d'arte  insigne,  e  tanto  meno  una  collezione. 

Quando  l'arte  ces^a  d'essere  una  parte  necessaria  dello  Stato,  essa  cade  nel  dominio 
privato,  costretta  a  seguir  le  variazioni  del  gusto,  il  capriccio  dei  committenti,  e  cer- 
care la  popolarità  con  sforzi  senza  scopo  elevato.  La  moltiplicazione  dei  ritratti  indica 
sempre  decadenza  dell'arte. 

g  44.  —  Quarto  periodo. 

Da  Alessandro  alla  distruzione  di  Corinto.  336-146. 

La  conquista  d'Alessandro  aperse  magnifiche  occasioni  agli  artisti  d'alzare  città 
e  santuarj,  e  poi  di  porgere  lavori  ai  Tolomei ,  ai  Seleucidi  ,  ai  Pergamenidi  e  agli 
altri  successori  del  Grande,  le  maraviglie  dell'Asia  eccitarono  il  genio  degli  artisti,  e 
ispirarono  gusto  per  la  magnificenza  e  per  le  proporzioni  colossali,  senza  però  intro- 
durre il  fare  di  quei  popoli,  coi  quali  non  si  fusero  n)ai.  Sede  delle  arli  restavano  pur 
sempre  le  città  greche,  dove  il  buon  gusto  perseverava;  ma  presto  essendosi  rallentalo 
l'intimo  nesso  della  vita  politica  coll'arte,  questa,  proponendosi  la  soddisfazione  e  la 
gloria  di  qualche  individuo,  venne  a  declinare,  a  soddisfar  l'adulazione,  a  creare  cose 
splendide  e  passeggìere.  Per  volere  nuove  invenzioni,  d(jpo  quelle  dei  sommi,  si  corse 
all'esagerato  sia  della  grandezza  sia  della  piccolezza,  e  al  fantastico,  blandendo  i  men 
nobili  appptiti,  mirando  all'effetto;  nel  modo  che  all'eloquenza  succedeva  la  retorica. 
L'architettura  dai  tempj  si  rivolse  alle  comodità  della  vita,  al  lusso  de' principi, 
alla  disposizione  delle  città,  fra  le  quali  Alessandria  principalmente  fu  edificala  s'un 
piano  tutto  nuovo  da  Dinocrate,  e  Antiochia  fu  piena  di  monumenti  e  costruzioni  di 
gran  lusso.  Reggie,  teatri,  bagni,  ninfei,  musei  soddisfacevano  ai  bisogni  del  popolo  e 
della  gente  colta;  monumenti  funerarj  conservavano  la  memoria  degli  estinti,  massime 
quel  di  Artemisia  pel  marito  Mausolo  da  cui  presero  nome  i  mausolei  Le  macchine  di 
guerra  e  gli  acquedotti  attestano  i  progressi  della  meccanica  e  dell'idraulica. 

l  molti  e  ricchi  tempj  allora  costruiti  in  Asia  sparvero  quasi  del  tutto,  né  restano  che 
quelli  d'Atene,  ove  meno  si  fece. 

La  plastica  seguitò  il  declino,  sebbene  a  Rodi  massimamente  fiorissero  insigni  artisti. 
Opera  loro  fu  il  famoso  colosso,  alto  70  cubiti  :  ed  è  narrato  che  Stasicrate  propose  ad 
Alessandro  di  ridurre  il  monte  Atos  a  rappresentare  esso  eroe.  Sembra  di  quest'età  an- 
che il  Laoroonte,  gruppo  meraviglioso  per  gusto  delicato  e  nobile  e  per  profonda  scienza 
dell'esecuzione,  sebbpne  in  fatto  miri  allelTetto  e  ad  ostentare  abilità,  trascendendo  i 
limiti  in  cui  l'arte  erasi  tenuta  nell'esprimere  il  sentimento.  Appartiene  alla  scuola  rodia 
anche  il  gruppo  del  Toro  Farnese,  che  reca  stupore  ma  non  appaga. 

Piìi  s'adoprarono  a  ritratti,  sovente  identificando  i  principi  colle  divinità:  Alessandro 
molte  volle  fu  scolpito  ed  inciso  in  sembianza  divina  e  colle  corna  d'Ammone.  Altri  si 
raffinarono  nel  lavorar  vasi  :  pure  anche  nella  parte  tecnica  l'arte  deteriorava. 

Per  l'uso  portatone  d'Oriente  e  diffuso  principalmente  alla  corte  dei  Seleucidi,  creb- 
bero le  .pietre  intagliate,  per  ornarne  crateri,  candelabri,  coppe;  talora  anche  rilevan- 
dole come  carnei,  ovvero  d'una  sola  pietra  fina  ricavando  una  patera.  Alessandro  nelle 
spo"lie  de' Persi  trovò  coi)pe  ornate  di  pietre  preziose,  fin  del  peso  di  S6  talenti  :  Ap- 
piano dice  che  Mitradate  avea  duemila  tazze  d'onice,  legate  in  oro. 

Le  monete  son  meno  belle,  tanto  nei  regni,>iacedoni  che  in  Sicilia.  Né  sorse  pittore 
che  agguagliasse  i  precedenti,  e  la  scuola  di  Sicione  studiava  su  quelli,  anziché  far  di 
nuovo. \a  sensualità  o  il  capriccio  del  nuovo  spinse  a  bizzarrie,  giuochi  di  luce,  cari- 
cature, parodie.  Pei  pavimenti  de'grandi  palazzi  s'introdusse  il  musaico. 


STORIA    dell'arte    TRA    I   FEMCI    ED    EBREI  4S 

Hen  presto  la  Grecia  perdelte  la  gloria  e  la  vita;  i  Uomaai  conquistatori  saccheggia- 
rono le  sue  ricchezze  artistiche,  |)er  ornarne  la  loro  città. 

Fr.  voN  Bahtsch,  Chronologie  der  griechischen  und  romischen  hunftler  bis  zum  Ablauf  des  funflen 
Jahrhunderts  nach  Chr.  Vieiiua  1835. 

^  45.  —  Arte  fra  gli  altri  popoli.  Fenioj.  Ebrei:  tempio  di  Gerusalemme. 

Sebbene  la  sola  Grecia  possa  presentare  il  consecutivo  andamento  delle  proprie  arti, 
e  abbia  sviluppato  un  carattere  particolare  (Vellenifuno)  che  consiste  nel  movimento, 
nella  libertà  e  in  conseguenza  nella  vita  e  nella  verità,  pure  non  essa  soia  fu  fortunata 
di  splendore  d'arti,  e  quel  che  di  essa  dicemmo  ne  renderà  profittevole  la  corsa  che  da- 
remo fra  altri  popoli.  Molli  sostengono  (Vedi  Fosbkoke's,  Encyclopoedia  of  Anliquities) 
che  i  Fenicj  sieno  stati  inventori  dell'architettura,  e  noi  diremmo  più  volentieri  che  la 
dill'usero  in  Occidente;  forse  simboleggiati  sotto  il  nome  de'Ciclopi  e  Pelasui,  fatti  au- 
tori delle  opere  piìi  antiche  di  Grecia  e  d'Italia.  Mosè  descrive  già  (Nuin.  xm,  20.  i29) 
le  città  fenicie  munite  e  murate,  appunto  come  quelle  che  ora  chiamiamo  ciclopiche.  I 
Fenicj,  gente  di  commercio,  non  cercavano  tanto  la  grandezza  o  l'intima  bellezza  del- 
l'arte, quanto  l'utilità,  e  quella  magnifica  appariscenza,  di  cui  si  compiacciono  i  mer- 
cadanti. 

Molli  tempj  si  ricordano  nella  capitale  e  nelle  colonie  loro:  quello  di  Melcarte  a  Uro  ] 
quello  di  Astarte,  ivi  fabbricato  da  Iram  con  cedri  del  Libano  e  colonne  d'oro  :  ma 
nulla  ce  ne  rimane.  Restano  le  rovine  del  tempio  di  Aslarte  a  Pafo  nell'isola  di  Cipro, 
il  cui  cortile  era  di  100  [»er  110  piedi,  diviso  in  due  parti,  in  una  delle  quali  slava  ii 
piccolo  tempio;  innanzi  all'edicola  sorgevano  due  obelischi,  uniti  con  una  catena;  una 
cancellala  a  semieircolo  circondava  un'anlicorte;  nell'adyton  trovavasi  la  dea,  in  forma 
d'una  ciili)nna  puntala,  cinta  di  candelabri  (  Vedi  Alv  Biv  e  Di;  Hammeh  )■ 

Dovette  essere  d'egual  gusto  il  tempio  di  (ìerusulemme,  nel  quale  troviamo  pertutto 
quel  loro  vezzo  di  coprir  le  mura  di  lamine  d'oro,  e  adoprar  l'avorio  ad  ornare  certe 
parti  architettoniche  e  mobili.  Era  nella  |)arle  occidentale  di  Gerusalemme,  vòlto  a  le- 
Viinte,  e  nell'interno  avea  m.  55.  2i  di  lunghezza,  il  di  lari-hezza,  16.  t)2  d'altezza. 
.\1  fondo  il  sancta  sanctorwn  formava  un  cubo  di  ì\  m.  per  lato. 

Compendiamo  la  descrizione  del  tempio  di  Gerusalemme,  data  da  CiosefTo  Ebreo; 

—  Levali  gli  antichi  fondamenti,  e  rimessine  altri,  innalzò  .Salomone  sopra  quelli  il 
tempio,  cento  cubiti  lungo  e  allo  venti  di  più,  i  quali  per  lo  calcare  che  fecero  ab- 
basso, col  tempo  le  fondamenta  scemarono;  ma  i  nostri  sotto  l'imperatore  Nerone 
determinarono  rialzarli.  Coslrutio  fu  il  tempio  di  pietre  bianche  e  forti,  grandi  cia- 
scuna venticinque  cubiti  per  lo  lungo,  per  l'alto  otto,  e  circa  dodici  pel  largo:  tutto 
a  guisa  d'un  regal  portico,  di  qua  e  di  là  più  basso  e  in  mezzo  altissimo,  talché  alla 
distanza  di  molti  sladj  vedevasi.  Gli  usci  e  gli  architravi  erano  forniti  di  variopinte 
portiere,  messe  a  fiori  porporini  e  a  colonne  per  entro  intessutevi,  sotto  i  capitelli 
girava  una  vite  d'oro  con  grappoli  pendenti  ;  ed  era  meraviglia  di  grandezza  e  d'arte 
vedere  tanto  lavoro  in  materia  così  preziosa.  Rinchiuse  indi  il  tempio  entro  il 
giro  di  amplissimi  portici  proporzionati  alla  grandezza,  e  con  ispesa  tale,  che  pareva 
altri  mai  non  l'avesse  adornato  cotanto  Questi  sorgevano  sopra  un  gran  muro,  opera 
sommamente  ammir.ibile.  V'era  un  rialto  Tonchioso  e  disagevole,  che  dolcemente 
dall'oriental  parte  della  città  rispianavasi  in  sulla  cima.  Salomone,  per  ispirazione  di 
Dio,  ne  ricinse  di  mura  con  gran  dispendio  la  sommità;  indi  muronne  la  pnrte  in- 
feriore alla  quale  verso  mezzodì  gira  intorno  una  valle  profonda,  cui  dal  più  erto 
verso  il  colle  fin  all'ultima  sua  profondità  riempì  di  pietre  con  piombo  commesse, 
talché  stupenda  riuscì  per  ampiezza  ed  altezza  quell'opera  quadrangolare,  che  nella 
superficie  mostrava  di  fuori  quanto  ampie  fossero  le  [lietre,  e  dentro  teneva  con  ferro 
salde  le  commissure.  Con  questo  lavoro  così  ben  unito  fin  alla  vetta  del  colle  aven- 
done fortificale  le  cime  e  riempiuta  la  cavità  che  entro  il  muro  slava,  rese  ogni  cosa 
piana  ed  eguale  alla  superficie  più  alla.  Tutta  quest'opera  comprendeva  in  circuito 
quattro  stadj,  essendone  ciascun  lato  lungo  uno  stadio.  Peniro  a  questo  ricinto  e 
presso  alla  cima  del  colle,  sorge  in  giro  un  altro  muro  di  pietra,  che  da  levante,  per 


46  ARCHEOLOGIA   E_^BELLE  ARTI 

quanto  è  lungo,  sostiene  un  doppio  portico,  lungo  quanto  il  muro  (  verso  il  cui  mezzo 
sta  il  tempio),  e  posto  rimpetto  alle  porte  del  tempio  stesso.  Per  quanto  era  grande 
il  giro  del  tempio,  ci  si  vedevano  affìsse  spoglie  di  Barbari;  e  il  re  Erode  ve  le  ripose 
di  nuovo  colla  giunta  di  quelle  che  avea  tolte  egli  stesso  gli  Arabi. 

Dalla  parte  settentrionale  erasi  fabbricata  una  ròcca  quadrangolare,  assai  ben  difesa  e 
forte  mirabilmente;  opera  de' re  e  pontefici  asmonei  antecessori  d'Erode,  chiamata 
Torre,  ove  tenevano  guardato  l'abito  che  mette  il  pontefice  quando  ha  da  sacrificare. 
Erode,  fortificata  di  nuovo  questa  torre  a  sicurezza  e  guardia  del  tempio,  in  grazia 
d'Antonio  amico  suo  e  generale  de'  Romani,  le  pose  nome  Antonia.  11  lato  occiden- 
tale del  recinto  avea  quattro  porte:  l'una  portava  alla  reggia,  tagliata  per  mezzo  la 
valle  con  una  strada;  due,  vòlte  ai  sobborghi  ;  e  l'ultima  in  città  per  una  lunga 
scalea,  che  scende  fin  nella  valle,  e  da  questa  sale  sul  poggio.  Perciocché  la  città  era 
posta  rimpetto  al  tempio  a  guisa  d'un  teatro,  cinta  da  una  valle  profonda  per  tutta  la 
costa  australe.  11  quarto  lato  del  muro  a  mezzodì  avea  esso  pure  le  sue  porle  nel 
mezzo  :  sovr'esso  poi  si  vedeva  un  triplice  portico  maraviglioso,  che  dalla  valle  orien- 
tale partendosi,  termmava  sull'occidentale,  poiché  non  era  possibile  dilatarsi  più  ol- 
tre. Nel  portico  erano  quattr'ordini  di  colonne;  il  quart'ordine  era  unito  al  muro  di 
marmo:  la  grossezza  d'ogni  colonna  era  quanta  giunti  sarebbono  ad  abbracciarla  tre 
uomini  insieme:  ventisette  piedi  stendevansi  in  lungo,  con  doppia  scanalatura  spirale; 
in  tutto  censessantadue,  ed  avevano  i  capitelli  alla  corintia,  magnificamente  intagliati. 

Da'quattro  ordini  risultavano  tre  spazj  formanti  i  ponici,  due  de'  quali  tra  sé  paralleli, 
erano  fatti  al  modo  medesimo,  larghi  entrambi  trenta  piedi,  lunghi  uno  stadio,  ed 
alti  cinquanta  ;  quel  di  mezzo  avanzava  gli  altri  una  metà  di  larghezza,  ed  in  altezza 
il  doppio,  perciocché  sovrastava  moltissimo  a  laterali.  Le  soffitte,  composte  di  grosso 
legname,' erano  fregiate  d'intagli  a  vane  figure.  L'area  poi,  onde  ergevasi  sopra  gli 
altri  di  mezzo,  era  un  muro  piantato  a  ridosso  degli  architravi  con  le  colonne  inca- 
stratevi dentro,  e  ter-^^issimo  da  ogni  parte.  Tale  si  fu  il  primo  recinto:  non  lungi  ve- 
devasi  più  indentro  il  secondo,  a  cui  si  saliva  per  pochi  gradi;  serravalo  intorno  un 
graticolato  di  marmo  con  un'iscrizione,  che  agli  stranieri  ne  divietava,  pena  di  morte, 
l'ingresso.  Quest'interiore  steccato  a  mezzodì  e  a  tramontana  s'apriva  in  tre  porte, 
equidistanti ,  verso  la  parte  orientale  in  una  assai  grande,  per  cui  entravano  le  per- 
sone pure  colle  lor  mogli.  Di  là  di  questo  recinto  il  luogo  sacro  era  inaccessibile  per 
le  donne.  Nel  terzo  poi,  che  stava  più  indentro  di  questo,  a  soli  sacerdoti  si  consen- 
tiva penetrare:  quivi  era  il  tempio,  e  innanzi  a  questo  un  altare,  sopra  cui  offrivano 
a  Dio  gli  olocausti.  In  ninno  di  questi  tre  luoghi  entrò  Erode,  impeditone  dal  suo  non 
esser  sacerdote.  Quindi  interni  portici  e  recinti  esieriori,  che  finì  in  otto  anni.  Per 
opera  de' sacerdoti  compiuto  il  tempio  in  un  anno  e  sei  mesi,  il  popolo  festeggiò.  — 

Della  Probatica  Piscina  vedonsi  ancora  gli  avanzi  presso  la  porta  Santo  Stefano  a  Ge- 
rusalemme, a  settentrione  dell'antico  tempio  ;  ed  un  laghetto  di  50  metri  su  13,  chiuso 
da  muri  fatti  di  grosse  pietre  unite  con  arpioni  di  ferro,  e  sopra  di  esse  un  selciato 
unito  con  un  cemento.  Chateaubriand  che  la  descrive,  parla  di  due  archi  a  lato,  che  forse 
erano  lo  sbocco  dell'acquedoito  ;  ma  potrebbero  esser  opera  romana. 

Gli  Dei  de'Fenicj  per  lo  più  erano  rozze  pietre  (betiU):  rare  le  statue  fuse  o  di  sasso, 
bensì  di  legno,  ricoperte  di  foglie  metalliche.  Sapeano  però  fondere  vasi,  incastonar 
gemme,  tessere  drappi  a  disegno,  e  ornar  le  case  col  vetro,  loro  invenzione.  In  quelle 
statue  gli  Dei,  di  cui  nessuna  ci  restò,  dicesi  combinassero  figure  umane  e  di  bestie,  o 
uomini  seduti  o  lottanti  con  bestie  :  tali  li  vediamo  sulle  gemme  loro,  che  molto  si  spar- 
sero. Dell'architettura  fenicia  sarebbero  a  cercare  traccie  a  Cartagine;  ma  le  rovinesue 
cominciano  appena  ad  esplorarsi.  A  Malta  nel  'J8iQ  si  scopersero  tempj  fenicj  somiglianti 
a  quelli  di  Gozo,  ma  più  piccoli,  parte  ricavati  nel  sasso,  parte  di  pietre  scabre  all'e- 
sterno, e  lavorate  nell'interno.  Vi  si  rinvennero  statuette  di  pietra,  di  figure  obese;  il 
capo  che  vi  manca,  forse  poneasi  d'altra  materia,  e  forse  dondolava,  come  in  certe 
cinesi. 

Il  Dizionario  biblico  del  Cauirt  c  aniiquato  :  assai  migliore  'e  quello  di  Db  Wi?ìer. 

Relandi,  Anliquilates  sacrw  Hebraorum /Yra].  Bat.  1712. 

BtAS.  Ugolini,  Thetauru$  antiquitatum  tacrarum.  Venezia  1744-69,  oi  voi.  in  fol. 


STORIA  dell'arte    NELLA   MESOPOTAMIA    E   IN   INDIA  47 

De  Witte,  Heh.  judische  Arch'dologie. 

F.  Bahii,  Simholik  des  mosaischen  Cullus.  Eidelberfja  ^837. 

ROSENMLKLLER,  Uandbiich  der  bihiichen  Alicrihiimskunde.  1821^-1830,  4  voi. 

L.  DE  Wette,  Lehrbuch  dcs  Hebreisch-j'ùdischen  Archiiolugie.  Lipsia  1830. 

Raumer,  Palestina.  Ivi  1833. 

Le  figure  del  tempio  di  Salomone  esposte  da  Villalpando  sono  a  capriccio,  e  non  danno  giusta  idea  dell'ar- 
rhitottura  e  della  simbolica  giudaica.  Vedi  piuttosto  Salvador,  Moyte  et  ses  insiitutions. 

F.  Keil,  Das  lempel  Sulumo''s.  Dorpat  1839. 

E.  Kopp,  idem.  Stutigard  1839. 

Ghue>Eisen,  nel  Kunst  Blatt  del  1831  n.  73-80,  esaminò  le  più  recenti  descrizioni  del  tempio  di  Geru- 
salemme. 

L.  Saalschuetz,  Archàologie  der  Hebraer.  Kónigsberg  1855. 

§46.  —  Nell'Alta  Asia. 

Nella  Mesopotamia  ricordansi  i  primi  imperi  con  monarchia  assoluta,  cioè  con  mezz' 
efficaci  a  compiere  ardite  imprese.  Posti  in  mezzo  a  (ìurai  che  spesso  dilagavano,  per 
valersene  e  per  ripararsene  dovettero  costruir  dighe,  canali,  emissarj,  ponti;  eia  storia 
ne  rammenta  di  frequente.  Servivansi  di  [loco  legno,  per  lo  più  di  palma;  di  pietre  che 
doveano  trarre  dalla  lontana  Armenia;  e  più  solitamente  di  mattoni,  fatti  coll'argilla 
finissima  e  col  bitume  del  paese,  seccati  al  sole  per  le  costruzioni  interne,  e  al  fuoco 
per  le  esterne:  e  per  cemento  gesso  ed  asfalto.  Quando  nuove  città  sottentrarono  alle 
primitive,  si  venne  a  cenar  in  queste  antiche  i  materiali  di  facile  trasporto,  laonde  an- 
darono in  ruina  per  modo,  che  diìficilmente  possono  riconoscersi  le  forme  caratteri- 
stiche di  quell'architettura. 

Di  pietre  unite  con  arpioni  di  ferro  saldati  a  piombo  erano  le  pile  del  ponte  sull'Eu- 
frate in  Babilonia;  sopra  cui  appoggiavano  travi,  che  si  poteano  ritirare.  Di  volte  non 
trovasi  vestigio  ;  se  non  che  Diodoro  racconta  che  archeggiato  a  mattoni  era  il  passag- 
gio sotto  il  fiume  :  ma  merita  credenza?  Degli  edifìzj dell'Asia  Minore  non  ci  rimangono 
che  monumenti  funerarj.  consistenti  in  tumuli  di  terra,  alzati  sopra  fondamenti  di  grosse 
pietre.  Le  mine  che  si  vedono  altrove,  appartengono  a  tempi  molto  posteriori.  Però 
Erodoto  parla  dei  doni  offerti  da  Creso  all'oracolo  di  Delfo,  consistenti  in  vasi,  un  leon 
d'oro,  crateri  cesellati,  bacini  d'oro  e  d'argento,  e  una  statua  d'oro  di  tre  cubiti. 

§  47.  —  Fra  gl'Indiani. 

Degli  edifìzj  indiani  non  si  può  studiare  la  progressione,  attesoché  mancano  certezze 
storiche,  né  quell'arte  si  connette  con  quella  degli  altri  popoli.  Da  principio  meditatori 
tranquilli,  dappoi  gl'Indiani  proruppero  in  un'immaginazione  disordinata,  e  sempre 
furono  sottoposti  a  Caste  dominatrici.  Non  trovando  in  natura  figure  che  bastassero  ad 
esprimere  i  concetti  della  divinità,  le  foggiarono  con  forme  bizzarrissime,  gigantesche 
e  molteplici;  e  dalla  mitologia,  perpetuata  in  magnifici  ed  antichissimi  poemi, trasser 
scene  variatissime.  Non  conoscono  però  né  purezza  di  disegno,  né  giuste  proporzioni 
nella  disposizione;  ne  si  vede  che  in  queste  fosser  legati  ad  un  sistema  come  in  Egitto: 
laonde  hanno  fisonomie  più  naturali,  attitudini  e  mosse  variate.  Gli  attributi,  le  vesti,  il 
colore,  gli  accessorj,  l'azione  han  significazioni  particolari  e  stabili;  ma  l'innesto  di 
membri  e  d'individui  é  più  moderato  che  nelle  composizioni  recenti  degli  Indi. 

Chi  descrisse  i  tempj  di  Salsettae  d'Ellora,  trova  che  a  petto  a  quelli  sono  un  nulla  le 
piran)idi  :  dal  deperimento  si  stimò  loro  tremila  anni  d'esistenza,  e  più  alle  Sette  Pa- 
gode sulla  costa  del  Coromandel,  ove  il  mare  arriva  al  primo  piano.  Rode  e  Riem  fanno 
di  cinquemila  anni  il  tempio  di  Scialembron,  con  iscrizioni  in  una  lingua  anteriore 
alla  sanscrita,  e  con  pitture  che  sarebbero  le  prime  al  mondo. 

Erano  (jueste  opere  eseguite  da  un  vulgo  servile  sotto  gli  ordini  de'sacerdoti,  talché 
non  vi  si  trova  l'elemento  primo  delle  arti  belle,  la  libertà,  bensì  la  pazienza  :  e  questa 
campeggia  negli  edifizj  architettonici,  siano  scavati  nel  masso,  siano  sorgenti,  sempre 
con  masse  gigantesche,  e  con  begli  ornamenti:  talvolta  scavossi  un  tempio  intero  in  un 
sasso  solo.  Ma  il  genio  che  s'elevasse  agli  alti  concetti  dell'architettura,  che  misurasse 
l'ardore  e  le  forze  secondo  lo  scopo,  non  sorse.   Anche  deponendo  le  idee  greche, 


48  ARCHEOLOGIA    E    BELLE    ART» 

bisogna  convenire  che  nelle  fabbriche  indiane  mai  non  s'incontra  la  simmetria  e 
l'armonia  delle  parti  ;  il  sistema  di  ornare  è  barbaro  e  scompigliato  come  in  ogni 
luogo  dove  non  siasi  saputo  esprimere  gl'interni  alletti  dell'uomo  e  la  sua  squisita 
bellezza.  E  quando  si  vedano  alcune  particolarità  finite  con  mirabile  delicatezza,  e 
qualche  parte  ove  il  semplice  arriva  fino  al  grandioso,  miste  poi  con  una  scorrezione 
irragionevole,  vien  l'idea  di  gente  che  di  fuori  trasse  le  coguizioni  prime,  cui  non  seppe 
poi  maturare  e  identificare. 

§  48.  —  Fra   i  Cinesi. 

L'architettura  cinese,  certo  antichissima,  conservò  sempre  per  tipo  il  padiglione  e 
per  materiale  il  legno,  talché  gli  antichi  lavori  non  durarono.  L'opera  più  gigantesca 
che  sia  al  mondo  qual  è  la  Muraglia,  e  i  grandi  canali,  appartengono  all'industria  an- 
ziché all'arti  belle.  La  leggerezza  è  il  carattere  della  restante  architettura:  colonne  esi- 
lissime,  letti  a  onde,  case  d'un  solo  piano;  e  per  ornamento  intrecci,  ghirigori,  cam- 
panelle, draghi  alati.  Tal  carattere  non  si  smentisce  neppure  nei  ponti  e  negli  archi. 

Qui  anche  s'affaccia  il  problema  storico,  come  mai  i  Cinesi,  arrivati  in  antichissimo 
ad  un  bel  grado  nelle  arti  helle,  siensi  arrestati.  Quello  stile  si  diffuse  nella  vastissima 
superficie  dell'impero,  ma  senza  nuovi  incrementi;  vive  da  venti  secoli,  senza  acqui- 
stare la  regolarità,  la  maestà,  né  l'altre  doti  di  cui  ha  difetto. 

g  49.  —  Fra  gli  Egiziani. 

Gli  Egizj  ottennero  l'ammirazione  degli  antichi  e  lo  studio  dei  moderni,  alcuni  de' 
quali  li  levarono  a  cielo,  altri  li  vilipesero  come  nomini  che  non  giunstro  nella  lette- 
ratura all'alfabeto,  nella  storia  all'eidismo,  nella  ragione  alla  filtisnfin,  nell'architettura 
alla  grazia;  ma  solo  mostraronsi  eccellenti  meccanici  e  sufierstiziosi.  Qui  noi  non  dob- 
biamo considerarli  che  dal  lato  dell'arte,  nel  che  ci  offrono  una  ricihezza  portentosa. 

Le  somiglianze  naturali  e  civili  coll'lndia  ne  produssero  anche  nell'architettura;  ol- 
tre che  l'arte  incipiente  troverà  sempre  diffìcile  il  chiudere  un  vasto  spazio  senza  che  la 
solidità  nuoccia  alla  leggerezza;  onde  ne  verrà  peso  all'interno,  e  all'esterno  la  forma 
in  pendìo. 

La  mancanza  di  legno  costrinse  gli  Egizj  ad  abitar  grotte;  nell'ampliare  e  accomodar 
le  quali  presero  esercizio  del  tagliar  pietre,  e  così  edificarono  con  solidità  e  scolpirono 
con  maestria.  Originando  dalle  grotte,  quell'architettura  constrvò  semplicità,  mentre  il 
moltiplicato  legname  delle  capanne  avea  prodotto  la  varietà  dell'architettura  greca.  Gli 
ornamenti  la  resero  magnifica,  ma  senza  toglierle  l'aria  sepolcrale. 

La  sovrapposizione  d'una  tasta  sacerdotale  e  d'una  guerresca  al  popolo  primitivo 
manteneva  quest'ordine  severo  e  immobile,  opponendosi  al  progresso  ch'è  il  miglior 
carattere  delle  umane  convivenze,  le  arti  slesse  erano,  se  non  precisamente  ereditarie, 
come  dissero  gli  antichi,  legate  però  a  certe  condizioni.  Da  ciò  l'immobilità  dei  loro 
artisti  tanto  da  non  potersi  accertare  l'età  de'  monumenti.  Quando  la  Commissione  egi- 
zia li  disegnava,  fra  altri  pregiudizj  era  stata  imbevuta  di  questo,  che  la  dominazione 
persiana  avesse  spento  le  arti  e  sovvertite  le  istituzioni  dell'Egitto,  snaturato  col  contatto 
forestiero;  cambiata  la  religione,  ahbandonata  la  scrittura  geroglifica;  in  conseguenza 
i  lempj  e  le  sculture  e  pitture  non  appartenere  che  a  secoli  antichissimi.  Lelronne  di- 
mostrò, mediante  l'epigrafia,  che  l'invasione  persiana  non  mutò  le  istituzioni  religiose, 
le  quali  ancora  al  tempo  ilegli  Antonini  conservarono  il  loro  carattere  essenziale.  Le  os- 
servazioni artistiche  degli  architetti  Huyot  e  Gau  rincalzarono  questo  fatto.  Nel  secolo* 
nostro,  lo  studio  intorno  ai  geroglifici  ed  una  più  attenta  lettura  di  Manelone  posero  in 
via  d'assegnare  l'eia  de'  monumenti. 

LETR0N^E,  Rccueil  des  intcriptionn  grecques  et  lalines  de  VEgypte  ,  éludìées  dans  letir  rapfort  aree 
l'hislnire  politiquc,  Vadmitdslralìnn  inlérieure,  les  ìnflilulions  ririlef  et  leliyieuses  de  ce  pani 
depuii  la  cunquélc  d^Alexandre  jusqu'à  cftle  dtis  Arabes.  l'iirijji  I8S2,  t.  i  ;  e  articoli  sul  Journal  des 
Savanli  1845. 

Né  gli  Egiziani  pajono  molto  destri  in  meccanica,  e  non  vedonsi  mai  rappresentate 


STORIA    DEM.'ARTK    IRA    OLI    EGIZI  49 

carrucole,  argani  od  altre  macchine.  In  un  bassorilievo  puI)l)licato  da  Cailliaud,  poi  da 
Champollion  e  Kosellini,  raffigurante  il  trasporto  d'un  colosso,  questo  è  avvinto  di  corde, 
e  tirato  immcdialamenie  da  molte  file  d'uomini;  altri  portano  secchi  per  bagnar  le 
corde.  E  pare  certo  quel  che  Plinio  asserisce,  si  valessero  del  piano  inclinato  per  elevar 
i  massi,  cioè  a  seconda  dell'edifizio  alzando  il  terrapieno,  che  poi  sgombravano. 

Cronologicamente  si  vorrebbero  distinguere  tre  epoche  nell'arte  loro.  La  prima  va  dai 
tempi  oscuri  fin  alla  con(|uista  dei  re  pastori.  Tis  e  Memfi  erano  al  colmo  di  loro  pro- 
sperità :  ma  de'  monumenti  d'allora  non  sussistono  che  le  piramidi  ;  degli  altri  si  trovano 
avanzi  adoperati  a  costruzioni  posteriori,  e  riconosconsi  di  stile  identico  con  queste. 

Cacciati  gli  Hiksos,  la  dinastia  indigena  illustrata  dai  nomi  di  Sesostri,  di  Amenofi,di 
Tutmosi,  fece  capitale  Tebe,  e  fabbricò  molti  tempj  e  altri  monumenti,  anche  nella  bassa 
Nubia.  Non  si  sentì  veruna  influenza  greca. 

Caduto  sotto  a' Persi,  ai  Greci,  ai  Romani,  l'Egitto  conserva  però  la  costituzione  an- 
tica e  la  divisione  delle  Caste,  e  i  re  forestieri  son  trattati  come  i  Faraoni,  finché  il  cri- 
stianesimo non  vi  sparge  idee  nuove.  Di  quest'epoca  sono  interessantissime  le  iscrizioni 
bilingui  0  trilingui,  che  posero  sulla  via  d'intendere  i  caratteri  geroglifici.  Ne' tempj  e 
sui  monumenti  abbondano  iscrizioni  greche,  votive  o  encomiastiche:  altre  geroglifiche, 
pure  in  lode  d'imperatori  romani,  sono  accanto  a  rappresentazioni  nel  pretto  antico  stile 
egizio. 

L'uso  delle  pietre,  e  il  non  aver  bisogno  di  dare  scolo  alle  acque  né  sostener  la  neve, 
bensì  di  ombra  e  fresco,  uniti  al  carattere  sacerdotale  di  quella  coltura,  generarono  uno 
stile  semplice  e  grandioso.  1  tetti  sono  sempre  come  di  grotte;  e  per  sostenere  i  pietroni 
bisognavano  moltissime  colonne.  In  queste  trovasi  la  voluta  jonica,  e  le  goccie  del  cor- 
nice dorico,  e  i  caulicoli  del  corintio.  In  Egitto  pure  si  fabbricò  spesso  con  mattoni  fatti 
di  creta  mista  con  paglia,  poi  seccati  o  cotti:  Rosellini  pubblicò  un  quadro,  ove  è  raf- 
figurata la  fabbricazione  de'  mattoni  per  mano,  cred'egli,  di  Ebrei  schiavi. 

Le  colonne  sono  alquanto  più  elevate  che  quelle  del  dorico  antico,  e  a  Luxor  son  o  1|4- 
volte  il  diametro  maggiore;  molto  vicine,  e  con  base  formata  di  fasce  in  forma  di  croce. 
Il  fusto  è  alquanto  rastremato  verso  l'alto;  talora  a  strie  dritte  o  traversali,  che  però  non 
sono  vere  scanalature. 

Variissima  è  la  forma  de'capitelli,  che  posano  sopra  le  tozze  colonne:  ma  ponno  ri- 
dursi a  due  principali  :  una  a  calice  con  foglie  variate,  e  abachi  più  stretti  e  talora  molto 
alti;  una  rigonfiata  abbasso  e  ristretta  all'insù,  con  abachi  poco  elevati  ma  sporgenti. 

Nel  tempio  di  Athor  a  Tentira  si  trovano  quattro  maschere  riunite  all'occipizio,  per 
sostenere  facciate  di  tempj.  1  capitelli  diversificano  fin  nella  cella  di  un  tempio  stesso, 
con  una  prodigalità  d'ornati  desunti  dalla  vegetazione  del  paese,  e  massime  del  Nilo. 

Spesso  usano  pilastri,  cui  talora  sono  attaccate  statue;  ma  queste  di  rado  son  messe 
a  sostegno. 

L'architrave  posa  sulle  colonne  coH'astragalo,  armonizzando  mediante  questi  membri 
colla  parete  e  colla  cornice,  che  è  sempre  eguale.  Wilkinson  ha  accertato  che  la  voltavi 
era  già  praticata  al  tempo  di  Amenofi  I,  cioè  19  secoli  av.  C,  ma  non  si  estese  mai,  e 
questo  progresso  era  riservato  all'ltaliaj,  fosse  per  opera  degli  Etruschi,  o  fosse  de' 
Romani. 

Le  case  private  eran  di  cotto,  e  ben  fitte  doveano  essere  nelle  città.  Belzoni  crede  che 
quelle  di  Berenice  non  potessero  avere  più  di  20  piedi  in  largo  e  40  in  lungo. 

Gli  obelischi  sono  pilastri  a  più  faccie,  posti  sovra  una  base  non  molto  alta,  che  si  as- 
sottigliano verso  l'alto,  ove  finiscono  non  in  punta,  ma  in  un  piano,  sormontato  da  un 
piramidio.  Sono  per  lo  più  di  granito  di  Siene,  con  iscolture  geroglifiche,  incavate  di 
lavoro  squisito.  Erano  monumenti  d'onore,  sempre  accoppiati  e  attaccati  ai  tempj  come 
segno  di  consacrazione:  laonde  i  moderni  ne  falsarono  la  natura  quando,  trasportandoli 
ne' climi  nostri,  li  posero  isolati  e  sovra  basi  alte;  col  che  dividevano  in  due  parti 
quello  il  cui  merito  consisteva  nell'unità;  infine  v'aggiunsero  in  cima  globi  e  stelle,  che 
ne  sformarono  la  meravigliosa  semplicità. 

L'obelisco  di  Axum,  di  cui  porgiamo  il  disegno  nella  pagina  seguente,  è  di  forma 
particolare  : 


Cantù,  Documenti.  —  Tomo  I,  Archeologia  e  Belle  Arti. 


»o 


ARCHEOLOGIA   E   BELLE   ARTI 


Le  piramidi  erano  mouumenti  se- 
polcrali, forma  architettonica  de' 
rozzi  tumuli  che  sul  cadavere  de- 
gli eroi  eressero  tutti  i  popoli,  mas- 
sime in  Oriente. 

Non  è  guari,  il  signor  Persigny 
tolse  a  considerar  le  piramidi  come 
monumenti  di  grande  utilità  e  sa- 
pienza; vale  a  dire,  siccome  dighe 
opposte,  ne'  luoghi  e  ne'  modi  più 
opportuni,  all'invasione  delle  sab- 
bie del  deserto  :  ma  l'opinione  sqa 
non  ha  aspetto  di  vero. 

Mahmud  bey  astronomo  del  vi- 
ceré d  Egitto,  nel  1862  osservò  che 
la  stella  sirio  raggia  quasi  perpen- 
dicolarmente sulla  faccia  meridio- 
nale delle  piramidi;  e  notò  che  le 
fi.ccie  delle  sei  piramidi  di  Gizeh 
han  d'inclinazione  fra  SI  e  53  gra- 
di: appunto  quel  che  vuoisi  perchè 
sirio  vi  splenda  a  piombo  ;  appros- 
simativamente oggi,  ma  esattamente 
pel  .'500  a.  C.  sarebbesi  dunque 
data  tale  inclinazione  alle  piramidi 
acciocché  sul  morto  depostovi  aves- 
se più  diretta  influenza  il  cane  ce- 
leste Sothis,  Anobi,  Foth,  raffigu- 
-  rato  nella  stella  Sirio. 
'  Di  base  quadrata  e  orientale,  le 
piramidi  più  piccole  sono  di  matto- 
ni, le  altre  di  pietra  calcare:  con 
rivestimento  di  pietre  levigate  e 
adorne  di  scolture.  La  porta  è  accu- 
ratamente nascosta,  e  chiusa  con 
un  pietrone.  Essa  mena  in  gallerie 
che  or  si  restringono  ora  s'allargano,  e  riescono  ad  una  o  più  celle  ,  la  più  bella 
delle  quali  contiene  il  sarcofiigo  regio.  Talora  vi  si  trovano  pozzi  verticali,  che  forse 
comunicavano  col  canale  del  Nilo. 

Le  gallerie  e  le  camere  son  di  larghezza  diversissima,  e  sempre  a  labirinto;  più  ca- 
paci quelle  che  si  sprofondnno  nel  suolo.  In  una  scoperta  dal  Belzoni,  la  sala  principale 
era  stata  scavata  a  botte  molto  ampia,  ed  ornata  magnificamente  ;  vi  stava  un  sarcofago 
d'alabastro,  squisitamente  lavorato,  che  ne  conteneva  altri  minori. 

Delle  molte  piramidi  d'Egitto  quelle  di  Gizeh  son  le  meglio  conservate,  non  essendone 
tolto  che  il  rivestimento  della  prima;  ed  hanno  quattro  l'accie  convergenti  regolarmente 


STORIA    DELL  ARTE   FKA   GLI    EGIZJ 


bi 


verso  la  sommità.  Ma  da  quelle  più  guaste  si  scorge  che  eran  fabbricate  dì  muri,  uno 
accanto  all'altro,  e  un  dell'ailro  nien  alto,  sicché  alzavansi  a  scalini,  i  cui  angoli  poi  si 
riempivano. 

A  questo  modo  si  spiega  quel  che  Erodoto  dice,  che  sui  vnrj  grndini  piantavansi  mac- 
chine, e  che  i  pietroni  erano  elevati  dall'uno  all'altro.  Per  tal  modo  poteasi  ingrandire 
una  piramide  quanto  si  volesse,  aggiungendo  un  dado  a  ciascuno  scaglione;  onde  i  re 
che  lungamente  campassero,  potevano  ridurle  grandissime,  mentre  altri  morendo  le  la- 
sciavano imperfette. 

Dal  sentimento  stesso  di  conservare  i  cadaveri  furono  suggeriti  gl'ipogei,  ricavati  nel 
sasso,  tutt'al  lungo  del  Nilo,  nella  catena  de'  monti  Libici.  Ai  piìi  distinti  precede  un 
peristilio  all'aria  libera,  una  porta,  in  alcuna  delle  quali  c'è  un  voltino  a  pietre  cunei- 
formi, probabilmente  fatte  nell'età  greca;  poi  vengono  gallerie,  camere,  salee  fosse  per 
le  mummie.  In  alcune  vi 
sono'basaraentì  con  nicchie, 
ed  in  questi  simulacri  degli 
Dei  a  tutto  rilievo. 

Anche  la  plastica  sa  del- 
l'architettonico, e  si  esercita 
nella  pietra,  talvolta  durissi- 
ma, come  granito,  sienite, 
porfido,  basalte;  piìi  spesso 
in  un  gres  (ino;  e  per  oggetti 
piccoli,  in  serpentino,  ema- 
tite, alabastro.  Il  vigore  e  la 
precisione  ne  sono  i  caratte- 
ri,  ed  essendo  destinate  a 
compimento  dell'architettu-  ^ 
ra,  mostransi  immobili  e  re- 
golari, le  braccia  attaccate  ^^^M 
al  corpo,  per  lo  più  colossali. 

La  statua  di  Pennone  era 
alta  m.  16.  2o  di  granito. 

Diamo  nella  png.  seg.  uno  dei  colossi  di  Abusambul,  paese  della  Nubia  posto  alla 
latitudine  di  ^i^  2-2":  esso  ha  alle  spalle  il  diametro  di  metri  8  25  la  faccia  lunga  m. 
2.27.  il  naso  m.  0.8fi,  la  barba  m.  1.78,  tutta  l'altezza  m.  16.24,  oltre  il  berretto  di 
m.  4.?)S:  rappresenta  Ramesse  il  Grande,  fondatore  di  quel  tempio. 

le  statue  foggia\ansi  sopra  un  tipo  nazionale,  e  con  proporzioni  stabilite  secondo  i 
luoghi  e  i  tempi  ;  né  si  trova  che  gli  Egizj  studiassero  imitare  il  vero,  cioè  far  ritratti. 
Pertanto  le  persone  e  gli  Dei  sono  distinti  solo  mediante  le  vesti  e  i  colori  e  l'acconcia- 
tura del  capo,  e  l'aggiunta  di  tfsle  d'animali,  d'ale  e  altro.  Le  faccie  sono  finite,  ma  le 
altre  forme  e  le  particolarità  restano  appena  indicate;  e  la  semplicità  delle  linee  sinuose 
fa  effetto  di  grandezza.  Tutto  poi  è  piuttosto  geometrico  che  organico.  Ecco  un  Osi- 
ride col  nilometro  io  capo  (Pag.  seg  ). 

Gli  artisti  loroaveano  un  canone,  secondo  il  quale  proporzionavano  la  figura  umana; 
ma  esso  variò  secondo  i  tempi.  Diodoro  scrive  (i.  98)  che  divideano  il  corpo  in  21  parti 
e  1|2,  forse  prendendo  per  unità  il  naso.  Si  conosce  un  antico  modulo,  che  consisteva 
in  6  grandi  divisioni  e  molte  suddivisioni:  un  altro  più  recente,  fondato  sul  primo  e 
composto  di  18  parti  eguali  :  uno  greco  di  22  parti  e  5|i.  Lepsius  ultimamente  scoperse 
quello  di  21  parti  e  1|i,  usato  su  tutti  i  monumenti  romani  dell'età  imperiale. 

In  generale  nelle  statue  il  petto  è  largo,  stretta  la  parte  inferiore,  corto  il  collo,  lun- 
ghi i  piedi  e  massime  le  dita;  le  ginocchia  molto  pronunziate,  naso  largo  e  tondo, 
ocelli  sporgenti,  e  coi  canti  rivolti  in  su,  come  quei  della  bocca;  sopracciglia  appena 
accennate,  bocca  larga  e  labbra  grosse,  mento  piccolo,  orecchie  lunghe  e  piantate  molto 
allo,  il  che  vorrebbe  darsi  per  un  carattere  della  razza  egiziana;  la  barba  sembra  postic- 
cia, e  talvolta  vedonsi  i  cordoni  che  la  sostenevano.  Qualche  rarissimo  busto  fu  trovato. 

Le  sculture  della  terza  epoca  si  discernono  alla  minor  finitezza  e  alla  mancanza  di  ca- 
rattere nell'esecuzione. 


52 


ARCHEOLOGIA    £   BELLE   ARTI 


I  vestimenti  erano  parte  molto  studiata.  Consistevano  in  tuniche  di  cotone  ;  e  per  gli 
uomini  spesso  null'aitro  che  una  tela  attorno  alle  reni.  Usavano  la  corazza.  Ogni  classe 
portava  un  berretto  stretto  in  capo,  che  ornato  era  segno  della  dignità  sacerdolalle 


Abusambul 


Osiride 

Che  questa  rigidità  e  uniformità  derivasse  da 
prescrizioni  rituali  n'è  prova  il  vedere  che  gli 
animali  hanno  maggior  vita,  e  talora  si  aggrup- 
pano con  bizzarria.  Tali  sarebbero  le  sfingi,  leoni 
con  testa  umana,  leoni  sparvieri,  serpenti  avol- 
toj  ecc.  Anche  le  statue  hanno  spesso  leste  d'a- 
nimali, ed  è  caratteristico  dell'arte  egiziana  que- 
sto sacrificare  per  prima  cosa  la  testa. 

Assaissimo  lavoravano  di  bassorilievo,  ma  men 
felicemente.  Il  rilievo  è  sempre  bassissimo;  e  più 
volte  le  figure  son  ricavate  abbassando  la  pietra; 
spesso  ancora  non  sono  che  tracciati  i  contorni, 
quasi  si  temesse  interrompessero  le  linee  archi- 
tettoniche. In  essi  pure  predomina  la  legge  che 
imponeva  atteggiamenti  topici.  Con  naturalezza 
vanno  le  scene  di  vita  domestica  ;  ma  stentate 
sono  le  grandiose  di  battaglie.  Sempre  appare 
la  cura,  naturale  all'infanzia  dell'arte,  di  rappre- 
sentare ciascun  membro  in  modo  evidente;  per- 
ciò di  profilo  le  teste,  le  anche  e  le  gambe,  men- 
tre il  petto  è  di  faccia, >.  '.cosìjgli  occhi  ;  braccia 


STORIA    dell'arte    FRA   GLI   EGIZJ 


53 


e  spalle  di  contorni  angolosi  ;  mani  spalancate,  e  talvolta  ambedue  dritte  o  ambedue 
mancine. 

Egregiamente  lavorarono  le  terre  cotte  in  vasi,  fra  cui  son  quelli  detti  canòpi,  teste 
del  dio  Knupli,  formanti  un  secchio  da  purgar  l'acqua;  e  migliaja  di  figurine  di  divinità, 
coperte  d'uno  smallo  verde  e  celeste,  (ili  scarabei  ora  sono  di  tali  materie,  ora  d'ame- 
tista, diaspro,  agata,  cornalina,  lapislazzuli,  altre  pietre  dure. 

Di  metalli  lavorarono  ben  poco;  e  sebbene  gli  antichi  ne  parlino,  non  trovansi  grandi 
statue  nìetalliche,  bensì  idolelli  di  bronzo.  Saiìcvano  dipingere  sui  metalli,  almeno  al 
tempo  de'  Tolomei,  quando  pure  vi  borivano  le  vetrerie.  Di  legno  fecero  qualche  ido- 
letto,  poi  intagliarono  i  coperchi  delle  casse  delle  mummie,  imitanti  le  statue  d'Iside  e 
Osiride.  Queste  sono  di  legno  di  sicomoro,  e  dovean  costare  assai,  giacché  molte  sono 
formate  di  listerelle  incollate. 

11  disegno  è  sempre  rigido  e  crudo.  Nella  pittura  non  conobbero  le  gradazioni.  Stem- 
perati i  colori  con  colla  o  cera,  li  trasportavano  sulla  superficie  o  piana  o  curva,  sulle 
casse,  sul  bisso,  sui  rotoli  di  papiro,  ma  sempre  senz'ombra  né  eflétlo  di  luce:  lo  slesso 
colore  dapertutto;  e  sembra  che  la  scelta  fosse  anch'essa  rituale.  Gli  uomini  sono  per  lo 
\)ì\i  rossi,  gialle  le  donne;  rossi  i  quadrupedi,  verdi  o  azzurri  gli  uccelli,  e  così  l'acqua 
e  Ammone.  Solo  si  variò  per  significare  diversità  di  nazioni:  e  in  uno  che  esiste  nel 
museo  Britannico,  vedonsi  i  Nubj  con  acconciature  particolari. 

Una  mitologia  eroica  non  ebbero,  onde  mancavano  di  questa  ricca  fonte  di  concoziooi 
artistiche.  Gli  Dei  non  sono  rappresentati  per  se  stessi,  ma  per  occasione  delle  lor  feste: 
e  invece  di  scene  puramente  mitologiche,  si  tende  solo  a  riprodurre  coll'immagine  gli 
omaggi  che  la  divinila  riceve  in  una  data  situazione.  Anche  la  vita  avvenire  è  raffigurata 
come  la  posizione  d'un  uomo  solo,  e  il  giudizio  [)ronunziato  su  lui.  Le  rappresentazioni 
scientifiche  del  cielo  sono  oroscopi  di  qualche  individuo:  tali  sono  i  famosi  zodiachi  di 
Tentira,  di  Esnè,  di  Ermonti,  di  Tebe.  Gli  Dei,  e  i  principi  e  sacerdoti  confondeansi; 
le  pareti  e  le  pilone,  col  qual  nome  s'indicano  i  propilei,  son  rivestite  di  scene  o  litur- 
giche 0  di  vita  pubblica  o  guerresca;  i  sepolcri  rappresentano  le  professioni  e  le  occu- 
pazioni particolari  di  quei  che  racchiudono. 

Mdbller,  archeologia. 

Champollioi^  ,  Panthéon  égypiien.  Monumens  d/ Egyple  et  de  Nubie.  4  voi. 

Creuzer,  Religioni  dell'anlichilà. 

G.  SCHVARTZ,  Vatalle  Egyplen.,  oder  Sprache^  Geschichte,  Religionund  Verfastung  des  alien Egyptent. 

Lipsia  t843. 
J.  Pettigrew,  Encyclopcedia  cegypliaca.,  or  Dictionary  of  Egyptian  Aniiqmlies.  Londra  -1842  e  »eg. 

La  loro  arte  grafica  non  proponeasi  la  ri- 
velazione dell'anima,  ma  solo  azioni  e  fatti  rj 
esterni;  storica,  monumentale,  a  guisa  di  una  c^^^dUlU 
scrittura  i  cui  caratteri  sono  eseguili  in  pie-  ^ì^ì^^^^ì^>^ 
tra.  La  scrittura  e  la  immagine  vi  son  con-  ^  ^-^ 
fusi  ;  e  alla  scultura  vanno  sempre  uniti  segni  ' —  ^ — ^ 
geroglifici,  come  in  questa  figura  di  Anuke. 

Per  tale  intento  d'essere  storica,  vi  si  trova 
precisato  il  numero  de'  nemici  uccisi,  de'  pe- 
sci 0  uccelli  presi:  onde  può  tenersi  come 
rivelamento  della  vita  domestica  e  pubblica. 

Sotto  qucst'aspeUo  sono  importanti  W.  Lane,  Fgypl 
and  the  Egyptians  ancien  and  modem ,  from  no- 
tes made  during  a  residence  in  Egypl  and  Nubia 
from  1835  lo  1836.  Londra. 

WiLEiNSON,  Some  account  of  the  privale  life^  mannert  and  euttoms,  religtonj  goternement,  arti,  htog 
and  early  history  of  the  ancient  Egyplians.  1838. 

Le  ultime  scoperte,  massime  dopo  i  viaggi  di  Lcpsius,  rivelarono  inaspettate  relazioni  fra  l'Egitto  e  l'Asia 
occidentale;  e  possono  vedersi  riassunte  nella  Nolice  de$  monumens  égypliens  du  Louvre  par  M.  Db 
RoDGE  ,  Parigi  l8o3  ,  dov'è  pure  una  cronologia  egizia  ,  rettificala  sopra  i  monumenti  di  recente  com- 
parsi. Resta  tolto  affatto  quel  periodo  d'Api  ,  la  vita  de'  quali  alcuno  pretendeva  durasse  venlicinqa* 
auni  e  servisse  a  misurare  il  tempo. 


54 


ARCHEOLOGIA    E   BELLE   ARTI 


Insomma  l'arte  rivela  una  vita  razionale,  fredda,  moderata,  e  fin  i  simboli  trasmes- 
sigli dalla  fantasia  di  tempi  o  nazioni  anteriori,  sono  adoprati  come  formole  date 
per  designare  le  molte  distinzioni  dello  stato  civile  e  arlifiziale,  e  d'una  scienza  sacer- 
dotale: né  mai  vi  si  scorge  quella  rivelazione  della  vita  interna,  di  cui  sono  manife- 
stazione le  forme  naturali. 

Al  tempo  de'  Toloniei  1  arte  greca  operò  certamente  sull'egizia,  e  la  Pastofora  o  Ta- 
lamefora  del  museo  Vaticano,  ancor  vestita  all'egiziana  e  coperta  di  geroglifici,  ha  mag- 
giore rotondità  di  contorni,  ampiezza  di  tunica  e  gentilezza  di  finimenti.  Ancor  più 
sentesi  l'influenza  nelle  medaglie  e  nelle  gemme.  Venne  poi  lo  stile  d'imiiazione  al 
tempo  d'Adriano,  quando  a  Roma  o  in  Grecia  si  fecero  statue  sui  modello  egiziano, 
molto  però  ingentilite. 


§  50  —  In   Italia. 

Disputano  i  dotti  se  le  arti  abbiano  preceduto  in  Etruria  o  nella  Magna  Grecia,  La 
priorità  italica  fu  sostenuta  dal  Guarnacci  {Origini  italiche),  dal  p.  Paoli  [Antichità  pe- 
stane), dal  conte  d'Arco  {Patria  primitiva  del  disegno),  dal  Mazzoldi,  e  meglio  si  po- 
trebbe dopo  le  tante  scoperte  recenti.  Nel  giugno  17^:2,  andandosi  in  traccia  di  qual- 
che erba  pel  giardino  botanico  di  Homa  sul  monte  Circeo,  si  rinvennero  rovine,  cui  die- 
desi  il  nome  di  ciclopiche  perchè  somiglianti  alle  mura  di  Tirinto  e  Micene  in  Argolide, 
designate  dagli  antichi  per  opera  de'  Ciclopi  (vedi  §  40;.  Da  quel  punto  si  studiò  questo 
genere  fin  allora  inosservalo,  e  numerosi  riscontri  trovaronsi  nel  Peloponneso,  nell'At- 
tica, in  Beozia,  in  Tessaglia,  nella  Focide,  nell'Epiro,  nella  Tracia,  nell'Asia  Minore, 
paesi  abitati  dai  Pelasgi.  Petit-Radel  vi  continuò  le  ricerche  quanto  visse  (-'lb'55\  L'isti- 
tuto archeologico  di  Roma,  vicino  ai  luoghi,  rischiarò  assai  questa  materia:  gl'inglesi 
Dodwel  e  W.  Geli  le  esaminarono  nell'antico  Lazio,  e  scopersero  il  posto  di  molle  ciltà 
distrutte.  Gerhard  e  Canina  le  sostengono  romane;  li  confuta  Raoul-Rochelte  (Journal 
des  Savans^  marzo  18i5j;  e  il  fatto  sta  che  di  lavori  simili  l'Italia  ne  ha  forse  trecento, 
mentre  pochi  la  Grecia.  Trovansi  essi  ne'  paesi  abitati  dagli  Aborigeni  e  Caschi,  poi  dai 
Sabini,  e  fra  i  Marsi  e  gli  Ernici,  come  sarebbero  Lista,  Ratia,  Trebula  Suflena,  Tiora, 
Alba  Fucense,  Angizia  nei  Marsi,  Atino,  Alatrio,  Anagni,  òigna,  Preneste,  Sora,  Norba, 
Cora,  Arpino  negli  Ernici  e  nel  Lazio,  Boviano,  Calatia,  Isernia,  Aufidena  nel  Sannio,  e 
nelle  città  a  mare  di  Anxur  (Terracinaj,  Circei,  Fundi.  Tali  costruzioni  ciclopiche  o  po- 
ligone estendonsi  dunque  fin  al  Volturno  senza  passarlo.  Nell'Italia  seltenlrionale  non 
ve  ne  ha,  e  neppure  di  là  dell'Apennino,  né  nell'Etruria  interna;  giacché  quelle  di 

Fiesole,  Cortona,  Volterra  hanno  carattere  diffe- 
rente. Son  quasi  tutti  in  pietra  calcare  e  nel  se- 
condo modo  ciclopico,  con  porte  piramidali,  e 
talvolta  figure  falliche,  come  sulla  porta  dell'acro- 
poli di  Alalri,  qui  disegnala  La  (|uale  fra  le  ojìere 
ciclopiche  in  Italia  merita  distinzione  per  avere 
l'architrave  in  un  pezzo  solo  di  5  metri;  mentre 
una  porla  minore  ha  la  volta  e  la  scala  di  massi 
sovrapposti  ,  compaiabili  solo  all'ingresso  della 
piramide  di  .Memli.  Lo  spigolo  delle  due  mura 
orientale  e  australe,  alto  metri  IG,  è  composto  di  15  enormi  pietroni. 

A  iNorha  trovansi  eziandio  camere  or  quadrate  or  rotonde,  coperte  di  lastroni,  invece 
di  volta,  com'è  anche  in  un  acquedotto  a  Tuscolo.  Vi  corrispondono  in  Sardegna  i  nu- 
raghi, gruppi  di  monumenti  conici  a  volta,  con  pietre  grossolane  e  senza  cemenlo. 
{fìg.  \  qui  contro).  Vi  somigliano  alcuni  monumenti  sepolcrali  di  Volterra.  In  Sicilia  si 
hanno  costruzioni  ciclopiche,  specialmente  a  Cefalù,  delle  quali  esibiamo  qui  le  figure: 
{fig.  2  3  id.)  e  la  tradizione  attribuiva  a  Dedalo  le  mura  di  Erice  e  Gamico.  A  Gozo  sus- 
siste tuttavia  la  Torre  de'  Giganti,  che  alcuno  pretese  fin  antediluviana. 

Nel  1819  si  scoprì  sulla  sinistra  della  Nera,  fra  Terni  e  la  caduta  della  Marmora,  uà 
ponte  d'un  sol  arco,  {fig.  4  id.)  composto  di  massi  parallelepipedi,  e  fiancheggiato  d'o- 
pere polìgonie,  fatte  con  pietre  quadrale;  credesi  destinato  allo  scolo  del  lago  Velino 
prima  dell'opera  di  Curio  Dentato. 


IHf 


STORIA  BELL'AnTE   IN   ÌTALIÌ 
\ 


Sé 


La  quistione  delle  mura  ciclopiche  o  poligonie  fu  molto  discussa  nel  BuUettino  e  nelle 
Memorie  deW Istituto  di  corrispondenza  archeologica.  Ivi  Pelit-Hadel  diede  il  cata- 
logo di  troppe  città  della  media  e  bassa  Italia  con  tali  costruzioni:  Gerhard  lo  retti- 
ficò, dandone  la  seguente  serie.  Le  autorità  potranno  vedersi  nelle  Memorie  suddette, 
anno  1852,  p.  77: 

—Nelle  contrade  marittime  del  Lazio  primeggia  con  magnifici  avanzi  di  poligonia  co- 
struzione Anxur,  or  Terracina:  v'è  qualche  resto  simile  sulla  sommità  dell'antica  CjV- 
ceji,  oggi  Monte  Circeo:  rinomali  sono  gli  avanzi  del  poligonio  recinto  di  Fundiy 
oggi  Fondi  ^  e  degne  di  particolare  attenzione  le  mura  di  massi  irregolari  e  per  lo 


56  ARCHEOLOGIA   E   BELLE   ARTI 

più  bugnali,  che  in  quel  tratto  di  paese  s'incontrano,  tanto  ne'contorni  di  Terracina 
quanto  sotto  il  castello  di  Itri,  e  nelle  costruzioni  della  Via  Appia  o  poco  lontano 
da  questa  verso  Fondi  ed  Uri,  e  ancora  al  di  là  di  Moia  di  Gaeta.  E  quindi  rivolgen- 
dosi verso  l'interno  del  Lazio,  s'incontrano  i  magnifici  avanzi  di  poligonia  costru- 
zione, conosciuti  dai  recinti  e  dalle  porte  di  Arpinum  e  Alatrium  ;  vengono  in  poca 
considerazione,  se  mai  sono  di  simil  genere,  le  mura  di  Aquinum,  Nobili  sono  i  sifatti 
avanzi  di  l'erulce,  e  quelli  ancora,  mescolati  con  costruzioni  di  epoche  diverse,  che 
in  molta  estensione  si  osservano  nell'antico  Ferentinum.  Qualche  resto  di  costru- 
zione poligonia  trovasi  pure  a  Civitella  sopra  Olevano:  assai  più  estesi  e  rinomati, 
inferiori  alla  magnificenza  de' recinti  d'Arpino  ed  Alatri  e  delle  città  volsche,  sono 
i  recinti,  formati  anch'essi  con  massi  irregolari,  dell'antica  Prceneste.  Ma  gli  avanzi 
forse  più  maestosi  sono  quelli  che  sulle  vicine  montagne  volsche  cingevano  le  tre 
città  di  Norba,  Signia  e  Cora. 

Nell'opposto  lato  dell'Apennino,  nei  paesi  degli  antichi  Sanniti,  Marsi  e  Sabini,  non 
mancano  resti  ragguardevoli.  Ammiransi  presso  i  Sanniti  le  mura  composte  d'irrego- 
lari massi,  di  Jisernia,  Bovianum  e  Calaiia,  alle  quali  forse  dovrà  aggiungersi  Au- 
fidena.  Presso  i  Marsi  primeggiano  gli  avanzi  di  Alba\  ragguardevoli  sono  quelli  di 
Atina;  meno  rilevanti  se  non  dubbj,  quelli  di  Lucus  Angitice ;  e  degni  d'ulteriori 
osservazioni  sulla  faccia  del  luogo  gli  avanzi  simili  esistenti  nelle  circonferenze  del 
lago  di  Fucino.  Scarseggiano  nei  paesi  sottomessi  a  quella  parte  dell'Apennino  che 
guarda  l'Adriatico,  ossia  negli  Abruzzi  Ulteriori  e  nella  vallata  d'Aquila;  né  potreb- 
besi  accertare  l'esistenza  del  creduto  ciclopeo  nei  recinti  di  Penna  de'  Marsi,  né 
molto  meno  di  Sulmona. 

Sembra  che  quell'uso  gigantesco  di  fabbricare  sia  stato  famigliare  e  quasi  domestico 
nelle  montagne  degli  Equi  e  de'  Sabini  che  si  estendono  dal  Fucino  alle  contrade 
tiburtine.  Basta  richiamare  agli  amatori  di  queste  cose  i  nomi  dell'antica  Tiora  Nur- 
sia,  e  Sutia  cogli  odierni  del  Cicolano  e  di  Rieti,  e  altresì  nei  contorni  di  Tivoli 
quelli  verso  Monleverde  e  Siciliano,  e  verso  Vicovaro,  per  ricordarsi  degli  avanzi 
sparsi  per  ogni  dove  della  costruzione  ciclopea. 

Proseguendo  da  Reale  la  direzione  dell'Umbria,  vi  sono  le  mura  quasi  intiere  di  co- 
struzione poligonia  dell'antica  Ameria;  altri  sifatti  resti  a  Cesi  ed  a  Spoleto:  da' quali 
avanzi  restano  distaccati  per  l'alta  catena  dell'Apennino  etrusco  i  ruderi  magnifici 
dell'antica  Cosa,  quelli  ragguardevoli  di  Succosa  e  di  Saturnia,  e  le  vestigie  che  di- 
consi  esistere  delle  mura  di  Rusellce  e  di  Populonia.  Nell'intermedio  tratto  fu  notato 
un  solo  meschino  avanzo  nelle  vicinanze  di  Viterbo.  Regolari  si  mostrano  le  mura 
tuttora  visibili  dell'etrusche  Veji  e  Falerj.  Pertanto  per  documentare  il  passaggio 
della  poligonia  maniera  di  costruire  a  quella  di  massi  quasi  regolari,  esistono  in 
avanzi  di  vulgare  notizia  le  mura  di  Volterra,  Fiesole  e  Cortona,  non  che  quelle  di 
Perugia,  e  pur  anche  di  Assisi.  Nei  quali  resti  è  rettangolare  il  taglio  di  tutti  i  massi: 
se  non  che  fra  gli  usati  macigni  quadrangolari,  posti  in  orizzontali  file,  trovansi  tal- 
volta delle  pietre  piccole  innestatevi  per  dar  compimento  alla  fila  de' massi  stessi,  e 
talvolta  obliquamente  tagliati  i  massi  ;  nel  resto  quadrangolari,  come  si  vede  altresì 
in  qualche  edifizio  romano. 

Limitata  così  l'esistenza  de'  ruderi  dell'antichissima  costruzione  a  massi  irregolari, 
verso  settentrione  dalle  montagne  dell'Arno,  e  verso  mezzodì  dal  Volturno,  fa  me- 
stieri di  ricordare  che,  allontanandosi  dal  continente  d'Italia,  i  primi  avanzi,  quan- 
tunque  non  numerosi,  s'incontrano  nella  Sicilia.  Coi  quali  non  molti  monumenti  di 
costruzione  poligonia  convien  poi  raffrontare  i  magnifici  sull'isola  di  Gozo,  per  sempre- 
più  confermare  la  provenienza  dall'Occidente  sì  di  quel  gigantesco  modo  di  costruire, 
sì  del  popolo  che  soleva  adoperarlo. — 

Al  decadere  degli  Oschi  e  de'Sabellj,  ingrandiscono  gli  Etruschi,  razza  distinta  dalla 
greca  benché  con  questa  avesse  comuni  molti  modi  dell'arte.  Forse  vi  fu  recata  dalia 
colonia  tirreno-pelasgica,  che  respinta  dalla  Lidia  meridionale,  si  stanziò  nei  dintorni 
di  Cere  e  di  Tarquinia.  Che  clie  ne  sia,  gli  Etruschi  ci  si  mostrano  gente  industriosi!, 
d'imprese  ardite,  e  che  costruiva  con  modo  particolare.  Cingevano  le  loro  città  di 
mura  robuste,  l'atte  con  pietre  irregolari-,  sapevano  guidar  le  acque  e  darvi  scolo;  e  ad 


STORIA   dell'arte   IN    ITALIA  87 

essi  va  attribuita  la  cloaca  maxima,  di  Roma,  dalla  cui  figura,  qui  riprodotta,  si  vede 
che  conobbero  le  volte.  Le  case  disponevano  in  modo,  che  la  principal  camera  stesse 
in  mezzo,  verso  la  nuale  diri''eansi  le  acque  del  ^  ^ 

tetto  circostante  {cavedium  o  impluvium).  mf-^'''<!^^^f^l^%^ 

All'Etrusca  sono  le  mura  di  Volterra,  Vetulo-  .^^^Je^W'w^^^' 
nia,  Roselle,  Fiesole,  Populonia,  Cortona,  Perugia, 
Vejo  ;  a  poligoni  quelle  di  Saturnia,  Cosa,  P'alera 
e  di  alcune  città  dell'Umbria,  come  Ameria, 
Spoleto  ecc.  Gli  sbocchi  del  Po  e  dell'Arno  erano 
regolati  da  scaricatori  e  imboccature;  aveanoanzi 
ideato  ridurre  a  canale  tutto  il  Po;  apersero  un 
emissario  al  lago  Albano,  lungo  m.  2557,  allo  2. 
27,  largo  \.  62;  e  Giovan  Villani  ricorda  sussistenti  al  suo  tempo  opere  gigantesche 
per  regolare  il  corso  dell'Arno. 

L'ordine  toscano  dei  tempj  tiene  del  dorico,  ma  con  modificazioni  importanti. 
Le  colonne  erano  più  lunghe  e  colla  base,  arrivando  a  14  moduli,  e  con  maggior  in- 
tercolunnio, e  sostenevano  un  cornicione  di  legno  con  mululi  sporgenti  sull'architrave, 
una  gronda  assai  prominente,  ed  un  elevato  frontone.  Di  tal  ordine  non  rimane  altro 
che  due  tronchi  di  colonne  a  Volci  e  Bomarzo,  i  quali  per  verità  non  corrispondono 
punto  alla  descrizione  di  Vitruvio,  che  noi  demmo  or  ora.  Il  piano  del  tempio  era  variato 
in  grazia  della  parte  augurale,  destinata  a  osservare  gli  auspizj;  e  si  avvicinò  maggior- 
mente alla  forma  quadrata:  la  cella  o  le  celle  (il  tempio  del  Campidoglio  n'avea  tre) 
furono  trasferite  alla  parte  posteriore  (postica),  mentre  l'anteriore  (antìcg.)  era  coperta 
di  colonne. 

Pili  dei  Greci  posero  cura  alle  tombe  ch'erano  più  spesso  escavazioni  nella  pietra,  o 
sotterranee  od  elevate  secondo  il  suolo;  alcune  di  mattoni,  per  lo  piìi  coniche,  e  che 
talvolta  racchiudeano  camere  sepolcrali,  talultra  non  servivano  che  d'ornamento  alle 
costruzioni  sottoposte.  Noi  le  descriveremo  più  avanti.  In  due  monumenti  trovati  a 
Castelnorcio  si  ha  il  carattere  di  quel  che  dissero  ordine  dorico,  col  fregio  ornato  di 
raetope  e  triglifi. 

Uno  de'  più  singolari  monumenti  dell'arte  etrusca  fu  la  tomba  del  re  Porsena,  se- 
condo Varrone,  descritta  da  Plinio  nella  Storia  nat.  xxxvi.  e.  19:  »  Fu  sepolto  Porsena 
«  sotto  la  città  di  Clusio,  nel  qual  luogo  lasciò  un  monumento  di  sassi  quadrati  :  ciascun 
<i  lato  di  500  piedi,  alto  SO,  e  dentro  alla  base  quadrata  un  labirinto  inestricabile,  che 
«  se  uno  v'entri  senza  un  gomitolo  di  filo  non  può  trovarne  l'uscita.  Sopra  questo 
«  quadrato  stanno  cin(|ue  piramidi,  quattro  agli  angoli,  una  in  mezzO/  da  piedi  larghe 
M  7d,  alte  loO,  e  sulla  cui  sommità  sovrasta  un  globo  di  bronzo  da  cui  pendono  attac- 
«  cate  a  catene  delle  campanelle,  che  agitate  dal  vento  portano  lontano  il  suono,  come 
«  una  volta  facevasi  a  Dodona.  Sopra  quel  globo  vi  sono  quattro  piramidi,  alte  100 
«  piedi.  Sopra  queste  sostenute  da  una  piattaforma,  vedonsi  cinque  altre  piramidi,  di 
'(  cui  Varrone  ebbe  vergogna  di  riferir  l'altezza,  ma  le  favole  etrusche  le  dicono  ele- 
«  vate  quanto  lutto  il  monumento  ». 

È  strano,  che,  delle  più  fra  le  fabbriche  antiche  di  cui  gli  autori  ci  lasciarono  la 
descrizione,  difficilmente  si  possa  levare  una  pianta  esatta,  per  quanto  vi  s'industrino 
gli  artisti.  Di  niuna  poi  è  più  difficile  che  di  questa,  intorno  alla  quale  si  scrissero 
anche  le  cose  più  stravaganti.  Alcuni  ne  ripudiarono  all'atto  l'esistenza,  e  s'appoggia- 
rono al  non  restarne  già  nulla  al  tempo  di  Plinio,  mentre  simili  moli  altrove  sorgono 
ancora  intatte.  Possibile  che  un  edifizio  tanto  meraviglioso,  conservato  come  sacro  dalla 
venerazione  d'un  popolo  artista  e  sacerdotale,  fosse  in  quattro  o  cinque  secoli  distrutto 
a  modo  di  non  restarne  più  orma?  (  Nulla  vestigia  extant,  Plinio] .  Quel  che  a  Chiusi 
s'indica  per  labirinto  di  Porsena,  non  è  lavoro  antico,  il  p.  Angelo  Cortenovis  (Del 
mausoleo  di  Porsena)  ce  lo  presenta  come  una  gran  macchina  elettrica.  Letronne  ne 
impugna  alTatlo  l'esistenza  [Journal  des  Savans,  -1817  aprile;  Méin.  de  rAcadémiero- 
yale,  tom.  ix.  1831  p.  372;  Annali  dell'istituto  di  corrispondeìiza  archeologica),  sup- 
ponendolo una  finzione,  al  pari  del  palazzo  d'Osimandia  in  Egitto:  né  altrimenti  che 
unzione  può  credersi  la  costruzione  impossibile  quivi  accennata  di  piramidi  sovra  pi- 
ramidi, sovra  globi  ecc.  Quatremère  di  Quincy,  al  globo  soprapposto  alle  cinque  pira- 


ss  ARCHEOLOGIA   E  BÈLLE   Àkiri 

midi,  sostituisce  un  cappello:  il  secondo  ed  il  terzo  suprà  indicano  secondo  lui,  non 
un  edifizio  sovrapposto,  ma  una  costruzione  collocata  più  alto.  Nei  citati  Annali  dell'Is- 
tituto di  corrispondenza  archeologica  per  l'anno  1829  il  duca  ;di  Luines,  criticando 
la  ristaurazione  del  Quatremère,  ne  promette  un'altra,  clie  offre  anch'essa  le  medesime 
difficoltà  generali,  oltre  quelle  ne'  particolari.  Il  caso  sta  che  non  può  ricostruirsi  ragio- 
nevolmente ciò  che  probahilmente  non  fu  mai  se  non  nell'immaginazione  o  in  canti 
poetici,  come  lo  scudo  d'Achille. 

Pitture  italiche  anteriori  a  quelle  dei  Greci  sono  nelle  grotte  tarquiniesi,  date  prima- 
mente a  conoscere  dal  senatore  Buonarroti  nelle  giunte  al  Demstero,  poi  da  Bires  anche 
coi  colori,  riprodotte  dal  Micali  ueWltalia  avanti  il  dominio  romano,  e  da  altri.  Queste 
non  possono,  come  i  vasi,  dirsi  portate  di  fuori;  nazionali  ne  sono  lo  stile  e  il  vesti- 
mento e  le  armi  e  i  riti  e  i  simboli:  sono  cocchi  tratti  da  genj  alati  neri,  armati  di 
serpi  e  di  mazze,  i  quali  trasportano  simulacri  che  forse  indicano  le  anime;  altri  genj 
strappano  questi  dai  cocchi  e  li  battono;  poi  combattimenti,  e  altra  varietà  di  soggetti, 
che  non  hanno  a  fare  colla  mitologia  greca.  Ornavano  pure  i  lempj,  e  poneano  busso- 
rilievi  [anaijlipha)  o  statue  nel  vano  dei  frontoni,  e  statue  sugli  acroteri  o  nell'interno 
de'santuarj.  Di  sopra  del  tempio  Capitolino  era  una  quadriga  in  terra  colta,  fatta  a  Vejo; 
e  la  statua  di  Giove,  posta  nell'interno,  pure  d'argilla,  opera  di  Toriano  di  Fregella, 
tiogevasi  di  minio  nei  giorni  festivi. 

Di  Statue  di  bronzo  la  sola  Volsinia,  nel  487  di  Roma,  ne  possedeva  duemila.  Molte 
ne  abbiamo  ancora  di  piccole.  Fra  i  lavori  etruschi  son  rinomati  la  Lupa  del  Campi- 
doglio, di  forte  espressione;  la  Chimera  d'Arezzo  e  la  Minerva  graziosa  nel  museo 
di  Firenze;  deve  l'Arringalore  o  Aruspice  che  è  un  ritratto  accurato,  benché  senza 
idealità;  l'Apollo  con  catena  al  collo  e  calzari  etruschi,  in  istile  arcaico;  il  fanciullo 
dell'oca,  figura  graziosa  nel  museo  di  Leida;  ed  altri,  molti  de' quali  uscirono  dagli 
scavi  di  Perugia. 

Vi  si  reputavano  pure  grandemente  i  lavori  di  cesellatura,  intaglio  e  orificeria:  le 
orerie  etrusche  eran  cercate  perfino  da  Atene  ne' suoi  più  bei  tempi:  cosi  pure  lavora- 
vansi  coppe  d'argento,  troni  con  avorio  e  con  metalli  preziosi ,  carri  trionfali ,  arma- 
dure;  e  ogni  sorta  fregi  si  ritrovarono  nelle  tombe.  Aggiungete  gli  specchi  di  bronzo 
che  altri  mal  crede  patere,  intagliati  nella  parte  concava,  e  le  ciste  mistiche. 

Di  legno  e  di  marmo  poche  statue  fecero  gli  Etruschi.  Piuttosto  lavorarono  le  pietre 
fine  in  scarabei  e  in  figure  d'atteggiamenti  esagerati,  in  anelli  e  fermagli.  Grossolani 
sono  i  conj  delle  loro  monete.  Principal  lode  acquistò  agli  Etruschi  la  fabbrica  dei  vasi 
d'argilla  di  varie  specie;  del  che  parliamo  a  disteso  nel  Capo  V. 

Sulle  antiquita  etrusche  vedi. 

Th.  Dempsteh,  De  Elruria  regali.  4619,  2  voi. 

F.  Gobi,  Maswum  etruscum,  1757-45,  5  voi.  colle  dissertazioni  di  Passeri. 

—  Musali  Guarnacci  ani.  monumenta  etrusca.  -1744. 

Saggi  di  disserlaziuni  deW Accademia  elrusca  di  Cortona  dopo  il  1742.  voi.  9. 

Musceum  cortonense  a  F.  Valesio,  A.  F.  GoRiO,  et  R.  Venuti  illuslralum.  4750. 

Scipione  Maff^i,  Osservazioni  letterarie. 

J.  B.  Passeri.  In  Dempsleri  libros  de  Etruria  regali  paralipomena.  47G7. 

Guarnacci,  Origini  italiche.  1767-72,  voi.  3. 

Heyne,  varie  Memorie  nei  Noi\  Commentar.  Goti.  t.  ni.  X.  VI.  vn  ;  e  Opuscula  acad. 

L.  Lanzi,  Saggio  di  lingua  etrusca.  1789,  3  voi. 

IpiGBiKAMi,  Monumenli  etruschi  o  di  etrusco  nome,  7  voi.  di  tosto,  6  di  tavole,  1821-26, 

Micali,  Storia  degli  antichi  popoli  italiani.,  4  852,  3  voi.;  e  diverse  Memorie  di  Vermiglioli,  Orioli,  Car- 
dinali, Uaoiil-Hothclle,  Ziinoui,  Arditi,  Tochon,  ecc. 

Vebmiglioli  ,  Elementi  d^ Archeologia  ,  lez.  vili ,  dà  la  bibliografia  completa  ,  fin  a'  suoi  giorni ,  di  que' 
che  scrissero  intoroo  a'  vasi. 


itORlA   dell'arte   \y  ITALIA  89 


§  b'I.  —  fra  i  Romani. 

Etruschi  sono  i  primi  monumenti  di  Roma,  come  la  Cloaca  massima,  il  piano  del 
Foro  e  dei  comizj,  il  circo,  il  tempio  Capitolino,  il  carcere  Tulliano,  il  tempio  di  Diana 
sull'Avenlino,  le  mura  di  Tarquinio  e  quelle  di  Servio.  In  questi  jjrandiosi  edifi/j  si  di- 
relthe  che  la  piccola  Roma  già  presentisse  come  era  destinata  a  divenir  la  ca[)itale  di 
tutte  le  capitali  del  mondo  antico.  Immagini  ne'  tempj  non  ebbe  clie  dijioi ,  e  queste 
di  legno  0  argilla,  e  lavorate  da  Toscani.  Cacciati  i  Re,  si  pensò,  anziché  al  bello,  a 
preparare  strade  e  canali:  ma  solo  nel  vi  secolo  cominciarono  le  vie  strategiche  di 
pietra.  Tra  le  grandi  imprese  van  conlati  il  prosciugamento  del  lago  d'Albano,  del  Ve- 
lino e  delle  paludi  Pontine,  le  vie  Appia,  Flaminia,  Emilia  ecc.  I  tempj  non  aveano 
magnificenza,  non  comodità  le  case  private;  e  i  sepolcri  degli  Scipioni  attestano  come 
l'arte  greca  vi  si  fosse  introdotta  di  buon'ora,  modificata  secondo  i  bisogni  del  paese. 
La  prima  basilica  degna  di  questo  nome  fu  fatta  da  Catone  il  568.  Nel  S97  ufl  senato- 
consulto  vietava  i  teatri  permanenti. 

L'ambizione  fece  ben  presto  elevare  statue  di  bronzo:  nell'atrio  delle  case  conserva- 
vansi  i  ritratti  degli  avi,  che  erano  maschere  di  cera.  iMinio  dice  che  la  prima  divinità 
di  bronzo  fu  una  Cerere,  fusa  coi  denari  confiscati  a  S|)urio  Cassio:  ma  estesa  la  domi- 
nazione sulla  Magna  Grecia,  si  moltiplicarono  le  offerte  e  le  statue  metalliche,  al  modo 
de' Greci.  Presto  fu  coltivatala  pittura,  e  Fabio  Pittore  già  v'otteneva  lode,  ed  era  ado- 
perata per  ritrarre  i  fatti  gloriosi  della  patria. 

Quando  Roma  preponderò  su  tutto  il  mondo,  divenne  anche  emporio  dell'arti,  benché 
senza  merito  di  coltivatori  propij.  Dalla  presa  di  Corinto  sin  al  regno  d'Augusto  i  no- 
bili trassero  artisti  e  lavori  a  Roma,  per  allucinare  e  cattivare  il  popolo;  e  mdarno  i 
vecchi  Romani  si  opponeano  all'invasione  del  gusto  asiatico.  Dai  paesi  vinti  fuggivano 
gli  artisti  a  Roma,  e  al  tempo  di  Siila,  Pompeo,  Augusto,  quei  che  meglio  lavorassero 
di  scoltura,  cesello,  fusione,  si  trovavano  nella  capitale.  Que' paesi  fornivano  di  orna- 
menti la  città,  che  non  sapea  da  so  fabbricarne:  e  nel  694,  Emilio  Scauro  fregiò  un 
teatro  di  legno  con  tre  file  di  colonne  una  sopra  l'altra;  dietro  di  esse,  pareti  di  marmo 
al  primo  piano,  al  secondo  di  vetro,  al  terzo  di  tavolette  dorate  ;  tremila  statue  di  bronzo, 
molli  quadri  e  tappeti  compivano  l'addobbo;  e  tutto  ciò  pel  solo  tempo  ch'egli  restava 
edile. 

Grossolana  ancora  mostrasi  l'arte  nelle  monete  consolari  e  delle  famiglie,  cioè  che 
portano  il  nome  del  direttore  della  zecca,  e  principalmente  dei  tresviri  monetalss.  Dopo 
il  700  si  han  monete  romane  che  non  iscapitano  da  quelle  di  Pirro  e  d'Agatocle. 

Già  prima  che  cadesse  la  repubblica,  aveansi  tutti  gli  edifizj  di  necessità  o  di  bellezza; 
tempj,  curie,  basiliche,  fòri  con  portici,  spazj  per  giuochi;  tutto  costruito  con  lusso  ed 
eleganza,  imitati  pure  nelle  case  private;  ricchi  sepolcri  orlavano  le  vie  pubbliche,  e 
magnifiche  ville  disputavano  i  campi  all'agricoltura. 

11  primo  teatro  di  pietre  fu  quel  di  Pompeo  nel  697,  capace  di  quarantamila  spetta- 
tori, il  Circo  massimo  fu  disposto  sotto  Cesare  per  riceverne  cencinquantamila. 

La  grandezza  del  popolo  dominatore  del  mondo  rilevasi  negli  edifizj  degli  imperatori. 
Augusto,  secondato  da  Agrippa,  mutò  il  Campo  marzio  in  una  sontuosa  città.  Gli  impe- 
ratori successivi  si  estesero  attorno  al  Palatino  e  alla  via  Sacra;  e  per  distorre  il  popolo 
dai  pubblici  interessi,  i  Giulj  e  i  Flavj  lo  occupano  in  magnificenze  architettoniche,  e 
gli  procurano  godimenti  e  comodi. 

Tali  imprese  si  estesero  anche  alle  provincie,  nella  tranquillità  goduta  dopo  il  tempo 
di  Nerva.  Pompej  disoUerrata  ci  mostra  come  una  piccola  città  provinciale  sapesse  su 
piccolo  spazio  disporre  tutti  gli  edifizj  pubblici.  La  quale  abitudine,  comune  a  tutte  le 
città,  nasceva  dal  vivere  che  allora  si  faceva  in  pubblico  e  fra  i  negozj. 

Proprj  de'  Romani  possono  dirsi  gli  edifizj  ove  domina  l'arco;  ma  spesso  associavano 
l'arte  greca  tanto  più  che  greci  erano  gli  architetti.  Mentre  la  cella  del  tempio  era  co- 
perta d'un'ampia  volta,  all'esterno  riproduceansi  i  colonnati  greci,  e  le  ale  adattate  ad 
una  copertura  in  pendìo.  Le  colonne  cessan  d'essere  l'elemento  caratteristico  della  co- 
struzione, ma  divengono  ornamento  al  muro,  troppo  lontane  per  servir  alla  forza,  sol- 


60  ARCHEOLOGIA   E   BELLE    ARTI 

levate  sopra  piedestalli  per  corrispondere  all'elevazione  dell'arco,  e  talvolta  sostenendo 
UD  cornicione  che  non  sosteneva  nulla.  Mescolavansi  gli  ordini  (nel  teatro  di  Marcello 
i  dentelli  jonici  coi  triglifi  dorici);  le  colonne  alzavansi  fin  a  9  e  9  1(2  diametri,  come 
nell'arco  di  Tito;  e  s'introdusse  il  capitello  composito,  formato  del  capitello  jonico  an- 
golare collocato  sui  due  terzi  inferiori  del  capitello  corintio.  Altre  volte  i  pilastri  che  i 
Greci  adopravano  solo  come  teste,  si  riprodussero  tutt'al  lungo  della  parete,  e  vi  si  at- 
taccò la  colonna  affondandovela  per  metà.  A  Pompej  trovansi  colonne  mutate  da  un 
ordine  all'altro  con  rivestimenti  di  stucco,  alterando  così  le  proporzioni.  L'aver  mesco- 
lato le  colonne  colle  arcate,  mulo  la  misura  degl'intercolunnj,  spezzò  le  cornici,  come 
si  vede  a  Balbek  e  Palmira,  e  produsse  altre  varietà. 

Molto  si  dipinse  sotto  gl'imperatori,  e  spesso  figure  lubriche;  si  predilessero  soggetti 
esagerati;  decoraronsi  gli  appartamenti  con  scene  e  architetture  fuor  d'ogni  regola. 
Ludio,  al  tempo  d'Augusto,  portò  il  paesaggio  {topiaria  opera)  a  divenir  un  genere 
distinto,  facendo  giardini,  marine,  canali,  ponti,  e  tutto  animato  di  figurine.  In  quelle 
che  si  scopersero  qua  e  là,  ma  principalmente  a  Pompej  ed  Ercolano,  vedesi  ricchezza 
d'inventiva  anche  in  quella  decadenza,  concezioni  allegre,  colori  sfoggiati;  baccanti, 
centauri,  danzatrici  sospese  in  aria.  Ve  n'ha  alcuni  di  un  genere  che  oggi  lodasi  in  In- 
ghilterra, i  quali  a  prima  vista  sembrano  pasticci,  ma  allontanati  se  ne  discernono  le 
rappresentazioni. 

Gli  ultimi  splendori  della  pittura  e  delle  arti  plastiche  appajono  sotto  Trajano  e  Adriano. 
Adriano  fece  rivivere  il  gusto  antico  per  pura  imitazione,  e  la  Grecia  e  l'Asia  Minore 
produssero  artisti,  che  seppero  ravvivar  l'arte  per  soddisfare  ai  desiderj  di  lui;  e  ben 
riuscirono  negli  Antinoi,  dove  con  modo  fermo  modificarono  il  carattere  di  questo 
personag"io,  or  da  dio,  or  da  eroe,  or  in  medaglie.  Si  hanno  pure  statue  e  cammei  non 
inferiori  all'età  precedente:  tale  è  il  Nerva  del  museo  Vaticano,  il  busto  di  bronzo 
d'Adriano  al  museo  Capitolino,  ecc.  Imitaronsi  eziandio  l'arti  forestiere,  massime  le 
egiziane,  talvolta  ingentilendole,  come  vedesi  negli  avanzi  della  villa  Tiburtina.  Nei 
bassorilievi  della  colonna  Trajana  è  molto  merito  nell'evitare  la  monotonia  d'una  mar- 
cia militare,  nella  naturalezza  e  verità  degli  atteggiamenti,  nel  carattere  delle  fisionomie, 
nel  vi^or  delle  forme,  nel  sentimento  di  qualche  scena  patetica:  l'esecuzione  riesce 
inferiore  in  alcuni  nudi  e  panneggiamenti.  L'architettura  ancora  nobile  e  grandiosa,  va 
soverchiamente  ornata.  11  fòro  Trajano  doveva  essere  di  gran  magnificenza,  se  guar- 
diamo ai  frammenti  di  colonne  ivi  scavate.  Le  medaglie  degli  imperatori  Giulj  e  Flavj 
hanno  teste  piene  di  vita  e  di  grande  nobiltà,  e  rovesci  ingegnosi  e  bene  eseguiti. 

Dopo  Marc'Aurelio  l'arte  precipita;  povere  le  invenzioni,  mescolati  gli  stili,  come 
le  opinioni  ed  i  costumi  ;  si  accumulano  ornamenti,  tanto  da  non  lasciar  cogliere  il 
piano  generale,  e  moltiplicando  i  membri  intermedj,  e  varieggiando  le  forme  semplici. 
Questo  gusto  era  comunicato  dagli  esempj  della  Siria  e  dell'Asia  Minore,  com'è  a  ve- 
dersi negli  avanzi  d'Antiochia,  di  Balbek,  di  Palmira. 

Il  gonfio  mostrasi  fin  ne'ritratti  degli  imperatori  colla  barba  e  i  capelli  inanellati  col 
trapano  e  cogli  accessori  studiati  affettatamente,  mentre  triviali  riescono  i  traiti  dei 
viso-  e  talora  i  capelli  e  le  vesti  sono  di  marmo  di  colore  diverso.  In  alcune  teste  di 
donna  è  resa  con  esattezza  la  sgarbata  pettinatura  d'allora;  in  altre  espressa  la  pupilla, 
e  le  sopracciglia,  il  che  fa  contrasto  all'aspetto  di  divinità  e  all'abito  leggero  che  ad 
esse  si  dà.  U  Marc'  Aurelio  a  cavallo  del  Campidoglio  è  delle  opere  migliori,  eppure 
scadente.  La  colonna  Antonina  interessa  per  le  scene  della  guerra  contro  i  Marcoraanni, 
ma  è  inferiore  alla  Trajana.  Anche  le  monete  peggiorano;  sebben  le  romane  superino 
quelle  dell'Asia  Minore  e  della  Tracia. 

Occupavansi  gli  scultori  nell'ornare  palazzi,  cioè  senza  ispirazioni.  Zendoro  rappre- 
sentò Nerone  in  un  colosso  di  m.  33.  75.  Le  opere  nel  monumenti  pubblici  de' Flavj, 
sono  di  buona  invenzione  e  disposizione,  ma  neglettamente  eseguiti,  come  i  bassori- 
lievi dell'arco  di  Tito  e  (juelli  di'l  tempio  di  l*allade,  del  fòro  di  Domiziano. 

Dopo  Diocleziano  gli  ornamenti,  oltre  ingombrare,  perdono  di  finezza  e  d'arte  ;  le 
arcate  si  appoggiano  alle  colonne  le  quali  si  attortigliano,  si  rendono  elittiche,  o  va- 
riano con  altre  licenze,  e  funsi  posare  sovra  aggetti  per  sostenere  frontoni:  parli  secon- 
darie diventano  primarie,  e  la  noja  del  bello  introduce  la  cupidigia  del  singolare.  Le 


STOniA    DELL  ARTK    IN   ITALIA 


61 


scolture  dell'arco  di  Settimio  Severo  furono  eseguite  meccanicamente.  Si  fanno  comuni 
i  sarcofagi,  con  miti  di  Bac- 
co, Cerere,  Psiche,  e  imprese 
d'eroi,  simboleggianti  una 
risurrezione  o  una  libera- 
zione dell'anima.  L'invasio- 
ne delle  idee  orientali  vi  si 
sente  nelle  scene  mitriache, 
e  in  generale  nelle  forme 
nuove  date  alle  divinità. 

11  Mitra,  0  Dio  Sole  orien- 
tale così  comune  negli  ulti- 
mi tempi  di  Roma,  e  dai 
Gentili  opposto  al  Cristo,  ta- 
lora è  figurato  in  un  idolo 
carico  di  simboli,  come  qui 
si  vede,  avente  viso  di  leo- 
ne, ale  alle  spalle,  sul  petto 
il  fulmine,  le  chiavi  in  ma- 
no', il  serpe  attorcigliato  a 
tutto  il  corpo,  e  a  piedi  il 
gufo  e  il  caduceo:  cumulo 
che  esprime  il  dominante 
sincretismo  religioso.  Altre 
volte  è  più  artisticamente 
rappresentato  in  un  giovane, 
col  berretto  frigio,  in  atto 
di  sngrificare  il  mistico  toro, 
come  nel  presente,  tratto  dai 
sotterranei  del  Campidoglio, 
e  conservato  nella  villa  Borghese: 


62  ARCnEOLOGlA   E   BELLE   ARTI 

Procedendo,  il  gusto  diviea  povero  e  meschino,  i  busti  perdono  di  rilievo,  di  cor 
rezione  il  disegno,  di  carattere  tutta  la  rappresentazione,  talché  si  trova  necessario  sup- 
plirvi con  iscrizioni. 

Lemonete  bisantine  sono  senza  vita;  poche  scolture  sopravanzate  sull'arco  di  Costan- 
tino son  grossolane,  e  poco  meno  quelle  della  colonna  Teodosiana  a  Costantinopoli  ; 
sui  sarcofagi  il  rilievo  esagerato  cambiasi  in  un  ordine  calmo  e  monotono,  massime 
ne'mooumenti  cristiani;  si  consuma  l'opera  intorno  a  piccole  pietre,  a  dittici  d'avorio. 
Aureliano  consacrò  nel  tempio  del  Sole  abiti  fatti  di  gemme  riunite;  Claudiano  descrive 
il  vestire  d'Onorio  sfolgorante  d'ametiste  e  di  giacinti.  Molti  cammei  si  hanno  di  quel 
tempo,  in  cui  insomma  non sopravivea  dell'arte  che  la  parte  meccanica. 

§  S2.  —  Arte  cristiana. 

Intanto  un'arte  nuova  crescea  nascosta  nelle  catacombe,  l'arte  cristiana  :  e  dappoiché 
il  culto  potè  manifestarsi  senza  timore,  furon  adottate  per  chiese  le  basiliche  ;  o  sul 
loro  modello  se  ne  alzarono  di  nuove,  con  pezzi  tolti  ad  edifizj  antichi;  o  s'imitarono 
sopra  terra  le  forme  già  usate  nelle  catacombe. 

Accanto  vi  si  f.iceano  battisteri,  costruzioni  poligone  o  rotonde  isolate,  disposte  al 
modo  dei  bagni  romani,  in  Oriente  anche  le  chiese  faceansi  più  spesso  rotonde,  coperte 
di  cupole  emisferiche:  il  primo  esempio  è  la  principale  d'Antiochia,  fondata  da  Costan- 
tino su  piano  ottagono  ;  la  imita  il  San  Vitale  di  Ravenna,  emisfero  sostenuto  da  colonne 
di  rozzi  capitelli  gotici.  Anche  il  mausoleo  di  Teodorico,  ora  Santa  Maria  Rotonda  di 
Ravenna,  è  di  forme  semplici  benché  pesanti. 

Col  dilatarsi  della  religione  l'arte  cristiana  acquistò  sviluppo,  malgrado  gli  infelici 
tempi  e  la  rozzezza  delle  particolarità;  il  gusto  è  piìi  libero  ed  originale,  e  meglio  in- 
tende la  signilìcazione  generale  che  non  facessero  gli  artisti  degli  ultimi  tempi  romani. 

L'architettura,  come  vedesi  a  Palmira  e  a  Spalutro,  era  divenuta  straccarica,  sicché 
ne  scapitano  l'insieme.  Qui  nell'ampiezza  delle  basiliche  la  semplicità  delle  linee  e  delle 
superficie  produce  un  effetto  grandioso.  Questo  stile  durò  per  tutto  il  mondo  romano, 
fin  (juando  non  gli  soltentrò  il  gotico. 

Ai  primi  secoli  cristiani  si  riferiscono  le  pitture  delle  catacombe,  e  qualche  miniatura 
di  libri,  come  l'Iliade  della  I)iblioteca  Ambrosiana  di  Milano,  le  cui  figure  si  avvicinano 
alle  classiche  ;  il  Virgilio,  il  Terenzio  con  scene  tratte  dalle  commedie,  il  Giosuè  ed  altri 
libri  biblici  della  biblioteca  Vaticana.  La  pittura  all'encausto  fu  praticata  lungamente  a 
Costantinopoli  per  ornare  palazzi  e  chiese:  ma  più  venne  in  uso  il  musaico,  che  poi 
fu  coltivato  per  tutto  il  medio  evo,  massime  da  artisti  bisantini;  e  del  quale  una  serie 
complèta  può  offrire  la  sola  Homa.  Ma  l'arte  bisantina  restò  sovente  materiale,  e  non  si 
elevò  dalla  natura  all'idea.  Ivi  la  bizzarria  è  sostituita  alla  grazia,  la  fantasia  alla  re- 
gola, la  ricchezza  alla  correzione,  la  rigidità  alla  forza,  il  talento  al  genio;  stile  di 
decadenza.  Nella  pala  d'oro  in  San  Marco,  i  musaici  un  a  uno  han  certo  vigore  inge- 
nuo, nell'insieme  grandezza;  rendono  maestà  le  pose  jeratiche  ;  ma  bizzarra  è  la  di- 
sposizione de' gruppi,  scorrette  le  particolarità  della  forma,  secco  il  disegno,  niuna  re- 
gola di  prospettiva. 


CAPO  SECONDO 

DELL'  ARCHITETTURA 


§  53.  —  Indole  dell'Architettura. 

Spettano  all'architettura  tutte  le  costruzioni  che  l'uomo  può  fare.  Ma  estendendosi 
le  cognizioni  e  la  civiltà,  non  potè  un  uomo  abbracciarne  tutte  le  parti;  e  però 
si  distinsero  l'architettura  militare,  incivile,  la  navale,  l'idraulica:  ai  nostri  tempi 
i  lavori  di  ponti,  acque,  strade,  forni  e  simili  furono  compresi  sotto  il  nome  di  genio 
civile. 

La  storia  delle  belle  arti  bada  particolarmente  all'architettura  civile,  destinata  a  dise- 
gnare ed  alzare  edifìzj,  che  non  solo  rispondano  ai  bisogni  fisici  dell'uomo,  ma  parlino 
anche  alla  sua  immaginazione,  e  si  conformino  a  regole  imposte  dalla  natura  e  dal  gusto. 

Primo  merito  d'un'opera  architettonica  sarà  dunque  il  corrispondere  al  fine,  di 
maniera  che  la  posizione  e  la  grandezza  di  tutte  le  parti  si  trovino  in  armonia  cogli  usi 
cui  sono  destinate. 

Oltre  esser  utile,  deve  mostrare  quest'utilità,  non  per  iscrizioni  od  accessorj,  ma  per 
l'espressione,  pel  carattere  particolare,  che  manifesti  francamente  la  destinazione  sua. 

La  forma  generale  d'un  edifizio,  oltre  la  sua  destinazione,  dipende  anche  dai  mate- 
riali adoprati,  secondo  i  quali  variano  il  numero  e  la  disposizione  dei  punti  d'appoggio, 
i  rapporti  tra  i  vani  e  i  massicci ,  tra  i  sostegni  e  le  parli  sostenute.  Molto  dunque 
opereranno  sull'architettura  le  cognizioni  che  un  popolo  ha  intorno  alle  leggi  della 
natura  e  al  miglior  modo  d'approfittarne.  Gli  architravi  degli  Egiziani  e  dei  Greci, 
l'arco  degli  Etruschi  e  dei  Romani,  il  sesto  acuto  del  medio  evo  son  forme  adatte  alla 
scienza,  benché  sperimentali. 

Fra  le  centinaja  di  forme  regolari,  una  ve  n'ha  più  armonica  delle  altre,  e  che  più 
pienamente  traduce  il  pensiero  espresso  dal  monumento,  produce  l'impressione  più 
conveniente,  e  meglio  s'avvicina  a  un  tipo  ideale  di  perfezione.  A  questo  tipo  deve 
tendere  l'artista,  perchè  al  buono  unisca  il  belio,  scoprendo  la  proporzione  delie  parti, 
le  ragioni  dei  loro  rapporti,  che  determinano  espressioni  di  peso  o  di  leggerezza,  di 
eleganza  o  di  grossolanità.  1  Greci  superarono  ogni  altro  popolo  nel  saper  apprezzare 
Farmonia  e  la  forma;  il  che  è  tanto  più  difficile,  in  quanto  la  natura  non  offre  modelli 
all'immediata  imitazione,  come  fa  alla  plastica. 

Gli  ornamenti  non  sono  indispensabili  all'architettura,  ma  vengono  suggeriti  dal  gusto 
naturale  dell'uomo,  e  possono  potentemente  concorrere  al  carattere,  all'espressione  d'un 
edifizio.  Perciò  voglion  essere  ispirati  dal  pensiero  medesimo  di  questo;  talché  nell'ar- 
monica unità  della  distribuzione,  costruzione  e  proporzione  dell'insieme  entrino  pure 
la  composizione  e  le  forme  degli  accessorj ,  non  mascherando  le  forme  principali  del- 
l'edifizio,  facendole  anzi  risaltare.  Togliete  alle  chiese  del  medio  evo  i  capitelli,  le  statue, 
i  vetri  colorati,  e  l'edifizio  conserverà  il  suo  carattere,  ma  quanto  meno  pronunziato,  e 
quanto  sminuito  di  effetto! 

Le  dimensioni  stesse  dell'edifizio,  non  considerate  che  riguardo  all'estensione  da 
loro  coperta,  hanno  un  linguaggio  proprio,  potente  sull'immaginazione,  sia  perchè 
rivela  la  grandezza  del  pensiero  che  l'ispirò  e  la  potenza  dell'viomo,  sia  per  quella 


64  ARCHEOLOGIA    E    BELLE    ARTI 

naturale  inclinazione  di  confrontare  la  materiale  nostra  grandezza  cogli  oggetti  che  ne 
circondano,  per  cui  restiamo  colpiti  al  veder  una  montagna,  uno  scoglio,  una  sconfi- 
nata pianura.  > 

L.  Stieglitz,  Archeologie  der  Baukunst  der  Griechen  und  Romer.  Weimar  -1801 . 
Hiax,  Die  Gesch.  der  Baukunsl  bei  den  Alien.  -I822Ì 
KUGLER,  Handbuch  der  Kunslgeschichte.  Stuttgard  18-52. 

^  54. —  Espressione  sua  sociale 

Arte  ,  scienza  e  industria  s'accordano  dunque  nel  dar  esistenza  ed  espressione 
all'architettura,  che  da  questa- triplice  impronta  deduce  il  carattere  particolare. 
E  mentre  nelle  altre  arti  veggonsi  distinte  le  relazioni  coi  costumi  e  i  sentimenti  e  le 
dottrine  d'un'età,  nell'architettura  appaiono  unite  e  chiare;  dal  che  il  predominio  di 
essa  sull'altre.  Quando  la  distribuzione  sia  conforme  a  ciò  che  esigono  gli  usi,  la  costru- 
zione qual  è  indicata  dalla  scienza,  le  proporzioni  e  la  decorazione  dedotte  dai  senti- 
menti, dal  gusto,  dalla  ricchezza  dell'età,  quel  sistema  d'archilettura,  rappresenterà  la 
società  in  tutti  i  suoi  aspetti. 

Ma  per  creare  sifalta  rappresentazione  d'una  grande  sintesi,  vuoisi  che  gli  uomini 
abbiano  coscienza  di  questa;  e  perciò  l'architettura  non  possedette  mai  un  gran  carat- 
tere di  verità  e  d'armonia  generale  se  non  nelle  epoche  religiose.  Ad  ogni  sistema  di 
religione  corrispose  un  sistema  d'architettura,  quasi  simbolo  ed  effettuazione  materiale 
il  quale  ne'monumenti  religiosi  toccò  la  perfezione  ,  e  da  quelli  scese  agli  altri  edifizj; 
giacché  esse  sono  splendide  espressioni  de' sentimenti  del  popolo.  I.e  opere  delle  altre 
arti  son  più  individuali,  mentre  questa  non  può  rendere  che  idee  o  sentimenti  generali 
e  propri  dell'epoca;  onde  in  qualche  tempo  si  lavorano  quadri  e  statue  insigni,  mentre 
i  monumenti  architettonici  non  sono  che  una  congerie  di  pietre,  regolare  se  volete,  ma 
muta  d'ogni  espressione. 

Se  dunque  ogni  sistema  d'architettura  corrisponde  a  un  certo  stato  della  scienza 
umana  e  n'è  conseguenza  ,  nessuno  dei  sistemi  passati  può  oggi  considerarsi  di  valore 
assoluto,  né  alcuno,  per  quanto  perfetto  come  arte,  può  restar  modello  definitivo.  Errano 
pertanto  i  moderni  quando  vogliono  attenersi  unicamente  ai  modi  greci  :  il  che  porta 
ad  applicare  facciate  dissonanti  dall'interno,  a  moltiplicar  le  finzioni,  a  ledere  le  con- 
venienze, mostrandoci  un  tempio  tramutato  in  borsa  od  in  teatro. 

§  SS.  —    Le  modanature. 

Le  modanature  sono  quasi  l'alfabeto  dell'architettura,  le  membra  che  servono  ad  espri- 
mere e  determinare  le  differenti  parti  d'un  monumento.  Le  semplici  sono: 

1.  Il  filetto  0  listello-      |  | 

2.  La  fascia  (icenia),  listello  più  largo. 

3.  L'astragalo,  formato  di  due  linee  oriz-      ^ 

zontali,  unite  dalla  metà  d'un  circolo.  ^'^ 

4.  L'echino,  di  due  linee  orizzontali      ^- 

e  un  quarto  di  circolo  convesso.  ^^ 


5.  Che  se  è  concavo,  come  nella  cimasa      -s— - 
dorica,  chiamasi  cavetto,  guscio,  trochilo.  v 


6.  Il  toro  è  formato  come  l'astragalo,  ma  più  largo. 
Le  modanature  composte  sono: 

7.  La  cimasa  lesbia,  composta  del  guscio  e  dell'echino.      ^ 

8.  La  gola  o  scima,  composta  egualmente,  ma     "^^^ 

concava  in  alto  e  convessa  abbasso.  V 


9.  La  scotia  o  trochilo,  cava,  composta  del        y 
cerchio,  ma  di  due  raggi  differenti.  -d_ 


Di  questi  elementi  combinansi  tutte  l'altre  modanature.  Ognuno  vede  che  tali  forme 
sono  prodotte  dalla  geometria. 


ORDINI   ARCHITETTOMCI 


6S 


^  56. —  GH  ordini  architettonici. 

La  colonna  è  la  parte  caratteristica  dell'architettura,  dalla  quale  si  vogliono  desu- 
mere le  proporzioni  di  tutto  il  resto-,  e  col  cornicione  forma  quello  che  chiamasi 
ordine. 

Teorici  da  scuola  dissero  che  i  Dori  deducessero  la  forma  della  loro  architettura  dalle 
piante  e  travi  delle  prime  capanne  e  le  proporzioni  dal  corpo  umano.  Ma  due  travi  con 
una  sovrapposta  non  avrebbero  la  solidità  che  il  peso  dà  alle  pietre.  In  quel  caso  sarebbe 
bisognato  rinforzar  la  base,  mentre  invece  le  colonne  doriche  non  hanno  base.  Queste 
sono  tozze  ben  più  che  non  possa  dedursi  da  una  pianta. 

Vitruvio  .immaginò  o  copiò  da  altri  che,  come  il  piede  è  la  sesta  parte  dell'altezza 
d'un  uomo,  così  alla  colonna  i  Dori  diedero  sei  diametri  ;  nell'ordine  jonico,  volendo  la 
delicatezza,  presero  a  tipo  il  corpo  di  donna,  onde  fecero  le  colonne  più  svelte,  con 
base  che  imitasse  i  calzari  femminili,  capitello  a  simiglianza  dei  ricci,  e  canalature  a 
imitazion  delle  pieghe.  Sono  derivazioni  capricciose,  chi  guardi  che  il  corpo  umano  è 
otto  piedi,  che  la  relazione  fra  il  diametro  e  il  fusto  della  colonna  è  talora  di  1  a  6, 
talora  a  7  fin  a  8;  così  negli  antichi  tempj  di  Selinunte  varia  da  5.  66  fin  a  8,  87;  in 
quei  di  Pesto  è  da  4  a  4.  52  :  ne'propilei  d'Atene  è  S.  73. 


Cantù,  Documenti.  —  Tomo  I,  archeologia  e  Belle  Arti. 


66 


AKCHEOLOGIA    E    BELLE    ARTI 


Se  anche  non  vogliasi  dunque  ciie  i  Greci  abl)iano  imparato  le  colonne  dagli  Egizj, 
è  a  credere  che,  come  di  questi  si  confessa,  le  deducessero  dalle  costruzioni  di  pietre, 
e  a  tentone  le  migliorassero,  sempre  diminuendo  il  materiale  fin  dove  lo  permetteva  lo 
squisito  lor  gusto.  .Mediante  il  quale  essi  ne  fecero  quasi  un  linguaggio,  con  cui  espri- 
mere forza  0  grazia  o  leggerezza,  semplicità  o  magnificenza. 

Nell'ordine  dorico  le  colonne  sorgono  da  terra;  in  appresso  vi  si  aggiunsero  basi, 
composte  di  plinti  e  tori.  La  colonna  alzandosi  scema  ,  e  finisce  con  un  capitello  com- 
posto di  tre  soli  membri  ;  l'abaco  o  tavoletta  superiore  ;  Vovolo,  modanatura  tondeggiante 
sotto  cui  è  il  collarino  o  ipotrachelio.  Sovrasta  il  cornicione,  diviso  in  arclutrave  che 
posa  immediatainente  sulla  colonna,  fregio,  e  cornice.  Nel  fregio  son  distintivo  dell'or- 
dine dorico  i  triijìifi,  cioè  tre  canaletti  perpendicolari,  cui  si  uniscono  certi  ornamenti 
in  forma  di  goccie.  Gli  spazj  fra  un  triglifo  e  l'altro  diconsi  inelope,  e  in  appresso  furono 
coperti  di  scolture  e  anche  pitture.  Un  critico  famoso  disse  che  la  colonna  dorica  è  il 
capolavoro  dello  spirito  umano. 

Tre  epoche  distinguono  del  dorico.  Il  primo  occorre  a  Thoricion  e  a  Corinto,  con 
colonne  senza  base  posate  sovra  una  fascia  di  pietre  non  più  larga  del  loro  scapo 5 
queste  erano  molto  basse,  e  forse  il  cornicione  era  di  legno;  lo  perchè  più  non  si  trova. 
Tali  son  pure  il  tempio  d'Agrigento  ed  il  pestano.  In  quel  di  Segesta  erasi  creduto  tro- 
vare il  dorico  senza  scanalatura;  ma  si  comprese  che  le  colonne  non  erano  finite,  e 
lasciate  più  grosse  per  striarle.  L'astragalo  fu  forse  applicato  all'ordine  dorico  dai  soli 
Romani. 

La  seconda  maniera  s'introduce  quando  i  Greci  passano  da  Atene  nell'Asia  Minore; 
n'è  tipo  il  leinpio  di  Teseo.  Le  colonne  hanno  sei  diametri ,  e  la  cornice  è  un  terzo  di 
colonna:  cominciano  i  triglifi.  11  cosi  detto  Panellcnio  d'F.gina  alla  fronte  ha  un  portico 
di  sei  colonne,  di  dodici  ai  lati,  tutto  rialzato  d'uno  stilobate  di  tre  gradini  :  sovra  ui  a 
piattaforma  era  una  cinta  di  muro,  0  peribidus.  La  facciala  è  larga  3i  piedi,  lunga  9^: 
le  colonne  hanno  ÓG  pollici  di  diametio  alla  base,  e  scemano  d'un  quarto  alzandosi  di 
17  piedi ,  compreso  il  capitello.  Tutto  il  monumento  è  allo  34  piedi,  fin  al  vertice  del 
frontone,  dal  quale  alzavasi  un  acroterio  di  5  piedi.  Le  colonne  hanno  dunque  diametri 
5  -112  di  altezza:  (]uelle  del  peristilio,  del  pronao  e  dell'opislodomo  hanno  20  strie,  16 
quelle  dell'interno. 

Nella  terza  son  più  snelle  le  colonne,  e  il  tempio  d'Augusto  in  Atene  mostra  già  le 
novità  che  i  Romani  v'inlroducevano,  e  che  veggonsi  poi  nel  teatro  di  Marcello  assu- 
mere un  carattere  dill'erente  dal  greco. 

L'ordine  jon/co  porta  colonne  di  fuso  più  sottile,  alquanto  rastremate  verso  la  som- 
mità, e  rialzate  con  una  base;  il  capitello  è  ornalo  e  colle  volute-,  l'architrave  ha  le 
divisioni  generali  del  dorico,  ma  forme  più  arrotondale  e  |)iù  elastiche,  transizioni  più 
dolci.  Le  colonne  del  tempio  di  Diana  in  Efeso,  tipo  di  quest'ordine,  erano  alte  otto 
diametri. 

I>e  volute  del  capitello  derivò  alcuno  dal  naturale  incartocciarsi  d'una  trave  mal 
tagliata,  sotto  al  peso;  altri  dall'imitazione  delle  corna  d'ariete  sospese;  e  poiché 
l'ariete  era  consueta  offerta  mortuaria,  ciò  darebbe  ragione  a  chi  trae  l'ordine  jonico 
dalla  stela  sepolcrale. 

Vitruvio  ascrive  l'invenzione  del 
corintio  a  Calliniaco,  330  av.  C.,  che 
ammirò  l'accidentale  avvilupparsi 
delle  foglie  d'acanto  attorno  ad  un 
paniere,  coperto  d'un  abaco.  Ana- 
logia però  già  trovasi  nei  capitelli 
egizj  formati  col  fior  di  loto;  e  altri 
il  vuole  soltanto  una  varietà  del  jo- 
nico, aggiunte  le  foglie  d'acanto  e 
l'elice.  La  proporzi(me  fra  il  di;i me- 
tro e  l'altezza  della  colonna  sareblie 
di  J  aio,  ossia  di  i  a  12,  compreso 
il  cornicione.  Spesso  la  colonna  è 
scanalata.   .Molto  non  fu  adoperata 


ORDINI    AKCHITF.TTOMCI 


67 


dai  Greci ,  e  il  miiilior  esempio  n'è  il  monumento  rli  l.isicrale;  i  Romani  la  serbarono 
pei  monumenti  di  gran  magnificenza,  e  al  tempo  d'Adriano  ritennero  laltica  liase  ma 
la  collocarono  sovra  un  plinto.  Adoperando  il  corintio  in  fabbriche  di  gran  dimensione, 
disponevano  i  Romani  nel  capitello  due  serie  di  foglie;  una  sola  invece  quand'era 
negli  interni  poco  alti  o  in  piccole  facciate. 

L'ordine  dorico  fu  sempre  il  predominante  fra  i  Greci,  anche  negli  edifizj  più  son- 
tuosi,  cui  distinguevano  coi  magg  ori  ornamenti:  ma  non  tennero  ordini  speciali  per 
ciascun  dio,  come  Vitruvio  dice.  Nel  tempio  di  Minerva  Alea  a  Tegea ,  il  portico  este- 
riore ha  colonne  joniche,  l'interiore  è  dorico,  che  sostiene  colonne  corintie.  Anzi  talora 
coll'ordine  jonico  adoprarono  la  parte  più  caratteristica  del  dorico,  cioè  i  triglifi  al 
cornicione. 

Il  compoyito,  di  cui  si  fece  poi 
un  ordine  distinto,  è  una  varietà 
degli  ordini  Greci,  e  alcun  lo  crede 
prima  adoperato  nell'arco  di  Tito. 
Secondava  questo  l'amor  del  fasto  dei 
Romani,  che  lo  ottennero  coll'ac- 
coppiare  al  capitello  corintio  la  vo- 
luta jonica.  Anche  la  foglia  d'acanto 
variava  dai  Greci  ai  Romani.  L'a- 
canto greco  più  alto  e  più  (ine,  par- 
tecipa tanto  dell'ulivo,  dello  spino 
e  sopratutto  del  cardo,  quanto  dell'acanto  spinoso  o  senza  spine  propriamente  detto: 
i  suoi  frastagli  sono  più  svelti,  più  acuti  e  più  regolari  che  non  quelli  dell'acanto  natu- 
rale. 11  romano,  più  rotondo 
nel  faglio  dell'estremità  delle 
foglie,  è  più  largo,  più  gran- 
dioso, più  morbido,  ma  è 
pure  più  pesante  e  men  al- 
to; presentasi  scolpito  ora 
in  foglie  spesse  e  convesse, 
terminate  da  dentelli  quasi 
rotondi  senza  punte  e  tagliati 
regolarmente  come  nelìem- 
pio  di  Pallade;  ora  in  foglie 
rifondate  poco  acute,  ma 
non  convesse  al  di  fuori,  e  tagliate  largamente  in  un  modo  alquanto  simile  alla  foglia 
della  quercia,  come  nel  piedestallo  della  colonna  Trajana.  Nel  medioevo  l'imitazione  fu 
più  libera  e  variata;  ma  spesso  all'acanto  si  sostituirono  altre  foglie,  principalmente 
del  cavolo  e  del  fico. 

Se  la  semplicità  è  segno  di 
antichità,  precedette  a  tutti  que- 
sti l'ordine  toscano^  più  sem- 
plice e  robusto  ancora  del  do- 
rico. Leon  Battista  Alberti  e 
d'Ancarville  lo  credono  in  fatto 
anteriore  a  tutti.  Ma  bisogna  di- 
stinguere quel  che  ci  descrivono 
Vitruvio  e  i  Cinquecentisti  da 
quel  che  si  vede.  Oggi  l'ordine 
toscano  adoprasi,  quasi  ad  esclu- 
sione d'ogni  altro,  nell'architet- 
tura militare. 

Potrebbe  anche  distinguersi 
l'ordine  cariatico,  ove  di  colonne  tengono  vece  figure  umane.  È  d'invenzione  ate- 
niese, e  dicesi  denominato  dai  Carj,  le  cui  donne  furono,  in  segno  di  sconfitta,  poste  a 
.sostener  edifizj:  ma  più  volentieri  con  Bóttiger  crediamo  che  le  cariatidi  siano  cane- 


68 


ARCHEOLOGIA    E   BELLE    ARTI 


fore.  Invece  di  donna  son  talvolta  Atlanti  o  Telamoni,  come  in  quelli  a  Pompej  qui 
disegnati.  Più  spesso  trovansi  sotto  a  turiboli,  tripodi,  sgabelli. 

Dai;li  Etruschi  dovettero  i  Ro- 
mani dedurre  sì  l'ordine  composito, 
di  cui  trovasi  già  idea  in  un  capi- 
tello libero  scoperto  a  Sovana;  come 
l'uso  delle  teste  umane  per  ornato, 
cosa  insolita  ai  Greci.  In  molti  ca- 
pitelli di  Pompej,  cioè  d'un  tempo 
di  decadenza,  si  trovano  figure,  e 
singolarmente  in  una  casa  scoperta 
nel  1833,  che  da  ciò  prese  il  nome 
di  casa  de  capitelli  figurati ,  prima 
che  si  vedesse  che  questo  modo  era 
comune,  e  che  vi  si  ritraevano  gli 
Dei  penati.  Nella  villa  Adriana  e  in 
altri  edifizj  di  quel  tempo  si  riscon. 
trano  colonne  avviticchiate  di  pam- 
pini a  stucco:  e  a  Pompej  ve  n'ha  fi'O 
a  musaico. 

L'ordine  rustico  è  un  apparato  di  pietre  supposte  ruvide,  e  chiamate  bugne  o  bozze. 
Talvolta  le  fabbriche  si  coronano  d'un  muro  che  chiamasi  Attico;  il  quale  talaltra  si 
frappone  a  due  ordini  sovrapposti. 

1  pilastri  sono  colonne  quadrate,  ed  ban  tutte  le  parti  e  gli  ornamenti  di  queste  :  non 
sono  però  mai  rastremati. 

La  distanza  fra  le  colonne  dee  convenire  alla  solidità,  al  comodo,  alla  bellezza.  Si  pre- 
figge per  l'ordine  dorico  l'intercolunnio  di  3  diametri,  per  lo  jonico  di  2  i\'2,  pel  co- 
rintio di  2:  ma  gli  antichi  non  tennero  regola  fissa. 

Alzar  le  colonne  su  piedestalli  dovrebb'essere  piuttosto  un  ripiego  di  necessità,  giacché 
esse  perdono  di  maestà  e  del  loro  uffìzio  principale,  qual  è  di  sostenere,  non  d'essere 
sostenate.  Si  dà  per  regola  che  il  piedestallo  non  sia  alto  più  d'un  terzo  della  colonna. 

§  S7  —  Libertà  delle  proporzioni. 

Ma  coteste  proporzioni  sono  leggi  da  scuola,  atteso  che  non  si  troverebbero  due  edi- 
fizj  de' migliori  dove  esse  ricorrano;  e  sempre  vi  sta  quel  poco  più  o  poco  meno,  che 
nessuna  regola  sa  determinare,  e  che  basta  a  produrre  il  bello  originale.  Sovente  ancora 
ne' migliori  edifizj  un  ordine  si  ravvicina  all'altro,  fin  talvolta  a  confondersi,  o  vi  man- 
cano parti  che  i  moderni  reputano  essenziali.  Così  il  fregio  dorico  della  cella  del  Parte- 
none non  ha  triglifi;  non  dentelli  la  cornice  jonica  del  portico  del  ten)pio  di  Eretteo-, 
non  elici  il  più  antico  monumento  corintio,  cioè  il  Coragico.  Che  ha  a  fare  lo  stile  do- 
rico del  tempio  di  Nettuno  a  Corinto  con  quello  di  Giunone  a  Nemea? 

Questa  libertà,  moderata  dal  gusto  e  da  profonda  conoscenza  dell'arte,  produceva 
regole  ben  più  savie  e  opportune.  Vole;isi  un  edifizio  grandioso,  che  a  primo  aspetto  col- 
pisse per  magnificenza  ed  eleganza Pfacevansi  le  maggiori  divisioni  ardite,  rilevale,  sicché 
anche  di  lontano  apparissero;  mentre  le  particolarità  erano  delicate,  in  modo  da  con- 
tentar da  vicino  l'occhio  colla  finitezza  e  l'eleganza.  Da  ciò  l'arte  di  gonfiare  a  una  certa 
altezza  le  colonne,  di  far  più  grosse  quelle  alle  estremità  d'un  portico,  che  doveano  ve- 
dersi contro  al  lume. 

§  58  —   L'arco. 

Parte  capitale  dell'architettura  è  l'arco.  Noi  lo  trovammo  già  nelle  costruzioni  ciclo- 
piche e  nelle  egizie  {%  40);  ma  al  vero  principio  ed  effetto  suo  non  fu  mai  ridotto,  se 
non  nel  Lazio.  1  Greci  l'hanno  usato  di  certo,  ma  per  incidenza;  né  mai  seppero  sten- 
dere da  un  pilastro  all'altro  se  non  un  architrave  di  pietra  o  una  trave.  Da  ciò  l'impos- 
sibilità di  fabbricare  sovra  piano  più  vasto;  da  ciò  gran  consumo  di  materiali,  e  la 
mancanza  perpetua  della  linea  ondulata,  che  tanta  varietà  produce.  Il  bisogno  di  edifizj 
più  capaci  introdusse  o  fece  coltivare  a  Roma  l'arco,  che  unendo  mura  e  pilastri  assai 
lontani,  e  colla  volta  stendendosi  su  spazj  cui  nessun  tetto  basterebbe,  copriva  con  pochi 


ARCHITETTIRA.   OIlNAMENTl 


69 


materiali  aree  vastissime;  tanto  che  l'arco  divenne  carattere  delle  costruzioni  romane.  E 
ne^rli  ardii  è  a  studiar  nipglio  l'arte  romana,  percbò  non  avea  modello  ne' Greci. 

Era  in  semioircolo  per  regola;  ma  non  mancano  isempj  d'arco  acuto,  suggerito 
naturalmente  dalle  grotte.  Tal  vedesi  nel  tempio  pelasgico  di  Gozo,  e  in  alcuni  mausolei 
della  Licia  anteriori  alla  con(iuisia  romana;  tale  nella  galleria  di  Tirinto  e  nella  porta  di 
Thoricion  (g  citatoj,  nella  porta  Sanguinaria  ad  Alatri  nel  l^azio,  nell'ingresso  del  così 
detto  oratorio  di  Falaride  ad  Agrigento,  in  un  sotterraneo  a  Tuscolo,  e  nelle  mura  di 
Frenesie.  A  volta  acuta  sono  le  costruzioni  più  antiche  di  Grecia,  e  cosi  le  etrusche, 
come  la  tomba  di  Cere  scoperta  nel  1830,  e  il  carcere  Tulliano  a  Homa.  Quei  che  |Ve- 
donsi  nelle  Cento  camerelle  di  Nerone  a  Miseno  e  in  qualche  forno  a  Pompejsono  piut- 
tosto capriccio  e  caso  che  sistema.  Nell'ac(|uedotto  che  Giustiniano  II  fabbricò  a  Pirgos, 
gli  archi  puntuti  alternano  coi  tondi.  Più  frequente  se  ne  incontra  negli  ornamenti. 

g  .^9  —   Gli  ornamenti  architettonici. 

Gli  ornamenti  architettonici  talvolta  erano  di  pura  decorazione,  e  fra  questi  è  usitatis- 
simo  il  meandro,  o  semplice 


0  composto,  cioè  a  due  fascie,  complicato  altre  volte  in  diverse  guise.  Sovente  doveano 
essi  contribuire  a  rivelar  la  destinazione  del  monumento.  Sulla  torre  dei  Venti  erano 


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personificati  i  venti;  sul  tempio  d'Apollo  a  Teo,  la  lira,  il  tripode,  il  pitone,  emblemi 
di  questo  dio;  al  tempio  della  Vittoria  nell'Acropoli,  l'attacco  delle  Amazoni,  colà  ap- 
punto succeduto.  Le  metope  de!  tempio  di  Teseo  riproduceano  la  lotta  di  questo  eroe 
coi  Làpiti  :  sul  fregio  della  cella  del  tempio  di  Minerva, 
la  processione  biennale  delle  Panatenee,  e  sul  fronte  la  gara 
di  essa  dea  con  Nettuno  per  dar  nome  alla  nuova  città.  Le 
novantadue  metope  del  Partenone  figuravano  la  storia  del- 
l'incivilimento. 

Gli  edifizj  greci  e  romani  coprivansi  di  tegoli,  alterna 
mente  piatti  e  convessi;  e  quelli  che  riuscivano  all'estremi- 
tà, erano  chiusi  da  un  rilie\o,  che  negli  edifizj  pomposi  fu 
ornato,  e  chiamossi  aniefìssa  Le  antefisse  sono  di  cotto  o  di 
marmo,  e  di  bellissima  varietà  ;  eccone  cinque  : 


70 


A.RCHCOL0G1A    E   BELLE   ARTI 


Nella  copertura  del  tempio  di  Diana  ad  Eleusi,  che  esibiamo  qui  sotto,  restaurata 
sopra  gli  avanzi,  le  aolefisse  formano  di  sopra  della  cornice  e  della  sommità  una  sfog- 
giata guarnizione,  per  la  quale  armonizzava  fin  il  tetto  cogli  ornamenti  di  tutto  il  resto. 


§  60  —   Architettura  policromatica. 

Sopra  quelle  forme  geometriche  brillano  ad  ora  ad  ora  colori  vivacissimi:  giacché  è 
un  fatto  recentemente  scoperto,  e  viepiù  sempre  provato,  che  gli  antichi  colorivano  e  i 
lavori  architettonici  e  le  statue;  cose  che  poc'anzi  consideravansi  come  uu  vizio  del 
medioevo.  Questa  scoperta  fu  dibattuta  iissai,  poiché  trattavasi  di  decidere  se  avessero 
caltivo  gusto  gli  antichi  o  noi:  ed  è  ornai  provato  che  i  Greci  l'usarono  in  tutti  i  tempi 
e  quando  più  l'arti  fiorirono,  come  un  aumento  di  bellezza  e  di  maestà.  Potrebbe  argo- 
mentarsi che  l'uso  derivasse  da  quando  non  costruivano  che  con  legno,  ond'era  duopo 
la  vernice  per  conservarlo;  se  non  si  trovassero  già  colorati  gli  edifizj  dell  Egitto.  Da  ciò 
traevano  il  modo  di  variare  l'ordine  dorico,  quasi  universalmente  adoperato  nei  tempj. 
Né  solo  questi  dipingeansi  dentro  e  fuori,  ma  anche  le  case  particolari,  le  tombe,  i  mo- 
numenti funebri.  Anche  le  soffitte  si  pingevano  ed  ornavansi  di  stucchi,  e  le  pareti  di 
pitture  storiche.  Molti  negano  che  i  Romani  colorissero  le  loro  architetture;  ma  si  pre- 
tende trovare  vestigia  di  colori  e  d'oro  sulla  colonna  Trajana.  Abbiamo  da  Strabone  che 
Paneno  lavorò  con  Fidia  al  Giove  Olimpico  per  ornar  la  statua  di  colori. 

Oltre  i  trattati  d'arcbiteltura,  e  i  commentatori  di  Vitruvio,  principalmente  Poleni  e  Marini,  veJi: 

Durano,  Recueil  et  parallèle  des  édi/ìces  de  lout  genre  anciens  et  modernes. 

Manetti,  Studio  degli  ordini,  Firenze  -1808.  Li  deriva  dagli  Egizj  ;  e  veJe  negli  ovoli  l'ovo  orlico,  no' 
dentelli  i  denti,  simbolo  della  nutrizione  ecc.  Altri  molti,  e  ultimamente  Lepsius  (Annali  di  corrispon- 
denza archeologica^  ix.  90)  sostennero  che  la  colonna  greca  ebbe  ordine  dall'Egitto,  e  lo  provano  co' 
monumenti. 

Briseux,  Del  bello  essenziale  nelle  arli^  applicalo  particolarmente  all' architettura.  Parigi,  2  voi. 

Camus  db  Mezièbes,  Genio  dell'  architettura,  e  dell'analogia  di  quest'arte  colle  nostre  sensazioni. 

Dissertazione  esegetica  intorno  all'origine  ed  al  sistema  della  sacra  architettura  presso  i  Greci.  Na- 
[loli  1851  (dall'Accademia  crcolanese) . 

Canina,  L'architettura  antica  descritta  e  dimostrata  co'  monumenti.  Roma  1850  e  seg.  È  l'opera  più 
compiuta  in  tal  genere. 

P.  Selvatico,  Sull'architettura  civile  e  religiosa.,  pensieri.  Padova  -1840. 

ROMBERG  und  Steger,  Gesch.  der  Baukunst  von  den  Ultesten  Zeiten  bis  auch  die  Gegenwarf.  Lipsia 
•1843  e  seg. 

ScHNAASE.  Gesch.  denbildenden  Kilnste  bei  den  Alien.  Diisseldorf  1843. 

Fr.  TaCCAm  ,  Sulla  storia  dell'architettura,  sulla  origine,  la  significazione  e  gli  usi  che  atlribuiscono 
o'  suoi  membri  ecc.  Milano  1844. 

HiTTORFF.  De  V  archile  dure  polycróme  chez  les  Grecs. 

Semper,  Osservazioni  preliminari  sull'architettura  policroma  e  la  plastica  degli  antichi.  1834  (ted.). 
In  molli  punti  lo  contraddice  F.  Kcc.i.ER  ,  l'eber  die  Polycromie  der  griecliischcn  Architectur  und 
Sculplur  und  ihre  Grenzen.  Berlino  1833 

R.  WiEGM\^N,  La  pittura  degli  antichi  nella  sua  applicazione  ecc.  Annovcr  I83C. 

lUoiL-RociiETTE,  nel  Journal  des  Savans  1836,  pag.  CO"  e  passim  ,  sostiene  cbc  ueirurchitetlura  dipin- 


ARCHITETTURA.    MATERIALI 

geansi  il  fregio  e  gli  ornamenti  architettonici,  lasciando  al  resto  il  color  naturale;  ma  però  non  colorivansi 

le  stutue  e  i  bassorilievi,  se  non  forse  qualche  fregio  sui  vestimenti.  Lo  contrariano  Qualremcrc  de  Quincy 

e  Letronne. 
L.  LOHDE,  Die  Archileclonik  der  Heìlenen  nach  C.  JiòKicher's  Teklonik  der  Hellenen.  Berlino  -1862. 
J.  M.  vi.n  Madgu,  Die  Architeklonischen  Ordnungen  der  Griechen  und  Riimer^  und  der  neuern  Mei- 

tler.  Berlino  4862,  3'  edizione. 

§  61    — '   I  materiali  delle  costruzioni. 

Pei  materiali  sceglievano  quei  che  la  natura  avea  preparati.  F^a  creta  e  l'asfalto  da- 
vano ai  Babilonesi  da  fabbricare  i  loro  muri,  come  ai  Cinesi  la  porcellana,  e  agli  Egizj 
i  porfidi  e  i  marmi  della  catena  Libica.  In  multe  costruzioni  di  questi,  i  massi  sono  at- 
taccali con  pezzi  di  legno  duro,  inserio  a  coda  di  rondine  (rotuoi)  nelle  pietre.  Parecchie 
città  italiche  han  mura  di  pietra,  come  Arezzo,  Mevania  e  le  tante  ciclopiche:  dai  Car- 
taginesi s'imparò  a  farle  d'argilla  battuta. 

Nella  costruzione  dei  muri  si  distingue  l'opera  ciclopica  di  massi  o  irregolari  o  riqua- 
drati, ma  grossissimi  e  senza  cemento;  Vopera  incerta  di  piccoli  pezzi  di  materiali  posti 
alla  rinfusa,  e  riuniti  colla  calcina;  l'^sorfomo  che  all'esterno  ha  pietre  riquadrate,  eguali 
fra  loro  e  disposte  in  linea  retta:  quali  molte  mura  etruscbe  a  Perugia,  Cortona,  Fiesole, 
Volterra,  ecc.  Il  paeudo-isodoino  è  usitatissimo  dai  Romani,  e  consta  di  pietre  in  file  d'al- 
tezza differente.  Lavoro  reticolato  chiamasi  quello  fatto  di  piccoli  pezzi  di  tufo  a  modo 
di  cuneo,  coll'estrema  superficie  quadrata,  e  che  offre  all'esterno  la  figura  delle  maglie 
d'una  rele.^eWenìjìtecton  pei  muri  di  straordinaria  grossezza,  con  pietre  di  taglio  alza- 
vansi  i  due  lati,  e  l'interstizio  si  rinzeppava  di  pietre  e  calcina.  Plinio  dice  che  la  tomba 
di  Mausolo  fu  il  primo  esempio  d'edifizio  laterizio,  impiallacciato  di  marmo. 

Talvolta  su  mattoni  facevansi  delle  impronte,  o  doi)o  messi  in  posto  si  tagliavano  se- 
condo tutte  le  varietà  degli  ornamenti  architettonici  :  così  vediamo  negli  avanzi  dell'am- 
phiteatrum  ca^lrenrie  e  del  tempio  del  dio  Redicolo.  Più  tardi  si  prodigò  il  cemento.  I 
Romani  ne  formavano  uno  forte  colla  calcina  mista  a  terra  pozzolana  vulcanica;  con 
calcina,  gesso,  polvere  di  marmo  l'intonaco  e  i  lavori  di  stucco  (albanum  opus). 

I  Greci  traevano  eccellenti  marmi  dall'lmetto.  dal  Pentelico,  da  Paro,  dai  contorni 
d'Efeso,  dal  Proconneso;  e  aveano  pure  tufi  e  spati  calcari.  Sapeasi  segar  il  marmo,  ed 
avevasi  un  tornm  per  fare  il  fusto  delle  colonne.  Si  adopravano  pezzi  grandissimi;  e 
le  pietre  dell'architrave  del  tempio  di  Cibele  a  Sardi  son  lunghe  fin  m.  7.  58,  sopra  ì.  50 
di  altezza;  quelle  de'  propilei  d'Alene  7.  do;  alcune  delle  trilithon  a  Balbek  hanno 
fin  m.  19.  50. 

A  Roma  adopravasi  dapprima  il  tufo  vulcanico  color  nero  che  dicesi  peperino  (lapis) 
albanus),  poi  il  tufo  calcare  di  Tivoli  che  dicesi  travertino  :  cresciuto  il  gusto  dei  marmi, 
si  ebbero  quelli  di  Grecia  o  di  Luni  bianchi  ;  ed  altri  di  colore,  come  il  numidico  (giallo 
antico),  il  rosso  antico,  il  frigio  (pavonazzo),  il  caristio  (cipollino],  il  proconnesio  (bianco 
e  nero),  il  luculleo  e  alabaudico  (nero  antico),  il  cbio  (marmo  africano),  il  lacedemonio 
(verde  ranocchio),  i  porfidi  ei  basalti. 

Piccoli  edifizj  si  facevano  di  tutta  pietra:  negli  estesi,  come  gli  anfiteatri,  di  pietra  i 
cornicioni  e  le  volte,  ovvero  lo  zoccolo;  il  resto  di  mattoni:  e  la  buona  pozzolana  per- 
metteva si  potesse  adoprar  molto  calcisti;]uzzo  senza  indebolire  le  fabbriche.  Le  volte 
rendeansi  leggere  o  adoperandovi  tufi  vulcanici,  o  vasi  di  terra  cotta.  I  fondamenti  e  i 
piedestalli  eran  molto  più  larghi  che  il  muro  e  i  piloni  sovrapposti  ;  il  muro  negli  angoli 
era  più  robusto,  e  così  nei  portici  le  colonne  di  fianco.  Tutto  attesta  che  si  adoprassero 
centinaja  di  operaj. 

Le  pareti  interne  a  Pompej  son  coperte  d'una  specie  di  scagliola,  imitante  varietà  di 
marmi;  e  vi  si  dipingeano  o  scene  o  arnesi  confacenti  alla  condizione  del  padrone.  Ivi 
nella  casa  del  Fauno,  fra  il  muro  e  l'intonaco  sta  una  lastra  di  piombo.  Di  legno  si  lavorò 
molto,  e  se  ne  fece  il  tetto  de'  monumenti  pubblici,  finché  non  divenne  generale  l'uso 
delle  volte.  Coi  metalli  faceansi  gli  ornamenti  ed  anche  alcune  parti  architettoniche  nei 
primi  tempi,  poi  nella  decadenza. 

Le  porte  si  ornavano  secondo  lo  stile  dell'edifizio,  onde  si  distinguevano  in  doriche, 
joniche,  attiche  :  pare  che  vi  si  desse  altezza  doppia  della  larghezza,  Le  finestre  aveano 


72  ARCHEOLOGIA    E   BELLE    ARTI 

contorDi  simili,  ma  più  semplici  :  chiudevansi  con  imposte,  e  talora  con  una  pietra  spe- 
colare,  di  rado  con  vetri,  ma  poco  trasparenti.  La  mancanza  o  scarsità  del  vetro  influiva 
non  poco  sulle  costruzioni,  die  non  sapeansi  rendere  sicure  e  calde  se  non  ridncendo 
buje  le  camere,  talché  l'esterno  delle  case  non  oflViva  che  mura  piene.  Ne'  bagni  di  Tito 
si  trovò  il  gruppo  di  Laocoonte  in  una  sala  ricchissima  di  marmi  preziosi,  ma  senza 
luce.  Doveano  perciò  i  Romani  amare  la  vita  pubblica,  i  portici,  i  fòri,  o  almeno  i 
cortili. 

§62.-1  tempj. 

I  tempj,  nell'idea  sono  l'immagine  imperfetta  e  finita  del  modello  infinito  della  crea- 
zione progressiva.  E  come  il  mondo  è  il  tempio  che  il  Signore  fabbricò  a  sé  nello  spazio, 
così  la  chiesa  materiale  rappresenta  all'uomo  la  creazione  qual  egli  la  concepisce  nella 
causa  prima:  e  l'idea  più  compiuta  che  esso  abbia  del  vero,  e  del  suo  sentimento,  cioè 
il  bello. 

I  tempj  assunsero  forma  analoga  alle  abitazioni  de"  popoli  che  gli  innalzavano.  Pei 
trogloditici  erano  sotterra;  rabilutore  di  capanne  ne  destinò  una  più  ornata  al  Dio; 
come  una  tenda  il  nomade.  Li  modificimo  pure  le  idee  religiose  the  essi  devono  glori- 
ficare e  diffondere:  i  Persiani  e  gli  altri  seguaci  del  magismo  sacrificavano  all'aria 
aperta,  non  credendo  bastassero  i  tempj  a  contenere  il  Dio  ;  per  la  ragione  slessa  i  Ger- 
mani gli  consacravano  le  selve. 

Insomma  il  tempio  è  come  una  visibile  professione  di  fede,  intorno  a  cui  si  agglome- 
rano le  stanze  de^li  uomini,  al  modo  die  la  società  si  unisce  attorno  al  principio  reli- 
gioso. Come  arie  è  sempre  l'espressione  più  magnifica  e  più  larallerislca  dell'archilet- 
tura;  vogliasi  ne'  giganteschi  propilei  dell'Lgilto,  nelle  pagdde  dell'India,  nel  tempio 
greco  e  romano,  nelle  cupole  e  ne'  minareti  orientali,  nelle  cattedrali  del  medioevo.  La 
solidità  con  cui  sono  costruiti,  attesta  e  l'importanza  che  v'attaccava  la  società  e  la  fede 
che  ogni  religione  ha  nella  propria  durata;  onde  sopravissero  ai  popoli  che  gli  eressero. 

La  grotta  fu  il  tipo  del  tempio  egiziano,  spesso  scavalo  nel  masso,  poi  amplialo  con 
opere  esterne,  le  quali  al  fine  si  isolarono.  1  tempj  allora  collocaronsi  in  alto,  non  solo 
per  preservarli  dall'inondazione  e  dagli  interrimenti,  ma  per  imprimervi  grandezza. 
Formarono  poi  un  complesso  d'edifizj,  divisi  in  parte  pubblica,  centrale  e  secreta. 

Alla  parte  pubblica  precedeva  una  porta  fiancheggiata  da  due  massi  giganteschi,  for- 
manti il  propileo  0  pitona  ;  preceduto  esso  pure  da  un  viale  di  sfingi,  arieti  ecc.  Seguiva 
poi  il  dromos,  vasto  spazio  scoperto,  cinto  di  colonne:  indi  il /)er«.sij7o,  cortile  intorniato 
di  portici  a  modo  di  chiostro,  e  che  per  un'altra  pilona  comunicava  coWhipofitilofi ,  ve- 
stibolo grandioso,  follo  di  colonne,  e  che  era  la  parte  centrale  e  la  più  elevala  del  lem 
pio  dopo  la  pilona.  La  parte  secreta,  o  tempio  propriamente  detto,  comprendeva  il 
pronaos,  il  navs^  il  secos.  11  pronao  era  una  sala  a  colonne;  il  naos,  recinto,  era  spesso 
composto  di  varie  camere,  in  comunicazione  colle  al)itazioni  dei  sacerdoti:  nel  secos 
stava  l'immagine  del  dio,  e  talvolta  non  era  che  una  nicchia  io  cui  racchiudevasi  l'ani- 
male sacro. 

Più  tardi  sotto  la  dominazione  persiana  si  alterò  alquanto  questa  forma;  non  più  co- 
lonne nel  pronao;  l'ipostilo  è  chiuso  da  un  muro,  quasi  per  celare  un  culto,  che  più 
non  è  quello  dei  padroni.  Per  tali  caratteri  si  distinguono  i  tempj  di  .Mennone,  di  Medi- 
net  Abu,  di  Ermopoli,  d'Ai)ollinopoli  da  quelli  più  recenti  di  File  e  di  Carnak.  Quelli 
d'Anteopoli,  e  i  grandi  di  Dendtra,  Ombros,  e  Latopoli  pajono  dell'età  de'  Lagidi  ;  più 
leggeri  e  meno  maestosi,  senza  dromos  né  peristilo,  e  ridotto  il  tempio  al  solo  santuario 
e  all'ipostilo:  poi  le  colonne  spajono  anche  dal  pronao,  come  nei  |)iccoli  di  lalopuli  e 
d'Ombros;  indi  anche  l'ipostilo;  e  se  ne  forma  una  specie  di  tempio  periplero,  come 
sono  quello  di  Dandur  in  Nubia,  il  Tifonio  di  Dendera,  e  i  piccoli  d'Apollinopoli  e  di 

File. 

Citansi  tempj  egizj  monoliti  ;  uno  a  Sais  di  21  cubiti  lungo,  14  largo,  alto  8  ;  uno  a 
Butos  di  M  cubili  in  ogni  senso  (Erodoto). 

Anche  nell'India  i  tempj  hanno  vasti  recinti,  portici,  masse  piramidali  gran  lusso  di 
decorazione  interna.  Molti  sono  ricavati  dal  sasso:  quelli  sopra  terra  sono  coperti  da  pie- 
troni,  sostenuti  da  colonne  io  quincunce.  Fino  a  cento  colonne  si  numerano  in  una  sala 


ARCHITETTL'RA.    TEMPJ  /3 

a  Scialembron  :  qui  pure  come  in  Egitto  il  fior  di  loto  compare  assai  ne' capitelli  e  nelle 
decoriizioni.  Pure  il  Ciuattere  dello  coslruzioni  è  ben  dill'erente,  meno  monumentale,  e 
men  colossali  i  pezzi,  luen  simmetrica  la  distribuzione,  minore  l'elevatezza;  al  contrario 
più  ricche  le  particolarità,  bizzarre  le  l'orme,  dirette  all'immaginazione,  e  dove  i  dettagli 
decompongono  la  forma  primitiva,  l'iù  spessi  occorrono  monumenti  monoliti,  e  da  un 
sasso  solo  son  formate  ciascuna  delle  sette  pagode  di  Mavalhipuram. 

Anche  qui  la  parte  più  interessante  sono  le  escavazioni,  benché  non  amplissime:  il 
tempio  di  Giagrenat  a  Ellora  ha  la  lunghezza  di  5i  piedi  inglesi,  la  larghezza  di  20, 
l'altezza  di  13;  quello  d'Elefanta  l'altezza  di  piedi  H  e  1|2. 

1  primi  tempj  di  Grecia  erano  di  legno;  come  quello  che  Agamede  e  Trofonio  dedi- 
carono a  i\eltuno  (Pausania,  1.  viiij.  Pausaoia  vide  un  tempio  in  Elide,  senza  muri,  né 
altro  sostegno  al  tetto  che  pilastri  di  quercia.  Vilruvio  ci  dà  il  tempio  etrusco  come 
composto  di  legno,  col  soppalco  di  travi. 

Molti  tempj  aveva  in  Grecia  ciascuna  città,  e  il  più  magnifico  era  dedicato  al  dio  tu- 
telare, come  quel  di  Minerxa  in  Alene,  di  Diana  ad  Efeso,  d'Apollo  a  L'elfo,  di  Giove  ia 
Olimpia,  di  Venere  a  Pafo  ed  a  Citerà.  Collocavaosi  volentieri  sulle  alture;  quei  di  Mer- 
curio presso  al  fòro  ;  di  Bacco  e  d'Afiollo  al  teatro  ;  di  Marte,  Venere,  Vulcano  alle  porte 
0  fuor  di  città;  di  Ercole  presso  al  ginnasio  o  all'anfiteatro;  di  Cerere  alla  campagna; 
d'Esculapio  sulle  alture,  salnitri  ai  maiali  che  venivano  ad  implorarne  guarigione 

Vuole  Vitruvio  che,  secondo  gli  Dei,  si  prediligessero  alcuni  ordini:  per  Giove,  Giu- 
none, Minerva  le  forme  massiccie  e  tranquille  del  dorico;  per  Apollo  e  Bacco  le  gaje 
dell'jonio;  per  Venere  il  corintio:  ma  dicemmo  come  ciò  sia  falso  (§  56). 

1  tempj  volgeansi  ad  oriente,  affinchè,  dice  Vitruvio,  quei  che  pregano  o  sagrificano 
fuori  vedano  e  il  tem[»io  e  il  sol  nascente,  mentre  le  immagini  degli  Dei  al  fondo  del 
santuario  pajono  levarsi,  e  a  guisa  di  astri  procedere  dall'oriente  per  guardare  ai  sup- 
plicanti. Rialzavansi  con  gradini  (xcvintVjOf^ia). 

In  Grecia  erano  pochi  i  tempj  rotondi,  sormontati  da  cupole  (Só)o;),  e  Pausania  ne 
indica  sei  soli  ;  anzi  veri  tempj  non  sono  che  tre,  un  santuario  presso  al  tempio  d'Escu- 
lapio a  Epidauro,  il  calcieco  di  Sparta,  e  quel  di  Mantinea.  Quello  che  Pericle  fece  a 
Eleusi,  non  si  sa  se  fosse  circolare,  ma  certo  era  sormontato  da  una  cupola.  Io  Tracia 
si  fé  rotondo  il  tempio  del  Sole,  per  alludere  al  suo  disco.  I  Romani  n'aveano  molti 
rotondi,  imitati  da  quel  che  Noma  eressse  a  Vesta,  per  espressione  simbolica;  e  molti 
ne  avanzano,  come  in  Roma  quel  di  Vesta  presso  al  Tevere,  quel  di  Romolo  (San  Teo- 
doro), di  Romolo  e  Remo  (Santi  Cosma  e  Damiano),  di  Minerva  Medica,  quel  della 
Sibilla  a  Tivoli,  quel  di  Venere  Genitrice  e  di  Mercurio  presso  Pozzuoli. 

Alcuni  esternamente  sono  poligoni,  come  quel  di  Diana  Lucifera  a  Pozzuoli.  Il  Panteon 
d'Agrippa  è  l'unico  che  alla  facciata  abbia  un  portico  rettangolare,  al  modo  d'uno  pic- 
colo a  Balbek  :  ma  si  sa  che  esso  Panteon  non  doveva  esser  tempio,  bensì  vestibolo  delle 
terme  d'Agrippa. 

Monoptero  chiamavasi  il  tempio  che  avessse  solo  una  cupola,  sostenuta  da  colonne 
disposte  in  circolo;  e  il  cui  santuario  fosse  aperto;  quelli  insomma  che  noi  imitiamo  nei 
tempietti  de'giardini,  e  in  que'  sugli  altari.  1  tempj  rettangolari  traevano  differenti  nomi 
dalla  dis|)osizione  delle  colonne. 

A  anle^  in  antes,  ev  -ioy.nraitv  fu  il  primo  ad  ordine  regolare,  secondo  la  classifi- 
cazione di  Vitruvio.  Una  trave  di  legno  stesa  da  un  muro  all'altro  della  fronte  del 
tempio,  formava  un  vestibolo  coperto  davanti  alla  porta,  senza  colonne.  Queste  diven- 
tarono necessarie  quando  l'architrave  fu  di  pietra  e  in  più  pezzi  ;  onde  v'erano  pilastri 
(antce)  ai  canti,  e  una  colonna  per  ciascuna  parte  della  porta  (py.  1  qui  dietro). 

Ai  pilastri  sostituendo  due  colonne,  si  ha  il  tempio  pros/i7o  (^y.  2).  Se  vi  sono  quat- 
tro colonne  alla  facciata  e  quattro  alla  faccia  posteriore,  dicesi  anìfiprostilo  {fig.  3). 
Nel  periptero  le  colonne  cingono  tutto  l'edifizio  (A.9-'*)i  magnificenza  degli  edifizj 
migliori,  come  il  Partenone  e  il  tempio  di  Teseo  a  Atene,  di  Minerva  a  Egina,  d'Apollo 
Epicurio  a  Figalia,  di  Minerva  Poliade  a  Priene,  di  Bacco  a  Teo,  di  Venere  a  Pompej, 
della  Concordia  e  di  Giunone  ad  Agrigentu,  di  Cerere  a  Segesta,  due  di  Pesto.  Quel  di 
Vesta  a  Roma  e  della  Sibilla  a  Tivoli  Simo  peripleri  rotondi  (//,<;.  o). 

I  portici  erano  necessarj  p.  rchè  il  popolo  stava  di  fuori  :  ma  quanto  cresceva  la 
magnificenza,  tanto  ne  rimaneva  impicciolita  la  cella.  Si  trovò  dunque  lo  spediente  del 


74 


ARCHEOLOGIA   E  BELLE   ARTI 


temp\o  pseudo-peri ptero,  ove  le  colonne  delle  ale  e  della  faccia  posteriore  sono  incassate 
nei  muri  della  cella.  Il  più  antico  esempio  n'era  il  Giove  Olimpico  d'Agrigento;  poi  si 
hanno  la  Fortuna  Virile  di  Roma,  e  la  casa  quadrata  di  Nìnies. 

^  2  3  4 


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11  tempio  diptero  ha  doppio  colonnato  {fig.  6J;  e  tal  era  quello  di  Quirino  in  Roma, 
quel  di  Diana  in  Efeso,  e  quel  d'Apollo  Didimo  a  Mileto.  11  pseudo-diptero  {fig.  1)  era 
5  6  7 


di  due  sorta  :  or  la  facciata  presentava  due  file  di  colonne  isolate,  e  ai  tre  lati  una  fila 
sola  isolata,  ed  una  appoggiala  nel  muro  della  cella  ;  or  anche  si  tolse  quest'ultimo,  e 
il  portico  ebbe  maggior  larghezza.  Tal  è  il  grande  di  Selinunte,  anteriore  a  quello  di 
Diana  che  a  Magnesia  fece  Ermogene  d'Alabanda,  cui  Yitruvio  ne  ascrive  il  merito. 


ARCHITETTURA.    TEMPJ 


75 


Sulle  facciate  le  colonne  erano  In  numero  pari  ;  e  i  tempj  si  dicevano  diastili,  tetra- 
slìli,  esas/j/?',  ocla:itili,  decastili,  ecc.  secoiicio  erano  2,  4,  C,  8,  10  ecc.  Tetrastilo  è  il 
pronao  del  tempio  d'Augusto  a  Pola,  or  convertito  in  museo: 

Tempj  con  colonne  alla  facciata  di  numero  dispari  non  ce  ne  ricordano  gli  antichi: 
quando  trovasi  un  numero  dispari  di  colonne  o  di  fde  di  colonne,  si  La  una  stoa.  11 
tempio  di  Ercole  a  Pompej  ha  però  colonne  dispari. 

Per  lo  più  ne' tempi  rettangolari  la  lunghezza  era  doppia  della  larghezza  ;  se  non 


che  nel  dispor  le  colonne  dei  peripteri  i  Greci  usavano  diverso  dai  Romani.  Quelli,  con- 
tando due  volle  le  colonne  d'angolo,  mettevano  ai  lati  una  colonna  più  del  doppio  di 
quelle  della  facciata;  questi  contando  gì' intercolunnj,  mettevano  all'ale  una  colonna 
di  meno.  Ma  il  piccol  tempio  di  Ercole  d'Agrigento  è  assai  più  lungo. 

La  volta,  piana  per  lo  più,  faceasi  di  legno:  il  tempio  di  Teseo  in  Atene  ebbe  una 
volta,  li  tetto  adoppio  piovente  era  di  pietre,  o  marmo,  o  tegoli,  e  talor  anche  di  me- 
tallo. Le  scale  per  salirvi  faceansi  a  chiocciola  nella  grossezza  de'  muri. 


76 


ARCHEOLOGIA    E   BELLE    ARTI 


m 


Il  fastigio  0  frontispizio,  detto  anche  aquila  {aetòs),  era  una  delle  parti  piiì  ornate  : 
faceasi  a  triangolo,  e  nella  superficie  piana  racchiusa  nella  cornice  [timpano]  si  mette- 
vano scolture  o  pitture,  e  cvedesi  che  la  famiglia  di  Mobe  fdsse  posta  nel  linripano  di 
un  tempio  (Cockeueli.  J  :  alle  due  estremità  e  al  mezzo  del  frontone  metteansi  gli  acro- 
teri,  piedestalli  senza  base  per  sostenere  st.itue  od  ornamenti. 

Ipteri  chiamano  i  tempj  senza  tetto;  o  forse  dove  una  parte  era  sco- 
perta, come  nel  Partenone  (qui  figurato).  Talvolta  nell'interno  erano 
due  piani  di  colonne  sovrapposti,  come  in  quel  di  Teseo,  fabbricato 
da  Scopa,  che  passava  pel  più  bello  del  Peloponneso,  e  il  grande  di 
Selinunte. 

In  generale  i  tempj  rettangolari  non  avevano  finestre;  i  tondi  per  Io 
più  riceveano  luce  da  aperture  nella  volta.  La  cella  d'un  tempio  di 
Balbek  ha  quattro  finestre. 

Alcuni  tempj  erano  doppj.  In  uno  presso  Dirade  la  porta  a  levante 
metteva  nel  tempio  di  Venere,  quella  a  ponente  nel  tempio  di  Marte. 
A  Mantinea  un  altro  doppio  era  dedicato  da  una  parte  ad  Esculapio, 
dall'altra  a  Latona.  A  Roma,  nei  tempj  del  Sole  e  della  Luna,  le  celle 
finivano  in  emicicli,  che  si  toccavano  colla  parte  convessa:  esempio  più  bello  è  quel  del 
tempio  di  Venere  a  Roma  presso  al  Coliseo. 

Non  vuoisi  paragonare  l'ampiezza  de'  tempj  antichi  coi  nostri.  La  cella  bastava  ap- 
pena alla  statua  e  all'altare;  che  i  sacrifizj  faceansi  da  ciascuno  a  casa.  Sol  tardi  si  fab- 
ibricarono  vasti  quei  della  divinità  tutelare,  e  si  cinsero  d'un  muro  [peribolos],  come  il 
empio  di  Venere  a  Pompej,  o  vi  si  antepose  un  cortile  chiuso,  talora  cinto  di  portico, 
nel  quale  trovavansi  le  abitazioni  de'  sacerdoti,  come  si  vede  in  quei  di  Iside  e  d'Escu- 
lapio  a  Pompej.  Più  estesi  dovean  essere  gli  egiziani  e  quello  di  Gerusalemme. 


Paragone  della  superficie  de'  principali  tempj,  in  metri  quadrati  : 


Graa  tempio  di  Dendera     .    .     . 
Tempio  della  Pace  a  Roma    .     . 

Panteon  di  Roma 

Partenone  ad  Atene  .... 
Gran  tempio  di  Pesto  .... 
Tempio  di  Giove  Tonante  a  Roma 
Tempio  della  Concordia  ad  Agri- 
gento       

Tempio  di  Giove  a  Pompej     .     . 
Casa  quadrata  a  Mmes     ,     .     . 


3148 
62-iO 
5182 
2190 
1426 


636 
434 
551 


Tempio   della    Fortuna    Virile   a 

Roma 193 

Chiesa  di  Santa  Sofia  a  Costanti- 
nopoli, compreso  il  vestibolo  9591 
Santa  Maria  del  Fiore  a  Firenze  .  7881 
San  Paolo  di  Londra  ....  7809 
Nostra  Donna  di  Parigi  .  .  .  6258 
San  Sulpizio  a  Parigi     ....  5646 

Panteon  di  Parigi 5593 

San  Pietro  di  Roma     ....  20000 


Benché  fronftj  pronaos,  prodromus,  anticuni  significassero  indistintamente  il  portico 
dinanzi  al  tempio,  più  propriamente  frons  denota  la  facciata ,  posiìcum  l'estremità  op- 
posta, dove  talora  faceasi  un  opistodomos  per  riporre  i  doni  e  i  voti  (àvi'.5/;//aT>),  e  il 
tesoro  del  tempio,  e  talvolta  il  pubblico.  Nell'opistodomo  del  Partenone  d'Atene  furono 
riposte  le  ingenti  somme  contribuite  dalle  città  greche  per  le  spese  della  guerre  contro  il 
Persiani.  Una  serie  di  tesori  era  accanto  ai  tempj  di  Delfo  e  d'Olimpia,  forse  ciascuno 
serbalo  a  depositare  i  doni  di  cadauna  delle  città  e  colonie  greche,  affratellate  nel  culto 
del  dio. 

Talamo  chiamavasi  il  luogo  dov'era  la  statua  ;  dietro  la  quale  spesso  faceasi  una  nic- 
chia, da  cui  rendere  gli  oracoli;  e  vi  si  giungeva  per  una  scala  segreta,  ancor  visibile 
nel  tempio  d'Iside  a  Pompej.  Nella  cella  talvolta  collocavansi,  oltre  il  dio  principale, 
immagini  d'altre  divinità  (oilovaoi  ).  Nel  tempio  di  Giove  Capitolino  erano  in  fondo  al 
santuario  tre  camere  consacrate  a  tre  divinità;  modo  romano:  e  romana  aggiunta  pajnno 
quelle  che  vedonsi  nel  Giove  Olimpico  d'Agrigento.  Le  pareti  interne  della  cella  enino 
spessa  pitturate:  cosi  nel  tem|)io  di  Teseo  ad  Atene,  .Micone  aveva  dipinto  un'Amazone 
e  la  pugna  de'Lapiti  ;  e  Virgilio  descrive  i  quadri  che  Didone  avea  posto  nel  suo  a 
Cartagme. 

«  Benché  inferiore  in  semplicità  ed  armonia  airarchitetlura  greca  (dice  Hosking),  la 


ARCHITETTURA.    TEMPJ  77 

romana  è  evidentemente  della  stessa  famiglia,  distinta  per  esecuzione  più  ardita,  ed 
elaborata  profusione  di  ornamenti.  11  gusto  delle  due  nazioni  è  espresso  dal  dorico  pel 
primo,  dal  corintio  per  l'altro:  uno  è  modello  di  semplice  grandezza,  perfetto  nelle  par- 
ticolari convenienze,  e  inapplicabile  ad  oggetto  diverso  ;  gl'altro  è  men  raffinato,  ma 
molto  adorno;  sfoggia  nell'esterno  la  bellezza  di  cui  manca  nell'interno;  imperfetto  in 
ciascuna  combinazione,  ma  applicabile  a  ogni  proposito.  In  Grecia  come  a  Roma  il 
maggiore  sfoggio  d'architettura  e  colonne  era  ne'  tempj;  ma  i  Romani  non  avean  abi- 
tudine di  costruirli  peripteri,  siccome  i  (Jreci.  Da  alcune  ruine  pare  che  in  qualche 
età  fabbricassero  tempj  dipteri  ;  mala  pratica  comune  era  de' pseudo-dipteri,  cioè  colle 
colonne  afiìsse  al  muro,  apteri  e  prostili  :  di  amfi-prostili  non  abbiamo  esempj.  Gran 
proiezione  i  Romani  davano  ai  loro  portici  pel  maggior  effetto.  Tempj  circolari  non 
erano  comuni  ai  Romani.  Insomma  il  tempio  romano  era  distinto  dal  greco  per  aspetto 
più  grande,  colonne  più  sottili,  per  lo  più  corintie,  e  costruzione  sopra  un  podio  o  ba- 
samento ». 

I  santuari  (hoù.)  dei  Greci  erano  unioni  di  edifizj  sacri  :  altari,  tempj,  crei,  pritanei, 
teatri,  stadj,  ippodromi,  fontane,  grotte,  che  tutt'insieme  doveano  fare  un'impressione 
or  severa,  ora  graziosa. 

I  serap.'i  forse  servivano  anche  a  cure  salutari,  come  quello  di  Pozzuoli.  È  questo  un 
paralle'ogrammo  di  60  su  52  m.  all'esterno,  disposto  simmetricamente  in  molte  cellule 
attorco  a  un  cortiletto  cinto  di  portici,  in  mezzo  al  quale  sorgeva  una  rotonda  aperta 
sov.a  colonne,  e  che  sembra  disposto  alla  purificazione  per  acqua.  Nelle  due  camere 
3;-'li  angoli  verso  il  tempio  vedesi  una  schiera  di  sedie  forate,  che  poteano  servire  per 
bagni  a  vapore. 

II  sacellum  era  un  piccolo  sito  dedicato  agli  Dei,  con  un  altare  e  talvolta  la  statua 
della  divinità.  11  più  antico  che  si  rammenti  è  quel  di  Giano,  fabbricato  da  Romolo,  e 
quadro,  colla  statua  del  dio  e  due  porte.  Molti  privati  ne  aveano  nei  proprj  fondi:  Roma 
poi  ne  conteneva  moltissimi,  ad  Ercole,  ai  Lari,  a  Nenia,  alla  Pudicizia  ecc. 

Le  imposte  de'  tempj  erano  sovente  di  bronzo;  d'oro  e  d'avorio  quelle  del  tempio  di 
Minerva  a  Siracusa,  che  invece  della  testa  di  leone,  ornamento  consueto,  portavano  teschi 
di  gorgone  :  sovra  quella  del  tempio  di  Cerere  ad  Argo,  dice  Pausania  ch'era  sospeso 
lo  scudo  di  Pirro;  altri  doni  e  voti  pendevano  dalle  pareti,  di  sopra  delle  pitture.  Im- 
portantissima è  l'illustrazione  del  tempio  di  Iside  in  Pompej,  fatta  dall'Accademia  er- 
colanese, 

§  63.  — -  Gli  altari 

Dice  Erodoto  che  gli  Egizj  furono  i  primi  a  fabbricare  altari:  ma  la  Bibbia  ce  ne  dà 
alla  culla  dell'uomo,  e  nominatamente  ai  tempi  di  Noè  e  d'Abramo.  Quel  di  Giacobbe 
era  la  pietra  rozza  su  cui  avea  posato  il  capo.  Quello  edificato  dagli  Ebrei  dopo  passato 
il  Giordano,  fu  di  pietre  che  il  ferro  non  avea  toccate  (  Deut.  xxviii  )  Gli  Ebrei  distinsero 
poi  l'altare  degli  incensi  0  timiani,  fatto  di  legno  di  setim,  coperto  d'oro;  l'altare  dei 
pani  della  proposizione,  fatto  al  modo  stesso  ;  l'altare  degli  olocausti,  rivestito  di  bronzo, 
e  da  cui  sporgeano  quattro  corna  di  bronzo  ;  donde  il  nome  di  corno  destro  0  sinistro, 
conservato  pure  ai  nostri  altari.  Spesso  faceansi  sulle  alture,  donde  forse  trassero  il 
nome. 

Entrato  nel  tempio,  l'altare  cessa  d'essere  la  parte  principale.  Quello  degli  Ebrei  era 
quadrangolare,  simile  ad  una  tavola  di  varj  pezzi  di  legno;  alto  circa  tre  piedi,-  di  so- 
pra, una  lastra  di  rame  sosteneva  il  fuoco,  e  sovr'esso  una  graticola  su  cui  collocar  la 
vittima,  fosse  carne  0  farina,  olio,  incenso  0  altro.  Gli  altari  egiziani  erano  monoliti  a 
cono  tronco,  assai  dilatati  in  alto,  ove  formavano  una  specie  d'imbuto  con  un'apertura 
che  attraversava  la  lunghezza  di  tutta  la  pietra.  I  greci,  avanti  la  guerra  di  Troja,  erano 
in  forma  di  piramide  tronca  0  di  cono  a  petto  d'uomo,  coperti  d'una  tavola  che  spor- 
geva per  ricevere  il  fuoco  e  la  vittima;  dappoi  si  ornarono. 

Per  occasioni  ergevansi  di  piote;  se  doveano  essere  stabili,  di  pietra;  dapprima  sem- 
plicissimi, poi  con  una  base,  talvolta  ben  ornati,  e  con  iscrizioni  indicanti  il  nome 
della  divinità  e  del  devoto.  Spesso  ornavansi  di  festoni  d'erbe  sacre,  che  con  nome  ge- 
nerale chiamavausi  verbene  {Effer  aquam,  et  molli  cinge  hwo  aitarla  villa,  Verhenasque 


78  AKCHEOLOGIA    E    HELI.E    ARTI 

adole  pingues,  et  mamula  thura\  Virgilio.  —  Hic  vivum  tnihi  ce^pitem,  hic  verbenas, 
pueri,  ponile;  Orazio).  Ad  imitazione  di  queste  fiorite  si  fecero  poi  festoni  di  pietra,  od 
emblemi  della  divinità;  aquile  per  Giove,  colombe  o  mirto  per  Venere,  il  pino  per 
Pane,  l'ulivo  per  Minerva,  pioppo  o  mazze  per  Ercole,  e  cosi  via.  Talvolta  un  altare  era 
dedicato  a  più  Dei;  talaltra  molti  a  un  solo  iddio  {En  quatuor  aras  Neptuno.  Virgilio). 
Ben  numerosi  dovean  essere  dove  avevasi  ad  uccidere  un'ecatombe.  I  più  importanti 
atti  della  vita  civile  e  pubblica  faceansi  davanti  agli  altari. 

Sovente  d'altare  servivano  i  tripodi.  Contavasi  fra  le  sette  meraviglie  l'altare  d'Apollo 
a  Delo,  fatto  con  corna  d'animali.  Il  più  grande  altare  cbe  gli  antichi  ci  descrissero  è 
quello  d'Olimpia,  che  avea  'J28  piedi  di  giro  f  Palsa.ma  ,  Elide,  cap.  xiii).  Diodoro  de- 
scrive quel  della  Concordia  (xvi.  83)  dedicato  da  Jerone  11  nell'agora  di  Siracusa,  e 
lungo  uno  stadio:  credeasi  finzione  sin  quando,  nel  1839,  se  ne  trovarono  le  fonda- 
menta, sulla  lunghezza  di  768  palmi  siciliani,  e  la  larghezza  di  89;  la  base  adorna  di 
fregi  variati,  piantava  su  tre  gradini  (Serra  di  Falco,  Anticìiità  di  Sicilia,  t.  iv.  p.  \il). 
Nelle  rovine  di  Ninive  Botta  scoperse  un  altare  di  base  triangolare  sormontata  da  un 
tondo,  e  sostenuto  tutto  da  tre  zampe  di  leone  bene  scolpite  :  l'orlo  delle  tavola  è  scritto 
a  caratteri  cuneiformi,  senza  de'quali  sarebbesi  potuto  scambiare  per  un  monumento 
greco. 

Qualche  grammatico  pretende  si  consecrassero  altari  agli  Dei,  are  agli  eroi  o  semidei 
(  En  quatuor  aras:  Ecce  duas  libi,  Daphni:  duas,  altaria  Phcebo.  Virgilio).  Nella  spie- 
gazione della  Tav.  xxvi.  2  de' suoi  Monumenis  inéiiits  d'antiquilé  p(juré'<,  Rochette  pre- 
tese trovar  la  distinzione  fra  l'ara  e  l'altare;  ma  il  disegno  presentatone  non  rende  si- 
cura la  spiegazione. 

Il  foGulo  era  distinto  dall'ara  percliè  mobile,  di  terra  cotta  o  di  metallo,  e  con  anse 
per  trasportarlo.  Ve  n'ha  di  varia  forma,  e  collocavansi  sui  tripodi  per  ardervi  incensi 
0  far  libagioni. 

1  sacrifizj  agli  Dei  infernali  si  facevano  in  cavità  entro  terra  (Festo,  ad  v.  Altare).  Le 
pietre  levate  dei  Galli  forse  non  erano  che  altari. 

All'altare  della  Misericordia  in  Atene  rifuggivano  gli  sventurati.  Toccando  gli  altari 
davasi  il  giuramento,  donde  il  detto  «  Amici  fino  all'ara  ». 

Sugli  Altari  vedi  il  Journal  des  Savans,  luglio  1847. 

§  64.  —  Riti  e  liturgia. 

I  Romani  immolavano  a  Giove  buoi,  a  Nettuno  tori,  a  Latona  vacche,  a  Bacco  cin- 
ghiali, a  Cerere  troje:  e  in  generale  vittime  bianche  agli  Dei  celesti,  nere  agl'infernali. 
Le  prime  facevansi  alzar  il  capo,  e  in  tal  atto  erano  trafitte  dall'alto  in  basso;  le  altre 
lo  abbassavano,  e  il  coltello  infiggevasi  di  sotto  in  su,  e  il  sangue  ne  sgorgava  in  una 
fossa,  non  sull'altare.  Per  sagrificare  agli  Dei  del  cielo  si  usava  abito  bianco,  bisognava 
esser  lavati,  e  far  libagione  colla  mano  riversa:  per  gli  Dei  inferi,  veste  nera,  gettavasi 
nel  fuoco  la  tazza  che  avea  servito  alle  libagioni,  e  pregavasi  tenendo  la  palma  della 
mano  voltata  verso  la  terra,  cui  si  batlea  col  piede.  Se  l'animale  fuggisse  dall'altare, 
aveasi  per  pessimo  augurio.  Ucciso,  se  bruciavasi  tutto,  si  chiamava  olocausto;  se  no, 
faceasi  a  pezzi,  e  distribuivasi  fra  i  sacerdoti  e  le  persone  che  l'aveano  offerto.  Gli 
aruspici  consultavano  le  viscere,  e  particolarmente  il  fegato.  Questo  divideasi  in  due 
parti  ;  l'una  chiamata  familiaris,  l'altra  ho'^tilis,  perchè  pronosticavano  quella  per  gli 
oblatori,  questa  jiei  loro  nemici.  Finito,  il  prete  lavavasi,  facea  nuove  preci  e  libazioni, 
e  congedava  con  dire  ilicel,  (ire  licei).  Seguiva  il  banchetto,  di  cui  una  parte  era  di- 
stribuita al  popolo. 

Sulle  altre  parti  della  liturgia  romana  poco  ricaviamo  dai  classici.  Però  sappiamo  che 
pregavasi  col  capo  coperto,  ripetendo  le  parole  che  il  prete  proferiva;  si  girava  da  si- 
nistra a  destra,  si  toccavano  le  ginocchia  delle  divinità,  e  mettevasi  la  mano  alla  bocca 
(ad  OS,  donde  la  voce  adorare).  Inginocchiarsi  alla  soglia,  baciarla,  strisciare  nell'interno, 
salir  le  scalee  a  ginocchioni  erano  usi.  I  naviganti  campati  sospendevano  a  Nettuno  le 
vesti  e  tavole  votive;  i  guerrieri  le  armi  a  Marte  ;  i  gladiatori  le  spade  ad  Ercole;  i  |>oeti 
ciocche  di  capelli  ad  Apollo.  Quei  che  aveano  ottenuto  grazie  offrivano  tavolette  o  di- 
pinte col  fatto,  0  col  nome  e  con  iscrizioni;  o  cuori,  braccia,  bambini  ( donar ia,  la- 


ARCniTETTLnA    OGGKTTl    DI    CULTO 


79 


belli  votivi,  -óaxx  i-Jx5rrj.-xTy.)-^  o  lìestie,  navi  od  armadure  dopo  la  guerra.  L'iscrizione 
portava  E.  V.  o  V.  P.,  ex  volo  o  vutum  posuil. 


§  65.  —  Altri  oggetti  di  culto, 

Varj  oggetti  di  culto  ci  furono  tramandati  in  natura,  e  si  vedono  ne' 
musei  ;  altri  sono  effigiati  sui  monumenti ,  e  particolarmente  sulle 
monete  romane.  Tali  sono  le  are\  il  prefericolo  (che  diamo  qui  a  fian- 
co), vaso  ad  un'ansa  sola,  distintivo  del  sacerdozio  e  del  pontificato 
massimo;  la  patera,  vaso  col  piede  molto  spanso,  che  serviva  alle  li- 
bagioni. 

Le  più  eleganti  patere  erano  di  metallo,  massime  di  hronzo;  e  i  ric- 
chi ne  possedeano  d'argento  e  d'oro.  La  qui  effigiata  (N"  1  )  fu  tro- 
vata a  Pompej,  e  serviva  al  culto  di  iMarte:  l'altra  (N"  2)  di  marmo 
bianco,  fu  disepolta  nella  villa  Adriana;  nel  mezzo  ha  una  Baccante, 
d'attorno  tralci,  sicché  può  credersi  destinata  ai  riti  di  Bacco. 


Il  pontefice  massimo  e  il  flamine  coprivansi  il  capo  coWapice  o  galero  sacerdotale. 
Fra  i  Greci  vi  corrispondeva  Vinfula  o  benda,  usata  pure  dai  Romani  nelle  solenni 
occasioni. 

Il  lituo  è  un  bastone,  ricurvo  alla  sommila,  col  quale  gli  auguri  de- 
terminavano lo  spazio  del  cielo  in  cui  prendere  gli  augurj.  la  figura  che 
qui  a  fianco  vedete,  è  d'una  scoltura  etrusca,  illustrata  dall'Inghirami 
{Monum.  etruschi,  t.  vi.  Tav.  P.  o.  i):  le  altre  due  qui  sotto,  sono  di  de- 
nari romani,  e  nel  dritto  dell'una,  nel  rovescio  dell'altra  vedesi  il  lituo. 


80 


ARCHEOLOGIA    E  BliLLE    ARTI 


Era  Vacerra  una  cassetta  per  gl'incensi  e  profumi,  le  più  volte  quadrata,  come  nella 
presente  figura.   Se  ne  trovarono  ad  Ercolano  e  a  Pomppj;  e  questa  ed  altri  oggetti 

sacri  stanno  effigiati  sull'arco  di  Settimio  Se- 
vero, e  più  su  quello  di  Tito. 

Secespita  è  il  coltello  con  cui  si  scannava 
e  scorticava  la  vittima.  La  mazzuola  per  col- 
pirla, e  la  scure  per  farla  a  pezzi  vi  vanno 
unite,  e  sono  indizj  del  sacerdozio. 

Vasperf:orio,  formato  di  crini  di  cavallo, 
surrogossi  alle  fronde  ,  con  cui  si  facevano 
dapprima  le  aspersioni.  Trovansi  pure  sec- 
chielli per  l'acqua  lustrale;  e  presso  alle  porle 
de' tempi  ^'  ^'^^'^  P''^  d'acqua  benedetta. 

Dei  tripodi  si  variarono  moltissimo  la  figura 
|e  l'ornato:  ve  n'  ha  in  forma  di  bossolo,  uno 
in  forma  d'aquila;  ma  al  solito  si  ridticevano 
ad  un  bacino  di  metallo,  per  lo  più  di  bron- 
zo, sostenuto  da  tre  piedi.  Famosissimo  era  quello  di  Delfo,  fatto  colle  spoglie  tolte 
ai  Persiani  nella  battaglia  di  Platea,  e  sul  quale  sedeva  la  Pitia  per  rispondere  oracoli. 
Quindi  ad  Apollo  specialmente  erano  sacri  i  tripodi,  e  spesso  fregiansi  di  simboli  apol- 
linei, come  del  lauro,  del  serpe,  del  corvo.  Cortina  era  il  coperchio  del  lebele  -,  ma  ta- 
lora si  prendeva  per  tutto  il  tripode. 

Lampade  molte  si  accendevano  nei  tempj,  e  v'erano  feste  delle  lampade  in  Egitto  a 
Sais  (Ekodoto,  n)  e  in  Grecia  tre  volte  l'anno. 


§  66. 


Portici  e  basiliche. 


Ripigliamo  il  discorso  degli  edifizj  antichi  riservandoci  a  dire  dei  circhi  e  dei  teatri 
ove  delle  feste  e  de'  divertimenti. 

Edifizj  importanti  erano  i  portici,  naturali  alla  vita  pubblica  ch'era  prediletta  dagli 
antichi.  Son  formati  di  colonne  che  sostengono  un  soppalco;  alcuni  interamente  aperti, 
a  due  0  più  schiere  di  colonne  { tetrastichoi,  ppntastichoi  )  ;  talvolta  formavano  quasi 
contrade,  siccome  i  colonnati  delle  città  assire;  spesso  erano  affatto  indipendenti  da 
altri  edifizj.  Poi  si  chiusero  con  muri  di  cinta,  e  ne  vennero  le  sale,  che  Roma  adottò 
col  nome  di  ba<^iliche.  Alcune  erano  private,  distinte  in  anibulatorie,  domestiche,  vina- 
rie: altre  pubbliche  e  forensi.  Di  queste  la  prima  fu  fabbricata  il  S69  di  Roma,  sotto  il 
censore  M.  Porcio  Gitone,  ond'elibe  il  nome  di  Pnrcia  :  e  così  comoda  si  trovò,  che 
in  vent'anni  tre  nuove  se  ne  edificarono  vicine,  come  quella  al  Foro,  poi  altre  assai, 
anche  nel  resto  d'Italia  e  nelle  provincie. 

Il  nome  par  dedotto  dallaggettivo  basilicus,  spesso  usato  da  Plauto  nel  senso  di  egre- 
gio, magnifico.  La  stoa  basileia  d  Atene  sembra  non  v'avesse  a  che  fare,  e  fosse  la  sede 
dell'arconte  re,  il  quale  vi  esercitava  il  proprio  uffizio,  e  provedeva  alle  cose  sacre,  af- 
fidate alla  sua  cura. 


ACIIITETTi;nA.    BASILICHE 


SI 


A  e  B  è  i7  vero  calcidico,  forse  per  tribunale  «ter 
cantile  ;  C  galleria  a  criptoportico  \  F  $tatw>  d 
Eumachia^  che  lo  fece  edificare. 

2 


Calcidico 


Leon  Battista  Alberti  nel  xvi  secolo  fu  il  primo  che  tentasse  restaurare  una  basilica 
romana,  e  l'idea  da  lui  datane  fu  più  o  meno  seguita  fin  a  quest'ultimi  anni.  Pare  consi- 
stessero in  un  parallelogrammo,  largo  non 
fiiù  della  metà  né  meno  d'un  terzo  della 
unghezza,  attorno  a  cui  giravano  portici 
semplici  0  doppj,al  pian  terreno  e  al  supe- 
riore; il  parallelogrammo  di  mezzo  tene- 
vasi  più  alto  affinchè  ricevesse  luce  dalle 
finestre  sovrapposte.  Dai  due  lati  minori 
sporgevano  i  calcidici,  aperti  al  passeggio 
Ria  che  cosa  siano  propriamente  i  calcidici 
è  incerto,  e  alcuno  pretende  si  chiamas- 
sero così  gli  emicicli  che  fiancheggiavano 
il  trihunale;  altri  negano  che  fossero  ro- 
tondi, e  li  fanno  tutt'unu  cogli  ambulacri; 
qualche  volta  con  tal  nome  si  indicava  un 
edifizio  distinto  ,  che  il  .Marini ,  ne'  com- 
menti a  Vitruvio,  suppone  un  passeggio 
nel  fòro,  presso  l'entrata  delle  basiliche. 
Talvolta  il  calcidico  precedeva  il  palazzo, 
come  in  quel  di  Giustiniano  descritto  da 
Procopio  (Guglielmo  BechiJ. 

Quello  di  Pompej,  che  qui  offriamo,  ha 
circa  metri  39.  65  per  19.  83,  attorniato 
da  doppia  galleria  avente  sul  dinanzi  un 
portico  pseudodiptero  di  diciotto  colonne 
sopra  piedestalli. 

L'entrata ,  che  era  sotto  al  centro  del 
portico,  chiudevasi  a  doppio  battente,  so- 
pra cardini  di  bronzo.  Ai  lati  dell'entrata 
erano  due  vasti  recessi  circolari,  di  là  dai 
quali  alzavansi  piatteforme,  di  cui  restano 
ancora  le  scale. 

Oltre  il  calcidico,  nella  parte  inferiore 
della  basilica  aveasi  il  tribunale,  spesse 
volte  entro  uno  spazio  semicircolare  {M'/y-n 
abaide),  e  dove  sorgeva  la  sedia  curule  del 
pretore,  circondalo  da  giudici  che  talvolta 
erano  fin  centottanta,  e  dagli  avvocati. 

La  basilica  di  Pompej  è  diroccata  a  metà 
l'altezza  delle  colonne-,  però  d'alcune  ri- 
mangono i  capitelli,  e  ne  diamo  qui  ac- 
canto la  figura  2,  essendo  la  più  perfetta 
che  si  conosca  fra  le  antiche.  Lunga  m.  67 


TRIBUNALE    |J  Calcidico 
^-ìl  «j 


per  24.  40;  colla  testuggine  alta  ni.  18. 
30;  le  ventototto  colonne  erano  disposte 
quattro  a  ciascun  capo,  le  altre  ai  lati,  e 
son  di  |mattoni  rivestiti  di  stucco.  All'es- 
tremità sorge  il  tribunale  sopra  un  pia- 
nerotto,  a  cui  si  sale  per  doppia  gradinata 
e  sotto  di  esso  vi  ha  camere,  con  cui  si 
comunica  per  buchi  nel  pavimento,  e  che 
si  supposero  carceri  temporarie.  Alle  pa- 
reti] sono  incastrate  colonnine  corintie,  su 
cui  impostavano  le  travi,  dall'altro  capo 
poggianti  forse  sulle  colonne  laterizie,  o 
su  parastate  di  legno  :  .le  quali  colonnine 


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TKSTDGGINE 

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VESTIBOLO. 


^'  Cantù,  Documenti,  —  Tomo  I,  Arch^xilogia  e  Beli*  Arti, 


*      *      ^ 


82  ARCHEOLOGIA   E   BELLE   ARTI 

agli  angoli  si  aggruppano,  a  maniera  dei  fusti  gotici.  Vuoisi  da  alcuni  non  fosse 
una  biisilica,  ma  solo  un  portico  quadrangolare,  la  cui  parte  media  restasse  scoperta,  a 
differenza  delie  l)asiliche  vere. 

Le  principali  basiliche  di  Roma  €fa«oJa, Sempronm,  tra  il  vico  Tusco  e  il  Yelabro, 
edilìcata  nel  i7i  av,  C.  ; 

la  Opiihia  sovra  la  piazza  dei  Cotnizj;     . 

la  Emilia  nel  Foro,  che  a  Paolo  Emilio  costò  ISOO  talenti  ; 

quella  di  Pompeo  vicino  al  teatro; 

la  Ùiuiia  nel  Fofo  5  _ 

quella  di  Cajo  e  Lucio  nipoti  d'A,ugust0  5 

la  Ulpia  di  Tra j ano. 

Quella  di  Costantino  sorse  neJla  Via  Saera  presso  al  tempio  della  Pace. 
-  Essendosi  da  questi  edifizj  dedotte  le  basiliche  moderne  non  parrà  superfluo  se  né 
rechiamo  ahre  particolarità.  Vitruvio  esige  che  le  colonne  sieno  alte  quanto  è  largo  il 
portico;  e  quelle  della  galleria  superiore,  minori  di  1|4.  Ecco  la  basilica  secondo  le  di- 
mensioni volute  da  es3o. 


^" 


TESTUGGINE 


B  portico  inferiore;  C  portico  superiore;  A  A  parattate. 


••00T8JT 


TESTO  G  GIN  E   1 


WWW 


TETTO      SALIENTE 


MURO  SSTERNO 


^  elevazione  di  parie  della  basilica,  che  moslra  le  colonne  della 
teslaggine  disopra  al  tetto  saliente  del  porlieo;  2  sezione 
lonqiludinnle  traverso  alla  testuggine  ;  D  P  pluteo  ;  E  E  E 
colonne  della  testuggine. 


Fu. pure  a  Roma  sterrata  la  basilica  Ulpia  di  Trajano,  con  pavimento  di  inarmo  pre- 
zioso, e  colonne  di  granito.  Benché  gli  edifizj  circostanti  non  abbiano  permesso  di  tutta 


AUCHlTtTTljKA.     ItASILICHt. 


S3 


scoprirla,  vedesi  che  era  in  cinque  navi,  dirette  da  oriente  a  occidente;  e  sappiamo  da 
Paiisania  ch'era  coperta  di  legno  di  cedro  rivestito  di  l)ronzo,  con  soffitte  pur  di  hronzo 
dorato,  come  anche  gli  ornamenti  del  tetto.  Un'idea  può  farsene  dall'eflìgie  che  sta 
sopra  questa  medaglia  di  Trajano  : 


10  essa  basilica  Costantino  convocò  il  senato  e  il  popolo  per  proclamare  la  libertà 
della  religione  cristiana  [Acta  Sanctorum,  31  xbre  ;  ms.  bihiiot.  di  Borgogna). 

D'una  sola  navata  era  la  basilica  Siciniana,  che  occupava  il  posto  della  chiesa  di 
Sant'Andrea  in  Barbara,  o  piuttosto  di  Santa  Maria  Maggiore  (ULhiCHS.  Beschr  der  Stadi 
Rum  ,  t.  in,  e.  2,  s.  215). 

Gl'unperatori  Gordiani  nelle  lor  ville  sulla  via  Prenestina  aveano  tre  basiliche.  A  Pre- 
oeste  erano  fumose  la  Emilia  e  la  Fulvia,  tra  le  quali  Siila  fece  collocare  una  grandiosa 
meridiana.  A  Otricoli  oe  fu  scoperta  poc'anzi  un'altra,  il  cui  emiciclo  era  ornato  di 
»tatue. 

Fb.  KtJGLEB,  Der  rSmisc.  Basilikenbau ,  ndher  enlwickelt  nach  den  Resten  der  antiken  Batilika  zu 

Trier.  (nel  Kunslblatl  del  ^842,  n°  84-86). 
Fb.  vom  Qcast,  Die  Bnsilika  der  Alien.  Berlino  iSio. 
Zester.»a?ìi>ì,  De  Basilicis  libri  Ires.  Biuxflles  I8'i7. 
L'Accademia  delle  scienze  di  Bruxelles  pose  a  concorso  pel  \  846  «  L'origino  e  la  destinazione  delle  basiliche 

pagane,  e  come  furoao  trasformate  in  chiese  cristiane  ». 

11  nome  di  basilica  sembra  poi  essersi  comunicato  ad  altri  edifizj  di  uso  particolare, 
come  per  argentar],  cioè  banchieri,  per  vinaj  ecc.  La  basilica  di  Costantino  conte- 
neva una  biblioteca;  ed  è  quell'insigne  edilìzio  che  finora  intitolossi  tempio  della 
Pace. 

Nel  portico  talvolta  v'erano  edifizj  diversi;  nella  stoa  d'Atene  molti  tempj,  un  gin- 
nasio, un'abitazione;  così  nel  portico  di  Metello. 

Sono  pure  nominati  i  buhuti'.ri,  che  si  disputa  se  fossero  tesori;  e  le  curie^  destinate 
ai  gitidizj.  I  Pnianei  de' Greci  con  tuli  o  cupole,  servivano  ai  sagriGzj  che  i  pritani  fa- 
ceaiio  a  nome  d' Ilo  Stato. 

Possiam  riferirvi  anche  il  museo  d'Alessandria,  gran  peristilio  con  biblioteche  ed 
altre  camere  posteriori,  e  un  immenso  refettorio. 


§67. 


Fòri. 


I  fóri  erano  vaste  piazze,  circondate  da  portici,  per  uso  di  mercati,  o  per  le  adu- 
nanze pubbliche,  o  per  rendere  giustizia.  Secondo  Vitnivio,  i  Greci  li  fficeano  quadrati, 
cinti  da  purlico  doppio,  cnn  colonne  filte  e  a  due  piani  :  fra  i  Honinni  erano  più  birghi 
perchè  talvolta  servivano  d'anna  ai  gladintdri;  e  spaziasi  grinierculunnj  e  le  gallorie 
per  pnssegjiiare,  e  dove  collocavansi  botteghe  di  mercanti  e  di  cambiamonete  e  di  col- 
lettori delle  iiiipuste,  e  spesso  nel  centro  magazzini. 

Dei  diciassette  fòri  di  Roma,  quattordici  erano  t>rnah'a,  cioè  per  mercati,  gli  altri 
civUia  e  judiciaria.  Più  modesti  erano  i  mercati  delle  erbe  e  della  carne  (o/Z/ona,  ina- 
cella).  Il  fòro  Bomano  o  Latino  o  Vecchio  è  famoso  per  le  arringhe  che  vi  si  teneano 
sulla  tribuna,  ornata  coi  rostri  presi  ai  Cartaginesi.  Il  (òro  di  Cesare  presso  campo 
Vaccino,  costò  a  questo  un  milione  di  sesterzj.  Augusto  nel  suo  fece  il  tempio  di 


84  ARCHEOLOGIA    E    BELLE    ARTI 

Marte  Ultore,  cinto  da  doppia  galleria  colle  statue  dei  re  latini  da  un  lato,  dall'altro 
dei  re  romani.  Quel  di  Nerva  fu  cominciato  da  Domiziano,  e  Alessandro  Severo  vi 
pose  statue  colossali  degli  imperatori  e  colonne  di  bronzo.  Tutti  vinse  in  magnificenza 
il  fóro  Trajano. 
BuNSEN,  Lt  Forum  de  Rome. 

§  68.  —  Ginnasj  e  terme. 

I  ginnasj  in  Grecia  e  le  terme  a  Roma  servivano  agli  esercizj  e  alla  nettezza  del 
corpo. 

Nel  ginnasio  greco  parte  principale  era  la  palestra^  e  accessorie  lo  stadio,  Vefebeo 
per  gli  esercizj  della  gioventù,  lo  sferisterio  pel  ballo,  Vapoditerio  per  ispogliarsi,  Veleo- 
terio  e  Valeipterio  per  ungersi  d'olio,  il  conisterio  dove  fregarsi  colla  polvere,  la  culum- 
betra  pel  nuoto  e  pei  bagni,  gli  stadj  coperti  e  non  coperti.  Attorno  erano  camere 
d'ogni  specie,  sale  aperte  (eccerfia-j,  portici,  talché  il  ginnasio  diveniva  convegno  anche 
per  gli  esercizj  intellettuali. 

Anche  nelle  terme  v'avea  l'efebeo,  la  gran  sala  dei  lottatori  al  centro,  il  bagno  freddo, 
il  tiepido,  il  caldo,  cui  spesso  era  unita  la  sala  da  sudare;  lo  sferisterio,  l'apoditerio, 
l'eleoterio,  il  conisterio,  la  piscina  da  notare  ;  gli  xisti  che  non  si  sa  bene  a  che  ser- 
vissero, e  che  alcuni  credono  la  sala  centrale  delle  terme;  infine  camere  per  servigio,  e 
il  vestibolo.  Attorno  erano  portici,  esedre,  biblioteche,  scuole  e  fin  teatrini.  A  Pompej 
attigui  alle  terme  sono  i  lupanari. 

Già  in  Atene  la  forma  generale  pei  bagni  era  la  rotonda  e  a  volta,  conservata  poi  dai 
Romani,  con  occhi  nella  volta:  non  sembra  si  facesse  distinzione  tra  balnea  e  thermce, 
senonchè  queste  forse  erano  di  maggior  magnificenza.  I  Greci  molto  usavano  i  bagni, 
e  ogni  tratto  ne  parla  Omero:  pare  fossero  freddi,  dopo  i  quali  si  ungevano  d'olio  puro 
(A(7r'è)atw)  0  rosato  (ÈÀatw  pòiSoévn)^  ovvero  anche  con  un  unguento  prezioso  detto  mirra. 
Anche  i  primi  Romani  sappiamo  da  Seneca  che  si  lavavano  moltissime  volte  in  acqua 
fredda;  e  forse  la  calda  s'introdusse  colla  mollezza  greca.  Scipione  avea  bagni  caldi  a 
Linterno  (Seneca,  Ep.  86),  in  camere  senza  lusso.  Plinio  dice  che  Sergio  Orata,  con- 
temporaneo di  Crasso,  inventò  d'introdur  aria  calda  nelle  camere,  sicché  l'acqua  eva- 
porasse; specie  di  bagni  a  vapore.  E  quelli  e  questi  erano  comunissimi  al  tempo  di  Ci- 
cerone, non  solo  nelle  case  signorili,  ma  anche  a  prezzo  per  comodità  pubblica:  vi  si 
pagava  un  quadrante,  e  i  ragazzi  niente  (Nec  pueri  credunt,  nisi  qui  nondum  cere  la- 
vantur.  Giovenale.  Sat.  ii).  Si  ha  un'iscrizione  per  un  L.  Ottavio  che  aprì  bagni  gra- 
tuiti per  gli  stranieri  e  foresi  : 

L.  OCTAVIO  L  .  F  .  CAM  .  RVFO  TBIB  .  MIL  .  .  .  QVI  LAVATIONEM  GRATVITAM  MVNICI- 
PIBVS,  INCOLIS,  HOSHTIBVS   ET  ADVENTORIBUS  (PlTISCO,  Lex.  Anliq.). 

Ottocento  bagni  contava  Roma  sotto  gli  Antonini,  di  cui  principali  erano  quelli  di 
Emilio,  Giulio  Cesare,  Mecenate,.  Livia,  Sallustio,  Agrippina;  e  stavano  aperti  dal  sor- 
gere al  tramontar  del  sole.  Giovenale  conta  fra  le  immoralità  i  bagni  notturni  [Balnea 
nocte  subii).  Chiudevansi  ne' pubblici  infortunj.  Altri  bagni  traevano  nome  dal  proprie- 
tario, come  dai  passi  di  Marziale,  dai  quali  vedesi  destinala  a  ciò  l'ora  ottava  (Epigr.  \. 
48.  XI.  52)  :  Octavam  poteris  servare  ;  lavabimur  una  —  Scis  quam  sint  Stephani  balnea 
juncta  meis.  Nelle  terme  di  Diocleziano  si  trovò  l'insegna  Fiumi  Balneatoiiis. 

Solcasi  prender  il  bagno  dopo  l'esercizio  e  prima  della  cena,  cioè  del  pasto  princi- 
pale: poi  i  voluttuosi  lo  prendeano  anche  dopo  pranzo  per  acquistar  nuovo  appetito. 
Musa,  medico  d'Augusto,  introdusse  quei  che  diciamo  bagni  russi,  cioè  di  passar  dal- 
l'acqua calda  nella  diaccia. 

Somigliano  ai  bagni  i  ninfei,  gran  cupole  con  zampilli,  di  cui  erano  sparse  le  rive 
dei  laghi  d'Albano,  di  Neini,  Lucrino,  Fucino.  Sopra  uno  leggeasi  questa  graziosa 
iscrizione  : 

NYMPIIIS    .    LOCI   . 
BIBE    .    LAVA    .    TACE    . 

Altri  bagni  erano  specialmente  sacri  ad  Egeria,  altri  a  Giunone  per  le  spose  e  le 
incinte. 


ARCHITETTURA.    BAGNI 


85 


Luciano,  nell'/ppia,  dà  una  minuta  descrizione  di  un  bagno  eretto  dall'architetto  di 
quel  nome.  Uno  poi  ne  fu  trovato  a  Pompej,  del  quale  offriamo  la  pianta  : 


Come  si  vede,  forma  un'isola  fra  due  vie,  e  vi  s'entrava  per  A.  B  eC  comunicavano 
direttamente  colle  fornaci  ;  D  E  colle  stanze  del  bagno.  F  era  uno  degli  ingressi  prin- 
cipali, vicino  al  fòro,  D  ed  £  nei  lati  opposti.  Entrando  per  F  sj  scende  da  tre  gradini, 
e  trovasi  a  sinistra  una  cameretta  colla  latrina  i  :  procedendo  sotto  al  portico  coperto  2, 
si  trovano  tre  fianchi  dell'atrio  3,  che  forma  il  vestibolo  dei  bagni,  dove  aspettavano  i 
servi  e  gli  schiavi,  che  erano  foniacalores  o  scaldalori,  capsarii  o  vestispici  guarda- 
roba, balneaiores,  unctuarit,  aliptce  o  stufajoli,  analectcs  spazzini  ecc.  V'erano  in  a  a 
delle  sedie.  Forse  nella  camera  4  stava  l'intraprenditore,  che  riceveva  il  denaro  e  dava 
una  tessera;  o  forse  una  sala  d'aspetto  per  le  persone  di  riguardo.  Quivi  sospendevansi 
i  cartelli  d'annunzj  di  spettacoli  o  d'altro.  Al  corridoio  3  che  mena  alla  porta  E,  è 
unito  un  camerino  come  l'i.  Dal  7  entrasi  nella  camera  8,  che  è  il  frigidarium,  e  ser- 
viva eziandio  di  apodyterium  o  spogliatorio,  ed  ha  comunicazione  anche  coH'entrata  D 
pel  corridoio  9,  ov'è  una  nicchia  forse  pel  balneatore.  iO  era  la  stanza  fredda,  natatio, 
natatorium,  piscina,  baptisterium,  puteus,  /ourpòv,  rivestita  di  marmo  bianco  e  con 
ampia  vasca  per  molti  insieme,  e  dove  l'acqua  entrava  per  uno  spillo  di  bronzo.  L'H 
era  forse  la  tonstrina,  per  tagliar  le  unghie  e  i  capelli,  e  farsi  spazzolare  ed  ungere. 
Chi  volesse  passare  al  bagno  caldo,  entrava  nel  12,  dove  non  era  acqua,  ma  vapore;  e 
dicevasi  laconicum.  Pare  che  il  laconico  non  fosse  già  un  semplice  recipiente  per  scal- 
dare le  celle,  ma  un  vasto  ambiente  circolare,  e  serviva  anche  d'apoditerio  per  quei 
che  direttamente  andassero  ai  bagni  caldi,  al  qual  uopo  era  diviso  in  molti  scomparti- 
menti per  mezzo  di  atlanti,  dove  ciascuno  deponeva  le  sue  robe.  La  porta  ben  chiusa 
aprivasi  sopra  il  13,  concamerata  ^udaiio,  dove  stava  l'acqua  calda.  La  fornace  è  in  e 
ed  f,  alla  quale  poteasi  portar  la  legna  per  l'entrata  B.  Tre  vasi  erano  in  quella,  un 
caldariuin,  un  tepidarium  e  un  frigidarium,  posti  uno  sopra  l'altro.  Vitruvio  racco- 
manda che  il  bagno  delle  donne  sia  vicino  a  quel  degli  uomini,  ma  senza  comunicare: 
pure  sovente  bagnavansi  in  comune. 


9  ARCHEOLOGIA    E    BELLE    ARTI 

Questa  è  uoa  figura  antica,  rappresentante  un  bagno  : 


Nel  suddetto  bagno  di  Porapej,  dentro  la 
camera  ì  2,  fu  trovato  questo  letto  : 


come  pure  striglie  e  ferri  per  le  unghie  ecc., 
qui  a  fianco  effigiati: 


Palladio,  Terme  de^  Romani,  con  giunte  dello  Scamozzi.  Vicenza -ITSa. 
CameRON,  The  Balh  of  the  Romaim.  Londra  ^l'2. 

Le  terme  di  Caracalla,  delle  quali  diedero  il  piano  Serbo  e  Palladio,  e  la  ristornzione 
congetturale  Abele  Hlouet,  occupano  ancora  colle  ruine  grandissima  superficie.  Erano 
alimentate  dall'acqua  Marcia  che  passa  sull'arco  di  Druso  ;  ed  oltre  la  destinazione 
principale,  servivano  ad  esercizj  ginnastici,  giuochi,  accademie,  altre  riunioni.  Moltis- 
sime opere  d'arte  le  adornavano,  e  vi  furono  trovati  l'Ercole  di  (jlicone,  la  Flora,  il 
toro  Farnese,  il  torso  di  Belvedere,  il  musaico  che  ora  sta  in  Laterano,  quantità  di  vasi 
ed  altre  preziosità.  La  gran  sala  di  mezzo  era  sorretta  da  otto  colonne  di  granilo  bigio, 
una  delle  quali  sorge  oggidì  in  piazza  di  Santa  Trinila  a  Firenze.  La  costruzione  dei 
massicci  è  di  solidi  nmlloni;  il  resto  di  sassi  senz'ordine,  uniti  con  calcina  e  incorni- 
ciati di  mattoni  triangolari,  connessi  poi  mediante  fascie  trasversali  di  grandi  mattoni 
rettangolari,  alla  disianza  di  metri  1.  3U  l'una  dall'altra.  Ora  si  sta  sgomberandole 
affatto. 

Le  terme  più  vaste  erano  quelle  di  Diocleziano,  con  bei  portici  e  capacissime  sale, 
una  delle  quali  ha  m.  bi)  per  24,  giardini,  scuole,  luoghi  d'esercizj  e  di  diverlimenti, 
e  un  museo.  Basti  ricordare  che  il  Panteon  non  era  che  un  pezzo  delle  terme  d'A- 
grippa  ;  e  i  rabeschi  di  Rafaello  nelle  loggie  Valicane  sono  imitazione  di  quelli  che  ve- 
deansi  nelle  terme. 

Terme  naturali  aveansi  nei  dintorni  di  Napoli,  e  massime  a  Baja.  Un  bellissimo  avanzo 
è  quel  che  si  chiama  il  Truglio,  o  terme  di  Mercurio,  con  una  rotonda  del  diametro  in- 
terno di  quasi  20  m.  :  la  volta  elillica  fa  un  bel  giuoco  di  eco. 

Per  quanto  esagerata  sia,  queires|»ressi<me  di  Ammiano  Marcellino  (lib.  xvi.  e.  6)m 
modum  provinciarum  exiructa.  lavacra  attesta  l'ampiezza  di  simili  edifizj. 


ARCniTETTXRA.    ACQUEDOTTI 


87 


^  69,  —  Lavori  di  genio  civile.  Canali,  acquedotti. 

Di  quelle  opere,  che  sodo  ora  competenze  dell'ingegnere  civile,  mognifici  modelli  ci 
lasciarono  gli  antichi. 

Le  prime  opere  che  dei  Cinesi  si  raccontino,  sono  per  Io  scolo  delle  acque:  e  canali 
artifiziali  rammentansi  fino  2^00  anni  av.  C.  I  canali  pr  ncipali  per  cimgiunperei  fiumi 
sì  fecero  sotto  la  dinastia  degli  Han,  due  secoli  av.  C,  altri  sollo  Yuen  li  la  dinastia  dei 
Gin  nel  vi  secolo,  quando  mille  seicento  leghe  di  canali  furono  aperte  o  rinnovale.  Più 
tardo  è  il  canale  Imperiale,  cioè  del  1289. 

Gli  Egiziani  ebhero  perscienza  pnnia  di  guidar  le  acque  del  Nilo,  vita  del  loro  paese^ 
e  ce  ne  sono  ricordati  caniiii  arditissia)i.  e  il  gran  serbatojo  detto  lago  di  Meride.  Ai 
Greci,  in  paese  piccolo  e  sminuzzato  e  senza  grandi  fiumi,  mancò  l'occasione  d'esercitar- 
visi,  benché  fin  da  antico  sieiio  ricordati  gli  scoli  del  lago  Copai  in  Beozia. 

Moltissimo  attorno  alle  acque  operarono  i  Romani.  Emilio  Scauro  nel  115  av.  C. 
asciugò  le  paludi  del  Po  con  canali  tra  Parma  e  Piacenza.  Estesi  lavori  si  fecero  altresì 
attorno  alle  paludi  Pontine,  e  Augusto  vi  scavò  un  canale  parallelo  alla  via  Appia.  Sono 
inoltre  mentovati  il  canale  intrapreso  da  .Mario  verso  lo  sbocco  del  Rodano;  quel  di 
Druso  fra  il  Reno  e  l'Yssel  ;  quel  di  Corbulone  alle  imboccature  della  Mosa  e  del  Reno. 
Sotto  Tiberio  si  divisò  di  cong  ungere  la  Chiana  coll'Arno  per  diminuire  le  inondazioni 
del  Tevere,  in  cui  quella  affluiva. 

Un  canale  arditissimo  cominciò  Nerone,  che  dal  lago  di  Àverno  dovea  comunicare 
da  un  lato  col  lago  Lucrino  nel  golfo  di  Baja,  _   _    — 

dall'altro  con  Roma  per  le  paludi    Pontine,  '"^ 

lungo  da  160  miglia,  e  largo  da  lasciar  il  cani- 
hio  di  due  triremi;  maneutque  vefitigia  irritoe 
spei  (Tacito)  in  quella  che  ancor  si  chiama 
fossa  di  Nerone. 

Lo  scolo  del  lago  Fucino,  ora  Celano,  già 
tentato  da  Cesare,  fu  effettuato  da  Claudio, 
aprendo  un  canale  traverso  a  montagne,  ove 
lavorarono  trentamila  persone.  È  l'emissario 
più  grande  d'Europa,  neppur  eccettuato  quello 
del  lago  Copai.  Comincia  ad  ostro  di  Avezzano 
e  dirigesi  sempre  a  ponente.  Per  esso  il  lago  che 
ha  la  superficie  di  m.  15,792  scende  nel  Liri  a 
metri  5679  di  distanza;  ed  è  profondo  (l'emis- 
sario) da  17  a70m.;  largo  2,  alto  ^;  prima  at- 
traverso la  roccia,  poi,  ch'è  più  difficile,  il  ter- 
reno calcare,  sostenuto  con  muri  ed  archi;  e 
perchè  non  sapeasi  ancora  tener  la  linea  retta, 
si  apersero  da  Sospiragli  in  cima,  tocche  rad- 
doppiò la  fatica.  Eccone  l'apertura. 

11  governo  napoleonico  intraprese  a  ripristi- 
narlo nel  1806,  ma  solo  testé  venne  compito 
per  fatica  d'una  compagnia,  a  cui  il  governo  horbonico  ne  fece  la  concessione. 

Più  ricordate  sono  le  opere  con  cui  i  Romani  condussero  in  città  acqua,  o  ne  spaz- 
zarono le  immondezze;  nel  che  furono  giovati  grandemente  dall'arte  degli  archi  ;  ira- 
parata  dagli  Etruschi.  Pare  opera  di  questi  la  cloaca,  che  dicesi  fatta  costruire  da 
iarquinìo  Prisco  per  dare  scolo  all'acque  del  Velabro  e  dei  monti  vicini.  Le  volle  sot- 
terranee in  cui  queste  raccoglievansi,  confluivano  al  Foro,  donde  scaricavansi  nel  Te- 
vere per  due  canali  coperti,  che  diceansi  cloaca  maxima  e  minor.  Della  prima  restano 
ancora  meravigliose  reli(|uie,  ed  ha  quasi  quattro  metri  d'altezza  e  di  larghezza,  co- 
struita senza  cemento  e  in  tre  arcate  una  dentro  l'altra  (Vedi  la  figura  di  pag.  89). 
Gran  prova  d'antichità  è  l'esser  fatta,  non  col  peperino  di  Gabio  e  di  Albano,  ma  con 
quello  che  Brocchi  chiama  tufo  litoide,  di  formazione  vulcanica. 

Roma  avea  tanti  condotti  sotterranei,  che  Plinio  la  chiama  urbs  pensilis.  La  grave 


88  ARCHEOLOGIA    E   BELLE    ARTI 

spesa  della  loro  manutenzione  sostenessi  parte  dal  tesoro,  parte  con?  una  tassa  detta 
cloacarium -,  e  vi  soprantendevano  cloacarum  curatores. 

Gli  acquedotti  di  Roma  sono  ancora  tra  i  piìi  appariscenti  avanzi  dell'antichità  :  Fron- 
tino li  mette  superiori  alle  piramidi  d'Egitto  e  alle  altre  [sette  meraviglie;  ed  a  ragione 
se  si  guardi  all'utilità  e  anche  alla  solidità.  Presso  i  Greci  pare  si  facessero  sotterranei; 
e  lo  scarso  uso  dell'arco  toglieva  che  ne  costruissero  al  modo  de'  Romani.  A  questi,  non 
forse  ignoranza  delle  leggi  idrostatiche,  ma  amore  del  grandioso  e  dell'architettonico, 
fece  preferire  le  lunghe  arcate  aeree,  per  lo  più  di  muro  con  molta  pendenza;  e  Vitru- 
vio  indica  1'  \  per  200,  il  che  darebbe  la  velocità  di  60  centimetri  per  secondo. 

Si  notò  che  non  vanno  in  linea  retta,  ma  serpeggiantei^anche  dove  il  terreno  non 
l'esige;  del  che  gli  antichi  non  parlano,  e  i  moderni  non  sanno  dar  ragione  sufficiente. 
Il  Fabretti  suppone  il  facessero  per  profittare  dei  terreni  elevati,  senza  obbligarsi  ad 
arcate  straordinariamente  alte:  Flaminio  Vacca  pensa  volessero  colle  risvolte  rompere 
l'eccessiva  celerità  che  l'acqua  avrebbe  acquistato,  e  che  avrebbe  danneggiato  i  condotti. 
Così  difficile  è  a  spiegarsi  perchè,  mentre  dalla  cascata  di  Tivoli  a  Roma  è  si  forte  la 
pendenza,  i  Romani  abbiano  presa  l'acqua  da  quel  fiume  30  chilometri  piii  in  su,  anzi 
45,  se  si  computino  le  girivolte  ;  se  pure  non  fosse  per  aver  maggiore  purezza  dell'acqua. 
I  tubi  erano  di  terra  cotta. 

11  primo  acquedotto  romano  eretto  da  Appio  Claudio  (313  av.  C.  )  portava  l'acqua  da 
7  o  8  miglia.  Il  secondo  da  Curio  Dentato  (275  av.  C.  )  la  portava  per  43  mila  passi, 
di  cui  702  sono  sostenuti  da  archi  di  piperino.  Seguì  l'acqua  Marcia,  condotta  da  Q. 


ARCHITETTURA.    ACQUEDOTTI 


89 


Marcio  Re,'da  Subiaco  per  61,710  passi  ;  cui  poscia  si  unirono  l'acqua  Topula  (127  av. 
C.)  e  'acqua  Giulia  (35  av.  C.)  Dell'acqua  Vergine,  condotta  da  Ai^rippa,  sussiste  an- 
eora  il  canale,  restaurato  da  papa  Nicola  V  e  da  Pio  IV.  L'acqua  Claudia  e  la  Trajana 


devonsi  agli  imperatori  Claudio  e  Trajano;  al  cui  tempo  era  soprantendente  Sesto  Giù 
ho  Frontino,  che  nel  trattato  De  aqumluctibus  c'informa  di  questi  edifizj    nniiì  bello 
è  quel  dell'acqua  Claudia,  tutto  di  pietre  tagliate,  lungo  80  chilometri    di  cui  più  di 
15  sono  sostenuti  da  arcate,  alte  fin  50  metri.  Paralleli  vengono  quelli  delP-icnua  Mar 
eia,  i  cui  archi  hanno  l'apertura  di  m.  4.  80,  costruiti  in  tre  qualità  di  pietra 

In  città,  gli  acquedotti  metteano  capo  a  grandi  serbato]  {caste.Ha),  ove  depositavano 
e  donde  l'acqua  era  dispensata.  Gli  acquedotti  descritti  da  Frontino  avevano  per  la  di- 
stribuzione 13,594  tubi  detti  quinarios,  del  diametro  di  un  pollice;  10,550  dei  quali 
per  la  città,  gli  altri  per  la  campagna.  L'acquedotto  del  Toverone  presso  Tivoli  è  ta- 
gliato nel  masso  per  più  d'un  miglio;  serviva  ad  inaffiar  le  strade  e  i  giardini  o  a  nau- 
machie, poi  sfociava  nella  Cloaca,  e  per  essa  nel  Tevere.  L'acqua  Verdine  avea  700  archi 
fuor  di  terra,  con  400  colonne  di  marmo  e  300  statue,  ed  alimentaria  130  cisterne 


90  ARCHEOLOGIA   E   BELLE   ARTI 

Fontane  abbondavano  in  Roma,  e  doveano  servir  ad  esse  quei  giganteschi  vasi  mo- 
noliti di  marmo  o  di  porfido,  che  oggi  arricchiscono  i  musei  e  la  fontana  di  Monte 
Cavallo. 

Frontino  calcola  che,  vietando  le  dispersioni,  sarebbesi  potuto  nel  suo  tempo  otte- 
nere a  Roma  5j5,582  quinarj  d'acqua,  cioè  1,320,592  metri  cubici  ogni  ventiquattr'ore. 
l  tre  acquedotti  che  avanzano  a  Roma,  ne  danno  apjìena  280, SOO  metri  cubici,  cioè  il 
quarto  degli  antichi  :  eppur  Roma  è  la  città  più  provveduta  di  acque,  prima  che  ai  dì 
nostri  se  ne  versasse  tanta  abbondanza  nelle  migliori  città. 

Secondo  Dureau  de  la  Malie  {De  la  diHributiun^  de  la  valeur^  et  de  la  Ugidation  des 
eaux  dans  Vancienne  Rome.  Parigi  1843}  i  condotti  dell'acqua  a  Roma  sommavano  in- 
sieme a  428,000  metri,  di  cui  52,000  ad  arcate;  e  sottraendone  le  derivazioni  frodoleote, 
cooduceano  11,073  pollici  d'acqua:  4588  erano  distribuiti  a  privati,  il  resto  ad  usi 
pubblici.  La  costruzione  dunque  digli  acquedotti  non  era  di  pura  perdita,  ma  fruttava 
il  vedigal  ex  aquceductibus,  o  vectiyal  formce,  per  cui  i  giardini  e  gli  oliveti  vicini  ad 
essi  condotti  pagavano  l'anno  250,000  sesterzj,  o  lire  67,500.  Posto  che  l'irrigazione  si 
stendesse  molto  più  ampiamente  a  giardini  ed  oliveti  lontani,  ricchssimo  doveva  essere 
il  prodotto,  dal  suddetto  autore  valutato,  alquanto  arbitrariamente,  a  1,244.000  lire. 
Chi  prendesse  più  acqua  della  concessa,  era  multato  d'una  libbra  d'oro  pel  valore 
d'ogni  obolo  usurpato. 

Per  un  confronto,  Parigi  nel  1843,  valutando  anche  il  po7zo  artesiano  di  Grenelle, 
ebbe  3580  pollici  d'acqua  condotta,  oltre  90  pollici  d'acqua  della  Senna,  e  500  di  acqua 
deirOurcq;  e  la  vendita  totale  produce  da  890  mila  lire.  Londra  ne  consuma  80,000 
metri  cubici  al  giorno.  L'acquedotto  dì  Caserta,  fatto  da  Vanvitelli  nel  1735,  trae 
l'acqua  da  dodici  miglia  lontano. 

D'acquedotti  romani  a^Mcomedia,  Efeso,  Smirne,  Alessandria,  Siracusa,  Melz,Nimes, 
Lione,  Evora,  Meridae  altrove  restano  magnifiche  vestigia^di  quel  di  Segovia  rimangono 
149  arcate,  di  grandi  pietre  senza  cemento  e  in  due  ordini  sovrapposti,  alti  fin  102 
piedi.  L'acquedotto  di  INìmes,  detto  ponte  di  Card,  è  a  tre  ordini  d'arcate,  e  sembra 
dell'epoca  di  Agrippa.  Un  dei  più  grandi  è  l'acqua  Claudia,  che,  per  50  miglia  dal  Prin- 
cipato Ulteriore  presso  l'antica  Sabazia,  conducea  l'acqua  a  molte  città  e  a  Napoli  e 
finiva  alla  Piscina  mirabile  presso  il  capo  Miseno,  forato  per  tre  miglia  il  sasso  calcare. 
L'acquedotto  di  Lione  attesta  che  i  Romani  conosceano  le  leggi  idrostatiche,  e  sapevano 
determinare  i  livelli,  benché  altro  slromento  a  ciò  non  adoprassero  che  il  corobate. 
Perocché,  invece  di  traversare  con  arcate  sovrapposte  da  una  collina  all'altra,  forma- 
rono sull'una  un  serbatojo,  poi  con  tubi  di  piombo  accompagnarono  l'acqua  giù  pel 
pendìo  e  la  fecero  risalire  sull'altura  opposta,  rinnovando  il  giuoco  tre  volte.  Così  non 
ebbero  mestieri  che  di  ponti  d'un  solo  piano  ad  arcate  di  differenti  altezze,  in  cui  sono 
alternate  le  pietre  e  i  mattoni. 

g   70.    —   Ponti. 

Son  una  delle  costruzioni  più  utili  e  insieme  più  difficili  i  ponti.  Prima  condizione 
ne  è  la  solidità,  vuoi  per  la  fondazione,  vuoi  per  la  difficoltà  dei  restauri. 

Già  mentovammo  il  ponte  sull'Eufrate,  atlribuito  a  Nitocri  o  a  Semiramide,  di  sole 
pile,  fra  le  quali  tendevansi  tavole  che  la  sera  si  ritiravano.  Ponti  temporaij  di  legno 
fecero  Dario  sull'lstro  e  sul  Bdsforo  tracio,  e  Serse  sull'Ellesponto  In  Grecia  se  ne  trova 
frequente  menzione,  ma  la  scarsa  pratica  dell'arco  lascia  supporre  fosser  del  tutto  0  in 
gran  parte  di  legno. 

In  Italia  primamente  si  applicò  l'arco  alla  costruzione  dei  ponti,  e  perciò  ne  possiam 
riferire  l'invenzione  agli  Etruschi.  Uno  dei  ponti  più  antichi  dev'essere  quello  della 
Badia  sulla  Gora,  tra  Montalto  e  Musignano,  di  grandi  tufi  commessi  senza  calce,  e  che 
serviva  anche  d'acquedotto:  l'arco  di  mezzo  ha  93  palmi  romani  di  diametro,  e  100 
d'elevazione  sovra  il  pelo  dell'acqua. 

1  pouti  erano  stretti  come  le  strade,  e  avevano  in  mezzo  Vagger  o  iter  pei  carri  e  i 
cavalli;  ai  lati  i  marciapiedi  (decursoria),  chiusi  dal  [larapetlo  Gli  archi  per  lo  più  son 
a  mezzo  circolo,  talvolta  a  segmento  di  arco  molto  s|ianso:  le  pile  per  lo  meno  1p 
dell'apertura  dell'arco,  talora  1|4  e  fin  i\o.  Qualche  volta  aprivano  nuovi  sfoghi  alle 


AnCUlTETTlIRA.    PONTI 


91 


acque  con  mcchie^ra  i  due  archi,  come  nei  ponti  Fabricio  e  Senatorio  a  Roma-  altri- 
menti ornavano  qtiegl'interstizj  archilellonioamonif.  Una  decorazione  alle  leste  e  sul 
parapetto  vi  aggiungea  quella  liellezza,  che  spesso  i  moderni  neglessero,  e  sovente  vi  si 
posero  monumenti.  Su  quel  d'Alcantara  era  una  cappella  di  5  per  8  metri,  e  le  pietre 
SI  ben  disposte  e  sporgenti  dal  muro,  da  formare  una  specie  di  tetto;  connesse  poi  in 
modo,  eh.'  stanno  intuite  dall'età  di  Trajiino  sin  ora.  Il  ponte  di  Amhrussum  (AwOrois) 
ha  due  singularita;  pietre  dalla  parte  ddla  corrente,  e  dall'altra  muro  ;  e  il  pavimento 
del  ponte  si  curva  seconda  le  arcate.  Memorabili  sono  altresì  il  punte  di  Menda  con 
sessantaquattro  archi  circolari  e  disuguali,  tutti  di  pietra;  e  quello  del  Card,  che  è  pure 
acquedotto.  *^ 

Otto  ponti  si  rammentano  sul  Tevere:  il  ponte  Sublicio,  fatto  di  pali  da  Anco  Marzio 
per  unir  il  (.lanicolo  alia  città;  il  Palatino  dov'è  ora  il  ponte  Hotto;  il  Kabricio  e  il  Cesilo 
congiungevano  l'isola  colla  città  e  col  Gianicolo;  quello  del  Gianicolo  dov'è  ora  ponte 
Sisto;  li  Vaticano,  tra  il  campo  Marzio  e  il  campo  Vaticano;  l'Elio  fabbricato  da  Adriano 
dov  ora  il  Castel  Sant'Angelo;  il  Milvio,  oggi  ponte  Molle  sulla  via  Flaminia 

Molti  n'avea  su  tutte  le  strade,  e  alcuni  sussistono  tuttavia,  come  quello  di  Rimini 
Del  famoso  di  Trajano  sul  Danubio  v'è  sulla  colonna  Trajana  l'immagine,  qui  appresso 
disegnata:  o      ?  ^       ri- 


'à^^M<^^^à^t:^é2^^Ì:?^;t^h^^ 


Ponti  temporarj  faceansi  per  uso  di  guer- 
ra, e  soggetto  di  molti  studj  fu  quello  di  Ce- 
sare sul  Reno.  Alcune  volte  sopra  otri  e 
dolj  posavansi  tavole  su  cui  tragittasse 
l'esercito;  o  sovra  barche  scavate  da  un 
solo  tronco.  Diamo  qui  un  altro  ponte  d 
barche,  tratto  dalla  colonna  Trajana: 

§  71.  —  Porti. 

I  porti  erano  naturalmente  più  piccoli  dei  nostri,  destinati  a  navi  di  ben  altra  portata 
Pure  formavano  un  complesso  di  edifizj  maestoso,  con  moli,  cale,  fari,  bacini    arsenali* 
cantieri,  piscine;  e  attorno  muri  o  portici.  Parte  principale  erano  le  arcate  dei'moli   de- 
stinate a  tener  netto  l'interno  per  mezzo  della  corrente  artifiziale  data  alle  acque, 

Giulio  Cesare  voleva  costruire  un  porto  all'imboccatura  del  Tevere;  che  poi  fu  esefuito 
da  Claudio  poco  lungi  dalla  sponda  destra  di  esso  fiume,  collo  scavare  una  fossa  e  in- 
trodurvi acqua  del  mare,  chiudendolo  fra  due  moli  artefatti,  in  mezzo  alle  cui  punte  af- 
fondò la  gran  nave  egiziana  che  avea  trasportato  l'obelisco  lateranese,  e  sopra  la  quale 
fu  costruita  una  isola  col  faro.  Trajano  v'aggiunse  un  bacino,  simile  ai  docks  inglesi 
scavato  entro  terra,  di  forma  esagona,  di  metri  260  il  lato.  Il  bacino  era  profondo  al- 
men  3  metri,  e  in  giro  vi  stavano  colonnette  di  marmo  numerale,  per  attaccarvi  le  navi  • 
e  due  ne  esistono  ancora.  V'eran  attorno  archi,  tettoje,  altre  costruzioni  opportune.  Le 
navi  entravano  nel  porto  di  Claudio,  a  metà  artefatto:  ivi  scaricavansi  in  leni  minori 
che  entravano  nel  bacino  di  Trajano,  poi  in  un  canale  aperto  a  fianco  al  Tevere,  che' 
oggi  chiamasi  Fiumicino,  e  da  esso  nel  Tevere  proprio.  Sembra  che  l'opera  tendesse 
anche  a  liberar  Roma  dalle  inondazioni,  come  dall'epigrafe  trovata  di  recente  che  dice* 

TI  .   CLAVDIVS  DUVSI  F  .  CAESAR 
GEKMANICVS    PONTIF 
DESIGN. 


AVG    .     GEKMANICVS    PONTIF    ,    MAX. 

POTEST  .   VI  .   COS   .   DESIGN.    Illl  IMP  ,  XII 

FOSSIS    bVCTlS    A    TIBEKI    OPERIS    PORTV 

CAVSSA     EMISSISQrE     l.N     MAKE     VRBEM 

INVNDATIOMS  PERICVLO  LIBERAVIT. 


§2  ARCHEOLOGIA   E   BELLE   ARTI 

Del  resto  fa  meraviglia  come  i  Romani  non  pensassero  a  incanalar  il  Tevere,  che  sì 
spesso  usciva  ad  allagare  la  città,  e  (in  dodici  volle  in  un  anno  (Livio,  xxxviii.  28).  Che 
forse  ne  li  distornasse  qualche  ubbìa  religiosa? 

S'attribuiscono  ad  Augusto  il  porto  di  Miseno,  le  comunicazioni  del  golfo  di  Baja  coi 
laghi  Lucrino  e  Averno,  e  il  porto  di  Ravenna  col  magnifico  faro,  perito  affatto. 

La  Piscina  mirabile  di  Baja  solidissima  vuoisi  da  alcuni  destinata  a  conservar  l'acqua 
per  la  flotta  di  Miseno;  altri  la  credono  ornamento  della  villa  di  Lucullo. 

Quel  che  chiamano  ponte  di  Caligola,  sono  avanzi  del  molo  a  traforo,  che  dovea  pro- 
teggere l'antico  porto  di  Pozzuolo  e  fors'anche  il  porto  Giulio  (moles  puleolance,  Sve- 
TONio;  pilce  Puteoloruììi,  Seneca):  forma  una  catena  di  ventiquattro  o  venticinque  pila- 
stri, tutti  di  pietre  quadrate  e  con  anelli  per  legar  le  gómene  ;  e  l'ultimo  serviva  di  faro. 
Questa  forma  a  traforo  è  opportunissima  per  conservare  costante  la  profondità.  Claudio 
fece  un  molo  davanti  al  porto  d'Ostia  colandovi  a  fondo  molte  navi  cariche  di  pozzolana 
e  calce  viva. 

DE  Fazio,  Intorno  al  miglior  sistema  di  costruzione  de'  porli.  Napoli  ^828. 

—  Nuove  osservazioni  sopra  i  pregi  architettonici  de'  porti  degli  antichi.  '1832. 

Tra  i  fari  è  memorabile  quello  d'Alessandria,  da  cui  ebber  nome  gli  altri. 

Fin  le  navi  presero  aspetto  architettonico,  non,  come  oggi,  nel  senso  che  l'arte  studia 

di  proporzionare  la  bellezza  all'uso  più  comodo  e  migliore;  ma  vi  si  fabbricarono  e 

tempj  e  sale,  estranj  affatto  alla  meccanica. 

§  72.   —  Agrimensori. 

Gli  agrimensori  formavano  a  Roma  un  collegio  o  corporazione  come  le  altre  arti,  e 
aveano  l'incarico  di  misurare  i  terreni  pubblici  ei  privati,  e»  mantener  i  confini  ;  aveano 
il  titolo  di  spectabiles  e  clarissimi,  esercitavano  anche  qualche  giurisdizione.  Succede- 
vano essi  agli  antichi  auguri,  e  ne  conservavano  alcune  formalità.  Come  quelli,  fissavano 
specialmente  il  settentrione,  di  là  tirando  a  mezzogiorno  la  linea  principale,  che  chia- 
mavasi  cardine,  e  intersecandola  con  un'altra  ad  angolo  retto,  che  diceasi  decumana, 
perchè  formava  la  figura  d'un  dieci  X.  Parallele  a  queste  tiravano  altre  linee,  alle  cui 
estremità  facevano  il  limite  o  sentiero,  opposto  alla  via  o  strada  principale  che  tagliava 
ad  angolo  retto;  onde  Virgilio  [Geonj.  1.  258): 
«  Omnis  in  unguem 
«  Arboribus  positis  secto  via  limite  quadret  ». 

11  terreno  non  diviso  chiamavasi  arcifinium. 

NiEBUHR  sulla  limitatio  e  8ugli  agrimensores.i  in  appendice  alla  sua  Storia  romanù. 

g  73.    _  Strade, 

Le  strade  erano  o  private,  o  campestri,  o  pubbliche:  vicinali  diceansi  quelle  dei  vichi, 
0  che  ai  vichi  guidavano;  terrene  quelle  non  selciate;  glareate  quelle  coperte  di  breccia 
o  ghiaja.  Le  vie  pubbliche  si  distinguevano  in  militari,  comolari,  pretorie;  anche  regie 
presso  i  Greci. 

È  probabile  che  i  Cartaginesi  sentissero  primi  l'importanza  delle  lunghe  vie,  e  forse 
da  loro  ne  tolsero  l'idea  i  Homani.  La  prima  fu  intrapresa  da  Appio  Claudio  (512  av.  C.) 
fra  Roma  e  Capua;  cui  tenner  dietro  le  altre.  Ecco  quelle  che  partivano  da  Roma: 

i.  Da  porta  Ciipena  la  via  Appia  suddetta,  regina  viarum.  Da  essa  si  ramificavano  la  v 
Setina  verso  Setia  ;  la  lìomitiana  per  Sinuessa,  Linterno,  Napoli,  e  Sorrento;  la  Cam 
pana  o  consolare  da  Capua  a  Cuma;  VAquilia  da  Capua  a  Salerno;  la  Egnatia  da  Bene- 
▼ento  a  Brindisi;  la  Trajana  da  Venusia  al  seno  Tarentino;  la  jl/mucùt  o  A'umicia  pel 
Sannio. 

2.  I>a  via  Latina,  volta  per  Tuscolo  o  Frosinone  a  Benevento. 

3.  Da  |)orla  Esquilina,  la  via  Labicana  congiiingeasi  dopo  trenta  miglia  alla  predetta. 

4.  La  via  (ialina  o  Prene^tina  \)er  (iiibio,  si  univa  coU'anzidetta  ad  Anagni. 

5.  La  via  Tiburtina  usciva  dalla  porta  Tiburtina  per  Tivoli,  poi  col  nome  di  Valeria' 


la 


ARCHITETTURA.    STRADE  93 

continuava  traverso  il  paese  de'  Sabini.  Un  ramo  andava  a  Subiaqueum,  un  altro  al  paese 
de'  Frentani. 

6.  La  via  Nomentana,  partendo  da  porta  Collina,  conpiungevasi  alla  Salaria. 

7.  La  Salaria  da  porta  Collina  arrivava  ad  Ascoli  nel  Piceno. 

8.  La  Flaminia  usciva  dalla  porta  del  nome  stesso,  per  giungere  ad  Arimino  ;  col 
nome  poi  di  Emilia  continuava  nella  Gallia  Cisalpina.  La  Poatuiiua  fu  fabbricata  da  Ve- 
rona a  Genova,  passando  da  Mantova  e  Cremona.  Dalla  via  Flaminia  presso  Roma  si 
staccava  la  via  Cassia,  che  per  ponte  Milvio  menava  alla  Toscana,  a  Lucca,  e  a  Luni 
raggiungeva  l'Aurelia.  La  via  Amerina  staccavasi  dalla  Cassia  a  Baccano,  e  passato  Tuder 
e  Perusia,  la  raggiungeva  a  Clusio.  Dalla  Cassia  disgiungevasi  pure,  dopo  ponte  Milvio, 
la  via  Clodia,  che  al  lago  Sabatino  bipartivasi,  e  con  un  ramo  entrava  nell'Etruria  cen- 
trale al  nord  di  Firenze,  coll'altro  per  Tarquinio  raggiungeva  l'Aurelia.  Dalla  Cassia 
presso  Baccano  si  separava  anche  la  Cimina,  e  la  ritrovava  al  Fanum  Voltumnce. 

9.  La  via  Aurelia  andava  alla  Liguria. 

40.  La  Portuensis  al  porto  d'Augusto  sul  Tevere. 

a.  La  Ostiensis  al  porto  d'Ostia-,  poi  col  nome  di  Severiana  proseguiva  per  Anzio  e 
Circaei,  iìnchè  trovava  l'Appia  a  Terracina.  Dalla  Ostiense  diramavasi  la  Laurentina. 

J2.  La  via  Ardeatina  da  Roma  ad  Ardea. 

Prima  tracciavansi  due  solchi  paralleli  alla  distanza  di  4  o  5  metri:  sterravasi  finché 
si  trovasse  un  fondo  solido  (gremium)  ;  se  non  si  trovasse,  si  palificava  (fislucationibus). 
Sopra  il  fondo  disponeansi  quattro  strati:  prima  (statumen)  sassi  alla  rifusa;  poi  (rudusj 
pietre  morte,  commesse  con  calce;  indi  (nucleus)  frammenti  di  tegoli  e  vasi  con  ce- 
mento; di  sopra  (pavimentum)  larghi  poli- 
goni di  selce  o  di  lava,  commessi  in  modo  da, 
presentare  una  superficie  compatta,  che  alla 
vista  somiglia  alle  opere  pelasgiche.  In  città 
talvolta  le  pietre  erano  quadrate ,  come  nel  j- 
fòro  Trajano,  di  travertino.  Ecco  qui  figurata" 
una  via  di  Pompej  : 

Tal  costruzione  è  data  generalmente  dagli 
autori  :  pure  è  forza  dire  che ,  negli  scavi 
diligentemente  fatti  sotto  la  via  Appia  nelle 
paludi  Pontine,  non  apparve  orma  di  questa 
varia  struttura  (Prony,  Description  hydrogr. 
et  histor.  des  marais  Pontins,  pag.  23J  ;  onde 
l'eccellente  conservazione  vuoisi  attribuire  al 
buon  fondo  di  ghiaja  ed  all'esatta  commes- 
sura delle  pietre. 

V'avea  altresì  marciapiedi.  Cajo  Gracco  fé 
porre  le  pietre  miliari,  indicanti  la  distanza 
da  Roma  o  dai  prmcipali  punti. 

Alle  strade  lavoravano  i  soldati,  come  sap- 
piamo dagli  storici  e  dalle  lapidi.  Ecco  un'iscrizione  trovata  in  Africa,  del  119  d.  C: 

IMP  .  CAES  . 

DIVI  NERVAE  NEPOS 

DIVI   TRAIANI   PARTHICI  F  . 

TRAIANVS  ADRIANVS 

AVG  .  PONT  .   MAX  .  TRIB  . 

POT  .  VU  .  COS  .   Ili 

VIAM  A  CARTHAGI.NE 

THEVESTEN    STRAVIT 

PER  LEG  .  Ili  AVG  . 

P  .  METELLO  SECVNDO 

LEG  .   AVG  .   PR  .  PR  . 

«  L'imperatore  e  cesare,  nipote  del  divino  Nerva,  figlio  del  divino  Trajano  Partico, 
frajano  Adriano  Augusto,  pontefice  massimo,  rivestito  per  la  settima  volta  d«lla  podestà 


#4  ARCHEOLOGIA   E    BELLE    ARTI 

tribunizia,  per  la  terza  volfa  console,  selciò  la  strada  da  Cartagine  a  Teveste  (Tebesa) 
per  mezzo  della  terza  legione  augusta,  sotto  Publio  Metello  Secondo  luogotenente  im- 
periale pro-pretore  ". 

Dagli  autori  appare  che  tutte  le  opere  pubbliche  romane  faceansi  per  via  d'intrapren- 
ditori  {redemplorex),  che  doveano  dar  cauzione  (satisdatio)  H  supremo  ordine  era  dato 
dal  senato  cbe  assegnava  la  somma  da  spendere  ai  censori  che  faceano  le  aggiudica- 
zioni. Gli  edili  0  commissarj  specinli  vegliavano  sulle  opere,  e  ne  ricevevano  la  con- 
segna. La  mancanza  d'unità  nell'azione  amministrativa  dava  luogo  ad  abusi  e  frodi. 

L'ispezione  delle  strade  era  affidata  ai  censori,  che  spesso  vi  diedero  il  proprio  nome: 
dappoi  fu  attribuita  ai  tribuni  della  plebe;  più  tardi  v'ebbe  procuratori  speciali.  1  fondi 
èrano  somministrati  dal  tesoro  o  dai  privati  che  ne  traevano  vantaggio,  o  da  individui 
che  voleano  gratificarsi  il  pubblico. 

Vice  latitudo^  ex  lef/e  XII  Tahularum,  in  porrectum  odo  pedes  hahet;  in  anfraclum, 
idest  ubi  flexum  est.  sexdecim.  Gaio  in  l.  8,  ff.  de  servii,  proed.  rust. 

In  generale  per  Roma  non  andavasi  in  carrozza,  ma  questa  aspettava  i  ricchi  alle  porte 
della  città.  La  lecfica  era  il  trasporto  più  consueto,  con  un  origliere  e  cortine,  e  portata 
da  sei  od  otto  schiavi,  per  lo  più  vestiti  di  rosso.  Chi  non  bastasse  a  tale  spesa,  trovava 
alle  sfazioni  lettiere  e  schiavi  di  cambio.  Aveansi  pure  dei  carri  (rheda?)  da  nolo;  e 
quelli  de' ricchi  erano  ornatissimi. 

Le  stazioni  postali  furono  primamente  stabilite  dai  Persiani  per  comodo  del  vasto  ira- 
pero,  e  da  Sardi  a  Susa  n'erano  centundici  (Ekodoto,  v.  52  vi.  118);  il  che  dà  circa 
venti  miglia  l'una.  Setubra  che  le  stazioni  fosser  vasti  edifìzj,  a  guisa  de'  moderni 
caravanserragli.  I  Romani  le  chiamavano  mansio,  distanti  incirca  come  le  persiane,  e 
con  ogni  provisione. 

Orazio,  viaggiando  a  Brindisi,  non  va  d'albergo  in  albergo,  come  oggi  si  farebbe; 
ma  nella  città  di  Mamurra  gli  prestano  Murena  la  casa,  Capitone  i  cucinieri  (Murcena 
prcebente  domum.,  Capitone  cucinum]  \  prima  di  giungere  al  ponte  di  Campania,  per- 
notta in  una  villa,  dove  i  provveditori  dell'imperatore  Io  forniscono  di  legna  e  sale,  se- 
condo il  loro  dovere  {Proxima  Campano  ponti.,  quce  villula  tectum  Prcebuit,  et  parochi, 
quce  dehent,  liqna  salemque)  ;  in  un'altra  villa  presso  Trivico  (vicina  Trevici  villa)  fu 
affumicato  da  fascine  verdi,  e  deluso  da  una  fanciulla.  Pure  sappiamo  che  popince  e 
cauponoe  eran  lungo  le  strade,  e  massimamente  lungo  la  Appia;  e  alle  Tre  Taverne  i 
Cristiani  di  Roma  andarono  incontro  a  san  Luca.  Aqzi  forse  a  tali  osterie  dovettero 
l'origine  i  villaggi  che  costeggiavano  le  grandi  strade. 

BERcrÉR,  Hiiloire  des  grands  chemins  de  Vempire  romain.  ^822. 

NlBiìy,  Delle  vie  degli  antichi.,  dissertazione. 

Romanelli  ha  il  piti  ampio  trattato  intorno  alle  vie. 

Naddet  lesse  all'Istituto  di  Francia  una  memoria  Sulle  poste  pubbliche  presio  i  Romani  ,  e  loro  ammi- 

nislrazione. 
Recueil  des  ilinèrnires  aficievs ,   rnmfrenanl  Vllinèrnire   d'Anlonin,  la   Table  de  Peulinger,  el  un 

choix  des  Periples  grecs,  publié  par  le  marquis  de  Fortia,  atee  alias  par  M.  le  colonel  Lapib.  Pa- 

rijji  I  835. 
DESJARD^^s,  Essai  tur  la  topographie  du  Lalium.  Ivi  1834. 

Poco  si  parla  delle  strade  preche:  e  di  fatto  in  paese  interrotto  da  tante  montagne  e 
solcalo  da  fìiitni,  e  dove  non  era  l'abitudine  di  lunghi  viaj.ji-i  per  mezzo  di  carri,  non 
poteansi  aspettare  i  prodigj  romani.  Vuoisi  però  provare  che  belle  strade  si  facessero, 
sostenute  da  dighe  ove  i  uiarazzi  lo  richiedevano  ;  e  princiiialmente  fiiron  dovute  al 
cullo,  per  comodo  dei  pcllegriniinli  ai  s.intuarj,  e  pei  carri  che  vi  portavano  devoli, 
statue,  oggetti  rituali.  Non  si  spumava  luila  la  larghezza  della  vi,i,  ma  soltanto  il  mezzo, 
ai  lembi  fiicendo  solchi  profondi,  entro  cui  scivola\uno  le  ruote,  al  modo  che  oggi 
usiamo  C(»lle  strade  ferrate.  Di  qui  l'espressione  Te'pvet'-  ó'^-Tov,  secare  viam  {V.  Ciinrit  s, 
Zur  Gfschiclite  df:<  Weyebanes  bey  den  Griechen:  ein  lieijtrag  zur  Alterthumstvissen- 
schafl.  Berlino  1855J. 


MISURE 


66 


§  74.    —   Itinerarj. 

Uno  de' monumenti  più  curiosi  che  l'antichità  ci  trasmettesse  è  VWnerario  d'Anto- 
nino. Vi  son  notati  i  paesi  per  cui  passavano  le  strade  romane,  ed  anche  un  l)reve  iti- 
nerario marittimo  delle  distanze  da  un  porlo  ali  altro.  Probabilmente  cominciato  ai 
tempi  di  Giulio  Cesare,  vi  si  fecero  successive  aggiunte;  e  nei  varj  manoscritti  il  nu- 
mero delle  miglia  differisce,  locchè  non  è  la  minor  macchia  di  quest'opera.  Vedasi  ad 
esempio  il  viaggio  da  Aricia  a  Brindisi,  quello  stesso  che  così  vivacemente  è  raccontato 
da  Orazio;  i  numeri  interchinsi  sono  le  varianti  •,  i  casi  a  capriccio  de'  nomi  indicano 
t'abitudine  dei  meno  eleganti  di  usarli  indeclinabili  : 


mitlia  passuum 

mitlia  passuum 

Aricia    .... 

M.    P.    XVl 

Equo  teutico    . 

.      .      M. 

P.    XXU 

Tribus  Tabernis    .     . 

M.    P.    XVII 

Ecas  .     .     . 

.      .      M. 

P.    XVllI 

Appi  foro   .     .     . 

M.    P.    X   fxvill) 

Erdonias 

.      .      M. 

P.  XVIII  (xviii) 

Tarracina  .     .     .     . 

M.    P.    XVIII  (XXVUI) 

Canusio  .     . 

.      .      M. 

P.    XXVI 

Fundis 

M.  p.  xvim  (xivj 

Rubos    .     . 

.      .      M. 

P.    XXIII 

Formis  .... 

M.    P.    XIH 

Butuntus     . 

.      .      M. 

P.    XI 

ilinturnis    .     .     . 

M.    P.    IX 

Barium   .     . 

.      .       .      M. 

P.    XII 

Sinuessa     .     .     .     . 

M.    P.    I.X   (XUI) 

Turribus 

.       .       M. 

P.    XXI 

Capua    .... 

M.    P.    XXVl 

Egnatise .     . 

.       .       M. 

P.  XIV  (xxi) 

Caudis   .... 

M.    P.   XXI 

Speluncas   .     . 

.       .       M. 

P.    XX 

Benevento  .    .     . 

.      M.    P.    XI 

Brundusium 

.       .       M. 

P.  XVJIII  (xxiii) 

Altrove  parliamo  a  lungo  della  Tavola  Peutingeriana. 

^  75.  —  Misure  geodetiche  e  lineari. 

li  miglio  romano  era  di  mille  passi  e  di  circa  settantacinque  al  grado,  eguale  a  otto 
M^dj  greci." 

Delle  misure  geodetiche  gli  antichi  fecero  autori  i  figli  di  Giove,  e  che  Apollo  trovò 
lo  stadio  pitico,  Ercole  lo  stadio  olimpico.  Ciò  indica  mitologicamente  un  fatto  storico, 
<noè  che  le  misure  erano  dedotte  dal  sistema  astronomico,  e  parti  aliquote  d'un  grado 
del  meridiano  Offriremo  uno  specchio  della  corrispondenza  degli  stadj  alle  antiche  mi- 
sure di  qn  cerchio  massimo  della  terra  supposta  sferica: 


Un  meridiano 


Anassimandro ,  Aristo 

tele  (1) 400000 

Archimede  (2,   .  .  .  .  300000 

Ippai'M 1277000 

Eralosleae    ed    Ippar- 
co  (3) j  252000 

Enitnslnne        secondo 
Cleomede '250000 

Pnsidoiiio,  Tolomeo  f4)  180000 

Diniiisiodoro     secQndoI 
Plinio 262000 

Posidonio,  Arabi  anti- 
chi    

Arabi    


210000 
203999  999999 


Un  grado 


Un  minuto 

0 

miglio 


Un  passo 
geogratìco 


lì  apporto 
dello  stadio 
col  metro 


UH. 

833 
769. 

700 

69  i. 
500 


111  HI  18.  518518  0.018518 
333333  13.  888888  0.013888 
4444U12.  824074  0  012824 


100 

133.333333 

144.404332 


11.  666666  0.0H666  158.730158 
!      I 
44444411 


574074  0.011574 
338333  0.0^:{:333 


160 

222  222222 


727.  777777  12,  129629  0.012129  152.6: 


6n6. 6666666  1 1  1111111  0.01  UH 
566.  666666  9.  4444ÌÌ  O.OOOiii 


166.66(;(;  -, 
1 96.078 i3l 


(t)  Era  questo  lo  stadio  pitico,  di  cui  si  servirono  Nearco  pel  suo  viaggio  dalHn'lo  al  golfo  Persico, 
Megasl*ae,  Deiraaco,  Oocsicrato,  Pitca  ecc. 

(2)  j|  il  più  adoperato  nelle  oss.eryaziopi  astroo.praicbc, 

(3)  E  lo  stadio  olimpico 

(i)  Forse  stadio  alessandrino.  Vedi  Annali  civili  di  NapQli  del  1 8^0,  pag.  -113. 


\ 


96  ARCHEOLOGIA    E    BELLE    ARTI 

Dovendosi  ogni  tratto  ricordare  pesi,  misure,  monete,  troviamo  importante  il  presen- 
tare un'idea  di  essi,  col  ragguaglio  alle  unità  metriche.  Ma  su  questo  punto  discor- 
dano i  critici  per  modo,  che  non  ci  fu  possibile  dar  un  prospetto  del  quale  noi 
fossimo  interamente  convinti  :  sottoporremo  dunque  al  lettore  una  dissertazione 
dell'astronomo  Luigi  Ideler  sul  sistema  dei  Romani  e  dei  Greci. 

MISURE  DI  LUNGHEZZA  E  SUPERFICIE   DEI    ROMANI. 

Rapporti  tra  le  medesime. 

L'unità  di  misura  era  presso  i  Romani  chiamata  pes,  piede,  tolta  dal  corpo  umano, 
come  pure  cubitus,  palrnus,  digitus,  il  cui  rapporto  tra  loro  e  col  piede  restava  de- 
terminato naturalmente,  come  vediamo  nell'antichità.  Palmus  indicava  la  larghezza 
della  mano  o  delle  dita  riunite  insieme,  eccettuato  il  pollice;  quattro  volte  la  lar- 
ghezza della  mano  corrispondeva  comunemente  alla  lunghezza  del  piede;  ed  un  piede 
e  mezzo  fanno  un  cubito,  cioè  la  lunghezza  dalla  punta  del  gomito  fin  all'estre- 
mità dell'indice  disteso.  Così  quattro  digiti  formavano  un  palmo;  sedici  digiti  o 
quattro  palmi,  un  piede  ;  ventiquattro  digiti  o  sei  palmi,  un  piede  e  mezzo,  ossia  un 
cubito.  Ma  di  queste  misure  determinate  dal  cubito  e  dal  piede,  soltanto  la  prima 
era  in  uso  presso  i  popoli  orientali  ;  i  Romani  invece  usavano  quasi  esclusivamente 
la  seconda  ;  i  Greci  l'una  e  l'altra. 

Occorre  fra  i  Romani  una  doppia  divisione,  decimale  e  dodicesimale.  Si  servivano  della 
seconda  per  tutti  gli  oggetti  divisibili,  più  comuni  nella  vita;  ed  era  tanto  usata,  che 
gli  scrittori  non  parlano  quasi  mai  d'altre  frazioni  che  di  quelle  generate  dalla  divi- 
sione dodicesimale,  come  appare  dalla  seguente  terminologia: 

Uncia ìji^  ^emis,  semissis 6;1 2=1/2 

Sescuncia,  sescunx     .     .1/12  1/2=1/8  Septunx 7/12 

Sextans 2/12=1/6  Bes 8/12=2/3 

Quadrans 3/12=1/4  Dodrans 9/12=3/4 

Triens         4/12=1/3  Dextans 40/12=5/6 

Quincunx 6/12  Deunx •     .  11/12 

Il  tutto  0  l'intiero,  riguardo  alle  sue  frazioni  o  preso  da  se,  era  chiamato  as.  Per  le 
parti  dell'oncia,  cioè  minori  dei  dodicesimi,  usavano  quest'altre  denominazioni: 

Semuncia 1/2  j  .2 1/24     1  „ 

Sicilicus "J/^  (  i ^l^^     {  a 

Sextula 1/6  (  == 1/72     (  = 

Scripulum 1/12  )  -a  .     .     .     • 1/238  1  "^ 

Quando,  per  esempio,  Plinio  (xviii.  32)  dice  che  la  luna,  dopo  la  sua  congiunzione,  re 
sta  sull'orizzonte  horce  unius  dextante  sicilico  dopo  il  tramonto  del  sole,  è  duopo  ag- 
giungere 5/6  e  1/48  d'un'ora,  il  che  dà  presso  a  poco  SI  dei  nostri  minuti. 

Applichiamo  queste  denominazioni  ad  oggetti  particolari. 

I.  L'unità  della  moneta  era  di  preferenza  chiamata  as  ;  gli  spezzati  della  moneta  erano 
il  semissis,  il  triens,  il  quadrans,  il  sextans,  Vuncia  e  la  sextula;  quest'ultima  era 
la  più  piccola,  ed  esistette  solo  nei  primi  tempi  di  Roma,  quando  l'os  pesava  una 
libbra  e  la  sextula  un  sesto  d'oncia:  mentre  quando  Vas  fu  ridotto  alla  semuncia, 
ìa  sextula  non  pesò  più  che  1/144  dell'oncia.  Sembra  che  dopo  quell'ora  sia  pure  scom- 
parsa ì'uncia.  Gli  altri  nomi  dei  dodicesimi  dell'unità  monetaria  as,  più  non  indicavano 
che  moneta  di  conto.  Così  avranno  chiamato  quincuns  la  somma  d'un  sextans  e  d'un 
quadrans,  senza  che  esistesse  una  moneta  di  tal  valore. 

II.  La  divisione  dell'eredità. 

III.  La  libbra,  libra. 

IV.  Il  sextarius,  misura  dei  liquidi. 

V.  11  jugerum,  unità  della  misura  agraria. 

VI.  Il  piede,  0  misura  di  lunghezza,  ideler  discende  intorno  a  questo  a  molte  particola- 
rità, e  conclude  colla  tavola  seguente  che  indica  i  rapporti  delle  tre  specie  di  lun- 
^he?za. 


MISURE 


1.  Architetlonica. 


Cubitus    .     i 

Palmipes  .    11/6     . 
Pes      .     .     i  1/2 

1 

11/4     .     1 

Dodrans   .     2     . 
Semipes    .    o    . 
Palmas    .     6     . 

12/3     .     1  1/3     .     1 

2  1/2.2.       .11/2.1 

5.       .4.       .3.       .1.1 

Uncia  .     .  18     . 

15     .       .  12     .       .     9     .       .6.3 

1 

Digitus    .  24  ♦ .       . 

20     .       .  16     .       .  12     .       .8.4 
2.  Misure  geodetiche,  o  di  terreni. 

1  1/3 

Actus    ...      1 

Decempeda      .     12 
Passus  .     .     .    2i 

.    1 
.2.1 

Gradus.     .     .    48 

.4.2.1 

Pes  ...     .  120 

.10     .     5     .     2  1/2 

3.  Misure  itinerarie. 

Leuca    .     .          1 

Mille  passus          1   1 
Stadium     .        12 

/2          1 

8     .         i 

Possus    .     .     1500 

.     1000     .     125     .     1 

Pes    .     .     .     7300 

.     5000     .     6^5     .     5 

Si  osservi  che  la  leuca,  o  lega,  è  misura  puramente  gallica;  il  miglio  misura  romana; 

e  lo  stadio  misura  greca. 
Riguardo  alle  misure  agrarie,  i  Romani  avevano  per  unità  lo  jugerum ,  che  era  di 

288,000  piedi  quadrali;  ed  eccone  le  suddivisioni: 

piedi  quadrati 

50 

100 

200 

400 

600 

1200 

2400 

4800 

7200 

9600 

12000 

14400 

16800 

19200 

21G0O 

24000 

26400 

28800 


parti  dello  jvgc 

rum 

scripula 

1/576 

ifi       . 

1/288 

Scripulum 

ì 

1/144 

' 

2 

1/72 

Sextula    . 

4 

1/58 

Sicilicus  . 

6 

1/24 

Se  mancia     . 

12      . 

1/12 

Uncia 

24 

1/6 

Sextans   . 

48 

1/4 

Quadrans 

72 

1/3 

Tnens 

96 

5/12 

Quincunx 

.       120 

1/2 

Semis  .     . 

144 

7/12 

Septunx  . 

.       168 

2/3 

Bes     .     . 

192 

3/4 

Dodrans  . 

216 

5/6 

Dextans  . 

240 

11/12 

Deunx 

.       264 

1 

As  .     .     . 

288 

elle  misure  più  grandi  Ideler  dà  la  seguente  tavola 

Saltus.     . 

.     .                1 

Centuria . 

4     .              1 

Heredium 

400     .          100     .          1 

Jugerum  . 

800     .          200     .          2 

Actus  quadr 

atus          1600     .          400     .          4 

Clima 

.     .          6400     .         1600     .        16 

Scripulurn 

.     .      230401 

) 

57 

600     .       l 

)76 

1 

2 

8 

288 


1 

4 
144 


1 

56 


Nella  Gallia  V actus  quadratus  era  chiamato  arepennis,  donde  il  nome  moderno  di  arpent^ 
sebbene  le  due  misure  non  siano  precisamente  le  stesse. 

Cantù,  Documenti,  —  Tomo  1,  Archeologia  e  Belle  Arti  7 


98 


ARCnEOLOGlÀ    E   BELLE    ARTI 


Confronto  delle  misure  di  lunghezza  e  di  superfìcie  dei  lìomani 
colle  moderne  francesi  e  metriche. 
Per  base  di  questi  calcoli  Ideler  prese  il  piede  parigino,  il  metro  ed  il  piede  del  Reno, 
facendo  notare  che  il  metro  fu  definiti\ameDte  valutato  corrispondere  a  443,295,936 
linee  di  Parigi.  Sovra  questo  fatto  compilò  la  tavola  che  segue: 

Misure  di  lunghezza  dei  Romani. 


piedi  parigini 

me^ri 

i. 

Sicilicus  .     .    .     . 

0.0190 

0.0062 

2. 

Semuncia      .     .     . 

0.0379 

0.0123 

3. 

Digitus    .     .     .     . 

0.0od9 

0.0185 

4. 

Uncia  .... 

0.0758 

0.0246 

5. 

Sescuncia.     .     .     . 

0.1137 

0.0369 

6. 

Sextans    .     . 

0.1516 

0.0493 

7. 

Quadrans^  palmus 

0.2274 

0,0739 

8. 

Trirns  .... 

0.5032 

0.0985 

9. 

Quincunx 

0.3791 

0.1231 

10. 

Semis^  semipes  .     . 

0.4549 

0.1478 

ìi. 

Septunx   .     .     , 

0.5307 

0.1724 

12. 

Bes      .... 

0.6065 

0.1970 

^o. 

Dodrans   .     .     . 

0.6823 

02216 

M. 

DexPms    .     .     . 

0.7581 

0.24G3 

lo. 

Deunx .... 

0,8839 

0.2709 

16. 

Pes  (piede  romano) 

0.9097 

0.2955 

17. 

Palinipes  .     .     . 

1.1372 

0.3694 

\^. 

Cubitus    .     .     . 

i  .3646 

0.4433 

19. 

Gradus     .     .     . 

2.2743 

0.7388 

20. 

Passus.     .     .     . 

4.5486 

1.4776 

21. 

Decempeda    .     . 

9.0972 

2.9551 

22. 

Actus  .... 

109.1667 

35.4616 

23. 

Stadiuìn  .     .     . 

568..58 

184.70 

24. 

Mille  passus  (m\g\\o 

)       4548.61 

1477.57 

2d. 

Leuca  .... 

.       6822.92 

2216.35 

Tutti  sanno  che  il  piede  francese  si  divide  in  12  pollici,  il  pollice  in  12  linee;  onde,  chi 
voglia  tradurre  le  parti  decimali  del  piede  in  pollici  ed  in  linee,  troverà  che  il  piede 
romano  corrisponde  a  10  pollici  e  11  linee.  Dalla  tavola  si  vede  tosto  ch'ei  vale  2  de- 
cimetri,  9  centimetri,  5  millimetri  e  mezzo.  Siccome  poi  ogni  sei  piedi  fanno  una 
tesa,  lo  stadio  corrisponderà  a  tese  94.76;  il  miglio  romano  a  tese  758.  10;  e  la  leuca 
gallica  a  tese  1137.  15. 

Se  vogliansi  confrontare  queste  tre  misure  itinerarie  colla  lega  e  col  miglio  geografico, 
sarà  duopo  ricordare  che  la  prima  è  la  venticinquesima,  l'altro  la  quindicesima  parte 
d'un  grado  medio  di  latitudine.  Dalle  misure  prese  dai  geometri  poi  risulta  che  il 
metro  è  la  diecimilionesima  parte  della  distanza  dall'equatore  al  polo.  Un  quarto  del 
meridiano  sarà  dunque  linee  4,432,959,360 ,  o  tese  5,130,740:  onde  risulta  che  la 
lega  corrisponde  a  tese  2280.33,  ed  il  miglio  geografico  a  3800.55;  vale  a  dire  alTin- 
circa  1  lega  =  2i  stadj  =  3  miglia  romane  =  2  leghe  galliche  antiche  :  ed  un  nii- 
glio  geografico  =40  stadj  =  5  miglia  romane  =  3  1/7  leghe  galliche:  un  grado  medio 
della  terra,  ch'è  tese  57,008  2;9,  corrisponderà  circa  a  602  stadj  =  75  miglia  roma- 
ne =■  50  leghe  galliche. 

Misure  di  superficie  dei  Romani. 


1 .  Pes  quadratiis  . 

2.  Scripulum     .  . 

3.  lincia  .     .     .  . 

4.  Clima  .     .     .  . 

5.  Actus  quadratus 

6.  Jugerurn   .     .  . 

7.  Heredium       .  . 

8.  Centuria    .     . 

9.  Saltus  .     .     , 


piedi  quadrati 

0.8276 
82.76 
1986.23 
2970.34 
11917.36 
23834.72 
47669.44 
4766944 
19067778 


metri  quadrati 

0.0873 
,      8.73 
209.59 
314.38 
1257.53 
25t.S.06 
.5030.11 
50301 1 
2012044 


MISURE  96 

Gli  arpenti  onde  misuravansi  una  volla  i  terreni  in  Francia,  comprendevano  48,400 
piedi;  la  misura  agraria  presente,  ch'è  l'ettaro,  comprende  10,000  metri  quadrati:  Io 
jugerum  pertanto  equivale  ad  un  arpento  e  mezzo  circa,  ed  a  poco  più  d'uà  quarto 
dell'ettaro. 

MISURE   DI   LUNGHEZZA   E   DI    SUPERFICIE   DEI   GRECI 

Rapporti  tra  le  medesime. 

SratTiov,  stadio      ...  1 

UJé2f,ov,  pletro    ...  6  1 

Opyyiy-,  orgia       ...  100  16  2/3  \ 

n/ìjTù,-,  cubito       ...  400  66  2/3  4  \ 

noù;,  piede      ....  600  100  6  1  1;3      1 

27ri3a,xr],  spanna      .     .  800  153  1/3  8  2              1  1/2      1 

I[7.)oLh'n,  palmo       .     .  2400  400  24  6              4             3    1 

AixTu^o,-,  digito       .     .  9600  1600  96  24            16           12    4 

Di  poche  misure  di  superficie  fanno  menzione  i  Greci,  e  ci  danno  un'idea  precisa  sol- 
tanto del  :i'/iBfiov  che  è  10  mila  piedi  quadrati,  confuso  dai  Latini  col  jugerum  tre 
volte  pili  grande. 

Misure  agrarie  dei  Greci. 

U)i3pov,  pletro      ...  1 

Apo\>px,  arura  ....  4  .  1 

hy^xiju,  achena      ...  100  .  25    .        i 

nou?,  piede 1000  .  2500     .    100 

Benché  l'antica  Grecia  fosse  formata  dalla  riunione  di  molti  popoli  tra  loro  diversi  per 
leggi  e  per  istituzioni,  tutti  però  andarono  d'accordo  quanto  alla  misura  del  piede  qua- 
drato. Ideler  crede  non  si  possa  determinare  altrimenti  che  giusta  il  piede  romano, 
col  quale  starebbe  nel  rapporto  di  2S  a  24;  per  tal  modo  arriva  a  determinare  lo  sta- 
dio all'ottava  parte  del  miglio  romano,  combattendo  le  opinioni  contrarie.  Aggiunge 
che  i  popoli,  i  quali  fecer  uso  d'uno  stadio  più  lungo,  ebbero  anche  un  piede  più 
grande  ;  e  prende  a  combattere  specialmente  Fréret  il  quale,  nel  suo  sistema  più  inge- 
gnoso che  fondato,  stabilì  per  base  che  Erone,  le  cui  opere  di  geodesia  e  sulle  macchine 
da  guerra  furono  tradotte  dal  Birocci,  era  nato  ad  Alessandria,  mentre  non  si  trova 
fatto  nessun  cenno  intorno  alla  sua  patria,  anzi  aggiungeremo  che  Fabricio,  nella  sua 
Biblioteca  greca,  lo  chiama  Erone  da  Bisanzio. 

Confronto  delle  misure  di  lunghezza  e  di  superficie 
dei  Greci  colle  moderne. 

Dal  valore  del  piede  romano  di  131  linea,  e  dal  rapporto  di  24  a  2S  ch'esso  ha  col  piede 
detto  stadio  olimpico,  usato  più  generalmente,  risulta  che  questo  è  linee  1364.  5833; 
né  tal  valore  si  scosta  molto  da  quello  del  piede  ateniese,  secondo  la  misura  presane 
sull'ecalompedo  da  Leroi  e  Stuard.  Sovra  questo  valore  e  sovra  i  rapporti  dati  poc'anzi 
tra  le  diverse  misure,  s'è  potuto  formare  la  seguente  tavola  di  paragone  delle  misure 
olimpiche  di  lunghezza  : 

piedi  parigini  metri 

1.  Aax.Tu)o,-,  dito 0.0592  0.0192 

2.  nnUictYi,  palmo 0.2369  0.0770 

3.  l-ni3àu.Yì,  spanna 0.7107  0.2309 

4.  nou,-,  piede 0,9476  0.3078 

3.  mx^;,  cubito 1.4214  0.4617 

6.  B/>3(,  passo 2.3691  0.7696 

7.  Opyul^,  orgia 5.6808  1.8470 

8.  Ax^t'-a,  achena,  decempeda    ,        9.4763  3.0783 

9.  miSpov,  pletro 94.763  30.783 

10.  STà^iov,  stadio       568.58  134,70 


JOO  ARCnEOI.OGIA    E    BELLE  ARTI 

Gli  autori  Greci  fino  al  in  secolo  dell'era  viilgare,  contano  in  generale  otto  stadj  olimpici 
per  ogni  miglio  romano  :  nei  tempi  posteriori  si  usarono  due  specio  di  stadj  più  lunghi-, 
l'uno  di  sette,  l'altro  di  sette  e  mezzo  per  ogni  miglio  romano.  Quest'ultimo  ha  un 
piede  di  linee  jìarigine  140.  7,  e  sta  al  piede  romano  in  ragione  di  tOU  a  112,  o  di2S 
a  28.  Sei  di  questi  piedi  corrispondono  ad  una  tesa,  6  piedi  e  1 13  di  pollice,  misura 
di  Parigi  ;  e  lo  stadio  che  ne  risulta  è  di  61 1  piedi  parigini,  o  tese  101  e  piedi  5. 

11  piede  dello  stadio  di  sette  per  ogni  miglio  romano,  e  che  vien  chiamato  piede  reale  o 
fdeterico,  vale  linee  ITiT.  2,  e  sta  al  piede  romano  in  ragione  di  5  a  6;  lo  stadio  che  ne 
risulta,  corrisponde  a  656  piedi  parigini,  o  tese  109  ed  un  piede. 

Misure  olimpiche  di  superfìcie. 


misure  (jicche 

piedi  quadr.  parigini 

metri  quadr 

Piede  quadrato     . 

.     .     .          0.8980 

0.948 

A;{«tv3t,  achena    . 

.     .     .        89.80 

9.48 

Apoujia,  arura 

.     .     .    2245 

257 

nìéSpoj,  pletro 

.     .     .    8980 

948 

Gosselin,  nelle  Recherches  sur  la  géographie  sijstématique  et  positive  des  anciens,  inserì  una  • 
memoria  De  Vèvaluationetde  Vemploi  des  imsures  itinérairts  grecqucs  et  romaines  ;  poi 
nelle  j/emor/e dell'Accademia  d'Iscrizioni  e  Belle  lettere,  voi  vi.  1822,  altre  Recherches 
sur  le  principe,  les  bases  et  l'évaluatiun  des  dijférens  systémes  métriques  linéaires  de 
Vantiquilé.  Sostiene  egli  che  lutti  i  sistemi  metrici  lineari  ch'esso  potè  riscontrare, 
avevano  per  hase  la  misura  della  circonferenza  della  terra,  diversamente  modificata, 
ma  conservata  sempre  esattamente:  unitiì  di  modulo,  che  solo  può  spiegare  i  rapporti 
che  costantemente  offrono  le  varie  misure  antiche  comparate  fra  loro.  Con  lunghe  e 
dottissime  indagini  egli  arrivò  a  verificare  questo  sistema  sopra  i  monumenti  de' popoli 
più  lontani. 

Giusta  le  ultime  ricerche,  si  potrehbe  proporre  la  seguente  tabella  delle  misure  degli 
antichi  paragonate  alle  metriche  : 

Misure  itinerarie. 

chilometri 

Lo  schetie  o  posta  dell'Egitto  medio 20 

—  —    della  Tebaide  o  gau  indiano,  detto  pure  statmo   .  10 

—  —    del  Delta  =  9600  passi  semplici 6  2;3 

La  parasan.9a  =  7200  passi  semplici S 

Il  coss  indiano  ^3500  id ^  il^ 

Il  miglio  egiziano  =  2880     id.  2 

—  persiano  od  asiatico 12/3 

—  ebraico 1  1;6 

Lo  stadio  pitico  0  delfico 0.148  4/27 

—  medio,  detto  nautico 0.166  2/3 

—  grande,  detto  alessandrino  o  egizio 0.222  2/9 

— i        fileterio  o  reale 0.210.  14 

—  greco  olimpico 0.185.  37 

—  di  Eratostene        O.ITiO.  2 

—  di  Cleomede  e  Posidonio 0.166.  25 

—  di  Aristotele  o  piccolo 0.099.  8 

—  de' Babilonesi,  Persiani,  Ebrei 0.147.  78 

—  d'Archimede 0.133. 


MisimE  iOi 
Misure  lineari. 

metri 

Cubito  reale  di  Babilonia 0.4G87. 

Cubito  medio 0.416  2/3 

11  piiiìon  0  palììiipes 0.547  2/9 

Il  piede  geometrico 0.257  7/9 

Il  piede  pitico  o  delfico 0.2i0.           9 

11  palmo  maggiore 0.086.            8 

Il  palmo  comune  o  palestra 0.069  4/9 

Il  pollice,  od  oncia  del  piede  geometrico 0.023  4/27 

11  dactiìo  o  dito 0.017  15/50 

L'ecatompede  olimpico 50.864. 

L'esapode 1.851. 

Il  cubito  di  18  pollici  olimpici 0.463. 

Il  piede  olimpico 0.508.            6 

L'esapode  di  6  piedi  romani 1.7/9 

Il  passo  grande  di  5  piedi  romani 1.     15/27 

11  passo  comune  di  2  piedi  romani ,,....  0.     16/27 

Il  piede  romano ,     .     .     .  0.    8/27 

Misure  agrarie. 

metri  quadrati.  frazioni  decimali 

Il  pietre  =  100  piedi  olimpici  quadrati  ....                     9.  526 

L'esapode  =    36                 id.                     ....                     3.  429 

Il  saltus  di  4  centurie 2,022,716. 

La  centuria  di  1000  eredie 505,679. 

L'eredia  di  2  jugeri 5,056.  79 

Lo  jugero  di  800  esapodi 2,528.  393 


102  ARCHEOLOGIA    E   BELLE   ARTI 

Offriremo  ancora  il  prospetto  meglio  accettato  delle  misure  romane- 

Misure  di  superficie. 


Pedes  q. 

^ 
-^ 

1 
ti 

.a 

s 
a 

1 

4) 

-< 

100 

1 

36 

1 

1 

1 

1 

1 
1 

2 
2 
3 
3 
4 
4 
49 
197 

3 

12 
24 
49 
98 
48 
97 
46 
96 
45 
94 
44 
93 
36 
44 

8 

3,600 

8 

14,400 

144 

4 

34 

28,800 

188 

8 

2 

68 

57,600 

576 

16 

^ 

2 

36 

4 

2 

72 

6 

3 

8 

8 
10 

4 

44 

L'unità  dei  quadrati  era  lo  jugero, 
nella  cui  divisione  ricorre  la  partizione 

5 

80 

12 

6 

16 

dell'asse  in  oncie  e  loro  frazioni   Lo 

14 

7 

52 

jugero  era  un  bislungo  di  240  piedi 
sopra  120,  cioè  28,800  piedi  quadrati. 

16 

8 

88 

18 

9 

24 

20 

10 

60 

200 

100 

1 

800 

400 

l> 

: 

l 

Misure  lineari. 


«<5 

S 

0 

2 

i 

^ 

£ 

S 

•2 
•2 

E 

0 

1 

1 

1 

1 

1 

1 

1 

41  2/3 

1 

1 

2 

4 

5 

7 

8 

10 

11 

13 

14 

3 

12 

4 

0  295 

18 

6 

IV2 

0  442 

60 

20 

5 

3  Vii 

1  475 

120 

40 

10 

■    6V3 
80 

2 

2  950 

1,441 

480 

120 

24 

12 

354 

60,000 

20,000 

5,000 

3,333  V:i 

1 ,000 

500 

475 

2 

950 

3 

425 

4 

900 

5 

375 

6 

850 

7 

325 

8 

790 

9 

275 

10 

750 

MISURE 


103 


Mi)>uie  (li  capacità. 


Cyathus 

-2 

"55 

Se 

e 
"K 

53 
3 

•S 

C<5 

.3 

s 

e 

2 

o 

1 

10 
20 
30 
40 
50 
60 
70 
80 
90 
100 

3 

3 
Ù 

1 

2 
3 
4 
5 

's     "2      i    1     e 

C=d       O       J    Q    O 

1 

1 

1 

2 
4 

• 

1 

1 

1 

6 

1 

. 

1     14 

4 

4    58 

6 

17. 

6    87 

12 

3 

1    3    75 

24 

0 

2 

2    7      5 

48 

12 

8 

4 

2 

5    5 

288 

72 

48 

64 

128 

192 

~384 

24 

12 

1 

3    3 

384 
768 

96 
192 
288 

32 
64 

16 
32 

8 
16 

1^3 
2'/3 
4 

4    4 
3    8 

1,152 

96 

48 

24 

l'/2 

1 

2 
40 

13    2 

2,304 

578 

192 

96 
1,920 

48 

8 

3 

26    3    9      9 

46,080  1L520 

7,680 

3,840 

960 

160 

60 

2    64 

L'uni 
chiamai 
cubo.  1 
vino,  il 
del  vinc 

tà  di  misi 
asi  qmdi 

.  suo  peso 
cho  mon 

)  =0,991 

ira  di 
antal, 
,  secdi 
ta  a  lit 
5. 

capaci! 
come 
ido  Fé 
ri  26, 

à  era 
|uelia 
5to,  er. 
3995, 

l'anf 
che  i 

lUgU 

post 

)ra,  ch( 
ontene\ 
ale  a  8 
0  il  pes 

;  dappri 
a  un  pi( 
0  libbre 
0  specil 

ma 

ìàe 

d 

Ico 

5    28 

7    92 
10    56 
13    20 
15    84 
18      8 
21     12 
23    76 
26    39    9    5 

§  76.  —  Campi  militari 

1  campi  militari  sono  un  genere  d'architettura  di  cui  ci  restano  avanzi  in  più  d*UQ 
luogo,  e  che  a  molti  altri  lasciarono  il  nome  ,  come  Lancaster,  Glocester,  Chester, 
Castro  ecc.  Nel  nostro  trattato  Sulla  Guerra  ne  offriamo  le  particolarità,  e  nell» 
pag.  seguente  ne  riproduciamo  il  disegno. 

Vicin  di  Roma  si  stabilì  il  campo  de'  pretoriani,  credesi  fra  le  vie  Nomentana  e 
Tiburtina,  dietro  le  terme  di  Diocleziano.  Era  costrutto  di  mattoni  a  lavoro  reticulato, 
rivestilo  di  stucchi  e  con  portici  magnifici.  Grave  era  l'aspetto  del  pretorio  ,  ove  il 
prefetto  rendea  giustizia:  nell'interno  non  avea  che  una  tavola  coperta  d'un  tappeto 
di  porpora  ricamato  d'oro,  su  cui  stava  il  libro  degli  statuti  coll'effigie  dell'impera- 
tore, e  due  candelabri  da  lato  che  accendevansi  durante  l'udienza. 

A  Pompej  e  ad  Otricoli  si  trovarono  due  piccoli  campi,  semplici,  con  gallerie  ia 
giro.  In  Germania  e  in  Bretagna  trovansi  vestigia  di  campi,  che  talora  mal  si  discer- 
nono da  opere  druidiche  o  da  teatri.  Ve  n'avea  sin  con  triplice  vallo.  Altre  volte 
chiudevasi  con  un  muro  tutta  la  provincia,  o  con  una  serie  di  fòrti. 

Delle  macchine  belliche  avemmo  a  parlare  in  esso  trattato  Sulla  Guerra. 


LiPsio,  Polioreeticon,  tive  de  moeWnù,  lormentù  ite. 

Mahini  Luci,  Illatlrationet  prodromce  in  tcriptorei  graeot  et  latinoi  de  Btllopaia.  Bona  -1820, 

Dubkao  de  la  Malle,  Polivrcélique. 

Meybick,  Crilical  inquiry  info  ancieni  armour. 

Bernd,  Das  fVappenv.eten  d*r  Griechen  und  Riimer.  Bonna  ^84^. 


104 


AKCHEOLOGU    E    IlELLF.    AKTI 
Campo  romano. 


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§77. 


Città. 


Davasi  il  titolo  d'eroi  a  quelli  che  fondassero  una  città;  e  lodavansi  dell'avene  scelto 
la  situazione  in  modo  di  godere  buon'aria  e  bella  vista  Quest'ultimo  intento  si  propo- 
sero sempre  i  Greci,  i  cui  tempj  e  teatri  son  collocati  in  felici  prospetti  ;  teneano  pur 
conto  dell'aria  e  del  sole:  e  si  sanò  qualche  città  con  dare  diversa  direzione  alle  sue 
strade.  Eppure  Atene  stessa  era  non  molto  dissimile  dalla  moderna  Costantinopoli,  con 
vie  irregolari,  buje,  non  selciate  e  fangose,  case  povere  e  piccole. 

Quanto  ai  Romani,  alla  fondazione  d'una  nuova  città  il  magistrato  ravvolto  nella  toga 
e,  al  modo  de'Gabinj,  succinto  per  una  parte  di  essa,  sostenea  la  stiva  dell'aratro,  al 
quale  erano  aggiogati  un  toro  ed  una  giovenca.  Della  toga  gabinia  il  Winckelmann 
trasse  un  esempio  dall'arco  di  Marc'Aurelio,  ove  questo  Cesare  sta  in  atto  di  compiere 
un  sacrifizio. 

La  forma  preferita  per  le  città  era  (|uella  del  campo  sovradescritta  ;  e  in  molte  d'Ita- 
lia fondate  dai  P.omani  si  può  riscontrarla,  malgrado  le  alterazioni,  come  in  Pavia, 


o)  Tcnilc  Jc'  tribuni. 

b)  Tende  de'  prefetti. 

c)  Triiirj. 

d)  Cavalleria. 

e)  Principi. 

f)  Astuti. 

g)  Cavalleria  alleata. 
h)  Fanteria  alleata. 


i)  e  k)  Cavalieri  e  fanti  straordinarj  degli  alleali; 
Tolontarj  stranieri  ;  e  rinforzi  temperar]  delle  truppe 
straniere  ed  alleate. 

l)  Veliti. 

m]  Porta  decumana. 

n)   Porta  pretoria 

o)  Porta  principale  dritta. 

f)  Porta  principale  sinistra. 


CITTÀ  405 

Como,  Piacenza,  Parma,  Aosta,  Torino,  le  cui  mura  antiche  formano  un  parallelogramo; 
raramente  un  quadralo,  come  a  Verona;  spesso  un  (juadrato  e  mezzo,  tagliato  da  una 
0  due  strade  pel  lungo  o  pel  traverso.  ^t\V Encyclopedia  of  aniiquities  di  Fosbroke 
(Londra  1840,  p.  560]  è  dato  il  piano  della  Londra  romana,  simile  anch'esso  ad  un 
campo. 

L'unione  di  molte  case  private  (aerfes)  separate  dalle  vicine,  chiamavasi  isolai  al- 
quante isole  costituivano  un  vicus;  e  molti  di  questi  un  regio.  Quattro  sole  n'ebbe  Roma 
finché  durò  in  repubblica.  Le  strade  prendevano  i  nomi  mal  distinti  di  angiportus,  se- 
mita, iter,  anguste,  tortuose  e  non  selciate. 

Queste  riuscivano  sopra  le  vie,  uniche  l'atte  e  mantenute  a  spese  pubbliche,  e  che  le- 
galmente duveano  esser  larghe  non  più  di  bi  piedi  romani  (m.  2.  4C.  Gajo).  Le  costeggia- 
vano marciapiedi  di  2  a  4  piedi  (da  m.  0  (il  a  I.  22).  Delle  vie  di  Pompe]  olFrimmo 
un'immagine  qui  sopra,  ed  anche  le  maggiori  vi  sono  strette,  da  non  dare  il  cambio  ai 
carri;  e  in  tempi  pidvosi  dovea  corrervi  il  rigagnolo,  talché  eran  necessarj  i  mar- 
ciapiedi.jSulle  grandi  vie  collocavansi  vasi  per  l'urina,  gasira,  (Petkomo,  29). 

Le  vie  di  Roma,  anche  ne' migliori  tempi,  furono  infelici.  Nel  579  della  sua  fonda- 
zione, i  censori  Fulvio  Fiacco  e  Poslumio  .Mhino  fecero  selciare  di  grandi  pietre  quelle 
in  città,  e  quelle  fuori  con  glaiea  e  con  margini  rialzati  (Censores  vtas  sterìienda^  silice 
in  urbe^  glarea  extra  urbein  subitruendas,  viarginundasque  primi  omnium  locaverunt 
(Livio,  xli.  27). 

Le  tavole  di  rame,  su  cui  sono  scritte  leggi  che  Corradi  e  Mazzocchi  credeano  esser 
le  Sempronie  di  Cajo  Gracco,  ma  che  ora  ascrivonsi  agli  ultimi  tempi  della  repubblica, 
portano  regolamenti  intorno  alle  strade:  «  Chi  ha  od  avrà,  sia  in  Roma,  o  a  un  miglio 
in  giro  al  suo  abitato,  una  casa  davanti  a  cui  passi  una  strada  pubblica,  dovrà  mante- 
nere essa  strada  a  requisizione  dell'edile,  cui  spetta  quel  quartiere.  L'edile  veglierà 
perchè  ciascun  proprietario  mantenga  come  deve  la  strada  dinanzi  la  sua  casa,  sìcché 
l'acqua  non  s'impozzi  e  non  la  renda  incomoda. 

«  Gli  edili  curuli  e  plebei  dovranno,  fra  cinque  giorni  dopo  eletti,  trarre  a  sorte  le 
parli  della  città,  dove  abbiano  a  sorvegliare  la  riparazione  e  il  selciato  delle  strade 
pubbliche  a  Roma  e  ad  un  miglio  in  giro. 

«  Se  la  via  passi  fra  un  tempio  od  un  luogo  pubblico  qualunque  e  una  casa  privata, 
l'edile  farà  conservare  a  spese  dello  Stato  metà  di  questa  parte  della  via  pubblica. 

«  Se  un  proprietario  non  intertenga  la  strada  avanti  la  sua  casa  dopo  l'intimazione 
dell'edile,  questi  l'allìderà  a  un  appaltatore;  ma  dieci  giorni  prima  l'annunzierà  nel 
fòro,  e  ne  farà  intimar  l'avviso  ad  esso  proprietario  e  a' suoi  procuratori  ;  e  l'ag"iudi- 
cazione  si  farà  pubblicamente  nel  fòro,  mediante  il  questore  urbano. 

«  Esso  proprietario  o  proprietarj  saranno  scritti  come  debitori  sui  libri  di  finanza 
per  una  somma  eguale  all'aggiudicazione;  e  all'imprenditore  verrà  assegnato  un  cre- 
dito esigibile  di  pien  diritto  sui  loro  beni. 

«  Se  fra  trenta  giorni  dall'assegnazione  notificata  al  proprietario  esso  non  pagò  l'im- 
prenditore 0  non  diede  cauzione,  dovrà  pagare  metà  di  più... 

«  11  proprietario  che  abbia  davanti  alla  casa  un  marciapiede,  lo  manterrà  tutt'al  lungo 
di  essa  in  pietre  connesse,  intere,  ben  piane,  secondo  ordinerà  l'edile  di  quel  quartiere». 

Le  tavole  Eracleesi  contengono  molti  ordini  sul  mantenere  sgombre  le  vie,  e  proibi- 
scono i  carri  dall'alba  fin  a  decima,  salvo  poche  eccezioni.  Inoltre  si  obbligavano  gli  abi- 
tanti a  conservar  nette  le  vie  scopando  e  anaffiando. 

Nacdet,  Sur  la  police  chez  les  Romains.  Mém.  de  l'' Inslitut,  voi.  iv. 

Viveasi  nelle  strade  lìubbliche;  vi  si  giocava  alla  palla;  chiaccolavasi,  massime  da- 
vanti a  botteghe  di  barbieri,  profumieri,  pizzicagnoli;  gli  operaj  tenean  di  fuori  i  loro 
scannelli,  come  tuttora  si  pratica  ne' paesi  meridionali.  Pertanto  ai  magistrali  facea 
duopo  di  littori  per  avere  il  passo;  gli  altri,  dice  Plauto,  se  avevano  fretta,  doveano  far 
tre  cose  a  un  tratto,  correre,  litigare,  battersi,  {Mercat.  i.  2.  8).  Stava  sempre  l'ordine 
che  gli  uomini  cedessero  il  marciapiede  alle  donne  (VALERm  Mass.  v.  2.  1). 

Pomcerium  (da  post  murum)  dicevasi  uno  spazio  attorno  alle  città  etrusche  e  romane, 
determinato  da  colonnette  (cippi  pomceriij,  e  che  si  considerava  come  parte  delle  città 
stesse,  e  non  poteva  essere  occupato  per  nessun  uso  profano. 


106 


ARCHEOLOGU    E    6ELLE  ARTI 


Porta  chiamavasi  l'entrata  della  città,  a  differenza  della  j'anwa  delle  case.  Vario  n'era 
il  numero;  cinque  a  Megara,  sette  a  Tebe  di  Beozia,  otto  ad  Atene,  venti  a  Roma: 

parlasi  delle  cento  di  Tebe  egizia.  Erano 
0  ad  architrave  o  ad  arco,  e  nelle  città 
più  antiche  di  pietre  gradatamente  spor- 
genti. La  porta  di  Nola  non  è  in  linea  retta 
col  muro  in  cui  è  aperta,  e  così  è  d'una 
di  Pola.  Talora  son  doppie  per  comodità 
dell'uscire  ed  entrare,  come  nella  magni- 
fica di  Treveri  che  qui  esponiamo,  e  in 
quella  de'  Borsari  a  Verona,  e  in  una  di 
Pola,  dove  era  triplice  quella  de'Sergj: 
talaltra  un  marciapiedi  vi  è  rialzato  pei 
pedoni.  Stava  accanto  una  portella  (porta- 
la, pivòTzvlx) ^  forse  per  la  notte:  né  vi 
mancava  una  stanzuccia  pel  guardiano. 
Talora  la  porta  era  sormontata  da  una  torre 
per  difesa,  e  vi  si  poneano  immagini  di 
divinità.  Alcune  porte  chiamavansi  schee 
cioè  sinistre,  perchè  viepiù  fortificate  a  si- 
nistra, affine  di  offendere  maggiormente 
il  nemico  dal  lato  destro  che  restava  non 
coperto  dallo  scudo.  Fuor  di  quella  di 
Pompej  si  vede  che  ponevansi  iscrizioni 
temporarie,  per  esempio  editti  pretorj,  che 
poi  si  cancellavano  per  sovrapporne  altre. 
Le  città  più  antiche  d'Italia  e  di  Grecia  erano  su  allure,  talché  la  mura  secondava  il 
pendio,  e  nella  sommità  aveano  un'acropoli  o  cittadella  ove  ricoverar  le  donne  e  le  cose 
sacre  in  caso  di  pericolo.  Le  mura  erano  di  cortine  con  torri  a  tratto  a  tratto,  e  mas- 
sime agli  angoli  ;  e  talvolta  il  muro  era  doppio. 

Le  botteghe  aprivansi  sulla  via,  e  in  distinte  strade  stavano  i  diversi  [mestieri  :  cosi 
a  Roma  nel  fòro  Romano i  banchieri;  nel  Vicustuscus  e  nel  Velabro  i  mercanti  di  stoffe, 
i  conciatori,  i  profumieri,  i  droghieri;  in  Argitele  i  calzolaj;  nei  portici  d'Agrippa  i 
fabbricatori  d'abiti  ricchi  ;  nella  \  ia  sacra  i  venditori  di  minuterie  da  donar  alle  donne, 
ossetti  d'avorio,  tavolette  da  scrivere,  stipetti  di  legno  prezioso,  dadi,  tavole  da  giocare, 
ed  altri  ninnoli.  Delle  botteghe  di  Pompej  non  poteano  essere  che  piccolissimi  i  magaz- 
zini, e  si  chiudevano  con  tavole  posticcie,  assicurate  in  scanalature  degli  stipiti,  con 
emblemi  della  merce  che  vi  si  spacciava.  Non  vi  si  è  trovata  ancora  una  bottega  di  li- 
brajo  né  una  biblioteca  pubblica,  che,  potrebbero  essere  di  grande  utilità.  Sopra  un 
cartello  d'appigionasi  si  trovò: 

IN  PRAEDIIS  JVLIAE  SP.  FEIJCIS  —  LOCANTVR  —  BALNEVM  VENERIVI»  ET  NONGENTVM  TABER- 
NAE  —  PERGVLAE  —  COENACVLA  EX  IDIBVS   AVG.   PRIMIS  IN   IDVS  AVG.    SEXTAS— ANNOS    CON- 

TINVOS  QVINQVE  —  S  .  Q.  D.  L.E.N.C.A. 
SMETTIVM   VEHVM   AED. 

Le  abbreviature  credesi  indichino:  si 

QVIS    DOMINAW    LOCI    EJVS    NON    COGNOVERIT 

ADEAT  ecc.  Novecento  botteghe  in  una  sola 
città  sarebbero  assai:  pergole  chiamavansi 

terrazzi  dove  i  venditori  esponeano  le 
loro  merci:  i  cenacoli  sarebbero  trattorie, 
e  una  é  dipinta  sovra  la  parete  d'un  po- 
stribolo a  Pompej,  che  qui  vedete. 

Pei  ricchi  v'avea  opsonatores  simili  ai 
nostri  ristoratori^  che  servivano  a  pasto; 

dei  quali  Marziale  canta: 

«  Die  quoties  et  quanti  cupias  coonare  ;  nec  unum 
«  Addideris  verbum  ;  coona  parata  libi  est. 


4i  N_v..ijLJL4Ìik-S==iW'-4=^^ 


PALAZZI.    ERGASTOLI.    CASE.  107 

Secondo  una  descrizione  fatta  sotto  Onorio  o  Valentiniano  III,  Roma  dividevasi  in 
quattordici  regioni,  nelle  quali  erano  ventotto  biblioteche,  di  cui  principali  l'Ulpia,  e 
la  Palatina;  sei  obelischi,  otto  pomi,  otto  campi,  undici  fòri;  romano,  magno,  di  Ce- 
sare, d'Augusto,  di  Nerva,  di  Enoharbo,  I^oario,  Suarin,  de'Pistori,  de' Galli,  de'  Rus- 
tici; dieci  basiliche:  Giulia,  L'Ipia,  di  Paolo,  Vestilia,  Nettunia,  Matidia,  Marciana, 
Vascolaria,  Floscellaria,  Costantiniana;  dieci  terme:  di  Trajano,  di  Tito,  di  Comodo, 
d'Antonino,  di  Severiana,  d'Agrippina,  d'Alessandro,  di  Diocleziano,  di  Costantino,  di 
Severo;  venti  acque:  trajana,  annia,  marcia,  cerulea,  Claudia,  erculea,  giuba,  augustea, 
attica,  appia,  alseatina,  aetina,  cimina,  aurelia,  dannata,  vergine,  tepula,  severiana, 
antoniana,  alessandrina;  diciotto  vie,  due  campidogli,  due  circhi,  due  anfiteatri,  due 
colossi,  due  colonne  coclidi,  tre  teatri,  tre  ludi,  cinque  naumachie,  quindici  ninfei, 
ventidue  grandi  cavalli,  settanta  Dei  d'oro  e  settantaquattro  d'avorio,  trentasette  archi 
di  marmo,  trentasette  porle,  quattrocentoventitre  vici,  quattrocentoventidue  wdes,  qua- 
rantaseimila  seicenlodue  isole  (che,  se  il  numero  non  va  letto  altrimenti,  dovean  essere 
le  casipole  di  poveri),  mille  setlecentonovanta  case,  ducentonovanta  granaj,  ottocento- 
cioquantasei  bagni,  niille  trecencinquantadue  pozzi,  ducencinquanlaquatlro  forni,  qua- 
rantasei lupanari,  centoquarantaquattro  latrine. 

Che  anche  le  città  di  provincia  e  semplici  municipj  riproducessero  i  monumenti  al 
modo  della  metropoli,  cioè  fòro,  teatro,  circo,  ginnasio,  bagno,  campidoglio,  colle  forme 
e  coi  nomi  medesimi,  è  asserzione  non  appoggiata  a  bastanti  autorità  :  è  però  vero  che 
vi  s'imitava  la  metropoli. 

§  78.  —  Palazzi, 

Il  nome  di  palazzo  deriva  dal  colle  Palatino,  ove  dimoravano  i  sovrani  di  Roma.  Ma 
Nerone  non  credette  bastare  quel  colle,  e  nel  suo  palazzo  abbracciò  anche  il  Celio  e 
l'Esquilino.  La  casa  (foro  ch'egli  fabbricò  dopo  l'incendio,  cominciava  da  un  vesti- 
bolo, cinto  da  tre  lati  di  portici,  d'un  miglio  ciascuno,  e  nel  mezzo  un  colosso  dell'im- 
peratore, alto  26  piedi.  In  si  vasto  recinto  v'erano  e  prati  e  vigne  e  foreste  con  selvag- 
gina e  con  fiere.  Oro,  pietre,  perle  splendevano  pertutto.  Le  sale  da  mangiare  erano 
sotTiUate  di  tavole  d'avorio,  mobili  e  versatili,  per  poter  farne  piovere  fiori  ed  acque 
odorose.  La  più  grande  era  rotonda,  e  girava  giorno  e  notte  come  il  mondo  (?).  Acqua 
di  mare  e  dal  fiume  Albula  vi  serviva  ai  bagni.  Severo  e  Celere  n'erano  stati  gli  archi- 
letli  ;  h  statua  era  d'Atenodoro. 

Piranesi  descrisse  la  casa  aurea  di  Nerone  e  il  palazzo  di  Spalatro.  E  vedesi  che  la  ge- 
nerale lestura  de'  palazzi  antichi  era  un  muro  di  recinto  in  quadro  con  una  porta  per 
lato;  e  dentro  piazze,  atrj,  strade,  tempj,  teatri,  terme,  e  molte  case,  stalle,  magazzini, 
giardini,  quasi  piccole  città  e  senza  l'unità  a  cui  si  aspira  nei  moderni. 

g  79.   —  Ergastoli. 

Pur  troppo  non  si  può  abbandonare  i  palazzi  senza  rammentare  gli  ergastoli,  desti- 
nati a  chiudere  i  gladiatori,  gli  atleti  e  gli  schiavi:  i  primi  erano  ben  nutriti,  ond'è  a 
credere  fossero  bene  alloggiati  ;  ma  gli  altri  cacciavansi  la  sera  in  tane  sotterranee,  senza 
distinzione  di  sessi.  Altri  ergastoli  servivano,  come  il  nome  indica,  per  case  di  lavori 
forzali  :  n'erano  molti  in  città,  e  gl'imperiali  divieti  rammentano  come  talora  i  passeg- 
gieri  fossero  còlti,  e  gettati  a  lavorare  in  quelle  tane,  senza  che  più  se  ne  sapesse. 

§  80.  —  Case. 
Le  case  (oixo?),  domus,  cedes  privatcB)  naturalmente  erano  men  soggette  a  regole  ge- 
nerali che  non  gli  edifizj  pubblici.  I  piani  delle  greche  dovettero  corrispondere  a  quelle 
de'  tempi  eroici.  Vilruvio  ne  descrive  una  inventata  dagli  Jonj,  e  perfezionata  nell'e- 
poca alessandrina.  Vivendo  separati  gli  uomini  dalle  donne,  divideansi  in  appartamento 
virile  (avJ|5ov(Tti;)  e  femminile  (-/uvaizovin;).  Vi  si  trovavano  prima  il  vestibolo  col  por- 
tinajo  e  con  un'erma  o  statua  di  Apollo  Loxias  od  un'ara  a  lui  dedicata;  poi  il  quartiere 
degli  uomini,  un  peristilio  cinto  di  camere  d'ogni  maniera,  sale  da  mangiare,  esedre, 
biblioteche,  celle  per  gli  schiavi,  scuderie.  Il  quartiere  delle  donne  comunicava  pure  col 
vestibolo,  ed  aveva  un  piccolo  prestilo  separato,  e  annesso  un  vestibolo  particolare,  con 
camere  d'ogni  guisa.  Seguivano  camere  per  gli  ospiti,  isolate  mediante  cortili  interpo- 


108 


ARCHEOLOCrA    E    BELLE    ARTI 


sti.  Doveano  essere  ad  un  sol  piano  almeno  le  piiì;  il  pavimento  d'un  cemento  duris- 
simo; il  letto  una  piattaforma  circondata  da  balaustri.  La  luce  veniva  dai  cortili  interni. 

Non  sussistendo  alcuna  casa  greca,  non  si  può  venir  in  luce  della  vera  distribuzione; 
e  la  descrizione  lasciataci  da  Vitruvio  è  si  confusa  che  die  luogo  a  interpretazioni  va- 
riissime,  fra  cui  son  notabili  quelle  del  Galiani  e  di  iJecker  nel  Carikles. 

Le  case  dei  Romani,  modellate  tra  l'antica  italiana  e  la  greca,  aveano  due  parti  distinte; 


Atrio  tetraslilo  cVwia  casa  di  Ponipej. 


una  per  uso  particolare  del  padrone , 
una  pel  pubblico.  Un  vestibolo  lun- 
go e  stretto  {pruthyrumj  menava 
dalla  strada  in  un  cortile  interno 
(cavcedhimj,  scoperto  nel  mezzo. 
Le  acque  pioventi  erano  raccolte 
sul  tetto  sporgente,  e  per  lo  spazio 
scoperto  (compluviumj  cadevano  in 
un  bacino  rettangolare (mp/wuùan}, 
spesso  decorato  d'una  fontana.  A 
destra  ed  a  sinistra  del  cavedio  erano 
disposte  le  camere  :  di  fronte  era 
^  una  sala  aperta  verso  la  corte  {tabli- 
num),  dove  gli  archivj  ed  i  ritratti 
di  famiglia,  e  dove  il  padrone  ri- 
ceveva i  clienti  che  aspettavano  il 
suo  arrivo  passeggiando  nel  cave- 
dio 0  seduti  in  salotti  [alce]  all'estre- 
mità del  portico  del  tablino.  Ac- 
canto a  questo  erano  corridoj  (fau- 
ces:)  verso  l'interno  della  casa.  Parte 
principale  era  Valrium,  ignoto  ai 
Greci,  e  venuto  dagli  Etruschi.  Di- 
stinguevasi  in  toscano  quando  i  tetti 
erano  sostenuti  solo  da  travi  mura- 
te; tetraslilo  quando  avea  quattro  co- 
lonne poste  sotto  ai  punti  d'interse- 
zione dille  tiaM  ,  LUÌ  lidio  quando  le  colonne  erano  di  più:  displuviatum  quando  il  tetto 
non  pioveva  verso  il  centro,  ma  verso  il  muro  esterno;  tentudinatum  se  afiatto  coperto. 

Jtrio  corintio  della  villa  di  Diomede. 


1 


case; 


i09 


Le  camere  da  Ietto  si  collocavano  in  modo  d'avervi  il  sole  e  sopratiifto  d'essere  lontane 
da  nitiiori.  Plinio  giuniore  vantasi  d'una  al  suo  Laurenlino,  dove  voce  di  servi,  lìotto 
di  mare,  fragor  di  tuono,  baleno  di  lampi  non  penetrava. 

In  1111  contralto  di  vendita  recato  da  Terrasson  (Histoire  de  la  jurisprudcnce  rom. , 
suppl.  p  f)8-r)9)  ogni  parte  è  divisata  a  minuto;  ma  v'ò  troppe  ragioni  per  crederlo  falso 
e  invenzione  deli'Alciato.  Meglio  s'impara  dalle  scoperte  di  Pompej;  e  d'unii  delle  prin- 
cipali case,  quella  di  Pansa,  ecco  qui  sotto  la  pianta.  Aliliraccia  essa  un'isola  intera 
di  50  m.  sopra  91.  S'entra  pel  prothyvuin  1,  col  pavimento  a  musaico,  dove  si  efligia- 
vaiio  0  un  cane  col  motto  Silcntiuin  iene,  o  Cave  canem,  o  Ave^  o  altra  salutazione  di  lieto 
augurio.  Segue  l'atrio  2,  che  ha  nel  mezzo  l'impluvio  3,  e  che  si  dilata  nell'ala  4.  Rim- 
pelto  apresi  il  tablino  5,  esso  pure  lastricato  a  musaico,  e  che  dà  il  passo  al  peristilio. 
Un  altro  passo  si  ha  per  le  /'rtucps  6,  forse  perchè  il  tablino  era  chiuso  da  una  cancellata. 
A  fianco  all'atrio  erano  camere  7  per  gli  ospiti  :  quella  maggiore  allO  serviva  per  ricever 
i  clienti  0  per  triclinio  d'inverno.  Per  l'altro  10 
aveasi  un  ingresso  privato  al  peristilio  8,  in  mezzo  al 
quale  è  un  cortile  aperto  9,  con  una  vasca  11,  in  cui 
le  acque  dei  tetti  erano  condotte  per  tubi  metallici: 
nel  centro  era  un  zampillo.  Di  fianco  son  camere  da 
dormire  12,  ed  una  di  quelle  di  mezzo  comunica  colla 
seguente.  Al  13  forse  era  la  bililioteca,  o  la  camera 
da  collocar  i  piatti  da  servire  nel  triclinio  14.  Il  15 
è  un  ecììo  o   salotto  che  talora  serviva   di   triclinio 

invernale,  o  di  larario;  e  accanto  16  v'è  l'eco  d'estate, 

con  apertura  sul  giardino  22,  al  quale  conducono  le 

fauci  17.  Queste  pure  mettono  alla  cucina  18,  e  alla 

sala  della  servitù  19,  con  uscita  sulla  strada.  Un'altra 

cameretta  20  guarda  il  giardino.  Davanti  a  questa  è 

il  portico  21  a  due  piani:  onde  appare  che  questa 

casa  aveva  pure  un  piano  superiore  \  e  forse  la  scala, 

scomparsa  affatto,  stava  nell'andito  26.  In  un  canto 

del  giardino  h  era  la  vasca  dell'acqua:  di  facciata 

erano  botteghe  esterne  23  ed  una  24  comunicante 

coll'interno,  nella  quale  forse  vendeansi  i  prodotti 

del  padrone  :  al  25  e  29  eran  due  pistrini  o  panatterie, 

cui  appartenevano  pure  i  numeri  25,  28,  51.  Il  28  è 

uno  stanzone  con  tre  macine  a  a  a  q  una  gran  tavola 

b  e  il  forno  f,  tre  grandi  vasi  e,  una  madia  e  con  due 

caldaje  sopra  i  fornelli.   Per  l'andito  26   entravasi 

pure  dalla  strada  nel  peristilio.  Fra  i  due  uscj  è  di- 
pinto un  serpente  custode,  e  allato  sporge  un  mat- 
tone su  cui  ponevasi  la  lampada  accesa  in  onore  degli 

Dei  tutelari.  Al  30  son  due  camere  umili  con  piano 

superiore,  forse  ad  uso  di  fullonica  o  lavanderia  pri- 
vata; e  dietro  sta  un  cortile  che  dà  luce  alla  camera 

12.  Sul  fianco  opposto  sono  due  appartamentini  52, 

forse  da  appigionare  o  per  ospizio. 
L'ingresso  1  è  decorato  con  due  pilastri  corintj,  e 

traverso  al  tablino  vedeasi  sin   al  peristilio,  come  dal  disegno  (1^  figura  della  pag. 

seg.)  5  donde  si  spiega  quel  di  Virgilio: 

«  Parietibus  longis  fugit,  et  vacua  atria  lustrai... 
n  Apparet  doraus  intus,  et  atria  longa  patescunt. 

Sedici  erano  le  colonne  del  peristilio,  pseudo-corintie,  scanalate  da  un  terzo  dell'altezza 
in  su:  la  parte  liscia  era  dipinta  di  giallo,  il  resto  a  stucco  lucido. 

Sembra  dimostrato  che  fra  le  colonne  sotto  la  trabeazione  sospendeansi  quei  dischi  di 
marmo,  figurati  da  ambe  le  parti,,  e  di  cui  abbondano  i  musei,  ma!  chiamati  clipei 
votivi. 


dio 


ARCHEOLOGIA    E    BELLE    ARTI 


Nella  cucina  sta  un  fornello  si- 
mile agli  odierni ,  e  una  pittura  la 
quale  rappresenta  il  culto  dei  Lari. 
A  questi  solea  serbarsi  una  cappel- 
etta,  dove  si  facevano  i  sacrifizj. 

Ecco  qui  sotto  il  peristilio  delia 
casa,  detta  del  Questore. 


CASE  111 

Le  pareti  erano  a  stucco  lucido  e  con  piiture,  del  qual  modo  offriamo  questo  saggio: 


Nella  casa  delta  dei  Capitelli  figurali,  scoperta  il  1835  nella  via  della  Fortuna,  appare 
come  si  chiudessero  le  porte  da  strada  con  spranghe  e  travi,  e  che  negli  atrj  si  tenevano 
arche  di  legno  per  riporvi  denaro  o  altro.  —  L'arca  trovata  nell'atrio  di  questa  casa 
aveva  un  bel  rivestimento  di  ferro  e  bronzo  con  molti  ornati  e  tre  bassorilievi  d'argo- 
mento bacchico.  La  casa  di  Diomede  ivi  stesso  scoperta,  essendo  fuor  di  città,  avea  fi- 
gura diversa  e  più  ampia,  e  grandi  sotterranei.  Moltissima  insomma  è  la  varietà  delle 
case,  né  punto  riscontrano  con  ciò  che  sapevamo  delle  greche. 

La  por/o  era  composta  del  limitare,  della  cornice  e  degli  stipiti.  11  limitare  guardavasi 
con  rispetto  superstizioso,  sicché  guaj  l'inciamparvi;  e  perciò  vi  si  metleano  parole  di 
prospero  augurio,  o  vi  si  tenevano  papagalli  che  le  ripetessero.  Sovra  la  porta  colloca- 
vansi  ornati  e  segni  del  mestiero  che  vi  si  esercitava,  o  iscrizioni.  1  battenti  talvolta 


M2 


ARCHEOLOGIA    E    BELLE    AllTl 


erano  di  marmo  o  di  bronzo,  e  con  bottoni,  mascheroni  ed  altri  ornamenti.  Ecco  alcuni 

di  quei  che  stanno  nel  museo  di  Napoli: 

Le  imposte  del  tempio  d'Iside  a  Pompej 
erano  perite  come  le  altre-,  ma  l'impronta 
loro  rimase  sulla  terra,  dalla  quale  ne  fu  rac- 
colto il  disegno,  e  chiarì  quel  che  Vitruvio 
dice  degli  antepagmenta. 

Le  porte,  in  occasione  di  nozze  e  di  solen- 
nità, ornavansi  di  fiori  e  festoni,  egli  amanti 
vi  sospendeano  fiori;  i  cipressi  indicavano  la 
morte.  Esse,  tranne  quelle  dei  tribuni,  sta- 
vano chiuse,  e  non  usavasi  entrarvi  senza 
bussare  :  nelle  case  ricche  era  il  portiere,  in- 
catenato come  i  nostri  cani,  e  si  chiamava 
bussando  o  sonando  il  campanello. 

Osserva  Dionigi  d'Alicarnasso  (ne'  Fram- 
menti del  Maj  ),  che  i  Greci  consideravano  la 
porta  della  casa  come  una  barriera  che  non 
dovea  mai  esser  vidlata,  sicché  dietro  di  quella 
la  vita  del  cittadino  restasse  alTntto  liliera  ; 
mentre  fra  i  Romani  anche  là  entro  spinge- 
vasi  l'occhio  del  censore. 

MUELIER,  Wallis,  WAcnsMUTB,  LAU^DE,  BoucHEB,  Bellicarb,  PelletiEH,  Seruo  ed  altri  scrissero  in- 
torno agli  ornamenti  delle  porte. 

Le  case  aveano,  oltre  la  principale,  qualche  porta  di  dietro  (poetica)  che  riusciva 
negli  aiigiportao  vicoli,  i  quHii  talvolta  sono  mozzi  (non  pervia  ).  Cansavansi  per  questa 
i  padroni  dalle  visite  nopse  { Postica  falle  dimUm\  Ohazm).  Di  rado  si  trovano  scale,  e 
queste  di  pietra  o  di  legno  come  oggi,  fissate  nel  muro  e  per  lo  più  buje;  onde  la  fre- 
quente frase  d'ascondersi  in  scalis  o  in  scalanwi  tcnp.bris  (Ciceiione,  prò  Milone  15, 
Philip.  11.  9;  Okazio,  Ep.  ii.  2.  io). 

La  casa  antica  in  generale  ha  nessuna  o  pochissime  finestre,  e  queste  piccole  ed  alte. 
A  Pompej  trovansene  alcune  che  si  direbbero  piuttosto  feritoje,  protette  con  pietre 
speculari  o  con  vetri  molto  grossi  e  non  trasparenti.  —  Seneca  dice  che  i  vetri  per 
finestre  furono  trovati  a'suoi  tempi.  A  Pompej  si  trovò  anche  un  telajo  da  finestra,  di 
bronzo,  con  scanalature  per  ricevere  e  tenere  lastre  che  doveano  esser  di  Oj.'ii  sopra  0,72, 
e  grosse  5o  6  millimetri.  I  frammenti  trovati  sono  verdognoli,  come  i  vetri  comuni  del 
secolo  passato,  e  composti  egualmente,  avendo  69.43  di  silice:  7.23  di  calce;  17.5!  di 
soda  ;  3.55  di  alumina.  Pare  si  formassero  non  soffiando  in  bocce  o  in  cilindri,  ma  ver- 
sando la  materia  fusa  entro  im  telajo  metallico,  e  stendendole  con  una  paletta  finché 
tutto  lo  spazio  fosse  occupato,  onde  riescono  disuguali  di  grossezza,  e  talora  mancanti 
ai  margini. 

Che  le  finestre  si  chiudessero  con  imposte  doppie  è  chiaro  da  quel  di  Ovidio,  Amor. 
1.  3:  Pars  adaperta  fuit,  parA  altera  clausa  fenestrw.  Plinio  parla  d'una  porta  a  vetri 
nella  sua  villa,  la  quale  separava  e  riuniva  due  camere.  Vopisco,  in  Firmo^  dice  che 
Firmo  mercante  di  Seleucia  era  così  ricco,  che  aveva  finestre  di  vetro. 

Le  parti  interne  d'una  casa  comunicavano  tutte  fra  sé  mediante  il  cortile,  da  cui  le 
camere  riceveano  luce  per  mezzo  delle  porte  :  le  camere  spesso  non  erano  divise  che  da 
traversoni  o  da  cortine. 

Quanto  ai  camini,  senza  ricorrere  al  Manuzio  nei  Commenti  delle  Epistole  di  Cicerone; 
al  Filandro  sopra  Vitruvio.  vii.  3,  al  Burmanno  sopra  Petronio,  Satpr.  135,  che  lo  ne- 
gano, ed  al  Ferrario  Electorum  Uh.  i.  e.  9,  che  lo  asserisce,  può  vedersi  una  disserta- 
zione di  Scipione  Maffei  nella  raccolta  d'opuscoli  del  Calogerà,  tom.  xi.vii,  pag.  i49, 
ove  sostiene  che  gli  antichi  non  aveano  camini  al  modo  nostro.  Pure  in  Aristofane 
(  Vespe  1.  2)  è  accennata  una  canna  di  camino,  in  cui  poteva  star  nascosto  un  uomo; 
Svetonio  in  Vitellio  dice  che,  in  un  pasto  dato  da  questo,  la  sala  bruciò  per  fuoco  ap- 
pigliatosi al  camino  [Flagrante  triclinio  ex  conceptu  camini). 


CASE  ilS 

Da  principio  il  fuoco  stava  nell'atrio,  ove  e  cocevasi  e  manpiavasi,  e  attorno  a  quello 
si  raccofilievano  i  numerosi  schiavi.  Dappoi  nell'atrio  si  tenne  un  foculo  o  braciere  per 
ardere  incensi  ai  Lari.  Talvolta  riscaldavansi  le  camere  con  tubi  chiusi  nelle  pareti  o 
sotto  il  pavimento.  Per  cercare  il  fresco  e  meriggiare  si  aveano  appartamenti  sotterranei, 
che  nei  palazzi  erano  estesi,  con  molti  corridoj  e  con  pitture  a  fresco  e  fregi  a  stucco, 
che  da  ciò  appunto  trassero  il  nome  di  grotteschi. 

Nella  biblioteca  poneansi  le  effigie  degli  autori,  d'oro,  argento  o  bronzo.  Ex  auro,  ar- 
gentove^aut  certe  ex  cere  in  bibiìothecadicantur  illi,  quorum  immortale^  animcB  in  iisdem 
locìs  ibi  loquuìtlur.  Plinio. 

Solii  i  gran  ricchi  potevano  abitare  un'isola  intera,  massime  da  che  il  crescente  lusso 
delle  fabbriche  incarì  i  terreni.  Molti  dunque  appigionavano  le  case;  e  Marziale  abitava 
a  un  terzo  piano  (Scalis  habito  iribus  sed  altis.  Ep.  v.  22  )  -,  Siila,  non  ancora  famoso, 
pagava  lire  seicento  l'anno  di  pigione;  ma  Cicerone  parla  fin  di  trentamila  sesterzj  o 
Beiraila  lire  per  un  appartamento. 

Mazois,  Essai  sur  les  habitalions  des  anciens  Romaint.  —  Le  palais  de  Scaurui.  —  Le»  ruinei  <f« 

Pompej. 
Becbbr,  Gallus^  o  Scene  romane  del  tempo  d'Augusto. 
ScHNEiDEH  ad  Vilrumum^  e  gli  altri  commentatori  di  questo  autore,  che  alle  case  private  dedica  tatto  il 

libro  VI 
Gell,  Pompeiana. 

D'una  casa  egizia  trovasi  il  disegno  al  n°  68  dell'opera  di  Rosellini,  colla  porta  al 
modo  di  quella  d'un  tempio  antico;  finestre  a  doppia  imposta  sono  aperte  nel  piano 
superiore,  a  cui  conduce  una  scala,  e  sopra  di  esse  una  galleria  aperta,  sostenuta  da 
colonne.  Nel  museo  Britannico  si  conserva  il  modello  d'una  casa  egizia,  o  forse  d'  un 
granajo. 

§  81 .  —  Ville. 

Le  case  di  campagna  distinguevansi  in  villa  rustica  e  villa  urbana.  Le  prime  servi- 
vano d'abitazione  al  villano;  le  altre  di  villeggiature,  e  ve  n'avea  di  magnifiche.  A  Baja 
principalmente  il  lido  era  tutto  sparso  di  ville,  ove  i  Romani  non  venivano  tanto  a 
cercar  salute  dalle  acque  termali,  cariche  di  nitro,  di  sale,  di  bitume,  quanto  a  como- 
dità e  sfoggio  di  dissolutezza,  radunandovisi  tutto  quel  che  pareva  vizioso  in  viziosis- 
sima città.  Bastava,  diceasi,  che  una  donna  onesta  respirasse  quell'aria,  per  perdere 
ogni  sentimento  di  pudore  e  virtìi. 

Varrone,  Vitruvio  e  Columella  descrivono  le  ville  rustiche  colle  solite  comodità  cam- 
pestri di  stalle,  torchi,  granaj,  bubilia  pei  bovi,  equilia  pe'cavalli,  apothecce  ove  fer- 
mentava il  vino,  torcularia  pel  vino  e  l'olio,  che  poi  riponevansi  nelle  celloe  olearia  e 
vinarice,  il  granajo  (horreum),  Voporoiheca  per  conservare  i  frutti  ecc.  La  villa  urbana 
somigliava  nella  disposizione  alle  case  di  città,  con  giardini  e  portici  chiusi  da  impo- 
ste, e  dove  poi  il  lusso  sfoggiò. 

Varrone  rimbrotta  a' suoi  l'imitazione  continua  dei  Greci:  «  Gli  eleganti  e  i  filogreci 
non  crederebbero  possedere  una  villa  se  non  vi  potessero  mostrare  assai  cose  costrutte 
0  nominate  alla  greca;  un  procceton  (anticamera  ),  una  palcestra,  un  apodyterium  (ve- 
stiario) ,  un  peristilio.,  un  ornithon  (uccelliera)  per  uccelli  acquatici  ch'essi  chiamano 
amphibii».  Lucullo  aveva  una  pinacotheca\  Ortensio  chiamò  tkeratropheion  un  bosco  di 
cinquanta  jugeri,  in  mezzo  al  quale  avea  collocato  s'un  ridosso  una  sala  da  mangiare 
(Bere  rustica.,  ii).  Esso  Lucullo  nella  sua  casa  di  Baja  avea  fatto  una  galleria,  che  an- 
dava dal  mare  al  vivajo,  talché  l'acqua  di  questo  era  due  volte  il  giorno  rinnovata  dalla 
marea.  Ma  ben  più  raffinato  Ortensio,  tenea  vivaj  dove  ciascun  pesce  costava  quanto  un 
cavallo  di  corso;  per  nessun  pretesto  servivansi  alla  tavola;  eran  nutriti  con  avannotti 
pescati  apposta,  e  malati  curavansi  al  par  degli  schiavi. 

Nel  1752  scavossi  ad  Ercolano  una  bella  casa  di  campagna,  con  giardino  che  sten- 
deasi  fin  al  mare,  abbellito  d'una  peschiera  che  terminava  in  semicircolo  alle  due  estre- 
mità. Attorno  ad  essa  apparivano  scompartimenti  come  d'ajuole;  e  tutto  era  circondato 
da  colonne  di  mattoni  intonacate  di  gesso,  e  su  cui  appoggiavano  travi,  il  cui  altro 

Cantìj,  Documenti.  —  Tom.  I,   Archeologia  e  Belle  Arti  § 


m  ARCHEOLOGIA    É   BELLE   ARTI 

capochiudevasi  nel  muro  di  cinta,  formando  così  attorno  allo  stagno  una  pergola,  sotto 
Cui  erano  divisioni  or  triangolari  or  a  semicircolo,  per  lavare  e  per  bagnarsi.  Fra  le  co- 
lonne eran  busti  di  marmo  e  statue  muliebri  di  bronzo  ;  e  un  canaletto  d'acqua  lambiva 
il  muro  di  cinta.  Ivi  annessa  era  la  camera  dove  si  trovarono  i  famosi  papiri.  Le  sei 
danzatrici,  il  Fauno  dormente,  il  Mercurio,  sei  busti  creduti  de'Tolomei,  altri  di  Pla- 
tone, Archita,  Saffo,  Democrito,  Scipione  Africano,  Siila,  Lepido,  Cajo  e  Lucio  Cesare, 
Augusto,  Livia,  Claudio  Marcello,  Agrippina  minore,  Caligola,  Seneca,  due  d'incogniti, 
due  daini,  varie  piccole  figure,  il  famoso  Aristide,  l'Omero,  la  Minerva  etrusca,  due 
busti  di  Bacco  indiano,  la  statua  pretesa  di  Siila,  il  gruppo  del  Satiro  colla  capra,  tutti 
di  marmo,  e  gran  pregio  ora  del  museo  Borbonico,  si  trovarono  in  questo  giardino,  che 
pure  apparteneva  ad  un  privato  filosofo. 

CoLUMBLLA  e  Varrone,  colle  note  di  Schneider. 

Roberto  Castell  ,  The  villas  ofthe  ancients  illustr.  Londra  n28. 

Così  Plinio  il  giovine  descrive  la  propria  villa  di  Laurentino:  ~  »  Ti  meravigli  che 
tanto  mi  garbi  la  mia  villa  di  Laurentino,  o  se  tu  vuoi  di  Laurento.  Ma  facilmente 
cesserai  le  meraviglie,  quando  sarai  informato  di  questo  dilettevole  soggiorno,  del 
vantaggio  della  sua  postura,  e  dell'ampiezza  dei  lidi.  Da  Roma  dista  diciassette  miglia; 
sicché  si  può  andarvi  dopo  terminati  i  negozj,  e  senza  perdere  la  giornata.  Due  strade 
maestre  vi  conducono,  quella  di  Laurentino  e  quella  d'Ostia.  Se  pigli  la  prima,  biso- 
gnerà lasciarla  al  quattordicesimo  miglio:  se  la  seconda,  all'undecimo.  E  così  amen- 
due  terminano  in  un'altra,  ove  le  arene  rendono  il  viaggio  assai  incomodo  e  lungo 
pei  carri  :  ma  a  cavallo  è  più  dolce  e  breve.  La  prospettiva  all'intorno  non  ispiace 
per  la  varietà;  attesoché  talora  la  strada  si  restringe  tra  folti  boschi,  talora  s'allarga 
in  vasti  prati,  e  qui  hai  il  piacere  di  veder  branchi  di  pecore,  bovi,  cavalli,  che  in- 
grassano nei  pascoli,  e  godono  il  benefizio  della  primavera,  subito  che  essa  ha  cacciato 
il  verno  nelle  montagne. 

«  La  villa  è  assai  comoda,  senza  esser  magnifica;  bello  l'ingresso  senza  lusso.  In  prima 
si  trova  un  portico  rotondo,  che  rinchiude  un  cortiletto  assai  allegro,  grato  ricovero 
contro  il  tempo  cattivo;  perchè  essendo  tutto  serrato  di  vetri  ed  attorniato  d'ampia 
grondaja,  meravigliosamente  difende  dalla  pioggia  e  dalle  tempeste.  Da  questo  portico 
passi  in  un  gran  cortile  assai  piacevole,  poi  in  una  bellissima  sala  a  mangiare,  che 
sporge  sopra  il  mare,  le  cui  onde,  per  poco  che  soffj  africo,  vengono  a  frangersi  a 
pie  del  muro.  Tutte  le  porte  e  finestre  di  questa  sala  sono  a  due  battenti  e  d'uguale 
altezza;  di  maniera  che  a  dritta,  a  manca  ed  in  faccia  puoi  scuoprire  come  tre  mari 
in  un  solo.  Alla  parte  opposta  l'occhio  può  scorgere  il  gran  cortile,  il  portico  ed  il 
cortiletto,  ed  anche  il  portico  per  la  seconda  volta,  e  poi  l'ingresso,  oltre  cui  si  ve- 
dono in  lontananza  boschi  e  montagne.  Al  lato  manco  della  sala  a  mangiare  è  una 
gran  camera  che  non  avanza  molto  nel  mare,  da  cui  si  entra  in  una  piccola,  che  ha 
due  finestre  per  ricevere  dall'una  i  primi  raggi  del  sole  nascente,  dall'altra  gli  ultimi 
del  cadente.  Da  questa  cameretta  si  vede  anche  il  mare,  ma  un  poco  più  lontano,  e 
di  sommo  piacere  alla  vista.  L'angolo  che  forma  il  resto  della  sala  ed  il  muro  della 
camera,  par  fatto  apposta  per  raccorre,  conservare  e  riunire  l'ardor  del  sole.  Egli  è 
perciò  il  rifugio  della  mia  famiglia  centra  il  rigore  del  verno,  ed  in  questa  cantonata 
fanno  ordinariamente  i  loro  esercizj.  Ivi  non  si  conoscono  altri  venti  che  quelli  nati 
da  certe  nuvole,  le  quali  ingombrano  piuttosto  la  serenità  del  cielo,  che  turbino  la 
piacevolezza  dell'aria  che  ivi  spira. 

•«  Viene  appresso  una  camera  tonda,  situata  di  maniera,  che  i  raggi  del  sole  vi  pene- 
trano a  tntte  le  ore  del  giorno.  Fu  scavato  nel  muro  un  armadio  in  forma  di  scaffale, 
che  ho  studiosamente  guarnito  dei  libri  che  non  si  possono  abbastanza  leggere  e  ri- 
leggere. Di  là  per  un  picciol  corridojo,  che,  per  esser  soffittato  di  tavole  sottili,  comu- 
nica da  ogni  lato  il  caldo  del  sole,  si  passa  nelle  camere  da  dormire.  Il  resto  di  quest'an- 
golo è  occupato  da  schiavi  o  altri  famigli:  tuttavia  questo  apiiartamento  è  tenuto  con 
tanta  pulitezza,  che  vi  possono  alloggiare  anche  i  padroni.  DalTallr'ala  vi  ò  una  camera 
assai  ben  intesa,  e  poi  un  altro  cameroneo  salotto  a  mangiare,  che  il  sole  ed  il  mare 
pajono  render  a  gara  comodo  e  piacevole.  Quindi  si  passa  in  una  camera  congiunta 
ad  un'anticamera  tanto  fresca  nell'estate  per  la  sua  altezza,  che  calda  nel  verno  per 


VILLE  118 

essere  schermita  da  lutti  i  venti.  Accanto  se  ne  trova  un'altra  colla  sua  anticamera: 
di  L'i  si  entra  nella  sala  del  bapno,  ov'è  una  conserva  d'acqua  fredda  ;  questa  sala  è 
grande  e  spaziosa.  Dalle  opposte  mura  escono  due  pile  sì  larghe  e  si  profonde,  che  al 
bisogno  vi  si  può  nuotare.  Appresso  viene  una  stufa  per  profumarsi,  e  poi  un  camino 
pel  bagno.  Dall'istesso  piano  si  passa  in  due  sale,  di  mobili  più  galanti  che  magnifici, 
e  dopo  in  un  altro  bagno  temperato,  dal  quale  uno  può  facilmente  veder  il  mare. 

«  È  non  molto  lontano  un  giuoco  di  palla,  situato  in  maniera  che  nell'estate  il  sole  non 
vi  entra  che  al  tramontare,  quando  ha  perduto  di  sua  attività.  Da  un  canto  s'innalza 
una  torre,  a  pie  della  quale  sono  due  gabinetti,  due  altri  di  sopra,  e  finalmente  un 
terrazzo  ove  si  può  mangiare,  e  dove  alla  vista  si  presenta  gran  paese  e  gran  mare,  e 
tutte  le  ville  dell'intorno.  Dall'altro  canto  è  un'altra  torre,  in  cui  si  trova  una  camera 
colle  sue  finestre  che  guardano  a  levante  e  a  ponente.  Addietro  v'ha  una  guardaroba 
assai  spaziosa,  e  poi  un  granajo,  sotto  cui  vi  è  una  sala  a  mangiare  ,  donde  si  sente 
da  lontano  il  rumore  che  fa  il  mare  allorché  è  agitato.  Questa  sala  dà  sul  giardino  e 
sul  viale  che  domina  tutto  all'intorno.  11  qual  viale  è  guarnito  da  ambe  le  parti  di 
bosso,  alle  cui  mancanze  supplisce  il  rosmarino  :  imperciocché  nei  luoghi  ove  il  tetto 
della  casa  copre  il  bosso,  egli  conserva  facilmente  tutta  la  sua  verdura;  ma  nei  luoghi 
scoperti  ed  esposti  al  vento,  l'acqua  del  mare  lo  dissecca,  benché  non  sia  tanto  vicino 
al  lido.  Tra  il  viale  ed  il  giardino  é  una  vigna  piantata  di  fresco,  per  cui  si  potrebbe 
camminare  a  pie  nudi  senza  verun  incomodo,  il  giardino  è  abbondante  di  fichi  e  di 
mori,  a'quali  il  terreno  è  tanto  favorevole  quanto  contrario  agli  altri  alberi.  Una  sala 
a  mangiare  vi  sta  appresso,  che  gode  questo  bel  prospetto,  il  quale  certo  non  cede  a 
quello  del  mare  che  è  più  lontano. 

«  Dietro  di  questa  sala  sono  due  appartamenti,  e  le  loro  finestre  guardano  l'ingresso 
della  casa,  ed  un  orticello  abbondante  di  civaje  per  servizio  della  cucina.  Di  là  tu 
scorgi  nn  portico  a  volta,  che  per  la  sua  smisurata  grandezza  potrebbe  stimarsi  un'o- 
pera pubblica.  Egli  ha  gran  numero  di  finestroni  sopra  il  mare,  e  meno  sopra  il  giar- 
dino; ed  alcuni  ovati  nella  volta  dell'istesso  portico.  Quando  il  tempo  fa  quieto  e 
sereno,  tutte  queste  finestre  s'aprono:  ma  se  il  vento  soffia  da  alcuna  parte,  allora 
s'aprono  le  finestre  dall'opposta.  Dirimpetto  a  questo  portico  stendesi  una  parte  del 
giardino  che  spande  gratissimi  odori  di  viole.  11  riverbero  del  sole  che  rimanda  il 
portico  scalda  il  terreno,  e  nell'istesso  tempo  lo  difende  dalla  tramontana,  e  così  da 
una  parte  si  conserva  il  caldo  e  dall'altra  non  si  perde  la  frescura.  Finalmente  questo 
portico  protegge  ancora  dal  vento  di  mezzogiorno,  sicché  da  differenti  lati  ti  offerisce 
un  ricovero  contro  la  diversità  dei  venti.  Prima  di  mezzogiorno  tu  puoi  passeggiare 
all'ombra  di  questo  portico,  e  al  pomeriggio  nei  viali  e  negli  altri  luoghi  del  giardino 
che  sono  più  vicini  a  quest'ombra;  ma  si  vede  crescere  o  mancare  secondo  che  i 
giorni  diventano  o  più  lunghi  o  più  brevi.  Il  portico  ancora  non  è  punto  esposto  al 
sole  quand'egli  é  più  ardente,  e  quando  i  suoi  raggi  cadono  a  piombo  sopra  la  volta. 
Vi  è  anche  quest'altra  comodità,  che  le  sue  finestre  sono  in  tal  guisa  ordinate,  che 
quando  bisogna  aprirle,  lasciano  sempre  ai  zeffiri  un  passo  libero  per  impedire  che 
l'aria  troppo  rinchiusa  non  si  corrompa. 

«  All'estremità  del  portico  e  del  congiunto  giardino  é  un  appartamento  staccato,  ch'io 
chiamo  mia  vera  delizia:  egli  è  tutto  mia  fabbrica.  Ivi  è  un  salone  fatto  a  guisa  d'una 
stufa  solare  ;  da  un  canto  prospetta  una  parte  del  giardino,  dall'altro  il  mare,  e  da 
tutti  e  due  riceve  il  sole  comodamente.  11  suo  ingresso  corrisponde  ad  una  vicina 
camera,  ed  una  delle  due  finestre  dà  sopra  il  portico.  Ho  fabbricato  dalla  parte  del 
mare  una  stanza  di  buon  gusto,  ove  si  può  mettere  comodamente  un  letto  con  due 
sedie,  e  per  mezzo  d'una  vetriata  o  d'una  tenda,  con  aprir  l'una  o  col  tirar  l'altra, 
viene  ad  unirsi  con  l'altra  camera  o  a  separarla  a  piacimento.  1  piedi  del  letto  sono 
vólti  verso  il  mare,  ed  il  capo  verso  le  case,-  da  tutte  due  le  bande  si  vedono  delle 
foreste.  Tre  differenti  finestre  vi  presentano  queste  tre  differenti  vedute,  e  tutte  ad 
una  volta  le  confondono.  Di  là  si  entra  in  una  camera  da  dormire,  ove  mai  non  pe- 
netra né  voce  di  schiavi,  né  mormorio  del  mr-e,  né  strepilo  d'onde,  né  lampi  di 
tempesta,  né  anche  la  luce  medesima,  se  non  s'aprono  le  finestre.  La  ragione  di  que- 
sta profonda  tranquillità  si  è  che  tra  il  muro  della  camera  e  quello  del  giardino  v'ha 
un  appartamento  da  uomini ,  che  per  la  sua  estensione  rompe  qualunque  mormorio 


116  ARCHEOLOGIA    E    BELLE    ARTI 

potesse  penetrarvi.  A  queste  camere  è  unita  una  piccola  stufa,  la  cui  finestra  assai 
angusta  ritiene  o  dissipa  il  calore  secondo  il  bisogno.  Più  lontano  si  trovano  un'anti- 
camera ed  una  camera,  in  cui  entra  il  sole  subito  che  si  leva,  ed  anche  dopo  il  mez- 
zodì obliquamente.  Quando  io  vi  son  ritirato,  m'immagino  di  essere  a  cento  miglia 
da  casa  mia.  Esso  in  ogni  tempo  mi  piace,  e  specialmente  in  quello  dei  Saturnali  : 
ivi  godo  silenzio  e  calma,  mentre  tutta  la  casa  risuona  dell'allegria  che  la  licenza  di 
queste  feste  permette  ai  domestici.  E  così  i  miei  studj  non  turbano  punto  i  piaceri 
della  mia  gente,  né  i  lor  piaceri  i  miei  studj. 

«f  Solo  a  tante  comodità  e  a  tante  delizie  manca  l'acqua  corrente:  in  difetto  di  questa 
abbiam  pozzi  o  piuttosto  fontane,  imperciocché  sono  di  poca  profondità.  11  terreno 
è  ammirabile;  poiché  in  qualunque  luogo  tu  lo  scavi,  hai  dell'acqua  pura,  chiara, 
dolce,  benché  appresso  al  mare.  Le  selve  airintorno  li  somministrano  gran  copia  di 
legna,  ed  ancor  più  di  quel  che  desideri  :  Ostia  ti  fornisce  abbondantemente  di  tutte 
le  altre  cose  necessarie  al  vivere:  il  villaggio  medesimo  può  bastare  al  bisogno  di 
un  uomo  frugale,  e  non  v'è  che  una  sola  villa  fra  la  mia  ed  il  villagio.  Ivi  si  trovano 
insino  a  tre  bagni  pubblici  :  tu  puoi  bene  immaginarti  qual  ne  sia  il  comodo,  o  che 
tu  arrivi  inaspettalo  o  che  tu  abbia  risoluto  di  non  trattenerti  che  poco  in  villa,  e 
però  non  siavi  spazio  di  preparare  i  tuoi  proprj  bagni.  Tutto  il  lido  é  ornato  di  ville, 
le  une  contigue,  le  altre  separate,  che  per  la  loro  differente  bellezza  formano  il  più 
dilettevole  aspetto  del  mondo,  ed  insieme  offrono  a' tuoi  occhi  più  d'una  città.  Puoi 
egualmente  godere  d'una  vista  sifatta,  o  che  tu  cammini  per  terra,  o  che  vada  per 
mare.  Il  mare  é  talora  tranquillo,  e  il  più  delle  volte  agitato.  Vi  si  piglia  pesce  in 
abbondanza,  ma  non  è  del  più  delicato:  sonovi  però  delle  sogliole  eccellenti  e  delle 
locuste  assai  buone.  La  terra  non  é  men  liberale  de'siioi  doni.  Sopratutto  noi  abbiamo 
del  latte  in  abbondanza  nel  Laurentino;  imperciocché  molte  greggie  vi  si  ritirano 
quando  il  caldo  le  scaccia  dal  pascolo,  e  le  obbliga  a  cercar  l'ombra  od  acqua. 

«  Non  ti  par  egli  ch'io  abbia  molla  ragione  di  tener  tanto  caro  un  sì  fatto  ritiro,  di 
farne  le  mie  delizie,  e  di  fermarmivi  così  lungo  tempo?  Tu  veramente  ami  troppo  la 
città,  se  non  risolvi  di  venire  a  passar  meco  qualche  giorno  in  un  luogo  sì  dilettevole. 
Potresti  venirvi,  ed  aggiungere  a  tante  bellezze  ed  a  tante  amenità  della  mia  villa  le 
altre  ancora  della  tua  presenza.  Stasano  ». 

Sifatte  descrizioni  al  primo  leggerle  sembrano  evidenti  ;  ma  tosto  che  un  uomo  si  ac- 
cinge, colla  matita  e  il  compasso,  a  fissarle  in  carta,  nascono  mille  difficoltà.  Forse 
venti  diversi  sistemi  si  sono  fatti  per  impiantare  questa  villa  di  Plinio;  l'ultimo  dei 
quali  è  dato  dall'architetto  francese  L.  P.  Haudebourt:  Le  Laurentina  maison  de  cam- 
pagne de  Pline  le  jeune,  restituée  d'aprés  la  description  de  P/me;  Parigi,  1838.  Può 
fare  riscontro  al  Palazzo  di  Scauro. 

$  82.  —  Giardini. 

Ornamento  ai  palazzi  e  alle  case  erano  i  giardini  ;  ma  non  possiamo  che  rammemo- 
rare i  vantali  orti  Esperidi  e  quelli  di  Alcinoo.  Riceveano  vezzo  dai  boschetti,  con  tem- 
pietti, ninfei,  bagni,  urne  sepolcrali.  Fra' Greci  i  boschi  sacri  vicino  ai  tempj  erano 
coltivati  con  ispeciale  cura,  e  conteneano  piante  d'ornamento  e  di  odore,  frutti,  vigne, 
ulivi  particolari  (Sofocle,  Edipo  a  Colono  IG;  Senofonte,  Ritirata  v.  3,  §  13).  In  Atene 
molto  coltivavansi  i  fiori,  per  l'uso  frequente  delle  ghirlande.  I  Tolomei  posero  assai 
cura  ai  giardini  in  Egitto,  e  n'ottennero  fiori  itullo  l'anno.  Quelli  di  Mecenate  erano 
estesissimi;  e  forse  a  quelli  di  Lucullo  presso  Napoli  servivano  la  Piscina  mirabile  di 
Miseno,  eia  nuova  grotta  che  or  ora  si  riaperse  nel  promontorio  di  Coro^-iio,  lunga  circa 
3200  palmi  napoletani,  alta  e  larga  più  che  quella  di  Posilipo.  Negli  ultimi  tempi  si  or- 
navano talmente,  che  diceasi  hortos  n-difìcare:  l'arte  consisteva  nel  procurare  ombre  e 
variar  l'esposizione,  intrecciar  labirinti,  distribuir  acque,  e  nel  ridurre  le  piante  e  i 
cespugli,  massime  di  carpino  e  di  bosso,  in  figure  d'animali  o  di  lettere  {ars  topiaria). 
Quel  di  Plinio  era  un  pergolato  in  0  Utero?  siinilitudijicìn  circumactce,  e  l'invenzione 
se  ne  attribuiva  a  Cajo  Matio  cavalier  romano,  famigliare  di  Augusto. 

Ai  giardini  erano  congiunti  la  gestatio,  viale  d'alberi  dove  passeggiare  discorrendo,  e 
ì'ippodromus  perle  corse  a  cavallo.  Sotto  l'Impero  si  trova  cenno  de' tepidari,  dove  cor- 


ACniCOLTl/UA 


417 


retiti  d'acqua  calda  mantenevano  una  temperatura  tale,  che  malgrado  de!  verno  vi  fa- 
cessero 1  gigli  bianchi  e  rossi,  le  viole  di  Tuscolo,  le  vigne,  i  popponi,  e  gli  alberi  da 
fruita,  Coltivavansi  pure  delle  piante  bulbose,  il  croco,  il  narciso,  il  giacinto,  le  iridi. 
Talora  vi  eran  unite  uccelliere,  e  Alessandro  Severo  n'ebbe  una  che  conteneva  ventimila 
piccioni,  oltre  fagiani,  pernici  ed  altra  selvaggina. 

\  paradisi  tanto  decantati  della  Babilonia,  recati  poi  anche  nell'Asia  Minore  dai  satrapi 
persiani,  somigliavano  ai  nostri  parchi. 

Le  piscine^  col  qual  nome  si  indicano  le  nostre  cisterne,  più  specialmente  esprimono 
quelle  destinate  a  conservare  i  pesci  vivi.  Ingenti  spese  vi  si  fecero,  e  Lucullo  scavò 
lunghi  canali  per  condurre,  fin  traverso  a  un  monte,  l'acqua  del  mare  nella  piscina 
della  sua  villa. 

BoKTTiGEB,  Racemaiionen  zur  Garlenkun$t  der  Altn. 

§  83.  —  Agricoltura. 

Non  sarà  qui  fuor  di  proposito  digredire  sull'agricoltura  antica.  La  storia  sacra  ce 
la  dà  coeva  ai  primi  padri  ;  e  di  buon'ora  troviamo  in  Palestina  e  la  divisione  di  terreni 
con  siepi  e  fossi  e  muriccie,  e  la  maledizione  a  chi  traspianta  i  confini,  e  l'aratro.  I 
monumenti  egizj  ci  figurano  l'arare,  il  seminare,  il  mietere,  il  vagliare,  come  vedesi 
dalle  sottoposte.  Il  libro  di  Rut  principalmente  c'istruisce  delle  consuetudini  agricole 
degl'Ebrei. 


Quanto  ai  Greci,  Esiodo  negli  ir,yu  vai  r)/j.épxi^  accenna  il  vomere,  la  stiva,  il  carretto, 
il  rastrello,  la  falcetta,  il  pungetto;  e  come  il  terreno  si  arasse  tre  volte,  in  autunno,  in 
primavera,  avanti  la  seminagione.  Degli  ingrassi  non  parla,  ma  più  tardi  i'eofrasto  in- 
dica la  mescolanza  delle  terre  e  il  loro  abbonimento.  Molti  Greci  scrissero  d'agricoltura 
(Geoponici),  le  cui  opere  perdute  son  ricordale  da  Plinio,  Suidy,  Fabricio.  Varrone,  De 
re  rustica,  voleva  insegnar  ai  Romani  le  pratiche  de' Greci,  degli  Italiotti  e  de'Cartagi- 


H8  ARCHEOLOGIA    E    BELLE    ARTI 

nesi,  i  quali  ebbero  da  Magone  precetti  di  quell'arte.  Fra  i  latini  scrissero  d'agricoltura 
Columella,  Catone,  Plinio,  Palladio,  Virgilio,  attestando  come  fosse  arrivata  ad  alto 
grado  di  perfezione.  L'aratro  era  tirato  da  buoi,  e  al  cadere  della  repubblica,  dai  Galli 
cisalpini  s'imparò  a  sottoporvi  ruote;  si  conoscea  ogni  sorta  di  concimi,  eccetto  la  mar- 
nagione  ;  le  cloache  e  i  pollaj  offrivano  in  abbondanza  concio  [letamen)-^  segala  e  le- 
guijii  seminavano  per  poi  sovesciarli  subito  dopo  la  fioritura;  bruciavano  le  stoppie 
ne'  campi,  e  vi  lasciavano  stramare  le  bestie  all'aria  aperta. 

L'orzo,  da  principio  la  derrata  più  comune;  dappoi  fu  abbandonato  ai  cavalli,  sur- 
rogandovi il  farro.  Quattro  specie  ne  indica  Columella,  e  Plinio  lo  dice  durissimo 
perchè  resisteva  al  verno,  e  veniva  in  luoghi  umidi  e  argillosi,  come  nei  secchi  e 
caldi.  Non  si  conosce  più  quella  pianta,  ma  somigliava  all'orzo  niarzajuolo.  Coltiva- 
vano inoltre  il  frumento,  h  siliga  o  grano  bianco,  il  tremas  o  grano  trimestrale;  nei 
contorni  di  Verona  e  Pisa  e  nella  Campania,  la  spelta,  il  miglio  e  il  panico.  La  se- 
gala era  poco  amata,  e  solo  i  paesi  subalpini  la  mescolavano  col  farro  per  far  pane. 
Degli  ortaggi  conosceansi  quasi  tutti  quelli  che  oggidì  ;  e  con  maggior  cura  si  colti- 
vavano i  cavoli  nei  verzieri  attorno  a  Roma.  Grande  estensione  davasi  ai  prati,  oc- 
correnti al  bestiame  e  ai  cavalli;  a  cui  uso  segavansi  pure  la  segala  in  erba,  l'erba 
medica,  il  fieno  greco,  e  la  farago.,  mescolanza  d'erbe  pratensi. 

Quantità  di  vini  prelibatissinù  conosceano  ;  e  la  vite  coltivavasi  o  lasciandola  ca- 
scante, 0  reggendola  con  pali,  o  disponendola  a  pergola,  o  attaccandola  ad  olmi, 
pioppi,  frassini. 

L'ulivo,  al  dir  di  Plinio,  non  era  conosciuto  in  Italia  al  tempo  di  Tarquinio;  ma 
Columella  ne  annovera  dieci  qualità,  e  l'olio  trasportavasi  in  tutte  le  provincie. 

I  Romani  conquistando  i  paesi  stranieri,  vi  recarono  però  le  arti  nostre,  e  prin- 
cipalmente i  raffinameuti  agricoli,  riscattando  così  i  mali  della  guerra, 


g  34.   —  Arredi  domestici.  Cene  romane.   Occupazioni  giornaliere. 

Ritornando  alle  case,  ne  considereremo  per  ultimo  i  mobili.  Anche  in  questi  i 
Greci  spiegarono  il  felice  accordo  della  bellezza  coli' utilità,  e  preferirono  le  forme 
geometriche:  nel  che  furono  imitati  dai  Romani.  Quindi  i  loro  arredi  s'accordano 
egregiamente  coH'architettura  ;  se  non  che  la  destinazione  di  essi  lascia  vi  si  pos- 
sano adoprare  forme  vegetali  leggere,  e  parti  animali  per  decorazione. 

La  loro  natura  fa  che  pochi  siensi  conservati;  pure  le  ruine  di  Ercolano  e  Pompej 
ne  offersero  un  numero:  altri  sono  effigiati  di  metallo  e  di  marmo;  altri  vedonsi 
dipinti  sulle  pareti  e  sui  vasi.  Un'occhiata  al  museo  Borbonico  è  il  migliore  studio 
che  si  possa  fare  di  questa  parte  dell'antiquaria  :  e  nel  paragonare  gli  utensili  dome- 
stici, è  a  compiacerci  che  tanto  noi  superiamo  gli  antichi  nella  comodità  di  quelli, 
quanto  essi  oer  avventura  noi  nel  gusto  e  nella  delicatezza.  Senza  poter  entrare  nelle 
interminabili  particolarità,  nomineremo  alcuni  de'più  numerosi  o  notevoli. 
Lucerne  moltissime  pubblicò,  dopo  altri,  il  Passeri,  fra  cui  alcune  di  vetro;  ma  più 

se  ne  ha  nelle  antichità  di  Ercolano  e 
Pompej,  indi  in  tutti  i  sepolcri  del- 
l'Elruria  e  della  Campania.  A  tacere  la 
forma  ben  nota ,  con  orecchio  e  con 
uno,  due  o  tre  becchi  (rostnim,  f/v?:*) 
e  con  parole  e  fregi,  sono  talora  fog- 
giate in  animali,  membri,  vasi  ecc. 
Oltre  il  foro  per  versare  l'olio,  talvolta 
ne  hanno  un  più  piccolo  dove  tenere  lo 
spillo  per  attizzare  il  lurignolo  :  altre 
hanno  attaccato  un  uncino  per  ismoc- 
cularle  e  rattizzarle  ,  ma  di  rado  si 
trova  lo  spcgnitojo.  Molte  son  rese  im- 
portanti da  graziosi  rilievi  e  da  iscri- 
zioni; e  questa  di  bronzo,  sormontata 


ARREDI    DOMF.STIOI 


H9 


da  un  sileno,  è  delle  più  belle:  questa  {fìg.  1)  col  fanciullo  avviticchiato  a  un'oca,  e 
che  ha  due  lucignoli  (diiììyxos)  sta  nel  museo  Borbonico.  La  (ftg.  2)  rappresenta  un 
nostro  incensiere,  sostenuto  da  un  put- 
tino;  dov'  è  pure  a  vedersi  a  sinistra  l'at- 
tizzatojo.  Bizzaro  è  il  pensiero  della  (fìg. 
3j,  che  dà  anche  la  forma  d'un  sotTietto. 

Ad  Ercolano  e  Pompe]  trovaronsi  due 
lanterne  di  bronzo,  collo  spegnitojo,  mu- 
nite ai  lati  di  corno  trasparente;  e  qui 
(fìg.  4j  ne  diamo  una  ;  il  pezzo  a  sinistra 
serviva  probabilmente  per  sospenderla,  e 
vi   sarà  stato    l'anello  g 

con  cui  il  servo  potea 
portarla. 

I  candelabri,  stando 
al  nome  e  alla  defini- 
zione di  Varrone,  sa- 
rebbero destinati  a  so- 
stener le  candele  :  ma 
fuor  di  un  nuovo  tro- 
vato a  Nocera  colla  spi- 
na in  mezzo,  e  qualc'al- 
tro  con  un  cannello  ver- 
ticale, gli  altri  non  con- 
verrebbero a  tal  uso,  si 
bene  a  sorregger  lu- 
cerne 0  cazzuole  d'o- 
dori. Faceansi  ora  di 
terra  cotta,  ora  di  mar- 
mo, or  di  metalli  or- 
nati di  pietre  preziose: 

variatissime  ne  erano  le  forme ,  e  talora  la  ricerca  della  novità  portava  a  bizzarrie. 
E  qui  (fìg.  5)  noi  ne  diamo  uno  del  museo  Borbonico,  a  due  rami  con  un  Diogene; 
e  un  altro  nella  pag.  seguente,  trovato  a  Pompej,  ove  il  pilastrino  sostiene  quattro 
lampade.  A  molti  ramine  erano  nel  tempio  di  Apollo  Ismenio,  nel  pritaneo  a  Taranto. 


ARCHEOLOGIA    E  BELLE   ARTI 


Le  faci,  tanto  spesso  mentovate 
dagli  scrittori,  erano  di  rami  di  le- 
gno 0  di  vimini  facili  a  bruciare, 
e  legati  attorno  a  stoppa  e  altre  fi- 
bre vegetabili,  impregnate  di  ragia. 
Legavansi  con  eleganza,  e  nella  fl- 
gura  (2j  ne  offriamo  tre  esempj.  La 
donna  di  mezzo  è  tolta  da  un  vaso 
di  terra.  Il  fanciullo  alato  a  destra, 
addormentato  è  s'un  monumento 
funereo  di  Roma,  colla  scritta  Som- 
nus:  l'altro  pur  alato  vien  da  una 
gemma  antica,  e  figura  l'amore  leteo. 
La  quale  raffinatezza  di  forme  non 
lasciò  studiare  il  miglioramento 
delle  lucerne:  e  non  che  arrivare 
alla  corrente  doppia  come  noi,  non 
sapeasi  schermir  dal  fumo  le  volte, 
i  cui  bellissimi  colori  o  rilievi  ne 
sono  sempre  danneggiati. 

A  Pompej  trovossi  un  salvada- 
najo,  con  entro  una  moneta;  inoltre 
forme  di  pasticci,  arnesi  chirur- 
gici, ecc. 

1  vasi  e  gli  anelli  sono  di  tale 
importanza,  che  ne  terremo  discorso 
a  parte.  Così  degli  specchi. 

Un  letto  riportammo  a  pag.  86  : 
un  altro  lettuccio  da  mensa  e  un 
tavolino  può  vedersi  nella  figura  5, 
dalla  quale  si  scorge  pure  il  modo 
con  cui  si  stava  a  tavola. 

Le  coperte  da  letto  valeano  a 
Roma  prezzi  enormi  :  e  Marziale 
berteggia  un  uom  nuovo,  che  fin- 
geasi  malato  per  ostentare  ai  visi- 
tanti il  lusso  di  sua  camera.  Gli 
origlieri  erano  pieni  di  lana  fina, 
ma  i  materassi  di  paglia  o  di  foglie, 
cui  più  tardi  succedette  la  piuma 
d'oca,  e  pei  ricchi  la  peluria  di  ci- 
gni :  onde  qualche  proconsole  man- 
dava legioni  intere  a  raccorre  quella 
preziosa  lanugine,  che  vendevasi  a 
caro  prezzo. 

Le  tavole  faceansi  de'  legni  più 
fini  ;  e  Cicerone,  non  gran  ricco, 
n'ebbe  una  del  valore  d'un  milione 
di  sesterzj  (L.  204,300;:  Asinio  Gallo 
un'altra  di  mille  sesterzj  di  più;  e 
i  Ceteghi  una  d'un  milione  quat- 
trocentomila sesterzj. 

Nel  triclinio  le  tavole  più  con- 
suete erano  a  tre  piedi.  Gneo  Man- 
lio portò  dall'Asia  Minore  l'uso  di 
quelle  rotonde  d'un  piede  solo  (mo- 
nopodium].  Talora  ne  fecero  a  lunaj 


ARREDI    DOMESTICI 


m 


cui  adattavasi  un  sofà  della  stessa  forma  (stibadium).  I  letti  da  mensa  erano  alti  quanto 
la  tavola,  o  anche  più,  e  vi  stavano  tre  convitati  per  ciascuno. 

Trovossi  qualche  forchetta,  ma  rarissima:  Caylus  ne  esibisce  una  d'argento  scavata 
lungo  la  via  Appia;  ma  come  accertarne  l'età?  Orazio  menziona  spesso  la  nitida  saliera 
paterna,  guardata  come  sacra  in  grazia  del  sale,  il  rovesciar  il  quale  consideravasi  fu- 
nesto augurio. 

Fra  i  piatti ,  i  più  ricchi  e  grandi 
per  mense  esacrifizj  chiamavansi  lanx 
e  lancila.  Da  ciò  il  nome  di  bilancia. 
Quando  questa  avesse  una  lance  sola, 
dicevasi  staterà:  e  moltissime  se  ne 
conservano  nel  museo  Borbonico,  una 
nel  Capitolino,  che  qui  vedete: 


Petronio  Arbitro,  nel  romanzo  intito- 
lato Satyricon ,  toglie  a  descrivere 
un  tal  Triraalcione,  uomo  di  moltis- 
sime dovizie  e  pari  splendidezza,  ma 
tronfio  quanto  baggeo,  nel  (|uale  al- 
cuni pretesero  riscontrare  Claudio, 
altri  Nerone:  noi  più  volentieri  l'i- 
deale d'uno  dei  tanti  ricchi  lussu- 
riosi della  Roma  d'allora.  Il  pezzo  più  segnalato  dell'opera  (scoperta  nel  1662  da 
Marino  Statlejo  dalmata)  è  la  cena  di  Trimalcione.  >'e  diamo  un  estratto,  libero 
dalle  moltissime  digressioni  che  l'interrompono,  per  offrire  una  informazione  del 
costume  romano,  esagerato  però,  come  avviene  nelle  satire.  Racconta  un  Gallo, 
nuovo  a  quegli  usi: 

—  E  che?  non  sapete  voi  presso  chi  oggi  si  fa  baldoria?  Presso  Trimalcione,  uomo  ma- 
gnifico, che  ha  nella  stanza  da  pranzo  un  orologio  ed  un  trombetta  (due  schiavi 
che  danno  avviso  dell'ora)^  istruiti  ad  avvertirlo  di  tulli  i  momenti  ch'egli  nella  vita 
sua  consuma.  Noi  quindi  ci  rivestimmo  preslainente,  e  comandammo  a  Gitone,  che 
ci  aveva  assistito  graziosamente  come  un  famiglio,  di  seguirci  ni  bagno. 

Frattanto  ci  diemmo  a  gironzare  per  trastullo,  ad  entrare  pe'  circoli  dei  giocolieri,  quando 
ad  un  tratto  vedemmo  un  vecchio  calvo  vestito  d'un  palandrano  rossiccio,  che  slava 
giocando  alla  palla  con  alcuni  fanciulli  a  lunghi  capelli.  Né  fnron  tanto  i  fanciulli 
che  a  quello  spettacolo  ci  trattenessero,  quanto  quel  nonno  che  alla  palla  esercitavasi 
coi  calzari  fai  contrario  deijli  altri,  che  vi  si  esercitavano  scalzi  e  in  farsetto).  Ei  non 
ribattea  la  palla  che  avesse  toccato  il  terreno,  ma  un  servo  ne  avea  pieno  un  sacco, 
quanto  ai  giocatori  bastava.  Varie  altre  novità  notammo:  eranvi  due  eunuchi  posti 
in  diversi  punti  del  circolo,  de'  quali  uno  teneva  una  mastelletta  d'argento,  l'altro 
noverava  le  palle,  non  quelle  però  che  giuoco  facendo  lanciavansi  colle  mani,  ma 
quelle  che  cadeano. 

Intanto  che  ammiravamo  colali  splendidezze,  Menelao  venne  a  dirci  :  —  Questo  è  colui, 
presso  il  quale  maogierete.  Non  vedete  che  così  principia  la  cena?»  Ancor  |discor- 
rea,  quando  lo  splendidissimo  Trimalcione  fece  scoccar  le  dita,  e  a  questo  segno 
l'eunuco  mise  una  mastelletta  sotto  al  giocatore,  il  quale  scaricovvi  entro  la  vescica, 
poi  chiese  acqua  alle  mani,  e  le  dita  inumidite  sul  capo  d'un  ragazzo  asciugò.  Lungo 
sarebbe  il  descriver  tutto.  Entrammo  nei  bagni,  e  al  momento  che  il  sudor  ci  coper- 
se, passammo  al  fresco. 

Trimalcione,  già  tutto  strofinato  di  manteche,  faceasi  fregare  non  con  lenzuoli  di  lino, 
ma  con  mantelli  di  finissima  lana.  Tre  di  (]uei  mediconzoli  inlanlo  trangugiavano 
falerno  alla  sua  presenza,  e  perchè  gareggiavano  a  chi  più  ne  versava,  Trimalcione 
dicea  loro,  bevessero  pure  allegramente  il  suo  vino.  Involto  quindi  in  una  sindone  di 
scarlatto,  fu  messo  in  lettiga,  cui  precedevano  quattro  adorni  lacchè  ed  unacarriuola 
a  mano,  dove  portavasi  un  vecchio  e  cisposo  mignone,  più  brullo  di  Trimalcione,  di 
cui  era  la  delizia.  Così  trasportato  e  accompagnato  da  armoniosi  flautini,  si  avvicinò 
alla  testa  di  lui,  e  come  se  gli  parlasse  segretamente  all'orecchio,  canticchiò  per  tutto 


122  ARCHEOLOGIA    E    BELLE   ARTI 

il  cammino.  Noi,  stanchi  ormai  di  maraviglia,  teniam  dietro,  e  insieme  con  Agamen- 
none fil  sofista  di  casa)  arriviamo  alla  porta,  sullo  stipite  della  quale  era  un  cartello 
inchiodato  con  (juesta  iscrizione  :  Qualunque  schiavo  uscirà  senz'ordine  del  padrone, 
buscherà  cento  sferzate. 

Stava  sull'ingresso  un  guardaportone  vestito  di  verde  chiaro,  con  una  cintura  di  color 
ciliegia,  il  quale  sbucciava  piselli  in  un  catino  d'axgento.  Pendeva  soprala  soglia  una 
gabbia  d'oro,  dalla  quale  una  gazza  variopinta  salutava  i  concorrenti.  Di  tante  cose 
stordito,  io  fui  per  cader  tombolone,  a  rischio  di  fracassarmi  le  gambe,  per  colpa  di 
un  cane  che  alla  sinistra  dell'ingresso  vicino  alla  camera  del  guardiano  era  dipinto 
sul  muro,  legato  alla  catena,  colle  parole  cubitali  al  di  sopra  Guardati  dal  cane.  Ciò 
fece  ridere  i  miei  colleghi,  ma  io  raccolto  lo  spirilo,  non  rimasi  dal  proseguir  lungo 
il  muro.  11  luogo  ove  si  vendono  gli  schiavi,  era  lutto  dipinto  a  cartelloni,  insieme 
col  ritratto  di  Trimalcione,  chiomato,  col  caduceo  in  mano,  nell'atto  che  entrava  in 
Roma,  e  Minerva  ne  reggeva  le  redini.  Più  innanzi  era  fif.'urato  in  atto  d'imparar  i 
conti,  e  più  oltre  in  foggia  di  tesoriere;  e  il  bizzarro  pittore  ogni  cosa  avea  diligen- 
temente rappresentata  coll'iscrizione;  sul  finir  poi  del  portico  eravi  Mercurio,  che  lui 
con  mento  rialzato  ponea  sopra  un  alto  tribunale.  Ivi  appresso  era  la  Fortuna  col 
corno  dell'abbondanza,  e  le  tre  Parche  che  filavano  pennecchi  d'ore.  Osservai  pure 
nel  portico  una  partita  di  lacchè,  che  veniva  esercitata  da  un  istruttore.  Oltre  a  ciò, 
vidi  in  un  angolo  un  grande  armadio,  ne'  cui  stipi  erano  chiusi  i  lari  d'argento,  una 
statua  in  marmo  di  Venere,  ed  una  scatola  d'oro  grandicella,  in  cui  diceano  venir 
serbata  la  prinìa  barba  di  esso. . . 

Quando  andammo  per  entrare  nel  triclinio,  un  de'  ragazzi,  che  a  quest'uffizio  l)adava, 
gri(jò  :  —  Col  pie  destro  » .  Noi  tremammo  che  alcun  di  noi  non  passasse  col  contrario  : 
ma  introdottoci  tutti  col  pie  diritto,  un  ignudo  schiavo  prostrossi  ai  nostri  piedi,  e 
si  pose  a  pregarci  che  il  liberassimo  dal  castigo,  giacché  grande  non  era  il  delitto  pel 
quale  era  in  pericolo,  essendogli  stato  rubato  nei  bagni  l'abito  del  tesoriere,  che  ap- 
pena valer  potea  dieci  sesterzj. . . 

Finalmente  ci  sedemmo,  e  i  famigli  egiziani  altri  versavano  acqua  diaccia  alle  mani, 
altri  ci  lavarono  i  piedi,  togliendoci  con  esperta  diligenza  ogni  bruttura  dall'unghie. 
Né  tale  modesto  servizio  facean  essi  tacendo,  ma  alla  buona  canticchiavano  :  onde  mi 
venne  pensiero  di  provare  se  la  famiglia  tutta  cantasse  5  perciò  chiesi  a  bere,  ed  ec- 
comi un  ragazzo  prontissimo,  che  mi  favori  parimenti  di  un'acida  cantilena  ;  e  così 
usava  ogni  altro,  cui  qualche  cosa  fosse  chiesta;  in  modo  che  l'avresti  creduto  un 
triclinio  da  pantomimi,  anziché  da  padre  di  famiglia. 

Un  lautissimo  antipasto  fu  recato,  e  ciascheduno  si  era  già  adagiato,  fuorché  Trimalcione, 
al  quale  conservavasi  il  primo  luogo,  per  disposizione  contraria  all'uso. .  .  Il  suo  vaso 
era  di  metallo  di  Corinto,  e  rappresentava  un  asinelio  con  una  corba,  nella  quale  da 
una  parte  stavano  olive  bianche,  dall'altra  nere.  L'asinelio  era  coperto  da  due  scodelle, 
sull'orlo  delle  quali  si  leggeva  il  nome  di  Trimalcione  ed  il  peso  dell'argento.  V'aveva 
anche  de'  ponticelli  saldati,  sostenenti  de'  ghiri  conditi  con  miele  e  papavero,  e  mor- 
tadelle caldissime  rosolate  sulla  graticola,  sotto  la  quale  slavano  prugne  siriache, 
con  chicchi  di  raelogranato. 

Stavamo  tra  queste  morbidezze,  quando  Trimalcione,  portato  a  suon  di  musica,  e  col- 
locato sopra  piccolissimi  guancialetti,  mosse  il  riso  di  qualche  imprudente;  perocché 
gli  spuntava  la  testa  pelata  fuori  d'un  mantello  di  porpora,  e  intorno  alla  collottola 
carica  di  quel  vestimento,  teneva  una  cravatta  guarnita  d'oro,  le  cui  estremità  pen- 
devano quinci  e  quindi;  portava  pure  nel  dito  mignolo  della  sinistra  un  grande  anello 
dorato,  e  all'ultimo  articolo  del  vicin  dito  uno  men  grande  tutto  d'oro,  come  a  me 
parve,  ma  saldato  con  ferruzzi  in  forma  di  stelle.  E  per  non  mostrarci  queste  ricchezze 
soltanto,  e'  si  discoperse  il  braccio  destro,  ornalo  di  smanigli  d'oro  legati  in  un  cer- 
chietto d'avorio  con  laminetle  luccicanti.  Come  poi  con  uno  spillo  d'argento  ebbesi 
nettati  i  denti, —  Amici  (disse),  non  volevo  ancor  venire  al  triclinio,  ma  per  non  vi 
far  troppo  aspettare,  ogni  divertimento  ho  sospeso.  Permeitele  però,  ch'io  finisca  un 
mio  giuoco  1». 

Avea  dietro  un  ragazzo  eoa  uno  sbaraglino  di  terebinto  e  dadi  di  cristallo,  e,  cosa  di 
fino  gusto,  osservai  che,  in  luogo  di  pedine  bianche  e  nere,  usava  monete  d'oro  e 


CENE   ROMANE  123 

d'argento.  Mentr'egli  giocando  avea  distrutta  la  schiera  opposta^  e  noi  eravamo  ancora 
all'antipasto,  una  tavola  fu  portata  con  una  cesta,  in  cui  era  una  gallina  di  legno 
colle  ali  distese  a  cerchio,  come  in  atto  di  covare.  Venner  tosto  due  schiavi,  ed  allo 
strepito  della  musica  si  posero  a  investigar  nella  paglia,  e  toltene  alcune  ova  di  pavone 
distrihuironle  ai  convitati.  Trimalcione  allora  rivdltandosi  disse:  —  Amici,  io  ho  or- 
dinato si  mettesscr  sotto  questa  gallina  delle  ova  di  pavone  ;  e  temo,  per  Bacco,  non 
abbiano  già  il  feto:  proviam  tuttavia  se  sono  bevibili  .>. 

Noi  prendemmo  de'  cucchiaj  non  men  pesanti  di  mezza  libbra,  e  rompemmo  le  ova, 
che  eran  fatte  di  pasta,  lo  fui  lì  lì  per  gitlur  il  mio,  perchè  mi  era  sembrato  avesse  il 
pulcino:  ma  poi,  udendo  da  un  vecchio  commensale  che  alcuna  cosa  di  buono  doveva 
starvi,  continuai  a  rompere  il  guscio,  e  ritrovai  un  grasso  beccafico,  contornato  dal 
tuorlo  dell'ovo  sparso  di  pepe. 

Trimalcione  aveva  già  sospeso  il  giuoco,  e  d'ogni  cosa  richiesto,  ed  a  voce  alfa  dato  a 
ciascuno  facoltà  di  ber  novamente  il  vino  col  miele,  quando  tutto  ad  un  tratto  l'or- 
chestra die  un  Sfgno,  e  i  cibi  del  primo  servizio  furon  cantando  rapiti  dagli  stessi 
sonatori.  In  mezzo  a  questo  rumore  cadde  a  caso  sul  pavimento  una  scodella  d'argen- 
to, ed  uno  schiavo  la  raccattò.  Se  ne  avvide  Trimalcione,  e  fatto  schiaffeggiare  lo  schia- 
vo, comandò  che  la  rigettasse.  11  credenziere  le  fu  intorno,  e  fra  le  altre  lordure  la 
scopò  via. 

Entrarono  dipoi  due  chiamati  Etiopi,  con  piccioli  otri,  simili  a  quelli  coi  quali  si  inaf- 
fia  l'anfiteatro  :  e  porsero  il  vino  con  essi,  giacché  nessuno  contenea  acqua.  Applaudito 
per  sifatte  morbidezze  il  signore,  disse:  —  Morte  fa  tutti  eguali»  ;  ordinò  dunque  allo 
scalco  di  assegnare  a  ciascuno  la  propria  mensa,  e  soggiunse: —  Questi  servi  sono 
troppo  numerosi;  tolti  di  qui  ci  sminuiranno  il  calore». 

Portaronsi  tosto  bottiglie  di  vetro  diligentemente  turate,  che  avean  di  fuori  un  biglietto 
col  titolo,  Falerno  del  console  Opimio  d'anni  cento.  Intanto  che  leggevamo  i  cartelli, 
Trimalcione  battutesi  le  mani  esclamò:  —  Ohimè!  ohimè!  il  vino  dunque  vive  più 
vecchio  dell'omiciattolo?  Poiché  la  è  così,  facciamone  gozzoviglia.  Il  vino  è  vita.  Io 
assicuro  che  esso  è  vero  d'Opimio.  Jeri  noi  feci  mescere  sì  buono,  benché  i  convitati 
fosser  più  cospicui».  Bevendo  noi  ed  ammirando  sì  squisite  magnificenze,  un  servo 
portò  una  figura  d'argento  accomodata  in  modo,  che  da  ogni  parte  se  ne  volgevano  gli 
articoli  e  le  vertebre  col  rallentarle. . . 

Tenne  dietro  agli  applausi  una  portata,  non  grande,  a  dir  vero,  quanto  credevasi;  la  no- 
vità tuttavia  trasse  gli  occhi  di  tutti.  Era  in  forma  di  una  credenza  rotonda,  e  aveva 
in  giro  distinte  le  dodici  co>tellazioni,  sulle  quali  il  cuoco  avea  posto  il  cibo  proprio 
e  conveniente  alla  figura;  sull'Ariete  i ceci  di  marzo;  sul  Toro  un  pezzo  di  bufalo; 
granelli  e  reni  sopra  i  Gemelli;  una  corona  sul  Cancro;  sul  Leone  un  fico  d'Africa; 
sulla  Vergine  una  vulva  di  troja  lattante;  sulla  Libra  una  bilancia  che  da  una  parte 
conteneva  una  torta,  e  dall'altra  una  focaccia;  sullo  Scorpione  un  pesciolino  da  ma- 
re che  chiamano  scorpione;  sul  Sagittario  un  gambero  marino;  sul  Capricorno  una 
locusta  marina;  sull'Acquario  un'anitra;  sui  Pesci  due  triglie.  Fn  mezzo  poi  v'era 
un  cespuglio  d'erbe  recise,  con  un  favo  di  sopra. 

Il  famiglio  egiziano  recava  intorno  il  pane  sopra  un  tamburino  d'argento,  egli  pure 
con  pessima  voce  canticchiando  una  goffa  canzone  sul  laserpizio.  A  noi  facean  noja 
quelle  trivialità,  ma  Trimalcione  disse:  — Ceniamo,  che  tale  è  l'ordine  della  cena  ». 

Così  detto,  sopragiunsero  alcuni,  i  quali  ballando  un  quartetto  a  suon  di  musica,  sco- 
prirono la  parte  superiore  del  credenzino;  e  allora  vedemmo  per  di  sotto,  cioè  in  un 
altro  servizio,  ventresche  e  grassi  circondanti  una  lepre  ornata  di  ale,  che  pareva  il 
cavai  Pegaso;  e  intorno  ai  canti  del  credenzino  quattro  statuette  di  satiri,  da' cui 
ventri  versavasi  un  liquore  impepato  sopra  i  pesci,  i  quali  vedeansi  nuotar  nel  mare. 

Noi  applaudimmo  tutti,  facendo  eco  ai  famigli,  e  lietamente  assalimmo  quelle  lecornie. 
Trimalcione  del  pari  conlento  del  buon  ordine,  — Trincia  »  esclamò  ;  e  tosto  lo  scalco 
si  fece  innanzi,  e  a  suon  di  musica  sì  furbescamente  lacerò  le  vivande,  che  l'avresti 
creduto  un  cocchiere  in  lizza  fra  lo  strepito  dell'organo  idraulico... 

In  questo  mezzo  vennero  valletti,  che  agli  strati  sovrapposero  coperte,  su  cui  erano  reti 
dipinte,  e  cacciatori  colle  aste,  e  un  intero  apparecchio  di  caccia.  Non  sapevamo 
che  pensarci  di  ciò,  quando  fuor  del  triclinio  alzatosi  un  gran  rumore,  entrarono 


i24  ARCHEOLOGU    E   BELLE   ARTI 

tutt'a  un  colpo  alcuni  cani  di  Sparta,  che  intorno  pure  alla  mensa  si  diedero  a  cor- 
rere: e  un  altro  desco  tenne  lor  dietro,  sul  quale  era  posto  un  cignale  imberrettato 
di  prima  grandezza,  cui  dai  denti  pendevano  due  cestelli  trecciati  di  palma,  un 
de'  quali  colmo  di  datteri  della  Siria,  e  l'altro  di  datteri  della  Tebaide.  Allo  intorno 
v'avea  de'  porcellini  fatti  di  torta,  come  se  fosser  lattanti,  per  significare  che  il  ci- 
gnale era  femmina;  e  questi  pure  erano  inghirlandati. 

A  tagliar  il  cignale  non  venne  quel  Trincia  che  aveva  appczzate  le  altre  vivande,  ma 
un  gran  barbone,  colle  gambe  ne'  borzacchini,  e  con  un  abitino  di  più  colori  :  e 
impugnato  il  coltello  da  caccia,  gli  percosse  gagliardamente  un  fianco,  e  dalla  piaga 
volaron  fuori  dei  tordi.  Pronti  furono  colle  canne  gli  uccellatori,  che  tosto  li  presero 
mentre  svolazzavano  per  la  sala.  Avendo  Triraalcione  fattine  dar  uno  a  ciascuno 
soggiunse:  —Voi  pur  vedete  come  questo  porco  selvatico  abbiasi  mangiate  tutte  le 
ghiande  ».  Allora  tosto  i  donzelli  corsero  ai  cestini  che  pendevano  dai  denti,  e  i  varj 
datteri  egualmente  divisero  fra  i  commensali. 

Intanto  io,  che  stavami  quasi  solo  in  un  canto,  mi  diedi  ad  almanaccare  per  qual  ra- 
gione il  cignale  fosse  col  berretto-,  e  poiché  ebbi  esaurite  tutte  le  fantasie,  determinai 
di  confidare  a  quel  mio  interprete  ciò  che  mi  affannava.  Ed  egli  :  —  Ciò  ti  spieghe- 
rebbe facilmente  sino  il  tuo  servo  ;  giacché  qui  non  v'é  enigma,  ma  cosa  chiara.  Questo 
cignale  essendo  rimasto  intatto  all'ultima  cena  di  jeri,  e  dai  convitati  rimandato, 
oggi  torna  al  convito  col  berretto  da  liberto  ».  Io  allora  condannai  il  mìo  stupore,  e 
null'altro  richiesi,  per  non  parere  di  non  aver  mai  cenato  con  galantuomini. 

Tra  questi  discorsi,  un  bel  ragazzo,  cinto  di  viti  e  d'edera,  che  or  Bromio  era  chiamato, 
or  Lieo  or  Evio,  portò  tutt'intorno  un  panierino  d'uve,  cantando  con  voce  acutis- 
sima le  poesie  del  suo  signore  :  al  cui  suono  voltosi  Trimalcione,  —  Dionisio  (gli  disse) , 
tu  sei  liberto  ».  Allora  il  ragazzo  tolse  al  cignale  il  berretto,  e  sul  proprio  capo  sei 
pose  ;  e  Trimalcione  di  nuovo  soggiunse  :  —  Ora  non  negherete,  ch'io  possieda  il  padre 
Bacco».  Lodammo  il  motto  di  Trimalcione,  efemmoassai  baci  al  ragazzo,  che  venne  in- 
torno. . .  Né  sapevamo  che,  dopo  a  tante  lautezze,  noi  fossimo  ancora,  come  dicesi,  a 
metà  cammino.  Di  fatto,  levate  a  suon  di  musica  le  mense,  si  condussero  nel  jtricli- 
nio  tre  bianchi  majali,  ornati  di  nastri  e  campanelli,  dei  quali  il  cerimoniere  diceva  uno 
aver  due  anni,  l'altro  tre,  e  il  terzo  esser  già  vecchio,  lo  mi  pensai  che  insieme  coi 
porci  venissero  i  giocolieri,  onde,  com'è  costume  ne' circoli,  operar  qualche  prestigio. 
Ma  Trimalcione  prevenendo  ogni  dubbio,  —  Qual  di  cotesti  (disse)  amereste  voi  che 
in  un  istante  si  mettesse  in  tavola?  Così  i  fittajuoli  pur  fanno  de'  polli,  d'un  fagiano 
0  di  simili  bagatelle;  ma  i  miei  cuochi  usano  cuocere  un  vitello  tutto  intero  ».  E 
in  questa  fé  chiamare  il  cuoco  Gajo ,  cui  comandò,  senz'altro  aspettare  la  nostra 
scelta,  che  ammazzasse  il  più  vecchio.  Poi  ad  alta  voce  gli  disse:  —Di  qual  decuria 
sei  tu?  »  e  avendogli  risposto  della  quarantesima,  gli  disse:  —  Fosti  comperato,  o  na- 
scesti in  casa? — Né  l'un  né  l'altro  (rispose  il  cuoco),  ma  vi  fui  lasciato  per  testa- 
mento da  Pausa.  —  Bada  bene  (gli  soggiunse)  di  sollecitarti,  altrimenti  io  ti  caccerò 
nella  decuria  dei  lacchè  ».  Il  cuoco,  da  questa  minaccia  stimolato,  andossene  col 
majale  in  cucina. 

Trimalcione  dipoi  rivoltosi  a  noi  dolcemente,  —  Se  il  vino  non  vi  aggrada,  lo  cambierò; 
ma  sta  a  voi  il  mostrare  che  vi  piaccia.  Grazie  al  cielo,  io  non  lo  compro,  ma  ogni 
cosa  che  spetta  al  gusto  nasce  in  un  mio  Campetto,  ch'io  peraltro  non  conosco.  Mi 
si  dice  che  si  estenda  da  Terracina  a  Taranto.  Ora  io  penso  di  unir  la  Sicilia  a  quelle 
mie  zolle,  affinchè,  se  volessi  andare  in  Africa,  non  abbia  a  navigare  per  altri  confini 
che  per  i  miei.  . .  » 

Ancor  non  aveva  svaporato  queste  fandonie,  quando  un  altro  desco,  carico  di  quel 
gran  majale,  coprì  la  tavola.  Noi  ci  diemmo  ad  ammirare  tanta  prestezza,  ed  a  giu- 
rare che  neppur  un  pollo  potevasi  cuocere  in  questo  batter  d'occhio,  e  ciò  tanto  più 
quanto  maggiore  ci  parca  quel  porco  di  quel  che  ci  fosse  prima  sembrato  il  cignale. 
Indi  Trimalcione  guardandolo  attentamente,  —  E  che?  (disse),  questo  porco  non  è 
stato  sventrato?  No,  perdio,  ch'ei  non  l'è.  Qua,  qna  subilo  il  cuoco  ».  11  cuoco  com- 
parve malinconico,  e  avendo  dello  ch'crasi  ilimenlicato  di  sventrarlo,  —  Che  dimen- 
ticato? (gridò  Ti(iialcione);  pensi  tu  che  trattisi  di  non  avervi  messo  il  pepe  e  il  ci- 
mino? Fuor  camiciuola  ».  Senz'altro  indugio  il  cuoco  viene  spogliato,  il  (juaie  buzzo 


CENE    r.OMANR  12S 

buzzo  slavnsene  in  mezzo  a  due  aguzzini.  Tulli  allora  ci  ponemmo  a  pregar  Triraal- 
cione,  e  dire:  —  Questo  è  un  accidente;  lascialo  di  grazia;  e  se  altra  volta  mancasse, 
nessuno  piii  intercederà  per  lui  ». 

Io  crudelmente  severo,  non  potei  trattenermi,  clie  piegandomi  all'orecchio  d'Agamen- 
none, non  gli  dicesi  :  —  Questo  servo  deve  per  certo  essere  un  gran  balordo.  Avvi  al- 
cuno ciie  si  scordi  di  sventrare  un  majale?  non  gli  perdonerei,  perdio,  se  si  trattasse 
d'un  pesce  ».  Non  fece  però  così  Trimalcione,  il  quale  serenata  la  fronte,  disse:  — 
Or  bene,  poiché  tu  sei  di  sì  cattiva  memoria,  sventracelo  qui  pubblicamente  ».  11 
cuoco,  ripreso  il  grembiule,  brandì  il  coltello,  e  con  man  timorosa  tagliò  qua  e  là  il 
ventre  del  porco;  ed  ecco  dalle  ferite  allargantisi  per  l'urto  del  peso,  scappar  fuora 
salsiccie  e  sanguinacci. 

A  questo  spettacolo  tutta  la  macchinale  famiglia  de'  servi  fé  plauso  ,  e  con  istrepito 
felicitò  Gajo  ;  e  il  cuoco  non  solo  fu  ammesso  a  bere  tra  noi,  ma  ricevette  eziandio 
una  corona  d'argento,  ed  un  bicchiero  Sù|)ra  un  bacile  di  Corinto:  e  perchè  da  vicino 
lo  osservava  Agamennone;  Trimalcione  disse:  —  lo  sono  il  solo  che  abbia  il  vero  me- 
tallo di  Corinto. . .  » 

Entrò  poi  il  suo  agente,  il  quale,  come  venisse  a  recitar  i  fasti  di  Roma,  lesse  quanto 
segue  : 

«  Il  giorno  23  luglio,  nati  nel  territorio  di  Cuma,  di  ragione  di  Trimalcione,  trenta 
«  fanciulli  maschi  e  quaranta  femmine:  portate  dall'aja  nel  granajo  mille  cinquecento 
«  moggia  di  frumento:  buoi  domati  cinquecento.  Nello  stesso  giorno,  Mitridate 
«  schiavo  impiccato  alla  croce  per  aver  bestemmiato  il  genio  tutelare  di  Gajo  nostro. 
«  Nello  stesso  giorno,  riposte  in  cassa  centomila  lire,  che  non  si  poterono  impiegare. 
«  Nello  stesso  giorno,  accesosi  il  fuoco  negli  orti  pompejani,  cominciato  la  notte  in 
<f  una  casa  da  villano  ». 

—  Aspetta  (disse  Trimalcione);  da  quando  in  qua  ho  io  comperato  gli  orti  pompejani? 

—  L'anno  scorso  (rispose  l'agentej  ;  perciò  non  erano  ancor  messi  a  libro  ».  Trimalcione 
adirossi,  e  soggiunse:  —  Qualunque  fondo  mi  si  compri^  se  dentro  sei  mesi  io  non 
ne  sarò  avvertito,  proibisco  che  mi  si  porti  il  conto  ». 

Entrarono  finalmente  i  saltatori,  ed  un  certo  Barone,  coso  sciocchissimo,  si  presentò 
con  una  scala,  sulla  quale  fece  salire  un  ragazzo,  a  cui  comandò  che  saltasse  e  can- 
tasse, tanto  salendo,  quanto  standovi  in  cima.  Il  fece  in  appresso  attraversare  de'cer- 
chi  di  fuoco,  e  tener  co' denti  una  bottiglia.  Il  solo  Trimalcione  maravigliavasi,  e 
dicea  che  quello  era  un  ingrato  mestiere  ;  nelle  umane  cose  però  due  sole  esser  quelle 
ch'egli  con  molto  piacere  osservava,  i  saltatori  e  le  beccacce;  gli  altri  animali  e  di- 
vertimenti esser  baje  e  fanfaluche.  —  l'erciò  (soggiunse)  io  comperai  dei  commedianti, 
e  volli  poi  che  recitassero  farse,  ed  al  mio  corista  ordinai  che  cantasse  in  latino...  » 

(Qui  tralasciamo  grossolane  baje  di  Trimalcione). 

Continuava  egli  così  a  tor  la  mano  ai  filosofi,  quando  portaronsi  attorno  in  un  vaso  alcuni 
viglietti  ;  ed  il  paggio  che  n'era  incaricato,  ne  lesse  le  sorti.  Uno  diceva,  «  Denaro 
buttato  iniquamente  »,  e  si  portò  un  presciulto  con  branche  di  gamberi  sopra,  un 
orecchio,  un  marzapane,  ed  una  focaccia  bucata.  Recossi  dipoi  una  scatoletta  di  co- 
tognato,  un  boccone  di  pane  azimo,  uccelli  grifagni,  insieme  con  un  pomo  e  porri 
e  pesche  e  uno  staffile  ed  un  coltello.  Uno  ebbe  passeri,  un  ventaglio,  uva  passa, 
miele  attico,  una  veste  da  tavola  ed  una  toga,  una  fetta  di  marzapane,  e  tele  dipinte: 
un  terzo  ebbe  un  tubo  ed  un  socco.  Portossi  pure  una  lepre,  im  pesce  sogliola, 
un  pesce  morena,  un  sorcio  acquatico  legato  con  una  rana,  ed  un  mazzo  di  biete. 
Ridemmo  lungamente  di  questo  giuoco:  erano  seicento  i  viglietti,  de' quali  non  mi 
ricordo  altro. . . 

Dopo  nuove  bubbole  di  Trimalcione,  gli  Omeristi  alzarono  un  gran  gridore,  perchè  in 
mezzo  ai  famigli,  che  d'ogni  parte  correvano,  fu  portato  sopra  un  amplissimo  vassojo 
un  vitello  intero  a  lesso  e  con  un  caschetto  sul  ca[)o.  Ajace  gli  veniva  dietro,  il  quale, 
da  furibondo  imbrandito  un  trinciante,  il  tagliò,  rivoltandone  i  pezzi  colla  punta,  a 
guisa  di  ciarlatano,  or  di  sotto,  or  di  sopra,  e  distribuendolo  a  noi,  che  lui  ammira- 
vamo. Ma  non  potemmo  quegli  eleganti  lavori  a  lungo  osservare,  perchè  tutto  a  un 
tratto  sentimmo  scricchiolar  la  sofTitta,  e  tutto  il  triclinio  tremare.  Io  m'alzai  spaven- 
tato, temendo  che  qualche  saltatore  non  scendesse  dalla  parte  del  tetto;  e  gli  altri 


d26  ARCHEOLOGIA    E    BELLE    ARTI 

convitati  non  meno  sorpresi  alzarono  gli  occhi,  curiosi  qiial  novità  venir  potesse  di 
lassìi.  Ed  ecco  che  apertasi  la  soffitta,  si  vide  un  gran  cerchio,  che  quasi  da  larga 
cupola  distaccandosi  venne  giù,  e  gli  pendeano  d'intorno  varie  corone  d'oro  e  sca- 
tolette d'alabastro  piene  d'unguenti  odorosi. 

Mentre  ci  era  ordinato  di  prenderci  questi  presenti,  io  volsi  l'occhio  alla  mensa,  sulla 
quale  vidi  già  riposto  un  servigio  di  alcune  focacce,  e  in  mezzo  un  Priapo  fatto  di 
pasta,  che  nel  largo  suo  grembo  teneva,  secondo  il  suo  solito,  uve  e  poma  d'ogni 
specie. 

Noi  con  avidità  allungammo  le  mani  a  que'  frutti,  ed  improvisamente  un  nuovo  ordine 
di  giuochi  accrebbe  la  nostra  allegria,  perchè  le  focacce  ed  i  pomi,  appena  colla  mi- 
nima pressione  toccati,  diffusero  intorno  tale  odor  di  zafferano,  da  riuscirci  sin  mo- 
lesto. 

Persuasi  adunque,  che  una  vivanda  sì  religiosamente  profumata  fosse  cosa  sacra,  noi  ci 
rizzammo  in  piedi,  e  augurammo  felicità  ad  Angusto  padre  della  patria.  Alcuni  però 
avendo  anche  dopo  questa  venerazione  rapiti  quei  frutti,  noi  pure  ce  n'empimmo  i  to- 
vagliuoli, ed  io  sopratutto,  cui  parca  non  aver  mai  abbastanza  regalato  il  mio  Gitone. 

Tra  questo'fare  entrarono  tre  donzelli  involti  in  candide  tonicelle,  due  de' quali  misero 
in  tavola  gli  Dei  lari  inghirlandati,  ed  uno  recando  intorno  una  tazza  di  vino,  gri- 
dava:—  Ti  sieno  propizj  gli  Dei  ».  Dicea  parimenti,  che  l'un  d'essi  chiamavasi  Cer- 
done,  l'altro  Felicione,  ed  il  terzo  Lucrone  (nomi  di  pro<tpcro  augurio).  E  come  fu 
portato  intorno  il  ritratto  di  Trimalcione,  che  tutti  baciarono,  noi  non  potemmo  seb- 
ben  con  rossore  scansarcene. . . 

All'istante  venne  condotto  un  cane  tutto  lardo,  legato  alla  catena,  a  cui  il  portiere  or- 
dinò con  un  calcio  di  sdrajarsi,  e  quegli  si  distese  avanti  la  mensa.  Allora  Trimal- 
cione gittandovi  un  pan  bianco,  —  Non  avvi  (disse)  nessuno  in  mia  casa,  che  m'arai 
più  di  costui  ».  Sdegnato  il  ragazzo  ch'ei  lodasse  Silace  così  sbracatamente,  mise  in 
terra  la  cagnolina,  e  l'aizzò  contro  lui.  Silace,  secondo  il  costume  cagnesco,  empiè  la 
sala  di  orrendi  latrati,  e  stracciò  quasi  la  Margarita  di  Creso.  Né  a  questa  baruffa  fer- 
niossi  il  rumore,  perchè  venne  altresì  rovesciata  una  lampada,  di  cui  si  ruppero  i  cri- 
stalli, e  l'olio  bollente  si  sparse  addosso  ad  alcuno  de'  commensali. 

Trimalcione,  per  non  parere  in  collera  di  questo  accidente,  baciò  il  ragazzo,  e  gli 
comandò  di  salirgli  sulla  schiena.  Egli  andò  subito,  e  messoglisi  a  cavalluccio,  gli  bat- 
teva col  palmo  delle  mani  le  spalle,  e  ridendo  chiedevagli;  —  Conta,  conta,  quanti 
fanno?  » .  .  . 

Trimalcione  rimessosi  per  un  poco,  ordinò  si  empisse  un  gran  fiasco,  e  si  distribuisse 
da  bere  a  lutti  gli  schiavi  che  sedevano  ai  nostri  piedi ,  aggiungendo  questa  condi- 
zione: —  Se  alcuno  non  vuol  bere,  versagli  il  vino  sul  capo  w.  E  così  or  faceva  il 
severo,  ed  ora  il  pazzo. 

A  queste  famigliarità  venner  dietro  intingoli,  la  cui  memoria  vi  giuro  che  mi  fa  stomaco; 
poiché  tutte  quelle  grasse  galline  erano  contornate  di  lordi,  con  ova  d'anitra  ripiene, 
le  quali  Trimalcione  ci  pregò  con  orgoglio  di  mangiare,  dicendo  che  erano  galline 
disossate. . . 

Capita  un  altro  ospite,  che  aveva  cenalo  altrove,  a  cui  Trimalcione  chiede  :  —  Che  cosa 
aveste  di  squisito?  » 

—  Lo  dirò,  se  il  potrò  (rispose  l'altro);  perchè  io  sono  di  fragil  memoria,  che  talvolta 
dimentico  lo  stesso  mio  nome.  Avemmo  dunque  dapprima  un  porco,  coronato  con 
salsiccie  intorno,  e  colle  interiora  benissimo  condite:  eranvi  biefe,  e  pan  bigio,  che 
io  preferisco  al  pan  bianco:  e  siccome  egli  fortifica,  così,  poiché  mi  giova,  non  me  ne 
lagno.  La  seconda  pietanza  fu  una  torta  frodda,  su  cui  era  sparso  un  eccellente  miele 
caldo  di  Spagna,  cosicché  io  nulla  mangiai  della  torta,  e  molto  meno  del  miele. 
Quanto  ai  ceci  ed  ai  lupini  ed  al  resto  de' frutti,  nulla  più  ne  presi  di  quel  che  Calva 
mi  suggerisse;  due  pomi  però  mi  riposi,  che  tengo  in  questo  tovagliolino,  perché  se 
io  non  porto  «pialche  regaluccio  al  mio  servitorello,  e'nii  sgriderebbe  ;  del  che  madonna 
saviamente  suole  ammonirmi.  Oltre  a  ciò  avevamo  dinanzi  un  pezzo  di  orsa  giovane, 
di  cui  Scintilla  avendo  imprudentemente  gustato,  fu  |»er  vomitar  le  budella;  io  al 
contrario  ne  mangiai  quasi  una  libbra,  perché  sapeva  di  cinghiale.  Se  l'orso,  dicevo 
io,  mangia  l'omicialtolo,  quanto  più  l'omiciattolo  mangiar  deve  dell'orso?  Finalmente 


CENE    nOMANE  127 

avemmo  del  cacio  molle,  del  cotognato ,  delle  chiocciole  senza  guscio,  della  trippa 
di  capretto,  del  fegato  nei  bacini,  delle  ova  accomodate,  e  rape,  e  senape,  e  tazze  che 
parean  pinte:  benedetto  Palamede  che  le  inventò!  Furono  portate  intorno  in  una 
marmitta  le  ostriche,  che  noi  senza  troppa  civiltà  ci  prendemmo  a  piene  mani,  perché 
avevam  rimandato  il  presciutlo». . . 
Non  sarebbe  mai  giunto  il  termine  di  questi  fiistidj,  se  non  fosse  venuta  l'ultima  portata, 
composta  di  un  pasticcio  di  tordi,  di  zibibbo  e  di  noci  confetti^.  Tenner  dietro  pomi 
cotogni  contornati  di  chiodetti  di  garofano,  che  pareano  tanti  porcospini:  e  tutto 
ciò  era  pur  passabile,  se  non  si  fosse  data  un'altra  sì  pessima  vivanda,  che  prima  di 
mangiarne  avremmo  voluto  morir  di  fame.  Quando  fu  in  tavola,  noi  pensammo  fosse 
un'oca  ripiena,  contornata  di  pesci  e  d'ogni  sorta  uccelli;  di  che  Trimalcione  avvedu- 
tosi disse:  —  Tutto  questo  piatto  esce  da  un  corpo  solo  ». 

10  m'avvidi  tosto  di  quel  che  era,  e  volgendomi  ad  Agamennone:  — Io  resto  maravigliato 
come  lutti  cotesti  ingredienti  sieno  accomodati  in  guisa  che  pajon  fatti  di  creta;  e  só 
di  aver  veduto  a  Roma,  nel  tempo  de' Saturnali,  di  simili  cene  finte  ». 

Ancor  non  finivano  queste  mie  parole,  che  Trimalcione  disse:  —  Così  possa  io  crescer 
di  ricchezza,  se  non  di  corpo,  come  tutti  questi  intingoli  il  mio  cuoco  ha  fatti  col 
majale.  Non  può  darsi  gemma  più  preziosa  di  costui.  Se  volete,  egli  di  un  cono  vi 
farà  un  pesce,  col  lardo  un  piccione,  col  presciutto  una  tortora,  delle  budella  di  un 
porco  una  gallina:  perciò  a  genio  mio,  gli  fu  posto  un  bellissimo  nome,  giacché  egli 
chiamasi  Dedalo;  e  siccome  ha  egli  gran  fama,  uno  gli  portò  a  Roma  dei  coltelli  di 
Baviera  ».  E  sì  dicendo  comandò  che  gli  si  recassero,  gli  osservò  con  ammirazione, 
e  ci  permise  di  provarne  la  punta  sulle  nostre  labbra. 

Al  tempo  stesso  entrarono  due  schiavi  in  aria  di  litigar  fra  di  loro  per  un  cingolo,  di 
quelli  cui  si  attaccano  i  vasi,  che  costoro  si  tenean  sulle  spalle.  Trimalcione  avendo 
pronunziata  la  sua  sentenza,  né  l'un  né  l'altro  volle  acchetarvisi,  ma  ciascheduno 
ruppe  con  bastoni  il  fiasco  dell'altro. 

SoprafTatti  noi  dell'insolenza  di  quegli  ubriachi,  li  tenevam  d'occhio,  e  vedemmo  che 
da  quei  rotti  vasi  erano  cadute  ostriche  e  pettini,  le  quali  un  donzello  raccolse,  e  in 
una  marmitta  recò  intorno. 

11  cuciniere  ingegnoso  secondò  queste  splendidezze,  perché  portò  lumache  sopra  una 
graticola  d'argento,  e  cantò  con  voce  tremula  e  spaventosa.  Io  ho  rossore  a  narrare 
ciò  che  segui.  Imperocché  i  chiomati  donzelli  (cosa  non  più  udita),  portando  unguenti 
in  un  catino  d'argento,  unsero  i  piedi  agli  sdrajati  commensali,  dopo  aver  loro  allacciate 
e  gambe  e  piedi  e  calcagni  con  varie  ghirlande;  poi  l'unguento  medesimo  fecer 
colare  nei  vasi  di  vino  e  nelle  lucerne... . 

Finalmente  intirizziti  pregammo  il  custode  di  metterci  fuor  della  porta,  ma  egli  rispose:  — 
Assai  t'inganni  se  pensi  uscir  per  di  qua,  donde  sei  entrato.  Nessun  convitato  giammai 
esce  dalla  porta  medesima:  entrasi  per  l'una,  e  per  l'altra  si  parte  ». 

In  questa  si  udì  un  gallo  cantare:  per  la  cui  voce  sgomentato,  Trimalcione  ordinò  che 
si  spandesse  vino  sotto  la  tavola,  e  se  ne  mettesse  nelle  lucerne;  di  più  trasportò 
l'anello  nella  man  destra  ,  e  disse:  —  Non  senza  il  suo  perchè  codesto  trombetta  ha 
dato  un  tal  segno:  o  bisogna  che  vi  sia  incendio  in  alcun  luogo,  o  che  alcuno  nel 
vicinato  trovisi  in  punto  di  morte.  Lungi 
da  noi  i  tristi  augurj  ;  epperò  chi  mi 
porterà  questo  mal  nunzio,  avrà  una 
corona  in  regalo  »... 

Le  sedie  erano  di  molta  varietà  e  bel- 
lezza, più  che  comode.   Eccone  alcune: 

La  sedia  curule  ornata  di  avorio  era 
distintivo  de'maggiori  magistrati.  Le  se- 
die delle  signore  portavano  cuscini  e  ri- 
cami, ed  usavanle  in  carro  o  nelle  letti- 
ghe. Troni  chiamavansi  quelle  di  maggior 
magnificenza.  Il  biselio,  sedile  per  due, era 
riservato  ad  alcune  dignità.  Il  kttisternio 


128 


ARCHEOLOGIA   E   BELLE   ARTI 


era  un  letto  di  marmo  o  bronzo,  su  cui 
poneansi  le  divinità.  Sgabelli  sono  spesso 
ai  piedi  di  queste.  La  figura  che  qui  ve- 
dete, è  d'una  sedia  tolta  dai  vasi  greci  di 
Hamilton,  da  cui  appaiono  anche  l'abito 
e  il  ventaglio: 

Le  chiavi  si  facevano  di  ferro  o  di  bron- 
zo, e  quali  maschie,  e  quali  femmine.  Si 
conoscevano  le  false,  adulterincB.  Gonse- 
gnavasi  una  chiave  alla  sposa  quando  en- 
trava in  casa  e  la  dovea  rendere  quando 
vedova  o  per  divorzio.  Le  chiavi  egizie, 
all'anello  han  forma  di  croce. 

Molti   campanelli  si  trovano,  simili   ai 
nostri,  or  isolati  per  chiamare,  or  uniti  per 
istromenti,  ora  messi  per  ornalo  a  bestie. 
Servivano  nei  misteri  de'Cabiri  e  di  bacco: 
se  ne  ornava  il  lembo  delle  vesti  delle  bac- 
canti, come  dei  sacerdoti  ebrei,  e  se  ne 
scavano  dalle  tombe  di  iniziati  nei  misteri 
di  Bacco;  e  così  attaccavansi  a  forniture  di  cavalli.  1  venditori  ne  usavano  per  attirar 
avventori,  i  padroni  per  chiamar  gli  schiavi,  le  sentinelle  notturne  per  dare  i  segni. 
Avremo  a  riparlarne. 
Della  ricchissima  varietà  di  fibule  offriamo  qui  alcune  figure  : 

Trovaronsi  talvolta  arredi  piccolissimi, 
che  si  supposero  giocatoli  puerili;  e  il  mar- 
chese Olivieri  scoprì  a  Pesaro  una  scato- 
letta con  figurine  di  divinità  e  piccoli  stru- 
menti di  sacrificio  corrispondenti  agli  al- 
tarini dei  nostri  ragazzi.  Altre  volte  si 
rappresentava  il  tnanducus,  figuraccia  eoa 
cui  le  madri  spauravano  i  bimbi.  Ausonio 
rammenta  figure  geometriche,  colle  quali 
i  fanciulli  si  spassavano  istruendosi.  In  se- 
polcri di  fanciulli  si  dipinsero  marionette. 
Sul  muro  del  calcidico  di  Eumacbia  a  Pompej  si  trovò  dipinto  questo  pressoio  a  vite, 
limile  ai  nostri  : 

Sul  come Tun  privato  nella  vita  comune 
passava  la  giornata,  stese  una  lunga  dis- 
sertazione l'abate  Couture  ueWe  Memorie 
dell'Accademia  francese,  e  noi  qui  la 
compendiamo. 
—  Le  occupazioni  variarono  presso  i  Ro- 
mani secondo  il  variare  dei  tempi.  Sotto 
i  re,  il  popolo  viveva  in  grande  medio- 
crità,   e  conseguentemente    in  grande 
semplicità,  fra  le  bisogne  della  vita  ed  i 
pericoli  della  guerra  dividendo  sue  cure. 
Sotto   i  consoli,  allorché   i   Romani   non 
avevano  guerre  al  di  fuori,  erano  agitati 
dentro  da  un  male  ancor  più  pericoloso 
che  la  guerra.  La  cupidigia  di  dominare 
ne'  patrizj,  ne'  plebcj  l'amore  dcll'indi- 
^L.         pendenza   tennero   Roma    in   perpetua 
scissura,  e  minacciarono  più  volte  di 
soffogare  questa  repubblica,  nella  culla.  Pareva  che  il  senato  non  desse  i  consoli  che 


VITA    PRIVATA   DE'  ROMANI  129 

per  far  contro  al  popolo,  e  che  il  popolo  non  eleggesse  i  tribuni  che  per  far  contro 
al  senato. 
Grinterviilli  di  tranquillila  si  dedicavano  interamente  all'agricoltura,  alia  quale  sembrava 
che  la  fortuna  avesse  congiunta  l'innocenza  de'costumi  e  la  dolcezza  della  vita.  La 
differenza  degli  slati  non  si  rivelava  per  la  differenza  delle  occupazioni  :  i  grandi  non 
erano  meno  laboriosi  de'piccioli:  e  queste  due  condizioni,  così  distinte  nella  città  coi 
titoli  di  nobili  e  di  plebei,  erano  identificate  nelle  campagne  sotto  il  nome  di  lavora- 
tori. La  stima  per  gli  agricoli  durò  tanto,  che  Cicerone,  sul  finire  della  repubblica, 
non  esitò  ad  assicurare  che  gli  uomini  probi  preferivano  tuttavia  d'essere  registrali 
nelle  tribù  della  campagna,  piuttosto  che  in  quelle  della  città. 
Da  ultimo,  il  costume  di  dimorar  nelle  proprie  terre  era  sì  costante  e  sì  uniforme,  che 
il  nome  di  viatoros  fu  attribuito  a  certi  ufiìziali  subiilterni ,  sempre  in  cammino  per 
andar  ad  avvertire  i  senatori  che  il  talco  il  tal  altro  giorno  si  sarebbe  tenuta  adunanza 
straordinaria,  oltre  le  ordinarie  che  si  tenevano  regolarmente  due  volte  al  mese,  il 
giorno  delle  calende  e  il  giorno  degli  idi,  per  le  quali  non  vi  aveva  bisogno  di  nuovo 
avviso. 
Se  di  lai  maniera  vivevano  i  senatori,  che  cosa  dobbiamo  noi  giudicare  degli  altri  citta- 
dini, che  non  avevano  ancora  alcuna  idea  di  belle  arti,  che  non  pensavano  né  a 
coltivare  il  loro  spirito  colla  filosofia,  né  a  governar  quello  degli  altri  coll'eloquenza? 
Più  di  tre  quarti  non  vedevano  la  città  che  di  nove  in  nove  giorni  in  tempo  di  pace: 
vi  si  recavano  soltanto  per  provedersi  delle  cose  necessarie  alla  loro  professione,  o  per 
esaminare  se  dovevano  approvare  o  rigettare  le  ordinazioni  nuove  che  i  magistrati 
affiggevano  in  Campidoglio,  e  durante  la  pace,  in  tre  giorni  di  mercato  consecutivi, 
prima  di  presentarle  perchè  fossero  confermate  (promulgare  per  irinum  nundinumj. 
In  questi  giorni  di  mercato,  i  tribuni  del  popolo  lo  intrattenevano  intorno  agli  affari 
del  governo,  ed  ai  cangiamenti  di  cui  era  mestieri:  e  le  loro  arringhe  sono  quelle  che 
nutrirono  il  mal  accordo  fra  gli  ordini,  in  tutto  il  tempo  che  durò  la  repubblica. 
Tali  press'a  poco  erano  i  costumi  e  le  occupazioni  principali  degli  antichi  Romani, 
prima  che  questo  popolo  fosse  stato  corrotto  dal  lusso  e  dalla  mollezza  dei  Greci  e 
degli  Asiatici.  Venuti  a  contatto  con  questi,  obliando  le  loro  antiche  massime,  adotta- 
rono quelle  delle  nazioni  vinte,  ed  assoggettarono  se  stessi  a'vizj  d'un  popolo  ch'eglino 
avevano  assoggettato  al  loro  impero  (Livio,  lib.  xlviii. —  plimo,  lib.  xxxiii,  cap,  H: 
(Asia  primum  devicta  luxuriam  nìiait  in  Ilaliam). 
In  pochissimo  tempo  tutto  parve  cangialo;  a  Roma  non  si  videro  che  nuovi  maestri  di 
arti  fin  allora  ignorate,  e  che  sarebbe  stato  meglio  ignorare  per  sempre.  Si  studiò  la 
grandezza  e  la  regolarità  negli  edifizj,  la  ricchezza  e  l'eleganza  negli  abiti,  la  sontuo- 
sità e  la  delicatezza  nelle  mense,  la  varietà  e  la  singolarità  negli  arredi.  Noma  aveva 
ordinato,  Deos  fruge  colere,  et  mola  salsa  supplicare  ;  gli  Dei  non  erano  figurati  né  eoa 
statue  né  con  pitture,  e  soltanto  censessantadue  anni  dopo  questo  principe  essi  comin- 
ciarono ad  esser  adorati  sotto  qualche  figura  (Plctarco,  in  Numa\  Dionisio  alic; 
Eusebio  Cesar.), 
La  religione  stessa,  così  modesta  nella  istituzione  sua  e  per  leggi  di  Numa,  seguì  il 
torrente,  e  divenne  sontuosa  sì  nell'apparecchio  delle  sue  cerimonie,  come  nell'arre- 
damento de'ministri  suoi. 
Rotta  una  volta  la  diga  dell'antica  disciplina,  i  costumi  precipitarono  in  ogni  maniera 
d'eccessi.  Indarno  il  censore  sforzossi  di  richiamarli,  se  non  alla  severità  degli  antichi, 
almeno  ad  un  punto  tollerabile:  il  novello  gusto  del  piacere,  unito  al  cattivo  esempio, 
prevalse  sempre  alla  saviezza  dei  regolamenti.  S'incominciò  pertanto  a  lasciare  agli 
schiavi  tutto  ciò  che  vi  aveva  di  faticoso  in  Roma  e  fuori,  riserbando  per  sé  quel  solo 
ch'era  onorevole  o  gradevole.  Di  là  la  distinzione  degli  schiavi  di  città  e  di  campagna 
coi  nomi  di  atrienses,  amanuense^,  mediastini,  cubicularii,  anteambuhne!^,  pedissequi 
unquenlarii,  topiarii,  slatores,  chiromimontes,  lecticarii,  salluarii,  viridarii,  nqasones, 
apiliimes,  muncipia  urbana,  mancipia  runlica. . , ,  de'  quali  gli  uni  servivano  pel  lusso, 
e  gli  altri  per  la  necessità.  Di  là  l'avarizia  insaziabile  dei  padroni,  che  non  avendo 
sempre  patrimonio  bastevole  alle  immense  profusioni,  si  trovavano  sforzati  a  spogliare 
i  vicini,  ed  esercitar  un  ladroneccio  aperto  sugli  alleati  del  popolo  romano. 
Questa  corruzione,  che  cominciò  dai  grandi  e  dai  ricchi,  passò  ben  tosto  al  vulgo. 

Canti),  Docmuenti.  —  Tom.  I,  Archeologia  e  Belle  Arti,  9 


m 


AfiCUEOLOGIA   E   BELLE   ARTI 


L'amore  del  lavoro  venne  meno,  e  il  vivere  citfndinesco  altro  non  era  che  ozio.  Tutte 
le  ore  del  giorno,  che  per  l'addielro  erano  impiepale  in  qualche  utile  occupazione, 
fiiron  divise  quasi  generalmente  fra  le  sociali  convenienza  e  i  passalenipi,  fra  i  movi- 
menti ch'esige  l'ainhizione  ed  il  riposo  che  domanda  la  natura.  Vediamone  la  dislri- 
liuzione  nei  giorni  ohe  non  erano  né  di  festa,  né  di  feria,  né  di  adunanze,  né  di  fòro. 
Le  inclinazioni  assai  differiscono  negli  uomini;  e  ciascuno  ha  le  sue  mire,  secondo  le 
quali  regola  più  delia  metà  della  sua  vita.  Onde  noi  non  cooiprendiamo  qui  né  il 
giovane  che  shriglia  le  sue  passioni,  né  il  vecchio  occupato  soltanto  delle  sue  infer- 
mità, né  quelli  che  sfuggivano  la  società  civile,  e,  come  dice  Seneca,  si  sepeilivano 
nelle  loro  case,  cottie  entro  le  tomhe:  Quf  sic  in  domo  f^unt  inmqnam  in  cunditorio. 
Patliam  di  coloro  che,  tenendo  il  mezzo  fra  l'uomo  puhhiico  ed  il  solitario,  parteci- 
pavano agli  affari  senza  rinunziare  a  se  stessi  ;  si  ricordavano  d'esser  cittadini,  senza 
obliare  d'esser  uotnini  e  padrifamiglia;  ed  ora  nel  senato,  se  vi  erano  chiamati,  ora 
nella  piazza,  ora  nel  ca'npo  di  Marte,  ora  nel  segreto  della  loro  casa,  acconciavano 
la  giornata  alle  usanze  del  tempo  e  del  luogo,  alle  h  sogne  della  natura,  della  repub- 
blica 0  dei  loro  amici.  Privato  vivendum  esi?  dice  Seneca:  sit  oralur :  silentium 
indictum  est?  tacita  advocaiìone  civesjuvet:  periculosum  ingrefisu  forum  est  ?  in  domi~ 
bus,  in  apectaculìs,  in  conviviis,  bonun  contubernaletn^  amicum  fidelem,  temperantem 
convivavi  agat:  officia  si  civis  omi^erit,  hommis  exerceat. 

Costoro  impiegavano  sempre  la  prima  ora  del  giorno,  segnata  dal  levar  del  sole,  nei 
doveri  della  religione.  1  tempj  erano  aperti  a  tutti  ,  e  spesso  anche  prima  di  giorno 
pei  più  vigilanti,  i  quali  vi  trovavano  torchi  accesi  fLATiAiszio,  lib.  iv). 

Quelli  che  non  potevano  andarvi,  supplivano  nell'oratorio  domestico,  dove  i  ricebi  face- 
vano sacrifizj  od  altre  oflerte,  mentre  i  poveri  s'accontentavano  di  semplici  salu- 
tazioni. 

Contuttociò  non  è  da  maravigliare  che,  mentre  le  adorazioni  loro  erano  sì  corte,  fosse 
loro  mestieri  spendervi  un'ora  e  talvolta  più.  Se  essi  non  avesser  avuto  a  domandare 
che  il  buon  intelletto  e  la  buona  salute,  la  loro  liturgia  non  sarebbe  durata  sì  a  lungo: 
ma  il  gran  numero  dei  bisogni  reali  od  imuiaginarj,  e  la  moltiplicità  degli  Deia'quali 
bisognava  ricorrere  separatamente  per  ciascun  bisogno,  gli  obbligava  a  molti  pellegri- 
naggi ,  dai  quali  quelli  che  sanno  adorare  in  ispirilo  e  in  verità  tengonsi  esenti 
(Seneca,  fipist.  41). 

Svetonio  nella  ^ita  d'Augusto,  osserva  che  questo  principe,  quando  era  obbligato  levarsi 
di  buon  mattino  per  qualche  motivo  d'amicizia  o  di  reJigione,  andava  a  dormire  nella 
casa  di  quel  suo  dom*  s!ico  che  abitava  più  vicino  al  luogo  in  cui  la  cerimonia  doveva 
farsi:  Matutina  vigilia  offendebalur;  ac  sivelofficii  vel  sacri  cauf^a  mufurius  vigilan- 
dum  esse/,  ne  id  centra  commodum  faceret,  in  proximo  cvjuscumque  domesticorum 
ca?nacuìo  manebat. 

Orazio  (lib.  iv,  ode  fi)  fa  pur  menzione  delle  preghiere  che  s'indirizzavano  agli  Dei  la 
mattina  e  la  sera  per  la  conservazione  deirim|)ero;  e  il  Dio  del  Tevere,  neirviii  libro 
ddVEneide,  avverte  Knea  di  far  sue  preghiere  di  buon  mattino  alla  dea  Giunone; 
Surge  age,  nate  Dea,  primisque  cadentibus  astris 
Jutiuni  fer  vite  prece"!. 

Sarebbe  fuor  proposilo  prendere  qui  in  esame  la  maniera  onde  i  Pomani  pregavano  e 
adoravano:  dirò  solt;into  con  Plutarco  {Qiiaest.  rom  )  ed  Apollonio,  che  le  adorazioni 
del  mattino  erano  per  gli  Dei  celesti,  quelle  della  sera  per  gl'infernali. 

Queste  prime  ore  del  giorno  non  serbavansi  sempre  pe'soli  Dei;  sovente  anche  la  cupi- 
digia o  l'ambizione  vi  avea  parte  migliore  che  la  pietiV  In  tulli  i  tempi  i  piccoli  hanno 
fallo  lor  corte  ai  grandi,  il  popolo  ai  magistrati,  e  i  magstrali  stessi  ai  ricchi.  Giove- 
nale fanella.satiraV  una  pittura  assai  viva  degli  uni  e  degli  altri,  e  li  mette  in  moto 
il  mattino  per  tempo,  mm  dando  loro  neppur  agio  d'attaccare  i  legacciidi  e  i  cordon- 
cini delle  S'-arpe. 

Se  queste  visite  erano  incomode  a  coloro  che  le  facevano,  non  erano  talvolta  men 
importune  a  quei  che  le  ricevevano.  Marziale  si  lagna  d'un  signore  romano,  che  non 
a>eva  gradila  la  sua:  «  Dopo  il  tuo  ritorno  di  l.iioa  (egli  dice]  io  sono  venuto  cinque 
«  volte  di  seguilo  alla  tua  porta,  senza  aver  potuto  entrare  a  darli  il  buon  giorno 5  i 
*<  tuoi  setrvr  ini  hanno  sempre  detto  0  che  dormi  ancora ,  0  che  eri  già  occupato  in 


VITA   PRIVATA   DE    ROMAM 


131 


»  affari.  Io  vedo  bene,  signor  Afro,  comes'a  la  cosa:  tu  non  vuoi  il  mio  buon  giorno; 
«  eiittene  ti  do  l;i  luiona  sera,  e  li  dico  addio  «. 

Plinio  il  piovane  flih.  in,  ep.  12)  chiama  vfji-ia  antehicana  questo  correre  prima  di 
giorno  dai  grondi  signori;  e  riferisce  a  questo  proposilo  il  fililo  di  Catone,  che,  tor- 
nando dulia  cena  io  cillà,  era  stalo  trovato  ubriaco  da  una  turba  di  questi  salutatori 
mattutini:  ed  essi  cbliero  tanto  rispetto  per  la  sua  virtij,  coraecbè  in  questa  occa- 
sione non  ap;)arisse  gran  fallo,  che  si  ritirarono  in  silenzio  e  con  vergogna,  quasi  da 
Catone  fossero  trovati  essi  slessi  in  fallo. 

Tali  erano  le  occupazioni  delle  persone  private:  i  magistrati  eran  forse  meno  Tigilanti? 
Giovenale  dice  che  non  era  da  m  iravigliare  se  i  ricchi  tenevano  in  sì  poco  conto  la 
sollecihidine  e  le  veglie  dei  poveri,  poiché  fino  i  pretori,  che  erano  i  magistrati 
supremi,  non  si  davano  meno  faccenda. 

Gli  autori  dianzi  citati  vivevano  sotto  gl'imperatori  Domiziano,  Nerva  e  Trajano  :  ma 
quello  ch'essi  dicono  di  tali  salutazioni,  si  praticava  altresì  al  tempo  della  repubblica; 
non  era  cangiato  che  il  motivo,  per  lo  innanzi  cercandosi  protezione  per  entrare  nelle 
cariche  e  per  ottener  impieghi,  poscia  per  altri  vantaggi. 

In  ciò  s'occupava  la  prima  ora  del  giorno,  e  bene  spesso  anche  la  seconda.  Ma  questa 
costumanza  non  era  lepore  indispen?al>ile  ;  e  gli  uomini  dì  lettere  o  d'affari  si  guarda- 
vano dal  prod  gare  momenti  sì  preziosi. 

Laterz'ora,  che  rispondeva  alle  nostre  nove  di  mattina,  era  impiegata  neg'i  affari  del  fòro, 
tranne  i  giorni  cui  la  relicione  aveva  consacrato  al  riposo  ,  o  che  erano  destinali  a 
cose  più  importanti  de'eiudizj .  quali  erano  i  coniizj.  Feriis  jurqia  et  lUes  amovento 
ea^rfue  in  familii^,  operib'K  pafn/i.c,  hah^nfo,  dice  Cicerone  nel  lib.  w  De  legibut. 

Quelli  che  non  trovavansi  alle  arringhe  come  eludici,  come  parti,  come  avvocati,  o 
come  sollecitatori,  vi  assistevano  come  spettatori  e  uditori,  e  durante  la  repubblica, 
come  giudici  dei  giudici  stessi.  Nei  processi  particolari,  che  si  facevano  nei  tempj, 
intervenivano  poco  più  che  gli  amici:  ma  in  affare  in  cui  il  pubblico  fosse  interessato, 
per  eseuipio,  quando  un  uomo  all'uscir  di  magistratura  era  accusato  di  avere  mal 
governato  la  sua  provincia,  o  amministrato  male  il  denaro  pubblico,  spogliato  gli 
alleati,  o  attentato  alla  libertà  di  suoi  concittadini,  allora  la  gran  piazza,  ove  le  cause 
si  agitavano,  era  troppo  piccola  a  contenere  tutti  quelli  che  la  curiosità  vi  altirava. 
Ma  è  poco  dire  la  curiosità:  supponiamo  quello  che  accadeva  quasi  ogni  giorno  mentre 
la  repubblica  era  nel  maggior  splendore-,  supponiamo  che  un  proconsole  od  un  pre- 
tore avesse  dato  luogo  ad  un'accusa  di  concuss'one  o  di  peculato;  ciascun  cittadino 
che  riguardava  le  provincie  col  medesimo  occhio  con  cui  i  (ìiili  di  famiglia  riguar- 
dano le  terre  de'padri  e  delle  madri  b-ro,  che  traeva  di  là  tutta  la  sua  sussistenza  in 
prezzo  del  sangue  ch'egli  o  i  suoi  avevano  versato  per  conquistarle,  e  che  vedeva,  se 
le  prevaricazioni  e  le  rapine  de'gnvernatori  andnssero  impunite,  questo  fondo  diver- 
rebbe fra  poco  infruttuoso,  non  mancava  di  trovarsi  a  que'giudizj,  e  di  movere  colla 
sua  presenza  i  giudici  ad  adempiere  fedelmente  il  loro  dovere;  mentre  dall'altra  parte 
gli  amii^i  dell'accusato,  i  congiunti,  i  (ìglinoli.  vestiti  a  lutto,  adopra\ano  colie  solle- 
citazioni e  colle  lacrime  di  secondare  gli  sforzi  de'suoi  avvocati,  e  di  piegar  il  giudice 
stesso  a  compassione. 

Se  queste  mirandi  cause  mancavano,  il  che  accadeva  di  rado  dopo  che  i  Romani  furono 
in  possesso  della  Sicilia,  della  Sardegna,  della  Grecia,  delia  Macedonia,  dell'Africa, 
dell'Asia,  della  *ipagna  e  della  Gallia,  si  passava  ciò  nondimeno  la  terza,  la  quarta  e 
la  quinta  ora  del  giorno  nelle  piazze  ;  e  guaj  allora  ai  magistrali,  la  cui  condotta  non 
era  irreprensibile!  La  maldicenza  li  ri-p:irmiava  tanto  meno,  quanto  non  v'era  alcuna 
legge  che  ne  li  mettesse  al  coperto;  finché  Tiberio  velie  che  i  discorsi  e  le  congreghe 
contro  il  governo  fosser  punite  come  le  azioni. 

Esaurite  le  novelle  della  ciiià.  si  passava  a  quelle  delle  provincie:  altro  genere  di 
curiosila  non  indifferente;  perocché  non  solamente  erano  le  provincie  il  patrimonio 
più  sicuro  de'figliuoli,  ma  ezian  Ho  la  dimora  slabile  d'un  infinito  numero  di  cavalieri 
romani,  che  vi  facevano  un  commercio  lanlo  vanlaggioso  pel  pubblico,  come  lucroso 
pei  privati. 

Benché  lutti  i  cittadini,  generalmente  parlando,  dessero  qoeste  tre  ore  alla  piazza  ed  a 
ciò  ch'ivi  si  trattava,  ve  ne  avea  però  di  più  assidui  degli  altri.  Orazio  (Ars  poet.)  li 


132  ARCHEOLOGIA    E   BELLE   ARTI 

chiama  forenaes,  Plauto  e  Prisciano  subba<tilicani\  e  M.  Celio,  scrivendo  a  Cicerone, 
subroslran>\  subro^^trarn.  Gli  altri  men  oziosi  occupavansi  conforme  alla  condizione, 
alla  dignità  e  ai  disegni  loro.  I  cavalieri  facevano  da  banchiere, [tenevano  registro  dei 
trattati  e  dei  contratti  legittimi;  gli  aspiranti  a  cariche  e  ad  onori  mendicavano  i 
suffragi  :  quelli  che  avevano  con  essi  qualche  vincolo  di  sangue,  d'amicizia,  di  patria 
0  di  tribù,  i  senatori  stessi  del  più  alto  grado,  per  affezione  o  per  compiacenza  verso 
i  candidati,  gli  accompagnavano  nelle  vie,  nelle  piazze,  nei  lempj,  e  li  raccomanda- 
vano come  buoni  cittadini  a  tutti  quelli  che  incontravano;  e  S'ccome  era  una  genti- 
lezza presso  i  Romani  il  chiamar  le  persone  col  loro  nome  e  sopranome,  ed  era  impos- 
sibile che  un  candidato  si  ficcasse  in  capo  tanti  nomi  e  sopranomi  differenti,  essi 
avevano  alla  loro  manca  de'nomenclatori  che  suggerivano  i  nomi  di  quelli  che  imbat- 
tevano. Se  qualche  illustre  magistrato  ritornava  dalla  provincia,  il  candidato  usciva 
di  citià  in  gran  comitiva  per  andare  incontrarlo,  e  lo  accompagnava  fin  alla  sua  casa, 
il  cui  ingresso  avea  avuto  cura  d'ornare  di  verzura  e  di  festoni.  Parimenti,  se  un 
amico  partiva  per  ad  un  paese  straniero,  lo  accompagnava  il  più  lontano  possibile,  si 
metteva  sul  suo  cammino,  e  faceva  in  sua  presenza  preghiere  e  voli  pel  buon  successo 
d<  1  suo  viaggilo  e  pel  felice  ritorno. 

Tuttociò  avveniva  anche  durante  la  ri  pubblica;  ma  sotto  i  Cesari  s'introdusse  fra  i  grandi 
una  specie  di  manìa,  non  più  veduta.  Uno  non  era  creduto  abbastanza  magnifico,  se 
non  si  offeriva  spettacolo  intuiti  i  quartieri  della  città  con  numeroso  corteo  di  lettighe 
precedute  e  seguite  da  schiavi  bellamente  vestiti  (anlcambuloiies,  pedissequi).  Questa 
vanità  costava  caro,  perchè  bisognava  pagare  coloro  che  si  trovavano  a  quella  pompa; 
e  Giovenale,  che  ne  fa  si  bella  descrizione,  assicura  che  vi  erano  persone  di  grado,  e 
magistrati  che  l'avarizia  induceva  ad  ingrossare  la  turba  di  quegl'indegni  cortigiani. 

Venuta  l'ora  sesta  del  giorno,  cioè  il  mezzodì,  ciascuno  si  ritirava  a  casa,  desinava  modi- 
camente, e  meriggiava.  Sexta,  quies  lax^ia,  dice  Marziale. 

Esaurita  la  metà  della  giornata,  vediamoli  scorrere  l'altra  :  e  quanto  la  prima  fu  operosa 
altrettanto  questa  sarà  rilassata^  l'una  ha  occupato  lo  spirito,  l'altra  occuperà  il  corpo. 
Tale  è  il  senso  di  questo  distico: 

Sex  borce  tantum  rebus  tribuantur  agendis; 
Vivere  post  illas  litera  'Cri^a.  monet. 
La  lettera  ?  significa  il  numero  sette,  che  corrisponde  al  nostro  tocco  dopo  il  mezzodì 
e  comincia  la  parola  ?>)V,  che  significa  vivere.  I  Romani  dunque  facevano  due  diffe- 
renti personaggi  in  un  medesimo  giorno,  quello  del  mattino,  tutto  composto,  quello 
del  dopopranzo  tutto  naturale;  il  primo  era  altiero  ed  orgoglioso  nelle  adunanze,  il 
secondo  era  umano  e  grazioso  nelle  compagnie. 

Finché  durò  qualche  ombra  di  repubblica,  coloro  che  indirizzavano  le  principali  azioni 
della  vita  all'utilità  del  paese  o  della  famiglia,  riguardavano  queste  prime  ore  come 
la  miglior  porzione  della  giornata,  e  come  un  tempo  sacro: 
Nunc  adeo  melior  quoniam  pars  acia  àtei  est, 
Quod  superest  Iceli  bene  gestis  corpora  rebus 
Procurate  viri. .  . . 
dice  Virgilio.  11  giureconsulto  Paolo  si  esprime  nei  medesimi  termini  nel  libro  i: 
Cujwique  diei  melior  pars  est  horarum  septem  primarum  diei,  non  supremarum.  Di 
fatto  allora  l'uomo  di  mente  più  sana  e  più  acconcia  agli  affari  che  richiedono  atten- 
zione, si  faceva  scrupolo  del  uiiniuio  sollazzo:  Nefas  aliquid  per  voluptatem  aggredi: 
e  i  buon  temponi  non  erano  alla  moda  che  quando  il  tempo  degli  affari  era  passato. 
Perciò  Marziale  dichiara  che  la  mattina  egli  non  osava  presentarsi  all'imperatore,  né 
voleva  che  i  suoi  amici  si  presentassero  a  lui,  poiché  l'umor  gioviale  ond'egli  faceva 
professione  non  conveniva  per  nulla  all'uno,  e  meno  ancora  stava  bene  all'altro: 
....  Grcfisu  timet  ire  licenti 
Ad  matutinum  nostra  Thalia  Jovem. 
E  parlando  ad  un  suo  amico: 

Et  matatina  si  mihi  fronte  venis. 

Ma  comechè  fosse  costume  di  non  occuparsi  d'affari  al  dopo  pranzo,  né  al  mattino  di 
piaceri,  tuttavia  le  persone  laboriose  prolungavano  la  fatica  molto  di  là  de' termini 
ordinar],  e  spesso  anche  fin  alla  decima  ora  del  giorno.  Questi  erano  personaggi  rari, 


VITA   PRIVATA    DE'  ROMANI  133 

e  fatti  più  por  dare  buoni  esempjche  per  seguire  le  cattive  costumanze:  uomini  la 
cui  vita  è  una  censura  perpetua  di  quella  degli  altri;  veri  magistrati,  dediti  alla 
cosa  pubblica,  od  oraUiri  zelanti  che  si  credevano  debitori  della  salute  degli  infelici, 
cui  avevano  preso  a  difendere.  Tale  era  un  Asinio  Pollione,  che  Orazio  chiama  «  va- 
lidissimo appoggio  degl'innocenti  accusati ,  e  splendidissimo  lume  del  senato  «;  e 
che  Seneca  dice  essere  stato  così  ordinato  nella  distribuzione  del  suo  tempo,  che 
lavorava  insino  allora  decima,  cioè  (in  alle  ore  quattro  pomeridiane-,  ma  dopo  qi]e- 
st'ora  egli  non  avrebbe  pur  voluto  aprire  una  lettera,  da  qualunque  parte  gli  fosse 
venuta,  per  timore  di  trovarvi  cdsa  che  gli  desse  a  fare  più  di  quanto  s'era  prefisso 
in  quel  dì ,  o  che  gli  potesse  turbare  il  riposo  ,  cui  aveva  consacrato  il  resto  della 
sua  giornata. 
Catone,  immagine  vivente  della  virtù  romana,  non  era  stato  così  perseverante  al  lavoro 
durante  la  sua  pretura:  rendeva  giustizia  esattamente  nelle  tre  o  quattro  ore  a  ciò 
destinate;  dopo  di  che  si  ritirava  a  casa  per  desinare  sobriamente:  e  Plutarco  ribalte  come 
un  rimprovero  ingiurioso  ciò  che  dicevano  gl'inimici  di  questo  grand'uomo,  sapersi 
ch'egli  erasi  seduto  in  tribunale  dopo  aver  desinato.  Se.  noi  credessimo  che  gli  altri 
Romani  vivevano  come  Catone,  non  faremmo  certe»  loro  un  gran  torto.  Ora  Plutarco  assi- 
cura ch'egli,  alcuni  momenii  dopo  il  desinare,  andava  solitamente  a  giocar  la  palla  od 
al  pallone  {pila}  nel  campo  di  Marte;  e  che  il  giorno  stesso  in  cui  egli  sostenne  il 
rifiuto  più  mortificante  da  parte  del  popolo,  che  preposegli  un  competitore  indegno 
della  carica  di  console,  non  tolse  un  solo  momento  a  quell'esercizio. 
Non  tutti  i  Romani  si  facevano  una  legge  di  giocare  alla  palla  od  al  pallone.  Mentre 
Orazio  era  in  viaggio  con  personaggi  della  corte  d'Augusto,  Mecenate  ed  altri  anda- 
rono dopo  pranzo  a  fare  alla  palla,  Virgilio  e  lui,  di  temperamento  poco  adatto  ai 
forti  movimenti,  prescelsero  di  dormire: 

Lusum  il  Meccenas,  dormilum  ego  Virgiliusque; 
Namque  pila  lippix  inimicum  et  ludere  crudis. 
Non  sarebbesi  creduto  che  Scipione  l'Africano,  quell'uomo  sì  grave,  si  fosse  dilettato  del 
ballare:  eppure  Seneca  (De  tranq.  animi)  dice  in  termini  |)recisi  che  ne'suoi  ricrea- 
roenti  danzava  ,  non  quelle  dimze  molli  ed  effeminiite  che  indicano  la  corruzion  dei 
costumi,  ma  quelle  ordinate  e  concitate  ch'erano  in  uso  presso  gli  antichi,  e  che  i  loro 
nemici  stessi  avrebbero  potuto  vedere,  senza  diminuire  la  slima  e  la  venerazione 
concepita  per  la  loro  virtù. 
Il  maggior  numero  passeggiava  o  a  piedi,  o  in  vettura;  amlulatio  o  geslatio. 
I  Romani  dei  primi  tenipi  dormivano  breve,  e  si  ristoravano  dalle  f;itiche  del  mattino 
in  luoghi  che  la  natura  sembrava  aver  preparato  espresso  per  uomini  che  seguivano 
con  discernimento  le  sue  leggi  innocenti,  ed  a  cui  la  vanità  non  aveva  ancora  guasto 
lo  spirito,  né  ammollito  il  cuore.  Il  mormorio  d'un  ruscello,  la  frescura  d'una  selva, 
un  viale  che  il  caso  loro  offeriva,  teneva  luogo  di  que'superbi  edifizj  che  il  lusso  dei 
secoli  seguenti  inventò  pei  medesimi  usi: 

.  .  .  Somnus  agrestium 

Lenis  virorum  non  humiles  domos 

Fa'^tidit,  umbrosamve  ripam, 

Non  zephyris  agitata  Tempe.  Orazio,  lib.  iii.  od.  i. 

Ma  questo  popolo  sì  povero  e  sì  rozzo  nella  sua  origine,  divenne  si  delicato  e  schizzi- 
noso dopo  le  sue  conquiste  di  Grecia  e  d'Asia,  che  non  poteva  più  né  pigliar  riposo 
né  passeggiare  che  con  grande  spesa:  non  volle  che  i  suoi  divertimenti  pendessero 
dalla  disposizione  del  cielo;  ricorse  all'arte,  e  si  fece  passeggi  coperti  e  lunghe 
gallerie,  in  cui  la  pulitezza  contendeva  colla  magnificenza.  A  suo  avviso,  non  era 
ragionevole  l'attendere  il  bel  tempo  per  andare  a  prender  aria,  né  l'esporre  il  suo 
seguito  alla  pioggia  ed  al  fan^o. 
Cicerone,  che  conservava  ancora  qualcosa  de'costumi  antichi,  parla  assai  modestamente 
d'una  galleria  ch'egli  voleva  aggiungere  alla  sua  casa:  Tecla  igitur  ambulatiuncula 
addenda  est  (ad  Atticum).  Qual  differenza  da  questa  a  quelle  che  si  videro  sul  finire 
dello  stesso  secolo,  e  che  per  la  loro  lunf:hezza  furono  appellate  miliarie. 
■yitruvio  e  Columella  prescrivono  la  maniera  con  cui  formarle,  affinchè  fossero  di  tutte 
le  stagioni  :  Ut  et  hijeme  plurimum  solis^  et  cesiate  minimum  recipiant. 


134  ARCHEOLOGIA    E    BELLE    ARTI 

1  grandi  signori  avevano  queste  comodila  intorno  alle  lor  case,  alcuni  anrhe  nella  villa 
e  ne'sobborglii;  ed  allora  esse  facevano  parte  de' giardini,  ed  erano  comprese  sotto  lo 
stesso  nome.  Si  lej-'ge  in  mille  luoghi,  i  giardini  di  Cesare,  i  giardini  di  Lur.uHo: 
Nerone  fece  aprire  i  suoi  al  popolo,  onde  ricoverarvi  gl'infelici  de'quali  avea  bruciate 
le  case  per  farsi  uno  spettacolo  reale  dell'immagine  ch'egli  s'era  formata  dell'incendio 
di  Troju.  Plinio  fa  di  quelli  ch'egli  aveva  in  cauìpagna  una  descrizione,  che  eccita 
ancora  oggidì  la  maraviglia;  ed  é  a  credere  che  non  fossero  i  soli  così  belli  e  così 
spaziosi.  Do|)0  Augusto,  il  poeta  Orazio  declama  contro  la  manìa  del  fabbricare,  che 
stava  per  occupare  con  quella  sona  di  castelli  tutto  il  terreno  d'Italia: 
Jam  panca  aratro  jugera  regioe 
Mules  relinquent,  eie. 
e  per  una  specie  di  contrasto  gli  oppone  gli  esempj  non  solo  di  Romolo,  ma  ancora 
di  Catone  e  degli  altri  fondatori  della  grandezza  romana,  i  quali  quando  avevano 
qualche  bel  ceppo  di  marmo,  l'impiegavano  ad  abbellire  i  tenipj  de' loro  Dei  o  le 
piazze  pubbliche  della  loro  città,  anziché  a  fare  vaste  gallerie  per  loro  uso  particolare: 
.  .  .  Nulla  decempedis 
Melata  privatis  opacam 

Porticus  excipiebat  arctori', 
Nec  fortuitum  spernere  cespitem 
Leges  ferebant,  oppida  publico 
Sumptu  jubentes,  et  deorum 
Tempia  novo  decorare  saxo. 
In  questi  luoghi  dilettevoli ,  coloro  che  amavano  i  piaceri  tranquilli  passavano  ordina- 
riamente le  prime  ore  del  dopo  pranzo.  Gli  uni  s'intrattenevano  di  cose  gravi,  gli 
altri  di  piacevoli,  secondo  il  gusto  ed  il  carattere.  1  poeti  profittavano  molto  sovente 
della  scioperatezza  che  regnava  in  que'  lunghi  e  in  quei  momenti  onde  recitare  le  loro 
composizioni  a  chi  voleva  ascollarle:  il  che  ha  fatto  dire  a  Giovenale,  che  i  viali  e  le 
gallerie  di  Frontone  dovevano  sapere  e  ripetere  come  un  eco  le  favole  d'Eolo,  d'Eaco, 
di  Giasone,  de'Ciclopi,  e  tutti  gli  altri  soggetti  dei  poemi  vulgari. 
Ciò  non  riguarda  che  i  possessi  privati:  eravene  altresì  di  pubblici,  eziandio  per  le 
donne,  come  il  portico  di  Metello.  Questi  si  moltiplicarono  all'infinito  sotto  gl'impe- 
ratori  ciascuno  sforzandosi  di  sorpassare  il  suo  predecessore  in  lai  maniera  di  magni- 
ficenza e  di  liberalità:  oltre  le  colonne  di  porfido  che  sostenevano  quello  di  Augusto, 
vi  si  vedevano,  fra  l'altre  singolarità,  le  statue  delle  cinquanta  Danaidi,  e  molti  dipinti 
dei  più  eccellenti  maestri:  a  quello  d'Ottavia,  sorella  d'esso  imperatore,  eransi  aitac- 
cati  gli  stendardi  e  le  altre  insegne  militari  che  i  Dalmati  avevano  innanzi  tolte  a 
Domizio,  e  che  avevano  di  fresco  riportato;  Agrippa  aveva  fallo  dipingere  in  quello 
da  lui  consacrato  a  INetliino,  in  riconoscenza  delle  sue  vittorie  navali,  la  storia  degli 
Argonauti:  il  portico  di  Catulo,  fin  dai  tempi  della  repubblica,  era  stato  ornalo  delle 
spoglie  dei  Cimbri:  quelli  di  Livia,  di  Nerone  e  de'successnri  suoi  avevano  rarità  e 
bellezze,  acconce  ad  arrestare  gli  speltalori  e  a  render  dilettevole  la  passeggiata. 
Questo  solo  jiiacere  non  bastando  pero  all'impeialor  Claudio,  vi  a^'giunse  il  giuoco  dei 
dadi  ■  e  Svelonio  ci  fa  sapere  ch'egli  avea  a  tale  scopo  fatto  una  specie  di  tavola  inca- 
vata nella  lettiga  in  cui  passeggiava. 
In  quanto  ai  giovani  ed  a  coloro  che  si  sentivano  ancora  la  forza  ed  il  fuoco  dell'età, 
in  cambio  d'una  |uissegyiala  dolce  e  placida,  quando  non  giocassero  alla  palla,  si  eser- 
citavano nel  campo  di  Marie  a  tulio  che  poteva  renderli  più  agili  e  più  atti  al  faticoso 
mestiere  della  guerra:  luonlare  a  cavallo,  lanciar  il  giavellotto,  tirar  l'arco,  spingere 
la  piastrella  ed  esercitavansi  in  tulle  le  maniere.  Aflincliè  non  avvenisse  confusione, 
né  rilassamento  in  questa  sorla  d'esercizj,  che  si  tenevano  come  la  migliore  scuola 
della  gioventù  romana,  i  posti  erano  dslinli  gli  uni  dagli  altri  per  ciascuno  d'essi,  ed 
erano  chiamati  arece  o  areulce  ;  e  lutto  si  faceva  sotto  gli  occhi  di  persone,  la  cui  presenza 
era  valevole  ad  eccitar  l'emulazione  negl'indifferenti.  Infino  a  quelli  fra  i  vecchi  che 
non  temevano  né  la  polvere  né  il  sole,  godevano,  come  a  spettacolo  gradito,  degli 
sforzi  di  questi  giovani  eroi,  cui  riguardavano  siccome  l'utun»  sostegno  dello  Stalo. 
Virgilio  che,  per  dare  maggior  autorità  a  ciò  che  si  faceva  al  suo  tempo,  ne  fa  sempre 
rimontare  l'origine  sin  «tH'antiebità  più  remota,  non  manca  d'attribuire  questo  co- 


VITA    PRIVATA    bt'  ROMANI  135 

stume  agli  abitanti  dell'nntico  F.ozio  ed  ai  cittadini  di  Lnurento,  dopo  l'arrivo  dei 
Trojiini  il)  Italia.  Ed  Orazio  ne  ha  futlo  un'ode,  che  noa  contiene  altra  cosa:  Lidia, 
die.  etc. 

Non  dirò  nulla  delle  altre  parti  della  pinnastica  romana;  soltanto  osserverò  che  tutto 
ciò  finiva  verso  le  tre  dopo  mezzodì;  perocché  in  (|upsti)  senso  vanno  intese  Vociava 
e  la  nona  dei  liotiiani,  e  ciascuno  si  recava  diligentemente  ai  hngni  pubblici  o  privati: 
Ubi  Intra  baimi  nunctata  eW,  est  uutem  hyime  nona,  a'siale  oclava.  (I'mmo  lib.  in, 
ep,  I).  Ragion  vuole  che  nei  bagni  privali  fosse  maggior  libertà:  ma  i  bagni  pub- 
blici si  aprivano  al  suon  della  campana,  tutti  i  giorni  alla  stess'ora:  e  quelli  che  vi 
venivano  troppo  tardi,  correvano  rischio  di  non  bagnarsi  che  nell'acqua  fredda. 

Al  tempo  della  repubblica,  allorcliè  ciascuno  viveva  in  camp.igna,  ed  il  lavoro  ordi- 
nario dell'agricoltura  non  era  interrotto  che  da  qualche  giorno  festivo,  ciascuno  tor- 
nando la  sera  dal  suo  lavoro  si  lavava  accuratamente  le  braccia  e  le  gambe,  e  tutti  i 
nove  giorni  in  cui  veniva  in  citlà  per  assibteie  agli  adari  del  fòro,  od  a  quelli  che 
trattavansi  nelle  asseml'Iee  spellanti  al  governo,  bagnavasi  lutto  il  corpo:  Prisco 
more  tradiderunt,  dice  Seneca,  brachia  et  crura  quutidie  ubluere,  quce  scHicel  f^ordes 
opere  collegerant  ;  lolis  vero  nundinis  lavabanlur.  Il  Tevere  o  i  fiumi  vicini  alle  lor 
terre  erano  i  bagni  più  comuni,  e  non  si  conoscevano  gran  fatto  le  stufe  o  i  bagni 
d'acqua  calda.  Il  nome  di  tlicrnice  che  loro  sempre  fu  dato,  fa  vedere  abbastanza  che 
questa  maniera  di  delicatezza,  come  pressoché  tutte  le  altre,  passò  di  Grecia  in  Italia. 

Dione  riferisce  nella  vita  d'Augusto,  che  Mecenate  fu  il  primo  che  ne  eresse  in  Roma. 
Eranvi  però  avanti  di  lui  bagni  pubblici    Cicerone  ne  fa  cenno  m  ll'orazione  a  favore 
di  Marco  Celio:  ma  erano  d'ac(|ua   fredda,  in  piccol  numero,  e  assai  male  arredati. 
Seneca,  neW'episl.  86,  fa  un  lunghissimo  e  studiatissimo  confronto  dei  bagni  antichi 
con  quelli  del  suo  tempo,  e  dà  una  ragione  assai  plausibile  della  jioca  ricchezza  che 
si  vedeva  ne'primi  :  Cur  enim  ornaretur  res  quadrantaria?  In  fatti  mite  era  il  prezzo 
dei  bagno,  il  quale  non  costava  che  la  quarta  parte  dell'asse.  Orazio  disse: 
Duìn  tu  quadrante  lavatUTìi 
Rex  ibis, 
e  Giovenale: 

Ccedere  Sylvanu  porcum,  quadrante  lavar i; 
e  prima  di  loro  Cicerone  (prò  M.   Cceliu);  Nisi  farle  mulier  poiens   quadrantaria, 
aia  permulalione  fmailiaris  facta  era!  balneatori,  parlando  di  Clodia. 

Procacciò  al  popolo  un  piacere  vivissimo  Marco  Agrippa  che  l'anno  della  sua  edilità  fece 
costruire  centosettanta  luoghi,  ove  i  cittadini  si  i>agnavano  gratuitamente  nell'acqua 
calda  e  nella  fredda.  Ad  esempio  di  lui,  Nerone,  Vespasiano,  Tito,  Domiziano.  Severo, 
Gordiano,  Aureliano,  Diocleziano,  .Massimiano,  e  quasi  tutti  gli  imperatori  (he  cer- 
carono di  rendersi  gradili,  fecero  costruir  bagni  e  stufe  del  marmo  più  prezioso,  e 
colle  regole  deHarchilettura  meglio  intesa.  Incominciavasi  coll'acqua  calda  ;  jioi 
quando  i  pori  erano  ben  aperii,  e  potevano  dar  luogo  ad  esalazioni  troppo  copiose, 
credevano  che  fosse  buono  alla  lor  salute  il  chiuderli  con  un  bagno  o  con  una  sem- 
plice aspersione  d'acqua  fredda. 

Una  circostanza  che  merita  d'esser  qui  riferita,  e  che  faceva  che  il  bagno  durasse  più 
lungo  tempo,  è  questa,  che  facevansi  raschiar  il  corpo  con  certi  coltelli  di  legno,  o 
con  piccole  stregghie,  quali  se  ne  vedono  anche  oggidì  nei  gabimtti  de'curiosi.  Spar- 
ziano  ci  ha  lascialo  intorno  a  ciò  una  storiella,  la  quale,  oltre  l'usanza  di  que'  tempi, 
ci  farà  eziandio  conoscere  l'umor  benefico  e  piacevole  dell'imperatore  Adriano,  tgli 
bagnavasi  >ovente  culla  folla  del  popolo;  ivi  scòrse  un  \ec(  hio  soldato,  che  non  avendo 
persone  da  farsi  stregghiare,  sup|»liva  egli  stess-o  a  tal  difello,  |)remendo  e  fregando 
la  schiena  contro  la  muraglia  del  bagno.  Siccume  Adriano  lo  conosceva  per  averlo 
veduto  alla  guerra,  gli  domandò  perchè  in  tal  modo  sfregava  la  sua  pelle  sul 
marmo?  —  l*erchè  (rispose  il  vecchio]  non  ho  valletto  ».  L'imperatore  gli  diede 
sull'istante  degli  schiavi  e  di  che  nudrirli.  Il  rumore  d'un'azione  che  avea  avuto 
molti  testimonj,  si  sparse  ben  tosto  in  tutti  i  quartieri  di  Roma;  e  la  prima  volta 
che  Adriano  ritornò  ai  bagni  pubblici,  molti  vecchi  non  mancarono  di  trovarvisi,e  di 
tentare  coi  medesimi  mezzi  d'atlirare  a  sé  gli  sguardi  e  la  liberalità  del  princi|)e.  Egli 
fece  loro  soltanto  distribuire  delle  stregghie,  ordinando  si  strigliassero  l'un  l'altro. 


136  ARCHEOLOGIA   E   BELLE    ARTI 

Dirò  de'bagnì  pubblici  quello  che  ho  detto  delle  passeggiate,  che  i  poeti  vi  trovavano 
tutti  i  giorni  un'udienza  a  lor  piacere,  ove  spacciare  i  frutti  delle  Inr  muse;  e  quelli 
di  loro  che  amavano  la  satira,  fecero  conoscere  questo  difetto  de'loro  confratelli. 
Orazio  per  esempio  disse  : 

.     .     .  In  medio  qui 
Scnpta  foro  recitent,  sunt  multi,  quique  lavante^; 
e  Marziale  si  dolse  di  non  trovare  scampo  contro  questa  importunità  che  lo  seguiva 
fio  nei  bagni: 

Et  stanti  legis,  et  legis  sedenti. 
In  thermos  fugio,  sonas  ad  aures. 
Petronio  pure  diceva  nel  medesimo  senso,  che  il  suo  Eumolpo  (assai  più  poeta  che 
uomo)  leggeva  i  suoi  squarci  ne' bagni  pubblici:  Relictoque  Eumolpo,  nam  in  balneo 
Carmen  recitabat. 
I  ricchi  avevano  bagni  in  casa,  e  sovente  magnifici,  particolarmente  dopo  che  s'erano 
avvezzi  a  depredar  le  provincie  e  fino  l'impero;  ma  non  ne  usavano  gran  fatto  che 
nei  tempi  straordinarj,  e  per  non  rassomigliare  alla  comune  degli  nomini.  Ascoltavano 
non  i  loro  bisogni,  ma  la  loro  faniasia,  spesso  anche  quella  degli  altri,  come  gl'im- 
peratori Comodo  e  Galieno,  che  si  bagnavano  cinque  o  sei  volte  al  yiorno  per  piacere 
ai  loro  liberti:  vìdersi  anche  talvolta  questi  signori  del  mondo  non  rifiutare  le  istanze 
dei  loro  sud'lili,  e  discendere  sino  a  lai  benignità  di  bagnarsi  con  essi. 
Intorno  a  ciò  che  dissi  de'tempi  straordinarj  del  bagno,  è  diiopr)  ricordarsi  che  la  re- 
gola principale  di  (|iiei  luoghi  era  diip|)riina  di  non  ìschiuderli  mai  innanzi  alle  due 
0  alle  tre  ore  dopo  il  mezzogiorno;  dappoi  né  prima  del  levar  del  sole,  né  dopo  il 
suo  tramonto. 
Alessandro  Severo  è  il  primo  che  permettesse  i  bagni  pubblici  durante  la  notte  nei 
gran  calori  dell'estate,  ed  aggiunta  la  liberalità  alla  compiacenza,  diede  a  sue  spese 
l'olio  che  si  bruciava  nelle  lampade.  Ma  prima  di  questo  l'ora  ordinaria  era  l'ciltava 
e  la  nona;,  e  il  poco  costo,  il  vantaggio  che  se  ne  traeva,  la  grande  comodità  di  cui 
si  godea  sul  finire  della  repubblica  e  sotto  i  primi  Cesari,  tutto  ciò  fucea  ohe  un  cit- 
tadino, qual  che  si  fosse,  di  rado  niancasse  ai  bagni;  niuno  se  ne  asteneva  che  per 
infingardaggine  e  per  non  curanza,  quando  n(m  era  obbligato  d'astenersene  per  lutto 
pubblico  0  privato,  perchè  il  costun.e   intorno  a  ciò  era  passato  in  legge:  ecco  il 
perchè  squallore  sordes  sono  presi  più  volte  pel  lutto  ne'buoni  autori. 
Orazio,  che   (Sat.  vi,  lib.  i)  fa  una   pittura  si  naturale  della  maniera  libera  ond'egli 
passava  la  giornata,  si  dà  da  se  stesso  quest'aria  d'uomo  disordinato,  che  egli  biasima 
negli  altri  poeti,  e  dice  che  poco  si  accomunava  nel  bagno: 

Secreta  petit  loca,  balnea  vitat. 
«  Ne  la  moda,  né  le  convenienze  non  m'astringono  (soggiunge);  vo  solitario  dove 
il  piacere  m'invita,  passo  qualche  volta  pel  mercato,  e  m'informo  quanto  costano  le 
biade  ed  i  legumi;  passeggio  verso  sera  nel  circo  e  nella  gran  piazza,  e  m'arresto  ad 
ascoltare  un  che  dice  la  buona  ventura,  che  spaccia  le  sue  visioni  ai  curiosi  dell'av- 
venire ;  indi  me  ne  torno  a  casa,  siedo  a  parca  mensa,  poi  me  ne  vo  a  letto  e  dormo 
senza  alcuna  inquietudine  del  domani;  rimango  a  letto  sino  alla  quarta  ora  del 
giorno,  cioè  fino  a  dieci  ore  ecc.  ». 
Al  bagno  seguivano  gli  olj  e  le  essenze,  di  cui  i  Romani  si  ungevano;  dopo  gli  olj  ve- 
niva la  cena,  la  cui  ora  era  la  nona  o  la  decima  del  giorno,  che  rispondeano  alle 
nostre  due  o  tre  ore  prima  del  tramontar  del  sole. 

Imperai  ex^tructos  frangere  nona  thoros. 
Troppi  credettero  che  gli  antichi  Homani  non  mangiassero  che  alla  sera  ;  Isidoro  assi- 
curò ch'essi  non  conoscevano  neppur  il  desinare,  e  trovò  seguaci:  ma  oltreché  non 
è  verisimile  che  uomini  così  laboriosi  potesseio  durare  una  giornata  intiera  senza 
prender  ristoro,  un  numero  infinito  di  testi  prova  il  contrario.  Svetonio  e  Dione  rac- 
contano di  Vitellio,  che  faceva  regolarmente  i  suoi  tre  o  quattro  pasti  al  giorno 
[Epula'i  trifariam  semper,  intfrdum  quadnfariam  dispertiebat),  e  colezione  presso 
gli  uni,  desinare  presso  gli  altri,  e  tassava  altresì  alcuni  nuovi  ospiti  a  dargli  da  cena. 
Vero  è  che  quest'imperatore  dev'essere  riguardato  piuttosto  come  un  mostro  che 
come  un  esempio  nella  vita  civile. 


VITA    PRIVATA   DE*  ROMANI  137 

Ma  lasciando  da  banda  la  colezione,  serbata  pei  fanciulli,  gli  autori  sì  greci  che  latini, 
i  quali  parlarono  degli  usi  dell'antica  Roma,  tutti  fecero  menzione  del  desinare 
de'Romani.  l'Iutarco,  nel  libro  vni  delle  Quistioni  amvivali,  dice  con  tono  di  certezza, 
che  i  cittadini  di  qualunque  condizione  prendevano  qualcosa  verso  il  mezzodì,  che 
essi  mangiavano  da  soli  in  casa  e  assai  modestamente,  ma  che  la  sera  si  rifacevano 
largamente  coi  loro  amici.  Ateneo  noverala  colezione  senza  divario  d'età,  il  desinare, 
la  cena  e  il  dopo  cena.  Seneca,  Macrobio,  Marziale,  Apulejo,  e,  ciò  che  ha  niafjgior 
autorità,  Varrone  ci  dicono  quel  che  i  Romani  aveano  costume  di  mangiare  al  loro 
desinare,  silatum.  Gii  è  vero  che  era  poca  cosa  per  le  persone  regolate,  perchè  tutto 
consisteva  in  un  pezzo  di  pane,  un  po'di  formaggio  ed  un  bicchier  di  vino;  e  questa 
è  forse  la  ragione  per  cui  Isidoro  l'ebbe  come  un  nulla.  Né  qui  v'ha  luogo  a  inganno, 
perciocché  nell'antichità  più  remota  questo  pasto,  comechè  scarso,  non  lasciava  di 
esser  appellato  ccp?ia:  Coena,  dice  Feslo,  apud  untiquos  dicebatur  quod  nunc  prandiitm; 
vesperna,  quod  nunc  ccena  appellatur. 

Quantunque  l'uomo  non  pigli  molla  esattezza  in  ciò  che  si  riferisce  a  sé  solamente, 
pure  l'ora  del  desinare  era  intorno  alla  sesta  del  giorno,  cioè  a  mezzodì.  Svetooio 
narra  che  l'imperator  Claudio  prendeva  tanto  piacere  di  certi  spettacoli,  che  discen- 
deva nella  sua  loggia  al  mattino,  e  vi  restava  anche  a  mezzodì  nel  tempo  che  il  po- 
polo si  ritirava  per  desinare.  E  Marziale  d'ce  ad  un  par;'.sito  che  erasi  recato  da  lui 
sulle  dieci  o  undici  ore:  «  Tu  vieni  tardi  per  la  colezione,  e  presto  pel  desinare». 

La  cena  fu  in  ogni  tempo  un  pasto  d'apparalo,  un'unione  di  tutta  la  famiglia,  un  con- 
vegno di  molti  amici;  tutto  v'era  disfiosto  per  rendere  ogni  cosa  pili  comoda  e  più 
gradevole  a  quelli  che  doveano  trovarvisi,  l'ora,  il  luogo,  il  servizio,  la  durata,  le 
compagnie  ed  i  seguaci.  Faceasi  ordinariamente  fra  la  nona  e  la  decima  ora  del  dì, 
ossia  fra  le  tre  e  le  quattro  pomeridiane,  di  modo  che  restava  tempo  sufficiente  per 
la  digestione,  pei  sollazzi,  per  le  piccole  cure  domestiche,  ed  anche  talvolta  per  una 
merenda  (comessutio). 

Il  luogo  della  cena  era  anticamente  in  atrio,  cioè  in  uno  spazio  del  vestibolo  esposto 
agli  occhi  di  tutti;  e  non  n'arrossivano  (dice  Valerio  Massimo,  lib.  ii.  cap.  1  ),  per- 
ché la  loro  sobrietà  e  moderazione  non  attiravano  la  censura  de'  concittadini  :  dappoi 
vi  furono  jobbligati  dalle  leggi  Iilmilia,  Antia,  Julia,  Didia,  Orchia,  per  timore  che 
un  luogo  più  ritirato  non  desse  adito  alla  licenza:  Imperatum  est,  ut  patentibus 
januis  pransitaretur  et  ccenarelur,  dice  Macrobio  ;  ne  singularilas  iicentiam  gigneret, 
aggiunge  Isidoro.  La  leiige  regolava  eziandio  la  spesa,  con  severità  punendo  e  il 
padrone  di  casa  e  i  convitati. 

Qualche  volta,  e  sopratutto  nella  bella  stagione,  la  cena  si  faceva  sotto  un  platano,  al- 
bero fronzuto,  ma  in  qualunque  luogo  si  fosse,  avevasi  cura  di  stendere  un  panneg- 
giamento, che  potesse  rijiarar  la  mensa  e  i  convitali  dalla  polvere  e  da  altro  lordume. 
Oltre  agli  antichi  marmi,  che  ne  fanno  fede  anche  oggidì,  Orazio  nella  descrizione 
del  convito  che  Nasidieno  diede  a  Mecenate,  ramuieola  questo  tappeto,  la  cui  caduta 
cagionò  grave  scompiglio: 

Jnterea  suspensa  graves  aulea  ruinas 

In  patinam  fecere,  trahenlia  pulveris  atri 

Quantum  non  aquila  campanis  excitat  agris. 

Quando  i  Romani  furono  istruiti  nell'architettura,  eressero  grandi  sale  per  accogliere 
con  più  comodo  e  splendidezza  quelli  che  volevano  convitare.  Allora  la  modestia 
dei  primi  Romani,  i  regolamenti  stessi  tante  volte  rinnovati  e  moltiplicati  per  man- 
tenerla, furono  ben  tosto  messi  in  oblio;  né  i  censori  poterono  arrestar  il  torrente. 
La  repubblica  era  nel  suo  più  grande  splendore,  allorché  piacque  a  Lucullo  di 
avere  parecchie  di  queste  superbe  sale,  a  ciascuna  delle  quali  diede  il  nome  di  qual- 
che divinità;  e  questo  nome  era  pel  suo  maestro  di  casa  un  segnale  della  s|)e.sa  ch'e- 
gli volea  fare  al  suo  convito.  Ma  quanto  erasi  veduto,  fu  superato  dallo  splendore  del 
salone  di  Nerone,  chiamato  dumus  aurea.  Questo  col  movimento  circolare  delle  so- 
fitte  e  delle  volte,  imitava  le  conversioni  del  cielo,  e  rappresentava  le  diverse  sta- 
gioni dell'anno  che  cangiavano  ad  ogni  servito,  e  facevano  piovere  fiori  ed  essenze 
odorose  sui  convitati:  Ut  subinde  alia  facies  atque  alia  succedati  et  toties  teda  quo- 
ties  fercula  mutentur;  Seneca  ep.  29.  Coenationes  laqueatce  taiulis  eburneis  versatili' 


138  AKCHEOLOGU   E   BELLE    ARTI 

bus,  ut  flores  ex  fistulis  et  unguenta  desuper  spargerentur  :  Svetoino,  in  Nerone  e.  13. 
Poi  il  lusso  andò  ogni  giorno  aumenlJiodn,  benché  le  fortune  diminuissero;  ed  tlio- 
gabalo  sorpassò  di  tanto  Nerone,  quanto  Nerone  avea  sorpnssato  Lncuilo. 
La  tavola  presso  i  primi  Romani  era  di  figura  quadrala;  di  legno,  fornito  dalle  loro  fo- 
reste, e  tagliato  dai  loro  fahltri.  Ma  quando  furono  passali  in  Africa  ed  in  Asia,   imi- 
tarono dapprima  quei  popoli,  poi  li  vinsero  in  questo  come  in  ogni  altra  cosa.  Va- 
riavano la  figura  delle  tavole,  e  perchè  non  le  coprivano  di  tovaglie,  fu  mestieri  farle 
d'una  materia  lucente  e  bella-  avorio,  scaglia  di  testugine;  radice  di  bosso  e  d'a- 
cero, fin  ctdro,  e  tutto  ciò  che  l'Africa  feconda  di  singolarità  somministrava  di  più 
raro.  Non  contenti,  le  ornarono  di  piastre  di  rame,  d'argento,  d'oro,  e  v'incastra- 
rono pietre  preziose  in  forma  di  corone. 
La  maniera  con  cui  i  Romani  slavano  a  mensa,  non  fu  la  stessa  in  tutti  i  tempi.  Prima 
della  seconda  guerra  punica,  sedevansi  sopra  nude  panche  di  legno,  e  Scipione  Afri- 
cano fu  il  primo  a  portar  da  Cartagine  piccoli  letti,  che  furono  lungamente  chiamati 
punicani  od  arcaici,  d'un  legno  assai  comune,  bassi,  imboniti  di  paglia  o  fieno,  e 
coperti  di  capra  o  di  montone;  ma  l'uso  frequente  de'bagni  che  allora  s'introdusse, 
fece  che  gli  uomini  credessero  di  ristorarsi  meglio  coricandosi  che  sedendo. 
Io  dico  gli  uomini,  perchè  le  donne  non  credettero  sulle  prime,  che  stesse  bene  alla 
lor  modestia  questa  novità,  e  tennero  l'antica  maniera  finché  durò  la  repubblica;  poi 
sin  verso  l'anno  320  dell'era  cristiana,  seguirono  il  costume  degli  uomini.  I  giovani 
che  non  aveano  indossata  la  veste  virile,  furono  tenuti  più  a  lungo  sotto  l'antica  di- 
sciplina: quando  erano  ammessi  alla  mensa,  sedevano  sull'estremità  del  letto  dei  loro 
prossimi  parenti.  «  Non  mai  (dice  SvetonioJ  i  giovani  cesari  Cajo  e  Lucio  mangiarono 
alla  mensa  d'Augusto  senzachè  fosser  seduti  m  imo  luco  »,  o,  come  dice  Tacito,  ad 
ledi  fulcra. 
I  letti  dalla  più  grande  semplicità  furono  in  pochissimo  tempo  recati  a  stupenda  ric- 
chezza. Plinio  (lib.  XXXV,  e.  Il)  dice  che  non  era  cosa  nuova,  ai  tem|)i  d'Augusto, 
vederli  intieramente  coperti  di  lamine  d'argento,  guerniti  delle  coltrici  pili  soffici  e 
delle  più  ricche  coltri.  Ofnmetto  i  lunghi  passi  di  Plinio,  di  Seneca  e  di  tutti  i  poeti 
intorno  alla  materia  ed  alla  forma  di  questi  letti,  alla  scelta  della  porpora,  alla  perfe- 
zione del  ricamo;  tanto  più  ohe  Ciacconio  trattò  (|uesto  tema  assai  estesamente  (De 
triclinio)  :  e  m'accontento  di  farne  vedere  il  contrasto  in  quel  verso  d'Ovidio  che  es- 
prime così  bene  l'antica  povertà:  «  I  letti  de'  nostri  padri  non  erano  guerniti  che 
d'erbe  e  di  foglie,  e  solo  ai  ricchi  era  dato  coprirli  di  pelli; 
Qui  poterai  pelles  adderp,  dives  eiat  » . 
Si  collocavano  ordinariamente  tre  di  questi  letti  intorno  ad  una  tavola  quadrata,  la 
qual  cosa  fece  nominare  triclinium  e  la  tavola  e  la  sala  da  mangiare;  di  maniera  che 
VI  reslava  sempre  un  dei  lati  vuoto  e  sgombro  pel  servigio. 
Ciascun  letto  poteva  contenere  tre,  quattro,  e  di  rado  cinque  persone;  e  s'innalzavano 
da  quattro  a  cinque  piedi.  I  convitati  vi  si  recavano  uscendo  dal  bagno  con  una  veste, 
che  non  serviva  che  a  ciò,  e  ch'eglino  chiamavano  vpfitis  ccenatoria^  fricUnana^con- 
vivalis.  Era  di  solito  bianca,  specialmente  ne'  giorni  di  qualche  solennità  :  e  sì  presso 
i  Romani  che  presso  gli  Orientali  era  colpa  il  presentarsi  nella  sala  del  convito  senza 
quest'abito. 
Non  mi  ricordo  d'aver  letto  che  le  donne  si  togliessero  le  scarpe,  né  si  lavassero  od 
ungessero  i  piedi  quando  prendevano  posto  su  questi  letti;  ma  sì  gli  uomini,  per  non 
esporre  al  fango  ed  albi  polvere  le  stoffe  preziose  di  cui  es  i  letti  erano  coperti 
Plutarco  nel  i"  libro  delle  Qai^tinni  convivali  propone  :  «Se  il  padnme  di  cusa  debba 
collocare  i  convitati,  o  se  debba  lasciare  a  ciascuno  la  libertà  di  prender  posto  da  sé  »  ; 
e  intorno  a  ciò  racconta  una  storiella.  «  Mio  fratello  Timone  (ilic'eglij  avendo  in- 
vitato  molti  amici  sì  cittadini  che  forestieri,  e  non   volendo   nojare  chicchessia  col 
cerimoniale,  li  pregò  di  collocarsi  a  lor  talento.  Dopo  qunb  he  tempo  presenlossi  alla 
porla  del  salone  un  personaggio  straordinario,  una  specie  di  c.ipiliino  riccamente  ve- 
stito, e  seguilo  da  gran  numero  di  valletti:  percorse  d'uno  sguardo  tutta  la  compa- 
gnia, poscia  si  ritirò  senza  dir  parola. 
Alcuni  s'alzarono  per  corrergli  dietro,  e  pregarlo  d'entrare:   ma  quegli  rispose  fred- 
damente, che  non  vedeva  gii  fosse  stato  riserbalo  un  posto  degno  di  lui.  Siccome  i 


VITA    PRIVATA   de'  ROMANI  139 

convitati  sentivano  già  un  po'  di  brillo,  risero  di  cuore  su  questa  apparizione,  ed 
alcuno  disse  ad  alta  voce  che  un  tal  uomo  stava  mollo  meglio  alla  porta  che  alla 
mensa  ». 

Plutarco  non  lascia  d'agitare  poco  dopo  la  quistione:  «  Qual  sia  il  posto  consolare,  e 
perchè  dopo  quello  del  padrone  di  casa  è  il  più  onorevole?  »  Hiferita  l'opinione 
de' Greci  e  de'  l'ersiani,  dtcide  che  è  il  primo  del  lelto  di  mezzo,  e  ne  arreca  due 
ragioni.  La  prima  è,  che  ditpo  il  bando  dei  re,  i  consoli  per  non  dar  ombra  ai  loro 
concittadini  fin  al  suntuario  della  libertà,  si  ritrassero  dal  posto  che  quei  principi 
avevano  occupalo  a  mensa,  lo  lasciaron  al  padron  di  caso,  e  scesero  un  gradino  in 
giù.  La  seconda  si  è  che,  avendovi  spiti|»re  due  letti  per  gli  amici,  la  è  co.>-a  ragione- 
vole che  quegli  che  dà  il  cunvito,  abbia  sempre  sotl'occhio  il  suo  famigliare,  veda 
ciò  che  succede,  e  sia  alla  portata  di  dare  i  suoi  ordini  e  di  trattenere  ragionando  l 
convitati.  Ora  il  posto  più  conveniente  a  ciò  è  il  secondo  letto  di  mezzo.  Sua  mo- 
glie viene  immediatamente  in  seguito  a  lui,  in  eju<  sinu.  Così  il  posto  più  onore- 
vole dopo  questi  due  è  quello  che  li  precede,  cioè  il  primo  del  medesimo  letto.  Esso 
è  anche,  soggiunge  questo  autore,  il  più  acconcio  alla  dignità  d'un  primo  magistrato: 
nello  spazio  che  è  fra  i  due,  egli  può  comodamente  ricevere  coloro  che  gli  ven- 
gono a  portar  notizie  dell'armata,  o  degli  altri  affari  pubblici  che  risguardano  ii  suo 
ministero. 

Siccome  presso  i  Romani  eranvi  ombre  e  parasiti,  questi  chiamati  o  tollerati  dal  pa- 
drone di  casa,  e  quelle  condotte  dai  convitati,  quali  erano  presso  Nasidieno  un  No- 
mentano,  un  Visco  Turino,  un  Vario,  e  gli  altri,  quos  Alacenas  adduxerat  umbra^;  si 
destinava  a  costoro  l'ultimo  dei  tre  letti,  cioè  quello  che  stava  a  sinistra  del  letto  di 
mezzo.  Sotto  gl'imperatori  ci  ebbe  un  mastro  di  cerimonie  preposto  all'osservanza 
di  quest'ordine,  cui  ne'  primi  tempi  vegliava  il  padrone  di  casa. 

Parrà  strano,  che  lungo  tempo  dopo  il  secolo  d'Augusto  non  ancora  si  dessero  mantili 
ai  convitati,  i  quali  li  recavano  con  sé. 

Tutti  così  disposti,  portavasi  in  luogo  elevato  la  credenza,  con  vasi  più  o  meno  preziosi 
e  tazze  che  si  ponevano  innanzi  a  ciascun  commensale.  Dopo  la  distribuzion  delle 
tazze  si  portavano  le  vivande,  non  sempre  un  piatto  per  volta,  come  nota  il  verso 
d'Orazio: 

Àffertur  squillas  inler  murcena  natantes 
In  patina  porrcela; 
e  quest'altro  : 

.  .   .  Tum  pectore  adusto 
Vidimus  et  meruìas  poni ,  et  sine  dune  palumbes; 
ma  sovente  portavasi  molti  piatti  insieme  sopra  una  tavola  portatile.  Servio,  commen- 
tando quel  di  Virgilio  Postquam  exempta  fanies  epulis  nimsceque  remotae,  assicura  che 
recavansi  le  tavole  liell'e  guernite:  Quia  apud  antiquo'i  men^^as  apponebant  prò  discts. 
Ateneo  è  conforme  a  Servio:  «  Si  portavano  (dice  egli)  e  si  riportavano  le  tavole  ». 
Marziale  (lib.  iv,  epigr    in  Annium)  non  approva  queste  tavole  ambulanti: 
//os  vobis  epulas  habele,  lauti; 
Nus  offendtmur  ambulante  ccena. 
V'ha  dunque  esempj  dell'una  e  dell'altra  maniera  negli  scrittori  antichi;  ed  è  un  er- 
rore il  credere  che ,  per  essersi   trovato  un  passo  che  dice  ad  un  modo,  tutti  gli  al- 
tri devansi  intendere  nel  medesimo  senso. 

Consisteva  il  primo  servilo  ordinariamente  in  ova  fresche  e  lattughe,  come  sì  finiva  il 
secondo  colle  frutta:  Inleyram  famem  ad  ovum  afferò^  dice  Cicerone;  donde  il  pro- 
verbio, Ab  ovo  usqun  ad  mala,  per  dire  dal  principio  al  fine.  Varrone  (De  re  rustica, 
lib.  I,  e.  2)  non  ommette  di  dire  che  si  finiva  qualche  volta  là  donde  si  era  incomin- 
ciato, dalle  ovD;  e  l'esempio  ch'egli  ne  reca,  spiega  un  punto  d'antichità  che  ris- 
guarda  i  giuochi  del  circo  e  la  pompa  di  Cerere.  Ateneo  è  del  medesimo  sentimento 
di  Varrone. 

Gli  schiavi  destinati  a  servire  erano  elegantemente  vestiti  e  cinti  di  salviette  bianche. 
Seneca  li  chiama  ogmen  servoruin  nitentiuvi,  et  rniriistrorum  ornatissimorum  turba, 
linteis  succincta.  Essi  erano  seguili  da  uno  scalco,  che  trinciava  le  vivande  con  arle^ 


140  ARCHEOLOGIA   E  BELLE   ARTI 

e  spesso  in  cadenza.  Seneca  ueWepist.  47  dice:  Alius  pretiosas  aves  scindit,  et  per  pe- 
cius  et  clunes  certis  duclibus  circumferens  eruditami  mununi,  in  frusta  excutit.  E  poco 
dopo:  Quanta  celeriiate,  signo  dato^  gladii  ad  ministeria  decurrunt!)  Giovenale  dice 
eziandio  nella  Satira  v: 

Structorem  interea,  ne  qua  indignatio  desiti 
Saltantem  spectas  et  cheironomounta  volanti 
Cultello,  eie. 
Ve  n'era  alcuni  preposti  al  buffetto,  e  che  avevano  cura  gli  uni  del  vino,  gli  altri 
dell'acqua  calda  e  fredda,  gli  altri  de'  vasi  e  delle  tazze  quando  bisognava  cangiarle, 
il  che  accadeva  assai  sovente  allorquando  si  passava  allo  stravizzo,  cum  majoribus 
poculis  poscebatur. 

Nelle  grandi  feste  gli  schiavi,  sì  quelli  di  casa  che  quelli  che  ciascuno  avea  condotto, 
e  che  rimanevano  ritti  a'  piedi  dei  loro  padroni,  servi  ad  pedes,  erano  coronati  di 
fiori  e  verzura  come  i  convitati,  e  allora  non  vi  avea  nulla  che  non  ispirasse  giijezza. 

Se  v'aveva  un  pesce  od  un  uccello  di  gran  prezzo  o  raro,  lecavasi  a  suono  di  flauti  e 
di  ceramelle:  l'allegria  si  raddoppiava,  e  il  padrone  della  festa  si  credeva  ampia- 
mente ricompensato  dalle  acclamazioni  di  tolta  l'adunanza.  Macrobio  cita  una  lettera 
diSamonico  Sereno,  il  quale  fa  complimento  all'imperalore  Severo  per  gli  onori  che 
egli  aveva  reso  ad  uno  siorione  e  particolarmente  a  cagione  del  ristabilimento  di  que- 
sto costume  :  Gratiam  ejus  video  ad  epulas  quasi  postiiminio  rediisse;  quippe  qui  di- 
gnatione  vestra  intersum  convivio  sacro,  animadverto  hunc  piscem  a  coronatis  mini- 
stris  inferri. 

Allora  i  serviti  si  moltiplicavano,  e  benché  si  conservassero  sempre  le  medesime  espres- 
sioni di  prima  e  seconda  pietanza,  primce  et  secundce  mensce  per  tutto  il  banchetto, 
questi  due  serviti  si  suddividevano  in  altri  molti.  Il  primo  comprendeva  gli  antipasti 
che  consistevano  in  ova  ed  in  lattughe,  in  vini  melati,  secondo  il  precetto: 
. .  .  vacuis  committere  venis 
Nil  nisi  lene  decet. 
Dopo  queste  venivano  le  vivande  solide,  i  manicaretti,  gli  arrostiti.  11  secondo  com- 
prendeva i  frutti  crudi,  cotti  e  confettati,  le  tartare  e  le  altre  leccornìe  che  i  Greci  chia- 
mavano u£>iinzr«,  e  i  Latini  dulciaria  e  bellaria. 

«  La  mensa  dell'imperatore  Pertinace  (dice  Capitolino)  non  era  d'ordinario  che  di 
tre  serviti,  per  quanto  fosse  numerosa  la  brigata:  laddove  quella  dell'imperatore  Elio- 
gabalo  giungeva  talvolta  sino  ai  ventidue,  ed  alla  fine  d'ogni  servito  ciascuno  si  la- 
vava le  mani,  come  se  il  convito  fosse  finito  ;  perciocché  gli  era  uso  di  lavarsi 
tanto  alla  fine  che  al  principio:  Exhibuil  altquando  tale  convivium,  ut  huberetvigin- 
tiduo  fercula  ingenlium  epulorum,  et  per  singula  lavarent  •>.  lo  non  parlerei  di  una 
sì  grande  profusione,  s'ella  non  avesse  avuto  imitatori:  ma  troppo  è  noto  che  ciò  che 
si  fa  alla  Corte,  non  tarda  guari  ad  entrar  nei  costumi  della  città.  Dirò  più;  ella  s'era 
già  trovata  impunita  270  anni  prima  di  Eliogabalo,  e  Lucullo  avea  speso  fino  a  mille 
scudi  in  un  S'Io  banchetto.  Gli  si  sarebbe  perdonato  in  grazia  dell'ospitalità,  se  ciò 
fosse  avvenuto  per  meglio  accogliere  i  suoi  amici;  ma  egli  non  dilTerenziava  gran 
fatto  quando  era  solo.  Un  giorno,  dice  Plutarco,  egli  fece  un  forte  rabbuffo  al  suo 
maggiordomo  per  avergli  fatto  preparare  una  cena  nien  sontuosa.  Essendosi  di  ciò 
scusato  l'uffiziale  con  ciò,  che  Lucullo  stesso  gli  aveva  detto  in  quel  giorno  non  vi 
sarebbe  persona:  —  E  che?  (riprese  questo  altiero  cittadino)  non  sapevi  tu  che  Lu- 
cullo doveva  cenare  presso  Lucullo  ? 

Qual  confronto  fra  gli  antichi,  i  quali  non  sapevano  che  cosa  fosse  un  cuoco,  e  trovavano 
ne'  loro  giardini  e  ne' campi  di  che  convitare  amici  e  vicini  nelle  più  grandi  feste;  e 
questi,  che  dopo  aver  esausto  i  mari  e  le  foreste  vicine,  vanno  a  cercare  nelle  Pro- 
vincie più  lontane  di  che  coprir  le  mense  per  un  banchetto  straordinario!  È  vero  che 
quando  un  amico,  un  parente,  un  vicino  non  aveva  potuto  venire  ad  un  banchetto 
cui  era  stato  invitato,  se  yli  mandavano  delle  porzioni,  ed  è  (juello  che  si  chiamava 
partes  miltere  o  de  mensa  mittcre. 
Non  intraprenderò  il  computo  delle  vivande,  né  dei  vini  consumati  a  queste  mense, 
secondo  la  stagione,  la  fantasia,  il  gusto  e  le  facoltà  del  padrone;  non  resta  che  aleg- 


VITA    PRIVATA   DE*  ROMANI  141 

gere  il  racconto  che  fanno  Orazio  del  hanclietto  di  Nasidieno  ,  e  Arbitro  della  cena  di 
Trimalcione.  Tacio  pure  delle  lezioni  che  s'imparavano  alla  scucila  d'Apicio  in  una  città 
donde  eransi  prima  cacciati  i  fdosofi;  e  il  Catius  d'Orazio  basterà  ai  curiosi  di  tale 
materia. 

Quelle  che  Varrone,  Cicerone,  Orazio,  Virgilio,  Ovidio  e  tutti  gli  scrittori  seguenti  hanno 
chiamato  mcnsce  secundce,  non  eran  guari  difTerenli  dall'altre  parti  della  cena;  ma  ser- 
vivano non  tanto  per  gli  uomini  come  per  le  donne,  le  quali  poscia  uscivano  dalla 
mensa  coi  figliuoli,  se  il  pasto  era  seguito  da  qualche  spettacolo,  a  cui  il  pudore  non 
permettesse  di  prender  parte:  che  questa  parte  di  giorno  non  si  passava  tutta  affatto 
nel  mangiare  e  nel  bere. 

Poco  dopo  stabilita  la  repubblica,  cantavansi  nei  conviti  le  lodi  de'  grandi  uomini  a 
suon  di  flauto,  cui  s'ag;i;iunse  poi  la  lira.  Questo  era  per  gli  astanti  uno  slimolo  alla 
vera  gloria:  ma  ciò  che  era  stato  da  principio  introdotto  per  un  buon  fine,  in  ap- 
presso degenerò.  1  Romani,  tostocbè  ebber  vinto  gli  Asiatici,  appresero  da  loro  nuove 
specie  di  piaceri:  i  bulloni,  i  commedianti,  le  suonatrici  di  stromenti,  le  danzatrici, 
i  pantomimi,  vennero  di  moda,  e  non  ci  fu  piìi  allenirò  convito  senza  tutto  questo 
apparato  straniero  (Livio  xxxix.  6);  leggieri  principi  di  ciò  che  doveva  vedersi.  Se- 
neca (che  io  cito  sovente,  perchè  la  sua  bile  m'insegna  molte  cose  che  non  si  avrebber 
potuto  sapere  da  un'anima  più  dolce  e  più  indulgente  alle  colpe  del  suo  secolo)  Se- 
neca, De  vita  beata,  fa  questo  ritratto  di  uomo  sensuale:  «  Voi  vedete  un  Apicio, 
n  sdrajato  sul  suo  letto,  contemplare  la  magnificenza  della  sua  tavola,  satisfare  il  suo 
«  udito  coi  concerti  più  armoniosi,  la  sua  vista  cogli  spettacoli  più  allettanti,  il  suo 
"  odorato  coi  profumi  più  squisiti,  e  il  suo  palato  colle  carni  più  delicate  ». 

Parlando  di  questi  spettacoli,  io  non  devo  obliare  che  in  una  cena  l'imperatore  Augusto 
fece  venire  un  pantomimo  Pilade,  molto  lodato  nel  rappresentare  i  furori  d'Ercole  sul 
teatro  pubblico,  e  gli  ordinò  di  ripeter  la  stessa  azione.  Pilade,  che  nell'eccesso  del 
suo  furore  avea  tirato  freccie  sul  popolo,  cominciava  ^'ià  a  far  altrettanto  sui  convitati, 
e  se  lo  avessero  lasciato  fare,  non  avrebbe  mancato  d'insanguinar  la  scena. 

Svetonio  ci  ha  conservalo  Ire  lettere  del  medesimo  imperatore,  nelle  quali  si  parla  dei 
piaceri  più  tranquilli.  Le  prime  due  sono  indirilte  a  Tiberio,  al  quale  rende  conto  di 
ciò  che  accadde  in  due  cene:  «  lo  ho  cenato  (gli  dice)  colle  medesime  persone  che  tu 
«  sai,  se  non  che  avevamo  di  più  Vinicio  e  Silio  il  padre;  e  cenando  tanto  jeri  quanto 
«  oggi,  noi  abbiam  giocato  assai  saggiamente  e  da  buoni  vecchi,  vef-ovrezói;  ».  Nella 
seconda  lettera  :  »  Noi  ci  slam  divertili  assai  durante  le  feste  di  Minerva  ;  non  solamente 
«  abbiam  giocato  durante  la  cena,  ma  ancora  abbiam  messolo  tutti  il  piacere  del  giuo- 
co ».  Nella  terza  a  sua  figlia  manda  ducencinquanta  denari  perchè  egli  avea  dato  egual 
somma  a  ciascuno  de'  suoi  convitati  per  giocare  a  pari  e  caffo,  ai  dadi,  od  a  qual  altro 
giuoco  volessero  durante  la  cena. 

Plauto,  Catullo,  Properzio  parlano  di  questi  giuochi  da  mensa  quasi  colle  stesse  parole. 
Ma  ciò  che  Plinio  scrive  a  Corneliano,  nel  libro  vi,  ep.  32,  designa  ancor  più  positi- 
vamente il  costume  del  suo  tempo.  Dopo  aver  reso  conto  al  suo  amico  degli  affari  che 
Trajano  aveva  condotto  a  termine  a  Centumcelle,  egli  aggiunge  :  «  Tu  vedi  che  i  nostri 
«  giorni  furono  molto  bene  impiegati;  ma  le  nostre  occupazioni  non  finivano  men 
(I  bene.  Noi  avevam  l'onore  di  cenare  tutti  i  giorni  coll'imperatore;  era  la  cena  assai 
«  frugale  rispello  alla  dignità  di  colui  che  la  dava.  La  sera  si  passava  talvolta  in  ascol- 
I)  tar  commedie  o  farse;  talvolta  eziandio  una  conversazione  festevole  ci  teneva  luogo 
»  d'un  piacere  che  sarebbe  costato  più  caro,  ma  che  non  ci  avrebbe  forse  allettato 
«  maggiormente  » . 

Eliogabalo  non  era  così  moderato  nella  scelta  de'  piaceri,  dei  quali  rallegrare  la  mensa. 
Talora  egli  faceva  cadere  dalla  volta  del  suo  superbo  salone  una  sì  grande  abbondanza 
di  fiori  sui  parasilì,  che  qualcuno  ne  restava  soffocato;  altra  volta  egli  faceva  pre- 
parare, d'intorno  ad  una  tavola  rotonda  separata  diilla  sua,  un  letto  in  forma  d'arco 
chiamato  sigma,  porre  sopra  questo  letto  oggi  otto  uomini  calvi,  dimani  otto  gottosi, 
un  altro  giorno  otto  neri ,  quindi  otto  grigi ,  otto  magri ,  otto  grassi,  che  erano  così 
stretti  da  potersi  movere  appena  e  portar  la  mano  alla  bocca,  mentr'egli  e  tutta  la 
sua  corte  divertivansi  a  vedere  la  loro  positura.  Accadde  spesso,  e  quello  era  uno  de' 


ii2  ARCHEOLOGU    E   BELLE    ARTI 

suoi  minóri  divertimeoti,  di  fare  questo  aigma  di  cunjo,  e  di  riempierlo  di  vetito  io  càm 
Lio  della  lana;  e  mentre  coloro  che  Pocciipavano  non  pensavano  che  a  ben  man- 
giare e  bere,  egli  faceva  aprire  segretamente  un  tubo  che  era  nascosto  sotto  la  coltre; 
il  sigma  si  sgonfiava,  e  quegli  sciagurati  cadevano  sotto  la  tavola. 

Questi  divertimenti,  di  qualunque  natura  si  fossero,  duravano  soventi  fino  a  notte  avan- 
zata, e  non  impedivani)  ai  convitati  di  berealla  salute  gli  uni  de^lì  altri,  di  presentarsi 
la  coppa,  e  di  fare  augurj  per  la  felicità  degli  amici  e  de'  protettori.  Le  formole  di 
questa  cerimonia  erano:  Propino  tibi,  bene  iibi^  bene  UH,  bene  tali  ecc.  Ateneo  chiama 
ciò  sv  xjx/w  TTtvSf.v.  e  Polluce  ziJ)!xa.-  sv  y.iiy.ia  ènO-xÙMEtv.  Cosi  la  coppa  passava  di 
mano  in  mano  dal  primo  posto  fin  all'ultimo. 

Era  poi  una  grave  faccenda  per  tutti  i  convitati  allorché,  per  conservare  l'antica  usanza, 
facevasi  un  re.  Dice  Varrone:  Etiam  nunc  in  publico  convivio,  antiquitatis  retinendcB 
caum,  Cam  maQi^tri  jiunf^  polio  circumfertur.  Catone,  nel  libro  di  Cicerone  De  f^enectute 
dice  che,  quantunque  vecchio,  è  tratto  a  simili  fi-ste,  ove  tutti  si  riscimtono  ì'un  l'al- 
tro piacevolmente,  ove  il  re  del  convito  tiene  tutti  in  faccenda,  e  ciascuno  è  obbligato 
a  far  la  sua  parte. 

Anticamente  si  creava  un  re  nelle  adunanze  più  costumate;  e  Plutarco  fa  un  lungo  di- 
scorso sulle  qualità  che  dee  avere  questo  magistrato,  e  sugli  scogli  che  deve  con  piìi 
cura  evitare.  Si  creava  in  due  maniere,  o  colla  sorte  dei  dadi,  o  per  scelta  de'  convitati. 

Svetonio  assicura  che  l'imperatore  Tito  prolungava  il  convito  spesso  fino  a  mezzanotte, 
laddove  Domiziano  suo  fratello  non  oltrepassava  mai  il  tramontar  del  sole.  In  qua- 
lunque ora  fosse,  si  finiva  sempre  con  libagioni  e  con  voti  per  la  prosperità  dell'ospite  e 
di'll'imperatore.  Questo  bicchiere  di  partenza  si  chiamava  pocu/u?n  boni  geniicn]  grido 
i^rmaf,  Viva,  dopo  di  cui  si  lavavano  le  mani  con  una  sorta  di  pasta  che  si  gettava  ai 
cani.  Il  padrone  di  casa  distribuiva  una  parte  degli  avanzi  agli  schiavi,  chiudeva  l'altra 
sotto  custodia:  le  cose  che  non  meritavano  né  d'esser  custodite,  né  d'esser  date  ad 
alcuno,  si  abbruciavano,  e  questo  sacrifizio  chiamasi  protervia.  Onde  Catone  il  giovane 
d'uno  dei  discepoli  di  Apicio,  che  dopo  aver  mangiato  tutte  le  sue  sostanze,  avea 
sventuratamente  dato  il  fuoco  alla  sua  casa,  disse:  «Egli  non  ha  fatto  cosa  che  non 
sia  secondo  le  regole». 

I  convitali  pigliando  congedo  dal  loro  ospite,  ricevevano  da  lui  de' regalucci,  apophoreta. 
Fra  gli  esempj  che  ce  ne  esibisce  la  storia,  ve  n'ha  tre  d'una  prodigalità  fuor  misura. 
Cleopaira,  dopo  un  superbo  banchetto  a  Marc'Antonio  ed  ai  suoi  uffiziali  nella  Cilicia. 
loro  diede  i  letti,  le  coltri,  i  vasi  d'oro  e  d'argento  con  tutto  ciò  che  aveva  servito:  vi 
aggiunse  altresì  delle  leitighe  per  riportarli  alle  case  loro  coi  portatori  medesimi,  e 
alcuni  schiavi  mori  per  ricondurli  con  fiaccole  in  mano.  Vero  edEliogabalo  imperatori 
(CAriTOLiN  I,  Lampkidio)  non  fecero  che  copiare  Cleopatra,  e  non  furono  copiati  da 
nessuno. 

Allorché  ciascuno  era  rientrato,  se  gli  rimanesse  tempo,  lo  impiegava  o  alla  passeggiata 
0  in  pìccole  cure  pel  buon  ordine  della  sua  famiglia  ch'egli  passava  in  rassegna,  dando 
ciascun  liberto  e  schiavo  la  buona  sera  al  suo  padrone.  Così  finiva  la  giornata  romana. 

§  85.  — Oriuolj.  Lusso  romano. 

Nelle  case  teneansi  schiavi  apposta,  che  gridassero  l'ora  (Puer  qvot  nuntiet  horas. 
Giovenale  ,•  Horas  quinque  puer  nondum  tibi  nuntiat.  MahzialfJ.  Anche  i  Greci  lo 
usarono;  e  Ateneo,  nel  ix  dei  &snz-^')c.  cita  WipoìoyTn-^rn;  >x&ap7u/5o;,  nome  usato  pure  da 
Eus  azio  nell'ultimo  commento  suW Iliade. 

Orinoli  dapprima  non  si  conolbero  che  le  meridiane;  ed  anche  queste  pervennero  a 
Roma  tardi,  cioè  dieci  anni  pri'oa  della  guerra  di  Taranto,  quando  Lucio  Papirio  censore 
ne  pose  una  nel  temitio  di  Quirino  ;  poi  Valerio  Messala  una  presso  ai  rostri,  nel  ^(ió  av, 
C,  portata  di  Sicilia,  e  con  tanta  ignoranza,  che  si  credftte  potesse  la  medesima  servire 
per  Roma  come  per  Catania.  Eppure  la  tenner  buona  per  99  anni,  finché  Marzio  Filippo 
ne  diede  una  più  esatta.  Dappoi  meridiane  si  fecero  in  molli  palazzi  e  sulla  fronte  de' 
tempi  e  nel  mezzo  delle  esedre  pubbliche  lungo  le  vie,  come  si  vedono  a  Pompej. 
Ad  una  Biagnifica,  posta  da  Augusto  in  campo  Marzio,  facea  da  stilo  un  obelisco, 


0R1UÓLI 


143 


Molte  «é  né  trovarono  in  Italia  :  la  qui  dl- 
seynata,  scoperta  a  Tuscolo  nel  17 il,  è 
afiiilto  semplice,  ma  se  ne  fecero  di  più 
com|tlicate  ed  esalle. 

Ne  apgiunfjiaino  altro  scoperto  a  Pom- 
pej  il  23  seilemltie  18oi,  per  dar  anche 
un  saggio  di  scrittura  osca,  che  si  It'gge 
mr.  atiTììis.  mr.  h'vaisalur  eitiicad 
multasi  Kad,  fiiim  bennipìa,  tangi  (nud) , 

aamananpifvd  : 
Marius  Adìriu<i  Marii  ffìlius)  Quextor  pecu- 
nia mullaticia  conventus  decreto  adtnan- 
davit. 


Degli  orologi  solari  parla  Fr.  Cancellieri,  Le  due  campane  di  Campidoglio  ecc.,  e  piìi 
distesamente  Zuzzari,  e  di  recente  Woepke.  Disquisitiones  archceotoiiicce  circa  f^olaria  ve- 
terum.  Berlino  'I8i7.  Minervini,  nel  fìuHHtino  archeologico  napoletano  del  185?),  diede 
inriso  e  annotato  un  orologio  solare  osco,  fatto  alla  Greca.  Nella  Civiltà  Cattolica  del 
iSiìl  il  padre  Secciii  illustrò  un  orologio  solare  portatile  del  museo  Rircheriano,  appar- 
tenente a  quei  viatoria  ppìifilia  di  cui  parla  Vitruvio,  lih.  i\,  9,  e  di  cui  s'ha  un  altro 
esempio  nell'orologino  in  forma  di  presciullo,  descritto  nella  prefazione  al  volume  ni 
delle  r»7/ure  erro/an«'!>,  pubblicale  nel  1762. 

La  clessidra  od  orolo<>io  ad  acqua,  già  d'uso  comune  al  tempo  di  Aristofane  (Vedi  ylcar- 
nesi  6b:i;  Vespe  i)5  e  8'i7),  era  nn  j^lobo  pieno  d'acqua,  con  un  foro  da  cui  questa  usciva 
a  misura,  co-ì  notando  il  tempo.  I  a  tenevano  gli  oratori  per  conoscere  la  durata  'ei 
discorsi,  e  i  giudici  ne'  giudizj.  In  altre  clessidre  piò  grandi,  un  galle^'giante,  scendendo 
collo  scolar  delle  acque,  dinotava  le  ore.  Vitruvio  descrive  im  ingegnoso  orinolo  ii'«:.^- 
tato  da  Ctesibio  matematico  di  Alessandria,  dove  l'acqua  moveva  una  statuetta  che  eoa 
uno  stecco  designava  le  ore.  Scipione  Nasica  Corculo ,  censore  nel  159  av.  C,  pose  a 
Roma  una  pubblica  clessidra,  che  servisse  dì  e  notte,  a  sereno  e  a  nuvolo. 

Filone  Ebreo,  vivente  nel  i"*  secolo  dell'era  volgare,  descrive  un  oriuolo  a  macchina,  che 
pare  poco  dissimile  dai  nostri.  «  Ecce  ex  materia  aerea  elegans  artJS  peritus  artifìcio- 


Hi  ARCHEOLOGIA   E  BELLE   ARTI 

«  sam  machinara  solerti  ingenio  perficiens,  instrumentum  tempora  discrimiaans  dabat 
«  civitati,  ut  temporum  quantitatem  per  mensuras  divisionis  distril)utam  praeslaret 
n  iis  qui  velient  ossequi  notiliam  ejus  rei.  Siquidem  circuii  artificiosus  girus,  duode- 
«  cim  horarum  idem  suggerebat  per  regulatas  distantias.  Praeterea  illud  quoque  ma- 
il xime  mirari  oportet,  qund  ars  ingeniosa  materiam  exanimem  variis  figuris  efformans, 
«  vocem  figuris  ipsis  indit  diversorum  animantium,  ita  ut  automa  vocem  emittat 
«  animalium  viventi  uni  «  (Sermones  tres,  hactenus  inediti,  eie.  1822,  p.  20). 

Si  l'uuo  che  l'altro  metodo  dava  l'ora  come  quota  parte  del  gjorno  vero,  compresa 
la  notte;  ma  per  l'uso  comune  divideasi  il  giorno  dal  levare  al  tramontar  del  sole  in 
dodici  ore,  fra  cui  dislinguevasi  il  maitutino,  l'ora  terza,  la  sesta,  la  nona,  e  il  vespro; 
divisione  ritenuta  fin  oggi  nell'uffiziatura  ecclesiastica. 

In  tal  caso  ognuno  comprende  che  le  ore  variavano  e  secondo  la  latitudine  e  secondo 
la  stagione.  hMtv  [Handlmch  der  CronoZo,7i>)  calcolò  l'approssimativa  durata  del  giorno 
naturale  in  Roma  per  l'anno  45  av.  C.  quando  il  calendario  fu  riformato  da  Giulio  Ce- 
sare; ed  eccola  per  gli  otto  principali  pnnti  dell'apparente  corso  del  sole: 

Dicembre  al  giorno  23  dura  ore    8    min.  54 

Febbraio  6  9  SO 

Marzo  23  12  0 

-Maggio  9  U  10 

Giugno  25  15  6 

Agosto  10  14  10 

Settembre  25  12  0 

Novembre  9  9  50 

La  seguente  tavola  contiene  il  paragone  fra  Icore  del  giorno  naturale  di  Roma  ai  due 
solstizj,  e  le  nostre  : 

Sohtizio  d'estate  Solstizio  d'inverno 


ore  romane 

modcrae 

ore  romane 

moderne 

ore 

mÌD. 

sec. 

ore 

min. 

sec. 

1 

4 

27 

0 

1 

7 

53 

0 

2 

5 

42 

30 

2 

8 

17 

30 

5 

6 

58 

0 

3 

9 

2 

0 

4 

8 

13 

30 

i 

9 

46 

30 

5 

9 

29 

0 

S 

10 

31 

0 

6 

10 

44 

30 

6 

11 

15 

30 

7 

12 

0 

0 

7 

12 

0 

0 

8 

1 

15 

30 

8 

12 

44 

30 

9 

2 

31 

0 

9 

1 

29 

0 

10 

3 

46 

30 

10 

2 

13 

30 

11 

5 

2 

0 

H 

2 

58 

0 

12 

6 

17 

30 

12 

3 

42 

30 

ine  del 

giorno 

7 

32 

0 

fine  del  giorno 

4 

27 

0 

L'ora  presso  i  Romani  era  divisa  in  punti,  da  dodici  minuti  moderni;  minuto,  metà 
d'un  punto;  parte,  eguale  a  quattro  minuti  nostri;  momento,  eguale  a  un  minuto  e 
mezzo;  istante,  eguale  a  un  minuto  nostro.  Inoltre  chiamavano  dndrans  tre  quarti 
d'ora,  semihora  la  mezz'ora,  quadrans  il  quarto,  semuncia  la  vigesimaquarta  parie. 

Dopo  descritti  i  quattordici  vasi  d'argento  trovati  in  una  casa  di  Pompej  nel  1835,  così 
•  conchiude  il  signor  Quaranta:  «  Immaginiamoci  una  di  quelle  sale  adorne  or  di  mobili 
soffitte  (Seneca,  Epist.  29;  Vertatllia  ccetiationum  laquearia  ita  coagmentant,  ut  su- 
binde alia  facies  atque  alia  succedat,  et  toties  teda  qaotìes  fercula  mutenlur.  E  Sve- 
TONio,  in  Nerone,  cap.  13:  Ccenationes  laqueatce  tabulis  eburncis  versatilibus,  ut 
flores  ex  fistulis  et  unguenta  desuper  spargerentur,  prcecipua  ccenationum  rotunda, 
quce  pprpetuo  diebus  ac  noctibu^  vice  mundi  circumagerentur),  or  di  archivolti  cui  so- 
stenevano colonne  recise  da  oltramarini  marmi  di  fina  macchia  e  scella  grana,  sot- 
toposte a  capitelli  di  bizzarrissimi  intagli,  chiuse  da  mura  incorlinate  di  porpora,  e 


LUSSO  ROMANO  145 

testife  di  drappi  superhamente  ricamati  (Tkrtiiiliat^o,  De  hab.  mul.  cap.  55:  Parie- 

tes  tijriis  et  hy(ici7ilinì'<,  et  Uiis  regiis  vehs,  quce  ros  operose  renolula  transfìgiiratis, 
prò  pictura  abutuntiir),  sui  quali  or  conipariviino  quadri  stupendi  incoronati  di  pre- 
ziose cornici,  con  entrovi  ritratti  composti  di  perle  e  liemme  ;  or  tubi,  donde  sparge- 
viiDsi  fiori  ed  unguenti  ;  spesso  ancora  specchi  grandi  quanto  un  uomo,  e  da  valere 
ingenti  somme.  A  terra  musaici,  clit>  per  le  migliaja  di  pielruzze  di  varia  forma  e 
colore  si  meritavano  il  nome  di  squisite  marmoree  pitture  (Apulejo,  lib.  v,  e.  13: 
Pavimenta  ipxa  lapide  pretioso  ccesim  diminuto  in  varia  picturce  genera  discriminan- 
tur.  E  più  innanzi  :  Vehementer  iterum  et  scepius  beatox  illox^  qui  super  gemmas  et 
monilia  calcant.  Seneca  poi,  Episl  98:  Ut  teda  varienlur  auro,  ut  lacunaribus  pa- 
vimentorum  respondeat  nitor).  In  alto  travi,  non  circondate  già  da  viti  serpeggianti 
con  foglie  d'oro  e  raspi  d'argento,  come  se  ne  videro  nella  reggia  di  Serse,  ma  sì 
splendenti  a  guisa  di  cielo  stellato.  Di  qua  vedute  di  pensili  giardini  (Seneca,  Epist. 
122  :  Non  vivant  coritra  naturam,  qui  pomaria  in  suinmis  turribus  ferunt?  quorum 
sylvce  in  lectis  domorum  ac  fastigiis  nutaìit,  inde  orlis  radictbus,  quo  improbe  cncu- 
mina  egisxent?)  ;  di  là  il  Vesuvio  fumante  sotto  un  cielo  di  zafìiro  purissimo.  Dall'un 
de'lati  platani  inaffiati  col  vino  M*ckob>o,  Sat.  lib,  iii.  cap.  13:  Uorlensiut  platano^ 
suas  vino  irrigare  comuevit  ;  adeo  ut  quadam  actione,  quam  hahuit  cum  Cicerone 
susceptam,  precario  a  Tullio  pof^tulas'^et,  ut  locum  dicendi  permufaret  secum  ;  abire 
enim  in  vdlam  necef^sario  se  velie,  vt  vmum  platano  quam  in  Tusculano  posuerat  ipse 
suffunderet),  die  spandevano  larga  oriilira  ospitale  ;  dall'altro  maravigliosi  pomieri, 
dei  quali  dieci  sole  [)iante  sarebbero  valute  aluieno  un  cenciquanlumila  de'nostri 
fiorini  (Valeuio  Massimo,  lib.  ix.  cap.  1  :  Gneus  Domitius  Lucio  Craf^so  collegce  suo, 
altercatione  orla,  objecit,  quod  columnas  liywelt(as  in  porticu  domus  haberet  ;  quem 
continuo  Cra^sus,  quanti  ipse  domum  suam  asiimaret,  interrogavit.  Atque  ut  respon- 
dit  sexagies  sestertio,  Quanta  ergo  eam,  inquii,  minoris  fore  o^stimas,  si  decem  arbu- 
sculas  inde  succiderò?  Ipso  tricies  se^tertio,  ait  Domitius).  Più  lontano  il  mare  :  poli 
lontanissimo  sassi  e  scogli  ed  isole  e  promontori,  che  ricordavano  le  prime  favole, 
la  prima  poesia  ed  i  primi  navigatori.  Poi  tavole  e  bufl'etti  di  legno  con  giri  adorni 
di  smeraldi  e  rubini  (Ui. piano,  1.  cum  aurum\9y  D.  de  auro  et  nrg.  leg.  :  in  coronis 
menaarum  gemmcB  coronis  cediint,  hcB  memis),  e  con  vene  che  effigiavano  alcun  che 
siccome  già  in  un'agata  trovossi  per  naturali  colori  un  Apollo  dipinto  in  mezzo 
alle  Muse.  Quivi  d'attorno  una  schiera  innumerabile  di  giojosi  convitati,  con  vestì 
quali  somiglianti  a  nebbia  di  lino  o  a  tessuto  vento,  quali  ricche  di  preziose  me- 
talliche fila  che  in  mostrarsi  od  ascondersi  facean  del  drappo  un  campo  di  fiori 
d'oro.  Poi  ametiste,  diaspri  etopazj,da  trarne  per  la  riverberata  luce  i  più  bei  colori 
dell'  iride,  e  variarli  in  mille  miracolose  maniere,  quanti  erano  i  movimenti  delle  teste 
cui  servivano  di  ornamento.  Vicino  a  tanta  moltitudine,  servi  leggiadri  (Seneca,  Eoi^t. 
24:  Transeo  miìiistraloruni  turhum,  per  quo<!^  signodafo,  ad  inferendam  ccenam  di^cur- 
ritur.  Dii  boni,  quantum  homrnum  uniusventer  exercet\)in  varie  ordinanze  ripartiti  di 
cui  altri  i  leggeri  ventagli,  per  temperare  il  soverchio  caldo,  scoteano,  altri  le  tazze  sulla 
punta  delle  dita  con  gentil  garbo  e  disinvolta  riverenza  porgevano,  ed  altri  accinge- 
vansi  a  mostrare  con  qual  gesto  il  coltello  volante  sapesse  trinciar  la  lepre  e  con 
quale  il  pollo.  Accrescevano  il  sollazzo  le  buffonerie  dei  Sannioni  (Marziale,  Epigr. 
lib.  VII.  13  :  /l/or?o  dictus  erat  ;  viginti  millibus  emi,  lìedde  mihi  nummos,  Gargiliane, 
sapit),  i  nani  che  educati  nelle  casse,  davano  spettacolo  d'inusitata  picciolezza  (Co- 
nopa,  il  nano  d'Augusto,  era  alto  due  palmi  ed  un  piede.  Così  Quintiliano,  Declam. 
298:  Habent  quoque  deiiclce  divitum,  malunt  qucerere omnia  contro  naturam;  gratus 
est  aie  debilitate,  ille  ip^e  infelicilate  distorti  corporis  placet,  alter  emitur  quia  alieni 
coloris  est),  ed  i  polifagi  capaci,  come  quel  fagone  di  Giovenale,  di  mangiarsi  in  un 
sol  giorno  un  cignale,  un  porcello,  un  castrato  e  cento  pani  (Svetonio,  in  Neron. 
cap.  37:  Nero  ereditar  polyphago  cuidam  cegyptii  generis,  crudam  carnem,  et  quid- 
quid  daretur  mordere  assueto,  coneupivisse  vivos  homines  laniandos  absumendosque 
objicere.  Così  Vopisco,  in  elitre/,  e.  13;  Vebementissime  autem  ddectatus  est  phagone, 
qui  u<:que  eo  multum  comedit,  ut  uno  die  antemensam  ejas  aprum  integrum,  centum 
panes,  vervecem  et  porcellum  comederel,  haberet  autem  infundUmlo  apposito  plus  orca). 
Venivano  finalmente  le  imbandigioni,  delle  quali  poteva  dirsi,  come  Niceta  d'uà 

CantO,  Documenti.  —  Tomo  I,  Archeologia  e  Selle  Arti.  10 


146  ARCHEOLOGIA   E   BELLE  ARTI 

imperàtorej  che  il  suo  desinare  era  per  l'abbondanza  un  monte  di  pane,  tin  btìfeco 
ér  selvaggina,  un  mare  di  pesce,  ed  un  oceano  di  vino:  ma  per  lu  varietà  tiile  da 
farne  scrivere  l'elenco  in  due  colonne,  come  Alessandro  vedeviile  d'nrgenlo  nella  corte 
del  re  di  Persia,  l'er  la  sijuisilezza  infine  quunto  avea  di  peregrino  l'aria,  la  teria  e 
l'acqua,  e  Ira  (iiieslo  ciò  che  [lareva  di  meglio  per  grandezza,  di  più  eccellente  per 
rarità.  Sicché  i  pesci  e  gli  uccelli  eran  pesali  nell'islesso  convito,  ed  il  prezzo  regi- 
stratone dagli  scrivani  ne' libri,  quale  lutto  memorando,  e  le  triglie  annegiile  nelle 
salse,  0  poste  vive  sulle  mense  in  vasi  di  vetro  senz'acqua  per  vederle  spirare,  e 
dibattendosi  ora  diventar  rosse  ed  ora  impallidire,  e  tra  la  moite  e  la  vita  farsi  d'in- 
certo colore,  affinchè  avessero  divertita  la  vista  de' commensali  innanzi  di  consolarne 
il  palato  dopo  consegnate  a'  cuochi.  I  quali  dovevano  spiegare  nelle  mense  non  solo 
quanto  avevano  imparalo  ne'  licei  delle  cucine  e  nelle  accademie  delle  pentole,  ma 
eziandio  l'ingegno  di  chi  govornai-se  republ  lidie  o  conducesse  eserciti  ;  sì  astrusa 
era  la  scienza  di  dare  grado  ai  cibi  secondo  la  dignità,  sì  grande  l'arte  di  schierar  le 
vivande  secondo  il  valor  di  ciascuna,  e  cangiarvi  come  in  teatro  la  scena,  or  mo- 
Strandiila  marittima  con  le  aurate  e  le  murene,  or  boschereccia  co'  fiigiani  e  co'  tordi; 
ed  in  sifutti  trionfi  della  gda,  se  non  istemprar  perle  nell'aceto,  come  ne  gustava 
Clodio  il  comico,  spiegare  almeno  tutta  la  dottrina  dej,li  ingredienti  ed  il  magistero 
del  fuoco,  per  così  comporne  svariate  foglie  di  vivande,  mille  delizie  di  condimenti, 
mille  armonie,  anzi  mille  falsifioiizioni  di  sapori.  Nel  che  gran  fama  si  acquistarono 
un  Sofone  d'Acarnania  e  un  Damosseno  rodio,  e  i  discepoli  del  siciliano  Labdaco,  e 
quelli  del  siracusano  Miteco,  appellatoli  P'idia  de' cuochi  (Ateneo,  lib.  ix,  pag.  450), 
e  gli  alunni  di  Moschinne,  il  quale  coi  soli  rilievi  della  mensa  preparata  al  suo  pa- 
drone si  comprò  in  due  anni  tre  villaj^gi  (Celio  Rodigino,  Antiq.  Lecl.  lib.  xui. 
cap.  3S).  Dei  quali  non  erano  da  meno  un  Agide,  un  iNereo,  un  Caciade,  un  l.ampria, 
tin  Aftoneto,  un  Eutimo  -,  insomma  un  di  quei  che  erano  paragonati  a'  Sette  di  Grecia, 
e  che  prejiaravano  con  solo  un  porco  venti  piatti  da  parere  di  diverso  selvaggume, 
come  se  ne  maravigliava  Tito  Quinto  Flaminino  (Atkneo,  /oc  cit  ),  e  sapev^n  dare 
a' ravanelli  sapore  e  figura  di  acciughe,  come  ne  gustò  Nicomede  re  di  Bilinia  (Livio, 
Irb.  IV.  cap.  IH);  un  di  quelli  che  erano  chiamati  sfingi  perchè  venuti  dallo  stra- 
niero, e  che  si  vantavano  di  far  vivere  ducento  anni  almeno  i  loro  (ladroni  per  la 
delicatezza  con  che  preparavano  i  cibi  (Plauto, /tu/uL  iv.  17:  i\am  vidducento'i  annos 
poterant  vivere  Meas  qui  esitubant  escafi,  quas  ego  condiero)\  un  di  quelli  che  si  pre- 
giavano di  conoscersi  di  pittura,  astronomia,  geometria  e  mediciua  (Ateneo, /oc.  cit.). 

§  86.  —  Sepolcri. 

Le  tombe  furono  i  primi  altari  dei  popoli,  e  la  religione  di  esse  è  sentimento  pre- 
dominante in  tutta  l'umanità. 

Cumuli  di  terra  o  di  pietre  furono  le  prime  tombe  onorifiche.  Nella  Scizia  e  nella 
Tartaria  parecchi  occorrono  gran  mucchi  di  terra,  talvolta  cinti  d'una  muriccia  in 
quadrcc,  e  contenenti  arnesi,  armi,  monete,  idoli,  vasi.  In  iVelagna  se  ne  riscontrano 
pure  varj,  che  si  attribuiscono  ai  Druidi  :  uno  che  chiamano  lovg  barn.w,  soniiglia  un 
mezzo  ovo;  più  altri  sono  rotondi,  e  circondali  da  argini  della  figura  stessa;  uno  imita 
un  campanello  (liell  liarrw)  :  altri  sono  incavali  a  guisa  di  crateri  (jìund  barroic],  e 
quali  a  cono  ;  e  sovente  sterrando  vi  si  trovano  camere  o  grotte,  con  avanzi  di  oggetti 
bruciati. 

Ancl>e  altrove  se  ne  scoprono,  e  perfino  nell'America,  principalmente  nella  jetlen- 
trionale.  IS'ella  Magna  Ciccia  n'ha  frequenti  di  grosse  pietre  ammonticellate,  ricoperte 
di  piote  0  di  terra;  donde  le  espressioni  classiche  injicere  glebam,  moles  egalce  terree. 
Achille  uccise  ii  padre  d'Andromaca, 

Ma  dispogliarlo  non  osò,  compreso 

Da  divino  terror.  Quindi  con  tutte 

L'armi  sul  rogo  il  corpo  ne  compose, 

E  un  tumulo  gli  alzò,  cui  di  frondosi 

Olmi  le  figlie  dell'egioco  Giove 

te  Oreadi  pietose  incoronaro. 


SÉPOLCRt 


147 


Le  tombe  ciclopiche  sono  formate  di  enormi  massi. 
Presso  Pella,  ca|)ilale  della  Macedonia,  l'arbiè  dii  Bo- 
cage  entrò  in  un  tumulo,  che  ollriva  una  j:iillciia  di 
50  sopra  7  piedi,  la  quale  riusciva  a  due  Sale  qua- 
drate e  parullele:  un  secondo  coiriddjo  in  pendìo 
scendeva  a  una  galleria  orizzontale  di  55  piedi  per 
l'i,  ov'erano  due  nicchie:  un  terzo  metteva  in  uh' 
ultima  sala  arcuata,  di  15  su  11  piedi. 

Altre  venivano  scavale  nel  tulo,  e  di  tal  maniera 
sono  le  catacombe  di  Roma,  di  Napoli,  di  Siracusa, 
di  Parigi,  d'Alessandria.  La  catena  libica  è  tutta  a 
grotte  tunerarie  5  cosi  le  vicinanze  di  Cirene,  con 
sarcofagi  e  reliquie  e  pitture. 

L'architettura  non  tardò  ad  edificare  tombe  sopra 
terra,  dove  veniva  a  perdersi  la  camera  sepolcrale, 
che  pur  era  la  parte  precipua. 

11  sepolcro  qui  a  destra  è  tratto  dalla  Escursion  in 
Asia  Minor  del  sig.  Fellows: 


§  87.  —    Sepolcri  egizi. 

Gli  Egiziani,  la  cui  vita  quaggiù  sembra  non  fosse  altro  che  una  preparazione  alla 
morte,  ci  lasciarono  i  [tiù  grandiosi  monumenti  sepolcrali  nelle  piramidi  e  nelle  im- 
mense catacombe.  È  noia  l'abilità  loro  nel  conservare  i  cadaveri.  I  poveri  si  facevano 
soltanto  disseccare  nel  natrune  0  nel  sale  comune,  e  fasciati  in  tele  grossolane,  si  an- 
nicchiavano  nelle  catacombe;  ma  i  ricchi,  coperti  da  diversi  strati  di  mussolina  finis- 
sima, da  foglie  d'oro  e  gesso  sottilissimo,  con  collane  e  figurine  ed  altri  ornamenti 
e  gran  rotoli  di  papiro, 
venivano  chiusi  in  più 
casse.  In  queste  guai- 
ne, coperte  di  pitture 
e  geroglilici,  è  figurata 
la  lesta  del  morto,  colla 
barba  se  virile;  sovente 
esprimendo  il  sesso.  Tal- 
volta sono  più  casse  una 
nell'altra.  Così  depone- 
vansi  nella  cella  con  le 
oderte  e  gli  stromenli 
della  professione  del  de- 
funto, e  con  vasi  e  (igu-  -I  Mummia  avviluppala  nella  (eh.,  e  riposta  n^Uà  cassa. 
rine.  Dei    vasi,    detti   ca-  2  Coperchio  della  cassa. 

nopi,  di  terra  colta,  0  d'alabastro 
orientale,  in  forma  di  cono  rove- 
sciato, ordinariamente  n'ha  quat- 
tro per  ogni  morto,  e  contengono 
le  sue  viscere  0  animali  sacri:  sono 
eguali  tutti  e  quattro,  salvo  il  co- 
perchio che  figura  teste  d'uomo, 
0  di  sparviero,  di  sciatalo,  di  ci- 
nocefalo, 0  altro.  Moltissime  figu- 
rine vi  si  trovano  pure  di  legno 
dipinto,  o  di  pietre  0  di  terra  smal- 
tata, talvolta  chiuse  in  stipetii  di 
varia  ricchezzji,  e  sempre  con  leg- 
gende. In  qualche  pittura  è  ratfi- 
gurato  il  lutto  pel  morto. 

Vedasi  G.  Rul^D,  Thebes,  ils  lombs  and  Iheir  lenoni  ancienl  andpresent,  including  a  recorder  ofex- 
(avalioni  in  Ihe  necropolis.  Londra  ji  802. 


•48  ARCHEOLOGIA  E   BELLE  ARTI 


§  88.  —  Sepolcri  etruschi. 

Quanto  agli  Etruschi,  il  sepolcro  del  re  Porsena  descrii to  da  Plinio  ($  80)  sembra 
doversi  relegare  tra  le  favole.  Dalle  tombe  di  Perugia,  fonte  preziosa  di  monumenti 
etruschi,  uscirono  moltissime  urne  cinerarie,  oltre  specchi,  pietre  incise  e  scarabei, 
vasi  dipinti,  figurine  di  bronzo,  fra  cui  sono  importanti  il  Metello  delio  Varringatore 
nella  galleria  di  Firenze,  e  il  fanciullo  coll'uccello  nella  Vaticana.  Il  famoso  sepolcro 
della  torre  di  San  Manno  presso  Perugia,  che  diede  la  regina  delle  iscrizioni  etrusche, 
è  il  solo  a  fior  di  terra.  Queste  scoperte  eransi  fatte  ne'  due  secoli  passati,  senza  tener 
conto  preciso  della  disposizione,  né  levarne  i  disegni,  come  poi  si  fece  in  quelle  che 
moltiplicaronsi  nel  secolo  nostro,  siccome  diremo  più  innanzi. 

I  sepolcri  etruschi,  i  quuli  presso  Tarquinia  dietro  Civitavecchia  slendonsi  per  pili 
miglia,  pajono  destinati  ciascuno  a  una  famiglia,  con  pitture  e  iscrizioni.  Altri  destinali 
ai  pili  poveri,  aveano  le  pareti  piene  di  loculi,  in  cui  collocare  le  unielle  delle  ceneri 
vulgari,  come  ne'  colombarj  di  Roma.  Sovente  questi  sotterranei  prendevano  sembianza 
di  labirinti. 

Le  tombe  di  Vulci  sono  scavate  nel  tufo  ;  e  scendendo  per  molti  scalini  sotterra,  s'in- 
contrano varie  camere  disposte  simmetricamente,  e  col  telto  orizzontale.  Le  cucumelle 
sono  camere  sepolcrali,  con  mura  circolari  nell'interno,  sopra  cui  elevansi  colline  di 
cotto.  Vi  si  discende  per  una  scala  esteriore,  scarpellata  nel  sasso:  un  lastrone  chiude 
l'entrata,  talvolta  con  sculture  simboliche:  si  passa  in  una  o  più  camere,  colle  pareti 
inclinate,  al  modo  egizio,  e  con  grossi  tufi  scavati  per  ricever  il  cadavere.  La  volta  è 
piana  o  poligona;  talora  liscia,  talora  a  lacunare,  o  coi  sassi  tagliati  a  Otggia  di  travi, 
sostenuti  da  pilastri  quadri,  sempre  ricavati  dal  sasso  -,  e  questi  e  le  pareti  e  la  volta  or- 
nati di  disegni  a  colori  semplicissimi  ma  vivi,  rappresentanti  animali,  mostri,  genj,  alle- 
gorie greche.  Presso  Toscanella  e  Bomarzo  havvi  camere  scavate  nelle  roccie  perpendi- 
colari :  e  m  alcun  luogo  la  porta  è  ornata  Presso  Cortona,  quella  che  dicono  grotta  di 
Pitagora  è  una  camera  sepolcrale  di  muro;  e  colà  se  ne  trovano  di  coniche  a  modo  dei 
nuraghi  di  Sardegna.  In  una  tomba  di  Tarquinia  si  trovò  una  vasta  composizione,  mista 
d'iscrizioni  etrusche,  che  pare  rappresenti  una  cerimonia  religiosa. 

Più  recenti  che  (|uelle  di  Vulci  sono  le  scoperte  a  Cervetri,  che  è  l'antica  Cere,  a  de- 
stra della  via  da  Homa  a  Civitavecchia.  La  volta  imita  le  costruzioni  di  legno,  consistendo 
in  una  larga  fascia  orizzontale  nel  mezzo,  da  cui  partono  due  pioventi,  scolpiti  a  modo 
dei  lacunari  a  cassettoni.  Non  ritraggono  dunque  dall'Kgilto,  ma  piuttosto  dall'Asia.  Le 
facciate  sono  incise  nella  parete  verticale  del  tufo  vulcanico  (nenfru).  Internamente  erano 
dipinte,  ossia  a  contorni  neri  riempiti  con  colori  bianco  e  rosso  senz'ombra  lè  arte. 
In  una  vi  ha  due  sedili,  col  dossiere  e  il  predellino,  tagliati  nel  tufo;  e  le  porle  tirano 
al  piramidale.  In  una,  scopertavi  nel  1835,  trovasi  prima  un  corridojo,  lungo  da  300 
palmi  romani,  scavato  sempre  nel  tufo,  che  riesce  ad  una  porta  archeggiata,  avente  a 
destra  e  a  sinistra  scale  per  cui  si  ascende  alla  parte  superiore  del  monumento,  il  quale 
è  un  vasto  tumulo  circolare,  parallelepipedi  di  tufo,  senza  cemento,  astrati  restringen- 
tisi.  Da  quella  porta  s'entra  in  un  vestibolo,  donde  parte  la  scala  che  scende  nel  sepol- 
cro. Ai  due  lati  del  vestibolo  corre  una  panchina,  scarpellata  nel  tufo  :  è  coperto  da  una 
volta  sostenuta  da  pilastri,  di  cui  la  base  e  il  capitello  ornati  di  stucchi  molto  accurati. 
Quivi  forse  univansi  i  parenti  e  gli  amici  a  celebrare  il  banchetto  funereo.  Il  sepolcro  pro- 
prio è  una  camera  che  a  destra  e  a  manca  contiene  due  panchine  scalpellate,  a  maniera 
di  letti  mortuari;  poi  una  cella,  fiancheggiata  da  ambo  i  lati  da  tre  edicole,  attorniata 
pure  da  tali  letti;  e  in  fondo  un'altra  camera  corrispondente  alla  prima,  in  cui  sta  un 
gran  sarcofago  bisomo.  Questo  ad  un'estremità  è  decorato  di  un  pilastro  col  capitello 
formato  di  due  volute  in  senso  contrario  e  con  base  toscana.  Le  preziosità  n'erano  state 
rubate  in  antico. 

Meglio  ancora  insigne  è  il  sepolcro  trovato  pur  a  Cere  nel  1830,  colla  volta  acuta,  e 
chiuso  fraescavazioni  posteriori,  le  quali  impedirono  ai  violatori  di  derubarlo.  Il  Canina 
lo  vorrebbe  dei  tempi  pelasgici,  anteriore  alla  venuta  dei  Tirreni,  e  certo  ad  ogni  in- 
fluenza greca.  Parte  della  volta  era  cascala,  sicché  molti  oggetti  furono  infranti,  gli 
altri  ingombrati  di  terra;  ma  si  adoperò  cura  di  attestarne  il  posto.  Eran  due  lunghe 


SEPOLCRI    ETRUSCHI  449 

celle,  sepolcrali  entrambe,  separate  da  una  porta  mezzo  murata.  Su  questa  separazione 
posavano  due  vnsi  di  bronzo:  due  d'argento  eran  sospesi  alla  sommità  della  porta.  Presso 
l'entrata  si  trovò  un  caldano  di  bronzo  sovra  tripode  di  ferro,  poi  una  specie  di  cande- 
labro, sormontato  da  un  cratere,  che  forse  serviva  a'  profumi,  e  tutto  coperto  d'animaU 
simbolici  di  stile  asiatico;  capo  unico  nel  suo  genere.  Vicino  era  un  altro  caldano  minore: 
e  quasi  in  faccia,  i  rottami  di  un  carro  a  quattro  ruote,  che  forse  aveva  servito  a  tras- 
portar il  cadavere;  poi  sulla  dritta  il  letto  su  cui  fu  deposto,  formato  di  laminctte  di 
bronzo  incrociantisi  :  letto  e  carro  certo  fabbricati  per  vivi,  e  che  qui  primamente  si 
trovano  vòlti  ad  uso  funereo  Raro  pure  è  una  specie  di  turibolo  quadrilatero  su  quattro 
ruote,  ornalo  di  leoni.  Alle  estremità  del  letto  sorgevano  due  altarini  di  ferro  ;  e  in  faccia 
erano  sospesi  otto  scudi  di  bronzo  di  lastre  sottilissime,  misti  con  freccie  di  bronzo  e 
stronienli  di  ferro  per  battaglia  o  per  sacrifizj.  Davanti  al  letto  e  in  una  delle  camere 
laterali,  Irentasei  idoletti  d'argilla  nera,  figuranti  un  vecchio  barbuto,  colle  braccia  pie- 
gate sul  petto  e  le  mani  sotto  al  mento.  All'alto  della  volta  per  chiodi  di  bronzo  erano 
sospesi  dei  vasi  pur  di  bronzo;  onde  si  credette  che  all'uso  slesso  servissero  i  chiodi 
che  circondavano  tutte  le  pareli  circolari  della  tomba  d'Atreo  a  Micene,  e  che  prima 
supponeansi  destinati  a  tenere  il  metallico  rivestimento  dell'edifizio.  La  loro  forma  non 
par  consentire  siffatta  induzione.  In  fondo  alla  cella  stavano  riposti  oggetti  d'interesse 
ancor  maggiore,  cioè  una  raccolta  di  vezzi  d'oro  e  d'argento,  iuoltre  vasi  di  bronzo  so- 
spesi, i  manichi  di  sei  ombrelli,  coppe  e  piatti  d'argento. 

11  cadavere,  probabilmente  femminile,  era  tutto  coperto  di  vezzi;  un  pettorale  d'oro 
in  filigrana,  composto  di  nove  zone  concentriche,  con  moltissime  figure  simboliche  a 
rilievo,  è  il  più  prezioso  avanzo  di  lai  genere  ;  inoltre  un  diadema,  una  collana,  due  brac- 
cialetti, catene,  fibule,  lutto  d'oro,  e  amuleti  d'ambra.  Dei  pezzetti  rolli  d'oro  e  misti 
alla  terra  si  potè  empiere  un  gran  paniere,  e  forse  formavano  un  intero  vestito  d'oro. 

Più  dunque  che  alle  forme  consuete  egizie,  som  glia  a  quelle  dei  sepolcri  di  Kersch 
in  Crimea  e  ad  altri  monumenti  dell'Asia  Minore  e  di  Sardegna:  il  che  conforta  l'opinione 
di  quelli  che  lo  riportano  ad  una  nazione  antichissima  e  forse  anteomerica. 

Non  molto  differivano  i  sepolcri  trovati  il  1859  all'antico  Alsio  presso  Monteroni.  Nel 
1858  ad  Agilla  s'apersero  altri  ipogei,  fra  cui  uno  vastissimo,  col  vestibolo  a  somiglianza 
de'  tempi  moderni. 

Il  sepolcro  de'  Volunni,  scoperto  in  Perugia  il  1840,  fu  lasciato  in  modo  da  poter 
osservarsi.  È,  come  gli  altri  del  paese,  entro  il  tufo  calcare,  con  camere  semplici  senza 
pitture,  né  altro  ornamento  che  una  colonnetta  all'esteriore,  portante  l'iscrizione.  Questo 
è  di  costruzione  regolare,  a  croce  latina,  avente  in  fondo  un'abside  per  le  sepolture  :  la 
panchina,  che  ordinariamente  gira  l'intera  sostruzione,  qui  trovasi  soltanto  nella  tribuna 
e  in  due  camerette  laterali  a  questa.  11  tetto  interno  è  a  doppia  tesa,  indicata  già  dal  fron- 
tone della  porta,  su  cui  è  scolpito  un  sole  radiante  con  due  delfini,  che  eran  simbolo 
consueto  nei  monumenti  dell'ultima  età  etrusca  e  greca:  sopra  un  altro  frontone  inte- 
riore è  uno  scudo  colla  testa  di  Medusa,  simbolo  consueto  della  notte  e  della  morie. 
Fra  le  cose  trovatevi  è  curioso  un  pezzo  di  serpente  cristato  di  terra  cotta,  vibrante  una 
lingua  di  metallo.  Le  sette  urne  funerarie  diedero  statue  ed  iscrizioni  di  grande  impor- 
tanza. Consistevano  in  una  base  di  travertino,  sulla  cui  faccia  gangi  di  metallo  tenevano 
teste  di  Medusa:  e  sopra  quella  un  letto  funereo,  coperto  di  ricchi  tappeti,  e  con  una 
figura  coricala,  pur  di  travertino  rivestito  di  stucco.  Le  figure  d'uomini  portano  la  toga 
mortuaria,  che  lascia  scoverto  il  petto  e  parte  del  venire,  e  sono  a  sdrajo  colla  testa  ap- 
poggiala sul  braccio  sinistro,  il  cui  gomito  s'appunta  sovra  un  ricco  guanciale  ;  colla  de- 
stra tengono  sul  ginticchio  una  larga  patera,  vaso  delle  libazioni  funeree.  La  donna  è 
tutta  coperta  della  tunica,  cinta  sotto  al  seno,  e  col  peplo.  Una  delle  urne,  di  marmo 
bianco,  ha  forma  di  un  tempietto  distilo,  corintio:  è  più  moderna  dell'altre,  e  porta 
l'iscrizione  in  etrusco  e  in  latino. 

Talvolta  le  ossa  sono  nel  seno  delle  statue;  come  nella  figura  giacente  di  bronzo,  trovata 
a  Perugia  nel  1842,  e  nell'Adone  del  museo  Gregoriano. 

I  sepolcri  di  Castel  d'Asso  e  di  Norchia  sono  importantissimi  fra  i  ricavati  nel  tufo  per 
l'architellura  esterna  ;  quelli  con  forma  egiziana,  questi  d'ordine  dorico.  In  quei  di  Nor- 
chia vedesi  un  basso-rilievo,  che  è  forse  l'unico  esempio  in  Italia  d'una  composizione 
compiuta  di  frontone  antico  e  molto  esteso  :  l'architettura  è  di  quel  genere  nano  che 


^gO  AECHEOLQGU  E  pEJ-LE   ARTI 

Yitruvio  ehinraa  harijf.pphala  :  e  sopra  molti  membri  restano  trnccie  di  decorazione  poli- 
cromalira.  Orioli  rredelle  poler  dedurre  dai  sepolcri  di  Norchiala  forma  delle  caseetru- 
Sche  e  delle  cillà  (Annali  di  corrisp.  ardi.  v.  41). 

Le  tomhe  di  Ciima,  scoi>erte  dopo  il  I8i3.  sono  preziose  perchè  di  epoche  difFerenti, 
talché  rappresentano  venticinque  secoli.  Alla  parte  profonda  stanno  pli  scheletri  più 
antichi,  nella  sabbia,  aventi  ai  piedi  piccole  tazze  e  vasi.  Vi  sovrastano  sepolcri  di  quat- 
tro pezzi  di  info.  0  in  forma  di  camerelta  a  tetto  acuminato;  in  cui  uno  o  due  cadaveri, 
cinti  di  vasi  di  forma  nnlica,  con  qualche  rara  iscri7inne.  In  terzo  piano  son  altri  avelli 
cimili,  coplenenli  vasi  di  lavoro  più  (ìnilo,  e  orerie,  filnile.  vasetti  di  vetro  turchino, spec- 
chi, pellini.  Una  tomba  da  fanciullo  avea  forma  di  torre,  e  vi  si  trovarono  di  terra  cotta 
un  palio  prande  e  un  piccolo,  una  pantera  con  collana  d'edera,  un  capro,  un  sileno  ap- 
po'.'piato  all'otre,  una  najade  appoppiafa  a  un'urna,  un  piedino  con  ealzare  elefante, 
tulli  vuoti  in  miniera  da  ricevere  un  liquido,  e  da  produr  anche  uno  zampillo;  inoltre 
piolligsimi  aliossi  e  vetri  convessi  colorili  per  giocare,  e  un  candelabrino  elegante  di. 
0^50.  Sopravengono  i  romani,  entro  i  solili  sepolcri  di  tegole  5  ovvero  collocati  in  tombe 
greche,  contenen|.i  perciò  njisture  d'oggetti. 

(1  Apres  la  déroiiverte  de  vasps  ppinfs  de  sfvle  {{ree,  npéréc  dnns  le  cnurs  des  don/e  dTnières  années,  au 
sein  des  nécropnics  de  plu<!Ìpiirs  villes  étrii«qiips  voisinps  de  Rome,  tintimnient  dans  relie  de  Vnlci,  de 
Tar([iiinic  et  de  Tiiscania  ,  déronverle  qui  conslitue  le  fiiit  arctiéotofrlque  lo  plus  [;rave  en  soi  et  le  plus 
fécond  en  rnn«équenrc  de  l'epoque  où  nnns  sommes.  je  ne  cro's  pas  qii'on  ait  eii  à  sf;naler  un  événe- 
ment  seienlifiqiie  plus  impnrlant  que  celui  de  la  déeouverte  du  grand  toniLeau  de  l'antique  Coerc  x  . 
Baoul-Hochette,  Journal  des  Savans.,  magfjio  184.". 

Sante  B,*rtoli,  Gii  onlirhi  sepolcri,  ovvero  matisnlei  romani  ed  etruschi.  Roma  47G8. 

Orioli,   De^  sepolcrali  edifìzj  delP Elruri'  media.  1826. 

P.  E.  Visconti,  Antichi  rnonumenli  sepolcrali^  sroperii  riel  ducalo  di  Cere.  Roma  1836, 

L.  Camna,  Lfe^crizione  di  Cere  antica,  e  in  particolare  del  monumento  sepolcrale  scoperto  neWanno 
1806.  Ivi  1838. 

GniFi,  Monumend  di  Core  antica.^  spiegali  colie  osservanze  del  cullo  di  Mitra.  Ivi  1811. 

Celestino  Caveoom,  Sovra  ìtn  sepolcreto  etrusco  scoperto  nella  roilina  modenese.  Modena  1842. 

Sili  sepolcri  di  Tarquinia,  diverse  relazioni  nef;li  Annali  delVlslituto  di  corrispondenza  archeologica. 

¥saaiGLiOLi,  Il  sepolcro  de'  Volunni.  Perugia  18  50. 

Il  museo  radunato  dal  principe  di  Canino  fu  comprato  da  quello  di  Tondra.  Venduti 
poi  que'  feudi  nel  ISoS  al  principe  Alessandro  Turlonia,  questi  fece  ripigliare  gli  scavi, 
poll'opera  intelligente  dei  signori  Francois  e  Noel  des  Vergers.  Ne  uscì  già  un  bellissimo 
ipogeo,  con  una  sala  contenente  quattordici  cadnveri  di  guerrieri  con  arme  e  ornamenti; 
e  sulle  pareti,  dipinte  al  modo  di  Ercnlano,  l'immolazione  de'  prigionieri  trnjani  al 
fantasma  di  Patroclo,  che  ivi  appare  col  nome;  e  v'è  pure  il  nome  degli  Atridi,  degli 
^jaci  ecc. 

§  89.  -^  Sepolcri    greci. 

I  Greci  opinavano  le  aninie  non  potes.^^ero  entrar  negli  Elisi  (ìntantochf-  il  corpo  non 
fosse  sepolto  fOrZ/.s.s.  xi.  Ofi  ;  v.  411)  ;  Sofocle  ci  presenta  Antigone  che  affronta  nsni  pe- 
ricolo perspppllire  il  fratello  Polinice;  e  gli  oratori  fanno  spesso  colpa  dell'avere  tras- 
curalo di  sepellire  i  morii.  I,e  consuetudini  funernli  sono  descritte  da  Luciano  nel  trat- 
tato Del  lutto.  Quando  uno  fosse  gravenv  nte  innato,  sospendeansi  alla  porta  rami  di 
lauro  e  d'acanto,  creduli  opportuni  contro  il  male  CPiutaiìco,  Op.  philni^)  :  la  famiglia 
circondava  il  moribondo,  supul'cando  Mercurio;  spi'ato  che  fosse,  il  più  prossimo 
pli  dava  il  bacio  e  cliindeva^li  gli  occhi  (Odiss.  xxiv;  EiiiunnF,  Ale.  ó91;  Duic.ene 
{.AEi'.zio,  in  liione ,  lib.  IV.  §  TiG).  Allora  s'alzava  il  compianto:  il  corpo  era 
lavato,  profumato  vestito;  sul  capo  gli  si  metteva  un  velo  e  un  serto  di  fiori,  in  mano 
una  focaccia  di  farina  e  miele  (uc'/iTo^j-y\  e  in  bocca  un  obolo  (o-xvizn}  per  ncchclar 
Cerbero  e  pagire  Caronte;  unto  d'olj  odorosi,  e  ravvolto  in  una  vesle,  acciocché  non 
soilViìse  freddo,  nr-  fosse  visto  ignudo  da  Cerbero  Esponevasi  poi  un  giorno  intero  sotto 
il  vestibolo,  co' pie  li  verso  la  stradi,  talora  rivolto  in  un  lenzuolo,  e  circondato  (Ji 
tprge  accese,  fitte  di  giunco  0  di  scorza  di  pnpiro,  e  rivestite  di  cera,  ac<'iocchè  ogniing 
è'dfc^rtajs^  ch'cR  iBQitQ  gatyralipenle  ;  e  j)ill.QraQ  ati  w&o  vasi  dipinti,  che  poi  sepelU-j 


SEPOLCRI   BOMÀBM  1S1 

vansi  con  lui.  Alla  porta  si  collocava  uo  secchiello  d'acqua  lustrale  perchè  si  purificas- 
sero quelli  ch'erano  stali  in  casa. 

Al  trasporto,  che  per  lo  più  ficcasi  prima  del  levar  del  sole,  intervenivano  amici  e 
parenti,  e  piig:ivun>i  donne  che  facessero  il  tribolo  (joàvov)  ululando,  stracciandosi  i  ca- 
pelli, percolendosi. 

Pare  :l  luogo  della  sepoltura  fosse  fuor  di  città.  Anticamente  inumavansi  i  cada- 
veri, dappoi  anche  si  bruciarono,  nel  quul  caso  le  ceneri  raccoglievansi  entro  un'urna, 
che  deponeasi  sotterra.  Sul  rogo  si  gettavano  le  vesti  e  gli  oggetti  più  cari  al  defunto, 
e  vi  s'iiiHiiolavano  vittime,  perfino  umane,  a  gran  voce  chiamando  il  morto.  Seguiva  il 
bancheito  funerale,  durante  il  quale  parlavasi  de'  meriti  del  morto,  ai  cui  mani  ndrivansi 
libagioni.  Continuavasi  poi  a  ct'lehrar  l'anniversario  della  sua  nascita.  I.a  festa  generale 
dei  morti  si  commemorava  il  mese  d'anthesterion.  Una  legge  di  Cecrope  aveva  ordinato 
di  seminar  la  terra  dov'era  sepolto  il  cadavere. 

Fuor  d'Atene  era  il  Ceramico,  destinato  a  sepell're  quelli  che  morissero  difendendo 
la  patria,  ai  quali  si  ergevano  statue  e  colonnette  o  mense  onorarie.  1  soli  fondatori 
delle  città  sepellivansi  entro  le  mura  Per  monumento  ai  prodi  che  perirono  non  vin- 
cendo a  Cheronea,  fu  eretto  un  enorme  leone,  di  cui  restano  ancora  alcune  parti.  1  Greci 
illustri  avevano  tombe  gentilizie,  spesso  circondale  di  boschetti;  e  il  monumento  ridu- 
cevasi  ad  una  colonnetta,  che  le  leggi  attiche  limitavano  a  tre  cubili.  Le  lorabe  guarda- 
vansi  come  proprietà  privata. 

Talora  sono  disposte  parallelamente  alla  strada  maestra,  cominriando  dalla  porta 
della  città,  come  a  Platea,  ed  Assos:  talaltra  ricavate  nel  sasso  defla  montagna  vicino 
alla  città,  come  a  Delfo  e  a  Calcide:  altre  coperte  sotto  tumuli,  come  in  Attica,  a  Co- 
rone, a  Sparta. 

V'è  ignota  la  pittura  parietaria-,  e  uno  schizzo  a  carbone  in  una  grotta  nel  vivo  sasso 
della  necropoli  d'Egina,  che  si  trovò  nel  17i2,  deesi  guardare  come  uno  scherzo  di 
artista. 

Medbsics,  De  funere. 

hiKCb>iAi\N,  De  funerihus  Bomanorum. 

Stacrelbehc,  Hie  Grdber  der  Hellenen  in  BUdwerkeìmnà  Va^enaemalden,  Berlino  \^o^  e  ^837. 

Lessino,  ft'ie  die  Alien  den  Tod  gebild^l  haben^ 

Becbeb,  Charikles  e  Gallut. 

§  90.  —  Sepolcri  romani. 

Molti  dei  riti  greci  furono  ritenuti  dai  Romani.  Monlfaucon  [Aniiq.  expl.  t.  v)  reca  un 
bassorilievo  che  ritrae  gli  ultimi  istanti  d'un  Romano.  Una  fanciulla  è  stesa  sul  letto, 
vestita  e  calzata;  il  padre  siede  da  capo  sopra  una  se^igiola  pieghevole,  e  la  madre  da 
piedi  sopra  una  a  spalliera;  ambi  col  (.-apo  coperto  d'un  lembo  dt^lla  vesta,  ed  esprimendo 
Pafflizione.  Gli  altri  parenti  attorno  ai  letto  prendon  parte  al  dolore.  All'estremità  è 
uno  schiavo,  coi  calzoni  alla  barbara.  Sotto  al  letto  un  cane  tieue  la  zampa  sopra  una 
specie  di  corona. 

I  Ubilinarii  formavano  un  collegio,  che  s'incaricava  delle  operazioni  attorno  al  cada- 
vere, come  vestirlo,  ungerlo,  cacciarne  le  mosche,  impeiiire  che  i  ladri  ne  rubassero  gli 
arredi,  o  i  creditori  staggissero  il  cad  'vere  per  obbligire  i  parenti  a  pagarne  i  debili, 
e  intanto  'asciarlo  privo  di  sepoltura.  !  vespitlunef!,  servi  de'  libilinarj,  porlavan  poi  via 
il  nìorio,  alla  cheta  se  povero,  e  in  cataletto  {orciniauce  sponda),  con  chiasso  se  ricco  e 
sopra  letto  sontuoso,  col  viso  scoperto  e  imbellettalo  e  profumato,  al  lume  di  torchi  du- 
rante la  notte. 

Un  altro  bassorilievo  recato  dal  Monlfaucon  presenta  un  trasporto.  Il  corpo  nudo  è 
recato  in  ispalla  da  quattro,  un  de' quali  ha  un  bastone  finito  in  T.  Segue  un  nudo  ccl 
dito  sulla  bocca;  un  altro  colla  lancia  di  cacciatore;  uno  con  due  cani  al  guinzaglio; 
poi  un  cavallo  carico  d'arredi,  forse  da  caccia;  indi  uno  che  piange;  infine  un  carretto 
che  sostiene  un  giovane  addoloralo,  il  morto  |)rocede  co'  piedi  avanti:  tre  donne  scar- 
pigliaie  lo  piangono.  In  lontananza  il  cadavere  è  già  sul  rogo,  e  una  donna  si  trafigge 
eoi  pugnale. 

Papprima  i  Romaoi  sepellivaoo  i  cadaveri,  poi  gli  abbruciarono;  ma  l'uso  non  fu  go> 


152  ARCHEOLOGIA   E   BELLE    ARTI 

nerale.  Le  XH  Tavole  proibivano  di  ardere  e  di  sepellire  i  cadaveri  in  città;  segno  che 
l'un  e  l'altro  facevasi.  Vietano  pure  d'ahhellire  il  rogo:  fìoguin  ascia  ne  poleiiu.  lo  città 
erano  però  bruciati  gl'imperatori  e  le  Vesiali.  Il  dittatore  Siila  fu  il  primo  di  casa  Corne- 
lia che  fosse  bruciato,  giacché  questa  famiglia  non  l'usava.  M.  Varrone,  tanto  dotto 
quanto  religioso,  ordinò  d'esser  sepolto  in  vaso  di  creta  (fictilibus  doliis,  Plinio,  Hist. 
nat.  XXXV.  e.  40)  sopra  foglie  di  mirto,  d'ulivo,  di  pioppo. 

Negli  ultimi  teuìpi  della  repubblica  tornò  l'uso  di  sepellir  il  cadavere;  il  che  sempre 
erasi  conservato  pe'  bambini  che  non  aveaoo  ancor  messo  i  denti,  pei  colpiti  dal  fulmine, 
e  pei  suicidi.  Sarcofagi  trovaronsi  nel  sepolcro  di  Cajo  Cesilo  e  di  Cecilia  Metella;  altri 
ne'  colombarj.  11  codice  Teodosiano  vietò  di  ardere  i  cadaveri. 

Tibullo,  Eleg.  3.  lib.  ii,  così  dipinge  o  desidera  i  proprj  funerali: 

Ergo  cum  tenuem  fuero  mutatus  in  umbram, 

Candidaque  ossa  super  nigra  favilla  teget, 
Ante  ineum  veniat,  longos  incompta  capillos, 

Et  fleat  ante  raeum  moesta  Nesera  rogum. 
Sed  veniat  cara;  matris  comitata  dolore: 

Moereat  haec  genero,  moereat  illa  viro. 
Prsefatae  ante  meos  manes,  animamque  precatae 

Perfusajque  pias  ante  liquore  manus. 
Pars  quae  sola  mei  superabit  corporis,  ossa 

Incinctse  nigra  candida  veste  legant. 
Et  primum  annoso  spargant  collecla  Ij'seo, 

Mox  eliam  niveo  fondere  lacle  parent; 
Post  haec  carbaseis  humorem  lollere  velis, 

Atque  io  marmorea  ponere  sicca  domo. 
Ulne,  quas  mittit  dives  Pancbaia  merces, 

Eoique  Arabes,  pingtiis  et  Assyria, 
Et  nostri  memores  lacrymae  fundantur  eodem. 

Sic  ego  componi,  versus  in  ossa,  velim. 
Sed  tristem  mortis  demonstret  litera  causam, 

Atque  haec  in  celebri  Carmine  fronte  notet: 
— Lydgamus  hic  situs  est:  dolor  buie  et  cura  Neaerae 

Conjugis  ereptae,  causa  perire  fuit. 

Nelle  tombe  si  metteano  anche  capelli;  onde  Properzio,  Eleg.  17.  lib.  i  : 

llle  meo  caros  donassel  funere  crines, 
Molliler  et  tenera  poneret  ossa  rosa  ; 

e  Stazio,  Sylv.  v  : 

Exere  semirutos  subito  de  pulvere  vultus 
Partbenope,  crinemque  afflata  mente  sepulti 
Pone  super  tumulum. 

Che  le  lacrime  de' dolenti  si  raccogliessero  in  vasetti,  i  quali  depnneansi  nel  sepolcro 
stesso,  è  opinione  di  alquanti  eruditi,  non  sostenuta  da  verun  fatto  (Chiffi.ezio,  Lacri- 
incB  prisco  rifu  fusa),  e  sembra  che  i  vasi  chiamati  lacrimatorj  contenessero  balsami. 

Quest'iscrizione,  letta  da  Fitisco  sopra  un'urna  cineraria  a  Salerno,  attesta  l'uso  di 
metter-lucerne  ardenti  ne'  sepolcri  : 

IIAVE  SEPTIMA.  SIT  TlBl 
TERRA   LEVIS.   QVISQVE 
UVIC  TVMVLO  POSVIT 
ARDENTE»!  LVCERNAM 
ILLIVS  CINERES  AVREA 
TERRA  TEGAT. 

Alcune  lucerne  chiamaronsi  perpetue  per  l'opinione  popolare  che  ardessero  inestin- 
guibili ne'  sepolcri  (Fortumo  Liceto,  De  lucernis  antiqui^  reconditis,  Udine  1(5^5)  ;  opi- 


SEPOLCRI    ROMANI 


453 


Dione  che  la  fisica  mostra  assurda,  malgrado  che  scienziati,  come  l'Aldrovandi,  asseris- 
sero averle  vedute  spegnersi  all'aprire  delle  tombe,  e  mandar  ancora  fumo.  Nel  xv  se- 
colo molto  si  indagò  qual  olio  sarebbe  capace  di  simile  portento  ;  e  Liceto  cita  Pausania, 
il  quale  vide  nel  Icuipio  di  Minerva  ad  Atene  una  lampada,  che  bruciava  un  anno  senz'es- 
sere alimentata.  .Ma  Ottavio  Terrario  (De  ret'estiaria:  de  veter,  lucern.  sfepulcr.)  fin  d'al- 
lora confutava  queste  favole;  e  dell'esser  vedute  ardenti  dava  per  ragione  i  fosfori,  che 
esposti  all'aria  sfavillano.  L'uso  di  metter  del  fuoco  nelle  sepoliure  è  attestato  recente- 
mente da  sepolcri  etruschi:  in  uno  fu  trovato  un  braciere,  ora  posto  nel  museo  Grego- 
riano colle  sue  molle,  pieno  di  carbone;  in  un  altro  a  Cervelri  v'avea  pure  carbone  e 
legni  abbronzati,  che  mostrano  essere  stati  accesi  finché  non  mancò  l'aria  (Bull,  di 
corrìsp.  1839,  p.  18). 

Anche  nelle  tombe  romane  si  riponeano  arredi,  vasi,  armi,  giocatoli.  A  Ischia  c'era 
un  vaso  pieno  d'ova.  Il  1551  fu  trovato,  nel  cimitero  del  Vaticano,  l'urna  di  Maria  fi- 
glia di  Stdicone  e  moglie  d'Onorio  imperatore:  il  cadavere  della  fanciulla  giaceva  in 
splendida  tela  d'oro,  con  molti  utensili  da  tavoletta  entro  una  scatola  d'argento,  e 
ricchi  secondo  il  suo  grado;  poi  parecchie  bambole  d'avorio.  Di  queste  Irovaronsi  altre 
in  altre  tombe,  o  campanelli,  e  mascherine,  ed  altri  balocchi. 

Ben  raro  si  trova  un  sepolcro  importante  ancora  intatto.  Già  li  violavano  i  ladri,  ma 
più  dopo  che,  aboliti  i  riti  gentileschi,  cessò  ogni  idea  di  profanazione.  Nelle  Varie  di 
Cassiodoro  (iv.  3i)  è  anzi  raccomandato  di  ritoglier  dalla  terra  i  metalli  preziosi,  quia 
et  nobis  in  fossa  perenni,  et  illis  in  nulla  parte  profutura  locantur. 

Talora  le  tombe  imitano  l'altare  o  il  rogo:  ma  la  forma  predominante  in  Grecia  e  in 
Italia  è  quella  di  urne  di  pietra,  a  somiglianza  di  cataletti.  Distinguevano  Vonsuario, 
vaso  da  racchiuder  le  ossa  racculte  dal  rogo  ;  e  il  sarcofago,  di  cui  Plinio  trae  il  nome 
da  usarsi  d'una  pietra  della  Troade,  di  qualità  caustica,  che  consumava  presto  le  carni. 

1  sarcofagi  romani,  quadrangolari,  talvolta  sono  a  piìi  riparti  in  lunghezza  per  col- 
locarvi i  parenti.  In  alcuni  si  trovano  tele  d'amianto,  che  doveano  aver  servito  a  bru- 
ciare il  cadavere. 

I  Romani  con  maggior  lusso  de' Greci  costruirono  i  sepolcri  ;  li  faceano  fuor  di  città 
e  sulla  strada  pubblica,  quo  prcetereunles  admoneant  et  se  fuisse,  et  illos  esse  mortales 
(Varkoxe,  De  lin'j.  lat.  vi),  e  molti  ne  restano  sulla  via  Appia.  Internamente  erano 
camere  quadrilatere  o  rotonde,  e  talora  a  più  scomparti,  ornate  di  stucchi  e  con  pavi- 
menti a  musaico,  dove  collocavansi  urne,  sarcofagi,  vasi.  Bartoli  e  Bellori  descrissero 
quello  dei  Nasoni  sulla  via  Flaminia,  sopra  terra.  Talvolta  presero  la  forma  di  piramide, 
come  quella  di  Cajo  Cestio;  o  di  tempio,  o  di  semplice  abitazione.  Merita  ricordo  anche 
quello  della  famiglia  Planzia,  poco  lungi  da  Tivoli.  Il  mausoleo  d'Augusto  consisteva 
in  sovrapposti  terrazzi  restringentisi,  ornati  d'alberi,  e  in  cima  la  statua  dell'impera- 
tore e  l'urna  cineraria  di  lui  e  della  sua  famiglia.  Sepolcro  dovette  esser  pure  quel  che 
dicesi  tempio  della  Tosse.  Mausoleo  di  Adriano  era  quel  vastissimo  edifizio  che  è  ora 
Castel  Sant'Angelo,  tutto  a  colonnati  sovrapposti  e  a  statue  ;  ottanta  delle  sue  colonne 
furono  adoprate  alla  basilica  di  San  Paolo. 

II  Settizonio  di  Alessandro  Severo,  sulla  via  Appia,  sorgeva  a  sette  piani  sopra  base 
quadrata;  ma  non  resta  vestigio.  Ben  rimane  la  tomba  di  Cecilia  Metella,  moglie  di 
Crasso;  torre  rotonda  sovra  uno  stilobate  quadrato,  adorna  di  bucrani,  e  in  cui  era  il 
bellissimo  sarcofago,  trasportalo  poi  nel  palazzo  Farnese. 

1  sepolcri  comuni  spes- 
so son  una  camera  a  vol- 
ta, con  nicchie  dove  ri- 
porre le  varie  urne  con- 
lenenti le  ceneri  ;  e  la 
disposizione  di  quei  lo- 
culi somigliando  a  un  co- 
lombajo,  ne  venne  il  ti- 
tolo di  columbarium.  Dia- 
mo la  pianta  e  la  sezione 
di  uno  scoperto  nella  vil- 
la Boria  Parafili  presso 
Roma  ; 


ÌU 


ARCHEOLOGIA.   E   BELLE   ARTI 


Ogni  loculo  di  esso  è  ornato  di  pitture  gentilissime  a  fresco,  figuranti  per  lo  più 
animali  ;  e  all'ingressa  del  culombiirio  è  un'oscena  rappresentazione,  che  hasla  a  smen- 
tire quegli  archeologi,  i  quali  asseriscono  non  porre  mai  gli  antichi  lubricità  ne'  luoghi 
morluarj. 

Quest'altro  fu  trovato  nel  1822,  due  miglia  fuor  di  porta  Pia,  colla  iscrizione:  l. 

ABVCIVS   HERMES  IN  HOC  ORDINE  AB  IMO  AD  SVMMVM    COl.VMBAhlA   IX  OLLAE  XVlll  Sibl  POSfE- 

RisQVE  SMS.   Di   fuori  vi   corrisponde 


per  lo  più  una  torre.  Altre  fiate  sono 
coni  sopra  una  base  circolare,  o  hanno 
forma  f|uadrangola,  che  talvolta  si  ri- 
solve in  piramide. 

Nel  colombario  della  famiglia  Pom- 
ppjn,  le  nicchie  sono  in  cinque  ordmij 
e  tra  uno  e  l'altro  gli  epitafj:  la  camera, 
è  ornala  di  cariatidi  e  alianti.  Famoso 
è  il  colombario  dei  servi  di  Livia  Aur 
gusta,  scoperto  sulla  via  Appia  nel  1726, 
e  illustrato  dal  Cori. 

Sovente  i  sepolcri   poneansi  in   uà 
giardino,  per  l'associazione  che  sempre 
ebbe  luogo  de' fiori  colle  tombe.  Sono  particolari   quelle  di  Palmira,  torri   quadrate 

con  balconi,  dove  i  sepolti  erano  figurati  supini. 
Vicino  alle  tonibe  di  Pompej  trovasi  un  tricli- 
nio pel  banchetto  funerale.  Ivi  i  sepolcri  consir 
stono  in  un  lilastro  basso,  con  una  gola  e  gli  or- 
Diimenti  del  cuscino  jonico.  Mezze  colonne,  fron- 
toni di  tempj,  antefisse  vi  si  trovano  comunissime 
per  ornamento  a  tf  rabe  e  a  cippi.  S  ipra  di  uno 
è  questo  bassorilievo,  sicché  cade  l'asserzione  di 
Lessing  che  gli  antichi  non  rappresentasserp 
scheletri.  Nel  museo  Borbonico  è  a  musaico  uno 
scheletro,  che  tiene  un  boccale  per  ciascuna  ma- 
no, e  forse  facea  pavimento  ad  un  triclinio. 
Appartiene  ai  funerali  romani  la  solennità  del- 


l'apoteosi, di  cui  parliamo  più  avanti. 


91.  —  Sepolcri  dì  varj  altri  popoli. 


Fra  gli  Ebrei  gran  pianti  alzavansi  intorno  al  morto;  la  persona  del  suo  sesso  a  lui 
più  cara  chiudevagli  gli  occhi  ;  e  altre  pur  del  suo  sesso  il  lavavano  e  profumavano,  e 
coprivangli  la  testa  d'un  sudario,  e  il  corpo  di  fasce  profumate.  Così  collocavasi  in 
barra  scoperta  o  s'un  letto,  per  molte  ore  esposto  alle  visite  dei  parenti  e  amici  Dappoi 
sul  feretro  era  portato  a  spalle  alla  sepoltura  fra  canti  funebri  e  fiauli,  e  trenodie  delle 
piangenti,  e  talora  versi  d'improvisatori  ;  non  mancando  chi  stracciavasi  gli  abili  e  i 
capelli,  e  cospergevasi  di  cenere.  Dipoi  si  offriva  il  banchetto  col  pane  del  dolore  e  la 
tazza  della  consolazione.  Il  lutto  stretto  continiiavasi  selle  giorni,  durante  i  quali  sta- 
vano seduti  |)er  terra,  senza  lavarsi  né  ungersi  né  pettinarsi,  in  veste  grossolana  e 
bruna,  simile  a  sacco. 

1  cadaveri  non  si  bruciavano,  ma  sepellivansi  nelle  ca^e  dell' etemi'à.,  comuni  pel 
vulgo;  le  persone  di  (pialità  n'aveano  di  distinte,  scarpellatf  nel  sasso.  Il  Talmud  pre- 
scrive le  regole  per  ciò;  sei  cubiti  di  largo,  con  un  vestibolo  avanli,  ove  deporre  il 
morto  per  recitargli  le  preghiere  rituali.  Le  tombe  dei  re  erano  in  città,  'sul  monte  di 
Sion.  Pausania  e  Giuseppe  Ebreo  descrivono  ricchi  sepolcri  con  piramidi  e  colonne. 

Fra' Per.Mani  era  vietato  sepellire,  ardere  o  metter  in  acqua  i  cadaveri,  per  nou 
contaminare  il  fuoco,  l'ac,]ua,  la  terra,-  ma  deponeansi  in  campagne,  preda  agli  augelli. 
J  pianti,  l'esposizione  del  cadavere,  i  coaviii  funerali  usavano  pure  tra  Igro  ;  alU  i^orte 


MONUMENTI   ONOniFICl  Ib^ 

del  re  spegnensi  il  fuoco  sacro  de'tempj  e  per  cinque  giorni  non  si  rendeva  giustizia. 
Semhm  che  pei  re  si  facesse  eccezione,  e  venisser  deposti  in  sassi  scavali. 

i  (ìalli  sepeiiivano  i  morti  senz'altro  apparecchio,  sollevandovi  sopra  un  cumulo  di 
terra;  più  turdi  li  protessero  con  la^tro^i  rozzi;  e  infine  ridusser  la  loniha  a  una  ca- 
mera, ove  deponessi  tutta  la  fumi^^lia.  Conquistati  dai  liomani,  adottarono  gli  usi  di 
questi.  .Secondo  Cesare,  ne' funerali  hruciavansi  cani  e  schiavi,  e  nella  tomha  nietteansi 
oggetti  cari  al  morto  N-^i  loro  sepolcri  in  Plancia,  falli  di  cinque  o  sei  pietre  rozze, 
disposte  a  rao'di  cassa,  Irovaronsi  spesso  ascie  di  pietra  dura  sotto  la  testa  de'  cadaveri 
0  Treccie  d'osso  o  di  C/rno  di  cervo,  e  punte  di  lancie.  Montfaucon  dice  vi  si  trovano 
pure  figurine  di  terra  colta. 

I  funerali  de' Germani,  secondo  Tacito,  erano  semplici  ;  si  bruciava  il  cadavere  colla 
sua  armadura  e  il  cavallo  di  battaglia  :  per  le  persone  riguardevoli  si  usava  un  .legno 
particolare;  e  la  tomba  era  un  tumulo  di  terra  erbosa. 

II  russo  Schumacher  dice  che,  in  tombe  scuperte  nel  ]8^\  nel  paese  de' Calmuchi 
fra  la  Siberia  e  il  mar  Caspio,  trovaronsi  ogni  sorta  ornamenti  e  utensili,  scuri,  coltelli, 
vasi,  urne,  lampade,  anelli,  figurine  di  bronzo,  d'oro,  d'argento. 

jg   92.  —  Monumenti  onorifici,   colonne,  archi. 

Per  onorare  qualche  persona,  le  si  ponevano  ora  iscrizioni  ora  statue,  talvolta  sotto 
un  tetto  sostenuto  da  statue,  talallra  in  nicchie,  più  spesso  sovra  stilobati.  Ne  occorrono 
frequenti  esempj. 

Servivano  all'uopo  stesso  le  torri,  e  Vitruvio  descrisse  l'ottagona  dei  Venti,  alzata  in 
Atene  duU'architeilo  Andronico  Ciresle,  portante  su  ciascuna  delle  faccie  la  figura  di 
un  vento  in  bassorilievo,  e  in  cima  un  tritone  di  bronzo,  che  girando,  colla  verga  in- 
dicava qual  vento  spirasse. 

Questi  son  i  nomi  di  que'venti,  coi  latini  che  soli  dà  Vitruvio,  e  coi  modem}: 


BOPEAS 

septentrio 

nord 

KAIKIAS 

aqiiilo 

nord-est 

A*HAiaTHS 

solanus 

est 

EVP02 

eurus 

sud -est 

Noros 

auster 

sud 

MW 

africus 

sud-ovest 

Z\-:<t>YP02 

favo  ni  US 

ovest 

EKIFON 

caurus 

nord-ovest 

Nell'antico  gnomone,  o  piuttosto  orologio  dodecagono  del  museo  Vaticano  i  nomi  greci 

sono  xTtitpzTtx;,  /3o/jéa5,  '/.xiy.ix;,  aon/tcoT«;,   e-jpo;,    eupovoTo;,    voto;,    lifiono-uxo;,    )''^, 

^s^upo,-,  lant^,  o)-junrx;;  cioè  variano  i  nomi  di  30  in  30  gradi,  a  cui  corrispondono 
i  latini  s'ptentrio,  aquila,  vulturnus,  solanus,  eurus,  euro-notus,  auster,  austro-africus, 
africus,  favonius,  corus,  circius. 

Un  monumento  di  simil  genere  vedesi  a  Saint-Rémy  in  Provenza,  torre  quadrata  al 
piede,  con  bassorilievo  e  parole  iiffallo  guaste,  sormontala  da  un  tempietto  quadrifronte 
a  colonne  corintie,  sovra  cui  un  fregio  di  grifoni,  poi  una  lanterna  rotonda  pur  a  colonne 
corintie,  in  cui  dovean  essere  statue  (Spon,  Eecberche^  curinises). 

È  nolo  come  questo  modo  d'onoranza  sia  frequente  nella  Cina.  La  g/an  torre  di 
porcellana  di  Nanking,  che  diamo  figurala  nella  pag.  seg.  è  un  ottagono  di  40  piedi  di 
diametro  e  2il0  altezza,  composto  di  nove  piani  con  altrettante  gallerie  esteriori  coperte 
di  te.'"li  verniciati. 

Genere  insigne  d'onoranza  erano  le  colonne,  e  massime  le  coeliti.  Gli  esempj  piìi  note- 
vdi  SODO  le  due  coeliti  di  Trajano  e  d'Antonino  a  Roma.  Vuoisi  che  tal  uso  comin- 
ciasse solo  nella  decadenza  dell'Impero:  ma  altri  ne  cercano  in  Grecia,  e  sostengono  che 
la  famosa  colonna  d'Alessandria  fosse  eretta  al  tempo  della  fondazione  di  questa  città  e 
in  onore  di  esso  fondatore  (Fuidehici  Osanni,  De  colurima  Ale  andr.,  nelle  Memorie  del- 
rist.  areheol.).  Il  fusto  di  questa  è  un  sol  pezzo  di  granito,  alto  3U  metri,  del  diametro 
(li  3,  e  forse  ai  tempi  di  piocjeziapo  fu  |)osta  sopra  uua  base  élracafipa  di  modatìaturo, 


IS6 


ARCDEOLOGIA  E  BELLE  ARTI 


La  Trajana  è  dorica  alta  44  metri, 
quanto  era  alto  il  colle  Quirinale  che 
si  spianò  per  far  quella  piazza.  È 
di  32  rocchi  di  marmo  bianco,  con- 
nessi con  arpioni  di  bronzo:  ha 
alla  base  il  diametro  di  metri  3.63, 
e  di  3. 50  alla  sommità.  Vi  si  ascende 
per  172  scalini  ricavati  nel  sasso, 
lunghi  m.  0.  80,  e  rischiarati  da  42 
finestruole.  Un  bassorilievo  la  cir- 
cuisce a  spira  23  volle,  sul  quale 
numerarono  2500  figure  alte  0.  60, 
che  ingrandiscono  salendo  e  che 
rappresentano  le  due  spedizioni  di 
Trajano.  Il  piedestallo  è  a  trofei, 
aquile  ed  altri  fregi. 

Le  colonne  rostrate  poneansi  ad 
ornamento  dei  fòri,  e  vi  si  appli- 
cavano i  rostri  delle  navi  nemiche, 
a  imitazione  di  quella  eretta  a 
Duilio,  che  ancor  rimane  in  Cam- 
pidoglio e  che  qui  sotto  diamo  fi- 
gurata : 

I  moderni  imitarono  anche  que- 
sti monumenti,  vuoi  per  ricordo, 
vuoi  per  onore;  e  non  v'ha  quasi 
città  che  non  ne  abbia  alcuna. 
Delle  principali  diamo  qui  i  para- 
goni: 


Torre  di  Nanking. 

diametro  altezza 

inferiore.  totale. 

Colonna    dell'incendio  a  Londra    .    metri     4.  57  61.  61 

di  Napoleone  a  Boulogne        .     .     4.  15  53.  60 

Alessandrina  a  Pietroburgo      .     .     3.  43  47.  — 

Antonina  a  Roma 5.  57  44.  82 

d'Austerlitz  a  Parigi      ....     3.  67  44.  17 

Trajana  a  Roma        3.  63  43.  70 

Federale  a  Londra 3.53  41.25 

di  Luglio  a  l*arigi 5.  60  50.  — 

de' Medici  a  Firenze       .     .     .     .     2.  92  52.  48 

di  Napoleone  in  Corsica    .     .       .     2.  45  32.  48 

della  lìarriera  del  Trono  a  Parigi  .     2.  29  30.  53 

di  Pompeo  in  Egitto      .     .     .     .    2.  05  28.  75 
Quella  dell'Immacolata  che  di  fresco  si  collocò  a  Roma,  ha 

il  piedestallo alto  metri  9. 

lo  scapo H.  84 

il  capitello 2.  12 

la  statua 5. 

in  totale .  27.  26 

diametro  inferiore  della  colonna      ...  1.442 


ARCHI  d'onorf: 


1S7 


La  passione  dei  Romnni  per  gli  archi  li  fece  adottare  anche  a  semplice  effetto  d'ono- 
ranza. Quelli  di  Giano  antichi  non  servivano  che  a  coprire  i  negozianti  in  mezzo  al  fòro, 
e  resta  a  Uoma  il  G  ano  quadrifronte,  con  un  arco  per  ciascuna  faccia.  Senihra  a  consi- 
derar tale  anche  l'arco  di  Poinpoj.  Degli  archi  d'onore  iilcuni  hanno  una  porta  sola, 
come  quei  di  Tito  a  Koma,  di  Tnijano  ad  Ancona;  alcuni  due,  come  quello  di  Nerone- 
0  tre,  un;i  più  am|iia  nel  mezzo,  come  quei  di  Settimio  Severo  e  di  Costantino.  Credesi 
il  più  antico  quel  di  Hinìini,  che  tutti  eccede  per  vasta  apertura  della  porta.  Quello  di 
"Susa  di  mirabile  semplicità,  costruito  sotto  Augusto  il  18  av.  Cristo,  è  ottimamente 
conservato.  L'arco  di 
Trajano  suddetto,  al- 
l'entrata del  molo,  è 
adorno  di  quattro  co- 
lonne d'ordine  corin- 
tio. Altri  se  ne  vedono 
a  Carpenlras ,  a  Ca- 
vaillon  ,  a  Saint  Ré- 
my  ,  ad  Grange  ,  a 
Reims,  altrove.  Que- 
sto di  Fola  d'Istria  è 
forse  funehre  per  la 
famiglia  Sergio,  e  la 
hellezza  degli  orna- 
menti il  fa  riportare 
all'età  d'.Augusto.  Che 
archi  si  ergessero  al- 
tresì per  private  se- 
polture ,  lo  accerta 
quello  doppio  che  a 
Verona  aveva  fatto  Lu- 
cio Vitruvio  Cardone, 
e  che  serviva  per  porta 
di  città  (dei  l'òrsari). 
Anche  i  Cinesi  co 
slruiscono  archi  di 
trionfo,  Pai  Leon.  I 
moderni  Europei  ne 
eressero  molli,  prin- 
cipalmente a  Parigi  e 
a  Milano,  dov'è  insi- 
gne l'arco  della  Pace. 

L.  RossiNr,  Sugli  archi  trionfali  onorar j  e  funebri  degli  antichi  Romani,  sparsi  per  tutta  Italia. 
Roma  4736. 

Confronto  degli  archi  a  tre  porte. 


Larghezza  totale  della  fronte metri 

Altezza  totale  dell'arco » 

Diametro  delle  colonne  .......  » 

Altezza        —  » 

Larghezza  della  porta  di  mezzo » 

—  delle  laterali » 

Altezza  della  porta  di  mezzo » 

—  delle  laterali » 


di  Settimio 

di  Costan- 

della Pa 

Severo 

tino 

23.21 

24.70 

23.65 

20.43 

20.39 

24.35 

0.87 

0.87 

1.27 

0.80 

8.72 

12.65 

6.7G 

8.53 

713 

2.98 

3.39 

3.11 

11.65 

11. G4 

14,23 

7.24 

7.62 

8.67 

m 


ARCHEOLOGIA   E   BELLE    ARTI 


CAPÒ  TERZO 

DELLA    SCULTURA 


§  93.  —  materiati  della  Scultura. 

Sopra  ninterie  molli  dovette  fare  i  primi  esercizj  l'nrte  plastica,  che  così  avvicinavasi 
a  quella  del  vasajo.  il  fatto  ci  si  adonibra  nella  favola  di  Prometeo.  Adopravano  a  Ciò 
la  creta,  il  gesso  e  lo  stucco;  e  l'ignobilità  della  materia  rilevavasi  coi  colori.  Gli  Dei  di 
creta  (Dii  fìctiles)  erano  comuni  nei  primi  tempi  di  Homa. 

La  plastica  madre  delle  altre  arti  figurative,  dopo  ch'esse  crebbero,  preparò  a  loro 
modelli  e  forme.  Seppero  gli  antichi  modellare  parti  del  corpo,  e  pillare  statue,  la 
alcune  più  grandi,  investivasi  di  creta  nno  scheletro  di  legno,  e  poi  si  finiva  col  dito  e 
cnll'un^hia.  Dei  vasi  comuni  faceansi  i  piij  collo  stampo:  ma  a  mano  libera  dovettero 
eseguirsi  i  fastigi  de'tempj  dell'Italia  antica,  e  i  bassorilievi  d'alcuni  antichi  vasi. 

In  terra  cotta  ci  furono  conservati  ojolti  pezzi  arcaici  unici,  antefisse,  teste,  figurine 
di  stile  jeratico.  Anche  più  tardi ,  le  plastiche  di  creta  sono  preziose,  perchè  opera  dei 
maestri  stessi,  talché  Winckelmann  pronunzia  che  «  non  trovasi  mai  nulla  di  cattivo  in 
questa  specie  di  lavori  ». 

Abbiamo  bassorilievi  greci  e  romani  di  stucco,  come  a  Baja  e  nelle  grotte  di  Roma: 
altri  dalle  tombe  di  Pozzuoli  sono  di  calce  con  pozzolana.  Credesi  pasta  di  marmo  la 
famosa  Tavola  Iliaca,  trovata  presso  Boville,  e  giudicata  del  principio  dell'Impero,  che 
ora  è  nel  muspo  Capitohno;  e  così  altre,  le  quali  si  opina  servissero  nelle  scuole  per 
ispiegar  il  significalo  dei  poemi. 

I  figulini  servivansi  di  forme  per  oggetti 
ornamentali  e  di  frequente  uso:  e  Seroux 
d'Agincourt  diede  queste  tre  forme  di  pie- 
tre di  cui  una  dovea  servire  per  anlefis>e, 
le  altre  per  cuori  e  gambe  da  sospendere 
come  ex-voto  nei  tempj. 

Ma  le  materie  più  accreditate  furono 
sempre  le  pietre,  il  marmo  ed  i  metalli.  I 
marmi  preferiti  erano  pei  Greci  quel  di 
Paro  e  del  monte  Pentelico ,  pei  Romani 
quello  di  Luni.  Il  basalte  e  il  porfido  do- 
vevano essere  penosissimi  a  lavorare.  Si 
operava  pure  in  tufi. 

Il  marmo  delle  cave  di  T.uni,  se  non  per  durezza,  per  candore  almeno  ha  superato  i  più 
belli  dell'Egitto  e  della  Grecia,  senza  eccettuarne  lo  stesso  marino  parlo,  siccome 
attesta  Plinio.  Ma  sebbene  queste  cave  fossero  delt'Etruria ,  nessun  etrusco  lavoro 
troviamo  fatto  di  tal  marmo;  dal  che  si  può  probabilmente  inferire  che  ignoto  fosse 
agli  artisti  etruschi.  Abbiamo  pure  di  ciò  un  argomento  nel  medesimo  naturalista,  che 
la  sua  storia  scrivea  verso  la  metà  del  primo  secolo  cristiano. 

Parlando  egli  del  marmo  lunese  lo  dice  poc'anzi  (riuppr)  scoperto.  Vero  è  che  quel 
poc'anzi  non  deve  prendersi  nel  più  stretto  senso,  poiché  n.ina  altrove  che,  ai  tempi 
di  Giulio  Cesare,  Mamurra  cavalier  romano  avea  ornala  la  propria  casa  di  colonne  di 
marmo  caristico  ossia  lunese,  dando  di  ciò  il  primo  esempio  a'  suoi  concilladini. 


SCULTURA  45)9 

Appare  pertanto  che  poco  prima  dell'era  cristiana  si  cominciò  a  far  uso  del  marmo 
di  Carrara;  il  che  può  giovare  assai  a  determinare  l'antichità  delle  statue  in  esso 
scol|)ile. 
Nei  letnpi  della  Repuhhlica  nessun  uso  se  ne  sarà  dunque  fatto  :  ma  poi,  per  la  vicinanza 
delle  cave  e  per  la  facilità  del  tras|)orlo,  la  maggior  parte  delle  opere  di  lioma  più 
grandiose,  come  ci  assicura  Straltone,  furono  in  esso  eseguito.  Frima  che  fosse 
trasportato  in  Roma  con  tanti  altri  marmi  forestieri  ed  anche  in  seguito,  sebbene  per 
gli  usi  comuni,  adopraronsi  altri  marmi  somminisiruli  dalle  vicine  contrade,  come  il 
gabinio,  l'albano  e  il  liliurlino.  Il  gabinio  fu  così  detto  dai  Cabj,  popolo  presso  Preneste, 
ora  l'aleslrina,  dove  n'era  la  cava:  e  siccome  reggeva  al  fuoco,  si  continuava  eziandio 
anche  ai  tempi  dello  storico  Tacito  ad  alzare  con  esso  le  fabbriche  sino  ad  una  certa 
altezza  senza  valersi  di  travi.  Lo  stesso  uso  facevasi  della  pietra  albana,  così  detta  dal 
luogo  ove  Iraevasi  ;  erano  amendue  probabilmente  di  origine  vulcanica.  Svetonio 
pnria  di  cobmne  fatte  di  questo  sasso;  e  Vitruvio  avverte  che  facilissimo  è  a  lavorarsi. 
In  luogo  difeso  non  si  guasta:  ma  allo  scoperto  si  sfarina  e  consuma.  Il  tiburlino 
veniva  dalle  vicinanze  di  Tivoli;  e  un  sito  ancor  più  S[)ecilìco  delle  latomie  di  esso, 
siccome  pure  del  summentovato  gabinio,  e  di  certa  pietra  rossa,  ci  vien  additato  da 
Strabone,  il  quale,  descritta  la  celebre  cataratta  dell'Aniene,  ossia  del  Teverone,  sog- 
giunge: «  Quindi  se  ne  scorre  questo  fiume  luogo  quei  luoghi  ove  tagliasi  la  pietra 
«  tiburtina  e  la  gabinia,  siccome  quella  pure  che  dicesi  rossa,  acciocché  dalle  latomie 
«  si  possa  agevoluiente  per  mezzo  delle  navi  trasportare  a  Koma,  dove  un  uso  grande 
«  se  ne  fa  nelle  fabbriche  «.  Una  tale  navigazione  sull'Aniene  essendo  col  tempo 
mancata,  il  trasporto  del  liburtino  a  Roma  fassi  per  terra.  I  tentativi  che  Agostino  Steuco 
da  Gubbio  dice  essere  slati  fatti  da  papa  Paolo  111  per  rimettervela,  non  hanno  corri- 
sposto all'aspettazione.  «  Se  questa  specie  di  marmo  rej-'ge  al  sovrapposto  peso  o  alle 
«  ingiurie  dei  ten:pi  (segue  d  citalo  Vitruvio),  esso  nondimeno  è  soggetlo  all'azione 
«  del  fuoco,  per  cui  facilmente  si  screpola  e  si  discioglie  ».  Hiuscendo  perciò  il  libur- 
tino  assai  atto  a  calcinarsi,  ad  un  tal  uso  si  adopera  oggidì  in  Roma  e  nei  vicini  paesi. 
Nota  all'edizione  mdanese  della  Stona  delle  arti  di  Wi.nckelmann. 

Statue  di  legno,  con  le  sole  estremità  di  marmo,  diceansi  aeroliti.  La  Minerva  di  Fidia 
avea  ;:li  cerbi  di  calcedonio.  Negli  scavi  d'Egiua  si  trovò  un  occhio  d'avorio  lungo 
cinque  pollici;  e  nei  marmi  di  Pumpej  un  f,\biìu  oculakics.  Occhi  metallici  dovea  pure 
avere  il  bellissimo  Apollo  Barberini,  ora  a  Monaco.  Talvolta  a  statue  di  marmo  si  pone- 
vano di  metallo  lelnio,  o  la  tazza,  o  lo  scettro,  od  altri  attributi. 

Dal  modello  si  trasportavano  le  dimensioni  sul  marmo  colla  punteggiatura,  come  da 
noi  ;  e  si  conoscevano  i  varj  stromenli  nostri.  Per  levigare  adoperavasi  la  polvere  d'uno 
schisto  di  iNasso,  o  pomice:  ma  in  alcune  statue  antiche  scorgesi  ancora  il  colpo  dello 
scalpello  e  solo  tardi,  levigandole  con  cera,  vi  si  die  quel  lucente,  ingrato  all'occhio. 

Lasciavansi  puntelli  di  marmo  per  sostenere  le  parli  deboli,  e  si  trovano  ancora  in 
molte  statue.  Talora  teste  e  braccia  lavor.ivansi  a  parte,  per  poi  adattarle  separatamente 
ai  troncbi ,  come  si  vede  nel  gruppo  di  Niobe  alia  galleria  di  Firenze,  e  nella  Pallade 
della  villa  Albani.  Ciò  rende  tanto  più  difficile  il  giudicare  se  moderni  i  restauri. 

Talvolta  più  artisti  lavoravano  insieme,  come  al  Laocoonte  Agesandro  e  i  suoi  figli 
Poi  d  irò  e  Atenodoro  fecero  ciascuno  una  figura.  Meno  credibile  parrà  l'uso  degli 
artisti  più  antichi  di  colorire  le  statue;  ep|iure  si  vede  nelle  sculture  non  solo  di  Perse- 
poli  e  di  Ninive,  ma  in  quelle  de'migbori  tempi  di  Grecia.  Più  tardi  i  Homani  surroga- 
rono il  farle  di  marmi  dillerenti,  e  (in  di  tre  o  quattro  colori.  Sotto  gl'imperatori  ciò 
venne  di  moda,  e  l'usar  pietre  colorate,  massime  [ler  rappresentare  re  o  divinila  fore- 
stiere, e  per  le  parti  riportate,  come  manti,  capelli,  corazze,  in  Vaticano  è  un  lioncino  di 
breccia  color  lionato,  coi  denti  e  le  unghie  di  marmo  bianco,  e  la  lingua  di  rosso  antico. 

ÌGÌNCÒiJi*T,  Bècueil  de  fragments  de  sculpture  anlique  en  terre  cuile. 

Giampietro  CAMPA^A,  Antiche  opere  in  plastica.  Roma  t844. 

Vedi  le  dispute  di  Raout-liothetle,  Hiltorf  e  LoOoniie,  e  il  nostro  ^61. 

Sopra  tulio  ciò  nii-riia  d'esser  consultalo  ADOLFO  Stahh  ,  Torso,  Eunsl,  K'ùnstler  und  Kunttwerke  der 
Alien.  Parijji  18)5.  Considera  gli  avanzi  dell'arie  anlic.n  come  un  torso  the  bisogna  supplire;  discorre 
de'  caaoni  dell'arte,  e  princijpaiaiente  della  greca  in  Gapltoli  iatilolati:    I.  nalura,  paese,  popolo  greco  j 


160  ARCHEOLOGIA    E   BELLE   ARTI 

2.  Dedalo;  o.  Lcfjami  bell'arte  greca  coll'orientale*,  \.  Dae  periodi  principali  della  plastica  greca, 
da  Dedalo  a  Fidia,  da  Fidia  ad  Adriano;  5.  Avanzi  più  antichi  della  scultura  greca;  6  Frontoni 
de'  tempj,  e  loro  ornati  plastici;  7.  Marmi  d'Egina;  8.  Fidia;  9.  Scnllori  del  Partenone;  10.  Colnssi  di 
Montecavallo  ;  11.  Alcmene  ,  e  sculiure  del  tempio  d'Apollo  a  Basse;  42.  Pnlieleto;  13.  Mirooe; 
■14.  Scopa  e  Prassitele;  lo.  Condizione  degli  artisti  nel  mondo  greco;  16.  L'arte  e  la  libertà  ;  -17.  Del 
ritratto;  48.  Colorito  delle  opere  plastiche;  10.  Del  nudo. 
A.\SELMO  Feuerbacd,  Dcr  vaticanische  Apollo,  cine  Reihe  archàologisch-Uslhelischer  Betrachtungen. 
Stuttgard  -1853. 

§  94.  —  Della  fusione. 

Presto  i  Greci  appresero  ad  amalgamare  metalli,  e  dalla  loro  mescolanza  formare 
il  bronzo.  A  Egina  prima,  poi  a  Delo,  e  lungamente  a  Corinto  fiorì  quest'arte,  e  sapeasi 
darvi  il  colore  più  o  men  chiaro  Forse  diilla  differenza  di  composizione  prendevano 
nome  il  bronzo  caldarario,  coronario,  oUario  ,  specularlo,  statuario,  candido,  giallo, 
piropeo,  epatico,  ciprio,  cordubense,  sallustiano,  deliaco,  eginetico;  più  rinomato  era 
l'oricalco.  Per  agevolare  la  fluidità  del  metallo  durante  la  fusione,  e  l'indurimento  dopo 
raffreddo,  vi  si  mescolava  quasi  seuìpre  dello  slagno,  e  talora  zinco  e  piombo.  Pochis- 
simo stagno  trovasi  nei  cavalli  di  Venezia;  ma  mm  par  vero  quel  che  gli  antichi  asse- 
riscono, ohe  i  pezzi  fusi  si  buttassero  nell'acqua  per  renderli  duri. 

Gli  antichi  fondevano  a  pezzi,  mentre  i  moderni  si  danno  il  difficile  vanto  di  gettare 
in  una  forma  sola.  I.a  fusione  faceasi  press'a  poco  come  oggi;  la  statua  si  modellava  di 
cera  i-ovra  un'ao'ma  indurita  al  fuoco,  e  sopra  vi  si  stendeva  una  forma  di  argilla,  in 
cui  lasciavansi  de'  canali  per  cui  fluisse  il  metallo.  Seppero  gli  antichi  ottenere  la  poca 
spessezza  del  metallo,  e  facilitare  tutta  l'operazione,  e  le  parti  fuse  staccate  saldare  be- 
nissimo 0  con  agenti  chimici  o  meccanicamente. 

L'effetto  della  policromia  cercavano  gli  antichi  anche  col  mescolare  materie  diverse, 
e  massime  ne'  metalli.  Già  n'è  un  indizio  nella  descrizione  dello  scudo  d'Achille  :  Plinio 
(xxxiv.  40)  riferisce  che  Aristonide,  nel  farla  statua  d'Àtamante,  si  propose  di  produrre 
il  rossore  della  verecondia  col  mescer  ferro  al  bronzo  (/£.<;,  ferrumque  imscuit,  ut  rubi- 
gine ejus  per  nitorevi  ceris  relucente  expriìnerelar  verecvndìce  rubor):  Plutarco  cita  Si- 
laniochead  una  Giocasta  diede  apparenza  gracile  e  pallida,  introducendovi  dell'argento. 

Gli  Asiatici  più  che  i  Greci  amavano  le  statue  d'oro  e  d'argento;  e  la  scuola  diSamo 
le  sapea  sbalzare.  Doravansi  quelle  di  bronzo,  prima  che  s'imparasse  a  darvi  un  bel  co- 
lore. Gli  artisti  antichi  distingtievano  certe  parli  nude  coll'argentarle  o  dorarle,  il  che 
faceasi  pure  con  siatue  di  marmo.  Dorali  erano  il  Marc'Aurelio  equestre  di  Roma,  i  ca- 
valli di  Venezia,  la  capellatura  della  Venere  medicea  di  marmo. 

Gli  Egiziani  talvolta  rappresentarono  figure  sul  bronzo  con  una  incrostazione  lineare 
d'oro  e  d'argento,  d'un  elTetto  somigliante  ai  nielli.  Fra  i  monumenti  etruschi  occor- 
rono statuine  di  bronzo  isolate,  più  squisite,  franche  e  originali,  che  non  quelle  che 
servono  di  accessorio  a  ciste,  candelabri,  patere. 

Alcune  statue  di  ferro  si  conoscono,  ma  non  si  vede  che  gli  antichi  lo  sapessero  fon- 
dere. Di  piombo  avanzano  molti  pezzi,  massimamente  tessere  per  pubblici  giuochi  e  per 
la  distribuzione  dei  grani,  o  etichette,  o  bolle,  o  sigilli.  Una  statua  di  Mamurio  di  piombo 
era  a  Roma. 

Nei  bronzi  antichi  è  parte  interessantissima  la  patina  (ios,  cerugo),  che  giova  a  pale- 
sare le  contraffazioni  mo;ierne;ed  è  quell'ossidazione  verdiccia  che  col  tempo  prende  il 
metallo.  Le  antiche  hanno  un  verde  lucido  o  smeraldino,  duro  e  compatto,  e  che  si 
scheggia  in  frammenti  solidi:  pure  anche  la  chimica  e  la  docimastica  più  accorte  furono 
ingannate  da  contrall'altori.  Di  rimpallo  alcuni  bronzi  propriamente  antichi  non  hanno 
patina,  e  quei  che  si  cavano  nelle  paludi  Pontine  serbano  quasi  il  colore  e  la  lucentezza 
primitiva. 

Qdatbemebe  de  Qijincv,  Le  Jupiter  Olympien,  ou  Vari  de  la  sculpture  antique,   considéré  sous  un 

nouvenu  poinl  de  vue.  Parigi  tSTj. 
Emeric  David,  Rerherclies  sur  l'ari  slaluaire  considéré  c/ic;  les  anciens  el  les  modernes. 
Guasco,  Usage  des  slatues 
MONCEZ,  Mi'moire  sur  le  bronze. 
Fabrom,  Alti  deiV Accademia  italiana,  toro,  i,  -ISIO. 


SCDLTURÀ   EGIZU 


i61 


Giornale  fliieo  diPavia^  48H,  it,  S7,  75. 

SCBiieiDEB,  Analeela  ad  hittoriam  rei  melali,  veter.  Trajecti  ad  Viadrnm  HSS. 
Luigi  Bossi,  Sull'elettro,  tulla  patina,  nepli  Oputeoli  tulle  iciense  e  tulle  arti;  in,  517. 
Sulla  parte  tecnica  delia  scultura  vedi  un  discorto  premesso  al  Mutée  de  teulpture  antique  et  mederm 
dei  conte  de  Clerac.  Parigi  \  850  e  seg. 


§9b. 


Storia  della  scultura. 


La  scultura  de'  primi  Asiatici  dovette  essere  colossale  come  l'architettura,  e  non  cu- 
rante delie  proporzioni,  giacché  parlasi  d'una  statua  di  Nabucodònosor,  alta  50  e  larga 
3  metri.  Pare  si  lavorasse  di  legno,  o  dipinto  o  ricoperto  di  lamine  d'oro  o  dorate.  Quella 
che  Daniele  vide  in  so^no,  era  di  molle  materie;  testa  d'oro,  busto  d'argento,  gambe  di 
ferro,  piedi  d'argilla.  A  Bamian,  nel  Cabul  presso  l'antico  Paropamiso,  sono  scolpile  nella 
montHgna  due  figure  (pubblicate  a  Londra  da  Hurns},  di  cui  la  maschile  è  alta  60  metri, 
e  mela  la  femminile,  ed  erano  colorale.  In  altre  parti  dell'Asia  trovansi  montagne  scol- 
pite, e  bassorilievi  sulle  rupi;  e  Texier  riconobbe  in  Cappadocia  un  grande  bassorilievo, 
figurante  un  re  e  una  regina  con  moltissimi  personaggi. 

La  scultura  dagli  Egiziani  non  fu  coltivata  come  arte  semplicemente  e  come  modo  di 
manifestare  la  potenza  del  genio,  ma  per  riprodurre  ciò  che  concerneva  il  culto  degli 
Dei  0  la  gloria  nazionale;  perciò  era  legata  a  convenienze  simboliche  o  cerimoniali,  che 
ne  impedivano  il  libero  sviluppo.  Nelle  loro  statue,  non  particolarità  anatomiche,  non 
grazia  e  movenza  :  la  linea  è  rigidamente  dritta,  risentiti  i  lineamenti  del  volto;  la  testa 
rotonda  dietro,  e  colle  orecchie  alzate  sopra  la  linea  degli  occhi,  del  che  alcuno  volle 
fare  un  carattere  della  razza  colà  vivente;  occhi  molto  fessi,  tutto  il  viso  senza  espres- 
sione di  spniimento  come  una  maschera.  Usarono  grandi  colossi  (Vedi  la  fig.  a  pag.  52). 

La  divinità  rappresentavano  ora  con  forma  umana  pura  e  cogli  attributi  ad  essa  speciali 
e  con  geroglifici  che  la  spiegassero^  come 
nella  presente  fi^rura;  ora  in  corpo  umano 
colla  testa  d'un  animale  consecrato  ad  essa 
divinità,  come  nella  fig.  2  a  pag.  52;  ora 
in  esso  animale  medesimo  cogli  attributi 
della  divini/à.  Fra  i  caratteri  della  divinità 
voglionsi  notare  la  croce  ansata,  specie  di 
T  sormontato  da  un  anello  e  tenuto  in 
roano;  lo  scettro  o  lungo  bastone  finito 
nella  testa  di  cucufa  per  le  divinità  ma- 
schili, come  nella  figura  qui  sopra,  e  per 
le  femminili  in  un  pomo  schiacciato:  spesso 
portano  al  capo  due  lunghe  penne  dritte 
0  ricurve,  o  un  Fallo,  o  due  corna  di  ca- 
pro, 0  un  berretto  stretto,  o  il  pscent  in- 
tero 0  mezzo,  nudo  o  adorno.  Il  colore 
stesso  varia  secondo  gli  Dei. 

Le  figure  di  re  e  regine  hanno  forma 
umana,  nude  o  vestite  o  fasciate.  Carat- 
tere di  un  re  è  il  serpente  uroeus,  che  gli 
si  eleva  sulla  fronte;  il  nome  ascritto  in 
un  cartoccio,  come  questi,  che  dicono: 
Sole  guardiano  delia  regione  inferiore  ap- 
provata da  Fre ,  figlio  del  sole  Rompete.  I 
panni  sono  aderenti  al  corpo  come  bngnati 
0  come  una  pellicola,  di  cui  talvolta  non 
sarebbe  ad  accorgersi  se  il  lembo  inferiore 
non  si  rialzasse  in  pieghe  all'estremità  delle 
gambe.  Spesso  è  indicatissimo  l'umbilico. 

Cantò,  Documenti.  —  Tomo  I,  Archeologia  e  Belle  Arti  H 


M 


ARCHEOLOGIA    E    BELLE  ARTI 


è^  V 


e  talvolta  il  sesso,  anche  di  sopra  delia  veste.  Le  sculture  storiche  a  basso  rilievo 
sono  più  infelici.  Sotto  i  Tolomei  presero  alcun  che  della  bel- 
lezza e  dell'animazione  greca. 

I  Persiani  superiori  aitili  Esizj  nel  disegnar  le  teste,  erano 
inferiori  nella  conoscenza  delle  proporzioni:  rifuggendo  dalle 
nudità,  ravviluppavano  le  figure  ne'  panneggiamenti.  Flaxmann 
vi  dà  per  carattere  nessuna  scienza,  molto  studio. 

Sculture  abbondano  nell'India,  dalla  piccolezza  microscopica 
fin  a  colossi,  dall'argille  a  pietre  durissime.  Di  rado  è  rappre- 
sentato l'uomo  nella  sua  ideale  bellezza,  giacché  vi  si  suppliva 
coi  simboli,  ora  moltiplicando  le  teste  e  le  braccia,  ora  so- 
stituendo teste  d'animali 

Le  figure  tibetane,  malabariche,  giapponiche,  cinesi,  che  si 
trovano  ne'  gabinetti  attestano  come  antica  vi  fosse  la  scultura,  inferiore  però  sempre 
ali  indiana.  Sculture  di  Tatari  si  vedono  nel  museo  di  Pietroburgo,  e  siberiane  in 
quello  di  Piirigi  ;  Flumboldt  ci  diede  le  messicane,  e  La  Perouse  alcune  della  Polinesia: 
talché  può  dirsi  non  v'abbia  popolo  che  non  scolpisse. 

Delle  sculture  elrusche  crebbe  la  messe  negli  ultimi  tempi,  e  non  solo  di  bassorilievi, 
ma  statue  di  metnllo,  di  piperino.  d'alabastro,  di  tufo  calcare,  d'argilla:  finora  nessuna 
di  marmo.  Ne  è  distintivo  la  ripidezza  delle  membra,  la  f;iccia  ovale  assai  prolungata, 
mento  stretto  ed  acuminato,  occhi  a  fior  di  testa  e  ripiegati  all'insù.  come  anche  le  estre- 
mità della  bocca  ;  gambe  parallele  e  talora  non  disgiunte,  e  nelle  fisionomie  manca  sem- 
pre il  carattere.  La  statua  giacente  di  Bacco,  terra  cotta  tratta  dalla  necropoli  di  Tar- 
quinia e  conservata  a  Corneto,  è  delle  più  grandiose  ed  eleganti  fra  le  etrusche.  Più 
volte  le  figure  sono  coperte  di  lettere  o  sull'abito  o  sulle  coscie.  Qui  pure,  come  nelle 
egizie,  si  volle  distinguere  lo  stile  antico,  medio,  e  greco-etrusco  :  ma  bisogna  aspettare 
maggiori  dati  cronologici  per  assicurare  tali  categorie. 
Bei  piedestalli  di  bronzo  di  stile  etrusco  sono  nella  gliptoteca  di  Monaco, 
1  Greci  superarono  ogni  popolo  nell'eccellenza  di  quest'arte,  mercè  il  genio  proprio, 
la  religione  e  le  istituzioni.  I  primi  numi  fecero  di  rozzo  legno,  rivestendoli  poi  di  pan- 
neggiamenti, che  serbavansi  in  guardarobe,  e  si  stiravano  e  insaldavano  c«-ine  le  vesti 
muliebri.  Quando  anche  questi  si  fecero  di  sasso,  ritennero  di  quel  modo,  né  tale  affet- 
tazione si  disimparò  fin  all'et<à  dell'oro. 

Distinguono  quattro  periodi  nella  scultura  greca.  F.o  stile  arcaico  o  jeratico  ha  forme 
rigide  e  somiglianti  all'egiziane,  qual  vedesi  nelle  melope  di  Selinunte  e  di  Egina.  Il 
secondo  stile  accoppia  il  bello  col  arande  e  col  maestoso,  e  ne  fu  perfezionatore  Fidia  ; 
e  v'appartengono  la  Pallade  della  villa  Albani,  e  il  gruppo  della  Niobe.  Molti  tentarono 
e  in  differenti  modi  rintegrare  questo  prezioso  grup|)o,  di  cui  la  più  parte  trovasi  a  Fi- 
renze. Credesi  generalmente  fosse  posto  nel  frontone  d'un  tempio,-  masi  riflette  in  con- 
trario cbe  non  potevano  mancarvi  le  statue  di  Apollo  e  Diana  saettanti,  le  quali  avreb- 
bero rotto  la  dispozione  triangolare;  inoltre  molte  statue  son  lavorate  in  modo,  da  es- 
sere vedute  a  livello,  non  da  sotto  in  su.  Il  terzo  periodo  è  detto  della  bellezza,  perchè 
si  rammorbidirono  i  contorni,  e  si  studiò  la  grazia  anche  nella  forza,  come  si  vede  nel 
Laocoonte.  L'ultimo  è  dell'imitazione,  quando  non  si  fece  che  studiare  gli  artisti  prece- 
denti, e  credere  merito  supremo  l'accostarvisi. 

WiNCKELMANN,  Gescli.  (ter  Kunst. 
MEYEn,  Gesch.  der  bildenden  Kunsle  bei  der  Griechcn. 
Thiebsch,   Ueber  die  Epochen  der  bildenden  Kilnste  unlcr  der  Griechen. 
UiRT,  Die  Gesch.  der  bildenden  Kilnsle  bei  den  Alien.  Berlino  1833. 

De  Clebac  ,  Musée  de  sculpture  antique  et  moderne.  Parigi  1830  e  seg.  E  la  descrizione  del  musco  del 
Louvre,  e  una  collezione  di  statue  antiche. 

L'uso  delle  statue  divenne  così  generale  a  Roma,  che  la  legge  dovette  intervenire  a 
moderarlo  ne'  privali.  Per  custodirle,  vi  aveva  comites  o  curatores  tutelarli  sfatiiarum,  e 
godeano  il  dritto  di  asilo.  Nel  dedicarle  faceansi  sagrilìzj,  giuochi,  distribuzioni  di  vino, 
viveri,  denari,  come  l'attestano  le  epigrafi  di  molte  basi.  Avvenne  spesso  che,  dopo  là 
jnorte  deironorato,  fosser  rotte  o  dichiarate  infami. 


RESTAURI.    BAShORILIBVI  163 


^  96.  —  Distinzione  delle  statue. 

Plinio  dà  per  carattere  generale,  che  i  Greci  figurano  gli  eroi  nudi,  i  Romani  coll'ar- 
niadura  {Grosca  quidem  res  est  nihil  velare;  ut  coiUra  romana  ac  mililaris  ihoraces  ad- 
derc^  xxxiv.  10).  Oltre  le  nude,  distinguono  le  statue  dui  vestimento.  1  Greci  fecero  al- 
cune colla  clamide,  come  Mercurio,  altri  Dei  e  alcuni  eroi  ;  semplice  mantello  quadrato 
che  era  alTìbbiato  al  |)etto  o  sulla  spalla,  talvolta  gettato  sovra  \\  braccio  o  ravvolto,  e 
nel  Marte  romano  è  posato  sulle  ginocchia.  Palliale  sono  le  statue  di  Giove,  Serapide, 
Esculapio,  e  di  oratori,  filosofi,  magistrati  e  i  cesari  romani:  grande  arte  si  metlea  nelle 
pieghe  e  nella  posa  del  pallio.  Le  togate  sono  de'  soli  l5omani;  e  tali  si  facevano  gl'im- 
peratori in  pace  e  i  magistrati.  .Molte  sono  loricate;  altre  col  paludamento  proprio  de' 
capitani  supremi  ;  altre  velate,  cioè  con  un  gran  panno  fin  a  terra,  come  spesso  le  di- 
vinità muliebri,  o  le  imperatrici  figurate  in  qualche  virtìi,  od  anche  alcune  d'Augusto. 
Curuli  sono  quelle  sedute  o  in  piedi  ne'  carri. 

Le  statue,  massime  negli  ultimi  tempi,  si  collocavano  su  piedestalli  ;  il  che  è  pur  ca- 
rattere delle  egizie.  I  piedestalli  erano  cubi  o  rotondi,  talvolta 
ornati  di  festoni,  talaltra  d'iscrizioni. 

Più  rari  sono  i  gruppi,  e  i  più  insigni  il  Laocoonte,  e  il  toro 
Farnese,  cinto  da  belve  e  cinque  figure  umane. 

Statue  gigantesche  sono  il  Tevere  e  il  Nilo  giacenti,  a  Roma  ;  i  Dioscuri  del  Quirina- 
le, l'Ercole  Farnesiano  a  Napoli.'Dei  colossi  crebbe  l'uso  in  Asia  e  a  Roma  al  tempo  della 
decadenza  ;  raccontasi  che  a  Rodi  restavano  tremila  statue  anche  dopo  che  l'ebber  espi- 
lala Mummio  e  Lucullo.  hi  contavano  cento  colossi,  di  cui  il  più  insigne  è  quello  del 
porto,  fra  le  cui  gambe  aperte  passavano  (se  |iur  va  inteso  cosi)  le  navi;  era  alto  53 
metri  ;  per  una  scala  interna  salitasi  ad  accendere  i  fuochi  in  mano  e  sul  capo,  che  ser- 
vivano di  faro:  lo  cominciò  Carele  di  Lindo  500  anni  av.  C,  e  lo  terminò  Lachete  12 
anni  dopo,  colla  spesa  di  trecento  talenti. 

Gli  artisti  qualche  volta  scriveano  a  pie  della  statua  il  proprio  nome  e  inaiti  faceva:  e 
talora  epigrammi  interi:  ma  non  di  rado  i  nomi  sono  aggiunta  posteriore,  e  Fedro  dice 
che  al  suo  tempo  v'aveva  artefici , 

Qui  pretiura  operis  majus  inveniunt,  novo 
Si  marraori  adscripserint  Praxitelem  suo, 
Myronem  argento. 

§  97.  —  I  restauri. 

Molti  pretesero  che  le  statue  che  oggi  possediamo,  non  sieno  se  non  copia  delle  anti- 
che. Senza  cadere  in  questo  scetticisnìo,  è  però  una  delle  grandi  dilRcoltà  il  riconoscere 
i  restauri,  attesoché  ci  arrivarono  quasi  tutte  rotte,  e  con  qualche  membro  manco,  mas^ 
sime  il  naso.  Del  toro  Farnese  sono  restauro  tutta  la  parte  superiore  di  Dirce,  le  teste  e 
le  gambe  di  Zelo  e  Anfione  ed  altro:  all'Ercole  Farnese  rifece  le  gambe  Michelangelo, 
ma  poi  furono  trovale:  nell'Apollo  di  Belvedere  son  moderne  le  mani  :  nel  Laocoonte  fu 
dal  Cornacchini  agt;iunto  l'avunbraccio  destro  del  fii^lio  maggiore,  e  tutto  il  braccio 
destro  del  minore:  e  moderno  è  pure  il  braccio  destro  del  padre.  Di  restauro  sono  la 
mano  destra  del  Giove  nel  museo  Pio  dementino;  il  braccio  sinistro  e  la  man  dritta 
della  Venere  d'Ostia  ;  la  spalla  e  il  braccio  destro  nella  Ninfa  colla  conchiglia  nel  Lou- 
vre ;  alla  Tersicore  del  Vaticano  fu  sovrapposta  una  tf^sta  di  altra  statua. 

I  restauri  talora  erano  già  antichi:  nei  mo. terni  talvolta  vi  si  unirono  caratteri  scon- 
venienti, col  che  si  trassero  in  errore  gli  antiquarj.  f  abrelti  attestò  che  gli  antichi  fer- 
ravano i  cavalli,  stando  a  un  bassorilievo  della  villa  Mattei  ;  ma  i  piedi  di  que'  cavalli 
erano  restauro.  Wright  argomenta  intorno  ad  un  violino  che  sta  in  mano  d'un  Apollo: 
eppure  vi  fu  aggiunto  dal  Semino.  Un  altro  crede  che  la  palla  in  mano  d'un  Cesare  in 
Campidoglio  esprima  l'ambizione  di  questo  di  dominare  il  mondo:  ma  palla  e  mano 
sono  rappezzi. 

Perciò  vuoisi  paragonar  le  statue  colle  medaglie,  colle  gemme  e  coi  bassorilievi,  dove 


464  ARCHEOLOGIA   E   BELLE   ARTI 

anche  più  facile  è  la  spiegazione  atteso  l'unirvisi  molte  figure.  Neppur  meritano  fede  le 
iscrizioni  che  vi  stanno,  talvolta  essendo  posteriori;  come  le  basi  su  cui  sorgono  ap- 
partennero talora  a  tutl'altro. 

§  98.  —  1  bassorilievi. 

Mentre  la  statuaria  presenta  la  figura  in  tutto  rilievo,  e  visibile  da  ogni  lato ,  altre 
volte  gli  oggetti  si  fanno  aderenti  al  fondo.  In  tal  caso  chianiansi  alto  rilievo  quando  le 
figure  se  ne  staccano  quasi  interamente;  mezzo  rilievo ,  quando  ne  escono  per  circa 
metà;  basso  rilievo,  quando  sono  pochissimo  proniinenli.  Però  quest'ultimo  nome  s'ap- 
plica in  generale  ad  opere  sifatte,  che  dagli  antichi  chiamavansi  anaglifi. 

Quanto  è  minore  la  prominenza,  tanto  è  più  difficile  conservare  le  proporzioni  natu- 
rali. Inoltre  la  composizione  è  più  complicata  che  nelle  statue;  eppure  lo  scultore  ha 
un  fondo  solo  e  un  sol  colore,  a  differenza  del  pittore,  né  altre  ombre  che  le  vere  per 
ottenere  l'effetto. 

Bassorilievi  Irovansi  nei  monumenti  più  antichi  dell'Egitto,  dell'Assiria,  dell'India. 
Negli  egiziani  talvolta  sono  soltanto  incavati  i  contorni  delle  figure,  senza  darvi  rilievo: 
ne'  persepolitani  sono  ben  rilevate.  I  Greci  ne  fecero  di  marmo,  di  metallo,  d'avorio,  di 
creta,  e  non  di  rado  sono  colorati. 

Rende  preziosi  i  bassorilievi  antichi  l'essere  meno  guasti  delle  statue,  ed  avere  mag- 
gior numero  di  figure,  col  che  ajutano  l'interpretazione;  e  spesso  da  quelli  si  potè  co- 
noscere il  significato  delle  statue.  La  famosa  dell'Arrotino  si  trovò  che  rappresenta  uno 
scorticatore  di  Marsia.  Che  sempre  si  togliessero  i  soggetti  di  pittura  da  bassorilievi 
0  da  statue,  ovvero  quello  de'  bassorilievi  dalle  statue,  o  da  questi  i  soggetti  delle  pie- 
tre incise  e  dei  vasi,  non  tutti  il  credono,  parendo  repugni  alla  fecondità  greca. 

Forza  è  confessare  che  grande  non  era  l'arte  dei  Greci  nel  disporre  la  scultura  monu- 
mentale. La  processione  delle  Panatenaidi  sul  Partenone  non  si  mostra  benese  non  dopo 
diroccato  il  tempio,  il  combattimento  de'  Centauri,  che  pur  forma  un'azione  sola,  è 
simmetricamente  interrotto  da  triglifi,  e  collocato  sì  alto  ch'è  impossibile  vederlo  d'ap- 
piedi. 

§  99.  —  Le  erme. 

Scrissero  alcuni  che,  prima  delle  statue,  i  Greci  facessero  gli  ermi,  cioè  tronchi  o  co- 
lonnette, cui  sovrapponeasi  una  testa.  Non  sapendosi  a  questa  dare  carattere,  si  distinse 
il  sesso  con  rilievi  sul  tronco,  poi  con  una  linea  s'indicò  la  separazione  delle  cosce; 
infine  queste  si  staccarono,  e  venne  a  formarsi  la  statua  compiuta.  Semplice  induzione, 
niente  storica  né  naturale,  giacché  e  i  Greci  poteano  imparar  le  figure  dagli  Egizj,  e  noi 
vediamo  i  fanciulli  non  contentarsi  di  rappresentare  le  faccie,  ma  volere  la  figura  intera, 
per  quanto  inesatta:  né  altra  nazione  nei  suoi  primortlj  ci  presenta  un  tale  fenomeno. 
Già  David  mentovando  gli  Dei  degli  idolatri  dice:  Han  mani,  e  non  palpano;  han  piedi, 
e  non  camminano. 

Releghiamo  pure  fra  le  favole  l'asserzione  greca  che  gli  ermi  fosser  introdotti  ad  espri- 
mere Mercurio,  cui  i  due  figli  di  Corico  re  d'Arcadia  avevano  tagliate  le  braccia:  e  piut- 
tosto vi  vediamo  un  avanzo  delle  figure  jeratiche  orientali,  ove  il  dio  svolgevasi  a  fatica 
dalla  forma  di  fetido.  Servivano  ad  ornare  i  ginnasj  e  le  palestre;  e  se  ne  faceano  colla 
sola  testa,  o  con  parte  del  petto,  o  talora  con  due  teste  una  opposta  all'altra,  talaltra  con 
panneggiamenti  o  con  simboli.  Chiamavansi  anche  termini  perché  usavansi  a  segnar  i 
confini,  0  poneansi  sulle  vie  coll'immagine  delle  divinità  protettrici.  Negli  orti  aveano 
sovente  la  testa  e  il  simbolo  di  Priapo  virilibus  erectis  (Macikidio,  Sat.  i.). 

Ipparco  aveva  fatto  porre  nella  città  e  ne'  borghi  dell'Attica  ermi  con  sentenze  mo- 
rali; alire  poneansi  ai  trivj.  Cicerone  pregava  Attico  a  regalargli  certe  erme  di  marmo 
peotelico  colle  teste  di  bronzo,  trovate  a  Atene. 

Secondo  il  dìo  che  rappresentavano,  chiamavansi  ermernclì,  ermero,  ermanubi,  erma- 
frodite. Agli  ermi  possono  riferirsi  le  cariatidi  e  gli  atlanti  (Vedi  a  pag.  42  e  68,  fig.  2). 


ERME.   BUSTI 


165 


§iOO. 


I  butti. 


Solo  alla  decadenza  dell'arte  pare  si  facessero  buati,  cioè  ermi  colle  spalle  e  con  parte 
del  torace.  Sotto  {ili  imperatori  romani  ornavano  le  case  private,  le  tombe,  le  biblioteche, 
i  pubblici  convegni.  E  forse  dal  costume  che  nei  funerali  (bustum)  si  portassero  le  effi- 
gie de'  maggiori,  venne  il  nome  di  busto.  Tarda  è  la  denominazione  di  protomi,  mentre 
è  comune  quella  di  icon,  immagine. 


Ipparco. 


Cicerone. 


Trovasi  qualche  busto  antico  con  due  teste  riunite  per  l'occipizio;  sieno  due 
numi  0  due  personaggi,  sia  il  personaggio  stesso  in  due  età.  Di  sifatli  uscirono  alquanti 
dagli  scavi  di  Pompej  nel  1853,  con  figure  di  fauni,  baccanti,  satiri, 

A  molti  è  posto  il  nome,  come  nelle  figure  di  cui  qui  abbasso  diamo  il  disegno;  ma 


ACKAHniAAHC 


A^CDACIA 


466 


ARCHEUIOGIA    E    BELLE   Ar.TI 


non  sempre  vi  si  può  credere  :  tanto  piij  preziosi 
riescono  quelli  di  cui  si  è  certi.  Talvolta  v'è  più  che 
il  nome,  come  ad  un  busto  di  Demostene  in  Na- 
poli ©F.Ilt  AOANAi  ATiNAiMIOC  AA>1OC0E!NH\  , 
cioè  Dinamio  consacra  questo  busto  di  Demostene 
alla  dea  Minerva. 

In  rarissimi  si  vede  anche  la  mano;  i  piìi  non 
hanno  che  parie  del  petto  o  qualche  panne^rgiameo- 
to,  come  nelrantico  di  Diogene  qui  radìguruto.  Fi- 
niscono in  Imea  circolare.  Dei  Romani  più  d'uno 
ha  vesti  e  c.ipellutura  di  marmo  differeute;  e  molti 
più  hanno  gli  occhi  riportati. 

Plinio  attribuisce  a  Lis  strato  l'arte  di  levare  con 
una  materia  molle  riiiipronta  de' volli,  per  modo 
che  otteneva  la  somiglianza  vera,  mentre  dapprima 
non  cercavasi  che  la  ideale. 

Edward  Gebhabd,  De  religione  Hermarum.  Berlino  ^845. 


S  101.  —  Intagli  in  legno  ed  avorio. 

Di  legno  pajono  le  prime  statue  greche,  come  il  Palladio  di  Troja,  quelle  di  Dedalo, 
di  Giove  in  Argo,  dei  vincitori  olimpici  fin  a  Pisistralo.  A  Sparta  Castore  e  Polluce 
erano  in  forma  di  due  ceppi  paralleli  di  legno,  sormontati  da  una  traversa,  formando 
così  il  n  che  fu  segno  dei  Gemini  nello  zodiaco.  Anteriori  a  lutti  questi  possono  dirsi 
le  figure  umane  che  gli  Egi/j  davano  alle  casse  dei  morti,  che  per  lo  più  hanno  soltanto 
testa  e  piedi,  o  le  due  mani  incrociale  sul  petto,  il  resto  supponendoawolto  nella  fascia 
(pag.  147).  I  Romani  faceano  a  tal  modo  i  Vertunni  e  i  Priapi  che  mettevano  negli 
orti,  divinità  che  Marziale  beffava  perchè  sariansi  potute  per  inavvertenza  gettare  sul 
fuoco. 

11  legno  preferito  era  quello  di  cedro  che  supponevasi  incorruttibile,  e  l'adoperarono 
i  gran  uiaeslri  anche  più  tardi;  nella  famosa  arca  di  Cipselo,  il  fondo  era  di  cedro,  con 
innestato  oro,  avorio,  gemme.  .Spesso  adopravasi  pure  il  corno,  che  talora  s'assotti- 
gliava per  mettere  alle  finestre  invece  di  vetri,  o  s'mtarsiava  nel  legno,  o  si  copriva  di 
cera  per  farne  tavolette. 

Grandemente  lavorarono  anche  l'avorio,  preferendo  quel  d'Oriente  perchè  più  bianco, 
9  che  Plinio  erroneamente  attribuisce  a  maggior  gioventù  dell'elefante.  Pare  accennino 
altresì  l'avorio  fossile.  Talora  anche  lo  tinsero  o  coprirono  di  altre  materie.  lìbbero 
zanne  fin  di  9  e  10  piedi,  mentre  oggi  sono  rarità  quelle  di  6  o  7.  La  parte  solida  del 
dente,  che  è  circa  un  terzo,  si  ricavava  in  modo  da  formarne  de'cilmdri,  cheammol- 
livansi  col  vapore  o  con  farli  bollire  con  radice  di  mandragora,  e  così  se  n'aveano  pezzi 
fin  di  2  piedi  di  superficie  e  grossi  da  1  a  3  pollici.  Fatto  il  modello  della  statua  al 
vero,  sulla  forma  di  gesso  si  tracciavano  linee  ind  canti  la  forma  e  il  numero  dei  pezzi 
che  si  volevano  adoperare,  studiando  che  le  commessure  cadessero  nelle  parti  meno 
visibili;  indi  il  gesso  sfendeusi  in  pezzi  che  potessero  ricongiungersi  con  precisione. 
Ciascun  di  questi  pezzi  imitavasi  esattiimente  coll'avorio,  facile  a  lavorarsi  perchè  non 
balza  io  iscaglie  come  il  marmo,  né  ha  la  vena  come  il  legno:  indi  s'incollavano  sopra 
altri  pezzi  di  legno,  che  mes^i  insieme  formavano  la  statua,  so.-lenuta  da  un'armatura 
di  ferro.  Credeasi  che  l'ungerle  d'olio  impedisse  che  si  sconnettessero  (Qt'ATiiE.MtitE  uè 

QUINCYJ. 

Fidia  formò  con  esso  i  suoi  famosi  colossi  di  Minerva  e  del  Giove  Olimpico,  i  più 
ammirali  dell'antichità;  e  dopo  d'allora  venne  maggiormente  in  uso.  I  Romani,  dopo 
gli  Elrusclii,  ne  fecer  uso  gramlissiini),  e  Seneca  possedeva  cinquecento  tripodi  d'a- 
vorio. Oltre  flauti,  fibbie,  amuleti,  spilloni  crinali,  bicchieri,  ninnoli,  tessere,  faceansi 
le  sedie  curuli  e  i  piedi  delle  tavole.  L'uso  ne  durò  per  tulio  il  medioevo.  Wulla  ci 


i 


INTAGLI    IN    LEGNO    i:    AVORIO.   DITTICt 


Ì67 


tramandarono  gli  antichi  di  grande  in  avorio,  ma  figurine,  e  maschcrette.  All'avorio  so- 
slituivasi  talora  il  dente  d'ippopotamo,  la  madreperla,  f'ambra, 

Operavansi  al  tornio,  non  solo  di  lavori  rotondi,  ma  anche  per  quelli  sopra  superficie 
piana  a  bassorilievo,  cioè  figurati  e  a  sbalzo. 


§  102. 


I  dittici. 


fra  gli  avorj  sono  importantissimi  i  diltici  (t^ì;  rrTu^ijo.,  pfpgar  in  due).  Erano  tavo- 
lette d'avorio  o  di  legno,  unite  a  cerniera  in  modo  da  piegarsi  a  liliricino.  Taluni  erano  a 
tre  0  più  piegature,  trìplici,  penia- 
pticìy  poliplici,  sempre  più  lunghi  che 
larghi,  e  spesso  vedonsi  in  mano  di 
statue  0  pitture  delTelà  imperiale.  Se 
ne  portavano  in  dosso  di  liscie  o  ce- 
rate, su  cui  scrivere  i  ricordi  istanta- 
nei ;  e  ricambiavansi  fra  gli  amanti 
come  simboli  dei  loro  afTelti.  Poi  di- 
vennero più  ricchi  al  di  fuori,  e  i  con- 
soli e  gli  altri  magistrati  annuali  fin 
all'edile  soleano  donarne  al  capodanno 
quando  entravano  in  carica.  In  tali  casi 
le  anaglifi  esprimeano  il  console  col 
proprio  vestimento,  e  coi  giuochi  cir- 
censi ch'esso  soleva  dare  Vi  si  scri- 
vevano pure  i  nomi  dei  consoli  stessi, 
come  in  uno: 

ANICtUS   FAVS/US    ALBINUS   BASILIVS 

v?r  ctarissimuS. 

II  dittico  di  più  antica  data  prodotto 
dal  Cori  era  del  console  Flavio  Felice 
del  428;  ma  la  cattedrale  d'Aosta  ne 
possiede  uno  de!  406  coll'eflìgie  d'Ono- 
rio in  piedi,  che  ha  corona  e  corazza 
sopra  una  tavoletta,  e  sopra  l'altra  tiene 
colla  destra  un'asta  col  cartello  in  no 
MINE  xpi  viNCAS  SEMt'ER,  c  Colla  sini- 
stra un  globo  su  cui  sorge  la  Vittoria. 
Divenne  famoso  nel  secolo  passato  il 
dittico  Quiriniano,  perchè  tanto  vi  si 
esercitarono  gli  eruditi ,  senza  accor- 
darsi se  non  nel  crederlo  molto  antico. 
Quel  che  qui  diamo  effigiato,  è  del  ga- 
binetto Brunet-Denon,  d'avorio,  man- 
cante di  una  tavola  e  del  frontone  su- 
periore-, e  rappresenta  un  magistrato 
sul  suggestus  fra  due  personaggi,  e  di 
sotto  lo  spettacolo  d'uomini  lottanti 
con  cervi  nel  circo.  Dei  dittici  cri- 
stiani diremo  altrove. 


Gobi,   Thesaurus  veterum  diptychorum  consulariutn  et  eccletiasticorum,  cum  additamends  J.  B.  Pat- 

serii.  Firenze  1759. 
CosT.  Gazzerì,  nelle  Memorie  della  Beale  Accademia  di  Torino,  voi.  38. 
CosTH,  Sur  Parigine  des  diplyques  consulaires. 
D'avorio  0  di  bosso  facessi  pure  l'alfabeto  per  ilare  a  Irastnllo  de'  fanciulli,  che  eos'i  imparavano  le  ìeUtta 

(QeiiiTiLUNO, /nti.  I.  26.  —  S.  GiBOLAVO,  £|>.  407). 


168  ARCHEOLOGIA   E  BELXE  ARTI 


§  103.  —  Lavori  dì  cera. 

Scrive  Plinio  che  la  cera  serviva  per  innumeros  mortalium  ums  ;  ma  la  natura  sua 
fece  che  nulla  a  noi  ne  arrivasse.  Di  Lisistrato  da  Sicione  fratello  di  i.isippo,  raccontasi 
che  infondeva  cera  liquefatta  entro  maschere  di  gesso  che  avea  prese  sui  volti  umani 
per  farne  ritratti  (Plinio,  xxxiv.  8);  e  Anacreonte  {Od.  \)  celebra  un  amorino  di  cera 
ch'ei  voleva  comprare  da  un  mercante  per  una  dramma.  1  Homani  ornavano  gli  atrj 
delle  case  coi  protomi  degli  illustri  antenati  di  cera,  e  li  recavano  in  pompa  nelle 
esequie:  spesso  i  clienti  davano  il  proprio  ritratto  di  cera  ai  legisti  patrocinatori. 

Nel  medio  evo  continuò  l'arte  per  formare  agnus-dei  ed  altre  effigie  sacre;  il  Veroc- 
chio  faceva  di  cera  i  ritratti.  I  moderni  se  ne  valgono  principalmente  per  la  notoraia, 
nel  che  si  crede  che  i  primi  lavori  sieno  dovuti  a  Gaetano  Giulio  Zumho  siracusano. 
Ercole  Lelli  a  Bologna,  e  il  Manzolini  suo  scolaro,  e  il  Galli,  e  Felice  Fontana,  poi  altri 
si  segnalarono  per  le  preparazioni  anatomiche  di  cera.  Credesi  che  un  Curzio  intro- 
ducesse la  ceroplastica  al  naturale,  donde  poi  vennero  i  gabinetti  di  figure  che  si  mo- 
strano per  prezzo. 

Wickelbausea  scrisse  ampiamente  sulle  varie  applicazioni  della  ceroplastica. 
§  104.  —  Forma  della  plastica. 

Il  corpo  umano  fu  sempre  il  piii  nobile  esercizio  dell'imitazione,  e  intento  di  essa 
l'ottenere  l'espressione  dello  spirito.  A  questo  si  applicò  l'arte  dei  Greci  dopo  emanci- 
patasi dalle  leggi  jeratiche,  le  quali  prescrivevano  tipi  stabili  per  ritrarre  la  divinità: 
anzi  in  ciò  procedettero  tanto,  che  non  concepivano  la  contemplazione  sentimentale 
della  natura  in  genere  e  del  paesaggio,  unicamente  vedendo  il  punto  più  elevato,  cioè 
la  figura  umana. 

L'imitazione  fedele  di  ciò  che  tocca  i  sensi  era  dunque  necessaria  :  ma  poiché  l'imi- 
tazione non  dovea  riprodurre  l'apparenza  individuale  del  mondo  fisico,  si  bene  delle 
forze  della  vita  interna  e  dell'essere  intellettuale,  perciò  ne  veniva  una  creazione  dello 
spirito,  un'espressione  della  vita  generale.  Fra  gli  Orientali  l'arte  staccavasi  dall'imita- 
zione individuale,  per  dare  alle  forme  un  carattere  generico  e  architettonico;  e  solo 
tardi  i  Greci  introdussero  il  ritratto. 

Evitavansi  però  le  forme  eccezionali  e  le  particolarità;  ed  erano  generalmente  pre- 
ferite certe  forme  ideali,  esprimenti  grandezza  e  semplicità.  In  esse  le  parti  accessorie 
doveano  essere  subordinate  alle  principali,  né  vi  era  sofferta  veruna  trascuratezza,  ac- 
ciocché ne  risultasse  più  chiaro  l'insieme  della  composizione. 

All'anatomia  poco  inclinavano  persino  i  medici,  non  che  gli  artisti;  ma  a  questi 
soccorreano  altre  occasioni  da  studiare  il  corpo  umano,  ne' bagni,  ne'  giuochi.  Donde 
venne  una  mirabile  esattezza  nell'imitazione  della  natura  viva  nei  Greci  de"  migliori 
tempi:  quei  dell'età  alessandrina  già  tengono  del  gonfio  e  forzato:  ancor  più  nei  Ro- 
mani vedesi  surrogata  la  maniera  allo  studio  immediato  della  natura. 

Nel  profilo  greco  specialmente  si  ravvisa  l'intento  di  presentare  i  contorni  in  tratti 
semplici,  che  producono  il  grandioso.  Certo  questo  profilo  era  desunto  dalla  natura, 
pure  fu  perfezionato  mercè  di  certe  esigenze  della  plastica.  La  mancanza  di  vita  nel- 
l'occhio era  supplita  dalla  grande  sporgenza  dell'arco  del  sopracciglio  e  dall'affossa- 
mento degli  angoli  e  delle  guancie:  vi  davano  maestà  coll'aprirli  e  curvarli  maggior- 
mente, grazia  e  languore  con  una  piega  particolare.  A  Venere  faceasi  la  guardatura  un 
poco  torta  (Si  qua  slraba^  est  Veneri  similis;  si  ravOy  Minervce.  Ovidio};  a  Mmerva 
gli  occhi  larghi;  bovini  a  Giunone. 

La  fronte  chiusa  in  un  arco  di  capelli,  è  mediocremente  elevata,  talvolta  anche 
abbassala  col  mezzo  di  bende  e  leggermente  convessa.  Delicato  e  fino  si  inarca  il  so- 
pracciglio. Il  n;iso  forma  una  linea  dritta,  e  di  mezzo  fra  l'aquilino  e  il  simo:  quest'ul- 
timo essi  consideravano  per  dislinl  vo  di  fisionomie  barbare,  o  proprio  de'  fanciulli; 
ai  satiri  lo  davano  per  segno  di  malizia.  Il  labbro  superiore  sempre  piccolo  e  di  forma 
delicata,  la  bocca  lievemente  aperta,  e  il  mento  rotondo  e  grandioso,  sono  caratteri 


FORMA  DELLA  PLASTICA  469 

greci.  Le  orecchie  sono  finite  squisitamente,  e  nelle  dee  il  lobo  trovasi  forato,  certo  per 
porvi  pendenti  di  gran  valore. 

Come  noi  misuriamo  le  proporzioni  dalla  testa,  gli  antichi  le  desumevano  dal  piede; 
ina  sono  naturalmente  modificate  dalla  difTerenza  di  età,  di  sesso,  di  carattere.  Dalle 
idee  popolari  dedussero  sovente  l'associazione  di  membra  d'animali  alle  umane;  genj 
alati,  centauri,  satiri,  arpie,  sirene. 

La  nudità  parve  naturale  nelle  figure  degli  atleti,  donde  passò  alle  divinità  maschili 
e  alle  figure  eroiche,  altre  aveano  solo  una  sopravesle.  L'abito  serbava  certe  forme 
stabilite  e  simboliche,  sicché  le  pieghe  e  il  modo  di  portarle  esprimesse  il  carattere  e 
l'attività  della  persona  rappresentata. 

Nei  primi  tempi  le  figure  erano  caratterizzate  con  attributi,  spesso  moltiplicati; 
dappoi  questi  restarono  sempre  come  complementi.  La  negligenza  degli  accessori  arriva 
fino  a  sorpassare  ogni  proporzione  fra  gli  Dei  e  gli  animali  ch'essi  combattono,  o  fra 
essi  Dei  e  uomini  affatto  piccoli. 

Altre  cose  ci  verranno  dette  parlando  dei  sogcetti  Or  basti  riflettere  come  le  statue 
greche  e  romane  rappresent  no  più  volentieri  attitudini  calme.  Nella  Niobe  e  nel  Lao- 
coonte  è  espresso  il  sofferimento,  ma  non  per  passione  interna,  bensì  per  vendetta 
divina.  Neppure  la  malinconia  trovasi  atteggiata.  Le  donne  non  trovansi  mai  rappre- 
sentate in  atti  atroci. 


CAPO  QUARTO 

PITTURA   E   DISEGNO 


§  103.  —  Dei  colori.  — Porpora, 

Quanta  importanza  gli  antichi  attaccassero  alla  finezza  del  disegno  e  alla  delicatezza 
de' contorni  ci  è  rivelato  dalla  nota  storiella  di  Zeusi  e  Parrasio,  nella  quale  noi  non 
crediamo  si  trattasse  d'una  semplice  linea,  come  s'intende  comunemente,  ma  d'un 
profilo  di  faccia,  fatto  con  sempre  piìz  squisita  correzione.  Perciò  gli  allievi  erano 
a  lungo  esercitati  nelle  scuole  ad  usar  lo  stile  sovra  tavolette  di  cera,  o  il  pennello  con 
un  sol  colore  sopra  tavolette  di  bosso,  or  nero  sovra  il  bianco,  or  bianco  sovra  il  ne- 
ro, prima  di  passare  ai  varj  colori  (umbra  hominis  in  lineix  circumducta).  Per  questo 
amore  della  purezza  delle  linee,  lentamente  si  volsero  al  colorito  e  mai  non  n'ebbero  ric- 
chezza, neppure  la  scuola  jonia,  che  amava  lo  splendor  delle  tinte. 

Di  pittura  i  Greci  lavorarono  assai  meno,  talché  Omero  non  ne  fa  menzione,  e  Pau- 
sania  ricorda  1827  statue,  e  sole  83  pitture  e  43  ritratti.  Ma  se  essa  vien  reputata  in- 
feriore alla  scultura,  forse  n'ha  colpa  la  scarsezza  o  inesattezza  delle  nostre  cognizioni. 
Plinio  asserisce  (xxxv.  52)  che  qualuor  coloribus  solis  immortalia  ilio  opera  fecere,  ex 
albis  melino^  ex  silaceis  attico,  ex  rubris  sinopiiìe  poniica,  ex  nigris  atramento,  Apelles, 
Echion,  AJe.lanthiiK,  Nicomachus  clarissìmi  pictorex.  Vuol  dunque  dire  che  questi  illu- 
stri non  adoprarono  che  il  bianco  di  terra,  d  rosso  o  sinopia,  il  giallo  d'ocra,  e  il  nero  di 
piante  bruciate.  Già  sarebbero,  non  quattro  colori  soli,  ma  quattro  materie  di  colori,  dalla 
cui  mescolanza  ne  risultano  altri  assai.  Pure  Cicerone  mette  il  preciso  contrario;  che 


470  ARCHEOLOGIA   E   BELLE   ARTI 

di  quattro  soli  colori  valeansi  gli  antichi,  ma  che  Echione,  Nicomaco,  Protogene,  Apeìfé 
già  erano  giunti  alla  perfezione  {In  piclura  Zeuxim  et  Pulygnotum  et  Timanthem  et  eo- 
rum,  qui  non  sunt  usi  plusquam  quatuor  coloribus,  formas  et  Itneamenta  laudamus  :  at 
in  Echione,  Nicomacho,  Protogene,  Apelle  jam perfecta  sunt  omnia.  Brutus,  18).  E 
Plinio  stesso,  che  forse  mal  interpretò  questo  passo,  attribuisce  loro  due  altri  colori, 
il  cinabro  e  testa-trita.  Humphry  Davy  coll'analisi  trovò  che  nelle  Nozze  Aldobrandioe 
il  rosso  e  il  giallo  erano  di  ocra;  il  verde  e  l'azzurro,  ossido  di  rame;  il  nero  di  carbo- 
nacei ;  il  bruno  un  misto  di  ocra  e  nero,  e  talora  con  ossido  di  manganese;  il  bianco 
carbonato  di  calce  [Philos.  Transact.  of  the  R.  Society,  1815).  In  altri  colori  si  accertò 
l'esistenza  di  ossidi,  di  calci,  di  carbonati. 

Dall'Oriente  portavasi  in  Grecia  e  a  Roma  quel  cinabro,  che  diceano  fatto  colla  sanie 
del  drago  schiacciato  da  un  elefante  moribondo  (Plinio,  Nat  hist.  xxxiii.  38j,  e  che 
pare  fosse  succo  di  palme.  La  rubrica,  ocra  rossa,  di  cui  dipingeansi  i  vasi,  era  una 
terra  dell'Asia  Minore,  dell'Ej^itio  e  della  Libia.  Nel  dipingere  colonne  e  monumenti  vi 
si  surrogava  la  sinopia,  così  detta  da  Sinope  città  di  Cappadocia.  La  sandraca,  del  co- 
lore stesso,  raccoglievasi  in  riva  al  mar  Rosso  (FLI^m,  xxxv  passim).  Il  minio  succe- 
duto a  tutti  questi  rossi,  e  più  splendido  e  prezioso,  si  scoperse  nelle  miniere  d'argento 
di  Efeso,  quattro  secoli  av.  C  II  purpurissimum  che  lo  emulava,  era  composto  con  san- 
gue di  molluschi,  pescati  in  riva  al  Mediterraneo.  Dall  Oriente  venivano  pure,  fra  i  gialli 
l'orpimento,  che  trovavasi  minerale  in  Siria  ;  fra  i  verdi  Varmenium,  pasta  di  terre  d'Ar- 
menia; fra  i  turchini  ['indicum  prodotto  d'una  fecola  indiana,  e  il  coeruleum  che  poi  si 
disse  oltremare,  fatto  di  lapislazzuli,  che  trovasi  nell'Asia  Minore,  nella  Persia,  e  prin- 
cipalmente nella  Cina. 

Sotto  i  Romani,  sul  golfo  di  Napoli  si  posero  officine  che  trattavano  i  minerali  indigeni 
o  importati,  e  vi  si  componeva  quel  turchino  che  dicesi  fritta  di  Pozzuoli;  e  le  tinto- 
rìe, ove  faceasi  il  purpurissimum  tuffando  la  creta  in  sangue  di  porpore.  Celebravansi 
pure  le  tintorie  di  Narbona:  e  la  Spagna,  co' metalli  suoi,  apprestava  qualche  succeda- 
neo dei  prodotti  orientali. 

Lungamente  si  discusse  sulla  porpora,  e  l'Amati  e  il  Rosa  vollero  che  tal  nome  si  ap 
plicasse  a  qualunque  colore,  fin  al  bianco  e  al  nero.  Il  valoroso  chimico  veneziano  Bi- 
zio vi  oppose  La  porpora  rivocaia  entro  i  confini  del  roaso,  e  si  diede  a  cercar  questo 
solo  colore  nei  murici.  E  sebbene  l'Olivi,  nell'opera  sugli  «  animali  che  vivono  nell'A- 
driatico »,  asserisse  in  nessuno  stato  o  guisa  aver  trovalo  ombra  di  porpora  ne' murici, 
il  Bizio  nel  1833  la  scoprì  nel  Murex  brandari<',  come  trovò  lametistina,  licordata  da 
Plinio,  nel  Murex  tremulus,  e  coll'analisi  mostrò  i  principj  immediati  che  costituivano 
quelle  due  porpore  (V.  Annali  delle  scienze  del  regno  Lombardo-Veneto,  t.  v.  p.  265}; 
e  ne  fu  premiato  dall'Ateneo  di  Brescia.  Studiati  poi  i  buccini,  avverò  coll'esperien/.a 
quel  che  Plinio  dice,  Buccinum  per  se  danmatur,  quuniam  fucum  reniittit,  giacché, 
mentre  le  porpore  resistono  ai  più  forti  reagenti,  il  colore  de'  buccini  si  smarrisce  facil- 
T))euti3,  e  perciò  non  adopravasi  dagli  antichi  se  non  talvolta  per  diluire  e  risparmiare 
il  prezioso  liquor  della  porpora. 

Grandi  spese  vi  vorrel)l)ero  per  eseguire  in  vaste  proporzioni  le  esperienze  da  ciò;  ma 
sembra  a  credersi  veritiero  Plinio  ove  dice  che  alla  porpora  laus  summa  color  sangui- 
nis  concreti,  nigricans  aspcctu,  idemque  suspectu  refulgens,  cioè  che  essendo  cangiante, 
splendea  per  luce  rifratta  come  le  gemme. 

Per  ottenere  però  la  piena  restituzione  della  porpora  antica  si  richiederebbe  il  pro- 
cesso d'applicazione;  ma  le  notizie  in  proposito  sono  estremamente  scarse:  ove  poi  si 
rifletta  che  ciascun  murice  contiene  appena  poche  goccie  di  liquore,  e  che  il  murex 
tremulus  che  dà  l'amelislina,  ne  contiene  di  piìi,  ma  di  rimpatto  si  trova  più  dilTicil- 
mente,  si  vede  come  riuscirà  dìfllcile  un  esperimento  in  grande. 

Dalla  pittura  ad  un  solo  colore  [monochroma]  dev'essersi  cominciato,  e  a  tal  modo 
sono  le  pitture  egizie  ed  etrusche;  ma  non  fu  abbandonata  neppure  dai  grandi  maestri. 
Plinio  dice  che  Zeusi  pinxit  et  monochromaia  ex  albo,  cioè  col  chiaroscuro  qual  si  ado- 
pera ancora;  e  Quintiliano  parla  di  quelli  che  siìigulis  pinxerunt  coloribus,  alia  tamen 
eminentiora,  alia  reducttora  (xi.  5.  §  4()).  Se  ne  trovarono  pure  ad  Ercolano,  dipinti 
forse  tutti  da  un  Alessandro  d'Atene,  di  cui  le^gesi  il  nome  su  uno  :  AAEZANaPOJ 
A0HNAIO2:  ErPA«l>ElN. 


COLORI.  —  PORPORA  Mi 

I  colori  si  stemperavano  nell'acqua,  mista  a  colla  o  gomma  ;  ma  né  di  chiara  d'ovo 
né  d'olio  si  Uova  seguo  nei  quadri  antichi.  Bensì  Plinio  dice  die  rnescevasi  l'ovo  ai  co- 
lori per  darvi  splendore  (Si  purpuram  facere  maluut,  caruleum  sublinunt,  vwx  purpu- 
rissimum  ex  bvo  inducunt\  xxxv.  26j.  Alcuno  crede  si  tratti  del  tuorlo,  e  die  in  ciò 
consistesse  il  secreto  dell'encausto.  Che  gli  Egizj  fossero  inniinzi  nella  chimica  appare 
da  quel  passo  di  Plinio,  che,  dupo  preparate  le  siolTe  con  reagenti,  potevano,  tuffandole 
in  una  sola  tintura,  pmdurvi  colori  e  ligure  differenti. 

La  più  stimata  era  la  pittura  su  legno,  massime  di  larice.  Nella  età  romana  si  dipinse 
pure  in  tela,  il  che  non  vedesi  usato  ne'  mijiliori  tempi  di  Grecia.  Plinio  dice  che  molto 
usavasi  la  pittura  murale,  ma  gloria  vera  non  oHeneasi  che  dipingendo  in  tavola:  Nulla 
gloria,  nisi  eorurn  qui  tabulas  pinxerunt.  Donde  alcuni  conchiusero  che  le  pitture  su 
muro  non  fosser  eseguite  che  da  manovali.  Ma  si  può  credere  che  i  gran  dipinti  del 
portico  Pecile  in  Atene,  e  del  Lesche  di  Delfo,  opere  di  Paneno  e  Polignoto,  fossero  su 
tavole? 

Vedemmo  come  i  colori  si  stendessero  anche  sulle  statue  e  sull'architettura;  nella 
scelta  dei  quali  erano  diretti  da  idee  rituali.  Secondo  Giovanni  Lidio,  a  Marie  era  sa- 
cro il  rosso,  a  Giove  il  bianco,  a  Venere  il  verde,  a  Saturno  ed  a  Nettuno  il  turchino. 
11  Giove  consacrato  da  Tarquinio  in  Campidoglio  era  dipinto  di  minio. 

Il  libro  vn  (li  Vitruvio,  e  molti  capitoli  de'  libri  xxxni,  XXXIV,  XXXV  della  Storia  della  natura  di  Plinio, 
informano  sulla  natura  e  la  composizione  de'  colori.  Se  vi  si  aggiunga  il  libro  V  di  Dioscoride,e  molte 
notizie  di  Teofrasto  Delle  pietre,  si  ba  tutto  quel  che  sappiamo  di  tale  materia. 

BOETTIGER,  Ideen  sur  Archeologie  der  Malerei.  Dresda  18H. 

Jdml'S,  De  pictura  teterum.  —  Catalogus  artificum.  Rotterdam  1694. 

SlLLlG,  Catalogus  artificum.  Dresda  1827.  Supplemento  indispensabile  al  predetto. 

Ddba>d,  Hisloire  de  la  peinlure  ancienne.  Londra  1723.  È  traduzione  del  lib.  xxxv  di  Plinio,  con 
multe  note. 

Triei.SCB,  Ueber  die  epochen  der  bildenden  Kilntle  unter  den  Griechen.  Monaco  1829. 

Raocl-Rocbette,  Recherches  sur  Vempìoi  de  la  peinture,  eie.  Parigi  1356. 

Ferdi>a>d  Hoffer,   Hitloire  de  la  chimie.  1842.  t.  i. 

Poktal,  Des  couleurs  symboliques. 

Wecker  ,  Alte  Denkmdler;  stampasi  a  Gottinga  e  nel  18G1  usc'i  il  iv  volume  ,  che  d'a  pitture  di  Pompej  , 
e  ragiona  sui  modo  cbe  gii  antichi  dipingeano,  se  sul  legno  o  sulle  pareti,  sostenendo,  come  Raoul-Ro- 
cbelte,  cbe  lavoravano  sulle  pareti  bianche  (album),  in  sussidio  o  in  compagnia  dell'architettura. 

Gli  antiehi  dipingevano  pure  le  armi,  dapprima  con  disegni  che  di  huon'ora  diven- 
nero molto  complicati,  come  lo  mostra  la  descrizione  dello  scudo  d'Achille.  I  chiosa- 
tori di  Virgilio  pretendono  gli  scudi  fossero  coperti  d'una  tela,  su  cui  dipingevasi.  Nell'in- 
terno delio  scudo  della  Minerva  di  i  olote,  Paneno  avea  dipinto  la  pugna  delle  Amazoni. 
I  veterani  romani  distinguevansi  dalle  reclute  per  le  figure  dipinte  sugli  scudi  ;  e  abbiam 
da  Vegezio  che  ogni  legione  portava  un  segno  particolare  sullo  scudo;  e  da  Plinio  che 
gli  scudi  de'  patrizj  ornati  di  ritratti,  consacravansi  talora  nei  lempj  dove  formavano 
genealogie  parlanti  (ISat.  hist.  xxxv.  2j.  Anche  le  altri  parti  dell'arraadura  coprivansi 
di  colori. 

In  generale  gli  antichi  non  valgono  gran  che  nel  dipingere  la  luce,  e  non  mostrano 
conoscere  le  velature,  ma  davano  il  chiaro  ed  il  rilievo  con  linee  oscure  e  colpi  di  luce, 
non  fusi  insieme. 


§  106.   —   Generi  di  pittura. 

11  paesaggio  non  coltivarono,  poco  avendo  il  senso  delle  bellezze  campestri,  siccome 
ripetemmo,  e  siccome  appare  fin  nelle  composizioni  più  insigni  di  Teocrito  e  di  Virgilio. 
La  vita  e  la  forma  doveano  essere  in  accordo  nei  soggetti  greci;  vedervisi  la  relazione 
tra  lo  spirilo  e  il  fenomeno  :  né  conosceano  quel  vago,  quel  fiintastico,  che  a  noi  fa  de- 
liziosi i  paesaggi  e  la  natura  calma  e  solitaria.  Ai  paesaggi  che  sono  su  qualche  parete 
di  Pompej,  manca  ogni  prospettiva. 

Di  rabeschi,  cioè  incrociature  di  linee  rettangolari,  v'è  già  esempio  in  Pompej  nel 
pavimento  d'una  stanzina  laterale  al  peristìlio  nella  gynekonitis  della  casa  di  Atteone, 


172 


ARCHEOLOGIA  £  BELLE  ARTI 


nei  bagni  di  Livia,  al  monte  Palatino,  nelle  sale  sepolcrali  della  villa  Corsini,  nelle  tombe 
de'  Nasoni,  nelle  volte  delle  terme  di  Tito. 


m- 


Si  sa  che  questo  modo  divenne  poi  caratteristico  degli  Arabi,  la  cui  fede,  separando  ._ 
teramenle  Iddio  dall'opera  sua,  e  relegandolo  al  fondo  delle  impenetrabili  tenebre  del- 
l'unità assoluta,  vieta  le  figure  umane,  né  lascia  sfoggiare  che  nei  ghirigori.  E  ap- 
punto da  essi  ebber  nome  gli  arabeschi. 


Il  qui  appresso  effigiato  è  tolto  dalla  moschea  di  Cordova: 


L'esclusione  delle  immagini  non  è  però  fra  i  Musulmani  così  universale  come  si  crede, 
e  la  proibizione  s'interpreta  come  vieti  solo  il  valersi  delle  figure  a  modo  d'idoli. 
Molte  medaglie  portano  figure  umane;  alla  biblioteca  Ambrosiana  abbiam  due  codici 
arabi  ornati  di  figure  d'animali  e  d'uomini  ;  Abderamo  111  ornò  di  statue  le  porte  di 
Zahra  in  Ispagoa  ;  tappeti  con  figure  umane  si  ricordano.  Vedi  Castiglioni,  Monete 
cufiche,  Liv. 

De'  Romani  è  più  proprio  il  grottesco,  nome  che,  dal  trovarsi  nelle  grotte,  cioè  negli 
antichi  palazzi  sotterrati,  fu  dato  nel  xv  secolo  a  quella  mistura  di  figure,  di  fogliame 
di  linee,  di  bizzarrie,  di  cui  ornavansi  le  pareti.  Di  là  trasse  Rafaello  l'idea  degli  ornati 
delle  loggie  valicane  a  stucchi  e  pitture,  come  nella  figura  qui  contro,  che  sono  il  più 
bel  tipo  moderno.  Si  Vitruvio  che  Plinio  disapprovavano  questo  genere,  come  repu- 
gnante al  vero  artistico. 

Anche  il  grottesco,  nel  senso  di  buffo  che  oggi  vi  si  dà,  fu  conosciuto  ai  Romani,  che 
forse  lo  introdussero  dall'Egitto,  ma  senza  la  significazione  che  gli  Egizj  vi  attribuivano; 
bensì  con  figure  ridicole,  e  con  accoppiamenti  capricciosi  d'animali  diversi.  Ne  diamo 
due  figurine  appiedi  della  pag.  seguente,  che  rammentano  le  caricature  moderne. 

Mazois  conservò  una  pittura  di  Pompej,  ove  in  caricature  è  rappresentato  il  laborato- 
rio d'un  pittore  (V.  Revue  archéologique  ISio,  p.  MG).  Plinio  cita  Calade  e  Antifone, 
che  dipingeano  tabellce  comica?.  Si  conosce  un  quadro  di  Ctesilone,  allievo  di  Apelle, 
che  rappresenta  Giove  in  atto  di  partorir  Bacco,  assistito  dalle  dee.  S'iin  vaso  del  Va- 
ticano è  figurato  Giove  colla  scala  in  ispalla  jier  salire  alla  finestra  d'Alcmena,  mentre 
Mercurio  fa  lume.  Nel  museo  Boibonico  v'è  un  Enea  che  fugge  con  Anchise  e  Ascanio, 
tutti  trasfigurati  da  scimie;  e  un  altro  dipinto  con  due  carri,  tirati  l'uno  da  un  papa- 


GENERI  DI  PITTURA  i73 

gallo  di  cui  tien  le  redini  un  grillo  seduto  a  cassetta,  l'altro  da  un  grifone  guidato  da 
una  farfalla.  Ecco  prevenuti  Cavami  e  Grandville. 
FtÓGEt,  storia  del  grotteseo-comico,  con  atlante  (teJ.).  Lipsia  ^8G2. 


$  107.  —  L'encausto. 
Molto  praticavasi  la  pittura  alVencausio,  fatta  con  un  ferro  caldo,  sopratutto  per  ese- 
guire ammali  e  fiori,  dove  maggiore  si  richiedeva  l'illusionp.  Questo  modo  non  ben  si 
cbiarisce:  sappiamo  però  che  o  tracciavansi  i  contorni  col  ferro  caldo  sovra  tavolette 
d  avorio  ;  o  stendeasi  la  cera  colorata  sopra  tavolette  di  legno  o  d'argilla,  mediante  una 
punta  rovente  ;  o  si  dipingevano  i  vascelli  con  un  pennello  intinto  in  cera  fluida  mista 
a  pece,  che,  oltre  rornamenlo,  serviva  a  preservare  dall'azione  dell'acqua. 

Letbonne,  nel  Journal  det  Savans  ,  settembre  ^835-,  e  CiBTrEB,  nella  Revue  archéologique  ,  deunìeme 
annee,  première  panie.  Plinio  dice  che  Parrasio  dipingeva  in  membranit,  cioè  su  pergamena. 


174  ARCHEOLOGIA    E   BELLE   ARTI 


§  108.  —  Pitturi!  murtile  e  in  tavola. 

La  pittura  murale,  che  rimonta  a  tempi  antichissimi,  passò  dagli  ipogei  e  dai  tempj 
a  decorare  gli  appnrtamenti.  Nelle  pitture  parietarie  delTEtruria  i  colori  son  sempre  con- 
venzionali ;  le  donne  bianche,  gli  uomini  di  rosso  cupo,  cavalli  e  uccelli  cerulei  ;  essendo 
destinate  unicamente  a  rilevare  l'archilellura. 

Pitture  si  trovano  ne' più  antichi  monumpnti  egiziani:  e  i  colori  adoperati  erano  il 
bianco,  il  nero,  il  rosso,  il  giallo,  il  verde,  l'azzurro  di  cobalto,  che  da  noi  fu  ritrovato 
solo  da  un  secolo.  Essi  sono  conservatissimi,  e  li  stendevano  sulla  tela,  sul  papiro,  sul 
legno,  ed  anche  su  pietre  molli  o  dure.  Certo  mescolavano  ai  colori  altre  sostanze,  che 
ne  rinforzavano  o  modificavano  l'effetto  niiturale;  e  devono  esser  applicate  con  mor- 
denti efficacissimi  quelli  che  penetrarono  nelle  pietre  dure.  Talvolta  vi  son  dorature. 
Anche  gli  Etruschi  adopravano  la  hiacci,  su  di  essa  tracciando  poi  i  contorni  delle  fi- 
gure in  nero,  e  dentro  questi  disponendo  pli  altri  colori:  Plinio  ne  ricorda  di  esistenti 
al  suo  tempo  in  Ardea,  anteriori  alla  fondazione  di  Roma:  parecchie  se  ne  trovarono 
negli  ultimi  scavi. 

Non  sembra  gli  antichi  conoscessero  la  jiittura  a  fresco^  qual  l'intendiamo  noi.  Colla 
calce  fresca  non  sono  compatibili  le  lacche,  il  bianco  di  pionìbo,  il  minio,  l'orpimento, 
che  sono  i  colori  piìi  frequenti  nelle  pitture  antiche.  Quel  che  Plinio  chiama  in  udo  pa- 
riete  pingere,  è  spiegato  da  un  passo  di  Vitruvio,  ove  dice  che  sui  muri  ancor  freschi 
stendevansi  le  tinte  generali,  come  nelle  nostre  camere,  e  sopra  di  esse  poi  si  dipingeva. 
A  Pompej,  ad  Ercolano  e  altrove  si  vede  di  fatto  che  la  pittura  penetrò  talvolta  fin 
mezza  linea  ;  sopra  vi  si  pingeva  o  a  tempra  con  colori  sciolti  nell'acqua;  o  all'encausto. 
Ma  di  veri  adreschi  non  è  vestigio  né  fra  Greci,  né  fra  Egizj,  o  Etruschi,  o  Romani.  Vi- 
truvio parla  di  pitture  a  Sparta  su  muro  di  mattoni,  che  furono  chiuse  in  cornici  di 
legno  e  portate  a  Roma. 

RiTSCHi,  De  veterum  Grcecorum  jÀclura  parietum  conjeclura.  Lipsia  iSòi. 
Letbonne,  Lettre  d^un  anliquaire  à  un  artiste  sur  la  peinlure  murale. 

—        Leflres  sur  la  peinture  histurique  murale  1835.   Per  testimonianza  di  Himerio  ,  sostiene  che 

le  opere  di  Polignoto  e  Micene,  nel  Pecile  d'Atene,  vedeansi  ancoFa  al  fine  del  IV  secolo  d.  C,  cioè  850 

anni  dopo  eseguite. 

§  109.  —  Pitture  antiche  avanzate. 

Pochissime  pitture  ci  avanzarono  degli  antichi,  e  fin  testé  la  principale  era  quella 
intitolata  le  Nozze  Aldohrandine,  perchè  scoperta  nel  monte  Esquilino  durante  il  pon- 
tificato di  Clemente  Vili  (Ippolito  Aldobrandini) ,  e  che  ora  trovasi  a  Parigi:  è  uno 
stucco,  ove  dieci  figure  in  tre  gruppi  ben  composti,  eseguite  con  assai  franchezza, 
rappresentano  le  nozze  di  Teli  e  Peleo.  Ora  si  ebbero  centinujn  di  pitture  da  Ercohmo, 
da  Stabia  e  da  l'ompej,  fra  cui  stimano  maggiormente  le  due  Nereidi,  la  mercantessa 
d'Amori,  Telefo  nodrito  dalla  capra,  un  Chirone  e  Achille,  Perseo  e  Andromeda,  Bri- 
seide  consegnata  all'araldo  di  Agamennone,  nove  funambuli  che  noi  daremo  più  sotto, 
la  figlia  che  allatta  il  genitore,  il  Zefiro  e  Glori. 

i,e  pitture  di  Pompej  son  preziose  in  quanto  ci  offrono  vivissime  analogie  con  quadri 
antichi  di  cui  abbiam  la  descrizione,  tanto  da  crederle  copie,  fatte  da  artisti  dozzinali. 
Così  l'Ercole  fanciidlo  del  museo  Borbonico  richiama  quello  di  Zensi  descritto  da  Plinio 
fxxxv.  e.  9).  Un'altra  riproduce  in  parte  quel  che  sappiamo  del  sagrifizio  d'Ifigenia, 
fatto  da  Timante,  e  descritto  da  Cicerone  (De  perf.  orai,  e  da  Quintiliano  [Orat.  inslit. 
II.  15).  Quella  che  ritrae  Achille  in  Sciro  conviene  colla  descrizione  breve  ma  >'iva  la- 
sciataci d'uno  de'  più  preziosi  lavori  della  scuola  di  Corinto  (Pi.imo  xxxv.  c.  11). 

Superiori  alle  Nozze  Aldobrandine  son  anche  le  pitture  uscite  da  un  sepolcro 
di  famiglia  greca,  scoperto  in  Roma  sulla  via  Latina,  e  illustralo  dal  padre  Secchi 
[Roma  18i3). 

La  maggior  ricchezza  di  pitture  ci  è  data  dai  vasi,  dei  quali  parleremo  distintamente 
nel  Capo  seguente. 


MUSAICO.  17o 

Peiniuret  antiques,  imiléei  fidèlemenl  pour  le$  couleurt  et  pour  le  Irait,  d^aprèt  les  deisini  coloriit 

failtparP.  SAMr-BABTOLi.  Parigi  175T,  178^. 
Zahn,  Die  schiSmlen  OrnamenU  und  merkwilrdigtlen  Gemàlde  aut  Pompei,  Herkulanum  und  Slabia. 

Berlino  (828. 
— r  Ornamenla  aller  klaisifchen  Kumiepochen  nach  den  originalen  in  ìhren  eigenlhumlichen  Farben 

dargeslell.  Ivi  1832-48. 
Mai,  Homeri  lliuis,  pirlurce  antiqua  ex  codice  Mediolanenti.  Roma  •1835. 
—   firgilii picturcB  antiqua  ex  codice  Valicano.  Ivi  1853. 

§  110.  —  Musaico. 

Donde  avesse  nome  il  musaico  non  si  sa,  ma  pare  dalle  Muse,  e  consiste  nell'unir 
pietre  o  smalti  in  modo  che  rappresentino  un  disegno.  A  questo  modo  gli  antichi  face- 
vano pavimenti  con  tesselli  duri  {tea^eruloe)  uniti  con  un  mastice  {opu!^  teanollatum,  ver- 
miculatum),  talvolta  disposti  a  disegno,  talaltra  simili  ai  nostri  terrazzi  alla  veneziana; 
cioè,  coi  mazzi  spezzato  del  marmo  di  varj  colori,  se  ne  spargeano  i  frantumi  sovra 
un  mastice,  il  quale  prendeva  in  mudo  da  divenir  capace  d'una  bella  levigatura,  co- 
munque informe. 

Questo  cemento  calcare  è  men  durevole  del  mastice  adoprato  dai  nostri:  oltre  che 
Tessere  di  durezza  differente,  i  vetri,  i  marmi,  le  argille,  spesso  adoperati  insieme,  fa 
si  guastino  facilmente.  I  nomi  variano  secondo  l'arte.  Vermiculatum  opus  diceasi  quello 
di  pietruzze  ros-e  e  fine.  Altre  volte  i  pavimenti  si  facevano  con  segmenti  di  lastre,  di 
forma  e  colori  diversi,  commessi  in  guisa  che  offrissero  riquadri  o  scacchi,  e  diceansi 
opus  testellaium  o  quadralarium.  Nell'opu»!  si'ctile  o  variano  le  linee  che  circoscrivono 
un  campo  di  un  colore,  o  variasi  anche  il  campo  per  ricevere  l'opus  vermiculatum. 
Negli  ultimi  tempi  si  collegarono  anche  vetri  di  più  colori  nelle  finestre.  Con  fili  di 
vetro  fusi  insieme  formavasi  pure  un'altra  specie  di  musaico. 

La  parte  più  noliile  del  musaico  è  il  formare  dei  quadri,  al  qual  modo  si  eseguivano 
i  pavimenti  delle  case  ricche.  Alla  soglia  sovente  si  faceva  un  cane:  ne'triclioj  simula- 
vansi  avanzi  di  mense  e  spazzature:  nei  cubicoli  spesso  un  soggetto  osceno.  Alcuni  ci 
pervennero  tanto  più  preziosi  perchè  è  probibile  ritraggano  quadri  d'autori  periti; 
tal  è  quello  trovalo  nel  tempio  della  Fortuna  a  Preneste,  che  credesi  fatto  porre  da  Siila; 
quello  della  villa  Albani,  della  Barberini,  di  Otricoli.  Rinomate  sono  le  colombe  del 
Furielti,  ora  nel  museo  Capitolino,  e  trovate  nella  villa  Adriana  a  Tivoli. 

Ultimamente  si  scopersero  due  grandi  musaici.  Uno  nelle  terme  di  Caracaìla,  e  posto 
nel  palazzo  di  Laterano  a  Roma,  figura  la  scuola  degli  atleti  distinti  in  alunni  e  gin- 
nasti; e  fu  illustrato  dal  p.  Secchi  (Roma  1843),  con  molte  particolarità  su  tal  genere 
di  lavoro  e  sulla  palestra.  L'altro  è  il  famoso  dissotterrato  a  Pompej  il  24  ottobre  1831, 
lungo  palmi  21  e  largo  10  1  [2,  figurante  una  battaglia,  che  si  suppone  quella  di  Ales- 
sandro al  Cranico. 

A  musaico  talvolta  si  facevano  le  iscrizioni,  come  nel  pavimento  scoperto  il  1842 
a  Terracina.  Fra  altri  musaici  di  Pompej  ricorderemo  la  fontana  trovata  nel  1833  in 
una  casetta  dietro  al  tempio  della  Fortuna,  che  rappresenta  un'edicola  colla  statua  del 
dio,  fiancheggiata  da  fregi  e  animali.  Talora  se  ne  ornavano  le  volte.  Si  fecero  anche 
musaici  sopra  rilievo,  come  ve  n'ha  alla  collezione  di  Ambras  a  Vienna. 

Il  musaico  fu  presto  adottato  da'  Cristiani,  e  nelle  chiese  di  Roma  se  ne  può  seguitare 
la  serie  dai  primi  secoli  fin  al  risorgimento.  Sotto  Teodosio  li  già  erano  di  tanta  impor- 
tanza questi  lavori,  che  i  Musivarii  erano  dispensati  dai  servizj  pubblici  (lib.  x  de  ex- 
cusatione  artipcum). 

Orai  rausaicisti  di  Roma  adoprano  quindicimila  varietà  di  colori,  ciascuna  delle  quali 
ha  le  sue  gradazioni  dal  più  chiaro  al  piìi  caricato. 

FcB!ETTi,  De  mu$ivi$. 

De  Viels,  Sulla  pittura  a  mu$aico. 

§PBETi,  Compendio  tiorico  dell'arte  di  comporre  i  musaici.  Ravenna  1804. 

Luigi  Bossi,  Sui  cubi  di  vetro  opalizzanti  degli  antichi  musaici.  Uilano  -IS09. 

F.  Q.  Visj;osTi,  Sluseo  Pio-C tementino,  tav.  g.  xii. 

ftliAB4si4,  femi  *ul  grart  muiaifp  di  Pompej.  Napoli  -1851 . 


176  ARCHEOLOGIA   E  BELLE  ARTI 


gin.  —Smalto. 

Smalto  chiamasi  spesso  qualsiasi  vetro,  colorato  da  una  sostanza  metallica  che  gli 
tolse  la  trasparenza  :  siffatti  erano  molti  scarabei  antichi,  e  grani  o  cilindri  per  le  col- 
lane egizie,  e  i  cubi  che  si  adopravano  per  musaici.  Più  specialmente  dicesi  smalto  un 
rivestimento  di  materia  vetrificabile  sopra  lavori  di  terra  cotta  o  metallici.  La  pittura 
su  smalto  consisteva  fra  gli  antichi  nel  ricavare  nel  metallo  un  disegno,  poi  l'incavo 
riempiere  d'una  vetrificazione  di  molti  colori,  e  così  ottenerne  una  rappresentazione. 
Nel  medioevo  si  continuò  questo  modo,  come  può  vedersi  nella  corona  di  Agilulfo  e 
in  una  croce  pettorale  a  Monza,  e  nella  corona  di  Carlo  Magno  del  tesoro  di  Vienna. 
Solo  nel  1538  Ugolino  Vieri,  facendo  l'ostensorio  di  Orvieto,  empì  i  vani  di  smalto 
bianco,  su  cui  dipinse  a  colori  vetrificabili,  modo  che  fu  poi  perfezionato,  e  che  con- 
serva inalterabili  i  dipinti. 

JcLES  Lab&bte,  Recherchet  tur  la  peinture  en  email  dam  Vanliquité  et  au  moyen  dge.  Parigi  1836. 

gll2.  —  Del  disegno. 

Fondamento  dell'arte  era  l'imitazione  reale  o  l'assoluto  rilievo;  non  già  l'imitazione 
della  sola  immagine  ottica.  Pertanto  gli  antichi  trattarono  il  bassorilievo  come  la  sta- 
tuaria, e  la  pittura  come  il  bassorilievo. 

Nel  bassorilievo  si  mirò  a  rappresentar  tutta  la  parte  del  corpo,  piena  e  rotonda  al 
possibile;  ma  in  appresso  s'adoprò  qualche  varietà  nei  piani  e  qualche  scorcio. 

Dipoi  anche  nella  pittura  s'introdusse  la  prospettiva,  sin  a  formare  un  ramo  partico- 
lare co!  nome  di  sc?nor/ra^a,ldovesi  guardava  non  tanto  alla  correzione  del  disegno,  come 
a  far  illusione.  Però  gli  artisti  veri  ponevano  più  mente  alla  rappresentazione  compiuta 
delle  forme  nella  totale  loro  bellezza  e  in  tutto  il  loro  carattere,  che  non  all'illusione 
prodotta  mediante  lo  scorcio  e  la  diminuzione  delle  figure:  quindi  la  pochissima  cura 
alia  prospettiva  aerea,  e  al  contrasto  dei  chiari  e  delle  ombre. 

I  bassorilievi  egizj  sono  sempre  di  profilo;  quei  di  Selinunte  anche  di  prospetto,  ma 
nella  maniera  medesima.  Quei  delle  tombe  attiche  sono  di  profilo  più  preciso,  come  se- 
gati per  lo  mezzo  del  naso.  Nei  bassorilievi  del  Partenone  la  più  parte  sono  di  profilo 
evitati  gli  scorci  troppo  rigidi,  mentre  ce  n'ha  in  quei  di  Figalia. 

Spesse  volte  il  concetto  della  figura  nascea  dal  posto  ch'essa  doveva  occupare  archi- 
tettonicamente, giacché  i  bassorilievi  non  servivano  che  a  riempiere  dei  vuoti.  Da  ciò 
sono  determinate  le  composizioni  dei  frontoni  de'  tempj.  Non  si  conosce  verun  basso- 
rilievo che  slesse  isolato. 

II  non  saper  disporre  ne'  quadri  le  figure  sopra  diversi  piani,  facea  che  quelli  si  fa- 
cessero sempre  di  poche  figure. 

§  115.  —  Soggetti  delle  arti  del  disegno,  e  composizioni. 

Discorsa  fin  qui  delle  arti  belle  la  parte  tecnica^  cioè  la  materia  e  il  modo  ond'era  trat- 
tata, e  le  forme  in  quanto  possono  considerarsi  separatamente  dall'arte,  rimane  ora  che 
discorriamo  dei  sofjgdli  e  delle  composizioni^  vale  adire  delle  immagini  intellettuali. 

Nell'arte  più  antica  hanno  gran  parte  i  simboli  (§  551,  metafore  del  disegno,  con  cui 
non  si  rappresenta  ma  si  indica  l'influenza  arcana  delle  forze  universali  della  natura, 
sovente  sotto  immagini  strane,  e  sempre  con  forme  indecse.  Questo  linguaggio  è  co- 
mune a  tutti  i  popoli,  e  naturulmente  varia  dagli  uni  agli  altri,  né  sempre  è  possibile 
trovarne  il  sii;nificiilo  o  il  motivo  Con  simboli  i  Messicani  rappresentav.mo  la  loro  storia, 
ed  anche  idee  astratte.  I  Persiani  e  gli  Ebrei,  escludendo  le  rappresentazioni  della 
divinità,  ritennero  i  simboli;  ne  son  pieni  i  Profeti,  e  tali  erano  i  cherubini  dell'Arca. 
Sino  il  firmamento  fu  ornato  di  simboli,  quali  sono  quelli  dello  zod  aco.  Spesso  erano 
fondati  sopra  capricciose  tradizioni  :  se  crediamo  ad  Orapollo,  gli  Egizj  tenevano  l'a- 
•voltojo  non  fosse  che  femmina  e  concepisse  d'aria,  laonde  era  preso  per  simbolo  del 


IIUUUG  BIMliULlCUE 


1T7 


«esso  femminile;  che  il  cinocefalo  presso  a  morte  perda  ogni  giorno  la  eettantaduesima 
parte  di  sé,  laonde  era  simi)olo  della  ti^rra  divisa  in  settantadue  parti. 

Vanno  ascritte  al  sitnliolo  tutte  quelle  aggregazioni  di  parti  eterogenee,  ijsate  special- 
mente fra  Indiani  ed  Egizj,  come  nella  figura  qui  esibita  dell'indiano  Ganesa;  ossia  la 
rappresentazione  di  parli  isolate,  occbi,  teste,  braccia  ;  o  la  moltiplicazione  di  membri, 
come  nella  trinità  indiana,  qiial  vedesi  in  queste  due  altre  figure; 


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1  rffl^^  )(Ph  ^  0^"* 

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ifflui  1 

__Jfl|it|fl!||||lffl!^lif"ll'l|;^-,y:iin«6.if,a-iii;. 

Comunissime  §ono  tali  congiunzioni  fra  gli  Egizj,  e  siano  esempj  l'Anubi  qui  sotto 
figurato  (i\"  I),  e  l'Arueri  a  pag  52.  Sempre  poi  le  loro  divinità  recano  simboli,  e  so- 
vente geroglifici,  come  nella  figura  di  Anuke  a  pag.  53,  e  in  quella  a  pag.  461. 

In  queste  altre  di  Athor  al  IN"  2.  3,  vedonsi  a  quella  dea  affisse  alcune  parti  degli  enti 
a  lei  sacri;  oreccbie  di  vacca,  l'avollojo,  l'ureo,  il  disco. 

1  2  3 


Camù,  Dvcurnenti.  —  Tom.  1,    Archevlvgia  e  Balle  Arti 


12 


178 


ARCHEOLOGIA    E    BELLE    Ami 


Anche  nelle  scultura  ora  scoperte  a  Ninive  son  uomini  con  testa  d'uccello,  tori  con 
teste  umane,  come  qui  sotto. 

1  Greci  colia  religione  ricevet- 
tero dall'Oriente  anche  i  simho- 
li,  e  se  ne  trovano  traccie  nella 
Cibele  tutta  a  mammelle  che  sta- 
va ad  Efeso  (pag.  39),  nel  Briareo 
dalle  cento  braccia,  nell'Ecate 
triforme.  Pure  lo  squisito  lor 
gusto  non  sapeva  acconciarsi  a 
quelle  stravaganze;  ed  anche 
dove  lo  serbarono ,  eran  però 
ligure  non  create  a  fantasia,  ina 
tratte  dal  positivo,  al  più  combi- 
nando parti  eterogenee:  i  satiri 
son  uomini  con  ringhio  beffardo, 
e  corna  e  gambe  di  capro;  le 
sirene  son  donne  finite  in  pesci: 
finite  in  uccelli  le  arpie;  uomini 
i  centauri,  con  corpo  di  cavallo; 
anzi  talora  l'uomo  è  intero,  e  il 
cavallo  non  forma  che  la  parte 
posteriore.  L'applicare  attri- 
buti d'animali  a  figure  umane 
crebbe  nelle  successive  comuni- 
cazioni coll'Orienie. 

La  mitologia  greca  deriva  evi- 
dentemente dalla  orientale:  ma 
mentre  la  orientale  esprime  il 
culto  della  divinità  per  via  di 
simboli  grossolani  tratti  dalla 
forma  umana,  o  mescolando  que- 
sta alla  forma  animale,  o  ridu- 
cendola a  caricatura;  la  greca 
non  cerca  esprimere  la  divinità  che  colla  forza,  la  nobiltà  e  la  bellezza  umana.  Tale  svi- 
luppo non  si  fece  tutt'a  un  tratto,  e  in  Omero  appajono  ancora  tracce  di  questo  modo  di 
rappresentare  il  pensiero  religioso;  poi  dileguarono  così  nella  poesia  come  nelle  arti , 
dove,  se  in  qualche  figura  si  conservò,  fu  in  modo  secondario,  e  subordinatamente 
alla  bellezza  umana. 

La  piij  consueta  deviazione  dalle  forme  naturali  fu  quella  delle  figure  alate.  Romani 
e  Greci  non  usarono  gran  fatto  rappresentare  così  gli  esseri^di  ragione  personificati:  in 
Esiodo  le  varie  creazioni  teogoniche  non  hanno  ale:  Omero  nomina  soltanto  Iride 
dall'ali  d'oro  (/puió'vrsp')-).  Nella  statuaria  j;reca  non  si  trovano  queste  misture  che 
nelle  Gorgoni  e  nelle  Eumenidi,  oltre  i  talari  di  [Mercurio,  Più  tardi  si  applicò  ad  altri 
enii  di  ragione,  come  Amore  e  Imene,  e  ai  genj  delle  sepolture  e  dei  misteri. 

A  Corinto  e  in  Etruria  invece  abbondano  le  figure  alate ,  ma  piuttosto  su  vasi  e  in 
pittura.  Alata  faceasi  pure  la  Fama,  e  così  la  Vittoria,  la  quale,  in  un  bellissimo  basso- 
rilievo dell'Acropoli  di  Atene,  sta  levandosi  i  sandali,  quasi  ad  indicare  che  più  di  là 
non  deve  partirsi. 

Sul  tardi  i  Romani  ricevettero  molti  simboli  col  culto  di  Mitra.  Un  campo  più  basso 
restò  ad  artieri  manuali ,  (jual  fu  il  preparare  amuleti  alla  superstizione,  dei  quali  di- 
scorreremo più  avanti. 

Per  consueto  però  i  Greci  diedero  agli  Dei ,  come  i  vizj  e  le  virtù  ,  così  la  figura 
umana;  cessate  le  astrazioni,  li  riducono  uomini,  tanto  che  spesso,  per  esempio  sui 
vasi,  si  mette  il  nome  per  discernere  la  divinità.  Pure  ogni  divinità  aveva  una  fisionomia 
sua  propria  (sua  quemque  deorum  In^cribit  facies;  Oviao,  Mctam.  vi.  74j,  e  giova  il 
conoscerle  per  distinguere  a  primo  aspetto  la  rappresentazione  d'un  monumento.  S'ag- 


MITI,    EROI.    niTKATTI 

giungano  le  personifica- 
zioni ,  che  si  eslesero  a 
tulli  gli  enli  di  ragione: 
le  Muse,  il  Tempo,  l'An- 
no, i  Mesi,  le  Stagioni, 
il  Giorno  e  la  Nolte,  le 
Ore,  l'inferno,  la  Morte, 
il  Destino,  i  Venti,  gli 
Elementi,  i  Genj  della 
vegetazione,  de'  fiumi, 
de'  monti,  de'  paesi,  delle 
città,  delie  vie,  le  Atti- 
vità umane. 

Crebbe  il  campo  col- 
l'unirsi  alle  indigene  le 
divinità  estere  ,  fosser 
quelle  dell'antica  Italia, 
fosser  quelle  degli  stra- 
nieri, massime  dell'Egit- 
to e  della  Persia,  come  la 
qui  contro.  Anzi  talvolta 
si  fecero  statue  paniee , 
cioè  coi  simboli  di  differenti  divinità  riuniti  sopra  una  sola. 


179 


§  114,  —  Soggetti  delle  arti  del  disegno,    e  composizioni 

La  ricchissima  mitologia  greca  offriva  innumerevoli  soggetti  ,  e  bellissime  combina- 
zioni all'arte.  Gli  eruditi  ne  formarono  diversi  gruppi  o  cicli,  ai  quali  innestarono  le 
rappresentazioni  delle  favole,  come  le  fatiche  d'Ercole,  le  imprese  di  Teseo,  di  Beliero- 
fonte,  di  Giasone,  della  guerra  di  Tebe. 

Alcuni,  che  si  staccano  affatto  da  quanto  si  conosce,  con  nome  dedotto  dalla  geolo- 
gia, furono  intitolati  miti  erratici.  Tal  sarebbe,  nel  museo  di  Berlino,  un  Mercurio  che 
fa  una  figura  di  cigno  colla  testa  di  fanciulla  semivelata. 

Di  molti  non  si  può  dare  spiegazione,  perchè  perirono  le  poesie  a  cui  si  riferivano; 
e  il  Visconti  confessa  non  avrebbe  potuto  chiarire  l'insigne  vaso  Poniatowski,  se  non 
l'avesse  soccorso  l'inno  a  Cerere  scoperto  recentemente  a  Mosca.  Ciò  tanto  più  accade 
di  quelli  che  si  riferiscono  a  costumi  di  paesi  incogniti,  o  che  non  lasciarono  una  let- 
teratura. 

Hevne,  De  causis  fabularum  seu  mythorum  physicis;  negli  Opuscoli  accademici. 

Crel'ZER,  Dionisiache,  e  Religioni  deìV antichità. 

Ott.  Mceller,  Proleg.  zu  einer  Wissenichafl  mytolog.  Gottinga -1823. 

Hartl'ng,  Die  Betigion  der  Ròmer. 

Giitler  und  Heroer  griechen  und  romer.  Berlino  -1826. 

Clavel,  Hitloire  pittoresque  de  toutes  les  religioni. 

Millin's,  Mythologische  Gallerie.  Berlino  -1856,  2  voi. 

F.  Triersco,  Diss.  qua  probatur  teterum  arti/ìcutn  opera  velerum  poetarum  earminibut  optime  eX' 
plicari.  Monaco  -1833. 

A  Monlfaucon  'e  scemata  l'autorità  dalla  mescolanza  d'esempj  moderni.  Mongez,  Recueil  d^ antiquilés ,  e 
più  completo  che  Cori,  Wiuckclmann,  Viscanli  ecc.:  li  trae  da  monumenti:  ma  le  medaglie  gli  offrirono 
teste  sloriche,  per  esempio  d'Omero,  che  naturalmente  mancano  d'autenticità. 

Venivano  poscia  gli  eroi,  distinti  per  fermezza  di  lineamenti  e  precisione  di  forme, 
anzi  a  queste  ravvisavansi,  anche  indipendentemente  dai  loro  simboli:  dal  che  gli  an- 
tiquari hanno  grande  ajulo  a  riconoscere  non  solo  le  statue  intere,  ma  anche  i  fram- 
menti. 

Oltre  i  cicli  d'Ercole,  di  Teseo,  di  Tebe,  infiniti  soggetti  offrivano  la  guerra  di  Troja 
e  gli  episodj  ad  essa  relativi  ;  e  nella  espressione  della  ricchezza  di  caratteri  da  Omero 
trovati,  apparve  grandissima  l'arte  greca.  È  però  falso  che  Onaero  solo  avesse  il  privi- 


iSO  ARCHEOLOGIA    E    BELLE    ARTI 

legio  di  somministrare  soggetti  alle  pitture;  e  i  vasi  scavati  recentemente  attestano  che 
a  gran  torto  si  ripudierebhe  la  spiegazione  d'una  favola,  perchè  in  mnniera  difTerenfe  è 
data  da  Omero.  Il  famoso  specchio  etrusco  del  Tiresia  rappresenta  l'evocazione  delle 
ombre  narrata  neìVOdissea,  con  circostanze  tanto  diverse,  che  non  può  credersi  dedotta 
da  quella. 

Questi  già  sono  un  passaggio  della  vita  eroica  e  de'  semidei  a  quella  affatto  umana. 
La  storia  fu  spi'sso  trattata  dai  Greci;  e  in  pittura  sappiamo  essersi  figurali  i  fatti  della 
guerra  persiana  nel  portico  l'écile.  Ma  in  plastica  le  composizioni  storiche  si  può  dire 
non  comincino  che  con  Alessandro.  Ben  v'aveva  alcuni  fatti  prediletti  dagli  artisti,  e 
simili  a  miti,  come  la  storia  dei  fratelli  di  Ciitania  ,  Ero  e  Leandro  ,  e  avvenimenti  di 
filosofi  e  poeti,  come  il  colloquio  estremo  di  Socrate,  Creso  sul  rogo  ecc. 

I  Homani  più  fre(|uentarono  le  composizinni  storiche  (Giugurta  ,  Curzio,  Scevola ,  la 
morte  di  Cesare,  di  Lucrezia),  e  ne  son  pieni  gli  archi  di  trionfo,  e  cosi  le  monete  im- 
periali. Pure  è  uotev()le  che,  delle  tante  pitture  del  museo  Borbonico,  due  sole  sono  di 
soggetto  storico,  Sofonisha  e  Mas^inis^a  e  la  Carità  greca.  Molte  volte  ritrassero  le  apo- 
teosi, ritorno  dalla  vita  umana  alla  celeste,  i.e  scene  poi  di  vita  civile  sono  sempre  ac- 
compagnate da  figure  mitologiche  ;  Amore,  Giunone,  la  Vittoria  ecc. 

Livio  fxii.  28)  racconta  che  Sempronio  Gracco  console  dedicò  nel  tempio  della  madre 
Matuta,  il  174  av.  C,  una  pittura  che  consisteva  nel  piano  dell'isola  di  Sardegna,  colla 
figura  delle  varie  battaglie  ivi  da  lui  combattute.  E  Plinio  (xxxv.  7),  che  Lucio  Ostilio 
Mancino  nel  147  av.  C.  espose  nel  fòro  una  pittura  della  presa  di  Cartagine,  dov'erano 
rappresentate  le  parti  più  cospicue  e  i  varj  iucidenli,  È  ben  difficile  immaginarsi  pit- 
ture sifatte. 

A  fare  ritratti  si  cominciò  in  onore  de'  vincitori  de'  giuochi  sacri,  sicché  erano  in 
qualche  modo  legati  al  culto  patrio.  iMolt'plicaronsi  poi  a  misura  che  all'amor  della 
patria  e  della  libertà  sottentrò  l'ambizione  politica  e  l'adulazione. 

Facevansi  più  sovente  di  bronzo,  raramente  di  marmo  ;  statue  intere,  o  busti,  o  ermi, 
0  scudi.  Dapprincipio  rappresentavano  alla  libera  il  carattere  fisico  e  morale;  col  che  si 
produssero  anche  ritratti  di  antichi,  come  Omero  e  i  sette  Sapienti:  dipoi  v'ebbe  artisti 
specialmente  occupati  ai  ritratti  degli  scrittori,  e  massime  de'  filosofi,  per  ornamento 
forse  di  musei  e  biblioteche.  Appunto  perchè  se  ne  formavano  collezioni,  ce  ne  arrivò 
maggior  numero  che  non  di  busti  di  principi,  nei  quali  l'aspetto  umano  soleva  idealiz- 
zarsi. Di  Alessandro  ne  abbiamo  assai;  e  dopo  di  lui  la  serie  delle  dinastie  elleniche 
può  ricavarsi  dalle  monete. 

A  Roma  nell'atrio  delle  case  tenevansi  efiRgie  di  cera  dei  re  o  degli  antenati  ;  ma  le 
prime  dovettero  esser  ideali ,  e  tali  in  conseguenza  i  busti  che  tardi  si  fecero  de'  re  e 
de'  primi  eroi.  Solo  all'età  degli  Scipioni  ponno  cominciare  busti  Hutentici.  Cesare  fu 
il  primo,  di  cui  vivo  si  ponesse  l'effìgie  sulle  monete  battute  nelle  provincie;  l'imita- 
rono i  suoi  uccisori  e  i  triumviri;  poi  abbiamo  compiuta  l'iconografia  degli  imperatori, 
mentre  son  rari  i  busti  di  poeti  e  dotti  romani.  Ad  Ercolano  trovaronsi  statue  onorifiche 
di  famiglie  intere,  come  i  Balbi. 

Varrone  uni  alle  sue  biografie  cento  ritratti,  e  così  Pomponio  Attico  alla  sua  opera 
sugli  atti  degli  illustri  Romani.  Cicerone  parla  di  quelli  che  davansi  fra  amanti,  e  a 
Properzio  destavano  gelosia  juvenwn  facies  pictoe;  e  altrove  aut  certe  tabulce  capient 
mea  lumina  piclce. 

Le  molte  iconografie  cedono  alle  insigni  di  E    Q.  VISCONTI.  Yedansi  pure  : 
Gcblitt's,  Versuch  Uber  die  Buslenkunde,  1800. 

HiBT,   Veber  dai  Bìldnisi  der  Alien  ecc.  1814,  e  Bilderbueh^  che  'e  l'iconograGa  per  la  mitologia,  l'ar- 
cheologia e  le  belle  arti. 
Clavel,  UUloire  pilloresque  de  loules  lesreligions.  Parigi  -1844. 

Le  cerimonie  del  culto  sono  spesso  rappresentate  dagli  antichi  e  ne'  greci  bassorilievi 
mostrano  grande  semplicità  in  piccola  estensione;  ne'  romani  sono  più  estesi  e  di 
maggiori  particolarità.  Fra  i  greci  souo  notevoli  (juei  che  figurano  ollerle  ai  morti,  che 
attestano  una  specie  di  cullo  delle  tombe,  negato  da  molti.  Per  culto  domestico  pure 
consacravansi  erme  e  statue,  come  ne  fanno  fede  molli  bassorilievi  e  gemme.  Ai  perso- 
naggi che  avevano  principal  parte  nei  sagrifizj ,  davansi  nelle  statue  atteggiamenti  che 


SOGGETTI   VAnj.    PORNOGRAFIA  181 

le  esprimessero.  Figure  proprie  di  sagrifìzj  erono  le  cenefore  e  oltre  fanciulle  e  jerodule 
e  vestali,  consacrale  agli  Dei.  Da  questa  serie  di  opere  deduciiimo  le  principali  informa- 
zioni inturno  ai  riti  sacri. 

Nelle  rovine  di  iNinive  il  Botta  ritrovò  in  argilla  l'Kroe  che  conibalte  il  lione,  sog- 
getto niitriaco,  di  cui  forse  sei  ripetizioni  si  conoscono.  Prediletto  tema  erano!  giuochi 
ginnastici.  La  serie  delle  statue  de'  vincitori  olimpici  è  perduta,  salvo  forse  qualche 
frammento;  ma  di  alcune  restano  copie:  poi  bassorilievi,  vasi,  gemme,  monete  ci  com- 
piono la  serie  di  tali  esercizj. 

Studiavano  ^li  antichi  nell'attribuire  forme  determinate  a  ciascuna  professione ,  e 
tanto  più  a  quelle  che  portavano  lo  sviluppo  di  membri  o  muscoli  speciali.  Altre  volte 
sono  distinti  o  dalle  corone,  o  dall'arma,  o  dalPiitto:  tali  abbiamo  il  Discobolo,  i  Lot- 
tatori, l'Atleta  che  si  unge.  I  Romiini  più  volte  ritrassero,  massime  a  musaico,  le  lotte 
equestri,  e  giuochi  del  circo  :  gladiatori  effigiavansi  sovente  sulle  tombe. 

Frequentissimamente  i  soggetti  sono  dedoui  dal  teatro  ;  e  perciò  capitale  è  nella  storia 
delle  arti  la  conoscenza  de'  drammatici  greci  e  de'  frammenti.  Anche  le  danze  vedonsi 
spesso  sui  vasi  e  sui  n)uri  :  così  pure  battaglie,  delle  quali  poi  si  hanno  tante  rappre- 
sentazioni sugli  archi  trionfali ,  ed  anche  (|ualche  statua ,  che  forse  formava  parte  di 
gruppi  maggiori  ;  tali  forse  il  Gladiatore  Borghese,  e  il  Gladiatore  morente,  che  oggi  si 
reputa  un  guerriero  Gallo  spirante  sul  campo.  Nelle  battaglie  navali  l'uomo  primeggia 
sempre  sopra  la  massa  inerte. 

Sulle  stele  sepolcrali  sono  riprodotte  sovente  le  scene  della  vita  domestica;  e  forse  a 
tal  genere  appartenevano  quei  bassorilievi,  che  ora  trovansi  sparsi  ne'  musei.  Alti  legali 
sono  pure  rappresentati  non  di  rado,  come  emancipazioni,  giuramenti,  provocazioni, 
giudizj ,  bandi  di  legge.  Spesso  anche  le  caccio,  principalmente  del  cinghiale,  e  scene 
campestri,  riferentisi  per  consueto  al  ciclo  di  Cerere  e  Bacco,  e  dove  hanno  gran  parte 
i  Satiri  e  gli  Amorini.  Con  molta  varietà  rappresentossi  pure  il  pescatore. 

Le  scene  campestri  spesseggiano  nelle  pitture  etrusche.  Sono  conosciuti  il  fanciullo 
che  si  trae  la  spina,  e  quelli  in  lotta  con  oche,  e  altri  con  anfore  sulle  spalle  per  orna- 
mento di  fontane.  Scene  domestiche  frequentano  sui  vasi  italioti;  talvolta  cerimonie 
funebri. 

Di  simili  soggetti  è  maggior  abbondanza  fra  gli  Egizj ,  ne'  cui  ipogei  può  dirsi  effi- 
giata tutta  la  vita.  Il  museo  di  Torino  ha  circa  ducenlo  quadri  egizj  fra  intagliati  e 
dipinti,  di  cui  venti  su  legno,  di  colori  freschissimi,  e  che  figurano  cibi,  fiori,  frutti 
offerti  a  uomo  o  donna,  champollion  in  un  ipogeo  presso  hi  kah  vide  un  bassorilievo 
rappresentante  il  battere  dei  covoni  di  grano  col  mezzo  de'  bovi.  Di  sopra  è  una  canzone 
geroglifica,  ch'egli  pretese  leggere  così:  Battete  per  voi  (ò?s),  o  bovi;  baitele  per  voi 
(bis)  delle  moyyia  per  voi,  delle  moggia  pei  vostri  padroni. 

Le  mense  e  i  simposj  avevano  un  carattere  solenne,  molto  opportuno  all'arte.  Suj 
vasi  funerarj  spesso  ricompajono,  come  simbolo  di  godimenti  materiali  dell'altra  vita, 
e  dove  i  morti  hanno  e  vivande  e  suoni  e  cortigiane.  Altre  rivelano  scene  maritali;  un 
efebo  che  persegue  una  fanciulla,  la  sposa  consegnata  da  Giunone  al  marito,  il  bagno 
della  fidanzata,  la  processione  di  essa  in  carro,  la  sua  tavoletta.  A  Pompej  si  trovarono 
molte  rappresentazioni  domestiche;  ora  una  biblioteca  finta ,  ora  una  cucina,  o  una 
mensa  fornita. 

Le  pitiure  oscene  erano  comunissime  nelle  case  greche  e  romane,  e  massime  nelle 
camere  da  letto  {Sic  quoe  concubttus  varios  ,  Venerisque  fìguraa  Exprimat ,  est  ahquo 
parva  tabella  loco.  Ovidio,  Trist.  ii);  tantoché  come  pericolose  alla  virtù  femminile  le 
rimproverano ,  non  solo  i  santi  Padri ,  ma  Ovidio  perfino  e  Properzio  (Eleg.  ii.  5j.  Fa- 
cevansi  per  lo  più  sopra  tavule;  e  gli  zerbini  ne  portavano  indosso  entro  i  dittici:  ma 
ciò  che  parrà  più  strano,  esponeansi  sotto  i  portici  de'  tempj:  uso  forse  derivato  dal- 
l'età quando  tali  rappresentazioni  non  erano  che  allusioni  mistiche.  Gli  scavi  d'Erco- 
lano  e  Pompej  ne  olVrirono  tante,  da  formare  un  ricco  gabinetto  osceno.  Molte  ne  ha 
pure  sui  vasi ,  molte  nelle  tombe,  ed  anche  ultimamente  se  ne  trovarono  nei  sepolcri 
scoperti  alla  villa  Painfili. 

Artisti  inferiori  ebbero  a  ritrarre,  per  mostre  di  botteghe ,  o  per  cippi  sepolcrali ,  le 
diverse  professioni  ;  donde  oggi  caviamo  curiose  cognizioni. 

L'amore  de'  Greci  pel  bello  e  per  la  vita  fece  che  di  rado  rappresentassero  la  morte. 


182 


ARCHEOLOGIA   E   BELLE   ARTI 


Ne  simboleggiavano  l'idea  con  genj,  o  con  scene  di  addio,  di  viaggi,  di  sonno.  Scheletri 
e  teschi  non  coinpajono  tra  questi  simboli  che  tardi;  ma  a  Pompej  si  trovò  una  donna 
che  adorna  uno  scheletro  fpag.  '154);  a  Napoli  un  cippo,  su  cui  uno  scheletro,  dalla 
cui  bocca  vola  una  farfalla.  A  Pompej  si  sterrò  pure  un  teschio  fatto  d'avorio;  ma 
sembra  falso.  Altrove  uno  scheletro  che  balla  al  flauto  di  Sileno,  previene  le  famose 
danze  dei  morti.  Un  gruppo  di  scheletri  è  scolpito  nelle  rinomate  grotte  di  Ellora  nel- 
l'India. Talora  lo  scheletro  veniva  presentato  ai  banchetti,  come  vedesi  in  qualche  bas- 
sorilievo, e  com'è  accennato  in  Petronio. 

Olfers  {Schrifìen  der  Beri.  Àkad.  ^836.,  p.  ^  e  30,  pi.  ^-b)  raccolse  gli  schelelri  esistenti  in  monumenti 
antichi.  Alcuni  sono  presentati  da  Spon,  Recherches  curieuset^  p.  91  e  92. 


§  H5. 


Vestì  e  acconciature 


Della  coltura  del  corpo  molta  cognizione'possiamo  ritrarre  dai  monumenti  grafici. 

Gran  varietà  corre  fra'  popoli  e  fra'  tempi  circa  alla  barba  e  ai  capelli.  1  Cinesi  si 
radono  affatto,  tranne  una  ciocca  alla  nuca  che  cade  in  lunghissima  treccia.  Gllndiani 
tingevano  capelli  e  barba.  La  foggia  degli  Ebrei  può  argomentarsi  da  quella  de'  moderni 
Arabi  e  Siriaci,  come  in  queste  teste: 


D'Orientali  sono  pure  le  seguenti,  di  cui  la  prima  è  d'un  babilonese;  la  seconda 
d'un  re  persiano  arricciata  stranamente;  la  terza  egualmente  ma  con  varietà  ,  secondo 
pitture  scoperte  ultimamente  a  Xanto;  la  quarta  di  un  greco-siriaco,  secondo  le  scul- 
ture di  Palmira: 


ACCONCIATURE    DEL  CAPO 


188 


I  Persiani  inanellavano  i  capelli,  come  troveremo  in  molte  figure  di  quest'opera,  e  se 
li  radevano  in  segno  di  duolo.  Gli  Egizj  li  portavano  lunghi,  e  tagliavano  la  barba;  ma 


i  sacerdoti  loro  erano  sempre  rasi  il  capo.  Soleano  però  rimettersi  barbe  posticcie,  più 
0  men   lunghe,   e    diversa- 
mente pettinate:  lunghissi-        _  ^^^         \^  \f 

me  nei  re  (fig.  1.  4.  6.  9. 
dO};  negli  Dei  accartocciata 
al  fondo  (fig.  2.  3.  S.  H): 

Gli  Ateniesi  coltivavano  la 
barba  (jro^wvoTpoystv).  Gli 
Spartani  lasciavano  crescere 
capelli,  barba  e  baffi.  Singo- 
larmente proprio  dei  filosofi 
era  l'aver  lunga  barba  (toiywv 
^3(30,),  qual  segno  di  virilità; 
donde  i  proverbj  rwvwvoTpo- 

barba  non  fa  il  filomfo;  e  "Ex  r^iyojvo,-  ffoyoc,  filosofo  di  barba.  Dopo  l'età  dì  Alessandi 
si  rase  la  barba  ,  talché  le  statue 
posteriori  non  l'hanno.  F  Greci  por- 
tavano capellatura  cascante  in  anel- 
la  ,  ma  gli  atleti  la  usavano  corta. 
E  corta  e  crespa  faceasi  per  espres- 
sione virile  e  forzosa,  rialzata  sul 
mezzo  della  fronte  per  esprimere 
orgoglio  e  confidenza  nelle  proprie 
forze. 

Dalle  antiche  statue  possono  rac- 
cogliersi le  differenti  acconciature  ^  l  ) 
del    capo.  Questi  sono  dell'Apollo           •^|\\^     "  y///     '    /i 
di  Belvedere  e  d'una  Diana  del  mu-        ^'^  ^ic^-'^^^^V^/       -^ 
seo  Britannico,  dove  i  capelli  fanno 
arco  attorno  alla  testa  [Mf.T,i)  : 


18i 


ARCHEOLOGIA    È    BELLE    ARTI 


Nella  prima  qui  sotto  di  Ercole,  pur  del  museo  Britannico,  la  pettinatura  dicesi  mallo 
cioè]lana,  perchè  ricciuta  a  guisa  del  vello  di  pecora: 

Meglio  può  vedersi  nell'Ercole  Farnese,  che  nella  2  ravviciniamo  alla  figura  del  toro 
pure  Farnese: 

i  2 


11  Giove  di  Vaticano,  che  si  suppone  copia  di  quello  di  Fidia,  imita  il  leone,  il  quale 
gli  mettiamo  a  fianco  qui  sotto,  desunto  da  uno  del  museo  predetto: 
Tale  acconciatura  de'  capelli  è  conservala  in  tulli  i  discendenti  di  Giove,  quali  Escu- 


lapio,  Alessandro  ecc.  A  Plutone  si  dà  la  chioma  più  lunga  e  dritta,  e  gli  si  pone  in 
capo  il  moggio,  che  in  questo  esempio  (fig.  2),  tolto  dal  museo  l^ritannico,  è  ornato  di 


ulivo.  Nettuno  ha  chiome  men  folte,  che  si  sollevano  sulla  fronte,  e  scendono  a  cioc- 
che 0  a  fiocchi,  come  in  quello  del  museo  stesso  (fig.  3)  : 

Un  Cupido  (fig.  4)  ha  le  caproncB  o  antice  cioè  capelli  cadenti  sulle  tempia.  11  più 
bell'Apollo  vedemmo  a  pag.  (83;  ma  ordinariamente  è  rappresentato  col  crohilo,  e  la 
chioma  gli  casca  sul  collo,  come  in  uno  di  quel  museo  (fig.  5J: 

3  4  5 


ACCONClATUnE   DEL   CAPO 


is- 


Del  quale  è  pure  questa  Giunone,  colla  chioma  spar- 
tita sulla  fronte ,  e  ornata  d'una  corona: 

Altre  foggie  di  donne  greche  presentiamo  qua  : 


lericolo  )  ;  al  qua 
ritrovano  molte  a 
decadenza.  Ecco  quattro  fogtjie  d] 
Iietlinature  di  età  diversa:  Queste 
sono,  a  sinistra  Ottavia  sorella  d'Au- 
gusto, quale  sta  nel  museo  Capito- 
lino; a  destra  Messalina  moglie  di 
Claudio.  Delle  altre  quella  a  sTnistra 
è  Sahina  moglie  d'Adriano;  quella  a 
destra  Plautilla  moglie  di  Caracalla, 
esistenti  nel  museo  Britannico  : 

Per  la  singolarità  merita  esser  ri- 
ferita anche  la  fìg.  3,  colle  treccie 
a  cerchio  (circinus)  : 


1  Romani  portarono  capelli  e  barba  prolissi  fin  al  454,  quando 
vennero  barbieri  di  Sicilia:  e  Scipione  Africano  fu  il  primo  che 
abitualmente  si  radesse  (Varrone,  De  re  ru^t.  ii;  Cicerone, 
prò  Cceiio;  Plutarco  in  Camil.  xxivj.  D'allora  fin  ad  Adriano 
la  barba  rimase  segno  di  squallore  e  di  lutto.  Pure  v'avea  al- 
cuni che  elegantemente  la  tagliavano  e  acconciavano,  onde 
in  Cicerone  troviamo  bene  barbati^  barbatuli.  Il  primo  rader 
della  barba  festeggiavasi  nei  giovani  come  la  loro  entrata  nella 
virilità  Sul  dechino  dell'impero  vi  compajono  le  barbe,  Cli 
Etruschi  antichi  avevano  lunghe  barbe  e  intrecciate,  l.a  Giulia 
di  Tito  nel  museo  Bresciano  porta  una  gran  zazzera  (ga- 
modo  se  ne 
tempo    della 


Plautina 


186 


ARCHEOLOGIA    E   BELLF    ARTI 


Colla  chioma  a  Corinto  è  questa,  riportata^dal  Miilinghen  : 

Il  color  biondo  era  preferito  dagli  anti- 
chi, onde  il  comico  Cheremone  loda  Alfe- 
sibea  sua  d'aver  le  chiome  colore  di  cera, 
quali  solcano  vedersi  nelle  statue:  e  ap- 
punto le  statue  delle  tre  sorelle  Balbo  tro- 
vate ad  Ercolano  avevano  i  capelli  tinti  di 
giallo. 

A  questo  luogo  s'appartiene  il  favellar 
del  barbiere,  che  fra  gli  antichi  aveva  mag- 
gior importanza  di  quello  che  a'  di  nostri, 
allora  pochi  avendo  pettini,  specchi,  pro- 
fumi ,  e  gli  ordigni  indispensabili  per  ta- 
gliare, tosare,  radere,  ecc.  In  conseguenza 
nella  bottega  del  barbiere  'Jùnstrì'naJ  ac- 
correvasi  quotidianamente  in  fulla.  Tri- 
plice era  l'uffizio  d'un  barbiere: 

1'  Tagliare  i  capelli,  donde  la  usuale 
sua  .domanda,  —  Come  ho  da  tosarvi?  » 
(toj;  Ci  xsipw  ;  Plutarco,  De  Garrul.  io). 
Valevasi  a  tal  fine  di  coltelli  di  differenti 
forme  e  dimensioni;  ma  vi  si  usavan  an- 
che le  forbici  (forfex  axicia,  -^u'/'i:;,  rjm'rr, 
fxiyxLox.  Polluce,  u,  52).  L'irregolarità 
ed  ineguaglianza  dei  capelli  consideravasi  grande  disdoro  (Uhazio,  Sai.  i,  3,31; 
Epìst.  1,  1,  94);  per  conseguenza,  recisa  la  chioma,  i  capelli  disuguali  svellevansi  con 
pinzette,  operazione  denotata  da  Polluce  (n,  31)  col  vocabolo  rruc.u.'jé-ji'j'iu.i  I  seguaci 
degli  uomini  più  rispettabili  nella  società,  bramando  di  comparir  giovani ,  s-ellevansi 
i  capelli  grigi,  onde  lasciare  ai  loro  maestri  e  protettori  il  privilegio,  per  cosi  dire, 
della  grave  e  dignitosa  età  senile  (Aristofane,  Eq.,  908);  costumanza  che  si  consi- 
derava però  come  segno  di  effeminatezza,  giusta  la  testimonianza  di  Gellio  'vii,  i2) 
e  di  Cicerone  (prò  Roscio,  7).  La  persona  che  adagiavasi  sulla  scranna  del  barbiere 
per  l'opportuna  acconciatura,  adattavasi  sulle  spalle  una  specie  di  ruvido  accappatojo. 
2' La  seconda  incombenza  del  barbiere  era  il  radere,  rasitare,  |v/;£?^,  eh' esegtiivasi 
mercè  di  un  rasojo  (novacula,  |-jpo;),  il  quale  tenevasi  in  apposito  astuccio  o  cassetto 
(£'j.oo6^x«,  ^vpofJ'oV.rj;,  Aristofane,  Thesm.  2'2U  ;  Polllce,  ii,  3-2;  Petromo,  9i).  Coloro 
che  avevano  ripugnanza  pel  rasojo,  valevansi  invece  di  qualche  vigoroso  df-pilatorio, 
di  cui  ricordansi  il  psilotron  o  psilotrum  fpsilotro,  merdocco)  di  Plinio  {Hist.  nat.  xxxii, 
10,  47);  l'acida  creta  (biacca);  il  guado  (venetum  lutum)  e  il  dropax  di  Marziale  (vi,93; 
III  74;  X,  63).  1  peli  che  sfuggivano  al  rasojo,  svellevansi  colle  mollette  [volsella-, 
rpiyoìiSio-j). 

3°  La  terza  occupazione  del  barbiere  era  di  tagliare,  e  tenere  in  buon  ordine  le  ugne 
delle  mani  (Òj-jj^i'C-iv,  y-o-juyJC-i-^,  unghiegqiare  e  disunghieggiare  le  mani,  giusta  .Aristo- 
fane, Eq.  706,  e  lo  scoliaste,  Teofrasto,  Charact.  e.  26;  Polluce,  ii,  146);  ed  eseguivasi 
con  istrumenti  da  ciò  [ò-^yfsrr^oi:!.).  Tuie  costume  di  valersi  dell'opera  di  un  uomo  es- 
pressamente per  recidere  ed  acconciar  le  ugne,  suggerì  a  Plauto  un  mordace  rimbrotto 
contro  la  taccagneria  di  Euclione  {Aulul.  ii,  4): 

Quin  ipsì  quidem  ionsor  ungues  dempserat, 
Collegit,  omnia  abstulit  prresegmina. 
Non  poteva  dunque  neppur  l'avaro  risparmiare  la  spesa  per  recider  l'ugne,  e  dovevasi 
accontentare  soltanto  di  raccorne  i  rilasli,  per  trarne  poi  qualche  partito. 

Erodoto  (I ih.  VII,  e.  61)  descrivendo  l'esercito  di  Serse,  ci  mostra  le  armadure  di  ciascuno 
de'  popoli  che  lo  seguiva.  Quelle  di  popoli  più  moderni  ponno  vedersi  sui  bassorilievi 
delle  colonne  Trajana  e  Antonina,  e  sugli  archi  di  Tito  e  di  Settimio  Severo. 

Vi  sono  opere  a  posta  per  chi  voglia  conoscere  i  vestimenti  di  cadun  popolo;  atten- 
zione che  un  artista  oggi  non  può  più  trascurare. 
Gli  abiti  degli  Ebrei  dovean  avere  quattro  lembi,  finiti  in  punta,  al  capo  de' quali 


VESTI  187 

pendevano  altrettanti  cordoni,  come  fiocchi,  chiamati  zizìth;  composti  per  Io  più  di 
otto  fili  di  lana,  con  sei  nodi  ciascuno,  tessuti  in  un  modo  prescritto  dalla  legge  [Num. 
XV.  58;  Deut.  xxii.  12).  Pare  anticamente  non  portassero  berretto  né  cappello,  ma  solo 
una  specie  di  fascia,  in  forma  di  corona  (Ezech.  xxiv.  il).  Contro  la  pioggia  o  il  freddo 
ne'  viaggi  traevansi  in  capo  il  mantello;  come  anche  per  la  preghiera  e  nel  lutto  e  nelle 
calamità. 

La  tunica  somigliava  a  una  camicia  di  tela  bianca,  a  righe  di  diversi  colori,  e  spesso 
con  ricami.  Per  gli  uomini  giungeva  alle  ginocchia,  e  le  maniche  fin  al  gomito;  per  le 
donne  era  più  lunga  ed  ampia,  e  le  maniche  s'allargavano  dalia  spalla  fin  all'estremità 
della  mano.  Spesso  erano  incon- 
sutili,  cioè  fatte  a  tehijo  e  senza 
cucitura  (Ex.  xviii.  4,  40).  Spa- 
rala solo  per  passarvi  il  capo, 
era  chiusa  del  resto.  Nel  lavo- 
rare e  nei  viaggi  stringeasi  al 
corpo  con  una  cintura,  che   le 
doviziose  arricchivano  di  ricami 
e  frangie  d'oro. 

II  mantello  delle  donne  era 
un  velo  in  cui  si  ravvolgeano 
uscendo  di  casa.  I  loro  calzari 
erano  color  di  porpora,  e  lascia- 
vano scoperto  il  piede  (Cani. 
VII.  i  ;  Judith,  X.  5).  Tingeano  i 
capelli  coll'antimonio,  col  quale 
pure  colorivansi  attorno  agli  oc- 
chi perchè  paressero  più  grandi 
e  neri.  Sulla  fronte  facevansi 
una  drizzatura,  e  dai  due  lati 
cadeano  treccie:  coprivansi  pure 
di  preziose  cuffie,  strette  al  capo 
con  nastri  e  con  spuntoni  (ma- 
khat).  Si  ornavano  altresì  di  col- 
lane, braccialetti  alle  gambe  e 
ai  polsi,  anelli,  orecchini,  mitre, 
catene  d'oro,  perle  cascanti  sulla 
fronte,  anelli,  sospesi  al  naso 
(iv  Reg.  IX.  30;  Judith,  x.  50; 
Js.  III.  18).  Solenne  dei  sacer- 
doti era  l'efod  o  superhumerale, 
di  cui  ecco  la  figura, 

11  vestire  ordinario  de'  Greci 
era  la  tunica  (chiton),  specie  di  • 

vesta  che  dava  sino  ai  ginocchi  e  talvolta  sino  ai  talloni,  con  maniche  strette.  Quella 
dei  Romani  invece  le  avea  larghe  e  corte  fino  al  gomito;  ed  ordinariamente  ne  porta- 
vano due,  una  sopra  l'altra  che  talora  chiamavasi  stola.  La  fig.  i  della  pag.  seguente 
vi  dà  una  signora  con  lunga  tunica,  uno  scialle  [himation]  che  le  casca  di  dosso,  e 
col  parasole,  tolta  da  un  vaso  antico: 

Sopra  la  tunica,  Greci  e  Romani  metteano  la  clamide  a  modo  di  toga  e  mantello,  che 
s'attaccava  sulla  spalla  dritta  mediante  un  chiodo,  e  si  rialzava  acciocché  il  braccio 
destro  restasse  libero.  Il  palio,  abito  greco,  vedesi  nella  famosa  statua  di  Focione  del 
Vaticano,  che  esibiamo  nella  pag.  seguente. 

La  veste  guerriera  degli  Spartani  era  rossa,  affinchè  non  apparisse  il  sangue  ;  avevano 
scudo  di  rame  assai  grande,  e  vi  faceano  dipingere  qualche  impresa  o  stemma.  Nel 
museo  fiorentino  è  un  cau)meo,  opera  di  Quinto  figlio  d'Alessandro  che  rappresenta  un 
guerriero  greco,  forse  Achille,  coll'elmo  cristato,  la  corazza,  gli  schinieri  e  lo  scudo 
attaccato  al  balteo,  che  è  portato  a  bandoliera,  Eccolo  nella  fig.  3  pag.  seguente. 


m 


ARCHEOLOGIA   E   BELLE   ARTI 


La  toga  e  la  pretesta  erano  larghe  sopravvesti,  serbate  alle  dignità  etrusclic  e  romane. 
Usavano  per  tutta  Italia,  onde  il  nome  di  Gallia  togata  doto  alla  Cisalpina,  per  distin- 

2 


Donna  greca. 


Fonone. 


gucrla  dalla  bracata  di  là  diille  Alpi,  i  cui  abitanti  portavano  le  brache.  La  toga  avvol- 
geasi  alia  persona,  e  per  gestire  la  si  rialzava  sopra  le  braccia,  come  in  una  statua  del 
museo  (il  Napoli  (figura  4  qui  sotto),  trovata  ad|Ercolano.  I  retori  danno  molte  avver- 
tenze sul  modo  con  cui  un  oratore  o  declamatore  deve  disporre  la  toga.  In  guerra  vi  si 
sostituiva  il  imludamentiuìi  o  il  saguni,  proprio  dei  Galli,  e  che  cingevasi  in  vita.  Anche 
le  matrone  antiche  usarono  la  toga  di  sopra  delle  tuniche,  e  dappoi  la  palla  o  arnicu- 
lum  0  stola  ((ig.  5  qui  sotto]. 


^aL±f-±i 


1!  peplo  en  più  grande  della  clamide  e  pii!i  fino,  e  si  paragonerebbe  allo  scialle  odierno. 
Le  donne  di  alta  sfera  l'aveano  lungo  e  strascicante,  fermato  talvolta  con  una  fibbia, 


VKSTI 


189 


ma  più  spesso  senza,  come  nelle  figure  qui  sotto  a  sinistra,  tolte  dal  voi,  ni,  tav.  .^i8  dei 
vasi  di  Hamilton.  Talora  acconciuvusi  sopra  il  capo  in  forma  di  zendado,  coprendone  an» 

che  l'intero  braccio.  La  (ìg.  che  qui  sotto  esi- 
biamo, desunta  dal  S.VNn-rJAuroLi  ,  Admi- 
randa  rom.antiquilafum  vestigia,  tora.  57, 
rappresenta  una  sposa,  coperta  il  capo  col 
peplo,  e  consegaata  al  marito,  il  quale  ha 


soltanto  il  pallio.  Sui  pepli  richianiavansi  storie  e  simboli;  onde  si  custodivano  negli 
scrigni  de'  ricchi  e  nei  tempj. 
Vesomide  serviva  pei  lavoratori,  qual  vedesi  nel  navalestro  qui  effigiato. 


Ecco  la  Clamide; 


190  ARCHEOLOGIA    E   BELLE   ARTI 

I  re  al  tempo  d'Omero  avevano  per  insegna  lo  scettro,  e  così  i  Romani  dopo  Romolo. 
Tardi,  e  forse  sol  dopo  Alessandro,  i  re  Greci  impararono  dagli  Orientali  il  diadema, 
fascia  attorno  ai  capelli,  comune  anche  alle  regine.  Altri  ebbero  la  corona  d'alloro,  come 
i  re  di  Pergamo,  o  di  quercia  :  corna  di  toro  o  di  capro  od  ariete  vedonsi  nelle  teste  di 
Alessandro,  e  di  varj  suoi  successori.  I  re  barbari  ebbero  ornamenti  proprj  :  un  piieo  gli 
illirici,  una  mitra  gli  armeni  e  i  persiani  ecc. 

Propria  degli  Armeni,  dei  Parti  e  de' Per- 
siani era  la  tiara,  berretto  alto  non  conico, 
che  nei  re  persi  finiva  a  scacchi  ed  aveva  in 
giro  il  diadema,  e  chiamavasi  cidari.  Quel 
della  figura  che  qui  vedete,  del  museo  di  Pa- 
rigi, credesi  rappresenti  un  re  d'Armenia: 

Grec!  e  Romani  in  viaggio  portavano  un 
cappello  con  falde  rotonde  e  fondo  basso,  qu;i!e 
si  mette  a  Mercurio.  1  Frigj  avevano  un  ber- 
retto particolare,  somigliante  al  corno  dei  dogi 
di  Venezia.  Usualmente  andavasi  a  ca|)o  sco- 
perto; e  in  caso  di  pioggia  o  di  pericolo  tira- 
vasi  sul  capo  la  toga,  come  fecero  Crasso  e 
Giulio  Cesare  feriti  a  morte. 

II  cuculius  era  un  cappuccio  che  i  Romani 
e  i  Galli  traevansi  in  testa;  e  fors' anche  i 
Greci,  giacché  se  ne  vede  coperto  il  loro  Te- 
lesforo,  dio  de'  convalescenti.  11  pileo  berretto 
senza  falde,  davasi  agli  schiavi  nel  manometterli. 

Col  coturno  si  calzavano  anticamente  re,  principi  e  magistrati  di  Grecia  ;  onde  restò 
il  distintivo  dei  personaggi  di  tragedia  (P  fig.  qui  sotto).  Il  calzare  ordinario  era  una 
suola  legata  con  nastri  attorno  alla  gamba  (2^  fig.).  La  calzatura  di  distinzione  de' pris- 
chi Romani  chiamavasi  ìnulleus  di  cuojo  rosso,  simile  a  coturni.  Gli  Egizj  andavano 
scalzi,  specialmente  le  donne  per  inculcare  l'abitudine  di  stare  in  casa:  talvolta  però 
ravvolsero  il  ()iede  con  calzari  di  palma  e  di  biblo;  uso  proprio  de'  sacerdoti,  trasferito 
poi  a  Roma  col  culto  di  Iside. 


Non  può  pretendersi  dagli  antichi  molta  esattezza  nel  raffigurare  il  vestimento  degli 
stranieri.  Barbari  con  nome  generico  (li  chiamavano;  e  piìi  particolarmente  dicevano 
Sciti  i  popoli  del  Settentrione,  Celti  quei  dell'Occidente,  Etiopi  quei  del  Mezzodì.  Le 
invasioni  gli  obbligarono  poi  a  dinotare  più  particolarmente  i  lor  nemici.  Nel  ritrarli 
dunque  non  istudiavano  la  |>reci.sa  verità;  pure  badavano  a  riprodurne  il  carattere. 

Apprendiamo  (li  là  che  l'abito  ordinario  de' Galli  era  il  sacjo,  scondente  fin  al  ginoc- 
chio, con  maniche  ampie  senza  colio  e  con  cintura  ;  che  portavasi  ili  sopra  della  tunica 
a  larghe  maniche  ;  e  talvolta  era  ornato  di  porpora  (sagum  virgatum).  Coprivano  le  gambe 
con  brache  larghe  ,  e  il  piede  con  suole  di  legno.  Usavano  molto  i  monili,  e  Livio 


AMMALI  idi 

dice  che  mille  seUecento  collane  d'oro  furono  raccolte  fra  le  spoglie  de'  Galli  vinti  da 
Tito  Manlio,  il  quale  da  ciò  prese  il  nome  di  Torquato.  Il  bassorilievo  trovato  in  Nostra- 
donna  di  Parigi  ha  due  faccie -,  sull' una  tre  uomini  fatti,  sull'altra  tre  giovani 
imberbi,  tutti  col  berretto  e  picca  e  scudo,  che  nei  primi  è  esagono  oblungo,  negli  altri 
ovale.  Secondo  Strabene,  i  Galli  belgi  aveano  certe  vesti  aperte,  con  maniche  scendenti 
fin  di  sotto  delle  anche;  brache,  lunghe  spade  alla  destra,  scudi  lunghi,  grandi  lancie, 
e  giavelloiti  che  essi  chiamavano  matara^  archi  o  fionde.  l'orlavano  elmi  con  orna- 
menti varj. 

Vorrebbe  Montfaucon  che  dai  Galli  passasse 
ai  Romani  il  nome  de'  carri:  henna  di  \\m\- 
ni  5  se?Tnc»JH,  cisium,  di  altre  foggie;  esse- 
dum,  carro  da  guerra. 

I  Germani  sulle  due  colonne  coditi  di  Ro- 
ma sono  0  nudi  fin  alla  cintura,  e  del  resto 
lunghe  brache  fin  alla  caviglia;  o  jcon  tuni- 
che, scudo  ovale,  mazza,  fionda,  arco,  coltel- 
lacci ;  quali  col  capo  nudo,  quali  coperto  d'un 
pileo.  Sulla  colonna  stessa  sono  questi  Sar- 
mati bracati: 

Vedasi  Guasco,  Utages  det  slatues. 
11  Visconti  ha  una  dissertazione  sull'addobbo  delle  sta- 
tue antiche;   (Muvres  diverses.,  tom.  in. 


§  116.  —  Animali. 

Gli  animali  trovansi  alcuna  volta  fatti  con  maggior  perfezione  che  l'uomo,  perchè  non 
era  l'artista  legato  a  convenienze  jeratiche.  Per  esempio  nelle  pitture  etrusche  sovente 
hanno  gli  occhi  io  giusta  prospettiva,  mentre  negli  uomini,  sebben  di  profilo,  vedonsi 
in  prospetto.  1  Greci  mostrarono  il  solito  gusto  delicato,  massime  nei  cavalli,  non  alti 
né  di  figura  slanciata,  ma  pieni  di  vita  e  di  fuoco.  Que'dei  Romani  sono  più  pe- 
santi :  ma  in  generale  la  cura  prestata  nelle  immagini  di  questi  animali  è  poco  inferiore 
a  quella  data  all'uomo, 

È  noto  che  pei  cavalli  non  si  usavano  staffe  ne  ferri;  e  la  figura  in  atto  di  ferrare  un 
cavallo,  che  Eckhel  avea  veduto  sopra  una  medaglia  tarantina,  si  riconobbe  non  fare  al- 
tro che  sollevarne  il  piede.  Bene  altresì  ritraevansi  lupi,  tori,  cani,  leoni,  pantere,  cin- 
ghiali, e  animali  selvatici  in  lotta  fra  loro.  11  leone  ritorna  spesso  sulla  tomba  degli  eroi, 
talora  scavato  nel  masso.  La  farfalla,  felicissimo  simbolo  dell'anima  e  delle  sue  trasfor- 
mazioni, ricorre  frequente  ne'  monumenti  sepolcrali. 

Non  di  rado  manca  la  proporzione  fra  l'eroe  e  l'animale.  1  cavalli  dei  colossi  del 
Quirinale  sono  più  piccoli  ctie  il  Castore  e  il  Polluce  lor  domatori;  così  è  nella  statua 
equestre  di  Nonio  Balbo  nel  museo  Borbonico:  quelli  de' bassorilievi  del  Panteon  di 
Alene  non  arrivano  tampoco  al  petto  dell'uomo:  il  toro  del  famoso  gruppo  Farnese  è 
piccolo  a  fronte  delle  figure  umane. 

Nel  medioevo  usò  moltissimo  il  far  piccole  le  figure  preganti  attorno  al  santo  o  al 
Dio;  modo  non  ignoto  agli  antichi,  e  principalmente  agli  Egizj  ed  agli  Indiani.  Anche 
modernamente,  Hafaello,  nel  cartone  rappresentante  la  Pesca  apostolica,  fece  piccolis- 
sima la  barca  che  pur  contiene  tante  persone;  e  nel  7non/^o  (i'.^/essandro  Thorwaldsen 
tenne  i  cavalli  e  gli  elefanti  sproporzionati  agli  uomini. 


g  j  J7,  —  Classificazione  dei  monumenti  figurati. 

Nel  classificare  i  monumenti  figurati,  o  si  riuniscono  quelli  di  soggetto  identico, 
modo  che  trae  grandi  soccorsi  dalla  filologia;  ovvero  si  dispongono  secondo  l'uso,  nel 
che  troppo  spesso  conviene  alibandonarsi  a  congeiture;  o  infine  secondo  lo  stile  e  il 
tempo,  nel  che,  mancando  dati  positivi,  bisogna  fidarsi  all'occhio  artistico  esercitalo. 


192  AI'.CHEULOGU    E    btLLE    AUll 


^  118.  —  Prezzo  dei  capì  d'arte. 

Plinio  (xxxv.  7)  dice  che  un  buoa  quadro  bastano  appena  le  ricchezze  della  citlà  a 
pagarlo.  Marco  Agrippa  pagò  dodicimila  sesterzj  un  Ajace  ed  una  Venere:  seimila  fu  va- 
lutato un  quadro  d'Aristide;  Augusto  pagò  cento  talenti  la  Venere  Anadiamena  d'A- 
pelle;  Nicla  nou  volle  vendere  al  re  Attalo  per  ottanta  talenti  la  sua  Evocazione  delle 
ombre,  e  })iuttoslL»  la  regalò  alla  patria.  Lucullo  per  ottantamila  sesterzj  allogò  ad  Ar- 
cesilao  una  statua  della  Felicità.  Un  fjarzone  coronato  di  Policleto  si  vendette  cento 
talenti.  Nicomede  re  di  B  tìnia  propose  ai  Gnidj  di  rilevarli  di  tutti  i  loro  debiti,  se  gli 
cedessero  la  Venere  di  Prassitele,  ed  essi  ricusarono.  Mnasone,  tiranno  d'Elate  nei  Lo- 
cresi,  pagò  mille  mine  un  quadro  d'Aristide;  ad  Asclepiodoro  diede  trecento  mine 
ogni  figura  del  quadro  rappresentante  i  dodici  Dei  maggiori,  ed  altrettanto  a  Team- 
neste  per  ciascuno  degli  eroi  dipinti  Lucullo  pagò  due  talenti  una  Glicera  sede  nte, 
benché  fosse  copia.  L'oratore  Ortensio  comprò  per  centoquarantaquattro  mila  sesterzj 
gli  Argonauti-  Giulio  Ce.sare  pagò  ottanta  talenti  due  quadri  di  Timomaco,  rappresen- 
tanti Medea  ed  Ajace.  ìJArchiualludì  Purrasio  fu  pagato.da  Tiberio^sessantamila  sesterzj; 
da  Attalo  cento  talenti  un  ammalato  di  Aristide. 

Fra  noi,  prima  di  Guido,  si  pagavano  pochissimo  i  quadri,  talché  Agostino  Caracci  e 
il  Domenichino  ebbero  appena  cinquanta  scudi  del  loro  San  Girolamo. 


CAPÒ  QUINTO 

CERAMICA  E  ANGIOGRAFIA. 


^  ÌÌ9.  —  tìéi  vasi  Ili  generale,  e  Ìòro  materia, 

I  vasi  favvao.)  potrel'hero  stRre  colla  plastica  per  la  forma,  colla  toréulica  per  là  ma- 
teria, colla  grnfìca  per  1^  rappresentazioni,  coll'epiprafia  per  le  iscrizioni:  ma  la  quan- 
fiià  loro  e  lo  studio  speciale  che  vi  si  pose,  ne  fanno  fare  dagli  antiquarj  una  classe 
distinta,  e  separatamente  sono  collocali  ne'  musei. 

Come  in  tutte  le  arti,  cosi  in  quella  del  vasajo  vanno  distinte  una  parte  utile  ed  una 
bella.  Applicata  apli  usi  della  vita,  è  comune  a  tutti  i  popoli  Itarliari  e  civili-,  e  sì  tro- 
vano vasi  nelle  Gallie  come  nell'America,  in  antichissime  sepolture.  1  Greci  e  gl'Italiani 
la  portaVono  a  perfezione. 

La  terra  pe'  vasi  ordinar]  si  componeva  con  un  misto  di  argilla  azzurra,  sabbia,  e 
talora  sostanze  calcari,  formandone  una  pasta  tenace,  compatta,  difficile  a  fundersi  e 
che  a  fuoco  moderato  prende  consistenza,  sonorità,  leggerezza,  e  un  colore  traente 
sul  rosso. 

Plinio  ricorda  mattoni  galleggianti,  cioè  di  estrema  porrisitS,  e  cattivissimi  conduttori 
del  calorico;  si  fiinno  con  una  terra,  che  abbonda  ne'  contorni  di  Rprbno,  cornea  Santa 
Fiora  in  Toscana.  Di  mntfoncin'  lucenti  rivestivans'  le  case,  che  riflettono  i  bei  colori  del 
sole  meridionale,  sì  a  RaMIonia  antica,  sì  nelle  moschee  di  Spagna  e  dall'Iran,  e  nelle 
torri  cinesi  Jl  raolino  di  cui  facfiam  le  porcellane,  è  risultato  accidentale  della  de- 
comfiosizioné  del  feldispato,  il  quale  perde  l'elemento  alcalino  (potassa)  che  lo  rendea 
fusiliile. 

I  popoli  classici  non  scecHevano  le  materie  per  fare  i  vasi,  ma  prendeano  le  marne 
argillose  e  sabbiose  più  superficiali,  miste  talvolta  a  materie  carbonose.  Presto  v'appli- 
carono una  vernice,  e  massime  la  nera,  d'ossido  Hi  ferro  offerto  da  prodotti  vulcanici 
e  sotto  altre  forme  natiirali,  sempre  molto  fusibile  coi  corpi  vitrosi.  Gli  Kgizj  invece 
adottarono  l'ossido  di  rame,  perchè  comune  colà.  Ma  Rronpniart  (Trattato  d^le  arti 
ceramirhe  Parigi  Iftif))  riflptte  che  nessun  popolo  d'Fiiropa,  d'Africa,  dell'Asia  occi- 
dentale 0  dell'America  seppe  far  piatti  di  pasta  dura  e  impermeabile  come  la  majolica 
(ina,  né  con  vernice  plumbea  come  la  solita  d'ossi,  ben  più  facile  che  la  lucente  dei 
Greci  e  Romani  Al  contrario  nell'Asia  orientale,  Cina  e  Giappone,  non  c'è  che  piatti 
di  pasta  dura  e  impermeabile  e  a  coperta  terrosa,  come  le  porcellane. 

Non  conosciamo  come  fosse  il  tornio  depli  antichi.  1  colletti  e  i  piedi  erano  spesso 
riportati,  e  così  le  an.se.  I  vasi  cocevansi  a  nudo,  insieme  terra  e  cnlore,  come  colle 
nostre  stovisbe  ordinarie;  e  a  temperatura  variata  secondo  le  fabb'iche:  dal  che  di- 
pendpva  la  bnllezza  della  vernice.  Se  ricevessero  un  colpo  di  fuoco,  il  colore  alteravasi, 
e  passava  dal  nero  al  verde,  d;il  verde  al  rosso;  proprietà  ben  conosciuta  dell'ossido  di 
ferro.  Altre  volle  la  fiamma  della  lesna  anneriva  i  vasi,  o  vi  dava  delle  macchie  mar- 
morizzate, 0  producea  delle  sbullettature  alla  vernice,  tingendo  la  pasta  sottoposta.  Se 
Cantò,  Documenti.  —  Tomo  t,  archeologia  e  Beile  Arti.  13 


19i 


ARCUEOLOGU    E   BELLE    ARTI 


le  parti  non  verniciale  del  vaso  uscissero  dalla  cottura  troppo  pallide,  fregavansi  legger- 
mente e  a  secco  con  un'ocra  rossa  carica,  anche  per  risloppare  affallo  i  pori.  I.e  vernici 
più  belle  sono  della  Sicilia,  dell'Etruria,  della  Magna  Grecia:  quelle  del  Bruzio  e  della 
Lucania  sono  sottilissime  e  sbiadite. 

Le  stoviglie  degli  Etruschi,  Greci  e  Romani  sono  mal  cotte,  e  perciò  fragili  e  porose; 
ed  oggi  ogni  povero  ne  ha  di  ben  migliori  che  non  quelle  de'  Luculli:  perciò  era  piti 
esteso  l'uso  dei  piatti  d'argento 

In  Egitto  si  trovano  già  vasi  con  vernice  abbastanza  forte,  e  verniciati  sono!  mattoni 
di  Babilonia.  Tale  smalto  è  fatto  con  sale  marino  o  nalrone  (carbonato  di  soda),  me- 
scendovi rame  per  fare  il  turchino,  altre  sostanze  metalliche  pel  giallo;  ma  per  gli  usi 
domestici  non  valeano,  non  resistendo  agli  acidi  ed  alcali.  Pare  che  i  Romani,  negli 
ultimi  tempi,  dimenticassero  anche  questo  tenue  smalto.  Miglior  modo  si  cominciò 
nell'xi  secolo,  forse  per  via  degli  Arabi,  che  l'avessero  imparato  nell'estremo  Oriente; 
e  l'Italia  ne  provvide  lungamente  tutta  l'Europa. 

§  120.  —  Loro  varie  forme  e  denominazioni. 

Immensa  è  la  varietà  delle  forme  de'  vasi,  come  delle  destinazioni. 

Gli  alabastri,  così  detti  dalla  materia  di  cui  formavansì,  erano  piccoli,  senza  anse, 
destinati  a  conservar  fili  unguenti  e  i  balsami. 

Anfora  o  diuta  diconsi  quelli  a  due  anse  di  collo  lungo,  e  finiti  in  punta  per  poterli 
configgere  nella  sabbia  o  entro  un  piedestallo  apposito,  per  conservar  il  vino  nelle  can- 
tine: tali  ritrovansi  nelle  cave  di  Fompej.  Alla  bocca  angusta  adatlavasi  un  tappo,  e 
fiigillavansi  con  pece  e  corteccia  (corticem  adstrictum  pice.  Oiuzio),  e  sopra  si  metteva 
il  nome  del  console  dell'anno.  Altri  per  l'olio  non  aveano  orecchie  e  strettissima  la 
bocca  ()ió •-«.>&(,?.  ampulla,  gultus).  La  figura  i  qui  sotto,  copiata  da  una  parete  di 
Pompej,  indica  come  si  carreggiasse  e  traesse  il  vino: 

Alcune  anfore  erano  capacissime  come  quella  in  cui  abitava  Diogene.  Ecco  un'an- 
fora etrusca  :  fig.  2. 


HaWaquamanale,  o  guttus,  o  naaiterna  versavasi  acqua  alle  mani  avanti  il  pranzo,  ed 
anche  a  ciascuna  portata.  V aquiminarium  o  amula  serviva  per  l'acqua  benedetta  nelle 
case  private,  di  bronzo  o  di  marmo,  or  infisso,  ora  sostenuto  da  piedi,  e  ornato  con 
frondi  sacre. 

Canopi  son  vasi  egizj  a  gran  pancia,  figuranti  il  dio  Cnuph,  e  somigliano  ai  budda 
cinesi  che  dondolano  sui  nostri  tavolini.  Dicevansi  anche  idria,  il  qunl  nome  generico 
indica  la  primitiva  destinazione  a  contenere  acqua,  come  a  contener  vino  ed  olio  l'an- 
fora. 

Il  cìjsstjbion  era  di  legno,  ornato  di  edera.  Cado  era  un  vaso  vinario,  restringente^i 
nella  sommità.  Poco  diversi  dovean  essere  i  dolj,  pure  di  creta. 


FUKME    DEI    VASI 


195 


Calice  è  vaso  da  bere,  come  il  carchesion  e  il  ciato.  11  carchesio  che  vedete  qui  ab- 
basso, fu  donato  da  Carlo  il  Semplice  alla  badia  di  San  Dionigi,  fallo  di  un'agata  gran- 
dissima con  rappresentato  un  baccanale; 
nelle  anse  passava  comodamente  la  mano. 
È  ora  uno  de'  più  preziosi  ornamenti  del 
Gabinetto  delle  mediiglie  a  Parigi,  poste- 
riormente vi  fu  aggiunto  il  piede,  d'oro 
con  perle  e  gemme  disposte  secondo  lo 
siile  del  tempo  de'  Carolingi,  e  con  un'i- 
scrizione scavata  nell'oro  e  riempila  di 
smalto ,  che  dice  Hoc  vas  ChriHe  libi 
mente  dicavit  Tertius  in  Franco^  retjimine 
Karlus.  Questo  piede  andò  perduto  quan- 
do, nel  1804.  il  gabinetto  fu  derubiito.  .  . 
La  capeduncula  era  un  vaso  con  ansa  ad  uso  dei  sacrifizi.  11  cantaro,  usato  nei  i"^" 

di  Rncoo,  ha  un'ansa  o  due. 
Vi  somiplinva  il  cratère,  am- 
pio vaso  ohe  pnneasi  in  mezzo 
alla  tavola,  e  da  cui  atlinge- 
vasi  il  vino  con  altri  più  pic- 
coli in  forma  di  scodella  a 
lunghe  orecchie  {^a\>bTi.yoc,, 
xiSa&o?,  simpulum,  trulla),  l 
crateri  erano  sostenuti  da 
piedi  di  capro,  da  giganti,  da 
arpie,  e  le  anse  poneansi  per 
lo  più  al  basso  subito  sovra 
il  piede 
par  dei  cimhi,  dei  Icbeti  e  d'altri 
vasi  si  dava  anche  in  premio  agli  atleti  vincitori,  ed  usavasi  nelle  libazioni  agli 
Dei.  La  lenticula  serviva  per  gli  aromi;  Vinfundibulum  per  versar  olio  nelle  lucerne; 
il  kalpis  talvolia  ha  tre  manichi,  come  nella  i'  fig.  qui  sotto.  Le  olle  servivano  alla  cu- 
cina, ma  anche  a  riporre  le  ceneri  dei  morti. 


Cantaro. 


Cratere. 


La  fìola  è  un'ampia  lazza  a  foggia  di  scudo:  al 


Kalpis. 


Ritone. 


Ilulkion. 


La pdVero  è  una  tazza  spansa  usata  nelle  libazioni,  (|ual  vedesi  nella  fig.  1  a  pag.  79. 
Quelle  che  si  chiamano  patere  etrusche,  cioè  dischi  con  un  manubrio  o  lisci  o  figu- 
rati a  bulino,  or  credonsi  specchi. 

Preffricolo  o  cònio  era  un  vaso  di  bronzo  senz'ansa  e  aperto  in  cima  a  guisa  di 
bacino;  ma  più  comunemente  significa  un  viiso  ad  un'ansa  sola,  spesso  figurato  sui 
monumenti,  come  segno  del  sacerdozio  e  del  pontificato  massimo  (vedi  della  pag.  79j. 
1  ritoni  erano  a  foggia  di  corno,  e  il  liquido  versavasi  da  nn'aperlura  all'estremità.  Le 
pentole  (io^ji^,  pelvici)  erano  molto  ornate  quando  non  si  doveano  mettere  al  fuoco  o 
Bolo  per  occasioni  solenni,  e  preferite  erano  le  tripodi. 

Per  bere  servivano  vasi  limghi,  molto  stretti  verso  il  mezzo,  con  un'ansa  dal  labbro 


196  ARCHEOLOGIA    E    BELLE    ARTI 

al  piede  (xy.oyjh'nov);  altri  molto  larghi  e  coperti,  con  un  orifizio  a  lato  f/«v5a/5o<;); 
o  a  collo  stretto  col  piede  alto  (zwSwv),  o  largo  e  rotondo  (a/.u-^o?) ,  detto  erculeo  o 
centaureo,  con  piccole  orecchie,  o  altre  forme  variatissime. 


Skyphos. 


Carchetion. 


Portavano  iscrizioni  allusive  al  bere  e  di  lieto  augurio,  come  sitio,  reple^  lude,  ua- 
leamus,  hem  nobn,  felix,  uiere  felix,  felix  vivas,  e  simili.  Molte  tazze  da  bere  o  da  at- 
tingere portano  un  rilievo  od  un  incavo  dove  assicurare  il  pollice. 

Al  n)useo  Borbonico  sta  un  vaso  molto 
simile  ai  nostri  per  il  the,  e  che  doveva 
servire  ad  uso  conforme  (fig.  qui  a  fianco). 
Sappiamo  che  i  Romani  invariabilmente 
mescolavano  l'acqua  col  vino,  e  questa  in 
maggior  quantità,  sicché  reputavasi  in- 
giuria il  darli  a  dose  uguale  (Uov  i'iw, 
Ateniio,  xi).  Spesso  la  mescolanza  faceasi 
con  acqua  calda,  al  qual  uopo  vi  avea  bot- 
teghe, dette  thermopolia.  Il  vaso  qui  re- 
cato dovea  esser  destinato  all'acqua  calda, 
che  s'introduceva  per  un  orifizio  io  alto. 
Si  ebbero  anche  vasi  per  far  svaporare, 
come  gli  alcarazas  di  Spagna,  che  lasciano 
permeare  una  tenue  quantiià  dell'acqua 
contenuta,  la  quale  svaporandosi  per  la 
corrente  d'aria,  sottrae  una  porzione  di 
calorico  all'acqua  interna:  erano  e  sono 
usitati  in  Egitto  e  in  Persia. 

Moltissimo  uso  dei  vasi  facevano  gli  an- 
tichi ,  e  si  potrebbe  tesserne  una  lunga 
storia  valendosi  di  Ateneo  e  dell'Onoma- 
stico di  Polluce,  donde  appare  con  quanto 
lusso  se  ne  adornassero  le  mense  e  le  cre- 
denze. Ma  i  riferiti  ed  altri  nomi  non  sono 
sicuri  neppure  fra  gli  antichi  ;  Ateneo , 
che  tutto  l'xi  libro  vi  consuma,  mostrasi 
ncerto  qualch'^  volta,  e  così  gli  scoliasti  interpretando  Omero,  Anacreonte  e  Pindaro. 
Altri  vasi  servivano  unicamente  pe'  sacnfizj  :  tali  il  canestro,  intrecciato  d'ergilla  e 
di  metallo,  ove  deponevansi  il  coltello  ,  la  farina  salala  e  le  corone;  il  vanno,  proprio 
del  culto  di  Cerere  ;  larghi  piatti  con  molti  scomparti ,  io  cui  tenevansi  i  differenti 
frutti;  i  turiboli  per  l'incenso  e  i  profumi. 

Si  chiamarono  lacrimatorj  certi  vasi  trovati  ne'  sepolcri,  dove  si  suppose  si  racco- 
gliessero  le  lacrime  de'  dolenti.  I  moderni  archeologi,  come  dicemmo  al  §  90,  senza 
negare  del  tutto  questo  fatto,  benché  non  ne  sia  alcun  vestigio  negli  scriitori,  li  credono 
destinati  ai  balsami,  o  anche  all'olio  comune  con  cui  unger  i  morti. 

Vasi  donavansi  pure  ai  vincitori  de'  giuochi  atletici,  pieni  d'olio  o  di  vino;  e  quelli 
d'Atene  ciroondavansi  con  rami  degli  ulivi  dell'Acropoli,  a  tal  uso  serbati. 

Altre  volle  se  ne  caricavano  le  scansie  e  i  buffetti  nelle  case,  principalmente  ne'  tri- 
clinj.  Allora  i  vasi  erano  de'  più  beili  ,  ed  entrò  il  lusso  di  regalarli  ai  convitati.  Cleo- 
patra ne  facea  fare,  per  tal  uso,  a  Rodi,  d'oro  e  d'argento;  e  spendeva  in  ciò  fin  cinque 
mine  al  giorno. 


Ar.TE    TEI    VASI  197 

A  semplice  ornamento  doveano  servire  quelli  che  non  hanno  fondo.  Di  sifaffia  forma 
di  troMilia,  ed  assai  grandi  ne  furono  diseiolli  parerohi  nella  Basilicata. 

Alcuni  vasi  hannt)  iscritta  la  loro  capacità  ,  il  che  ajtitò  a  determinare  le  unità  di 
misura.  Molli  altri,  come  anche  tegoli  e  mattoni,  portano  la  marca  e  il  nome  del  va- 
sajo.  Si  fecero  raccol'e  de'  nomi  di  vas.ij.  e  il  museo  di  Londra  ne  diede  esso  solo  730, 
un  centinajo  quel  d'Amiens,  150  quello  di  Douai,  65  quello  di  Caen,  GO  quello  di  Poitiers 
e  così  via.  Il  Kandler  puhhlicò  centoventidue  iscrizioni  su  laterizj  dell'Istria. 

Poiché  la  più  parte  delle  anfore  de'  balsamarj  terminavano  in  cono,  avevansi  de' 
piedi  onde  sostenerli,  detii  in  greco  ctyyorn/v.  o  e  ,3>tiì,  e  in  latino  ertceteria  e  incitega: 
e  al  dire  di  Ateneo,  i  poveri  gli  usavano  di  legno,  i  ricchi  di  bronzo  o  d'argento. 

§  121.   —   La  preziosità    de'  vasi  ignorata  per  l'addietro. 

Fin  qui  considerammo  i  vasi  come  manifatture,   né  altrimenti  vennero  riguardati 
dagli  antichi.  Fra  questi,  alcuno  ne  fé  cenno,  come  Marziale,  xiv,  98: 
Aretina  nimis  ne  spernes  vasa  monemus; 
l.autus  eiat  tuscis  Porsena  fictilihus. 
Qui  mostra  che  fossero  spregiali,  dicendosi  di  essi  quel  che  noi  diremmo  delle  terre  di 
Biella.  Persio,  ii.  60: 

Aurum  vasa  Numse,  saturniaque  impulit  sera, 
Vestalesque  urnas,  et  tuscum  fictile  mutat, 
Giovenale,  xi.  108: 

Ponebant  igitur  tusco  farrala  catino. 
Ancora  Marziale,  i.  5: 

Sic  arelinae  violant  cristallina  test?e. 
Dapertutto  sono  indicati  come  vasi  ad  uso  comune.  Plinio  scrive,  Hist.  naf.  \i.  45: 
Elaborata  hcec  ars  Ilatice,  et  maxime  Etrurice;  e  xxxv.  46:  Retinet  hanc  nobilitatem  et 
Aretium  in  Italia. 

Parlarono  di  Demarato  di  Corinto,  che  portò  l'arte  di  far  vasi  di  terra  in  Etruria;  lo- 
daronsi  quelli  di  Samo,  di  Corinto,  d'altri  paesi:  ma  Plinio,  che  di  ciascuna  parte 
delle  arti  belle  rayionò  ,  non  ha  toccalo  de'  vasi  ceramici  lìyurati;  né  si  trova  cenno 
dell'uso  etrusco  di  sepellirli  nelle  tombe.  Pure  i  Homnni  non  gli  ignciravano  ,  poiché 
Seneca  racconta  che  i  coloni  piantati  da  (iiulio  Cesare  a  Capua  ,  per  fùbbricare  le  loro 
case  rustiche  distruggevano  gli  antichi  sepolcri;  tanto  più  che  uliquuJttulumvasiculorum 
operis  antiqui  refierii-liant.  Anche  dal  trovar.*;i  nelle  tombe  greche,  ov'era  deposto  intero 
il  cadavere  con  vasi  attorno,  alcuni  vasi  contenenti  ceneri  e  ossa  bruciate,  si  argomenta 
che  i  Romani  gli  avesser  tolti  di  là  per  porvi  le  reliquie  dei  morti  ,  che  essi  abbrucia- 
vano. AI  Louvre  sta  un  vaso  di  alabastro  orientale,  che  porta  il  nome  di  Serse  in  ca- 
ratteri cuneiformi,  e  in  cui  fu  poscia  sepolto  uno  di  casa  Claudia. 

Neppure  al  tempo  del  risorgimento  si  fece  attenzione  ai  vasi  ceramici.  Alcuni  poi  ne 
pubblicò  il  padre  Lachausse  [Muì^oeixm  rortìanum.,  1690j;  altri  Bergier  e  Demstero,  poi 
Montfaucon;  indi  nel  secolo  passato  con  larj;hezza  maggiore  Cori ,  Bonarroti,  Caylus; 
tre  volumi  ne  empì  il  Passeri;  la  collezione  di  Hamilton  fu  pubblicata  da  Hancarville 
nel  1766.  Famoso  è  il  vaso  che  rappresenta  il  combattimento  d'Achille  e  Meninone, 
passato  d'Italia  a  Parigi  nella  Rivoluzione,  ed  ivi  restaurato  e  pubblicato  (Millin,  Vases 
pp.ints,  tom.  I.  tav.  19,  20  e  21),  ed  ora  conservato  nel  museo  di  Leida. 

Restavano  però  sempre  una  rarità,  e  guardavansi  con  idee  sii^tematiche:  Winckelmanu 
li  credeva  talmente  opera  affutto  greca  ,  che  sfidava  a  produrne  di  trovati  in  terra  vera- 
mente toscana;  opinione  che  tennero  Millin,  Hotliger,  Tischbein,  Lanzi,  Maffei,  Zanoni 
ed  altri ,  finché  nuove  scoperte  vennero  a  dar  importanza  a  questo  ramo  d'arti  belle. 

Prima  di  quest'ullimi  anni  i  vasi  erano  mal  distribaili,  rarcotti  senza  critica,  non  distinti  per  epoca,  siccbè 
gli  storici  confusero  i  tempi,  e  introdussero  cJHSsificazioni  capricciose  ,  a  segno  ctie  Otiofrcdo  Mùller 
credette  non  poter  fare  verun  conto  di  tante  anticaglie  per  chiarire  la  storia  e  le  credenze  degli  Etruschi. 

Passeri,   Piclurw  Elruscorum  in  vnsculis  nunc  primum  coUeclw.  Roma  1767-73.  3  voi. 

MiLLiN,  Peinture  des  vases  grecs.  2  voi. 

Dl'BoiS  Ma  SONNEIVE,  IniroducHoìi  à  Vélude  des  vases  antiquei.  Parigi  1817. 

—  Peinture  des  vases  ariltqueg.  Ivi  1808,  2  voi.  Opere  migliori  sono: 


198 


ARCHEOLOGIA    E   BELLE   ARTI 


Principe  di  Canino,  Muséum  ètrusque  de  Lucien  Bonaparle.  Viterbo  <829. 
—  Vases  éfrusques  de  Lucien  Bonaparle-  Uonia  1830. 

Élite  de  monumenti  céramographiques .,  malériaux  pour  l'inlelligence  dei  religioni  et  dei  mauri  de 
Vanliquilé^  expliquét  et  commeniés  par  Lenobma  T  et  De  Witte  Parigi  1837-62.  Ebbcr  l'idea  di 
riunire  le  rappresentazioni  de'  vasi  secondo  i  loro  soggetti,  cioè  i  miti  de'  varj  Dei  ,  le  pitture  mistiche, 
le  funerarie^  le  rappresentazioni  delia  vita  privata.  Si  pubblicarono  4  volumi  con  più  di  400  vasi,  dov'è 
completo  il  ciclo  de'  -12  Dei  maggiori  e  alquanti  de'  secondar];  ma  la  morte  del  Lenormant  troncò  il 
lavoro. 

Auserlesene  gricchische  Vasenbilder  hauptsilchlich  eiruikischen  Fundorli ,  herausgegeben  voti  Ed. 
GEitHARD.  Berlino  -1840  e  seg. 

MiCALi,  Vllalia  avanti  il  dominio  de''  Romani.  —  Monumenti  inediti  a  illuttrazione  della  tloria  degli 
antichi  popoli  italiani.  Firenze  1844. 

Panofka,  lìecherchei  tur  les  véritables  nomi  dei  vaies  greci.  Parigi  -1831. 

LETnoN^E,  Obiervalions  sur  les  nomi  des  vases  grecs.  Ivi  -1833. 

UssiNG,  Denominibus  vasorum  graecorum.  Copenaghen  18 '«5. 

iNGBiiiAitii,  Monumenti  etruschi  e  di  etrusco  nome  illustrati.!  con  appendice  di  F.  Orioli.  -1835. 
—  Pillure  di  vasi  fittili.  Fiesole  1832  e  seg. 

DoROW,   Voyage  archéologique  dans  Vanciennc  Étrurie.  Parigi  -(829. 

De  Witte,  Descriplion  d^une  colleclion  de  vases  pcints  et  bronzei  antique i  .^  provenanl  des  fouillei  de 
VÉtrurie.  Ivi  1837. 

Fea,  Storia  de''  vasi  fìitUi  dipinti  etruschi.,  colla  relazione  della  colonia  lidia.  Roma  -1832. 

De'  sejmlcrali  edifizj  deW  Ktruria  media.,  e  in  generale  delC architettura  luscania:  Poligrafia  fieiolana^ 
1826.  Molte  dissertazioni  di  Panofka,  Raoul-Rochette,  Mellingcn,  Bunsen,  Gerhard,  Bròndstedt,  Hlrt, 
Bóck,  Lewezow,  Welker,  Luynes ,  ed  altri  collaboratori  degli  /annali  e  del  Bullettino  d'archeologia 
che  si  stampano  a  Roma. 


§  122. 


Gli  scavi  recenti. 


Al  nord  di  Civitavecchia  stendesi  un  paese,  aliilato  dai  primi  Etruschi,  e  dove  già 
furono  le  città  di  Tarquinia,  Cere,  Clusio,  Bomarzo,  Vulci  ed  altre;  di  alcune  delle  quali 
fin  il  luogo  si  ignora.  Quivi  a  caso  ripastinando  alcuni  cucuzzoli  di  terra  che  in  paese 
chiamano  cucutiielle,  trovossi  ch'erano  lomlie,  entro  le  quali  apparve  quantità  di  vasi. 
Ael  18:28  se  ne  cominciarono  gii  scavi  per  cura  dei  signori  Uorow,  Magnus,  Candelori, 
Campanari,  Fossati,  e  principalmente  di  l>iiciano  Bonaparle  principe  di  Canino;  e  in 
men  d'un  anno  se  ne  trasse  piti  di  tremila  pezzi  dipinti.  Esposti  in  lioina ,  venduti  a 
varj  musei,  descritti  nell'opera  del  principe  suddetto,  ben  presto  furono  conosciuti  a 
tutto   il  mondo  artistico.  Eccone  uno  di  quelli  passati  da  Canino  al  museo  Britannico, 

rappresentante  Medea  che  nella  pentola  fa  hol- 
iire  il  vecchio  ariete:  talché  insieme  ci  mostra 
un'olla  da  cuocere,  sorretta  dal  tripode. 

Già  correva  il  nome  di  vasi  etruschi,  e  que- 
sto pareva  giustificato  da  tali  scoprimenti  in 
Elruria:  ma  ecco  uscirne  altrove.  In  Sicilia 
ne  oll'rirono  principalmente  la  costa  orientale 
e  meridionale,  come  Agrigento,  e  di  bellis- 
simi Gela  e  Camarioa.  Le  necropoli  di  Leon- 
tini  e  di  Acre  ne  diedero  piti  che  non  Sira- 
cusa,  dove  forse  le  necropoli  furono  guaste 
anticamente;  altri  le  coste  settentrionale  e  oc- 
cidentale, e  tutto  il  paese  presto  occupato 
dai  Cartaginesi. 

Assai  più  ne  dà  l'Italia  continentale.  Nella 
Magna  Grecia  sembra  che  Locri  e  Taranto  fos- 
sero il  centro  di  queste  fabbriche,  di  cui  si 
dilfusero  i  prodotti  alle  popolazioni  dell'in- 
terno, e  principalmente  sulle  coste  d'Apulia 
e  di  Lucania.  Quelle  due  città  si  distinguimo 
piuttosto  per  la  bellezza  che  per  la  quantità 
dei  vasi:  ma  e  molti  e  belli  ne  alìluirono  a 
Napoli  dai  paesi  orientali  e  meridionali  del 


VASI    ETRUSCHI  199 

regno,  e  sovratulto  dalle  contrade  montuose  della  Basilicata  e  dalie  mediterranee  della 
Puglia,  principalmentH  da  Canosa  e  da  Rovo. 

Nella  Campania  ne  tributarono  le  sepolture  di  Cuma ,  fra  cui  alcuni  pajono  eseguiti 
dopo  die  questa  città  fu  presa  dai  Sanniti ,  e  di  stupendi  n'avea  la  raccolta  Campana , 
or  passati  al  museo  di  Pietroburgo,  fra  cui  uno  grandissimo  a  vernice  nera  lina,  contor- 
nato di  fregi  d'eccellente  gusto:  e  uno  a  figure  colla  testa,  le  mani  e  i  piedi  dorati, 
finiti  quanto  i  cammei.  Erano  23  vasi  in  una  sola  tomba,  attorno  ai  più  grandi.  Ne  die- 
dero alquanti  Pesto  e  Sorrento:  molti  Nola,  di  popolazione  osca,  passala  poi  agli  E- 
truschi  ed  ai  Sanniti ,  al  tempo  della  cui  dominazione  si  riferiscono  appunto  la  più 
parte  de'  vasi  ivi  disepolti,  e  che  per  finezza  e  grazia  appena  cedono  a  quei  d'Atene  e 
di  Agrigento  Due  che  sono  nel  museo  di  Napoli,  rappresentanti  un  baccanale  e  l'ul- 
tima notte  di  Troja,  furono  pagali  ciascuno  otiantamila  franchi.  Nel  resto  della  Cam- 
pania non  sono  così  squisiti  ;  e  penetrando  fra  le  gole,  il  gusto  degenera  in  un  so- 
praccarico spirante  rozzezza.  A  Rovo,  piccola  città  dell'Apulia ,  nel  1834  uscirono 
grandi  vasi,  fra  cui  due  magnifici  ;  uno  alto  6  palmi  e  largo  3  1|2  nel  maggior  diametro, 
con  cencinquanta  figure  tra  di  uomini  e  di  bestie;  l'altro,  raccolto  da  un  sepolcro,  è 
alto  palmi  5  e  1  oncia,  largo  palmi  2  e  oncie  B,  con  minori  figure  ma  meglio  eseguite. 
Da  poi  se  ne  trovò  un  altro  grande  come  il  primo,  e  furon  tulli  posti  nel  museo  Borbo- 
nico (Vedi  l'illustrazione  del  primo,  negli  Annali  civili  I837j.  A  Rovo  scoprironsi 
anche  pitture;  e  undici  pezzi  d'intonaco,  con  trentacinque  figure  d'uomini  e  donne, 
furono  portati  al  museo  stesso  nel  1857.  A  Ischia  in  un  sepolcro  trovossi  un  vaso 
pieno  di  ova. 

Al  nord  di  Roma  si  trovano  vasi  quanti  al  mezzodì  :  da  Clusio  a  Vejo  quante  tombe 
etruscbe  s'apersero,  tante  ne  offrirono,  e  portarono  una  rivoluzione  nell'archeologia, 
come  gli  scavi  di  Ercolano  e  Pompej,  mediante  sì  gran  quantità  di  disegni  e  d'iscrizioni 
greche  ed  etruscbe.  A  Cervelri  presso  Tarquinia  si  son  trovali  i  più  bei  vasi  d'antico 
stil  corintio,  che  eran  nella  collezione  Campana:  ve  n'ha  moltissimi  col  nome  di  Nico- 
stene,  italioti  ma  imitanti  l'arte  greca,  con  |)ilture  nere  su  fondo  rosso,  ed  anse  piatte. 
Altri  si  tr;issero  dalle  ruine  d'Adria  di  bello  stile,  e  i  grecanici  vollero  che  questa  città 
fosse  l'emporio  de'  vasi  che  la  Grecia  trasmetteva  all'Italia.  Non  bastava  più  dunque  il 
nome  di  vasi  etruschi,  e  si  pensò  surrogare  quello  d'italioii. 

Però  Corinto  e  Atene  ne  presentano  anch'esse,  poi  altri  le  necropoli  della  Cirenaica, 
altri  la  Crimea  e  le  colonie  greche  del  Ponto  Kusino,  onde  vorrebbero  conchiudere 
sieno  opere  greche,  dilluse  prima  della  conquista  di  Alessandro. 

Ma  v'ha  luoghi  ove  si  trovano  a  ribocco,  e  non  sono  già  le  città  più  importanti  ;  e  le 
necropoli  di  Agrigento  e  di  Atene  sono  ben  lontane  dal  darne  tanti,  quanti  Vulci,  Nola, 
Canusio:  quelli  trovati  in  Grecia,  ad  Kgina,  a  Corinto,  fan  supporre  vi  fossero  fabbriche, 
ma  sono  ben  lungi  dalla  quantità  e  dalle  dimensioni  italiche  e  sicule.  Ullimamenle  a 
Corinto  se  ne  scavarono  molti  da  sepolcri,  di  stile  arcaico  ;  nessuno  però  di  figure  rosse 
su  fondo  nero.  11  resto  del  Peloponneso,  la  Focide,  la  Beozfa  non  ne  danno:  nell'Ar- 
cipelago ,  molti  a  Melos  e  a  Tera ,  ma  trattati  con  gusto  diverso  da  quello  d'Atene  e 
Corinto:  Alessandro  Couze  pubblicò  tre  vasi  dell'isola  di  Milo  (Meliache  Thongefd^se  ^ 
Lipsia  1862),  che  diconsi  i  più  vecchi  conosciuti,  con  molle  somiglianze  allo  stile 
orientale  :  fondo  giallo  chiaro,  su  cui  rilevano  figure  brune  e  rosso  carico.  Altri  s'hanno 
nella  necropoli  dellanlica  Panticapea,  con  segni  di  gusto  locale.  Di  quei  della  Cirenaica 
se  ne  ha  nel  museo  di  Leida,  sornij^lianli  di  stile  a  quei  di  Nola  e  di  Melos. 

Le  ipotesi,  che  per  ispie^are  questi  fatti  piantarono  coloro  che  li  pretendono  prove- 
nienti da  una  fabbrica  sola,  non  soddisfanno.  Più  naturale  sembra  il  credere  che,  dove 
abbondano,  ivi  fossero  fabbriche.  Chiunque  sa  come  gli  antichi  fossero  gelosi  de'  patrj 
riti,  massime  sepolcrali,  crederà  facilmente  volessero  prenderne  altrove  gli  stromenli? 
Anche  il  nome  di  vasi  sepolcrali  non  basta,  dacché  ne  uscirono  alquanti  dalle  terme 
tarquiniesi  e  dalle  vulceuti. 


200  ARCHEOLOGIA    E   BELLE    ARTI 


§   193.  —   Tecnica  dei  vasi. 

Come  giacessero  nelle  tombe  etruscbe^  e  come  l'arte  fra  quei  popoli  fosse  avanzata , 
noi  lo  diciamo  altrove.  Non  trattasi  più  d'industria  ma  d'arte;  e  in  parte  sono  forme 
nuove,  in  parte  le  forme  usuali,  ingentilite  ed  abbellite,  e,  quel  che  vi  cresce  importanza, 
ornale  di  pitture  e  d'iscrizioni. 

La  materia  dei  vasi  figurati  è  la  stessa  degli  ordinar],  più  raffinata.  Vauquelin  stabi- 
lisce che  su  100  |)arli  di  f|uella  pasta,  ò3  sieno  silice,  15alluuiioa,  8  calce,  24  ossido 
di  ferro:  e  Artaud  giunse  a  fabbricarne  di  pei felliiniente  simili.  Secondo  lui,  le  forme 
di  quelli  che  hanno  de'  rilievi  si  faceano  con  un'operazione  aflallo  semplice,  cioè  col- 
l'imprimere  in  concavo  con  modelli  ili  metallo  le  figure  che  doveano  riuscire  rilevate 
sui  vasi.  Restringeudosi  l'argilla  nel  cuocere,  il  vaso  usciva  dalla  forma  intero  in  bas- 
sorilievo. 

De'  vasi  alcuni  sono  gialli  colle  figure  nere,  altri  con  fij;ure  rosse  su  fondo  nero  :  in 
altri  è  il  color  naturale  della  creta  senza  vernice  o  pittura,  in  allri  il  nero  solo;  in  al- 
cuni il  color  naturale  è  rivestito  d'un  leggero  smalto;  in  altri  sovra  creta  color  naturale 
0  bianca,  sono  dipinte  ligure  nere,  spesso  colle  linee,  come  quelli  trovati  presso  Pesto, 
e  delti  comunemente  siciliani.  Rari  hanno  fondo  nero  e  figure  rosse,  disegnale  sofiia 
color  bianco  e  con  linee  ini  presse  così  da  penetrare  al  fondo  nero.  Ancor  più  rari  quelli 
delti  egizj,  di  fondo  giallastro  e  pitture  gialle,  che  non  coprono  aflallo  il  fondo,  dove 
è  sparso  il  color  bianco  o  il  rosso. 

La  dipintura  esegui  vasi  a  fi  esco,  non  si  sa  se  con  acqua,  terebintina  od  olio.  Lo 
schizzo  faceasi  con  un  corpo  duro,  le  cui  traccie  colorale  sparivano  colla  cottura.  Usa- 
vasi  pure  il  tiralinee,  e  per  le  supeificie  estese  il  pennello.  Indi  esponevynsi  a  fuoco 
blando.  Le  linee  di  contorno  si  vedono  sovente  impresse  :  altre  volte  sembra  si  faces- 
sero con  un  modello  di  carta,  su  cui  esse  figure  erano  spuntale.  I  ritocchi  in  bianco 
sono  d'allumina,  della  comunemente  terra  da  pipa,  V'è  poco  o  punto  di  fondente,  tal- 
ché suzzano  l'acqua  ;  come  avviene  pure  dei  bianchi  di  Locri,  dellAtlica,  di  Tarquinia. 
Il  rosso  è  ossido  di  ferro  :  il  giallo,  un'ocra  ;  il  verde  e  l'azzurro,  sali  di  rame.  Sche- 
rer  negò  che  nelle  tinte  rossiccie  entrasse  il  manganese.  Vauquelin  vuole  che  il  bel  lu- 
cido smallino  derivi  da  sostanze  carboniche,  applicale  in  polvere  sui  vasi  ancora  umidi, 
0  stemperale  in  acqua  d'argilla.  1  pratici  asseriscono  che  i  vasi  chiusini  sono  ridotti 
neri  da  fuoco  interno  ed  esterno. 

Ripetiamo  che  né  fusione  appare  uè  vetrificazione,  a  differenza  delle  stoviglie  odierne. 

§  424.  —  Loro  forme. 

Le  forme  sono  variissime,  ed  oltre  le  già  accennate  (§  120),  alcuni  rappresentano 
animali,  una  lepre  sdrajata,  un  piede  ecc.:  più  spesso  il  manico  è  un  leone,  una  lucer- 
tola, 0  un  intreccio  di  serpenti,  o  il  Fallo:  in  alcuni  la  pancia  è  una  testa.  A  Monaco 
n'ha  uno  spanso,  con  figure  nell'interno  incavate.  Un  vaso  cinerario  di  forma  partico- 
lare trovò  il  signor  Galanti  nellagro  Chiusino  nel  1842:  è  di  terra  di  tegoli  non  colla, 
della  forma  di  schifo,  alla  cui  bocca  fanno  corona  selle  slatuine,  frammezzate  da  altret- 
tante teste  di  serpenti  tutte  amovibili,  e  inserte  in  piccoli  perni:  ha  due  opercoli; 
nell'orlo  del  primo  sono  in  giro  undici  figurine  come  le  suddette,  nel  secondo  son  due 
spiragli,  e  se  ne  eleva  una  statua  muliebre  di  stile  antichissimo  (Bulkt.  ddVlstiluio  ar- 
cheol.  1843). 

Alcuni  mostrano  forme  straniere,  e  principalmente  egiziane  ;  altri  sono  alTelti  a  par- 
ticolari usi.  L'anfora  tirrena  è  un  modo  de'  più  antichi,  dipinta  all'arcaica  e  colle  figure 
contornale.  Le  anfore  panatenaiche  sono  pure  antiche;  ma  il  collo  invece  d'essere 
come  in  qutlle,  indistinto  dal  cor|)o,  è  decor.ito  d'ornamenti  architettonici,  e  poco  a 
poco  si  distingue  non  solo  all'esterno,  ma  anche  dentro,  mediante  un  angolo:  per  lo 
più  han  dipinture  bacchiche,  onde  si  dissero  dionisiache.  Forse  sono  quelle  cui  gli  an- 
tichi davano  il  nome  di  isimion,  in  grazia  del  collo  (tos.aòi). 


^  PITTURE.    ISCRIZIONI  201 

Tutte  queste  sono  figure  nere  su  fondo  chiaro.  Rosse  su  fondo  nero  sono  invece  quelle 
che  si  trovano  a  Nola,  anche  più  eleganti.  Nelle  anfore  all'egiziana  la  vernice  è  pallida, 
il  disegno  arcaico,  e  le  fìgure  disposte  in  parecchie  file,  e  con  animali  molti. 

§  125. —  Pitture. 

Alcuni  vasi  sono  squisitamente  dipinti  da  una  parte,  grossolani  affatto  dall'altra  ;  forse 
perchè  dovessero  collocarsi  su  ahaclii,  e  da  un  solo  fianco  esser  veduti.  Talvolta  la 
composizione  gira  per  tutto  il  vaso,  o  questo  è  in  più  comparli  un  sopra  l'altro,  isto- 
riati diversamente:  cosi  è  negli  a[)uli  e  luc;ini,  ove  per  lo  più  le  figure  sono  mal  distri- 
buite. Talaltra  sul  vaso  stesso  sono  due  scene  ditferenti,  o  in  contrasto  Oa  loro,  come 
un  idillio  opposto  a  un  latto  tragico,  un  iraslullo  alla  morte.  Ancor  più  frequente  i  ro- 
vesci sono  ra|)presentazioni  diouisiuclie.  il  pittore  pui  alcuna  fiala  ritrasse  due  momenti 
della  storia  medesima  sopra  una  pariglia  di  vasi  eguali. 

L'ignoranza  di  prospettiva,  comune  agli  antichi,  nuoce  viepiù  su  queste  superficie 
convesse  e  concave-,  e  fa  che  non  si  possano  aggruppar  le  figure,  sicché  tutte  appajono 
al  piano  slesso  e  colle  teste  e  i  piedi  in  profilo  anche  le  poche  volte  che  il  corpo  è  di 
prospello. 

Talune  figure  furono  dipinte  nude,  e  panneggiate  dappoi. 

I  grandi  pittori  s'applicavano  ai  tempj  e  ai  quadri  ;  e  pittore  dì  lecijti  in  Attica  sonava 
quanto  da  noi  pittor  di  boccali.  E  dunque  da  ripromettersi  poca  originalità,  ma  una  certa 
spigliatezza  e  libertà  molta.  Si  sa  quali  valenti  boccalaj  avessero  Urbino  e  Faenza  nel 
Cinquecento;  ma  nessuno  vi  pretenderebbe  la  squisitezza  di  p;irti  o  l'accordo  d'insieme 
de'  gran  maestri.  I  primi  ornatori  de'  vasi  dovettero  essere  semplici  vasaj,  che  vi  sfog- 
giavano grande  abilità  in  ornati,  fiori,  meandri,  aliri  \ezzi;  vi  univano  anche  animali, 
ma  dispo>ti  senza  concetto,  e  spesso  senza  garbo.  Quando  vi  si  introdussero  figure,  i 
decoratori  non  vollero  smettere  ;  e  cos'i  ne'  vasi  vulcenti  la  composizione  è  semplice, 
ma  ogni  spazio  vuoto  caricasi  di  fregi:  pure  l'arte  loro  rimase  vinta  da  quella  dei  fi- 
guristi. Questi  alle  prime  imitaroiio  opere  di  maestri  famosi,  vezzo  che  durò  anche 
dopo  che  VI  si  dipinsero  scene  originali  Dall'esame  de'  vasi  non  è  difficile  scorgere 
quelli  dedotti  da  pitture  e  da  bassorilievi  ;  le  originali  si  ravvisano  dal  tocco  più  sicuro, 
dulie  correzioni,  dalla  combinazione  delle  fìgure  tra  sé  e  cogli  ornamenti.  Alcuni  in- 
grandirono il  pregio  delle  pilluie  figuline  col  dire  che  ci  avessero  conservalo  le  compo- 
sizioni perdute:  ma  se  anche  fosse,  non  potevano  che  schizzarne  un'idea,  qual  era  pos- 
sibile colorendo  sul  fresco. 

§   J26.  —  Iscriziopi. 

Le  iscrizioni  od  erano  dipinte  sul  color  naturale  con  un  nero  lucente,  o  con  bianco  o 
rosso  pallido  sopra  vernice  nera.  Alcune  son  greche,  altre  etrusche,  o  a  dir  più  giusto, 
d'una  li^ngua  ignota  :  or  riferiscono  il  nome  della  divinila  o  dell'eroe  effigiato,  or  accla- 
mazioni, la  più  solila  delle  quali  è  /.a).©;  bello,  sotto  il  qpal  nome  si  sa  che  i  Greci  con- 
fondeano  anche  il  buono.  Così  y.oi'jó^  ò  nenie,  -  za/ò;  va't,  bravo  ragazzo,  bravo  davvero: 
y.a.'/oc  -/.woi  Sov.d  vai;  bravo,  egliparmi  da  senJio:  '^(£«  ,«£-  ^i=.i.  'ho^s,  bevi  me,  bevi  di  questa^ 
ecc.  Altri  hanno  epigrafi  morali,  o  preci. 

S'un  vaso  scoperto  non  ha  mollo  le  scritte  alludono  al  venir  della  rondine,  nunzia 
della  primavera:  eWov  x^'noó'ju^  v»5  tòv  T](iaz>.e«,  é'ap  v-Jd'/j,  vidi  la  rondinella,  per  Ercole, 
ecco  la  primavera. 

Non  raro  è  il  nome  dell'autore,  col  verbo  sTroèrisev.  o  iypai/zcy,  il  primo  dei  quali  forse 
esprime  il  vasajo,  l'altro  il  pittore. 

§  127.  —  Classificazione  secondo  i  soggètti. 

Da  quanto  si  è  detto  si  rivela  la  difficoltà  di  classificare  questa  ricchissima  specie  di 
monumenti.  Alcuni  vollero  ordinarli  secondo  i  soggetti  ;  e  primi  sarebbero  i  vasi  pana- 
tenaici,  che  davansi  in  dono  ad  Atene  nelle  feste  della  dea  tutelare,  distinti  dall'iscrizione 
a3ìx.  Raffiguravano  essi  i  varj  giuochi  del  pentatlo  j  e  spesso  due  colonne,  esprimenti 


202  ARCHEOLOGIA    E    BELLE    ARTI 

le  mete,  sormontate  da  due  galli  o  da  vasi,  e  fra  esse  Minerva.  Parte  davansi  dai  magi- 
strati, parte  forse  dai  privati  nelle  occasioni  stesse,  e  d'assai  ijiinore  nìagnilicenza. 

1  vasi  palestrici  sono  relativi  alle  feste  della  divinità,  in  cui  onore  essi  giuochi  veni- 
vano celebrati.  1  nuziali  ritraggono  scene  d'amore  e  di  matriaionio,  e  forse  ricanibia- 
vansi  in  occasione  di  nozze.  1  sepolcrali  rappresentano  il  supremo  congedo,  o  SHgrifizj 
ferali,  o  genj  della  morte  die  trasportano  sulla  biga  lo  spirilo  del  defunto.  Altri  figurano 
scene  domestiche, 

§  128.  —  Classificazione  secondo  il  paese. 

Più  che  queste  classificazioni  troppo  vaghe  e  insieme  non  abbastanza  comprensive, 
piacerebbe  il  distinguerli  secondo  il  paese  e  l'età  ;  ma  qui  sta  appunto  il  nodo  della  qui- 
stione,  agitata  vivissimamente  fra  gli  antiquarj.  Coloro  che  nessun'arle  riconoscono 
fuor  della  Grecia,  asseriscono  che  colà  si  fabbricassero,  indi  si  vendessero  ai  popoli  ita- 
lioti. In  prova  ne  danno  lo  stile,  tanto  simile  al  greco,  sia  arcaico,  sia  ottimo  ;  i  soggetti 
dedotti  dalla  storia  e  dalla  mitologia  ellenica  ;  le  iscrizioni  spesso  greche.  Su  moltissime 
leggesi  n&jv  a&7iv/;^ci/  «J/&JV,  cioè  prenij  dati  in  Atene.  Colà  tali  vasi  distrihuivansi  ne' 
giuochi;  e  guadagnati  da  Italiani,  erano  poi  da  essi  conservati  come  sacri,  e  seco  vo- 
luti nelle  sepolture. 

Ma  a  questa  teorica  ripugna  la  quantità  stessa  de'  vasi  che  si  scavano  nella  penisola. 
Anche  la  Grecia  ne  diede,  ma  beo  lontano  da  que.'-ta  quantità,  e  aggiungiamo  anche  da 
questa  bellezza.  Quelli  dell'Attica  (n'è  una  raccolta  a  MonacoJ  sono  ben  pochi,  né  così 
grandi  ed  eleganti  come  i  nostri,  e  vi  mancano  moltissime  delle  forme  più  ammirate  e 
leggiadre.  In  Sicilia,  dov'è  più  a  [iresumere  l'intluenza  greca,  i  vasi  non  sono  migliori 
che  gli  etruschi  e  i  nolani,  uè  di  tanta  varietà  5  e  le  tombe  stesse  son  meno  ricche.  Chi 
non  sa  quanto  scarse  fossero  le  comunicaziuni  fra  gli  antichi?  le  ignoranze  degli  au- 
tori l'attestano  ad  ogni  |)asso  :  lo  attesta  l'immensa  varietà  delle  monete.  Quanto  dunque 
non  doveva  esser  diffìcile  il  trasportare  fragili  vasi!  Dione  Crisostomo  retore  paragona 
l'efimero  splendore  d'un  suo  discorso  a  que'  bei  vasi  che  compravansi  a  Tenedo  :  <'Ogni 
navigatore  ne  porla  i-eco  passando,  ma  all'arrivo  nessun  li  trova  sani;  credeva  aver 
un  vaso,  non  gli  restano  che  cocci  ». 

È  poi  credibile  che  a  migliaja  si  traessero  dalla  Grecia,  unicamente  per  sepellirli? 
Nulla  più  probabile  che  l'aver  qualche  ttrusco  vinto  alcun  de'  premj  di  Atene,  e  ri- 
portatone i  vasi;  ma  qui  si  tratta  di  centinaja  anche  di  vasi  panatenaici,  venuti  in  paese 
riposti  e  mediterranei,  i  quali  non  furono  mai  rinomati  per  lottatori.  Quella  stessa  iscri' 
zione  che  ad  alcuni  sembra  decisiva,  tanto  può  significare  uno  de  preihj  riportuli  da 
Atene^  quanto  uno  dei  certami  provenienti  da  Atene,  esprimendo  che  feste  panatenaiche 
si  celebrassero  anche  in  Italia. 

Le  leggende  e  i  soggetti  greci  non  conchiudono,  atteso  che  poteano  benissimo  essersi 
imitati  in  Etruria ,  esempio  troppo  vivo  anch'oggi.  D'altra  parte  che  sappiamo  noi 
delle  primissime  relazioni  dei  popoli  ?  delle  tradizioni  comuni?  L'Iliade  e  l'Oc/tssea rac- 
colsero le  rapsodie  vocali:  non  poteano  queste  esser  vulgate  tra  Felasgi  e  Tirreni,  o 
tra  quelli,  comunque  si  nommiuo,  antichissimi,  che  popolarono  e  la  Grecia  e  l'Italia, 
senza  che  possa  asserirsi  (jual  prima? 

Negavasi  che  gli  Etruschi  fossero  mai  stali  artisti:  eppure  che  i  vasi  etruschi  di  bronzo 
e  altri  lavori  fossero  cercati  in  Grecia,  ce  lo  attesta  Crizia  presso  Ateneo,  I.  i.  p.  28: 

Tvfy'srìVYì    às  v.p-j.zil  •/_p\/nóx\>noc,  t^iàiri,    zaì   ffà;   j^a//ò;  OTt^   y.oaiMi  óÓ/jov   iv  ttvi   XjOE'-z  ;  6 
Ferecrate,  ivi,  1.  XV.  p.  7U0:  Ti;  tójv  )u;;fv£tùj>  -h  èfjya.tiy.  ;  Tu/-/»7vtx>j.    rioixaat  yxf,  yjaaw 

ai  Ttapà  roìi  Tup^srjveìi  éfjyuGtui.  Ecco  poi  dai  sepolcreti  Stessi  uscire  e  arredi  e  statue  e 
bassorilievi  e  pitture,  più  che  non  ne  abbia  date  la  Grecia.  Alcuni  vasi  inoltre  sono  ori- 
ginali si  di  forma,  sì  di  storie,  sì  di  leggende.  Aggiungasi  che  su  vasi  di  forma  greca 
Irovansi  caratteri  e  cifre  numeriche  all'etrusca;  Ganimede  con  due  ale,  Mercurio  con 
quattro,  Venere  col  tutulo  in  testa,  altri  genj  che  mai  non  si  videro  tra'  Greci  (Pakofka, 
Musée  Blacas,  1.  p.  seg.).  Originale  è  pure  quest'uso  di  deporre  stoviglie  co'  cadaveri, 
e  di  dipingere  i  sepolcri. 
Anche  i  soggetti  meramente  greci  vi  sono  trattati  secondo  uc    stile  locale:  le  figure 


ORIGIM,    ETÀ,    USO  203 

sempre  di  profilo,  hanno  occhi  rotondi  e  di  prospetto,  a  guisa  delle  bestie,  naso  rileva- 
tissimo,  ehni  chiusi,  ubilo  attaccato  alle  corazze  e  avvolto  alle  gambe. 

Fino  sui  piò  belli,  quali  sono  i  panalenaici ,  gli  scudi  di  Minerva  portano  le  divise 
delle  città  italiche:  al  che  sarebbesi  mai  piegala  la  greca  alterigia,  massime  in  premj 
nazionali? 

Aggiungete  alcune  particolarità  di  paese,  per  le  quali  gli  esperti  discernono  i  vasi 
vulcenti  dai  nolani,  dagli  apuli.  Basterebbe  questa  circostanza  per  escludere  il  pensiero 
d'un  mercato  comune.  E  converrà  ammetter  fabbriche  sui  luoghi,  dove  ai  grecanici 
non  resterà  se  non  credere  che  vi  venissero  artisti  di  Grecia  a  lavorarli  al  modo  dei 
loro  paese:  conchiusione  che  non  a  tutti  arriderà. 

Quelli  che  amano  distinguerli  per  nazione,  pongono  i  vasi  di  fabbrica  fenicia  (nome 
sostituito  a  quel  d'egiziana  per  le  analogie  degli  ornati)  con  quelli  di  Persepoli  e  coi 
cilindri  :   indi  quelli  di  fabbrica  greca,  di  fabbrica  elrusca,  di  fabbrica  della  Basilicata. 

§  129.    —  Classificazione  secondo  l'età. 

Né  meno  incerti  si  è  quanto  all'età.  Vi  fu  chi  credette  Vetulonia  antediluviana,  e 
perciò  aniediluviani  i  vasi  5  e  non  solo  volle  vedervi  Noè,  ma  un  vaso  fatto  da  Adamo, 
e  fin  la  voce  oremus  (Ann.  dcW htHulo  archeol.  1831,  p.  181).  Altri  vollero  riscontrarvi 
le  vicende  stesse  dell'arte  greca:  ma  parmi  che  con  non  minore  certezza  si  possa  deter- 
minarle in  opere  di  artisti  inferiori,  e  dove  spesso  valea  l'imitazione. 

1  vasi  vulcenti  precedono  la  più  parie  dei  monumenti  rimastici  d'antichità  greca  e 
romana.  1  neri  trovati  ad  Albano,  alcuni  de'  quali  sono  in  forma  di  campane,  e  di  cui 
è  una  bella  collezione  al  museo  Gregoriano ,  sono  riguardali  come  monumenti  degli 
Aborigeni. 

1  più  antichi  sembrano  quelli  di  fondo  giallastro,  con  figure  ranciate  0  brune  non 
lucenti,  disegno  stentato,  mal  ritoccato,  e  con  ornamenti  rozzi.  Le  figure  rosse  su 
fondo  nero  sono  ignote  alla  prima  epoca. 

Seguono  quelli  uve  sono  ancora  stentate  le  figure,  ma  gentili  e  franchi  gli  ornamenti. 
Quindi  le  pitture  nere,  tracciate  destramente,  ma  con  carattere  molto  arcaico;  muscoli 
esagerati,  ingenuità  pesante,  ove  il  semplice  va  fino  al  ridicolo,  il  vigoroso  fin  alla  ca- 
ricatura. Da  poi  il  fondo  divenne  indi.'lerente,  e  le  figure  talvolta  furono  semplici  linee, 
talché  voleasi  sicurezza  maggiore.  Tardi  vi  si  applicarono  dorature  e  rilievi  ;  si  sbizzarrì 
colle  anse,  si  complicarono  1  meandri,  aggraziaronsi  i  festoni;  il  panneggiamento  s'al- 
leggerì; le  teste  acquistarono  caratteri  più  delicati;  più  morbidi  i  muscoli,  più  spigliato 
il  disegno  e  di  una  elegante  sprezzatura. 

Da  questa  si  traboccò  nell'airettazione,  nella  pretensione  delle  particolarità,  nella  ne- 
gligenza di  disegno  enei  convenzionale.  Tale  apparve  fra  i  Lucani,  i  Messapj,  i  Bruzj, 
con  spessi  ritocchi,  figure  sovrapposti'  groltescamente.  1  va^i  trovati  ad  Lrcolano,  Fom- 
pej  e  Siabia  erano  lutti  neri  e  verniciali,  ma  non  dipinti,  il  qual  modo  è  il  piti  recente 
(Kirkek). 

L'occhio  artistico  sa  discernere  la  copia  dall'originale. 

Quanto  ai  soggetti,  ne'  più  antichi  si  riferiscono  a  danze,  a  feste,  all'addobbo.  Nei 
successivi  può  dedursi  l'età  da  qualche  particolare  circostanza:  così  sapendosi  che 
l'espi  ed  Eschilo  attorno  al  204  di  Roma  inventarono  le  maschere  da  teatro  ,  saranno 
posteriori  quelli  ove  se  ne  trovano.  Ma  questi  periodi  sono  tutt'altro  che  ben  determi- 
nati ;  ed  è  inoltre  notevole  che  nella  tomba  medesima  s'incontrano  vasi  che  si  ascrive- 
rebbero ad  età  molto  lontane. 

§  130.   —  Loro  uso. 

Altrettanto  si  esita  quanto  all'uso  de'  vasi.  Gli  aniichi  non  fanno  motto  del  sepellirne 
coi  morti,  eccetto  l'urna  0  idria  in  cui  riponevansi  le  ceneri;  pure  il  trovarli  in  tanta 
quantità  o  disposti  sul  suolo  0  affissi  a  chiodi,  fa  supporvi  qualche  significazione  finora 
arcana.  Ricorrere  al  costume  di  molti  popoli  di  sepellire  col  morto  ciò  che  gli  servì , 
non  si  può,  avvegnaché  tutti  i  vasi  delle  tombe  sono  nuovi.  Neppur  potevano  essere 
servili  al  banchetto  funerale,  come  si  riscontra  in  alcune  tombe  greche,  giacché  molti 


204  ARCDEOLOGU    E   BELLE    ARTI 

(come  tutti  i  vulcenti  e  quei  della  Magna  Grecia)  non  hanno  vernice  interna ,  e  perciò 
erano  inservibili. 

Alcuni  moderni  supposero  che  tutti  i  vasi  figulini  fosser  destinati  a  riti  e  massime 
alle  iniziazioni,  lo  perchè  i  più  consueti  soggetti  sono  scene  eleusine  e  dionisiache;  e 
quindi  si  ponessero  nelle  tombe  di  quelli  che  erano  siati  iniziati.  La  spiegazione  non 
è  infelice;  pure  rifletteremo  che  da  una  sola  tomba  di  Vulci  si  estrassero  novecento 
ciottola  di  creta  ordinaria  e  rozza,  come  si  farebbe  oggi  dalla  bottega  d'uno  scodellajo. 

§  131.  —  Restauri  e  conservazione. 

Dicemmo  che  i  vasi  trovansi  nuovi  :  tuttavia ,  qualora  se  ne  imbattano  di  restaurati , 
non  conviene  subito  sentenziarli  falsi,  giacché  talvolta  i  restauri  sono  antichi ,  e  spesso 
furono  supplite  le  orecchie.  Anzi  è  notevole  che  i  restauri  sono  grossolani  affatto,  in- 
serendovi pezzi  di  altri  vasi  che  nulla  aveano  a  fare  col  soggetto,  quasi  non  si  volesse 
altro  che  chiudere  la  rottura,  ^el^idria  d'Ercole  e  Augia  al  museo  Gregoriano  è  inne- 
stato un  cocck)  rappresentante  un  banchetto. 

Quando  il  vaso  si  disepellisce,  è  incrostato  d'una  sfioritura  biancastra  calcare,  la 
quale  si  leva  con  acqua  forte  che  non  intacca  la  vernice.  Se  le  pitture  furono  molto 
guaste,  si  ritoccano,  ma  in  tal  caso  perdono  di  credito  per  le  aggiunte  che  può  avervi 
fatte  il  moderno. 

Taluni  finsero  vasi  antichi,  e  principalmente  Pietro  Fondi  avea  fabbriche  a  Venezia 
e  a  Corfù  che  molti  ingannarono.  Alcune  volle  è  antico  il  vaso  e  moderna  la  dipintura: 
la  quale  però  se  sia  fatta  solo  con  colori  stemprati  nell'acqua  o  nell'alcool,  facilmente 
si  toglie  colla  lavatura,  mentre  negli  antichi  resistono  perchè  cotti. 

§  132.  —  Vasi  d'altre  materie. 

Oltre  l'argilla,  si  fecero  vasi  di  legno,  e  di  metalli  anche  preziosi,  di  marmi,  di  por- 
fido, di  pietre  fine,  come  onici,  sardoniche.  Tale  è  il  vaso  di  Mantova  che  sta  a  Bruns- 
wick; la  coppa  de'  Tolomei  nel  gabinetto  imperiale  a  Parigi,  con  maschere  bacchiche 
d'altissimo  rilievo;  il  vaso  d'onice  del  museo  di  Berlino;  il  balsamario  pur  d'onice  del 
gabinetto  di  Vienna:  d'agHta  è  singolare  per  grandezza  e  beltà  quello  del  museo  Bor- 
bonico. Molti  couiponimenti  greci  descrivono  intagli  e  composizioni  su  vasi  di  legno 
0  di  metallo.  Talvolta  di  vasi  aveano  forma  i  sepolcri,  e  tale  è  quello  di  Quinto  Cassio 
nella  gliptoleca  di  Monaco. 

Gli  antichi  attribuivano  ai  Fenicj  l'invenzione  del  vetro,  e  non  ignoravano  il  modo 
di  fabbricarlo  chiaro  e  bianco  ;  onde  Orazio  lodava  una  fonte  splendidior  vitro,  e  chiamò 
vitreo  il  mare  (vitreo  daiurus  nomina  ponto)  :  ma  preferivano  quello  a  colori;  princi- 
palmente porpora,  celeste  e  verde.  Secondo  Plinio  (Hist.  nat.  xxxvi.  26),  sapeasi  sof- 
fiarlo, tornirlo,  fin  renderlo  malleabile;  il  che  semlira  appena  credibile.  Quantunque 
però  si  fabbricasse  bene  il  vetro,  si  continuò  a  trarne  di  lontano  e  massime  dall'Egitto. 

Vetri  antichi  pochissimo  si  conosceaoo,  culpa  la  fragilità;  sinché  gli  scavi  d'Ercolano 
e  Pompej  ne  diedero  tanti,  da  formarne  una  sala  distinta  nel  museo  Borbonico.  Magni- 
fiche tazze  di  vetro  fecero  gli  antichi,  ora  col  sovrapporre  strali  di  color  diverso,  or 
coll'unire  il  vetro  e  l'oro;  e  Nerone  pagò  seimila  scsterzj  due  vasetti  di  vetro.  In  un 
sepolcro  di  Populonia  si  trovò  un  vaso,  illustrato  dal  Sestini ,  rotondo,  con  lungo  collo 
inelegante,  ma  pregevole  per  le  figure,  gli  ornati  e  le  iscrizioni  Una  lazza  ha  il  museo 
Trivulzio  a  Milano,  di  vetro  verde  con  una  linea  di  caratteri  in  rilievo  di  sotto  del  Inhliro, 
e  rivestita  d'una  rete  azzurra,  lavorala  con  gran  diligenza  al  tornio.  In  un  sepolcro  a 
Strasburgo  nel  1825  fu  trovata  una  tazza  di  vetro  bianco,  con  sovrapposto  un  orna- 
mento di  vetro  rosso,  formante  una  specie  di  rete,  a  fori  ovali,  e  terminala  con  un 
bordo  circolare  :  in  alto  della  tazza  erano  in  vetro  verde  le  parole  Maximilianus  Au- 
gustus. 

Dei  vasi  di  vetro  con  rilievi,  di  cui  molti  ornano  il  museo  Borbonico,  alcuni  poterono 
esser  sofliatì  entro  forme  di  metallo,  o  di  Iripolo  e  gesso,  sicché  ne  risultassero  me- 
andri e  maschere:  ovvero,  mentre  ancora  incandescenti,  imprimevnsi  il  rilievo  con  uno 
stilo  da  dentro  in  fuori,  f  bassorilievi  ne'  vasi  più  grandi  forse  erano  fatti  con  stampi 


VASI   DI   VETRO,   UURRIM,   UETALLICI  fl08 

applicati  alla  massa  rovente,  o  anche  fondendo  in  una  forma  tutto  il  vaso.  Collo  stampo 
devono  esser  fatti  i  medaglioni  e  le  iscrizioni  al  fondo  delle  tazze.  Altre  volte  s'intaglia- 
vano col  bulino. 

Il  famoso  vaso  Portland,  già  Barberini,  ora  al  museo  Britannico,  è  probabilmente  del 
tempo  d'Adriano,  consiste  in  una  pasta  di  vetro  di  due  strati,  uno  azzurro  trasparente, 
l'altro  lìianco  opaco,  e  rappresenta  le  nozze  di  Teli  e  Peleo:  il  gennajo  1845,  un  insen- 
sato gli  tirò  un  sasso  e  mandollo  a  fiezzi.  Un  altro  somigliante  fu  dissotterrato  a  Pom- 
pe], bellissimo,  e  manifestamente  lavorato  a-  bulino,  come  i  cammei:  è  d'un  vetro 
azzurro  carico,  tinto  col  piombo  calcinato,  da  cui  sorgono  de'  bassorilievi  in  un  altro 
strato  di  vetro  bianco  opaco,  rappresentanti  scene  bacchiche.  Vasi  antichi  con  figure  o 
senza  son  pure  il  sacro  catino  di  Genova  esagono,  colore  smeraldo  5  quello  trovato  a 
Novaro  (Winckelmann,  t.  iii),  un  altro  a  Strasburgo. 

Glasmaìerei,  von  ihrer  Vrsprung  bi$  auf  den  neusten  Zeit. 
Gessert,  Gesehichle  der  Glaimalerei,  -1839. 

Db  Witte,  Examen  de  deux  pnsiage$  de  Pline  relatifs  à  Vari  de  la  vetrerie.  -1844. 
MiiMiTOLi,  Ueber  die  /inferdgung  und  die  Nùtzanwendung  der  fabricken  Glitser  bei  den  Alien.  Berlino 
-1836.  Profiub  degli  studj  de'  cavalieri  Beriholdy  e  Dodwcll,  del  dottore  Fnss,  di  Klaproth. 

Per  vasi  murrini  non  si  sa  hene  che  cosa  intendere;  ma  erano  oggetti  di  lussò  piut- 
tosto che  d'arte.  Mercatore  e  Baronio  li  credettero  di  bengioino;  Panlmier  di  Crente- 
niesnil,  d'argilla  impastata  con  mirra;  Cardano,  Scaligero.  Mercuriale,  di  porcellana; 
Belon,  di  conchiglia  ;  Guibert,  di  onice;  altri  d'altro;  e  Le  Blond  (Mém.  de  l'Aoad.  des 
Inscrip.  voi.  xlui)  mostra  che  nessuno  s'appose:  Haiìy  volle  provare  fossero  di  spato 
fluore.  Una  di  tali  tazze  fu  pagata  da  un  consolare  settanta  talenti;  una  da  Nerone  qua- 
ranta milioni  di  sesterzj:  Petronio,  dispensiero  de'  piaceri  di  lui,  n'ebbe  una  per  tre- 
cento talenti,  e  prima  di  morire  la  spezzò,  acciocché  non  toccasse  a  Nerone,  divenutogli 
nemico. 

COBSi,  De'  vati  murrini^  e  d'un  masso  di  pietra  esistente  in  Roma.  Roma  -1830. 

Triebsch,   Ueber  die  Vasa  murrina  der  Alien  -1833. 

Costa  be  Macedo,  Mem.  sobre  os  vasos  murrhino^.  Lisbona  -1842. 

Tra  i  vasi  metallici  erano  famosi  quelli  di  metallo  di  Corinto.  A  Vulci  se  ne  steri-a- 
rono  pure  molti,  e  nel  183?)  ben  quattordici  da  una  sola  casa  di  Pompe],  d'argento  con 
bellissimi  rilievi.  Si  vede  che  dapprima  erano  fusi  insieme  colle  figure  e  col  fogliame, 
poi  nel  rilievo  perfezionati  coi  ceselli.  Altre  volte  i  pezzi  di  rilievo  eralio  staccati,  e 
poteansi  adattare  a  piìi  vasi.  Da  sessanta  vasi  metallici  possiede  il  museo  di  Toriào, 
oltre  molti  fittili,  gran  parte  raccolti  dagli  scavi  di  PoUenzo. 


206  ARCHEOLOGIA    E   BELLE    ARTI 

CAPO   SESTO 

GLIPTICA  E  OREFICERIA 


§  433.   —  Definizione. 

L'arte  di  tagliar  le  pietre  fine  di  cavo  o  di  rilievo  chiamasi  Gliptica,  e  Gliptografia 
la  cognizione  di  quelle  che  l'antichità  ci  tramandò.  Queste  meltonsi  tra  i  monumenti 
più  preziosi,  sia  per  l'eleganza  loro  propria,  sia  per  la  ricchezza  intrinseca,  sia  per  la 
facilità  d'introdurle  in  ornamenti  moderni. 

§  134.  —  Materie  intagliate. 

Le  sostanze  intagliate  erano  od  animali,  come  corallo,  turchine,  avorio,  per  esempio 
nel  cammeo  figurante  Porsena,  messo  però  in  dubbio;  o  vegetali,  come  cedro,  bosso, 
ebano,  sicomoro,  di  cui  v'è  qualche  lavoro  egizio;  o  resinosi,  come  lustrino  e  ambra, 
che  or  credesi  prodotta  da  un  conifero  del  mondo  primitivo;  o  minerali,  come  argilla, 
metalli,  pietre,  e  specialmente  l'ematite,  la  malachite,  la  calamita,  il  lapislazzuli,  lo 
schisto  calcare,  la  pietra  tebaica  ossia  oliare,  la  steatite,  le  silicee  più  pure.  Le  silicee 
sono  trasparenti,  come  rubino,  zafiro,  topazio,  smeraldo,  ametista,  acqua  di  mare  o 
berillo,  granato,  giacinto,  cristallo  di  ròcca,  in  cui  si  hanno  pochi  lavori  e  di  poco  me- 
rito ;  0  semitrasparenti,  come  l'opale,  il  plasma  di  smeraldo  o  calcedonio  verdiccio,  il 
girasole  o  pietra  di  fulmine,  l'idrofane,  il  sardonico,  la  corniola,  la  giada,  le  agate,  il 
calcedonio,  il  cacholong,  l'onice;  od  opache,  come  il  diaspro  di  varj  colori,  il  granito, 
il  basalte,  il  serpentino,  la  sienite. 

il  diaspro  era  sì  poco  noto  agli  antichi,  che  Plinio  crede  dover  attestare  per  propria 
vista  che  Nerone  ne  possedeva  un  pezzo  di  undici  oncie  {Magnitudinem  jaspidis  unde- 
cim  unciaruin  vidimus)  :  e  difatto  in  antico  non  si  trovano  né  colonne  né  grandi  vasi 
di  diaspro  ,  mentre  o^'gi  dall'Altai  ne  tiriamo  grossissimi  pezzi.  Il  vero  smeraldo  non 
trovasi  che  nel  Perù:  pure  gli  antichi  ne  numerarono  dodici  specie,  di  nomi  dilTe- 
rentissimi,  ma  infatti  erano  diallago,  plasma,  eliotropio,  e  sin  spato-lluore.  La  più 
parte  delle  gemme  che  diconsi  in  smeraldo  dagli  antichi ,  sono  in  eliotropio  ,  o  come 
diciamo,  plasma  di  smeraldo  gemmario  (Blumenbach,  Naturgesch.  art.  Heliotrop  und 
Smaragd). 

Empirica  è  la  distinzione  delle  gemme  in  orientali  ed  occidentali,  non  corrispondendo 
al  vero  tal  distinzione  geografica.  Orientali  son  quelle  di  più  bella  vista,  dure  e  perciò 
capaci  di  più  acceso  pulimento ,  composte  di  allumina  pura;  e  la  scienza  le  chiama 
lelesie  o  corindoni.  Le  occidentali  sono  gemme  somigliami  alle  predette,  ma  non  così 
dure  e  belle,  e  compongonsi  di  selce  unita  chimicamente  con  altre  terre,  o  colorale  da 
ossidi  metallici. 

Il  diamante  dagli  antichi  non  si  sapeva  lavorare,  e  lo  insegnò  Luigi  Barquen  di  Bru- 
ges. Nessun  dianiante  si  trovò  a  l'ompej  ed  Ercolano;  bensì  un  anello  con  venticinque 
pezzi  di  diamante  regolarmente  disposti  in  oro,  si  scoperse  nel  Westmeath  (Goucii's, 
Carne/.  III.  571).  1  carbonchi  non  credeansi  opportuni.  I  lavori  su  conchiglie,  massi- 
me la  margaritifera,  il  naulilio,  le  veneri,  le  came  e  le  cipree,  sono  moderni. 

Ambra  moltissima  ebbero  gli  antichi ,  e  Plinio  {Hist.  nat.  xxxvii.  5)  parla  di  pezzi 
fin  di  quattordici  libbre  ;  e  la  stima  misuravasi  da  qualche  particolarità,  come  il  colore 


GEMME,    LORO   DISTINZIONI  207 

0  l'aver  inchiuso  alcun  insetto.  Nel  museo  Kircheriano  n'è  una  raccoltina  di  romane, 
e  specialmente  notevoli  una  noce  spaccata  ,  un  balsaniario  ricinto  di  pampini  e  con 
amorini  bacchici  ed  uccelli.  Ivi  è  pure  un  frammento  bellissimo  d'una  Nereide  su 
cavallo  marino,  in  cristallo  di  rócca.  Un  bassorilievo  in  ambra,  trovato  nella  tomba  di 
Ruvo,  e  venuto  alla  preziosa  raccolta  del  conte  di  Portalés  Gorgier,  è  in  un  pezzo  lungo 
pollici  6,  lin.  6.  largo  3.  6. 

Molte  velie  lavoravansi  sostanze  artifiziali ,  coi  vetri  e  porcellane,  smaltì,  paste  di 
vario  colore  imitanti  le  gemme.  I  grandi  smeraldi  egiziani  ed  altre  pietre  erano  paste, 
come  si  scòrse  da  quelli  trovati  nelle  tombe,  e  da  quei  che  si  conservarono  nelle  chiese 
cristiane,  quale  il  sacro  catino  di  Genova. 

§   135.   —   Modo  di  lavorarle. 

Come  gli  antichi  lavorassero  le  pietre  non  ci  è  tramandato  in  iscritto-,  ma  si  potè 
conoscere  che  v'adopravano,  al  modo  moderno,  la  sega  (terebra) ^  il  punzone  (ferrum 
retusumj^  la  rotellina  di  rame,  il  torno,  lo  smeriglio,  la  polvere  e  la  punta  di  diamante, 
e  osso  di  seppia  (osiracitej  per  levigare.  Non  occorre  avvertire  che  non  poteano  colle 
lenti  ingrandir  gli  oggetti. 

Il  politore  dava  aila  pietra  la  forma  piana  o  convessa;  poi  l'incisore  (litoghjphus , 
scalplor,  cavarius)  vi  adoprava  attorno  ;  litocoltesi  o  compoxitures  gemmarum  montavano 
le  pietre;  dattilioglifì  più  specialmente  lavoravano  agli  anelli. 

Le  forme  cilindriche  od  esagone  erano  più  usate  ,  che  non  le  numerose  faccette  de' 
moderni.  La  legatura  preferita  negli  anelli  era  in  forma  di  fascia, 

§  136.   —  Intagli  e  cammei. 

Le  pietre  sono  lavorate  o  in  cavo,  o  in  rilievo;  le  prime  diconsi  intagli ,  le  altre 
cammei.  Di  questo  nome  è  ignota  la  origine,  e  chi  vuole  trarlo  dall'arabo  kamna  amu- 
leto, chi  da  chama  conchiglia.  Sono  soggetti  intagliati  sovra  una  pietra  a  molli  strati, 
de'  quali  l'incisore  si  giovò  per  far  risaltare  ima  figura  di  colore  diverso  dal  fondo.  Ec- 
cellenti sono  quelli  su  pietra  a  triplo  strato.  Le  più  ovvie  sono  le  sardoniche  ossia  sar- 
donia-onice; e  le  grandissime  e  bellissime  degli  antichi  si  suppone  le  traessero  dal- 
l'india superiore  e  dalla  Battriana  ,  mentre  i  moderni  non  ponno  servirsi  che  delle 
agate  di  Germania,  di  pasta  assai  meno  fina, 

Antonio  Pichler  trovò  il  modo  di  dare  a  queste  il  fondo  nero  col  farle  bollire  nell'olio 
vitriolico  in  modo,  che  n'escono  bei  niccoli  a  due  colori,  bianco  e  nero. 

S   137.    —  Altre  distinzioni   delle  pietre   incise. 

Le  gemme  suddividonsi  anche  giusta  la  forma  o  il  soggetto:  e  chiamansi  scarabei 
quelle  che  hanno  la  forma  di  questo  insetto  sovra  una  base  piana;  caboscion  le  pietre 
informi;  capriQci  i  soggetti  bizzarramente  aggruppali;  grilli  i  soggetti  grotteschi  e  le 
caricature;  chimere  quelli  in  cui  sono  associale  parti  d'animali  diversi;  aslrifere  quelle 
che  figurano  astri;  conjugaie  {capila  jugala)  quando  sono  due  o  più  teste  di  profilo 
sovrapposte  una  all'altra,  come  il  grandissimo  di  Alessandro  e  Olimpia  del  museo  Ode- 
scalchi ,  e  quel  di  Demetrio  Solere  e  sua  moglie  Laodice;  affrontate  (capita  adversa) 
quando  le  teste  si  guardano;  opposte  (capita  aversa)  quando  rivolte  a  lati  contrarj. 

Scientificamente  si  sogliono  distinguere  secondo  il  paese,  in  egizie,  elrusche,  asiatiche, 
greche  e  romane,  suddividendole  secondo  il  soggetto  in  milolog'che,  sloriche,  fisiogra- 
fiche,  cioè  che  rappresentano  oggetti  naturali,  chimeriche,  cioè  di  capriccio  senza  re- 
lazione a  culto  e  a  storia;  olire  |toi  le  cristiane,  dedotte  dalla  nostra  religione. 

DOM.  De  Rossi,  Gemme  antiche  figurate.  Roma  1707-9,  4  voi. 

LiPPEBT,  Daclyliolhecn  unitersalis.  Lipsia  1755,  62,  76. 

Zanetti,  Gemma  aniiquce.  Venezia  1750. 

GoRi,   Thfsaurum  gemmarum  antiquarum.  Firenze  (750,  3  voi.;  o  Bìstoria  glyptographtca, 

VKSSmt^  Noviim  tliesaurtim  gemmarum.  Roma  1781,  5  voi. 

J.  Rapom,  Raccolta  di  pietre  anlicfie.  Ivi  1786. 

Erh.  Reusch,  Capila  deorum...  in  gemmit  incita.  Francoforle  1721. 

Stoch,  Gemmce  antiqua  cetatw.  Amsterdam  1724. 


208 


AKCHEOLOGiA    E    BELLE    ARTI 


FicORONi,  Gemnlcé  anligum  liUeratw.RomSi  M^T. 

Wadd,  Litologia  del  museo  Borgiano^  eauraera  le  pietre  adoperate. 

Natter,  Trattalo  del  metodo  antico  di  scolpir  le  pietre  fine  paragonato  co'  moderni.  Londra  nb4. 

Mariette,  Traité  des  pierres  gravées.  Parigi  -1750,  2  voi. 

Ant.  Aldini,  Istituzioni  gliltografiche.  Cesena  4783.  I  molti  suoi  errori  furono  notati  da  un  Accademico 

etrusco  nelle  Osservazioni  sulle  gemme  incise.  Milano  1786. 
Klotz,   Veber  den  Nutzen  und  Gebrauch  der  alien  geschnitlenen  Steine.  Altenburg  1768. 
Eckhel  descrisse  le  pietre  del  gabinetto  di  Victìna  (1788);  Delacliau  e  Le  Rlond  quelle  del  duca  d'O  rleans 

(1780).  Quelle  d'Inghilterra  furono  incise  da  Wnrlidge  1768:  da  Storch  e  Bracci  quelle  con  iscrizióni, 

De  aniiquis  scultoribus  qui  sua  nòmina  inciserunt  in  gemmi».  Firenze  1784. 
Buschino,  Memoria  del  distinguere  gli  antichi  da'  moderni  lavóri  gUtlogralxci  (negli  Alti  della  SonièlA 

di  Lipsia  \  753) . 
MuRR,  Bibliothera  glyptographica.  Dresda  4804. 
Corsi,  Catalogo  di  pietre  antiche.  Roma  1823. 

Ramcs,  Von  geschnitlenen  Steiàen  und  dei-  Krinst  selbige  sugràviiréh.  Co{)énàghen  -1 800. 
OOerlitt,  Gemmenkunde  (nelle  opere  sue  archeologiche). 
Hirt,  Afnalthea. 
CoHLER,  Sulla  gliptica. 
Luigi  Bossi,  Delle  pietre  incise.  MWano. 
Impronte  gemmarie  di  monumenti  tornati  in  luce  dal  1833  in  poi,  pubblicate  dall'incisore  T.  Cades. 

Roma,  per  centurie. 
Trésor  de  numismatiques  et  de  gliptiques..  tant  anciens  que  modernes^  les'phis  intèresans  snus  le  rap- 

port  de  Vnrt  et  de  Phistnire.,  ffravé  par  les  procédés  de  Achille  Colas,  sous  la  direction  de  DelarÒCUE, 

DOPCNT  et  Lènoirmant.  Parigi  1834. 
Faustino  Corsi,  Delle  pietre  antiche,  —  Catalogo  ragionalo  d'una  colleziorie  di  pietre  da  decoraiióne% 

Roma  1823. 


§  i58.  ~  Utilità  della  gliptica. 

Come  monumenti,  le  pietre  incise  si  arricchiscono  di  cognizioni  pellegrine  sulle 
arti,  la  storia,  la  religione,  le  opinioni,  i  costumi  degli  antichi:  da  esse  abbiamo  i  ri- 
tratti di  grand'uomini,  da  esse  la  riproduzione  in  piccolo  di  opere  perdute;  oltre  una 
serie  di  capricci,  attestanti  il  gusto  nazionale. 

§  139.  —  Gemme  ebraiche,  egizie,  fenicie,  scarabei^  cilindri. 

Già  neWEsodo  son  le  numerate  varie  piètre  Incise,  che  devono  entrare  negli  arredi 
del  sommo  sacerdote.  Abbiam  memoria  delle  gemme  degli  Etiopi  ;  ne  possediamo 

degli  Indiani;  ne  uscirono  dai  monumenti  più  ve- 
tusti deli'Fcilto  Fra  queste  sono  notevoli  quelle 
in  forma  di  scarabei,  che  portano  iscrizioni,  tal- 
volta di  re  anteriori  a  r.ioseffo  Ebreo.  Lo  scara- 
beo è  rilevato  sopra  un  piano,  talché  appartitene 
ai  cammei;  la  base  è  forata  pel  lungo,  e  talora 
in  più  d'un  senso,  e  nell'estermoé  incisa,  f.'ani- 
male  v'è  più  0  men  rilevato,  e  talora  si  attacca 
solo  per  le  zampe.  Le  ale  superiori  sono  lisce, 
oppure  striale. 
Abbondantissimi  si  trovano  (n'ha  da  duemila  il  solo  museo  di  Torino,  censettan- 
tadue  dei  quali  portano  il  nomedel  reTn(mnsi).  e  d'ogni  materia,  preziosa  o  comune; 
e  sembra  certo  si  portassero  come  anelli,  fors'anche  come  collane:  ve  n'ha  d;i  dieci 
secoli  avanti  la  guerra  di  Troja,  (in  all'imperatore  Comodo;  ma  non  si  scorge  differenza 
cronologica  nel  lavoro.  Li  classificano  dunque  in  grandi  e  piccoli,  chiamando  grandi 
quei  che  hanno  da  un  pollice  a  tre  di  lunghezza;  e  pare  fossero  funerari,  trovandosi 
figurati  sili  papiri  delle  mummie,  od  anche  nelle  collane  e  al  petto  delle  mummie 
stesse,  e  fra  le  collane  di  vetro  e  di  conterie  che  le  più  ricche  hanno  al  collo,  l 'essersi 
rinvenuto  uno  scarabeo  attaccato  ad  un  orecchino,  lasciò  credere  si  destinassero  a 
tale  USO;  ma  bisogna  aspettare  altri  esempj.  Pretendono  che  le  iscrizioni  sieno  leg- 
gende funebri,  non  cangiando  che  il  nome,  al  cui  posto  talvolta  è  una  lacuna.  Avvene 
senza  iscrizioni  di  sorta.  In  alcuni  le  ale  sono  adorne  di  figure,  e  in  altri  la  testa  è  di 


GEMME   ANTICHE  209 

uomo.  I  piccoli  sono  numerosissimi,  e  rappresentano  divinità,  simboli  religiosi,  leg- 
gende, iscrizioni,  emblemi  sacri  e  civili,  piante,  animali,  varietà.  Sono  preziosi  quei 
che  hanno  cartelloni  coi  nomi  di  regnanti.  Da  ciò  volle  alcuno  indurre  che  servissero 
di  moneta  spiccia. 

Si  disse  che  gli  Egizj  onorassero  lo  sciirabeo  come  simbolo,  i°  del  mondo,  perchè  i 
suoi  escrementi  hanno  forma  di  globo-  2"  della  generazione,  perchè  sepellisce  pal- 
lottole in  cui  rinserrò  le  sue  ova;  3'  della  figliuolanza,  perchè  partorisce  sempre  un 
maschio  e  una  femmina;  4°  del  valore,  onde  obbligavano  i  soldati  in  guerra  ad  avere 
sull'anello  quest'animale  sempre  armato  -,  5"  del  sole;  6"  della  luna  per  le  corna;  7°  di 
Mercurio  se  unicorno;  8"  cogli  occhi  traforati  da  un  ago  indicava  un  uomo  morto 
di  febbre.  Anche  altre  significazioni  vi  trovano,  ma  del  pari  capricciose.  I  più  credono 
fossero  difese  magiche,  atteso  che  lo  scarabeo  era  dedicato  al  Sole,  il  più  potente  fra 
gli  Dei  (sant'Agostino  dice  che  tristo  era  paragonato  allo  scarabeo;  altro  |de' molti 
simboli  solari  attribuiti  all'uomo-dio). 

Un  geuere  particolare  formarono  le  pietre  incise  dei  Babilonesi,  che  dalla  loro  forma 
si  chiamano  cilindri.  Sono  di  materie  dure,  naturali  od  artifiziali,  varianti  da  uno  a 
tre  pollici  di  lunghezza,  e  da  qualche  linea  fin  ad  un  pollice  di  diametro,  forati  per 
lo  lungo,  e  tutti  coperti  di  figure  e  d'iscrizioni.  Pare  fossero  amuleti,  e  portano  divi- 
nità e  nomi  loro  in  caratteri  cuneiformi.  Credeansi  proprj  solo  de' Persiani;  ma  se  ne 
trovò  pure  in  Egitto,  alcuni  coperti  d'iscrizioni  persepolitane,  altri  di  figure  egizie,  e 
col  nome  di  faraoni  anteriori  alla  invasione  persiana. 

J.  DuBOis,  Choix  de  pierres  gravées  antique!  égypliennet  et  persanet.  Parigi  H817. 
Steinbuecbel,  Scarabei  egizj  figurati  del  museo  di  S.  M.  V Imperatore.  Vienna  1824.  Molti  però  da  lui 
reputati  antichi,  nun  sono. 

§  140.   —  Gemme  greche. 

Fra  i  Greci  si  nomina  primo  Teodoro  di  Samo,  il  quale  incise  l'anello  di  Policrate,  e 
da  Plinio  è  fatto  inventore  del  tornio;  diremo  piuttosto  introduttore.  Molti  intagliatori 
son  ricordati  dulie  storie  fin  al  Basso  Impero:  d'altri  sì  raccolgono  i  nomi  dalle  lettere 
0  dai  logogrifi  ch'essi  metteano  sui  proprj  lavori. 

La  pietra  greca  più  antica  è  una  corniola  del  gabinetto  reale  di  Berlino,  figurante  la 
morte  di  Otriade  spartano,  con  un'iscrizione  greca  sullo  scudo  da  destra  a  sinistra; 
e  sarebbe  contemporanea  al  predetto  anello.  Sono  fra'  più  rinomati  intagli  il  Demo- 
stene, rio,  il  Perseo  e  il  Mercurio  di  Dioscoride,  il  loro  d'Ilio,  l'Ercole  di  Cneo,  la  Me- 
dusa di  Solone,  la  Giulia  di  Evodo.  Il  così  detto  sigillo  di  Michelangelo  figura  in  cor- 
niola piccola  una  vendemmia,  e  nell'esergo  un  pescatore  colla  lenza;  e  sta  al  gabinetto 
nazionale  a  Parigi;  ma  anziché  antico,  e'  pare  del  Cinquecento.  Dioscoride  era  van- 
tato pel  rilievo  delle  figure.  Queste  non  si  moltiplicavano  in  un  soggetto  e  preferivansi 
le  nude. 

L'età  delle  pietre,  in  mancanza  d'altro,  si  deduce  dallo  stile;  ma  spesso  gli  incisori 
degli  ultimi  tempi  si  applicarono  ad  imitare  gli  antichissimi.  È  prediletta  la  forma 
ovale,  talvolta  colla  superficie  alquanto  concava.  Ne'  cammei  sceglievansi  colori  adatti 
al  soggetto;  pietre  nere  per  Proserpina,  l'ametista  per  Bacco,  il  diaspro  rosso  per 
Marsia  scorticato,  l'acqua  marina  per  Nettuno  o  pei  Tritoni.  Gli  antichi  davano  alle 
pietre  un  forte  pulimento,  che  mal  si  raggiunge  dai  moderni. 

§  141.  —  Gemme  Italiote. 

Gli  Italioti  precedettero  i  Greci  nella  gliptica.  Lo  scarabeo  è  pure  forma  assai  solita 
delle  pietre  incise  etrusche,  se  non  che  il  campo  della  pietra  porta  una  granitura  di 
punti  incavati.  Hanno  rilievo  e  finitezza  minore  che  le  egiziane,  e  tutte  sono  forate  per 
lo  lungo;  alcune  trovaronsi  nelle  tombe,  legate  in  anelli  e  versatili.  Fra  le  etrusche 
repulansi  più  antiche  quelle,  ove  la  figura  è  appena  indicala  da  punti  scavati  col  pun- 
zone. Le  iscrizioni,  quando  vi  siano,  indicano  la  persona  figurata,  ei  soggetti  sono  per 
lo  più  greci:  onde  si  classificano  in  pietre  etrusche  di  soggetti  etruschi,  e  di  soggetti 
greci.  Tra  le  prime  hanno  vanto  un'agata  del  museo  granducale  di  Firenze,  la  quale 

Cantò,  Docmuenti.  — Tom.  I.  Archeologia  e  Belle  Arti,  14 


210  ARCHEOLOGIA    E    BELLE    ARTI 

rappresenta  due  sacerdoti  salj,  che  sostengono  un  bastone  con  sei  scudi;  uno  scarabeo 
in  corniola  del  re  di  Prussia;  una  piccola  pietra  del  gabinetto  imperiale  di  t'arigi,  fi- 
gurante un  uomo  seduto  s'uno  sgabello  davanti  a  una  tavola  tripode,  su  cui  sono  tre 
corjti  rotondi  che  egli  par  movere  colla  destra,  mentre  colla  sinistra  tiene  una  tavoletta 
carica  di  lettere  alfabetiche.  Orioli  le  reputa  numeri,  e  ne  induce  che  le  cifre  nume- 
riche fosser  note  agli  Etruschi. 

I  soggetti  greci  sono  più  facili  a  interpretare,  e  diedero  grande  appiglio  a  quelli 
che  negano  agli  Etruschi  un'arte  propria,  e  vogliono  la  derivassero  affatto  di  Grecia. 
Dai  sepolcri  di  Perugia  levossi  una  delle  più  belle  pietre  incise,  rappresentante  i  sette 
capi  sotto  Tebe,  coi  loro  nomi  greci  incisi  io  forma  etrusca. 

§  142,  —  Gemme  romane  e  del  Basso  Impero. 

I  Romani  anche  (jui  non  fecero  che  imitare  i  Greci,  e  di  là  desunsero  i  soggetti;  o 
se  dalla  storlapatria,  vi  diedero  espressione  allegorica,  prediligendo  però  il  panneggia- 
mento. Conoscesi  anche  qualche  artista  romano,  e  il  lusso  dovette  far  prevalere  sifatto 
genere  di  lavori.  Talora  hanno  iscrizioni  di  buon  augurio:  Multis  annis  ;  ave,  amor 
meus^  ecc.  Del  tempo  degli  imperatori  si  hanno  preziose  gemme;  e  l'insigne  incisore 
Dioscoride  fece  la  tosta  di  Augusto,  con  cui  esso  imperatore  suggellava.  Possediamo 
inoltre  una  serie  di  (Jemme  che  rappresentano,  ad  epoche  determinate,  le  famiglie 
Giulia  e  Claudia,  ammirabili  per  l'abilità  e  per  altri  vantaggi. 

La  più  grande  che  si  abbia  è  quella  del  cardinale  Carpegna,  che  fu  tolta  a  Roma  da 
Napoleone,  e  non  si  sa  più  ove  si  trovi.  Testé  fu  annunziata  una  cristiana,  rinvenuta 
in  Siria  ;  ma  non  si  conosce  finora  che  dagli  avvisi.  Segue  quella  di  Parigi  ;  poi  le  due 
viennesi.  La  gemma  auqusfea  del  gabinetto  di  Vienna  di  20  per  22  1|2  centimetri,  fi- 
gura la  famiglia  d'Augusto  all'anno  12  dell'era  volgare  :  Augusto  col  lituo,  come  segno 
degli  auspizj,  è  in  trono  a  fianco  a  Roma;  lo  coronano  la  terra,  l'oceano,  l'Abbon- 
danza; Tiberio,  scendendo  dal  carro  condotto  dalla  Vittoria,  dopo  vinti  i  Pannoni,  pro- 
strasi davanti  al  Giove  Augusto;  ha  vicino  Germanico,  che  anch'esso  ricevette  gli  onori 
trionfali;  al  disotto,  i  legionari  romani  ed  ausiliarj  alzano  un  trofeo:  avvi  pure  l'oro- 
scopo d'Augusto  e  quel  di  Tiberio. 

Un  altro  cammeo  fu  da  Costantinopoli  portato  da  Baldovino  li,  poi  l'ebbe  Luigi  IX, 
indi  la  Santa  cappella,  ora  il  gabinetto  nazionale  a  Parigi.  È  una  sardonica  di  cinque 
strati  di  32  per  35  centimetri,  e  rappresenta  la  famiglia  d'Augusto  poco  dopo  la  morte 
di  questo.  In  mezzo  sta  Tiberio  da  Giove  Egioco;  allato  Livia  da  Cerere;  intorno  la 
prima  Agrippina,  Caligola,  Druso  II,  un  principe  forse  degli  Arsacidi,  Clio  e  Polinnia; 
al  disotto  le  nazioni  vinte  dell'Oriente  e  della  Germania  ;  in  alto  Augusto,  ammesso  fra 
gli  Dei  1  vecchi  lo  intitolavano  il  sogno  di  Giuseppe;  altri  lo  crede  l'ammessione  di 
Nerone  nolla  famii;liii  (liidia. 

II  re  dei  Paesi  Bassi  ha  una  sardonica  di  Ire  strati,  molto  nien  bene  eseguita  che  non 
la  precedente;  ed  è  il  trionfo  di  Claudio  in  fij.'ura  di  Giove,  con  Messalina,  Ottavia,  Bri- 
tannico, sovra  un  carro  trascinato  da  centauri  e  preceduto  dalla  Vittoria,  grande  271 
millimetri. 

Sui  tre  maggiori  cammei  vedi  Mém.  de  VAcad.  dex  Inscrip.,  voi.  viii.  500.  Ma  mentre 
quei  di  Parigi  e  Vienna  furono  rotti  e  racconci,  intatto  è  il  vaso  d'un  sol  pezzo  di  sar- 
donica del  museo  Borbonico;  diafano,  color  catfè  venato  di  bianco  e  di  strisce  san- 
guigne e  bionde  che  al  sole  pajono  d'oro.  L'esterno  è  coperto  da  una  testa  di  Medusa 
intagliata;  nel  cavo  sette  figure  rilevansi  in  uno  strato  bianco,  figuranti  una  scena 
egizia,  ma  sul  cui  significalo  discordano  gli  antiquarj.  Il  sig.  Quaranta  vi  vide  Ales- 
sandro, Berenice  eie  figlie,  assistenti  alla  festa  della  mietitura  (Annali  civili  del  1857). 
Evidentemente  fu  lavorato  a  bulino,  come  i  cammei 

Altri  molti  se  ne  ricordano  di  quell'età.  Il  cammeo  Gonzaga,  ora  posseduto  dall'im- 
peratore di  Itussia,  è  lungo  102  millimetri. 

Nel  Basso  Impero  non  si  perdette  l'amore  delle  gemme  incise.  Il  più  considerevole 
lavoro  è  lo  zafìro  di  Coslatizo,  rappresentante  quest'im|)eratore  che  assalta  un  cinghiale 
presso  Cesarea  di  Cappadocia:  si  conserva  a  Firenze.  Presto  adottarono  questo  genere 


COLLi;ziOM  211 

i  Cristiani,  derivando  i  soggetti  dal  culto  o  dalla  storia  sacra:  alcuni  dunque  sono  sto- 
rici; altri  simbolici,  come  la  barca,  l'ancora,  il  pesce;  altri  scritti  con  monogrammi,  o 
nomi  santi,  o  acclamazioni,  per  esempio  Joanms  vivas  in  Beo. 

§  145.  —  Gemme  del  medio  evo  e  moderne. 

Nel  medio  evosi  continuò  a  cercare  le  gemme  incise  per  ornamento  de'  re  e  de'sacer- 
do(i.  Pepino  suggellava  con  una  pietra  figurante  Bacco,  e  Carlo  Magno  con  un  Serapide, 
Molte  pietre  antiobe  ci  furdtio  conservate  nelle  legature  di  evangeliarj  o  di  relifjiiie.  È 
scritto  che  Federico  II  imperatore  nel  1259  comprò  per  mille  ducentulrenla  oncie  d'oro, 
da  Gusberto  di  Turano  e  Bernardo  di  Lyes  mercanti  provenzali,  magnani  scutellam  de 
onickio. 

Dopo  la  distruzione  dell'impero  d'Oriente  rivisse  in  Italia  la  pratica  dell'in  tagliare  le 
pietre,  e  vennero  fiimosi  Giovanni  delle  Corniole  e  Dottienico  de' Cammei.  Giacomo  da 
Trezzo  e  Clemente  Birago  milanesi  lavorarono  diamanti.  In  lavori  di  cristallo  di  ròcca 
primeggiò  Valerio  vicentino.  Matteo  del  Nazaro,  passato  in  Francia  con  Francesco  1, 
vi  portò  quest'arte,  e  il  primo  che  vi  acquistasse  rinomanza  fuCaldorè  sotto  Luigi  XIII, 
seguito  poi  da  altri  valenti,  massime  in  questi  ultimi  tempi.  Gl'Inglesi  si  gloriano  di 
Tommaso  Simon  che  fece  il  ritratto  di  Cromwell.  Ma  dopo  gli  Italiani  il  vanto  è  dei 
Tedeschi. 

Nel  secolo  scorso  e  nel  nostro  lavorarono  bellissime  incisioni  Torricelli,  Pazzaglia, 
Caparroni,  Bega,  Cerbara,  Cades,  i  due  Sirleti,  Watter;  poi  Santorelli,  Girometti,  Pi- 
strucci,  Amastini,  Morelli,  Hecher,  Marshaub,  e  migliori  i  Pichler.  Alcune  lor  opere  pas- 
sarono per  antiche;  in  altre  essi  posero  il  proprio  nome,  come  *.  T,  S.  (<I>)«^éou  ToG 
Itp/Ecov),  niXAHP,  VAl'OS  traduzione  di  Watter. 

§  144.  —  Collezioni. 

Gli  antichi  si  piacevano  di  far  raccolte  di  queste  preziosità,  e  Ghandler  pubblicò  un 
iscrizione  greca,  contenente  l'inventario  del  tesoro  deposto  nell'opistodomo  del  Parte- 
none d'Atene,  da  cui  compajono  molte  gemme  incise.  Secondo  Svetonio,  Cesare  e  Mar- 
cello dedicarono  collezioni  di  pietre  incise  ai  tempj  di  Venere  e  d'Apollo.  Altre  ne 
avevano  Mitradate,  Pompeo'  Scauro.  I  Medici  ne  adunarono  molte,  e  Lorenzo  fece  su 
alcuna  pietra  antica  incidere  il  proprio  nome.  Peiresc  ne  cercò  dall'Oriente,  insieme 
coi  manoscritti  e  colle  medaglie;  e  con  ciò  ne  estese  il  gusto. 

Le  raccolte  più  ricche  oggi  sono  quella  della  galleria  di  Firenze,  che  si  reputa  con- 
tarne quattromila  fra  antichi  e  moderni;  quella  del  Vaticano  a  Roma;  la  Borbonica  a 
Napoli,  che  n'ha  da  mille  e  cento,  fra  cui  l'Augusto,  il  Giove,  e  qualch'altro  d'im- 
menso valore.  La  imperiale  a  Parigi  ha  da  cinquecento  cammei,  metà  dei  quali  ten- 
gonsi  antichi,  e  un  cinquanta  sono  de'  più  belli,  quali  la  disputa  di  Minerva  e  Nettuno, 
la  Venere  di  Glicone,  le  nozze  di  Bacco  e  Arianna,  due  ritratti  di  Augusto.  Nel  gabi- 
netto dell'imperatore  d'Austria  ne  sono  quaranta  preziosissime,  chiamate  peròin  dubbio 
da  Kohler:  altre  ne'  gabinetti  dei  re  di  Prussia  e  di  Danimarca,  dell'imperatore  di 
Russia  dove  passarono  quelle  del  duca  d'Orleans:  altre  nel  museo  del  consiglio  di 
Lipsia  e  in  varie  raccolte  private,  massime  in  Inghilterra. 

Un  catalogo  ne  fu  stampato  da  Leonardo  Agostini;  poi  altri  da  La  Chausse  (Le  gemine 
antiche  figurate.  Roma  1700),  dal  Gorleo  (Dadijliotheca.  Leida  169o),  da  Ebermayer 
(Gemmarum  thesauru<t.  Norimberga  1720),  da  Caylus  (Kecueil  de  300  tétes  et  sujets  etc).^ 
da  Gravelle  (/?ecMpj7  de  pierres  grarées  antiques.  Parigi  1731).  E  a  tacere  quelli  che 
trattarono  di  qualche  classe  particolare,  e  le  descrizioni  di  musei,  nomineremo  Millin, 
Pietre  incise  inedite  de'  più  celebri  gabinetti  d'Europa.. 

Per  agevolarne  la  cognizione  a  quelli  che  non  possono  visitare  i  gabinetti,  si  produs- 
sero dei  fao-mniìe  in  solfo  o  in  altre  paste;  al  che  si  lavora  principalmente  a  Roma, 
con  grandissimo  giovamento  dell'arte.  Di  tal  modo  sapeano  eseguirne  gli  antichi,  e  al- 
cune paste  loro  di  vetro  tengonsi  preziose  quanto  gli  originali  da  cui  erano  tratte  e  che 
perirono.  Così  fatto  è  un  cammeo  al  Vaticano  di  16  sopra  10  i)ollici,  rappresentante 
Bacco  ed  Arianna.  Giovanni  Picbler  erasi  proposto  di  formar  la  collezione  di  tutti  i  più 


21"2  ARCHEOLOGIA    E    BELLE    AKll 

belli  intagli  ;  e  sebbene  non  la  compisse,  preziosi  sono  gli  impronti  di  ben  mille  quat- 
trocento paste,  comprese  ducento  di  lui  stesso,  compiti  da  suo  fratello  Luigi,  coll'indi- 
caziooe  del  dove  si  trovano,  Son  essi  uno  speciale  ornamento  dell'accademia  di  Vienna, 
ed  offrono  la  storia  parlante  di  quest'arte;  in  prima  le  gemme  egizie,  poi  le  etrusche, 
poi  le  greco-etruscbe,  le  greche,  le  greco-latine,  le  moderne.  Esso  Luigi  copiò,  per 
commissione  delTimperalore  d'Austria,  le  cinquecento  gemme  del  museo  di  Vienna, 
per  donarle  al  papa;  ed  ora  vedonsi  nella  gliptoteca  Vaticana.  Rinvenne  eziandio  il 
modo  di  dare  aH'mteroo  intaglio  quella  pulitura  e  lucentezza  che  è  pregio  delle  an- 
tiche. 

L'Istituto  archeologico  di  Roma  pubblica  le  impronte  delle  gemme  che  si  scoprono 
novamente,  lavoro  del  Cades. 

MuGNA,  /  ire  Pichler.  Vienna  \SAi, 

§  145.  —  Contraffazioni. 

La  preziosità  fece  che  dai  moderni  si  contraffacessero  le  gemme  antiche,  e  nei  gabi- 
netti e  in  commercio  se  ne  trova  un  profluvio  che  è  ben  difficile  riconoscere  per 
false. 

Nel  secolo  xvi  furono  segnalati  in  quest'artifizio  Francesco  Visconti  milanese  e  An- 
gelo Biironello;  ma  con  maggior  perfezione  più  tardi  il  Neri,  il  Kunkel,  Gomberg,  Kal- 
cunt,  Dbem,  Reifenstein,  Lippert,  Tassié  ecc.  Per  arrivarvi  fa  d'uopo  lo  studio  della 
materia,  de'  soggetti,  del  modo  di  lavoro:  per  esempio  gli  antichi  pulivano  accura- 
tamente ogni  parte  della  (ìgiira:  non  conoscendo  la  prospettiva,  incidevano  più  pro- 
fondamente la  figura  principale,  acciocché  nelle  impronte  si  rilevasse  maggiormente, 
mentre  i  moderni  sanno  meglio  le  leggi  della  diottrica.  Di  cammei  ancora  più  si  fal- 
sificò, e  i  caratteri  fisici  per  riconoscerli  sono  mal  sicuri:  ne'  più  importanti,  il  miglior 
canone  è  la  storia  della  loro  provenienza. 

I  soggetti  sono  o  ritratti,  o  componimenti  fantastici,  o  scene  della  mitologia  e  della 
storia  dei  tempi,  nel  che  talvolta  i  contraffattori  errarono,  e  così  tradirono  se  stessi. 
Poco  si  contraffecero  gli  scarabei  egizj  perchè  abbondantissimi,  e  pel  carattere  nazionale 
difficile  ad  imitarsi,  come  è  pure  degli  etruschi.  Le  iscrizioni  che  crescono  gran  pregio 
alle  pietre,  soccorrono  pure  a  riconoscerne  l'autenticità.  Queste  generalmente  nelle  pietre 
etrusche  indicano  il  personaggio,  nelle  greche  l'artista,  nelle  romane  portano  il  nomee 
dell'incisore  o  del  proprietario.  Qui  serve assail'intelligenza  paleografica. 

§  146.  —  Uso  delle  gemme.  Amuleti. 

Delle  pietre  incise  grand'uso  faceano  gli  antichi,  o  legandole  in  anelli,  o  formandone 
collane,  borchie,  braccialetti,  orecchini,  ornandone  perfino  i  calzari,  altre  parti  del  ve- 
stimento ed  i  mobili.  Eliogabalo  aveva  tutt'a  gemme  i  calzari,  e  di  gemme  il  carro.  Di 
bellissime  se  ne  deponevano  ne'  tempj  ad  onor  degli  Dei.  Augusto  donò  al  tempio  della 
Concordia  di  Roma  un  cornucopia  d'oro  adorno  di  pietre  incise;  Verre  rapì  il  candela- 
bro ornato  d'intagli  e  cammei,  che  re  Antioco  destinava  al  Giove  Capitolino.  Bellissime 
gemme  trovansi  alle  pareti  dei  vasi  sacri.  Altri  vasi  erano  formati  unicamente  della  riu- 
nione di  pietre  incise. 

Inoltre  erano  spesso  adoprate  come  amuleli,  cioè  come  preservativi  contro  i  fascini, 
con  figure  di  Dei,  mani  congiunte,  serpenti,  frondi  sacre,  ed  iscrizioni  come  vtere  fe- 
Li.K  :  ctnò  TravTÒ;  zaxouJataovo; ,  da  ogni  Cattivo  gemo:  eOtuxoì  tkvoixì  d  ipépwv  felice  sia 
chi  lo  porta.  Grande  argomento  dell' 

ambage  in  che  la  gente  folle 
Era  invescata,  pria  che  fosse  anciso 
L'agnel  di  Dio  che  le  peccata  tolle. 

Un  de'  più  bei  amuleti  è  la  pietra  con  Oro-Arpocrate  dai  due  lati,  e  l'iscrizione  fxiyai 
Mooc,  oLuóììov  apKOK/jàvn;  lùiìxzoi  TM  (fepoù-jri.  Negli  ultimi  tempi  v'ebbero  gran  parte 
le  immagini  della  religione  egiziaca  e  dell'eclettismo  alessandrino,  e  le  figure  mate- 
matiche. 


AMULETI.    ABRiXC.  213 

Occhi,  piedi,  mani  lavoravansi  pure  per  sipnificazione  simbolica,  e  per  essere  offerti 
ad  Esculapio.  Il  corno  d'abbondanza  era  segno  di  prosperità.  Il  mutinus  sospendevasi 
al  collo  de'  bambini  perchè  non  ne  fosse  turbalo  il  sonno:  ed  erano  figurine  in  varj  at- 
teggiamenti, e  talvolta  ctm  una  mano  alla  bocca,  una  all'ano. 

Fra  gli  amideti  de'  più  soliti  era  il  Fallo,  simbolo  della  natura  vivificante,  poi  assunto 
quale  preservativo.  Frequentissime  nei  sepolcri,  massime  etruschi,  sono  le  colonnette  fal- 
liche, tra  cui  la  più  famosa  conservasi  nel  palazzo  Connestabili  a  Perugia,  scanalata, 
sormontata  da  una  pinocchia,  ed  eretta  sopra  una  base  rotonda,  adorna  di  bassorilievi. 
Queste  idee  gli  Etruschi  aveano  comuni  coll'Asia  Minore,  ove  del  simbolo  medesimo 
trovansi  ornate  le  tombe.  Un  fallo  è  spesso  olTìgiato  sui  monumenti  e  sulle  porle,  talora 
triplice,  talora  ornato.  Quello  sopra  una  casa  di  Pompej  col  molto  Hic  habitat  fe.licitas 
non  pare  indichi  un  postribolo,  ma  solo  un 
prospero  augurio.  Fra  gli  Egizj  non  meo 
che  fra' Greci,  Romani  ed  Etruschi  ,  por- 
tavansi  in  collo.  E  frequentissimo  sulle 
tombe,  non  solo  toscane  ma  anche  romane  5 
e  d'oscenità  abbonddno  anche  i  colombarj, 
per  esempio  quello  trovato  recentemente 
alla  villa  Pamfili. 

Ne  diamo  qui  la  forma  d'alcuni  degli 
amuleti  che  trovansi  ne'  musei. 

Arditi,  Il  falcino,  e  Vamuleto  contro  il  fascino^ 
prt:t$o  gli  antichi.  Napoli  1823. 

Kopp,  Explicalio  inscript,  obscur.  in  amuleto', 
Eiilelberga  ^832. 

EVTELB,   Ueber  Àmulete.  Magonza  ^827. 

RiCHAHDSON,   Diss.  on  the  Amuleti. 

Oggi  ancora  fra  gli  Arabi  si  creJe  che  il  rubino 
portato  al  dito  garantisce  dalla  paura  ,  dal  ful- 
mine ,  dalla  peste  e  fa  parere  più  grandi;  posto 
sotto  la  lingua,  calma  la  sete,  e  dà  forza  contro 
la  voglia  d'annegarsi:  lo  smeraldo  allontana  i 
genj  maligni,  guarisce  i  morsi  delle  vipere,  for- 
tifica la    vista:    la   turchina    allevia  i    patimenti 

dell'agonia,  l'ametista  que'  della  gotta  e  del  parto;  il  cristallo  di  rócca  rimove  i  cattivi  sogni:  l'occhio  di 
gatto  preserva  dal  mal  occhio  :  l'onice  dà  roaliacon).a,  la  cornalina  fortuna. 


147. 


Le  abrase. 


Poche  anticaglie  ebbero  tante  illustrazioni  quanto  le  pietre  chiamate  abraxe,  cioè  dove 
compare  la  parola  .abracadabra  così  disposta: 


ABRACADABRA 

ABRACADABR 

ABRACADAB 

ABRACADA 

A  B  R  A  C  A  D 

A  B  R  A  C  A 

A  B  R  A  C 

A  B  R  A 

A  B  R 

A  B 

A 


Lungo  sarebbe  il  voler  ripetere  tutti  i  sogni  che  si  fecero  intorno  al  senso  di  questa 
parola:  e  chi  la  decompose  in  sillabe,  chi  in  lettere  a  ciascuna  apponendo  un  senso. 
Per  dire  qualcuna  delle  più  ingegnose,  Beausobre  la  trae  dalle  voci  a/Spò?  e  aww  t7  bel 
Salvatore.  Wendelin  crede  che  le  quattro  prime  lettere  di  aSpa^a^  siano  le  iniziali  delle 
voci  ebraiche  U^llpn  n'I  12  38<  {Abben  Ruah  a  kadosc^  indicanti  Padre,  Figlio,  Spi- 


214  ARCHEOLOGIA    E   BELLE    ARTI 

rito  santo;  e  le  tre  ultime,  delle  voci  greche  at.>Tr,f.i'j.  ànò  ?u)ou.  salute  pel  legno.  Il  sapere 
che  queslo  era  il  simlolo  de'Gntstici  Basilidiurii,  sincretisti  nella  dottrina  e  nella 
credenza,  toglierebbe  la  stranezza  del  comporre  una  voce  di  elraico  e  di  greco:  il  male 
però  si  è  che  i  Basilidiani  non  ammettevano  né  la  Trinità  né  la  morte  espiatrice. 

Conosciutissimo  è  che  i  Greci  dinotavano  i  numeri  con  Itllere:  ora  ALIMZA^  o  ABPA- 
SAS  formano  3(35;  e  trecensessanlacinque,  secondo  i  Gnostici  tiasilidiani,  conformi  in 
ciò  a"li  E"izj,  erano  le  intelligenze  interposte  fra  il  mondo  nostro  e  il  superiore:  essi 
dunque  con  tal  numero  esprimevano  quei  demoni,  e  consideravano  come  amuleto  la 
voce  che  indicava  la  totalità  di  essi.  Trova  appoggio  quest'interpretazione  nell'asser- 
zione precisa  di  sant'Ireneo  e  nel  costume  conloriiie  de'  primi  secoli  cristiani.  Cosi 
nell'Apocalissi  abbiamo  il  0(i(j  come  il  vero  numero,  e  che  si  e  prime  coli' ,4ò«c/ono.  Nsao^ 
e  MeI-3/ia:,  tanto  fre(iuenli,  rendono  pure  il  3G5.  Huarez^  che  scnlto  in  ebraico  si  legge 
296   è  nei  Talmud  il  duce  di  ducentonovanlasei  armali  che  presiedono  al  corso  del  sole. 

Bellermann,  e  quasi  conforme  a  lui  il  Munler,  lo  deducono  dal  copto  ;  ove  sadsch 
vudl  dire  parola,  e  dovette  dai  Greci  essere  scritta  ^^-^  o  «à^;  e  abrak  significa  santo, 
adorabile;  cosi  che  s'avrebbe  paroia  aucra;  o  secondo  Milnter  paiola  nuova,  deducen- 
dolo da  berrt.  Ma  non  sembra  ciò  potesse  l'ormar  il  soggetto  d'un  amuleto. 

Talora  col  nome  di  abrase  e  di  pietre  basilidiane  se  ne  indicano  alcune  affatto  genti- 
lesche, ed  opera  di  maghi  e  astrologi  antichi.  In  una  recata  da  ^pon  è  scritto:  ixo» 

aSiia;»;  àci'ovat  àytov  ovopta  kc,ia.i  óu-.ù-ixiii  i^u/a^aTé  'juipixv    nau/eivav   ano  zaz&O  d'aj'f/ovo; 

{Jao  Abraxas  Adonai,  sanclum  nomen,  diynce  pottstutes,  servate  Vibiam  Paulinam  ab  omni 
malo  dcBinone). 

Alle  volte  confondeansi  simboli  pagani  e  cristiani;  e  in  una  v'è  Giove  fulminante, e 
sul  rovescio  lAilCABAii. 

In  qualche  museo  vanno  col  nome  di  abraxe  anche  alcuni  idoletti  mistici  e  gnostici. 

KinKER,  CSEdipus  agypliacus,  tom.  li,  p.  2. 

Macarics,  Abraxas-,  seu  de  gemnis  basilidianis.  Anversa  ^G57. 

PlG^ORll;s,  Mensa  Isiaca.  Amsterdam  1609. 

AucuSTiiMS,   Gemma  et  sculplurw  antiqua  depictw.  Francoforte  -1694. 

Montfauco^,  Palaeographia  grceca. 

Musaum  Odescaìcum,  seu  Thesaurus  antiquarum  gemmarum  a  P.  S.  Bartolo.  Roma  t73t-D2. 

Beausobre,   Histoire  du  Municfiéisme. 

BELLERMA^N,   (Jeber  die  Gemmen  der  Alien  mit  dem  Abraxasbilde.  •1820. 

MUENTEK',  Kirchliche  Jlterlhumer  der  Gnostiker. 

Matter,   Histoire  crilique  du  Gnosticisme. 

Tacconi,   De  tribus  gemmis  basilidianis. 

Creuzer,  Zur  Gemmenkunde. 

g  148.  —  Anelli. 

L'uso  principale  delle  pietre  incise  era  il  fregiare  anelli.  Questi  erano  o  di  semplice 
ornato  o  sigilli.  Ne'  musei  se  ne  trovano  fin  delle  prime  dinastie  egizie.  Già  nella 
Bibbia  abbiamo  che  Giuda  figlio  di  Giacobbe  diede  a  Tamar  il  proprio  anello,  in  pegno 
di  promessa  -,  e  che  Faraone  pose  il  suo  in  dito  a  Giuseppe,  come  segno  di  autorità.  In 
Omero  parlasi  del  suggellare  con  impronte,  ma  non  di  anelli  :  al  tempo  però  di  .Solone 
erano  usati  con  ricche  pietre,  ed  anche  per  sigillo.  Alessandro,  vinto  Dario,  adottò  per 
suggellare  un  anello  di  questo.  Angusto  a  tal  uso  valeasi  d'una  testa  di  Alessandro, 
l)oi  della  propria,  come  continuarono  i  suoi  successori  fin  a  Galba,  che  vi  sostituì  un 
cane  giacente  sulla  prora  d'un  vascello.  Cicerone  dice  aver  riconosciuta  dall'anello  una 
statua  di  Scipione  Africano.  E  fra  i  Romani  il  suggello  (symbolus)  aveva  quell'impor- 
tanza che  ha  fra  noi  la  firma. 

I  Greci  chiamavano  gli  anelli  dactylioi ,  e  sfragis  la  materia  su  cui  intagliavansi 
caratteri  e  figure,  donde  i  nomi  di  daciitioteca  e  sfnigisttra.  Antichissimo  è  l'uso  d'a- 
verne ai  polsi.  I  Maurilani,  secondo  sant'Agostino,  ne  infili  vano  alle  narici,  e  le  Etiopi 
alle  labbra  ,  secondo  Diodoro,  come  oggi  continuano  i  selvaggi.  Le  donne  ne  portavano 
sopra  la  noce  del  piede   {perisceiidi)^  talvolta  con  sonagli.  Additansi  ne'  musei  delle 


ANFLI.I  21^) 

fìbule,  per  impedire  le  soddisfazioni  sessuali.  Ai  gladiatori  metteansi  anelli  alle  braccia 
per  crescer  l'orza  a'  muscoli. 

Le  aruiille  alleliche  sono  un  anello  di  bronzo  o  di  rame  da  1«  a  40  centimetri  con 
ganci.  Ora  trovansi  sul  lescbiu  di  cadaveri  ,  or  presso  la  destra  mano,  or  isolale  sul 
terreno,  e  tulle  all'eslremilà  sellenlriunale  dell'Aj^ro  pretusiuno  nel  Piceno.  Erano  an- 
tichissime: adopravansi  ne' ymocbi  ginnici,  forse  strappandosele  di  mano,  e  il  vincitore 
le  portava  in  capo  {Bull.  dnll'istìtuiu  urcheol.,  maj^j^io 'J«42). 

I  più  soliti  erano  gli  anelli  alle  dita.  1  primi  lluinani  gli  avevano  di  ferro;  indi  ai 
senatori  fu  dato  il  privilegio  d'averli  d'oro,  accomunato  in  seguilo  a  tulli  i  palrizj , 
divenne  poi  dislinlivo  de'  cavalieri,  indi  degli  uHiziali  superiori  dell'esercito:  ma  alla 
plebe  restarono  vietati,  tinche  il  duilto  non  si  equiparò.  iNe  variarono  l'uso,  la  materia, 
la  forma,  il  numero  5  e  sebbene  di  preferenza  si  (lorlussero  all'anulare  della  mano  sinistra, 
nell'eccedente  lusso  i-e  ne  posero,  non  solo  ad  ogni  dito,  ma  ad  ogni  falange,  eccetto  il 
dito  medio  (Pi.i.mo,  Nul.  hist.  xxxvu;  Aìauziale,  Ejnijr.  v.  11).  Si  ebbero  anelli  estivi 
ed  invernali;  se  ne  caricavano  le  effigie  degli  Dei ,  0  fossero  giganti  0  fossero  penati  • 
onde  se  ne  trova  di  grossissimi  e  di  slretiissimi.  Ne  abbiamo  che  pesano  un'oncia;  ma 
alcuni  sono  così  giandi,  ch'è  impossibile  servissero  al  dito;  onde  si  credono  voti  olferti 
agli  iddii.  Isidoro  (.\ix.  32j  distingue  gli  anelli  unyuli ,  che  avevano  una  gemma  inca- 
stonata; i  sainutruci,  ove  ad  un  cerchio  d'oro  sovrapponeasi  un  tondino  di  ferro-  e  i 
tinnì  tull'oro.  Talvolta  erano  vuoti ,  e  nell'interno  chiudeano  amuleti  0  memorie  e 
spesso  il  veleno.  Portavano  anche  motti,  come:  Xaìpe:  Kópta  x'^'f^'-  amo  te  ama  me. 

VITA    TlBi:    BOiNAM    VllAM  ;    PIGNVS    AMOHIS    HABES:    HOSPrPA    FltlXVIVE, 

Coll'anello,  oltre  la  condizione,  esprimevasi  lo  stato  dell'animo:  e  dopo  l'obbrobrio 
delle  Forche  Caudine,  nessuno  pose  anello  d'oro;  uè  quando  Augusto  morì.  Lasciavansi 
pure  quando  si  supplicava  0  si  era  accusali.  Alla  fidanzata  davasi  all'alto  degli  sponsali 
di  ferro  secondo  Plinio,  d'oro  secondo  Tertulliano.  Vannulus  natalilim  presenlavasi 
dai  clienti  al  patrono  nel  suo  compleanno.  Su  quelli  da  sigillare  {anìiuli  signatura) 
facevasi  incidere  una  lettera,  0  un  simbolo,  0  un  ritrailo;  e  talvolta  airimma"ine  era 
unito  il  nome.  Quel  segno  chiamavasi  symbulus,  e  spesso  è  somigliante  a  (juello  delle 
monete,  perchè  non  solo  individui,  ma  città  e  Siali  aveano  suggelli;  e  così  gl'impera- 
tori suggellavano  col  tipo  stesso  delle  moneie.  Tali  suggelli  erano  di  due  sorla;  concavi 
per  imprimere  la  cera  od  altra  materia  dullile  ,  e  in  rilievo  |)er  segnare  vasi,  tegoli  0 
metter  nomi,  monogrammi  e  firme  alle  lettere.  Quest'ultimi  erano  per  lo  più  bislunghi. 
L'anello  di  Salomone,  come  quello  di  Gige  ed  altri,  appartengono  all'arte  magica  e  di- 
vinatoria, e  molti  ne  usarono  Greci  e  Homani. 

Fr.  De  Corte,  Synlagma  de  annulis,  $ive  iractalvs  anuularis,  de  annuìorum  origine  ^  tir  tute  ac  di- 
gnitate.  Auveisa  O06. 

Ad  altri  usi  servivano  gli  anelli.  A  sostenere  il  cortinaggio  dei  letti,  0  quello  con  cui 
Romani  e  Greci  spartivano  ed  ornavano  le  camere  (a«/(«/«  velarvs).  Agli  schiavi  melleasi 
un  anello  di  ferro  0  di  bronzo  alla  coscia  0  alla  gamba:  ed  al  collo  dei  malfattori  e  de' 
servi  fuggiaschi.  Su  quest'ultimi  era  un'iscriziune.  Iene  me  qvia  fvgio,  et  revoca 
ME  domi.no  meo  BONIFACIO  LiNAiuo,  Icggcsl  sopra  un  collare  illustrato  dal  Pignorio. 

§  149.   —  Oreficerie.   Mondo  muliebre.   Addobbatojo  d'una  dama  romana. 

Questo  ne  conduce  a  parlare  degli  altri  ornamenti ,  che  costituiscono  il  mondo  mu- 
liebre. Antichissimo  è  l'uso  degli  orecchini.  In  essi  l'anello  era  d'oro,  e  di  bronzo  pei 
meno  ricchi  ;  e  alcuni  ne  esibiamo  nella  pag,  sng. ,  copiali  dal  museo  LJrilannico.  Vi  si 
attaccavano  vezzi  di  varie  sorta,  e  più  di  tulli  pregiale  le  perle,  talora  a  due  0  a  tre 
goccie,  come  quelle  che  si  mette  Giunone  x\t\V Iliade.  Le  perle  pagavansi  il  triplo  del- 
l'oro sulle  rive  del  golfo  Persico  e  di  Ta|)rol)ana:  eppure  i  Romani  se  ne  caricavano 
teata,  collo,  braccia,  le  pianelle,  i  letti,  le  prore  delle  navi. 

Avevasi  una  cameriera  apposta  per  gli  <trnali  delie  orecchie  (auriculce  ornatrix.  Gru- 
TERo,  Inscr.J.  La  Venere  medicea  ed  altre  statue  hanno  il  lobo  delle  orecchie  forato, 
probabilmente  perchè  vi  stavano  orecchini,  0  vi  si  poneano  nelle  solennità,  quand'era 
C506tume  caricar  l'idolo  di  vezzi. 


216 


ARCHEOLOGIA    È  BF.LLE   ARTI 


Di  ricca  e  variata  forma  erano  pure  i  mo- 
nili. 1  più  semplici  erano  i  monilia  boccata, 
di  grani  infilati,  quali  spesso  vedonsi  in  dipinti 
amichi  e  trovansi  nelle  mummie  egizie  con 
cilindri  e  grani  alternati. 

Delle  figure  qui  sottoposte  ,  la  superiore  a 
destra  è  della  collezione  egizia  del  museo  Bri- 
tannico, con  lucertole  d'oro  alternate  a  goc- 
cie.  Quella  a  sinistra  rappresenta  parte  d'una 
collana  bellissima  trovata  a  Sant'Agata  presso 
Napoli  in  una  tomba,  di  settantun  pendenti, 
connessi  con  una  specie  di  catenella  di  Ve- 
nezia. Le  seguenti  furon  cavale  da  sepolcri 
etruschi  dal  principe  di  Canino,  ed  ora  stanno 
al  museo  Britannico.  Una  acquistata  dal  mu- 
seo Bfirbonico  il  i837,  pesante  tre  oncie ,  è 
formata  d'una  catenella  da  cui  pendono  una 
serie  di  fiori,  ventuna  mascherette  di  Sileni  e 
venti  piccole  ghiande,  poi  trentotto  fiori  simili 
a  gigli.  Altre  volte  prendevano  forma  di  ser- 
penti, o  vi  si  poneano  gemme  d'ogni  sorta,  e 
principalmente  smeraldi.  Di  ricche  se  ne  offrivano  a  Minerva,.a  Venere,  ad  altre  dee. 


Dagli  scavi  di  Cuma  nel  1856  uscì  una  scatola  contenente  gii  attrezzi  di  ornamento 
femminile,  che  anticamente  sarebbesi  detta  narthekion  oggi  nécessaire.  È  di  legno  e 
d'avorio  con  chiave  e  serratura  di  bronzo;  e  il  tempo  guastò  le  montature,  sicché  re- 
siduano soltanto  i  metalli.  V'è  uno  specchio  di  rame,  colla  busta  coperta  di  cuojo,  e 
l'impugnatura  di  bronzo;  due  fermagli  d'oro  in  filigrana;  un  anello  d'oro;  una  scato- 
letta d'osso  pel  rossetto,  due  spilloni  d'osso  pe'  capelli ,  un  pettine  d'avorio,  un  fuso  ed 
altre  minuzie  d'osso.  Fu  riposta  nel  gabinetto  del  conte  di  Siracusa. 

Bòttiger  descrisse  la  Tavoletta  d'una  dama  romana  ;  e  qui  ne  offriamo  un  sunto  per 
indizio  del  lusso  di  quelle  donne. 

—  Il  sole  che,  valicato  appena  l'estivo  solstizio,  segna  le  più  lunghe  giornate  dell'anno, 
ha  trascorso  nel  suo  quotidiano  viaggio  la  quarta  ora,  allorché  Sabina  si  desta.  Con 
languida  mano  soffrega  gli  occhi ,  e  tacita  sbadiglia.  Le  molliche  di  pane,  inzuppate 
nel  latte  di  giumenta,  con  cui  s'impastò  la  faccia  coricandosi  per  conservare  mor- 
bida e  liscia  la  pelle,  disseccatesi  lu  notte,  danno  al  suo  viso  l'aspetto  d'una  ma- 


ADD0BB4TTOJO   lì'UNA    DAMA    ROMANA  217 

schera  di  creta,  qui  e  qua  screpolata  -,  oltreché  ha  ella  deposti  insieme  co' vestimenti, 
ciglia,  denti  e  capegli. 

Al  noto  crepitare  delle  dita  è  accorsa  Smaragdi.  La  matrona  scende  dal  letto,  sorretta 
dal  braccio  delle  ancelle;  tragitta  nel  vicino  gabinetto,  ove  una  turba  di  schiave  da 
varie  ore  l'attende;  commette  ad  una  che  custodisca  l'ingresso,  e  l'avverte  quali 
mercanti,  indovini  o  portatori  di  viglielti  intrometter  deva:  pel  rimanente  de'  visi- 
tatori ancor  dorme.  Qual  donna  consentirebbe  di  lasciarsi  vedere  da  profani  occhi 
priva  di  tutte  le  sue  attrattive? 

Tostochè  Sabina  entrò  nel  gabinetto,  le  schiave,  destinate  ognuna  a  particolare  uffizio, 
pongono  mano  all'opera.  Viene  primo  il  drapello  delle  cosmete ,  che  imbiancano, 
imbellettano,  pongono  denti ,  pingono  ciglia  e  lisciano  la  pelle.  Nate  la  maggior 
parte  in  oscure  borgate  latine,  han  nomi  greci:  le  pomate  stesse  non  sarebbero  ac- 
colte, se  non  venissero  presentate  in  vaso  greco  con  greca  etichetta.  Scafione,  recan- 
dosi in  mano  una  coppa  piena  di  ialte  di  giumenta  appena  munto,  bagna  dolcemente 
colla  spugna  inzuppata  le  molliche  disseccate  sul  viso,  e  ad  una  ad  una  le  stacca,  e 
la  pelle  diligentemente  lava  e  monda.  Uopo  di  che  Fiale  v'applica  biacca  e  rossetto: 
ma  innanzi  dar  principio  alla  dilicata  operazione,  la  schiava  alita  su  forbita  lamina 
di  metallo,  che  da  Sabina  vien  tosto  annusata  per  conoscere  se  l'alito  della  donna  è 
sano  e  profumato  colle  pastiglie  appositamente  masticate;  perciocché  della  propria 
saliva  adopera  Fiale  a  disciogliere  il  rossetto,  applicarlo,  distenderlo  sulle  guancia 
della  padrona.  Stigmi  intanto  sta  pronta  con  una  conchiglia  di  galena  di  piombo 
polverizzata  e  sciolta  nell'acqua,  miscea  somigliante  a  fuligine;  e  con  un  pennelletto, 
poiché  Fiale  cesse  il  luogo,  tingendo  le  sopracciglia  di  Sabina,  le  dà  qualcosa  di  ciò 
che  Omero  loda  in.  .Minerva,  chiamandola  occlii-bovina.  Succede  Mastiche  ,  a  cui 
spelta  la  cura  dei  denti,  e  molli  ella  ne  reca  in  iscatoletta  d'argento:  li  pianta  nelle 
gengive,  assicurandoli  con  filo  d'oro  ai  pochi  che  vi  rimangono. 

Imbellettata,  lisciata,  messisi  bianchi  denti  e  nere  sopracciglia,  Sabina  rimanda  le  cosmete, 
e  chiama  le  pettinatore,  perchè  quel  giorno  facciano  prova  di  quanta  hanno  destrezza 
e  valentia.  É  l'S  luglio ,  giorno  della  rivista  solenne  de'  cavalieri  :  e  la  matrona  dee 
assistervi  da  un  balcone  della  Via  Sacra,  accompagnata  da  Saturnino. 

II  biondo  de'  capegli  è  moda.  Sabina  che  gli  ha  castani,  già  quasi  s'era  indotta  a  tosarli 
e  metter  invece  una  di  quelle  costosissime  parrucche,  che  con  capellature  sicambre 
d'oltre  il  Reno  prepara  la  famosa  modista  del  Velàbro.  Ma  Nape  scoprì,  pochi  giorni 
fa,  presso  un  profumiere  gallo  al  Circo  Massimo,  una  pomata  di  nuova  invenzione: 
conviene  primamente  lavare  i  capegli  con  acqua  di  calce,  poi  fregarli  con  quell'unto 
poi  farli  seccare  al  sole.  Sabina  s'è  sottoposta  il  giorno  innanzi  all'incomoda  opera- 
zione, ed  è  impaziente  che  le  si  tolga  la  cuffia  per  vederne  l'effetto.  «  Che  bel  biondo  ! 
L'aurora  non  ha  tinte  più  vive!  >•  esclamano  a  gara  le  schiave.  Sabina  sorride  per 
compiacenza,  e  siede  trionfante  sulla  sua  scranna  a  bracciuoli.  Calamide  con  ferro 
caldo  le  arriccia  le  chiome  sulle  tempia  e  sulla  fronte:  Preca  le  profuma  con  preziose 
essenze:  a  Cipasside  ,  graziosa  mora,  è  fidata  la  maggior  bisogna,  di  rannodare  cioè 
bellamente  la  treccia  dietro.  La  treccia  è  anr.odata  ,  ma  quale  spillone  porrà?  a  lei 
sta  d'indovinare  il  gusto  della  padrona.  Sa  che  Saturnino  le  è  caro;  non  ignora  gli 
amorosi  convegni  del  tempio  d'Iside;  sceglie  perciò  lo  spillone  che  è  sormontato  da 
due  corna  ,  simbolo  della  luna  e  d'Iside:  la  matrona  approva,  sorride.  Alla  povera 
Lalride  tocca  l'uffizio  peggiore,  il  presentare  da  questa  parte  e  da  quella  lo  specchio; 
arredo  magnifico  di  lucido,  forbitissimo  argento,  con  aurea  cornice  e  astuccio  deli- 
catamente cesellato. 

Clio  è  accorsa  annunziando  che  l'egiziana  fiorista  Glicera  chiede  d'entrare.  È  tosto 
introdotta,  accompagnata  da  due  piccoli  schiavi  etiopi,  che  recano  panieri  sul  capo; 
uno  de'quali  fa  pompa  di  garofani,  narcisi,  gigli,  rose  intrecciate  a  ramoscelli  di  mir- 
to. Sabina  appena  li  guarda:  piaccionle  più  nell'altro  cesto  i  fiori  doro  e  d'argento 
che  imitano  i  veri,  V'è  là  entro  una  corona  che  s'appella  d'Iside,  perchè  simile  a 
quella  degli  iniziali  ai  riti  della  dea:  Sabina  vi  ha  tostamente  posto  sopra  la  mano,  e 
ricamato  sul  nastro  lesse  in  caratteri  greci  Mia  vita,  anima  mia,  galanteria  di  Satur- 
nino, a  cui  la  compiacente  Glicera  preslossi.  Ma  a  turbare  la  letizia  della  padrona  ac- 
corre Spalalo,  annunziando  che  i  due  piccoli  cornucopia  d'argento  ne' quali  contene- 


21g  ARCHEOLOGIA    È   BELLE  ARTI 

vansi  frutti  di  cera  imitanti  i  naturali,  furon  gettati  a  terra  nella  vicina  camera,  e 
guasti  dalla  scimia.  Clio  si  fa  pallida,  perchè  sua  colpa  è  stata  l'aver  lasciato  l'uscio 
socchiuso:  ma  Sabina,  cui  la  fiorista  mise  di  buon  umore,  non  si  adira,  vuole  anzi 
scorgere  nell'accaduto  un  fausto  presagio:  accommiata  Glicera,  e  dice  a  Clio  che  le 
sborsi  dugento  seslerzj. 
Né  la  matrona  restò  inoperosa  durante  il  colloquio  colla  fiorista-,  die  compimento  al 
le""iero  edifizio  della  pettinatura,  né  occorsero  ancora  colpi  di  spillone  nel  seno  o 
lìMe  braccia  diCalamide,  o  graffiature  sulle  guancie  di  Paseca,  come  non  raro  av- 
viene; che  le  matrone,  durante  l'acconciatura  s'abbandonano  a  capricci  crudeli;  e 
avvezze  ai  combattimenti  gladiatorj  e  a  dilettarsi  del  sangue  versato,  e  dall'infanzia  a 
veder  gli  schiavi  barbaramente  puniti,  disfogano  sulle  meschine  che  le  circondano  il 
corruccio  per  gli  avversi  accdenti  della  lor  vanità  o  de'  loro  amori,  le  schiave  in 
que'  giorni  sciagurati  abbiano  pure  tutta  la  destrezza  della  Grecia,  pagano  il  mal  umore 
delle  padrone:  ed  essendo  nude  fino  alla  cintola,  olirono  largo  e  doloroso  campo  alle 
graffiature,  ai  morsi,  alle  spille  che  l'inviperita  matrona  loro  figge  nelle  braccia 
0  nel  seno.'  Spesso  il  gastigo  veniva  commesso  allo  schiavo  aguzzino  (lorario):  la 
sventurata,  sospesa  penzolone  pe'capegli,  subiva  la  tlagellazione  finché  la  padrona 

dicesse  Basta.  ^       •.,-.•       j  ,i. 

Torniamo  a  Sabina  che  ha  sporta  la  mano  a  Carmione  tagliatrice  dell  ugne,  e  a  cui 
sovviene  in  quel  momento  aver  udito  da  un  medico  ebreo,  che  il  mescolare  i  minuz- 
zoli delle  ugne  a  cera,  e  appicciarla  a  strania  porta,  sgombra  assai  malurie;  onde 
chiama  Latride  che  que'  minuzzoli  raccolga.  La  poveretta,  che  dolcemente  astratta, 
ricordava  in  quel  punto  i  lieti  giorni  dell'adolescenza  nella  nativa  Efeso,  sussulta 
all'improviso  sonare  del  suo   nome,  e   lasciasi  cadere  appiedi  l'astuccio  cesellato. 
Sabina  a  quella  vista  balza  in  piedi  come  una  furia;  avventasi  sulla  meschina;  la 
percuote  con  quanto  ha  di  forza  ;  buon  per  Latride  che  le  ugne  furon  recise  ;  pure  la 
morde    l'insanguina,  e  peggio  farebbbe  se  non  fossero  sopragiunti  due  paggetti  di 
bionda' inanellata  capellatura,  in  finissimo  lino  egiziano,  portando  la  colazione.  Uno 
d'essi  reca  vaso  dorato  in  cui  sibila  l'acqua  bollente:  tiene  l'altro  nella  diritta  otto 
f  chi  in  paniere  d'argento,  e  nella  sinistra  una  guantiera  con  due  coppe  e  una  boccia 
di  vino  di  Cipro.  Sabina  costuma  temperare  il  vino  con  alquante  goccie  di  acqua  bol- 
lente, secondo  prescrisse  il  medico  Archigene. 
Il  eiun^ere  dei  paggi  non  avrebbe  forse  salvato  Latride,  se  lo  stoico  Zenotemi,  filosofo 
di  cala    non  si  fosse  precipitalo  ansante  nella  camera.  È  calvo;  barba  incolta  fin  alla 
cintola:  logoro  mantello,  camicia  di  lana  che  lascia  a  scoperto  le  gambe  villose,  e  per 
calzari  un'assicella  tenuta  con  corde.  Questo  discepolo  di  Zenone  è  impaziente  di 
presentare  a  Sabina  la  prole  di  cui  la  maltese  cagnetta  s'è  sgravata  testé;  tiene  anzi 
la  cagnesca  famiglinola  in  un  seno  del  mantello; e  deh  come  la  matrona  s'allegra  che 
la  sua  Mirrina,  sì  sperta  a  non  abbajare  che  agli  importuni  e  al  manto,  si  trovi  bene 
dono  il  trava"lio  del  parto!  Chi  non  riderebbe  a  vedere  la  gentile  bestiolina  sporgere 
il  muso  dal  sajo  del  filosofo  a  leccargli  la  barba  prolissa,  non  so  se  per  gratitudine,  o 
perchè  v'annasi  qualche  reliquia  di  jeri  !  Nel  tornare  dalla  villa  Campana,  Sabina 
incaricò  Zenotemi  di  custodire  lungo  il  viaggio  la  cagnetta:  giunta  a  Roma,  gli  fé 
dire  che  fidata  a  lui  volevala  finché  non  si  fosse  sgravata;  lo  approvigionerebbe  di 
fegati  d'oca  e  di  pasticci  di  sesamo  per  la  puerpera  :  e  Zenotemi  che  ghiotto  era,  fu 
lielo  d'aver  Mirrina  in  custodia,  nell'intenzione  di  appropriarsi  quegli  intingoli,  lei 
tenendo  a  salutar  dieta.  Ed  or  veniva  appunto  gongolando  a  presentare  la  cagnesca 
nidiata  alla  matrona;  la  quale  «  Ti  do  (disscgli)  il  |)iù  bello  di  cotesti  fichi,  se  m'im- 
.(  provisi  un  epigramma  su  questo  fausto  avvenimento  ».   E  il  greco  senza  esilare: 
«  Allorché  la  gentile  Mirrina  fu  presso  a  partorire.  Diana  venne  in  suo  ajuto  a  mili- 
«  garle  i  dolori,  che  la  dea  non  accorre  soltanto  alla  chiamala  delle  donne;  avendo 
«  cara  la  caccia,  care  ha  le  madri  de' bracchi  e  de' levrieri  ». 
L'arrivo  di  Zenotemi,  le  novelle  sue,  le  carezze  prodigate  da  Mirrina  tirano  in  lungo  la 
colazione.  Sabina,  volendo  ricuperare  il  tempo  perduto,  non  dà   licenza  d'entrare 
a  Gratidione   cui  speciale  uffizio  è  narrare  ogni  mattina  le  nuove  che  corrono  per  la 
città   In  cambio,  la  guardaroba  Droso  é  chiamata,  ed  alla  sua  interrogazione  se  appor- 
tar deva  la  tunica  dalle  frangie  d'oro  o  quella  da'  ricami  di  perle,  Sabina  cWede  a 


ADDOBBATOJO    d'UNA    DAMA    ROMANA.  219 

Cipassid3  «  Qual  è  il  tuo  avviso?  »  E  la  Mora  modestamente,  «  Clii  può  attentarsi 
«  (risponde)  di  consigliar  te,  che  modello  si^i  alle  Ilotimne  in  t'alio  di  liuon  gusto? 
«  Pure,  noa  dicesti,  in  mandare  l'altro  di  a  Saturnino  (juella  collana  di  perle  acciò 
«  ne  fregiasse  il  pettorale  e  il  frontale  del  suo  cavallo  di  parata,  die  simile  guarni- 
«  tura  tu  porleresti  nel  giorno  della  rivista;'  »  La  matrona  comanda  a  Droso  la  tu- 
nica dalle  perle.  Cipasside  accosta  un  bacino  d'argento,  e  bagna  con  latte  le  dita 
della  padrona;  Nape  tende  un  pannolino,  ma  Sabina  accenna  ad  uno  de'  paggi, 
e  riasciuga  le  dita  nelle  ciocche  lucenti  de'  capegli  di  esso. 

Droso  intanto  è  corsa  per  l'abito  richiesto  :  accompagniamola  nelle  inferiori  camere,  e 
trascorriamo  con  lei  vasti  cameroni,  dove  schiari  d'ambo  i  sessi  danno  opera  ad  arti 
e  mestieri  diversi  :  nel  primo  (ilalrici  e  le^bitrici  di  stolle  ;  nel  secondo  le  cucitrici;  le 
ricamatrici  nel  terzo;  ultima  \iene  la  guardaroba. 

Impone  la  consuetudine  alle  Romane  di  pifsentarsi  in  pubblico  uniformemente  vestite, 
coll'abito  matronale,  tutto  bianco,  di  lana  o  di  seta,  ad  eccezione  delle  inferiori  frangie 
di  porpora  0  d'oro.  La  sola  ricercatezza  permessa  è  il  dare  a  questo  bianco  il  mag- 
gior risalto;  s'inventarono  pres.-oj  a  farlo  ondalo  e  a  screzj:  vuole  poi  li  moda  che 
con  sommo  studio  s'archilellino  le  pieghe;  al  quale  uopo  scorgiamo  intorno  tanti 
ordigni  grandi  e  piccoli.  ÌSegli  armadj  in  giro  alle  pareti  tono  racchiusi  gli  arredi,  le 
biancherie  di  Sabina:  ha  tuniche  di  tulli  i  colori  che  adopera  di  notte,  (juando,  trave- 
stita da  cortigiana  o  da  liberta,  corre  le  vie  di  Koma.  Droso,  ik1  porre  il  piede  nella 
guardaroba,  chiama  la  tunica  dalle  perle;  e  quell'abbigliamenio,  di  gratissime  fra- 
granze, le  viene  porto  da  una  schiava. 

Sabina  s'è  posta  la  camicia  di  tela  cotone  con  maniche  corte;  Cipasside  le  sostiene  il 
seno  cun  una  fascia:  Droso  porge  la  tunica,  tessuta  di  lana  di  Mileto,  mista  a  cotone; 
le  maniche  coprono  la  superior  parte  del  braccio,  sparate  per  lo  lungo  sul  davanti, 

.  strette  ai  polsi  da  aurei  fermagli;  porporina  e  larga  due  dita  è  la  fascia  che  segna  in- 
torno al  seno  il  lembo  della  tunica,  e  scende  a  circoscriverne  la  falda. 

Qui  fassi  avanti  Spalalo,  custode  delle  gioje,  collo  scngnetto  aperto.  Cipasside  ha  posto 
la  mano  sulla  triplice  collana  di  perle,  il  più  prezioso  di  quei  monili  ;  il  nome  che  gli 
si  rappicca,  vale  assai  a  crescergli  il  valore;  che  i  Romani  non  lengonsi  contenti  a 
questi  giorni  di  vedere  i  loro  deschi  coperti  di  tazze  murrine  od  auree  od  incrostale 
di  gemme,  se  provare  non  possono,  con  un  tal  qual  albero  genealogico,  che  una 
tale  coppa  viene  in  diritta  linea  da  Nestore,  o  che  in  quell'altra  Didone  mescè  ad 
Enea:  né  le  matrone  chiamansi  paghe  de'^loro  braccialetti  e  monili,' se  il  giojelliere 
non  ha  loro  dimostro  che  appartennero  a  qualche  straniera  eroina,  per  lo  manco  la 
moglie  d'un  Seleuco ,  d'un  Tolomeo,  d'un  Milradate,  d'un  Erode.  iNiuna  orientale 
regina  ha  però  levato  di  sé  tanto  grido,  e  destala  ne'  iiomani  tanta  ammirazione  e 
pietà,  quanto  Cleopatra;  di  niuna  pongono  le  matrone  tanta  vanita  in  possedere  gio- 
jelli,  quanto  della  bella  amica  di  Cesare:  delle  sue  cullane  di  perle  sovralulto  suona 
alto  la  fama,  e  una  di  queste  a  Sabina  donò  il  marito,  tornato  da  Alessandria,  ove  la 
comprò  per  un  milione  di  sesterzj.  Checché  ne  sia  della  provenienza  vera  di  cotesta 
collana,  ella  è  degna  per  la  sua  bellezza  d'aver  appartenuto  a  Cleopatra. 
Posta  che  ha  Cipasside  la  collana;  Spalalo  trae  dallo  scrigno  gli  orecchini  di  tre  magni- 
fiche perle  ciascuno;  di  quelle  contro  cui,  mezzo  secolo  dopo,  Seneca  imprecava, 
dicendo:  «  Non  sono  perle  coleste,  ma  palrimoT)]  interi  ».  Spalalo  porge  i  braccia- 
letti e  gli  anelli,  quattro  que'  primi,  doro  cesellalo  e  incrostato  di  brillanti  ;  sedici  i 
gecondi;  da  porne  due  ogni  dito,  ad  eccezione  de'  medj.  Quegli  anelli  sono  cammei 
incisi  da  famosi  artefici,  ed  appartengono  alla  categoria  degli  estivi;  conciossiaché  le 
Romane  hanno  giojelli  diversi  per  le  diverse  stagioni,  di  maggior  mole  pel  verno,  più 
graziosi  e  leggieri  per  la  state. 
Chi  sa  quando  finirei  se  ragionar  volessi  di  quanto  si  contiene  nello  scrigno  di  Sabina: 
accennerò  solamente  d'un  anello  e  d'un  amuleto.  Quello  rappresenta  un  amorino  che 
cavalca  un  leone  in  sardonica,  capolavoro  dell'incisore  Plutarco.  La  matrona  vede  se- 
medesima  simboleggiata  nell'amorino,  Saturnino  nell'imperalor  della  foresta;  e  il  gio- 
vane, cui  sta  a  cuore  la  generosa  cugina,  fa  plauso  alla  gentile  allegoria,  e  spaccia 
anzi  per  suo  un  epigramma  rubato  ad  Argentano  di  questo  tenore:  «  Veggo  su  questa 
pietra  Amore  trionfaute,  che  con  ardilo  braccio  doma  il  furore  d'un  leone.  Ve'  come 


220  AfiCHEOLOGlA    E    BELLE    ARTI 

«  colla  sinistra  mano  gli  batte  l'irta  criniera  e  regge  coiraltra  la  briglia.  Guardo  trepi- 
ff  dando  questo  nemico  della  pace  del  mondo,  raggiante  di  splendore  divino.  Ha  sot- 
<f  tomesso  il  re  degli  animali  a'suoi  voleri:  il  cuor  d'un  uomo  saprà  resistergli?  » 

L'amuleto,  da  un  sacerdote  di  Serapide  consacrato  sotto  l'influsso  della  costellazione 
che  vide  nascere  Sabina,  ha  virtù  di  preservarla  da  qualunque  sinistro:  in  diaspro 
rappresenta  una  testa  di  Serapide  posata  sovra  un  piede  romano. 

Ecco  finalmente  Sabina  addobbata:  non  le  manca  che  indossare  il  manto  o  palla;  ope- 
razione importante,  che  deve  coronar  l'opera  lungamente  elaborata:  né  facil  cosa 
è  il  panneggiar  leggiadramente  quel  manto,  n''  voglionsi  adoperare  a  tal  uopo  spille, 
uncini,  0  somiglianti  artifizj,  bensì  usar  arte,  ond'esso  passando  sotto  la  smistra 
ascella,  lasci  a  scoverto  da  quella  banda  il  braccio  e  la  spalla,  e  scenda  con  belle 
pieghe  fino  a  terra.  Cipasside,  allorché  ha  finito  di  acconciar  quelle  pieghe,  «  Tu 
eclisserai  (esclama),  o  Sabina,  tutte  le  matrone  per  la  bellezza  e  per  la  magnificenza 
del  tuo  addobbo.  —  I  cavalieri  (aggiunge  Nape  cim  certa  quale  malizietfa)  sfilando 
a  te  innanzi,  non  sapranno  da  te  ritorcere  gli  occhi  abbagliati».  Sorride  Sabina. 
Droso  è  corsa  intanto  ad  avvisare  gb  otto  Cappadoci  di  venirsene  sotto  al  portico 
colla  portantina.  Venere,  a  cui  le  Ore  e  le  Grazie  danzano  intorno,  non  incede  con 
aspetto  più  trionfante.  Sabina  sé  guardata  per  l'ultima  volta  nello  specchio:  Cipas- 
side e  Nape  uscirono  in  cerca  delle  code  di  pavone,  che  a  modo  d'ombrello  esse 
tengono  levate  per  via  sovra  il  capo  della  matrona. 

'  Ov'é  Latride?»  chiede  Sabina  sul  limitare  della  camera.  La  meschina  corre  inginoc- 
chiarsele davanti,  e  la  padrona  comanda:  «Spalalo,  fa  che  il  lorario  ponga  in  ceppi 
«  costei,  le  dia  a  lavorare  il  doppio  delle  altre  serve,  e  solo  pane  e  acqua  fin  a  nuovo 
«ordine».  Cos'i  dicendo  esce  maestosa,  ed  entra  nella  lettiga. 

Le  leggi  romane  vietano  i  cocchi,  se  non  in  occasione  di  trionfo  o  di  processioni 
religiose:  laonde  s'è  propagato  l'uso  delle  lettighe,  sorrette  da  bastoni  orizzontali, 
coperte  da  padiglione.  I  lettigbieri,  checolle  spalle  sostengono  l'estremità  de' bastoni, 
vestiti  di  lana  verde  procedono  in  cadenza.  Sono  otto,  di  nazione  cappadoci, 
d'atletica  statura,  ben  pasciuti,  Ercoli  asiatici  che  Sabina  scelse  ella  stessa  sui  palchi 
e  nelle  trabacche  dei  mercanti  di  schiavi.  S'inoltrano  attraverso  della  moltitudine 
stivata,  senza  rallentare  il  passo;  facendosi  dar  luogo  dai  cittadini,  a  cui  gridano 
da  lunge  in  loro  barbaro  accento;  «  Largo!  largo!»  Due  lacchè  etiopi  precorrono 
alla  portantina:  Nape  da  un  lato,  Cidassipe  dall'altro  tengono  alte  le  flambelle  di 
pavone:  seguono  due  schiavi,  portando  i  cuscini. — 

Bellissime  galanterie  d'oro  si  raccolsero  nelle  tombe  egiziane,  e  più  nelle  etrusche  e 
negli  scavi  d'Ercolano  e  Pompej.  Fra  le  molte  preziosità  de' numerosi  sepolcri  della 
Basdicata,  presso  Grumento  si  rinvenne  un  cadavere  cinto  d'armi,  di  vasi  e  tripodi 
d'argento,  e  con  una  corona  d'oro  composta  di  due  rami  di  quercia,  ed  altre  con 
ghiande  ed  api  unite  per  attaccagnoli  .d'oro  e  molte  figure  in  atto  di  danza.  Fu  illu- 
strato dall'Avellino  negli  Atti  dell' accademia  Ercolanese. 

Elegantissime  orerie  sterraronsi  pure  a  Ruvo,  fra  cui  singolare  una  corona  di  mirto 
sul  teschio  d'un  guerriero,  con  foglie  d'oro,  frammiste  di  altre  smaltate  di  verde; 
e  di  bacche  or  d'oro  or  di  pietra  o  di  pasta,  innestate  in  un  calice  verde,  ad  imita- 
zione delta  natura.  A  Kertsch  (Panlicapea)  se  ne  scopersero  alcune,  più  belle  di  quelle 
di  Pompej  e  Sicilia  {Annali  di  cnrrisp.  arch.  t.  \\\).  il  museo  etnografico  di  Monaco 
serba  moltissimi  ori,  alcuni  anche  egiziani,  e  una  stupenda  ghirlanda  trovata  ad  Ar- 
mento. La  migliore  raccolta  d'ori  etruschi  è  nel  museo  Gregoriano. 

§   ISO.  —  Corone. 

I  Galli  portavano  monili  al  collo  (torques),  e  Tito  Manlio  ebbe  nome  di  Tor- 
quato da  quello  che  tolse  a  un  Gallo  ucciso.  Dipoi  questo  divenne  un  modo  di 
decorazione  ai  soldati ,  com'erano  pure  le  armille.  Ne  olVriamo  alcuni  esempj  nella 
figura  a  della  pagina  seguente. 

Decorazioni  di  maggior  importanza  erano  le  corone,  che  a  questo  capo  possiam 
riferire,  benché  non  sempre  metalliche.    La   corona  yraminea  od  ossidionale  veniva 


conoNE  d'onore 


221 


donata  al  generale  che  liberasse  d'assedio  una  città  o  un  esercito:  formavasi  coll'erba 
delia  città  medesima,  o  del  campo  (fig.  b). 

La  corona  civica  toccava  a  chi  avesse  salvato  un  cittadino,  coll'iscrizione  ob  ci- 
VEM  servatvm:  si  faceva  di  elee,  poi  d'eschio,  infine  di  quercia,  a  mo- 
do che  vedesi  nella  fig.  e.  L'altra  (fig.  d)  è  una  medaglia  rappresentante  Marco 
Lepido,  col  trofeo  e  la  civica  corona  e  ii.  o.  e.  s.  cioè  hostem  occidit  civem  servavit. 
La  si  potea  portare  continuamenic,  e  chi  l'avesse  meritata  aveva  posto  d'onore  agli 
spettacoli,  esenzione  dalle  gravezze,  si  egli,  si  il  padre  e  l'avo  suo;  e  la  persona 
salvata  gli  dovea  gli  ufiìzj  di  figlio.  Tal  corona  ricorre  frequentissima  nei  monumenti, 
e  massime  sulle  medaglie,  meritata  o  no. 

La  corona  navale  e  la  rostrata  o  classica  erano  d'oro,  e  davasi  a  chi  primo  salisse  a 
bordo  di  nave  nemica,  o  a  chi  riportasse  una  vittoria  navale.  Avea  la  figura  o  di  ro- 
stri 0  di  prue,  come  in  e: 

a  b 


222  AIICIIEOLOGIA    E   BELLE    ARTI 

!.a  corona  murale  faceasi  d'oro,  in  forma  di  merli  (fig.  /")•,  e  davasi  a  chi  salisse 
primo  le  mura  nemiche.  Di  questa  suole  fregiarsi  la  testa  di  Cerere  ffig.  g):  e  l'esempio 
che  produciamo,  tolto  dal  Caylus  (Recueil  d'antiq.  voi.  v,  tav.  3J,  merita  considera- 
zione ,  perchè  rappresenta  un'intera  fortificazione  ,  cioè  la  torre  in  mezzo  ,  e  in  giro  la 
cortina,  interrotta  da  torricciuole  sugli  angoli. 

Al  soldato  che  primo  varcasse  a  forza  il  vallo  nemico  davasi  una  corona  pur  d'oro, 
figurante  la  palizzata  della  trincea  (fig.  h). 

ì  trionfatori  portavano  in  fronte  una  corona  d'alloro,  qual  trovasi  ogni  tratto  sulle 
medaglie,  or  colle  hacche  e  colle  bende,  or  no.  La  qui  effigiata  i  rammemora  il  trionfo 
PARlico  di  Ventidio  luogotenente  di  Antonio;  l'unico  che  i  Romani  riportassero  sovra 
quel  popolo.  Una  corona  d'oro  e  gioje  tenevasi  sospesa  sovra  il  capo  del  trionfatore. 
Una,  àella  provinciale,  si  mandava  in  dono  al  generale,  non  dall'esercito  come  le  an- 
zidette, ma  dalle  provincie.  Quest'omaggio  si  ridusse  poi  ad  un  tributo,  che  chiama- 
vasi  auruin  coronarìum. 

Quando,  non  il  trionfo,  ma  si  concedesse  soltanto  l'ovazione,  la  corona  faceasi  di 
mirto.  Tal  è  nella  medaglia  j,  qui  sotto-,  ma  essendo  ad  onor  di  Cesare,  potrebbe  al- 

f  9 


ludere  alla  sua  derivazione  da  Venere,  cui  quell'ar- 
busto è  sacro:  vi  si  vedono  insieme  le  insegne  del 
supremo  sacerdozio,  il  lituo,  ecc. 

Nell'altra  i,  ad  onore  di  Lepido,  la  corona  è  d'u- 
livo, e  destinavasi  a  chi  avesse  contribuito  ad  un'a- 
zione che  meritava  il  trionfo,  ma  senza  intervenirvi  personalmente 


CORONE   D  ONORE 

Di  più  altre  corone  trovansi  la  memoria  nei  classici,  e  la 
figura  sui  monumenli.  Di  (]uercia  liavasi  a  Giove,  ma  senza 
ghiande;  d'edera  a  Bacco:  quelli  che  assistevano  ai  sagrifizj 
ghirlandavansi  di  pino,  di  cipresso,  o  d'altri  lìori  sacri  alla  di- 
vinità che  onoravano:  ai  morti  meltevansi  corone  funebri  o 
sepolcrali:  di  fiori  le  aveano  i  convivi  e  le  spose  :  se  ne  sospen- 
devano alle  porte  delle  amanti ,  o  per  giorni  natalizj.  Corona 
tutta  propria  dei  sacerdoti  era  (juella  d'ulivo,  d'oro,  o  di  spi- 
ghe come  in  questa  qui  contro. 

Quanto  alle  corone  d'altri  popoli  esibiamo  ancor  questi  dise- 
gni di  alcune  asiatiche. 


2^3 


Le  più  antiche  erano  una  fascia  avvolta  al  capo  (fig.  4),  che  poi  fu  cambiata  in  lastra 
d'oro,  come  al  2  e  al  5,  più  o  meno  ornate  come  al  6,  7,  8,  10,  la  qual  ultima  ha 
anche  la  guigia  per  esser  allacciala  sotto  al  mento.  In  queste  il  primitivo  diadema  serve 
di  base  agli  ornamenti;  in  altri  li  cinge,  come  al  5,  9,  43:  talvolta  la  fascia  annodava 
il  berretto  alla  nuca,  come  all' 8,  i]. 

Forse  quelli  a  due  o  tre  fasce,  come  nel  3  e  4,  alludevano  a  due  o  tre  paesi  domi- 
nati. La  corona  persiana  pare  fosse  un  berretto  (cidaris)  con  una  fascia  attorcigliata, 
come  al  12.  Fra  gli  Egizj  la  corona  prende  forma  di  berretto  o  tiara  o  elmetto,  come 
da  queste  figure. 


22i  ABCHEOLOGIA    E   BELLE   ARTI 


§  1  SI .  —  Toreutica. 

La  toreutica  o  cesellatura  consiste  nel  lavorar  i  metalli  con  istromenti  di  punta,  e 
principalmente  nello  sbalzarli.  A  questo  modo  lavorossi  ne'  migliori  tempi  l'argento; 
in  qualche  parte  anche  l'oro,  il  bronzo,  il  ferro,  massime  per  fregiare  armi  e  scudi. 
Talvolta  su  bacili  d'argento  le  composizioni  erano  di  figure  riportate,  che  poteansi 
adattare  a  diversi. 

Monumento  unico  è  la  patera  d'oro  trovala  a  Rennes  nel  1774,  e  custodita  nel  gabi- 
netto imperiale  di  Parigi.  Il  tondo  di  mezzo  rappresenta  una  sfida  a  bere  tra  Ercole  e 
Bacco,  il  quale  tiene  in  mano  un  ritone;  e  ciascuno  ha  i  proprj  simboli.  Un  giovine 
satiro  suona  il  flauto  doppio,  e  Pan  la  siringa;  oltre  il  vecchio  Sileno  e  tre  baccanti. 
Attorno  gira  un  bassorilievo  figurante  il  trionfo  di  Bacco  sopra  Ercole  :  tre  genietti  a 
sinistra  empiono  d'uva  un  canestro:  apre  la  marcia  una  baccante  che  suonai  cimbali  ; 
segue  un  baccante  col  tirso  io  una  mano,  e  nell'altra  la  cavezza  d'un  camello,  su  cui 
sta  Sileno  ubriaco,  al  quale  una  baccante  offre  da  bere  in  un  cantaro.  Due  giovani 
baccanti  han  ciascuno  un  pedum  e  un  grappolo  d'uva:  poi  una  baccante  suona  i  cim- 
bali; e  al  par  d'un  baccante  col  pedum,  guarda  Bacco  che  cozzfi  con  un  capro.  Segue 
una  baccante  vestita  di  tunica  e  danzante,  poi  un  satiro  che  suona  la  siringa,  una  bac- 
cante che  danza  sonando  il  cimbalo:  un  baccante  cinto  della  nebride  e  co|l  pedum  o 
vincastro,  precede  un  plaustro  che  porta  una  corbella  d'uva,  tratto  da  due  capri.  Dopo 
un  baccante  che  suona  il  flauto  doppio,  segue  una  danzatrice,  e  un  altro  baccante  che 
la  guarda;  poi  Ercole  ubriaco,  coronato  di  pampini,  e  sostenuto  da  due  genietti,  uno 
de'  quali  gli  porta  la  clava.  Vien  dopo  il  carro  di  Bacco  tratto  da  tigri  e  preceduto  da  un 
satiro  fra  altre  figure.  Corre  tutt'attorno  una  ghirlanda  di  quercia,  poi  un  altro  circolo, 
decorato  da  sedici  medaglioni,  che  rappresentano  Adriano,  Caracalla,  Marc'Aurelio, 
Faustina  giuniore,  Antonino  Pio,  Geta,  Comodo,  Faustina  maggiore,  ripetute  come  gli 
Antonini,  Severo,  Giulia  Domna.  Questi  medaglioni  sono  cinti  alternativamente  di  fio- 
rami e  di  squame.  Ci  fermammo  a  descriverlo  per  la  molta  istruzione  che  può  venirne 
all'archeologia  figurata, 

|§  152.  —  Damaschinatura,  agemina,  nielli. 

La  damasichinatura  consiste  nell' inserire  nel  ferro  od  acciaio  strisele  d'oro  e  d'ar- 
gento a  disegno.  Con  tale  artifizio  son  lavorati  occhi,  collane,  altri  ornamenti  egizj;  e 
in  più  luoghi  anche  la  Tavola  Isiaca  del  museo  Torinese,  del  resto  incrostata  d'argento 
così  sottile,  che  alcuno  suppose  gli  Egiziani  conoscessero  già  l'arte  di  sciogliere  quel 
metallo  e  precipitarlo  sul  rame,  facendo  svaporare  il  liquido  in  cui  era  sciolto,  come 
noi  usiamo  cill'amalgama.  1  Greci,  come  di  tutto  il  resto,  co£Ì  si  fecero  inventori  della 
damaschinatura;  ed  Erodoto  ne  dà  il  merito  a  Glauco  di  Scio,  cui  attribuivasi  una 
grande  tazza  donata  da  Aliatte  al  tempio  di  Delfo.  Più  si  lavorò  in  tal  modo  nel  Basso 
Impero,  e  singolarmente  dagli  Orientali. 

Poco  ne  differisce  Vagemina-^  se  non  che  la  damaschinatura  si  fa  con  tagli  più  mi- 
nuti e  profondi,  e  l'agemina  per  sovrapposizione  di  foglie,  o  talora  di  soli  fili  d'oro  e 
d'argento  sovra  un  fondo  preparato  a  riceverli  con  una  serie  d'ineguaglianze.  Distin- 
guasi però  dalla  damaschinatura  delle  armi  di  taglio,  che  si  fa  con  lamine  alternate  di 
ferro  e  d'acciajo,  attorcigliate  e  battute,  e  su  cui  si  passa  una  mano  d'acido  nitrico, 
che  intaccando  inegualmente  il  diverso  metallo,  vi  forma  certe  strisele  o  onde. 

Se  invece  d'inserire  negli  intagli  laminette  metalliche,  vi  si  infonde  una  mescolanza 
d'argento  e  di  piombo  detta  nifiellum,  se  ne  formano  i  nielli.  Cominciarono  ne'  bassi 
tempi,  e  dieder  origine  all'incisione  in  rame. 


SPECCHI.    SCUDI. 


22o 


§  153.  —  Specchi,   scudi. 

In  Giobbe  e  nell'Esorfo   è  già  piirola  degli  specchi-,  non  in   Omero,  neppur  dove 
minutamente  descrive  la  (avoletta  di  Giunone.  Spesso  servivano  di  specchio  i  piatti  e 
bacili 

Di  consueto  si  faceano  di  metallo,  e  propriamente  d'una  composizione  di  stagno  e 
rame,  che  molta  cura  voleva  per  essere  preservata  dall'ossidazione  e  conservata  lucente. 
Sotto  l'Impero  irebhero  quelli  d'argento,  e  trovasi  menzione  di  qualcuno  d'oro,  se  pur 
non  va  inleso  degli  ornamenti.  Erano  rotondi  e  con  manico,  e  molle  volte  aveano  inta- 
gli e  rilievi.  Se  ne  ricordano  alcuni  a  più  faccette,  talché  moltiplicavano  i  riguardanti: 
altri  moslrifìci,  dice  Ateneo,  erano  posti  nel  tempio  di  Giunone,  i  quali  colla  variata 
convessità  rendeano  strani  visacci.  L'uso  d'oirerirli  ai  tempj  era  comune:  ed  è  noto 
l'epigramma  iieW'Aììtoloffia,  dove  una  donna  invecchiata  offre  Io  specchio  a  Venere, 
l)erchè  vedersi  qual  era  non  può,  qual  è  non  vuole  Ne  faceano  altresì  di  pietra,  e  sem- 
lira  non  ignorassero  quelli  di  vetro  con  foglia  melallica.  Che  ne  usassero  pure  di  grande 
dimensione,  appare  dalle  lubricità  che  Seneca  racconta  di  un  certo  Ostilio  {Qucest.nat. 
I.  16). 

Gli  specchi  etruschi  fé  forse  son  tali  molte  di  quelle  che  passano  per  patere  graffite) 
rappresentano  divinità  e  fatti  dell'età  eroica  greca,  sovente  rese  nazionali  per  via  delle 
figure  della  demonologia  etrusca.  Altri  olirono  divinità  alate,  che  forse  presiedevano 
alla  fortuna:  o  Dei  penati,  che  t^nevansi  come  preservativi  dal  fascino.  Pochi  sono 
di  soggetti  domestici  e  con  ritratti.  Ed.  Gerhard  (EtrusckischeSpiegel,  Berlino  1860  e  seg.) 
fé  la  maggior  raccolta  di  specchi  etruschi  in  20  anni  di  ricerche:  finora  ne  pubblicò  da 
2o0,  la  più  parie  inediti,  con  spiegazioni  ingegnose  ed  erudite. 

Consueta  dedicazione  agli  Dei  erano  anche  gli  scudi,  alcuno  de'  quali  si  trovò  in  na- 
tura, molti  più  sono  eflìgiati  sulle  monete.  Erano  lavorati  a  cesello,  e  con  bellissime 
composizioni.  Tali  erano  le  parmce  votivce  o  scudi,  del  qual  genere  si  pregia  assai  que- 
sto del  museo  di  Woodword;  è  convesso,  e  credesi  figuri  Koma  presa  dai  Galli;  per 


umbone  ha  un  mascherone  con  corni  e  foglie  ;  e  si  reputa  dell'età  di  Claudio  impe- 
ratore. 

GEHH4BD,  Ueher  die  JUetaUspiegel  der  Etrutcker.  Berlino  1838. 
DoDWELL,  De  parma  woodwordiana.  OxforA  171.5. 

Sìfatti  usi  erano  comuni  anche  alle  genti  chiamate  barbare  ;  e  il  museo  di  Leida  acqui- 
stò testé  un  anello  d'oro  ben  grosso  con  iscrizione  giavanese,  e  due  manichi  di  specchio 
di  bronzo  trovali  anch'essi  a  Giava. 


Cantù,  Documenti.  —  Tomo  1,  Archeologia  e  Belle  Arti 


15 


AHCHLOLO(ilA   É   BÈLLE   ARTI 

CAPO   SETTIMO 

PALEOGRAriA,  EPIGRAFIA  E  DIPLOMATICA 


§  454.  —  Definizione  e  ufHzj   dell'epigraGa. 

Alle  iscrizioni  s'addice  piìi  propriamente  il  nome  di  monumenti ,  essendo  poste  per 
ammonire  i  posteri  degli  avvenimenti.  I  Greci  le  chiamavano  epigrafe  ed  epigramma;  i 
Latini  marmar^  lapis,  titulus,  monumentum,  memoria^  tabula,  mensa;  opitaphia  sono 
quelle  sulle  tombe. 

V Epigrafìa,  scienza  intermedia  fra  quella  delle  lingue  e  quella  delle  antichità,  traila 
delle  iscrizioni  e  del  modo  di  leggerle,  intenderle,  accertarne  l'autenticilà.  Il  primo 
uffizio  si  fonda  sulla  cognizione  de'  caratteri,  delle  sigle  e  dell'età  loro 5  e  più  propria- 
mente dicesi  Paleografìa.  Il  secondo  dipende  dalla  cognizione  delle  lingue  e  delle  co- 
stumanze; col  che  si  riesce  non  solo  a  intendere,  ma  a  supplire  le  guaste  e  mut  late. 
Pel  terzo  vuoisi  un  particolar  genere  di  critica  di  tutti  gli  accidenti  estrinseci  ed  in- 
trinseci d'una  lapida,  per  accertare  se  non  fu  finta  od  alterata. 

Da  questo  studio  derivasi  poi  l'abilità  di  esprimer  cose  e  idee  'moderne  in  lingua  e 
stile  antico,  siccome  tocca  fare  tuttodì  agli  epigrafisti,  e  a  quei  che  danno  iscrizioni  per 
monete  e  medaglie,  non  sempre  con  pace  fra  la  ragione  e  l'erudizione.  In  ciò  e  come 
precettista  e  come  modello  primeggia  il  bresciano  Stefano  Morcelli. 

Stefano  Mobcelli,  De  stilo  inirriptionum  làdnarum.,  Hb.  ni.  Roma  nSO. 

—  Insrriptionet  eom'menIùriU  fubjeclàe.  Ivi  t783. 

Zaccakia,   Insliluz.  nnliqunria  lapidaria.  Ivi  1770. 
Nicolai,  Traclalus  de  sigli$  veterum.  Lione  1703. 
Scip.  Maffei,   GrcBrorum  sigia;  lapidaria.  Verona  -1746. 

—  Arte  critica  lapidaria  ;  incomplola. 

D.  CoLETi,  Nolae  el  siglae  quve  in  nummis  et  lapidibus  apud  Romanot  obtinebant,  explicatw.  Venezia 

1785. 
,1.  Gerhard,  Siglarium  romanum.  Londra  1792. 
Seguier,  Prolegomena  epigraphica^i  che  "e  una  storia  della  scienza  epigrafica  (manoscritto  nella  biblioteca 

imperiale  di  Pari|'i). 
Spotorno,   Trnllain  dell'arte  epigrafica.  Savona  1813. 

Hi'GO  WiTTENBACU,  AV«e  beilrUgc  sur  aviiken  heidnischen  und  christlichen  Epigrafik.  Tricr  1833. 
FRXfiz^  Elementa  epigraphices  gra-cae.    Berlino   I8')0. 
WOTABI,   Trattalo  delVepigrafia  latina  ed  italiana.  Torino  18b6. 
Manca  ancora  una  compiuta  Dottrina  delle  iscrizioni. 

§  155.  —  tJtilità  delle  iscrizioni. 

Le  monete  e  le  iscrizioni  sono  i  monumenti  più  preziosi  alla  storia,  perchè  favellano: 
qual  più,  è  disputa  fra  i  dotti.  Le  monete,  oltre  l'iscrizione,  portano  le  impronte  che 
tornano  di  grande  utilità.  Ma  anche  talune  epigrafi  sono  figurate;  queste  ci  fanno  co- 
noscere non  solo  nomi,  ma  fatti  e  leggi,  ed  in  ogni  linyun;  da  esse  si  ricavò  la  serie  di 
medici,  di  pittori,  d'architetti,  d'edilizj,  di  domestiche  incombenze  affidate  a  servi  e 
schiavi;  con  esse  si  chiari  la  cronologia,  si  corressero  errori  storici  e  p.issi  di  scrittori, 
si  conobbero  molti  riti  e  pratiche  religiose,  e  l'esistenza  di  paesi  e  di  fabbriche.  Dalle 


l'ALLOUUAIlA.     OUIGINE    Dt.LL,V    SCIirilL'lU  2|7 

iscrizioni  abhiam  molte  cose  che  i  libri  non  danno  intorno  all'istoria  sociale  e  domestica, 
e  non  v'è  a  temere  scorrezione  di  copista  o  alterazione;  da  quelle  la  forma  delle  let- 
tere e  l'ortosrafn  antica;  con  osse  si  vennero  perfino  a  ritrovare  linpiie  perdute.  Da  un 
discorso  tenuto  da  Claudio  ai  f.ionesi  si  trassero  cognizioni  storiche  affatto  nuove,  dalle 
quali  il  Niebnhr  dedusse  imnortanii  consecupnze.  Poi  fn'todi  vediamo  dall'epigrafia 
cercarsi  appoijsio  a  nuove  verità  storielle;  intento  utilisssimo,  purché  seguito  con  par- 
simonia, e  spmpre  col  soccorso  della  leltpratiira. 

In  questa  fatiea  si  partp  spmnre  dal  siinnosto  che  di  antichi  ritracsspro.  nelle  iscri- 
zioni loro,  le  idee,  la  civiltà,  le  denominazioni  proprie;  al  contrario  di  noi,  che  ci  fa- 
tichiamo a  svisare  le  nostre  per  voler  esprimerle  con  formule,  e  sovente  con  linguaggio 
che  non  è  il  nostro. 

Olao  Kcllcrmann  danose  illnsfrando  due  iscrizioni  de'  vi;{iH  romani,  espose  fjli  ordini  delle  milizie  (vi- 
gilum  romannrum  Internila  duo  Cfrlimonlnna  mnqnnm  pnrtem  romancp  mililim  rxpUcantia. 
Roma  1853).  Bart  Ror^hcsi  dalle  iscrizioni  del  Reno  dciliisso  la  storia  delle  le(»ionl  che  stanziarono  nelle 
due  Germanie  da  Tiberio  a  Gallieno  (Ann.  delVIfliluIn  arrfipolnqirn,  t8"0);  i  diplomi  militari  di  varj 
imperatori,  recentemente  trovali,  cliiarirono  la  distriliuzionc  delle  milizie  nelle  varie  prnvinrie  e  i 
loro  nffiziali.  Le  favole  scoperte  a  Malaga  e  a  Salpensa  illuminarono  molte  parti  del  diritto  munici- 
pale. Dalle  cpifirafi  nuove  si  conobbe  il  carattere  e  l'ampiezza  degl'istituti  per  alimentare  i  fanciulli. 
(Ernest  Desjardins,  De  labulis  alimentariis.  Parigi  1854). 

§  1o6.  —  Antichissimo  loro  uso,  e  materia. 

Antichissimo  è  l'uso  delle  iscrizioni;  e  relegando  tra  le  favole  le  colonne  scolpite  da 
Adamo,  ne  troviamo  sui  monumenti  più  remoti  dell'India  e  dell'Egitto.  Giobbe  deside- 
rava già  le  sue  parole  fossero  scritte  nel  bronzo  e  nella  selce:  e  metalli  e  pietre  furono 
in  fatto  la  più  solita  materia  delle  epigrafi.  Erodoto  (Poìinnia)  racconta  che  per  decreto 
degli  Amfizioni.  si  eresse  un  edifizio  con  iscrizioni  ai  prodi  periti  alle  Termopile.  Tuci- 
dide (lib.  vi)  leggeva  su  colonne  le  insiustizie  de' tiranni;  e  spesso  fa  cenno  di  tavole  ove 
i  Greci  scriveano  i  loro  trattati  di  paci  o  d'alleanze.  Da  Platone  fin  fppia)  sappiamo  che 
Ippia  fece  disporre  colonnette  di  pietra,  con  precetti  di  morale.  Secondo  Tito  Livio 
(xxviii.  461,  Annibale,  inalzò  un  altare,  'ove  leageansi  le  sue  imprese  in  punico  e  in 
greco.  Polil)io  e  Dionigi  d'Micarnasso  ci  parlano  delle  tavole  storiche  conservate  in 
Campidoglio.  Altre  iscrizioni  ci  arrivarono  in  gemme,  in  vetro,  in  piombo,  in  avorio, 
in  bronzo,  in  rame,  e  più  ancora  su  vasi  figulini,  come  già  avemmo  ad  indicare. 

§  ibi.  — Paleografia.  — Conoscenza  delle  lettere. 

Gli  antichi  faceano  generalmente  le  iscrizioni  nella  lingua  propria  ;  onde  la  cogni- 
zione di  queste  e  dei  loro  alfabeti  è  la  prima  erudizione  necessaria  al  paleografo.  Al- 
cuni caratteri  ed  idiomi  non  trovansi  adoperati  che  nei  monumenti  ;  di  altri  abbiara 
anche  carte  e  libri,  ma  spesso  con  molta  varietà. 

Chisfilll.  De  nntiquis  literis. 

Koop,  Paleografia  critica. 

MoMFAtcox,  Paìwographia  grceca. 

MmN%ET,  Catalogo  ecc. 

Natalis  DB  Wailly,  Elementi  de  paléographìe.  Parigi  'IS38,  2v0l. 

§  158.  —  Origine  della  scrittura. 

Donde  e  come  nascesse  la  scrittura,  questo  stupendo  modo  di  sostituir  segni  visibili 
ai  suoni,  di  mettere  in  comunicazione  il  mondo  delle  forme  con  quello  delle  idee,  è 
arcano  che  forse  non  trae  spiegazione  se  non  dall'alto.  Gli  antichi  ne  attribuiscono  l'in- 
venzione afili  Dei.  ad  Ermete,  a  Thot,  ad  Osiri,  gì  Indiani  la  chiamavano  devd  vdgarty 
cioè  scrittura  dej.'li  Dei;  i  Greci,  che  pure  leneano  in  pronto  un  inventor  nazionale  per 
ogni  cosa,  s'accontentano  averla  di  seconda  mano,  da  Cadmo  che  dalla  mercantile  Fe- 
nicia la  introdusse  nell'agricola  l'eozia.  Lucano  {Phars.  iii,  220)  ne  fa  inventori  i  Fe- 
nicj,  ma  anteriori  ad  essa  i  geroglifici,  che  egli  repula  note  magiche: 


228  ARCHEOLOGIA    E    BELLE    ARTI 

Phoenices  primi,  famae  si  creditur,  ausi 

Mensuram  rudilius  vocem  signiire  figuris. 

Nontlum  flumineas  Memphis  contexere  hiblos 

Noverai;  et  saxis  tantum  volucresque  ferseque, 

Scuiptaque  servabant  mao/cas  animalia  linguas. 
Platone  e  molti  santi  Padri  credono  la  scrittura  rivelazione  divina.  Ad  ogni  modo  è 
forza  accostarsi  alia  cuna  del  genere  umano,  e  prima  della  dispersione  delle  genti,  il 
che  toglie  speranza  di  scoprire  gl'inventori. 

Non  è  tanto  quistione  d'arte  quanto  di  filosofia  il  ricercare  se  precedesse  l'alfalieto  ge- 
roglifico all'alfabetico;  cioè  se  gli  uomini  rappresentassero  prima  l'idea, ,o  prima  il  sno- 
no. Quei  che  fanno  cominciare  l'umanità  dalla  totale  ignoranza,  suppongono  che  prima 
si  convenisse  tra  gli  uomini  di  figurare  ciò  che  si  voleva  esprimere;  dappoi  le  figure  si 
compendiassero,  e  ne  venissero  i  gerof.:lifici.  Può  esser  avvenuto  anche  così:  ma  questi, 
rappresentanti  l'idea,  non  potevano  mai  diventare  scrittura  nel  senso  di  segni  coi  quali 
esprimere  i  suoni  e  trasmettere  una  notizia  o  la  memoria  di  falli.  Anche  coi  raffina- 
menti odierni,  la  pittura  non  significa  nulla  senza  il  sussidio  della  parola.  D'altra  parie 
la  storia  contraddice  a  questa  genealogia:  e  a  lacere  la  Bibbia,  ove  già  parlasi  di  libri 
scritti  dai  patriarchi,  alcuni  salmi  di  David  sono  acrostici,  scritti  cioè  necessaria- 
mente con  lettere  alfabetiche.  I.e  scritture  egiziane  non  possono  più  considerarsi  come 
le  più  antiche;  inoltre  è  a  decidere  se  i  geroglifici  sieno  fonetici  o  simbolici. 

S   1S9.  —  Scrittura  egiziana. 

Al  vedere  gli  obelischi  e  le  casse  di  mummie  coperte  di  geroglifici ,  gli  eruditi  im- 
maginarono che  ciascuna  figura  esprimesse  la  parola  di  cui  rappresentava  la  forma. 
Kircher  (che  nell'  Oedipns  cegìjptiacus  non  solo  presumeva  leggerli  senza  un  sistema, 
ma  finse  testi  d'autori  non  mai  esistiti)  ha  il  merito  d'aver  cerrato  l'interpretazione 
de'  geroglifici  nella  lingua  copta.  Il  danese  Zoega,  versal'ssimo  in  questa,  sludiò  gli 
obelischi,  e  pel  primo  sospettò  nei  geroglifici  un  elemento  fonetico.  Scopertasi,  nella 
spedizione  di  Buonaparle  in  Egitto,  la  stela  di  Hosetta  ,  trilingue,  cioè  geroglifica,  de- 
motica e  greca,  nacque  speranza  di  giungere  all'interpretazione  de'  geroglifici;  spe- 
ranza finora  non  adempiuta,  che  che  se  ne  vanti. 

Il  passo  di  san  Clemente  che  die  il  primo  lume  a  questi  stiidj,  è  tale  che  moltissimo 
s'ebbe  a  faticare  nell'interpretarlo.  I.a  traduzione  più  ragionevole  parquesta:  »  Gli  Egi- 
(1  ziani  studiosi  imparano  prima  di  tutto  il  metodo  di  scrittura  egiziana,  dello  episto- 
«  lare  (epislolographikin) ,  poi  la  sacerdotale,  di  cui  si  servono  gli  scrivani  sacri,  infine  la 
«  geroglifica.  Questa  comprende  la  scrittura  ove  le  parole  sono  designate  sotto  la  forma 
i<  loro  propria,  per  mezzo  delle  privie  lettere^  e  quella  che  la  richiama  per  via  di  sim- 
n  boli.  A  quest'ultima  appartengono  molte  suddivisioni,  secondochè  si  rappresentano 
«  gli  Oggetti  al  proprio  per  imitazione,  o  che  si  esprimono,  sia  figuratamente  sia  per 
«  allegorie,  sotto  forma  di  enigmi  ».  l.e  parole  che  distinguemmo  furono  inlese  diver- 
samente da  Champollion  e  da'  suoi  confutatori  GoulianolF  e  Klaproth. 

Fin  nel  loOO,  Piero  Valeriani  (//terog/i/p/».  lib.  XLvn.  e.  27)  avea  giudicalo  alfdbetici  alcuni  gruppi  di 
gero(ilifici. 

fioDLiANOFF,  Archeologìe  égyfitienne^  ou  lìecherches  sur  Vexpre/tion  des  signes  hiérogìypkiquet,  et 
sur  lei  élétnenlt  de  la  langue  sacrée  des  Egyptiens.  1839. 

Ki.APBOTH,  Examen  criligue  des  Iravaux  du  feu  M.  Champollion  sur  let  hiéroglyphet. 

I  ^G\nRLLl,  Interpretatio  obeliseorum  Urbis.  1842. 

Ln  derivazione  dell'alfobelo  da'  geroglifici  fu  ultimamenle  sostenuta  da  K\0PP ,  Schrifl  aui  Bildy  preten- 
dendo che  tutti  gli  alfabeti  sieno  un'alterazione  d'immagini  e  simboli.  Aleph  in  fenicio  vuol  dire  toro, 
e  l'A  rappresenta  una  testa  di  toro;  beth  e  casa,  e  ne  ba  la  figura  il  B  ;  daleih  e  porla,  e  la  rappresenta 
il  D.  E  anche  negli  alfabeti  odierni,  il  B  imita  la  conformazione  della  bocca  nel  pronunziarlo:  cosi  l'O; 
la  S  e  il  serpe. 

In  senso  diverso  vedi  SiCKlKR,  Die  heilìge  prieslersprnche  der  Egyplier  nls  fin  dern  Semilichen  Spra- 
cheslnmme  ■naherverivandler  Dialplcl.,  aus  histurisrìirn  monumenien  rrtrii'SPn.  1822-21. 

Cataldo  .lancili  e  tra'  robusti  oppositori  dì  Champollion  ,  Tentnmen  hcrmcnculicum  in  hierographiam 
eryplicam  veterum  gentium.  Napoli  1831. 

Son  3  veder»  in  proposito  molte  opere  recenti  del  prof.  Enrico  Brugsch  di  Berlino. 


eEiioGLiFici  229 

1  primi  stiKJj  intorno  alla  stela  di  Rosetta  versarono  sulla  traduzione  demotica: 
Young  si  applicò  alla  geroglifica,  schiarendo  ciò  che  gli  antichi  aveano  detto  sull'uso 
de'  caratteri  figurativi  e  simbolici;  ed  è  merito  suo  l'avere  trovato  che  i  nomi  proprj 
erano  rinchiusi  ne'  cartelli ,  e  che  corrispondevano  segno  per  segno  ai  nomi  proprj 
greci  e  demotici.  Con  ciò  stabiliva  egli  un  valore  emetico  a  segni  geroglifici,  idea  poi 
sviluppata  da  Champollion,  il  quale  generalizzò  tali  principj,  dimostrando  che  il  sistema 
grafico  egiziano  adoprò  simultaneamente  segni  d'idee  e  segni  di  suoni,  e  che  caratteri 
fonetici  cosiituivano  la  massima  parte  dei  testi  geroglifici,  jeratici  e  demotici,  e  le  loro 
comhinazioni  rappresentavano  i  suoni  e  le  articolazioni  de'  nomi  della  lingua  egiziana 
parlata. 

Al  contrario  GoulianofT  tende  a  provare  che  i  geroglifici  erano  soltanto  una  cifra 
usata  dai  sacerdoti  per  celare  il  pensiero,  e  ne  trae  il  sistema  d'un  fonetismo  simbo- 
lizzato; con  questo  vorrebbe  spiegare  anche  l'accozzamento  di  parti  eterogenee,  quasi 
il  nome  di  queste  venisse  a  formare  il  nome  totale.  Cosi  nella  sfinge  si  ha  un  leone,  in 
copto  iìooui,  una  faccia  iNOW,  ed  un  cappuccio  culaft,  le  cui  iniziali  formano  cHiNOUm, 
nome  della  divinità  rappresentala  dalla  sfinge. 

Ma  il  copto  è  veramente  la  lingua  anche  del  linguaggio  jeratico?  o  soltanto  del  de- 
motico, qual  è  il  secondo  testo  della  stela  di  Kosetta?  Ancora  non  bene  consta;  e  dopo 
sessant'anni  di  discussioni  non  si  è  pervenuti  a  leggere  tampoco  essa  stela,  non  ostante 
la  traduzione  greca  che  v'è  soggiunta. 

Pure  e  Champollion  e  GoulianofT  convengono  che  la  scrittura  geroglifica  non  è  ideo- 
grafica, ma  fonetica,  combinata  in  modo  che  una  lettera  sia  indicata  coll'immagine  o 
col  simbolo  d'un  oggetto,  il  cui  nome  cominci  per  essa  lettera.  Da  ciò  gli  omofoni,  che 
saranno  sempre  la  maggior  difficoltà  e  la  più  forte  objezione  a  questo  sistema:  ma 
infanto  resterebbe  provato  che  la  geroglifica  venne  dopo  la  scrittura  alfabetica.  Nelle 
iscrizioni  geroglifiche  i  nomi  del  re  o  de'  grandi  funzionar]  son  rinchiusi  in  una  cornice 
eliltica  che  si  nomina  cartello-,  talvolta,  al  primo  che  contiene  il  nome,  ne  precede  un 
altro  che  mostra  il  prenome:  e  poiché  la  più  parte  sono  di  segni  fonetici,  giovarono  a 
spiegare  quella  scrittura. 

Dalla  scrittura  geroglifica  vuoisi  derivata  la  sacerdotale  ojeratica,  che  ne  è  una  specie 
di  tachigrafia,  ov'è  ridotta  a  semplice  segno  la  figura  geroglifica  oalfabetica.  Si  adopera 
nei  manoscritti,  sulle  casse  delle  mummie,  e  su  pietre  isolate  di  lavoro  grossolano,  ed 
anche  in  iscrizioni  disegnale  col  pennello  o  incise;  ma  principalmente  su  papiri  di 
storia  0  di  conlabilità. 

Dalla  scrittura  demotica,  o  enooriale,  o  epistolografica  sono  esclusi  i  segni  figurali»! 
e  vi  dominano  gli  alfabetici:  s'adoprava  negli  usi  popolari,  nei  contratti,  nei  decreti, 
negli  atti  pubblici.  Essa,  come  la  jeratica,  va  da  dritta  a  sinistra:  la  geroglifica,  ora  va 
a  questo  modo,  ora  all'opposto. 

i'ossediamo  raanuscritti  jeratici  fin  della  xiii  dinastia,  cioè  d'un  diciotto  secoli  av.  C. 
Se  accettiamo  le  date  di  Champollion  il  giovane  nella  2*  lettera  al  duca  di  Blacas ,  si 
avrebbe  un  papiro  dell'anno  quinto  del  regno  di  Meri,  1732  av.  C;  uno  dell'anno  terzo 
di  Amenofi,  1685  av.  C;  e  uno  del  decimoquarto,  1674  av.  C;  uno  dell'anno  secondo 
di  Huchurschir,  1580  av.  C  ;  e  così  via.  Quello  del  1752  esiste  nel  museo  di  Torino,  e 
avrebbe  così  più  da  Irentacinque  secoli.  Quelli  pubblicati  da  Amedeo  Feyron  son  di 
poco  più  d'un  secolo  anteriori  all'èra  vulgare  {l'upyri  grceci  regii  taurinensis  muscn 
(Bgyptii;  1826).  Or  ora  il  francese  Prisse  recò  d'Egitto  un  papiro  jeratico  de!  tempo  di 
Ceope,  onde  è  il  più  antico  manoscritto  del  mondo.  Di  scrittura  demotica  restano  mo- 
numenti del  tempo  di  Psammetico,  cioè  600  anni  av.  C;  ed  oltre  una  trentina  di  papiri 
conlenenti  lettere,  contratti,  documenti  giudiziarj,  conosciamo  pure  varj  decreti  sovra 
pietra,  anche  con  traduzione  greca,  come  nella  stela  di  Torino  e  in  quella  di  Rosella, 
di  cui  Lepsius  trovò  testé  un'altra  copia  a  File.  L'ultimo  manoscritto  ove  sono  miste  la 
jeratica  e  la  demotica,  par  quello  del  museo  di  Leida,  giudicato  del  in  secolo. 

Del  sistema  di  Champollion  lasceremo  la  esposizione  a  suo  fratel'o,  fatta  coll'ammirai- 
zione  troppo  naturale,  e  con  diverso  punto  di  vista  nella  qiiistione  d'origine: 

—  La  geroyltfica  è  composta  di  segni  geroglifici,  che  vuol  dire  caratteri  sacri  scolpiti, 
Non  hanao  un'espressione  uniforme  ;  e  le  differenze  che  li  dividono  in  tre  classr. 


230  ARCHEOLOGIA    E   BELLE    ARTI 

indicano  verosimilmente  l'origine  e  il  successivo  perfezionamento  del  sistema  grafico. 
Ciò  che  accade  oggi  fra  i  popoli  del  Nuovo  mondo,  ci  rivela  quanto  avvenne  nel- 
l'anlico,  ed  in  Egitto  come  altrove,  quando  rivelossi  all'uomo  l'idea  di  scrivere. 
Gli  oggetti  materiali  colpirono  i  suoi  sguardi ,  ne  notò  le  forme,  e  quando  volle  ri- 
cordare 0  trasmettere  la  ricordanza  d'alcuno  di  tali  oggetti ,  ne  delineò  la  figura,  e 
questa  delineazione  fu  in  un  carattere  puramente  figurativo,  che  dipinge  direttamente 
r oggetto  e  non  indirettamente  l'idea  dell'oggetto,  senza  indicazione  di  tempo  né  di 
luogo.  A  questo  punto  soltanto  pervennero  i  popoli  dell'Oceania. 
L'insufficienza  di  questo  primo  mezzo  dovette  sentirsi  ben  presto;  giacché  delineando 
la  figura  d'un  uomo,  non  indicavasi  un  individuo  in  particolare:  lo  stesso  dite 
delle  figure  dei  luoghi.  11  bisogno  di  distinzioni  individuali  creò  l'uso  di  un'altra 
sorte  di^ segni,  ciascuno  dei  quali  divenne  particolare  ad  un  uomo  o  ad  un  luogo. 
Segni  sifatti  furono  desunti  o  dalle  qualità  fisiche  degli  individui,  o  da  assimila- 
zioni di  oggetti  materiali:  e  siccome  essi  segni  non  erano  più  propriamente Jigura- 
tivi  non  furono  che  simboli,  per  la  qual  ragione  denominaronsi  caratteri  tropici  o 
simbolici  segni  ausiliarj  dei  caratteri  figurativi,  ed  adoperati  simultaneamente  con 
essi.  Fin  a  questo  sono  giunti  anche  i  Messicani,  ove  ot^oi  individuo  viene  indicato 
da  una  testa  umana,  segno  figurativo,  presso  la  cui  bocca  sta  delineato  un  oggetto 
scelto  0  nella  natura  o  nell'industria  umana,  e  ch'era  un  segno  simbolico,  indicante 
che  gl'individui  si  chiamavano  il  serpente,  il  lupo,  la  tartaruga,  la  tavola,  il  ba- 
stone ecc.  Delle  città,  un  quadralo  era  il  segno  figurativo,  ed  un  serpente,  un  pesce 
0  altro  il  se"no  simbolico,  a  significar  che  si  appellavano  la  città  dd  serpente,  la  città 

del  pesce,  ecc. 

Dalla  rappresentazione  di  quegli  oggetti  fisici  all'espressione  delle  idee  metafisiche  im- 
menso passo  restava:  i  popoli  dell'antico  mondo  il  fecero,  ed  espressero  con  segni 
scritti  le  idee  dio,  amnia,  e  quelle  delle  passioni  umane;  ma  questi  segni  furono  ar- 
bitrari 0  convenzionali,  quantunque  tratti  da  analogie  più  o  men  vere  tra  il  mondo 
fisico  e  il  mondo  morale,  come  quando  il  leone  fu  preso  ad  esprimere  l'idea  forza. 
Questa  nuova  specie  di  segni  chiamali  enigmatici,  aggiunti  alle  due  prime  classi  dei 
figurativi  e  dei  simbolici,  furono  inventali  ed  impiegali  dagli  Egiziani  e  dai  Cinesi, 
ed  il  sistema  che  risultava  da  questi  tre  elementi  era  interamente  ideografico,  cioè 
composto  di  segni  che  esprimevano  direttamente  l'idea  degli  ogj;etli,  e  non  i  suoni 
del  nome  degli  oggetti  medesimi.  Questo  genere  di  scrittura  era  pur  una  pittura, 
poiché  la  fedeltà  della  espressione  loro  dipendeva  dalla  fedeltà  del  rilralto. 

Tale  sistema  di  scrittura  [joteva  bastare  agli  usi  del  popolo,  il  quale  avendolo  imma- 
einato  ne  possedeva  compiutamente  la  teoria  e  la  [tratica;  ma  solamente  fintanto 
che  no'n  ebbe  duopo  di  rendere  la  sua  scrittura  intelligibile  a  società  o  ad  individui 
stranieri.  Tosto  che  questo  bisogno  nacque,  o  solo  fu  duopo  scrivere  il  nome  d'un 
individuo  forestiero  ad  esso  popolo,  i  segni  figurativi,  simbolici  o  tropici  non  ba- 
starono più,  perchè  il  nome  del  forestiero  non  avendo  verun  senso  nella  lingua  del 
popolo  che  voleva  scriverlo,  e  non  presentando  così  nessun'idea,  quel  nome  non  po- 
teva scriversi  con  segni  che  non  esprimevano  se  non  idee. 

Analizzarono  adun(]ue,  non  si  sa  come  (!),  i  suoni  cbe  componevano  questo  medesimo 
nome  e  compresero  in  pari  tempo  di  quale  utilità  tornerebbero  segni  che  espri- 
messe'ro  i  suoni  medesimi;  nuovo  ed  ultimo  progresso  nell'arte  firafica,  e  che  ne  fu 
il  più  ingegnoso  perfezionamento,  favorito  dalla  natura  delle  lingue  di  quel  tempo, 
ch'erano  generalmente  composte  di  voci  e  di  radici  d'una  sola  sillaba.  S'introdus- 
sero adunque  i  segni  dei  suoni,  generaluKnte  chiamati  fonetici;  né  la  scelta  fu  dirtì- 
cile  perocché  non  si  ebbe  altro  che  ad  eleggere  tra  i  segni  figurali,  per  ciascuna 
sillaba  da  esprimere  foneticamente,  il  segno  rappresentante  un  oggetto,  il  cui  nome 
nella  lingua  parlata  fosse  quella  sillaba  medesima.  Così  il  disco  del  sole  espresse  la 
sillaba  re  perchè  questa  sillaba  era  il  nome  slesso  del  sole.  I  Cinesi  giunsero  a  que- 
sto proce'sso  sillabico,  e  il  conservarono  senza  progresso  fino  ai  giorni  nostri,  per 
iscrivere  i  nomi  e  le  voci  straniere  alla  loro  lingua.  Gli  Egizj  pervennero  per  la  me- 
desima via  ad  un  vero  sistema  alfabetico,  e  l'introdussero  nel  loro  sistema  di  scrit- 
tura, senza  mutar  la  natura  de'  loro  segni  figurati. 

Or  vediamo  in  che  consistessero  il  sistema  antico  della  scrittura  egiziana,  la  diversità 


GEnOCLIFJCI  231 

i 


de"  suoi  elementi,  il  modo  di  combinazione,  e  le  modificazioni  nella  forma  dei  spgn. 
che  il  tempo  ed  i  bisogni  sociali  vi   fecero  introdurre.  Voglia  il  lettore  evitare  ogni 
confusione  delie  due  idee  di  scntlura  e  /mr/«a  :  nella  lingua  il  vocabolo  parlato  era 
il  segno  dirato  dell'idea;  e  nella  scrittura  il  vocabolo  fonetico  scritto  non  era  cl)« 
il  segno  diretto  del  vocabolo  parlato,  e  lindirelto  dell'idea. 
Nel  sistema  di  scrittura  geroglilica  degli  Egiziani  devonsi  considerare  prineipalmeote 
due  cose:  A.  La  forma  n.aleriale  de'  segui  cbe  costituisce  tre  specie  di  caratteri   de 
nominali  i    geroglifici,  2"  jeratici,  ò"  demolici,  /i.  Il  valore  o  espressione  partico- 
lare di  ogni  segno,  la  quale  costituisce  tre  specie  di  segni,  che  sono  1°  figurativi 
2»  simbolici,  3"  fonetici.  "o^^diuri, 

A  1».  La  scrittura  yerui/lifìca  propriamente  detta  si  compone  di  segni,  rappresentanti 
oggetti  del  mondo  fisico,  figure  di  geometria  ecc.,  o  semplicemente  lineate    oppur 
finite  ed  anche  colorate  secondo  l'importanza  del  monumento  che  porta  l'iscrizione 
0  secondo  l'abilità  dello  scultore.  11   numero   di  questi  segni  differenti  ascende  a 
circa  ottocento. 

^  2'.  La  scrittura  yera</ca  è  una  vera  tachigrafia  della  precedente.  Non  potendo  i  segni 
della  scrittura  geroglifica  convenientemente  tracciarsi  senza  la  cognizione  del  di- 
segno, né  potendo  cognizione  sifalla  essere  universale,  creossi  in  favore  di  quelli 
cbe  non  l'avevano,  un  sistema  di  scrittura  abbreviato,  i  cui  segni  potessero  acevol- 
raente  eseguirsi.  INè  però  simile  sistema  fu  arbitrario;  ogni  segno  jeratico  non  fu  che 
un  compendio  di  un  segno  geroglifico.  Per  esempio,  invece  della  figura  intera  dei 
bone  coricato  si  espresse  il  monocioma  della  parte  posteriore,  e  quest'abbreviatura 
di  bone  conservava  nella  scrittura  lo  stesso  valore  delia  sua  figura  intera  Così  la 
scrittura  jeratica  era  com|)osla  dello  stesso  numero  di  segni  della  geroglifica  di  cui 
era  un'abbreviazione  per  riguardo  alla  forma  dei  segni  soltanto,  e  tale  compendio  iìd 
segni  aveva  il  medesimo  valore  de'  segni  interi. 

A  5".  La  scrittura  demotica,  o  epistolare,  o  epistolografica  componevasi  degli  stessi 
segni  della  scrittura  jiratica  ;  era  anch'essa  una  abbreviazione  dei  tegni  geroglifici 
e  conservava  ancora  il  medesimo  valore;  se  non  che  il  numero  dei  caratteri  della' 
scrittura  demotica,  adoperati  per  gli  usi  oidinaij  della  vita,  era  minore. 

Dunque  le  tre  guise  di  scrittura  usate  simultaneamente  in  Egitto,  ne  formavano  real- 
mente una  sola  in  teoria;  e  per  la  pratica  soltanto  erasi  adottata  una  tachigrafi?  dei 
segni  primitivi,  imitazione  fedele  degli  oggetti  naturali  riprodotti  dal  disegno  o  dalla 
pittura.  Queste  tre  sorta  di  scrittura  erano  d'uso  generale.  E  sebbene  la  geroglifica 
venisse  adoperata  di  preferenza  pei  monumenti  pubblici,  anche  i  più  umili  artigiani 
se  ne  servivano  negli  usi  comuni,  come  vedesi  dagli  utensili  ed  istrumenti  delle  v'ul- 
gari  professioni.  La  scrittura  jeratica  o  sacerdotale  era  a  parlicolar  uso  de' sacerdoti 
i  quali  l'adoperavano  io  ciò  die  dipendeva  dalle  loro  attribuzioni  religiose  e  giudi- 
ziarie. La  scrittura  popolare,  più  fucile  e  semjdice,  serviva  a  tutti  gli  usi.  Clemente 
Alessandrino  dice  che,  tra  gli  Egizj,  quelli  cbe  ricevono  istruzione,  imparano  prima 
la  scrittura  demotica,  poi  la  jeratica,  e  quindi  la  geroglifica:  è  l'ordine  inverso  della 
loro  invenzione,  ma  l'ordine  diretto  quanto  alla  facilità  di  studiarle.  Trovangi  di 
frequente  adoperate  le  tre  scritture  nel  medesimo  manoscritto. 

Quanto  all'espressione  o  valore  grafico  dei  segni,  Ifi  teoria  oooneèmeflo  certa  /?)  «iella 
loro  classificazione  materiale.  ' 

B  r.  1  segni  figuratici  esprimono  semplicemepte  l'idea  dell'oggetto  di  cui  riprodu- 
cono le  forme;  la  idea  d'un  cavallo,  d'un  bone,  d'un  obelisco,  d'una  stella,  d'una 
corona,  d'una  cappella,  ecc.  si  trova  espressa  graficamente  con  la  figura  di'  quegli 
oggetti.  Il  senso  di  tuli  caratteri  non  può  presentare  incertezza. 

B  2"  1  segni  simbolici,  o  tropici,  o  enigmatici  esprimevano  un'idea  metafisica  coll'im- 
magine  d'un  oggetto  fisico,  di  qualità  analoghe.  Sembra  questa  sorta  di  carattere 
siasi  particolarmente  ricercata  per  le  idee  astratte.  L'ape  era  il  segno  simbolico  del- 
l'idea re;  braccia  alzale^  dell'offrire  ed  ofCerla;  un  vaso  che  sparye  acqua,  la  liba- 
zione ecc. 

B  r  l  segni  /"one/ici  esprimeauo  i  suoni  della  lingua  parlata,  ed  avevaao  ie  funzioni 
dell'alfabeto  nella  nostra. 

La  scrittura  geroglifica  differisca  dunqu«  essenzialrueote  dalia  usata  oggidì,  in  ^anto 


232  ARCBEOLOGU    E    BELLE    ARTI 

adoperava  nel  medesimo  testo,  nella  stessa  frase,  e  talvolta  nella  stessa  parola,  le 
Ire  sorla  di  caratteri  figurativi,  simbolici  e  fonetici,  mentre  le  nostre  scritture  mo- 
derne adoperano  i  caratteri  fonetici,  cioè  alfabetici,  ad  esclusione  di  tutti  gli  altri. 

Non  ne  risultava  tuttavia  confusione,  essendo  la  scienza  di  questa  scrittura  generale 
nel  paese.  Onde  p.  e.  in  questa  frase.  Dio  creò  gli  uomini,  la  figura  geroglifica  espri- 
meva chiarissimamente:  1"  il  termine  D/o  col  carattere  simbolico  dell'idea  Dio; 
2"  creò,  coi  segni  fonetici  rappresentativi  delle  lettere  che  formavano  il  vocabolo  egi- 
ziano creare,  preceduto  o  seguito  dai  segni  fonetici  grammaticali,  i  quali  dinotavano 
che  la  voce  radicale  creare  era  terza  persona  mascolina  del  preterito  dell'indicativo 
di  esso  verbo;  3<^  gli  uomini,  o  scrivendo  foneticamente  queste  due  voci  secondo  le 
regole  della  grammatica,  o  delineandone  il  segno  figurativo  vomo  seguito  da  tre 
punti  segno  grammaticale  del  plurale.  Non  v'era  equivoco  nell'espressione  di  questi 
segni,  1"  perchè  quel  primo  che  era  simbolico,  non  avea  valore  né  come  segno  fi- 
gurativo né  come  fonetico:  2"  perchè  il  segno  figurativo  uomo  che  termina  la  frase, 
non  aveva  che  questo  stesso  senso  figurato;  3"  perchè  i  segni  fimetici  intermedj 
esprimevano  suoni  che  formavano  il  vocabolo  indispensabile  alla  chiarezza  della  pro- 
posizione; e  malgrado  questa  difl'erenza  di  segni  IKgizio,  leggendo  tal  frase  scritta, 
la  pronunziava  come  se  fosse  scritta  intieramente  in  segni  alfabetici. 

Né  maggiori  difficoltà  offriva  l'insegnamento  del  sistema  grafico  egiziano.  L'alunno, 
avvertito  della  natura  dei  segni  figurativi,  non  avea  a  fare  veruno  sforzo  d'intelli- 
genza per  ritenerne  il  senso;  La  scienza  dei  segni  simbolici  era  affare  di  nomencla- 
tura, doveva  porsela  nella  memoria,  ed  apprendere  successivamente  la  ragione  delle 
assimilazioni  di  certe  figure  a  certe  idee;  anzi  la  cognizione  della  nomenclatura 
bastava  al  massimo  numero. 

Quanto  ai  segni  fonetici  o  alfabetici,  ecco  in  che  modo  procedette  1  Egitto  per  deter- 
minarli. Abituato  ad  una  scrittura  ideografica,  che  ritraeva  le  idee  e  non  i  suoni 
della  lingua,  non  poteva  di  primo  lancio  elevarsi  alla  semplicità  tutta  arbitraria  dei 
nostri  alfabeti.  Costretto  a  combinare  la  forma  dei  nuovi  segni  con  quelli  il  cui  uso 
era  consacrato  da  lunga  pratica,  non  rinunziò  alla  figura  degli  oggetti  naturali.  Se 
non  che,  dopo  analizzate  le  sillabe  del  suo  linguaggio,  e  scompostine  i  suoni  fino  ai 
più  semplici  elementi  che  sono  le  lettere,  decise  che  la  figura  di  un  oggetto,  il  cui 
nome  nella  lingua  parlata  incominciasse  dalla  voce  A,  sarebbe  nella  scrittura  il  ca- 
rattere A;  che  la  figura  di  un  oggetto,  il  cui  nome  nella  lingua  parlata  principiasse 
dall'articolazione  //,  sarebbe  nella  scrittura  il  carattere  B;  e  cosi  via  discorrendo. 
Nella  scrittura  fonetica,  l'aquila,  che  chiamavasi  Aihom  in  egiziano,  divenne  adun- 
que la  lettera  A;  un  braciere,  Berhe,  la  lettera  B;  una  mano,  Tot,  il  T  e  il  D;  una 
scure,  Kelebin,  il  K  e  il  C  duro;  un  lione  coricato,  Labo,  la  L;  una  civetta,  Mulas, 
la  M  ;  una  bocca.  Ho,  la  /{,  ecc.  ecc.  Hisulta  così  da  questo  primo  principio,  non 
già  che  tutti  gli  oggetti  il  cui  nome  cominciasse  da  B,  divenissero  il  segno  grafico 
di  questa  lettera  (donde  sarebbe  venuta  troppa  confusione),  ma  che  alcuni  di  questi 
oggetti  soltanto,  i  più  cogniti,  i  più  ordinarj,  quelli  la  cui  forma  era  più  sicuramente 
determinata,  e  poteva  essere  più  facilmente  trascritta,  furono  tenuti  d'autorità  a 
rappresentare  il  suono  Re,  e  cosi  degli  altri.  V'eUbe  dunque  un  certo  numero  di  segni 
omofoni,  0  esprimenti  il  medesimo  suono,  nell'alfabeto  scritto  degli  Egizj:  il  che 
era  necessario  in  una  sorta  di  scrittura,  in  cui  la  combinazione  e  la  disposizione  ma- 
teriale dei  segni  erano  soggette  a  regole  dettate  dalla  convenienza  della  decorazione 
dei  monumenti,  in  un  paese  sopratutto  dove  i  muri  di  tutti  gli  edifizj  pubblici  erano 
coperti  d'iscrizioni,  serventi  di  spiegazione  ai  quadri  scolpiti  che  rammentavano  gli 
atti  dei  re  o  i  benefi/.j  degli  Dei.  Del  resto  il  numero  de'  geroglifici  fonetici  non 
ascendeva  molto  di  là  dai  ducente,  ed  alcuni  degli  alfabeti  europei  contengono  un 
poco  minor  numero  o  di  suoni  o  di  lettere.  Tmtavia  questa  specie  di  carattere  do- 
mina in  tutti  i  testi  geroglifici,  ove  si  trova  nella  proporzione  di  due  terzi;  il  so- 
prappiù  appartenendo,  in  proporzioni  pressoché  uguali,  ai  caratteri  figurativi  ed  ai 
simbolici. 

Non  si  perviene  a  conoscere  una  lingua  od  una  scrittura,  se  non  coll'ajuto  d'un  in- 
terprete ;  sia  un  uomo,  un  libro,  od  uno  scritto  qualunque.  Questo  interprete  del- 
l'aDtico Egitto  è  la  iscrizione  di  Rosetta,  sopra  la  quale  erano  Ire  iscrizioni  di  seguito; 


GBROGLIFICI  233 

la  prima,  tronca,  in  carntterì  geroglifici,  la  seconda  in  caratteri  demotici,  e  la  terza 
in  greco.  Si  sa  da  quest'ultima  esser  essa  la  traduzione  medesima  di  ciò  che  precede: 
ecco  dunque  l'interprete  dei  geroglifici  egiziani  che  mancava  all'erudizione  moderna. 
L'iscrizione  di  Rosetta  fu  puhhiicata  ed  accolta  con  premura;  ma  solo  dopo  venti  anni 
e  venti  saggi  infruttuosi,  ne  sfolgorò  la  luce.  Per  rilrarncla  hisognò  fermarsi  ai  dati 
seguenti  :  1"  il  testo  greco  prova  che  l'iscrizione  è  un  decreto[de'  sacerdoti  dell'Egitto 
in  onore  di  Tolomeo  Epifanc;  2"  esso  decreto  contiene  più  volte  il  nome  di  questore, 
e  altri  nomi  proprj;  3"  si  sono  potute  tradurre  e  scrivere  in  egiziano  tutte  le  idee 
espresse  nel  testo  greco;  ma  i  nomi  proprj  greci  non  esprimenti  verun'idea  egiziana, 
non  si  poterono  tradurre;  bisognò  quindi  scrivere  in  caratteri  egiziani  i  suoni  che 
formano  questi  nomi  proprj  nel  greco;  4  devono  perciò  esservi  nell'iscrizione  egi- 
ziana di  Rosetta  geroglifici  esprimenti  questi  suoni;  potrehhero  dunque  pur  esservi 
nella  scrittura  geroglifica  segni  fonetici,  o  esprimenti  i  suoni  e  non  le  idee;  5°  il 
testo  in  egiziano  presenta  un  gruppo  di  segni  geroglifici,  distinto  da  un  riquadro  elit- 
tico  che  lo  circonda;  tale  gruppo  vedesi  in  quel  testo  egiziano  ripetuto  più  volte; 
il  nome  proprio  del  re  Tolomeo  era  pure  più  volte  ripetuto  nel  testo  greco;  il  gruppo 
di  geroglifici  ricjuadrato  può  dunque  essere  il  nome  di  Tolomeo;  e  poiché  in  tale 
supposizione,  i  segni  così  aggruppati  scrivono  questo  nome  in  geroglifici,  essi  sono 
segni  alfahetici,  ed  il  primo  è  un  f,  il  secondo  un  T,  ecc.  Ecco  già  trovati  parecchi 
geroglifici  alfahetici  ;  non  rimane  chea  compiere  l'alfaheto  tanto  desiderato.  Ma  molli 
ostacoli  vi  si  oppongono  ancora.  11  gruppo  inijuadrato  in  un'elissi  o  cartello,  è  il 
nome  di  Tolomeo,  o  no:  nel  primo  caso,  è  necessario  accertare  la  verità  di  questo 
primo  risultato  alfahetico  sopra  altri  nomi  proprj,  scritti  ad  un  tempo  in  geroglifici 
ed  in  greco,  e  ne'  quali  trovinsi  le  lettere  già  riconosciute,  o  tali  supposte,  mediante 
il  nome  di  Tolomeo.  L'iscrizione  greca  di  Rosetta  contiene  parecchi  altri  nomi  proprj 
verso  il  suo  principio;  ma  essendo  il  testo  geroglifico  tronco  in  cima,  siamo  privi 
di  questo  mezzo  di  paragone.  Non  v'era  dunque  nulla  di  rigorosamente  certo  fin  qui 
nel  risultato  di  tante  ricerche,  ed  il  tempo  solo  poteva  metier  fine  a  tante  incertezze; 
né  esso  negò  questo  gran  benefizio  alle  lettele  ed  alla  storia;  7°  lo  sventurato  Belzoni 
trovò  a  File  un  cippo  portante  un'iscrizione  geroglifica:  si  riconobbe  che  il  cippo 
e  l'obelisco  formavano  un  solo  e  medesimo  monumento;  punto  capitale,  pubblica- 
mente avverato:  l'iscrizione  greca  nominava  pure  un  re  Tolomeo,  una  regina  Cleo- 
patra ed  osservavasi  nell'iscrizione  geroglifica,  nel  luogo  slesso  in  cui  dovea  trovarsi 
il  nome  del  re  Tolomeo,  il  medesiino  gruppo  riquadrato  che,  nell'iscrizione  di  Ro- 
setta, erasi  supposto  fosse  il  vocabolo  Ptolomeo.  Questo  primo  risultato,  tratto  dal- 
l'iscrizione di  Rosetta,  era  in  conseguenza  pienamente  confermato;  aveasi  con  cer- 
tezza il  nome  del  re  greco  Tolomeo,  scritto  in  geroglifici.  Dopo  ciò,  il  gruppo  di 
geroglifici  riquadrati,  che  sull'obelisco  seguiva  il  nome  di  questo  re,  non  poteva  es- 
sere che  il  nome  della  regina  Cleopatra,  ed  il  primo  segno  della  voce  Ptolomeo,  P, 
si  trovò  infatti  essere  il  quinto  di  quello  di  Cleopatra;  il  secondo  dell'uno.  T,  il  set- 
timo dell'altro;  il  quarto  di  quello,  L,  era  il  secondo  di  questo:  il  numero  de' segni 
riconosciuti  s'accrebbe  dunque  di  tutti  quelli  che  componevano  il  nome  di  Cleopatra, 
e  s'ebbe  la  metà  dell'alfabeto.  Riconosciuto  una  volta  che  i  gruppi  geroglifici  in 
quadrato  o  cartocci,  eran  nomi  di  re  e  regine,  così  distinti  per  cerimonia,  ed  abbon- 
dando tali  cartocci  sopra  i  monumenti,  l'alfabeto  fu  senza  difficoltà  compiuto,  e 
consumata  la  scoperta  più  desiderata  e  più  insperata  del  riconoscimento  delle  let- 
tere. Tale  fu  il  risultato  delle  indagini  di  Champollion  giuniore. 

§  160.   —  Scrittura  aramea. 

La  scrittura  delle  genti  semitiche  o  aramee  è  alfabetica.  Il  più  antico  esempio  è  un 
iscrizione  caldea,  sopra  un  mattone  della  rovine  di  Babilonia,  ove  si  riconoscono  le 
lettere  stesse  delle  iscrizioni  fenicie,  e  l'origine  di  tutti  gli  alfabeti  semitici,  e  per  via  del 
fenicio  anche  degli  alfabeti  greco  antico,  etrusco,  umbro,  sannita,  osco,  celtihero,  ro- 
mano prisco:  le  mine  di  Ninive  daranno  monumenti  anteriori.  La  vocale  manca  ge- 
neralmente,  e   fardi    vi    si   supplì  coi   punti  diacritici. 

Il  più  importante  alfabeto  semitico  è  l'ebraico.   La  primitiva  forma  ce  n'è  scodo- 


234  ARCHEOLOGIA    E    BELLE    ARTI 

sciuta,  avendo  gli  Ebrei,  nella  schiavitù  babilonese,  adottato  il  caldaico,  che  è  affine 
col  fenicio,  talché  va  contalo  tra  le  figliazioni  di  questo:  ma  a  tortosi  iodica  pel  più  an- 
tico ebraico  il  samaritano,  cioè  quello  in  cui  è  scritto  il  l'entateuco;  essendo  anteriore 
quel  che  si  raccoglie  dalle  medaglie  asmonee.  Dappoi  il  rabbinico  moderno  o  rotondo 
soppiantò  le  altre  varietik. 

I  Fenicj  sparsero  largamente  il  loro  idioma,  di  cui  si  trovano  vestigia,  non  solo  nelle 
monete  patrie,  ma  in  quelle  di  Spagna,  Sicilia,  Malta.  Anche  qualche  iscrizione  porta  i 
loro  caratteri.  Pococke  nel  1758  scoperse  nell'isola  dì  Cipro  trentatre  iscrizioni  fenicie, 
sotto  le  niura  dell'antico  Citio;  poi  la  più  parte  sparvero,  o  consunte,  o  adoprale  a  co- 
struzioni, salvo  alcune  recate  a  Oxford.  A  Pula  in  Sardegna  fu  trovata  nel  1774  un'i- 
scrizione fenicia,  spiegata  diversissimamente  da  valenti  orientalisli.  Giovanni  De  Rossi 
parmigiano  leggeavi:  Sosimo  straniero,  che  ivi  avea  fiatalo  la  sua  tenda  nella  sua  vec- 
chiaia comumata,  ed  al  quale  il  figlio  temano,  principe  forestiero,  consacrò  quel  ricordo, 
deponendolo  nell'orto  sepolcrale. 

L'abbate  Arri  nel  1854:  In  Tarschisch  vela  dedit  pater  Sardon  pius:  ecce  finem  at- 
tiìigens  elevavìt  scriptum  in  Nora,  quam  novit  adversam  Lixo. 

Gesenio  nel  1857  :  Domus  capii is  principts  qui  pater  Sardorumpacis  amans,  ille  pax 
conUnqat  regno  nostro.  Ben  Roseli  filius  Nayidt  Lensis. 

Benary  propose:  Tartesi expulsus  Ine  in  Sardis  incolumis  ingrediatur  regnum  nostrum 
filius  principis,  filius  pauperis  jussu  meo;  oppure:  Tartesi  expubus  hic  in  Sardis  paci- 
ficus:  pax  veniat  super  Malclnten  filium  Roseli,  fitii  Nayind  Lamptemnn. 

Ouatremère  :  Monumentum  Rosch  Sard  filii  Roseli  ab-Sar,  filli  Schalem  Uschlucensis, 
fìlti  Asalitten,  filii  Rosch,  filii  ISour  Uschlucensis. 

Movers:  Domus  Rosi  qui  Nagidr,  qui  Haabi,  qui  Rhoduni,  qui  Lemi,  Usellensie  in 
Usella,  Tennes  filius  Rasi,  filius  Nagidi  Lapisius. 

II  dottore  Judas  nel  1847:  Sepulcrum  marmoreum  Naghidi  quem  pater  Sardon  solvei. 
Hunc  lucum  aggessit  secundurn  obligationem  Kab  filius  Roschis,  filii  Naghidi  Lampa- 

densis. 

L'abbate  Bourgade  nel  1853:  Monumentum  Rosii  (filii)  Nog ari ,  {filii)  patris  Sar- 
dvnis.  Triplex  euge  triplex  laus  in  ceternum.  Caman  filius  Rosi  filii  Nogari  {memoria) 
Iranseuniibus. 

Ross  ne  trovò  altre  nel  1845.  A  Marsiglia  nel  -1846  si  dìsotterrò  una  grande  iscrizione 
fenicia  che  finora  non  ebbe  interpretazione  ragionevole.  Col  mezzo  delle  iscrizioni 
bilin"ui  è  ormai  determinato  preciso  l'alfabeto  fenicio;  e  poiché  questo,  per  comune 
consenso  è  il  più  antico,  giova  studiare  le  seltantasette  iscrizioni  e  le  medaglie  che 
in  quella  lingua  si  trovarono  finora  a  Cipro,  a  Malta,  a  Sidone,  a  Tiro,  in  Sicilia,  sulle 
coste  d'Africa  e  di  Spagna.  Sebi  eoe  appartengano  all'età  fra  Alessandro  ed  Augusto, 
è  presumibile  conservassero  l'antica  foruja.  Consta  quell'alfabeto  di  sole  consonami , 
come  l'ebraico-  non  ha  punti  vocali,  non  lettere  linuli  ;  le  parole  scrivonsi  una  dietro 
l'altra  da  dritta  a  sinistra.  Dovea  dunque  esser  composto  per  una  delle  lingue  siro- 
arabiche  nelle  quali  le  vocali  esprimono  solo  la  parte  accidentale  e  non  l'essenza  della 
lingua-  ed  esprime  i  suoni  gutturali  di  quelle  favelle  senza  bisogno  di  lettere  composte. 
Kopp  rappresentò  sistematicamente  la  figliazione  degli  antichi  alfabeti  siro-arabici;  e 
Gesenio  dimostrò  che,  come  questi,  cosi  gli  europei  derivano  dal  fenicio  primitivo,  per 
quanto  ne  sembrino  lontanissimi  attesa  I  introduzione  delle  vocali. 

Le  lettere  fenicie  dovettero  esser  sedici ,  e  vuoisi  che  i  segni  alfabetici  sieno  abbozzi 
degli  or"ani  della  pronunzia,  o  dei  suoni  della  voce  ;  e  tale  teoria  si  sostiene  con  modi 
in"e"nosi:  ma  si  alterarono  assai  passando  da  popolo  a  popolo,  in  modo  che  riesce 
impossibile  seguirne  le  vicende.  Klaprotb  contenderebbe  che  tutti  gli  alfabeti  europei 
derivino  da  triplice  fonte,  cinese,  indiana,  fenicia:  ma  pare  invece  derivino  dal  solo 
fenicio-  e  si  rifiuta  perfino  l'alfabeto  peiasgico  greco  anteriore  alla  venula  di  Cadmo, 

Alcune  puniche,  scoperte  nel  1817  nel  territorio  di  Cartagine  dall'olandese  maggiore 
Humbert  sono  deposte  nel  museo  di  Leida.  11  conte  Borgia  nel  18i(i,  scoprì  a  Thiiggn, 
due  giornate  a  libeccio  da  Tunisi,  un'iscrizione  punica  e  in  caratteri  ignoti.  In  alcune 
monete  di  Giuba  1  re  di  Mauritania  vedonsi  caratieri  che  si  reputano  numidici,  e  che 
forse  sono  tult'uno  coi  punici. 

Tra  gli  aKubeti  siriaci ,  dell'estrangheio  abbiamo  manoBcritti  del  r»48  d.  C?  Dia  esi- 


AIFAIìFTI   SKMITICI.    GIAPKTICI.  2^5? 

steva  già  al  cominciamento  dell'era  vulgare,  e  vuoisi  che  in  esso  sicno  stnli  scritti  alcuni 
Vangeli. 

Tra  le  rovine  eli  Palniìra  apparve  un  carattere  nuovo,  sul  quale  ragionò  il  p.  Giorgi, 
che  volle  interpretarlo  coirajulo  clell'ebraico. 

Srriplurac  ìinquaeque  phoeniciae  monumenta  quotquot  supersunl  edita,  ad  autoc/rapìiorum,  optimo- 
rumque  exemplorum  pdeni  edidil,  additisque  de  scriptura  et  lingua  Phenicum  commenlariis,  illu- 
slrnvit  CiUlLL.  GtSHMtS.  Lipsia  1837. 

lisso  Gesenio  ,  nella  Enricìopedia  che  Erseh  e  Griiber  stampano  ora  in  Germania,  pose  un  articolo  sulla 
Paleografia,  che  contiene  quanto  v'ha  di  più  avan/.at"  in  tale  materia. 

Vedi  anche  L.  lUuGÌiS  ,  Nouvelle  inlerprélalion  de  IHnscription  phénicienne  découverle  par  M.  Ma- 
rie t  te  dans  le  Sérapèum  de  Memphis  ;  Examen  critique  de  l'inlerprélalion  donnée  par  M.  le 
due  de  Luynes.  Parigi  -I85G. 

§  161.   —   Scrittura  arabica. 

Che  molto  prima  di  Maometto  gli  Arabi  scrivessero,  constava;  ma  solo  da  poco  in 
qua  il  viaggiatore  Setzen  portò  all'Europa  il  primo  saggio  dell'antichissima  scrittura 
loro,  che  si  trovò  simile  al  deva  nagari.  Colle  conquiste  degli  Etiopi  nel  sesto  secolo 
d.  C.  peri  ogni  monumento  della  prisca  civiltà  degli  Imiariti,  e  i  car;ilteri  divennero 
inintelligibili  agli  Arabi  stessi.  Ne'  primi  secoli  dell'era  vulgare  i  Siri  introdussero  il 
carattere  siriaco  nella  provincia  romana  dell'Arabia.  Il  nuovo  carattere  arabo  dicesi 
inventato  in  Ambara  città  dell'lrak  da  Moramer,  di  là  portato  ad  Hira  capitale  d'un 
principato  arabo,  indi  nell'Egiaz  pochi  anni  prima  di  Maometto;  ed  ebbe  poi  nome  di 
cufico  da  Cufa,  città  fondata  da  Omar  il  27  dell'egira,  e  divenuta  capitale  dei  califfi. 

Ad  ogni  modo  l'antico  carattere  arabico  aveva  forma  più  rotondata  di  quella  che 
prese  poi  sotto  gli  Abbassidi.  Credesi  derivato  dal  siriaco,  ma  s'ignora  da  quale  delle 
molle  forme  di  ijiiesto.  Somiglia  all'estranghelo,  ma  non  si  saprebbe  perchè  confondesse 
lettere  che  in  quello  erano  distinte;  difetto  piìi  sensibile  dacché  la  lingua  araba  am- 
mette maggior  varietà  di  suoni  nelle  consonanti.  Per  riparare  agli  errori  di  lettura  che 
da  ciò  venivano  anche  nel  Corano,  s'introdussero  i  punti  diacriiici^  che  distinguono  le 
figure  simili  di  forma  e  diverse  di  suono.  Quest'invenzione  credesi  posteriore  alcalifrato 
di  Ali,  ma  non  fu  generale,  e  solo  ponevansi  ove  la  lezione  fosse  dubbia:  sbranato  poi 
l'impero,  s'introdussero  alfabeti  di\ersi,  non  solo  nei  manoscritti,  ma  anche  nelle  iscri- 
zioni e  nelle  monete. 

I  principali  dopo  il  cufico  sono  il  carmatìco  e  il  nemici.  Nacque  il  primo  dalla  setta  de' 
Caniuiti,  sorta  in  Arabia  uscente  il  iii  secolo  dell'egira,  di  forma  più  sottile  e  di  lettere 
più  ravvicinale  sebben  più  adorne.  Il  ne-ki  fu  inventato  al  principio  del  iv  secolo,  e 
generalizzato  nel  vii,  sino  a  mandare  in  disuso  il  cufico. 

Luci  Ca.stigliom,  Monete  cufiche  dell'I.  R.  Museo  di  Milano. 

§   i62.   —   Scrittura   sanscrita. 

Toccò  alla  stirpe  giapetica  il  portare  alla  perfezione  l'alfabeto;  ed  il  più  compiuto 
è  il  sanscrito,  che  si  direbbe  opera  d'un  intelletto  insignemente  analitico.  Differisce 
affatto  dai  semitici  ,  e  die  origine  a  quelli  delle  due  penisole  dell'India,  del  Tibet  e  del 
Seilan.  Va  da  sinistra  a  destra,  ed  ha  segni  per  le  vocali:  quattordici  sono  queste; 
trentaqualtro  le  consonanti  ;  ogni  vocale  breve  ha  la  sua  lunga,  ogni  dittongo  semplice 
un  più  complesso,  i  grammatici  poi  le  distinsero  secondo  l'or^'ano ,  con  un'analisi 
ancora  ignorata  dai  nostri;  e  rappresentano  quasi  tutte  le  articolazioni  possibili  alla 
voce  umana.  Nelle  iscrizioni  scoperte  ndl'lndia,  di  cui  può  acoertaisi  il  tempo,  è  usato 
tale  carattere  già  3llO  anni  av.  C.;  ma  dev'essere  molto  più  antico. 

Deriva  da  essa,  ma  più  moderna,  la  scrittura  tibetana,  introdottavi  col  buddismo;  e 
così  la  pali  ,  in  cui  sono  scritti  i  libri  liturgici  buddisti  della  penisola  Iransgangetica. 
1  libri  di  Zoroastro  sono  in  scrittura  zenda,  diversa  dal  sanscrito.  L'alfabeto  mongolo 
origina  dai  siriaci,  importativi  dai  Cristiani.  Il  manciuo  è  solo  del  xvii  secolo.  L'armeno 
fu  inventato  da  Mesrob  ai  corainciare  del  v  secolo,  e  scrivesi  da  sinistra  a  destra, 


236 


ARCHEOLOGIA    E    BELLE    ARTI 


Gli  alfabeti  che  vanno  da  sinistra  a  destra  non  possono  chiudere  che  dieci  maniere  di 
segni  semplici:  linee  verticali ,  orizzontali  ,  discendenti  da  destra  a  sinistra,  ascen- 
denti da  sinistra  a  dritta,  discendenti  da  sinistra  a  dritta,  la  circonferenza  e  le  quattro 
sezioni  del  circolo. 


§  165.    —    Scrittura  babilonica. 

Anziché  agli  alfabeti  giapetici,  sembra  doversi  riferire  ai  semit  ici  la  scrittura  babilo- 
nica, che  chiamasi  cuneafa  o  cuneifurme  o  chiodiforme  perchè  ha  figura  di  cunei,  o  piut- 
tosto di  ferri  da  lancia  o  da  dardo  ;  elemento  unico,  le  cui  combimizioni  formano  lutto 
l'alfabeto.  La  natura  sua  la  appropria  solo  ai  monumenti  ,  traduceodo  così  l'alfabeto 
zendo,  già  corrente  in  quel  paese. 

I  Babilonesi  notavano  i  fatti  importanti  sul  mattoni  e  con  caratteri  cuneiformi  ;  ma 
se  questi  erano  i  monumentali  di  preferenza,  talvolta  si  trova  una  scrittura  corsiva, 
non  diversa  dall'antico  fenicio.  Ne'  bassorilievi  poi  si  vedono  effigiati  degli  scrivani, 
che  s'un  rotolo  di  papiro  o  di  pelle  registrano  le  spoglie  e  il  numero  degli  uccisi  dopo 
una  battaglia. 

La  tavola  che  qui  sotto  riportiamo  è  copia,  alquanto  impicciolita,  della  stampa  di 
un  mattone,  venuto  da   Babilonia  nel  museo  della  Compagnia  delle  Indie  orienlali   a 

Londra.  Sottoponemmo 
la  figura  del  mattone  in 
picciolissima  scala,  f'. 
scritto  a  cunei  sopra  un 
lato  solo. 

In  tale  scrittura  si  tro- 
vano monumenti  non  so- 
lo a  Persepoli,  ma  a  Susa, 
ad  Ainadan,  presso  !iori- 
lo,  in  Fenicia,  in  Egitto, 
e  fin  in  Armenia  e  nel 
Caucaso,  dovunque  in- 
sommasi estese  la  domi- 
nazione persiana.  Or  ora 
a  Ninive  ne  uscirono  al- 
tri, che  formano  una  se- 
sta varietà. 

Grotefend  diede  un  si- 
stema d'interpretazione 
che  ebbe  l' assenso  dei 
dotti,  finché  Burnouf  ar- 
rivò al  vero  per  altra  via, 
e  scoprì  che  la  lingua  di 
esse  era  lo  zendo.  Rico- 
nosce egli  un  disaccordo 
fra  l'alfabeto  cuneiforme 
e  la  lingua  in  esso  rap- 
presentata, e  della  quale 


non  tutti  i  suoni  ritrae-,  nel  che  vede  quasi  la  lotta  fra  i  caratteri  semitici  e  i  giape- 
tici. Tale  alfabeto  fu  adottato  dai  Persiani,  che  parlavano  non  lo  zendo  proprio  dello 


ALFABETO    ORKCO 


237 


Zendavosta,  ma  un  dialetto.  Lo  slesso  Burnouf  (Mémoire  sur  deuxs  inscriptions  cunéi- 
formes  Irouvées  près  de  Hamadan.  Parigi  185G)  legge  così  le  due  iscrizioni  scoperte 
presso  Amadan:  «  Ormus  è  l'essere  divino;  egli  diede  l'Homa  eccellente,  egli  diede 
<>  il  ciclo,  egli  diede  il  nutrimento  all'uomo,  egli  generò  Dario  re,  re  dei  prodi,  capo  dei 
«  prodi.  È  Dario  re  divino,  re  dei  re,  re  delle  province  che  producono  i  prodi,  re  del 
«  mondo  eccellente,  divino,  formidabile,  protettore,  figlio  di  Gustasp,  Achemenide.  — 
«  Ormus  è  l'essere  divino;  egli  è  il  più  grande  degli  esseri;  egli  diede  l'Homa  eccel- 
«  lente  ,  egli  diede  il  cielo,  egli  diede  l'uomo,  egli  diede  il  nutrimento  all'uonìo,  egli 
«  generò  Serse  re,  re  de'  prodi,  capo  dei  prodi.  È  Serse  re  divino,  re  dei  re,  re  delle 
"  province  che  producono  i  prodi,  re  del  mondo  eccellente,  divino,  formidahile,  pro- 
«  lettore,  fiyjio  di  Dario  re,  Achemenide  ». 

i.assen  di  Bonn  (Die  Allpersischen  Keil  Imchriften  von  Peraepnlis.  Bonn  1830)  riuscì 
ai  medesimi  risuitamenli,  con  qualche  difl'erenza  nell'assegnare  i  caratteri. 

Lovenstern  studiò  la  terza  scrittura  cuneiforme,  che  è  quella  di  Persepoli,e  riconobbe 
esser  analoga  a  quelle  di  Babilonia  ed  Ass'ria,  eie  difTerenze  esser  piuttosto  apparenti  ; 
laiche  il  diciframento  dell'una  menerà  a  conoscer  le  altre.  In  tutte  si  trovano  gli  omo- 
foni ,  cioè  molti  segni  per  un  suono  solo,  nel  che  somigliano  ai  geroglifici  fonetici  di 
Egitto.  Il  suono  delle  vocali  è  in  tutte  sottinteso  nelle  consonanti.  La  lingua  rappre- 
sentata dalla  terza  scrittura  cuneiforme  è  semitica  ,  n)ista  però  a  camitica;  mostrando 
col  caldaico  analogie  non  minori  che  col  copto  di  Sais  [Lettera  air  Accademia  di  Francia, 
giugno  1847). 

Geli,  negli  scavi  fatti  ad  Olimpia  il  1812,  trovò  un'iscrizione  riprodotta  nel  Corpo 
delle  iscrizioni  greche  di  Boeck  (tom.  i ,  p.  1  ,  N"  ii) ,  greca  ma  con  caratteri  analoghi 
ai  cuneiformi. 

11  maggiore  Rawlinson  inglese,  che  viaggiò  la  Persia  dopo  il  1838,  rinvenne  iscrizioni 
storiche  importantissime  a  Bisilum;  una  delle  quali  comprende  la  prosapia  jiersiana  da 
Canibise  sin  al  fine  del  regno  di  Dario  Le  va  di  paro  quella  che  uscì  dagli  scavi  di 
Kalah-Chergat  presso  l'antica  Ninive,  appartenente  forse  al  1100  av.  C.,  dove  sono 
enumerate  le  imprese  di  Teglat-Pileser. 

Per  opera  di  Rawlinson  ormai  è  determinato  il  valore  di  tutti  i  seicento  segni  della  ~ 
bizzarra  scrittura  cuneiforme  :  e  portata  ben  indietro  la  storia  della  Persia. 

.4  seleclion  from  the  hislorical  inscriptions  of  Chaidcea.  Àssyrìa  and  Babilonia;  prepared  fot  publi- 
calion  by  major-general  sir  H.  C.  RAWLl^so^,  assisted  by  E.  Norhis.  Londra  1861.  Finora  non  sono 
elle  i  tosti  ;  proinettcsi  la  traduzione  con  commenti. 

In  un  discorso  letto  nel  1852  all'Accademia  ,  Stanislao  di  Nancy  volse  l'attenzione  del  ministero  francese 
giill'opportunilà  d'introdurre  f;li  studj  orientali  nelle  scuole ,  e  ne  nacque  una  discussione  fra  le  acca- 
demie e  i  giornali  serj  sopra  questi  punti: 

-t"  L'orientalismo,  che  preziosi  compensi  offrirebbe  alle  nostre  letterature  sfinite,  non  mcn  che  alla 
storia  principalmente  delle  scienze,  potrebbe  esser  chiamato  a  parte  degli  studj  classici  in  Francia? 
2°  Se  SI,  con  qual  misura  e  a  qual  punto  s'ha  da  cercare  d'introdurlo? 
o"  Con  quali  mezzi  convien  attuare  e  sistemare  questo  insegnamento  e  renderlo  efficace? 

Alcune  accademie,  tia  cui  quelle  di  Nancy  e  di  Metz,  risposero  che  l'orientalismo  può  e  deve;  sotto  certo 
condizioni,  divenire  classico  in  Francia,  e  introdursi  ira  i  corsi  universitari  :  che  p?r  ora  bisogna  limi- 
tarlo a'  due  gruppi  principali  e  di  più  interesse,  cioè  per  le  lingue  ariane  al  sanscrito,  per  le  semitiche 
all'arabo  letterario,  cioè  coranesco:  de'  quali  dovrebbe  erigersi  una  cattedra  in  ciascuna  facoltà  di  lettere. 

A  meglio  mostrarne  l'importanza,  s'istituì  una  scuola  volgarizzalrice ,  che  a  Nancy  pubblicò  nel  ^85T 
varj  saggi  di  letteratura  sanscrita  e  araba,  giusta  le  condizioni  di  scuola  imposte  pel  latino  e  francese: 
solo  per  provarne  l'autenticità  s'aggiungea  parie  de'  lesti  originali  in  caratteri  devanagari. 

§  IGi.   —  Scrittura  greca. 

I  Greci  dicono  il  loro  alfabeto  recato  da  Cadmo  fenicio.  Che  sia  d'origine  semitica 
n'è  prova  l'averne,  non  solo  l'ordine  capriccioso  delle  lettere,  ma  gl'identici  nomi. 
Anzi  questi  in  greco  non  esprimono  nulla,  mentre  in  ebraico  aleph,  belìi,  ghimel,  dakth 
e.']uivalgono  a  bove,  casa,  camello,  porla,  di  cui  hanno  la  forma. 

L  dello  da  PImio  e  da  l'iutarco  che  Palamede  introducesse  nell'alfabeto  greco  le  let- 
tere 0  Z  *  X,  e  Simonide  le  Z,  V  II  il.  Ma  quest'alfabeto,  escluse  le  vocali,  corrisponde 
all'ebraico  ossia  fenicio  nel  valore  e  nel  nome  non  solo,  ma  fino  nell'ordine;  e  1^  Z  e 


238  AI'.LlitULUOlA     B    Ui;i,LL    AKli 

la  2  vi  stanilo  al  poslo  del  zain  e  del  sainech  di  quello.  Solo  le  lettere  dopo  il  T  pote- 
rono esser  aggiunte,  e  di  fatto  non  si  riscontrano  nell'alfabeto  antico  de'  Greci. 

§  163.  —  Scrittura  romana. 

Plinio  scrive  che  l'alfabeto  antico  greco  somiglia  al  latino  «  come  si  scorge  dalla 
iscrizione  deifica  »  (vii.  JSH).  In  fatto  l'iscrizione  sulle  medaglie  di  himfra  fu  creduta 
latina  da  quelli  che  non  rifletterono  che  I'h  era  adoperata  dai  (Wec\  invece  dello  spirito, 
prima  di  usnrla  per  Te  lunpo:  e  il  rho  scrivevano  col  r  prima  che  p.  Anzi  l'alfabeto 
pelasgico  in  Italia  si  conservò  più  puro,  sebben  varinsse  alquiinto  fra  le  diverse  popo- 
lazioni della  penisola;  onde  alcuni  vollero  dire  derivi  non  dui  greco,  ma  da  uno  ante- 
riore, di  cui  mantenne  più  fedelmente  le  forme.  Al  par  dell'etrusco,  mancava  delle 
lettere  f  q  h  j  k  q  v  x  y  z:  poi  fu  portato  a  venticinque  elementi  oltre  Vae  e  l'oe. 

Di  tutti  gli  alfabf'ti  ignoriamo  il  principio  normnle  del  loro  ordinamento  e  la  ragione 
di  esso;  e  qual  è  non  regtre  alla  critica,  mescolandosi  vocali  e  consonanti,  e  fra  queste 
le  articolazioni  provenienti  da  organi  al  tutto  diversi.  Forse  la  bizzarra  distribuzione 
viene  dall'essersi  dato  a  ciascuna  lettera,  oltre  la  rappresentazione  d'un  elemento  della 
parola  ,  anche  il  valore  di  cifra;  e  dato  questo,  vennero  disposte  per  ordine  numerico 
nel  costituire  l'alfabeto:  ordine  che  si  rispettò  come  cosa  proveniente  da  rivelazione 
superna,  o  frutto  di  scienza  occulta. 

Sottoponendo  alla  classificazione  razionale  del  sanscrito  gli  alfabeti  latino  e  greco , 
avremmo 


vocali  semplici        a 

e  n 

e 

0 

w 

u 

a 

e 

i 

0    u  y 

dittonghi        «i      av 

Et 

«y 

nw 

01       OD    OtU       Vt 

X  ai    au 

ei 

eu 

ce 

oi    ou    ui  yi 

consonanti  gutturali 

7 

y. 

X 

g 

e 

eh  q 

dentali 

<y 

T 

3 

C 

d 

t 

th 

z 

labiali 

^ 

n 

» 

b 

P 

f 

semivocali 

). 

M 

V 

P 

1 

m 

n 

r 

sibilanti 

CI 

s 

X 

ps 

11  latino  ha  inoltre  l'aspirata  h,  e  il  greco  lo  spirito  aspro  (')  rappresentato  in  antico  col 
digamma  f. 

Delle  sedici  primitive  lettere  latine  alcune  aveano  un'espressione  diversa  dalla  poste- 
riore; altre,  più  d'un  valore,  come  il  e,  che  ora  pronunziavasi  g  facna  \)er  agììaj^  ora 
q  fcolidìe),  ora  x  ffacit  per  faxit)  ;  e  a  molte  parole  finite  ppr  vocale  si  sufTlgypva  »ì,  r/, 
t  fmen  altod  marit  per  vie  alto  mari).  Non  si  raddoppiano  le  consonanti,  bensì  talvolta 
le  vocali  per  esprimere  la  prosodia  lunga  :  jìiua,  frelix  per  jus  feli.v.  La  vocale  l'rcve  è 
spesso  taciuta,  portandola  con  sé  la  consonante  che  precede,  come  krus,  conte  porcari/.s, 
canile;  e  più  spesso  1'?,  come  ares,  evenat  per  aries,  eveniat;  e  le  w,  n,  s,  onde  Popcjus, 
cosai,  cesor  per  Pompeju<i,  consul,  censor.  11  dittongo  ei  per  i  è  frequentissimo:  Juuo- 
neia,  sei;  e  ai  per  ce,  aitai. 

Vuoisi  che  i  Romani  non  avessero  il  g  prima  della  metà  del  vi  secolo  di  Ronia.  Altri 
ne  escludono  pure  la  /",  o  il  p.  o  il  q;  e  che  invece  della  r  usassero  las;  pure  trovansi 
in  vetustissimi  monumenti.  Bensì  più  tardi  furono  introdotte  la  k,x,y,z.  Invece  del  6 
adoprarono  in  principio  di  parola  dv,  dvellum  per  bellum;  e  nel  mezzo  il  /j ,  optinrìt  : 
scambiarono  l'è  e  l'j,  l'o  e  l'u,  il  b  e  il  v,  Menerva,  magester,  fìliom,  vibus.  La  di  liliale 
si  sopprimea  talora,  massime  quando  seguita  da  nome  cominciante  per  vocale.  La  //, 
adoprata  per  aspirazione,  solevasi  scriver  di  sopra  della  vocale,  a  modo  degli  spij-ili  in 
greco.  La  y  mm  fu  introdotta  che  negli  ultimi  due  secoli  della  repiibblioa.  Marciano  Ca- 
pella  dice  che  la  novità  inseguita  da  Simonide  di  surrogare  la  r  molle  ali/  [liacquc  assai, 
e  le  dame  romane  amavano  dire  fizere  oscula  più  che  fìgere. 


ALKAbtli    liALIUIl  ^3'J 

Le  Isrtizioni  romane  più  antiche  sono  il  canto  dei  Fratelli  Arvali,  contemporaneo  di 
Romolo,  e  disotterrato  nel  1778  dalla  saprist  a  di  San  Pietro  Vaticano;  la  colonna  Duilia 
del  -i9l  di  Roma,  che  forse  però  è  solo  una  copia,  eseguita  al  tempo  di  Claudio  ;  l'iscri- 
zione di  Cornelio  Scipione  Rarhato  del  ^iJie-.  la  tavola  latina  di  Guhbio. 

Nelle  antiche  iscrizioni  greche  e  romane,  oltre  queste  diversità,  è  incostantissima 
l'ortografia,  e  le  lettere  sono  piiì  angolose.  Nelle  lutine  le  varietà  sono  men  pronun- 
ciate, ma  più  frequenti  le  aspirazioni  e  i  nessi  o  figure  sillabiche. 

Dal  romano  derivarono  gli  alfabeti  di  tutta  la  restante  Europa:  pure  l'iscrizione  di 
Carpentras,  e  le  medaglie  trovate  nella  Spagna  meridionale  il  17fi5  attestano  che  l'alfa- 
beto usavasi  nelle  Gallie  e  nell'lberia  prima  dfll'età  latina.  È  anche  vero  che,  serbando 
pure  gli  stessi  segni,  le  varie  nazioni  vi  attribuirono  suono  diverso-,  e  per  es.  il  p  ha 
tutt'alfro  valore  pei  Latini,  pei  Greci,  pei  Russi. 

Tutti  poi  i  popoli  fecero  variazioni  nell'alfabeto.  Così  gl'Italiani  introdussero  gli  ac- 
centi e  le  apostrofi;  Francesi  e  Spasnuoli  la  cédille  posta  sotto  al  e  per  raddolcirlo; 
Spagnuoli  e  Portoghesi  la  lineetta  sopra  Vn  o  sopra  vocali  per  esprimere  i  suoni  nasali  : 
nel  carattere  tedesco  si  ebbero  i  raddolcimenti  ii,  o,  a  e  il  doppio  w;  nel  polacco  la  ^ 
chiusa. 

§  166.  —  Alfabeti  italioti. 

Tn  Italia  più  che  altrove  s'incontrano  reliquie  di  lingua??!  perduti,  attorno  ai  quali, 
e  massime  all'etrusco,  s'affaticano  con  gran  pena  e  poco  profitto  gli  eruditi. 

'1  documenti  sui  quali  si  dirige  l'interpretazione  sono  sette  prandi  lastre  trovate  a 
Gubbio  nel  14i4,  e  perciò  dette  Tavole  Eiiqubinp,  due  in  carattere  latino  e  cinque  in 
etrusco,  che  ora  vuoisi  umbro;  una  lapide  grandissima ,  scoperta  due  secoli  fa  nella 
torre  di  San  Marino  presso  Perugia  ,  detta  resina  delle  iscrizioni  etrusche,  non  per  nu- 
mero di  linee,  ma  per  forma  ,  grandezza  e  bellezza  di  caratteri  ;  un  grande  cippo  sco- 
perto presso  Perugia  nel  1S22  con  quarantacinque  I  nee,  pubblicato  da  Vermiglioli  ;  va- 
rie iscrizioni  venute  in  luce  più  tardi  ,  fra  cui  una  di  nlrpiante  linee  trovata  io  una 
grotta  presso  Corneto  nel  1832.  Alcune  sono  bilingui,  ma  il  bitino  non  è  traduzione  del- 
l'etrusco, talchi  non  serve  all'interpretazione.  Il  Vermiglioli  pubblicò  e  dichiarò  più  di 
cinquecento  monumenti  etruschi  scritti. 

Variarono  grandemente  gli  eruditi  nel  dare  gli  alfabeti  etruschi  ;  e  da  Teseo  Ambrosio 
nel  1S39  sino  al  Maffei  ben  dodici  se  n'erano  pubblicati.  Il  Lanzi  pensò  doversi  cercarli 
nel  greco,  e  secrnò  le  corrispondenze  di  ciascuna  lettera  con  quelle  dell'alfabeto  greco  ; 
sistema  non  più  accettato.  Pure  oggimai ,  quanto  agli  elementi  alfabetici,  sembrano 
d'accordo  eli  eruditi. 

Non  così  della  linsua.  Alcuni  vollero  ajutarne  l'interpretazione  col  fenicio  e  l'ebraico, 
come  Mazzocchi  e  .lancili;  altri  col  greco  e  col  latino,  come  Lanzi;  sistema  secruilo  da 
molti,  ma  che  non  e'unse  a  dar  conto  di  una  frase  intera,  né  a  discernere  i  verbi  e  le 
altre  parole,  le  cui  inflessioni  connettono  le  parti  del  discorso.  Lepsius  pretende  che  i 
monumenti  scritti  finora  giudicati  etruscb',  devano  riferirsi  alla  lingua  umbra  ,  ramo 
pelassico  di  provenienza  celtica;  sicché  gli  elementi  creci  che  vi  si  riscontrano  sono 
dovuti  a  Pelasgi  e  Tirreni,  mescolati  colla  primitiva  popolazione.  In  somma  è  che  non 
se  ne  conosce  altro  che  qualche  desinenza:  e  solo  pare  certo  che  tni  sia  il  verbo  sostan- 
tivo, aìiiì  ril  significhi  vifutf.  anni^milW  sole,  fnfns  il  verbo  tutari;  inoltre  an<ar  aquila, 
Zar  signore.  r?ppos  lussurioso,  clan  figlio,  f^pp  figlia. 

Lepsius  fDeTahuh'x  punuhìni<i.  Rerlino  18"5)  vorrebbe  che  le  Tavole  eugubine  scritte 
con  caratteri  lat'ni  fossero  posteriori  a  quelle  in  caratteri  etruschi;  ma  non  ha  fonda- 
mento. Cori,  Lami,  Rardelli  pretesero  leggervi  i  lamenti  de'  Pelasgi  per  le  sciaguresof- 
ferte  :  i  più  vi  riconoscono  forme  rituali  e  le  dispongono  in  diverso  modo,  come  in  di- 
verso le  interpretano.  Il  p.  Secchi  avea  promesso  un  lavoro  compiuto  sulla  lingua  e 
l'alfabeto  etrusco. 
VERMir.f.ioLi,  nifffrinzmne  sopra  un'urnella  toscanica,  e  difesa  del  Saggio  di  lingua  elrusca,  edito 

in  Roma  nel  t"89.  CHine  1790. 
DOEDERLEiN,  Commentalio  de  vocum  aliquot  lalinarum,  sabinarutrt,  umbricarutti,  tutearum,  cagna- 

tione  grcBca.  Erlangcn  \  837 . 


2i0  ARCHEOLOGIA   E   BELLE   ARTI 

JiNELLt,  Tentamen  hermeneulicum  in  etruscas  imcripliones,  ejusque  fundamenla.  Napoli  \  840. 
Lepsius,   Veber  die   Tyrrenischen  Pelasger  in  Elruria.  Lipsia  ^842. 
Janssens,  Musai  Lugduni  Batav.  inscriptiones  etruscae. 

Altrettanlo  poveri  di  cognizioni  siamo  intorno  ai  dialetti  e  alle  scritture  degli  Osci, 
dei  Sanniti,  Campani,  Marsi,  SuMni,  Messapj;  e  frequenti  dissertazioni  ne  escono  dal- 
l'Accademia ercolanense  e  dulia  Germania.  Solo  il  volsco  fra'  dialetti  italici  aveva  il  d, 
gli  altri  supplivano  col  t  o  colla  /;  onde  da  Sày.o-j  e  oVIi^-^y;:  fecero  lacrima,  Ultsse$. 
Del  dialetto  volsco  è  un  prezioso  cimelio  nel  museo  Borbonico,  molto  discusso  fra 
Lanzi,   Orioli,  Guarini,  .Janelli  ed  altri  dotti. 

Grotefend  (Nuovo  archivio  filologico  e  pedagogico,  1829,  N"  20)  disputò  intorno  alle 
lingue  della  media  Italia,  cioè  losca,  sabina,  sicula;  poi  dell'umbra  in  dissertazioni  a 
parte  fRudimenfalinguoeumbricf^in  inacriptionibus antiquis enodata.  Xnno\er  1833  óT); 
e  crede  che  da  questa  derivasse  la  latina:  ma  l'immensa  fatica  da  lui  sostenuta  non  menò 
a  ri  ultamenti  decisivi.  Egli  medesimo  al  trattato  sulla  lingua  latina  di  Jacopo  Henop 
antepose  una  prefazione  intorno  alla  lingua  sabina.  Della  grande  iscrizione  scoperta  il 
secolo  passalo  ad  Abella  nella  Campania,  scritta  in  osco  e  riprodotta  piiJ  correttamente 
di  prima  nelle  Inscriptiones  umhricce  et  oscce  dal  Lepsius  (Lipsia  1841),  molti  tenta- 
rono l'interpretazione,  ma  finora  non  giunsero  se  non  a  capire  che  tratta  di  confini  tra 
Abella  e  Nola. 

De  singularum  Utterarum  apud  Sabinos  ralione  —  De  lingua  graeca  et  salina.  —  Quaritur  quem 

ìocum  inter  religuas  Ilaliw  linguas  tenueril  sabina.  —  De  linguce  sabinoe  el  latinco  ralione.   An- 

nover  1837.  Opera  di  Henop,  conprefazioue  di  firotcfend. 
Vedi  pure  nel  Museo  filologiro  renano  le  dissertazioni  di  Lassen,  -ISoó,  p.  06^;  1834,  p.  )4I  ;  Vermi- 

CLiOLi ,  Antìclie  iscrizioni  perugine  .1  raccolte  e  dichiarate  .  Perugia  1833;  Janelli,  Veterum  Osco- 

rum  inscriptiones  latina  inlerpretatione  tentata'.  Napoli  1841. 
W.  COBSSEN-,   De  Voisrorum  lingua.  Nauniburg  1858. 
MOMjiSEN,   Die  Vnteritalisrhen  Dialekte.  Lipsia  1830. 

Una  prova  della  scarsezza  nostra  nella  paleografia  italiota  abbiamo  dalla  iscrizione 
che  trovossi  sul  pendaglio  della  bella  statua  di  bronzo,  dissepolta  presso  Todi  nel  1835. 
A  lasciar  via  le  semplici  congetture  e  le  bizzarrie,  interpretazioni  diversissime  ne  die- 
dero i  dotti.  Il  bibliotecario  Cicconi  ricorse  al  greco,  e  tradusse  Io  [lungamente  tempe- 
stato in  mare,  offersi:  il  Campanari  spiegò  prima  Aliala,  legato  in  onor  di  Marte,  offriva: 
di  poi  Aliala,  figlio  di  Trottedio  il  Marte  Fonione ,  dedicò:  il  p.  Secchi  divinò  Aieial 
Qairinus  Vibii  f.  nomine  Vibius  ;  oppure  Aveial  Tuders  ;  0  ancora  Aveial  Denoto  dot, 
Vihii  f.  nomine  Vibius:  il  Lanzi  coll'ebraico  intese  Acca  da  Todi  e  Tito  effigiarono  il  si- 
mulacro della  Vittoria:  il  Vermiglioli  Aeia  L.  Trutinus  pumi  mi  vere,  c'wè  Aeia  figlia 
di  Trutino pongo  sono  vero:  e  il  De  Minicis  Trutivio  Fona  figlio  di  Aeia  fece.  Tanto  va- 
cilla ancora  la  paleografia  italiota:  la  quale  riesce  a  legger  qualche  nome  sulle  meda- 
glie 0  iscrizioni,  come  Ila,  lutere,  aplu,  mnrva.  pupi,  cam,  cioè  Telamon,  Tuder, 
Apollo,  Minerva,  Populonia,  Camars:  ma  appena  ci  s'intrometta  altra  parola  è  subito  a 
congetture,  nelle  quali  ciascuno  conchiude  aver  còlto  il  vero. 

La  cura  che  dobbiamo  speciale  alle  cose  italiche  vuol  ci  fermiamo  alquanto  sulla  paleo- 
grafia etrusca,  compendiando  Champollion  Figeac.- 

—  Come  generali  applicazioni  alle  iscrizioni  etruscbe,  diremo  :  1°  che  sono  sempre 
scritte  da  destra  a  sinistra;  2°  che  le  vocali  sono  quasi  sempre  soppresse,  le  consonanti 
sole  costantemente  espresse,  e  quanto  più  un'iscrizione  etrusca  è  antica,  tanto  meno 
vocali  vi  si  trovano.  Bisogna  dunque  sostituirle,  e  ciò  non  è  facile  in  lingua  perduta; 
non  si  può  quindi  che  per  analogia,  0  trovando  in  un'altra  iscrizione  la  slessa  parola 
con  una  0  molle  vocali  che  entrano  nella  composizione  di  essa.  Secondo  Lanzi,  baste- 
rebbe il  tenere  per  guida  la  parola  greca  0  Ialina,  che  per  il  numero  e  l'ordine  delle 
consonanti  ha  maggior  rapporto  coll'etrusca  abbreviata.  Si  vede  come  in  tal  modo  sa- 
rebbe facile  formare  una  frase  latina  0  greca  e  anche  francese  con  una  frase  etrusca, 
della  quale  non  si  scrivono  che  le  consonanti.  Il  metodo  più  sicuro,  più  degno  dei 
buoni  critici  consiste  nei  confronti  della  stessa  parola  impiegata  in  molle  iscrizioni; 
5°  che  le  parole  di  un'iscrizione  sono  spesse  volle  separate  da  un  punto  0  due,  od 
anche  da  un  segno  perpendicolare  irregolare  ,  e  spesso  da  nessun  segno;  questa  è 
una  difficoltà  di  più,  che  per  essere  superata  esige  una  grande  abitudine  de'  testi  etru- 


ALFABETI    ITALIOTI  2il 

sebi  ;  4"  che  le  iscrizioni  etrusche  ,  principalmente  le  sepolcrali,  sono  qualche  volta 
bilingui,  cioè  in  etrusco  prima  e  in  latino  al  di  sotto,  od  anche  viceversa:  non  con- 
tenendo che  nomi  scritti  nei  due  alCaheti,  furono  di  gran  soccorso  per  restituire  l'al- 
fabeto etrusco;  o  che  l'iscrizione  è  una  lastra  di  bronzo  o  di  piombo  ,  scritta  spesse 
volte  d'ambo  i  lati;  ed  alcune  iscrizioni,  sebbene  in  caratteri  eiruscbi,  sono  mera- 
mente romane. 

Le  grandi  iscrizioni  etrusche  sono  poche,  e  le  più  celebri  sono:  1°  quelle  che  si  tro- 
varono a  Gubbio,  l'antico  Eugubiam,  nel  14ii,  conosciute  sotto  il  nome  di  Tavole 
Eugubine,  e  dalle  quali  Bourguet  cavò  pel  primo  l'alfabeto  etrusco  nel  '1732;  2"  il 
gran  cippo  quadrangolare  di  circa  cinque  piedi  d  altezza,  scoperto  nel  1822  vicino  a 
Perugia, 

Le  Tavole  Eugubine  in  caratteri  etruschi  esercitarono  moltissimo  la  sagacità  dei  critici, 
e  sembra,  secondo  il  Lanzi,  che  il  testo  riguardi  interamente  materie  religiose,  e 
siano  frammenti  di  quei  che  gli  antichi  chiamavano  Ponti ficales  et  Uituates  libri.  ì 
Fralres  Alherii  o  Atheriates,  ordine  particolare  di  sacerdoti ,  appartenevano  ad  una 
tribù  chiamata  Ikuvina,  che  in  appresso  fece  alleanza  coi  Romani.  Alcuni  di  questi 
sacerdoti  vi  sono  nominati,  come  pure  diversi  luoghi  di  questa  parte  d'Italia,  e  varie 
famiglie  conosciute  altrimenti.  Vi  si  distinguono  anche  nomi  di  divinità  locali.  Ven- 
gono dietro  le  formole  delle  preghiere  che  devono  precedere  i  sacrilizj,  l'indicazione 
delle  parli  della  vittima  consacrata  agli  Dei,  ciò  che  concerne  la  cottura  delle  vi- 
vande, e  linalmente  gli  atti  che  devono  seguire  i  sacrifizj.  Lanzi  crede  avervi  veduto 
anche  molte  indicazioni  di  epoche,  come  gli  idi  di  novembre  ecc.  ;  anzi  una  vera 
data,  A.  ccc,  l'anno  500. 

Per  ispiegare  il  metodo  d'interpretazione  del  Lanzi  citeremo  un  passo,  ove  ebbe  meno 
lettere  e  parole  a  sostituire.  Sono  le  linee  28,  29  e  30  della  tavola  N"  i  e  11  secondo 
Demstero,  ed  il  lettore  supporrà  queste  linee  scritte  in  caratteri  etruschi,  tracciati  da 
destra  a  sinistra;  la  versione  latina  del  Lanzi  è  interlineare: 

iviCA  :  jiEi'.SL'VA  :         lviikum  :         gabrtc  :  phpatucste:  atiieiuf  : 

jecora  iirìpix  (femora)  ovium  habeto  a  fratribus  ateriatibus 

AUTISPAK   :  EIIKAVASATIS  :  TUTATES  :  IIUVINA   I  TUKPUITER   :  IlfVINA   : 

prò  vadatis  tota  juvina  tribù  prò  juvina 

SAIKRE. 

sacrum. 

Si  osservi  l'analogia  delle  parole  etrusche  col  latino,  e  in  questo  passo  il  Lanzi  non 
ebbe  ricorso  che  ad  una  sola  parola  greca  :  ma  di  rado  è  così  sobrio  di  questi  soccorsi. 

L'iscrizione  di  Perugia  occupa  la  faccia  anteriore  e  il  lato  sinistro  del  cippo.  Vermi- 
glioli  congettura  si  riferisca  alle  leggi  rurali,  ai  confini  delle  terre,  ecc.  ;  data  mano 
all'interpretazione  congetturale,  secondo  i  principi  di  Lanzi,  si  occupa  di  ciascuna 
parola  l'una  dopo  l'altra,  riconosce  quelle  che  sono  nomi  proprj  d'uomini  o  di  luoghi, 
desumendolo  da  alcune  iscrizioni  sepolcrali,  e  cerca  nel  greco  o  nel  latino  le  ana- 
loghe delle  altre  per  determinarne  il  significato.  Da  questo  si  vede  quanto  poco  avan- 
zata sia  la  critica  interpretativa  dei  monumenti  scritti  dell'Italia  primitiva,  se  ne  to- 
gliamo la  lettura  de'  nomi  proprj,  che  poco  variarono  sotto  le  diverse  dominazioni. 
Gli  altri  generi  d'iscrizioni  etrusche  confermeranno  questi  punti  generali. 

Le  iscrizioni  votiv  ■  e  quelle  che  si  trovano  sui  vasi,  sui  sigilli,  sui  piedesialli,  sulle  fi- 
gurine, sugli  utensili,  ecc.,  sono  in  generale  brevissime.  Le  figurine  di  forma  umana 
ne  offrono  rare  volte,  bastando  gli  attributi  ei  simboli  che  portano  a  caratterizzarle. 
Le  figurine  rappresentanti  animali  o  chimere  hanno  breve  iscrizione,  che  d'ordinario 
è  il  nome  della  divinità  alla  quale  son  offerte,  o  della  persona  che  le  offre  ,  quasi 
sempre  scritta  sopra  una  delle  parti  del  corpo.  Tali  isi^rizioni  sono  caratterizzate  da 
alcune  formole  ripetute  sovente  nei  monumenti,  dal  che  se  ne  dedusse  la  generalità 
e  il  significato  ;  come  mi  cana,  mi  diede  (sui  più  antichi  monumenti)  ;  tkce  ed  ana- 
loghi, per  il  greco  ibr.y.s,  ha  posto,  ha  dedicato  ;  tlrcce,  tukce,  ha  donato,  ha  dedi- 
cato, è  la  formola  più  comune;  piilekes,  dono,  consacrazione  ;  situi,  suthil  da 
2ojTy;o-:a,  per  la  Salute  di,  o  per  ...  Vi  si  sono  riconosciuti  anche  nomi  di  divinità, 
e  fra  gli  altri  .'Ipu/u/'p,  Apollo;  Arilimi,  Artemis  (Diana);  Selvum,  Silvano;  Marte, 
Marte  ;  Menerva,  Minerva  ;  Mercuriei,  Mercurio. 
Cantù,  Documenti.  —  Tomo  I,  Archeologia  e  Belle  Arti.  16 


242  AncnnoLoci\  e  belle  arti 

Altre  iscrizioni ,  non  sepolcrali  ,  riferisconsi  agli  usi  domestici.  Gli  Italioti  scrivevano 
sulla  porta  principale  della  lor  casa  arsevekse,  che,  secondo  Festo,  significava  averle 
ignem.  Nei  campi,  alcuni  cippi  portavano  mapte  uurie  (o  Thurie)  a  Marie  terminale, 
EAN  per  EVAN,  scritto  sopra  un  amuleto  a  forma  di  cuore,  è  il  titolo  di  un  iniziato  ai 
misteri  di  B  eco,  che  Virgilio  chiama  Evantes ;  l'acclamazione  ordinaria  nella  cele- 
brazione dei  misteri.  Sugli  altari,  candelabri  ecc.  si  vedono  i  nomi  ed  i  prenomi  delle 
persone  che  gli  offersero  agli  Dei  ,  colla  formola  mi  cana  o  senza.  Una  torre  vicino  a 
Perugia  porta  una  grande  iscrizione  di  varie  linee  :  se  ne  trovano  anche  in  alcune 
grotte,  e  per  una  singolarità  notabile,  una  è  composta  di  lettere  dell'alfabeto  etrusco, 
disposte  nell'ordine  usuale.  In  queste  iscrizioni  storiche  e  votive  si  riconobbero  anche 
nomi  di  magistrati,  di  famiglie,  di  luoghi,  di  collegi  politici  o  religiosi;  e  talee 
l'iscrizione  da  cui  consta  che  una  statua  di  bronzo,  la  quale  trovasi  nel  museo  di  Fi- 
renze, è  di  Aulesio  Metello,  figlio  di  Tello  e  Vesia,  eretta  per  ordine  dei  decurioni  e 
dell'intera  città  dei  Pitalani. 

Le  iscrizioni  sepolcrali  etrusche  sono  le  piiì  numerose,  scritte  od  incise  in  pietre  iso- 
late, urne,  bassorilievi  dipinti  o  scolpiti,  colonnette,  mattoni  o  lastre  di  metallo, 
nelle  grotte,  nelle  camere  sepolcrali  ovvero  sepolte.  Le  lettere  incise  vennero  colorite 
quasi  sempre  di  rosso  col  pennello.  Le  iscrizioni  sulle  urne  a  bassorilievi  hanno  di 
rado  alcun  rapporto  col  soggetto  della  scultura,  spesso  eguale  in  varie  urne.  L'iscri- 
zione è  relativa  specialmente  al  morto,  di  cui  contiene  il  prenome;  qualche  rara  volta 
un  soprannme:  vi  si  vede  anche  il  nome  del  padre,  ma  più  d'ordinario  quello  della 
madre,  uso  di  varj  popoli  antichi.  Per  le  donne  aggiungevasi  il  nome  del  marito,  o 
della  famiglia  a  cui  si  univano  :  e  si  chiudeva  talora  coll'età  del  defunto,  ma  pochi 
ne  sono  gli  esempj. 

I  nomi  sono  d'ordinario  in  nominativo,  talora  in  genitivo,  preceduti  dal  monosillabo 
MI,  sono^  come  mi  lartias,  sum  Lartiae,  sono  (la  tomba)  di  Larzia  Se  l'iscrizione  è 
dei  primi  tempi,  quando  gl'individui  portavano  un  solo  nome,  i  prenomi  sono: 
1°  d'origine  etrusca  pura,  come  Lucumo,  Aruns ecc.,  che  Dionigi  d'Alicarnasso  chiama 
nomi  tirreni  ;  ed  è  indizio  certo  di  antichità  relativa  ;  2°  comuni  agli  Etruschi  di  tutte 
le  Provincie  ed  ai  Romani;  e  sono  i  più  frequenti.  Gli  stessi  prenomi  trovansi  impie- 
gati parlando  di  donne  come  di  uomini,  ma  per  le  une  terminano  in  a,  e  per  gli  altri 
in  E;  le  donne,  sebbene  affatto  giovani,  portavano  già  un  prenome,  ciò  che  ne  prova 
l'uso  generale  presso  gli  Etruschi.  Quelli  dei  loro  prenomi  che  non  si  trovano  nella 
lista  dei  prenomi  romani  sono  Annius  ed  Ennius ,  Lar  e  Laris,  Larentia  (Acca  La- 
renzia,  in  seguito  Laurenzia;e  Laro  sopranominato  Porsena),  Lartes  (Larte  e  Larzia), 
Lautìne,  Lucurno,  Tanquil  e  Tanaquil,   Velius  e  Velia. 

I  nomi  proprj,  o  di  famiglia,  sono  numerosissimi,  e  passarono  quasi  lutti  ai  Romani. 
Qualche  volta  incontransi  abbreviati,  ma  è  facile  terminarli  dietro  alle  loro  desinenze 
abituali  in  e  per  gli  uomini,  in  a  per  le  donne.  Vi  si  osservano  gli  stessi  derivati  egli 
stessi  diminutivi  dei  nomi  romani  :  Melina  per  Metellùia,  derivato  e  diminutivo  di 
Melella,  se  pure,  come  da  alcuni  si  è  creduto,  non  siasi  impiegata  in  questi  nomi  la 
N  invece  della  i,  cièche  non  sembra  naturale  1  nomi  femminili  terminano  spessis- 
simo anche  col  dittongo  ei  alla  penultima  sillaba,  come  Aruntkia  per  AruniiUa;  c\ò 
che  non  proverebbe  altro  se  non  che  il  dittongo  ei  si  pronunciava  i,  e  l'antica  orto- 
grafia latina  ce  lo  aveva  già  insegnato.  Ma  questa  desinenza  potrebbe  anch'essere  il 
carattere  di  un  aggettivo,  e  tal  parola  significherebbe  figlia  o  moglie  di  Anins. 

Quanto  al  sopranome,  il  coijnomen  Aq\  Latini,  è  rarissimo,  e  d'ordinario  tolto  dal  nome 
della  madre  per  gli  uomini,  e  per  le  donne  dal  padre  o  dal  marito.  11  figlio  aggiun- 
geva il  nome  del  padre  al  proprio,  alla  maniera  dei  Greci  e  dei  l>atini ,  ed  in  questo 
caso  il  nome  del  piidre  era  terminato  in  s,  segno  del  genitivo;  la  parola  corrispon- 
dente all'idea  fujlio  era  sovente  taciuta,  od  espressa  col  monosillabo  ris,  e  pel  fem- 
minile PIA  ;  il  nome  della  madre  era  terminato  da  un  l,  e  Curial  significava  710/0  da 
Curia.  I  sopranomi  delle  donne,  desunti  dal  nome  del  padre,  prendevano  pure  tal  ■ 
volta  desinenza  in  isa,  come  Larthulisa  nata  in  Lartha;  tal  altra  in  clan,  segno  della 
derivazione  0  dell'ablativo,  come  Thocernadan  nata  di  Thocerna  ;  od  anche  in  i.na  od 
ANA,  imitazioni  del  latino,  come  Ililarina,  Hilariana  nata  d'IIilaria.  Anche  la  desi- 


ALFAIìFTI   ITAIIOT?  243 

nenza  in  ai,,  che  ha  Io  stesso  significalo,  Acnne  adottata  dai  Romani  ;  Attial-is^  della 
famiglia  Attia, 

L'età  del  defunto  è  ([ualche  volta  indicata,  e  le  cifre  numeriche  sono  precedute  dalla 
parola  ril,  od  avii.,  avk.s,  aivii,.  Si  osservano  anche  delle  parole  spesso  riprodotte 
nelle  diverse  iscrizioni,  e  che  semhrano  in  nessuna  dipendenza  dalla  frase  che  an- 
nunzia i  nomi  e  la  figliolanza  del  morto,  e  tali  sono  liìiinr,  tui.ar  o  tuii.ai'.  ;  nella 
prima  si  è  riconosciuto  una  specie  d'acclamazione,  di  angario,  analoga  alla  parola 
latina  lenis  leniter,  e  adoperata  come  il  voto  nsitatissimo  dei  Latini,  Sit  libi  tnrah- 
vis:  le  altre  due,  che  servivano  di  titolo  all'oggetto  che  racchiudeva  le  ceneri,  erano 
Vollarium  del  latino. 

Sottoporremo  aloune  iscrizioni  etrusche  variate,  colla  interpretazione  secondo  i  dotti 
italiani,  che  più  studiarono  in  tale  materia: 

FEL.  MULEFi.  MUEHNATiAL.  Velia  Mulvia  Munatiae  (filia). 

aule.  FARE.  Nicus\L.  Aulus  Varius  Nicusice  (filius). 

VETI.  VELUS.  TiNS.  Velia  Vela  Tini  (uxor). 

AR.  ATiNEi.  AR.  SEPHRiAL.  Aruutia  AUìiia  Arunitea  (Aruntii  fìIia}  Sephiria  nata. 

Av.  LEGA.  RIL.  ixx.  Aula  Locca  annis  xix. 

LS.  PHLAVE.  LS.  CURIAL.  RIL...  Lavs  Fhwius  Lavìs  (filius)  Curia  natiis  annis... 

PEPNA.  RviPUE.  APTHAL.  AFiLS.  xviii.  Pevpenua  lìufìus  Aruntii  (fdius)  aìinis  xviir. 

MI.  LARVs,  ARiANAS.  ANASSES.  KLAM.  SuM  Laris  Ariani  (lìliiis)  ^?ias.Sf;  (Anniaxia)  natus. 

Le  abbreviazioni  più  comuni  nelle  iscrizioni  etrusche,  in  fatto  di  nomi,  prenomi  e  so- 
pranomi, sono: 

A.  AV.  AVL.  Aulus.,  Aula,  eco, 

AN.  Annius,  Annia. 

AP.  Appius,  Appia. 

AR.  AKNT.  Aruns,  Arunlius,  Aruntia,  Arunthius. 

AT.  ATu.  Attius,  Attia. 

e.  Cajus,  Caja. 

EL.  /Èlius,  Ailia. 

HAT.  Adria  (città). 

L.  LS.  LR,  LTH.  Lar,  LarSy  Larthias. 

MA.  Marcus. 

PHA.  PHT.  Fausfus.,  Fausta. 

SE.  SEKS.  Sextus,  Sexta. 

TLA.  Telamon  (città)* 

TU.  Tuder  (città). 

TUA.  THN.  Thannia. 

V.  F.  FL.  FÉ.  FEL.   Velìus,  Velia. 
Fin  qui  Champollion. 

.\riodante  Fabretti  pubblica  ora  un  Glossarium  italicum,  in  quo  omnia  vocabula  con- 
tinentur  ex  Umbricis,  sabinis,  oscis,  volscis,  etruscis^  ceterisque  monumentis  quce  su- 
persunt  collecta.  Torino  1857.  Egli  dice  :  «  In  una  materia  così  difiìcile  sarebbe  strano 
desiderare  un  lexicon  alla  foggia  delle  lingue  conosciute,  antiche  o  moderne;  con- 
ciossiachè  accanto  alle  voci  di  sicura  spiegazione  avvene  molte  che  resistono  alla 
critica  e  non  permettono  che  congetture.  Non  tutte  le  voci  sono  chiarissime  nel  si- 
gnificato al  pari  delle  umbre  karne  carne,  vinu  vino,  purka  porca,  sif  sues, 
vitlu  m7u?o,  estesa,  fetu  facito,  seritu  servato,  peturpursus  quadrupedi- 
bus,  alfir  albifi,  rofa  rufa,  sai  voin  salvum,  karu  coram,  prufe  probe,  n  omne- 
per  prò  nomine,  pupluper  o  popluper  prò  popolo  ecc.;  —  delle  osche  aasas 
aras,  dolud  dolo,  ligud  lege,  genetai  genitrici,  k vaisst u  r  f/uaesior,  rega- 
turei  rectori,  aìkdafed  aedi/ìeavil,  d e ic u m  d/cerc,  fefacust  fecerit,  herest 
volet,  prùfatted  probavit,  set  sit,  alttram  alter am,  pus  f/uj,  a m  i r  i  cat ud 
immercato,  maliid  malo,  anter  inter,  contrud  cantra,  inim  cnim ,  nep  ne- 
que,  ecc.;  —  e  delle  etrusche  etera  altera,  clan  natus,  phuius  filius,  avils 
aetalis,  tnrce  donum,  tece  po-^uit,  ecc.  Un  gran  numero  di  vocaboli,  ripetuti  o 
modificati,  varrà  se  non  altro  a  fermare  certe  leggi  eufoniche  che  governavano  gli  an- 
tichi idiomi  italici;  ed  alcuni  nomi,  che  è  bene  conoscere,  dovranno  entrare  quan- 


244  ARCHEOLOGIA    E    DELLE    ARTI 

dochessia  nei  dizionarj  della  latina  favella  ,  come  quelli  delle  tuscaniche  divinità 
Tina  Juppiter ,  Thalna  Diana,  Turan  Venus,  Menrva  Minerva^  Sethlans 
Vulcanus;  o  passati  di  Grecia  in  Etruria  ,  come  Apln  Apollo,  Turms  Eour^t , 
Tethis  Thetis ,  oltre  una  folla  di  greci  eroi,  quali  li  ere  le  Hercules,  A  e  li  le 
Achillea,  Achmemrun  Ayamemnon,  Clulumita  Clytenìiìestra ,  Me  ni  e  Mene- 
laus,  Neptiane  Neoiitolemus.  Pentasila  Veiilìicsilea,  Urusthe  Oref^tes,  ecc. 
Un'opinioue  male  accreditata  e  la  pubblicazione  di  certi  alfabeti  antichi  d'Italia  guasti 
ed  errati  fanno  dire  a  molti  che  nulla  s'intenda  delle  vecchie  epigrafi  degli  Osci, 
degli  Umbri  e  degli  etruschi  ;  eppure  ad  ogni  passo  si  offrono  chiare  intere  locuzioni. 
Nelle  tavole  Eugubine  per  esempio: 

PVSEI  •  SVBRA  •  SCREHTO  •  EST  uti supra  scriptum  est;  VITLV  .  TORV 
TRIP  •  f£T\/ vitulos  taurostresf acito:  SALVA  •  SERITV  •  FVTV  •  POS 
(o  FONS)  •  PACER  ,   RASE  TVA  •  OCRE  PISI  TOTE  lOVINE  •  ERER 

NONNE  *  ERAR  NOMNE  st^if-^a  senato,  esto  volens,  propitius  pace  tua,  colli 
Fisio  civitati  Iguvinae.  ejus  (collis)  nomine  ,  ejus  (civitatis)  nomine  ;  —  e  nella  ta- 
vola osca  di  Banzia  SVAE  PIS  CONTRVD  EXEIC  PEFACVST  «'  <?«««  coJì^^a 
hoc  fecerit;  p|S  CEVS  BANTINS  PVST  9"»  civis  Bantinus  fuerit.  Nella  epi- 
grafia etrusca  un  gran  iiumeio  di  lejigende  funerarie,  più  preziose  se  bilingui  come 
questa  ^fl|+flBfl)  Vfl  ANfUNEì  HVT  —  P  •  VOLVMNIV2  A  •  F  •  ,VIO- 
LENS  CAPATIA  NATVS  ci  dà  una  serie  di  nomi  di  famiglie,  che  verosimil- 
nitule  passarono  dall'Elruna  in  Roma,  od  hanno  colle  romane  un  riscontro  storico  e 
filologico;  anzi  taluni  di  questi  nomi  rilevano  altrettanti  vocaboli  della  lingua  par- 
lata dagli  abitatcri  della  media  Italia,  come  i  gentilizj  cantini,  capras,  crace, 
crespe,  piante,  pumpo,  senate,  spurie,  sacria,  salvis,  vitli  ecc.  An- 
che qualche  etimologia,  |)rofessata  ab  antico,  viene  raddrizzata  col  soccorso  delle 
etrusche  inscrizioni;  per  esempio  la  voce  >j|SV  oil  >j|M\/  fusilli,  che  in  due  spec- 
chi metallici  indica  il  Sole  od  Apollo,  ivi  rappresentato  co' suoi  attributi,  ci  ricon- 
duce alla  famiglia  degli  Auseli  (Aurelii)  a  sole  diclam  (Paul.  pag.  23  ediz.  Miiller), 
ed  alla  radice  sanscrita  svar,  forma  primiiiva  di  sur  (splendere),  respingendo  il 
detto  di  Cicerone  (De  nat.  Deorum,  u,  68j:  Cum  sol  dictussit,  vel  quia  solus  ex  omni- 
bus sideribus  est  tantus^  vel  quia  cum  est  exortus,  obscurutis  omnibus,  solus  |(i/j/3are/. 

«  La  fratellanza  dei  vetusti  dialetti  sparsi  in  Italia,  riconosciuta  dai  segni  alfabetici,  si 
dimostra  meglio  coi  ripetuti  ratlVonti  delle  voci  umbre  ed  osche  ed  etrusche  in  tra 
loro  e  coll'idioma  latino;  così  l'osco  deded,econ  etruschi  caratteri  tetet,  era  tez 
nell'Etruria  e  forse  dede  nell'Umbria,  dedet  e  dede  (dedil)  nelle  bocche  del  po- 
polo romano.  Con  gl'idiotismi  ed  arcaismi  che  occorrono  spesso  nella  latina  epigrafia, 
si  avranno  ari^omenti  per  discorrere  fondatamente  intorno  alla  origine  della  lingua  ita- 
liana, più  remota  di  quel  che  generalmente  non  credesi ,  moltissime  forme  popolari 
verranno  innanzi,  raccolte  dai  monumenti  de'  più  bei  tempi  di  Ilouia  repubblicana 
e  dai  modesti  funebri  ricordi  dei  primi  martiri  della  Chiesa». 

DI  ciò  parlammo  a  disteso  nella  nostra  Storia  degli  Italiani.  Appendice  i. 

Testé  il  gesuita  Camillo  Tarquini,  professore  al  collegio  Romano,  stampò  /  misteri  della 
lingua  etrusca  svelati  (1857),  ove  pretende  che  essa  sia  semitica,  e  atTine  coll'ebrea. 
Né  più  s'accontenta  a  spiegare  qualche  parola,  ma  tutta  la  famosa  iscrizione  di  San 
Manno.  Questa  nel  lesto  etrusco,  colla  rispondenza  ebraica  e  la  versione  latina, 
direbbe: 

Cehen  Suti  Cohen  Seti  Sacerdos  Suti 

Chinliu  tues  Chintiu  loen  Quinlium  immolavit 

Sains  et  je  taure  Sei  a  issi  tor  calore  igniti  tauri 

,      .  ,  combustum  rite  : 

Laut  ne  se  cale  Laut  naa  se  caia  ^,^ .  ,,„,„„^,,  ,,( . 

Care  Secaliìi  ri.  Cara  Sccalim  ri  emil  pondo  {a'ris)  c.c\ 

Aules  Eartial  Eli   Lartial  Aulus  Larlia  nalus 

Precu  turasi  Ikraca  dores  favorem  tmplorans 


1 


ALKABCTl   IlAr.BAnl  245 

Làrlial  isle  Lartial  islc  Lartia  natus 

illudehat. 
Ce  sutan  al  Ce  soten  al  stc  insectaius  supra 

quemadnwilum  holocatistu  m 
Cale  nar  asi  Cola  nur  es  fiamma;  icjnis 

Et  panii  làut-ne  Ad  pane  lahut  la  ad  faciem  combusti  rile 

Purccus  ipa  Borea  jab  imprecalus  oìamavit 

Murùls  uà  Merots  u  Presentisce  ipse 

Ceru  Uumein  Caru  Rumim  Sic  en  romani 

Hece  tsari  Haga  tsar  murmuravit  adverfarius 

TuDÙr  ce  lu  Tannur  ce  Io  fornax  sic  non  dilaniai 

Tive  tselù  Tiva  tsaliiì  assatum  caput 

Ru$  ce  tiver.  Ros  ce  diver.  quemadmodum  verbum 

Stickel  sostiene  la  stessa  provenienza,  ma  ne  dissentono  i  più.  L'iscrizione  che  sta 
alla  statua  dell'Arriogatore  nel  museo  di  Firenze  è  da  questi  due  orientalisti  letta  quasi 
identicamente,  ma  la  interpretano  adulto  diverso.  Lo  Stickel  intende:  Un  Anlcsio , 
immagine  di  uomo  in  irritazione  contro  il  Clensio.  Dunque  è  annichilata  la  proprietà 
del  debole!  L'annientamento  d'ambo  gli  occhi  n'è  testimonio,  gli  occhi  dell'accecato  da 
percossa  col  pugno.  E  il  padre  Tarquini  Aulo  Metello  figlio  di  Velia  nato  da  Vesia,  il 
quale  cominciando  ad  arringare  rettamente  ^  ad  un  portento  pauroso  titubò,  perocché 
sguizzò  uu  grosso  serpente  fiammeggiante  con  occhi  di  fuoco  per  lo  passaggio  del 
tribunale. 

$  167.  —  Alfabeti  barbari. 

In  Ispagna,  prima  della  domiDazione  romana  e  fenicia,  usavasi  un  carattere,  rivelatoci 
dalla  copiosa  serie  di  monete  ispano-celtibere,  e  da  un  vaso  pubblicato  da  Velasques 
{EnsaijO  sobra  los  alphabeto^  de  las  letras  desconocidas  qne  se  encuentran  en  las  mas  an- 
tiquas  medallas  y  monumienlos  de  Espana.  Madrid  175:2_).  Sulla  natura  sua  non  bene 
convengono  fili  eruditi. 

Che  i  Galli  scrivessero  prima  della  dominazione  romana  è  attestato  da  Cesare,  il 
quale  soggiunge  si  valeano  dell'alfabeto  greco;  lo  che  significa  fosse  della  derivazione 
stessa  degli  altri.  Ma  nessuno  scritto  ne  alibiamo. 

1  Gallesi  d'Irlanda  pretendono  avere  quattro  alfabeti  lor  proprj  (Vai.lenoey,  Collectan. 
de  rebus  hiberniSj  N»  vuj,  dedotti  da  iscrizioni  antiche;  masi  dimostra  che  sono  o  degli 
Anglo-sassoni  o  dei  Teutoni;  o  forse  è  supposizione  gratuita. 

Tacito  parla  d'iscrizioni  sepolcrali  esistenti  sui  confini  della  Germania  e  della  Rezia; 
egli  le  chiama  greche,  ma  f(use  sono  runiche:  al  modo  che  Ackerblad  scambiò  per  ru- 
nici i  caratteri  vecchissimi  che  egli  primo  avvertì  sui  leoni  portati  da  Atene  a  Venezia, 
e  che  altri  leggono  come  antichissimo  greco  (Vedi  Scatidinav.  musceum  1800;  Magas. 
Encyclop.  anno  ix:  C.  Gkimm,  Deut^^che  Runnen,  tav.  v). 

Caratteri  runici  si  trovano  in  Danimarca,  Svezia.  Norvegia,  e  nelle  parti  più  setten- 
trionali della  Tarlarla  ;  e  son  formati  di  linee  perpendicolari,  ossia  di  I  in  varie  posi- 
zioni. Chi  vuol  trovarli  simili  ai  caratteri  persepolitani,  chi  agli  etruschi  ;  chi  ne  fa  an- 
tore  il  vescovo  L'Hila,  chi  il  dio  Odino:  ma  le  scritture  stesse  date  per  runiche  sono 
stranamente  diverse  le  une  dalle  altre. 

Edelestand  Dlmeril,  Essai  sur  Vorigine  des  Runes.  t8i4. 

§  168,  —  Scrittura   cinese. 

Fra  le  lingue  comuni  agli  scrittori  e  ai  monuraenti'antichissima  è  la  cinese.  I  cinesi 
fan  la  scrittura  inventata  da  Fo-hi,  cioè  prima  della  storia  ;  ed  è  ideografica,  unitovi 
un  elemento  fonetico.  I  grammatici  distinguono  i  caratteri  in  sei  classi  :  V  gl'indicativi, 


246  ARCHEOLOGIA   E   BELLE   ARTI 

cioè  esprimenti  UQa  qualità  ;  2-^  i  figurativi  che  rappresentano  la  forma;  3*  gli  ideofone- 
lici  composti  di  due  elementi,  uno  de' quali  rappresenta  l'immagine  generica  degli  og- 
getti e  delle  azioni,  l'altro  il  suono  della  lingua  parlata;  4^  a  senso  combinato,  come 
sole  e  luna  uniti  signilìcano  luce;  un  uomo  s'una  montagna,  eremila:  un  occliio  e  ac- 
qua, lacrime;  5^  gl'inversi,  clie  pel  modo  onde  sono  scritti  acquistano  una  significazione 
opposta  alla  primitiva  ;  6'^  i  metaforici 

L'iscrizione  di  Yu,  la  più  antica  islorica,  è  nel  carattere  inventato  da  Fo-hi.  A  questo 
ne  successe  un  altro  figurativo,  in  cui  furono  stesi  i  libri  sacri,  a  linee  sottili,  e  che  durò 
fin  alla  dinastia  degli  Man,  202  av.  C.  Una  varietà  di  esso  affatto  fantastica,  composta  di 
linee  dritte  e  rotte,  si  attribuisce  a  Li  sse,  210  av.  C,  e  si  adopera  pe'  suggelli.  Sotto 
la  dinastia  degli  Han  fu  inventata  la  scrittura  //,  di  linee  grosse,  che  talora  adoprasi 
nelle  prefazioni.  Nel  primo  secolo  dell'era  volgare  fu  inventata  la  scrittura  zcto,  corsivo 
rapido  e  legato,  e  perciò  diffìcile  a  leggere.  Quella  adoprata  ora  generalmente  per  la 
stampa  è  un  perfezionamento  della  predetta,  con  regole  calligrafiche  e  regolarità  di  for- 
me, né  più  nulla  conserva  della  primiera  indole  figurativa.  Quella  dei  manoscritti,  fatta 
col  pennello,  è  più  libera,  capace  d'eleganza,  e  facile  anche  a  leggere. 

I  Giapponesi  adottarono  la  scrittura  cinese,  ma  non  essendo  monosillabica  la  loro 
lingua,  subì  alterazioni,  e  finì  per  diventare  scrittura  sillabica. 

§  1G9.  —  Direzione  delle  scritture. 

Delle  iscrizioni  di  questi  ultimi  popoli  noi  non  abbiamo  a  parlare.  In  quanto  alle  al- 
fabetiche, ponno  essere  scritte  da  destra  a  sinistra,  come  l'ebraico  e  la  più  parte  delle 
semitiche;  o  da  sinistra  a  destra,  come  le  giapetiche.  Scritto  buslrofedon  o  a  solco  di- 
cesi quello,  dove,  cominciato  da  destra  a  sinistra,  e  finita  la  linea,  si  torna  da  sinistra 
a  destra,  a  guisa  dei  solchi  d'un  campo  (fto'o?  itczo'-.ì,^  voltata  delòove).  Trovasi  qualche 
scrittura  cicloa,  cioè  in  giro.  I  Cinesi  sottopongono  una  sillaba  all'altra,  cioè  in  linee 
verticali  anziché  orizzontali;  modo  che  s'incontra  in  qualche  monumento  latino  ed 
etrusco,  e  chiamasi  kiodenon;  e  più  spesso  ne'  geroglifici. 

Negli  Etruschi  è  un  modo  di  scrivere  che  intitolano  spyridion,  ove  le  linee  imitano 
un  paniere,  allargandosi  dalla  base  alla  sommità. 

§  170.  —  Forma  delle  iscrizioni,  e  ortografia. 

Le  epigrafi  antiche  sono  scritte  a  colori,  o  incise,  o  a  rilievo.  In  Egitto  sono  spesso 
scritte,  0  piuttosto  dipinte  sopra  una  superficie:  ne'  monumenti  etruschi  parimenti, 
ovvero  graffite  con  un  acuto,  indi  colorate  di  rosso  o  nero.  Così  tinte  erano  quelle  dei 
sepolcri  degli  Scipioni,  rinvenute  nel  1781.  Agli  edifizj  suntuosi,  come  a  frontoni  di 
tempj,  si  attaccavano  lettere  metalliche.  Ques-te  sparvero,  ma  dai  buchi  lasciativi  dai 
chiodi  Seguier  interpretò  l'iscrizione  della  Casa  Quadrata  di  Nimes. 

Le  iscrizioni  isolate,  sono  le  più  sovra  un  marmo  o  una  lastra  metallica  semplici.  Altre 
volte  le  accompagnano  dei  fregi. 

Le  stele  sono  lastre  di  marmo  per  decorazione  delle  tombe,  alte  da  1  a  IS  piedi,  e 
larghe  circa  la  metà  dell'altezza;  coperte  d'un  piccoli)  frontone:  le  più  strette  erano 
coronate  da  un'autefissa.  Il  campo  era  scolpilo  a  bassorilievo,  oppure  a  figure  dipinte, 
quali  !-e  ne  trovarono  dinanzi  al  Pireo;  oltre  l'iscrizione.  Le  sculture  sono  di  soggetti 
individuali,  una  figura  assisa,  un  congedo:  poche  sono  misliche  e  mitologiche.  Da 
(juesla  forma  venne  il  cippo  romano,  destinato  agli  usi  stessi,  ma  più  grosso,  e  talora 
sosteneva  statue.  Sopra  colonne  ne  scrissero  Greci  e  Latini  ed  Etruschi;  e  su  colonne 
scoli)ivano  i  Greci  i  pubblici  decreti. 

Talvolta  l'iscrizione  è  su  due  lati  [opistogroplia),  e  in  alcune  pochissime  lo  fu  dall'o- 
rigine, come  le  tavole  d'Eraclea;  la  tavola  bilingue  osca  e  latina,  delta  Dantiniana  per- 
chè trovala  in  Banlia  in  Lucania  verso  il  ■1795;  le  leggi  Toria  e  bervilia,  dianzi  restau- 
rate da  Klonze  [Fragmenta  legis  Servilice  repelundarum.  lìerlino  1855Je  Rudorff  (Zeit- 
schrij !  [tir  geschidilliche  Rechtf'ivisf:enschafl.  d859j.  Altre  volle  son  così  scritte  perchè 
il  marmo  slesso  fu  adopralo  per  elogio  o  per  memoria  d'altra  persona  o  d'altro  fatto. 
Non  rare  s'inconlrano  le  iscrizioni  abrase,  (juclle  massimamente  in  lode  d'imperatori, 


roHMA  E  outoghaiia  Mìllf,  Iscp.izIom  !247 

in  cui,  per  piacenteria  al  successore  o  per  ira  popolare,  veniva  cancellato  il  nome  di 
essi. 

Oltre  la  varietà  de' caratteri,  varia  pure  sovente  l'ortografia,  sia  per  incostanza  di 
pronunzia,  sia  più  spesso  per  ignoranza  o  negligenza  dell'intiigiialore. 

Quanto  ai  punti,  se  ne  trovano  nelle  iscrizioni  cuneiformi,  non  nelle  palmirene  e  nelle 
fenicie,  e  vagamente  nelle  etrusclie.  i.e  latine  or  non  ne  hanno,  or  uno  e  fin  due  tra 
ciascuna  parola,  ora  perfino  tra  le  composizioni  d'una  stessa  parola:  con.  parvervìNt; 
IN.  CON.  PA.  RA.  BILI.  Nel  musco  Kircheriano  è  una  iscrizione  punteggiata  ad  ogni  sil- 
laba:   vi.   TA.   LI.   AE.    CON.    COR.   DI.  AE.  CO.  JV.   Gì.   BE.   NE.   ME.   REN.   TI.    E  Un'altra:  IN. 

VI.  CTAE.  coE.  LE.  STI.  v.  RA.  NI.  AE.  DONA.  To.  In  luogo  di  punti  talora  sono  palmelte, 
0  piccoli  cuori,  od  altri  capricci.  In  un  decreto  dei  centumviri  del  municipio  di  Vejo 
a  favore  di  un  liberto  d'Augusto,  è  ad  ogni  periodo  interposto  un  segno  d'interroga- 
zione (?)  Fabretti,  cap.  III.  oM).  Altre  volte  si  hanno  i  due  punti  (  :  j  ;  pure  nella  scrit- 
tura ordinaria  non  si  usava  distinguere  il  periodo  coi  punti  come  facciam  noi. 

L'apice  0  accento  ai  tempi  di  Quintiliano  metteasi  spesso  sulle  vocali  lunghe;  ma 
nelle  lapidi  è  talvolta  profuso,  come  ratio.mbvs,  felìcì  ecc  Rari  trovansi  ne'  greci 
marmi;  e  si  sa  che  comparativamente  moderno  è  l'uso  degli  accenti  e  degli  spiriti 
nella  scrittura  greca. 

La  h  in  segno  d'aspirazione  è  antica,  e  talvolta  ne  tien  vece  Vi;  come  evtycivs. 
Gli  Eolj  usavano  il  digamma  F,  che  spesso  prende  la  forma  di  V  o  di  [  ].  Rovesciato 
così''j  trovasi  in  qualche  monumento  dell'imperatore  Claudio,  che  ne  fu  inventore. 

Lettere  raddoppiate  senza  bisogno,  o  viziosamente  ommesse,  o  trasposte,  saranno 
colpa  de'  quadratarj  ;  ma  sovente  è  errata  la  sintassi,  e  ancor  più  sovente  il  verso,  come 
vedremo.  Noi  non  moltiplicheremo  le  regole  per  ben  leggere  le  lapidi,  attesoché  questo 
s'impara  meglio  colla  pratica.  Certo  è  difficilissimo,  alcune  essendo  appena  graffiate 
con  un  acuto,  altre  guaste  dal  tempo,  altre  spezzate,  altre  smartellate.  L'erudizione 
arriva  talvolta  a  divinazioni  che  sembrano  portentose. 

Gran  difficoltà  recano  alla  lettura  le  sigle,  o  abbreviazioni.  Il  Maflei,  il  Corsini,  il 
Piacentini  ne  esibirono  delle  raccolte:  una  più  ampia  l'inglese  Roberto  Ainsworth  (The- 
saurus lingue  lalince  compend.  Londra  1796);  e  ne  discorse  con  maestria  il  Morcelli. 

Delle  iscrizioni  che  non  possono  trasportarsi,  oggi  si  trae  un  fac-simile  a  questo 
modo.  Pulita  l'iscrizione  e  bagnata  con  acqua  di  colla  di  riso  o  di  qualsiasi  farina,  vi 
si  adatta  un  foglio  inumidito  con  una  spugna,  e  vi  si  balte  sopra  leggermente  con  una 
spazzola  abbastanza  morbida,  in  modo  che  s'adatti  all'incavo  di  ciascuna  lettera  o  fi- 
gura. Indi  si  leva  il  foglio,  sul  quale  resta  l'impronta,  e  si  conserva  anche  dopo  asciu- 
gato. Così  si  ha  non  solo  la  fedele  trascrizione  dell'epigrafe,  ma  anche  la  forma  dei 
caratteri  ed  ogni  accidente. 

g  171.  —  Dell'età  loro. 

È  di  primaria  importanza  il  riconoscere  l'età  d'una  epigrafe.  Deducesi  dallo  stato 
dell'arie,  dalla  forma  de'  caratteri,  dal  dialetto,  il  qual  ultimo  serve  pure  a  determi- 
nare il  luogo  dove  una  lapida  era  posta.  L'anno,  per  le  romane,  ordinariamente  è  di- 
notato col  nome  de' consoli:  nelle  greche  con  quel  de' magistrati  eponimi,  che  erano 
varj  nelle  diverse  città.  Ma  riguardo  alle  ère,  molta  confusione  reca  la  loro  varietà, 
che  era  grandissima  fra  le  città  greche.  Anche  i  nomi  de'  mesi  variavano  in  esse,  talché 
servono  a  determinare  di  che  paese  sia  una  lapide. 

Solo  tardi  i  Greci  adottarono  regolarmente  le  ventiquattro  lettere  dell'alfabeto  iper 
esprimere  i  numeri  secondo  l'ordine  loro:  anticamente  erano  questi  diversissimi,  il  che 
cagiona  gran  confusione. 

Nelle  iscrizioni  latine  ajuta  molto  la  cognizione  delle  parole  introdotte  o  dismesse 
in  diversi  tempi,  e  delle  dignità  proprie  de'  successivi  periodi  della  Repubblica  e  del- 
l'Impero. 


ARCHEOLOGIA   E   BELLE   ARTI 


§  172.  —  Iscrizioni  di  collegi. 

Alcune  iscrizioni  sono  bilingui;  come  greche  e  palmirene,  latine  e  greche,  latine  e 
etnische,  oltre  la  trilingue  di  Rosetta.  Gardner  Wilkinson  additò  or  ora  un'iscrizione 
bilingue  sopra  un  vaso  del  tesoro  di  San  Marco.  Una  greco-fenicia  fu  trovata  ad  Atene 
il  1841.  Una  egizio-fenicia  è  in  un  bassorilievo  di  Carpentras;  e  un'altra  fu  dalla  ne- 
cropoli di  Menfi  recata  testé  a  Roma,  illustrate  entrambe  dal  Lanci.  Fulgenzio  Fresnel 
nel  Journal  asiatique  del  18i6  pubblicò  due  epitafj  trilingui,  latino,  greco,  punico, 
trovati  a  Leptis  Magna,  il  cui  latino  è  Boncar  Mecrasi  Clodim  Medicus  —  Bijrycth  Bal- 
ftilechis  F.  mater  Clodii  Medici.  Testé  una  latina,  greca,  fenicia  fu  trovata  in  Pauli 
Gerrei  di  Sardegna,  e  illustrata  da  Giovanni  Spano  (Torino,  18C2). 

Preziosissime  sono,  come  quelle  che  possono  esibire  la  chiave  di  linguaggi  ignoti: 
ma  il  vantaggio  è  assai  minore  che  non  parrebbe,  atteso  che  non  sempre  sono  identiche 
nelle  due  lingue.  \  a  Bantiana,  che  testé  mentovammo,  e  che  fu  pubblicata  primamente 
dal  Marini  nel  1795,  speravasi  dovesse  dar  la  chiave  della  lingua  osca:  ma  Klenze 
{Rìieinisches  Museum,  1858,  p.  2(ij  dimostrò  che  il  testo  osco  sopra  un  lato  della  ta- 
vola di  bronzo  è  un  decreto  della  città  di  Bantia,  mentre  il  latino  è  una  legge  romana 
contro  le  concussioni.  Al  promontorio  Miseno  fu  trovata  questa:  deo  MAG^o  et  fato 
BONO  VAL.  inr  perfectissimus  piìaeff.ctvs  classis  misen.  vice  vindicis  cordianoe  votuvi 
solvit:  &Ea\  IMEnsTill  KAI  KAAHl  MOIPAI  OYAAENS  APKHN  API^iìN  ElIAt  OV 
MEIZHNIIN  STOAOr  ESTHSA  BflMON  EKTEAHN  EVXHN  EMIIN  ;  cioè  Al  dio  mas- 
simo e  al  fato  buono,  io  Valente,  creato  prefetto  dell'armata  misenese,  dedicai  quest'altare 
adempiendo  il  voto. 

11  miglior  metodo  per  iscoprire  gli  alfabeti  ignoti  è  di  pigliare  i  nomi  proprj,  i  quali 
devono  esser  simili  in  ambe  le  lingue,  e  dedurne  le  lettere.  Ma  dopo  fatta  la  trascri- 
zione, si  ignora  la  lingua,  siccome  è  dell'etrusca  e  di  quella  adoperata  per  alcune 
scritture  cuneiformi. 


§  173.  ■ —  Epigrafia.  — Principali  iscrizioni. 

Fra  le  iscrizioni  classiche  le  piìi  considerevoli  e  rinomate  sono  la  Tavola  alimentare 
di  Velleja,  detta  Trajana,  ove  in  sette  colonne  sono  designati  i  poderi  che  devono 
contribuire  alimento  ad  alquanti  fanciulli  legittimi  e  spurj. 

Le  Tavole  Eugubine,  poc'anzi  accennate. 

Il  senatoconsulto  del  S68  di  Roma  contro  i  Baccanali,  trovato  in  Calabria  neM692, 
e  che  conservasi  nel  museo  di  Vienna. 

La  legge  degli  scribi,  viaggiatori  e  banditori  del  popolo  romano,  ora  nel  museo 
Borbonico, 

La  lamina  volsca.  che  parla  d'un  sacrifizio. 

Le  Tavole  Eracleefii,  che  sono  due  lamine  di  bronzo,  trovate  nel  1732  presso  Meta- 
ponto, ed  ora  nel  museo  Borbonico.  Di  esse  la  prima,  scritta  500  anni  av.  Cr.,  con- 
tiene la  misura  di  un  campo  sacro  a  Bacco,  ed  usurpato  in  parte  da  alcuni  Eracleoti  ; 
l'altra  è  la  misura  e  locazione  d'un  altro  campo  consacrato  a  Minerva:  sono  in  greco, 
ma  la  prima  è  opistografa,  e  nella  faccia  posteriore  contiene  in  latino  le  leggi  munici- 
pali adottate  da  quel  paese  assai  più  tardi.  Un'altra  tavola,  pesante  57  lilibrc  romane, 
posseduta  dal  Ficoroni,  poi  passala  in  Inghilterra,  contiene  una  leg;^e  sull'obbligo  di 
notificare  i  negozj  di  forestieri,  sul  privilegio  d'aver  cocchi,  e  sul  tenere  puliti  i  portici 
e  le  vie  pubbliche. 

L'iscrizione  d'Amiclea,  fatta  conoscere  da  Fourmont,  è  bustrofcda,  e  contiene  un 
lungo  catalogo,  che  credesi  di  sacerdotesse  d'Apollo  Amicleo,  cominciando  255  anni 
av.  la  guerra  di  Troja,  e  aggiungendone  fin  verso  l'SiSav.  Cristo. 

Rilevantissimi  sono  per  la  cronologia  i  marmi  di  Arundel  e  i  Capitolini. 

Quella  di  cui  si  fece  inaggiore  studio  nel  secol  nostro,  è  la  stela  di  Rosetta. 

Illustre  è  anche  l'iscrizione  Sigea  greca  antichissima,  scritta  a  bustrofedon  2o00 
anni  fa. 


EPIGRAFIA.   ISCRIZIONI  PRINCIPALI  249 

Si  contano  fra  le  grandi  iscrizioni  eziandio  i  quattro  marmi  greci  dorici,  trovati 
nel  1833  n  Taormina  in  Sicilia,  e  che  recano  molto  lume  alla  costituzione  interna  di 
quella  repubblica. 

Ant.  Aiici;STiNi,  Lcges  et  senalusconsulta ,  quce  in  leteribus  cum  ex  lapide  lutnvx  cere  rcperiunlur. 

Roma  1583. 
Brissomo,  De  formulis  et  solemnibus  Populi  Romani  verbis^  libri  odo.  l'arijji  1583. 
Matteo  Kgizio,  Senntusconsullum  de  Dnccanalibus.  Napoli  1729. 
MAZoc.Cur,  Tahul(v  lleraclcenses.  Ivi  1734. 
RIarim,  Fralres  .Irrales. 
Phideaux,  Mannara  Oxonicnsia. 

Lami,  Tavola  aìimentare  Vellejate.  Tavola  legislativa  della  Gallia  cisalpina. 
BlA^c^lM,   Iscrizioni  sepolcrali  de'  servi  e  liberti  della  casa  d^lugusto. 
Gobi,  Columbar.  tibertorum  et  servorum  Litico  Aug.  et  Cccs. 
SiEBE\KES,  Exposilio  tab.  hospit.  ex  cere.  Roma  1789. 
Giorgio  Fabhicio  ,  Antiquitulis  monumenta  insignia  ex  are,  marmoribus ,  membranisve  veteribus 

collecta.  Basilea  1  d'ì9. 
GiiEvus,   Corpus  inscriplionutn  anliquarxim  tolius  orbis-  Amsterdam  1707,  4  voi.  in-fol. 
Rei>esii'S,  Synlagma  inscriplionum  a  Grillerò  omissarum.  Lipsia  1682. 
DOM,  Inscripliones  antiquw.   Firenze  1731. 
OnsATO,  Marmi  eruditi.   Padova  1GI9. 
ISIarquardo  GiJDiO,  Inscriptiones  antiqua;.  -1731. 
Cmsiici.l.,  Antiquilates  asinlicce.  Londra  1728. 

LoD.  Muratori,  Novus  thesaurus  inscriplionum.  Milano  1739,  A  voi. 
Scip.  Maffei,  Museum  vcronense.   1759. 

GORI,   Inscripliones  antiqua;  in  Eiruriw  urhibus  extantes.  Firenze  l727-''i3. 
POKOCKE,  Inscriplionum  aniiquarum  liber.  -1732  (per  l'Oriente). 
Passio^ei,   Iscrizioni  antiche.  Lucca  1763. 
Chaindler,   Inscripliones  antiquas.  Oxford  i774. 

Goettling,  Funfzehn  romische  Urkunden  auf  Erz  und  Stein.  Alla  1843. 
JIOMMSEiv,  Inscripliones  regni  neapoletani  latina:.  Sono  l'opera  epigrafica  forse  più  notevole  dopo  quella 

del  .Marini. 

§  174.  —  Classificazione  degli  epìgrafi; 

Mentre  le  monete  sogliono  ordinarsi  geograficaraente,  le  epigrafi,  sì  nelle  raccolte  a 
stampa,  sì  ne'  musei,  dispongonsi  per  materie.  Lasciando  a  parte  le  suddivisioni,  |)os- 
sono  distinguersi  in  religiose  o  votive;  storiche;  onorarie  od  elogi;  pubbliche  o  mo- 
numentali; giuridiche;  mortuarie;  miscellanee. 

§  175.  — ■  Iscrizioni  religiose.  I  nomi  e  le  famiglie  romane. 

Le  iscrizioni  religione  o  sacre  sono  le  piìi  abbondanti.  Vi  appartengono  in  gran  parte 
le  egizie  geroglifiche  e  molte  italiote,  e  tali  pajono  le  famose  Eugubine  e  la  perugina 
di  San  Manno. 

Fermandoci  specialmente  alle  latine  e  greche,  alcune  sono  in  memoria  di  Dei  o  se- 
midei; altre  apposte  a  tempj,  are,  boschi  o  luoghi  consacrali,  per  sacrifizj,  voti, 
feste,  solennità,  per  sacerdoti  o  loro  confraternite,  quali  sono  gli  atti  dei  Fratelli  Ar- 
vali  di  Roma,  e  quella  d'Amiclea:  infine  i  calendarj. 

Molte  volte  si  limitano  al  nome  del  dedicante,  quando  sono  scritte  sull'oggetto  de- 
dicato; per  esempio:  nOAVKPATIls  ANE0HKE;  C.  Pompo.mos  Virios  i'Osvit. 

I  Greci  prendevano  un  solo  nome,  e  nella  vita  comune  usavano  molto  i  soprannomi. 
Gli  Elruschi  pare  avessero  un  nome  solo;  i  Sabini  due,  uno  indicante  l'individuo 
l'altro  la  gente,  e  talvolta  v'aggiungeano  quel  della  gente  delia  madre,  I  primi  Ro- 
mani pure  un  nome  solo,  Romolo,  Remo,  Faustulo,  Ascanio  ecc.  ;  presto  ne  occor- 
rono due.  Noma  Pompilio,  Mezio  Fufl'czio,  al  modo  sabino:  e  Niebuhr  vorrebbe  si 
potesse  distinguere  gli  originar]  delle  primitive  tribù,  dal  finirsi  in  tia  quei  dell'e- 
trusca,  come  Vibenna,  vSpurinna,  Forsena,  Mastarna ecc.,  in /«.<;,  ejus,aeus  ^\\  oriundi 
sabini  e  romani.  Dappoi  l'ordine  regolare  dei  nomi  era  pan-nonien,  ìiomen  genlilium. 


250  ARCHEOLOGIA   E   BELLE   ARTI 

cognomen  primuni)  cognomen  secundum  o  agnomen:  il  primo  indicava  l'individuo, 
come  i  nostri  di  battesimo,  e  davasi  al  bambino  nove  giorni  dopo  la  nascita:  il  se- 
condo la  gente,  e  per  lo  più  assegnavasi  ai  maschi  quando  assumevano  la  toga  vi- 
rile, alle  femmine  nel  matrimonio;  il  terzo  la  famij;lia;  il  quarto  era  per  onoranza. 
Una  legge  del  514  di  Roma,  dataci  da  Planude,  poi  dal  Maj  nei  frammenti  di  Dione, 
ordinò  che  ai  primogeniti  si  imponesse  sempre  il  nome  del  genitore.  Gli  schiavi  aveano 
un  nome  solo,  spesso  greco  od  esprimente  la  loro  provenienza  o  il  nome  del  padre: 
Frigius  Marcipor  (puer).  Emancipandosi  assumevano  il  nome  gentilizio  del  padrone, 
e  sovente  anche  il  nome  di  lui  :  lo  schiavo  Crisogono  emancipato  da  L.  Cornelio 
Siila,  chiamasi  L.  Cornelius  Chrysogonus  (Cicehone,  prò  R.  Amerino  2).  Lo  stesso 
usavano  gli  adottati  e  gli  ammessi  alla  cittadinanza  per  favore  d'alcuno;  così  Q.  Ce- 
cilio  Dione  fatto  cittadino  s'intitolò  Q.  Cecilio  Metello. 

Il  nome  del  poeta  Orazio  deriva  egli  dall'essere  stato  suo  padre  liberto  della  insigne  fa- 
miglia Grazia,  o  antico  servo  della  città  di  Venosa,  ascritta  alla  tribù  Grazia?  Ne 
disputano  i  dotti;  e  i  più  propendono  per  la  seconda  opinione:  ma  questa  è  ripu- 
diata dal  cav.  Henzen,  il  quale  asserisce  non  esservi  esempio  d'alcun  liberto  che 
traesse  nome  da  una  tribù,  bensì  o  semplicemente  Senaiii,  Publicii^  o  dal  nome  di 
una  città,  Campanìus,  Potentinus,  Venafrinus,  o  dalle  corporazioni  cui  erano  addetti, 
Gerulonius,  Fabricia,  Centonia,  ecc.  {Bullettino  di  corrisp,  archeol.  1837). 

Nelle  Memorie  dell'Accademia  delle  Iscrizioni  e  jBelle  Lettere  del  1851  merita  esser 
letta  una  dissertazione  di  Letronne  sull'utilità  che  può  cavarsi  dallo  studio  de'  nomi 
proprj  greci  per  la  storia  e  l'archeologia. 

Qui  esibiremo  la  serie  delle  genti  o  casati  romani,  ricordati  dalla  storia  prima  degl'im- 
peratori, anche  perchè  giova  conoscerle  per  interpretare  le  epigrafi: 

1.  Gens  .Emilia  pretendeva  discendere  da  Emilio  figlio  d'Ascanio.  Spesso  adottava  il 
prenome  Mamercus,  che  indicò  poscia  un  dei  rami,  mentre  l'altro  fu  detto  Lcpidus. 
Dai  Marnerei  si  formò  il  ramo  Paulus,  diviso  esso  pure  in  Pauli  e  Lepidi. 

2.  Gens  Antonia  voleva  derivare  da  Ercole. 

3.  Gens  Clelia,  da  un  compagno  d'Enea,  ed  ebbe  fra  suoi  la  famosa  Clelia. 

4.  Gens  Fabia,  da  un  fratello  d'Ercole.  Trecentosei  perirono  a  Cremerà,  e  rimase  solo 
Q.  Fabio  Vibulano.  Questo  cognome  volevano  derivare  da  Vibo,  città  de'  Bruzj  fon- 
data da  Ercole;  e  fu  mutato  in  Ambustus  per  una  saetta  che  colpì  uno  di  quella 
casa.  Il  ramo  più  celebre  degli  Ambusti  era  il  Maximus ,  da  cui  fu  Fabio  Massimo, 
che  salvò  Roma  da  Annibale,  e  che  venne  chiamato  Verrucosus  in  grazia  di  un  porro 
che  aveva  sul  labbro,  AvicuUt  per  la  naturale  sua  bontà,  e  Cunctalor  pel  temporeg- 
giare con  cui  ripristinò  le  cose.  Finì  questa  casa  nel  i  secolo  d.  C. 

5.  Gens  Gegania,  da  Già  compagno  di  Enea, 

6.  Gens  Julia,  da  Julo  figlio  d'Ascanio.  Da  C.  Giulio  Julo  console  nel  265  di  Roma, 
veniva  il  ramo  dei  Libo^  che  uscente  il  v  secolo  prese  il  nome  di  Cesare,  o  perchè 
uno  dei  suoi  membri  fosse  venuto  in  luce  pel  taglio  cesareo ,  o  perchè  avesse  ucciso 
un  elefante,  che  tal  nome  porta  in  lingua  punica. 

7.  Gens  Jijnia,  da  un  Giunio  compagno  d'Enea.  Era  di  questi  L.  Giunio  Bruto,  espul- 
sore dei  re;  e  coi  due  figli  ch'e'  mandò  al  supplizio  finì  quella  casa,  essendo  plebei  i 
Giunj  che  dappoi  s'incontrano. 

8.  Gens  Nautia.  Naute,  compagno  d'Enea,  ottenne  per  la  sua  famiglia  il  privilegio 
di  esser  sacerdote  di^Fallade.  1  membri  di  questa  casa  presero  il  soprannome  Pìutilus, 
e  spesso  il  prenome  Spurius;  e  l'ultimo  nominato  fu  il  console  del  467. 

9.  Gens  Quinctia.  Tre  rami  s'illustrarono, il  Capitolinun^iì  Cincinnatus  e  il  Flaminius. 
Nel  VI  secolo,  ai  Capitolini  e  ai  Barbati  succedono  i  Crispini  detti  dai  capelli  crespi. 
Anche  i  Cincinnati  son  detti  dai  ricci,  suddivisi  poi  in  due  rami,  di  cui  il  cadetto  si 
chiamò  Pennus:  nel  403  cessano  di  comparir  nella  storia,  sopravivendo  oscuri;  Ca- 
ligola loro  vietò  di  portare  i  capelli  ricci.  1  Flaminj  ebbero  tal  nome  dal  essere  fla- 
mini di  Giove:  dopo  il  vincitor  di  Filippo,  console  nel  651,  più  non  si  parla  di  (luesto 
casato. 

10.  Gens  Sergia,  da  Sergeste  compagno  d'Enea:  suoi  rami  principali  i  Fidena  e  i 
Silo.  L'ultimo  de'  Fidena  conosciuti  era  tribuno  militare  nel  375.  I  Silo,  così  detti 


NOMI   E    t'AMICME   hOMANE  2^1 

dal  fondatore  di  questa  casa  che  avea  il  naso  ritorto,  diedero  il  famoso  Catilina. 

H.  Gens  Sehvilia.  Principali  rami  i  Prùci  e  i  Cepiones.  Alcuni  di  quelli  portarono  il 
soprannome  di  Aliala  o  Axilla,  da  un  difetto  nelle  spalle;  e  scompiijono  dopo  il  v 
secolo.  Da'  Copioni  usciva  la  madre  di  M.  Bruto,  che  adottalo  dallo  zio,  prese  i  nomi 
di  Q.  Servilio  Cepione  Bruto.  Con  lui  finirono  i  Servilj.  N'era  un'altra  famiglia  plebea. 

i2.  Gens  Valeria,  discendente  da  Voluso  venuto  a  lioma  con  Tazio.  P.  Valerio  Voluso 
fu  console  il  i"  anno  della  repubblica,  ed  ebbe  il  titolo  di  PopHcola.  Suo  fratello, 
dittatore  nel  2G0 ,  chiamossi  Massimo  per  aver  riconciliato  il  senato  col  popolo.  Da 
questi  due  fratelli  discesero  due  linee.  Quella  del  maggiore  si  suddivise  in  due  colla- 
terali, i  Popikula  e  i  Potiti.,  detti  poi  Flacci  nel  v  secolo.  La  linea  del  Massimo  prese 
poi  anche  il  nome  di  Corvius  o  Corvinus ,  in  memoria  del  combattimento  con  un 
Gallo,  sostenuto  dal  più  famoso  di  lor  casa  11  pronipote  suo  aggiunse  ancora  il  nome 
di  Messala  per  aver  preso  Messina.  Discendea  da  loro  M.  Messala  Corvino,  protettore 
di  Tibullo;  poi  Messalina  sposa  di  Claudio.  Altri  rami  di  questa  casa  erano  i  Levinus, 
i  Fallo  ecc.  oltre  i  plebei. 

J3.  Gens  Vetma  ,  oriunda  sabina.  Un  Vettio  fu  interré  fra  Romolo  e  Numa.  Juclex 
chiamavasi  una  sua  linea. 

il.  Gens  Vitellia  è  delle  antichissime;  voleva  provenire  da  Fauno  re  degli  Aborigeni 
e  dalla  dea  Vitellia:  ma  restò  oscura  fin  all'imperatore  Vitellio. 

Da  queste  quattordici  case,  sangue  purissimo  di  semidei ,  veniamo  alle  minores  gentes: 

1.  Gens  ìEbutia.  Dal  ramo  Elva  uscirono  varj  consoli  nel  ni  e  iv  secolo. 

2.  Gens  .Eteiua  o  Ateiua,  in  cui  erano  i  Fontinales. 

3.  Ge.ns  Aquilia,  da  aquilus  nero.  Erano  di  essi  quello  cui  Mitradate  VII  fé  colar  oro 
in  gola,  e  il  giureconsulto  che  fu  pretore  con  Cicerone. 

4.  Gens  Atilia,  col  soprannome  di  Longus. 

b.  Gens  Cassia.  Suoi  rami  i  Longini  e  i  Viscellini:  solo  i  primi  s'illustrarono. 

6.  Gens  Claudia.  Atto  Clauso  Regillense  ricco  sabino  ,  mutatosi  a  Roma  dopo  la  cac- 
ciata dei  re ,  prese  il  nome  di  Appio  Claudio ,  donde  la  gente  più  arrogante.  Suo 
nipote  fu  decemviro:  un  altro  costruì  la  via  Appia  ed  ebbe  soprannome  di  Cieco.  Uno 
de'  suoi  figli  diede  il  soprannome  di  Pulcher  alla  sua  linea,  estintasi  nella  guerra  ci- 
vile. 11  Clodio  famoso  si  fé  adottare  da  un  plebeo.  Da  un  altro,  soprannominato  Nero 
che  in  sabino  vuol  dir  prode,  vennero  Tiberio,  Claudio,  Caligola,  con  cui  finì  la  gente 
Claudia  patrizia,  stata  cinque  volte  alla  dittatura,  ventotto  al  consolato,  sette  alla 
censura;  menato  sei  trionfi  e  due  ovazioni. 

7.  Gens  Cominia.  Due  rami,  Aruncus  e  Laurentinus. 

8.  Gens  Coknei.ia  ,  la  più  numerosa  ed  illustre,  pei  più  grand'uomini.  De'  molti  suoi 
rami,  quattro  soli  son  certamente  patrizj  : 

a)  1  Lentuli,  detti  da  uno  che  aveva  la  pelle  chiazzata  di  lentigini,  o  che  introdusse 
la  coltivazione  delle  lenti.  Il  primo  console  loro  trovasi  nel  45]  ,  l'ultimo  nel  730, 
P.  Cornelio  Lenttilo,  console  nel  683,  fu  cognominato  Sura ,  polpaccio  della  gamba  , 
perchè  avendogli  Siila  chiesto  conto  del  denaro  amministrato  come  questore ,  ej:li 
rispose  che  la  sua  gamba  ne  renderebbe  ragione,  alludendo  a  un  trastullo  fanciullesco, 
ove  chi  mancava  di  sveltezza,  era  percosso  su  quella  parte. 

b)  I  Malugineiises.  Un  ramo  ebbe  nome  di  Cossus  cioè  rugoso,  poi  d'Arvina  grasso, 
e)  I  lìufini,  nominati  dal  colore  de'  capelli,  illustrati  principalmente  da  Siila  dittatore, 

li  cui  bisavo  avea  avuto  tal  soprannome  ,  perchè  l'oracolo  sibillino  l'avea  incaricato 
di  celebrare  i  giuochi  ad  onore  d'Apollo, 
d)  Gli  Scipiones,  il  più  famoso  ramo:  proviene  da  uno  che  a  suo  padre  cieco  serviva 
di  bastone  (az/miov).  Nel  iv  secolo  si  divisero  in  quattro  linee,  Ilispallus,  Nasica, 
Africanus,  Asiaticus.  Gli  Ispalli  furono  i  meno  illustri,  detti  da  Hispanus  un  di  loro 
che  portò  primo  la  notizia  della  conquista  di  Spagna  fatta  da  suo  fratello.  I 
Nasica  durarono  a  lungo,  e  sotto  Nerone  uno  d'essi  era  sposo  di  Poppoa.  Gli  Africani 
ed  Asiatici  venivano  dai  due  fratelli  vincitori  d'Annibale  e  d'Antioco  :  il  primo  adottò 
il  figlio  di  P.  Emilio,  che  non  ebbe  discendenza;  degli  Asiatici  trovasi  un  console 
nel  671.  Dice  Cicerone,  che  fin  a  Siila,  il  cadavere  di  nessun  Cornelio  era  stalo  bru- 
ciato, costumandosi  di  sepellirli.  Altri  erano  plebei. 


2o2  ARCHEOLOGIA   E   BELLE   ARTI 

9.  Gens  Curtia,  oriunda  dal  paese  del  Sabini. 

10.  Gens  Fossia.  Un  de'  suoi  soprannomi  era  Flaccinator,  quasi  infiacchitore. 

11.  Gens  Fuhia  o  Fusia,  da  Medullia  ne'  Latini  venne  a  Roma  sotto  Homolo.  Due  rami 
s'illustrarono,  il  Medullinus  e  il  Camillus.  Scompnjono  dalla  storia  dal  429  di  Roma 
sino  al  780,  quando  un  Furio  Camillo  proconsole  d'Africa  è  nominato  da  Tacito.  Un 
altro  ramo  dei  Furj  cliiamavasi  Pacilus.  Ebbero  sette  dittatori,  venti  consoli,  ventitré 
tribuni  militari,  quattro  censori,  sette  trionfanti. 

12.  Gens  Genucia.  È  notevole  il  ramo  Augurinus. 

13.  Gens  Herminia.  Un  suo  ramo  diceasi  Esquiltnus. 

14.  Gens  IIoratia.  Uno  fu  console  l'anno  della  cacciata  de'  re,  e  chìamossi  Puhnllus 
dal  nome  dei  letti  che  faceansi  a  onor  degli  Dei.  Ne  uscirono  Orazio  Coclite  e  i  tre 
vincitori  de'  Curiazj. 

15.  Gens  IIop.tensia.  Nel  46G  è  dittatore  Q.  Ortensio:  il  celebre  oratore  Ortensio  era 
del  ramo  Orìalus. 

16.  Gens  IIostilia.  Diversi  portano  il  soprannome  di  Mancinua,  altri  di  Cato. 

17.  Gens  L.^toria,  forse  tutl'uno  colla  Vlmtoria  plebea. 

18.  Gens  Lartia.  Lars  indicava  i  capi  degli  Etruschi. 

19.  Gens  Lucretia.  I  più  famosi  rami  sono  il  Tricipitinm  ^WVispillo,  ÒlQììo  uh  Q. 
Lucrezio  edile,  che  fé  gettar  nel  Tevere  il  cadavere  di  Tiberio  Gracco;  e  vespillo  vuol 
dire  becchino. 

20.  Gens  M.clia.  Suo  soprannome  fu  Capitolinus. 

21.  Gens  Manlia.  Principuli  rami:  TuLso,  Capitolinus  e  Torqualus.  Un  Vulso  fu  console 
nel  280:  poi  prese  nome  dal  Manlio  salvatore  del  Campidoglio.  Un  nipote  di  (juesto 
fu  soprannomato  Imperiosus  per  l'arroganza  onde  comandò  a'  ciltadini  di  prender  le 
armi.  Suo  figlio  maggiore  lo  conservò;  il  minore  prese  quel  di  Torquatus  da  un  mo- 
nile (torques)  ch'e'  tolse  a  un  Gallo  vinto  in  duello,  e  che  i  suoi  portarono  per  distin- 
tivo finché  Caligola  il  vietò. 

22.  Gens  Menenia.  Usavano  i  soprannomi  à'Agrippa  e  di  Lanatus. 

23.  Gens  Minugia.  Il  ramo  che  arrivò  ai  primi  onori,  massime  nel  iii  secolo,  chiama- 
vasi  Augurinus,  da  qualche  augure;  un  altro  diceasi  Rufus. 

24.  Gens  Nujiicia,  col  soprannome  di  Priscus. 

35.  Gens  Octavia.  Della  famiglia  patrizia  trovansi  i  rami  lìufus  e  Balbus. 

26.  Gens  Papiria.  Suoi  rami  patrizj  erano  Mugillanus^  Cursor^  Crassus,  Masso,  che 
tutti  scompjijono  dopo  il  secolo  vi. 

27.  Gens  Pinaiìia.  1  l'inarj  e  i  Potizj  voleansi  far  discendere  da  due  Arcadi,  venuti  con 
Evandro  in  Italia.  Godeano  per  eredità  il  sacerdozio  d'Ercole,  il  quale  dicevano  gli 
avesse  iniziati  ai  misteri  del  suo  culto.  1  due  rami  erano  eguali,  finché  una  negligenza 
de'  Pinarj  diede  la  prevalenza  ai  Potizj.  Ma  avendo  questi  consentito  che  alcuni 
schiavi  appartenenti  alla  Repubblica  adempissero  certe  funzioni  del  loro  sacerdozio, 
gli  Dei  ne  presero  tal  collera,  che  in  un  anno  perirono  tutti  e  dodici  i  rami  di  quella 
famiglia;  e  Appio  Claudio,  che  vi  avea  acconsentito,  rimase  cieco. 

28.  Gens  Postumia  ,  avea  il  privilegio  di  far  sotterrare  i  suoi  morti  in  città.  11  ramo 
principale  chiamasi  Tubertus  :  una  delle  sue  suddivisioni  Albus  o  Albinus ,  cui  unì 
l'epiteto  glorioso  di  nenillensis  quando  Aulo  Poslumio  Albo  vinse  i  Latini  al  lago  Re- 
gillo.  Sussistettero  i  Postunij  quanto  la  repubblica. 

29.  Gens  Quintiiia.  Nel  310  Sesto  Quintilio  fu  console:  suo  figlio  chiainossi  Varus, 
perchè  era  sbilenco;  e  tal  nome  passò  ai  successivi. 

30.  Gens  Sempuonia.  1  patrizj  portavano  anche  il  nome  d'Atratinus:  ma  i  piii  celebri 
furono  ])lebei. 

31.  Gens  Sestia,  soprannominati  Capitolini. 

7)2.  Gens  Sicinia,  soprannominati  Tusci  e  Sabini. 

55.  Gens  Sulpicia.  il  ramo  anziano  nomavasi  Camcriniis  da  Cameria  ;  già  famoso  ai 

primi  tempi  della  repubblica,  e  ancor  sotto  Nerone.  11  ramo  Oalba  s'estinse  coll'im- 

peralore  di  questo  nome. 

54.  Gens  TAnyiiiLiA,  col  soprannome  di  Flaccus. 

55.  Gens  Titikia. 


NOMI    E    KAMICr.lF.    ROMANE  253 

36.  Gens  Veturta  spesso  ricorra  nei  fusti  consolari  dei  iii  spcoIo;  un  suo  ramo  cliia- 
niavasi  Geminm  Cicurinus^  uno  Craasus  Cicurinus,  uno  Caliunux^  uno  Fililo. 

57.  Gkns  ViRiJiMA,  illustre  nel  in  e  iv  secolo,  portuva  il  soprannome  di  Tricostus, 
cui  alcuni  aggiunsero  Ca'limonltnius,  altri  BijUUuk. 

38.  GkìNs  Voi.umma.  Vi  si  nota  il  soprannome  d'Ainintinus,  e  di  Callus. 

Ora  euuiueriauio  le  case  plebee,  salite  ad  onori,  massime  in  tempo  della  repubblica: 

i  Gens  Acilia.  M.  Acilio  Glabrione  fu  console  nel  503:  e  durante  la  repubblica  questo 
casato  ricorre  rpiattro  volte  fra  consoli,  e  dodici  ne'  tre  primi  secoli  di  Cristo.  Altri 
rami  v'erano,  come  i  Balbi. 

2.  Gens  .Elia.  Il  ramo  dei  l'atus  e  dei  Tubero  ricorre  spesso  dopo  il  317.  Avvi  pure 
i  Liijur,  i  Gallus,  i  Lamia,  de'  quali  ultimi  era  Sejano. 

3.  Gens  Afrania, 

4.  Gens  Ai.bia. 

5.  Gens  Alfima. 

6.  Gens  Amcia. 

7.  Gens  Anni  a,  coi  rami  Luscus,  Bassus,  Rufus,  Capra. 

8.  Gens  Antistia  ebbe  molti  tribuni  del  popolo;  al  consolato  giunse  solo  nel  7i8  con 
C.  Autistio  Vetere  ;  un  ramo  erano  i  Labeo,  un  altro  i  Veieres,  un  altro  i  Beyino.  Me- 
daglie di  questa  famiglia  si  hanno  imperarne  Augusto. 

9.  Gens  Antonia,  di  cui  il  famoso  Marc'Antonio  triumviro. 

10.  Gens  Apuleja.  Due  rami  Pansa  e  Saturninus. 
lì.  Gens  Akkuntia. 

12,  Gens  Asinia  affatto  nuova.  Asinio  Urlo  fu  generale  degli  Alleati  contro  Roma  ;  suo 
nipote  è  il  celebre  Asinio  PoUione,  console  nel  714. 

13.  Gens  Atia.  N'usciva  la  madre  d'Augusto,  onde  Virgilio  la  fa  venire  da  un  com- 
pagno d'Enea  (v.  StiSJ:  non  sali  oltre  la  pretura. 

ii.  Gens  Atieia,  da  cui  M.  Attilio  Regolo. 

15.  Gens  Aufidia. 

16.  Gens  Aulia. 

17.  Gens  Auuelia,  detta  Ausalia  da  un  nome  sabino  che  significa  sole,  perchè  a  C. 
Aurelio  Cotta  quando  si  stanziò  a  Roma,  fu  dato  un  posto  dove  far  sacrilìzj  al  Sole, 
costumati  nella  sua  famiglia.  Suo  nipote  fu  console  nel  502:  i  suoi  discendenti  si 
divisero  in  tre  rami.  Colla,  Ore-^tes,  Scaurus.  Aurelj  eran  pure  i  Suumachi,  illustri 
nel  IV  e  V  secolo  d.  C;  ma  non  sappiamo  se  di  questo  casato. 

18.  Gens  Autonia. 

19.  Gens  BjEbia. 

20.  Gens  Cicilia  plebea,  benché  pretendesse  discendere  da  un  compagno  d'Enea.  Il 
ramo  Metellus  dopo  il  470  diede  molti  grandi,  fra  cui  il  Macedonico,  il  Dalmatico, 
il  Numidico,il  eretico,  oltre  il  Celere  e  il  Pio.  In  250  anni,  diciannove  di  questa  casa 
ottennero  quattro  volle  il  pontificato  massimo,  due  la  dittatura,  dodici  il  comando 
della  cavalleria,  venti  il  consolato,  sette  la  censura-,  i  Creticus  trionfarono  nove  volte. 
Pomponio  Attico  v'entrò  per  adozione.  Tutte  le  doune  chiamavausi  Caja ,  in  me- 
moria di  Caja  Cecilia  Tanaquilla. 

21.  Gens  C.edicia. 

22.  Gens  Calpuhma  plebea  ,  ma  voleva  attaccarsi  a  Calpo  preteso  figlio  di  Numa. 
Arrivò  al  consolato  nel  574,  e  d'allora  portava  il  nome  di  l'iso,  cui  un  ramo  aggiun- 
geva Casonius.  L.  Calpurnio  Pisone,  console  nel  (iil,  fu  cognominato  Fnuji  per  la 
sua  morigeratezza;  il  qual  titolo  passò  a'  suoi  discendenti,  poi  a  tutti  i  rami  dei 
Pisoni. 

23.  Gens  Canidia. 

24.  Gens  Caninia.  Entrante  l'viii  secolo,  trovansi  ne'  fasti  consolari  i  due  rami  Gallus 
e  Rebillus. 

25.  Gens  Carvilia. 

26.  Gens  Cassia,  il  cui  principal  ramo  chiamavasi  Longinus.  Il  più  famoso  è  l'uccisor 
di  Cesare. 


254  ARCHEOLOGIA    E    EELI.E    AP.TI 

27.  Gens  Claudia.  11  ramo  più  celebre  plebeo  è  quel  de'  Marcelli,  che  produsse  insigni 
uomini,  e  si  estinse  in  Marcello  nipote  e  genero  d'Augusto. 

28.  Gens  Clelia.  Molti  Celj  hanno  il  soprannome  di  Rufus  o  di  Caldus. 

29.  Gens  Cornelia.  Parecchi  rami  plebei  ;  il  più  noto  è  quello  dei  Cinna.  Era  di  questa 
casa  il  poeta  Gallo,  primo  prefetto  dell'Egitto;  poi  Tacilo  e  Nepote  storici,  Celso  me- 
dico :  altri  Cornelj  erano  i  Dolabella,  i  Balbo,  i  iMerula,  i  Mammula,  i  Blesio. 

30.  Gens  Counificia. 

31.  Gens  Coruncania.  Un  d'essi  fu  il  primo  sommo  pontefice  plebeo. 

32.  Gens  Curia. 

33.  Gens  Decia.  11  ramo  detto  Mus  giunse  al  consolato  nel  414:  famosi  quei  che  sì 
sacrificarono  per  la  patria. 

34.  Gens  Domitia,  una  delle  plebee  più  illustri,  venuta  all'impero  con  Nerone.  Due 
rami  più  conosciuti,  Calvinus  ed  Ahenobarbus.  Gneo  Domizio  Enobarbo,  console  nel 
785,  sposò  Agrippina  di  Germanico,  da  cui  ebbe  Nerone  nel  quali  finirono  gli  Eno- 
barbi  ed  i  Cesari. 

35.  Gens  Duilia. 

36.  Gens  Fabricia. 

37.  Gens  Fannia. 

38.  Gens  Flavia.  Dal  ramo  Fimbria  lìscÌToao  uomini  distinti;  dal  Sabinus,  l'impera- 
tore Vespasiano:  poi  nel  secolo  iv  ricompare  questo  nome  in  Valentiniano,  Valente  e 
Teodosio.  Dopo  il  qual  secolo  divenne  comunissimo  per  adulazione,  e  quasi  tutti  i 
consoli  lo  assunsero. 

39.  Gens  Fusi  a. 

40.  Gens  Fulvia  molto  illustre.  Vi  troviamo  i  rami  Maximus,  Centiinalus ,  Pcetinus, 
Nobilior,  Flaccus.  Fulvia,  sposa  di  M.  Antonio,  era  figlia  d'un  liberto. 

41.  Gens  Fundania. 

42.  Gens  Furnia. 

43.  Gens  Gabinia. 

44.  Gens  Gettia. 

45.  Gens  Genucia. 

46.  Gens  Herennia,  coi  soprannomi  di  Balbus  e  Gallus. 

47.  Gens  Hirtia. 

48.  Gens  Hostilia. 

49.  Gens  Junia.  Giunio  Bruto  era  patrizio,  avendo  suo  padre  sposato  la  figlia  di  Tar- 
quinio:  ma  tutti  i  Giunj  che  poi  troviamo  nella  storia,  sono  plebei.  Per  due  secoli 
non  n'è  parola,  poi  occorre  un  console  nel  429;  indi  scontriamo  altri  coi  soprannomi 
di  Bubulcus,  PennuSy  Stlianus:  abbiamo  pure  i  Norbanus,  Rusiicus,  Otho.  I  più  co- 
nosciuti sono  Marco  e  Decimo  Bruto,  uccisori  di  Cesare. 

50.  Gens  Juventia. 

51.  Gens  L/elia.  Famosi  C.  Lelio,  amico  di  Scipione  Africano  maggiore;  e  suo  nipote 
il  Sapiente,  amico  dell'altro  Africano. 

52.  Gens  Licima,  cioè  dai  capelli  ritorti  indietro.  11  primo  tribuno  militare  con  auto- 
rità consolare  fu  P.  Licinio  Calvo.  Suo  nipote  C.  Licinio  Calvo  Stolone  fu  il  primo 
console  plebeo.  Tre  rami  illustri,  Crassus,  LucuUus ,  Murena.  I  Crassi  chiamaronsi 
Dives  dopo  P.  Licinio  Crasso,  nominato  pontefice  massimo  senza  passare  per  gl'im- 
pieghi curuli;  eccezione  onorevole.  Suo  figlio  adottò  un  fratello  del  sommo  pontefice 
P.  Muzio  Scevola  maestro  di  Cicerone;  il  quale,  col  nome  di  P.  Licinio  Crasso  Mu- 
dano Dives,  propagò  il  ramo  primogenito  de'  Crussus.  Dal  secondogenito  venne  il 
Crasso  triumviro.  Un  suo  discendente  adottò  il  fratello  di  Calpurnio  Pisene  che  aveva 
cospirato  contro  Nerone.  Il  giovane  Pisone  recò  nella  casa  Licinia  il  nome  di  Fritgi, 
cui  i  suoi  figli  aggiunsero  quel  di  Scriboniunu^y  in  onor  della  loro  madre.  Il  ramo 
LucuUus  fu  illustrato  dal  vincitore  di  Mitradate  ;  il  Murena  dal  trionfatore  nella  guerra 
contro  il  re  del  Ponto. 

55.  Gens  Livia,  benché  plebea  ebbe  prima  d'Augusto  otto  consoli,  due  censori,  tre  trion- 
fatori,  un  dittatore,  un  maestro  della  cavalleria.  11  primo  Livio  menzionalo  era  dei 
Dexier,  uno  dei  quali  fu  console  nel  452  :  un  altro  nel  535  e  547,  cognominato  Sali- 
nator  per  aver  imposto  la  tassa  del  sale.  Più  illustre  è  il  ramo  Drusus,  nome  dato  a 


NOMI    E    FAMini.IF.    HOMANE  2SS 

M,  Livio  Emiliano  per  aver  viiilo  Drauso  capo  gallo.  Da  lui  vennero  i  famosi  tribuni 
della  plebe  M.  Livio  Druso  padre  e  figlio.  La  sorella  di  questo,  iJvia,  fu  madre  di 
Catone  d'Utica  e  di  Scrvilia  che  generò  M.  Bruto.  Il  fratello  di  lei  adottò  un  L.  Livio 
Druso  Claudiano,  e  s'uccise  dopo  caduta  la  repubblica  a  Filippi:  sua  figlia  Livia  Dru- 
silla  fu  madre  di  Tiberio  imperatore. 
M,  Gens  Loi.i.ia.  Cicerone  nomina  molti  Lollj ,  ma  nessuno  pervenne  al  consolato  fin 
a  M.  Lollio  Paolino  nel  733,  che  fu  ajo  di  C.  Cesare  nipote  d'Augusto. 

55.  Gens  Lucima.  I  rami  BalbuSy  liassus^  Longus,  Capito  ecc.  fornirono  tribuni  della 
plebe. 

56.  Gens  Lutatia.  Il  ramo  Catulus,  venuto  al  consolato  nel  513,  diede  letterati  e  sta- 
tisti insigni. 

57.  Gens  M.enia. 

58.  Gens  Mallia. 

59.  Gens  Mamilia,  oriunda  di  Tuscolo,  dal  cui  fondatore  Telegonopretendea  provenire, 
cioè  da  Ulisse.  A  Roma  era  plebea.  Son  noti  i  rami  Vitulus,  Turinus,  Limetanus. 

60.  Gens  Mamma. 

61.  Gens  Marcia,  coi  rami  Philippus ,  Figulus  ,  Rex,  Censorinus.  L.  Marcio  Filippo, 
console  nel  698  ,  sposò  Azia  nipote  di  G.  Cesare  e  vedova  di  C.  Ottavio,  divenendo 
così  suocera  d'Augusto. 

62.  Gens  Maria,  illustrata  da  C.  Mario. 

63.  Gens  Mem.mia.  Virgilio  la  deriva  da  Mnesteo  compagno  d'ENEA:  un  suo  ramo  era 
Regulus. 

64.  Gens  Messinia. 

65.  Gens  Muoia,  soprannominata  Scevola  dall'assassino  di  Porsena.  Da  padre  in  figlio 
trasmetteansi  lo  studio  della  giurisprudenza. 

66.  Gens  Mummia.  U  più  illustre  ne  è  l'Acaico,  distruttore  di  Corinto. 

67.  Gens  Munatia. 

68.  Gens  N.evia  I  Balbi  e  Surdini  ne  sono  i  rami. 

69.  Gens  Nonia, 

70.  Gens  Norbana. 

71.  Gens  Numitoria. 

72.  Gens  Octavia,  già  patrizia.  Un  ramo  divenne  plebeo,  non  si  sa  come,  finché  Giulio 
Cesare  le  rese  il  patriziato.  Gli  Ottavj  plebei  furono  più  illustri. 

73.  Gens  Ogulnia. 

74.  Gens  Oppia. 

75.  Gens  Paphua.  11  ramo  plebeo  cbiamavasi  Garbo. 

76.  Gens  Pedaina  o  Pediania. 

77.  Gens  Petilia. 

78.  Gens  Pl/Etoria. 

79.  Gens  Plancia. 

80.  Gens  Plautia  o  Plotia,  Ne  conosciamo  i  rami  Proculus ,  Silvanua,  Hypscsus , 
Venno,  Tacca,  tra  cui  l'amico  di  Virgilio, 

81.  Gens  Pompeja.  Una  linea  dei  Rufus  fu  detta  Bithynica  per  una  vittoria  sui  Bilinj: 
l'altra  degli  Straboni  fu  celebre  pel  Magno  Pompeo. 

82.  Gens  Pomponia  pretendea  discendere  da  Nunia:  vi  troviamo  i  soprannomi  di  Matho^ 
Grcecinus,  Secundus  ecc.,  e  n'uscì  l'amico  di  Cicerone. 

83.  Gens  Pontia, 

84.  Gens  Popilia, 

85.  Gens  Poplicia. 

86.  Gens  Porcia.  Un  Porcio  Prisco  tusculano  fu  capo  d'un  ramo,  ed  ebbe  titolo  di  Calo 
per  la  sua  prudenza,  e  di  Censorinus  per  la  sua  severità  nell'csercitare  la  censura.  I 
due  suoi  figli,  portanti  egual  nome,  si  distinsero  col  soprannome  di  Licinianus  e  Sa- 
lonianus  desunto  dalla  madre.  Da  quest'ultimo  venne  Ciatone  Uticese. 

87.  Gens  Puglia.  Q.  Filone  di  questa  casa  fu  console  ([uattro  volte  (il 5-439),  si  se- 
gnalò nella  guerra  sannitica,  e  fu  il  primo  pretore  plebeo.  Dopo  di  lui  questa  stirpe 
scompare. 

88.  Gens  Roscia, 


256  archeologia  e  belle  arti 

89.  Gens  Rubbu. 

90.  Gens  Rupilia  o  Rubellia. 

91.  Gens  Rutilia.  Due  rami  Rufus  e  Lupus.  Il  più  celebre  fu  P.  Rutilio  Rufo,  oratore, 
filosofo,  storico,  e  console  nel  6i9. 

92.  Gens  Salvia.  Ne  uscì  l'imperatore  Olone. 

93.  Gens  Sckiconia.  Curio  e  Libo  erano  i  rami  principali. 

94.  Gens  Sempkonia.  Oltre  il  ramo  Atraiinus  patrizio,  erano  plebei  il  Blcesus,  Longus, 
Tuditanus,  e  i  Gracchi  famosi 

9o.  Gens  Servilia.  Il  l'riscus  certo,  e  i  Ccepio  probabilmente  erano  patrizj  ;  plebei  i 
Casca,  Rullus,  Vatia  ecc.  Un  di  quest'ultimi  ebbe  il  soprannome  d'/sauncus. 

96.  Gens  Si:xriA. 

97.  Gens  Silia. 

98.  Gens  Sekvilia. 

99.  Gens  Solia. 

100.  Gens  Statilia. 

dOl.  Gens  Sulpicia.  Fra'  plebei  conosciamo  i  rami  Olympus,  Quiiinus,  Rufus. 

102.  Gens  Tei;entia.  S'illustrò  il  ramo  Varrò,  che  ebbe  il  famoso  erudito  M.  Terenzio. 

103.  Gens  Titinu. 

104.  Gens  Tuia. 

lOo.  Gens  Tuebonia  o  Tribonia. 

106.  Gens  Tullia.  U  ramo  dei  Cicero  fu  illustre.  Non  n'è  più  traccia  dopo  Marco,  figlio 
dell'oratore. 

107.  Gens  Valeria  ebbe  molti  oratori. 

108.  Gens  Valgia. 

109.  Gens  Ventidia. 

110.  Gens  Viiìia. 

111.  Gens  Villia. 

112.  Gens  Vinicia. 

113.  Gens  Vipsania  fu  illustrata  da  M.  Vipsanio  Agrippa,  amico  d'Augusto. 

114.  Gens  Voconia.  Suoi  rami  Saxa,  Naso,  Vituli. 

115.  Gens  Volcatia. 

116.  Gens  Volumnia.  Fiamma  Violensis  fu  console  nel  447  e  458. 

Altre  genti  trovansi  negli  scrittori  o  sulle  monete  od  iscrizioni,  ma  non  giunsero  agi 
onori  0  solo  nell'Impero,  quando  s'elevò  gran  numero  di  famiglie  dapprima  scono- 
sciute. Eccole  : 

Aburia  (consolare,  col  soprannome  Geminus.  Marco  Aburio  Gemino,  era  tribuno  della 
plebe  con  Tiberio  Gracco,  poi  pretore;  C.  Aburio  suo  fratello  fu  ambasciadore  a 
Massinissa).  Accoleja,  Allikna.  Anm\  (spaguuola,  da  cui  i  due  Seneca^.  Antia 
Apuonia.  Akiìia  AxiA.  C/ECiNA.  (è  delle  pocbe  cbe  non  finiscono  in  [ia).  C.csia. 
Calidia  (patrizia).  Gaiusia.  Cestia.  Cispia  o  Cipia.  Clovia  o  Cluvia.  Cocceja  (da 
cui  Nerva).  Considia.  Coi'onia  (oriunda  di  Tivoli).  Cordia.  Gosconia.  Cossutia  (fa- 
miglia equestre,  da  cui  la  sposa  di   Cesare).  Ckepereja  (equestre).  Crepusia.    Cu- 

PIliNNA.  GURIATIA.  DlDIA.  DUK.MlA.  ECNATIA.  EgNATULEJA.  EpPIA.  FaHSOLEJA.  FLA- 
MINIA. FoNTEJA.  Gallia.  IIostidia.  IriA.  Labiena.  [.LIBIA.  M.ECiLiA.  (un  ramo 
plebeo,  uno  patrizio).  Mkitia.  Minnatia.  Miucia,  Missidia.  Nasidia.  Neria.  Opisiia. 
Papia.  Pi'TiioMA  (oriunda  dei   Sabini).  Puogilia.    Rema.    Rustia.  Sanqcinia.  Sa- 

TRIENA.    SaLFEJA.    SeNTIA.    SePULLIA.    SlClMA    TllOlilA.    TllURlA.    VaRCLNTLJA.   ViTEL- 

LiA.  Volteja.  Volusia. 

Gbevio,  Thesaurus  anfiquilalum  rom.,  voi.  u  e  \u.  —  A.  Rupebti,  TabulcE  genealogicw,  seu  slemmala 
nobilium  genlium  rom.  GoUiiiga  1794. 


ISCRUIOOI    KELIGIOSE  257 

in  appresso  si  aggiunsero  nelle  lapidi  maggiori  circostanze,  come: 

JOVI  SERENO 

ET    FORTVN^  REDVCI 

IMP.    L.    SEPTIMI    SEVERI 

PD    PERTINACIS   WGUSli   ARÀBICt 

ADiABenensis  pp  {posuil) 

STATVAM    BANG 

VOTO   SVSCEPTO 

L.  FORTVNATVS    QVINT. 

SODa/lS    HADRIANALtf 

D    .    S    .    I    .    S    .    L    .    M    . 

Iscrizioni  simili  si  pongono  pei  sacrifizj,  i  taurobolj,  i  suovetaurili  (cioè  sagrifizj  d'un 
porco,  d'una  pecora,  d'un  toro),  soliti  farsi  per  la  salute  del  principe  o  pel  buon  esito 
di  sue  imprese;  e  dove  son  nominati  il  dio,  la  persona  che  fa  le  spese,  il  magistrato 
che  v'assistette,  il  sacerdote  che  fece  l'evocazione,  i  cantori,  i  flautisti,  il  decoratore. 

Proskunema  chiamavasi  un  atto  di  adorazione  prestato  in  un  tempio  e  ad  una  divi- 
nità speciale:  e  i  privati  che  andavano  a  renderlo  per  sé  o  pei  parenti  ed  amici,  vi  po- 
nevano un'iscrizione  commemorativa  coi  nomi  :  altre  volte  erano  i  re  che  vi  manda- 
vano qualche  magistrato.  Molti  esempj  ne  ha  l'Egitto  fin  ai  tempi  romani. 

sa:<ìcto  sanco 
semoni  deo  pidio 
sacrvji  decvria 
sacerdotvm 
bidentalivm 
beciperatis 
vegtigalibvs. 

Rechiamo  questa  per  l'errore  che  prese  san  Giustino  martire,  credendo  vi  fosse  dei- 
ficato Simon  Mago,  mentre  si  tratta  dell'antico  dio  italioto  Sanco  Semone,  corrispon- 
dente ad  Ercole.  1  sacerdoti  bidentali  purgavano  dalla  contaminazione  venuta  dal  ful- 
mine. Vecligal  usavasi  anche  per  rendita  privata  ,  come  noi  volgarmente  diciamo  le 
finanze  d'un  privato. 

Ecco  iscrizioni  votive  ad  Esculapio  per  guarigioni  impetrate,  ove  si  indicano  pure  i 
rimedj  che  vi  giovarono,  sovente  superstiziosi: 

«Questi  giorni,  aunGajo  cieco  insegnò  l'oracolo  d'accostarsi  all'altare  sacro  e  pregare, 
poi  traversar  il  tempio  da  destra  a  sinistra,  mettere  le  cinque  dita  sull'altare,  levar  la 
mano  e  porsela  sugli  occhi;  e  subito  ricuperò  la  vista,  veggente  e  applaudente  il  po- 
polo. Questi  prodigi  avvennero  regnando  Antonino  augusto  nostro  ». 

'(  A  Valerio  Apro  soldato  cieco  ordinò  il  dio  d'andare,  e  mescer  sangue  di  gallo  bianco 
con  miele,  e  farne  un  linimento,  e  per  tre  giorni  fregarsene  gii  occhi  ;  e  ricuperò  la 
vista,  e  ringrazionne  il  dio  pubblicamente  ». 

«  Per  sputo  di  sangue  essendo  Giuliano  disperato  da  tutti,  il  dio  gl'impose  d'andare, 
e  dall'altare  prendere  dei  chicchi  di  pino,  mescerli  con  miele  e  mangiarne  tre  giorni  5 
e  guari,  e  venne  pubblicamente  a  ringraziare  davanti  al  popolo  ». 

«  A  Lucio  pleuritico  e  disperato  da  tutti  gli  uomini ,  il  dio  ordinò  d'andare,  e  dal- 
l'ara prendere  cenere  e  con  vino  mescolarla  e  applicarsela  sul  fianco;  e  guari  e  pub 
blicamente  ringraziò  il  dio,  e  il  popolo  si  congratulò  seco  ». 

Dai  recenti  scavi  nell'anfiteatro  Campano  uscì  una  curiosa  epigrafe  sacra,  illustrata 
dall'Avellino  e  che  si  riferisce  al  587  di  C.  È  un  elenco  di  festività  pagane  (feriale), 
che  Romano  Giuniore  sacerdote  dice  aver  compite  nell'anno  suddetto  :  e  sono  vola  al 
gennajo  per  la  salute  del  principe,  e  altri  sei  ne'  mesi  seguenti;  genialia  in  febbraio; 
tre  lustrazioni  per  le  sementi;  rosaria  in  maggio;  feste  vendemmiali  in  fin  di  ot- 
tobre ecc.  ecc.  Oltre  la  notizia  di  questi  riti,  è  notevole  perchè  attesta  la  persistenza  e 
pubblicità  del  culto  pagano  anche  dopo  Costantino. 

Qui  s'aggregano  pure  i  Fasti  sacerdotali,  ove  si  notavano  volta  per  volta  i  sacerdoti 
cooptati  in  un  collegio;  laonde  sono  di  caratteri  differenti,  e  tanto  più  preziosi  perchè 
contemporanei.  Sia  d'esempio  questo  malamente  edito  dal  Grutero  sulle  note  di  fra  Gio- 
condo, poi  corretto  dal  Fea  nei  Frammenti  di  fasti,  pag.  59: 

Ca.mìj,  Documenti.  —  Tom.  1.    ArcheologiaBelle  e  Arti  17 


258  ARCHEOLOGIA    E   BELLE    ARTI 


P.    MARTIVS   VEBVS 

IMP.    COMIHODO  vi    ET   PETRONIO 

SEPTIMIANO    COS 

B.   C.    (anno  post  Komam  conJilam)    DCCCGXLQ    ID.    OCT. 

IN    PALATIO    IN    JEDE   JOVIS   PHOPVGNATORIS 

IN   LOCVia   UàRTl   VERI 

li.   ATTIDIVS   CORNBLUNVS   C00PTATV9 


SATVBNINO  ET   GALLO   COS 

A.    P.    R.    C.   DCCCCL    PR.    ID.    DEC. 

IN    PALATIO   IN    «DE  JOVIS    PHOPVGNATORIS 

IW  LOCViW    ATTIDI    CORNELIANI  VITA    FVNCTI 

CL.    PATEBNVS   COOPTATVS 


GLAVUIO  SEVERO  C.   AVFIDIO  VICTORINO   COS 

A.    P.    B.    C.    DCCCCLD  DII    ID.    APB. 

IN   PALATIO    IN    ^DE   JOVIS   PHOPVGNATORIS 

IN    LOCVM    CLAVdI    PATERNI   VITA    FVNCTI 

.    .    .    ATRIVSCOLONIVS   COOPTATVS 


Le  sigle  più  frequenti  nelle  epigrafi  sacre  sono  : 
E     .    V    .    Ex  voto; 
I     .     0     .    M     .    Jovi  optimo  maximo  ; 
M     .     D     .     Mairi  'Deùm  ; 

V  .    s    .,  0    V.    s.     L.    M.     Votum  solvit  lubens  merito  ; 

V  .    V    .     D    .     D    .     Uti  vQverat  dat  dedicai  ; 

Quando  finiscono  con  s  o  sacrwn,  non  sono  voti,  ma  per  sola  pietà. 

g  176.  —  Calendarj. 

Essendo  d'ispezione  sacerdotale,  e  riferendosi  sovente  a  feste,  s'annoverano  tra  le 
iscrizioni  sacre  i  calndarj. 

11  popolo  romano  multo  occupossi  di  questi,  eppure  visse  gran  tempo  in  incertezza 
di  dale  e  di  epoche;  causa  il  mescolarvisi  tanto  la  politica,  e  il  valersene  patrizj  e  sa- 
cerdoti per  governare.  Mentre  già  popoli  antichissimi  e  reputati  harhari  possedevano  un 
esatto  calendario  ,  i  Romani  vacillarono,  fin  quando  Giulio  Cesare  noi  riformò.  Nella 
confusione  che  ne  risultava  di  mesi ,  di  stagioni,  d'anni  si  trovò  spediente  il  notar 
questi  dal  nome  dei  consoli,  data  solita  nelle  epigrafi.  Ma  oltreché  l'anno  consolare  non 
corrispondeva  al  civile,  la  morte  o  l'ahdicazione  ne  abbreviavano  la  durata.  A  riscon- 
trarli cogli  anni  nostri  servono  ora  i  Fasti  consolari;  ma  allora  doveva  nascerne  grave 
imbarazzo.  Del  resto  i  calendarj  non  valevano  che  per  ciascun  anno,  e  vi  s'indicavano 
i  giorni  fanti  e  nefasti,  ne'  quali  cioè  era  lecito  o  no  rendere  giustizia  ;  i  cotnitiales  e 
atri  di  sinistro  augurio-,  le  ìiundince  o  mercati;  e  negli  ultimi  tempi  quelli  in  cui  far 
omaggio  ai  membri  della  famiglia  imperiale. 

Alcuni  calendarj,  più  o  meno  compiti  furono  trovati  sculti  su  sasso  o  su  metallo  : 
tal  è  il  Kalendarium  Prcenestinum,  compilato  da  Verrio  Fhicco,  ma  che  si  estende  solo 
ai  quattro  primi  mesi  e  al  dicembre.  Scoperto  nel  1770;  il  Foggini  ne  riunì  i  frantumi, 
e  da  diversi  altri  calendarj  cercò  formarne  uno  dell'intero  anno. 

FoGGiNi,  Failorum  anni  romani  a  Verrio  Fiacco  ordinalorum  reliquia!.  Konia  ^79. 

Waassen,  Animadvenionet  ad  Faittof  romano»  mero».  Utrecht  <79S. 

Ideler,  llandbucli  der  malliemalischen  und  teclinischen  Chronologiv.  Bcriiuo  tS-0. 


i 


CALENUAnj  250 

Gli  altri  calendarj  sono  il  marmo  rotto  de'  Maffei  conservato  a  Uoma ,  che  contiene 
tutti  i  dodici  mesi  ;  quello  dei  Capranica  per  agosto  e  settembre;  quel  di  Amiterno, 
frammenti  dei  mesi  da  marzo  a  dicembre;  l'Anziatino,  frammenti  de' sei  ultimi  mesi  ; 
l'Esquilino,  frammenti  di  maggia  e  giugno;  il  Farnesiano  con  parte  di  febbraio  e  marzo  ; 
il  Pinciano,  frammenti  di  luglio,  agosto,  settembre;  il  Venosino  con  maggio  e  giugno 
compiti;  il  Vaticano  con  pochi  giorni  di  marzo  e  aprile;  l'Allifano  con  pochi  di 
luglio  e  agosto.  Ultimamente  si  scopersero  a  Cuma  poche  parti  di  uno  dei  tempi  di 
Augusto. 

Particolare  è  il  calendario  rustico  Farnese,  sculto  sopra  le  quattro  faccie  di  un  cubo, 
ciascuna  delle  quali  divisa  in  tre  colonne  d'un  hnese  ognuna.  In  capo  v'ha  il  segno 
dello  zodiaco;  seguono  il  nome  del  mese,  il  numero  dei  giorni,  la  posizione  delle  none, 
la  durata  del  giorno,  il  nome  del  dio  a  cui  è  sacro,  e  le  operazioni  agricole.  Per  maggio 
e  giugno  dice  : 

;,(  a 

MENSCS  MENSIS 

MAIVS  IVNIUS 

DIES   XXXl  D'ES   XXX 

NON.    SEPTIM.  NON   fiVINT. 

DIES   HOH.    XOn   g  DIES   HOB.    XV 

KOX   HOH.    Villi   S  KOX   HOR.   Villi. 

SOL   TADRO  SOtiS  IN9TITIVM 

TVTELA   APOLLIN.  Vili    KAL.   JVL. 

SEGET   RVNCANT.  SOL.  GEMINIS. 

OVES  TONDENT.  TTTBLA, 

LANA   LAVATVB.  MERCVBI. 

IVVENCI    DOMANI.  FOENISICIVM. 

VICEA    PABVL.  VINE* 

SECATVR.  OCCANTVB. 

SEGETES  SAGBVSI 

LVSTRANT\/B.  HEBCTU. 

8AGRVM   MEHCVR.  SACRVM 

ET   KLOR;*.  FORTIS.  FORTVN*. 

Altri  calendari  s'avevano  somiglianti  ai  nostri  ciarlataneschi  e  profetici.  Uno  ne  fece 
nel  VI  secolo  Lido,  venerabile  magistrato,  pei  signori  e  dotti  di  Costantinopoli ,  edito 
poco  fa  da  Hase.  Insegna  esso  che ,  se  tuona  quando  il  sole  sta  per  entrare  in  capri- 
corno, vi  saranno  dense  nebbie,  le  quali,  se  durino  fino  al  levar  della  canicola,  porte- 
ranno malattie,  estrema  penuria,  massime  nella  Macedonia,  Tracia,  llliria.  India  alta, 
Gedrosia,  paesi  sottoposti  all'influsso  del  capricorno.  Se  la  luna  eclissa  ne'  gemelli,  le 
cose  politiche  saranno  sconvolte  e  muteran  di  mano.  Un  tremuoto  fra  una  neomenia  e 
il  9  giorno  del  mese  lunare  annunzia  la  morte  di  molti;  se  è  fra  il  9  e  il  19,  un  disa- 
stro pel  capo  del  governo  ;  se  fra  il  2o  e  il  50,  tempeste,  guerra,  caduta  d'un  gran  per- 
sonaggio. 

Il  calendario  Viennese,  pubblicato  dal  Lambeccio,  contiene  già  la  divisione  della  set- 
timana cristiana,  ed  è  di  circa  la  metà  del  iv  secolo.  L'uso  di  scolpire  calendarj  in 
pietra  durò  fra'  Cristiani  ;  e  nel  demolire  il  castello  di  Coèdic  in  Bretagna  se  ne  trovò 
uno,  spiegato  nelle  Memorie  dell'Accademia  delle  Iscrizioni  da  Lancelot,  che  lo  crede 
del  468. 

§  177.  —  Iscrizioni  di  collegi. 

Alle  sacre  uniscono  pure  le  iscrizioni  de'  collegi^  sui  quali  non  ben  consentite  sono  le 
idee.  Alcuni  non  dovevano  essere  che  corporazioni  d'arti  e  mestieri,  e  dicevansi  anche 
corpus;  altri  erano  collegi  devoti  ai  tempj,  e  che  prendeano  il  nome  del  dio,  come  i 
Marziali  a  Larino,  i  Marlensi  a  fJenevento,  i  Minervali  ad  Asti,  i  Venerei  in  Sicilia,  gli 
Apollinari  a  Modena,  i  Concordiali  a  Padova,  gli  Ercolani  a  Tivoli  ecc.  Gli  Augustali  ed 
altri  in  onor  degli  imperatori  furono  istituiti  dall'adulazione. 

Nove  collegi  d'arti  voglionsi  introdotti  già  da  Noma  ,  poi  restaurati  da  Servio  Tullio 
e  di  nuovo  dai  Decemviri;  e  cosi  or  soppressi  ora  rimessi,  secondochc  volcasi  la  plebe 


260  ARCHEOLOGIA    E   BELLE    ARTI 

serva  o  potente.  Sotto  grimperatori,  numerosissimi  si  trovano;  e  a  dire  i  principali  no- 
mineremo i  dendrofori  spesso  citati  nelle  epigrafi,  e  di  cui  pare  accertato  alcuni  fossero 
corporazione  religiosa,  altri  puramente  civile,  incaricata  di  somministrare  il  legname 
per  gli  edifizj,  per  le  guerre  ecc.;  i  centonarii,  sui  quali  pure  assai  discussero  gli  eru- 
diti, e  pajono  fabbricatori  di  centores  o  schiavine,  panni  per  coltroni  e  per  cappotti,  e 
forse  comprendevano  tutti  i  tessitori  di  lana;  pistores  (fornai),  suarii  (pizzicagnoli,  pe- 
cuarii  (beccai),  navìcularii  (barcaiuoli),  bastagarii  (carrettieri) ,  calcis  coctores  (forna- 
ciaj),  linteones  (tessitori),  gynceciarii  (appaltatori  di  filatrici  e  cucitrici),  murileguU  (l\a- 
tori  in  porpora),  vini  susceptores  (vinaj),  olei  su^ceptores  (oliandoli);  poi  ancora  cerarii^ 
argentarii,  eburarii,  ferrarii,  marmorarii ,  plumbarii  (lavoratori  di  rame,  argento, 
avorio,  ferro,  marmo,  piombo);  architecti  albarii  (imbianchini),  pictores,  sculptores, 
statuarii,  aurifices,  medici,  mulomedici  (veterinarj),  structores  (mastri  da  muro),  ti- 
gnarii  (falegnami),  pelliones  (pellicciai),  figuli  (vasaj) ,  lapidarii ,  quadratarii  (terraz- 
zieri), intesiinarii  (intagliatori  di  legno),  deauratores,  fusores,  musivarii^  diabretarii 
(foratori  di  perle  e  di  vasi),  carpentarii,  fullones  (lavandaj),  laquearii  e  tessellarii  (orna- 
tori di  soffitte  e  di  pavimenti),  vitriarii^  blaUiarii  (tintori  in  porpora),  barbariciarii 
(spadaj ),  specu/ani  (fabbricatori  di  specchi),  aquce  libratores  (forse  ingegneri  idraulici). 
Nel  •1815  si  scoprì  presso  Civita-Lavinia  (Lanuvium)  una  lapide  Aq\  colle gium  salu- 
tare Diance  et  Antinoi,  dove  in  venti  articoli  è  esposto  lo  statuto  di  quel  collegio,  che 
vedesi  istituito  per  dar  sepoltura  ai  membri  defunti  di  esso,  ed  anche  a  quei  che  non 
la  ricevessero  nel  circondario  della  città.  Si  volle  dedurne  che  lo  scopo  principale  di 
tali  collegi  fosse  di  procacciar  sepoltura  a  spese  comuni. 

G.  EiNECCiO,  De  collega»  et  corporibus  opificum  romanorum  et  germanorum.  Opera,  t.   n. 

Rabakis,  Recherches  sur  les  dendrophores  et  sur  les  corporations  romaines  en  general.  Bordeaux  ]  84-1 . 
Contiene  bnone  notizie  sul  sistema  finanziario  de'  Romani  nelle  provincie.  Egli  non  vorrebbe  ricono- 
scere ne'  dendrofori  la  doppia  qualità  assicurata  loro  da  De  Boze  ;  ma  che  fossero  una  corporazione 
di  mercanti  di  legname  ,  la  quale  aveva  anche  ministeri  religiosi.  Noi  però  vediamo  questa  corporazione 
unirsi  talvolta  per  onorare  qualche  divinità  protettrice,  ed  esservi  iscritte  persone  di  mestiero  differente, 
come  in  Mcbatori,  51  o,  5:  Tvtvchilas  qvi  fvit  mahgahitahivs  et  collegu  dekdhophoroiìlm  qvin- 
QVENKALIS  PERPETSVS:  a  Cuma  i  dendrofori  furono  creati  con  senatoconsulto,  sotto  la  direzione  de'  quin- 
decemviri  sopra  il  culto,  e  avevano  per  patrono  un  sacerdote  della  Magna  Dea  (Ex  sc.  DKJiDROPHORi  creati 

QVI     SV1\T     SVB   CVRA    XV.    VIR.    SACRIF.    FACIV^DIS    CC.    VV.    PATRON.    L.    AMPIVS    STEPHANVS    SAC.     M.     DEìE 

(Ap.  MOMMSEN,  I.  R.  N.   n"  2352).  Lo  stesso,  al  n»  3532,   ci  offre  un  Lucio  Pompeo  Felicissimo  deu- 
droforo  e  sacerdote  della  Magna  Dea,  che  non  poteva  esser  un  mercante  di  legname. 

Nelle  iscrizioni  torna  frequentissima  menzione  de' collegi;  e  qui  giovi  addurne,  una 
tolta  dallo  Spon,  Miscellanea  eruditce  antiquitatis  (Lione  1683,  pag.  32),  e  che  sciolta 
dalle  abbreviazioni  leggesi: 

Salvia  Cai]  filia  Marcellina  ob  memoriam  Flavi]  Apollonij  procvratoris  Avgvsli,  et 
Capitonis  Avgvsti  [liberti  adjvtoris  ejvs,  mariti  optimi  piissimi,  donvm  dedit  collegio 
.Escvlapij  et  Hygice  locvm  /Edicvloe  cvm  pergvla,  et  solarivm  teclvm  ivnctvm  in  qvo 
popvlvs  colleyij  svprascripti  epvletvr,  quod  est  via  Appid  ad  Martis,  intra  milliarivm 
primvm  et  secvndvm  ab  vrbe  evnlibus  parte  Iceva,  inter  adfines  Vibivm  Caloccervm  et 
Popvlvm.  Item  eadem  Marcellina  collegio  svprascripto  dedit  donavitque  sestertiorvin 
qvinqvaginta  mille  nvmmvm  hominibvs  nostris  sexaginta^  svb  hac  condicione  vt  ne 
plvres  adlegantvr^  vel  si  qvis  locvm  svvm,  legare  volet  filio  vel  fratti  vel  liberto,  dvm- 
taxat  vt  inferat  arkce  noslroe  partem  dimidiam  fvneratici,  et  ne  eam  pecvniam  svpra- 
scriptam  velini  in  alias  vsvs  convertere,  sed  vt  ex-  vsvrisejvs  sviuìnoe  diebvs  infrascriptis 
locvm  confreqventare,  ex  reditv  ejvs  svmmce  si  qvod  comparaverint  sporlvlas  hominibvs 
nostris  sexaginta,  ex  decreto  vnivorsorvm,  quod  gestvm  est  in  tempio  divorum  in  cede 
divi  Tili  convento  pieno,  qvi  dies  fvit  qvinto  idvs  martias  Brvllio  Pranentt  et  Jvnio 
Rvfìno  consvlibvs.  Vti  decimo  tertio  kalendas  octobris  die  felicissirno  natali  Antonini 
Avgvsti  nostri  pij  patris  patrice,  sportvlas  dividervnt  in  tempio  divorvm  in  cede  divi 
Titi,  Cajo  Ofilio  Ilermete  qvinqvennali  perpetuo  vel  qvi  tvnc  erit,  sportiHas  sev  dena- 
rios  tres,  /Elio  Zenoni  patri  collegi}  denarios  tres,  Salvile  MarcelUnai  matri  collegi]  de- 
narios  tres,  immvnibvs  singvlis  denarios  dvos,  cvratoribvs  singvlis  denarios  dvos,  po- 
polo singvlis  denarivm  vnom,  item  plebi  :  pridie  nonas  novembris  natali  collegij  divi- 


iSCItlZlO.M   DI   COLLEGI  2fi1 

derent  ex  redtlv  f^ì^prascripto  ad  Marlis  in  scholam  prcesentihvs^  qvinqvennali  denarioa 
sex,  patri  collegi}  denarìos  sex,  mairi  collegi]  denarion  sex  immvnibvs  singvlis  denarios 
qvatvor,  panes  quatvor,  vinvm  mensvras,  qvinquemiali  sextaria  novem,  patri  collegi] 
sextaria  novem,  immvnibvs  singvlis  sextaria  sex  cvratoribvs  singvlis  sextaria  sex  po- 
pvlo  singvlis  sextaria  trio.  Item  pridie  nonas  ianvarias  strenvas  dividcrent  sicvt  sv- 
prascripivm  est  decimotertio  kalendas  octobris  ;  item  octavo  kalendas  martij  die  karce 
cognationis  ad  Martis,  eodem  loco  ccenam  qvam  Ofilivs  Hermes  qvinqvennalis  omnibvs 
annis  dandvm  prcesentibvs  promisit  vel  sportvlas,  sicvt  solitvs  est  dare.  Item  vnde- 
cimo  kalendas  aprilis  die  violavi,  eodem  loco  proesentibus  dividerentvr  sportvlcB^  vinvm 
et  panes  sicvt  diebvs  svprascriptis.  Item  qvinto  idvs  maii  die  rosai  eodem  loco  prcesen- 
tibvs dividerentvr  sportvlce;  vinvm  et  panes  sicvt  diebvs  suprascriptis,  ea  condicione, 
qva  in  convento  placvit  vniversis  et  diebvs  svprascriptis,  tj  qvi  ad  epulandvm  non 
convenissent  sportvlce  et  panes  et  vinvm  eorvm  venirent  et  proesentibus  dividerentvr , 
excepto  eorvm  qvi  trans  mare  ervnt  vel  qvi  perpetva  valetvdine  detinenlvr.  Item  Pv- 
blivs  /Elivs  Avgvsti  Ubertvs  Zeno  eidem  collegio  svprascriplo  ob  memoriam  Marci  Vlpij 
Avgvsti  liberti  Capitonis  fratris  svi  piissimi  dedit  donavitqve  sestertiorvm  decem  mil- 
lia  nvmmvm,  vti  ex  reditv  ejvs  svmmce  in  contribvtione  sportvlarvm  dividerentvr. 
Qvod  si  ea  pecunia  omnis  qvae  svprascripta  est,  qvam  dedit  donavit  collegio  svpra- 
scriplo Salvia  Cai]  filia  Marcellina  et  Pvblivs  /EUvs  Avgvsti  Ubertvs  Zeno  in  alios 
vsvs  convertere  volverint  qvam  in  eos  vsvs  qvi  svprascripti  svnt,  qvos  ordo  collegij 
non  decrevit,  et  vti  hcec  omnia  qvce  svprascripta  svnt  svis  diebvs  vt  ita  et  ante  divi- 
daniqve.  Qvod  si  adversvs  ea  qvid  egerint  sive  qvid  ita  non  fecerint,  tvnc  qvinqvennalis 
vel  cvratores  ejvsdem  collegij  qvi  tvnc  ervnt,  si  adversvs  ea  qvid  fecerint  qvinqvennalis 
et  cvratores  svprascripti,  vti  pcence  nomine  arkce  nostrce  inferant  sestertiorvm  viginti 
mille  nvmmvm.  Hoc  decretvm  ordini  nostro  placvit,  in  conventv  pieno  qvod  gestvm  est 
in  tempio  divorvm  in  cede  vivi  Titi,  qvinto  idvs  martij ,  Cajo  Brvttio  Prcesente,  Avlo 
Jvnio  Rvftno  consvlibvs,  qvinqvennali  Cajo  Ofilio  Hermete,  cvratoribvs  Pvblio  jElio 
Avgvsti  liberto  Onesimo  et  Cajo  Salvia  Selevco. 

È  dunque  una  Salvia  Marcellina,  ricca  matrona,  che  in  memoria  di  Flavio  Apollonio 
procuratore  d'Augusto,  e  di  Marco  Ulpio  Capitone  suo  marito,  ajutante  del  predetto, 
dà  al  collegio  d'Esculapio  e  di  Igia  un  luogo  per  una  cappella,  e  molto  denaro,  cioè 
cinquantamila  sesterzj,  per  fare  certe  feste  e*immeraorazioni.  Perciò  è  intitolata  madre 
del  collegio,  e  padre  Publio  Elio  Zenone  die  v'aggiunse  diecimila  sesterzj  in  memoria 
del  suddetto  Capitone  suo  fratello.  Ì.Si  pergula  qui  nominata  è  il  terrazzo  sporgente  dalla 
casa,  che  in  alcuni  dialetti  ancora  dicesi  il  pergola.  La  nota  consolare  si  riporta 
al  iU  d.  C. 

§jl78,    —  Iscrizioni  storiche. 

Fra  le  iscrizioni  storiche  più  preziose  vanno  i  Marmi  di  Paro.  Scoperti  in  quest'isola 
sul  cominciare  del  secolo  xvii,  furono  venduti  da  Peiresc  al  conte  Tommaso  di  Arundel, 
che  nel  1627  li  trasportò  in  Inghilterra.  Nella  rivoluzione  ehber  molto  a  patire,  fin  ad 
essere  adoprati  in  fabbrica;  alfine  (1667j  vennero  deposti  nell'università  di  Oxford, 
donde  presero  il  nome.  Giovanni  Selden,  che  li  pubblicò  la  prima  volta  a  Londra  nel 
i629,  ci  racconta  qual  fatica  durò  per  dicifrare  linee  affatto  abrase.  Anche  Prideaux, 
che  nel  1676  ne  diede  una  seconda  edizione,  rischiò  gli  occhi  nel  leggerle.  Maittaire  nel 
1752  ne  fece  un'altra,  poi  una  magnifica  Hicardo  Chandler  a  Oxford  nel  17o5, 

Comprendono  settantanove  epoche  della  storia  greca,  espresse  con  lettere  numerali; 
ma  mancando  le  prime  linee,  ignoriamo  per  qual  motivo  od  occasione  fu  fatto  tal  mo- 
numento. La  prima  epoca  è  il  regno  di  Cecrope,  1318  anni  avanti  il  tempo  in  cui  fu 
scritta  quella  cronaca,  che  fu  il  263  av.  C,  come  raccogliesi  da  altre  date  che  si  cono- 
scono a  preciso,  per  esempio  quella  della  nascita  d'Alessandro  Magno.  Ma  non  si  sa  se 
siano  anni  ateniesi,  comincianti  al  solstizio  di  estate,  o  parj,  cominciami  a  quel  d'in- 
verno. Inoltre  quasi  ogni  membro  offriva  lacune,  e  fu  duopo  supplire  lettere,  cifre,  sil- 
labe, parole,  fin  linee  ;  e  serj  esegeti  asserirono  essere  state  trascritte  con  molte  ine- 
sattezze. 

Dal  cominciamento  fin  al  vi  secolo  av.  C.  non  porge  che  trentasette  epoche,  dinotate 


202  ABCHEOLOGU    E   BELLE  ARTI 

con  ricordi  mitologici;  nessuna  dal  1202  al  1077  ;  quest'ultima  è  l'unica  del  secolo  xi. 
Alcune  date  poi  sono  certamente  erronee,  come  il  principio  del  regno  di  Dario  Istaspe 
posto  al  517  av.  C,  mentre  tutti  i  documenti  danno  il  522;  e  la  morte  di  lui  al  489, 
invece  del  485.  Tantomeno  dunque  si  può  avervi  fiducia  rispetto  ai  tempi  antichissimi, 
se  non  in  quanto  forse  all'ordine  rispettivo  degli  avvenimenti. 

Severa  critica  fa  dei  Marmi  di  Paro  il  signor  Boeck,  come  cronaca  ove  son  notate  le 
feste  e  altre  cose  sacre,  le  comete,  i  sassi  caduti,  mentre  tace  fatti  importantissimi, 
quali  la  spedizione  degli  Argonauti,  il  ritorno  degli  Eraclidi,  Licurgo,  l'istituzione  delle 
olimpiadi  di  Uito  e  Corebo,  le  guerre  messeniclie,  Diacone,  Solone,  i  sette  Sapienti, 
distene,  Pericle,  la  guerra  peloponnesiaca,  la  battaglia  d'Egospotamos,  la  spedizione  di 
Sicilia,  i  Trenta  tiranni,  e  molli  insigni  poeti.  Eppure  questo  rimane  uno  dei  canoni 
più  preziosi  di  antica  cronologia.  Eccone  un  saggio. 

«  1521.  Dacché  Amfizione  figliuolo  di  Deucalione  regnò  alle  Termopile,  e  ragunò  i 
«  popoli  ch'abitavano  i  luoghi  vicini,  imponendo  loro  il  nome  di  Amfizioni,  e  quello 
Il  di  Filea  al  luogo  in  cui  anche  ora  essi  sacrificano,  anni  1258,  regnando  in  Atene  Am- 
«  fizione.  Tanno  secondo  del  suo  regno. 

«  593.  Dacché  Salfo  passò  da  Mitilene  in  Sicilia  fuggendo,  anni  530,  essendo  arconte 
«  in  Atene  la  prima  volta  Crizia,  ed  essendo  il  reggimento  di  Siracusa  in  mano  de' suoi 

«  vicini. 

«  480.  Dacché  Serse  attaccò  un  ponte  di  barche  nell'Ellesponto,  e  dai  Greci  si  diede 
«  una  pugna  alle  Termopile,  ed  una  battaglia  navale  contro  i  Persiani  vicino  a  Salamina, 
«  in  cui  furono  i  Greci  vittoriosi,  anni  217,  essendo  arconte  in  Atene  Calliade. 

Vi  tengono  appresso  per  importanza  i  Marmi  Capilulini.  Sono  frammenti  in  mal 
essere  disepolti  nel  1547,  e  dal  cardinale  Alessandro  Farnese  donati  al  senato  romano, 
che  li  fece  porre  in  Campidoglio  in  una  sala  disposta  da  Michelangelo.  Altri  frammenti 
ne  furono  scoperti  il  1503  a'  piedi  delle  Esquilie;  altri  ancora  nel  J816  presso  al  tempio 
di  Castore.  Comprendono  non  solo  i  consoli  annuali,  cominciando  dal  245  di  Roma  (509 
av,  C),  ma  le  liste  degli  altri  magistrali  e  dei  pontefici,  e  molti  avvenimenti.  Per 
esempio  : 

AN.  VRB.  COND.  CCXX.  L.  TaRQV.MVS  L.  F.  DAMARATI  N.  SVPEHBVS  BEX  POPVLl  INJVSSV  ET  SIISE  PATRVM 
AVCTORITATE  ISQVE  VBBEM  CAPITOLINO  TEJIPLO  A^GVSTIOBEM  REDDIDIT  FERIAS  LATINAS  INSTITVIT  LIBBOS 
SIBVLLINOS  REIPVBLIC*   COMPARATOS    IIVIRIS  IISSPICIENDOS   SERVAPiDOSQVE   DEDIT. 

Marliani,  Robortello,  Panvinio,  Grutero,  Foggini,  Pighio  ne  diedero  diverse  edizioni. 
Panvinio  li  credette  opera  di  Verrio  Fiacco,  che  secondo  Svetonio,  fastos  a  se  ordiriatos 
et  marmoreo  parieti  incisos  publicarat.  Ma  così  mutilati  poca  importanza  aveano,  onde 
molti  si  diedero  a  supplirli,  ossia  a  compilare  nuovi  fasti  :  l'insigne  archeologo  Borghesi 
in  tutta  la  vita  andò  compiendo  quella  serie  coi  nuovi  fiainmenti  e  compiendune  i 
vuoti.  Giovi  avvertire  che  i  fasti  vanno  d'accordo  dall'anno  479  di  Roma  (275av,  C.) 
innanzi;  ma  prima  di  quel  tempo  dissentono  fra  loro  e  cogli  autori. 

FaiU  c(m$:ulares  (riumphalesque  Roman  or  um  ad  fide  m  optim.  auciorum  recensuil  et  indicem  adj'ecil. 
G.  BaiteH.  Zurigo  ^837;  —  e  il  nostro  trattato  di  Cronologia,  §.  21. 

Uno  de'  più  bei  titoli  storici  modernamente  scoperti  è  il  Marmo  Ancirano,  cosi  detto 
dal  luogo  in  Galazia  ove  si  trovò,  che  contiene  parte  delle  imprese  d'Augusto,  tradotte 
dalla  tavola  che,  secondo  Svetonio,  egli  medesimo  avea  scritta  perchè  fosse  scolpita  sul 
suo  sepolcro  (Index  rerum  a  se  geslarum).  D'una  traduzione  greca  parte  fu  rinvenuta, 
ÌH843,  dal  signor  Hamilton  nell'esterno  del  tempio,  nel  cui  vestibolo  stava  scolpito  il 
testo  latino  :  mancava  il  principio  e  fu  trovato  nel  18(51  da  m.  Perrot  francese  in  una 
casa  di  Ancira  (Angora),  ed  equivale  a  due  colonne  e  mezzo  del  testo  latino. 

A,  Weich^rt,  Imperatoris  Cwsaris  AugusH  scriplorum  reliquicB.  I8'<1. 

Altre  iscrizioni  servono  alla  storia  particolare  delle  colonie  e  dei'  municipj.  In  bel 
frammento  di  fasti  intorno  alla  guerra  Servile  fu  pubblicato  dal  Muratori  (voi.  I.  p,  2j; 
ma  gli  scema  autorità  il  non  sapere  donde  sia  tratto.  Nel  18i3  all'Istituto  di  corrispon- 
denza archeologica  fu  presentalo  un  frammento,  che  il  p.  Secchi  riconobbe  di  cronaca 
compilata  Tanno  secondo  di  Tiberio,  con  date  storiche  reali. 


ISrnlZIOM    ONORARIE  2G3 

Per  l'Fgitto  sono  di  speciale  importanza  lo  Tavola  d'Abido  a  bassorilievo,  trovata  da 
Guglielmo  Biinks,  cbe  olire  il  quadro  genealogico  dalla  xv  alla  xviii  dinastia  egizia,  fino 
a  Sesostri;  il  Canone  reale  di  Torino,  nianofecrilto  sovra  papiro  ;  e  varj  quadri  simili  a 
quello  d'Abido,  trovati  a  Carnak,  a  Gurnak,  nelle  tombe  della  Tebaide  e  altrove,  i  quali 
giovarono  a  ritessere  la  cronologia  egiziana.  Altre  or  si  trovarono  in  Oriente  e  massime 
a  Korsabad,  come  notanim  o  nel  libro  xi 

§  179.  —  Iscrizioni   onorarie. 

Il  numero  delle  lapidi  onorarie  è  copioso  quanto  ì  meriti  e  quanto  l'adulazione.  Gli 
Egizj,  gli  Assirj  ne  posero  uioltissime  ai  loro  re,  e  di  tal  natura  sembrano  la  maggior 
parte  delle  asiaticbe. 

Famosa  è  quella  che  i  popoli  d'Aduli,  città  marittima  dell'Etiopia,  dedicarono  a  To- 
lomeo Evergete,  conservataci  da  Cosma  Indicopleuste  (Chishull.  Aniiq.  Asiat.  p.  76); 
e  ove  si  annoverano  le  conquiste  di  esso  re,  e  i  popoli  che  dominò: 

«  Il  gran  re,  Tolomeo  figlio  del  re  Tolomeo  e  della  regina  Arsinoe,  Dei  Adelfi,  nipote 
del  re  Tolomeo  e  della  regina  Berenice,  Dei  Soteri,  discendente  per  parte  di  padre  da 
Ercole  figlio  di  Giove,  e  per  madre  da  Dionisio,  figlio  di  Giove,  ricevuto  avendo  dal 
padre  suo  lu  corona  d'Egitto,  di  Libia,  di  Siria,  di  Fenicia,  di  Cipro,  di  Licia,  di  Caria 
e  delle  Cicladi,  e  condotto  in  Asia  un  esercito  numeroso  di  fanti,  di  cavalli,  di  navali 
forze  e  di  elefanti  del  paese  dei  Trogloditi  e  dell'Etiopia,  presi  da  suo  padre  o  da  esso 
lui  in  quelle  contrade,  condotti  in  Egitto  e  quindi  ammaestrati  alla  guerra  ;  s'insignorì 
di  tutti  i  paesi  vicini  all'Eufrate,  della  Cilicia,  della  Famfilia,  della  Jonia,  dell'Elle- 
sponto, della  Tracia,  delle  truppe  e  ricchezze  di  dette  contrade,  degli  elefanti  indiani 
che  vi  si  trovavano,  dei  re  che  le  governavano;  e  traversato  avendo  il  fiume,  sommise 
la  Mesopotamia,  la  Babilonia,  la  Susiana,  la  Persia,  la  Media  il  resto  del  paese  sino 
alla  Battriana;  ricuperato  gli  Dei  e  le  cose  sacre  tolte  d'Egitto  dai  Persi,  le  rimandò  in 
Egitto  con  altri  tesori  presi  in  quei  diversi  luoghi...  ». 

Una  delle  più  antiche  romane  è  quella  della  colonna  rostrata  in  onor  di  Duilio,  al  494 
di  Roma,  testimonio  anche  dell'antico  parlare,  sebben  forse  noi  non  ne  possediamo  che 
una  copia.  Aggiungansi  gli  elogi  degli  antichi  Scipioni,  che  apparteneano  al  costoro 
sepolcro. 

Le  iscrizioni  che  si  riferiscono  a  magistrati  e  grand'uoraini  sono  anche  storiche,  e 
delle  belle  è  questa  per  Appio  Claudio: 

APPIVS  CLAVDIVS  C.  F.  COECVS  CENSOR  COS.  BIS  DICT.  INTERBEX  DI,  COMPLVRA  OPPIDA  DE  8AMMITIBV8 
CEPIT.  SABINORVM  ET  TVSCORVM  EXERCITVM  FVDIT.  PACEM  FIERI  CVM  PYRRUO  REGE  PROBIBVIT.  IN  CEKSVRA 
VIAM    APPIAM    STHAVIT    ET   AQVAM    IN    VRBEM   ADDVXIT.     ^DEM   BELLONAE   FECIT. 

Sono  0  su  cippi  0  in  pietre  isolate  o  su  colonne,  ed  alcune  sulle  statue;  e  merita 
esser  riferita  quella  sull'erme  di  Socrate  del  museo  Borbonico  : 

ri  Tw't  /óywt  oj  av  jixo't  /oyiijo'^svwi  /SeXTtJTo?  ^loet'veTat.  Socrate^  io  non  ora  primamente  ma 
anche  sempre  tale  fui,  che  de'  miei  a  nessun  altro  obbedissi  se  non  alla  ragione,  la  quale 
alla  mia  riflessione  paresse  la  migliore. 

Elegante  è  pur  questa  : 

L  .  CAECILIVS  L  .  P  .  METEILVS  PONT  .  MAX  .  C09  .  n  DICTATOR  MAO  .  EQ  .  ~  yiH  AOBIS  0ANDI9 
QVl  PRIMVS  ELEPHANTOS  PRIMO  PVMCO  BELLO  DVXIT  IN  TRIVllPUO  PHIMARIVS  BELLATOR  OPTniVS  ORATOR 
FORTISSIMVS  IMPERATOR  AVSPIOIO  SVO  MAXIMA9  RES  GESSIT  MAXIMO  VSVS  HOINOHE  SVMMA  SAPIENTIA  MAXIMVS 
SENATOR  PARTAM  EX  .EQVO  PECVMAM  MAGNAM  SINGVLIS  LIBERIS  HELIQVIT  CLARISSIMVS  IN  CIVITATE  FVIT 
TRIBVTVM  EI  VT  QVOTIES  IN  SENATVM  IHET  CVRRV  VEUERETVR  AD  CVRIAM  QVOD  A  CONDITO  M\0  NVLLI  ALII 
CONTIGIT. 

Altre  sono  a  magistrati  municipali,  a  patroni  dei  mnnicipj  o  delle  colonie  ecc.  Ve 
generalmente  il  nome  e  cognome,  la  paternità,  la  tribù,  i  titoli,  l'oggetto,  infine  la 
persona  0  il  corpo  che  le  dedica.  Hicorrono  le  sigle  dd.  Dunuìn  dedii,  o  Drcurionum 
decreto;  e.  a.  e.  Grati  animi  ergo  ;  àvE.5/;-/c  ecc.  ecc. 


264  ARCHEOLOGIA    E   BELLE    ARTI 

Questa  tavola  di  bronzo  uscì  dagli  scavi  di  Pesto  il  gennaio  1829 


HELPIDI   HOMO   FELIX 
DEVS   TE   SERVET 


FLAVUS   lEONTIO   ET   BONOSO    CONSS 
VI    ID?S   APRILIS 


CVM  CIBES  FBEQVENTES  COLONI.*  PESTANORVM  COECISSENT  BERBA  FECERVNT  NON  ALIVNDE  .«STIMAMVS  STA- 
TVM  CIBITATIS  ALTIOBEM  CVLTIOREMQVE  REDDl  NISI  INDVS  TRIVM  VIHOBVM  PATROCINIO  FVLCIATVR  OPTIMI 
CIVES  IGITVR  BELPIDIO  HONESTISSIMO  VIRO  PRO  DIGNITATE  SVA  PATRONATVM  OFFEBA»VS.  CREDIMVS  QVOD 
IN   OMNIBVS   NOS   PATRIAMQVE   NOSTRAM   POBERE    DICNETVR. 

HELPIDIO 
PLACET  PLACET.  HELPIDIO  HONESTISSIMO  VIRO  CVJVS  TA^TA  .«QVITAS  TRANQVILLITAS  DIGNITAS  JVSTITIA 
INNOCENTIA  HVMANITAS  EX  ORIGINE  PROPACATA  MONSTRATVR  CVJVSQVE  PROLES  SANCTISSIMI  ET  EJVS  VENE- 
RAVILIS  FLOS  DECVSQVE  EST  TABVLAM  PATRONATVS  SICVTI  PABENTIBVS  EJVS  OPTVLIMVS  OFFERAMVS  QVAM  SI 
ACCIPERE  FVERIT  DIGNATVS  SPERAMVS  QVOD  PRO  HONESTATE  HOMINIS  SVI  IN  OMNIBVS  NOS  AEQVO  SINCEBAEQVE 
ANÌMO   ASPICERE   AC    FOBERE   DIGNETVB. 

È  il  decreto  con  cui  Elpidio  è  nominato  patrono  della  città  di  Pesto,  e  si  traduce: 

"  0  ElpidiOj  uomo  felice,  Iddio  ti  conservi.  1  Flavj  l^eonzio  e  Bonoso  consoli,  il  di  8 
aprile,  avendo  raccolto  molti  cittadini  della  colonia  di  Pesto,  arringarono:  —  Non 
altrimenti  pensiamo  che  Io  stato  della  città  possa  rendersi  più  alto  ed  ornato,  se  non 
sia  appoggiato  al  patrocinio  d'uomini  operosi.  Ottimi  cittadini,  offriamo  dunque  ad 
Elpidio,  uomo  nobilissimo  per  la  sua  dignità,  il  patronato.  Crediamo  che  egli  in  ogni 
cosa  si  degnerà  proteggere  noi  e  la  patria  nostra.  — 

Ad  Elpidio 

«  Piace  piace  {esclamarono  i  cittadini.  Segue  il  decreto).  —  Ad  Elpidio  nobilissimo 
uomo,  di  cui  la  tanta  giustizia,  pacatezza,  dignità,  innocenza,  cortesia,  derivatagli  dalla 
stirpe,  è  palese,  e  la  cui  prole  è  santissima,  e  venerabile  fiore  e  decoro  di  esso,  offriamo, 
come  già  odrimmo  a'  suoi  maggiori,  la  tavola  del  patronato-,  la  quale  s'egli  si  degnerà 
accettare,  speriamo  che  perla  dignità  del  nome  suo,  si  compiacerà  di  buon  grado  e  con 
sincerità  guardarci  con  volto  benigno,  e  proteggerci  in  ogni  evento  ». 

1  due  consoli  sono  pestani,  de'  quali  non  avendo  noi  la  serie,  non  è  possibile  deter- 
minare l'anno.  È  però  insolito  il  trovar  consoli  in  una  colonia,  invece  de'  soliti  duum- 
viri. Sembra  del  304  d.  C.^  e  tempi  bassi  sono  indicati  dalla  latinità,  da  que'  nomi  di 
Flavj,  dal  Deus  te  servet,  che  si  direbbe  cristiano,  se  non  potesse  riferirsi  al  dio  di  Pesto, 
Nettuno.  Le  scorrezioni  grammaticali  e  ortografiche  (sincerceqiiej  e  la  sostituzione  del 
6  al  V,  appoggiano  la  genuinità  della  tavola,  la  quale  potrebbe  venir  impugnata  da  ri- 
flessi storici:  sul  che  ebbero  dispula  due  archeologi  di  Napoli,  Guarini  e  Armentani 
{Ann.  civ.  di  Napoli,  1836). 

Nei  recenti  scavi  sulle  coste  d'Africa  trovossi  la  seguente  che  ricorda  la  colonia  di 
Cartenna,  fondata  sotto  Augusto  dalla  seconda  legione,  e  i  popoli  barbari  Baquati: 

e    .   FVLCINIO   M    .    F    .   QVIR    . 

OPTATO    .    FLAM    .    AVG.    II   VIB 

QO    .    PONTIF    .    n   TIR   AVGVR    . 

MD.    QVESTORI    QVI 

INRVPTIONE    BAQVA- 

TIVM    COLONIAM   TVI- 

TVS    EST   TESTIMONIO 

DECRETI    ORDINIS    ET 

POPVLI      CARTENMTANI 

ET   INCOLA    .    PRIMO   IPSI 

NEC    ANTE    VLLI 

AERE    CONLATO 

«  A  Cajo  Fulcinio  Optato,  figlio  di  Marco  della  tribù  Quirina  ,  flamine  augustale , 
duumviro  quinquennale,  pontefice,  duumviro  augurale,  edile,  questore,  che  difese  la 
colonia  dall'irruzione  de'  Baquati  :  in  fede  d'un  decreto  del  municipio  e  de'  cittadini 
Cartenitani  e  degli  abitanti,  a  lui  primo,  e  a  nessuno  innanzi,  con  denaro  raccolto  ». 


ISCRIZIONI    ONORARIE  265 

Pur  tra  quelle  or  radunate  ad  Algeri  è  questa  : 

L    .    FADIO   L    .    F    .    gVIR    . 

BOGàTO 

DEC    .    £D    .    a   VIR    a    TIR 

QQ    .    RVSG    .    ET   BTSG    . 

CO!SS!STENTES    OB 

MERITA   QVOD    FRV 

MENTVM    I^TVt,EnlT 

ET    ANNOMAM    PAS 

SVS    NON    SIT    INCRESCERE 

AERE    COLLATO. 

«  A  L.  Fadio  Rognto,  figlio  di  Lucio,  della  tribù  Quirina,  decurione,  edile  duumviro; 
i  duumviri  quinquennali  di  Rusgunia  presso  il  capo  Temedfus),  ed  altri  abitanti  a  Rus- 
gunia,  pei  meriti  d'aver  fatto  venire  frumento,  e  non  lasciato  che  i  viveri  incarissero; 
per  soscrizione  ». 

Degnissima  d'esser  riportata  ci  pare  questa  che  esiste  nel  museo  di  Trieste,  e  appar- 
tiene agli  anni  fra  il  158  e  il  i6t  dell'era  vulgare: 

Kl  .  novem  r  .  —  Hispanivs  .  Lentvlvs  .  et  .  S  .  nepos  .  II  .  vir  .  ivr  .  die  .  v  .  f . 
Fabivm  .  Severvm  .  clarissimvjn  .  virvm  .  mvlta  .  jam  .  pridem  .  in  .  rem  .  p  .  nostrani . 
beneficia  ,  contvlisse  .  vi  .  qvi  .  a  .  prima  .  sva  .  statim  .  cetate  .  id  .  egerit  .  vt  .  in . 
adavgenda  .  patria  .  sva  .  et  .  dignitate  .  et  .  eloqventia  .  crescerei .  nam  .  ita .  mvltas . 
et  .  magnificas  .  cavsas  .  pvblicas  .  apvd  .  optimvm  .  principem  .  Antoninvm  .  avg  . 
pivm  .  adservisse  .  egisse  .  vicisse  .  sine  .  vllo  .  qvidem  .  cerarii  .  nostri  .  inpendio  . 
vt .  qvam  .  vis  .  admodvm  .  adolescens  .  senilibvs  .  lamen  .  et  perfectis  .  operibvs  .  ac  . 
factis  .  patriam  .  svam  .  nosqve  .  insvper  .  sibi .  vniversos  .  obstrinxerit  .  nvnc  .  vero . 
tam  .  grandi  .  beneficio  .  tam  .  salvbri  .  ingenio  .  tam  .  perpetra  .  vtilitate  .  rem  .  p  . 
n .  adfecisse  .  vt  omnia  .  proecedentia  .  facta  sva .  qvamqvam  .  immensa  .  et .  eximia  . 
sint  .  facile  .  svperarit  .  nam  .  in  .  hoc  .  qvoqve  .  mirabilem  .  esse  .  e  .  v  .  virtvtem  . 
qvod  .  cotidie  .  in  .  bencfaciendo  .  et  .  in  .  patria  .  sva  .  ivenda  .  ipse  .  se  .  vincat .  et . 
ideo  .  qvam  .  vis .  promensvra  .  beneficiorvm  ,  ejvs  .  impares  .  in  .  referenda  .  gratia  . 
simvs  .  interim  .  tamen  .  prò  .  tempore  .  vel .  facvltate  .  vt  .  adjvvet  .  scepe  .  factvros  . 
remvnerandam  .  esse  .  e  .  v  .  benevolentiam  .  non  .  vt  .  illvm  .  proniorem  .  habeamvs  . 
alivd  .  enim  .  vir  .  ita  .  naivs  .  non  .  potest  .  facere  .  sed  .  vt  .  nos  .  jvdicantibvs  . 
gratos  .  prcebeamvs  .  et  ,  digtins  .  tali  .  decore  .  ialiqve  .  prcesidio  .  q  .  f  .  p  .  d  .  e  . 
r  .  i  .  e  .  primo  .  censente  .  L  .  Calpvrnio  .  certo  .  cvm  Fabivs  ,  Severvs  ,  vir  .  amplis- 
simvs  .  adqve  .  clarissimvs  .  tanta  .  pietate  .  tantaqve  .  adfectione  .  rem  .  p  .  n  .  am- 
plexvs  .  sit  .  itaqve  .  prò  .  minimis  .  maxinmqve  .  commodis  .  pivs  .  excvbit  .  adqve  . 
omnem  .  prcestantiam  .  avxerat  .  vt  .  manifestvm  .  sit  .  id  .  evm  .  agere  .  vt  .  non  . 
modo  .  nobis  .  sed  .  proximis  .  qvoqve  .  civitatibvs  .  declaratvm  .  velit  .  esse  .  se  .  non  . 
aliqvam  .  patrioB  .  svce  .  natvm  .  et  .  civilia  .  stvdia  .  qvce  .  in  .  eo  .  qvam  .  vis  .  jv- 
vene  .  jam  .  sint  .  peracta  .  adqve  .  perfecta  .  ac  .  senatoriam  .  admodvm  .  dignitatem . 
hac  .  maxime  .  ex  .  cavsa  .  concvpivisse  .  vti .  patriam  .  svam  .  tvm  .  ornatam  .  tvm  . 
ab  .  omnibvs  .  injvriis  .  tvtam  .  defensamqve  .  servaret  .  interim  .  apvd  .  jvdices  .  a  . 
coesore  .  datos  .  interim  .  apvd  .  ipsam  .  imperatorem  .  cavsisq  .  pvblicis  .  patrocinando  . 
qvas  .  cvm  .  jvstitia  .  divini  .  principis  .  tvm  .  sva  .  eximia  .  ac  .  prvdentissima  . 
oratione  .  semper  .  nobis  .  cvm  .  Victoria  .  firmiores  .  remisit .  ex  .  proximo  .  vero  . 
vt  .  manifestatvr  .  cwlestibvs  .  lilteris  .  Antonini  .  avg  .  pit  .  tam  .  feltciter  .  deside- 
rivm  .  pvblicvm  .  apvd  .  evm  .  sit  .  prosecvtvs  .  impetrando  .  vt  .  carni  .  cataliqvi  . 
attribvti  .  a  .  divo  .  Avgvsto  .  idi  .  rei  .  pvblicce  .  noslroe  .  prò  .  vt  .  qvi .  mervissent  . 
vita  .  at  .  qve  .  censv  .  per  .  cedili tatis  .  gradvm  .  in  .  cvriam  .  nostrum  .  admilte- 
rentvr  .  ac  .  per  .  hoc-,  civitatem  .  romanam  .  adipiscerentvr  .  et  cerarivm  .  nostrvm  . 
ditavit  .  et  .  cvriam  .  complevit  .  et  .  vniversam  .  rem  p  .  n  .  cvm  .  eo  .  mentis  .  am- 
pliavit  .  admittendo  .  ad  .  honorvm  .  commvnionem  .  et  .  vsvrpationem  .  romance  .  ci- 
vitatis  .  et  .  optimvm  .  et .  locvpletissimvm  .  qvemqve  .  vt  .  scilicet  .  qui  .  ohm  .  erant  . 
tantvm  .  in  .  redditv  .  pecvniario  .  nvnc  .  et  .  in  .  ilio  .  ipso  .  dvplici .  qvidem  .  per  . 
onorarice  .  nvmeratianem  .  reperiantvr  .  vt  .  et  .  sint  .  cvm  .  qvibvs  .  mvnera  .  decv- 
rionatvs  .  jam  .  vt .  pavcis  .  onerosa  .  honeste  .  de  .  plano  .  comparliamvr  .  ad  .  cvjvs  . 


266  ARCHEOLOGIA    E    BELLE    ARTI 

qvidem  .  gratiam  .  habendam  .  vt  .  in  .  scecvla  .  permansvram  .  ejvs  .  modi  .  beneficio  . 
oportverat  .  qvidem  .  si  .  fieri  .  posset  .  et  .  si  .  verecvndia  .  darissimi  .  viri  .  permit- 
teret  .  vniversos  .  I .  iri  .  et  .  gratias  .  et .  jvxta  .  optimvm  .  principem  .  agere  .  sed  . 
qvoniam  .  certvm  .  est  .  tiobis  .  onerosvm  .  ei .  fvtvrvm .  tale  .  nostrvm .  ofificivni .  ilivd  . 
certe  .  proxime  .  fieri  .  oportebit  .  a  .  statvam  .  ei  .  avrafam  .  eqvestrem  .  primo  . 
qvoqve  .  tempore  .  in  .  celeberrima  ,  fori  .  nostri  .  parte  .  poni  .  et  .  in  .  basi  .  ejvs  . 
hanc  .  nostrani  .  consensionem  .  atqve  .  hoc  .  decretvm  .  inscribi  .  vti  .  ad  .  posteros  . 
nostros  .  tam  .  volvntas  .  amplissimi .  viri  .  qvam  .  facta  ,  permaneant  .  petiqve  .  a  . 
Fabio  .  vero  .  egregio  .  viro  .  patris  ,  Severi  .  vti  .  qvandoqvidem  .  et  .  commenivm  . 
hoc  .  ipsivs  .  sit  .  providentice  .  qua  .  rem  .  pvblicam  .  n  .  infatigabili  .  cvra  .  gv- 
bernat  .  et  .  in  .  hoc^.  pivs  .  pvblici  .  benefica  .  qvod  .  talem  .  et  .  nobis  .  et  .  imperio  . 
civem  .  procreava  .  atqve  .  formavit  .  cvjvs  .  opera  .  stvdioq  .  et  .  ornatiores  .  et  .  tv- 
tiores  .  in  .  dies  .  nos  .  magis  .  magisqve  .  sentiamvs  .  vti  .  ea  placviase  .  in  .  hanc.. 
rem  .  adsensvm  .  svvm  .  legari  .  mandariqve  .  stbi  .  vti .  gratias  .  pvblice  .  clarissimo  . 
viro  .  mandato  .  nostro  .  agat  .  et  .  gavdivm  .  vniversorvm  .  singvlorumqve  .  ac  .  vo- 
Ivntatem  .  vt  .  magister  .  talivm  .  rerum  .  in  .  notitiam  .  ejvs  .  perferat  .  censvervnt. 
Declinando  l'Impero,  crescono  la  gonfiezza  de'  titoli  e  i  superlativi.  Nelle  mura  di 
Tebersec  (Tubursicum)  in  Africa  è  infissa  questa: 

SALVIS    DOMINlS   NOSTRIS   XRISTIAMSSIMIS 

ET    INVICTISSIMIS   IMPERATOBIBVS 

JVSTINO    ET   SOPUIA    AVGVSTIS    HANC   MVMTIONeM 

TOMAS  EXCIìLLENTISSIMVS  PH/EFECTTS  FELI- 

CITER    /EDIFlCAVlT. 


^  180.  —  Iscrizioni  monumentali. 

Si  può  dire  che  ad  ogni  opera  pubblica  si  ponesse  una  iscrizione,  la  quale  più  volte, 
oltre  commemorativa,  è  laudatoria  o  storica.  Tali  devono  essere  gran  parte  delle  egizie 
e  delle  babiloniche;  tali  moltissime  romane.  Negli  archi  e  nei  tempj  poneaosi  a  grandi 
lettere  sull'attico  o  sull'architrave,  per  lo  più  di  bronzo  infisse  con  chiodi.  Portavano 
il  nume  della  persona  cui  erano  dedicate,  o  di  chi  le  fece  alzare;  colle  sigle  d  d  dedica- 
vit,  M  p  monumentum  posuit,  o  simili. 

Quella  sulla  colonna  Trajana  rammenta  che  essa  colonna  dinota  l'altezza  del  monte 
che  fu  spianato  per  formare  il  Foro: 

SENATVS   POPVLVSQTÈ   ROMANTS 

IMP    .    CASARI  DIVI    NERV*    F    .    NERV/E 

TBAJANO    AVO    .    GEHM    .    DACICO    PONTIF    . 

MàSIMO  TRIB   .    POT    .    ^1   IMP    .    vi  COS   ri  P    .   P. 

AD    DECLARANDVM  QVANT.«   ALTITVDINIS 

MOKS    ET    LOCVS   TANTIS  OPERIBVS   SIT  EGESTVS. 

Quésta  (ap.  Morisani,  Marm.  Reg.  p.  266)  ricorda  una  donazione  preziosa: 
tituB  HEBVBN^s  Titi  viliu»  8ABINVS  TRiviR  Moilkia  POTeitale  II  (  iterum  )  testamento   legavit   Mv- 

NIGIPIBVS     BEGINIS     S\lìenlihu$    IN    PRVTANSO    STATvAM   MREm  MERCVRI.    THVLLAM   ARGENTEAM    ANAGLYPTAM 

P  .    II  .  S  .    {pondo  librar um  duarum  cum  semisse)   lares  ARGE^TEOS  septem  p  .   u  .   s  .  pelvim 

;EREAM    CORINTHEAM.    ITEM     in     TEMPLO    APOLLINIS    MAJORIS    PVGILLARES    MF.MBRANACEOS    OPERCTLIS    EBOREIS 
PTXIDEM     EBOREA!»    TABVLAS     PICTAS    XVIII    UEREDES    EJTS    P0^E11DA   CTRAVERTNT. 

Iscrizioni  per  opere  pubbliche  sovente  si  trovano  sulle  monete  come  questa  d'Augusto: 

AVGVSTVS  TRibunicia  vorestate  viii   (capo  nudo) 

m   (cippo  inscritto)  senatus  Populu»  Que  Romanu$  mveratori  CAExari  qvod  yiae  fiìunilae  sunl  Ri 
EA  Pecunia  Quam  is  AD   xrarium  DElulil. 

In  Atene  si  scopersero  ora  lapidi  che  rendono  i  conti  della  fabbrica  de'  grandi  tempj 
dell'Acropoli  ;  chi  l'architetto,  e  come  retribuito  (una  dramma  al  giorno);  quanto  pa- 
gato ai  modellatori  che  ne  riducevano  in  cera  i  disegni ,  quanto  ai  tagliapietre,  ai  mu- 
ratori, ai  manovali  ecc. 


ISCniZIONl    MONUMIÌNTAI.I  2fi7 

Alcuna  volta  sulle  opere  pubbliche  melleasi  un  decretd,  come  il  seguente: 

JVSSV    l^H   .    C/USAHIS 

ATGVSTl    CIRCA    EVM 

RIVVJl    Qvl   A(JV/E 

DVCEND*  CAVSA 

FACTVS    EST    OCTONOS 

PED   .   AGÉR    DEXTRA 

SINISTRAQVE    VACVVS 

BELICTVS    EST. 

Attestavano  anche  diritti  privati  e  servitìi;  come:  Per  hanc  viam  fvndo  c.  marci  c. 
L.  PHii.KKoMS  iTiiK  ACTVS  DF.BKTVK.  Actus  è  la  via  da  carro,  larga  quattro  piedi,  mentre 
la  semita  era  di  un  piede ,  Vtter  di  due,  la  via  di  otto,  cioè  il  camhio  de'  carri. 

Possono  riferirsi  alle  pubbliche  anche  le  terminali,  che  segnano  i  confini  fra  i  terri- 
torj,  donde  gran  lume  trae  la  geografia.  Tale  è  la  decisione  che  si  conserva  a  Genova 
scolpita  in  bronzo,  data  nel  057  di  Iloma,  fra  Genova  e  due  borgate  vicine,  ora  dette 
Langasco  e  Nostra  Signora  della  Vittoria,  da'  fratelli  Minucj,  scelti  arbitri.  Fu  trovala 
nel  iSOf)  presso  la  Polcevera,  e  pubblicata  prima  da  tiracelleo  {Lucubrutiones,  (5i20J  poi 
da  molti  e  sempre  imperfettamente,  non  eccettuati  Orelli  e  Spangenberg.  Pure  fin  dal 
1806  Girolamo  Serra  n'avea  dato  una  copia  esatta,  sopra  la  quale  RudorfT  chiarì  testé 
la  parte  giuridica  del  monumento.  Resta  a  illustrare  meglio  la  parte  geografica. 

Serra,  Discorso  sopra  un  antico  monumento^  ecc.  nelle  Memorie  dell' Accademia  imperiale  di  Genova^ 

voi.  II,  pag.  89. 
F.  RiiDORFF,  Q.  elM.  Minuciorum  sentenlia  inler  Genuates  et  Viturios  dicM.  Berlino  1842. 

Più  importa  alla  storia  quella  (di  autenticità  contestata)  che  segnava  al  Rubicone  i 
limiti  della  Repubblica,  con  divieto  di  passarlo  in  armi  ; 

JVSSV  MANDATVVE  VOpuH  Romartt  COS  .  IMP  .  TRIB  .  MILBS  TrRO  COMMILITO  ARMATE  QVISQVIS  ES  MA- 
NIPVLARIE  CE^TVR10  TVRMARIE  LEGIONARIE  HIC  SISTITO  VEXILLVM  SIMTO  ARMA  DEPOMTO  NEC  CITRA  H¥!»c 
AMfìEM  RVBICONEM  SIGNA  DVCTVM  EXERCITVJI  COMMEATVIIVE  TRADVCITO  .  SI  QVIS  HVJVSCE  JVSSIOMS  ERO4 
ADVEHSVS  PR.T.CEPTA  lERIT  FECERITQVE  ADJVDICATVS  ESTO  HOSTIS  P  .  H  .  AC  SI  CONTRA  PATRIAM  ARMA 
TVLERIT   PENATESQVE    SACRIS    PENETRALIBVS   ASPORTAVERIT   S    .    P  .  Q    .  R  . 

Sancito  plebisciti  sive  consulti. 

VLTRA    BOS    FHES    ARMA    AC    SIGNA   PROFERRE    LICEAT    NEMINI. 

Talora  non  segnavano  che  confini  privati,  come  questa  del  museo  del  Catajo: 
CAPVT  LiMiTiS  L0:vTiC0Nis  PERMVTATviw  EX  D  .   D   (decTelo  decurionum). 

Vi  appartengono  pure  le  colonne  milliarie ,  che  sulle  strade  militari  indicavano  la 
distanza  dalla  metropoli,  p.  es.  xxiv  m.  p.  cioè  vigintiquatuor  millia  passuum  ;  e  talora 
il  nome  dell'imperatore  che  le  fece  porre.  La  bresciana  illustrata  dal  Labus  legge; 

IMP    .   CAES   . 

e    .    MESIVS   Q    . 

TRAJAN    .    DECIVS    . 

PF    .   AVO    .    P    .    M    .    TRIB   .   POT  . 

n    COS    .    II    .    PP    . 

(millia  passuum)  XVIIfl. 

Monumento  prezioso  di  tal  genere  è  la  Tavola  Peutingeriana,  che  contiene  l'itinerario 
dell'Impero.  E  una  volta  si  conosceva  una  tavola  di  pietra,  che  aveva  servito  all'inse- 
gnameuto  della  geografia  nella  scuola  di  Autun. 

§  \S\.  —  Iscrizioni  giuridiche.  Congedi. 

Le  iscrizioni  giuridiche  contengono  diplomi,  leggi,  contratti ,  testamenti,  o  simili 
atti  che  scolpivansi  per  conservarli.  Altre  servivano  per  la  pubblicazione  delle  leggi, 
affiggendosi  ne'  luoghi  a  ciò  destinati.  Alquante  ne  abbiamo  di  greche,  e  in  Inghilterra 
fu  trasportata  la  lapide  che  contiene  l'istromento  di  concordia  e  lega  fra  le  città  di  Ma- 
gnesia e  di  Smirne,  in  favore  di  Seleuco  Callinico  re  di  Siria  e  Babilonia. 

i  decreti  e  atti  pubblici  greci  sono  per  lo  più  preceduti  da  un'invocazione  alla  buona 


268  ARCHEOLOGIA    È   BELLE    ARTI 

fortuna  aya^nt  Tt;;/>?i,  cui  talvolta  si  aggiunge  z«t  sm  c&jTvjpf^t  e  per  la  salute  :  viene  poi 
l'indicazione  della  città  o  del  municipio,  il  nome  de'  magistrati  o  sacerdoti  che  deter- 
minano l'anno:  talora  la  data  è  ripetuta  più  chiara  in  fine  ,  dove  pur  il  nome  di  chi 
stese  lo  scritto,  o  dell'artista. 

Fra  gli  antichi  itali  è  il  monumento  greco-latino  di  Eraclea  in  Lucania.  Presso  questa 
città  era  un  fondo  sacro  a  Bacco,  di  cui  i  privati ,  col  volgere  degli  anni,  occuparono 
qualche  porzione.  Un  plebiscito  ordinò  che  que'  fondi  tornassero  di  giurisdizione  sacra. 
Pertanto  si  deputarono  agrimensori,  che  verificarono  i  confini,  e  divisero  il  campo  in 
quattro  porzioni ,  piantandone  i  termini  ;  e  queste  furono  rilasciate  in  vita  a  quattro 
privati  colle  debite  sicurtà  e  con  un  annuo  canone,  e  con  patti  di  piantar  viti ,  olivi, 
fabbricare  capanne  e  stalle,  ed  altri.  È  insomma  un  contratto  d'enfiteusi ,  del  v  secolo 
di  Roma.  Un  altro  bel  monumento  de'  Lucani  fu  interpretato  dal  Guarini  come  un  ple- 
biscito suntuario,  riguardante  il  modo  di  vestirsi. 

Fra  i  Romani  non  ve  quasi  atto  giuridico  che  non  sia  attestato  da  lapidi;  sieno  se- 
natoconsulti  o  plebisciti,  istromenti,  testamenti,  contratti,  sanzioni,  de'  magistrati  de' 
municipi  e  delle  colonie,  decreti  d'ospitalità,  congedi  di  soldati ,  clientele  e  patronati 
ecc.  L'Orsino,  il  Brissonio,  il  Terrasson  e  gli  altr;  giurisperiti  storici  ne  trassero  molto 
lume  e  molte  formole  del  diritto  romano.  Preziose  sono  la  Tavola  alimentare  di  Trajano 
e  la  legislativa  della  Calila  Cisalpina. 

Generalmente  vi  sta  in  capo  la  data,  cioè  il  nome  de'  consoli  e  degli  altri  magistrati 
eponimi  o  de'  regnanti  ;  e  ricorrono  le  sigle: 

H.  L.  N.  R.  Hac  legeniliil  rogatur. 
V.  D.  p.  L.  p.   Ut  de  plano  legi  possit 

T.  A.  B.  K.  ^.  E.  Tw  (Jó'/f/aTi  ftov'jrj^  ìcA  dóyiiy.ri  iy.y.'jcaiy.;,  per  decreto  del  Senato  e  del- 
l'assemblea. 
Y.  B.  A,  ùnò  fòo\j).rj;  Sóyfxottt,  per  decreto  del  senato. 

Ciriaco  Anconitano  trascrisse  presso  Pola  lo  scherzevole  testamento  d'un  briacone. 
Nella  vigna  del  signor  Ammendola  lungo  la  via  Appia,  il  1820  si  trovò  una  lapide,  alta 
dieci  palmi,  e  larga  uno,  frammento  di  assai  più  larga  e  alta,  contenente  il  testamento 
di  Dasuniio,  del  109  d.  C.:  prezioso  anche  perchè  ingiunge  all'erede  di  assumere  il 
nome  suo,  e  perchè  le  somme  esprime  in  denarii,  in  luogo  de'  soliti  sesterzj.  i 

In  questa  che  si  trovò  a  Roma  su  marmo  ,  Adriano  imperatore  concede  a  due  fratell 
d'avere  il  sepolcro  nel  fondo  Esciniano: 

«LIV8  CmSkU  DYOBVS  LIB.  SAMIARIS  QVIINTANI  SALVTEM.  CVM  PETrERITIS  A  ME  VT  SI  CVI  QVID  VESTRVM 
yVMAMTVS  ACCIDEKIT  IS  IN  LOCVM  QVl  EST  IN  FVNDO  ^^SCINIANO  MEO  INTRANTIBVS  A  VIA  PARTE  L«VA 
A  MONIMENTO  TESTACIO  PER  LONGITVD  .  PEDVM  CLXXV  LATITVD  .  A  MACERIA  INTItO  VERSVS  PEDVM  XX> 
INFERATVR  ID  JVS  CONCEDERE  ME  HAC  EPISTOLA  NOTVM  VOBIS  FACIO  .  BENE  VALERE  VOS  CVPIO  .  RATA 
Xn  KAL  JVLIAS  IN  HORTIS  STATILIAE  MAXIMAE  CELONIO  COMMODO  CIVICO  POMPEIANO  COSS  .  SAMIARIS  00- 
RVPHORION. 

11  Fabretti  {Coli,  inscript,  p.  278  e  333),  poi  il  Maffei  {Storia  dei  dipi,  p,  23)  produs 
sero  un  giudizio  interlocutorio  di  causa  fra  i  tintori  e  i  fontani. 

Ci  rimangono  varj  contratti  di  patronato.  Il  patronato  portava  l'ospitalità,  e  il  cliente 
doveva  onorare  il  patrono  dopo  il  padre,  fargli  corteggio,  dargli  danaro,  riscattarlo  se 
prigione  in  guerra;  il  patrono  a  vicenda  difendeva  e  tutelava  i  clienti,  ne  procurava 
ogni  maggior  utile  ed  onore. 

11  Marmi,  ne'  Monumenti  de  Fratelli  Arvali ,  pubblicò  una  lapida  del  museo  di  Cor- 
tona, ove  i  cittadini  di  Gurza  in  Africa  stipulano  ospitalità  con  Cajo  Aufustio  Macrioo, 
figlio  di  Cajo  della  tribù  Calerla,  prefetto  de'  Fabrl ,  lui  e  sua  discendenza  scegliendo 
per  difensore: 

CIVITAS    CVR7.ENSIS    EX    AFRICA  * 

HOSPITIVM     FECIT    CVM    C.     AVFVS 

TIO     C.     F.     GAL.     MACRINO     VRXP. 

FABR.    EVMQVE   LlBBItOS   POSTE 

ROSgVE    EJVS    SIRI    LIBERIS 

POSTEHISOVE    SVIS   PATRO 

NVM    COOPTARVNT    ETC. 


CONGEDI 


269 


Spangenbebg,  Juris  romani  tahulm  negodorum  solemnium ,  modo  in  are,  modo  in  marmare,  modo 

in  charta  superstiles.  Lipsia  -1822. 
FiEULER,  Zeiltafeln  der  ròmischcn  Geschichte,  nebsl  cinigen  dazu  gehòrigen  L'rkunden,  eie.  Wcsel 

1827. 
G.  Halbold,  Antiquilatis  romance  monumenta  legalia  extra  librai  juris  romani  iparsa.  Opu*  ex 

adversarii$  defuncliauctaris,  quantum  fieri  potuit,  restituii  E  rn.  Spangenberg.  Berlino  (830 
Son  tutte  iinpcrfetle,  e  dopo  d'allora  si  scopersero  altri  monumenti,  raccolti  da  K.  Zell,  Uandbuch  der 

R.  Epigraphie. 

Genere  particolare  di  alti  sono  quelli  per  cui  concedevasi  il  congedo  a  militari  e  la 
cittadinanza  (honestce  missiones).  Uno  trovato  a  Resina  è  scritto: 

IMP.    VESPASIANVS    C.«SAR.    AVGVST. 

TRIBVMC.    POTEST.    COL.    II 

VETERAMS   Qi;i    MILITAVERV.NT    I^    LEG.   U 

ADJVTRICE    PIA    FIDELE    QVl    VICE^A 

STIPENDIA  AVT    PLVRA    MEHVERVNT 

ET   SVKT   DOIISSI    HOESTA    MISSIONE 

QVORVM    NOMINA    SVBSCRIPTA    SVNT   IP 

SIS    LIBERIS    POSTERISQ\E    EORVM    GIVI 

TATEM    DEDIT  ET    CONVBIVM    CVM    EST 

CIVITAS    US   DATA   AVT   SI   QVI    C.€LIBES 

ISSENT   CVM  nS    QVAS   POSTEA   DVXISSENT 

DVMTAXAT   SINGVLl   SINGVLAS 

A.    D.    NON.    MABT. 

IMP.   VESPASIANO  Ci:SARE  AVG. 

COS. 
CESARE    AVG.   F.   VESPASIANO 
T.    I.    PAG.    V.   LOG.    XXXXVI 
NERViE   LAIDI    F.    DESIDIATI 
DESCRIPTVM   ET    RECOGNITVM   EX   TABVLA 
«NE4    Q\/F.   FIXA    EST    BOAI.E   IN    CAPI 
TOLIO    IN    PODIO   ARE   GENTIS   JVLIE 
C.    HELVI    LEPIDT.    SALONITANI 
Q.    PETRONI    MVS:EI    I    ADESTINI 
L.    VALERI    ACUTI    SALONIT. 
M.    NASSI    PHOEBI    SALONIT. 
L.    PVBLICI   GERMVLLI 
Q.    PVBLICI    MACEDONIS    NEDlTANI 
Q.    PVBLICI    CRESCENTIS. 

Davansi  dunque  a  questi  soldati  il  congedo,  la  cittadinanza  e  il  matrimonio  legit- 
timo, cioè  si  riconoscevano  come  mogli  di  pien  diritto  (sebbene  non  fossero  cittadine 
romane)  quelle  che  prima  non  erano  considerate  che  come  concubine,  contubernali, 
focarie.  Scriveansi  tali  diplomi  sul  papiro,  e  incidevansi  anche  in  tavole,  le  quali  si  col- 
locavano in  Campidoglio,  o  dopo  il  93  di  C.  nel  muro  dietro  al  tempio  di  Augusto  a 
Minerva.  Gl'interessati  ne  traevano  copia  legale,  che  faceano  anche  incidere  o  in  una 
tavola  sola  o  in  più,  connesse  con  anelli  o  con  un  filo,  talché  si  piegavano  per  portarle 
addosso. 

Questo  fu  trovato  in  Sardegna  (Mem.  della  reale  Accadeinia  di  Torino,  t.  .\x.\v)  : 

IMP  .    NERVA    CESAR    AvGVSTVS    PONTIFEX 
MAXIMVS    TBIBVNIC.    POTESTAT.    COS.    Il    P.    P. 
PEDITIBVS   ET    EQVITIBVS   QVI    MILITANT 
IN    COORTIBVS    DVABVS    I    GEMINA    SARDO 
HVM    ET    CVRSORVM    ET   n    GEMINA    LIGY 
BVM    ET    CVRSORVM   Q\M   SVNT    IN    SXRDI 
-      NIA    SVB    TI.    CLAVDIO    SERVILIO   GEMINO 
QVI  QVINA    ET    VICENA  PLVRAVE    STIPEN 
DIA    MERVERVNT    ITEM    DIMISSO    HONES 
TA    MISSIONE    EMERITIS    STIPENDIIS    QVO 
BVM    NOMINA    SVBSCRIPTA    SVNT    IPSIS 
LIBBRIS   POSTERISQVE    EORVM   CIVITA 
TE»    DEDIT    ET  CONVBIVM    CVM   VXO 
BIBVS  QVAS  TVNC   BABVISSE.M   GVII 


270  AKCHEOLOGU    E   BELLE    AUXl 

B8T  CIYITAS  ns   DATA  SI   QVJ   C«t,I 

BES  ESSENT   CVM   DS   QVAS   POSTEA   DVIIS 

6ENT  DV.HTAXAT  SINGVLI   SINGVLAS 

A.    D.    VI  IDVS   OCTOBRIS 

TITO   CàTIO  /rOflTONE   CO» 

M  Calpurnio  Fiacco 

COHORT.    Il   GEMINA   LIGVRVM   ET   CVBSOHVM 

evi    PR.DEST 

T.    FLAVIVS   MAGNVS 

TVMILa;    .    .    .   F.    CABES 

DESCRIPTVM  ET    BECOGMTM   EX   TABVLA    K 

NEA   Q\M  FISA   EST   BOM-B   IN   MVRO  POST 

TEMPLEM   DIVI   AVG.  AD   MINEBVAM. 

Il  primo  che  pubblicasse  coDjgedi  nella  forma  propria  fu  Scipione  Maffei  nella  Storia  dei 
diplomi,  poi  nella  Verona  illustrata  al  fine  della  parte  2^  Cazzerà  {Notizia  di  alcuni 
nuovi  diplomi  imperiali  di  congedo  militare.  Torino  1 831)  ne  aggiunge  sette  ai  ventuno 
già  pubblicati  dal  barone  Vernazza.  Arneth  a  Vienna  pubblicò  (4843)  Diplomi  militari 
esistenti  in  Germania,  i  quali  così  giungono  a  quarantadue,  e  illustrano  assai  la  milizia 
romana.  Vedi  anche  Clemente  Cardinali,  Diplomi  imperiali  di  privilegi  accordati  ai 
militari.  Velletri  183S. 

§  182,  —  Isorizioni  mortuarie. 

Le  epigrafi  mortuarie  indicano  il  deposito  e  le  lodi  dell'estinto.  Ciacobbe  ne  fece 
porre  una  alla  sua  Rachele  {Gen.  xxxv,  20J.  Tali  voglion  essere  molte  delle  egizie, 
massime  sulle  piramidi  e  negli  ipogei.  Per  l'ordinario  i  Greci  si  contentarono  di  una 
stela,  d'una  colonnetta  odi  un'urna,  col  nome  dell'estinto,  e  al  più  la  sua  patria.  Al- 
trettanto semplici  sono  le  etrusche. 

Le  romane  portano  il  nome  del  defunto  e  del  genitore,  la  patria  o  tribù,  le  cariche, 
gli  anni  che  visse,  i  diritti  giuridici  del  sepolcro  stesso;  qualche  rara  volta  la  natura 
dell'ultima  malattia;  più  spesso  alcuna  frase  esprimente  la  riverenza  al  sepolcro.  Vi  si  tien 
conto  degli  anni  di  vita ,  talvolta  fin  delle  ore ,  anzi  in  una  son  notate  horas  iv  scru- 
po/osvi;  0  gli  anni  di  matrimonio,  o  più  frequentemente  quelli  del  servizio  militare. 

In  altre  sono  aggiunte  varie  circostanze  o  sigle  o  formole.  Per  esempio: 

H.  s.  E.  Hicsitus  est. 

D.  M.,  0  D.  M.  s.,  0  D.  1.  M.  Diis  manibus  ;  Diis  manibus  sacrum;  Diis  inferismanibus. 

Q.  0  il.  Quieti,  memorice. 

0.  K.  3iol;  zaTa;/&oi/(ot?,  agli  Dei  sotterranei. 

».  M.  ET  G.  Diis  matiibus  et  genio. 

M.  X.  fx:>/)p.:ni  x'^P'-^ì  ^^  memoria.  KI,x£tTat  riposa. 

A.  H.  D.  M.  Amico  hoc  dedit  monumenfum. 

A.  0.  F.  e.  Amico  optimo  faciundum  curavit. 

B.  M.,  0  B.  DE  SE  ìM.  Benemerenti,  o  Bene  de  se  merenti. 
B.  Q.  —  B.  v.  Bene  quiescat.,  Bene  vale. 

e.  s.  H.  Communi  sumptu  heredum. 

D.  s.  F.  e.  De  suo  faciundum  curavit. 

E.  I.  M.  c.  v.  Ex  jure  manium  conservatum  voco. 
E.  T.  F.  I.  s.  Ex  testamento  fieri  jussit  sibi. 

NON  THAS.  H.  L.  Non  transiUas  hunc  locum. 

Non  raro  è  il  d.  m.  bonae  memorme  anche  prima  dei  tempi  cristiani.  Altri  augurj  sono 
il  Sit  ttbi  terra  levis  ;  Os'ia  tibi  bene  tjuiescant;  Ave;  Ave  anima  innocenti<siìna. 

Inoltre  esprimevasi  l'affetto  con  varie  forinole,  o  chianiandoli  benemerenti,  piisiimi, 
carissimi,  dolcissimi,  incomparabili,  desideratiasinii ;  o  con  parole  di  congedo,  /'a';-;, 
gùtpjj^Ei,  ^ap7£i,  vale,  in  pace;  o  altre  frasi,  come  ad  luctum,  od  jletum ,  ad  gemitum 
relieti;  Tumulum  dant  lacrymis  plenum  e  marmore  ;  0  nefas,  (juam  jloridof.  cito  nwrs 
eripis  annos  ! 


ISCIUZIOM    MOKTUAKIE  271 

Sopra  un  altro  leggesi  : 

HIC    SITA    EST    ANVUONB  MABCI   OPTIMA   KT    FVLCUERBIMA    .    LAMFEUA    .    PIA    .   PVDIGA    .    PBVGI  .    CASTA    . 
DOHISEDA 

È  della  latinità  inferiore  e  forse  cristiana. 
Un'iscrizione  trovata  a  Besanron  (Memorie  dell' Accademia  d'Iscrizioni,  tom.  ix),  ha: 

TIXIT    IINCYLPATA   MARITO   OBSEQVIO   BARO   SOLO   CONTENTA    MARITO; 

e  corrisponderebbe  all' untco  gaudem  imdier  marito  di  Orazio. 

Ponevansi  spesso  lungo  le  vie  pubbliche;  d'onde  la  frequente  apostrofe  al  passeg- 
gero, Sisteviator  ;  ahi  viator  ;  TTxp')iiT:x  x^''-?-- 

Disputarono  gli  eruditi  sulla  formola  Sub  ascia  dedicavit,  posuit,  fecit,  faciundum  cu- 
ravit:  ah  ««cm  fecit  etc,  il  che  talvolta  è  espresso  colla  sola  figura  d'un'ascia.  Danno  per 
probabile  che  voglia  significare  essersi  eretto  per  formale  intenzione  del  morto, e  dedi- 
cato appena  uscì  di  man  dello  scultore  ;  ovvero  che  con  ciò  si  volesse  raccomandare  di 
tenere  sgombro  lo  spazio  all'intorno  coll'ascia.  Per  quanto  l'interpretazione  sembri  sti- 
racchiata, è  vero  che  raccoraandavasi  ciò,  ed  una  Ponzia  Giusta  lascia  seicento  sesterzj, 
ut  monumentum  remundetur  d'nnn  sualiberta  ;  in  Ovidio  leggesi:  Ne  patiare  meis  tumulis 
increscere' silvas  ;  e  pel  contrario  Properzio  imprecava:  Terra  tuum  spinis  obducat,  Lena, 
sepulcrum.  Anatolio  Bartélemy  {Recherches  sur  la  formule  funéraire,  Sub  ascia  dedi- 
care, nei  Mém.  de  la  Sociétédes  antiquaìres  de  VOuest,  1848)  suppone  sia  una  formola 
di  consacrazione,  alludendo  all'ascia  con  cui  Valeria  Luperca  batteva  gli  appestati  di 
Falera,  e  li  guariva.  Altri,  coi  quali  Boissieu  nelle  Iscrizioni  lionesi  crede  valga  l'ap- 
propriarsi una  tomba  nuova,  che  a  nessuno  servì,  e  che  dal  primo  colpo  di  scalpello  fu 
destinata  a  quel  morto. 

§183. — Diritti  del  sepolcro,   Imprec^oni. 

Le  sepolture  furono  una  delle  prime  maniere  con  cui  si  acquistasse  la  proprietà  d'un 
terreno.  È  forse  perciò  chele  XH  Tavole  vietavano  di  seppellire  in  città,  perchè  nessun 
privato  presumesse  diritto  sullo  spazio  pubblico.  In  appresso  consideravasi  proprietario 
del  terreno  chi  vi  alzasse  un  sepolcro,  e  quelli  che  da  esso  erano  chiamati  a  servirsene. 
Talora  i  magistrati,  il  popolo,  i  collegi  davano  questo  diritto.  Così  ad  un  Publicio  Bi- 
bulo, senatuf  consulto  populique  jussu,  locus  monumento,  quo  ipse  po^terique  ejusinfe- 
rantur,  puhlice  datus  est.  Tal  concessione  era  indicata  colle  sigle  l.  d.  d.  d.,  ovvero 
D.  D.  p.,  Locus  datus  decreto  decurionum,  Datus  decreto  publico. 

Spesso  uno  preparavasi  da  sé  il  sepolcro,  onde  la  formola  v.  f.  vivus  fecit;  e  la. 
possessione  se  ne  conferiva  per  donazione,  testamento,  compera  o  simili.  Pertanto  s' 
trovano  sovente  nominati  i  parenti,  amici,  liberti  ed  altri  cui  si  vuole  accomunato  il 
sepolcro.  Così  in  questa  perugina: 

Q.    KASOMVS  AMBROSIVS   SIBI    ET    SVIS    FECIT    LIBERTIS    LIBEBTABVSVE  ET    NASONI*   VBBIC.f:   CONJVGl   SSM    ET 
COLLIBERTIS    SVIS    POSTERISQVE    EORVM. 

Perciò  vi  sono  registrati  e  morti  e  vivi ,  distinguendo  i  primi  colla  sigla  0  (Sìvxto;) 
fu,  e  gli  altri  col  V,  vivus.  In  alcuni  si  legge  alla  fine  un  et,  lasciando  in  bianco  il  suc- 
cessivo: nel  che  il  Labus  vede  una  specie  di  lusinga  che  i  ricchi  lasciavano  a  quella 
genia  tanto  brigante  a  Roma  de[  sollecitatori  d'eredità. 

Ugualmente  espresse  erano  le  esclusioni,  come  quelle  che  ne  toglievano  l'uso  agli 
eredi  :  h.  m.  h.  n.  s..  Hoc  monumentum  heredex  non  sequitur  ;  n.  v.  n.  n.  n.  p.  o.,  Neque 
vendetur,  neque  donabiiur ,  neque  pignori  ohligabilur.  Con  tale  formola,  comunissima,  de- 
rogavasi  alla  legge  romana,  la  quale  stabiliva  che  beni  mobili  o  immobili  non  potessero 
appartenere  che  a  vivi  ;  mentre  tale  clausola  riservava  il  sepolcro  in  perpetuo  al  de- 
funto. In  uno  dei  recentemente  scoperti  nella  via  Appia  si  legge:  ex  testamento  in  hoc 
monvmento  neminem  inferri  neqve  condì  licei,  nisi  eos  libertos ,  qvibus  hoc  testamento 
dedì  Iribviqve. 

Formola  usitatissima  è  h.  s.  e.,  Hic  situsest,  ovvero  Ossa  hic  sita  sunt.  0  circoscri- 
vevasi  il  luogo  fm  dove  si  estendeva  il  diritto  del  sepolcro: 


272  ARCHEOLOGIA    E    BELLE   ARTI 

m  Agro  pedes  x.  m  pronte  vedes  xxv  5  0 

Retro  Non  Longe  pedes  x  :  0 

Rejedis  Rudcribus  proxime  cippwn  pedes  CLxxiiii. 

Di  tal  Datura  è  il  seguente  : 

COTTI  A   A.    COTTI   F.    GALLA 

TESTAMENTO    FIERI    JVSSIT 

A.  COTTIO   PATBI    PRO  COS. 

HISPANI^    ET    PACVLL/E   MATRI    ET 

A.   COTTIO  FRATRI   QV^STORI   JED. 

PLEBI    ET  MEMMI*    GALL^E    AVI« 

HVIC   MONVMENTO  TVTEL/E    NOMINE 

CEDVJVT    AGRI    PVBI    JVGERA    DECEM    ET 

TABEBNA    QVAE    PROXIME    E\M    LOCVM    EST. 

Esprimevasi  sulla  lapide  se  il  sepolcro  fosse  di  un  cadavere  solo  0  di  due  (bisomo)  0 
di  tre  (trisomo)  ecc.  Altre  volte  i  sepolcri  erano  comuni  a  tutta  una  confraternita,  come 
questo  : 

LOCVS 

SEPVLTVR^ 

CVLTORVM 

HERCVLIS 

DEFENSORIS 

POILLENTIS 

INVICTI 

IN    FR.    P.    XXXV 

IN   AG.    P.    XXX. 

Particolare  è  questo  : 

D.     M.     M.     CONCENETI    MARCELLINI     M.     CONGIVS    JVSTINVS.     SI      MAJOR     AVCTOBITAS   PATRIMONI    MEI    FVISSET. 
AMPLIORI    TITVLO   TE   PROSECVTVS   FVISSEM    PIISSIME    PATER. 

Unica  crediamo  la  formola  di  un  marmo  a  Morazzone  in  Lombardia,  per  un  Lucio 
Venzio  signifero  della  legione  quarta  scitia  :  hic  natus,  me  sixus. 

Nel  colombario  dei  liberti  d'Augusto  ,  sterrato  fa  pochi  anni  presso  porta  Latina  a 
Roma,  e  dove  fin  cencinquanta  lapidi  trovansi  ancora  in  posto,  molte  ricordano  come 
si  comprassero  gli  spazj  e  le  olle  da  riporvi  il  defunto: 

SEXTVS     MANLIVS 

BILARVS 

EMlT    DE    P.    CLODIO    PHILOLOCO   OLLAS 

DUAS. 

CORNELIVS 

SALVIVS 

EMIT    DE 

LVCCEJO   AVCTO. 

OLLA    EMPTA   DB   COSCELLIO 
COTINOS 
MILESIOS.  • 

M.  AEMILIVS  FLACCVS 
VENDIDIT  L.  AVRARIO 
PHILACRO  OLLAS  DVAS 
GRADV   TERTIO  AB  IMO. 

Talvolta  soggiungeansi  imprecazioni  contro  i  violatori.  Cosi  in  uno  : 

LAESERIS  nVNC  TVMVLVM  SI  QVISQVIS  ,  IN  TARTARA  PERGAS, 
ATQVE  EXPBRS  TVMVLI   LAESERIS    HVNC    TVMVLVM. 

Il  verso  fallato  e  la  sintassi  zoppa  ricorrono  non  di  rado  nelle  epigrafi.  Una  trovata 
pochi  anni  fa  a  Pozzuoli  legge  : 


RITII   SEPOLCIIAH 


273 


D.    1\I. 

CLAVDI.E     FORTV 

NAT*    ET    FOHTVNA 

TO    ET   L;ETO   FILIS  EJVS 

BENE   MABENTIUVS 

ABASCANTIVS   CONLIBER 

TVS    FECIT    .    QVISQVE   MA 

NES   INQVIETABERIT    HADEBIT    ILLA   IRA 

TAS 

Sul  sepolcro  di  C.  Cecilio  (ap.  Fabuetti)  leggesi  :  qvi  hic  minxeuit  avt  cacarit,  ha- 

BEAT  DEOS   SVPEROS  ET  liNFEROS  1RAT0S. 

Più  mite  è  quest'altra  : 

D.  M. 

gVI  TVOS  CAHOS 
BABES 
FARCE 

In  un  altro:  tekrenvm  sacrvm  longvm  p,  x.  lat.  p.  x.  in  qvo  condita  est,  fodere 

NOLI,   NEC  SACRILEGIVM  COMMITTAS. 

Sopra  un  termine  è  questa  singolare  imprecazione  :  qvisqvis  hoc  svstvlerit  avt 
AVVLSEfUT,  vLTiMvs  svoKvM  MORiATVR,  cioè  abbia  il  dispiacere  di  veder  morire  tutti  i 
suidì.  Altre  volte  v'eran  formole  per  allontanare  le  malurie,  come  dolus  malvs  aresto. 
Altrove:  ne  tangito,  o  mortalis;  rf.vereiìe  manes  deos.  Oppure  :  ollam  ejvs  si  qvis 
vioLAviT,  ad  inferos  NON  REciPiATVR.  Quindi  Ovidio  : 

Ossa  quieta ,  precor,  tuta  requiescere  in  urna, 
Et  sit  humus  cineri  non  onerosa  tuo. 

Sui  sepolcri  talora  ponevansi  iscrizioni  imprecatorie ,  come  la  seguente  trovata  il 
1857  sulla  via  Latina  : 

QVOMODO     MORTVVS     QVI    ISTIC     SEPVLTVS    EST    NEC     LOQVI     NEC    SERMONARI    POTEST,    SIC   BBOOIISIl   APVD    M, 
LICINIVM   FAVSTVM   MORTVA   SIT    NEC    LOQVi    NEC   SEHMOAARI    POSSIT  .    .    . 

§  184.  —  Riti  sepolcrali. 

Spesso,  ad  esprimere  la  professione  od  il  nome  del  defunto,  vi  si  disegnò  qualche 
istrumento  o  arnese:  una  gabbia  di  polii  sul  sepolcro  d'un  pullario ;  la  quadriga  cir- 
cense ad  un  altro  ;  una  poppa  di  nave  per  soldati  di  marina  ;  per  un  purpurario  le  bi- 
lancie,  le  ampolle  e  i  vasi  della  porpora;  per  una  ornatrice  il  pettine  e  lo  spillone  cri- 
nale. In  quella  d'uno  che  ha  per  cognome  Seccus  è  disegnato  un  becco  d'uccello.  S'una 
lapide  del  museo  Archinto  a  Milano,  un  sutor  caligarlo  è  rappresentato  al  deschetto  in 
atto  di  cucire  scarpe  ,  dalle  quali  conosciamo  la  vera  forma  delle  caligce  dei  soldati. 

Nel  prezioso  monumento  di  Kuriface,  appaltatore  fornajo,  scoperto  il  1838  a  Roma 
fra  le  porte  Prenesiina  e  Labicaua ,  non  solo  è  effigiata  una  scena  di  panettieri,  ma 
l'urna  ha  la  figura  di  paniere,  e  l'iscrizione  dice  : 

FVIT    ANTISTIA    VXOR    MIHEI 

FEMINA   OPITVMA    \EIXIT 

QVOIOVS    CORPORIS  BELIQVIAE 

QVOD  SVPERANT  SVINT 

IN    HOC   PANARIO. 

11  titolo  funerario  esprime  sovente  il  legati  del  defunto,  od  aggiunge  pene  contro 
quelli  che  trascurassero  la  sua  ultima  volontà.  Questa  consisteva  per  lo  più  in  doni  o 
banchetti  da  farsi  il  giorno  del  loro  anniversario  ,  o  di  sparger  olio,  rose,  vino,  latte, 
sangue  di  vittime.  In  un  frammento  del  museo  Veronese  sono  lasciali  dodici  mila  ses- 
terzi al  collegio  de'  Navicoli,  affiochè  ex  ejvs  svmmce  reddilv  rosalia  et  parentalia  jvsto 
fìlio,  jvstae  vxori  et  sibi  omnì  anno  in  perpeivvm  procvrent ;  e  cinquecento  altri:  in 
memoriam  fortvnatae  libertae  ob  eandem  cavsam;  e  altri  seicento  :  vt  moiivmentvin  re- 
mvndetvr. 

Acciocché  le  multe  fossero  effettive,  venivano  assegnate  al  fisco  o  ad  un  collegio  sa- 

Cantù,  Docmuenti,  —  Tom.  I.  Archeohqia  e  Belle  Arti,  18 


274  ARCHEOLOGIA   E   BELLE    ARTI 

cerdotale  :  Si  qvis  hoc  sepvlcrvm  vel  monvmentvm  cvm  aedi  fido  vniverso  post  obitvm 
mevm  vendere  vel  donare  volverit,  vel  corpvs  alienvm  invehere  vellit ,  dabit  poenae  no- 
men  arkae  pontifìcvm  is.  e.  m.  (centomila  sesterzj  ?;  ;  et  ei  evi  donatvm  vel  venditcm 
fverit,  eadempoena  tenebitvr. 
Appartiene  a  tempi  antichi  questa  artiflziosa  e  nobile  (ap.  Okelli,  4848)  : 

UOSPES,    QVOD    DEICO   PAVLLVM    EST    .    ASTA    AC  PELLIGE    . 

HEIC    EST   SEPVLCRVM    HAV   PVLCRVM    PVLCB,«1    FEJllJi*  . 

NOMEIV    PARENTES    NOMINARVNT    CLAVDIAM  . 

SVOM    MAREITVM    CORDE  DEILEXIT  SOVO  . 

GIVATOS   DVOS    CREAVIT    .   HORVN    ALTERVM 

IN   TERRA    LINQVIT,   ALIVM    SVB    TERRA    LOCAT   . 

SERMONE   LEPIDO,    TVM   AVTEJI    IIVCESSV    COMODO  . 

DOMVM   SERVAVIT    .    LANAM   FECIT    .    DIXI    .    HABEI   . 

La  seguente,  trovata  a  Modena  (ap.  Gruter.,  p.  -1098),  è  per  una  liberta  della  fami- 
glia Pompea  : 

CN    .     POMPEJVS    CS    .     MAGNI    .     F    .     LIB     .   ISOCHRVSVS   SIRI    ET    POMPEJ*   MAXIM*    CONLIBERT.B    SV*    FEMIM 
JVCVNDISSIM/E    EX    QVA    NIHIL   VNQVAM    DOLVI    MSI     CVM    DECKS8IT. 

È  il  motto  che  attribuiscono  a  Luigi  XIV  per  la  morte  della  sua  Maria  Teresa. 
Notevole  è  pur  questa  (ap.  Orelli,  4648): 

DIS   MANIBVS   CVPITI.E    FLORENTIN*    CONJVGI   PI/E  ET  CAST*  JANVARIVS  PRIMITIVVS  MARITVS   QVALEM    PAVPfHTAS 
POTVIT   MEMORIAM    DEDI. 

Togliamo  da  Champollion  quest'altra  lìonese  : 

D.    M.    AEMILI    VENVSTI    MIL.   LEG.    XXX.    V.    P.    F.    INTERFECTI 

AEMILI.     GAJVS    ET    VENVSTA    FIL.     ET     AEMILIA     AFRODISIA     LIBERTA     MATEH    EORVM    INFELICISSIMA   PONENDV.M 

CVRAVEHVNT  ET   SIRI  VIVI  FECER.    ET    SVB    ASCIA    DEUICAVBR. 

ADITVS    LI  BER    EXCEPTVS   EST. 

LIBRARIVS    EJVSD.    LEG. 

Il  senso  è  :  Diis  manibus  jEmilii  Venusti^  militis  legionis  trigesimce  victricis  pia:  fe- 
licis  interfecti. 

Jìmilius  Gajus^  et  Venusta  fìlia,  et  JEmilia  Afrodisia  liberta  mater  eorum  infelicissima 
ponendum  curaverunt  et  sibi  vivi  fecerunt,  et  sub  ascia  dedicaverunt. 
Aditus  liber  exceptus  est . 
Ipseerat  librarius  ejusdem  legionis. 

Questo  Emilio  Venusto  non  ha  il  soprannome  ma  il  nome  di  una  gran  famiglia  ;  in 
dizio  ch'egli  fosse  uno  schiavo  di  nome  Venusto  liberato  da  un  di  casa  Emilia;  e  cos 
la  moglie  sua,  di  nome  Afrodisia  finch'era  schiava.  Il  figlio  ha  il  prenome  del  padre,  e 
la  figlia  ne  ha  il  cognome.  Era  soldato  delia  30"  legione,  la  quale  era  soprannomata  Vit- 
toriosa, Pia,  Felice  ;  e  restò  ucciso.  La  moglie  e  due  figli  gli  fecero  alzare  il  monu- 
mento su  un'area  dapprima  libera  e  di  cui  allora  fu  chiuso  l'accesso.  Finita  l'iscri- 
zione, si  riparò  ad  una  ommissione  coll'aggiungere  che  egli  era  stato  scrivano  della 
legione. 

Nei  recenti  scavi  della  via  Appia  trovossi  quest'iscrizione  : 

HOC    EST    FACTVM    MONVMENTVM 

MAARCO   CAICILIO 

BOSPES   GRATVM    EST   QVOM    APVD 

MEAS   RESTITISTEI  SEEDES 

BENE    REM    GERaS    ET  VALEAS 

DOHMIAS  SINE  QVRA. 


e  quest'altra  : 


IlOSPES   RESISTE    ET    HOC   ADGRVMVM 

AD    L/EVAM    ASPICE   VHEI 

CONTINENTVB    OSSA  HOMINIS   BONI 

MISERICOBDIS   AMANTIS 

PAVPERIS   BOGO   TE    VIATOR    MONVMENTO 

BVIC    NIL   MALE   FECERIS 

C.    ATEILIVS   SERRANI    L.    EVBODVS 

MARGARITARIVS   DE    SACRA 

VIA    IN    HOC   MONVMENTO 

CONDITVS    EST.    VIATOR    VALE. 


RITI   SEPOLCRALI  278 

Ivi  pure  si  ha  la  formola  singolare:  neqve  heres  mrvs,  nkqve  iieredive  meorvm, 

NEQVE  CVIQVAM  LICEV1T  IN  EA  AEOE  P0NERE  NEQVE  COUPVS  NEQVE  OSSA. 

In  una  napoletana  :  qvaji  senect.je  me.e  dolvm  reli.nqveue  {BuH.  archeol.  nap.  N"  SI); 
ov'è  a  notare  il  nostro  duolo  per  dolore. 
A  Sinigaglia  fu  trovata  una  con  professione  d'epicureismo  :  t.  flavivs  hurtialis  me 

SITVS  est.   QVOr»  EDI,   BlRl,   MECVM  HARKO.   QVOD   REI.IQVI  PERDIDI. 

Una  nel  museo  di  Como  è  preziosissima  perchè  rivela  molti  costumi  funerarj  : 

ALBIN/E 

VETTI  FIL 

VALERIAN/E 

PVDICISS.  FEMIN 

P.  APPIVS  P.  F.  EVTICHES 

AD   CVJVS   MEMOBUM    COLENDAM  HVIC 
COLLEG.    DErSDROF.    LEG.    HS.   C.    N.  1    DE   CVJVS   SVM 
MM   REDDITV   QVOTAIVNIS    DIE   NATAL. 
EJV8   HI    ID.   APBILIS   DECVR.   SPORTVL. 
EX   X   eco  2   INTER    PR;i;SENT.    ARIilTR.    SVO    DIVID. 
OLEVM    ET   PROPIN.    EX   X    CCL   PR/EBEANT.    ITEM 
LECTISTERMVM   TEHIPORE    PARENTALlOR.    EX    X  CC 
MEMORIIS    EJVSD.    VALERIANA  ET    APPI  VALERIÀN. 
FIL    EJVS  PER    OFFIC.    TESSERARIOR.   QVOT   ANMS   PONA 
TVR  ET   PABENTETVR    ITEM    CORON/E   MVRT.   TERNi; 
ET   TEMPORE    ROSS    JVL     TERN*  ElS    PO^ANTVB 
MICAT*   DE  X   SELECTIS.    EX  X    L.    PROFVNDANTVB 
ITEM    APPIVS    EVTYCHIAtVVS    MARITVS    EJVSDEM 
VALERIANA   SCeOL*   VEXILLAHIOR.    LARGITVS 
EST   nS   XXXX.    N.  3    EX  CVJVS   SVMM«  KEDDITV  QVOT 
ANNIS   DIE    SS  4    NATALIS  EJVS   ANTE    STATVAM    LEO 
TIST.    EX    X    CCL.    PONANT   SPORT.    X    CCL.  INTR.  PR/ESENT. 
SIRI   DlVlD.    OLEVM    ET  PROPIN.    PER  ROSAM    PRSBEANT. 
DD    C   F    C  ■>. 

Tali  funzioni  erano  per  lo  più  affidate  ai  collegi,  o  corporazioni  di  arti  e  mestieri.  In 
ogni  città  aveasi  quello  dei  fahri  ;  in  altri  aggiungeasi  quel  dei  centonarj  ;  e  così  quel 
dei  dendrofuri,  dei  dolabrarj  degli  scalarj,  dei  tefiaerarj^  dei  vessillatori^  ed  altri,  sulla 
cui  significazione,  come  dicemmo,  non  ben  si  conviene. 

Oltre  i  sagrifizj  alle  tombe,  talvolta  si  ordinava  di  farne  volar  via  una  farfalla:  here- 

DIBVS  MEIS  MANDO  ETIAM   CINERE  VT  MEO   VOLITET   ÈBIUVS  l'APILIO. 

Presso  Modestino,  la  legge  4i  Milvia,  D.  de  manumi ss.  testam.,  ha  questa  for- 
mola: Saccus  servus  nieus  et  Eutychia  et  Hiene  ancilla'  meo;  omnes  sub  hac  conditione  li- 
beri sunto,  ut  monumento  meo  alternis  mensibus  lucernam  accendant,  et  solernnia  ìnor- 
tis  peragant. 

Alcune  volte  i  voti  che  si  fanno  pei  morti  sarebbero  più  convenienti  a  vivi,  come  in 
questa  (ap.  Gruter.,  p.  804-5J  : 

D.   M. 

marcane: 

e.   F.    VERiE 

T.     C^SIVS 

ITSIMACnVS 

CONJVGI    SANCTISSIM* 

ET    SIRI    VIVOS   POSVIT 

VER  TIBI    CONTRIBVAT     SVA    MVNBBA 

FLOREA     GRATA    ET     TIRI    GRATA 

COMIS    NVTET     «STIVA    VOLVPTAS 

HEDDAT      ET      AVTVMNVS      BACCHI 

TIRI     MVNERA     SEMPER     AC     LEVE 

filBEBNI    TEMPVS  TELLVBE  DICETVB. 

{\)  Legavit  sextertia  cenlummillia  mimmum.  (A)  Suprascripta. 

(2)  Demariis  (ercenlit-  La  x  è  nota  del  dmiaro.  (5)  Dendrophvrorutn  coUegium  faciendumcu- 

(3)  SexterHa  quadraginlamUlia  nummum.  ravit. 


276  ARCHEOLOGIA   E   BELLE    ARTI 

Ovvero  un  titolo  onorario  veniva  tramutato  in  epitafio  al  morire  di  quel  personaggio,* 
siccome  noi  reputiamo  esser  avvenuto  alla  seguente  lapide  comasca,  ove  le  due  ultime 
linee  sono  aggiunta  posteriore,  ed  ora  illeggibile  : 

L.  CAECILIVS  L.  F.  CILO 

un.   VIR.  A.   p. 

QVI    TESTAMENTO   SVO   HS.    N.    XXXX    MVIVICIPIBVS 

COMENSIBTS   LEGAVIT    EX    QVOBVM    BEDDITV    QVOT 

ANNI   PER   NEPTVNALIA    OLEVM   IN    CAMPO 

ET    IN    THEBMIS    ET    BALINEIS   OllNIBVS   QVAE 

SVNT    COMI   POPVLO    PREBEHENTVR   T.    F.    I.    ET 

L.    CAECILIO    L.    F.    VALENTI    ET    L.    CAECILIO   L.    F.    SECVNDO   ET 

LVTVLLAE   PICTI    F.    CONTVBERNALI 

iETAS  PROPEBAVIT.  MORIENDVM  FVIT.    NOLI  PLANGERE  MATER.  MATEH 

KOGAT   QVAMPRIMVM   DVCATIS   SE    AD    VOS. 

Alle  volte  vi  si  soggiungeva  una  sentenza,  come  nel  seguente  ; 

e.   JVLIO    AVG.    L.    FHAEBO    RVFIONINO    CESTVS   DE  SVO  FECIT. 

e  in  quest'altro,  formante  base  ad  una  statua  comasca  ; 


P.    ATILI 

MORBORVM 

p.  F.  OwentincB 

VITIA    ET   mS. 

SEPTICIANI 

MALA    MAXIMA 

GBAMMAT.     LATINI 

FVGI 

evi    OBDO   COMENS 

NVNC    CAREO    POENIS 

ORNAMENTA 

PACE  FRVOB    PLACIDA 

DECVa    DECBEVIT 

QVI  VNIVERSAM 

SVBSTANTIAU 

SVAM  AD   REMPVBL. 

PERTINERE    VOLVIT 

Il  seguente  è  femminile,  e  ci  attesta  l'uso  di  porre  delle  are  o  mense  ai  sepolcri  : 

APLASIA   L.    F.     PAVLLINA    ARAS   TRES   SIBI    ET   Q.    GOBIO    ANTIQVO    VIRO    SVO  ET   Q.    CORRI*   Q.    F.    PAVLLIN* 
FILI*  SSJE  TESTAMENTO   FIERI  JVSSIT   MACERIA   CIRCVMDATA. 


48S.  —  Miscellanee. 


Sotto  il  titolo  di  miscellanea  radunansi  le  iscrizioni  di  oggetto,  materia  e  forma  varia, 
0  non  possibili  a  stringersi  in  una  categoria.  Tali  sono  quelle  nei  suggelli  da  lettere, 
0  in  alcuni  più  grandi  per  improntarne  vasi,  tegoli,  pani,  canne  di  piombo  ;  oltre  quelle 
con  cui  stampavansi  gli  atti  di  pubblica  fede,  al  modo  del  tabellionato  dei  nostri  notaj. 
Se  ne  poneva  anche  ai  doni  e  alle  strenne  di  capodanno  ;  e  su  anelli  o  altri  vezzi,  come 
Hospita,  felix  vivas;  Pignus  amoris  habcs;  Amo  te -^  ama  me;  Tu  mea  Venus.  Spon 
lesse  sopra  un  anello  probabilmente  di  cristiana  : 
-j-  Tecla  segella 
-)■    Tecla  vivai  Beo  cum  marito  seo 

E  su  bicchieri:  Vivas;  Valeas  vincas ;  Nugas  vivas;  Autbibas  aut  abeas.  Sopra  un 
tegolo  Cn.  Dom.  Jmandi\  valeat  qui  fecit.  Sulle  lucerne  che  servivano  alle  feste  Satur- 
nali si  trovano  augurj,  come  Annum  novum  faustum  felicem  mihi  ;  sovra  una  lampada 
pubblicata  da  Caylus  Annum  novum  faustum  felicem  libi;  sovra  un  giuoco  di  dadi 
Petronilla  lude  felix  salvo  Cyriaco  cum  tuis  omnibus. 

Al  collare  d'un  servo:  Janaario^  dicor,  servvs  svin  Dextri  exceptoris  senatvs,  qvi 
manet  in  regione  qvinla  in  area  Macari.  Un  altro  pel  medesimo  uso  fap.  Kabiiktti,  52:2J 
è  cosifatto: 


ISCRIZIONI   PAIIIETAKIE 


277 


E  un  consimile  trovasi  nel  museo  Fiorentino,  tondo,  di  bronzo,  iscritto:   Tenerne 
qvia  fvgio,  et  revoca  me  in  via  lata  ad  Flavivm  dominvm  mevm. 

Letronne  illustrò  un  papiro  greco  ,   contenente  la  ricompensa  promessa  a  chi  riconclurrà  due  schiavi  fug- 
giaschi (l'Alessandria.  Parigi  -1853. 

Il  dotto  Marini  avea  fatto  una  copiosa  raccolta  d'iscrizioni  doliarie,  cioè  di  quelle 
brevi,  che  con  uno  stampo  s'improntavano  nella 
creta  ancora  molle,  fossero  vasi,  lucerne,  anfore, 
diote.  Isolate,  poco  o  nulla  esprimono:  ravvici- 
nandole, s'illustrano  a  vicenda ,  e  ritraggono  i 
costumi.  Da  esse  si  dedussero  alcuni  nomi  di  con- 
soli per  compierne  la  serie  o  accertarne  il  co- 
gnome ;  altri  di  magistrati  eponimi  della  Sicilia, 
e  dei  mesi  che  in  quell'isola  si  usavano  :  in  oltre 
servono  a  determinare  l'età  degli  edifizj  ove  si 
trovano.  Dai  tegoli  e  dai  mattoni  di  Babilonia 
vennero  le  principali  cognizioni  dedotte  dalla 
scrittura  cuneiforme:  i  romani  portano  il  conso- 
lalo, il  nome  del  vasajo  o  del  padrone  dell'offi- 
cina 0  del  podere,  il  numero  di  misure  che  il 
vaso  conteneva.  Sopra  un  coagio  era  scritto: 

IMP.    C.ISABE 
VKSPAS.    VI 

COS 
T.   C.€S.   AVO.   F.  mi 
MElNSVB.i:    EXAGT.E 
IN    CAPITOLIO 

P.  X.  (pondo  decem) 

Sui  vasi  funerari  faceasi  il  nome  del  defunto.  Marche  consimili  portano  le  canne  di 
piombo  degli  acquedotti,  e  una  delle  belle  è  questa  : 

AQVA    THAJAKA    Q.    ANICIVS    Q.    V. 

AM'OMA.V. 

CVB.    THERMARVM   TARIANABVM. 

N'ha  pure  su  candelabri,  elmi,  corazze  ed  altri  arnesi. 
Altre  iscrizioni  indicanole  botteghe  o  le  officine;  e  ad  un'osteria  di  Lione  leggevasi. 

MERCVBIVS    HIC   LVCRVM 
PBOMITTIT  APOLLO    SALVTEM 
SEPTIMANVS   HOSPITIVM 
CVM    PRA>D10    QVI   VENERI! 
MELIVS  VTETVB    POST 
HOSPES   VBI   MANEAS   PBOSPICE. 


§  186.  —  Iscrizioni  parietarie. 

Un  genere  bizzarro  d'iscrizioni  si  dedusse  ultimamente  da  Pompej,  quelle  che  si 

scriveano  sui  muri,' fossero  insegne  di  botteghe,  fossero  insulti  di   monelli,  fossero 

scherzi  de'soldati  nei  loro  quartieri.  Per  lo  più  sono  in  colore  rosso  e  caratteri  rozzi, 
ovvero  a  sgraffio. 


278  archeologìa  e  belle  arti 

Una,  probabilmente  d'amante  posposto,  e  che  voleva  insultar  la  donna,  dice:  Alter 
amat,  alter  amatur^  ego  fastidio;  e  un  arguto  vi  soggiungeva:  Qui  fastidii  amat.  S'uQ 
altra:  Epaphra,  pilicrepus  non  es ;  Epafra,  non  sei  bravo giocator  di  palla». 

Talune  sono  scherzi,  come  questa  lettera:  Pyrrus  e.  Hejo  conleyoe  sai.  Moleste  fero 
quod  audivi  te  mortuum  :  itaque  vale;  e  un'altra  sul  muro  del  palazzo  di  giustizia:  Quod 
pretium  legi?  Quanto  si  vende  la  giustizia?  » 

Altre  volte  sono  acclamazioni  per  le  elezioni,  ovvero  programmi  ;  e  in  questi  talora 
loggesi  0.  V.  F.,  che  prima  interpretavasi  oratut  faveat,  onde  si  credevano  implorazioni; 
mentre  ora  si  legge  orat  ut  faciatis.  Altre  esprimono  :  «  il  servo  addetto  alla  fornace 
riverisce  l'edile  Secondo»;  ovvero:  «  11  falegname  e  i  carrettieri  si  raccomandano  al- 
l'edile Marcellino  »  -,  ovvero:  «  1  fruttajuoli  tutti  con  Elvio  Vestale  impetrano  il  favore 
di  Olconio  Prisco  decemviro  '>;  oppure  :  «  La  famiglia  gladiatoria  di  Nomerio  Pompidio 
Rufo  ai  29  ottobre  darà  una  caccia  a  Pompej  ;  —  ai  20  aprile  nell'anfiteatro  vi  saranno 
tende  sostenute  da  pertiche  per  cura  di  Ottavio;  vivete  felici  ».  Una  dice  : 

Hic  venatio  pugnabit 
V  kalendas  septembris 
Et  Felix  ad  ursos  pugnabit 

Alcune  sono  affìssi  per  trovar  cose  perdute:  Urna  vinaria  periit  de  taberna.  Sei  eain 
quis  retulerit,  dabuniur  hs  Ixv.  Sei  furem  quis  abduxerit,  dabit  decumum  (il  doppio) 
Januarius  qui  hic  habitat.  Molte  volte  sono  versi  d'autori,  scorrettamente  scritti,  come 
di  Virgilio,  Properzio,  Ovidio  :  nessuno  di  Orazio. 

Ci  sono  annunzj  d'affìtti  o  di  vendite  : 

In  prcediis  Julice  sp.  felicis, 

Locantur 

Balneum  venerium  et  ìiongentum  tabernce 

Pergula; 

Coenacula  ex  idibus  aug.  primis  in  idus 

Aug.  sextas 

Annos  continuos  quinque 

sqdlenca 

Smettium  verum  ade. 

Le  quali  ultime  sigle  devono  forse  leggersi  :  Si  quis  dominum  loci  ejus  non  cogno- 
verit,  ad...;  ma  sono  strane  quelle  novecento  botteghe  in  una  sola  città.  Pergole 
chiamavansi  i  terrazzi  dove  i  venditori  esponeano  le  loro  merci:  i  cenacoli  equivalgono 
alle  trattorie. 

Un  venditore  di  zampetti  assicura  che,  serviti  che  se  ne  siano,  i  convitati  leccano  la 
pentola  ove  furon  cotti: 

Ubi  perna  cocta  est  si  convivoe  apponitur 
Non  gustai  pernam,  lingit  ollam  aut  cacabum. 

Un  ghiotto  esclama  :  Quce  gula  qucecumque  in  vino  nascitur  ;  un  altro  :  Ad  quem  non 
ermo,  barbarus  ille  mihi  est.  Uno  schiavo  liberato:  Labora,  Aselle,  quomodo ego  laboravi, 
et  proderit  tibi.  Uno  impreca;  Asellia  tabescas;  un  altro  taccia  dì  ladro:  Oppi  embolari 
(facchino)  fur  furuncule  ;  e  con  espressione  più  mercatina:  Micio  cocio  tu  tuo  patri  ca- 
canti confregisti  peram. 
Un  giovinetto  scrisse: 

Candida  me  docuit  nigras  odisse  puellas:, 
e  una  donna,  o  fingendosi  donna,  vi  soggiunse: 
Oderis,  et  iteras  non  invitus; 
Scripsit  Venus  Fysica  Pompejana. 

E  molte  ricorrono  dichiarazioni  amorose;  per  es.  :  Auge  amat  Arabienum;  Methe 
Comini<es  atellana  (commediante)  amat  Crestum  corde.  Sit  utreisque  Venus  Pompejana 
propina,  et  semper  concordes  vivant. 

Anche  Cicerone  {In  Verrem,  ni.  35)  ci  fa  sapere  che  contro  l'amasia  di  Verre  i  Sici- 


ISCRIZIONI  PARIETALE  tjy 

liani  scriveano  satire  fin  sopra  il  tribunale  e  la  lesta  del  pretore:  De  qua  muliere  versus 
plurimi  supra  tribunal  et  supra  pneloris  caput,  scribebantur. 

Quelle  iscrizioni  diecler  ajuto  a  capirne  altre,  che  prima  non  intendevasi  alludessero 
ail'abiludine  di  gralfire  sui  muri  con  un  aguto  o  con  carbone  o  minio.  Cosi  a  Forlim- 
popoli  leggeasi  :  ita  oandidatvs  fiat  hunouatvs  tvvs,  et  ita  gratvm  edat  mv>'V9  tws 
MV.\i.RAUivs,  ET  TV  I  ELix  sciUPTOK  SI  HOC  NO.N  scRiPSEiiis  ;  //  tuo  Candidato  giunga  agli 
onori,  e  ti  dia  in  compenso  U7i  combattimento,  purché  tu  non  lu  iscriva  qui  ;  cioè  desi- 
derava non  scrivesse  su  quella  fabbrica  il  suo  voto.  E  principalmente  faceasi  tal  pre- 
ghiera sul  sepolcri  che,  come  espisti  lungo  la  via,  erano  prescelti  per  porvi  le  iscrizioni. 

FARCE   OPVS    HOC   SCRIPTOR    TITVH    QVOD    ITCTIBVS  VRGENT 
SIC  TVA    PB.*TOHES   SEPE    MANVS   REFEBAT 

è  la  fine  d'un  epitafio  a  Mola  di  Gaeta,  riferito  da  Mommsen  [Inscript.  regni  napoletani)  • 
come  quest'altro:  insckiptou  rogo  te  vt  transeas  hoc  monvmentvm  ast..  .  an  qvoivs 

CANDIDATI  NOMEN   l.N   HOC  MONVMENTO  l.NSCRIPTVM  FVEIUT  REPVLSAM  FEKAT  KEQVE  HO.NOREM 

VLLVM  GERAT  ;  Prcgo  lo  scribacchiante  a  lasciar  intatto  questo  monumento  ; .  . .  il  candi- 
dato, il  cui  nome  vi  sarà  scritto,  possa  esser  rejetto  nelle  elezioni,  e  non  giunga  ad  onore 
alcuno. 

Alle  voUe  l'iscrizione  è  tale,  che  chi  la  legge  imprechi  a  se  stesso;  come  la  4840 
deirOrelli  :  m.  camvrivs  horanvs  h.  m,  h.  n.  s.  sed  si  hoc  mo.nvmemo  vllivs  candidati 
NOME.N  iNsci'.iPSEi'.o  iNE  VALEAM;  Mal  mi  Capiti  se  a  questo  monumento  iscriverò  il  nome 
di  qualche  candidato;  mentre  la  4731  dello  stesso  dice:  ita  valeas  scriptor  uoc  monv- 
mentvm pR.'ETERi  ;  Ben  t'avvenga  se  non  scarabocchi  questo  monumento.  E  dianzi  presso 
Narni  fu  trovata  questa  :  ita  candidatvs  qvod  petit  fiat  tvvs  et  ita  perennes  scri- 
ptor OPVS  hoc  pr.^teui  hoc  si  impetro  at  FELIX  vivAS  BENE  VALE  ;  Il  tuo  Candidato  di- 
venga ciò  che  desidera,  e  tu  abbi  lunga  vita;  manon  scrivere  su  questo  monumento.  Se 
mei  concedi,  t'auguro  salute  e  bene. 

Pompej  era  città  osca,  e  però  gli  annunzj  e  le  indicazioni  faceansi  spesso  in  quella 
lingua,  come  le  vediamo  in  vallone  e  in  francese  a  Bruxelles;  ed  una  sifatta  diceva: 
«  Innanzi  alla  torre  duodecima  sta  l'osteria  di  Sarino  ». 

V'abbondano  più  che  mai  le  scorrezioni  grammaticali,  e  il  programma  d'un  dram- 
matico finisce  Saturninus  cum  discentes  rogut:  e  quegli  sbagli  molte  volte  servono  di 
riprova  alla  coesistenza  d'un  parlar  vulgare,  e  alla  sua  somiglianza  col  moderno  italiano, 
_Cosmus  nequiiiceest  magnissimcE,  esclama  uno  ;  un  altro  :  0  felice  ine;  un  terzo:  Itidem 
quod  tu  factitas  cotidie  . . . 
WORDSWORD,  Pompeian  inscriplions.  1837. 

Avellino,  Osservazioni  sopra  alcune  iscrizioni  pompejane  grajjìle  sul  muro.  1840, 
GuABiM,  Fasti  duumvirati  ed  annali  della  colonia  di  Pompej.  Napoli  1842. 
Garblcci,  Inscriplions  (jraxées  au  Irail  sur  les  murs  de  Pompej.  1854. 
FiORELLi,  3Jon.  epigrapliica  pompejana.  Napoli  1854. 

Appartengono  alla  categoria  stessa  le  iscrizioni  che  sui  monumenti  d'Egitto  lascia- 
rono quelli  che  in  diversi  tempi  le  visitarono,  massime  sulla  statua  di  Memoone  figlio 
dell'Aurora.  Se  ne  fece  una  classe  distinta  col  nome  di  7:f>or7zu;:/v/^jMaT«  o  atti  d'adora- 
zione (§  ITo).  Dalle  tombe  di  Biban  el-Moluk  ben  centoventitre  se  ne  raccolsero,  quali 
scolte,  quali  graffite,  quali  tracciate  c(tn  inchiostro,  la  più  parte  de'tempi  romani.  Una 
greca  a  inchiostro  rosso,  illustrata  da  Lelronne  nel  Journal  des  Savants  1844  p.  '46 
dice;  «  Io  daduco  dei  santissimi  misteri  dEleusi,  Nicagora  ateniese  fielio  di  Numiciano' 
venuto  visitare  le  siringhe  lungo  tempo  dopo  il  divino  Platone  d'Atene,  le  ammirai,  é 
resi  grazie  agli  Dei,  come  al  piissimo  imperatore  Costantino  che  mi  procurò  questo  fa- 
vore ».  Daduco  era  il  secondo  grado  nel  sacerdozio  d'Eleusi,  dove  il  primo  era  ì'Jero- 
fante,  terzo  Vjerocerice,  e  quarto  Vepibomio. 

Sarà  importante  lo  studiare  i  proscunemi  demotici,  per  vedere  il  passaggio  dell'an- 
tica lingua  al  copto. 


280 


ARCHEOLOGIA    E    BELLE    ARTI 


g  187.   —   Tessere. 

Le  tèssere  son  così  dette  da  TET^eoe.;,  forma  jonica  di  rsT'iape?  quadrate,  perchè  tali  in 
principio  ;  e  n'aveva  di  molte  sorta.  Alcune  erano  contrassegni  dati  ai  militari  per 
distinguerli  dai  nemici.  Tesserai  beili  distribuivansi  alle  sentinelle  notturne  colla  pa- 
rola d'ordine,  portavano  il  nome  della  coorte  o  della  compagnia  del  soldato.  Altre 
erano  distribuite  dagli  imperatori  al  popolo  per  ricevere  donativi. 

Caylus  adduce  tre  tessere  per  teatro,  d'avorio,  ben  lavorate  con  bassorilievi.  A  Pom- 
pej  se  ne  trovarono  altre,  che  portavano  la  facciata  del  teatro,  colla  porta  mezzo  aperta, 
e  con  una  scala  di  tre  gradini  ed  una  sbarra;  al  rovercio  era  aicxyAoy:  in  un'altra 
tessera  vedesi  figurata  la  cavea  divisa  per  cunei,  e  sul  rovescio  hmikykAia.  Questa  in- 
dica il  posto  a  cui  si  entrava  con  quella  tessera  :  il  nome  dell'altra  non  esprime  che  si 
rappresentasse  un  dramma  d'Eschilo,  ma  che  dava  l'entrata  alla  galleria  di  muro,  delta 
dai  Romani  mceniana^  e  dai  Greci  eschilo.  Una  tessera  teatrale  rinvenuta  ultimamente  a 
Pozzuoli,  d'avorio,  ha  la  forma  di  gambero,  e  porta  un  r  e  un  III,  cioè  il  3  in  greco  e 
in  latino  ;  e  forse  la  forma  allude  colla  sua  iniziale  G  al  numero  stesso. 

Nei  teatri  talvolta  un'iscrizione  indicava  i  posti.  Così  in  quello  di  Siracusa  :  BauOiiiuz 
filtirirh;  -  /3a(Tt),t(j(7a;  i/npvìioo;  -  d'io;  o'nfj.niov,  cioè  tòro;  posto  della  regina  Filisti,  della 
principess  Nereide,  del  gran  sacerdote  di  Giove  Olimpico,  in  quel  di  Milo:  vcavtcxwv  tótto.-, 
uptv&j^viv  Torro:;  posto  de' giovani,  posto  de'  cantori  degli  inni. 

Altri  pubblicarono  tessere  gladiatorie,  ovali  con  figure  umane  e  rami  di  palma,  ov- 
vero oblunghe  colla  fiocine  o  il  tridente  e  la  palma.  Una  se  ne  t'ovò  a  quattro  faccie  : 
sull'una  M.  siL.  l.  no.  b.  coss.  [Marcus  Silanus,  Lucius  Norbanus  Balbus  consules)  ; 
sull'altra  il  giorno  della  festa  a.  d.  x.  k.  nov.  (ante  diem  decimum  kalend.  novembris)  ; 
sulla  terza  marcellinvs  q.  max.  cioè  il  nome  dell'atleta  Marcellino,  appartenente  a  Q. 
Massimo;  sulla  quarta  tasvcio,  che  forse  è  un  altro  nome  dell'atleta. 

Tessere  di  passaporto,  per  lo  più  di  bronzo,  davansi  a  chi  dovea  condur  roba  od 
altro. 

Le  tessere  paganiche  erano  tavolette  votive  che  si  distribuivano  nei  pagi  per  sagre  e 
riti  religiosi  ;  esempio: 


Immagine  di  dea. 

TESSÉRAM.   PAGA 
MCAM.    L.    VERA 
TIVS.    FEUCISSI 
MVS.    PATRONVS 
PAGANVS    PAGI   <5 
TOLE?iTINES.    HOS 
TIAS    LVSTRET.    TESSR 
AER    EX    VOTO...   L.    DD 


V    ID.    MAS.  FELICIT. 


Di  tessera  ospitale  dapprincipio  serviva  un  oggetto  qualunque,  che  si  divideva  in  due 
parti,  l'una  dandosi  all'ospitante,  l'altra  all'ospitato.  N'è  già  cenno  in  Omero:  se 
n'estese  l'uso,  e  facevansi  di  materie  e  forme  diverse,  improntate  con  parole  allu- 
sive. A  Petilia  nell'Abruzzo  il  MSo  se  ne  trovò  una  in  dorico,  che  si  giudicò  di 
cinque  o  sei  secoli  anteriore  a  Cristo.  Una  d'avorio  rinvenuta  nelle  campagne  del 
Lilibeo,  in  greco  esprime:  Imilcone  d'Imilcone  di  Jnibale  Chiare,  ospizio  fece  con  Lisone 
di  Diognete  e  co' posteri  di  lui  ;  e  sul  dritto  ha  due  mani  stringentisi  (L'uso  di  stringersi 
la  destra  in  segno  di  patto  e  di  amicizia  è  antichissimo).  Se  n'ha  alcune  su  pietre  pre- 
ziose. Questa  tessera  d'ospitalità  e  patronato  del  471  di  Roma,  fu  prodotta  dal  Marini, 
Atti  dei  Fratelli  Arvali,  t.  ii,  p.  782  ; 


ISCRIZIONI  METnicnn 


281 


P.    SVLPICIO  QVlRIiSO   C.    VALGIO  COS. 

SENATVS    POPVI-VSyVE    CIVITATIVM    STIPE>Dr\RIOUVM 

PACOGV^ZE^SE.S    UOSPITIVM    FECEnVINT    QVOM    L.    DOMITIO 

C\.    V.    L.    N.    AHENORARIIO     PRO    COS.    EVMQVE    ET    POSTERIS 

EJVS    SIRI    POSTEHISyVE    SMS    PATRONVM    COPTAVERVNT 

ISQVE    EOS    POSTEROSQVE    EORVM     I\    FIDEM    CLIENTELAMQVK    SVAM    RECEPIT. 

FACIV>nVM    CAEHAVERV>T    AMMICAR    MIICIIATOMS    F. 

CVNASVN    RONOAH    AZZUVRALrS    F.     «TnOCVllZE^SIS 

MVTIIVNRAL   SAPUOMS    F.    CVI.    NAS.    VSITENSIS. 

Le  tessere  convivali  od  erano  inviti  a  pranzo,  come  talora  ne  distribuivano  i  generali 
ai  loro  soldati  {Comul  extemplo  texseram  ilari  juhef,  ut  prandeant  miles.  Livio,  ix.  52); 
0  più  spesso  tessere  portanti  il  nome  o  l'impronta  di  qualche  oggetto  di  molto  odi 
niun  valore.  Gettavansi  in  un  vaso,  e  i  convitati  ne  estraevano  uno,  e  toccavano  il  dono 
in  esse  o  notato  a  numeri  o  talora  disegnato.  Talvolta  hanno  dei  motti,  come  Fauste 
vivas,  0  De  vero  falsa  ne  pant  judice  falso. 

Tessere  frumentarie  e  numerarie  si  davano  per  le  largizioni  di  grano  o  di  danaro,  e 
indicavano  il  genere  delle  largizioni,  come  au.  xii,  argenti  duodecirn. 

Stefano  Morcelli,  Delie  tessere  degli  spettacoli  romani,  con  annotazioni  del  Labus.  Milano  t827. 
Arditi,  Delle  tessere  gladiatorie.  Napoli  1832. 

§  188.  —  Iscrizioni  metriche. 

Le  iscrizioni  cristiane  formano  una  classe  a  parte,  di  cui  parleremo  più  avanti. 
De'  soprascritti  generi  la  maggior  parte  sono  m  prosa  ;  ma  non  ne  mancano  in  versi. 
Una  raccolta  ne   fece  il  p.  Bonada,  Honia  1731  ;  e  meglio  V Antologia  di   Bciìmaxn  ;  e 
Orelli,  Eclogce  poetaruni  lalin.,  Zurigo  ISriS.  In  alcune  il  verso  è  mescolato  alla  prosa, 
come  s'è  veduto  negli  esem|)j  precedenti. 

Lo  stile  delle  iscrizioni,  spesso  buono  e  conciso,  molte  volte  è  cattivo;  e  chi  voglia 
formarsene  uno  epigrafico  lodevole,  più  che  dalle  lapidi,  trarrà  giovamento  dagli  autori, 
e  principalmente  da  Livio  e  Tacito.  Cornelio  iN'epote  era  di  preferenza  raccomandato 
dal  .Mercelli,  non  so  perchè.  Potrebbe  anche  servire  Aurelio  Vittore,  il  quale  sembra  si 
valesse  d'iscrizioni  antiche,  di  cui  crederi  riscontrar  le  formole,  che  staccansi  dal  suo 
latino  scadente.  Le  leggi  raccolte  nel  codice  giustinianeo  e  nelle  Pandette  pajono  a  me 
i  modelli  più  insigni. 


§  189. 


Scorrezione.  I  lapidarj. 


Si  potè  da  questi  eserapj  anche  vedere  quanto  spessi  occorrano  errori  di  grammatica 
0  idiotismi;  e  andrebbe  a  precipizio  chi  dalla  scorrezione  sentenziasse  la  falsità  di  una 
lapide.  Vedasi  quesl'epitafio  encomiastico,  tolto  dallo  Spon:  Epitaphivm  hvnc  qvintvis 
(quod  iotuerisj  lector  bone  recordationis  Agapi  negotiatoris  membra  qviescvnt,  nam 
fvit  iste  stacio  miseris  et  portvs  eginis  omnebs  arcs  ^omnibus  arx)  fvit,  precipvc  loca 
sanctorom  adsedve  et  elemosinam  et  orationem  stvdvit.  Vixit  in  pace  anns  Ixxxv  ùb.  viii 
hai  aprilis  Ixi  p.  e.  Jvstini  indictione  qvarla. 

È  di  tarda  età;  ma  un'iscrizione  che  stava  sotto  la  statua  di  Flavio  Mariano  al  Miseno, 
del  159  d.  C,  ha:  Ponte  lignevm  qvi  per  mvlto  tempore  velvstate  conlapsvs  adqve  de- 
stitvtvs  fverat  per  qvo  nvllvs  hominvm  iter  facere  potverat  . . . 

Abbiamo  di  Franz  (Corpus,  inscript,  grsec.  So54)  eda  Orelli  (4223J  i  titoli  delle  insegne 
di  scultori  di  lapidi. 

TITVLI  D.  M. 

HEIC  TITVLOSSCR[ 

OBDINAiNTVR'ET  BENDOS  VEL 

SCVLPVNTVK  SI  QVID  OPE 

AIDIBV.S  SACREIS  BIS  MAI5M0R 

CVM  OPEUVM  ARI OPVS  FV 

PVBLICORVM  EIUTIIICHA 

BES 


CTIIMI 
E0NAAE 
nnOYNTAl  KAI 
XAP ACCONTAI 
NAOIC  lEwPAC 
C\N  ENEPIEIAIC 
AILMOCIAIC 


282  ARCHEOLOGIA   E  «ELLE  ARTI 

Erano  spesso  gente  rozza  questi  fnarmoraj  ;  e  non  di  rado  le  iscrizioni  restavano  ef- 
rate e  guaste;  e  ne  abbondano  esempj  nelle  collezioni.  E  però  Sidonio  Apollinare,  di- 
rigendo a  Secondo  un  epitafio,  gli  raccomanda:  Vide  ut  vilium  non  faciat  in  marmore 
lapicida  :  quod  factum  sive  ab  industria,  seu  per  incuriam,  niihi  magis  quam  quadra- 
tario  iividus  lector  adscrihat.  Epist.  iii.  12.  Pure  talvolta  il  marmorojo  metteva  il  pro- 
prio nome,  p.  e.  exculpsit  et  scnpait  Donatus,  o  si  raccomandava  a  Dio  e  ai  santi. 

Pare  certo  che,  ad  uso  degli  intagliatori  e  dei  compositori  di  epitafj  si  avessero  for- 
mular]; ne'  quali  è  naturale  cbe  trovassero  principal  luogo  le  formole  estratte  dai  mi- 
gliori scrittori.  Da  ciò  il  trovarsi  queste  ripetute  sovente,  tanto  in  antico  quanto  e  pili 
ne' tempi  cristiani.  Così  su  due  marmi  diversi  a  Roma  leggesi  Namque  dolor  talis  non 
mine  ubi  contigli  uni  (Mukatori,  N.  tlies.  1259.  10.  Ficouuni,  de  larvis  p.  107  nell'uno 
è  omraesso  il  nunc,  per  isbaglio  dell'intagliatore):  in  due  altri, 

Decipimur  votis  et  tempore  fallimur  et  mors 
Veridet  curas  anxia  vita  nihil, 

(Grutero  imcr.  677.  12.  Zaccaria  ecc  inscr.  liter.  p.  '119J.  Questa  di  Verona  vivile  felices 
moneo mors  omnibus  mstot  è  ripetuta  a  lievagna  (Waffei,  i)7us.  ver.p.  il2.  FxBRtrriin- 
script.  ani.  e.  in.  n.438jeconuna  tenue  variante  questa  a  Verona  e  a  Torino.  (Maffei  172. 
2  :  2^3.  7.)  Qairere  cessavi  nunquain  nec  perdere  desi^  mors  intervenit  nunc  ab  utroque 
vaco;  e  quest'altra  a  Arlese  a  Homa  Te  lapis  obtestor  leviter  super  osia  quiescas  (Dumunt 
inscript,  ant.  d'Arles  n.  50  :  Gkuter  585.  3)  ripetuta  pure  presso  Fiooro.m  colla  variante 
te  lapis  obtestor  leviter  super  ossa  residus.  A  Roma  tre  volte  son  i  due  seguenti:  in  hoc 
tumulo  jacet  corpus  exanimis  cujus  spiritus  inter  deos  receptus  est  sic  enim  meruit  No- 
lite  dolere  eventum  mcum  properavil  cetas  hoc  dedit  fatuin  iidhi  (  Boluetti  Osservazioni 
p.  455.  Orelli  n,  741 8;  Jau.n,  Specirnen  epigraphicum  p.  46.  98  e  99).  Due  epitafj  a  Roma 
cominciano  Domino  fìho  innocenlissimo  et  dulcissimo  bono  sapienti  (Gruter  1057.  12. 
GuDius  369.  6).  Due  a  Arles  filiae  karissinm  et  omni  tempore  vitce  suoi  desideratissimce 
(Dlmont  86.  89)  Facilmente  potrebbe  allungarsi  questa  serie.  Solo  indicheremo  come 
a  due  sepolture  trovisi  l'epitalio  che  s.  Danjaso  fece  per  sé.  (Dionvsius  6'rj//jZcB  vaticanoe 
p.  82.  Bkovver  Annales  Trevirenses  1. 1.  p.  61.  Gruter  1164.  4):  e  due  altri  il  principio 
di  quel  di  s.  Gregorio  Magno:  suscipe  terra  tuo  corpus  de  corpore  sumptum  reddere  quod 
valeas  vivificante  deo.  Gruter  1175.  1  ;  1168. 1  :  Marini  Fratelli  Arvali  p.  492). 

§  190.  — Bizzarrie, 

V'ha  iscrizioni  su  marmi  e  più  spesso  su  vasi,  che  non  hanno  significazione  alcuna, 
e  pajono  capricciosi  raccozzamenti  di  lettere.  Altre  volte  vi  si  trovò  un  alfabeto  intero; 
altre  un  sillabario.  Così  nella  tomba  aperta  a  Siena  il  1698,  e  descritta  dal  Bellori 
(Picturce  antiquce,  tav.  xi),  è  scritto  sulle  pareti  l'alfabeto  greco  antico  con  qualche 
varietà,  e  il  principio  d'un  sillabario  p«,utucp.uvx'./ .  . .  Questo  è  ancor  più  apparente  in 
un  vaso  trovato  ultimamente  dal  sig.  Gallazzi  a  Cervetri,  alla  cui  base  sta  l'intero  alfa- 
beto greco,  e  sul  corpo  il  sillabario  /3ijSyj3u/3e  xi/a'/uxe  i^ttTaiju^s  »]  1/5  a/,  uri  e  OiOx&jGe  (ii^x 
ecc.  Vedi  Annali  deW Istituto  archeol.  t.  viii,  188). 

§  191.  —  Raccolte. 

L'importanza  delle  iscrizioni  fu  conosciuta  di  buon'ora,  onde  se  ne  fecero  raccolte. 
Filoeoro  avea  radunate  tutte  quelle  delle  città  greche,  in  un  libro  che  è  solo  ricordato 
da  Ateneo.  Palemone  Periegete  ne  fece  un'altra  {nepi  xù-j  y.orà  tio/si;  ènfypxixuy.ziMv),  e  un 
catalogo  dei  doni  agli  Dei  in  diversi  santuarj.  Un'altra  ne  intraprese  Eveemero, 
coll'intento  di  abbattere  la  venerazione  a^li  Dei,  mostrando  che  erano  stati  uomini,  e 
dove  vissuti  e  morti.  Ai  tempi  alessandrini,  molti  raccolsero  di  quelle  in  versi,  col 
titolo  di  mazzo  di  fiori,  anihologioi.  In  Italia  ne  cominciarono  Cola  Rienzi  e  il  Petrarca  ; 
ma  questo  studio  non  acquistò  importanza  se  non  quando  il  Pizzicolli,  detto  Ciriaco 
anconitano,  per  ordine  di  papa  Nicola  V  ne  radunò  di  molte  con  lunghi  viaggi  in  Italia, 
in  Grecia,  in  Ungheria.  Il  Poggio  e  il  Decembrio  lo  giudicarono  un  impostore  ;  ma 
(juando  la  sua  raccolta  fu  nel  1654  pubblicala  da  Carlo  Morone  bibliotecario  del  cardi- 


RACCOLTE   D'iSCniZlONI  283 

tì.ile  Barberini,  si  conobbe  che  solo  spessissimo  erasi  ingannato,  massime  nel  giudicar 
il  tempo,  l'origine,  l'oggetto  dei  monumenti.  L'architetto  fra  Giocondo  fece  altrettanto, 
e  dne  codici  ne  rimangono  dedicati  a  Lorenzo  il  Magnifico.  A  Reggio  serbasi  pure  la 
raccolta  con  disegni  di  Micbele  Ferravino  carmelitano. 

In  quel  secolo  molti  fecero  colletianef,  come  ^'ico!ò  Perotto,  Felice  Feliciano,  Gio- 
vanni Marcanova;  Benedetto  Giovio  delle  comasche,  l'Alciato  delle  milanesi  ecc.  Più 
estesa  è  quella  di  Pietro  Bienewitz  detto  Ap|.iano  {lmcrìi)tione.s  sacros aiuta'  vefustutis. 
ingolstadt  155'»},  radunale  da  ogni  paese.  Quelle  della  sola  Roma  {Epifjrammata  an- 
(iquce  urbis)  furono  stampate  da  Jacopo  Mazzocchi  nel  15:21,  colle  cure  di  Fulvio 
Orsino  0  del  Colocci.  Con  questi  materiali,  e  probabilmente  coi  manoscritti  di  Onofrio 
Panviuio  (§  11]  nel  15SS  Martino  Smezio  di  Bruges  fece  un  Corpo  d'iscrizioni,  che  ra- 
pitogli da  un  soldato  colla  vita,  fu  comprato  da  Giovanni  Douza  olandese,  e  pubblicato 
con  supplimento  di  Lipsio,  in  buon  ordine. 

Intanto  Corrado  Peutinger,  erudito  notissimo  per  la  tavola  geografica,  pubblicava  le 
iscrizioni  di  Augusta  (Leida  1549)  ;  e  più  ampiamente  Marco  Welser;  Giorgio  Douza 
quelle  di  Costantinopoli  e  della  Grecia  (Venezia  15yUj;  Giovanni  Hutlich  quelle  di  Magonza 
(1520);  rOccone  quelle  di  Spagna  (Eidelberga  IS'Jbj,  Lorenzo  Schrader  di  llalbersadt 
nel  4556  raccolse  i  Monumenta  Italice,  pubblicati  poi  nel  1025,  classificati  secondo  i 
luoghi  dove  gli  avea  rinvenuti. 

Con  questi  materiali  Giovanni  Gruyter  potè  ordire  un  Corpus  inscriplionum ,  base 
del  quale  fu  la  raccolta  dello  Smezio;  Giuseppe  Scaligero  vi  aggiunse  ventiquattro 
tavole  d'indici  e  il  lavoro  fu  stampato  nel  HiO'ó  a  spese  di  Marco  VYelser  borgomastro 
d'Augusta;  poi  un'edizione  più  copiosa  ne  fece  Giovan  Giorgio  Grevio,  professore  di 
Utrecht,  finita  da  Pietro  Burmann  nel  1707  ad  Amsterdam.  E  la  più  coaipita,  ma  alcune 
sono  false,  altre  guaste;  dati  per  prosa  i  versi;  mescolato  l'antico  col  recente,  il  greco 
col  latino;  scartate  come  false  alcune  sincere.  Il  medico  di  Lipsia  Tommaso  Heioesio 
preparava  intanto  un'altra  raccolta,  che,  sorpreso  lui  dalla  morte,  fu  pubblicata  nel  iG82 
da  Federico  Benedetto  Carpzow  col  titolo  i>ynlagma  inscnptionunt.  Un'altra  nel  1602 
avea  fatto  Jacopo  Spon,  intanto  che  Giorgio  Gualtieri  pubblicava  le  sicule,  e  Gioachino 
Ilaginocioo,  Giovanni  Selden,  Jacopo  Tommasini,  Sertorio  Orsato  quelle  di  Wittemberg, 
di  Arundel,  di  Padova. 

Il  Fabretti  pubblicava  (Roma  1702)  le  iscrizioni  delle  sue  abitazioni  domestiche,  il- 
lustrate con  tal  quantità  di  altre,  che  può  considerarsi  come  una  collezione  generale, 
con  più  di  quattromila  inedite;  ma  non  essendo  distribuite  per  classe  e  senza  indice, 
è  dilficile  il  profittarne.  Al  Grevio  è  di  supplimento  la  raccolta  di  Marquardo  Gudio, 
consigliere  del  redi  Danimarca,  pubblicata  nel  1731  a  Leeuwarden  da  Francesco  Uessel. 

Edmondo  tbishull  primo  raccolse  iscrizioni  greche  anteriori  all'èra  vulgare  (Londra 
1728);  il  Koolio  un  corpo  d'iscrizioni  greche  e  latine;  il  Cori  nel  1751  le  schede  la- 
pidarie di  Giambattista  Doni,  che  comprendeano  ben  seimila  inedite.  Esso  Gori  nel 
1726  avea  cominciato  a  stampare  quelle  trovate  in  Toscana,  e  nel  17i3  die  fuori  un 
terzo  volume.  Anche  Benedetto  Passione!  nel  1763  pubblicò  altre  Iscrizioni  antiche, 
dispo>tc  per  ordine  di  varie  classi,  e  illustrate  di  alcune  annotazioni. 

Più  esteso  è  il  ?^'ovus  thesaurus  vetcrum  i?iscriptionam  in  prcecipuis  earumdem  colle- 
ctionibus  hactenus  prwtermissarum  del  Muratori  (Milano  1739),  che  si  valse  di  mano- 
scritti della  biblioteca  Ambrosiana,  e  di  note  somministrate  da  Giovanni  Ciampini  e 
Prospero  Mandosio  per  le  romane  ,  da  Giulio  Antonio  Averoldo  per  le  bresciane,  da 
Apostolo  Zeno  per  le  venete  ,  dal  Magliabechi  per  le  fiorentine,  e  da  altri,  con  uà 
bel  supplimento  del  p.  Sebastiano  Donati ,  preceduto  dall'opera  sull'arte  critica  lapi- 
daria. 11  p.  Oderici  usciva  pure  con  molte  epigrafi  inedile;  Ricardo  Kandler  colla 
collezione  delle  greche  (Oxford  1774). 

Il  Salomoni  pubblicava  quelle  di  Padova  ,  Ottavio  Rossi  quelle  di  Brescia  ,  Filippo 
Della  Torre  quelle  d'Aquileja,  Rocco  Volpi  quelle  del  Lazio,  Carlo  Malvasia  le  bolo- 
gnesi, Olivieri  le  pesaresi,  Ricolvi  e  Rivoltella  quelle  di  Torino,  Malfei  quelle  di  Verona, 
Torino  e  Vienna,  De  Vita  quelle  di  Benevento,  Pacinudi  e  Blusi  quelle  raccolte  dalla  fa- 
miglia Nani,  Castelli  le  palermitane,  Z;iccheria  quelle  di  Salona  ,  Guasco  le  capitoline, 
Morisani  le  reggiane,  Spreti  quelle  di  Ravenna,  Bianchi  qudle  di  Cremona,  il  cardinal 
Noris  le  pisane,  Boldetti  e  Lupi  le  cristiane,  Bianchini  e  Gori  quelle  del  colombario  dei 


284  AP.ciiF.OLor.i\  e  belle  akti 

servi  e  liberti  della  casa  d'Augusto,  Bonada  le  iscrizioni  metriche  latine  e  greche,  Maz- 
zocchi le  tavole  eracleesi,  Marini  quelle  relative  ai  fratelli  Arvali,  Biagi  i  decreti  degli 
Ateniesi,  Falconieri  le  epigrafi  atletiche,  Fahri  le  agonistiche...  Seguier,  che  fece  il 
catalogo  delle  opere  epigrafiche  sino  al  1775,  ne  registra  circa  duemila  :  tra  queste 
vi  sono  dieci  collezioni  generali  d'iscrizioni  latine:  Grutero,  Reinesio,  Spon,  Doni, 
Gudio,  Fabretti,  MalTei ,  Muratori,  Donati,  Marini;  che  contengono  da  sessantamila 
iscrizioni. 

Da  Cori,  Passeri,  Olivieri,  Remondini,  Mazzocchi,  Mafie! ,  Lanzi  furono  pubblicate 
epigrafi  di  lingua  osca,  etrusca,  e  d'altre  antiche  italiche:  le  orientali,  di  Fenicia,  Per- 
sepoli,  Palmira,  Babilonia,  daSAvinton,  Dutens,  Murr,  Sacy,  Tycksen,  Giorgi,  Millin. 
Nel  secolo  nostro,  cresciuto  di  tanto  il  campo  dell'erudizione,  moltiplicaronsi  le  rac- 
colte d'epigrafi;  e  a  tacere  l'innumerabile  quantità  delle  indiane  ed  egizie,  e  quelle 
uscite  dai  sepolcreti  toscani,  e  volendo  stare  solo  alle  latine  e  greche,  un  numero  ster- 
minato ne  danno  ogni  giorno  le  nuove  esplorazioni  della  Grecia,  dell'Asia  Minore,  del- 
l'Egitto, dell'Algeria.  Cardinali,  Borghesi,  Labus,  Lama,  Letronne,  Orioli,  Guarini,  Qua- 
ranta, Sarti,  Marchi,  Secchi,  Fea,  Bunsen,  Tiersch,  Gerhard,  Hagenbach,  Lepsius  .  .  . 
s'illustrarono  coll'esame  e  la  stima  di  esse:  Cavedoni  pubblicò  le  modenesi.  Aldini  le 
ticinesi  e  comensi,  l'Accademia  ercolanese  le  pompejane,  Mommsen  quelle  del  regno  di 
Napoli  (1853)  Kaodler  quelle  dell'Istria,  Labus  le  bresciane,  Tonini  le  riaminosi,  De  Mi- 
nici le  fermane,  Gazzera  quelle  d'Ivrea,  Viola  quelle  di  Tivoli,  Lanza  quelle  di  Solona, 
Garrucci  quelle  d'Isernia,  Rieti,  Cerniti,  Fabraterni,  Leonji  quelle  di  Todi  ecc.  Ciò  fa 
sentire  il  bisogno  di  una  nuova  raccolta  compiuta.  11  dottor  Augusto  Bceck,  nel  183S  e 
seguenti,  pubblicò  a  Berlino  un  Corpus  inscnptionum  grcecarum  auctoritate  et  impensis 
Acad.  liter.  regioeborussicce^  ove  ri[)roduce  tutte  le  edite  dai  precedenti,  e  ve  n'aggiunge 
di  molte;  egli  non  segui  la  distribuzione  per  argomenti,  ma  la  geografica,  come  si  suole 
colle  monete.  La  raccolta  delle  iscrizioni  trovate  in  Grecia  per  mezzo  delle  ultime  ri- 
cerche fu  pubblicata  da  A.  C.  Rangabè,  '1842-55,  2  voi. 

Una  società  veronese,  spinta  da  Scipione  Mafl'ei ,  nel  1732  aveva  dato  fuori  il  pro- 
gramma d'una  collezione  universale  d'iscrizioni  antiche  latine  e  greche  ,  etniche  e  cri- 
sliane  ben  ra"ionando  il  fatto  e  il  da  farsi  ;  ma  il  lungo  tempo  a  ciò  richiesto  fece  che 
l'opera  non  fosse  che  un  desiderio.  L'Ars  critica  lapidaria^  che  esso  Mafl'ei  aveva  scritta 
come  prefazione,  restò  incompiuta,  e  fu  solo  pubblicata  nel  1775  nel  supplemento  del 
Donati  al  Themurus  del  Muratori.  L'Orelli  pubblicò  va' Inscriptionum  latinarum  sele- 
ctarum  amplissima  coUectio,  che  sono  oltre  cinquemila,  bene  scelte  e  di  eccellente  le- 
zione (Zurigo  1828). 

Nel  1856  Olao  Kellermann  all'Accademia  di  Copenaghen,  mostrando  l'imperfezione 
delle  dieci  raccolte  precedenti,  venuta  dallo  accettare  epigrafi  false ,  dal  ripetere  le 
stesse  con  lezioni  varianti,  dare  spezzate  alcune  che  dovrebbero  formarne  una  sola  ,  e 
dal  non  avere  abbastanza  esalti  e  copiosi  indici,  che  in  tali  lavori  sono  d'importanza 
suprema,  suggeriva  una  collezione  che  tutte  superasse,  e  che  abbracciasse  le  settanta-' 
cinque  od  ottantamila  che  si  conoscono,  scartando  le  false  e  giungendo  fio  al  vji  secolo. 
Ma  il  Kellermann  morì  del  cholera  a  Roma  nell'anno  seguente. 

La  Francia  volle  assumere  (juesta  bell'opera,  e  il  ministro  dell'istruzione  pubblica  nel 
1843  scelse  una  Commissione  per  darvi  efl'elto.  La  collezione  avrebbe  dovuto  tirare  sino 
al  fine  del  regno  di  Teodorico,  barbaro  che  regnò  ancora  colle  forme  romane;  abbrac- 
ciar solo  le  latine  o  le  greche  bilingui,  lasciando  i  dialetti  italioti.  All'ordine  per  ma-- 
teria  preferivasi  il  geografico,  come  si  fa  nelle  monete;  credendo  con  ciò  offrire  al  fi-- 
losofo  e  allo  storico  il  modo  di  seguire  il  metodico  progresso  della  civiltà  romann 
traverso  ai  popoli  conquistati,  e  vedere  come,  sotto  l'uniforme  vigore  del  governo  re- 
pubblicano 0  imperiale,  i  municipj,  le  città,  le  famiglie  conservassero  una  vita  propria,, 
che  sfu""e  allorché  si  segua  l'ordine  per  materia.  E  anche  vero  che  tal  metodo  toglie- 
la  necessità  delle  ripetizioni  ;  giacché,  mentre  una  lapide  può  essere  insieme  slorica,  en- 
comiastica e  sepolcrale,  non  ai)i>ariiene  ordinariamente  che  ad  un  luogo  solo.  Da  ciò 
anche  l'opportunità  di  valersi  delle  raccolte  speciali.  All'ordine  per  materie  supplireb- 
bero copiosi  indici  delle  sigle  ed  abbreviazioni  dei  nomi  di  divinità,  dei  nomi  proprj, 
delle  leggi  ed  ufiizj  pubblici,  della  geografia,  della  latinità,  dei  soggetti  diversi.  Gli  av- 
venimeati  pubblici  mandarono  al  vento  questa  bell'impresa. 


ISCniZlONI    FALSE  28S 

Intanto  fu  pubblicato  llandhuch  der  liomischen  Epigraphic^  von  Karl  Zf.l,  Eidcl- 
borga  1850.  Vaì  ora  è  cominciala  la  Raccolta  iV hcrizivni  romane  deìlWlneria^  per  opera 
di  l.cone  llenier,  a  spesa  del  ministero  (185r>J  cbe  salgono  a  circa  4000,  fin  qua  sco- 
nosciute. 

L'intero  Corpo  delle  epigrafi  latine  si  fa  adesso  a  Berlino. 

§  192.  —  Iscrizioni  false. 

Non  ci  torremo  da  questo  argomento  senza  ragionare  delle  epigrafi  false  tante  volte 
menzionate.  Già  anticamente  se  ne  finsero  per  appoggiare  qualche  diritto  o  pretensione. 
Erode  Attico,  per  mero  capriccio,  simulò  un  titolo  greco  con  caratteri  e  voci  antiche, 
il  quale  ci  fu  conservato,  e  trovasi  nel  Crutero  p.  27. 

Nel  Cinquecento  entrò  la  smania  di  radunare  apografi  ;  ma  se  ciò  agevolava  la  fatica 
degli  studiosi,  molti  danni  ne  derivarono.  E  prima,  mosse  dal  luogo  senza  abbastanza 
tenerne  appunto,  molte  perdettero  il  significato.  A  capriccio,  o  per  vendite,  o  per  ere- 
dità, passavano  di  paese  in  paese,  con  nuova  discrepanza  e  turbamento  de' concetti  sto- 
rici. Divenute  poi  oggetto  di  speculazione,  vi  fu  chi  ne  finse,  e  talora  con  tanta  abilità 
da  illudere  i  migliori  studiosi. 

La  falsificazione  è  più  difficile  pel  bronzo.  Quanto  alle  pietre,  vuoisi  avvertire  che  le 
originali  sogliono  esser  sassi  del  paese.  Il  confronto  dei  caratteri  non  basta,  ma  fa  duopo 
attendere  argutamente  agli  accidenti  storici,  cronologici  e  di  stile.  Più  sposso  avvenne 
che,  nella  scarsa  pratica  e  nella  bambina  critfca  d'allora,  fossero  male  trascritte;  poi, 
smarritosi  l'originale,  restasse  tolto  il  mezzo  di  correggerle.  L'erudito  qualche  volta  si 
ingannò  scambiando  per  antico  qualche  esemplare  moderno;  ed  è  famigerato  colui  che 
credette  vedere  un  monumento  GEfiùmum  Avcvsti  nella  lapide  di  un  GEmralis  oRdmis 
Avcvstiniaiii ;  e  a  Milano  molti  almanaccarono  intorno  a  certe  lapidi  ,  che  ora  stanno 
sull'angolo  rimpetto  al  teatro  della  Scala,  e  che  furono  pilastrini  posti  nel  Cinquecento 
da  un  certo  Rabia  nel  suo  giardino  a  sorreggere  figure  di  divinità. 

Tra  coloro  che  di  proposito  ne  finsero,  massime  in  quel  secolo,  è  diffamato  Pirro  Li- 
gorio,  i  cui  manoscritti  si  conservano  alla  biblioteca  torinese;  e  le  sue  epigrafi  false  in- 
festarono tutte  le  collezioni  successive.  Altre  falsificate  da  Foormont ,  guastarono  la 
cronologia  e  la  mitologia.  Per  non  errare  coi  molti,  il  Maffei  ne  condannò  parecchie  di 
genuine,  rompendo  nell'eccesso  contrario.  11  guidarsi  rettamente  in  ciò  è  la  più  difli- 
cil  parte  della  critica  epigrafica,  la  quale  in  genere  diffida  delle  iscrizioni  di  cui  non 
esiste  l'originale. 

Tra  le  false  fu  ultimamente  rejetta  da  Orelli  (Inscrlpt.  elveticce  coUectce  et  explicatce) 
una  che  Giusto  Lipsio  poneva  fra'  monumenti  più  curiosi  dell'antichità,  che  Giovanni 
Mullcr  citò  con  elogi,  e  di  cui  Byron  diceva  non  conoscere  composizione  più  patetica. 
Eccola  : 

JVLIA    ALPIJiVLA  HiC    JACEO    -  INFELICIS   PATRIS    INFELIX   PROLKS    DE,B    AVEXTtnO?    SACERDOS  -  EXORARE    PATRIS 
RECEM   NO.N    POTVI  -  MALE    MORI    IN    FATIS    ILLI    ERAT   -    VlXl  ANNOS    XXIIT. 

Sembra  opera  d'un  Paolo  Guillaume,  famoso  contraffattore. 

§  195.  —  Diplomatica.    —  Definizione  e  scopo. 

Diploma  viene  dal  greco  (Jitt/ow;,  ed  ai  Romani  indicava  le  patenti  o  i  documenti 
spediti  da  un'autorità  in  modo  solenne,  per  istabilire  la  realtà  di  alcuni  fatti  o  diritti,  e 
tramandarne  la  prova  autentica. 

Da  qui  il  nome  Diplomatica  applicato  alla  scienza  che  insegna  a  conoscere  queste  dif- 
ferenti scritture,  e  giudicarne  la  genuinità  e  le  dat<' ,  secondo  i  carnllcri  intrinseci  ed 
estrinseci.  Attesoché  Diplomatica  s'intitoli  pure  la  conoscenza  delle  negoziazioni  fra  gli 
Stati,  Malfei  propose  di  chiamare  questa  nostra  arte  evitica  diplomatica.  Discernesi  dalla 
Paleografia  in  quanto  non  si  occupa  dei  monumenti  in  marmo  o  in  metallo. 

Uffizio  suo  è  dar  a  conoscere  le  materie  su  cui  scrissero  gli  antichi;  gli  stromenti 
adoperati  a  scrivere  ;  le  differenti  scrilture;  la  lingua  e  lo  stile  diplomatico;  i  codici; 
i  diplomi;  i  sigilli;  le  date  ;  le  carte  diplomatiche  in  genere  ed  in  ispecie  ;  i  criterj  per 
discernere  le  vere  dalle  false. 


ARCHEOLOGIA    E   BELLE   AUTI 


§  194.  —  Storia  dì  quest'arte. 


Di  quest'arte  avevano  già  fatto  uso  in  Italia  il  Petrarca,  il  Poggio,  il  Sigonio  ed  altri 
storici  ;  poi  speciale  studio  vi  posero  Zillesio  ,  Leuber  e  Conring,  delle  cui  discussioni 
profittando,  il  gesuita  Papebrochio  ne  pubblicò  il  primo  trattato  (Propileo)  nel  1675, 
porgendo  regole  per  conoscere  il  merito  dei  diplomi.  l,a  severità  sua  parve  fosse  diretta 
a  scalzare  le  pretensioni,  che  Carmelitani  e  Benedettini  fondavano  su  diplomi;  laonde 
questi  ultimi  si  applicarono  a  sifatto  studio,  ed  il  Mabillon  pubblicò  De  re  diplomatica, 
lib.  V,  nel  1681  ,  con  un  supplimento  del  1704.  11  Cronicon  GotUvicense  (1732)  fu  il 
primo,  ove  si  distinsero  i  caratteri  intrinseci  ed  estrinseci  da  cui  riconoscere  l'autenli- 
cità  dei  diplomi  -,  poi  Toustain  e  Tassin  diedero  il  Nouveau  traile  de  diplomatique  {\TÒC))\ 
Le  Moine  La  diplomatique  pratique  (6  voi.  con  100  tavole,  1741-65)  ;  i  padri  Maurini 
VArt  devérifier  leu  dates  ;  Devaines  il  Dictionnaire  raisonné  de  diplomatique  ;  Baringio 
la  Biblioteca  diplomatica.  Heumann  (Commentarii  de  re  diplomatica  regum  et  impera- 
torum  qermanic.  Norimberga  1745-9)  ne  mostrò  l'utilità  per  la  storia  e  per  la  politica. 
Chevrière  diede  un  Nuovo  metodo  di  ordinar  le  carte.  Giovanni  Crisostomo  Gatterer 
(Elementa  artis  diplomatica;  universalis)  volle  ridurla  più  sistematica  distinguendola  in 
grafica,  s«Muiotica  e  formolare  :  la  prima  studia  la  scrittura,  la  seconda  i  segni,  la  terza 
le  formole  de'  varj  atti.  Schoenemann  la  distinse  in  esterna  ed  interna,  secondo  che  si 
occupa  della  forma  o  del  contenuto  dei  documenti. 

Tali  divisioni  non  sembrano  però  abbastanza  piene;  e  meglio  va  distinta  in  generale, 
quando  tratta  dei  titoli  in  genere,  dei  loro  caratteri  intrinseci  ed  estrinseci,  della  loro 
spedizione  e  conservazione  negli  archivj;  particolare,  quando  li  considera  in  rekizione 
col  loro  oggetto,  cioè  come  politici,  canonici,  giuridici,  domestici  o  personali.  In  tal 
caso  si  serberebbe  il  nome  di  Paleografia  a  tutte  le  scritture  antiche. 

Il  marchese  Maffei  ne  porse  i  primi  canoni  all'Italia  colla  Storia  diplomatica  ;  ma  si 
arresta  quasi  solo  ai  caratteri  estrinseci,  per  illustrazione  dei  papiri  egizj  a  cui  la  pre- 
mise.  Napoli  Signorelli  e  l'abbate  Pelliccia  ne  diedero  lezioni  per  le  scuole  istituite  a 
Napoli  e  a  Bologna,  e  più  estesamente  il  p.  Fumagalli  (Delle  istituzioni  diplomatiche, 
t.  II,  Milano  1802),  nella  cui  prefazione  sono  indicati  coloro  che  fin  allora  avevano  trat- 
tato di  tale  materia,  e  conchiude  con  118  regole  per  discernere  dai  veri  i  falsi  docu- 
menti. Taciamo  quelli  che  di  qualche  sua  parte  ragionarono.  Meglio  giovò  a  questa 
scienza  l'applicazione  fallane  dai  dotti,  quali  Labbé ,  Dupuy,  Ducange  ,  Codefroi  , 
Bloundel ,  Baluzio,  Marténe,  Eckard  ;  e  fra  noi  Lupi,  Muratori,  Fontanini,  Fantuzzi , 
Marini. 

Nel  secol  nostro,  cresciuta  la  messe  colle  scoperte,  e  meglio  mostratane  l'importanza, 
si  estesero  le  scuole  e  i  cultori,  e  da  ogni  parte  ne  maturano  i  frutti. 

§  195.  —  Utilità  sua. 

Sarebbe  vanità  il  voler  qui  confutare  coloro  che  della  Diplomatica  fanno  beffe.  Agli 
Enciclopedisti  tale  dispregio  era  naturale  conseguenza  del  vilipendio  in  cui  avevano  la 
storia  e  del  pirronismo  che  v'introduceano.  Chi  per  poco  abbia  seguitati  i  passi  diliii 
storia,  sa  quanto  essa  siasi  vantaggiata  dello  studio  delle  carte;  e  non  solo  per  accer- 
tare i  tempi  e  i  nomi  e  i  luoghi,  ma  per  conoscere  le  leggi,  le  costumanze,  l'industri.-i, 
i  varj  ufiìzj,  lo  stato  reale  e  personale  d'intere  classi,  infine  quelle  particolarità  che  sono 
il  colore  dato  a  semplici  contorni. 

§  196. —  Materia   su  cui  si  scrive.   Papiro. 

Ogni  sorta  materie  fu  adoperata  per  iscrivere:  le  pietre,  come  nelle  tavole  del  Deca- 
logo e  nelle  piramidi  d'Egitto;  il  legno  per  le  leggi  e  talvolta  jicr  le  convenzioni  ;  e  jtio- 
nigi  di  Alicarnasso  vide  un  patto  d'amicizia  fra  Tarqiiinio  .Superbo  ed  i  Galli  ,  scrino 
sopra  uno  scudo  di  legno  affisso  nel  tempio  di  Giove.  Inoltre  si  scrisse  su  pelli  dì  uni- 
mali,  su  foglie,  su  ossi,  su  metalli,  su  tele;  fra  i  Messenj,  i  misteri  della  Gran  Dea  con- 
servavansi  scritti  su  foglie  di  stagno  (Pausania,  iv,  26;.  Dimettendo  pel  resto  a  quel  clf 


i 


PAPIRI  287 

dicemmo  nella  Epigrafin,  qui  ci  atterremo  alla  materia  di  quelle  sole  che  piìl  propria- 
mente inteudousi  per  scritture. 

La  carta  più  consueta  degli  antichi  era  di  papiro,  canna  che  cresce  principalmente  in 
Egitto. 

Geraud,  Essai  sar  les  liires  dans  VanliquUé.  Paii|;i  18  50. 

G.  Peioot,  Essai  historique  et  archéologique  sur  la  reliure  des  livres  et  sur  Velai  de  la  librairie 

chez  les  anciens.  Ivi  <834. 
Dureau  de  La  Malie  inserì  nelle  Memorie  delVArcademia  d'Iscrizioni  e  Belle  Lellere  ilei  <8ol,  ima  sul 

papiro  e  sulla  fabbrica  della  carta  fra  gli  antichi. 

—  Di  papiro  (dice  Plinio,  xiir,  25)  si  fanno  le  carte,  dividendolo  con  l'ago  in  sottilis- 
sime e  larghissime  laminette.  Quelle  di  mezzo  si  hanno  per  le  ottime,  e  degradano  di 
pregio  secondo  che  si  allontanano  da  fai  punto.  Geratica  chiamasi  la  migliore  di 
queste  carte,  perchè  usata  nei  soli  volumi  religiosi  ;  lavata  che  sia  ,  appellasi  carta 
augusta,  o  di  prima  qualità;  conip  carta  di  Livia  chiamano  la  seconda  dalla  consorte 
d'Augusto;  e  così  la  geratica  è  discesa  ad  indicare  la  terza  qualità  Della  quarta  era 
Vanfìtpatrica,  così  detta  dal  luoso  dove  confezionavasi.  Giunta  questa  in  Roma  nella 
officina  del  sagace  Fannio,  fu  da  lui  con  un  curioso  metodo  sottigliata  in  modo,  che 
di  carta  plehea  divenne  principesca,  e  fannia  appellossi  ;  talché  anfiteatrica  comin- 
ciavano a  chiamar  quella  che  sperimentato  non  avesse  la  seconda  itiano  di  tal  artiere. 
Tien  dietro  la  mitica  preparata  in  Saite,  abhondevolissima  di  papiri,  colle  più  gros- 
solane fd)re  di  essi.  Delle  quali  sono  ancora  peggiori,  come  più  alla  corteccia  vicine, 
quelle  di  che  si  compone  la  carta  Iponotica,  cognominata  così  da  un  luogo  vicino  a 
Saite,  che  vendono  a  peso,  come  non  buona  a  scrivervi  sopra,  e  le  si  dà  l'aggiunto  di 
emporetìca,  ossia  mercantile,  perchè  serve  di  copertura  ai  quadprni  di  carta,  e  come 
stuoja  di  secca  paglia  per  involgerne  merci  di  ogni  maniera.  Alla  materia  della  carta 
emporetica  succede  finalmente  la  parte  del  papiro  che  ne  forma  la  corteccia  ,  la  cui 
estrema  superficie,  simile  allo  scirpo,  non  è  buona  tampoco  a  far  cordami,  se  pure 
non  la  si  lasci  macerare  nell'acqua. 

Tutte  queste  carte  si  tessono  sopra  una  tavola  bagnata  coH'acqua  del  Nilo,  la  quale  col 
suo  limo  fa  le  veci  di  colla.  F  primamente  la  pagina  della  carta  formasi  mettendo 
verticalmente  sopra  una  favola  le  laminette  del  papiro,  lunghe  come  rimangono  dopo 
recisene  le  estremità  da  ambe  le  punte;  dipoi  vi  si  sovrappongono  altre  trasversal- 
mente ,  quasi  fossero  cancelli  ;  indi  si  mettono  allo  strettoio,  e  i  fogli  asciugansi  al 
sole  e  s'uniscono  insieme,  assorbendo  prima  i  migliori  e  a  mano  a  mano  i  men  buoni. 
Di  ogni  scapo  non  vengono  più  che  venti  fogli. 

Gran  differenza  ci  è  nella  larghezza  loro  ;  le  ottime  son  tredici  dita,  la  geratica  dodici, 
la  fannia  dieci,  l'anfiteatrica  nove,  ed  anche  meno  la  saitica,  la  quale  non  regge  al 
martello,  ma  l'emporetica  non  oltrepassa  le  sei.  Oltre  a  ciò  vuoisi  nelle  carte  consi- 
derare la  sottigliezza,  la  densità,  il  candore  ed  il  levigato.  Claudio  tolse  il  primato  alla 
carta  augusta,  poiché  la  sottigliezza  cedeva  al  calamo  con  cui  vi  scrìveano,  e  lasciava 
passar  le  lettere  alla  parte  opposta  ;  onde,  se  anche  su  questa  si  fosse  scritto  ,  era  a 
temere  che  la  seconda  scrittura  non  avesse  macchiato  la  prima  ,  senza  parlare  del 
quanto  facesse  brutto  vedere  un  carattere  trasparente.  Adunque  delle  prime  fibre  del 
papiro  furono  fatte  le  orditure,  delle  seeonde  le  trame.  Il  medesimo  imperatore  ne 
accrebbe  ancora  la  larghezza  :  ed  era  di  un  piede  o  anche  di  un  cubito  quella  che 
chiamavasi  macrocolla.  Ma  l'esperienza  mostrò  nociva  questa  grandezza,  perchè, 
quando  se  ne  fosse  distaccata  sotto  il  torchio  qualche  laminetta,  come  più  facilmente 
accadeva  per  la  lunt'hezza ,  molle  delle  pagine  sottostanti  ne  restavano  guaste.  Per 
tali  ragioni  la  Claudiana  fu  tenuta  migliore  di  tutte;  l'augusta  continuò  ad  essere 
usata  per  le  lettere;  la  livia  si  mantenne  nell'uso  cui  era  servita  dapprima,  poiché 
della  Claudiana  niente  aveva. 

Questa  carta  lisciasi  coll'avorio  o  con  una  conchiglia;  ma  i  caratteri  allora  vi  sono 
poco  durevoli.  La  carta  suzza  meno  l'inchiostro,  ma  é  più  lucente.  L'acqua  limac- 
ciosa, con  che  si  sono  congiunte  le  filire  del  papiro,  ove  non  siasi  adoperata  ingiusta 
misura,  rende  difficile  lo  scrivervi,  e  questo  difetto  si  scopre  in  batterla  col  martello, 
ed  anche  in  odorarla.  Può  l'occhio  ravvisarvi  alcune  lentigini,  ma  non  si  accorgerà 


288  AhCHEOLOGU    E    BELLE    AUTI 

di  alcune  striscioline  inserite  tra  le  incollate  giunture  delle  spugnose  fìlire  del  pa- 
piro, se  non  al  momento  in  cui  l'inchiostro  vi  si  fonde,  tanta  è  la  frode  degli  arte- 
fici. Talché  sifatte  carte,  per  servirsene,  abbisognano  di  esser  ritessute. 
La  colla  è  fior  di  farina  stemprato  con  acqua  bollente  e  un  pochino  d'aceto,  perchè  la 
colla  fabbrile  e  la  gomma  schiantano.  Migliore  verrà  se  la  preparerai  con  la  parte 
mollica  di  pane  inzuppata  con  acqua  bollente  e  passata  al  crivello.  Così  la  carta  di- 
viene più  compatta  e  sottile  della  tela  di  lino.  La  colla  non  dev'essere  piìi  vecchia, 
né  più  fresca  di  un  giorno.  Si  assottiglia  poi  col  martello,  e  di  nuovo  si  rifrega  con 
passarvi  la  colla  ;  indi  da  capo  si  comprime  sotto  il  torchio  per  farla  più  liscia;  e 
finalmente  a  colpi  di  martello  si  distende. 

Noi  diemmo  la  fezione  meglio  approvata  di  questo  passo  di  Plinio  tanto  discusso,  e 
che  é  riconosciuto  per  molto  guasto.  L'ispezione  dei  papiri  antichi  che  ci  rimangono, 
convince  d'inesattezza  il  romano  compilatore.  Perocché  il  papiro  non  è  pianta  legnosa, 
ma  erbacea,  e  la  carta  faceasi  col  midollo  filamentoso  de'  suoi  gambi.  Con  un  fendente 
sottilissimo  tagliavansi  essi  gambi  in  lamine  fine,  le  quali  raccostavansi  in  modo,  che  i 
margini  si  toccassero,  e  aderissero  mercè  dei  succhi  gommosi  di  cui  è  impregnata  la 
pianta  verde:  se  fosse  disseccata,  umettavasi  con  acqua  del  Nilo,  la  quale  però  non  è 
punto  glutinosa.  Il  foglio  così  disposto  (scheda),  ritagliato  e  rasciutto  al  sole,  applica- 
vasi  sopra  un  altro»  simile,  in  modo  che  le  fibre  dell'uno  s'incrociassero  ad  angolo  retto 
con  quelle  dell'altro.  Cosi  avevasi  undi  piagala  o  pagina,  che  si  soppressava ,  batteva, 
levigava,  lisciava  coll'avorio.  Un  rotolo  di  venti  fogli  al  più  formava  uan  scapula  o  ra- 
cuna.  La  larghezza  era  dalle  sei  alle  tredici  dita. 

Gli  Ateniesi  onorarono  di  statua  un  Foltazio,  che  insegnò  l'arte  di  dar  la  colla,  non 
sappiamo  se  ai  fogli  o  alle  legature  (Fozio,  Bibliotheca,  cod.  lxxx,  p.  61). 

Anche  oggi  è  molto  diffìcile  il  dar  la  colla  alla  carta,  e  Plinio  si  scusa  con  un  amico 
se  non  gli  scrive,  perché  la  carta  che  potrebbe  procacciarsi  alla  campagna  suzza  l'in- 
cbiostro  in  modo  da  non  potersi  leggere  (Epist.  vii),  15). 

Bene  faceasi  quest'operazione  in  Egitto,  sovrapponendo  un  foglio  trasversalmente  al- 
l'altro in  modo,  che  a  vederli  pajono  un  tessuto  ;  e  cosi  appunto  li  denomina  Porfirio: 
£';'jcpxia:'j/;y  Tiàr'joov  et;  /3tfi"/ou;  ;  papiro  tessuto  in  Carla  (ap.  Eusebio,  Prcep.  evang. , 
p.  98).  La  colla  era  vegetale,  e  sono  appena  vent'anni  che  tale  processo  fu  rinnovato 
in  Europa,  surrogandolo  alla  colla  animale,  sempre  usata  da  che  s'introdusse  la  carta 
di  cenci. 

Del  papiro  non  v'è  più  traccia  nell'Egitto  odierno;  anticamente  se  ne  faceva  tal  con- 
sumo, che  il  tiranno  Firmo  (ribellatosi  contro  Aureliano  27d  anni  d.  C.)  vantavasi  di 
poter  mantenere  l'esercito  soltanto  colla  carta  e  la  colla  che  aveva  ne'  magazzini  (pa- 
pyro  et  glutino;  Vopisco  in  Firmo,  §  5).  Aureliano  impose  agli  Egizj  un  tributo  in 
carta  e  vetro. 

A  usar  de'  papiri  si  continuò  fino  all'xi  secolo;  ma  ben  pochi  ne  giunsero  a  noi  in 
proporzione  dei  moltissimi  che  dovettero  essere  scritti.  Alquanti  se  ne  raccolsero  dalle 
tombe  egizie,  molti  de'  quali  in  caratteri  jeratici.  Un  papiro  di  mummia  che  sta  al  mu- 
seo di  Torino,  è  lungo  iiS  metri  :  la  parte  superiore  è  occupata  da  figure  di  divinità, 
cui  pare  che  l'anima  del  defunto  visiti  successivamente  ;  tutt'il  resto  son  linee  perpen- 
dicolari di  geroglifici  esprimenti  preghiere,  dall'anima  dirette  a  ciascuna  divinità;  in 
fondo  è  la  scena  del  giudizio.  E  il  più  compiuto  manoscritto  egizio  che  si  conosca,  e 
dicesi  rituale  funerario.  Esso  museo  contiene  fin  duemila  papiri,  di  cui  il  più  antico 
precede  di  trecento  anni  Mosè,  e  il  più  importante  il  frammento  di  canone  cronologico 
delle  dinastie.  Il  famoso  borgiano ,  ora  nel  museo  Borbonico,  in  greco  minuscolo  del 
Il  0  III  secolo  deUT'ra  vul^'are  ,  presenta  tredici  colonne  di  lettere  e  ventidue  altre  a 
frammenti,  dove  son  registrati  gli  operaj  usati  a  costruir  dighe  e  acquedotti  del  Nilo: 
è  il  più  antico  saggio  di  scrittura  minuscola  greca  ,  e  vi  si  vede  che  le  persone  allora 
indicavansi  col  nome  del  p:idrec  della  madre;  per  es.  lxaxni',)v  'Lz'j-:oy,)ìmz  roO  ■/M^.r.u.o- 
vo;,  urtT[.òi;  Ì7.'jun-jy--/_kr„;,.  La  biblioteca  imperiale  di  Parigi  acquistò  nel  1844  un  pajiiro 
lungo  otto  metri,  cbe  risale  al  regno  d'Assa;  onde  sarebbe  il  più  antico  che  si  conosca. 

La  più  preziosa  raccolta  di  papiri  storici  è  quella  del  museo  Britannico,  proveniente 


PAPIRI  se» 

dalle  raccolte  del  sifjnor  Sallier  di  Aix,  e  del  signor  Anastasi  console  di  Svezia  ad  Ales- 
sandria: e  furono  splendidamente  pubblicati  nel  1844. 

Lbpsids,  Auiuahl  der  Urkunden  des  .Egyplischen  Aìterthums. 
Gabdner,  Wilkinson,  Hieratie  papyrus  of  Kings  at  Turiti.  Londra  <8bt. 

I  maggiori  documenti  su  papiro  sono  un  registro  ravennate  di  circa  cento  fogli,  che 
comprende  l'investitura  di  varj  fondi,  appartenente  al  re  di  Baviera;  e  le  storie  di  Giu- 
seppe Ebreo  nella  biblioteca  Ambrosiana. 

Papiro  bollato  per  gli  atti  pubblici  appare  dall'obbligo  cbe  Giustiniano  fa  agli  scrit- 
tori di  usarlo  :  Tabelliones  non  scribant  imtrumenta  in  aliis  chartis,  qunm  his  qua; pro- 
tocolla habent;  ut  tamen  protocoììum  tale,  sit,  quod  habeat  nomen  glonosissimi  comitis 
ìargitiormm,  et  iempus  quo  charta  facta  est  (Non.  44). 

Non  è  molto  si  trovarono  tre  frammenti  di  manoscritti  fenicj  su  papiro,  che  si  ser- 
bano ne'  musei  di  Torino,  della  Propaganda  e  del  Vaticano.  A  Pompej  non  se  ne  rin- 
vennero ancora,  e  ad  Ercolano  in  un  luogo  solo.  Al  giardino  che  descrivemmo  a  pa- 
gina 114,  era  annessa  una  cameretta  larga  appena  rpianto  due  persone  colle  Inaccia 
tese,  e  cinta  di  scaffali  alti  come  un  uomo,  e  nel  mezzo  una  tavola.  Quivi  nel  1756  si 
trovarono  dupmila  papiri,  ohe,  credendoli  affatto  carbonizzati,  gettavansi,  fino  a  tanto 
che  il  p.  Piaggi  trovò  il  difficilissimo  artifizio  di  svolgerli  e  leggerli. 

Prepara  egli  una  tavola  di  leirno.  snmiirlianle  al  pnnchino  di  un  legalibri,  appoggiato 
ad  un  piede  che  con  vite  s'alza  a  piacere  ;  e  sovr'esso  un'asse  lunga,  mobile,  dalle  cui 
sommità  sorgono  due  bastoncini  rotondi  avvitati  ,  per  sollevare  un  altro  assiciuolo  so- 
vrastante, discosto  d:ll'altro  un  palmo.  Di  mezzo  all'inferiore  sorgono  perpendicolari 
due  spranghete  d'acciajo  ,  finite  di  sopra  in  mezza  luna  versatile,  nel  cui  concavo  si 
pone  il  papiro.  Il  rotolo  è  sospeso  a  due  nastri,  i  quali ,  raccomandati  al  regolo  supe- 
riore, passano  per  aperture  praticate  nell'asse,  ad  ognuna  delle  quali  sono  due  bischeri 
onde  girar  delicatamente  il  rotolo  senza  toccarlo;  oltre  varj  altri  che  avvolgono  fili  di 
seta.  Sospeso  che  un  rotolo  sin,  se  non  se  n'è  trovata  l'estremità  esteriore,  si  comincia 
a  bagnare  quanto  un  cece  con  colla  di  pesce  purificata,  evi  si  appiccica  una  sottilissima 
pellicola,  grande  quanto  lo  spazio  bagnato  per  distaccarlo.  Cosi  a  poco  a  poco  si  va  ba- 
gnando e  foderando  il  papiro,  per  la  larghezza  di  un  dito,  tutl'attraverso  del  rotolo, 
poi  con  la  stessa  colla  vi  si  attaccano  fili  di  seta,  che  coi  bischeri  si  tirano  dolcemente 
l'un  dopo  l'altro.  La  striscia  foderata,  soccorsa  da  una  punta  d'ago,  distaccasi  e  resta 
sollevala  per  mezzo  di  questi  fili  :  e  quando  se  n'è.  staccato  tanto,  che  divenga  neces- 
sario un  pili  valido  sostegno,  si  fa  passare  per  una  delle  aperture  del  regolo  superiore, 
e  via  via  che  il  lavoro  avanza,  si  gira  intorno  ad  un  cilindro.  Svolto  del  tutto,  si  toglie 
da  questo  il  papiro,  e  si  distende  a  copia.  In  quattro  o  cinque  ore  di  lavoro  non  si 
viene  a  capo  di  più  di  un  dito  di  larghezza,  e,  per  farne  un  palmo,  basta  a  fatica  un 
mese. 

Le  difficoltà  stanno  e  nella  natura  della  carta  e  nelle  vicende  sofferte.  In  molti 
luoghi,  superandole,  essa  somiglia  ad  un  cencio  liso,  colpa  dell'umidità  che  vi  penetrò, 
e  col  tempo  non  solo  carbonizzò  i  fogli,  ma  gl'infracidì  o  corrose.  Almeno  il  danno  si 
potesse  conoscere  dapprima,  che  si  risparmierebbe  la  fatica.  I  fogli  sono  talmente  sot- 
tili, che  quando  in  uno  sia  un  foro  rimane  turato  dal  successivo;  onde,  se  si  stacca  dal 
foglio  di  sotto  il  pezzo  collato ,  nel  foplio  inferiore  si  forma  una  lacuna.  Non  meno  pe- 
ricoloso è  il  lavoro  alle  commessure  dei  pezzi  di  papiro,  incollati  un  sull'altro;  poiché 
quando  la  commessura  vien  separala  medinnte  la  colla,  può  facilmente  accadere  che 
questa  filtri  di  mezzo  alle  commessure  fino  al  foglio  seguente,  e  ne  attacchi  un  pezzo 
al  foglio  superiore  su  cui  si  lavora  .  e  lo  disgiunga  dal  foglio  cui  appartiene.  Vedete  se 
sia  possibile  far  presto  ! 

Malagevole  è  pure  il  fissare  una  linea  lungo  il  carbonizzato  papiro,  donde,  fatta  una 
incisione,  cominciare  lo  svolgimento.  Questo  si  fa  tenendo  conto  delle  parti  più  o  meno 
consistenti;  che  se  per  mala  sorte  quel  taglio  danneggiasse  la  scrittura,  s'incolla  di 
nuovo  in  guisa  che  combaci  o  lasci  almeno  rilevare  i  tratti  alfabetici.  Spesso  ancora  o 
qualche  pezzetto  è  così  fragile  da  svanire  all'istante  ;  o  v'è  piccolissima  lacuna,  ove  oc- 
corre somma  destrezza  nell'incollar  le  pellicole  per  modo  che  non  si  appiglino  al  foglio 
sottoposto. 

Ca.ntO,  Documenti,  —  Tomo  I,  Archeologia  e  Mie  Arti,  19 


290  ARCIIEOLOGU    E  BlìLLE    ARTI 

Diversi  miglioramenti  fece  tentar  Napoleone  da  Davy  e  dall'orientalista  Sikler;  ma  usci- 
rono male,  e  si  tornò  sul  metodo  antico  ;  al  quale,  e  a  certi  sufTumigi  introdotti  dal  Sa- 
pira,  Siam  debitori  di  scoperte  letterarie  ed  archeologiche  :  che  se  non  furono  sinora 
d'opere  capitali  intorno  al  sapere  od  allo  incivilimento  antico  ,  ingiusto  sarebbe  il  di- 
sperare. Altrettanto  non  avvenne  finquà  attorno  all'etrusco  ed  alle  vetuste  lingue  ita- 
liche ?  non  siamo  tuttavia  al  bujo  dei  geroglifici  egizj,  malgrado  i  tre  o  quattro  sistemi 
di  spiegazione  proposti  ? 

§  197.  — Pergamena. 

Vuoisi  che  a  Pergamo  nella  Misia  si  cominciasse,  regnante  Eumene ,  a  scrivere  su 
pelli  d'animali;  o  piìi  probabilmente  vi  fu  perfezionata  questa  carta,  che  da  ciò  chia- 
mossi  pergamena.  Difatti  Erodoto  (nel  libro  vj  già  dice  che,  per  iscarsezza  di  papiro,  gli 
Jonj  adopravano  pelli.  La  sua  solidità  feceche  affrontasse  meglio  il  tempo,  sicché  molti 
antichi  codici  ci  restano  su  tali  membrane.  Alcuno  vantasi  antico  (in  al  secolo  iii,  ma 
non  è  ben  certo;  e  i  più  sicuri  sono  il  Terenzio  e  il  Virgilio  della  Vaticana,  e  quel  di 
Firenze  del  49-4,  il  Lattanzio  à'\  Torino,  l'Omero  dell'Ambrosiana.  Neppur  carte  si  hanno 
anteriori  al  vi  secolo. 

Al  pregio  delle  cose  contenute  si  aggiunge  quello  de' disegni  di  cui  spesso  furono 
fregiati,  e  che  per  lungo  intervallo  sono  gli  unici  monumenti  di  pittura  e  di  disegno. 
Altre  volte  tutta  la  pergamena  tingeasi  in  porpora,  e  vi  si  scrivea  coll'oro  o  l'argento  : 
tal  è  un  antifonario  di  Gregorio  Magno  nella  basilica  di  Monza,  e  alcuni  diplomi  impe- 
riali. 

11  Codice  Sinaitico  àeWa  Bibbia,  che  si  suppone  del  IV  secolo,  fu  trovato  ultimamente 
da  Tischendorf  nel  convento  di  Santa  Caterina  sul  monte  Sinai,  e  stampato  a  Pietro- 
burgo 1862  in  4  voi.  in-foglio,  a  spese  dell'imperatore  di  Russia. 

§  198.  —Carta. 

I  Cinesi  fanno  merito  al  primo  imperatore  degli  Han,  202  anni  av.  C,  d'aver  trovato 
di  fare  carta  con  bambù,  paglia,  bozzoli,  corteccia  di  gelso,  ed  anche  con  cenci  tritu- 
rati. Quella  loro  bellissima  che  diciamo  di  seta ,  viene  dalla  seconda  corteccia  del 
bambìi;  e  mentre  noi  non  l'abbiamo  ancor  potuta  emulare,  essi  la  possedeano  mill'anni 
fa,  e  davano  alla  carta  pei  decreti  imperiali  quel  rosso  vivo,  a  cui  petto  la  cocciniglia 
è  offuscata.  Le  scarse  comunicazioni  fecero  che  il  prezioso  trovato  non  si  diffondesse; 
pure  penetrò  ne'  paesi  dipendenti  dall'impero  cinese,  e  principalmente  fra  i  Tartari, 
nelle  cui  cartiere  a  Samarcanda  fabbricavasi  con  cotone  crudo,  mal  pesto,  non  cono- 
scendosi le  pile  a  acqua,  sicché  i  fogli  riuscivano  grossi.  Di  tali  manifatture  acquista- 
rono contezza  gli  Arabi  nelle  loro  spedizioni  in  Bucarla,  e  le  trapiantarono  a  Septa  e 
Ceuta,  donde  in  Ispagna,  insieme  colla  coltura  del  cotone.  Gli  Spagnuoii  cristiani  v'adat- 
tarono i  mulini  a  acqua,  adoprarono  a  preferenza  i  cenci  e  inventarono  la  treccinola 
che  lasciasse  più  pronto  scolo  all'umido  della  poltiglia.  Le  fabbriche  di  Sativa,  Valenza, 
Toledo  providero  la  prima  carta  all'Europa,  col  nome  di  pergamino  de  pano. 

Quando  al  cotone  siensi  sostituiti  il  lino  e  la  canapa,  è  disputato.  L'arabo  Casiri,  er- 
gendo il  catalogo  della  biblioteca  dell'Escuriale,  avverte  che  de' manoscritti  i  più  sono 
in  carta  di  cenci,  che  egli  chiama  chartaceos,  a  differenza  dei  membranacei  e  de'bom- 
bicini.  Ora  al  N"  787  egli  cita  gli  Aforismi  d'Ippocrate,  Codex  anno  Chr.  TlOOc/iar^a- 
ceus,  e  non  ne  fa  caso  benché  sia  il  primo  esenqiio;  onde  sombra  potersi  indurre  che 
già  avanti  il  xu  secolo  s'usasse  carta  di  lino.  Pietro  di  Cluny,  in  un  trattato  contro  gli 
Ebrei,  parla  di  libri  ex  pellibus  arietum,  hircorum  vel  viluhrum,  sive  ex  biblis  vel  juti- 
cis  orientalium  paludum,  aut  ex  rasiiris  veterum  pannorum ,  seu  ex  alia  qualibet 
forte  viliori  materia  compactos.  Il  manoscritto  di  più  antica  data  certa  che  sia  alla  P>iblio- 
teca  imperiale  di  Parigi  in  carta  di  cotone,  è  del  1050,  del  1508  in  carta  di  lino,  benché 
altri  suppongansi  anteriori. 

Se  fosse  vero  quel  che  dice  Tiraboschi,  che  la  carta  di  cotone  non  si  discerna  da 
quella  di  lino,  vorrebbe  significare  che  facevasi  a  perfeziono,  e  poco  monterebbe  il 
disputarne.  Ad  ogni  modo  erra  il  cronista  Cortusio  tardando  al  1340  l'invenzione  delia 


STnOMCNTI    A    SCRIVEUE  2dì 

carta  di  lino,  che  chiamossi  papiro  per  differenziarla  dalla  bombogina;  e  Pace  da  Fa- 
briano, cui  egli  ne  ascrive  il  merito,  forse  non  fece  che  trapiantare  nel  Trevisano  questa 
manifattura,  già  fiorente  a  Fabriano  nella  Marca  d  Ancona.  Senza  fondamento  pure  al- 
tri asserì,  avere  la  Repubblica  (ìorentina  invitato  con  larghissimi  privilegi  quei  di  Fa- 
briano a  stabilir  cartiere  a  Colle  di  Val  d'FIsa,  ove  in  una  carta  del  0  marzo  1577  trovasi 
allogata  per  venti  anni  una  caduta  d'acqua  a  favore  di  Michele  di  Colo  da  Colle,  con 
gora,  casaline,  et  giialrhenam  ad  facientìas  charlas,  la  quale  già  prima  era  affidata 
a  Bartolomeo  dì  Angelo  della  Villa. 


§  199. 


Stromenti  a  fcrivere. 


II  calamo  con  cui  scrivevano  gli  antichi,  era  una  cannuccia  di  giunco  marino,  che 
si  temperava  al  modo  nostro  (fif^sipedis  calatni,  Ausomo),  aguzzavasi  o  col  temperino 
0  colla  pomice,  e  s'intingeva  in  un  liquido  colorato.  Nelle  Indie  scrivesi  ancora  coij 
cannuccie  di  bambù,  e  dai  Persiani  e  Turchi  con  cannuccie  raccolte  in  riva  al  golfo 
Persico,  e  che  restando  sei  mesi  sotto  il  concio,  acquistano  un  color  nero  lucente 
{Chardin,  Voyagc  en  Perete,  i\.  p.  108;. 

Dello  scrivere  con  penne  il  primo  cenno  casca  nell'anonimo  di  Valesio,  ove  racconta 
come  il  re  Teodorico  ostrogoto  per  firmare  facesse  scorrere  la  penna  entro  le  quattro 
letlere  iniziali  del  suo  nome  intagliate  in  una  lamina  d'oro.  Isidoro  nel  vii  secolo  dice: 
Calamus,  arboris  es^t  ;  penna  avi!>,  cuius  acumen  dividiiur  in  duo  (Origin.  vi.  14), 

Sulle  tavole  cerate  adopravasi  uno  stilo  metal- 
lico, da  una  parte  acuto  per  segnare  i  caratteri, 
dall'altra  ottuso  per  rispianare  la  cera  e  così  can- 
cellarli ;  onde  Orazio  raccomanda  sa'pe  stylum 
vertas.  In  questa  figura,  tolta  da  una  pittura  d'Er- 
colano,  sono  rappresentati  lo  siilo  e  il  libro. 

Gli  stili  a  scrivere  piìi  volte  divennero  arma, 
come  nell'uccisione  di  Cajo  Gracco,  in  quella  di 
Cesare,  e  nel  martirio  di  san  Cassiano  (inde  alti 
stiììiulos  et  acumina  ferrea  vibrant,  Qua  parte 
aratis  cera  sulcis  scribitur.  Prudenzio). 

Servivansi  i  calligrafi  anche  della  regola,  o  norma,  o  canone;  de\  puncioriumo  fusu- 
bula  \  e  del  compasso  per  distribuire  regolarmente  le  linee. 

I  calamaj  erano  ottangolari  o  rotondi,  di  bronzo  o  d'argento,  e  talvolta  ornati. 

Dioscoride  e  Plinio  insegnano  la  composizione  dell'inchiostro,  molto  differente  da^ 
nostro.  Il  nero  cercavasi  molto  glutinoso;  talvolta  usavasi  rosso,  massime  per  le  iniziali, 
e  per  le  soscrizioni  degli  imperatori  d'Oriente;  e  chrgsographi  erano  chiamati  gli  scribi 
imperiali  perchè  scrivevano  d'oro  su  porpora.  Il  tempo  scolorì  in  gran  parte  le  antiche 
scritture,  onde  chi  debba  leggerle  le  ravviva  per  mezzo  di  tintura  di  noce  di  galla,  e 
d'altri  preparati  che  i  chimici  insegnano. 

Colla  pomice  rendeasi  liscia  la  pergamena,  e  anche  per  abraderne  il  carattere  vecchio 
onde  sovrappnrne  un  nuovo:  il  papiro  si  lisciava  con  un  dente:  cancellavasi  la  scrit- 
tura recente  colla  spugna  :  per  conservare  il  carattere  si  ungeva  la  carta  con  olio  di  ce- 
dro {Sperainus  carmina  fingi  posse  linenda  cedro.  Orazio). 

L'occorrente  allo  scrivere  è  divisato  da  Persio  nella  Satira  ni.  10: 

«  Jam  liber  et  bicolor  positis  membrana  capillis, 
Inque  manus  cbarl«,  nodosaque  venit  arundo, 
Tum  qu?pritur  crassus  calamo  quod  pcndeat  humor, 
Nigra  quod  infusa  vanescat  sepia  lynipha, 
Dilutus  quaeritur  geminet  quod  fislula  guttas  ». 


292 


AnCHEOLOGlA    E   DELLE    Anxi 


§  200.    —  Libri  pugillari. 

Distinguiamo  i  libri  pugillari,  i  rotoli,  e  i  volumi. 

I  pugillari,  0  codicilli  erano  libretti  con  due  sole  pagine  o  poco  più  (rìiluov,  Si^ijpov, 
Slnxupov).  Le  pagine  erano  d'avorio  o  di  corno  o  di  cedro  (vedi  §  102),  o  della  filira 
del  tiglio,  0  di  pergamena  ingessata,  e  più  solitamente  tavolette  cerate.  Vi  si  scrivevano 
memorie  istantanee,  o  lettere:  servivano  anche  per  insegnar  a  leggere  ai  fanciulli,  o 
perchè  vi  facessero  le  loro  composizioni:  e  Quintiliano  li  raccomanda  per  la  facilità  del 
cancellare:  Scribi  optime  in  ceris,  in  quihus  facillima  est  ratio  deìendi  (\.  3).  Se  ne 
giovavano  pure  i  notaj  per  scrivere  rapidamente. 

Due  antiche  tavolette  cerate  furono  rinvenute  ultimamente  in  perfetto  stato  di  con- 
servazione, in  miniere  d'oro  presso  il  villaggio  di  Abrudbanyà  in  Trausilvania  (Mass- 
i^ANN,  Libellm  aurarius,  sire  Tahuìce  cerata;  et  antiquissimoe  et  unicoe  romance  in  fodina  ■ 
auraria  apud  Ahrudbanyam  oppidulum  tramilvanum  nuper  repertce.  Lipsia  18 il).  Esse 
sono  tritiche;  una  di  aliete,  le  altre  di  faggio,  circa  del  sesto  di  un  nostro  in-8°.  L'in- 
terno delle  due  prime  è  coperto  di  cera  color  rosso;  la  media  è  cerata  sul  drillo  e  sul 
rovescio  formando  cosi  quattro  facciate.  È  scritta  in  latino,  e  da  destra  a  sinistra,  e 
porta  la  data  consolare  del  169  av.  C. 

Un  altro  contratto  di  vendita  d'una  schiava,  scritto  su  quattro  tavolette  cerate,  di  cui 
la  quarta  è  pi  rduta,  fu  trovato  aneora  in  Trausilvania,  ed  è  illustrato  nei  Sitzun  beri- 
chte  der  K.  Akadeinie  der  Wissenschaftm  di  Vienna,  maggio  18ii7. 

§   201 .  —  Rotoli    e  codici. 

1  papiri  scritti  si  rotolavano  attorno  ad  un'asticciuola  (umhilico,  atralisco),  ond'eb- 
bero  nome  di  volumen;  e  per  lo  più  ognuno  comprendeva  un  libro,  e  si  chiudeva  in 

cima  con  un  bottone.  Le  estremità  dell'asticciuola  spor- 
gevano (cornila)^  e  vi  si  attaccava  un  pezzetto  di  papiro 
col  syllabus^  cioè  il  titolo  dell'opera.  Si  conservavano 
in  scatole  (capace,  scrinia),  di  cui  vedonsi  varie  statue  e 
pitture,  ed  una  qui  allato  : 

I  rotoli  scrivonsi  s'una  facria  sola,  come  tutti  quelli 
d'Ercolano.  Scriveasi  anche  in  tergo  soltanto  qualche 
atto  pubblico,  ove  i  testimouj  firmavano  dentro  e  fuori 
(supcrKcriptio).  Dicono  Giulio  Cosare  fosse  il  primo  a 
scrivere  il  foglio  da  ambe  le  parti  ne'suoi  dispacci  al 
senato.  In  tal  caso  si  chiamano  opistografi,  e  per  lo  più 
non  si  fa  che  colle  pergamene,  ove  l'inchiostro  non  può  passare. 

Alcuni  papiri  sono  scrilti  pel  largo,  non  pel  lungo  {travwerfia  charta)  ;  modo  usi- 
tato  nelle  epistole  consolari  al  senato,  che  poi  Cesare  fece  di  più  pagine.  Così  aveansi 
linee  fin  di  dodici  e  più  palmi  modo  per  certo  discomodo;  ma  altre  volle  si  divideano 
io  più  colonne  (paginoe).  In  mano  od  a'  piedi  delle  figure  consolari  trovansi  comune- 
mente i  rotoli;  il  che  indica  che  a  tal  guisa  si  stendevano  gli  atti  pubblici. 

Di  libri  alla  foggia  nostra  non  mancano  monumenti.  Cicerone  narra  nelle  Verrine, 
che  ad  Imera  v'avea  la  statua  di  Stesicoro  con  un  libro.  Poc'anzi  il  principe  di  Torre- 
muzza  pubblicò  una  medaglia  di  bronzo  dei  Termitani  d'imera,  su  cui  sta  un  filosofo, 
probabilmente  Stesicoro,  in  atto  di  leggere  un  libro  pesante:  dunque  i  Greci  cono- 
sceano  la  forma  dei  nostri  libri. 

Nei  libri  quadrati  talora  si  scrivea  su  ambe  le  faccie,  ma  non  faceasi  che  |)er  opere 
lunghe  e  meno  eleganti.  Codici  chiamavansi  i  più  grandi,  e  più  semplicemente  (piolli 
che  contenevano  atti  pubblici,  leggi,  costituzioni.  Questi  talvolta  erano  scritti  anche 
su  rotoli  di  tela,  probabilmente  coperta  di  ges.so;  il  che  costituiva  i  libri  lintei. 

Nella  Notizia  delle  dignità  dell'Impero  si  accennano  libri  quadrali,  legati  e  coperti 
di  pelle  verde,  rossa,  turchina  e  gialla,  spesso  ornali  di  verghetle  d'oro  orizzontali,  o 
disposte  a  rombo,  e  aventi  sopra  uno  dei  cartoni  il  ritratto  dell'imperatore,  Anche  san 
Girolamo  si  lagnava  che  si  rivestissero  di  pietre  preziose  i  libri,  mentre  Cristo  moriva 
di  fame  alla  porta  delle  chiese. 


LlèflJ-^-ftO'fotl—  VALotì  ÒÈLLA  (lAfifA  ^iì'ii 


g  202.  —  Valore  della  carta. 

È  probahile  clic  i  Fenicj  asportassero  dall'E^'iUo  molta  carta  pel  commercio  e  per  le 
scritturazioni,  principalmente  di*(Hiolla  d'involto  che  Plinio  chiama  emporetica.  Platone 
fece  comprare  tre  trattati  del  pitagorico  Filohio  a  100  mine,  cioè  lire  900U  (LiiofiENE 
Laeiizio,  in  Filolao,  viii.  8aJ  ;  e  Aristotele  per  pochi  libri  di  Speusippo  pagò  3  talenti, 
cioè  più  di  lire  10,000  (Ivi,  iv.  5). 

Nel  183(5  si  scopersero  in  Atene  frammenti  d'un'iscrizione  che  è  l'inventario  delle 
spese  sostenute  dagli  Ateniesi  il  i07  av.  C.  per  costruire  il  tempio  d'Eretteo,  uno  dei 
capolavori  dell'Acropoli  ;  e  furono  stampati  da  Rangahò  il  ISiS  nelle  Antichità  dlaniche^ 
voi.  1,  K"  56-59.  Un  di  questi  frammenti  ricorda,  sotto  la  viii  pritania,  due  tavole,  sulle 
quali  noi  stendiamo  i  conli;  e  sotto  la  ix  due  fogli  di  caria  sui  quali  scriviamo  le  copie, 
e  quattro  tavole:  queste  son  valutate  una  dramma  ciascuna;  quelli  una  dramma  e  due 

oboli.   SavjVj'i;  Suo  ì;  à;   tòv  /ó'/ov  kvot.-^ f/iyo/J.i-j    3pu.y_ixr,',  snoi.ripu.v  j---| — ...   XdpTOLi  ioì/rì- 
&ri(Ta>  rj{/o  ii  a  TX  0(.jzi.-/px(fx.  ijB'/pó.d/ufMv  | — j — .  1111  su-i/iSe;  xÌT(!c/.p€.^   — | — I — [ — 

Sembra  che  sulla  tavola  si  redigessero  dapprima  i  conti,  poi  si  copiassero  in  carta, 
probabilmente  di  papiro  :  e  il  nome  di  x^9^'^'^  appar  qui  la  prima  volta,  e  sempre  fu  con- 
servato alla  sola  carta  di  papiro,  a  differenza,  di  uff  3epat,  èippug,  !Te/3ya(/-/;vov, /Sipi^pavri, 
che  significavano  la  membranacea. 

Da  questo  documento,  tanto  prezioso  anche  per  gli  altri  valori,  compare  che  una  ta- 
vola di  legno  per  iscrivervi  costava  50  cent,  di  franco,  e  un  foglio  di  carta  lire.  1.  20. 
Secondo  i  calcoli  di  Bòckh  (Economia  politica  degli  Ateniesi,  lib.  i,  e.  20),  una  fami- 
glia di  quattro  persone  adulte  potea  viveVe  in  Atene,  al  tempo  di  Socrate,  con  500  lire 
l'anno;  il  che  significa  che  il  ragguaglio  fra  il  denaro  e  le  cose  venali  era  almeno 
quadruplo  dell'odierno.  Calcoleremo  dunque  che  una  tavola  da  scrivere  varrebbe  oggi 
lire  5.  00;  e  un  foglio  di  carta,  lire  4.  80. 

1  manoscritti  d'Ercolano  greci  hanno  da  6  a  9  pollici  d'altezza;  i  latini  da  9  a  12,  il 
che  concorda  con  Plinio;  i  fogli  più  grandi,  introdotti  sotto  Claudio,  sarebbero  come  la 
carta  che  oggi  dicesi  corona,  e  di  cui  una  risma,  cioè  cinquecento  fogli,  costa  circa  lire  5: 
sicché  un  foglio  costava,  al  tempo  di  l'ericle,  poco  meno  d'una  risma  d'oggi. 

Sotto  liberio  essendo  divenuta  scarsa  la  carta,  talmente  ne  restarono  turbate  le  abitu- 
dini, che  si  elesse  una  commissione  di  senatori  per  ripararvi  (Plimo,  Uist.  nat.  xiii,  27). 

Abbiamo  prove  che  la  carta  diminuì  di  |)rezzo  in  Koma;  e  Marziale,  notando  il  valore  che 
attribuiva  a  ciascuno  de'  suoi  libri,  ci  dà  modo  di  congetturare  che  la  carta  non  valesse 
troppo,  e  pochissimo  la  scritturazione,  giacché  egli  dice  che  il  suo  u  libro,  il  quale 
consta  di  oltre  cinquecento  versi,  poteasi  copiar  in  un'ora.  Non  accettando  questa  esa- 
gerazione, e  dandovi  quattro  ore,  cinque  copisti  che  sotto  dettatura  trascrivessero  quel 
11  libro,  lavorando  otto  ore  per  giorno,  farebbero  dieci  esemplari  al  giorno,  cioè  tre- 
cento al  mese. 

Costantino  Magno  fece  alla  basilica  dei  Santi  Pietro  e  Paolo  donativi,  la  cui  enumera- 
zione è  uno  dei  più  curiosi  documenti  serbatici  da  Anastasio  Bibliotecario  [Vitce  ponti- 
fìcum.,  Parigi  1649,  pag.  15-10).  Fra  tali  doni  v'è  molta  carta  di  papiro,  e  nessuna  di 
pergamena;  ed  è  notata  per  quinterni  (scapus),  e  per  risme  (racana). 

g  203.  —  Commercio  librario  a  Roma. 

Commercio  regolare  di  libri  non  pare  si  facesse  a  Roma  prima  d'Augusto.  Allora 
v'ebbe  molti  libraj  nella  Via  Sacra  e  nell'Argileto,  che  teneano  sotto  di  sé  molti  schiavi, 
intenti  a  copiare.  Più  l'opera  era  cercata,  più  doveano  sollecitarli,  e  perciò  acconten- 
tarsi d'esemplari  meno  corretti,  tanto  piiì  quando  un  solo  dettava  a  molti  amanuensi. 
Chi  aspirasse  a  copie  esatte,  pregava  l'autore  di  rivederle. 

I  portici  del  Foro  e  le  colonne  di  Sigillarla  erano  coperti  d'annunzj  di  libri. 

II  piccol  prezzo  di  essi  attesta  (juanto  poco  fosse  valutato  il  lavoro  di  mano.  I  cento- 
diciannove  epigrammi  di  Marziale  costavano  5  danari  (11.  2.  50);  volumetti  d'Orazio, 
d'Ovidio,  di  Properzio,  di  Catullo  si  aveano  per  4,  G,  10,  20,  sesterzj.  Ben  inteso  che 


294  ARCHEOLOGIA    E    BELLE    ARTI 

non  fossero  su  pergamena  sopraffina,  né  dorati  o  in  astucci  di  porpora,  né  con  lusso 
calligrafico. 

Al  librajo  davasi  più  del  bO  per  cento  di  ribasso.  All'autore  nulla,  non  conoscendosi 
la  proprietà  letteraria;  se  non  forse  si  regalasse  per  essere  i  primi  a  pubblicarne  un  la- 
voro, come  i  fratelli  Sosia  che  erano  primi  editori  d'Orazio.  Gli  autori  erano  protetti  e 
talor  mantenuti  dall'imperatore  o  da  qualche  fauiiglia,  ma  da' liliraj  doveano  ritrarre 
ben  poco.  Plinio  in  una  lettera  accenna  di  ottantamila  lire  otrertegli  per  un'opera  sola: 
pare  come  incoraggiamento. 

Le  opere  che  non  trovassero  spaccio,  mandavausi  in  giro  per  le  provincie;  vende- 
vansi  per  servir  ai  fanciulli  ad  imparare  a  leggere  e  per  esemplari  di  scrivere;  e  alla 
peggio  ai  pescivendoli  ed  unguentar]. 

§   204.  —  PalJmsesti. 

Da  Ti'i.n-j  e  '!'£''.),  di  nuovo  radere,  si  fece  la  voce  palimseslo  per  indicare  le  carte 
donde  sia  stala  rasa  la  primitiva  scrittura  onde  sovrapporne  un'altra. 

Si  suole  dar  colpa  ai  frati  del  medioevo  d'avere  in  tal  modo  distrutto  opere  impor- 
tanti per  sostituirvi  preghiere  o  trattati  teologici.  A  tacere  ch'essi  v'aveano  diritto, 
quanto  noi  oggi  di  fare  l'opposto,  e  che  talvolta  si  radeva  un  libro  ecclesiastico  per 
surrogarne  un  classico,  come  è  il  codice  palimsesto  del  Valicano  N°  3281,  dove  i 
profeti  minori  furono  cancellati  persoprapporvi  l'Achilleide  di  Stazio  ;  l'uso  di  cancellare 
la  scrittura  i)er  mettervene  un'altra  è  antichissimo  ,  e  palimsesti  si  hanno  in  tutte  le 
lingue,  e  nominatamente  ne'  papiri  egizj  del  museo  di  Torino  e  della  Biblioteca  impe- 
riale di  Parigi.  Cicerone  si  querela  con  un  amico  che  avesse  cancellato  una  sua  lettera 
per  scrivergli  la  risposta:  Cuoci  in  palimsesto,  laudo  cquidem  parcimoniam  ;  sed  ìnirur 
quid  iìì  illa  chartala  fuerit,  quod  delerc  maluéris  (juain  exscribere,  nisi  forte  tuas  formu- 
las;  noti  enimputo  te  meas  epistolas  delere,  ut  deponastuas.  An  hoc  signincas  nil  fieri  ?  fri- 
gprete?ne  chartam  quidein  tihi  suppeditare?  (  ad  Famil.  vii.  18). 

11  primo  palimsesto  che  si  riconoscesse,  fu  nella  biblioteca  del  re  di  Francia  al  1692  ; 
ed  erano  le  opere  di  sant'Efrem,  scritte  sopra  un'antica. 

La  chimica  insegnò  a  levare  dai  codici  rescritti  i  caratteri  sovrapposti,  e  far  ricompa- 
rire i  primitivi,  con  una  decozione  di  noce  di  galla  in  vino  distillata,  o  con  idrosolfuro 
d'ammoniaca  o  di  potassa. 

Ma  scomponendo  i  fogli  del  manoscritto  antico  per  prepararli  a  un  nuovo,  talvolta  si 
erano  allontanati  due  brani  contigui;  talvolta  un  fogliosi  adoperò  ad  un  lavoro,  e  il  se- 
guente ad  un  tutt'altro:  poi  si  tagliarono  in  due  o  più  pezzi,  o  si  tosarono  per  adattarli 
a!  sesto  che  voleasi  dare  al  libro.  Dopo  dunque  che  l'esercitato  occhio  con  buona  lente 
rilevò  l'antico  sotto  al  nuovo  carattere,  comincia  la  fatica  del  riordinare  il  lavoro,  rav- 
vicinar le  parti  scostate,  supplire  alle  lacune,  far  che  le  sparse  ossa  rivivano.  Son  que- 
sti i  lavori,  ai  quali  andiamo  obbligati  delle  recenti  scoperte  di  molti  classici.  E  tripu- 
diammo anche  noi  alla  festa  del  bibliotecario  Maj,  allorché  di  sotto  i  versi  di  Sedulio  gli 
apparve  Cicerone:  0  Deus  immortalisi  repente  clamorem  su^tuli,  Quid  demum  video? 
Eh  Ciceronem ,  en  lumen  romance  facundice,  indiynissimis  tenubris  circumscriptum  ! 
Agnosco  deperditas  Tullii  orationes  !  sentio  ejus  eloquenliam  exhis  latebris  divina quadam 
vi  (luere,  abundantem  sonantibus  verbis  uberibusque  sententiis. 

205.  —  Caratteri. 

Il  carattere  pili  usitato  era  il  majuscolo  od  unciale  ma  l'analogia  porta  a  credere 
avessero  anche  un  corsivo  per  iscrivere  più  spedito  le  orazioni,  i  processi  verbali  e  si- 
mili. Nelle  iscrizioni  e  monete  il  Buonarroti  eilFontanini  raccolsero  lettere  minuscole: 
minuscoli  sono  i  caratteri  della  Tavola  l'eutingeriana,  che  sembra  del  in  secolo;  ma 
quella  che  possediamo  è  copia.  Nell'Ambrosiana  conservasi  un  pezzo  di  pergamena, 
scavato  dalia  chiesa  di  Calliano,  ove  stava  sotto  la  mensa,  probabilmente  sin  dalla  fon- 
dazione che  fu  nel  secolo  v,  e  che  involgeva  reliquie:  è  un  pezzo  d'una  >.a//ra  di  Gio- 
venale, tulio  in  corsivo,  se  non  che  la  n  tiene  del  majuscolelto.  Sol  dopo  la  calata  de' 


rALIMSlCSTI  —  CAUATTrCI'.I  295 

Barbari  s'introdusse  la  scrittura  minuscoki,  la  (juale  variò  secondo  le  nazioni,  onde  di- 
stinguono la  longobarda,  la  gotica,  la  franca,  l'anglo-sassone. 

Il  più  antico  manoscritto  ebraico  |)are  il  Pentateuco  dei  Domenicani  di  Bologna,  su 
pelle,  che  gli  Ebrei,  circa  il  1508,  donarono  come  cosa  già  vecchia  ad-Aimerico  gene- 
rale di  quell'Ordine.  Ma  dei  manoscritti  ebraici  si  ha  gran  difficoltà  a  giudicare  il 
tempo. 

Manoscritti  greci  su  papiro  dell'età  de'  Tolomei  in  piccole  lettere  capitali  quadrate 
si  trovarono  non  è  molto  in  Egitto;  qualche  frammento  d'Omero,  di  due  secoli  anteriori 
a  Cristo;  una  copia  del  Nuovo  Testamento  probabilmente  del  iv  secolo,  si  trovò  in  un 
monastero  del  Monte  Atos,  del  qual  tempo  è  un  Pentateuco,  conservato  nella  biblioteca 
imperiale  di  Parigi. 

In  questi  manoscritti  più  antichi  il  carattere  è  quadrato;  le  parole  e  i  periodi  non  se- 
parali ;  non  accenti,  né  spiriti,  né  interpunzione. 

Non  pajono  anteriori  al  v  secolo  i  più  antichi  manoscritti  greci  ;  e  sono  i  ventisei 
fogli  del  Genesi,  e  il  Dioscoride  della  biblioteca  di  Vienna;  la  Bibl)ia  del  Vaticano  e 
quella  di  Londra,  in  lettere  unciali  come  nelle  iscrizioni  e  nelle  medaglie,  senza  sepa- 
razione di  periodi  e  di  parole,  né  spiriti  o  accenti  o  segni  d'interpunzione. 

Aggiungiamo  le  Epistole  di  s.  Paolo  in  greco  e  in  latino  del  vii  secolo,  nella  gran  bi- 
blioteca di  Parigi  ;  come  un  Gregorio  Nazianzeno,  l'evangeliario  dello  stesso  secolo  a 
Vienna;  e  un  altro  nella  Marciana  di  Venezia;  uno  nella  Laurenziana  di  Firenze, 
dove  pure  le  opere  di  Dionigi  Areopagita  del  ix  secolo. 

Nel  VII  secolo  s'introdussero  gli  accenti  e  spiriti  ;  ma  talvolta  furono  di  man  moderna 
apposti  a  manoscritti  vecchi.  Nell'viii  e  ix  le  lettere  si  fanno  più  strette  e  lunghe,  indi 
si  legarono  insieme  coi  nessi,  serbando  le  unciali  pei  frontispizj  e  i  titoli.  L'uso  dei 
nessi  crebbe  e  s'avviluppò  fin  all'invenzione  della  stampa. 

Degli  abusi  della  punteggiatura  già  parlammo.  Al  grammatico  Aristofane,  vissuto  due 
secoli  av.  C,  attribuiscono  l'invenzione  del  punteggiare  la  scrittura  corsiva;  mancan- 
doci però  i  testi,  non  possiamo  dire  se  fosse  seguito.  Sappiamo  solo  che,  al  tempo  di 
Quintiliano,  metteasi  spesso  l'apice  o  accento  sulle  vocali  lunghe. 

Talvolta  i  periodi  si  disiinsero  col  tornare  a  capo  a  ciascuno,  e  lo  praticarono  Cice- 
rone e  Demostene  ;  e  sul  loro  esempio  san  Girolamo  :  donde  venne  l'uso  di  slampare 
cosi  le  Bibbie. 

Altre  volte  con  punti  collocati  variamente  distinguevansi  il  respiro  [y.òixuu],  il  membro 
i(Xw/ov),  e  il  periodo.  Vuoisi  che  Alcuino  e  Paolo  Warnefrido,  imperante  Carlo  Magno, 
ntroducessero  la  regolare  interpunzione  odierna. 

Nel  Virgilio  mediceo  le  parole  non  sono  separate  una  dall'altra,  ma  un  punto  segna 
ogni  pausa;  così  nel  Virgilio  vaticano.  In  altri  codici  vecchissimi  non  v'è  distinzione 
di  sorta,  peres.  negli  Evangeli  di  sant'Eusebio  vescovo  di  Vercelli. 

11  manoscritto  latino  più  antico,  su  cui  possano  studiarsi  le  abitudini  ortografiche 
degli  amanuensi  romani,  è  un  brano  di  circa  sessanta  versi  d'un  poema  sulla  guerra 
d'Azio,  l'unico  latino  trovatosi  a  Ercolano;  conosciuto  nel  1802,  dicifrato  neH804,  e 
stampato  da  Ciampini  nella  pref.  al  tom.  ii  dei  Volumina  hermlanensia.  Kreyssig  vi 
fece  attorno  un  lavoro  diligentissimo  nel  '1814,  riprodotto  il  1835  nel  volume  edito  a 

Misna  col  titolo  Commentatio  de  C.  Sallustii  Crispi  historiarum  Uh.  iii  fragmentis 

atque  carminis  latini  de  bello  Actiaco  fragmenta.  Alcuni  frammenti  latini  su  papiro 
del  ili  secolo  in  lettere  gigantesche.  Un  rescritto  imperiale  su  papiro  del  in  secolo 
trovossi  in  Egitto  ;  è  di  quel  tempo  la  Bepubblica  di  Cicerone  scoperta  dal  Maj.  Del 
IV  secolo  il  Virgilio  figurato  della  Vaticana  e  il  Terenzio:  del  v  un  altro  Virgilio  pur 
con  immagini  rozze  ;  del  vi  un  Prudenzio;  i  sermoni  di  s.  Agostino  su  papiro  ;  il  codice 
Teodosiano,  il  Salterio  in  carattere  d'argento  nella  bihi.  di  Parigi;  e  a  Vienna  un  Tito 
Livio,  a  Bologna  un  Lattanzio,  a  Monaco  il  Breviario  di  Alarico:  del  vii  la  Bibbia  di 
Mont  Amiati  a  Firenze,  l'Evangeliario  a  Parigi.  Nel  J793  fu  stampato  a  Cambridge  il 
Cedex  Theodori  Bezoe  cantabrigensis,  Evangelia  et  Apostolorum  acta  complectens,  grceco- 
latinus,  che  è  la  riproduzione  al  possibile  esatta  d'un  codice  dei  Vangeli,  che  si  sup- 
pone del  VI  0  VII  secolo,  e  da  alcuni  più  antico,  il  quale  si  conserva  all'università  di 
Cambridge.  È  in  lettere  unciali  di  forma  quadrata,  senza  interpunzione  né  spiriti  o  ac- 
centi. 


Bianco,  Sàggio  detta  semtografia  de*  volumi  ertolanenti,  Napoli  -1842/ 

STnuvE,  De  crileriis  manuscriptorutn. 

Ebert,  Sur  la  connaissance  des  manuscrilt.  Lipsia  1825. 

MoLiM,  Explicatie  lilerarum  ac  nolarum  frequenlius  in  anliquis  romanorum  monumenlis  oecurren- 

iium.  Firenze  ^822. 
Dictionnaire  des  abrévialions  latines  et  frangaises  usitées  dans  les  inscripHons  lapidaires  et  métal- 

liques,  les  manuscrits  et  les  Charles  du  moyen-utje.  Paris  -1862,  2"  cdiz. 
Alpiionse  Coassant,   Paléngraphie  des  Charles  et  des  mss.  du  xi  au  xvii  siede.  Paris  1802 ,  v  edizione, 

cun  un'istruziouc  sui  sigilli. 

§  206.   —    Criptografìa. 

Non  possiamo  lasciare  la  diplomatica  degli  antichi  senza  discorrere  della  loro  cripto- 
grafia  e  delle  note. 

Per  iscrivere  gli  ordini  ai  generali  si  usava  a  Sparta  la  scitala,  fascia  che  avvolgevasi 
ad  un  hastone,  del  quale  avevano  il  somigliante  gli  efori  e  il  generale:  vi  si  scrivea 
sopra,  indisvolgeasi,  e  cosi  si  spediva;  uè  era  leggibile  se  non  da  chi  la  ravvolgessead 
un  randello  d'uguale  calibro.  Cesare  guerreggiando  nelle  Calile,  scriveva  con  lettere 
greche.  Altri  Ir., sportavano  di  quattro  o  di  due  le  lettere  alfabetiche,  talché  il  ed  equi- 
valessero ad  a  6,  e  cosi  via.  Tanto  gli  antichi  erano  lontani  dalla  ralFinatezza  che  in 
quest'arte  recarono  i  moderni. 

g   207.    —  Le  note. 

Scritture  in  cifra  furono  giudicati  alcuni  manoscritti  antichi,  che  polsi  verificò  essere 
in  note  e  abbreviature.  Fassi  di  queste  inventore  Tirone,  liberto  di  Marco  Tullio;  onde 
furono  dette  note  Uruniane,  e  ajutavauo  a  scrivere  colla  rapidità  della  parola. 

Tali  note  sono  una  confusione  di  lineette  curve,  connesse,  traversate  con  altre:  se 
non  che  cambiandosi  nel  greco  e  nel  latino  le  terminazioni  atenor  dei  generi,  dei  casi, 
dei  modi,  dei  tempi,  vengono  a  moltiplicarsi  i  segui  particolari  da  aggiungere  al  radi- 
cale senza  accostarsi  alla  semplicità  della  stenografia  moderna.  Giulio  11  avea  pro- 
])osto  un  premio  a  chi  riuscisse  a  dicifrarle;  ma  gli  autori  della  Scienza  diplcmutica 
lagnavansi  che  ancora  non  si  fosse  potuto  arrivarvi.  1  tentativi  fallirono  sinché  Ulrico 
Knopp  nel  1817  pubblicò  a  Mauheim  Tachigraphia  veterum  exposita  et  illustrata,  ove 
analizza  la  stenografia  antica,  coll'analisi  e  la  sintesi  delle  note,  e  un  dizionario  di  circa 
dodicimila  segni  disposti  per  alfabeto.  Nelle  A/e!mor«e  diduiti  stranieri  presentate  all'  Acca- 
demia di  Francia,  voi.  in  1854,  havvene  una  di  Jules  Tardif  sulle  note  tironiane,  cre- 
dendo ben  degna  di  studio  una  scrittura,  che  già  adopravasi  ai  tempi  di  Cicerone,  né 
ancora  era  caduta  d'uso  nel  ix  secolo,  llsistemane  consiste,  1"  uell'adoprar  un  alfabeto 
i  cui  caratteri  possono  ricevere  molte  modificazioni  che  ne  agevolino  i  legamenti  ed 
estendano  il  significato:  2"  nel  rappresentare  le  radicali  e  le  terminazioni  con  due  note 
distinte;  3"  nell'usar  tutte  le  guise  che  favoriscano  la  rapidità  della  scrittura. 

Altro  genere  d'abbreviazioni  sono  quelle  introdotte  da'  uolaj  nelle  carte  del  medio 
evo.  Lo  scioglimento  di  quei  nessi  è  grave  fatica  de'  diplomatici  :  e  già  nel  1737  barin- 
gio  pubblicò  ad  Annover  la  Lluvis  diplomatica  {"2  voi.  in-4",  con  18  facciate  a  tre  co- 
lonne di  abbreviazioni)  ;  GuUredo  di  Bessel  diede  quelle  dei  manoscritti  dell'xi  secolo; 
Anderson  (Tesoro  di  diplomi  e  viedaylie)  ne  raccolse  quaranta  facciate  in-folio,  riguar- 
danti carte  scozzesi  dopo  il  Mille.  La  collezione  più  copiosa  fu  latta  da  Walter  nel  Lexi- 
con diplomaticum,  che  comprende  ducentoventicin(iue  tavole  incise,  segnando  di  cia- 
scuna il  secolo  dall'viii  al  xvi. 

§  208,  —  Alfabeti  nuovi. 

Coll'invasione  dei  Barbari  si  alterò  assai  la  calligrafia  ;  ma  le  diverse  scritture  nazio- 
nali del  medioevo  derivano  dalla  latina,  e  ninna  dalla  greca,  diversificate  per  bizzarria, 
per  gusto,  per  accidente.  Gli  alfabeti  stessi  variarono  assai  di  forma,  e  il  conoscere  tali 
mutamenti  è  uno  degli  studj  più  rilevanti  della  diplomatica,  perchè  ajuta  a  determinare 
l'età  d'una  scrittura.  1  padri  Maurini  posero  insieme  più  di  Irccentomila  alfabeti,  dei 


ftOTE'^  ALl'AUETi—  LlNOtiA  0£l  DiRoUl  Id? 

(jtìall  trentamila  pubblicarono  distinguendoli  secondo  la  nazione  e  i  tempi.  U&  tale  va- 
rietà porta  confusione,  tanto  più  che  sposso  nasce  da  capriccio  o  da  maniera  personale: 
e  chiunque  ha  veduta  l'incertezza  de'  giudizj  calligrafici  anche  al  presente,  compren- 
derà che  la  determinazione  dell'età  d'un  manoscritto  che  non  ahhia  altri  argomenti  in- 
trinseci, non  potrà  arrivare  che  alla  prohahilità. 

Però  la  pratica  può  venire  in  sussidi(»;  ed  altre  avvertenze  particolari.  Così  il  pun- 
tino sull'i  non  si  trova  prima  del  xu  secolo  ;  né  cifre  arabiche  prima  deirxiii.  Per  age- 
volare  i  confronti  si  pubblicarono  i  fac-simile  delle  scritture  più  caratteristiche  di  cia- 
scun tempo;  nel  qual  genere  sono  insigni  le  tavole  di  Bernard  e  Morlon. 

III-.  Fby,  Pantografia. 

Paleografie  nniverselle  ,  coUeclion  de  facsimile  d'écrilures  de  tous  les  peuples  et  de  lous  les  tempi, 
tirés  des  plus  aulenliques  documents  de  l'art  gra/iliique,  Charles  et  manuscrits  existant  dans  let 
archives  et  les  bibìiolhèques  de  France,  d^ Italie,  d'Àllernagneetà'Angleterve,  puhliésd'après  lesmo- 
dètes  écrits,  dessinés  et  peints  sur  'es  lieux  mémes  par  M.   Silvestre,  etc.  DiJot  I8-Ì3,  4  voi.  io-fol. 

Fac-simile  des  Charles  et  diplomes  de  la  dynastie  mérovingienne,  par  M.  Letro>ne,  1844. 

§  209.  —    In   che   lingua  sono   scritti    ì  diplomi. 

Le  lingue  dei  monumenti  diplomatici  che  abbiamo,  sono  la  copta  per  gli  Egizj,  la 
greca  raramente,  e  la  romana  assai  diffusa  in  tutto  l'antico  impero,  e  ancor  più  col  cri- 
stianesimo. Nell'impero  Orientale  vi  fu  sostituita  la  greca  nel  vii  secolo.  Gl'Inglesi 
dapprincipio  usarono  la  lingua  anglo  sassone-,  poi  Guglielmo  il  Couistatore  pare  v'in- 
troducesse la  normanda  :  non  si^accerta  però  alcun  documento  primadel  I2S6,  sebbene 
credasi  esisterne  d'anteriori.  Presso  i  Teutoni  qualche  volta  s'ado[)rò  ia  tedesca  e  la 
franco-gallicn,  ma  più  comunemente  la  latina.  Il  primo  documento  certo  pare  uno  di 
Rodolfo  d'Habsburg  nel  1281,  non  citandosi  più  che  per  beffa  le  concessioni  di  Giulio 
Cesare  e  di  Nerone  a  favor  dell'Austria  in  tedesco.  Così  fu  nelle  Gallie,  sebbene  non 
manchino  documenti  in  romanzo  e  provenzale,  il  più  antico  è  la  carta  data  nel  1122  da 
Luigi  il  Grosso  alla  città  di  Beauvais,  ma  è  tradotto  :  e  forse  il  primo  è  del  1155:  usuali 
divennero  sotto  san  Luigi,  poi  Luigi  XU  comandò  si  scrivessero  tutti  gli  atti  in  france- 
se. In  Ispagna  sotto  il  dominio  moresco  si  adoprò  la  lingua  araba  ne'  diplorai ,  poi  nel 
xtii  secolo  incominciaronsi  a  stendere  nell'idioma  nazionale,  e  la  carta  più  antica  sale 
al  12i5,  In  Italia  predominò  la  latina;  pure  al  mezzodì  furono  usate  non  di  rado  l'araba 
e  la  greca  ;  dell'italiana  serbano  documenti  antichissimi  la  Sardegna,  la  Corsica  e  Ve- 
nezia. 

§  210.  —  Patenti,   o  diplomi  proprj. 

Diploma  significa  in  ispecial  modo  patente.  In  questo  senso  l'usavano  gli  antichi: 
Cicerone  mandò  ad  Attico  un  diploma,  col  (juale  potesse  uscire  liberamente  dall'Italia  ; 
Nerone  diede  diplomi  di  cittadinanza  romana  a  giovani  valenti  nella  mimica;  Plinio 
agevolò  con  diplomi  il  viaggio  d'un  ambasciatore.  Ecco  il  passaporto  più  antico  che  si 
conosca,  per  viaggiare  a  spese  pubbliche,  dato  da  Treveri  il  28  aprile  514  d.  C.  : 

Pelronius  Annianu^  et  Julianus  domino  Celso  vicario  Africce. 

Quoniam  Lucianum  Capitonem  Fidentio  et  Nasutium  episcopos  et  Memmarium  presby- 
ierum  qui,  secundum  ecclesie  prceceptum  domini  Conslantini  maximi  invidi  semper  au- 
gusti, ad  Gallias  cum  aliis  legis  ejwi  hominibus  venerant,  dignitas  ejus  ad  lares  proprio» 
venire  proccepit,  angarialem  his  cum  annonaria  competentia,  usque  ad  Arelatensem  por- 
tum,  secundum  imperatum  cpternitatis  ejusdem  clementissimi  principis  dedimus,  frater, 
qua  inde  Africam  navigent  quod  solertiam  tuam  liberis  nostris  scire  conveniat.  Opta- 
mus  te,  frater,  felicissiinum  bene  valere. 

Hilarius  princeps  oblulit,  iv  Jcalendas  majas.  Triberis. 

Altri  ne  abbiamo  nelle  Furmufce  di  Marculfo,  dove  si  prescrive  la  quantità  di  proviande 
da  somministrare  al  viaggiatore  :  tanto  pane,  tante  misure  di  cervogia,  tante  libbre  di 
lardo,  tanti  porci,  porcelli,  ova,  miele,  aceto,  cumino,  pepe,  spico,  garofani,  cinamomo, 
pistacchi,  datteri,  mandorle,  cera,  sale,  legumi,  candele,  fieno  pei  cavalli 

Con  altri  si  dava  il  congedo  e  la  cittadinanza,  come  vedemmo  al  g  181. 


298  AUCnF.oi.or.iA  e  belle  arti 


21  ] .  —    Formole. 


Come  avviene  delle  scritte  notarili  odierne,  le  antiche  constano  in  gran  parte  di  certe 
formole,  che  in  tutte  si  riproducono,  e  riguardano  le  generalità,  a  cui  si  aggiungono 
poi  le  particolarità.  La  conoscenza  di  queste  è  gran  parte  nel  magistero  del  riconoscere 
l'autenticità  d'una  carta. 

Per  aceennarne  alcune,  sogliono  esse  cominciare  dalla  invocazione  divina  :  in  nomine 

dni  :  in  ne  s.  et  individuce  trinitatis;  in  ne  Ju  Xi ;  in  ne  pris  et  fi.  et  ss  :  e  invece  loro 
0  insieme,  la  croce,  il  monogramma  ^,  l'A  e  n. 

Segue  il  titolo  del  re  o  principe  che  dà  quel  diploma  ;  e  poiché  in  ciò  serhavasi  un 
costante  protocollo,  importa  il  confronto  per  discernere  le  carte  spurie.  Taluno  ai  titoli 
d'autorità  ne  unì  di  umiltà;  così  Octo  servus  apostolorum.  o  serims  populorvm.,  o  fer- 
vut  aliorum  trovasi  soscritto  Ottone  III;  Enrico  IH  Dei  grafia  servus  servorum  Dei  \ 
Enrico  IV  reyt's  humitlimi  et  invictissimi.  L'aggiungere  al  nome  dei  re  il  numerale  1, 
II  ecc.  non  comincia  che  alla  seconda  metà  del  secolo  x,  ma  forse  prima  l'usarono  i 
papi.  Vorrebbero  ripudiare  quei  diplomi  ove  uno  s'intitola  primo;  ma  pare  soverchio 
rigore 

La  formola  Dei  grafia  fu  introdotta  da  Pepino  padre  di  Carlo  Magno  in  Francia  :  in 
Italia  già  è  apposta  al  nome  di  Agilulfo  sulla  corona  d'oro  da  lui  donata  alla  basilica  di 
Monza.  Comune  fu  pure  ai  ^lusulmani.  Da  principio  non  fu  che  espressione  di  pietà; 
poi  nel  xiii  secolo  si  tenne  come  indizio  della  sovranità,  indipendente  da  tutt'altri  che 
da  Dio.  1  vescovi  la  serbarono,  e  nel  Quattrocento  v'aggiunsero  ef  apostolicce  sedis. 

La  concessione  portata  dal  diploma  veniva  spesso  motivata  sopra  ragioni  pie  :  06 
Bei  intuitum.,  Piam  nubis  credimus  ab  omnipotenti  Domino  vìcissitudinem  repensari, 
si .  .  .  Ob  amorem  et  retrihufionem  Redemptoris  7iostri,  atque  anime  nostre  mercedem. 
Esposto  l'oggetto  della  concessione,  e  se  questa  derogasse  ogni  priore  diritto  {non  ob- 
stanfe  quocumque  jure),  ovvero  lo  rispettasse  {salvo  in  aliis  quolibet  jure  alieno),  solevasi 
aggiungere  la  comminatoria  di  castighi  a  chi  non  adempisse  le  disposizinni  di  esso  di- 
ploma. Questi  od  erano  pene  pecuniarie  e  corporali,  o  talvolta  spirituali,  dannazione 
eterna,  morte,  perdila  de'  figli,  ed  altre  tolte  troppo  letteralmente  dal  Testamento  vec- 
chio Diamo  per  saggio  questa  formola  di  Marculfo  (/«7j.  n  form.  2):  Si  quis  hancvolun- 
tafem  meam  per  quaslibet  adinventiones  seu  proposiiiones,  sicut  mundus  cotidie  artihuset 
ingeniis  expoUfur,  vel  repetitor,  convulsor  etiam  auf  tergiversafor  exfiterit,  anathimi 
stt'  et  sicut  Dathan  et  Abiron  hiatu  terree  absorpti  sunt,  vivem  in  infernum  descendat^ 
et  cum  Giezi  fraudis  mercatore  et  in  prcesenti  et  in  futuro  sceculo  partem  damnafionis 
excipiat  et  tunc  veniamcansequatur  quando  consecuturus  esset  diabolus^  qui  se  se  fallendo 
cetheria  sede  dejectus,  crueuta  adinventione  bonis  operibus  semper  obviare  pervigilat.  In- 
super  eiiam  inferat,  sodante  quoque  tam  in  persecutione  quam  in  exactione  sacratissimo 
fisco  vel  sancto  episcopo  ecclesice  ipsius,  auri  Hbras  centum. 

Già  gl'imperatori  romani  soltoscriveano  di  proprio  pugno  {divina  manu),  e  quelli 
d'Oriente  con  un  inchiostro  di  cinabro  speciale  per  tal  uso.  I  Turchi,  ignari  dello 
scrivere  faceano  sui  diplomi  l'impronta  della  propria  mano;  il  che  fu  poi  conservato, 
abbellendo  calligraficamente  questo  segno.  Teodorico  re  de' Goti,  e  Giustino  imperatore 
soscriveano  col  fare  scorrer  la  penna  entro  uno  stampiglio  portante  il  nome  loro.  I  re 
longobardi  non  apposero  né  il  nome  né  il  suggello.  1  prmii  re  visigoti  ed  anglo- sassoni 
facevano  la  croce  uso  che  poi  si  divulgò,  massime  tra  i  feudatarj  analfabeti.  Carlo  Magno, 
forse  perchè  non  sapesse  scrivere,  introdusse  il  manogramma,  cifra  che  conte-  R 
neva  il  suo  nome,  e  che  qui  vedete.  Già  altri  n'aveva  fallo  uso,  ma  allora  entrò  K^-S 
in  consuetudine;  non  formato  però  dal  principe,  sibbencdal  notajo.  Varia  è  la  L 
forma  dei  monogrammi  e  la  grandezza,  e  durarono  fin  a  Massimiliano  1  imperatore, 
che  tornò  a  sottoscrivere  col  proprio  nome.  Ecco  il  monogramma  di  Federico  ^ 
Darbarossa : 

In  appresso  il  notajo   controsegna,  come  attestato  di  fedele  trascrizione.  Tal- 
volta a  un  diploma  la  soscrizione  fu  posta  più  tardi,  e  perciò  da  uno  che  o  non  era  vivo, 
0  non  presente,  o  non  re  quando  l'alto  fu  eretto. 


FOR.MOLE  —  liOI.LE    PAPALI  299 

Consimili  forme  usavansi  pei  varj  contralti  eii  alti  |uiiil)lici ,  ma  pochi  di  questi  ci 
trasmise  l'antichità.  Molti  più  il  meiiioevo,  i  (juali  di  die  rilievo  siano  lo  mostra  la 
cura  clie  vi  posero  attorno  i  maggiori  eruditi.  Questi  sono  le  lidie  ponlifizie,  le  carte 
spedite  dagl'imperatori,  dai  re,  dai  vescovi,  dagli  ahbati. 

§  212.   —  Bolle  papali. 

I  più  importanti  sono  le  bolle  papali^  cioè  le  lettere  con  cui  il  sommo  pontefice  in- 
tima una  legge,  puhhiica  una  costituzione,  concede  una  provista  di  benefizio,  o  una  di- 
spensa matrimoniale. 

Sin  dai  primordj  le  lettere  papali  adottarono  la  forma  e  le  formole  delle  imperiali;  ce 
ne  restano  fin  del  (31  i  che  hanno  attaccata  la  bolla  di  piombo,  sulla  quale  da  un  lato 
r  A  il,  e  dall'altro  l'agnello,  o  il  buon  [)astore,  o  i  santi  Pietro  e  Paolo,  e  ben  presto 
il  nome  medesimo  del  papa,  spesso  in  lettere  greche.  Si  conservò  l'uso  del  pnpiro  fin 
all'xi  secolo.  Talvolta  i  papi  stessi  scriveano,  più  spesso  i  notaj  e  scriniarj,  e  furono 
modelli  di  calligrafia. 

Leone  IX è  il  primo  che  nelle  bolle  di  piombo  adottò  le  lettere  numerali  per  distinguere 
i  papi  del  medesimo  nome.  Vittore  11  vi  fece  un  personaggio  cbe  dal  cielo  riceveva  una 
chiave,  e  sul  rovescio  una  città  coll'iscrizione  Aurea  Roma.  Alessandro  il  vi  fece  scen- 
dere dal  cielo  il  molto,  C)i(0(i  nerles  nectain,  quoti  solves  ipse  refolram.  Urbano  11  pose 
la  croce  fra  i  due  Apostoli,  il  che  fu  aduttato  da  tutti  i  successivi  fino  a  Clemente  VII. 

II  nome  de' consoli  è  scritto  nelle  bolle  fino  al  5-tG  :  quel  degli  imperatori  greci  fin  al 
772.  Adriano  I,  cessando  di  porre  il  nome  degl'imperatori  d'Oriente,  segna  coiranno 
del  proprio  pontificato:  i  successivi  v'aggiungono  quel  degl'imperatori  d'Occidente,  ma 
or  si,  or  no.  Fin  a  Urbano  11  il  computo  dell'indizione  si  riferisce  alla  costantinopolitana, 
dipoi  alla  romana  che  cominciava  al  1"  gennajo.  Non  prima  di  Giovanni  III  compare 
l'anno  dell'Incarnazione.  Sol  fino  a  Urbano  11  è  usata  l'era  vulgare  :  ma  Nicola  11  torna 
a  valersene  secondo  l'uso  fiorentino,  cioè  cominciando  ai  25  di  marzo,  come  divien 
comune  dopo  Eugenio  III.  Nelle  seiuplici  lettere  non  mettono  che  l'anno  del  pontificato. 

Cominciano  le  bolle  col  nome  del  pontefice  regnante,  e  di  quello  a  cui  sono  dirette; 
chiudonsi  colla  data  dell' locai  nazione,  la  quale  comincia  al  23  marzo,  e  dell'anno 
del  pontificalo.  Le  date  variarono,  e  divengono  un  criterio  per  secernere  le  carte 
vere  dalle  spurie.  Dal  secolo  vii  al  xv  le  lettere  segrete  si  scriveano  sub  annulo  pisca- 
toris:  sì  le  secrete  che  le  altre  fin  al  secolo  xv  portano  in  principio  N.  episcopus  servus 
servorurn  Dei:  fino  ad  Eugenio  IV  faceansi  a  nome  del  cancelliere  dicendo,  SS.  dni 
nostri  N.  anno. . .;  poi  si  scrissero  a  nome  del  pontefice,  Pontifìcatus  nostri  anno.. . 

La  formola  sub  unnulo  pi^catoris  trovasi  primamente  usata  in  un  breve  di  Clemente  IV 
ad  Ugidio  Cross  suo  nipote  nel  12()o,  dicendo  :  Non  scribimus  libi,  neque  sanguineis  no- 
stris  yuò  bulla,  sed  sub  piscatoris  sigillo,  quo  romani  pontifìces  in  suis  secretis  uiuntur. 
Ma  presto  si  usò  anche  in  materie  non  secrete. 

Nel  secolo  x  si  cominciò  a  dire  bollo  per  sigillo,  donde  il  nome  delle  bolle.  Queste 
differiscono  dal  breve  perchè  sono  spedile  dalia  Cancelleria  apostolica  col  sigillo,  mentre 
il  breve  esce  dalla  Segreteria  dei  brevi  sotto  l'anello  pescatorio:  la  bolla  è  su  pergimena 
scura,  rozza  e  con  carattere  antico:  il  breve  su  pergamena  fina  e  bianca,  con  carattere 
latino:  la  bolla  porta  la  data  dell'Incarnazione,  e  il  breve  quella  della  Natività  :  la  bolla 
comincia  Pius  episcopus  S.  S.  Dei,  il  breve  Pius  pp.  /.V:èil  breve  sottoscritto  dal  car- 
dinale segretario  de'  brevi,  e  la  bolla  da  diversi  uffiziali  della  Cancelleria  apostolica. 

Chiamansi  bolle  per  viadi  curia  quelle  che  il  papa  ordina  per  moto  proprio,  e  riguar- 
dano tutto  il  mondo.  Le  bolle  per  via  secreta  sono  spedite  a  favore  di  alcune  persone. 
Le  bolle  comuni  per  cancelleria  sono  rivedute  e  sottoscritte  dagli  abbre\  latori  di  Parco 
maggiore.  Bolle  in  forma  graziosa  sono  quelle  che  il  santo  |)adre  dirige  al  benefiziato 
nell'atto  di  provederlo.  Altre  hanno  nome  dalla  furmola  con  cui  cominciano. 

Semi-bolle  sono  quelle  che  i  pontefici  spediscono  nel  tempo  fra  la  elezione  loro  e  la 
coronazione:  in  esse  il  bollo  non  ha  rovescio. 

Costituzioni  s' intitolano  quando  sono  dirette  a  lutti  i  vescovi  per  condannare  propo- 
sizioni ereticali.  Famosa  è  quella  detta  in  coena  Domini;  perchè  si  leggeva  ogni  anno 
ja  feria  quinta  della  settimana  santa  ;  e  dopo  la  lettura  il  papa  gettava  dalla  loggia  io 


ÒO0  kMimLOQÌÀ  E  DELLE  AMÌ 

piaaza  Un  torchio  di  cei*à  gialla  aeceso,  La  bolla  della  crociata  cotìtieoe  gràuié,  iodul- 
geaze,  dispense  a  chi  andasse  alia  guerra  santa  o  vi  contribuisse  :  ora  concedesi  annual- 
mente ai  cittadini  dell'iniptro  del  Brasile  e  dei  regni  di  Spagna,  Portogallo  e  Napoli,  i 
(juali  per  ottenerla  mandano  elemosine,  die  si  erogano  nel  restaurare  le  basiliche  pa- 
triarcali. La  bolla  d'oro  si  usava  nella  conferma  degli  imperatori  eletti. 

I  motu-proprj  furono  introdotti  sotto  Innocenzo  111,  senza  sigillo,  oppure  di  piombo 
0  cera. 

Sotto  al  testo,  dopo  Leone  IX,  si  trova  un  segno  composto  di  due  circoli  concentrici, 
ove  l'area  è  quadripartita  da  una  croce,  fra  cui  sta  suddiviso  il  nome  del  pontefice;  e 
iu  giro  qualche  molto,  per  esempio  Gloria  Domini  piena  est  terra:  Deus  nostrum  re- 
fugiuin  et  viitus:  Cceli  enarrant  gloriam  Dei.  Il  monogramma  spesso  in- 
dica benevalde,  nella  forma  che  qui  esibiamo. 

Ora  per  lo  più  i  papi  vi  scrivono  il  proprio  nome  fra  due  croci;  chia- 
mano fratelli  ,!;li  altri  vescovi,  e  figli  gli  ecclesiastici  minori  o  i  laici.  Il  ti- 
tolo di  papa  è  antichissimo;  ma  solo  al  tempo  di  Gregorio  VII  fu  tolto  agli 
altri  vescovi.  Più  di  solito  il  pupa  s'intitola  episcopus  urbis  lionice,  episcopus  catìwlicce 
romance  ecclesioe  ;  Gregorio  Magno  introdusse  il  servus  servorum  Dei,  divenuto  poi  fre- 
(|uente,  e  in  fine  costante.  Per  lo  meno' dopo  Leone  IV  i  papi  anteposero  \\  proprio  nome 
a  quel  della  persona  cui  scrivevano.  Alcuni  papi  del  secolo  ix  e  x  usarono  il  mono- 
gramma. 

Dacché  Innocenzo  XI  abolì  il  collegio  dei  segretari  apostolici,  v'ha  due  segretari  dei 
brevi  :  quello  dei  brevi  pontifizj ,  posto  cardinalizio,  spedisce  i  diplomi  sigillati  coU'a- 
iiello  pescatorio  ;  quello  dei  brevi  ad  principes  è  sempre  un  prelato  de' più  dotti,  e  vi 
appone  il  suggello  gentilizio,  che  serve  pure  per  le  altre  lettere  pontifizie  private  e  se- 
grete, stese  dal  segretario  delle  lettere  latme. 

Kormole  consuete  nelle  bolle  sono  Salutem  et  apostoUcam  benediclionem,  o  Bene  va- 
lete, o  In  Domino  salutem. 

I  vescovi  imitarono  le  bolle  pontifizie. 

I  primi  documenti  di  Ottone  Visconti,  ove  s'intitola  Dei  et  apostolicce  sedis  gratta^ 
sanctce  medtolanensis  ecclesioe  episcopus,  sono  del  1271  :  il  primo  vescovo  che  usasse 
(|uella  formola  fu  Gualtiero  di  Chartres  in  una  carta  del  1224,  ove  s'intitola  divina 
permissione  et  apostolica  auctoritaie  carnotensis  ecclesioe  minister  ìiumilis  ;  e  nel  1267 
Gualtiero  di  Faenza,  JJei  et  apostolicce  sedis  gratia  episcopus. 

Papa  Teodoro,  nella  deposizione  di  Pirro  patriarca  di  Costantinopoli,  sottoscrisse  col 
sacrosanto  sangue.  Il  che  imitarono  i  vescovi  che  segnarono  la  deposizione  di  Fozio. 
L'esempio  fu  pur  troppo  ripetuto. 

Nelle  scomuniche  papali  suonano  terribili  imprecazioni,  e  ne  occorrono  anche  nelle 
lettere  vescovili.  L'arcivescovo  inglese  Sigerio,  in  un  privilegio  del  990,  pone  questa 
gentilesca  :  Sciat  se  reum  esse  in  tremendo  judicio,  et  cuni  iinpiis  hubere portionem,  et  cum 
Plutone  et  Tricerbero  mansionem  sortire. 

Fra  le  carte  ecclesiastiche  son  notevoli  le  decretali  dei  papi,  decreti  dati  ai  vescovi  o 
a  chi  altri  gli  avesse  consultati  su  punti  d'ecclesiastica  disciplina,  ma  che  poi  si  este- 
sero a  tutte  le  materie  di  fòro  ecclesiastico.  Sono  note  le  cinque  collezioni  di  decretali 
che  costituiscono  il  Corpo  di  diritto  canonico. 

Le  lettere  sinodiche  scriveansi  dai  vescovi  adunati  in  concilio  per  informare  delle  de- 
,  cisioni  pri^se.  Le  invitatorie  spedivansi  dal  papa  ai  vescovi  d'immediata  sua  dipendenza 
per  invitarli  all'anniversario  della  sua  elezione,  quando  tenevasi  pure  un  sinodo.  Se  il 
vesco'vo  non  poteva,  rispondeva  una  lettera  escusatoria.  Vocatorie  dicevansi  quelle  ove 
il  papa  ai  fedeli  della  diocesi  da  sé  dipendenti  intimava  di  condurre  a  Roma  il  vescovo 
da  loro  eletto  per  esservi  consacrato.  Più  forti  erano  le  citatorie,  recjuisilorie ,  conrmi- 
natorie.  Lettere  formate  erano  necessarie  ad  ogni  ecclesiastico  per  passare  da  una  ad 
altra  diocesi  ;  e  vi  s'introducevano  certe  cifre  arcane  per  evitare  le  falsificazioni.  Dimis- 
sorie  erano  chiamate  quando  un  vescovo  accompagnava  con  esse  un  soggetto  ad  altro 
vescovo  per  le  ordinazioni  o  la  consacrazione.  Di  cìiciclichc  si  valgono  i  concilj,  i  pa|)i  e 
i  vescovi  per  notificare  i  loro  sentimenti.  Le  penitenziali  davansi  a  quei  che  recavansi  a 
Roma  per  penitenza. 


nOl.LK  —  lìREVl  —  DATE  —  SIfill.I.I 


SOI 


Morila  atti'nzionp  una  Memoria  di  Leopoldo  Delislc  sopra  (ili  alti  d'Innocenzo  HI ,  inserii^  nel  scttombrc 

oUoliic  IS'j7  della  Bibliuthéquc  de.  l'F.cole  des  Charles. 
Vedi  inoltre  ALPllo^sE  Ciiassant,  l'aléograpliie  des  Charles  et  des  manuscrils  du  \i  au  xvii  siede.  1802, 

Parigi,  5»ediz.  con  uu'istruziouc  sui  sigilli. 

§  213.  —  Ledale. 

Di  prima  importanza  nei  diplomi  sono  le  date.  Quanto  al  luogo,  i  notai  introdussero 
d'indicare  non  che  il  paese,  ma  la  casa  e  la  stanza  in  cui  rogarono  l'atto. 

Fra  gli  antichi  non  eravi  un'era  generalmente  accettata  ;  e  l'anno  indicavasi  dal  nome 
del  magistrato,  che  perciò  si  chiamava  eponimo;  e  più  spesso  da  un  sacerdote,  tali  date 
ricorrono  anche  nelle  iscrizioni.  Una  di  Gela  comincia,  sotlo  il  iei'opolo  Arisliunn  (ir.i 
Uponòyo\>  àpfTTwvoc)  :  ima  d'Agrigento  ,  aoflo  il  sagrifìcatore  N in f odoro  {-.ni  ts/ioJÙTy. 
•j\javo'ì6p',y>).  I,a  Stela  di  Rosetta  c'indica  che  in  Egitto  sotto  i  Lagidi  l'eponiraia  era 
unita  al  sacerdozio  d'Alessandro  e  de'  primi  Tolomei. 

Nei  diplomi  le  date  cronoloiiiche  sono  tratte  dall'anno  del  pontificato  dei  papi,  o  del 
regno  pei  regnanti:  inoltre  vi  sono  date  differenti,  non  meno  che  nei  tempi  antichi.  La 
prima  introdotta  fu  V indizione,  nel  313  av.  C.  spazio  di  1K  anni,  ricorrente. 

Le  più  antiche  catte  cristiane,  come  gli  Atti  dei  martiri,  portano  regnante  Domino 
nostro  Jesu  Christn,  data  incerta  che  continuò  fin  nel  mi  secolo.  Negli  ultimi  tempi  del- 
l'Impero dinotansi  gli  anni  dopo  il  consolato,  per  es.  di  Giustiniano  o  di  Basilio.  L  èra 
vulgare  introdotta  da  Dionigi  il  Piccolo  nel  vi  secolo,  si  eslese  poco  a  poco,  massime 
dopo  Carlo  Magno  ;  ma  variavasi  il  tempo  di  cominciare  l'anno  ,  quali  facendolo  col 
marzo,  quali  col  gennajo,  quali  col  25  dicemhre,  giorno  della  natività,  o  col  25  marzo, 
giorno  della  concezione  di  nostro  Signore.  La  corte  imperiale  lo  cominciava  col  gen- 
najo ;  Roma,  Milano  ed  altre  città  italiane  per  lo  più  a  Natale;  a  Firenze  al  25  marzo, 
come  durò  fino  al  1750;  a  Pisa,  Lucca,  Siena,  Lodi  anticipavasi  un  anno  intero  sopra 
l'èra  fiorentina  ;  in  Savoia  cominciavasi  a  Pasqua;  in  Francia  il  1"  marzo,  poi  il  23 
dicemhre,  finché  Carlo  IX  ordinò  il  1  '  gennajo. 

Il  ciclo  lunare  e  il  Numero  d'oro  ajutano  pure  talvolta  a  ritrovar  le  date  precise, 
dalla  cui  cognizione  dipende  la  certezza  di  un  diploma.  Talaltra  la  data  è  dedotta  da 
qualche  fatto  storico  o  naturale.  Quando  imharazzo  recar  dehha  l'accertare  tali  date 
ognun  lo  vede,  ed  i  padri  Maurini  vi  diressero  tutta  l'opera  loro  neW Arte  di  verificar 
le  date.  Cominciando  dal  xii  secolo,  trovasi  indicato  talora  anche  il  giorno  della  set- 
timana. 

Daium  pare  indichi  il  tempo  della  concessione,  ed  actum  il  luogo  ove  fu  sleso  il 
diploma. 

Molte  carte  opistografe  si  asseriscono  esistere  in  Inghilterra  5  altrove  sono  rarissime. 

Sopra  tutto  ciò  vedasi  il  uostro  trattato  di  Cronologia. 

§  21-L  —  I  sJgJlH. 

Molta  attenzione  meritano  in  questi  diplomi  il  monogramma  di  cui  or  ora  ahhiam 
toccato,  ed  i  sigilli,  la  cognizione  de' quali  dicesi  sfragistica.  Antichissimo  è  l'uso  dei 
sigilli,  che  apponeansi  non  per  chiuder  le  lettere  come  noi ,  ma  a  guisa  di  firma  (vedi 
§  148). 

Ren  trenta  volumi  di  sigilli  dei  hassi  tempi  diede  il  Manno.  Ultimamente  ravvivò  la 
sfragistica  a  Parigi  Arturo  Forgeais,  che  riuscì  a  fondare  una  Società  la  quale  puhhlica 
delle  Memorie  ridondanti  di  notizie  preziose. 

I  sigilli  trovansi  impressi  quilche  volta  nell'oro  (bulla  aurea).,  come  se  n'ha  di  quasi 
tutti  gl'imperatori  franchi  e  germani  .  cominciando  da  Carlo  Magno;  di  rado  nell'ar- 
gento, come  fu  fatto  dagl  imperatori  hisantini  verso  il  1128;  più  spesso  nello  stagno  e 
nel  piomlio,  e  presso  i  Greci  anche  nella  creta;  ma  più  comunemente  in  cera  hianca, 
rossa,  gialla,  verde,  nera,  mista  di  varj  colori.  1  pontefici  da  antichissimo  usarono 
piombo,  e  così  alcuni  vescovi  ;  gl'imperatori  per  lo  più  la  cera,  pochi  il  piombo  e  l'oro; 
i  re  longobardi  or  il  piombo,  ora  l'oro. 

La  cera  di  Spagna  credasi  preparala  da  prima  nell'india  ;  i  Francesi  la  dicono  intrO' 


02  ARCIIEOIOCIA    E    niil.LF,    A  m  I 

dotta  da  un  t^l  Rousseau  al  principio  del  xvii  secolo  ;  pure  in  Germania  era  già  comune 
nel  ÌT^M.  Di  ostie  0  cialde  non  si  trova  sigillo  anteriore  al  1G24,  e  credonsi  inventate 
da  un  Genovese;  ma  per  lungo  tempo  non  si  usarono  che  da  privati. 

Trovasi  concesso  a  repubbliche  e  a  famiglie  di  sigillar  con  piombo  o  con  cera  di  un 
tal  colore.  !  principi  di  Germania  chiedevano  di  poter  sigillare  in  rosso  :  Federico  HI 
concesse  il  bianco  a  Dorso  d'Este  nel  compartirgli  il  titolo  di  duca  di  Modena  \  e 
Carlo  V  l'azzurro  a  un  dottore  di  Norimberga  nel  1526. 

Quelli  che  faceansi  sulla  carta  stessa  erano  di  cera;  gli  altri  ne  pendeano,  attaccati 
per  una  cordicella  di  canapa  o  di  seta,  e  spesso  chiusi  in  una  scatoletta  che  ne  proteg- 
gesse l'impronta. 

Le  forme  ne  sono  variissime,  più  spesso  tonde  od  ovali,  altre  volle  quadre,  a  man- 
dorla, a  cuore,  a  fiori,  a  poligoni,  a  mezzaluna,  a  ferro  di  cavallo. 

Le  impronte  sono  immagini  o  simboli,  croci,  santi.  Nei  sigilli  degl'imperatori  sta  la 
loro  effigie;  e  sigilli  di  macMà  diconsi  quelli  ove  il  sovrano  è  rappresentato  in  trono.  Le 
ciltà  metteano  il  santo  proiettore;  i  feudatari  il  |)roprio  busto  o  l'intiera  effigie  a  ca- 
vallo e  armata  ;  gli  abbati  e  i  vescovi  le  proprie  divise  ;  e  dopo  introdotto  il  blasone  nel 
XII  secolo,  questo  era  per  lo  più  applicalo  sul  sigillo.  Il  bollo  ponlifizio  rappresenta  i 
santi  ['ietro  e  Paolo  da  un  lato,  dall'altro  il  papa  regnante  col  numerale;  e  vien  custo- 
dito con  tal  gelosia,  che  è  pena  la  scomunica  a  chi,  senza  licenza  del  piombatore,  entri 
nel  luogo  dov'è  serbato. 

V'è  unita  generalmente  la  leggenda  in  caratteri  greci  o  latini,  cambiatisi  poi  in  go- 
tici. E  per  lo  più  vedesi  prima  un  fiore  o  una  crocetta,  indi  siyillum  o  siijnum,  poi  i| 
nome  del  suggellante,  talvolta  era  espresso  in  versi,  sovente  leonini  ;  e  molte  di  sifalte 
iscrizioni  addusse  il  Trevisano  nella  illustrazione  del  sigillo  di  Padova  .Secre^um  7newm- 
sigillum  veiitatis.  Quel  di  Lodovico  il  Bavaro  ha  l'aquila,  e  Justa  judicate  fdii  homi- 
num  :  in  un  altro  leggesi  Gloria  sit  Christo,  regi  Victoria  Carlo:  in  quelli  di  Fede- 
rico !  e  II  Roma  caput  mundi  regit  orbis  frena  secundi  :  su  quel  di  Firenze  Herculeactava 
domat  Florentia  prai^a,  e  un  Ercole  :  su  quel  di  Genova  un  griffo,  e  Griffus  ut  has 
angit  sic  hostes  Janua  frangit  :  su  quel  di  Volterra  Urbi  Volterre  parealis  undigue 
terre.  Monza,  posseditrice  della  corona  ferrea,  la  improntò  sul  suo  suggello,  nel  quale 
già  da  antico  leggevasi  FM  .«ec/e.s  Italicc  regni  Modoecia  magni.  Lucca  portava  Luca  po- 
tcns  sti'rnit  sihi  qua;  contraria  cernii  ;  Verona,  Ext  jwiti  latrix  urbs  ha;c  et  laudis  ama- 
trix\;  Padova  i  proprii  confini  ,  e  Muson,  mons  Jlliesis,  mare  certos  dant  mihi  pnes ; 
liologna  un  san  Pietro  in  pontificale,  e  Petrus  ubique  pater.,  legum  Bononia  mater;  e 
così  Urbs  hec  Aquilegie  capud  est  Italie;  —  Est  aquilejensis  sprfes  hec  urbs  utincnsis ; 
—  Ferrariam  cordi  teneas,  o  sancle  Georgi;  Salve  Virgo  Senam  quam  signat  amenam. 
Messina  dopo  i  vespri  siciliani  alzò  lo  stendardo  colla  croce  portata  da  un  leone,  ed  il 
motto  Fert  ho  vexillum  Messoria-  cani  cruce  signum.  Pistoja  scrive  attorno  agli  scacchi 
del  suo  stemma,  Quoe  volo  tanlillo  Pisturia  celo  sigillo.  Firenze  ebbe  da  princi|>io  la 
bandiera  partita  bianca  e  rossa  ,  cui  uni  la  luna  rossa  di  Fiesole;  dappoi  il  giglio,  o 
piuttosto  il  fior  di  giuggiolo  (ireos  fiorentina):  e  quando  i  Guelfi  prevalsero,  si  adulto 
il  giglio  rosso  in  campo  bianco,  mentre  i  Ghibellini  tennero  il  giglio  bianco,  unendovi 
l'aquila  nera  imperiale.  Inalberava  anche  il  leone,  il  quale  pure  sta  nel  sigillo  di  Cor- 
tona colla  scritta  Tutor  Cortonce  sis  semper  Marce  patrone. 

Spesso  l'arma  era  parlante  :  come  a  Torino  il  toro  rampante;  a  Monsumano  e  Monte- 
catino,  un  monte  sormontato  da  una  mano  oda  un  catino;  a  Barga  una  barca  ;  a  Pescia 
un  pesce  coronato.  Gli  animali  stessi  dello  stemma  si  mantenevano  vivi  nella  città,  come 
a  Venezia  e  Firenze  i  leoni,  una  lionessa  a  Parma,  gli  orsi  a  Berna,  Appenzell  e  San- 
gallo.  Quando  i  tirannetti  s'impadronivano  d'un  Comune,  vi  univano  il  proprio  stemma, 
come  i  Visconti  diedero  a  Mdano  la  vipera  ;  la  quale  |)oi  insieme  col  leone  veneto  entrò 
nel  petto  deira()iiila  bicipite  austriaca. 

Talvolta  al  sigillo  faceasi  qualche  impronta  jiosteriore,  per  esempio  una  croce  od  un 
morso  coi  denti  ;  o  vi  si  attaccava  qualche  oggetto,  alcuni  |)eli  di  barba  ,  qualche  pa- 
gliuzza ecc.  ;  del  che  faceasi  menzione  nell'alto. 

Nel  secolo  xiii  s'introdusse  d'apporre  più  d'un  sigillo  a  documenti  di  gran  rilievo. 
Venti  ne  ha  la  deliberazione  della  facoltà  teologica  di  Parigi,  che  aderisce  all'appella- 
«ione  di  Filippo  il  Bello  contro  il  papa  Bopifazio  Vili  ;  trecencinquaula  la  protesta  dai 


Sir.lLLl— CARTE    PAGENSI  303 

Boemi  presentata  al  concilio  di  Costanza;  quasi  altrettanti  l'abdicazione  di  Cristina  di 
Svezia,  che  conservasi  in  l'aslel  Sant'Angelo. 

CiiASSA\T,   Dictionnnircde   sitiiìku/ra pìtie  pratique  ,    conlenanl  toules  les  nolions  proprei  d  faciliter 

l'elude  el  l'intcrprrlalion  drs  sreaux  du  moi/en-dge.  Paris  1860.  In- 12. 
Armorial  ou  Rerueil  de  hlamns  dcssinés  à  la  main  el  coloriés   aree  le  plus  grand  soin ,   au  nnmbre 

d'eni-iron  28,000  ,  classps   suiranl   Vordre   nlphabètique  des  familles ^  el  dislribué  en  IO  voi.  tn-4, 

avec  lables  el  réperloire  renxoyanl  aiix  diffèrenles  parile  de  Vouvrage. 
/irmorial  naiional  de  Franca  ,   Recueil  rompici  des  villes  el  provinces  du,  terriloire  franfais.,  public 

par  Tbavebsier.  Paris,  t8i2-G0.  Cinq  partics  in-folio. 

§  215.  —  Carte  pagensi  o  private. 

All'uso  antico  s'intitolano  pagenfirs  o  pagmaales  le  carte  che  concernono  persone  pri- 
vate, come  contralti,  testamenti,  atti  giudiziitli,  sentenze  ecc.  Ve  n'ha  d'antichissime, 
essendone  uscite  fin  dalle  tombe  egizie,  siccome  dicemmo. 

Qui  la  varietà  è  ancor  maggiore;  pure  certe  foi  mole  press'a  poco  si  ripetono  in  tutte: 
tal  è  l'invocazione  in  principio,  talvolta  supplita  colla  croce  o  col  monogramma  di 
Cristo.  Una  croce  faceano  pure  i  testimonj,  e  la  varietà  di  quelle  è  un  grand'indizio  per 
distinguere  gli  originali  dalle  copie. 

Le  note  cronologiche  sono  più  semplici  che  ne' veri  diplomi;  ed  ora  trovansi  in 
principio,  ora  in  fine.  Il  committente  spesso  parlava  in  prima  persona,  o  dettando  al 
notajo,  0  richiedendolo  a  scrivere  la  sua  volontà  ;  onde  dalla  formola  consuela  Mane 
carlulam  notario  scribere  rogavi  vennero  il  nome  di  rogito  ed  il  verbo  rogare.  Quando 
l'istromento  interessasse  due  o  più  parti,  se  ne  faceano  copie  conformi,  il  che  avverti- 
vasi.  In  tal  caso  talvolta  scriveansi  i  varj  esemplari  sopra  la  stessa  pergamena  a  fianco; 
e  in  testa  Sìingraphum  o  chirographarn,  o  un'immagine  :  poi  si  tagliavano  in  modo,  che 
il  raccostarle  ne  mostrasse  l'autenticità,  come  si  usa  nelle  bollette  di  banca  (carie  sin- 
grnfe)  ;  ovvero  tagliavansi  a  scacchi  (carte  indentate). 

Ogni  atto  legale  è  sottoscritto  prima  dai  contraenti,  poi  dai  teslimnnj,  infine  dal  no- 
tajo. Per  quei  che  non  sapeano  scrivere,  il  notajo  stesso  suppliva  colla  formola  signum  -\- 
manus  N.  La  croce  era  sì  venerata,  che  valutavasi  quanto  un  sigillo,  onde  la  ponevano 
quei  pure  che  sapessero  scrivere,  e  re  e  principi  e  papi;  i  vescovi  la  ritennero  fino  ad 
oggi.  In  Francia,  in  Inghilterra,  in  Germania,  o  perchè  men  sapeasi  scrivere,  o  perchè 
amavasi  sfoggiare  gli  stemmi,  nel  xiii  secolo  invalse  di  porre  i  sigilli  invece  del  nome 
de'  testimonj. 

I  notaj  erano  persone  consideratissime  nel  medioevo  ,  e  scelti  tra  i  più  ragguarde- 
voli ecclesiastici  o  laici. 

Lettere  di  principi  e  magistrati  portanti  effetto  legale  già  si  avevano  pressoi  Romani, 
come  vedemmo  :  molte  ne  ricorrono  in  Cassiodoro,  molte  in  Marculfo.  In  carta  riduce- 
vansi  pure  le  decisioni  dei  giudici,  talvolta  inchindendovi  tutto  l'atto  verbale,  onde  rie- 
scono importanti  per  conoscere  le  l'ormole  giudiziali.  De'  trattali  fra  potenze  si  compi- 
larono raccolte,  che  sono  gran  fondamento  al  diritto  pubblico  positivo. 

Due  contratti  sotto  i  Romani  reca  il  Terrasson  (Hìst.  de  la  jurisprudence  romaine  ; 
sappi.,  pag.  58  e  59)  ;  ma  l'uno  crediamo  falso,  l'altro  è  la  cessione  d'un  sepolcro  falla 
il  252  d.  C.  A  questo  si  conformano  altri  del  v  e  vi  secolo  prodotti  dal  .Malfei.  I  se- 
guenti peggiorano  di  stile,  ma  serbano  forme  eguali,  stilo  introducendo  le  nuove,  por- 
tate dai  codici  barbari.  E  poiché  queste  variavano,  rendeasi  necessario  l'esprimere  se- 
condo qual  legge  vivessero  i  contraenti. 

Una  delle  formole  non  ignota  al  gius  romano,  ma  dai  Barbari  ampliala  fu  le  tradi- 
zione di  alcuni  oggelti,  come  una  zolla  ,  un  coltello,  un  guanto,  un  ramo  ecc.  Nei 
contratti  privati  talora  non  si  faceva  che  la  tradizione  simbolica,  accertata  coll'inter- 
vento  di  testimonj  e  con  giuramenti,  restando  per  sanzione  il  dueNo  giudiziario.  Ma 
anche  i  Barbari  sentirono  presto  il  bisogno  di  ridurli  in  iscritto,  e  a  ciò  si  valsero  delle 
formole  romane. 

Dei  testamenti  sotto  la  romana  repubblica  raccolse  le  formole  e  i  riti  il  Terrasson 
iOp.  c(7. ,  pag.  120);  come  pure  le  nuove  condizioni  introdottevi  dagl' im|)cratori  , 
donde  appajono  le  gelose  cure  adoprate  per  la  secretezza  e  l'inviolabililà  di  essi.  Alcuni 


30i 


ARCHEOLOGIA    E    BELI.K   ARTI 


ne  sussistono  o  interi  o  in  parte;  molti  più  di  Cristiani  ,  cominciando  da  quello  di 
sant'Efrem,  diacono  di  Edessa  nel  578,  e  di  san  Gregorio  Nazianzeno  nel  581.  Quelle 
forraole  conservaronsi  ne' paesi  mantenuti  all'Impero  ,  variarono  in  quelli  conquistati 
dai  Barbari. 

g  216.  —  ArchJvj. 

L'Italia  è  il  paese  che  offre  maggior  quantità  di  carte,  e  quasi  in  ciascuna  città,  at- 
teso l'esistenza  particolare  che  godettero.  Di  quelle  che  serbavansi  ne'  conventi,  moltis- 
sime andarono  disperse  nelle  ultime  rivoluzioni.  Venezia,  Firenze,  Lucca  ne  hanno  di 
preziose.  Arezzo  ne  possedeva  una  gotica,  che  andò  dissipata  nell'invasione  francese. 
Nella  biblioteca  Borbonica  di  Napoli  è  un  papiro  ravennate  d  I  Sol ,  pubblicato  dal  Ma- 
rini, e  meglio  dal  Massraann  (Monaco  183o),  un  de'  pochi  monumenti  gotici  rimasti  in 
Italia,  oltre  quei  dell'Ambrosiana.  Uno  de' più  ricchi  archivj  d'Italia  bassi  alla  Cava 
nel  regno  di  Napoli,  che  possiede  iO.OlJO  perdamene,  tra  cui  1600  diplomi  e  bolle,  e 
60,000  altri  contratti  in  carta  di  bambagia  e  di  lino.  Il  più  antico  diploma  è  deir840. 
Non  meno  famoso  è  quel  di  Montecassino,  con  forse  30,000  pergamene. 

Roma  n'è  la  città  più  doviziosa,  e  carte  importanti  vi  conservano  le  Coneregazioni  del 
Sant'Uffìzio  e  dell'Indice 'BiSOO  cartelle  o  fascia  ;  de' riti  e  delle  canonizzazioni  (da  5000); 
di  Propaganda  (da  4000;  de'  vescovi,  de'  regolari  e  delle  immunità  (da  19,000J.  lu 
quelli  della  Congregazione  del  concilio  di  Trento  ne  ha  più  di  RfiOO  ;  in  quelli  della  Pe- 
nitenzieria  e  Dataria,  più  di  14,000.  NclIì  archivj  generali  di  Vaticano  5.^,000  cartelle 
comprendono  da  120,000  carte,  staccate  o  unite  in  portafogli  :  la  collezione  delle 
bolle  da  Gregorio  VII  in  poi;  titoli  e  memorie  relativi  ai  possessi  della  santa  sede; 
corrispondenze  coi  legati  e  coi  nunzj,  che  scrivevano  spessissimo  ogni  occorrente  nei 
paesi  ove  stavano;  carte  della  segreteria  di  Stato.  Prezioso  è  pure  l'archivio  de'  Erari  a 
Venezia. 

Delle  carte  di  Francia  si  pubblicano  ora  i  registri  ed  il  meglio.  Altrettanto  si  fa  di 
quelle  di  Germania  e  d'Inghilterra. 

§  217.   —  Classazione  delle  carte. 

Per  le  carte  negli  archivj  e  nei  registri  si  pensarono  varie  classazioni.  Mabillon  le  di- 
videva in  quattro  generi  :  carte  ecclesiastiche  ;  diplomi  imperiali  e  reali  ;  atti  pubblici  ; 
cedole  private.  Parvero  scarse  queste  classi  a  Toustain  e  Tassin,  e  ne  formarono  dieci  : 
i'  lettere,  indicoli,  rescritti;  2a  atti  più  propriamente  detti  carte,  esprimenti  omaggi, 
doni,  vendite,  promesse,  giuramenti;  3-  notificazioni  pubbliche  e  private,  che  coniin- 
ciano  col  Notum  sit  vobia,  Noverinf  universi,  o  simili  ;  i"*  atti  giudiziari,  mandati,  pro- 
cure, intimazioni,  giudizj  ecc.;  b^  atti  legislativi;  6="  atti  convenzionali  o  siiiallagma- 
lici,  0  anche  contratti  unilaterali,  come  chirografi,  quietanze,  obbligazioni  ;  7»  testamenli 
e  codicilli  e  fedecommessi  ;  S"*  brevi,  biglietti,  cedole,  in  fine  atti  sommarj;  ii*  quelli 
detti  specialmente  documenti,  evidenze,  scritture,  titoli,  istromenti  ;  10*  registri,  ruoli, 
matricole,  inventar],  cartolarj,  o  altre  raccolte  d'originali  o  di  copie. 

La  classificazione  non  è  abbastanza  precisa;  ma  storicamente  potrebbe  modificarsi 
così  :  1»  trattati  internazionali;  2"  leggi  interne;  3"  alti  di  governo,  di  amministrazione 
generale,  speciale,  locale,  personale;  4"  titoli  di  dominj  e  proprietà  pubbliche,  conti  di 
entrata  e  uscita,  finanze;  5"  atti  giudiziari;  0  transazioni  fra  particolari,  sotto  il  ta- 
bellionato;  7''  titoli  dello  stato  civile;  8"  lellere  ed  altri  documenti  storici  non  appar- 
tenenti alle  suddette  classi  ;  9"  carte  relative  all'istruzione  pubblica,  invenzioni,  sc».- 
perte,  progressi  ;  10"  documenti  di  storia  ecclesiastica  e  monastica. 

§  218.  —  Carte  false. 

Le  carte  furono  falsificate  talvolta  per  cattivo  fine,  tiilaltra  [ler  condonabile.  Ad  no 
convento  sopragiungeva  una  masnada  di  Longobardi  o  di  Saracini  che  dislrugi;evano  i 
cartolarj;  i  superstiti  rifacevano  le  carte  di  compra  o  di  donazioni  e  le  concessioni  reali, 
non  per  usurpare  l'altrui,  ma  per  conservare  il  proprio  ;  le  facevano  poi  conformare  dui 


CLASSIFICAZIONI  305 

papi  o  dai  principi,  che  guardavano  alla  verità  del  diritto,  non  alla  genuinità  del  do- 
cumento; talché  un  diploma  pieno  d'errori  e  falsità  può  essere  testimonio  del  vero.  Im- 
postori poi  di  mestiere  si  conoscono. 

Per  rifare  carte  antiche  bisognava  prima  procurarsi  una  pergamena  vecchia  o  darle 
la  tinta  ;  poi  imitare  i  caratteri,  nel  che  furono  famosi  nel  secolo  passato  Klisiibetta 
llelstob  e  il  p.  Piaggio,  e  nel  nostro  M.  Silvestre.  Non  è  difficile  ottenere  un  inchiostro 
scolorato  e  giallognolo.  Quanto  ai  sigilli,  ostaccansi  da  un  altro  diploma,  o,  cosa  molto 
difficile,  s'imita  l'impronta.  Altri  ancora  s'un  diploma  vecchio  ne  incollano  un  nuovo 
sopra  sottilissima  pergamena,  serbando  le  firme  e  il  sigillo. 

Sono  tutte  arti,  contro  cui  i  diplomatici  hanno  riparo.  Men  facile  è  scoprire  false 
quelle  che  si  danno  per  copie  autentiche  ;  o  dove  servì  di  modello  un  diploma  vero, 
cangiati  solo  i  nomi  e  le  particolarità. 

Finora  non  si  è  mai  trovato  un  documento  falso  a  cui  si  fossero  date  tutte  le  appa- 
renze di  vero.  Quanto  al  numero  dei  falsi ,  alcuno  lo  credette  grandissimo ,  altri  mi- 
nimo: certo  ve  n'ha  ancora  di  molti  negli  archivj  privati;  né  i  pubblici  ne  sono  mondi. 

Uno  de'  più  sceUici  in  fatto  di  documenti  fu  il  gesuita  Bartolomeo  Germon  ,  Dispulazione  intorno  gli 
antichi  diplomi  de'  re  Franchi.  Vedasi  Rafruet,  Hisloire  dei  contestations  sur  la  diplomalique.  Nella 
traduzione  italiana  fattane  dal  p.  Gaspare  Baretta  s'aggiungono  alcune  cose  riguardo  alle  quistioni  ita- 
liane; ma  più  a  lungo  ne  tratta  il  Fumagalli,  Istituzioni  diplomaliche,  e.  8. 

Le  norme  per  conoscere  la  legittimità  di  un  diploma  son  così  date  dalla  chiosa  : 
Forma.,  stylus.,  filuin,  membrana,  Mera,  sigillum.  Pei  caratteri  esterni  il  miglior  criterio 
è  dedotto  dalla  lunga  e  sottile  esperienza;  per  gl'intrinseci,  dalla  cognizione  della 
storia  e  della  diplomazia.  Invece  adunque  di  qui  recitare  coleste  regole,  ci  restringe- 
remo a  dire  con  Mabillon,  che  vuoisi  molta  prudenza  ,  erudizione,  soda  e  giusta  mo- 
derazione. 

Maffei  Scipione,  Storia  diplomatica.  Mantova  1727. 

Bariivgio,  Clavis  diplomatica.  Hannover  -1754,  2  voi. 

Walter,  Lexicon  diplomalicum   Gottinga  1745-47,2  voi. 

De  Vaines,  Dictionnaire  raisonné  de  diplomalique.  Parigi  1774,  2  voi. 

Martorelli,  De  regia  lecha  calamaria. 

Marini,  Papiri  diplomatici. 

Fumagalli,  Istituzioni  diplomatiche.  Milano  1801 

—         Codice  diplomatico  Santambrosiano.  Ivi. 
ScnOENEMANN,  Yertuch  eines  vollstandigen  Systems  der  allgemeinen  besonders  allern  Diplomalik.Got- 

tinga  1802. 
MoncELLi,  Dello  scrivere  degli  antichi  Romani.  Ivi  1822. 
Bihliothèque  de  VÉcole  des  Charles.  Parigi  I8i2  e  seg. 
R.  Lepsius,  La  paleografia.,  uno  degli  slromenli  della  linguistica.  Berlino  1834, 


Canxù,  Documenti.  —  Tomo  1,  Archeoloyìa  e  Delle  Arti  20 


306 


ARCHEOLOGIA   E   BELLE   ARTI 

CAPO   OTTAVO 

NUMISMATICA 


g  2i9,  —  Monete.  Varj  nomi. 

Le  monete  dai  Greci  erano  chiamate  argento  fargyrionj,  o  ricchezze  (chremata),  o 
leggi  (nomismaia)  perchè  acquistavano  valore  da  una  legge:  di  qui  le  parole  di  numus 
e  numismatica.  I  Latini  dissero  moneta,  forse  perchè  le  iscrizioni  ammoniscono  del  va- 
lore, 0  piuttosto  perchè  battevansi  nel  tempio  di  Giunone  Moneta.  Dissero  anche pecuma, 
0  perchè  fu  sostituita  agli  armenti  (pecua)  con  cui  dapprincipio  faceansi  i  baratti,©  per- 
chè le  prime  recavano  l'impronta  di  una  pecora  o  d'un  bove.  La  voce  medaglia  è  forse 
una  corruzione  di  metallum,  e  dall'Italia  passò  in  Francia  e  in  Ispagna. 

È  convenuto  che  le  medaglie  erano  monete  per  gli  antichi,  eccettuati  forse  i  meda- 
glioni romani,  pezzi  grossi  e  di  straordinaria  perfezione.  E  poiché  anche  le  monete  an- 
tiche non  si  considerano  in  relazione  al  loro  valor  nominale,  ma  all'arte  e  alla  storia, 
tutte  sono  classificate  come  medaglie,  e  medagliere  dicesi  il  luogo  dove  stanno  custodite 
e  distribuite. 

§  220.  —  Studj  necessarj  al  niimismàtìco. 

L'economista  le  studia  per  determinarne  il  valore,  la  proporzione  dei  metalli  fra  sé 
e  colle  merci  ;  se  rappresentassero  veramente  il  valore  di  cui  portavano  il  nome ,  o  vi 
fosse  una  moneta  di  conto  a  cui  si  riferivano. 

11  numismatico  esamina  le  monete  per  uso  della  storia  e  delle  belle  arti.  In  tale  ri- 
cerca deve  egli  appoggiarsi  alla  storia,  alla  geografia,  alla  mitologia,  all'iconografia  pei 
tipi,  alla  giurisperizia  per  le  magistrature,  alla  storia  naturale  pnr  gli  oggetti  in  essi  ef- 
figiati,  alla  chimica  e  docimastica  per  la  composizione  metallica  e  la  patina;  dall'an- 
tiquaria propria  cercare  la  spiegazione  delle  figure,  dalla  paleografia  la  forma  dei  carat- 
teri ,  dalla  storia  dell'arte  il  tempo  e  gli  autori,  dall'economia  politica  la  slima  del 
valore  e  l'uso.  Vastissima  memoria  gli  occorre  per  abbracciare  questi  innumerevoli  mo- 
numenti ;  squisito  senso  dell'arte  per  conoscerne  le  differenze  ;  pratica  lunga  per  re- 
spingere le  falsificazioni  :  e  solo  a  questo  modo  possono  chiarirsi  d'una  medaglia  l'arte, 
l'autenticità,  il  tempo,  il  valore,  il  significato. 

§  221 .  —  Utilità  della  numismatica. 

Moltissimi  frutti  si  colsero  dallo  studio  delle  medaglie.  Da  esso  la  storia  delle  arti  belle, 
meglio  compiuta  e  autentica  che  da  qualsiasi  altro  monumento;  e  Mionnet  ne  dedusse 
i  progressi  di  quelle  presso  Greci,  Itali  antichi  e  Fenicj.  Ai  nuovi  artisti  suggerirono 
esse  concetti,  disegni  e  felici  allusioni.  Molte  volte  corressero  errori  dei  codici,  e  l'or- 
tografia di  persone  e  di  paesi  ;  tanto  più  che  esse  han  questo  di  particolare  sovra  gli 
altri  monumenti,  di  offrire  molti  esemplari  di  ciascuno. 

Ennio  Quirino  Visconti  potè  colle  medaglie  formare  l'iconografia  più  compita  ;  esse 
ne  accertano  dei  caratteri  usati  a  certi  tempi,  col  che  ajutano  a  determinare  l'età  di 


UTILITÀ   DKLLA    NLMISMATICA  507 

altri  monumonli.  Spanhemio ,  che  pel  primo  trattò  seriamente  della  buona  interpreta- 
zione numismatica,  mostrò  quanto  giovino  all'intelligenza  de'  classici,  e  di  tali  monu- 
menti arricchì  i  suoi  commenti  ai  Cexari  di  Giuliano  e  agli  Inni  di  Callimaco.  Altri  lo 
imitarono  con  più  o  men  senno.  Egidio  Lachurio,  Ernesto  Loeschero,  CranvifTieo,  Zei- 
bichio  mostrarono  il  partito  che  se  ne  può  trarre  a  chiarimento  delia  storia  ecclesiastica 
e  delle  antiohità  sacre.  1  Protestanti  del  secolo  xvi  difTiisero  medaglie  di  papi  coll'iscri- 
zione  :  regnvm  qvod  non  servierit  tiiìi  peuirit,  per  dimostrare  l'esorbitanza  dei  pon- 
tefici; ma  furono  convinte  false  dalla  progrediente  numismatica.  Le  Blanc  ,  dietro  al 
suo  Trattato  deìhmnmte^  inserì  una  '<  Oissertazione  istorica  su  alcune  monete  di  Carlo 
Magno  e  Lodovico  Pio,  di  Lotario  e  suoi  successori,  battute  a  Roma,  colle  quali  si  con- 
futano coloro  che  pretendono  tali  principi  non  aver  mai  avuto  autorità  in  essa  città, 
se  non  di  consenso  coi  papi  ». 

Uno  degli  usi  più  importanti  delle  medaglie  è  di  accertare  i  tempi.  Golzio  ne  raccolse 
óltre  duemila  di  città  greche,  con  molte  particolarità  di  geografia,  di  religione,  d'usi, 
di  forma  di  governo;  ma  a  poco  o  nulla  servono  perch''-  vi  mancano  le  date.  Lo  stesso 
può  dirsi  in  gran  parte  di  quelle  delle  colonie  e  delle  deità.  La  serifl  di  personaggi  for- 
mata da  Jobert  è  spesso  d'incerta  autenticità.  Nelle  monete  di  famiglia,  i  nomi  di  con- 
soli appajono  sol  dopo  il  2U  di  Roma  ;  e  il  medesimo  ritratto  conservavasi  in  perpetuo. 
Enrico  Noris  trasse  dalle  medaglie  l'età  dei  re  siro  macedoni  fFirenzelfiOI).  Con  grande 
abilità  Le  Vaillnnt  formò  la  serie  cronolosica  dei  Seleucidi  di  Siria  dal  312  av.  C.  sino 
al  7o  ;  degli  Arsacidi  dopo  il  57.^;  degli  Achemenidi,  dei  Lagidi.  Pav^r  e  Walker  illu- 
strarono il  regno  baltriano.  Ma  simili  ajuti  mancano  nelle  dinastie  più  antiche,  e  anche 
nelle  nuove  moltissime  difficoltà  occorrono,  Champollion  Figeac  confessa  difficilissime 
quelle  de'Tolomei  d'Egitto,  con  tanti  nomi  simili,  e  spesso  senza  numero  o  sopranome, 
e  con  instabilissime  maniere  di  computare. 

Tutto  ciò  fa  comprendere  il  vantaggio  che  se  ne  può  cavare,  e  le  difficoltà.  Perocché, 
come  di  tutto  il  resto,  così  si  abusò  della  numismatica,  o  chiedendole  più  di  quel  che 
essa  vaglia,  o  togliendone  pretesto  a  quegli  sfoggi  d'erudizione  che  erano  di  moda  nel 
secoli  passati,  o  pretendendo  spiegare  tutto  a  forza  d'ingegno,  come  fece  il  suddetto 
Le  Vaillant,  odorando  lunghissimi  stenti  a  dicifrare  punti  che  poi  riescono  di  nessun 
interesse.  Le  medaglie  possono  giovare  ben  poco  di  là  del  iii  secolo  av.  C.  Poco  poi  o 
nulla  esse  conchiudono  senza  l'appoggio  d'autorità  scritte  ;  mentre  sono  invece  potenti 
a  rinfiancare  queste.  Non  seguì  che  vergogna  a  taluno  che,  per  {spiegare  leggende,  in- 
trodusse paesi  ignoti  alla  geografia,  e  ad  un  nostro  che  vi  lesse  una  divinità  ignota  a 
tutti  gli  scrittori.  Onde  Eckhel  ben  dice  che  uffizio  della  numismatica  non  è  già  inse- 
gnate la  storia  e  la  mitologia,  ma  bensì  emendare,  o  illustrare,  ò  arricchire  quel  che 
entrambe  sanno. 

Né  però  vuoisi  incorrere  nel  vizio  contrario  col  troppo  restrìngerla  ;  e  in  generale 
fu  colpa  l'avervi  cercato  solo  la  cronologia,  dato  esatte  descrizioni,  assegnatone  la  classe 
e  la  distribuzione  geografica,  negligendo  assai  altre  cose  che  vi  si  possono  riscontrare, 
tra  le  quali  il  linguaggio  simbolico  e  la  storia  dei  costumi  e  delle  opinioni  ;  parli  che 
meritano  le  cure  anche  dell'età  nostra,  la  quale,  se  si  aliena  dalla  pura  e  speculativa 
erudizione,  deve  dalle  monete  dedurre  tutte  le  verità  generali  che  un  esame  metodico 
può  stabilire  scientificamente. 

g  222.  —  Quali  cose  si  considerano  in  ogni  moneta. 

In  ogni  medaglia  o  moneta  si  considerano  :  1"  il  metallo;  2®  il  modulo;  3"  la  costa 
0  spessore  ;  4"  la  faccia  ;  fars  antica,  cioè  il  diritto  ;  5"  il  rovescio,  para  postica  o  aversa; 
6°  l'iscrizione;  T  la  leggenda;  8"  il  campo  ;  9"  l'esergo  ;  10°  i  monogrammi  ;  H"  la 
data;  12»  il  valore. 

§  223.  —  iJi  che  metallo  siano  le  monete. 

Le  medaglie  antiche  si  fecero  principalmente  d'oro,  d'argento,  di  bronzo.  Quelle  di 
piombo  si  suppone  servissero  per  entrare  alle  feste;  medaglioni  di  tal  metallo  trova- 
ronsi  sotto  le  fondamenta  per  memoria.  Moneta  di  stagno  si  ricorda  stampata  da  Dionigi 


308 


ARCHEOLOGIA   E   BELLE   ARTI 


tiranno  di  Sicilia.  Non  se  ne  vedono  di  ferro  e  di  cuojo,   sebben   leggasi  ne  usassero 

Spartani  e  Bisantini;  né  di  legno  come  le  cartaginesi.  Le  imperiali  d'Egitto  sono  talora 

di  ottone  (potinj,  mistura  di  stagno  e  rame  con  poco  argento. 

Forse  (benché  negato  da  alcuni)  gli  Arabi  si 
valsero  per  moneta  del  vetro,  e  a  ciò  dovevano 
servire  le  paste  con  caratteri  cufici  di  cui  ab- 
bonda la  Sicilia. 

Di  bronzo  era  particolarmente  adoperata  una 
specie  detto  ciprio  :  insigni  poi  erano  le  monete 
di  metallo  corintio. 

L'oro  delle  monete  antiche  non  è  finissimo  ;  e 
chiamansi  di  elettro  quelle  cui  è  allegata  una 
quinta  parte  d'argento,  come  alcune  fenico-sicule, 
dei  re  del  Bosforo  cimmerio  nell'età  imperiale, 
e  di  imperatori  bisantini.  La  più  antica  moneta 
d'oro  si  fece  nella  Lidia  e  in  altre  città  dell'Asia 
Minore.  In  Sicilia  coniossi  il  491  av.  C.  ;  in  Gre- 
cia solo  al  tempo  di  Filippo  Macedone.  Argento 
non  fu  coniato  a  Roma  fin  al  485,  484,  485  della 
città,  né  oro  prima  del  537,  secondo  Plinio,  il 
quale  a  torto  aggiunge  che  primi  i  Romani  in- 
trodussero di  alterare  la  purità  delle  monete, 
perchè  la  lega  trovasi  già  in  quelle  di  Filippo 
Macedone.  L'oro  avea  moltissima  lega,  e  andò 
peggiorando  dopo  Didio  Giuliano,  finché  Dio- 
cleziano lo  ritornò  in  meglio.  I  medaglioni  d'ar- 
gento sono  molto  più  rari.  Poi  le  monete  stesse 
divengono  rare  sotto  gl'imperatori,  ad  eccezione 
di  Pertinace,  Didio  Giuliano,  Pescennio  Nigro,  i 
Gordiani  e  Claudio  Goto  ;  da  questo  a  Diocleziano 

soo  rarissime.  Allora  si  coniò  molto  bilione. 


Aureliano,  oro.  Doppio  diametro. 


§  224.  —  Se  la  materia  indichi  ricchezza. 

Dalia  quantità  di  monete  d'oro  mal  si  argomenterebbe  la  ricchezza  di  un  paese. 
In  prima  non  sappiamo  quanta  parte  sieno  delle  battute,  potendo  il  caso  averne  con- 
servate più  0  meno  che  altrove.  Poi  v'ha  paesi  ricchi  che  non  ne  batterono,  come  i  re 
della  Siria  ;  e  non  ne  conosciamo  di  Atene.  In  Roma  furono  rare  prima  dell'impero.  Al- 
cune città  greche  cominciarono  coU'oro,  e  passarono  all'argento  e  poi  al  bronzo.  Di  Si- 
racusa, Taranto,  Cirene  ne  abbondano.  Città  di  gran  rinomanza,  come  Corinto,  Olinto, 
Elide  scarseggiarono  di  monete  ;  altre  di  poca  ne  abbondarono,  come  i  Tasj,  i  Durazj  ed 
altre  della  Magna  Grecia.  Eckhel  afferma  ch'è  più  facile  trovare  cento  monete  tasie  o 
dirachiane  o  di  Marsiglia,  che  non  una  degli  imperatori  Carli,  Ottoni,  Federichi,  Enrichi 
di  Germania.  Questa  copia  viene  non  soltanto  dall'essersene  fatte  assai ,  ma  dall'esser 
j)iù  grosse  e  solide  e  con  figure  più  rilevate,  mentre  nel  medioevo  faceansi  sottili  e  di 
l)oco  rilievo,  onde  facili  a  perire. 

Le  monete  ci  attestano  quanto  scarse  fossero  le  comunicazioni  regolari  fra  popoli 
vicini ,  e  quindi  le  loro  somiglianze.  Talora  nella  medesima  provincia ,  per  esempio 
l'Apulia,  l'Etruria,  il  Lazio,  il  sistema  delle  monete  avrà  per  campione  il  bronzo  fra  un 
popolo,  l'argento  fra  un  altro  5  rozzissime  saranno  le  monete  qui,  mentre  a  poche  miglia 
sono  squisite. 


§  225.  —  Come  si  coniavano. 

Dai  tre  metalli  principali,  i  triumviri  monetarj  di  Roma  erano  intitolati  \.X.J£.  F.  F. 
auro,  argento,  cere  flando,  feriundo.  Queste  due  ultime  voci  esprimono  i  due  processi 
della  monetazione  :  0  fondevasi  il  metallo  in  una  forma  vuota  che  portasse  le  due  im- 


CONIO.  Monui.o 


309 


pronte;  o  fondevasi  in  prima  la  botclla,  poi  si  improntava,  sia  con  un  punzone  batten- 
dovi sopra  il  martello,  sia  con  una  tanaglia  clic  noi  due  morsi  portava  i  due  conj. 

Ci  rimase  qualche  conio  antico,  e  nominatamente  uno  di  Berenice  regina  d'iigitto  ; 
come  pure  qualche  forma  di  terra  per  colarvi  le  monete.  Alcuni  negarono  che  mai  si 
fossero  fuse,  salvo  che  da  falsar]  ;  pure  se  ne  trovano  più  che  non  si  creda,  e  non  è 
facile  il  discernerle  dalle  battute.  Alcune  furono  ultimamente  dal  signor  Avellino  assi- 
curate a  Venosa,  zecca  che  cosi  prende  posto  nella  geografia  numismatica. 

Il  primo  modo  di  battere  fu  di  fissare  un  conio  in  un  ceppo,  e  un  altro  tenere  colla 
mano  a  guisa  di  punzone,  e  percuoterlo  con  replicati  colpi  di  martello.  Forse  le  mo- 
nete più  grandi  e  i  medaglioni  batteansi  con  qualche  macchina  più  forte.  Sulle  prime 
un  conio  era  in  rilievo,  uno  in  incavo,  col  che  facilmente  sdrucciolando  la  moneta,  le 
due  impronte  restavano  di  rado  eguali. 

Servivano  alle  monete  gl'incisori  di  conj  (ccelatores) ,  i  saggiatori  (spectatores  numu- 
lariij,  i  raffinatori  (ccenarii)^  i  fonditori  (fusarii,  flatuarii)  ;  gli  osquaiores  moneiarum 
ne  precisavano  il  peso;  i  suppostores  metteano  i  pezzi  nel  conio  ;  i  malleatores  li  batte- 
vano. Un  primicerius  soprantendeva  all'officina. 

Dal  trovare  le  medaglie  del  conio  stesso  differenti  una  dall'altra  e  con  lettere  tras- 
poste e  fallate,  alcuno  suppose  fossero  ciascuna  lavorate  a  mano  dagli  schiavi.  Altri 
immaginarono  che  con  un  punzone  in  rilievo  imprimessero  le  lettere  in  concavo  una 
presso  l'altra  sul  conio  prima  che  fosse  temperato,  e  perciò  potessero  uscire  di  linea, 
ed  anche  esserne  dimenticata  qualcuna.  Questa  parte  di  tecnica  offre  molte  difficoltà  che 
l'arte  finora  non  ha  risolte. 


§  226.  —  Modulo. 

Modulo  chiamasi  la  grandezza  delle  medaglie,  secondo  la  quale  si  distinguono.  Quelle 
di  bronzo  da  12  a  ■IS  linee  diconsi  di  gran  bronzo  ;  di  mezzo  bronzo  dalle  11  alle  9;  di 
piccolo  le  minori  ;  se  passano  le  15  diconsi  medaglioni.  Per  semplificare  e  precisare  le 
denominazioni  si  stabilì  questo  cerchio,  e  coi  numeri  corrispondenti  s'indica  la  gran- 
dezza della  medaglia  : 


Modulo. 


1  medaglioni  credesi  non  corressero  per  moneta,  almeno  fra  i  Romani,  ma  per  ornare 
qualche  divinità,  o  in  memoria  d'imprese  e  largizioni,  o  per  adulazione;  davansi  anche 


310 


ARCHEOLOGIA    E   BELLE    ARTI 


per  ricompensa  di  guerra,  o  s'inserivano  negli  scudetti  delle  insegne  militari.  Passata 

roccasione,  poterono  correre  in  commercio,  al 
qual  uopo  talora  si  contrassegnarono.  Altri  non 
erano  che  ornamento  o  parte  del  mondo  mulie- 
bre. I.a  moneta  d'argento  più  grande  (13  1|2) 
che  dall'antichità  ci  arrivasse  è  quella  dell'im- 
peratore Attalo,  nel  museo  Britannico,  che  ere- 
desi  unica,  e  pesa  1203  grani. 

Steinbdechel,   Notiee  sur  les  médaillont  en  or  du  musée  de  Vienne. 


g  227.  —  Il  contorno. 

Pel  contorno,  oltre  lo  studio  che  se  ne  fa  per  discernere  le  monete  false,  suole  te- 
nersi conto  dello  spessore  (cra^sitiesj.  Si  sa  che  le  monete  antiche  erano  molto  grosse, 
ma  non  s'ebbe  l'uso  d'improntarle  sul  taglio  come  noi  facciamo.  La  prima  moneta  si- 
fatta  gl'Inglesi  pretendono  sia  di  Cromwell  nel  1658;  ma  il  gabinetto  numismatico  dei 
Serviti  di  Firenze  ne  pot^siede  una  toscana  d'argento  del  1392. 

Non  tutte  le  monete  sono  rotonde,  e  Tltalia  antica  ne  offre  di  rettangole  e  di  rom- 
boidali; alcune  ejjizie  del  tempo  de'  Tolomei  e  dei  Cesari  somigliano  a  un  cono  tronco; 
tirano  allo  sferico  quelle  di  Acanti,  d'Egina,  di  Siracusa;  quadrate  sono  molle  delle 
recentemente  trovate  di  re  Battriani. 

Nel  museo  di  Nìiues  è  una  medaglia  detta  piede  di  cerva,  perchè  ha  un'appendice  che 
rappresenta  tale  figura-,  e  da  un  lato  ha  un  cocodrillo  incatenato  e  una  palma,  forse  in 
segno  della  conquista  d'Egitto,  colle  lettere  coLonia  nembusì,  e  nell'opposto  due  teste, 
probabilmente  d'Augusto  e  Agrippa. 

§   228.  —  Il  diritto. 

Il  diritto  della  medaglia  rappresenta  la  testa  del  principe,  o  il  simbolo  speciale  della 
città  in  cui  nome  fu  coniata.  Questo  serve  a  classificare  la  medaglia;  e  quando  ambo  i 
lati  portano  una  testa,  la  moneta  si  riferisce  al  più  qualificato  dei  due  personaggi.  L'im- 
primere la  propria  effigie  sulle  monete  fu  sempre  tenuto  come  indizio  di  sovranità;  e 
autonomi  chiamansi  i  paesi  o  le  colonie  cui  quello  fu  riservato,  come  diremo. 

Quanto  alle  teste,  alcune  sono  isolate,  altre  doppie,  o  conjugate,  o  affrontate,  od  op- 
poste, come  dicemmo  nella  Gliplica  (§  157).  Conosciamo  una  medaglia  d'Istro,  portante 
le  teste  dei  Dioscuri,  una  in  su,  l'altra  in  giù,  per  indicare  die  alternativamente  sono 
nell'emisfero  superiore  e  nell'inferiore. 

§  229.  —  Il  rovescio. 

Il  rovescio  della  medaglia  porta  il  tipo,  il  quale  è  più  generale  che  non  l'iscrizione, 
sebbene  non  sia  vero  quanto  Eckhel  asserì,  che  nessuna  moneta  ne  manchi.  A  tacere 
altre  (tutte  però  di  modulo  minimo),  fra  le  inedite  pubblicate  dagli  Annali  di  corrispon- 
denza archeologica  (t.  XI,  p.  278),  n'è  una  di  Terea  dell'Argolide,  portante  un  0  all'an- 
tica, e  sul  rovescio  un  A  in  quadrato  incuso  bipartito,  e  nessun  tipo. 

Nelle  monete  autonome  sovente  il  tipo  del  rdvescio  è  in  correlazione  con  quello  del 
diritto,  e  dà  i  simboli  della  divinità  espressa  su  questo;  il  che  interviene  pure  in  molte 
monete  di  famiglia. 


§  230.  —  I  tipi. 

Le  città  aveano  tipi  stabili,  che  venendo  concepiti  ed  eseguiti  sotto  la  sanzione  della 
pubblica  autorità,  devono  esprimere  idee  nazionali  e  non  capricci  individuali.  Merite- 
rebbero dunque  che  vi  si  cercasse  la  storia  dei  costumi,  delle  credenze,  della  simbo- 
lica: nel  che  sono  tanto  più  preziosi  sovra  gli  altri  monumenti,  in  quanto  non  furono 
restaurati  né  alterati  o  mutili;  ed  offrendo  due  composizioni,  una  sul  dritto,  una  sul 


TIPI  311 

rovescio,  spiogansi  l'una  coll'altra,  ed  agevolano  il  modo  di  leggere  celesta  simbolica. 
Fors'anche  per  la  religione  di  (juei  simboli  le  monete  erano  collocate  nelle  tombe. 

KruGBT,  ^n  inquiry  itilo  the  symbolical  language  ofancient  and  new  theology. 
SiCELER,  De  typi$  $imbolici$  in  nummis. 

Di  tipo  talvolta  serve  la  divinità  tutelare,  come  per  Atene  Minerva,  per  Delo  la  lira, 
che  vedesi  in  queste  Gg.  I5  per  Delfo  la  testa  d'ariete  del  Giove  Amnione,  2;  oppure  edi- 


fizj  rinomati  del  paese,  come  il  labirinto  pei  Gnossi;  0  particolarilà  naturali,  come  pei 
Cesariensi  di  Cappadocia  il  monte  Argeo,  e  pei  Samaritani  il  monte  Garizim  ;  0  le  pro- 
duzioni speciali,  come  la  spiga  pel  Metaponto,  il  silfio  pei  Cirenaici;  0  la  forma  del 
proprio  scudo,  come  è  de'  Macedoni  e  de'  Beoti.  Talora  vi  si  scolpiscono  gli  uomini  fa- 
mosi del  paese  ovvero  i  fondatori,  come  Omero  per  Scio,  Ercole  per  Crotone,  per  Itaca 
Ulisse  col  vigile  gallo  fig.  1.  Dionigi  il  vecchio,  vincitore  alle  corse,  pose  tale  vittoria 
sulla  moneta  lìg.  2  : 

2 


Spesso  i  tipi  sono  parlanti,  cioè  espressione  fonetica  del  nome  della  città  o^della  fa- 
miglia: così  la  rosa  per  Hodi,  e  per  Hosas  in  Catalogna;  il  cuore  per  Cardia;  una  ca- 
pra [^f/('^)  per  la  città  di  Egea  ;  un  granchio  (àzpayasj  per  Agrigento  ;  un  gomito  (a/ycjvj 
per  Ancona;  un  muso  di  leone  per  Leontino.  Selino  ha  le  foglie  di  appio  (-le^ivov), 
Urso  nella  belica,  un  orso,  Clide  una  chiave  (//ewovj,  Celenderis  un  cavaliero  che  spinge 
un  cavallo  {y.i/i-j  o£/o&<),  Gluma  un  porco  (^/oj^vsìovj.  Sulle  ateniesi  la  clava  di  Ercole 
accompagna  il  nome  dell'arconte  Eruclide;  tre  supplicanti  a  ginocchio  (ìzEiidiatJ  allu- 
dono al  nome  dell'arconte  Icesio.  li  rovescio  d'un  tetradramma  di  Demetrio  Solerò 
di  Siria  presenta  una  Cerere  [àr,^r,Tr,fj).  Altrettanto  ricorre  in  quelle  di  romani  ma- 
gistrati; Pan  su  quelle  di  Pausa;  un  vitello  su  quelle  di  Vitulo;  le  muse  su  quelle  di 
Musa  ;  i  trioni  sui  danari  di  Lucrezio  Trioue  ;  il  martello  su  quelle  di  Malleolo;  il  fiore 
su  quelle  di  Aquilejo  Jr  loro  ;  uu  Giove  cornuto  su  quelle  de'  Cornificj  ;  un  toro  su  quelle 
della  famiglia  Ihoiia,  come  anche  della  città  di  lurio.  In  quelle  della  famiglia  1- uria  e 
Publicia  un  piede  allude  al  loro  cognome  di  Crassipede.  Accolejo  Lariscolo  pose  le  tre 
sorelle  di  Eelonle  mutate  in  larice. 

Alcune  hanno  tipi  osceni,  come  le  monete  battute  nel  monte  Pangeo,  ad  Ejone,  ad 
Amtipoli,  nell'isola  di  iasu,  a  Lampsaco:  ma  è  noto  come  alla  religione  non  ripugnasse 
la  rappresentazione  anche  degli  atti  più  inslintivi.  D'altri  non  si  sa  la  ragione;  come  i 
Peloponnesiaci  la  teslugine,  gli  Scioti  la  sfinge,  i  Dirachiani  il  vitello  lattante,  i  Siba- 
riti il  bove  che  guarda  indietro,  1  Lampsaceni  di  Misia,  il  cavallo  alato.  Il  loro  colla 
testa  umana,  che  spesso  compare  su  monete  sicule  e  della  Magna  Grecia,  si  suppone 
esprima  Bacco,  ovvero  il  ratto  d'Europa,  talché  quella  mezza  ligura  di  bove  antropo- 
morfo sarebbe  la  prora  di  un  vascello,  equivalente  ai  rostri  che  i  Romani  poi  adotta- 
rono: altri  vi  scorge  il  fiume  .^icheloo,  ad  esprimere  forse  una  delle  fatiche  d'Ercole;  men- 
tre Janelli  lo  crederebbe  piuttosto  un  simbolo  del  fiume  consideralo  come  generatore  di 


312 


ARCHEOLOGIA    E   BELLE   ARTI 


tutte  le  cose  fisiche,  giusta  il  concetto  di  Talete.  Ma  non  vuoisi  tacere  che  simigliante 

figura  fu  trovata  a  Persepoli,  e  testé  a 
Ninive.  In  forma  alquanto  diversa  appare 
in  questa  moneta  di  Gela  in  Sicilia: 

Ecco  altri  simboli  delle  città: 

Antiochia,  una  donna  con  torri  e  un  al- 
tare colla  fiamma. 

Apamea  in  Siria,  testa  di  Bacco  e  un 
tirso  rovesciato. 

Bisanzio,  la  mezzaluna,  per  onorar  Dia- 
na ;  e  fu  dai  Turchi  adottata.  Altre  volte 


la  nave,  come  nella  medaglia  qui  sotto. 


Pirene,  vicin  del  quale  Bellerofonte  prese  il 
effigiato  nelle  sue  monete: 


Camarina  in  Sicilia,  il  chamcerops 
humilis,  ossia  la  palma  minore. 

Coleo,  un'aquila  che  combatte  un 
drago. 

Coo,  testa  d'Ercole  giovane  con  pelle 
di  leone,  e  nel  rovescio  una  mazza 
sotto  un  cancro. 

Coifù,  testa  coperta  da  una  pelle  di 
leone,  e  15]  una  prora. 

Corinto  :  presso  di  essa  era  il  fonte 
cavallo  Pegaso  5  perciò  questo  animale  è 


Creta,  il  gigante  Talo,  che  credeasi  fare  ogni  giorno  il  giro  dell'isola  (Cavedom). 

Efeso,  la  testa  di  Eraclito  filosofo. 

Epiro,  testa  di  Giove,  e  15]  un'aquila. 

Eraclea  in  Macedonia,  un  elmo  da  un  lato,  dall'altro  uno  scudo. 

Etolia,  testa  di  Mercurio  e  un  cinghiale. 

Eubea,  testa  di  bove. 

Giudea,  una  palma. 

Gnosso  di  Creta,  la  testa  di  Giove  e  di  Minosse,  e  il  labirinto  quadrato. 

Li  li  beo  (il/arsa/oj  la  cetra  (qui  sotto). 

Melos,  il  melogranato. 
Paro,  testa  di  Medusa,  e  r!  un  bove. 
Populonia,  che  nell'idioma   nazionale 
è  Popluna,  la  luna. 

Samo,  una  Giunone;  talvolta  uo'Ama- 
zone  che  tiene  una  corona. 

Scio,  testa  d'Omero  da  un  lato,  dall'al- 
tro una  sfinge  e  una  lira. 
Side,  il  melogranato,  che  così  chiamasi  in  greco. 
Smirne,  la  madre  degli  Dei  (pag.  seguente). 
Sparta,  Castore  e  Polluce  a  cavallo. 

Tebe  di  Beozia,  un'anfora  a  due  manichi  e  lo  scudo  beotico: 
Tespi,  una  musa  e  una  lira. 
Una  figura  triangolare  con  tre  piedi  riuniti  a  una  testa,   che  ancora  considerasi 


TIPI 


313 


come  simbolo  della  Sicilia,  vedesi  pure  in  monete  di  Cilicia,  di  Pamfilia,  di  Cipro,  e  su 
vasi  panatenaici;  ma  non  ne  è  data  spiegazione  soddisfacente. 


Sulle  monete  ricorrono  animali  fantastici.  L'aquila  bicipite  viene  dal  favoloso  ani- 
male banca  delle  tradizioni  musulmane,  il  quale  dicono  rapisca  l'elefante  e  il  bufalo, 
come  il  corvo  rapisce  i  sorci.  Primi 
la  posero  nelle  loro  medaglie  i  Tur- 
comani  che  nel  xiii  secolo  gover- 
narono la  Palestina  e  il  Diarbekir, 
e  si  trova  in  monete  di  bronzo  di 
Malek  el-Salah  Mahmoud  del  615 
dell'egira,  1218  d.  C. 

Reiscke  avea  preteso  fosse  un 
omaggio  reso  a  Federico  li  :  ma 
prima  la  spedizione  di  questo  cadde 
solo  nel  1228;  inoltre  l'aquila  a  due  teste  non  fu  adottata  dagli  imperatori  prima  del 
134S,  e  precisamente  da  Lodovico  il  Bavaro,  forse  per  indicare  l'accoppiamento  di  due 
sovranità  avvenuto  pel  suo  matrimonio  con  Margherita  d'Olanda.  Egli  l'adoprava  però 
come  re  ;  come  imperatore  conservando  l'aquila  d'una  testa  sola,  forse  fin  quando, 
nell'ultima  crociata,  qualche  Tedesco  o  Fiammingo,  insignoritosi  d'uno  stendardo 
turco,  pensò  farne  onore  allo  stemma  imperiale. 

Marsden's  Numismata  orienlalia^  p.  ]'6ó. 

Adler,  CoUectio  nova,  p.  d08. 

Gattereb,  De  origine  aquilw  imperiali!.  (Soc.  di  Gottinga,  t.  X.  p.  241). 

LoNGPÉBiER,  Revue  archéologique,  1845. 

A  questi  tipi  principali  se  ne  trovano  talora  uniti  altri  variatissimi,  e  probabilmente 
posti  dal  monetiere  per  bellezza  oper  distinzione.  Così  sui  didrammi  di  Siracusa,  che 
da  una  parte  recano  la  testa  di  Pallade,  dall'altra  il  Pegaso,  accanto  alla  prima  trovansi  o  un 
arco  0  una  faretra,  o  un  tripode,  o  un  gallo,  o  una  chimera,  o  altri  sigilli.  Vedansi  quelle 
del  seguente  decadramma  siracusano,  che  a  grandezza  eguale  esiste  nel  museo  Britan- 


nico, pesante  625  grammi  d'argento,  e  cbe  porta  la  testa  di  Timoleone.  In  tal  genere 
sono  ricchissime  le  monete  di  famiglie,  fatte  benissimo. 


314  ARCHEOLOGIA    E   BELLE    ARTI 

Altre  volte  un  segno  vi  fu  incuso  dopo,  talora  con  poca  arte  e  guastando  il  tipo. 

Quanto  corredo  di  cognizioni  storiche,  paleografiche,  artistiche  richiedonsi  da  nu- 
mismatico, giacché  per  lo  meno  settantamila  tipi  diversi  si  conoscono!  Quest'abbon- 
danza di  tipi  ci  fa  sentire  una  superiorità  moderna,  cioè  la  costanza  nostra  ad  un  peso 
e  ad  una  misura,  con  gran  vantaggio  del  commercio. 

§  231.  —  Del  blasone. 

Il  discorrere  dei  tipi  ci  porta  naturalmente  a  parlar  del  blasone,  distintivo  della  no- 
biltà. Gli  stemmi  o  arme  costituiscono  un  linguaggio  geroglifico  come  quello  intagliato 
sopra  le  faccie  degli  obelischi;  e  l'arte  del  blasone  consiste  nel  saper  scrivere  e  leggere 
in  questo  idioma. 

Si  considerano  nelle  arme  due  elementi  :  il  fondo  detto  campo  o  scudo;  e  le  figure  su 
quello  dipinte  od  incise,  chiamate  segni.  Lo  scudo  è  sempre  coperto  o  d'uno  dei  quat- 
tro colori,  rosso,  turchino,  verde  e  nero;  o  d'uno  dei  due  metalli,  oro  e  argento;  o 
d'una  delle  due  fodere,  ermellino  e  vajo.  Pei  segni,  oltre  i  quattro  colori  nominati, 
usa  anche  il  color  naturale  o  di  carnagione. 

La  prima  regola  del  blasone  è  di  non  porre  metallo  sopra  metallo,  né  colore  sopra 
colore;  e  sono  false  le  arme  che  se  ne  dipartono,  eccetto  tre  o  quattro  scudi  in  tutta 
Europa,  nei  quali  la  regola  è  violata  per  cause  particolari  e  conosciute. 

Lo  scudo  era  diviso  in  capo  cioè  la  parte  superiore,  e  punta  cioè  l'inferiore;  e  sopra 
una  e  l'altra  poteva  esser  posto,  come  segno  ed  in  positura  variabile,  uno  degl'infiniti 
esseri  della  creazione  naturale  e  fantastica. 

I  segni  collocati  sono  tutte  le  parli  d'un'armadura;  tutti  gli  animali,  vólti  sempre 
dalla  sinistra  alla  dritta;  e  tutti  i  vegetali;  della  religione,  principalmente  la  croce;  fi- 
nalmente alcune  impronte  particolari,  come  la  banda,  specie  di  nastro  che  attraversa 
il  campo  da  dritta  a  manca,  la  quale  assume  il  nome  di  sbarra  se  lo  attraversa  da  si- 
nistra a  dritta,  e  di  fascia  se  collocata  orizzontalmente. 

II  blasone  fra  gli  antichi  formava  una  parte  essenziale  ed  integrale  dell'arredo  mili- 
tare :  sta  dipinto  per  lo  più  sugli  scudi  e  le  bandiere  ;  trovasi  anche  spesso  sulla  prora 
(Jelle  navi  e  sopra  suggelli  :  ma  non  conosciamo  fosse,  come  nel  medioevo,  applicato 
all'architettura,  ai  mobili  e  alle  vesti  ;  se  pure  non  si  citino  un  passo  di  Ezechiele,  e 
le  lunole  della  calzatura  de'  nobili  romani. 

In  Omero  son  armi  evidentemente  blasonate  quelle  di  Pandaro,  d'Agamennone  e 
d'Achille.  Gli  scudi  artistici  d'Achdle,  d'Ercole,  di  Enea  si  allontanano  allatto  dagli 
usi  araldici,  e  invece  degli  emblemi  e  delle  ordinarie  divise  degli  eroi,  contengono  in- 
tere cosmogonie.  Nei  Sette  a  Tebe  Eschilo  suppone  che,  dai  baluardi  di  Tebe,  Eteocle 
domandi  chi  sono  i  guerrieri  che  scorge  alla  testa  de'  varj  corpi  di  truppe;  e  un  espio- 
ratore  glieli  nomina,  descrivendo  i  loro  stemmi.  INel  princii)io  delle  Fenici  di  Euripide 
Antigone  salita  s'una  torre  del  palazzo  d'Edipo,  chiede  a  un  vecchio  i  nomi  dei  capi, 
e  il  vecchio  le  risponde:  —  Osservai  con  attenzione  i  loro  emblemi  quando  andai  in- 
contro a  vostro  fratello,  e  li  riconoscerò  facilmente  ».  iNel  mezzo  della  tragedia,  un  vec- 
chio, scendendo  dalla  cittadella,  va  a  raccontare  aGiocasta  gli  apparecchi  del  combat- 
timento, le  nomina  i  capi,  e  ne  descrive  gli  stemmi.  Filostralo  nella  vita  di  Temistocle 
dice,  che  i  re  di  Persia  avevano  per  divisa  un'aquila  d'oro  s'uno  scudo.  Negli  Ellenici 
di  Senofonte  si  legge  che  i  cittadini  di  Sicioue  portavano  la  lettera  S  sui  loro  scudi, 
e  i  cavalieri  tebani  una  mazza  dipinta. 

Plinio  [Hisl.  nat.  xxxv,  i)  dice  che  i  combattenti  all'assedio  di  Troja  avevano  em- 
blemi dipinti  sugli  scudi,  e  soggiunge  che  i  Cartaginesi  solcano  dipingere  e  incidere 
emblemi  sulle  loro  armi.  Appiano  nella  Guerra  di  titcìlia,  narra  che  Sesto  Pompeo, 
dopo  una  vitttoria  sopra  di  Augusto,  si  fece  chiamare  tiglio  di  Nettuno,  e  mutò  il  co- 
lore del  suo  scudo. 

Fra  gli  antichi  hanno  pure  impronte  distintive  gli  stendardi  guerreschi  di  terra  e  di 
mare.  Nel  capo  ii  dei  Numeri  è  detto  che  gli  Ebrei  accampavano  intorno  al  Taberna- 
colo ognuno  sotto  i  vessilli  e  le  insegne  proprie,  secondo  le  famiglie  e  i  casati.  Nelle 
Supplici  di  Eschilo,  Daiiao  grida  che  riconosce  alle  loro  insegne  i  vascelli  degli  Egi- 
ziani che  lo  iuseguono.  NqW Aniiyone  di  Sofocle,  da  un'anlislrofe  del  coro  risulta  che 


lìl.ASONE  315 

i  Tebani  portavano  un  dragone;  probabilmente  il  dragone  di  Cadmo  fondatore  di  Tebe, 
atteso  che,  nella  Ipijenia  in  Anlide  d'Euripide,  la  terza  strofa  del  primo  coro  dice  cliia- 
ramente  che  i  vascelli  de'  Beoti  aveano  sugli  stendardi  Cadmo  con  un  serpente  d'oro 
in  mano.  Da  alcuni  passi  di  Geremia  relativi  a  babilonia  sembra  che  gli  Assirj  spiegas- 
sero sulle  insegne  una  colomba  ;  lo  confermano  due  versi  di  Tibullo  nella  7a  elegia 
del  li  libro;  forse  dal  nome  della  regina  Semiramide,  che  significava  colomba.  Un'a- 
quila d'oro  colle  ali  aperte,  iniissa  sulla  punta  d'una  picca,  era  anche  al  tempo  di  Seno- 
fonte l'insegna  militare  de'  re  di  Persia  (Ciropedia,  i,  10). 

V Eneide  è  tutto  sparso  di  particolarità  araldiche,  e  a  molti  passi  può  forse  darsi  una 
nuova  interpretazione.  Nel  ix  libro  Virgilio  dice  che  il  guerriero  Clenore  non  avea  che 
una  spada  nuda  e  un  bianco  scudo:  Ense  levisnudo,  parmaque  inglorius  alba.  Questo 
verso  prova  che  i  guerrieri  della  primitiva  Italia  non  poneano  sui  loro  scudi  che  il  bla- 
sone delle  lor  famiglie,  giacché  Clenore,  di  nascita  illegittima  come  figlio  di  una  schiava 
del  re  di  Meonia,  non  reca  nessun  emblema  né  sulla  spada  né  sullo  scudo. 

Nel  libro  i  Enea  sale  uno  scoglio  esplorando  intorno  il  vasto  mare,  se  veda  apparire 
la  nave  di  Capi,  o  le  armi  di  Calco  su  l'eccelsa  poppa  ;  che  forse  erano  uno  stendardo  di 
colore  particolare,  o  distinto  da  segno  speciale.  Nel  medesimo  senso  spiegherei  quel 
del  libro  x,  in  cui  Giunone  irritata  domanda  a  se  slessa  che  cosa  le  giovò  «  piantar  armi 
sulla  poppa  delle  navi  di  Turno?  « 

Nel  VI,  Enea  alza  una  tomba  a  Deifobo,  e  vi  pone  il  nome  e  le  arme  di  lui.  Servio 
commentando  scrive  «  cioè  le  arme  dipinte  »  ;  il  che  prova  che  i  Homani  usassero 
armi  così  dipinte  fino  al  iv  secolo. 

L'uso  di  sottoscriver  le  lettere  col  nome  fu  introdotto  assai  tardi,  e  dapertutto  si 
cominciò  dal  segnarle  con  un  suggello  :  e  per  verità  nell'origine  di  tutti  i  popoli  i 
nomi  sarebbero  stati  mezzi  incertissimi  per  provare  l'identità  delle  persone,  non  es- 
sendo ereditar]. 

Nel  VII  àeW Iliade  si  trae  a  sorte  chi  di  nove  greci  eroi  deva  provarsi  in  campo  eoa 
Ettore.  Ognuno  segna  la  sua  tessera,  e  la  gilta  in  un  elmo.  Nestore  agita  le  sorti,  e  ne 
è  tratta  una,  mostrata  in  giro  da  un  araldo  ai  nove  pretendenti.  Che  quella  tessera 
fosse  un'impronta  di  suggello  è  provato  dal  vedere  che  gli  otto  primi  Greci,  cui  venne 
presentata,  non  la  riconobbero  per  loro  ;  ma  giunto  il  banditore  al  telamonio  Ajace 
questo  ravvisò  il  suo  segno  e  l'accettò. 

Nelle  Trachinie  di  Sofocle,  Dejanira  manda  per  mezzo  di  Lica  una  tunica  ad  Ercole, 
e  dice:  — Egli  riconoscerà  facilmente  che  il  dono  è  mandato  da  me,  perché  vi  posi  il 
mio  suggello  ».  Nell'yp/Jo/;7y  d'Euripide,  Teseo  ricevendo  una  lettera  di  Fedra,  esclama: 
—  Quai  dolci  memorie  ridesta  in  me  l'impronta  del  suo  suggello!  »  ed  aggiunge:  — 
Apriamola  » .  11  che  prova  che  le  lettere  degli  antichi  erano  chiuse,  non  aperte,  e  con  sug- 
gello pendente.  Giuseppe  Flavio,  nel  capo  3  del  xu  libro  delle  Antichità  giudaiche, 
racconta  che  Areo  re  di  Sparta  scrisse  a' Giudei  una  lettera  sopra  un  foglio  quadrato, 
con  un  sigillo  rappresentante  un'aquila  con  un  serpente  fra  gli  artigli. 

D'ordinario  quando  gli  antichi  adottavano  un  sigillo,  lo  componeano  dietro  ad  un 
fatto  notabile  nella  loro  famiglia.  Plutarco  in  AJario  narra  che  Siila  ne  fece  fare  uno, 
dov'era  rappresentato  in  atto  di  ricevere  Giugurta  dalle  mani  del  re  Bocco,  e  se  ne  servì 
per  le  sue  lettere. 

Due  altri  fatti  provano  che  le  armi  araldiche  fra  gli  antichi  erano  in  molti  casi,  come 
furono  sempre  nel  medioevo,  un  segno  ereditario,  destinato  a  consecrare  la  tradizione 
delle  famiglie.  Ovidio  nel  vii  delle  Metamorfosi,  Plutarco  in  7Vseo,  Seneca  nel  3'  atto 
^tWIppolilo  narrano  che  Egeo  re  d'Atene,  avendo  ricevuto  uno  straniero  alla  sua  ta- 
vola costui  trasse  il  pugnale  per  trinciar  le  carni,  e  che  avendo  il  re  osservato  gli  em- 
blemi incisi  sul  manico,  ebbe  tosto  riconosciuto  suo  figlio  Ippolito,  partoritogli  da  Etra 
figlia  di  Piteo,  re  di  Trezene.  Svelonio,  in  Caligola.,  riferisce  che  l'imperatore,  geloso 
delle  antiche  famiglie  nobili  di  Roma,  tolse  ai  Torquati  la  collana  ereditaria,  ai  Cincin- 
nati i  capelli  lunghi  e  inanellali,  ed  il  sopranome  di  Magno  alla  famiglia  de' Pompei. 

Il  blasone  delle  armi  romane  è  l'anello  pel  quale  si  connettono  l'antichità  e  il  medio 
evo  ;  e  contiene  pressoché  tutti  gli  elementi  coi  quali,  sullo  scorcio  dell'xi  secolo,  fu 
rafTinata  la  scienza  degli  stemmi. 

Vegezio  dice,  al  cap.  Sdelii  libro,  che  ogni  coorte  aveva  un  tempo  emblemi  differenti 


316  AnCIlF.OLOGlA    E    BELLE    ARTI 

dipinti  sopra  gli  scudi,  «  come  (prosegue  egli  a  dire)  si  adopera  ancora  a'  nostri  giorni 
perdura  ai  soldati  facilità  di  riconoscersi  nelle  mischie  ».  Quegli  emblemi  erano  dipinti 
all'esterno  degli  scudi;  sull'interno  era  il  nome  del  soldato  che  lo  portava.  Ma  quali 
erano  questi  emblemi?  Quei  che  conosciamo  non  seguono  le  regole  blasoniche:  gli  Er- 
coliani  Nuovi  aveano  un'aquila  d'oro,  posata  s'un  ramo  d'albero,  in  campo  di  zafliro 
orlato  d'oro;  i  Teodosiani  Secondi,  un  toro  d'oro  al  piede  d'una  montagna  verde,  in 
cima  della  quale  il  busto  d'un  Moro,  con  un  pileo  in  una  mano  e  una  corda  nell'altra  ; 
i  Vecchi  Menapi  portavano  un  serpente  d'oro  in  campo  verde  orlato  di  rosso  e  d'argento 
con  uno  scudetto  d'oro  nel  centro  ;  e  così  via. 

Gli  arcieri  Galli  delle  bande  giovani  aveano  campo  azzurro  col  margine  cinto  da  due 
cerchi,  de' quali  l'interno  era  d'oro,  l'esterno  rosso;  nel  centro  dello  scudo  eravi  un 
globo  rosso  entro  un  cerchio  d'argento,  portato  da  due  aquile,  l'una  a  dritta,  l'altra  a 
sinistra,  e  tra  le  due  aquile  un  cartello  coll'effigie  degl'imperatori  d'Oriente  e  d'Occi- 
dente. Gli  arcieri  Galli  delle  bande  vecchie  avevano  le  stesse  armi,  senonchè  il  globo 
era  chiuso  fra  due  cerchi,  l'uno  d'argento  l'altro  rosso;  e  nel  cartello  erano  alcune 
parole  mezzo  delineate,  che  rappresentavano  la  legge.  Lo  stemma  de'Celti  Veterani  erano, 
in  campo  rosso,  due  dragoni  d'oro,  uscenti  da  un  cippo  in  palo,  e  che  si  guardavano 
l'un  l'altro.  Quello  de'Bracati  Vecchi  erano,  in  campo  azzurro,  due  corna  d'oro,  uscenti 
da  un  cippo  in  palo  dello  stesso  metallo. 

Ecco  un  vero  blasone  co' suoi  smalti  e  i  suoi  segni;  blasone  simbolico  e  significativo, 
ma  veramente  originale,  e  quale  non  l'avrebber  mai  potuto  inventare  gli  araldi  del  x  o 
dell'xi  secolo. 

Nelle  corse  del  circo  si  ravvisano  evidentemente  i  tornei;  e  i  diversi  colori  assunti 
dalle  fazioni,  corrispondono  a  quelli  de' cavalieri  e  de' concorrenti  d'arme.  Virgilio, 
nei  v  dell'  Eneide,  le  fa  celebrare  in  Sicilia  ad  onore  dei  mani  d'Anchise,  e  vi  sono  t;ià 
quattro  fazioni,  e  a  quattro  si  limitarono  anche  in  appresso  fino  agl'imperatori,  cioè  i 
Bianchi,  i  Rossi,  gli  Azzurri,  i  Verdi.  Domiziano  v'aggiunse  i  Gialli  e  i  Paonazzi.  Gli 
stessi  colori  servirono  pe'  tornei;  se  non  che  vi  si  aggiunse  il  nero,  proprio  de' cavalieri 
in  lutto,  e  le  due  pelliccie  d'ermellino  e  vajo,  produzioni  nordiche,  sconosciute  sotto 
il  sole  della  Magna  Grecia  e  dell'Italia. 

11  blasone  romano  disparve  in  Occidente  insiem  coU'lmpero  ;  in  Oriente  si  congiunse 
nell'xi  secolo  col  nuovo  blasone  dei  Crociati;  e  l'uno  e  l'altro  uscirono  da  Costantino- 
poli il  29  maggio  14S3,  quando  Maometto  II  vi  entrò  co' Turchi. 

Alle  crociate  comincia  pel  blasone  un'era  nuova,  co'  tornei  ;  e  il  cerimoniale  che  ne 
regolava  le  particolarità,  dee  aver  contribuito  a  ridur  regolare  la  lingua  del  blasone. 

Posteriori  sono  le  cronache  latine  e  i  romanzi,  dov'è  parlata  la  lingua  araldica.  Gof- 
fredo conte  d'Anjou,  che  fu  fatto  cavalier  del  Bagno  a  Rouen  da  Enrico  1  d'Inghilterra, 
di  cui  divenne  genero,  portava,  secondo  il  Monaco  di  Marmoustier,  leopardi  d'oro  sullo 
scudo,  poco  innanzi  al  1130.  Nei  Romanzi  di  Berta  dai  grandi  piedi  d'Adenes,  circa 
ÌM260,  al  versetto  xli  leggesi  una  formola  araldica  regolare  e  completa:  Era  ella 
della  stirpe  del  prode  conte  Glausur,  che  aveva  per  arma  un  lione  azzurro  in  campo 
d'oro  ». 

Divenuto  il  blasone  scienza  complicata  e  profonda,  dottori  n'erano  gli  araldi,  a  cui 
dobbiamo  i  primi  libri  su  tal  materia,  fra  i  quali  tengono  il  primo  luogo  quelli  dell'a- 
raldo Barry  e  dell'araldo  Sicilia. 

Adunque  il  blasone  del  medioevo  è  nuovo,  chi  guardi  le  sue  regole;  antico,  chi 
consideri  i  suoi  elementi  ;  d'ogni  tempo,  chi  ponga  mente  al  suo  scopo.  Ai  giorni 
d'Agamennone,  siccome  a  quelli  di  Bajardo,  un  gentiluomo  portava  sopra  lo  scudo  la 
storia  propria  o  della  sua  famiglia  ;  solo  nell'xi  secolo  trovossi  un'arte  di  combinare  i 
caratteri:  innovazione  considerevole,  ma  non  creazione. 

Gli  araldi  ammisero  quattro  colori,  sotto  il  nome  generale  di  smalto;  due  metalli, 
oro  e  argento;  e  due  pelliccie  o  fodere,  l'ermellino  e  il  vajo.  Il  fondo  di  queste  fodere 
era  d'argento  o  bianco  ;  e  le  macchie,  nere  per  l'ermellino,  azzurre  pel  vajo;  aveano  a  un  di 
presso  nel  primo  la  forma  d'un  ferro  di  lancia,  nel  secondo  il  profilo  d'una  campanella. 
Dappoi  s'inventarono  l'antiermellino  e  l'antivajo,  due  fodere  immaginarie,  il  fondo  e  le 
macchie  delle  quali  erano  in  ordine  inverso  del  colore. 

Dopo  il  colore,  il  metallo  e  la  fodera  del  campo,  i  re  d'arme  ne  regolarono  le  divi- 


IMPRESE  317 

sioni,  delle  quali  ammisero  quattro  generali, eseguite  con  una  linea;  la  perpendicolare, 
l'orizzontale,  la  traversa  da  destra  a  siniitra  e  la  traversa  da  sinistra  a  destra.  Combi- 
nate producevano  infinite  altre  divisioni.  Inquartato  era  detto  lo  scudo  spartito  a  guisa 
di  croce;  pa/a/o  o  in  paio,  se  a  linee  perpendicolari  ;  falciato,  se  a  più  linee  orizzontali  ; 
a  scacchiere,  se  a  linee  orizzontali  e  perpendicolari  insieme;  se  era  segato  da  più  tra- 
verse da  sinistra  a  destra  e  da  destra  a  sinistra,  dicevasi  ammandolato. 

Le  figure  erano  od  onorevoli  o  men  onorevoli.  Le  onorevoli  empivano  il  terzo  dello 
scudo,  ed  erano  : 

11  capo,  banda  che  occupava  l'alto  dello  scudo,  e  rappresentava  il  diadema  de' re 
antichi  ; 

La  fascia,  che  occupava  il  mezzo  dello  scudo  orizzontalmente,  e  rappresentava  una 
sciarpa  ; 

Il  palo,  ritto  nel  mezzo  dello  scudo  perpendicolarmente,  a  figurare  un  bastone  di 
battaglia  o  piuttosto  di  steccato; 

La  banda,  diagonale  da  dritta  a  sinistra,  e  rappresentava  una  banderuola; 

La  sbarra,  specie  di  [piuolo  che  traversava  lo  scudo  da  sinistra  a  destra,  ed  era  in 
generale  indizio  di  bastardo  ; 

La  croce  di  sanV  Andrea  banda  e  sbarra  combinate  ;  ed  è  una  specie  di  staffa,  di  cui 
servivansi  un  tempo  i  cavalieri. 

Le  croci  passavano  il  numero  di  cento,  ma  le  più  adoperate  erano  la  ordinaria  o 
piena,  l'ingraticolata,  la  isolata,  la  potenziata  (cioè  con  una  traversa  a  ciascun  capo),  la 
croce  pomarra,  la  croce  a  àncora,  la  croce  ricrociata.  In  generale  la  croccerà  indizio  di 
crociata,  del  pari  che  le  conchiglie  e  la  mezzaluna. 

Lo  scaglione,  che  somiglia  una  squadra  col  vertice  verso  il  capo  dello  scudo,  era, 
come  la  croce  di  sant'Andrea,  un  oggetto  di  torneo. 

Ldi  pergola  avea  la  forma  d'un  Y:  alcuni  araldi  vi  ravvisarono  un  pallio  di  vescovo. 

il  quadrante  era  un  canto  dello  scudo,  ordinariamente  il  quarto  all'angolo  della  dritta, 
a  fianco  del  capo. 

La  bordura,  sorta  di  fascia  intorno  allo  scudo. 

L'orlo,  lista  interiore. 

Il  merletto,  lembo  fiorettato. 

Lo  scudetto  del  cuore,  piccolo  scudo  nel  centro  del  grande. 

Il  gherone  in  forma  d'un  Y  come  la  pergola,  ma  dove  l'intervallo  dei  due  rami  era 
pieno. 

Di  pochi  stemmi  sono  conosciute  l'origine  e  la  precisa  significazione.  Il  più  delle 
Case  vollero  attribuirli  ad  avventure  strane,  romanzesche,  poco  provate,  e  divulgate 
dagli  araldi  sull'appoggio  di  argomenti  che  più  non  esistono.  Moltissimi  vengono  da 
giuochi  di  parole,  da  lazzi,  da  somiglianze  di  nomi.  Quei  che  riproducono  con  simboli 
il  nome  di  chi  li  porta,  sono  detti  arme  parlanti  ;  così  un  orso  era  l'arma  degli  Orsini. 
Talvolta  rammentavano  una  professione;  e  lo  stemma  de'  Medici  componevasi  di  pillole, 
che  poscia  cangiarono  in  focaccine  o  palle.  Talaltra  derivano  da  aneddoti  e  particolarità 
personali:  Laroque  narra  che  Guglielmo  il  Bastardo  prese  per  arma  un  leopardo  d'oro 
in  campo  rosso,  perchè  il  leopardo,  secondo  Plinio,  è  frutto  d'una  pantera  maschio  e 
d'una  lionessa. 

Annettesi  al  blasone  Vimpresa,  o  come  i  Francesi  dicono,  devise;  insegna,  mediante 
la  quale  personaggi  cospicui  solevano  distinguersi  dagli  altri,  o  esprimere  desiderj  o 
pensieri.  Si  compone  del  corpo  e  dell'anima,  ossia  del  soggetto  e  del  motto:  il  primo  è 
la  figura  di  qualche  oggetto  naturale  od  artifìziale,  che  possa  porgere  un  concetto;  il 
secondo  è  quasi  la  dichiarazione,  la  conferma,  il  rincalzo  del  primo.  'Ad  un'impresa 
perfetta  Paolo  Giovio  richiede  cinque  condizioni:  ì"  giusta  proporzione  dell'anima  col 
corpo;  2'  non  sia  oscura,  né  però  tanto  chiara  ch'ogni  plebeo  la  intenda,  5'  dia  bella 
vista  ;  4"  non  riceva  alcuna  forma  umana;  5"  il  motto  vuole  comunemente  essere  d'una 
lingua  diversa  dall'idioma  di  colui  che  fa  l'impresa,  perchè  il  sentimento  sia  alquanto 
più  coperto,  breve,  ma  non  tanto  da  lasciar  ambiguità. 

Pure  si  conoscono  alcune  significative  e  nobili  imprese,  con  sola  l'anima  o  solo  il 
corpo,  come  quella  di  Cesare  Borgia,  Aut  Ccesar  aut  nihil  ;  e  quella  di  Lodovico  il  Moro, 
la  quale  esprimeva  l'Italia  in  forma  di  regina,  con  vesta  d'oro  ricamata  a  ritratti  di  città; 


318 


ARCHEOLOGU    E    BELLE   AUTI 


e  dinanzi  di  essa  uno  scudiero  moro  con  una  scopetta  in  mano  «  per  nettarla  d'ogni 
bruttura  »,  volendo  s'intendesse,  lui  essere  arbitro  dell'Italia  e  assettarla  come  gli 
pareva.  Noto  è  che  alcuno  gli  disse:  —  Avvertite,  che  questo  servo,  maneggiando  la 
scopetta,  viene  a  trarsi  tutta  la  polvere  addosso  ».  E  fu  vero  pronostico. 

Gli  stemmi  appartengono  ai  casati,  e  quindi  son  detti  gmtilizj\  le  imprese  s'appro- 
priano ad  un  individuo:  sebbene  talvolta  l'impresa  di  qualche  uomo  grande  siasi  in- 
quartata nelle  sue  arme,  e  più  spesso  aggiunto  il  motto  allo  stemma  di  famiglia. 

Il  Cinquecento  fu  il  secol  d'oro  delle  imprese;  i  grandi  capitani  ne  chiedeano  ai  grandi 
letterati  :  ora  sono  cadute,  e  solo  ne  fa  uso  ancora  qualche  tipografo. 

Dagli  scritti  di  Paolo  Giovio,  di  Gabriele  Simeoni,  di  l.odovico  Domenichi,  di  Camillo 
Camini,  di  La  Colombière,  e  dalle  Sentenfiose  imprese  et  dialogo  del  Syineone  al  serenis- 
simo duca  di  Savoia  (Lione  l.'SeO)  ne  trarremo  alcune. 

11  tempio  di  Diana  incendiato,  col  motto  Alterutra  clarescere  fama  (Distinguersi,  non 
importa  il  come),  fu  l'impresa  di  Luigi  Gonzaga^  detto  il  Rodomonte,  e  conveniente  ai 
troppi  che  cercano  fama  ribaldeggiando. 

Uno  scudo  col  motto  Aut  cum  hoc  aut  in  hoc;  impresa  del  marchese  di  Pescara,  ca- 
pitano di  Carlo  V. 

Uno  scoglio  contro  cui  frangonsi  le  onde,  col  motto  Conantia  frangere  frangunfur , 
impresa  di  Vittoria  Colonna,  a  cui  dopo  la  morte  del  marito  non  mancavano  invidiosi 
e  n)aligni. 

Un  uomo  selvaggio  colla  mazza  in  mano,  e  il  breve  Mitem  nnimam  agresti  sub  Inu- 
mine servo;  impresa  di  Cirio  d'Ambnise,  governatore  di  Lombardia  per  Lodovico  XII. 

Federico  di  Napoli  ebbe  un  libro  che  brucia,  col  molto  Recedant  veteia,  a  significar 
l'oblio  delle  ingiurie  ricevute. 

Un  cartello  in  bianco,  col  motto  Nec  spe  nec  mcUi,  don  Ferrante  Gonzaga. 

Una  stadera  col  Hoc  fac  et  vives,  il  conte  di  Madalone. 

Una  bussola  colla  calamita  ed  il  motto  Aspicit  imam;  è  impresa  amorosa,  trovata  dal 
Giovio  per  Sinibaldo  de'  Fipschi. 

Una  mezza  luna,  e  Donec  totum  impleat  orbem\  impresa  d'Enrico  II  di  Francia,  per 
onorare  Diana  di  Poitiers. 

L'eclissi  del  sole  per  l'interposizione  della  luna,  col  motto  Totum  adimit  quoingrata 
refulget;  impresa  del  cardinale  Ascanio  Sforza  contro  Alessandro  VI,  il  quale,  doven- 
dogli in  gran  parte  il  papato,  ne  l'aveva  ricambiato  con  far  cacciare  da  Milano  il 
fratello. 

Alfonso  di  Ferrara  ebbe  una  bomba  che  scoppia  à  hVu  et  temps. 

Atlante  col  motto  Sustinet  nec  fatiscit;  impresa  di  Andrea  Gritti ,  proveditore  de' Ve- 
neziani. 

Un'urna  piena  di  pietruzze  nere  con  una  sola  bianca,  e  il  motto  Mqunbit  nigras  can- 
dida sola  dies;  impresa  di  Jacopo  Sannazaro,  il  quale  sperava  poter  col  tempo  piacere 
alla  sua  donna. 

La  bugna  delle  pecchie  cui  l'ingrato  villano  col  fumo  uccide  per  cavar  il  miele  e  la 
cera,  col  motto  Pro  bono  malum;  impresa  di  Ludovico  Ariosto  che  diede  l'immortalità 
agli  Estensi. 

Un  termine,  col  molto  Vel  Jovi  cedere  nescit  ;  impresa  di  Erasmo  da  Rotterdam. 

11  caduceo  col  cornucopia  ,  senza  motto  ;  impresa  di  Andrea  Alciato  ,  esprimente  che 
la  dottrina  gli  aveva  acquistato  ricchezza. 

Un  anello  di  diamante,  con  dentro  il  sole  e  la  luna,  e  il  motto  Simul  et  semper-^  im- 
presa per  due  reali  conjugi,  immaginata  dal  Simeoni. 

Una  leva  a  corde  che  serve  a  caricar  la  balestra,  col  molto  Ingmium  superai  vires  ; 
impresa  di  Fernando  Gonsalvo  per  dimostrare  come  nella  guerra  gli  stratagemmi  gli  va- 
levano più  che  le  forze. 

Un  filugello  col  motto  Sol  di  ciò  xnvo  :  impresa  del  conte  Massimiliano  Stampa,  allu- 
dendo al  cognome  di  sua  moglie  Anna  Morona. 

Con  una  vite  appoggiata  ad  un  olmo  e  il  molto  Quiescit  vitis  inulmo,  Alda  Torcila 
dinotava  il  coniugale  suo  affetto, 

Un  pallone  percosso,  Percussus  elevor  ;  impresa  di  Carlo  Orsini. 

Crogiuolo  posto  sul  fuoco  con  verghe  d'oro  dentro,  e  il  mollo  Sicut  aurum  igni; 


IMHtESÉ  319 

impresa  di  Alberto  da  Stripicciano,  per  la  sperimentala  sua  fede  verso  il   principe. 

F.a  stessa  col  motto  Proba><tì  me,  Domine,  et  cognovisti,  assunta  da  Francesco  di 
Gonzaga  duca  di  Mantova,  vincitore  al  Taro,  calunniato  appresso  il  senato  veneziano  per 
non  aver  perseguito  i  Francesi  dopo  quella  vittoria. 

Girasole,  col  motto  Vertilur  ad  solem  ;  impresa  di  Livia  Torniella.  E  più  ingegnosa- 
mente Giambattista  Lioni  figurò  un  eliotropio,  col  motto  Soli  et  semper. 

Argo  che  guarda  Io  trasformata  in  vacca,  col  motto  Frustra  vigilai;  applicala  a  ma- 
rito geloso  e  deluso. 

Ramo  di  palma  attraversato  con  uno  di  cipresso,  e  il  motto  IUrit  altera  tnerces,  signi- 
ficava 0  vincere  o  morire,  essendo  la  palma  simbolo  di  vittoria,  e  il  cipresso  di  morte; 
impresa  di  Marc'Antonio  Colonna. 

Una  mano  che  arde  nel  fuoco,  col  motto  Fortia  facere  et  pati  romànum  est;  impresa 
di  Muzio  Colonna,  allusiva  all'antico  Muzio. 

Alquanti  giunchi  in  una  palude  turbata  dai  venti  col  motto  Flectimur  non  frangimur 
undis;  impresa  de'Colonnesi,  sfuggiti  allo  scempio  dei  baroni  fatto  da  Alessandro  VI. 

Veltro  in  riposo,  col  motto  Quietum  nemo  iìnpune  lacessit  ;  impresa  di  Francesco 
Sforza  duca  di  Milano. 

Albero  con  un  ramo  staccato,  e  col  molto  Uno  avulso  non  deficit  alter;  impresa  del 
duca  Cosmo,  succeduto  all'ucciso  duca  Alessandro. 

Camello  che  intorbida  l'acqua,  col  motto  //  me  plait  la  trouble,  impresa  di  Virgilio 
Orsini,  gran  capitano. 

Una  pianta  d'ellera  appigliata  ad  una  pianta,  col  motto,  Si  vivel  vivam;  uno  spec- 
chio rovesciato,  col  motto  Aversum  ceteris  {Non  rendo  che  la  immagine  sua);  due  mani 
che  s'incontrano  nell'ombra,  col  motto  Vel  in  tenebris  (Anche  nel  bujo)  ;  un  argine  in 
mezzo  a  un  fiume,  col  motto'  Obruunt  non  dirimunt;  una  lanterna  sorda,  col  motto  A 
te  palese;  son  le  imprese  di  amanti. 

Cosi  un  monte  che  fuma,  col  molto  Di  fuor  si  legge;  la  fenice  nel  fuoco,  col  motto 
Perii  ut  vivai:  una  face  che  arde,  col  motto  Basta  In  muerte  (Sino  alla  morte);  una 
lampada  ardente,  col  molto  Fin  che  duri,  e  una  farfalla  che  si  brucia  al  lume  di  can- 
dela, col  motto  del  Petrarca  T\Vè  più  grato  il  morir  che  il  viver  senza. 

Ricorderemo  pure  un  lauro,  albero  sempre  verde,  col  molto  Ita  et  virtus,  impresa 
del  duca  Lorenzo  Medici;  un  leone  che  tocca  una  rosa,  e  Mitem  animum  sub  pectore 
forti;  un  pozzo,  col  mnUo  Fif  pnrior  haustu ;  un  vascello  colle  vele  calale  che  va  a 
forza  di  remi,  e  col  motto  Propriis  nitar. 

Con  un  cipresso  secco,  circondato  d'ellera  verde  e  il  motto  Hairet  inexpletum,  don 
Antonio  Gusman  dimostrava  che,  quantunque  la  sua  donna  fosse  morta,  vivo  ancora 
durava  il  suo  amore. 

La  casa  di  Trimouille  ebbe  una  ruota  di  carretta,  Sans  sortir  de  Vornière. 

La  casa  di  Crequì  un  porcospino,  intimando  Quelnulne  s'y  frotte. 

Il  marchese  di  Bressieu  un  vascello  a  vele  e  remi,  e  Remigiìs  utat  si  non  afflavent 
aura. 

Le  Colonne  d'Ercole  e  in  mezzo  l'aquila,  col  motto  Plus  ultra,  è  impresa  di  Carlo  V, 
inventala  da  Luigi  Marliano  milanese  suo  medico,  alludendo  al  dominio  delle  Indie. 

Un  istrice  coronato,  col  mo'lo  C(>minu<<  et  eminu<i -^  impresa  di  Ludovico  Xll. 

Enrico  IV  ebbe  una  spada  e  Baptum  diadema  repnnit,  per  indicare  il  recuperato  re- 
gno; poi  una  mano  tenente  l'ulivo  e  la  palma  col  motto  Clemens  victor.  Le  sue  inimi- 
cizie e  le  speranze  erano  indicale  da  un  sole  levante  colle  parole  Adversatur  Iberis,  e 
da  una  palla  imperiale  colle  parole  Maneat  no'^tros  ea  cura  nepotes. 

Anna  d'Austria,  mofjlie  di  Luigi  XIII,  ebbe  un  ermellino  che  Intaminatis  fuìget  ho- 
noribus:  una  luna  e  Gemimi  sol  parvus  honores;  un  cigno  Candore  notabilis  ipso;  una 
stella  che  Ccelo  hceret,  terris  lucei. 

Pel  cardinale  di  Richelieu  si  fecero  queste  :  un  garofano  incarnato  mischio  di  bianco, 
e  Candorem  purpurn  servai:  un'aquila  col  fulmine,  ed  Fxpertus  fdelem  Jupiter;  un 
sole  con  un  quadrante,  e  Nec  momentum  sine  linea;  Ire  gigli  legati  con  un  cordone 
rosso,  e  Sola  mihi  redolent. 

Carlo  cardinale  di  Lorena  assunse  la  conchiglia  che  genere  la  porpora,  e  Nobiscum 
purpura  nata  est. 


( 


320 


ARCHEOLOGIA    E   BELLE    ARTI 


Francesco  di  Lorena  duca  di  Guisa,  una  quercia,  e  Druidis  hcec  nota  potestas;  un 
dado,  e  Stabo  quocumque  ferar. 

Per  Anneo  di  Montmorency  connestabile  di  Francia  si  fecero  queste:  un  lione  che  si 
posa,  e  VaillaìU  e  veillant;  un  arancio  fiorito  nella  cassa,  e  Nil  mihi  tollit  hiems;  una 
vittima  sgozzata  a  pie  dell'altare,  e  Moriendo  sacra  tueiur. 

Per  Bertrando  Duguesclin  un  rinoceronte,  e  Dat  virtus  quod  forma  7ie,9af,  alludendo 
alla  sua  deformità;  un  lupo,  e  Penitus  discordai  ab  Anglis,  perchè  lupi  in  Inghilterra 
non  vi  sono  \  un  sole  rivolto  verso  il  mar  occidentale,  e  Per  me  nunc  splendei  Iberus, 
alludendo  alle  sue  vittorie  in  Spagna. 

Gaucher  de  Castillon,  ajo  dei  principi  di  Francia,  prese  un  centauro  col  motto  Regis 
tutela  futuri  ;  un  leone  che  tiene  una  bilancia,  e  Vis  adjuvat  cpquum;  una  campana  che 
si  suona  pei  temporali,  e  Terroris  terror. 

Pel  famoso  Simone  di  Montfort  che  combattè  gli  Albigesi  e  vi  perì,  un'idra  abbattuta, 
e  Numerus  non  Hercule  major;  il  segno  del  sagittario,  e  Coelestei  dirigit  ictus  ;  un  sole 
che  si  riflette  in  uno  specchio,  e  Si  Deus  aspidi  ardet;  una  mano  che  dalle  nubi  tiene 
un  incensiere,  e  Pereundo  numen  honorat. 

Altre  divise  sono  per  la  Casa  reale  di 


—  Bourbon 

—  Inghilterra   . 

—  Scozia 

—  Bretagna 
per  quelle  di  Anjou 

—  Montmorency 

—  Nevers 

—  Coetmen 

—  Kermenguy . 

—  Juch    . 

—  Molien . 

—  Clermont 

—  Elbene  , 

—  Montchal 

—  Lannion 

—  Creil    . 

—  Chalency 

—  Chaponay     . 

—  Levy    . 

pei  cavalieri  di  san  Michele 

—  di  santo  Spirito 

—  del  Toson  d'oro 

—  della  Giarrettiera 


Esperance. 

Dieu  et  mon  droit. 

In  deffens. 

A  ma  vie. 

Los. 

an).7ivo);  {senza  errare). 

Fides. 

Item  item. 

Tout  pour  le  mieux. 

La  nonpareille. 

See,  pobl  (Guarda,  popolo). 

Si  omnes,  ego  non. 

El  più  fìdele. 

Cer lamine  parta. 

Prementem  pungo. 

Agere  et  pati  fortia. 

Virtus  mihi  numen  et  ensis. 

Gallo  canente  spes  redit. 

Duris  dura  frango. 

Immensi  tremar  oceani. 

Duce  et  auspice. 

Pretium  non  vile  laborum. 


Honny  soit  qui  mal  y  pense. 

Vi  appartengono  i  gridi  di  guerra;  e  i  duchi  di  Borbone  usavano  Mon-joye  Bourbon, 
0  Mont-joye  nostre  Dame  ;  quei  d'Angió,  Mont-joye  Anjou,  oppure  Vallie;  quei  di  Bor- 
gogna, Mont-joye  Saint  Andrieu,  o  Mont-joye  au  noble  due  ;  quei  di  Bretagna,  Saint 
Malo  au  riche  due;  quei  di  Normandia,  Diex  aye,  Dame  Diex  aye,  cioè  Dio  e  Nostra 
Donna  ci  ajuti  ;  i  Montmorency,  Dieu  aide  au  premier  Chrestien  ;  i  conti  di  Champagne, 
Passavant  li  meillor .... 


§  232,  —  La  leggenda. 

Non  è  estraneo  questo  discorso  alle  medaglie.  Ora  tornandovi  più  particolarmente, 
aggiungeremo  che  leggenda  dicons'i  le  parole  che  girano  attorno  al  dritto  ed  al  rovescio. 
Di  iscrizione  serbano  il  nome  a  quelle  che  talvolta  tengono  il  luogo  della  testa  o  del 
tipo;  ovvero  stanno  entro  al  tipo  stesso,  o  sopra  un'ara,  o  s'uno  scudo.  Le  une  e  le 
altre  talora  vanno  a  rovescio,  il  che  non  pare  derivi  soltanto  da  inavvertenza  dell'inci- 
sore che  scrivesse  dritto  la  matrice  ,  giacché  in  antichissime  si  trova  la  scrittura  per 
dritto,  in  alcune  anche  insieme  dritto  e  retrogrado.  Cosi  in  una  antichissima  di  Buxento 


CAMPO,  ESERGO.  MONOGRAMMI 


321 


di  Lucania  è  nYSOESe  ^rONiqi'i.  Alle  volte  è  biistrofeda,  come  AKFATA  ANITNA  per 
AKPArAÌNTINA. 

La  leggenda  talvolta  si  estende  su  tutte  due  le  faccie,  e  talaltra  si  divido  pcrfm  la 
parola,  per  esempio  TPAAAIANiiN  —  it)  KAlCAr^aN  ;  ovvero  A^Vl^AAIilN  —  n) 
TUN  KAI  KAAVAIANnN 

Non  sempre  sono  nella  lingua  del  paese,  ma  alcuni  vinti  adottarono  quella  del  vinci- 
tore, come  la  greca  l'Oriente  dopo  le  conquiste  di  Alessandro:  le  colonie  romane,  e 
anche  il  Basso  Impero  si  valsero  del  latino  che  infine  restò  quasi  unico  linguaggio  nu- 
mismatico io  Europa.  Ve  n'ha  di  greche,  ove  son  miste  due  lingue  ;  così  nelle  icistofore 
d'Asia  AnA.MVisROV.  P.  LENTVLVS  IMPERATOR:  in  altre  il  greco  con  lettere  siriache. 
1  Greci  nelle  più  antiche  serbarono  anche  il  dialetto  proprio,  che  poi  poc'a  poco  depo- 
sero pel  dialetto  comune. 

Molte  monete  antiche  sono  anepigrafi,  cioè  senza  scritta  alcuna.  Le  sigle  si  spiegano 
coU'arte  che  dicemmo  nella  Paleografia.  Visi  trovavano  talvolta  alcune  lettere  solitarie 
0  note  aritmetiche,  ben  distinte  da  quelle  che  ne  esprimeano  il  valore.  I  nuraografi 
sbizzarrirono  nell'interpretarle;  ma  ora  sembra  consentito  non  fossero  che  note  per 
tener  in  ordine  i  conj  e  i  punzoni,  per  norma  dei  fabbricanti. 

§  233.  —  Il  campo. 

Il  campo  è  la  superficie  che  ricevette  l'impronta;  e  lo  studiano  per  distinguere  le 
falsificazioni. 

§  234.  —  L'esergo. 

Esergo,  cioè  fuor  d'opera,  diconsi  le  parole  o  i  segni  al  basso  della  medaglia,  che  non 
appartengono  né  alla  leggenda  né  all'iscrizione.  Frequentatissimo  tra  questi  è  ROMA  o 
ROMANO,  anche  su  medaglie  non  romane,  che  forse  però  batteansi  a  Roma.  In  quelle 
del  Basso  Impero  prevale  il  COMO  o  COMOB  o  CORNOB,  come  in  queste  due,  l'una  di 
Gioviano,  l'altra  di  Valentiniano  lì: 


Moltissimo  si  disse  per  ispiegarlo;  e  chi  intende  Costantinopoli  Moneta  Obsignata;  o 
Costantinopoli  Roma  Nora  Officina  B,  cioè  seconda;  chi  altro  :  ma  sempre  si  può  ob- 
jettare  che  non  si  coniavano  solo  a  Costantinopoli,  bensì  anche  in  Occidente  colle  lettere 
stesse.  Le  Vaillant  propose  CO'Sflaium  OBrizum,  cioè  fino  ;  o  CO^ fiata  Moneta  0Brt3o. 
Eckhel  confessa  che,  di  tutte  le  spiegazioni,  nessuna  lo  appaga.  Ultimamente  si  'pensò 
che  OB  fosser  cifre  significanti  72,  indicando  che  quella  fosse  la  72  parte  della  libbra 
costantinopolitana,  giusta  l'ordine  dell'imperatore  Valentiniano  I  che  la  libbra  si  ta- 
gliasse in  72  soldi  (Pindler  e  Friedlander  ,  De  la  signification  des  lettres  OB  sur  les 
monnaies  d' or  bisantines  Berlino  i8ol).  Ma  tale  indicazione  trovasi  pure  sui  tremissi 
che  rappresentano  la  21 6^  parte  della  libbra. 


§  235.  —  Monogrammi.  Zecchieri 

I  monogrammi,  aggruppamenti  di  molte  lettere  in  una  figura  sola  (vedi  §  21 1  ),  frequenti 
occorrono  nelle  medaglie  greche,  e  talora  nelle  consolari  romane  ;  e  Mionnet  pubblicò 
monogrammi  di  sole  monete  greche.  Non  si  è  ben  certi  che  cosa  significassero,  e  alcuno 
suppose  testé  possano  indicare  l'intagliatore  della  medaglia.  Il  nome  di  questo,  che  di 
rado  manca  oggi,  nelle  antiche  non  si  rinveniva,  talché  facea  meraviglia  che  quegli  ar- 
Cantù,  Documenti.  —  Tom.  I,   Archeologia  e  Belle  Arti  21 


Parigi 

A 

Rouen 

B 

Lyon 

D 

La  Rochelle 

H 

Limoges 

I 

Bordeaux 

K 

Bajona 

L 

Tolosa 

M 

Perpignano 

Q 

Nantes 

T 

Strasburgo 

BB 

Marsiglia 

MA 

Lille 

W 

322  ARCHEOLOGIA    E   BELLE   ARTI 

listi  non  avessero  amato  conservar  la  propria  memoria,  e  in  conseguenza  questa  fosse 
perita  del  tutto,  non  essendone  menzione  negli  autori  -,  fatto  tanto  più  strano  se  si  guardi 
e  la  bellezza  de'  conj,  e  l'aver  segnato  il  proprio  nome  lìn  rozzi  vasaj:  onde  conchiude- 
vasi,  0  che  fossero  incise  dagl'intagliatori  di  gemme,  e  quindi  restassero  confusi  sotto 
la  categoria  di  questi;  o  che  le  leggi  il  vietassero.  Quest'ultima  supposizione  svanì  da 
che  trovaronsi  belle  medaglie  di  Cidonia  in  Creta,  segnate  NEVANTOS  Enotl  (sic)-^  ed 
una  di  Clazomene,  0EOAOTO2  EiiOEl.  Perchè  dunque  lo  iscrissero  questi,  non  altri? 
Si  dubitò  pertanto  che  l'autore  fosse  indicato  dai  monogrammi,  o  piuttosto  dai  nomi 
in  piccolo  carattere,  che  prima  credeansi  di  magistrati,  incisi  il  più  spesso  sovra  qual- 
che particolarità  dell'addobbo,  o  s'un  vaso  (Raoul-Uociiette, j^our/iai  des  savants,  184i, 
p.  520). 

È  noto  che  oggi  con  lettere  e  marche  si  indicano  le  varie  zecche.  Quelle  delle  tredic 
di  Francia  sono  : 

un'ancora  allacciata  con  un  C. 

un  agnello  portante  la  croce. 

l'arca  di  Noè 

un  tridente. 

due  mani  stringentisi. 

una  foglia  di  vite. 

un  tulipano. 

un  T  e  un  C  intrecciati 

un  grappolo  d'uva 

un  ramo  d'olivo. 

un  castoro. 

allacciati,  e  una  palma. 

un  caduceo. 

Per  l'impero  Austriaco,  A  Vienna,  B  Kremnitz,  E  Karsburg,  V  Venezia.  La  zecca 
di  Torino  ha  una  testa  d'aquila  ;  quella  di  Genova  un'ancora,  di  Milano  la  M. 

§  236  —  L'età. 

Giudicasi  l'età  di  una  moneta  dalle  note  cronologiche  talvolta  impressevi,  come 
l'anno  del  regno,  o  i  magistrati  eponimi,  o  le  olimpiadi.  Ma  poiché  quasi  ogni  gente 
partiva  da  ère  diverse,  e  talor  le  cambiava,  o  ne  usava  più  d'una  contemporaneamente, 
difficilissimo  riesce  il  computo.  Né  facile  è  il  leggere  le  cifre  stesse,  piìi  volte  essendo- 
sene mutato  il  valore.  Mancando  queste  (e  mancano  in  quasi  tutte  le  autonomej,  si  ri- 
corre allo  stile,  al  disegno  e  alla  critica  sopra  la  rappresentazione  dei  tipi. 

I  Greci,  secondo  il  costume  di  trarre  tutto  da  sé,  attribuiscono  l'invenzione  dei  pesi, 
delle  misure  e  delle  monete  a  Tidone  re  d'Argo  che  le  fece  coniare  nell'isola  d'Egina 
dopo  il  US  av.  C.  Cominciando  di  là  Eckhel  volle  distinguerle  in  cinque  età  [secondo 
il  metallo,  la  leggenda,  le  lettere,  il  disegno:  classificazione  vaga,  cui  è  impossibile 
attenersi. 

Non  sempre  la  bellezza  de'  conj  è  proporzionata  allo  stato  delle  arti.  Quelli  di  Sidone 
sono  rozzi;  così  in  Atene,  Corinto,  Argo:  mentre  l'Epiro,  l'Acarnania,  i  Locri  Opunzj 
e  alcuni  paesi  d'Arcadia,  non  rinomati  particolarmente  per  belle  arti,  produssero  meda- 
glie del  migliore  stile  (Dodwell,  Greece  ii.  298}.  I  più  vantati  sono  i  medaglioni  d'ar- 
gento di  Siracusa,  colle  teste  di  Cerere  o  Proserpina  da  un  lato,  e  dall'altro  la  Vittoria 
in  quadriga. 

§  237.  —  Il  valore,  e  rapporti  coi  moderni. 

Nel  valore  delle  monete,  come  delle  misure,  molta  incertezza  regna,  e  il  lettore  n'ebbe 
già  indizio  nel  $  7S.  A  quanto  ivi  si  disse  aggiungiamo  ora  questa  tabella  per  le  monete: 


VALORE   DELLE   MONETE  323 

Grecia. 
ORO 

fr.        cent. 

Talento  attico  d'oro  =  CM  mine 55608,  99,6 

Staterò  d'oro,  cìmjsos  0  darico  =  20  dramme 18.  53,63 

ARGENTO 

Talento  attico  d'argento  -=  60  mine  =  0000  dramme 5500.  89,96 

Talento,  a  cominciare  dal  ii  secolo  av.  C 5222.  41 

To/en/o  dT^-ma  0  rfj  Cormio  =  100  mine 9268.  16,6 

Mina=ÌO  dramme 92,  68,16 

Una  mina  più  pìccola  valeva  75  dramme 

Staterò  d'argento  o  tetradramma  =  4  dramme 5.  70,72 

Didrammo  =  2  dramme 1 ,  85,36 

Dramma  attico  (unità  monetaria)  —  0  oboli 0.  92,68 

ebbe  corso  nei  secoli  più  importanti  della  Grecia.  Pesava 

1  grosso,  10  grani  1;7;  ma  verso  il  ii  secolo  av.  C.  non 

pesò  che  1  grosso,  5  grani  1j7,  e  valse 0,  87 

RAME 

06o?o  =  16  chalcous 0,  15,44 

Chalcom  =  7  lepton 0.  01 ,93 

Lepton 0.  00,27 

Contavasi  anche  per  4,  2,  1;2,  oboli,  e  per  2  chalcous,  detti 
tetroboli,  dioboli,  hemioboli  e  dichalcon. 

Roma. 

ORO 

Aureus  o  solidus  =  25  denari  .    .    .    •. 20,  38 

ARGENTO 

Denarius  (unità  monetaria)  =  2  quinarius  =  10  as 0,  81 

Quinarius  o  victoriatus  =.  2  sesterzj  =  5  as 0,  40 

Sextertius  0  nummus  =  \  1/4  dupondius  =  2  1/2  as 0.  20 

Dupondius  =  2  as 0.  16 

RAME 

As,  libella,  assipondium  =  2  sembella;  dall'origine  fino  al 

556  di  Roma  (217  av.C.)  valse 

dal  536  fino  al  720  (34  av.  C.) 

Sembella  =  2  teruncius .• 

Teruncius  

Fino  al  536  il  denaro  valse  10  as,  donde  il  nome;  dipoi  ne 

valse  26,  il  sesterzio  4,  ed  il  dupondioo  1/5. 
Le  monete  inferiori  all'as  furono  ridotte  in  proporzione: 

Sembella .' 

Teruncius    

Dopo  il  720  il  denaro  cambiò  più  volte  di  valore,  e 

sotto  Augusto  valse 

M    Tiberio  e  Claudio 

M    Nerone  

»    Galba  e  Domiziano 0.  70 

L'aureo  seguì  le  variazioni  del  denaro. 


0. 

08 

0. 

05 

0. 

04 

0. 

02 

0. 

02,5 

0. 

01,25 

0. 

79 

0. 

78 

0. 

73 

fr. 

cent. 

V>\. 

44 

49. 

38 

24. 

69 

8. 

23 

4, 

12 

3. 

08 

2. 

06 

1. 

55 

1. 

03 

0. 

52 

1. 

26 

0 

10,4 

0. 

08,67 

0 

04,33 

0 

02,17 

0 

00.54 

0 

00,27 

524  ABCHEOLOGIA   E  BELLE  ARTI 

Greci  d'Asia. 

ORO 

Granfie  ar(7?/m  =  1  1;24  oncia  d'oro 

Oncia  d'oro^  litro  d'argento  =^  darici,  cyziceno,  chrysos    .... 
Danco=3  tetraster 

ARGENTO 

Tetraster  =  ^  distater 

Distater,  oncia  d'argento  =:ì  1;3  hexadramma        

Hexadramnia^=\  1;2  tetradramma 

Tetradramma,  stater  =  4  dramme 

Tridramma  =  3  dramme! 

Didramma  —  2  dramme . •     .     .     .     . 

Dramma  (unità  monetaria) 

Mezza  dramma 

RAME 

Obolo  =  1   1/5  danakon : 

Danakon  =  2   pondion 

Pondion,  dipondion^   hemidanakion  =  2  phollis 

Phollis,  tassiigon,  chalcous  =  4  kodrantes 

Kodrantes,  tetar[on=.'2,  lepton 

Lepton        

Giudei    e    Babilonesi. 

Talento  dì  Babilonia  =1  \  1/5  talento  di  Mosè 7,407.  38 

Talento  di  M osé,  50  m'me  à\  Uosb 6,172.82 

Cintar  =  40  mine   di   Mosè       .     ; 4,938.  40 

Mina  di  Mosè  =  2  2;5  grande  ceseph 123.  46 

Grande  ceseph  =  ^  ifè  darici 51.  44 

Darico  o  daracusmim  =  12  stater 24.  69 

Stater,  siclo.  piccolo  ceseph  =  4  dramme 2.  06 

Dramma,  denaro  =  "2.  rebiites  o  1/2  denaro 0.  52 

Jìebiite  =  21/2  gerali 0.  26 

Gerah,  agorah,  obolo  =  ì  I/o  meha 0.  10,4 

Meha  =z  4   assar 0.  08,6666 

^ssar  =  8  perutah 0.  02,1666 

Periitah 0.  00,2708 

Persia. 

Darico 24.  09 

Egitto. 

Non  si  conosce  alcuna  moneta  egiziana  del  tempo  dei  Faraoni,  lo  che  fa  presumere 
in  Egitto  il  Commercio  si  facesse  a  baratti.  Quasi  tutte  le  monete  dall'821  al  1261  sono 
greche  o  arabe. 

11  talento  d'Alessandria  conteneva  12,000  dramme,  e  forma  il  valore  del  talento  mo- 
saico. 

La  libbra  d'oro  a  Roma  valeva  900  lire,  e  sul  fine  dell'Impero  1066;  quella  'ar- 
gento 75. 


VALORE  DELLE  BIONETE 


323 


Tanto  per  le  monete,  quanto  pei  pesi  servirà  pure  la  seguente  tavola  delle  frazioni 
delerminate  dagli  antichi  {Ann.  civili  del  R.  di  Napoli.  1840.  112): 


ESPRESSIONE    ARITMETICA 
I.N    PAKTI 


NOME 


1/12 

2/12 

3/12 

4/12 
5/12 

6/12 

7/12 
8/12 

9/12 

iO/12 
11/12 
12/12 


1/2 


2/6 


3/6 
4/6 

5/6 
6/6 


I/i 


Ì2/4 


3/4 


4/4 


Comune 
per  tulle 
le  unità 
metriche 


Speciale 
per  alcune  frazioni  delle  unità 


lineari 


poUex 


aerane 


1/3 


semipes 


actus 


2/3 


3/3 


uncia  . 
sextans 

palma 
quadrans  Ipalraus  minor( 

triunx  .   \nu.j/.'.T:rì  (' 

triens 

quincunx  | 
\semissis  \^ 
)sexuns  . 

septunx    I 

bes  I 

ipes  minor 

dodrans    P'^'r'  "='Jo''l°o°"'^- 
\uuuiu        WrrtOayn  [    Cium 

dextans 

deunx 

as .  .  . 


pes 


jugerum 


cube 


cyatus 

quarla- 
r  US 


hemina 
cotula 


sextarius 


ponderali 

e 
monetar  e 


ibra  pondo 


11  sicilicus,  come  divisione  duodecimale  dell'oncia  Si3pà.y^iJ.oy,  =  ^/^  dell'oncia,  Vhs  della 

libbra. 
Come  misura  lineare  =  V,  del  pollice,  ^/^^^  del  piede. 

Come  misura  oraria  =  ^',  della  duodecima  parte  dell'ora  (Plinio,  xviii.  32.  76). 
Come  misura  agraria  =  600  piedi.  Lo  jugero  era  di  28,800  piedi  (Columella,  v.  1}  ; 

la  sua  dodicesima  parte,  2400  -,  la  quarta  di  questa,  600. 
Come  moneta  di  rame  ^j^  dell'oncia;  i/m  del  denaro. 

Con  maggior  ampiezza  e  razioDalmentc  e  per  diverse  vie  studiarono  i  recenli  sul  ragguaglio  delle  moneta 

ne'  varj  tempi. 
G.  Gabmeb,  Hisloìre  de  la  monnaie  depuis  le  tempi  de  la  plus  haute  aniìquité  jusqu'au  regne  de 

Charlemagne  Parigi  1819,  2  voi. 
Letbo>>e,  Considérations  générales  sur  Vévaluation  des  monnaies  grecqu.es  et  romaines^  et  sur  la 

valeur  de  Vor  et  de  Vargent  avanl  la  découverie  de  VÀmérique.  Ivi  (817. 
A.  BoECKH,  Metrologiche  Uniersuchungen  iiber  Gewchichte ,  M'ùnzfusse  und  Miisse  des  Allerlhums 

in  ihren  Zusammenhange.  Berlino  1838. 
Nell'opera  di  questo  sull'economia  politica  degli  Ateniesi  raccolgonsi  preziose  cognizioni  intorno  alla 

quantità  dei  metalli  preziosi  fra  gli  antichi,  alle  mouete  d'oro  e  d'argento,   e  specialmente  ai  talenti,  al 

paragone  fra  il  valore  dei  due  metalli  fini  e  la  lega  ecc.  Quanto  al  Romani,  espose  ampiamente  tali  materie 

Dureau  de  La  Malie  nella  Economia  politica  de''  Ronfani. 
Le.nobmant,  Mem.   sur  Vorganisaiion  polilique  et  économique  de  la  monnaie  dans  l'anliquilé  (nelle 

Slem.  delVÀccademia.  1863). 


ARCHEOLOGIA    E   BELLE    ARTI 


$  238.  —  Varietà  di  denominazione. 

Le  monete  prendono  vario  nome  :  l"  dall'autore;  per  es.  gli  stateri  cresj  da  Creso  ;  i 
darici,  medaglie  persiane,  da  Dario,  com'è  questa  d'argento  a  grandezza  vera: 

i  fdippi  da  Filippo  Macedone.  Cosi  sono 
menzionali  i  Filippei,  gli  Anloniani,  Au- 
reliani,  Valeriani,  Costantinali  ecc. ,  come 
da  noi  i  Filippi,  i  Luigi,  i  Carlini,  i  Giulj, 
i  Napoleoni. 

2"  DuU'inimagine  impressavi-,  bos,noc- 
tua  0  civetta,  zopa  la  moneta  ateniese  ; 
testudo  quella  del  Peloponneso;  ìiomerei 
quella  di  Smirme  coU'effigie  di  Omero; 
ratiti  che  hanno  la  barca;  victoriali  le  romane  coll'immagine  della  vittoria;  bigaii, 

quadrigati  dalla  biga  o  quadriga, 
come  le  quattro  seguenti  a  gran- 
dezza vera ,  di  cui  le  tre  prime  in 
argento,  la  quarta  in  rame:  e  nei 
moderni,  i  colonnati,  i  lìorini,  i 
ducali,  gli  ambrosini ,  gli  scudi. 
Sui  cistophori  compaiono  magistrati 
0  sacerdoti  di  Bacco,  di  Cerere,  di 
Proserpina,  aventi  la  cista  di  Bac- 
co :  si  dissero  poi  cosi  tutti  quei 
che  portano  tipi  bacchici  od  eleu- 
sini, corone  d'edera,  serpenti  nella 
cesta  0  fuor  di  essa,  e  si  trovano 
anche  in  qualche  famiglia  romana, 
come  l'Antonia  e  la  Claudia. 

5"  Dal  luogo;  ceyinei  quelle  d'E- 
gina  ecc.  ;  e  così  i  bisanti  del  me- 
dioevo, le  Colombie,  le  genovine 
nostre. 

4°  Dal  modo  di  fabbrica  ;  così  a;s 
grave  i  pezzi  di   molto  volume  e 
peso  ;  serrati  o  dentali  quelli  che 
hanno  la  costa   a    scacchi.    Sifatti 
trovansi  moltissimi  denari  di  fami- 
glia, e  si  supposero  fatti  per  impe- 
dire la  falsidcazione.  Se  così  era, 
perchè  usavasi  col   denario ,    non 
col  quinario  ?  Poi  i  re  di  Siria  fe- 
cero serrate  le   monete  di  rame , 
ove  di  falsificazione  non  cade  pe- 
ricolo. Alcuni  magistrati  hanno 
serrate  le  monete  di  un  tipo,  e 
non  serrate  quelle  di  un  altro. 
Se  dunque  non  fu  capriccio  di 
novità,  forza  è  confessare  che  la 
ragione  vera  ci  sfugge.   1  più 
antichi  sono  del  50ì  di  Roma; 
i  pili  recenti  circa  del  G55. 

5"  Dal  peso  ;  come  la  dram- 
ma, l'obolo,  lo  stiitere  dei  (ire- 
ci,  il  siclo  degli  Ebrei,  il  pondo 
0  l'asse  dei  Romani ,  e  la  lira 
Medaglia  di  Tito  Flavio  Vcspaùano.  moderna  dedotta  dalla  libbra. 


Medaglia  di  Camarina  in  Sicilia. 


DENOMINAZIONI   SCIENTIFICHE 


327 


Pei  Greci  l'unità  era  la  dramma  -,  e  didramme,  tctradramme  diceansi  quelle  clic  ne 
valevano  due  o  quattro.  Era  moneta  olTettiva  dell'Attica,  d'Egina,  di  Corinto,  d'Egitto. 
Oboli  erano  la  sesta  parte  della  dramma  :  lo  staterò  d'argento  equivalea  alle  tctradramme. 
La  mina  uguale  a  cento  dramme,  e  il  talento  uguale  a  sessanta  mine,  erano  monete  di 
conto. 

Ecco  una  dramma  attica  d'argento  a  grandezza  vera,  colla  civetta  :  e  una  simile 
d'Egina  colla  tartaruga: 


Pei  Romani  l'unità  era  la  libbra,  o  dodici  oncie,  pondo,  di  metallo,  e  chìamavasi  asse; 
il  sesterzio  (sesquilertiusj  valeva  due  assi  e  mezzo  ;  e  l'asse  aveva  gli  spezzati ,  che  di- 
cemmo, da  dodici  oncie  fino  a  mezz'oncia. 

Per  l'argento  avevano  i  denari  (X,  o  XVI),  che  valevano  prima  10,  poi  16  assi  ;  i  qui- 
nari 0  mezzi  denari  (V  o  Vili);  i  sesterzj  (LLS  libra  semis,  e  per  abbreviazione  HS)  del 
valore  di  libbre  2  '1[2.  Sotto  gl'imperatori  i  denari,  dal 
taglio  di  84  per  libbra,  scemarono  a  9G  e  fin  a  JOO. 

Le  monete  d'oro,  aureus  o  denaro  d'oro,  erano  di  40 
per  libbra,  poi  di  43  :  scemarono  anch'esse  come  quelle 
d'argento,  colle  quali  serbarono  la  proporzione  di  1  a 
23;  cioè  il  denaro  d'oro  valeva  23  d'argento,  ossia  lOO 
sesterzj.  Lo  scrupolo  equivaleva  alla  frazione  indicata 
dal  nome  stesso. 


Scrupulum ,  moneta  d'oro 
imperiale. 


§  239.  —  Denominazioni    scientìfiche. 

Queste  denominazioni  occorrono  presso  gli  antichi  ;  altre  furono  attribuite  dagli  stu- 
diosi dell'arte. 

Incusi  dissero  quei  pezzi  che  da  una  parte  sola  hanno  rilievo ,  dall'altra  un  incavo 
0  artistico  o  rozzo.  Alcuni  hanno  forma  globosa,  e  per  rovescio  un  incavo  informe  o 
quadrati  incusi,  dove  poi  talvolta  s'impressero  a  rilievo  simboli  o  figure:  altri  hanno 
figura  di  piastre,  e  talora  il  rovescio  ha  la  rappresentazione  stessa  o  simile  del  dritto, 
ma  concava.  I  primi  sono  dell'Asia  e  dell'Alta  Grecia,  gli  altri  della  Magna  Grecia,  e 
tutti  si  reputano  fra  i  più  antichi,  e  sembra  cessassero  prima  della  metà  del  v  secolo 
av.  C. 

Monete  sifatte  non  si  hanno  di  bronzo ,  ne  di  città  che  cessassero  d'esistere  prima 
che  s'introducessero  i  due  rilievi  ;  onde  convien  crederle  posteriori  a  quelle  d'argento 
con  doppio  rilievo.  Alcune  sono  così  fatte  per  incuria  del  monetario ,  che  sì  dimenti- 
cava di  levare  il  pezzo  già  coniato,  il  quale  in  conseguenza  riusciva  concavo- convesso, 
e  col  medesimo  tipo  d'ambi  i  lati. 

GiOKGto  SPi^ELti,  Sulle  monete  incuse  (Annali  civili  del  R.  di  Napoli^  N"  60). 

Recuse  o  ribattute  diconsi  quelle  dove  l'impronta  riuscì  doppia  per  fallo  nel  battere. 
Altre  volto  sono  ribattute  per  mettervi  un'impronta  diversa,  fosse  perchè  un  principe 
succedea  rapidamente  all'altro,  fosse  per  alterarne  il  valore,  o  rendere  domestica  una 
moneta  forestiera.  Sono  press'a  poco  dello  stesso  genere  le  contromarcate ,  cui  si  ponea 
un'impressione  posteriore  di  minor  ampiezza  del  tipo  :  il  che  facevasi  per  le  ragioni 
sopradette,  o  anche  per  qualche  uso  temporaneo,  come  per  tessera  d'ingresso  a  certi 
spettacoli. 

Restituite  o  di  restituzione,  come  Eckhel  le  vorrebbe  chiamate,  sono  le  monete  di  un 
imperator  romano,  battute  per  ordine  di  un  suo  successore.  Così  Trajano  rinnovò  spesso 
i  tipi  antecedenti  di  Claudio,  Augusto,  Galba,  forse  per  segno  di  devozione.  Conosconsi 


328  AUCHEOLOGIA    E   BELLE   AUTI 

dalle  lettere  RESI,  e  la  ragion  vera  di  questo  fatto  è  ignota.  Esso  Eckhel  crede  indi- 
chino 0  la  vera  restituzione  delle  monete ,  o  la  rintegrazione  della  sola  impronta  del 
principe,  o  la  rintegrazione  de'  soli  tipi  e  delle  insegne  di  qualche  fatto. 

Incamiciate  o  bracteate  sono  quelle,  ove  l'anima  di  hronzo  o  di  piombo  è  rivestita  di 
una  foglia  d'argento  o  d'oro  per  falsificarle.  Incastrate  quelle  ov'è  la  testa  d'una  meda- 
glia e  il  rovescio  d'un'altra,  segati  e  saldati  insieme  da  falsarj.  Fruste,  ove  il  conio  è 
logorato. 

Ve  n'ha  alcune  il  cui  tipo  non  è  impresso  che  nel  centro  d'un  gran  tondo ,  talvolta 
d'oro,  e  anche  con  un  anello  per  sospenderle.  In  altre  v'è  un  contorno  di  metallo  più 
fino  posto  prima  di  batterle,  in  modo  che  il  tipo  prenda  uno  e  l'altro.  Ve  n'badi  dorate 
in  tutto  0  in  qualche  parte,  come  la  corona  o  l'epigrafe.  Ve  n'ha  di  convesse  da  una 
parte,  concave  dall'altra,  a  guisa  di  coppa,  massime  bisantine  e  del  medioevo,  e  chia- 
mansi  scifate. 

§  240.  —  Contorniate,  e  pseudo-monete. 

Impropriamente  si  collocano  fra  le  monete  le  contorniate.  V'ha  chi  le  confonde  coi 
medaglioni  di  duplice  metallo,  cioè  contornati  da  un  orlo  di  metallo  piìi  fino  :  ma  pro- 
priamente sono  medaglie  di  gran  modulo  di  bronzo,  con  un  solco  circolare  nel  giro  , 
ove  sogliono  essere  i  globuli.  Si  comprende  che  questo  fu  fatto  posteriormente,  perchè 
talvolta  taglia  anche  l'iscrizione.  Sono  sottili  e  ineleganti,  e  il  dritto  discorda  perlopiù 
dal  rovescio;  portano  varj  sigilli  incusi,  massime  il  ramo  di  palma  e  il  monogramma 
1>  0  una  R  inversa,  sempre  in  cavo,  e  talora  riempito  d'argento.  Non  hanno  data:  pare 
si  battessero  solo  per  autorità  privata,  e  servissero  a  corse  e  spettacoli  circensi.  Nei 
contorniati  che  pubblicarono  Ilavercamp  ed  Eckhel  leggonsi  iscrizioni  d'augurio  o  di 
vittoria:  Vrse  vincas;  Lavrenti  nika;  Evt¥.mi  mka  ;  Margarita  vincas;  in  altre  è  il 
nome  de'  cavalli,  Mvs,  Aliger,  Toxotes,  Seracvsvs,  Ospis,  Aeropetes,  Botrocalenes 

Qui  potrebbero  riferirsi  i  gettoni,  pezzi  metallici  colle  scritte  Qui  ludit,  arrham  dei 
quod  satis  sit;  Io  io  triumphe ;  Io  sai.  io  sat.:  pare  servissero  a  giuochi  di  sorte,  e 
alla  celebrazione  dei  saturnali.  Forse  agli  stessi  usi  adopravansi  le  poche  medaglie  di 
piombo. 

Fra  i  pezzi  che  non  corsero  come  moneta  vanno  anche  poste  le  spintrie,  che  rap- 
presentano le  lascivie  di  Tiberio  a  Capri. 

§  241 .  —  Monete  autonome. 

Distinzione  capitale  è  quella  delle  monete  autonome  e  delle  ràgie.  Autonome  sono 
quelle  che  un  popolo  od  una  città  battè  senza  indizio  di  soggezione  a  re  o  ad  altro 
popolo. 

Le  città  e  le  genti  libere  mettevano  il  loro  nome,  per  es.  2YPA,  o  SVPAKOSins,  o 
sYPAKOSJiiN,  come  si  può  vedere  nel  decadramma  siracusano  da  noi  presentato  a  pag. 
313.  Talvolta  i  magistrati  autonomi  vi  scriveano  il  proprio,  quasi  arbitri  fossero  della 
moneta,  benché  non  paja  cosi,  come  Eni  A2KAHniOA£iPOV,  Eni  AriEAAOr,  .<;o//o  la 
magistratura  di  Asclepiodoro,  di  Apelle.  I  re  nazionali  di  Sicilia,  dell'Asia,  dell'Africa, 
del  resto  d'Europa  non  lasciarono  mettere  altri  nomi  che  i  loro.  In  Roma  sotto  i  consoli 
e  sotto  Augusto,  i  preposti  alla  moneta  poteano  porvi  i  proprj. 

Le  lettere  S  C  (senatus  consulto)  che  vedonsi  sulle  monete  di  rame  del  tempo  impe- 
riale, diedero  a  supporre  che  il  batter  quelle  fosse  attribuzione  del  senato;  ma  altri  il 
negano,  e  lo  tengono  solo  per  un  segno  ch'erano  battute  in  Roma. 

11  diritto  di  stampare  il  proprio  nome  sulle  medaglie  fu  conservato  a  molti  paesi  an- 
che dopo  soggetti  a  Roma  ;  talché  non  vi  appare  vestigio  di  soggezione.  Per  esempio  la 
Macedonia  era  già  conquistata  da  .P.  Emilio  e  divisa  in  quattro  provincic,  quando  fu 
coniata  questa  medaglia:  Testa  di  Diana  contornata  di  scudi  ovali  detti  macedoni,  r) 
MAKEAONHN  nPOTHS,  cioè  della  prima  provincia,  tre  monogrammi  e  una  clava,  tutto 
cinto  da  una  corona  di  quercia,  e  in  fondo  un  fulmine  (Diana  ed  Ercole  sono  divinità 
nazionali). 

Una  ateniese  ha:  Testa  di  Minerva,  b)  Aeilvai  NESTOP,  MNA2EAC.  Civetta  sopra 


MONETE 


329 


un  vaso  giacente,  e  attorno  una  corona  d'olivo.  Qui  ai  tipi  domestici  d'Atene  sono  uniti 
i  nomi  de'  magistrati  della  città,  dopo  conquistata. 

Un'altra:  Busto  di  Pallade.  u)  AlIA^lEiiN  TlIC  lEPAC  KAI  AVTONOMOY  TH2  , 
cioè  degli  Apamei  e  della  loro  città  sacra  ed  autonoma,  283.  Quivi  gli  Apamei  di  Siria 
esprimono  la  loro  autonomia,  chiamandosi  liberi.  Altre  fecero,  per  es.,  AMlSOr  EAEV- 
Oepx;,  di  Ainiso  libera.  Le  autonome  aveano  leggi  proprie ,  ma  con  presidi  o  governa- 
tori di're  o  di  Romani,  le  libere  no,  e  non  pagavano  tributi  o  gabelle. 

§  242.   —  Monete  officiose. 

Officiose  s'intitolarono  le  monete,  dove  un  popolo  o  una  città  attestavano  la  loro  di- 
pendenza da  re  od  imperatori  :  pare  ne  finisca  la  serie  con  Gallieno.  Così  in  una:  Av- 
-/lo;  AVPigXto;  KOM.MOAOC  KAlCAF,  Lucio  Aurelio  Commodo  Cesare,  attorno  alla  sua 
testa  nuda,  r)  APTEIMIC  E^ESIilN,  Diana  degli  Efesj,  con  questa  divinità  in  piedi  fra 
due  cervi. 

Invece  dell'imperatore,  alcune  han  le  impronte  di  qualche  altro  membro  della  fami- 
glia imperiale. 

§  243.  —  Monete  regie. 

Le  regie  sono  quelle  che  attestano  la  dipendenza;  poche  se  n'ha  di  re  europei,  e  po- 
chissime di  africani,  mentre  abbondano  degli  asiatici ,  cominciando  da  Alessandro  1 
di  Macedonia. 


Medaglia  della  biblioteca  Bodlejana. 

Molte  però  degli  antichi  re  macedoni  non  portano  la  testa  né  il  titolo  di  BA2IAEY2: 
e  sembra  che  ad  improntare  la  propria  effigie  cominciassero  Gelone  e  Gerone  ed  altri 
tiranni  di  Sicilia.  I  sucessori  di  Alessandro  Magno  posero  le  effigie  di  questo  e  forse 
anche  de'  suoi  antenati. 

È  difficile  determinare  le  monete  nei  paesi  dove  i  re  usavano  conservare  lo  stesso  no- 
me, come  i  Tolomei  d'Egitto,  gli  Arsaci  della  Parila,  gli  Ariarati  di  Cappadocia,  i  Se- 
leuci  e  Antiochi  di  Siria  ecc.  In  tal  caso  conviene  ajutarsi  colla  storia  e  col  paragone 
delle  arti. 


330  ARCHEOLOGU   E  BELLE   ARTI 

Le  colonie  romane,  ben  distinte  dalle  greche,  erano  città  e  miinicipj  ove  Roma  in- 
viava coloni  0  per  tenerli  in  soggezione  o  per  munirli  da  scorrerie  forestiere.  Alle  co- 
lonie ed  ai  municipj  rimase  il  diritto  di  batter  monete,  fino  all'imperatore  Gallieno.  Vi 
posero  iscrizioni  latine  spesso  anche  quelle  ove  parlavasi  greco;  e  sogliono  mettere  il 
ritratto  dell'imperatore,  dell'imperatrice  o  del  cesare. 

§  244,  —  Classificazione  delle  monete. 

Tra  le  classificazioni  tentate  per  le  monete,  si  preferisce  quella  di  Eckhel,  geografica 
e  cronologica;  cioè  dividerle  per  popoli,  indi  disporle  per  cronologia,  senza  riguardo 
alla  materia  di  cui  sono  fatte.  Così  la  numismatica  rimane  distinta  in  antica,  la  quale 
si  trae  fin  alla  morte  dell'ultimo  Costantino;  dei  bassi  tempi,  che  va  da  Augustolo  fino 
a  Massimiliano  imperatore  ;  dal  quale  comincia  la  moderna.  Di  queste  due  ultime  classi 
noi  non  abbiamo  ad  occuparci. 

Delle  antiche  la  maggior  divisione  è  in  due  classi  :  romane  e  no.  La  prima  comprende 
le  monete  libbrali  ed  unciali,  o  anepigrafe,  o  colla  sola  voce  Roma;  le  monete  delle 
famiglie  romane,  e  quelle  de'  consoli  e  degli  imperatori.  La  seconda  abbraccia  le  mo- 
nete autonome  di  popoli  e  città,  le  officiose,  quelle  delle  colonie  di  Roma,  e  quelle  di 
principi. 

g  245.  —  Monete  libbrali. 

Si  vuole  che  prima  di  Numa  usassero  a  Roma  monete  di  cuojo,  di  legno,  di  terra 
colta;  e  che  quel  re  introducesse  monete  che  servissero  anche  di  peso,  e  che  chiamansi 
C8S  rude,  y.'jrìiJ-o-j,  perchè  non  portano  veruna  impronta.  Dipoi  Servio  Tullio  v'impresse 
l'insegna  di  bestie,  e  si  ebbe  l'cps  signatum.  Distinto  da  questi  è  l'ccs  /latum,  fuso  e 
rotondo.  Del  resto  fra'  Romani  come  fra'  Greci,  il  primo  bronzo  segnato  fu  in  verghe 
(o^-ùoc)  0  lastre,  e  si  riponeva  ammontato  in  conserve;  e  Lanzi  e  Cavedoni  non  rico- 
noscono moneta  rotonda  fin  al  iv  secolo  di  Roma. 

J^s  grave,  o  nummi  libbrali  ed  unciali  diconsi  quelle  monete,  fuse,  rotonde,  alquanto 
globose,  con  rilievo  d'arabo  i  lati,  e  di  peso  e  spessezza  maggiore  delle  coniate,  e  che 
esprimono  al  tempo  stesso  il  peso  ed  il  valore,  che  è  l'asse  coi  suoi  multipli  e  submul- 
tipli. Sono  tutte  proprie  dell'Italia,  ma  non  si  sa  a  quali  zecche  assegnarle,  essendo  la 
più  parte  anepigrafe.  Alcune  sono  iscritte  Todi,  Gubbio,  Volterra,  Atri;  ma  l'iscrizione 
è  disputata.  Alcune  hanno  roma  ;  e  i  quadrussi,  cioè  quattro  assi,  di  forma  quadrilatera 
e  rarissimi,  hanno  komanom;  e  sembra  fossero  coniati  nelle  città  che  Roma  avea  con- 
quistate, e  alle  quali  imponeva  questo  segno  di  soggezione.  Quanto  ai  romani,  devono 
essere  anteriori  alla  moneta  coniata,  perciò  antichissimi. 

1  tipi  rappresentano  una  lira,  un  delfino,  un  cavallo,  una  testa  di  Cerere,  di  Giunone, 
dei  Dioscuri,  l'elefante,  un  Romolo  e  Remo  colla  lupa,  una  troja,  una  Vittoria  colla 
quadriga,  altro. 

1  Gesuiti  raccolsero  nel  museo  Kircheriano  molle  centinaja  di  queste  monete,  sicché 
poterono  darvi  una  distribuzione  e  assegnarle  alle  varie  città  italiote.  Le  più  belle  sono 
dei  Volsci.  Quelle  de'  Rutuli  Tal  cui  nome  forse  allude  la  ruota  che  è  frequente)  portano 
la  Venere  frigia  ed  Enea:  testimonio  del  quanto  sia  antica  la  tradizione  dell'origine 
trojana.  Quelle  sopratutto  di  Adria  direbbonsi  delle  più  antiche,  se  si  guardi  alla  bel- 
lezza del  lavoro,  mentre  la  leggenda  latina  mostra  siano  posteriori  al  4C4  di  Roma, 
quando  una  colonia  fu  spedila  a  Adria. 

Può  ben  darsi  che  Roma  per  un  pezzo  non  avesse  moneta  propria,  come  fu  de'  Feni- 
cj,  de'  Cartaginesi  e  d'altri  popoli  civili  e  che  monete  sì  fabbricassero  solo  nelle  città 
elleniche  d'Italia.  Cartagine  facea  fare  le  sue  dalle  colonie  in  Sicilia,  e  forse  Roma  le 
imitò,  e  sarebbero  tipi  delle  città  che  lebatteano  gli  emblemi  che  scorgonsi  suirfC5  grave 
antico.  Da  poi  si  posero  officine  in  Roma,  dove  si  battè  col  tipo  nazionale  del  Giano  bi- 
fronte e  della  prora.  Giano  era  simbolo  di  patto.  {Jatius  faciendis  fcrdcribus  prfcest  ;  nam 
postquam  Romulus  et  T.  Tatius  in  [cederà  cotivenerunl,  Jano  sìmuìacrum  duplicis  froniis 
effectumest,  quasi  ad  imagìnem  duorum  populorum,  Servio  ad  .^n.  xii.  147}  ;  onde  forse 


MONETE   LinunALl 


m 


era  coniato  per  segno  d'alleanza  fra  due  popoli  :  nuovo  titolo  per  considerar  questo  tipo 
come  eminentemente  italiano,  giacché  qui  appunto  sembrano  in  ogni  tempo  naturali 
le  federazioni.  Clic  se  fosse  vero  clic  i  Romani  non  co- 
noscessero le  barche  prima  della  guerra  punica,  con- 
verrebbe recare  questi  conj  ad  età  molto  recente:  e  per 
verità,  dei  molti  pezzi  che  possediamo,  non  pare  che 
alcuno  possa  portarsi  di  là  dal  420  di  Roma. 

Vi  si  segnava  eziandio  la  marca  del  valore,  il  che  si 
continuò  anche  nelle  monete  di  famiglie,  e  fin  quando  i 
presidi  della  zecca  metteano  il  proprio  nome.  Moltis- 
sime altre  città  d'Italia  tennero  l'egual  costume,  che 
pare  dunque  anteriore  a  Roma. 


Nel  voi.  VI  delle  Memorie  delV Accademia  ercoìanese  sono 
dissertazioni  del  principe  di  San  Giorgio,  ove  prova 
che  non  ogni  moneta  fusa  fu  appellata  dal  principio 
a;s  grave,  ma  questo  nome  fu  posteriormente  intro- 
dotto per  indicare  gli  assi  libbrali ,  quando  erano 
già  molto  diminuiti;  inoltre  che  l'a'S  rude,  Vccs  si- 
gnatum,  Vces  flatum  siano  tre  specie  di  monete  suc- 
cedutesi progressivamente  ;  che  le  monete  fuse  non 
indicano  un  principio  dell'arte  monetaria,  bensì  un' 
imitazione,  dove  ignorandosi  le  arti  più  raffinate,  si 
ricorse  alla  fusione:  porrebbe  le  piiì  antiche  ai  tempi  della 
il  conio  s'introdusse  verso  il  v  secolo  di  Roma. 


guerra  punica ,  e  che 


Credono  alcuni  numismatici  che  i  Romani  non  pensassero  un  sistema  regolare  mone- 
tario se  non  dopo  la  battaglia  d'Azio;  mentre  prima  la  zecca  non  consideravasi  come 
regalia,  ma  abbandonavasi  a  colonie,  a  città  soggette,  ad  alcune  magistrature.  Molto 
arbitrio  lasciossi  pure  alle  città  nelPadottare  la  moneta  che  lor  convenisse  :  e  quali  as- 
sunsero i  tipi  greci,  quali  accostavansi  all'asse. 

I  molti  assi  senza  leggenda  hanno  tipi  non  somiglianti  a  quelli  d'alcuna  città,  ond'è 
forza  credere  fossero  a  scelta  di  quei  che  li  faceano  fabbricare. 

Anche  le  prime  monete  d'argento  coU'iscrizione  roma  e  romanom  dovettero  coniarsi 
nella  Campania,  e  ben  prima  del  483  di  Roma,  in  cui,  secondo  Plinio,  si  cominciò  a 
battere  argento,  col  che  forse  volle  dire  che  quell'anno  se  ne  ergessero  le  fabbriche- 
Di  tre  sorta  erano  :  il  denario  e  il  quinario  di  10  e  di  S  assi,  e  il  sesterzio  di  2  \\^. 
Questo,  che  è  la  moneta  piìi  usitata  nelle  iscrizioni  storiche,  dicesi  sestertius;  sestertiwn 
è  un  migliaio  di  sesterzj  ;  e  quando  l'avverbio  numerico  è  posto  sostantivamente,  es- 
prime le  centinaia  di  migliaia.  HS  tercenti,  sono  trecento  sesterzj;  HS  tercenta,  tre- 
centomila ;  HS  tricies  tre  milioni. 

D'oro  ben  poche  monete  coniò  Roma  repubblicana  fin  a  Pompeo  Magno. 

^  246.  —  Monete  di  famiglia;   loro  iscrizione. 

Le  monete  di  questo  tempo,  mancando  di  date  cronologiche,  sì  distribuiscono  siste- 
maticamente secondo  le  iscrizioni  storiche,  religiose,  politiche,  militari,  geografiche  ;  e 
secondo  le  note  e  sigle. 

1°  Vanno  fra  le  storiche  quelle  con  nomi  di  membri  di  famiglie  patrizie  o  plebee, 
che,  come  presidi  della  moneta  avevano  diritto  di  porvelo.  I  triumviri  monetarj  furono 
istituiti  nel  46S  di  Roma,  e  durarono  fin  ai  giorni  de'  Gordiani,  sebbene  dopo  Augusto 
perdessero  quasi  ogni  autorità,  né  più  se  ne  vedano  sulle  monete  di  famiglie  romane. 
Quantunque  fossero  tre,  sulle  monete  n'è  segnato  uno  solo,  o  al  più  due,  come  in 
quella  della  famiglia  Valeria,  ove  da  una  parte  si  legge  sisenna  messala  iiivir,  dall'altra 
GALF.vs  APROMvs  uiviR  AAA  FF.  Pcrciò  SÌ  disscro  moucte  di  famiglia.  Talvolta  v'è  il  solo 
nome,  prenome  e  cognome.  I  numografi  ne  hanno  compilalo  dei  cataloghi  per  agevo- 
lare lo  scioglimento  delle  abbreviature.  Sogliono  nelle  raccolte  riunirsi  i  parenti ,  per 


332 


ARCHEOLOGIA    E   BELLE  ARTI 


ordine:  per  esempio  la  gente  Valeria;  sotto  di  essa  le  varie  famiglie  che  le  apparten- 
gono dei  Catuli,  Cotta,  Messala,  Aciscoll  ;  e  tra  questi,  per  es.  Marco  figlio  di  Antonio, 
nipote  di  Cajo  ecc. 

È  sperabile  chei  nuovi  studj  posti  attorno  alle  monete  delle  famiglie  rendano  possibile 
una  classificazione  più  razionale. 

Gennabo  Riccio,  Le  monete  delle  Antiche  famiglie  di  Roma  fino  alVimperatore  Ai^gusto  inclusiva- 
mente  co''  suoi  zecchieri^  dette  comunemente  consolari^  disposte  per  ordine  alfabetico^  raccolte  per 
collesione  ecc.  Napoli  -184o,  eoo  72  tavole,  e  uà  trattato  degli  assi  gravi. 

Cohen,  Descriplion  generale  des  monnaies  de  la  république  romaine,  communémenl  appeiéesmidailles 
consulaires.  Parigi  •ISoG,  con  75  tavole. 

In  Francia  sotto  la  prima  dinastia  fu  quasi  costante  di  segnar  le  monete,  non  col  nome  del  principe,  ma  con 
quello  del  monetìere,  e  ne  esistono  molte  centÌDaja,  anche  d'oro. 

Da  alcune  si  raccolgono  particolarità  storiche:  una  per  es.  ha  sul  dritto  una  testa 
muliebre  coronata  di  torri,  cioè  una  città  il  cui  nome  è  indicato  dalla  leggenda  Alexan- 
DREA  ;  e  il  rovescio  Lepidvs  pontifex  maximvs  tvtor  regis,  rappresenta  Emilio  Lepido 
in  piedi  che  pone  una  corona  in  capo  d'una  figurina.  Ricorda  quando  Lepido  fu  spedito 
dal  senato  a  prendere  la  tutela  del  figlio  di  Tolomeo  re  d'Egitto. 

Una  di  M.   Cecilio  Metello  porla  sul  rove- 
scio la  testa  di  un  elefante  entro  uno  scudo 
macedonico  circondato  da  ghirlanda  d'alloro: 
alludendo  l'elefante  alla  vittoria  dell'avo  so- 
pra i  Cartaginesi,  e  lo  scudo  alla  conquista  di 
Andrisso  in  Macedonia ,  fatta  da  suo  padre 
Quinto. 
2°  Non  molte  hanno  tratto  a  cose  religiose.  Alcune  portano  Giove  Anxurio  o  sbar- 
bato, gli  Dei  penati,  la  fortuna  di  Anzio,  il  Marte  e  Vulcano  vindici,  Vesta,  divinità  al- 
legoriche ;  vi  si  trovano  dignità  sacerdotali,  auguri,  flamini  marziali,  quirinali  ecc. 

3°  Iscrizioni  politiche  sono  quelle  che  ai  nomi  dei  sovrintendenti  alla  zecca  uniscono 
le  magistrature  che  essi  coprivano.  Servono  esse  per  integrare  la  serie  dei  consoli  ed 
altri  magistrati.  La  moneta  qui  sotto  d'argento,  in  grandezza  vera,  indica  il  consolato 
di  Marco  Catone:  l'altra  mostra  la  cerimonia  per  cui  i  cavalieri  conduceano  alla  rivista 
del  censore  il  proprio  cavallo: 


4'  Alle  militari  appartengono  quelle  degl'imperatori  o  capi  supremi  dell'esercito,  dei 
legati  e  tribuni  militari.  Vi  si  trovano  indicate  le  legioni  fino  alla  xxx,  che  poi  si  ele- 
vano ad  assai  più  mediante  le  monete  cesaree.  Portano  i  cognomi  di  lode  che  erano 
loro  attribuiti. 

5' Nelle  geografiche  trovansi  indicati  varj  nomi  delle  colonie  o  delle  provincie  ro- 
mane, con  quello  dei  magistrati  che  Roma  vi  deputava. 

§  247.  —  Tipi  delle  monete  di  famiglia. 

Ciò  quanto  alle  leggende:  istruzioni  nuove  derivano  in  questa  classe  dai  tipi,  i  quali 
ci  porgono  o  divinità,  o  eroi  mitici,  o  rappresentanze  simboliche,  o  tipi  storici,  o  edi- 
fizj  romani,  o  costumi  religiosi,  civili  e  militari,  o  ritratti. 

Non  v'è  Dio  di  cui  non  ricorra  Teflìgie  su  tali  monete,  o  colla  sola  testa  o  in  attitu- 
dini varie,  alcune  volte  con  molta  complicazione.  Così  in  quelle  della  famiglia  Pompo- 


MONETE   m   FAMIGLIA 


333 


nia  abbiam  le  Muse  co'  loro  speciali  attributi;  in  altre  il  ratto  d'Europa,  ovvero  Ercole, 
Perseo,  Ulisse,  i  Centauri,  altri  eroi.  Una  della  famiglia  Postumia  porta  roma  e  la  testa 
d'Apollo,  e  nel  rovescio  a.  albinvs  e  i  Dioscuri  col  berretto,  appoggiati  alle  aste,  e 
presso  i  cavalli  cbe  si  abbeverano;  oltre  le  due  solite  costellazioni,  vi  è  improntata 
ancbe  la  luna.  Era  tradizione  che  in  quest'atto  fossero  comparsi  nel  Foro  romano,  dan- 
done prontissima  la  nuova  che  Postumio  Albino  aveva  vinti  i  figliuoli  di  Tarquinio. 

Fra  le  divinità  allegoriche  è  frequente  assai  la  dea  Moneta  ;  cosi  la  Vittoria  su  biga  o 
quadriga,  la  Salute,  talora  la  Pietà;  più  spesso  Roma  cogli  attributi  di  Minerva.  Se- 
guono i  genj  dei  popoli,  le  personificazioni  delle  città;  e  tali  potrebbero  considerarsi 
anche  i  simboli  delle  monete  parlanti.  Un  Faustolo  della  famiglia  Pompea  pose  nelle  mo- 
nete sue  il  Faustolo  che  leva  Romolo  e  Remo  di  sotto  alla  lupa. 

Talvolta  i  tipi  variano  da  un  membro  all'altro  della  stessa  famiglia,  ed  in  tal  caso  sa- 
rebbero pure  marche  distintive. 

Al  dechino  della  repubblica  compajono  i  tipi  storici,  che  danno  grande  sussidio  alla 
storia  romana,  potendosi  essa  accompagnare  tutta  coi  denari  nella  parte  sua  poetica 
come  nella  positiva. 

Di  molti   edifizj  romani  non  ci  resta  memoria  che  sulle  monete,  dove  le  famiglie 
vollero  perpetuare  la  benemerenza 
de'  loro  antenati.  La  gente  Emilia 
poneva  il  ponte  a  tre  fornici  e  la  //^.^^'^^ 

basilica  Emilia;  la  gente  Sulpicia  Z/^^,^^!^^^ ^<Q\  /^ 
un  ricinto  di  città;  la  gente  Mar- 
cia l'acquedotto  dell'acqua  Marcia. 
Recammo  a  pag.  83  una  di  Tra- 
iano in  rame  ,  dov'  è  effigiata  la 
basilica  Ulpia.  Quest'altra  di  Ales- 
sandro Severo  porta  nel  rovescio 
l'anfiteatro  di  Tito ,  con  entro  due 
gladiatori. 

In  questa  colonica  di  Corinto  sotto  Antonino  Pio  vedesi  il  porto  Cenere©  di  essa  città, 
formato  fra  due  promontorj,  su  ciascun 
de'  quali  sorge  un  tempio. 

Quanti  costumi  si  ritraggano  dalle  mo- 
nete potè  scorgerlo  anche  chi  lesse  sol- 
tanto questo  nostro  trattato.  Ivi  altari , 
patere,  tripodi  ,  insegne  sacerdotali,  co- 
rone militari,  bucrane,  bighe,  quadrighe, 
cocchi,  vestimenti',  arme,  navi,  aquile, 
fregi  ecc.  Descriviamone  due  : 

IMPerator  C.f:SAR  THIbunicia  POTestate  Vili,  testa  d'Augusto  jj  Cajus  ANTlSTius 
VETUS  FOEDus  Populi  Romani  CVm  GABINIS,  due  figure  velate  e  togate  tengono  una 
troja  sopra  un'ara  ardente.  Rappresenta  l'antico  rito  con  cui  Roma  saldava  le  alleanze, 
descritto  da  Livio,  e  accennalo  da  Virgilio:  Stabant,  et  coesa  jungebant  fcedcra  porca. 

Lucius  ROSClus,  testa  dì 
Giunone  coperta  da  una  pelle 
caprina,  i)!  PABATlus,  sacer- 
dotessa in  piedi  che  pasce  un 
serpente  rizzato.  Serpi  con- 
servavansi  ne'  tempj  di  Giu- 
none, ed  erano  pasciuti  dalle 
sacerdotesse. 

La  qui  contro  è  dell'im- 
peratore Adriano,  in  rame  : 


334  ARCHEOLOGIA   E   BELLE   ARTI 

DI  questi  due  rovesci,  uno  figura  l'allocuzione  all'esercito,  l'altro  è  per  celebrare 
il  ritorno  d'Auausto  ; 


All'iconografia  nessun  monumento  prestò  tanti  servigi  quanto  le  monete,  avendovi 
i  presidi  improntate  le  effigie  degl'illustri  di  loro  famiglia  o  d'altri. 

§  248,  —  Monete  imperiali. 

Coirimpero  comincia  un'altra  classe  della  numismatica,  che  va  sino  al  1453,  cioè  per 

quindici  secoli.  A  Cesare  fra 
gli  altri  onori  fu  concesso 
quello  di  batter  moneta:  ma 
sulle  prime  non  pose  che 
l'effigie  di  Venere,  autrice 
della  sua  famiglia,  o  un  ele- 
fante che,  in  non  so  qual 
lingua ,  avea  trovato  chia- 
marsi cesare;  più  tardi,  fatto 
ardito,  vi  improntò  la  pro- 
pria testa  : 

Ciò  imitarono  i  suoi  uccisori,  e  vindici,  come  vedesi  nella  fig.  1  che  si  possiede  in 
oro,  e  che  sul  rovescio  ha  gli  stili,  il  berretto  frigio  della  libertà,  e  la  data  dell'ucci- 
sione di  Cesare;  e  in  quest'altra  fig.  2  di  Casca,  portante  il  Nettuno  nel  dritto,  nel 
rovescio  la  Vittoria  col  nome  di  Bruto. 

1  2 


Così  se  ne  ha  di  Lepido, 


di  Marc'Antonio,  poi  di  Ottaviano,  che  divennei'jmperatore. 

Vorrebbero  alcuni  che  allora 
fosse  riserbato  agl'imperatori  il 
coniar  oro  ed  argento,  al  se- 
nato lasciando  le  monete  di 
bronzo  e  rame ,  pur  sempre 
colle  teste  de'  cesari,  e  con  tipi 
ed  iscrizioni  loro. 

La  prima  donna  che  siasi  vi- 
sta su  monete  romane  fu  Cleo- 
patra di  Egitto.  Poi  gl'impera- 
tori vi  posero  le  sorelle,  come 
in  qnella  di  Caligola  qui  contro: 


j 


MONETL   IMDERIALI 


335 


le  mogli  e  le  figliuole, 
come  in  questa  d'Anto- 
nia, giuniore  moglie  di 
Druso  n"  1  :  e  nell'al- 
tra di  Agrippina  ,  n°  2 
che  rechiamo  anche  per 
la  figura  del  cocchio  in 
cui  erano  condotte  le 
principesse:  posero  pure 
le  teste  dei  figli,  de'  gene- 
ri, d'altri  congiunti,  na- 
turali 0  adottivi;  Adriano 
vi  figurò  quella  del  suo 
Antinoo;  nel  n"  3  è  effi- 
giato Agrippa  :  Qualche 
medaglia  d'imperatore  ha 
la  leggenda  greca,  come 
nella  fig.  4  di  Claudio 
Britannico  Cesare  : 

Frequente  è  la  sigla 
S  C,  come  in  quella  di 
Agrippa  al  n"  3  ,  ed  in 
questa  di  Massimino  :  che 
diamo  nella  pagina  seg. 
n°l. 

De'  Trenta  tiranni  al- 
cuni sono  conosciuti  sol- 
tanto per  le  monete  che 
si  affrettavano  a  coniare. 
Tra  le  romane  si  collo- 
cano pur  quelle  di  Zeno- 
bia  e  degli  altri  principi 
palmireni:  ma  di  quel 
tempo  mostrano  tutte  il 
degradamento  dell'arte  , 
come  può  scorgersi  in 
queste  di  Gioviano  e  di 
Giovino:  pag.  seguente 
n''  2,  3. 

Caduto  l'impero  Occi- 
dentale, cessa  pure  la  nu- 
mismatica antica,  men- 
tre nell'Orientale  si  pro- 
lunga fin  a  Costantino 
XIII. 

Gl'imperatori  portano 
questo  titolo,  col  numero 
delle  volte  in  cui  a  loro 
era  stato  ripetuto  ;  così 
Clavdivs  imp.  xxvii.  Dopo 
Teodosio  Giuniore  questa 
cifra  significò  gli  anni 
d' impero  \  come  imp. 
xxxxii.  Sono   pure  es- 


336  ARCHEOLOGIA    E   BELLE   ARTI 

presse  le  volte  del  consolato  e  del  tribunato,  come  nella  qui  sottostante  n"  4  d'Anto- 
nino Pio  in  oro,  a  doppio 
i  diametro.    Dopo   Costantino 

Magno  ,  al  titolo  d'impera- 
tore  surrogasi   quel  di  do- 

MINUS  NOSTER,  0  AECnOTHS, 

e  talvolta  anche  HASIKEYS. 
Già  prima  trovasi  quel  di 
KYPI02  e  0EO2,  Padrone  e 
Dio.  Però  il  titolo  di  divvs 
era  più  proprio  de'  morti 
dopo  l'apoteosi. 

Il  nome  di  cesar  divenne 
titolo  d'onore,  e  davasi  an- 
che ai  destinati  successori,  cui  dopo  Filippo  giuniore  si  unì  il  nobilissimvs.  Anche 
quello  d'Augusto^  e  grecamente  AYrOVSTOS,  CEBACTOC,   passò  ai   successori  del 
primo  imperatore.  Vi  si  univano  gli  altri  lor  titoli,  di  consoli,  tribuni  della  plebe, 


princìpi  della  gioventù,  pontefice,  censore,  e  gli  adulatori  di  pater  patrie^,  pius,  for- 
tissimus,  iìdelis,  e  quelli  desunti  dalle  vittorie,  gethicus,  medicus,  sarmaticus  eco, 
Giustiniano  li  è  detto  servvs  curisti. 

,  Siffatte  iscrizioni  ac- 

compagnano  quasi  sem- 
pre le  teste  degli  augusti 
0  delle  auguste.  Le  teste 
sono  0  nude  o  velate,  in- 
dizio di  sacro  rito  o  del- 
l'apoteosi, e  in  generale 
delle  donne;  o  laureate, 
cioè  colla  corona  d'alloro. 
i,a  corona  radiata,  a  imi- 
tazione de' raggi  del  sole, 
riserbavasì  agli  Dei  ;  ma 
già  si  vede  in  una  moneta 
smirnea  di  Caligola,  poi 
da  Nerone  sin  alfine  del  ni 'secolo.  Dappoi  si  surrogò  il  diadema  all'orientale,  cioè  la 
semplice  fascia  attorno  al  capo,  principalmente  dopo  Costantino:  indi  strane  forme  di 
corone  vedonsi  ne'  bisanlini  del  secolo  xi:  coll'elmo  ne  cominciano  da  Postumo.  Le 
femminili  sfoggiano  tutte  le  bizzarrie  della  moda. 

;  Talvolta  l'effigie  dell'imperatore  è  intera,  ve- 
lato se  sagrificante  ,  togato  se  in  azioni  di  pace, 
armato  e  paludato  in  azione  guerresca,  strana- 
mente poi  negli  imperatori  di  Costantinopoli. 

Qui  pure  ne'  tipi  e  nelle  leggende  si  trovano  e 
Dei,  e  semidei,  come  Ercole  vincitore  su  questa 
di  Massimiano; 

e  riti,  edifizj  e  tutto,  come  nelle  precedenti-,  oltre  poi  le  solennità  e  largizioni  pubbliche. 
In  quelle  d'Aurelio  il  prefericolo,  la  secespita,  il  simpulo,  l'aspergillo  pei  sacrifizi  ;  in 


MONETE  NON  ROMANE — TAVOLA  GEOCnAFICA 


337 


quelle  di  Claudio,  il  porto  d'Ostia  da  lui  fondato:  su  quelle  di  Nerone,  coNg^ianum  li 
DATum  ropti/o  senatus  consulto,  per  indicare  la  distribuzione  di  congi  di  vino. 

Massime  sulle  medaglie  d'oro,  che  venivano  direttamente  dagli  imperatori  senza 
riscontro  del  senato,  i  tipi  sono  sacri  o  storici;  e  spesso  le  idee  immateriali  vi  son  rap- 
presentate in  forma  umana ,  spiegata  dai  simboli  e  dalla  leggenda.  Spesseggiano  tipi 
della  consacrazione. 

Rari  occorrono  i  monogrammi  e  le  lettere  isolate.  Sovente  nell'esergo  portano  il 
nome  o  la  sigla  del  paese  ove  fu  battuta:  p.  t.  Pcrcussa  Treveri;  l.  v.  s.  Lugclmii  Pecunia 
Sùjnata;  s.  m.  a.  Signata  Moneta  Anliochice.  Comunissimo  è  il  conoh  o  comob. 

L'iscrizione  talvolta  è  continuata  dal  dritto  al  rovescio,  come  imp.  cai:s.  t.  Ael.  iiadii. 
ANTONiNvs  AVG.  pivs  p.  p.  faccia.  i^  TR.  POT.  IV  COS.  u  :  0  l'iscrizione  del  rovescio  è  in  rela- 
zione col  tipo,  per  esempio  imp.  caes.  domit.  avg.  germ.  cos.  xiv.cens.  pew.v.p.  faccia. 
ri  jovi  viCTORi,  figura  di  Giove  :  o  tien  luogo  di  tipo  sul  rovescio,  come  in  un  medaglione 
di  Agrippina  s.  p.  q.  k.  ob  cives  servatos  in  corona  di  quercia.  Nell'esergo  talora  la 
leggenda  è  relativa  al  tipo,  come  adventvs  avg.  sul  rovescio  d'un  medaglione  di  Marco 
Aurelio,  il  cui  campo  è  tutto  occupato  dalla  pouìpa  del  ritorno  e  da  fabbriche.  Altre 
volte  non  ha  a  fare;  così  in  un  medaglione  di  Giuliano  il  15)  ha  un  toro  con  due  stelle 
n  testa,  e  la  leggenda  secvritas  reipvbl.  e  nell'esergo  aqvilp:  difficile  a  spiegare. 


§  2<i9.  —   Monete  non  romane.  Tavola  geografica, 

Le  mffnete  non  romane  adunansi  in  una  sola  classe,  la  quale  si  suddivide  geografi- 
camente, Domenico  Sestini,  giovandosi  della  carta  numismatica  immaginata  dal  gesuita 
Bober  nel  1772,  fece  una  geografia  numaria  ,  che  doveva  corredare  il  suo  Sistema  nu- 
misìnatico  in  14  volumi,  rimasto  inedito,  Carlo  Strozzi  formò  dietro  lui  un  quadro  della 
geografia  numismatica,  del  quale  ofTriamo  qui  soltanto  le  divisioni  primarie  : 


Europa. 
Ilispania  Lusi tanica 
B  (etica 
Tarraconensis 
Ebusus  insula 
Gallia  Aquitanica 
Narbonensis 
Lugdunensis 
Belgica 
Britannia 
Germania 
Noricura 
Italia  supera 
Etruria 
Umbria 
Picenum 
Vestini 
Latium 
Ager  Reatinus 
Samnium 
Frentani 
Campania 
Apulia 
Calabria 
Lucania 
Brutii 
Insulse 
Sicilia 

Beges  Sicilioi 
Cossura 


Gaulos 
Melila 


Motya 

Lopadusa 

Lipara  (Melingunis) 

Sardinia 
Chersonesus  Taurica 
Sarmatia  Èuropa^a 
Dacia 
Pannonia 
Moesia  superior 
Mresia  inferior 
Thracia 

Chersonesus  Thracia 
Insulai  ad  Thraciam 

Lemnos 

Ilephaistia 

Myrrhina 

Imbros 

Samothrace 

Tliasos 


Canjù,  Docnmcnli.  — 'Il omo  1,  Archeologia  e  Belle  Arti. 


22 


338 


ARCHEOLOGIA   £   BELLE    ARTI 


Reges  Thracim 

Poeonia 

Reges  PceonicB 

Macedonia 

Reges  MacedonicB 

Thessalia 
Insulse  juxta  Macedoniam  et  Thessaliam 

Ilalonesus 

Peparethus 

Irrhesia 

Sciatus 
Dalraatia 
lllyricum 

Reges  lllyrici 
Insulae  lllyrici 

Issa 

Pharus 
Epirus 

Reges  Epiri 

Thesprotia 

Corcyra  insula 
Acarnania 
iEtolia 
Locris 
Phocis 
Boeotia 
Attica 
Insulse  ad  Atticam 

Egina 

Helena 

Salamis 

Minoa 
Achaja 
Elis 
Insulse  ad  Elidem 

Cephallenia 

Zacinthus 

Ithaca 
Messenia 
Laconia 
Argolis 
Arcadia 

Creta  insula 

Euboea  insula 
hisulse  iEgsei  Minoris  europeae 

Araorgos 

Anaphe 

Andros 

Cea 

Cimolis 

Cythnos 

Delos 

Gyaros 

Ics 

Melos 

Myconos 

Naxos 

Puros 


Phologandros 

Seriphos 

Sicinos 

Siplmos 

Syros 

Tenos 

Thera, 

Asia. 
Bosphorus  Cimmerius 
Colchi 

Pontus  {del  Chersoneso  Taurico  ne  appar- 
vero alquante  in  ricerche  moderne,  e  no- 
minatamente della  città  diKerkine.  Vedi 
Ann.  dell'Istituto  di  corrisp.  arch.  voi. 
XVI,  p.  232) 

Reges  Bosphori  et  Ponti 
Paphlagonia 

Reges  Paphlagonice 
Bithynia 

Reges  Heraclece  et  Bithynice 
Agrippenses  (a  questa  nuova  divisione  sono 
ora  assegnate  quelle  che  attribuivansi  ad 
Agrippias  Anthedon  della  Giudea) 
Mariandini 
Mysia 
Troas 

Tenedus  insula 
ifiolis 

Lesbus  insula 
Jonia 

Insulse  Jonice 
Chios 
Icaria 
Samos 
Caria 

Reges  Caria; 
Insulse  Carice 
Astypalea 
Calymnaj 
Cos 

Nisyros 
Rhodus 
Megiste 
Telos 
Lycia 
Pamphylia 
Pisidia 
Isauria 
Licaonia 
Cilicia  di  cui  è  bizzarra  questa 


TAVOLA   GEOGRAFICA 

Reges  CilicioB 
Sacerdotes  et  Principes  Olbiac 
Capacene 
LacaDatis 
lasula3  Cilicice 

Eleusa  (Sebaste) 
Cyprus  insula 
Lydia 

Caistnani 
Cilbiani 
Pactolei 
Pbrygia 
Galatia 

Reges  Galatia: 
Cappadocia 

Reges  Cappadocia} 
Arraeaia 

Reges  Armenice 
Syria 

Reges  Stjrice 
Comagene 

Reges  Comagenes 
Cyrrestica 
Chalcidene 

Reges  et  Tetrarchie 
Palmyrene 

Principes  Palmyrce 
Seleucis  Pieria 
Ca'lesyria 

Thrachonitis  Ituraca 
Decapolis 
Phoenice 


■MONETE  ISPANICilE,    GALLICHE  i89 

Galilaea 

Samaritis 

Judyea 

Princeps  et  Reges  JudecB 
Arabia 
Mesopotamia 

Reges  Osrhoeni 
Rabylonia 
Assyria 

Reges  Assirice 
Persia 

Reges  PersicB 
Parthia 

Reges  ParthicB 
Bactriana 

Reges  BactriancB 

Africa. 
jEgyptus 

Reges  yEgypti 
Numi  Alexandrini 
Numi  vel  Praefecturae  ^gypti 
Cyrenaica 

Reges  CyrenaiccB 
Syrtica 
Byzacene 
Geugilana 

Reges  Vandali  in  Africa 
Numidia 
Mauritania 

Reges  NumidicB  et  MauritanicB. 
(Vedi  la  quarta  figura  a  pag.  343, 
e  la  prima  a  pag.  544). 


Vedi  Quadro  di  geografia  numiintatica  da  tervire  alla  ela$$ifi,eazione  geografica  delle  eollezioni,  con 
un  catalogo  generale  delle  cillà  delle  quali  si  conoscono  le  monete.,  non  solo  autonome,  quanto  de' 
re  e  degli  imperatori,  arricchito  di  parecchie  nuove  sedi  e  nuove  teste.,  e  corredato  d^ alcune  notizie 
geografiche  da  Carlo  Strozzi.  Firenze  1836. 


§  2S0.   —  Spiegazione  di  alcune  classi. 


Non  comporta  il  nostro  compendio  se  non  una  rapidissima  corsa  a  tali  classi  :  del 
resto  non  è  chi  non  veda  come  in  tanta  estensione  deva  crescere  l'importanza  delle 
notizie  che  se  ne  deducono, 
e  tanto  più  che  alcuni  paesi 
non  hanno  altra  storia  che 
questa. 

Delle  monete  ispaniche  al- 
cune sono  in  lingua  nazio- 
nale; poche  in  fenicio;  an- 
cor meno  in  greco,  cioè  nelle 
due  città  di  Emporia  e  Ho- 
da;  e  molte  latine.  Questa  in 
rame  è  di  Bilbili.  La  prima 
della  pagina  seguente,  pur  di  Bilbili,  ha  la  lesta  d'Augusto. 

L'opera  di  Sestini  sulle  medaglie  cellihere  è  giudicata  ipotetica  all'intutto. 

Galliche  non  se  n'hu  in  lingua  del  paese;  ma  di  (juesta  ajipare  vestigio  nei  nomi  con- 


340 


AnCHEOLOGU   E   BELLE    ARTI 


servati  sulle  greche  e  sulle  latine.  Cesare  vi  trovò  già  in  corso  le  monete  d'argento.  Ve 
n'ha  d'ogni  figura  anche  più  strana. 

La  Britannia  e  la  Germa- 
nia non  danno  monete  certe. 
Abbondano  invece  in  ogni 
paese  d'Italia,  notevoli  per 
antichità,  bellezza  ed  erudi- 
zione.  Di   qui  sono  le  più 
antiche  autonome  o  di  città 
libere,   e  alcune  espressero 
la  propria  autonomia  anche 
dopo  cadute  ai  Romani ,  ma 
non  trovandosene  di  officio- 
se, si  suppose  cessassero  quelle  zecche  coU'Impero.  Ve  n'ha  in  tutti  i  varj  dialetti  del 
paese,  oltre  il  greco  antico  e  men  antico. 

In  Sicilia  le  più  sono  greche  e  di  dialetto  dorico,  altre  fenicie,  poche  latine.  Quelle 
di  Napoli,  Turio,  Metaponto  (fig.  1),  Gela,  Crotone,  Siracusa,  Reggio,  sono  testimonj  di 
uno  straordinario  fior  delle  arti.  Eccone  una  di  Reggio  (fig.  2),  ed  una  di  Girouimo 

o 


successore  di  Jerone  al  trono  di  Siracusa  (fig.  3),  ed  una  di  Meneno  in  Sicilia  (fig.  4). 
3  .^=,.-,^  4 


Di  Messina  si  hanno  monete  di  quattro  classi  :  I  di  Zancle,  anteriore  ad  Anassila  : 
II  di  Messina  coi  tipi  di  Samo  :  Ili  di  Messina  col  lepre,  che  pare  fosse  adottato  per 
simbolo  della  città: 


IV  deilMamertini  quando  l'ebbero  conquistata.  Questa  di  Nasso  esibiamo  per  la  sua 
bellezza 

Sin  poco  fa  le  medaglie  etrusche 
passavano  per  fenici  o  greche,  e 
l'Arigoni  fu  il  primo  a  farne  colle- 
zione. Vi  si  riconobbero  i  nomi  di 
dodici  città.  Camera  o  Clusium, 
Cossa,  Faleria,  Gravisca,  Uva,  Luna, 
Pcrusa,  Populonia ,  Telamone,  Tu- 
der,  Volaterrue,  Vetulonia,  ciascuna 


MONÉTE  ITALICHE 


"SII 


con  tipo  particolare  :  molte  Bonza  Icjiyenda  sono  fra  io  incerte.  Ecco  una  medaglia  di  Atri. 

Il  napoletano  Carelli  prepara\a  una  numi- 
smatica di  tutta  Italia,  e  ne  aveva  disposte  giù 
molte  tavole  su  rame,  che,  lui  morto,  raccolse 
e  pubblicò  il  Cavedoni  (Fraticisci  Carelli  nu- 
inorum  Italice  veteris  tabulas  ccii;  edidit  Cve- 
lestinus  C  ave  do  ni  US.  Lipsia  1850). 
Egli  giovò  ad  ispirar  gusto  per  la  numisma- 
tica italiana  fin  allora  negletta  fra  noi.  Eckhel 
aveva  attribuito  monete  a  iìS  città  o  genti 
italiane;  ma  sole  82  vi  hanno  diritto,  tra  cui  8  non  mentovate  dalla  storia  :  delle  36  ri- 
manenti, trenta  mancano  d'ogni  fondamento,  le  altre  sono  dubbie. 

Secondo  Millingen,  il  metodo  di  Eckhel  non  vale  per  l'Italia,  dominata  da  popoli  sì 
diversi  e  che  cangiò  spesso  divisione  :  e  vuoisi  distribuirla  per  origini  e  lingue  :  Greci, 
Aborigeni  dell'Italia  centrale,  colonie  e  municipj  romani. 

Le  greche  sono  le  più  antiche ,  e  tra 
queste  quelle  delle  colonie  d'Achei 
della  Magna  Grecia.  Invece  di  esser 
massiccie   e   quasi   globulari,  come  i 

primi  saggi  d'Egina,  di  Tebe,  di  Cizico,  /  /  fe>x  \_yj)  ,y  1  >^ 
di  Focea  e  d'altre  colonie  greche  dell' 
Asia  Minore  e  della  Tracia,  son  larghe, 
sottili  e  incuse.  Alcune  [sono  anteriori 
al  560  av.  C.,  e  ponno  credersi  fin  del 
620.  Ecco  una  medaglia  della  Lucania: 

Le  seconde  possono  dividersi  in  Etruria  e  Umbria,  Sannio  e  Sabellici,  Campania  o 
Opica.  Quelle  della  prima  suddivisione  son  fuse,  di  volume  e  peso  considerabile,  con 
leggende  di  que'  dialetti  poco  conosciuti,  e  con  globuli  che  indicano  i  loro  rapporti  col- 
l'asse  romano.  L'tes  grave,  che  credeasi  proprio  dell'Etruria,  non  si  trova  che  a  Vol- 
terra, Inguvio  e  Tuder:  monete  poi  bat- 
tute secondo  il  processo  ordinario  non  ab- 
biamo certe  che  di  Populonia  e  Tuder. 
Le  terze  non  risalgono  oltre  il  420   di 

Roma  (Considérations  sur  la  numism.  de 

r ancienne  Italie.  Firenze  ISii).  Ecco  una 

medaglia  di  Capua  con  leggenda  osca  : 

La  più  antica  moneta  coniata  in  Sarde- 
gna al  tempo  romano  mostra  sul  dritto  la 

testa  di  sardo  pater  con  elmo  e  lancia,  e  sul  rovescio  quella  di  m,  ativs  balbvs  PRcp/or, 

che  fu  zio  materno  d'Augusto. 
Per  la  restante  Europa  non  si  ha  quasi 

che  monete  greche,  vestigio  delle  estese 

colonie  di  quel  piccolo  popolo.  Di  romane     .   .^,      ,    ^^^^      ,^l 

ne  hanno  la  Dacia,  la  Mesia  superiore  e     '    ^'     '    '^^    '"^' 

qualche   città  di  Dalmazia  ,  come    Lissa 

qui   contro.  Tracia,  Macedonia,  Epiro, 

Peloponneso  dopo  venute  ai  Romani. 
D'Atene  pochissime  si  hanno  d'oro.  Eccone  due  antiche  d'argento  : 


3i2 


ARCHEOLOGIA    E    BELLE    ARTI 


L'Asia  è  ricchissima,  e  con  variissirae  lingue,  fenice,  parlica,  persiana,  samaritana  ecc. 

In  samaritano  sono  i  sicli  de'  principi  ebrei, 
cominciando  da  Simone  Macabeo.  [La  pre- 
sente è  di  Sidone: 

Della  greca  i  tempi  certi  cominciano  solo 
ai  re  macedoni,  e  van  fino  a  Claudio  Gotico, 
sebbene  ve  n'abbiadi  anteriori. 

Le  medaglie  greche  della  prima  epoca  , 
cioè  anteriori  ad  Alessandro  Magno,  hanno 
tipi  semplicissimi,  disegno  scorretto,  non  leggenda  o  di  poche  lettere  all'antica,  non 
tipo  sul  rovescio,  dove  al  più  si  vede  l'impronta  dei  denti  o  delle  linee  che  doveano 
tener  fermo  il  conio. Son  rotonde,  grosse,  talvolta  a  globo;  e  l'oro  e  l'argento  più  fre- 
quenti del  bronzo.  Procedendo,  occorre  più  spesso  il  bronzo,  migliora  il  disegno,  le 
leggende  non  mancano. 

Le  dinastie  greche  piantatesi  in  Asia  serbarono  la  lingua  greca.  Così  nella  seguente  di 
Arsace  VII  d'argento,  a  grandezza  doppia  del  vero),  leggesi  Ba7t)scu,-  pie7ci)ou  àpaxvx-j 


Moltissime  medaglie  ci  danno  i  Seleucidi,  dapprima  somigliantissime  a  quelle  di 

Alessandro,  poi  prendono  per 
tipo  Apollo  coll'arco  o  collo 
strale,  come  vedesi  in  queste 
due  di  Seleuco  li  e  IV: 

Dei  re  traci  del  Bosforo  Cim- 
merio si  hanno  molte  e  belle 
medaglie;  eppure  di  essi  non 
fan  cenno  o  scarsissimo  gli  sto- 
rici. Vaillant,  llardouin,  Sou- 
ciet,  Cary,  Eckhel,  Visconti  ed 
altri  ingegnaronsi  di  tesserne 
la  cronologia,  ma  non  arriva- 
rono che  ad  ipotesi  ;  giacché 
per  i  cinque  o  sei  secoli  da  Au- 
gusto in  poi  ch'essi  domina- 
rono, nessuna  altra  memoria 
resta  che  sulle  medaglie,  di  cui 
alcune  d'oro  e  d'alto  titolo. 

Ecco  qui  sotto  una  medaglia  d'argento  della  Cappadocia,  a  grandezza  naturale  : 

Quasi  a  prima  vista  si  discernono  le  monete 
di  Creta  per  la  fabbrica  e  il  metallo,  oltre  rife- 
rirsi a  favole  indigene. 

Poche  monete  dà  l'Africa.  L'Egitto  nessune  di 
riferibili  ai  Faraoni,  indizio  che  non  uè  csistes- 


MONETR   AFhlCANE 


U^ 


sero,  Dario  dopo  la  conquista  vi  pose  governatore   un  Ariande,  ed  avendo  questo 

fatto  batter  monete  in   proprio 

nome,    fu  trattato    da   ribeile: 

sono  rare ,  e  diconsi   ariaìidi- 

che.     De'  Toiomei    ne    restano 

molte,  e  le  ultime  scoperte  fe- 
cero ampliare  d'assai  il  numero 

di  quattordici  principi   fra    cui 

Le  Vaillanl  le  aveva  distribuite. 

Furono  battute  ad  Alessandria, 

e  portano,  su  qualunque  metal- 
lo, la  testa  del  re  o  della  regina, 

e  sul  I}]  l'aquila  in  piedi  pel  re, 

e  il  corno  d'abbondanza  per  la 

regina. 

Ne    riportiamo  qui    due  una 

d'Arsinoe,  altra  di  Berenice  mo- 
glie di  Tolomeo  1,  e  la  leggenda 

dice  del  re  Tolomeo:  e  qui  sotto 

una  d'oro  di  Berenice  figlia  di 

Tolomeo  Vili,  e  la  leggenda  dice 

della  regina  Berenice: 

Le  leggende  sono  greche  come  quelle  de' cesari  :  pur 
esse  battute  ad  Alessandria,  onde  diconsi  nummi  a/essan- 
drini.  Anche  sotto  gli  imperatori  vi  si  effigiarono  oggelli 
nazionali,  e  massimamente  religiosi;  i  varj  Dei,  il  Nilo,  le 
Sfingi  ecc.  Non  vi  mancano  però  divinità  e  allegorie  greche. 

Dopo  Diocleziano  batteronsi  in  latino,  e  nell'esergo  v'è  scritto  ALE. 

Delle  medaglie  imperiali  egiziane  si  formò  una  classe  a  parte,  dette  dei  nómi,  cioè 

delle  Provincie  in  cui  era  ripartito  l'Egitto.  Se  ne  conoscono  di  sessanlaquattro  nómi 

da  Traiano  fin  ad  Antonino.  11  gabinetto  di  Torino  ha  trentasei  monete  di  nómi. 

La  Cirenaica  battè  monete  greche  ;  la  Sirtica  anche  alcune  latine  ;  latine  la  Bizacene , 

la  Zeugitana,  la  Mauritania;  ma  son  greche  quelle  di  Giuba  II  e  Cleopatra.  Ecco  una 

medaglia  di  Giuba  1:  e  un'altra  di  Giuba  11,  che  porta  da  un  lato  IVBA  REX,  dall'altro 

KAEOnATPA  BACIAICCA: 


Altre,  in  caratteri  punici  e  numidici,  vanno  fra  le  incerte.  Quest'è  una  medaglia  di 
Cartagine,  al  vero: 


34  i 


ARCHEOLOGIA   E   BELLE    ARTI 


L'altra  a  destra  porta  il  tipo  di  Cartagiae,  che  era  il  cavallo;  è  io  oro,  di  gran- 
dezza'naturale. 

Gli  Arabi,  dopo  invasa  la  Mauritania,  se- 
guitarono alcun  tempo  a  batter  monete  con 
tipi  bìsantini  e  leggende  latine,  perchè  più 
facilmente  corressero  fra  le  genti  cristiane 
(Vedi  Saulcy,  Journal  asiatique,  novem- 
bre 1840). 


§  2S1 .  —  Loro  tipi. 

Nei  tipi  della  ricchissima  numismatica  extraromana  ricompaiono  |le  classificazioni  già 
dette,  ma  colla  varietà  naturale  a  tanta  estensione,  e  molto  utili  vuoi  per  la  cronologia, 
vuoi  per  l'archeologia  e  la  geogiafia.  Ai  re  vi  sono  dati  i  sopranomi  come  in  questa  di 
Mitradate  VI  Eupatore:  le  città  vi  iscrivono  le  proprie  prerogative,  come  l'immunità, 


cioè  esenzione  dalle  imposte  (ATEAElAC  A  AAABANAEnN,  immunità  de' popoli  d'A- 
labanda):  o  l'alleanza  (<MAEC  CVNMAKOT),  confederate,  su  moneta  dei  Sagalessi  di 
Fisidia-  OMONOl.V  tìESSAAilN  l'aMAIfiN,  concordia  de'  Tessali  e  Romani:  o  l'esser 
metropoli,  sia  che  in  fatto  fossero  capitali,  od  ottenessero  specialmente  questo  titolo; 
0  il  diritto  di  batter  moneta  (moneta  impetrata:  permissu  avgvsti:  indvlgentia  av- 
GvsTij;  0  l'esser  neocore,  titolo  ambitissimo  in  Grecia  e  in  Asia,  per  esprimere  che 
aveano  tempj,  feste,  culto,  spettacoli  comuni  a  tutta  la  provincia;  dal  qual  titolo  passa- 
rono alcune  città  ad  esser  sacre^  cioè  col  diritto  di  asilo  (lEIlAc  KAi  AClAOì).  11  titolo 
di  neocoro  vedesi  in  questa  medaglia  di  Cizico  dì  grandezza  vera: 

Città  navarchidi  eran  quelle  nel 
cui  porto  serbavasi  una  forza  nava- 
le, come  Ravenna  e  Miseno. 

Grave  difficoltà  è  l'intendere  le 
epoche  dove  tanto  variarono  le  ère: 
talvolta  sono  dedotte  dall'anno  della 
fondazione  di  ciascuna  colonia. 

Spesso  ancora  vi  sono  indicate 
le  feste,'di  cui  parleremo  più  avanti, 
e  in  occasione  delle  quali  erano 
battute. 


§  252.  —  Monete  sbagliate. 

Incontransi  anche  medaglie  con  difetti,  per  colpa  dei  monetieri.  Talvolta  nelle  leg- 
gende v'è  errore  di  dizione,  o  quelle  del  dritto  non  combinano  col  rovescio. 

iMP.  cAEs.  mvo.  TfiAJANO  opiTiMO.  AVG.  GER.  DAC.  —  I})  coNSENCAVTio.  Erra  qucsta 
coll'attribuire  il  titolo  di  divo  a  uno  tuttora  vivente;  erra  scrivendo  optimo  e  conseri' 
cautio  per  optimo  e  consecratio. 


MONETE  SBAGLIATE  3iK 

Altri  errori  o  varietà  ortografiche  trovansi  nelle  leggende  :  l'o  per  m,  il  b  per  v  e  fee- 
lix,  vìirlus  ;  janvs  clvsti  per  eluiiil;  i.iciuoio  per  rcligio  ;  s.kcvi.lvm  ;  veuitas  per  ube- 
ritas.  Altre  volte  son  così  confuse,  che  non  è  possibile  raccapezzarne  il  senso  per  esem- 
pio D.  N.   EOANVS.   P.   F.   AVG.  OniVNA   AVGVSTA   CCC.  ;  C  in  Una  degli  Ostilii  0.   OVAL.  OSTIL. 

MES.  coviNTvs  per  e.  Val.  Hostil.  Mes.  Quinlus. 

Talvolta  l'iscrizione  è  discordante  dal  tipo:  così  attorno  a  una  testa  di  Marc'Aurelio 
leggesi  j'AVSTiNA  AVGVSTA.  Piu  spcsso  il  rovcscio  non  corrisponde  al  dritto,  o  su  quello 
ripetesi  questo.  Tali  errori  portarono  a  false  interpretazioni.  I  pratici  poi  s'accorgono 
quando  per  isbaglio  siasi  adoprato  al  dritto  un  punzone  distonante  da  quel  del  rovescio 
Nel  che  bisogna  distinguere  le  foderate  e  le  ricuse. 

Nel  bellissimo  medaglione  del  gabinetto  numismatico  di  Milano  di  Marc'Aurelio  e 
Lucio  Vero,  sembra  che  il  dritto  non  s'accordi  col  rovescio  che  ha  la  quadriga  retta  dalla 
Vittoria  Germanica,  la  quale  non  poteva  convenire  coi  primi  tempi  di  quegli  imperatori. 

Fboblicii,   De  nummis  monetariorum  culpa  vitiosis.  Vienna  17óG. 
Borghesi^  negli  Annali  di  corrispondenza  archeoL,  x.  30. 

In  altri  errori  caddero  i  numografi  nel  leggere  o  nello  interpretar  le  monete,  e  così 
crearono  paesi  nuovi  o  leggende  insolite.  Pellerin  lesse  AAnriAinN  invece  di  KAs- 
ZlinAlilN,  e  attribuì  a  Lappa  di  Creta  una  medaglia  di  Cassope  città  corcirese.  In  una 
medaglia  macedonica  di  Augusto  le  sigle  C.  I.  A.  D.  si  lessero  Colonia  Julia  Augusta 
Dertona,  e  si  attribuì  a  Dertona  d'itaiia  o  a  Derlosa  di  Spagna,  mentre  era  della  colo- 
nia Diense  in  Macedonia. 

Altri  errori  di  Goltz  e  Ligorio  trassero  in  fallo  i  successivi,  e  parecchi  ne  furono 
corretti  dal  Sestini. 

§  253,  ■ —  Donde  si  cavino  le  monete. 

Deposito  inesausto  di  monete  antiche  è  la  terra.  Fosse  la  superstizione,  fosse  la  cau- 
tela che  le  facesse  sepellire,  fatto  è  che  scavando  se  ne  trovano  in  ogni  dove,  isolate 
0  in  tesori.  Le  XII  Tavole  vietano  di  se|)ellir  l'oro  ;  ma  si  sa  che  ai  morti  presso  i  Greci 
ponevasi  in  bocca  una  moneta,  per  |)agare  il  nolo  a  Caronte.  Nei  paesi  appartenenti  alla 
Grecia  o  che  ne  adottarono  i  costumi,  poteano  vivere  bO  milioni  di  persone  almeno. 
Dato  che  la  generazione  si  rinnovasse  ogni  trent'anni,  dal  tempo  di  Fidone  d'Argo 
quando  primamente  si  batterono  monete,  fino  a  Costantino  passarono  trentasei  genera- 
zioni, cioè  1800  milioni  d'uomini;  e  forse  altrettante  monete  furono  sepolte. 

Al  tempo  del  Fabretti,  dal  fiume  Sargezia  della  Dacia  si  trassero  più  di  40  mila 
monete  d'oro.  Nel  1714  tra  Modena  e  Brescello  un  agricoltore  trovò  da  80  mila  meda- 
glie consolari,  coniate  fra  il  707  e  il  717  di  Roma.  Pellerin  racconta  che  nel  17G0  si 
rinvennero  a  Brest  di  Bretagna  vasi  pieni  di  circa  30  mila  monete  d'imperatori  romani. 
Nel  1790  a  Cremona  furono  disscpolte  COOO  medaglie  d'argento  tutte  consolari,  in 
tre  olle  di  creta.  Verso  quel  tempo  presso  Savignano  nel  Riminese,  forse  altrettante  ne 
trovò  il  Borghesi.  Nel  1810,  nella  villa  diCadriano,  poco  distante  da  Bologna,  circa  80 
mila  medaglie  d'argento  consolari  o  di  famiglia  si  disotterrarono  in  un  vaso  di  rame 
insieme  con  verghe  d'oro;  poi  in  quelle  vicinanze  molt'altre  nel  1817.  Nel  Modenese, 
il  1812,  circa  40U0  altre  consolari  e  di  famiglie,  di  gran  varietà  di  tipi  e  di  simboli;  un 
migliajo  nel  1815  verso  il  colle  di  Spilamberto  pur  nel  Modenese  :  nel  1823  molte  presso 
Rieti  :  nel  1825,  un  otto  migliaja  in  Puglia  :  poi  nel  1829  in  Fiesole  un  deposito  di  circa 
3000  monete  romane,  e  un  migliajo  ai  confini  del  comune  di  Castelvetro  nel  Modenese. 
Nel  1840  presso  Pizzighettone  nel  Cremonese,  un  villano  dissepelli  un  vaso  di  oltre  ODO 
medaglie  consolari  e  di  famiglie;  a  lacere  le  scoperte  minori,  che  qui  e  fuori  d'Italia 
succedono  ogni  giorno.  In  Calabria  nel  1843  si  trovò  un  tesoro  di  mille  monete  anti- 
chissime, quasi  tutte  incuse,  fra  cui  alcune  rarissime:  indizj  che  in  quel  luogo  esistette 
un  campo,  una  stazione  o  una  borgata,  nell'età  di  quelle  medaglie. 

l  viaggi  in  parti  lontane  recano  pure  acquisti;  e  molte  nuove  vennero  dal  Bosforo 
Cimmerio;  altre  assai  dall'India,  e  massime  dal  Lahor  furono  raccolte  dal  generale  Al- 
lard,  che  vi  dimorò  dal  1815  al  1835.  Di  cui  alcune  sono  di  re  macedoni  nella  lìaltriana 


àl6  ARCHEOLOGIA    E   BELLE   ARTt 

e  nell'India  settentrionale;  altre  dei  medesimi  re,  con  leggenda  greca  da  un  lato,  e  Imt- 
1  triaoa  duirailro;  altre  pure  bi- 

lingui,  di  conquistatori  sciti; 
altre  di  epoca  incerta  e  d'arte 
deteriorata,  con  mescolanza  di 
simboli  e  caratteri  greci,  persi, 
indiani. 


Lassen,  Zur  Gesch.  der  griechischen 
und  indoskylischen  honige  in  Bak- 
trieUj  Kabul  und  Indien,  durch 
Enlziffurung  der  allkabulischen 
Legenden  aufihren  Milnzen.  Bonn 
-1858. 

Grotefend,  Die  Miinze  der  griechi- 
schen^  parlischen  und  indoskyli- 
schen Kiinige  von  liakirien  und 
dùn  Lcindern  amlndus.  Auuovtr 
1829. 

RaoiìL-Rochette,  Nolice  sur  quelgucs 
médailles  grecques  inédiles  ,  ai  - 
parlenanl  à  des  rois  inconnus  de 
la  Baclriane  et  de  VJnde.  Parigi 
-1834. 

Wilson,  Ariana  antiqua ,  a  descri- 
plive  accounl  of  Ihe  anliquities 
and  coins  of  Àfganistan  with  a 
memoir  on  the  buildings  called  lo- 
pes.  Lunilra  l84t.  Raccolse  quanto 
linora  si  conosce  inloruo  alle  me- 
daglie d'ogni  età  ritrovate  nell  lodi.) 
e  ni'U'Aiganistan. 

Diamo  qui  accanto  alcune  me- 
daglie dei  re  Batlriani,  cioè  di 
Eutidemo  1,  di  Eliocle  2,  di 
Demetrio  3,  di  Eucralide  4. 

Il  viceré  d'Egitto  nel  1862  es- 
sendo a  Parigi  regalò  all'impe- 
ratore e  questi  alla  Biblioteca 
imperiale  11  SUO  medaglie  gre- 
che, romane,  musulmane,  gran 
parte  inedite ,  provenienli  da 
scavi  nel  suo  paese:  cosi  va  cre- 
scendo ogni  giorno  il  numero 
delle  medaglie,  e  ricorrendo  il 
bisogno  di  conoscerle  e  ordi- 
narle. 


254.  —  Rarità, 


Alle  medaglie  aggiunge  pregio  la  rarità.  Questa  può  venire  o  dall'essere  benissimo 
conservate,  e  come  dicono,  a  fior  di  conio,  il  che  rende  preziosa  anche  una  vulgare;  o 
dal  non  trovarsene  altre,  nel  qual  caso  diconsi  uniche  o  rare.  Apprezzate  assai  sono 
quelle  con  una  testa  per  ciascun  lalo.  Le  medaglie  delle  imperatrici  sono  più  rare  che 
quelle  degli  imperatori,  salvo  che  sotto  gli  Antonini. 

Si  fecero  cataloghi  indicanti  la  preziosità  ed  anche  i  prezzi,  come  quello  di  Mionnet; 
ma  si  sa  quante  circostanze  influiscano  sul  valore. 

Alle,  medaglie  di  bronzo  cresce  merito  la  patina,  cioè  l'ossido  che  il  tempo  vi  formò, 
e  che  talora  è  un  verde  vivacissimo.  Bisogna  dunque  guardarsi  dal  farnelo  cadere:  bensì 


MF.DAGME   FALSE  347 

se  ne  staccano  la  terra  e  le  altre  materie  etero^'cnee  con  un  panno  bagnalo  d'olio. 
All'incontro  quelle  d'argento  e  d'oro  vanno  ripulite  attentamente,  con  materia  che  non 
intacchi  il  metallo. 

g  25S.  —  Medaglie  false. 

Una  classe  intera  costituiscono  le  medaglie  false.  Già  in  antico  v'ebbe  falsarj,  che  ne 
metteano  in  corso  di  piombo  o  di  rame  incamiciate  {pelliculati,  subcerati}.  Era  più  fa- 
cile il  farlo  per  esser  grosse  le  monete  ;  e  forse  per  ciò  nei  bassi  tempi  si  formarono  sot- 
tili e  quasi  lamine. 

Talvolta  i  principi  stessi  falsarono  la  moneta:  Erodoto  dice  che  Policrate  tiranno  di 
Saino  indorò  quelle  di  piombo;  Plinio  che  Marc'Antonio  triumviro  mescolò  il  ferro  al 
denario;  Dione,  che  Caracalla  diede  per  oro  jl  piombo  e  il  bronzo  dorati.  Queste  hanno 
ancora  pregio  perchè  antiche,  e  somministrarono  tipi  e  leggende  interessanti.  1  mo- 
derni poi  falsificarono  monete  antiche  ,  e  per  ricavare  protitto  dalla  rarità,  imitarono 
quelle  che  più  doveano  costare.  Prima  Giuseppe  Cavino  di  Padova,  poi  Michele  Desrieu 
di  Firenze,  Cogouière  francese,  Casteron  olandese  usufruttarono  quest'industria,  benis- 
simo imitando  i  conj  antichi,  o  incidendone  di  nuovi.  Tali  sono  alcune  di  Cesare  col 
VENI  VIDI  vici;  altre  di  Artemisia  col  mausoleo,  Didone  con  Cartagine,  Menelao  col  ca- 
vallo trojano  ecc.  In  queste  basta  soventi  la  critica;  ma  più  dillicili  sono  a  riconoscere 
quelle  formate  sui  conj  antichi.  Ordinariamente  però  sono  di  getto. 

Altri  moderni  presero  una  moneta  amica,  e  col  bulino,  sostituirono  una  testa  all'al- 
tra, una  ad  altra  epigrafe,  facendone  così  una  medaglia  inedita  ed  unica.  Ovvero  ta- 
gliate per  lo  spessorf ,  riunirono,  per  esempio,  una  testa  di  re  o  di  cesare  a  qualche  ro- 
vescio insolito,  talmentechè  divenivano  uniche. 

Può  dunque  essere  falsificato  a  dirittura  il  conio,  cioè  per  così  dire,  l'intera  edizione, 
ovvero  un  esemplare  solo. 

Altre  poi  non  furono  falsificate  che  letterariamente,  come  fece  Uberto  Goltz,  il  quale 
una  quantità  ne  pubblicò  o  finte,  o  mal  riprodotte  e  capricciosamente  spiegate. 

Non  v'è  gabinetto  numismatico  che  non  sia  infetto  di  questa  merce,  anzi  si  suole 
conservare  per  istruzione.  Ora  poi  si  hanno  i  punzoni  adoperati  da  Becker,  che  for- 
mano una  raccolta  curiosa.  I  progressi  della  scienza  agevolarono  l'opera  de' falsarj;  ma 
insieme  l'arte  di  svelarli.  Si  scrissero  anche  libri  per  discernerle,  dando  i  caratteri  del 
metallo,  delle  lettere,  della  patina,  del  peso  assoluto  e  specifico. 

BEAtTAiS,  Manière  de  discerner  les  médaiìles  antiques  de  celles  qui  soni  cantre faites.  Dresda  179} 
(edizione  aumentata,  con  una  tavola  del  valore  e  della  rarità  delle  medaglie  imperiali). 

PiiNEERTON,  Sur  la  rarelé  el  la  conlrefa^on  des  médaiìles  antiques.  Dresda  1795. 

Sestim,  Sopra  i  moderni  falsificatori  di  medaglie  greche  anlicfie  ne'  tre  metalli,  e  descrizione  diiutle 
quelle  prodotte  da'  medesimi  nello  spazio  di  pochi  anni.  Firenze  1856. 

Dicesi  autentica  una  medaglia  quando  appartiene  proprio  al  tempo,  al  luogo,  alle  per- 
sone, che  le  sono  assegnati. 

Le  grandi  serie  esistenti  ne'  gabinetti  ormai  furono  poste  ad  esame,  tanto  che  non  si 
può  dubitarne.  Quistioni  d'autenticità  possono  rinnovarsi  se  la  medaglia  sia  unica;  se 
esista  solo  io  gabinetti  tedeschi,  mal  reputati  ;  se  sia  contorniata  ;  se  fu  tenuta  apocrifa 
da  qualche  giudizioso;  se  non  s'accorda  con  altri  monumenti  o  relazioni  originali;  se 
tende  a  staijilire  nella  storia  un  fatto  non  garantito  altrimenti. 

§  'IhQ.  —  Storia  della  numismatica. 

Di  buon'ora  gli  eruditi  ()osero  studio  alle  medaglie,  e  già  vi  s'applicava  il  Petrarca. 
Primamente  la  dotta  curiosità  arrestossi  ;dle  imperiali  :  dappoi  si  stese  a  quelle  di  fami- 
glie. Sebastiano  Erizzo  pel  primo  ne  trattò  (IdSOj,  poi  sempre  meglio  Fulvio  Orsini,  il 
Patino,  il  Morelli. 

Altri  attendevano  anche  alle  monete  urbiche,  di  regni  e  paesi  e  colonie  estranee  a  Ro- 
ma, come  il  Goltz  anzidetto,  ma  senza  molli  seguaci.  Bensì  studiavansi  quelle  delle 
colonie  e  municipj  donati  del  gius  latino,  come  fece  Le  Vaillant.  Questo  fu  il  primo 
ad  indicare  uno  scopo  cui  dirigere  la  numismatica,  tessendo  con  essa  gli  annali  dei  Se- 
leucidij  degli  Arsacidi,  de'  Tolomei,  d'altri  re:  sebbene  sovente  s'apponesse  ìd  fallo. 


3i8  ARCHEOLOGIA   E  BELLE   AUTl 

Poco  si  faceva  attenzione  alle  medaglie  greche,  quantunque  l'importanza  ne  fosse 
stata  già  avvertila  da  Spanheim;  fin  quando,  nel  secolo  passato,  comparvero  le  grandi 
opere  di  Occon,  Ducange,  Mezzabarba,  Le  Vaillant  sulla  numismatica  dell'impero  ro- 
mano in  Occidente  ed  in  Oriente;  e  quelle  di  Froelich,  Pellerin,  Combe. 

Allora  si  studiarono  quelle  della  Spagna,  della  Sicilia,  della  Magna  Grecia,  e  di  alcune 
città;  e  così  quelle  della  Siria,  dell'Egitto,  della  Tracia  per  opera  di  Fralich,  Le  Vail- 
lant, Zoega,  Cary,  Sestini,  Dutens,  Perez,  Bayer,  Corsini  ;  quelle  degli  Ebrei  e  Fenicj 
per  Barthélemy,  Reland,  SAvinton,  Lastanosa,  Florez.  Herro  cercò  quelle  di  Spagna;  Pa- 
ruta  e  Torremuzza  le  sicule;  Magnan  le  bruzie;Gori,  Olivieri,  Passeri,  Guarnacci,  I3uo-- 
narotti,  Lanzi,  la  numismatica  dell'Italia  media  e  superiore;  Danieli  l'osca  di  Capuaj 
Pinzio  la  ravennate;  Ilaym  diede  il  Tesoro  britannico,  ingiustamente  malmenato  da  Pin- 
kerton. 

Tanta  estensione  rendeva  difficile  lo  studio;  e  per  agevolarlo  furono  pubblicate  dal 
Labbe ,  dal  Banduri ,  dall'Hirsch,  dal  Lipsio  Biblioteche  numismatiche-^  àa  Basche 
un  Lexicon  rei  mumaria'. 

Pare  che  Gessner  pel  primo  ideasse  un  Corpo  numismatico  esteso  a  tutti  i  popoli  an- 
tichi. Ilardouin  {Nuìni  antiqui  populorum,  1684}  pel  primo  divise  le  medaglie  delle  città 
in  autonome  e  reali,  e  disponeva  le  città  alfabeticamente:  ma  Pellerin  (Recueil  des  mé- 
dailles  de  rois,  de  peuples  et  de  villes,  1762-78)  distribuì  quelle  di  genti  autonome  se- 
condo gli  anni  cui  appartenevano,  come  fece  pure  con  quelle  dei  re  e  delle  colonie  ;  le 
città  poi  ancora  alfabeticamente. 

Seguendo  le  loro  idee  e  quella  di  Florez  nelle  Medaglie  di  Spagna,  l'austriaco  Giu- 
seppe Ilario  Eckbel  gesuita  fondò  la  sua  classificazione  geografica  sulle  orme  di  Strabone. 
Egli  chiama  naufragi  o  aborti  quelli  de'  predecessori,  dei  quali  è  a  vedere  nel  suo  proe- 
mio {Doctrina  numorun  veterum,  1792-98)  la  compiuta  bibliografia,  e  il  competente 
giudizio  de'  libri  che  un  numismatico  non  può  ignorare,  e  de'  musei  del  suo  tempo. 

Le  lezioni  staccate  da  quest'opera  divennero  un  libro  elementare,  superiore  a  quelli 
fatti  già  da  molti,  e  fondamento  ai  successivi  ;  e  veramente  si  ridusse  a  sistema  ciò  che 
prima  non  era  se  non  congetture. 

Questo  principe  della  scienza  numismatica,  che  molti  lumi  avea  dedotto  dal  conver- 
sare coi  nostri  Lanzi,  Marini,  Oderici,  Cocchi,  fu  egli  stesso  migliorato  dal  Sestini,  da 
Mionnet,  da  Millingcn,  da  altri  viventi,  che  profittarono  dei  moltissimi  tesori  venuti  in 
luce,  e  dei  progressi  della  storia  e  della  filologia. 

Sebastiano  Erizzo,   Discorso  sopra  le  medaglie  degli  antichi.  Venezia  •ISSO.  È  il  primo  libro  scientifico 

intorno  alla  numismatica. 
GussEME,  Diccionario  numismatico.  IMaJriil  1775,  6  voi. 
Basche,  Lexicon  universoe  rei  numariw  veterum.  Lipsia  -1785,  Vi  \ol. 

SpAMlEMn,  Disserlationes  de  prastantia  et  usu  nwnismalum.  Londra  I70G,  2  voi.  , 

JOBERT,  La  Science  des  mèdailles.  Parigi  4739,  2  voi. 
Gessnebii,  Specimen  rei  numariw.  'liguri  1755,  2  voi. 
Waciiterii,  Archoeologia  numaria.  Lipsia  1740. 
D.  KoELER,  Appunti  storici  sulle  medaglie  e  le  monete.  Berlino  17''(0. 
Tu.  Mangeart,  Introduciion  à  la  science  des  mèdailles.  Parigi  4705. 
A.  Mo^ALDlM,   ìnslituliones  antiq.  numismat.  Roma  1772. 
Zaccaria,  Inslil.  antiquario-numismat.  (con  una  lettera  del  p.  Paeiaudi  sopra  l'utilità  dello  «Indio  dclU 

medaglie).  Venezia  1793. 
Barthélemy,  Essai  de  patéographie  numismadque.^  nei  Mém.  de  VAcad.  des  Inscr..^  iota,  xxiv  » 

xxvn. 
Pinkerton's,  Essay  on  medails.  Londra  -1789,  2  voi, 
EcRHEL,  Doctrina  numorutn  veterum.  Vienna  -1792-98,  8  voi. 

Sestini,  Descriptio  numorum  veterum  cum  animadversionibus  tn  doelrinam eckhelianam.ljìptìt  ilQG, 
Classes  generales  geograpfiiae  numismaticce.  L\ps\si  1797. 

—  Classes  generales  seu  moneta  velus  populorum  et  regum.  Firenze  -I82L 

—  Lettere  e  dissertazioni  numismatiche.  Pisa  e  Milano  1817,  * 
Mionnet,  De  la  rarelé  et  du  prix  des  mèdailles  romaines.  -1815. 

—  Description  des  mèdailles  grecques  et  romaines. 
Bartolomeo  Borghesi,  Decadi  numismatiche,  nel  Giornale  arcadico- 
Cavedom,  Spicilegio  numismatico. 

Baoll-Hochktte,  Mimoire  de  numismalique  et  d^antiquité.  Parigi  4850. 


COLLEZIONI  349 

Oltre  le  raccolte  o  descrizioni  di  nicdaglic  d'uomini  cclol)ri,  di  alcun  popolo,  di  famiglie,  di  città,  di  r«. 

De  DoMiMCiS,  Rcpcrtorium  numismaticum.  Napoli  1820,  4  voi. 

Trèsor  de  numismaliquc  et  de  glyptique^  ou  recueil  general  des  mèdailles^  mnnnaics^  pierres  (jravéet, 
bas-reliefs  etc,  gravi',  par  les  procédés  de  M.  Achille  Collas.  Vi  h  adoperato  uu  nuovo  meccanismo, 
opportunissimo  a  trasportare  con  prontezza  ed  esattezza  i  disejjni  originali. 

VONGK  ACHEHMANN,  A  numismatic  manual  ecc.  (Manuale  di  numismatica,  o  guida  per  raccogliere  e  stu- 
diare lo  medaglie  greche,  romano  e  inglesi).  Londra  I8i0. 

§  257.  —  CoUezJon:. 

Tanto  delle  raccolte  a  stampa  come  di  quelle  in  natura,  alcune  si  limitano  a  qualche 
classe  particolare,  per  esempio  la  serie  delle  famiglie  romane,  o  dei  re,  o  delle  colonie, 
o  delle  alessandrine,  o  di  medaglioni;  altre  abbracciano  ogni  parte  della  numis- 
matica. 

Nelle  raccolte  generali,  la  romana  si  distingue  in  due  epoche,  repubblicana  e  impe- 
riale. La  prima  si  comincia  dalle  monete  librali,  classificandole  secondo  il  peso:  seguono 
quelle  di  famiglia,  cominciando  dalle  poche  d'oro;  poi  quelle  d'argento,  distinte  in  do- 
nar], quinarj  e  sesterzj:  e  si  pongono  in  serie  o  delle  lettere  d'alfabeto,  o  delle  cifre  nu- 
meriche che  portano.  Non  potendosi  determinarne  l'età,  si  segue  l'orciine  alfabetico,  la- 
sciando ultime  le  anepigrafi  e  di  famiglie  incerte. 

Le  monete  dei  Cesari  tengono  l'ordine  cronologico,  e  dietro  a  loro  quelle  della  fami- 
glia cui  appartengono. 

Della  numismatica  urbica  estranea  a  Roma  diedero  l'ordine  Eckhel,  Mionnet  e  Sestini, 
il  più  semplice  e  facile  come  vedemmo.  Nelle  suddivisioni  poi  di  ciascun  paese  si  co- 
mincia colle  autonome,  poi  le  officiose,  indi  le  regie,  infine  quelle  delle  colonie. 

Alle  lacune  si  ripara  con  imitazioni  di  piombo  o  di  solfo  o  di  plastica. 

De'princìpali  gabinetti  si  hanno  a  stampa  i  cataloghi,  e  l'esame  di  essi  è  il  più  po- 
tente mezzo  di  progredire  in  questa  scienza.  Ma  conserviam  bene  quell'assioma  di  Eck- 
hel (prcefatio):  Ncque  tenemus  scientimn.,  cum  generalem  ejus  statum  ac  fmes  ienemus; 
sed  tum  eam  obtinemus,  cumquce  sii  distnhutio  partium,  qucehorum  natura  et  usus,  pia- 
nius  intelligimus.  Quam  vero  haec  in  disciplina  nostra  late  pateanty  quis  ignorai? 


5^0  ARCHEOLOGIA    E    BELLE    ARTI 


CAPO  NONO 

FESTE  E  SPETTACOLI 


§  2S8.  —  Origine  delle  feste. 

Le  feste  nacquero  da  sentimento  religioso,  per  onorar  Dio,  ringraziarlo,  accoppiare 
precetti  morali  all'idea  della  bontà  e  giustizia  sua.  Moltiplicate  gli  Dei,  e  cresceranno 
le  feste  ;  alterate  la  natura  di  quelli,  e  queste  diverranno  viziose.  La  politica  poi  e  l'ira- 
postura  vollero  consacrare  con  le  feste  tutte  le  opinioni  e  le  abitudini  che  ad  esse  con- 
veniva propagare  ;  sì  che  le  feste  abbracciarono  le  nozioni  astronomiche  e  fisiche,  gli 
interessi  pubblici,  le  tradizioni  nazionali  o  popolari,  le  memorie  di  uomini  famosi.  Così 
v'ebbe  infinite  solennità-,  tanto  che  a  Roma,  dopo  che  Augusto  ,  poi  Antonino  ne  tol- 
sero da  quaranta,  ne  rimanevano  ancora  centrentacinque. 

Del  significato  loro  sarebbe  difficile  venir  in  chiaro,  non  possedendone  alcun  trattalo 
antico,  e  restando  sol  una  parte  dei  Fasti  d'Ovidio,  che  pur  ne  rivelano  la  sola  este- 
riorità artistica.  I  cenni  che  da  altri  si  raccolgono,  o  sono  oscuri  per  riverenza  al  mi- 
stero ,  od  arbitrar]  e  contraddicenti  fra  loro.  Poi  è  diffii'ile  trovare  il  filo  nel  labi- 
rinto delle  nozioni  cosmogoniche  e  storiche  e  jeroglifiche,  che  costituivano  la  religione 
antica. 

Certo  sono  uno  dei  principali  caratteri  dell'antichità  le  feste,  che  ne'  più  bei  tempi 
associavano  la  pietà  verso  la  divinità  e  l'espansione  delle  relazioni  sociali,  sviluppavano 
con  regola  e  armonia  tutti  i  sentimenti,  tutte  le  facoltà,  tutte  Ife  potenze  del  nostro  es- 
sere, e  porgevano  alle  moltitudini  nutrimento  morale. 

§  259.  —  Feste  ebraiche. 

Noveriamo  le  feste  e  gli  spettacoli,  dì  cui  trovasi  cenno  o  la  figura  nei  monumenti. 

Per  gli  Ebrei  le  tre  maggiori  erano  la  pa^qua^  la  pentecoste,  i  tabernacoli.  La  pasqua 
era  fissata  alla  mela  del  mese  di  nisan,  e  richiedeva  l'agnello  pasquale  e  l'offerta  del 
covone,  primizia  della  messe  dell'orzo.  La  pentecoste,  cinquanta  giorni  dopo,  esigeva 
le  novellizie  del  frumento.  La  festa  de' tabernacoli  (Scenopegia)  al  15  del  thisrì  suppo- 
neva la  vendemmia  e  il  ricolto  degli  ulivi.  Conveniva  perciò  che  cadessero  a  tempi  de- 
terminati. 

Inoltre  era  festivo  ogni  settimo  giorno,  ogni  neomenia  ;  all'I  e  2  thisri  faceasi  la 
festa  delle  trombe;  al  25  chislev,  quella  dei  lumi  (Encenia)  ;  al  14  e  15  adar  quella 
delle  sorti  fPurimJ,  che  negli  anni  embolismici  ripeteasi  con  maggiore  solennità  in  ve- 
adar,  per  celebrare  la  salvezza  ottenuta  quando  Assuero  ne  aveva  comandato  l'ucci- 
sione. Sulla  ragione  delle  altre  feste  non  si  va  ben  d'accordo,  ma  le  tre  principali  ri- 
cordavano l'uscita  dall'Egitto,  la  pubblicazione  della  legge,  ed  il  possesso  preso  della 
Terrasanta. 

Le  feste  cominciavano  tutte  a  sera  ;  le  |)iccole  finivano  la  sera  del  domani,  le  grandi 
duravano  una  settimana. 


i  ' 


GRANEI  GIUOCHI  GRECI  351 


§  260.  —  Grandi  giuochi  greci. 


I  giuochi  più  rinomati  di  Grecia  erano  gli  olimpici,  gli  istmici,  i  nemd  e  i  'pitici. 

I  giuochi  Olimpici,  la  maggior  solennità  di  Grecia,  celebravansi  in  Olimpia,  villaggio 
dell'Elide  sull'Alfeo,  poco  discosto  da  Pisa.  Risalgono  ai  tempi  favolosi;  ed  Ercole, 
perchè  vincitore  dei  proprj  cinque  fratelli,  stabilì  si  tenessero  ogni  quinto  anno.  Dopo 
la  vittoria  che,  coll'assistenza  di  Licurgo  il  legislatore,  vi  riportò  Ifito  re  dell'Elide,  l'o- 
racolo delfico  ordinò  di  ripristinare  quelle  interrotte  solennità.  L'intervallo  di  quattro 
anni  chiamavasi  un'olimpiade,  e  fu  l'èra  più  consueta  in  Grecia,  che  cominciò  dalla 
vittoria  di  Corebo  eleo  il  776  av.  C. 

Quelle  feste  onoravano  Giove,  di  cui  era  colò  famoso  il  tempio  colla  statua  di  Fidia, 
oltre  altari  e  immagini  di  molte  divinità.  Duravano  cinque  giorni -del  mese  attico  he- 
catombeon.  Duranti  i  giuochi,  era  armistizio  per  tutta  Grecia  :  il  territorio  d'Elide  poi 
consideravasi  sempre  come  sacro,  e  sacrilegio  il  penetrarvi  colle  armi.  Dapprima  i  soli 
Peloponnesj,  poi  tutti  i  Greci  vi  presero  parte,  purché  di  ellenico  sangue,  e  non  colpiti 
di  atimia  od  infamia.  Anche  le  colonie  v'aveano  posto  distinto.  Le  donne  non  pote- 
vano, durante  la  solennità,  passare  l'Alfeo.  Vi  si  coglieva  quell'occasione  per  fare  mer- 
cato; le  città  vi  spedivano  doni,  in  gara  di  magnificenza;  artisti  e  poeti  esponevano  le 
opere  loro.  ... 

Possono  distinguersi  in  due  parti;  i  giuochi  e  i  riti,  cioè  i  sacrifizj  che  ogni  città  vi 
faceva,  ma  più  suntuosi  quella  d'Elea.  . 

I  giuochi  erano  la  corsa  a  piedi  (^ooVo;)  ;  il  diaulos,  ove  traversavasi  a  corsa  dodici 
volte  lo  stadio  ;  il  dolichos,  corsa  più  lunga;  il  pentatlon,  la  palestra,  il  pugilato,  la 
corsa  delle  quadrighe,  la  corsa  de'  cavalli,  il  pancrazio  e  la  corsa  degli  armati;  la  corsa 
de' carri  con  muli;  la  corsa  con  cavalle;  quella  delle  bighe;  la  gara  degli  araldi  e 
trombetti;  la  corsa  dei  carri  con  quattro  asini  ;  quella  con  due  ;  il  pentatlo,  il  pugilato 
e  il  Pancrazio  de'  fanciulli,  i  quali  ebbero  anche  una  corsa  di  cavalli.  1  giudici  (ella- 
nodiccB),  scelti  dagli  Elei,  dirigevano  la  festa,  riconoscevano  se  le  persone  che  presen- 
tavansi  fossero  libere,  e  determinavano  i  giorni  e  l'ordine  degli  spettacoli. 

Premio  era  una  ghirlanda  di  ulivi  sacri,  che  il  vincitore  ricevea  stando  sopra  un 
tripode  di  bronzo,  poi  sopra  una  tavola  fatta  d'oro  e  d'avorio,  e  il  nome  suo  e  di  suo 
padre  e  del  suo  paese  era  proclamato  dall'araldo;  e  gli  Elei  ne  collocavano  la  statua 
nell'Alti,  bosco  sacro  di  Giove. 

Le  feste  olimpiche  furono  abolite  nel  16°  anno  del  regno  di  Teodosio,  594  d.  C.,  cioè 
nell'olimpiade  ccxciii  ;  ma  sol  fino  alla  ccxlviii  abbiamo  il  nome  de'  vincitori. 

P.  Fabri,  Agonisticon,  sire  de  re  alhletica,  ludisque  veterum.  Lovanio  -tb92. 
Manso,   Ueber  den  Antheil  der  Grierhen  auf  den  oìymp.  Spielen.  Breslaa  -1792. 
BoEBU,  /id  Pindari  Isihm.  Netn.  et  Oìymp.;  e  Corpus  inscriptionum. 
UissEN,   Ueber  die  Ànordnung  der  olympischen  Spieìe. 

Kral'se,  Olympia,  oder  Darslellung  der  grotsen  ohjmpigchen  Spiele.  Vienna -1858. 
Altre  città  istituirono  giuochi  ad  imitazione  di  questi,  come  Àegew  in   Macedonia  ,  Alexandria  in  molto 
città,  Anliochce  in  Siria  ecc. 

I  giuochi  Istmici  celebravansi  sull'istmo  di  Corinto,  presso  al  tempio  di  Poseidon,  a 
quale  conduceva  un  viale  ornato  colle  statue  dei  vincitori  e  con  corone  di  pino.  Dice- 
vansi  istituiti  da  Sisifo  (il  xiv  secolo  av.  C.)  in  onore  di  Melicerla  o  Palemone,  e  sul 
principio  somigliavano  più  ai  misteri  che  a  grandi  riunioni  con  divertimenti,  e  face- 
vansi  di  notte.  Teseo  li  volse  ad  onore  di  Poseidon,  per  imitare  Ercole,  che  aveva  in- 
trodotti quelli  d'Olimpia.  1  Corintj  ne  avevano  la  direzione;  ma  agli  Ateniesi  erano  ser- 
bate  molte  distinzioni,  e  vi  venivano  sopra  un  vascello  sacro  (^^-'P'c),  e  avevano  un 
posto  onorevole  (7too€(y,o. a)  largo  quanto  la  vela  di  esso  vascello;  se  le  due  città  fossero  in 
guerra,  stabilivasi  una  tregua  sacra.  Non  vi  partecipavano  gli  Elei. 

Ricorrevano  nel  primo  anno  d'ogni  olimpiade,  il  mese  di  munychion  o  di  thargelion  ; 
e  durarono  finché  la  religione  cristiana  non  divenne  dominante,  ma  molto  alterati,  sic- 
ché Giuliano  apostata  riferisce  che  vi  si  conducevano  orsi  e  pantere.  11  premio  era  una 
ghirlanda  di  pino  e  talora  d'edera. 

1  giuochi  Ncmei,  a  Nemea  nell'Argolide,  furono  istituiti  dai  sette  re  che  assediarono 


3S2  ARCUEOLOGl.V    E  BliLLE    AUTI 

Tebe,  e  rinnovati  da  Ercole  ad  onore  di  Giove.  1  giuochi  erano  press'a  poco  quei  degli 
olimpici,  e  preraj  l'ulivo  dapprima,  poi  una  corona  di  petrosello  verde  (aùhov).  Rica- 
devano ogni  tre  o  cinque  anni. 

I  Pitici  si  solennizzavano  nelle  vicinanze  di  Delfo  a  onore  di  Apollo,  Artemide  e  La- 
tona,  nel  piano  di  Crissa.  Furono  inventati  da  Apollo  stesso  o  da  antichi  eroi.  In  prin- 
cipio erano  una  panegiria  con  inni  accompagnati  dalla  musica.  Vi  si  aggiunsero!  giuochi 
ginnastici  non  prima  dell'olimpiade  xlvii,  ma  sempre  prevalsero  le  gare  musicali,  Tor- 
navano ogni  nono,  poi  ogni  quinto  anno,  e  tutta  Grecia  vi  concorreva,  11  premio  era 
una  corona  di  lauro,  e  il  diritto  di  avere  una  statua  nel  piano  di  Crissa.  Giuochi  pitii 
celebravansi  anche  in  molti  altri  paesi,  singolarmente  a  Sidone  e  Magnesia. 

Le  corone  e  i  vasi  erano  il  meno  degli  onori  retribuiti  ai  vincitori.  La  città  dond'e- 
rano  li  riceveva  in  gran  festa,  talora  aprendo  una  breccia  nelle  mura  per  cui  entras- 
sero; e  la  famiglia  e  la  comunità  ne  rimanevano  illustrate.  Solone  stabilì  che  per  so- 
lennizzare l'Ateniese  vincitore  ne'  giuochi  istmici,  il  pubblico  spendesse  cento  dramme 
(Plutarco  in  Soloìie,  23).  Veniano  celebrati  in  odi,  delle  quali  ci  lasciò  insigni  esempj 
Pindaro.  Dicesi  che  Platone  stesso  comparisse  fra  i  lottatori  ai  giuochi  istillici  e  ai  pi- 
tici; che  Pitagora  riportasse  il  premio  in  Elide  ;  e  Cerone  re  di  Siracusa  contendeva  le 
palme  ai  giuochi  olimpici  e  pitici.  Anche  il  vincere  negli  altri  luoghi  ascriveasi  ad  onore, 
e  non  rare  volte  si  legge  nelle  iscrizioni  il  novero  delle  vittorie,  come  in  questa  trovata 
sulla  via  Flaminia  (Muratofi,  Thesaurus,  622]  : 

P.  ;ELIVS  MARI    ROGATI   FILIVS   CVTTA    CALPVRNIANVS    EQVIS  HIS  VICI 

IN   FACTIONE   VENETA   GEMINATOBEM   AF.    LXXXXn.    SILVANOR. 

AFR.    CV.    NITID.    GIL.    AF.    LU.   SAAONEM   AF.    LX.    ET    VICI 

PREMIA    M.    L.    I.    XL.    I.  XXXXVn. 

EX    NVMEBO   PALMARVM    SVPRASCErP\  AUVM   OOXXvn. 

VICI   IN  FACTIONE  ALBATA    CU   RE^ÌSSV.S   li.    XXXI.    XLI 

A  POMPA    IV.    EQVORVM   ANAGONVM  I.   SINGVLARUM 

LXXXIll  BINARVM   VII    TERNARVM    II    IN  FACTIONE   HVS 

SATA    VICI    LXXU    X    REMISSVS  SEMEL   XXXI   QVATERNA 

RVM    I    SINCVLARVM    XLIl    BINARVM    XXXO  TERNARVM 

li   QVATERNARVM  SEMEL  IN    FACTIONE  VENETA   VICI      • 

LXXXIll.    XXX.    XVII   SEIVGE    I.   XL.    IX.    LI.    A   POMPA 

XXXV.    TRIGAS   XV.   II.    TRIGAS    XXVI.    EQvORVM   ANAGO 

NVM.    1.    SACRO    QVINQVENNALIS  CERTAMINIS    I.    REMISSVS 

SEMEL.    SINGVLARVM   CCCXXXIV.   BINARVM    CLXXXI.    V. 

TERNARVM    LXV.    IN    FRACTIONE    PRASINA   VICI    CCCLXI.  V. 

XXX.    I.    XLII   PEDIBVS   AD    QVADRIGAM    LXl   A    POMPA 

VI.    SINGVLARVM    CXVI    BINARVM    CLXXXIV.    TERNARVM 

XLIV.   HOC    MONVMENTVM    VIVVS    FECI 

P.    jELIVS   MAHI  ROGATI   GVTTA    CALPVRNIANVS   MILLE 

PALMAS   COMPLEVI   IN    FACTIONE    PRASINA   EQVIS 

HIS   DANDO   B.  AF.    XI.  X.    OCEANO.    N.    CCIX.    VICTORE 

B.    CCCCXI.    X.    VINDICE   B.    CLVH  ET   VICI 

PR/EMIA   MAJORA  XL.    POSTEA   III.   XXXIII. 

Come  attestazione  durevole  di  queste  vittorie,  è  probabile  si  dessero  agli  atleti  le  tes- 
sere dette  gladiatorie,  delle  quali  si  trovano  moltissime  col  nome  del  premiato,  il  tempo 
e  il  numero  delle  volte  che  egli  fu  spectatus.  Doveano  portarsi  al  collo,  onde  facevansi 
piccole  e  d'avorio,  poi  di  metalli  ignobili,  infine  anche  d'oro. 

Non  mancava  neppur  allora  cui  paressero  esuberanti  gli  onori  attribuiti  ai  vincitori 
dei  giuochi  ;  e  Ateneo  (.\,  2)  ci  conservò  un  passo  d'Euripide,  che  esclama  :  «  E  che?  il 
«  lottatore  felice,  il  veloce  corridore,  quel  che  bene  gettando  in  alto  il  disco,  o  ben  fe- 
«  rendo  l'avversario  conseguì  la  corona,  che  giova  egli  mai  alla  patria  ed  alla  città? 
«  Forse  avranno  a  pugnare  coi  nemici  lanciando  dischi?  o  correndo  rapidamente  cogli 
n  scudi  cacceranno  il  nemico  dalla  patria?  Nessun  lo  pensa,  che  abbia  visto  un  esercito 
«  da  vicino.  Den  è  giusto  coronare  i  sapienti  e  buoni  uomini,  e  se  alcuno  ottimamente 
«  regge  la  città,  equo  e  temperato,  se  col  discorso  impedisce  i  delitti,  frena  le  risse  e  le 
«'  sedizioni  :  queste  cose  fanno  onore  alla  città  e  a  tutta  Grecia  ». 


ALTRE    FESTE   G BEGHE 


§  261.  —  Altre  feste  greche. 


3S3 


Altre  innumerevoli  foste  venivano  celebrate  per  Grecia. 

A  Cerere,  che  cnll'agriooltura  introdusse  nell'Attica  il  viver  civile ,  dedicavano  gli 
Ateniesi,  a  nome  di  tutta  Grecia,  tre  feste  solennissime.  La  prima  era  detta  Praro^^m, 
perchè  precedeva  il  tempo  della  seminagione;  vi  si  offrivano  molte  vittime,  invocando 
prosperi  alle  sementi  gli  Dei. 

L'altra  dicevasi  resmop/ìorm,  considerando  Cerere  come  legislatrice.  Si  celebrava  nel 
mese  di  pyanepsion,  per  cinque  giorni ,  e  con  cerimonie  simili  a  quelle  onde  in  Egitto 
onoravasi  Iside,  se  pur  dicono  vero  Plutarco  ,  Oiodoro  Siculo  e  Teodoreto.  Ciascun 
giorno  le  donne  delle  dieci  tribù  attiche  sceglievano  fra  sé  una  che  presedesse  alle  ceri- 
rimonie.  Stefanoforo,  cioè  inghirlandato,  chiamavasi  il  sacerdote  che  offriva  la  vittima. 
Le  donne  che  avessero  portato  tre  talenti  in  dote  potevano  prender  dai  mariti  le  somme 
necessarie  alla  spesa  de'  sacrifizj,  che  ciascuno  faceva  a  norma  dell'aver  suo.  Raccol- 
tesi, andavano  in  processione  ad  Eleusi  cantando  inni;  e  i  libri  che  contenevano  i  mi- 
steri della  festa,  e  le  legci  di  Cerere  date  all'Attica  erano  dati  a  portare  a  donne  di  spec- 
chiata vita.  Per  quest'uopo  alcune  di  giovane  età  e  di  chiara  nascita  erano  mantenute  a 
pubbliche  spese,  vivendo  nel  Temofphnrion  Giunte  ad  Eleusi,  preparavansi  ai  santi  mi- 
nisteri con  un  giorno  di  digiuno  e  preghiere,  a'  piedi  della  statua  della  Dea.  Poi  una 
vecchia  presentavasi  a  Cerere  provocandola,  e  to'to  che  questa  ridesse  ,  anche  quelle 
fanciulle  si  eccitavano  l'ima  l'altra  al  riso.  Alle  purificazioni  ed  ai  sacrifizi  dei  giorni 
successivi  non  erano  accettati  uomini;  e  i  prigionieri  ammessi  ai  misteri  di  Cerere,  se 
pure  non  fossero  già  condannati ,  in  quei  cinque  giorni  restavano  liberi  per  assistere 
alle  cerimonie. 

Più  santa  era  la  terza  festa  in  onor  di  Terere,  detta  i  Misteri.  L'abbia  istituita  Cerere, 
0  il  re  Eretico,  o  Museo,  o  Eumolpo,  per  essa  gl'iniziati  convenivano  ad  Eleusi  verso 
agosto  :  alcuno  non  poteva  celebrare  i  gmndi  misteri  senza  essersi  purificato  da  prima 
coi  piccoli.  Per  ciò  vissuti  nove  giorni  in  continenza  .  offrivano  sacrifizj  e  preci  colla 
testa  inghirlandata,  e  con  sotto  i  piedi  la  pelle  di  una  vittima  sacrificata  a  Giove.  Dopo 
un  anno  circa,  immolavano  una  troja  a  Cerere,  e  allora  solo  venivano  iniziati  ai  grandi 
misteri;  poi  scorsi  altri  cinque  anni,  erano  introdotti  nel  santuario.  Finiti  gli  anni  di 
noviziato,  conoscevano  i  riti  sacri,  eccetto  alcuni  serbati  unicamente  ai  sacerdoti,  e  da 
mfjslai,  cioè  iniziati,  diventavano  epoptai,  cioè  veggenti. 

All'iniziazione  presedeva  il  jerofante,  ateniese  di  nascita  e  della  famiglia  degli  Eu- 
molpidi;  eletto  a  vita,  e  obblieato  a  perpetua  castità;  e  tanto  venerato,  che  il  suo  nome 
non  proferivasi  avanti  a  profani.  Tre  colleghi  aveva:  il  dadonchos  ,  che  portavagli  la 
fiaccola;  un  altro,  in  uffizio  d'araldo,  vietava  l'ingresso  nel  tempio  ai  non  iniziati  o  a 
chi  fosse  reo  di  delitto;  il  terzo  serviva  all'altare  e  propiziava  gli  Dei.  11  re,  uno  degli 
arconti,  vigilava  all'osservanza  delle  cerimonie,  insieme  coi  quattro  epimeleti,  eletti  dal 
popolo,  uno  dalla  casa  degli  Eumolpidi,  uno  da  quella  de'  Tericj,  gli  altri  due  da  altre 
famiglie  cittadine. 

La  festa  cominciava  il  15  e  finiva  il  23  di  boedromion  ,  nel  quale  intervallo  non  po- 
tevasi  arrestar  nessuno,  né  dar  querela  avanti  ai  giudici,  pena  mille  dramme  o  la  vita. 
Seimila  dramme  pagava  la  donna  che  andasse  in  cocchio  ad  Eleusi,  quasi  volesse  to- 
gliersi l'oltraggiosa  distinzione  fra  ricchi  e  poveri. 

Offrivano  soggetto  alle  funzioni  di  quei  giorni  le  avventure  di  Cerere.  Chi  violasse  il 
segreto  era  punito  coll'obbrobrio,  e  talora  colla  morte,  come  pure  chi  per  caso  si  tro- 
vasse presente  ai  misteri.  Non  potevano  esservi  iniziati  i  rei  d'omicidio  anche  invo- 
lontario. 

Le  Pnnatenee  ,  le  più  splendide  dell'Attica  ,  in  onore  di  Atena  Polia  o  protettrice 
della  città,  credevansi  istituite  daErittonio  ^erso  il  .^6rJ  av.  C),  poi  ordinate  da  Teseo, 
in  memoria  dell'aver  concriiinte  tutte  le  tribù  attiche.  Le  grandt  panatenee  tornavano  ogni 
quinto  anno,  le  piccoli'  oiini  anno.  Alle  grandi,  oltre  Ip  feste,  gli  spassi,  i  concerti  mu- 
sicali eie  lampadoforie,  i  rapsodi  recitavano  episc.dj  epici,  i  filosofi  disputavano;  poi 
per  decreto  di  Pisistrato  vi  si  cantavano  i  poemi  d'Omero,  secondo  l'ordine  dato  da 
Solone. 

C.vNTÙ,  Documenti.  —  Tomo  I,  Archeoloijia  e  lidie  Arli.  ?3 


354 


ARCHEOLOGIA    E    BELLE    ARTI 


Premio  era  un  vaso  pieno  d'olio,  fatto  cogli  ulivi  sacri  a  Atena  nell'Acropoli.  Da  ciò 
i  vasi  panatenaici,   di  cui  quantità  si  trova  in  Grecia  e  in 
Italia,  e  che  da  un  lato  figurano  essa  dea  Pallade,  dall'altro 
varj  giuochi  : 

La  parte  principale  era  la  magnifica  processione  al  tempio 
di  Atena  Polla  ,  probabilmente  l'ultimo  giorno  delle  feste, 
per  portare  al  tempio  il  peplo  della  dea,  sul  quale  erano 
ricamate  le  costei  vittorie  sopra  i  giganti.  Tal  processione 
€ra  rappresentata  sul  fregio  del  Partenone ,  opera  di  Fidia 
e  de' suoi  discepoli. 

J.  Mecbsii  Panathenaea.  Leida  1019. 

C.  HoFFMANN,  Panalhenaikos.  CasscH835. 

A,  KIl'ELLEu,  Panathenaica.  Bonna-1837. 

Teorica  chiamavansi  ad  Atene  varie  sorta  di  trattenimenti 
pubblici  e  distribuzioni  di  pubblico  denaro  al  popolo,  le 
quali  dappoi  divennero  generosissime.  Perciò  si  aveva  un 
fondo,  custodito  da  appositi  sovrintendenti ,  ricchi  di  privilegi. 

Fra  più  di  ducento  feste  che  Montfaucon  annovera  in  Grecia,  menzioneremo  le  Adonia 
in  Atene,  commemorazione  della  morte  di  Adone;  le  Ambrosie  per  Bacco  alle  ven- 
demmie; le  Afrodisie  per  Venere  a  Corinto,  festeggiate  dalle  meretrici;  le  Asdepiadi 
per  Esculapio  ad  Epidauro;  le  Coribanliche  a  Gnosso;  le  Delie  a  Delo  nella  gran  pane- 
giria,  da  un'anfizionia  delle  isole  Jonie  :  gli  Ateniesi  vi  spedivano  un  vascello  sacro, 
nella  cui  assenza  non  era  permessa  alcuna  esecuzione  capitale.  Le  Dclfìnie  in  varie 
città  ad  onore  di  Apollo,  protettore  degli  Jonj  ;  le  Denietrie  annualmente  ad  Atene  in 
onor  di  Demetrio  Poliorcele,  dio  salvatore;  le  Dipoiia  o  DUpolia^  antica  festa  nell'A- 
cropoli d'Atene  a  onor  di  Giove,  sacrificandogli  un  bue. 

Argo  ebbe  gli  Enei  e  gli  Ecatombei  per  Giunone;  l'Arcadia  i  Licei  per  Giove  Liceo, 
i  Corj  per  Proserpina,  gli  Aliei  pel  Sole;  Propoin  Beozia  gli  Anfìarai  per  Anfiarao  ;  La- 
badea  i  Trofonj  o  Basilei  per  Giove;  Platea  gli  Eleuterj  per  la  Grecia  liberata  dai  Per- 
siani al  16  di  maemaclerion;  Tespi  gli  Eroij  in  onor  di  Cupido;  Egina  gli  Eacj  per 
Eaco;  Pallene  i  Teosseni  e  gli  Erinei  per  Giove  e  Mercurio;  Megara  i  Dioclei  e  Pitici 
per  l'eroe  Diocle  e  per  Apollo;  Maratona  e  Siracusa  gli  Erculei;  Eleusi  i  Demetrj  per 
Cerere  e  Proserpina;  la  Locride  gli  Oilei  sulla  tomba  d'Ajace  Oileo;  l'Eubea  i  Gereslj 
per  Nettuno;  Orcomene  i  Miniei  pel  suo  re  Minia,  e  gli  Alcatoi  da  Alcatoo,  figliuolo 
di  Pelope,  isliluiti  a  onore  d'Apollo  ;  Epidauro  gli  Esculapj  ecc. 

Le  Hercea  onoravano  diversamente  Era  in  varie  città,  ma  particolarmente  in  Argo, 
donde  una  solenne  processione  conduceasi  fino  a  Micene,  e  sacrificavansi  cento  bovi, 
la  cui  carne  si  distribuiva  ai  cittadini.  La  teogamia  memorava  il  matrimonio  di  Pro- 
serpina con  Plutone.  Colle Leo?u'deja  Sparta  venerava  Leonida,  recitandogli  una  orazione 
funerale. 

Lerncea  erano  misteri  celebrati  a  Lerna  nell'Argolide,  ad  onor  di  Demetera  ;  proba- 
bilmente avanzo  della  religione  pelasgica:  le  particolarità  non  ci  sono  conosciute. 

Colle  Lampadedromia  o  Lampade phoria  festeggiavansi  nell'Accademia  tre  volte  l'anno 
Prometeo  o  Vulcano  o  Atena;  e  talora  sul  monte  Partenio,  il  Dio  Pan.  Tre  giovinetti 
collocavansi  a  certa  distanza  uno  dall'altro.  Al  dato  segno,  gettavasi  da  una  torre  una 
fiaccola,  e  la  si  accendeva  all'ara  d'Amore;  e  il  primo  di  que' corridori  che  la  racco- 
gliesse doveva  recarla  all'altro,  e  questo  al  terzo,  e  il  terzo  riportarla.  Quello  o  quelli 
che  non  l'avesser  lasciata  spegnere,  riceveano  un'idria  dipinta  con  entro  olio. 

Le  Actia  erano  giuochi  (juinquennali,  istituiti  o  rinnovati  dopo  la  vittoria  aziaca  da 
Augusto  sul  promontorio  Azio.  Le Alexaìidreja  onoravano  Alessandro  macedone;  e  così 
le  Attalea  per  Attalo  re  di  Pergamo,  le  Antoniana  per  gli  Antonini,  le  Aucjusteja  o 
Sebasta  per  Augusto,  le  Aurelio,  le  Ccesaria,  le  Claudia,  le  Cummodia.  Epinichia  ram- 
mentavano qualche  vittoria.  Isclastica  chiamavansi  le  entrate  trionfali  che  i  vincitori 
faceano  nella  città  natia,  reduci  dai  giuochi.  Oikoumenica  o  universali  erano  giuochi,  ai 
quali  poteasi  intervenire  da  tutta  Grecia;  Paiiionia  quelli  di  tutti  gli  .Ioni. 
INelle  Tliargelia^iAÙ  e  7  del  mese  thargelion,  gli  Ateniesi  sugrilicavano  o  due  uomini 


GIUOCHI    ROMANI  335 

0  un  uomo  e  una  donna,  per  espiare  le  colpe  dei  due  sessi:  questi  due  infelici  porta- 
vano collari  di  fico  secco,  ed  erano  battuti  tra  via  con  ramelle  di  caprifico  e  a  suon  di 
flauto,  poi  bruciati,  e  le  loro  ceneri  buttate  in  mare.  Nelle  Scirophoria,  festa  di  Atena 
al  12  del  scirophorion,  i  sacerdoti  portavano  ombrelli  (oTUfiov),  e  un  ombrello  copriva 
la  statua  della  dea  o  di  Bacco. 

Dionisie  faceansi  in  molti  luoghi  di  Grecia  ad  onore  di  Dionisio,  ma  più  celebri  in 
Attica,  dalle  quali  ebbe  origine  l'arte  drammatica.  N'era  carattere  una  gioja  entusiasta, 
quasi  volessero  assomigliarsi  ai  Pani  e  ai  Satiri  da  cui  esso  dio  è  accompagnato,  e  dei 
quali  talora  assumevano  il  travestimento,  e  dipigeansi  di  varj  colori,  aggiungendovi 
musica,  balli,  brindisi.  Anche  le  donne  prendeano  parte  alle  processioni  (ity-Toi),  tra- 
vestite da  Bacche,  Lene,  Thiadi,  .Najadi  ecc.  col  tirso  in  mano,  ed  altre  col  Fallo 
('.^j&j^-a/Àoi).  1  cori  cantavano  ditirambi  e  inni,  con  metri  e  immagini  vivaci.  Erano 
comuni  fra  i  popoli  dorici,  eccetto  Corinto,  Sicione  e  le  colonie  dell'Italia  meridionale; 
e  nei  primi  tempi  vi  si  univano  sacrifizj  umani. 

§  262.  —  Giuochi  romani. 

A  Roma  vi  corrispondevano  i  Baccanali  introdottivi  dall'Etruria  ;  gli  iniziati,  dopo 
abbandonatisi  al  vino,  trascorreaoo  ad  ogni  eccesso;  e  ne  seguivano  violazioni,  stupri, 
assassinj,  avvelenamenti  :  per  lo  che  furono  spesso  vietati. 

Ludi  è  il  nome  generale  d'una  varietà  di  giuochi  e  gare  fra  i  Romani,  e  massime  di 
quelli  dedicati  agli  Dei,  benché  ne  facessero  in  onore  de' magisirati  o  de' morti.  Divi- 
deanli  in  circensi  e  scenici,  secondo  li  facevano  nel  circo  o  nel  teatro.  Altri  erano  stati, 
altri  imperativi,  altri  votivi. 

Ai  giuochi  soprintendevano  gli  edili,  e  toccava  ai  pontefici  il  decidere  sulla  ripristi- 
nazione  di  quelli  che  non  erano  stabiliti  dalla  legge. 

Ludi  Apollinares  si  introdussero  durante  la  seconda  guerra  punica  (212  av.  C.)  per 
ottenere  da  Apollo  l'espulsione  degli  stranieri.  L'oracolo  ordinò  si  rinnovassero  ogni 
anno,  sotto  la  sovrintendenza  del  pretore  urbano,  e  con  sagrifizj  al  modo  greco.  Fa- 
ceansi nel  circo  massimo,  ove  i  cittadini  assistevano  con  corone  bianche,  e  ognuno 
contribuiva  per  la  spesa.  Dipoi  furono  stabiliti  al  6  di  luglio;  e  sottol' Impero,  ai  26  di 
maggio. 

Ludi  Augustales  (m^i'yzoc)  celebra vansi  in  onore  d'Augusto  annualmente  nel  circo  dai 
tribuni  della  plebe,  poi  dal  pretore  peregrino.  Altrove  s'imitavano. 

Ludi  Capitolini  furono  istituiti  dal  senato,  a  proposta  del  dittatore  Furio  Camillo  nel 
587  av.  C,  per  ringraziare  Giove  di  aver  liberato  il  Campidoglio  dai  Galli.  Erano  affi- 
dati a  un  collegio  di  sacerdoti  palrizj  che  stavano  nel  Campidoglio,  detti  perciò  capi- 
tolini. Un  degli  usi  era  che  l'araldo  mettesse  in  vendita  alcuni  che  figuravano  i  Vejenti, 
persone  vecchie,  per  beffa  vestite  colla  bulla  da  fanciulli. 

Ludi  Circenses  o  magni  o  romani  celebra  vansi  ogn'anno  dal  4  al  12  settembre  in 
onore  delle  grandi  divinità,  Giove,  Giunone,  Minerva;  o  secondo  altri,  di  Giove,  e  di 
Conso  0  Nettuno  equestre.  Vi  sopraolendevano  gli  edili  curuli. 

Ludi  Compitalicii  o  Compitalia  erano  dedicati  ai  lari  ^Compitali,  e  faceansi  ai  cro- 
cicchi delle  strade  ubi  vice  compelunt.  Dice  Macrobio  che  li  ripristinò  Tarquinio  Su- 
perbo, uccidendo  fanciulli  a  Mania  madre  dei  Lari;  ma  lui  cacciato,  si  sacrificarono 
bulbi  d'aglio  e  papaveri. 

Ludi  florales  o  Floralia,  feste  campestri,  da  antichissimo  consuete  in  Italia,  celebra- 
vansi  a  Roma  in  onor  di  Flora  e  Glori  dal  28  aprile  al  3  maggio,  perchè  ben  fiorisse 
ogni  cosa;  e  faceansi  allegrezze,  banchetti,  lascivie,  e  principalmente  rappresentazioni 
mimiche  indecentissime  ;  namprceter  verborum  licentiam,  flagitante  populo,  nudabantur 
meretrices,  quce  mimarum  functoe  officio  in  conspectu  7nultitudinis,  ad  satietatem  usque 
impudicis  motibus  detinebantur.  Lattanzio,  Div.  inst.  i.  12. 

Ludi  funehres  menavansi  alla  pira  d'illustri  personaggi,  e  continuarono  dai  più  anti- 
chi tempi  fin  mollo  dopo  stabilito  il  cristianesimo.  Laprincipal  parte  n'erano  i  giuochi 
gladiatori.  Una  volta  fin  centoventi  gladiatori  combatterono  per  tre  giorni,  e  tutto  il 
fòro  era  coperto  di  mense  e  tende  ove  il  popolo  gavazzava  (Livio,  xxxi.  50;  xxxii.  50, 
—  Plinio,  Hibt.  nat.  xxxv.  7j.  Reputavasi  sconveniente  a  donne  l'assistervi. 


356  ARCHEOLOGIA    E   BELLE    ARTI 

Ludi  Martiales  ad  onore  prima  d'Angusto,  poi  di  Marte,  nel  circo,  al  12  maggio. 

Ludi  Mpgalen<<e<!,  ad  onor  della  Gran  madre  degli  Dei,  continuavano  per  otto  giorni 
cominciando  dal  4  aprile,  e  usava  in  quell'occasione  invitarsi  a  pranzo.  1  giuochi  erano 
puramente  scenici,  e  tutte  le  commedie  di  Terenzio  che  ci  restano,  tranne  gli  Adelfi, 
sono  nei  manoscritti  antichi  indicate  come  acta  ludis  megalpnsihus. 

Ludi  natalità  facevansi  il  giorno  natalizio  dell'imperatore,  con  gladiatori  e  bestie. 

Ludi  Palatini,  istituiti  da  Livia  in  onor  di  Augusto,  faceansi  sul  monte  Palatino  a 
dicembre  uscente. 

Ludi  piacatorii  faceano  i  pescatori  del  Tevere  al  7  giugno,  nel  piano  a  destra  del 
Tevere. 

Lur/«p;e6ej  rammemoravano  la  libertà  acquistata  dalla  plebe  dopo  la  ritirata  sul  monte 
Aventino.  Faceansi  il  1f),  16  e  17  novembre,  condotti  dagli  edili  plebei. 

Solennità  primaria  erano  i  Lìili  srecuìarei?.  Sull'origine  loro  le  tradizioni  variano,  e. 
dapprima  chiamaronsi  Terentìni  o  Taurj,  e  celebravansi  ogni  secolo  per  ordine  della 
Sibilla.  Ma  non  si  sa  bene  di  che  secolo  si  tratti,  e  pare  sia  di  anni  embolismici  o  di  384 
giorni  ;  talché  il  secolo  equivarrebbe  a  circa  110  anni.  Vedonsi  i  primi  al  24o  di  Roma, 
i  secondi  al  30.^),  i  terzi  ni  ^iO."),  i  quarti  al  60?;  o  608;  onde  non  si  avrebbe  un  periodo 
determinato,  oltre  che  qualche  volta  ripeteansi  in  occasione  di  gravi  calamità.  Trascurati 
per  alcun  tempo,  furono  poi  resolati  sotto  Augusto,  e  per  essi  Orazio  compose  il  Carmen 
scBculare  e  il  giurista  Atejo  Capitone  ne  prescrisse  le  cerimonie.  Molta  parte  facevasi  la 
notte,  ad  onor  delle  Parche  e  di  Proserpina.  Dopo  Augusto  furono  celebrati  dall' im- 
peratore Claudio  netrSOO;  ma  Domiziano  pretese  ch'egli  avesse  anticipato,  onde  gl'in- 
disse  di  nuovo  I'8i1  ;  poi  nel  9.^7,  sentenziandosi  erronei  i  calcoli  precedenti:  nel  1000, 
imperante  Filippo,  si  fece  l'ultima  commemorazione  del  natale  di  Roma. 

Le  Saturnalia  celebravansi  dagli  abitanti  del  Lazio  in  onor  di  Saturno,  reputato  in- 
troduttore dell'agricoltura  e  della  civiltà.  Cadeanodopo  la  metà  di  dicembre,  e  teneansi 
come  tempo  di  assoluta  vacanza;  sospesi  gli  affari  pubblici,  chiuse  le  corti  giudiziarie 
e  le  scuole;  non  cominciar  guerra,  non  punir  malfattori.  Gli  schiavi  poi  assolti  dai  pe- 
nosi doveri  ,  comparivano  col  pileo  come  liberi ,  parlavano  sfrenatamente  ,  sedeano  a 
mensa  involti  nell'abito  del  padrone,  e  da  questo  serviti.  Tra  gli  amici  ricambiavansi 
torchi  di  cera;  gridavasi  per  le  contrade  Saturnalia;  \  sagrifizj  s'offrivano  col  capo 
scoperto,  persuasi  che  nessun  segno  infausto  li  turberebbe  in  quei  giorni  felici.  1  moccoli 
di  Roma  ricordano  oggi  ancora  quegl'invii  di  ceri  ;  e  le  maschere  e  i  dominò  le  vesti 
de'  liberi  che  gli  schiavi  indossavansi.  A  moltissimi  disordini  davano  luogo  (Macroiìio, 
Salurn.). 

Terminalia  onoravano  il  dio  Termine,  che  presedeva  ai  confini,  e  la  cui  rozza  figura 
solca  porsi  per  limite  delle  proprietà.  In  tal  festa,  i  due  confinanti  la  ghirlandavano,  e 
sopra  un  altare  di  Piote  offerivangli  vino  e  grano  e  un  capro.  A  Roma  celebravansi  il 
21  0  23  febbrajo,  ultimo  mese  dell'anno  antico. 

Lupercalia  erano  delle  più  antiche  feste  romane,  in  onor  di  Luperco  dio  della  fertilità, 
ai  1S  febbrajo,  e  tutte  le  cerimonie  indicavano  origine  pastorale.  Nel  Lupercale,  dove 
diceasi  essere  stati  nutriti  dalla  lupa  Romolo  e  Remo,  i  Luperci  s'accoglievano,  e  sa- 
grificavano  becchi  giovani  e  cani,  che  in  grazia  del  forte  istinto  sessuale,  pareano 
appropriati  al  dio  della  {fertilità  ;  indi  i  sacerdoti  correano  attorno  battendo  con  co- 
reggie  di  pelle  le  donne,  che  con  ciò  credeansi  agevolata  la  concezione  e  il  parto. 

Colle  Lemuralia  o  Lemuria ,  il  9,  11  e  13  maggio  d'ogni  anno,  Roma  commemorava 
i  morti  ;  e  diceansi  istituite  da  Romolo  per  placare  lo  spirito  di  Remo  (remuria).  Cele- 
bravansi di  notte  e  in  silenzio  ;  i  tempj  stavano  chiusi,  e  non  si  facevano  nozze  ;  ripe- 
tevansi  frequenti  abluzioni  ,  ed  anche  giuochi  circensi.  Anche  le  Fcralia ,  ai  18  o  21 
febbrajo,  onoravano  i  morti,  portando  loro  corone  di  fiori,  vasi  di  latte  o  di  frutti, 
grani  di  sale,  focaccie  intrise  di  vino  o  di  miele. 

Le  Malralia  celebravansi  a  Roma  il  10  di  giugno  in  onore  della  madre  Matuta ,  che 
aveva  tempio  nel  fòro  Roario.  Le  matrone  sigrificavanle  focaccie,  cotte  in  tegami  di 
terra.  Gli  schiavi  erano  esi;lusi,  fuor  d'un  solo  che  veniva  esposto  ad  umilianti  tratta- 
menti, ed  una  gli  davi  tina  guanciata  ,  e  lo  cacciava  dal  tenqiio.  Le  matrone  conduce- 
vano  seco  il  faticiullo  delie  loro  sorelle,  ma  non  il  proprio;  so  lo  prendevano  in  braccio, 
e  prc^avuiio  per  esso. 


POMPE.  —  L  Al'OTEOSI  nU? 

Colle  Palilia,  il  21  aprile,  impeiravasi  la  fecondità  (lejjli  agnelli  da  Pale,  dea  tutelare 
de'  pastori.  Era  il  giorno  slesso  in  cui  llomolo  pose  le  prime  fondamenta  di  Honia 
onde  questi  due  ricordi  si  mescolavano  in  tal  festa.  Cominciavasi  da  una  purificazione 
pubblica  col  fuoco  e  il  fumo;  poi  aspergeasi  d'acqua  il  popolo,  die  bevea  latte  con 
mosto.  In  a|)presso  il  carattere  pastorale  dileguossi,  restando  piuttosto  quel  della  fonda- 
zione della  città. 

Le  Agunalia  erano  state  istituite  da  Numa  a  onor  di  Giano  tre  volte  l'anno. 

Nelle  Ambarvalia  offrivansi  a  Cerere  sagrifizj  suovetaurilia,  cioè  di  porco,  pecora  e 
toro,  e  faceasi  il  giro  attorno  alle  campiigne  per  ottenerne  la  fertilità:  si  celebravano 
chi  dice  al  fin  di  gennajo,  cbi  in  aprile,  e  forse  ripetevansi  in  luglio. 

Tardi  s'introdussero  le  feste  Mitnache;  cioè  leontica  alludendo  alla  costellazion  dei 
leone;  eliaca  al  sole  ;  persica  alla  costellazione  di  Perseo;  gripliius  a  quella  del  grill'one- 
coracica  al  corvo;  patrica  ai  padri  patrali  o  sacerdoti  di  Mitra. 

Agli  idi  di  maggio,  le  Vestali,  accompagnale  dai  pontefici,  gettavano  dal  ponte  Su- 
blicio  nel  Tevere  trenta  fantocci  di  giunco  {simulacra  virorum  scirpea)^  forse  invece  di 
trenta  vecchi  che  anticamente  si  gettassero  nel  fiume:  il  che  però  Ovidio  nega. 

§  263.    —  Pompe.   L'apoteosi. 

Grande  sfoggio  di  arti  faceasi  nelle  pompe.  La  principal  pompa  de'  Romani  era  dedi- 
cata a  Giove,  Giunone  e  Minerva,  triade  derivata  dagli  ttrusohi  ;  ma  poi  si  estese  anche 
agli  altri  Dei.  Celebravasi  in  settembre,  e  uscendo  dal  tempio  di  Giove  Capitolino,  pas- 
sava al  Furo,  al  Velabro,  e  finiva  al  circo  Massimo  con  corse  ed  esercizj  ginnastici. 

«  Nella  pompa  circense  (dice  Bianconi)  la  prima  divinità  che  compariva  era  la  Vit- 
toria,  a  cui  tanto  della  loro  grandezza  doveano  i  Romani.  Aveva  essa  la  figura  d'una 
giovane  vestita  alla  greca  coU'elmo  in  capo  a  guisa  di  Fallade  ,  e  sporgevano  dal  dorso 
due  lunghe  ali  spiegate,  indicanti  la  celerità  che  non  va  disgiunta  dai  vincitori.  Veniva 
in  secondo  luogo  la  statua  di  Nettuno,  cui  particolarmente  erano  dedicati  i  giuochi  del 
circo  ed  i  cavalli;  e  quindi  quella  di  Marte  padre  di  Romolo  e  Remo.  Seguiva  la  statua 
di  Febo  e  della  Luna,  protettori  della  scienza  augurale,  che  era  uno  de'  punti  più  impor- 
tanti della  loro  religione  ;  poi  la  statua  di  Minerva  dea  delle  arti ,  quelle  di  Cerere  e 
Bacco  dèi  dell'agricoltura,  di  Castore  e  Polluce  protettori  e  tutelari  dell'Impero,  di  Ve- 
nere e  di  Cupido  e  d'altri  moltissimi,  de'  quali  se  ne  trova  enumerata  gran  parte  in 
Dionigi.  Ne' secoli  posteriori  alla  Repubblica,  secoli  d'adulazione,  cominciaroiisi  ad 
introdurre  nella  pompa  circense  anche  le  statue  dei  cesari  defunti  e  delle  donne  auguste 
divenuti  semidei  per  l'apoteosi.  Comparivano  esse  su  bei  carri  a  due  ruote,  ornati  d'oro 
e  d'avorio,  e  tirali  ora  da  uomini  che  se  ne  facevano  onore,  edora  da  mule  rarissime,  o 
da  altri  animali  peregrini.  Si  videro  in  queste  occasioni  simili  carpenti  sacri  tirati  da 
elefanti,  da  leoni  ,  da  cervi  e  da  camelli.  Chiudevano  la  pompa  le  vittime  destinate  ai 
sacrifizj,  precedute  dai  consoli,  dai  pontefici,  dai  sacerdoti,  dagli  auguri,  dagli  auspici, 
dai  flamini,  e  dagli  altri  ministri  del  tempio  ». 

Ne'  trionfi  esponevansi  i  capi  d'arte  rapiti  ai  vinti.  In  quello  di  Paolo  Emilio  vincitore 
della  Macedonia  si  videro  settecencinquanta  vasi  pieni  di  monete  d'argento,  e  settanta- 
sette di  monete  d'oro,  oltre  vasi,  tazze,  tripodi  ecc.  d'oro  massiccio. 

D'un'altra  solennità  è  frequentissima  menzione  nei  monumenti,  e  massime  sulle  me- 
daglie, Vapi)teo'<i.  Era  un  elevar  gli  uomini  agli  (mori  divini.  La  Grecia  antica  lo  fece 
con  molti  ;  parcamente  le  repubbliche  fin  ad  Alessandro.  Fra  i  Romani  rendeasi  questo 
onore  agli  imperatori  morti:  sull'arco  di  Tito  e  in  altri  monumenti  è  indicata  la  consa- 
crazione col  mostrare  il  personaggio  elevato  al  cielo  da  un'aquila. 

Dopo  i  funerali  del  morto  imperatore,  ne  veniva  posta  l'etligie  in  cera  sopra  un  letto 
d'avorio,  coperto  di  superbo  tappeto  d'oro,  figurando  fosse  l'imperatore  stesso  ancora 
ammalato.  Senatori  e  matrone,  venendo  a  visitarlo,  restavano  alcune  ore  seduti  accanto 
al  letto,  e  sette  giorni  durava  la  mostra;  all'ottavo,  i  principali  senatori  e  cavalieri, 
processionalmente  per  la  via  Sacra  trasportavano  il  letto,  coll'efiìgie  qualera,  nella 
pubblica  piazza,  dove  recavasi  il  nuovo  imperatore,  accompagnato  dai  più  illustri  si- 
gnori romani.  Ivi  sorgeva  un  palco  di  legno  colorato  simulante  la  pietra,  ornato  d'un 
peristilio  splendente  d'avorio  e  d'oro,  sotto  il  quale  in  pomposo  letto  veniva  adagiata 


358  ARCHEOLOGIA    E   BELLE    ARTI 

l'effigie;  e  intorno  vi  si  cantavano  a  doppio  coro  le  lodi  del  defunto,  mentre  il  succes- 
sore stava  col  suo  corteggio  assiso  nella  piazza,  e  le  matrone  sotto  il  portico.  Finita  la 
musica,  la  processione  s'avviava  al  campo  di  Marte,  portando  anche  le  statue  de'  Romani 
più  distinti  dopo  Romolo,  alcune  in  bronzo  rappresentanti  le  provincie  soggette,  e  im- 
magini d'uomini  celebri.  Seguivano  i  cavalieri,  soldati  e  cavalli  da  corsa;  in  fine  i  doni 
de'  popoli  tributar],  e  un  altare  d'avorio  e  d'oro  tempestato  di  gemme.  Durante  questo 
corteo,  l'imperatore,  salito  sulla  tribuna  degli  oratori,  faceva  l'elogio  del  morto.  In 
mezzo  al  campo  di  Marte  era  elevato  un  rogo,  che  via  via  restringendosi  formava  una 
specie  di  piramide-,  fuor  rivestito  di  ricchi  tappeti  ricamati  a  oro  ,  e  adorno  di  figure 
d'avorio;  dentro  legna  secca  ;  in  cima  il  cocchio  dorato,  di  cui  soleva  servirsi  il  defunto 
imperatore;  sul  piano  sottoposto,  dai  pontefici  stessi  era  collocato  il  letto  di  parata  col- 
l'efflgie  di  cera,  su  cui  spargevansi  profumi  ed  aromi.  Il  nuovo  imperatore  e  i  parenti 
del  defunto,  baciata  la  mano  a  quell'immagine,  recavansi  a  sedere  nei  posti  destinati. 
Facevansi  quindi  intorno  al  rogo  corse  di  cavalli ,  poi  sfilavano  soldati  e  carri ,  i  cui 
condottieri  erano  vestiti  di  porpora.  Compite  queste  cerimonie,  l'imperatore,  seguito 
dal  console  e  dal  magistrato,  appiccava  il  fuoco  alla  pira;  e  quando  cominciavano  ad 
alzarsi  le  fiamme,  dall'alto  di  quella  davasi  a  volo  un'aquila,  che  drizzandosi  al  ciclo, 
faceva  credere  portasse  all'Olimpo  l'anima  del  morto.  Per  le  imperatrici,  invece  dell'a- 
quila era  un  pavone.  Ergevasi  poscia  un  tempio  in  onore  di  lui;  gli  si  dava  il  titolo  di 
divo,  e  gli  venivano  destinati  sacerdoti  e  sacrifizj. 

§  264.  —  Stadj  dei  Greci. 

Stadio  chiamavano  i  Greci  il  luogo  dove  celebravansi  i  giuochi  olimpici  ;  ed  era  un 
battuto  di  terra,  a  pie  d'una  collina  o  in  riva  a  un  fiume,  per  crescere  il  pericolo  de' 
combattenti.  Ben  presto  si  diede  comodità  agli  spettatori  col  circondarlo  di  gradini  e  di 
costruzioni. 

Modello  degli  stadj  di  Grecia  era  quello  d'Olimpia,  foggiato  in  modo  opportuno  a 
giuochi  che  vi  si  davano.  A  Messene  era  cinto  d'un  colonnato.  Quello  d'Atene  era  lungo 
780  piedi,  e  largo  da  una  parte  piedi  i37,  dall'altra  270,  larghezza  maggiore  necessaria 
per  poter  prendere  la  voltata  :  era  di  marmo  bianco  pentelico,  e  fu  costruito  da  Erode 
Attico;  e  Pausania  stupisce  della  sua  magnificenza. 

Vippodromo  serviva  unicamente  alle  corse  de'  cavalli,  e  molto  studiato  era  il  modo 
di  disporre  le  barriere. 

§  26S    —  Circo  dei  Romani. 

Da  queste  due  forme  i  Romani  dedussero  il  loro  circo,  dandovi  quella  grandiosità  che 
solcano  in  tutto.  Dicono,  il  primo  fosse  fatto  da  Tarquinio  fra  l'Aventino  e  il  Palatino, 
il  che  indicherebbe  origine  etrusca  Fu  quindi  amplialo  e  arricchito  da  Cesare,  poi  da 
Augusto,  Tiberio,  Caligola,  Claudio,  Nerone,  e  viepiù  da  Trajano. 

Era  lungo  (secondo  Dionigi  d'Alicarnasso)  tre  stadj  e  mezzo  e  largo  quattro  jugeri, 
non  contando  lo  spazio  occupato  dalle  costruzioni ,  e  bastava  a  cencinquantamila  spet- 
tatori ;  poi  al  tempo  di  Vespasiano,  ducensessantamila;  e  dopo  ingrandito  da  Trajano, 
trecentomila;  alfine  Costantino  lo  rese  capace  di  quattrocenlocinquemila ,  secondo  la 
Notitia  utriusque  imperii. 

Secondo  le  ruine  che  ancor  se  ne  vedono,  pare  di  580  metri  sopra  i25.  Era  dunque 
uno  spazio  molto  bislungo,  finito  ad  un'estremità  in  semicircolo  ;  all'estremità  opposta 
sorgevano  le  carceri,  o  rimesse  pe'  cocchi  ;  tutt'intorno  gradini  per  gli  spettatori. 

L'arena  era  cinta  da  un  podio  come  l'anfiteatro,  e  ai  gradini  giungevasi  per  scale  e 
vomitorj  :  la  loggia  serbata  alla  famiglia  imperiale  diceasi  pulvinare  dai  cuscini  (pulvini) 
che  vi  si  [lonevano.  Plinio  loda  Trajano  d'aver  tolta  via  questa  loggia,  e  così  non  distin- 
guersi dal  popolo. 

Le  carceri  erano  scompartite  in  celle,  e  fra  ciascuna  porta  ornate  di  termini.  In  mezzo 
a  queste  era  la  porta  principale,  e  alle  due  estremità  di  esso  lato  una  torre  a  molti  piani, 
forse  pei  suonatori.  Sopra  le  carceri  stendeasi  un  terrazzo ,  riserbato  a  certe  classi  di 


allineili  CIRCENSI  SriO 

cittadini.  Accanto  a  ciascuna  torre  aprivasi  una  porta,  ed  una  nell'emiciclo  opposto  che 
diceasi  trionfale  perchè  vi  passavano  i  vincitori. 

L'arena  era  divisa  in  due  da  un  parapetto  chiamato  spina,  sul  quale  schieravasi  una 
quantità  di  monumenti ,  sacri  alle  varie  divinità.  Vi  primeggiava  l'obelisco  da  Augusto 
trasportato  d'Egitto,  e  sacro  al  Sole,  princi|)al  protettore  de'  giuochi  circensi.  Dietro  a 
tale  esempio  corsero  i  Romani ,  giacché  la  piij  parte  degli  obelischi  trovaronsi  fra  le 
ruine  di  circhi.  La  piazza  deli'Atmeidan  a  Costantinopoli  ha  un  obelisco  di  granito  , 
una  colonna  torsa,  un  altro  obelisco  di  strati  di  pietra;  e  distano  fra  loro  30  metri:  sono 
parte  della  spina,  che  era  decorata  di  bassorilievi.  La  spina  alle  due  estremità  eratinitai 
da  mete,  cioè  colonnette  acute,  o  tre  coni  di  nìarmo  sorgenti  da  un  piedestallo  comune. 

Un  canale  (euripus) ,  largo  poco  più  d'un  metro,  circuiva  l'arena  a  pie  del  podio, 
forse  per  riparare  da'  carri ,  o  per  allagare  il  circo  ad  uso  di  naumachie  ;  e  certo  per 
inadìare. 

All'esterno  era  circondato  da  gallerie  a  molti  piani  ;  nella  inferiore  v'erano  botteghe 
e  postriboli. 

L'unico  circo  ancora  intero  è  quello  detto  di  Caracalla ,  sulla  via  Appia  a  due  miglia 
da  Roma,  e  che  ora  si  sa  essere  stato  fabbricato  il  31 1  d.  C.  da  Romolo  figlio  dell'impe- 
ratore Massenzio;  e  in  tutto  palesa  la  decadenza  dell'arte.  In  Asia  esiste  un  circo  ad 
Afrodisia,  uno  nelle  rovine  di  Perga  in  Panfilia,  ma  semplici,  senza  carceri  né  pulvinare 
né  euripo. 

§  266.  —  Giuochi  circensi. 

I  giuochi  che  vi  si  facevano,  aveano  un  significato  religioso,  massime  in  Etruria:  e 
così  in  Roma  erano  dapprima  dedicati  al  dio  Conso ,  da  cui  si  dissero  ludi  consuaìes  ; 
più  tardi  si  chiamarimo  ludi  magni;  in  fine  c/rcerjses.  Celebravansi  o  nelle  gravi  calamità., 
0  per  invocare  gli  Dei  ,  o  nel  dedicar  monumenti ,  o  nell'elezione  de'  magistrati.  Ve 
n'avea  di  annuali ,  di  quinquennali ,  di  decennali  ;  a  spese  dello  Slato  per  lo  più,  o  deii 
candidati  per  ottenere  il  volo  popolare. 

II  principale  giuoco  era  la  corsa  dei  cocchi ,  detti  bighe,  trighe  o  quadrighe,  se- 
condo il  numero  de'  cavalli ,  che  sotto  Antonino  Pio  erano  fin  sei  o  sette  coppie.  La 
corsa  de'  cavalli  fu  introdotta  da  Tarquinio,  e  vi  succedevìino  la  lotta,  il  pugilato,  la  corsa 
a  piedi. 

Gli  aurigoe  o  agitatores  per  lo  più  erano  schiavi  o  liberti  ;  talora  anche  nobili,  e  fin 
senatori:  alcuni  imperatori  non  isdegnarono  quest'esercizio.  Distinguevansi  gli  aurighi 
pel  colore  dell'abito,  il  quale  diventava  distintivo  della  fazione.  I  guidatori  di  cocchii 
asteneansi  dal  vino,  onde  nell'epitafio  d'un  di  essi,  Ossibus  infundam qua  numquam  vinai 
bibisti  (MuiìAToni,  Thesaurus  621).  1  cavalli  migliori  venivano  di  Spagna^  e  ciascuHOr 
avea  un  nome  proprio,  e  sulla  testa  portava  un  pennacchio  del  colore  distintivo.  La  corsa 
era  ordinariamente  di  quattro  carri;  talvolta  di  otto,  come  nel  musaico' di  Lione.  Ogni 
spettacolo  aveva  per  lo  meno  venticinque  corse. 

Precedeva  una  pompa  circensis,  processione  attorno  alla  spina,  di  tutti  quei  che  do- 
veano  aver  parte  ai  giuochi,  e  de'  magistrati,  garzoni  nobili,  consoli,  sacerdoti,  auguri. 
Vestali  ;  coll'effigie  degli  Dei  e  dei  cesari  sovra  carri  tratti  da  muli,  da  elefanti,  da  leoni, 
da  camelli.  Dappoi  facevansiisacrifizj  ;  indi  al  dato  segnale  aperti  i  cancelli  delle  carceri,, 
gli  aurighi  lanciavansi  in  gara  e  faceano  sette  giri,  nell'ultimo  dei  quali  chi  prime 
toccasse  la  meta,  otteneva  «  la  nobile  palma  che  agguagliava  agli  Dei  ».  Seguivano  le: 
corse  a  piedi,  la  lotta,  gli  atleti:  negl'infimi  tempi  si  fecero  simulate  battaglie  ecaccie.. 

Talvolta  nel  circo  teneansi  pubbliche  assemblee,  o  davansi  rappresentazioni  tcatralia- 
oltre  che  servivano  di  piazza  al  popolo.  Da  ultimo  furono  destinati  ai  supplizj  de'Crri- 
stiani. 

Sulle  carceri  dell'ippodromo  di  Costantinopoli  erano  collocati  i  quattro  cavalli  che 
ora  stanno  a  Venezia. 

Bianconi,  Detcrizione  de'  circhi,  e  particoìarmenta  di  quello  di  Cavaeaìla,  e  de'  giuochi  in  etti  cele- 
brati, con  note  del  Fea.  Roma  n89. 


360  ARCHEOLOGUpE    BELLE    AtlTI 


267.  —  Naumachie. 


Di  naumachie  trovaronsi  avanzi  a  Metz  e  a  Saintes,  e  forse  era  tale  il  Mar  Morto  presso 
Palermo,  che  ivi  reputasi  opera  araba.  A  Gadara  sulle  sponde  del  lago  di  Genezaret  si 
celebrava  con  annua  naumachia  la  vittoria  di  Vespasiano  sugli  Ebrei.  Comunemente 
faceansi  gli  anfiteatri  stessi  in  modo  da  potervi  introdurre  acqua  bastante  per  tali  gare. 
Augusto  preparò  a  tal  uopo  uno  slagno  presso  il  Tevere,  circondato  di  alberi.  Una  ma- 
gnifica naumachia  diede  Claudio  nel  lago  Fucino.  Molte  medaglie  imperiali  recano  per 
tipo  la  naumachia. 

I  naumacarj  per  lo  più  erano  schiavi ,  o  condannati  che  l'imperatore  graziava  ;  e 
divideansi  in  due  parti,  distinte  coi  nomi  per  esempio  di  Egiziani  e  Tirj,  o  Rodiani  e 
Siculi,  0  Persiani  e  Ateniesi  ecc. ,  e  vi  si  facea  prodigalità  di  sangue  umano  :  Tito  vi 
espose  tremila  uomini ,  e  Domiziano  quasi  altrettante  navi  quante  n'avea  la  flotta  im- 
periale (pene  justce  classes.  Svetonio  in  Doni.  4);  in  quella  sul  lago  Fucino  si  videro 
diciannovemila  combattenti  (Tacito,  Ann.  xii.  56. 

g  268.  —  Anfiteatri. 

Negli  an^to^n  raccoglieasi  il  popolo  per  assistere  agli  spettacoli  pubblici,  che  sovente 
erano  uccisioni  di  bestie,  talvolta  d'uomini.  Questi  ampj  recinti  destinati  a  yna  folla 
immensa,  avevano  per  lo  più  forma  ovale  ;  e  il  fondo,  o  arena,  era  cinto  di  gradini,  che 
si  alzavano  dilatandosi.  Sotto  a  questi,  scale  e  gallerie  conducevano  ai  posti. 

In  Grecia  non  se  ne  trova,  e  pare  siano  invenzione  degli  Etruschi,  giacché  entro  una 
tomba  a  Corneto  è  rappresentato  il  combattere  di  gladiatori  in  un  anfiteatro  a  gradini 
sostenuti  da  palchi  di  legno.  Un  anfiteatro  di  costruzione  etrusca  rimane  pure  a  Sutrio, 
tutto  scavato  nel  sasso,  con  due  entrate  alle  estremità  dell'asse  maggiore,  che  ha  la 
lunghezza  di  metri  -49.  20,  mentre  il  minore  è  di  40.  15. 

Poco  adattandosi  ai  giuochi  la  forma  de'  circhi  in  cui  da  prima  si  fabbricavano,  perchè 
la  loro  forma  allungata  facea  che  una  parte  degli  spettatori  restasse  lontanissima,  si 
fecero  anfiteatri  di  legno,  che  levavansi  anche  subito  dopo.  Lodatissinio  fu  quello  che, 
ai  tempi  di  Cesare,  elevò  Cajo  Scribonio  Curione,  per  dar  feste  nelle  esequie  di  suo  padre. 
Erano  due  capacissimi  teatri ,  uno  accanto  all'altro,  e  versatili  sopra  perni ,  per  modo 
che  poteansi  girare  e  divenivano  un  aniiteatro.  Un  altro  ne  fece  Giulio  Cesare  quando 
inaugurò  il  suo  Foro  (708),  e  vi  pose  sedili  attorno. 

II  primo  di  pietra  fu  eretto  da  Slatilio  Tauro  in  campo  Marzio  nel  725  di  Roma,  al 
posto  che  ora  è  monte  Cilorio. 

Vespasiano  ne  cominciò  uno  presso  al  Foro,  compiuto  da  Tito  l'SO  d.  C.  E  il  famoso 
Coliseo,  che  più  tardi  divenne  ròcca  ai  signorotti,  indi  una  petraja  donde  cavarono  sassi 
per  edificarsi  palazzi.  Cosi  fu  ridotto  a  ruine,  ma  tanto  grandiose  che  toccano  d'ammi- 
razione. 

L'arena  ha  figura  ovale,  molto  prossima  all'elissi;  e  all'estremità  del  grande  asse 
erano  le  entrate.  Altre  porte  minori,  chiuse  con  cancelli  di  ferro,  aprivansi  nel  muro  di 
cinta,  per  entrare  e  uscire  il  popolo;  ed  altri  buchi  per  ricoverarvisi  i  gladiatori.  Sotto 
all'arena  e  a  parte  de'  gradini  erano  vastissime  sostruzioni ,  dove  teneansi  gli  animali , 
che  per  piani  inclinati  salivano  nell'arena. 

Ea  cingeva  un  parapetto  (podtwii),  allo  (juaiito  bastavn  |>eichè  le  belve  noi  trabalzas- 
sero. Di  là  da  quello  cominciavano  i  gradini.  A  livello  del  priino  ordine ,  e  alle  due 
estremila  dell'asse  minore  erano  i  sedili  perla  famiglia  imperiale  da  una  parie,  |)ei 
consoli  dall'altra:  il  resto  della  gradinala  porgli  ambascialori ,  i  primi  magistrati,  i 
senatori,  le  Vestali. 

I  gradini  seguenti  erano  divisi  in  tre  preciuzioni-^  le  due  prime  per  le  famiglie  patrizie, 
i  cavalieri,  i  cittadini  romani;  e  formavano  (|uaranla  scaglioni  rivestiti  ili  marmo  bianco, 
e  coperti  d'iscrizioni  portanti  il  numero  de'  posti  spellanti  alla  lai  faniiglia  o  al  tal  col- 
legio. Un  muro  (halleus) ,  aperto  da  liueslre  e  porte  riccamente  decorato,  separava 
dalla  terza  precinzione:  per  le  quali  finestre  faceansi  entrare  profumi,  e  nelle  nicchie 


ANFITEATRI 


>(il 


zampillava  acqua.  La  parte  al  di  là  restava  al  popolo,  e  i  gradini  erano  coperti  di  legno, 
e  SI  elevavano  lino  ad  un  portico  elegante  che  circuiva  lutto  l'edilizio. 

Alle  diverse  preciuzioni  davano  accesso  alcune  porte  (vomitvrta)  aperte  ne'  gradini  e 
ornate  artislicamenlc,  e  le  scale  soUo  di  esse  dividevano  i  gradini  in  cunei,  a  ciascun 
de'  quali  sopravegliava  un  cunianus. 

Si  calcola  che  oUanlasetleuiila  spettatori  stessero  nel  Coliseo,  della  cui  arena  il  dia- 
metro maggiore  tira  metri  m.  4U;  il  minore  53.  50  ;  e  prolungati  lìn  all'esterno  fanno 
metri  JbS.  bU  e  155.  (iU.  La  preciuzione  alzavasi  dal  suolo  metri  49,  ed  esternamente 
componeasi  di  quattro  ordini  sovrapposti  :  i  tre  primi  erano  ad  archi,  sostenuti  su  pie- 
dritti, decorati  Ui  colonne  incassale,  le  (luali  erano  doriclie  al  pian  piede,  jonicbe  al 
primo  ordine,  corintie  al  secondo,  sempre  ridotte  alla  maggior  semplicità,  qual  conve- 
nivasi  a  tanta  grandezza;  e  che  attesta  come  gli  artisti  sapessero  tratiar  gli  ordini  colla 
conveniente  libertà,  il  piano  superiore  non  avea  archi  ma  pilastri  corintj  tramezzati  da 
piccole  finestre  rettangolari,  sormontali  da  un  cornicione  che  coronava  tutto  l'ediflzio. 
Sovrastava  a  questo  un  ornato  di  bronzo,  rappresentante  trofei  ed  armi  da  giuochi. 

Erano  ottanta  gl'intercolunnj  di  ciascun  ordine.  Gli  archi  a  terreno  chiudevansi  a 
steccale,  che  levavansi  in  occasione  de' giuochi:  que'  degli  altri  due  piani  erano  chiusi 
da  un  parapetto,  su  cui  v'avea  statue.  Vasti  portici  corrispondenti  a  ciascuno  dei  tre 
primi  ordini ,  mettevano  in  comunicazione  tulle  le  parli  dell'edifizio,  e  sboccavano  a 
scale  ;  per  modo  che  la  turba  sfollava  facilmente.  1  portici  servivano  pure  di  rifugio  in 
caso  d'intemperie.  Sopra  l'arena  tendevasi  una  tela  {velarium)  per  riparar  dal  sole,  e 
anche  da  una  pioggerella. 

Sotto  gl'imperatori  si  costruirono  diversi  altri  anfiteatri,  anche  in  città  provinciali, 
la  più  parte  di  legno.  Quello  di  Capua  li  vince  tutti  in  ampiezza  e  magnificenza,  essendo 
in  palmi  napoletani 


l'asse  maggiore 

nell'anfiteatro  Flavio    659  1/2 
.    522 


nel  veronese 
nel  capuano 


645 


minore  l'asse  maggiore  minore  dell'arena 
427              298  1/2  186 

417  252  149 

530  289  174 


La  grossezza  del  fabbricato  che  chiude  l'arena  nel  Coliseo,  è  di  palmi  170  ^Jz^  nell'an- 
fiteatro capuano  1 78  :  il  primo  ordine  misurato  dal  basamento  del  piedestallo,  è  alto  35  '/j 
nel  Flavio,  nel  capuano  56  ^/j. 

Questo  è  circondalo  da  ottanta  archi  dorici  per  piano,  tutti  uguali,  eccetto  due  piìi 
larghi  per  dar  ingresso  l'uno  a  setleutrioue,  l'altro  a  mezzodì;  e  nella  chiave  di  quei 
del  primo  ordine  erano  a  mezzo  rilievo  leste  di  divinità.  Sporgono  due  terzi  di  colonne 
dai  pilastri  che  sostengono  gli  archi.  Il  podio  era  incrostato  di  ricchi  marmi,  e  sovresso 
un  terrazzo,  con  colonnette  lisce  e  striale,  che  olire  la  difesa,  servivano  a  sostenere 
cancelli  che  difendessero  dalle  fiere,  e  certi  pali  versatili  che  obbligavano  esse  fiere  a 
cascare  se  mai  vi  si  fossero  aggrappale. 

Nell'anlitealro  veronese,  dei  tempi  della  decadenza  e  che  di  fuori  è  diroccato,  i  tre 
corsi  d'archi  erano  tulli  dorici;  e  l'arena  forma  un'elissi  di  76  per  43  metri. 

Di  quel  di  Pozzuoli  non 
resta  che  il  piano,  poco  mi- 
nore del  Coliseo,  e  l'arena  è 
scavala  nel  terreno:  mancan- 
dovi il  podio,  si  suppone  non 
vi  dessero  combatti  menti  di 
animali ,  ma  forse  solo  di 
L^ladiatori  ,  nel  che  Pozzuoli 
era  famosa.  Quello  di  Sulri  è 
tutto  ricavato  nel  tufo,  senza 
muratura:  quel  di  Cagliari  in 
Sardegna, parte  scavato  nella 
rocca,  parte  fabbricato.  In  Sicil-a  n'è  ad  Agrigento,  a  Catania,  ed  un  più  grande  a  Si- 
racusa. D'altri  anfiteatri  si  trovano  traccie  ad  Alba  nel  Lazio,  a  Otricoli  nell'Ombria, 


362  ARCHEOLOGIA    E    BELLE    ARTI 

presso  al  Garigliano,  a  Rimini,  a  Pesto,  ad  Argo,  a  Corinto.  Magnifico  è  quello  di  Fola 
in  Istria  (disegnato  qui  sotto);  grandissimo  quel  d'ipella  in  Ispagna;  in  Egitto 
quello  di  El  Gemm,  e  in  Algeria  quello  di  Glielma;  nelle  Gallie  a  Frejus,  a  Tintiniac 
presso  Tulle,  a  Bordeaux,  Saintes,  Poitiers,  Autun,  Metz.  L'anliteatro  di  Nimes,  un 
de'meglio  conservati,  conteneva  da  ventimila  persone;  ed  ha  il  maggior  diametro  di 
metri  74.  43,  il  minore  46.  15  nel  vano;  girato  da  sessanta  arcate,  a  due  piani  d'ordine 
dorico,  il  primo  a  pilastri,  il  secondo  a  colonne,  sormontato  da  un  attico:  è  tutto  pie- 


tre, connesse  con  arpioni  di  ferro.  Quello  d'Arles,  men  vasto,  è  di  architettura  più  ele- 
gante. In  alcuni  era  il  ìmenianum,  scalea  per  più  piani,  come  vedesi  in  quello  di  Pola  ; 
in  altri  la  phiale  o  fontana.  Molto  valutavasi  l'arte  di  collocarli  in  modo  che  avessero 
un  bel  prospetto,  e  massime  del  mare. 

Nelle  città  meno  importanti  non  trovasi  ranfiteatro;  ond'è  a  credere  che  i  giuochi 
si  dessero  nel  circo.  Forse  in  alcuna  il  teatro  fu  combinato  in  modo,  da  servire  anche 
di  circo;  e  tal  pare  quello  di  Lillebonne,  che  prende  forma  eliltica.  Che  anche  a 


GLADIATORI. — AI-TRI  GIUOCHI 


3G3 


Roma  nei  teatri  alcuna  volta  si  dessero  spettacoli  ginnastici  appare  da  quel  di  Orazio  : 

Si  dixcordet  eques,  media  inter  carmina  poscunt 

Aut  ursum  aut  pugiles, 
e  da  Dione  ove  dice  che  i  congiurati  ad  uccider  Cesare  aveano  disposto  gladiatori  nel 
teatro  di  Pompeo,  col  pretesto  di  giuochi  a  darsi  colà. 

Lanfileatro  di  Capita  restaurato  ed  illustriìto  daW architetto  Francesco  Alvino.  Napoli  con  <C  tavole. 
TONIM,  DeìVanfUeatro  di  Rimini,  ossia  relazione  degli  scavi  fatti  nel  18 '0-4'»  alla  scoperta  di  questo 

monumento.  Rimini  JSii. 
CoRSiM,  Dissertazioni  agonali. 
H.  MenciRiALis,  De  arte  gymnastica. 
Khause,  Gymnastik  und  Agonistik  d.  Ilellen. 
Carli,  Degli  anfiteatri.  Milano  1788. 
Le\oir,  nella  Raccolta  di  monumenti  antichi  di  Gailhabaud,  illustra  specialmente  gli  anfiteatri  Ji  Pola 

e  Nìmes. 
GcAZZKSi,  negli  Alti  dell'accademia  di  Cortona,  illustra  i  toscani  e  spceialnicnte  l'aretino. 
Fhanb,  Kugler,  Geschichte  der  Baukunst. 

$  269.  —  Gladiatori. 

I  principali  giuochi  che  si  davano  negli  anfiteatri,  erano  quelli  de'gladiatori.  Prima 
in  Roma  furono  esihiti  nel  fòro  Boario  da  Marco  e  Decimo  Bruto  il  264  av.  C;  e  per 
un  pezzo  serbati  solo  ai  funerali,  divennero  poi  un  trattenimento  Per  lo  più  i  gladia- 
tori erano  forestieri  o  schiavi  o  condannati,  i  quali  ultimi  o  erano  ad  (jladium.^  e  in  tal 
caso  servivano  a  vita,  o  ad  ludum,  e  allora  potevano  esser  dispensati  dopo  tre  anni. 
Venivano  esercitati  in  scuole  [ludi],  ove  combatteano  con  spade  di  legno  (rudes).  Pe- 
tronio ci  serbò  il  giuramento  che  davano;  In  verba  Eumolpi  mcramentum  juravimus, 
uri,  vinciri,  verberari.,  ferroque  necari  et  quicquid  aliud  Eumoipus  jussisset,  iamquam 
legnimi  gladiatores  domino  corpoia  animasque  religiosissime  addicimus. 

Al  trionfo  di  Trajano  furono  offerti  ben  diecimila  gladiatori.  V'era  chi  ai  moribondi 
accoslavasi,  e  dalle  ferite  ne  beveva  il  sangue  fumante  (Pllmo,  Hist.  nat.  i.xxviu.  1),  o 
con  ferro  rovente  stimolava  a  combattere  i  pigri,  o  cacciava  la  mano  ne'  petti  aperti 
dai  pugnali  e  ne  spiccava  le  membra,  per  attestare  al  popolo  che  la  morte  non  era  finta. 
Giova  ricordare  questi  spettacoli  sanguinosi  allorché  ci  vieo  nausea  delle  smaschiate 
rappresentazioni  moderne. 

Per  rigenerar  il  mondo  da  tali  orrori  volensi  che  il  sangue  de'  martiri  scorresse  in 
quell'arene,  e  ne  rampollasse  una  croce,  simbolo  dell'universale  dignità. 

II  rappresentare  i  gladiatori  fu  un  tema  prediletto  de' Romani,  sia  in  bassorilievi  o  in 
statue. 


§  270.  —  Altri  giuochi. 

Di  molt'altre  maniere  giuochi  e  men  disumani  conobbero  gli  antichi,  e  già  ci  ven- 
nero mentovati.  11  Pancrazio  era  un  giuoco  atletico,  dove  tutte  le  forze  («àv  ■/.f.xzoi) 
erano  chiamate  in  azione.  Consistea  nel  fare  a  pugni  e  alla  lotta;  esercizio  violento,  e 
perciò  eccezionale.  Pare  introdotto  dopo  Omero,  sebbene  i  Greci  ne  riguardassero  au- 
tore Teseo,  che  a  quel  modo 
perpetuò  gli  artifizi  con  cui 
esso  avea  vinto  il  Minotauro. 
Fu  poi  usato  ne'  grandi  giu- 
ochi, sì  tra  uomini,  si  tra 
fanciulli.  Piaceva  vedere  gli 
atteggiamenti  forzosi  che  si 
foggiavano  dagli  atleti;  i 
quali  non  usavano  il  cesto, 
che  era  una  armadura  qual  si 
vede  qui  : 


364 


ARCHEOLOGIA    E   BELLE   ARTI 


ma  aveano  le  mani  libere.  Ungevansi  il  corpo  e  coprivansi  di  sabbia,  affinchè  fosse  più 

difficile  il  pigliarli.  .     ,    •  ■  •  . 

li  pentatlon,  simile  al  pancrazio,  era  il  più  bello  fra  i  giuochi  atletici  ;  e  consisteva 
in  cinque  diversi  generi  di  diverlimeali  :  salto,  orsa  a  piedi,  disco  (fig.  P  qui  sotto), 
scagliar  la  lancia,  e  lottare  Fu  introdotto  alle  feste  olimpiche  nell'olimpiade  xviii. 


Il  salto  era  l'azione  principale,  accompagnata  da  musica.  Usavano  pure  saltatori  a 
cavallo  Idesultores,  {ài^-finr^o^,  à.«/3àT»2?),  nel  che  erano  famosi  gli  Sciti  e  gli  Armeni:  t;ili 

vedonsi  effigiati  sopra  la  lucerna  di  bronzo  qui 
sopra  (Baktoli,  Antiche  lucerne  sepolcrali,  i. 
24),  e  in  questi  due  rovesci  di  medaglie. 

Sono  talvolta  menzionali  i  thaumatopcei ^  o 
facitori  di  i»rodigj,  che  contraffacevano  serpi, 
pesci,  augelli,  ed  anche  cose  inanimate,  come 
ruote,  0  un  tridente,  o  jun  àncora,  odaliro. 
I  psilli  avevano  domesticato  de' serpenti,  e  giocolavano  con  essi. 
In  un  cippo  del  museo  di  Mantova  è  effigiato  un  giocoliere,  che  sostiene  a  un  tratto 
sette  palle.  E  mollo  dilettavansi  gli  antichi  della  sferistica  ;  e  nel  Fabuetti  uno  dalla 
moglie  è  onorato  come  pilario  omnium  e>ninenti<simo  :  Orso  legalo  ebbe  una  statua 
perchè  vitrea  primm  pila  lusit  decenler  laudante  populo  maximis  clamor ibus  thermis 
Traiani  thermis  Agrippoe  et  Titi  mullum  et  Neronis.  Manilio  poi  nel  v  degli  astronomici 
descrive  appunto  questo  sostenere  contemporaneamente  sette  globi,  allusivi  ai  sette 
pianeti. 

§  271.  ~  Spese. 

La  spesa  delle  feste  e  degli  spettacoli  era  una  delle  più  gravi.  Negli  Stati  greci  i  de- 
ma''oghi  aveano  cura  di  cattivarsi  con  ciò  la  benevolenza  plebea:  oltre  che  ogni  tempio 
aveva  possessi  proprj  per  tal  uso;  e  le  ricciiezze  di  quello  di  Delfo,  dice  Ileeren,  sor- 
passarono di  gran  lunga  i  tesori  della  Madonna  di  Loreto,  e  di  qualsiasi  altro  sanliiano 
della  moderna  Europa.  Anche  a  lloma  per  lo  più  furono  a  spese  pubbliche,  e  gratuite 
per  gl'intervenienti. 

§  272.   —  La  danza, 

Platone  scrive  (Leggi,  vm):  «  Due  parti  ha  la  ginnastica;  la  danza  e  la  lotta.  Due 
sorla  di  danza;  una  che  co'  suoi  movimenti  imita  le  parole  della  musica,  consertando 
sempre  un  carattere  di  nobiltà  e  libertà  ;  l'altra  che  dà  al  corpo  e  a  ciascun  membro 


DANZA  365 

salute,  agilità,  bellezza,  educandoli  a  piegarsi  e  stendersi  in  giusta  proporzione,  me- 
diante un  movimento  regolare  e  a  misura  ».  Adunque  la  prima  sta  alla  seconda  come  la 
prosa  al  verso,  e  può  dirsi  la  poesia  del  pesto  naturale,  esprimendo  o  certe  idee  od  una 
serie  di  fatti.  Spesso  è  menzionata  in  Omero,  e  i  proci  di  Penelope  dilettavansi  colla 
musica  e  la  danza:  Ulisse  alla  corte  d'Alcinoo  fu  trattenuto  con  balli  di   grotteschi. 

La  danza  avea  grandissima  importanza  presso  gli  antichi,  e  son  ricordate  quelle  che 
gli  Ehrei  menavano  attorno  all'Arca,  e  quelle  degl'Indiani  pe' loro  numi.  Platone  dà 
per  segni  di  buona  educazione  il  ben  cantare  e  ben  ballare  ;  movendo  da  quel  suo  prin- 
cipio che  l'educazione  consista  nel  dar  al  corpo  e  all'anima  tutta  la  bellezza  e  perfe- 
zione possibile.  Quando  la  danza,  perduta  ogni  significazione  religiosa,  era  degenerata 
in  una  frenesia  impudica  sotto  «li  imperatori  romani,  Luciano  ne  tesse  ancora  l'elogio, 
del  quale  giova  riferir  qualche  linea: 

"  L'origine  della  danza  risale  alla  nascita  dell'universo,  ed  è  antica  quanto  l'Amore, 
primogenito  degli  Dei.  L'accordo  degli  astri,  la  congiunzione  de' pianeti  e  delle  stelle, 
le  loro  armonie,  sono  i  precetti  di  questa  prima  danza.  Poc'a  poco  l'arte  progredì  fin 
alla  somma  perfezione,  ed  a  formar  un  piacere  variato,  animato  dalla  musica.  È  l'opera 
di  molte  Muse  riunite. 

fi  Rea  insegnò  primiera  la  danza  in  Frigia  ai  Coribanti,  ed  ai  Curati  in  Creta.  Omero 
chiama  danzatore  Merione  Neottolemo  figlio  d'Achille  inventò  il  bel  genere,  che  dal 
suo  nome  chiamasi  pirrico.  I  Lacedemoni  appresero  da  Castore  e  Polluce  la  cariatica: 
e  questi  prodi  non  fanno  mai  cosa  senza  l'assistenza  delle  muse,  fin  a  combattere  a 
suon  di  Qauto  e  a  cadenza.  Essi  ballano  pure  l'/iormus  (collana),  dove  garzoni  e  fanciulle 
formano  la  figura  d'un  collare.  Usano  pure  le  giranopedie.  Omero  ritrae  varie  danze 
sullo  scudo  d'Achille. 

«  Fra  i  Tessali  tanto  è  stimata  la  danza,  che  intitolano  proorchestri  i  loro  magistrati 
e  generali  i.  Orfeo  e  Museo,  i  più  eccellenti  ballerini  del  loro  tempo,  credettero  che 
nei  misteri  la  danza  fosse  la  cosa  più  bella.  A  Pelo  non  si  fa  sagrifizj  senza  danza. 
Gl'Indiani  adorano  il  sol  nascente,  non,  come  noi,  baciando  la  mano,  ma  vòlti  a  levante, 
lo  salutano  danzando.  Danzando  gli  Etiopi  fan  guerra,  né  alcuno  lancerebbe  freccia 
prima  d'aver  ballato  e  fatto  gesti  minacciosi  al  nemico  Quanto  all'Egitto,  l'antica  fa- 
vola di  Proteo  non  parmi  altro  che  l'emblema  d'un  valentissimo  ballerino,  che  colla 
pantomima  avea  l'arte  d'assimilarsi  a  tutto.  Non  dimenticheremo  la  danza  romana  a 
onor  di  Marte,  eseguita  dai  cittadini  insigni,  chiamati  Salj.  Le  feste  di  Bacco  passano 
tutte  in  danze,  inventate  dai  ministri  di  Bacco  e  dai  Satiri. 

«  Omero,  parlando  dei  piaceri  onesti,  solo  alla  danza  dà  il  titolo  di  irreprovevole.  E- 
siodo  non  l'avea  imparata  da  altri,  ma  visto  egli  stesso  le  Muse  danzar  all'aurora  ;  e  la 
principal  lode  che  dà  loro  all'entrare  della  Teogonia,  è  che  i  lor  piedi  calcano  in  ca- 
denza la  fontana  d'Ippocrene,  e  che  danzano  in  coro  attorno  all'altare  del  loro  padre. 
Socrate,  oltre  lodar  il  ballo,  volle  impararlo. . .  Se  la  danza  non  fu  ammessa  tra'  giuo- 
chi pubblici,  la  ragione  credo  sia  che  gli  Agonoteti  la  riguardarono  come  troppo  bella 
e  rispettabile  per  esser  sottoposta  ad  esame  . .  . 

«  Scopo  primo  della  danza  è  l'imitazione,  l'arte  d'enunziar  i  pensieri,  e  d'esporre  con 
chiarezza  le  cose  più  oscure  ;  e  il  più  bell'elogio  d'un  ballerino  sarebbe  quello  che  Tu- 
cidide fa  di  Pericle,  di  conoscer  ciò  che  conviene,  ed  enunziarlo  con  grazia  ...  Ad 
imitazione  degli  oratori,  vuoisi  che  il  ballerino  si  eserciti  a  rendersi  chiaro  e  intelligibi 
le,  perchè  si  possa  comprendere  tutto  quel  ch'è  vuole  esprimere,  senza  bisogno  d'in- 
terprete; in  modo  che  chi  il  vede  possa,  come  dice  l'oracolo,  intendere  il  muto  e  com- 
prendere il  danzatore  silenzioso.  Demetrio  cinico  biasimava  il  ballo,  quando  un  famoso 
ballerino  lo  richiese  di  guardarlo  a  danzare  prima  di  condannarlo;  Demetrio  ne  fu  sì 
rapito,  che  esclamò:  —Uomo  ammirabile,  io  comprendo  tutto  quel  che  fai,  e  il  mio 
piacere    non  si  limita  alla  vista,  ma  tu  sembri  parlarmi  anche  colle  mani  ». 

Dalla  Grecia  e  dall'Etruria  passò  la  danza  a  Roma,  ove  divenne  un  furore  e  una  la- 
scivia. La  pantomima  vi  fu  introdotta  da  Batillo  e  Pilade.  Usavasi  pure  nei  funerali, 
dove  l'arcimimo  imitava  il  gesto  e  i  sentimenti  dei  morto. 

(I)  Scaligero  creae  che  presule  venga  Ha  pra  salire.  Il  coref;o  era  persona  illustre;  sceglieva  le  persona 
del  coro,  esercitava  gli  attori,  regolava  i  gesti  e  il  vestire,  ajnlato  da  un  maestro  di  balio  •/Mpo^lOÓcoy.a.).Oi 
Nelle  tragedie  gli  autori  stessi  istruivano  gli  attori. 


366 


ARCHEOLOGIA   E   BELLE   ARTI 


Le  danze  sacre  de'  Gentili  consisteano  in  leggiadri  movimenti  attorno  all'altare,  con 
allusione  a  scene  mitologiche.  Ma  le  dionisiache  rappresentavano  le  imprese  di  Bacco  e 
le  danze  dei  Satiri  ;  le  coribantiche  avevano  carattere  guerresco,  ballandosi  da  uomini 
nudi  collo  scudo  e  l'elmo,  e  con  furia  stravagante,  a  suon  di  flauto. 

La  danza  pirrica,  imitante  battaglie,  fu  introdotta  anche  ne'  giuochi  romani  da  Giulio 
Cesare,  danzata  dai  figli  de'  principali  di  Asia  e  Bitinia,  e  da  poi  piacque  agli  impera- 
tori. Un'altra  danza  rinomata  faceasi  a  Sparta  nella  festa  delle  Gimnopedie  in  comme- 
morazione della  battaglia  di  Tirea. 

Danze  rustiche  conducevansi  ad  onore  di  Pan,  con  ghirlande  di  fiori.  La  danza  dei 
Lapiti  imitava  il  costoro  combattimento  coi  Centauri ,  estremamente  faticosa.  La  danza 
d'Imene  era  menata  da  fanciulli  e  donzelle  inghirlandati  di  fiori  ;  distinta  dalla  danza 

nuziale,  di  atteggiamenti  osceni,  Plu- 
tarco riflette  che  non  era  facile  unir 
persone  che  suonassero  e  ballassero  in 
tempo. 

Gran  perfezione  acquistarono  a  Roma 
i  funambuli ,  che  spesso  trovansi  ri- 
tratti nelle  antiche  pitture ,  col  carat- 
tere di  satiri  o  baccanti  :  S'arrivò  alla 
stravaganza  di  mostrar  elefanti  che  bal- 
lavano sulla  corda. 

Che  i  Cristiani  in  alcuni  paesi  con- 
servassero qualche  danza  nei  loro  riti, 
appare  anche  dal  divieto  che  papa  Zac- 
caria fece  nel  744  :  Ne  fìant  chorece , 
maxime  in  tribus  locis,  in  ecclesiis,  in 
coemeteriis  et  processionibus. 

MuuRSius ,  Orchesla ,  sive  de  sallalione  vele- 
rum^  eDumcra  oltre  ducente  specie  di  balli, 
figuranti  fatti  mitologici  ed  eroici. 

Burette,  De  la  danse  des  anciens. 

§  273.  —  Giuochi  domestici. 

Né  gli  antichi  mancavano  di  giuochi  domestici.  Quel  delle  dame  dicesi  inventato  da 
Palamede  a  Troja  ;  e  Omero  occupa  con  essi  i  Proci  :  ma  trovasi  effigiato  sopra  un 
papiro  egizio  al  museo  delle  antichità  di  Leida,  forse  di  1700  anni  anteriore  a  Cristo. 

Palamede  stesso  alla  guerra  di  Troja  vorrebbe  farsi  autore  dei  dadi.  Erano  due  otre, 
e.lanciavansi  colla  mano  o  co\  frittilo  sopiaValveo.  Il  fritillo  era  un  bossolo  quadrato 
0  cilindrico,  di  legno,  di  corno  o  d'avorio.  Alveo  diceasi  la  tavola,  e  trovasi  figurata 
in  molti  marmi,  con  un'epigrafe  composta  di  sei  parole  da  sei  lettere  ciascuna,  e  di- 
sposte, a  tre  a  tre,  come  in  questi  esempj 

VICTVS    LEltATE  SEMPER    INHAC  DOMINE    FRATER 

LVDERE     NESCIS  TADVLA   HILARE  UILARIS   SEMPBH 

DALVSO   niLOCV  LVDAMV    SAMICl  LVDERE   TABVI.A 

Cioè  Victus,  leva  te,  ludere  nescis,  da  lusori  locum  (Mafeei,  Museo  veronese,  pag. 
2o6j;  Semper  in  hac  tabula  hilare  ludanius  amici  (Muratori,  Thes.  p.  6C1);  Domine 
frater,  hilaris  semper  ludere  tabula  (Boldetti,  Cimitero  dei  martiri,  p.  447).  Sono 
dunque  augurj  ;  e  la  loro  forma  alludeva  al  tiro  più  fortunato,  che  diceasi  jactus  basi- 
licus  0  venus,  cioè  quello  di  tutti  sei  ;  il  tiro  di  tutti  assi  diceasi  canis. 

V'ha  dadi  d'osso,  di  legno,  e  talora  di  gemme,  di  cristallo,  di  piombo.  Famoso  era  il 
gruppo  di  bronzo  di  l'olicleto,  rappresentante  due  fanciulli  che  faceano  ai  dadi  (astra- 
galizontcs). 

Tessere  da  giuoco  sono  pure  certe  monete  mezzane,  aventi  dal  diritto  la  dea  Fortuna 
colle  lettere  C,  S,  Casus,  Surs,  e  dal  rovescio  quattro  astragali  colla  leggenda  Qui  lu- 
dit  arrham  diit  quod  satis  sit.  Corrispondono  ai  nostri  gettoni. 
*^ICOBONi,  /  tali  ed  altri  strumenti  lusorj.  Itoma  1734. 


Tuici.iNj  367 

Il  giuoco  alla  palla  era  prediletto  da  Greci  e  Romani,  perchè  dava  grazia  ed  elasti- 
cità alla  persona;  onde  giocavasi  in  ogni  età  e  condizione,  e  si  eleviirono  fin  statue  a 
famosi  giocatori.  Vi  si  esercitavano  prima  d'andar  al  bagno,  e  variatissimi  ne  erano  i 
generi,  e  talvolta  i  colpi  regolavansi  colla  musica. 

Associamo  a  (jucsto  il  giuoco  della  trottola,  usitato  dagli  antichi,'  il  troco,  che  era  uà 
circolo  con  inserti  varj  anelli,  il  quale  t'accasi  girare  mediante  un  elatere  o  chiave;  il 
tirar  le  palle  entro  un  circolo;  ed  altri  spassi,  ritratti  sovente  nei  monumenti.  Il  giuoco 
di  moscacieca,  col  non)e  di  ìnynda,  ci  è  descritto  dal  grammatico  Ksicliio  e  da  Polluce 
(Onomasticon,  lib.  ix),  il  rpiale  pure  descrive  il  coUal)if<mos^  che  è  il  nostro  guancialin 
d'oro.  Vosirachìjnda  era  una  fanciullesca  imitazione  della  guerra,  conservatasi  ancora 
nel  giuoco  della  barra. 

Aristofane  cita  eziandio  il  i)ari  e  caffo  f/'/u/os,  atto  iv.  se.  V)  al  rpiale,  dice  Svetonio, 
divertivasi  Augusto  dopo  cena.  Il  croci  e  santi  è  ricordato  da  Ovidio,  Plinio,  Macrobio, 
Sull'.'Es  grave  anticamente  v'era  la  testa  l)ifronte,  e  nel  rovescio  il  rostro  di  nave.  Per- 
ciò i  fanciulli,  quando  giocavano  come  diciam  noi  a  pile  e  santi,  gettando  in  alto  la 
moneta  gridavano  testa  o  nave:  {capita  aut  naviin,  Macrobio);  e  tenner  l'uso  anche 
quando  l'impronta  fu  diversa.  Sopra  vasi  troviam  pure  il  giuoco  dell'altalena,  sia  come 
pendojo,  sia  con  un  asse  in  bilico  ;  e  quest'ultima  diceasi  petaurum  {Corpora  quce 
valido  saliunt  excussa  petauro.  Mamiio,  v.  434),  Paltra  aicópnclc,,  oscilla:  gli  Ateniesi 
raveano  introdotto  a  onor  d'Erigone,  che  erasi  appiccata  a  un  albero. 

§  274.  —  I  pasti 

Ateneo,  il  quale  è  la  fonte  più  copiosa  in  quanto  riguarda  i  pasti,  vorrebbe  che  gli 
Egizj  non  si  mettessero  a  tavola  comune,  ma  a  ciascuno  fossero  presentate  le  vane  vi- 
vande, da  cui  egli  sceglieva.  Aggiungesi  che,  durante  il  banchetto,  s'introducessero  ca- 
taletti, probabilmente  casse  di  mummie,  acciocché  il  |)ensiero  della  morte  sollecitasse 
a  goder  la  vita. 

Le  tavole  degli  Ebrei  erano  simili  alle  nostre,  e  il  posto  d'onore  era  ad  un'estremità 
versoli  muro,  in  fondo  alla  sala  (i.  Reg  ix.  22,  xx.  25).  Al  tempo  di  Salomone  acco- 
modavansi  su  sedie  come  le  nostre  (Prov.  xxiii.  1);  poi  usarono  cuscini  e  tappeti  ove 
decumbeano  al  modo  de'  Greci  (Amos,  vi.  4;  Tobia,  ii.  3).  A  mezzogiorno  faceasi  il 
pasto  principale  (Gen.  xi.iii.  25);  mattina  e  sera  bastava  una  refezione  alla  libera:  ma 
più  tardi  diventò  principale  il  pasto  della  sera,  sovente  protratto  a  tarda  notte. 

Poca  delicatezza  si  scorge  nei  loro  pasti.  Abramo  ai  tre  angeli  fece  servire  pani  cotti 
sotto  la  cenere,  un  vitello  grasso,  latte,  burro,  tre  misure  di  farina,  il  padrone  di  casa 
scompartiva  le  vivande  ai  convitati,  posti  ciascuno  a  una  tavola  particolare  (Gen.  xviii. 
(j,  7  :  xLiii  32  ;  i  Reg.  ix.  24).  Le  donne  non  stavano  cogli  uomini,  eccetto  che  nei  pasti 
di  famiglia. 

Ogni  giorno  faceasi  cuocere  il  pane,  ossia  focacce  secche  e  sottili.  Spesso  il  pane 
era  senza  lievito,  cotto  sotto  la  cenere;  e  talvolta  impastato  o  fritto  coll'olio.  Molto  usa- 
vano i  legumi  ;  e  regalavansi  miele,  burro,  uva  secca  o  fresca.  In  delizia  aveano  la  carne 
di  capretto;  e  muca,  capra,  agnello  erano  le  sole  carni  che  essi  mangiassero,  oltre  la 
selvaggina.  Sempre  però  doveva  esserne  perfettamente  rimosso  il  sangue.  Le  vivande 
preparavansi  con  sale,  miele,  olio,  crema, | burro.  I  vini  si  mescolavano  con  profumi  o 
Ugni  aromatizzati.  Cercato  era  il  secaa,  liquore  della  palma. 

In  Omero,  mentre  gli  eroi  siedono  a  banchetto,  si  fanno  racconti,  o  i  cantori  celebrano 
gli  eroi.  Erodoto,  secondo  i  ragguagli  diXersandro  che  vi  assistette,  descrive  il  banchetto 
dato  poco  dopo  la  battaglia  di  Platea  dal  tebano  Attagine  a  Mardonio  e  a  cinquanta 
capi  persiani  ;  dov'erano  cinquanta  letti,  ognuno  con  un  Persiano  e  un  Greco. 

l  letti  erano  disposti  a  ferro  di  cavallo  attorno  alle  sale,  dette  perciò  tricUnia,  eccenalio 
pressoi  Romani.  In  ogni  letto  stavano  tre  persone,  ciascuna  colle  gambe  dietro  al  torso 
dell'altra,  e  appoggiata  ad  un  cuscino,  disposte  nel  seguente  modo: 

3     6     5    4     7 

1  8 

2  9 

L'I  era  il  posto  del  padrone  di  casa;  2  la  donna  o  un  parente;  5  un  ospite  privile- 


368  AKCHEOLOGIA    E    BIÌLLE    AKTI 

giato  ;  4  posto  di  onore  o  consolare ,  considerato  tale  forse  perchè  più  libero  per  uscire, 
più  accessibile  a  chi  venisse  a  parlare,  e  più  comodo  per  istendere  la  mano  destra  senza 
impacciar  nessuno,  negli  altri  posti  gli  altri  convitati,  e  sempre  consideravasi  d'onore 
quello  ove  non  s'avea  nessuno  disopra  fVedi  la  1^  {ìj?.  a  pag.  120).  Varrone  vorrebbe  che 
ad  un  pranzo  non  si  fosse  meno  del  numero  delle  Grazie,   né  più  di  quello  delle  Muse. 

Molte  descrizioni  di  banchetti  antichi  abbiamo,  all'occasione  de' quali  introduconsi 
discorsi  storici  o  filosofici.  Senofonte  nel  Simpoaion  ritrae  quello  che  Callia,  ricco  ate- 
niese, per  le  feste  panatenee  diede  a  onore  del  giovane  Autolieo,  che  aveva  riportato 
il  premio  del  pancrazio.  Socrate,  Antisteup,  Critobnlo  ed  altri  filosofi  convitati  ammira- 
vano taciturni  la  bellezza  d'Autolico,  senza  che  il  buffone  Filippo  li  potesse  distrarre. 
Ma  sparecchiato  e  fatte  le  libaziooi  e  cantato  il  poaM,  entra  un  giocoliere  siracusano,  se- 
guito da  una  flautista,  una  ballerina  e  un  musico.  Allora  Socrate  fa  complimenti  a  Callia 
sulla  magnificenza  e  il  buon  gusto  suo:  ma  poirhè  questi  vuol  far  recare  i  profumi , 
Socrate  li  disapprova  come  sconvenienti  a  uomini.  Ciò  dà  luogo  a  una  discussione,  che 
divieo  generale,  finché  Socrate  avverte  come  la  ballerina  aspetti.  I.a  quale  in  fatto,  tra 
1  loro  discorsi ,  fa  prodigi  ;  e  Socrate  tesse  un  magnifico  elosio  della  danza,  e  —  lo 
ballerei  in  un  bugigattolo;  ballerei  al  coperto  nel  verno,  all'ombria  nell'estate».  Un  dei 
convitati  attesta  averlo  di  fatti  còlto  alcuna  fiata  danzar  da  solo.  Il  buffone  Filippo  si  pose 
a  contraffare  la  ballerina,  poi  chiese  a  bere,  e  tutii  i  convitati  vollero  imitarlo,  e  Socrate 
fece  l'elogio  del  bere;  mentre  i  coppieri  ,  colla  destrezza  de'  cocchieri,  faceano  correr 
le  tazze  in  giro.  Il  musico  cantò  accompagnato  da  sfrumenti;  poi  ciasrun  commensale 
fu  invitato  a  dire  qual  reputnsse  la  cosa  più  eccellente  :  dove  gareggiano  di  sofismi  e  di 
sottigliezze,  non  senza  colori  che  fan  poco  onore  ai  costumi  greci.  Il  giocoliere  trovava 
sgarbato  questo  non  badare  a'  suoi  giuochi;  ma  perchè  il  buffone  ne  lo  riprese  come 
insolente,  abbarufiaronsi  tra  loro,  e  la  conversazione  fu  un  tumulto  assordante,  finché 
Socrate  propose  di  cantare;  e  intonò  una  canzone,  terminata  in  coro.  Poi  i  giocolieri 
si  ritirano,  preparandosi  ad  una  pantomima  di  Bacco  e  Arianna  che  vengono  a  rappre- 
sentare, e  che  conchiude  lubricamente  lo  spasso. 

Presso  i  Romani  dell'età  imperiale  le  cene  offrivano  sfoggio  d'ogni  sorta  lusso  e  vo- 
luttà. Fiori  e  acque  odorose  piovevano  sui  convitati,  coronati  di  rose,  e  assisi  tra  facili 
beltà;  suoni,  canti,  balli  li  ricreavano.  I  letterati  facean  leggere  qualche  cosa  dallo  schiavo 
anagnosta.  S'ha  l'epitafio  d'un  Tiberio  Claudio  della  tribù  esquilioa ,  che  recitava  versi 
di  antichi  e  massime  di  Omero  ai  banchetti  dei  grandi  :  e  che  ciò  si  facesse  colla  ma- 
schera al  volto  s'induce  dal  vedersene  tre  scolpite  sul  monumento: 

Qvis  bona  non  hilari  vidit  convivia  voltv 

Adqve  meos  inecvm  pervigiìare  jocos 
Qvondam  ego  pierio  vatvm  monimenia  canore 

Doctvs  cygneis  envmerare  modis 
Ddctvs  mcBonio  apirantia  carmina  verw 

Dioere  ccesareo  carmina  nota  foro. 

Muratori,  Thes.  G6f>. 

L'arte  del  cuoco  consisteva  nel  preparar  le  vivande  in  guise  non  solo  pruriginose , 
ma  inaspettate;  e  per  esempio  ova,  rompendo  le  quali,  il  convitato  stupisce  di  trovarvi 
dentro  un  beccafici),  con  salsa  gialla  pepata.  Non  v'è  che  i  Cinesi  i  quali  facciano  spese 
cosi  esorbitanti  per  la  cucina.  Le  ostriche  traevansi  fin  dalle  coste  d'Inghilterra,  e  nu- 
trivansi  apposta  nel  lago  Lucrino,  che  a  tal  uopo  da  Sergio  Orata  era  stato  ristretto  con 
immense  costruzioni  ;  e  non  si  possono  dire  le  cure  con  cui  egli  e  Lucullo  e  Ortensio 
alimentavano  i  pesci.  Il  garum,  specie  di  caviale,  compravasi  a  prezzi  incredibili;  una 
triglia  fu  pagata  mille  ottocencinqunnta  lire. 

Oltre  il  pasto  principale  fcfpna),  che  faceasi  alle  tre  pomeridiane  in  estate  e  alle  quattro 
in  inverno,  ne'  tempi  dell'opulenza  ne  costumavano  quattro  altri  :  jmtaruìum  la  mat- 
tina; verso  mezzogiorno  pronrfjwm;  qualche  ora  dopo  la  merenda  ;  e  di  notte  cctjjs- 
satio.  La  merenda  e  la  colazione  però  non  era  che  dei  giovani  o  dei  faticanti.  Comin- 
ciavansi  le  cene  con  ova,  ostriche,  lattuche,  olive,  salciccie,  vin  melato,  e  finivano  colla 
frutta  e  i  dolci  [bellaria);  onde  la  frase  Ab  ovo  uaque  ad  mala.  Ogni  convitalo  poteva 
condurre  un  compagno  (umbra),  oltre  i  parasiti  che  scroccavano  inviti.  La  scrvielta 


PASTI  3G9 

portavasi  da  ciascun  convitato,  ma  non  tanto  per  la  pulizia,  quanto  perriporvi  il  ghiotto 
bottino  che  allo  sparecchio  si  dislrihuiva.  Del  resto  girava  uno  scampolo  di  porpora  per 
pulir  la  bocca  e  le  mani ,  tanto  più  necessario,  perchè  i  cibi  prendeansi  colle  dita.  Il 
bevere  facevasi  a  comando  d'un  commensale,  eletto  a  sorte  coi  dadi,  e  che  chiamavasi 
re  della  tavola,  arbittr  bibendi,  uuyt-Tiootdpyji. 

Mazois  nel  Palazzo  di  Scauro  ,  suppone  che  Meroveo  gallo ,  tratto  prigioniero  a  Roma  , 
vi  leghi  amicizia  coll'architelto  greco  Crisippo,  il  (juale  lo  conduce  a  vedere  le  ma- 
gnificenze di  Roma.  Così  descrive  il  triclinio  e  la  cena  in  casa  di  Scauro: 

—  Il  sole  scendeva,  né  più  i  suoi  raggi  penetravano  nei  cortili  del  palazzo,  il  cui  colmo 
soltanto  era  colorato  da  luce  rossastra.  Una  clessidra  rapprentante  una  statua,  la  quale 
colla  bacchetta  segnava  le  ore  sopra  un  quadrante,  fece  intendere  all'improviso  una 
trombetta,  seguita  da  dieci  colpi  di  martello,  annunzianti  la  decima  ora.  Ordinaria- 
mente si  pongono  a  tavola  un  po'  prima  in  questa  stagione;  ma  Scauro  usa  pran- 
zare alla  caduta  del  giorno.  Come  varcavamo  la  porta  della  sala  che  precede  il  tri- 
clinio, un  fanciullo  collocato  là  a  posta,  ci  avvertì  d'entrare  col  piede  sinistro  per 
non  portare  la  maluria.  Introdotti,  alcuni  schiavi  ci  tolsero  i  cinti  e  i  saj  listati  alla 
gallica,  e  ci  ricoprirono  di  vesti  molto  belle,  serbale  ai  banchetti.  Entrammo  nel  tri- 
clinio ;  appena  assisi,  alcuni  schiavi  egizj  versarono  acqua  fredda  alle  mani ,  mentre 
altri  avendoci  tolti  i  sandali,  si  posero  a  lavarci  i  piedi  e  ripulirci  le  unghie,  quan- 
tunque ci  avesser  fatto  al  bagno  simile  operazione. 

Il  triclinio  ha  lunghezza  doppia  della  larghezza;  ed  è  come  divisa  in  due:  la  parte  su- 
periore ,  occupata  dalla  tavola  e  dai  letti  ;  la  inferiore  ,  libera  pel  servizio  e  per  gli 
spettatori.  Intorno  alla  prima  le  pareti  sono  ricoperte  fino  a  una  certa  altezza  di  arazzi 
preziosi  ;  gli  ornamenti  del  restante  della  sala  sono  nobili  e  analoghi  al  luogo.  Colonne 
cinte  di  ellera  e  di  pampini  dividono  le  pareti  in  compartimenti,  ornati  a  capriccio; 
e  nel  centro  d'ogni  quadrato  giovani  fauni  e  baccanti  seminude,  con  tirsi,  vasi,  coppe 
e  tutti  gli  utensili  da  banchetto.  Al  di  sopra  delle  colonne  gira  un  fregio  ,  diviso  in 
dodici  (|uadri;  a  ognuno  sovrasta  un  segno  dello  zodiaco,  e  rappresenta  le  vivande 
più  ricercate  nei  singoli  mesi:  sotto  al  sagittario  granchiolini  di  mare,  alcuni  cro- 
stacei ed  uccelli  di  passaggio;  sotto  al  capricorno,  locuste  e  pesci  marini,  un  cignale 
e  selvaggina  boschereccia;  sotto  all'acquario,  anitre,  pivieri,  gallinelle,  ecc.  Lampade 
di  bronzo  sospese  con  catene  dello  stesso  metallo,  o  sostenute  da  candelabri  di  finis- 
simo lavoro,  spargevano  viva  luce;  schiavi  le  smoccolavano,  e  vegliavano  che  l'olio 
non  vi  mancasse. 

La  tavola,  di  legno  di  cedro  tratto  dall'interna  Mauritania,  e  che  vale  più  dell'oro,  stava 
su  piedi  d'avorio,  coperta  d'argento  massiccio,  del  peso  di  libbre  cinquecento,  a  ce- 
sellature ed  intagli.  I  letti  per  trenta  persone  erano  di  bronzo,  con  ornamenti  d'ar- 
gento, d'oro  puro  e  di  tartarughe  maschie;  i  materassi  di  lana  gallica,  tinta  in  por- 
pora; gli  origlieri,  gonfj  di  piuma,  erano  coperti  di  tappeti  variopinti  tessuti  o  rica- 
mati in  seta  mista  a  fili  d'oro,  fabbricati  a  Uabilonia,  e  costavano  quattro  milioni  di 
sesterzi.  Il  pavimento  rappresentava  in  musaico  ogni  maniera  d'avanzi  di  pasto,  come 
se  naturalmente  vi  fossero  caduti,  di  modo  che  a  prima  vista  sembrava  non  essere 
stato  scopato  dopo  l'antecedente  banchetto:  nomavasi  per  ciò  asarotos  (scus ,  sala 
non  scopata.  In  fondo  della  sala  esposti  pomposamente  vasi  di  metallo  di  Corinto. 

Questo  triclinio,  il  maggiore  dei  quattro  che  Scauro  ha  nel  suo  palazzo,  potrebbe  conte- 
nere sessanta  letti,  ma  di  rado  aduna  sì  gran  numero  di  convitati  ;  e  allorché  dà 
pranzare  a  cinque  o  seicento  persone,  le  riceve  nell'atrio.  Questa  sala  è  riserbata  per 
la  state;  altre  oeha  per  l'autunno,  per  l'inverno  e  per  la  primavera;  perchè  i  Romani 
traggono  ricercatezza  dalla  medesima  diversità  delle  stagioni.  11  servizio  è  regolato 
per  tal  modo  ,  che  ogni  triclinio  ha  gran  numiro  di  tavole  differenti,  ed  ogni  tavola 
ha  i  suoi  vasi,  i  suoi  piatti  e  serventi  particolari. 

Mentre  si  stava  attendendo  il  padrone  di  casa,  giovani  schiavi  entrarono  cantando,  e 
seminarono  sullo  spazzo  segatura  di  legno  tinta  di  zafferano  e  minio,  meschiata  ad 
una  polvere  lucente,  fatta  con  pietra  speculare.  Scauro  finalmente,  il  quale  erasi  un 
istante  trattenuto  nel  suo  appartamento  per  riposarsi,  come  suole  dopo  il  bagno, 
giunse  a  suono  di  flauti  «  Soglio  (disse)  invitare  gli  amici  miei  in  numero  pari  a  quello 
Canio.  Documenti.  —  Tomo  1,  Archeologia  e  Delle  Arti  24 


370  ARCHEOLOGIA    E    BELLE    ARTI 

«  delle  Grazie  o  delle  Muse  ;  ma  oggi  per  festeggiare  il  felice  arrivo  di  questi  amabili 
«  stranieri,  riunii  persone  quante  più  potei.  Adagiamoci ,  e  diamo  campo  alla  gioja, 
«  senza  contare  né  il  numero  dei  convitati,  né  la  rapidità  delle  ore  ».  Così  dicendo 
si  stese  sopra  un  letto  di  mezzo,  dandomi  presso  di  lui  il  posto  d'onore,  ch'era 
all'estremità  dello  stesso  letto.  Stavano  a' nostri  piedi  alcuni  giovani  schiavi  pronti 
ad  ogni  cenno.  Come  straniero,  io  non  avea  salvietta  con  me;  quella  portami  era 
tessuta',  del  pari  che  le  tovaglie,  di  lino  incombustibile,  che  s'imbianca  gettandolo 
sul  fuoco.  Tostochè  ognuno  fu  assiso,  presentaronsi  ai  convitati  corone  di  fiori  arte- 
fatti ;  coloro  che  le  distribuivano  cantavano  al  suono  della  lira  :  le  collane  e  le  corone 
di  fiori  usate  nei  banchetti,  servivano  a  prevenire  l'ebrietà,  spegnendo  i  vapori  del 
vino. 

La  minuta  descrizione  di  tutto  ciò  che  ci  fu  imbandito,  ti  sembrerebbe  favolosa,  tanta 
era  la  moltiplicità  e  la  varietà  delle  squisite  vivande,  di  cui  la  tavola  fu  a  varie  riprese 
coperta.  Dirò  solo  di  alcune  che  più  mi  hanno  stordito  ,  e  da  cui  si  giudicherà  del 
lusso  delle  tavole  romane.  Dapprima  si  offersero  successivamente  ai  convitati  ova  di 
struzzo,  empite  di  torli  d'ovo  di  pavone,  ascondenti  un  beccafico,  come  se  fosse  un 
feto  già  formato;  ventri  di  troja,  prosciutti  di  Spagna,  lepri  stranamente  ornate  d'ali, 
di  modo  che  rappresentavano  animali  straordinarj;  pavoni  che  sciorinavano  le  ricche 
piume,  cercate  oltre  il  Fasi,  in  contrade  nelle  quali  fin  allora  era  vietato  l'accesso  dal 
terrore  che  ispira  tutto  ciò  che  sj  raccouta  de'  lontani  paesi;  alcune  gru,  cibo  dete- 
stabile, ma  che  s'imbandisce  con  ostentazione,  atteso  la  difficoltà  di  procurarsi  questi 
uccelli  viaggiatori  in  tale  stagioae;  poi  volatili  e  pesci  di  carne  di  verro,  sì  bene  imi- 
tati che  la  vista  ne  restava  ingannata.  Alla  seconda  messa  ci  fu  porto  un  enorme 
cignale  intero;  non  rinchiudeva  guerrieri  a  guisa  del  cavallo  di  Troja,  ma  tordi  vi- 
venti, che  se  ne  volavano  appena  sparato  l'animale.  V'ebbe  un  piatto  enorme  fatto  di 
sole  lingue  d'uccelli.  Assaggiai  in  appresso  fegati  d'oche  ingrassate;  quelli  di  mustela, 
che  vanno  pescare  sin  nel  lago  di  Costanza;  scari  presi  sulle  coste  dell'Asia  Minore,  e 
de' quali  non  si  mangiano  che  le  interiora;  enormi  murene,  per  le  quali  hanno  i 
Romani  passione  particolare.  L'ultimo  piatto  di  cui  venni  onorato,  conteneva  tre 
barbi ,  i  quali  pesavano  appena  due  libbre  l'uno,  ed  erano  costati  tremila  sesterzj  ! 
Qualche  pesce  di  predilezione  a  Roma  vendeasi  più  d'un  bel  toro  da  sacrifizio. 

Uno  schiavo,  stando  di  fronte  a  Scauro,  nello  spazio  lasciato  vuoto  pel  servizio,  trinciava 
con  destrezza.  Molti  servi  egiziani  portavano  intorno  pani  sopra  piatti  d'argento,  or- 
nati e  cesellati  con  maestria.  Giovani  coppieri,  il  fiore  de^li  schiavi  d'Asia,  versavano 
a  vicenda  e  in  abbondanza  diversi  vini  da  vasi  di  cristallo,  profumati,  rinfrescati  o 
temperati  colla  neve;  sopra  le  bottiglie  leggevansi  scritti  l'anno  e  il  nome  del  paese 
in  cui  i  vini  maturarono.  «  Schiavi,  versate  fdiceva  Scauro)  in  onore  della  nuova  luna, 
«  in  onore  di  questi  stranieri!...  Chi  di  noi  si  è  dedicato  alle  Muse  ,  vuoti  la  tazza 
««  nove  volte;  io  vuoto  la  mia  in  onore  delle  Grazie...  Amici,  bevete;  questo  è  Falerno 
«  raccolto  al  tempo  che  Opimio  era  console:  nissuno  di  noi  vecchi  ha  veduto  quel 
«  consolato:  l'età  dell'uomo  non  può  agguagliarsi  alla  durata  del  succo  volatile  della 
«  vite!  Deh  ,  almeno  la  nostra  amicizia  rassomigli  a  questo  generoso  liquore;  ed  in- 
«  vecchiando,  ogni  anno  ci  riesca  più  dolce  e  più  cara!  »  Noi  rispondemmo  ad  un 
voto  tanto  gentile  col  vuotare  le  nostre  tazze,  fra  le  quali  la  mia  era  d'oro  con  pietre 
preziose;  quella  di  Scauro  era  di  maggior  valore,  fatta  di  murrina y  materia  scono- 
sciuta a  coloro  stessi  che  se  ne  servono,  siccome  i  paesi  donde  fu  trasportata.  I  con- 
vitati del  terzo  letto  e  le  ombre  beveano  in  vetro. 

Di  tratto  in  tratto  Scauro  si  alzava  per  cangiar  di  vesti  ;  ed  obbligava  me  pure  a  fare  lo 
stesso,  dacché  la  traspirazione  cominciava  a  comunicarci  un  leggiero  umidore,  ca- 
gionato dalla  quantità  di  persone,  dalle  lampade,  dai  cibi.  Per  rattemprare  in  qualche 
modo  la  penad'un'atmosfera  così  calda,  due  giovani  seduti  fra'  nostri  piedi  andavano 
agitando  sopra  di  noi  ventagli  di  piume  di  pavone. 

Io  stava  maravigliato  di  tanto  lusso  e  di  tante  voluttuose  ricercatezze  ,  quando  ad  un 
tratto  s'aperse  la  soffitta  con  uno  scricchiolare  fortissimo.  Io  voleva  fuggire,  ma  venni 
trattenuto,  e  rimasi  confuso  por  quel  mio  spavento,  vedendo  discendere  un  nuovo 
portato,  che  sorpassava  ì;1ì  altri  in  profusione  e  s(|uisilezza.  Appena  fu  sopra  la  tavola, 
uu  ballerino  si  mise  a  saltare  su  d'una  corda  tesa  sopra  lo  nostre  teste  ;  e  non  saprei 


PASTI  371 

dirti  se  fosse  uguale  il  mio  piacere  allo  spavento ,  vedendo  quei  moti  pericolosi , 
che  facevan  temere  ad  ogni  momento  della  sua  vita.  Negli  intermezzi ,  la  conversa- 
zione era  vivacemente  gradevole.  Alcuni  giovani  all'estremità  del  secondo  e  del  terzo 
letto  si  divertivano  a  lanciare  granelli  sulla  soffitta,  e  coloro  che  toccavano  nel  segno 
rìceveano  grandi  applausi. 

Poco  dopo  furono  introdotte  tre  belle  schiave  di  Cadice,  vestite  di  corte  tuniche  di  stoffa 
bianca  e  leggera,  che  cantarono  alla  lira,  poscia  eseguirono  danze  lascive.  Vi  sotten- 
trarono giovani  armati,  cui  dassi  il  nome  d'Omeristi  o  cantori  d'Omero,  che  ci  rac- 
contarono quanto  fosse  dolorosa  e  funesta  a'  Greci  la  collera  d'Achille,  lo  pieno  di 
meraviglia  andava  dicendo  ingenuamente  a  Crisippo  quanto  mi  riuscissero  piacevoli 
e  nuovi  quei  divertimenti.  «  Vogliano  gli  Dei  ("mi  rispose  egli)  che  Scauro  si  contenti 
«  di  questi  innocenti  sollazzi,  e  che  non  brutti  di  sangue  il  festino  con  qualche 
«  combattimento  di  gladiatori,  per  li  quali  ha  una  passione  feroce.  Usasi  in  Roma 
«  mescolare  parecchie  volte  l'orror  della  carnificina  al  piacere  degli  stravizzi;  e  ciò 
«  non  deve  recarti  meraviglia,  giacché  hai  dovuto  vedere,  dacché  vivi  coi  Romani , 
«  quanto  l'abitudine  della  voluttà,  nel  medesimo  tempo  che  deturpa  lo  spirito,  indu- 
«  risca  il  cuore  e  lo  porti  alla  crudeltà  ».  Per  buona  ventura  Scauro  non  ci  diede 
quest'orribile  spettacolo:  vennero  invece  mimi,  i  quali  girando  intorno  alla  tavola, 
con  mille  scede  sconcie  ricrearono  i  convitati. 

Ma  ad  un  cenno  del  padrone  furono  riempiute  d'olio  le  lampade-,  e  i  tricliniarchi  spar- 
sero di  nuovo  in  grande  abbondanza  di  quell'arena  colorata  ,  di  cui  erasi  ricoperto 
lo  spazzo  fino  al  principio  del  banchetto;  poscia  una  musica  armoniosa  diede  il  segno. 
Allora  parecchie  gladiatrici  (palcestritoe),  leggermente  vestite,  entraronno  due  a  due, 
cantando  insieme,  quindi  spogliandosi  delle  tuniche,  ed  ungendosi  d'olio  alla  ma- 
niera degli  atleti,  si  misero  a  lottare  fra  sé.  Un  tale  spettacolo  maravigliò  tutti  ;  ed  io 
confesso,  che  se  prima  mi  fece  abbassar  gli  occhi  di  vergogna,  sentii  ben  presto  un 
che  di  allettante  da  cui  non  potevo  difendermi. 

Tali  intermezzi  non  impedivano  agli  schiavi  di  riempire  ad  ogni  istante  le  nostre  tazze; 
e  di  già  l'allegria  de'  convitati  cominciava  a  diventare  rumorosa.  «  Osserva  (mi  disse 
«  Crisippo)  colui  che  tracanna  a  gran  sorsi  il  vino  versatogli,  siccome  Cariddi  ingoja 
«  i  flutti  del  mare:  questo  forsennato  bevitore  chiamasi  Tiberio,  e  per  ischerzo  lo 
«  dicono  Biberio.  Tu  non  indovineresti  quale  spaventevole  artifizio  adoperi  per  ecci- 
«  tarsi  a  bere;  fa  uso  di  veleno.  Prima  di  porsi  a  tavola  prende  alquanta  cicuta,  onde 
«  il  timor  di  morire  lo  obblighi  a  bere  smisuratamente,  essendo  il  vino  il  più  possente 
«  antidoto  contro  questo  succo  velenoso.  Non  ti  pare  che  sia  spingere  l'ubriachezza 
«  fino  all'eroismo?  Vedi  là  in  fondo  il  figlio  di  Cicerone,  così  poco  degno  d'un  tanto 
«  padre?  la  sua  tazza  capisce  due  congi  •.  ebbene,  egli  la  tracanna  alcune  volte  in  un 
«  fiato  !  Quelli  che  alzansi  di  tempo  in  tempo,  sono  bevitori  di  corta  lena ,  che  vio- 
«  lano  le  leggi  di  Bacco ,  poiché  è  regola  di  non  lasciar  la  tavola  ;  ma  appo  Scauro 
«  godesi  di  tutta  la  libertà,  e  contiguo  a  questa  sala  è  un  luogo  ,  dove  stanno  pre- 
<•  parati  vasi  ripieni  d'acqua  fresca,  bacini  ed  altri  utensili,  e  questi  meschini  seguaci 
«  di  Bacco  vi  si  ritirano  barcollando  a  liberarsi  dal  dio  che  gli  opprime.  Vomitato, 
«  simili  al  serpente  caduto  in  una  botte,  il  quale  beve  e  vomita,  ritornano  a  bere 
«  per  ritornare  a  vomitare.  Queste  spugne  viventi  chiamano  tale  stravizzo  profittare 
«  del  tempo  e  goder  della  vita  ». 

Intanto  Scauro  si  fece  portare  un  vaso  da  tre  congi,  lo  riempì  d'un  vino  dolce,  profu- 
mato di  nardo,  e  che  avea  fatto  navigare  per  renderlo  migliore;  prese  quindi  una 
corona  di  rose  naturali ,  che  sormontava  l'enorme  cratere  ,  e  sfogliandola  nel  vaso, 
gridò:  (-  Beviamo  le  corone  ».  Poi  avvicinò  le  labbra  all'orlo  del  vaso,  e  lo  fece  pas- 
sar in  giro  di  mano  in  mano  fra  i  convitati  ;  lo  che  dicesi  a  Roma  la  tazza  della 
amicizia. 

11  canto  acuto  d'un  gallo  del  vicinato  annunziò  l'approssimarsi  dell'aurora,  e  fu  pure 
il  segno  di  ritirarci.  Salutato  Scauro,  dicendogli  «  Ti  siano  propizj  gli  Dei  »  ciascuno 
partì  al  lume  delle  fiaccole.  Gli  schiavi  chiusero  a  noi  dietro  la  porta  dell'atrio.  — 

Fa  riscontro  a  questa  la  cena  di  Trimalcione,  descritta  da  Petronio  Arbitro  nel  Sadjrkon 
di  cui  porgemmo  un  estratto  a  pag.  121  e  segg. 


372  ARCHEOLOGJA    E   BELLE    ARTI 


§  275.   —  Strumenti  musicali. 

Gli  storici  della  musica  vollero  darcene  le  vicende  fin  prima  del  diluvio  :  certo 
essa  trovasi  alla  cuna  d'ogni  civiltà,  e  le  nazioni  piìi  selvagge  e  cantano  e  lian  qualche 
strumento.  I  più  soliti  sono  uu  tamburo  e  uno  zufolo  di  canoa.  La  sacra  scrittura  no- 
mina, fra  la  posterità  di  Caino,  Jubal  padre  di  tutti  quelli  che  suonano  l'arpa  e  l'or- 
gano (Gen.  IV.  21),  Gli  Egiziani  faceano  Ermete  Trismegisto  inventore  della  lira,  com- 
posta d'una  scaglia  di  tartaruga,  con  corde  di  nervi  d'animali  tese  sulla  cavità.  Essi 
ebbero  pure  il  flauto  dritto  e  il  curvo  a  forma  di  corno,  e  l'arpa  triangolare  e  il  psal- 
terio  e  il  sistro,  fatto  di  lamine  metalliche,  che  scosse  sonavano.  Fra  le  antichità  egizie 
a  Berlino  vedesi  una  lira,  la  cui  base  è  un  pezzo  di  legno  largo  S  e  lungo  7  pollici,  sovra 
cui  è  assicurata  una  cassa  sonora,  alta  2  pollici;  e  nel  disopra  di  questa  due  file  di 
buchi,  sette  nell'una,  sei  nell'altra:  le  corde  attaccate  in  questi  erano  tese  dalla  parte 
superiore,,  formata  di  tre  pezzi  di  legno;  due  di  grandezza  ineguale  son  fissi  sopra  i 
lati,  e  terminano  in  un  ornamento  a  testa  di  cavallo.  D'altri  strumenti  si  trovarono  di- 
segni nelle  tombe,  come  una  specie  di  mandòla  a  manico  lunghissimo,  castagnette, 
una  tiorba,  ed  altri  a  percussione,  a  corde  e  a  vento.  Ad  un'arpa  egizia  di  legno,  che 
conservasi  nel  museo  Parigino,  erano  attaccate  ancora  le  corde,  fatte  d'intestini,  proba- 
bilmente di  camello.  La  lira  antica  a  cinque  corde  rette  fu  conservata  dai  Barabra,  po- 
poli di  là  dalla  prima  cataratta  del  Nilo. 

FÉTis,  /abrégé  historique  philosophique  de  la  musique. 

ViLLOTEAU,  Sur  le$  diverte»  espéccs  dHnstrumenls  de  muiique^qu'on  retnarque  panni  les  $culpture 
qui  décorenl  les  anliques  munuments  de  VÈgypte. 

Un  organo  idraulico,  secondo  Ateneo,  inventato  da  Ctesibio  d'Alessandria  sotto  Tolo- 
meo JI  Evergete,  sonava  per  inspirazione  di  acqua.  Un  somigliante  ne  descrive  Vitru- 
vio,  ma  colla  confusione  che  troppo  spesso  in  lui  si  deplora.  D'una  medaglia  di  Valen- 
tiniano  il  rovescio  presenta  un  organo  idraulico,  con  due  uomini,  uno  dei  quali  pare 
mover  i  mantici,  per  ottenere  il  suono,  l'altro  ascoltare:  ha  otto  canne,  ma  né  tastiera 
né  sonatore  ;  onde  probabilmente  era  un  meccanismo  anziché  un  organo. 

Fra  gli  Ebrei  troviamo  il  tamburo  di  basco,  la  tromba,  la  citara,  in  prima  di  tre,  poi 
di  otto,  nove,  e  fin  ventiquattro  corde;  organo  chiamavasi  il  flauto.  A  Roma  sull'arco 
di  Tito  vedesi  la  forma  delle  sacre  trombe  degli  Ebrei.  Pare  che  la  più  antica  musica  ebraica 
si  riducesse  a  recitativo,  sinché  non  fu  perfezionata  da  David.  Quattromila  Leviti  dovea- 
no,  coi  canti  e  gli  strumenti,  celebrar  le  glorie  di  Dio;  quarantotto  principali  regola- 
vano gli  altri.  Probabilmente  la  musica  era  di  genere  diatonico,  e  non  avevano  note  mu- 
sicali, ma  i  suoni  tramandavansi  per  tradizione.  I  rabbini,  che  annoverano  fin  a  trentasei 
strumenti  conosciuti  al  tempo  di  Salomone',  pretendono  possedere  certe  note,  che 
esprimono  il  modo  con  cui  la  Bibbia  era  declamata  da  Mosè  ;  ciascuna  di  esse  vale  tre, 
quattro,  cinque  e  più  note  moderne,  formando  frasi  di  lunghezza  varia,  somiglianti 
alle  nostre  fioriture.  I  nomi  originali  degli  stromenti  furono  tradotti  solo  per  similitu- 
dine ;  ma  n'aveano  da  corda,  da  fiato  e  da  percossa. 

I  Greci,  secondo  il  loro  costume,  nominano  gli  autori  de'  varj  stromenti  e  dei  modi 
della  lor  musica;  enti  simbolici  la  più  parte.  Armonia  inventò  il  flauto  semplice  che 
altri  attribuiscono  a  Minerva;  il  numero  dei  buchi  era  scarso,  né  conosceano  le  chiavi; 
onde  bisognava  avesser  flauti  diversi  pei  diversi  modi  o  toni.  1  Tritoni  inventarono  le 
trombe  fatte  di  conchiglie.  Si  ebber  flauti  di  gambi  di  frumento  (avena)  ;  altri  di  ossi 
{Ulna).  Al  flauto  talora  attaccavasi  in  fondo  un  corno,  onde  prendea  la  forma  de'  nostri 
clarinetti,  e  quest'era  il  distintivo  del  flauto  frigio.  Pan  inventò  la  zampogna  di  sette 
canne,  difl'erenti  di  lunghezza  e  di  calibro;  Mercurio  la  lira,  fatta  col  guscio  d'una  tar- 
taruga, che  Apollo  seppe  pel  primo  sonare;  Marsia,  emulo  di  lui,  inventò  la  lira  doppia 
e  i  principj  della  musica;  e  Olimpio  Frigio  suo  scolaro  insegnò  a  toccar  le  corde,  non 
più  colle  dita,  ma  col  plettro,  e  trovò  il  genere  enarmonico.  Le  Muse  aggiunsero  alla 
lira  la  corda  mesa,  cioè  il  la,  mentre  prima  non  aveaao  che  m«,  fa,  sol;  Orfeo  vi 


SrnUMTNTl    MUSICAI. I 


373 


aggiunse  il  sì  e  do,  e  Lino  il  re;  onde  restò  compito  l'eptacordo.  Timoteo  v'aggiunse 
poi  tre  altre  corde. 

In  Omero  la  musica  partecipa  alle  pubbliche  solennità  calle  solennità  e  alle  domesti- 
che; ne'  giuochi  pubblici  gareggiavasi  di  suoni  con  tanto  ardore,  che  più  d'una  volta 
i  gareggianti  scoppiarono.  I  cori  cantavano  le  odi  e  le  parti  liriche  delle  tragedie,  divise 
per  ciò  in  strofe,  antistrofe,  ed  epodo,  eseguiti  da  giovinetti,  da  uomini,  o  da  vecchi, 
secondo  il  soggetto  che  rappresenlavasi. 

Dopo  il  flauto,  lo  strumento  più  importante  era  la  lira,  di  cui  varie  guise  si  rammen- 
tano. Delle  lire  che  qui  sotto  presentiamo,  le  due  prime  sono  di  forma  greca,  le 
due  altre,  di  romana;  e  nei  monumenti  se  ne  trovano  con  tre,  e  fin  con  venti  corde. 
Particolare  è  quella  che  fauno  inventata  da  Pitagora,  somigliante  al  tripode  di  Delo; 
i  tre  piedi  sostenevano  un  vaso  sonoro,  e  le  corde  erano  poste  tra  i  piedi  ;  onde  in 
realtà  erano  tre  stromenti,  che  s'accordavano  secondo  i  modi  dorico,  lidio,  frigio. 


L'archetto  non  conosceano,  onde  mancavano  del  violino,  re  della  nostra  musica  istru- 
tnentale.  Ben  aveano  i  corrispondenti  de'  nostri  clarinetti,  del  flauto  traverso ,  del 
corno  da  caccia,  dell'oboe,  del  corno  bassetto,  del  fagotto.  Il  trombone  moderno  fu 
fatto  ad  imitazione  d'uno  trovato  sotto  le  ceneri  del  Vesuvio.  A  percussione  ebbero  i| 
timpano,  il  timpanulum,  il  cimbalo  che  consisteva  in  due  mezzi  globi  vuoti,  che  te- 
neansi  un  per  mano  e  percoteansi  a  misura. 

l  crotali  vedonsi  nella  5=*  figura  qui  sopra,  copiata  da  un  marmo  antico  (Spon, 
sez.  1,  art.  6,  f.  45).  Non  ebbero  il  tamburo  basso  lungo  delle  nostre  musicLe  militari, 
De  i  timballi,  introdotti  dai  Jurcbì. 


374  ARCHEOLOGIA    E    BELLE    ARTI 

Campanelli  trovansi  da  antichissimo,  e  i  qui  disegnati  si  vedono  nel  museo  di  Napoli. 

11  n°  1  è  un  disco  di  metallo  ,  dipinto  appeso 
ad  un  albero:  il  4  è  campanello  con  foro  circolare 
nel  centro  :  il  3  somiglia  a  quel  che  oggi  attac- 
chiamo al  collo  delle  bestie:  il  2  è  portato  da  un 
dio  Pan  in  un  vaso  hamiltoniano:  il  5  è  un  com- 
plesso di  campanelli  forse  per  le  lustrazioni ,  al 
quale  somiglia  il  6  che  trovasi  nel  museo  di  Mo- 
naco: il  7  è  un  frammento  d'antica  scoltura, 
con  sonagliera  al  pettorale  di  cavalli  da  tiro. 
All'addobbo  del  gran  sacerdote  ebreo  èrano  at- 
taccati sonagli,  quindici  secoli  av,  C.  ;  e  anche 
Plauto  accenna  i  campanelli  : 

ISumquam  (sdepol  temere  tinnii  tintinnabulum, 
Nisi  qais  illud  trattai  aut  ìiwvei;  mutum  est,  tacet. 

Campane  sappiamo  da  Plutarco  (Stjmpoft.  iv, 
quest.  5j  che  chiamavano  al  mercato  dei  pesci  5  e 
già  prima  Straboue  a  tal  proposito  raccontava 
una  novelletta,  applicabile  a  qualche  moderno. 
Dice  egli  dunque  {Geoyr.  xivj,  che  in  Jasso  di 
Caria  un  arpista  dava  prova  di  sua  abilità,  quando 
sonò  la  campanella  del  mercato  dei  pesci,  e  tutti  piantarono  là,  tranne  un  vecchio  sordo. 
A  questo  fece  i  suoi  ringraziamenti  il  sonatore,  lodandone  l'eccellente  gusto  in  fatto  di 
musica.  11  vecchio  non  comprese,  ma  vedendo  gli  altri  partire,  domandò  all'arpista  se 
mai  fosse  sonata  la  campana:  e  udito  del  sì,  andò  cogli  altri. 

Secondo  Plinio,  campane  stavano  sospese  al  mausoleo  di  Porsena,che  udivansi  molto 
lontano  quando  il  vento  soffiava  ;  In  summo  orbis  ceneus  est  et  petasm  unus,  ex  quo  pen- 
dent  excepta  catenis  tintinnabula,  quce  vento  agitata  longesonitus  re ferunt  (Hist,  nat., 
xxxvi.  13J.  Campane  indicavano  a  Roma  l'ora  del  bagno  {Redde  pilam,  sonat  oes  therma- 
rum..  Marziale,  Epigr.  xiv.  165}:  campane  secondo  Luciano  (c/e  Dea  syra)  usavano 
i  sacerdoti  di  Cibele  :  Augusto  fece  collocare  campanelli  attorno  alla  cupola  del  tempio 
di  Giove  Capitolino  (Svetonio  in  Augusto):  e  Porfirio  {De  abstin.  anim.  lib.  iv)  racconta 
che  certi  filosofi  dell'India  a  suon  di  campanello  si  congregavano  alle  preghiere  e  ai 
pasti. 

Erano  dunque  conosciute  le  campane  prima  che  Rufo  Festo  Avieno  le  chiamasse  nolce 
nel  lY  secolo,  e  altri  campance  nell'viii  ;  forse  da  fonderie  che  vi  fossero  nella  Campa- 
nia, nominata  per  eccellente  bronzo:  opinione  più  credibile  che  non  quella  di  fra  Ber- 
nardino da  Ferrara,  il  quale  lo  trae  da  un  tal  Campo,  abile  fonditore.  Gregorio  di  Tours, 
morto  nel  595,  nomina  le  campane  dicendo  di  Gregorio  vescovo  di  Langres;  Commoto 
signo,  sanctus  Dei,  sicut  reliqui,  ad  offlcium  dominicum  consurgebat  ;  e  di  Niceta  arcive- 
scovo di  Lione  :  Quod  presbijter  audienci,  jussit  signum  ad  viyiiias  commoveri  (De  vitis 
PP.  e.  7  e  8)  -,  e  nella  storia  di  Francia  (1.  in.  e.  15)  :  Dum  per  plateam  proeterirent,  si- 
gnum ad  matutinas  motum  est. 

Signum  in  tal  senso  si  trova  già  nelle  regole  di  san  Cesario  d'Arles,  di  sant'Aureliano, 
di  san  Benedetto,  il  quale  nella  sua  regola  vuole  che  il  segno  si  dia  dall'abbate  0  da  un 
monaco  vigilante.  Un  capitolare  di  Carlo  Magno  del  789  dice  che  cioccai  non  smit  ba- 
ptizandcB:  e  il  Baronio  assicura  che  papa  Giovanni  Xlli,  prima  di  collocare  una  grossa 
campana  al  Laterano,  la  benedisse  colle  cerimonie  consuete,  e  la  chiamò  Giovanni. 

Ciò  in  Occidente  :  in  Oriente  non  le  usarono  prima  dell'viii  secolo,  poiché  il  secondo 
concilio  di  Nicea  del  787  (art.  4)  riferisce  che  quando  il  corpo  di  sant'Anastasio  avvici- 
navasi  a  Cesarea,  gli  abitanti  uscirongli  incontro  in  processione  con  croci,  dopo  essersi 
raccolti  nella  chiesa  al  batter  de'  sacri  legni;  dove  Anastasio  Bibliotecario,  traducendolo 
in  latino,  avverte  che  Orientales  Ugna  prò  campams  percutiunt. 

Il  doge  di  Venezia  neU'SGS  mandò  le  prime  campane  all'imperatore  di  Costantinopol 
Michele  UI,  da  mettersi  a  Santa  Sofia  ;  altre  ne  furono  spedite,  ma  non  divennero  fre- 


MUSICA  cnrcA  37^ 

quenti;  ed  assicurasi  che  in  Oriente  non  ne  usavano  se  non  i  Maroniti  e  i  Calogeri  del 
monte  Atos:  in  quella  vece  adopravano  raganelle,  o  legni  battenti  su  qualche  altura. 
Presa  Costantinopoli,  i  Turchi  fusero  le  campane  in  cannoni,  e  nell'impero  musulmano 
non  si  potè  averle  che  per  raro  privilegio  ;  forse  per  tema  non  servissero  a  sommovcr  il 
popolo  sonando  a  stormo.  Pel  qual  fine  medesimo  Carlo  V,  domato  Gand,  fece  spezzar 
la  campana  detta  Orlando,  che  avea  servito  a  radunare  gli  ammutinali 5  e  cosi  fessa  la- 
sciò che  sonasse,  per  ricordare  a  que'  cittadini  il  castigo  sofferto. 

Sulle  campane  vedi  un  lungo  studio  negli  Annales  archéologiqueSj  novembre  •ISoG  e  «egg. 
Scu^PKENS,  Des  cloches  et  de  leur  usage.  Parigi  4838. 

L'organo,  sovrano  della  musica  sacra,  si  attribuisce  a  papa  Vitaliano  nel  657,  ma 
forse  sopra  l'inesatta  lettura  di  due  versi  d'un  poeta  mantovano.  Sull'origine  veradis- 
putossi  grandemente.  Ad  ogni  modo,  da  principio  fu  composto  d'un  solo  giuoco  di 
canne,  detto  regale,  senza  registro,  e  con  tasti  ampj  e  duri  a  segno  che  vi  bisognavano 
i  pugni  0  il  gomito.  Non  potendosi  in  conseguenza  sonare  più  note  alla  volta,  s'imma- 
ginò di  riunir  il  suono  di  più  canne,  accordate  alla  quinta  ed  all'ottava;  sicché  bat- 
tendo un  sol  tasto,  rispondeva  tutta  l'armonia  diafonica  e  tetrafonica  di  quella  nota, 
secondo  che,  invece  di  rigabello,  l'organo  (torsello)  era  di  due  o  tre  o  quattro  canne  per 
tasto  :  sempre  così  duri,  che  batteansi  con  mazze.  I  nimfali  eran  organetti  che  il  sona- 
tore portava  in  collo,  con  una  mano  mantecando,  coll'altra  sonando  la  tastiera,  che 
non  poteva  esser  estesa  oltre  la  quinta.  Dappoi  vi  si  aggiunsero  giuochi  accordati  alla 
terza,  oltre  la  quinta  e  l'ottava,  sicché  ogni  tasto  dell'organo  rendeva  un  accordo  com- 
piuto. Perfezionando  via  via,  il  duro  ell'etto  dell'armonia  diafonica  fu  cangiato  col  fab- 
bricare que'  giuochi  con  piccole  canne  di  suoni  acuti,  e  accompagnarli  di  molti  flauti 
accordati  all'ottava,  in  modo  che  lasciano  udire  quel  solo  clie|basta  per  recare  all'orec- 
chio una  sensazione  vaga  e  indefinibile,  ma  toccante  e  armoniosissima. 

Dagli  Arabi,  che  pure  son  fanciulli  nella  scienza  musicale,  e  non  conoscono  le  note 
né  l'armonia,  ci  vennero  molti  strumenti  nostri.  11  loro  eour  divenne  il  liuto,  che  si 
modificò  poi  nell'arciliuto,  nella  tiorba,  nella  mandòla:  il  kissar  diede  origine  alla  chi- 
tarra: i  taìibours  dil  mandolino  e  al  colascione. 


§  276.  —  Musica  greca. 

Attribuiscono  a  Pitagora  la  scoperta  delle  proporzioni  musicali,  cioè  la  teorica  della 
propagazione  dei  suoni,  e  il  modo  di  determinarne  la  gravità  mediante  la  maggiore  o 
minor  rapidità  di  vibrazione  delle  corde.  Ma  sulla  musica  greca  corrono  disparatissinie 
le  opinioni,  né  si  accordano  se  possedessero  l'armonia.  Secondo  alcuni,  in  prima  non 
ebbero  che  il  genere  enarmonico,  poi  il  diatonico  ch'è  il  più  semplice,  poi  il  cromatico, 
infine  l'armonico;  ma  le  consonanze  mal  poteano  conoscere,  non  avendo  contrappunto. 
Che  cosa  intendessero  per  armonia  lo  indica  Luciano,  dicendo:  Ogni  specie  d'armonia 
«  deve  serbare  il  suo  carattere  proprio;  la  frigia  l'entusiasmo,  la  lidia  il  tono  bacchico, 
«  la  dorica  la  gravità,  la  jonica  l'allegria  ». 

I  modi  antichi,  come  i  nostri,  aveano  per  base  la  differenza  di  posto  de'  semitoni  ;  ma 
non  conoscevansi  modi  se  non  quante  sono  le  varietà  delle  quinte  naturali,  in  rapporto 
al  suono  fondamentale.  Perciò  sono  sei  soli,  mancando  di  una  quinta  naturale  sul  si.  Le 
melodie  loro  non  poteano  oltrepassare  i  limiti  di  un'ottava;  laonde  i  sei  modi  adope- 
ravansi  in  due  maniere  differenti:  o  la  melodia  si  movea  fra  i  limiti  del  suono  fonda- 
mentale e  la  sua  ottava,  o  fra  i  limiti  della  dominante  e  la  sua  ottava;  nel  primo  caso 
diceasi  autentico,  nel  secondo  jilagale.  1  modi  autentici  erano  : 

1.  U  dorico  più  grande  e  animato,  in  cui  ambi  i  semitoni  si  trovano  fra  il  2°  e  il  3»,  e 
fra  il  6°  e  7°  grado  ;  come  nella  scala  re,  mi,  fa,  sol,  la,  si,  do,  re. 

2.  H  lidio  coi  semitoni  fra  il  4"  e  5",  e  fra  il  7"  e  8°  grado  ;  come  fa,  sol,  la,  si,  do, 
re,  mi,  fa  :  era  il  più  acuto. 

3.  Medio  fraì  due  era  il  frigio,  con  ambi  i  semitoni  fra  il  1°  e  2°,  il  5°  e  6°  grado; 


376 


ARCHEOLOGIA   E   BELLE   ARTI 


come  mi,  fa,  sol.  la,  si,  do,  re,  mi:  fu  il  primo  inventato.  In  questi  tre  modi  i  quattro 
suoni  formavano  un  tetracordo,  cioè  una  successione  di  quattro  corde,  accordate  al- 
l'unissono  di  quattro  note  di  ciascun  modo.  Più  tardi  furono  introdotti  i  seguenti  : 

4.  Il  missolidio,  coi  semitoni  fra  il  5°  e  4",  e  fra  il  6"  e  7°  grado;  come  sol,  la,  si, 
do,  re,  mi,  fa,  sol. 

5.  L'eolio  maestoso,  coi  semitoni  fra  il  2''  e  5",  e  fra  il  5°  e  6»  grado  ;  come  la,  si,  do, 
re,  mi,  fa,  sol,  la. 

6.  Il  ionico  austero,  aveva  i  semitoni  fra  il  5°  e  4",  e  fra  il  7'  e  8°  grado;  come  do, 
re,  mi,  fa,  sol,  la,  si,  do.  La  disposizione  dei  suoni  in  ciascun  modo  dava  un  carattere 
speciale  alle  melodie.  11  dorico  corrispondeva  alla  prima  parte  di  una  scala  minore  ;  di 
una  maggiore  il  lidio;  al  frigio  non  ha  corrispondente  la  musica  nostra,  eccetto  il  quarto 
tono  del  canto  fermo. 

I  modi  piagali  erano  Vipodorio,  Vipofrigio,  V ipolidio,  Vipomissolidio,  V ipoeolio,  Vi- 
pojonio. 

Nell'elenco  qui  soggiunto  son  notati  il  tono  principale  colla  cifra  i,  colla  cifra  5  e  8 
la  quinta  e  ottava  d'ogni  modo  autentico,  e  col  4  la  quarta  naturale  nel  modo  piagale. 


Doric 


Ipodo 


Frigio 


■^             '^ 

—£> — „ 

/}- 

-^1 G- 

O 

— ^9 

^r?=^ 

— t=r 

—1— 

•l|-f=^ 

Ipofrigio 


Lidio 


Ipolidi 


fK\ & *" -«-IV 

-^ s- 

"^ 

%^ -li--- 

JP — d — 5— 

H 

Missolidio 


Ipomissolidio 


-«- 


Eolio 


m 


S—O- 


m- 


TXr 


-^triir 


Ipoeoli 


Ionio 


Ipojonio 


eli 


1 


L'essersi  i  Greci  arrestati  ad  una  scala  tanto  angusta,  convince  che  consideravano  la 
musica  soltanto  come  un  modo  d'accentazione  della  poesia.  Più  tardi  impararono  a 
passare  da  un  modo  all'altro,  onde  l'accentazione  musicale  divenne  più  espressiva 
e  passionata.  Forse  gli  strumenti  non  si  faceano  sentire  che  di  tratto  in  tratto  fra 
la  melodiosa  declamazione  del  cantore,  e  per  dargli  il  ton"o  e  indicargli  la  mutazione 
d'accento. 

Dicesi  che  Terpandro  inventasse  il  notar  con  lettere  dell'alfabeto  i  suoni.  Alcuni  por- 
tano tali  segni  fin  a  seicentoventisei  ;  anzi  Burette  fino  a  mille  seicentoventi;  altri  li 
restringono  a  novanta;  di  cui  metà  servissero  alla  musica  vocale,  metà  all'istrumentale. 
Certo  era  complicatissima  la  notazione,  non  tanlo  pel  numero  dei  segni;  quanto  pei  di- 
versi significati  di  essi.  Cinque  altri  segni  aveano  per  esprimere  la  durata  del  ritmo;  e 
quattro  per  esprimere  il  silenzio. 

Quattro  saggi  di  musica  antica  si  conoscono:  tre  sono  inni  a  Calliope,  Apollo  e  Neme- 
si, trovati  fra  le  carte  del  celebre  Usher;  il  quarto  scoperto  dal  p.  Kirkcr,  sono  i  primi 
versi  della  prima  ode  di  Pindaro.  Furono  pubblicati  nelle  Storie  della  musica  di  Burette 
e  di  IJurney.  Ad  Ercolano  si  scoprì  un  trattato  della  musica  di  Filodenio,  ma  infine 
si  riduce  a  un  trattato  di  morale. 


MUSICA    ROMANA 


377 


Ci  resta  un  importante  trattato  della  musica  di  Aristide  Quintiano  (130  d.  C),  che  la 
definisce  arte  del  bello  nel  corpo  e  nemoviitienti,  e  la  distingue  così  : 


naturale 


j  generale 
aritmetica 


contemplativa  (teorica) 


Bttiva  (eruditivaj 


artifizìale 


usuale 


enunziativa^ 


armonicai 


ritmica 
metrica 

melopea 
ritmopea 
poesia 

organica 

odica 

ipocritica 


suoni 

intervalli 

sistemi 

generi 

tuoni 

mutazioni 

melopea 


Suprema  importanza  gli  antichi  legislatori  greci  attribuivano  alla  musica  ;  da  Solone 
e  Licurgo  è  considerata  come  parte  essenziale  dell'educazione  e  dell'istruzione  (Plu- 
tarco, De  musica);  i  Greci  la  credeano  necessarissima  allo  Stato,  e  sostegno  dello  spi- 
rito e  della  forza  nazionale. 

§  277.    —  Musica   romana. 

Ai  Romani  può  applicarsi  nella  più  parte  quel  che  dicemmo  de'  Greci.  I  tibicini  ave- 
vano grande  importanza  nei  riti;  onde  Ovidio: 

Temporibus  veterum  tibicinis  usus  avorum 
Magnus,  et  in  magno  semper  honore  fuit. 
Cantabat  fanis,  cantabat  tibia  ludis, 
Caotabat  moestis  tibia  funeribus. 

Ne'sacrifìzj  otteneano  lauta  parte;  e  quando  si  volle  privarli  del  privilegio  di  man- 
giare nel  tempio  (509  av.  C.) ,  ritiraronsi  a  Ti- 
voli, onde,  non  potendosi  sacrificare,  fu  mestieri 
richiamarli  con  ambascerie. 

Qui  esibiamo  una  sonatrice  di  tibia,  vestita  di 
chiridota^  tolta  da  un  vaso  etrusco: 

La  tuba  romana  (detta  da  tubus)  era  dritta,  e 
allargavasi  via  via  dall'imboccatura  fin  all'imbu- 
to, aperto  assai.  1  Greci  la  dicevano  oó.)niy^,  e 
ne  attribuivano  l'invenzione  a  Minerva:  se  non 
che  la  greca  era  fatta  di  osso  o  di  bronzo,  la  ro- 
mana sempre  di  rame.  Serviva  ai  combattimenti, 
ai  giuochi,  ai  sacrifizi,  ai  funerali.  Molte  se  ne  ve- 
dono in  monumenti  romani,  e  particolarmente 
sulla  colonna  Trajana,  e  in  un  dipinto  ercolane- 
se;  e  Grutero  e  Fabrelti  ci  conservarono  i  nomi 
di  molti  sonatori  di  tuba,  tolti  dalle  iscrizioni. 

La  tromba  tirrena,  importata  dall'Etruria,  avea 
qualche  diversità  che  non  ben  si  definisce. 

La  buccina,  chiamavasi  cosi  dalla  conchiglia  di 
cui  primamente  era  fatta;  mollo  grande  e  ricurva 
a  cerchio.  Vedesi  pure  sulla  colonna  Trajana.  Era  stromento  militare ,  massime  per  la 


=® 


378  ARCHEOLOGIA    E   BELLE  ARTI 

fanteria;  serviva  pei  trionfi  de' generali,  e  per  convocare  il  popolo  nei  tetnpj  antichi 
(Properzio,  iv.  i).  Talvolta  le  si  diede  il  nome  di  corno.  Buccina  cbiamavasi  pure  il 
corno  del  pastore  (Pastoris  buccina  lenti.  Properzio,  iv.  iO), 

Lituus,  dalla  somiglianza  col  bastone  ricurvo  de' sacerdoti,  era  detta  una  tromba 
piccola,  dritta  fin  alla  larghezza,  dov'era  poco  aperta  e  ricurva.  Fu  poi  usata  dalla  ca- 
valleria : 

Classicum  diceasi  la  tromba  di  guer- 
ra, che  teneasi  presso  la  tenda  del  ge- 
nerale, per  annunziare  gli  ordini  di 
questo.  Un  certo  numero  ne  stava  at- 
torno alle  aquile,  e  il  segnale  dato  da 
esse  ripeteasi  da  quelle  delle  coorti. 

Sinfonie  usavansi  ai  trionfi,  ai  ban- 
chetti, nelle  marcie;  accompagnavansi 
cogli  slromenti  le  odi  da  tavola  e  gli 
inni  di  guerra.  Gli  imperatori  impazzirono  pei  musicanti,  e  ben  cinquemila  ne  mante- 
neva Nerone,  ed  egli  stesso  girò  l'Impero  per  riscuotere  lodi  di  sonatore. 

Gli  inni  erano  teurgici,  cioè  relativi  ad  incantagioni,  d'origine  probabilmente  egizia; 
peani  e  ditirambici,  ad  onore  degli  Dei  ;  filosofici  od  allegorici,  come  quelli  che  canta- 
vansi  nei  banchetti  de'  Pitagorici. 

Dai  Greci  impararono  la  notazione  ;  ma  trovandola  sì  complicata,  alcuno  pensò  sem- 
plificarla, surrogandovi  le  quindici  lettere  dell'alfabeto  dall'A  allaR,  non  si  sa  il  quando, 
né  chi  :  solo  Boezio  ce  ne  informa. 


§   278.   —  Musica  cristiana. 

Dai  primordj  del  cristianesimo  s'introdusse  la  musica  nei  riti  ;  cantavasi  a  coro  {Epist. 
di  Plinio  a  Trajano)\  ed  è  probabile  l'opinione  del  p.  Martini  che  la  musica  nostra  ec- 
clesiastica derivi  da  quella  degli  Ebrei.  Paolo  di  Samosata  fu  condannato  per  avere  ai 
canti  ed  inni  di  David  sostituito  altri  in  propria  lode  ;  sant'Atanasio  biasima  i  Milesj  del 
cantarli  indecentemente,  e  con  gesti  e  battimani  e  campane.  Il  concilio  di  Laodicea 
del  566  determinò  che  nelle  chiese  non  cantassero  se  non  i  sacerdoti  e  i  coristi.  Sant'Am- 
brogio vescovo  di  Milano  introdusse  anche  in  Occidente  di  cantar  al  modo  orientale, 
cioè  alternativamente.  Non  si  sa  bene  in  che  consistesse  la  differenza  del  suo  canto; 
dovette  però  fondarsi  sulla  divisione  della  scala  per  tetracordi,  come  tutte  le  melodie 
dei  Greci;  e  conservò  i  quattro  modi  autentici  della  musica  delle  chiese  greche,  cioè  il 
dorico  0  tono  di  re,  il  frigio  [mi),  l'eolio  {fa),  il  missolidio  {sol),  che  dicevansi  anche 
protos,  deuieros,  tritos,  tetartos,  cioè  i  ii,  ni,  iv. 

Gregorio  Magno  diede  al  canto  ecclesiastico  la  forma  moderna,  conservando  i  quattro 
modi  autentici  di  sant'Ambrogio,  ma  dividendo  ciascuno  in  due  piagali,  le  cui  scale 
corrispondevano  alle  note  dei  primi,  ma  una  quarta  più  basso:  onde  si  ebbero  uni" 
tono  autentico  re;  2"  piagale  la;  3"  autentico  mi;  4"  piagale  si;  5"  autentico  fa;  6° 
piagale  do;  1°  autentico  sol;  8"  piagale  re.  La  scala  generale  contenuta  in  questi  otto 
toni  estende  vasi  dal  la  grave  fino  al  sol  della  seconda  ottava.  Sostituì  le  lettere  romane 
alla  complicata  notazione  greca,  talché  abcd  e  fg  rappresentavano  le  sette  prime  note 
gravi,  cominciando  da /a;  le  stesse  lettere  minuscole  indicavano  le  sette  note  seguenti  ; 
e  raddoppiate,  le  sette  acute. 

Quando  s'introdusse  l'organo,  il  canto  fermo  cominciò  ad  essere  disposto  per  le  voci 
nel  modo  che  fu  poi  detto  discantus;  in  seguito  s'estese  a  tre,  quattro  e  più  voci.  Ma 
essendo  molto  varj  e  disformi  i  metodi  di  notazione,  lunghissimo  tempo  richiedeasi  per 
imparare  il  canto  fermo,  sinché  non  s'adottò  il  metodo  di  cui  è  fatta  gloria  a  Guido 
d'Arezzo  (n.  verso  il  995).  Questo  monaco  della  Pomposa,  vedendo  mancar  il  mezzo 
agli  scolari  di  studiare  in  assenza  del  maestro,  poiché  non  v'era  strumento  con  cui  re- 
golar l'intonazione,  ridusse  a  tal  uso  il  monocordo,  dividendolo  con  ponticelli  mobili 
per  tutte  le  note  della  scala.  Trovato  cosi  il  suono  più  grave  di  un  canto,  per  non  perder 
tempo  a  ricercare  tutte  le  altre  note,  egli  consigliò  di  togliere  a  modello  una  melodia 


i 


TKATRl  379 

qualunque,  e  comparar  le  intonazioni  delle  note  di  essa  colle  note  simili  del  canto  die 
si  voleva  imparare.  A  tal  uopo  egli  usava  l'inno  in  lode  del  Battista  : 
Ut  queant  laxis  /{tsouare  (ihris 

Mira,  gestorum  Famuli  tuorum, 

Sol\e  polluti  Labii  reatum 

Sancte  Joannes, 
dove  l'intonazione  della  nota  s'alza  d'un  grado  su  ciascuna  delle  sillabe  che  scrivemmo 
in  corsivo.  Pertanto  quelle  sillabe  vennero  poi  adottate  a  segnar  le  note  della  scala. 
Altri  poco  dopo  sostituì  alla  divisione  greca  in  tetracordi  e  alla  gregoriana  in  ottave,  l'esa- 
cordo cioè  sei  note  \  metodo  impacciante,  che  pure  fu  seguito  da  tutta  Europa.  iMa  Guido,  o 
pili  veramente  alcun  suo  contemporaneo  o  di  poco  posteriore,  semplificò  la  notazione 
da  quindici  riducendo  a  sette  le  lettere;  e  invece  di  collocarle  a  differenti  altezze  l'una 
sopra  l'altra  per  indicare  l'abbassamento  e  l'elevazione  della  voce,  scriveva  esse  lettere 
al  principio  di  linea,  mettendo  un  punto  nei  righi  dove  conveniva  ripeterle.  Le  lettere 
poi  si  soppressero,  e  non  rimasero  che  i  punti.  Franco  di  Colonia  neHOuO  scriveva  un  trat- 
tato sulla  musica  figurata,  ossia  sui  suoni  misurati,  dove  le  note  appajono  figurate  a 
quadretti  o  a  rombi,  sui  righi  o  negli  spazj,  come  ancora  si  conserva  pel  canto  fermo. 
Eccone  un  saggio  : 


^ i— I-»— 


::^S=*|: 


Antiquce  musicoe  auclores  septetn.  Amsterdam  ^632.  Sono  Asislossene,  Eucli(l8,  Nicomaco,  Alipio,  Gau- 
denzio Bacchio,  Aristide  Quiutiliano,  e  Marciano  Capeila. 
Laborde,  Essai  sur  la  musique  ancienne  et  moderne.  Parigi  ^780. 
Blrnev,   History  of  Music. 
BoECK,   De  metris  Pindari. 

Driebebg,  Musikalische  Wissenichaflen  der  Griechen.  —  AufschlUsse  ùher  die  Uluiik  der  Grieehen, 
Hawkins,   Uislory  of  Music. 
BcsBV,  Diclionnary  of  Music. 

FÉTiS,   Curiosilés  hisloriques  de  la  musique.  Parigi  ^8oO. 
CoOKE  Stafford,  a  history  of  Music.  Edimburgo  1830. 
Gerbert,  De  cantu  et  musica  sacra.  Scriptores  ecclesiastici  de  musica  sacra. 
BuBETTE,  Dissertazioni  nei  Mémoires  de  VAcadémie  des  Inscriplions  et  Belles  Lettre». 

%  279.  —  I  teatri. 

Nel  teatro  distinguevansi:  l'orcfcesfra ,  destiiaata  alla  rappresentazione,  coll'altare  di 
Bacco  in  mezzo,  e  con  uscite  laterali;  la  srena,  composta  della  parte  rettangolare  opposta 
al  semicircolo,  colla  decorazione  solida,  elevata,  a  molti  piani  e  con  colonne,  muri 
intermedi  ^  cornice,  oltre  le  pareti  laterali  sporgenti  ;  il  posscenio,  o  parascenia,  dove  gli 
attori  si  ritiravano  ;  il  proscenio ,  dove  erano  sedie  accanto  o  sopra  la  scena ,  fra  le  ale , 
e  rialzate  sovra  un  palco  di  legno,  che  sporgeasi  anche  verso  l'orchestra  col  nome  di 
pulpito  ;  Yiposcenio,  ornamento  con  colonne  e  statue  rivolte  verso  gli  spettatori,  e  sotto 
al  palco. 

Nella  cavea  o  teatro  proprio  stavano  gli  spettatori,  ed  era  cinto  di  gradini  a  semicir- 
colo,  divisi  concentricamente  da  scale  ed  uscite,  l  sedili  erano  assegnati  secondo  le 
classi:  prima  gli  agonoteti,  giudici  della  tenzone,  coi  magistrati,  i  g^^nerali,  i  sacerdoti; 
dietro  loro  i  giovani,  poi  gli  altri  cittadini  e  il  vulgo.  Le  donne  non  vi  assistevano  in 
Atene;  a  Sparta  si.  Per  comodità  i  gradini  talvolta  son  leggermente  inclinati  in  dentro 
come  ad  Epidauro  ;  o  il  posto  ove  tener  i  piedi  è  più  profondato  che  dove  sedere,  come 
a  Taormina  e  Pompej.  A  Roma  non  usavasi  il  coro,  e  perciò  nell'orchestra  disponevansi 
le  sedie  pei  senatori,  le  vestali,  i  tribuni ,  gli  edili.  Al  disopra  de'  gradini  correva  un 
portico  che  serviva  ad  ampliar  il  teatro,  e  coronare  l'intero  edifizio,  ed  anche  per  l'a- 
custica. Altri  portici  erano  dietro  la  scena. 

1  teatri  non  avevano  tetto,  onde  non  sappiamo  come  vi  si  facessero  calare  le  divinità 
0  le  nuvole  o  altre  macchine.  Pare  si  rendessero  più  sonori  mediante  vasi  di  rame  o  di 
terra  (echea)  di  cui  Vitruvio  parla ,  in  forma  di  campana  ,  collocati  fra  le  graditraile  rtì 
nicchie  apposite. 


380 


ARCHEOLOGIA    E    BELLE   ARTI 


La  decorazione  ordinaria  era  solida,  e  attraverso  alle  porte  o  agli  intercolunnj  ve- 
deansi  le  decorazioni  mobili  adattale  alla  rappresentazione,  e  analoghe  a  quelle  disposte 
sul  proscenio.  Alcune  erano  messe  sovra  un  prisma,  che  girando  offriva  diverse  vedute, 
cioè  palazzi  per  le  rappresentazioni  tragiche,  case  per  le  comiche,  paesaggi  per  le  sa- 
tiriche. Mai  non  figuravasi  l'interno  d'una  casa,  ma  il  vestibolo.  Il  sipario  non  trovasi 
fra  i  Greci;  i  Romani  lo  chiamavano  aulceum  o  siparium;  e  non  alzavasi,  ma  si  abbas- 
sava. Nell'età  imperiale  un  altro  telone  era  teso  sovragli  spettatori  (In  Pompejano  tectus 
spectabo  theatro,  Nam  populo  ventum  vela  negare  solent.  Marziale). 

Poniamo  qui  a  confronto  un  teatro  greco  ed  uno  romano. 


Teatro  greco. 


Tealro  romano. 


Il  primo  gran  teatro  d'Atene  fu  fatto  nel  480  av.  G.  presso  al  tempio  di  Bacco,  scavato 
nel  flanco  dell'Acropoli  che  guarda  il  monte  Imetto.  Aveva  480  piedi  di  diametro|,  e 
bastava  a  trentamila  spettatori ,  se  si  credesse  a  Darlhàlemy  ;  ma  in  verità  non  pare 


é 


TEATRI  381 

capace  più  che  di  quattromila.  Una  linea  d'archi  di  cui  vedonsi  ancora  i  resti,  lo  univa 
al  teatro  di  Erode  Attico,  e  diiva  ricovero  al  popolo  in  coso  di  pioj.'{^ia. 

Pausania  dà  pel  niii.'lior  teatro  di  tutta  la  (Irecia  (|uel  di  Epidauro,  costrutto  sotto  la 
direzione  di  Policleto  per  ricreare  gl'invalidi  nel  tempio  d'Esciilapio.  L'emiciclo  dell'u- 
dienza consisteva  in  cinquantacincpie  gradini  o  gallerie,  separate  fra  loro  da  più  di  venti 
passaggi.  L'orchestra  ,  cli'è  il  nostro  palco  ,  larga  89  piedi ,  era  serbala  al  coro  ,  che 
danzava  attorno  ad  un  altare  del  centro  :  la  musica  eradi  strumenti  da  fiato,  e  massime 
tihie.  S'un  palco  in  fondo  all'orchestra  st.ivano  i  magistrati  e  gli  oratori  quando  nel 
teatro  si  tenessero  assemblee.  Dietro  v'era  la  scena,  non  dipinta  ma  reale. 

L'Odeon  era  destinato  specialmente  alla  musica,  onde  le  parti  erano  più  concentrate. 
Lo  copriva  un  tetto  circolare  a  forma  di  parasole,  e  dicesi  fatto  la  prima  volta  ad  imita- 
zione della  tenda  di  Serse,  anzi  colle  antenne  tolte  da  quella. 

Il  teatro  non  era  soltanto  destinato  agli  spettacoli ,  ma  vi  si  facevano  processioni  di 
carri  e  cavalli,  baccanali,  bandi  per  bocca  dell'araldo;  riviste,  per  esempio  degli  orfani 
i  cui  padri  erano  caduti  in  guerra ,  o  di  soldati  che  si  licenziavano  ;  ed  altre  popolari 
riunioni.  Qualche  volta  a  Koma  vi  erano  porlati  i  malfattori  per  subire  la  flagellazione 
(SvETONie  in  Augusto.  47). 

H.  Strae,  Die  altgriechische  Theatergebaude  nach  tàmmtlichen  bekannten  Veberreiten  dargettellt  auf 
9  Tafeln.  Potsdam  1843. 

Di  molti  teatri  greci  rimangono  vestigia,  sì  in  Grecia,  si  nella  Siria,  nell'Asia  Minore, 
in  .Sicilia  ;  di  molti  pure  in  Eiruria.  Texier  ne  scoprì  uno  intero  ad  Aspendo,  città  della 
Pamfilia,  colla  scena  adorna  di  due  ordini  di  colonne,  jonico  e  corintio;  l'ordine  infe- 
riore ne  ha  dodici  di  fronte  di  marmo;  cornicione  bellissimamente  scolpito;  nel  fregio, 
teste  di  vittime  inghirlandate;  fra  gli  intercolunnj,  nicchie  con  frontoni  ben  conservati. 
Dalla  sala  dei  mimi  si  va  sulla  scena  per  cinque  porte ,  aventi  le  bussole.  L'ordine  su- 
periore è  sostenuto  da  piedestalli  molto  bassi;  e  ogni  coppia  di  colonne  sorregge  un 
frontone.  Quel  di  mezzQ,è  ornato  nel  timpano  d'una  statua  femminile  nuda  e  graziosa- 
mente posata,  che  tiene  fogliami.  La  scena  era  coperta  d'un  tetto  di  legno  ,  piovente 
verso  il  recinto:  il  restante  muro  della  scena  era  a  pitture  e  intarsi  di  marmi.  Anche 
il  palco  era  di  legno,  e  stendevasi  fino  ai  due  vomitorj  laterali.  Da  due  gran  porte  di 
fianco  si  entra  in  gallerie  interne,  con  iscrizioni,  da  cui  si  ha  che  quest'edifizio  fu  co- 
struito per  legato  di  Aulo  Curzio  Crispino,  e  architettato  da  Zenone. 

Nelle  vaste  rovine  del  teatro  di  Perento  in  Etruria  sussistono  ancora  la  scena  e  l'am- 
bulacro, che  serviva  agli  attori  per  comunicare  da  una  all'altra  delle  porte  per  cui  usci- 
vano sulla  scena,  e  mutare  le  decorazioni. 

Del  teatro  di  Pompeo  a  Roma,  fatto  a  somiglianza  di  quel  di  Mitilene,  e  che  vorreb- 
bero capace  di  quarantamila  spettatori,  vedonsi  pochi  frammenti  presso  Campo  de'  fiori. 
iMontfaucon  ne  diede  il  piano,  conforme  a  una  tavola  iconografica  incisa  in  un  gran 
sasso  al  tempo  di  Settimio  Severo,  e  rappresentante  Roma  coi  nomi  de'  luoghi  (Ant.expl. 
t.  HI.  part.  II.  lib.  2,  tav.  14-2).  Quindici  ordini  salivano  dall'orchestra  alla  galleria  supe- 
riore ,  evi  si  vede  h  prcecinctio  che  separava  la  nobiltà  dal  popolo. 

Di  quel  di  Marcello  il  piano,  secondo  Serbo,  era  semicircolare,  e  il  diametro  inferiore 
al  livello  dell'orchestra  tirava  18i  piedi  romani  (metri  5,"i)  ;  e  quel  di  tutto  l'emiciclo  del 
recinto  esterno,  iìl  piedi  (124  metri).  Sussistono  tuttora  i  due  ordini  inferiori  dorico 
e  jonico,  un  sopra  l'altro. 

Il  teatro  d'Ercolano,  che  ancora  si  può  visitare  sotto  la  lava,  presenta  la  cavea  di 
sedici  gradini  di  travertino,  divisa  in  sei  parti  da  sette  scalette.  La  cavea  superiore  è  di 
tre  gradini,  cinta  da  un  muro  ornato  di  marmi  variati  e  con  un  ordine  di  statue  di 
bronzo.  L'orchestra,  lastricata  di  marmi  africani,  è  lunga  90  palmi,  cioè  un  terzo  più 
che  non  quella  del  teatro  di  San  Carlo.  Ai  due  lati  su  basi  quadrate  sorgeano  le  statue 
di  Appio  Claudio  Pulcro  e  di  .Marco  Nonio  Ralbo.  Nel  fondo  è  la  scena  con  dodici  co- 
lonne corintie  e  quattro  nicchie  per  statue.  In  due  larghe  sale  ai  fianchi  della  scena, 
con  pitture  e  decorazioni,  si  trattenevano  i  cori.  Dietro  il  posscenio  soa  portici  esterni 
di  trentaquattro  colonne.  Poteva  contenere  da  ottomila  spettatori. 

Il  teatro  romano  a  Pompej  avea  la  forma  d'un  D. 

D'uQ  teatro  di  marmo  furono  scoperte  le  rovine  a  Milo  nel  1820,  dóode  fu  sterrata  la 


382  ARCHEOLOGIA    E    BELLE    ARTI 

bellissima  Venere  del  F.ouvre;  d'uno  a  Lillebonne,  d'uno  ad  Arles,  d'uno  a  Tuscolo 
presso  quella  che  dicono  villa  di  Cicerone;  d'un  altro  a  Parma  ricchissimo  di  marmi , 
e  che  non  essendone  menzione  storica,  vorrebbe  farsi  rimontare  fino  a  Mummio  Acaico! 
Uno  si  trovò  testé  a  Verona,  uno  a  Vicenza,  uno  a  Fermo,  ossia  a  Falerone;  un  altro  a 
Brescia  ,  e  così  altrove.  Un  teatro  antico  fu  pure  scoperto  a  Petra  nell'Arabia,  scavato 
nel  pendio  d'una  montagna  ,  tutta  piena  di  sepolcri.  Tanto  poco  l'idea  della  morte  re- 
putavasi  funesta  dagli  antichi  ! 

§  280.  —  Rappresentazioni  sceniche. 

Le  rappresentazioni  teatrali  eraqo  sempre  mescolate  col  culto  degli  Dei ,  dal  quale 
trassero  origine.  Divideansi  in  tragedia,  commedia,  farsa  o  satira,  e  pantomima. 

Vuoisi  la  tragedia  derivata  dalle  feste  dionisiache  in  onore  di  Bacco,  e  nominata  dal 
capro  (Tpayoc)  che  in  esse  s'uccideva,  e  dal  canto  (oic^i^}  del  coro.  Nella  tragedia  si  usa- 
vano splendidi  colori  di  abiti,  mitre,  coturni.  Da  principio  non  parlava  che  un  attore; 
un  secondo  ne  aggiunse  Eschilo,  in  modo  che  l'azione  potè  rendersi  indipendente  dal 
coro  ;  sin  quattro  ne  comparvero  dappoi.  All'entrar  d'uno  in  scena,  dicevasene  il  nome 
e  il  personaggio. 

I  Romani  distinguevano  le  tragedie  paUiatce  cioè  con  abiti  e  di  soggetti  greci;  le 
togatcB  di  soggetto  romano;  le  prcetextatce  ove  s'introduceva  persone  di  grand'affare , 
vestite  colla  pretesta;  oltre  le  commedie  di  second'ordine,  tabernarioe,  mimi,  aiellance. 
La  commedia  nacque  da  rappresentazioni  campestri,  e  dicesi  perfezionata  da  Epi- 
carmo  di  Cos,  che  stava  in  Sicilia  nel  -480  av.  C.  Soggetto  ne  erano  parodie,  travestimenti, 
mitologia,  sinché  venute  in  città,  divennero  anche  politiche.  Molti  vasi  italioti  figurano 
scene  dove  Ercole  sostiene  personaggio  buffo:  ma  credo  ecceda  Guglielmo  Schlegel  col 
pretendere  che  sempre  gli  antichi  riproducessero  in  tali  pitture  le  rappresentazioni  che 
vedeano  sul  teatro.  Il  coro,  che  era  'di  ventiquattro  persone, 
faceva  danze  lubriche.  I  personaggi  sovente  si  voltavano  al 
pubblico,  0  per  esprimergli  i  proprj  sentimenti,  o  per  chie- 
derne l'applauso,  0  per  informarlo  di  ciò  che  era  accaduto 
prima  o  dentro  le  scene  (parabasisì  ;  e  questa  parte,  malgrado 
il  buon  gusto  d'Aristofane,  ritenne  sempre  dello  scurrile. 

Come  la  tragedia  pel  coturno,  così  la  commedia  era  distinta 
pel  socco,  specie  di  pantofole  che  gli  attori  portavano,  quali  ve- 
donsi  nella  figura  qui  accanto  : 

11  dramma,  in  cui  si  riproduce  un'azione,  e  che  domanda 
apparato  e  uditorio  ,  ha  importanza  pubblica  più  di  qualsiasi 
altro  genere  di  poesia.  Pertanto  gli  Stati  greci  ne  prendeano 
cura,  come  d'ogni  altra  assemblea  popolare:  né  quelli  esistevano 
senza  feste,  né  feste  si  davano  senza  cori  e  spettacoli.  A  spese 
pubbliche  faceansi  e  decoravansi  i  teatri,  né  mai  a  private, 
come  usò  a  Roma;  i  cittadini  erano  obbligati  a  contribuirvi 
a  misura  delle  ricchezze,  o  anche  a  volontà;  e  ai  poveri  davasi  il  denaro  per  assistervi, 
almeno  dopoché  nelle  repubbliche  s'introdusse  la  voluttà. 

Gli  autori  drammatici  qualche  volta  riceveano  un  prezzo  dagli  edili ,  ma  di  rado  e 
scarso;  e  ottomila  sesterzj  (II.  1637)  toccati  da  Terenzio  pel  suo  Eunuco  parve  tal  por- 
tento, che  fu  ripetuto  in  fronte  alle  copie. 

Istrioni  chiamarono  gli  attori  dalla  voce  etrusca  hister,  che  significava  attore  o  balle- 
rino, e  furono  introdotti  primamente  nel  561  av.  C.  per  esorare  gli  Dei  in  occasione  di 
una  moria.  Tito  Livio,  in  un  passo  notabilissimo  (lib.  vii.  2),  vuole  che  i  Romani  ab- 
biano desunto  i  giuochi  scenici,  come  tante  altre  cose,  dagli  Etruschi,  dicendo  che  nel 
390  di  Roma,  regnando  un'epidemia,  per  placare  la  collera  celeste,  inesorabile  alle 
consuete  superstizioni ,  s'introdussero  le  rappresentanze  teatrali,  fatte  da  commedianti 
etruschi  che  nella  costoro  lingua  dicevansi  istrioni,  i  (|uali  ballavano  graziosamente  a 
suon  di  flauto  e  gestendo  senza  parole:   i  garzoni  romani  gl'imitarouo,  aggiungendo 


é 


MASCHERE  '    383 

per  celia  versi  rozzi  ma  lepidi:  in  appresso  si  condussero  buoni  istrioni  che  ne  reci- 
tarono di  artifiziosi ,  beo  dissimili  dai  fescennini ,  e  atteggiarono  satire  ,  le  cui  parole 
convenivano  al  suono  del  flauto  e  al  movimento.  E  segue  a  narrare ,  che  F.ivio  Andro- 
nico ,  dopo  alquanti  anni ,  osò  far  meglio ,  e  comporre  drammi  con  unità  d'azione  ;  e 
che  avendo  perduto  la  voce  a  forza  di  recitarli ,  ottenne  (ponete  mente)  di  collocare 
davanti  all'attore  un  giovine  che  cantava  i  suoi  versi ,  mentr'esso  faceva  i  gesti ,  tanto 
più  espressivi,  quanto  non  era  distratto  dalla  cura  della  voce.  Di  qui  l'uso  degli  istrioni 
d'accompagnare  col  gesto  ciò  che  un  altro  canta,  non  parlando  essi  che  nel  dialogo. 

Ai  tempi  di  Cicerone  erano  lodatissimi  Esopo  e  Roscio  :  questo  riceveva  al  giorno 
mille  denari  ;  quello  lasciò  un  asse  di  ducentomila  sesterzj,  acquistato  coll'arte  sua.  Il 
pretore  avea  diritto  di  battere  gl'istrioni  ;  ristretto  poi  da  Augusto ,  sicché  si  ridusse 
all'imprigionamento.  Tiberio  una  volta  cacciò  tutti  gli  istrioni  d'Italia,  ma  furono  ri- 
chiamati e  protetti  dal  suo  successore.  Dalla  legge  consideravansi  come  infami. 

Le  Favole  atellanc,  specie  di  commedie  o  farse,  traevan  nome  da  Atella  negli  Osci  in 
Campania,  ed  erano  in  lingua  osca,  con  gesticolazione  e  accompagnamento  di  flauto  e 
di  canto.  Probabilmente  somigliavano  alle  commedie  a  soggetto,  ove,  data  una  tessitura, 
s'improvisava  sopra  soggetti  contemporanei,  come  nel  dramma  satirico  greco,  rappre- 
sentando la  vita  reale  e  col  linguaggio  popolare.  Donato  le  dice  notevoli  per  eleganza, 
non  di  linguaggio ,  ma  di  stile  e  carattere.  Ciò  veniva  dal  non  esser  recitate  da  istrioni 
venali,  ma  da  nobile  gioventij. 

Per  mimi  intendevansi  in  Grecia  danze  e  scene  staccate  :  ma  i  mimi  romani  erano 
azioni  drammatiche  ,  dove  un  solo  attore,  in  versi  grossolani,  improvisava  de'  mono- 
loghi accompagnati  di  gesti,  di  visacci,  di  sgambettamenti,  per  esporre  al  pubblico  riso 
un  personaggio ,  un  carattere,  una  professione.  Dappoi  Mecenate  introdusse  le  |panto- 
mime,  ove  tolta  la  parola  non  restava  che  il  gesto;  e  vi  furono  famosi  Batillo  e  Pilade. 

g  281 .  —  Maschere. 

Consta  dagli  scrittori,  che  si  usavano  que'  personaggi  generici,  che  noi  diciamo  ma- 
schere; tipi  d'un  buffone,  0  d'un  paese,  o  d'una  condizione.  11  Macco  somigliava  al 
nostro  Pulcinella,  e  se  n'è  trovato  anche  piìi  d'un  figurino,  col  naso  adunco  e  la  gobba. 
Ci  è  pur  nominato  un  altro,  vestito  a  ritagli  di  differenti  colori,  come  l'Arlecchino,  il 
quale  pretendesi  tragga  il  nome  di  Zanni  dal  Sannio,  e  che,  come  dice  Cicerone,  loto 
corpore  ridetur. 

Neofron  di  Sidone  inventò  il  pedagogo;  Maison  di  Megara,  il  cuoco.  Dal  colombario 
de'  liberti  d'Augusto  uscì  quest'iscrizione,  che  indicherebbe  la  maschera  del  Dottore: 

CjKSARIS  lvsob 

MVTVS     ANGVSTVS 

IMITATOR 

TI    .    CjESARIS    .    AVGVSTI    .    QVI 

PRIMVM    INVENIT    CAVSIDICOS    IMITAHI. 

Maschere  chiamiamo  noi  quelle  che  i  Latini  persona  o  larva,  e  i 
Greci  TT/ooTWTTov ,  faccie  più  grandi  del  vero,  che  non  si  applicavano 
solo  al  viso,  ma  abbracciavano  tutta  la  testa,  e  per  lo  più  avevano 
un  rialzo  in  punta  disopra  della  fronte  (oy/oi) ,  dal  quale  pendevano 
lunghe  trecccie  di  capelli.  Queste  a  fianco,  in  un  musaico  di  Pompej 
stanno  ai  piedi  d'un  corago,  e  probabilmente  sono  una  comica  e  le 
due  altre  tragiche:  perocché  variavano  esse  secondo  il  personaggio 
che  raffiguravano,  e  molte  ce  ne  tramandò  l'antichità. 

Polluce  fiv.  133)  enumera  venticinque  maschere  tipiche  della  tragedia;  cioè  sei  per 
vecchi,  sette  per  giovani ,  nove  per  donne,  tre  per  schiavi:  oltre  un'infinità  di  parti- 
colari ,  come  il  cieco  Tamiri ,  Argo  centocchi  ecc.  ecc.  Le  maschere  comiche  distingue 
in  vecchi,  schiavi,  donne  vecchie,  donne  giovani. 


584 


ARCHEOLOGIA.   E   BELLE   ARTI 


Le  qui  esposte,  destinate  a  drammi  satirici,  esistono  nel  museo  Britannico: 

e  quest'altre  (qui  sotto  effigiate) ,  nel  ma- 
noscritto antichissimo  di  Terenzio  sono 
anteposte  nWAndria  : 


Quando  l'attore  fosse  fischiato ,  obbligavasi  a  levar  la  maschera  ;  non  però  nelle 
Atellane. 

Fr.  Stievb,  Dis$er tatto  de  rei  scenicm  apud  Romanos  origine. 
FiCOBONi,  De    larvis  scenicit  et  figuri»  comicis  anliquce  Romoe.  Roma  -1736. 

KoiiHLER,  Masken^  ihr  Crsprung  und  neue  Auslegung  einiger  der  merkwilrdigsten  alten  Denkmàler . 
Pietroburgo  1833. 

§  282.  —  Strane  particolarità  del  teatro. 

Quel  che  l-uciano  e  Filostrato  ci  raccontano  intorno  al  teatro  ,  che  gli  attori  rial- 
zassero e  ingrossassero  la  persona;  che  ponessero  maschere  al  viso,  alcune  delle 
quali  da  un  lato  rideauo ,  dall'altro  piangeano ,  e  voltassero  al  pubblico  or  questa  or 
quella,  non  si  crederebbe,  se  passi  d'antichi  e  pitture  e  statue  non  ce  ne  facessero  fede. 
Pertanto  conviene  spogliarci  affatto  delle  abitudini  nostre  per  figurarci  quel  che  allora 
fosse  un  teatro.  L'abito  non  era  il  consueto  o  quel  che  noi  qualifichiamo  d'eroico  ;  ma 
Eschilo  n'aveva  introdotto  uno,  che  durò  fino  all'estinguersi  del  politeismo,  e  che  non 
variò  colle  mode,  perchè  atteneasi  alla  sua  origine  religiosa  e  sacerdotale.  Era  esso  una 
modificazione  del  vestimento  quasi  orientale,  consueto  nelle  feste,  nelle  processioni,  e 
probabilmente  ne'  misteri  dionisiaci.  Questa  stola  (a-co/ri)  lunga,  vergata  o  variata  a  di- 
versi colori  smunti,  talvolta  orlata  d'oro,  sempre  tagliala  dritta,  e  sostenuta  da  una 
cintura  larga,  scendea  fin  al  piede  dei  tragici,  onde  fu  detta  t unica  talarU  {x'-'^^'»  ito (?/), &>;,-)  : 
quella  per  le  donne,  cioè  pei  giovani  che  sostenevano  le  parti  femminee,  ancor  più  lunga, 
strisciava  sulla  scena  ,  e  perciò  chiamavasi  ffùoTc?  o  ouppta.  La  sirma  poi  a  Roma  fu 
adottata  anche  per  gli  uomini  che  appena  distinguevansi  dalle  donne,  come  succedeva 
nelle  feste  di  Bacco. 

Come  stabile  era  la  decorazione  secondo  la  natura  dell'azione,  avendosi  una  scena 
tragica,  una  comica,  una  satirica  (Vitkuvio,  v.  8),  che  ciascuna  offerivano  un  aspetto 
generale,  sottoposto  a  certe  condizioni  indeclinabili;  così  v'avea  tre  vestiri,  tragico, 
comico,  satirico,  oltre  un  orchestrico,  che  si  portava  non  sulla  scena,  ma  sull'orchestra. 

Per  esempio,  nel  tragico  tutto  tendeva  al  grandioso:  gli  attori  dovevano  esser  alti 
quattro  cubiti,  perchè  tutti  gli  eroi,  eccetto  Tideo,  avcano  ricevuto  dagli  Dei  statura  più 
che  umana.  A  tal  effetto  servivano  i  coturni.,  specie  di  stivaletti  usati  dai  cacciatori  di 
cervo  nell'isola  di  Creta,  poi  adottati  da' montanari  della  Laconia,  consistenti  in  un 
sandalo  allacciato  sovra  il  piede  con  coreggie  che  arrivavano  a  mezza  gamba  (vedi  la 
2' fig.  a  pag.  190).  Eschilo  gl'introdusse  pei  coristi,  giacché  convenivano  ad  ogni 
piede  *:  ma  in  quel  che  diede  agli  attori  posti  sulla  scena  ,  era  combinato  il  predetto 

{\)  Perciò  xoOópvot  cbiamaronsi  quei  che  uoi  diciamo  banderuola,  genti  che  cambiano  facilmente  ami- 
cizie e  opinioni. 


i 


PARTICOLARITÀ   DEL   TEATRO  385 

colla  triplice  o  quadrupla  suola  di  suj;hero,  propria  dei  Tirreni.   Molte  statue  e  basso- 
rilievi abbiamo  con  sifatia  calzatura.  In  alcuni  anche  si  trovano  veri  trampoli  (èu/Sàasi, 

Eschilo  introdusse  all'uopo  medesimo  la  pettinatura  e  le  maschere,  grandi  assai  più 
che  In  natura.  Ingrandito  da  pie  e  dal  capo,  sarebbe  parso  monco  l'attore  se  non  si 
fossero  e  allungate  le  sue  braccia  e  ingrossato  il  corpo  con  ventri  e  petti  e  mani  po- 
sticcie: così  imbottiti,  quanto  poco  doveano  somigliare  alle  statue  greche! 

Tale  disabbellimento,  e  la  stabilità  che  le  maschere  davano  alla  fisionomia,  togliendovi 
ogni  espressione,  vollero  spiegarsi  colla  necessità  d'esagerar  i  lineamenti  e  la  voce, 
proveniente  dall'auìpiezza  dei  teatri.  Ma  guardando  le  maschere  antiche  si  chiarisce  che 
avevano  bensì  la  bocca  formata  a  troiid)a,  vi  mancava  però  il  tubo,  mediante  il  (juale 
soltanto  può  la  voce  essere  ingagliardita.  Pare  dunque,  le  bocche  non  si  dilatassero  che 
per  togliere  la  diminuzion  della  voce,  che  vediam  prodotta  dalle  maschere  nostre.  Ag- 
giungete che  quella  grand'apertuia  non  si  trova  ali  \  bocca  de'  giovani  e  delle  donne, 
che  pur  aveano  l'eguale  bisogno  d'esseresentiti.  Chi  poi  visitò  i  resti  dei  teatri  antichi, 
per  esempio  a  Taormina,  Saguoto,  Epidauro ,  sa  che  la  voce  naturale  basta  per  farsi 
udire  pertutto.  Il  Journal  de  Paris,  20  novembre  1785,  riferisce  che  quell'anno  sul 
teatro  di  Sagunto  si  recitarono  quattro  commedie  spagnuole ,  avanti  a  piìi  di  quattro- 
mila spettatori;  e  che  i  più  lontani  sentivano  quanto  quelli  in  prima  fila. 

i\è  oggi  può  più  credersi  all'immensità  dei  teatri  antichi,  purché  si  distinguano  dagli 
anfiteatri  e  da'  circhi.  Facilmente  da  ogni  punto  si  poteano  dunque  e  udire  e  vedere  gli 
attori,  senza  bisogno  che  s'ingrossassero  ;  e  infatto  noi  si  faceva  nelle  commedie.  Laonde 
non  fu  spediente  d'ottica  o  d'acustica  che  suggerì  questi  mezzi,  ma  il  rito  di  conser- 
vare agli  eroi  le  apparenze  più  che  umane. 

Bensì  dal  detto  si  com|)renderà  che  i  teatri  antichi  non  aveano  a  fare  coi  nostri , 
recinti  chiusi,  ove  a  luce  artifiziale  si  siede  alcune  ore  ad  uno  spettacolo  tutto  d'illusione. 
Gli  antichi  teatri  erano  posti  in  situazioni  ridenti,  spesso  alla  vista  del  mare,  sempre 
del  cielo  ;  e  quando  l'attore  invocasse  gli  a.'^tri  o  la  natura,  fissava  gli  occhi  veramente 
in  quelli  ;  sovente  mirava  proprio  i  luoghi  a  cui  dirigeva  la  parola,  come  quando  Ajace 
morente  da  Atene  apostrofava  Salamina. 


Cantò,  Documenti.  —  Tomo  1,  Archeologia  e  Belle  Arti  25 


386  ARCHEOLOGIA   E   BELLE   ARTI 

CAPO  DECIMO 

LE   ARTI  CRISTIANE. 


§  §83.  —  Il  cristianesimo  dovette  mutare  essenzialmente  le  arti. 

la  tutte  queste  indagini  sulle  belle  arti  abbiani  potuto  vedere  insigni  raffinamenti 
nella  forma;  l'idea  però  corrompeasi  di  più  in  più,  conformemente  ad  un  culto  della 
materia,  che  avea  dimenticato  l'autore  di  essa,  e  lasciata  da  canto  quella  parte  spiri- 
tuale che  è  l'anima  del  cadavere.  L'umanità,  assunta  da  un  Dio,  veniva  redenta  dalla  sua 
bassezza;  cbiarivasi  la  fede,  si  stabiliva  la  speranza,  rianimavasi  la  carità;  un  alito  nuovo 
invadeva  la  società  tutta,  e  anche  le  belle  arti  ne  restavano  rigenerate.  Il  cristianesimo 
inciviliva  per  mezzo  del  culto;  col  culto  sollevava  all'arte  e  alla  poesia;  e  con  queste 
alla  fede  e  all'entusiasmo.  Non  più  a  blandir  le  passioni,  ma  a  correggerle  volgeansi  le 
arti;  non  a  idolatrare  la  materia,  ma  ad  elevare  lo  spirito;  non  accrescere  godimenti 
ai  fortunati,  ma  a  confortare  gl'infelici,  e  ad  innalzar  al  cielo  gli  sguardi  abbattuti  dalle 
soflerenze  o  abbagliati  dalle  passioni  o  vacillanti  nel  dubbio;  a  mostrare  quel  sublime 
eterno  che  celasi  sotto  l'apparente  disordine  o  sotto  il  fragile  bello;  ad  avviar  le  menti 
e  le  opere  verso  quell'altra  vita,  da  cui  soltanto  trae  spiegazione  e  merito  la  presente, 

§  284.  —  Scrittori  di  arti  cristiane. 

Questo  rigeneramento  delle  arti  belle,  come  quel  della  società,  cominciossi  nelle  ca- 
tacombe. Alfonso  Ciacconio,  dotto  domenicano  e  appassionato  indagatore  dei  monu- 
menti antichi,  fu  per  avventura  il  primo  che  allo  studio  delle  antichità  pagane  unisse 
quel  delle  cristiane,  e  levava  i  disegni  delle  pitture  e  scultore  sacre,  e  nominatamente 
fc  raccorrò  in  un  libro  le  pitture  del  cimitero  di  Priscilla,  scoperto  nel  L178  ;  soggiun- 
gendovi altri  sarcofagi  cristiani.  A  Filippo  Vinghio,  giovane  belga  studioso,  comunicò 
egli  il  frutto  di  sue  indagini  e  il  libro  suddetto;  e  il  Vinghio  continuò  l'opera,  ritraendo 
a  colori  e  con  maggior  esattezza  i  monumenti  cristiani,  e  pensava  dichiararli  per  iscritto, 
quando  mori  in  fresca  età.  L'esempio  suo  eccitò  Antonio  Rosio  romano  ad  esplorare 
sotto  l'aspetto  artistico  le  catacombe;  ma  le  fatiche  di  trentatre  anni  (1507-1600)  non 
condusse  a  fine,  e  furono  pubblicate  da  G.  Severano  nel  -1032  col  titolo  di  /lo/na  sot- 
terranea. Poco  v'aggiunse  questo,  e  poco  il  padre  Paolo  Arringhi,  che  la  tradusse  in 
latino  (1651-59).  La  parte  più  malagevole  dell'opera  del  Vinghio  pensò  compiere  Gio- 
vanni l'IIeureux  belga,  che  avea  grecizzato  il  suo  nome  in  Macario,  e  ricco  di  dottrina 
e  dell'amicizia  de' migliori  d'allora,  stese  gli  AqiogUpta:  ma  morì  nel  1(514  senza  averli 
pubblicati  ;  e  sebbene  fosser  conosciuti  dai  doti,  non  vennero  alla  luce  se  non  nel 
1856  a  Parigi,  con  note  e  supplementi  del  padre  Garucci.  Il  Fabretti,  essendo  custode 
delle  catacombe,  raccolse  molte  epigrafi,  che  formano  l'ottavo  libro  delle  sue  Inscri- 
■ptiones  antiqua}  (Roma  1702).  Marc'Antonio  Boldetti  succedutogli  die  fuori  Osserva- 
zioni sopra  i  cimiteri  dei  santi  martiri  e  degli  antichi  Cristiani  di  Roma  (1720),  frutto 
di  trent'anni  di  ricerche  su  que' sacri  ripostigli  e  sugli  oggetti  cavatine;  ma  più  che 
all'archeologia,  intese  a  dedurne  testimoni  di  costumanze  cristiane.  Col  sentimento 
stesso  il  padre  Marangoni  trattò  delle  catacombe  tìQWAppendix  de  ccemeterio  ss.  Thraso- 
nis  et  Saturnini,  e  negli  Acta  s,  Victorini  (Roma  1740);  degli  altri  riti  nel  libro  Delle 


SCRITTORI    DI    ARTI   CRISTIANE  387 

coae  gentilesche  e  profane  tra<<portntc  ad  mo  ed  ornamento  della  Chiesa  (Roma  1744). 
Il  gesuita  F.upi  discusse  ampiamente  di  tali  materie  nelle  Dissertalio  et  animadversiones 
ad  nuper  inrentum  Severne  marti/ris  epitnphium  (Palermo  173i)  ;  e  nelle  postume  Dis- 
seriazioni,  lettere  ed  altre  operette  (Faenza  l78o).  All'opera  insigne  del  Rosio  molto  ag- 
giunse il  Rottari,  tanto  da  formarne  quasi  un'opera  nuova  intitolata  Sculture  e  pitture 
saure,  e'^trade  dai  cimiteri  di  Roma,  pubblicate  fiià  dagli  autori  tifila  Roma  sotter- 
ranea, ed  ora  novamente  date  in  luce  colla  fipieiiazione,  per  ordine  di  N.  S.  Chment^ 
XII  felicemente  regnante,  1737-oi:  ma  quantunque  molti  lo  esaltino  e  vi  si  confidino, 
olii  lo  studia  ritrova  che  o  non  vide  le  catacombe,  o  poco  e  male,  e  le  sue  addizioni  sono 
spesso  arbitrarie. 

L)i  lilippo  Ruonarroti  sono  insigni  le  Osservazioni  sopra  alcuni  frammenti  di  vasi 
anticlii  di  vetro,  ornati  di  figure,  trovati  nei  cimiteri  di  Roma  (Firenze  1716).  Né  infe- 
riori sono  i  Vetera  monimmta,  in  quibus  praicipue  musiì'a  opera,  sacrarum  profanarum- 
que  cedium  fttrurfura,  ar  nonnulli  antiqui  ritus  di^seriationibus  iconibusque  illuatrantur 
(Roma  17i7)  del  Cinmpini,  che  scrisse  pure  De  sacris  cedificiis  a  Con^tantino  constructis. 

Il  Mamachi,  nelle  Origines  et  anfiquifates  Christiana;  (Ivi  1747-.'i2)  e  Dei  costumi  de' 
primitivi  Cristiani  ^Ivi  17o3-f)l),  sì  vale  de' monumenti  per  accertare  l'antichità  dei 
dogmi.  Filippo  Ronanni  espose  La  gerarchia  ecclesiastica  confiiderata  nelle  vesti  sagre  e 
civili  (Ivi  1720).  Raonl-Rnchetfe,  oltre  il  Discours  sur  V origine,  le  dèveloppewent  et  le 
caractère  dex  tì/pps  imitatifs  qui  conMituent  Vart  du  christianisme  {\%'iò),  diede  un'opera 
sulle  catacombe  di  Roma. 

Il  frutto  degli  sfudj  precedenti  raccolse,  e  con  lunsa  pratica,  vastissima  erudizione  e 
fino  criterio  crebbe  ed  espose  il  padre  Marchi  nei  Monumenti  delle  arti  cristiane  primi- 
tive della  metropoli  del  cristianesimo,  disegnati  ed  illusfrnti  (Roma  18ii),  oi>era  che,  se 
fosse  stata  compita,  reggerebbe  a  confronto  a  quella  dpi  Rosio,  accresciuta  coi  progressi 
della  critica  e  delle  scienze  naturali  e  storiche.  Perocché  per  trattare  delle  catacombe 
non  basta  il  genio;  e  sembra  che  la  pietà  abbia  un  secreto  suo  proprio  di  favellar  di  cose, 
che  si  possono  meglio  sentire  che  dipingere. 

Opere  d'importanza  sono  pure:  Onofrio  Panvinio,  De  rilu  gepelìendi  morlitos  apttd  veteres  Cfirixlianng, 
et  (le  eorumdem  ccpmeleriis  ;  Giorgi,  De  monorjrammale  Cìiristi  ;  Borgia,  De  cruce  raìicnna  e  De 
truce  veliterua;  Aleanitri,  Saris  Eccìesiamreferenlis  nìirnholum ;  l'Allegranza,  Spiefìfizinrìe  nnpra  atruni 
monumenti  antichi;  Paciaudi ,  De  cuìtu  $.  Jonnnis  Baplislw  antiquo,  e  De  sacris  Christianorum 
balneis;  Dncange,   De  impernlorihus  constanlinopoìilanis^  e  Consfanlinopotis  Christiana. 

Agincourt  [Uistoire  de  Vari  par  tes  monuments)  conobbe  l'importanza  di  cerrare  nell'arti  nascenti  dei 
Cristiani  il  passafiftio  fra  l'era  antica  e  la  nnova  ;  ma  ogni  cosa  guardò  con  viste  profane  e  spesso  ristrette. 

R.  \Valsh  trattò  delle  medaglie  e  gemme  che  illustrano  i  progressi  del  cristianesimo  {Essay  of  ancient 
coins,  medaìs  and  gems  as  illustr.  the  progress  of  Crislianily). 

Recenti  sono  Mi  enter,  Sinnbilder  und  KunstvortteUiinqen  der  alien  Chrislen.  Mtona  )825. 

Grle>kisen,  Veher  die  Ursacfien  und  Griìnsen  des  Ktinslhasses  in  den  drei  ersien  Jahrhunderl  nactt 
Christ.  1831. 

Le  Roy,   Storia  delta  disposizione  e  delle  forme  diverse  date  da'  Cristiani  a'  loro  tempj. 

RoESTEL,  Roms  Katacnmhen. 

i-cnoE^E,  Geschichls  Forschungen  ìlher  die  kirchlichen  Gehriiiiche  und  Einrichlungen  der  Chrislen. 

r.i:E>ERAll.T,  Diclionnaire  iconogrphique  des  monuments  de  Vantìquité  chrélienne  et  du  moyoM-àge. 
Parigi  1843.  —  Die  .Attrihuten  der  Ileitigen.  Anno\cr  J84.'5. 

Bernard  Smith,  Glossari/  of  eeclesiaslieal  ornament  and  costume,  compiled  and  iltustrated  from 
antienl  aulhorilies  and  exemples  by  Welby    Pugin  archilecl,  eie.  Londra  IS'i-i. 

H.  KneiNWALD,   Die  kirchlirhe  Archo'ologie  Berlino  1830. 

tJiDRON,   Mauual  d'iconngrapfiie  chrélienne,  grecque  et  Ialine.  Parigi  18'(p. 

Tlìe  church  in  the  Calacombs;  being  a  descriplion  ofthe  cfturch  exisling  in  home  during  the  first  Four 
Cenluries,  illusiraied  bg  the  remains  belonging  lo  the  Calacombs  of  Rome,  including  the  conlenls  of 
the  Lapidarian  gallery  of  the  Vatican.  and  olher  unpublished  collecHons.  By  Charles  Maitla>d. 
I^ondra  1845. 

Hagiuglypia,  site  piclurce  et  sculpturce  sacrce  antiquiores,  prwserlim  quae  Romw  reperiunlur,  expli- 
cnte  a  JOA>NE  L'IlEiREtx  (Macario).  Parigi  IS'iG. 

Cfitacombes  de  Rome:  arrhiteclure  ,  peintures  muraleg ,  inscriptions,  figures  et  symboles  det  pierret 
sépulcrales,  verres  gravès  sur  fond  d'or,  lampes,  vases,  eie.  des  cimelicres  des  premiers  CItréliens, 
par  Louis  Perhet.  Ivi,  finito  nel  1837,  a  spese  del  Ministero. 

Un  museo  cristiano,  cominciato  in  Vaticano  per  ordine  di  Benrdcllo  XIV,  sempre  più  ingrandisfe.  princi- 
palmente da  che  siede  Pio  IX. 


ARCHEOLOGIA    E   BELLE   ARTI 


285.  —  Le  catacombe  :  se  d'orìgine  pagana. 

Le  catacombe  sono  scavazioni  sotterranee,  in  qualctie  luogo  ampie  ed  elevate  come  a 
Napoli,  altrove  basse  ed  anguste  come  a  Roma,  spesso  a  due  o  più  piani,  e  con  corri- 
doj  tortuosi.  Che  le  più  importanti,  cioè  quelle  di  Roma,  provenissero  da  scavi  antichis- 
simi fatti  per  trarne  la  pozzolana  con  cui  si  edificò  Roma,  talché  per  tanti  secoli  e  con 
tanta  smania  di  fabbricare  venne  a  formarsi  una  città  sotterranea,  fu  asserzione  della 
pluralità  fin  a  questo  giorno.  Allegavansi  in  prova  le  consimili  a  Napoli,  a  Siracusa,  a 
Parigi,  variate  secondo  la  natura  del  terreno.  Trovasi  cenno  ne'  classici  che  di  buon'ora 
cominciasse  a  Roma  l'uso  di  valersene  per  sepolture:  così  in  una  latomia  furono  fatti 
i  sepolcri  degli  Scipioni,  i  quali  appartenevano  alla  famiglia  Cornelia,  che  non  usando 
bruciare  i  cadaveri,  deponevali  sotterra,  anziché  nelle  tombe  alzate  lungo  le  vie.  Sembra, 
anche  fossero  tali  scavazioni  destinate  al  vulgo,  come  quel  miserce  plebi  commune  sepul- 
chrum^  che  Orazio  denota  Semi.  I.  8. 

Entro  que' sotterranei  furono  spesso  rinchiusi  i  Cristiani,  o  vi  andarono  a  cercar  pro- 
seliti fra  1  poveri  e  soffrenti  condannati  a  lavorarvi,  sicché  vi  presero  pratica,  e  li  scel- 
sero per  ricovero  e  convegno  ai  vivi  e  per  sepoltura  ai  morti.  Da  ciò  la  venerazione  che 
acquistarono,  e  l'esser  divenuti  miniere  di  reliquie. 

Origine  sifatta  renderebbe  molto  dubbie  le  reliquie  che  se  ne  estraggono  ;  indicherebbe 
anche  un  accomunamento  de- cadaveri  e  de' riti  cristiani  coi  gentileschi,  affatlo  abor- 
rente dalla  consuetudine  dei  primi  tempi.  Pertanto  l'ultimo  e  più  esteso  illustratore 
delle  catacombe,  per  principale  assunto  dell'opera  sua  impugna  la  sovra  es- 
posta teoria  L'esame  del  suolo  lo  chiarisce  come  Roma  non  sia  costruita  col 
tufo  granulare  ,  in  cui  sempre  sono  scavate  le  catacombe  cristiane;  l'angus- 
tia di  quelle  viuzze,  tortuose,  a  molti  piani,  con  scale  discomode,  avrebbe  resa  im- 
possibile l'asportazion  delle  pietre.  Da  questi  e  da  più  altri  argomenti  conchiude  ri- 
solutamente che  le  catacombe  furono  scavale  a  bella  posta  dai  Cristiani,  e  che  a  quelle 
sepolture  mai  non  parteciparono  i  Pagani. 


§  286. 


Loro  descrizione. 


Il  nome  di  catacombe,  tratto  dal  greco,  fu  dato  primomente  a  quelle  che  diconsi  di 
San  Sebastiano,  sulla  via  Appia,  formanti  parte  del  vasto  cimitero  di  San  Calisto,  tanto 
venerato  che  vi  si  sepellivano  i  papi  dopo  quello  da  cui  ebbe  nome. 

Le  catacombe  non  hanno  altro  fregio  che  le  nicchie  o  loculi,  scavali  nei  loro  fianchi, 
a  più  ordini  come  ne'colombarj  e  dove  si  riponevano  le  ossa,  quasi  scaffali  d'una  biblio- 
teca, ove  la  morte  depositava  le  opere  sue.  Loculi  è  il  nome  moderno,  ma  nelle  lapidi 
son  chiamati  loca,  luoghi,  il  qual  nome  per  sepoltura  già  usavano  gli  Etnici.  Tratto  tratto 
riescono  a  camere  decorate  di  stucchi,  o  a  cappelle  e  cellette.  Nella  figura  qui  contro  si 
ritrae  l'aspetto  d'una  catacomba,  perchè  si  veda  anche  il  modo  con  cui  vi  giaceano  i 
cadaveri.  Le  nicchie  erano  di  misura  appena  sufficiente  al  cadavere,  talvolta  a  due.  Al- 
cuni di  questi  erano  conservali  con  aromi,  altri  distrutti  colla  calce.  Ripostovi  il  ca- 
davere supino  cbiudevasi  la  bocca  con  una  pietra  che  si  stuccava. 

Nelle  camere  aperte  a  fianco  agli  androni  celebravansi  i  sacri  misteri,  si  amministra- 
vano il  battesimo  ed  altri  sacramenti.  Le  pareti  di  quelle  apronsi  a  sepolcri  disposti  in 
linee  una  sopra  l'altra;  e  per  lo  più  nell'anteriore  n'ha  un  solo  e  principale,  arcuato,  il  cui 
nome,  secondo  le  lapidi,  sembra  arcosolium.  Qui  sotto  esibiamo  due  cubiculi  del  cimi- 
tero di  Sant'Agnese,  uno  con   tre  monumenti  ar- 
cuati, l'altro  tolto  in   mezzo  da  due  sedili,  Nel 
centro  elevasi  un  sepolcro  in  forma  di  cassa  qua- 
drangola, conforme  ai  sarcofagi  antichi,  che  ser- 
viva d'altare;   però   non   sempre  è    isolato,    ma 
talvolta  scavato  in  modo  che  ne  restasse  visibile 
la  sola  fronte;  talché  il  sacerdote  celebrando  do- 
vea  volgere  le  spalle  alla  plebe;  al  contrario  di 
quel  che  si  vorrebbe  asserire  circa  gli  antichi  riti: 


1 


ÓATAGOMIil!)  883 

tal  forma  dlvetine  queiia  delle  chiese,  che,  cessata  la  pèrsfiòuillotlè,  fupono  erette  al 
(li  Bopia  d'essi  sotterranei,  ai  quali  si  applicò  il  nome  di  confessioni,  E  poiché  talora BottO 


A  BB  e  DD  strada.  —  E  F  linea  su  cui  s'innalza  l'ortografia.  -     G  ampolb  attaccata  alla  roccia  colla 
calce,  in  mezzo  a  tre  loculi.  —  H  loculo  con  epitafio  ,  grcfiato  con  punta  molto  sottile  nella  calce  ancor 

fresca.  —  I  loculo  chiuso  con  tre  tegole;  sulla  prima  sta  una  fenice,  suilallra  una  palma. L  loculo  con 

XXX  fatto  a  punta  sulla  calce  fresca.  —  M  epitafio  con  pennello  e  tinta  bianca  snl  campo  rossastro  di  una 
tegola  ch'e  in  mezzo  al  loculo.  —  N  palmella,  segnata  con  punta  tagliente  sulla  calce.  —  O  monogramma 
di  Cristo.       P  vaso  murato  a  capo  d'un  loculo.       Tombe  aperte  per  mostrare  eomc  giacciono  i  cadaveri. 


590  ARCHEOLOGIA   E   BELLE   ARTI 

a  una  chiesa  v'avea  più  d'un  monumento,  moltiplicossi  il  numero  delle  cappelle,  come 
si  vede  nelle  chiese  moderne.  Onde  coloro  che  riprovano  lamoltiplicità  degli  altari,  come 
contraria  all'unità  religiosa  non  meno  che  all'artistica,  possono  vedere  che  (juesla  asse- 
rita novità  rimonta  all'età  eroica  del  cristianesimo. 

Le  catacombe  cessarono  di  servire  quando  la  Chiesa  divenne  trionfante  -,  poi  nellviii 
secolo  cominciando  le  correrie  di  nuovi  Barbari,  e  più  al  tempo  di  quelle  de'Saracini, 
se  ne  estrassero  molti  cadaveri  per  trasferirli  entro  il  recinto  della  città. 

Oggi  alle  catacombe  di  Roma  si  entra  per  le  chiese  che  vi  furono  alzate  di  sopra,  come 
Sant'Agnese,  San  Sebastiano,  San  Lorenzo  fuor  delle  mura,  che  sono  le  più  visitate; 
benché  altre  scopransi  talora  o  nelle  vigne  o  in  città,  di  cui  è  perduta  l'entrata.  Nelle 
meglio  conservate  vedonsi  le  scale  per  cui  discendervi,  e  pare  fosse  distinta  l'entrata  per 
gli  uomini  da  quella  per  le  donne. 

MArrLAND  {La  chiesa  nelle  catacombe.  Londra  -1847) ,  prese  l'assunto  opposto  al  Marchi ,  cercandovi  argo- 

menti   contro   il  cattolicismo. 
NOBTHCOTEj    The   roman   calacombs.  Londra  ^857  è  un  riassunto  di  quanto  s'è  fatlo  finora 
Perret  stampò  in  Francia  un'opera  su  tal  materia,  ma  il  carattere  delle  pittore  non  e  conservato,  volendosi 

aggraziarle.  Il  cav.  Derossi  fu  incaricato  da  Pio  IX  di  nuove  esplorazioni  nelle  catacombe,  e  trovò  il  vero 

cimitero  di  S.  Calisto^  e  le  tombe  de'  primi  papi. 

§  287,  —  Pitture. 

Le  pitture  delle  calacombe  non  difTerivano  gran  fatto  da  quelle  usate  nei  sepolcri  pa- 
gani. Erano  disposte  per  iscomparti  e  con  simboli,  conservando  qui  ancora  gran  parte 
di  quella  cultura,  dal  cui  seno  era  nata  la  cristiana.  Se  non  che  gente  rozza  essendo  i 
primi  artisti  cristiani,  la  forma  dovette  riuscir  inferiore  e  timida  e  uniforme. 

Il  corKiilio  lUiberilano  verso  ilSOUdice  (cari.  3):  «  Piacque  che  non  vi  deva  esser  pit- 
«  ture  in  chiesa,  e  che  ciò  che  s'adora  non  venga  dipinto  sulle  pareti  ».  Come  si  combina 
«  ciò  colle  pitture  così  frequenti  nelle  catacombe  ?  Dovette  essere  un  provedimento  di 
circostanza,  in  tempo  di  persecuzione,  affinchè  quelle  pitture,  cadendo  iu  man  de'  ne- 
mici, non  divenissero  oggetto  di  profanazione.  Fatto  è  che,  sebbene  alcuni  Padri  ripu- 
gnino dalla  rappresentazione  materiale  della  divinità,  altri  e  massime  a  Roma,  perdo- 
navano all'arte,  sempre  però  le  immagini  dipinte  preferendo  alle  plastiche.  Laonde 
quelle  si  continuarono  sempre  ;  fors'anche  più  nelle  catacombe  perchè  meglio  difese. 
Quivi  la  volta,  iu  cui  spesso  finivano,  faceasi  in  varj  scomparti,  separati  da  fogliami  o 
ghirigori  all'arabesca,  che  chiudevano  un  tondo,  ov'era  la  scena  o  la  figura  |)rincipale. 
Gli  ornati  erano  (luei  dell'antichità.  Profusi  dunque  i  fiori  in  canestri,  in  corone,  in 
festoni,  0  sparsi  da  genietti,  tanto  che  Tertulliano  ne  ri|)rovò  l'abuso  {De  idol.  \\).  Vi 
sono  frammisti  animali  o  veri  o  fantastici,  pegasi,  delfini,  ippocampi,  sfingi,  teste  di 
Medusa. 

Spesso  v'è  rappresentato  il  fossore  in  atto  di  sterrare,  e  gli  fa  riscontro  un'altra  fi- 
gura portante  la  lucerna.  San  Girolamo,  descrivendo  un  sepolcro  scavato  fuor  delle 
mura  di  Vercelli,  dice:  Clerici,  quibus  id  ufficii  eral,  crucntum  liiUeo  cadaver  obvoì- 
vunt,  et  fossani  humurn  lapidibus  construentes  ex  more  tuinulwm  paniìU  {Ep.  i  ad  Itiiioc.}. 
Questi  fossori  o  fossarj  vanno  contati  fra  i  maggiori  eroi  del  cristianesimo,  perchè  si 
esponevano  ai  persecutori  onde  raccoglier  il  martire,  o  passavano  la  vita  in  mesti  sot- 
terranei per  preparare  I  depositi  ai  fedeli,  e  consideravansi  come  nuovi  Tobia,  che 
K  prendendo  cura  delle  cose  visibili  della  morte,  s'allrettavano  verso  le  invisibili,  e 
sperando  che  ogni  colpo  dato  a  favor  di  questi  semi  confidati  alla  terra,  sarebbe  ad  essi 
contato  nel  giorno  della  gran  messe». 

Altre  volte  son  dipinti  Cristiani  in  atto  di  orare,  colle  braccia  aperte  e  le  mani  levate 
al  cielo,  come  si  soleva,  e  come  si  conservò  nella  messa  dopo  l'elevazione.  In  qualche- 
duna  SI  trovarono  ritratti,  forse  delle  persone  che  fecero  scavare  (pieiripogeo. 

1  soggetti  storici  talora  sono  identici  coi  gentileschi,  o  non  discernibili  da  quelli  ; 
Mercurio,  le  Dauaidi,  Pan,  Andromaca  liberata,  Aniione,  Orfeo,  oltre  le  Sibille  e  le 
Muse;  sovente  sinqiosj,  o  trionfi,  o  scene  campestri.  Sull'urna  di  porfido  di  Costanza 
vedonsi  scolpite  scene  bacchiche  ;  sopra  una  moneta,  Costanzo  è  coronato  dalla  Vittoria, 
mentre  sostiene  il  làbaro.  Questa  mescolanza  del  sacro  col  profano  non  è  rara;  e  fre- 


i 


l'ITTURE.  —  ICONOCRAIIA   CRISTIANA  391 

quentissima  fra  i  Gnostici,  per  l'ecIeUismo  da  loro  professato.  In  una  gemma  prodotta 
dal  Montfaucon  in.  36G,  tav.  cLixj  è  figurato  un  Mercurio,  e  la  leggenda  dice  il/«c/ie/e, 
per  allusione  all'udizio  di  giudicar  i  morti,  altribuilo  a  (juest'angelo  come  a  (juel  dio. 

Ma  al  tempo  stesso  la  religione  creavasi  un  ciclo  particolare  d'ittimagini,  sicno  sto- 
riche, sieoo  allegoriclie,  nou  senza  sentimento  artistico.  Comune  è  il  Buon  Pastore 
colla  pecora  in  ispalla,  o  attorniato  dal  gregge,  tipo  non  incognito  ai  Pagani.  I  soggetti 
poi  dell'antico  Testamento  vi  sono  misti  a  (juelli  del  nuovo:  iNoé,  Giona,  Giobbe,  i  fan- 
ciulli nella  fornace,  Tobia  col  pesce,  Daniele  nel  lago  de' leoni,  Elia  rapito.  Caino  e 
Abele,  la  visione  d'Ezechiello,  son  i  più  soliti;  e  pel  nuovo  Testamento  il  Paraclito,  la 
disputa  co'  dottori,  la  risurrezione  di  Lazzaro;  inoltre  effigie  degli  apostoli  o  di  martiri. 
Ma  rare  o  non  mai  occorrono  le  scene  di  martirj,  come  pure  il  Cristo  straziato,  se  non 
verso  il  VII  e  vin  secolo.  Più  sovente  si  trovano  effigiate  le  agapi  :  v'è  una  ordinazione, 
ed  una  vergine  che  riceve  il  velo. 

È  notevole  che,  nel  medioevo,  principalmente  nelle  pitture  dei  vetri,  i  soggetti  son 
tratti  più  volentieri  dai  pseudo-vangeli  è  dalle  leggende.  Ma  intanto  era  nuovo  questo 
prendere  a  soggetto,  non  più  la  forza  e  la  bellezza  nella  più  vistosa  appariscenza,  ma 
un  Uomo-Uio  che  «  volle  l'onta  e  nell'anima  il  duolo  e  le  ambascie  di  morte  sentire  e 
il  terror  che  seconda  il  fallire  «,  una  vergine  madre,  vecchi  plebei,  donne  piangenti; 
espressioni  d'una  religione  nuova,  per  cui  la  vita  era  un'espiazione,  e  che  rendeva  sacri 
i  patimenti  e  le  lacrime. 

§  288.  —  Iconografia  cristiana. 

L'aborrimento  degli  Ebrei  dal  rappresentar  figure  umane  ci  fa  credere  che  nessun 
ritratto  si  facesse  di  Cristo  e  degli  Apostoli  dal  vho.  Anche  dai  primi  Cristiani  noi  si 
dovette  fare,  per  nimicizia  all'idolatria,  sicché  non  può  aversi  immagine  autentica  fatta 
a  mano  del  Salvatore  o  de'  suoi.  Quelle  che  ostentavansi,  erano  o  il  sudario  della  Ve- 
ronica o  la  santa  sindone,  dove  l'impronta  di  lui  rimase  miracolosamente.  L'effigie  di 
Edessa  e  quelle  di  ÌNicodemo  e  di  san  Luca  mancano  d'autenticità,  e  sant'Agostino  at- 
testa chiaramente  non  possedersi  alcun' immagine  reale  di  Cristo,  ma  innumerevoli 
essersene  finte,  dissomiglianti  tra  loro:  Qua  fuerit  Christus  facte  nos  penitus  ignura- 
ìììus  ; .  . .  nani  et  tpsius  donunicce  faciei  carnis  innamerabilìum  coyitationum  diversitate 
variatur  et  fìnjitur,  quoi  tainen  una  erat,  qucecumque  erat.  De  Trinit.  lib.  viii. 
e.  4  e  5. 

La  più  antica  effigie  del  Piedentore  sta  a  Roma  nella  volta  d'una  cappella  del  cimi- 
tero di  San  Calisto,  del  tipo  che  fu  ben  presto  adottato  dagli  artisti,  cioè  viso  ovale,  fi- 
sionomia grave  insieme  e  dolce,  placidamente  melanconica,  barba  corta,  rara,  rossiccia 
capelli  separati  sulla  fronte  e  cascanti  sulle  spalle  alla  nazarena,  spesso  Uniti  con  due 
ricci  sul  petto.  Nelle  auliche  immagini  più  solitamente  vedesi  di  fronte,  in  abito  di 
oratore  ateniese,  come  maestro  del  mondo,  con  un  papiro  o  un  libro  nella  sinistra  e 
colla  destra  alzala  in  allo  di  benedire,  o  piuttosto  cui  gesto  che  negli  scritti  e  nelle 
miniature  antiche  si  attribuisce  agli  oratori,  cioè  le  tre  prime  dita  erette,  le  altre  due 
piegale.  Talvolta  il  pollice  è  unito  all'indice  piegalo  ed  eretti  gli  altri,  al  qual  modo 
vogliono  si  formassero  le  lettere  A  e  ii. 

G.  Grimm,  in  una  dissertazione  all'Accademia  delie  scienze  di  Berlino  [Die  Sage  vom  Ursprung  des  Chri- 
stusbilder^  18;2)  ,  mostra  la  conuessione  fra  la  tradizione  amica  del  re  Abgaro  ,  e  la  più  moderna  della 
Veronica.  Le  immagini  dedotte  dal  sudario  di  questa  ,  colla  corona  di  spine,  non  pajouo  anteriori  al  xiv 
secolo;  mentre  le  altre  sarebbero  del  iv,  e  non  si  trovavano  presso  ortodossi,  ma  presso  eretici  o  gentili 
come  quella  che  Alessandro  Severo  conservava  insieme  con  Abramo,  Orfeo,  Apollonio  Tianeo. 

Vedansi  pure  Gieseler,  Storia  ecclesiastica,  voi.  i. 

Fr.  MiEMER,  Sinnbilder  und  Kunslvorsteltungen  der  alien  CArij^en.  Altona  1825. 

F.  PiPER,  Mylulogie  und  Symbotick  der  christlichen  Kunsl,  ron  der  alteslen  Zeit  bis  in  xvi  Jahrhun- 
dert.  Weimar -1  847. 

DiDRON,  Histoire  de  Dieu. 

MuELLER  JOH.  Geohc,  Die   bildlichen  Darstellungen  im  sanctuarium  dtt  chrisllicìien  Kirchen  voti 
fUnften  bis  xiv  Jahrhundert.  Trcveri  1855. 

Lgolim,  Traclalus  antiquitalum  sacrarum.  Venezia  -1 744-70. 


HM  AftCHEOLOOlA  E  UMM  Afifi 

W.  AtJtìt,'§fj  tìandbuch  dui' ehriilliehen  ÀrchMologle,  Lipsia -1836-57. 

•—  Saggio  sulla  tioria  dell'arie  cristiana  (ted.)  Ivi  1841. 

RadOvviTZ,  tkonographie  der  Heiligen.  Berlino  ^835. 
Chrislliche  Kunsl  symbolik  und  Ikonographie .  Fraocoforle  -1839. 
A.  von  M.  Die  attribute  der  Heiligen,  alfabelisch  geordnet.  Aonover  -1845. 

Les  tnosaìques  chrétiennes  des  basiliques  et  des  églises  de  Rome,  décriles  et  expliquéei  par  H.  BaRRei' 
DE  JouY.   Parigi  -1857. 

Or  che  si  tende  a  mostrare  che  tutte  le  pratiche  del  culto  cattolico  son  novità,  im- 
porta cercarne  la  traccia  ne'  primitivi  tempi  e  accertare  che  non  fu  interrotta  la  catena 
né  dei  dogmi  nò  dei  riti,  il  prof.  Garucci  raccoglie  a  tal  uopo  le  pitture  e  sculture  della 
primitiVci  chiesa;  sul  muro  del  palazzo  de'  Cesari  si  scoprì  una  caricatura,  d'un  uomo 
crocifisso  colla  testa  d'asino,  e  al  suo  piede  uno  che  l'adorava,  e  l'iscrizione  greca 
Alexameno  adora  Dio.  Questa  parodia  attesta  che  (in  dai  primi  tempi  veneravasi  il  cro- 
cifisso Un  cameo  del  ii  secolo  porta  sei  de'  simboli  più  consueti  della  primitiva  chiesa 
e  l'acrostico  1K0Y2.  e  sono  l'ancora  con  due  pezzi,  una  croce  in  forma  di  T,  al  cui 
piede  un  agnello  e  in  alto  la  colomba  col  ramo  d'ulivo  :  una  barca;  il  buon  pastore. 
Ad  arbitrio  son  pure  le  effìgie  della  beata  Vergine,  divenuta  tipo  della  semplicità, 
purità,  elevazione,  della  dolcezza  dignitosa  e  del  patimento  rassegnato.  Che  col  bambino 
in  grembo  non  siasi  cominciata  a  fare  se  non  dopo  il  concilio  ecumenico  d'Efeso  nel  451 , 
è  asserzione  smentita  da  molte  pitture  anteriori. 

Le  immagini  degli  Apostoli,  essendo  più  umane,  riuscirono  più  artistiche  ;  e  quella 
di  ciascuno  venne  determinata  con  certe  arie  e  con  simboli,  conservati  poi  in  tutti  i  pe- 
riodi dell'arte.  Quanto  ciò  bjsse  antico  rivelasi  da  quella  tradizione,  che  papa  san  Sil- 
vestro mostrò  a  Costantino  due  effigie  dei  santi  Pietro  e  Paolo,  ch'isso  imperatore  co- 
nobbe per  quegli  apparsigli  in  sogno.  Tale  dipinto,  che  tuttora  serbasi  negli  archivj 
del  Vaticano,  servì  alle  copie  successive,  fattene  principalmente  in  musaico. 

Il  nimbo  attorno  alla  testa  già  rinviensi   in  divinità  romane,  come  ad  una  d'Apollo 

nelle  terme  di  Tito,  e  a  due  figure  giovanili  in  pit- 
ture ercolanesi.  Agl'imperatori  è  posto  nelle  meda- 
glie, già  fin   da  Antonino  Pio;  e  corrispondeva  alla 
corona  radiata   dei  più  antichi ,  esprimente  immor- 
talità, come   in   questa  di  Antonio.  La  portauo   tal- 
volta i  re  d'Oriente,  e  di  solito  le  profetesse,  le  co- 
stellazioni personificate,  e  le  buone  o  cattive  potenze 
dell'anima  o  della  natura.  1  Cristiani,  come  tant'altri 
attributi  derivanti  da  cagioni  semplici  e  rette,  l'adat- 
tarono a  Cristo,  alla  Vergine,  ai  Santi,  ma  non  come 
speciale  della  santità;  anzi  in  un  musaico  del  v  se- 
colo della  basilica  Liberiana,  è  con  e.'so  distinto  il  re 
Erode  (Ciampini,  \'etera  inuniin.  i.  M4j. 
Il  nimbo  di  Dio  ha  per  lo  più  il  disco  diviso  in  forma  di  croce,  com'è  talvolta  ap- 
posto anche   all'agnello,  per  esempio  in 
questa  figura,  tolta  dal   Bosio  alle  cata- 
combe. Questo  fregio  talvolta  si  stende  at- 
torno a  tutto  il  corpo,  nel  qual  caso  po- 
trebbe chiamarsi  gloria  o  aureola.  Talaltra 
vi  sono  l'aureola  e  il  nimbo,  come  nella 
1^  figura  della  |»ag.  seguente,  tolta  da  un 
manoscritto   italiano  dello  Speculmn  hu- 
niancB  salvationis  del  secolo  xiv: 

Ora  il  nimbo  è  un  semplice  contorno, 
ora  è  adorno  di  raggi  o  d'altre  appendici 
a  fantasia.  Al  Padre  Eterno  suol  farsi  tri- 
angolare, esprimendo  la  Trinità;  lo  che 
esprime  sovente  la  distribuzione  dei  raggi 
attorno  alla  faccia  del  Redentore,  nella  2* 
tratta  da  una  miniatura  del  xiv  secolo,  e 
nella  5',  da  una  del  ix. 


tCONOflftAHA  ékau  dO§ 

La  vetìéfaElone  vefào  le  effigie  antiche  e  l'imitazione  delle  pieghe  e  delU  parte  tec- 
nica greca,  disiolsei'o  dal  copiare  slrellamente  la  natura.  Né  era  in  arbitrio  dell'artista 


il  mutarle  forme;  e  il  concilio  Niceno  11  (Act.  vi,  ap.  Labbf.)  prescrive:  Non  est  ima- 
ginum  struciura  pictorum  inventio,  sed  Ecclesice  catholicce  probata  legislatio  et  tra- 
ditio. 


MoLANUS,  Hiiloria  imaginum  sacrartim. 

GuENEBAULT,  Diclioniuiire  iconographique  dei  monumentt  de  i^antiquité  chrélienne  et  du  moyen-dge. 


ki 


ARCHEOLOGIA   E   BELLE   ARTI 


g  289.  SJmboH 


Molto  studiaronsi  i  simboli,  linguaggio  mistico  che  ajuta  la  parola  scritta,  e  che  pre- 
vale nei  cominciamenti  dell'arte  (§  35J.  Quelli  de' cristiani  in  parte  provenivano  dal- 
l'antico Testamento,  in  parie  dalle  idee  orientali  allora  innestate  nella  fdosofia  e  nella 
fede.  0  fosse  la  naturale  inclinazione  degli  uomini  a  conservar  l'antico,  anche  quando 
perdette  e  significazione  e  opportunità;  o  fosse  necessità  di  valersi  degli  oggetti  del 
culto  antico  per  arricchire  il  nuovo  ;  o  il  dover  servirsi  di  artisti,  cresciuti  in  abitudini 
gentilesche;  o  anche  il  volere  al  men  possibile  cangiare  di  quelle  esterne  espressioni, 
che  tanto  valgono  negli  uomini;  o  la  facdilà  stessa  di  mutar  natura  ad  un  oggetto  ma- 
teriale col  dargli  un  senso  simbolico,  certo  è  che  i  primi  Cristiani  si  valsero  d'una  gran 
parte  degli  emblemi  gentileschi.  Le  vigne  di  Bacco  ricomparvero  sui  monumenti  ad 
esprimere  quel  detto  del  Salvatore  Ego  sum  vitis,  vus  palmites.  La  palma  e  la  corona, 
indizio  di  vittorie  circensi,  espressero  «  nuovi  trionfi  e  gloria  vinta  in  più  belle  prove»: 
né  è  da  crederli  riserbuti  a  significare  martirio.  Le  ale  degli  Amori  o  de'  Genj  si  adat- 
tarono agli  Angeli  ;  l'aquila  di  Giove,  il  leone  di  (Jibele  simboleggiarono  gli  Evangelisti  ; 
le  chiavi  di  Giano  in  man  di  Pietro  espressero  la  somma  potestà  di  sciogliere  e  legare; 
il  cervo  di  Diana  significò  l'anima  assetata  delle  acque  della  vita,  e  il  pavone  di  Giu- 
none la  gloria  dell'anima  risorta,  come  l'aquila  delle  apoteosi  la  santificazione,  e  la  fe- 
nice il  rinnovamento  della  vita.  Altri  simboli  felici  furono  l'agnello,  la  colomba  noetica 
messaggera  della  speranza,  l'ulivo,  il  gallo  che  indica  la  vigilanza  e  il  suono  della  ri- 
surrezione •  e  i  fiori  e  le  piante,  che  ben  convenivansi  col  titolo  di  giardmi  o  paradisi, 
dato  ai  cimiteri  ed  alle  cappelle,  La  nave,  l'ancora,  il  faro,  il  tridente  alludono  alla 
vita,  paragonata  alla  navigazione. 

Altri  simboli  furono  stiracehiati,  come  il  pesce  che  nel  suo  nome  greco  IX0YS  riu- 
niva le  iniziali  di  l/io&ù;  Xot^-rò^  0-;où  Vtos  X&jS>5/3  Sovente  il  simbolo  è  un'allusione  al 
nome:  pesci  per  una  Marittima;  l'asino  per  un  Onagro;  una  scrofa  per  una  Forcella. 
Molto  comune  è  I'a  e  h,  riferentesi  al  detto  evangelico,  e  all'essere  Cristo  principio  e 
fine,  finito  ed  infinito. 

Usitatissime  sono  le  chiavi,  allusive  alla  facoltà  di  sciogliere  e  legare,  data  da  Cristo 
al  principe  de"li  Apostoli.  Il  quale  talvolta  è  effigiato  con  tre  chiavi,  come  nel  musaico 
che  sovrastava  all'atrio  della  basilica  Vaticana;  ma  per  lo  più  con  due,  una  d'argento, 
una  d'oro.  In  antico  si  laccano  piccole  chiavi,  racchiudendovi  un  poco  di  limatura  delle 
catene  di  san  Pieiro,  e  si  mandavano  in  dono  a  principi,  come  fece  Gregorio  111  con 
Carlo  Martello.  Al  papa  novamente  eletto,  il  cardinale  arciprete  della  basilica  Lateranese 
presenta  due  chiavi  ;  mentie  in  antico  veniva  cinto  con  una  fascia,  da  cui  pendeano 
sette  chiavi  e  sette  sigilli.  I  pontefici  sono  spesso  rappresentati  colle  chiavi  in  mano,  e 
queste  divennero  simbolo  della  Chiesa,  e  si  pongono  sulle  monete  pontificie, 

il  simbolo  supremo  fu  sempre  la  croce.  Questa  si  trova  già  frequentissima  in  Egitto, 
come  segno  ieratico  della  vita  ;  come  segno  di  salvezza  fu  impresso  sulla  fronte  dei  pen- 
titi di  Gerusalemme  (EziiciiiLLt,  ixj  ;  a  Palenche,  città  messicana  tanto  antica  che  nep- 
pure i  primi  conquistatori  n'ebbero  contezza,  la  si  trovò  riposta  nel  santuario  come  og- 
getto di  cullo.  Dacché  fu  lo  strumento  della  passione  di  Cristo,  venne  adottala  come 
se"no  esterno  dei  cristiani  e  variata  in  moltissime  foggie.  Le  principali  sono  la  greca  a 
bracci  uguali  (fig.  1);  la  latina  con  un'asta  prolungata  (fig.  2j  ;  quella  di  sant'Andrea 
(fi",  o).  Ne'  monumenti  egizj  v'è  talora  surrogato  il  T,  come  vediamo  sull'abito  di  san- 
t'Antonio ;  ovvero  la  croce  ansata  (fig.  4)  : 

12  3 


Sulle  croci  non  sembra  si  collocasse  il  Redentore  prima  del  iii  secolo;  e  uou  prima 


SIMBOLI.  —  SEPOLCRI   CRISTIANI  393 

del  VII  apparve  colle  scene  della  passione,  fra  le  Marie  piangenti,  e  col  sole  e  la  luna  ac- 
canto al  suo  patibolo  e  trono. 

MuENTEH,  Sinnbilder  und  Kunslvorsleìlunyen  der  alien  Chrislen. 

HenriCbsen,  De  phaenicis  fabula  apud  Graecos,  Romanos  et  populus  orientales.  Copenaghen  182'j. 

^ICOLAl,   De  sifjlis  velerum. 

CosTADO'^i,  Del  pesce,  simbolo  di  Gesù  Cristo. 

lioriussÉ,  Ai-ch('olu!iie  clirèlienne. 

Inslruction  du  cornile  historique  des  arts  et  monumenls.  Iconographie  chrélicnne.  Ilistuire  de  Dieu 

par  M.  DiDiiON.  Parij;!  1843. 
Meuy,   Théologie  des  peintres. 
De  chrislianis  monumentis  i-^3\jy  exhibenlibus  ;  ef\sluh  ì.  B.  OeiìOssi  ad  J.  li.  Pitra.  Paiiiji  ^85b. 

Ai  simboli  si  attengono  pure  i  colori.  Già  ne  vedemmo  l'importanza  fra  gli  Etnici, 
massime  nelle  cose  rituali.  Non  fu  minore  fra  i  Cristiani;  e  il  bianco  esprimeva  la  veri- 
tà, l'innocenza,  la  fede;  il  rosso,  l'amore  e  il  martirio;  il  verde,  la  santa  speranza,  la 
durata  e  la  vita:  e  cosi  via.  Perciò  gli  abiti  sacerdotali  erano  sempre  bianchi,  e  tali  li 
conserva  il  papa:  di  bianco  vestivansi  i  catecumeni  per  otto  giorni  dopo  ammessi  alla 
Chiesa  {in  albls)  :  i  colori  che  la  Chiesa  presceglie  ne'  suoi  riti,  traggono  ragione  da 
sifatte  osservanze. 

PoBTAL,  Couleurs  symboliques. 
Piazza,  Iride  sacra. 

$  290.   —  Simboli  del  medioevo. 

D'altro  genere  simboli  comparvero  poi  nelle  chiese,  e  massime  nelle  gotiche,  sulla  cui 
espressione  rimangono  incerti  gli  eruditi.  Son  mostri  di  bizzarre  accozzaglie  di  membra  ; 
gon  uomini  in  atti  bell'ardi  o  sconci  ;  son  diavoli  insultanti  ;  son  monaci  in  scene  inve- 
reconde. 

Pensarono  alcuni  che  i  Normandi,  autori  o  propagatori  dello  stile  gotico,  recassero 
quegli  strani  ornati,  desunti  dall'aulico  lor  cullo  di  Odino;  e  ne  adducono  in  prova 
l'esserne  sopracariche  le  chitse  di  Normandia  e  dei  paesi  italici  dov'essi  si  stesero, 
mentre  ne  restano  mondi  quelli  che  il  mare  o  i  monti  isolavano.  Ma  nessun  raffronto  si 
accerta  fra  quelle  immagini  e  il  culto  di  Odino. 

Altri  non  seppe  vedervi  che  simboli  cristiani,  e  la  lotta  del  buono  col  mal  genio:  ma 
si  oppone  loro  il  lamento  di  san  Bernardo  a  Guglielmo  abbate  di  s^an  Teodoro  perchè 
tanti  mostri  deturpassero  le  chiese  cristiane,  il  voleie  scorgervi  una  poesia  dei  volghi, 
i  (|uali  cuculiavano  in  tal  guisa  i  monaci  e  i  grandi,  par  |)oco  conforme  all'essere  (luelle 
chiese  commesse  e  dirette  dalla  divozione:  pur  non  disdice  al  genio,  continuo  nel  pub- 
blico e  talor  anche  nel  clero  secolare,  di  beffar  il  regolare.  Alcuno  s'accontentò  di  farli 
creazione  fantastica  degli  artisti ,  ma  perchè  si  vedono  essi  soltanto  nelle  chiese?  Altri 
vi  cercò  un'origine  gnostica,  quasi  che  i  riti  sensuali  di  quegli  eretici  si  fossero  tras- 
messi arcanamente  nell'ordine  de'  Templari  e  nelle  loggie  dei  Franchimurutori  :  ma 
come  credere  che  le  permettessero  i  vescovi  e  i  monaci  nelle  chiese  non  appartenenti 
ai  Templari  V 

Certo  è  che  nell'architettura  asiatica  abbondano  simili  bizzarrie,  anche  prima  del  cri- 
stianesimo. 

§  291.  —  Le  sepolture. 

La  morte  non  era  guardata  con  terrore  dagli  antichi,  e  in  conseguenza  non  circon- 
data di  tetri  emblemi,  Pei  Cristiani  poi  era  un  riposo  ,  un  sonno,  da  cui  erano  certi 
d'aversi  a  svegliare.  Da  qui  il  nome  de'  cniateri,  cioè  dormitorj,  e  le  formole  dormita 
requiescit,  ecc.  ricorrenti  nelle  epigrafi.  Al  ittlus,  cvinpusitus  degli  antichi  si  surrogò  il 
depositus,  più  confacevole  a  cadavere  intero,  e  che  vi  sta  solo  teinporariamenle  finché 
Dio  intimi,  —  Aride  ost^a,  risorgete  ».  Le  chiese  stesse,  in  grazia  della  sepoltura  dei 
martiri,  si  chiamarono  talvolta  cametena,  come  la  basilica  di  San  Paolo  in  un'iscri- 
zione che  ne  indica  i  restauri. 


CoHSèfvossI  l'uso  etnico  di  collocare  nelle  tombe  vesti,  arreclij  vasi,  hifi^rtìe,  balocchi 
eia  fanciulli,  o  specchi  e  pettini  e  giojelii,  che  attestano  come  qI  lusso  mti  rimanessero 
estranie  le  cristiane.  Fra  le  ampolle  furono  venerate  quelle  di  vetro  colorato,  che  si  sup- 
pone abbiano  contenuto  sangue  di  martiri. 

Altri  vetri  portavano  disegni,  e  forse  aveano  servito  alle  agapi,  onde  l'iscrizionei 
niE  ZHCK ',  bevi,  vivi,  bibe  et  pbopina.  Le  rappresentazioni  stanno  per  lo  più  sul 
fondo,  graffite  sopra  una  foglia  d'oro.  In  alcuni  restano  ancora  i  grumi  del  sangue 

Musaici  ne'  cimiteri  non  si  hanno  o  ben  pochi;  e  sotto  Costantino  furono  fatti  i  primi 
saggi  di  quest'arte,  che  doveva  poi  conservarsi  senza  interruzione  nella  Chiesa. 

Molto  si  desiderava  di  farsi  sepellire  coi  martiri  ;  san  Damaso ,  nell'epitafio  de'  com- 
pagni di  martirio  di  san  Sisto  papa,  scrisse: 

Hic  fateor  Dainasus  volui  mea  condere  membra, 
Sed  cinerea,  timui  sancios  vexare  pioruin; 
anche  sant'Ambrogio  avrebbe  voluto  un  posto  coi  santi  Gervaso  e  Protaso,  se  non  avesse 
creduto  men  decente  il  turbare  la  loro  quiete;  ma  vi  fu  deposto,  come  egli  stesso  avea 
collocato  il  fratello  Salirò  presso  al  martire  Viltore.  Il  comune  de'  fedeli  non  si  sepelliva 
in  chiesa,  sia  per  evitare  il  lezzo,  sia  per  non  guastare  i  pavimenti,  sia  perchè  nel  luogo 
consacrato  al  Dio  della  vita  non  pareva  decente  il  deporre  i  trionfi  della  morte  ;  onde 
sant'Efrem  diceva:  «  Non  lasciatemi  deporre  nella  casa  di  Dio  o  sotto  l'altare,  poiché 
«  mal  s'addice  a  un  verme  il  santuario  del  Signore  ». 

Quindi  l'uso  contrario  invalse,  e  mentre  i  primi  imperatori  invocavano  come  un  fa- 
vore d'esser  sepolti  nell'atrio  per  partecipare  alle  preghiere,  dappoi  urne,  cippi,  statue 
ingombrarono  le  chiese  e  gli  altari,  finché  il  concilio  di  Trento  non  frenò  l'abuso. 

Come  nelle  catacombe  artifiziali,  così  spesso  deponeansi  i  Cristiani  in  grotte  naturali 
supini,  entro  nicchie  scavate  nelle  pareti.  Inoltre  v'ebbe  sepolture  private,  bisomi,  tri- 
somi,  0  più  -,  separate  erano  quelle  de'  bambini  minori  di  quaranta  giorni. 

11  concilio  di  Elvira  del  30(),  al  canone  3i,  vieta  d'accender  lumi  ne'  campisanti,  per- 
ché non  n'abbiano  disturbo  i  corpi  ivi  giacenti:  pure  ne'  sepolcri  delle  catacombe  si 
trovano  lucerne,  e  la  volta  alTumicata  attesta  che  furono  accese.  Cosi  frequenti  sono  i 
fiori  effigiati  sulle  tombe,  ola  memoria  dell'averne  sparsi,  benché  Tertulliano  disapprovi 
quest'uso. 

§  292.   —  Scultura,  toreutica,   gliptica. 

Di  sculture  si  ornavano  gli  avelli,  si  da  morto,  si  da  battesimo,  e  moltissime  grandi 
urne  uscirono  dalle  catacombe.  Talvolta  i  Cristiani  sepellironsi  in  quelle  già  destinate  a 
Gentili,  onde  si  vedono  imenei,  combattimenti  gladiatorj,  satiri,  baccanali,  amorini. 
Altre  volte  le  scene  profane,  quando  l'arte  lo  permetteva.  1  soggetti  cristiani  sono  gli 
stessi  che  dicemmo  della  pittura.  Il  Baronio  ricorda  un  Severo,  un  Scrino,  un  Carpoforo, 
un  Vittorino  statuarj  :  d'un  Eutropio  fu  trovato  il  tumulo  da  Fabretti  ;  un  Mezio  Aprile 
ARTiFEx  siGNAUius  da  lioldelti  :  ma  alla  più  parte  di  quegli  artisti  basta  che  il  nome 
loro  lo  sappia  il  Signore. 

Le  lucerne  cristiane  sono  distinte  pei  simboli,  quali  il  candelabro  ebraico,  la  croce, 
il  monogramma  di  Cristo. 

Nella  toreutica  sono  importanti  i  dittici.  Furono  imitazione  dei  profani  (§  102),  ma 
per  iscrivervi  o  il  catalogo  de'  battezzati,  o  quel  degli  oblatori  onde  farne  commemora- 
zione nell'offertorio  della  messa,  o  de'  superiori  ecclesiastici,  de'  cherici,  de'  martiri  e 
confessori.  Ampliandosi,  divennero  i  calendari,  i  martirologj,  inecrologj,  ridotti  a  libri, 
e  coperti  ancora  con  tavolette  a  uso  dittici.  Queste  coperte  stesse,  ora  eburnee,  ora  d'ar- 
gento cesellato,  si  posero  anche  sopra  evangeli  e  libri  rituali.  L'uso  de'  dittici  é  certo  an- 
tico nella  Chiesa  latina  come  nella  greca;  e  il  rito  di  leggere  su  di  essi  il  nome  de'  vivi 
e  de'  morti  nelle  commemorazioni  della  messa  trovasi  durato  fin  nel  secolo  xvi.  Altre 
volte  nel  dittico  la  rappresentazione  non  era  più  un  ornamento,  ma  diveniva  il  principa- 
le, e  rivolta  all'interiore  la  sacra  immagine,  portavasi  indosso  per  devozione;  o  po- 
neansi  sopra  l'altare  spiegati,  al  modo  che  poi  si  fece  de'  quadri,  i  quali  perciò  lungo 
tempo  conservarono  la  forma  di  trittici,  chiudendosi  a  doppia  imposta. 

Anche  la  gliptica  fu  ridotta  ad  uso  cristiano,  per  ornare  gli  arredi  sacri  e  i  libri  ritua- 


SCULTURE,    ANELLI,    MARTORI  397 

li.  Quelle  pietre  portano  rappresentazioni  reiif,'iose  ;  immagini  del  Nazareno,  del  Croci- 
fisso, del  l)uou  Pastore  ;  o  storie  sacre,  come  un'Eva  che  co^'lie  il  pomo,  pubblicala  dal 
Vittori  da  un  lapislazzulo;  o  santi  o  storie  apocrife,  (juale  i  Sette  dormienti. 

§  293.  —  Anelli. 

I  primi  Cristani  negli  anelli  effigiavano  il  monogramma  di  Cristo,  o  la  croce,  o  una 
colomba.  Presto  l'anello  divenne  simbolo  delle  dignità  ecclesiastiche,  e  specialmente 
di  papi,  cardinali,  vescovi,  abbati,  badesse,  e  dei  dottori. 

L'anello  d'oro  senza  gemma  è  concesso  ai  prolonoturj  apostolici  ed  ai  canonici  delle 
cattedrali;  ma  fu  più  volle  proibito  celebrare  con  esso.  San  Carlo  Borromeo,  vietandolo 
ai  sem|)lici  preti,  lo  concedeva  ai  parrochi  delle  collegiate;  e  spesso  questi  investi- 
vansi  per  annulum  et  hiretum. 

L'anello  pescalorio  proprio  del  pontefice,  trae  nome  dall'effigie  di  san  Pietro  io  atto 
di  gettar  la  rete.  Con  esso  suggellansi  i  brevi,  che  per  ciò  diconsi  sub  annido  piscatoris 
(pag.  299].  E  custodito  dal  maestro  di  camera  del  pontefice;  e  morto  il  papa,  dopo  la 
ricognizione  del  cadavere  ,  esso  lo  consegna  entro  una  borsa  al  cardinale  camerlengo  , 
e  questo  al  primo  maestro  delle  cerimonie,  che  lo  spezza  insieme  col  sigillo  di  piombo 
delle  bolle.  Al  nuovo  pontefice  se  ne  consegna  un  nuovo  nel  giorno  che  riceve  la  prima 
adorazione  dai  cardinali. 

II  papa  ha  due  altri  anelli,  uno  con  pietra  preziosa,  che  porta  comunemente;  uno  che 
adopera  ne'  pontificali.  Trovasene  memoria  fino  al  257.  Quand'egli  dà  la  comunione, 
se  gli  bacia  in  prima  l'anello  pontificale,  uso  esteso  ai  vescovi.  Alle  cerimonie  del  ve- 
nerdì santo  non  si  porta  anello  ne  dal  papa  né  dai  cardinali  o  altri. 

I  cardinali  han  l'anello  d'oro  con  un  zaffiro,  sotto  la  cui  legatura  è  lo  stemma  del 
pontefice  che  lo  conferisce.  Probabilmente  cominciò  lai  uso  nel  xii  secolo,  come  segno 
dello  sposalizio  colla  Chiesa  di  cui  assumevano  il  titolo,  il  censo  che  essi  pagano  per 
averlo,  va  a  mantenimento  della  Congregazione  de  propaganda  fide;  né  prima  d'aver 
pagato  questa  tassa,  da  Pio  VII  ridotta  a  seicento  scudi  d'argento,  ricevono  i  tre  brevi 
apostolici,  coi  quali  acquistano  l'autorità  di  far  testamento,  di  trasferire  la  metà  delle 
pensioni,  e  di  disporre  delle  suppellettili  della  loro  cappella. 

Dell'anello  de'  vescovi  è  menzione  antichissima  ,  e  se  ne  valeano  per  suggellare.  È 
d'oro  con  qualche  pietra  senza  intaglio,  e  portasi  nell'anulare  della  man  destra.  Lo  ri- 
cevono all'alto  della  consacrazione,  e  l'antica  formola  era:  Accipe annulum  discretionis 
et  honoris,  fidei  signum,  ut  quce  signanda  sunt  f^ignes ,  et  quce  aperienda  sunt  prodas. 
I  vescovi  greci  non  usarono  mai  anello;  bensì  gli  altri  orientali. 

Anche  gli  abbati  regolari,  nell'atto  della  loro  solenne  benedizione,  vien  dato  l'anello. 
Così  faceasi  colle  badesse.  Quella  del  monastero  agostiniano  delle  Vergini  a  Venezia  , 
veniva  dal  doge  decorata  di  due  anelli:  in  uno  era  l'impronta  di  san  Marco,  nell'allro 
un  zaffiro. 

Eugenio  Ili  cominciò  a  dar  l'anello  ai  dottori  di  sacra  teologia. 

§   29i.  —  Altri   arredi  sacri. 

Altri  arnesi  appartengono  all'archeologia^cristiana.  Primi  vengono  gli  strumenti  di 
supplizio,  ideati  con  una  fecondissima  barbarie.  San  Damaso  papa  (-584J  li  rammenta 
già  nel  Carni,  xxxvii  : 

Verterà,  carnifices,  fiamma,  tormenta,  catenas 
Vincere  Laurenti  sola  fìdei  potuit. 

Fra  i  pochi  tormenti  mentovati  nelle  epigrafi  sono  le  forbici  e  le  impiombate.  Negli 
avanzi  riscontr^nsi  le  ungule  di  ferro,  spiccie  di  tanaglie  col  morso  a  dt-nti;  pettini  di 
ferro,  scuri,  lancie,  coltelli,  gravi  pesi  di  pietra,  caldaje,  croci,  ruote,  torchi,  graticole, 
tori  metallici,  celate  di  ferro.  Però  sui  monumenti  appajono  rarissimi,  onde  molti  posero 
in  dubbio  l'autenticità  di  quelli  che  in  natura  si  conservano.  Che  se  su  qualche  sepolcro 
troviamo  uncini,  cardasse,  tanaglie,  lancie,  indicano  piuttosto  il  mestiere  del  sepolto; 
tant'è  vero  che  non  mancano  ai  sepolcri  gentileschi.  Comuni  a  queste  sono  pure  e  le 
palme  e  i  cuori ,  che  forse  son  foglie,  e  che  probabilmente  erano  capriccio  del  marmo- 


598  ARCHEOLOGIA   E    BELLE   ARTI 

rajo.  Distintivo  dei  fossori  si  credono  le  marre  e  le  zappe.  In  generale  ripetiamo  che 
nei  primi  tempi  non  usarono  scene  di  martirio,  e  il  più  antico  documento  ove  ne  ap- 
pajono  è  il  Menologio  di  Basilio,  scritto  nel  ix  secolo,  ed  edito  a  Urbino  il  1727,  con 
figure  a  ogni  giorno,  esprimenti  i  varj  siipplizj.  Dappoi  Antonio  Gailonio  romano,  al  fine 
del  XVI  secolo,  ne  stese  un  trattato  speciale,  con  tavole  intagliate  da  Antonio  Tempesta; 
ma  sembra  lavorasspro  di  fantasia. 

Rari  pure  avanzarono  gli  strumenti  di  culto,  e  di  gran  semplicità.  Monumenti  parti- 
colari sono  i  vetri  de'  cimiteri,  de'  quali  alcuni  pezzi  si  trovano  appiccicati  con  calcina, 
e  forse  aveano  servito  alle  agapi.  Hanno  i  soggetti  stessi  degli  altri  monumenti ,  ma  ne 
differiscono  affatto  per  arte  e  stile,  e  son  del  tutto  rozzi.  Vi  si  vedono  iscrizioni,  simboli, 
acclamazioni:  Spes  hilaris,  Zeses  cvm  tvis,  o  simili. 

Gli  arredi  dapprima  dovettero  essere  semplici  e  poveri ,  ma  presto  s'arricchirono. 
Papa  Bonifazio  I  (-422)  comandò  che  calici  e  patene  fossero  di  legno;  ma  già  al  tempo 
di  sant'Ambrogio  le  chiese  possedeano  arredi  di  gran  valuta,  lampade,  turiboli,  corone 
pendenti  sopra  gli  altari ,  e  che  all'uopo  si  vendeano  per  dilatar  i  cimiteri  o  riscattare 
schiavi. 

Anastasio  Bibliotecario  cavò  dagli  archivj  del  Vaticano  il  catalogo  degli  arredi  donati 
da  Costantino  alla  basilica  di  San  Giovanni  Laterano,  di  ricchezza  portentosa: 

1.  Un  baldacchino  (fastifiium)  d'argento,  sul  cui  dinanzi  una  statua  del  Salvatore 
in  sedia,  alta  5  piedi  e  pesante  120  libbre  ;  inoltre  i  dodici  apostoli  con  corone  d'argento 
purissimo  in  testa,  alti  ciascuno  5  piedi,  e  pesanti  90  lib.  Sul  dietro  un'altra  statua  del 
Redentore  ,  in  trono,  e  che  guarda  l'abside,  alta  5  piedi  ,  e  pesante  140  lib.  Vicino  di 
lei ,  quattro  angeli  d'argento,  di  5  piedi  e  del  peso  di  50  lib.;  e  tutto  il  baldacchino 
pesa  lib.  2025. 

2.  Una  lumiera  d'oro  puro,  con  quindici  delfini,  e  pesante  25  lib.,  colla  catena  che 
la  sospende  al  baldacchino, 

3.  Quattro  candelabri  d'oro  puro,  a  forma  di  corone,  ornati  di  venti  delfini,  e  pesanti 
15  lib.  ciascuno. 

i.  La  volta  della  basilica,  dorata  in  tutta  la  sua  lunghezza,  che  è  di  500  piedi. 

5.  Sette  altari  d'argento,  ciascuno  di  200  lib. 

6.  Sette  patene  d'oro,  da  30  lib. 

7.  Sedici  d'argento,  da  30  lib. 

8.  Sette  coppe  d'oro  puro,  da  10  lib. 

9.  Una  di  metallo,  sparsa  d'oro  e  adorna  di  corallo,  smeraldi,  giacinti,  pesante  20 
lib.  5  oncie. 

10.  Venti  coppe  d'argento  da  15  lib. 

11.  Due  vasi  sacri  d'oro  puro,  da  50  lib.,  capaci  di  3  medimni  ciascuno. 

12.  Altri  venti  d'argento,  da  10  lib.  e  da  un  medimno  (pinte  46  1i2}. 
15.  Quaranta  calici  d'oro  puro,  da  1  lib. 

14.  Cinquanta  d'argento,  da  2  lib. 

15.  Un  candelabro  d'oro  puro,  collocato  avanti  all'altare,  ornato  di  venticinque  del- 
fini, e  pesante  30  lib. 

16.  Un  candelabro  d'argento  con  venti  delfini,  da  50  lib. 

17.  Quarantacinque  candelabri  d'argento,  disposti  nella  nave,  ciascuno  da  30  lib. 

18.  Dal  lato  destro  della  basilica,  quaranta  candelabri,  da  20  lib.  d'argento. 

19.  Dal  sinistro  altri  venticinque. 

20.  E  altri  cin(]iianta  nella  nave,  simili. 

21.  Tre  urne  d'argento,  da  30  lib.,  e  capaci  di  10  medimni  ciascuna. 

22.  Due  incensieri  d'oro  puro,  da  30  lib. 

23.  Indi  nel  battistero  una  vasca  di  porfido  ,  dentro  e  fuori  rivestita  di  lamina  d'ar- 
gento per  3008  lib. 

24.  Nel  mezzo  una  colonna  di  porfido,  che  sostiene  una  lampada  d'oro  puro,  da  50 
libbre. 

25.  Sull'orlo  della  vasca  un  agnello  che  versa  acqua,  di  oO  lib.  d'oro. 

26.  A  destra  di  (jiiello  una  statua  di  Cristo  ,  d'argento  puro  ,  alta  5  piedi,  e  pesante 
70  lib. 

27.  A  sinistra  un'altra  del  Battista,  d'argento,  alta  5  piedi,  del  peso  di  100  lib. 


VESTI   DE    CRISTIANI 


349 


28.  Sette  cervi  d'argento  che  spandono  acqua,  da  80  lib.  ciascuno. 

29.  Un  incensiere  di  10  lib.  d'oro  puro,  ornato  di  quarantadue  pietre  fine. 

Erano  dunque  68")  libbre  d'oro,  e  I2,0i5  d'argento,  non  contando  la  doratura  della 
volta;  lo  che  importerebbe  1,700,000  franchi  senza  la  fattura.  Costantino  vi  aggiunse 
fondi  per  una  rendita  di  circa  230  mila  lire,  e  l'annuo  tributo  di  150  libre  d'aromi. 
Tanta  liberalità  fece  dubitare  sulla  veridicità  del  testo,  la  quale  fu  da  autorevoli  critici 
sostenuta. 

Usavano  certi  candellieri  a  molti  bracci,  chiamati  alberi,  a  somiglianza  dell'ebraico 
che  spesso  è  effigiato  sui  monumenti  cristiani  ;  ma  per  l'Illuminazione  preferivasi  l'olio. 
Con  quello  delle  lampade  de'  luoghi  santi  ungevnnsi  i  malati  (Crisostomo,  Op.  xii,  573)  ; 
e  talvolta  al  nascer  d'un  bambino  se  ne  accendeano  molte  col  nome  differente,  e  di 
quella  che  più  durasse  applicavasi  il  nome  al  neonato. 

Delle  campane  parlammo  al  §  27S. 

g  29S.  —  Vesti. 

1  primi  Cristiani,  sacerdoti  o  no,  ebbero  vesti  indistinte  dagli  altri  :  solo  la  gravità  del 
ministero  facea  che  i  sacerdoti  ne  preferissero  di  positive  e  brune.  Cli  Ebrei  solevano 
portare  la  tunica  doppia,  coperta  d'im  lungo  mantello  colle  maniche  aperte  e  senza 
cintura.  Forse  la  povertà  avrà  indotto  i  primi  discepoli  ad  usare  la  tunica  semplice  , 
colla  cintura  e  i  sandali ,  quali  i  monumenti  ce  li  presentano.  La  penula  ,  di  cui  parla 
san  Paolo,  era  un  mantello  di  viaggio,  corto,  chiuso  e  col  cappuccio. 

Cli  asceti  conservarono  il  pallio  de'  filosofi,  ma  il  clero  ordinario  sfuggiva  questa  di- 
stinzione. Il  pallio  era  quadrangolare,  di  lana  nera  o  scura,  e  cadeva  fin  a  terra,  senza 
essere  attaccato,  ma  si  facea  passare  sopra  la  spalla  sinistra  e  sotto  la  spalla  destra,  per 
modo  che  il  braccio  restava  libero;  oppure  avvolgendolo  attorno  al  collo,  inviluppava 
le  spalle  e  le  braccia.  Con  esso  teneansi  nudi  il  capo  e  i  piedi  ;  e  una  tunica  di  sotto. 

Già  sedendo  papa  sant'Anacleto  (-91),  sono  indicati  come  obbligatorj  gli  ornamenti 
sacerdotali  pel  servizio  dell'altare;  un  secolo  e  mezzo  più  tardi,  Origene  afferma  esser 
proibito  il  portarli  fuori  di  chiesa;  e  san  Girolamo  dice,  la  religione  aver  un  addobbo 
per  le  funzioni  sacre  de'  suoi  ministri,  uno  per  la  vita  comune. 

Cli  abiti  liturgici  derivano  in  gran  parte  dagli  ebraici.  Questi  consistevano  nei  femo- 
rali, il  camice  (linea),  la  cintura,  il  berretto,  la  tunica  giacintina,  l'efod  o soprumerale, 
il  razionale,  e  la  tiara,  l  primi  due  erano  di  tela  di  bisso.  La  cintura,  bianca  macchiet- 
tata come  un  serpente  in  rosso,  larga  da  quattro  dita,  e  portata  quasi  a  modo  della  stola 
diaconale.  Il  berretto  era  una  larga  benda  di  lino,  avvolta  come  un  turbante  a  semisfera. 
La  tunica  giacintina  o  azzurra  somigliava  alla  dalmatica,  con  una  frangia  di  settantadue 
campanelli  d'oro  alternati  con  pomi  di  lana  variopinta.  La  parte  superiore  era  coperta 
dnll'efod  ,  specie  di  cnloba  senza  maniche,  sparafa  ai  lati,  e  tutto  a  gemme.  Nell'efod 
incastravasi  il  razionale,  solido  e  prezioso,  con  dodici  gpmme  in  oro,  su  ciascuna  delle 
quali  stava  scritto  il  nome  d'una  tribù;  equivarrebbe  al  pallio  moderno.  La  tiara  o  cidaris, 
di  forma  ovale,  terminava  in  due  corna  rientranti  che  costituivano  un  calice;  era  color 
celeste,  con  triplice  corona  d'oro  e  bottoni  di  fiordi  giusquiamo;  interrotta  nel  mezzo 
della  fronte  da  una  mezzaluna  d'oro  su  cui  era  scritto  il  divino  tetragramraa:  era  il 
segno  de'  pontefici. 

Imitazione  di  questi  furono  i  primi  arredi  sacerdotali  de' Cristiani.  Nel  ii  secolo.  Pio  I 
papa  menziona  hcoloha  come  distintivo  de' vescovi,  ch'era  una  seconda  tunica  agi.'iunta 
a  quella  prima,  scendente  a  mezza  gamba,  col  cappuccio  e  colle  maniche  fin  al  gomito, 
e  fu  adoperata  sin  al  iv  secolo  uscente.  Allora  prevalse  la  dalmoticn  talare,  come  al 
mantello  successe  il  birro ,  ch'era  tondo,  ma  sparato  davanti,  e  gettavasi  sulla  spalla, 
tenendolo  fermo  al  petto  con  un  attaccagnolo,  Da  prima  era  stato  proprio  soltanto  dei 
militari,  e  col  venire  adottato  dai  cittadini  fu  reso  più  ampio  e  lungo.  Facevasi  di  lana 
per  lo  più  di  color  naturale.  Così  l'abito  sacerdotale  ampliandosi,  si  staccava  viepiù  da 
quello  de'  secolari  che  diveniva  succinto.  La  cappa  compare  verso  il  .530;  e  forse  prima 
in  Ispagna  ;  mentre  fio  all'viu  secolo.  Italiani  e  Francesi  preferivano  la  casu/a;  che  però 
al  fine  die"  luogo  pertutto  alla  cappa  ridotta  distintivo  del  clero. 

L'abito  che  più  conservossi  fu  la  tonaca,  la  quale  pertossi  sotto  al  birro,  alla  penula, 


401»  ARCHEOLOGIA    E    BELLt    AKTI 

alla  casula,  alla  cappa  :  ora  fu  di  lino,  or  di  lana,  e  più  o  men  fina,  ma  sempre  semplice. 
La  sottana  o  vesta  talare  che  vi  successe  ecbe  portasi  tuttora,  nel  xvi  secolo  fu  ordinato 
fosse  nera. 

La  stola  dovette  essere  il  primo  abito  sacro  per  l'ammiDistrazione  de'  sacramenti ,  e 
consisteva  in  una  lunga  fascia  che  sospendeasi  al  collo.  Il  concilio  di  Laodicea  sotto 
Silvestro  1  (-336)  ne  interdice  l'uso  ai  suddiaconi  e  ai  lettori:  quello  di  Braga  fS72)  e 
quel  di  Toledo  ^tìSS)  vogliono  che  il  diacono  la  porli  sulla  spalla  sinistra,  mentre  il  prete 
la  incrocia  sul  petto:  nel  concilio  di  Magonza  fSIS)  fu  riconosciuia  come  segno  obbli- 
gatorio e  distintivo  della  dignità  sacerdotale.  Enino  rituali  i  capelli  corti. 

San  Girolamo  diceva  come  i  vescovi  non  usassero  la  seta  né  vesti  bianche;  ma  presto 
adottarono  un  addobbo  più  ricco  del  basso  clero.  Nel  ui  secolo  aveano  tunica  di  lino, 
dalmatica  talare  con  maniche  lunghe,  birro  d'un  sol  colore,  il  quale  poi  die  luogo  alla 
casula.  Col  cappuccio  si  coprivano  la  testa;  poi  nel  secolo  x,  a  somiglianza  del  restante 
clero,  presero  il  berretto  rotondo,  indi  quadrato,  più  tardi  la  mitra.  Serbarono  l'uso  dei 
sandali,  mentre  i  laici  portavano  il  coturno,  e  quei  de'  vescovi  erano  distinti  da  quelli 
dei  preti  che  non  avean  legacci. 
Monographie  de  la  Grosse  episcopale^  par  M-  le  cortile  Auguste  de  Bastabd,  nel  Bullelin  du  cornile  de 

la  langue^  de  l'hiitoire  et  des  arts  de  la  France.  T.  iv.  Parigi  ^86^. 

§  296.  —  Iscrizioni  cristiane. 

Della  musica  cristiana  parlammo  al  §  278,  e  delle  bolle  pontifizie  al  §  212.  In  tulle 
le  raccolte  d'iscrizioni  si  fa  una  classe  apposita  delle  cristiane,  delle  quali  la  più  ampia 
messe  venne  dalle  catacombe.  Ancora  nel  xvi  secolo  non  conosceansi  più  di  mille  iscri- 
zioni cristiane;  ora  pei  soli  5  primi  secoli  se  ne  hanno  undici  migliaja.  Il  numero  co- 
minciò a  crescere  dacché  si  apersero  le  catacombe,  e  furono  studiate  da  coloro  che 
accennammo  al  ,^  284.  Gaetano  Marini  continuò  a  raccorre  dal  ITOo  (in  al  1801  ,  e  la 
raccolta  sua  lasciò  alla  biblioteca  Vaticana ,  contenente  8591  iscrizioni  latine  e  727 
greche.  Angelo  Mai  cominciò  a  ristan)parle  ncWa  Script orum  vet.  callectw\  ma  tal  era 
la  difficoltà  che  cessò  dopo  il  primo  volume.  Giambattista  De  Kossi  studioso  dell'epi- 
grafìa, fu  dalla  munificenza  di  Pio  IX  ajulato  a  continuar  quel  lavoro,  e  cominciata  la 
stampa  nel  1837,  nel  62  uscì  il  primo  volume.  Non  arriverà  la  sua  raccolta  che  al  tempo 
di  Gregorio  Magno,  quando  Roma  antica  cessa:  preferisce  la  distribuzione  geografica,  e 
comincia  dalle  romane,  cioè  della  città  e  30  miglia  in  giro.  Di  queste  32  son  anteriori  a 
Costantino;  92  dell'età  Costantiniana;  20  del  tempo  di  Giuliano;  75  dal  564  al  74; 
244  dal  573  al  400;  92  dal  410  al  440,  oltre  le  incerte,  che  sono  moltissime:  l'ultima  è 
del  .389.  Gli  anni  son  notati  generalmente  dai  consoli ,  anche  quando  questi  sieno  im- 
peratori nemicissimi  ;  come  Giuliano,  e  afiplicandovi  anche  il  Divus  officiale. 

Preziosissime  son  esse,  sia  per  attestare  fatti  storici,  sia  per  accertare  la  cronologia 
sacra,  o  dogmi,  o  riti  primitivi;  sia  anche  perispiegare  voci  ecclesiastiche.  Ne  trovammo 
di  quelle  che  attestano  la  ferocia  delle  persecuzioni,  negata  da  qualche  storico. 

A  coloro  che  riducono  a  minimo  numero  le  vittime,  volle  ris[)ondere  il  Visconti  {AJe- 
morie  romane  d'antichità.  Roma  1823)  colle  troppe  iscrizioni  di  martiri.  Di  molli  non 
8'indicava  il  nome,  ma  il  numero;  così  queste: 

MARCELLA  ET  CORISTI  MARTVRES  CCCCCI  ; 
HIC  BEQVIESCIT  MEDlCVS  CVM  PLVRIBVS  ; 
CL   MAHTYBES   CHRISTI. 

Fors'anche  son  numeri  di  martiri  quelli  che.senz'altra  indicazione,  troviamo  su  alcune 
sepolture,  colla  corona  e  la  palma;  del  qual  uso  ci  è  testimonio  anche  questo  epigramma 
di  Prudenzio; 

Sutìt  et  multa  tamen,  tacilas  claudenlia  tuiìibas 

Marmura,  quce  solum  signifìcant  numerum. 
Quanta  virum  jaceant,  congestis  corpora  acervis, 

Scire  licet,  quorum  nomina  nulla  legas. 
Sexnginta  illic,  defossa  mole  sub  una^ 

Reliquias  memini  me  dtdicisse  hominum.  Carm.  xi. 
Una  per  esempio  dice: 

n.  XZX.  SVRBA   ET  8ENBC.   COSS. 


ISCRIZIONI  CRISTIANE  401 

e  la  riporto  perchè  lo  ci  dà  trenta  uccisi  sotto  il  pio  Trajano  ;  2**  contraddice  a  chi 
asserì  (cornei!  Burnet,  LetteredaW Italia,  p.  22ij  che  i  Cristiani  non  avessero  catacombe 
prima  dei  iv  secolo:  questa  del  107  fu  scavata  da  una  catacomha  (1). 

Alcune  esprimono  anche  il  mestiere,  come  follroi.a  qve  op.dkv  vendei  in  ria  nora; 
cioè  una  venditrice  d'orzo  in  strada  nuova  (Boldetti).  Fu  a  San  Saturnino,  poi  nella 
cappella  della  villa  Albani  la  seguente: 

REGINE   VENEMERENTI   FILU    SVA    FECIT 
VENE   REGINE   MATRr    VIDVE    QSE   SE 
DIT  VIDVA   ANNOS   LX    ET    ECCLESIA 
NVNQVA   GRAVAVIT  VMBVRAQVE 
VIXIT   ANNOS  LXXX   MESIS    V 
DIES   XXVI 

La  pia  defunta  volle  attestare  che,  quantunque  vedova,  non  era  stata  di  aggravio  alla 
chiesa,  e  forse  neppure  nella  spesa  occorrente  pel  sepolcro. 

Le  espressioni  di  fugacità,  di  risurrezione  contrastano  a  quella  di  domus  ceterna  o 
simili,  che  talvolta  i  Pagani  mettevano  sui  loro  sepolcri.  Le  iscrizioni  loro  non  ram- 
mentano che  tenebre.  Una  dice:  viator  noli  miri  maledicere,  neqveo  in  tEnerris 
RESPONDERE  (Gruter,  9i4.  fi).  Un'altra:  thai.lvsa  hoc  tvmvlo  condita  lvce  caret 
(MiiRATOiii,  1384.  7j.  Una  terza:  hic  .iaceo  in  tenebris  (Doni,  ci.  x.  79).  Nelle  cri- 
stiane invece  tutto  è  luce:  lvx  TiBrCHRiSTvs  adest  —  lvce  nova  frveris. 

Frequente  è  la  formola  famulus  Dei,  mentre  rarissima  quella  di  libertus  o  servm: 
perocché,  anche  negli  interrogatorj  criminali,  rispoodeano  d'esser  servi  di  Dio,  liberti 
di  Cristo,  secondo  la  parola  di  san  Paolo  ai  Corintj  :  Qui  in  domino  vocatus  est  servus, 
libertus  est  domini  :  similiter  qui  liber  vocatus  est,  servus  est  Christi. 

Di  rado  esprimono  la  figliazione  o  la  patria,  giacché  bastava  loro  la  qualità  di  cri- 
stiano. Onde  negli  atti  di  san  Luciano  è  detto:  Qui  enim  Christianus  sum  dixit ,  et 
patriam  et  genus  et  artis  professionem  et  omnia  decìaravit.  Christiana  nulla  est  artis  pro- 
fessio,  sed  ad  supernam  conve.rsationem  vitce  pertinet. 

Negli  epiteti  laudativi  o  affettuosi  rifiutano  quel  rigore  esagerato,  che  vorrebbe  esclu- 
dere dagli  epitafj  l'elogio  de'  morti  e  la  tenerezza  de' sopravissuti.  Il  dolore  vi  è  tenero, 
ma  fermo  e  sostenuto;  e  le  iscrizioni  sempre  brevi,  perchè  la  morte  non  è  verbosa.  Non 
mancano  epitafj  più  complicati ,  come  sarebbero  quelli  di  papa  Damaso.  Spon  in  San 
Lorenzo  fuor  delle  mura  lesse  questo  del  382: 

AMPLIFICA»   SEQVITVR  VITAM    DVM    CASTA    AFRODITE 
FECIT    AD  ASTRA    VIAM.    CHRISTI    MODO    GAVDET    IN    AVLA. 
RESTITIT    H/EC    MVNDO   SEMPER    COELESTIA    QV.ERENS 
OPTIMA    SERVATRIX   LEGIS   FIDEIQVE   MAGISTRA 
DEDIT    EGREGIAM  SA^CTIS   PER   SECVLA  MENTE.M 
INTER    EXIMIOS   PARADISI   SEGNAT  ODORES 
TEPORE  CONTINVO   VERNAST    VBI   GRAMINA   QV.tVIS 
EXPECTATQVE   DEVM   SVPERAS   QVO  SVRGAT   AD   AVRAS 
HOC    POSVIT   CORPVS   TVMVLO   MORTALI*   LINQVENS 
FVNDAVITQVE    LOCVM    CONJVX   EVA ANS. 

(\)  Nelle  precedenti  nostre  edizioni  avevamo  recata  quest'iscrizione,  dal  tempo  degli  Antonini,  che  rivela 
la  profonda  mestizia  de'  perseguitati,  e  la  speranza  : 

ALEXANDER  MORTVVS  NON  EST  SED  VIVIT  SVPER  ASTRA  ET  CORPVS  IN  HOC  TVMVLO  QVIESCIT.  VITAM 
EXPLEVIT  CVM  ANTONINO  IMP.  QVI  VBI  MVLTVM  BENEFITII  ANTEVENIRE  PHBVIDERET  PRO  GRATIA  ODIVM 
HEDDIT.  GENVA  ENIM  FLECTENS  VERO  DEO  SACRIFICATVRVS  AD  SVPPLICIA  DVCITVR.  O  TEMPORA  INFAVSTA 
QVIBVS  INTER  SACRA  ET  VOTA  NE  IN  CAVERNIS  QVIDEM  SALVARE  POSSVMVS.  QVID  MISERIVS  VITA?  SED  QWD 
MISERIVS  IN  MORTE  CVM  AB  AMICIS  ET  PARENTIBVS  SBPELLIRI  NEQVEANT?  ARRINGHI,  Tioma  SubUrratiea, 
U.  p.  GSo). 

E  quest'altra  : 

TEMPORE   HADRIANI    IMPERATOBIS  MARIVS 

ADOLESCENS  DVX  MILITVM   QVI  SATIS  VIXIT 

DVM    VITAM     PRO    CHRISTO  CVM  SANGVINE 

CONSVMSIT  IN   PACE. 

Ma  bi.oni  ciiliii  nioslnirono  (he  sono  finte,  e  insinuale  subdoliinuiife  Pia  le  carie  del  liosio. 

Cantò,  Documenti.  —  Tomo  I,  Archeohvjia  e  Bello  Arti.  26 


402  ARCHEOLOGIA    E   BELLE   ARTI 

A  Lione  nel  461  morì  una  famiglia,  cui  fu  posto  il  seguente:  in  hvc  locv  reqvievit 

LEVCADIA  DEO  SACRATA  PVELLA  QVI  VITAM  SVAM  PROVT  PP.OPOSVERAT  GESSIT  QVI  VIXIT 
ANNOS  XVI  TANTVM   BEATIOR  IN  DOMINO  COiNUEDlT  MENTEM  POST   CONSVLATVM    TlIEODOSIl  Xlll. 

Un'iscrizione  vicentina  dice:  Martina  cara  conjvx  qv^  venit  de  gallia  per  man- 

TIONES    VT    COMMEMORARET    MEMORIaM    DVLCISSIMI    MARITI  SVI  BENE  QVIESCAS  DVLCISSIME   MI 

MARiTE  (Giovanni  da  Schio,  Le  antiche  iscrizioni  di  Vicenza,  1850j, 

Altre  iscrizioni  esprimono  voti,  doni,  dediche  di  edifizj  o  di  ciraelj.  Una  perugina, 
pubblicata  dal  Vermiglioli,  dice  : 

MEMMIVS  SALLVSTIVS 

SALViivvs  DiANVs  V  s  {viv  speclabili$) 

BASILICA»!  SANCTORVM 
ANGELORVM  FECIT  IN 
QVA   SEPELLIRI    NON    LICET 

Sopra  la  coperta  d'oro  d'un  codice  a  Monza  è:  ex  donis  dei  dedit  theodvlinda  reg. 

IN  BASELECA  QVAM    FVNDAVIT    IN  MODICIA  JVXTA   PALATIVM  SVVM  ;   C   in   UU   diSCO    argenteo 

trovato  a  Perugia:  de  donis  dei  et  domni  petiu  vtere  felix  cvm  gavdio. 

Altre  esprimono  leggi  e  decreti,  massime  di  dignità  ecclesiastiche,  o  lasciti  e  isti- 
tuzioni. 

Molte  iscrizioni  delle  tombe  non  sono  che  segnate  col  cinabro  o  anche  col  carbone, 
e  talora  sulla  semplice  calce,  e  con  caratteri  rozzi  e  molti  errori  d'ortografia  e  di  gram- 
matica. 

In  certune  sono  conservate  formolo  pagane,  come  D.  M.  diis  manihus.  Alcuni  vollero 
leggervi  Deo  Maximo;  ma  sembra  piuttosto  che  servissero  all'usanza,  o  si  valessero  di 
lapidi  già  preparate  nelle  botteghe  de'quadratarj. 

Talora  anche  si  servirono  di  lapidi  pagane,  scrivendo  sul  rovescio;  talché  voltale,  vi 
si  trovano  epigrafi  anteriori. 

Affettuose  sono  le  salutazioni,  ed  accennano  alla  certezza  d'una  seconda  vita,  e  a 
quel  legame  che  la  religione  perpetua  anche  al  di  là  del  sepolcro  :  Bene  qviescas.  Cvm 
Deo  in  pace.  Bibas  (vivas)  in  Christo.  Iit  ad  Devm.  Fecit  in  pace.  Exit  et  manet  in 
PACE.  Cvm  sanctis  tvis  in  /Eternvm.  Lvx  vivas  in  Deo.  Mortvvs  non  est  sed  vivit  in 
ASTRA.  Non  meritvs  in  vita  reddidit  in  PACE  Domini.  Pax  tecvm  sit.  Qvi  in  vnvm  Devm 

CREDIDIT.   ReCESSIT  IN   SOMNO  PACIS  ReCORDETVR  ILLIVS.   DevS  IN  S^CVLA.  Te  DeVS  SVSCl- 

piAT  IN  PACE.  IN  SPE.  Merita  resvrgere,  dicc  Ciriaco  a  sua  moglie  Albana  in  un  epi- 
tafio  del  Vaticano.  Svrgatis  pariter,  Christo  jubente,  beati,  augura  a  due  conjugi 
un  marmo  di  Tolentino  (Fabretti,  x,  SOo)  Un  altro  è  ;  Clavdio  benemerenti  stvdioso 
Qvi  AMAViT  ME  VIXIT  AN.  p.  M.  fannos  plus  minus)  XXV  IN  p.  E  un  altro:  Qvem  ego  Sa- 
viNiLLA  Jesv  Christi  ancilla  propris  manibvs  sepelivi. 
Spesso  il  morto  favella  ai  superstiti  :  Vixi  dvm  vixi  bene.  Jam  mea  peracta  est,  mox 

VESTRA    AGETVR  FABVLA.   VALETE  ET    PLAVDITE.   VlXI  ANMS  LXVII  (MONTFACCON,  V,  SUpp. 

75.  76).  Peto  ^co  (ego)  Syncrativs  a  bonis  vniversis,  sodalis,  vt  sine  bile  refrige- 
RETis  Syncratiorvm  (BUONARROTI,  pag.  145),  cioè  che  in  pace  facciate  le  inferie 
de'  Sincrazj. 

Né  vi  mancarono  formole  imprecatone  contro  chi  turbasse  i  sepolcri  ;  residuo  del 
paganesimo  : 

MALE  PEBEAT  ,  INSEPVLTVS  JACEAT ,  NON  BESVRGAT  ,  CvM  JVDA  PARTEM  HABEAT  SI  QVIS  SEPVLCRVM  kutlC 
VIOLAVEllIT.  —  NEMO  SVVM  VEL  ALIVM  CADAVER  SVPEB  ME  MITTAT.  QVOD  SI  HOC  PB«SVMPSERIT,  SIT  MALE- 
DICTVS    ET    IN    FERPETVVM    ANATHEMAT    CONSTRICTVS. 

L'eleganza  è  minore  che  nelle  etniche,  maggiore  l'affetto.  Gl'idiotismi  e  gli  abbon- 
danti errori  le  mostrano  opera  del  popolo.  Per  esempio:  bone  memorie  innocenti 

AmaNTIO  QVl  VlXlT  ANNOS  Vili  DIES  VI  QVIESCENTI  IN  SINVS  AbRAH.E  FsaC  ET  JaCOB  IN  PACE 
ClIRISTl  DmNI   PS.   Vili   KAL.   JAN. 

In  un  epitafio  della  martire  Severa,  dottamente  illustrato  dal  Lupi,  dicesi  : 

CONSOLE   CLVDIO    EO  PATERNO,    NONI    NOVE 
BHIBVS   DIE   VE^ERES    I.VMA    XXIIII    LEVCES 
FELIE   SEVERE    CARESSEME    POSVETK    ED 
ISPIRITO   8ANCT0    TVO,    MORIVA   ANNORVM 
XXXVI    ED    MESORON    XI    DEVRON    X. 


rNUMISMATICA   CRISTIANA 


403 


Fra  tanti  solecismi,  già  incontriamo  Ved  e  Vi  efelcustico  in  ispirilo.  Tale  è  pure  in 
questa  :  bellica  fedelissima  virgo  in  pace.  In  quegli  errori  noi  volemmo  vedere  una 
prova  della  sussistenza  d'una  lingua  vulgare,  che  allora  veniva  a  prevalere.  In  una 
pittura  delle  catacombe,  rappresentante  an'agape  (Bottari,  Pitture.,  t.  u.  tav.  122)  si 
legge;  Irene,  da  calda  —  Agape,  misce  mi. 

Il  padre  Zaccaria  nella /s/iiwsfone  antiquaria  lapidaria  (Roma  1770  e  Venezia  1793),  mostrò  le  iscrizioni 
cristiane  come  un  altro  luogo  teologico  ,  e  ne  fissò  le  regole  ed  i  criterj.  De  veterutn  crislianorum 
intcriptionum  usti  in  rebus  theologicis. 

Edmond  le  Blant,  Inscriptions  chrétiennes  de  la  Caule  anlérieures  au  vn  tiècle,  réunte»  et  annotées. 
Parigi  -1856. 


297.  —  Numismatica  cristiana. 


Numismatica  cristiana  dicesi  lo  studio  delle  medaglie  che  portano  note  cristiane];  nel 
qaal  novero  entrano  tutte  le  pontifizie  sino  ai  dì  nostri. 

Gl'imperatori  non  cominciarono  a  porre  simboli  cristiani  se  non  dopo  Costantino,  e 
perciò  la  massima  parte  di  tali  numismi  uscì  dalla  zecca  bisantina.  Giovanni  Damasceno 
asserisce  che  Costantino  pel  primo  effigiò  il  Cristo  nelle  sue  monete;  ma  non  ne  ab- 
biamo. Su  quelle  di  Crispo  vedesi  il  Salvatore  in  trono  fra  due  figure  paludate. 

È  scritto  dngli  storici  arabi  che  Giustiniano  II,  sdegnato  col  calitTo  Abd  el-Malek. 
perchè  nello  scrivergli  avesse  principiato  con  quel  testo  del  Corano  Di'  che  vi  è  un  solo 
Dio,  il  minacciò  di  mandargli  monete  con  leggende  che  non  piacerebbero  ai  Musulmani 
Di  ciò  ofTeso,  il  califfo  cominciò  a  coniar  monete  proprie,  sulle  quali  di  fatto  si  leggono 
i  testi  Dio  è  uno.  Dio  è  eterno,  non  genera  e  non  è  r/eneratOy  e  non  v'è  alcuno  simile  a  lui  ;  e 
le  lodi  di  Maometto.  Per  ricambio  Giustiniano  cominciò  a  mettere  sulle  monete  l'effigie 
del  Salvatore,  coll'epigrafe  I.  C.  rex  regnantivm,  e  all'imperatore  il  titolo  di  servvs 
Christi, 

Cristo  poi  di  frequente  compare,  quando  seduto  colla  destra  alzata  in  atto  di  bene- 
dire, e  colla  croce  nella  sinistra;  quando  in  piedi  avanti  ad  una  crocee  col  libro  dei 
Vangeli,  come  in  quelle  di  Giustiniano  li;  quando  col  solo  busto,  come  in  quelle  di 
Michele  I  e  II:  in  quelle  di  Romano  IV  Diogene,  è  ritto  in  piedi  sovra  un  cuscino, 
colle  mani  posate  sulla  testa  di  Romano  e  di  Eudossia  moglie  di  lui;  in  quelle  d'An- 
dronico 1,  egli  incorona  l'imperatore;  in  quelle  di  Teodosio  I,  è  seduto  in  trono.  Anche 
agli  imperatori  è  spesso  posto  il  nimbo;  altre  volte  sono  coronati  da  una  mano  che 
scende  dal  cielo,  o  da  Cristo  stesso. 

Le  epigrafi  notano  IC:  XC  :  HIC  :  XPS  :  XIS  EMANUEL  :  REX  REGNANTIUM  :  D. 
N.  IHS.  CHS  :  IIISYS  XRISTYS  NIKA:  KYPYE  BOH0H  TO  SO  AOVAO  (sic).  Più  spesso 
evvi  il  noto  monogramma  -v^,  talora  coll'acclamazione  in  hoc  signo  vinces.  La  croce 
poi  è  fre(iuentissima  e  in  forme  varie;  or  sola,  ora  in  mezzo  ad  una  corona  d'alloro,  o 
allo  scudo:  quando  accompagnata  da  stelle  o  dall' A  n,  quando  in  man  de' cesari  o  di 
Cristo;  0  sopra  il  globo,  segno  dell'impero,  o  sulle  regie  corone;  e  con  acclamazioni 
Lvx  MVNDi.  Salvs  MVNDi.  Devs  adjvta  romanis  ccc.  In  una  medaglia  d'oro  di  Galla  Pla- 
cidia,  la  dea  Vittoria  tiene  la  croce.  Il  labaro 
era  insegna  antica  dei  Romani  ;  solo  vi  fu  so- 
vrapposto il  monogramma  venerato. 

Quando,  per  opposizione  all'eresia,  s'estese 
^il  culto  della  Vergine,  anche  l'immagine  di 
essa  apparve  sui  numismi,  cominciando  da 
Giovanni  I  Zimisce;  poi  fu  veduta  coll'infante  X^^iljlll^Cc^ 

divino  in  grembo,  o  in  atto  di  mostrarlo  ai 
Magi;  ed  ora  il  bambino  posa  la  mano  sul  .capojdeirimperatore,  or  con  esso  tiene  il 
labaro  e  la  croce. 

Né  vi  mancano  santi,  come  Michele,  Demetrio,  Giorgio,  Eugenio, 

Oleario,  Prodromus  Hagiologice  numismaticm, 
Koeler,  Delicice  numismalicae. 


404 


ARCHEOLOGIA   E   BELLE    ARTI 


Questo  'costume  passò  poi  dai  bisantini  ad  altri  regnanti ,  e  massime  nel  medioevo. 
Sia  d'esempio  la  presente  moneta  di  Carlo  Magno, 

Viepiù  lo  fecero  le  città  libere,  le  quali 
non  avendo  dominio  di  principe,  v'im- 
prontarono la  croce  e  il  santo  patrono. 
Questa  forma  divenne  tanto  comune,  che 
ancor  diciamo  croce  e  santi  per  indicare 
il  dritto  e  il  rovescio  della  moneta.  Vene- 
zia continuò  sempre  a  porre  san  Marco 
che  investisce  il  doge  ;  Genova  tenne  Ma- 
ria vergine,  come  altre  città  italiche.  Delle  medaglie  papali  non  si  possiede  compita 
la  serie^che  dopo  Martino  V  (-1431). 


§298. 


Architettura. 


Quando  dai  paurosi  nascondigli  potè  il  cristianesimo  comparire  alla  luce  del  giorno, 
e  acquistare  tolleranza  poi  potenza,  man  mano  che  trionfava  del  culto  nemico  ne  trae 
a  sé  gli  edifizj,  che  convertiva  ai  riti  della  Redenzione. 

Ma  piccolo  soleva  essere  il  tempio  pagano,  serbato  a  pochi  e  chiuso  al  vulgo  :  il  nuovo 
perchè  corrispondesse  al  suo  nome  (ecclesia,  radunnnza),  dovea  farsi  spazioso  tanto, 
che  in  carità  concorde  vi  convenissero  i  fedeli  alla  preghiera,  all'istruzione,  alla  co- 
munione. Al  tempo  stesso  dovea  conservare  dell'origine  sua,  quando  la  cristianità,  sol 
vigile  nel  suo  terrore,  solo  sicura  nell'oblio,  stava  nelle  cripte  e  nelle  catacombe,  e 
perciò  il  tempio  trionfante  doveva  erigersi  sopra  la  tomba,  associando  così  il  nulla  e 
l'eternità  in  riti  che  congiungono  i  due  mondi. 

Al  primo  uopo  affaceansi  le  basiliche  (§  66)  ;  e  perciò  le  prima  chiese  furono  model- 
late su  quelle,  e  ne  presero  il  nome.  Al  modo  di  queste  erano  precedute  da  un  portico 
di  colonne  isolate  (narthex}ove  stavano  i  catecumeni  e  i  penitenti,  talvolta  chiuso  con 
cortine.  Questo  poi  si  sviluppò  in  un  quadrato  che  racchiudeva  un  cortile,  mediante  il 
quale  la  casa  della  preghiera  rimaneva  meglio  isolata  dall'abitazione  degli  uomini. 

Di  chiese  dei  primi  tre  secoli  non  abbiamo  né  vestigia  né  descrizione.  Nel  iv  appajono 
con  una  certa  regolarità,  e  disposte  secondo  la  triplice  divisione  dei  fedeli  in  chierici, 
laici,  catecumeni.  Nel  predetto  cortile  era  una  vasca  o  bacino  (zp^vv),  *pjap,  ^lal-zi)  per 
le  lustrazioni  da  farsi  prima  di  passare  nel  santuario.  11  portico  trovasi  ancora,  a  Roma 
in  San  Lorenzo,  San  Paolo,  San  Giorgio  in  Velàbro,  Santa  Maria  Transtevere;  a  Ra- 
venna nell'antica  chiesa  di  Sant'Apollinare  in  Classe;  nella  cattedrale  di  Parenzo  in 
Istria,  e  in  quella  di  Salerno;  e  nel  Sant'Ambrogio  di  Milano.  Nel  vi  secolo  si  posero 
nell'atrio  i  fonti  battesimali. 

Per  la  porta  speciosa  e  talvolta  per  due  o  quattro  porte  laterali  entravasi  nella  nave 
(vaò.)  destinata  ai  battezzati  laici:  v'eran  pure  ammessi  catecumeni  dopo  la  prima  istru- 
zione, ma  al  momento  dei  misteri  congedavansi.  La  nave  era  formata  da  due  schiere 
di  colonne,  spesso  levate  da  tempj  e  da  edifizj  pagani,  perciò  varie  di  forma  e  dimensione, 
e  rese  eguali  con  rozze  aggiunte  o  troncamenti.  Sostenevano  esse  un  muro  elevato,  ta- 
lora aperto  in  finestre  tonde,  su  cui  appoggiavano  le  travi  del  tetto  a  falde,  che  copriva 
0  tutto  il  tempio,  o  la  sola  nave  di  mezzo,  mentre  sulle  ali  se  ne  stendevano  due  altri 
minori.  11  muro  di  cinta  aprivasi  in  finestre;  ma  tutto  era  liscio,  nò  alcun  oggetto  stac- 
cavasi  dalla  superficie  piana,  eccetto  le  colonne;  donde  un  aspetto  di  semplicitìi  e  d'ar- 
monia. Quivi  faceasi  la  lettura  del  Vangelo  e  la  cerimonia  della  comunione,  e  talvolta 
la  predica  dal  pulpito  f«y|Sr,jv).  Trasversalmente  la  basilica  era  tagliata  da  un  muro  aperto 
in  arcata,  o  da  un  cancello,  e  vi  si  tirava  una  cortina  durante  il  sacrifizio;  di  là  da  essa 
rimaneva  il  santuario[o  sacrario,  serbato  agli  anziani  (presbiteri).  Terminava  essa  col- 
l'abside,  destinato  al  vescovo  e  al  clero. 

Nella  forma  generale  molte  particolari  varietà  s'introducevano.  Ci  resta  la  descrizione 
della  chiesa  di  Tiro,  abbattuta  come  altre  al  tempo  di  Diocleziano,  e  che,  dopo  Costan- 
tino, que' cittadini  vollero  riedificare  sul  luogo  stesso,  benché  più  vasta  ed  ornata. 
Chiudeva  l'edifizio  un  muro,  al  quale  s'entrava  per  un  loggiato  aperto  verso  oriente, 
alto  così,  che  di  lontano  paresse  invitare  i  fedeli.  Da  quello  si  veniva  in  uno  sjìazioso 


cnihSE  405 

cortile  quadrato,  cinto  su  ciascun  lato  da  atrj  a  colonne,  ove  i  catecumcui  erano  chiusi 
da  ariose  gelosie:  alle  fontane  zampillanti  in  mezzo  potevano  i  fedeli  purificarsi.  F)i  lìi 
dal  cortile  incontravasi  il  pronao  con  Ire  porte  verso  il  sole  levante,  delle  (|iiali  la  mez- 
zana più  alta  e  sfogata,  con  imposte  di  rame,  legale  di  l'erro  e  cesellate.  Dava  questa 
nella  nave  maggiore,  fiancheggiata  da  due  più  umili  schiarite  da  finestre  con  graticci  di 
legno,  artilìziosamente  intagliali.  La  hasilica  era  rilevata  e  sorretta  da  colonne  più  alte 
che  non  quelle  del  peristilio,  decorala  poi  di  preziosi  lavori,  col  pavimento  di  marmo  e 
la  copertura  di  cedro.  Un  cancello  separava  i  fedeli  dal  santuario  (Euskiuo,  Hist.  x,  3j. 
Siccome  s'adopravano  colonne  disuguali,  invece  d'accorciar  le  troppo  lunghe  e  rial- 
zare con  un  piedistallo  le  hrevi,si  shandi  l'architrave,  e  dall'una  all'altra  gcttaronsi  ar- 
chi, che  sorgevano  immediatamente  da  esse;  metodo  forse  già  conosciuto,  ma  allora 
fatto  generale. 

La  hasilica  di  San  Paolo  fuor  delle  mura,  del  secolo  iv,  corrispondeva  appuntino  alle 
romane,  e  massime  alla  Trajana,  se  non  che  alla  testa  le  navi  laterali  erano  tagliale  da 
una  trasversale,  figurando  cosi  una  croce.  Era  in  cinque  navi,  della  lunghezza  di  US 
metri,  contando  il  portico  e  non  l'emiciclo;  e  145.  25  compreso  quello:  e  della  larghezza 
di  metri  63  da  parete  a  parete.  La  nave  centrale  formavasi  di  due  file  di  venti  colonne 
corintie  di  marmo  pavouazzo,  non  legate  da  un  architrave  dritto  ma  da  archi  appog- 
giati sui  capitelli.  A  J2  metri  e  mezzo  sovra  il  capitello  aprivansi  le  finestre,  I  transe- 
pti,  di  metri  72.  25  di  lunghezza  e  24  di  larghezza,  erano  separati  dal  resto  della  chiesa 
mediante  una  parete  fatta  più  tardi,  forata  da  quattro  porte  e  un  arco  trionfale.  L'emi- 
ciclo in  fondo  aveva  il  diametro  di  28  metri.  Essa  cadde  bruciata  il  21  luglio  1823,  ma 
fu  riedificata  nelle  stesse  proporzioni  e  forme: 

L'impostar  gli  archi  sulle  colonne 
fu  novità  di  gran  conseguenza  nel 
l'architettura,  divenendo  base  della  |     •     p»»»' 

arabica  e  della  gotica.  Perocché  i  ^J  |  ||j »:»y»:%a»y  yyyy-v.iy<tw>i*j 
Cristiani,  non  trovandosi  legati  a 
veruna  forma  rituale,  scelsero  quella 
ove  l'arte  più  fosse  inoltrata,  e  con 
tal  modo  poterono  anche  distinguere 
le  loro  chiese  dai  tempj  pagani,  alla 
cui  costruzione  non  erano  concesse 
le  libertà  che  nell'uso  dell'arco  avevano  adottate  i  Romani.  Come  dunque  la  colonna 
era  stata  carattere  dell'architettura  antica  che  da  quella  determinava  gli  ordini ,  della 
cristiana  fu  l'arco. 

11  cristianesimo  prese  dalle  arti  pagane  gli  ordini  architettonici,  le  proporzioni  delle 
colonne,  la  purezza  de'  profili,  insomma  la  parte  materiale  ;  per  la  morale  non  cercò 
ispirazioni  che  dalla  fede. 

Nel  Santuario  era  la  tomba  del  martire,  sopra  la  quale  si  celebrava  la  messa.  Talora 
le  reliquie  riposavano  entro  una  cripta  o  sotterraneo,  memoria  delle  primitive  cata- 
combe, e  detto  anche  confessione.  La  chiesa  stessa  qualche  volta  si  erigeva  sopra  vere 
catacombe,  come  San  Martino  e  Silvestro,  Santa  Cecilia  ed  altre  a  Roma;  o  al  sotter- 
raneo davasi  la  forma  di  catacomba,  come  San  Nazaro  e  Celso  di  Ravenna, 

Non  era  prescritto  che  le  chiese  si  volgessero  all'oriente,  e  Roma  ne  ha  in  tutte  le 
direzioni.  Corrispondentemente  ai  nuovi  bisogni,  v'era  un  pulpito  per  la  predica;  e 
talvolta  due,  uno  pel  vangelo,  uno  per  l'epistola. 

Talora  sotio  il  tetto  delle  ale  facevasi  una  galleria  per  le  donne  (ÙTtepwa,  matroneum), 
le  quali,  anche  quando  non  vi  fosse,  tenevansi  separate  dagli  uomini.  Un  concilio  dei 
III  secolo  dice:  «  Gli  ostiarj  si  fermino  agl'ingressi  degli  uomini,  e  le  diaconesse  a  quei 
delle  donne  ,  per  vigilarli  come  i  capitani  di  nave  che  tengono  conto  dei  passeggeri. 
Tal  era  la  regola  e  la  forma  che  si  osservava  nel  Tabernacolo  del  Testimonio  e  del 
tempio  di  Dio.  Se  alcuno  si  troverà  seduto  in  luogo  non  a  lui  conveniente,  il  diacono, 
come  proreta,  lo  ripigli  e  il  conduca  al  luogo  proprio.  Perocché  la  chiesa  è  somigliante 
non  solo  a  nave,  ma  a  gregj^ia:  e  come  i  pastori  collocano  le  capre  e  le  pecore  secondo 
la  ragione  del  sesso  e  dell'età  in  modo  che  ogni  simile  si  raduni  col  suo  simile,  così 
nella  chiesa  i  giovani  siedano  separati  ;  se  non  v'ba  luogo,  stiano  in  piedi  :  gli  adulti 


I  •  •.•';«'•.•  •  »"»  *.•  *.•  a  •  »'.». 


406 


ARCHEOLOefA   E  fiELLE  ARTI 


Siedano  anch'essi  in  giusto  ordine:  padri  e  madri  abbiano  vicini  i  lóro  fanciulli,  ifl 
piede  stanti  :  le  ragazze  abbiano  possibilmente  luogo  separato,  se  no,  dopo  le  donne  ma- 
ture: le  maritate  e  matrone  stiano  pure  distinte:  le  ver<!ini,  le  vedove,  le  vecchie  tengano 
il  primo  luogo,  in  piedi  o  assise.  Il  diacono  presederà  alla  distribuzione  dei  posti,  sic- 
cbè  ognuno  abbia  il  suo  e  non  sieda  indecentemente:  farà  pure  attenzione  che  non  si 
ciarli,  né  faccia  rumore,  o  si  dormicchii  o  rida  o  gestisca  ;  dovendo  tutti  in  chiesa  con- 
tenersi con  saviezza,  moderazione,  vigilanza,  e  tener  le  orecchie  alla  parola  di  Dio.  Tuttj 
poi  ad  un  tempo  si  levino  da  sedere,  e  usciti  che  sieno  i  catecumeni  e  i  penitenti,  colla 
faccia  verso  oriente  preghino  a  Dio  che  salì  sopra  il  cielo  de'  cieli,  e  vi  salì  verso  oriente  » 
{Sacrorum  conciliorum  nova  et  ampliss.  collectio,  op.  Jo.  Mansi,  t.  i.   col.  362). 

L'altare  avea  forma  quadrata,  scoperto,  con  un  baldacchino  che  copriva  il  ciborio  in 
cui  stava  il  sacro  pane,  dopo  che  si  prese  l'abitudine  di  serbarlo;  e  che  talora  era  so- 
speso entro  figure  di  colombe.  Di  sifatte  se  ne  conserva  qualcuna  a  Milano. 

Le  sale  quadrate  o  rotonde  che  servivano  alle  basiliche  pagane,  furono  mutate  in  luo- 
ghi di  purificazione  o  in  cappelle  e  in  sacristie  {secrelaria)  chiamate  pure  col  nome  di 
paratorium,  oblationarium ,  sacrarium,  secondo  servivano  a  pararsi,  o  a  deporre  le 
oblazioni  o  i  vasi  sacri,  sicché  non  fossero  rinettati  e  riposti  nel  gazophylacium. 

Tredici  sono  le  prime  basiliche  ricordate  a  Roma,  di  cui  cinque  diconsi  patriarcali: 
vale  a  dire  San  Giovanni  in  Laterano  la  più  antica.  San  Pietro  in  Vaticano,  San  Paolo 
sulla  via  Ostiense,  Santa  Maria  Maggiore,  San  Lorenzo  fuor  delle  mura:  le  altre  otto 
minori  sono  la  Sessoriana  o  di  Santa  Croce  di  Gerusalemme,  San  Sebastiano,  Santa  Ma- 
ria in  Transtevere,  San  Lorenzo  in  Damaso,  Santa  Maria  in  Cosmedin,  la  Costantiniana 
de' Santi  Apostoli,  l'Eudossiana  di  San  Pietro  in  Vincoli,  e  Regina  Coeli  o  Santa  Maria 
del  Montesanto. 

Sono  inoltre  notevoli  a  Roma  la  basilica  di  Sant'Agnese,  quella  di  San  Clemente, 
quella  di  Santa  Prassede,  distinta  per  gli  arconi  che  tramezzano  la  nave  maestra;  a  Ra- 
venna Sant'Apollinare;  a  Betlemme  quella  del  Santo  Sepolcro,  edificata  da  Elena  ma- 
dre di  Costantino  L 

San  Clemente  in  Roma  è  una  delle  meno  alterate,  ed  eccone  la  pianta  : 


I 


La  navata  centrale  è  larga  metri  10.  88,  lunga  40.  28  compreso  l'emiciclo;  con  cortili 
di  metri  11. 29  sopra  18.  3S.  Le  sedici  colonne  della  navata  sono  joniche,  non  striate.  La 
tribuna  è  elevata  metri  1.  30  sopra  il  pavimento  della  nave.  Il  coro  e  i  due  begli  amboni 
sono  del  tempo  di  papa  Giovanni  VUL 

Non  abbiam  più  dunque  le  piccole  sale  del  tempio  pagano,  serbate  ai  soli  sacerdoti, 
e  senza  luce.  Presto  vi  si  introdussero  i  vetri,  che  poi  nelle  cattedrali  gotiche  doveano 
coprire  le  estesissime  finestre. 

D'altare  servivano  dapprima  le  tombe  dei  martiri,  e  perciò  si  ritenne  il  rito  di  farli 
vuoti  ;  non  aveano  né  pallio  né  tabernacolo,  e  collocavansi  per  lo  più  nel  mezzo  della 
chiesa.  Costantino  fece  fare  quattro  altari  d'argento  per  San  Giovanni  in  Laterano, 
Quello  di  Santa  Sofia  a  Costantinopoli  era  d'oro,  argento,  cristallo,  perle  e  pietre  pre- 
ziose sminuzzate.  Oggi  negli  altari  si  colloca  una  pietra  sacra,  chiudente  qualche  reli- 
quia, e  portante  cinque  croci.  Un  tempo  caricavansi  di  stoffe  varie,  oggi  sol  della  tova- 
glia bianca.  [  vescovi  consacrano  l'altare  ;  il  papa  ne  consacra  taluno  da  mandare  a 
qualche  principe.  Altare  privilegialo  si  trova  fin  al  tempo  di  Pasquale  I,  che  lo  concesse 


BATTISTERI  407 

alla  chiesa  di  Santa  Prassede  In  Roma.  Quando  sieno  scompaginati  e  sdrusciti,  gli  altari 
si  sconsacrano,  levandone  la  pietra  e  le  reliquie. 

S,  BtJNSEN,  Die  Basiliken  dei  chr{$llìchen  Homi  nach  ihren  Xmammenhange  mit  Idee  und  Geschichte 
der  Kìrchenbaukunsl.  Monaco  ^843.  Egli  fa  del  iv  secolo  San  V'ietto  in  Vaticatio,  San  Paolo  fuor  delle 
mura:  dell'vur  entrante  San  Grisogono,  della  seconda  metà  San  Giovanni  a  porta  Latina;  del  XO  Santa 
Maria  Transtevere,  Santa  Croce  in  Gerusalemme,  Santa  Maria  Aracoeli. 

A.  Zestermann,  Die  antiken  und  die  chrisllichen  Basiliken  nach  ihrer  Entstehung,  Àuibildung  und 
Beziehung  zu  einander  dargestellt.  Lipsia  -1 847. 

L.  Canina,  Ricerche  sulfarchitellura  più  propria  de'  tempi  cristiani,  basate  sulle  primitive  istituzioni 
ecclesiastiche,  e  dimostrate  tanto  co' più  insigni  vetusti  edifizj  sacri ,  quanto  con  alcuni  esempj 
d'applicazione;  ediz.  il,  con  (45  tavole.  Roma  1846. 

Calcolano  essersi  fabbricate  in  Roma 


nel  secolo     n 

chiese 

2 

nel  secolo     xi 

chiese 

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Basilica  si  dissero  anche  i  palazzi  del  Comune  nelle  repubbliche  italiane,  specialmente 
a  Padova,  a  Brescia,  e  la  famosa  a  Vicenza,  cinta  di  ricchi  loggiati  dal  Palladio. 

§  299.  —  Battisteri. 

Degli  edifizj  rotondi  pagani  si  giovò  la  Chiesa  per  ridurli  a  battisteri,  o  cappelle  fune- 
rarie.  Anzi  più  propriamente  faceansi  rotonde  quest'ultime,  ad  imitazione  di  quella  de- 
stinata da  Costantino  per  Costanza  in  Roma,  e  nel  cui  centro  stava  il  sarcofago  di  lei,  di 
porfido  con  scene  di  vendemmia,  che  ora  si  ammira  nel  museo  Vaticano.  Santo  Stefano 
rotondo  a  Roma  fu  consacrato  al  cristianesimo  da  papa  Simplicio  verso  il  470,  poi  nel 
1433  ridotto  alla  disposizione  presente. 

Pei  battisteri  prediligevasi  la  forma  ottagona,  qual  si  vede  in  molti  per  Italia.  Il  bat- 
tistero suntuoso  di  Costantino  in  Roma  nel  suo  palazzo  Laterano  esiste  ancora,  con  co- 
lonne e  membri  architettonici  tolti  da  edifizj  pagani,  e  senza  unità  distile  né  di  propor- 
zioni; è  di  pianta  ottagona  con  un  portico  avanti,  e  nel  mezzo  sfondasi  un  bacino  pure 
ottagono,  a  cui  si  scende  per  varj  scaglioni  :  ora  si  riserba  pei  battesimi  amministratt 
dal  papa.  A  tale  uso  furono  pure  mutate  in  Roma  le  terme  pubbliche,  il  bagno  del  se- 
natore Nevato,  e  quel  di  Santa  Cecilia,  or  chiuso  nella  bella  chiesa  di  questa  santa. 
Leone  Ili  fabbricò  quello  di  Sant'Andrea,  ottagono,  colla  fonte  circondata  da  colonne 
di  porfido,  in  mezzo  alla  quale  sorgeva  un  cippo  con  un  agnello  d'argento  che  versava 
acqua.  Alle  donne  servivano  battisteri  distinti  e  diaconesse. 

Annessi  al  tempio,  oltre  il  battistero,  il  secretarlo  o  diaconico  magno,  e  il  gazofilacio, 
eranvi  anche  i  pastoforj  per  abitarvi  le  persone  addette  alla  chiesa.  V'avea  pure  ospizj 
ove  ricevere  poveri  e  pellegrini.  Il  secondo  concilio  ecumenico  di  Costantinopoli  (533) 
ordinò  vi  fossero  unite  scuole,  e  a  queste  naturalmente  le  biblioteche. 

§  500.  —  Architettura  bisantina  e  gotica. 

Anche  quando  l'architettura  cristiana  ebbe  toccato  il  suo  apogeo,  non  si  dipartì  dtf 
quelle  forme  primitive:  la  lombarda,  la  normanda,  la  gotica  conservarono  gli  archi  vol- 
tati sulle  colonne  -,  solo  vi  crebbero  solidità  e  ricchezza  ;  sostituirono  alle  soffitte  di  travia 
la  volta  di  pietre  e  di  mattoni  ;  e  combinarono  la  forza  e  la  leggerezza  richieste  dalla 
parte  tecnica,  colla  bellezza  e  coll'idea  estetica. 

L'arco  era  indubitatamente  conosciuto  anche  dai  Greci,  e  lo  praticarono  in  edifizj  an-- 
tichissimi,  come  nella  camera  di  Minia  ad  Orcomeue,  e  nel  tesoro  di  Atreo  a  Micene* 
(§  58).  Però  non  vi  divenne  mai  comune,  a  segno  che  né  tampoco  ebbe  un  nome  pro- 
prio in  una  lingua  tanto  pieghevole  e  doviziosa.  I  Romani,  probabilmente  istruiti  dagli' 
Etruschi,  l'adoprano  riccamente,  ma  era  ancora  legato  alla  forma  ed  alle  proporzioni) 
greche.  11  bisogno  di  coprire  vasti  spazj  come  le  basiliche,  dove  le  troppo  vicine  colonne^ 


408  ARCHEOLOGIA    E   BELLE   ARTI 

erano  d'ingombro,  e  dove  alle  troppo  larghe  non  sarebbesi  potuto  imporre  nn  architrave 
di  pietra,  insegnò  a  impostare  l'arco  direttamente  sulla  colonna  ;  sistema  che  i  puristi 
disapprovano. 

Già  era  questo  un  progresso,  poiché  copriva  maggiore  spazio  con  minori  materiali;  ma 
poi  coi  Cristiani  l'arte  si  affrancò  viepiù  dalle  regole  greche.  Si  conservarono  le  colonne 
e  si  tolsero  spesso  da  monumenti  anteriori,  come  costumavano  i  Romani:  ma  l'istinto 
e  la  necessità  portarono  molte  variazioni,  carattere  delle  quali  fu  la  libertà  dell'arco. 

Trasportata  la  sede  dell'impero  a  Costantinopoli,  la  città  volle  ornarsi  di  capolavori 
come  l'antica  Koma.  Adunque  vi  si  edificarono  chiese:  ma  colà  né  avevano  fabbriche 
anteriori  da  volgere  a  quest'uso,  né  tanta  abbondanza  di  materiali  antichi;  sicché  l'ar- 
chitettura prese  un  carattere  più  libero.  Questo  fu  espresso  dall'arco  ardito,  che,  invece 
de'  lunghi  colonnati,  congiuugeva  i  quattro  angoli  d'un  vasto  quadrato;  e  i  pennacchi 
di  essi  archi  erau  disposti  in  maniera,  da  formare  una  base  su  cui  ergeasi  la  cupola, 
fatta  di  tubi  cilindrici.  Quattro  mezze  cupole  chiudeano  i  quattro  arconi,  venendo  a 
formar  la  croce  che  si  dice  greca,  cioè  a  braccia  eguali,  prodotta  dal  qua-       ._, 

drato  della  base  del  cubo,  e  dallo  sviluppo  orizzontale  delle  quattro  sue  fac-  i — . 

eie  perpendicolari,  onde  aveasi  nel  piano  l'espressione  simbolica  del  dogma \—' 

della  trinità,  sì  la  lunghezza  che  la  larghezza  essendo  di  tre  unità.  Ne'  due  — ' 
bracci  laterali  poneansi  le  tribune  per  le  donne,  quella  in  fondo  serviva  di  santuario: 
alla  anteriore  precedeva  il  portico  o  il  cortile.  Questa  disposizione  arcuata,  che  stac- 
cavasi  affatto  dalle  linee  rette  della  Grecia,  era  complicata  con  altri  absidi,  altre  cu- 
polette,  che  alteravano  la  semplicità  primitiva.  La  chiesa  di  Santa  Sofia  n'è  il  tipo 
principale,  ornatissima  di  fregi  tratti  da  tempj  di  tutte  le  religioni  pagane,  e  rive- 
stita di  musaici.  Più  volte  ricostruita,  non  ne  resta  che  il  nucleo,  ma  basta  a  provare 
come  l'architettura,  al  tempo  di  Giustiniano,  avesse  in  Oriente  ben  più  ardimento  e 
mezzi  d'esecuzione,  che  non  in  Occidente  ;  e  che  allora  cominciossi  ad  abbandonar 
la  forma,  che  ancora  era  generale  a  tutta  la  cristianità,  per  introdur  quella  che 
troppo  vagamente  fu  detta  bisantina,  distinta  per  una  ma^igior  ricchezza  di  stile. 

L'arco  non  fu  più  necessariamente  semircircolare,  ma  allungò  la  parte  inferiore, 
quasi  per  raggiunger  le  colonne  quando  troppo  basse.  L'intersecazione  degli  archi  alle 
volte  presentò  la  prima  sembianza  dell'arco  spezzato  o  acuto.  Talvolta  nel  vano  dell'arco 
si  dispose  una  fila  di  colonne,  sostenenti  altri  archi  minori  o  nicchie.  Fu  quest'archi- 
tettura romano -lombarda,  che  combinata  coll'araba,  originò  la  gotica. 

Allora  parve  che  solo  colla  sommità  delle  torri  e  delle  guglie  potessero  le  cattedrali 
portare  final  cielo  l'omaggio  universale  dell'amore  e  della  fede  vittoriosa  dei  Cristiani: 
tutto  convenne  si  elevasse,  si  slanciasse.  Nell'immensa  varietà  a  cui  il  gotico  si  presta 
più  che  gli  ordini  greci,  sebbene  a  scapito  dell'unità  d'impressione,  regna  però  un 
costante  sistema,  il  quale  in  parte  attiensi  alla  forma  delle  prime  basiliche  cristiane,  in 
parte  a  certi  algorismi,  arcano  massonico.  Al  triangolo  riferivasi  l'elevazione  delle  cat- 
tedrali. Tipi  nuovi  vi  si  adattavano,  ma  desunti  dalla  natura  e  dai  climi  nostri,  come 
le  foglie  della  quercia  o  del  faggio,  della  fragola,  il  trifoglio,  il  prezzemolo,  il  cavolo; 
la  rosa  vi  fa  la  parie  che  la  palma  nell'architettura  arabica,  o  nella  cinese  la  corolla 
rovesciata.  Di  tal  modo  nasceva  un'arte  libera,  non  però  disordinata;  e  se  non  vuol 
chiamarsi  arte  perchè  condannata  dai  maestri,  si  chiami  un  sentimento  dell'infinito, 
un'aspirazione  religiosa. 

Procopio,  De  adificiis  Justiniani. 

A.  Mabcb,  An   Chriiliani  prima  alate  apostolica  publicat  sacrorum  conventuum  wdes  habuerint. 

Franeker  -1768. 
G.  Walck,  De  ecclesiis  domesticis  Christianorum  aposlolicorutn.  Jena  1752. 
J.  G.  GuTENSOUN,  e  J.  M.  KivAPi',  Denhmale  der  christlichen  Religion ,  odcr  Sammluny  dcr  wlleslen 

christlichen Kirchcnoder  Basiliken  liomsrom  viertenhis  zuin  dreizchnten  Jahrhuiiderl.  Koma  1822. 
A.  Pelliccia,  De  Christiana!  Ecclesice  j)rimw,  medicB  et  novissimce  oetatis  pulitia^  Niipoli  •t777;  Vercelli 

-•788,  con  note  di  Ucnzi;  poi  Colonia  'I82i). 
Stieglitz,   Ueber  die  gotische  Arrhitecture. 
Wartom,  Essay  of  gotte  archilccture. 
lìtOx\M^  Monumentai  architecl.  sculpt. 
BoissERRÉE,  Essai  sur  la  dcscriplion  du  tempie  de  Saint  Graal.  Monaco  -1804. 

liistoire  et  dcscriplion  de  la  cathédrale  de  Cotogne.  Paiifii  1825. 

MiLNEBj  Trattato  delPanhil.  ecclesiast.  in  Inghilterra. 


UTILE    dell'archeologia   CRISTIANA  409 

BiilTTOM,  Architectural  anliguilies  of  Great  lirilain.  Chronical   and   hislorical  illuslration    of  the 

ancienl  ecclesiasUcal  archilecturc  of  Creai  lirilain. 
PuGiN,  Specimen  vf  golich  arclnleclure,  sekcled  from  various  ancienl  edifices  in  England. 
WiLLis,  Remarks  on  the  archileclure  of  the  middle  age^  especially  of  Italy.  Cambridge  ^833. 
Wewel,  Archilecl.  notes  vf  german  churches.  Ivi  1835. 

Caumont,   Histoire  sommaire  de  r archileclure  religieuse,  civile  el  mililaire  au  moyen-dge.  Caen  ^837. 
Le  moyen-dge  monumentai  et  archéologique  .  .  .  d'après  le  dessin  de  M.  Chapuy.  Parigi  (B-iO. 
KucLER,    Yorlesung  ùber  die  System  dcs  Kirchenbaues.  Berlino  I8'<3. 
Adolpue  Bertv,  Uictionnaire  de  V archileclure  du  muyen-dge.  Parigi  4845. 
P.  SciiMiDT,  Varchitecte  dcs  monuments  religicux.  Ivi  1845. 
L.  Rle^ze,  Anweisung  zur  Archilecl.  des  Christ.  Cultus. 
Heideloff,  Die  Bauhùlte  des  Miltelallers  in  Deutschland.  Norimberga  1844  ;  imperlante  per  sapere  le 

cognizioni  ile'  Franchinuiratori  ,  al  the  serve  pure 
J.  Rexouvier,  c  a.  Richard,  Des  maìtres  de  pierres  el  des  aulres  arlisles  gotiques  de  Montpellier. 

Montpellier  1844. 
A.  CoLiciiA>D,  Eglises  hysantines  en  Grece.  Parigi  4  342. 

Manuel  des  connaissances  uiiles  aux  ecclésiastiques  sur  divers  objets  d''arl .,  notammeni  sur  Varchi- 
tecture  des  edifices  religieux  anciens  el  modernes ,  el  sur  les  conslruclions  el  réparalions  d^églises, 
Lione  I  838. 
A  dictionnary  of  the  archileclure  and  archeology  of  the  middle  age  ;  including  woord  used  by  ancienl 
and  modem  authors  in  treating  of  architectural  and  other  anliquilies  eie.  by  John  Britton.  Londra 
4  838. 
F.  QuAST,   Ueber  form.  Einrichtung  und  Ausschmuckung  der  Ultesten  christlichcn  Eirchen.  —  Die 

Basilica  der  alien  Christlichen. 
e  il  cap.  XXV  del  Libro  XII  della  nostra  Storia    Universale. 

§  301 .   —  Utile   dell'archeologia  cristiana. 

Se  tutti  credono  importantissimo  Io  studio  di  quella  che  chiamammo  età  eroica  del 
cristianesimo,  bisognerà  giudicare  principalissima  dell'archeologia  la  parte  ohe  riguarda 
le  antichità  cristiane.  Disse  Reinesio  [Var.  Lect.  p.  151  j  che  antiquitatis  christiance 
particula  qucecumque  quavis  pagana  est  nobilior  honorabiliorque. 

E  per  vero,  anche  lasciando  a  parte  la  santità,  esse  ci  mettono  sott'occhio  il  più  de- 
cisivo tempo  della  storia,  il  passaggio  da  una  a  tutt'altra  civiltà.  Quindi  in  esse  appare, 
l'opera  di  artisti  cresciuti  nelle  idee  pagane,  e  che  da  queste  si  separavano  solo  per  le 
credenze;  onde  rimangono  in  parte  testimonio  del  vivere  antico.  Venendo  poi  l'arti  a 
mani  vulgari,  lo  studio  della  forma  soccombeva,  quanto  acquistava  prevalenza  l'idea- 
talché  si  mostra  meno  l'artista,  ma  meglio  l'uomo,  il  più  nobile  oggetto  di  tutti  gli  studi. 
La  chiesa  cristiana  ha  ben  altra  significazione  che  il  tempio  pyguno,  e  porta  in  sé  un 
movimento  perpetuo  di  vita  e  di  rinnovazione,  mercè  quei  legami  che  uniscono  l'uomo 
alla  casa  di  Dio  nel  battesimo,  nella  comunione,  nel  matrimonio,  nelle  esequie;  in 
somma  in  tutte  le  solennità  della  vita.  Laonde  nell'arte  cristiana  più  che  in  altra  parte 
si  potrà  dimostrare  come  l'archeologia  non  sia  scienza  morta,  di  pura  speculazione  •  ma 
che  guida  a  risultamenli  pratici,  studia  la  materia  non  men  che  la  forma,  e  tutto  avviva 
collo  spirito,  e  così  conduce  al  vero.  Essa  toglierà  dall'anarchia  oggi  dominante,  farà 
riconoscere  l'assurdità  dell'adottare  un'arte  che  è  d'altri  climi,  d'altri  costumi,  d'altre 
opinioni;  essa  rigenererà  un'arte  nazionale;  e  alle  pallide  riproduzioni  di  monumenti 
ormai  senza  senso,  di  costruzioni  costose,  incomode  e  non  belle  perchè  non  vere,  sur- 
rogherà di  quelle  che  rappresentino  la  società  e  le  credenze  odierne. 

Quanto  l'arte  antica  s'abbella  nell'unità,  tanto  la  moderna  nella  varietà  j  quella  in 
armonia,  questa  in  grandezza;  quella  accontenta;  questa  eleva. 

A  coloro  che  saviamente  richiamano  l'arte  verso  la  sublime  sua  destinazione,  e  cre- 
dono che  essa  deva  esprimere  idee,  ancor  più  che  riprodurre  forme,  e  di  queste  ser- 
virsi soltanto  come  linguaggio,  mandaudo  lo  spirito  che  pensa  innanzi  alla  mano  che 
lavora,  giovi  perù  ricordare  che  altro  è  la  preferenza,  altro  l'esclusione;  che  carattere 
del  progresso  moderno  è  il  non  repudiare  verun  passo  dell'antico.  Ma  ciò  non  porti  a 
quel  falso  eclettismo,  che,  col  pretesto  di  scegliere  il  meglio,  neglige  il  carattere  e 
tradisce  così  quell'unità,  da  cui  deriva  nella  scienza  il  vero,  nella  vita  il  buono  e 
nelle  arti  il  bello.  Perocché  le  grandi  opere  non  nascono  che  dalla  fede;  eia  coscienza 
èl'ispirazfone  degli  artisti  di  prima  schiera. 

N.B.  Col  1863  il  cav.  De-Rossi  corainciò  a  Roma  un  Bultettino d'Archeologia  Cristiana, 


410  ARCHEOLOGIA  E  BELLE  ARTI 

CAPO  UNDECIMO 

ESCURSIONE    ARCHEOLOGICA 


§  502.  —  Raccolte  e  musei. 

Lo  studio  più  profittevole  delie  antichità  è  quello  che  si  fa  sopra  i  monumenti.  Gli 
architettonici  per  la  più  parte  durano  colà  dove  furono  eretti  \  ma  alcune  parti  di  essi, 
e  le  produzioni  plastiche  o  di  disegno  cambiarono  spesso  di  luogo,  per  effetto  della 
vittoria  0  della  curiosità  scientifica.  Già  Sansone  portava  alla  sua  città  le  porte  di  Gaza; 
i  Filistei  toglievano  l'arca  egli  altri  ornamenti  dal  tempio  d'Israele;  e  Serse  da  Atene 
le  statue  di  Armodio  e  di  Aristogitone  :  Roma  si  popolò  colle  spoglie  della  Grecia: 
molte  di  queste  furono,  colla  sede  dell'Impero,  trasportate  a  Risanzio,  dove,  al  tempo 
di  Giustiniano,  vedeansi  427  statue  di  antichi  artisti  sulla  sola  piazza  di  Santa  Sofìa. 
Ruona  parte  di  queste  mandarono  a  male  ripetuti  incendj,  poi  gl'iconoclasti  eiRarbari; 
infine  i  Crociati  o  sprezzandole  le  rompevano,  e  conoscendole  le  rubavano.  Molti  tempj 
furono  pure  devastati  dalla  devozione,  massime  in  Oriente  e  anche  per  ordine  imperiale 
dopo  Teodosio.  Una  sistematica  espilazione  fu  veduta  ai  di  nostri,  la  quale  se  si  fosse 
perpetuata,  avrebbe  risparmiato  agli  studiosi  d'andar  a  cercare  in  parti  lontane  gl'im- 
mortali lavori.  Nella  pace  succeduta,  città  e  principi  gareggiarono  d'aver  le  raccolte 
più  insigni,  e  oltre  gli  acquisti  o  le  concentrazioni,  la  terra  parve  aprirsi  per  abbondare 
di  donativi.  Dacché  gli  studj  classici  allargarono  la  vista  e  abbracciarono  altri  paesi  che 
la  Grecia  e  Roma,  infinite  antichità  produssero  l'Egitto  e  l'india,  la  Toscana  e  il 
resto  d'Italia,  l'Asia  Minore  e  la  Grande,  e  talvolta  paesi  donde  meno  se  n'aspetterebbe  ; 
fra  cui  basti  nominare  l'America,  che  ogni  dì  smentisce  il  titolo  che  le  si  applicò  di 
Nuovo  mondo. 

I  luoghi  destinati  a  conservare  le  raccolte  antichità  e  le  opere  d'arte  chiamansi  gabi- 
netti 0  gallerie  con  voci  moderne,  e  musei  con  una  voce  antica,  dedotta  dall'edifizio 
(fx'j\iailoj}  in  cui  Tolomeo  Filadelfo  nel  280  av.  C.,  poi  i  suoi  successori'aveano  adunato 
ad  Alessandria  i  cultori  e  gli  stromenti  d'ogni  scienza. 

Musei  nel  senso  odierno  non  conobbero  gli  antichi,  pe' quali  l'arte  era  intimamente 
congiunta  colla  vita,  per  modo  che  i  capolavori  si  trovavano  nelle  terme,  nei  palazzi, 
nelle  basiliche,  nelle  ville.  Grandi  conserve  di  preziosità  doveano  farsi  presso  a  tempj, 
come  quello  d'Efeso,  l'Ereo  di  Samo,  il  Didimeo  di  Mileto,  e  in  Olimpia.  Nelle  città 
greche  v'avea  coperti  e  vie,  specialmente  ornati  dall'arte;  come  in  Atene  il  Pecile  e  il 
Portico  presso  i  Propilei,  il  Lesche  de'  Gnidj,  altri  Pecili  a  Sparta  e  ad  Olimpia.  Stra- 
bone  trovava  il  tempio  di  Samo  convertito  in  pinacoteca.  Agrippa  avrebbe  voluto  che 
tutti  i  quadri  e  le  statue  fossero  alla  pubblica  vista,  mentre  si  sa  che  talvolta  le  più  pre- 
ziose mancavano   perfino  della  luce  diurna.   Ben   in    qualcbe   iscrizione  meno  antica 

leggesi   SiGNA    TliANSLATA   F.X   ABDITIS    LOCIS    IN   CKLriìlUT ATE     THEliMAIWM;  6    molte   StatUC 

erano  riunite  nel  portico  di  Ottavia,  busti  di  dotti  negli  studj  pubblici,  e  altri  monu- 
menti ne'  circhi. 

Alcuni  ricchi  avevano  raccolte  di  quadri  o  d'anelli;  e  Cicerone,  che  se  ne  mostra 
passionato,  comprò  quattro  colonne  per  una  sua  villa,  più  caro  che  non  fosse  costato 
l'intero  tempio  di  Giove  ;  Scauro  ornò  il  suo  teatro  con  una  infinità  di  colonne  e  di 


MC8E!  i\ì 

Statue;  ima  dactilioteca  fu  consacrata  da  Giulio  Cesare  nel  tempio  di  Venere  Genitrice; 
vero  museo  poteva  essere  considerata  la  villa  di  Adriano  a  Tivoli. 

E  già  nelle  loro  raccolte  a()parivano  di  quelle  imposture  che  fecer  ridicole  alcune 
moderne.  Due  città  di  Cappadocia  mostravano  ciascuna  la  spada  da  cui  fu  trafitta  Ifigenia 
(Dione,  lib.  55)  ;  in  un  tempio  della  iJdia  si  mostrava  nna  lettera  scritta  da  Sarpedone 
mentre  guerreggiava  a  Troja  (Plimo,  Hist.  nat.  xin.  13}  5  e  a  Metaponto  i  ferri  con  cui 
Epeo  lavorò  il  cavallo  di  Troja  (Giustino,  lib.  xx).  I  denti  del  cinghiale  Caledonio, 
custoditi  in  Arcadia,  ne  furono  trasportati  da  Augusto  (Pausania  lili.  viii):  così  da 
Joppe  di  Giudea  Emilio  Scauro  portò  a  Roma  delle  ossa  del  mostro  marino  a  cui  era  stata 
esposta  Andromeda;  lo  narra  Plinio:  e  Solino  (cap.  36)  aggiunge,  che  in  quella  città 
serbavasi  il  sasso  colle  impronte  delle  catene,  a  cui  essa  Andromeda  fu  legata.  In  Is- 
parta  poi  era  sospeso  a  un  tempio  l'ovo  partorito  da  Leda  (Pausania,  lib.  111);  e  Pro- 
copio  {De  bello  got.  iv.  2:2)  descrive  la  nave  su  cui  Enea  venne  in  Italia,  qual  conserva- 
vasi  a  Roma.  Luciano  deride  Neanto  figlio  del  tiranno  Pittaco,  che  a  prezzo  ingente 
comprò  la  lira  di  Orfeo;  un  altro  per  trentamila  dramme  la  lucerna  d'Epitteto. 

Ne' musei  lo  studio  è  ajutato  dall'unione  di  tanti  materiali;  ma  vi  manca  la  espres- 
sione che  traggono  dai  luoghi  proprj  cui  furono  destinati.  Cosi  il  gabinetto  anato- 
mico esibisce  le  varie  parti  della  mirabile  macchina  umana,  non  quell'accordo  che 
costituisce  l'inesplicabile  magistero  della  vita. 

§   303.  —  Atene. 

Pausania,  illustre  scrittore,  verso  il  HO  d.  C.  visitava  la  Grecia  descrivendone  i 
capi  d'arte.  E  noi,  sulle  orme  di  esso  e  d'altri  archeologi,  vorremo  osservarne  i  luoghi 
principali. 

Di  Atene,  così  denominata  da  Atena  0  Pallade,  l'Acropoli  0  cittadella  primitiva  era 
stata  fondata  da  Cecrope  s'una  collina,  al  cui  piede  stendeasi  VAstuo  0  città  propria, 
compreso  il  colle  dell'Areopago,  e  parte  di  quelli  detti  Museo  e  Licabelto,  fra'  quali 
e  l'Acropoli  scendea  la  valle  del  Ceramico  interno. 

Presso  la  porta  del  Pireo  verso  il  Ceramico  interno  era  l'edifizio  per  allestire  le 
pompe;  poi  la  cella  di  Cerere,  colle  statue  di  essa,  di  Proserpina  e  di  Jacco  Daduco, 
lavori  di  Prassitele,  e  un  Nettuno  a  cavallo;  poi  un  suntuoso  portico  preceduto  da 
statue  di  bronzo;  e  un  altro  dove  tempj,  il  ginnasio  di  Mercurio,  la  casa  di  Poli- 
zone  consacrata  poi  a  Bacco  Cantante,  dove  Eubulide  dedicò  le  statue  sue  di  Atena 
Peonia,  di  Giove,  di  Mnemosine,  delle  Muse,  d'Apollo,  e  un  Aerato  in  bassorilievo; 
quindi  una  camera  dov'era  effigiato  il  convito  d'Amfizione  agli  Dei.  Nel  Ceramico, 
a  dritta  s'apriva  il  Basilico,  0  portico  regio,  sul  cui  colmo  era  in  terra  cotta  rappre- 
sentato Teseo  in  atto  di  lanciar  nel  mare  Scirone,  ed  Emera  che  rapiva  Cefalo:  là 
presso  erano  le  statue  di  Conone,  Timoteo,  Evagora  re  di  Cipro,  Giove  Eleuterio,  ed 
Adriano.  Dietro  al  portico  regio  si  entrava  in  un  altro,  ove  erano  rappresentati  Teseo, 
la  Democrazia,  il  Popolo,  e  la  battaglia  degli  Ateniesi  a  Mantinea,  opere  di  Eufranore. 
Vicino  era  la  cella  d'Apollo  Patrio,  col  nume  dallo  stesso  Eufranore  rappresentato, 
e  con  due  statue  di  Apollo,  opera  di  Leocare  e  di  Calamide.  Seguivano  il  tempio 
della  Madre  degli  Dei,  colla  statua  di  Fidia;  e  la  sala  del  consiglio  de' Cinquecento, 
dove  una  statua  antica  di  Giove  Consigliere,  un  Apollo  opera  di  Pisia,  il  Popolo 
scultura  di  Lisone,  i  Legislatori  pittura  di  Protogene  Caunio  e  Calli ppo  pittura  di 
Olbiade. 

Presso  a  questa  sala  fu  il  tolo,  edifizio  rotondo  che  conteneva  statue  non  grandi 
d'argento;  e  più  in  alto  incontravansi  le  immagini  degli  eroi  eponimi,  cioè  che 
aveano  dato  il  nome  alle  tribù  di  Atene;  ed  erano  Ipotoonte,  Antioco,  Ajace  Tela- 
lamonio,  Leone,  Erelteo,  Egeo,  Oineo,  Acamante,  Cecrope,  Pandione,  Attalo,  Tolomeo, 
Adriano.  Dipoi  si  trovavano  le  statue  di  Amfiarao,  della  Pace  con  Pluto  infante,  e 
quelle  di  bronzo  di  Licurgo  ateniese,  di  Calila  e  di  Demostene.  Quest'ultima  stava 
presso  al  tempio  di  Marte,  dove  se  ne  vedeano  due  di  Venere  ed  una  di  Marte,  la- 
voro di  Alcamene;  Pallade,  opera  di  Locro  parlo  ;  e  lìeilona,  scultura  de'  figli  di 
Prassitele  :  intorno  alla  cella  erano  disposte  quelle  di  Ercole,  Teseo,  Apollo  colla 
chioma  stretta  da  una  tenia,  Calade  il  legislatore,  Pinnaro,  Armodioed  Aristogitone: 


4J2  ARCHEOLOGIA    E   BELLE    ARTI 

alcune  erano  lavoro  di  Crizia,  ma  le  più  antiche  di  Antenore.  Quindi  s'incontrava 
rodeo,  dinanzi  al  cui  ingresso  erano  le  statue  de'  Tolomei  Filometore.  Filadeltb  e 
Solere;  di  Arsinoe  sorella  del  Filadelfo,  e  di  Pirro  re  di  Epiro;  dentro,  fra  le  altre, 
ammiravasi  specialmente  un  Bacco.  Presso  all'Odeo  era  la  fonte  Enneacrune  o  dei 
nove  zampilli,  in  tal  furma  ridotta  da  Pisistrato;  di  là  dalla  quale  erano  due  celle, 
una  sacra  a  Cerere  e  alla  figlia,  l'altra  a  Tritlolerao:  dinanzi  a  quest'ultima  vedo- 
vasi un  bue  di  bronzo,  presso  cui  Epiraenide  assiso.  Alquanto  più  oltre  era  il  tem- 
pio di  Euclea,  edificato  colle  spoglie  de'  Persiani  spenti  a  .Maratona. 

Oltre  il  Ceramico  e  il  Basilico  era  la  cella  sacra  a  Vulcano,  dove  vedeasi  presso  |a 
statua  del  nume  quella  di  Pallade  con  occhi  azzurri.  Vicino  era  il  tempio  di  Venere  U- 
rania  con  statua  di  marmo  parlo,  opera  di  Fidia.  Dirigendosi  al  Pecile,  incontravansi 
un  Mercurio  Agoreo,  e  una  porta  ornata  d'un  trofeo  per  la  vittoria  degli  Ateniesi  sopra 
Plistarco  fratello  di  Cassandro.  Seguiva  esso  Pecile  o  Vario,  portico  suntuoso,  così  dello 
perchè  Polignoto  e  Paneno  vi  aveano  dipinto  la  pugna  di  Oeneo  fra  gli  Ateniesi  ed  i 
Lacedemoni,  quella  di  Teseo  colle  Amazoni,  la  presa  di  Troja  ed  il  consiglio  dei  re,  e  la 
battaglia  di  Maratona.  Vi  si  conservavano  scudi  tolti  dagli  Ateniesi  agli  Oenei  e  ai  Lace- 
demoni, e  dinanzi  ad  esso  le  statue  di  bronzo  di  Solone  e  di  Seleuco.  Per  quello  che 
ha  il  nome  volgare  di  tempio  o  portico  d'Augusto  entravasi  nel  Foro,  dove  fra  altri  og- 
getti insigni  meritava  attenzione  l'ara  della  .Misericordia;  non  lungi  era  il  ginnasio  di 
Tolomeo  con  ermi  di  marmo  e  l'immagine  in  bronzo  di  Tolomeo,  insieme  con  quelle 
del  re  Giuba  e  del  filosofo  Crisippo:  ne  rimangono  pochi  avanzi.  Presso  era  il  tempio 
di  Teseo  con  pitture  insigni  di  Micone  ;  cioè  la  pugna  degli  Ateniesi  contro  le  Amazoni 
e  de'  Lapiti  coi  Centauri,  e  Teseo  che  tornava  dal  fondo  del  mare  coH'anello  gittatovi 
da  Minosse  ed  una  corona  d'oro  avuta  da  Anfitrite:  tempio  eretto  il  476  da  Cimone, 
allorché,  conquistata  Sciro,  trasportò  in  Atene  le  ceneri  di  quell'eroe. 

Di  là  uscivasi  per  la  porta  Dipila  al  Ceramico  esterno  ed  all'Accademia,  podere  do- 
nato al  pubblico  da  Accademo,  e  immortalato  dalle  lezioni  di  Platone:  a'  tempi  di  Pau- 
sania  era  divenuto  un  ginnasio.  La  via  n'era  abbellita  di  monumenti  e  sepolcri:  trova- 
vasi  primieramente  il  recinto  sacro  a  Diana,  dove  i  simulacri  di  legno  della  Dea  ave- 
vano il  nome  di  Arista  e  Callista;  dopo  il  tempio  non  grande  di  Bacco  incontravasi 
una  serie  di  sepolcri  d'uomini  illustri,  o  d'Ateniesi  e  alleati  morti  nelle  battaglie,  come 
Trasibulo  Pericle,  Cabria,  Formione,  distene,  Melesandro,  Apollodoro,  Conone,  Timo- 
teo Zenone  Crisippo,  Nicla,  Armodio  ed  Aristogitone,  Efialte,  Licurgo  l'oratore; 
quello  di  Platone  era  un  poco  più  oltre  dell'Accademia,  ma  in  questa  medesima  dire- 
rezione.  Davanti  all'Accademia  sorgeva  l'ara  dell'Amore:  dentro,  quelle  di  Prometeo, 
delle  Muse  di  Mercurio,  di  Pallade  e  di  Ercole,  e  il  secondo  olivo  nato  nell'Allica.  Il 
sito  dell'Accademia  si  riscontra  nel  bosco  degli  olivi,  circa  un  miglio  da  Atene  nella 
direzione  di  Sepolia  ;  ma  de'  monumenti  menzionali  da  Pausania  non  è  più  nulla.  Non 
lun"i  dall'Accademia  verso  settentrione  era  la  torre  di  Timone  il  Misantropo,  e  dieci 
stadi  da  Atene  fu  il  Colle  equestre  (Colonus  HippiosJ,  celebre  per  l'antico  bosco  e  tem- 
pio di  Nettuno  Equestre,  arso  nella  guerra  di  Antigono,  e  del  quale  non  rimaneva  ai 
tempi  di  Pausania  se  non  l'ara  sacra  a  ÌNettuno  e  Minerva  Equestre:  ivi  pure  vedevasi 
l'eroe  di  Piriloo,  Teseo,  Edipo  ed  Adrasto.  Ritornando  verso  il  Pecile  incontravasi  il 
tempio  de'  Dioscuri,  o  Anaceo,  dove  Polignoto  avea  rappresentalo  le  loro  nozze  colle 
figlie  di  Leucippo,  e  Micone  gli  Argonauti.  Di  là  era  il  recinto  sacro  di  Agraulo,  alle 
falde  dell'Acropo  li,  dove  i  Persiani  erano  saliti  alla  cittadella  ;  e  vicino,  il  Pritaneo,  dove 
le  leggi  incise  di  Solone,  le  statue  della  Pace,  di  Vesta,  del  pancraziaste  Autolieo,  e  di 
Milziade  e  Temistocle,  cangiate  in  quelle  d'Augusto  e  Lisimaco.  Ne'  contorni  del  Prita- 
neo fra  questo  edifizio  ed  il  Foro  rimane  ancora  la  torre,  o  clessidra,  ed  anemoscopio 
{Torre  dei  venti)  di  Andronico  Cirreste. 

Volgendo  verso  la  città  bassa  e  l'Adrianea,  trovavasi  primieramente  il  tempio  di  Se- 
rapide,  divinila  introdotta  in  Atene  da  Tolomeo;  (|uindi  il  luogo  donde  Piriloo  e  Teseo 
eransi  mossi  per  Sparta  e  [)er  la  Tesprozia  ;  ivi  presso  la  cella  sacra  a  Lucina,  col 
simulacro  velato  sino  alla  punta  dei  piedi;  in  c^sa  vedevansi  due  statue  cretesi,  dono  di 
F'edra,  e  la  antichissima  di  Lrisillone,  venula  da  Pelo.  Di  là  giungevusi  al  gran  tempio 
di  Giove  Olimpico,  che  aveva  (jualtro  stadj  di  circuito,  cominciato  dai  leniiìi  più  anti- 
chi, continuato  da  Antioco,  spoglialo  delle  colonne  da  Siila,  compiuto  e  magnilicameutó 


ATENE  4J3 

ndornnto  da  Adriano,  f.a  statua  del  mime  era  d'oro  e  avorio  :  presso  di  essa  erano  due 
immai.'iiii  d'Adriano  di  marmo  lasio,  e  due  di  egizio:  intorno  al  tempio,  rimpetto  a 
ciasciinn  colonna,  nltrottante  immagini  di  lui  in  bronzo  innalzategli  dalle  colonie, 
molte  allre  erettogli  dalle  città,  ed  un  colosso  dedicatogli  da  Atene  dinanzi  all'opisto- 
domo.  Dentro  avevasi  un  Ciove  di  bronzo  molto  antico,  una  veccbia  edicola  di  Saturno 
e  Rea  ;  e  in  uno  spazio  cbiamato  Olimpico  si  mostrava  lo  spacco,  pel  quale  era  partita 
l'acqua  del  diluvio  di  Deucalione:  ivi  pure  la  statua  d'Isocrate  sopra  un  ci|)po,  e  Ire 
Persiani  di  marmo  frigio  sostenenti  un  trìpode.  A  poca  distanza  dal  tempio  indicavasi 
il  sepolcro  di  Deucalione,  fondatore  del  tempio  primitivo.  Forse  ne'  contorni  sorsero 
la  masgior  parte  delle  altre  magnifiche  fabbriche  di  Adriano,  cioè  la  cella  di  riiunone  e 
di  Giove  Panellenio;  un  portico  di  cenventi  colonne  di  marmo  frigio,  contenente  una 
l)iblioteca  divisa  in  varie  sale,  e  statue  e  volte  dorate,  e  muri  rivestiti  esteriormente 
di  marmo  frigio,  internamente  di  alabastro;  ed  un  ginnasio  ornato  di  cento  colonne  di 
marmo  numidico. 

Dopo  il  Giove  Olimpico,  s'incontrava  una  statua  di  Apollo  Pitio,  e  quindi  un  tempio 
di  Apollo  Delfinio,  donde  entravasi  nella  via  degli  Orti,  dove  una  cella  sacra  a  Venere, 
con  una  statua  insigne  di  Alcamene  ;  e  presso  un  erme  di  Venere  Urania.  Di  là  passa- 
vasi  al  tempio  di  Ercole  Cinosarge,  in  cui  erano  le  are  d'Ercole,  Ebe,  Alcmena  e  Jolao. 
Il  Liceo,  ginnasio  sacro  particolarmente  ad  Apollo,  fu  edificato  da  Lioirgo  figlio  di  Li- 
cnfrone  retore,  dietro  al  quale  era  il  monumento  di  Niso.  Giungevasi  dipoi  all'Ilisro, 
sulla  cui  riva  si  vedeva  l'ara  delle  Muse  Ilissiadi,  ed  ivi  presso  il  luogo  dove  mori  Co- 
dro  ultimo  re  di  Atene.  Di  là  dall'Ilisso  la  contrada  appellavasi  Agro?,  ed  era  fuori  della 
città  :  ivi  il  tempio  di  Diana  Agrotera,  ed  il  bello  stadio  fabbricato  da  Erode  Attico,  tutto 
di  marmo  pentelico. 

Atene  comprendeva  due  colline  intiere,  cioè  l'Acropoli  e  l'Areopago  ;  due  in  parte, 
cioè  il  Museo,  e  quella  detta  Pnix  dai  moderni,  e  dagli  antichi  il  Licabetto.  Sopra  que- 
sto non  citansi  altre  fabbriche  che  il  Pnix,  destinato  da  Solone  per  le  adunanze  pubbli- 
che: sul  Museo,  chiuso  dentro  la  città  da  Demetrio,  non  si  nomina  che  il  sepolcro  di 
Filopappo  siro,  che  fiorì  a'  tempi  di  Trajano,  e  che  ancora  si  vede.  Amendue  questi 
colli  coprono  Atene  verso  occidente.  Fra  il  Licabetto  e  l'Acropoli  sorge  l'Areopago,  ce- 
lebre pel  tribunale  che  vi  si  adunava,  coll'ara  di  Pallade  Area,  dedicata  da  Oreste;  le 
pietre  della  Contumelia  e  dell'Impudenza,  dove  assidevansi  l'accusatore  ed  il  reo;  il 
tempio  delle  Erinni,  in  crii  il  sepolcro  di  Edipo. 

Prima  di  salire  all'Acropoli,  voslionsi  descrivere  i  monumenti  alle  sue  falde  fuori  del 
recinto  che  la  divideva  dalla  città.  Movendo  dal  Pritaneo  entravasi  in  una  via  denomi- 
nata dai  tripodi  di  bronzo  che  ornavano  la  sommità  de'  tempietti,  contenenti  oggetti 
d'arte  molto  stimati,  come  il  Satiro  di  Prassitele.  Uno  elegante  d'ordine  corintio  ne  re- 
sta, cui  il  vuleo  dà  il  nome  di  Lanterna  di  Demofifenp  perla  sua  forma  ;  ed  un  altro  men 
ornato,  di  ordine  dorico  più  in  alto.  Trovavansi  poscia  due  tempi  di  Racco  :  nel  primo 
era  un  gruppo  rapprespntante  un  Faunetto  che  dava  bere  al  nume,  e  un  Racco,  e  un 
Amore  di  Imilo;  nell'altro  tempio  che  guardavasi  come  il  più  antico,  era  presso  al  tea- 
tro di  Bacco,  e  conteneva  due  edicole  e  due  sfatue  del  nume,  l'uua  detta  di  Racco  Eleu- 
terese,  l'altra,  opera  di  Alcamene,  d'oro  e  d'avorio;  e  dipinti  Racco  che  portava  Vul- 
cano io  cielo,  la  punizione  di  Penteo  e  di  Licurgo,  e  l'incontro  di  Racco  con  Arianna. 
Presso  era  l'Odeo  di  Pericle,  imitante  la  tenda  di  Serse,  ed  il  teatro  antico  di  Atene, 
denominato  di  Bacco  per  la  vicinanza  del  temnio;  qupsto  aveva  ritratti  di  poeti  tragici 
e  comici,  fra'  quali  particolarmente  Eschilo,  Euripide,  Sofocle  e  Monandro.  Dell'Odeo, 
incendiato  da  Siila  e  ricostruito  posteriormente,  ancora  si  distingue  il  sito;  il  teatro 
pure  si  riconosce,  come  anche  quello  edificato  sopra  questa  medesima  falda  da  Erode 
Attico,  il  quale  conserva  gran  parte  della  scena.  Stanno  sotto  il  muro  della  cittadella  a 
mezzodì,  detta  di  Noto:  sopra  questo  muro,  ove  domina  il  teatro  di  Racco,  era  espressa 
l'egida  col  teschio  di  Medusa  dorato  :  ed  ivi  era  pure  una  spelonca  coronata  da  un  tri- 
pode, nella  quale  erano  scolpili  Apollo  e  Diana  in  atto  di  saettare  i  Niobidi  .•  forse  la 
stessa  convertita  in  chiesa  col  nome  di  Panagia  SpiliofifKa.  Trovavasi  dipoi  il  .«sepolcro 
di  Calo,  nipote  e  discepolo  di  Dedalo;  e  quindi  il  tempio  d'Fsculapio,  ornato  delle  sta- 
tue del  nume  e  de'  suoi  figliuoli,  e  di  pitture.  Seguivano  la  cella  di  jTemide,  dinanzi 
alla  quale  vedevasi  il  monumento  d'Ippolito;  le  statue  di  Venere  Pandemia'  e  della 


4H  ARCHEOLOGIA    E   BELLE    ARTI 

Persuasione  ;  il  tempio  della  Terra  Curotrofe  e  di  Cerere  Cloe,  presso  il  quale  era  l'in- 
gresso magnifico  nell'Acropoli.  Di  là  da  essi  trovavasi  una  sorgente,  ed  una  spelonca 
consacrala  a  Pan,  la  quale  ancora  si  riconosce. 

L'Acropoli  è  una  collina  di  forma  eliltica,  estesa  in  lunghezza  da  oriente  ad  occiden- 
te, dirupata  e  cinta  di  mura  da  tutte  parti,  soltanto  accessibile  verso  occidente  dove 
tuttora  è  l'entrata.  Attribuivasi  ad  Agrola  ed  Iperbio  pelasgi  una  parte  della  mura  che 
cingevala;  il  resto  era  opera  di  Cimone  figliuolo  di  Milziade:  oggi  non  ne  rimangono 
traccie  visibili.  L'ingresso  era  ornato  di  un  portico  esastilo  di  colonne  doriche,  detto 
Propilei,  che  oggi  trovasi  coperto  fra  moderne  fortificazioni.  Era  stato  costrutto  per 
ordine  di  Pericle,  con  architettura  di  Mnesicle  :  aveva  a  destra  e  sinistra  statue  di  ca- 
valieri, che  alcuni  credevano  rappresentassero  i  figli  di  Senofonte.  A  destra  era  il  tem- 
pio della  Vittoria,  dove  mostravasi  il  sito  della  morte  di  Egeo;  a  manca  una  sala  con 
pitture  di  Polignoto,  il  quale  vi  avea  rappresentato  Ulisse  che  prendeva  l'arco  di  Filot- 
tele,  Diomede  che  rapiva  il  Palladio,  Oreste  che  uccideva  Egisto,  Pilade  che  metteva  a 
morte  i  figli  di  Nauplio;  Polissena  alla  tomba  di  Achille,  ed  Ulisse  presso  a  Nausicaa 

in  Corcira.  Altre  pitture  di 
ignoto  raffiguravano  Alci- 
biade coi  contrassegni  della 
vittoria  nemea,  Perseo  che 
recava  a  Polidette  il  capo  di 
Medusa,  un  ragazzo  che  por- 
tava le  idrie,  e  il  poeta  Mu- 
seo: inoltre  un  lottatore,  di- 
pinto da  Timeneto.  Presso  ai 
Propilei  dentro  alla  cittadella 
offrivansi  allo  sguardo  il  Mer- 
curio Propileo,  e  le  Grazie, 
sculture  del  celebre  Socn.te. 
Da  questo  punto  avviandosi 
verso  il  Partenone  incontra- 
vasi  una  lionessa  di  bronzo, 
simbolo  di  Leena,  uccisa  da 
Ippia  figlio  di  Pisistrato:  se- 
guiva una  Venere,  dono  di 
Callia  e  lavoro  di  Calamide; 
un'immagine  di  Diitrefe  fe- 
rito di  saette;  vicino  alla  quale 
le  statue  d' Igea  e  di  Atena 
Igiea.  Mostravasi  poi  il  segu'io 
di  Cacco;  Licio  garzone,  con 
un  vaso  d'acqua  lustrale,  sta- 
tua in  bronzo  di  Mirone;  e 
Perseo,  del  ^medesimo  arte- 
fice.  Poi  il  tempio  di  Diana 
Brauronia,  colla  statua  della 
dea  per  Prassitele  ;  la  figura 
in  bronzo  del  cavallo  di 
Epeo;  e  parecchie  statue  pe- 
destri, fra  le  quali  partico- 
larmente Epicarino  opera  di 

Pianta  delPÀcropoH  d^ Atene. 


AA  sentiero  sinuoso  che  mena  all'interno  Jclla  cittadella.  —  B  colonnato  de'  Propilei.  —CC  batterie 
costrutte  dai  Turchi.  —  D  avanzi  del  tempio  della  Vittoria.  —  K  Partenone.  —  F  tcmpj  di  Atena  Poliade 
e  di  Eretteo.  —  G  teatro  di  Bacco.  —  H  Odeo  di  Pericle.  —  I  monumento  di  Trasilio.  —  K  colle  dell'Areo- 
pago. —  L  luogo  della  città  moderna. 


ATENE 


415 


Crizia,  Enobio  che  fece  chiamare  Tucidide  dall'esiglio ,  Ermolico  pancraziaste ,  For- 
mione  figlio  di  Azopico,  Seguivano  varii  gruppi:  Atena  in  atto  di  battere  Marsia;  Teseo 
che  lottava  col  Minotauro;  Frisso  coll'ariete,  nel  momento  che  lo  sacrificava  ad  un 
nume;  Ercole  che  strozzava  i  dragoni;  e  Atena  che  nasceva  dal  capo  di  Giove.  Poscia 
un  toro,  dono  dell'Areopago;  un  uomo  armato  di  elmo,  colle  unghie  d'argento,  lavoro 
molto  pregiato  di  Cleeta  5  la  Terra  che  supplicava  Giove  per  la  pioggia;  Timoteo,  Co- 
none,  Progne  ed  iti,  doni  di  Alcamene;  Minerva  che  mostrava  l'ulivo,  e  Nettuno  che 
scopriva  l'onda  ;  e  finalmente  il  Giove  di  Leccare,  ed  il  Giove  Polieo. 


Prospello  deW Acropoli. 

Allora  giungevasi  al  Partenone,  tempio  principale  di  Atene,  sacro  a  riapSTcvo;  o  Atena, 
costrutto  da  Pericle  con  architettura  d'Ictino,  e  mirabilmente  ornato  di  sculture  da 
Fidia.  Sul  frontone  verso  oriente,  per  dove  era  l'ingresso,  vedevasi  la  nascita  della  dea, 
con  figure  interamente  isolate;  e  sul  frontone  opposto  la  disputa  fra  Pallade  e  Nettuno 
per  l'Attica.  Leraetope  erano  ornate  di  altirilievi,  portanti  la  pugna  de'  Lapiti  co' Cen- 
tauri ;  ed  intorno  alla  cella  correva  esternamente  un'ampia  fascia  a  guisa  di  fregio,  nella 
quale  in  bassorilievo  era  stata  espressa  la  pompa  panatenaica.  La  parte  postica  della 
cella  conteneva  il  tesoro  pubblico:  l'anteriore,  la  statua  di  Pallade  d'oro  ed  avorio, 
anch'essa  di  Fidia,  s'un  piedestallo,  su  cui  era  scolpita  la  nascita  di  Pandora.  Oltre  la 
Pallade  di  Fidia,  vi  era  un  Adriano,  e  presso  la  porta  il  ritratto  d'Ificrate. 


Il  Partenone- 


Di  là  era  un  Apollo  Partenopio  di  bronzo,  attribuito  a  Fidia;  un  Pericle,  un  Santippo, 
un  Anacreonte,  Io  e  Callisto  fatti  da  Dinomene.  Presso  al  muro  di  Noto  era  figurata  la 
guerra  de'  Giganti,  la  battaglia  di  Teseo  contro  le  Amazoni,  quella  di  Maratona,  e  lo 
sterminio  de'  Galli  nella  Misia;  opere  in  bassorilievo,  ciascuna  alta  due  cubiti,  e  dedi- 
cate da  Attalo.  Quindi  vedevasi  la  statua  di  Olimpiodoro,  insigne  capitano  ateniese,  ed 


•Ì16  ARCHEOLOGIA    E    BELLE    ARTI 

una  Diana  Leucofrine,  di  bronzo,  dedicata  da'  figli  di  Temistocle  ;  presso  a  cui  una 
xMinerva,  dono  di  Callia  ed  opera  di  Endeo  discepolo  di  Dedalo.  Seguiva  l'edifizio  chia- 
mato l'Eretleo,  innanzi  a  cui  era  la  statua  di  Giove  Ipato;  e  dentro  tre  altari,  a  Nettuno, 
a  Buto  ed  a  Vulcano:  sopra  quello  di  Nettuno  sagrificavasi  ad  Eretteo  :  le  pareti  offri- 
vano pitture  allusive  alla  nascita  di  Buto.  In  un  recesso  interno  mostravano  un  pozzo 
d  acqua ,  che  dicevano  fatta  scaturire  da  Nettuno.  L'Eretteo  era  attaccato  al  tempio  di 
Atena  Poliade,  dove,  oltre  il  simulacro  della  dea  che  dicevasi  caduto  dal  cielo  ,  ammi- 
ravasi  una  lucerna  d'oro,  opera  di  Callimaco;  un  Mercurio  di  legno,  dono  di  Cecropej 
una  sedia  pieghevole,  lavoro  di  Dedalo;  la  corazza  di  Masistio,  che  comandava  la  ca- 
va lena  persiana  alla  battaglia  di  Platea;  e  l'ulivo  fatto  nascere  da  Minerva.  Alla  cella 
del  tempio  di  Atena  Poliade  congiungevasi  quella  di  Pandrosio. 

Questi  tre  edifizj  uniti  restano  ancora,  come  il  pozzo  dell'Eretteo:  il  tempio  di  Atena 
Pohade  e  l'Eretteo  possono  riguardarsi  come  l'esempio  più  bello  dell'ordine  jonico  :  il 
Pandrosio,  invece  di  colonne,  avea  cariatidi,  quattro  delle  quali  rimangono.  Presso  al 
tempio  di  Atena  Poliade  era  l'abitazione  delle  vergini  canefore  ;  la  statua  di  Lisimaca; 
quelle  di  Eretteo  e  di  Eumolpo  di  bronzo,  in  atto  di  combattere;  quella  di  Tolmide  e 
de  suo  augure;  parecchie  antiche  immagini  in  legno  di  Minerva;  la  rappresentazione 
della  caccia  d'un  cinghiale,  forse  il  Calidonio;  quella  della  pugna  di  Cicno  con  Ercole; 
quella  di  Teseo  che  portava  i  segni  onde  farsi  riconoscere  per  figlio  di  Egeo;  e  la  vit- 
toria di  lui  sul  toro  di  Maratona,  dono  degli  abitanti  di  quel  borgo.  Presso  a'  Propilei 
incontravasi  una  statua  di  Cilone  di  bronzo,  la  grande  statua  di  Minerva  pure  di  bronzo, 
«atta  con  le  spoglie  riportate  in  Maratona,  ed  opera  di  Fidia,  il  cui  scudo  colla  battaglia 
de'  Lapiti  contro  i  Centauri,  e  gli  altri  ornati,  erano  disegno  di  Parrasio  ed  intaglio  di 
Mis.  Non  lungi  da  questa  era  un  carro  di  bronzo,  decima  delle  spoglie  de'  Beoti  e  Cal- 
cidesi ;  la  statua  di  Pericle  ;  e  la  bellissima  Pallade  F.emnia,  opera  di  Fidia. 

Atene  aveva  tre  porti:  il  più  antico  dicevasi  Falero  vicino  alla  città,  donde  il  mare 
non  dista  che  U  minuti.  Di  là  partirono  Teseo  per  Gnosso,  e  Menesteo  perTroja;  e  vi 
SI  vede  ora  un  tempio  di  Cerere,  la  cella  di  Giove  e  di  Minerva  Scirade,  le  are  degli  Dei 
Ignoti,  degli  eroi,  de'  figli  di  Teseo  e  di  Falero,  e  di  Androgino  figlio  di  Minosse.  Quivi 
iu  estratta  la  famosa  statua  del  Demetrio  Falereo.  Due  miglia  e  mezzo  oltre  il  Falero 
erano  i  simulacri  di  Venere  Coliade  e  delle  dee  Genetliadi  sul  capo  Coliade.  Gli  altri  due 
porti  erano  quelli  di  Munichia  e  del  Pireo.  11  popolo  de'  tre  porti  formava  tre  demi- 
diversi. 

Due  bracci  di  muro  amplissimi  furono  edificati  da  Temistocle  per  unire  i  porti  alla 
citta,  lunghi  quaranta  stadj,  e  detti  i  muri  lunghi  o]e  gambe.  Distrutti  dai  Trenta  tiranni 
furono  ricostruiti  con  minor  regolarità  daConone,  abbattuti  da  Siila,  né  più  riedificati  : 
oggi  non  ne  rimangono  che  laceri  avanzi ,  lambiti  da  una  strada  di  ferro.  Per  la  porta 
1  iraica  uscivasi  al  Pireo,  perla  Falerica  al  Falero:  solla  via  del  Falero  era  il  monumento 
di  Antiope  ed  una  cella  sacra  a  Giunone,  che  fu  bruciata  da  Mardonio  figlio  di  Gobria: 
sopra  quella  del  Pireo  erano  sepolcri ,  fra'  quali  i  più  celebri  il  cenotafio  di  Euripide  e 
a  tomba  di  Menandro.  Da  Atene  al  Pireo  in  linea  retta  si  contavano  trentacinque  stadj. 
Le  sue  lahbriche  ed  i  tre  porti  in  cui  suddividevasi ,  erano  architettura  d'Ippodamo  di 
Luriionte,  nativo  di  Mileto,  o  secondo  altri  torio.  I  tre  porti  nomavansi  il  porto  Grande 

0  Cantaro,  Afrodisio  e  Zea.  Il  secondo  prendeva  nome  da  un  tempio  di  Venere ,  eretto 
IVI  presso  il  mare  da  Conone  dopo  la  vittoria  di  Guido.  Sul  porto  Grande  era  il  sepolcro 
(li  lemistocle.  Veniva  chiuso  da  due  rupi,  dette  Eetion  ed  Alcime,  che  ne  rendevano 

1  ingresso  angusto  e  ditTicile:  le  sue  fortificazioni,  intraprese  da  Temistocle  durante  il 
suo  arcontato,  nel  477,  furono  compiute  da  Pericle,  che  le  portò  a  40  cubiti  o  20  metri 
circadi  a  tezza;  giravano  tutta  la  città  del  Pireo;  disfrutte  dagli  Spartani  a  suon  di 
tibia  nel  404,  furono  rialzate  da  Conone,  rase  ancora  da  Siila. 

NiBBY,  Eìemenli  d'arrheoìorjia- 

Die  Akropolis  von  Alen;  cin  Vorlrag,  in  nm.emchaftUrhen  Vereine  sw  Bertin  am  iO  Februar  qchallen 
von  EH^EST  Curtius.  Berlino  -1844,  in-8"  con  litoj;tafia. 

£f._£X&£tou,  y;wixs-JY,  y.-xr'  £vro/«v  tou  otpy.oiioìoyiy.ov  'j^jlloyov  ecc.  Alone  tSNS,  con  8  lilo.rralio 
AnhchUàd  Atene  prese,  rolografieamenle  .la  A.  F.  Oppenheim  l'autunno  del  ^Slió.  Dresda  1854 
Alhenes  dvtntc  et  dessinéc  par  Ernest  Breton  ;  suivie  d'une  voyagc  dnm  le  Péìoponnàse.  Parigi  U6'> 


i 


SPART\  417 

Ora  una  spedizione  prussiana,  conilotla  <la  Strack  e  Botliclier,  noti  por  bei  lavori  archeologici,  crMcc  molto 
le  cognizioni  sopra  Atene;  massime  sul  teatro  di  Bacco,  che  si  scoperse  tutto,  e  snll'Ercttco. 

g  304.  —  Sparta. 

Meno  insigne  per  arti  belle  è  Sparta.  Polibio,  che  la  vide  neirultimo  stadio  della  sua 
indipendenza,  ce  la  mostra  di  forma  rotonda,  colle  mura  di  48  stadj.  Al  tempo  della 
guerra  persiana  potea  dare  solo  ottomila  uomini  -,  poi  crebbe  di  molto ,  Il  Foro  è  da 
credersi  fosse  nella  parte  piana  della  città,  ove  la  curia  del  senato,  e  le  sale  in  cui  ra- 
dunavansi  gli  Efori,  i  Nomofilaci  ed  i  Bidiei;  il  portico  Persiano,  il  tempio  di  Giulio 
Cesare,  quello  di  Augusto,  presso  la  cui  ara  mostravasi  il  ritratto  in  bronzo  di  Agia; 
le  statue  di  Apollo  Pitio,  di  Diana  e  di  Latona;  il  tempio  dellaTellure  e  di  Giove  Agoreo; 
quello  di  Pallade  Agorea  e  di  Nettuno  Asfalio;  quello  di  Apollo  e  Giunone  ;  la  statua 
del  Popolo  di  Sparta;  il  tempio  delle  Parche,  presso  al  quale  era  il  sepolcro  d'Oreste  e 
il  ritratto  di  Polidoro,  la  statua  di  Giove  Ospitale  e  di  Pallade  Ospitale,  quella  di  Mer- 
curio Agoreo  che  portava  Bacco  infante  ;  e  l'antico  Eforeo,  dove  i  monumenti  sepolcrali 
di  Epimenide  ed  Afareo. 

Dal  Foro  staccavasi  la  via  Afeta  o  Afetaide,  dove  indicavano  il  Booneta,  già  casa  del 
re  Polidoro:  e  presso,  il  tempio  dEsculapio,  e  l'eroo  di  Teleclo.  Di  là  dal  punto  dove 
questa  via  toccava  la  sala  de'  Bidiei,  vedevasi  il  tempio  di  Pallade  Celeutea;  quindi 
l'eroo 'di  Jope,  poi  quello  di  Amfiarao  e  di  Lelege;  il  recinto  sacro  di  Nettuno  Tenario, 
detto  perciò  il  Tenario;  la  statua  di  Pallade,  l'Ellenio,  il  monumento  di  Taltibio,  l'altare 
di  Apollo  Acrita,  il  Gasepto ,  la  statua  di  Apollo  Maleate;  e  sul  fine  della  strada  presso 
alle  mura,  il  tempio  di  Dittinna,  ed  i  sepolcri  reali  degli  Euripontidi.  A  lato  poi  dell'EI- 
lenio  era  il  tempio  d'Arsinoe  figlia  di  Leucippo:  presso  ai  Presidj,  l'edicola  di  Diana, 
e  poco  più  oltre,  il  monumento  degli  Jamidj,  il  tempio  di  Marone  e  di  Alfeo,  quello  di 
Giove  Trofeo,  quello  della  Gran  Madre,  l'eroo  d'Ippolito,  e  quello  di  Anione.  Tutti  questi 
edifizj  erano  ne'  dintorni  della  via  Afeta. 

Dal  Foro  partiva  un'altra  strada,  nella  quale  vedevasi  la  Sciade,  edifizio  di  Teodoro 
da  Samo ,  dov'era  la  cetra  di  Timoteo  Milesio  ;  e  in  un  edifizio  rotondo ,  le  statue  di 
Giove  e  Venere  olimpj.  Vicino  mostravansi  il  sepolcro  di  Cinorta  figliuolo  d'Amicla,  il 
monumento  ed  il  tempio  di  Castore,  i  sepolcri  d'Ida  e  di  Linceo;  rimpettoalla  rotonda 
di  Giove  e  Venere,  il  tempio  di  Proserpina  Salvatrice,  Apollo  Carneo,  la  statua  di 
Afeteo  ,  donde  credevasi  avesser  preso  le  mosse  alla  corsa  gli  amanti  di  Penelope.  Se- 
guiva l'antico  mercato  di  cose  vecchie  con  portici  quadrangolari,  e  un'ara  di  Giove, 
Minerva  e  |de' Dioscuri ,  tutti  sopranominati  Ambulj.  Himpetto,  sul  colle  Colono  era 
l'edicola  di  Bacco  Colonate;  il  sacro  recinto  dell'eroe,  che  guidò  Bacco  verso  Sparta; 
il  tempio  di  Giove  Evanemo,  a  destra  del  quale  l'eroo  di  Pleurone.  Sopra  un  altro  colle 
vicino  a  questo  eroo  vedevansi  i  tempj  di  Giunone  Argiva  e  di  Giunone  Ipercheria.  A 
destra  di  esso  colle  si  apriva  una  via ,  dove  era  il  ritratto  di  Etemoclc.  Sembra  che  la 
via  Afeta,  la  Sciade,  e  questi  due  colli  fossero  ad  oriente  del  Foro. 

Ad  occidente  incontravasi  primieramente  il  cenotafio  di  Brasida,  e  non  lungi  il  teatro, 
tutto  marmo  bianco;  il  monumento  di  Pausania  e  di  Leonida,  e  non  lungi  il  tempio  di 
Nettuno  Genetlio  ,  l'eroo  di  Cleodeo  e  di  Ebaio.  Nella  contrada  Teomelide  erano  i  se- 
polcri degli  Agiadi,  e  vicina  una  colonna,  sulla  quale  leggevansi  le  vittorie  olimpiche  di 
Anchioni  :  seguiva  la  stazione  dei  Crotani,  il  tempio  di  Diana  Issoria,  quello  di  Esculapio 
detto  degli  Eoapadi,  il  monumento  di  Tenaro,  il  tempio  di  Nettuno  Ippocurio,  e  quello 
di  Diana  Eginea.  In  questi  medesimi  dintorni  erano  item|)j  di  Tetide,  di  Cerere  Ctonia, 
di  Serapide  e  di  Giove  Olimpico,  Quindi  passavasi  al  Dromo,  partendo  dal  sepolcro  degli 
Agiadi;  e  per  via  s'incontravano  il  monumento  di  Eumede  ed  un'antica  statua  d'Ercole, 
presso  cui  la  casa  di  Menelao.  Nel  Dromo  si  notavano  i  Dioscuri  Afeterj,  l'eroo  d'Alcone 
(a  lato  del  quale  era  il  tempio  di  Nettuno  Domatite),  e  parecchi  ginuasj,  uno  de'  quali 
edificato  da  Euricle  spartano;  poi  tempj  de'  Dioscuri  e  delle  Grazie ,  di  Lucina,  Apollo 
Carneo,  Diana  Egemache,  Esculapio  Agnita:  quest'ultimo  era  a  destra  del  Dromo.  Non 
lungi  sorgeva  un  trofeo  attribuito  a  Polluce. 

Nella  contrada  detta  il  Platanisto,  dove  gli  efebi  combattevano  entro  uno  spazio  cinto 
da  un  euripo,  ai  due  lati  de'  ponti  che  introducevano  in  questo  recinto,  erano  Ercole  e 

Cantò,  Docnmenti.  —Tomo  I,  Archeologia  e  Belle  Arti.  27 


418  ARCHEOLOGIA    E   BELLE   ARTI 

Licurgo.  Presso  al  Platanisto  propriamente  detto  era  l'eroo  di  Cinisca,  ed  un  portico , 
dietro  al  quale  vedevasi  l'eroo  di  Alcimo ,  e  là  vicini  quelli  di  Dorceo  e  di  Sebrio;  i 
quali  eroi  davano  il  nome  alla  fonte  di  Dorceo  e  al  vico  Sebrio,  a  destra  del  quale  era 
il  monumento  di  Alcmane ,  presso  cui  il  tempio  di  Elena,  poi  quello  di  Ercole,  colla 
statua  del  nume  armata:  vicino  a  questo  tempio  era  il  monumento  di  Eono.  Ad  oriente 
del  Dromo  trovavasi  il  tempio  di  Paliade  Axiopsena  ,  e  non  lungi  un  altro  della  stessa 
dea;  e  vicino  l'edicola  d'Ippostene,  e  la  statua  antica  di  Eoialio  in  ceppi. 

Oltre  la  stazione  de'  Crotani,  era  quella  chiamata  Pécile,  presso  cui  l'eroo  di  Cadmo, 
de' discendenti  di  Eolico,  e  quello  di  Egeo  suo  figlio.  Poco  oltre,  sopra  un  colle  non 
grande,  appariva  il  tempio  antico  con  statua  di  legno  di  Venere  armata,  il  solo  degli 
antichi  che  avesse  due  piani  :  nel  superiore.  Venere  aveva  il  sopranome  di  Morpho ,  ed 
era  rappresentata  assisa  con  benda  nella  mano  e  ceppi  a'  piedi.  Vicino  era  quello  d'I- 
laera  e  Febe,  dove  mostravasi  appeso  al  soffitto  ed  involto  in  fascie  il  guscio'dell'ovo 
partorito  da  Leda.  Seguiva  il  Chitone  ,  edifizio  nel  quale  le  donne  spartane  tessevano 
la  tunica  per  l'Amicleo;  e  presso  a  questo  una  casa,  già  abitata  dai  Dioscuri.  Andando 
dal  Chitone  verso  alle  porte,  trovavansi  l'eroo  di  Chilone  e  quello  di  Ateneo;  seguiva  il 
tempio  di  Licurgo,  dietro  alla  cui  cella  stava  il  sepolcro  di  Eucosmosuo  figlio,  e  presso 
all'altare  quello  di  Latria  e  di  Anassandra;  incontro  alla  cella  poi  additavansi  i  monu- 
menti di  Teopompo  e  di  Euribiade  ;  e  vicino  al  tempio  l'eroo  di  Astrabaco. 

La  parte  piana  di  Sparta,  che  era  stata  un  tempo  palustre,  serbò  il  nome  di  Limnea 
da  >i>vr)  palude.  In  essa  era  il  tempio  di  Diana  Ortia  e  Ligodesma,  il  cui  simulacro  di 
legno  reputavasi  quello  che  un  giorno  fu  portato  via  dalla  Tauride  da  Oreste  ed  Ifigenia. 
Non  lungi  era  il  tempio  di  Lucina,  dopo  il  quale  sopra  il  colle  più  alto  sorgea  la  citta- 
della. In  questo  era  il  tempio  di  bronzo  colla  statua  pur  di  bronzo  di  Minerva  Polinia, 
opera  di  Gibiade,  e  con  bassorilievi  delle  imprese  di  Ercole  e  de'  Dioscuri,  e  altri  fatti 
mitologici.  Ivi  presso,  il  tempio  di  Paliade  Ergane,  e  piìi  oltre  la  cella  di  Giove  Cosmeta, 
dinanzi  a  cui  il  sepolcro  di  Tindareo.  Altri  tempj  e  statue  e  portici  faceano  quel  luogo 
uno  de'  più  insigni  di  Grecia:  ma  ormai  non  ne  rimangono  vestigia. 

§  303.        Olimpia. 

Nell'isola  d'Egina  famoso  è  il  Panellenio,  le  cui  metope,  ora  nel  museo  di  Monaco, 
sono  monumenti  d'arte  antichissima. 

Sull'istmo  che  unisce  il  Peloponneso  col  continente  dell'Eliade  si  celebravano  i 
giuochi  Istmici:  ma  più  famosi  sono  gli  Olimpici.  Olimpia  nomasi  il  tratto  sulla  sponda 
destra  dell'Alfeo,  sedici  miglia  circa  prima  della  foce  di  {juesto  fiume,  e  circa  trentasette 
e  mezzo  da  Elide,  sacro  particolarmente  a  Giove.  Secondo  Pausania,  il  bosco  sacro  di 
Giove  era  piantato  di  ulivi  selvatici  e  di  platani,  ed  in  mezzo  il  magnifico  tempio  dorico 
di  Giove,  di  una  pietra  porosa,  lungo  settantacinque  metri,  largo  trentuno,  alto  venti- 
tre ;  architettato  da  Libone,  col  tetto  coperto  di  marmo  pentelico.  Gli  Elei  lo  edifica- 
rono dopo  soggiogata  Pisa  ed  i  borghi  intorno.  Era  amfiprostilo:  sull'acroterio  centrale 
vedevasi  una'^Vittoria  dorata  e  sotto  di  essa  uno  scudo  d'oro,  in  mezzo  al  quale  era 
espressala  Gorgone,  decima  de'  Tanagrei:  sugli  acroterj  laterali  erano  vasi  dorati; 
intorno  al  fregio  stavano  disposti  nella  parte  esterna  del  portico  ventuno  scudi  dorati, 
dono  di  Mummio.  Il  frontispizio  anteriore  ornavano  sculture,  rappresentanti  Pelope  ed 
Enomao  in  atto  di  venire  a  battaglia;  in  mezzo  ammiravasi  la  figura  di  Giove;  e  a  de- 
stra Enomao  coll'clmo  in  testa,  accompagnato  da  Steropc  sua  madre;  presso  al  carro 
innanzi  ai  quattro  cavalli,  Mirtilo  auriga  di  Enomao  ;  dopo  questi,  due  famigli  che  do- 
vcano  servire  i  cavalli;  alla  estremiti),  nell'angolo  del  frontispizio,  la  figura  coricata  del 
Cladeo-  a  sinistra  di  Giove,  Pelope  ed  Ippodamia,  l'auriga,  i  cavalli  di  Pelope  e  due 
fami"li'-  e  nell'angolo  la  figura  coricata  dell'Alfeo.  Queste  sculture  erano  opera  di  Peo- 
nio  da 'Mende.  Sul  frontispizio  posteriore  era  la  pugna  dei  l.apiti  contro  i  Centauri 
opera  di  Alcaniene.  Nel  pronao  erano  i  cavalli  di  Cinisca  in  bronzo  con  tripode  pure 
di  bronzo  sul  quale  coUocavansi  le  corone  pe'  vincitori,  nei  tempi  più  antichi,  un  .\- 
driano  di 'marmo  parlo,  dono  degli  Achei  ;  un  Trajano,  dono  di  tutti  i  Greci  ;  e  nelle 
nicchie  i  ritratti  di  Augusto  in  elettro,  e  di  Nicomede  in  avorio.  Le  porle  di  bronzo  a 
bassorilievi  rappresentavano  le  imprese  di  Ercole  ;  uell'interno  del  tempio,  a  doppio  or- 


OLIMPU  419 

dine  di  portici,  appariva  a  destra,  dinanzi  alla  colonna,  Ifito  coronato  da  Echiria.  Dal 
portico  superiore  passavasi  alla  statua  assisa  del  nume  d'oro  e  d'avorio,  opera  sublime 
di  Fidia  ;  e  per  una  scala  a  chiocciola  si  saliva  al  tetto.  11  pavimento  del  tenìpio  era  di 
marmo  bianco,  salvo  la  parte  dinanzi  la  statua,  la  quale  era  una  incassatura  di  marmo 
nero,  con  crepidine  attorno  per  tenervi  l'olio  che  preservava  l'avorio  della  statua  dal- 
l'umidità ;  al  qual  uopo  era  coperta  da  una  cortina  finissima,  ornata  di  ricami  assiri,  e 
colorita  di  porpora  fenicia,  dono  di  Antioco.  Oltre  questa  statua,  avevansi  nella  cella  il 
trono  di  Arinno  re  di  Etruria  ;  quattro  corone,  dono  di  Nerone,  tre  delle  quali  fo^iriate  a 
foglie  di  ulivo  selvatico,  ed  una  a  foglie  di  quercia,  venticinque  scudi  in  bronzo  per 
que'  che  correvano  al  corso  armato  ;  e  parecchi  cippi,  uno  de'  quali  portava  il  giura- 
mento di  alleanza  fra  gli  Elei,  gli  Ateniesi,  gli  Argivi  e  i  Mantineesi.  Questo  tempio  è 
oggi  affatto  distrutto,  e  sonosi  soltanto  trovati  alcuni  rocchi  di  colonne  del  suo  peristi- 
lio, i  quali,  mentre  ne  accertano  della  esattezza  di  Pausauia,  determinano  che  il  tempio 
fu  esastilo,  che  il  diametro  delle  colonne  fu  di  metri  2.36,  e  che  era  a  S5  passi  geome- 
trici dal  colle  di  Saturno  verso  l'Alfeo. 

A  destra  del  tempio  di  Giove  era  il  recinto  che  credevasi  consacrato  a  Pelope  da  Ercole 
di  Amfilrione  ;  alberato,  cinto  da  sassi,  e  con  statue;  avea  l'ingresso  ad  occidente;  esten- 
devasi  da  circa  la  metà  del  tempio  di  Giove  fino  alla  parte  postica  di  quello.  Nello  spa- 
zio fra  il  Pelopio  e  il  tempio  erano  statue  e  l'ara  massima  di  Giove  Olimpico.  Altre  ve- 
devansi  in  que'  dintorni,  come  quelle  di  Bacco  e  delle  Grazie,  delle  Muse,  delle  Ninfe  ;  e 
sparse  pel  recinto  quelle  di  Vesta,  di  Diana  Latoide,  di  Pallade  Ergane,  di  Pallade  e 
Diana,  dell'Alfeo,  di  Vulcano,  di  Giove  Marziale,  d'Ercole  Parastate,  di  Epimede,  d'Ida 
od  Acesida,  di  Peoneo  e  di  Jaso.  Quindi  mostravansi  le  fondamenta  della  casa  di  Eno- 
mao,  l'ara  di  Giove  Erceo,  quella  di  Giove  Fulminatore,  degli  Dei  ignoti,  di  Giove  Ca- 
tarsio,  della  Vittoria,  di  Giove  Cotonio,  di  tutti  gli  Dei,  di  Giunone  Olimpica,  creduta 
offerta  di  Climene,  di  Apollo  e  Mercurio  insieme,  della  Concordia,  di  Minerva,  diversa 
da  altre  già  nominate,  e  della  Madre  degli  Dei.  Seguiva  lo  stadio  olimpico,  posto  più 
dentro  l'Alti  :  presso  all'entrata  di  esso  erano  le  are  di  Mercurio  Enagonio  e  di  Cero  : 
poco  lungi  dal  tesoro  de'  Sicionj,  l'ara  di  Ercole:  nel  tempio  della  Tellure,  l'ara  di 
questa  dea:  sullo  Storaio,  quella  di  Temide:  e  quella  di  Giove  Fulminatore  era  intor- 
niata di  una  siepe.  Uscendo  dall'Alti  per  la  porta  delle  Pompe,  rivolta  ad  occidente,  ecco 
il  Leonideo,  poi  lo  studio  di  Fidia,  dove  un'ara  sacra  a  tutti  gli  Dei.  Piientrando  per  la 
porta  Pompica,  a  sinistra  del  Leonideo,  si  vedeva  l'ara  di  Venere  e  quella  dell'Ore  :  ed 
avvicinandosi  alla  facciata  postica  del  tempio  di  Giove  scontravasi  a  man  ritta  l'oleastro 
di  cui  si  facevano  le  corone  pei  vincitori  olimpici  :  onde  lo  sopranomavano  Calliste- 
fano,  come  pure  Cailistefani  le  ninfe  che  ivi  appresso  avevano  ara.  In  quelle  vicinanze 
stava  pur  l'Ippodameo,  recinto  di  circa  un  plettro  di  estensione  per  ogni  lato,  cosi  detto 
perchè  sacro  particolarmente  ad  Ippodamia  5  inoltre  l'ara  di  Diana  Agorea,  quella  di 
Despina,  quella  di  Giove  Agoreo,  e  dinanzi  alla  Proedria  le  are  di  Apollo  Pitio  e  di 
Bacco.  Di  là  rivolgendosi  verso  la  mossa  de'  cavalli,  aveansi  le  are  di  Giove  Meragcta, 
delle  Parche,  di  Mercurio  e  due  di  Giove  Altissimo.  La  mossa  de'  cavalli  era  costruita 
in  guisa  di  rostro,  in  modo  così  artifizioso,  da  non  lasciare  alcun  vantaggio  fra  gli 
atleti  :  in  mezzo  erano  le  are  di  Nettuno  Ippio,  di  Giunone  Ippia  e  dei  Dioscuri  ;  all'in- 
gresso del  rostro  quelle  di  Marte  Ippio  e  di  Minerva  Ippia  ;  e  dentro,  quelle  della  Buona 
Fortuna,  di  Pane,  di  Venere,  e  delle  ninfe  Acmene. 

Questa  mossa  univasi  da  un  lato  ad  un  portico,  detto  di  Asnampto  0  Agapto  dall'ar- 
chitetto, e  per  esso  allo  stadio;  e  dall'altro  introduceva  nell'ippodromo.  Lo  stadio  era 
appoggiato  al  monte  Cronio,  alle  cui  radici  il  tempio  di  Lucina  e  Sosipolide,  amfipro- 
stilo,  con  cella  separala  per  l'una  e  per  l'altro  Dappresso  erano  le  vestigia  di  quello  di 
Venere  Celeste,  ed  altari.  L'ippodromo  poi  conteneva  l'ara  diTarasippo:  e  sopra  una 
delle  mete,  in  bronzo  Ippodamia  con  una  tenia  in  mano,  in  atto  di  cingerne  il  capo 
a  Pelope.  L'Ippodromo  con  un  lato  appoggiavasi  ad  un  colle  sul  quale  era  il  tempio 
di  Cerere  Camina,  sulla  cui  origine  varie  tradizioni  correvano.  Dell'ippodromo  riman- 
gono poche  vestigia.  Sembra  che  presso  ad  esso  fosse  il  ginnasio,  nel  quale  le  statue  di 
Cerere  e  Proserpina  in  marmo  pentelico,  sostituite  ad  altre  più  antiche  da  Erode  Attico  ; 
annesse  erano  le  abitazioni  degli  atleti  presso  al  Cladeo.  Di  là  dal  ginnasio  era  il  Prita- 
neo, dinanzi  alle  cui  porle  l'ara  di  Diana  Cacciatrice:  nel  Pritaneo  stesso  conservavatì 


420  ARCHEOLOGIA   E  BELLE   ARTI 

entro  una  camera  il  fuoco  sacro,  e  a  destra  dell'ingresso  l'ara  di  Pane;  rimpetto  alla 
camera  del  fuoco  un  cenacolo,  dove  banchettare  i  vincitori  olimpici. 

Nell'Alti,  sotto  la  falda  del  monte  Cronio  opposta  a  quella  dello  Stadio,  era  il  tempio 
di  Giunone,  edificato  dagli  Scillunzj  ;  quadrilungo,  di  ventun  metro,  dorico,  peristilo, 
ed  una  delle  colonne  della  parte  posteriore  era  di  quercia.  La  cella  aveva  molte  statue 
antiche  d'oro  e  d'avorio:  il  simulacro  di  Giunone  in  trono:  allato  Giove  barbato  con 
elmo;  lavoro  semplice.  Seguivano  le  Ore,  rappresentate  assise  da  Smilide  egineta,  e 
Temide  loro  madre,  lavorodiDoricledalacedemonio,  scolaro  di  Dipeno  e  Scillide;  quindi 
cinque  figure  delle  Esperidi  per  Teocle  lacedemonio,  scolaro  degli  stessi  ;  unaPallade  di 
Medonte  lacedemonio,  della  stessa  scuola  5  Proserpina  e  Cerere  assise  ;  Apollo  e  Diana 
in  piedi  ;  Latona,  la  Fortuna,  Bacco  e  la  Vittoria  alata,  anch'esse  antichissime.  Poste- 
riori a  queste  erano  il  Mercurio  che  portava  Bacco  fanciullo,  lavoro  di  Prassitele;  una 
Venere  in  bronzo,  opera  di  Cleone  sicionio  della  scuola  di  Pericleto  ;  un  fanciullo  do- 
rato, scultura  di  Boeto  cartaginese  ;  e  le  statue  d'oro  ed  avorio  di  Filippo  ed  Euridice, 
trasportate  dal  Filippeo.  Sopratutto  attirava  l'ammirazione  l'arca  di  cedro,  tutta  a  figure 
di  storie  eroiche,  accompagnate  da  iscrizioni,  e  detta  di  Cipsele,  per  avervi  la  madre  na- 
scosto questo  tiranno  di  Corinto,  mentr'era  infante  :  i  suoi  discendenti  la  dedicarono 
in  Olimpia.  Mostravasi  pure  in  questo  tempio  un  letto  ornato  d'avorio,  che  dicevasi  ap- 
partenuto ad  Ippodamia  :  la  mensa  d'oro  ed  avorio,  sulla  quale  riponevansi  le  corone 
de'  vincitori  olimpici,  opera  di  Coiota,  portante  in  fronte  immagini  di  Giunone,  Giove, 
Cibele,  Mercurio,  Apollo  e  Diana  ;  ne'  lati  quelle  di  Esculapio,  Igea,  Marte  ed  Agone  da 
un  canto,  e  dall'altro  Plutone,  Bacco,  Proserpina  e  due  ninfe,  la  prima  delle  quali 
avea  una  sfera,  l'altra  una  chiave.  Il  lato  posteriore  offriva  i  regolamenti  dei  giuochi  : 
e  il  disco  d'ifito,  colla  formola  della  tregua  che  gli  Elei  intimavano  pe'  giuochi  Olimpici. 

Dietro  al  tempio  di  Giunone  erano  le  are  del  Cladeo,  di  Diana,  di  Apollo,  di  Diana  Coc- 
cola, di  Apollo  Termio.  Andando  dall'ara  massima  verso  il  tempio  di  Giove,  trovavasi 
presso  questo  la  colonna  di  Enomao.  Anche  Cibele  avea  un  vasto  tempio  dorico,  chia- 
mato il  Metroo,  colle  statue  degl'imperatori  romani.  Non  lungi  una  sala  rotonda  deno- 
minavasi  il  Filippeo,  perchè  edificata  da  Filippo  Macedone,  ornata  di  colonne  intorno, 
dove  in  origine  erano  le  statue  di  Aminta,  Filippo,  Alessandro,  Olimpia  ed  Euridice, 
fatte  d'oro  e  avorio  da  Leocare;  sulla  sua  sommità  era  posto  un  papavero  di  bronzo.  Il 
Metroo  era  fra  il  monte  Cronio  e  lo  Stadio  :  a  sinistra  della  via  fra  il  Metroo  e  lo  Stadio 
sul  lembo  del  monte,  era  una  crepidine  di  pietra,  sulla  quale  si  vedevano  statue  di 
bronzo  di  Giove,  dette  in  dialetto  del  paese  i  Zani,  e  fatte  colla  multa  imposta  agli  Achei  : 
Pausania  le  enumera  con  somma  accuratezza,  come  tutte  le  altre  statue  sparse  nel  re- 
cinto sacro,  e  particolarmente  quelle  degli  atleti  vincitori.  Come  nel  sacro  recinto  di 
Delfo,  così  in  questo  di  Olimpia  v'avea  tesori,  disposti  anch'essi  intorno  al  monte  Cro- 
nio :  citansi  quelli  de'  Sicionj,  de'  Cartaginesi,  i  due  degli  Epidamnj ,  quelli  de'  Siba- 
riti, de'  Metapontini,  de'  Megaresi,  e  degli  abitanti  di  Gela.  Dinanzi  al  Tecoleone  era 
una  camera,  entro  cui  in  un  angolo  stava  l'ara  di  Pan, 

Fr.  Laubenbehch,  Enarratio  Groecice  antiqua:^  et  Ubbonis  Emmh,  Velu^  Grwcia  illustrala  ;  in  Gro>ovii 

Thes.  IV. 
J.  Spo^,  Voyage  cf Italie,  de  Dalmatie,  de  Grece  et  du  Levanl.  LonJra  1 682. 
G.  Wheleh,  Journey  info  Dalmatia,  Greece  and  Levant.  Ivi  1082. 
Guvs,  Voyage  liltéraire  en  Grece.  Parigi  MH  . 
R.  CiiANDLEB,   Voyage  piltoresque  de  la  Grece.  Ivi  1  "79. 

BAnxnoLDY,  JBruchst.  sur.  icdhren  Kenntn.  der  heul.  Griechentands.  Berlino  ISOìi. 
Mannert,  Geogr.  der  Romer  und  Griechen,  voi.  vii,  1812. 
H.  Krusk.  Hellas,  odcr  geogr.  antiquarische  Darstellung  des  alien  Griechenlands  undsciner  Colonien. 

Lipsia -1826. 
VVacusml'tii,  Hellen.  AUenth'tlmer  ;  voi.  l. 
D.  Glabre,  Traveli  in  various  countries.  Londra  HSH. 

H.  HoLLAND,  Travels  in  the  jonian  islands,  in  Albany,  Tessaly  and  Greece.  Ivi  I8IS. 
DODWELL,  A  classical  and  lopographical  tour  trough  Greece.  Ivi  1810. 
PocguEViLLE,  Voyage  en  Grece.  Parigi  i  820 

Bronstadt,  Beisen  und  Untenuchungen  in  Griechcnland.  Sliittjjanl  1826-50. 
W.  Leake,  Travels  in  the  Marca.  Londra  1830.  Travels  in  the  northern  Greece,  Ivi  1834 
CousiNEBY,  Voyage  dant  la  Slacédoine.  Parigi  1831. 


ALTRE  CITTA   DELLA  GRECIA  421 

Expédilion  scientiflque  de  la  Morie.  Ivi  4832. 

KLE^ZE,  Àphorist.  Bemerkungen;  eie.  Berlino  4838. 

SCHOEWvELDER,  Erìnnerungen  aus  Griechenland.  Brio(j  \  838. 

lIuLRicus,  Reisen  und  Forschungen  in  Griechenland.  Brema  i  850. 

BouLÉ,  Le  Péloponnèse.  4  850. 

ViscuER,  Documenti  epigrafici  ed  archeologici  di  Grecia  (finora  9  voi.). 

Le  Bas  PniLiPPE,   Voyage  archàologique  en  Grece  et  en  Asie-Mineur.  Parigi  4 8/(0; —  è  in  corso,  e 

conterrà  da  8000  iscrizioni,  la  più  parte  greche,  ma  che  illustrano  l'amministrazione  romana  in  Oriente. 
Ora  L.  Heuzcn  studia  per  ordine  di  Napoleone  III ,  la  Macedonia  e  la  Tessaglia  e  i  famosi  campi  di  L'idna , 

di  Farsaglia,  di  Filippi.  Già  pubblicò  nel  CO:  Le  3Iont  Olympe  et  VÀcarnanie. 
Carlo  Weseher  scoperse  a  Delfo  una  parete  coperta  di  meglio  di  iOO  iscrizioni,  de'  tempi  della  Lega  Etolia, 

che  son  un  insieme  di  atti  pubblici   municipali,   da  cui  la  vita  intcriore  delle  comunità  greche  ci  sarà 

rivelata  come  dalle  iscrizioni  di  Pompej  quella  delle  italiche. 

^  §  306.  —  Antichità  in  Grecia. 

Non  v'è  paese  della  Grecia  antica  che  non  possedesse  capolavori  ;  oltre  Roma,  che  di 
colà  trasse  quella  sua  immensa  ricchezza,  dal  risorgimento  in  poi  tutte  le  nazioni  anda- 
rono a  provedersi  in  quel  paese  ;  eppure  ogni  cercatore  ne  discopre  di  nuovi,  quasi 
compenso  alle  perdite  fatte:  tanto  più  preziose  perchè  originali,  mentre  nei  romani  sen- 
tesi  sempre  l'imitazione.  Sovratutto  ne  abhondano  Olimpia,  Delfo,  Corinto  col  suo  istmo, 
ed  Atene:  e  se  la  Grecia  godrà  migliori  giorni,  potrà  dal  suo  terreno  estrarne  più  che 
non  n'abbia  verun  altro  museo,  e  più  autentici.  Già  ad  Egina,  a  Corfù,  altrove  si  fanno 
raccolte.  A  Atene,  dove  vedesi  ancora  il  più  bell'edifizio  del  mondo,  il  Partenone,  in 
cui  la  maestà  si  unisce  all'eleganza  e  alla  perfezione  sin  delle  ultime  particolarità,  il 
nuovo  governo  attende  allo  scavo  e  alla  conservazione  degli  antichi  monumenti  \  sgom- 
brati i  Propilei,  riedificato  il  tempio  della  Vittoria  Aptera  con  pezzi  antichi,  spazzata 
tutta  l'Acropoli,  lasciandovi  solo  antichi  monumenti  ;  tentato  scavi  attorno  al  Partenone. 
Molte  opere  vennero  in  luce,  e  migliaja  di  monumenti  epigrafici,  e  di  stele  funerarie  a 
bassorilievo.  I  tre  musei  ora  improvisati  ai  Propilei,  al  tempio  di  Teseo  e  al  portico  d'A- 
driano già  racchiudono  più  di  mille  ottocento  iscrizioni;  altrettante  sono  diffuse  in  al- 
tre raccolte:  anche  medaglie  inedite  sono  nella  collezione  del  re:  e  il  governo  (1844) 
ordinò  un  museo  nazionale.  Dagli  scavi  uscì  principalmente  l'intero  Odeo,  da  Erode 
Attico  elevato  a  memoria  della  moglie  Regilla;  un'infinità  di  statue  e  statuette,  la  più 
parte  rotte  ;  molti  frammenti  di  architettura  e  scultura  di  stile  purissimo  ;  bronzi  che 
attestano  come  quell'arte  fosse  avanzata  assai  prima  di  Serse  ;  statuine  di  terra  cotta  che 
provano  la  derivazione  della  mitologia  greca  dalla  egizia;  moltissime  iscrizioni,  fra  cui 
una  enumera  le  offerte  in  denaro  che  facea  l'Ateneo;  e  il  catalogo  de'  quadri,  di  940 
vassoj  e  1380  enochee  d'argento.  Nel  museo  si  ripongono  le  cose  trovate,  e  se  ne  dà  la 
descrizione  nel  Giornale  d' Archelogia  d'Atene. 

Costantinopoli  non  ha  molti  cimelj ,  e  riduconsi  quasi  tutti  nell'ippodromo.  Nella 
Macedonia,  nella  Tracia,  nell'llliria  si  riscontrano  fabbriche  ciclopiche;  poche  opere  dei 
bei  tempi,  ma  molti  avanzi  dell'età  romana.  Le  città  attorno  al  mar  Nero  hanno  monu- 
menti, ai  quali  da  poco  in  qua  si  cominciò  a  prendere  grande  interesse.  I  greci  del 
Bosforo  Cimmerio  furono  illustrati  da  Raoul-Rochette  (Antiquités  grecques  du  Bosphore 
Cimmérien.  Parigi  1822,  8°  fig.).  A  Cherson  in  Crimea,  che  era  l'antica  Panticapea  del 
Chersoneso  Taurico,  si  rinvennero  tombe  somiglianti  alle  etrusche,  orerie  del  genere  di 
quelle  disepolte  a  Cere,  e  uno  scheletro  incoronato.  Tali  antichità  formano  il  pregio  del 
museo  di  Pietroburgo. 

A  Odessa  vi  sono  raccolte;  a  Pola  e  in  altre  parti  d'Istria  e  Dalmazia  reliquie  di 
molto  conto,  fra  cui  l'anfiteatro  di  Pola  (pag  362),  l'arco  di  Zara,  e  i  palazzi  che  die- 
dero nome  a  Spalatro.  Scavi  si  fanno  ora  a  Salona,  illustrati  dal  prof.  Carrara,  e  gene- 
rosi anche  di  epigrafi  (Degli  scavi  di  Salona  nel  18i8,  nelle  Mem.  dell' inìperiale  Acca- 
demia delle  scienze  di  Vienna).  Dagli  scavi  dell'agro  triestino  si  formò  un  museo  attorno 
al  mausoleo  di  Winckelmann,  e  lo  illustrò  il  Kandler. 

F.  Lenorma.\t,  Recherches  archéolugiques  à  Eleusis  exécutées  dant  lecourt  de  /'a«n<!e  4860.  Parigi4862. 
Vedi  Antiquilés  du  Bosphore  Cimmérien^  conservées  au  musée  imperiai  de  V Ermiiage ^  2  voi.  eoa 

95  tavole.  Pietroburgo  4  855. 
Jules  Labart  cercò  ricostruire  la  reggia  di  Costantinopoli  qual  era  nel  X 'secolo.  La  colonna  del  serpente 

e  il  piedestallo  dell'obelisco  furono,  da  poco  tempo,  fatti  scoprire  dalla  ambasciata  inglese. 


422 


ARCHEOLOGIA   E   BELLE   ARTI 


§  o07.   —  Antichità  in  Asia. 

Nell'Asia  Maggiore  si  Studiarono  le  rovine  di  Babilonia,  di  Ctesifonte  e  delle  altre 
città  primitive.  A  Babilonia  gli  edifizj  più  antichi,  opera  delle  razze  indigene,  stanno 
sul  lato  occidentale  dell'antica  parte  d'essa  città:  ivi  era  la  reggia  e  la  torre  di  Babele, 
che  vuoisi  ora  riconoscere  al  Birs-Nerarod ,  e  forse  fu  fatta  a  modello  della  Torre  della 
confusione y  l'ultima  opera  che  fosse  costruita  dal  genere  umano  ancora  uno.  Qui  po- 
niamo la  figura  del  Kasr  di  Babilonia  verso  settentrione: 

Fabriche  posteriori  eressero  i  principi  cal- 
dei, e  massime  Nabucodònosor,  che  aggiunse 
una  nuova  città  ad  oriente  del  fiume,  ed  en- 
trambe cinse  di  mura,  e  nella  nuova  pose 
edifizj  magnifici,  tra  cui  un  paradiso,  cioè  un 
parco  alla  persiana. 

Decantata  particolarità  di  Babilonia  sono  i 
giardini  sospesi,  che  la  critica  beffarda  del  se- 
colo passato  relegò  tra  le  favole  (Goguiìt,  Vol- 
taire,   ecc.),  mentre  la  più  prudente  non 
permette  di  dubitarne. 

Da  Babilonia  il  sig.  Texier  scriveva  :  «  La  linea  delle  mura  che  cingevano  Babilonia, 
è  accennata  da  una  doppia  schiera  di  colline  di  sabbia  ,  che  sembrano  dar  indizio  che 
le  mura  fossero  doppie  e  vuote.  S'estende  essa  dalla  città  di  Ililla  fino  alBirs-Nemrod,da 
noi  lasciato  a  sinistra  circa  una  lega.  Alla  torre  di  Nemrod  si  trova  la  maggior  quantità 
di  rottami,  colline  prolungatein  diverse  direzioni,  e  composte  d'enormi  cumuli  di  mattoni 
crudi  e  cotti.  In  varj  luoghi  ove  queste  colline  crollarono  o  furono  strascinale  dalle  acque, 
vedonsi  avanzi  di  muraglie,  le  più  in  mattoni  crudi,  non  differenti  dai  lavori  che  fanno 
oggi  i  natii  in  tutta  Persia.  1  mattoni  cotti  sono  grandi  quadrati  di  28  centimetri  il  lato 
e  10  la  spessezza,  di  terra  poco  impastata  e  mal  cotta,  alcuni  con  iscrizioni:  ma  nessuno 
ne  trovammo  intero. 

«  Non  si  badò  abbastanza ,  che  tutte  queste  colline  sono  coperte  di  scorie ,  le  quali 
provano  che  i  monumenti  su  cui  sono  stese  subirono  incendio  tanto  violento  da  fondere 
i  mattoni  ond'erano  formati.  Ciò  sopratutto  è  notevole  in  una  collina,  che  si  prolunga 
da  260  metri  nella  direzione  del  Birs,  tutta  composta  di  scorie  vetrificate,  di  nature 
differenti,  che  colarono  verticalmente,  e  formarono  masse  di  stalattiti.  Molti  viaggiatori 
riguardarono  come  roccie  le  vetrificazioni  che  stanno  sull'eminenza,  e  si  meravigliarono 
di  trovare  massi  in  luoghi,  dove  a  cento  leghe  in  giro  invano  si  cercherebbe  un  ciottolo; 
ma  in  fatto  non  sono  che  mattoni  agglomerati  dall'incendio.  Né  credasi  che  il  fuoco  che 
così  li  vetrificò,  sia  stato  necessariamente  più  violento  che  quello  d'un  incendio  ordi- 
nario, che  fra  noi  lascerebbe  intatti  i  mattoni.  Tutte  le  terre  di  Jlesopotamia  sono  cariche 
di  sali,  come  sai  marino,  natrone,  nitrato  di  potassa,  che  le  rendono  molto  più  fusibili 
che  da  noi.  Gli  Arabi  hanno  l'abitudine. di  fare  in  mezzo  alla  tenda  un  fornello  di  terra 
cruda,  che  chiamano  tandur;  e  benché  non  vi  brucino  che  spine  per  cuocere  la  loro 
focaccia  di  dura,  l'interno  n'è  vetrificato.  Nessuna  meraviglia  dunque  se  un  incendio 
degli  edifizj  babilonesi,  coperti  di  legno  e  fatti  di  mattoni  misti  di  bitume  e  canne,  potè 
vetrificar  il  corpo  della  muratura,  sin  a  farne  una  grande  massa  di  smalto.  Questo  punto 

mi  parve  de'  più  curiosi 
fra  le  mine  babilonesi  ad 
occidente,  come  indizio 
della  catastrofe  onde  furono 
preda  que'  monumenti. 

(I  Gli  avanzi  della  torre 
di  Nemrod,  come  nella  fi- 
gura qui  contro,  sono  quali 
li  videro  Biched  altri:  una 
collina  oblunga,  formata 
d'un  enorme  cumulo   d» 


ESCURSIONE   nell'alta   ASI.V. —BABILONIA.  423 

mattoni  crudi  e  colti,  alla  cui  sommitiì  sorge  una  costruzione  massiccia  e  quadrata, 
alta  da  37  a  40  piedi.  Esaminando  quel  vertice,  si  scorge  poco  lontano  la  traccia  d'un 
altro  pilone  simile,  e  dovcuno  esser  quattro. 

«  Dalla  sommità  della  collina  vedevamo  da  lungi  le  inondazioni  onde  eravani  circon- 
dati, giacché  le  acque  scagliano  pure  al  nord  di  Hahilonia.  E  poiché  le  maremme  gua- 
dagnano ogni  anno  pili,  si  prevede  il  tempo  in  cui  le  ruine  stesse  sommerse  verranno  dalie 
acque.  Dal  piede  della  collina  di  Dirs  non  v'ha  200  tese  fin  alle  nuove  paludi  che  occu- 
pano i  terreni  a  settentrione. 

(I  Anche  a  mancina  dell'Eufrate  esistono  ruine  appartenenti  all'antica  Babilonia;  e 
allargansi  tanto  da  tutte  parti,  che  non  si  può  comprendere  come  una  città  potess' essere 
così  estesa.  Muri  a  tiro  d'occhio  corrono  dal  lato  orientale,  e  andando  verso  il  nord 
sulla  via  di  Bagdad,  a  quattro  ore  da  Ilillasi  trova  una  massa  compatta  di  costruzioni, 
sepolte  sotto  rottami,  che  dagli  Arabi  è  chiamata  mugelibeli,  e  riguardasi  come  un  avanzo 
del  tempio  di  Belo.  Continuando  la  via  verso  Bagdad,  non  si  va  più  d'un'ora  senza  scon- 
trare lunghe  traccie  di  muraglie,  dirette  per  lo  piìi  da  oriente  ad  occidente,  ma  che  non 
si  saprebbe  a  qual  uso  servissero  ». 

Un  disegno  differente  della  torre  di  Nemrod  è  dato  da  Mignon,  che  la  visitò  nel  1827 
(Travels  in  Chaldea)-^  ed  è  quello  che  qui  offriamo  : 

Narra  Senofonte  che  un'immensa  mura- 
glia stendevasi  dall'Eufrate  al  Tigri,  pro- 
teggendo tutta  la  Babilonia  al  nord,  e  se- 
parandola dalla  Mesopotamia.  Si  credette 
favolosa:  ma  il  dottor  Boss  nel  1856  ne 
scoperse  gli  smisurati  avanzi,  detti  Sidd- 
Nimrod  solido  terrapieno,  grosso  25  buoni 
passi,  [ffancheggiato  da  bastione  e  fossa, 
ed  allo  da  10  a  12 metri,  fatto  di  ciottoli 
del  paese  con  cemento  tenacissimo. 

Sui  mattoni  babilonici  erano  fatti  de'  ri- 
lievi ,  che  poi  coprivansi  con  una  vernice 
colorata.  Inoltre  parlasi  di  statue  e  colonne  di  divinità,  che  erano  anime  di  legno,  coperte 
di  lamina  d'argento  o  d'oro,  e  rilevate  con  gemme.  Vestivansi  poi  di  quelle  stoffe,  per 
cui  la  Babilonia  era  famosa.  Ma  quel  che  di  più  rilevante  ci  resta  di  questa ,  sono  le 
pietre  incise,  cilindri  di  calcedonia,  ametista,  agata,  e  forati  per  Io  lungo  (§  139);  pare 
servissero  d'amuleti:  portano  l'impronta  di  divinità,  e  vario  a'è  il  merito,  ma  lo  stile 
del  disegno  rammemora  quel  de' monumenti  di  Persepoli. 

Allo  stile  babilonese  somigliano  molto  gli  edifizj  della  razza  ariana,  cioè  della  Battriana, 
della  Media  e  della  Persia,  quantunque  le  nazioni  sieno  di  ceppo  differente;  e  causa  ne 
fu  la  conquista  che  i  primi  Assirj  eslesero  anche  su  quei  paesi:  tanto  più  che  l'arte  fra 
gli  Ariani  era  rimasta  quasi  sbandita  dalla  natura  del  culto,  che  venerando  la  luce,  ri- 
fuggiva dalla  rappresentazione  plastica  delle  divinità.  11  castello  d'Ecbatana  ha  gusto 
babilonese,  con  mura  di  mattoni  verniciati,  e  templi  rivestiti  d'oro  e  d'argento;  e  così 
il  palazzo  di  Susa.  Ker-Porter  asserisce  non  trovarsi  arco  tondo  nelle  opere  anteriori  ai 
Macedoni. 

Del  palazzo  reale  di  Persepoli  a  Cil  Minar  sui  fianchi  della  montagna  Racmed,  sì  pos- 
sono ancora  discernere  le  forme  architettoniche.  La  cornice  e  il  tetto  erano  travi  di 
cedro  riveslite  di  lastre  metalliche.  Alzasi  cosi  a  molti  terrazzi,  con  grandi  cortili,  ma- 
gnifici portici,  e  ricca  decorazione  al  modo  jonico,  ma  accumulata.  Le  colonne  del 
tempio  maggiore  sono  alte  metri  18,  e  circa  1.  30  di  diametro,  scanalate  e  con  capitelli 
di  membri  bizzarri.  Ve  n'ha  altre  scanalate  di  64  centimetri  di  diametro,  e  metri  7.  82 
d'altezza,  compreso  la  base  e  il  capitello;  e  dapertutto  bassorilievi,  e  molle  sculture 
d'animali  simbolici,  aggruppati  spesso  con  uomini,  o  scene  di  tributarj  che  recano  i 
doni.  B  dio  Ormus  è  alato,  non  ben  distinto  :  le  figure  sono  storiche  per  l'abito  e  i 
gesti  solenni  :  molta  finitezza  ne'  capelli,  bastante  varietà  di  fisionomie  e  pose,  e  vigore 
negli  animali ,  e  un  tutt'insieme  caratteristico.  Tre  bassorilievi  di  Cil  Minar  trasportati 
al  museo  Britannico,  mostrano  le  persone  con  figure  allungate  sempre  e  gracili. 

Di  suprema  importanza  poi  sono  gli  scavi  che  ora  si  fanno  a  Korsabad ,  Nimrud  e 


424 


ARCHEOLOGI   E   BELLE   ARTI 


Kujundschich  ,  supposta  Ninive,  e  scoperta  dopo  il  18M  da  Rich,  Layard  e  da  Paolo 
Emilio  Botta  a  6i  chilometri  N.  E,  da  Singara  e  360  N.  0.  da  Babilonia  sulla  riva  orien- 
tale del  Tigri,  rirapetto  alla  città  di  Mossoul.  Ls  mura  sono  costruite  di  gesso  marmoreo 
e  di  maltoni  di  bitume;  non  vi  si  scontrò  per  anco  ferro,  ma  molti  oggetti  di  rame. 
Per  molte  migliaja  di  metri  si  estenderebbero,  disponendole,  le  iscrizioni  cuneiformi  e 
i  bassorilievi  trovati ,  che  farebbero  dare  un  passo  ben  indietro  alla  storia  dell'antichità 
e. dell'arte  se  si  provasse  che  colà  di  fatto  sussistette  Ninive;  la  qua!  cosa  peraltro  è 
lungi  dall'essere  dimostrata  né  geograficamente  né  storicamente. 

Secondo  RawHnson,  i  marmi  di  Nimrud  sono  anteriori  al  periodo  biblico  e  storico  del- 
l'impero assiro;  e  le  iscrizioni  trovate  nel  palazzo  e'  le  riferirebbe  ad  Assar-Addan-Pul, 
identico  col  Sardanapalo  de'  classici.  I  monumenti  assiri  porterebbero  a  conchiudere 
che  genti  diverse  abitassero  il  paese,  imprimendovi  perciò  carattere  differente;  e  varietà 
anche  di  lingua  e  di  costumi  v'introducesse  la  mescolanza  di  popoli,  principalmente  di 
Egizj.  Gran  distanza  di  tempo  correrebbe  pure  fra  gli  uni  e  gli  altri  monumenti;  anzi  i 
palazzi  primitivi  di  Nimrud  doveano  esser  già  in  rovina  quando  si  eressero  i  nuovi. 

Vedi  Rawlinson  e  Hincks  nel  Journal  af  asiaslic  Society  ;  voi.  xii,  p.  2  ;  voi.  xiv,  p.  \. 

Lavabo,  Nineveh  and  ils  remains.  Londra  ■1849. 

LoEvvEPiSTBiN,  Essai  de  déchiffremenl  de  l'écrit.  assyr.  ParigH840. 

Botta  e  Fla^din,  Monumenti  de  Ninive.  Ivi  ^1847  e  seguenti,  5  voi.  in-folio  massimo. 

Fergdsox,  Palace  of  Nineveh  and  Persepolis.  Londra  -1851. 

Nelle  sculture  di  Korsabad  ,  tanto  anteriori  alle  greche,  appajono  sempre  soltanto  il 
Dio  e  il  re  con  simboli  divini  e  cogli  attributi  della  forza,  come  nella  prima  figura  qui 
sotto  ove  il  re  soffoca  un  leone,  o  nella  seconda  che  rappresenta  le  arti  della  pace.  11 
loro  carattere  mostrerà  abbastanza  l'identità  collo  stile  persiano. 


NINIVE  42S 


A  Parigi  sono  portate  moltissime  sculture  di  quel  palazzo  ;  e  le  seguenti  due  teste  a 
bassorilievo  esistono  nel  museo  di  Torino: 


Dacché  gl'Inglesi  fecero  dell'Eufrate  una  via  commerciale,  apparvero  altre  grandiose 
mine  di  città  babilonesi  e  caldee,  talmente  deserte  da  non  sopraviverne  tampoco  un 
nome.  Tali  sonoquelle  di  Iskeria,  di  Tell-id,  di  Senkerah,  che  Fraser  trovò  meravigliose 
di  mole  e  di  estensione;  quelle  di  Warkah,  da  cui  Loftus  ritrasse  curiosissime  antica- 
glie; quelle  di  Niffer,  che  lo  scopritore  Rawlinson  paragona  alle  ruine  di  Babilonia.  In 
molti  luoghi  colline  artifiziali  sono  formate  di  sarcofagi  di  terra  cotta,  e  il  contorno  è 
sparso  d'infiniti  e  variatissimi  rottami. 

Oggimai  della  lingua  assira,  ascritta  alle  semitiche,  conosconsi  gli  elementi  e  la 
grammatica  e  anche  qualche  letteratura,  avendo  Oppert  e  Menant  tradotte  alcune  lavo- 


426 


ARCHEOLOGIA   È  BELLE   ARTI 


lette  che  raccontano  fatti,  e  principalmente  la  storia  di  Sargon,  figlio  di  Senacherib, 
Altre  scoperte  fece  nel  1862  John  Taylor  a  Dyarbekir,  presso  le  sorgenti  del  Tigri, 
sulla  sua  destra  si  scopersero  le  ruine  d'una  gran  città,  che  è  Tigranocerta  capitale 
dell'Armenia. 

11  viaggiatore  (scrive  Botta)  che  traversasse  l'Eufrate  col  pensiero  di  trovar  in  Meso- 
potamia  e  in  Caldea  ruine  simili  a  quelle  che  lasciossi  dietro  nell'Asia  Minore  e  in 
Siria,  fallerebbe  di  grosso.  La  colonna  di  proporzioni  graziose,  elevantesi  sopra  il  folto 
fogliame  del  mirto,  della  quercia,  dell'ulivo,  i  gradini  dell'anfiteatro  che  coprono  un 
dolce  pendìo,  sovra  specchio  azzurro  d'un  golfo,  la  cornice  riccamente  scolpita,  il 


capitello  mezzo  sepolto  sotto  una  vegetazione  lussureggiante,  tutto  disparve.  Qui  nonlro- 
vansi  chemonticelli  informi  e  nudi,  elevantisi  come  colline  di  mezzo  a  un  piano  arso, 
e  dove  le  pioggia  invernali  talvolta  scoprono  un'enorme  costruzione  in  mattoni  o  cocci 
di  stoviglie. 

L'Asia  Minore,  che  pareggiava  la  Grecia  in  ricchezza  d'arti,  la  sorpassa  per  migliore 
conservazione  di  teatri,  acquedotti,  terme.  La  Troade  è  cercata  palmo  a  palmo:  vi  si 
scoperse  Alessandria  con  ruine  di  costruzioni  ad  arco,  e  l'intera  città  di  Asso,  con 
metope  di  stile  arcaico,  curiose  per  la  mistura  di  sfingi  ed  altri  animali  fantastici.  Una 
società  di  dilettanti  Inglesi  estese  le  ricerche  a  Mindo,  a  Gnido  e  in  altre  città  della 


I 


•escursione  in   africa.    EGITTO 


427 


costa  meridionale.  Di  molte  diede  ragguaglio  Texicr  clie  vi  fu  spedilo  dal  governo  fran- 
cese; e  cosi  De  llammer,  Le  Bas,  Prokesch,  Iluyot,  Ilase....  Falkcncr  indagò  il  tempio 
di  Efeso  ('18C)2j.  C.  T.  Newton  nel  18o3  scoprì,  sul  posto  di  Alicarnasso,  la  tondia  di 
Mausolo,  a  cui  aveano  lavorato  i  più  insigni  artisti,  e  bellissimi  avanzi  furono  portati 
in  Inghilterra.  Ne  pubblicò  la  descrizione  e  i  disegni,  Thcmausoleum  of  Halicarnas'ius 
reslured,  in  conformiti}  with  the  recenthj  discovercd  Reinains.  Londra  1802  con  cento 
tavole  colorate.  .Tames  Fergusson  diede  un'opera  col  titolo  stesso,  tentando  ancb'egli 
il  restauro  di  quella  meraviglia  dell'anticliità.  Dutlioit  scandagliò  l'isola  di  Cipro  ma 
senza  gran  risultati.  De  Vogiic  traea  dalia  Siria  molte  iscrizioni  greche. 

Nella  Frigia  iU 824 
si scoperser rovine  in- 
signi, principalmente 
d'un  tempio  jonico  ad 
Azani  (qui  contro), 
di  cui  la  storia  non  ri- 
corda nulla,  e  che  ap- 
partengono all'età  ro- 
mana imperiale. 

Stewart,  Descr.  of  some 

ancienl      monuments 

u-ilh  inscrìplions,  \still 

exisling  in  Lydia  and 

Phrygia ,    several    of 

which    are    supposed 

io  be  lombs  ofthe  early  kings.  Loadia  -1812. 
Walpole  e  Leake,  Travcls  in  various  countries  of  IheEasl.  Ivi  ^820. 
Cu.  Fellow,  a  journal  uritlen  during  an  excursion  in  Asia  Minor.  Ivi  ^839. 

—  An  account  of  discoveries  in  Lycia,  being  a  journal  kepi  during  a  second  excursion  in 

Asia  Minor.  Ivi  \'è\\. 

]  monumenti  della  Siria  e  dell'Arabia  appartengono  al  Bnsso  Impero  e  al  greco  orien- 
tale, e  insigni  sono  i  tempj  di  Balbek  (Vedi  la  figura  qui  dietro)  e  quelli  di  Palraira,  di 
cui  diremo  or  ora.  Uno  de'  monumenti  più  antichi  sarebbe  quello  che  si  vede  presso 
Bairuth,  con  iscrizioni  geroglifiche,  e  che  si  repula  posto  da  Sesostri  quando  corse  l'Asia 
conquistando.  Ernesto  Renan,  spedito  da  Napoleone  111  in  Fenicia,  trovò  moltissime 
iscrizioni  greche  a  Biblos  (Gebeil),  ma  pochissimi  oggetti  a  Tiro  e  Sidone. 


§  308. 


Antichità  in  Africa.   Es-itto 


In  Africa  le  città  della  Cirenaica  furono  di  recente  studiate  e  fatte  conoscere,  e  pos- 
sediamo intero  il  piano  di  Cirene,  un  anfiteatro,  due  teatri,  molte  tombe  o  scavate  od 
erette,  ma  nulla  dei  migliori  tempi  di  Grecia. 

La  Barberia  viene  curiosamente  esplorata  dopo  la  conquista  d'Algeri:  a  Tripoli,  a 
Tunisi  esistono  acquedotti  romani  ;  un  arco  a  Costantina,  che  già  era  Cirta  ;  molte  tombe 
nella  reggenza  d'Algeri,  e  molte  iscrizioni;  fu  determinata  meglio  la  situazione  di 
Cartagine,  la  quale  somministrò  già  molte  anticaglie. 

A  Parigi  si  raduna  un  museo  dell'Algeria,  ove  stanno  un  musaico,  scoperto  il  1842 
due  chilometri  al  sud  di  Costantina,  e  centinaja  di  epigrafi  e  sculture,  di  poco  conto 
come  arte,  non  così  come  monumenti. 

Base  nd  Journal  des  Savanti  \io7,  p.  428,  G48,  70)3  publìlicò  alcune  di  tali  iscrizioni,  che  orasi  contano 
fin  a  settecento.  Vedi  Falbe,  Excursions  dans  VAfrique  tcplenirionale.  l'arigi  ^838;  e  i  giornali 
eruditi  di  questo  tempo. 

Nel  I8G0  comparvero  le  scientifiche  descrizioni  di  Cartagine  pel  francese  Cculé   e  por  l'inglese  N.  Davis. 

Beulé  indagò  ullinianicnle  Cartagine,  hen  rivelandone  il  piano,  disegnalo  da  FalIic  nel  1835  e  corretto  da 
Dureau  de  la  Malie  nel  l83o  ;  ne  riconoblie  l'Acropoli,  con  mura  grosse  10  iiictii  e  somiglianti  alle 
pelasgiche  d'Etraria;  e  due  porti  grandissimi  rcttaugoiari-.  Stampasi  un /^n7tuario  della  provincia  di 
Costantina  cho  informa  delle  nuove  scoperte. 


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ESCURSIONE  IN   AFRICA.    EGITTO  429 

LÉOiV  Rriher,  Inseriplions  romaìnes  de  V Algerie.  Parigi  ^8JS;  e  in  corso,  o  saranno  Ja  4000.  Egli  rac- 
coglie pure  le  iscrizioni  della  Gallia  pagana. 

GuERiN,  Voyage  archéologique  dans  la  règence  de  Tunù,  cxécuté  et  publié  sous  les  auspices  et  auT 
fraix  de  ff.  Alberi  due  de  Luynes.  Parigi  I8G2;  v'ò  unila  la  copia  dell'iscriz.  bilingue  di  Thugga. 

Ma  attira  principalmente  l'attenzione  l'Egitto.  Geograficamente  i  monumenti  sono 
posti  alcuni  nell'alta  Nubia,  ove  fiorì  l'impero  di  Meroe,  e  dove  più  assoluta  fu  la  do- 
minazione sacerdotale.  Nell'isola  di  Meroe  vedonsi  ancora  ruine  maestose.  Altri  di 
stile  somigliante  incontransi  in  Abissinia.  Un  deserto  di  trenta  miglia  divide  da  essi 
quei  della  bassa  Nubia,  ove  la  natura  del  terreno  fece  preferir  le  sostruzioni  e  le  caverne. 
Nell'alto  Egitto,  attorno  a  Tebe  sono  i  più  magnifici,  e  spettano  alla  xvn  e  xviii  dina- 
stia. Molti  non  sono  compiuti;  segno  che  passeggiere  furono  le  cause  per  cui  erano 
costruiti.  Apollinopoli  la  grande  o  Edfù,  Latopoli  o  Esneb,  Erraonti,  Tentira  ebbero 
insigni  edifizj.  Le  rovine  di  Tebe  empiono  un  circuito  di  cinque  miglia  geografiche. 
Presso  al  Memnonio  erano  magnifiche  tombe  di  re,  scavate  nel  sasso,  e  molte  ne  furono 
trovate  nella  valle  di  Biban  el-Moluk. 

Parlando  di  Medinet  Abu  all'occidente  di  Tebe,  dice  Belzoni  :  «Vedonsi  due  tempj 
separati,  il  primo  de'  quali  piìi  piccolo  è  di  costruzione  meno  antica.  All'ovest  della 
porta  maggiore  si  vedono  alcune  pietre  capovolte  ricoperte  di  geroglifici,  tolti  evidente- 
mente da  un  altro  tempio.  Il  vestibolo  è  circondato  da  un  portico  a  pilastri,  avente  da 
ciascuna  parte  due  sale-,  l'interno  tempio  è  diviso  in  molte  sale,  che  non  ricevono 
alcuna  luce.  In  una  a  diritta  sorge  un  tempietto  monolite,  senza  geroglifici;  il  quale 
essendo  più  grande  della  porta,  dovette  esservi  collocato  prima  che  fossero  costruite  le 
mura  del  tempio.  Le  figure  e  i  geroglifici  differiscono  da  quelli  del  grande  tempio 
nella  proporzione  dell'estensione  medesima  dei  due  edifizj.  Al  nord  del  tempietto  eravi 
un  piccolo  lago,  ora  ricolmo  di  terra  e  di  rottami,  e  forse  serviva  alle  purificazioni. 
Al  sud  di  esse  ruine  e  quasi  nella  dirittura  stessa  delle  porte  che  conducono  al  tempio 
grande,  havvi  un  edifizio  che  rassomiglia  ad  una  torre  quadrata,  cui  mette  una  grande 
porta.  Sopra  questa  havvi  una  camera  con  una  finestra  quadrata  per  parte:  sui  mede- 
simi lati  sonvi  pure  due  porte,  l'una  incontro  all'altra:  al  disopra  di  essa  camera  ve 
n'  ha  una  seconda  rischiarata  per  due  finestre,  siccome  quelle  del  piano  inferiore.  Dalle 
due  parti  delle  finestre  osservansi  alcuni  incavi,  i  quali  forse  servivano  per  le  imposte. 
L'interno  non  ha  alcun  geroglifico,  l'esterno  ne  è  tutto  ricoperto.  Di  fronte  ad  esso  due 
muri  danno  adito  alla  porta. 

<f  Cento  tese  circa  a  ponente  sorge  il  gran  tempio:  vasti  propilei  precedono  l'entrata 
d'un  cortile,  le  cui  mura  sono  ricoperte  di  geroglifici,  profondamente  intagliati.  L'en- 
trata, adorna  della  stessa  guisa,  porla  ad  una  seconda.  La  gran  corte  che  è  la  prima, 
è  cinta  dai  due  lati  di  portici,  di  cui  quello  alla  diritta  viene  sostenuto  da  sette  pilastri, 
dinanzi  a  cui  vedonsi  alcune  figure  colossali  5  e  quello  a  manca  s'appoggia  sopra  otto 
colonne  sormontate  da  capitelli  a  foggia  del  loto.  Belle  sculture  rappresentanti  combat- 
timenti, uomini,  carri,  prigionieri,  processioni,  offerte,  sacrifizj  e  iniziazioni,  adornano 
le  mura  di  questa  corte  ;  i  geroglifici  sono  più  rilevati  di  quanti  n'abbia  io  veduti  sopra 
altri  edifizj  in  Egitto.  In  alcuni  luoghi  le  figure  conservano  assai  bene  i  colori,  parti- 
colarmente sulla  soffitta  disopra  dei  capitelli.  Finalmente,  in  capo  alla  seconda  corte,  una 
ultima  porta  conduce  al  peristilio,  e  di  quivi  allo  interno  del  tempio:  ma  queste  parti 
del  magnifico  monumento  sono  ora  sotterrate,  ed  alcuni  casolari  saraceni  coronano  il 
monticello  che  le  ricopre.  11  muro  esterno  di  queste  rovine  è  coperto  di  sculture  rap- 
presentanti soggetti  storici,  combattimenti  di  terra  e  di  mare,  la  caccia  del  lione,  pro- 
cessioni dei  prigionieri,  e  diversi  emblemi  nazionali.  Tutta  la  città  mi  sembrava  rifab- 
bricata due  0  tre  volte,  ma  sempre  cogli  avanzi  de'  monumenti  precedenti  ». 

Numerosi  erano  i  monumenti  anche  nel  medio  e  basso  Egitto,  ma  le  frequenti  deva- 
stazioni d'invasori  e  lo  stabilirvisi  di  nuove  città  ne  fece  scomparire  gran  parte.  Nel 
medio  era  il  lago  di  Meride,  col  labirinto  e  con  piramidi  e  un  tempio.  Ivi  sorgeva 
Memfì;  e  presso  di  essa  le  piramidi  di  Gizeh,  che  sono  le  più  elevate  fra  le  trentanove 
che  ancora  sussistono,  tutte  nel  medio  Egitto  e  sulla  sinistra  del  Nilo.  Nell'oasi  d'Am- 
inone imbattonsi  parimenti  rovine  di  tempj  e  catacombe. 

1  tempj  non  aveano  l'unità  interiore  de' Greci;  ma,  a  somiglianza  di  quello  di  Geru- 
salemme, formavano  un  aggregato  di  edifizj,  successivamente  aggiunti.  Guidava  ad  essi 


430 


ARCHEOLOGIA   E  BELLE   ARTI 


una  schiera  di  sfingi  o  di  arieti  colossali  o  un  colonnato.  Talvolta  innanzi  al  tempio 
trovansi  edicole,  dedicate  alle  divinità  inferiori,  e  massimamente  alle  tifoniche.  La  porta 
principale,  sovente  fiancheggiata  da  due  obelischi,  s'apre  fra  due  massicci  a  modo  di 
torri  piramidali.  Segue  un  vestibolo  cinto  da  colonnato,  da  tenipj  accessorj,  e  dalle 
abitazioni  de'  sacerdoti.  Da  questo  primo  propileo  passavasi  ad  un  secondo,  che  condu- 
ceva ad  un  pronao,  sala  a  colonne,  cinta  di  muro  e  illuminata  dal  tetto.  Vi  era  contigua 
la  cella  o  naos,  più  bassa,  senza  colonne,  spesso  divisa  in  varie  cripte  o  camere,  con 
pilastri  monoliti  che  sostenevano  idoli  o  mummie  d'animali. 

Con  tante  colonne,  gli  Egizj  non  conobbero  però  il  tempio  periptero  de' Greci;  poi- 
ché un  muro  doveva  rinchiudere  il  colonnato,  o  dove  le  colonne  sono  esteriori,  si  con- 
giungono per  una  specie  di  balaustro  o  stilobate  (plutei)]  a  guisa  di  muro  forato.  Anche 
i  piedritti  delle  porte  sono  connessi  col  fusto  delle  colonne. 

I  muri  sono  di  gres,  verticali  nell'interno,  a  scarpa  di  fuori,  talché  da'  piedi  sono 
talvolta  erti  fin  8  metri,  e  l'edifizio  ha  sembianza  piramidale;  la  superficie  piana  delle 
pareti  è  sempre  incorniciata  da  un  astragalo,  sopra  cui  elevasi  la  cornice,  con  gocciola- 
tojo  poco  sporgente,  e  al  disotto  un  cavetto.  Talora  il  gocciolatojo  è  ripetuto,  e  lo  spazio 
fra  i  due  è  scolpito  in  figura  di  basilischi.  Il  cornicione  serve  di  parapetto  al  piano 
orizzontale  del  tetto,  formato  di  travi  di  pietra  incrociate,  e  lastroni  congiunti. 

Que'  tempj  potrebbero  dirsi  un  gran  libro  aperto  alla  venerazione  di  tutto  il  popolo, 
perchè  vi  scorga  le  storie  sante,  delle  quali  ógni  cosa  è  coperto. 

I  palazzi  de' re  sono  imitazione  dei  tempj,  come  le  loro  statue  imitano  quelle  degli 
Dei.  Se  non  che  le  sale  ipostile  sono  più  vaste;  e  le  camere  interne,  destinate  all'abi- 
tazione, sono  più  variate  ed  ampie.  INel  colossale  di  Carnak  si  succedono  quattro  pro- 
pilei, un  ipostilo  di  518  per  159  piedi  con  centrentaquattro  colonne,  delle  quali  le 
più  grandi  sono  di  metri  ±2.  75.  Tal  doveva  essere  il  favoloso  Labirinto  ;  tale  l'Osi- 
mandio.  Del  palazzo  di  Carnak  cosi  parla  Belzoni:  «  Una  delle  figure  colossali  sedute 
innanzi  al  secondo  propileo,  di  là  della  via  delle  sfingi  che  conduce  al  gran  tempio,  è  ' 
di  pietra  calcare  durissima;  misurai  29  piedi  dalla  testa  all'estremità  della  sede,  a  pie 
della  quale  trovai  una  figura  di  donna  sedente,  alta  7  piedi,  forse  rappresentante  Iside. 
Le  magnifiche  rovine  del  tempio  di  Carnak,  viste  in  lontananza,  non  olirono  allo  sguardo 
che  una  vasta  mescolanza  di  propilei,  di  peristilj  e  di  obelischi  che  innalzano  il  loro 
vertice  sopra  i  cespugli  delle  palme.  La  via  innanzi  alle  sfingi  dispone  il  viaggiatore 
all'imponente  aspetto  del  tempio  ov'essa  adduce.  In  fin  del  viale  stendonsi  anipj  propi- 
lei, che  conducono  a  corsìe  interne,  ove  immensi  colossi  sono  assisi  sui  due  fianchi 
della  porta,  a  guisa  di  giganti  cui  fosse  stata  confidata  la  guardia  di  questa  sacra  soglia. 
S'arriva  quindi  al  vero  penetrale,  consacrato  all'Essere  onnipotente  della  creazione. 

rt  Come  descrivere  il  sen- 
so che  provai  all'aspetto  di 
quella  selva  di  colonne,  or- 
nate di  figure  ed  altri  abbel- 
limenti dalla  cima  alla  base, 
coi  capitelli  di  forma  gra- 
ziosa, com'è  quella  del  loto, 
i  quali  piaciono  malgrado 
la  mole  gigantesca?  all'as- 
petto di  quelle  porte,  di 
quelle  mura,  piedestalli,  architravi,  d'ogni  parte  insomma  dell'edifizio  ricoperta  di 
figure  simboliche,  intagliate  o  scolpite  in  bassorilievo,  rappresentanti  processioni, 
battaglie,  trionfi,  offerte,  feste  e  sacrifizj ,  e  tutte  relative  senza  dubbio  ai  costumi, 
alle  usanze  ed  alla  storia  dell'antico  Egitto?  Immerso  in  profonde  meditazioni  non 
m'era  avveduto  del  rapido  corso  dell'astro  che  avea  visto  sorgere  ;  le  masse  delle  rovine 
non  erano  più  illuminate  che  dagli  ultimi  suoi  raggi,  allorquando  rientrando  in  me 
stesso  m'accorsi  esser  tempo  di  uscire  dalla  sacra  città,  caduta  in  rovine.  Tornai  a  Luxor 
verso  sera;  entrato  nella  capanna  di  un  Arabo,  quegli  mi  cedette  parte  della  sua 
stanza,  e  mi  diede  una  stuoja  per  riposarmi:  quale  contrasto  fra  quel  povero  casale 
dell'abitatore  moderno  dell'Egitto,  ed  i  palazzi  immensi  dell'autico  Egiziano  !  » 


PARALLELI  iZÌ 


$  309.  —  Paralleli. 

I  Francesi  che  descrissero,  si  può  dir  primi,  le  antichità  egizie,  e  propriamente 
Jollois  e  Desvilliers,  vollero  paragonare  quelli  cogli  edifi/.j  d'altri  paesi.  Noi  li  compen- 
dieremn  : 

«  V  ha  cose  che  nessuna  descrizione  può  render  al  vero.  I  disegni  geometrici  val- 
gono a  dar  l'insieme  e  le  proporzioni  d'un  edifizio,  la  disposizione  e  distribuzione 
sua,  ma  non  l'eleganza  e  l'efTetto.  Ci  fa  maraviglia  il  trovare  nei  disegni  da  noi  fatti 
sul  luogo  una  certa  leggerezza  in  edifizj,  che  i  disegni  geometrici  mostravanci  pesanti 
e  senza  eleganza.  Ciò  non  va  attribuito  soltanto  alla  prospettiva  lineare,  ma  sopratutto 
alla  prospettiva  aerea,  i  cui  elTelti  sono  sì  variabili  nei  differenti  cli?iii,  ed  all'oppo- 
sizione di  una  viva  luce  con  ombre  ben  tagliate  e  ben  disposte.  Un  tatto  fino  e  sicuro, 
ed  una  lunga  abitudine  di  osservare,  avevano  insegnato  agli  Egiziani  ad  apprezzar 
queste  cause,  e  combinarne  gli  effetti:  ben  differenti  dai  Greci  e  dai  Romani,  che 
trasportando  la  loro  architettura  sotto  il  cielo  di  Egitto,  non  parevano  averne  tenuto 
alcun  conto;  donde  è  poi  risultato,  che  i  loro  eleganti  edifizj  hanno  apparenza  di 
costruzioni  fragili  e  senza  solidità. 

«  Siccome  però,  in  natura,  niente  ha  assoluta  grandezza,  e  lo  spirito  dell'uomo  non 
giudica  se  non  per  via  di  rapporti,  così  soltanto  facendo  dei  ravvicinamenti  degli 
oggetti  analoghi  possiamo  farci  uua  giusta  idea  della  loro  estensione  e  importanza. 
Pare  dunque  non  isconvenevole  alla  cognizione  dei  monumenti  egiziani,  e  particolar- 
mente a  quelli  di  Carnak,  di  metterli  in  parallelo  con  altri. 

«  I  monumenti  greci  propriamenle  detti,  costruiti  sotto  il  governo  di  Pericle,  quando 
Atene  era  libera  e  florida,  non  possono  entrare  in  paragone  con  quelli  d'Egitto  per 
estensione.  L'antico  tempio  di  Teseo,  gli  edifizj  piii  stimati  dagli  antichi,  come  i  Propilei 
ed  il  Partenone,  sono  di  poca  ampiezza;  l'ultimo  è  costrutto  ad  un  bel  circa  sulle 
medesime  dimensioni  del  tempio  di  Carnak,  avendo  ambidue  lunghezza  quasi  doppia 
della  larghezza. 

«  Il  tempio  di  Minerva,  fra  i  monumenti  greci  propriamente  detti,  ha  21  i  piedi,  10 
pollici  e  A  linee  di  lunghezza,  e  di  larghezza  93  piedi,  1  pollice  e  6  linee;  e  le  colonne 
del  peristilio  hanno  5  piedi  e  8  pollici  di  diametro,  e  52  piedi  di  altezza.  Il  tempio  di 
Teseo  poi  fabbricato  circa  dieci  anni  dopo  la  battaglia  di  Maratona,  ha  100  piedi  ed  un 
pollice  di  lunghezzai  su  42  piedi,  11  pollici  e  4  linee  di  larghezza. 

«  I  monumenti  della  Magna  Grecia,  che  pajono  datare  da  quei  bei  tempi  dell'archi- 
tettura, nei  quali  il  severo  gusto  dei  Greci  non  ammetteva  alcun  ornamento  superfluo, 
non  sono  più  comparabili  di  quelli  di  Atene,  per  estensione,  alle  grandi  costruzioni 
d'Egitto.  Il  maggior  tempio  di  Peste  ha  192  piedi  e  4  pollici  di  lunghezza,  e  80  piedi 
e  2  pollici  di  larghezza  ;  il  piccolo  è  lungo  172  piedi  e  4  pollici. 

«  Nel  bel  secolo  della  Grecia,  gii  Ateniesi  hanno  costruito  su  piccole  dimensioni 
terapj  di  squisito  gusto  :  ma  sotto  i  Romani  Atene  ha  veduto  elevarsi  con  splendore 
edifizj,  che  al  merito  della  purità  d'esecuzione  e  dell'armonia  in  tutte  le  parti  unirono 
inoltre  misure  colossali.  11  Giove  Olimpico  richiama  alla  mente  uno  dei  più  grandi 
edifizj  de' Romani:  ma  non  è  presentemente  conosciuto,  che  per  le  descrizioni  che  ne 
hanno  date  Pausania  e  Vitruvio.  Se  dobbiamo  prestar  fede  alle  loro  testimonianze,  era 
racchiuso  in  un  vasto  recinto.  Era  dunque  uno  dei  monumenti,  che  potevano  meglio 
esser  paragonati  a  quelli  degli  Egiziani;  ed  è  da  dolersi  che  i  viaggiatori  non  abbiano 
discoperto  sui  luoghi  vestigia  tali  da  potere  stabilire  comparazione. 

«  Se  si  passa  da  Atene  a  Palmira  e  a  Halbek,  trovansi  rovine  di  sì  magnifici  raonu- 
raenti,  che  hanno  potuto  essere  considerati  come  l'estremo  sforzo  dell'umana  potenza 
prima  che  l'antica  capitale  dell'Egitto  fosse  meglio  conosciuta.  Chi  non  è  colpito  d'am- 
mirazione leggendo  i  racconti  dei  viaggiatori  intorno  alle  meraviglie  che  racchiudono 
ancora  quelle  città,  una  volta  sì  floride  ed  ora  desolate?  Chi  non  ha  inteso  con  sbigot- 
timento, che  a  Palmira,  in  un  luogo  inviluppato  per  ogni  parte  dal  deserto,  esistono 
rovine  di  tal  magnificenza,  che  l'immaginazione  può  concepire  appena?  Il  gran  tempio 
del  Sole  è  dentro  un  recinto  di  240  metri  di  larghezza;  e  504  colonne  di  4.40  di  dia- 


432  ARCHEOLOGIA   E  BELLE   ARTI 

metro,  ossiano  4  piedi  e  4  pollici,  e  di  metri  io  1/2,  vale  a  dire  48  piedi  di  altezza,  ne 
sostenevano  le  lunghe  gallerie  ed  i  vasti  portici.  Questo  tempio  offre  rottami  in  una 
estensione  di  60  metri  in  lunghezza,  e  di  42  metri  in  larghezza.  Il  portico  ed  il  peri- 
stilio sono  formati  di  quarantuna  colonne  di  marmo  bianco,  di  più  di  16  metri  di  al- 
tezza. Le  colossali  dimensioni  di  questi  monumenti  non  sono  ciò  che  eccita  piìi  mara- 
viglia; ma  le  mirabili  sculture,  di  cui  i  fregi,  le  cornici  e  le  soffitte  sono  coperte;  i 
ricchi  ornamenti  che  decorano  le  incorniciature  delle  finestre  e  delle  porte.  Quanto  al 
gusto,  alla  purità  del  disegno  e  all'eleganza  delle  proporzioni,  Tebe  non  ha  sculture  da 
opporre  a  quelle  di  Palmira;ma  è  molto  superiore,  per  l'ampiezza  delle  superficie  scol- 
pite, ai  numerosi  suoi  monumenti. 

«  Il  palazzo  di  Carnak,  senza  contare  gli  accessorj  che  ne  dipendono  immediata- 
mente, ha  358  metri  di  lunghezza,  ed  una  larghezza  di  HO  metri,  e  così  supera  di 
gran  lunga  il  tempio  del  Sole.  E  poi  qual  differenza  nella  maniera  con  cui  gli  spazjsono 
riempiti!  Il  tempio  del  Sole  sussisteva  solo  e  come  isolato  nel  mezzo  del  suo  vasto  re- 
cinto, e  le  mura  del  palazzo  di  Carnak  racchiudono  una  serie  d'edifizj  contigui,  che 
non  lasciano,  per  cosi  dire,  alcun  vuoto  su  di  una  immensa  superficie. 

«  Palmira  si  fa  sopratutto  ammirare  pe'suoi  luoghi  viali  di  colonne  d'un  solo  pezzo 
di  marmo;  se  ne  vedono  quattro  ordini,  formanti  viali,  che  corrispondono  alle  tre 
aperture  di  un  bell'arco  trionfale;  e  queste  occupano  in  lunghezza  1229  metri,  e  vanno 
a  far  capo  ad  una  magnifica  tomba,  formando  vasti  portici,  ornati  di  grande  quantità 
di  statue,  e  d'iscrizioni  monumentali.  Il  minor  numero,  al  quale  si  possano  portare  le 
colonne,  è  di  1450,  e  non  ne  restano  in  piedi  che  129.  A  si  gran  magnificenza  Carnak 
può  opporre  i  suoi  numerosi  viali  di  sfingi,  che,  posti  gli  uni  dietro  gli  altri,  occupe- 
rebbero 2925  metri  ;  ed  uno  solo  di  essi  ha  2000  metri  di  lunghezza:  essi  non  racchiu- 
sero meno  di  mille  sfingi,  delle  quali  sussistono  ancor  circa  ducento.  Questi  colossi 
contengono  molta  più  materia,  e  richiesero  molto  più  lavoro,  di  tutte  le  colonne  riu- 
nite dei  vasti  portici  di  Palmira.  È  vero  che  Palmira  mostra  ancora  altre  imponenti 
rovine,  e  numerose  colonne,  fra  le  quali  molte  di  un  solo  pezzo  di  granito:  ma  anche 
Carnak,  benché  non  sia  che  una  porzione  di  Tebe,  comprende  altri  avanzi  di  tempj, 
di  magnifiche  porte,  e  più  di  quaranta  statue  monolite  e  colossali.  Ha  Palmira  due  co- 
lonne trionfali  di  19  metri  di  altezza;  eie  grandi  colonne  di  Carnak  hanno  22  metri  e 
formano  viali. 

«  Quanto  più  ragione  v'avrebbe  di  concedere  la  superiorità  a  Tebe,  se,  in  luogo  di 
non  considerare  che  una  porzione  di  quella  celebre  città,  si  facesse  l'enumerazione  dei 
monumenti  che  racchiude  in  tutta  la  estensione  sua?  INon  vi  si  contano  meno  di  otto 
obelischi  monoliti,  quattro  dei  quali  sussistono  ancora  integri,  e  sono  di  prodigiosa 
altezza  ;  diciassette  atrj  di  colossale  dimensione,  con  settecentocinquanta  colonne,  quasi 
tutte  intatte,  fra  le  quali  alcune  di  diametro  eguale  alla  colonna  Trajana.  Vedonsi  tut- 
tora a  Tebe  settantasette  statue  monoliti,  di  cui  la  più  piccola  sorpassa  le  proporzfoni 
naturali,  e  le  più  grandi  hanno  perfino  18  metri  di  altezza.  Il  circuito  delle  rovine  di 
Palmira  è  di  1572  metri,  cioè  ad  un  bel  circa  il  circuito  delle  rovine  di  Carnak:  ma 
Carnak  non  era  che  una  parte  della  città  di  Tebe,  il  cui  totale  circuito  può  essere  stato 
di  14  a  15  mila  metri. 

n  Palmira,  come  Tebe,  ha  tombe,  delle  quali  vantasi  la  magnificenza.  Sono  torri 
quadrate  di  quattro  a  cinque  piani,  di  marmo  bianco,  e  decorate  di  ricchi  ornamenti; 
e  di  figure  d'uomini  e  donne  in  rilievo.  Sparse  qua  e  là  nella  valle  che  conduce  a  Pai- 
mira,  annunziano  con  isplendore  le  magnifiche  sue  rovine.  E  se  crediamo  ai  viaggiatori, 
vive  e  profonde  impressioni  lascia  nell'animo  l'aspetto  di  quei  funebri  monumenti;  ma 
vincono  esse  quelle  che  provansi  penetrando  in  quella  misteriosa  valle,  ove  sono  scavate 
le  tombe  delle  antiche  dinastie  dei  re  tebani  ? 

't  Qual  differenza  nel  risultato  degli  sforzi  dei  due  popoli  !  Hanno  le  più  grandi  tombe 
di  Palmira  tutto  al  più  15  metri  di  lunghezza,  e  circa  altrettanto  di  larghezza,  e  23  di 
altezza:  la  grotta  maggiore  della  vaile  delle  tombe  a  Tebe,  non  ha  meno  di  111  metri 
di  profondità.  L'oscurità  di  quelle  tenebrose  dimore,  il  loro  carattere  grave  e  misterioso, 
operano  potentemente  sull'anima  e  tendono  a  farle  parer  ancora  più  vaste  ed  estese.  Se 
le  tombe  di  Palmira  si  fanno  distinguere  per  nobiltà  ed  eleganza  di  sculture,  quelle  di 
Biban-el-Moluk  sono  degne  di  osservazione  per  la  molliplicità  e  verità  dei  quadri  ;  non 


IrAilALLELl  433 

avvi  parete,  che  non  sia  lavorata,  e  le  cui  sculture  non  brillino  ancor  oggi  dei  più  vivi 
e  rilucenti  colori. 

«  Tanta  magnificenza  in  due  celebri  città  è  senza  dubbio  il  risultamcnto  di  una  me- 
desima causa;  e  tutto  porta  a  credere  che  Palmirae  Tebe  fossero  animate  dal  commercio 
e  dall'industria,  e  che  entrambe  si  applicassero  al  traffico  delle  ricche  produzioni  delle 
Indie. 

«  Non  è  possibile  pronunziare  il  nome  di  Palmira,  senza  che  le  idee  si  riportino 
sulla  città  di  Balbek,  sua  emula  in  grandezza  ed  in  magnificenza.  A  noi  basterà  ram- 
mentare che  ella  racchiude  gli  .avanzi  di  due  magnifici  tempj  i  quali  riuniscono  a  co- 
lossale estensione  altrettanta  ricchezza  di  sculture,  quanta  Palmira.  Il  minore  e  meglio 
conservato,  ha  83  metri  di  lunghezza,  e  57  di  larghezza,  dimensioni  le  quali  rendonlo 
paragonabile,  per  estensione,  ai  grandi  tempj  dell'Egitto,  e  particolarmeute  a  quello 
del  sud  a  Carnak.  ;  e  le  colonne  hanno  di  altezza,  compresovi  base  e  capitelli,  più  di 
i  6  metri  col  fusto  :  è  composto  di  tre  pezzi.  Il  gran  tempio  poi,  il  più  rovinato,  occupa 
una  lunghezza  di  96  metri,  avendo  una  larghezza  minore  della  metà.  Queste  dimensioni, 
benché  considerabili,  sono  ben  lontane  dai  grandi  edifizj  di  Tebe.  Non  pertanto  il  re- 
cinto che  circonda  il  tempio,  è  notabile  per  estensione,  avendo  299  metri  di  lunghezza, 
e  156  metri  di  larghezza;  ove  sono  massimamente  osservabili  un  vasto  portico,  una 
gran  corte  ottagona,  ed  una  seconda  corte  di  forma  rettangolare,  ornata  di  galleria. 

<f  11  complesso  di  tutti  questi  edifizj  ha  superficie  uguale  a  quella  del  palazzo  di 
Luxor.  Vi  si  vedono  pietre  di  colossale  dimensione;  una  di  21  metri,  ed  i  viaggiatori 
attestano  il  loro  ^stordimento  alla  vista  di  pietre  sì  enormi,  poste  a  sì  grande  altezza  : 
ma  la  difficoltà  di  metterle  nel  posto  che  elle  occupano,  può  paragonarsi  allo  sforzo  ed 
all'arte  che  è  bisognata  per  trasportare  ed  innalzare  sulle  loro  basi  colossali  gli  obeli- 
schi di  Carnak,  i  quali  presentano  dimensioni  tanto  più  considerabili? 

«  Nessuna  città  del  mondo  è  forse  stata  abbellita  di  edifizj  né  più  numerosi,  né  più 
vasti  di  quelli  che  ammiravansi  in  Roma  ;  ed  essa  contiene  tuttora  gli  avanzi  di  molti 
tempj,  fra  i  quali  possono  citarsi  quelli  di  Giove  Statore,  di  Giove  Tonante,  di  Antonino 
e  Faustina,  del  Sole  e  della  Luna,  e  quello  della  Pace  fatto  costruire  da  Vespasiano: 
ma  nessuno  può  entrar  in  parallelo,  per  estensione,  con  quello  del  sud  a  Carnak.  Hac- 
chiude  poi  Roma  edifizj  di  un  altro  genere,  costruiti  su  dimensioni  colossali,  il  Panteon, 
il  Coliseo,  i  teatri;  ma  nelle  terme  ha  fatto  particolarmente  risaltare  una  straordinaria 
magnificenza.  Una  sola  sala  delle  terme  di  Diocleziano  ha  58  metri  e  mezzo  di  lunghezza, 
e  24  metri  di  larghezza;  e  nondimeno  sono  lontane  dall'eguagliare  quelle  della  sala 
del  peristilio  di  Carnak,  che  ha  102  metri  e  mezzo  di  lunghezza,  e  57  di  larghezza. 

«  Se  prendansi  poi  a  considerare  i  numerosi  edifizj  della  moderna  Roma,  li  sorpassa 
tutti  in  grandezza  e  magnificenza  il  San  Pietro,  la  cui  cupola  sorge  137  metri:  quasi 
come  la  gran  piramide  di  Memfi  al  disopra  del  ripiano  sul  quale  é  fabbricata.  Ha  questa 
basilica,  nella  sua  maggior  ampiezza  218  metri  e  155  di  larghezza.  Un  vasto  ferro  di 
di  cavallo,  e  due  gatterie  precedono  a  quel  maestoso  edifizio,  e  ne  accrescono  notabil- 
mente l'estensione,  portandola  a  497  metri:  eppure  è  minore  di  36  metri  di  quella  che 
esiste  fra  le  sfingi,  che  precedono  l'ingresso  occidentale  del  palazzo  di  Carnak  e  la 
porta  orientale. 

«  In  Italia  il  palazzo  di  Caserta  ha  301  metro  di  lungo  e  quasi  altrettanto  di  largo; 
cioè  poco  differente  dal  palazzo  di  Carnak.  L'Escuriale  di  Spagna  è  lungo  287  metri,  e 
261  largo,  tutto  pieno  di  muri  ed  edifizj.  Versailles  sembra  ai  nostri  Francesi  il  solo 
comparabile  ai  monumenti  di  Carnak  ;  giacché  dalla  sala  dell'Opera  allo  stanzone  degli 
agrumi  tira  414  metri  ». 

H.  JOLOwiCz,  Bibliotheca  Mgypliaca.  Vi  sono  disposti  per  categoria  tutti  gli  scritti  pubblicati  fin  al  ^8b7 
intorno,  \  olla  topografia,  2  alla  storia  naturale,  3  alla  lingua,  4  alla  religione  e  mitologia,  5  alla  mate- 
matica e  cronologia,  6  alla  numismatica,  7  alla  storia,  8  all'agricoltura,  9  all'architettura,  'I Osella  scienza 
e  alle  arti  dell'Egitto,  -l'i  al  museo  d'Alessandria,  -12  miscellanee. 


Cantù,  Documenti.  —  Tomo  I,  Archeologia  e  Belle  Arti. 


m 


ARCHEOLOGIA   E   BELLE    ARTI 


§   310.  —  Antichità   in   Italia. 

L'Italia  è,  sotto  alcuni  aspetti,  ancor  più  importante  della  Grecia,  atteso  le  civiltà 
così  vane  che  vi  passarono.  Vi  abbondano  i  monumenti  pelasgici  o  ciclopici  (§  SOJ:  se- 
guono le  opere  etrusche,  dapprima  limitate  all'Etruria  propria,  ma  che  ora  si  scavano 
pure  a  Velitra  de' Volsci  e  a  Frenesie  dei  Latini,  in  parte  dell'Umbria  e  nella  Campania, 
e  sul  Po  (§  122).  La  prima  abbondante  raccolta  fu  quella  che,  nel  1828,  Luciano  Buo- 
naparte  principe  di  Canino  fece  sul  fiume  Fiora  {Arenixia),  ov'egli  presume  stesse  la 
necropoli  di  Vulci  :  illustrò  egli  stesso  i  bei  vasi  scoperti,  che  poi  furono  venduti  al  museo 
Britannico.  1  signori  Candelori  e  Feoli  continuarono  gli  scavi,  e  se  ne  arricchirono  1 
musei  di  Berlino,  di  Monaco,  di  Leida  e  del  re  d'Olanda,  oltre  le  raccolte  di  molti  pri- 
vati e  di  alcune  città  in  Italia,  come  la  Guarnacci  e  la  Franceschini  a  Volterra,  la  Ve- 
nuti a  Cortona,  l'Ansidei,  l'Oddi  a  Perugia,  la  Buccelli  a  Montepulciano,  la  Buggeri  a 
Viterbo,  il  camposanto  di  Pisa,  il  museo  Gregoriano  a  Roma,  il  museo  Borbonico,  le 
collezioni  Jatta  e  Santangelo  a  Napoli  ecc.  In  quest'ultima  è  principalmente  ad  ammi- 
rare la  quantità  di  vasi  di  forme  stravaganti,  che  provano  somma  ricchezza  d'immagi- 
nazione. Ampiamente  noi  ne  discorremmo  nella  Storia  degl'Italiani  cap.  in. 

Le  colonie  greche  nella  Magna  Grecia  e  nella  Sicilia  lasciarono  una  miniera  di  mo- 
numenti. In  Agrigento  magnifico  spettacolo  doveva  olTerire  ai  naviganti  quel  porto  in- 
coronato da  superbi  edifizj,  ove  ciascun  dio  aveva  un  tempio;  e  tre  di  questi  ancora 
sussistenti  ne  attestano  la  splendidezza.  Quello  della  Concordia  è  il  più  insigne  monu- 
mento dell'isola,  molto  somigliante  al  Partenone.  Quello  di  Giove  Olimpico,  per  l'ardi- 
mento della  costruzione  e  la  grandezza  delle  proporzioni,  era  posto  a  pari  con  quel  di 
Diana  in  Efeso.  Le  colonne  doriche  erano  di  20  metri,  sovra  4  di  diametro,  e  nelle  cana- 

lature  un  uomo  può  stare 
come  in  una  nicchia.  So- 
pra un  frontone  era  scol- 
pita la  pugna  dei  Giganti 
donde  trasse  il  titolo;  sul- 
l'altro, la  presa  di  Troja. 
Selinunte,  colonia  d'I- 
bla,  all'ovest  d'Agrigen- 
to, fu  sterminata  da  An- 
nibale nipote  d'Amilcare, 
ducenquarant'anni  dopo 
fabbricata;  onde  i  tempj, 
scopertivi  non  ha  molti 
anni,  risalgono  a  un'an- 
tichità, per  lo  meno  con- 
temporanea ai  più  vetu- 
sti monumenti  architet- 
tonici d'Atene.  Sette  se 
ne  trovarono,  tutti,  fuor 
del  minore,  circondati 
di  portici,  con  colonne 
nascenti.  Un  di  essi  è  il 
terzo  in  ampiezza  che 
l'antichità  ergesse,  men- 
tre secondo  èquel  d'Agri- 
gento, e  primo  la  Diana 

Piatila  delle  rovine  d^ Agrigento. 

A  tempio  di  Vulcano;  —  B  tempio  di  Castore  e  Polluce;  —  C  tempio  di  Giove  Olimpico:  —  D  tempio 
d'Ercole:  —  E  Tempio  della  Concordia  :  —  F  sepolcri  :  —  G  tempio  di  Giunone  Lucina  :  —  H  tempio  di 
Proserpina;  — I  sepolcri;  —  J  cimitero;  —  K  tempio  di  Falaride;  —  L  sepolcro  di  Terone  ;  —  M  tempio 
di  Esculapio  ;  —  N  citta  moderna  ;  —  RR  spia 


SICILIA  435 

in  Efeso.  Le  melope  ivi  scoperte  segnano  il  passaggio  dall'arte  egizia  aliai  greca. 

Seiinunte  ebbe  nome  dal  petroselino  cbe  prospera  ne' suoi  dintorni,  e  che  essa  portava 
nel  suo  stemma.  Giace  in  riva  al  mare  a  mezzodì  dell'isola  in  un  vasto  piano,  diviso 
da  un  vallone,  ove  oggi  stagnano  l'acque  pluviali,  e  la  chiamano  Terra  de  li  Pulci.  Se 
la  guardi  dal  capo  Granitola,  la  credi  ancora  una  gran  città  -,  accostandoti  riconosci 
che  tutto  è  ruine,  ma  cosi  gigantesche  che  tramutano  la  melanconia  in  stupore,  e  la 
fantasia  si  compiace  con  quei  massi  enormi,  con  quegli  immani  rocchi  ricostruir  edifizj 
che  porrebbero  fatti  per  una  generazione  di  giganti.  E  pilieri  de'  giganti  erano  appunto 
denominati  dal  vulgo,  al  quale  solo  erano  conosciuti  dopo  che  probabilmente  un  tre- 
muoto  volse  sossopra  que'  colonnati.  Tardi  vi  si  appli'"ò  l'attenzione  degli  anli(|uarj;  e 
sopra  l'alta  collina  prossima  al  mare,  che  s^^mbra  fosse  l'antica  acropoli,  s'intrapresero 
escavazioni,  onde  vennero  al  giorno  tem|)j  dorici,  sul  maggiore  dei  quali,  periptero 
esastilo,  sovra  diciassette  colonne  posava  un  cornicione  con  un  fregio  dorico,  fra'  cui 
triglifi  stavano  metope  preziose,  anteriori  d'un  secolo  e  mezzo  a  quelle  d'Egina,  che  si 
contano  per  le  piìi  antiche  di  Grecia.  E  sette  sono  que'  tempj,  parallelamente  disposti 
su  due  colline,  tutti,  dal  minore  in  fuori,  circondati  da  colonne  doriche,  nascenti  e 
fortemente  rastremate,  coll'echino  molto  sporgente,  e  viepiù  in  grazia  del  sottoposto 
cavetto.  In  due  di  essi,  colonne  a  doppia  schiera  sostengono  il  portico  nel  prospetto,  e 
il  pronao  chiuso  a  modo  di  vestibolo,  e  le  mura  della  cella  prolungate  senza  pilastri 
né  colonne  ;  disposizioni  che  si  riscontrano  soltanto  nei  monumenti  egizj.  Nelle  metope 
suddette  in  rozzo  tufo,  rappresentanti  Ercole  coi  Lapili,  Perseo  con  Medusa,  ed  altre 
scene  mitologiche,  la  monotonia  delle  teste  in  profilo  tagliente  senza  cognizione  dello 
scorcio,  le  barbe  a  punta,  gli  occhi  fessi  al  modo  degli  uccelli,  le  bocche,  i  capelli,  le 
pieghe  sentono  il  far  rituale,  che  copia  tipi  convenzionali  anziché  la  natura,  e  indicano 
il  passaggio  tra  l'arte  egiziana  e  la  greca.  La  prima  predomina  nelle  più  antiche  5  due 
s'accostano  ai  marmi  d'Egina;  nelle  altre  cinque  le  variate  pose  e  il  piegare  degli  abiti 
mostrano  un'arte  avviata  al  movimento  ordinato  e  alla  rappresentazione  animata  della 
classica  Grecia.  In  generale  però  le  opere  plastiche  dell'isola  non  ne  pareggiano  la  gran- 
diosità architettonica,  né  mai  abbandonarono  l'arcaismo. 

Se  volgiamo  a  Siracusa,  abbiamo  opere  più  ingentilite  e  tondeggianti;  ed  oltre  i  se- 
polcri, i  tempi,  ed  uno  stilobiite  lungo  125  passi,  il  quale  sostiene  un'ara  oblunga  detta 
di  Gerone  II,  che  aveva  cornice  dorica,  poc'anzi  si  scoperse  l'acquedotto  che  provedeva 
copiosamente  di  ac(|ue  l'isola  Ortigia,  passando  di  sotto  al  mare,  e  scendendo  alla  pro- 
fondità di  circa  palmi  110,  sì  che  il  punto  ove  oggi  le  escavazioni  sono  giunte,  sta  uà 
tre  metri  sotto  del  livello  del  mare.  Così  l'arte  moderna  perderà  il  vanto  di  aver  ardi- 
tamente aperta  una  via  sotto  il  Tamigi,  se  fin  dagli  antichissimi  tempi  la  possanza  sira- 
cusana conduceva  le  acque  sotto  il  porto  Laccio:  ed  il  mito  di  Alfeo,  che  preso  d'amore 
per  la  ninfa  Aretusa  veniva  dal  Peloponneso  per  via  sotterranea  a  raggiungerla  in  Or- 
tigia, incorriiptarum  miscentp.s  oacula  aquarum,  avrà  storica  spiegazione.  L'anfiteatro, 
formante  un'elissi  molto  allungata,  parte  costruito  di  pietroni,  parte  tagliato  nel  masso, 
probabilmeute  fu  fatto  dai  Romani  ad  uso  della  colonia  postavi,  giacché  non  sarebbe 
proporzionato  all'antica  popolazione.  Più  accuratamente  era  stato  fabbricato  il  teatro, 
che  Diodoro  Siculo  farelìbe  il  più  insigne  di  Sicilia;  e  posto  nel  luogo  più  popoloso 
della  città,  offriva  agli  spettatori  la  vista  del  mare,  del  gran  porto,  dell'isola  Ortigia j 
delle  belle  campagne  irrigate  dall'Anapo,  e  de'  migliori  edifizj  della  città.  Altrettanto 
meravigliose  sono  le  catacombe,  che  serpeggiano  per  molte  miglia  sotto  Acradina,  Tiche 
e  Napoli,  attestando  dal  numero  dei  morti  l'immensa  popolazione  di  quella  città. 

Né  manca  di  che  ammirare  a  Catania,  sebbene  molli  fabbricati  rimangono  sepolti 
dalle  lave;  come  il  teatro  costruito  di  grandi  massi  senza  cemento,  il  tempio  di  Cerere 
e  tant'altri  cimelj,  che  tratti  in  luce  dalla  munificenza  del  Paterno  principe  di  Biscari, 
formano  uno  de' più  ricchi  musei.  Sotterranei  e  sculture  gigantesche  si  hanno  purea 
Lilibeo,  tomba  della  Sibilla  Cumana,  poi  riedificato  dagli  Arabi  col  nome  di  Marsala^ 
cioè  porto  di  Dio,  e  da  poco  tempo  reso  celebre  per  la  manifattura  dei  vini  stabilitavi 
da  una  società  inglese.  Stupendo  poi  è  a  Taormina  il  teatro,  che  da  una  banda  mostra 
il  clivo  scendente  fino  al  mare  Jonio,  dall'altra  la  pendice  che  sale  al  fumante  vertice 
del  .Mungi bello:  statue,  colonne,  vasi,  che  l'adornavano,  caddero  a  pezzi  od  arricchirono 
la  moderna  chiesa:  e  le  volte  e  le  nicchie  artifiziosamente  disposte  per  moltiplicare  la 


436  ARCHEOLOGIA   E   BELLE    ARTI 

voce  degli  attori,  non  ripetono  più  che  il  grido  d'ammirazione  degli  stranieri  e  il  ge- 
mito de'  paesani. 

In  molte  chiese  di  Sicilia  si  posero  antichi  sarcofagi  ed  ornati:  alla  splendidezza  ar- 
chitettonica non  vanno  pari  le  opere  plastiche  :  pure  ve  n'ha  diverse  di  maniera  antica. 

Antichi  monumenti  di  Siracuta,  illustrati  da  G.  M.  CapODICCI.  Siracusa  1816,  2  voi.;  ma  principalmente 
lo  opere  del  duca  di  Sebbadifalco. 

Nel  regno  di  Napoli  hasterebbe  nominare  Ercolano  e  Pompej.  Ercolano,  a  sei  miglia 
da  Napoli,  sovra  un'eminenza  vicina  al  mare,  bagnata  da  due  fiumi  e  cinta  da  piccole 
mura,  con  porti  e  castello,  fu  abitata  in  prima  dagli  Oschi,  poi  da  Tirreni  e  Pelasgi, 
tre  generazioni  prima  della  guerra  trojana,  infine  da  Sanniti.  Se  ne  può  negli  autori 
seguir  la  storia  fino  al  consolato  di  Regolo  e  Virginio,  quando,  il  5  febbrnjo  del  65  d. 
C,  un  tremuoto  la  guastò.  Era  questo  foriero  delle  eruzioni  del  Vesuvio,  vulcano  silen- 
zioso da  lunghissimo  tempo,  e  che  il  23  novembre  del  79  eruttò  furiosamente,  e  coperse 
di  lava  o  di  lapilli  tutte  le  terre  circostanti.  Allora  rimaser  sepolte  dalle  lave  Ercolano 
e  dai  lapilli  Pompej,  cittadina  nove  miglia  distante,  fondala  dai  popoli  stessi,  e  deno- 
minata forse  da  pempein  inviare,  perchè  molte  merci  spedivansi  pel  Sarno,  alla  cui 
imboccatura  era  posta.  Gli  abitanti  poterono  camparsi  quasi  tutti  ;  e  calmato  lo  spavento, 
tornarono  a  scavare  per  trasportar  fuori  delle  antiche  case  il  buono  e  il  meglio:  e  co- 
lonne, statue,  marmi  sappiamo  che  ne  levò  Alessandro  Severo. 

Così  rimasero  fino  al  1713,  quando  Emanuele  di  Lorena  principe  di  Elbeuf,  cercando 
marmi  per  abbellire  una  sua  villa  al  Granatello  presso  Resina,  s'imbattè  a  far  un  pozzo 
che  riusciva  nel  teatro  d'Ercolano.  Subito  ne  trasse  colonne  e  statue,  che  parte  inviò  al 
principe  Eugenio  di  Savoja,  parte  are  Luigi  di  Francia,  parte  dovette  cedere  al  governo 
il  quale  volle  serbar  per  sé  tali  scavi.  Solo  nel  1758  cominciaronsi  questi  con  assen- 
nata curiosità  ;  e  l'importanza  loro  fece  che  re  Carlo  VII  ordinasse  di  riporre  ogni  tro- 
vato in  un  museo  accanto  al  suo  palazzo  di  Portici,  ove  subito  divennero  oggetto  di 
studio  agli  antiquarj.  Se  non  che  Ercolano  è  posta  sotto  al  grosso  borgo  di  Resina, 
onde  lo  scavarla  minaccerebbe  rovina  a  questo.  Furono  pertanto  limitati  gli  scavi,  che 
però  diedero  ricchezze  incomparabili  5  e  alcune  parti,  dopo  indagate,  tornaronsi  a 
colmare. 

In  Pompej  vedonsi  frequentissimi  i  ristauri  da  un  recente  guasto.  Poi  del  tremuoto 
fa  parola  l'iscrizione  trovata  sul  tempio  d'Iside:  n.  popidivs  n.  f.  celsinvs  .«dem  isi- 

I)IS  TERRAEMOTV  CONLAPSV.M  A  FVNDAMENTO  P.  S.  (peCUnìa  SUa)  RESTITVIT.  HVNC  DECV- 
RIONES    OB    LIBERALITATEM    CVM    ESSET    ANNORVJI  SEX.   OKDINI    SVO    GRATIS    ADLEGERV.NT.    SÌ 

disputò  se  leggere  sexdecim  0  sexaginta,  e  par  da  ritenere  sex.  L'adulazione  non  conta 
gli  anni. 

Du  Theil  sostenne  che  Pompej  stesse  ancora  in  piedi  al  tempo  di  Adriano,  e  fosse 
distrutta  uscente  il  v  secolo.  Lo  confuta  De  Hoff,  Gesch.  Ver  under  ungen  der  Erdober- 
fldche,  1824,  parte  11,  p.  193-199. 

Di  che  stagione  sia  stata  sepolta  Pompej  s'ignorava,  finché  non  è  guari  si  scopersero 
fiori  di  melagrano  5  il  che  la  fa  porre  tra  giugno  e  luglio.  Ultimamente  si  ebbe  l'idea 
di  conservare  gli  scheletri  e  le  ossa  che  si  trovano,  sperandone  nozioni  etnografiche. 
Gli  scavi  si  fanno  a  precipizio  dopo  la  rivoluzione  di  quel  paese  e  sotto  la  direzione 
del  sig.  Fiorelli.  Si  trovò  un  gran  palazzo  con  doppio  peristilio  e  musaici  e  freschi  e 
un  forno  dov'era  ancora  il  grano,  la  pala,  e  la  bottega  con  82  pani  e  il  cassetto  con 
bOO  monete. 

Fausto  e  Felice  Nicolini  cominciarono  una  uuova  illustrazione  di  Pompej  e  suoi 
monumenti. 

Poco  prima  (1G89)  uno  scavo  fortuito  avea  dato  conoscenza  di  Pompej.  Messa  in 
maggior  distanza  dal  Vesuvio,  non  fu  raggiunta  dalla  lava,  ma  solo  dai  lapilli,  sicché 
l'azione  del  fuoco  non  vi  fu  sentila,  e  con  maggior  interezza  si  conservarono  le  case, 
sepolte  fin  al  tetto  :  giacendo  poi  alla  campagna;  non  v'è  altro  ritegno  agli  scavi  se  non 
quello  che  impone  la  diligenza  di  non  guastare,  e  di  passar  allo  staccio  tutta  la  terra 
che  se  ne  riniove.  Gli  scavi,  cominciati  il  17Ì55,  continuano  tuttodì  con  iscoperte  sempre 
nuove;  e  vi  si  riscontra  al  vivo  la  rappresentazione  della  vita  antica,  non  solo  quanto 


NAPOLI 


437 


alle  arti,  ma  e  più  per  la  domesticità-,  onde  le  particolarità  di  esse  possono  incarnare  il 
quadro,  di  cui  Roma  non  offre  che  i  contorni  in  grande. 

Vedi  il  cap.  XXIV  del  Libro  VI  della  nostra  Storia    Universale. 

L'accademia  Ercolanese  fu  fondata  a  posta  per  esaminare  e  dicifrare  quelle  antichità; 
e  Quaranta,  Janelli,  Guarini,  Avellino,  Rossi  ed  altri  vi  continuarono  la  gloria  di  Maz- 
zocchi e  Passeri.  Gli  atti  di  essa  e  le  descrizioni  varie  che  comparvero  su  quelle  anti- 
chità, ma  ancor  \ì\ù  la  vista  del  museo  Horhonico,  dove  tanta  ricchezza  fu  adunata, 
sono  il  maggior  sussidio  alla  scienza  di  cui  trattiamo;  perciò  ogni  tratto  ce  ne  tornò 
menzione. 

Il  museo  Borbonico,  ricco  in  ogni  parte,  in  bronzi  non  ha  confronto.  Insigni  statue 
vi  sono  il  Mercurio,  il  Fauno,  le  Danzatrici,  la  famiglia  Balbo,  la  Venere  Callipiga. 
L'Elio  Aristide,  o  come  altri  dicono,  l'Eschine,  che  qui  produciamo,  è  certo  una  delle 
migliori  antiche.  E  quanto  al  vedere  i  capo- 
lavori antichi  si  geme  de'  restauri  fatti  di 
tempo  in  tempo,  taoto  piace  il  trovar  intatte 
quelle  di  recenti  scavi  e  qui  e  in  Roma  al  La- 
terano.  Ricca  vi  è  pure  l'unione  di  ori  e  vasi 
preziosi,  ma  non  quanto  al  gabinetto  delle 
medaglie  di  Parigi.  Unica  invece  è  quella 
delle  pitture  a  fresco,  che  sono  i  soli  dipinti 
antichi  pervenutici,  e  che  mostrano  le  deco- 
razioni interne  delle  case  loro.  Numerosissimi 
sono  i  vasi  dipinti,  fra  cui  preziosissimi  quello 
della  Cassandra  e  delle  Baccanti,  quel  delle 
Amazoni  ,  d'Archeraoro,  di  Tereo  ;  inoltre 
pietre  incise,  vetri,  terre  cotte,  musaici,  i 
papiri  d'Ercolano,  un  gabinetto  osceno:  vi 
furono  concentrate  anche  le  liguline  volsce 
del  museo  Borgiano  di  Velletri.  V'è  poi  la  più 
curiosa  suppellettile  della  civiltà  sicula  e  ita- 
lo-greca, e  cresce  ogni  giorno  per  gli  scavi 
continuati  e  per  gli  accidentiili  trovamenti. 

La  spiaggia  da  Napoli  a  Miseno  è  un  museo 
continuo,  e  principalmente  notevoli  sono  i 
tempj  di  Pozzuoli  e  il  suo  anfiteatro,  la  pi- 
scina, le  tombe.  Poi  magnificentissimo  è  l'an- 
fiteatro di  Capua,  ne'  cui  contorni  or  fa  insigni  scoperte  il  capitano  Novi.  A  Bene- 
vento è  un  arco  trionfale  :  altri  altrove.  Piij  addentro  si  trovano  i  famosi  ruderi  di  Pesto; 
ruine  doriche  di  un  tempio  esastilo  a  Metaponto  ;  altri  a  Taranto,  a  Turi,  a  Crotone,  a 
Locri,  ove  furono  trovati  bellissimi  bracciali  di  un'armadura  portante  la  battaglia  delle 
Amazoni. 

Nel  tallone  dell'italico  stivale,  ora  povero  di  coltura  e  d'abitanti,  fiorirono  i  Messapi, 
ricchi  di  molte  città,  quali  sul  litorale  Adriatico  Gcathia  (Fasono),  Brindisi,  Valezio 
[Baleso)^  Otranto;  sul  golfo  di  Taranto  la  città  che  gli  dà  nome  ;  Nereto  (Nardo),  Alezio 
(Alizza),  Uzento;  nell'interno  Celio,  Uria,  Rudie  (Ruggie),  Vaste  (Basta).  Di  tempo  in 
tempo  porgono  tributi  all'archeologia. 

Il  1848  presso  Agnone  fu  trovata  una  lamina  di  bronzo,  certo  antica,  con  ventisette 
linee  da  una  parte  e  ventitre  dall'altra,  in  osco,  dove  si  enumerano  da  venti  divinità 
indigene,  non  ancora  miste  colle  greche;  Giove,  custode  del  Comune  e  regolatore  delle 
fatiche  giornaliere;  Panda,  guardiana  delle  messi;  Geneta,  preside  alle  nascite;  Ercole, 
custode  del  limitare  e  della  proprietà. 

A  Gozo  è  segnalato  il  tempio  dei  Giganti;  che  alcuno  pretese  antediluviano. 

A  tacere  i  più  antichi,  vedansì 

Fr.  Blume,  Iter  italicum. 

Targiom-Tozzetti,  Relazione  d^ alcuni  viaggiin  ToBcana. 

Hase,  Nachweisungen  fur  Reisende  in  Italia. 


1^^  ARCHEOLOGIA    E   BELLE   ARTI 

DOROW,   Voyage  archéohgique  en  lilrurie.      ^ 

Stackelberg,  Jllesle  Denkmàler  der  fiaterei,  oder  Jf  andgemdìde  aus  den  Hypogden  von  Tarquinii 
-1827. 

BiSCARi,  Paterno,   Viaggio  per  tulle  le  anticìiità  della  Sicilia. 

HOUEL,    Voyage  pitloresque  des  iles  de  Sicile^  de  Malie  el  de  Lipari. 

HiTTOBF  e  Zantb,  Architeclure  antique  de  la  Sicile,  ou  Hecueil  des  plus  intéressants  monuments  d'or- 
ehitecture  des  vilhs  et  des  lieux  les  plus  remarquables  de  la  Sicile  ancienne. 

Duca  di  LuYNES  e  Serradifalco,  Antichità  di  Sicilia. 

Saint-Noi^,   Dekon,  Paris,    Voyage  pilloresque  de  Naples  et  Sicile. 

PajsOFRa  e  Gerard,  Neaples  aniik  Bildwerke.  StuUganl  1828. 

Le  anlichiià  d'Ercolano.  Napoli  4757-92,  9  voi. —  Primi  membri  dell'accademia  Ercolane.ift  furono 
Mazzocchi,  Zarillo,  Carcani,  Galliani,  Ronca,  Ignara,  Padeini,  Pianura,  Castelli,  Aula,  Monti,  Bajardi, 
Giordano,  Valletta,  Pratillo,  Cercati,  Della  Torre,  Tanzi;  e  Cecero  l'edizione  di  quelle  antichità  a  spese 
del  re  che  davasi  in  dono.  Poi  monsignor  Marcello  Venuti,  l'abbate  Ridolfino  suo  fratello,  il  cardinale 
Quiriui,  Maffei,  Gesnero,  Anton  Francesco  Cori,  Matteo  Egizio  l'abbate  Martorelli,  Giambattista  Passeri, 
il  padre  De  Rossi,  il  padre  Paoli,  Cochin  disegnatore,  Bellicard  architetto,  W.  Llamilton,  l'abbate  Saint- 
Non,  e  altri  illustrarono  quelle  ed  altre  antichità. 

Fadsto  e  Felice  Niccolim,  Aluseo  Borbonico:  e  Le  case  e  i  monumenti  di  Pompej  disegnali  e  descrilii. 
4834. 

Hamilton,  Relazione  delle  scoperte  fatte  a  Ercolano  e  Pompej,  con  una  storia  di  queste  città.  Edim- 
burgo 1837,  2  voi. 

De  Jorio,  Sugli  scavi  di  Ercolano,  e  Piano  di  Pompej. 

Raoul-Rocbette,  Clwix  de  peintures  de  Pompej .,  la  plupart  de  svjet  historique ,  lithographiées  en 
couleur.  et  publiées  atee  Vexplicalion  archéohgique  de  chaque  peinture,  et  une  inlroduction  sur 
Vhistoirede  la  peinlure  chez  les  Grecs  el  chez  les  Roìnains.  Parigi  -1844, 

Raoul-Rocbette  e  Bolchet,  Choix  d^édifices  inédils  de  Pompej. 

W.  Gell,  Pompej.  Londra  1816  e  -1830. 

Ernest  Pretqn,   Pompeja  dérrile  el  dessinée.  Parigi  -1854. 

W.  Zadn  fl,i.e  Schònslen  Ornamente  und  merkwilrdigslen  Gem'dlde  ous  Pompej,  Herculanum  und 
StabicB  1  nebst  einigen  Qrundrissen  und  Aussichten.  Berlino  -1826-56.  Con  note  di  Ottofredo  Miiller, 
F.  F.  Welcker. 

W.  Ternite,  fVandgemdide  aus  Pompej  und  Herculanum.  -1828  e  seg. 

J.  Overbeck,   Pompeji  in  seinen  Gebauden,  ollerlhumern  und  Kunsluiercken.  Lipsia  -1856. 

G.  Fiorelli  oltre  i  Monumenta  epigraphica  pompejana  d\ede  uà' ampia  pianta  ài  Pompe]  a  ipZó  iti 
vero  in  42  fogli  di  oltre  9  metri  quad.  e  Pompejanarum  antiquitalum  hisluria  quam  ex  codicibus 
3ISS  et  a  schedis  diurnisque  quw  in  publicis  aul  privalis  bibliolhecis  sertanlur.  R  Alcubiere,  C. 
Weber   M.  Cixia    J.  Carcoles  ecc. Napoli  1860.  11  i  volume  (1861)  comprende  gli  scavi  daH748  aN8-l8. 

Luigi  Grimaldi,   Studj  archeologici  sulla  Calabria  Ultra  Seconda.  Napoli  1843. 

La  Sardeg^na  presenta  molti  etlifizj  ciclopici,  massime  i  Nuraghi;  e  molte  tombe  sca- 
vate nel  vivo,  li  museo  di  Cagliari  possiede  una  ricca  collezione  di  idoli  fenicj,  trovati 
nelle  pianure  dell'isola,  d'ordinario  presso  que'  monumenti. 

Bullellino  archeologico  sardo,  diretto  dal  can.  GiO.  Spano.  Cagliari  -1853  e  seguenti  eie  opere  di  Alfonso 
Lamarmora. 

La  primitiva  Roma  stette  sul  colle  Palanzio,  nel  recinto  di  appena  un  miglio  qua- 
drato con  tre  porte,  lìumana,  Capena,  Muyonia.  Numa  Pompilio  (uomo  o  dinastia  che 
intendasi)  ampliò  quel  recinto  inchiudendovi  pure  il  colle  Capitolino  e  la  parte  più 
prossima  del  Quirinale,  alle  predette  aggiungendola  porta  Carmentak,  che  fu  poi  detta 
Scellerata  da  che  ne  uscirono  i  trecento  Fabj.  Tulio  Ostilio  cinse  anche  il  Celio  per  col- 
locarvi i  vinti  Albani.  Poi  Anco  Marzio  collocò  i  Latini  suirAventino,  murandolo.  Lucio 
Tarquinio  asciugò  il  Velabro,  palude  nell'avvallamento  tra  il  Palatino,  l'Aventino  e  il 
Capitolino  ;  e  meditava  una  nuova  cerchia  di  mura,  che  fu  poi  compita  da  Ser\io  Tullio, 
aggiungendo  il  resto  del  Quirinale,  e  i  colli  Viminale  ed  Ksquilino,  sicché  vi  furono 
compresi  sette  colli,  restando  il  Cianicolo  di  là  dal  Tevere  a  gui.^a  di  cittadella. 

La  mura  correva  sul  ciglio  dei  colli,  cotìiinciando  sulla  sinistra  del  Tevere  al  fòro 
Olitorio  presso  il  teatro  di  Marcello,  e  seguendo  il  lato  settentrionale  della  ròcca  Capi- 
tolina, scendeva  al  sepolcro  di  Cujo  15ibulo,  poi  per  la  valle  che  separa  il  Capitolino  dai 
Quirinale,  saliva  sull'alto  di  questo  verso  le  Quattro  Fontane,  donde  secondava  il  colle 
lungo  il  circo  di  Flora,  piegando  poi  incontroalla  nniderna  porla  Salaria.  Quivi  comin- 
ciava l'a"gere  su  cui  la  mura  era  fundata,  e  continuava  per  l'altura  sovrastante  ai  colli 
Quirinale,  Viminale  ed  Esquilino,  finall'arcodi  Gallieno  ove  l'aggere  terminava.  Allor^ 


ROM,v  439 

sceso  l'Esquilino,  la  mura  saliva  sul  Celio  presso  il  I.alerano,  indi  per  la  sommità  me- 
ridionale del  colle  dove  ora  sta  Santo  Stefano  P.olondo,  scendeva  a  valle  tra  il  Celio  e 
l'Aventino;  coronati  i  quali,  tornava  a  rafjyiiingere  il  fiume  là  dov'erano  e  sono  tuttora 
le  conserve  del  sale.  Di  là  dal  Tevere,  le  mura  stuccavansi  dal  fiume  in  due  linee  rette 
per  congiungersi  colla  cittadella  gianicolese  di  Anco  Marzio.  Calc(d;ino  il  giro  di  otto 
miglia,  cioè  12,500  metri. 

Ventitre  o  ventiquattro  porte  vi  si  aprivano:  Flumentana  presso  il  fiume:  Trionfale 
donde  entravano  i  vincitori  pigliando  la  via  Sacra  verso  il  Campidoi;lio  ;  Carmentale -^ 
Ratumena  alle  falde  del  Capitolmo;  una,  il  cui  nome  non  consta,  sull'altura  occiden- 
tale del  Quirinale-,  un'altra  sul  colle  medesimo  presso  il  palazzo  ponlifizio  ;  la  Salu- 
tare in  vetta  ad  esso  colle,  ove  ora  le  Qmittro  Fontane;  una  presso  gli  orti  Sallustiani  ; 
la  Collina,  da  cui  partivano  le  vie  Salaria  e  Nonientana,  e  fuor  della  quale  stava  il  campo 
Scellerato;  Viminale  nella  villa  Negroni  ;  rZiSf/u/Zina  presso  l'arco  di  Gallieno,  donde 
moveano  le  vie  Prenestina,  Labicana,  Tihurtina  ;  la  Mezia  poco  lontana  ;  la  Querquetu- 
/ana  sulla  via  Lahicana  presso  i  Santi  t^ietro  e  Marcellino;  la  Celimontana  presso  San 
Giovanni  in  Laterano  ;  la  Ferentina  sul  Celio  presso  S-mto  Stefano  Rotondo,  donde  si 
usciva  verso  il  bosco  della  dea  Ferentina,  ove  ora  è  Marino,  convegno  dell'assemblea 
dei  popoli  del  Lazio;  la  Capena,  da  cui  partivano  le  famose  strade  Appia  e  Latina,  apri- 
vasi nella  gola  fra  il  Celio  e  l'Aventino  ;  la  Nevia,  al  crocicchio  delle  vie  Avenlina  e  di 
Santa  Balbina,  menava  ai  boschi  Nevj,  solito  rifugio  de'  malfattori  ;  la  Radusculana  sotto 
la  chiesa  di  San  Saba  alla  falda  meridionale  dell'Aventino  ;  la  Lavernate  sull'Aventino  ; 
la  Mavale  accanto  al  bastione  di  Paolo  111;  la  Minucia  sulla  sommità  dell'Aventino  ; 
la  Trigemina,  ove  è  l'arco  della  Salaria,  così  detta  perchè  avea  tre  fornici.  Quelle  della 
parte  occidentale  sono  incerte. 

Deniro  e  fuori,  uno  spazio  sacro  detto  il  Pomerio,  non  potevasi  né  edificare  né  colti- 
vare. Siila  e  Cesare  lo  estesero,  ma  non  dilatarono  la  mura. 

La  città  era  divisa  in  quattro  regioni  o  tribù  :  suburbana,  esquilina,  collina,  palatina. 

L'antico  recinto  di  Servio  fu  da  Augusto  partito  in  quattordici  regioni,  che  erano: 

1.  Al  sud  Poria  Capena,  ove  il  tempio  dell'Onore  e  della  Virtù,  o  di  Bacco,  qual 
vedesi  nella  figura  qui  sotto,  quello  di  Marte  Estramurano,  le  terme  di  Severo  e  di 
Comodo. 

2.  La  Ccelimontana  su\ 
monte  Celio,  ove  la  casa 
de'  Laterani,  la  Mica  Au- 
rea fondata  da  Domizia- 
no, le  scuole  dei  gladia- 
tori, e  il  piccolo  campo 
di  Marte. 

3.  Iside  e  Serapide  nella 
valle  fra  il  Celio,  il  Pala- 
tino e  l'Esquilino  ;  dove 
le  terme  di  Trajano  e  di 
Tito,  la  Casa  aurea  di 
Nerone,  le  grandi  vie  Su- 
burra e  Carinse,  il  Coliseo 
capace  di  cenventimila 
spettatori. 

4.  Via  sacra  fra  l'Es- 
quilino ,  il  Palatino  e  il  Quirinale.  Suoi  monumenti  erano  i  tcmpj  della  Pace,  di 
Roma,  d'Antonino  e  Faustina,  il  colosso  di  Nerone,  gli  archi  trionfali  di  Tito  e  di 
Costantino,  la  via  Sacra,  la  Scellerata,  la  Sandalaria  ove  stavano  i  libraj. 

5.  Gli  Esquilini  chiudeano  parte  dell' Esquilino  e  il  Viminale,  coi  monumenti  del 
Castrum  Prcetorianum,  la  casa  e  i  giardini  di  Mecenate,  l'arco  di  Gallieno,  il  Viva- 
rium,  serraglio  delle  belve  per  l'anfiteatro. 

6.  Alta  Semita  sul  Quirinale,  ove  le  terme  di  Diocleziano  e  di  Costantino,  i  tempj  di 
Quirino,  del  Sole,  di  Flora,  della  Salute,  i  giardini  di  Lucullo,  di  Sallustio,  ecc. 

7.  Via  Lata  fra  il  Quirinale  e  il  campo  Marzio,  col  fòro  Suario,  il  portico  di  Costan- 
tino, ecc. 


440 


ARCHEOLOGIA   E   BELLE   ARTI 


8.  Forum  Romanum  fra  il  Capitolino,  il  Palatino  e  il  Tevere.  Monumenti:  il  Miliario 
aureo  da  cui  partivano  tutte  le  strade  romane,  il  Comizio;  la  curia  Ostilia,  il  tem- 
pio di  Castore,  di  Giove  tonante,  qual  ve- 
desi  nella  figura  qui  contro,  la  basilica 
Porzia,  la  colonna  Mevia,  il  tempio  di  Ve- 
sta, la  basilica  di  Giulio  Cesare,  i  nuovi 
rostri ,  il  tempio  di  Saturno,  il  Campido- 
glio, l'arco  di  Settimio  Severo,  ne  diamo 
la  figura  qui  sotto,  la  cittadella,  i  fòri  di 
Cesare,  d'Augusto,  di  Trajano,  ecc. 

9.  Circus  Flaminius  nella  parte  più  set- 
tentrionale ,  col  mausoleo  d'Auguslo  ,  il 
Panteon  d'Agrippa,  il  teatro  di  Balbo, 
l'anfiteatro  di  Statilio  Tauro,  il  teatro  di 
Marcello,  la  curia  di  Pompeo ,  la  Villa 
pubblica,  dove  faceasi  il  censo  e  si  rice- 
vevano gli  ambasciatori  stranieri. 

10.  Palatium  col  palazzo  imperiale. 
H.  Circus  maximus  fra  il  Palatino  e 

l'Aventino. 

i2.  Piscince  publicce  fra  l'Aventino  e  il 
Celio. 

io.   Aventinus  che   cbiudea   VArmilu- 
strum,  ove  faceasi  la  rivista  degli  armati. 
i4.  Trans   Tiberm ,   ove  i  giardini   di 
Nerone,  la  mole  d'Adriano,  le  terme  di  Aureliano.  Tale  divisione  durò  fin  ad  oggi. 
Roma  crebbe  di  magnificenza  e  d'estensione  sotto  gl'imperatori,  tantoché  Aureliano 

la  chiuse  di  nuove  mura 
laterizie,  quali  in  molti 
luoghi  si  vedono  tuttora 
e  giravano  circa  dodici 
miglia.  L'intento  princi- 
pale era  d'iochiudere  i 
nobilissimi  edifizj  attor- 
nianti  il  campo  di  Marte, 
sicché  staccandosi  dalla 
sinistra  del  fiume  presso 
porta  Flaminia,  la  mura 
cingeva  verso  oriente  il 
Pincio,  poi  il  Quirinale, 
il  Viminale,  l'Esquilino, 
il  Celio,  l'Aventino  e  al- 
largandosi per  abbrac- 
ciare il  Testacelo,  toccava 
il  fiume;  di  là  del  quale 
tornava  molto  più  in  fuori  dell'odierna  porta  Portense,  donde  salendo  il  fianco  meri- 
dionale del  Gianicolo,  fiedeva  alla  porta  San  Pancrazio;  per  scendere  alla  Settimiana; 
talché  non  fu  più  la  città  dei  sette,  ma  dei  dieci  colli.  Il  Vaticano  fu  ricinto  soltanto  da 
papa  Leone  IV,  formando  la  Città  Leonina. 

Nella  nuova  cerchia  Roma  ebbe  da  quindici  miglia  di  giro,  non  contando  i  sobborghi; 
con  trentasette  porte,  da  cui  partivano  trentuna  strade  militari;  otto  ponti,  ducenquiu- 
dici  strade  maggiori,  diciannove  fòri,  quattrocento  tempj,  cinque  naumachie,  quattor- 
dici ac(iuedotti,  trentasei  archi  di  trionfo,  cinquanta  colossi,  infinità  di  teatri,  d'odeoni, 
di  curie,  di  statue. 

Roma  è  un  continuo  museo  per  la  quantità  di  ruine;  tutto  vi  porta  l'impronta  della  gran- 
dezza, e  capolavori  s'incontrano  ad  ogni  pie  sospinto, od  almeno  memorie,  epigrafi  e 
frantumi  ;  onde  colà  èia  vera  sede  dell'archeologo,  colà  si  formarono  quelli  che  in  mag- 


liOMA  441 

gior  fama  salirono.  Però  i  luoghi  medesimi  non  sono  ben  accertati  ;  e  sulla  situazione 
di  molti  edilizj  una  critica  accorta  potè  oggimai  vincere  molti  pregiudizj  del  vulgo  dotto 
e  popolano.  Trovansi  maggiori  avanzi  antichi  nella  parte  che  fu  abbandonata,  e  dove 
gli  edifizj  moderni  non  fecero  sgombrare  i  prischi.  Ciascuna  non  solo  delle  regioni,  ma 
dei  monumenti  ebbe  illustrazioni  speciali. 

Nel  Ì8o0  Pio  IX  ordinò  di  scavare  la  via  Appia,  cominciando  alquanto  al  di  lìi  dal 
sepolcro  di  Cecilia  Metella,  e  sulla  larghezza  di  2-2  metri,  in  modo  che  venne  in  luce 


una  quantità  di  monumenti  j^epolcrali  che  ornavano  i  due  margini  della  strada,  con 
belle  iscrizioni  e  con  notevoli  capi  d'arte,  alcuni  de'quali  salgono  al  quarto  secolo  di 
Roma;  d'indicibile  varietà  di  forme  e  grandezza,  dalla  piramide  fin  alla  stela,  dall'edi- 
cola al  semplice  sarcofago  ;  appena  sorgenti  da  terra,  o  elevati  a  due  e  a  tre  piani,  con 
caratteri  grossolanamente  intagliati  nel  peperino,  o  elegantemente  sotto  bei  fregi  di 
marmo. 

Gli  orti  Farnesi  furono  comprati  da  Napoleone  III  che  vi  ordinò  scavi,  certo  fecondi 
di  tesori,  stando  nella  parte  piìi  antica  della  città,  la  Roma  Quadrata. 

Nel  185G  s'intrapresero  scavi  ad  Ostia,  e  diedero  molte  preziosità,  fin  cento  iscrizioni, 
alcune  anche  grandi,  molti  sarcofagi,  sculture  d'assai  pregio,  quattro  grandi  musaici, 
un  de' quali  ha  64,000  palmi  quadrati  di  superficie,  a  bellissimi  fiori,  e  si  collocherà 
in  una  sala  del  Vaticano. 

In  nessun  paese  sono  così  numerosi  e  ricchi  i  musei.  Quello  del  Vaticano  non  ha 
pari  al  mondo,  né  per  gran  pezzo  potrà  averlo.  Sotto  Benedetto  XIV  appena  vi  erano 
raccolti  alcuni  pezzi  per  ornamento  del  palazzo;  ora  si  con)pone  deIjPio-Clementino,  cui 
si  aggiunse  il  nuovo  braccio  :  e  ultimamente  il  museo  Gregoriano  di  monumenti  etruschi, 
che  è  tutto  quel  di  prezioso  che  può  vedersi  per  quantità,  come  per  scelta,  ordine  e  con- 
servazione di  [tezzi,  d'alta  importanza  storica  o  artistica,  avendovi  radunato  quanl'era 
sparso  perle  città  di  Todi  (Tuder)  ,Bolsena  (Vulcinium),  Cervetri  {Ccere),  Norcia  {Mursia), 
0  in  collezioni  particolari  :  onde  può  dare  idea  compita  dell'arte  etrusca.  Prima  s'in- 
contrano i  lavori  più  rozzi,  tombe  semplici  e  grossolane  con  figure  goffe  e  bislunghe, 
pieghe  dure  e  parallele,  somiglianti  alle  egizie,  come  le  tante  nere  trovate  nelle  tombe 
primitive  eccetto  l'acconciatura  de' capelli  che  raccolgono  dietro  al  capo  in  una  borsa, 
qual  s'usava  settant'anni  or  fa,  o  li  dividono  in  treccie  cascanti  sul  petto  e  fin  ai  talloni. 
Molte  urnette  d'alabastro  erano  destinate  alle  ceneri,  con  bassorilievi  scorretti  ;  lavoravansi 
a  Chiusi,  Perugia,  e  massime  Volterra,  per  la  facilità  d'aver  l'ulabaslro.  Alcuni  gruppi 
figurano  azioni,  di  cui  più  non  raccngliamo  il  senso.  Le  statuine  e  i  busti  sono  ritratti, 
men  freddi  degli  egizj,  talvolta  anzi  manierali,  e  con  gran  rilievo  di  muscoli  ed  ossa.  I 
bassorilievi  sono  stampati  con  molla  intelligenza,  spesso  in  tavolette  quadrate  per  fregio 
degli  appartamenti,  e  già  sentono  del  greco:  erano  molto  cercati  per  Italia  e  Grecia, 
sinché  Fidia  rivolse  l'arte  dall'imitazione  della  schietta  natura  al  culto  del  bello,  diffuso 


442  ARCHEOLOGIA   E   BELLE   ARTI 

a  Roma  colla  conquista  della  Magna  Grecia.  V'ha  pure  statue  da  emular  le  greche,  mas- 
sime quella  d'un  guerriero  di  bronzo,  trovata  a  Todi  \  galanterie  veramente  uniche, 
tratte  da  un  sepolcro  di  Cervetri  ;  altre  preziosità  degli  scavi  di  Toscanella,  Camposcala, 
Tarquinj,  Bomarzo;  copie  delle  pitture  che  ornano  i  sepolcri  di  questi  luoghi,  e  l'esatta 
imitazione  d'uno  di  essi  colla  distribuzione  dei  sarcofagi  e  dei  vasi,  e  coi  due  leoni 
all'ingresso  come  trovaronsi  a  Vulci.  Le  sole  minuterie  d'oro  valgono  quattrocentomila 
franchi  5  e  mostrano  come  gli  Etruschi  sapesser  finalmente  lavorare  l'oro  in  foglie;  in 
fili,  in  treccie:  filavano  anciie  il  vetro  e  faceano  smalti,  e  v'ha  tazze  ornate  a  bassori- 
lievi di  gusto  asiatico.  Aggiungete  carri,  bracieri,  una  tavoletta  da  donna  colle  bazzica- 
ture necessarie  per  lisciarsi  e  strebbiarsi  e  comparire.  Se  tanto  sepellivasi,  quanta  do- 
veva essere  la  ricchezza  ? 

Il  museo  Egizio,  oltre  i  papiri,  è  importante  per  le  imitazioni  di  lavori  egiziani  che 
si  fecero  all'epoca  d'Adriano.  Va  pur  crescendo  il  museo  Cristiano.  Il  Capitolino  fu  fon- 
dato da  Clemente  XII,  accresciuto  da  Benedetto  XIV.  Al  palazzo  di  Lateraoo  comincios- 
sene  un  nuovo  per  oggetti  d'architettura,  con  monumenti  di  Vejo,  e  col  gran  musaico 
tratto  dalle  terme  di  Caracalla,  rappresentante  gladiatori  :  ivi  son  pure  molte  urne  cri- 
stiane. Il  Kircberiano  nel  Collegio  romano  è  il  più  ricco  di  antichità  indubbiamente  ita- 
liche, con  moltissimi  bronzi  e  monete  deiritalia  primitiva.  Dell'Albani  già  doviziosis- 
simo e  prediletto  da  VVinckelmann  e  Zoega,  le  raccolte  arricchirono  i  musei  di  Parigi, 
Londra,  Monaco.  11  Borghese  fu  comprato  da  ÌS'apoleone  e  posto  al  Louvre,  ma  molto  di 
nuovo  radunò  quella  famiglia  massime  statue  scavate  presso  porta  Salaria,  0  tratte  dalle 
tenebre,  il  Barberini  rimane  cospicuo  anche  dopo  il  molto  che  mandò  a  Londra  e  a  Mo- 
naco, Altre  anticaglie  hanno  le  ville  e  i  palazzi  Mattei,  Giustiniani,  Farnese,  Ludovisi, 
Medici,  Odescalchi,  Negroui,  Panfili,  Altieri  ...  e  l'Istituto  archeologico,  e  le  case  di 
studiosi  e  d'artisti.  Il  marchese  Campana  avea  raccolto  quantità  di  vasi,  e  sopratutto 
di  orerie,  e  aperto  due  colombarj  |)resso  porta  Latina;  collezione,  la  piti  insigne  che 
mai  un  privato  facesse,  e  che  divenne  ora  sciaguratamente  famosa  per  un  processo  cri- 
minale. La  Capranesi  è  ricca  di  pietre  incise.  Altre  ne  possiede  la  Kestner.  Adesso  ap- 
punto (1858)  grandi  scoperte  fa  sulla  Via  Latina  Lorenzo  Fortunati.  Ormai  collezioni 
particolari  nuove  sarà  difficile  fare  ;  e  molte  delle  vecchie  passarono  ad  ornar  altre 
capitali. 

Moltissimi  edifizj  e  più  lavori  plastici  andarono  0  guasti  0  rapiti  nei  secoli  scorsi; 
ora  l'autorità  vigila  alla  conservazione  de'  vecchi  e  allo  scavo  di  nuovi.  Corre  per  le 
bocche  che  Roma  possiede  sessanta  0  settantamila  statue;  e  il  primo  a  dirlo  dev'essere 
stato  l'abbate  Barlbélemy  ;  i  seguenti  lo  ripeterono,  ma  non  regge  il  conto  neppure  a 
un  decimo. 

Alla  notevolissima  Beschreibung  der  Stadi  Rom  e  premesso  un  catalogo  di  tutte  le  descrizioni  di  Roma, 
cominciando  dal  Curiosum  urbis  Romce.  In  essa,  gli  antichi  monumenti  figurati  sono  descritti  da  Ge- 
rhard* dei  marmi  e  delle  pietre  adoprate  negli  amichi  edifizj  e  delle  basiliche  e  del  palazzo  Vaticano 
parla  Platner  :  delle  catacombe  ,  Ròstel  ;  del  museo  Valicano,  Gerhard  e  l  latner;  della  biblioteca  e  del- 
l'archivio, tutti  i  collaboratori.  La  parte  topografica  fu  combattuta  da  G.  Becter  Del  Manuale  delle  anti- 
chilà  romane.,  Lipsia  1843,  e  cos'i  da  Canina,  Nibby,  Bruno,  Gòtllin.  e  ultimamente  l'inglese  Dyer,  stu- 
diati i  luoghi,  librò  le  opposte  sentenze.  Or  la  guida  più  usitata  è  quella  del  marchese  Melchiori. 

Memorie  deW It Ululo  di  corrispondenza  archeologica  ;  e  Atli  della  Accademia  archeologica,  dove  le 
recentissime  scoperte  sono  illustrate  da  P.  E.  Visconti. 

Gell,   The  lopographie  of  Rom  dnd  ils  vicinili).  Londra  4854. 

Cablo  Fea,   Miscellanee,  e  Osservazioni  sul  rislabilimenlo  della  via  Appia .  Roma  183S. 

Inoltre  NiBBV,   Analisi  storico-topografico  della  carta  di  Roma.  4  837. 

Canina  Viaggio  antiquario  ne'  contorni  di  Roma;  Analisi  storico-topografica  della  carta  de''  contorni 
di  Roma.  Carta  della  campagna  di  Ruma,  1845;  Esposizione  topografira  della  prima  parte  della 
via  Appia,  e  altre  scritture  di-W  Istituto  archeologico.  Piale,  Dissertazioni  accademiche  wis  {sopn 
la  topografia  di  R  orna),  -1852-54  ;  e  in  senso  diverso  Riva,  Dell'antico  sito  di  Roma,  e  Palatium,  ostia 
il  principio  di  Roma. 

Mutoeum  etruscum  gregorianum,  2  voi.  in-fol. 

J.  Westphal    Die  rumische  Kampagne  in  topographischer  und  antiquaritcher  Hituicht.  Berlino  •1829. 

Vincenzo  Ballanti,  Il  palazzo  de'  Cesari  illustrato.  Roma  4  828. 

BOBMAH,  Altlatinische  Chorographie  und  Stadi  geschichte.  Halle  1832. 

DvER  nel  Diclionary  of  greek  and  roman  gcographie.  Londra  4  856. 

LÉVEiL,  Pian  de  Rome  au  temps  d'Auquste  et  de  Ubère.  4847. 


LAZIO  44^ 

jACOBiivt,  Memoria  $uUo  scavo  della  via  Àppia  fallo  nel  1831. 

KinscnEiT,    Tah.  gengmph.  ìtnliw  aniiqine.  Berlino  l8o1. 

DESJ.Mtni>s,   Esaai  sur  la  lopoijraphie  du  l.nlium.  Paris  ISoi. 

J.  J.  Ampère,  Lhistoire  romaine  à  Rome.  Parigi  1801. 

EB^EST  Desjabdins,   Essai  sur  la   topographie  du  Lalium.  Parifji  1836.  Oltre  la  descrizione  de'  luoghi, 

conlieoe  la  geografia  fisica,  la  traccia  delle  straile  e  degli  acquedotti  ecc. 
Cna  carta  precisa  del  Lazio  antico  prepara  Pietro  Rosa. 

F^a  più  scarmigliata  ma  più  ampia  raccolta  di  notizie  intorno  a  Roma  e  a  tutte  le  an- 
tichità, principalmente  ma  non  unicamente  ecclesiastiche,  è  il  Dizionario  d'erudiz.  sto- 
rico-ecclesiastica di  Gaetano  Moroni,  finito  solo  nel  18GJ  in  100  volumi. 

il  Museo  Campana  fu  confiscato  per  compensare  il  vuoto  che  il  proprietario  avea  fatto 
nel  monte  di  Pietà.  Era  in  12  classi  :  La  i  comprendeva  da  4000  vasi  dipinti.  La  ii  og- 
getti etruschi  e  romani  di  lironzo,  ferro,  piomho.  La  iii  1200  gioielli,  e  medaglie  e  mo- 
nete. La  IV  5000  lavori  in  plastica.  La  v  vetri  fenicj,  romani,  etruschi.  La  vi  pitture 
etrusche  e  romane,  che  son  io,  mentre  il  museo  Vaticano  noa  ne  ha  che  6.  La  vii  sta- 
tue e  sculture,  che  sono  di  600.  La  viii,  45i  quadri  bisantini  o  della  prima  età.  La  ix 
dipinti  dopo  al  ISUO,  La  x  majoliche  dipinte.  L'xi  majoliche  a  rilievo,  e  bassorilievi 
di  marmo.  La  xii  varietà  di  oggetti  etruschi  e  romani,  e  curiosità  in  avorio,  osso  eco: 
dopo  che  molti  oggetti  furono  venduti  all'Inghilterra  fper  L.  i2oOO0)  e  alla  Russia  per 
625000,  la  Francia  comprò  il  resto  del  museo,  in  lOóio  pezzi,  per  L.  4,361,000. 

Anche  nel  restante  Lazio  imhattonsi  ogni  tratto  rimembranze  ;  ad  Anzio,  Tivoli,  La- 
vinio,  Gubbio,  Tuscolo,  Albalonga,  frenesie,  Cora,  Terracina.  A  Velletri  era  famoso  il 
museo  Borgia.  Preziose  raccolte  hanno  pure  Chiusi,  Perugia,  Volterra,  Cortona,  Arez- 
zo, .. .  parte  delle  città,  parte  di  privati,  e  non  tutte  illustrate  compiutamente.  Alatri, 
come  le  vicine  Anagni  e  Ferentino,  ha  moltissimi  ruderi,  e  l'intera  cinta  di  massi  ci- 
clopici, e  l'acropoli. 

La  lingua  latina  è  la  più  studiata  dagli  archeologi,  e  dà  iscrizioni  a  tutta  l'Europa, 
e  fin  ai  deserti  dell'Africa.  Molto  si  applicò  l'attenzione  ultimamente  anche  sulle  altre 
lingue  italiche  (§  lOB). 

La>zi,  Saggio  di  lingua  etrusca  e  altre  antiche  d'Italia.  Roma  1789. 

Vermiglioli,  Antiche  iscrizioni  perugine,  raccolte  e  dichiarale.  4833. 

R.EMPFE,   Umbricorum  specimen.   Berlino  ^ 833. 

DOEDERLEiN,   Commenlatio  de  vocum  aliquol  latinarum,  sabinarum,  umbricarum,  tuscqrum  cpgftq- 

Itone  grwca.  Erlangea  1837. 
Henop,  De  singularum  lilerarum  apud  Sabinos  ralione. 
—      De  lingua  grceca  et  sabina. 

Quoerilur  quem  locum  inter  reliquas  Italice  linguns  tenueril  sabina. 

De  lingua  sabince  et  latina;  ralione.  Annover  1837. 

Grotefe>d,   Rudimento  linguoe  umbricce  in  inscriptionibus  antiquis  enodala.  Ivi  -1835-57.  Interpreta 

le  Tavole  Eugubine;  deriva  il  latino  dall'umbro. 
JiNELLi,   Tentamen  hermeneulirum  in  etruscas  inscripliones.,  ejusque  fundamenta.  ^afoYi  iSiO.  Gli 
contraddice  RaiMO>DO  Gt  ariM. 
Yeterum    Oscorum  inscriptiones  latina  interpretatione  tenlatce.  Ivi -1841.    Dichiarò  ben  cin- 
quecento monumenti  etruschi  scrini,    e   ne   tiene  più  di  cenquaranta  altri.  Vedi  Bu/^e^/ino  d» 
corrispondenza  archeologica   I8'(3. 
LepsioS,  De  Tabulis  eugubinis.  Berlino  (833. 

Inscriptiones  umbricce  et  oscas  quotquol  adhuc  reperlce  sani  omnes,  ad  eclypa  monumento' 

rum  a  se  confecta  eie.  Ivi  18  il. 
Avellino,  iscrizioni  sannite. 'Sì^o\\  I8il. 

Zevss    De  tubstnntiiurum  umbricorum  dcclinatione.  Tilsitt  1847. 
ACFBECBT  e  RiRcnnOFF,  Die  Umbrischcn  Sprach  Denkmalcr.  Berlino  18  59.  Vorrebbero  connesso  l'umbrQ 

col  sanscrito. 
MOMMSEiy,  Die  unter-ilalischen  Dialekte.  Lipsia  1849,  con  diciassette  tavole  litografiche  e  2  mappe. 
Effcscbke,  Monumenti  di  lingua  osca  e  sabellica  (1836) ,  raccolse  tutti  i  frammenti  di  tali  lingue ,  e  ne 

trasse  la  grammatica  e  il  glossario. 
Jassens,  Muscei  Lugdun   Batav.  inscriptiones  etruscoe. 
Lassen,  Varie  dissertazioni  nel  Museo  filologico  renano,  1833-34. 
WiLLiAJi,  Elruria  celtica,  spiega  la  lingua  etrusca  coU'erso. 


444  ARCHEOLOGIA    E   BELLE    ARTI 

Edelestand  Dcmehil,  Mélange!  archéoìogiques  et  lìttéraires.  ParigMSbO.   Ha  una  dissertazione  sulla 

formazione  delia  lìngua  latina,  valutando  i  precedenti  indagatori. 
Donaldson,    Varronianus^  introduzione  all'etnografia  italiana,  e  allo  studio  filologico  del  latino. 

Nell'Umbria  vedonsi  un  teatro  e  un  anfiteatro,  a  Otricoli,  un  ponte  a  Narni,  un  tem- 
pio corintio  ad  Assisi,  e  il  cosi  detto  tempio  di  Clitumno;  altri  a  Todi,  a  Foligno,  a 
Rimini,  a  Fano  con  due  ardii  trionfali.  Nel  Piceno  avanzano  di  tali  archi  ad  Ancona. 
Ravenna  è  singolarmente  segnalata  per  rarchitettura  hisantina.  Raccolte  di  antichità  e 
di  lapidi  si  fecero  a  Pesaro,  Ravenna,  Bologna,  Ferrara...  Da  Parma  le  anticaglie  dei 
Farnesi  passarono  a  Napoli  ;  ma  ora  vi  furono  deposte  antichità  di  Veliera. 

Le  raccolte  di  Firenze  sono  piìi  notevoli  per  opere  moderne:  tuttavia  basterebbero 
a  renderle  insigni  all'archeologo  le  statue  della  Venere  Medicea,  dell'Apollino,  dell'Er- 
mafrodito; a  tacere  le  medaglie,  i  bassorilievi  e  cammei  del  palazzo  Pitti,  oltre  le  gemme 
antiche,  ed  altre  insigni  raccolte  etrusche,  venute  dal  museo  Bucelli  di  Montepulciano  e 
da  scavi  e  acquisti  posteriori.  Son  fra  questi  la  Chimera  d'Arezzo,  l'Arringatore  e  quan- 
tità di  urne  e  statuine.  Altre  raccolte  preziose  sono  a  Volterra ,  ad  Arezzo ,  Cortona, 
ed  ora  si  fanno  scavi  a  Soana  per  cura  della  società  Colombaria.  Molti  monumenti  son 
pure  nel  camposanto  di  Pisa.  Gli  scavi  nell'Etruria  romana,  che  diedero  tesori  al  prin- 
cipe di  Canino,  si  ripigliarono  testé  con  maggiore  intelligenza  per  cura  dei  Fraucesi  Di- 
dot  e  Noèl  de  Vergers,  e  colla  direzione  del  fiorentino  Francois,  fortunatissimo  cerca- 
tore :  e  l'agro  Chiusino  e  Vulci  offersero  già  preziosi  monumenti  che  promettono  almeno 
altrettanto  di  quanto  fu  di  quivi  mandato  in  Inghilterra. 

NiJEL  DE  Vebgers,  Les  lomheaux  de  Yulci^  fouilles  faits  en  dix  ans,  1858. 
Alle  opere  altrove  accennate  intorno  alle  autichit'a  del  Lazio  aggiungeremo  le  recentissime: 
Friedlaendeb,  Die  Oskischen  Milnzen.  Lipsia  t850. 

MoMMSEN,   Ueber  das  romische  3Iun:,wesen.  —  Epigraphische  analeclen.  Ivi  t850  e  seg. 
Or  si   preparano   dal    Uè  Rossi  ,    Inscriptiones  christiance  urbis  Romce  sex  prioribus  Ecclesiw  twculù 
posilcBy  che  saranno  6  volumi. 

Né  l'Alta  Italia  manca  di  monumenti.  Milano  ha  il  colonnato  di  San  Lorenzo  e  al- 
quante iscrizioni;  altre  Como,  Pavia,  Bergamo  -,  Padova  un  antico  tempio  corintio;  Verona 
un  superbo  anfiteatro  ed  altre  costruzioni  romane,  e  un  museo  anche  con  antichità  etru- 
sche e  greche,  disposto  e  descritto  da  Scipione  Maffei,  A  Brescia  venne  dianzi  in  luce 
un  tempio  dell'età  imperiale,  con  statue  di  gran  merito  ;  e  questa  città  diede  il  primo 
esempio  di  pubblicare  i  suoi  moltissimi  monumenti  a  spese  del  Comune.  Altre  belle  sta- 
tue trovaronsi  con  molte  reliquie  preziose,  a  Calvatoue  nel  Cremonese.  Ora  si  vorreb- 
bero riscontrare  monumenti  celtici  nelle  vallate  del  Bergamasco.  Aosta  ha  un  arco,  uno 
Torbia,  uno  Susa,  e  molte  ruine  Pollenzo;  e  nel  Veneto  Concordia,  Aquileja,  oltre  la 
sublime  Pola. 

La  passione  delle  raccolte  è  antica  in  Italia,  e  il  nome  stesso  di  museo  fu  introdotto 
dai  nostri  eruditi  nel  secolo  xv.  11  Maflei  (Verona  illustrala,  p.  in,  cap,  7)  enumera  i 
primi  fondatisi  in  Balia,  fra  cui  primeggiavano  quelli  del  duca  di  Mantova,  degli  Estensi 
di  Ferrara,  del  Calzolari  di  Verona,  dei  Medici  di  lirenze,  de'  Maffei  di  Roma.  11  museo 
del  Catajo  presso  Padova,  raccolto  dal  marchese  Obizzi  e  da  lui  lasciato  alla  Casa  d'Esle, 
benché  sminuito,  contiene  più  di  cento  statue,  dodici  torsi,  cenlottanta  busti,  trenta 
teste,  quindici  erme,  più  di  venti  urne  cinerarie  etrusche,  otto  sarcofagi,  nove  vasi  ci- 
nerarj  romani  di  marmo  figurati,  sessantaciuattro  bassorilievi,  trenta  e  più  edicole  se- 
polcrali figurate,  cinque  iscrizioni  euganee,  un  cenlinajo  di  romane,  venti  greche,  ol- 
tre i  frammenti,  e  cento  colonne  di  marmi  antichi:  il  medagliere  passò  a  Modena.  Il 
museo  di  Mantova  fu  devastato  dai  Tedeschi  nel  1029,  ma  rinnovato  dopo  il  1773,  rac- 
chiude sculture  e  iscrizioni  in  buon  numero.  In  Venezia  si  ha  molte  collezioni,  ma 
viepiù  importano  i  monumenti  sparsi  nelle  chiese,  e  massime  in  San  Marco  e  a  Torcello, 
e  i  frammenti  adoprati  ad  ornare  edilizj  pubblici  e  privati  :  sono  i  più  rinomati,  ma  non 
i  più  curiosi  e  degni  di  studio  i  cavalli  di  bronzo  dorato  sul  pronao  di  San  Marco.  In 
Adria  si  trovano  continuamente  nuovi  avanzi  antichi,  e  il  sig.  Bocchi  vi  ha  una  rac- 
colta di  figuline  etrusche,  rinvenute  in  que' contorni  :  Altre  raccolte  sono  a  Concordia. 
Attorno  al  sepolcro  diWinckelmann,  Trieste  radunò  monumenti  del  litorale  istriano.  li 


ALT\    ITALIA.  445 

museo  di  Torino  in  pochi  anni  divenne  de' più  cospicui,  massime  per  la  collezione  di 
opere  egizie  ;  oltre  le  domestiche  che  trae  dagli  scavi  di  Folienzo,  Industria  e  Luni. 

A.  F.  QuAST,  Die  allchristlichen  Bauwerke  von  Ravenna,  von  V  bis  zum  ix  Jahrhundert  hislorich. 
geordnet ,  und  durch  Abbildungen  erlaulert.  Berlino  I8J2.  Gli  cdifizj  di  cui  tratta  sono  i"  Eccletia 
Ursiana,  eretta  poco  dopo  il  400,  ora  tutta  rimodernata  (cattedrale);  Ecclesia  Petriana,  distrutta  da 
nn  tremoto  nel  vili  secolo;  San  Lorenzo  in  Cesarea,  edificata  da  Laurizio  cameriere  di  Onorio,  distrutta 
nel  1535;  batlistero  della  cattedrale  ,  dovuto  a  Neo  vescovo  (.'(2o-30),  fabbrica  delle  piìi  rimarchevoli  di 
Ravenna;  battistero  della  Petriana  ,  dislrutto;  basilica  di  San  Giovnnni  Evangelista,  costruita  da  Galla 
Placidia;  basilica  Sanclcf  Crucis  della  medesima,  distrutta;  cappella  de'  Santi  Nazario  e  Celso,  di  Galla 
Placidia  ;  San  Giovanni  Battista  ,  rimodernata  ;  Sant'Agnese,  distrutta;  Sant'Agata,  rimodernata  ;  San 
Pietro,  ora  San  Francesco;  cappella  nel  palazzo  arcivescovile.  2"  Epoca  di  'l'eodorico;  Santa  Maria  in 
Cosmediu,  già  battistero  ariano;  San  Teodoro;  San  Martino  in  fCP?o  aitceo,  ossia  Sant'Apollinare  nuovo  • 
palazzo  di  Teodorico  e  mausoleo  del  medesimo:  portico  della  piazza  maggiore.  3''  Costruzioni  posteriore 
sino  alla  morte  di  Agnello  arcivescovo  (366):  Santa  Maria  Maggiore,  rimodernata  nel  xvi  secolo;  San 
Michele  in  Affricisco,  consecrata  nel  545,  quasi  distrutta;  San  Vitale;  Sant'Apollinare  in  Classe,  conse- 
crata  nel  549;  Sant'Andrea  e  Santo  Stefano.  4"  L'itimo  periodo ,  sino  al  900;  San  Severo  in  Classe, 
distrutta  al  principio  del  corrente  secolo;  monastero  di  Sant'Apollinare,  e  abbellimenti  delle  parti  interne 
della  basilica  fatti  nel  642-77;  devastazioni  posteriori  di  Classe,  e  risarcimenti  sotto  Leone  III;  poi,  per 
le  incursioni  de'  Saracini,  si  portò  in  città  il  corpo  di  sant'Apollinare. 

L.  ViARDOT,  Les  musées  d'Italie.  1842. 

Engelhardt,  Inslrucdon  fùr  junge  Archileklen  su  Reisen  in  Ilalien.  Berlino  -18.38. 

Ampère,  La  Grece,  Rome  et  Dante,  ove  si  cercano  ne'  varj  paesi  le  traccie  de'  poeti. 

Cai'SEI  de  La  CuAtssE,  Romannm  musa;um.  Roma  4743,  2  voi. 

G.  BOTTARI,  iVus(Vum  Capitolinum.  Ivi   1750-83,  4  voi. 

E>MO  Quirino  Visco>ti,  Il  museo  Pio-Clemenlinu  descritto.  Ivi  1782,  7  voi.  in-fol. 

F.  A.  Visconti  e  G.  A   Glattani,  //  museo  Pio-Chiaramonli.  ^808. 

FoGGiM,  Sluseo  Capitolino- 

Sante-Bartoli,  Musceum  Odescalcum.  Roma  1747,  2  voi. 

Cavaceppi,  Raccolta  d'antiche  statue,  busti,  bassorilievi  ed  altre  sculture  restaurate.  Ivi  1768-72. 

Ilariojìe  Spitalieri  di  Cessole,  Sul  monumento  de' trofei  d'Augusto  di  Torbia  e  della  via  Giulia 
Augusta.  Nelle  Memorie  dell'Accademia  di  Torino,  tom.  V,  serie  2". 

Venuti  e  Amadl'zzi,  Monumenta  Mathceiana.  1779,  3  voi. 

Gorii,  Musoeum  Etruscum.  Firenze  1737,  3  voi. 

—  JUuswum  antiquorum  monum.  etrusc.  e  volaterranis  hypogeis  erulatum.^  cum  observationibut. 

Ivi  1744 

—  Musaeum  Florentinum.  Ivi  1731,  12  voi. 
F.  Valesio,  Muswum  Cortonense. 

David,  Musoeum  de  Florence,  grave.  Parigi  -1787. 

Ve.mjtio,   Velerà  monumenta  quoe  in  horlis  cailimonlanis  adservanlur.  Roma  1779,  3  voi. 
Fr.  Daniele,  Alcuni  monumenti  del  museo  Caraffa  descrilli.  Napoli  -1778. 
Monumenta  grceca  ex  muscco  J.  IS'anii.  Roma  1783. 
Id.         romana  id.  Ivi    1787. 

Cavedoni,  Indicazione  antiquaria  pel  R.  museo  Estense  del  Calajo.  Modena  -1842. 
Flrlanetto,  Museo  d'Este. 
Museo  Bresciano  illustralo.  Brescia  -1843. 
Champollion,  Lettere  sul  museo  di  Torino. 
Labus,  Descrizione  del  museo  Mantovano. 
Desjabdins,  /'e  Tabulis  alimentariis.  Parigi  -1854. 
Martini,  Scritti  di  storia  e  d'archeologia.  Trento  1853. 

Kandler,  Indicazioni  per  riconoscere  le  cose  sloriche  del  Litorale.  Trieste  1855. 
Vincenzo  de  Vitt,  Illustrazione  delle  lapidi  romane  del  Polesine.  Rovigo  1836. 


311.  —  Antichità  in  Francia. 


La  Francia  ha  monumenti  celtici,  e  monumenti  romani  indigeni  ed  importati. 
Le  opere  celtiche  consistono  in  tumuli,  circoli  druidici  (cromleck),  altari  (dolmen), 
come  questo  di  Trie  (pag.  seg.  n"  1),  e  quest'altro  più  regolare  di  Saint-Nazaire  (n'  2). 
Talvolta  non  sono  che  metà,  come  quello  di  Kerdaniel  (n"  3),  od  obelischi  [peulvanj^ 


4t6  ARCHEOLOGIA   E   BELLE  ARTI 

fcome  (Juello  della  montagna  della  Giustizia  a  Carnac,  che  diamo  qiii  contro  :  o  pietre 
vacillanti  {menhir),  tombe  (galgal)  a  pag.  448,  che  si  rinvengono  principalmente  nella 
1  Bretagna,  e  le  più  ragguarde- 

voli a  Carnac  presso  Quibe- 
ron.  Ne  è  carattere  la  forza 
e  hanno  intenzione  jeratica. 
Quelli  dell'epoca  primitiva 
non   hanno    forma    alcuna: 
viene  poi   un'età  di  transi- 
zione, quando  pigliano  una 
rozza  conformazione  uma- 
na,  come   alcune   nell'Isola 
di  Sein    e   nell'isola   Dieu , 
VAn  Mamsell  nel  Morbihan, 
e  una  pietra  conica  presso 
Angers     detta     Beìion    che 
rammenta    il  Belo  di  Siria. 
Nel  Morbihan  è  precisamente 
a  Loc-Mariaquer   trovasi    il 
dolmen    che   chiamano  Ta- 
vola dei  mercanti,  (vedi  la 
i^  figura  a  pag.  448). 

Quelle  che  chiamano  pie- 
tre vacillanti  sono  per  lo 
più  un  sasso  sprofondato  in 
terra,  che  serve  di  base  ad 
un'altro,  il  quale  vi  posa  per 
una  parte  stretta  e  quasi  an- 
golosa, su  cui  tiensi  in  bilico 
per  modo,  che  la  più  piccola 
scossa  il  fa  oscillare  qualche 
tempo.  (La  2*  figura  di  pag. 
448  è  a  Perros-Guirec). 

Se  ne  trova  in  Francia  e 
in  Inghilterra  non  solo,  ma 
e  in  Spagna,  in  Grecia,  in 
Fenicia,  al  nord  d'Europa, 
nella  Cina  ecc.  Il  carattere 
non  può  essere  che  religio- 
so, e  ancora  il  popolo  v'af- 
figge idee  e  tradizioni  super- 
sfiziose;  ma  nessuno  scrit- 
tore antico  ne  fa  parola. 

Ai  monumenti  celtici  ap- 
partengono pure  le  strade 
coperte,  che  il  popolo  oggi 
chiama  grotte  delle  Fate; 
sotterranei  di  pietre  greg- 
gie ,  a  secco,  in  forma  di 
gallorie  abbnsfanze  alte. 

Monumenti  propriamente 
gallici  è  dilTicile  vederne,  se 
non  fossero  i  bassorilievi 
scoperti  nel  coro  di  Nostra 
Donna  di  Parigi  il  16  marzo 
1711.  Montfaucon  e  Martin  avevano  creduto  druidiche  certe  statue  del  ,tenipio  ottagono 


MONUBtENTl   DRUIDICl 


Ul 


di  Montraorillon  nel  Poitou,  fra  cui  una  donna  che  allatta  due  serpenti;  ma  Millin  la 
dimostrò  dell'xi  secolo  d.  C. 

Nei  dipartimenti  meridionali  è  abbondanza  d'architetture  e  sculture.  Negli  altri  pure 
ve  n'ha,  ma  più  rozze.  A  Ninies  è  la  Casa  Quadrata,  dedicata  ai  figli  adottivi  di  Anto- 
nino, e  serve  di  museo;  inoltre  un  anfiteatro,  e  fontane,  e  un  tempio  col  pavimento  di 
musaico ,  e  non  è  molto  si  scoperse  pure  un  acquedotto,  ben  conservato.  Ne'  musei  di 
Marsiglia,  d'Aix,  di  Tolosa,  d'Avignone,  di  Vienne,  d'Autun  ripongonsi  molte  anticaglie. 
Ruine  a  Grenoble,  a  Lione,  a  Besanzone,  ad  Arles,  fra  cui  si  scavarono  belle  tombe  del 
Basso  Impero,  e  due  mirabili  teste  di  Diana  e  d'Augusto,  e  un  bassorilievo  milriaco,  il 


più  importante  della  Francia.  Ad  Grange  un  arco  trionfale,  un  teatro,  un  anfiteatro. 
Cosi  altri  a  Bordeaux,  a  Soissons,  ove  si  sterrarono  molte  statue,  come  a  Lillebonne.  A 
Parigi  si  conoscono  le  terme  di  Giuliano,  ove  nel  1740  fu  scoperto  il  bassorilievo  con 
divinità  celtiche  insieme  e  greche. 

Clébisseac-MénìRD,  Bisloire  des  antiqnilés  de  la  ville  de  ISimes.  Ni'nies  ^1829. 

Richard  et  Hocqgabt,  Guide  du  royageur  dans  la  Franre  monumentale.  Parigi  -1827. 

JOLLOiS,  Mémoire  sur  les  aniiquités  romaines  et  gallo-romaines  de  Paris  ne'  Mémoires  pré$enié$  par 

divers  savanls  à  VÀcadémie  royale  des  inscriplions  et  belles-lelires.  2»  serie,  t.  i    Ivi  H843. 
Petit-Radel,  Les  monuments  antiques  du,  musée  Napoléon.  Ivi  -1804  ,  4  voi. 
La  principale  descrizione  fu  fatta  da  Visconti,  David,  Croze-Magnan,  ^80o-H. 
BOLILLON,  31  usée  des  antiques.  Parigi  )8H. 
Mémoire  de  la  Société  des  anliquaires  de  Picardie. 

Le  collezioni  parigine,  cominciate  al  tempo  della  Rivoluzione,  cresciute  smisurata- 
mente nelle  conquiste  napoleoniche,  anche  dopo  restituiti  molti  di  que' capolavori,  ri- 
mangono delle  più  preziose.  Oltre  l'antica,  fatta  coi  monumenti  sparsi  nelle  residenze 
reali,  vi  si  accumularono  molli  acquisti  latti  dai  Borghesi  e  dagli  Albani;  le  antichità 
portate  di  Grecia  da  Choiseul  GoufTier  e  da  viaggiatori  posteriori  ;  una  bella  statua  sco- 
perta presso  Piombino:  il  museo  Egiziano,  formato  dalla  seconda  raccolta  di  Drovetti, 
e  il  Ninivita  che  ora  si  accresce  e  si  studia.  Notevoli  vi  sono  la  Venere  di  Milo,  la  Diana 
di  Versailles,  il  Gladiatore  borghese.  Nove  sale  distinte  conservano  i  monumenti  del 
medioevo  e  del  rinascimento.  Il  Museo  di  antichità  egizie,  greche  e  romane  è  pure  in 
nove  sale,  in  cui  sono  classificate  le  divinità  egizie,  le  figurine  dei  re,  statuette,  sca- 
rabei, attrezzi  di  culto,  abiti,  giojelli,  utensili  domestici,  papiri,  mummie  ;  poi  vasi  etra 
sebi  e  soggetti  dissotterrati  a  Pompej  ed  Ercolano.  Le  preziosità  del  Gabinetto  delle  me- 
daglie vanno  crescendo  ogni  giorno,  e  ultimamente  per  le  medaglie  battriane  e  indiane 
inedite  :  fu  esso  cominciato  da  Enrico  IVj  nel  1831  venne  derubato  dei  medaglioni  d'oro 


448 


ARCHEOLOGIA  E   BELLE   ARTI 


imperiali  che  erano  unici,  e  d'altre  flnezze 
d'oro,  che  in  parte  vennero  ripescate  dalla 
Senna  maitre  perdite  fece  nel  1848-,  ora 
non  contiene  meno  di  cenventimiia  pezzi. 

11  solo  Museo  Campana,  comprato  da 
Napoleone  li!  recò  4500  vasi  etruschi  al 
museo  di  Parigi  mentre  sol  5500  ne  hanno 
i  musei  uniti  di  Berlino  e  Monaco;  inol- 
tre i20O  numeri  di  orerie  e  minuterie, 
46  affreschi,  200  avorj,  600  sculture  di 
marmo,  5000  terre  cotte.  Oltre  questo,  nel 
Museo  Napoleone  si  raccolsero  i  calchi 
delia  colonna  Trajana,  una  scelta  di  sta- 
tue greche  in  plastica,  e  una  serie  di 
frammenti  e  disegni  di  monumenti  rac- 
colti dai  signori  Heuzey.  Perrot ,  Zean 
nelle  loro  missioni  scentifiche,  in  Epiro, 
nell'Asia  Minore,  in  Siria:  a  Saint  Ger- 
main  nel  1862  si  aprì  un  museo  di  an- 
tichità celtiche  e  galliche. 

Delle  collezioni  particolari  non  si  può 
tener  conto,  perchè  più  facilmente  che  in 
Italia  ctmgiun  di  mano. 

Anche  le  altre  città  e  provincie  di 
Francia  han  monumenti  e  raccolte,  e  quasi 
tutte  ebbero  illustrazioni  particolari.  Dopo 
il  1806  si  formò  un  museo  a  Lione,  or 
ricco  assai.  I  giornali  di  cui  strabbonda 
quel  paese,  e  le  società  archeologiche  li 
fan  noti  a  tutto  il  mondo. 

ALPfi0^SE  DB  BoissiEU,  Inscriptions  antiquei  de 

Lyon,   reproduites   d'après   les  monumenls. 

•J840. 
CocnET,    La   Normandie  souterraine  ;  sépultu 

res  guuloises,  romaines,  franques  et  norman- 

des.  -1857. 
Stabk  Bernardo,  Viaggio  archeologico  in  Fran- 

eia.  Heidelberg  -t8o4. 


ESCURSIONE    IN    ISPAG.W    E    IN    INGHILTERRA  Ai^ 


§  312.  —  Antichità  in    Ispagna, 

In  Ispagoa  s'incontrano  tuttora  maestosi  avanzi  romani,  che  fanno  singolare  contrasto 
colla  bizzarra  architettura  moresca.  Certo  devono  esservi  pure  monumenti  fenicj  o  pe- 
lasgici,  né  quella  penisola  fu  bastantemente  esplorata.  Mura  ciclopiche  si  vedono  a  Tar- 
ragona  ;  aSagunto  un  teatro  e  un  circo;  altri  resti  a  Barcellona,  Valenza,  Segovia,  Ta- 
lavera  la  Vecchia,  Alcantara,  Merida,  Lisbona.  A  Sant'ldelfonso  e  nei  giardini  d'Aran- 
juez  è  una  raccolta  d'antichità,  oltre  le  gemme  che  furono  del  museo  Odcscalchi. 

Sba  Bebml'des,  Sumario  de  las  anliquedades  romanas  que  hay  en  Espana^  en  special  las  perline- 
eienles  a  las  bellas  arie».  Madrid  1832. 

§  313.  —  Antichità  in  Inghilterra. 

Degli  edilìzj  celtici  accennati  oell'Armorica,  molti  possiede  anche  l'Inghilterra,  mas- 
sime il  paese  di  Galles,  mirabili  per  la  forza  che  richiedeva  il  porre  quegli  enormi  massi 
ritti  in  vastissimi  circoli,  e  talora  uno  in  bilico  sopra  l'altro.  I  Romani  poco  vi  stettero, 
eppure  vi  lasciarono  molte  vestigia  della  loro  civiltà;  e  resti  di  tempj,  anfiteatri,  terme, 
fortezze,  vie,  tombe,  pavimenti  a  musaico  si  trovano  a  Richbourough,  a  Breachy  Head, 
a  Bath,  a  Horkston,  a  Worcester,  altrove. 

Il  museo  Britannico  è  collezione  di  supremo  rilievo  massime  per  opere  elleniche, 
portate  dalla  Grecia  e  dall'Italia  :  fu  esso  formato  da  un'antica  raccolta  di  Hans  di  Sloa- 
ne,  poi  da  quella  che  Hamilton  avea  fatta  nell'Italia  meridionale:  le  [opere  che  i  Fran- 
cesi avean  levato  dall'Egitto  nel  1799,  furono  quasi  tutte  prese  e  portate  in  quel  museo. 
Seguirono  le  sculture  in  marmo  e  in  terre  cotte  di  Townley,  la  collezione  di  lord  El- 
gin,  i  bassorilievi  di  Fingalia,  i  vasi  etruschi  di  Canino... 

Solo  nellSOO  si  cominciò  a  Londra  un  gabinetto  pubblico  di  medaglie,  che  dopo  il 
181-i  crebbe  con  lasciti  ed  ac(]uisti:  poi  PayneKnight  gli  lasciò,  nel  182i,  la  sua  colle- 
zione di  vasi,  bronzi,  pietre,  e  quella  di  monete  greche  di  popoli  e  re,  superiore  a  quante 
si  conoscono,  eccetto  la  nazionale  di  Parigi  e  la  stujienda  dell'  Hunter. 

inoltre  a  Oxford,  museo  fondato  nel  1G79  da  Elia  Ashmole  ,  si  trovano  i  famosi  marmi 
di  Arundel,  e  varie  antichità  del  paese;  ma  quell'università  troppo  neglesse  il  suo  te- 
soro numismatico.  Possedono  altre  raccolte  la  banca  nazionale,  il  duca  di  Devonshire,i 
signori  Pembroke,  Thomas,  Hawkins,  Hamilton,  il  colonnello  Leake,  Egremont,  Bur- 
gon,  Blundell,  'VVorsley,  Guilford,  Ilope,  Landsdow,  Bedford,  Northwick  ed  altri.  L'a- 
mor del  paese,  che  è  elevato  a  supremo  grado  dai  Britanni,  fa  che  dai  loro  viaggi  tutti 
rechino  qualche  cosa  per  arricchir  le  raccolte.  Talvolta  presso  private  istituzioni  si  rin- 
vengono tesori,  ignorati  dal  pubblico  scientifico, 

Van  Rvmsdyk's,  Musceum  Brilannicum.  Londra  1778. 

Gallery  of  anliquities,  selecled  from  the  brilish  Museum  6y  Ahundale  and  Bo>0.>i. 

Description  of  lhe]colleciion  of  ancienl  marbles  of  the  brilish  Museum,  wilhjngravings .  iNella  vi  parte 

pubblicata  il  -1820,  sono  descritti  i  luurmi  del  Purteuooe. 
^umi  veteres  civitatum,  retjum  eie.  tondini  in  musoeo  R.  Payne  Kniyhl's  astervali.  Loodra  1830. 
Musceum  fForsleyanum.  Ivi  1795. 

Alexander,  Egyplians  monuments  preserved  in  Ihe  brilish\Museum  Ivi  I80b. 
Monumenls  anliques  inédits^  tirés  du  cabinet  de  M.  Tawnley. 

§  314,  —  Antichità  in  Germania. 

In  Germania  il  suolo  offre  pochi  resti  di  antichità";  nelle  proviocie  del  Danubio  e 
negli  Agri  decumates  trovansi  orme  di  civiltà  romana,  ma  di  scarsa  importanza.  Anche 
nel  Lussemburgo  occorrono  tombe  gallo-romane. 

Dresda  fu  lungamente  il  centro  degli  studj  ^archeologici.  Il  fondo  del  suo  museo 
proviene  dalla  collezione  Chigi,  comprata  nel  172S,,'poi  dalla  Albani  e  dalle  statue  tro- 
vate adErcolano  che  possedeva  il  principe  Eugenio^di  Savoja.'Ne  venne  una  bellissima 
serie  storica  di  statue,  aumentata  dappoi. 

A  Vienna  il  ricco  gabinetto  imperiale  va  ognidì  aumentandosi  con  quel  che  si  trova 
Cantù,  Documenti.  —  Tomo  1,  Archeologia  e  Belle  Arti  29 


4?50  ARCHEOLOGIA    E    BELLE    ARTI 

sopra  tanta  e  sì  varia  estensione  d'impero.  Moltissimi  sono  i  bronzi,  molli  anche  i  vasi 
dipinti;  ma  la  sua  particolarità  consiste  ne' cammei  e  nelle  pietre  incise.  Le  medaglie 
furono  illustrate  da  Eckhel.  Per  comodo  del  pubblico  è  esposta  in  bacheche  una  serie 
di  medaglie,  che  offrono  la'storia  di  quest'arte  e  le  sue  varietà  :  pensiero  imitabile.  Ne 
fu  compilato  il  catalogo  da  Aroeth.  Vanno  pure  rammentati  il  museo  nazionale  di  Pest, 
quel  che  si  pensa  formare  a  Klausemburgo,  e  le  collezioni  di  Esterhazy  e  Viczay.  Le 
antichità  romane  della  Svevia  furono  illustrate  da  Scha?pflin,  Sattler,  Hanselmann'. 

11  museo  di  Monaco  è  nuovo,  ma  già  importantissimo  per  le  statue  scavate  il  1811  ad 
Egina,  e  quelle  delle  ville  Barberini  e  Albani;  come  pure,  per  opere  etrusche  ed  egizie, 
un'insigne  gliptoteca,  e  da  duemila  stoviglie,  coi  celebri  vasi  di  Canosa  della  signora 
Murat,  di  Agrigento  della  raccolta  Pannetieri,  volcenti  della  Candelori,  ed  altri  ateniesi. 
Non  va  taciuta  la  Raccolta  etnografica,  dove  le  rarità  sono  distribuite  secondo  il  paese, 
con  molta  dovizia  di  antichità  classiche,  e  con  imitazione  delle  principali  rovine.  La 
gliptoteca  è  disposta'giusta  i^ progressi  dell'arte,  della  quale  si  può  seguire  passo  passo 
la  storia. 

Le  antichità  elvetiche  sono  studiate  principalmente  a  Zurigo, 

A  Berlino  il  museo  Rea'e  cresce  col  riunirvi  molte  collezioni  particolari  e  con  com- 
pere. Ivi  le  antichità  del  tesoro  palatino,  illustrato  da  Beger,  le  gemme  di  Stosch,  la 
raccolta  di  vasi  di  Roller,  il  museo  Bartoldiano,  e  una  preziosa  collezione  di  arti 
egizie  fatta  dal  generale  Minutoli  e  da  Passalacqua.  Altre  se  ne  trovano  a  Cassel,  e  Stutt- 
gard,  a  Brunswick,  a  Gotha,  nel  ducato  di  Nassau,  lungo  tutto  il  Reno,  altrove:  a 
Magonza  cresce  il  museo  centrale  di  antichità  romano  germaniche.  E  poi  uso  in  [Ger- 
mania d'incastrar  nelle  pareti  di  fabbriche  e  massime  di  chiese  le  lapidi  e  i  monumenti 
che  vengono  in  luce. 

L'Olanda  ha  alcune  raccolte,  massime  il  gabinetto  di  medaglie  e  pietre  incise  all'Aja, 
di  cilindri  e  pietre  persepolitane  e  babilonesi,  e  d'idoli  e  anticaglie  indiane.  11  museo 
di  Leida  vanta  le  antich'tà  di  Papenbroeck,  e  quelle  recate  di  Grecia  da  Rotiers,  e  d'Africa 
da  Himibert.  Il  Belgio  ha  poche  cose. 

Al  Nord  si  cercano  ora  vestigia  della  prisca  civiltà  teutonica  o  slava.  Però  la  colle- 
zione reale  di  Svezia  merita  considerazione,  e  così  quelle  di  Copenaghen,  di  Dorpat,  e 
il  gabinetto  imperiale  di  Pietroburgo.  A  Cristianburg  in  Danimarca  sono  mollissime 
sale  di  antichità  nordiche. 

Antichità  nordiche,  intorno  alle  quali  sono  principalmente  a  veder  le  opere  di  Wer- 
lauff;  il  Museo  di  Copenaghen  ordinato  da  Thomsen  ,  quello  di  Flensborg ,  di  Odense, 
di  Aarhuus,  di  Sora^e.  Il  re  Federico  VII  amatore  intelligente  crebbe  le  raccolte,  e  in- 
coraggiò la  Società  degli  Antiquarj,  fondata  da  Rafu  nel  1825. 

La  Russia  non  sta  indietro  de'  paesi  più  colti  nel  cercare  e  raccoglier  monumenti. 
Fece  ultimare,  scandagliare  il  distretto  di  Eknterinoslav  sulla  penisola  di  Fanagoria,  e  i 
contorni  della  città  di  Kertcb,  e  ne'  tumuli  cercar  le  vestigia  dell'arcana  civiltà  degli 
.Sciti  ;  ma  come  commissione  archeologica  pubblica  le  successive  scoperte  a  Pietroburgo, 
e  il  museo  di  questa  capitale  gareggia  coi  principali,  niass'me  dacché  si  arricchì  dei 
migliori  capi  del  museo  Campana.  Negli  ultimi  fascicoli  delle  pubblicazioni  di  quella 
commissione  (1860  62)  compajono  molte  iscrizioni  greche  trovate  in  Fanagoria  col 
nome  della  regina  Dinamis. 

In  Serbia  risconfransi  molte  traccie  della  dominazione  romana,  e  ultimamente  si 
accertò  a  Iglitza  il  posto  dell'antica  città  di  Trosmis  sul  Danubio.  A  Belgrado  si  comin- 
ciò un  museo. 

Nella  biblioteca  del  re  a  Parigi  trovasi  la  descrizione  del  gabinetto  d'antichità  di  un 
imperatore  cinese,  in  molti  volumi  con  tavole:  ed  è  una  mescolanza  di  rarità  d'ogni 
genere,  come  solcano  essere  i  gabinetti  nostri  d'alquanti  anni  fa. 

OnEHLiN,  Mdfcum  Schopflini.   Ai-f;rn(ornti  I78S. 

Il  Museo  di  lìerliìw,  illustrato  da  Lpvpzow,  Toikon.  Gorliaid  ed  altii. 

Klemm,   Ilandburh  der  german.  Àltertfiumsicunde. 

II.  Hàse,   Verzeichniss  der  alien  und  neuen  Bildwerlie  und  ilhriycn  .iUenlhilmrr  in   di'ti  SUlen   der 

kyl.  Antikensnmmìung  tu  Dresden.  4-^  ediz.  Dresda  <836, 
FOBTOi'L,  Sui  marmi  d'Eqinn. 


CONCLUSIONE  *31 

Bbceer,  Dresdens  antike  Denkmilhler. 

—      Auguiléum  ou  detcription  det  monuments  aniiques  de  Dretde.  Lipsia  i804,  3  voi.  in-fol. 
Catìcski,  7/er  ad  PannonicB  ripam. 

Lucisburgensia,   $ke  Luxemburgum  romanum  eie.  ilhislr.  a  P.  Alexandro  ff^iUemio  eie.  Lussem- 
burgo <842. 
Steiner,  Codex  inscriplionum  Rheni.  Darmstadt  1837.  Sono  cento  iscrizioni  delle  duo  antiche  provine  le 

della  Germania  superiore  ed  inferiore:  ottanta  portano  data  consolare. 
Die  Àìlerthiìmer  unserer  heidnischen  Vorzeil,  herausgegebcnvon  dem  runnsch-fjermanitchen  Cenimi 

museum  in  Mainz,  durch  L.  Linden  Schmil.  Magonza  I8GI. 
Raiser,  Anliquarische  Reise  von  Augusta  nach  Viaca.  Augusta  1829;  e  altri  lavori  di  Bucliner,  Crcuzcr, 

Schmidt,  Zwiner. 
Allerlhilmer  in  der  Oeslerreichischen  Monarchie.  Raccolte  neyli  Annali  di  Vienna  del  1829  o  scgg.  da 

Steinbiichel. 
Annalen  f'iir  Nassauische  Alterlhumskunde. 

BONSTETTEN,  Recueil  d'anliquilés  suisses,  in-fol.,  con  28  tavole.  Berna  Ì8b5. 
C.  noLMBOE,  De  prisca  re  monetaria  Norvegioe,  et  de  nummis  tiliquot  et  ornamentis  in  Norvegia  rt- 

perli$.  Cristiania  1834. 
MOMMSEiv,  Inscriptiones  confwderationis  Helveticae  latinoi  ^  Jussu  Socie(ati$  antiquariorum  luricen- 
sium.  Zurigo  -1854.  Sono  trecentrentotto. 
—         Epigraphische  Analecten  1830  e  segg. 
Lerscu,  Centralmuseum  rheinlcindischer  Inschriften.  Boun  1839. 
Steiner,  Codex  inscriplionum  romanarum  Danuhii  et  Rheni.  Selingstadt  1831 . 
Von  Hefner,  Das  romische  Bajern  in  seinen  schrift,  und  Bildemalen.  Monaco  1852. 
Gaisberger,  Romische  Inschriften  im  Lande  ob  der  Ens.  Linz  4553. 
Klein  e  Becher,  Inscriptiones  lalinw  in  lerris  nassoriensibus  repertw.  Wisbaden  1853. 
Altri   ci  vennero  nominali  a  luoghi  speciali.  Aggiungansi  le  descrizioni  che  continuamente  si  pubblicano  o 

ristampano,  come  del  Musco  reale  del  Louvre  nel  1830;  degli  Antichi  mrnumenti  di  Dresda  nel  1835; 

di  Monaco  nel  1833;  del  Museo  Britannico  nel  1822. 
Carlaugnsto   Bòttiger  cominciava  il  suo  insegnamento  d'archeologia  da  una  rassegna  de'  principali  musei 

d'Italia,  Francia,  Inghilterra  e  d'altrove;    Ueber  Museen  Antikensarnmlungen.  1808. 
Werlalff,  due  dissertazioni  stampate  nel  1807  e  1833.  Copenaghen.  Sull'archeologia  settentrionale. 
Guida  d'' Archeologia  settentrionale  (in  scandinavo,  Copenaghen  1839,  tradotto  io  ted.  e  iogl. 
Slesvigske  Provindsialefterretninger.i  rivista  che  stampasi  a  Frensborg. 

J.  J.  A.  WonSAAE,  //  passato  della  Danimarca  rischiarato  dalle  antichità  e  tombe.  Copenaghen  181". 
—  Antichità  settentrionali  del  R.  Museo  di  Copenaghen,  1859,  con  700  disegni  in -8"  gr. 

e  altre  opere. 
J.  B.  SORTERUP,  Occhiata  sui  vasi  e  le  urne  del  Nord  dell'età  pagana,  nell'annata  1844-43  degli  An- 

naler  for  nordisk  Oldkyndighed. 

$  31 S.  —  Conclusione. 

Vagliano  le  poche  nozioni  raccolte  in  questo  volume  ad  invogliare  a  studj  sull'anti- 
chità;  utili  allo  spirito  per  estenderne  la  veduta;  utili  al  cuore,  allorché  dalle  tempeste 
ha  bisogno  di  riposarsi  in  pacale  contemplazioni;  utili  al  progresso,  il  quale  non  sarà 
mai  verace  e  durevole  se  non  si  appoggi  sovra  il  passato.  Nessuno  che  ci  abbia  letti 
può  noverarci  fra  coloro  che,  invece  di  camminar  dirittti  all'avvenire,  torconsi  sgarba- 
tamente per  riguardare  indietro  ;  né  col  raccomandare  lo  studio  degli  antichi  temiamo 
nuocere  all'originalità,  persuasi  della  verità  di  ciò  che  Michelangelo  diceva  :  —  Chi  non 
sa  far  da  sé,  non  può  servirsi  bene  delle  cose  altrui».  Le  produzioni  d'un'arte  si 
gustano  meglio  quando  si  è  iniziati  ai  segreti  di  essa  ;  e  il  savio  critico  dee  aver  raf- 
finato il  gusto  collo  studio  dei  classici,  colla  lunga  pratica,  col  senno  di  collocare  ogni 
cosa  al  tempo  e  al  luogo  lor  proprio.  Giacché,  per  giudicare  di  un'opera  d'arte,  biso- 
gna averne  vedute  molte  5  per  giudicare  un'artista,  bisogna  conoscere  il  secolo  di  lui  e 
la  storia  del  suo  paese. 

FINE   dell'archeologia. 


INDICE 


AL  Lettore pug. 


\.  Definizioni jing. 

2.  I  monumenti 

5.  Come  questi  ci  sono  arrivati  . 

A.  De'  raonuraonti  orali  e  scritti 

5.  Archeologia  artistica,  e  differenza 
deH'archeologiaj  dall'antiquaria, 
dalla  filologia 

C.  Dall'erudizione,  dalla  storia,  dalle 
belle  arti,  e  dalla  storia  propria 

7.  Meriti  dell'archeologia  .     . 

8.  Grado  suo  di  certezza  .... 

9.  Difficoltà  d'interpretare  i  mona- 

menti     » 


Introduzione. 

5 

•10. 

xm 

ivi 

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-12. 

^3 

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ivi 

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»         8 

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-18 

.          9 

-J9 

Storia  dell'archeologia  presso  gli 

antichi pag.  9 

Come  fu  studiata  al  risorgimento  n  -IO 

Essa  migliora  nel  secolo  passato  »  i2 

e  pivi  nel  nostro,  per  tre  fatti    .  »  -14 
Metodo,  ardimento  e  moderazione 

d'essa »  16 

Su   quali  popoli   essa   si    ferma. 

Libri  da  consultarsi  ....  »  -JT 

Trattati  d'archeologia  ....  »  2-1 

Giornali »  22 

Metodi  che  l'archeologia  può  seguire  i>  ivi 

Dittribuziooc  del  pretente  trattato  «  23 


CAPO  1. 


Dell'arte  in  generale. 


20. 
21. 

Analisi  dell'idea  dell'arte.     . 
Leggi  generali  dell'arte     .     .     . 
Del  bello 

n 

» 
11 
n 

11 

1) 
II 
» 

24 
ivi 
25 
26 

27 
ivi 
28 
ivi 
ivi 
29 
tr» 
ivi 
31 
52 

t'it 

33 
34 

iri 

38. 
59. 

23. 
24. 

Distinzioni  del  bello.  Estetica 

Suoi  estremi,  il  sublime  e  il  gra 

zioso      

40. 

25. 
?0 

L'imitazione  e  l'ideale 
Scopo  dell'arte  . 

41. 
42. 

27. 

Unità  e  convenienza 
Carattere  . 

43. 

f^ 

Gusto 

44. 

"0 

31. 
32. 
33. 
34. 

Divisioni  dell'arte     . 
L'espressione  nell'arte 
Rivelazione  storica  dell 
Gusto    individuale    e 

arte     . 
nazionale 

43. 

46. 

47. 
48. 

SS. 

36 
37 

Del  sentimento  religio 
sticismo;  il  simbolo 
Genere  positivo:  tipi 
Importanza  dell'ideali 

o;  il   mi 
à    .     . 

49. 
50. 

52. 

Come  l'ideale  s'associa  all'iajole 

de'  varj  popoli       » 

Predominio  che  oggi  lo  spirito  ac- 
quista nell'arte.  Storia  dell'arte  » 

Primo  periodo  delle  arti.  Costru- 
zioni ciclopiche    .     .     »      .     .  1» 

Costruzioni  doriche  e  joniche  .     .  » 

Secondo  periodo.  Stile  greco  arcaico  i> 

Terzo  periodo.  Da    Pericle    ad 

Alessandro » 

Quarto  periodo.  Da  Alessandro 

alla  distruzione  di  Corinto  .     .  " 

Arte  fra  gli  altri  popoli.   Fenicj. 

Ebrei  :  tempio  di  Gerusalemme  » 

—  nell'Alta  Asia • 

—  fra  gl'Indiani » 

— ■  fra  i  Cinesi » 

—  fra  gli  Egiziani » 

—  in  Italia  » 

—  fra  i  Romani '> 

Art«  cristiana 


34 


36 

3i> 
40 


45 
47 
iti 
48 
«t't 
54 
59 
63 


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INDICE 


CAPO  II. 


Dell  'architettura , 


53.  Indole  dell' architettura     .     .     pag.  63  73. 

JS4  .^Espressione' sna"sociale     ...»  C4  74. 

55.  Lc'modanature »  ivi  75. 

56.  Gli  ordini  architettonici     ...»  65  76. 

57.  Liberta  delle  proporzioni  ...»  68  77. 

58.  L'arco rt  ivi  78. 

59.  Gli  ornamenti  architettonici  .     .     »  69  79. 

60.  Architettura  policromatica     .     .     »  70  80. 

61.  I  materiali  delle  costruzioni   .     .     »  71  81. 

62.  I  tempj »  72  S2. 

63.  Gli  altari «  77  83. 

64.  Riti  e  liturgìa »  78  84. 

65.  Altri  oggetti  di  culto    ....     »  79 

66.  Portici  e  basiliche »  80  85. 

67.  Fóri ■>  83  86. 

68.  Ginnasj  e  terme »  84  87. 

69.  Lavori  di  genio  civile.  Canali,  ac-  88. 

quedotti »  87  89. 

70.  Ponti »  90  90. 

71.  Porti »  94  91. 

72.  Agrimensori »  92  92. 


Strade pag.  92 

Itinerarj »  96 

Misure  geodetiche  e  lineari    .     .     »  ivi 

Campi  militari »  103 

Città »  404 

Palazzi »  407 

Ergastoli ivi 

Case »  ivi 

Ville »  413 

Giardini »416 

Agricoltura »  417 

Arredi  domestici.  Cene  romane. 

Occupazioni  giornaliere  ,     .     .     »  44  8 

Oriuoli.  Lusso  romano      ...»  442 

Sepolcri »  4  4r> 

—  egizj «  4  47 

—  etruschi »  448 

—  greci »  450 

—  romani »  4  54 

—  di  varj  altri  popoli    .     .     »  454 
Monumentionorifici, colonne, archi  »  455 


CAPO  MI. 

Della  scultura. 


93.  Materiali  della  scultura 

94.  —        della  fusione. 

95.  Storia  della  scultura     . 

96.  Distinzione  delle  statue 

97.  I  restauri      .... 

98.  I  bassorilievi     .     .     • 


458  99.  Le  erme » 

460  100.  I  busti » 

IGl  101.  Intagli  in  legno  ed  avorio           .  » 

4  63  102.  I  dittici » 

ivi  103.  Lavori  di  cera » 

164  404.  Forma  della  plastica    ....  » 


464 
465 
160 
467 
468 
ivi 


CAPO  IV. 

Pittura  e  disegno. 

105.  De' colori.  Porpora 169  4 13  e  4 14.  Soggetti  delle  arti  del  dise- 

406.  Generi  di  pittura »     474  gno,  e  composizioni     .     .     .     176  e  179 

107.  L'encausto 173  115.  Vesti  e  acconciature      ....     »      182 

408.  Pittura  murale  e  intavola.     .     .     »      174  116.  Animali »      191 

109.  Pitture  antiche  avanzate    ...»       ivi  417.  Classificazione  de'  monumenti  fi- 

410.  Musaico )      175  gurati «       ni 

411.  Smalto »     476  118.   Prezzo  de' capi  d'arte  .     ...»      192 

442.  Del  disegno »       ivi 


CAPO   V. 
Ceramica  e  angiografìa. 


419.  De' Tasi  in  generale,  e  loro  materia  »  493 

4  20.  Loro  varie  forme  e  denominazioni  »  4  94 
424 .  La  preziosità  de'  vasi  ignorata  per 

l'addietro »  197 

422.  Gli  scavi  recenti »  198 

423.  Tecnica  da' vasi »  200 

424.  Loro  forme »  ivi 

125.  Pitture »  201 


426.  Iscrizioni »  201 

427.  Classificazione  secondo  i  soggetti.  i>  ivi 

128.  —             secondo  il  pae.se    .  »  202 

129.  —             secondo  l'età    .     .  »  203 

130.  Loro  uso »  ivi 

131.  Kestauri  e  conservazione   ...»  204 

132.  Vasi  d'altro  materie »  ivi 


INDICE 


4S5 


CAPO  VI. 
Gliptìca  e  orefìoerìa. 

206 


133.  Definizione pag.  206  ^44. 

134.  Materie  intagliate »  «ri  145. 

433.  Modo  di  lavorarle »  207  -146. 

136.  lutagli  e  cammei »  tri  447. 

137.  Altre  distinzioni  delle  pietre  incise     »  «ri  -148. 

138.  Utilità  della  gliplica 208  159. 

159.  Gemme  ebraiche,  egizie,  fenicie, 

scarabei,  cilindri »  ni  130. 

4  40.  Gemme  greche «  209  131. 

141.  —       italiote »  iti  152. 

142.  —      romane  e  del  Basso  Impero  11  210  153. 

143.  —      del  medioevo  e  moderne     »  211 


Collezioni pag.  214 

Contraffazioni »  212 

Uso  delle  gpmrae.  Amuleti      .      .  »  iti 

Le  abraie »  213 

Anelli I)  2)4 

Oreficerie.  Mondo  muliebre.  Ad- 

dobbatojo  d'una  dama  romana  .  »  213 

Corone »  220 

Toreutica      ....          .     .  »  224 

Damaschinatura,  agemina,  nielli.  »  ivi 

Specchi,  scudi »  225 


Paleografia 

^   135.  Definizione  e  ufGzj  dell'epigrafia  . 

453.  Utilità  delle  iscrizioni  .... 

156.  Antichissimo  loro  uso,  e  materia 

437.  Paleografia.     Conoscenza    delle 

lettere    

158.  Origine  della  scrittura  .... 

439.  Scrittura  egiziana 

460.         —       aramea 

161.  —       arabica 

162.  —       sanscrita 

163.  —       babilonica     .... 

164.  —       greca 

163.  —        romana 

166.  Alfabeti  italioti 

167.  —       barbari 

168.  Scrittura  cinese 

t()9.  Direzione  delle  scritture    . 

170.  Forma  delle  iscrizioni,  e  ortografia 

171.  Dell'età  loro 

172.  Iscrizioni  di  collegi .     . 

173.  Epigrafìa.  Principali  iscrizioni   . 
(74.  Classificazione  delle  epigrafi  . 

175.  Iscrizioni    religiose.  I  nomi  e  le 

famiglie  romane 

176.  Calendari 

177.  Iscrizioni  di  collegi       .... 

178.  —       storiche.  ... 

179.  —       onorarie 

180.  —       monumentali 

184.  —       giuridiche.  Congedi 

482.  —       mortuarie     .... 

183.  Diritti  del  sepolcro.  Imprecazioni 

184.  Riti  sepolcrali 

183.  Miscellanee 


CAPO  VII. 

,  epigrafìa  e  diplomatica. 

»  226  186.  Iscrizioni  parietnrie      .     .      .     .     »  277 

n       ivi           487.  Tessere n  280 

»  227             188.  Iscrizioni  metriche »  281 

489.  Scorrezione.  I  lapidar]      ...»  »c» 

i>       ivi            190.   Bizzarrie »  282 

Il        ii'i            191.  Raciolte »  ivi 

»  228            192.  Iscrizioni  false b  285 

»  255  193.   DtjoZymaHca.  Definizione  e  scopo     »  iti 

«  233  494.  Storia  di  quest'arte      ....      »  286 

«       ivi            195.   Utilità  sua »  ivi 

»  256  196.  Materia  su  cui  "si  scrive.  Papiro  .     »  ivi 

»  237            197.  Pergamena »  290 

»  238            198.  Carta »  ili 

»  259  199.  Stroraenti  a  scrivere    .      ...»  2^4 

»  245            200.  Libri  pugillari »  292 

»        iti            201.  Rotoli  e  codici »  tri 

»  256            202.  Valore  della  carta »  293 

n       iti  203.  Commercio  librario  a  Roma    .     .     »  ivi 

«  247            204.  Palimsesti »  29  5 

»  2  58            205.  Caratteri »  iti 

«       ivi  206.  Criptoyrafia  ..-....»  296 

»  259            207.  Le  note »  iti 

208.  Aifabeli  nuovi »  ifi 

»       ili  209.  In  che  lingu.i  sono  scritti  i  diplomi    n  297 

1)  258  210.  Patenti,  o  diplomi  proprj  ...»  iti 

»  259  2H.  Formole .298 

»  261            212.  Bolle  papali »  299 

»  263            213.  Le  date »  3»! 

»  266            214.  I  sigilli »  ivi 

»  267  215.  Carle  pagensi  o  private      ...»  303 

«  270            216.  Archivj »  504 

"  271  217.  Classazione  delle  carte       ...»  iti 

"  273            218.  Carte  false »  «c« 

»  276 


g  219.  Monete.  Varj  nomi » 

220.  Stu<lj  necessarj  al  numismatico  « 

221.  Utilità  della  numismatica  .     .      .  n 

222.  Quali  cose  si  considerano  in  ogni 

moneta » 


CAPO  Vili. 

Numismatica. 

506  223.  Di  che  metallo  siano  le  monde  .  » 
)  ivi  224.  Se  la  materia  indichi  ricchezza  .  » 
I       ivi           225.  Come  si  coniavano » 

226.  Modulo » 

507  227.  Il  conlorno » 


•ti 
508 

ili 
309 
910 


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INDICE 


228. 

229, 

230. 

234. 

232. 

233. 

234. 

200. 

236. 

237 

238. 

239. 

240. 

244. 

242. 

243. 


Il  dirìtlo pag. 

Il  rovescio » 

I  tipi " 

Del  blasone » 

La  leggenda » 

II  campo » 

L'esergo » 

Monogrammi.  Zecchieri    ...» 

L'età » 

Il  valore,  e  rapporti  co' moderni  » 
Varietà  di  denoroinazioiie  ...» 
Deoominazioai  scientifiche  .  .  » 
Contoraiatl,  e  pseudo-monete      .     » 

Monete  autonome n 

Monete  officiose >< 

—      regie  ...  .     .  » 


510 

244. 

ivi 

245 

ivi 

246 

314 

247 

320 

248 

521 

259 

ivi 

ivi 

250 

322 

251 

ivi 

252 

526 

253 

327 

254 

328 

255 

te» 

256 

329 

257 

ti» 

Clastilìcaziuae  delle  monete    .     pog.  330 

Monete  libbrali »  ivi 

Monete  di  famiglia;  loro  iscrizione»  331 

Tipi  delle  monete  di  famiglia     .     »  332 

Monete  imperiali »  334 

Monete  non  romane.  Tavola  geo- 
grafica     1)  337 

Spiegazione  d'alcune  classi     .     .     »  359 

Loro  tipi »  544 

Monde  sbagliate »  ivi 

Donde  si  cavino  le  monete     .     .     »  345 

Rarità »  346 

Medaglie  false »  347 

Storia  della  numismatica   ...»  ttt 

Collezioni »  349 


CAPO  IX. 
Feste  e  spettacoli 

g  258.  Origine  delle  feste »  350  271, 

259.  Feste  ebraiche ivi  272 

260.  Grandi  giuochi  greci     .     ...»  551  273 

261.  Altre  feste  greche »  553  274 

262.  Giuochi  romani »  355  275 

263.  Pompe.  L'apoteosi »  357  276 

264.  Stadj  de'  Greci »  358  277 

265.  Circo  de'  Romani »       ivi  278 

266.  <iiuochi  circensi »  S59  279 

267.  Naumachie »  360  280 

268.  Anfiteatri iti  281 

269.  Gladiatori >>  563  282 

270.  Altri  giuochi »       iti 


Spese »  564 

La  danza »  ivi 

Giuochi  domestici »  366 

1  pasti »  567 

Strumenti  musicali »  372 

Musica  greca «  375 

—  romana »  377 

—  cristiana »  378 

I  teatri »  379 

Ruppresentazioni  sceniche  ...»  382 

Maschere »  383 

Strane  particolarità  dtl  teatro      .  «  384 


CAPO  X. 
Le  arti  cristiane. 


I  283.  Il  cristianesimo  dovette  motare  es-  292. 

seuzialmente  le  arti   .     .      .      .     u  386  293. 

284.  Scrittori  d'arti  cristiane     ...»  ivi  294. 

285.  Le  catacombe:  se  d'origine  pagana    »  388  295. 

286.  Loro  descrizione »  ivi  296. 

287.  Pitture 390  297. 

288.  Iconografia  cristiana 391  298. 

289.  Simboli »  394  299. 

290.  —     del  medioevo      .     .     .     .      n  395  300. 
294,  Le  sepolture »  ivi  301. 


Scultura,  toreutica,  gliptica   .           »  396 

Anelli «39? 

Altri  arredi  sacri tei 

Vesti I)  399 

Iscrizioni  cristiane »  400 

.Numismatica  cristiana  ....     »  403 

Architettura v  404 

Battisteri 407 

Architettura  bisaulina^e  gotica           •  ivi 

Utile  dell'archeologia  cristiana          »  409 


CAPO  XI. 
Escursione  antiquaria. 

302.  Raccolte  e  musei 410  300.  Paralleli 

303.  Atene »      411  340.   Antichità  in  Italia    ,      . 

304.  Sparta *4I7  311.         —       in  Francia 

305.  Olimpia »     448  312.         —       in  Ispagna 

506.  Antichità  in  Grecia »      421  513.         —       in  Inghilterra 

.507.          —       in  Asia »      422  344.          —       in  Germania 

308.         —       in  Africa.  Egitto      .     .     »     427  315.  Conclusione    .     .     .     . 


431 
434 
445 
449 

ivi 
ivi 
4SI 


Fine, 


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Cantù ,  C . 

Storia  universale, 


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