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Full text of "Studi comparativi sui pesci fossili coi viventi dei generi Carcharodon, Oxyrhina e Galeocerdo"

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ALEX. AGASSIZ. 


Librarp of the Museum 


OF 


| COMPARATIVE ZOOLOGY, 


AT HARVARD COLLEGE, CAMBRIDGE, MASS, 


Founded dv private subscription, in 1861. 


Deposited by ALEX. AGASSIZ. 


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STUDI COMPARATIVI 


SUI PESCI FOSSILI COL VIVENTI 


DEI GENERI 


CARCIARODON ONYRIINA E GALEOCEDO 


ROBERTO LAWLEY 


Gav. della Corona d'Italia — Socio corrispondente della R. Accademia dei Georgofili di 
Firenze — Socio fondatore della Società Malacologica Italiana — Membro effettivo della So- 


»a di Vienna — Membro corrispondente della Società Geologica di Vienna — 


cietà Malacol 
Socio ordinario della Società Italiana di Antropologia e di Etnologia di Firenze — Membro 
della Società Entomologica Italiana — Socio corrispondente del Museo Cittadino di Rove- 
reto — Membro onorario della Società Belga di Microscopia a Bruxelles - Membro corri- 
zione dei Benemeriti Italiani a Palermo — Socio onorario della 


spondente della Asso 
S. e R. Società di Storia Naturale a Mosca — Socio corrispondente della R. Accademia 


Raffaello d'Urbino — Membro titolare della Società Reale ed Universale per l’incoraggia- 
mento delle arti ed industrie di Londra — Socio corrispondente della R. Accademia dei 
Fisiocritici di Siena — Socio corrispondente della Società Empolese di Scienze Economiche 


teorico-pratiche — Socio fondat. della Società Toscana di Scienze Naturali residente a Pisa, 


PISA 


TIPOGRAFIA TT. NISTRIE O. 


Ilustr. Sig. Comm. Prof. CAPELLINI 


I sensi della pù sentita considerazione e stima, 
che l'animo muo, ha sempre nutriti verso di Lei, 
Chiarissimo “Professore, ed il reciproco scambio di 
idee e di apprezzamenti nelle investigazioni paleon- 
tologiche, nelle quali Ella mi fu largo di consigli, 
incitandomi a nuove ricerche e a più accurati raf- 
fronti, mi incoraggiano ad offrirle il risultato di questi 
mici nuovi studj comparativi fra denti di pesci fossili 
con quelli di pesci consimili viventi. 

Accolga Egregio “Professore, quale attestato di 
sincera amicizia, questo mio tenue lavoro che le offro 


e mi ripeto suo 


Dev. Amico e Collega 
ROBERTO LAWLEY. 


Montecchio 30 Giugno 188r. 


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GENERE CARCHARODON LAMIA, ROND. 


I genere vivente del Carcharodon fu proposto per il primo dallo 
Smith. È uno Squalide di prima grandezza, e lungamente venne 
confuso nello Squalus Carcharias Lin. che non fu altro che una 
riunione di vari pesci della famiglia Squalidi, e non una vera e 
ben definita specie, della quale oggi se ne è formato diversi ge- 
neri; così egli corrisponde al nome Francese di Requin, ed al 
Pesce Cane degl'Italiani; i quali nomi, per così dire, non sono 
che una confusione di diversi generi e specie di imponenti e vo- 
raci pesci ('). 

Fu il Bonaparte, Principe di Musignano, che per il primo ne 
dette un bel disegno, e ne fece buona e dettagliata descrizione 
nella sua Opera , Iconografia della Fauna Italica ,, e fu esso che 
lo distinse col nome di Carcharodon'lamia Rond. accettando il 


(1) La famiglia degli Squalidi, appartiene all'Ordine denominato e distinto dal- 
l'Agassiz come Placoidi, dall'avere sulla loro pelle irregolarmente placche smaltate di 
più e diverse grandezze, più o meno numerosamente sparse sopra di essa. Altri in- 
vece, di questo stesso Ordine, portano sulla pelle una gran quantità di tubercoli di 
svariate forme e di varia grossezza come nelle rajadi. Ma che nella famiglia degli 
Squalidi consiste in piccole punte, le quali formano una sagrinatura che rende più o 


meno ruvida la pelle al tatto della mano. 


2 ROBERTO LAWLEY 


nome fatto pel genere dallo Smith, e per dritto di priorità, non 
accettando il nome di specie fatto da Muller et Henle che lo 
chiamarono Carcharodon Smithi. Il Carcharodon lamia Rond. non 
porta nessun dente impari centrale, come lo portano altre specie 
della famiglia, ma invece il terzo dente dalla sinfisi in ambo le 
branche delle mascelle è alquanto differente di forma dai due 
primi accostanti alla sinfisi, non meno che dai seguenti quattro, 
è molto più piccolo di essi quantunque a questi di forma ana- 
loga. Muller et Henle proposero di allontanarli dai Carcharias 
per avvicinarli alle OxyrRine, a cagione dei loro denti larghi e 
piani assomiglianti alla forma che queste portano nelle mascelle, 
e perchè hanno interna costituzione fra loro molto analoga; pro- 
posta oggi quasi da tutti accettata, e la sola differenza, che dalle 
Oxyrhine esiste, viene a consistere che mentre queste sono del 
tutto privi di dentellatura sopra al contorno del bordo dei denti, 
perciò lisci e taglienti; i bordi dei denti del genere Carcharodon 
sono in ambo le mascelle seghettati da dentelli, che, quantunque 
molto taglienti ancora essi, lo sono molto meno in paragone dei 
denti delle Oxyrhine. 

Il Carcharodon lamia Rond. nella parte superiore del suo corpo 
è di un colore plumbeo scuro, mentre il disotto è di un bianco 
sudicio; porta un rostro piramidato, acuto e dritto, non ha nes- 
suna piega alla bocca; il capo è munito tutto di piccoli fori 
puntiformi i quali si trovano essere più fitti ai lati del muso 
da dove emette abbondante umore viscoso; la caudale è lunga, 
ed ha forma di crescente; molto più grande è la parte superiore 
dell’inferiore; ha occhi piccoli in proporzione della grossa mole 
del suo corpo; la pupilla è tonda e nigriscente, mentre l’ iride 
è nera. La testa è di forma conica, depressa sulla fronte, e mi- 
sura un quinto dell’ intiero pesce; spiragli evidenti, quantunque 


STUDI SUL CARCHARODON LAMIA 3 


piccolissimi. Il suo corpo turgido, è fusiforme; la sua maggiore 
altezza, è prima dell'origine della prima dorsale; ha la bocca 
lunga, arcuata, senza pieghe; la lingua è libera per un buon tratto, 
quasi senza orlo; le aperture branchiali sono poste fra la testa e 
le pettorali e sono in numero di cinque, lunghe, quasi parallelle, 
e quasi equidistanti l'una dall’ altra di forma poco meno che 
diritta, rilasciate, e molto sovraposta l'una con l’altra. La parte 
posteriore del suo corpo forma una carena stiacciandosi, cosic- 
chè ancora superiormente forma una costola eguale alla sotto- 
posta carena, che si mantiene tale fino alla caudale. La pelle 
è rustica, resa tale da piccoli tubercoli che la rivestano come 
riscontrasi in quasi tutte le altre specie di Squalidi; essi tuber- 
coli sono depressi, e quasi squammiformi, insolcati, e con tre 
piccole punte. Questo genere per quanto è a mia cognizione è 
rappresentato da questa sola specie la quale trovasi vivente nel 
nostro Mediterraneo. La descrizione dei denti delle mascelle, sarò 
a darla in breve; intanto dirò come nel Decembre 1876 potei 
vedere uno di questi mostri marini che pesava Kil."®' 1400, il quale 
fu pescato nel Canale di Piombino, e ne asportai la testa che 
pesava kil." 36, della quale fu fatta la preparazione scheletri- 
ca dal mio amico Caifassi. La mascella di questo immenso pesce, 
che può giungere fino alla lunghezza di 24 piedi, è adattatissima 
per addentare, tagliare e rompere, ancora sostanze dure, ma non 
possiede alcun dente adattato a masticare e macinare sostanze 
dure o molli, per cui è ben facile che l’animale, appena abbia 
addentata la preda el appezzata la getti nello stomaco, dove 
con potenti sughi gastrici sollecitamente venga da esso digerita. 

La bellissima descrizione datane dal Principe di Musignano, 
nell'opera citata, molto più estesa e dettagliata della mia, meglio 


adatta sarà per riscontrare questa specie di pesce, oramai però 


4 ROBERTO LAWLEY 


ben constatata e conosciuta. Ma mentre è adattatissima come 
descrizione per un ittiologo, parlando della dentizione come tale, 
quantunque anche di questa ne dia una assai esatta e giustis- 
sima diagnosi, pure a mio parere resta molto incompleta per il 
bisogno che ne viene richiesto dal Paleontologo; il quale trovando 
nel nostro pliocene denti sparsi, isolati, e distaccati dalla ma- 
scella, sente il bisogno di una descrizione più minuziosa ed estesa, 
sulle differenze di ogni dente, di quella che ne fu fino ad ora 
fatta dagli studiosi e valenti Autori che d'ittiologia trattarono; 
i quali avendo il completo pesce sottoposto ai loro studj, intero 
ed in un sol pezzo riunito, vengono esponendo le sole parti ester- 
ne poco curandosi della dentizione e delle parti ossee, mentre il 
geologo non avendo a sua disposizione che dei frantumi di ossa 
fossilizzate, o di denti per lo più distaccati dalle mascelle, ap- 
partenuti a diversi individui, di età diversa non solo, ma anche 
di diversa grossezza, ricerca lunghe e dettagliate descrizioni degli 
scheletri di pesci, e dei loro denti. Imperocchè non potendosi 
giovare delle parti esterne, quelle appunto che dagli ittiologi a 
preferenza vengono descritte, andando le parti molli per la de- 
composizione della sostanza, in breve tempo in sfacelo non vi 
restano che le sole parti solide atte alla fossilizzazione, se in con- 
dizioni favorevoli si troveranno poste. 

Per cui dicevo che dall’ Itiologo si richiede che ogni più piccola 
differenza venga avvertita nella descrizione delle parti ossee, con 
prolisse e forse ancora noiose descrizioni, ma tratte da larga sup- 
pellettile di individui di scheletri di pesci, cosa tanto difficile ad 
aversi; perlochè sembrandomi che le descrizioni già fatte sopra 
le mascelle ed i denti del Carcharodon lamia Rond. dai prece- 
denti autori siano molto succinte ed incomplete, ritengo che una 
dettagliata e minuziosa esposizione di essi, possa essere pel Pa- 


rendimenti 


STUDI SUL CARCHARODON LAMIA Ò 


leontologo di qualche utilità. Ecco perciò quello che di essi denti 
sembrami dover dire per lo studio speciale fattovi. 

I denti che porta il Carcharodon lamia Rond. nella mascella 
sono ordinati sopra a varie file, spaziati l'uno dall'altro, piatti, 
sottili più che grossi, triangolari con punta acuta, taglienti al 
loro margine, irregolarmente seghettati, piani dal lato esterno, 
convessi da quello interno, slargati senza alcuna iutaccatura nè 
da un lato nè dall'altro della base della corona; triangolari ed 
equilateri sul davanti, quelli dai lati cordiformi triangolari an- 
cora essi, dal lato che guarda la sinfisi fanno una curva svilup- 
pata in fuori, e dal lato opposto presentano invece una curva 
rientrante, il quale lato per essere più corto dell’ altro, costringe 
la punta stessa a volgersi verso l'angolo della bocca. La punta 
del dente volgesi ancora leggermente sul lato piano del dente 
stesso, cioè dal suo lato esterno. Fino al dente sesto (') il quale 
ha punta diritta che non si rivolge da nessun lato; il settimo 
dente invece rivolge la sua punta sulla sua faccia interna, esso 
ritorna ad altra forma, quella cioè equilaterale; tutti i successivi 
pure si rivolgono dal solo loro lato interno, fino a quelli ultimi 
cioè in fondo alle fauci, che ben spesso mancano di seghettatura, 
e gli ultimi piccoli sono quasi informi. I denti dalla sinfisi decre- 
scono in ambo le branche delle mascelle con rapida proporzione 
mano mano che essi s’inoltrano verso gli angoli della’ bocca. 

I denti in parola costano di due parti ben distinte cioè, della 
corona, e della radice; la corona è ricoperta di smalto duro, levi- 
gato e lucido, la radice è affatto priva di smalto; ben distinta e 


(1) Quando necessita contare i denti, principio sempre a contarli dalla sinfisi di 
ambo le mandibole; ciò avverto onde non vi sia confusione di quale dente intendo 


parlare. 


6 ROBERTO LAWLEY 


marcata la linea della divisione delle due parti da un visibile 
cordoncino, il quale dal lato anteriore del dente e quasi rettilineo, 
facendo leggerissimo angolo ottuso. La radice da questo lato è 
diritta, seguendo l’asse normale del dente stesso; dal lato oppo- 
sto, cioè interno, il cordoncino discende un poco più in basso for- 
mando perciò da questo lato un angolo ottuso più sentito, Ja 
radice ancor’essa segue per circa una sua metà diritta l’asse del 
dente, e di lì piegandosi, va ad incontrare la faccia anteriore, la 
quale, come dissi, essendo diritta forma da questo lato interno un 
ben sentito angolo verso la metà della sua altezza. Detta radice 
rilevandosi sopra i bordi del dente, va a formare le sue due bran- 
che; però facendo essa un abbassamento a metà della sua lar- 
ghezza, in questo punto trovasi la traccia chiaramente marcata 
del nervo atrofizzato, che ha curato la formazione del dente stesso. 
Altra osservazione interessantissima è da farsi sulla radice del 
dente, ed è che le due branche, che essa forma, non sono eguali 
che nel solo dente il più prossimo alla sintisi, mentre una più 
dell'altra è sviluppata ed alta, e questa è appunto quella branca 
la quale resta rivolta dal lato della sinfisi, e per conseguenza 
dalla parte stessa dove il dente forma la curva all'infuori; cosìc- 
chè curva in fuori, e branca più alta e sviluppata sono da uno 
stesso lato del dente, della mascella. 

Sulla corona dei denti, dalla base della radice, si dipartono 
numerose e ben marcate pieghe e solchi, tanto dalla faccia ante- 
riore che dalla posteriore, e vanno a discendere verso la punta 
del dente, circa alla metà di esso, obliterandosi chi più presto, chi 
più protraendosi spariscono e si disperdono; pieghe che quanto 
più l’individuo è adulto vi si rendono più visibili; le quali pieghe 
rinvenendosi in quasi tutti i denti della mascella posson ben 
prendersi, come un vero e proprio carattere della specie, e consi- 


STUDI SUL CARCHARODON LAMIA di 


derare come un'anomalia la loro assenza da esso. I denti della 
mascella presentano ben cinque forme alquanto diverse fra loro 
che andrò dettagliatamente esponendo in seguito. 

Ora vediamo ciò che è da osservarsi sopra i denti che sono sulla 
mandibola del Carcharodon lamia Rond. 

Spaziati ancor questi hanno direzione uguale a quelli della 
mascella; sono di quelli più stretti e più grossi; senza intac- 
cature alla base della corona, e sono lanceolati; i più alti e più 
grossi sono quelli posti due per lato alla sinfisi ed i seguenti 
decrescono rapidamente più che essi s'internano verso gli an- 
goli delle fauci. La loro faccia esterna che è quasi piana, porta 
nel centro un leggero rilievo, che abbassandosi alquanto, for- 
mando la faccia stessa, va ad incontrare il bordo del dente, dove 
sì rialza alquanto; questi rilievi ed abbassamenti però sono così 
insensibili che se uno vuole accertarsene, può solo farlo osser- 
vando i riflessi che forma la sua superfice. Sono essi pure se- 
ghettati sul loro bordo con seghettatura eguale a quelli della 
mascella. La faccia del dente che guarda l'interno delle fauci è 
convessa, e la punta, la quale è acuta quanto quella dei denti 
della mascella, e forse più, si rivolta leggermente dalla parte 
stessa dei superiori, cioè dalla faccia esterna fino al quinto dente, 
mentre nei successivi essa si rivolta verso l'interno delle fauci e 
perciò verso la faccia interna del dente. 

1 denti della mandibola essi pure constano della corona smal- 
tata, e della radice formata da sostanza spungiosa molto grosso- 
lana, che è del tutto priva di smalto, la radice specialmente nei 
denti anteriori è molto più spessa, e grossa. Si rileva ai suoi lati 
formando le solite due branche, una delle quali più sviluppata, che 
è quella che guarda la sinfisi, la radice alla sua base con la corona, 


come nei denti della superiore mascella, tiene un cordoncino che 


8 ROBERTO LAWLEY 


nella faccia anteriore del dente forma nel suo centro un leggero an- 
golo ottuso, mentre dalla faccia opposta forma una curva la quale 
si abbassa assai più, limitando la corona con essa; dalla faccia an- 
teriore la radice segue piana l’asse della faccia stessa del dente, 
come in quelli della mascella, mentre dal lato interno, circa alla 
metà altezza, forma un angolo dove porta le traccie ancora essa 
del foro per cui passava il nervo nutritivo. 

I denti della mandibola alla base della corona, a differenza dei 
superiori, non portano mai pieghe in nessuna delle loro faccie, 
ne mi è mai avvenuto il vederne; carattere ancora questo molto 
rilevante. | 

Come accennai poco anzi tanto i denti della mascella, quanto 
quelli della mandibola sono disposti sopra a diverse file o ranghi, 
gli uni dietro agli altri. La prima fila, o rango, è l’unica che in 
ambe le mascelle resti verticalmente eretta, e fa con questi mo- 
stra della potenza e ferocia dell'animale stesso: gli altri ranghi, 
quelli cioè destinati a rimpiazzare i primi, se per qualche caso 
vengono a mancare, restano più o meno sepolti nella gengiva se- 
condo il loro rango. Dalla preparazione scheletrica vedesi, che 
mentre sul davanti questi ranghi sono in numero di sei, alla metà 
delle due mascelle vanno restringendosi al numero di quattro filate 
che in fondo alle fauci si riducono a sole tre. Da questa disugua- 
glianza di filate sembra che la divina sapienza abbia voluto sup- 
plire, formando all'animale un abbondante numero di denti da so- 
stituire, dove maggiore era il caso di perdita di essi, onde questo 
punto non ne resti mai sprovveduto e con ciò pure supplire alla 
lunga formazione di altri denti. 

L'ultimo rango, cioè quello il quale è maggiormente acco- 
stante alle mascelle, e per ciò tutto immerso nella grossezza della 
gengiva non apparente al suo esterno, è quello che è destinato 


STUDI SUL CARCHARODON LAMIA 9 


alla formazione dei denti stessi; a differenza dei ranghi anteriori, 
in esso vi si trovano tutti i denti in via di formazione, ed in 
questo rango si trova che principiandosi a formare la punta, 
essi sono più o meno avanzati, e formati da una scorza solida 
che ha l'aspetto, la consistenza, ed il colore di guscio di seme 
di zucca, la quale di poi diverrà il cono del dente che non è 
ancora nè lucido, nè consistente come lo sarà nella sua com- 
pleta formazione. Una sostanza gelatinosa, ne riempie la parte 
interna che stà formando i denti assodandosi; sono del tutto privi 
della radice, la quale sembra che venga a formarsi ad essi nelle 
successive filate, mentre lo smalto del cono del dente deve acqui- 
stare la sua solidità e la sua splendida lucentezza al contatto del- 
l’aria quando il dente viene fuori della gengiva stessa. Una parti- 
colarità poi, degna di osservazione, si è quella, che ogni dente delle 
successive file o ranghi è di forma uguale a quelli della prima, 
che sono eretti; questi sono destinati a subentrare gli uni agli al- 
tri e l’unica differenza che in essi si rinvenga, si è quella di essere 
alquanto più grandi e larghi, cosa agevole ad intendersi dovendo 
essi venire in sostituzione col crescere dell'età dell'individuo, che 
quanto più è adulto devono essere naturalmente più grandi. 

I denti del Carcharodon sono del tutto indipendenti dallo sche- 
letro, col quale non hanno nessuna aderenza, nè sulle mascelle 
esiste la menoma traccia d’alveolo; essi sono assolutamente for- 
mati ed immersi nella sola sostanza della gengiva, ed in nessuno 
altro pesce come in questo, e in altri placoidi, sono così indipen- 
denti e così completamente sospesi, ed infissi nella parte molle 
della mascella stessa, nè è a mia cognizione che altre famiglie 
tranne questa, possedano tanta mobilità. 

Chiunque per poco si ponga ad osservare la dentizione del Car- 
charodon, non può che restare molto sorpreso della differenza che 


10 ROBERTO LAWLEY 


quei denti offrono allo sguardo paragonandoli con quelli stessi 
sciolti e staccati dalle mascelle; questa differenza vien fatta giusto 
appunto dalle grosse radici, che col loro centrale abbassamento, 
e le sue branche rilevate non sono visibili quando restano im- 
merse nelle gengive. 

La mascella dell’individuo scheletrito, che io possiedo, dalla 
sinfisi al fondo delle fauci misura centim. 50, e la mandibola cen- 
tim. 35, nè io ne conosco di individui più adulti o più grossi, di 
quella esistente nel Museo di Modena, che per una gita che ebbi 
occasione di farvi, e che per la squisita compiacenza del prof. Car- 
ruccio, potei minutamente esaminare e fare su di essa molti e 
profittevoli studi e prendere gli appunti necessari a questo mio 
lavoro. La mascella che tengo scheletrita, nella branca destra porta 
N. 12. denti; come pure nella branca sinistra stessa ne ha al- 
tri 12; la mandibola poi, dal suo lato destro, nè ha soli 11; que- 
sta differenza bene si ravvisa avvenire per mancanza di uno dei 
denti piccoli in fondo delle fauci, mentre la stessa mandibola dal 
suo lato sinistro ne porta N.° 12, come nelle mascelle. 

Ora passerò a descrivere partitamente ogni singolo dente; e 
siccome i due rami delle mascelle, e delle mandibole, partendo 
dalla sinfisi, sono formate da denti simetricamente disposti sopra 
di esse; nelle sue curve, ed altre particolarità essendo pure uguali, 
solo che disposte in senso opposto, così basterà descrivere una 
delle branche della mascella, e della mandibola intendendo detto 
con questo, che nell'altro lato si è ugualmente e simetricamente 
rappresentato lo stesso. 

Il primo dente accosto alla sinfisi (vedi Tav. 1. fig. 1, che rap- 
presentata l’intiera mascella del vivente, ridotta ad un terzo 
della sua grandezza naturale) è dritto, ha lati equilaterali se- 
ghettati con seghettatura ineguale cioè dopo alcuni, che sono 


STUDI SUL CARCHARODON LAMIA 11 


simili fra loro; ora ne viene uno, più grande e marcato, e ora un 
altro più grande viene formato dall'unione di diversi dentelli. 
L’apice del dente, che in generale porta dentellatura più fine, 
è in parte privo di dentellini, e qualche volta ne porta dei mi- 
nutissimi, ed appena fra loro divisi; a poca distanza dalla base 
la dentellatura trovasi essere la più grande e la più marcata. La 
radice, come già dissi, dal lato esterno è dritta; dritta e piana è 
la punta del dente la quale si rivolge un poco in fuori: presso il 
cordoncino che divide la radice dal cono, si trovano le pieghe 
delle quali superiormente parlai, in maggior copia e più marcate 
da questo lato, mentre dal lato interno la radice forma un an- 
golo, che dimostra il foro atrofizzato del nervo nutritivo; la faccia 
del cono da questa parte è convessa; presso il cordoncino della 
radice si vedono le pieghe in minor quantità e meno marcate. Le 
due branche della radice sono uguali di altezza fra loro. 

Viene quindi il secondo dente, ancor’egli uguale in tutto a 
quello sopra descritto, Tav. 1, fig. 2 è rappresentato dalla fac- 
cia anteriore, e nella fig. 2", è veduto di fianco a grandezza natu- 
rale, solo differisce nella sua radice che ha la branca dal lato della 
sinfisi alquanto più alta. 

Il terzo dente, cioè l’impari, è del tutto differente nella sua 
forma dai due primi, ed è di loro ancora molto più piccolo; è 
pure assai più piccolo dei tre seguenti, quantunque cordiforme 
come essi. Come vedesi alla Tav. 1, fig. 1, la sua curva è svilup- 
pata in fuori, cioè dal lato della sinfisi mentre il lato opposto per 
essere più corto, obbliga il dente a fare una curva rientrante e 
piegare la punta nel senso della filata, mentre essa, e maggior- 
mente quella dei successivi denti, si volge sulla faccia esterna; 
simil cosa si ravviserebbe se si vedessero le branche della radice, 
che da questa medesima parte resterebbe sempre più alta, che 


12 ROBERTO LAWLEY 


dal lato opposto. Il dente porta pieghe alle due faccie; l’ esterna, 
la quale è piana, anzi quasi concava mentre quella interna è con- 
vessa, secondo il solito ha bordo irregolarmente dentellato. 

I denti, quarto, quinto, sesto, e settimo della mascella sono di 
forma eguale all’impari, ad eccezione del quarto che è molto più 
grande, gli altri gradatamente diminuendo si succedono ad esso 
con tutte le particolarità del quarto, e dell’impari, che non starò 
a ripetere. 

Il dente ottavo è quasi di forma uguale a questi ultimi, solo 
più piccolo, ha la curva meno sviluppata sul lato anteriore; come 
pure meno rientrante dalla parte delle fauci; la punta non si 
volta dal lato esterno ed è perciò diritta; i rami delle radici ritor- 
nano ambedue ugualmente sviluppati. 

Il nono dente, equilaterale, è alquanto più piccolo del*prece- 
dente; rivolta la sua punta dal lato interno, cioè dalla parte 
opposta dei precedenti, ha le due branche ugualmente sviluppate. 
Tutti gli altri denti che vanno diminuendo fino a quelli quasi 
informi, che restano infondo alle fauci, voltano la loro punta 
dalla parte interna di essa, ed hanno radici uguali, qualche volta 
però se ne trova qualcuno che è privo di dentellatura, o con bordi 
sfrangiati, in tal caso è impossibile di riconoscerli da quelli pic- 
coli delle OryrRine, se isolati. 

Alla Tav. 1, fig. 3, viene rappresentato il secondo dente della 
mandibola il quale è quasi uguale a quello presso la sinfisi, cioè 
al primo. Alla fig. 3°, della stessa tavola è rappresentato lo stesso 
dente veduto di fianco. 

I denti che il Carch. lamia, Rond. porta nella mandibola, sono 
più uniformi di quello che lo sieno quelli della mascella; si riscon- 
trano tutti lanceolati, di forma assai più stretti di essi, alla loro 
base sono molto più grossi, ed i due più prossimi alla sinfisi sono 


STUDI SUL CARCHARODON LAMIA 13 


i più grandi; dopo di essi diminuendo gradatamente ogni dente, 
giungono ai piccolissimi di fondo alle fauci, poco più, poco meno, 
conservando la stessa forma lanceolata, però più svelta dei primi; 
sono seghettati ai loro bordi, con seghettatura assai irregolare 
come fu descritta per quelli della mascella, per essa non differi- 
scono dai denti superiori, come pure per questa non trovasi nes- 
suna differenza fra loro. Niun incavo si rinviene neppure alla 
base del cono del dente. Nulla di particolare che meriti di essere 
descritto per ciò che riguarda il solito cordoncino che divide la 
radice dalle due faccie sì esterna che interna del dente; questo 
cordoncino forma alla faccia interna un angolo ottuso molto più 
sentito dei denti della mascella; dalla parte poi interna forma una 
curva, che ugualmente discende alla medesima altezza della fac- 
cia anteriore, perciò le due faccie si mostrano quasi di uguale 
altezza. La punta, di poco più acuta dei denti superiori, si volge 
leggermente in fuori verso la faccia esterna, fino al quinto dente, 
il quale è dritto, nè piegasi da nessuna parte mentre i seguenti 
. fino all'ultimo si piegano con curva opposta, rivolgendosi dal lato 
della faccia interna. Ancora in questi piccoli denti la dentellatura 
qualche volta fa difetto; nel qual caso lo studioso trovasi nel- 
l'incertezza se essi appartengono veramente al genere Carcha- 
rodon o ad altro genere. Le branche delle radici del primo dente, 
presso la sinfisi, sono ugualmente sviluppate ed alte, ma nei suc- 
cessivi denti fino al quinto vanno alzandosi dalla parte della sinfisi, 
eda questo punto in seguito ritornano uguali fino agli ultimi; 
chè di questi la radice è molto più larga, in proporzione del- 
l'altezza del loro cono, cosa che succede ancora negli opposti denti 
superiori. 

Dalla preparazione microscopica sottilissima che ho potuto 
ottenere di un dente della mascella posta presso la sinfisi del 


14 ROBERTO LAWLEY 


vivente Carch. lamia, Rond. che ho fatto disegnare, come si vede 
alla Tav. 5, fig. 3 e di altro dente della parte mediana della stessa 
mascella, il quale però non venne disegnato, si vede chiaramente 
che quasi tutto il dente viene formato, da vaso-dentrina, o den- 
trina vascolare, che partendo dal disotto della radice costituisce 
un sistema di grossi vasi, o canali di Havers, e di tubi dentrinici 
i quali seguendo la direzione della lunghezza del dente stesso 
vanno formando una dentrina semplice e di grana molto più fina 
di quella che costituisce la dentrina della massa della radice; vasi 
che vanno diramandosi all’infinito; assottigliandosi fin verso la 
periferia del dente al punto di divenire appena visibili. Nella den- 
trina poi della radice mancano affatto i grossi vasi, o canali; vi 
si trova invece, dove più e dove meno, la dentrina spessa, rozza, 
e densa ed in molte parti di essa, non molto lungi gli uni dagli 
altri, esistono piccoli fori, o vacui che non hanno nè forma de- 
terminata, nè posto fisso, irregolarmente sparsi per ogni dove di 
essa. 

La parte esterna del cono del dente viene costituito da den- 
trina smaltoide formata da un ammasso di tubetti fittamente 
stretti, gli uni agli altri formandone l’esterno strato di smalto. 

La diversa formazione che in questo dente si ritrova mi con- 
ferma sempre più in ciò che dissi, parlando della loro formazione 
cioè, che venga prima formato la punta ed il cono del dente, nel 
più interno rango immerso nella gengiva, e quindi la radice si 
formi nei ranghi successivi, mentre che lo smalto, già formato 
venga a prendere la sua durezza, e lucentezza al contatto del- 
l’aria quando il dente viene ad escire, e mostrarsi sopra alla 
gengiva stessa. 

Da tutte quelle differenze costanti che sono venuto giù giù 
enumerando nella dentizione del vivente Carcharodon lamia, Rond. 


STUDI SUL CARCHARODON LAMIA 15 


si trovano essere le medesime di raro interesse, per lo studio dei 
denti fossili di questo genere, e quantunque essi si rinvengano 
sempre sparsi e separati, come avviene nei nostri terreni, ben 
presto, e dopo un leggero confronto fattone con quello dei viventi, 
sì riconoscerà a qual parte della mascella dovranno riportarsi. 

La sua forma larga, piana, triangolare, e sottile di grossezza, 
denoterà subito che sono denti che appartennero alla mascella; 
se equilateri, saranno quelli che l’animale portava sul davanti di 
essa; se cordiformi, o sarà il dente impari, o qualcheduno dei 
successivi, lo chè farà riconoscere la sua grandezza. La punta 
rivolta verso una delle sue facce denoterà quale sia la esterna, il 
che servirà pure per riscontrare la posizione dove si trova la 
traccia del nervo nutritivo atrofizzato, che sempre si rinviene 
alla faccia interna del dente. 

La curva poi sporgente in fuori che viene formata dal bordo 
del dente, sarà segno manifesto pei denti della mascella, e ser- 
virà pure per riscontrare da qual parte essi appartengano, se a 
sinistra, o destra, e la maggior sporgenza del ramo della radice 
stessa servirà altresì di base per la sua constatazione. Se la punta 
invece, è rivolta dalla faccia interna del dente, farà riconoscere 
subito che trattasi di denti quasi di fondo alle fauci; i caratteri 
poi di quelli della mascella ben presto saranno riconosciuti dalle 
loro forme più slanciate dei denti che stanno sopra alle man- 
dibole. 

Finalmente i denti più stretti, ma lanciformi e massicci, con 
le loro punte rivolte dalla faccia esterna, si distinguerranno ben 
presto da quelli anteriori e mediani, con quelli di fondo delle fauci, 
che voltano la loro punta dalla parte della faccia interna. Se 
poi saranno posti dal lato destro, o sinistro, farà pronto riscon- 
tro la branca maggiormente sviluppata della radice, mentre l’esi- 


16 ROBERTO LAWLEY 


stenza di una qualunque seghettatura sul margine del dente 
servirà a dimostrare i denti del Charcarodon; come l'assenza della 
seghettatura sopra di essi li farà riportare subito al genere 
Oxyrhina. 

E sembrami non essere di troppo severo, verso gli Autori, molto 
più di me versati nella Paleontologia, se dico loro che quando 
un dente fossile che si può riferire al genere Carcharodon, e 
questo porta ancora le sue forme di quelle già conosciute del 
Carcharodon lamia Rond. perchè non riunire tutte queste forme 
sotto un solo nome specifico, ed esaminare se per una qualche 
analogia si debbano ravvicinare frà loro, e riunirli prendendo per 
base i veri caratteri comuni invece di tener conto di ogni minima 
differenza, la quale potrebbe derivare da una qualche anomalia? 
E davvero sarebbe improprio crearne una nuova specie, come 
spesse volte venne fatto, portando lo studio sopra un dente iso- 
lato, il quale era in qualche parte per di più ancora mutilato. 

Questo andamento, che proporrei di adottare, se non erro, 
mi sembrerebbe più consentaneo e logico di quello fin ad ora se- 
guito. Ma per tale scopo, lo studioso di questa branca, deve ri- 
volgere le sue mire a fare abbondanti raccolte, riunendo il più 
possibile numero di esemplari dei resti di questi pesci ancorchè 
sieno doppi, e fin d'ora io riconosco che la ristrettezza del locale 
destinato a tali raccolte ben spesso non si presta a questa copiosa 
riunione di esemplari e resta al raccoglitore, ancora il più assi- 
duo, di non lieve imbarazzo ed ingombro. 

Con quanto superiormente ho esposto parmi di avere esaurito 
tutte le ricerche che sopra il vivente Carcharodon mi è stato 
possibile fare; non dispiaccia ora all’amatore della Paleontologia 
seguirmi anche sulle altre che per le identiche specie di fossili 
mi propongo trattare. 


STRU DI 


SULLA 


SPECIE CARCHARODON ETRUSCUS, LAW. 


Con una memoria letta alla Società delle Scienze Naturali, 
residente a Pisa il 14 Marzo 1877, proposi di distinguere col 
nome specifico di Carcarodon Etruscus una gran quantità di denti 
che in molta abbondanza vengono reperiti, allo stato fossile, nelle 
nostre colline plioceniche toscane. In essa esposi le ragioni per le 
quali ritenevo essere essi i veri antenati della specie del Carch. la- 
mia Rond.inquantochè i loro resti rendono testimonianza irrefra- 
gabile della loro esistenza in que’ mari antichi, prima che quei 
terreni fossero emersi. 

Da quell’epoca ad oggi, quantunque abbia seguitato i miei 
studi sopra di questi resti fossili, non avendo trovato ragioni per 
dovermi ricredere, andrò con maggior lena, e più estesamente a 
riprendere questo soggetto. 

Primieramente dirò che da tutti gli autori vennero confusi que- 
sti denti di Charcarodon lamia con altri denti, cioè con quelli del 
Carch. megalodon, productus, angustidens, Agas. cosa che anche a 
me venne fatta nel mio primo lavoro, non avendo allora da con- 
frontarli con lo scheletro del vivente, ma appena mi fa dato di 
possederlo, mi feci ben presto accorto dell’errore e ne pubblicai 
la nota sopra citata in proposito. 


18 ROBERTO LAWLEY 


L’Agassiz nella sua opera “ Poissons fossiles , fa la sua specie 
Carcharodon sulcidens come si può riscontrare al Vol. 3, pag. 254, 
Tav. 30, fig. 3-7, dalla quale chiaramente rilevasi, non essere che i 
denti della sinfisi di adultissimo individuo della specie in questione 
cioè del Charcarodon Etruscus, e tanto è vero che egli li cita come 
provenienti dalle località plioceniche d'Italia, e più specialmente 
da Castelarquato, che nella suddetta Tav. 30, alle fig. 5 e 6, rap- 
presenta quelli avuti da tale località; non può restar perciò 
dubbio alcuno sull’esame che anche per poco su di essi sì porti 
per dichiararli appartenenti al Carch. Etruscus, quantunque di 
individui più o meno adulti. 

1l Gibbes “ Monograph of the fossil squalidae of the United 
States , a pag. 147, fig. 46-51, propone una nuova specie di Char- 
carodon con nome specifico di lanciformis, e dalla descrizione che 
ne fa, e dalla figura che ne da al N.° 46, ben si ravvisa non 
trattarsi che del Carch. Etruscus. Gli altri denti dal suddetto figu- 
rati a numeri più alto citati, lasciano qualche dubbio. 

Il medesimo Gibbes alla stessa pagina 254 cita la specie Carch. 
sulcidens Agas. e lo rappresenta alla fig. 52, 53, ma questo dise- 
gno riproducendo un individuo molto mutilato, più dalla descri- 
zione che dalle figure, non lascia alcun dubbio, che non sia pure 
il Care. Etruscus. Da ciò vedesi ancora che questo Carcharodon 
esisteva in America; solo resta di dubbioso, che questi denti pro- 
vengano da altre formazioni da quelle nostre, per la ragione che 
il Gibbes, cita quelle località come Eocenica, e Miocenica. 

Gaetano-Giorgio Gemellaro “ Ricerche sui pesci fossili della Si- 
cilia , cita pure a pag. 88 tav. 4. fig. 5, 6, 7, la specie del Carch. 
sulcidens, Agas. figarandone però esemplari in assai cattivo stato 
di conservazione; ed ancor quì, più che ai disegni dobbiamo atte- 
nerci alla descrizione che ne fa e troveremo che veramente trat- 


STUDI SUL GENERE CARCHARODON ETRUSCUS LAW. 19 


tasi di questa specie lù dove più specialmente egli si esprime. 
“ Ciò che bisogna tenere in considerazione nella diagnosi di que- 
sta specie è la disposizione delle dentelle marginali, che sono 
bifide. Questo carattere, per quanto mi sappia, non è stato no- 
tato da diversi paleontologisti, che si son occupati del genere 
Carcharodon ma trovandolo costante nel Carcharodon sulcidens, 
.Agas, di Sicilia, credo che possa servire a differenziarlo a colpo 
d'occhio da congeneri, quante volte si trovi tale disposizione in 
que’ di tutta altra contrada ,. 

Ora questa particolarità è giust’appunto quella che io chiamo 
dentellatura irregolare del vivente, e dell’Etruscus; per cui mi 
sembra ben constatato per tale il Carch. sulcidens, Agas. Questi 
denti provengono da una località Sicula, detta Leonforte, costituito 
da Calcare-arenario-terziario. Ancora la specie Carch. Tornabene 
Gem. potrebbe appartenere al Carch. Etruscus. 

Il dottor Eugenio Sismonda “ Descrizione dei pesci, e dei Cro- 
stacei fossili nel Piemonte , a pag. 33 e seguenti, descrivendo con 
molta precisione le specie di Carcharodon che di quella località 
ha rinvenuto, non da indizio di avervi trovato il Carch. Etruscus, 
Law.; e dai disegni che ne dà vedesi bene che tratta del Carck. 
megalodon. Certamente non ha mai incontrato il Carch. sulcidens, 
Agas. perchè accurato, come egli è, non avrebbe mancato di ci- 
tarlo. 

Trovasi pure il Carck. Etruscus fra i resti fossili della pietra 
leccese, però in scarsissimo numero, come ho potuto riscontrare 
fra i denti fossili che il cav. Ulderigo Botti, Direttore del Museo 
Provinciale di Lecce, ebbe la gentilezza di mandarmi in comuni- 
cazione per lo studio della specie del Carch. megalodon; mentre di 
questa specie in quella località se ne rinviene in grandissima 
quantità, dei quali il prelodato mio amico me ne fece invio di ben 


20 ROBERTO LAWLEY 


150 esemplari; fra i quali non vi rinvenni che soli tre esem- 
plari appartenenti alla mascella, e tre pure alla mandibula che 
potessero referirsi al Carch. Elruscus. Ora la pietra Leccese è 
ritenuta per una fanghiglia di mare la quale sta pure attual- 
mente formandosi in alcuni posti dell’ Adriatico. Ma gli autori 
ritengono la pietra leccese come formazione Plio-Miocenica ('). 
Da questi esami si può stabilire le seguenti osservazioni. 

1.° Che, la specie Carch. Etruscus è abbondantissima nei ter- 
reni Pliocenici. 

2.° Che quantunque in scarso numero, egli ha convissuto con 
la specie del Carch. megaledon. 

5.0 Che il Carch. megalodon, per quanto io sappia, non trovasi 

nei terreni pliocenici (?). 

4.° Che il Carch. Etruscus si trova in Europa nei terreni Mio- 
cenici in scarso numero, all’opposto è abbondante nel Pliocene; 
ed in America, trovasi nel Miocene, e nella formazione più antica 
Eocenica, mentre egli non è ancora constatato nel Pliocene, ma 
non tarderà molto, son certo, ad esservi rinvenuto ed in quella 
grande abbondanza come succede ora fra noi. 

5.° Che il trovare resti del Charch. Etruscus in scarso numero 
nei terreni Miocenici, ed in maggior copia nel Pliocene, sembre- 
rebbe che nel Miocene ha avuto il suo principio, mentre il suo 
sviluppo maggiore lo fu nel Pliocene; come il non trovare rap- 
presentanti del Carch. megalodon nei terreni Pliocenici, prove- 


(1) CapeLLINI. Della pietra Leccese e di alcuni suoi fossili. Memoria. Bologna 1878. 

(*) Fu da me parlato di un esemplare del CarcA. rectidens, Agas. che citai pure nel 
1876 nel mio lavoro « Nuovi Studi sopra ai Pesci ec. » proveniente dai pressi del Ponte 
Ginori sulla Cecina, ma non avendolo da me raccolto, dubito che esso venga dal plio- 
cene, ma che piuttosto venisse trasportato e deposto in questo terreno dalle piene del 
torrente e che provenisse da qualche altro terreno superiore, e di formazione più antica. 


STUDI SUL CARCHARODON ETRUSCUS LAW. 21 


rebbe che questa specie, abbondante nei terreni più antichi, si di- 
sperdesse nelle formazioni più moderne dove venne sostituito 
dall'altra specie, Carch. Etruscus. 

6.° E da avvertire che nelle colline di Torino, e del Vicentino, 
non fu trovato la specie del Carch. Etruseus, Law. come ebbi agio 
di osservare dai denti maudatimi dal prof. Carruccio, direttore del 
Museo di Modena, che in copia, non indifferente, gentilmente mi 
diede in comunicazione alcuni anni or sono. 

Fra le circostanze che possono aver contribuito molto potente- 
mente a fare passare inosservata la differenza che esiste fra il 
Carch. Etruscus Law. ed il Carch. megalodon, Agas. e delle altre 
specie fatte, dal sommo illustratore d’Ittioliti, non seconda causa 
deve essere stata quella della scarsa raccolta fatta nel Pliocene di 
questi denti dai cultori di quell'epoca, come ben si rileva dalle 
lacune lasciate dallo stesso Agassiz, nella sua classica Opera  fte- 
cherces sur les Poissons fossiles ,, che del Pliocene appena quà e lù 
cita ben rare volte, e dal non aver egli visitato le collezioni italiane 
ma solo a Parigi ove studiò quelle del Monte Bolca fattivi dal Ve- 
ronese trasportare dal Generale Napoleone in occasione della con- 
quista da esso fatta in Italia. Come pure non parla delle colle- 
zioni di denti rinvenuti nei terreni di Castellamare, di pietra, 
Roja, e di quelli del calcare marnoso sub-appennino simili a quelli 

che trovansi ‘a Sinigaglia, come egli dice al Vol. 1, pag. 39, e 
seguenti; le quali collezioni per essere di altre formazioni, e per- 
chè non furono da lui visitate, non ebbe perciò agio di riscon- 
trare collezioni ricche di fossili provenienti dal Pliocene, e dove 
questo era appena rappresentato. 

Sicchè gli studi da Agassiz fatti sopra i denti dei Carcharodon 
vennero da esso eseguiti specialmente sopra esemplari del Car- 
charodon megalodon sparsi nei Musei di Europa, particolar- 


22 ROBERTO LAWLEY 


mente nelle collezioni svizzere, tedesche, francesi ed inglesi, fa- 
cendo, per le considerazioni portate sopra di esse le sue ditferenti 
specie e per non avere una sua propria collezione da potergli per- 
mettere di bene riscontrarli con quelli che trovava; denti che 
per la loro grandezza dovevano attirare più gli sguardi dei rac- 
coglitori, e che furono forse scartati quelli dell’ Etruscus come 
denti di giovani individui del Carch. megalodon che a prima vista 
potevansi per tali ritenere non essendovi differenze molto notabili 
ed apprezzabili da coloro che alla sfuggita le osservavano, come 
egli stesso disse per la maggior parte provenienti dall'Isola di 
Malta. Provenienza della quale grandemente dubitava, come ap- 
punto si esprime in una nota, apposta al Vol. 3, pag. 249. 

Lo stesso Agassiz aveva con la sua sagacia distinto i denti 
del Carch. sulcidens dichiarando la specie differente dal Carch. me- 
galodon. Se poi avesse visto in copia i denti che costituiscono la 
specie del Carch. Etruscus Law.o ne avrebbe dovuto far tante spe- 
cie quante sono le forme di denti che in esso si trovano, o forse 
si sarebbe avvisto dell’errore e li avrebbe ritenuti come specie 
che dovevano riunirsi in una sola. 

Per tutto quanto io sono andato esponendo non può restar 
dubbio alcuno per doversi ammettere due specie di Carcharodon 
fossili, le quali fino adesso andarono confuse fra loro: l’una es- 
sendo il Carcharodon Etruscus Law. e l’altra il Carcharodon mega- 
lodon Agas. Del primo trovasi le traccie in piccola copia nel Mio- 
cene d’Italia. In America si rinvenne pure nel Miocene, e nel 
terreno più antico, cioè Eocenico. Questa prima specie va gran- 
demente sviluppandosi nel Pliocene, specialmente nelle colline 
Pisane, mentre non trovasi più esistere il Carch. megalodon Agas., 
e tutte le altre forme di denti, delle quali egli fa le sue specie, 
che per me ritengo non essere che li stessi denti delle mascelle 


STUDI SUL CALCHARODON ETRUSCUS LAW. 23 


del megalodon, devono ammettersi, come appartenenti a più an- 
tiche formazioni del pliocene. 

Oggi che conosciamo a perfezione la dentizione del vivente 
Carch. lamia Ron., della quale feci figurare la intiera mascella 
alla Tav. 1, fig. 1 ridotta ad un terzo della sua grandezza na- 
turale, confrontiamone i denti fossili con quelli della vivente. 

A tale scopo esaminiamo la Tav. 2, ove si trovano rappresen- 
tate tutte le diverse forme dei denti fossili, le quali costitui. 
scono la intiera mascella del Carch. Etruscus Law:, ed ora che 
sappiamo che i denti devono essere piatti, sottili più che grossi, 
triangolari con punta acuta, taglienti, aventi al loro margine se- 
ghettatura irregolare, piani dal lato esterno, leggermente convessi 
da quello interno, slargati alla base della corona, senza però ri- 
scontrarvi nessuna intaccatura; con queste cognizioni dei denti, 
che costituiscono la mascella del vivente, ben facilmente li distin- 
gueremo da quelli della mandibola. 

La Tav.2, fig. 1, rappresenta un dente di sul davanti veduto dal 
suo lato esterno, mentre la fig. 1°, lo rappresenta dalla sua fac- 
cia interna, e la fig. 1", lo mostra di fianco. Ora se confrontiamo 
questi denti con quelli rappresentati nella Tav. 1, fig. 2, 2°, che 
sono quelli della specie vivente, li troveremo ambedue dritti, equi- 
laterali, quasi piani dalla loro faccia esterna, portando alla base 
del loro smalto, quando più e quando meno numerose pieghe, e 
solchi, chiaramente marcati, che verso la metà di ambo le faccie 
dei denti stessi vanno obliterandosi e disperdendosi; ne è che ca- 
sualmente che in qualche dente non ne troviamo che tenue traccia; 
per la qual cosa conviene ritenersi che queste pieghe sieno, come 
nel vivente, una loro speciale caratteristica. La faccia esterna, 
alla base della radice, forma un cordoncino presso allo smalto che 
ne divide la corona dalla radice. Questa radice è formata da 


24 ROBERTO LAWLEY 


sostanza spongiosa e priva di smalto, come nei viventi; dal lato 
esterno essa è dritta seguendo l’asse della corona del dente stesso 
mentre la faccia interna è alquanto convessa, seguendo pure la 
radice questa conformazione fino verso la sua metà d’altezza 
piegando bruscamente va ad unirsi alla faccia anteriore facendo 
così un ben marcato angolo, dove, come nei viventi, trovasi mar- 
cato il posto atrofizzato per dove passava il nervo nutritivo del 
dente. 

Il cordoncino dalla faccia anteriore del dente, segna un leg- 
gero angolo ottuso, mentre dalla faccia interna, scendendo un 
poco più basso, che nell’anteriore, forma una leggera curva per 
limitarvi il cono del dente. La punta del fossile, come nel vivente, 
è leggermente rivolta in fuori verso la faccia esterna; ai bordi ha 
la solita dentellatura irregolare, e talvolta bifida; in ambedue 
vi sì può riscontrare, nè vi manca neppure la quasi uguaglianza 
delle due branche delle radici, per essere uno dei denti della 
sinfisi; tutto insomma corrisponde tanto nel vivente quanto nel 
fossile, tanto che mi sembra dover stabilire per essi una perfetta 
identicità. 

La fig. 2, 2* e 2° della stessa Tav. 2, riporta il dente impari 
del Carch. Etruscus Law. veduto da tre parti, e quantunque 
il disegno non ne rappresenti uno dei più caratteristici, come 
dalle successive ricerche, in seguito ne ho potuto ottenere il con- 
fronto col dente terzo del vivente niente lascia a desiderare 
per poterlo ammettere identico; non manca neppure dal lato an- 
teriore la curva sviluppata in fuori; come pure da questo lato 
vedesi la branca più sviluppata della radice. Questi due carat- 
teri mostrano essere dalla parte più ravvicinata alla sinfisi, men- 
tre il dente dal lato opposto, formando la sua curva rientrante, 
ne obbliga la punta a voltarsi in quel senso. Cordoncino, che 


STUDI SUL CALCHARODON ETRUSCUS LAW. 25 


quasi retto, delimita il cono del dente dalla radice della sua fac- 
cia esterna; radice che segue diritta l’asse del dente stesso dalla 
faccia interna. Il medesimo cordoncino incurva seguendo la con- 
vessità della faccia stessa, si abbassa più dell’opposta parte per 
delimitarne il cono, mentre la radice, alla sua metà, di altezza, 
ad un tratto piegasi per andare ad incontrarsi nella radice del lato 
opposto, formando un angolo assai pronunziato, dove è posta la 
traccia atrofizzata da cui passava il nervo nutritivo. La forma di 
questo dente richiama, come nel vivente, quella dei successivi, e 
sia in questo quanto nel fossile porta dentellature ugualmente 
irregolari e fra loro perfettamente simili. 

La fig. 3, 3° della stessa Tav. 2 mostra il dente di forma 
quasi analoga al precedente che confrontato col quarto della 
mascella del vivente, come può riscontrarsi alla Tav. 1, fig. 1, 
niente lascia a desiderare per dichiararlo ad esso identico. Nel vi- 
vente trovasi essere il maggiore in grandezza dei successivi, te- 
nendo però tutti forma quasi eguale fra loro, ma che vanno gra- 
datamente diminuendo d’altezza, come lo dimostra la fig. 4 della 
Tav. 2. 

La fig. 5, 5° di detta Tav. è destinata a rappresentare il dente 
del fossile Carch. Etruscus che corrisponde al dente nono del 
vivente, nel quale si vede che il dente cambiando di curva, 
forma la curva stessa dalla sua faccia interna, mentre i prece- 
denti la rivolgevano dal lato della faccia esterna; questo pure 
sì riscontra essere affatto simile al corrispondente di quello vi- 
vente. 

Le fig. 6. 7, 7° S, 8° 9, 9* della Tav. 2. sono destinate esse 
pure a mostrare, che tutti i denti rivoltano la loro punta dalla 
parte interna delle fauci, come lo sono nel vivente, e sono ad essi 
simili, queste forme tutte si riscontrano esistere nel fondo della 


26 ROBERTO LAWLEY 


mascella del vivente, per cui sono da ritenersi appartenenti al 
Carch. Etruscus Law. e corrispondenti a quelli che il vivente 
porta in tal parte della mascella stessa. 

Ora che siamo andati confrontando i denti che formano la 
mascella del Carch. Etruscus con quelli del vivente lamia, guar- 
diamo se si potesse costatare una simile uguaglianza, con i denti 
che tanto formano la mandibola vivente quanto quella fossile. 

Nella Tav. 3, furono da me fatte disporre tutte le forme dei 
denti del fossile, le quali ben visibilmente costituiscono la man- 
dibola, deducendole dall'esame delle mandibole del vivente Carch. 
lamia Rond. 

Il dente della Tav. 3, fig. 1, rappresenta uno dei denti posto 
sulla sinfisi veduto dalla sua faccia anteriore; la fig. 1." sta a 
rappresentare lo stesso dente dalla sua faccia interna o dalla 
parte delle fauci; la fig. 1° invece lo mostra veduto di fianco; il 
dente fossile se si confronta con quello disegnato nella Tav. 1, fig. 
3 e 3°, che rappresenta quello del vivente, posto egli pure sulla 
sinfisi della mandibola, si troverà del tutto simile; infatti, è lanceo- 
lato di forma, i bordi sono ugualmente dentellati con irregolare 
dentellatura, che tanto nel vivente che nel fossile è simile nella sua 
irregolarità, ed in ambidue troviamo qualche dentello che si mo- 
stra diviso in diverse punte, quali più, quali meno grandi, e la 
punta del dente non di rado è priva di dentellatura nei medesimi. 
Cono del dente smaltato, radice spongiosa, del tutto priva di 
smalto con un cordoncino che ben visibilmente ne delimita le 
due parti, il quale facendo un leggero angolo ottuso, sopra alla 
sua faccia anteriore, scende pure un poco meno in basso che nella 
faccia opposta, che seguendo la convessità di essa faccia posteriore, 
è più unitamente rotondeggiante. 

La radice dal lato anteriore, od esterno del dente, che può dirsi 


STUDI SUL CARCHARODON ETRUSCUS LAW. 27 


relativamente piano, segue in tutti e due l’asse della faccia stessa; 
trovasi essere ancor essa piana, fornita delle due consuete bran- 
che, quasi ugualmente sviluppate dal lato interno seguendo la 
rotondità della faccia, circa alla sua metà altezza fa un angolo 
per andarsi questo a congiungere colla radice della faccia an- 
teriore, la quale è diritta; in questa parte sfuggente si ritrova in 
tutti e due la traccia del suo atrofizzato nervo nutritivo. E se noi 
esaminiamo la punta del dente, essa pure egualmente ritrovasi 
volgere verso la loro faccia esterna. Sicchè bisogna convincersi 
che tanto nel fossile quanto nel vivente non si ravvisa ragione 
per dichiararli differenti. 

La Tav. 3, fig. 2, 2,2», è diretta a mostrare il terzo dente, 
che quantunque di poco differisca dagli altri denti della mandi- 
bola, pure tanto nel vivente, quanto nel fossile segna il dente 
impari che si ravvisa un poco più piccolo, e più basso dei due 
primi, e degli altri due successivi. 

Nella stessa tavola è rappresentato il sesto dente (fig. 3) veduto 
dalla sua faccia esterna; e la fig. 3° mostra come la sua punta cam- 
bia curva, ed invece ella volgesi dalla sua faccia posteriore, mentre 
quelli che Io precedono la portano rivolta verso la loro faccia an- 
teriore; la fig. 4, mostra pure il successivo dente 7"° che come si 
vede benissimo dalla fig. 4* rivolge esso pure, come tutti i suc- 
cessivi, la punta dal lato interno delle fauci. 

‘ Nella stessa Tav. 3 alle fig. 5, 6, 7, 8, si trovano rappresentati 

tutti i denti piccoli di fondo delle mandibole; essi pure volgono la 
loro punta indentro alle fauci. Questi, come i piccoli della ma- 
scella, sono più larghi che alti; ben spesso mancano di dentel- 
latura, la quale viene sostituita da una sfrangiatura del bordo del 
dente, e quando la dentellatura non esiste, allora manca affatto 
ciò che può distinguerli dai denti piccoli di fondo delle mascelle 
di Carcharodon da quelli del genere Oxryrhine. 


28 ROBERTO LAWLEY 


Tutti i denti posti sulla mandibola del fossile non portano presso 
la base della corona nessun solco, o piega, come si ravvisa acca- 
dere nel vivente; essi invero portano delle linee, o fenditure nello 
smalto, lo che avviene spesso ancora nei denti fossili della ma- 
scella, ma di subito si vede che non si tratta di veri solchi e re- 
lative pieghe che alterano la regolarità della superficie dello 
smalto, ma di semplici traccie di fenditura, le quali debbono av- 
venire nel tempo della fossilizzazione, che non alterano per niente 
la levigatezza della superficie smaltata dei denti; insomma sono 
quelle linee le quali si riscontrano quasi generalmente in tutti i 
denti allo stato fossile. 

Ho ben spesso nel corso di questo scritto, parlato della specie 
Carch. sulcidens Agas, per la qual cosa, ho voluto far rappresen- 
tare un dente dei più perfetti e dei più caratteristici che io pos- 
sedessi; ed alla Tav. 4, fig. 2, l'ho fatto disegnare dalla sua faccia 
esterna, mentre la fig. 2°, lo rappresenta dal lato opposto, cioè 
dalla saa faccia interna. Nulla, secondo il mio credere, autorizza 
a fare di questi denti una specie distinta da quella del Carch. 
Etruscus. Law. Essi sono, quanti io ne possedo, denti anteriori 
della mascella, cioè quelli posti presso la sinfisi; di tal posto pure 
della mascella sono quelli disegnati alla Tav. 30°, fig. 3, a 7. 
L’Agassiz nella sua opera citata, e alla pag. 254, dove ne fa de- 
scrizione, non lascia dubbio che questi denti, che fece disegnare 
alla tavola citata, a questa specie debbansi referire, per la descri- 
zione che egli ne dà. Ed a conferma di quanto io dico, quantunque 
egli li avesse a studiare nelle collezioni Tedesche, si osservi che 
quelli della sua specie del Carch. sulcidens Agas. in esse furono 
segnati come provenienti dai terreni terziari Italiani; fra questi 
denti i più caratteristici, sono quelli provenienti dalla località di 
Castelarquato, dove predomina essenzialmente il Pliocene. E quan- 


STUDI SUL CARCHARODON ETRUSCUS LAW. 29 


tunque l’Agassiz abbia disegnato denti di differenti età, compre- 
sivi quelli giovanili; manifestamente provengono della medesima 
parte della mascella. 

Dunque se per la loro provenienza dai nostri terreni pliocenici, se 
per la loro particolare sottigliezza, che tanto ha colpito l’autore 
della specie del Carch. sulcidens Agas, non si può rinvenire diffe- 
renze nè dalla forma di essi denti, nè dalla dentellatura, nè per 
altri caratteri al mio Carch. Etruscus, mi sembrano a questa specie 
doversi riunire, tanto più che questa mia specie non è composta 
di una sol forma di denti, ma bensì è una riunione di tutte le 
forme dei denti che sono portate egualmente sopra all’ intiera 
mascella del vivente Carch. lamia Rond. E per avere essi qualche 
solco o qualche piega di più, e queste più marcatamente sopra 
di essi impresse, è da ritenersi che ciò provenga per una maggior 
robustezza, di un qualche individuo nel formarlo. E come per tal 
fenomeno, viene da me proposto doversi ragionevolmente ritenere 
invece di riguardarlo per altra specie distinta. 

La Tav. 5, fu destinata a mostrare le preparazioni microsco- 
piche dei denti fossili del Carch. Etruscus Law. a confronto di 
quelle del vivente, del quale ho già parlato in altra parte di que- 
sto mio lavoro. La fig. 1, mostra la sezione longitudinale di un 
dente veduto di fronte di sulla sinfisi nella mascella di un fossile, 
mentre la fig. 2, mostra la sezione dello stesso dente fatta longi- 
tudinalmente nel senso del suo spessore; e la fig. 83, rappresenta 
la sezione longitudinale veduta di fronte di uno dei denti del 
Carch. lamia Rond. ancor esso posto sul davanti della mascella 
presso la sinfisi; però tutti questi denti sono alquanto ingranditi. 
La preparazione del vivente essendo riuscita molto più sottile 
lascia meglio apprezzarne l’interna sua costituzione di quel che 
non possa apprezzarsi dalle due preparazioni del fossile, del quale 


30 ROBERTO LAWLEY 


non ho potuto raggiungere la desiderata sottigliezza. Ciò nonostante 
dal confronto di questi disegni, vedesi i grossi canali i quali si 
suddividono in rami minori fino vicino alla periferia, dove diven- 
tano sottilissimi e quindi vanno a perdersi, e si scorge visibil- 
mente la massa della dentrina formata nel cono del dente essere 
più fina di quella formata nella radice, dove nel vivente, come nel 
fossile, non si riscontra grossi vasi, e solo vi sì trova una quan- 
tità non indifferente, di piccoli vuoti di nessuna determinata 
forma sparsi ovunque per la radice stessa, cosa che non accade 
di vedere nella dentrina del cono del dente. In tutte queste pre- 
parazioni non trovandovi differenze di sorta, bisogna convenire 
essere esse uguali ancora nella loro formazione interna, ed i denti 
fossili si devono ugualmente formare nella grossezza della gen- 
giva come lo si formano nel vivente; e di fatti ancora fra i resti 
fossili di sovente avviene, che si riscontrino denti in via di for- 
mazione, come dissi nei viventi, e che per lungo tempo ritenni 
come denti guasti dall’intemperie, mentre oggi non mi resta al- 
cun dubbio per ritenerli come denti non giunti alla loro com- 
pleta formazione, e fossilizzatisi in questo stato. x 
Dalle preparazioni microscopiche della Tav. 5, ben rilevasi 
non esservi nessun vuoto centrale nella grossezza del dente, 
ed essere di vero Carcharodon, che se fossero di Carcharias, do- 
vrebbero nella grossezza loro, e perciò nella dentrina che forma 
il dente, portare un vuoto, come asserisce l’Agassiz al Vol. 3, 
p. 302, che lo rappresenta alla Tav. N. fig. 6-7; e di tal vuoto 
centrale pure discorre a pag. 240 ('). Dall’assenza di tal vuoto 


(1) Asserisco questo vuoto nel dente del Carcharias sulla fede dell’ Agassiz e con 
poca mia convinzione non avendo ad esporre fatti per proprio conto, sopra a questo 
genere e ritenendolo molto dubbio perchè il suoCarcharias tenuis Agas. fu da lui 


STUDI SUL CARCHARODON ETRUSCUS LAW. 31 


nei denti dei Carcharodon l’Agassiz trova conveniente di ravvici- 
nare il suddetto genere alle Oxyrhine come propone il Muller et 
Henle nella sua opera “Systematische Beschreibung der Placio- 
stomen ,. 

Ora dunque fatto il confronto di tutti i denti delle diverse 
forme del fossile, si è trovato che tutti questi corrispondono con 
quelli del vivente, cioè dentellatura egualmente irregolare, sot- 
tigliezza nei denti della mascella, curva che in ambedue concor- 
dano che i denti della mandibola, sono densi e lanceiformi, e nep- 
pure manca di trovarsi denti fossili in via di formazione simili an- 
cor questi a quelli viventi; punte che si volgono dallo stesso lato, 
in ambedue i rami delle radici sviluppati piu dal lato che guarda 
la sinfisi; pieghe nei denti ugualmente e ben di rado non esi- 
stente nei denti della mascella, mentre del tutto sono mancanti nei 
denti della mandibola, ed in tutti i denti fossili riscontrasi il solito 
foro per cui passava il nervo nutritivo ugualmente che nei viventi; 
sezioni microscopiche che non danno nessuna differenza fra il 
vivente, ed il fossile; infine la possibilità di poter rifare, come ho 
già detto in altro mio lavoro, un’intera mascella con i denti fos- 
sili, che per nulla differisce dal vivente. A questa riunione di forme 
ho proposto che venga chiamata col nome di Carcharodon Etru- 
scus, non solo per distinguerlo con nome speciale, perchè è fossile, 


fatto sopra ad un frammento di dente tuttora adeso alla roccia il quale se si dovesse 
giudicare dalla descrizione da lui datane e dal disegno, sarebbe da ritenersi per un 
dente della mandibola del CarcA. Etruscus Law. E l’altra sua specie di Carc4. acu- 
tus Agas: lo ha stabilito sopra ad un disegno, di un dente mutilato che egli ha ri- 
portato Vol. 3 Tav. 36, fig. 8 e 9, che a vero dire è molto dubbioso per la sua forma. 
Perciò mi sembra aver egli avuto molta difficoltà di stabilire se esistesse in ambi 
due l'interno vuoto che essi dovevano portare per dichiararli come di Carcharias. Onde 
secondo il mio credere, dobbiamo per adesso attendere qualche conferma per ammet- 
tere questo genere fossile, e queste due specie per ora assai incerte. 


32 ROBERTO LAWLEY 


quanto ancora perchè questa nostra Toscana ci fornì il materiale 
adattato onde constatare questa osservazione. E se fino ad ora si 
presentò qualche difficoltà per ricostruire la suddetta intera ma- 
scella, tal difetto provenne da doversi servire di denti di ogni età, 
di diversi individui, è fossilizzati sotto varie condizioni, il chedà alla 
ricostituzione un sembiante un poco disuguale. Ma non dubito 
punto che non andrà molto lungi che mi sarà dato rinvenire l’in- 
tera mascella di uno stesso individuo fossilizzato sotto le stesse con- 
dizioni, che sanzionerà il fatto. 

Dovremo noi dunque tardare a dichiarare che il vivente non 
sia altro che il discendente dell'antica specie fossile, che neppure 
per la grossezza dei suoi denti in nulla differisce? E solo se qual- 
che dente fra i fossili si trova più grande, deve ciò provenire dal 
non avere noi che difficilmente dei Carch. lamia Rond. adulti, nè 
trovasi cambiata fra il vivente ed il fossile neppure la località, per- 
chè questo vivente pesce cartilagineo, abita tuttora il Mediter- 
raneo, e di poco perciò si allontanò col ritirarsi del mare, da dove 
visse nell’epoche Plioceniche. 

Allo stato fossile, deducendolo dalla grandezza dei denti e ri- 
tenendo il Carch. Etruscus come l’antenato del vivente, di poco 
deve avere oltrepassato di grandezza e di peso l’attuale, il quale 
sappiamo da Miller et Henle potere arrivare fino alla lunghezza 
di piedi 14. 

L’ Agassiz a pag. 246 del vol. 3, dice che ha figurato alla Ta- 
vola /, fig. 3, a grandezza naturale, l’intiera mascella del Carch. 
lamia, che riscontrata con quella che tengo scheletrita doveva 
essere di un individuo ben piccolo, essendo i denti della mia ma- 
scella almeno di un terzo, se non di una metà, maggiori della sua, 
e questo che possiedo non lo posso riguardare per il più grosso 
individuo ch'io abbia incontrato, perchè al Museo di Modena mi 


STUDI SUL CARCHARODON ETRUSCUS LAW. Hi 


fu permesso dal Direttore Prof. Carruccio di ‘prendere sopra ad 
una molto più grande mascella tutti quegli appunti che mi ab- 
bisognarono, solo non pensai di appuntare la sua misura, nè no- 
tare la grandezza dei grossissimi denti. 

I denti del Carch. Etruscus Law., sono comuni in tutte le 
nostre Colline plioceniche, e fino a questo giorno ne ho radunati 
un numero ragguardevolissimo, incirca N.° 250, di molte loca- 
lità; questo numero, benchè vistoso, non si approssima minima- 
mente alla copia di denti, che in quelle medesime località si rin- 
viene di Oxyrhina Agassiz Law. e dell'Oxyrhina Desorii Agas., delle 
quali specie potei riunirne qualche migliaio, perciò sono costretto 
a dirlo, relativamente raro. 

Non vi è dubbio alcuno, che quelle località dove maggiormente 
abbonda il Carch. Etruscus non sieno le argille di Orciano, ne ho 
però rinvenuti a Volterra, Lucardo, e Peccioli: Siena me ne ha 
forniti parecchi. Ne ho notati diversi nella collezione del signor 
Achille Mariani di Castellarquato, che visitai nel 1880. Molti 
da me furono rinvenuti nella pietra lenticolare di S. Frediano 
presso Casciana; come pure non devono mancare nella lentico- 
lare di Parlascio se vi fossero attivati gli scavi per pietre come 
lo fu per S. Frediano. 

Me ne furono dati due, di cui uno della mascella, e l’altro della 
mandibola, dal Dott. De Stefani da lui raccolti presso San Mi- 
niato al Tedesco. Altri denti di questa specie mi furono mandati 
dal mio amico Dott. Foresti, aiuto Professore della cattedra di 
Geologia di Bologna, onde li studiassi. Questi provenivano dalle 
località circonvicine, e più specialmente dalle argille turchine di 
Pradalbino e da Monte Biancone. Il suddetto sig. Foresti rinvenne 
pure in Pradalbino denti di adultissimo Curcharodon che potè 


giustamente riportare alla specie del Carch. sulcidens Agas. ma 
3 


34 ROBERTO LAWLEY 


che per ciò che sono andato discorrendo, non sono che denti di 
adultissimi individui del Carch. Etruscus Law., e di questi denti 
ne ho raccolti ben dodici esemplari nelle località di Orciano, di 
Volterra e di Siena. 

Buon numero, ebbi agio di vedere e studiare nella collezione 
di Don Antonio Ferretti, Prevosto a S. Rufino presso Scandiano 
nel Modenese, e da esso raccolti nelle vicine argille, denti tutti da 
riferirsi a questa specie. Il Museo di Pisa, come pure quello di 
Firenze, ne possedono una discreta quantità nelle loro collezioni, 
e nei loro magazzini. Il cav. Ulderigo Botti ne ha pure trovati 
diversi nella pietra Leccese. 


SUD] 


SUL 


GENERE CARCHARODON MEGALODON, AGAS. 


Fino da data antichissima i denti del Care. megalodon Agas. at- 
tirarono l’attenzione degli studiosi di cose naturali, ed invero non 
poteva avvenire altrimenti in quanto che qualcuno di essi denti 
acquistarono dimensioni veramente colossali da sembrare impos- 
sibile che avessero potuto far parte di una mascella di pesce; per 
cui la mente umana esaltata ed incerta sulla possibile esistenza di 
mostri tali, andò per lungo tempo ricercando a che potere attri- 
buire simili resti fossili. 

Gli antichi nostri scrittori per dar loro un nome, li chiamarono 
Glosso-petre, come la parola stessa lo esprime, ritenendole per 
lingue pietrificate provenienti dalle bocche di alcuni grossi ser- 
penti; ed altri denti di pesci furono chiamati Buffoniti, che per 
la loro bizzarra forma attribuirono ad occhi di pesci, o di rane. 
Ma a togliere su di ciò ogni incertezza, fu Scilla che lungamente 
discutendo su di essì, riportò i primi a denti di pesce, cioè al 
Carcharodon, ed i secondi a Chrysophrys. E questo avvenne pel con- 
fronto che egli ne fece coi denti viventi, come con altri confronti 
scoprì quelli di OxyrRina Desori Agas. e gli altri di Notidanus. 

D’allora in poi niuno più li messe in dubbio, e lo studio di 


36 ROBERTO LAWLEY 


questi resti di pesci fossili, quantunque lentamente, progredì fino 
al punto d’oggi e sempre più progredirà per lo studio che su di 
essi si verrà a fare. 

Tutti i Musei di Europa si dettero cura di scegliere e riunire 
a preferenza i più belli esemplari di questi denti, che per la loro 
grandezza sì erano resi più appariscenti, e per essa si eran posti 
più in evidenza, e molto più sparsi si trovavano nei terreni an- 
tichi, i quali furono i primi ed i più esplorati che quelli di altre 
epoche; perlochè questi denti vennero ad essere i primi studiati. 

L’Agassiz finalmente gli distinse col nome specifico di Carch. 
megalodon col quale oggi sono conosciuti e nominati in tutte le 
collezioni. 

Doveva essere riserbato al terreno Pliocenico di far conoscere, 
e constatare l’altra specie del Carch. Etruscus, Law., mancando 
in questo terreno affatto il Carch. megalodon, mentre tanto ab- 
bondava di resti dell’ Etruscus, i quali denti forse potevano pas- 
sare per quelli di giovani megalodon che come già dissi, in scarso 
numero si rinvenivano sparsi nei terreni più antichi. 

L’Agassiz non facendo una propria e vera raccolta, andò stu- 
diando per tutti i Musei d'Europa gli sparsi denti facendone 
così non meno di 18 differenti specie, fra le quali mise quelle che 
sono da riportarsi al mio Carch. Etruscus. Per tal fatto fu indotto 
a moltiplicare le specie stesse basandole su di ogni più piccola 
differenza che in detti denti ravvisava, e per distiuguerli dagli 
altri gli convenne mutare nome, non considerando poter essere 
semplicemente differenza di posizione. 

Alla qual cosa serve di conferma quello che il Gibbes dice nella 
sua memoria sopra gli Squalidi degli Stati Uniti di America, da 
lui riportati a pag. 139, che dimostra essere la sua collezione, 
in genere di Squalidi, la più amplia, e ricca che in America si 


STUDI SUL CARCHARODON MEGALODON AGAS. 37 


rinvenisse tanto per quelle particolari, quanto per quelle pub- 
bliche, e facendo elogi della costanza del lavoro, della scienza, del 
coscienzioso candore scientifico manifestato dall’Agassiz, non meno 
che della sua gentilezza unita alla sua libera mente, scevra di 
ogni personale considerazione. Questo gran Paleontologo, fece os- 
servare al Gibbes stesso che dei molti denti da lui stati descritti 
come singole specie, dalle osservazioni di altri studiosi, e per le 
maggiori cognizioni acquistate da esso Agassiz, si sarebbe indotto 
a rigettare alcune specie per riunirle ad altre. Lo stesso Gibbes 
riportò le medesime parole dette dall’Agassiz in idioma francese, 
per mostrare quanta fosse la difficoltà di questa riunione e scelta 
di denti. 

Questi dubbi forse molte volte furono dall’Agassiz visti, e sen- 
titi e se non li manifestò deve essere la circostanza dell’impossi- 
bilità di poter vedere riunito assieme un ingente quantità di ma- 
teriale di denti di Squalidi della stessa specie, che forse gli impedì 
di rendersi ragione che le differenti forme di denti non potevano 
provenire che dalla diversa posizione che tenevano nella mascella. 
A persuaderlo dell’errore bastò lo aver veduta la prima volta 
la collezione del Gibbes, e fu allora che ne propose la soppressione 
di diverse specie. 

Ora con dubbi emessi così esplicitamente, dal celebre Natu- 
ralista di Neuchatel; dalle osservazioni della similitudine della 
dentizione che queste hanno con quelle del vivente Carch. lamia. 
Rond. e di queste con quella del fossile Carch. Etruscus, Law. 
ritrovandovi in essa tutte le forme del vivente, credo di potere 
emettere una proposizione, la quale se, come spero, verrà accet- 
tata da coloro che sono in località adattate da poter fare una 
riunione di qualche centinaio di denti del Carck. megalodon, facil- 
mente sì convinceranno e riteranno provato che questa specie 


38 ROBERTO LAWLEY 


porta dentizione di forme simili tanto nel vivente quanto nel fos- 
sile citato, e sparirà ogni dubbio e difficoltà ad ammettere che la 
specie del Carch. megalodon, Agas. potesse avere una simile den- 
tizione, tanto più che di essi denti si rinvengono quasi tutte le 
forme che attribuire si possono alle differenti posizioni in cui 
sono posti nelle mascelle, e soltanto nel megalodon aumentate 
le proporzioni, non mai variate le forme. Perciò mi parrebbe, di 
non solo riunire alcune delle specie, ma tutte quelle che avessero 
dei caratteri comuni e far diventare una sola specie le tante 
fattene dall’ Agassiz, per marcare ogni minima differenza della 
sua dentizione; esempio pure seguìto dai successivi Paleontologi, 
ogni qual volta gli avveniva trovare denti con qualche piccola 
differenza peranche non avvertita, nè peranche descritta da altri; 
dentizione che poi ritrovasi uguale per forma pur nella fossile 
Oxyrhina Agassizii Law. esclusione fatta dalla dentellatura mar- 
ginale dei denti di essa. Questo fu il motivo per cui fu ritenuta, 
e giustamente, dal Muller et Henle per dentizione da avvicinarsi 
al genere Oxyrhina, cosa che Agassiz ritrova giusta. 

E se oggi posso dare una qualche idea, ed emettere un qualche 
ragionamento sulla specie ora in questione, lo debbo alla cortesia 
e bontà, le tante volte esperimentata del distinto naturalista e 
mio amico sig. cav. Ulderigo Botti, direttore del Museo Pro- 
vinciale di Lecce, che alla capacità riunisce il raro pregio di ze- 
lante raccoglitore. Imperocchè di Lui non e a dirsi, come di qual- 
che Museo, od altri collezionisti, che quando hanno raccolto il 
materiale in piccolo numero d’esemplari di una stessa specie non 
seguitino a raccorne una quantità, quantunque sia ben vero che 
spesse volte per ottenere una tal riunione di esemplari fa osta- 
colo la ristrettezza dello spazio, che uno può concedere alle 
proprie collezioni. Ma certo molte volte fra i resti di pesci 


STUDI SUL CARCHARODON MEGALODON AGAS. 39 


fossili non si può, che da un abbondante raccolta venire ad una 
pratica conclusione, come precisamente avverrà in questo caso. 

Ora dunque dicevo che se il cav. Botti, ancora egli persuaso 
della verità di riunire in gran copia i resti di Carch. megalodon 
Agas., non avesse profittato della località della pietra Leccese, 
dalla quale, quantunque con qualche difficoltà, pure gli fu dato di 
estrarne numerosi esemplari della specie accennata, e non si fosse 
dato cura di riunirne ben 150 esemplari, e con gran liberalità 
non me li avesse passati in comunicazione, per certo non avrei 
potuto fare le seguenti osservazioni. E se non ne stimo sufficiente 
il numero da lui riunito per averne senza il menomo dubbio la 
certezza, è però un numero assai cospicuo da potervisi approssi- 
mare; perciò non posso che a lui porgere i miei più vivi ringra- 
ziamenti per avermi offerto il mezzo per le mie osservazioni qua- 
lunque esse sieno. 

Ora valendosi degli studi già fatti sopra la dentizione del vi- 
vente Carch. lamia, Rond., quanto sopra a quella del fossile Carch. 
Etruscus, Law. e della specie del Carch. megalodon, Agas. resterà 
ben facile, e ad ognuno sarà permesso, di fare la divisione delle 
due forme di denti che ne adornano la mandibola, da quelli che 
stanno nella mascella, facendone la separazione stessa secondo le 
due forme già conosciute nelle due specie ora citate, cosa possibi- 
lissima a ravvisarsi dalla grande analogia di forme che fra loro 
esiste. 

Il maggiore sviluppo che prende una delle due branche delle 
radici unitamente alle curve del cono del dente, evidentemente 
stabilisce il lato dritto, o sinistro che il dente riteneva nella ma- 
scella; se si separerà da quelli della mandibola quando viveva 
l’animale, ben presto si vedranno, per le loro forme caratteristi- 
che, i denti anteriori della sinfisi, da quelli laterali mediani delle 


40 ROBERTO LAWLEY 


mascelle; come pure scopriremo i denti piccoli del fondo prossimi 
alla gola; altrettanto potremo dire per quelli delle mandibole. 

Ora, se per tale analogia, e se con i dati che abbiamo tolti dalle 
forme delle altre due specie succitate, abbiamo potuto trovare il 
posto che occupavano i denti stessi nelle due mascelle del Carch. 
megalodon Agas.misembra che sia bastante prova per stabilire, che 
con le debite proporzioni di grandezza si debba ritenere che tutte 
le tre specie di pesci avessero uguali forme di dentizione. Certa- 
mente però le dimensioni dello squalide che portava i denti, che 
è convenuto riconoscersi sotto il nome specifico di Carch. mega- 
lodon, Agas., non potevano essere che di molto maggiori, delle al- 
tre due specie. Verrò a dire in seguito quale era l'opinione dei 
vari autori, e a quale grandezza approssimativamente essa specie 
di megalodon potesse giungere, e da quali dati l’arguissero. 

Il numero degli scrittori che hanno parlato del arch. megalo- 
don Agas. essendo ragguardevolissimo ed avendone di esso date 
buone figure, mi esime di replicarne molte delle forme in discorso, 
piuttosto farò delineare le principali tre forme di una località 
certa ed italiana, provenienti dalla pietra Leccese; forme le più 
caratteristiche favoritemi dal cav. Botti, ricordato. 

Per ora i denti che la specie Carch.. megatodon porta nel fondo 
della bocca mi sono del tutto ignoti, e non ci vorrebbe che una 
fortunata combinazione, come lo fu per l’Oxyrhina Agassiz Law. 
di poter trovare un cento o più denti riuniti in un sol posto, che 
dimostrassero essere appartenuti ad uno stesso individuo, fossi- 
lizzati insieme e sotto condizioni uniformi, dal che risulterebbe 
la scoperta dei piccoli denti di fondo, non solo, ma ancora di 
quelli in via di formazione, la qual cosa sempre più avvalore- 
rebbe l’idea di un eguale formazione di dentizione. 

La forma di questa specie ha un aspetto che ben si distingue 


STUDI SUL CARCHARODON MEGALODON AGAS. 41 


dai denti del Carch. Etruscus, Law. che è quanto dire dal vivente 
Carch. lamia, Rond., ed è che i denti d’individui adulti, la loro 
incomparabile grossezza e grandezza li fa ben distinguere, men- 
tre quelli d’individui giovani, ancorchè fossero più piccoli dell’altra 
specie, vengono distinti, e ne denotano tale differenza, sì per la 
relativa grossezza, che per la loro forma speciale, che l'occhio del 
più inesperto dilettante di tali studi subito li riconosce ancor se 
son confusi gli uni con gli altri. Ma quello che maggiormente fa 
apprezzare la differente specie, sì negli adulti che nei giovani in- 
dividui, è l’incomparabile unitezza della seghettatura dei loro 
bordi; unitezza ben sensibilmente apprezzabile in tutti i denti, di 
qualunque siasi parte provenghino dalla mascella. Una più larga 
impressione della gengiva, dove divide la base della radice, dal 
cono del dente, che ben spesso sorpassa sopra lo smalto del dente 
stesso, cambiandone il colore. È poi da notarsi una particolarità 
assai singolare di questa specie, la facilità con la quale il dente 
tende ai lati della base, presso la radice, di auricolarsi; partico- 
larità che mentre ha fatto crearne di questi denti, dove maggior- 
mente questa auriculatura trovasi più sviluppata, specie distinta 
dai diversi autori. Io però questo carattere non lo ritengo come 
specifico nè sufficiente, rinvenendo questa tendenza ad auricolarsi 
in quasi tutti i denti delle specie in questione, ma più poi sensi- 
bilmente e quasi di frequente riscontrasi in quelli delle mascelle, 
quantunque non di rado avvenga anche in quelli delle mandibole, 
cosa che fu pure avvertita dal Gibbes, nella sua monografia; ed 
alla p. 142, dichiara tal particolarità, priva di qualunque carat- 
teristica per poterne fare specie separata. 

Altra osservazione da farsi si è quella, specialmente nei denti 
posti presso la sinfisi, cioè che quelli anteriori delle mascelle por- 
tano un elegante ondulatura sulla loro faccia anteriore od esterna, 


42 ROBERTO LAWLEY 


la quale cosa ho più in particolar modo osservato in quelli pro- 
venienti dalle colline di Torino, che per lo studio ebbi dal Prof. 
Carruccio Direttore del Museo di Modena. Di questa ondulatura 
ne vien fatta menzione dal Gemellaro che dice rinvenirsi, in quei 
denti da lui raccolti in Sicilia. A me però non mi è avvenuto di 
poterla osservare nei denti provenienti dalla pietra Leccese. Altro 
carattere, che ben spesso s'incontra nei denti di questa specie, 
sono certe fenditure nello smalto delle due faccie, anteriori, e po- 
steriori, che più spesso si possono osservare in quelli di individui 
adultissimi; le quali fenditure longitudinalmente si dipartono 
dalla base della radice e qualche volta si estendono fino quasi al 
bordo dentellato; tali fenditure le riterrei per uno degli effetti 
della fossilizzazione nè saprei ad altro attribuirlo. 

La radice più grossa e densa, che non lo è quella delle altre 
due specie, ha però la stessa loro struttura, cioè piana dalla fac- 
cia esterna, ed angolata da quella opposta, dove trovasi co- 
stantemente il segno per dove passava il nervo nutritivo che fu 
atrofizzato; come pure troviamo i coni dei denti con caratteri 
uguali e comuni alle due stesse specie, cioè piani, e quasi che con- 
cavi dalla faccia esterna con punta rivolta all’infuori, mentre l’op- 
posta è convessa in proporzione della grandezza dei denti. 

Scelti che si abbiano i denti della mascella, per le ormai co- 
nosciute forme, da quella lanceolatura che distingue quelli che 
sono posti sulla mandibola. Esaminandola a prima vista vi trove- 
remo quelli che restano accostanti la sinfisi della mascella, che è 
facile riconoscerli dai susseguenti, essendo essi, come nelle altre 
due specie, di forme equilaterali. Alla tav. 6, fig. 1, e 1* ho fatto 
disegnare uno di tali denti il più bello che io mai abbia visto, e 
che forma parte di quelli che il cav. Botti ha riunito per il Museo 


STUDI SUL CARCHARODON MEGALODON AGAS. 43 


di Lecce ('). Questo dente dalla sua faccia anteriore misura in lun- 
ghezza mill. 0,110; dalla sua parte concava, le sola radice misura 
mil. 32, le branche, di questa rilevandosi sono di mill. 0,020, e dal suo 
abbassamento centrale forma un dente di mill, 0,130 nella sua to- 
tale lunghezza; la larghezza alla base della corona, è mill. 0,100, 
ela grossezza, o densità, misura mill. 0,028. La sua forma e trian- 
golare, i suoi bordi elegantemente flessuosi sono equilaterali, mu- 
niti di fitta ed unitissima seghettatura che lo percorrono per 
tutto il suo bordo; dente molto concavo dalla sua faccia ante- 
riore. La radice da questo lato forma circa la quarta parte della 
sua altezza, è l'impressione della gengiva è appena visibile, ma 
però avente un altro colore che si mostra ricorrente alla base 
del cono del dente; la radice segue dritta l’asse del dente stesso; 
è priva di smalto, e costituita al solito da una sostanza spun- 
giosa. Esaminando il dente dalla opposta faccia interna lo tro- 
viamo assai convesso, come possiamo vedere alla Tav. 6, fig. 1; 
la radice con la larga impressione della gengiva, che scende sullo 
smalto del cono del dente, forma più della terza parte dell’in- 
tiera faccia, e più della metà del cono stesso; questa impressione 
della gengiva che nel centro del dente misura mill. 0,005, va as- 
sottigliandosi da questo punto fino al bordo del dente, dove si 
riduce ad una sola riga che quasi perdendosi gira la faccia giù 
descritta; la radice, che per un poco segue l'andamento del dente 
ad un tratto ritirandosi, va ad incontrare la radice stessa della 


faccia opposta facendo perciò un angolo ottuso assai pronunziato 


(1) Di questo dente trovasi un ammirabile modello fatto eseguire dal Prof. Ca- 
pellini per il Museo Geologico di Bologna. Ciò prova che fu ritenuto meritevole di 


riprodursi. 


44 ROBERTO LAWLEY 


nel punto ove trovasi l'impressione del nervo nutritivo atrofizzato 
nel dente; specialmente sopra a questa faccia posteriore, si rin- 
vengono le fenditure delle quali parlai superiormente. Di questi 
denti se ne debbono trovare, disposti due per parte, alla sinfisi 
come si ritrovano nel vivente. 

Dalla stessa Tav. 6, fig. 1° si potrà vedere quanto la punta 
del dente volta sulla sua parte esterna, per cui da questa faccia 
viene ad esser concavo. 

Prendendo l’Agussiz in considerazione la varietà di forme di 
questi denti ne formò le 3 specie, quella cioè di Carch. mega- 
lodon; quella del Carch. equilateralis; e quella del Carch. subau- 
ricolatus; ed a quest’ultimo forse è da riportarsi la varietà della 
quale fra poco parlerò. 

Il Gibbes però di questi denti conferma la specie di Carc4. 
megalodon Agas. e da quanto lo stesso Agassiz le disse, vi unisce 
pure le altre due specie del Carch. equilateralis Agas. e del Carch. 
restidens Agas. 

Il Gemellaro nel suo lavoro “ Ricerche sui pesci fossili della Sici- 
la , ritrova in questi denti il Carch. megalodon Agas. che li rap- 
presentò alla Tav. 2, fig. a, è, c. Lo stesso ha fatto il Gemellaro 
alla Tav. 3, fig. 1, 2, 3, sopra a differenze individuali, ed a posi- 
zione nella mascella, dimostra la sua specie del Carch. megalodon, 
Agas. varietà Sicula; ma la fig. 3, evidentemente ci mostra essere 
dente proveniente da altra parte della mascella stessa, cioè da 
quelli della parte centrale di essa. 

Ancora Eugenio Sismonda nel suo lavoro “ Descrizione dei Pesci, 
e dei Crostacei fossili del Piemonte, constatò fra i denti che raccolse 
a Monferrato la specie Carch. megalodon Agas. ed alla sua Ta- 
vola 1, fig. 8, a 13, li figura, con ragione, come denti apparte- 
nenti a questa stessa specie. 


STUDI SUL CARCHARODON MEGALODON AGAS. 45 


Fsaminati bene i suddetti disegni mi farebbero credere trat- 
tarsi piuttosto di alcuni di essi che occupassero la sinfisi della 
mandibola anzichè della mascella. 

Agostino Scilla nel suo lavoro “ De Corporibus marinis lapidi- 
scentibus , disegnò molti denti che visibilmente si riscontrano per 
denti del Carch. megalodon Agas. come si può vedere nelle sue 
Tav. 3, 5, 6, quantunque nessuno di questi sia da riportarsi a quelli 
della sinfisi della mascella, eccetto quello che disegnò alla Ta- 
vola 6, fig. 1, che quantunque delineato in scorcio ben si ravvisa 
provenire dalla sinfisi della mascella mentre gli altri apparten- 
gono ad altre parti della mascella stessa e nessuno ne disegnò di 
questa specie che appartenesse alla mandibola. 

Per maggiormente apprezzare le specie dei denti in parola 
alla Tav. 7, fig. 1, ho fatto disegnare altro dente che questo pure 
fa parte della collezione del Museo di Lecce, ed ho quasi certezza 
che esso occupasse il posto della sinfisi della mascella, ed è di 
quella specie stessa, ma differisce assai di forma da quello che ho 
rappresentato nella Tav. 6, fig. 1 essendo di esso meno denso; si 
presenta con bordi più diritti e meno flessuosi; è seghettato con 
simile ed unitissima dentellatura per tutto il bordo stesso; l’im- 
pressione della gengiva, dalla sua faccia interna, ha diverso co- 
lore; è ugualmente alta, e marcata nel centro del dente da dove 
va assottigliandosi verso il bordo, per venire poi a marcare sulla 
sua faccia esterna la sola divisione del cono del dente dalla ra- 
dice. Questo dente ha la punta meno larga dell’esemplare ripro- 
dotto nella Tavola 6, però è di esso molto ‘più rivolta verso la 
faccia esterna come si può apprezzare dalla fig. 1* tav. 7, ove 
vedesi il profilo, perciò si presenta da questa sua faccia, molto più 
concavo; l'angolo alla base del cono con la radice, tracciato sullo 
smalto, è molto più basso, e risentito in questo punto che dalla 


46 ROBERTO LAWLEY 


sua faccia esterna; un orliccio poi ben marcato ne stacca la ra- 
dice dal cono stesso, il quale ha tendenza, ad auricolarsi al suo 
margine. Misura mil. 0,100 di lunghezza, alla sua faccia esterna, 
sopra mil. 0,090 dalla base della sua radice; ed ha una densità 
eguale alla metà centrale della base stessa che è di mil. 0,023; 
dal che vedesi non essere esso molto più piccolo dell’altro rappre- 
sentato alla Tav. 6; in tutto il resto della sua descrizione, è com- 
pletamente uguale al già descritto, che per brevità non starò qui 
a ripetere. 

La fig. 11, Tav. 30° vol. 3, e la descrizione che a pag. 251 nè ha 
data l’Agassiz per il Carch. subauriculatus, Agas. perfettamente 
corrisponde con questo dente, e giust’ appunto questa specie è 
una di quelle che l’Agassiz consigliò al Gibbes di riunire al Carch. 
megalodon, Agas. 

Io veramente pure sono di opinione che esso sia, come riten- 
gono i due citati autori, una stessa specie di Carck. megalodon, 
Agas. 

Ma fra i denti speditimi dal cav. Botti ho avuto luogo di rinve- 
nirne alcuni che provengono dalle altre parti delle mascelle, e delle 
mandibole, i quali mi richiamino questa special forma di denti 
tutta sua propria, non potendo supporsi che questa loro conforma 
zione così variata, possa essere portata da uno stesso individuo 
nel medesimo tempo e nella stessa dentatura, salta bene alla 
mente che tali differenze di forme provenghino piuttosto da una 
varietà, che benissimo potrebbe attribuirsi al sesso. 

Nella Tav. 7, fig. 2, e 2* feci pure disegnare un dente prove- 
niente dalla parte mediana di una mascella, che è da ritenersi 
esso pure di quella stessa forma variata della fig. 1, 1° della 
stessa Tav. 7, mostrando esso pure l’auriculatura alla base della 
radice tanto a destra, che a sinistra. Come pure alla Tav. 9, fig. 2, 


STUDI SUL CARCHARODON MEGALODON AGAS. 47 


2° fu disegnato altro dente della sinfisi della mandibola che lo 
riguardo appartenere ad un individuo molto adulto. Questo pure è 
da riportarsi alla forma variata in questione. Alla Tav. 10, fig. 1, 
1° 1" volli pure che fosse disegnato altro dente di un grosso indi- 
viduo, che doveva essere posto verso il fondo della mandibola in 
prossimità dei piccoli ultimi; anche esso è di eguale variata 
forma. 

Per brevità non starò a farne minutamente la descrizione di 
nessuno di essì denti, solo pregherò l’amatore di tali studi a porre 
la sua ispezione sulle citate figure e ne concepirà le loro signi- 
ficanti differenze. 

Il dente fatto disegnare nella Tav. 8, fig. 2, 2° 2° in tre posi- 
zioni differenti, affinchè ciascuno meglio lo possa apprezzare in 
tutte le sue parti, per la sua speciale forma, quantunque prove- 
niente da un individuo non adultissimo, lo ritengo per il dente 
impari della branca sinistra della mascella. Infatti questo dente, 
di una perfettissima conservazione, è auricolato da tutti e due i 
suoi lati. Se si pone a confronto con quello del vivente, dell’ana- 
logo posto, mi sembra che non lasci nessuna traccia di dubbio, 
mentre che non puossi trovare parole atte per esprimere questa 
intima convinzione, la di cui forma evidentemente dimostra es- 
sere di una dentizione normale (!). 

Nella stessa Tav. 8, fig. 1, 1° è disegnato un dente della pietra 
Leccese, che ben probabilmente è quello che vien subito dopo 


(1) E qui conviene ripetere ciò che dice l’ Agassiz, che senza una mattematica 
certezza per l'occhio esercitato e per la mente messa a tortura, l’intima convinzione 
equivale in alcuni casi, ad una quantità di caratteri speciali che possono servire di 
guida per apprezzare od essere sicuro del proprio giudizio, quantunque, non possa 
venire espresso con parole. 


48 ROBERTO LAWLEY 


l’impari. Il suo stato di conservazione, se non è perfettissimo, 
poco lascia a desiderare, e con ragione può dirsi magnifico. Non 
mi perderò a farne una dettagliata descrizione, sembrandomi che 
non ve ne sia assoluta necessità, solo dirò che la curva esterna 
del dente e molto dritta, e meno flessuosa di quelli del Carch. 
Etruscus, Law., cosa che si rinviene in quasi tutti gli esemplari 
aventi la stessa provenienza, e che per mancanza di esemplari 
di altre località, non ho potuto farne il confronto respettivo nè 
so se questo carattere possa riguardarsi estesa alla specie. Questo 
adultissimo dente della mascella, può dirsi ancor’esso apparte- 
nere ad un individuo di dentizione normale, quantunque non vi 
sì scorga traccia di orecchiette. 

Alla Tav. 6, fig. 2, 2°, trovasi pure altro dente di un individuo 
molto più piccolo, esso pure proveniente dalla parte mediana 
della mascella ed è auricolato dal suo lato interno; dente in per- 
fetto stato di conservazione, ed appartenente a normale denti- 
zione. 

Però per adesso mancano fra i denti della pietra Leccese quelle 
forme che si potrebbero attribuire al fondo delle fauci. Non du- 
bito però che ben presto vi saranno rinvenuti, dalla ormai ben 
nota solerzia del Direttore di quel Museo cav. Botti. 

Una osservazione è pure da farsi sopra i denti delle mascelle 
di questa specie, ed è che mentre nella specie fossile, Carch. 
Etruscus, Law. come nel vivente, è quasi una eccezione che le 
due faccie dei denti sieno prive di pieghe, e che quella in gene- 
rale esterna, ne sia la più provvista, mentre nei denti della ma- 
scella del Carck. megalodon, Agas, si è invece una eccezione il 
trovarvene qualcheduna, e se vi si rinvengono riduconsi ad una, 
o poch’altre vestigie per tracciarne meglio lo spigolo centrale 
della faccia esterna. 


STUDI SUL CARCHARODON MEGALODON AGAS. 49 


Si trova pure che il dente da questa parte può considerarsi 
come relativamente piano, perchè le depressioni ed i rilievi che 
in esso vi si trovano possono essere apprezzati più da riflessi, 
che da vistosi abbassamenti della superficie, perchè mentre nel 
centro del dente esiste una linea elevata che ne traccia la sua 
metà, lateralmente vi sono due leggeri abbassamenti qualche 
volta formati dalle pieghe come già dissi; ma verso il bordo si 
rialza, e di nuovo diminuendo ne staccano il bordo stesso assai 
poco più rilevato; mentre poi in totale il dente viene ad essere 
molto più concavo, e maggiormente quanto più la punta viene a 
rivolgersi sopra a questa faccia esterna. 

Notevolissima è la tendenza che i denti delle mascelle hanno 
ad auricolarsi; ma di ciò andrò a parlare più estesamente in se- 
guito. Particolarità poi che ha indotto molti Autori a formarne 
specie differenti, quando qualche dente fu in questo stato rinve- 
nuto, e considerato isolatamente. 

La mandibola, come ora mai sappiamo, deve avere denti di 
forma meno variata, cioè tutta lanceolata, piana, o quasi piana 
dalla sua faccia esterna, e l'angolo che è alla base della radice 
forma col cono del dente un angolo molto ottuso ed aperto, 
mentre dalla faccia interna lo segna quasi che retto; questa 
faccia si trova essere molto convessa; la punta al solito si rivolta 
leggermente sulla sua parte anteriore come lo è nel vivente; 
questa faccia anteriore è, relativamente, sempre piana, e alla sua 
metà delle radici si trova il solito abbassamento, per formar 
poi le due branche, una delle quali, quella cioè che riguarda la 
sinfisi, è più sviluppata dell’altra, e la radice è di sostanza spun- 
giosa; la solita seghettatura caratteristica, fine ed unita, orna il 
bordo di questi denti come quelli della mascella. Alla base del 


cono, dalla sua faccia interna, trovasi pure la larga impressione 
11 


50 ROBERTO LAWLEY 


della gengiva, che monta sopra ailo smalto, e che decrescendo 
fino ai bordi, non lascia di se che una traccia per seguitare sul- 
l’opposta faccia anteriore la divisione del cono stesso con la sua 
radice. La radice poi, con la base del cono dal lato della sua 
faccia esterna, presso l'impressione della medesima, forma un 
angolo molto ottuso, cioè slargato, mentre dalla faccia interna 
scende assai più in basso sul cono, e l’ angolo che vi forma è 
molto più stretto che in alcuni denti si avvicina all’ angolo retto. 
La radice della faccia anteriore segue come nel vivente diritta 
l’asse del dente, e dalla faccia opposta, cioè posteriore, mentre 
è dritta fino alla sua metà altezza, fa angolo molto sentito per 
andar poi a congiungersi con quella dritta dell’opposta faccia, e 
precisamente dove in mezzo di quest’angolo trovasi sempre la 
traccia dell’ atrofizzato nervo nutritivo. 

I denti più robusti, più grossi, ed i più grandi della mandibola, 
saranno certamente quelli posti sulla sinfisi, come lo sono nel 
vivente, i quali portano le branche delle radici ugualmente svi- 
luppate, ed i successivi diminuendo di grandezza, susseguiranno 
fino agli ultimi piccoli quelli posti nel fondo delle fauci man- 
canti essi pure in questa mandibola ('). Onde è che da questi 
principieremo a discorrere. 


(1) Dai denti della prima spedizione fattami dal sig. cav. Botti nel maggio del 
1880, quelli che adornavano le mascelle erano rappresentati da bellissimi esemplari, 
come si può vedere da quelli fatti disegnare nelle Tav. 6, 7, 8. Gli esemplari poi che 
rappresentavano la mandibola, quantunque non disprezzabili, ne scelsi i migliori per 
farli rappresentare alla Tav. 9, 10, per quanto non stiano a confronto dei primi. 
E mentre nella Tav. 9, fig. 2, 22, è disegnato il dente più bello, e più adulto, esso 
appartiene alla forma variata; e la fig. 1, 12, Tav. 9, rappresenta la forma tipica di 
questa specie, assai più piccolo della forma variata. In una seconda spedizione dallo 
stesso cav. Botti fattami nel gennaio 1881, di circa una trentina di bellissimi denti 
tutti appartenenti al Carch. megalodon, ne trovai un magnifico esemplare tipico, 
che dimostra essere dalla sinfisi della mandibola di adultissimo individuo. 


STUDI SUL CARCHARODON MEGALODON AGAS. 51 


Alla Tav. 9, fig. 1, 1° venne rappresentato un dente della man- 
dibola, al solito di sulla sinfisi, che se non è il più accostante, certo 
lo è il successivo; esso appartiene ad un individuo molto adulto, 
di una dentizione di forma regolare non solo, ma ancora tipica; 
però questo individuo doveva essere assai più giovane di quello 
i di cui denti si vedono disegnati nella medesima Tav. 9, fig. 2, 
2‘; disegno fatto eseguire, come dissi, per la forma variata 
che lo ritengo per il primo della sinfisi. Questo dente, fig. 1 
della Tav. 9, quantunque appartenente ad un più giovane indi- 
viduo, ben dimostra a destra della sua faccia esterna, un prin- 
cipio di auricolatura, che la palesa pure a sinistra della stessa 
faccia, mentre quello della fig. 2, che è d’individuo molto più 
adulto, nè dà appena un cenno dal lato sinistro della stessa sua 
faccia. 

Anche di questo dente, segnato di numero 1 Tav. 9, non starò 
a farne una dettagliata e minuta descrizione rapportandosi esso, 
come ho parlato superiormente, ad una dentizione normale; solo 
mi limiterò di fare osservare che oltre ad essere alla base della 
sua radice molto meno slargato della fig. 2 della stessa tavola, 
ha il suo bordo molto meno flessuoso che lo fa essere più svelto, 
perciò apparisce più lanceolato. 

Quantunque dal disegno citato si possa ricavare alcune delle 
sue dimenzioni per essere rappresentato a grandezza naturale, 
pur tuttavia procurerò qui di trascriverlo per quanto, ben s’in- 
tende, che non possono essere di molto valore per la specie in 
questione, vedendosi in questa specie, come negli altri Carcha- 


Questo dente mi giunse troppo tardi perciò fui dolente di non aver potuto esso pure 
far rappresentare insieme alla classica riunione di denti che così bene riproducano 
questa specie tante volte rammentata, i di cui esemplari si potranno sempre ammirare 
nel Museo Provinciale di Lecce. 


52 ROBERTO LAWLEY 


rodon, che i denti crescono successivamente col crescere dell’età 
dell’animale. La sua misura alla base del cono è di mill. 0,060; 
dalla punta, compresa la radice, misura mill. 0,080; la radice ne 
segna mill. 0,020, e questa stessa misura la porta pure la sua 
grossezza, o densità. 

In molti denti della mandibola la base del dente ai suoi lati, 
sorpassa quella della radice, ed è in questo punto giusto che essi 
mostrano la loro tendenza ad auricolarsi. 

Per quanto io mi dassi a studiare, e ricercare una forma più 
svelta fra ì denti fossili della mandibola che potessero essere rite- 
nuti come i rappresentanti dei denti impari del Carcharodon me- 
galodon Agas., non mi venne fatto trovarne uno che soddisfacesse 
al bisogno benchè fra questi denti se ne abbiano alcuni che per 
la loro forma richiamino tal dente della mandibola, ed è perciò 
che sarei per ritenere che la bellissima raccolta dei denti della 
Pietra Leccese, non è per ora arrivato l’epoca del suo rinveni- 
mento, lo che spero sarà ben presto per avvenire, quantunque re- 
sterà sempre assai difficile stabilirlo. 

Non avviene però questa difficoltà per il dente che feci deli- 
neare alla Tav. 10, fig. 1, 1°, 1°, potendosi ben presto ravvisare, 
sia per l'abbassamento del cono del dente, che per lo slargamento 
della sua radice, e per conseguenza della base del cono stesso; 
con tali dati vedesi subito potersi riportare al sesto dente della 
mandibola stessa, dove questi cambiamenti di forma si riscon- 
trano pure nel vivente; però in quelli del vivente la loro punta 
sì rivolta ad un tratto dalla faccia opposta, cioè da quella interna, 
cosa che come sì vede alla fig. 1°, non avviene in questa specie. 
Altri ci dirà se questo succede ancora nei successivi denti. 

Questa forma di denti la feci disegnare per dimostrare quanto 


ebbi a dire nella forma variata. 


STUDI SUL CARCHARODON MEGALODON AGAS. 59 


Denti di conformazione consimile ai suddetti mi sembra che 
fossero pure disegnati dall’Agassiz alla Tav. 30, fig. 1 a 2, Vol. 3, 
formandone con essi la specie del suo Carch. lanceolatus, del quale 
parla alla pag. 257, Vol. 3 del testo, dove però non ne dà de- 
scrizione. 

11 Costa pure di questa forma ne ha fatta una specie no- 
minandola, Carch. arcuatus. 

Il Gibbes alla sua volta, nella rammentata Monografia degli 
Squalidi degli Stati Uniti, dal n.° 10 al n.° 38, figura un’ infinità 
di forme, le più svariate, fra le quali vi sono pure quelle di un in- 
dividuo disegnato alla fig. 10, Tav. 19, che certamente uguaglia 
quello in questione della mia Tav. 10, fig. 1, 1.* 1... 

Lo stesso Gibbes dice, che tutte quelle forme le ha riunite in- 
sieme per consiglio dell’ Agassiz, e sono appartenenti al Carch. 
angustidens Agas.; come si può vedere molti di questi denti sono 
auricolati, e molti nò, resta perciò a credersi se ancora questi 
due autori ritenessero tale particolarità per un carattere specifico 
e insufficiente, come lo ritengo io; ma dall’ispezione di tutte que- 
ste forme, vedesi non essere tutte appartenenti alle mandibole, 
mentre per me le riterrei spettare anche alle mascelle. 

. Alla Tav. 11, fig. 1.° 1.° non ho mancato di far disegnare una 
preparazione microscopica di un dente della sinfisi della mascella. 
Tale sezione è delineata per la larghezza del dente, e pel senso 
della grossezza di esso; e la fig. 2, ne mostra uno di quelli che 
stanno sulla sinfisi della mandibola. Mentre però la Pietra Lec- 
cese conserva mirabilmente i suoi fossili, come lo si può benis- 
simo osservare dai denti così eccellentemente mantenuti nella 
collezione di quel museo; quella pietra fossilifera sembra che non 
abbia la proprietà di renderli molto duri e compatti, per cui 


non fu impresa molto facile quella di farne eseguire le prepara- 


54 ROBERTO LAWLEY 


zioni microscopiche, che per ottenerle si dovè superare molte dif- 
ficoltà che resero pure difficile l'esecuzione dei disegni. 

Dal confronto di queste nuove preparazioni con quelle della 
Tav. 5, cioè del vivente, e di quelle consimili del Carch. Etruscus, 
si può facilmente scorgere non esservi fra loro differenze molto 
notabili: solo ritroviamo che la massa della dentrina è molto 
più unita di qualità, e neppure troviamo tanta differenza di gros- 
sezza fra quella che ne formò la radice, con quella che ns co- 
strusse il cono del dente; come pure nella radice non si trovano 
nemmeno quei vuoti, che abbiamo avuto luogo di vedere in 
quelle dell’ Etruscus; cosa che feci osservare a suo tempo. I grossi 
canali, che pur essì si diramano per la massa della dentrina del 
dente, non trovansi così potenti come nell’ Etruscus, e le piccole 
diramazioni che da questi si dipartono, molto più presto vanno 
disperdendosi in vicinanza dello smalto restando essi pure molto 
meno marcati. 

Anche lo smalto sembra più sottilmente formato di quello che 
non si riscontra nella specie citata; ma la sua lucentezza e re- 
sistenza che ha, di essere attaccato con qualche ferro, sembrami 
esserlo maggiore nella specie dell’Etruscus, lo che potrebbe av- 
venire dalla diversa fossilizzazione, come pocanzi ebbi a notare, 
esser cioè minore la solidità dei fossili della Pietra Leccese. 

Ad onta delle piccole differenze che sono andato notando qui 
sopra, davvero non mi sembra che ancora dalle sezioni micro- 
scopiche sì rinvengano caratteri tanto marcati da farmi rite- 
nere che la formazione dei denti della specie del Carch. mega- 
lodon possa essere riguardata differente dalla specie vivente, e da 
quella fossile del Carch. Etruscus. 

Questi denti dovevano pure essere immersi nelia grossezza della 
gengiva nel tempo della loro formazione come abbiamo riscon- 


STUDI SUL CARCHARODON MEGALODON AGAS. d9 


trato avvenire su quelle del vivente, e venir fuori dei nuovi an- 
cor’ essi sempre aumentando in grandezza. 

Più volte ho parlato della orecchiatura effettiva, o della ten- 
denza che i denti del Carch. megalodon Agas. sembrano avere, 
specialmente quelli provenienti dalla Pietra Leccese, che, per 
vero dire, sono quelli dei quali più particolarmente io possa par- 
lare, sia per averli avuti a mia disposizione per qualche tempo 
onde meglio poterli studiare, quanto ancora per il rispettabile 
numero di esemplari che a questa specie si possono referire; ciò 
che devo, come più volte ho detto, alla gentilezza del sig. cav. 
Ulderigo Botti. 

Se noi anche per poco ci mettiamo ad esaminare attentamente 
i denti di questa specie, troviamo che presso alla base del cono 
molti di essi sono un poco più larghi della radice, e vanno presso 
di essa rientrando per poi riunirvisi e congiungersi seco lei. 
Altri invece in questo punto, oltre ad esser più larghi alla ra- 
dice, vi demarcano una piega assai sentita e mostrano evidente- 
mente, che hanno molta tendenza a disporsi al seguente stato in 
cui sì trovano quelli di cui vado a parlare. 

Frequentemente in molti esemplari, che referisco a questa spe- 
cie, lo slargamento non avviene, ed il cono del dente non su- 
pera la larghezza della radice, ma per quella tendenza che ha 
di formare una piega come dissi, in luogo di essa, produce una 
appendice che veramente può dirsi un’ orecchietta, la quale in 
alcuni esemplari trovasi molto sviluppata da prendere la forma 
di un vero e proprio dentino posto ai suoi lati che, quasi direi, 
supplementare del cono principale, del quale ne prende ancora la 
forma e l'aspetto. La forma in parola porta una punta centrale, 
ed il piccolo dentino è del tutto dentellato per il contorno del 
suo bordo da dentellatura quasi unita quanto quella del dente 


56 ROBERTO LAWLEY 


stesso. Il dentello dalla faccia esterna prende pure l'aspetto pia- 
neggiante della relativa faccia stessa; come pure da quella opposta 
che si mantiene come d’essa, ma un poco convessa e rigonfia. 

Non trovo però che questi dentini, od orecchiature, si ravvi- 
sino a preferenza negl’individui i più adulti; in tale caso po- 
trebbe ritenersi come segno di stato molto adulto; ma invece nel 
maggior numero dei più grossi denti detta orecchiatura manca 
affatto, come possiamo vedere da quelli figurati alla Tav. 6, fig. 1, 
dovenon solo non esiste la orecchietta, ma non mostra neppure nes- 
suna tendenza di divenirla; l’altro dente disegnato alla Tav. 7, 
fig. 1, quantunque egli pure non sia auricolato, dal suo lato de- 
stro accenna una certa tendenza a divenirlo, mentre in diversi 
altri ancora appartenenti a individui molto più piccoli dei quali 
ho dati i disegni, vi si vedono assai appariscenti e sviluppate 
queste orecchiette. 

Nè per tuttii denti che portano questa orecchiatura dal loro 
aspetto potrei trovar ragione da doverlo attribuire ad una forza 
di robustezza di dentizione; invece sarei inclinato a ritenerla 
come possibilità che i denti di questa specie hanno tendenza ad 
auricolarsi a preferenza delle altre, nè saprei ravvisarvi un ca- 
rattere specifico per poterne fare una specie distinta, come ne 
hanno alcuni autori già fatta, prendendo norma da una specia- 
lità puramente accidentale. 

Se poi noi poniamo mente a questa loro possibilità che mi- 
ra ad orecchiarsi, e vogliamo studiare se vi sia qualche dente 
di una posizione speciale nelle mascelle che abbia a preferenza 
questa possibilità, bisogna allora pure convenire, che qualunque 
dente può prendere questo carattere, che più di frequente non 
si riscontra che nei denti della mascella; e quantunque in questo 
stato ben snessa vi si trovino ancora quelli che sono posti nella 


STUDI SUL CARCHARODON MEGALODON AGAS. 57 


mandibola, è giocoforza convenire che non vi può essere ragione 
plausibile, che possa dare spiegazione a questo loro stato. E 
poichè di questa specie di denti trovansi sempre isolati e sparsi 
per ogni dove, non abbiamo perciò dati che servino ad indicarci 
se un individuo porti tutti denti auricolati, ossivero se ne rin- 
vengano alcuni sì, od altri nò. 

Abbiamo esaminato che i denti della mascella del Carch. Etru- 
scus, Law. portavano sulle loro due facce, quasi in tutti gli esem- 
plari, delle traccie di linee e di solchi da potere ritenere che 
la loro assenza altro non essere che un’ anomalia. Ma se uno 
si pone ad esaminare quelli del Carch. magalodon, trova che di 
loro è affatto il contrario; e se nei denti delle forme referibili alle 
mascelle, non ne sono del tutto prive, riducesi a qualche raro 
esemplare, che ne mostra delle traccie alla sua faccia esterna, 
quasi direi, per maggiormente marcarne lo spigolo centrale di 
quell’individuo. Se poi osserviamo i denti che costituiscono le 
forme delle mandibole, in queste troviamo in tutti lo spigolo cen- 
trale del dente, e qualche rara piega presso di esso, cosa ehe 
mai avviene nel dente del Carch. Etruscus. 

Diversi autori sì sono occupati onde vedere, se gli veniva fatto 
poter precisare a quale grandezza potessero giungere questi formi- 
dabili Squalidi. Agassiz su tal proposito ne parlò facendone 
questa giudiziosa osservazione, , che non è da prendersi a norma 
della loro grandezza la grossezza della dentizione, perchè, è da 
osservare che giusto appunto, il Selache (Squalus) marimus, Linn. 
il più grande di essi giunge a m." 12, e 13 di lunghezza; non ha 
denti che di mill.' 0,003; come è oramai a tutti noto, mentre il Carch. 
lamia Rond. porta denti mill." 0, 045 di lunghezza sopra mill. 0, 035 
di larghezza, e non giunge che a circa m." 6 ,. Citerò pure che 
l’Ovyrhina Spallanzani Bonp. arriva essa pure a m." 6, o poco più, 


58 ROBERTO LAWLEY 


mentre non ha che denti piccoli, i maggiori dei quali misurano, 
presso la base della loro radice, mill.i 0,020, e alla loro massima 
lunghezza possono arrivare a mill. 0,030; perlochè bisogna con- 
venire che il prendere per norma la proporzione dei denti per 
la misura di essi, resta molto incerto e pericoloso per venire a 
stabilire la grandezza e la dimensione del corpo del pesce. Questa 
osservazione però può essere buona, se trattasi di un medesimo 
genere quale si è il Carcharodon; per cui crederei che per le tre 
succitate specie di Carcharodon potesse esservi una qualche ra- 
gione di confronto. 

L’Agassiz però mentre dice che il Carch. megalodon deve essere 
molto maggiore del vivente, nè punto, nè poco fa conoscere, nep- 
pure per approssimazione, la misura a cui il pesce possa giungere. 

Anche il Gibbes non dà la sua opinione della grandezza alla 
quale possa arrivare il megalodon; dice che dei denti di questa 
specie possono raggiungere la dimensione di sei pollici e mezzo. 

Mentre riporta le parole del Prof. Owen, che scrive nella sua 
Odentografia a pag. 13, dicendo: , Denti fossili, precisamente 
» corrispondenti di forma a quelli di Carcharodon si trovano ab- 
» bondanti nelle formazioni terziarie del vecchio, e nuovo con- 
» tinente, dei quali qualcuno presenta delle dimensioni straordi- 
» narie di sei pollici di lunghezza, e cinque di larghezza. Perciò 
» Se le proporzioni di quest’ estinta specie di Carcharodon cor- 
» risposero con quelle della vivente specie, essi avrebbero dovuto 
uguagliare le più grandi Balene in grandezza; e combinandosi 


n 


» l'organizzazione con il sanguinario, ed insaziabile carattere 
» dei Pesci Cani, essi devono aver costituito il più terribile, ed 
» il più irresistibile mostro di preda delle antiche profondità ,. 

TH ssioiS: Bowerbunk, in una sua memoria letta nel 1851, 


ad una adunanza , Of the British Association ,, il quale par- 


STUDI SUL CARCHARODON MEGALODON AGAS. 59 


tendosi dal confronto di una mascella di un Carcharias vivente 
preso in Australia, ed al quale dà il nome di Carcharias glaucus; 
senza citare il nome dell'autore, prendendo a norma la larghezza 
dei denti con la grandezza della mascella, e questa con la lun- 
ghezza del corpo del vivente, con tali dati egli giunge a sta- 
bilire, che approssimativamente dalla proporzione dei denti di 
Carch. megalodon Agas., avrebbe dovuto giungere, tenendo conto 
di queste stesse proporzioni, secondo il suo computo, a metri 33 
circa di grandezza, per vero dire assai rimarchevole ed alla quale 
non ho nessuna osservazione di mio da opporre. 

E qui darò fine ai miei limitati studi sul genere Carcharodon, 
lasciando al giudizio di più esperti scenziati e dilettanti della 
partita, il dire qual valore questi miei studi possono avere, 
astrazione fatta dalla proposta, che vengo a manifestare, di sop- 
primere cioè nelle tante collezioni le belle specie fatte da emi- 
nenti autori, le quali andranno etichettate sotto un nome solo. 
Ma d'altra parte mi tranquillizza che per non conoscere pesci 
i quali nelle loro fauci portino denti, di una ed identica forma; 
come pure che il nome specifico, in Scienze Naturali, non servì 
che come mezzo di riconoscimento per gli autori, e per gli stu- 


diosi di simili scienze fra loro. 


po RO NA 


VIVENTE 


CARCHARODON LAMIA, BONP. 


TAVOLA PRIMA 


aa cacacal 


VIVENTE, CARCHARODON LAMIA, BONP. 


Fig. 1. Mascella dal vero; Carch. lamia Bonp. '/3 

STANCEZZANE . Pag. 10, 11, 23, 25 

» 2. Dentedisulla sinfisi della mascella, veduto 
dalla parte anteriore a grandezza natu- 

Polen un rete e e e E LZ 

» 2. Lo stesso dente veduto di fianco. . . , 11,23 
» 9. Dente di sulla sinfisi, mascella inferiore, o 
mandibola, veduto dalla sua faccia an- 

teriore a grandezza naturale. . . . , 12,26 

2 


a 9 lo stesso veduto (di'tinanco MM e 2: 


CARCHARODON LAMIA. BONP. 


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R.LAWLI 


Panis, Firenze 


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Di | 


FOSSILE 


CARCHARODON ETRUSCUS, LAW. 


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TAVOLA SECONDA 


DO 


DENTI FOSSILI DELLA MASCELLA 
DEL CARCHARODON ETRUSCUS, LAW. 


Fig. 1. Dente della sinfisi veduto dalla parte esterna 

» 1° Lo stesso veduto dalla parte interna 

s 1° Lo stesso veduto di fianco. RIOT 6 

» 2. Dente impari, cioè dopo i due della sinfisi, Tal 
dalla parte esterna. 

» 2. Lo stesso veduto dalla pon interna 

s 2. Lo stesso veduto di fianco . 

a 3. Dente primo, dopo quello impari, SAT DIA par Li 
estern@ O 

, 3. Lo stesso veduto di sese call 

» 4. Dente settimo veduto dalla parte esterna. È 

s 5. Dente che cambia curva volgendosi all’interno, ve- 
duto dal lato esterno. 

s 5. Lo stesso veduto di fianco. n 

»s 6. Dente dei piccoli che volta come sopra veduto dal 
lato esterno . 

> MURS OMO EVATtrI degli dei sica dell fondo delle 
fauci, veduti dal lato esterno . 


NB. I denti descritti dalla presente Tavola fino alla Tavola 5.t@ 
provengono da Orciano. 


25 


25 


CARCHARODON 


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R. LAWLE 


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FOSSILE 
CARCHARODON ETRUSCUS, LAW. 


den — 


Fig. 1. Dente della sinfisi veduto dalla parte esterna 


e. 


” 


» 


TAVOLA TERZA 


Matacavari 


DENTI FOSSILI DELLA MANDIBOLA 0 MASCELLA 


1.° Lo stesso veduto dalla parte interna . 

1. Lo stesso veduto di fianco. Sn, PI 

2. Dente impari, cioè dopo i due della sinfisi, parte an- 
teriore . so: 

2. Lo stesso dalla parte interna . 

2 Lo stesso dalla parte di fianco : 

3. Dente sesto veduto dalla parte esterna, il quale cam- 
bia la sua curva all'indietro come i seguenti. 

3.2 Lo stesso veduto di fianco . È 

4. Dente settimo veduto dalla parte esterna . 

4. ri stesso veduto di fianco. : 

. Denti piccoli del fondo della o 


OMO 


INFERIORE DEL CARCHARODON ETRUSCUS, LAW. 


- (Bag: 


» 


» 


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CARCHARODON 


R.LAWLEY 


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5 MILA Lento 


RVANVOTA 
5 


| FOSSILE 


CARCHARODON 


TAVOLA QUARTA 


e 


DENTI FOSSILI DI CARCHARODON. 


Fig. 1. Dente della sinfisi del Carch. megalodon Agas. della 


» 


» 


» 


quale Agassiz fece la specie Carcharodon rectidens 
Asg., veduto dalla parte esterna 
1.° Lo stesso veduto di fianco. ir E RONDE 
2. Dente di Carch. Etruscus, Law. che porta molte 
pieghe veduto dalla parte esterna che Agassiz 
fece la specie Carch. sulcidens. 
2.° Lo stesso veduto da quella interna . 


. Pag. 


20 
20 


28 
28 


| R_LAWLEY CARCHARODON TACE, 


A.Manzella dis.elit. Tit. Ach Paris, Firenze 


RESVLOLE A 


SEZIONI 


CARCHARODON ETRUSCUS, LAW. 


TAVOLA QUINTA 


rr 


SEZIONE DEI DENTI DI CARCHARODON. 


Fig. 1. Sezione di fronte ingrandita di dente fossile . . . Pag. 29 
» 2. Idem di fianco idem idem a dida vis OZ 
» 3. Idem di fronte ingrandita di dente della specie vi- 

vente cioè del Carcharodon lamia Bonap. . . . 14.29 


a ZU dLy ‘SIME] YY IT 


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| ‘—_°‘’‘’CARCHARODON MEGALODON, AGAS. 
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» 


TAVOLA SESTA 


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DENTI FOSSILI 
DI CARCHARODON MEGALODON, AGAS. 


1. Dente della mascella posto sulla sinfisi, veduto dalla 
sua faccia interna onde mostra l’ impressione 
della gengiva (grandezza naturale) 

1. Lo stesso veduto di fianco. RIA CREO. 

2. Dente della parte mediana della mascella di un in- 
dividuo più piccolo del precedente veduto dalla 
sua faccia esterna, il quale tende ad auricolarsi 
a sinistra. Dee: 

2. Lo stesso veduto di fianco . 


NB. J denti descritti in questa Tavola fino alla 11. provengono 
dalla Collezione del Museo di Lecce. 


. (Pao: 


45 
44 


48 
48 


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FOSSILE 


CARCHARODON MEGALODON, AGAS. 


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TAVOLA SETTIMA 


6 


DENTI FOSSILI 
DI CARCHARODON MEGALODON, AGAS. Varrerà. 


Fig. 1. Dente della sinfisi della mascella Carchar. megalo- 
don, Agas. di forma affatto differente dall’ altro, n 
proveniente forse da varietà, o da differenza di 
sesso, veduto dalla sua faccia esterna a grandezza 
matarale n). Ra aaa 
sd il Sl'oNstesso vedutondi fiancofmmntii Cf oO 
» 2. Dente della parte mediana della mascella ma di 
forma variata, e da potersi rapportare alla ‘sud- 
detta, il quale tende ad auricolarsi da ambo le 
PALDE SI e) PR a AME i I 
ENZO STESSO VELO AI ANCO SN 46 


Uni 


CARCHARODON MEGALODON ACASS 


DA 


RLAWLE 


R.Lit, Gozani Pisa 


Cristofani dis.elt 


MEO 
8. 


FOSSILE 
CARCHARODON MEGALODON, AGAS. 


—cssatoet 


TAVOLA OTTAVA 


I 


CARCHARODON MEGALODON, AGAS. 


Fig. 1. Dente della parte mediana della mascella di un in- 
dividuo adultissimo, veduto dalla faccia posteriore 
per dimostrare l'impressione della gengiva che in 
parte è mutilato, di grandezza naturale . 

s 1° Lo stesso veduto di fianco. AI 
2. Dente da potersi ritenere per il dente impari, di un 
individuo però meno adulto, veduto dalla sua faccia 
posteriore, grandezza naturale . 
s 2. Lo stesso veduto di fianco . " 
2 Lo stesso veduto dalla faccia anteriore od esterna, 


e che si presenta auricolata da sinistra, e da destra . 


» 


s 3 


ACASS 


CARCHARODON MEGALODON 


RLAWLEY 


Pisa 


Lit:Gozani 


dis.elit 


Gristofa 


TAVOLA 
= 


i FOSSILE 


in por sniegio sO 


Fig. 


LL 


TAVOLA NONA 


Maararari 


CARCHARODON MEGALODON, AGAS. 


1. Dente della sinfisi della mandibola disegnato dalla 
parte posteriore, appartenuto individuo di mez- 
zana grandezza di forma tipica, a grandezza na- 
i 
1.° Lo stesso veduto di fianco. . . . + +. * ® 51 
9. Altro dente della sinfisi della mandibola disegnato 
dalla parte anteriore di un individuo più grande 


appartenuto alla varietà, sua grandezza naturale . , 46,51 
2. Lo stesso veduto di prefilo . . . - - « . ta 47,51 


RLAWLEY CARCHARODON MEGALODON. AGASS. T.9. 


Cristofani dis elit. RLit.fozani Pisa 


VIRALI: A 
TO 


FOSSILE 


| CARCHARODON MEGALODON, AGAS. 


re 


!( Loto 


TAVOLA DECIMA 


DA 


CARCHARODON MEGALODON, AGAS. 


Fig. 1. Dente quasi del fondo della mandibola di un grosso 
individuo della forma variata, veduto dalla sua ì 
faccia interna, grandezza naturale . . . . . Pag. 47,52 


» 1° Lo stesso veduto dal suo lato anteriore , 702 
» 1° Lo stesso veduto di fianco. RAS 
» 2. Dente laterale della mandibola veduto dal suo lato 

interno di un individuo di mezzana grandezza, che 

tende ad auricolarsi da un lato, forma tipica, a 

grandezza naturale. E 53 
» 2. Lo stesso veduto dalla sua faccia anteriore . SIMS 
» 2. Lo stesso veduto di fianco. 3, 158) 


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TAVOLA 
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SEZIONI 


| °°‘ CARCHARODON MEGALODON AGAS. 


TAVOLA UNDICESIMA 


n 


CARCHARODON MEGALODON, AGAS. 


Fig. 1.° Sezione longitudinale di fronte di un dente della sin- 
fisi della mascella, ingrandito . 

1. Sezione traversa di fianco, ingrandito . 

2. Sezione longitudinale di fronte di un dente della sin- 
fisi della mandibola, ingrandito 


» 


. Pag. 53 


53 


ID\GRIE 


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‘3I] 2 SIP [uggo]sIayg 


E TORTE 


STUDI 


SULLA 


VIVENTE OXYRHINA SPALLANZANII, BONP. 


STUDI 


SULLA 


VIVENTE OXYRHINA SPALLANZANII, BONP. 


Il tipo delle OxyrRine è un pesce che tutt’ ora trovasi vivente 
nel nostro Mediterraneo. Ebbi la fortuna di vederne un’ indivi- 
duo in un magazzino di pescivendolo a Livorno, che misurava in 
lunghezza M. 4, e pesava K. 1000, al quale feci estrarre la testa 
che poi venne scheletrata dalla nota pazienza del mio amico 
Caifassi. 

Questo pesce, come gli altri Squalidi, fu per lungo tempo con- 
fuso nel genere Squalus di Linneo. L’Agassiz lo prese per tipo 
delle sue OxyrRine, cioè degli Squalidi a denti lisci, senza den- 
telli ai loro bordi, essendo essi internamente pieni. 

Il Bonaparte Principe di Musignano accettò questo genere e 
fece la sua Oryrhina Spallanzani, dandone la descrizione che più 
sotto vado a riportare per essere essa più completa di quella che 
potessi io fare con i pochi appunti che presi con l’amico Caifassi, 
quando per la prima volta vidi quel mostro marino pescato nel 
canale di Piombino, ove tutto l’anno arditi pescatori pongono a 
cimento la propria vita per venire in possesso di questi grossi 
e feroci pesci, che col nome volgare e comune a molte specie 
chiamano Pesci Cani, ma questa specie la distinguono col nome 


5 


62 ROBERTO LAWLEY 


di Smeriglio, e tanto è vero che con tal nome se ne vedeva, 
qualche anno addietro, dipinto uno di enorme grandezza, in una 
delle muraglie della pescheria di Livorno, ove eravi pure mar- 
cato il suo peso in K. 1800. 

Le svelte forme di questo pesce contribuiscono molto a darle 
una maggior forza, e a renderlo ardito a segno tale da attac- 
care l’uomo, ed è perciò che lo ritengono per il più terribile fra 
i pesci cani. Questo è appunto il pesce che Bonaparte ne fece 
la Oxyrhina Spallanzani, della quale come ho detto di sopra 
vengo ora a riportarne la descrizione. 

» Ha il corpo fusiforme, appianato leggermente sul dorso, è 
notabilmente turgido, dietro le pinne pettorali, ove offre la mag- 
giore altezza, la quale si comprende sette volte nella intiera 
lunghezza del pesce. Il capo di forma piramidale, senza gibbo- 
sità veruna, va sensibilmente assottigliandosi verso il muso ter- 
minante in punta, e forma la sesta parte di tutto il pesce. Le 
orbite collocate ai lati del capo sono piuttosto grandi, più lun- 
ghe che alte, e distano tra loro un terzo dello spazio che corre 
dai rispettivi centri alla punta del muso, dalla quale dividele 
un tratto minore della metà di quello che le separa dalla più 
prossima apertura branchiale. Le narici collocate al doppio della | 
distanza dalla punta del muso che dal lembo dell’occhio, sono 
di forma bislunga e grandi la terza parte appena delle orbite. 
La bocca leggermente arcuata all’insotto del muso ha il suo 
squarcio eguale allo spazio che corre dagli angoli suoi alla se- 
conda fessura branchiale: la mascella eccede notabilmente dalla 
mandibola: questa e quella tondeggiano nel mezzo: la seconda 
però più della prima. I denti non contigui, anzi disposti in gruppi 
separati diretti trasversalmente dal di fuori al di dentro, lasciato 
un largo spazio vuoto nel mezzo sì dell’una che dell'altra ma- 


STUDI SULL’OXYRHINA SPALLANZANII BONP. 63 


scella, sono crassi, unguiformi allungati, piani al dinanzi, convessi 
al didietro, privi affatto di laterali dentelli, lisci ne' margini, acuti, 
taglientissimi, doppiamente e profondamente radicati, ricurvi, 
piegati cioè verso la gola; gli anteriori sono lunghissimi, ma 
scemano gradatamente più che si accostano agli angoli della bocca 
fino ad assumere la forma di un semplice triangolo isoscele: quei 
della mascella sono quasi eretti, e quattro soltanto in ogni gruppo: 
quelli della mandibola, dei quali lo Spallanzani ne annoverò ses- 
santaquattro nel suo esemplare, hanno una sola differenza, cioè 
che i due loro gruppi più vicini allo spazio vuoto di mezzo son 
composti di cinque ordini, non di soli quattro come i rimanenti, 
e che l’ordine esterno è verticale mentre tutti gli altri sono 
orizzontali. Considerata poi la relativa proporzione di essi denti, 
il terzo della mascella è più piccolo degli altri, il primo e il 
secondo da ciascun lato dello spazio intermedio sono grandis- 
simi, e dopo il terzo piccolissimo, come abbiam detto, ricrescono, 
e quindi diminuiscono di bel nuovo: nella mandibola poi decre- 
scono tostamente a partir dal primo. Le cinque aperture bran- 
chiali si accorciano per gradi, e si approssimano tanto più tra 
loro quanto più si allontanano dal capo: la distanza che passa 
tra l'ultima e la prima, è il quarto dello spazio che corre tra 
questa e l’apice del muso. L’ano apresi dietro la metà del 
pesce. La prima pinna dorsale spicca dopo il terzo anteriore; 
la sua maggiore altezza cape otto volte nell'intera lunghezza 
dell'animale; la sua forma è quasi di un quadrante, verso la cui 
base posteriore vedesi un’ orecchietta acuta. La seconda dorsale 
molto inclinata all'indietro, cuneiforme, emarginata all'apice con 
l'estremità posteriore molto prolungata ed acuta è quattro volte 
più stretta alla base, e altrettanto più bassa che l'anteriore, e 


ne distà più del doppio di quel che corre tra questa e l'origine 


64 ROBERTO LAWLEY 


della coda. Le pettorali, larghe di base e lunghe quasi la quinta 
parte dell'intero pesce, triangolari-falceiformi coll’apice smus- 
sato, nascono immediatamente dietro l’ ultima fessura branchiale, 
e un poco al di sopra dell’estremità inferiore di essa. Le ventrali 
trapezoidi, piccole, e col margine terminale notabilmente inca- 
vato, hanno origine oltre la metà del pesce. L’anale nasce alcun 
poco al di là della seconda dorsale, e ne ha presso a poco la 
forma e la grandezza. La caudale è quasi regolarmente semi- 
lunare, col segmento superiore poco maggiore dell’inferiore; la 
distanza tra le due punte, maggiore alquanto della stessa pinna, 
misura un quinto di tutto il Pesce. 

Colore dell'animale è un cenerino quasi di ardesia nella parte 
superiore del tronco, ne’ fianchi, nelle dorsali, nella caudale e 
nelle facce esterne delle pettorali: nel rimanente è di un bian- 
castro sudicio ,. 

Fu lo Scilla il primo che nel suo oramai tanto conosciuto 
lavoro, riportò i denti fossili a quelli di alcuni pesci viventi, 
e quelli che disegnò alla sua Tav. I, nella sua metà inferiore, 
e nella Tav. II, fig. 2, non che nella Tav. VII, fig. 3, in fondo 
della tavola stessa, vedesi bene che intese mostrare denti che 
egli riferiva alla specie che si ritiene col nome Oxyrkina Spal- 
lanzanii Bonp. e lo stesso alla Tav. VI, fig. 2 disegnò un intiera 
filata della vivente, ed alla fig. 4 della medesima Tav. VI, uno 
staccato della stessa specie. i 

Il tipo del genere vivente è l’Oxyrhina Spallanzanii Bonp. 
la quale fu descritta e disegnata a questo articolo dal Principe 
di Musignano nella sua opera Iconografica della fauna Italica 
dove ne da un esatto disegno parlando ancora dei suoi denti. 
Il Miller et Henle, pure col nome di Oxyrhina gomphodon da un 
disegno tratto da un individuo del Museo Zoologico di Berlino, 


STUDI SULL’OXYRHINA SPALLANZANII BONP. 65 


e da questo ben si rileva trattarsi di questa stessa specie dandole 
questo nuovo nome, per cui non è da ritenersi che per sinonimo. 
Ne descrive però una seconda specie, che chiama Or. glauca Miil- 
ler et Henle, la quale proviene dai mari di Giava, perciò sono le 
due sole specie viventi a quest’ oggi conosciute. 

L’Agassiz fa molte specie di Oxyrhina riunendo in questo ge- 
nere molti denti fossili, senza seghettatura e privi di dentelli, 
separando questi da quelli che portano dentelli alla base del 
loro cono, per farne il suo genere fossile Otodus il quale non 
ha rappresentanti viventi secondo ciò che dice; e l’altro di Odon- 
taspis del quale esiste il vivente rappresentato dalla sua specie 
Odontaspis feror Agas. e molti fossili, che egli descrive. 

Del genere OxyrRina, non ne descrive meno di quattordici 
specie fossili, che nel corso di questi studi andremo discutendo 
se esse hanno dritto di esistere, o sivvero debbano riunirsi sotto 
un numero di specie molto ristretto. 

Il carattere specifico sul quale è stabilito questo genere, risiede 
principalmente per i fossili nei denti, e per le specie viventi oltre 
ai caratteri di questi, vi si uniscono quelli esterni che ritrovansi 
sul loro corpo utili per l’Ittiologo, ma non per il Geologo. 

Questi denti debbono avere assenza assoluta di dentelli alla 
base del loro cono, come pure privi affatto debbono essere di den- 
tellatura ai loro bordi, i quali oltre che lisci, devono essere ta- 
glientissimi, la punta di essi è molto acuta; piani sulla loro faccia 
anteriore, alquanto grossi, e assai rigonfi da quella interna in 
alcune specie, mentre in altre questa deve essere grossissima e 
molto convessa; cono ricoperto di lucido smalto, radice spongiosa 
senza smalto; doppiamente, e profondamente radicata, questa 
alla sua faccia anteriore come nei Carcharodon segue dritta l’asse 
del dente, ed è perciò relativamente piana, mentre dalla faccia 


66 ROBERTO LAWLEY 


interna, in aleune specie è molto grossa e seguendo fino alla 
metà della sua altezza l’asse della faccia stessa, va ad un tratto 
a ritirarsi onde unirsi alla faccia anteriore che è dritta, perciò 
vi forma un angolo risentito ed in questo tratto nella parte sua 
centrale ritrovasi costantemente la traccia dell’atrofizzato nervo 
nutritivo che ne curò la formazione. 

Ancora per questo genere il Paleontologo sente la necessità 
di una più dettagliata descrizione della dentizione delle specie 
viventi, le quali sempre studiate da Ittiologi furono più per esteso 
descritte con i loro caratteri esterni del corpo, che per le parti 
interne e solide, per essi tanto maggiormente utili, onde ancora 
la sua dentizione non fu che appena esposta per le sue più ovvie 
e salienti particolarità ('). 

Perciò ritenendo di fare cosa di qualche utilità pratica per 
il Geologo ho creduto bene alla Tav. I dare un esatto disegno 
della mia Oxyrhina Spallanzanii Bonp. ischeletrita, della quale 
andrò qui facendo una esatta e dettagliata descrizione, per quanto 
mi sarà possibile . 


Ta mascella del mio individuo misura Centimetri 27 dalla 


(1) Agassiz fa a pag. 262, a proposito della dentizione, le seguenti riflessioni alle 
quali mi associo, e perciò le riporto tradotte. — Nei generi i quali furono creati in 
seguito la dentizione considerasi come più interessante, e diversi generi furono di- 
stinti unicamente a causa della forma dei loro denti. Le modificazioni le più impor- 
tanti che ha subito la classificazione dei Pesci Cani, sono state proposte quasi simul- 
taneamente dal Principe di Canino nella sua Tavola analitica dei Plagiostomi e da 
Miller et Henle, nella loro opera sopra ai Plagiostomi. Ma insomma la forma dei 
denti non ha per loro che un valore secondario ed in fatti non saprebbesi non conve- 
nire che al di là di certi limiti, i caratteri presi dalla dentizione sieno più conelu- 
denti. Ma è ella una ragione di contestar loro ogni valore reale nell’ aggruppamento 
delle famiglie, dietro le loro affinità le più naturali ? Io non ne convengo davvero ed 
in quanto ai caratteri che questi Scienziati hanno cercato di sostituire ai denti, io 
devo convenire che non mi sembrano felicemente scelti. Io non credo sopra a tutto 
che la presenza, o l'assenza di una membrana nittitante, ed i fori abbiano un’ im- 


STUDI SULL'OXYRHINA SPALLANZANII BONP. 67 


sìnfisi al fondo di essa; è composta di tredici filate di denti per 
branca, incominciando a contare dalla sinfisi; nelle branche di 
questa, porta quattro forme di denti ben differenti gli uni dagli 
altri disposti a filate una sopra all'altra. Essa mascella non ha 
denti impari centrali, come avviene in qualch’ altro Squalide, 
ma bensì il terzo dente, cioè l’impari, oltre ad essere più pic- 
colo degli anteriori e dei seguenti, è pure di forma ben parti- 
colare. Tutti i denti che trovansi disposti sulla mascella hanno 
la loro faccia anteriore relativamente quasi piana, in qualunque 
parte essi sieno posti sull'asse di questa; gli anteriori, quelli cioè 
di sulla sinfisi, si volgono leggermente verso l’interno della fauce 
quantunque sieno, come dissi, piani e dalla stessa parte interna 
di essa s'inclina ancora l’impari; tutti gli altri della parte me- 
diana sono eretti, e forse rivolti un poco in fuori. I denti come ho 
già detto sono disposti in filate e perciò formano dei ranghi; di 
questi sulla sinfisi se ne possono contare sei, con l’ultimo in via 
di formazione, che è il più immerso nella gengiva. I denti delle 
Oxyrhine sono pure indipendenti dalle mascelle, nè sopra a queste 
sì rinviene nessuna traccia di alveolo, come ebbi a dire per quelli 


portanza così generale come pretendono Miller et Henle, tanto più che questi fori 
possono essere transitori nello sviluppo delle specie che ne sono sprovviste. Se essi 
avessero realmente l’importanza che gli sì vuole attribuire, non si potrebbe rico- 
noscere il genere, od ancora qualche famiglia che quando avessimo da fare con degli 
animali intieri, e bisognerebbe rinunziare alla speranza di determinare delle specie 
fossili. Ora dunque, la natura non è così avara di caratteri per mezzo dei quali essa 
imprime a ciascuna famiglia, a ciascun genere, come pure a ciascuna specie la sua 
forma speciale. Questa nuova classificazione proposta da naturalisti così eminenti 
come questi che ho nominato è perciò per me una ragione di sottoporre le mie ri- 
cerche ad una nuova revisione, ed ho acquistato la convinzione, che le parti solide 
hanno dei caratteri i quali non cedono per niente alle molli, e specialmente per i 
denti, ed importa che essi vengano studiati per gli Squali per la loro forma esterna, 


e per la struttura microscopica ec. 


68 ROBERTO LAWLEY 


dei Carcharodon, e vengono formati in egual modo nella gros- 
sezza della loro gengiva. I denti nei sottoposti successivi ranghi 
sono simili ai superiori e l’unica cosa che vi si possa avvertire, 
è che sono alquanto più grossi di quelli eretti in prima fila, do- 
vendo essi sostituirli in più avanzata età, quando cioè la neces- 
sità lo richiede; tal differenza avviene gradatamente, ed in modo 
non molto sentito ('). 

La mandibola misura Centimetri 24, essa pure dalla sinfisi 
al fondo delia medesima; trovasi pure composta di tredici file 
di denti disposti uno sopra all’ altro, per ciascuna delle due 
branche, contate ancor queste partendosi dalla sua sinfisi. Le 
mandibole pure portano quattro forme di denti differenti li uni 
dagli altri compreso il terzo dente, cioè l’impari, che quantunque 
assai differente dai primi due e dai successivi, non lo è tanto 
quanto trovasi esserlo nella mascella. Questi denti della man- 
dibola quantunque presentino la loro faccia piana Tav. 1, fig. 2, 2* 


(1) Dal non avere i denti nessuna aderenza con la mascella dell'animale, ed in 
questa non esistere traccia d’ alyveolo perchè i denti si formano nella grossezza della 
gengiva, deve restar facile di separare una filata intiera di denti i quali, col dissec- 
carsi della gengiva vengono ad acquistare una consistenza non indifferente. Strap- 
pando la gengiva dall'osso della mascella non so davvero se essa presenti diffi- 
coltà perchè io non mi sono trovato nel caso di poterlo fare. Ma dirò che nelle 
collezioni ben spesso troviamo queste filate di denti dell’ OxyrRina Spallanzanii 
Bonp. forse incitati a far ciò i pesciaioli, od i pescatori, dall’ elegante forma dei 
loro denti, e dal vedere queste belle filate. Da quella che io ritengo nella mia col- 
lezione sembrerebbe che per distaccare la gengiva dalla mascella si richiedesse al- 
quanta forza perchè alla parte interna della gengiva tiene con se una porzione della 
formazione tutta particolare della parte solida della mascella la quale viene composta 
da piccoli corpiccioli a punte diverse che alla loro prima apparenza sono a forma di 
stella, ma che considerati bene sono globulari di forma per la disposizione contigua 
di queste punte. Questo uso sembra essere di antica data da che Agostino Scilla 
nella sua opera più volte citata, fino dal 1752 alla sua Tav. 6, fig. 2, ne figurava una 
filata come quelle che accenno, ugualmente preparata, e tolta dalla mascella di questa 
specie vivente. 


STUDI SULL’ OXYRHINA SPALLANZANII BONP. 69 


come quelli della mascella; per la loro lunghezza presentano una 
curva assai sentita, come vedesi disegnata alla Tav. I, fig. 2°, 
per cui se posti sopra ad un piano, la loro punta e la radice 
non possono toccare il suddetto piano come quelli della mascella, 
e tal curva presentandosi sopra qualunque di essi posti nelle di- 
verse parti della sua asse mandibolare essi provengano, li farà 
ben presto riconoscere da quelli. Questa curva che i denti por- 
tano per la loro lunghezza fanno sì che i denti della mandibola 
restano molto più rivolti verso la parte interna della fauce, e 
perciò più adattati a ritenere la preda di quello che lo sieno 
quelli della superiore mascella. Disposti come dissi in filate, for- 
mano dei successivi ranghi dei quali, il più accostante alla sinfisi 
ne conta sette compreso quello in via di formazione che è il più 
immerso nella gengiva; mentre la filata successiva ne conta soli 
sei; così pure sei ne conta la terza filata, cioè quella dell’im- 
pari, mentre le filate dei mediani della mandibola hanno solo 
cinque ranghi, compreso anche qui quello in via di formazione. 

Tanto i denti della mascella quanto quelli della mandibola 
hanno punta acutissima; la loro faccia anteriore è piana, mentre 
la faccia interna, o posteriore essendo invece molto rigonfia e con- 
vessa, per l’incontro degli spigoli che formano le faccie restano 
molto decise; lo smalto delle due facce risulta al loro incontro 
sul bordo, taglientissimo. Essi sono tutti privi di dentelli alla 
loro base, se escludiamo il dente impari della mascella, e della 
mandibola come in seguito dirò. 

Le radici dei denti sono pronunziatissime, e grosse, qui pure 
riscontriamo che una delle due branche delle quali esse sono 
formate una resta più alta dell'altra ed è appunto quella che 
resta dalla parte della sinfisi, e non vi è che il più accostante 
ad essa che abbia le due branche quasi uguali. 


70 ROBERTO LAWLEY 


Ora vediamo come vengono disposti i denti sulla mascella, e 
quale ne sia la loro forma. Sulla sinfisi vi resta un vuoto privo 
di filate di denti di circa Cent. 3, quindi viene un gruppetto di 
tre filate di denti dove è compreso ancora l’impari; segue altro 
vuoto pure di Cent. 3 e dopo ritrovasi un altro gruppo di dieci 
filate dove sono compresi i piccoli, quelli cioè del fondo delle 
fauci: questa stessa disposizione ha pure l’altra branca della 
mascella, perchè essa trovasi simetrica, perciò fatto il dettaglio 
per una branca lo stesso si riterrà per l’altra. 

Il dente presso la sinfisi piano dalla sua faccia anteriore, è dalla 
posteriore convesso e rigonfio, però come dissi è taglientissimo 
presso il suo bordo, e con punta pure acutissima, questa si piega 
sulla destra ed il bordo fa una leggera curva elegantemente 
flessuosa per seguire la punta, questo dente è il solo che pre- 
senta le sue due branche quasi ugualmente alte; egli misura 
mill. 24 sopra mill. 9 di larghezza. 

Il secondo dente cioè quello più accostante ad esso, un poco 
meno flessuoso quasi ritiene la medesima sua forma, e solamente 
le sue branche sono disuguali, che come sappiamo la più alta 
è quella dalla parte della sinfisi, egli ha un millimetro o due 
di più in lunghezza, ed è pure di tanto più largo. Questi due 
primi denti essendo quasi uguali fra loro, costituiscono la prima 
forma che si rinviene sulla mascella. 

Il terzo dente, cioè l’impari è di forma affatto differente, come 
si può vedere Tav. I, fig.3, perciò appositamente disegnato, piano 
ancora questo dalla sua faccia esterna, con curva assai risentita 
volge la sua punta verso la destra; questa è acutissima, ed i 
bordi della sua faccia pure taglientissimi, la sua faccia opposta 
assai convessa; la solita branca della radice è più alta. 


Ma la cosa più singolare che in questo dente si riscontra è 


STUDI SULL'OXYRHINA SPALLANZANI! BONP. 71 


giust’ appunto che mentre tutti i denti che esistono in questa 
mascella, sono come si disse privi di dentelli alla base del loro 
cono, nell’impari però ne esistono due cioè uno per parte, presso 
la base del cono con la radice, eguali a quelli che servono per 
riconoscere e stabilire il genere Ofodus, il quale non ritrovasi 
che allo stato fossile, non potendosi rinvenire nessun rappresen- 
sentante vivente. Potrebbe questo dente impari della vivente 
Oxryrhina Spallanzanii Bonp. essere stato qualche volta descritto 
per una qualche specie d'Otodus? Io accenno questo dubbio, ma 
non avendo nessun dato in proposito, mi asterrò dall’esprimere 
qualunque giudizio sopra di esso; ma bisogna convenire però 
che questo esempio infirma molto la validità del genere Otodus. 
Questo dente che rappresenta la seconda forma che trovasi sulla 
mascella è di forma cordeiforme, egli misura una lunghezza di 
Mill. 19 sopra a Mill. 9 di larghezza circa, sempre misurato so- 
pra al mio individuo vivente ischeletrito. 

Dopo questo viene lo spazio vuoto di denti, ed il quarto dente 
porta una forma meno flessuosa dei primi due, perciò più equi- 
laterale, quantunque però il suo cono pieghi pure un poco a de- 
stra come gli altri, egli è più piccolo dei due primi, e del suc- 
cessivo, misura mill. 17 di lunghezza, sopra mill.' 8 di larghezza, 
è acuto e tagliente come i precedenti; esso è il primo della terza 
forma differente che sono nella mascella. 

Il quinto dente, il sesto e settimo, quantunque un poco più 
equilaterali del quarto, portano una medesima e quasi identica 
forma, e in tutti i denti fino al settimo si trovano avere la punta 
rivolta un poco sopra alla loro faccia esterna; questo quinto 
dente trovasi essere assai più lungo del precedente, misura mil- 
limetri 23 sopra a millimetri 10 di larghezza; da questo fino ai 
piccoli del fondo della mascella tutti i denti vanno rapidamente 
decrescendo. 


2 ROBERTO LAWLEY 


L’ottavo dente prende la forma veramente equilaterale, ri- 
volta la sua acuta punta verso la faccia interna, cioè verso la 
fauce. Ed è la quarta forma che esso assume nella mascella, mi- 
sura mill.' 7, sopra ad una larghezza di mill. 5; il nono e decimo 
alquanto di esso più piccolo, hanno forma pure eguale; e quindi 
vengono gli ultimi quasi informi e piccolissimi di fondo in nu- 
mero di tre. 

E non avendo altre osservazioni da fare sopra alla dentizione 
della mascella dell’OxyrRina Spallanzanii Bonp. passerò a parlare 
di quella che essa ritiene nelle mandibole. 

Nella Tav.I, fig. 2, 2°, 2", fu rappresentato uno dei denti, di sulla 
sinfisi del vivente se non il più accostante, il successivo della man- 
dibola. In questo punto come nella mascella sì trova uno spazio 
privo di denti sopra alla sinfisi, quindi viene il primo dente che 
meno flessuoso di quello della mascella, sporge assai più in avanti 
dei successivi della mandibola, la sua faccia è piana all’esterno 
quella interna è convessa, ha punta acutissima, e bordi taglienti 
come gli altri. Questo dente come ben si può vedere dalla fi- 
gura 2°, Tav.I, invece di esser piano nel senso della sua faccia 
anteriore, verso la metà di questa curvandosi, impedisce che 
posato sopra ad un piano, la punta e la radice tocchino il sud- 
detto: il che lo distingue da quelli della mascella, e la qual par- 
ticolarità estendendosi a tutti i denti della mandibola, da quelli 
potranno subito essere distinti. La punta pure del primo dente, 
come del secondo volgesi un poco sopra alla sua faccia anteriore. 
Il primo misura mill.i 24 sopra ad una larghezza di mill.' 7, 
sette sono i ranghi sui quali è disposta questa filata compreso 
quello in via di formazione. 

Il secondo ben poco differisce da quello descritto, solo egli ha 
la branca della radice dal solito suo lato più alto e sviluppato. 


STUDI SULL’ OXYRHINA SPALLANZANII BONP. 73 


Soli sei sono i ranghi sui quali egli è disposto, compreso sempre 
quello in via di formazione. E queste due filate costituiscono la 
prima forma dei denti della mandibola. 

Questo che viene per il terzo, che è l’impari della mandibola 
trovasi essere assai differente dai due primi, cioè più equilate- 
rale di essi, si volge pure inclinandosi sulla destra e mentre è 
accosto al secondo dente, lascia uno spazio fra esso ed i susse- 
guenti; non ha la forma dell’impari della mascella, anzi per es- 
sere più equilaterale ben ne distà; ma come quello porta alla 
sua base due piccoli dentini che restano più sviluppati dal suo 
destro lato e meno su quello sinistro. Per tale particolarità que- 
sto dente assomiglia pure agli Otodus, ed è l’unico della man- 
dibola che tiene dentelli in questo punto; egli misura mill. 18 
di lunghezza sopra una larghezza di mill. 9. 

Questo dente rappresenta la seconda forma distinta della man- 
dibola, e si può ritener simile ai due successivi. Nè farò com- 
menti sopra a questa somiglianza con gli Otodus, solo dirò che 
con qualche altro esempio questo genere può aver bisogno di 
essere riformato ('). 

Il quarto dente cioè quello che sussegue, è un poco distante 
dall’impari, ma molto più vicino del quarto della mascella, il 
quale distando molto più, lascia un intervallo maggiore o vuoto 
senza denti. 

Questo quarto dente non è come quello della sovraposta ma- 
scella più piccolo del quinto, ma invece essendo il più grande 


(1) Vedi ciò che dico a questo proposito a pag. 28 nel mio scritto: « Quattro 
memorie sopra a resti fossili», lette nella adunanza della Società Toscana delle 
Scienze Naturali residente in Pisa nel 1877, ed ivi ristampate l’ anno 1878, da ciò 
può vedersi che ancora in quell'epoca io avevo principiato a dubitare della solidità 


di questo genere. 


74 ROBERTO LAWLEY 


di tutti i successivi, questi vanno diminuendo di lunghezza ra- 
pidamente giungendo ai piccolissimi di fondo delle fauci. Egli, 
leggerissimamente flessuoso, è equilaterale perciò poco differente 
a quello impari ed ai successivi; rivolta la sua punta molto verso 
la faccia interna; ha punta acutissima, e bordi taglienti come 
tutti gli altri di questa dentizione; misura mill. 18 di lunghezza 
sopra ad una larghezza di mill. 9. 

Il quinto, sesto, settimo, ottavo, ed il nono dente simili fra loro, 
sono eguali di forma al quarto, andando però ognuno di loro 
decrescendo in grandezza, ma tutti come gli altri conservando 
la curva della quale feci menzione sulla metà del cono, per cui 
le loro acute punte si voltano sentitamente verso l'interno delle 
fauci; questi denti marcano perciò la terza forma che l’OwyrQina 
Spallanzanii Bonp. porta nella sua mandibola. 

Il decimo dente, piccolissimo, è pure assai equilaterale, ma il 
suo cono diventa molto ottuso e basso avvicinandosi alla forma 
che portano i seguenti tre, che sono quasi informi, e l’ultimo 
informe affatto termina la serie dei denti, e chiude perciò la 
la mandibola dell'animale. 

Nella Tav. I, fig. 4 ho disegnato una vertebra, la ventinove- 
sima dopo quella cervicale, quasi a sua grandezza naturale che 
possedeva l’individuo di cui vengo a dare la descrizione della 
sua dentizione. La sua semplicità mi esime da farne una detta- 
gliata descrizione, e se la mia posizione così lontana dal mare 
non mi avesse impedito di poter aver vertebre di un individuo 
di Carcharodon lamia Rond: ben accertate, ne avrei ancora di 
questo fatta disegnare una; lo che farò se ne vengo in possesso. 

Questo esemplare del quale ho descritto la dentizione è l’ indivi- 
duo maggiore che io possedo ischeletrito che come dissi lo vidi 


fresco a Livorno. Altri due esemplari mi furono forniti dal mio 


STUDI SULL'OXYRHINA SPALLANZANII BONP. 75 


amico Caifassi, uno dei quali ritenni per lungo tempo, per un 
individuo di Lamna cornubica Lin. ma che oggi non mi resta 
alcun dubbio che egli sia un giovane individuo di Ovyrhina Spal- 
lanzanii Bonp. La mascella di questo misura cent.' 10, e la man- 
dibola non misura che cent. 8, differenza proporzionale, che 
trovai esistere ancora nella grande già descritta. 

La disposizione della dentizione della mascella è ugualissima 
a quella già descritta, non riscontrandovi differenze di forme che 
per la grandezza, cosa ben naturale a comprendersi, come lo è 
pure per i denti che debbano avere le solite loro quattro forme. 
I primi due presso la sinfisi misurano in lunghezza cent. 1, so- 
pra la larghezza di appena mill. 2, avendo la loro faccia piana 
e la stessa flessuosità della prima. Il dente impari misura in 
lunghezza mill. 4 sopra ad una larghezza di mill. 2. Credo però 
che provenga dalla giovinezza dell’individuo ossia perchè a tal 
età questo dente non abbia ancora sviluppato i suoi dentelli ]a- 
terali, quantunque presenti un rigonfiamento fra la radice ed il 
cono del dente per la larghezza delle sue facce, ma non si scorge 
in esso traccia di dentelli. 

La mandibola ancora di questo piccolo esemplare, porta le so- 
lite forme di denti come nella grande; non vi si distingue nessuna 
variante di disposizione di essi, salvo in grandezza, la solita curva 
nella metà del loro cono li distingue perfettamente da quelli della 
mascella che come sappiamo sono piani; dei primi tre denti, le 
punte loro sono leggermente ricurve verso la faccia anteriore come 
nella grande, dopo la curva che si presenta nella sua metà del cono 
dei denti, e neppure manca ad essa la solita flessuosità del dente; 
misurano mill 11 di lunghezza sopra a mill. 3 di larghezza. 

Il dente impari misura mill. 6, di lunghezza sopra alla sua 
larghezza mill. 2, ma in esso come in quello della superiore ma- 


76 ROBERTO LAWLEY 


scella, mentre vi si trova l’orliccio che separa il cono del dente 
dalla radice, non vi si scorge nessun rudimento di dentellini come 
qualche volta sono ben visibili nella grande. La misura di questo 
piccolo indivividuo, ritenuto che la testa formi la sesta parte 
del suo corpo come dalla descrizione datane dal Bonaparte, egli 
doveva misurare M. 1, 60 circa. 

L'altro individuo di mezzana grandezza che mi trovo ische- 
letrito, doveva misurare circa M.* 2,50 misurato col medesimo 
metodo. La mascella misura circa cent.i 18 di lunghezza e la 
mandibola cent. 13. Le solite quattro forme di denti simili e 
corrispondenti ritrovansi nella sua mascella come negli altri due 
esemplari già descritti; nelle mandibole esistono pure le altre 
forme di denti simili e corrispondenti alle altre quattro, ed in 
tutte non differiscono sia pel numero di filate di denti, sia an- 
cora per i ranghi ugualmente disposti. 

Il primo dente accosto alla sinfisi della mandibola scorgesi 
discendere più in basso, come negli altri due individui; si ri- 
trova insomma in questa tutte le particolarità nei suoi denti 
come descritti in quella maggiore, e si riconoscono le traccie di 
dentelli più sviluppate nell’ingrossamento, o bordo che marca 
la divisione del cono dalla radice del dente impari, sia della ma- 
scella, quanto in quello della mandibola onde non è a riscontrarvi 
differenza nessuna fra gli individui di diversa età, e possiamo 
esser certi, che fino dalla più tenera esse costantemente si man- 
tengano di queste forme fra loro uguali. 

Onde non avendo a fare nessun’ altra osservazione di qualche 
utilità pratica per il Paleontologo, andrò confrontando con mag- 
gior sviluppo alcune specie di denti fossili che in grand’abbon- 
danza ritroviamo nelle nostre Colline Pisane, le quali sono rite- 
nute come essenzialmente formate dal Pliocene. 


Ao a Cdl Ofen da 


SULLA 


FOSSILE OXYRHINA DESORII, AGAS. 


——f_ 


Numerosissimi denti da doversi tutti riferire al genere OxyrRina 
si trovano sparsi per le nostre Colline Plioceniche Pisane, però 
studiando le loro forme, molte di esse si possono riunire, e le 
forme ben disparate le une dalle altre si riducono a molto poche. 
Parecchie di queste forme come andrò dicendo in questi miei 
studi, sono da riportarsi alla vivente OxyrRina Spallanzani, Bonp. 
che per le oramai conosciute forme della sua dentizione, propongo, 
come feci per il Carcharodon Etruscus, che vengano queste forme 
fossili fra loro simili, ritenute come aver appartenuto agli ante- 
nati di quelle lontane epoche, e che quella stessa specie sia giunta 
per mezzo della riproduzione mantenendosi immutata fino alla 
nostra epoca tremendi abitatori viventi delle acque marine. 

Propongo perciò che sotto il nome Oxyrkina Desorii, Agas. 
sì continui a denominare, e così non mutando il nome imposto 
dal suo scopritore, e sotto il quale trovasi segnata una forma 
di questi denti in tutte le collezioni, sia ad essa aggiunto tutte 
le diverse forme delle fossili che corrispondono, a quelle della 
vivente; evitando con ciò un nuovo nome alla scienza, e ren- 
dendo il dovuto omaggio al suo celebre scopritore; mentre così 


78 ROBERTO LAWLEY 


viene ad evitarsi con lo stesso vocabolo di confondere quelle fos- 
sili con la vivente. 

Questa specie è certamente fra i denti fossili quella che più 
estesamente è rappresentata per tutto il mondo, ed in molte 
formazioni diverse. 

L’Agassiz col nome di Oxyrhina Desorii Vol.3, pag. 282, Tav. 37, 
fig. 8-13. forma la sua specie, sopra i denti che visibilmente si 
riscontrano per quelli della Oxy. Spallanzani Bonp. posti nelle 
prime file presso la sinfisi della mascella; egli la dice molto co- 
mune nella Molassa Svizzera di dove la studiò formandone la 
sua specie. Io poi ritengo per fermo che trovandosi questa forma 
nella Molassa Svizzera con qualche poco di cura nelle ricerche 
da farsi di essa debba scaturire ancora tutte le altre forme della 
dentizione della 0xy. Spallanzani Bonp. come avviene nelle nostre 
colline Toscane del Pisano, dove vi si trovano tutte unite; questo 
fatto se fosse riscontrato servirebbe ad avverare la mia proposta ('). 

Il Gibbes alla pag. 203 della sua memoria sugli , Squalidi 
degli Stati Uniti, fa una specie nuova di Oxyrkina Desorii Gib- 


(1) Che questa specie abbia costato molte difficoltà per stabilirla ben si desume 
da ciò che l’Agassiz stesso dice a pag. 282, quando fa la descrizione della specie: 
«Questa specie ci fornisce un esempio rimarchevole della difficoltà a determinare 
delle specie, allorquando abbiamo a fare con un gran numero di esemplari che pre- 
sentano ogni sorta di variazioni. È molto probabile che se io non avessi avuto a mia 
disposizione che un esemplare dell’Oxyr%ina Desorù, per esempio il dente della fig. 10, 
Tav. 37, io non avrei esitato un memento a distinguerla dall’ Oxy. hRastalis Agas. e 
specialmente dai denti larghi e piani che sono descritti alla fig. 8, 9, 10 e 16 della 
Tav. 34. Ma siccome esistono un gran numero di denti, i quali a prima vista sta- 
biliscono un passaggio insensibile da una specie all'altra, perciò sono stato molto 
indeciso in qual maniera tracciarne i limiti fra loro. Ed è stato il sig. Desor il quale 
per il primo mi ha fatto osservare il carattere essenziale che la distiugue dalle sue 
congeneri, cosicchè io mi sono affrettato di dedicarla al mio amico il quale ha già 
acquistato tanti altri titoli più importanti alla mia riconoscenza, per la costanza con 
la quale egli mi ha assistito da molti anni nelle mie ricerche scientifiche ec. 


STUDI SULL’ OXYRHINA DESORII AGAS. 79 


des e la rappresenta alle fig. 169-171, dicendo: Il Prof. Agassiz 
descrive sotto questo nome alcuni esemplari i quali la successiva 
esperienza lo ha indotto a considerarli identici con la Lamna 
cuspidata Agas. con la quale egli ha trovato una rassomiglianza. 
Per cui si fa un piacere di rimettere il nome al distinto sig. 
Desor, l’amico ed il collaboratore dell’Agassiz per la sua spe- 
cialità della quale si occupò. E perciò rimette questo nome ad 
altre forme di denti che possono benissimo rappresentare denti 
di adultissimi individui della specie fatta dall’Agassis, i quali ven- 
nero corrosi dal trasporto delle acque per qualche tratto di fiume, 
ed hanno tutta l'apparenza di avere appartenuto alle mandibole 
della Oxyrhina Desori Agas. come proposta da me, della quale 
forma, l’Agassiz fece la sua specie OxyrRhina Subinflata Agas. 

L'Oxryrhina leptodon Agas. quale trovasi descritta nella sua 
opera al Vol. 3, pag. 382, Tav. 34, fig. 1-2 ed alla Tav. 37, fig. 3-5 
sono pure denti di forme provenienti dal sesto e settimo dente 
della dentizione dell'Oxy. Spallanzani Bonp. Agassiz la dice rin- 
venuta nelle Ghiaie di Flohnhein della Vallata del Reno. Di que- 
sta forma ne ritengo altre delle nostre località, da Malta, e da 
Bruxelles che devo alle numerose e fitte spedizioni che il sig. 
Lefévre mi fece da quella località. Le Hon pure la cita averla 
rinvenuta nel Pliocene di Bruxelles. 

L'Oxyrhina Subinflata Agas. descritta al Vol. 3, pag. 284, e 
rappresentata alla Tav. 37, tig. 6-7, sono denti simili e prove- 
nienti da grossi individui della vivente Spallanzani posti presso 
la sinfisi della mandibola che hanno dato luogo all’Agassiz sta- 
bilire per quelli fossili la suddetta specie, ed in essi per quanto 
uno si voglia ingegnare, non riesce trovare differenza di sorta, 
per cui uno si trova costretto a dichiararli identici. Leggendo la 
descrizione di questa specie alla pagina citata, ancora l’Agassiz 


80 ROBERTO LAWLEY 


conviene che per molti rapporti l’ 0xy. subinflata assomiglia alla 
sua specie 0xy. Desorti, e non vi trova altro carattere degno di 
essere osservato se non che la sua faccia esterna in luogo di 
essere piana come in quest’ultima specie, nell’ Oxry. sudinflata 
Agas. invece è molto marcatamente ricurva. La qual particolarità 
come dissi facendo la descrizione della dentizione della vivente 
Oryrhina Spallanzanii Bonp. si rinviene in tutti i denti che co- 
stituiscono quelli della sua mandibola per la quale possiamo con 
la massima facilità riconoscerli da quelli della mascella. 

L’Agassiz cita questa specie come proveniente dal Gres-Vert 
di Kemmertingen, dal Gault della perdita del Rodano; io la pos- 
siedo da tutte le solite località del pliocene delle nostre Colline, 
dal Bruxelliano, e da molti altri posti. Questa specie viene citata 
da quasi tutti gli autori che di Oxyrhine fossili hanno discorso, 
e da molti fu ancora rappresentata per la sua caratteristica ed 
elegante forma. 

Eugenio Sismonda a pag. 44 del più volte citato suo lavoro 
alla descrizione che fa della Oxyrhina Desorii Agas. dice: , Come 
identici alla 0xy. Desorii si presentano qui parecchi denti, che 
naturalmente si collegano per un facies simile, ancorchè un esame 
dei singoli individui possa far vedere negli uni, fig. 7-9, l’ Oxy. 
leptodon, in altri, fig. 12, 13, l'Oxy. subinflata ec. Ma tutti avendo 
come dissi, l’istessa fisonomia, e provenendo ancora da un mede- 
simo terreno, anzichè dividerli, par cosa più naturale il riunirli 
in una specie sola, e ripeterne le modificazioni dalla diversa età, 
e dal diverso sito che i denti han potuto occupare nella gola 
dell’ animale ,. Egli dice che queste specie furono da lui comu- 
nemente rinvenute nelle argille mioceniche, che alternano col 
calcare di Grassino. 

Il Gemmellaro sembra aver confuso questa specie con la 


STUDI SULL’ OXYRHINA DESORII AGAS. 81 


Lamna crasidens Agas, come si può dedurre dalla descrizione che 
egli ne dà a pag. 42, e dalla fig. 16, Tav. 6, del suo già più volte 
citato lavoro sopra ai Pesci fossili della Sicilia, dalla qual fig. 16, 
ben si vede che essa è l’Oxyr. subinflata Agas. che ha inteso 
rappresentare, e che alla fig. 12 e 13 ha rappresentato 1’ Oxy. 
Desorit Agas.; ma però è ben vero che l’Agassiz al Vol. 3, a 
pag. 292 dove descrive la sua Lamna crassidens ed alla Tav. 35, 
fig. 8-21, rappresenta un ammasso di forme di denti molto le 
une disparate dalle altre, la maggior parte delle quali rappre- 
sentano quelle provenienti dall’ Ory. Desorii e dall'Oxvyr. sub- 
inflata, e nel testo dice che questa specie molto richiama alla 
memoria quella della sua 0vyr. Desorti. Per cui da questi disegni 
il Gemellaro deve essere stato indotto a confonderla. Egli dice 
che i suoi esemplari provengono da Leonforte Provincia di Ca- 
tania, dal Calcario nummulitico di Pachino, Provincia di Noto, 
e dal calcario-arenario-terziario di Castrogiovanni Provincia di 
Caltanisetta. 

L'Oxyrhina gracilis Le Hon specie ancora questa fatta dal sud- 
detto Autore per qualche dente da lui trovato nel terreno mioce- 
nico del Bruxelliano; da dove provengono pure alcuni esemplari 
che sono nella mia collezione, non sono che le forme solite che 
porta la vivente Spallanzanii, Bonp. nei denti di presso la sinfisi 
della mascella; per la qual cosa mi sembra che questa specie non 
dovesse comparire che come sinonimo della Oxyr. Desorii Agas. 
Ed altre di questa particolare forma, pure trovate nelle solite 
località Toscane, non sono che da attribuirsi a giovani individui, 
come quelle del Le Hon, lo devono essere pure. 

Il Gemmellaro a pag. 48, Tav. 6, fig. 17, descrive la sua specie 
di Lamna inequilateralis Gemell., che sembra essere qualche dente 


posto sopra alla parte media della mascella di un non adultis- 


82 ROBERTO LAWLEY 


simo individuo proveniente dalla solita 0xryr. Spallanzanii Bonp., 
e forse per qualche anomalia, o per la sua non adulta età pre- 
senti qualche differenza, e sotto queste differenze sia vennto fos- 
silizzandosi, cosicchè egli ne fece per esse questa distinta specie, 
ma che non può venire attribuita che all'Oxyr. Desorii Agas. e 
da riportarsi alle forme della parte mediana della mascella, che 
distinsi quando ne enumerai le diverse forme nella vivente, e che 
secondo questa mia proposta deve essere compresa ancora questa 
in tutte quelle che sotto il titolo di Oxyrhina Desorii Agas, ap- 
partennero alla vivente, e che immutate sì rinvengono ancora 
allo stato fossile. 

Ma le due specie seguenti sono quelle fatte dall’ Agassiz nel 
» Reporter of a Geological Reconessence of. California. New. 
York, Baillier 1858, che in quest'anno pubblicava in esso rap- 
porto con le seguenti annotazioni dicendo che trovava: , Che 
alcuni denti portati dal sig. Blake dalla California sono di 0xy- 
rhina, e dei quali resta molto difficile a stabilirne la specie, per- 
chè havvi una cosa da osservare, cioè la somiglianza veramente 
sorprendente con l’Oxyrhina Sp.?.... tuttora vivente nel Medi- 
terraneo ,. Ed a pag. 315, dello stesso rapporto trova: , Che le 
specie rinvenute in California presentano molta difficoltà per es- 
sere stabilite per la loro somiglianza con quelle d'Europa; cosa 
che gli sembra molto imbarazzante a spiegarsi ,. 

A queste due specie egli propone provvisoriamente il nome 
di Oryr. plana Agas. alla pag. 315 e ne dà la figura nella an- 
nessa Tav. I, fig. 29, 30. E alla seconda specie, della quale dà 
pure nello stesso punto la descrizione e che nella Tavola prima 
figura pure, dà il nome provvisoriamente di 0xryrRina tumula Agas., 
le quali due specie provenivano dai depositi terziari di California 
della località chiamata , Ocoya-creck ,. Perciò se esse hanno dato 


STUDI SULL’ OXYRHINA DESORII AGAS. 83 


all’Agassiz molta difficoltà per trovarle differenti a quelle di Euro- 
pa, si può ritenere quelle per eguali alla Oxyr. Sp?.... tut- 
tora vivente nel Mediterraneo, la quale ritengo dovesse finire col 
determinarla, per l’ Oxyr. Spallanzanii Bonp. Così che mi sembra 
da queste osservazioni dubbiose dell’Agassiz che egli cominciasse 
dalla lontana America a dubitare che tutte le specie fossili rap- 
presentassero quelle estinte. 

Questa specie con tutte le sue diverse forme fu ritrovata dal- 
l’Agassiz nella Molassa Svizzera, nelle Ghiaie di Hohnheim della 
Vallata del Reno; a Malta e da Bruxelles da me; dall’ Agassiz nel 
Gres-Vert di Kernmertingen, nel Gault della Perdita del Rodano; 
da Eugenio Sismonda nelle argille mioceniche che alternano col 
Calcare di Grassino; dal Gemellaro nel Calcario-nummulitico di 
Pachino, ed altri terreni di Sicilia; da Le Hon nel Miocene del 
Bruxelliano; dal Blake in Acoy-creek di California molto di- 
stante dagli Stati Uniti, dove fu riconosciuta dall’ Agassiz; da 
me in tutte le località conchiglifere delle nostre Colline Plioce- 
niche Toscane; ed in tutte queste località citate, fu da tutti ri- 
trovata di essa molta copia di esemplari. Dico perciò che non 
sì potrà negare a questa specie che in gran numero d' individui 
ella abbia avuto una grande estensione, quasi direi mondiale, e 
negare a lei di aver assistito a numerose formazioni di terreni 
antichi, ed avere potuto giungere immutata a vedere quelli degli 
attuali, e impugnare neppure la possibilità di poter giungere 
sotto queste forme a quelle venture. 

Se prendiamo a confrontare i denti fossili delle nostre colline 
Toscane con quelli della vivente, subito ci convinceremo della 
verità del fatto, e troveremo in quelli fossili tutte le forme corri- 
spondenti alla vivente. A tale scopo alla Tav. 2, ho fatto dise- 
gnare tutte le diverse forme dei denti fossili che per essere piani 


84 ROBERTO LAWLEY 


dalla loro faccia esterna ben sì ravvisa che erano appartenenti 
alla mascella quando era vivente, e non distaccati dalle gen- 
give. Ed alla Tav. 2, fig. 1, 12, 1’, si trovano disegnate quelli 
corrispondenti alla prima filata che sono presso la sinfisi della 
vivente, essi certo rappresentano la specie Oxyr. Desoriî Agas. 
descritta, Vol. 3, pag. 286, e disegnata alla Tav. 37, fig. 8-13, 
dalle quali figure ben si vede che. gl’ individui rappresentano 
questa filata e specialmente la fig. 8, 10, 13, sembrandomi quelle 
disegnate sotto i numeri fig. 11 e 12 appartenere ad altre parti 
della bocca, e più specialmente delle mandibole. Ma mi sembra 
che la fig. 9 della stessa Tavola dell’Agassiz rappresenti invece 
un dente della seconda filata, la quale nella mia Tav. 2 ho rap- 
presentato sotto la fig. 2, 2°, 2°, che per la poca differenza che 
esiste fra le due filate citai nella descrizione della vivente come 
la prima forma di denti esistenti nelle mascelle. 

Dunque la fig. 1, Tav. 2, è un dente la cui faccia anteriore si 
presenta quasi piana, nel centro di essa mentre vi sì trova un 
leggero spigolo per cui il dente è di alquanto più rilevato, che 
verso i suoi due bordi, si abbassa, per rilevarsi e formare con 
ciò i bordi che risultano taglientissimi; questa faccia però quan- 
tunque si presenti piana, porta la sua punta acutissima come si 
vede, e ad un quarto della sua altezza da essa si rivolge dalla 
sua faccia anteriore, mentre che tutto il dente voltandosi verso la 
parte interna cioè dei denti di fondo, forma con la curva di già 
descritta della punta una flessuosità tutta sua particolare la 
quale risulta elegantissima all’occhio. Un nero cordoncino separa 
la base della sua faccia da quella della radice; prodotto dalla 
gengiva egli ingrossa verso la sua parte esterna al fianco della 
radice, mentre che nel centro del dente forma con essa un an- 
golo che in alcuni denti è quasi retto. La radice grossa, e densa 


STUDI SULL’OXYRHINA DESORII AGAS. 85 


slancia le sue due branche lasciando un abbassamento centrale; 
essa da questa faccia esterna segue l’asse del dente dritto se- 
guendo la faccia stessa del dente. 

La faccia interna del dente è convessa ed assai rigonfia, essa 
va ad incontrare i bordi della faccia anteriore, e all'incontro delle 
suddette risultano taglientissime, e da questa forma convessa il 
dente risulta quasi semicircolare; la base di questa faccia si 
slarga molto per abbracciare la larga radice quale viene sepa- 
rata dall’unito ed uniforme cordoncino che è la prosecuzione di 
quella dell’anteriore faccia, e che soltanto seguendo la conves- 
sità di essa non forma nessun angolo; la radice da questa fac- 
cia segue l’asse del dente stesso per un poco, ed alla sua metà 
altezza piega bruscamente per andare ad incontrare la faccia 
di quella anteriore; nella metà di questa radice scorgesi ben 
chiaramente il foro dell’atrofizzato nervo nutritivo. Le due bran- 
che delle radici si trovano essere assai stiacciate alle loro estre- 
mità; in questi primi denti sono ambedue ugualmente svilup- 
pate; ela curva che presenta la faccia esterna per piegarsi verso 
i denti piccoli delle fauci resta naturalmente rivolta verso la 
sinfisi. 

Alla Tav. 2, fig. 2, 2°, 2°, fu disegnato sotto i suoi tre diffe- 
renti aspetti un dente fossile il quale proviene dalla seconda 
filata e del tutto simile a quello posto in quello stesso sito della 
vivente. Egli di poco differisce, dai primi già descritti, e le sue 
differenze principali consistono nell'essere più di loro flessuoso, 
alquanto più denso, ed avente la branca della radice più alta 
dalla parte che guarda la sinfisi, la quale particolarità nella ra- 
dice dei successivi resta sempre più pronunziata fino alla filata 
settima la quale, le porta quasi uguali, ed uguali pure sono quelle 


dei successivi fino all'ultimo. 


86 ROBERTO LAWLEY 


Nelle fig. 8, 3°, 8', della stessa Tav. 2, viene rappresentato pure 
sotto differenti aspetti il terzo dente, cioè quello che ritengo 
per l’impari del fossile, e corrispondente all’impari del vivente. 
Egli come dissi parlando di quello del vivente, ha una figura 
del tutto diversa dai primi due, e dai successivi, e di questa 
sua forma è l’unico rappresentante in tutta la dentizione della 
vivente Oxyr. Spallanzanii Bonp.; forma che ritrovandosi assai 
comunemente fra i denti fossili nelle località stesse dove abbon- 
dano le altre della Oxyr. Desoriî Agas. perciò la propongo come 
a questa speciale forma ancor essa appartenente. 

L’esemplare che servì di modello per il disegnatore, non è 
certamente uno dei più grossi per cui appartenne ad un indi- 
viduo giovane, 0 piccolo, ma lo preferii ad altri per la sua forma 
così caratteristica ed elegante che egli aveva. La forma del dente 
è cordeiforme, la sua faccia esterna, come in tutti gli altri si 
presenta piana, i bordi di esso lisci, sono taglientissimi; e la sua 
acutissima punta si rivolge verso i piccoli denti del fondo delle 
fauci avendo perciò la sua curva infuori voltata verso la sinfisi, 
che corrisponde con la branca della radice la più elevata. La 
slargata base del cono del dente da questa faccia trovasi sepa- 
rata dalla sua radice da un cordoncino, come nei denti anteriori 
già descritti dello stesso colore scuro, che segna fin dove la ra- 
dice era immersa nella gengiva; ai bordi esterni questo cordon- 
cino va slargandosi, in alcuni formandovi un ingrossamento, in 
altri una ben distinta punta, o dentello che lo fa rassomigliar 
molto ad un Otodus. La sua faccia interna, è ancor essa come 
negli altri della dentizione convessa, la solita impressione di co- 
lore scuro marca l'impressione della gengiva e separa ancora da 
questo lato il cono dalla sua radice; questa dalla faccia interna 
divide il cono e resta più alta, da dove facendo un angolo va 


STUDI SULL'OXYRHINA DESORII AGAS. 87 


ad incontrare la faccia della radice opposta, quivi nel suo centro 
è posta la traccia del solito foro. Ma la radice della faccia esterna 
seguendo l’asse stesso del dente resta diritta per cui l’incontro 
delle due facce resulta sottile, gli apici delle due branche nella 
quale si divide la radice di questo dente sono ancora esse stiac- 
ciati ed assai sottili, mentre la solita branca è pure più alta, 
come dissi. 

Tutte queste dettagliate particolarità, esclusa quella del cor- 
doncino di altro colore, che separa il cono dalla sua radice, ritro- 
vandosi nel dente della vivente, mi tranquillizzano di non aver 
errato proponendolo come dente impari dei fossili. In qualche 
esemplare di questi e non sempre fra i più adulti, alla metà 
della base della faccia esterna si trova qualche piega, ma que- 
sta particolarità non mi sembra sufficente per escluderli o farne 
una specie a parte. 

Le forme rappresentate alla solita Tav. 2, fig. 4, 5, 6, 7, servono 
a mostrare che fra i denti fossili, pure si ritrovano quelle simili 
alle filate 4, 5, 6, 7 del vivente, le quali mantengono le loro pun- 
te tanto negli uni che negli altri rivolte infuori mentre quelli 
segnati con i numeri fig. 8, 9, che voltano la loro punta dalla 
faccia interna trovano riscontro in quelli della vivente; come pure 
dalle fig. 10, 11, che rappresentano quelli piccoli di fondo le ma- 
scelle, si vedono essere piccolissimi, e quasi informi. Non avendo 
da osservare niente altro sopra ai denti fossili della mascella, 
passiamo alla Tav. 3. 

Sappiamo che tutte le forme di denti che si trovano posti 
sopra le mandibole della vivente Oxyr. Spallanzani Bonp. hanno 
la particolarità loro propria di avere la faccia anteriore quasi 
piana per la sua larghezza, ma però per la lunghezza del dente 
facendo esso una curva assai forte, da questa non li viene per- 


88 ROBERTO LAWLEY 


messo di riposare se posti sopra ad un piano. Ora alla Tav. 3 
vennero riprodotte tutte le forme differenti dei denti fossili che 
con questa particolarità si rinvenivano, e come vedremo corri- 
spondono benissimo a quelli che sono posti sulle mandibole della 
vivente. 

La Tav. 3, fig. 1, 1°, 1°, rappresenta un dente fossile che cor- 
risponde a quelli della prima filata della mandibola del vivente 
e di poco differisce dalla prima filata dei denti della stessa posi- 
zione posti sulla mascella del fossile e del vivente; la maggiore 
differenza consiste nell'essere un poco più denso alla sua base, 
il che benissimo si scorge, se lo confrontiamo con la fig. 1° 
Tav. 2, per le quali fisure si può giudicare la sua maggior gros- 
sezza, e la differenza della curva che fa il cono del dente in esse. 

L’Agassiz sopra a questo special dente forma una sua specie, 
e nel dettaglio della descrizione che fa dell’ Oryrhina subinflata 
Agas. a pag. 284 dice; , E sotto alcuni aspetti, questo dente 
assomiglia molto all’ Oxyr. Desoriî Agas., specialmente per la 
sua grossezza considerevole, e per la sua forma flessuosa, quando 
si esamina di profilo alla fig. 6.* della sua Tav. 37 ,. Da queste 
parole ben si vede che ancora egli ravvisava che le differenze 
delle due forme erano minime, e con ciò che disse per la specie 
Desoriù che trascrissi poco sopra, egli era imbrogliato a fare di 
queste forme quasi uguali fra loro tante specie differenti. La 
sua specie Oxyrhina subinflata dice provenire dal Grès-Vert de 
Kemmertigen. 

To non starò a farne una dettagliata descrizione, esimendo- 
mene quella già fatta per la forma della prima filata di quelli 
della mascella, avendone rimarcato le sole differenze che vi si 
rinvengono, Ben poca disparità si ritroverà alla Tav. 8, nei denti 
disegnati sotto le fig. 2, 2°, 2", da quelli già descritti che stanno 


STUDI SULL’ OXYRHINA DESORII AGAS. 89 


nella seconda filata della mandibola, e chi sì pone a confrontarli 
li troverà essere soltanto un poco meno curvi, e con una branca 
cioè la solita un poco più alta. 

La fig. 3, 3°, 3', sta a rappresentare il terzo dente della man- 
dibola cioè l’impari nel quale un poco più flessuoso, e di poco 
più alto dei successivi, non ho riscontrato i dentelli che in qual- 
che dente del vivente si vedono provenienti da quella filata, ma 
però in tutti ritrovasi ai bordi laterali del suo cono dei rigon- 
fiamenti molto ben marcati, e distinti del solito colore scuro. 
Da questo dente tutti i susseguenti sappiamo decrescere rapi- 
damente fino ai piccoli di fondo alle fauci. 

La fig. 4, 4°, 4, Tav.3, rappresenta il quarto delle sue due facce 
esterna e di fianco per mostrare quanto le branche delle radici 
vadano in essi riunendosi d’altezza e come la sua punta che vol- 
gevasi verso la sua faccia esterna nei precedenti vada rivolgen- 
dosi in questo dalla sua faccia interna, come succede pure nel 
vivente, mantenendosi ancora di forma eguale fra essi. 

I denti poi marcati col numero fig. 5, 6, 7 sono quelli succes- 
sivi, ed i piccoli posti in fondo alla mandibola. 

Sicchè mi sembra di aver potuto dimostrare che dandosi cura 
di riunire in gran copia denti di Oxyrkina Desorii Agas. può 
trovarsi tutte le forme che io disegnai alle Tav. 2, 3, e che queste 
confrontate con la Tav. 1, si possa dire che sono perfettamente 
uguali le fossili, a quelle della vivente Oxyrhina Spallanzanii 
Bonp. Questa possibilità mi sembra perciò che ci permetta di 
poter dire, e che resti provato aver antichissimamente esistita 
questa specie, la quale è giunta immutata a vivere nelle no- 
stre acque. 

Alla Tav. 10 ho creduto bene di rappresentare tutte le sezioni 
microscopiche che ho con ogni cura preparate dei seguenti denti 


90 ROBERTO LAWLEY 


fossili e ben volentieri avrei ancor fatto disegnare i corrispon- 
denti del vivente a confronto, se io ne avessi avuti disponibili, 
ma la mancanza di esemplari me lo ha impedito, perchè come 
altra volta ebbi a dire sarei ben contento di possederne la cen- 
tesima parte di quelli della vivente, di quanti ne tengo fossili. 

La fig. 1, Tav. 10, è la sezione microscopica di un dente presso 
la sinfisi della mandibola, veduto di fronte per la sua lunghezza, 
ed alla fig. 2, vedesi quella dello stesso dente, ma sezionato e 
preparato di traverso. 

La fig. 3, Tav. 10, fa vedere la preparazione longitudinale fatta 
del quarto dente posto nella mascella. 

La fig. 4 della medesima Tav. 10, mostra quella di un quarto 
dente della mandibola. La fig. 5, rappresenta quella dell’impari 
della mascella, e da una parte alla base del cono riuscì salvare 
la preparazione di un suo dentino. E finalmente con la fig. 6, 
Tav. 10, viene rappresentato con la sua preparazione nel senso 
della lunghezza quello impari proveniente dalla mandibola. 

Come si vede da queste preparazioni microscopiche, tutti i 
denti dell’ Oxyr. Desoriù Agas. appartengono al secondo gruppo 
nel quale l’ Agassiz divide gli Squalidi secondo la costituzione 
interna dei loro denti, data dalle sezioni microscopiche. E di 
fatti sono composti da dentrina solida non trovandosi in essi, 
nessuna cavità principale, e di nessuna forma decisa quantunque 
vi si rinvenga qualche piccolo vuoto; i quali vuoti più fitti nelle 
loro radici qualche volta esistono ancora nella corona del dente 
stesso, ma non avendo in questi nè forma nè località fissa, come 
può benissimo vedersi dalle fig. 2, e 5, della Tav. 10, i quali pic- 
coli vuoti notai ritrovarsi ancora nelle sezioni microscopiche del 
Carcharodon Etruscus Law. 


L'abbondanza con la quale si rinvengono tutte le forme dei 


STUDI SULL'OXYRHINA DESORII AGAS. 91 


denti dell’Oxyrhina Desorii Agas. provenienti da qualunque parte 
della sua dentizione, mi suggerì d’intraprendere con essi una 
ricostruzione di un intiera mascella e perciò disposi sopra a 
quattro ranghi tutte le forme di essi, come gli ho descritti nella 
vivente Oxyrhina Spallanzanii Bonp, ed in questa tediosa e mi- 
nuziosa ricerca molto ha contribuito la pazienza, e l'abilità a 
fermarli sopra ad un cartone, del mio amico Antonio Della Croce, 
il quale in elegante circolo li dispose. 

E questa artificiale mascella non lascia nulla a desiderare per 
forme precise della vivente, solo si può osservare come questi 
denti fossili riuniti, provenienti da tanti posti diversi delle no- 
stre colline plioceniche toscane, fossilizzati sotto tante condi- 
zioni diverse, appartenuti a tanti individui e di diverse età, dar 
dovevano naturalmente un aspetto, come ben è succeduto, di una 
riunione di forme simili si, ma non di un medesimo individuo, una 
somiglianza incerta e non uguale di fossilizzazione. 

Dalle località già citate e da quelle di tutte le nostre colline 
ben si può dedurre quanto questa specie sia stata comunissima 
in tutte l’ epoche e non starò a rinominare le località Toscane fos- 
silifere nelle quali ella vi si ritrova potendo piuttosto dire che 
essa è comunissima per ogni dove sono terreni pliocenici emersi 
dalle acque marine. La qual cosa per ogni dove avviene se si 
debba giudicare dalle masse che io ho dai miei gentili corrispon- 
denti, fra i quali non posso non enumerare il mio particolare ed 
attivissimo Collega sig. Teodoro Lefévre di Bruxelles il quale me 
ne ha fornite diverse centinaia provenienti da tutte le posizioni 
dell'asse mandibolare da lui riunite nell’Eocene medio del Bru- 
xelliano, e che egli volle cortesemente darmi dopo aver di essi 
fatta bella mostra all’ Esposizione Universale, dove fu uno degli 
Esponenti, giudicato dei più degni di Premio. 


92 ROBERTO LAWLEY — STUDI SULL’ OXYRHINA EC. 


E non sembrandomi sul soggetto dell.OxyrWina Desoriî Agas. 
forse troppo oramai discusso avere niente altro a dire, verrò trat- 
tando di altra riunione di forme diverse del genere OxyrZina che 
ancora queste in ingenti masse si trovano nelle nostre Colline 
Toscane, e delle quali forme molti autori hanno fatto diversi 
nomi specifici tratti a ciò dal considerarle essi individualmente 
separate, come le trovarono. 


St E 


SUL 


GENERE OXYRHINA AGASSIZII, LAW. 


Nell’ Aprile del 1877, in una località detta Le Case Bianche (*), 
nel Volterrano sulla via che dalla Bacchettona conduce alle Sa- 
line ebbi la fortunata combinazione che alcuni miei cercatori vi 
ritrovassero un intiero pesce allo stato fossile. In piccolo spazio 
ritrovarono le mascelle di esso fossilizzate e poterono riunire 150 
o 160 denti tutti provenienti da esse, e molti più ne avrebbero 
potuti riunire se fossero stati coadiuvati dal terreno e da una 
dote di pazienza. Ma essendo questi resti implicati in tenacissima 
argilla, molti ne devono essere andati dispersi. Uniti ad essì si 
trovò le mascelle, le quali in terreno così duro vennero fuori in 
diversi pezzi e non poterono essere riunite, mentre qualche pezzo 
al contatto dell’aria, come ben spesso succede, si disciolse e si 
guastò, ma però da questi pezzi potuti salvare ben si scopriva 
trattarsi dell'osso mascellare dell’animale. Ancora moltissime ver- 


(*) All'adunanza del 6 Maggio del 1877, tenuta dalla Società delle Scienze Natu- 
rali residente in Pisa, lessi una memoria sopra a questi resti che riunii ad altre nella 
ristampa che ne feci col titolo «quattro memorie sopra a Resti Fossili ec. » pubbli- 
cati nel 1878 per mezzo della Tipografia Nistrì di Pisa, ivi si può trovare alcuni det- 


fagli che sopprimo in questo mio attuale lavoro. 


94 ROBERTO LAWLEY 


tebre di esso poterono essere salvate, delle quali volli rappresen- 
tare alla Tav. 8, fig. 1, cinque di esse al posto come si trovavano 
implicate nell’argilla ed alla fig. 2, della stessa tavola se ne vede 
una di faccia, che alla Fig. 3, viene rappresentata di fianco. Se 
queste vertebre vengono messe a confronto con quella della vi- 
vente che fu disegnata alla Tav. 1, fig. 4, presto vedesi essere 
pur vertebre di un’ Oryrkina. Fu insieme ad esse ritrovato una 
punta di freccia in silice che trovasi pure disegnata nella Tav. 8, 
fig. 4, in questa freccia non vi si trova nessuna traccia di tenta- 
tivo per rendere la punta ne’ suoi lati più acuta e tagliente; per 
la qual cosa essa si può ritenere come una delle più primitive, 
perciò della più antica manifattura preistorica. 

Con un numero così cospicuo di denti dello stesso individuo 
ben si capisce che fra loro dovevansi ritrovare tutte le forme dei 
denti che stavano nei differenti punti dell'asse mandibolare sia 
superiore sia inferiore. Da questa riflessione dedussi che quei denti 
dovendo presentare tutte le diverse forme che l’animale doveva 
portare, con essi avrei facilmente potuto aver qualche lume onde 
poterla ricostituire e capire come dovevano essere disposti nella 
dentizione dell'animale, quando era vivente. Nè vi fu bisogno di 
molto studio per riconoscere quelle forme fra le OxyrRine, delle 
quali l’Agassiz ed altri autori hanno formato tante e diverse spe- 
cie che qui sotto andrò enumarando, e che hanno la loro specia- 
lità di grossi denti a base larga e stiacciata; e che al genere 
Oxyrhina devono appartenere, perciò essere privi di dentelli alla 
base del cono, come pure i bordi dei denti devono essere taglienti, 
uniti e senza portare dentellatura, come appunto essi erano. 

Vidi che per le forme che portavano si distinguevano in denti 
larghi e stiacciati; mentre altri erano più stretti, e lancei- 
formi, dal che mi avvidi che trattavasi di una dentizione asso- 


3 


STUDI SUL GENERE OXYRHINA AGASSIZII LAW. 95 


migliante ed analoga a quelle di Carcharodon, e che i primi do- 
vevano stare nella mascella, gli altri nella mandibola come av- 
viene in questa di Carcharodon. Le curve in fuori, unitamente alle 
branche più o meno alte e sviluppate mi diedero molto lume per 
disporle su qual parte dell’asse mandibolare esse dovevano re- 
stare; non vi mancavano molti denti in via di formazione nè i 
piccoli. Le quali cose tutte mentre confermavano trattarsi di 
denti di forma simile alla citata dentizione constatavano pure 
essere appartenenti ad uno stesso e completo individuo. 

In quei giorni venne a visitare le mie raccolte il sig. Prof. 
Theodoro Fuchs Direttore del Museo di Vienna ed al quale feci 
vedere i denti disposti secondo le mie osservazioni e restò ma- 
ravigliato e convinto della grande analogia che fra le due denti- 
zioni passava, e mentre non trovava obiezioni da fare in contra- 
rio come egli disse ('), mi confortò a rendere di pubblica ragione 
quelle osservazioni; cosa che io feci pochi giorni dopo con la 
memoria poch’anzi citata. E profittai della pazienza del mio amico 
Della Croce per far disporre e legare sopra ad un cartone, l’intiera 
dentizione come da viva doveva portare questo pesce. 

Alla Tav. 5, fig. 1, feci rappresentare l’intera mascella dedotta 
dai denti trovati tutti insieme, e da me restaurata: mentre la 
fig. 2 e 2° rappresenta un dente di Oryrhina Agassizii Law. di- 
staccato ed isolato ancora esso il quale fu trovato in altre loca- 
lità del Volterrano e lo ritengo per un dente anomale appartenuto 
a qualche individuo di questa specie, che in tale stato egli si 


(!) Il sig. Fuchs parlò della medesima mia raccolta « Studien uber die Gliederung 
Ober-Italiens. Gesammelt auf In einer Reise in Frihlinge 1877. Von Theodor Fuchs 
Custosam k. k. Hoj. Mineraliencabinet (Milt 6 Abildungen) ( Vergelegt in der Sitzung 
am ll April 1878) Aus dem LXXVII bande der Sitzb der k Akad. d. Wissensch I 
Abth. Maj — Hift Jahrg. 1878. 


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sia fossilizzato. Perciò non starò a farne nessuna descrizione, ba- 
stando la sola ispezione del suo disegno per apprezzare in che 
consistono le differenze che vi si trovano; egli è certamente un 
dente che proviene dalla parte sinistra centrale di una mascella 
della suddetta specie. 

Alla Tav. 6, ho disposto tutte le forme dei denti come l’Oxy- 
rhina Agassizii Law. poteva riunire nella sua mascella, princi- 
piando da quello della sinfisi e andando fino ai piccoli di fondo della 
gola. Il dente di sul davanti vien subito riconosciuto ai suoi lati 
equilaterali, e dall’eguaglianza delle branche della radice; questo 
venne pure rappresentato alla Tav. 6, fig. 1, 1°, 1°, sotto le sue 
tre solite posizioni per meglio essere apprezzato. 

I quali denti della Tav. 6, fig. 1, 1°, 1°, tanto possono essere 
riferiti alla specie Oxyrkina trigonodon Agas. perchè in essi cor- 
rispondono tutti i caratteri descritti dall'autore, quanto ancora 
all’Oxyrhina plicatilis Agas. perchè porta distintissime pieghe 
alla base del dente dalla sua faccia esterna, come benissimo si 
vedono dalla fig. 1, Tav. 6, pieghe che come nel Carcharodon Etru- 
scus Law. vi sono tracciate fino verso la metà del cono da questa 
faccia, mentre nell’opposta non ne ho mai riscontrate, nei nume- 
rosi esemplari dei quali ritengo parecchie centinaia. E sembra 
pure non riscontrarsi queste pieghe nelle due faccie dei denti 
posti sulle mandibole. Le due specie di Oxyrhina trigonodon Agas. 
e specialmente l’Oxyrhina plicatilis Agas. vengono citate come 
esistenti in molte località d’Italia e dal Gibbes in America. 

La fig. 2, 2°, 2°, rappresenta certamente il terzo dente, cioè 
l’impari, perchè la forma tutta sua speciale lo fa distinguere da 
tutti i successivi, quantunque come esso ancora sieno cordiformi 
e con radici dal solito lato più sviluppate. Volli rappresentare 
alla fig. 3, della solita Tav. 6, uno dei denti che ritengo per quello 


STUDI SUL GENERE OXYRHINA AGASSIZII LAW. 97 


posto subito dopo l’impari per essere egli il più grande dei denti 
cordiformi, come trovasi esserlo pure nella disposizione dei denti 
del Carcharodon, che già descrissi a suo tempo. Però questi non 
solo si trovano i più grandi fra quelli di questa forma; ma ancora 
alla base della corona si trova in esso una sfrangiatura come si 
vede disegnata alla fig. 3; la stessa sfrangiatura ritrovasi non 
solo nel suo analogo dente corrispondente, ma in tutti quelli che 
ai successivi ranghi si trovano al medesimo posto; però e ben 
vero che ancora questa sfrangiatura ritrovasi in altri dei più 
piccoli della stessa dentizione; ma a dir vero questa particolare 
sfrangiatura non ebbi mai a riscontrare negli altri denti di que- 
sta specie provenienti da individui diversi da questo, nè sopra 
a quelli che mi furono spediti da molti corrispondenti, e perciò 
d’altre località; e fra gli altri citerò quelli provenienti dal Plzo- 
cene d’ Anversa che in gran quantità me ne furono spediti dal 
sig. Léfevre, lo che farebbe supporre essere una particolarità di 
questo individuo. 

La fig. 4, Tav. 6, rappresenta un altro dente delle forme poste 
sulla parte mediana delle mascelle di questo individuo, forme 
che l’Agassiz scelse per fare di loro la sua specie Oxyrhina 
riphodon Agas. la qual forma fu riscontrata e citata da molti 
autori Italiani, e per fino dal Gibbes fra quelle della lontana 
America. 

È perciò da avvertire che tutte queste forme delle citate figure 
hanno la loro punta rivolta sulla faccia anteriore, od esterna, 
perciò ancora per questa particolarità la citata dentatura non dif- 
ferisce da quella del Carcharodon. La specie di Oxyrhina isocelia 
E. Sismonda, specialmente quella disegnata alla sua Tav. 2, fig. 4 
e 5, venne fatta sopra a denti provenienti dal fondo della fauce 
della Oxryrhina Agassizii Law. e tanto può provenire da questa spe- 


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cie, come dalle altre per essere tutti in questo genere simili di 
forme in quella parte. La fig. 5 Tav. 6 è il dente vicino ai piccoli, 
e non differisce neppur questo dalla dentizione dei Carcharodon 
per aver egli un’altra forma, e per rivolgere come i seguenti 
fig. 6, la loro punta dalla faccia opposta, cioè interna come in 
quelli avviene. 

La Tav. 7, rappresenta pure, le principali forme che compon- 
gono la dentatura della mandibola della specie OryrRina, Agassizi 
Law. e come in quella dei Carcharodon essì si distinguono per la 
loro forma slanciata, grossa alla base, e lanceiforme, ma però il 
bordo è privo di dentellatura, e mancante del tutto di dentelli alla 
sua base. I più grandi devono certamente trovarsi presso la sinfisi, 
perchè hanno lati equilaterali, e radici quasi ugualmente svi- 
luppate nelle sue branche. La fig. 1, 1°, 1°, rappresenta uno dei 
denti posti presso alla sinfisi della mandibola se non il più acco- 
stante egli è certamente il successivo. 

L’Agassiz sopra i denti di questa mandibola fece la sua specie 
Oxyrhina hastalis Agas. che per essere fatta su denti isolati pro- 
venienti da individui di diversa età, come egli dice al Vol. 8, 
pag. 277, gli presentarono molta difficoltà per limitarne le forme 
in cui essa doveva restare compresa, e di fatto avendone dise- 
gnato l’intera Tavola 84, da questi egli pensò bene di togliervi le 
forme disegnate sotto le fig. 1, 2, per dichiararle appartenenti 
alla specie OryrRina leptodon Agas.; che come abbiamo visto e 
una delle forme da attribuirsi alla OxyrRina Desorii, Agas. È 
tolse pure quelle disegnate sotto la fig. 14, che attribuì all’ Oxy- 
rhina crassa, Agas. lasciando tutte le altre della tavola con dubbio 
che essi fossero di fatto da riferirsi a quella specie, tanto sono fra 
loro differenti le forme che vi rappresenta. 

Egli stabilì pure su forme provenienti dalla mandibola di que- 


STUDI SUL GENERE OXYRHINA AGASSIZII LAW, 99 


sta dentizione la sua specie Owyrhina Mantelli, Agas. la quale fece 
sopra soggetti che trasse dalle collezioni inglesi provenienti dalla 
Creta di Lewes., fatte dal sig. Mantell, la quale specie chiaramente 
sì scorge essere fatta sopra a denti provenienti di sulla mandi- 
bola di questa specie. La dice molto comune nella Creta d’In- 
ghilterra, e dichiara che ancora per questa specie fu molto im- 
brogliato per delimitare le forme, e dichiara di dover accordare 
ad essa un'estensione maggiore; perciò alla sua Tav. 35, ne fi- 
gura una buona quantità, con le quali deve aver inteso prendere 
le forme più disparate per costituire i limiti della estensione che 
aver dovevano; e a pag. 280, del Vol. 3, facendo di essa la de- 
scrizione dice inquanto alla sua forma essere quella di mezzo fra 
l'Oryrhina hastalis Agas. e la Desorti, e fa costituire la sua prin- 
cipale diversità in due depressioni più marcate alla base del dente 
presso lo spigolo centrale, e in una maggior grossezza della radice 
e del cono del dente. Dalle quali cose crederei che ancora di questa 
specie abbia preso uno dei denti presso la sinfisi per descriverla 
e farne la diagnosi includendovi pure forme molto diverse, come 
rappresenta alla indicata tavola. 

Alla Tav. 7, fig. 2, e successivi numeri ho rappresentato il 
terzo dente, cioè l’impari della mandibola. Questo dente non si 
distingue dai restanti della suddetta per nessuna sua forma parti- 
colare, nè trovasi in esso altra differenza che l’essere più stretto 
presso la base del cono, per cui sembra più svelto, quantunque 
egli sia veramente un poco più piccolo dei successivi, ma per que- 
sto suo aspetto speciale ben presto si distiague dagli altri, ed 
essendosi trovato formante parte dell’intera dentizione di un me- 
desimo individuo subito ciò lo fa riconoscere, e gli farà asse- 
gnare questo suo posto esclusivo, cosa che non sarebbe forse av- 
venuta se essa fosse una riunione di soli denti isolati provenienti 


da diverse località. 


100 ROBERIO LAWLEY 


La fig. 3, Tav. 7, rappresenta il dente dove la punta cambia 
parte per rivolgersi sulla faccia interna, e fino a questo dente 
gli altri la rivolgono costantemente in fuori sulla loro faccia 
esterna, ma da questo dente essa si rivolge ad un tratto sulla 
sua opposta parte. Non si può assolutamente dire qual sia nel 
fossile il numero progressivo che egli occupi, ma nel vivente Car- 
charodon lamia, Rond. ciò avviene al quarto dente della mandi- 
bola, cioè a quello dopo l’impari, e similmente accader deve nella 
Oxyrhina Agassizii Law., chè in caso diverso sarebbero avanzati 
nel disporli, alcuni dei denti che voltassero la loro punta in fuori, 
o sivvero essi vi avrebbero fatto difetto. 

Una particolarità però degna d'osservazione è quella che presso 
la base di tutti questi denti che compongono la dentizione della 
Oxryrina Agassizii Law. si ritrova quella stessa traccia ed ingros- 
samento laterale con una ben marcata e distinta linea di un co- 
lore oscuro come si riscontra nell’Oxyrkina Desorii, Agas. la quale 
sembra prodotta dall’impressione della gengiva, poichè sopra ai 
denti nella vivente Oryrina Spallanzanti Bonp. non si vede nessuna 
differenza di colore, fossilizzandosi essi sembrano tirarlo fuori, e 
non so davvero concepire per qual fenomeno ciò possa avvenire. 

Sappiamo che nella mandibola del Carcharodon i denti vanno 
decrescendo dagli anteriori posti sulla sinfisi, per essere essi i più 
grandi, fino al fondo delle fauci. Ed in questa Oxylrina Agassizii 
Law. pure avveniva lo stesso, giudicandone dalla precisione di 
non averne trovati di più o di meno, nè di quelli grandi, nè di 
quei piccoli, e dispesti che furono in tal maniera confermarono 
con ciò questo loro andamento. 

E alla Tav. 7, fig. 4, ne feci rappresentare un individuo che 
proviene dalla parte mediana della mandibola. Come pure non 
volli mancare di rappresentare nella stessa Tav. 7, alla fig. 5, una 


STUDI SUL GENERE OXYRHINA AGASSIZII LAW. 101 


forma speciale di un dente, quello cioè posto quasi all'ultimo 
dei denti della parte mediana della mandibola, che nella vi- 
vente del Carcharodon occuperebbe la sesta filata e che è di forma 
un poco più slanciata, ed un poco differente da quelli d’avanti 
vedesi pure la forma dei successivi, che sono disegnati alla fig. 6, 
e dopo questi vengon quelli informi e perciò gli ultimi, più piccoli. 

Come si vede questa Oryrhina Agassizii, Law. al pari dell'Oxy- 
rhina Desorti, Agas. è specie propria dei terreni terziari, e non 
manca con la stessa abbondanza di esservi rappresentata da’ suoi 
resti fossili, e devesi ad una fortunata combinazione, come quella 
che ebbi, se è stato possibile di scoprirne la sua completa den- 
tizione, e ridurre per essa tante forme di denti ad una sola spe- 
cie. Dall’Agassiz sappiamo che ella si trova nelle seguenti loca- 
lità: a Castelnaux vicino a Dax, all'Isola di Malta, nel terreno 
pliocene di Castel Arquato, da dove io ne tengo due esemplari 
provenienti dalla mascella, che mi furono donati dal sig. Giro- 
lamo Forlini farmacista a Lugagnano di Val d'Arda. Trovasi 
pure nei terreni terziari della vallata del Reno, nelle Molasse di 
Wurenlos, e nelle ghiaie terziarie di Flohnheim. Il Gemellaro l’ha 
trovata nell’arenaria terziaria di Leonforte. (Provincia di Catania), 
nel nummulitico dei dintorni di Pachino, nelle marne solfilifere 
di Castel Termini. Da Eugenio Sismonda fu trovata nell’arenaria 
del Colle di Torino, nelle argille di Gassino, e in un Grés ver- 
diccio presso Acqui di Piemonte: nei gessi di Parigi, egli la dice 
rinvenuta pure. 

Il mio amico cav. Botti me ne ha date in comunicazione di 
diverse località della pietra leccese. Finalmente venne riscontrata 
dal Gibbes, come proveniente dal Miocene di Virginia in America, 
e dall’Eocene della Carolina Settentrionale, e dice averne avuto 
un individuo solo proveniente dal Cretaceo di Alabama. Nelle 


102 ROBERTO LAWLEY 


nostre località delle Colline Toscane la troviamo sotto tutte le 
sue forme in grandissima quantità; ma più abbondantemente l'ho 
trovata ed avuta dal Volterrano. Nelle Colline d’Orciano Pisano 
pure vi si trova molto comune, ma ivi predominano le forme 
della Oxyrhina Desorii, Agas. e del Carcharodon Etruscus Law. 
Le cave di San Frediano me ne hanno pure fornito qualche esem- 
plare, trovato nella Pietra Lenticolare di quella località. 

Dunque in somma può dirsi ancora di essa quello che dissi per 
l'Oxyrhina Desorii, Agas. che ella è molto sparsa, e che pure si 
mostra in gran profusione con i suoi resti fossili. Ma solo questa 
specie non posso citarla come vivente perchè non è a mia cogni- 
zione che sì ritrovi nei nostri mari, nè in altri, e perciò per ora 
ella può venire considerata come specie estinta, ma che altre 
volte deve essere stata abbondante nei mari dell’epoche terziarie. 

La fig. 1, della Tav. 9, rappresenta la preparazione microsco- 
pica di una sezione longitudinale alquanto ingrandita, di un dente 
posto sulla sinfisi della mascella dell’Ouyrkina Agassizià Law. che 
feci per tal proposito. In essa non trovasi niente di differenza 
dalle preparazioni già descritte per le altre OxyrRine, e per i 
Carcharodon; la stessa differenza di dentrina più grossolana, forma 
e fa distinguere Ja sua radice dal cono del dente. In essa notasi 
al solito l’assenza dei grossi canali che la formarono, e vi si ri- 
scontrano come nella formazione dei medesimi, i piccoli vuoti 
privi di una forma regolare qualunque, e posti per ogni dove 
senza nessuna posizione fissa nè determinata; mentre nel cono del 
dente stesso vi si vedono i grossi canali che discendendo perpen- 
dicolarmente e suddividendosi in infinite diramazioni terminano 
per disperdersi in prossimità dello smalto, il quale egli pure è 
composto come in quelli, di un ammasso di piccoli tubetti tra- 
sversalmente uno sopra l’altro disposti, e fittamente sovraposti. 


STÙDI SUL GENERE 'OXYRHINA AGASSIZII LAW. 103 


I denti ancora di Owyrhina Agassizit Law. vedonsi appartenere 
alla seconda sezione che l’Agassiz. propone, disponendo i generi 
dalla interna costituzione, e che discopre il microscopio, cioè privi 
di un vuoto nell’interna sostanza della polpa del dente, e compo- 
sti perciò da dentrina compatta per ogni dove nel loro cono. 

La fig. 2, Tav. 9, dimostra la preparazione microscopica, ma 
però fatta nel senso trasversale, di un dente posto sopra alla 
mascella presso la sinfisi, e ancora questo non presenta nulla di 
particolare, nè vi si rinviene nessuna differenza degna d’osserva- 
zione da quelle fatte per Carcharodon e le Oxyrhine. 

Alla fig. 3, della stessa Tav. 9, vedesi pure una preparazione 
miscroscopica di una porzione di vertebra ancor essa fatta per 
l’oggetto di vederne l’interna costituzione, ma non presenta, 
sembrami nulla di ben particolare; la sua parte centrale è for- 
mata da una sostanza spongiosa in cui si vedono numerosi vuoti 
quali più piccoli, quali più grandi, quasi di forma ellittica; questa 
viene rinchiusa da due strati di sostanza molto più fina e disposta 
dalla sua parte esterna costituendo la forma di fuori della verte- 
bra stessa e rinchiudendo la sostanza spongiosa e grossolana; in 
questo strato di sostanza involvente non vi si vede nessun vuoto, 
ma esso è formato di sostanza compatta, che lascia vedere delle 
colonnette longitudinali costituite appunto da essa sostanza più o 
meno dura e fine. 

Se i resti di pesci cartilaginei fossili, sono facilissimi a rinve- 
nirsi peri loro denti e placche dermiche, però di essi ben diffi- 
cilmente trovansi altre parti allo stato fossile, giust’appunto per 
la poca solidità che esse presentano al loro sfacelo e dissoluzione, 
però sembrano presentare un poco più di solidità le vertebre, che 
se non in grandissimo numero, pure qualcheduna di queste pro- 
venienti da qualche Squalide è dato trovarne sparse insieme ai 


104 ROBERTO LAWLEY 


denti. Essendomi capitato ed avendo potuto trovare di questa 
Oxyrhina Agassizii, Law. quasi tutte le parti delle mascelle fos- 
silizzate insieme ai suoi denti, per la sua difficoltà nel rinvenirla 
quanto ancora essendo resti ben constatati, a quale specie essi ap- 
partennero, ho creduto bene di far pure di loro una preparazione 
microscopica onde presentare il suo disegno alla fig. 4, della 
stessa Tav. 9, veduta di fronte, ed alla fig. 5, della medesima 
Tavola altra preparazione per mostrarla veduta di fianco. 

La mascella da queste due preparazioni si vede essere formata 
d’una massa di materia assai solida la quale è di un colore scuro 
quasi nero, cementa una gran quantità di piccoli corpi di for- 
ma globulare più o meno regolari, che sono di un colore gial- 
liccio chiaro; la forma di questi corpi data dalla sezione ne fa 
vedere la loro irregolarità e fa vedere che essi sono pure stel- 
lariformi, cioè da un punto centrale alquanto più scuro, sì dipar- 
tono delle diramazioni più marcate, che arrestandosi irregolar- 
mente formano questi corpi rotondeggianti, quali più o meno 
ellittici, secondo non venga impedito farlo dal contiguo corpo in 
formazione e del quale uno di essi si allunga per entrare nel 
vacuo lasciato da esso, così prendendo forma diversa, ed alla so- 
stanza involvente dando maggior pressione in qualche punto. 

Questo è perciò che trovo a dire sopra alle diverse prepara- 
zioni microscopiche di questa specie, e che le mie deboli forze 
hanno sopra di esse saputo esporre. 

Con quanto io venni a ragionare sulla specie Oxyrhina Agassizii 
mi pare di aver esaurito ciò che di essa potevo dire in brevi 
parole, ma mi sembrava che il tema fosse di non lieve interesse 
per la paleontologia, da non doversi trascurare unendovi un nu- 
mero sufficente di tavole per la sua illustrazione necessaria. 

Solamente sembrerà che io pure dovessi fornire di una singola 


STUDI SUL GENERE OXYRHINA AGASSIZII LAW. 105 


descrizione ogni dente che nelle Tavole ho fatto disegnare, ma 
ho creduto inutile far ciò, perchè me ne esimevano le belle ed 
esatte descrizioni datene dagli autori; delle quali io con questa 
scoperta venivo ponendo in sinonimia le specie da loro fatte; e 
mentre veniva ad essere un lavoro superfluo, non avrei potuto 
che ripetere le loro descrizioni, e quasi copiarle, mentre d’altra 
parte mi sembrava più che sufficiente l’aver riprodotte, nelle mie 
tavole le figure che costituivano una stessa dentizione che per 
poco differiva da quella del Carch. Etruscus Law. del quale io ho 
già dato forse ancor troppo estesa descrizione. 

Non potendo oramai a tante forme differenti dal caso riunite, 
preferire nessun dei nomi già dagli autori stabilito, stimai mi- 
glior consiglio, come dissi nella mia memoria inserita nelle quat- 
tro memorie sopra a Resti Fossili ee. in onore del celebre autore 
della maggior parte di esse, questa venisse chiamata Oxyrhina 
Agassizii, comprendendo col suddetto nome specifico tutte le di- 
verse forme che compongono questa bellissima dentizione. 

Si potrebbe come fu fatto per il Carcharodon megalodon Agas. 
prendendo per norma la grandezza dei denti, desumere appros- 
simativamente la sua lunghezza, ma da ciò non sembrami che 
risulterebbe nessuna pratica utilità per lo studio di essa. E giu- 
dicando dalla sua dentizione, ben si può dire che essere doveva un 
Pesce Cane d’imponente forza, e la sua grandezza doveva ugua- 
gliare quella del Carcharodon vivente del quale porta denti di 
quasi uguale grandezza oltre che di egual forma. 


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SPECIE OXYRHINA CRASSA, 4AG4S. 


Nel mio lavoro intitolato “ Nuovi studî sopra ai Pesci ed altri 
vertebrati fossili delle Colline Pisane ,, stampato a Firenze 1876, 
Tipografia dell’ Arte della stampa, io citai sommariamente questa 
bella specie fatta dall’ Agassiz, descritta da lui a pag. 282, vol. 3, 
e disegnata alla Tav. 34, fig. 14, sotto il nome di Oxyrhina hastalis 
e altro disegno ne da a Tav. 37, fig. 16 sotto il nome di Oxyr- 
hina Crassa. La fig. 14, Tav. 34 per vero dire mi sembra che 
corrisponda poco con la descrizione che dà della specie alla pag. 
288: del che sembra dubitare l’Agassiz stesso quando dice nella 
pagina successiva: La fig. 14 della Tav. 34 è probabilmente la 
medesima specie; essa presenta lo stesso rigonfiamento dalla sua 
faccia esterna, ed è ugualmente spessa. 

Cosa che veramente non mi sembra, confrontando le figure 
della Tav. 37, con quelle della Tav. 34; ma gli esemplari che di- 
segna nella Tav.34 sotto la fig. 14 e della quale rettifica il primo 
nome di Oxyrhkina hastalis sotto cui egli prima l’aveva disegnata, 
io la riterrei invece per una delle tante forme di denti che si 
rinvengono nelle mascelle dell’Oryrkina Agassiziù Law. e più pre- 
cisamente proveniente dalla parte mediana di essa; forse con ra- 


108 ROBERTO LAWLEY 


dice un poco più dell'ordinario ingrossata, come qualche volta 
trovasi avvenire ancora in altri esemplari fra quei tanti che 
conservo in magazzino. Però quella figurata alla Tav. 37, fig. 16, 
la ritengo per la vera sua specie di OryrRina Crassa Agas. e ben 
differisce veramente da tutte le altre specie; egli dice ritenere 
per tipica quella in questa figura disegnata. 

Alla Tav. 4, fig. 1, 1°, 1", feci disegnare il mio migliore esem- 
plare che ritengo in collezione. Essa è veramente una magnifica 
specie, anzi oserei dire la più bella e la più caratteristica di tutte 
le altre congeneri. 

Questo dente come vedesi dalle citate figure, è grosso e raccor- 
ciato, misura cent. 4 e mezzo in altezza, e cent. 3 e mezzo mi- 
surato nella massima sua larghezza presso la base del cono; men- 
tre lo spessore della radice misura cent. 2 scarsi. La radice forma 
la terza parte dalla sua faccia esterna, ugualmente che dalla sua 
parte interna. La faccia esterna resta relativamente piana, come 
nelle altre specie, però uno spigolo centrale che in alcuni esem- 
plari trovasi più marcato mentre in altri meno, segna la metà di 
esso. Una larga striscia nera separa il cono del dente dalla radice, 
vedesi che questo era il punto dove faceva maggior pressione, la 
gengiva, da avervi fatto un abbassamento per il quale il cono 
risulta assai più rialto dopo tal pressione, e sopra a questa faccia 
esterna questa pressione, forma quasi un angolo retto; ed all’apice 
di questo angolo in parecchi esemplari, sopra al centro del cono 
del dente vi si vede un abbassamento che va a ritrovare lo spi- 
golo centrale stendendosi sopra al cono. Molti dei denti come 
quello disegnato ritrovansi equilaterali e taglienti, terminano in 
acuta punta alla congiunzione dei dne bordi: però in altri esem- 
plari trovasi che un lato è un poco curvo e flessuoso, e dalla 
parte della curva sviluppata in fuori, si vede ritrovarsi la branca 


STUDI SULL’ OXYRHINA CRASSA AGAS. 109 


più sviluppata della radice. Questa particolarità denoterebbe che 
questi denti dovrebbero essere quelli posti nella parte mediana 
della mascella e questa forma potrebbesi ritenere per quella che 
la rappresentasse, se in questa specie succedesse lo stesso come 
nelle altre descritte. 

La faccia interna ritrovasi essere molto convessa alla base del 
cono presso la sua radice, una larga striscia scura ed alquanto 
infossata segna pure in questo punto dove la gengiva su di esso 
faceva la sua maggior pressione; essa montava sopra allo smalto 
del cono stesso come vedesi dalla fig. 1° della Tav. 4, il quale 
lo rappresenta veduto dalla sua faccia interna. 

Le due branche delle radici vanno rilevandosi, ed alle loro 
punte si trovano più e meno depresse e stiacciate; e poco più o 
meno alte secondo che più o meno si trovano distare dalla sinfisi, 
deducendolo per analogia di ciò che accade nella dentizione delle 
viventi. Dalla faccia esterna la radice va assai dritta, ma non 
tanto quanto nelle specie già descritte. Dalla opposta, cioè in- 
terna, questa rigonfiasi al di sopra del cono, per il che essa resta 
più larga, e giunta allargandosi fino ad un certo punto, si volge 
per andare ad incontrare la faccia esterna, formando un ripiano 
in curva, dove al solito trovasi la traccia dell’atrofizzato nervo 
nutritivo del dente. 

Una cosa ben degna d’osservazione è quella, che in questa specie 
a differenza di tutte le altre specie congeneri, la punta del dente 
invece di volgersi sulla faccia esterna come a quelle succede, 
in questa si trova voltata dalia faccia interna, almeno tal par- 
ticolarità si rinviene in tutti i denti che sembrano provenire 
dalla parte anteriore della dentizione. E ciò noto giusto appunto 
perchè mi nasce qualche dubbio, che lo stesso accada per i denti 
che possono essere ritenuti per quelli, che si trovino posti sulla 


parte mediana della mascella. ù 


110 ROBERTO LAWLET 


Ben spesso nei denti di questa specie, e meglio sarebbe dire 
in quasi tutti, dalla parte interna della radice, nel punto dove 
la radice ho indicato volgersi per andare a trovare la sua faccia 
esterna, avvi una crepatura che approfondasi assai nella so- 
sostanza della radice stessa, come trovasi segnata nella fig. 1°, ed 
in quella fig. 1°, della solita Tav. 4. Io non saprei davvero dire se 
ciò avviene prima della sua fossilizzazione cioè mentre essi si 
trovavano tuttora posti nelle mascelle del vivente, oppure av- 
venga in conseguenza della fossilizzazione di essi. Non credo che 
questa specie fossile abbia nessun riscontro fra le viventi specie; 
perciò fino a questo giorno essa si può considerare fra quelle 
estinte, quantunque da un momento a un altro potrebbe ritro- 
varsi vivente. Per ora essa sarebbe da ritenersi per specie che 
abbia avuto la sua esistenza nel tempo della formazione Plio- 
cenica e fosse convissuta in unione dell’Oxyrkina Desorii, Agas. 
e della Oxyrhina Agassizii, Law. perchè si trovano depositati i 
suoi resti, consociati alle medesime, in tutte le località stesse. 

Questa specie venne ritrovata ancora dal Gemellaro in Sicilia 
a Aidone (Provincia di Caltanisetta), ma la figura che ne da poco 
uguaglia la specie della Tav. 37, fig. 16, che l’Agassiz rappre- 
senta e più assomiglia a quella che disegna nell'altra tavola ci- 
tata. L’Agassiz la dice provenire dal terreno terziario della Val- 
lata del Reno. 

Nelle Colline Pisane plioceniche, fu da me ritrovata a Or- 
ciano Pisano e in quelle di Volterra, e di queste due località ne 
ho potuto riunire numero sessantotto esemplari, dei quali al- 
cuni non sono in perfetto stato di conservazione. Il Gibbes dice 
pure di averla trovata nell’Eocene della Carolina settentrionale, 
ma guardando le fig. 159 e 160 della sua Tav. 27, poco esse ri- 
chiamano ]a specie dell’ Agassiz. 


STUDI SULL'OXYRHINA CRASSA LAWLEY 111 


Ho più volte pensato nel tempo che studiavo questa OxyrRina 
crassa Agas. e ho detto fra me: se questi esemplari che ho rac- 
colto nelle nostre colline Toscane rappresentassero veramente le 
forme della dentizione che questa specie portava nelle sue ma- 
scelle, quali potrebbero essere quelle che teneva nella sua man- 
dibola? 

Mi sembra che ancora qualcuna di quelle forme si dovessero 
nelle nostre località fossilifere ritrovare, a meno che ambe mascelle 
non portasse che una sola forma di denti, cosa che per ora non 
sembrami poter ammettere, perchè ciò non mi fu dato riscontrare 
in nessuna dentizione che io conosca. E nessuna altra forma per 
ora fu ritrovata da potersi attribuire menomamente alle maadi- 
bole. Ora andrò esaminando un’altra specie essa pure dall’ Agas- 
siz scoperta, descritta, e figurata, che nelle nostre colline in al- 


quanta abbondanza ancora di essa rinvenni nelle mie esplorazioni. 


S.TUSDAl 


SPECIE OXYTRHINA QUADRANS, AGAS. 


Ancora dall’Agassiz venne stabilita questa specie, e al Vol. 3, 
pag. 281, ne fa la descrizione, mentre alla Tav. 37, fig. 1 e 2, 
egli la rappresenta sopra ad individui alquanto mutilati. La de- 
scrizione che egli ne dà resta assai concisa ed incompleta, il che 
può derivare appunto dall’avere avuto due soli esemplari ed assai 
guasti che sono giusto quelli che rappresenta nella sua tavola. 

Io pure parlai di questa specie nel mio lavoro “ Nuovi Stu- 
di ec. , alla pagina 28 e successiva e la dico comunissima nelle 
nostre colline Plioceniche, da dove ne ho potuto avere ben 140 
esemplari di tutte l'età, e dimensioni, non escluso di avervi tro- 
vato ancora i denti in via di formazione. Il più piccolo fra quelli 
che io ritengo misura mill. 10 di altezza e mill. 13 di larghezza 
preso dalla base della radice, essendo questo il punto della sua 
maggior larghezza, perciò egli resulta più largo che alto. Dal suo 
aspetto e dalla sua forma raccorciata che egli ritiene ed essendo 
pure una forma non ben definita e spiccata, mi sembrerebbe uno 
di quelli, che nella dentizione di questa specie dovesse essere po- 
sto, in fondo delle fauci fra i piccoli ultimi; egli ha la punta 


STUDI SULL’OXYRHINA QUADRANS AGAS. 113 


molto rivolta verso la sua faccia interna, ed il cono dalla faccia 
esterna trovasi essere in esso molto convesso, cosa osservata an- 
cora dall’Agassiz, perlochè egli lo cita come un carattere specifico. 
Da questa misura essi vanno crescendo fino al più grande che 
ho in collezione, il quale misura mill. 52, di altezza presa dalla 
punta a tutta la radice in linea retta, e mill. 52 di larghezza 
alla base della radice, dove si trova essere in esso la maggiore, 
egli ha un apparenza più svelta di molti, essendo gli altri quasi 
tutti più larghi che lunghi. Un dente mutilato nella sua radice 
sarebbe stato forse il più grande per darne la sua misura, ma per 
il suo difetto non resta possibile il farlo. Il cono di questo misura 
mill. 47 dalla base alla punta mentre, quello del quale ho più so- 
pra dato la misura, non è che di mill. 38, misurato nella stessa 
maniera, cioè dalla punta alla base del suo cono; dal che si vede 
quanto egli sarebbe stato più grande in lunghezza, se non gli 
mancasse la sua radice. 

Per la loro forma tutti questi denti poco differiscono l'uno 
dall’altro: perciò appena visto uno di essi, restando così carat- 
teristici, non è possibile il dimenticarli. Ora ne farò la diagnosi 
descrivendone uno fra i più rimarchevoli, e della grossezza me- 
dia che la maggior parte di essi ritiene. 

Alla Tav. 4, fig. 2, 2°, 2°, 2°, 2% dove venne rappresentato 
può vedersi essere un dente molto arcuato e grosso, come nella 
precedente, il cono del quale da una parte del bordo forma 
una curva sporgente in fuori, e dall’opposta porta una curva 
rientrante. Dalla faccia esterna egli trovasi in quasi tutti rela- 
tivamente piano, porta uno spigolo centrale mediano, formato 
dall’abbassarsi un poco che fa la sua faccia lungo esso, per quindi 
rialzarsi alquanto prima di giungere ai suoi bordi, presso i quali 
essa faccia si rialza per formarli. In molti denti trovansi mar- 


114 ROBERTO LAWLEY 


cate delle pieghe e relativi solchi, ma conviene ricordare che tutti 
questi spigoli e depressioni non sono apprezzabili che per i ri- 
flessi che vi si formano, più che per essere essi veramente rile- 
vati, per cui la faccia in sostanza risulta piana. Hanno bordi 
taglientissimi, punta molto adunca ed acuta; la base del cono è 
più alta da questa faccia esterna della radice a cagione della 
pressione che la gengiva vi faceva. Alla base del cono esiste la 
solita linea di colore scuro prodotta dalla gengiva, che fa un 
angolo più o meno ottuso in essi, fino a che in qualcuno egli 
diventa retto. La radice alzando le sue due branche seguita ad 
essere al solito piana da questa sua faccia, la branca dal lato 
della curva sporgente in fuori, è ancora in questi denti la più 
alta; è perciò a ritenersi che ella fosse quella che restava dalla 
parte della sinfisi, come abbiamo riscontrato nelle viventi. 

La sua faccia interna invece è molto convessa, e presso l'unione 
del suo cono con la radice questa e molto rigonfia, e la traccia 
della maggior pressione della gengiva viene ad essere marcata 
parte sopra di essa, e parte sopra allo smalto del cono, alteran- 
done un poco la sua lucentezza. La radice come in tutti i denti 
degli altri Squalidi, seguendo per un poco l'andamento del cono 
si allarga, per andare quindi curvandosi ad incontrare la faccia 
dell’opposta parte che, come sappiamo è dritta, e quivi come in 
tutti i denti, ritrovasi la traccia del foro per cui passava l'atrofiz- 
zato nervo nutritivo. L'impressione della gengiva da questa faccia, 
interna scende assai più in basso che nell’opposta, dove fa l'angolo 
del quale ho parlato; in questo invece fa sul suo cono una rego- 
larissima curva, seguitandone la sua forma convessa. La radice 
sì trova pure essere notabilmente stiacciata alla punta delle sue 
due branche, in tutti i denti. 

1 denti di questa Oryrhina quadrans Agas. richiamano molto 


STUDI SULL’ OXYRHINA QUADRANS AGAS. 115 


alla memoria per la loro forma, quelli dell’ Oxyrkina crassa Agas. 
e la ditterenza che vi troviamo più spiccata fra l’una specie e l’al- 
tra si è che mentre il dente di questa trovasi essere equilaterale, 
quelli dell’ OxyrRina quadrans Agas. sono formati in curva; come 
ì denti della prima essi sono assai grossi e densi, in molti indi- 
vidui la radice dalla sua faccia interna, dove curvasi per andare 
a ritrovare quella della faccia esterna, vi si vede quella crepatura 
tanto particolare, che citai trovarsi posta nella crassa. 

Una particolarità che ritrovasi in molti di questi denti, è quella 
che invece di aver piana la sua faccia interna, la presentano con- 
cava, e la punta del dente per il suo alzarsi verso questa faccia, 
costringe il lato del suo bordo a portarsi in fuori per seguirlo, 
onde questo deve descrivere un elegante e flessuoso giro per rag- 
giungerla come può vedersi rappresentato nella Tav. 4, fig. 2°, 
2°, dove perciò essi vennero espressamente disegnati. Mentre al- 
l'opposto trovansi alcuni denti che invece di presentare la loro 
faccia interna concava o piana, essa si presenta convessa, ed in 
questi la punta è dritta, non rivolgendosi sopra a nessuna delle 
due faccie, per cui la presentano di questa forma come disse 
l’Agassiz, che la diede come carattere di questa specie, il che 
poteva accadere benissimo avendo fatto la sua specie sopra due 
soli individui, i quali per di più si trovano in buona parte an- 
cora mutilati. Queste due particolarità che ho avvertito, con- 
viene che io faccia osservare non averle ritrovate che in individui 
che misuravano tutto al più mill. 30 di altezza, per cui possono 
essere detti fra i piccoli, e che per questa loro particolarità ri- 
terrei dovessero gli uni e gli altri trovarsi posti in una posizione 
determinata e costante dell'asse mandibolare dell'animale. 

Questi 140 esemplari che io ritengo in magazzino, n.° 67 pro- 
vengono dalla parte sinistra e n.° 73, dalla parte destra della 


mascella. 


116 ROBERTO LAWLEY 


E se dovessi emettere un giudizio, il quale però io dichiaro fin 
d’ora molto avventato, direi, che i denti che formano questa spe- 
cie Oxyrhina quadrans Agas. facilmente dovessero occupare il po- 
sto della mascella di una stessa specie, e che i denti dell’ Oxy- 
rhina crassa Agas. non fossero che quelli posti sulla mandibola, e 
così queste due specie si dovessero riunire in una sola, formando 
una stessa e medesima dentizione, che dovrebbe secondo me por- 
tare un solo nome specifico. 

L’Agassiz al Vol. 3, pag. 281, parla di un dente che trovasi 
nel Museo di Calsruhe di provenienza ignota, ed alla Tav. 33, 
fig. 10, ne dà il disegno e fa la sua specie di Oryrhina retro- 
flera, costituendola per la particolarità con cui è voltata la 
punta, ma mi sembra in tutto avere la medesima forma della 
quadrans, e la sola differenza consiste nella suddetta, dalla parte 
dalla quale volta la sua punta; per questo può essere ritenuta per 
un'anomalia, come io crederei. 

L’Oxyrhina quadrans Agas., sì può a giusto titolo dire molto 
comune nel pliocene delle nostre Colline Toscane, e come vedesi, 
possedo di essa un buon numero di esemplari, dei quali una tren- 
tina in perfetto stato di conservazione. 

Ne ho trovati in Orciano Pisano, nelle argille del Volterrano, 
nelle stesse località nelle quali si trovano le altre specie già de- 
scritte. Il cav. Botti me ne ha mandati tre esemplari in comuni- 
cazione, provenienti dalla pietra Leccese, nei quali non seppi 
trovare differenza di sorta da quelli nostri pliocenici; essì erano 
di perfetta conservazione, non trovo citata dal Gemellaro questa 
specie come esistente in Sicilia, ma essendovi l’ Oryrkina crassa 
Agas., credo che debbasi ritrovarsi ancora questa essendo sempre 
da me stata rinvenuta consociata con essa. 

Il Gibbes pure non la cita, ma cita l’Oxyrhina crassa Agas., 


STUDI SULL'OXYRHINA QUADRANS AGAS. Ta l7d 


tuttavia per le osservazioni che feci sulle figure da lui riportate 
nella sua Opera, ritengo questa specie per dubbia. Non fu citata 
neppure da E. Sismonda fra i fossili di Piemonte. 


Ora andrò descrivendo un’altra specie. 


STE 


SULLA 


SPECIRK OXYRHINA GIBBOSISSIMA LAW. 


outro _—_—î 


Un singolarissimo dente presento alla Tav. 4, fig. 4 veduto 
dalla sua faccia esterna, ed alla fig. 4° vedesi rappresentato di 
fianco, onde si possa ben concepirne la stranissima sua forma. 
Fu da me proposto come specie sotto il nome di Oxyrhina gib- 
bosissima nel mio lavoro già più volte rammentato “ Nuovi Studi 
sopra ai Pesci ed altri vertebrati fossili delle Colline Pisane , fino 
dall'anno 1876, specie fatta sopra a due esemplari, i quali sono 
molto simili l’uno all’altro, ma non possono dirsi identici fra 
loro, e furono da me trovati in una delle tante gite che ho 
fatto in Orciano Pisano, a far ricerca di Conchiglie e resti di Pe- 
sci fossili. 

È un dente che si presenta oltremodo raccorciato, e le due 
branche invece di erigersi come negli altri denti, esse si stac- 
cano sporgendosi in fuori di parecchi millimetri verso la sua fac- 
cia anteriore od esterna, per cui la radice dalla sua parte supe- 
riore, viene a presentare un piano stiacciato sopra il dente stesso; 
una di essa al solito sì presenta più sviluppata e lunga dell’ altra, 
e questa sarà certamente quella che resta dalla parte della sin- 
fisi; ma non sapendo se tal dente appartiene alla mascella o alla 


STUDI SULL'OXYRHINA GIBBOSISSIMA LAW. 119 


mandibola, non se ne può giudicare; si può dire però non trovarsi 
essere posto dalla medesima parte della curva formata dal cono 
del dente, come avviene negli altri di questo genere, e nei Car- 
charodon, ma dalla parte della sua curva rientrante, cosa ancora 
questa assai strana e bizzarra. La punta del cono essa pure ad 
un certo punto torcesi in tronco verso la sua faccia posteriore, 
cosa che dà alla sua figura sempre maggior aspetto raccorciato e 
gibboso; alla base del cono un ben marcato cordoncino di colore 
oscuro separa questo dalla sua radice formandovi un leggerissimo 
angolo ottuso dalla faccia esterna, mentre che dall’interna, fa- 
cendo una curva, va, a seguire la convessità di esso cono; i bordi 
lisci ed uniti del dente fanno chiaramente vedere che senza ve- 
run dubbio trattasi di un dente proveniente da una Oxyrhina. I 
bordi pure piegansi dove la punta del dente volta bruscamente, 
come dissi; essi pure volgendosi dalla faccia interna, fanno un 
angolo risentitissimo onde seguirla, e presso la base del dente 
sono assai taglienti, mentre verso la punta essi sono molto più 
ottusi, per cui lo sono meno; la punta mentre non può dirsi acu- 
tissima, tuttavia lo è assai. 

Il dente dalla sua faccia esterna misura mill. 25 di altezza 
dalla punta, compresa la radice, la sua larghezza e di mill. 26, 
misurato nella sua maggior estensione che trovasi essere presso 
la base del cono del dente. La radice che come dissi sì stiacca 
invece di elevarsi, forma un ripiano di mill. 19, per il suo senso 
minore e mill. 28 per l’altro sua più grande. 

La radice, come dissi per l’Oryrhina crassa Agas. ad una certa 
sua altezza mostra un’ assai profonda crepatura, la quale si ri- 
scontra ancora nella Oxyrhina gibbosissima, e come in quella re- 
sta dalla faccia interna. 

L’altro esemplare, il quale è molto più piccolo del descritto e 


120 ROBERTO LAWLEY 


ancora esso assai raccorciato, è meno gibboso, meno irregolare, non 
ostante che come quello credo provenga da una dentizione simile, 
ma che potrebbe essere di un individuo meno sviluppato. 

La forma di questo dente, quantunque in esso si trovi così 
irregolarissima, nondimeno debbo convenire che richiama per 
molte sue particolarità la specie testè descritta dell’ Oxyrhina 
quadrans, Agas., e la rarità con la quale si rinviene, mi farebbe 
sospettare che ella potesse essere una qualche anomalia di quella 
dentizione, e perciò stimo meglio di averne fatta la sua descri- 
zione acciò venga constatato col tempo e con le ricerche, se ella 
abbia diritto a restare come una specie reale e costante, o debba 
venire dichiarata come una semplice anomalia di qualche specie 
di Oxyrhina. 

Essendo esaurito l’ esame di questa specie ora andrò proponen- 
done un’altra che fu fatta e descritta sommariamente nel mio 


più volte citato lavoro. 


SARIUZoNI 


SULLA 


SPECIE OXYRHINA FORESTII, LAW. 


Ancora questa specie pubblicai nel 1876, nel mio più volte 
citato lavoro “Nuovi studi sui Pesci ec., e fu da me fatta so- 
pra a due denti di una forma particolare provenienti da una 
dentizione ben differente di una qualche specie di Oxyrhina già 
descritta, ma davvero non oserei dire che essi non potessero tro- 
varsi portati in qualcuna di quelle, e non fossero piuttosto denti 
posti in qualche posizione speciale delle loro dentizioni per cui 
ammettendo questo caso, credo che essi dovessero essere posti 
verso i piccoli di fondo alle fauci; perciò ho voluto dar loro un 
titolo speciale, e rinnovare in questo mio lavoro con più detta- 
glio la loro descrizione, avendola fatta nel precedente molto som- 
mariamente sopra di essi, attendendo il giudizio che ne verrà 
dato da qualche giudice competente. 

Il mio amico dott. Foresti pure ne rinvenne uno nelle argille 
del Bolognese, che ebbe la gentilezza di mandarmi in comuni- 
cazione, per confrontarlo con i miei esemplari: esso si trovava 
corrispondere perfettamente con i suddetti. 

Uno dei due denti trovasi disegnato alla Tav. 4, fig.8 dalla sua 
parte esterna, ed alla fig. 3° vedesi il medesimo dente rappresen- 


122 ROBERTO LAWLEY 


tato di fianco, questo è dei due il più grande ed il più caratte- 
ristico, ma disgraziatamente la faccia esterna della sua radice è 
un poco guasta, non tanto però da non concepirne la sua vera 
forma. La faccia esterna compresavi la radice misura mill. 22, 
l'altezza di questa sola si trova essere di mill. 12; lo spessore 
della radice, misurata dalla sua faccia anteriore alla posteriore, 
potrebbe essere fra mill. 10 e 12, non potendosi dare esatta per 
il guasto che già dissi in essa ritrovarsi; la larghezza alla base 
del cono del dente è di mill. 15, dal che si vede essere un dente 
portante grossissima radice in confronto del suo cono. La punta 
è acutissima e si rivolge dal lato della sua faccia interna, come 
avviene ai denti ultimi di fondo alle fauci; i suoi bordi sono 
taglientissimi, e presso la base si alzano assai al disopra della 
faccia esterna del dente, e mentre che la punta va voltandosi 
verso la destra, il suo bordo sinistro fa una curva flessuosa onde 
seguirla, tracciando una curva in fuori; dalla qual parte resta 
pure la branca più alta della sua radice. E quando sì potesse 
sapere se egli apparteneva alla mascella, o sivvero alla mandi- 
bola sarebbe subito riconosciuto se egli restava a dritta od alla 
sinistra della sua dentizione; chè queste due particolarità subito 
lo accerterebbero. 

Vedesi tracciare dalla radice sulla faccia esterna un angolo 
alquanto ottuso, ma in esso non distinguesi se delimitato dal so- 
lito cordoncino, per essere quivi il principio del guasto della ra- 
dice, come pocanzi accennai, ma osservando l’altro dente, si può 
dire che questo cordoncino non vi esistesse, non ritrovandolo nep- 
pure in lui; dalla faccia interna poi la radice forma un arco ro- 
tondeggiante per seguire la convessità che vien formata dalla sua 
faccia. In questo dente non trovandosi altre particolarità degne 
di osservazioni, in tutte le altre parti non citate uniformasi agli 
altri già descritti. 


STÙDI SULL'OXYRHINA FORESTII LAW. 123 


Il dente più piccolo porta ancor esso i suoi due bordi presso 
la base assai rilevati; la radice quantunque molto grossa in pro- 
porzione del suo cono, pure non lo è tanto quanto nel già de- 
scritto, ed ha la branca della radice, che resta dal lato della sua 
curva che si volge in fuori, molto più sviluppata dell'altro mentre 
ambedue l’estremità di esse, invece di essere stiacciate come ne- 
gli altri denti, si trovano appuntate e rotonde. In ogni sua parte 
è conforme all’altro più grande già descritto. 

Questi due denti mi provengono dalle argille d' Orciano Pisano, 
località or mai divenuta celebre per la sua ricchezza non solo di 
conchiglie fossili, ma ancora per le tante forme di resti di Pesci 
fossili che mise in evidenza, non mai veduti prima d'ora nel 
pliocene. 

Prima di chiudere questo lungo dettaglio sulle Oxyrhine, mi 
piace palesare l’impressione ricevuta tutte le volte che mi sono 
dato ad esaminare e studiare le loro dentizioni. E se non poco 
effetto produsse in me i 150 denti che armavano le fauci del 
Carcharodon Etruscus Law., e la grossezza ed unitezza di forme 
di quelli del Carcharodon melagodon Agas., ripensando alla loro 
forza e potenza nell’afferrare la preda, non minore effetto mi 
produsse l'esame della mascella e dei denti delle OxyrRine che 
per l’acutezza loro, per la disparità di forme dovevano nel met- 
terli in opera cagionare lacerazioni assai più strazianti. Concludo 
quindi, che se la fossile Oxvyrhina Desoriù Agas., uguagliava in 
ferocia, come è a ritenersi, la vivente OwyrRina Spallanzanii Bonp, 
quanta maggior potenza non dovevano avere le altre fossili 
Oryrhine Agassizii, crassa, e quadrans per essere i loro denti an- 
che più grossi? 


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TA VOTA 
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VIVENTE. 
OXYRHINA SPALLANZANII, BONP 


—sogtoo— 


TAVOLA PRIMA 


_——€& 


OXYRHINA SPALLANZANII, BONP. 


Fig. 1. Mascella dal vero dell’ Oxyrhina Spallanzanii 


” 


” 


» 


” 


Bonp. metà della grandezza naturale . 

2. Dente di prima fila sulla sinfisi della Mandibola 
veduto dal lato esterno . 

2.* Lo stesso dal lato interno 

2.° Lo stesso di fianco . 

a Dente impari dal lato esterno : 

4. Ventinovesima vertebra dell’Oxyrhina SIL 
nii Bonp. . 


. Pag. 68 


68, 72 
68, 72 
68, 72 
70 


74, 94 


BONP 


OXYRHINA SPALLANZANII B 


Y 


hi 
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» [Segn e 


PA WOLÀ 
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FOSSILE 


OXYRHINA DESORII, AGAS. 


camere 


TAVOLA SECONDA 


6 


DENTI DELLA MASCELLA SUPERIORE DELL’OXYRHINA 
DESORII, AGAS. COME PROPOSTA DA ROBERTO LAWLEY. 


Fig. 1. Dente di 1.° filata della sinfisi veduto dal lato 


CRUELILO MMS AR o RT I I AAT 
1.° Lo stesso veduto dal lato interno . . . . ., 
IN OWstesso veduto gdi fianco e e. i e 
2. Dente di seconda filata veduto dal lato esterno. , 
2eMlloNstesso dal''sno@Mato interno 9. Re 
2 MUOESCESSO dI ANCORA NE 
3. Dente impari dal lato suo esterno a Ri 
StilolistessoXdallUlatoWMinterno E AT 
SO MIOSSTESSO RIU nancona 0 to SRO 
4a 11. Denti successivi a quello impari... . . >, 


G 
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ti, 

CA - pi 

5 


FOSSILE 


OXYRHINA DESORII, AGAS. 


TAVOLA TERZA 


I 


MANDIBOLA 0 MASCELLA INFERIORE DELL’OXYRHINA 
DESORII, AGAS. COME PROPOSTA DA ROBERTO LAWLEY. 


Fig. 1. Dente di prima fila presso la sinfisi veduto dal lato 
ESHEII O) e dire Mala 14 AR TRAE 
gio stessondaliMatomnternno 6 e es 
Seal: ilogstessodi fancor o . i e. n e SIN 
» 2. Dente di seconda fila dal lato esterno... . +. . . » 88 
TIZI CON stesso dal lato interno E RN SE, 5 
a S2IACOMELSOPra Idi fl AMCO; I I 
» 9. Dente impari dal suo lato anteriore. . ... . . s 89 
a ogblotstesso dal Mato interno e ee 
PIRA Comegsopra Tdi cHanco N I MI, 

- 4. Dente dopo l’impari con la punta che curva verso 
l'interno veduto dalla parte esterna . . . . . , 89 
id RUogstesso dal Iatomnbernon. RAT 
DONI ZIORSLESSO DIAM CO e RI SUR O E 
s 5,0,7. Denti successivi con enrva come il quarto . (e 3 #89 


RLAWLEY OXYRHINA DESORI AGAS. T83 


ew: 


A.Manzella dis.etit Tit. Ach Paris, Firenze 


TAVOLA 
4. 


OXYRHINE FOSSILI 


TAVOLA QUARTA 


___- 


OXYRHINE FOSSILI. 


Fig. 1. Dente di Oxyrhina crassa Agas. veduto dalla sua 


parte esterna . . sli SA Rag 08 
1.° Lo stesso veduto dal to Interno e. SOS OSANO. 
1.° Come sopra di fianco. . » 108, 110 
2. Dente di Oxyrhina quadrans A vento) dalla 

parte esterna. . . È PR lo 
2.° Lo stesso veduto dal na ino cura aa 
DO 0 mne SO Pra VALSA CO TN sa alia 
2.° Dente più piccolo della stessa specie dal suo lato 

Esterno: li Ln e MR e RO 
i IN iiaso diano; ssa 3 AMSA 
3. Dente dell’ Oryrhina Forestii Law. dal a ester- 

100 RNA O AR SC SR e O E DI 
Bi Molstesso tdi fianco i. I 
4. Dente dell’Oxyrlina e La Gal Ta 

Esterno: 1.00 E e A e MI 
43 Wo\stesso (di fianco? .. EM RR 


R.LAWLEY OXYRHINA Ta 


A Manzella dis.e lit. Lit Ach, Paris, Firenze 


(TAVOLA 
DL 


FOSSILE 


OXYRHINA AGASSIZII, LAW. 


TAVOLA QUINTA 


aacacani 


MASCELLA RICOSTITUITA DI OXYRHINA AGASSIZII 
COME PROPOSTA DA ROBERTO LAWLEY. 


Fig. 1. Mascella d’Oxyrhina Agassizii, Law. dedotta da n.° 
140 denti trovati insieme . . . . . . . Pag. 95 
» 2. Dente anomalo di Oxyrhina Agassizii, Law. veduto 


dal*suo.ilato ‘esterno et... e 
PMF orstessodal/latofnterno i RO a 


aZUBIL SITEJUOYILT 31/2 /SIp E]ezueNi y 


CRI MYI IIZISSVOV VNIHYAXO ARIMNTH 


OL A 
S 


FOSSILE 


OXYRIINA AGASSIZII, LAW. 


eno i 


TAVOLA SESTA 


or 


DENTI DELLA MASCELLA SUPERIORE 
DELLA OXYRHINA AGASSIZII, LAW. 


Fig. 1. Dente della sinfisi sua parte esterna . . . .Pag. 96 

» 2 Lo stesso veduto dal lato interno . . . . . 5 96 
Ml orstesso di fianco. 0 ale N RO 

» 2. Dente impari veduto dal suo lato esterno . . , 96 

» ‘(250Lo stesso veduto dall'Smterno (Ri e 

IZ CO MENO PLA TAI CHANCO MES INT TO 

» 8. Dente dopo l’impari con base frangiata . . . , 96, 97 
Tani sor Denti successivitalimp arie ee 


REINA 
ne pa; 


tav È 


A.Manzella dis.elit 


Re VOL, A 


"gi 


FOSSILE 
OXYRHINA AGASSIZII, LAW. 


cova — 


TAVOLA SETTIMA 


aa aava: 


DENTI DELLA MANDIBOLA 0 MASCELLA INFERIORE 
DELL'OXYRHINA AGASSIZII, LAW. 


Fig. 1. Dente sulla sinfisi veduto dalla parte anteriore. . Pag. 98 


SAL oistesso dalla parte interna (OR 5 
Si AIAAIONStTEssO dI RRAnCO n TM 
20 enteim paritdal Mato esterno RAS 
2A MWolistesso veduto (dalUlatofinterno ER ee 8 
SA COMORSOPra: di ANMCO AO I E VII 


8. Dente successivo all’impari che cambia la sua curva 
verso la parte interna veduto dal suo lato esterno , 100 


PESTO IEsso veduto dI ANCOR NL 
, 4,5, 6, Denti successivi con curva verso l'interno, ve- 
dutiidalato esterno LO OI0I 


28 


Paris, Firen 


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Fig. 1. Cinque vertebre in posto in tenacissima argilla . 


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TAVOLA OTTAVA 


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VERTEBRE DI OXYRHINA AGASSIZII, LAW. 


2. Vertebra veduta di faccia . 
3. La stessa veduta di fianco . i MES SI 
4. Freccia di Silice verdastra trovata con le Vertebre. 


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OXYRHINA AGASSIZII, LAW. 


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SEZIONI 


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TAVOLA NONA 


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OXYRHINA AGASSIZII, LAW. 


Sezione ingrandita di dente fossile veduta di fronte. 
Idem di fianco. 

. Sezione di Vertebra . 

. Sezione di Mascella di fronte . 

Idem di fianco. 


Pag. 102 
» 103 
; 108 
, 104 
, 104 


LAW. 


OPAIRICUINTARZAGYASISIZZIO 


R. LAWLEY 


Lit. Ach Parìs, Firenze 


A .Manzella dis. e lil 


du A NESLELA 
10. SE ag 


FOSSILE i US 


OXYRHINA DESORII, AGAS. 


Sezione longitudinale di un dente della sinfisi della 
TMANIPOlaKtt = lee e e ee e reo RA 
2. Trasversale del medesimo dente . . . . . . . 
3. Longitudinale del quarto dente della mascella . . , 
4. Longitudinale del quarto dente della mandibola. . , 
5. Longitudinale dell’impari della mascella . . . . |, 
6. Longitudinale dell’impari della mandibola. . . . , 


TAVOLA DECIMA 


DNS 


SEZIONI DELL’ OXYEHINA DESORII, AGAS. 
DENTI INGRANDITI DEL DOPPIO 


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FOSSILE 


OXYRHINA QUADRANS, AGAS. 


SEZIONI 


TAVOLA UNDECIMA 


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SEZIONI DELL’ OXYRHINA QUADRANS, AGAS. 
INGRANDITE DEL DOPPIO. 
r 


. Sezione di un dente della sinfisi nel senso trasversale. 


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. Longitudinale dello stesso. 
. Trasversale per grossezza dello stesso. 
. Longitudinale dell’ apice della Fig. 2, per completarlo. 


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— GENERE GALEOCERDO, NULL. EV HENLE 


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SUL 


GENERE GALEOCERDO, MULL. ET HENLE 


Il genere Galeocerdo venne proposto dal Miller et Henle, ma 
non è che uno smembramento di alcuni pesci della famiglia degli 
Squalidi, che erano prima dal Cuvier inclusi nel genere Galeus. 
Questa separazione venne da loro proposta, servendosi per di- 
stinguerlo dal Galeus, delle differenze che trovansi esistere nella 
dentizione di qualche specie di esse, le quali vengono riscontrate 
costanti e ben caratteristiche; è perciò da ritenersi il genere 
per ben stabilito; fu per questa ragione che appena venne esso 
proposto, da tutti fu accettato. 

E mentre che i denti dei veri Galeus si trovano al loro bor- 
do anteriore del tutto liscie e privi di dentellatura, non avendo 
che qualche dentello sulla loro parte posteriore presso l’incavo 
che essi vi tengono, quelli del genere Ga/leocerdo invece, sono 
dentellati per tutto il loro contorno, ma però questa dentella- 
tura si trova in essì spartita in maniera inegualissima, e mentre 
la base del dente, ritiene la dentellatura molto marcata e forte, 
la punta del cono, ed il cono stesso la presentano molto più fine. 

Il Miller et Henle mantengono il genere Galeus per le 
specie a denti piccoli, quali sono il Galeus canis Rond. e Galeus 


9 


126 ROBERTO LAWLEY 


japanicus Mill. et Henle, mentre propongono le due specie, tigri- 
nus Mill. et Henle, ed articus Mill. et Henle di ritenerle come 
Galeocerdo, le quali specie oltre ad avere per tutto il contorno 
dei denti la seghettatura in questione, portano dei denti molto 
più grandi delle due prime specie citate. 

L’Agassiz propone la sua specie fossile di Galeocerdo minor 
Agas. per alcuni denti molto somiglianti al vivente Galeus canis 
Rond., e dice che essi sembrano privi di dentellatura sul cono 
del loro dente, o seppure in essi vi si trova, l’ hanno appena vi- 
sibile ed incerta. Nel nostro pliocene ritroviamo con frequenza, 
denti analoghi a questa specie Galeocerdo minor Agas., i quali 
pure sono privi di dentellatura sul bordo del loro cono, ed in 
qualcuno, piuttosto, troviamo in tal posto una leggera sfrangia- 
tura prodotta dall’incontro che fa lo smalto delle due faccie an- 
teriore e posteriore in quel punto il quale così incontrandosi dà 
una incertezza al contorno del dente, restando lo studioso perciò 
incerto se debbasi essa ritenere per una qualche indecisa dentella 
tura; ma del resto, osservandola con una lente ancora di piccolo 
ingrandimento, si resta subito ben persuasi che non si può rite- 
nere per tale, perchè essa dovrebbesi rilevare dalla sua unitezza, 
e dalla marcata distinzione dei suoi dentelli che ha sul bordo 
del cono. 

Questa notabile differenza, che per ora costantemente si man- 
tiene senza eccezione, citata è vero, con un poco d'incertezza 
dall’Agassiz, ma che egli pure ritrovava in quelli da lui esami- 
nati, mi farebbe ritenere che il conservare il genere Galeus per 
essi, sarebbe cosa ben fatta, e perciò adattata; andrò dunque 
ponendo fra parentesi ed aggiungendo (Galeus), al genere Ga- 
leocerdo, ogni qual volta un dente di quel genere mi si presenti 


occasione di citare. 


STUDI SUL GALEOCERDO MiLL. ET HENLE 127 


Dei denti di Ga/eocerdo, secondo ciò che dice l’ Agassiz, non 
avendo avuto per mio conto la possibilità di procurarmene nessun 
esemplare vivente; come pure non ho mai potuto neppure avere 
che per pochi momenti, in altri tempi, una testa ischeletrita di 
Galeus canis Linn. (che trovasi presso il Museo di Firenze, e 
che sotto speciosi pretesti costantemente era negata, per ragioni 
che non voglio indagare). E giacchè fortuna mi fu avara, nè 
mi concesse di poterne mai fino adesso trovarne un individuo, 
che mi rendesse indipendente comprandolo, dico sulla fede del- 
l’Agassiz, che i denti di Ga/eocerdo vivente sono eguali nelle due 
mascelle, e quasi alti quanto larghi; portano curva sviluppata 
in fuori sulla parte anteriore del dente, mentre la parte poste- 
riore di esso, è molto incavata, e giust'appunto nell’incavo presso 
il cono del dente, trovansi posti i dentelli più grossi, che vanno 
diminuendo in seguito, fino che essi si congiungono con la ra- 
dice; invece sopra tutto il contorno del dente stesso, la seghet- 
tatura è marcata da dentellatura più fine, e specialmente in tal 
modo ritrovasi nella sua punta. La faccia esterna è piana, quella 
interna è più o meno convessa. La radice non ritrovasi essere 
molto spessa o densa, essa è in generale concava e parallela alla 
base della corona. I denti impari, che in ambe le mascelle ri- 
trovansi centrali, nel Ga/eocerdo articus Mill. et Henle sono sen- 
sibilmente più piccoli degli altri, ma hanno quasi la stessa forma, 
sia nella mascella dove si ritrovano esser alquanto più grandi, 
sia nella mandibola, dove essi sono assai più piccoli. Il cono del 
dente porta un lucido e brillante smalto, mentre la radice spon- 
giosa come negli altri Squalidi, ne è del tutto priva. 

Ma ciò che prova che i generi Galeus e Galeocerdo sono vera- 
mente ed essenzialmente differenti da altri Squalidi, e che perciò 
questi generi sono stabiliti sopra una base certa, e non solo su 


128 ROBERTO LAWLEY 


differenze di dentizioni, nasce appunto dall’ esame interno delle 
preparazioni microscopiche, alle quali devesi ben certamente an- 
nettere una non piccola entità. 

. Queste preparazioni microscopiche mostrano che nel pieno della 
dentrina del dente in ambedue i generi si ritrova un vuoto conico 
interno che va seguendo la forma esterna del dente; dal centro 
di tal vuoto sembrano partirsi le diramazioni dei canali che ne 
formano la sostanza della dentrina del dente stesso, a differenza 
dei denti di Carcharodon, nelle cui preparazioni microscopiche i 
canali, partendosi dalla base del cono del dente si possono con 
l’occhio seguire per tutta la loro lunghezza e le loro infinite sud- 
divisioni, mentre nei Galeus e nei Galeocerdo i canali vengono 
a formare un angolo e per poco possono essere essi seguìti nella 
ristretta grossezza della dentrina che resta dal vuoto alla parte 
esterna del dente. 

La radice dei Ga/leus e dei Galeocerdo è pure formata da den- 
trina di grana molto più grossolana, come trovansi essere for- 
mati i denti nei Carcharodon, cosa che ho già fatto osservare; 
ed in essa pure trovansi sparsi i molti numerosi vuoti che vi si 
vedono di forme incostanti e di variabile posto ben differenti 
dalla cavità che vedesi posta nel centro del dente, e di questi 
vuoti potremo farcene una giusta idea esaminando la Tav. 2, ove 
furono disegnate molte di queste sezioni delle diverse specie. 

Ancora l’Agassiz alla Tav. 0, vol. 3, dà una preparazione mi- 
croscopica che nella detta Tav. fig. 1, mostra la sua sezione ver- 
ticale presa nel senso della maggior larghezza del dente, ed alla 
fig. 2 è la sezione verticale per la parte della minor grossezza 
di un dente del Galeus canis Linn. mentre ne fa il dettaglio al 
Vol. 3, pag. 303, ed alla stessa Tav. O, fig. 3 dà pure la sezione 
microscopica di un Galeocerdo aduncus Agas. parlando al Vol. 3, 
pag. 304, delle differenze che vi trova con la specie prima citata. 


STUDI SUL GALEOCERDO MiiLL. ET HENLE 129 


Dall'attento esame delle specie fossili posso arguire che i denti 
pure dei viventi debbono avere alcuni caratteri in comune. Dal 
ritrovare che nei fossili al solito posto dal lato della loro faccia 
interna, nella radice esiste la traccia dell’atrofizzato nervo nutri- 
tivo che curò la formazione del dente stesso, devesi pure rite- 
nere avvenire ciò nel vivente; e per questa parte non rinvenirvi 
nessuna differenza da quelli di Carckarodon, nè da quelli delle 
Oxyrhine. 

Ritengo pure per fermo che i denti del Galeocerdo debbano 
essere ancora essi formati nella grossezza della gengiva, e nel- 
l’ultimo rango, cioè quello più immerso nella medesima, per cui 
il più accostante alle mascelle, vi si debbano ritrovare i denti 
in via di formazione, come nei due generi citati; e parimente 
non debbasi sulle mascelle stesse dei viventi trovarsi nessuna 
traccia di alveolo. 

Avendo riscontrato che nei fossili si trova nella massima parte 
dei denti un ramo alquanto più alto e sviluppato, quantunque 
esso lo sia meno che nelle OxyrRine, provenendo ciò dalle diffe- 
renti forme che essi portano; dico che questo ramo più svilup- 
pato debba essere posto dalla parte che guarda la sinfisi, e la 
curva sviluppata in fuori, debba essere posta dallo stesso lato 
come nei due generi poc’ anzi citati, e perciò lo stesso debba 
avvenire nelle specie viventi, quantunque io non abbia avuto 
luogo di riscontrare questo fatto sopra ai loro scheletri. 

Gemmellaro nelle sue ricerche sui pesci fossili della Sicilia, sem- 
bra non aver avuto occasione di riscontrare altro che un Galeocerdo, 
e per trovarlo differente da quelli descritti, ne fa la sua nuova 
specie Galeocerdo Sismondae, del quale dirò in breve, per averne 
riscontrati molti esemplari ancora nelle nostre colline pisane. 

Eugenio Sismonda nel suo lavoro , Descrizione dei pesci e dei 


130 ROBERTO LAWLEY 


crostacei fossili nel Piemonte, mentre non vi cita nessun Ga- 
leocerdo, nell’appendice che pochi anni dopo vi fece a pag. 12, 
cita il Galeocerdo aduncus Agas., e quantunque egli vi trovi al- 
cune differenze, non le crede sufficienti per formarne altra specie. 

Sembra che il Gibbes fosse più fortunato nelle ricerche, di 
questo genere, e tanto nell’eocene della Carolina del Sud, come 
nel miocene del Maryland egli ne abbia avuti in abbondanza, e 
dopo avere riscontrato tutte le specie fatte dall’Agassiz, pro- 
pone il suo Galeocerdo contortus Gibbes, per alcuni denti dove 
trova differenze per costituirli in specie distinta. 

Furono in assai discreta abbondanza ritrovati nella pietra lec- 
cese dal Cav. Botti, direttore del Museo Provinciale di Lecce. 
Il Dott. Foresti rinvenne questo genere nelle argille del Bolo- 
gnese, e me le passò in comunicazione qualche anno addietro. 

Tutte le località fossilifere Toscane mi fornirono in quantità 
esemplari di questo genere. Il Dott. De Stefani mi donò un esem- 
plare di Ga/eocerdo aduncus Agas., proveniente da Monsindoli 
presso Siena. Ed altri esemplari ne furono rinvenuti dal Prevosto 
Antonio Ferretti nelle argille del Reggiano. Perciò devesi con- 
venire essere un genere largamente rappresentato nel pliocene, e 
nel miocene egli pure vi si mostra, se non in tanta abbondanza, 
almeno con frequenza. 

Avendo fin qui per quanto mì è stato possibile, trattato sopra 
il genere Ga/eocerdo, ora darò qui sotto la descrizione che fa il 
Bonaparte del Galeus canis Lin. per non potere dir nulla di mio 
intorno a questa specie, onde così mettere in confronto questi 
due generi che molto e in quasi tutto si assomigliano. 

» Corpo fusiforme, mediocremente allungato. Capo grande spor- 
gente in un muso depresso, lunghetto. Occhi grandi, più vicini 


alle aperture branchiali che alla punta del muso. Fessure degli 


STUDI SUL GALROCERDO MiLL. ET HENLE 131 


spirali piccole, orizzontali, bislunghe, collocate dietro agli occhi. 
Narici anguste quasi lineari poste presso il contorno del capo, 
poco distanti dalla bocca, con una piccola valvula rivolta orizzon- 
talmente all'indietro, inserita sul lembo anteriore, e presso questa 
un’ appendice tenue, larga, breve, concava, quasi rettangolare, 
rivolta verso l'interno; il lembo posteriore quasi uniformemente 
incurvato verso l'interno. Bocca tagliata ad arco acuto, ampia, 
collocata di mezzo fra le aperture branchiali e l’apice del muso, 
con una piega di figura parabolica presso l’uno e l’altro de’ suoi 
angoli, e fra l'angolo e il ramo esteriore della piega una traccia 
d’appendice linguiforme orizzontale rivolta all’ indietro. Denti 
disposti in due o più file, piatti, triangolari, con la punta acuta 
inclinata verso l’angolo della bocca; immediatamente al di sotto 
della qual punta evvi sul margine di quel lato un angolo rien- 
trante piuttosto profondo, e tutto il tratto inferiore a questo è 
occupato da una serie di dentelli acuti, decrescenti a gradi dal- 
l'alto al basso: il margine esteriore è privo affatto di dentelli. 
Dente di mezzo dell’una e dell’ altra mascella retto, unicuspide, 
con que’ lobi ottusi un di quà, un di là verso la base. I denti 
prossimi a questo men grandi dei laterali e con le punte men 
inclinate, oscuramente lobati alla base del solo margine este- 
riore. Ano che si apre alla metà del corpo o poco dietro, in 
ispecie nelle femmine. Pinne, eccettuata la caudale, piuttosto 
piccole, cuneiformi a rovescio, troncate obliquamente. Le petto- 
rali hanno origine al di sotto della quarta apertura branchiale. 
Dorsali inermi, crasse presso la base, alternanti con le pettorali 
e le ventrali. L'anale opposta alla seconda dorsale. Caudale con 
due lobi distinti, il superiore basso col tratto terminale cunei- 
forme a rovescio troncato obliquamente, l’ inferiore orecchiuto 
tanto risentitamente che può dirsi biforcato. Tubercoli che ri- 
coprono la pelle fittissimi, ovati, depressi, unicuspidi ,. 


132 ROBERTO LAWLEY 


Come vedesi bene, questa diagnosi è molto più utile per l'it- 
tiologia, per riconoscere cioè il pesce intero, di quello che possa 
servire al Paleontologo, ma non avendo potuto far meglio, spero 
che in qualche altro lavoro mi si presenterà occasione di poter 
essere ad esso più utile. 

Non avendo più nulla ad osservare sopra alle cose generali 
di questi generi passerò allo studio individuale delle specie che 
a questi possono essere riportate e ne farò la loro descrizione 
Esse provengono tutte dalle nostre località plioceniche. 


» 


SPEC IBS 


GALEOCERDO ADUNCUS. AGAS. 


Agassiz dice che questa specie sotto molti aspetti assomiglia 
ai denti del vivente Galeocerdo articus Mill. et Henle dei mari 
boreali; e di questo a Tav. E. fig. 5-6 del Vol. 8, tratto da un 
disegno dato, dallo stesso autore della specie, ne esibisce un altro 
in contorno. Nè davvero sarei lontano dal credere, che messa 
a confronto con qualcuno dei denti del vivente, si venisse a 
riscontrare questa forma fossile rappresentata fra quelli della 
sua dentizione. 

Quello che io posso asserire, è che le nostre località plioce- 
niche sono ben lontane da fornire in molt’ abbondanza questa 
forma di denti di Galeocerdo, in proporzione delle altre forme 
delle quali si ritrovano a migliaja, come avrò da osservare de- 
scrivendole. 

Questo dente leggermente adunco, come ben lo qualifica il suo 
nome specifico, si può vedere alla mia Tav. 1, fig. 1; esso è quasi 
lungo quanto largo, il margine dalla sua parte anteriore, si pre- 
senta alquanto ricurvo in avanti, mentre all'incontro, il margine 
posteriore presenta larga e profonda intaccatura, che forma quasi 


134 ROBERIO LAWLEY 


un angolo retto con il cono medesimo; in questo punto restano 
i dentelli grossi, e ben marcati, che in numero di cinque a sette 
diminuendo in grandezza, vanno a congiungersi alla radice; il 
resto del contorno è marcato con dentellatura molto irregolare, 
ed in alcuni punti appena visibile; dalla sua faccia esterna è al 
solito relativamente piano, mentre dalla opposta faccia interna 
trovasi essere assai convesso, la punta nell’ essere molto acuta 
è leggermente piegata sulla sua faccia esterna. La ralice è assai 
alta ed incavata, come vedesi nella fig. 1.* e 1." della Tav. 1, e 
discende sulla faccia esterna assai più in basso, descrivendo una 
leggera curva meno regolare di quella che lo sia sulla faccia 
interna, dove per la sua convessità, forma una curva molto più 
marcatata. 

Una delle branche della radice, e giust’ appunto quella che 
resta sopra alla curva in fuori, trovasi più alta e sviluppata del- 
l’altra, come ebbi a osservare nei generi Carcharodon e Oxyrhina. 

Essa pure, dalla faccia esteriore, si trova seguire piana l’asse 
stesso del dente mentre dal lato interno, seguito che abbia il 
maggior sviluppo, piega subitaneamente per andare ad incon- 
trare la radice dalla faccia esterna, per la qual cosa è costretto 
a formare un angolo; ed in questo punto trovasi marcato il 
posto dell’atrofizzato nervo nutritivo, come riscontrasi avvenire 
nei due generi citati. 

To di questa specie conto un numero ben limitato di esem- 
plari, che mi provengono da Orciano Pisano; un individuo lo 
debbo alla gentilezza del Dott. De Stefani, che trovatolo nella 
citata località di Monsindoli presso Siena, me ne fece un dono. 
Il mio amico Dottor Lodovico Foresti ne trovò nelle argille di 
S. Lorenzo delle Colline presso Bologna. Eugenio Sismonda lo ha 
rinvenuto nella Pudinga miocenica delle colline di Torino. 


GALEOCERDO ADUNCUS AGAS. 135 


L’Agassiz lo cita proveniente dalla molassa di Wurenlos, e 
da qualche altra località. Ed il Gibbes lo raccolse pure nelle 
solite sue località Americane. Per il ristretto numero che io ne 
ritengo, non potei di questa specie fare nessuna preparazione 
microscopica, ed a tal oggetto rimando, quando ve ne fosse ne- 
cessità, a quella fatta dall’Agassiz e rappresentata alla citata 
Tav. 0, fig. 3, Vol. 3. 


ISS 


SPEGHEBI. DE 
GALEOCERDO EGERTONI, AGAS. 


Sinonimia. Cora Egertoni Agas. Carcharias minor Agas. 


L’Agassiz al Vol. 3, pag. 228, Tav. 86, fig. 6 e 7 descrive e 
igura col nome di Corax Egertoni un dente, del quale non avendo 
egli sott'occhio che un disegno, restava in dubbio, se doveva 
essere posto fra i Corax od i Galeocerdo. Ora essendosi riscon- 
trato che denti di questa specie portano il caratteristico vuoto 
dentro il cono, così essi devono perciò essere riportati fra i Ga- 
leocerdo, come faceva pure osservare l’ Agassiz alla pagina citata. 

Dente cordeiforme con curva sviluppata in fuori, al sno bordo 
anteriore, come si può benissimo vedere alla Tav. I, fig. 2, 2?, 
2*, 2°, espressamente disegnato per rappresentare questa specie, 
mentre dall’altro bordo interno, forma una curva rientrante, 
dove ritrovansi più marcati i dentelli presso l’alto della curva; 
ma però è da osservare, che nella dentellattura di questa specie, 
ora in questione, non vi si rinvengono differenze molto marcate 
per trovarsi questa disposta più unitamente per tutto il con- 
torno del suo cono. La punta, che è acutissima, si volta legger- 
mente in fuori verso la faccia esterna, e quantunque di poco, 
trovasi la dentellatura essere assai più fine. Altro esemplare di 
questa specie trovasi pure disegnato alla Tav. 3. fig. 7 e 7°. 

La faccia esterna del dente è essa pure relativamente piana, 
mentre quella interna, è all’opposto alquanto convessa. La ra- 


GALEOCERDO EGERTONI AGAS. 137 


dice dal lato esterno si mantiene assai regolare e parallela e 
non discende molto sul cono di esso, formando però un leggero 
angolo ottuso; ma dalla sua faccia opposta, cioè interna, scen- 
dendo più in basso, forma con il suo cono, una curva molto ro- 
tonda, seguendo la convessità dello stesso. Il dente trovasi sem- 
pre più largo che alto, il che lo rende all'occhio di forma assai 
piana, e la radice, quantunque porti una branca più dell’altra 
sviluppata, pure la differenza non è tanto marcata. La branca 
più alta trovasi in questo dente essere posta dalla parte ante- 
riore, come nella precedente specie. Dalla parte interna della 
radice al solito posto ritrovasi, come nelle consimili specie, il 
segno per dove passava l’'atrofizzato nervo nutritivo, come chia- 
ramente riscontrasi alla Tav. 1. fig. 1°. 

Come vedesi dalla Tav. 2, dove ho fatto rappresentare le pre- 
parazioni microscopiche di diverse specie, la fig. 1, mostra quella 
del Galeocerdo Egertoni Agas. riprodotta tre volte maggiore della 
sua grandezza naturale, da dove vedesi che l’ interno vuoto, il 
quale risulta di forma triangolare, dal lato della sua base segue 
parallela e dritta l'andamento della radice stessa, mentre i suoi 
due lati vanno unendosi assieme verso l'apice del dente, seguendo 
uniformemente l'esterno contorno di esso, lasciandovi un sodo 
per ogni verso, per costituirvi la sua solidità; il vuoto centrale 
che vi si è formato risulta di doppia grandezza del suddetto 
suo pieno. 

Il sodo è all'occhio, elegantemente vellutato dal fitto ed unito 
ammasso dei tubi disposti a raggio che l'hanno formato, e che 
insieme uniti vanno a terminare quasi vicino allo smalto, for- 
mato questo pure da più fini e serrati tubetti ancor essi disposti 
l'uno accanto all’altro. I piccoli dentelli marginali non hanno 
nessun vuoto apparente. Nè nella grossezza formatasi all’interno 


135 ROBERTO LAWLEY 


del dente vi si vede nessun canale più marcato e grosso l’uno del- 
l’altro. La radice che non è molto grande si vede formata da deu- 
trina assai ordinaria al confronto del resto del dente, dove ser- 
peggianti si vedono dei canali che la formarono, e dove pure 
ritrovansi dei più o meno grandi vuoti in essa restati, ma che 
non hanno nessun rapporto con il vuoto centrale nè fra loro, 
essendo disposti nella radice senza veruna continuità nè avendo 
essi nessuna forma decisa e simile. 

Alla fig. 1° della citata Tav. 2 vedesi la preparazione di un 
dente di questa specie eseguito per il senso longitudinale, della 
minor sua grossezza dove riscontrasi tutte le stesse particolarità 
già descritte di sopra le quali non starò qui a ripetere. La fig. 1° 
essa pure rappresenta la sezione di un dente, veduto orizzontal- 
mente, dalle quali sezioni ben si ravvisa la diversa forma che 
assume il vuoto centrale. 

Il Galeocerdo Egertoni Agas. è certamente la specie più co- 
mune che trovasi di questo genere nelle colline Pisane; ne ho 
trovate da per tutto in grande abbondanza, da possederne assai 
più di un migliaio, dalle località di Orciano, Peccioli, Volterra e 
Siena. 

Eugenio Sismonda, nel suo ora mai tante volte citato lavoro 
a pag. 31, parla e descrive un Corax pedemontanus. E. Sism. e la 
figura che dà alla Tav. 1, fig. 19-24 veramente richiama la specie 
ora in quistione; ma avendola trovata del tutto piena nel suo 
interno, lo ha determinato a disporlo nel genere Cora», e per le 
differenze che egli dettaglia nella sua descrizione, lo ha denomi- 
nato pedemontanus. 

Il Gibbes pure lo riscontrò in America, e lo dice ancora esso 
molto abbondante a Richmond e Virginia, e nel miocene del Ma- 
ryland. 


SAPrERC Iene 


GALEOCERDO SISMONDAE GEMELLARG 


Il Gemellaro, come già dissi, fece questa nuova specie dandone 
la descrizione a pag. 18 del suo già citato lavoro, figurandola 
alla Tav. 1, fig. 7°. Ma da quella figura si vede bene quanto l’esem- 
plare sul quale egli la formò era in pessimo stato di conserva- 
zione, e quanto esso fosse guasto nella sua radice. Da quello che 
egli ne dice sembra essere molto rara in Sicilia, e che di questa 
specie non ne avesse altri esemplari. 

To ho creduto potere identificare ad essa molti esemplari dei 
quali ora andrò a darne la descrizione. Dente cordiforme, e di 
poco più largo che alto, la faccia esterna è relativamente piana, 
ed in questa, nel centro, si vede un piccolo rialto, al quale al- 
cune volte fanno seguito diverse pieghe, le quali dalla base del 
cono dirigendosi verso l’apice del dente, quasi alla sua metà, 
vanno disperdendosi ed obliterandosi, mentre il rialto centrale, 
del quale fa cenno il Gemellaro, seguita a mostrarsi fino al- 
l'apice stesso. La faccia interna invece trovasi come nelle altre 
specie assai convessa, e da questa parte discende la radice più in 
basso sul cono, di quello che discenda sulla faccia esterna, fa- 
cendovi al solito una curva. Non è difficile ancora che dalla parte 
della faccia interna vi si veda qualche traccia di pieghe. 

Il bordo anteriore del dente leggermente arcuato in avanti, 


140 ROBERTO LAWLEY 


sul lato opposto forma un angolo assai rientrante, la dentellatura 
del suo margine, come la descrive il Gemellaro, è d’ambo i lati 
uniforme, ed ingrossa avvicinandosi alla radice. Questa presenta 
poca altezza e non è tanto incavata al suo centro; in essa ancora al 
consueto posto trovasi la traccia dell’atrofizzato nervo nutritivo; la 
branca che più alta e sviluppata in essa, resta al solito dalla parte 
del bordo anteriore. Alla Tav. 1, fig. 3, 3°, 3*, fu da me fatta di- 
segnare questa specie in tre diversi sensi, onde meglio se ne con- 
cepisca la sua forma. Alcuni denti di questa specie si mostrano 
essere assai più svelti del Galeocerdo Egertoni Agas.: ma però, 
come ebbe a dire lo stesso Gemellaro, bisogna convenire che ella 
vi abbia molta analogia; nè mi farebbe specie, che alla fine po- 
tesse venir constatato che egli non fosse che un dente dello stesso 
Galeocerdo Egertoni Agas. che più svelto, e segnato con pieghe, 
stesse in una data posizione particolare nell’asse mandibolare, per 
modo da doverlo dichiarare la stessa specie. 

Alla Tav. 2, fig. 2, vedesi rappresentata la sezione, onde potere 
apprezzare la forma dell’interno vuoto centrale di questa specie 
Galeocerdo Sismondae Gemell. Come vedesi, esso non è triangolare, 
come nella specie precedente, ma invece è quasi di forma semi- 
circolare, e la corda dell'arco resta posta parallelamente alla 
base della sua radice. Il sodo di questo dente specialmente verso 
il suo apice resta assai maggiore, e perciò la sua consistenza deve 
essere più grande che nell’altra specie che poc'anzi descrissi. 

Nella sua radice non trovasi tanta differenza di formazione 
di grana; ma invece più omogenea con la restante porzione soda, 
lascia al solito diversi vacui, indipendenti ancor essi dal vuoto 
centrale; il sodo, per la stessa ragione che nella preparazione 
già descritta, presenta lo stesso vellutato, e non vi si riscontra 
nessuna differenza nella sua formazione. 


GALEOCERDO SISMONDAE GEMELL. 141 


Questa specie il Gemellaro l’ebbe dal calcario-nummulitico dei 
dintorni di Pachino (Provincia di Noto), ed io la rinvenni a Or- 
ciano, Volterra, e a S. Lucia presso Siena, unita e frammista alla 


precedente specie. 


SPE 
GALEOCERDO ETRUSCUS LAV. 


Sinonimia. Carcharodon minimus, Les. 


Nel mio lavoro , Nuovi Studi sopra ai Pesci ed altri vertebrati 
fossili delle colline Toscane, a pag. 24 ritenni poter classificare 
un numero non indifferente di denti; centocinquanta circa, fra i 
Carcharodon chiamandoli col nome minimus Law. per essere essi 
piccolissimi, ma imitando perfettamente le forme del Carcharo- 
don megalodon, come si può benissimo riscontrare alla Tav. 3, 
fig. 2, 2°, 6, 6°, mentre alla medesima Tav. 3, fig. 1, 3, 4, feci 
rappresentare la stessa specie, ma di esemplari che presentavano 
qualche piccola differenza, però non tale da poterli ritenere per 
specie distinta. 

Ma avendo però di alcuni esemplari di questa specie fatto di- 
verse preparazioni microscopiche, mi dovei persuadere che invece 
di appartenere essi al Carcharodon dovevano essere posti fra i 
Galeocerdo, per avervi trovato internamente il noto caratteristico 
vuoto centrale di questo genere. E trovando ancora che il distin- 
tivo di minimus non era più adattato a questo dente una volta 
che sì poneva fra i Galeocerdo, credei bene di cambiarlo propo- 
hendo per esso quello di Etruscus. 


GALEOCERDO ETRUSCUS LAW. 143 


Dente equilaterale di mill. 17 di altezza, compresa la radice, 
sopra ad una larghezza di mill. 12; piano dalla sua faccia esterna, 
convesso da quella interna; l'impressione della gengiva scende 
assai più in basso da questa faccia, di quello che discenda nella 
esterna; la radice ritrovasi assai grossa in proporzione del dente; 
essa rialza ben poco le due branche delle radici, le quali sono 
ambedue ugualmente sviluppate; esiste il solito segno per dove 
passava il nervo nutritivo del dente. 

Porta dentellatura per tutto il contorno del suo bordo quasi 
unita, ma verso la base del cono essa resta di poco più marcata. 
Sopra alla faccia esterna porta ben spesso un leggero rialto, come 
descrissi per il Ga/eocerdo Sismondae Gemell. susseguito da qual- 
che traccia di leggere pieghe, che vanno disperdendosi verso la 
metà del cono stesso. 

A Tav. 8, fig. 8, 9, 10, dove sono figurate tre preparazioni mi- 
crospiche, rilevasi dalla fig. 8 che il vuoto centrale ritiene ancora 
in questa specie la solita forma triangolare, con la sua base pa- 
rallela alla radice; e mentre il sodo del dente è alquanto più 
grosso che nella specie già descritta, il suo vertice protraendosi 
si avvicina molto più verso l'apice del dente stesso; però è da os- 
servare ancora che questo vuoto essendo assai più ravvicinato 
alla faccia sua anteriore che alla posteriore, in alcune delle pre- 
parazioni avendolo superato, assumono l’aspetto che vedesi nella 
fig. 9. Dalla preparazione disegnata alla fig. 10 si può vedere al- 
tra sezione per il senso della minor grossezza di un di essi. 

Del resto da questi tre disegni, ben rilevasi che l’interna co- 
stituzione microscopica di questa specie non differisce per niente 
dalle altre già descritte. 

Questa specie abbonda tanto a Orciano Pisano, quanto a Vol- 
terra e Siena; dalle quali località ritengo quelli che sono nella 


collezione. 


144 ROBERTO LAWLEY 


Il dott. Lodovico Foresti ne ha trovati nel Bolognese, nelle 
sabbie gialle di Zolapedrosa. 1l cav. Ulderigo Botti me ne mandò 
due esemplari in comunicazione, i quali aveva raccolti nella pie- 
tra Leccese, che sappiamo, essere dell'epoca miocenica. 

Ancora Don Antonio Ferretti di San Ruffino, ne ha trovati nel 
Reggiano, nella località detta Tellina, che trovasi nell'alto Ap- 
pennino, nella roccia chiamata dal suddetto, Calcare cristallino, 
essa pure dell’epoca Miocenica-Media. 


SEELC'LTECDA 


GALEOCERDO CAPELLINII LAW. 


Questa specie di (aleocerdo, da me proposta col mio scritto 
pubblicato nel 1876, è senza dubbio la più bella e distinta fra 
tutte le altre di questo genere; ed una quarantina di esemplari 
di questi denti là stanno a rappresentare nella mia collezione, dei 
quali la maggior parte provengono da Orciano Pisano, quantunque 
ne trovai anche diversi individui nelle argille di Volterra. 

Essa sì può vedere rappresentata alla Tav. 1, fig. 6, 6", 6°, dove 
fu disegnata a grandezza naturale. Il più grande individuo mi- 
sura in altezza mill. 28, sopra una larghezza di mill. 30. Questo 
dente porta una curva al suo lato anteriore sviluppatissima, e 
l’apice del cono molto piegato verso il hordo posteriore, questo 
invece forma un angolo rientrante pronunziatissimo, dove dal 
cono alla radice sono disposti, decrescendo al solito, da 7 a 11 den- 
telli più grossi e marcati di quello che non lo sieno sul resto 
del loro bordo. Tutti i dentelli che su questi si trovano posti riten- 
gono una figura semicircolare, e sul suo perimetro vedonsi pure 
marcati finissimi e regolari dentellini a modo di frangia. 

La faccia esterna è relativamente piana, mentre quella interna 
trovasi molto rigonfia e convessa; l'impressione della gengiva di- 
scende sopra questa assai più in basso, formando un angolo ot- 


146 ROBERTO: LAWLEY 


tuso, di quello che discenda nell’esterna faccia, che forma perciò 
quasi una linea retta. La radice poco alta dal lato esterno, è 
grossa e più alta dall’ opposta parte; essa trovasi molto incavata 
nel centro, e le due branche, della quale l'anteriore lo è maggior- 
mente, sono ambedue assai rilevate. Al solito luogo trovasi mar- 
cato il segno per dove passava l’atrofizzato nervo nutritivo. 

La fig. 5, 5°, della Tav. 2 ne rappresenta l’ interna costituzione 
per mezzo di due preparazioni microscopiche, una delle quali nel 
senso della maggior larghezza del dente, l’altra per quella mi- 
nore. L’interno centrale vuoto, è come in quasi tutte le altre 
specie di forma triangolare, seguendone la forma esterna del con- 
torno, ed avendo la sua base parallela a quella della radice. Però 
il sodo risulta minore dalie altre specie misurando solamente la 
sesta parte del vuoto. Nella formazione della sua radice di cui la 
grana ne è più grossa, vedonsi segnati i canali serpeggianti che 
la formarono, ed in essa pure esistono diversi vuoti indipendenti 
da quello centrale. 

Il sodo vedesi formato sempre di un ammasso di tubetti, che 
danno alle preparazioni un elegantissimo vellutato; la formazione 
del suo esterno smalto è, come nelle altre, in egual modo for- 
mato. 

Oltre i denti di questa specie provenienti dalle due citate lo- 
calità, me ne venne fornito uno in dono dal dott. De Stefani pro- 
veniente da Monsindoli località presso Siena. Ed il prof. Panta- 
nelli di Siena nel 1879 me ne inviò uno in comunicazione, onde 


io lo studiassi e lo determinassi. 


SEEC.ILETTOR 
GALEOCERDO MINOR AGA4S. (GALEUS) 


Questa specie formata dall’ Agassiz fu da principio ritenuta da 
esso come denti appartenenti al genere Galeus, e sotto questo nome 
generico li fece disegnare alla Tav. 26, fig. 15 a 21; ma in ap- 
presso essendo stato proposto il genere Galeocerdo, dal Mull et 
Henle, a questo nuovo genere li trasportò, avendo creduto tro- 
varvi una qualche incerta seghettatura sul loro bordo, come egli 
stesso ebbe a dire a pag. 282, vol. 3, dove ne fa la descrizione. 
Nei numerosi esemplari che io ho ritrovato nelle nostre località 
fossilifere, non seppi mai riscontrare sul cono dentelli di sorta, 
come dissi dal principio della mia descrizione generale, e per certo 
essi non sono riferibili altro che a questa specie. 

Dai disegni che ne dò alla Tav. 1, fig. 4, 4*, 4”, 4°, ingranditi 
del doppio, dimostrano essere quasi tutti denti piccolissimi, alti 
quanto larghi. Il bordo anteriore è liscio, senza dentelli, ma piut- 
tosto porta una leggera sfrangiatura in qualche esemplare di essi, 
mentre dal lato interno vi sì trovano cinque o sei dentelli ben di- 
stinti, che dal cono decrescendo vanno a raggiungere la base 
della radice, formandovi il solito angolo rientrante. La radice grus- 
sissima in proporzione del dente alla sua parte interna porta il 
segno per dove passava l’atrofizzato nervo nutritivo, marcato 


148 ROBERTO LAWLEY 


per mezzo di un solco assai profondo come vedesi Tav. 1, fig, 4'. 
L'altra sua faccia, cioè l’esterna, trovasi essere piana come la 
rappresenta la fig; 4. La punta del cono è acutissima, ed il suo 
bordo riscontrasi essere pure molto tagliente. Essi misurano quat- 
tro millimetri di altezza e poco più in larghezza. Alla Tav. 1, 
fig. 4°, il disegno dà la grandezza naturale di questa specie. 

La preparazione disegnata alla Tav. 2, fig. 3, ne rileva 1 al- 
quanto differente disposizione dell'interno vuoto centrale quasi 
triangolare, alla sua base segue parallelo quello della radice, 
ma gli altri due lati seguendo essi la forma esterna dei bordi 
del dente, ad un certo punto non chiudendosi i suoi lati, come 
sembravano voler fare, il vuoto si protrae prolungato fino quasi 
all'apice del dente di forma strettissima. In ogni altra parte può 
considerarsi ugualmente conformato, come l’altre specie nella 
tavola già rappresentate; perciò per brevità ritengo di non stare 
qui a ripeterne il dettaglio. 

Questa specie non può indicarsi come comunissima, ma però 
ritrovasi con qualche frequenza nelle argille Orcianesi Provincia 
di Pisa, come pure diversi furono da me reperiti a Volterra. Una 
ventina e più di esemplari tengono posto nella mia raccolta di 
resti fossili di pesci Pliocenici. 


a ——--< 


SÙ 


SPEGILESIÀ 


GALEOCERDO PANTANELLII LAW. (GALEUS). 


Da me fu pure proposta nel 1876 con questo nome una specie 
molto affine alla precedente, dalla quale però differisce assai, come 
andrò esponendo, è per averne trovate di questa forma oltre una 
ventina di esemplari, sempre più mi conferma doversi ritenere 
per specie da essa ben distinta. 

Alla Tav. 1, fig. 5, 5‘, 5°, 5°, venne disegnato in confronto con 
il Galeocerdo minor Agas. onde poter meglio giudicare delle dif- 
ferenze che fra loro esistono. Dente questo pure piccolo rap- 
presentato alla fig. 5° a grandezza naturale, mentre nelle altre 
figure si vede del doppio ingrandito. 

La forma del dente resta molto più della precedente slanciata e 
svelta, come vedesi alla fig. 5, 5° della stessa Tav. 1, ove è stato 
disegnato dalle sue due faccie; da quella interna trovasi, come 
la precedente specie, convessa assai, ed il punto per dove pas- 
sava l’atrofizzato nervo che ne curava la formazione, viene ancor 
qui marcato da un profondo solco come vedesi rappresentato alla 
fig. 5". L'altra faccia, cioè l'esterna, è relativamente piana. Il 
bordo anteriore del dente, è del tutto privo di dentellatura, come 
pure senza dentelli ritrovasi quello posteriore fino verso la sua 
metà; dove vedonsi da due a cinque dentelli marcatissimi, che 


150 ROBERTO LAWLEY 


vanno a raggiungere, diminuendo, la base della radice, ma non 
facendo nessun angolo rientrante, come dissi avvenire nel Galeo- 
cerdo minor Agas. ma invece essere essi la continuazione del bordo, 
fino alla congiunzione della radice. È per questa particolarità 
caratteristica, che per ritrovarvela costantemente in tutti gli 
esemplari, ritennì utile farne questa mia specie distinta. La punta 
del cono trovasi essere essa pure acutissima, ed il liscio bordo 
del suo cono è ancora molto tagliente. 

La totale altezza del dente, nel maggiore esemplare, misura 
mill. sei sulla sua larghezza essa pure di mill. altrettanti. 

Nella fig. 4 della Tav. 2, vedesi l’interna costituzione micro- 
scopica di questa specie messa a confronto con quella che già 
descrissi alla Tav. 2, fig. 8. Da essa rilevasi che, inquanto al vuoto 
centrale, avvi molta analogia con quello del Galeocerdo minor Agas. 
e quantunque esso si trovi essere molto più regolarmente trian- 
golare, pure lo somiglia assai, perchè dove i lati dovrebbero in- 
sieme chiudersi definitivamente, ivi invece esiste un esile e sot- 
tile vuoto che allunga fino presso l'apice del cono del dente; ed 
altro vuoto esile ancor esso va partendosi dal vuoto centrale e 
termina presso il primo dentello posto sul bordo esterno. Però 
nessun altro vuoto trovasi esistere presso gli altri dentelli. 

La radice formata ancora in questa specie di grana assai gros- 
solana, trovasi avere qualche vuoto meno che nelle altre prepa- 
razioni dei Galeocerdo, mentre in tutte le altre sue parti non so 
vedere differenza alcuna nella sua microscopica interna forma- 
zione. 

Tornando a ripetere ciò che dissi nell'altro mio scritto dirò 
di ritenere questa specie come rappresentante l’attuale vivente 
Galeus canis Rond., il quale trovasi tuttora nel nostro Mediter- 


raneo; e per non creare confusione con la vivente specie, intito- 


— 


GALEOCERDO PANTANELLII LAW. 151 


lato questa fossile al mio amico sig. professore Dante Pantanelli 
di Siena. 

Per questa special forma, insieme con la precedente, sarebbe 
il caso di conservare il genere Galeus. 

Tutti i miei esemplari mi provengono da Orciano Pisano. Il 
prof. Pantanelli me ne mandò uno pure di questa specie, onde 
io lo identificassi con le mie; esso proveniva dalle vicine argille 
d’intorno Siena. E nel 1878 il Professore Seguenza di Messina 
pure me ne mandava allo stesso scopo, un altro esemplare pro- 
veniente da quelle località Siciliane. 


BA VOLA 
Li 


FOSSILE 


GALEOCERDO, MÙLL. er HENLE 


tomo 


TAVOLA PRIMA 


n___r- 


DENTI FOSSILI DI GALEOCERDO, MULL. sr HENLE 


Fig. 1. Galeocerdo aduncus Agas. Veduto dalla parte esterna Pag. 133 


di: Idem 

IE Idem Veduto di fianco con la 
punta in basso . 

2. Galeocerdo Egertoni Agas. Veduto dalla parte interna 

a Idem Altro dente veduto dalla 


parte interna 


22 Idem Veduto di fianco 
2° Idem Veduto dalla parte esterna 
3. Galeocerdo Sismondae Gemel. Veduto dalla parte esterna 
3 Idem Veduto dalla parte interna 
3 Idem Veduto di fianco 


4. Galeocerdo minor Agus. Veduto dalla parte esterna 
ingrandito del doppio. 


4.° Idem Veduto dalla parte interna 

ingrandito del doppio. 
4.0 Idem Veduto di fianco ingrandito 
4° Idem Veduto dal lato esterno 


grandezza naturale. 
5. Galeocerdo Pantanellii Law. Veduto dalla parte esterna 
ingrandito del doppio. 


Da Idem Veduto dalla parte interna 
ingrandito del doppio. 

Da Idem Veduto di fianco ingran- 
dito del doppio . 

5.° Idem Veduto dal lato esterno 


grandezza nuturale. 
6. Galeocerdo Capelliniù Law. Veduto dalla parte esterna 
CE Idem Veduto dalla parte interna 
6. Idem Veduto di fianco 


ne 


»” 


n 


» 


Veduto dalla parte interna 134, 137 


134 
136 


156 
136 
136 
140 
140 
140 


147, 148 


147, 148 


” 


147 


147, 148 


»n 
n 
” 
LL 


149 
149 
149 
149 
145 


145 
145 


GALEOCERDO A RS 


R.LAWLEY. 


e,lit:C.Leir 


TAVOLA 
2. 


GALEOCERDO MULL. rr HENLE 


TAVOLA SECONDA 


ann 


DENTI FOSSILI DI GALEOCERDO MULL. er HENLE 


ig. 1. Galeocerdo Egertoni Agas. Sezione di fronte ingrand. Pag. 137 


la Idem. Idem. Sezione di fianco ingrand. , 138 
RAI den: Idem. Sezione orizzont. ingrand. , 138 
2 Tdem.Sismonda e Gemell. Sezione di fronte ingrand. , 140 
3. Idem. minor Agas. Sezione di fronte ingrand. 148,150 
4 Idem. Pantanellii Law. Sezione di fronte ingrand. , 150 
5I Tdem. Capellinii Law. Sezione di fronte ingrand. , 146 
5. Idem. Idem. Sezione di fianco ingrand. , 146 


R.LAWLEY. 


GALEOCERDO 


« 


TAVOLA TERZA 


Caavarani 


GALEOCERDO ETRUSCUS, LAW. 


. 1. Dente veduto dalla parte esterna. 


NESSANTAS id. id. interna. 


Epi IL id. id. difuanco fee e 

2. Altra forma di dente veduto dalla parte esterna 
Zio IG id. id. id. interna 
20601 dI id. id. di fianco. 


3. Altro dente veduto di fronte . 

4. Altro dente veduto dalla parte esterna. 

A STI id. id. interna. ò 
5. Altra forma di dente veduto dalla parte esterna 


6.2 di id. id. id. esterna . 
cpr SIGLE id. id. id. interna 
7. Galeocerdo Egertoni Agas. dalla parte esterna . 
dos Id. id. id. id. interna . 


8. Sezione di fronte ingrandita del Galeocerdo Etru- 


scus Law. SR elia lele "SINO 
9. Sezione di fronte di altro dente ingrandito . 
10. Id. di fianco ingrandito 


. 142 


142 
142 
142 
142 
142 
142 
142 
142 


142 


142 
142 
136 
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