ALEX. AGASSIZ.
Librarp of the Museum
OF
| COMPARATIVE ZOOLOGY,
AT HARVARD COLLEGE, CAMBRIDGE, MASS,
Founded dv private subscription, in 1861.
Deposited by ALEX. AGASSIZ.
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STUDI COMPARATIVI
SUI PESCI FOSSILI COL VIVENTI
DEI GENERI
CARCIARODON ONYRIINA E GALEOCEDO
ROBERTO LAWLEY
Gav. della Corona d'Italia — Socio corrispondente della R. Accademia dei Georgofili di
Firenze — Socio fondatore della Società Malacologica Italiana — Membro effettivo della So-
»a di Vienna — Membro corrispondente della Società Geologica di Vienna —
cietà Malacol
Socio ordinario della Società Italiana di Antropologia e di Etnologia di Firenze — Membro
della Società Entomologica Italiana — Socio corrispondente del Museo Cittadino di Rove-
reto — Membro onorario della Società Belga di Microscopia a Bruxelles - Membro corri-
zione dei Benemeriti Italiani a Palermo — Socio onorario della
spondente della Asso
S. e R. Società di Storia Naturale a Mosca — Socio corrispondente della R. Accademia
Raffaello d'Urbino — Membro titolare della Società Reale ed Universale per l’incoraggia-
mento delle arti ed industrie di Londra — Socio corrispondente della R. Accademia dei
Fisiocritici di Siena — Socio corrispondente della Società Empolese di Scienze Economiche
teorico-pratiche — Socio fondat. della Società Toscana di Scienze Naturali residente a Pisa,
PISA
TIPOGRAFIA TT. NISTRIE O.
Ilustr. Sig. Comm. Prof. CAPELLINI
I sensi della pù sentita considerazione e stima,
che l'animo muo, ha sempre nutriti verso di Lei,
Chiarissimo “Professore, ed il reciproco scambio di
idee e di apprezzamenti nelle investigazioni paleon-
tologiche, nelle quali Ella mi fu largo di consigli,
incitandomi a nuove ricerche e a più accurati raf-
fronti, mi incoraggiano ad offrirle il risultato di questi
mici nuovi studj comparativi fra denti di pesci fossili
con quelli di pesci consimili viventi.
Accolga Egregio “Professore, quale attestato di
sincera amicizia, questo mio tenue lavoro che le offro
e mi ripeto suo
Dev. Amico e Collega
ROBERTO LAWLEY.
Montecchio 30 Giugno 188r.
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GENERE CARCHARODON LAMIA, ROND.
I genere vivente del Carcharodon fu proposto per il primo dallo
Smith. È uno Squalide di prima grandezza, e lungamente venne
confuso nello Squalus Carcharias Lin. che non fu altro che una
riunione di vari pesci della famiglia Squalidi, e non una vera e
ben definita specie, della quale oggi se ne è formato diversi ge-
neri; così egli corrisponde al nome Francese di Requin, ed al
Pesce Cane degl'Italiani; i quali nomi, per così dire, non sono
che una confusione di diversi generi e specie di imponenti e vo-
raci pesci (').
Fu il Bonaparte, Principe di Musignano, che per il primo ne
dette un bel disegno, e ne fece buona e dettagliata descrizione
nella sua Opera , Iconografia della Fauna Italica ,, e fu esso che
lo distinse col nome di Carcharodon'lamia Rond. accettando il
(1) La famiglia degli Squalidi, appartiene all'Ordine denominato e distinto dal-
l'Agassiz come Placoidi, dall'avere sulla loro pelle irregolarmente placche smaltate di
più e diverse grandezze, più o meno numerosamente sparse sopra di essa. Altri in-
vece, di questo stesso Ordine, portano sulla pelle una gran quantità di tubercoli di
svariate forme e di varia grossezza come nelle rajadi. Ma che nella famiglia degli
Squalidi consiste in piccole punte, le quali formano una sagrinatura che rende più o
meno ruvida la pelle al tatto della mano.
2 ROBERTO LAWLEY
nome fatto pel genere dallo Smith, e per dritto di priorità, non
accettando il nome di specie fatto da Muller et Henle che lo
chiamarono Carcharodon Smithi. Il Carcharodon lamia Rond. non
porta nessun dente impari centrale, come lo portano altre specie
della famiglia, ma invece il terzo dente dalla sinfisi in ambo le
branche delle mascelle è alquanto differente di forma dai due
primi accostanti alla sinfisi, non meno che dai seguenti quattro,
è molto più piccolo di essi quantunque a questi di forma ana-
loga. Muller et Henle proposero di allontanarli dai Carcharias
per avvicinarli alle OxyrRine, a cagione dei loro denti larghi e
piani assomiglianti alla forma che queste portano nelle mascelle,
e perchè hanno interna costituzione fra loro molto analoga; pro-
posta oggi quasi da tutti accettata, e la sola differenza, che dalle
Oxyrhine esiste, viene a consistere che mentre queste sono del
tutto privi di dentellatura sopra al contorno del bordo dei denti,
perciò lisci e taglienti; i bordi dei denti del genere Carcharodon
sono in ambo le mascelle seghettati da dentelli, che, quantunque
molto taglienti ancora essi, lo sono molto meno in paragone dei
denti delle Oxyrhine.
Il Carcharodon lamia Rond. nella parte superiore del suo corpo
è di un colore plumbeo scuro, mentre il disotto è di un bianco
sudicio; porta un rostro piramidato, acuto e dritto, non ha nes-
suna piega alla bocca; il capo è munito tutto di piccoli fori
puntiformi i quali si trovano essere più fitti ai lati del muso
da dove emette abbondante umore viscoso; la caudale è lunga,
ed ha forma di crescente; molto più grande è la parte superiore
dell’inferiore; ha occhi piccoli in proporzione della grossa mole
del suo corpo; la pupilla è tonda e nigriscente, mentre l’ iride
è nera. La testa è di forma conica, depressa sulla fronte, e mi-
sura un quinto dell’ intiero pesce; spiragli evidenti, quantunque
STUDI SUL CARCHARODON LAMIA 3
piccolissimi. Il suo corpo turgido, è fusiforme; la sua maggiore
altezza, è prima dell'origine della prima dorsale; ha la bocca
lunga, arcuata, senza pieghe; la lingua è libera per un buon tratto,
quasi senza orlo; le aperture branchiali sono poste fra la testa e
le pettorali e sono in numero di cinque, lunghe, quasi parallelle,
e quasi equidistanti l'una dall’ altra di forma poco meno che
diritta, rilasciate, e molto sovraposta l'una con l’altra. La parte
posteriore del suo corpo forma una carena stiacciandosi, cosic-
chè ancora superiormente forma una costola eguale alla sotto-
posta carena, che si mantiene tale fino alla caudale. La pelle
è rustica, resa tale da piccoli tubercoli che la rivestano come
riscontrasi in quasi tutte le altre specie di Squalidi; essi tuber-
coli sono depressi, e quasi squammiformi, insolcati, e con tre
piccole punte. Questo genere per quanto è a mia cognizione è
rappresentato da questa sola specie la quale trovasi vivente nel
nostro Mediterraneo. La descrizione dei denti delle mascelle, sarò
a darla in breve; intanto dirò come nel Decembre 1876 potei
vedere uno di questi mostri marini che pesava Kil."®' 1400, il quale
fu pescato nel Canale di Piombino, e ne asportai la testa che
pesava kil." 36, della quale fu fatta la preparazione scheletri-
ca dal mio amico Caifassi. La mascella di questo immenso pesce,
che può giungere fino alla lunghezza di 24 piedi, è adattatissima
per addentare, tagliare e rompere, ancora sostanze dure, ma non
possiede alcun dente adattato a masticare e macinare sostanze
dure o molli, per cui è ben facile che l’animale, appena abbia
addentata la preda el appezzata la getti nello stomaco, dove
con potenti sughi gastrici sollecitamente venga da esso digerita.
La bellissima descrizione datane dal Principe di Musignano,
nell'opera citata, molto più estesa e dettagliata della mia, meglio
adatta sarà per riscontrare questa specie di pesce, oramai però
4 ROBERTO LAWLEY
ben constatata e conosciuta. Ma mentre è adattatissima come
descrizione per un ittiologo, parlando della dentizione come tale,
quantunque anche di questa ne dia una assai esatta e giustis-
sima diagnosi, pure a mio parere resta molto incompleta per il
bisogno che ne viene richiesto dal Paleontologo; il quale trovando
nel nostro pliocene denti sparsi, isolati, e distaccati dalla ma-
scella, sente il bisogno di una descrizione più minuziosa ed estesa,
sulle differenze di ogni dente, di quella che ne fu fino ad ora
fatta dagli studiosi e valenti Autori che d'ittiologia trattarono;
i quali avendo il completo pesce sottoposto ai loro studj, intero
ed in un sol pezzo riunito, vengono esponendo le sole parti ester-
ne poco curandosi della dentizione e delle parti ossee, mentre il
geologo non avendo a sua disposizione che dei frantumi di ossa
fossilizzate, o di denti per lo più distaccati dalle mascelle, ap-
partenuti a diversi individui, di età diversa non solo, ma anche
di diversa grossezza, ricerca lunghe e dettagliate descrizioni degli
scheletri di pesci, e dei loro denti. Imperocchè non potendosi
giovare delle parti esterne, quelle appunto che dagli ittiologi a
preferenza vengono descritte, andando le parti molli per la de-
composizione della sostanza, in breve tempo in sfacelo non vi
restano che le sole parti solide atte alla fossilizzazione, se in con-
dizioni favorevoli si troveranno poste.
Per cui dicevo che dall’ Itiologo si richiede che ogni più piccola
differenza venga avvertita nella descrizione delle parti ossee, con
prolisse e forse ancora noiose descrizioni, ma tratte da larga sup-
pellettile di individui di scheletri di pesci, cosa tanto difficile ad
aversi; perlochè sembrandomi che le descrizioni già fatte sopra
le mascelle ed i denti del Carcharodon lamia Rond. dai prece-
denti autori siano molto succinte ed incomplete, ritengo che una
dettagliata e minuziosa esposizione di essi, possa essere pel Pa-
rendimenti
STUDI SUL CARCHARODON LAMIA Ò
leontologo di qualche utilità. Ecco perciò quello che di essi denti
sembrami dover dire per lo studio speciale fattovi.
I denti che porta il Carcharodon lamia Rond. nella mascella
sono ordinati sopra a varie file, spaziati l'uno dall'altro, piatti,
sottili più che grossi, triangolari con punta acuta, taglienti al
loro margine, irregolarmente seghettati, piani dal lato esterno,
convessi da quello interno, slargati senza alcuna iutaccatura nè
da un lato nè dall'altro della base della corona; triangolari ed
equilateri sul davanti, quelli dai lati cordiformi triangolari an-
cora essi, dal lato che guarda la sinfisi fanno una curva svilup-
pata in fuori, e dal lato opposto presentano invece una curva
rientrante, il quale lato per essere più corto dell’ altro, costringe
la punta stessa a volgersi verso l'angolo della bocca. La punta
del dente volgesi ancora leggermente sul lato piano del dente
stesso, cioè dal suo lato esterno. Fino al dente sesto (') il quale
ha punta diritta che non si rivolge da nessun lato; il settimo
dente invece rivolge la sua punta sulla sua faccia interna, esso
ritorna ad altra forma, quella cioè equilaterale; tutti i successivi
pure si rivolgono dal solo loro lato interno, fino a quelli ultimi
cioè in fondo alle fauci, che ben spesso mancano di seghettatura,
e gli ultimi piccoli sono quasi informi. I denti dalla sinfisi decre-
scono in ambo le branche delle mascelle con rapida proporzione
mano mano che essi s’inoltrano verso gli angoli della’ bocca.
I denti in parola costano di due parti ben distinte cioè, della
corona, e della radice; la corona è ricoperta di smalto duro, levi-
gato e lucido, la radice è affatto priva di smalto; ben distinta e
(1) Quando necessita contare i denti, principio sempre a contarli dalla sinfisi di
ambo le mandibole; ciò avverto onde non vi sia confusione di quale dente intendo
parlare.
6 ROBERTO LAWLEY
marcata la linea della divisione delle due parti da un visibile
cordoncino, il quale dal lato anteriore del dente e quasi rettilineo,
facendo leggerissimo angolo ottuso. La radice da questo lato è
diritta, seguendo l’asse normale del dente stesso; dal lato oppo-
sto, cioè interno, il cordoncino discende un poco più in basso for-
mando perciò da questo lato un angolo ottuso più sentito, Ja
radice ancor’essa segue per circa una sua metà diritta l’asse del
dente, e di lì piegandosi, va ad incontrare la faccia anteriore, la
quale, come dissi, essendo diritta forma da questo lato interno un
ben sentito angolo verso la metà della sua altezza. Detta radice
rilevandosi sopra i bordi del dente, va a formare le sue due bran-
che; però facendo essa un abbassamento a metà della sua lar-
ghezza, in questo punto trovasi la traccia chiaramente marcata
del nervo atrofizzato, che ha curato la formazione del dente stesso.
Altra osservazione interessantissima è da farsi sulla radice del
dente, ed è che le due branche, che essa forma, non sono eguali
che nel solo dente il più prossimo alla sintisi, mentre una più
dell'altra è sviluppata ed alta, e questa è appunto quella branca
la quale resta rivolta dal lato della sinfisi, e per conseguenza
dalla parte stessa dove il dente forma la curva all'infuori; cosìc-
chè curva in fuori, e branca più alta e sviluppata sono da uno
stesso lato del dente, della mascella.
Sulla corona dei denti, dalla base della radice, si dipartono
numerose e ben marcate pieghe e solchi, tanto dalla faccia ante-
riore che dalla posteriore, e vanno a discendere verso la punta
del dente, circa alla metà di esso, obliterandosi chi più presto, chi
più protraendosi spariscono e si disperdono; pieghe che quanto
più l’individuo è adulto vi si rendono più visibili; le quali pieghe
rinvenendosi in quasi tutti i denti della mascella posson ben
prendersi, come un vero e proprio carattere della specie, e consi-
STUDI SUL CARCHARODON LAMIA di
derare come un'anomalia la loro assenza da esso. I denti della
mascella presentano ben cinque forme alquanto diverse fra loro
che andrò dettagliatamente esponendo in seguito.
Ora vediamo ciò che è da osservarsi sopra i denti che sono sulla
mandibola del Carcharodon lamia Rond.
Spaziati ancor questi hanno direzione uguale a quelli della
mascella; sono di quelli più stretti e più grossi; senza intac-
cature alla base della corona, e sono lanceolati; i più alti e più
grossi sono quelli posti due per lato alla sinfisi ed i seguenti
decrescono rapidamente più che essi s'internano verso gli an-
goli delle fauci. La loro faccia esterna che è quasi piana, porta
nel centro un leggero rilievo, che abbassandosi alquanto, for-
mando la faccia stessa, va ad incontrare il bordo del dente, dove
sì rialza alquanto; questi rilievi ed abbassamenti però sono così
insensibili che se uno vuole accertarsene, può solo farlo osser-
vando i riflessi che forma la sua superfice. Sono essi pure se-
ghettati sul loro bordo con seghettatura eguale a quelli della
mascella. La faccia del dente che guarda l'interno delle fauci è
convessa, e la punta, la quale è acuta quanto quella dei denti
della mascella, e forse più, si rivolta leggermente dalla parte
stessa dei superiori, cioè dalla faccia esterna fino al quinto dente,
mentre nei successivi essa si rivolta verso l'interno delle fauci e
perciò verso la faccia interna del dente.
1 denti della mandibola essi pure constano della corona smal-
tata, e della radice formata da sostanza spungiosa molto grosso-
lana, che è del tutto priva di smalto, la radice specialmente nei
denti anteriori è molto più spessa, e grossa. Si rileva ai suoi lati
formando le solite due branche, una delle quali più sviluppata, che
è quella che guarda la sinfisi, la radice alla sua base con la corona,
come nei denti della superiore mascella, tiene un cordoncino che
8 ROBERTO LAWLEY
nella faccia anteriore del dente forma nel suo centro un leggero an-
golo ottuso, mentre dalla faccia opposta forma una curva la quale
si abbassa assai più, limitando la corona con essa; dalla faccia an-
teriore la radice segue piana l’asse della faccia stessa del dente,
come in quelli della mascella, mentre dal lato interno, circa alla
metà altezza, forma un angolo dove porta le traccie ancora essa
del foro per cui passava il nervo nutritivo.
I denti della mandibola alla base della corona, a differenza dei
superiori, non portano mai pieghe in nessuna delle loro faccie,
ne mi è mai avvenuto il vederne; carattere ancora questo molto
rilevante. |
Come accennai poco anzi tanto i denti della mascella, quanto
quelli della mandibola sono disposti sopra a diverse file o ranghi,
gli uni dietro agli altri. La prima fila, o rango, è l’unica che in
ambe le mascelle resti verticalmente eretta, e fa con questi mo-
stra della potenza e ferocia dell'animale stesso: gli altri ranghi,
quelli cioè destinati a rimpiazzare i primi, se per qualche caso
vengono a mancare, restano più o meno sepolti nella gengiva se-
condo il loro rango. Dalla preparazione scheletrica vedesi, che
mentre sul davanti questi ranghi sono in numero di sei, alla metà
delle due mascelle vanno restringendosi al numero di quattro filate
che in fondo alle fauci si riducono a sole tre. Da questa disugua-
glianza di filate sembra che la divina sapienza abbia voluto sup-
plire, formando all'animale un abbondante numero di denti da so-
stituire, dove maggiore era il caso di perdita di essi, onde questo
punto non ne resti mai sprovveduto e con ciò pure supplire alla
lunga formazione di altri denti.
L'ultimo rango, cioè quello il quale è maggiormente acco-
stante alle mascelle, e per ciò tutto immerso nella grossezza della
gengiva non apparente al suo esterno, è quello che è destinato
STUDI SUL CARCHARODON LAMIA 9
alla formazione dei denti stessi; a differenza dei ranghi anteriori,
in esso vi si trovano tutti i denti in via di formazione, ed in
questo rango si trova che principiandosi a formare la punta,
essi sono più o meno avanzati, e formati da una scorza solida
che ha l'aspetto, la consistenza, ed il colore di guscio di seme
di zucca, la quale di poi diverrà il cono del dente che non è
ancora nè lucido, nè consistente come lo sarà nella sua com-
pleta formazione. Una sostanza gelatinosa, ne riempie la parte
interna che stà formando i denti assodandosi; sono del tutto privi
della radice, la quale sembra che venga a formarsi ad essi nelle
successive filate, mentre lo smalto del cono del dente deve acqui-
stare la sua solidità e la sua splendida lucentezza al contatto del-
l’aria quando il dente viene fuori della gengiva stessa. Una parti-
colarità poi, degna di osservazione, si è quella, che ogni dente delle
successive file o ranghi è di forma uguale a quelli della prima,
che sono eretti; questi sono destinati a subentrare gli uni agli al-
tri e l’unica differenza che in essi si rinvenga, si è quella di essere
alquanto più grandi e larghi, cosa agevole ad intendersi dovendo
essi venire in sostituzione col crescere dell'età dell'individuo, che
quanto più è adulto devono essere naturalmente più grandi.
I denti del Carcharodon sono del tutto indipendenti dallo sche-
letro, col quale non hanno nessuna aderenza, nè sulle mascelle
esiste la menoma traccia d’alveolo; essi sono assolutamente for-
mati ed immersi nella sola sostanza della gengiva, ed in nessuno
altro pesce come in questo, e in altri placoidi, sono così indipen-
denti e così completamente sospesi, ed infissi nella parte molle
della mascella stessa, nè è a mia cognizione che altre famiglie
tranne questa, possedano tanta mobilità.
Chiunque per poco si ponga ad osservare la dentizione del Car-
charodon, non può che restare molto sorpreso della differenza che
10 ROBERTO LAWLEY
quei denti offrono allo sguardo paragonandoli con quelli stessi
sciolti e staccati dalle mascelle; questa differenza vien fatta giusto
appunto dalle grosse radici, che col loro centrale abbassamento,
e le sue branche rilevate non sono visibili quando restano im-
merse nelle gengive.
La mascella dell’individuo scheletrito, che io possiedo, dalla
sinfisi al fondo delle fauci misura centim. 50, e la mandibola cen-
tim. 35, nè io ne conosco di individui più adulti o più grossi, di
quella esistente nel Museo di Modena, che per una gita che ebbi
occasione di farvi, e che per la squisita compiacenza del prof. Car-
ruccio, potei minutamente esaminare e fare su di essa molti e
profittevoli studi e prendere gli appunti necessari a questo mio
lavoro. La mascella che tengo scheletrita, nella branca destra porta
N. 12. denti; come pure nella branca sinistra stessa ne ha al-
tri 12; la mandibola poi, dal suo lato destro, nè ha soli 11; que-
sta differenza bene si ravvisa avvenire per mancanza di uno dei
denti piccoli in fondo delle fauci, mentre la stessa mandibola dal
suo lato sinistro ne porta N.° 12, come nelle mascelle.
Ora passerò a descrivere partitamente ogni singolo dente; e
siccome i due rami delle mascelle, e delle mandibole, partendo
dalla sinfisi, sono formate da denti simetricamente disposti sopra
di esse; nelle sue curve, ed altre particolarità essendo pure uguali,
solo che disposte in senso opposto, così basterà descrivere una
delle branche della mascella, e della mandibola intendendo detto
con questo, che nell'altro lato si è ugualmente e simetricamente
rappresentato lo stesso.
Il primo dente accosto alla sinfisi (vedi Tav. 1. fig. 1, che rap-
presentata l’intiera mascella del vivente, ridotta ad un terzo
della sua grandezza naturale) è dritto, ha lati equilaterali se-
ghettati con seghettatura ineguale cioè dopo alcuni, che sono
STUDI SUL CARCHARODON LAMIA 11
simili fra loro; ora ne viene uno, più grande e marcato, e ora un
altro più grande viene formato dall'unione di diversi dentelli.
L’apice del dente, che in generale porta dentellatura più fine,
è in parte privo di dentellini, e qualche volta ne porta dei mi-
nutissimi, ed appena fra loro divisi; a poca distanza dalla base
la dentellatura trovasi essere la più grande e la più marcata. La
radice, come già dissi, dal lato esterno è dritta; dritta e piana è
la punta del dente la quale si rivolge un poco in fuori: presso il
cordoncino che divide la radice dal cono, si trovano le pieghe
delle quali superiormente parlai, in maggior copia e più marcate
da questo lato, mentre dal lato interno la radice forma un an-
golo, che dimostra il foro atrofizzato del nervo nutritivo; la faccia
del cono da questa parte è convessa; presso il cordoncino della
radice si vedono le pieghe in minor quantità e meno marcate. Le
due branche della radice sono uguali di altezza fra loro.
Viene quindi il secondo dente, ancor’egli uguale in tutto a
quello sopra descritto, Tav. 1, fig. 2 è rappresentato dalla fac-
cia anteriore, e nella fig. 2", è veduto di fianco a grandezza natu-
rale, solo differisce nella sua radice che ha la branca dal lato della
sinfisi alquanto più alta.
Il terzo dente, cioè l’impari, è del tutto differente nella sua
forma dai due primi, ed è di loro ancora molto più piccolo; è
pure assai più piccolo dei tre seguenti, quantunque cordiforme
come essi. Come vedesi alla Tav. 1, fig. 1, la sua curva è svilup-
pata in fuori, cioè dal lato della sinfisi mentre il lato opposto per
essere più corto, obbliga il dente a fare una curva rientrante e
piegare la punta nel senso della filata, mentre essa, e maggior-
mente quella dei successivi denti, si volge sulla faccia esterna;
simil cosa si ravviserebbe se si vedessero le branche della radice,
che da questa medesima parte resterebbe sempre più alta, che
12 ROBERTO LAWLEY
dal lato opposto. Il dente porta pieghe alle due faccie; l’ esterna,
la quale è piana, anzi quasi concava mentre quella interna è con-
vessa, secondo il solito ha bordo irregolarmente dentellato.
I denti, quarto, quinto, sesto, e settimo della mascella sono di
forma eguale all’impari, ad eccezione del quarto che è molto più
grande, gli altri gradatamente diminuendo si succedono ad esso
con tutte le particolarità del quarto, e dell’impari, che non starò
a ripetere.
Il dente ottavo è quasi di forma uguale a questi ultimi, solo
più piccolo, ha la curva meno sviluppata sul lato anteriore; come
pure meno rientrante dalla parte delle fauci; la punta non si
volta dal lato esterno ed è perciò diritta; i rami delle radici ritor-
nano ambedue ugualmente sviluppati.
Il nono dente, equilaterale, è alquanto più piccolo del*prece-
dente; rivolta la sua punta dal lato interno, cioè dalla parte
opposta dei precedenti, ha le due branche ugualmente sviluppate.
Tutti gli altri denti che vanno diminuendo fino a quelli quasi
informi, che restano infondo alle fauci, voltano la loro punta
dalla parte interna di essa, ed hanno radici uguali, qualche volta
però se ne trova qualcuno che è privo di dentellatura, o con bordi
sfrangiati, in tal caso è impossibile di riconoscerli da quelli pic-
coli delle OryrRine, se isolati.
Alla Tav. 1, fig. 3, viene rappresentato il secondo dente della
mandibola il quale è quasi uguale a quello presso la sinfisi, cioè
al primo. Alla fig. 3°, della stessa tavola è rappresentato lo stesso
dente veduto di fianco.
I denti che il Carch. lamia, Rond. porta nella mandibola, sono
più uniformi di quello che lo sieno quelli della mascella; si riscon-
trano tutti lanceolati, di forma assai più stretti di essi, alla loro
base sono molto più grossi, ed i due più prossimi alla sinfisi sono
STUDI SUL CARCHARODON LAMIA 13
i più grandi; dopo di essi diminuendo gradatamente ogni dente,
giungono ai piccolissimi di fondo alle fauci, poco più, poco meno,
conservando la stessa forma lanceolata, però più svelta dei primi;
sono seghettati ai loro bordi, con seghettatura assai irregolare
come fu descritta per quelli della mascella, per essa non differi-
scono dai denti superiori, come pure per questa non trovasi nes-
suna differenza fra loro. Niun incavo si rinviene neppure alla
base del cono del dente. Nulla di particolare che meriti di essere
descritto per ciò che riguarda il solito cordoncino che divide la
radice dalle due faccie sì esterna che interna del dente; questo
cordoncino forma alla faccia interna un angolo ottuso molto più
sentito dei denti della mascella; dalla parte poi interna forma una
curva, che ugualmente discende alla medesima altezza della fac-
cia anteriore, perciò le due faccie si mostrano quasi di uguale
altezza. La punta, di poco più acuta dei denti superiori, si volge
leggermente in fuori verso la faccia esterna, fino al quinto dente,
il quale è dritto, nè piegasi da nessuna parte mentre i seguenti
. fino all'ultimo si piegano con curva opposta, rivolgendosi dal lato
della faccia interna. Ancora in questi piccoli denti la dentellatura
qualche volta fa difetto; nel qual caso lo studioso trovasi nel-
l'incertezza se essi appartengono veramente al genere Carcha-
rodon o ad altro genere. Le branche delle radici del primo dente,
presso la sinfisi, sono ugualmente sviluppate ed alte, ma nei suc-
cessivi denti fino al quinto vanno alzandosi dalla parte della sinfisi,
eda questo punto in seguito ritornano uguali fino agli ultimi;
chè di questi la radice è molto più larga, in proporzione del-
l'altezza del loro cono, cosa che succede ancora negli opposti denti
superiori.
Dalla preparazione microscopica sottilissima che ho potuto
ottenere di un dente della mascella posta presso la sinfisi del
14 ROBERTO LAWLEY
vivente Carch. lamia, Rond. che ho fatto disegnare, come si vede
alla Tav. 5, fig. 3 e di altro dente della parte mediana della stessa
mascella, il quale però non venne disegnato, si vede chiaramente
che quasi tutto il dente viene formato, da vaso-dentrina, o den-
trina vascolare, che partendo dal disotto della radice costituisce
un sistema di grossi vasi, o canali di Havers, e di tubi dentrinici
i quali seguendo la direzione della lunghezza del dente stesso
vanno formando una dentrina semplice e di grana molto più fina
di quella che costituisce la dentrina della massa della radice; vasi
che vanno diramandosi all’infinito; assottigliandosi fin verso la
periferia del dente al punto di divenire appena visibili. Nella den-
trina poi della radice mancano affatto i grossi vasi, o canali; vi
si trova invece, dove più e dove meno, la dentrina spessa, rozza,
e densa ed in molte parti di essa, non molto lungi gli uni dagli
altri, esistono piccoli fori, o vacui che non hanno nè forma de-
terminata, nè posto fisso, irregolarmente sparsi per ogni dove di
essa.
La parte esterna del cono del dente viene costituito da den-
trina smaltoide formata da un ammasso di tubetti fittamente
stretti, gli uni agli altri formandone l’esterno strato di smalto.
La diversa formazione che in questo dente si ritrova mi con-
ferma sempre più in ciò che dissi, parlando della loro formazione
cioè, che venga prima formato la punta ed il cono del dente, nel
più interno rango immerso nella gengiva, e quindi la radice si
formi nei ranghi successivi, mentre che lo smalto, già formato
venga a prendere la sua durezza, e lucentezza al contatto del-
l’aria quando il dente viene ad escire, e mostrarsi sopra alla
gengiva stessa.
Da tutte quelle differenze costanti che sono venuto giù giù
enumerando nella dentizione del vivente Carcharodon lamia, Rond.
STUDI SUL CARCHARODON LAMIA 15
si trovano essere le medesime di raro interesse, per lo studio dei
denti fossili di questo genere, e quantunque essi si rinvengano
sempre sparsi e separati, come avviene nei nostri terreni, ben
presto, e dopo un leggero confronto fattone con quello dei viventi,
sì riconoscerà a qual parte della mascella dovranno riportarsi.
La sua forma larga, piana, triangolare, e sottile di grossezza,
denoterà subito che sono denti che appartennero alla mascella;
se equilateri, saranno quelli che l’animale portava sul davanti di
essa; se cordiformi, o sarà il dente impari, o qualcheduno dei
successivi, lo chè farà riconoscere la sua grandezza. La punta
rivolta verso una delle sue facce denoterà quale sia la esterna, il
che servirà pure per riscontrare la posizione dove si trova la
traccia del nervo nutritivo atrofizzato, che sempre si rinviene
alla faccia interna del dente.
La curva poi sporgente in fuori che viene formata dal bordo
del dente, sarà segno manifesto pei denti della mascella, e ser-
virà pure per riscontrare da qual parte essi appartengano, se a
sinistra, o destra, e la maggior sporgenza del ramo della radice
stessa servirà altresì di base per la sua constatazione. Se la punta
invece, è rivolta dalla faccia interna del dente, farà riconoscere
subito che trattasi di denti quasi di fondo alle fauci; i caratteri
poi di quelli della mascella ben presto saranno riconosciuti dalle
loro forme più slanciate dei denti che stanno sopra alle man-
dibole.
Finalmente i denti più stretti, ma lanciformi e massicci, con
le loro punte rivolte dalla faccia esterna, si distinguerranno ben
presto da quelli anteriori e mediani, con quelli di fondo delle fauci,
che voltano la loro punta dalla parte della faccia interna. Se
poi saranno posti dal lato destro, o sinistro, farà pronto riscon-
tro la branca maggiormente sviluppata della radice, mentre l’esi-
16 ROBERTO LAWLEY
stenza di una qualunque seghettatura sul margine del dente
servirà a dimostrare i denti del Charcarodon; come l'assenza della
seghettatura sopra di essi li farà riportare subito al genere
Oxyrhina.
E sembrami non essere di troppo severo, verso gli Autori, molto
più di me versati nella Paleontologia, se dico loro che quando
un dente fossile che si può riferire al genere Carcharodon, e
questo porta ancora le sue forme di quelle già conosciute del
Carcharodon lamia Rond. perchè non riunire tutte queste forme
sotto un solo nome specifico, ed esaminare se per una qualche
analogia si debbano ravvicinare frà loro, e riunirli prendendo per
base i veri caratteri comuni invece di tener conto di ogni minima
differenza, la quale potrebbe derivare da una qualche anomalia?
E davvero sarebbe improprio crearne una nuova specie, come
spesse volte venne fatto, portando lo studio sopra un dente iso-
lato, il quale era in qualche parte per di più ancora mutilato.
Questo andamento, che proporrei di adottare, se non erro,
mi sembrerebbe più consentaneo e logico di quello fin ad ora se-
guito. Ma per tale scopo, lo studioso di questa branca, deve ri-
volgere le sue mire a fare abbondanti raccolte, riunendo il più
possibile numero di esemplari dei resti di questi pesci ancorchè
sieno doppi, e fin d'ora io riconosco che la ristrettezza del locale
destinato a tali raccolte ben spesso non si presta a questa copiosa
riunione di esemplari e resta al raccoglitore, ancora il più assi-
duo, di non lieve imbarazzo ed ingombro.
Con quanto superiormente ho esposto parmi di avere esaurito
tutte le ricerche che sopra il vivente Carcharodon mi è stato
possibile fare; non dispiaccia ora all’amatore della Paleontologia
seguirmi anche sulle altre che per le identiche specie di fossili
mi propongo trattare.
STRU DI
SULLA
SPECIE CARCHARODON ETRUSCUS, LAW.
Con una memoria letta alla Società delle Scienze Naturali,
residente a Pisa il 14 Marzo 1877, proposi di distinguere col
nome specifico di Carcarodon Etruscus una gran quantità di denti
che in molta abbondanza vengono reperiti, allo stato fossile, nelle
nostre colline plioceniche toscane. In essa esposi le ragioni per le
quali ritenevo essere essi i veri antenati della specie del Carch. la-
mia Rond.inquantochè i loro resti rendono testimonianza irrefra-
gabile della loro esistenza in que’ mari antichi, prima che quei
terreni fossero emersi.
Da quell’epoca ad oggi, quantunque abbia seguitato i miei
studi sopra di questi resti fossili, non avendo trovato ragioni per
dovermi ricredere, andrò con maggior lena, e più estesamente a
riprendere questo soggetto.
Primieramente dirò che da tutti gli autori vennero confusi que-
sti denti di Charcarodon lamia con altri denti, cioè con quelli del
Carch. megalodon, productus, angustidens, Agas. cosa che anche a
me venne fatta nel mio primo lavoro, non avendo allora da con-
frontarli con lo scheletro del vivente, ma appena mi fa dato di
possederlo, mi feci ben presto accorto dell’errore e ne pubblicai
la nota sopra citata in proposito.
18 ROBERTO LAWLEY
L’Agassiz nella sua opera “ Poissons fossiles , fa la sua specie
Carcharodon sulcidens come si può riscontrare al Vol. 3, pag. 254,
Tav. 30, fig. 3-7, dalla quale chiaramente rilevasi, non essere che i
denti della sinfisi di adultissimo individuo della specie in questione
cioè del Charcarodon Etruscus, e tanto è vero che egli li cita come
provenienti dalle località plioceniche d'Italia, e più specialmente
da Castelarquato, che nella suddetta Tav. 30, alle fig. 5 e 6, rap-
presenta quelli avuti da tale località; non può restar perciò
dubbio alcuno sull’esame che anche per poco su di essi sì porti
per dichiararli appartenenti al Carch. Etruscus, quantunque di
individui più o meno adulti.
1l Gibbes “ Monograph of the fossil squalidae of the United
States , a pag. 147, fig. 46-51, propone una nuova specie di Char-
carodon con nome specifico di lanciformis, e dalla descrizione che
ne fa, e dalla figura che ne da al N.° 46, ben si ravvisa non
trattarsi che del Carch. Etruscus. Gli altri denti dal suddetto figu-
rati a numeri più alto citati, lasciano qualche dubbio.
Il medesimo Gibbes alla stessa pagina 254 cita la specie Carch.
sulcidens Agas. e lo rappresenta alla fig. 52, 53, ma questo dise-
gno riproducendo un individuo molto mutilato, più dalla descri-
zione che dalle figure, non lascia alcun dubbio, che non sia pure
il Care. Etruscus. Da ciò vedesi ancora che questo Carcharodon
esisteva in America; solo resta di dubbioso, che questi denti pro-
vengano da altre formazioni da quelle nostre, per la ragione che
il Gibbes, cita quelle località come Eocenica, e Miocenica.
Gaetano-Giorgio Gemellaro “ Ricerche sui pesci fossili della Si-
cilia , cita pure a pag. 88 tav. 4. fig. 5, 6, 7, la specie del Carch.
sulcidens, Agas. figarandone però esemplari in assai cattivo stato
di conservazione; ed ancor quì, più che ai disegni dobbiamo atte-
nerci alla descrizione che ne fa e troveremo che veramente trat-
STUDI SUL GENERE CARCHARODON ETRUSCUS LAW. 19
tasi di questa specie lù dove più specialmente egli si esprime.
“ Ciò che bisogna tenere in considerazione nella diagnosi di que-
sta specie è la disposizione delle dentelle marginali, che sono
bifide. Questo carattere, per quanto mi sappia, non è stato no-
tato da diversi paleontologisti, che si son occupati del genere
Carcharodon ma trovandolo costante nel Carcharodon sulcidens,
.Agas, di Sicilia, credo che possa servire a differenziarlo a colpo
d'occhio da congeneri, quante volte si trovi tale disposizione in
que’ di tutta altra contrada ,.
Ora questa particolarità è giust’appunto quella che io chiamo
dentellatura irregolare del vivente, e dell’Etruscus; per cui mi
sembra ben constatato per tale il Carch. sulcidens, Agas. Questi
denti provengono da una località Sicula, detta Leonforte, costituito
da Calcare-arenario-terziario. Ancora la specie Carch. Tornabene
Gem. potrebbe appartenere al Carch. Etruscus.
Il dottor Eugenio Sismonda “ Descrizione dei pesci, e dei Cro-
stacei fossili nel Piemonte , a pag. 33 e seguenti, descrivendo con
molta precisione le specie di Carcharodon che di quella località
ha rinvenuto, non da indizio di avervi trovato il Carch. Etruscus,
Law.; e dai disegni che ne dà vedesi bene che tratta del Carck.
megalodon. Certamente non ha mai incontrato il Carch. sulcidens,
Agas. perchè accurato, come egli è, non avrebbe mancato di ci-
tarlo.
Trovasi pure il Carck. Etruscus fra i resti fossili della pietra
leccese, però in scarsissimo numero, come ho potuto riscontrare
fra i denti fossili che il cav. Ulderigo Botti, Direttore del Museo
Provinciale di Lecce, ebbe la gentilezza di mandarmi in comuni-
cazione per lo studio della specie del Carch. megalodon; mentre di
questa specie in quella località se ne rinviene in grandissima
quantità, dei quali il prelodato mio amico me ne fece invio di ben
20 ROBERTO LAWLEY
150 esemplari; fra i quali non vi rinvenni che soli tre esem-
plari appartenenti alla mascella, e tre pure alla mandibula che
potessero referirsi al Carch. Elruscus. Ora la pietra Leccese è
ritenuta per una fanghiglia di mare la quale sta pure attual-
mente formandosi in alcuni posti dell’ Adriatico. Ma gli autori
ritengono la pietra leccese come formazione Plio-Miocenica (').
Da questi esami si può stabilire le seguenti osservazioni.
1.° Che, la specie Carch. Etruscus è abbondantissima nei ter-
reni Pliocenici.
2.° Che quantunque in scarso numero, egli ha convissuto con
la specie del Carch. megaledon.
5.0 Che il Carch. megalodon, per quanto io sappia, non trovasi
nei terreni pliocenici (?).
4.° Che il Carch. Etruscus si trova in Europa nei terreni Mio-
cenici in scarso numero, all’opposto è abbondante nel Pliocene;
ed in America, trovasi nel Miocene, e nella formazione più antica
Eocenica, mentre egli non è ancora constatato nel Pliocene, ma
non tarderà molto, son certo, ad esservi rinvenuto ed in quella
grande abbondanza come succede ora fra noi.
5.° Che il trovare resti del Charch. Etruscus in scarso numero
nei terreni Miocenici, ed in maggior copia nel Pliocene, sembre-
rebbe che nel Miocene ha avuto il suo principio, mentre il suo
sviluppo maggiore lo fu nel Pliocene; come il non trovare rap-
presentanti del Carch. megalodon nei terreni Pliocenici, prove-
(1) CapeLLINI. Della pietra Leccese e di alcuni suoi fossili. Memoria. Bologna 1878.
(*) Fu da me parlato di un esemplare del CarcA. rectidens, Agas. che citai pure nel
1876 nel mio lavoro « Nuovi Studi sopra ai Pesci ec. » proveniente dai pressi del Ponte
Ginori sulla Cecina, ma non avendolo da me raccolto, dubito che esso venga dal plio-
cene, ma che piuttosto venisse trasportato e deposto in questo terreno dalle piene del
torrente e che provenisse da qualche altro terreno superiore, e di formazione più antica.
STUDI SUL CARCHARODON ETRUSCUS LAW. 21
rebbe che questa specie, abbondante nei terreni più antichi, si di-
sperdesse nelle formazioni più moderne dove venne sostituito
dall'altra specie, Carch. Etruscus.
6.° E da avvertire che nelle colline di Torino, e del Vicentino,
non fu trovato la specie del Carch. Etruseus, Law. come ebbi agio
di osservare dai denti maudatimi dal prof. Carruccio, direttore del
Museo di Modena, che in copia, non indifferente, gentilmente mi
diede in comunicazione alcuni anni or sono.
Fra le circostanze che possono aver contribuito molto potente-
mente a fare passare inosservata la differenza che esiste fra il
Carch. Etruscus Law. ed il Carch. megalodon, Agas. e delle altre
specie fatte, dal sommo illustratore d’Ittioliti, non seconda causa
deve essere stata quella della scarsa raccolta fatta nel Pliocene di
questi denti dai cultori di quell'epoca, come ben si rileva dalle
lacune lasciate dallo stesso Agassiz, nella sua classica Opera fte-
cherces sur les Poissons fossiles ,, che del Pliocene appena quà e lù
cita ben rare volte, e dal non aver egli visitato le collezioni italiane
ma solo a Parigi ove studiò quelle del Monte Bolca fattivi dal Ve-
ronese trasportare dal Generale Napoleone in occasione della con-
quista da esso fatta in Italia. Come pure non parla delle colle-
zioni di denti rinvenuti nei terreni di Castellamare, di pietra,
Roja, e di quelli del calcare marnoso sub-appennino simili a quelli
che trovansi ‘a Sinigaglia, come egli dice al Vol. 1, pag. 39, e
seguenti; le quali collezioni per essere di altre formazioni, e per-
chè non furono da lui visitate, non ebbe perciò agio di riscon-
trare collezioni ricche di fossili provenienti dal Pliocene, e dove
questo era appena rappresentato.
Sicchè gli studi da Agassiz fatti sopra i denti dei Carcharodon
vennero da esso eseguiti specialmente sopra esemplari del Car-
charodon megalodon sparsi nei Musei di Europa, particolar-
22 ROBERTO LAWLEY
mente nelle collezioni svizzere, tedesche, francesi ed inglesi, fa-
cendo, per le considerazioni portate sopra di esse le sue ditferenti
specie e per non avere una sua propria collezione da potergli per-
mettere di bene riscontrarli con quelli che trovava; denti che
per la loro grandezza dovevano attirare più gli sguardi dei rac-
coglitori, e che furono forse scartati quelli dell’ Etruscus come
denti di giovani individui del Carch. megalodon che a prima vista
potevansi per tali ritenere non essendovi differenze molto notabili
ed apprezzabili da coloro che alla sfuggita le osservavano, come
egli stesso disse per la maggior parte provenienti dall'Isola di
Malta. Provenienza della quale grandemente dubitava, come ap-
punto si esprime in una nota, apposta al Vol. 3, pag. 249.
Lo stesso Agassiz aveva con la sua sagacia distinto i denti
del Carch. sulcidens dichiarando la specie differente dal Carch. me-
galodon. Se poi avesse visto in copia i denti che costituiscono la
specie del Carch. Etruscus Law.o ne avrebbe dovuto far tante spe-
cie quante sono le forme di denti che in esso si trovano, o forse
si sarebbe avvisto dell’errore e li avrebbe ritenuti come specie
che dovevano riunirsi in una sola.
Per tutto quanto io sono andato esponendo non può restar
dubbio alcuno per doversi ammettere due specie di Carcharodon
fossili, le quali fino adesso andarono confuse fra loro: l’una es-
sendo il Carcharodon Etruscus Law. e l’altra il Carcharodon mega-
lodon Agas. Del primo trovasi le traccie in piccola copia nel Mio-
cene d’Italia. In America si rinvenne pure nel Miocene, e nel
terreno più antico, cioè Eocenico. Questa prima specie va gran-
demente sviluppandosi nel Pliocene, specialmente nelle colline
Pisane, mentre non trovasi più esistere il Carch. megalodon Agas.,
e tutte le altre forme di denti, delle quali egli fa le sue specie,
che per me ritengo non essere che li stessi denti delle mascelle
STUDI SUL CALCHARODON ETRUSCUS LAW. 23
del megalodon, devono ammettersi, come appartenenti a più an-
tiche formazioni del pliocene.
Oggi che conosciamo a perfezione la dentizione del vivente
Carch. lamia Ron., della quale feci figurare la intiera mascella
alla Tav. 1, fig. 1 ridotta ad un terzo della sua grandezza na-
turale, confrontiamone i denti fossili con quelli della vivente.
A tale scopo esaminiamo la Tav. 2, ove si trovano rappresen-
tate tutte le diverse forme dei denti fossili, le quali costitui.
scono la intiera mascella del Carch. Etruscus Law:, ed ora che
sappiamo che i denti devono essere piatti, sottili più che grossi,
triangolari con punta acuta, taglienti, aventi al loro margine se-
ghettatura irregolare, piani dal lato esterno, leggermente convessi
da quello interno, slargati alla base della corona, senza però ri-
scontrarvi nessuna intaccatura; con queste cognizioni dei denti,
che costituiscono la mascella del vivente, ben facilmente li distin-
gueremo da quelli della mandibola.
La Tav.2, fig. 1, rappresenta un dente di sul davanti veduto dal
suo lato esterno, mentre la fig. 1°, lo rappresenta dalla sua fac-
cia interna, e la fig. 1", lo mostra di fianco. Ora se confrontiamo
questi denti con quelli rappresentati nella Tav. 1, fig. 2, 2°, che
sono quelli della specie vivente, li troveremo ambedue dritti, equi-
laterali, quasi piani dalla loro faccia esterna, portando alla base
del loro smalto, quando più e quando meno numerose pieghe, e
solchi, chiaramente marcati, che verso la metà di ambo le faccie
dei denti stessi vanno obliterandosi e disperdendosi; ne è che ca-
sualmente che in qualche dente non ne troviamo che tenue traccia;
per la qual cosa conviene ritenersi che queste pieghe sieno, come
nel vivente, una loro speciale caratteristica. La faccia esterna,
alla base della radice, forma un cordoncino presso allo smalto che
ne divide la corona dalla radice. Questa radice è formata da
24 ROBERTO LAWLEY
sostanza spongiosa e priva di smalto, come nei viventi; dal lato
esterno essa è dritta seguendo l’asse della corona del dente stesso
mentre la faccia interna è alquanto convessa, seguendo pure la
radice questa conformazione fino verso la sua metà d’altezza
piegando bruscamente va ad unirsi alla faccia anteriore facendo
così un ben marcato angolo, dove, come nei viventi, trovasi mar-
cato il posto atrofizzato per dove passava il nervo nutritivo del
dente.
Il cordoncino dalla faccia anteriore del dente, segna un leg-
gero angolo ottuso, mentre dalla faccia interna, scendendo un
poco più basso, che nell’anteriore, forma una leggera curva per
limitarvi il cono del dente. La punta del fossile, come nel vivente,
è leggermente rivolta in fuori verso la faccia esterna; ai bordi ha
la solita dentellatura irregolare, e talvolta bifida; in ambedue
vi sì può riscontrare, nè vi manca neppure la quasi uguaglianza
delle due branche delle radici, per essere uno dei denti della
sinfisi; tutto insomma corrisponde tanto nel vivente quanto nel
fossile, tanto che mi sembra dover stabilire per essi una perfetta
identicità.
La fig. 2, 2* e 2° della stessa Tav. 2, riporta il dente impari
del Carch. Etruscus Law. veduto da tre parti, e quantunque
il disegno non ne rappresenti uno dei più caratteristici, come
dalle successive ricerche, in seguito ne ho potuto ottenere il con-
fronto col dente terzo del vivente niente lascia a desiderare
per poterlo ammettere identico; non manca neppure dal lato an-
teriore la curva sviluppata in fuori; come pure da questo lato
vedesi la branca più sviluppata della radice. Questi due carat-
teri mostrano essere dalla parte più ravvicinata alla sinfisi, men-
tre il dente dal lato opposto, formando la sua curva rientrante,
ne obbliga la punta a voltarsi in quel senso. Cordoncino, che
STUDI SUL CALCHARODON ETRUSCUS LAW. 25
quasi retto, delimita il cono del dente dalla radice della sua fac-
cia esterna; radice che segue diritta l’asse del dente stesso dalla
faccia interna. Il medesimo cordoncino incurva seguendo la con-
vessità della faccia stessa, si abbassa più dell’opposta parte per
delimitarne il cono, mentre la radice, alla sua metà, di altezza,
ad un tratto piegasi per andare ad incontrarsi nella radice del lato
opposto, formando un angolo assai pronunziato, dove è posta la
traccia atrofizzata da cui passava il nervo nutritivo. La forma di
questo dente richiama, come nel vivente, quella dei successivi, e
sia in questo quanto nel fossile porta dentellature ugualmente
irregolari e fra loro perfettamente simili.
La fig. 3, 3° della stessa Tav. 2 mostra il dente di forma
quasi analoga al precedente che confrontato col quarto della
mascella del vivente, come può riscontrarsi alla Tav. 1, fig. 1,
niente lascia a desiderare per dichiararlo ad esso identico. Nel vi-
vente trovasi essere il maggiore in grandezza dei successivi, te-
nendo però tutti forma quasi eguale fra loro, ma che vanno gra-
datamente diminuendo d’altezza, come lo dimostra la fig. 4 della
Tav. 2.
La fig. 5, 5° di detta Tav. è destinata a rappresentare il dente
del fossile Carch. Etruscus che corrisponde al dente nono del
vivente, nel quale si vede che il dente cambiando di curva,
forma la curva stessa dalla sua faccia interna, mentre i prece-
denti la rivolgevano dal lato della faccia esterna; questo pure
sì riscontra essere affatto simile al corrispondente di quello vi-
vente.
Le fig. 6. 7, 7° S, 8° 9, 9* della Tav. 2. sono destinate esse
pure a mostrare, che tutti i denti rivoltano la loro punta dalla
parte interna delle fauci, come lo sono nel vivente, e sono ad essi
simili, queste forme tutte si riscontrano esistere nel fondo della
26 ROBERTO LAWLEY
mascella del vivente, per cui sono da ritenersi appartenenti al
Carch. Etruscus Law. e corrispondenti a quelli che il vivente
porta in tal parte della mascella stessa.
Ora che siamo andati confrontando i denti che formano la
mascella del Carch. Etruscus con quelli del vivente lamia, guar-
diamo se si potesse costatare una simile uguaglianza, con i denti
che tanto formano la mandibola vivente quanto quella fossile.
Nella Tav. 3, furono da me fatte disporre tutte le forme dei
denti del fossile, le quali ben visibilmente costituiscono la man-
dibola, deducendole dall'esame delle mandibole del vivente Carch.
lamia Rond.
Il dente della Tav. 3, fig. 1, rappresenta uno dei denti posto
sulla sinfisi veduto dalla sua faccia anteriore; la fig. 1." sta a
rappresentare lo stesso dente dalla sua faccia interna o dalla
parte delle fauci; la fig. 1° invece lo mostra veduto di fianco; il
dente fossile se si confronta con quello disegnato nella Tav. 1, fig.
3 e 3°, che rappresenta quello del vivente, posto egli pure sulla
sinfisi della mandibola, si troverà del tutto simile; infatti, è lanceo-
lato di forma, i bordi sono ugualmente dentellati con irregolare
dentellatura, che tanto nel vivente che nel fossile è simile nella sua
irregolarità, ed in ambidue troviamo qualche dentello che si mo-
stra diviso in diverse punte, quali più, quali meno grandi, e la
punta del dente non di rado è priva di dentellatura nei medesimi.
Cono del dente smaltato, radice spongiosa, del tutto priva di
smalto con un cordoncino che ben visibilmente ne delimita le
due parti, il quale facendo un leggero angolo ottuso, sopra alla
sua faccia anteriore, scende pure un poco meno in basso che nella
faccia opposta, che seguendo la convessità di essa faccia posteriore,
è più unitamente rotondeggiante.
La radice dal lato anteriore, od esterno del dente, che può dirsi
STUDI SUL CARCHARODON ETRUSCUS LAW. 27
relativamente piano, segue in tutti e due l’asse della faccia stessa;
trovasi essere ancor essa piana, fornita delle due consuete bran-
che, quasi ugualmente sviluppate dal lato interno seguendo la
rotondità della faccia, circa alla sua metà altezza fa un angolo
per andarsi questo a congiungere colla radice della faccia an-
teriore, la quale è diritta; in questa parte sfuggente si ritrova in
tutti e due la traccia del suo atrofizzato nervo nutritivo. E se noi
esaminiamo la punta del dente, essa pure egualmente ritrovasi
volgere verso la loro faccia esterna. Sicchè bisogna convincersi
che tanto nel fossile quanto nel vivente non si ravvisa ragione
per dichiararli differenti.
La Tav. 3, fig. 2, 2,2», è diretta a mostrare il terzo dente,
che quantunque di poco differisca dagli altri denti della mandi-
bola, pure tanto nel vivente, quanto nel fossile segna il dente
impari che si ravvisa un poco più piccolo, e più basso dei due
primi, e degli altri due successivi.
Nella stessa tavola è rappresentato il sesto dente (fig. 3) veduto
dalla sua faccia esterna; e la fig. 3° mostra come la sua punta cam-
bia curva, ed invece ella volgesi dalla sua faccia posteriore, mentre
quelli che Io precedono la portano rivolta verso la loro faccia an-
teriore; la fig. 4, mostra pure il successivo dente 7"° che come si
vede benissimo dalla fig. 4* rivolge esso pure, come tutti i suc-
cessivi, la punta dal lato interno delle fauci.
‘ Nella stessa Tav. 3 alle fig. 5, 6, 7, 8, si trovano rappresentati
tutti i denti piccoli di fondo delle mandibole; essi pure volgono la
loro punta indentro alle fauci. Questi, come i piccoli della ma-
scella, sono più larghi che alti; ben spesso mancano di dentel-
latura, la quale viene sostituita da una sfrangiatura del bordo del
dente, e quando la dentellatura non esiste, allora manca affatto
ciò che può distinguerli dai denti piccoli di fondo delle mascelle
di Carcharodon da quelli del genere Oxryrhine.
28 ROBERTO LAWLEY
Tutti i denti posti sulla mandibola del fossile non portano presso
la base della corona nessun solco, o piega, come si ravvisa acca-
dere nel vivente; essi invero portano delle linee, o fenditure nello
smalto, lo che avviene spesso ancora nei denti fossili della ma-
scella, ma di subito si vede che non si tratta di veri solchi e re-
lative pieghe che alterano la regolarità della superficie dello
smalto, ma di semplici traccie di fenditura, le quali debbono av-
venire nel tempo della fossilizzazione, che non alterano per niente
la levigatezza della superficie smaltata dei denti; insomma sono
quelle linee le quali si riscontrano quasi generalmente in tutti i
denti allo stato fossile.
Ho ben spesso nel corso di questo scritto, parlato della specie
Carch. sulcidens Agas, per la qual cosa, ho voluto far rappresen-
tare un dente dei più perfetti e dei più caratteristici che io pos-
sedessi; ed alla Tav. 4, fig. 2, l'ho fatto disegnare dalla sua faccia
esterna, mentre la fig. 2°, lo rappresenta dal lato opposto, cioè
dalla saa faccia interna. Nulla, secondo il mio credere, autorizza
a fare di questi denti una specie distinta da quella del Carch.
Etruscus. Law. Essi sono, quanti io ne possedo, denti anteriori
della mascella, cioè quelli posti presso la sinfisi; di tal posto pure
della mascella sono quelli disegnati alla Tav. 30°, fig. 3, a 7.
L’Agassiz nella sua opera citata, e alla pag. 254, dove ne fa de-
scrizione, non lascia dubbio che questi denti, che fece disegnare
alla tavola citata, a questa specie debbansi referire, per la descri-
zione che egli ne dà. Ed a conferma di quanto io dico, quantunque
egli li avesse a studiare nelle collezioni Tedesche, si osservi che
quelli della sua specie del Carch. sulcidens Agas. in esse furono
segnati come provenienti dai terreni terziari Italiani; fra questi
denti i più caratteristici, sono quelli provenienti dalla località di
Castelarquato, dove predomina essenzialmente il Pliocene. E quan-
STUDI SUL CARCHARODON ETRUSCUS LAW. 29
tunque l’Agassiz abbia disegnato denti di differenti età, compre-
sivi quelli giovanili; manifestamente provengono della medesima
parte della mascella.
Dunque se per la loro provenienza dai nostri terreni pliocenici, se
per la loro particolare sottigliezza, che tanto ha colpito l’autore
della specie del Carch. sulcidens Agas, non si può rinvenire diffe-
renze nè dalla forma di essi denti, nè dalla dentellatura, nè per
altri caratteri al mio Carch. Etruscus, mi sembrano a questa specie
doversi riunire, tanto più che questa mia specie non è composta
di una sol forma di denti, ma bensì è una riunione di tutte le
forme dei denti che sono portate egualmente sopra all’ intiera
mascella del vivente Carch. lamia Rond. E per avere essi qualche
solco o qualche piega di più, e queste più marcatamente sopra
di essi impresse, è da ritenersi che ciò provenga per una maggior
robustezza, di un qualche individuo nel formarlo. E come per tal
fenomeno, viene da me proposto doversi ragionevolmente ritenere
invece di riguardarlo per altra specie distinta.
La Tav. 5, fu destinata a mostrare le preparazioni microsco-
piche dei denti fossili del Carch. Etruscus Law. a confronto di
quelle del vivente, del quale ho già parlato in altra parte di que-
sto mio lavoro. La fig. 1, mostra la sezione longitudinale di un
dente veduto di fronte di sulla sinfisi nella mascella di un fossile,
mentre la fig. 2, mostra la sezione dello stesso dente fatta longi-
tudinalmente nel senso del suo spessore; e la fig. 83, rappresenta
la sezione longitudinale veduta di fronte di uno dei denti del
Carch. lamia Rond. ancor esso posto sul davanti della mascella
presso la sinfisi; però tutti questi denti sono alquanto ingranditi.
La preparazione del vivente essendo riuscita molto più sottile
lascia meglio apprezzarne l’interna sua costituzione di quel che
non possa apprezzarsi dalle due preparazioni del fossile, del quale
30 ROBERTO LAWLEY
non ho potuto raggiungere la desiderata sottigliezza. Ciò nonostante
dal confronto di questi disegni, vedesi i grossi canali i quali si
suddividono in rami minori fino vicino alla periferia, dove diven-
tano sottilissimi e quindi vanno a perdersi, e si scorge visibil-
mente la massa della dentrina formata nel cono del dente essere
più fina di quella formata nella radice, dove nel vivente, come nel
fossile, non si riscontra grossi vasi, e solo vi sì trova una quan-
tità non indifferente, di piccoli vuoti di nessuna determinata
forma sparsi ovunque per la radice stessa, cosa che non accade
di vedere nella dentrina del cono del dente. In tutte queste pre-
parazioni non trovandovi differenze di sorta, bisogna convenire
essere esse uguali ancora nella loro formazione interna, ed i denti
fossili si devono ugualmente formare nella grossezza della gen-
giva come lo si formano nel vivente; e di fatti ancora fra i resti
fossili di sovente avviene, che si riscontrino denti in via di for-
mazione, come dissi nei viventi, e che per lungo tempo ritenni
come denti guasti dall’intemperie, mentre oggi non mi resta al-
cun dubbio per ritenerli come denti non giunti alla loro com-
pleta formazione, e fossilizzatisi in questo stato. x
Dalle preparazioni microscopiche della Tav. 5, ben rilevasi
non esservi nessun vuoto centrale nella grossezza del dente,
ed essere di vero Carcharodon, che se fossero di Carcharias, do-
vrebbero nella grossezza loro, e perciò nella dentrina che forma
il dente, portare un vuoto, come asserisce l’Agassiz al Vol. 3,
p. 302, che lo rappresenta alla Tav. N. fig. 6-7; e di tal vuoto
centrale pure discorre a pag. 240 ('). Dall’assenza di tal vuoto
(1) Asserisco questo vuoto nel dente del Carcharias sulla fede dell’ Agassiz e con
poca mia convinzione non avendo ad esporre fatti per proprio conto, sopra a questo
genere e ritenendolo molto dubbio perchè il suoCarcharias tenuis Agas. fu da lui
STUDI SUL CARCHARODON ETRUSCUS LAW. 31
nei denti dei Carcharodon l’Agassiz trova conveniente di ravvici-
nare il suddetto genere alle Oxyrhine come propone il Muller et
Henle nella sua opera “Systematische Beschreibung der Placio-
stomen ,.
Ora dunque fatto il confronto di tutti i denti delle diverse
forme del fossile, si è trovato che tutti questi corrispondono con
quelli del vivente, cioè dentellatura egualmente irregolare, sot-
tigliezza nei denti della mascella, curva che in ambedue concor-
dano che i denti della mandibola, sono densi e lanceiformi, e nep-
pure manca di trovarsi denti fossili in via di formazione simili an-
cor questi a quelli viventi; punte che si volgono dallo stesso lato,
in ambedue i rami delle radici sviluppati piu dal lato che guarda
la sinfisi; pieghe nei denti ugualmente e ben di rado non esi-
stente nei denti della mascella, mentre del tutto sono mancanti nei
denti della mandibola, ed in tutti i denti fossili riscontrasi il solito
foro per cui passava il nervo nutritivo ugualmente che nei viventi;
sezioni microscopiche che non danno nessuna differenza fra il
vivente, ed il fossile; infine la possibilità di poter rifare, come ho
già detto in altro mio lavoro, un’intera mascella con i denti fos-
sili, che per nulla differisce dal vivente. A questa riunione di forme
ho proposto che venga chiamata col nome di Carcharodon Etru-
scus, non solo per distinguerlo con nome speciale, perchè è fossile,
fatto sopra ad un frammento di dente tuttora adeso alla roccia il quale se si dovesse
giudicare dalla descrizione da lui datane e dal disegno, sarebbe da ritenersi per un
dente della mandibola del CarcA. Etruscus Law. E l’altra sua specie di Carc4. acu-
tus Agas: lo ha stabilito sopra ad un disegno, di un dente mutilato che egli ha ri-
portato Vol. 3 Tav. 36, fig. 8 e 9, che a vero dire è molto dubbioso per la sua forma.
Perciò mi sembra aver egli avuto molta difficoltà di stabilire se esistesse in ambi
due l'interno vuoto che essi dovevano portare per dichiararli come di Carcharias. Onde
secondo il mio credere, dobbiamo per adesso attendere qualche conferma per ammet-
tere questo genere fossile, e queste due specie per ora assai incerte.
32 ROBERTO LAWLEY
quanto ancora perchè questa nostra Toscana ci fornì il materiale
adattato onde constatare questa osservazione. E se fino ad ora si
presentò qualche difficoltà per ricostruire la suddetta intera ma-
scella, tal difetto provenne da doversi servire di denti di ogni età,
di diversi individui, è fossilizzati sotto varie condizioni, il chedà alla
ricostituzione un sembiante un poco disuguale. Ma non dubito
punto che non andrà molto lungi che mi sarà dato rinvenire l’in-
tera mascella di uno stesso individuo fossilizzato sotto le stesse con-
dizioni, che sanzionerà il fatto.
Dovremo noi dunque tardare a dichiarare che il vivente non
sia altro che il discendente dell'antica specie fossile, che neppure
per la grossezza dei suoi denti in nulla differisce? E solo se qual-
che dente fra i fossili si trova più grande, deve ciò provenire dal
non avere noi che difficilmente dei Carch. lamia Rond. adulti, nè
trovasi cambiata fra il vivente ed il fossile neppure la località, per-
chè questo vivente pesce cartilagineo, abita tuttora il Mediter-
raneo, e di poco perciò si allontanò col ritirarsi del mare, da dove
visse nell’epoche Plioceniche.
Allo stato fossile, deducendolo dalla grandezza dei denti e ri-
tenendo il Carch. Etruscus come l’antenato del vivente, di poco
deve avere oltrepassato di grandezza e di peso l’attuale, il quale
sappiamo da Miller et Henle potere arrivare fino alla lunghezza
di piedi 14.
L’ Agassiz a pag. 246 del vol. 3, dice che ha figurato alla Ta-
vola /, fig. 3, a grandezza naturale, l’intiera mascella del Carch.
lamia, che riscontrata con quella che tengo scheletrita doveva
essere di un individuo ben piccolo, essendo i denti della mia ma-
scella almeno di un terzo, se non di una metà, maggiori della sua,
e questo che possiedo non lo posso riguardare per il più grosso
individuo ch'io abbia incontrato, perchè al Museo di Modena mi
STUDI SUL CARCHARODON ETRUSCUS LAW. Hi
fu permesso dal Direttore Prof. Carruccio di ‘prendere sopra ad
una molto più grande mascella tutti quegli appunti che mi ab-
bisognarono, solo non pensai di appuntare la sua misura, nè no-
tare la grandezza dei grossissimi denti.
I denti del Carch. Etruscus Law., sono comuni in tutte le
nostre Colline plioceniche, e fino a questo giorno ne ho radunati
un numero ragguardevolissimo, incirca N.° 250, di molte loca-
lità; questo numero, benchè vistoso, non si approssima minima-
mente alla copia di denti, che in quelle medesime località si rin-
viene di Oxyrhina Agassiz Law. e dell'Oxyrhina Desorii Agas., delle
quali specie potei riunirne qualche migliaio, perciò sono costretto
a dirlo, relativamente raro.
Non vi è dubbio alcuno, che quelle località dove maggiormente
abbonda il Carch. Etruscus non sieno le argille di Orciano, ne ho
però rinvenuti a Volterra, Lucardo, e Peccioli: Siena me ne ha
forniti parecchi. Ne ho notati diversi nella collezione del signor
Achille Mariani di Castellarquato, che visitai nel 1880. Molti
da me furono rinvenuti nella pietra lenticolare di S. Frediano
presso Casciana; come pure non devono mancare nella lentico-
lare di Parlascio se vi fossero attivati gli scavi per pietre come
lo fu per S. Frediano.
Me ne furono dati due, di cui uno della mascella, e l’altro della
mandibola, dal Dott. De Stefani da lui raccolti presso San Mi-
niato al Tedesco. Altri denti di questa specie mi furono mandati
dal mio amico Dott. Foresti, aiuto Professore della cattedra di
Geologia di Bologna, onde li studiassi. Questi provenivano dalle
località circonvicine, e più specialmente dalle argille turchine di
Pradalbino e da Monte Biancone. Il suddetto sig. Foresti rinvenne
pure in Pradalbino denti di adultissimo Curcharodon che potè
giustamente riportare alla specie del Carch. sulcidens Agas. ma
3
34 ROBERTO LAWLEY
che per ciò che sono andato discorrendo, non sono che denti di
adultissimi individui del Carch. Etruscus Law., e di questi denti
ne ho raccolti ben dodici esemplari nelle località di Orciano, di
Volterra e di Siena.
Buon numero, ebbi agio di vedere e studiare nella collezione
di Don Antonio Ferretti, Prevosto a S. Rufino presso Scandiano
nel Modenese, e da esso raccolti nelle vicine argille, denti tutti da
riferirsi a questa specie. Il Museo di Pisa, come pure quello di
Firenze, ne possedono una discreta quantità nelle loro collezioni,
e nei loro magazzini. Il cav. Ulderigo Botti ne ha pure trovati
diversi nella pietra Leccese.
SUD]
SUL
GENERE CARCHARODON MEGALODON, AGAS.
Fino da data antichissima i denti del Care. megalodon Agas. at-
tirarono l’attenzione degli studiosi di cose naturali, ed invero non
poteva avvenire altrimenti in quanto che qualcuno di essi denti
acquistarono dimensioni veramente colossali da sembrare impos-
sibile che avessero potuto far parte di una mascella di pesce; per
cui la mente umana esaltata ed incerta sulla possibile esistenza di
mostri tali, andò per lungo tempo ricercando a che potere attri-
buire simili resti fossili.
Gli antichi nostri scrittori per dar loro un nome, li chiamarono
Glosso-petre, come la parola stessa lo esprime, ritenendole per
lingue pietrificate provenienti dalle bocche di alcuni grossi ser-
penti; ed altri denti di pesci furono chiamati Buffoniti, che per
la loro bizzarra forma attribuirono ad occhi di pesci, o di rane.
Ma a togliere su di ciò ogni incertezza, fu Scilla che lungamente
discutendo su di essì, riportò i primi a denti di pesce, cioè al
Carcharodon, ed i secondi a Chrysophrys. E questo avvenne pel con-
fronto che egli ne fece coi denti viventi, come con altri confronti
scoprì quelli di OxyrRina Desori Agas. e gli altri di Notidanus.
D’allora in poi niuno più li messe in dubbio, e lo studio di
36 ROBERTO LAWLEY
questi resti di pesci fossili, quantunque lentamente, progredì fino
al punto d’oggi e sempre più progredirà per lo studio che su di
essi si verrà a fare.
Tutti i Musei di Europa si dettero cura di scegliere e riunire
a preferenza i più belli esemplari di questi denti, che per la loro
grandezza sì erano resi più appariscenti, e per essa si eran posti
più in evidenza, e molto più sparsi si trovavano nei terreni an-
tichi, i quali furono i primi ed i più esplorati che quelli di altre
epoche; perlochè questi denti vennero ad essere i primi studiati.
L’Agassiz finalmente gli distinse col nome specifico di Carch.
megalodon col quale oggi sono conosciuti e nominati in tutte le
collezioni.
Doveva essere riserbato al terreno Pliocenico di far conoscere,
e constatare l’altra specie del Carch. Etruscus, Law., mancando
in questo terreno affatto il Carch. megalodon, mentre tanto ab-
bondava di resti dell’ Etruscus, i quali denti forse potevano pas-
sare per quelli di giovani megalodon che come già dissi, in scarso
numero si rinvenivano sparsi nei terreni più antichi.
L’Agassiz non facendo una propria e vera raccolta, andò stu-
diando per tutti i Musei d'Europa gli sparsi denti facendone
così non meno di 18 differenti specie, fra le quali mise quelle che
sono da riportarsi al mio Carch. Etruscus. Per tal fatto fu indotto
a moltiplicare le specie stesse basandole su di ogni più piccola
differenza che in detti denti ravvisava, e per distiuguerli dagli
altri gli convenne mutare nome, non considerando poter essere
semplicemente differenza di posizione.
Alla qual cosa serve di conferma quello che il Gibbes dice nella
sua memoria sopra gli Squalidi degli Stati Uniti di America, da
lui riportati a pag. 139, che dimostra essere la sua collezione,
in genere di Squalidi, la più amplia, e ricca che in America si
STUDI SUL CARCHARODON MEGALODON AGAS. 37
rinvenisse tanto per quelle particolari, quanto per quelle pub-
bliche, e facendo elogi della costanza del lavoro, della scienza, del
coscienzioso candore scientifico manifestato dall’Agassiz, non meno
che della sua gentilezza unita alla sua libera mente, scevra di
ogni personale considerazione. Questo gran Paleontologo, fece os-
servare al Gibbes stesso che dei molti denti da lui stati descritti
come singole specie, dalle osservazioni di altri studiosi, e per le
maggiori cognizioni acquistate da esso Agassiz, si sarebbe indotto
a rigettare alcune specie per riunirle ad altre. Lo stesso Gibbes
riportò le medesime parole dette dall’Agassiz in idioma francese,
per mostrare quanta fosse la difficoltà di questa riunione e scelta
di denti.
Questi dubbi forse molte volte furono dall’Agassiz visti, e sen-
titi e se non li manifestò deve essere la circostanza dell’impossi-
bilità di poter vedere riunito assieme un ingente quantità di ma-
teriale di denti di Squalidi della stessa specie, che forse gli impedì
di rendersi ragione che le differenti forme di denti non potevano
provenire che dalla diversa posizione che tenevano nella mascella.
A persuaderlo dell’errore bastò lo aver veduta la prima volta
la collezione del Gibbes, e fu allora che ne propose la soppressione
di diverse specie.
Ora con dubbi emessi così esplicitamente, dal celebre Natu-
ralista di Neuchatel; dalle osservazioni della similitudine della
dentizione che queste hanno con quelle del vivente Carch. lamia.
Rond. e di queste con quella del fossile Carch. Etruscus, Law.
ritrovandovi in essa tutte le forme del vivente, credo di potere
emettere una proposizione, la quale se, come spero, verrà accet-
tata da coloro che sono in località adattate da poter fare una
riunione di qualche centinaio di denti del Carck. megalodon, facil-
mente sì convinceranno e riteranno provato che questa specie
38 ROBERTO LAWLEY
porta dentizione di forme simili tanto nel vivente quanto nel fos-
sile citato, e sparirà ogni dubbio e difficoltà ad ammettere che la
specie del Carch. megalodon, Agas. potesse avere una simile den-
tizione, tanto più che di essi denti si rinvengono quasi tutte le
forme che attribuire si possono alle differenti posizioni in cui
sono posti nelle mascelle, e soltanto nel megalodon aumentate
le proporzioni, non mai variate le forme. Perciò mi parrebbe, di
non solo riunire alcune delle specie, ma tutte quelle che avessero
dei caratteri comuni e far diventare una sola specie le tante
fattene dall’ Agassiz, per marcare ogni minima differenza della
sua dentizione; esempio pure seguìto dai successivi Paleontologi,
ogni qual volta gli avveniva trovare denti con qualche piccola
differenza peranche non avvertita, nè peranche descritta da altri;
dentizione che poi ritrovasi uguale per forma pur nella fossile
Oxyrhina Agassizii Law. esclusione fatta dalla dentellatura mar-
ginale dei denti di essa. Questo fu il motivo per cui fu ritenuta,
e giustamente, dal Muller et Henle per dentizione da avvicinarsi
al genere Oxyrhina, cosa che Agassiz ritrova giusta.
E se oggi posso dare una qualche idea, ed emettere un qualche
ragionamento sulla specie ora in questione, lo debbo alla cortesia
e bontà, le tante volte esperimentata del distinto naturalista e
mio amico sig. cav. Ulderigo Botti, direttore del Museo Pro-
vinciale di Lecce, che alla capacità riunisce il raro pregio di ze-
lante raccoglitore. Imperocchè di Lui non e a dirsi, come di qual-
che Museo, od altri collezionisti, che quando hanno raccolto il
materiale in piccolo numero d’esemplari di una stessa specie non
seguitino a raccorne una quantità, quantunque sia ben vero che
spesse volte per ottenere una tal riunione di esemplari fa osta-
colo la ristrettezza dello spazio, che uno può concedere alle
proprie collezioni. Ma certo molte volte fra i resti di pesci
STUDI SUL CARCHARODON MEGALODON AGAS. 39
fossili non si può, che da un abbondante raccolta venire ad una
pratica conclusione, come precisamente avverrà in questo caso.
Ora dunque dicevo che se il cav. Botti, ancora egli persuaso
della verità di riunire in gran copia i resti di Carch. megalodon
Agas., non avesse profittato della località della pietra Leccese,
dalla quale, quantunque con qualche difficoltà, pure gli fu dato di
estrarne numerosi esemplari della specie accennata, e non si fosse
dato cura di riunirne ben 150 esemplari, e con gran liberalità
non me li avesse passati in comunicazione, per certo non avrei
potuto fare le seguenti osservazioni. E se non ne stimo sufficiente
il numero da lui riunito per averne senza il menomo dubbio la
certezza, è però un numero assai cospicuo da potervisi approssi-
mare; perciò non posso che a lui porgere i miei più vivi ringra-
ziamenti per avermi offerto il mezzo per le mie osservazioni qua-
lunque esse sieno.
Ora valendosi degli studi già fatti sopra la dentizione del vi-
vente Carch. lamia, Rond., quanto sopra a quella del fossile Carch.
Etruscus, Law. e della specie del Carch. megalodon, Agas. resterà
ben facile, e ad ognuno sarà permesso, di fare la divisione delle
due forme di denti che ne adornano la mandibola, da quelli che
stanno nella mascella, facendone la separazione stessa secondo le
due forme già conosciute nelle due specie ora citate, cosa possibi-
lissima a ravvisarsi dalla grande analogia di forme che fra loro
esiste.
Il maggiore sviluppo che prende una delle due branche delle
radici unitamente alle curve del cono del dente, evidentemente
stabilisce il lato dritto, o sinistro che il dente riteneva nella ma-
scella; se si separerà da quelli della mandibola quando viveva
l’animale, ben presto si vedranno, per le loro forme caratteristi-
che, i denti anteriori della sinfisi, da quelli laterali mediani delle
40 ROBERTO LAWLEY
mascelle; come pure scopriremo i denti piccoli del fondo prossimi
alla gola; altrettanto potremo dire per quelli delle mandibole.
Ora, se per tale analogia, e se con i dati che abbiamo tolti dalle
forme delle altre due specie succitate, abbiamo potuto trovare il
posto che occupavano i denti stessi nelle due mascelle del Carch.
megalodon Agas.misembra che sia bastante prova per stabilire, che
con le debite proporzioni di grandezza si debba ritenere che tutte
le tre specie di pesci avessero uguali forme di dentizione. Certa-
mente però le dimensioni dello squalide che portava i denti, che
è convenuto riconoscersi sotto il nome specifico di Carch. mega-
lodon, Agas., non potevano essere che di molto maggiori, delle al-
tre due specie. Verrò a dire in seguito quale era l'opinione dei
vari autori, e a quale grandezza approssimativamente essa specie
di megalodon potesse giungere, e da quali dati l’arguissero.
Il numero degli scrittori che hanno parlato del arch. megalo-
don Agas. essendo ragguardevolissimo ed avendone di esso date
buone figure, mi esime di replicarne molte delle forme in discorso,
piuttosto farò delineare le principali tre forme di una località
certa ed italiana, provenienti dalla pietra Leccese; forme le più
caratteristiche favoritemi dal cav. Botti, ricordato.
Per ora i denti che la specie Carch.. megatodon porta nel fondo
della bocca mi sono del tutto ignoti, e non ci vorrebbe che una
fortunata combinazione, come lo fu per l’Oxyrhina Agassiz Law.
di poter trovare un cento o più denti riuniti in un sol posto, che
dimostrassero essere appartenuti ad uno stesso individuo, fossi-
lizzati insieme e sotto condizioni uniformi, dal che risulterebbe
la scoperta dei piccoli denti di fondo, non solo, ma ancora di
quelli in via di formazione, la qual cosa sempre più avvalore-
rebbe l’idea di un eguale formazione di dentizione.
La forma di questa specie ha un aspetto che ben si distingue
STUDI SUL CARCHARODON MEGALODON AGAS. 41
dai denti del Carch. Etruscus, Law. che è quanto dire dal vivente
Carch. lamia, Rond., ed è che i denti d’individui adulti, la loro
incomparabile grossezza e grandezza li fa ben distinguere, men-
tre quelli d’individui giovani, ancorchè fossero più piccoli dell’altra
specie, vengono distinti, e ne denotano tale differenza, sì per la
relativa grossezza, che per la loro forma speciale, che l'occhio del
più inesperto dilettante di tali studi subito li riconosce ancor se
son confusi gli uni con gli altri. Ma quello che maggiormente fa
apprezzare la differente specie, sì negli adulti che nei giovani in-
dividui, è l’incomparabile unitezza della seghettatura dei loro
bordi; unitezza ben sensibilmente apprezzabile in tutti i denti, di
qualunque siasi parte provenghino dalla mascella. Una più larga
impressione della gengiva, dove divide la base della radice, dal
cono del dente, che ben spesso sorpassa sopra lo smalto del dente
stesso, cambiandone il colore. È poi da notarsi una particolarità
assai singolare di questa specie, la facilità con la quale il dente
tende ai lati della base, presso la radice, di auricolarsi; partico-
larità che mentre ha fatto crearne di questi denti, dove maggior-
mente questa auriculatura trovasi più sviluppata, specie distinta
dai diversi autori. Io però questo carattere non lo ritengo come
specifico nè sufficiente, rinvenendo questa tendenza ad auricolarsi
in quasi tutti i denti delle specie in questione, ma più poi sensi-
bilmente e quasi di frequente riscontrasi in quelli delle mascelle,
quantunque non di rado avvenga anche in quelli delle mandibole,
cosa che fu pure avvertita dal Gibbes, nella sua monografia; ed
alla p. 142, dichiara tal particolarità, priva di qualunque carat-
teristica per poterne fare specie separata.
Altra osservazione da farsi si è quella, specialmente nei denti
posti presso la sinfisi, cioè che quelli anteriori delle mascelle por-
tano un elegante ondulatura sulla loro faccia anteriore od esterna,
42 ROBERTO LAWLEY
la quale cosa ho più in particolar modo osservato in quelli pro-
venienti dalle colline di Torino, che per lo studio ebbi dal Prof.
Carruccio Direttore del Museo di Modena. Di questa ondulatura
ne vien fatta menzione dal Gemellaro che dice rinvenirsi, in quei
denti da lui raccolti in Sicilia. A me però non mi è avvenuto di
poterla osservare nei denti provenienti dalla pietra Leccese. Altro
carattere, che ben spesso s'incontra nei denti di questa specie,
sono certe fenditure nello smalto delle due faccie, anteriori, e po-
steriori, che più spesso si possono osservare in quelli di individui
adultissimi; le quali fenditure longitudinalmente si dipartono
dalla base della radice e qualche volta si estendono fino quasi al
bordo dentellato; tali fenditure le riterrei per uno degli effetti
della fossilizzazione nè saprei ad altro attribuirlo.
La radice più grossa e densa, che non lo è quella delle altre
due specie, ha però la stessa loro struttura, cioè piana dalla fac-
cia esterna, ed angolata da quella opposta, dove trovasi co-
stantemente il segno per dove passava il nervo nutritivo che fu
atrofizzato; come pure troviamo i coni dei denti con caratteri
uguali e comuni alle due stesse specie, cioè piani, e quasi che con-
cavi dalla faccia esterna con punta rivolta all’infuori, mentre l’op-
posta è convessa in proporzione della grandezza dei denti.
Scelti che si abbiano i denti della mascella, per le ormai co-
nosciute forme, da quella lanceolatura che distingue quelli che
sono posti sulla mandibola. Esaminandola a prima vista vi trove-
remo quelli che restano accostanti la sinfisi della mascella, che è
facile riconoscerli dai susseguenti, essendo essi, come nelle altre
due specie, di forme equilaterali. Alla tav. 6, fig. 1, e 1* ho fatto
disegnare uno di tali denti il più bello che io mai abbia visto, e
che forma parte di quelli che il cav. Botti ha riunito per il Museo
STUDI SUL CARCHARODON MEGALODON AGAS. 43
di Lecce ('). Questo dente dalla sua faccia anteriore misura in lun-
ghezza mill. 0,110; dalla sua parte concava, le sola radice misura
mil. 32, le branche, di questa rilevandosi sono di mill. 0,020, e dal suo
abbassamento centrale forma un dente di mill, 0,130 nella sua to-
tale lunghezza; la larghezza alla base della corona, è mill. 0,100,
ela grossezza, o densità, misura mill. 0,028. La sua forma e trian-
golare, i suoi bordi elegantemente flessuosi sono equilaterali, mu-
niti di fitta ed unitissima seghettatura che lo percorrono per
tutto il suo bordo; dente molto concavo dalla sua faccia ante-
riore. La radice da questo lato forma circa la quarta parte della
sua altezza, è l'impressione della gengiva è appena visibile, ma
però avente un altro colore che si mostra ricorrente alla base
del cono del dente; la radice segue dritta l’asse del dente stesso;
è priva di smalto, e costituita al solito da una sostanza spun-
giosa. Esaminando il dente dalla opposta faccia interna lo tro-
viamo assai convesso, come possiamo vedere alla Tav. 6, fig. 1;
la radice con la larga impressione della gengiva, che scende sullo
smalto del cono del dente, forma più della terza parte dell’in-
tiera faccia, e più della metà del cono stesso; questa impressione
della gengiva che nel centro del dente misura mill. 0,005, va as-
sottigliandosi da questo punto fino al bordo del dente, dove si
riduce ad una sola riga che quasi perdendosi gira la faccia giù
descritta; la radice, che per un poco segue l'andamento del dente
ad un tratto ritirandosi, va ad incontrare la radice stessa della
faccia opposta facendo perciò un angolo ottuso assai pronunziato
(1) Di questo dente trovasi un ammirabile modello fatto eseguire dal Prof. Ca-
pellini per il Museo Geologico di Bologna. Ciò prova che fu ritenuto meritevole di
riprodursi.
44 ROBERTO LAWLEY
nel punto ove trovasi l'impressione del nervo nutritivo atrofizzato
nel dente; specialmente sopra a questa faccia posteriore, si rin-
vengono le fenditure delle quali parlai superiormente. Di questi
denti se ne debbono trovare, disposti due per parte, alla sinfisi
come si ritrovano nel vivente.
Dalla stessa Tav. 6, fig. 1° si potrà vedere quanto la punta
del dente volta sulla sua parte esterna, per cui da questa faccia
viene ad esser concavo.
Prendendo l’Agussiz in considerazione la varietà di forme di
questi denti ne formò le 3 specie, quella cioè di Carch. mega-
lodon; quella del Carch. equilateralis; e quella del Carch. subau-
ricolatus; ed a quest’ultimo forse è da riportarsi la varietà della
quale fra poco parlerò.
Il Gibbes però di questi denti conferma la specie di Carc4.
megalodon Agas. e da quanto lo stesso Agassiz le disse, vi unisce
pure le altre due specie del Carch. equilateralis Agas. e del Carch.
restidens Agas.
Il Gemellaro nel suo lavoro “ Ricerche sui pesci fossili della Sici-
la , ritrova in questi denti il Carch. megalodon Agas. che li rap-
presentò alla Tav. 2, fig. a, è, c. Lo stesso ha fatto il Gemellaro
alla Tav. 3, fig. 1, 2, 3, sopra a differenze individuali, ed a posi-
zione nella mascella, dimostra la sua specie del Carch. megalodon,
Agas. varietà Sicula; ma la fig. 3, evidentemente ci mostra essere
dente proveniente da altra parte della mascella stessa, cioè da
quelli della parte centrale di essa.
Ancora Eugenio Sismonda nel suo lavoro “ Descrizione dei Pesci,
e dei Crostacei fossili del Piemonte, constatò fra i denti che raccolse
a Monferrato la specie Carch. megalodon Agas. ed alla sua Ta-
vola 1, fig. 8, a 13, li figura, con ragione, come denti apparte-
nenti a questa stessa specie.
STUDI SUL CARCHARODON MEGALODON AGAS. 45
Fsaminati bene i suddetti disegni mi farebbero credere trat-
tarsi piuttosto di alcuni di essi che occupassero la sinfisi della
mandibola anzichè della mascella.
Agostino Scilla nel suo lavoro “ De Corporibus marinis lapidi-
scentibus , disegnò molti denti che visibilmente si riscontrano per
denti del Carch. megalodon Agas. come si può vedere nelle sue
Tav. 3, 5, 6, quantunque nessuno di questi sia da riportarsi a quelli
della sinfisi della mascella, eccetto quello che disegnò alla Ta-
vola 6, fig. 1, che quantunque delineato in scorcio ben si ravvisa
provenire dalla sinfisi della mascella mentre gli altri apparten-
gono ad altre parti della mascella stessa e nessuno ne disegnò di
questa specie che appartenesse alla mandibola.
Per maggiormente apprezzare le specie dei denti in parola
alla Tav. 7, fig. 1, ho fatto disegnare altro dente che questo pure
fa parte della collezione del Museo di Lecce, ed ho quasi certezza
che esso occupasse il posto della sinfisi della mascella, ed è di
quella specie stessa, ma differisce assai di forma da quello che ho
rappresentato nella Tav. 6, fig. 1 essendo di esso meno denso; si
presenta con bordi più diritti e meno flessuosi; è seghettato con
simile ed unitissima dentellatura per tutto il bordo stesso; l’im-
pressione della gengiva, dalla sua faccia interna, ha diverso co-
lore; è ugualmente alta, e marcata nel centro del dente da dove
va assottigliandosi verso il bordo, per venire poi a marcare sulla
sua faccia esterna la sola divisione del cono del dente dalla ra-
dice. Questo dente ha la punta meno larga dell’esemplare ripro-
dotto nella Tavola 6, però è di esso molto ‘più rivolta verso la
faccia esterna come si può apprezzare dalla fig. 1* tav. 7, ove
vedesi il profilo, perciò si presenta da questa sua faccia, molto più
concavo; l'angolo alla base del cono con la radice, tracciato sullo
smalto, è molto più basso, e risentito in questo punto che dalla
46 ROBERTO LAWLEY
sua faccia esterna; un orliccio poi ben marcato ne stacca la ra-
dice dal cono stesso, il quale ha tendenza, ad auricolarsi al suo
margine. Misura mil. 0,100 di lunghezza, alla sua faccia esterna,
sopra mil. 0,090 dalla base della sua radice; ed ha una densità
eguale alla metà centrale della base stessa che è di mil. 0,023;
dal che vedesi non essere esso molto più piccolo dell’altro rappre-
sentato alla Tav. 6; in tutto il resto della sua descrizione, è com-
pletamente uguale al già descritto, che per brevità non starò qui
a ripetere.
La fig. 11, Tav. 30° vol. 3, e la descrizione che a pag. 251 nè ha
data l’Agassiz per il Carch. subauriculatus, Agas. perfettamente
corrisponde con questo dente, e giust’ appunto questa specie è
una di quelle che l’Agassiz consigliò al Gibbes di riunire al Carch.
megalodon, Agas.
Io veramente pure sono di opinione che esso sia, come riten-
gono i due citati autori, una stessa specie di Carck. megalodon,
Agas.
Ma fra i denti speditimi dal cav. Botti ho avuto luogo di rinve-
nirne alcuni che provengono dalle altre parti delle mascelle, e delle
mandibole, i quali mi richiamino questa special forma di denti
tutta sua propria, non potendo supporsi che questa loro conforma
zione così variata, possa essere portata da uno stesso individuo
nel medesimo tempo e nella stessa dentatura, salta bene alla
mente che tali differenze di forme provenghino piuttosto da una
varietà, che benissimo potrebbe attribuirsi al sesso.
Nella Tav. 7, fig. 2, e 2* feci pure disegnare un dente prove-
niente dalla parte mediana di una mascella, che è da ritenersi
esso pure di quella stessa forma variata della fig. 1, 1° della
stessa Tav. 7, mostrando esso pure l’auriculatura alla base della
radice tanto a destra, che a sinistra. Come pure alla Tav. 9, fig. 2,
STUDI SUL CARCHARODON MEGALODON AGAS. 47
2° fu disegnato altro dente della sinfisi della mandibola che lo
riguardo appartenere ad un individuo molto adulto. Questo pure è
da riportarsi alla forma variata in questione. Alla Tav. 10, fig. 1,
1° 1" volli pure che fosse disegnato altro dente di un grosso indi-
viduo, che doveva essere posto verso il fondo della mandibola in
prossimità dei piccoli ultimi; anche esso è di eguale variata
forma.
Per brevità non starò a farne minutamente la descrizione di
nessuno di essì denti, solo pregherò l’amatore di tali studi a porre
la sua ispezione sulle citate figure e ne concepirà le loro signi-
ficanti differenze.
Il dente fatto disegnare nella Tav. 8, fig. 2, 2° 2° in tre posi-
zioni differenti, affinchè ciascuno meglio lo possa apprezzare in
tutte le sue parti, per la sua speciale forma, quantunque prove-
niente da un individuo non adultissimo, lo ritengo per il dente
impari della branca sinistra della mascella. Infatti questo dente,
di una perfettissima conservazione, è auricolato da tutti e due i
suoi lati. Se si pone a confronto con quello del vivente, dell’ana-
logo posto, mi sembra che non lasci nessuna traccia di dubbio,
mentre che non puossi trovare parole atte per esprimere questa
intima convinzione, la di cui forma evidentemente dimostra es-
sere di una dentizione normale (!).
Nella stessa Tav. 8, fig. 1, 1° è disegnato un dente della pietra
Leccese, che ben probabilmente è quello che vien subito dopo
(1) E qui conviene ripetere ciò che dice l’ Agassiz, che senza una mattematica
certezza per l'occhio esercitato e per la mente messa a tortura, l’intima convinzione
equivale in alcuni casi, ad una quantità di caratteri speciali che possono servire di
guida per apprezzare od essere sicuro del proprio giudizio, quantunque, non possa
venire espresso con parole.
48 ROBERTO LAWLEY
l’impari. Il suo stato di conservazione, se non è perfettissimo,
poco lascia a desiderare, e con ragione può dirsi magnifico. Non
mi perderò a farne una dettagliata descrizione, sembrandomi che
non ve ne sia assoluta necessità, solo dirò che la curva esterna
del dente e molto dritta, e meno flessuosa di quelli del Carch.
Etruscus, Law., cosa che si rinviene in quasi tutti gli esemplari
aventi la stessa provenienza, e che per mancanza di esemplari
di altre località, non ho potuto farne il confronto respettivo nè
so se questo carattere possa riguardarsi estesa alla specie. Questo
adultissimo dente della mascella, può dirsi ancor’esso apparte-
nere ad un individuo di dentizione normale, quantunque non vi
sì scorga traccia di orecchiette.
Alla Tav. 6, fig. 2, 2°, trovasi pure altro dente di un individuo
molto più piccolo, esso pure proveniente dalla parte mediana
della mascella ed è auricolato dal suo lato interno; dente in per-
fetto stato di conservazione, ed appartenente a normale denti-
zione.
Però per adesso mancano fra i denti della pietra Leccese quelle
forme che si potrebbero attribuire al fondo delle fauci. Non du-
bito però che ben presto vi saranno rinvenuti, dalla ormai ben
nota solerzia del Direttore di quel Museo cav. Botti.
Una osservazione è pure da farsi sopra i denti delle mascelle
di questa specie, ed è che mentre nella specie fossile, Carch.
Etruscus, Law. come nel vivente, è quasi una eccezione che le
due faccie dei denti sieno prive di pieghe, e che quella in gene-
rale esterna, ne sia la più provvista, mentre nei denti della ma-
scella del Carck. megalodon, Agas, si è invece una eccezione il
trovarvene qualcheduna, e se vi si rinvengono riduconsi ad una,
o poch’altre vestigie per tracciarne meglio lo spigolo centrale
della faccia esterna.
STUDI SUL CARCHARODON MEGALODON AGAS. 49
Si trova pure che il dente da questa parte può considerarsi
come relativamente piano, perchè le depressioni ed i rilievi che
in esso vi si trovano possono essere apprezzati più da riflessi,
che da vistosi abbassamenti della superficie, perchè mentre nel
centro del dente esiste una linea elevata che ne traccia la sua
metà, lateralmente vi sono due leggeri abbassamenti qualche
volta formati dalle pieghe come già dissi; ma verso il bordo si
rialza, e di nuovo diminuendo ne staccano il bordo stesso assai
poco più rilevato; mentre poi in totale il dente viene ad essere
molto più concavo, e maggiormente quanto più la punta viene a
rivolgersi sopra a questa faccia esterna.
Notevolissima è la tendenza che i denti delle mascelle hanno
ad auricolarsi; ma di ciò andrò a parlare più estesamente in se-
guito. Particolarità poi che ha indotto molti Autori a formarne
specie differenti, quando qualche dente fu in questo stato rinve-
nuto, e considerato isolatamente.
La mandibola, come ora mai sappiamo, deve avere denti di
forma meno variata, cioè tutta lanceolata, piana, o quasi piana
dalla sua faccia esterna, e l'angolo che è alla base della radice
forma col cono del dente un angolo molto ottuso ed aperto,
mentre dalla faccia interna lo segna quasi che retto; questa
faccia si trova essere molto convessa; la punta al solito si rivolta
leggermente sulla sua parte anteriore come lo è nel vivente;
questa faccia anteriore è, relativamente, sempre piana, e alla sua
metà delle radici si trova il solito abbassamento, per formar
poi le due branche, una delle quali, quella cioè che riguarda la
sinfisi, è più sviluppata dell’altra, e la radice è di sostanza spun-
giosa; la solita seghettatura caratteristica, fine ed unita, orna il
bordo di questi denti come quelli della mascella. Alla base del
cono, dalla sua faccia interna, trovasi pure la larga impressione
11
50 ROBERTO LAWLEY
della gengiva, che monta sopra ailo smalto, e che decrescendo
fino ai bordi, non lascia di se che una traccia per seguitare sul-
l’opposta faccia anteriore la divisione del cono stesso con la sua
radice. La radice poi, con la base del cono dal lato della sua
faccia esterna, presso l'impressione della medesima, forma un
angolo molto ottuso, cioè slargato, mentre dalla faccia interna
scende assai più in basso sul cono, e l’ angolo che vi forma è
molto più stretto che in alcuni denti si avvicina all’ angolo retto.
La radice della faccia anteriore segue come nel vivente diritta
l’asse del dente, e dalla faccia opposta, cioè posteriore, mentre
è dritta fino alla sua metà altezza, fa angolo molto sentito per
andar poi a congiungersi con quella dritta dell’opposta faccia, e
precisamente dove in mezzo di quest’angolo trovasi sempre la
traccia dell’ atrofizzato nervo nutritivo.
I denti più robusti, più grossi, ed i più grandi della mandibola,
saranno certamente quelli posti sulla sinfisi, come lo sono nel
vivente, i quali portano le branche delle radici ugualmente svi-
luppate, ed i successivi diminuendo di grandezza, susseguiranno
fino agli ultimi piccoli quelli posti nel fondo delle fauci man-
canti essi pure in questa mandibola ('). Onde è che da questi
principieremo a discorrere.
(1) Dai denti della prima spedizione fattami dal sig. cav. Botti nel maggio del
1880, quelli che adornavano le mascelle erano rappresentati da bellissimi esemplari,
come si può vedere da quelli fatti disegnare nelle Tav. 6, 7, 8. Gli esemplari poi che
rappresentavano la mandibola, quantunque non disprezzabili, ne scelsi i migliori per
farli rappresentare alla Tav. 9, 10, per quanto non stiano a confronto dei primi.
E mentre nella Tav. 9, fig. 2, 22, è disegnato il dente più bello, e più adulto, esso
appartiene alla forma variata; e la fig. 1, 12, Tav. 9, rappresenta la forma tipica di
questa specie, assai più piccolo della forma variata. In una seconda spedizione dallo
stesso cav. Botti fattami nel gennaio 1881, di circa una trentina di bellissimi denti
tutti appartenenti al Carch. megalodon, ne trovai un magnifico esemplare tipico,
che dimostra essere dalla sinfisi della mandibola di adultissimo individuo.
STUDI SUL CARCHARODON MEGALODON AGAS. 51
Alla Tav. 9, fig. 1, 1° venne rappresentato un dente della man-
dibola, al solito di sulla sinfisi, che se non è il più accostante, certo
lo è il successivo; esso appartiene ad un individuo molto adulto,
di una dentizione di forma regolare non solo, ma ancora tipica;
però questo individuo doveva essere assai più giovane di quello
i di cui denti si vedono disegnati nella medesima Tav. 9, fig. 2,
2‘; disegno fatto eseguire, come dissi, per la forma variata
che lo ritengo per il primo della sinfisi. Questo dente, fig. 1
della Tav. 9, quantunque appartenente ad un più giovane indi-
viduo, ben dimostra a destra della sua faccia esterna, un prin-
cipio di auricolatura, che la palesa pure a sinistra della stessa
faccia, mentre quello della fig. 2, che è d’individuo molto più
adulto, nè dà appena un cenno dal lato sinistro della stessa sua
faccia.
Anche di questo dente, segnato di numero 1 Tav. 9, non starò
a farne una dettagliata e minuta descrizione rapportandosi esso,
come ho parlato superiormente, ad una dentizione normale; solo
mi limiterò di fare osservare che oltre ad essere alla base della
sua radice molto meno slargato della fig. 2 della stessa tavola,
ha il suo bordo molto meno flessuoso che lo fa essere più svelto,
perciò apparisce più lanceolato.
Quantunque dal disegno citato si possa ricavare alcune delle
sue dimenzioni per essere rappresentato a grandezza naturale,
pur tuttavia procurerò qui di trascriverlo per quanto, ben s’in-
tende, che non possono essere di molto valore per la specie in
questione, vedendosi in questa specie, come negli altri Carcha-
Questo dente mi giunse troppo tardi perciò fui dolente di non aver potuto esso pure
far rappresentare insieme alla classica riunione di denti che così bene riproducano
questa specie tante volte rammentata, i di cui esemplari si potranno sempre ammirare
nel Museo Provinciale di Lecce.
52 ROBERTO LAWLEY
rodon, che i denti crescono successivamente col crescere dell’età
dell’animale. La sua misura alla base del cono è di mill. 0,060;
dalla punta, compresa la radice, misura mill. 0,080; la radice ne
segna mill. 0,020, e questa stessa misura la porta pure la sua
grossezza, o densità.
In molti denti della mandibola la base del dente ai suoi lati,
sorpassa quella della radice, ed è in questo punto giusto che essi
mostrano la loro tendenza ad auricolarsi.
Per quanto io mi dassi a studiare, e ricercare una forma più
svelta fra ì denti fossili della mandibola che potessero essere rite-
nuti come i rappresentanti dei denti impari del Carcharodon me-
galodon Agas., non mi venne fatto trovarne uno che soddisfacesse
al bisogno benchè fra questi denti se ne abbiano alcuni che per
la loro forma richiamino tal dente della mandibola, ed è perciò
che sarei per ritenere che la bellissima raccolta dei denti della
Pietra Leccese, non è per ora arrivato l’epoca del suo rinveni-
mento, lo che spero sarà ben presto per avvenire, quantunque re-
sterà sempre assai difficile stabilirlo.
Non avviene però questa difficoltà per il dente che feci deli-
neare alla Tav. 10, fig. 1, 1°, 1°, potendosi ben presto ravvisare,
sia per l'abbassamento del cono del dente, che per lo slargamento
della sua radice, e per conseguenza della base del cono stesso;
con tali dati vedesi subito potersi riportare al sesto dente della
mandibola stessa, dove questi cambiamenti di forma si riscon-
trano pure nel vivente; però in quelli del vivente la loro punta
sì rivolta ad un tratto dalla faccia opposta, cioè da quella interna,
cosa che come sì vede alla fig. 1°, non avviene in questa specie.
Altri ci dirà se questo succede ancora nei successivi denti.
Questa forma di denti la feci disegnare per dimostrare quanto
ebbi a dire nella forma variata.
STUDI SUL CARCHARODON MEGALODON AGAS. 59
Denti di conformazione consimile ai suddetti mi sembra che
fossero pure disegnati dall’Agassiz alla Tav. 30, fig. 1 a 2, Vol. 3,
formandone con essi la specie del suo Carch. lanceolatus, del quale
parla alla pag. 257, Vol. 3 del testo, dove però non ne dà de-
scrizione.
11 Costa pure di questa forma ne ha fatta una specie no-
minandola, Carch. arcuatus.
Il Gibbes alla sua volta, nella rammentata Monografia degli
Squalidi degli Stati Uniti, dal n.° 10 al n.° 38, figura un’ infinità
di forme, le più svariate, fra le quali vi sono pure quelle di un in-
dividuo disegnato alla fig. 10, Tav. 19, che certamente uguaglia
quello in questione della mia Tav. 10, fig. 1, 1.* 1...
Lo stesso Gibbes dice, che tutte quelle forme le ha riunite in-
sieme per consiglio dell’ Agassiz, e sono appartenenti al Carch.
angustidens Agas.; come si può vedere molti di questi denti sono
auricolati, e molti nò, resta perciò a credersi se ancora questi
due autori ritenessero tale particolarità per un carattere specifico
e insufficiente, come lo ritengo io; ma dall’ispezione di tutte que-
ste forme, vedesi non essere tutte appartenenti alle mandibole,
mentre per me le riterrei spettare anche alle mascelle.
. Alla Tav. 11, fig. 1.° 1.° non ho mancato di far disegnare una
preparazione microscopica di un dente della sinfisi della mascella.
Tale sezione è delineata per la larghezza del dente, e pel senso
della grossezza di esso; e la fig. 2, ne mostra uno di quelli che
stanno sulla sinfisi della mandibola. Mentre però la Pietra Lec-
cese conserva mirabilmente i suoi fossili, come lo si può benis-
simo osservare dai denti così eccellentemente mantenuti nella
collezione di quel museo; quella pietra fossilifera sembra che non
abbia la proprietà di renderli molto duri e compatti, per cui
non fu impresa molto facile quella di farne eseguire le prepara-
54 ROBERTO LAWLEY
zioni microscopiche, che per ottenerle si dovè superare molte dif-
ficoltà che resero pure difficile l'esecuzione dei disegni.
Dal confronto di queste nuove preparazioni con quelle della
Tav. 5, cioè del vivente, e di quelle consimili del Carch. Etruscus,
si può facilmente scorgere non esservi fra loro differenze molto
notabili: solo ritroviamo che la massa della dentrina è molto
più unita di qualità, e neppure troviamo tanta differenza di gros-
sezza fra quella che ne formò la radice, con quella che ns co-
strusse il cono del dente; come pure nella radice non si trovano
nemmeno quei vuoti, che abbiamo avuto luogo di vedere in
quelle dell’ Etruscus; cosa che feci osservare a suo tempo. I grossi
canali, che pur essì si diramano per la massa della dentrina del
dente, non trovansi così potenti come nell’ Etruscus, e le piccole
diramazioni che da questi si dipartono, molto più presto vanno
disperdendosi in vicinanza dello smalto restando essi pure molto
meno marcati.
Anche lo smalto sembra più sottilmente formato di quello che
non si riscontra nella specie citata; ma la sua lucentezza e re-
sistenza che ha, di essere attaccato con qualche ferro, sembrami
esserlo maggiore nella specie dell’Etruscus, lo che potrebbe av-
venire dalla diversa fossilizzazione, come pocanzi ebbi a notare,
esser cioè minore la solidità dei fossili della Pietra Leccese.
Ad onta delle piccole differenze che sono andato notando qui
sopra, davvero non mi sembra che ancora dalle sezioni micro-
scopiche sì rinvengano caratteri tanto marcati da farmi rite-
nere che la formazione dei denti della specie del Carch. mega-
lodon possa essere riguardata differente dalla specie vivente, e da
quella fossile del Carch. Etruscus.
Questi denti dovevano pure essere immersi nelia grossezza della
gengiva nel tempo della loro formazione come abbiamo riscon-
STUDI SUL CARCHARODON MEGALODON AGAS. d9
trato avvenire su quelle del vivente, e venir fuori dei nuovi an-
cor’ essi sempre aumentando in grandezza.
Più volte ho parlato della orecchiatura effettiva, o della ten-
denza che i denti del Carch. megalodon Agas. sembrano avere,
specialmente quelli provenienti dalla Pietra Leccese, che, per
vero dire, sono quelli dei quali più particolarmente io possa par-
lare, sia per averli avuti a mia disposizione per qualche tempo
onde meglio poterli studiare, quanto ancora per il rispettabile
numero di esemplari che a questa specie si possono referire; ciò
che devo, come più volte ho detto, alla gentilezza del sig. cav.
Ulderigo Botti.
Se noi anche per poco ci mettiamo ad esaminare attentamente
i denti di questa specie, troviamo che presso alla base del cono
molti di essi sono un poco più larghi della radice, e vanno presso
di essa rientrando per poi riunirvisi e congiungersi seco lei.
Altri invece in questo punto, oltre ad esser più larghi alla ra-
dice, vi demarcano una piega assai sentita e mostrano evidente-
mente, che hanno molta tendenza a disporsi al seguente stato in
cui sì trovano quelli di cui vado a parlare.
Frequentemente in molti esemplari, che referisco a questa spe-
cie, lo slargamento non avviene, ed il cono del dente non su-
pera la larghezza della radice, ma per quella tendenza che ha
di formare una piega come dissi, in luogo di essa, produce una
appendice che veramente può dirsi un’ orecchietta, la quale in
alcuni esemplari trovasi molto sviluppata da prendere la forma
di un vero e proprio dentino posto ai suoi lati che, quasi direi,
supplementare del cono principale, del quale ne prende ancora la
forma e l'aspetto. La forma in parola porta una punta centrale,
ed il piccolo dentino è del tutto dentellato per il contorno del
suo bordo da dentellatura quasi unita quanto quella del dente
56 ROBERTO LAWLEY
stesso. Il dentello dalla faccia esterna prende pure l'aspetto pia-
neggiante della relativa faccia stessa; come pure da quella opposta
che si mantiene come d’essa, ma un poco convessa e rigonfia.
Non trovo però che questi dentini, od orecchiature, si ravvi-
sino a preferenza negl’individui i più adulti; in tale caso po-
trebbe ritenersi come segno di stato molto adulto; ma invece nel
maggior numero dei più grossi denti detta orecchiatura manca
affatto, come possiamo vedere da quelli figurati alla Tav. 6, fig. 1,
dovenon solo non esiste la orecchietta, ma non mostra neppure nes-
suna tendenza di divenirla; l’altro dente disegnato alla Tav. 7,
fig. 1, quantunque egli pure non sia auricolato, dal suo lato de-
stro accenna una certa tendenza a divenirlo, mentre in diversi
altri ancora appartenenti a individui molto più piccoli dei quali
ho dati i disegni, vi si vedono assai appariscenti e sviluppate
queste orecchiette.
Nè per tuttii denti che portano questa orecchiatura dal loro
aspetto potrei trovar ragione da doverlo attribuire ad una forza
di robustezza di dentizione; invece sarei inclinato a ritenerla
come possibilità che i denti di questa specie hanno tendenza ad
auricolarsi a preferenza delle altre, nè saprei ravvisarvi un ca-
rattere specifico per poterne fare una specie distinta, come ne
hanno alcuni autori già fatta, prendendo norma da una specia-
lità puramente accidentale.
Se poi noi poniamo mente a questa loro possibilità che mi-
ra ad orecchiarsi, e vogliamo studiare se vi sia qualche dente
di una posizione speciale nelle mascelle che abbia a preferenza
questa possibilità, bisogna allora pure convenire, che qualunque
dente può prendere questo carattere, che più di frequente non
si riscontra che nei denti della mascella; e quantunque in questo
stato ben snessa vi si trovino ancora quelli che sono posti nella
STUDI SUL CARCHARODON MEGALODON AGAS. 57
mandibola, è giocoforza convenire che non vi può essere ragione
plausibile, che possa dare spiegazione a questo loro stato. E
poichè di questa specie di denti trovansi sempre isolati e sparsi
per ogni dove, non abbiamo perciò dati che servino ad indicarci
se un individuo porti tutti denti auricolati, ossivero se ne rin-
vengano alcuni sì, od altri nò.
Abbiamo esaminato che i denti della mascella del Carch. Etru-
scus, Law. portavano sulle loro due facce, quasi in tutti gli esem-
plari, delle traccie di linee e di solchi da potere ritenere che
la loro assenza altro non essere che un’ anomalia. Ma se uno
si pone ad esaminare quelli del Carch. magalodon, trova che di
loro è affatto il contrario; e se nei denti delle forme referibili alle
mascelle, non ne sono del tutto prive, riducesi a qualche raro
esemplare, che ne mostra delle traccie alla sua faccia esterna,
quasi direi, per maggiormente marcarne lo spigolo centrale di
quell’individuo. Se poi osserviamo i denti che costituiscono le
forme delle mandibole, in queste troviamo in tutti lo spigolo cen-
trale del dente, e qualche rara piega presso di esso, cosa ehe
mai avviene nel dente del Carch. Etruscus.
Diversi autori sì sono occupati onde vedere, se gli veniva fatto
poter precisare a quale grandezza potessero giungere questi formi-
dabili Squalidi. Agassiz su tal proposito ne parlò facendone
questa giudiziosa osservazione, , che non è da prendersi a norma
della loro grandezza la grossezza della dentizione, perchè, è da
osservare che giusto appunto, il Selache (Squalus) marimus, Linn.
il più grande di essi giunge a m." 12, e 13 di lunghezza; non ha
denti che di mill.' 0,003; come è oramai a tutti noto, mentre il Carch.
lamia Rond. porta denti mill." 0, 045 di lunghezza sopra mill. 0, 035
di larghezza, e non giunge che a circa m." 6 ,. Citerò pure che
l’Ovyrhina Spallanzani Bonp. arriva essa pure a m." 6, o poco più,
58 ROBERTO LAWLEY
mentre non ha che denti piccoli, i maggiori dei quali misurano,
presso la base della loro radice, mill.i 0,020, e alla loro massima
lunghezza possono arrivare a mill. 0,030; perlochè bisogna con-
venire che il prendere per norma la proporzione dei denti per
la misura di essi, resta molto incerto e pericoloso per venire a
stabilire la grandezza e la dimensione del corpo del pesce. Questa
osservazione però può essere buona, se trattasi di un medesimo
genere quale si è il Carcharodon; per cui crederei che per le tre
succitate specie di Carcharodon potesse esservi una qualche ra-
gione di confronto.
L’Agassiz però mentre dice che il Carch. megalodon deve essere
molto maggiore del vivente, nè punto, nè poco fa conoscere, nep-
pure per approssimazione, la misura a cui il pesce possa giungere.
Anche il Gibbes non dà la sua opinione della grandezza alla
quale possa arrivare il megalodon; dice che dei denti di questa
specie possono raggiungere la dimensione di sei pollici e mezzo.
Mentre riporta le parole del Prof. Owen, che scrive nella sua
Odentografia a pag. 13, dicendo: , Denti fossili, precisamente
» corrispondenti di forma a quelli di Carcharodon si trovano ab-
» bondanti nelle formazioni terziarie del vecchio, e nuovo con-
» tinente, dei quali qualcuno presenta delle dimensioni straordi-
» narie di sei pollici di lunghezza, e cinque di larghezza. Perciò
» Se le proporzioni di quest’ estinta specie di Carcharodon cor-
» risposero con quelle della vivente specie, essi avrebbero dovuto
uguagliare le più grandi Balene in grandezza; e combinandosi
n
» l'organizzazione con il sanguinario, ed insaziabile carattere
» dei Pesci Cani, essi devono aver costituito il più terribile, ed
» il più irresistibile mostro di preda delle antiche profondità ,.
TH ssioiS: Bowerbunk, in una sua memoria letta nel 1851,
ad una adunanza , Of the British Association ,, il quale par-
STUDI SUL CARCHARODON MEGALODON AGAS. 59
tendosi dal confronto di una mascella di un Carcharias vivente
preso in Australia, ed al quale dà il nome di Carcharias glaucus;
senza citare il nome dell'autore, prendendo a norma la larghezza
dei denti con la grandezza della mascella, e questa con la lun-
ghezza del corpo del vivente, con tali dati egli giunge a sta-
bilire, che approssimativamente dalla proporzione dei denti di
Carch. megalodon Agas., avrebbe dovuto giungere, tenendo conto
di queste stesse proporzioni, secondo il suo computo, a metri 33
circa di grandezza, per vero dire assai rimarchevole ed alla quale
non ho nessuna osservazione di mio da opporre.
E qui darò fine ai miei limitati studi sul genere Carcharodon,
lasciando al giudizio di più esperti scenziati e dilettanti della
partita, il dire qual valore questi miei studi possono avere,
astrazione fatta dalla proposta, che vengo a manifestare, di sop-
primere cioè nelle tante collezioni le belle specie fatte da emi-
nenti autori, le quali andranno etichettate sotto un nome solo.
Ma d'altra parte mi tranquillizza che per non conoscere pesci
i quali nelle loro fauci portino denti, di una ed identica forma;
come pure che il nome specifico, in Scienze Naturali, non servì
che come mezzo di riconoscimento per gli autori, e per gli stu-
diosi di simili scienze fra loro.
po RO NA
VIVENTE
CARCHARODON LAMIA, BONP.
TAVOLA PRIMA
aa cacacal
VIVENTE, CARCHARODON LAMIA, BONP.
Fig. 1. Mascella dal vero; Carch. lamia Bonp. '/3
STANCEZZANE . Pag. 10, 11, 23, 25
» 2. Dentedisulla sinfisi della mascella, veduto
dalla parte anteriore a grandezza natu-
Polen un rete e e e E LZ
» 2. Lo stesso dente veduto di fianco. . . , 11,23
» 9. Dente di sulla sinfisi, mascella inferiore, o
mandibola, veduto dalla sua faccia an-
teriore a grandezza naturale. . . . , 12,26
2
a 9 lo stesso veduto (di'tinanco MM e 2:
CARCHARODON LAMIA. BONP.
Y
R.LAWLI
Panis, Firenze
t. Ac
Ll
elit
NI
A Manzella di
EER A
Di |
FOSSILE
CARCHARODON ETRUSCUS, LAW.
ur alli
TAVOLA SECONDA
DO
DENTI FOSSILI DELLA MASCELLA
DEL CARCHARODON ETRUSCUS, LAW.
Fig. 1. Dente della sinfisi veduto dalla parte esterna
» 1° Lo stesso veduto dalla parte interna
s 1° Lo stesso veduto di fianco. RIOT 6
» 2. Dente impari, cioè dopo i due della sinfisi, Tal
dalla parte esterna.
» 2. Lo stesso veduto dalla pon interna
s 2. Lo stesso veduto di fianco .
a 3. Dente primo, dopo quello impari, SAT DIA par Li
estern@ O
, 3. Lo stesso veduto di sese call
» 4. Dente settimo veduto dalla parte esterna. È
s 5. Dente che cambia curva volgendosi all’interno, ve-
duto dal lato esterno.
s 5. Lo stesso veduto di fianco. n
»s 6. Dente dei piccoli che volta come sopra veduto dal
lato esterno .
> MURS OMO EVATtrI degli dei sica dell fondo delle
fauci, veduti dal lato esterno .
NB. I denti descritti dalla presente Tavola fino alla Tavola 5.t@
provengono da Orciano.
25
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Fig. 1. Dente della sinfisi veduto dalla parte esterna
e.
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TAVOLA TERZA
Matacavari
DENTI FOSSILI DELLA MANDIBOLA 0 MASCELLA
1.° Lo stesso veduto dalla parte interna .
1. Lo stesso veduto di fianco. Sn, PI
2. Dente impari, cioè dopo i due della sinfisi, parte an-
teriore . so:
2. Lo stesso dalla parte interna .
2 Lo stesso dalla parte di fianco :
3. Dente sesto veduto dalla parte esterna, il quale cam-
bia la sua curva all'indietro come i seguenti.
3.2 Lo stesso veduto di fianco . È
4. Dente settimo veduto dalla parte esterna .
4. ri stesso veduto di fianco. :
. Denti piccoli del fondo della o
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INFERIORE DEL CARCHARODON ETRUSCUS, LAW.
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TAVOLA QUARTA
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DENTI FOSSILI DI CARCHARODON.
Fig. 1. Dente della sinfisi del Carch. megalodon Agas. della
»
»
»
quale Agassiz fece la specie Carcharodon rectidens
Asg., veduto dalla parte esterna
1.° Lo stesso veduto di fianco. ir E RONDE
2. Dente di Carch. Etruscus, Law. che porta molte
pieghe veduto dalla parte esterna che Agassiz
fece la specie Carch. sulcidens.
2.° Lo stesso veduto da quella interna .
. Pag.
20
20
28
28
| R_LAWLEY CARCHARODON TACE,
A.Manzella dis.elit. Tit. Ach Paris, Firenze
RESVLOLE A
SEZIONI
CARCHARODON ETRUSCUS, LAW.
TAVOLA QUINTA
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SEZIONE DEI DENTI DI CARCHARODON.
Fig. 1. Sezione di fronte ingrandita di dente fossile . . . Pag. 29
» 2. Idem di fianco idem idem a dida vis OZ
» 3. Idem di fronte ingrandita di dente della specie vi-
vente cioè del Carcharodon lamia Bonap. . . . 14.29
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TAVOLA SESTA
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DENTI FOSSILI
DI CARCHARODON MEGALODON, AGAS.
1. Dente della mascella posto sulla sinfisi, veduto dalla
sua faccia interna onde mostra l’ impressione
della gengiva (grandezza naturale)
1. Lo stesso veduto di fianco. RIA CREO.
2. Dente della parte mediana della mascella di un in-
dividuo più piccolo del precedente veduto dalla
sua faccia esterna, il quale tende ad auricolarsi
a sinistra. Dee:
2. Lo stesso veduto di fianco .
NB. J denti descritti in questa Tavola fino alla 11. provengono
dalla Collezione del Museo di Lecce.
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FOSSILE
CARCHARODON MEGALODON, AGAS.
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TAVOLA SETTIMA
6
DENTI FOSSILI
DI CARCHARODON MEGALODON, AGAS. Varrerà.
Fig. 1. Dente della sinfisi della mascella Carchar. megalo-
don, Agas. di forma affatto differente dall’ altro, n
proveniente forse da varietà, o da differenza di
sesso, veduto dalla sua faccia esterna a grandezza
matarale n). Ra aaa
sd il Sl'oNstesso vedutondi fiancofmmntii Cf oO
» 2. Dente della parte mediana della mascella ma di
forma variata, e da potersi rapportare alla ‘sud-
detta, il quale tende ad auricolarsi da ambo le
PALDE SI e) PR a AME i I
ENZO STESSO VELO AI ANCO SN 46
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CARCHARODON MEGALODON ACASS
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8.
FOSSILE
CARCHARODON MEGALODON, AGAS.
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TAVOLA OTTAVA
I
CARCHARODON MEGALODON, AGAS.
Fig. 1. Dente della parte mediana della mascella di un in-
dividuo adultissimo, veduto dalla faccia posteriore
per dimostrare l'impressione della gengiva che in
parte è mutilato, di grandezza naturale .
s 1° Lo stesso veduto di fianco. AI
2. Dente da potersi ritenere per il dente impari, di un
individuo però meno adulto, veduto dalla sua faccia
posteriore, grandezza naturale .
s 2. Lo stesso veduto di fianco . "
2 Lo stesso veduto dalla faccia anteriore od esterna,
e che si presenta auricolata da sinistra, e da destra .
»
s 3
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CARCHARODON MEGALODON
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TAVOLA
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TAVOLA NONA
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CARCHARODON MEGALODON, AGAS.
1. Dente della sinfisi della mandibola disegnato dalla
parte posteriore, appartenuto individuo di mez-
zana grandezza di forma tipica, a grandezza na-
i
1.° Lo stesso veduto di fianco. . . . + +. * ® 51
9. Altro dente della sinfisi della mandibola disegnato
dalla parte anteriore di un individuo più grande
appartenuto alla varietà, sua grandezza naturale . , 46,51
2. Lo stesso veduto di prefilo . . . - - « . ta 47,51
RLAWLEY CARCHARODON MEGALODON. AGASS. T.9.
Cristofani dis elit. RLit.fozani Pisa
VIRALI: A
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FOSSILE
| CARCHARODON MEGALODON, AGAS.
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TAVOLA DECIMA
DA
CARCHARODON MEGALODON, AGAS.
Fig. 1. Dente quasi del fondo della mandibola di un grosso
individuo della forma variata, veduto dalla sua ì
faccia interna, grandezza naturale . . . . . Pag. 47,52
» 1° Lo stesso veduto dal suo lato anteriore , 702
» 1° Lo stesso veduto di fianco. RAS
» 2. Dente laterale della mandibola veduto dal suo lato
interno di un individuo di mezzana grandezza, che
tende ad auricolarsi da un lato, forma tipica, a
grandezza naturale. E 53
» 2. Lo stesso veduto dalla sua faccia anteriore . SIMS
» 2. Lo stesso veduto di fianco. 3, 158)
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SEZIONI
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TAVOLA UNDICESIMA
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CARCHARODON MEGALODON, AGAS.
Fig. 1.° Sezione longitudinale di fronte di un dente della sin-
fisi della mascella, ingrandito .
1. Sezione traversa di fianco, ingrandito .
2. Sezione longitudinale di fronte di un dente della sin-
fisi della mandibola, ingrandito
»
. Pag. 53
53
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E TORTE
STUDI
SULLA
VIVENTE OXYRHINA SPALLANZANII, BONP.
STUDI
SULLA
VIVENTE OXYRHINA SPALLANZANII, BONP.
Il tipo delle OxyrRine è un pesce che tutt’ ora trovasi vivente
nel nostro Mediterraneo. Ebbi la fortuna di vederne un’ indivi-
duo in un magazzino di pescivendolo a Livorno, che misurava in
lunghezza M. 4, e pesava K. 1000, al quale feci estrarre la testa
che poi venne scheletrata dalla nota pazienza del mio amico
Caifassi.
Questo pesce, come gli altri Squalidi, fu per lungo tempo con-
fuso nel genere Squalus di Linneo. L’Agassiz lo prese per tipo
delle sue OxyrRine, cioè degli Squalidi a denti lisci, senza den-
telli ai loro bordi, essendo essi internamente pieni.
Il Bonaparte Principe di Musignano accettò questo genere e
fece la sua Oryrhina Spallanzani, dandone la descrizione che più
sotto vado a riportare per essere essa più completa di quella che
potessi io fare con i pochi appunti che presi con l’amico Caifassi,
quando per la prima volta vidi quel mostro marino pescato nel
canale di Piombino, ove tutto l’anno arditi pescatori pongono a
cimento la propria vita per venire in possesso di questi grossi
e feroci pesci, che col nome volgare e comune a molte specie
chiamano Pesci Cani, ma questa specie la distinguono col nome
5
62 ROBERTO LAWLEY
di Smeriglio, e tanto è vero che con tal nome se ne vedeva,
qualche anno addietro, dipinto uno di enorme grandezza, in una
delle muraglie della pescheria di Livorno, ove eravi pure mar-
cato il suo peso in K. 1800.
Le svelte forme di questo pesce contribuiscono molto a darle
una maggior forza, e a renderlo ardito a segno tale da attac-
care l’uomo, ed è perciò che lo ritengono per il più terribile fra
i pesci cani. Questo è appunto il pesce che Bonaparte ne fece
la Oxyrhina Spallanzani, della quale come ho detto di sopra
vengo ora a riportarne la descrizione.
» Ha il corpo fusiforme, appianato leggermente sul dorso, è
notabilmente turgido, dietro le pinne pettorali, ove offre la mag-
giore altezza, la quale si comprende sette volte nella intiera
lunghezza del pesce. Il capo di forma piramidale, senza gibbo-
sità veruna, va sensibilmente assottigliandosi verso il muso ter-
minante in punta, e forma la sesta parte di tutto il pesce. Le
orbite collocate ai lati del capo sono piuttosto grandi, più lun-
ghe che alte, e distano tra loro un terzo dello spazio che corre
dai rispettivi centri alla punta del muso, dalla quale dividele
un tratto minore della metà di quello che le separa dalla più
prossima apertura branchiale. Le narici collocate al doppio della |
distanza dalla punta del muso che dal lembo dell’occhio, sono
di forma bislunga e grandi la terza parte appena delle orbite.
La bocca leggermente arcuata all’insotto del muso ha il suo
squarcio eguale allo spazio che corre dagli angoli suoi alla se-
conda fessura branchiale: la mascella eccede notabilmente dalla
mandibola: questa e quella tondeggiano nel mezzo: la seconda
però più della prima. I denti non contigui, anzi disposti in gruppi
separati diretti trasversalmente dal di fuori al di dentro, lasciato
un largo spazio vuoto nel mezzo sì dell’una che dell'altra ma-
STUDI SULL’OXYRHINA SPALLANZANII BONP. 63
scella, sono crassi, unguiformi allungati, piani al dinanzi, convessi
al didietro, privi affatto di laterali dentelli, lisci ne' margini, acuti,
taglientissimi, doppiamente e profondamente radicati, ricurvi,
piegati cioè verso la gola; gli anteriori sono lunghissimi, ma
scemano gradatamente più che si accostano agli angoli della bocca
fino ad assumere la forma di un semplice triangolo isoscele: quei
della mascella sono quasi eretti, e quattro soltanto in ogni gruppo:
quelli della mandibola, dei quali lo Spallanzani ne annoverò ses-
santaquattro nel suo esemplare, hanno una sola differenza, cioè
che i due loro gruppi più vicini allo spazio vuoto di mezzo son
composti di cinque ordini, non di soli quattro come i rimanenti,
e che l’ordine esterno è verticale mentre tutti gli altri sono
orizzontali. Considerata poi la relativa proporzione di essi denti,
il terzo della mascella è più piccolo degli altri, il primo e il
secondo da ciascun lato dello spazio intermedio sono grandis-
simi, e dopo il terzo piccolissimo, come abbiam detto, ricrescono,
e quindi diminuiscono di bel nuovo: nella mandibola poi decre-
scono tostamente a partir dal primo. Le cinque aperture bran-
chiali si accorciano per gradi, e si approssimano tanto più tra
loro quanto più si allontanano dal capo: la distanza che passa
tra l'ultima e la prima, è il quarto dello spazio che corre tra
questa e l’apice del muso. L’ano apresi dietro la metà del
pesce. La prima pinna dorsale spicca dopo il terzo anteriore;
la sua maggiore altezza cape otto volte nell'intera lunghezza
dell'animale; la sua forma è quasi di un quadrante, verso la cui
base posteriore vedesi un’ orecchietta acuta. La seconda dorsale
molto inclinata all'indietro, cuneiforme, emarginata all'apice con
l'estremità posteriore molto prolungata ed acuta è quattro volte
più stretta alla base, e altrettanto più bassa che l'anteriore, e
ne distà più del doppio di quel che corre tra questa e l'origine
64 ROBERTO LAWLEY
della coda. Le pettorali, larghe di base e lunghe quasi la quinta
parte dell'intero pesce, triangolari-falceiformi coll’apice smus-
sato, nascono immediatamente dietro l’ ultima fessura branchiale,
e un poco al di sopra dell’estremità inferiore di essa. Le ventrali
trapezoidi, piccole, e col margine terminale notabilmente inca-
vato, hanno origine oltre la metà del pesce. L’anale nasce alcun
poco al di là della seconda dorsale, e ne ha presso a poco la
forma e la grandezza. La caudale è quasi regolarmente semi-
lunare, col segmento superiore poco maggiore dell’inferiore; la
distanza tra le due punte, maggiore alquanto della stessa pinna,
misura un quinto di tutto il Pesce.
Colore dell'animale è un cenerino quasi di ardesia nella parte
superiore del tronco, ne’ fianchi, nelle dorsali, nella caudale e
nelle facce esterne delle pettorali: nel rimanente è di un bian-
castro sudicio ,.
Fu lo Scilla il primo che nel suo oramai tanto conosciuto
lavoro, riportò i denti fossili a quelli di alcuni pesci viventi,
e quelli che disegnò alla sua Tav. I, nella sua metà inferiore,
e nella Tav. II, fig. 2, non che nella Tav. VII, fig. 3, in fondo
della tavola stessa, vedesi bene che intese mostrare denti che
egli riferiva alla specie che si ritiene col nome Oxyrkina Spal-
lanzanii Bonp. e lo stesso alla Tav. VI, fig. 2 disegnò un intiera
filata della vivente, ed alla fig. 4 della medesima Tav. VI, uno
staccato della stessa specie. i
Il tipo del genere vivente è l’Oxyrhina Spallanzanii Bonp.
la quale fu descritta e disegnata a questo articolo dal Principe
di Musignano nella sua opera Iconografica della fauna Italica
dove ne da un esatto disegno parlando ancora dei suoi denti.
Il Miller et Henle, pure col nome di Oxyrhina gomphodon da un
disegno tratto da un individuo del Museo Zoologico di Berlino,
STUDI SULL’OXYRHINA SPALLANZANII BONP. 65
e da questo ben si rileva trattarsi di questa stessa specie dandole
questo nuovo nome, per cui non è da ritenersi che per sinonimo.
Ne descrive però una seconda specie, che chiama Or. glauca Miil-
ler et Henle, la quale proviene dai mari di Giava, perciò sono le
due sole specie viventi a quest’ oggi conosciute.
L’Agassiz fa molte specie di Oxyrhina riunendo in questo ge-
nere molti denti fossili, senza seghettatura e privi di dentelli,
separando questi da quelli che portano dentelli alla base del
loro cono, per farne il suo genere fossile Otodus il quale non
ha rappresentanti viventi secondo ciò che dice; e l’altro di Odon-
taspis del quale esiste il vivente rappresentato dalla sua specie
Odontaspis feror Agas. e molti fossili, che egli descrive.
Del genere OxyrRina, non ne descrive meno di quattordici
specie fossili, che nel corso di questi studi andremo discutendo
se esse hanno dritto di esistere, o sivvero debbano riunirsi sotto
un numero di specie molto ristretto.
Il carattere specifico sul quale è stabilito questo genere, risiede
principalmente per i fossili nei denti, e per le specie viventi oltre
ai caratteri di questi, vi si uniscono quelli esterni che ritrovansi
sul loro corpo utili per l’Ittiologo, ma non per il Geologo.
Questi denti debbono avere assenza assoluta di dentelli alla
base del loro cono, come pure privi affatto debbono essere di den-
tellatura ai loro bordi, i quali oltre che lisci, devono essere ta-
glientissimi, la punta di essi è molto acuta; piani sulla loro faccia
anteriore, alquanto grossi, e assai rigonfi da quella interna in
alcune specie, mentre in altre questa deve essere grossissima e
molto convessa; cono ricoperto di lucido smalto, radice spongiosa
senza smalto; doppiamente, e profondamente radicata, questa
alla sua faccia anteriore come nei Carcharodon segue dritta l’asse
del dente, ed è perciò relativamente piana, mentre dalla faccia
66 ROBERTO LAWLEY
interna, in aleune specie è molto grossa e seguendo fino alla
metà della sua altezza l’asse della faccia stessa, va ad un tratto
a ritirarsi onde unirsi alla faccia anteriore che è dritta, perciò
vi forma un angolo risentito ed in questo tratto nella parte sua
centrale ritrovasi costantemente la traccia dell’atrofizzato nervo
nutritivo che ne curò la formazione.
Ancora per questo genere il Paleontologo sente la necessità
di una più dettagliata descrizione della dentizione delle specie
viventi, le quali sempre studiate da Ittiologi furono più per esteso
descritte con i loro caratteri esterni del corpo, che per le parti
interne e solide, per essi tanto maggiormente utili, onde ancora
la sua dentizione non fu che appena esposta per le sue più ovvie
e salienti particolarità (').
Perciò ritenendo di fare cosa di qualche utilità pratica per
il Geologo ho creduto bene alla Tav. I dare un esatto disegno
della mia Oxyrhina Spallanzanii Bonp. ischeletrita, della quale
andrò qui facendo una esatta e dettagliata descrizione, per quanto
mi sarà possibile .
Ta mascella del mio individuo misura Centimetri 27 dalla
(1) Agassiz fa a pag. 262, a proposito della dentizione, le seguenti riflessioni alle
quali mi associo, e perciò le riporto tradotte. — Nei generi i quali furono creati in
seguito la dentizione considerasi come più interessante, e diversi generi furono di-
stinti unicamente a causa della forma dei loro denti. Le modificazioni le più impor-
tanti che ha subito la classificazione dei Pesci Cani, sono state proposte quasi simul-
taneamente dal Principe di Canino nella sua Tavola analitica dei Plagiostomi e da
Miller et Henle, nella loro opera sopra ai Plagiostomi. Ma insomma la forma dei
denti non ha per loro che un valore secondario ed in fatti non saprebbesi non conve-
nire che al di là di certi limiti, i caratteri presi dalla dentizione sieno più conelu-
denti. Ma è ella una ragione di contestar loro ogni valore reale nell’ aggruppamento
delle famiglie, dietro le loro affinità le più naturali ? Io non ne convengo davvero ed
in quanto ai caratteri che questi Scienziati hanno cercato di sostituire ai denti, io
devo convenire che non mi sembrano felicemente scelti. Io non credo sopra a tutto
che la presenza, o l'assenza di una membrana nittitante, ed i fori abbiano un’ im-
STUDI SULL'OXYRHINA SPALLANZANII BONP. 67
sìnfisi al fondo di essa; è composta di tredici filate di denti per
branca, incominciando a contare dalla sinfisi; nelle branche di
questa, porta quattro forme di denti ben differenti gli uni dagli
altri disposti a filate una sopra all'altra. Essa mascella non ha
denti impari centrali, come avviene in qualch’ altro Squalide,
ma bensì il terzo dente, cioè l’impari, oltre ad essere più pic-
colo degli anteriori e dei seguenti, è pure di forma ben parti-
colare. Tutti i denti che trovansi disposti sulla mascella hanno
la loro faccia anteriore relativamente quasi piana, in qualunque
parte essi sieno posti sull'asse di questa; gli anteriori, quelli cioè
di sulla sinfisi, si volgono leggermente verso l’interno della fauce
quantunque sieno, come dissi, piani e dalla stessa parte interna
di essa s'inclina ancora l’impari; tutti gli altri della parte me-
diana sono eretti, e forse rivolti un poco in fuori. I denti come ho
già detto sono disposti in filate e perciò formano dei ranghi; di
questi sulla sinfisi se ne possono contare sei, con l’ultimo in via
di formazione, che è il più immerso nella gengiva. I denti delle
Oxyrhine sono pure indipendenti dalle mascelle, nè sopra a queste
sì rinviene nessuna traccia di alveolo, come ebbi a dire per quelli
portanza così generale come pretendono Miller et Henle, tanto più che questi fori
possono essere transitori nello sviluppo delle specie che ne sono sprovviste. Se essi
avessero realmente l’importanza che gli sì vuole attribuire, non si potrebbe rico-
noscere il genere, od ancora qualche famiglia che quando avessimo da fare con degli
animali intieri, e bisognerebbe rinunziare alla speranza di determinare delle specie
fossili. Ora dunque, la natura non è così avara di caratteri per mezzo dei quali essa
imprime a ciascuna famiglia, a ciascun genere, come pure a ciascuna specie la sua
forma speciale. Questa nuova classificazione proposta da naturalisti così eminenti
come questi che ho nominato è perciò per me una ragione di sottoporre le mie ri-
cerche ad una nuova revisione, ed ho acquistato la convinzione, che le parti solide
hanno dei caratteri i quali non cedono per niente alle molli, e specialmente per i
denti, ed importa che essi vengano studiati per gli Squali per la loro forma esterna,
e per la struttura microscopica ec.
68 ROBERTO LAWLEY
dei Carcharodon, e vengono formati in egual modo nella gros-
sezza della loro gengiva. I denti nei sottoposti successivi ranghi
sono simili ai superiori e l’unica cosa che vi si possa avvertire,
è che sono alquanto più grossi di quelli eretti in prima fila, do-
vendo essi sostituirli in più avanzata età, quando cioè la neces-
sità lo richiede; tal differenza avviene gradatamente, ed in modo
non molto sentito (').
La mandibola misura Centimetri 24, essa pure dalla sinfisi
al fondo delia medesima; trovasi pure composta di tredici file
di denti disposti uno sopra all’ altro, per ciascuna delle due
branche, contate ancor queste partendosi dalla sua sinfisi. Le
mandibole pure portano quattro forme di denti differenti li uni
dagli altri compreso il terzo dente, cioè l’impari, che quantunque
assai differente dai primi due e dai successivi, non lo è tanto
quanto trovasi esserlo nella mascella. Questi denti della man-
dibola quantunque presentino la loro faccia piana Tav. 1, fig. 2, 2*
(1) Dal non avere i denti nessuna aderenza con la mascella dell'animale, ed in
questa non esistere traccia d’ alyveolo perchè i denti si formano nella grossezza della
gengiva, deve restar facile di separare una filata intiera di denti i quali, col dissec-
carsi della gengiva vengono ad acquistare una consistenza non indifferente. Strap-
pando la gengiva dall'osso della mascella non so davvero se essa presenti diffi-
coltà perchè io non mi sono trovato nel caso di poterlo fare. Ma dirò che nelle
collezioni ben spesso troviamo queste filate di denti dell’ OxyrRina Spallanzanii
Bonp. forse incitati a far ciò i pesciaioli, od i pescatori, dall’ elegante forma dei
loro denti, e dal vedere queste belle filate. Da quella che io ritengo nella mia col-
lezione sembrerebbe che per distaccare la gengiva dalla mascella si richiedesse al-
quanta forza perchè alla parte interna della gengiva tiene con se una porzione della
formazione tutta particolare della parte solida della mascella la quale viene composta
da piccoli corpiccioli a punte diverse che alla loro prima apparenza sono a forma di
stella, ma che considerati bene sono globulari di forma per la disposizione contigua
di queste punte. Questo uso sembra essere di antica data da che Agostino Scilla
nella sua opera più volte citata, fino dal 1752 alla sua Tav. 6, fig. 2, ne figurava una
filata come quelle che accenno, ugualmente preparata, e tolta dalla mascella di questa
specie vivente.
STUDI SULL’ OXYRHINA SPALLANZANII BONP. 69
come quelli della mascella; per la loro lunghezza presentano una
curva assai sentita, come vedesi disegnata alla Tav. I, fig. 2°,
per cui se posti sopra ad un piano, la loro punta e la radice
non possono toccare il suddetto piano come quelli della mascella,
e tal curva presentandosi sopra qualunque di essi posti nelle di-
verse parti della sua asse mandibolare essi provengano, li farà
ben presto riconoscere da quelli. Questa curva che i denti por-
tano per la loro lunghezza fanno sì che i denti della mandibola
restano molto più rivolti verso la parte interna della fauce, e
perciò più adattati a ritenere la preda di quello che lo sieno
quelli della superiore mascella. Disposti come dissi in filate, for-
mano dei successivi ranghi dei quali, il più accostante alla sinfisi
ne conta sette compreso quello in via di formazione che è il più
immerso nella gengiva; mentre la filata successiva ne conta soli
sei; così pure sei ne conta la terza filata, cioè quella dell’im-
pari, mentre le filate dei mediani della mandibola hanno solo
cinque ranghi, compreso anche qui quello in via di formazione.
Tanto i denti della mascella quanto quelli della mandibola
hanno punta acutissima; la loro faccia anteriore è piana, mentre
la faccia interna, o posteriore essendo invece molto rigonfia e con-
vessa, per l’incontro degli spigoli che formano le faccie restano
molto decise; lo smalto delle due facce risulta al loro incontro
sul bordo, taglientissimo. Essi sono tutti privi di dentelli alla
loro base, se escludiamo il dente impari della mascella, e della
mandibola come in seguito dirò.
Le radici dei denti sono pronunziatissime, e grosse, qui pure
riscontriamo che una delle due branche delle quali esse sono
formate una resta più alta dell'altra ed è appunto quella che
resta dalla parte della sinfisi, e non vi è che il più accostante
ad essa che abbia le due branche quasi uguali.
70 ROBERTO LAWLEY
Ora vediamo come vengono disposti i denti sulla mascella, e
quale ne sia la loro forma. Sulla sinfisi vi resta un vuoto privo
di filate di denti di circa Cent. 3, quindi viene un gruppetto di
tre filate di denti dove è compreso ancora l’impari; segue altro
vuoto pure di Cent. 3 e dopo ritrovasi un altro gruppo di dieci
filate dove sono compresi i piccoli, quelli cioè del fondo delle
fauci: questa stessa disposizione ha pure l’altra branca della
mascella, perchè essa trovasi simetrica, perciò fatto il dettaglio
per una branca lo stesso si riterrà per l’altra.
Il dente presso la sinfisi piano dalla sua faccia anteriore, è dalla
posteriore convesso e rigonfio, però come dissi è taglientissimo
presso il suo bordo, e con punta pure acutissima, questa si piega
sulla destra ed il bordo fa una leggera curva elegantemente
flessuosa per seguire la punta, questo dente è il solo che pre-
senta le sue due branche quasi ugualmente alte; egli misura
mill. 24 sopra mill. 9 di larghezza.
Il secondo dente cioè quello più accostante ad esso, un poco
meno flessuoso quasi ritiene la medesima sua forma, e solamente
le sue branche sono disuguali, che come sappiamo la più alta
è quella dalla parte della sinfisi, egli ha un millimetro o due
di più in lunghezza, ed è pure di tanto più largo. Questi due
primi denti essendo quasi uguali fra loro, costituiscono la prima
forma che si rinviene sulla mascella.
Il terzo dente, cioè l’impari è di forma affatto differente, come
si può vedere Tav. I, fig.3, perciò appositamente disegnato, piano
ancora questo dalla sua faccia esterna, con curva assai risentita
volge la sua punta verso la destra; questa è acutissima, ed i
bordi della sua faccia pure taglientissimi, la sua faccia opposta
assai convessa; la solita branca della radice è più alta.
Ma la cosa più singolare che in questo dente si riscontra è
STUDI SULL'OXYRHINA SPALLANZANI! BONP. 71
giust’ appunto che mentre tutti i denti che esistono in questa
mascella, sono come si disse privi di dentelli alla base del loro
cono, nell’impari però ne esistono due cioè uno per parte, presso
la base del cono con la radice, eguali a quelli che servono per
riconoscere e stabilire il genere Ofodus, il quale non ritrovasi
che allo stato fossile, non potendosi rinvenire nessun rappresen-
sentante vivente. Potrebbe questo dente impari della vivente
Oxryrhina Spallanzanii Bonp. essere stato qualche volta descritto
per una qualche specie d'Otodus? Io accenno questo dubbio, ma
non avendo nessun dato in proposito, mi asterrò dall’esprimere
qualunque giudizio sopra di esso; ma bisogna convenire però
che questo esempio infirma molto la validità del genere Otodus.
Questo dente che rappresenta la seconda forma che trovasi sulla
mascella è di forma cordeiforme, egli misura una lunghezza di
Mill. 19 sopra a Mill. 9 di larghezza circa, sempre misurato so-
pra al mio individuo vivente ischeletrito.
Dopo questo viene lo spazio vuoto di denti, ed il quarto dente
porta una forma meno flessuosa dei primi due, perciò più equi-
laterale, quantunque però il suo cono pieghi pure un poco a de-
stra come gli altri, egli è più piccolo dei due primi, e del suc-
cessivo, misura mill. 17 di lunghezza, sopra mill.' 8 di larghezza,
è acuto e tagliente come i precedenti; esso è il primo della terza
forma differente che sono nella mascella.
Il quinto dente, il sesto e settimo, quantunque un poco più
equilaterali del quarto, portano una medesima e quasi identica
forma, e in tutti i denti fino al settimo si trovano avere la punta
rivolta un poco sopra alla loro faccia esterna; questo quinto
dente trovasi essere assai più lungo del precedente, misura mil-
limetri 23 sopra a millimetri 10 di larghezza; da questo fino ai
piccoli del fondo della mascella tutti i denti vanno rapidamente
decrescendo.
2 ROBERTO LAWLEY
L’ottavo dente prende la forma veramente equilaterale, ri-
volta la sua acuta punta verso la faccia interna, cioè verso la
fauce. Ed è la quarta forma che esso assume nella mascella, mi-
sura mill.' 7, sopra ad una larghezza di mill. 5; il nono e decimo
alquanto di esso più piccolo, hanno forma pure eguale; e quindi
vengono gli ultimi quasi informi e piccolissimi di fondo in nu-
mero di tre.
E non avendo altre osservazioni da fare sopra alla dentizione
della mascella dell’OxyrRina Spallanzanii Bonp. passerò a parlare
di quella che essa ritiene nelle mandibole.
Nella Tav.I, fig. 2, 2°, 2", fu rappresentato uno dei denti, di sulla
sinfisi del vivente se non il più accostante, il successivo della man-
dibola. In questo punto come nella mascella sì trova uno spazio
privo di denti sopra alla sinfisi, quindi viene il primo dente che
meno flessuoso di quello della mascella, sporge assai più in avanti
dei successivi della mandibola, la sua faccia è piana all’esterno
quella interna è convessa, ha punta acutissima, e bordi taglienti
come gli altri. Questo dente come ben si può vedere dalla fi-
gura 2°, Tav.I, invece di esser piano nel senso della sua faccia
anteriore, verso la metà di questa curvandosi, impedisce che
posato sopra ad un piano, la punta e la radice tocchino il sud-
detto: il che lo distingue da quelli della mascella, e la qual par-
ticolarità estendendosi a tutti i denti della mandibola, da quelli
potranno subito essere distinti. La punta pure del primo dente,
come del secondo volgesi un poco sopra alla sua faccia anteriore.
Il primo misura mill.i 24 sopra ad una larghezza di mill.' 7,
sette sono i ranghi sui quali è disposta questa filata compreso
quello in via di formazione.
Il secondo ben poco differisce da quello descritto, solo egli ha
la branca della radice dal solito suo lato più alto e sviluppato.
STUDI SULL’ OXYRHINA SPALLANZANII BONP. 73
Soli sei sono i ranghi sui quali egli è disposto, compreso sempre
quello in via di formazione. E queste due filate costituiscono la
prima forma dei denti della mandibola.
Questo che viene per il terzo, che è l’impari della mandibola
trovasi essere assai differente dai due primi, cioè più equilate-
rale di essi, si volge pure inclinandosi sulla destra e mentre è
accosto al secondo dente, lascia uno spazio fra esso ed i susse-
guenti; non ha la forma dell’impari della mascella, anzi per es-
sere più equilaterale ben ne distà; ma come quello porta alla
sua base due piccoli dentini che restano più sviluppati dal suo
destro lato e meno su quello sinistro. Per tale particolarità que-
sto dente assomiglia pure agli Otodus, ed è l’unico della man-
dibola che tiene dentelli in questo punto; egli misura mill. 18
di lunghezza sopra una larghezza di mill. 9.
Questo dente rappresenta la seconda forma distinta della man-
dibola, e si può ritener simile ai due successivi. Nè farò com-
menti sopra a questa somiglianza con gli Otodus, solo dirò che
con qualche altro esempio questo genere può aver bisogno di
essere riformato (').
Il quarto dente cioè quello che sussegue, è un poco distante
dall’impari, ma molto più vicino del quarto della mascella, il
quale distando molto più, lascia un intervallo maggiore o vuoto
senza denti.
Questo quarto dente non è come quello della sovraposta ma-
scella più piccolo del quinto, ma invece essendo il più grande
(1) Vedi ciò che dico a questo proposito a pag. 28 nel mio scritto: « Quattro
memorie sopra a resti fossili», lette nella adunanza della Società Toscana delle
Scienze Naturali residente in Pisa nel 1877, ed ivi ristampate l’ anno 1878, da ciò
può vedersi che ancora in quell'epoca io avevo principiato a dubitare della solidità
di questo genere.
74 ROBERTO LAWLEY
di tutti i successivi, questi vanno diminuendo di lunghezza ra-
pidamente giungendo ai piccolissimi di fondo delle fauci. Egli,
leggerissimamente flessuoso, è equilaterale perciò poco differente
a quello impari ed ai successivi; rivolta la sua punta molto verso
la faccia interna; ha punta acutissima, e bordi taglienti come
tutti gli altri di questa dentizione; misura mill. 18 di lunghezza
sopra ad una larghezza di mill. 9.
Il quinto, sesto, settimo, ottavo, ed il nono dente simili fra loro,
sono eguali di forma al quarto, andando però ognuno di loro
decrescendo in grandezza, ma tutti come gli altri conservando
la curva della quale feci menzione sulla metà del cono, per cui
le loro acute punte si voltano sentitamente verso l'interno delle
fauci; questi denti marcano perciò la terza forma che l’OwyrQina
Spallanzanii Bonp. porta nella sua mandibola.
Il decimo dente, piccolissimo, è pure assai equilaterale, ma il
suo cono diventa molto ottuso e basso avvicinandosi alla forma
che portano i seguenti tre, che sono quasi informi, e l’ultimo
informe affatto termina la serie dei denti, e chiude perciò la
la mandibola dell'animale.
Nella Tav. I, fig. 4 ho disegnato una vertebra, la ventinove-
sima dopo quella cervicale, quasi a sua grandezza naturale che
possedeva l’individuo di cui vengo a dare la descrizione della
sua dentizione. La sua semplicità mi esime da farne una detta-
gliata descrizione, e se la mia posizione così lontana dal mare
non mi avesse impedito di poter aver vertebre di un individuo
di Carcharodon lamia Rond: ben accertate, ne avrei ancora di
questo fatta disegnare una; lo che farò se ne vengo in possesso.
Questo esemplare del quale ho descritto la dentizione è l’ indivi-
duo maggiore che io possedo ischeletrito che come dissi lo vidi
fresco a Livorno. Altri due esemplari mi furono forniti dal mio
STUDI SULL'OXYRHINA SPALLANZANII BONP. 75
amico Caifassi, uno dei quali ritenni per lungo tempo, per un
individuo di Lamna cornubica Lin. ma che oggi non mi resta
alcun dubbio che egli sia un giovane individuo di Ovyrhina Spal-
lanzanii Bonp. La mascella di questo misura cent.' 10, e la man-
dibola non misura che cent. 8, differenza proporzionale, che
trovai esistere ancora nella grande già descritta.
La disposizione della dentizione della mascella è ugualissima
a quella già descritta, non riscontrandovi differenze di forme che
per la grandezza, cosa ben naturale a comprendersi, come lo è
pure per i denti che debbano avere le solite loro quattro forme.
I primi due presso la sinfisi misurano in lunghezza cent. 1, so-
pra la larghezza di appena mill. 2, avendo la loro faccia piana
e la stessa flessuosità della prima. Il dente impari misura in
lunghezza mill. 4 sopra ad una larghezza di mill. 2. Credo però
che provenga dalla giovinezza dell’individuo ossia perchè a tal
età questo dente non abbia ancora sviluppato i suoi dentelli ]a-
terali, quantunque presenti un rigonfiamento fra la radice ed il
cono del dente per la larghezza delle sue facce, ma non si scorge
in esso traccia di dentelli.
La mandibola ancora di questo piccolo esemplare, porta le so-
lite forme di denti come nella grande; non vi si distingue nessuna
variante di disposizione di essi, salvo in grandezza, la solita curva
nella metà del loro cono li distingue perfettamente da quelli della
mascella che come sappiamo sono piani; dei primi tre denti, le
punte loro sono leggermente ricurve verso la faccia anteriore come
nella grande, dopo la curva che si presenta nella sua metà del cono
dei denti, e neppure manca ad essa la solita flessuosità del dente;
misurano mill 11 di lunghezza sopra a mill. 3 di larghezza.
Il dente impari misura mill. 6, di lunghezza sopra alla sua
larghezza mill. 2, ma in esso come in quello della superiore ma-
76 ROBERTO LAWLEY
scella, mentre vi si trova l’orliccio che separa il cono del dente
dalla radice, non vi si scorge nessun rudimento di dentellini come
qualche volta sono ben visibili nella grande. La misura di questo
piccolo indivividuo, ritenuto che la testa formi la sesta parte
del suo corpo come dalla descrizione datane dal Bonaparte, egli
doveva misurare M. 1, 60 circa.
L'altro individuo di mezzana grandezza che mi trovo ische-
letrito, doveva misurare circa M.* 2,50 misurato col medesimo
metodo. La mascella misura circa cent.i 18 di lunghezza e la
mandibola cent. 13. Le solite quattro forme di denti simili e
corrispondenti ritrovansi nella sua mascella come negli altri due
esemplari già descritti; nelle mandibole esistono pure le altre
forme di denti simili e corrispondenti alle altre quattro, ed in
tutte non differiscono sia pel numero di filate di denti, sia an-
cora per i ranghi ugualmente disposti.
Il primo dente accosto alla sinfisi della mandibola scorgesi
discendere più in basso, come negli altri due individui; si ri-
trova insomma in questa tutte le particolarità nei suoi denti
come descritti in quella maggiore, e si riconoscono le traccie di
dentelli più sviluppate nell’ingrossamento, o bordo che marca
la divisione del cono dalla radice del dente impari, sia della ma-
scella, quanto in quello della mandibola onde non è a riscontrarvi
differenza nessuna fra gli individui di diversa età, e possiamo
esser certi, che fino dalla più tenera esse costantemente si man-
tengano di queste forme fra loro uguali.
Onde non avendo a fare nessun’ altra osservazione di qualche
utilità pratica per il Paleontologo, andrò confrontando con mag-
gior sviluppo alcune specie di denti fossili che in grand’abbon-
danza ritroviamo nelle nostre Colline Pisane, le quali sono rite-
nute come essenzialmente formate dal Pliocene.
Ao a Cdl Ofen da
SULLA
FOSSILE OXYRHINA DESORII, AGAS.
——f_
Numerosissimi denti da doversi tutti riferire al genere OxyrRina
si trovano sparsi per le nostre Colline Plioceniche Pisane, però
studiando le loro forme, molte di esse si possono riunire, e le
forme ben disparate le une dalle altre si riducono a molto poche.
Parecchie di queste forme come andrò dicendo in questi miei
studi, sono da riportarsi alla vivente OxyrRina Spallanzani, Bonp.
che per le oramai conosciute forme della sua dentizione, propongo,
come feci per il Carcharodon Etruscus, che vengano queste forme
fossili fra loro simili, ritenute come aver appartenuto agli ante-
nati di quelle lontane epoche, e che quella stessa specie sia giunta
per mezzo della riproduzione mantenendosi immutata fino alla
nostra epoca tremendi abitatori viventi delle acque marine.
Propongo perciò che sotto il nome Oxyrkina Desorii, Agas.
sì continui a denominare, e così non mutando il nome imposto
dal suo scopritore, e sotto il quale trovasi segnata una forma
di questi denti in tutte le collezioni, sia ad essa aggiunto tutte
le diverse forme delle fossili che corrispondono, a quelle della
vivente; evitando con ciò un nuovo nome alla scienza, e ren-
dendo il dovuto omaggio al suo celebre scopritore; mentre così
78 ROBERTO LAWLEY
viene ad evitarsi con lo stesso vocabolo di confondere quelle fos-
sili con la vivente.
Questa specie è certamente fra i denti fossili quella che più
estesamente è rappresentata per tutto il mondo, ed in molte
formazioni diverse.
L’Agassiz col nome di Oxyrhina Desorii Vol.3, pag. 282, Tav. 37,
fig. 8-13. forma la sua specie, sopra i denti che visibilmente si
riscontrano per quelli della Oxy. Spallanzani Bonp. posti nelle
prime file presso la sinfisi della mascella; egli la dice molto co-
mune nella Molassa Svizzera di dove la studiò formandone la
sua specie. Io poi ritengo per fermo che trovandosi questa forma
nella Molassa Svizzera con qualche poco di cura nelle ricerche
da farsi di essa debba scaturire ancora tutte le altre forme della
dentizione della 0xy. Spallanzani Bonp. come avviene nelle nostre
colline Toscane del Pisano, dove vi si trovano tutte unite; questo
fatto se fosse riscontrato servirebbe ad avverare la mia proposta (').
Il Gibbes alla pag. 203 della sua memoria sugli , Squalidi
degli Stati Uniti, fa una specie nuova di Oxyrkina Desorii Gib-
(1) Che questa specie abbia costato molte difficoltà per stabilirla ben si desume
da ciò che l’Agassiz stesso dice a pag. 282, quando fa la descrizione della specie:
«Questa specie ci fornisce un esempio rimarchevole della difficoltà a determinare
delle specie, allorquando abbiamo a fare con un gran numero di esemplari che pre-
sentano ogni sorta di variazioni. È molto probabile che se io non avessi avuto a mia
disposizione che un esemplare dell’Oxyr%ina Desorù, per esempio il dente della fig. 10,
Tav. 37, io non avrei esitato un memento a distinguerla dall’ Oxy. hRastalis Agas. e
specialmente dai denti larghi e piani che sono descritti alla fig. 8, 9, 10 e 16 della
Tav. 34. Ma siccome esistono un gran numero di denti, i quali a prima vista sta-
biliscono un passaggio insensibile da una specie all'altra, perciò sono stato molto
indeciso in qual maniera tracciarne i limiti fra loro. Ed è stato il sig. Desor il quale
per il primo mi ha fatto osservare il carattere essenziale che la distiugue dalle sue
congeneri, cosicchè io mi sono affrettato di dedicarla al mio amico il quale ha già
acquistato tanti altri titoli più importanti alla mia riconoscenza, per la costanza con
la quale egli mi ha assistito da molti anni nelle mie ricerche scientifiche ec.
STUDI SULL’ OXYRHINA DESORII AGAS. 79
des e la rappresenta alle fig. 169-171, dicendo: Il Prof. Agassiz
descrive sotto questo nome alcuni esemplari i quali la successiva
esperienza lo ha indotto a considerarli identici con la Lamna
cuspidata Agas. con la quale egli ha trovato una rassomiglianza.
Per cui si fa un piacere di rimettere il nome al distinto sig.
Desor, l’amico ed il collaboratore dell’Agassiz per la sua spe-
cialità della quale si occupò. E perciò rimette questo nome ad
altre forme di denti che possono benissimo rappresentare denti
di adultissimi individui della specie fatta dall’Agassis, i quali ven-
nero corrosi dal trasporto delle acque per qualche tratto di fiume,
ed hanno tutta l'apparenza di avere appartenuto alle mandibole
della Oxyrhina Desori Agas. come proposta da me, della quale
forma, l’Agassiz fece la sua specie OxyrRhina Subinflata Agas.
L'Oxryrhina leptodon Agas. quale trovasi descritta nella sua
opera al Vol. 3, pag. 382, Tav. 34, fig. 1-2 ed alla Tav. 37, fig. 3-5
sono pure denti di forme provenienti dal sesto e settimo dente
della dentizione dell'Oxy. Spallanzani Bonp. Agassiz la dice rin-
venuta nelle Ghiaie di Flohnhein della Vallata del Reno. Di que-
sta forma ne ritengo altre delle nostre località, da Malta, e da
Bruxelles che devo alle numerose e fitte spedizioni che il sig.
Lefévre mi fece da quella località. Le Hon pure la cita averla
rinvenuta nel Pliocene di Bruxelles.
L'Oxyrhina Subinflata Agas. descritta al Vol. 3, pag. 284, e
rappresentata alla Tav. 37, tig. 6-7, sono denti simili e prove-
nienti da grossi individui della vivente Spallanzani posti presso
la sinfisi della mandibola che hanno dato luogo all’Agassiz sta-
bilire per quelli fossili la suddetta specie, ed in essi per quanto
uno si voglia ingegnare, non riesce trovare differenza di sorta,
per cui uno si trova costretto a dichiararli identici. Leggendo la
descrizione di questa specie alla pagina citata, ancora l’Agassiz
80 ROBERTO LAWLEY
conviene che per molti rapporti l’ 0xy. subinflata assomiglia alla
sua specie 0xy. Desorti, e non vi trova altro carattere degno di
essere osservato se non che la sua faccia esterna in luogo di
essere piana come in quest’ultima specie, nell’ Oxry. sudinflata
Agas. invece è molto marcatamente ricurva. La qual particolarità
come dissi facendo la descrizione della dentizione della vivente
Oryrhina Spallanzanii Bonp. si rinviene in tutti i denti che co-
stituiscono quelli della sua mandibola per la quale possiamo con
la massima facilità riconoscerli da quelli della mascella.
L’Agassiz cita questa specie come proveniente dal Gres-Vert
di Kemmertingen, dal Gault della perdita del Rodano; io la pos-
siedo da tutte le solite località del pliocene delle nostre Colline,
dal Bruxelliano, e da molti altri posti. Questa specie viene citata
da quasi tutti gli autori che di Oxyrhine fossili hanno discorso,
e da molti fu ancora rappresentata per la sua caratteristica ed
elegante forma.
Eugenio Sismonda a pag. 44 del più volte citato suo lavoro
alla descrizione che fa della Oxyrhina Desorii Agas. dice: , Come
identici alla 0xy. Desorii si presentano qui parecchi denti, che
naturalmente si collegano per un facies simile, ancorchè un esame
dei singoli individui possa far vedere negli uni, fig. 7-9, l’ Oxy.
leptodon, in altri, fig. 12, 13, l'Oxy. subinflata ec. Ma tutti avendo
come dissi, l’istessa fisonomia, e provenendo ancora da un mede-
simo terreno, anzichè dividerli, par cosa più naturale il riunirli
in una specie sola, e ripeterne le modificazioni dalla diversa età,
e dal diverso sito che i denti han potuto occupare nella gola
dell’ animale ,. Egli dice che queste specie furono da lui comu-
nemente rinvenute nelle argille mioceniche, che alternano col
calcare di Grassino.
Il Gemmellaro sembra aver confuso questa specie con la
STUDI SULL’ OXYRHINA DESORII AGAS. 81
Lamna crasidens Agas, come si può dedurre dalla descrizione che
egli ne dà a pag. 42, e dalla fig. 16, Tav. 6, del suo già più volte
citato lavoro sopra ai Pesci fossili della Sicilia, dalla qual fig. 16,
ben si vede che essa è l’Oxyr. subinflata Agas. che ha inteso
rappresentare, e che alla fig. 12 e 13 ha rappresentato 1’ Oxy.
Desorit Agas.; ma però è ben vero che l’Agassiz al Vol. 3, a
pag. 292 dove descrive la sua Lamna crassidens ed alla Tav. 35,
fig. 8-21, rappresenta un ammasso di forme di denti molto le
une disparate dalle altre, la maggior parte delle quali rappre-
sentano quelle provenienti dall’ Ory. Desorii e dall'Oxvyr. sub-
inflata, e nel testo dice che questa specie molto richiama alla
memoria quella della sua 0vyr. Desorti. Per cui da questi disegni
il Gemellaro deve essere stato indotto a confonderla. Egli dice
che i suoi esemplari provengono da Leonforte Provincia di Ca-
tania, dal Calcario nummulitico di Pachino, Provincia di Noto,
e dal calcario-arenario-terziario di Castrogiovanni Provincia di
Caltanisetta.
L'Oxyrhina gracilis Le Hon specie ancora questa fatta dal sud-
detto Autore per qualche dente da lui trovato nel terreno mioce-
nico del Bruxelliano; da dove provengono pure alcuni esemplari
che sono nella mia collezione, non sono che le forme solite che
porta la vivente Spallanzanii, Bonp. nei denti di presso la sinfisi
della mascella; per la qual cosa mi sembra che questa specie non
dovesse comparire che come sinonimo della Oxyr. Desorii Agas.
Ed altre di questa particolare forma, pure trovate nelle solite
località Toscane, non sono che da attribuirsi a giovani individui,
come quelle del Le Hon, lo devono essere pure.
Il Gemmellaro a pag. 48, Tav. 6, fig. 17, descrive la sua specie
di Lamna inequilateralis Gemell., che sembra essere qualche dente
posto sopra alla parte media della mascella di un non adultis-
82 ROBERTO LAWLEY
simo individuo proveniente dalla solita 0xryr. Spallanzanii Bonp.,
e forse per qualche anomalia, o per la sua non adulta età pre-
senti qualche differenza, e sotto queste differenze sia vennto fos-
silizzandosi, cosicchè egli ne fece per esse questa distinta specie,
ma che non può venire attribuita che all'Oxyr. Desorii Agas. e
da riportarsi alle forme della parte mediana della mascella, che
distinsi quando ne enumerai le diverse forme nella vivente, e che
secondo questa mia proposta deve essere compresa ancora questa
in tutte quelle che sotto il titolo di Oxyrhina Desorii Agas, ap-
partennero alla vivente, e che immutate sì rinvengono ancora
allo stato fossile.
Ma le due specie seguenti sono quelle fatte dall’ Agassiz nel
» Reporter of a Geological Reconessence of. California. New.
York, Baillier 1858, che in quest'anno pubblicava in esso rap-
porto con le seguenti annotazioni dicendo che trovava: , Che
alcuni denti portati dal sig. Blake dalla California sono di 0xy-
rhina, e dei quali resta molto difficile a stabilirne la specie, per-
chè havvi una cosa da osservare, cioè la somiglianza veramente
sorprendente con l’Oxyrhina Sp.?.... tuttora vivente nel Medi-
terraneo ,. Ed a pag. 315, dello stesso rapporto trova: , Che le
specie rinvenute in California presentano molta difficoltà per es-
sere stabilite per la loro somiglianza con quelle d'Europa; cosa
che gli sembra molto imbarazzante a spiegarsi ,.
A queste due specie egli propone provvisoriamente il nome
di Oryr. plana Agas. alla pag. 315 e ne dà la figura nella an-
nessa Tav. I, fig. 29, 30. E alla seconda specie, della quale dà
pure nello stesso punto la descrizione e che nella Tavola prima
figura pure, dà il nome provvisoriamente di 0xryrRina tumula Agas.,
le quali due specie provenivano dai depositi terziari di California
della località chiamata , Ocoya-creck ,. Perciò se esse hanno dato
STUDI SULL’ OXYRHINA DESORII AGAS. 83
all’Agassiz molta difficoltà per trovarle differenti a quelle di Euro-
pa, si può ritenere quelle per eguali alla Oxyr. Sp?.... tut-
tora vivente nel Mediterraneo, la quale ritengo dovesse finire col
determinarla, per l’ Oxyr. Spallanzanii Bonp. Così che mi sembra
da queste osservazioni dubbiose dell’Agassiz che egli cominciasse
dalla lontana America a dubitare che tutte le specie fossili rap-
presentassero quelle estinte.
Questa specie con tutte le sue diverse forme fu ritrovata dal-
l’Agassiz nella Molassa Svizzera, nelle Ghiaie di Hohnheim della
Vallata del Reno; a Malta e da Bruxelles da me; dall’ Agassiz nel
Gres-Vert di Kernmertingen, nel Gault della Perdita del Rodano;
da Eugenio Sismonda nelle argille mioceniche che alternano col
Calcare di Grassino; dal Gemellaro nel Calcario-nummulitico di
Pachino, ed altri terreni di Sicilia; da Le Hon nel Miocene del
Bruxelliano; dal Blake in Acoy-creek di California molto di-
stante dagli Stati Uniti, dove fu riconosciuta dall’ Agassiz; da
me in tutte le località conchiglifere delle nostre Colline Plioce-
niche Toscane; ed in tutte queste località citate, fu da tutti ri-
trovata di essa molta copia di esemplari. Dico perciò che non
sì potrà negare a questa specie che in gran numero d' individui
ella abbia avuto una grande estensione, quasi direi mondiale, e
negare a lei di aver assistito a numerose formazioni di terreni
antichi, ed avere potuto giungere immutata a vedere quelli degli
attuali, e impugnare neppure la possibilità di poter giungere
sotto queste forme a quelle venture.
Se prendiamo a confrontare i denti fossili delle nostre colline
Toscane con quelli della vivente, subito ci convinceremo della
verità del fatto, e troveremo in quelli fossili tutte le forme corri-
spondenti alla vivente. A tale scopo alla Tav. 2, ho fatto dise-
gnare tutte le diverse forme dei denti fossili che per essere piani
84 ROBERTO LAWLEY
dalla loro faccia esterna ben sì ravvisa che erano appartenenti
alla mascella quando era vivente, e non distaccati dalle gen-
give. Ed alla Tav. 2, fig. 1, 12, 1’, si trovano disegnate quelli
corrispondenti alla prima filata che sono presso la sinfisi della
vivente, essi certo rappresentano la specie Oxyr. Desoriî Agas.
descritta, Vol. 3, pag. 286, e disegnata alla Tav. 37, fig. 8-13,
dalle quali figure ben si vede che. gl’ individui rappresentano
questa filata e specialmente la fig. 8, 10, 13, sembrandomi quelle
disegnate sotto i numeri fig. 11 e 12 appartenere ad altre parti
della bocca, e più specialmente delle mandibole. Ma mi sembra
che la fig. 9 della stessa Tavola dell’Agassiz rappresenti invece
un dente della seconda filata, la quale nella mia Tav. 2 ho rap-
presentato sotto la fig. 2, 2°, 2°, che per la poca differenza che
esiste fra le due filate citai nella descrizione della vivente come
la prima forma di denti esistenti nelle mascelle.
Dunque la fig. 1, Tav. 2, è un dente la cui faccia anteriore si
presenta quasi piana, nel centro di essa mentre vi sì trova un
leggero spigolo per cui il dente è di alquanto più rilevato, che
verso i suoi due bordi, si abbassa, per rilevarsi e formare con
ciò i bordi che risultano taglientissimi; questa faccia però quan-
tunque si presenti piana, porta la sua punta acutissima come si
vede, e ad un quarto della sua altezza da essa si rivolge dalla
sua faccia anteriore, mentre che tutto il dente voltandosi verso la
parte interna cioè dei denti di fondo, forma con la curva di già
descritta della punta una flessuosità tutta sua particolare la
quale risulta elegantissima all’occhio. Un nero cordoncino separa
la base della sua faccia da quella della radice; prodotto dalla
gengiva egli ingrossa verso la sua parte esterna al fianco della
radice, mentre che nel centro del dente forma con essa un an-
golo che in alcuni denti è quasi retto. La radice grossa, e densa
STUDI SULL’OXYRHINA DESORII AGAS. 85
slancia le sue due branche lasciando un abbassamento centrale;
essa da questa faccia esterna segue l’asse del dente dritto se-
guendo la faccia stessa del dente.
La faccia interna del dente è convessa ed assai rigonfia, essa
va ad incontrare i bordi della faccia anteriore, e all'incontro delle
suddette risultano taglientissime, e da questa forma convessa il
dente risulta quasi semicircolare; la base di questa faccia si
slarga molto per abbracciare la larga radice quale viene sepa-
rata dall’unito ed uniforme cordoncino che è la prosecuzione di
quella dell’anteriore faccia, e che soltanto seguendo la conves-
sità di essa non forma nessun angolo; la radice da questa fac-
cia segue l’asse del dente stesso per un poco, ed alla sua metà
altezza piega bruscamente per andare ad incontrare la faccia
di quella anteriore; nella metà di questa radice scorgesi ben
chiaramente il foro dell’atrofizzato nervo nutritivo. Le due bran-
che delle radici si trovano essere assai stiacciate alle loro estre-
mità; in questi primi denti sono ambedue ugualmente svilup-
pate; ela curva che presenta la faccia esterna per piegarsi verso
i denti piccoli delle fauci resta naturalmente rivolta verso la
sinfisi.
Alla Tav. 2, fig. 2, 2°, 2°, fu disegnato sotto i suoi tre diffe-
renti aspetti un dente fossile il quale proviene dalla seconda
filata e del tutto simile a quello posto in quello stesso sito della
vivente. Egli di poco differisce, dai primi già descritti, e le sue
differenze principali consistono nell'essere più di loro flessuoso,
alquanto più denso, ed avente la branca della radice più alta
dalla parte che guarda la sinfisi, la quale particolarità nella ra-
dice dei successivi resta sempre più pronunziata fino alla filata
settima la quale, le porta quasi uguali, ed uguali pure sono quelle
dei successivi fino all'ultimo.
86 ROBERTO LAWLEY
Nelle fig. 8, 3°, 8', della stessa Tav. 2, viene rappresentato pure
sotto differenti aspetti il terzo dente, cioè quello che ritengo
per l’impari del fossile, e corrispondente all’impari del vivente.
Egli come dissi parlando di quello del vivente, ha una figura
del tutto diversa dai primi due, e dai successivi, e di questa
sua forma è l’unico rappresentante in tutta la dentizione della
vivente Oxyr. Spallanzanii Bonp.; forma che ritrovandosi assai
comunemente fra i denti fossili nelle località stesse dove abbon-
dano le altre della Oxyr. Desoriî Agas. perciò la propongo come
a questa speciale forma ancor essa appartenente.
L’esemplare che servì di modello per il disegnatore, non è
certamente uno dei più grossi per cui appartenne ad un indi-
viduo giovane, 0 piccolo, ma lo preferii ad altri per la sua forma
così caratteristica ed elegante che egli aveva. La forma del dente
è cordeiforme, la sua faccia esterna, come in tutti gli altri si
presenta piana, i bordi di esso lisci, sono taglientissimi; e la sua
acutissima punta si rivolge verso i piccoli denti del fondo delle
fauci avendo perciò la sua curva infuori voltata verso la sinfisi,
che corrisponde con la branca della radice la più elevata. La
slargata base del cono del dente da questa faccia trovasi sepa-
rata dalla sua radice da un cordoncino, come nei denti anteriori
già descritti dello stesso colore scuro, che segna fin dove la ra-
dice era immersa nella gengiva; ai bordi esterni questo cordon-
cino va slargandosi, in alcuni formandovi un ingrossamento, in
altri una ben distinta punta, o dentello che lo fa rassomigliar
molto ad un Otodus. La sua faccia interna, è ancor essa come
negli altri della dentizione convessa, la solita impressione di co-
lore scuro marca l'impressione della gengiva e separa ancora da
questo lato il cono dalla sua radice; questa dalla faccia interna
divide il cono e resta più alta, da dove facendo un angolo va
STUDI SULL'OXYRHINA DESORII AGAS. 87
ad incontrare la faccia della radice opposta, quivi nel suo centro
è posta la traccia del solito foro. Ma la radice della faccia esterna
seguendo l’asse stesso del dente resta diritta per cui l’incontro
delle due facce resulta sottile, gli apici delle due branche nella
quale si divide la radice di questo dente sono ancora esse stiac-
ciati ed assai sottili, mentre la solita branca è pure più alta,
come dissi.
Tutte queste dettagliate particolarità, esclusa quella del cor-
doncino di altro colore, che separa il cono dalla sua radice, ritro-
vandosi nel dente della vivente, mi tranquillizzano di non aver
errato proponendolo come dente impari dei fossili. In qualche
esemplare di questi e non sempre fra i più adulti, alla metà
della base della faccia esterna si trova qualche piega, ma que-
sta particolarità non mi sembra sufficente per escluderli o farne
una specie a parte.
Le forme rappresentate alla solita Tav. 2, fig. 4, 5, 6, 7, servono
a mostrare che fra i denti fossili, pure si ritrovano quelle simili
alle filate 4, 5, 6, 7 del vivente, le quali mantengono le loro pun-
te tanto negli uni che negli altri rivolte infuori mentre quelli
segnati con i numeri fig. 8, 9, che voltano la loro punta dalla
faccia interna trovano riscontro in quelli della vivente; come pure
dalle fig. 10, 11, che rappresentano quelli piccoli di fondo le ma-
scelle, si vedono essere piccolissimi, e quasi informi. Non avendo
da osservare niente altro sopra ai denti fossili della mascella,
passiamo alla Tav. 3.
Sappiamo che tutte le forme di denti che si trovano posti
sopra le mandibole della vivente Oxyr. Spallanzani Bonp. hanno
la particolarità loro propria di avere la faccia anteriore quasi
piana per la sua larghezza, ma però per la lunghezza del dente
facendo esso una curva assai forte, da questa non li viene per-
88 ROBERTO LAWLEY
messo di riposare se posti sopra ad un piano. Ora alla Tav. 3
vennero riprodotte tutte le forme differenti dei denti fossili che
con questa particolarità si rinvenivano, e come vedremo corri-
spondono benissimo a quelli che sono posti sulle mandibole della
vivente.
La Tav. 3, fig. 1, 1°, 1°, rappresenta un dente fossile che cor-
risponde a quelli della prima filata della mandibola del vivente
e di poco differisce dalla prima filata dei denti della stessa posi-
zione posti sulla mascella del fossile e del vivente; la maggiore
differenza consiste nell'essere un poco più denso alla sua base,
il che benissimo si scorge, se lo confrontiamo con la fig. 1°
Tav. 2, per le quali fisure si può giudicare la sua maggior gros-
sezza, e la differenza della curva che fa il cono del dente in esse.
L’Agassiz sopra a questo special dente forma una sua specie,
e nel dettaglio della descrizione che fa dell’ Oryrhina subinflata
Agas. a pag. 284 dice; , E sotto alcuni aspetti, questo dente
assomiglia molto all’ Oxyr. Desoriî Agas., specialmente per la
sua grossezza considerevole, e per la sua forma flessuosa, quando
si esamina di profilo alla fig. 6.* della sua Tav. 37 ,. Da queste
parole ben si vede che ancora egli ravvisava che le differenze
delle due forme erano minime, e con ciò che disse per la specie
Desoriù che trascrissi poco sopra, egli era imbrogliato a fare di
queste forme quasi uguali fra loro tante specie differenti. La
sua specie Oxyrhina subinflata dice provenire dal Grès-Vert de
Kemmertigen.
To non starò a farne una dettagliata descrizione, esimendo-
mene quella già fatta per la forma della prima filata di quelli
della mascella, avendone rimarcato le sole differenze che vi si
rinvengono, Ben poca disparità si ritroverà alla Tav. 8, nei denti
disegnati sotto le fig. 2, 2°, 2", da quelli già descritti che stanno
STUDI SULL’ OXYRHINA DESORII AGAS. 89
nella seconda filata della mandibola, e chi sì pone a confrontarli
li troverà essere soltanto un poco meno curvi, e con una branca
cioè la solita un poco più alta.
La fig. 3, 3°, 3', sta a rappresentare il terzo dente della man-
dibola cioè l’impari nel quale un poco più flessuoso, e di poco
più alto dei successivi, non ho riscontrato i dentelli che in qual-
che dente del vivente si vedono provenienti da quella filata, ma
però in tutti ritrovasi ai bordi laterali del suo cono dei rigon-
fiamenti molto ben marcati, e distinti del solito colore scuro.
Da questo dente tutti i susseguenti sappiamo decrescere rapi-
damente fino ai piccoli di fondo alle fauci.
La fig. 4, 4°, 4, Tav.3, rappresenta il quarto delle sue due facce
esterna e di fianco per mostrare quanto le branche delle radici
vadano in essi riunendosi d’altezza e come la sua punta che vol-
gevasi verso la sua faccia esterna nei precedenti vada rivolgen-
dosi in questo dalla sua faccia interna, come succede pure nel
vivente, mantenendosi ancora di forma eguale fra essi.
I denti poi marcati col numero fig. 5, 6, 7 sono quelli succes-
sivi, ed i piccoli posti in fondo alla mandibola.
Sicchè mi sembra di aver potuto dimostrare che dandosi cura
di riunire in gran copia denti di Oxyrkina Desorii Agas. può
trovarsi tutte le forme che io disegnai alle Tav. 2, 3, e che queste
confrontate con la Tav. 1, si possa dire che sono perfettamente
uguali le fossili, a quelle della vivente Oxyrhina Spallanzanii
Bonp. Questa possibilità mi sembra perciò che ci permetta di
poter dire, e che resti provato aver antichissimamente esistita
questa specie, la quale è giunta immutata a vivere nelle no-
stre acque.
Alla Tav. 10 ho creduto bene di rappresentare tutte le sezioni
microscopiche che ho con ogni cura preparate dei seguenti denti
90 ROBERTO LAWLEY
fossili e ben volentieri avrei ancor fatto disegnare i corrispon-
denti del vivente a confronto, se io ne avessi avuti disponibili,
ma la mancanza di esemplari me lo ha impedito, perchè come
altra volta ebbi a dire sarei ben contento di possederne la cen-
tesima parte di quelli della vivente, di quanti ne tengo fossili.
La fig. 1, Tav. 10, è la sezione microscopica di un dente presso
la sinfisi della mandibola, veduto di fronte per la sua lunghezza,
ed alla fig. 2, vedesi quella dello stesso dente, ma sezionato e
preparato di traverso.
La fig. 3, Tav. 10, fa vedere la preparazione longitudinale fatta
del quarto dente posto nella mascella.
La fig. 4 della medesima Tav. 10, mostra quella di un quarto
dente della mandibola. La fig. 5, rappresenta quella dell’impari
della mascella, e da una parte alla base del cono riuscì salvare
la preparazione di un suo dentino. E finalmente con la fig. 6,
Tav. 10, viene rappresentato con la sua preparazione nel senso
della lunghezza quello impari proveniente dalla mandibola.
Come si vede da queste preparazioni microscopiche, tutti i
denti dell’ Oxyr. Desoriù Agas. appartengono al secondo gruppo
nel quale l’ Agassiz divide gli Squalidi secondo la costituzione
interna dei loro denti, data dalle sezioni microscopiche. E di
fatti sono composti da dentrina solida non trovandosi in essi,
nessuna cavità principale, e di nessuna forma decisa quantunque
vi si rinvenga qualche piccolo vuoto; i quali vuoti più fitti nelle
loro radici qualche volta esistono ancora nella corona del dente
stesso, ma non avendo in questi nè forma nè località fissa, come
può benissimo vedersi dalle fig. 2, e 5, della Tav. 10, i quali pic-
coli vuoti notai ritrovarsi ancora nelle sezioni microscopiche del
Carcharodon Etruscus Law.
L'abbondanza con la quale si rinvengono tutte le forme dei
STUDI SULL'OXYRHINA DESORII AGAS. 91
denti dell’Oxyrhina Desorii Agas. provenienti da qualunque parte
della sua dentizione, mi suggerì d’intraprendere con essi una
ricostruzione di un intiera mascella e perciò disposi sopra a
quattro ranghi tutte le forme di essi, come gli ho descritti nella
vivente Oxyrhina Spallanzanii Bonp, ed in questa tediosa e mi-
nuziosa ricerca molto ha contribuito la pazienza, e l'abilità a
fermarli sopra ad un cartone, del mio amico Antonio Della Croce,
il quale in elegante circolo li dispose.
E questa artificiale mascella non lascia nulla a desiderare per
forme precise della vivente, solo si può osservare come questi
denti fossili riuniti, provenienti da tanti posti diversi delle no-
stre colline plioceniche toscane, fossilizzati sotto tante condi-
zioni diverse, appartenuti a tanti individui e di diverse età, dar
dovevano naturalmente un aspetto, come ben è succeduto, di una
riunione di forme simili si, ma non di un medesimo individuo, una
somiglianza incerta e non uguale di fossilizzazione.
Dalle località già citate e da quelle di tutte le nostre colline
ben si può dedurre quanto questa specie sia stata comunissima
in tutte l’ epoche e non starò a rinominare le località Toscane fos-
silifere nelle quali ella vi si ritrova potendo piuttosto dire che
essa è comunissima per ogni dove sono terreni pliocenici emersi
dalle acque marine. La qual cosa per ogni dove avviene se si
debba giudicare dalle masse che io ho dai miei gentili corrispon-
denti, fra i quali non posso non enumerare il mio particolare ed
attivissimo Collega sig. Teodoro Lefévre di Bruxelles il quale me
ne ha fornite diverse centinaia provenienti da tutte le posizioni
dell'asse mandibolare da lui riunite nell’Eocene medio del Bru-
xelliano, e che egli volle cortesemente darmi dopo aver di essi
fatta bella mostra all’ Esposizione Universale, dove fu uno degli
Esponenti, giudicato dei più degni di Premio.
92 ROBERTO LAWLEY — STUDI SULL’ OXYRHINA EC.
E non sembrandomi sul soggetto dell.OxyrWina Desoriî Agas.
forse troppo oramai discusso avere niente altro a dire, verrò trat-
tando di altra riunione di forme diverse del genere OxyrZina che
ancora queste in ingenti masse si trovano nelle nostre Colline
Toscane, e delle quali forme molti autori hanno fatto diversi
nomi specifici tratti a ciò dal considerarle essi individualmente
separate, come le trovarono.
St E
SUL
GENERE OXYRHINA AGASSIZII, LAW.
Nell’ Aprile del 1877, in una località detta Le Case Bianche (*),
nel Volterrano sulla via che dalla Bacchettona conduce alle Sa-
line ebbi la fortunata combinazione che alcuni miei cercatori vi
ritrovassero un intiero pesce allo stato fossile. In piccolo spazio
ritrovarono le mascelle di esso fossilizzate e poterono riunire 150
o 160 denti tutti provenienti da esse, e molti più ne avrebbero
potuti riunire se fossero stati coadiuvati dal terreno e da una
dote di pazienza. Ma essendo questi resti implicati in tenacissima
argilla, molti ne devono essere andati dispersi. Uniti ad essì si
trovò le mascelle, le quali in terreno così duro vennero fuori in
diversi pezzi e non poterono essere riunite, mentre qualche pezzo
al contatto dell’aria, come ben spesso succede, si disciolse e si
guastò, ma però da questi pezzi potuti salvare ben si scopriva
trattarsi dell'osso mascellare dell’animale. Ancora moltissime ver-
(*) All'adunanza del 6 Maggio del 1877, tenuta dalla Società delle Scienze Natu-
rali residente in Pisa, lessi una memoria sopra a questi resti che riunii ad altre nella
ristampa che ne feci col titolo «quattro memorie sopra a Resti Fossili ec. » pubbli-
cati nel 1878 per mezzo della Tipografia Nistrì di Pisa, ivi si può trovare alcuni det-
fagli che sopprimo in questo mio attuale lavoro.
94 ROBERTO LAWLEY
tebre di esso poterono essere salvate, delle quali volli rappresen-
tare alla Tav. 8, fig. 1, cinque di esse al posto come si trovavano
implicate nell’argilla ed alla fig. 2, della stessa tavola se ne vede
una di faccia, che alla Fig. 3, viene rappresentata di fianco. Se
queste vertebre vengono messe a confronto con quella della vi-
vente che fu disegnata alla Tav. 1, fig. 4, presto vedesi essere
pur vertebre di un’ Oryrkina. Fu insieme ad esse ritrovato una
punta di freccia in silice che trovasi pure disegnata nella Tav. 8,
fig. 4, in questa freccia non vi si trova nessuna traccia di tenta-
tivo per rendere la punta ne’ suoi lati più acuta e tagliente; per
la qual cosa essa si può ritenere come una delle più primitive,
perciò della più antica manifattura preistorica.
Con un numero così cospicuo di denti dello stesso individuo
ben si capisce che fra loro dovevansi ritrovare tutte le forme dei
denti che stavano nei differenti punti dell'asse mandibolare sia
superiore sia inferiore. Da questa riflessione dedussi che quei denti
dovendo presentare tutte le diverse forme che l’animale doveva
portare, con essi avrei facilmente potuto aver qualche lume onde
poterla ricostituire e capire come dovevano essere disposti nella
dentizione dell'animale, quando era vivente. Nè vi fu bisogno di
molto studio per riconoscere quelle forme fra le OxyrRine, delle
quali l’Agassiz ed altri autori hanno formato tante e diverse spe-
cie che qui sotto andrò enumarando, e che hanno la loro specia-
lità di grossi denti a base larga e stiacciata; e che al genere
Oxyrhina devono appartenere, perciò essere privi di dentelli alla
base del cono, come pure i bordi dei denti devono essere taglienti,
uniti e senza portare dentellatura, come appunto essi erano.
Vidi che per le forme che portavano si distinguevano in denti
larghi e stiacciati; mentre altri erano più stretti, e lancei-
formi, dal che mi avvidi che trattavasi di una dentizione asso-
3
STUDI SUL GENERE OXYRHINA AGASSIZII LAW. 95
migliante ed analoga a quelle di Carcharodon, e che i primi do-
vevano stare nella mascella, gli altri nella mandibola come av-
viene in questa di Carcharodon. Le curve in fuori, unitamente alle
branche più o meno alte e sviluppate mi diedero molto lume per
disporle su qual parte dell’asse mandibolare esse dovevano re-
stare; non vi mancavano molti denti in via di formazione nè i
piccoli. Le quali cose tutte mentre confermavano trattarsi di
denti di forma simile alla citata dentizione constatavano pure
essere appartenenti ad uno stesso e completo individuo.
In quei giorni venne a visitare le mie raccolte il sig. Prof.
Theodoro Fuchs Direttore del Museo di Vienna ed al quale feci
vedere i denti disposti secondo le mie osservazioni e restò ma-
ravigliato e convinto della grande analogia che fra le due denti-
zioni passava, e mentre non trovava obiezioni da fare in contra-
rio come egli disse ('), mi confortò a rendere di pubblica ragione
quelle osservazioni; cosa che io feci pochi giorni dopo con la
memoria poch’anzi citata. E profittai della pazienza del mio amico
Della Croce per far disporre e legare sopra ad un cartone, l’intiera
dentizione come da viva doveva portare questo pesce.
Alla Tav. 5, fig. 1, feci rappresentare l’intera mascella dedotta
dai denti trovati tutti insieme, e da me restaurata: mentre la
fig. 2 e 2° rappresenta un dente di Oryrhina Agassizii Law. di-
staccato ed isolato ancora esso il quale fu trovato in altre loca-
lità del Volterrano e lo ritengo per un dente anomale appartenuto
a qualche individuo di questa specie, che in tale stato egli si
(!) Il sig. Fuchs parlò della medesima mia raccolta « Studien uber die Gliederung
Ober-Italiens. Gesammelt auf In einer Reise in Frihlinge 1877. Von Theodor Fuchs
Custosam k. k. Hoj. Mineraliencabinet (Milt 6 Abildungen) ( Vergelegt in der Sitzung
am ll April 1878) Aus dem LXXVII bande der Sitzb der k Akad. d. Wissensch I
Abth. Maj — Hift Jahrg. 1878.
96 ROBERTO LAWLEY
sia fossilizzato. Perciò non starò a farne nessuna descrizione, ba-
stando la sola ispezione del suo disegno per apprezzare in che
consistono le differenze che vi si trovano; egli è certamente un
dente che proviene dalla parte sinistra centrale di una mascella
della suddetta specie.
Alla Tav. 6, ho disposto tutte le forme dei denti come l’Oxy-
rhina Agassizii Law. poteva riunire nella sua mascella, princi-
piando da quello della sinfisi e andando fino ai piccoli di fondo della
gola. Il dente di sul davanti vien subito riconosciuto ai suoi lati
equilaterali, e dall’eguaglianza delle branche della radice; questo
venne pure rappresentato alla Tav. 6, fig. 1, 1°, 1°, sotto le sue
tre solite posizioni per meglio essere apprezzato.
I quali denti della Tav. 6, fig. 1, 1°, 1°, tanto possono essere
riferiti alla specie Oxyrkina trigonodon Agas. perchè in essi cor-
rispondono tutti i caratteri descritti dall'autore, quanto ancora
all’Oxyrhina plicatilis Agas. perchè porta distintissime pieghe
alla base del dente dalla sua faccia esterna, come benissimo si
vedono dalla fig. 1, Tav. 6, pieghe che come nel Carcharodon Etru-
scus Law. vi sono tracciate fino verso la metà del cono da questa
faccia, mentre nell’opposta non ne ho mai riscontrate, nei nume-
rosi esemplari dei quali ritengo parecchie centinaia. E sembra
pure non riscontrarsi queste pieghe nelle due faccie dei denti
posti sulle mandibole. Le due specie di Oxyrhina trigonodon Agas.
e specialmente l’Oxyrhina plicatilis Agas. vengono citate come
esistenti in molte località d’Italia e dal Gibbes in America.
La fig. 2, 2°, 2°, rappresenta certamente il terzo dente, cioè
l’impari, perchè la forma tutta sua speciale lo fa distinguere da
tutti i successivi, quantunque come esso ancora sieno cordiformi
e con radici dal solito lato più sviluppate. Volli rappresentare
alla fig. 3, della solita Tav. 6, uno dei denti che ritengo per quello
STUDI SUL GENERE OXYRHINA AGASSIZII LAW. 97
posto subito dopo l’impari per essere egli il più grande dei denti
cordiformi, come trovasi esserlo pure nella disposizione dei denti
del Carcharodon, che già descrissi a suo tempo. Però questi non
solo si trovano i più grandi fra quelli di questa forma; ma ancora
alla base della corona si trova in esso una sfrangiatura come si
vede disegnata alla fig. 3; la stessa sfrangiatura ritrovasi non
solo nel suo analogo dente corrispondente, ma in tutti quelli che
ai successivi ranghi si trovano al medesimo posto; però e ben
vero che ancora questa sfrangiatura ritrovasi in altri dei più
piccoli della stessa dentizione; ma a dir vero questa particolare
sfrangiatura non ebbi mai a riscontrare negli altri denti di que-
sta specie provenienti da individui diversi da questo, nè sopra
a quelli che mi furono spediti da molti corrispondenti, e perciò
d’altre località; e fra gli altri citerò quelli provenienti dal Plzo-
cene d’ Anversa che in gran quantità me ne furono spediti dal
sig. Léfevre, lo che farebbe supporre essere una particolarità di
questo individuo.
La fig. 4, Tav. 6, rappresenta un altro dente delle forme poste
sulla parte mediana delle mascelle di questo individuo, forme
che l’Agassiz scelse per fare di loro la sua specie Oxyrhina
riphodon Agas. la qual forma fu riscontrata e citata da molti
autori Italiani, e per fino dal Gibbes fra quelle della lontana
America.
È perciò da avvertire che tutte queste forme delle citate figure
hanno la loro punta rivolta sulla faccia anteriore, od esterna,
perciò ancora per questa particolarità la citata dentatura non dif-
ferisce da quella del Carcharodon. La specie di Oxyrhina isocelia
E. Sismonda, specialmente quella disegnata alla sua Tav. 2, fig. 4
e 5, venne fatta sopra a denti provenienti dal fondo della fauce
della Oxryrhina Agassizii Law. e tanto può provenire da questa spe-
98 ROBERTO LAWLEY
cie, come dalle altre per essere tutti in questo genere simili di
forme in quella parte. La fig. 5 Tav. 6 è il dente vicino ai piccoli,
e non differisce neppur questo dalla dentizione dei Carcharodon
per aver egli un’altra forma, e per rivolgere come i seguenti
fig. 6, la loro punta dalla faccia opposta, cioè interna come in
quelli avviene.
La Tav. 7, rappresenta pure, le principali forme che compon-
gono la dentatura della mandibola della specie OryrRina, Agassizi
Law. e come in quella dei Carcharodon essì si distinguono per la
loro forma slanciata, grossa alla base, e lanceiforme, ma però il
bordo è privo di dentellatura, e mancante del tutto di dentelli alla
sua base. I più grandi devono certamente trovarsi presso la sinfisi,
perchè hanno lati equilaterali, e radici quasi ugualmente svi-
luppate nelle sue branche. La fig. 1, 1°, 1°, rappresenta uno dei
denti posti presso alla sinfisi della mandibola se non il più acco-
stante egli è certamente il successivo.
L’Agassiz sopra i denti di questa mandibola fece la sua specie
Oxyrhina hastalis Agas. che per essere fatta su denti isolati pro-
venienti da individui di diversa età, come egli dice al Vol. 8,
pag. 277, gli presentarono molta difficoltà per limitarne le forme
in cui essa doveva restare compresa, e di fatto avendone dise-
gnato l’intera Tavola 84, da questi egli pensò bene di togliervi le
forme disegnate sotto le fig. 1, 2, per dichiararle appartenenti
alla specie OryrRina leptodon Agas.; che come abbiamo visto e
una delle forme da attribuirsi alla OxyrRina Desorii, Agas. È
tolse pure quelle disegnate sotto la fig. 14, che attribuì all’ Oxy-
rhina crassa, Agas. lasciando tutte le altre della tavola con dubbio
che essi fossero di fatto da riferirsi a quella specie, tanto sono fra
loro differenti le forme che vi rappresenta.
Egli stabilì pure su forme provenienti dalla mandibola di que-
STUDI SUL GENERE OXYRHINA AGASSIZII LAW, 99
sta dentizione la sua specie Owyrhina Mantelli, Agas. la quale fece
sopra soggetti che trasse dalle collezioni inglesi provenienti dalla
Creta di Lewes., fatte dal sig. Mantell, la quale specie chiaramente
sì scorge essere fatta sopra a denti provenienti di sulla mandi-
bola di questa specie. La dice molto comune nella Creta d’In-
ghilterra, e dichiara che ancora per questa specie fu molto im-
brogliato per delimitare le forme, e dichiara di dover accordare
ad essa un'estensione maggiore; perciò alla sua Tav. 35, ne fi-
gura una buona quantità, con le quali deve aver inteso prendere
le forme più disparate per costituire i limiti della estensione che
aver dovevano; e a pag. 280, del Vol. 3, facendo di essa la de-
scrizione dice inquanto alla sua forma essere quella di mezzo fra
l'Oryrhina hastalis Agas. e la Desorti, e fa costituire la sua prin-
cipale diversità in due depressioni più marcate alla base del dente
presso lo spigolo centrale, e in una maggior grossezza della radice
e del cono del dente. Dalle quali cose crederei che ancora di questa
specie abbia preso uno dei denti presso la sinfisi per descriverla
e farne la diagnosi includendovi pure forme molto diverse, come
rappresenta alla indicata tavola.
Alla Tav. 7, fig. 2, e successivi numeri ho rappresentato il
terzo dente, cioè l’impari della mandibola. Questo dente non si
distingue dai restanti della suddetta per nessuna sua forma parti-
colare, nè trovasi in esso altra differenza che l’essere più stretto
presso la base del cono, per cui sembra più svelto, quantunque
egli sia veramente un poco più piccolo dei successivi, ma per que-
sto suo aspetto speciale ben presto si distiague dagli altri, ed
essendosi trovato formante parte dell’intera dentizione di un me-
desimo individuo subito ciò lo fa riconoscere, e gli farà asse-
gnare questo suo posto esclusivo, cosa che non sarebbe forse av-
venuta se essa fosse una riunione di soli denti isolati provenienti
da diverse località.
100 ROBERIO LAWLEY
La fig. 3, Tav. 7, rappresenta il dente dove la punta cambia
parte per rivolgersi sulla faccia interna, e fino a questo dente
gli altri la rivolgono costantemente in fuori sulla loro faccia
esterna, ma da questo dente essa si rivolge ad un tratto sulla
sua opposta parte. Non si può assolutamente dire qual sia nel
fossile il numero progressivo che egli occupi, ma nel vivente Car-
charodon lamia, Rond. ciò avviene al quarto dente della mandi-
bola, cioè a quello dopo l’impari, e similmente accader deve nella
Oxyrhina Agassizii Law., chè in caso diverso sarebbero avanzati
nel disporli, alcuni dei denti che voltassero la loro punta in fuori,
o sivvero essi vi avrebbero fatto difetto.
Una particolarità però degna d'osservazione è quella che presso
la base di tutti questi denti che compongono la dentizione della
Oxryrina Agassizii Law. si ritrova quella stessa traccia ed ingros-
samento laterale con una ben marcata e distinta linea di un co-
lore oscuro come si riscontra nell’Oxyrkina Desorii, Agas. la quale
sembra prodotta dall’impressione della gengiva, poichè sopra ai
denti nella vivente Oryrina Spallanzanti Bonp. non si vede nessuna
differenza di colore, fossilizzandosi essi sembrano tirarlo fuori, e
non so davvero concepire per qual fenomeno ciò possa avvenire.
Sappiamo che nella mandibola del Carcharodon i denti vanno
decrescendo dagli anteriori posti sulla sinfisi, per essere essi i più
grandi, fino al fondo delle fauci. Ed in questa Oxylrina Agassizii
Law. pure avveniva lo stesso, giudicandone dalla precisione di
non averne trovati di più o di meno, nè di quelli grandi, nè di
quei piccoli, e dispesti che furono in tal maniera confermarono
con ciò questo loro andamento.
E alla Tav. 7, fig. 4, ne feci rappresentare un individuo che
proviene dalla parte mediana della mandibola. Come pure non
volli mancare di rappresentare nella stessa Tav. 7, alla fig. 5, una
STUDI SUL GENERE OXYRHINA AGASSIZII LAW. 101
forma speciale di un dente, quello cioè posto quasi all'ultimo
dei denti della parte mediana della mandibola, che nella vi-
vente del Carcharodon occuperebbe la sesta filata e che è di forma
un poco più slanciata, ed un poco differente da quelli d’avanti
vedesi pure la forma dei successivi, che sono disegnati alla fig. 6,
e dopo questi vengon quelli informi e perciò gli ultimi, più piccoli.
Come si vede questa Oryrhina Agassizii, Law. al pari dell'Oxy-
rhina Desorti, Agas. è specie propria dei terreni terziari, e non
manca con la stessa abbondanza di esservi rappresentata da’ suoi
resti fossili, e devesi ad una fortunata combinazione, come quella
che ebbi, se è stato possibile di scoprirne la sua completa den-
tizione, e ridurre per essa tante forme di denti ad una sola spe-
cie. Dall’Agassiz sappiamo che ella si trova nelle seguenti loca-
lità: a Castelnaux vicino a Dax, all'Isola di Malta, nel terreno
pliocene di Castel Arquato, da dove io ne tengo due esemplari
provenienti dalla mascella, che mi furono donati dal sig. Giro-
lamo Forlini farmacista a Lugagnano di Val d'Arda. Trovasi
pure nei terreni terziari della vallata del Reno, nelle Molasse di
Wurenlos, e nelle ghiaie terziarie di Flohnheim. Il Gemellaro l’ha
trovata nell’arenaria terziaria di Leonforte. (Provincia di Catania),
nel nummulitico dei dintorni di Pachino, nelle marne solfilifere
di Castel Termini. Da Eugenio Sismonda fu trovata nell’arenaria
del Colle di Torino, nelle argille di Gassino, e in un Grés ver-
diccio presso Acqui di Piemonte: nei gessi di Parigi, egli la dice
rinvenuta pure.
Il mio amico cav. Botti me ne ha date in comunicazione di
diverse località della pietra leccese. Finalmente venne riscontrata
dal Gibbes, come proveniente dal Miocene di Virginia in America,
e dall’Eocene della Carolina Settentrionale, e dice averne avuto
un individuo solo proveniente dal Cretaceo di Alabama. Nelle
102 ROBERTO LAWLEY
nostre località delle Colline Toscane la troviamo sotto tutte le
sue forme in grandissima quantità; ma più abbondantemente l'ho
trovata ed avuta dal Volterrano. Nelle Colline d’Orciano Pisano
pure vi si trova molto comune, ma ivi predominano le forme
della Oxyrhina Desorii, Agas. e del Carcharodon Etruscus Law.
Le cave di San Frediano me ne hanno pure fornito qualche esem-
plare, trovato nella Pietra Lenticolare di quella località.
Dunque in somma può dirsi ancora di essa quello che dissi per
l'Oxyrhina Desorii, Agas. che ella è molto sparsa, e che pure si
mostra in gran profusione con i suoi resti fossili. Ma solo questa
specie non posso citarla come vivente perchè non è a mia cogni-
zione che sì ritrovi nei nostri mari, nè in altri, e perciò per ora
ella può venire considerata come specie estinta, ma che altre
volte deve essere stata abbondante nei mari dell’epoche terziarie.
La fig. 1, della Tav. 9, rappresenta la preparazione microsco-
pica di una sezione longitudinale alquanto ingrandita, di un dente
posto sulla sinfisi della mascella dell’Ouyrkina Agassizià Law. che
feci per tal proposito. In essa non trovasi niente di differenza
dalle preparazioni già descritte per le altre OxyrRine, e per i
Carcharodon; la stessa differenza di dentrina più grossolana, forma
e fa distinguere Ja sua radice dal cono del dente. In essa notasi
al solito l’assenza dei grossi canali che la formarono, e vi si ri-
scontrano come nella formazione dei medesimi, i piccoli vuoti
privi di una forma regolare qualunque, e posti per ogni dove
senza nessuna posizione fissa nè determinata; mentre nel cono del
dente stesso vi si vedono i grossi canali che discendendo perpen-
dicolarmente e suddividendosi in infinite diramazioni terminano
per disperdersi in prossimità dello smalto, il quale egli pure è
composto come in quelli, di un ammasso di piccoli tubetti tra-
sversalmente uno sopra l’altro disposti, e fittamente sovraposti.
STÙDI SUL GENERE 'OXYRHINA AGASSIZII LAW. 103
I denti ancora di Owyrhina Agassizit Law. vedonsi appartenere
alla seconda sezione che l’Agassiz. propone, disponendo i generi
dalla interna costituzione, e che discopre il microscopio, cioè privi
di un vuoto nell’interna sostanza della polpa del dente, e compo-
sti perciò da dentrina compatta per ogni dove nel loro cono.
La fig. 2, Tav. 9, dimostra la preparazione microscopica, ma
però fatta nel senso trasversale, di un dente posto sopra alla
mascella presso la sinfisi, e ancora questo non presenta nulla di
particolare, nè vi si rinviene nessuna differenza degna d’osserva-
zione da quelle fatte per Carcharodon e le Oxyrhine.
Alla fig. 3, della stessa Tav. 9, vedesi pure una preparazione
miscroscopica di una porzione di vertebra ancor essa fatta per
l’oggetto di vederne l’interna costituzione, ma non presenta,
sembrami nulla di ben particolare; la sua parte centrale è for-
mata da una sostanza spongiosa in cui si vedono numerosi vuoti
quali più piccoli, quali più grandi, quasi di forma ellittica; questa
viene rinchiusa da due strati di sostanza molto più fina e disposta
dalla sua parte esterna costituendo la forma di fuori della verte-
bra stessa e rinchiudendo la sostanza spongiosa e grossolana; in
questo strato di sostanza involvente non vi si vede nessun vuoto,
ma esso è formato di sostanza compatta, che lascia vedere delle
colonnette longitudinali costituite appunto da essa sostanza più o
meno dura e fine.
Se i resti di pesci cartilaginei fossili, sono facilissimi a rinve-
nirsi peri loro denti e placche dermiche, però di essi ben diffi-
cilmente trovansi altre parti allo stato fossile, giust’appunto per
la poca solidità che esse presentano al loro sfacelo e dissoluzione,
però sembrano presentare un poco più di solidità le vertebre, che
se non in grandissimo numero, pure qualcheduna di queste pro-
venienti da qualche Squalide è dato trovarne sparse insieme ai
104 ROBERTO LAWLEY
denti. Essendomi capitato ed avendo potuto trovare di questa
Oxyrhina Agassizii, Law. quasi tutte le parti delle mascelle fos-
silizzate insieme ai suoi denti, per la sua difficoltà nel rinvenirla
quanto ancora essendo resti ben constatati, a quale specie essi ap-
partennero, ho creduto bene di far pure di loro una preparazione
microscopica onde presentare il suo disegno alla fig. 4, della
stessa Tav. 9, veduta di fronte, ed alla fig. 5, della medesima
Tavola altra preparazione per mostrarla veduta di fianco.
La mascella da queste due preparazioni si vede essere formata
d’una massa di materia assai solida la quale è di un colore scuro
quasi nero, cementa una gran quantità di piccoli corpi di for-
ma globulare più o meno regolari, che sono di un colore gial-
liccio chiaro; la forma di questi corpi data dalla sezione ne fa
vedere la loro irregolarità e fa vedere che essi sono pure stel-
lariformi, cioè da un punto centrale alquanto più scuro, sì dipar-
tono delle diramazioni più marcate, che arrestandosi irregolar-
mente formano questi corpi rotondeggianti, quali più o meno
ellittici, secondo non venga impedito farlo dal contiguo corpo in
formazione e del quale uno di essi si allunga per entrare nel
vacuo lasciato da esso, così prendendo forma diversa, ed alla so-
stanza involvente dando maggior pressione in qualche punto.
Questo è perciò che trovo a dire sopra alle diverse prepara-
zioni microscopiche di questa specie, e che le mie deboli forze
hanno sopra di esse saputo esporre.
Con quanto io venni a ragionare sulla specie Oxyrhina Agassizii
mi pare di aver esaurito ciò che di essa potevo dire in brevi
parole, ma mi sembrava che il tema fosse di non lieve interesse
per la paleontologia, da non doversi trascurare unendovi un nu-
mero sufficente di tavole per la sua illustrazione necessaria.
Solamente sembrerà che io pure dovessi fornire di una singola
STUDI SUL GENERE OXYRHINA AGASSIZII LAW. 105
descrizione ogni dente che nelle Tavole ho fatto disegnare, ma
ho creduto inutile far ciò, perchè me ne esimevano le belle ed
esatte descrizioni datene dagli autori; delle quali io con questa
scoperta venivo ponendo in sinonimia le specie da loro fatte; e
mentre veniva ad essere un lavoro superfluo, non avrei potuto
che ripetere le loro descrizioni, e quasi copiarle, mentre d’altra
parte mi sembrava più che sufficiente l’aver riprodotte, nelle mie
tavole le figure che costituivano una stessa dentizione che per
poco differiva da quella del Carch. Etruscus Law. del quale io ho
già dato forse ancor troppo estesa descrizione.
Non potendo oramai a tante forme differenti dal caso riunite,
preferire nessun dei nomi già dagli autori stabilito, stimai mi-
glior consiglio, come dissi nella mia memoria inserita nelle quat-
tro memorie sopra a Resti Fossili ee. in onore del celebre autore
della maggior parte di esse, questa venisse chiamata Oxyrhina
Agassizii, comprendendo col suddetto nome specifico tutte le di-
verse forme che compongono questa bellissima dentizione.
Si potrebbe come fu fatto per il Carcharodon megalodon Agas.
prendendo per norma la grandezza dei denti, desumere appros-
simativamente la sua lunghezza, ma da ciò non sembrami che
risulterebbe nessuna pratica utilità per lo studio di essa. E giu-
dicando dalla sua dentizione, ben si può dire che essere doveva un
Pesce Cane d’imponente forza, e la sua grandezza doveva ugua-
gliare quella del Carcharodon vivente del quale porta denti di
quasi uguale grandezza oltre che di egual forma.
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SPECIE OXYRHINA CRASSA, 4AG4S.
Nel mio lavoro intitolato “ Nuovi studî sopra ai Pesci ed altri
vertebrati fossili delle Colline Pisane ,, stampato a Firenze 1876,
Tipografia dell’ Arte della stampa, io citai sommariamente questa
bella specie fatta dall’ Agassiz, descritta da lui a pag. 282, vol. 3,
e disegnata alla Tav. 34, fig. 14, sotto il nome di Oxyrhina hastalis
e altro disegno ne da a Tav. 37, fig. 16 sotto il nome di Oxyr-
hina Crassa. La fig. 14, Tav. 34 per vero dire mi sembra che
corrisponda poco con la descrizione che dà della specie alla pag.
288: del che sembra dubitare l’Agassiz stesso quando dice nella
pagina successiva: La fig. 14 della Tav. 34 è probabilmente la
medesima specie; essa presenta lo stesso rigonfiamento dalla sua
faccia esterna, ed è ugualmente spessa.
Cosa che veramente non mi sembra, confrontando le figure
della Tav. 37, con quelle della Tav. 34; ma gli esemplari che di-
segna nella Tav.34 sotto la fig. 14 e della quale rettifica il primo
nome di Oxyrhkina hastalis sotto cui egli prima l’aveva disegnata,
io la riterrei invece per una delle tante forme di denti che si
rinvengono nelle mascelle dell’Oryrkina Agassiziù Law. e più pre-
cisamente proveniente dalla parte mediana di essa; forse con ra-
108 ROBERTO LAWLEY
dice un poco più dell'ordinario ingrossata, come qualche volta
trovasi avvenire ancora in altri esemplari fra quei tanti che
conservo in magazzino. Però quella figurata alla Tav. 37, fig. 16,
la ritengo per la vera sua specie di OryrRina Crassa Agas. e ben
differisce veramente da tutte le altre specie; egli dice ritenere
per tipica quella in questa figura disegnata.
Alla Tav. 4, fig. 1, 1°, 1", feci disegnare il mio migliore esem-
plare che ritengo in collezione. Essa è veramente una magnifica
specie, anzi oserei dire la più bella e la più caratteristica di tutte
le altre congeneri.
Questo dente come vedesi dalle citate figure, è grosso e raccor-
ciato, misura cent. 4 e mezzo in altezza, e cent. 3 e mezzo mi-
surato nella massima sua larghezza presso la base del cono; men-
tre lo spessore della radice misura cent. 2 scarsi. La radice forma
la terza parte dalla sua faccia esterna, ugualmente che dalla sua
parte interna. La faccia esterna resta relativamente piana, come
nelle altre specie, però uno spigolo centrale che in alcuni esem-
plari trovasi più marcato mentre in altri meno, segna la metà di
esso. Una larga striscia nera separa il cono del dente dalla radice,
vedesi che questo era il punto dove faceva maggior pressione, la
gengiva, da avervi fatto un abbassamento per il quale il cono
risulta assai più rialto dopo tal pressione, e sopra a questa faccia
esterna questa pressione, forma quasi un angolo retto; ed all’apice
di questo angolo in parecchi esemplari, sopra al centro del cono
del dente vi si vede un abbassamento che va a ritrovare lo spi-
golo centrale stendendosi sopra al cono. Molti dei denti come
quello disegnato ritrovansi equilaterali e taglienti, terminano in
acuta punta alla congiunzione dei dne bordi: però in altri esem-
plari trovasi che un lato è un poco curvo e flessuoso, e dalla
parte della curva sviluppata in fuori, si vede ritrovarsi la branca
STUDI SULL’ OXYRHINA CRASSA AGAS. 109
più sviluppata della radice. Questa particolarità denoterebbe che
questi denti dovrebbero essere quelli posti nella parte mediana
della mascella e questa forma potrebbesi ritenere per quella che
la rappresentasse, se in questa specie succedesse lo stesso come
nelle altre descritte.
La faccia interna ritrovasi essere molto convessa alla base del
cono presso la sua radice, una larga striscia scura ed alquanto
infossata segna pure in questo punto dove la gengiva su di esso
faceva la sua maggior pressione; essa montava sopra allo smalto
del cono stesso come vedesi dalla fig. 1° della Tav. 4, il quale
lo rappresenta veduto dalla sua faccia interna.
Le due branche delle radici vanno rilevandosi, ed alle loro
punte si trovano più e meno depresse e stiacciate; e poco più o
meno alte secondo che più o meno si trovano distare dalla sinfisi,
deducendolo per analogia di ciò che accade nella dentizione delle
viventi. Dalla faccia esterna la radice va assai dritta, ma non
tanto quanto nelle specie già descritte. Dalla opposta, cioè in-
terna, questa rigonfiasi al di sopra del cono, per il che essa resta
più larga, e giunta allargandosi fino ad un certo punto, si volge
per andare ad incontrare la faccia esterna, formando un ripiano
in curva, dove al solito trovasi la traccia dell’atrofizzato nervo
nutritivo del dente.
Una cosa ben degna d’osservazione è quella, che in questa specie
a differenza di tutte le altre specie congeneri, la punta del dente
invece di volgersi sulla faccia esterna come a quelle succede,
in questa si trova voltata dalia faccia interna, almeno tal par-
ticolarità si rinviene in tutti i denti che sembrano provenire
dalla parte anteriore della dentizione. E ciò noto giusto appunto
perchè mi nasce qualche dubbio, che lo stesso accada per i denti
che possono essere ritenuti per quelli, che si trovino posti sulla
parte mediana della mascella. ù
110 ROBERTO LAWLET
Ben spesso nei denti di questa specie, e meglio sarebbe dire
in quasi tutti, dalla parte interna della radice, nel punto dove
la radice ho indicato volgersi per andare a trovare la sua faccia
esterna, avvi una crepatura che approfondasi assai nella so-
sostanza della radice stessa, come trovasi segnata nella fig. 1°, ed
in quella fig. 1°, della solita Tav. 4. Io non saprei davvero dire se
ciò avviene prima della sua fossilizzazione cioè mentre essi si
trovavano tuttora posti nelle mascelle del vivente, oppure av-
venga in conseguenza della fossilizzazione di essi. Non credo che
questa specie fossile abbia nessun riscontro fra le viventi specie;
perciò fino a questo giorno essa si può considerare fra quelle
estinte, quantunque da un momento a un altro potrebbe ritro-
varsi vivente. Per ora essa sarebbe da ritenersi per specie che
abbia avuto la sua esistenza nel tempo della formazione Plio-
cenica e fosse convissuta in unione dell’Oxyrkina Desorii, Agas.
e della Oxyrhina Agassizii, Law. perchè si trovano depositati i
suoi resti, consociati alle medesime, in tutte le località stesse.
Questa specie venne ritrovata ancora dal Gemellaro in Sicilia
a Aidone (Provincia di Caltanisetta), ma la figura che ne da poco
uguaglia la specie della Tav. 37, fig. 16, che l’Agassiz rappre-
senta e più assomiglia a quella che disegna nell'altra tavola ci-
tata. L’Agassiz la dice provenire dal terreno terziario della Val-
lata del Reno.
Nelle Colline Pisane plioceniche, fu da me ritrovata a Or-
ciano Pisano e in quelle di Volterra, e di queste due località ne
ho potuto riunire numero sessantotto esemplari, dei quali al-
cuni non sono in perfetto stato di conservazione. Il Gibbes dice
pure di averla trovata nell’Eocene della Carolina settentrionale,
ma guardando le fig. 159 e 160 della sua Tav. 27, poco esse ri-
chiamano ]a specie dell’ Agassiz.
STUDI SULL'OXYRHINA CRASSA LAWLEY 111
Ho più volte pensato nel tempo che studiavo questa OxyrRina
crassa Agas. e ho detto fra me: se questi esemplari che ho rac-
colto nelle nostre colline Toscane rappresentassero veramente le
forme della dentizione che questa specie portava nelle sue ma-
scelle, quali potrebbero essere quelle che teneva nella sua man-
dibola?
Mi sembra che ancora qualcuna di quelle forme si dovessero
nelle nostre località fossilifere ritrovare, a meno che ambe mascelle
non portasse che una sola forma di denti, cosa che per ora non
sembrami poter ammettere, perchè ciò non mi fu dato riscontrare
in nessuna dentizione che io conosca. E nessuna altra forma per
ora fu ritrovata da potersi attribuire menomamente alle maadi-
bole. Ora andrò esaminando un’altra specie essa pure dall’ Agas-
siz scoperta, descritta, e figurata, che nelle nostre colline in al-
quanta abbondanza ancora di essa rinvenni nelle mie esplorazioni.
S.TUSDAl
SPECIE OXYTRHINA QUADRANS, AGAS.
Ancora dall’Agassiz venne stabilita questa specie, e al Vol. 3,
pag. 281, ne fa la descrizione, mentre alla Tav. 37, fig. 1 e 2,
egli la rappresenta sopra ad individui alquanto mutilati. La de-
scrizione che egli ne dà resta assai concisa ed incompleta, il che
può derivare appunto dall’avere avuto due soli esemplari ed assai
guasti che sono giusto quelli che rappresenta nella sua tavola.
Io pure parlai di questa specie nel mio lavoro “ Nuovi Stu-
di ec. , alla pagina 28 e successiva e la dico comunissima nelle
nostre colline Plioceniche, da dove ne ho potuto avere ben 140
esemplari di tutte l'età, e dimensioni, non escluso di avervi tro-
vato ancora i denti in via di formazione. Il più piccolo fra quelli
che io ritengo misura mill. 10 di altezza e mill. 13 di larghezza
preso dalla base della radice, essendo questo il punto della sua
maggior larghezza, perciò egli resulta più largo che alto. Dal suo
aspetto e dalla sua forma raccorciata che egli ritiene ed essendo
pure una forma non ben definita e spiccata, mi sembrerebbe uno
di quelli, che nella dentizione di questa specie dovesse essere po-
sto, in fondo delle fauci fra i piccoli ultimi; egli ha la punta
STUDI SULL’OXYRHINA QUADRANS AGAS. 113
molto rivolta verso la sua faccia interna, ed il cono dalla faccia
esterna trovasi essere in esso molto convesso, cosa osservata an-
cora dall’Agassiz, perlochè egli lo cita come un carattere specifico.
Da questa misura essi vanno crescendo fino al più grande che
ho in collezione, il quale misura mill. 52, di altezza presa dalla
punta a tutta la radice in linea retta, e mill. 52 di larghezza
alla base della radice, dove si trova essere in esso la maggiore,
egli ha un apparenza più svelta di molti, essendo gli altri quasi
tutti più larghi che lunghi. Un dente mutilato nella sua radice
sarebbe stato forse il più grande per darne la sua misura, ma per
il suo difetto non resta possibile il farlo. Il cono di questo misura
mill. 47 dalla base alla punta mentre, quello del quale ho più so-
pra dato la misura, non è che di mill. 38, misurato nella stessa
maniera, cioè dalla punta alla base del suo cono; dal che si vede
quanto egli sarebbe stato più grande in lunghezza, se non gli
mancasse la sua radice.
Per la loro forma tutti questi denti poco differiscono l'uno
dall’altro: perciò appena visto uno di essi, restando così carat-
teristici, non è possibile il dimenticarli. Ora ne farò la diagnosi
descrivendone uno fra i più rimarchevoli, e della grossezza me-
dia che la maggior parte di essi ritiene.
Alla Tav. 4, fig. 2, 2°, 2°, 2°, 2% dove venne rappresentato
può vedersi essere un dente molto arcuato e grosso, come nella
precedente, il cono del quale da una parte del bordo forma
una curva sporgente in fuori, e dall’opposta porta una curva
rientrante. Dalla faccia esterna egli trovasi in quasi tutti rela-
tivamente piano, porta uno spigolo centrale mediano, formato
dall’abbassarsi un poco che fa la sua faccia lungo esso, per quindi
rialzarsi alquanto prima di giungere ai suoi bordi, presso i quali
essa faccia si rialza per formarli. In molti denti trovansi mar-
114 ROBERTO LAWLEY
cate delle pieghe e relativi solchi, ma conviene ricordare che tutti
questi spigoli e depressioni non sono apprezzabili che per i ri-
flessi che vi si formano, più che per essere essi veramente rile-
vati, per cui la faccia in sostanza risulta piana. Hanno bordi
taglientissimi, punta molto adunca ed acuta; la base del cono è
più alta da questa faccia esterna della radice a cagione della
pressione che la gengiva vi faceva. Alla base del cono esiste la
solita linea di colore scuro prodotta dalla gengiva, che fa un
angolo più o meno ottuso in essi, fino a che in qualcuno egli
diventa retto. La radice alzando le sue due branche seguita ad
essere al solito piana da questa sua faccia, la branca dal lato
della curva sporgente in fuori, è ancora in questi denti la più
alta; è perciò a ritenersi che ella fosse quella che restava dalla
parte della sinfisi, come abbiamo riscontrato nelle viventi.
La sua faccia interna invece è molto convessa, e presso l'unione
del suo cono con la radice questa e molto rigonfia, e la traccia
della maggior pressione della gengiva viene ad essere marcata
parte sopra di essa, e parte sopra allo smalto del cono, alteran-
done un poco la sua lucentezza. La radice come in tutti i denti
degli altri Squalidi, seguendo per un poco l'andamento del cono
si allarga, per andare quindi curvandosi ad incontrare la faccia
dell’opposta parte che, come sappiamo è dritta, e quivi come in
tutti i denti, ritrovasi la traccia del foro per cui passava l'atrofiz-
zato nervo nutritivo. L'impressione della gengiva da questa faccia,
interna scende assai più in basso che nell’opposta, dove fa l'angolo
del quale ho parlato; in questo invece fa sul suo cono una rego-
larissima curva, seguitandone la sua forma convessa. La radice
sì trova pure essere notabilmente stiacciata alla punta delle sue
due branche, in tutti i denti.
1 denti di questa Oryrhina quadrans Agas. richiamano molto
STUDI SULL’ OXYRHINA QUADRANS AGAS. 115
alla memoria per la loro forma, quelli dell’ Oxyrkina crassa Agas.
e la ditterenza che vi troviamo più spiccata fra l’una specie e l’al-
tra si è che mentre il dente di questa trovasi essere equilaterale,
quelli dell’ OxyrRina quadrans Agas. sono formati in curva; come
ì denti della prima essi sono assai grossi e densi, in molti indi-
vidui la radice dalla sua faccia interna, dove curvasi per andare
a ritrovare quella della faccia esterna, vi si vede quella crepatura
tanto particolare, che citai trovarsi posta nella crassa.
Una particolarità che ritrovasi in molti di questi denti, è quella
che invece di aver piana la sua faccia interna, la presentano con-
cava, e la punta del dente per il suo alzarsi verso questa faccia,
costringe il lato del suo bordo a portarsi in fuori per seguirlo,
onde questo deve descrivere un elegante e flessuoso giro per rag-
giungerla come può vedersi rappresentato nella Tav. 4, fig. 2°,
2°, dove perciò essi vennero espressamente disegnati. Mentre al-
l'opposto trovansi alcuni denti che invece di presentare la loro
faccia interna concava o piana, essa si presenta convessa, ed in
questi la punta è dritta, non rivolgendosi sopra a nessuna delle
due faccie, per cui la presentano di questa forma come disse
l’Agassiz, che la diede come carattere di questa specie, il che
poteva accadere benissimo avendo fatto la sua specie sopra due
soli individui, i quali per di più si trovano in buona parte an-
cora mutilati. Queste due particolarità che ho avvertito, con-
viene che io faccia osservare non averle ritrovate che in individui
che misuravano tutto al più mill. 30 di altezza, per cui possono
essere detti fra i piccoli, e che per questa loro particolarità ri-
terrei dovessero gli uni e gli altri trovarsi posti in una posizione
determinata e costante dell'asse mandibolare dell'animale.
Questi 140 esemplari che io ritengo in magazzino, n.° 67 pro-
vengono dalla parte sinistra e n.° 73, dalla parte destra della
mascella.
116 ROBERTO LAWLEY
E se dovessi emettere un giudizio, il quale però io dichiaro fin
d’ora molto avventato, direi, che i denti che formano questa spe-
cie Oxyrhina quadrans Agas. facilmente dovessero occupare il po-
sto della mascella di una stessa specie, e che i denti dell’ Oxy-
rhina crassa Agas. non fossero che quelli posti sulla mandibola, e
così queste due specie si dovessero riunire in una sola, formando
una stessa e medesima dentizione, che dovrebbe secondo me por-
tare un solo nome specifico.
L’Agassiz al Vol. 3, pag. 281, parla di un dente che trovasi
nel Museo di Calsruhe di provenienza ignota, ed alla Tav. 33,
fig. 10, ne dà il disegno e fa la sua specie di Oryrhina retro-
flera, costituendola per la particolarità con cui è voltata la
punta, ma mi sembra in tutto avere la medesima forma della
quadrans, e la sola differenza consiste nella suddetta, dalla parte
dalla quale volta la sua punta; per questo può essere ritenuta per
un'anomalia, come io crederei.
L’Oxyrhina quadrans Agas., sì può a giusto titolo dire molto
comune nel pliocene delle nostre Colline Toscane, e come vedesi,
possedo di essa un buon numero di esemplari, dei quali una tren-
tina in perfetto stato di conservazione.
Ne ho trovati in Orciano Pisano, nelle argille del Volterrano,
nelle stesse località nelle quali si trovano le altre specie già de-
scritte. Il cav. Botti me ne ha mandati tre esemplari in comuni-
cazione, provenienti dalla pietra Leccese, nei quali non seppi
trovare differenza di sorta da quelli nostri pliocenici; essì erano
di perfetta conservazione, non trovo citata dal Gemellaro questa
specie come esistente in Sicilia, ma essendovi l’ Oryrkina crassa
Agas., credo che debbasi ritrovarsi ancora questa essendo sempre
da me stata rinvenuta consociata con essa.
Il Gibbes pure non la cita, ma cita l’Oxyrhina crassa Agas.,
STUDI SULL'OXYRHINA QUADRANS AGAS. Ta l7d
tuttavia per le osservazioni che feci sulle figure da lui riportate
nella sua Opera, ritengo questa specie per dubbia. Non fu citata
neppure da E. Sismonda fra i fossili di Piemonte.
Ora andrò descrivendo un’altra specie.
STE
SULLA
SPECIRK OXYRHINA GIBBOSISSIMA LAW.
outro _—_—î
Un singolarissimo dente presento alla Tav. 4, fig. 4 veduto
dalla sua faccia esterna, ed alla fig. 4° vedesi rappresentato di
fianco, onde si possa ben concepirne la stranissima sua forma.
Fu da me proposto come specie sotto il nome di Oxyrhina gib-
bosissima nel mio lavoro già più volte rammentato “ Nuovi Studi
sopra ai Pesci ed altri vertebrati fossili delle Colline Pisane , fino
dall'anno 1876, specie fatta sopra a due esemplari, i quali sono
molto simili l’uno all’altro, ma non possono dirsi identici fra
loro, e furono da me trovati in una delle tante gite che ho
fatto in Orciano Pisano, a far ricerca di Conchiglie e resti di Pe-
sci fossili.
È un dente che si presenta oltremodo raccorciato, e le due
branche invece di erigersi come negli altri denti, esse si stac-
cano sporgendosi in fuori di parecchi millimetri verso la sua fac-
cia anteriore od esterna, per cui la radice dalla sua parte supe-
riore, viene a presentare un piano stiacciato sopra il dente stesso;
una di essa al solito sì presenta più sviluppata e lunga dell’ altra,
e questa sarà certamente quella che resta dalla parte della sin-
fisi; ma non sapendo se tal dente appartiene alla mascella o alla
STUDI SULL'OXYRHINA GIBBOSISSIMA LAW. 119
mandibola, non se ne può giudicare; si può dire però non trovarsi
essere posto dalla medesima parte della curva formata dal cono
del dente, come avviene negli altri di questo genere, e nei Car-
charodon, ma dalla parte della sua curva rientrante, cosa ancora
questa assai strana e bizzarra. La punta del cono essa pure ad
un certo punto torcesi in tronco verso la sua faccia posteriore,
cosa che dà alla sua figura sempre maggior aspetto raccorciato e
gibboso; alla base del cono un ben marcato cordoncino di colore
oscuro separa questo dalla sua radice formandovi un leggerissimo
angolo ottuso dalla faccia esterna, mentre che dall’interna, fa-
cendo una curva, va, a seguire la convessità di esso cono; i bordi
lisci ed uniti del dente fanno chiaramente vedere che senza ve-
run dubbio trattasi di un dente proveniente da una Oxyrhina. I
bordi pure piegansi dove la punta del dente volta bruscamente,
come dissi; essi pure volgendosi dalla faccia interna, fanno un
angolo risentitissimo onde seguirla, e presso la base del dente
sono assai taglienti, mentre verso la punta essi sono molto più
ottusi, per cui lo sono meno; la punta mentre non può dirsi acu-
tissima, tuttavia lo è assai.
Il dente dalla sua faccia esterna misura mill. 25 di altezza
dalla punta, compresa la radice, la sua larghezza e di mill. 26,
misurato nella sua maggior estensione che trovasi essere presso
la base del cono del dente. La radice che come dissi sì stiacca
invece di elevarsi, forma un ripiano di mill. 19, per il suo senso
minore e mill. 28 per l’altro sua più grande.
La radice, come dissi per l’Oryrhina crassa Agas. ad una certa
sua altezza mostra un’ assai profonda crepatura, la quale si ri-
scontra ancora nella Oxyrhina gibbosissima, e come in quella re-
sta dalla faccia interna.
L’altro esemplare, il quale è molto più piccolo del descritto e
120 ROBERTO LAWLEY
ancora esso assai raccorciato, è meno gibboso, meno irregolare, non
ostante che come quello credo provenga da una dentizione simile,
ma che potrebbe essere di un individuo meno sviluppato.
La forma di questo dente, quantunque in esso si trovi così
irregolarissima, nondimeno debbo convenire che richiama per
molte sue particolarità la specie testè descritta dell’ Oxyrhina
quadrans, Agas., e la rarità con la quale si rinviene, mi farebbe
sospettare che ella potesse essere una qualche anomalia di quella
dentizione, e perciò stimo meglio di averne fatta la sua descri-
zione acciò venga constatato col tempo e con le ricerche, se ella
abbia diritto a restare come una specie reale e costante, o debba
venire dichiarata come una semplice anomalia di qualche specie
di Oxyrhina.
Essendo esaurito l’ esame di questa specie ora andrò proponen-
done un’altra che fu fatta e descritta sommariamente nel mio
più volte citato lavoro.
SARIUZoNI
SULLA
SPECIE OXYRHINA FORESTII, LAW.
Ancora questa specie pubblicai nel 1876, nel mio più volte
citato lavoro “Nuovi studi sui Pesci ec., e fu da me fatta so-
pra a due denti di una forma particolare provenienti da una
dentizione ben differente di una qualche specie di Oxyrhina già
descritta, ma davvero non oserei dire che essi non potessero tro-
varsi portati in qualcuna di quelle, e non fossero piuttosto denti
posti in qualche posizione speciale delle loro dentizioni per cui
ammettendo questo caso, credo che essi dovessero essere posti
verso i piccoli di fondo alle fauci; perciò ho voluto dar loro un
titolo speciale, e rinnovare in questo mio lavoro con più detta-
glio la loro descrizione, avendola fatta nel precedente molto som-
mariamente sopra di essi, attendendo il giudizio che ne verrà
dato da qualche giudice competente.
Il mio amico dott. Foresti pure ne rinvenne uno nelle argille
del Bolognese, che ebbe la gentilezza di mandarmi in comuni-
cazione, per confrontarlo con i miei esemplari: esso si trovava
corrispondere perfettamente con i suddetti.
Uno dei due denti trovasi disegnato alla Tav. 4, fig.8 dalla sua
parte esterna, ed alla fig. 3° vedesi il medesimo dente rappresen-
122 ROBERTO LAWLEY
tato di fianco, questo è dei due il più grande ed il più caratte-
ristico, ma disgraziatamente la faccia esterna della sua radice è
un poco guasta, non tanto però da non concepirne la sua vera
forma. La faccia esterna compresavi la radice misura mill. 22,
l'altezza di questa sola si trova essere di mill. 12; lo spessore
della radice, misurata dalla sua faccia anteriore alla posteriore,
potrebbe essere fra mill. 10 e 12, non potendosi dare esatta per
il guasto che già dissi in essa ritrovarsi; la larghezza alla base
del cono del dente è di mill. 15, dal che si vede essere un dente
portante grossissima radice in confronto del suo cono. La punta
è acutissima e si rivolge dal lato della sua faccia interna, come
avviene ai denti ultimi di fondo alle fauci; i suoi bordi sono
taglientissimi, e presso la base si alzano assai al disopra della
faccia esterna del dente, e mentre che la punta va voltandosi
verso la destra, il suo bordo sinistro fa una curva flessuosa onde
seguirla, tracciando una curva in fuori; dalla qual parte resta
pure la branca più alta della sua radice. E quando sì potesse
sapere se egli apparteneva alla mascella, o sivvero alla mandi-
bola sarebbe subito riconosciuto se egli restava a dritta od alla
sinistra della sua dentizione; chè queste due particolarità subito
lo accerterebbero.
Vedesi tracciare dalla radice sulla faccia esterna un angolo
alquanto ottuso, ma in esso non distinguesi se delimitato dal so-
lito cordoncino, per essere quivi il principio del guasto della ra-
dice, come pocanzi accennai, ma osservando l’altro dente, si può
dire che questo cordoncino non vi esistesse, non ritrovandolo nep-
pure in lui; dalla faccia interna poi la radice forma un arco ro-
tondeggiante per seguire la convessità che vien formata dalla sua
faccia. In questo dente non trovandosi altre particolarità degne
di osservazioni, in tutte le altre parti non citate uniformasi agli
altri già descritti.
STÙDI SULL'OXYRHINA FORESTII LAW. 123
Il dente più piccolo porta ancor esso i suoi due bordi presso
la base assai rilevati; la radice quantunque molto grossa in pro-
porzione del suo cono, pure non lo è tanto quanto nel già de-
scritto, ed ha la branca della radice, che resta dal lato della sua
curva che si volge in fuori, molto più sviluppata dell'altro mentre
ambedue l’estremità di esse, invece di essere stiacciate come ne-
gli altri denti, si trovano appuntate e rotonde. In ogni sua parte
è conforme all’altro più grande già descritto.
Questi due denti mi provengono dalle argille d' Orciano Pisano,
località or mai divenuta celebre per la sua ricchezza non solo di
conchiglie fossili, ma ancora per le tante forme di resti di Pesci
fossili che mise in evidenza, non mai veduti prima d'ora nel
pliocene.
Prima di chiudere questo lungo dettaglio sulle Oxyrhine, mi
piace palesare l’impressione ricevuta tutte le volte che mi sono
dato ad esaminare e studiare le loro dentizioni. E se non poco
effetto produsse in me i 150 denti che armavano le fauci del
Carcharodon Etruscus Law., e la grossezza ed unitezza di forme
di quelli del Carcharodon melagodon Agas., ripensando alla loro
forza e potenza nell’afferrare la preda, non minore effetto mi
produsse l'esame della mascella e dei denti delle OxyrRine che
per l’acutezza loro, per la disparità di forme dovevano nel met-
terli in opera cagionare lacerazioni assai più strazianti. Concludo
quindi, che se la fossile Oxvyrhina Desoriù Agas., uguagliava in
ferocia, come è a ritenersi, la vivente OwyrRina Spallanzanii Bonp,
quanta maggior potenza non dovevano avere le altre fossili
Oryrhine Agassizii, crassa, e quadrans per essere i loro denti an-
che più grossi?
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OXYRHINA SPALLANZANII, BONP
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TAVOLA PRIMA
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OXYRHINA SPALLANZANII, BONP.
Fig. 1. Mascella dal vero dell’ Oxyrhina Spallanzanii
”
”
»
”
Bonp. metà della grandezza naturale .
2. Dente di prima fila sulla sinfisi della Mandibola
veduto dal lato esterno .
2.* Lo stesso dal lato interno
2.° Lo stesso di fianco .
a Dente impari dal lato esterno :
4. Ventinovesima vertebra dell’Oxyrhina SIL
nii Bonp. .
. Pag. 68
68, 72
68, 72
68, 72
70
74, 94
BONP
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FOSSILE
OXYRHINA DESORII, AGAS.
camere
TAVOLA SECONDA
6
DENTI DELLA MASCELLA SUPERIORE DELL’OXYRHINA
DESORII, AGAS. COME PROPOSTA DA ROBERTO LAWLEY.
Fig. 1. Dente di 1.° filata della sinfisi veduto dal lato
CRUELILO MMS AR o RT I I AAT
1.° Lo stesso veduto dal lato interno . . . . .,
IN OWstesso veduto gdi fianco e e. i e
2. Dente di seconda filata veduto dal lato esterno. ,
2eMlloNstesso dal''sno@Mato interno 9. Re
2 MUOESCESSO dI ANCORA NE
3. Dente impari dal lato suo esterno a Ri
StilolistessoXdallUlatoWMinterno E AT
SO MIOSSTESSO RIU nancona 0 to SRO
4a 11. Denti successivi a quello impari... . . >,
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FOSSILE
OXYRHINA DESORII, AGAS.
TAVOLA TERZA
I
MANDIBOLA 0 MASCELLA INFERIORE DELL’OXYRHINA
DESORII, AGAS. COME PROPOSTA DA ROBERTO LAWLEY.
Fig. 1. Dente di prima fila presso la sinfisi veduto dal lato
ESHEII O) e dire Mala 14 AR TRAE
gio stessondaliMatomnternno 6 e es
Seal: ilogstessodi fancor o . i e. n e SIN
» 2. Dente di seconda fila dal lato esterno... . +. . . » 88
TIZI CON stesso dal lato interno E RN SE, 5
a S2IACOMELSOPra Idi fl AMCO; I I
» 9. Dente impari dal suo lato anteriore. . ... . . s 89
a ogblotstesso dal Mato interno e ee
PIRA Comegsopra Tdi cHanco N I MI,
- 4. Dente dopo l’impari con la punta che curva verso
l'interno veduto dalla parte esterna . . . . . , 89
id RUogstesso dal Iatomnbernon. RAT
DONI ZIORSLESSO DIAM CO e RI SUR O E
s 5,0,7. Denti successivi con enrva come il quarto . (e 3 #89
RLAWLEY OXYRHINA DESORI AGAS. T83
ew:
A.Manzella dis.etit Tit. Ach Paris, Firenze
TAVOLA
4.
OXYRHINE FOSSILI
TAVOLA QUARTA
___-
OXYRHINE FOSSILI.
Fig. 1. Dente di Oxyrhina crassa Agas. veduto dalla sua
parte esterna . . sli SA Rag 08
1.° Lo stesso veduto dal to Interno e. SOS OSANO.
1.° Come sopra di fianco. . » 108, 110
2. Dente di Oxyrhina quadrans A vento) dalla
parte esterna. . . È PR lo
2.° Lo stesso veduto dal na ino cura aa
DO 0 mne SO Pra VALSA CO TN sa alia
2.° Dente più piccolo della stessa specie dal suo lato
Esterno: li Ln e MR e RO
i IN iiaso diano; ssa 3 AMSA
3. Dente dell’ Oryrhina Forestii Law. dal a ester-
100 RNA O AR SC SR e O E DI
Bi Molstesso tdi fianco i. I
4. Dente dell’Oxyrlina e La Gal Ta
Esterno: 1.00 E e A e MI
43 Wo\stesso (di fianco? .. EM RR
R.LAWLEY OXYRHINA Ta
A Manzella dis.e lit. Lit Ach, Paris, Firenze
(TAVOLA
DL
FOSSILE
OXYRHINA AGASSIZII, LAW.
TAVOLA QUINTA
aacacani
MASCELLA RICOSTITUITA DI OXYRHINA AGASSIZII
COME PROPOSTA DA ROBERTO LAWLEY.
Fig. 1. Mascella d’Oxyrhina Agassizii, Law. dedotta da n.°
140 denti trovati insieme . . . . . . . Pag. 95
» 2. Dente anomalo di Oxyrhina Agassizii, Law. veduto
dal*suo.ilato ‘esterno et... e
PMF orstessodal/latofnterno i RO a
aZUBIL SITEJUOYILT 31/2 /SIp E]ezueNi y
CRI MYI IIZISSVOV VNIHYAXO ARIMNTH
OL A
S
FOSSILE
OXYRIINA AGASSIZII, LAW.
eno i
TAVOLA SESTA
or
DENTI DELLA MASCELLA SUPERIORE
DELLA OXYRHINA AGASSIZII, LAW.
Fig. 1. Dente della sinfisi sua parte esterna . . . .Pag. 96
» 2 Lo stesso veduto dal lato interno . . . . . 5 96
Ml orstesso di fianco. 0 ale N RO
» 2. Dente impari veduto dal suo lato esterno . . , 96
» ‘(250Lo stesso veduto dall'Smterno (Ri e
IZ CO MENO PLA TAI CHANCO MES INT TO
» 8. Dente dopo l’impari con base frangiata . . . , 96, 97
Tani sor Denti successivitalimp arie ee
REINA
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tav È
A.Manzella dis.elit
Re VOL, A
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FOSSILE
OXYRHINA AGASSIZII, LAW.
cova —
TAVOLA SETTIMA
aa aava:
DENTI DELLA MANDIBOLA 0 MASCELLA INFERIORE
DELL'OXYRHINA AGASSIZII, LAW.
Fig. 1. Dente sulla sinfisi veduto dalla parte anteriore. . Pag. 98
SAL oistesso dalla parte interna (OR 5
Si AIAAIONStTEssO dI RRAnCO n TM
20 enteim paritdal Mato esterno RAS
2A MWolistesso veduto (dalUlatofinterno ER ee 8
SA COMORSOPra: di ANMCO AO I E VII
8. Dente successivo all’impari che cambia la sua curva
verso la parte interna veduto dal suo lato esterno , 100
PESTO IEsso veduto dI ANCOR NL
, 4,5, 6, Denti successivi con curva verso l'interno, ve-
dutiidalato esterno LO OI0I
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Paris, Firen
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OXYRHINA AGASSIZII, LAW.
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Fig. 1. Cinque vertebre in posto in tenacissima argilla .
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TAVOLA OTTAVA
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VERTEBRE DI OXYRHINA AGASSIZII, LAW.
2. Vertebra veduta di faccia .
3. La stessa veduta di fianco . i MES SI
4. Freccia di Silice verdastra trovata con le Vertebre.
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FOSSILE
OXYRHINA AGASSIZII, LAW.
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TAVOLA NONA
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OXYRHINA AGASSIZII, LAW.
Sezione ingrandita di dente fossile veduta di fronte.
Idem di fianco.
. Sezione di Vertebra .
. Sezione di Mascella di fronte .
Idem di fianco.
Pag. 102
» 103
; 108
, 104
, 104
LAW.
OPAIRICUINTARZAGYASISIZZIO
R. LAWLEY
Lit. Ach Parìs, Firenze
A .Manzella dis. e lil
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10. SE ag
FOSSILE i US
OXYRHINA DESORII, AGAS.
Sezione longitudinale di un dente della sinfisi della
TMANIPOlaKtt = lee e e ee e reo RA
2. Trasversale del medesimo dente . . . . . . .
3. Longitudinale del quarto dente della mascella . . ,
4. Longitudinale del quarto dente della mandibola. . ,
5. Longitudinale dell’impari della mascella . . . . |,
6. Longitudinale dell’impari della mandibola. . . . ,
TAVOLA DECIMA
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SEZIONI DELL’ OXYEHINA DESORII, AGAS.
DENTI INGRANDITI DEL DOPPIO
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OXYRHINA QUADRANS, AGAS.
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SEZIONI DELL’ OXYRHINA QUADRANS, AGAS.
INGRANDITE DEL DOPPIO.
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. Sezione di un dente della sinfisi nel senso trasversale.
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. Longitudinale dello stesso.
. Trasversale per grossezza dello stesso.
. Longitudinale dell’ apice della Fig. 2, per completarlo.
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GENERE GALEOCERDO, MULL. ET HENLE
Il genere Galeocerdo venne proposto dal Miller et Henle, ma
non è che uno smembramento di alcuni pesci della famiglia degli
Squalidi, che erano prima dal Cuvier inclusi nel genere Galeus.
Questa separazione venne da loro proposta, servendosi per di-
stinguerlo dal Galeus, delle differenze che trovansi esistere nella
dentizione di qualche specie di esse, le quali vengono riscontrate
costanti e ben caratteristiche; è perciò da ritenersi il genere
per ben stabilito; fu per questa ragione che appena venne esso
proposto, da tutti fu accettato.
E mentre che i denti dei veri Galeus si trovano al loro bor-
do anteriore del tutto liscie e privi di dentellatura, non avendo
che qualche dentello sulla loro parte posteriore presso l’incavo
che essi vi tengono, quelli del genere Ga/leocerdo invece, sono
dentellati per tutto il loro contorno, ma però questa dentella-
tura si trova in essì spartita in maniera inegualissima, e mentre
la base del dente, ritiene la dentellatura molto marcata e forte,
la punta del cono, ed il cono stesso la presentano molto più fine.
Il Miller et Henle mantengono il genere Galeus per le
specie a denti piccoli, quali sono il Galeus canis Rond. e Galeus
9
126 ROBERTO LAWLEY
japanicus Mill. et Henle, mentre propongono le due specie, tigri-
nus Mill. et Henle, ed articus Mill. et Henle di ritenerle come
Galeocerdo, le quali specie oltre ad avere per tutto il contorno
dei denti la seghettatura in questione, portano dei denti molto
più grandi delle due prime specie citate.
L’Agassiz propone la sua specie fossile di Galeocerdo minor
Agas. per alcuni denti molto somiglianti al vivente Galeus canis
Rond., e dice che essi sembrano privi di dentellatura sul cono
del loro dente, o seppure in essi vi si trova, l’ hanno appena vi-
sibile ed incerta. Nel nostro pliocene ritroviamo con frequenza,
denti analoghi a questa specie Galeocerdo minor Agas., i quali
pure sono privi di dentellatura sul bordo del loro cono, ed in
qualcuno, piuttosto, troviamo in tal posto una leggera sfrangia-
tura prodotta dall’incontro che fa lo smalto delle due faccie an-
teriore e posteriore in quel punto il quale così incontrandosi dà
una incertezza al contorno del dente, restando lo studioso perciò
incerto se debbasi essa ritenere per una qualche indecisa dentella
tura; ma del resto, osservandola con una lente ancora di piccolo
ingrandimento, si resta subito ben persuasi che non si può rite-
nere per tale, perchè essa dovrebbesi rilevare dalla sua unitezza,
e dalla marcata distinzione dei suoi dentelli che ha sul bordo
del cono.
Questa notabile differenza, che per ora costantemente si man-
tiene senza eccezione, citata è vero, con un poco d'incertezza
dall’Agassiz, ma che egli pure ritrovava in quelli da lui esami-
nati, mi farebbe ritenere che il conservare il genere Galeus per
essi, sarebbe cosa ben fatta, e perciò adattata; andrò dunque
ponendo fra parentesi ed aggiungendo (Galeus), al genere Ga-
leocerdo, ogni qual volta un dente di quel genere mi si presenti
occasione di citare.
STUDI SUL GALEOCERDO MiLL. ET HENLE 127
Dei denti di Ga/eocerdo, secondo ciò che dice l’ Agassiz, non
avendo avuto per mio conto la possibilità di procurarmene nessun
esemplare vivente; come pure non ho mai potuto neppure avere
che per pochi momenti, in altri tempi, una testa ischeletrita di
Galeus canis Linn. (che trovasi presso il Museo di Firenze, e
che sotto speciosi pretesti costantemente era negata, per ragioni
che non voglio indagare). E giacchè fortuna mi fu avara, nè
mi concesse di poterne mai fino adesso trovarne un individuo,
che mi rendesse indipendente comprandolo, dico sulla fede del-
l’Agassiz, che i denti di Ga/eocerdo vivente sono eguali nelle due
mascelle, e quasi alti quanto larghi; portano curva sviluppata
in fuori sulla parte anteriore del dente, mentre la parte poste-
riore di esso, è molto incavata, e giust'appunto nell’incavo presso
il cono del dente, trovansi posti i dentelli più grossi, che vanno
diminuendo in seguito, fino che essi si congiungono con la ra-
dice; invece sopra tutto il contorno del dente stesso, la seghet-
tatura è marcata da dentellatura più fine, e specialmente in tal
modo ritrovasi nella sua punta. La faccia esterna è piana, quella
interna è più o meno convessa. La radice non ritrovasi essere
molto spessa o densa, essa è in generale concava e parallela alla
base della corona. I denti impari, che in ambe le mascelle ri-
trovansi centrali, nel Ga/eocerdo articus Mill. et Henle sono sen-
sibilmente più piccoli degli altri, ma hanno quasi la stessa forma,
sia nella mascella dove si ritrovano esser alquanto più grandi,
sia nella mandibola, dove essi sono assai più piccoli. Il cono del
dente porta un lucido e brillante smalto, mentre la radice spon-
giosa come negli altri Squalidi, ne è del tutto priva.
Ma ciò che prova che i generi Galeus e Galeocerdo sono vera-
mente ed essenzialmente differenti da altri Squalidi, e che perciò
questi generi sono stabiliti sopra una base certa, e non solo su
128 ROBERTO LAWLEY
differenze di dentizioni, nasce appunto dall’ esame interno delle
preparazioni microscopiche, alle quali devesi ben certamente an-
nettere una non piccola entità.
. Queste preparazioni microscopiche mostrano che nel pieno della
dentrina del dente in ambedue i generi si ritrova un vuoto conico
interno che va seguendo la forma esterna del dente; dal centro
di tal vuoto sembrano partirsi le diramazioni dei canali che ne
formano la sostanza della dentrina del dente stesso, a differenza
dei denti di Carcharodon, nelle cui preparazioni microscopiche i
canali, partendosi dalla base del cono del dente si possono con
l’occhio seguire per tutta la loro lunghezza e le loro infinite sud-
divisioni, mentre nei Galeus e nei Galeocerdo i canali vengono
a formare un angolo e per poco possono essere essi seguìti nella
ristretta grossezza della dentrina che resta dal vuoto alla parte
esterna del dente.
La radice dei Ga/leus e dei Galeocerdo è pure formata da den-
trina di grana molto più grossolana, come trovansi essere for-
mati i denti nei Carcharodon, cosa che ho già fatto osservare;
ed in essa pure trovansi sparsi i molti numerosi vuoti che vi si
vedono di forme incostanti e di variabile posto ben differenti
dalla cavità che vedesi posta nel centro del dente, e di questi
vuoti potremo farcene una giusta idea esaminando la Tav. 2, ove
furono disegnate molte di queste sezioni delle diverse specie.
Ancora l’Agassiz alla Tav. 0, vol. 3, dà una preparazione mi-
croscopica che nella detta Tav. fig. 1, mostra la sua sezione ver-
ticale presa nel senso della maggior larghezza del dente, ed alla
fig. 2 è la sezione verticale per la parte della minor grossezza
di un dente del Galeus canis Linn. mentre ne fa il dettaglio al
Vol. 3, pag. 303, ed alla stessa Tav. O, fig. 3 dà pure la sezione
microscopica di un Galeocerdo aduncus Agas. parlando al Vol. 3,
pag. 304, delle differenze che vi trova con la specie prima citata.
STUDI SUL GALEOCERDO MiiLL. ET HENLE 129
Dall'attento esame delle specie fossili posso arguire che i denti
pure dei viventi debbono avere alcuni caratteri in comune. Dal
ritrovare che nei fossili al solito posto dal lato della loro faccia
interna, nella radice esiste la traccia dell’atrofizzato nervo nutri-
tivo che curò la formazione del dente stesso, devesi pure rite-
nere avvenire ciò nel vivente; e per questa parte non rinvenirvi
nessuna differenza da quelli di Carckarodon, nè da quelli delle
Oxyrhine.
Ritengo pure per fermo che i denti del Galeocerdo debbano
essere ancora essi formati nella grossezza della gengiva, e nel-
l’ultimo rango, cioè quello più immerso nella medesima, per cui
il più accostante alle mascelle, vi si debbano ritrovare i denti
in via di formazione, come nei due generi citati; e parimente
non debbasi sulle mascelle stesse dei viventi trovarsi nessuna
traccia di alveolo.
Avendo riscontrato che nei fossili si trova nella massima parte
dei denti un ramo alquanto più alto e sviluppato, quantunque
esso lo sia meno che nelle OxyrRine, provenendo ciò dalle diffe-
renti forme che essi portano; dico che questo ramo più svilup-
pato debba essere posto dalla parte che guarda la sinfisi, e la
curva sviluppata in fuori, debba essere posta dallo stesso lato
come nei due generi poc’ anzi citati, e perciò lo stesso debba
avvenire nelle specie viventi, quantunque io non abbia avuto
luogo di riscontrare questo fatto sopra ai loro scheletri.
Gemmellaro nelle sue ricerche sui pesci fossili della Sicilia, sem-
bra non aver avuto occasione di riscontrare altro che un Galeocerdo,
e per trovarlo differente da quelli descritti, ne fa la sua nuova
specie Galeocerdo Sismondae, del quale dirò in breve, per averne
riscontrati molti esemplari ancora nelle nostre colline pisane.
Eugenio Sismonda nel suo lavoro , Descrizione dei pesci e dei
130 ROBERTO LAWLEY
crostacei fossili nel Piemonte, mentre non vi cita nessun Ga-
leocerdo, nell’appendice che pochi anni dopo vi fece a pag. 12,
cita il Galeocerdo aduncus Agas., e quantunque egli vi trovi al-
cune differenze, non le crede sufficienti per formarne altra specie.
Sembra che il Gibbes fosse più fortunato nelle ricerche, di
questo genere, e tanto nell’eocene della Carolina del Sud, come
nel miocene del Maryland egli ne abbia avuti in abbondanza, e
dopo avere riscontrato tutte le specie fatte dall’Agassiz, pro-
pone il suo Galeocerdo contortus Gibbes, per alcuni denti dove
trova differenze per costituirli in specie distinta.
Furono in assai discreta abbondanza ritrovati nella pietra lec-
cese dal Cav. Botti, direttore del Museo Provinciale di Lecce.
Il Dott. Foresti rinvenne questo genere nelle argille del Bolo-
gnese, e me le passò in comunicazione qualche anno addietro.
Tutte le località fossilifere Toscane mi fornirono in quantità
esemplari di questo genere. Il Dott. De Stefani mi donò un esem-
plare di Ga/eocerdo aduncus Agas., proveniente da Monsindoli
presso Siena. Ed altri esemplari ne furono rinvenuti dal Prevosto
Antonio Ferretti nelle argille del Reggiano. Perciò devesi con-
venire essere un genere largamente rappresentato nel pliocene, e
nel miocene egli pure vi si mostra, se non in tanta abbondanza,
almeno con frequenza.
Avendo fin qui per quanto mì è stato possibile, trattato sopra
il genere Ga/eocerdo, ora darò qui sotto la descrizione che fa il
Bonaparte del Galeus canis Lin. per non potere dir nulla di mio
intorno a questa specie, onde così mettere in confronto questi
due generi che molto e in quasi tutto si assomigliano.
» Corpo fusiforme, mediocremente allungato. Capo grande spor-
gente in un muso depresso, lunghetto. Occhi grandi, più vicini
alle aperture branchiali che alla punta del muso. Fessure degli
STUDI SUL GALROCERDO MiLL. ET HENLE 131
spirali piccole, orizzontali, bislunghe, collocate dietro agli occhi.
Narici anguste quasi lineari poste presso il contorno del capo,
poco distanti dalla bocca, con una piccola valvula rivolta orizzon-
talmente all'indietro, inserita sul lembo anteriore, e presso questa
un’ appendice tenue, larga, breve, concava, quasi rettangolare,
rivolta verso l'interno; il lembo posteriore quasi uniformemente
incurvato verso l'interno. Bocca tagliata ad arco acuto, ampia,
collocata di mezzo fra le aperture branchiali e l’apice del muso,
con una piega di figura parabolica presso l’uno e l’altro de’ suoi
angoli, e fra l'angolo e il ramo esteriore della piega una traccia
d’appendice linguiforme orizzontale rivolta all’ indietro. Denti
disposti in due o più file, piatti, triangolari, con la punta acuta
inclinata verso l’angolo della bocca; immediatamente al di sotto
della qual punta evvi sul margine di quel lato un angolo rien-
trante piuttosto profondo, e tutto il tratto inferiore a questo è
occupato da una serie di dentelli acuti, decrescenti a gradi dal-
l'alto al basso: il margine esteriore è privo affatto di dentelli.
Dente di mezzo dell’una e dell’ altra mascella retto, unicuspide,
con que’ lobi ottusi un di quà, un di là verso la base. I denti
prossimi a questo men grandi dei laterali e con le punte men
inclinate, oscuramente lobati alla base del solo margine este-
riore. Ano che si apre alla metà del corpo o poco dietro, in
ispecie nelle femmine. Pinne, eccettuata la caudale, piuttosto
piccole, cuneiformi a rovescio, troncate obliquamente. Le petto-
rali hanno origine al di sotto della quarta apertura branchiale.
Dorsali inermi, crasse presso la base, alternanti con le pettorali
e le ventrali. L'anale opposta alla seconda dorsale. Caudale con
due lobi distinti, il superiore basso col tratto terminale cunei-
forme a rovescio troncato obliquamente, l’ inferiore orecchiuto
tanto risentitamente che può dirsi biforcato. Tubercoli che ri-
coprono la pelle fittissimi, ovati, depressi, unicuspidi ,.
132 ROBERTO LAWLEY
Come vedesi bene, questa diagnosi è molto più utile per l'it-
tiologia, per riconoscere cioè il pesce intero, di quello che possa
servire al Paleontologo, ma non avendo potuto far meglio, spero
che in qualche altro lavoro mi si presenterà occasione di poter
essere ad esso più utile.
Non avendo più nulla ad osservare sopra alle cose generali
di questi generi passerò allo studio individuale delle specie che
a questi possono essere riportate e ne farò la loro descrizione
Esse provengono tutte dalle nostre località plioceniche.
»
SPEC IBS
GALEOCERDO ADUNCUS. AGAS.
Agassiz dice che questa specie sotto molti aspetti assomiglia
ai denti del vivente Galeocerdo articus Mill. et Henle dei mari
boreali; e di questo a Tav. E. fig. 5-6 del Vol. 8, tratto da un
disegno dato, dallo stesso autore della specie, ne esibisce un altro
in contorno. Nè davvero sarei lontano dal credere, che messa
a confronto con qualcuno dei denti del vivente, si venisse a
riscontrare questa forma fossile rappresentata fra quelli della
sua dentizione.
Quello che io posso asserire, è che le nostre località plioce-
niche sono ben lontane da fornire in molt’ abbondanza questa
forma di denti di Galeocerdo, in proporzione delle altre forme
delle quali si ritrovano a migliaja, come avrò da osservare de-
scrivendole.
Questo dente leggermente adunco, come ben lo qualifica il suo
nome specifico, si può vedere alla mia Tav. 1, fig. 1; esso è quasi
lungo quanto largo, il margine dalla sua parte anteriore, si pre-
senta alquanto ricurvo in avanti, mentre all'incontro, il margine
posteriore presenta larga e profonda intaccatura, che forma quasi
134 ROBERIO LAWLEY
un angolo retto con il cono medesimo; in questo punto restano
i dentelli grossi, e ben marcati, che in numero di cinque a sette
diminuendo in grandezza, vanno a congiungersi alla radice; il
resto del contorno è marcato con dentellatura molto irregolare,
ed in alcuni punti appena visibile; dalla sua faccia esterna è al
solito relativamente piano, mentre dalla opposta faccia interna
trovasi essere assai convesso, la punta nell’ essere molto acuta
è leggermente piegata sulla sua faccia esterna. La ralice è assai
alta ed incavata, come vedesi nella fig. 1.* e 1." della Tav. 1, e
discende sulla faccia esterna assai più in basso, descrivendo una
leggera curva meno regolare di quella che lo sia sulla faccia
interna, dove per la sua convessità, forma una curva molto più
marcatata.
Una delle branche della radice, e giust’ appunto quella che
resta sopra alla curva in fuori, trovasi più alta e sviluppata del-
l’altra, come ebbi a osservare nei generi Carcharodon e Oxyrhina.
Essa pure, dalla faccia esteriore, si trova seguire piana l’asse
stesso del dente mentre dal lato interno, seguito che abbia il
maggior sviluppo, piega subitaneamente per andare ad incon-
trare la radice dalla faccia esterna, per la qual cosa è costretto
a formare un angolo; ed in questo punto trovasi marcato il
posto dell’atrofizzato nervo nutritivo, come riscontrasi avvenire
nei due generi citati.
To di questa specie conto un numero ben limitato di esem-
plari, che mi provengono da Orciano Pisano; un individuo lo
debbo alla gentilezza del Dott. De Stefani, che trovatolo nella
citata località di Monsindoli presso Siena, me ne fece un dono.
Il mio amico Dottor Lodovico Foresti ne trovò nelle argille di
S. Lorenzo delle Colline presso Bologna. Eugenio Sismonda lo ha
rinvenuto nella Pudinga miocenica delle colline di Torino.
GALEOCERDO ADUNCUS AGAS. 135
L’Agassiz lo cita proveniente dalla molassa di Wurenlos, e
da qualche altra località. Ed il Gibbes lo raccolse pure nelle
solite sue località Americane. Per il ristretto numero che io ne
ritengo, non potei di questa specie fare nessuna preparazione
microscopica, ed a tal oggetto rimando, quando ve ne fosse ne-
cessità, a quella fatta dall’Agassiz e rappresentata alla citata
Tav. 0, fig. 3, Vol. 3.
ISS
SPEGHEBI. DE
GALEOCERDO EGERTONI, AGAS.
Sinonimia. Cora Egertoni Agas. Carcharias minor Agas.
L’Agassiz al Vol. 3, pag. 228, Tav. 86, fig. 6 e 7 descrive e
igura col nome di Corax Egertoni un dente, del quale non avendo
egli sott'occhio che un disegno, restava in dubbio, se doveva
essere posto fra i Corax od i Galeocerdo. Ora essendosi riscon-
trato che denti di questa specie portano il caratteristico vuoto
dentro il cono, così essi devono perciò essere riportati fra i Ga-
leocerdo, come faceva pure osservare l’ Agassiz alla pagina citata.
Dente cordeiforme con curva sviluppata in fuori, al sno bordo
anteriore, come si può benissimo vedere alla Tav. I, fig. 2, 2?,
2*, 2°, espressamente disegnato per rappresentare questa specie,
mentre dall’altro bordo interno, forma una curva rientrante,
dove ritrovansi più marcati i dentelli presso l’alto della curva;
ma però è da osservare, che nella dentellattura di questa specie,
ora in questione, non vi si rinvengono differenze molto marcate
per trovarsi questa disposta più unitamente per tutto il con-
torno del suo cono. La punta, che è acutissima, si volta legger-
mente in fuori verso la faccia esterna, e quantunque di poco,
trovasi la dentellatura essere assai più fine. Altro esemplare di
questa specie trovasi pure disegnato alla Tav. 3. fig. 7 e 7°.
La faccia esterna del dente è essa pure relativamente piana,
mentre quella interna, è all’opposto alquanto convessa. La ra-
GALEOCERDO EGERTONI AGAS. 137
dice dal lato esterno si mantiene assai regolare e parallela e
non discende molto sul cono di esso, formando però un leggero
angolo ottuso; ma dalla sua faccia opposta, cioè interna, scen-
dendo più in basso, forma con il suo cono, una curva molto ro-
tonda, seguendo la convessità dello stesso. Il dente trovasi sem-
pre più largo che alto, il che lo rende all'occhio di forma assai
piana, e la radice, quantunque porti una branca più dell’altra
sviluppata, pure la differenza non è tanto marcata. La branca
più alta trovasi in questo dente essere posta dalla parte ante-
riore, come nella precedente specie. Dalla parte interna della
radice al solito posto ritrovasi, come nelle consimili specie, il
segno per dove passava l’'atrofizzato nervo nutritivo, come chia-
ramente riscontrasi alla Tav. 1. fig. 1°.
Come vedesi dalla Tav. 2, dove ho fatto rappresentare le pre-
parazioni microscopiche di diverse specie, la fig. 1, mostra quella
del Galeocerdo Egertoni Agas. riprodotta tre volte maggiore della
sua grandezza naturale, da dove vedesi che l’ interno vuoto, il
quale risulta di forma triangolare, dal lato della sua base segue
parallela e dritta l'andamento della radice stessa, mentre i suoi
due lati vanno unendosi assieme verso l'apice del dente, seguendo
uniformemente l'esterno contorno di esso, lasciandovi un sodo
per ogni verso, per costituirvi la sua solidità; il vuoto centrale
che vi si è formato risulta di doppia grandezza del suddetto
suo pieno.
Il sodo è all'occhio, elegantemente vellutato dal fitto ed unito
ammasso dei tubi disposti a raggio che l'hanno formato, e che
insieme uniti vanno a terminare quasi vicino allo smalto, for-
mato questo pure da più fini e serrati tubetti ancor essi disposti
l'uno accanto all’altro. I piccoli dentelli marginali non hanno
nessun vuoto apparente. Nè nella grossezza formatasi all’interno
135 ROBERTO LAWLEY
del dente vi si vede nessun canale più marcato e grosso l’uno del-
l’altro. La radice che non è molto grande si vede formata da deu-
trina assai ordinaria al confronto del resto del dente, dove ser-
peggianti si vedono dei canali che la formarono, e dove pure
ritrovansi dei più o meno grandi vuoti in essa restati, ma che
non hanno nessun rapporto con il vuoto centrale nè fra loro,
essendo disposti nella radice senza veruna continuità nè avendo
essi nessuna forma decisa e simile.
Alla fig. 1° della citata Tav. 2 vedesi la preparazione di un
dente di questa specie eseguito per il senso longitudinale, della
minor sua grossezza dove riscontrasi tutte le stesse particolarità
già descritte di sopra le quali non starò qui a ripetere. La fig. 1°
essa pure rappresenta la sezione di un dente, veduto orizzontal-
mente, dalle quali sezioni ben si ravvisa la diversa forma che
assume il vuoto centrale.
Il Galeocerdo Egertoni Agas. è certamente la specie più co-
mune che trovasi di questo genere nelle colline Pisane; ne ho
trovate da per tutto in grande abbondanza, da possederne assai
più di un migliaio, dalle località di Orciano, Peccioli, Volterra e
Siena.
Eugenio Sismonda, nel suo ora mai tante volte citato lavoro
a pag. 31, parla e descrive un Corax pedemontanus. E. Sism. e la
figura che dà alla Tav. 1, fig. 19-24 veramente richiama la specie
ora in quistione; ma avendola trovata del tutto piena nel suo
interno, lo ha determinato a disporlo nel genere Cora», e per le
differenze che egli dettaglia nella sua descrizione, lo ha denomi-
nato pedemontanus.
Il Gibbes pure lo riscontrò in America, e lo dice ancora esso
molto abbondante a Richmond e Virginia, e nel miocene del Ma-
ryland.
SAPrERC Iene
GALEOCERDO SISMONDAE GEMELLARG
Il Gemellaro, come già dissi, fece questa nuova specie dandone
la descrizione a pag. 18 del suo già citato lavoro, figurandola
alla Tav. 1, fig. 7°. Ma da quella figura si vede bene quanto l’esem-
plare sul quale egli la formò era in pessimo stato di conserva-
zione, e quanto esso fosse guasto nella sua radice. Da quello che
egli ne dice sembra essere molto rara in Sicilia, e che di questa
specie non ne avesse altri esemplari.
To ho creduto potere identificare ad essa molti esemplari dei
quali ora andrò a darne la descrizione. Dente cordiforme, e di
poco più largo che alto, la faccia esterna è relativamente piana,
ed in questa, nel centro, si vede un piccolo rialto, al quale al-
cune volte fanno seguito diverse pieghe, le quali dalla base del
cono dirigendosi verso l’apice del dente, quasi alla sua metà,
vanno disperdendosi ed obliterandosi, mentre il rialto centrale,
del quale fa cenno il Gemellaro, seguita a mostrarsi fino al-
l'apice stesso. La faccia interna invece trovasi come nelle altre
specie assai convessa, e da questa parte discende la radice più in
basso sul cono, di quello che discenda sulla faccia esterna, fa-
cendovi al solito una curva. Non è difficile ancora che dalla parte
della faccia interna vi si veda qualche traccia di pieghe.
Il bordo anteriore del dente leggermente arcuato in avanti,
140 ROBERTO LAWLEY
sul lato opposto forma un angolo assai rientrante, la dentellatura
del suo margine, come la descrive il Gemellaro, è d’ambo i lati
uniforme, ed ingrossa avvicinandosi alla radice. Questa presenta
poca altezza e non è tanto incavata al suo centro; in essa ancora al
consueto posto trovasi la traccia dell’atrofizzato nervo nutritivo; la
branca che più alta e sviluppata in essa, resta al solito dalla parte
del bordo anteriore. Alla Tav. 1, fig. 3, 3°, 3*, fu da me fatta di-
segnare questa specie in tre diversi sensi, onde meglio se ne con-
cepisca la sua forma. Alcuni denti di questa specie si mostrano
essere assai più svelti del Galeocerdo Egertoni Agas.: ma però,
come ebbe a dire lo stesso Gemellaro, bisogna convenire che ella
vi abbia molta analogia; nè mi farebbe specie, che alla fine po-
tesse venir constatato che egli non fosse che un dente dello stesso
Galeocerdo Egertoni Agas. che più svelto, e segnato con pieghe,
stesse in una data posizione particolare nell’asse mandibolare, per
modo da doverlo dichiarare la stessa specie.
Alla Tav. 2, fig. 2, vedesi rappresentata la sezione, onde potere
apprezzare la forma dell’interno vuoto centrale di questa specie
Galeocerdo Sismondae Gemell. Come vedesi, esso non è triangolare,
come nella specie precedente, ma invece è quasi di forma semi-
circolare, e la corda dell'arco resta posta parallelamente alla
base della sua radice. Il sodo di questo dente specialmente verso
il suo apice resta assai maggiore, e perciò la sua consistenza deve
essere più grande che nell’altra specie che poc'anzi descrissi.
Nella sua radice non trovasi tanta differenza di formazione
di grana; ma invece più omogenea con la restante porzione soda,
lascia al solito diversi vacui, indipendenti ancor essi dal vuoto
centrale; il sodo, per la stessa ragione che nella preparazione
già descritta, presenta lo stesso vellutato, e non vi si riscontra
nessuna differenza nella sua formazione.
GALEOCERDO SISMONDAE GEMELL. 141
Questa specie il Gemellaro l’ebbe dal calcario-nummulitico dei
dintorni di Pachino (Provincia di Noto), ed io la rinvenni a Or-
ciano, Volterra, e a S. Lucia presso Siena, unita e frammista alla
precedente specie.
SPE
GALEOCERDO ETRUSCUS LAV.
Sinonimia. Carcharodon minimus, Les.
Nel mio lavoro , Nuovi Studi sopra ai Pesci ed altri vertebrati
fossili delle colline Toscane, a pag. 24 ritenni poter classificare
un numero non indifferente di denti; centocinquanta circa, fra i
Carcharodon chiamandoli col nome minimus Law. per essere essi
piccolissimi, ma imitando perfettamente le forme del Carcharo-
don megalodon, come si può benissimo riscontrare alla Tav. 3,
fig. 2, 2°, 6, 6°, mentre alla medesima Tav. 3, fig. 1, 3, 4, feci
rappresentare la stessa specie, ma di esemplari che presentavano
qualche piccola differenza, però non tale da poterli ritenere per
specie distinta.
Ma avendo però di alcuni esemplari di questa specie fatto di-
verse preparazioni microscopiche, mi dovei persuadere che invece
di appartenere essi al Carcharodon dovevano essere posti fra i
Galeocerdo, per avervi trovato internamente il noto caratteristico
vuoto centrale di questo genere. E trovando ancora che il distin-
tivo di minimus non era più adattato a questo dente una volta
che sì poneva fra i Galeocerdo, credei bene di cambiarlo propo-
hendo per esso quello di Etruscus.
GALEOCERDO ETRUSCUS LAW. 143
Dente equilaterale di mill. 17 di altezza, compresa la radice,
sopra ad una larghezza di mill. 12; piano dalla sua faccia esterna,
convesso da quella interna; l'impressione della gengiva scende
assai più in basso da questa faccia, di quello che discenda nella
esterna; la radice ritrovasi assai grossa in proporzione del dente;
essa rialza ben poco le due branche delle radici, le quali sono
ambedue ugualmente sviluppate; esiste il solito segno per dove
passava il nervo nutritivo del dente.
Porta dentellatura per tutto il contorno del suo bordo quasi
unita, ma verso la base del cono essa resta di poco più marcata.
Sopra alla faccia esterna porta ben spesso un leggero rialto, come
descrissi per il Ga/eocerdo Sismondae Gemell. susseguito da qual-
che traccia di leggere pieghe, che vanno disperdendosi verso la
metà del cono stesso.
A Tav. 8, fig. 8, 9, 10, dove sono figurate tre preparazioni mi-
crospiche, rilevasi dalla fig. 8 che il vuoto centrale ritiene ancora
in questa specie la solita forma triangolare, con la sua base pa-
rallela alla radice; e mentre il sodo del dente è alquanto più
grosso che nella specie già descritta, il suo vertice protraendosi
si avvicina molto più verso l'apice del dente stesso; però è da os-
servare ancora che questo vuoto essendo assai più ravvicinato
alla faccia sua anteriore che alla posteriore, in alcune delle pre-
parazioni avendolo superato, assumono l’aspetto che vedesi nella
fig. 9. Dalla preparazione disegnata alla fig. 10 si può vedere al-
tra sezione per il senso della minor grossezza di un di essi.
Del resto da questi tre disegni, ben rilevasi che l’interna co-
stituzione microscopica di questa specie non differisce per niente
dalle altre già descritte.
Questa specie abbonda tanto a Orciano Pisano, quanto a Vol-
terra e Siena; dalle quali località ritengo quelli che sono nella
collezione.
144 ROBERTO LAWLEY
Il dott. Lodovico Foresti ne ha trovati nel Bolognese, nelle
sabbie gialle di Zolapedrosa. 1l cav. Ulderigo Botti me ne mandò
due esemplari in comunicazione, i quali aveva raccolti nella pie-
tra Leccese, che sappiamo, essere dell'epoca miocenica.
Ancora Don Antonio Ferretti di San Ruffino, ne ha trovati nel
Reggiano, nella località detta Tellina, che trovasi nell'alto Ap-
pennino, nella roccia chiamata dal suddetto, Calcare cristallino,
essa pure dell’epoca Miocenica-Media.
SEELC'LTECDA
GALEOCERDO CAPELLINII LAW.
Questa specie di (aleocerdo, da me proposta col mio scritto
pubblicato nel 1876, è senza dubbio la più bella e distinta fra
tutte le altre di questo genere; ed una quarantina di esemplari
di questi denti là stanno a rappresentare nella mia collezione, dei
quali la maggior parte provengono da Orciano Pisano, quantunque
ne trovai anche diversi individui nelle argille di Volterra.
Essa sì può vedere rappresentata alla Tav. 1, fig. 6, 6", 6°, dove
fu disegnata a grandezza naturale. Il più grande individuo mi-
sura in altezza mill. 28, sopra una larghezza di mill. 30. Questo
dente porta una curva al suo lato anteriore sviluppatissima, e
l’apice del cono molto piegato verso il hordo posteriore, questo
invece forma un angolo rientrante pronunziatissimo, dove dal
cono alla radice sono disposti, decrescendo al solito, da 7 a 11 den-
telli più grossi e marcati di quello che non lo sieno sul resto
del loro bordo. Tutti i dentelli che su questi si trovano posti riten-
gono una figura semicircolare, e sul suo perimetro vedonsi pure
marcati finissimi e regolari dentellini a modo di frangia.
La faccia esterna è relativamente piana, mentre quella interna
trovasi molto rigonfia e convessa; l'impressione della gengiva di-
scende sopra questa assai più in basso, formando un angolo ot-
146 ROBERTO: LAWLEY
tuso, di quello che discenda nell’esterna faccia, che forma perciò
quasi una linea retta. La radice poco alta dal lato esterno, è
grossa e più alta dall’ opposta parte; essa trovasi molto incavata
nel centro, e le due branche, della quale l'anteriore lo è maggior-
mente, sono ambedue assai rilevate. Al solito luogo trovasi mar-
cato il segno per dove passava l’atrofizzato nervo nutritivo.
La fig. 5, 5°, della Tav. 2 ne rappresenta l’ interna costituzione
per mezzo di due preparazioni microscopiche, una delle quali nel
senso della maggior larghezza del dente, l’altra per quella mi-
nore. L’interno centrale vuoto, è come in quasi tutte le altre
specie di forma triangolare, seguendone la forma esterna del con-
torno, ed avendo la sua base parallela a quella della radice. Però
il sodo risulta minore dalie altre specie misurando solamente la
sesta parte del vuoto. Nella formazione della sua radice di cui la
grana ne è più grossa, vedonsi segnati i canali serpeggianti che
la formarono, ed in essa pure esistono diversi vuoti indipendenti
da quello centrale.
Il sodo vedesi formato sempre di un ammasso di tubetti, che
danno alle preparazioni un elegantissimo vellutato; la formazione
del suo esterno smalto è, come nelle altre, in egual modo for-
mato.
Oltre i denti di questa specie provenienti dalle due citate lo-
calità, me ne venne fornito uno in dono dal dott. De Stefani pro-
veniente da Monsindoli località presso Siena. Ed il prof. Panta-
nelli di Siena nel 1879 me ne inviò uno in comunicazione, onde
io lo studiassi e lo determinassi.
SEEC.ILETTOR
GALEOCERDO MINOR AGA4S. (GALEUS)
Questa specie formata dall’ Agassiz fu da principio ritenuta da
esso come denti appartenenti al genere Galeus, e sotto questo nome
generico li fece disegnare alla Tav. 26, fig. 15 a 21; ma in ap-
presso essendo stato proposto il genere Galeocerdo, dal Mull et
Henle, a questo nuovo genere li trasportò, avendo creduto tro-
varvi una qualche incerta seghettatura sul loro bordo, come egli
stesso ebbe a dire a pag. 282, vol. 3, dove ne fa la descrizione.
Nei numerosi esemplari che io ho ritrovato nelle nostre località
fossilifere, non seppi mai riscontrare sul cono dentelli di sorta,
come dissi dal principio della mia descrizione generale, e per certo
essi non sono riferibili altro che a questa specie.
Dai disegni che ne dò alla Tav. 1, fig. 4, 4*, 4”, 4°, ingranditi
del doppio, dimostrano essere quasi tutti denti piccolissimi, alti
quanto larghi. Il bordo anteriore è liscio, senza dentelli, ma piut-
tosto porta una leggera sfrangiatura in qualche esemplare di essi,
mentre dal lato interno vi sì trovano cinque o sei dentelli ben di-
stinti, che dal cono decrescendo vanno a raggiungere la base
della radice, formandovi il solito angolo rientrante. La radice grus-
sissima in proporzione del dente alla sua parte interna porta il
segno per dove passava l’atrofizzato nervo nutritivo, marcato
148 ROBERTO LAWLEY
per mezzo di un solco assai profondo come vedesi Tav. 1, fig, 4'.
L'altra sua faccia, cioè l’esterna, trovasi essere piana come la
rappresenta la fig; 4. La punta del cono è acutissima, ed il suo
bordo riscontrasi essere pure molto tagliente. Essi misurano quat-
tro millimetri di altezza e poco più in larghezza. Alla Tav. 1,
fig. 4°, il disegno dà la grandezza naturale di questa specie.
La preparazione disegnata alla Tav. 2, fig. 3, ne rileva 1 al-
quanto differente disposizione dell'interno vuoto centrale quasi
triangolare, alla sua base segue parallelo quello della radice,
ma gli altri due lati seguendo essi la forma esterna dei bordi
del dente, ad un certo punto non chiudendosi i suoi lati, come
sembravano voler fare, il vuoto si protrae prolungato fino quasi
all'apice del dente di forma strettissima. In ogni altra parte può
considerarsi ugualmente conformato, come l’altre specie nella
tavola già rappresentate; perciò per brevità ritengo di non stare
qui a ripeterne il dettaglio.
Questa specie non può indicarsi come comunissima, ma però
ritrovasi con qualche frequenza nelle argille Orcianesi Provincia
di Pisa, come pure diversi furono da me reperiti a Volterra. Una
ventina e più di esemplari tengono posto nella mia raccolta di
resti fossili di pesci Pliocenici.
a ——--<
SÙ
SPEGILESIÀ
GALEOCERDO PANTANELLII LAW. (GALEUS).
Da me fu pure proposta nel 1876 con questo nome una specie
molto affine alla precedente, dalla quale però differisce assai, come
andrò esponendo, è per averne trovate di questa forma oltre una
ventina di esemplari, sempre più mi conferma doversi ritenere
per specie da essa ben distinta.
Alla Tav. 1, fig. 5, 5‘, 5°, 5°, venne disegnato in confronto con
il Galeocerdo minor Agas. onde poter meglio giudicare delle dif-
ferenze che fra loro esistono. Dente questo pure piccolo rap-
presentato alla fig. 5° a grandezza naturale, mentre nelle altre
figure si vede del doppio ingrandito.
La forma del dente resta molto più della precedente slanciata e
svelta, come vedesi alla fig. 5, 5° della stessa Tav. 1, ove è stato
disegnato dalle sue due faccie; da quella interna trovasi, come
la precedente specie, convessa assai, ed il punto per dove pas-
sava l’atrofizzato nervo che ne curava la formazione, viene ancor
qui marcato da un profondo solco come vedesi rappresentato alla
fig. 5". L'altra faccia, cioè l'esterna, è relativamente piana. Il
bordo anteriore del dente, è del tutto privo di dentellatura, come
pure senza dentelli ritrovasi quello posteriore fino verso la sua
metà; dove vedonsi da due a cinque dentelli marcatissimi, che
150 ROBERTO LAWLEY
vanno a raggiungere, diminuendo, la base della radice, ma non
facendo nessun angolo rientrante, come dissi avvenire nel Galeo-
cerdo minor Agas. ma invece essere essi la continuazione del bordo,
fino alla congiunzione della radice. È per questa particolarità
caratteristica, che per ritrovarvela costantemente in tutti gli
esemplari, ritennì utile farne questa mia specie distinta. La punta
del cono trovasi essere essa pure acutissima, ed il liscio bordo
del suo cono è ancora molto tagliente.
La totale altezza del dente, nel maggiore esemplare, misura
mill. sei sulla sua larghezza essa pure di mill. altrettanti.
Nella fig. 4 della Tav. 2, vedesi l’interna costituzione micro-
scopica di questa specie messa a confronto con quella che già
descrissi alla Tav. 2, fig. 8. Da essa rilevasi che, inquanto al vuoto
centrale, avvi molta analogia con quello del Galeocerdo minor Agas.
e quantunque esso si trovi essere molto più regolarmente trian-
golare, pure lo somiglia assai, perchè dove i lati dovrebbero in-
sieme chiudersi definitivamente, ivi invece esiste un esile e sot-
tile vuoto che allunga fino presso l'apice del cono del dente; ed
altro vuoto esile ancor esso va partendosi dal vuoto centrale e
termina presso il primo dentello posto sul bordo esterno. Però
nessun altro vuoto trovasi esistere presso gli altri dentelli.
La radice formata ancora in questa specie di grana assai gros-
solana, trovasi avere qualche vuoto meno che nelle altre prepa-
razioni dei Galeocerdo, mentre in tutte le altre sue parti non so
vedere differenza alcuna nella sua microscopica interna forma-
zione.
Tornando a ripetere ciò che dissi nell'altro mio scritto dirò
di ritenere questa specie come rappresentante l’attuale vivente
Galeus canis Rond., il quale trovasi tuttora nel nostro Mediter-
raneo; e per non creare confusione con la vivente specie, intito-
—
GALEOCERDO PANTANELLII LAW. 151
lato questa fossile al mio amico sig. professore Dante Pantanelli
di Siena.
Per questa special forma, insieme con la precedente, sarebbe
il caso di conservare il genere Galeus.
Tutti i miei esemplari mi provengono da Orciano Pisano. Il
prof. Pantanelli me ne mandò uno pure di questa specie, onde
io lo identificassi con le mie; esso proveniva dalle vicine argille
d’intorno Siena. E nel 1878 il Professore Seguenza di Messina
pure me ne mandava allo stesso scopo, un altro esemplare pro-
veniente da quelle località Siciliane.
BA VOLA
Li
FOSSILE
GALEOCERDO, MÙLL. er HENLE
tomo
TAVOLA PRIMA
n___r-
DENTI FOSSILI DI GALEOCERDO, MULL. sr HENLE
Fig. 1. Galeocerdo aduncus Agas. Veduto dalla parte esterna Pag. 133
di: Idem
IE Idem Veduto di fianco con la
punta in basso .
2. Galeocerdo Egertoni Agas. Veduto dalla parte interna
a Idem Altro dente veduto dalla
parte interna
22 Idem Veduto di fianco
2° Idem Veduto dalla parte esterna
3. Galeocerdo Sismondae Gemel. Veduto dalla parte esterna
3 Idem Veduto dalla parte interna
3 Idem Veduto di fianco
4. Galeocerdo minor Agus. Veduto dalla parte esterna
ingrandito del doppio.
4.° Idem Veduto dalla parte interna
ingrandito del doppio.
4.0 Idem Veduto di fianco ingrandito
4° Idem Veduto dal lato esterno
grandezza naturale.
5. Galeocerdo Pantanellii Law. Veduto dalla parte esterna
ingrandito del doppio.
Da Idem Veduto dalla parte interna
ingrandito del doppio.
Da Idem Veduto di fianco ingran-
dito del doppio .
5.° Idem Veduto dal lato esterno
grandezza nuturale.
6. Galeocerdo Capelliniù Law. Veduto dalla parte esterna
CE Idem Veduto dalla parte interna
6. Idem Veduto di fianco
ne
»”
n
»
Veduto dalla parte interna 134, 137
134
136
156
136
136
140
140
140
147, 148
147, 148
”
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n
”
LL
149
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149
149
145
145
145
GALEOCERDO A RS
R.LAWLEY.
e,lit:C.Leir
TAVOLA
2.
GALEOCERDO MULL. rr HENLE
TAVOLA SECONDA
ann
DENTI FOSSILI DI GALEOCERDO MULL. er HENLE
ig. 1. Galeocerdo Egertoni Agas. Sezione di fronte ingrand. Pag. 137
la Idem. Idem. Sezione di fianco ingrand. , 138
RAI den: Idem. Sezione orizzont. ingrand. , 138
2 Tdem.Sismonda e Gemell. Sezione di fronte ingrand. , 140
3. Idem. minor Agas. Sezione di fronte ingrand. 148,150
4 Idem. Pantanellii Law. Sezione di fronte ingrand. , 150
5I Tdem. Capellinii Law. Sezione di fronte ingrand. , 146
5. Idem. Idem. Sezione di fianco ingrand. , 146
R.LAWLEY.
GALEOCERDO
«
TAVOLA TERZA
Caavarani
GALEOCERDO ETRUSCUS, LAW.
. 1. Dente veduto dalla parte esterna.
NESSANTAS id. id. interna.
Epi IL id. id. difuanco fee e
2. Altra forma di dente veduto dalla parte esterna
Zio IG id. id. id. interna
20601 dI id. id. di fianco.
3. Altro dente veduto di fronte .
4. Altro dente veduto dalla parte esterna.
A STI id. id. interna. ò
5. Altra forma di dente veduto dalla parte esterna
6.2 di id. id. id. esterna .
cpr SIGLE id. id. id. interna
7. Galeocerdo Egertoni Agas. dalla parte esterna .
dos Id. id. id. id. interna .
8. Sezione di fronte ingrandita del Galeocerdo Etru-
scus Law. SR elia lele "SINO
9. Sezione di fronte di altro dente ingrandito .
10. Id. di fianco ingrandito
. 142
142
142
142
142
142
142
142
142
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