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PURCHASED POR THE
UNIVERSITY OF TORONTO LIBRARY
FROM THE
HUMANITIES RESEARCH COUNCIL
SPECIAL GRANE
POR
Italian Literature
from Romanticism
to Postmodernism
(
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Ù£ì«
SULLA
MORALE CATTOLICA
OSSERVAZIONI
D I
ALBJSSAITDKO MAITZOITI
^li
TIPOGRVriA VESCOVILE DI A. CANESI
.835.
L' AUTORE
>^uesto scritto è destinato a difendere la morale della
Chiesa Cattolica dalle accuse che le son fatte nel ca-
po cxxvii. della Storia delle Repubbliche Italiane del
medio evo .
Ivi s'intende provare che la corruttela dell'Italia
deriva in parte da questa morale . Io sono convinto
che essa è la sola morale santa e ragionata •, che ogni
corruttela viene anzi dal trasgredirla, dal non cono-
scerla, o dall' interpretarla a rovescio*, che è impos-
sibile trovare contro di essa un argomento valido, ed
ho qui esposte le ragioni, per cui non ritengo come
tale , alcuno di quelli addotti dall' illustre autore di
quella Storia.
Debole, ma sincero apologista d'una morale, il cui
line è r amore :^ persuaso che il sentimento di benevo-
lenza che sorge nel cuore del fatuo , è più nobile e più
importante dell'ampio e sublime concetto che nasce
dalla mente di un gran pensatore , persuaso che il tro-
vare nelle opinioni d'alcuno disparità dalle nostre de-
ve avvertirci a ravvivare per lui i sentimenti di stima
e di affezione, appunto perche la corrotta nostra in-
clinazione potrebbe ingiustamente strascinarsi ai con-
trari-, se non avrò osservati in questa opericciuola i
più scrupolosi rigiiardi verso l'Autore che prendo a
VI L^ AUTORE
confutare , ciò sarà avvenuto certamente contro la mia
intenzione: io spero però che ciò non sarà avvenuto^
e ritj;ctto anticipatamente ogni interpe trazione meno
gentile di ogni mia parola.
Con tutto ciò io sento che ad ogni opera di questa
sorte si attacca un non so che di odioso , che è troppo
difficile di togliere adatto . Pigliare in mano il libro
di mio scrittore vivente, e a giusta ragione stimato^
ripetere alcune sue frasi , fermarsi ad esaminarle , vo-
ler mostrare ad una ad una elisegli si sia in quasi tut-
te ingannato:^ fargli per dir cosi il dottore ad ogni
passo, e cosa che a lun2;o andare è quasi impossibile,
che non lasci una certa impressione di presunzione, e
di basso e insistente litigio . Per prevenire questa im-
pressione, io non dirò al lettore: vedete se non ho
ragione oa;ni volta che prendo qui a contraddire 5 so e
sento che aver ragione non basta per lo più a giusti-
ficare un attacco, e sopra tutto a nobilitarlo^ ma di-
rò : considerate la natura dellargomento . Non è que-
sta una discussione astratta, è una delil)erazione : essa
deve condurre, non a ricevere piuttosto alcune nozio-
ni che alcune altre , ma a scegliere un partito : poiché
se la morale che la Chiesa insegna, portasse alla cor-
ruttela, converrebbe rigettarla. Questa è la conse-
guenza che gl'Italiani dovrebbero cavare dalle rifles-
sioni alle quali credo d' oppormi. Io ritengo che que-
sta conseguenza sarebbe pe'miei connazionali la più
grande sventura: quando si senta di avere sopra una
tale questione un parere ragionato, il darlo può esse-
re un dovere : non vi ha doveri ignobili .
Il lettore troverà tavolta che la confutazione ab-
braccia più cose che l'articolo confutato: in questo
caso lo prego di avvertire, ch'io non intendo di at-
L^ AUTORE VII
irlhuirc all' illustre autore più di quello eh* eo;li abbia
espressamente detto, ma ho stimato allora, che runi-
co modo per giungere ad un risultato utile, era di por-
tare la questione in un punto di vista più generale , e
invece di difendere in un articolo di morale la sola
parte controversa, mostrare la ragione di tutto T ar-
ticolo, poiché è su di esso che importa di farsi una
opinione, è desso che bisogna interamente ricevere o
rifiutare . Ho seguito tanto più volentieri questo me-
todo, perchè apparisca meglio che il mio scopo è di
stabilire delle verità importanti, e che la confutazio-
ne è tutta subordinata a questo .
Notare in un'opera di gran mole e di grande im-
portanza quello che si crede errore, e non far cenno
dei pregi che vi si trovano , non sarà forse ingiustizia ,
ma mi sembra almeno discortesia : è rappresentare una
cosa che ha molti aspetti, da un lato solo, e quello
sfavorevole . Non dovendo io citare la Storia delle Re-
jnihhliclie Italiane che per contraddire ad una parte
fh essa, mi affretto di attestare brevemente la mia
stima per tante altre parti di un' opera , di cui il mini-
mo pregio sono le laboriose ed esatte ricerche, che
formano il massimo di tante altre di simil genere, di
un'opera originale con una materia forse la più trat-
tata, e originale appunto perchè è trattata come do-
vrebbero essere tutte le storie, e come pochissime lo
sono. Accade troppo sovente di leggere presso i più
lodati storici descrizioni di lunghi periodi di tempi,
e successioni di fatti veri e importanti, non vi trovan-
do quasi altro che la mutazione che questi produssero
negli interessi e nella miserabile politica di pochi uo-
mini: le nazioni erano quasi escluse dalla storia. Il
metodo di trattarla, pigliando per base i costumi, e
vili L^ALTOKE
l'amministrazione, e ^\'i effetti delle le^pji sugli nomi-
ni, per cni (Jcvono esser fatte, ([uesto metodo illu-
strato ii^Vci da alcuni scrittori, è stato in questa storia
nj)r/licato ad un aro;omento vasto e complicalo, ma
di una bella e felice proporzione : i falli vi sono pros-
simi di tempo e di natura, in modo clie si possono
con clilarezza e senza stento confrontare colle teorie
che c;li abbracciano tutti , e queste teorie sono assai
estese, senza andare a qucU* indeterminato e genera-
le , che mette bensì lo storico al coperto dalle criti-
che particolari, perche rende fpiasi impossii)ilc il tro-
vare gli errori, ma che lascia il lettore nell'incertezza
di avere appresa una osservazione vera e importante,
o una ipotesi ingegniosa . Senza ricevere tutte le opi-
nioni dell' illustre Autore, non si può non sentire
quante parti della politica della giurisprudenza del-
r economia e della letteratura sieno state da lui ve-
d!!te da un lato sovente nuovo e interessante, e quel-
lo che più importa, nobile e generoso;^ quante verità
sieno state da lui, per dir così, riabilitate, che erano
cadute sotto una specie di prescrizione, per lindolen-
za, o per la l)assa connivenza di altri storici, che di-
scesero troppo spesso a giustificare l'ingiustizia poten-
te, e adularono perfino i sepolcri. Egli ha voluto qua-
si sempre trasportare la stima pubblica dal buon suc-
cesso alla giustizia: lo scopo è tanto bello, che è do-
vere di ogni uomo , per quanto poco possa valere il
suo suffragio, di darglielo per far numero, se non
altro, in una causa, che ne ha sempre avuto gran bi-
sogno. Protesto però ch'io dissento dall'Autore in tut-
ti quei casi dov'egli dissente dalla fede e dalla mora-
le cattolica^ e perchè la tengo per regola infallibile,
e perchè dall'esame particolare di ognuno di questi
L^ AUTORE IX
casi mi risiilla evlJentemciUe che la verità è dalla
parie di essa.
Chi ha fatti studi seri e lunghi sulle Sacre Scrittu-
re, fonti della morale, ed ha letti accuratamente i
2;randi moralisti cattolici, ed ha meditato lungi dal
rumore del mondo sopra di se e sopra gli altri, tro-
verà queste 0^.y<?nY/z/o7z/ superficiali: e sono ben lon-
tano dall' appellarmi dal suo giudizio, perchè sento
che sono tali. Le discussioni parziali ponno bensì met-
tere in chiaro qualche punto staccato di verità, ma
la evidenza e la bellezza e la profondità della morale
cattolica non si manifesta che nelle Opere dove si
considera in grande la legge divina e l'uomo per cui
è fatta. Ivi l'intelletto passa di verità in verità', l'u-
nità della rivelazione è tale che ogni picciola parte di-
venta una novella prova del tutto per la maraviglio-
sa subordinazione che vi si scopre;, le cose difficili si
spiegano a vicenda, e da molti paradossi risulta un si-
stenia evidente. Quello che è, e quello che dovrebbe
essercela miseria e la concupiscenza*, l'idea sempre vi-
va di prefezione e di ordine che troviamo egualmente
in noi ; il bene e il male \ le parole della sapienza di-
vina e i vani disegni degli uomini, la gioja vigilante
del giusto, i dolori e le consolazioni del pentito: lo
spavento o l'imperturbabilità del malvagio*, i trionfi
della giustizia e quelli della iniquità;, i disegni degli
uomini condotti a termine fra mille ostacoli, o rove-
sciati da un ostacolo impreveduto ^ la fede che aspet-
ta la promessa e che sente la vanità di quello che
passa;, l'incredulità stessa, tutto si spiega col Vangelo,
tutto conferma il Vangelo : la rivelazione d' un passa-
to, di cui l'uomo porta nelF animo suo le tristi testi-
monianze, senza averne da se la tradizione e il segre-
X 1/ AUTORE
to, e d'un avvenire^ di cui ci restava solo una idea
confusa di terrore e di desiderio , e quella che ci ren-
de chiaro il presente che abbiamo sotto gli occhi: i
misteri concihano le contradizioni, e le cose visibili
s^ intendono per la notizia delle cose invisibili. E piìi
si esamina questa Pieligione, più si vede che dessa è
che ha rivelato l'uomo ali uomo, che essa suppone
nel suo Fondatore la cognizione la più universale, la
più intima, la più profetica di ogni nostro sentimen-
to. Rileggendo le opere dei grandi moralisti cattolici,
e segnatamente i sermoni di Massillon e di Bourda-
loue , i Pensieri di Pascal , e i Saggi di Nicole , io sen-
to la picciolezza delle osservazioni contenute in questo
scritto ^ e sento che vantaggio dava ai due primi P au-
torità del sacerdozio , e a tutti il modo generale di
trattare la morale, un gran genio, dei lunghi studi,
ed una vita sempre cristiana.
Si usa una strana ingiustizia cogli apologisti della
Religione cattolica. Si sarà prestato un orecchio favo-
revole a ciò che vien detto contro di essa 5 e quando
cpiesti si presentano per rispondere, odono dirsi che
la loro causa non è abbastanza interessante , che il
mondo ha altro a pensare, che il tempo delle discus-
sioni teologiche è passato . La nostra causa non è in-
interessante ! ah ! noi abbiamo la prova del contrario
neir avidità con cui sono sempre state ricevute le ob-
biezioni che le si son fatte : non è interessante ! e in
in tutte le questioni che toccano ciò che Puomo ha
di più serio e di più intimo , essa si presenta così na-
turalmente, che è più facile rispingerla che dimcnli-
carla: non è interessante ! e non v'è secolo in cui es-
sa non abbia monumenti di una venerazione profonda,
di !m amore prodigioso, e di un odio ardente e infa-
L AUTORE XI
ticabìle : non è hUcrcssantc ! e il vuoto che lasccrcl>l)c
nel mondo il levamela, è tanto immenso ed orribile,
che i più di quelli che non la vogliono per loro , dico-
no che conviene lasciarla al popolo , cioè ai nove de-
cimi del t^enere umano : la nostra causa non è interes-
sante ! e si tratta di decidere se milioni d' uomini deb-
bano abbandonare la morale che professano, o stu-
diarla meglio , e seguirla più fedelmente .
Si crede da molti che questa noncuranza sia un
frutto di una lunga discussione, e di una civilizzazio-
ne avanzata j che sia per la Religione Y ultimo e il più
terribile nemico, venuto nella pienezza dei tempi a
terminare la sua sconfitta , e a godere del trionfo pre-
parato in tante battaglie^ e invece questo nemico è il
primo che essa incontrò nella sua maravigliosa carriera.
Al suo apparire, fu circondata dai disdegni del
mondo ^ si è cominciato dal crederla non meritevole di
essere esaminata. Gli Apostoli, nell'estasi tranquilla
dello Spirito, rivelano quelle verità che diverranno
la meditazione la consolazione e la luce dei più alti
intelletti, piantano le basi dì una civilizzazione che
diventerà europea, che diventerà universale 5 e sono
chiamati ubbriachi (1) . San Paolo fa sentire nello A-
reopago le parole di quella sapienza , che ha rese tan-
to superiori le donnicciuole cristiane ai savi del gen-
tilesimo *, e i savi gli rispondano che lo udranno un' al-
tra volta (2) . Essi credevano di avere per allora cose
più importanti da meditare, che Dio Tuomo il pec-
cato e la redenzione. Se questo antico nemico sussi-
(i) Jlii nutem irridentes dicehant : quia miisfo pieni simt isti. Act.
Apost. TI. i3.
(u) Quidam quidem irridchant ; quidam vero dixerunt: audiemus te de
lioc itcrum. Act. Apost. XVII. 32.
xri L^ AUTORE
sic tuttora, è perchè non fu promesso alla Chiesa,
ch'ella (llslruggerehbe tutti i suol nemici, ma che non
sarebbe dislrutta da alcuno .
Parlare di dogmi, di riti, di sacramenti per com^
ballcre la Fede, si chiama filosolìa^ parlarne per di-
fenderla, si chiama entrare in teologia, voler fare 1 a-
scetico, il predicatore, si jìretende che la discussione
assuma allora un carattere meschino e pedantesco .
Eppure non si può difendere la Religione senza giu-
stihcare ciò che in essa vien condannato, senza mo-
strare l'importanza e la ragionevolezza di ciò che for-
ma la sua essenza. Volendo parlare di Cristianesimo,
bisogna pur risolversi a non lasciar da parte i Sacra-
menti. Cile dico? perchè ci vergogneremo di confes-
sare quelle cose, in cui è riposta la nostra speranza?
perchè non renderemo testimonianza, nei tempi di
lina gioventù che passa, e di un vigore che ci abban-
dona, a ciò che invocheremo al momento della sepa-
razione e del terrore?
Ma io mi avveggo che comincio una difesa antici-
pata, contro censure che non sono ancor nate, e che
ibrse non nasceranno . Caderci in un orgoglio ridicolo ,
se cercassi di trasportare a questa opericciuola l'inte-
resse , che si deve alla causa per cui essa è intrapresa .
Io spero di averla scritta con rette intenzioni;, e la
espongo colla tranquillità di chi è persuaso, che l'uo-
mo può aver talvolta il dovere di parlare per la ve-
rità j ma non mai quello di farla trionfare .
Si riportarlo nel testo nriginnle tanto i passi della Storia delle Repuh-
hliclie Italiane al cap. CXXf^H Voi. XVI, su i quali sono fatte le se-
guenti osservazioni, quanto le altre citazioni francesi, non m'cndo ora-
mai questa lingua piii bisogno di traduzione in Italia . I passi citati delle
Scritture, o di opere latine si inseriscono tradotti, riponendo ì testi u
pie dì pagina per chi amasse di verificarli .
^■fc
CAPITOLO I.
SILLA unita' della FEDE.
L' unite de foi y qui ne peut résulter cjue cV un assen'isse-
ment absbtu de la raison à la crojance , et qui en consé-
qucnce ne se trouve dans aucune nutre religion au méine
degré que dans la catliolique , He hien tous les memhres
de cette E gli se à recevoir les mémes dogmes , a se sou-
mettre aux mémes décisìons , à se former pai' les mémes
enseignémens . liist. des Répub. It. t. xvi. p. ^\o.
vL^iie l'unità della Fede si trovi nel più alto grado, cioè
assolutamente, nella Chiesa Cattolica è questo un ca-
rattere evangelico, di cui ella si vanta: poiché ella
non ha inventata questa unità, ma Tha ricevuta: e
tralasciando tanti luodii delle Scritture dov'essa è in-
segnata, ne riporterò uno, in cui si trova non solo la
cosa, ma la parola. San Paolo nella epistola agli Eie-
si , dopo d" avere annoverati vari doni ed uffici , che
sono nella Chiesa, stahilisce per fine di essi l'unità
della Fede e la cognizione del Figliuolo di Dio ( i ) .
L'illustre Autore non adduce le ragioni , [)cr le (pia-
li stima, che l'unità della fede non possa risultare che
dalla schiavitù assoluta della ragione alla credenza .
Se la cosa l'osse così, non si potrebbe conciliare il
(i) Dance occtiirainus omncs in unitulcm /idei, in annilioncin Fili i Dei .
i^a ì:|,1u-.s. IV. i3.
i4 SULLA MORALE CATTOLICA
passo citato eli San Paolo, e l'altro dove aft'eriiia e-
sprcssamentc : una è la fede (i), con quello ch'egli
dice al llouiani: il vostro ossequio è ragionevole (2).
Ma non solo si conciliano , si spiegano anzi , e si con-
fermano a vicenda .
Certo la fede include la sommissione della ragione :
questa sommissione e voluta dalla ragione stessa, la
quale riconoscendo incontrastabili certi principi , è
posta nell'alternativa, o di credere alcune conseguenze
inevitabili, che essa non intende, o di rinunziare ai
principi : avendo essa riconosciuto , che la Religione
Cristiana è rivelata da Dio , non può più mettere in
dubbio alcuna parte della rivelazione \ il dubbio sareb-
be non solo irreligioso, ma assurdo. Ma supponendo
per un momento , che V unità della fede non fosse e-
spressa nelle Scritture, la ragione, che ha ricevuta
la fede , deve adottarne 1' unità : non le bisogna più
per questo sottomettersi alla credenza j vi deve giun-
gere per una necessità logica .
La fede sta nell' assentimento dato dall' intelletto
alle cose rivelate, come rivelate da Dio. Ritengo, che
r Autore scrivendo questa parola Fede, le ha appli-
cata questa idea, perchè è impossibile applicargliene
im^ altra . Ora ripugna alla ragione , che Dio riveli
cose contrarie fra loro : se la verità è una , la fede
dev' esserlo pure , perchè sia fondata sulla verità . La
connessione di queste idee è chiaramente accennata nel
testo sopraccitato: un solo Signore y una sola fede y
un solo battesimo . Dalla unità di Dio risulta necessa-
riamente Punita della fede 5 e da questa l'unità del
(1) Uiìits Dominus , una fulcs , unum haplisnia. Thid. 5.
(j) litiliu/iabcle ubscquium vcslrum . Ad lloiii, XII. i.
CAPITOLO I. i5
culto essenziale . Bacone mostrò di ritenere questa per
una verità fondamentale , dove disse : ce Fra gli attri-
buti del vero Dio si pone eh' Egli è un Dio geloso :
onde il suo culto non soffre mescolanza ^ né compa-
gnia 5J (i).
Le idee di fede e di pluralità sono così ripugnanti,
che il linguaggio stesso sembra rifiutarsi a significare
la loro unione : poiché si dirà bene : le diverse religio-
ni , opinioni , credenze religiose , ma non già le diver-
se fedi. Per religione s'intende un corpo di tradizio-
ni di precetti di riti;, e si vede assai bene come ve
ne possa essere più d' una . Così nelle opinioni si con-
sidera piuttosto la persuasione di chi crede, che la
verità delle cose credute. Ma per fede s'intende per-
suasione fondata sulla rivelazione divina *, e benché
popoli di vario culto credano clic l'opinione loro ab-
bia questo fondamento, il linguaggio ricusa l'espres-
sione , che signi(icherebl)e la coesistenza di più rivela-
zioni, perchè la ragione la conosce impossibile: molti
di diversa religione possono credere di avere la fede ^
ma un uomo non può ammettere, che questi molti
P abbiano. Se questa fosse una sofisticherìa gramma-
ticale, vaglia per tale: bastando P argomento sempli-
cissimo, col quale si è provato, che Punita della lede
non suppone altro assoggettamento della ragione, che
alle leggi del raziocinio .
Non è che io voglia dire con ciò, che la fede risul-
ti dal solo ragionamento : essa è anche un sentimento
del cuore, e perciò dalla Chiesa è chiamata virtù .
Questa qualità le è contrastata da Voltaire all'artico-
(i) InU'v atlrìbula autem iwri Dei poniLur tjuod sii Deus zelai yjnis;
itaqite cuUiis cjits non feri mixLurain , nec consurliurn . l'ruu. Buconis Scr-
rnoncs Fidclcs III. De imitate Ecclcsue.
1 6 SLIJ.A MORALE CATTC )LICA
\i) i crlii^ ciaf Dizionario Filosofico^ iti un l)revc (liulcr-
t;o, In cui riiitllolazlonc stessa di uno dei ncisuMaii''^»
mostra.^ che ivi eLi^li si ricordasse poco della gentilez-
za, e non l'osse in quello stato di trarK[!!Jllilà, con cui
si devono esaminare le questioni lìlosoJiclie. Un hon-
néte hoiìiine sostiene contro lui cxcrèinctU de llico-
los^ie^ che la ^niV^, non è altrimenti una virtù, con
questo argomento : Ksi-ce verta de croirc? ou ce mie
tu crois te semb/e vrai^ et en ce cas il n j a rad
mèrìte il le eroine .) ou il te semole faux . et alors il
est i/njìossiòle quc tu le crojes .
E diillcile osservare più superficialmente di quello
che abbia qui fatto Voltaire. Per escludere dalla fede
ogni cooperazione della volontà egli considera nel
credere indi' altro che l'ultima operazione della men-
te , che riconosce vera o non vera una cosa *, risguarda
questa operazione come necessitata dalle prove , non
ammettendo altra potenza a determinarla, che le pro-
ve stesse ^ considera insomma la mente come uno slro-
mento, per così dire, passivo, su cui le probabilità
operano la persuasione o la non-credenza. Come se
la Chiesa dicesse, clie la fede è una virtù dell' intel-
letto. Essa è una virtù nell'uomo: per vedere come
sia tale, bisogna osservare la parte ciie ha tuUo l'uo-
mo morale nel riceverla, o nel rii^cttarla. Voltaire la-
scia da un canto due elementi importanti: i atto della
volontà, che determina la mente allesame, e la dispo-
sizione dell'animo, clie tanto influisce neli'annaetterc
o nel rigettare i motivi di credibilità, e quindi nei
crcjdere . Quanto al primo : le verità della Ì<c\\<ì sono in
tante ])arti così avverse all'orgoglio, ed agli appetiti
sensuali, che l'animo sente un certo timore ed una
certa avversione per esse, e cerca una distrazione)
CAPITOLO I. 17
tende insomma ad allontanarsi da quelle ricerche, che
lo condarrehbero a scoperte, che non desidera. Ognu-
no può riconoscere in se (questa disposizione , rifletten-
do alla estrema attività della fLintasia nell'andare in
traccia di oggetti diversi per occupare 1" attenzione,
quando una idea tormentosa se ne sia impadronita . La
volontà di porre T animo in una situazione piacevole
influisce su queste operazioni della fantasia in un mo-
do così manil'esto, che quando ci si presenti una idea
che riconosciamo importante, ma sulla quale non a-
miamo a fermarci, ci accade sovente di dire a noi
stessi : non ci voglio pensare : e lo diciamo , benché
convinti che il tralasciare di pensarvi ci apporterà do-
lori nell* avvenire ^ tanto è allora in noi il desiderio di
escludere un sentimento penoso nel momento presen-
te. Questa mi sembra una delle ragioni per cui ab-
biano avuta tanta voga gli scritti che hanno combat-
tuto la Religione col ridicolo : secondano essi una di-
sposizione comune degli uomini, associando ad idee
gravi ed importune una serie di idee opposte e di-
straenti.— Posta questa inclinazione dell' animo, la
volontà esercita un' atto difllcile di virtù , applican-
dolo all'esame delle verità relÌ2;iosc: e la sola dctcr-
minazione a questo esame sujipone non solo una im-
pressione ricevuta di probabilità, ma un timore san-
to dei giudizj divini, e un amore di quelle verità,
il quale snperi, o combalta almeno le inclinazioni
terrestri .
Che poi l'amore o l'avversione alle cose proposte da
credersi, influisca potentemente sul modo di esaminar-
le, sull'ammissione o esclusione deUe prove, è ima ve-
rità nota, e provata ([iiolidiananiente . (iiunga una no-
vella in una città che abbia la (hsgrazia di essere divisa
Manzoni a
1 8 SULLA MO?, ALE CATTOLICA
in partili, ossa e creduta da alcuni, discreduta da al-
tri a iKunia dcc;li interessi e delle passioni. Il tiino^
re inilnisce, come il desiderio, sulla credenza, por-
tando talvolta a nec;ar fede alle cose minacciate, e tal-
volta a prestarla più die non meritino*, il che avviene
spesso quando si presenti un mezzo di sfuggirle (i).
(i) Mi soinhrn c.ìio a fnrfo G. C Hoiisscnr. rida di coloro elio ammira-
rin il cnrn!:;gio di Alrssntidro nel ])Cro la iiirdieiria jiortatao^li dal medico
l''ili|)p(), dopo d'aver ricevuta una lettera di Farinenione, clic lo avvisava
<li guardarsi dal medico , come corrotto con doni e con promesse da Da-
rio a lo^Iieri^li la vita. Dice Rousseau nel lihro secondo dell'Emilio, clic
essendo stato questo tratto raccontato a tavola da un ragazzo, molli tac-
ciarono Alessandro di temerario; ed alcuni ammirarono la sua fermezza,
il suo coraggio. Al clie egli rispose, sembrargli clic se nell'azione di A-
lessandro \i fosse il menomo coraggio, la menoma fermezza, essa non sa-
rebbe ])iìi che una stravaganza . Concordando tutti che era una stravagan-
za, egli stava per riscaldarsi e per rispondere, quando una donna, clie.
gli era vicina, gli si accostò all' orcccliio, e gU disse sommessamente:
Taistoi , Jean- Jacques; ils ne V entendrnnt pas . Quei signori non ebbero
dunque la spiegazione: Rotisscau la dà ai lellori, ma con qncl modo ira-
condo e misterioso, ch'egli usa tropjìo sovente; massime in quel libro,
dove alle volte pare ch'egli voglia far sentire che non istinia alcuno dei
lettori degno d'udire il vero, nò capace d'intenderlo; dove spesso osten-
ta di voler far indovinare quello che poteva esser detto buonamente e a-
michevolmente; e elove invece di adoperare semplicità chiarezza e dol-
cezza in pì'oporzione della sua superiorità d'ingegno, aflelta talvolta di
])rcndere co' suoi lettori il timno agro imperioso e sprezzante, che rim-
provera ai precettori, come avesse più voglia di aspreggiare e di umiliqre
gli uomini, che non d'istruirli. Ecco le .'•.ne parole: Oitehjul-s lectem's
mécunlens du taistoi Jean Jacques, deinanderonl , je le pi-rfois , ce qiie
je troiive enfin de si beau daits /' aclion d' Alexandre . J/iJurUmcs ! s' il
J'aiil vous le dire, cnmment le compi-endrez vous? C est (jii' Àlevandre
crojoit a la verta; e' est qu' il y crojaif sur sa te'te , sur sa projne vie ;
c^ est que sa grande dme è tei t fai te [xnn- r ci-oire . O qiir celle medicine
fivalée étoit une Ielle professinn de fai! Non, jamnis mnilel n en fit
line si suldinie . Con lutto ciò, mi sembra che il coraggio appunto spie-
chi in questa azione. Credere nella viilù non bastava in fjiicl caso: biso-
f;nava credere la virtù del medico Fi'ipiio; e per crederla in quel mo-
mento con piena certezza, lìisognava rirhinmarsi pacatamente alla meino-
l'ia e al giudizio le ragiom' in l'avote della sua fedeltà, e rimaTier convinto
che queste superavano ìa probabililà dell' atfenlaio (polche la lettera di
]*;ni)ienione coslituiva certamcnle una [irobabililà ,. : iiisognava avere un a-
iiimo tale, che l'idea d'un p().ssil)ilc avvclcnamniii) iif>n turbasse dal fare
freddamente rpiesto esame; in soimna aver eora^"io. Il .sf'iitimenlo che por-
ta il timoroso ad ingrandire o ad immaginare il nericohi , è quello stesso
CAPITOLO I. 19
Quindi sono cosi coinuni quelle espressioni ;, esaìniiìa-
re (li buona fede ^ giudicare senza prevenzione ^ spas-
sionatamente ^ non farsi illusione^ ed altre simili, le
quali significano la liSìertà del giudizio dalle passioni.
La forza d animo, clie mantiene questa libertà, è sen-
za dubbio una disposizione virtuosa: essa nasce da un
amore della verità, indipendente dal diletto, o dal di-
spiacere che ne può venire al senso. Si vede nuìndi,
quanto sapientemente alla fede sia dato il nome di
l'irta. Siccome poi la mente umana non sarebbe ginn™
ta da se a discoprire molte verità della religione, se
Iddio non le avesse rivelate, e la volontà nostra cor-
rotta non ha da se quella forza, di cui si ò parlalo^
così la fedo è clnaoìata daila Chiesa una virtù e lui
dono di Dio .
Tornando da questa lunga digressione al passo in
cpicstione, confesso di non intendere chiaramente il
senso di quella proposizione: che l'unità di ìvAq non
si trova in alcuna altra religione allo stesso grado che
nella cattolica. Come vi ponno esser gradi nella unità
di fede? 0 queste altre religioni ritengono che la loro
Ìq:(\g sia vera*^ e riterranno che sia vera essa sola: o
ammettono la possibilità di qualche altra fede, e non
che Io fa fuggire cl;il pericolo rnaìc , cioè un timore della morto e del
dolore corporale, elio s'impadronisco dolio suo facoltà, e agisco codio pas-
siono togliendo la tranquillità alla monto. Il conservare questa tiaricpii!-
lilà in faccia al pericolo vero o supjKuihilo è 1' e flotto del cora<.v.;io . So
Alessandro avesse credulo prolialiilo, elio Filippo volesse avvelenaiio uell;»
medicina, sarebbe slata una stravagante temerità il pigliarla; rfueslo è cer-
tissimo: ma quella letteia giunta m'Ho mani di un uomo pusillanime, più*
quanto foss' egli persuaso Un' allora della verità del medico, io avrcbbo
mosso in tale angustia o perplessità, eli' egli non avrebbe ragionato, ma
Farchhc filato con viojon/.a portato a schivare II rischio ad ogni modo; a-
vrrMje preso informazioni, nn!in:ilo jxMquislz.ioni , latto esaminale la me-
duina, arrestare il medico, avrebJ)e fatto luti' altro che ingojarsi la me-
dicina.
20 SULLA MOllALE CAFJ OLICA
sono certi della loro, non hanno fede. Ogni volta the
una religione si avvicina al principio della unità, cioè
quando esclude dal suo seno le opinioni contrarie a
quelle che vi si professano, ciò accade perchè in quel-
la relii>ione si sente allora vivamente che è assurdo
dir vera una proposizione, e non ricusare quello che
le è contrario. E ogni volta che una religione si al-
lontana dal principio delle unità, ciò accade perchè
non trovandosi argomenti perentori a stahilire la cer-
tezza della fede , si accorda agli altri quella tolleranza
che si richiede per sè^ non si ardisce fare una esclu-
sione, della quale altri ci potrehbe rendere la pariglia
per le stesse ragioni.
Il non essere la Chiesa cattolica soggetta a queste
fluttuazioni, l'avere essa T unità di fede nel massimo
grado, è una prova della perpetua certezza'; che i cat-
tolici danno come un carattere della verità della fede
che professano .
è
ti
CAPITOLO II,
SULLA DIVERSA INFLUEJfZA DELLA ilELIGIONE CATTOLICA,
SECONDO I LUOGHI E 1 TEMPI,
Toutefois r infìnence de la religion catholique ìi est poiut
la menic en ioiU temps et en tout lieu; elle a opere j'ort
différemment en France et en Allemagne de ce qu elle
à fait en Italie et en E spagne .... Les obseivaUons que
nous serons appelés a faire sur la religion de l'Italie oà
de r Espagne pendant les trois derniers siècles , jie doi-
vent point s' appliquer à tonte V Église catholique . Pag.
4io.
irer cllliicitlare questo punto, il quale, come si vedrà,
non è qui d' una importanza meramente storica , è ne-
cessario rammentare il disegno del cap. GXXVII. , di
cui osserviamo una parte . Esso è espresso nella inti-
tolazione del capitolo medesimo : Que/les soni les cau-
scs qui ont changè le caracfère des Italiens ^ dèpuis
r assennssement de leurs rèpublìques . E se ne asse-
gnano quattro: la prima e la sola, su cui io mi pro-
pongo di ragionare, è la religione. 1/ Autore entran-
do a spiegare come ella sia, per la sua parte, cagio-
ne del cangiamento suddetto, si fa una obbiezione
della unità di fede^ poiché, vincolando cssa^ come
egli dice benissimo , ////// i membri della religione
cattolica a ine evere gli stessi dogmi ^ a sottomettersi
alle stesse decisioni, a formarsi co^li stessi insegna-
nienti^ pare che questa religione debba essere più t lo-
22 SUf J.A MORALE CATTOLÌCA
f^U) causa <ìl (oiironiiilà fra i vari popoli clic la pi'ò-*
fcssano, clic di triifcrcnzc. Tuttavia^ soggiunge, /V/i-«
Jhieiiza della religione cattolica non e la stessa sem-'
pre^ nò da per tatto : essa ha operato dispersamente
in Francia e in Germania ^ cìie in Italia e in I spa-
gna.
Per motivare una diversità d'influenza, non ostan-
te r unità della lede tenuta da tutti i cattolici, io cre-
do, clie non si possano trovare cagioni che di tre sorte.
I. Leggi o costumanze disciplinari, le quali non so-
no parte della fede .
II. Alterazioni insensibili e parziali della dottrina,
o inesecuzioni e violazioni della disciplina essenziale
ed universale, le quali, lasciando intatto in teoria il
principio della unità, possono portare una nazione, o
una frazione di essa, per lungo tempo o per interval-
li, con maliziosa cognizione di causa o ignorantemen-
te, ad operare e parlare in fatto come se avesse ri-
nunziato alla unità.
in. Circostanze particolari di storia di coltura di
interessi di clima non legate direttamente colla re-
ligione, ma COSI legate cogli nomini che la professa-
no, che la influenza delia religione resta da esse bi-
lanciata o illesa o impedita o facilitala più presso
gli imi, che presso gli altri.
Se r illustre Autore avesse cercate in queste tre
classi le cause particolari dei diversi eifetti ch'egli as-
serisce aver la religione prodotti in Italia, io mi sarei
ben guardato di entrare nella questione; percliè, o le
sue ragioni mi sareblicro sembrate concludenti, ed a-
vrei goduto d'imparare, come mi e accaduto in tante
altre parti di questa Storia ^ o non mi avrebbero ])er-
suaso, e sarebbe stato uno di quei casi, nei quali io
CAPITOLO II. 23
stimo clic il silenzio sia per lo più migliore della di-
mostrazione . Ma siccome quelle cose cìie si assegnano
come canse di dannosa influenza sugli Italiani, sono
per la più parte non usi, ne opinioni particolari ad
essi , ma massime morali , o prescrizioni ecclesiastiche,
venerate e tenute da tutti i cattolici in Francia e in
Germania, non meno clie in Italia e in Spagna^ così
chi le condannasse vcrrchbe a condannare la fede cat=
tolica: conseguenza, che tro[)po importa di prevenire.
L'autore stesso, nominando a varie riprese, nel
corso tlelle sue riilessioni, semplicemente la Chiesa,
lascia dubbio s'egli intenda attribuire ad essa le dot-
trine che censura, o se voglia dire la Chiesa in Ita-
lia . Verificare il precìso senso delle sue parole in que-
sto caso, non è cosa possibile, nò utile 5 onde io mi
limiterò a mostrare l'universalità, e la ragionevolez-
za di quelle massime e di quelle prescrizioni che sono
cattoliche .
Citerò spesso scrittori francesi, non solo per la de-
cisa loro superiorità in queste materie, ma perchè Tau-
torità loro serve mirabilmente a far vedere^ che que-
ste non sono dottrine particolari alf Italia: e che la
Francia non diiferisce da essa in ciò, fuor che nella-
vere avuto uomini, che le hanno più eloquentemente,
cioè più ragionatamente sostenute e difese .
La più splendida prova poi dell'universalità di que-
ste massime morali sarà tratta dalle Scritture, dove
sono per lo più letteralmente:^ a segno che si può ar-
ditamente alfermare, die non sono, né possono essere
controverse fra i cattolici di nessuna nazione.
Le prescrizioni della Chiesa, risguardanti la mora-
le, si possono dividete in due classi, cioè:
Decisioni di punti di nioralc, le «[uali non sono ai-
2/| SUIJwV MORALE CATlOi.ICA
Irò clic Icstinionianzc della Cliìcsa, che la morale con-
iidatale da Cristo è quella, e non mi altra, che si vuol
far adottare ^ testimonianze , che ohljligano i fedeli ad
acconsentirvi: ovvero.
Leggi per regolare l'uso dell'autorità conferita pu-
re alla Chiesa dal suo Fondatore , di applicare i rime-
di spirituali, che hanno tutti origine da Lui.
Per le une e per le altre si può invocare 11 testi-
monio di (pialnnque cattolico di Francia e di Germa-
nia, colla certezza chVgll confesserà, che sono in vi-
£;ore sì nell'una che nelf altra nazione. Si citerà, do-
ve occorra, il Concilio di Trento, come il più recen-
te e il più parlante testimonio della uniformità della
dottrina, la quale diventa una prova della perpetuità
di essa.
1.46 Concile de Trenie trapalila avec autant d' ar-
deiir a rcfornier la discipline de VEglise^ qu à eni-
péclier tonte rèforme dans ses croyances et ses en"
srjfrnemens (i). Nessun cattolico potrà esprimere con
più precisione e con più forza la fermezza dei Padri
di quel Concilio nel rigettare ogni idea di riforma
nella fede, come cosa impossihile ed empia.
Ora, a Trento sedettero Vescovi di quelle quattro
nazioni ^ e come erano venuti colla testimonianza del-
le loro Cliiese sui punti controversi di fede e di mo-
rale, ne tornarono colla testimonianza della Chiesa u-
niversale. D'allora in poi, il Concilio di Trento fa
specialmente il punto a cui ricorsero tutti i cattolici^
e per provare la fede di tutti i secoli , consegnata e
sparsa in tanti Concili, non ehbero più in moltissime
questioni, che a citare quel Concilio, che l'aveva ri-
(0 Jlisl. (Ics Ràpuh. t. XVI. }yng. i83.
CAPITOLO II. 25
prrxìoUa, e per così dire, riepilogata. Il gran Bos-
.suet lo pose per fondamento alla sua Esposizione del-
ia fede cattolica^ per attestare i pnnti di morale e
di disciplina essenziali, alcuni dei quali censurati nel
Capitolo sul quale sono fatte le presenti osservazioni,
lo erano pure a' suoi tempi, benché con argomenti af-
fatto diversi .
E nella sua corrispondenza con Lelbnitz, lo stesso
Bossuet rigetta sempre come non ammissibile la pro-
posizione di riesaminare il Concilio di Trento. Je
voudrais hien seulenient voiis supplier de me dire . . .
si vous poiwez douter que les dècrets du Concile de
Trente soient aiitant recus en France et en Alle-
ni a f^ne pormi les Catholic/ues , qu en E spagne et en
Italie^ en ce qui regarde la Eoi, et si vous aK^ez
jamais ouì un Seul Catholique ^ qui se crut libre a
recevoir^ ou à ne pas recevoir la Eoi de ce Conci-
le (i). Ora, i decreti del Concilio di Trento risguar-
danti la morale, che saranno citati in queste osserva-
zioni, sono sopra punti, che per consenso di tutti i
cattolici fanno parte della fede.
Quanto agli abusi ed agli errori popolari, imporla
di accennare una volta per sempre , che non sono im-
putabili alla Chiesa , che non 2;li ha approvati , nò san-
zionati. Confido di provare, che non sono conseguen-
ze legittime della fede , ne della morale della Chiesa *,
vSe alcuni le hanno dedotte da essa, la Chiesa non può
prevenire tutti i paralogismi, ne distruggere la logica
delle passioni. Quando però mi sembri, che questi
mali sieno minori in realtà che in pittura , io non la-
(i) Lettre à M. Leibnilz du io janvicr iS;)^. a'tures j'ostli. de Bossucl
t. I. pa^. 349.
2 6 SULLA MORALE CATTOLICA
scerò dì accennarlo brevemente^ ma soltanto per lai
difesa della Chiesa , sulla quale se ne vuol far ricade-
re il l)iasimo . Se alcuno vorrà credere , che questi in-
convenienti sieno particolari all'Italia, io non mi af-
faticherò a distorlo dalla sua opinione . Si avverta pe-
rò , che le citazioni degli scrittori francesi verranno in
molte parti a provare incidentemente il fatto contra-
rio , poiché si vedrà come essi nello stabilire le verità
cattoliche, hanno combattuti quegli errori e quelle
illusioni, come esistenti in Francia. Così non fos-
se ! — Perchè, può mai per un cristiano divenire una
consolazione delforiioeilio nazionale il vedere la Chic-
sa men bella in qualuncpie parte del mondo?
Dovunque sono i fedeli retti illuminati irrepren-
sibili, essi sono la nostra gloria , dobbiamo farne i
nostri esemplari , se non vogliamo che siano mi giorno
ìa nostra condanna.
i
CAPITOLO IIL
SULLA. DISTINZIONE t)ì FILOSOFIA 3I0RALE E DI TEOLOGIA <
Il j' a sans doiite une liaison intime entre la rcligion et
la morale; et toiit lionnéte homme doit vcconncdtre que
le plus nohle liommage que la créature puisse rendre
à son Créateur , c^ est de s'' élcver à lui par scs vértus i
Cependant la philosopliie morale est une science ahso-
lument distincte de la diéoloirie: elle a ses bases dans^
la raison et dans la conscience ; elle porte avec elle sa
propre convictioiiy et après avoir développé T esprit par
la recJierche de ses principes , elle saiisjait le cocur
par la dccouverte de ce qui est vraiment beau, juste^
et com>enable . V E gli se s' cmpara de la morale, commc
étant purement de son domaine pag. /|i3.
Wiiando Gesù Cristo disse adi Aiìostoli: istruite tui-
te le genti insegnando loro di ossen>are tutto
(/nello che 7>i Ito comandato (^\^ . Egli iìiginnsc espres--
Samcnle alla Chiesa d'impadronirsi della morale.
Certo gli uomini liamio iiidiprndenlemente dalla re-
ligione, delle idee intorno al giusto e all'ingiusto, le
quali costituiscono una scienza morale. Ma questa
scienza è essa completa? E quella che noi dol)!)iamo
adottare? L*esseie chstinta dalla teologia, è una con-
dizione della morale^ o una imperfezione di essa? Ec-
co J\iiitles ei-'^o , ilocctc omnes t^piitcs .... Docciitcs cos serbare uinniu
qurecumqiw mandavi vobis . Matlh. XX Vili. l'j. 20.
li) SI Li. A MORA! .E CATTOLICA
co la qncsllono : onnnclarla e lo stesso che sciop^llcrla .
Polche indile è appunto questa scienza imperletla, va-
ria, in tante ])arti erronea, e mancante in tutte di uu
rondamento irreniovlljile, che Gesù Cristo pretese ri-
l'ormare (piando prescrisse le azioni e i motivi, quan-
do regolò i sentimenti i desideri e le parole*, quan-
do ridusse ogni amore ed ogni odio a ])rincip) ch'E-
gli diede come eterni infallihili unici ed universali.
Egli unì allora la filosofia morale alla teologia : tocca-
va alla Chiesa il sejiararle?
Di che tratta la filosofia morale? dei doveri verso
Dio e verso gli uomini, dell'onesto, e del vizioso,
della felicità: essa vuole insomma dirigere la nostra
volontà nella scelta delle azioni: e la Morale teolo2;i-
ca ha forse un altro scopo? può averlo? Se dunque
cercano un solo vero, se discutono gli stessi principi ,
se gli applicano alle stesse azioni, come saranno due
scienze diverse? Non è egli vero, che dove discorda-
no, una dev'essere falsa? e che dove dicono lo stesso,
sono una scienza sola? E evidente, che non si può pre-
scindere dal Vangelo nelle quistioni morali: bisogna
rigettarlo, o metterlo per fondamento. Non possiamo
dare un passo, che non lo troviamo sulla nostra via:
si può far mostra di non vederlo , si può schivarlo sen-
za urtarlo di fronte j si può in parole, ma non in
fatto.
Io so che questa distinzione di filosofia morale e di
teologia è ricevuta comunemente '^ che con essa si
sciolgono tante difficoltà, e si conciliano tanti dispare-
ri: ma questo consenso non è nemmeno una obbiezio-
ne. So pure che altri uomini distinti l'hanno addotta-
la, anzi l'hanno posta per fondamento ad una parte
dei loro sistemi . Ne prenderò un esemplo da un uomo
capìtolo 111. 29
^ da un 111)1-0 tutt' altro che volgari: Camme dans cet
viwrage je ne suis point thèoìogien ^ mais ècrivahi
poUtique^ il pourrait y avoir des choses rpd ne jc-
raient entièrement vraies (pie dans une facon de pen-
ser humaine^ n ayant point ètè considèrèes dans le
rappoìt avec des vèrilès plus suhliines (1). Percìiè
t>la di Montesquieu, questa frase non è meno priva di
senso. Poiché, se queste cose saranno interamente ve-
re in un modo di pensare umano , saranno vere in
quahmque modo di pensare . Questa possibile contra-
dizione, che si suppone con verità più sublimi, o non
esisterà, o se esiste, farà che quelle cose non sìeno
interamente vere . Se esse hanno un rapporto con ve-
rità più sublimi, è essenziale esaminare questo raj)-
j)orto , perchè questo appunto dev' essere il criterio
della verità di quelle cose . L' illusione che ha dato
occasione a questa frase, come a tant' altre, era già
stata osservata e messa in chiaro, mezzo secolo pri-
ma, da un osservatore profondo e sottile del cuore u-
mano , il gran Nicole . Esaminando il valore di quelle
parole frequentemente usate : umanamente pailan^
do: egli dice: // semole j à nous enteìidre parler^
(pi il y ait comnie trois class es de sentimens '^ les
iins justes y les autres injustes ^ et les autres humrùus ^
et tìvis classes de juge/nenSy les uns vrais, les autres
faujOy et les autres ìmmains . Cepeiuhmt il n' en est
pas (ànsi. Tout jugement est oà vrai ole faux ^ tout
senti inent est oà just e oit in j uste j et il faut nccessai-
rement (pie ceux (pie nous appelons ju Siemens et sen-
limens liumains se rcduisent ii l une oit ii V aiitre de
ces classes (2) . Nicole ha ridotta la questione ai mi-
(i) Esprit de Lots liv. "XX\ l. cluip. i.
(2) JJa/ìi^cr des cnlieliciiù </o I'oiiliuc^. I. l'uilic. C/tap. V.
3o SULLA MORALE CATTOLICA
nlml termini, ed lia poi e2;rr2;iamentc mostrale le rel-
igioni per cui i;!i uomliù si Canno questa illusione.
Ouando si dice clie una cosa sia umanamente vera, si
accenna di non pr0j)orla che come una ipotesi: ma le
conseguenze se ne deducono come se fosse assoluta-
mente vera. Questa espressione significa dunque: io
sento, che la massima ch'io sostengo è opposta alla
j'cligioue^ uon voglio contradlre alla religione, uè ah-
handonare la massima*, non potendo farle concordare
logicamente, mi servo di un termine che lascia intat-
ta la quistione in astratto , per scioglierla in fatto se-
condo i mici desideri. Chi domandasse se hasta che
un principio sia umanamente vero per regolarsi con
esso , mostierehlje suhito che quella espressione è in-
trodotta inutilmente. Perchè non si dice mai: secon-
do il sistema Tolemaico^ secondo la elàmica anti-
ca ? Perchè in queste cose nessuno si crea un interes-
se di partire da una ipotesi falsa.
Ma senza arrogarsi di fare un giudizio sopra Mon-
tesquieu , si può credere che Puso, a'suoi tempi comu-
ne a tanti scrittori, di queste espressioni, non sia ve-
nuto da un errore d" intelletto.
La Rcliiilone Cattolica era allora in Francia sosle-
nula dalla forza . Ora per una legge , che durerà quan-
to il mondo lontana j la forza la nascere l'astuzia per
condjatterla (i): e quegli scrittori, che desideravano
(i) Il lettore intenderà che la parola le^gr. è qui impiegata a significa-
re, non ciò che si deve fare, ma ciò che gli uomini, generalmente |inr-
lando (se non sono sostenuti da un principio o da una forza sopraimatu-
rali ) , fanno cos'i certamente , come se vi fossero astretti da una logge ,
Una splendida eccezione a questa sono i primi Cristiani, i quali nei loia
rapporti coi persecutori, combinarono in un gr;ido mirabile, sincerità pa-.
zienza e resistenza .
Clio sapienza divina nel precetto di fuggire dnlle persecuzioni! Come
Ron si poteva uscirne che colla morte o colla apostasia, 1' uomo non 4o-
GiiPìTOLO III. 3i
abbattere la religione senza compromettersi, non di-
cevano che ella fosse falsa, ma cercavano di stabilire
principi incompatibili con essa, e sostenevano clic
questi principi ne erano indipendenti. INon si arri-
scbiando di demolire piiliblicamente l'edifizio del Cri-
stianesimo, gli innalzavano a canto un altro cdifizio,
cbe secondo essi doveva rendere impossibile , che
quello rimanesse in piedi (i).
Ma questa filosofia morale lia le sue òasi nella ra^
gìone y e nella coscienza: ella porta con se il suo
proprio convincimento ^ e dopo avere sviluppato lo
spirito colla ricerca dei principj ^ appasta il cuore
colla scoperta di ciò che è veramente hello giusto e
conveniente .
Ha ella basì stabili? Prod[ice ella un convincimen-
to universale e perpetuo? Pone principi confessati da
tutti quelli cbe la professano? Concorda sempre e
dovunque sul bello sul gisisto e sul conveniente? In
questo caso ella può essere distinta dalla teologia:
vcva esporsi ad una prova m.sì supcriore alle sue forzo; ma doveva soste-
nerle quando fossero inevitabili. Non si poteva immaginare, secondo la
prudrnza mondana, un piano clie desse m:incf) speranza di riiiscila, di
tpiello clic etcliidcva i vantai^gi della forza, e quelli della destrezza;
vantaggi che dà il trasgredire, il pigliar tempo , 1' ingannare chi vuole op-
primere : il piano del Cristianesimo non lasciava ai suoi difensori, quando
erano in presenza del nemico, altra scelta che quella di morire senza far-
gli danno. Certo, ogni savio mondano avrebbe prognosticalo che questa
diiltiiiia doveva rovinare infallibilmente e in breve tempo, a meno che I
suoi parligiani istruì li dall'esperienza, non cangiassero il modo di propa-
garla. 11 nurabile si r che questa dottrina ò stata stabilita e dilUisa con
]a fedeli:» a (|ueste prescrizioni .
(i) Questo cajìilolo ora già steso, quando seppi elio la stessa qnistionc
era slata recentemente discussa da un rispettabilissimo apologista della rc-
li'j;inne (Analisi ragionala de'sistemi e de' fondamenti doll'ateismo, e del-
l'inncdulilà . Dissertazione VI. Cap. II.). IN'onilimeno ho stimato di in,-
.sciarlo tal fpiale, non importando il Iraltar roseimf)ve, ma cose opportu-
ne : r sono .sempre f,ili rpielle rlie risguardano un punto contrastato postc-
ru)rmcnlc da uno scrittore distinto .
32 SUJJ.A MORALE CATTOLICA
non ne ha bisogno , o per dir mcj^lio , sarà la teolo-
gia stessa.
Ma se ella varia secondo i luoghi e i tempi, noit
sarà una : non si potrà dunque porla al confronto del-
la morale religiosa, che è tale. Sarà lecito domanda-
re ([uale sia questa filosofia morale , di cui s' intende
parlare^ perche è indubitato che ve ne ha nìolte.
Vi ha (hie cose principali nella morale: il principio,
e le regole delle azioni, che ne sono l'applicazione:
la storia delle opinioni morali presenta in entrambe
la più mostruosa varietà.
Quanto alle reci;ole basta , per convincersene , ricor-
darsi gli assurdi sistemi di morale pratica, che sono
stati tenuti da nazioni intere. Locke volendo provare,
che non v'ha regole di morale innate, e stampate na-
turalmente nell'anima degli uomini, ne ha citati e-
sempi a dovizia (i) . Egli è andato a cercarne la mag-
(i) Saggio siiir intelletto , Uh. i. cap. ii. Dopo Locke, si volle Ja que-
sti l'alti e da altri di siiiiil gciicie cavare una conscgucMiza ben più ain[)ia ,
cioè che non esista negli uomini il sentimento della moralità . Helvetiiis ne
citò assai per provare che in tutti i secoli e nei diversi paesi la probità non
j)uù essere che l'abitudine delle azioni utili alla propria nazione. Disc. il.
Cap. XIII. Qualche scrittore, insorgendo con ragione e con dignità con-
tro <juesto sofisma che coni'onde l'idea della giustizia colla applicazione di
essa, parve quasi disapprovare la ricerca stessa di questi fatti. Pliiloso
phie eie Kant, par C. Villers pag. 878., e più espressamente Mad. De
Staci, de V Alte magne 3. me paitie cìiap. u. Qu'estce dono qu un sjstè-
me (jiii in.spire à un homme aussi vertueux cpie Locke de V ai'idité pour
de tels faits? Ma ella stessa mostrò di sentire che questa non era una ob
biezione: e diffalti soggiunge immediatamente: Que ce faits soient tristes
ou non, pouria t on dire, l' impoitant est de sa^'oir s' ils sont vrais . Cosi
è: l'unica cosa che si deve cercare nei fatti, è la verità: chi teme di e-
saminarli dà un gran segno di non esser certo dei suoi principii. Ma, se-
gue la celebre donna: ils peuvent etre vrais, mais que signi fient ils ? Si-
gnificano che non vi e principio di morale pratica innato, verità né pic-
cola, né volgare prima di Locke: producendola e provimdola , egli ha di-
strutto un errore, e reso un gran servigio, perchè noai vi è errori di ino-
rale innocui .
Questa verità era la lesi di Lokcj ma bisogna confessare che i suoi ra-
CAPITOLO III. 33
^lor parte fra 1 popoli rozzi e vicini allo stato selvag-
£;io 5 ma non gli sarebbero mancati fra le nazioni più
conosciute, e che hanno più fama tìi civili ed illumi-
nate . Trovavano essi nel loro cuore e nella loro men-
te, la vera misura del giusto e dell'ingiusto i genti-
li? Quei Romani, che udivano con raccapriccio, che
un loro cittadino fosse stato percosso di verghe, e ai
quali sembrava un atto di giustizia ordinaria, che si
desse vivo alle fiere uno schiavo fuggito per non po-
ter resistere ai trattamenti d'un padrone crudele?
Senza citare altri esempi, basti il dire, che gli storici
e i moralisti antichi ne ridondano . Quale è duncpie
questo convincimento morale, se non nasce in tutti
gli uomini? Esso potrà pur troppo essere tanto com-
piuto da determinare un uomo a commettere una a-
zione pessima colla persuasione di operar bene, da
impedire che nasca in lui il rimorso dopo di averla
commessa j esso si estenderà a nazioni intere , ma sa-
j^ionamenti sembrano prestarsi alla conseguenza di cui abbiamo parlato .
Kgli non l'ha dedotta espressamente, ma non l'ha neppure prevenuta . lia
provato che gli uomini variano prodigiosamente nell'applicazione dell'idea
di giustizia; ma non ha osservato, che concordano nell'avere un sentimen-
to generale che vi sieno delle cose giuste e delle ingiuste , delle azioni
belle e delle turpi. Quelli che dopo lui stabilirono questa verità, hanno
non dirò confutato un grande errore del suo sistema , ma certamente riem-
piuto in esso un vuoto importante.
Ma ravvicinando la verità scoperta da Locke a quest'ultima, ne viene
una terza conseguenza; ed è la necessità della legge diyu^a per avere una
regola santa ed infallibile di morale. Il sentimento universale disila mora-
lità piova l'altitudine dell' uomo a ricevere ima regola universale, per ap-
Silicarlo : quel dito che ha scritta la legge aveva già f(iiin;\tn il cuore del-
'uonio colla disposizione d'intenderla e di riconoscerla. E le moslruo.se
tiMviazioni degli uomini che io applicarono da sé, provano il bisogno di
questa legge, e che essa e la sola; che fuori di essa tntlo è confusione e
< ecità ; cìm gli errori che essi fanno nello stabilirne altre, .sono tali, che
lino gli altri uomini, ciechi com'essi, li ravvisino e U comlannano , quan
do sieno cessate le cause particolari che avevano fatto prendere per verità
piuttosto un errore che un altro.
Manioni 3
34 SULLA IMORALE CATTOLICA
rà un convincimento falso . E per chiarirlo tale , non
abbisognerà nemmeno il testimonio della relliiionc;
basterà che cessmo alcune circostanze, che si cangi
unMnteressc, che si abolisca una costumanza.
Quanto al principio della morale , le diirerenze non
sono più fra i Mingreliani i Peruviani e i Topinam-
bi: la questione è fra pochi uomini intenti a studiar-
la, e che pretendono fare astrazione da ogni interes-
se, da oejni autorità, e da ogni abitudine per trovare
il vero. Essi concordano ncU' ammettere, che esiste
un principio della morale, una ragione di giustizia
applicabile a tutti i rapporti degli uomini^ ma quan-
do si viene ad indicarlo, chi lo vede nell' interes«e ,
chi nella idea del dovere, chi nella coscienza. E si
osservi, che ([ueste discussioni non sono di quelle che
preparano la via ad un accordo , di quelle in cui tut-
te le parti fanno qualche passo verso un centro co-
mune. Queste ultime hanno un movimento progressi-
vo, e ad ogni epoca si rinvengono punti di contatto,
che formano poi parte della scienza , si conviene in
alcune cose, che non entrano più in questione. Ma
qui invece i diversi sistemi cadono e risorgono, con-
servando sempre le loro ditferenze caratteristiche ', si
disputa, ripetendo ognuno sempre i suoi argomenti
come perentori , e ripetendoli, benché sia provato che
non sono atti a sciogliere le opposizioni degli avver-
sari: è questo il gran carattere delle questioni incon-
ciliabili (i).
(i) Di tempo in tempo escono poi fuora scrittori che volgono in ridi-
colo queste discussioni: cosa tanto più facile, quanto esse tengono da una
parte a sistemi arbitrari, e dall'altra ai sentimenti più intimi dell'uomo:
due gran fonti di ridicolo per la maggior parte degli uomini colli . Il fra-
sario stesso dei diversi sistemi presenta agli scrittori burleschi dei mate-
riali da porre in opera senza grande studio. In ogni sistema, a misura che
CAPITOLO III. 35
E dunque ben chiaro , che la Ulosofia morale non è
scienza una, che non ha basi fisse, ne punti di con-
vincimento comune. Quando ad essa si fosse data la
si classificano più idee, diventa necessario inventare dei termini, che uè
significhino le relazioni e il complesso. Questi vocaboli lontani dall'uso
comune, ripetuti sovente dai filosofi per supplire ad un periodo, e talvol-
ta ad un trattato, e ripetuti per lo più con importanza, perdio rappre-
sentano le idee cardinali del sistema; questi vocaboli soli accumulati in uno
scritto scherzevole bastano a far ridere raigliaja di lettori.
Nulla serve più a far ridere gli uomini di una cosa, che il ricordar lo-
ro, che per altri uomini quella cosa è seria ed importante : poiché ad o-
gnuno sembra un segno evidente della propria superiorità l'esser divertito
da ciò che occupa e domina le menti altrui . Ciò si vede ogni giorno fra
gli uomini d'ogni ceto, dove quando si sappia che uno abbia una affezio-
ne particolare ad una idea, gli altri si servono di quella per farsi I)cffe
di lui o contradicendogli o secondandolo, ma sempre in modo che quel-
la sua affezione si mostri al massimo grado : e questa usanza si può assai
bene combinare colla urbanità, la quale, separata dalla carità religiosa, ò
piuttosto la legge della guerra, che un ti'attato di pace fra gli uomini.
Dalle Nubi fino al Fausto, i sistemi positivi sulla parte morale e intel-
lettuale dell' uomo sono sempre ( o al loro apparire o col tempo ) caduti
nelle mani di scrittori comici; e il sentimento eccitato da questi è stato o
gajo o schernevole o anche penoso, secondo che hanno pia fatta risal-
tare o la vanità dei sistemi particolari, o la vanità terribile della mente u-
mana ; il che è dipenduto dalla malignità dalla vivacità o dalla profon-
dità del genio dei diversi scrittori.
Quando le parole tecniche d'un sistema sono state da molti pronunzia-
te ridendo, pochi ardiscono più impiegarle; e le questioni sembrano ter-
minate: ma esse risorgono quasi sempre sotto altri nomi. Vi ha nell'uomo
una brama di conoscere la propria natura, di trovare un tipo a cui com-
parare i suoi sentimenti, per acchettare la quale ci vuol altro che piace-
volezze.
Si osservi qui di passaggio, che fra i filosofi si disputa assai meno sulle
regole delle azioni , che sul principio generale della morale : su quelle
convengono per lo più; anzi ognuno procura di attaccare, come può, al
suo principio quelle regole pratiche che sono più comunemente ricevute.
Ma sembra che questo nasca da alcune cose che mettono d' accordo più
facilmente sul giudizio delle azioni, e sono l'educazione e l'importante
autorità del consenso dei contemporanei, nato da circostanze e da inlrressi
comuni: onde in ciò i filosofi sono guidati piuttosto clic guide. L'induen-
za poi del Cristianesimo aumenta ed estende questa cagione; poichì: aven
do osso proscritte certe azioni, che per una corrutt<:la del senso morale
erano state tenute da altri popoli come ottime , ed avendone comandate
altre , ha creato sopra raoltissime un giudizio stabile ed indipendente da
principi arbitrari.
k
36 SULLA MORALE CATTOLICA
preferenza sopra la morale teologica, resterebbe an-
cora a sce2;licrc fra i cento sistemi opposti e incom-
paliblli, nei (piali essa si divide, o fra i cpiali, per
dir meglio , è combattuta .
Vi ha due vizi irrimediabili, che hanno distrutti,
e distruggeranno di volta in volta tutti i sistemi di
morale umana: difetto di bellezza e difetto di moti-
\ì. Perchè una morale sia perfetta, deve riunire que-
ste due condizioni al massimo grado*, deve cioè non
escludere, anzi proporre i sentimenti e le azioni più
belle, e dare dei motivi per preferirle. Ora nessuno
di questi sistemi può farlo: ognuno di essi è, per dir
così, obbligato a scegliere*, e tutto ciò che acquista
da una parte Io perde dair altra . Se per evitare la
dilTicoltà, si ricorre ad un sistema medio, questo tem-
pererà i due difetti, ma gli avrà entrambi. Mi sia le-
cito di entrare in un esame più esteso per mettere in
chiaro questa proposizione.
A misura che un sistema di filosofia morale si adat-
ta al sentimento universale, consacrando alcune mas-
sime che gli uomini hanno sempre lodate ed ammira-
te, la preferenza data alla cose sjiuste sulle piacevoli,
il sacrilicio di se stesso , il bene fatto senza speranza
di ricompensa né di gloria, diviene tanto più arduo
il trovare ncll' intelletto le basi ragionevoli di quella
dottrina. Inlatti, se noi esaminiamo quale sia in una
bella azione la qualità che eccita l'ammirazione, e
che ci fa nominar òr//a quella azione , troveremo non
esser altro che la difficoltà (intendo, non difficoltà di
eseguire, che nasce dagli ostacoli esterni, ma quella di
determinarsi): l'utilità, la giustizia, saranno condi-
i
j
zioni senza le quali essa non sarebbe bella, ma non
sono quelle che la rendono tale. Il che è si vero, che
CAPITOLO III. 5;
se, mentre si sta ammirando la risoluzione presa da
un uomo in una data circostanza, alcuno scopre clic
essa era di suo vantaggio, e ch'egli lo sapeva pren-
dendola , r ammirazione cessa '^ cpiclla risoluzione si
chiamerà huona utile giusta savia, ma non più mi-
rahile nò hella^ si dirà, che quell'uomo è stato for-
tunato onesto avveduto, nessuno lo chiamerà gran-
de. Vediamo anche una prova di ciò nella invidia, la
quale, quando non possa ne2;are una bella azione, si
affatica in trovare dei motivi, pei quali appaja che
chi l'ha intrapresa vi trovava il suo conto, in prova-
re cioè , che quella azione era facile : le cose facili non
sono ammirate . Ma perchè mai le più belle azioni
compariscono diilicili al più degli uomini , se non per-
chè essi non trovano nella ragione motivi suflicienti
per intraprenderle risolutamente, anzi trovano nell'a-
more di sé dei motivi contrari? (Quindi consegue, che
quanto più un sistema di morale avrà per iscopo la
bellezza delle azioni, tanto meno avrà argonienti per
provare che è ragionevole di abbracciarlo e di se-
guirlo .
Ma se un sistema si fonda sul mero ragionamento,
se non pretende dall'uomo altre determinazioni che
quelle, alle quali si può provargli ch'egli si deve por-
tare per conseguire il suo utile temporale , esso scon-
tenta ed oifende un^ altra tendenza di tutti gli uomi-
ni, i quali non vogliono rinunziare alla stima di ciò
che è bello senza essere utile a (pialche modo^ anzi è
bello perciò appunto. Io so, che nella teoria della
morale fondata sull'interesse si spiegano tutte le azio-
ni più magnanime e più indipendenti da ciò che co-
munemente si chiama utile: si spiegano col dire, che
gli uomini di gran cuore trovano in esse piacere. Ma
38 SUTJ.A MORAT.E CATTOLICA
perdio una teoria morale sia completa , non basta che
spieghi come alcimi possano averle fatte, bisogna clic
dia ragioni ed impulsi per farle: altrimenti la parte
più perfetta della morale diventa una eccezione alla
regola, e il retaggio di alcuni uomini che si allon-
tanano dal modo comune di ragionare, è quasi una
stravaganza di gusto (i). Vi è negli uomini una po-
tenza, che gli sforza a disapprovare tutto ciò che ap-
pare loro esser falso, e come essi non possono disap-
provare le virtù disinteressate, cosi vogliono un siste-
ma, nel quale esse entrino come ragionevoli. Io cre-
do, che quanto più si osservi, sempre più si vedrà,
che le morali umane si agitano fra questi due termi-
ni, cercando invano di ravvicinarli: ogni sistema ha
una parte di fondamento nella natura umana, cioè
nella ragione o nel sentimento : la difficoltà consiste
nel farli coincidere, nel trovare un punto che li riu-
nisca al massimo grado .
Questo punto è la morale teologica.
S^ immagini qualunque sentimento di perfezione !
esso si trova nel Vangelo, si esaltino i desiderj della-
nima la più pura da passioni personali fmo al sommo
ideale pel hello morale : essi non oltrepasseranno la
regione del Vangelo . E nello stesso tempo non si tro-
verà alcun sentimento di perfezione, al quale col Van-
gelo non si possa assegnare un motivo razionale, pre-
(i) Lo scrittore anonimo della vita di Hcivctius, dopo aver parlato di
alcuni suoi tratti di bcnelìcenzn, riferisce ch'egli disse al suo cameriere,
il quale ne era testimonio : vi proibisco di raccontare quel clie avete ve-
duto , anche dopo la mia morie. Questo scrittore non ricorderebbe una
tale circostanza, se non fosse di opinione che la volontà di celare i bene-
ficj che si fanno è una disposizione virtuosa . Kssa è tale senza dubbio;
ma nel sistema di Helvetius e impossibile classificarla fra le virtù.
:^-
CAPITOLO III. 5g
ponderante , e legato naturalmente con tutta la rive-
lazione .
È e^li bello il perdonare le offese, l'avere un cuo-
re inalterabile placido e fraterno per cbi ci odia ?
Cbi ne dubita? ma perchè dovrò io averlo tale, se
tutto mi strascina ai sentimenti contrari? Perchè tu
non puoi odiare il tuo fratello che come cagione del
tuo male :^ s' egli non lo è , il tuo odio diventa irragio-
nevole ed ingiusto; ora egli non ti ha fatto male^ la
tua volontà sola può nuocerti realmente : egli ha fat-
to male a se , e merita da te compassione . Se V oifesa
ti punge , e perchè tu dai alle cose temporali un va-
lore che non hanno ', perchè tu non senti abitualmente
che Dio è il tuo solo bcnc'^ e che nessun uomo, nes-
suna cosa ti può togliere a Lui. Il tuo odio viene dun-
cpie dalla corruttela del tuo cuore, dal traviamento
del tuo intelletto : purifica 1* uno e correggi l'altro,
e non potrai più odiare. Di più, tu riconosci come il
più sacro dovere quello di amare Iddio sopra ogni co-
sa;, tu devi dunque bramare ch'Egli sia glorificato ed
obbedito : oseresti tu volere che alcuna creatura ra-
o;ionevole di nesfasse il suo omaoo;lo, si ribellasse alla
sua legge ? Questo pensiero ti fa orrore : tu desidere-
rai dunque che ogni uomo serva Dio e sia nell'ordi-
ne;, se lo fai, tu desideri ad ogni uomo la perfezione,
la somma felicità, tu ami ogni uomo come te stesso.
E bello il dare la propria ^ita per la verità e per
la giustizia, il darla senza testimoni che ti ammiri-
no, senza un compianto, nella certezza che gli uo-
mini ingannati ti accompagneranno colle esecrazioni,
che il sentimento della santità della tua causa non
troverà fuori di te dove appoggiarsi, dove diilbndor-
si? ì\on v' è uomo che non pianga di ammirazione
4o SULLA MORALE CATTOLICA
all'udire clic un allr'uomo abbia abl)an(lonala la ter-'
ra così. ]Ma (bi proverà, cbe sia ra£:;ioncvole il faHo?
Quab' e il iiiolivo, [)er cui si dcl)ba rinunziare a ([nel
scnlimenlo, cbe domina Inlto il nostro essere, al de-
siderio di far consentire delle anime immortali, come
la nostra, al nostro più alto e profondo sentire? Per-
cbè, quando a seiJìiire la giustizia non ve altra via
die la morte, è certo per noi, cbe Dio ci lia segnata
quella via per giungere a Lui, percliè il secolo pre-
sente non ba il suo compimento in sé', percliè il biso-
gno clie abitiamo di essere approvati non sarà conten-
to, cbe quando vedremo cbe Dio ci approva, percbè
ogni nostro sacrificio e leggiero in paragone deU" inef-
labilc sacrificio dell Uomo Dio , al quale doljbiamo
rassomigliare, se vogliamo entrare a parte del sua
regno .
Ecco i motivi, per cui milioni di deboli creature,
con queir ajuto divino cbe rende facili tutti i dove-
ri, banna trovato, cbe la determinazione la più am-
mirabile e la più difficile, quella di nwrire fra i tor-
menti per la verità, era la più ragionevole, la sola
rai^ionevole ^ e l'banno abbracciata. Prodigiosa sto-
ria della Religione ! nella quale Latto di virtù il più
superiore alle forze dell'uomo, è forse quello di cui
gli esempi sono più comuni .
Non se ne potrà immaginare alcuno, per cui il Van-*
gelo non dia motivi: non si potrà immaginare un sen-
timento vizioso, cbe, secondo il Vangelo, non sup-
ponga un^idea falsa. Si domandi ad un cristiano qua-
le sia in ogni caso la risoluzione più ragionevole e la
più utile ; egli dovrà rispondere j la più onesta e la
più generosa.
Ma questo non basta : dai sistemi di morale fdoso-
CAPITOLO III. 4i
fica risulta un altro difetto essenziale, e pure irrime-
diabile. Osservandoli anche da questo lato e compa-
randoli colla morale religiosa, troveremo che questa
non solo ne è esente, ma che invece di quello ha una
perfezione.
]Nel principio della morale non si cerca puramente
una verità speculativa;, si vuole che sia una sori>ente
di regole per norma della vita. Ora, tutti i principi
di morale umana sono sterili e senza applicazione:
non già che dato un principio, non possa uno dedur-
ne una regola^ ma perchè non ne vengono regole in-
negabili universali e perpetue^ regole che tutti deb-
bano riconoscere, quando abbiano ammesso il prin-
cipio .
Facciamo bi'evemente questo esame sopra uno di
essi, che è forse il più ditfuso a questi tempi, quello
che ridnce tutte le obbligazioni morali ali" interesse
proprio, bene inteso; principio, il quale suppone che
l'interesse privato coincida sempre col pubblico, di
modo che l'uomo giovando agli altri fa la sua felici-
tà, e viceversa (i) . Supponiamo un uomo convinta
di questo principio, e disposto sinceramente a rego-
larsi in conseguenza*, supponiamolo alla scelta di una
azione. Che farà egli per trovare la regola? Esami-
nerà il suo interesse . Come farà per bene intenderlo?
Kipasserà tutte le eventualità di piacere e di dolore,
delle quali la sua azione può essergli causa. Ha egli
l'avvenire davanti a se? Conosce gli elfetti e le cir-
costanze indipendenti dalla sua azione, e che agiranno
sopra di lui in conseguenza di quella, lo opinioni i
(i) V. Essai sur V ìncìifférence en matt'ère de religion 3. me édil. T. I.
nota alle pag. 476 77 .
42 SULLA MORALE CATTOLICA
capricci clcc;li nomini, il cangjiamenlo possi])ile del suoi
scnllmcnti stessi? iNon si parli del tempo e della oc-
cnpa/lonc clic esio;c questa ricerca , ma si dica se pnò
condurre ad un risultato . Questo principio non è dun-
(pie applicabile che al passato ^ è j)rincipio di osserva-
zioni e non di ref»ole . Voi mi direte : esaminando
tutte le azioni dea;li nomini si vede, che le virtuose
hanno accresciuto il hen essere di chi le ha fatte, le
viziose hanno avuto con se il loro castigo . Sia pur
così*, io vi passo (piesto fatto: ma non è questo che
io vi domando: io domando, di due azioni fra le qua-
li dehho scegliere, quale mi farà più felice? Mi ri-
mandate voi alla mia esperienza? ma essa non basta:
alla esperienza di tutti i tempi? ma io non la cono-
sco , nò mi basterebbe , perchè ho bisogno di sapere
gli eifetli di una azione sopra di me , date queste uni-
che circostanze in cui io sono . Mi rimandate voi al
consenso universale? ma questo consenso non esiste^
ma se esistesse, non sarebbe una autorità per me:
converrebbe supporre che gli uomini non errano quan-
do vanno d'accordo nel (issare l'utile o il danno di
una azione, e che le loro unanimi osservazioni sono
applicabili anche al mio caso .
Ma siccome secondo questo sistema in ogni azione
virtuosa si verificano due condizioni, il bene di chi la
fli e il bene pubblico : cosi non potendo io prevedere
il primo nò ricavarne la regola dell'azione, andrò
almeno a ricercarla nel ben pubblico, colla certezza
che , se io lo procuro , avrò anche fatta la mia parti-
colare felicità. Ma è inutile diftbndcrsi a dimostrare,
che questo pure è impossibile ad indovinarlo , che sco-
prire la somma di piacere e di dolore , che porterà agli
altri la mia determinazione, è cosa superiore ali hi-
CAPITOLO III. 45
telletto umano. Ma supponiamo^ che uno vi giunga,
che egli sappia, che cpiella azione è certamente utile
agli altri, e che egli vi si risolva: supponiamo, che
per questa sua azione (l'ipotesi non è strana) egli sia
odiato perseguitato tormentato : la sua azione diven-
ta forse cattiva perchè egli non ha saputo comhinare
r interesse proprio coli' altrui? La huona coscienza,
si risponde, lo sostiene e lo compensa, e mette così
in salvo il suo interesse. Ma la voce della coscienza,
domanderemo, è ella certa, perpetua, porta ella, in
conseguenza di tutte le azioni utili al puhhlico, un
piacere infallihilmente superiore a tutti i mali che da
esse possono venire ai loro autori, e una pena per tut-
te le azioni dannose superiore ai vantagi>i? Se que-
sto si atYcrma, converrà ricorrere alla sola coscienza,
per regolarsi indipendentemente da ogni altro piacere
o dolore^ perchè il dolore e il piacere della coscienza
essendo iniallihile e sempre preponderante mi darà,
secondo il sistema stesso, una norma certa della vir-
tù . Ma se questo non si aiferma , e si dice che la re-
tribuzione della coscienza può mancare prima per ri-
guardo al tempo, poiché un uomo può aver diletto di
una azione dannosa, e dolore d* una azione utile, e
morire prima che il rimorso o la consolazione della
coscienza porti la pena o il premio ^ se si dice che que-
sta retribuzione è incerta perchè dipende dalle circo-
stanze dalle idee e dal temperamento dell' uomo su
cui deve operare , ne verrà di conseguenza, che la co-
gnizione certa che una azione sia per essere utile al
pubblico non basterà per dichiararla virtuosa, per
provare ad uno che debba intraprenderla, giacché non
sarà provato ch'essa sarà utile a lui. Che se si dices-
se, che questa voce della coscienza, benché non inlai-
44 SLLLA MORALE CATTOLICA
lll)ile ne preponderante, è però da meltersi a calcoìo^
essendo un fallo nolo, che essa porta piacere e do-
lore secondo le azioni, e dà cpiindi una probabilità di
premio e di pena, ne verrebbe di conseguenza, clic
ad eguali circostanze estrinsedie le obbligazioni non
sono e2;uari :^ ])erchè la coiji;nizione del danno pubblica
potrà obbliiiare ad astenersi l'uomo, clic conoscendo-
si di coscienza delicata prevede, clic dall' averlo ca-
gionato gliene verrà diminuzione di felicità, ma non
colui, che sentendosi agguerrito contro il rimorso, si
promette la trancpiillità dell'animo: e i due estremi
del sistema, interesse pubblico e interesse privato, si
combineranno nel primo caso e non nel secondo. Tali
sono (oltre le tante notate da' moralisti pensatori) le
conseguenze di questo sistema: sistema assurdo, per-
chè si fonda sulla supposizione di un fatto smentito in
mille casi dalla realtà, che il bene pubblico cioè coin-
cida sempre col bene particolare dell'operante in que-
sta vita^ di un fatto che quand'anche fosse vero,
non potrebbe essere dimostrato e posto in principio
per l'avvenire, non avendo ogni uomo i dati necessa-
ri per accettarne la verificazione nel suo caso. E come
l'errore è cagione di errore, questo sistema è inappli-
cabile in pratica per le stesse ragioni che lo rendono
assurdo in principio.
Del resto , si osservi di passaggio , clì€ questo siste-
ma non è altro che l'alterazione di una grande verità
proposta dalla religione: che operando la giustizia si
ottiene la somma felicità. Una lllosolia arbitraria ha
voluto (se mi è lecito usare questa espressione) to-
gliere da questo calcolo la cifra della vita futura^ e
il calcolo si è trovato fallato .
È dunque dimostrato che da questo principio non
t
CAPITOLO 111. 45
si possono air uopo dedurre le regole della condotta :
ripeto, le regole certe ^ giacche uno potrà bensì tro-
vare che nelsiio caso ne venga più probahilmente una
regola tale e fermarsi a cpiella , ma essa non sarà tale
che obljli^hi a riconoscerla tutti quelli che ammetto-
no il principio sotto pena di non esser logici .
Questo inconveniente è comune a tutti gli altri si-
stemi di morale umana, perche in tutti, le regole non
sono espresse nel principio, né derivano necessaria-
mente da quello. Per istabilire in un modo incontra-
stabile è necessaria una cognizione profetica di tutti
gli effetti delle azioni , una cognizione di tutti i loro
rapporti coli' ordine generale. Ammesso che lidea del
dovere sia il principio delle obljllgazioni morali, per
avere le re2;ole, o converrà dire che l'uomo conosce
certamente tutti i suoi doveri in ogni caso, o confes-
sare che le regole devono venirci da tutt' altro clie da
questo solo principio : ammesso che sia la coscienza ,
0 converrà dire che essa non inganna mai, e quindi
rimettere le regole alla coscienza di ognuno, o con-
fessare qui pure che non vengono dal principio .
La morale religiosa sola poteva dar regole pratiche
incontrastabili, e unile indissolubilmente al principio,
perchè sola può riconoscere un princìpio di autorità
infallibile, quale è Dio, e sola può comunicare al-
1 uomo le regole derivanti e rivelate da questo prin-
cipio . Chi lo ha ammesso , deve ricevere le regole ,
deve esser certo clic son giuste, perdio chi le ha date
conosce tutti i rapporti possibili dei sentimenti o delle
azioni colla eterna innnutabile giustizia (1).
(1) Di qui si vede quanto sia assurda ]a prctcnsidue di fare eccezioni
alla legge iliviiia cnl pretesto di una nlat;^'lnr ntililìi : essa suppone nnn
più estesa cojjnizionc della possibile ulililà nell'uomo che in Dio. L'uomo
*,.
46 SULLA MORALE CATTOLICA
Principio di irrecusabile autorità: regole alle quali
si riduce ogni atto ed ogni pensiero: spirito di per-
fezione che in ogni cosa dubbia rivolge l'animo al me-
glio : promesse superiori ad ogni inunaginabile inte-
resse temporale: modello di santità proposto nell'uo-
mo Dio: mezzi eflicaci per ajutarci ad imitarlo nei
Sacramenti da Lui istituiti, nei quali anche chi ha la
sventura di non riconoscere Y autorità divina, non può
non ravvisare azioni che dispongono ad ogni virtù:
tale è la morale della Chiesa cattolica, quella morale
che sola ha potuto farci conoscere quali noi siamo ^,
che sola dalla cognizione di mali umanamente irrime-
diabili ha potuto far conoscere la speranza *, quella
morale che tutti vorrebbero praticata dagli altri, che,
praticata da tutti, a tutti darebbe il più alto grado di
perfezione e di felicità che si possa conseguire su que-
sta terra;, quella morale, a cui il mondo stesso non
ha potuto negare una perpetua testimonianza di am-
mirazione e di applauso.
Che anche dopo il Cristianesimo alcuni fdosofi si
sieno alfaticati per iscoprirne un altra, questo è un
l'atto pur tro])po vero . Simili a chi , trovandosi con
una moltitudine assetata e sapendo di esser vicino ad
un gran liume , si fermasse a fare con dei processi chi-
mici qualche goccia di quell'acqua che non disseta,
essi hanno consumate le loro cure nel cercare una teo-
ria di doveri f) quando si sono abbattuti in qualche im-
portante verità morale, non si sono ricordati che era
non vede che una parte delle cose; Dio e venuto in soccorso della sua
infermità, e gli ha dato regole, stando alle quali l'uomo è certo di fare
quello che dovrebbe scegliere, se avesse tutto veduto: l'uomo che si di-
spensa dal seguirle, mette in confronto il poco clic egli conosce colla sa-
pienza iufmila di Dio, e decide in favore della sua propria opiuiouc .
CAPITOLO III. 47
stala loro insegnata, che era un frammento o una
conseguenza del catechismo , non si sono avvisti che
avevano soltanto allungata la strada per giungere ad
essa, che invece di presentare una legge nuova, spo-
gliavano della sanzione nna legge già promulgata (i).
La Chiesa non ignora i loro sforzi e i risultati di es-
si : ma è questo un' esempio per lei ? Essa non ha po-
tuto che ammonirli e compiangerli: perchè avreljhe
dovuto imitarli ? La Chiesa, a cui Gesù Cristo ha con-
segnata una dottrina morale perfetta , non dovrà man-
tenersene padrona? dovrà cessare di dirgli con Pietro:
da chi aneleremo? tu hai le parole dì vita eter-
na (2). Dovrà cessare di ripetere, che disperde chi
non raccoglie con Ini (3) ? Potrà snp[)orre un mo-
mento che vi sieno due vie due verità due vite? Le so-
no stati allidati dei precetti, e depositaria infedele e
amministratrice dilìidente essa (Hspcnscrà dei du!)hi?
Lascierà da un canto la parola eterna, e si avvihip-
(1) Chi non riflettesse che le scienze ninali non seguono la progressio-
ne delle altre, (perchè non sono dipendenti dal solo intelletto, ne pro-
pongono di quelle verità, che riconosciute una volta non sono più contra-
state, e servono di scala ad altre verità) non saprehbe spiegare come la
dottrina di Helvctius ahl)ia potuto succedere in Francia a quella dei gran-
di moralisti del secolo decimosctflmo . Colpito della inferiorità della prima,
non saprebbe delle due maniere di renderne ragione, quale ammettere come
la meno strana: o che Helvctius , moralista di jirolcssione , non si fosse
curato d'informarsi dello stato della scienza e delle opinioni di scrittori
rinomalissimi e recenti, o che leggendo le loro opere egli non avesse ve-
duto come le questioni eh' egli ha messo in cauipo erano già compiuta-
mente sciolte, e clic la soluzione era sempre quella ch'egli dovi^va trovare
la più magnanima e la piìi utile, (piella ch'egli avrebbe desideralo che
ognuno adunasse nelle sue relazioni con lui; non avesse veduto come in
quei libri tiilto concorda colla scienza che l'uomo ha di se stesso, come
i principi sono senza eccezione di tempi o di persone, come la perfezione
<! ragionala, come il vero modo per fare trattati utili universali ed onesti
di morale era adottare quei principi, ed applicarli alle osservazioni che
presenta la società.
(•2) Domine^ ad (jiieìii ihhims? vnbn i>i//i; mtcrno; liabcs . Job. VI. 6,
(3) (^ui nuli colligit inccuiìi , di.'^i>crgil . Lue. XI. 6.
48 SULLA MORALE CATTOLICA
perà nei discorsi dell' nonio, per riuscire a trovare
forse , che la viriti è più ragionevole del vizio , l'orse ,
die Dio deve essere adoralo ed obbedito, forse, che
Ijìso^na amare i suoi Iratclli? 11 Verbo avrà assunta
(iiirsla carne mori ale, avrà altraversate le angoscie
iiu'K'abili della redenzione, per meritare alla società
da lui fondata un poslo Tra le accademie filosoliche?
Essa, cbe coi suoi primi insegnamenti può innalzare
il semplice, clic ignora tulio fuorché la speranza, al
più allo punto della morale, a quel punto a cui si ri-
trova Bossuet dopo aver percorso vm vasto circolo di
meditazioni sublimi, non ve lo innalzerà, ma lo ri-
.spingerà sulla strada del ragionamento, che conduce
a cento mete diverse? Stanco e smarrito, l'uomo si
rifuL^girà a//a cifià posici sul monte (i), ed essa non
i^ìi darà asilo? Aliamato di giustizia e di certezza, di
autorità e di speranza, egli ricorrerà alla Chiesa, e
la Chiesa non gli spezzerà (piel pane che si moltiplica
nelle sue mani? ISo, la Chiesa non tradisce così i suoi
iigli: noi non possiamo temere di esserne abbandona-
ti:^ non ci resta che il timore salutare che noi possia-
mo abbandonarla: un tal timore non deve che cresce-
re la nostra fiducia in Chi ci può tenere attaccati a
cpicsta coloììua e foudamcnio della verilà (2) . Di-
mentichiamo diciotto secoli di esistenza, di successio-
ne di pastori, e di sommi pastori, di continuazione
nella stessa dottrina, diciotto secoli nei quali si con-
tano tante persecuzioni e tanti trionfi, tante separa-
zioni dolorose, e non una sola transazione: che abbia-
mo noi bisogno di esperienza? 1 primi fedeli non l'a-
(1) 'Non polest ch'ilns aììsroiìcìi siipra mniifcm posila. INIatlli. v. i4-
(•'.) Ecclesia Dei vu'i , culimuia et Jinnumcntuin veriUUis . I. ad Ti-
motb. Ili, i5.
CAPITOLO III. 49
vevano ed hanno creduto: bastò loro la parola di
quel Dio per cui mille anni sono come il giorno di
jeri che è passato (i) .
Io non mi diffonderò qui davvantaggio sulla supe-
riorità della morale religiosa, argomento trattato da
sonuni uomini, e collegato naturalmente con tutte le
opere che parlano di questa morale . I soli cenni stac-
cati che ne lasciò Pascal, contengono più scoperte iiii-
j)ortanti di morale generale , che molti volumi (2) .
Altronde, far risaltare questa superiorità, è lo scopo
di tutto il presente scritto. Riepiloghiamo ora breve-
mente i risultati del confronto che abbiamo fatto in
questo capitolo.
La filosofia non ha potuto convenire in un solo prin-
cipio e in una sola regola , che sono le due parti es-
senziali della morale. Non è dunque una, ne si può
contrapporla alla rivelazione.
Esaminando ad uno ad uno i sistemi di morale fi-
losolica, si troverà, che nessuno di essi può concilia-
re la somma bellezza colla somma ragionevolezza}
quindi ognuno di essi lascia molto a desiderare ai suoi
(i) Quoniam mille anni ante oculos tuos tamqiiavi dies hesterna quce
rrcBteriit. Ps. LXXXIX. 4.
(2) Pascal, per avere osservati profondamente i mali dell'uomo è stalo
le tante volte tacciato di atrabiliario; e questa taccia non è forse mai stata
data ad Helvetius che rappresenta la natura umana nel punto di vista il
più tristo e desolante. Questa differenza di giudizio è tanto più strana, in
quanto Pascal, il quale aveva troppo studiato se stesso per essere sprez
zatore degli altri, non respira che compassione di se e d'altrui, rassegna
zinne amore e speranza ; egli riposa di tratto in tratto con gioja e con
calma nel ciclo lo sguardo turbato e confuso dalla contemplazione dell* a •
liisso del cuore umano : e le riilessioni di Helvetius sono sovente amare
iraconde insofferenti o di una crudele festività . Pascal è atrabiliario ,
|)crcl»ò mostra la necessità di rimedi che ci spiacciono più dei mali. Hcl-
vcliMs invece cerca ad ogni inconveniente morale una causa estranea; in-
vece di urtare le passioni, le lusinga, insognando ad ognuno ad attribuire
i VIZI alla necessità o alla iguorauia altrui, e non alla propria corruttela.
Maii^uiii >
» »
5o SULLA MORALE CATTOLICA
stessi partigiani . La morale teologica riunisce queste
due condizioni al massimo grado .
I sistemi di fdosofia morale non danno regole cer-
te e derivanti necessariamente dal principio^ cpielle
proposte dalla morale teologica sono tali^ il suo prin-
cipio è V autorità di Dio , e le sue regole sono i co-
mandamenti di Dio.
Quando si ammette che la morale del Vangelo vie-
ne da Dio, bisogna ammettere nella Chiesa lo stretto
dovere di adottarla e di mantenerla ad esclusione di
ogni altra . Quando si viene ad esaminarla in confron-
to delle altre , le sue perfezioni provano sempre più
la origine divina di essa.
CAPITOLO IVa
su I DECRETI DELLA CHIESA ; SULLE DECISIONI DEI PADRI ;
E SU 1 GASLSTI ,
Elie ( r Église ) substitua V cmtorité de ses decvcts , et Ics
décis'ioìis des Pèrcs ciux liuìiièrcs de la raìsoìi et de la
coiisciencCf r étnde des Casuistes à celle de la plido-
sophie .... Pag. l\vù-\l\.
ILa Chiesa fonda la sua autorità nella parola di Gesù
Cristo: essa pretende essere de|)ositaria e inlerprele
delle Scritture e della Tradizione: essa si protesta
non solo di non aver mai insegnato nulla che non de-
rivi da Gesù Cristo, ma di essersi sempre opposta e
di volersi opporre sempre ad ogni novità che tentasse
introdursi, di esser pronta a cancellare appena scritto
oi»;ni jota, che una mano profana osasse a2;a;iungere
alle carte divine . Essa non ha mai preteso di avere
l'autorità d'inventare principj di morale essenziale:
anzi la sua gloria è di non averla , di poter dire che
ogni verità le è stata inscenata lino dalhi sua oriinnc,
ch'ella ha sempre avuto gli insegnamenti e i mezzi
necessari per salvare i suoi ligli, di avere una autorità
che non può crescere, perchè non è mai stata man-
eante. Essa atlerma in conseguenza, che i suoi decreti
sono conlorini al Vangelo, e ciie non riceve le deci-
sioni del Padri che in quanto gli sono [)ure conformi ,
52 SULLA MOllALE CATTOLICA
e sono una testimonianza della continuazione della
stessa fede e della stessa morale . Se la Chiesa all'er-
ma il vero , non si potrà dire ch^ ella sostituisca que-
sti decreti e queste decisioni ai lumi della rac;ione e
della coscienza, come non si può dire sostituita alla
ìe^Q^e una sentenza clie ne spieghi lo spirito , e che ne
determini l' esecuzione , si dovrà anzi confessar eh' es-
sa regola Luna e l'altra con una norma infallihile,
come è quella del Vangelo . Che se non si vuol crede-
re a questa asserzione della Cliiesa, conviene dire qua-
li sono le massime di morale proposte dalla Chiesa,
che non venivano dal Vangelo, che siano contrarie o
anche soltanto indifferenti al suo spirito. Questa ri-
cerca non farà che mettere sempre più in chiaro la ma-
ravigliosa immutahilità della Chiesa nella sua morale
perpetuamente evangelica, e la infmita distanza che
passa fra essa e tutte le sette filosofiche , nelle quali
non si è fatto che edificare e distruggere, che after-
mare e disdirsi^ nelle quali i più savi sono stati sti-
mati quelli che più hanno confessato di duhitare.
Quanto ai casisti, comincio dal confessare di non a-
verli letti , non dico tutti , che deve esser cosa impos-
sibile , ma neppur uno , e di non averne altra idea ,
che per le confutazioni e le censure che di molti di es-
si furono fatte . Ma la cognizione delle loro opere è
necessaria per i stabilire il punto che interessa la Chie-
sa a riguardo loro , ed è, che alla Chiesa non si posso-
no attribuire le dottrine dei casisti: essa non si fa
mallevadrice delle opinioni dei privati, ne pretende
che alcuno de' suoi figli non possa errare: questa pre-
tesa contradirebbe le predizioni del suo Fondatore di-
vino . Essa non ha mai proposti i casisti come norma
di morale : era anzi im[)0ssibile il farlo ^ i)erchè le de-
CAPITOLO IV. 53
cìsìoni loro devono essere un'ammasso di opinioni so-
vente varie e sovente opposte.
La storia del Casìsmo può dar luogo a due osser-
vazioni importanti. L^una, che le proposizioni inique
fino alla stravaganza, che sono state messe fuori da
qualche casista, sono motivate sopra sistemi arhitra-
ri ed indipendenti dalla religione . Alcuni fra di loro
si erano costituiti in scuola di filosofi moralisti profa-
ni, e si perdevano a consultare e citare Aristotele e
Seneca, dove aveva parlato Gesù Cristo. Lo stesso
principio sul quale sembra che questi fondassero una
gran parte della loro autorità (quello della probabili-
tà), è un principio tutto filosofico: essi non hanno
mai , per quello che io sappia , tentato di provare che
era tolto dalla rivelazione : sarebbero stati ben impac-
ciati a farlo . Questo è lo spirito che Fleruy osservò
negli scritti di questi: Il s' est a la fin trouvè des ca-
suistes qui-ont fonde lenr morale plutót sur le raison-
nement hiimain^ que sur V ecriture et la tradii ìon ,
Conime sì Jèsus-Christ ne nous avoit pas enseignè
tonte vèritè aussi-bien pour les nioeurs que pour la
foi: comme si nous en ètions encore à clierclier avec
les anciens philosophes (i). L^ altra osservazione si
è: che 2;li scrittori e le autorità che nella Chiesa si
alzarono contro quelle proposizioni, opposero ad esse
costantemente le Scritture e la Tradizione. Gli ecces-
si di una parte dei casisti vennero dunque dall' esser-
si essi allontanati dalle norme , che la Chiesa segue e
propone , e a queste si dovette ricorrere per ricondur-
re la morale ai suoi veri principj .
(i) Maeurs des Chrctìcns. \. me par tic , LXVI. Mullitude des Docieurs
CAPITOLO V,
SULLA COUKJSr.)M)KN/A DILLI A MOKALK CATTOLICA
COI SENTIMENTI NATURALI RETTI.
La morale (ut nhsohiìiient dénaturée antre les maius des
casuistcs ; die dcviiit rtrangàre aa cocur cornine à la
raison: elle pevdit de vite la souffrance que chacime
de nos faulcs poia>ait causerà c/iielc/u luie dcs créatii-
res , polir n avoir d' aiitres lois que les volonie's suppo-
sces du Crcatcur: elle repoussa la base que lui avait
donnée la nature dans le cocur de lous les hommes ,
pour s' en former une tonte arhitraìre. pag. l\\l\.
ISenclìè non si voglia qui difendere i casisti, non si
può a meno di non reclamare contro una condanna
che li comprende tutti ^ il loro numero è sì grande,
che e quasi impossibile che non vi sia stato fra essi
alcuno che abbia trattata la morale cristiana con sin-
cerità e con scienza : quegli stessi che svelarono e con-
dannarono le massime false di alcuni casisti non man-
carono di fare una distinzione fra la moltitudine , e di
render giustizia ai buoni.
Ma siccome la Chiesa è poco sopra accusata di aver
sostituito lo studio dei casisti alla filosofia morale, e
siccome il non tenere al (re leggi che le volontà (non
supposte ma rivelate) del Creatore non è massima
privata dei casisti, ma generale della Chiesa*, così
queste censure vengono a ricadere sovra di essa . Ad
ogni modo , io credo bene di esporre lo spirito della
CAPITOLO V. ^ 55
Chiesa su questo particolare, per mostrare che ciò
che viene da lei e sapientissimo, e per impedire che
le si attribuisca ciò che non è suo. Che se l'intenzio-
ne deir illustre Autore non è stata di censurare la
Chiesa , tanto meglio : io avrò avuto campo di render-
le omaggio senza contradire a nessuno.
La Chiesa non ha poste le basi della morale , ma le
ha trovate nella parola di Dio. Io sono il Signore
Dìo tuo (i): questo è il fondamento e la ra2;ione del-
la legge divina, e per conseguenza della morale della
Chiesa. // principio della sapienza è il timor di
Dio (2) . Ecco le basi sulle quali sole doveva la Chie-
sa edificare.
Ma ciò facendo, ha ella potuto rispingere le basi
naturali della morale , cioè i sentimenti retti , ai qua-
li tutti gli uomini hanno una disposizione? Non mai:
giacche questi sentimenti non ponno mai essere in con-
tradizione colla legge di Dio, dal quale vengono essi
pure. La legge non è anzi fatta che per confermarli,
che per annunziare all' uomo eh' egli può e deve se-
guirli , per dargli un mezzo con cui discernere nel
suo cuore ciò che Iddio vi ha posto e ciò che il pec-
cato vi ha introdotto . Poiché queste due voci parla-
no in noi ^ e troppo spesso , tendendo l' orecchio inte-
riore, l'uomo non ode una risposta distinta e sicura,
ma il suono confuso d'una triste contesa. Conforma-
re la morale alla legge divina è dunque un farla esse-
re conforme al cuor retto ed alla ragione sana : e que-
sto ha latto la Chiesa \ ed essa sola può larlo come
interprete infallibile di questa legge .
(0 £i^(; sum Domliiiis Deus tuits . Exoii. XX. 2.
(■-') liiilliini sniìicnliiu timor Domiìii . Psal. T.X. Ercli. i- if). Prov. 1. ■;.
1I-h1. IX. ,0.
BR SULLA MORALE CATTOLICA
Perche, a che giova che il regolo sia perfetto, se
la mano trema a colui che lo tiene? A che varrehlic
Ja santità della legge, se l'interpretazione ne fosse
al)hantIonata al giudizio passionato di chi deve assog-
gettarvisi? Se Dio non l'avesse resa indipendente dal-
le fluttuazioni della mente umana, afiidandola a (picl-
Ja Chiesa ch'Egli ha promesso di assistere?
Se dunque il riguardo al dolore degli altri, se il
dovere di non contristare una immagine di Dio ò uno
di (piesti sentimenti stampati da Dio nel cuore dell'uo-
mo, la Chiesa non lo avrà certamente perduto di vi-
sta nel suo insegnamento morale, perchè non lo avrà
perduto di vista la legge divina. Così è infatti.
E insegnamento catechistico universale, che i pec-
cati si aggravano in proporzione del danno che con es-
si si fa volontariamente al prossimo .
La Chiesa insegna esser peccati una quantità di a-
zioni, alle quali non si può assegnare altra colpahiii-
tà, che il torto che con esse si fa altrui.
L^intenzione di affliggere un uomo è sempre un pec-
cato^ razione la più lecita, T esercizio del diritto il
più incontrastahile diventa una colpa, se sia diretto a
questo orrihile fine.
La Chiesa ha dunque tenuto di vista questo senti-
mento : essa vi ha poi aggiunta la sanzione , insegnan-
do che il dolore fatto agli altri diventa infallibilmen-
te un dolore per chi lo fa, il che non insegna, nò può
insegnare la natura.
La Chiesa vuole che i suol fisT;li educhino T animo a
vincere il dolore , che non si perdano in deboli e dif-
fidenti querele: essa presenta loro un'Esemplare divi-
no di fortezza e di calma sovrumana nei patimenti.
Vuole i suoi figli severi per se, ma pel dolore dei lo-
CAPITOT.O V. 5;
ro FratoìH li vuole misericordiosi e delicati '^ e per ren-
derli tali essa presenta loro lo stesso Esemplare, (piel-
r Uomo-Dio che pianse al pensiero dei mali che sa-
rebhero piombati snlla città, dov^Egli aveva a soffrire
la morte più crudele (i) . Ah ! non lascia certo ozioso
il sentimento della commiserazione quella Chiesa, che
nella parola divina di carità mantiene sempre unito e
per così dire confuso l' amore di Dio e degli uomini ,
quella Chiesa che manifesta il suo errore pel sangue,
fino a dichiarare , che anche quello che si sparge per la
difesa della patria contamina le mani dei suoi mini-
stri, e le rende indegne di offrire l'Ostia di pace . Tan-
to ella vuole che si veggia che il suo è ministero di
perfezione, che se vi ha delle circostanze orribili, nel-
le quali può esser lecito all'uomo di combatter l'uo-
mo, essa non ha istituiti dei ministri per far ciò che
è lecito , ma ciò che è santo \ che quando si creda di
non poter rimediare ai mali che con altri mali, essa
non vuole avervi parte, essa il cui solo fine è di ri-
condurre i voleri a Dio , essa che rigetta tutto ciò clie
non è santo, e che considera tale il dolore sol quando
è volontario, sol quando è una espiazione, sol quan-
do è offerto dall'animo che lo soffre.
{\) El ut appvopiiiquavit , vidcns ch'i'lalcm Jlaùt super illain . ìa\c. «
XIX. 4i.
SULLA DISTINZIONI-; DEI l'KWATI MORTALI E VENIALI
La disUnclìon dcs pcchcs moj'tels fV avcc Ics pcchcs ve-
jiicls cfjaca celle quc nous tvouvions daiis notre con-
osci enee enti 'e les o/fcjises plus graves et plus pardon-
mdÀes . Oli j vit rfuif^cr les iins h coté dcs autres les
crtines qui inspireut la plus profonde liori'eur, avec les
fautes que notre jcdhlesse peut a peine éviter. Pag. l\\f\.
Jrer questa osservazione vaglia la protesta premessa
air antecedente.
Sembra, che P illustre Aiilore ammetta colla Chie-
sa cattolica la distinzione dei peccati in mortali e ve-
niali di loro natura, poiché divide le oirese in ])iii gra-
vi, e in più perdonahill, riponendone la distinzione
nella coscienza. Si può quliKÌi credere, che la censu-
ra non cada che sull" applicazione della massima, cioè
sulla classificazione concreta dei peccati . Su di che mi
io lecito di osservare, che la nostra coscienza, desti-
tuta della rivelazione, non può mai essere una auto-
rità a cui ricorrere per riformare in ciò il giudìzio
non solo dalla Cliicsa, ma qualunipie giudizio: non
sarebbe che appellare da una coscienza ad un' altra .
All'udire, che la distinzione dei peccati mortali dai
veniali , cancellò quella che noi trovaviamo nella no-
stra coscienza tra le oiìesc; più gravi e le più condo-
nabili, pairebbc, che allorquando la Chiesa insegnò
CAPITOLO VI. 5j)
qiìcsla ilislinzione, ne al)ì)ia trovata nelle menti (U'Li;tì
tiomini un anteriore, precisa e unanimemente rice-
vuta, e che a questa ella abbia sostituita la sua. Ma
il fatto sta, che la voce della coscienza era (come
abbiamo spesse volte ripetuto) varia secondo i luo-
ghi i tempi e gì" individui , che ad alcuni faceva sem-
brare c;rave ciò che per altri era colpa leggiera, o
non colpa, o virtù*, che alcuni perhno (e non erano i
meno pensatori) tenevano che tutte le colpe fossero
pari 5 e per conseguenza non solo non trovavano cpie-
sta distinzione nella loro coscienza , ma la stimavano
una chimera. La Chiesa istituita per illuminare e per
regolare la coscienza, la Chiesa fondata appunto per-
chè cpiesla non era nò retta nò unanime nò infalli-
bile , non può esser citata al suo tribunale .
Quale doveva dunque essere per la Chiesa il crite-
rio a giudicare della gravità delle colpe ? Certo la pa-
rola di Dio.
Uno degli uomini che hanno più meditato e scritto
sulle idee morali, Sant'Agostino, aveva già osserva-
lo, che alcune cose si crederebbero leggerissime ^ se
nelle Scritture non fossero dicìdarate pili giravi che
non sembra a noi: e da ciò appunto egli aveva de-
dotto che: col giudizio divino^ e non colV umano si
deve decidere della gravitii delle colpe (i). Non
prendiamo^ die' egli altrove, non prendiamo bdance
fallaci a pesare quel che voij^liamo j e come l'O filia-
mo ^ dicendo a nostro capriccio.^ rpceslo è grave ^
questo è leggero : ina prendiamo la bilancia divina
(i) Sunt auteni qiifedam (fuce levissinia piitnreutw , Jiisi in Scripturis
dcmonslravcnliiv opiiiioue ^minora. S. Aiifj;nst. Eiicliincl. tic Fide eie. r.
7<). (ìiiw sint aulciii Un'in, qua,' grcwia jx'ccdtn , non Inunanu , sed diinnu
iimt pcnsunda jndicio . Ibid e. 7^^.
6o SL^Ll.A MORALE CATTOLICA
delle Scritture , e pesiamo in essa ciò che è cnljìa
i^ravc^ o per dir meglio^ riconosciamo il peso die
Dio Ita dato a ciascuna (i). Poiché il vero appello
è dalla coscienza alla rivelazione, cioè dall'incerto al
certo, dallo errante e dal tentato all'incorruttibile ed
al santo .
Che se con qnesta coscienza, riformata ed illumi-
nata dalla rivelazione , osserviamo (piello che la Chie-
sa ne insei>;na sulla gravità delle colpe, non troveremo
che da ammirare la sapienza della Chiesa e la sua
fedeltà alla parola divina, della (piale è interprete e
depositaria. Noi vedremo, che (pielle cose che essa
ascrive a peccato grave, vengono tutte da disposizio-
ni delP animo, contrarie direttamente al sentimento
predominante di amore e di adorazione che dobbiamo
a Dio, o allo amore che dobbiamo agli nomini tutti,
nostri fratelli di creazione e di riscatto : vedremo , che
la Cliiesa non ha posto fra le colpe gravi nessun sen-
timento, che non venga da nn cuore superbo e cor-
rotto, che non sia incompatibile colla giustizia cristia-
na, nessuna disposizione che non sia bassa, carnale,
o violenta, che non tenda ad avvilire l'uomo, a stor-
narlo dal suo nobile fine , e a cancellare dalla sua ani-
ma i tratti divini della somiglianza col Creatore^ e
sopra tutto nessuna disposizione , per la quale non sia
espressamente intimata nelle Scritture T esclusione dal
regno de' cicli. Ma spcciticando queste disposizioni,
(i) TVbn affemmus statcrm; Aolnxnx , uhi nppntfJamus qiiod vnhimus, et
quoinodo volumtis, prò arbitrio nostro dlcenlcs , hoc grm^e , hoc h'i'C est:
scd afferamii.'; divinavi stateram de scriptiiris sanctis , tamquani de thesa-
ris doininicis, et in illa quid sit prai'iiis nppendamits , immo non nppen-
damus , sed a Domino appensa recognoscamus . S. Aug. de BapUsmo cou-
tra Donatistas . Lib. II. y.
CAPITOLO VI. 61
la Chiesa lia ben ili rado enumerati gli alti, in cui si
trovino al punto di rendersi colpe gravi. Ella sa ed
insegna, che Dio solo vede a qual segno il cuore de-
gli uomini si allontani da Lui;, e fuorché nei casi, in
cui r azione esterna è una espressione manifesta di
(juesta disposizione , essa non ha che a ripetere : Chi
è che conosca i delitlì ( 1 ) ?
Oltre le disposizioni, vi ha delle azioni, per le qua-
W nelle Scritture è pronunziata la morte eterna: sulla
gravità di queste non può cader controversia.
Oltre di queste pure, la Chiesa ha dichiarate colpe
gravi alcune inohhedienze alle leggi disella ha stahih-
te colla autorità datale da Gesù Cristo. ]Non vi ha
alcuna di queste prescrizioni, che tema l' osservazio-
ne di un intelletto cristiano, spassionato e serio, al-
cuna che non sia, in un modo manifesto e diretto^
conducente air adempimento della legge divina. JNon
sarà qui fuori del caso il discuterne una hrevemente.
E peccato mortale il non assistere alla Messa in
giorno festivo. ^
Chi non sa che la sola enunciazione di questo pre-
cetto eccita le risa di molti? Ma guai a noi se voles-
simo abbandonare tutto ciò che ha jiotuto essere so«;-
getto di derisione: quaPò Pidea seria, quale il nobi-
le sentimento che abbia potuto sfuggirla? ÌNella opi-
nione di molti non può essere colpa se^hon Fazione
che tenda direttamente al male temporale degli uo-
mini: ma la Chiesa non ha stabilite le ?,\\ìì letitil se-
condo questa opuiione sonnnamente frivola ed im-
provida : la Chiesa insegna altri doveri ^ e quando
essa regola le sue prescrizioni secondo tutta la sua
(1) DcIilLu ijiiis iiUclli^itP Piai. XVin. Ili.
62 SULLA MORALE CATTOLICA
(loUrliia 5 bisoji^na prima confessare eh' dia è conse-
j»;iiente^ e se le prescrizioni non semì)rano ragionevo-
li, bisogna provare die tutta la sua dottrina è falsa :^
non giudicare la Chiesa con uno spirito che non è il
suo, e che essa ri[)rova.
E notissimo che la Chiesa non ripone 1' adempi-
mento del precetto nella materiale assistenza dei fe-
deli al Sacrificio, ma nella volontà di assistere: essa
ne dichiara disobbligati gli infermi, e quelli che sono
trattenuti da una occupazione necessaria^ e ritiene
trasgressori (pielli che presenti colla persona, ne stan-
no lontani col cuore : tanto è vero che anche nelle co-
se più essenziali essa vuole princij)almente il cuore dei
fedeli. Ciò posto, vediamo quali disposizioni certe
supponga la trasgressione di questo precetto.
La santificazione dui giorno del Signore è uno di
<piei comandamenti che il Signore stesso ha dati al-
l' uomo . Certo nessun comandamento divino ha biso-
gno di apologia^ ma non si può a meno di non vede-
re la bellezza e la convenienza di questo, che consa-
cra specialmente un giorno al dovere il piìi nobile e
il j)iìi stretto, che richiama l'uomo al suo Creature.
il povero curvato verso la terra, depresso dalla fa-
tica e incerto se questa gli produrrà il sostentanicn-
to, forzato talvolta a misurare col lavoro un tempo
die s;li manca;, il ricco sollecito per lo più del mudo
di passarlo senza avvedersene, circondato da quelle
cose in cui il mondo predica essere la felicità, e stu-
pito ad ogni momento di non trovarsi felice, disin-
gannato degli oggetti da cui sperava un pieno conten-
to, ed ansioso dietro altri oggetti dei quali si disin-
gannerà quando gli abbia posseduti: f uomo prostrato
dalla sventura, e l'uomo inebriato da un prospero
CAPITOLO VI. 63
successo 5 r uomo immerso nei diletti , e l' uomo assor-
to nelle astrazioni delle scienze, il potente, il priva-
to, tutti insomma troviamo in ogni oggetto un'osta-
colo a sollevarci alla Divinità, una forza che tende ad
attaccarci a cpielle cose per cui non siamo creati, a
farci dimenticare la nobiltà della nostra origine e la
importanza del nostro line . E appare manifesta la sa-
pienza divina in quel precetto che ci toglie alle cure
mortali per richiamarci al culto ed alla contemplazio-
ne delle celesti, che impiega tanti giorni delPuomo
indotto in una scuola della più sublime fdosofia, che
santifica il riposo del corpo e lo rende figura di tpiel
riposo di eterno contento, a cui aneliamo, e di cui Ta-
nima nostra sente di esser capace^ in quel precetto che
ci riunisce in un tempio, dove le comuni preghiere,
ricordandoci le comuni miserie e i comuni bisogni , ci
fanno sentire che siamo fratelli . La Chiesa , conserva-
trice perpetua di questo precetto, prescrive ai suoi
iigli il modo di eseguirlo più egualmente e più costan-
temente . E fra i mezzi ch'ella sceglie, poteva mai di-
menticare il rito più necessario, il più essenzialmente
cristiano, il Sacrilicio di Gesù Cristo, quel Sacrilicio
dove sta tutta la fede, tutta la scienza, tutte le nor-
me, tutte le speranze? Il Cristiano che volontariamen-
te si astiene in un tal giorno da un tal Sacrifìcio , [mò
mai essere un i^iusto die viva della fede (i)? l>uò e-
gli mostrare più [)alescmente la non curanza *\yi\ pre-
cetto divino della santificazione? non ha egli eviden-
temente nel cuore un' avversione al eristianesimo ,
non ha rinunziato a ciò che la fede offre (h più gran-
de di più sacro e di più consolante^ non ha rimmzia-
(i) Juslits aulcin ex Jide vivit . P.uil. .id Kom i. 17. e :iltiOVf
64 SULLA MORALE CATTOLICA
io a Gesù Cristo? Pretendere clie la Clilcsa non di-
rliiari prevaricatore ch'i si trova in tali disposizioni,
sarebbe nn volere ch'ella dimenticasse il iine per coi
è istituita, disella ci lasciasse ricadere nell'aria mor-
tale del 2;entilcsimo.
CAPITOLO Vii.
DEGLI ODJ P.ELKilOSI.
hes casuistes présentérent a V exécralion (ics honimes , mi
premier rang entre les plus coupables y Ics hérétiques , Ics
schismatiques y les hlasphémateurs . Quelcfue fois ils reiis-
sirent a allumer contve eux la haine la plus violente , . .
Pag. 4 14.
\l4ert0 vi ha poche cose che tanto corrompano un po-
polo, quanto T ahituclhie dell' odio: così non fosse
questo sentimento fomentato perpetuamente da quasi
tutto ciò che influisce sulle menti e sugli animi ! L'in-
teresse l'opinione i pregiudizj le verità stesse, tut-
to diventa agli uomini una opportunità per odiarsi
a vicenda: appena si trova alcuno che non porti nel
cuore l'avversione e il disprezzo per classi intere di
suoi fratelli : appena può accadere ad alcuno una sven-
tura, che non sia cagione di gioja per molti ^ e spesso
non per alcun utile che ad essi ne venga, ma per un
interesse ancor più hasso, quello dell'odio. Confesso
di veder con maraviglia posti fra i pervertitori di una
nazione in questo senso i casisti, che finora non ho
intesi a censurar d'altro, che di voler giustilicarc
quasi ogni opera ed ogni persona, che d'insegnare a
non odiare nemmeno il vizio .
Ma sieno i casisti, o sia qM.ihinqiie si voglia chi i-
spira agli uomini odio contro i loro fratelli , li hi
Manzoni 5
66 SULLA MORALE CATl OLICA
essere omicidi (i), va direttamente contro il secon-
do precetto^ che è simile (d primo ^ che non ne ha
alcun altro sopra di se (2), va direttamente contro
l'insegnamento perpetuo della Chiesa, che non ha mai
lasciato di predicare che il segno di vita è l'amare i
fratelli (3) .
Sia però lecito di osservare che fra le cagioni che
ponno aver cangiato il carattere degli Italiani, chie-
sta , se esiste , deve aver certamente operato assai
poco^ giacché non v ha forse nazione cristiana dove i
sentimenti d" antipatia col pretesto di religiona abbia-
no avuto meno occasione di nascere e d' influire sulla
condotta degli uomini. In verità, riguardando a que-
sta parte della storia, noi troviamo piuttosto da pian-
gere su quella Francia e su quella Germania che ci
vengono opposte . Ah ! fra gli orribili rancori che
hanno diviso l'Italiano dall' italiano, questo almeno
non si conosce: le passioni che ci hanno resi nemici
non hanno almeno potuto nascondersi dietro il acIo
del santuario. Pur troppo noi troviamo ad ogni passo
dei nostri annali le inimicizie trasmesse da una o;ene-
razione all'altra per miserabili interessi, e la vendet-
ta anteposta alla sicurezza propria 5 vi troviamo ad o-
gni passo due parti di una nazione disputarsi accani-
tamente un dominio e dei vantaggi, i quali, per un
grande esempio, non sono rimasti ne all'una né al-
l'altra;, vi troviamo la feroce ostinazione di volere a
schiavi pericolosi quelli, che potevano essere amici ar-
(1) Omnis qui odit frali-cm siitan omicida est. Jo. Epist. I. III. i5.
(2) Seciuidiun aiitem (niandatuni) simile est illi : Dili'ges proximum tuum
tamqiiam ieipsum. 3Iajus liorum aliud maiidatum non est. Matth. XIII. 3i.
(3) Kos scimus quia tvanslati sumus de morte ad vitam quoniam dili-
gimus fratres . Joan. Epist. I. III. i.|.
CAPITOLO VII. f^-j
denti e fedeli 5 vi troviamo una serie spaventosa di
giornate deplorabili, ma nessuna almeno simile a quel-
le di Cappel (1), e di Jarnae (2), e di Praga (3).
Pur troppo da questa terra infelice sorgerà un giorno
o;ran sangue in giudizio '^ ma del versato col pretesto
della religione assai poco. Poco dico, in confronto di
quello che lordò le altre parti d'Europa;, i furori e
le sventure delle altre nazioni ci danno questo tristo
vantaggio di chiamar poco quel sangue: ma il sangue
d^un uomo solo sparso per mano del suo fratello è
troppo per tutti i secoli e per tutta la terra.
r\on si può a meno a €[uesta occasione di non riflet-
tere all' in2:iustizia commessa da tanti scrittori nel-
r attribuire ai cattolici soli questi orribili sentimenti
di odio religioso e i loro effetti : ingiustizia che ap-
pare a chiunque scorra appena le storie di queste dis-
sensioni . Ma questa parzialità j)uò essere utile alla
Chiesa: il arido di orrore che i secoli alzano contro
di quelle, essendo principalmente rivolto sopra i cat-
tolici, essi devono averlo sempre negli orecchi;, e sa-
ranno richiamati alla mansuetudine ed alla giustizia
non solo dalla voce della Chiesa, ma anche da quella
del mondo.
Io so che da molti è stato detto, che queste avver-
sioni e queste stragi, benché abborrite dalla Chiesa,
le ponno essere imputate, perchè insegnando essa a
detestare Terrore, dispone l'animo dei cattolici ad e-
stenderc questo sentimento agli uomini che lo pro-
fessano .
A ciò si potrebbe rispondere , che non solo ogni re-
(1) ."il Ottobre i53i.
(2) if) Mai/.n 1 !>()").
(3) 8 Jiovcinbic i().20. >
68 SLLJ.A MORAl.E CATTOLICA
lliilonc, ma op;ni filosofia inscc^na a detestare gli er-
rori conh'o i doveri essenziali dell'uomo., che non v'è
setta cristiana che non riteniia detestabile ocrni errore
contro i fondamenti del Cristianesimo. Ma ])er glnsti-
iìcare la Chiesa non e mai necessario ricorrere ad e-
sempi ^ hasta esaminare le sue massime. E dottrina
])er{)etna della Chiesa che si debba detestare gli erro-
ri ed amare gli erranti. V^è contradizione fra questi
iltie precetti? nessuno vorrà affermarlo. — Ma è dif-
ficile il fare la distinzione fra l'errore e la persona, e
detestar quello, e nutrire per questa i sensi d'un a-
iiiore non apparente soltanto, ma vero ed opero-
so (i). — E difficile! ma quale e la giustizia facile
all'uomo corrotto? ma donde questa dillicoltà di con-
ciliare due precetti, se sono giusti entrambi? E cosa
giusta che si detesti l'errore? Sì certamente, e non
v'abbisognano prove. E cosa giusta amare gli erran-
ti? Sì certamente, e per le ragioni stesse per cui è
giusto di amar tutti gii uomini: perchè Dio da cui te-
niamo tutto, da cui speriamo tutto, Dio a cui dob-
biamo tutto dirigere, ^U ha amati fino a dare per
essi il suo Uni frenilo (2) j perchè è cosa orril)ile il
non amare quelli che Dio ha predestinati alla sua glo-
ria, ed è giiuhzio della più rea e stolta temerità l'af-
fermare d'alcun uomo vivente che non lo sia, ardire
escluderne un solo dalla speranza nelle ricchezze delle
misericordie di Dio . I testimoni che stavano per lan-
ciare le prime pietre sopra Stefano, deposero le loro
vesti appiedi di un giovinetto: egli non si ritirò inor-
(i) Filiolì mei, non diligamus verbo, neque lingua, sed opere et ve-
ntate. Jo. Epist. I. III. 18.
(2) Sic enini Deus dilexit miinduin , ut filiuni suuiii unigenituni darei.
Jo. III. 16.
CAPITOLO VII. 69
rklilo, ma consentendo alla strage di quel giusto, ri-
mase a custodirle (1). Se un cristiano avesse allora
accolto nel suo cuore un sentimento di odio per quel
giovinetto , la cui perversità precoce poteva parere un
segno cosi manifesto di riprovazione ^ se avesse mor-
morata la maledizione che sembra così giusta in boc-
ca degli oppressi , ah ! quel cristiano avrebbe maledet-
to il Vaso di elezione (2) . Donde adunque la difficol-
tà nel conciliare questi precetti, se non dalla nostra
corruttela, da cui vengono tutte le guerre fra i do-
veri? E questa difficoltà è appunto il trionfo della
morale cattolica: poiché essa sola può vincerla: es-
sa sola prescrivendo colla sua piena autorità tutte
le cose e;luste, non lascia dubbioso su di alcun dovere,
e per troncare la serie di quelle induzioni colle qua-
li si arriva a sagriìicare un principio ad un altro
principio , li consacra tutti , e li mette fuori della
discussione. Nessun cattolico di buona fede può mai
credere di avere una l)uona ragione per odiare il
suo fratello: il Legislatore divino, ch'egli si vanta
di seguire, sapeva certo che vi sarebbero stati dc-
2;li uomini ingiusti e provocatori, e degli uomini ne-
mici della Fede*, e nuUadimeno non ha avuto altro
da dirgli su questo proposito se non : tu amerai il tuo
prossimo come te stesso .
E uno dei più grandi caratteri della morale cattoli-
ca, e dei più grandi vantaggi della sua autorità il
prevenire tutti i solismi delle passioni con un precet-
to, con una dichiarazione. Così quando si disputava
(1) Te.stes deposuevìint vestinienta sua seciis pcdes adolesccntif; , qin vo-
cabatur Saulus Suulus aitlem erat conseiUicns ned ejtis . Act. Apost.
VII. 57. 59.
(j) p^as cleclionis osi mihi iste. Ibitl. IX. i3.
70 SULLA MOIIALE CATTOLICA
per sa[)cre se uomini di colore diverso dalF Europeo
dovessero essere considerati come uomini, la Chiesa
versando s«dla loro fronte l'acqua rigeneratrice aveva
imposto silenzio, per ([uanto era in lei, a queste di-
scussioni vergognose , li dichiarava fratelli di Gesù
Cristo e chiamati a parte della sua eredità.
Di più, la morale cattolica rimove le cagioni che
rendono diflicile T adempimento di questi due doveri,
odio all'errore, amore agli uomini, proscrivendo la
superbia, l'altaccamento alle cose della terra, e tutto
ciò che strascina a rompere la carità . E ci fornisce i
mezzi per essere fedeli ad entrambi, e questi mezzi
sono tutte quelle cose che portano la mente alla co-
iinizlone della giustizia ed il cuore all'amore di essa:
la meditazione sui doveri, la preghiera, i sacramenti,
la diiFidenza di noi stessi, la confidenza in Dio. Ij'uo-
mo educato sinceramente a questa scuola eleva la sua
benevolenza in una sfera dove non arrivano i contra-
sti gl'interessi le ob!)iezioni:^ e questa perfezione ri-
ccA^e anche nel tempo una grande ricompensa. A tut-
te le vittorie morali succede una calma consolatrice',
e amare in Dio quelli che si odierebbero secondo il
mondo, è nell'anima, nata ad amare, un sentimento
d' inesprimibile giocondità .
Vi ebbe però uno scrittore, e non volgare certa-
mente, il quale pretese, che conciliare la guerra al-
l'errore e la pace cogli uomini, sìa impresa non diili-
cile, ma impossibile . La distìnction entre la tolèran^
ce civile et la tolèrance tlièologir/ue ^ est puerile et
vaine. Ces cleiix folèrances sont inseparahles ^ et
V on ne peut admettre V une sans Vanire , Des anges
méme^ ne vivraient pas en paix avec des hommes
CAPITOLO VII. 7,
quils regajxleraient cornine les ennemìs de Dieu(^\^,
Quali conseguenze da questo principio ! I primi cri-
stiani non dovevano dunrpie credere, che adorare gli
idoli, e sconoscer Dio gli rendesse 1' uomo nimico .
Hanno dunque avuto il torlo a co'mhattere il gentile-
simo, perchè è impresa almeno imprudente e pazza il
predicare contro una religione che non rende nemici
di Dio quelli che la professano. E quando San Paolo
per accrescere la riconoscenza e la fiducia dei fedeli,
ricordava la misericordia usata loro da Dio, nel tem-
po che erano suoi nemici (2), egli proponeva loro
una idea iiilsa e antisociale.
Vivere in pace con uomini che si hanno per nemici
di Dio, non sarà possihile a quelli che credono che
Dio stesso lo comanda loro, che non sanno se sieno
essi stessi degni di amore e di odio (3), e che sanno
di certo che diverrebhero nemici di Dio rompendo la
pace? a quelli che pensano che un giorno si chiede-
rebbe loro, se la fede era loro stata data per dispen-
sarli dalla carità, e con che diritto aspettano la mi-
sericordia , se per quanto era in loro l' hanno negata
agli altri? a quelli che devono riconoscere nella fede
un dono , e tremare dell uso che ne fanno ?
Queste ed altre ragioni si sarebbero potute addurre
a chi avesse fatta questa obbiezione al Cristianesimo
quando esso apparve : ma ai tempi di Rousseau questa
obbiezione diventa inconcepibile, poiché impugna la
possibilità di un fatto, di cui la storia del Cristiane-
simo è una luniTfa e non interotta testimonianza.
(i) Emile Liv. IV. Not. 4o.
(a) Sì eiiim, cimi iiumici essemus , reconciliati sunuis Dea per morteni
Fila ejus : multo vki^ìs reconciliali salvi eruinis in vita ipsiits • Ad
Rom. V. 10.
(3) Nescil fiomo, ulrum amore an odio digrius sii. Eccl. IX. I.
72 SILLA MORALE CATTOLICA
Quc[i;li che ne clicdc il primo esemplo , era certo al
(li so[)i'a degli Angeli, ma era anche uomo-, ma nei
(lisenni tlclla sna misericordia esili volle che la sua
condotta fosse un modello che ognuno de' suoi seguaci
potesse imitare: il lledentore prega morendo pei suoi
uccisori. Quella generazione durava ancora, quando
Stefano entrò il primo nella carriera di sangue che
r Uomo-Dio aveva aperta. Stefano che con sapienza
divina cerca d' illuminare i giudici ed il popolo, e di
richiamarli ad un pentimento salutare, quando poi è
oppresso, quando sta per compirsi sulla terra l'alto
sanguinoso della sua testimonianza, dopo d'aver rac-
comandato il suo spirito al Signore, non si ricorda di
quelli che T uccidono, che per dire: Signore ^ non ini-
imtar loro questa cosa a peccato . E detto c/uesto sì
addormentb nel Signore (^i).
Tale fu per tutti quei secoli, in cui gli uomini per-
sistettero nella incomprensihiìe perversità di venerare
gl'idoli fatti da loro, e di far morire i giusti, tale fu
sempre la condotta dei cristiani: la pace orrihile del
gentilesimo non fu mai disturhata, nemmeno dai loro
gemiti. Che si può fare di più per conservarla cogli
uomini, che amarli e morire? Convien dire che que-
sta dottrina sia heo concorde con se stessa, e ben
chiara agii intelletti cristiani, poiché i fanciulli stessi
la trovavano intelligibile: fedeli agli ammaestramenti
delle lor madri, i fanciulli sorridevano ai carnetici^
quelli che sorgevano, imitavano quelli che erano ca-
duti dinanzi a loro, primizie dei santi, fiori rinascen-
ti sotto la falce del mietitore.
(i) Domine, ne statuas illis ìioc peccatum . Et ciim ìioc dixisset , ch-
lìcrmivit in Domino. Act. Apost. VII. Sg.
CAPITOLO VII. 75
Ma ia storia del Cristianesimo non ha forse esempi
di odj e di gnerre? JXe ha pur troppo: ma bisogna
chieder conto ad nna dottrina delle consei^nenze lemt-
tìme clic si cavano da essa, e non di qnelle che le
passioni ne possono dednrre. Qnesto principio, vero
in tntti i tempi, si pnò ai nostri giorni ripeterlo con
maaciore fiducia di essere ascoltati, dacché molti di
quelli che lo i:ontrastavano alla religione, sono stati
costretti ad invocarlo per altre dottrine. La memo-
rabile epoca storica, nella quale ci troviamo tutta-
via , si distingue pel ritrovamento , per la diiTusione ,
e per la ricapitolazione di alcuni principi politici, e
per la tendenza che è stata spiegata a metterli in ese-
cuzione : all' occasione di questi princìpi •> sono acca-
duti gravissimi mali: i nemici dei principi pretendo-
no che i mali si debbano imputare ad essi, e che que-
sti sieno per conseguenza da abbandonarsi. Al che i
sostenitori di essi vanno rispondendo, che è assurdo
ed ingiusto proscrivere le verità per l'abuso che gli
uomini ne hanno potuto fare^ che lasciando di pro-
mulgarle e di stabilirle, non si leveranno per questo
dal mondo le passioni^ che mantenendo gli uomini in
errori, si lascia viva una cagione ben più certa e di-
retta di calamità e d* ingiustizia |, che gli uomini non
diventano migliori ne più umani coli' avere idee fal-
se . La Saint-Bcirihèlemy n' a pas faìt proscrive le
catholìcisnie ^ ha detto a questa occasione un celebra-
to ingegno (1): e certo nessuna conseguenza sarel)be
stata più stolta ed ingiusta. La memoria di rpiclla a-
trocissima notte dovrebbe servire a far proscrivere
(1) ConsìdératioHS sur la revolution francaise par Me- de Staci. Tom,
3 pag. 38a.
74 SULLA MORALE CATTOLICA
r ambizione, e lo spirito fazioso, l'alìuso del potere,
l'insubordinazione alle leggi, la orribile e stolta po-
litica clie insegna a violare ad ogni passo la giustizia
per ottenere qualcbe vantaggio, e quando poi queste
violazioni accumulate ajjbiano condotto un gravissimo
pericolo, insegna cbe tutto è lecito per salvar tutto ^
a far proscrivere le insidie e le frodi, le provocazio-
ni e i rancori, l'avidità della potenza, cbe fa tutto
tramare e tutto osare, e l'ingiusto amore della vita,
che fa sorpassare ogni legge per conservarla, perchè
queste ed altre simili, furono le vere cagioni della
strage, per cui quella notte è infame.
Ripeteremo dunque quel principio, che ad una dot-
trina si deve chieder conto delle sue conseguenze le-
c;ittime, e non di quelle che le passioni ne possono
dedurre^ e applicandolo alla religione, osserveremo,
clic anche in questo essa è al di sopra di tutte le
teorie umane, per quei caratteri inimitabili che la di-
stinguono. Essa escjude ogni conseguenza dannosa, e
la cschide con quella stessa autorità che rende sacri i
suoi principi ^ il che essa sola può fare : se andando di
ragionamento in ragionamento si arriva ad una ingiu-
stizia , si può esser certi di avere mal ragionato ^ e
r nomo sincero trova nella religione stessa I' avviso
eh' egli è uscito di strada, perchè dove apparisce il
male, ivi si trova una proibizione ed una minaccia.
Kon è quindi ragionevole dare la colpa alle verità ri-
velate , che gli uomini si sieno odiati e distrutti , ma
deve dirsi invece: la disposizione degli uomini ad o-
diarsi ed a nuocersi a vicenda è tale pur troppo , che
essi ne hanno preso pretesto fmo dalle verità di una
religione che dà loro la regola di amarsi, come una
regola senza eccezione : che avranno essi fatto quando
CAPITOLO MI. 75
abbiati presi ì loro ])retesti da prìncipi o da interessi
ai quali non sia collei>ato essenzialmente questo co-
mandamento, da cose in cui tutto sia per le passio-
ni? E diffatti che non hanno fatto?
La religione cattolica non ha mal agito ne poteva
aairc come causa diretta e naturale di dissensioni: ma
tutto è arme nella mano d'mi furioso: queste non so-
no scoppiate fra uomini dapprima concordi ed uma-
ni, ma sempre in tempi feroci e brutali, in tempi in
cui tutte le passioni ostili erano accese^ e credo che
senza timore di essere smentiti dalia storia, si possa
aggiungere , in tempi , che si distinsero per una gran-
de indifferenza delle cose essenziali della religione (1),
e per un ardore singolare per tutte quelle cose che
Tamor sincero di essa fa considerare come vanità.
02;ni volta che si trova nella storia un esempio di
influenza benigna della religione, non si può a meno
di non riconoscere una causa che produce il suo effet-
to proprio . Uno di questi esempj è la tregua di Dio:
è una voce di concordia e di pietà che sola s'innalza
fra i gridi della provocazione e della vendetta^ è la
voce del Vangelo, e suona per la bocca dei Vescovi e
elei Preti . Ma per spiegare le vessazioni commesse col
pretesto della religione, bisogna supporre uno stato
(i) È noto che il Conlcstahile di Mcnhimrenci fu ferito niortalnioiitc a
San Dionigi combattendo nella parte cattolica. Ecco come jI J)avila rac-
conta la sua fine . «e .Morì senza turbazione di mente e con prandissima
<c costanza, sicché essendosi accostato al letto ove giaceva un religioso per
« volerlo confortare, egli rivoltosi con viso sereno Io pregò che non lo
" molestasse, perchè sarebbe stata cosa brutta, l'aver sapulo vivere ot-
" tant'anni, e non saper morire un quarto d'ora». {Istoria civile delle
guerre civili eli Francia lib. IV.)
Qual cattolico colui che confida in se stesso, che al fine di ima lun-
ga vita non sa che compiacersene, e non pensa a richiamare su di essa la
misericordia di Dio, che rifiuta il iiiiiiistcro istituito per dispensarla!
7 6 SULLA MORALE CATTOLICA
tì'icinoianza o di mala fede, un inasprimento dep;ll a-
nimi, dei molivi di avversione preesistenti, dei (ini
naseosti, e mi i::;rado di passione elie alteri l'intellet-
to al pnnto di iarlo acconsentire a ciò che è proscrit-
to da quella leage che si jjropone per norma. San-
t'Amlnogio spezza e vende i vasi saeri per riscattare
gli schiavi Illirici^ ]ìer la più parte Ariani: San Mar-
tino di Tonrs va a Treverl ad intercedere presso l'im-
peratore in favore dei Priscillianlsti, e considera co-
me scomimicato lincio e gli altri Vescovi, che Fave-
vano mosso a servire contro di qnelli: Sant'Agostino
sup])llca il proconsole di Affrica per i Donatisti, dai
quali ognun sa che travaglio avesse la Chiesa: Noi
prcgjiianìo voi ^ dice egli, perchè non siano uccisi ^
noi pre selliamo Dio perchè si jrivvcggano (i). Ecco
i veri cattolici: e la storia ecclesiastica abhonda di
questi esempi . E fra. i tanti che ne hanno dati anche
i tempi moderni, giova ricordarne uno, e perchè è
forse il più splendido, e perchè pur troppo è stato
tentato nel corso forse d'un mezzo secolo, non solo
di rapirne la gloria alla Chiesa, ma di cangiarla in
ignominia: ed è la condotta del clero cattolico in A-
merica. LMra contro ogni resistenza, l'avarizia dive-
nuta esibente in proporzione delle promesse di una
fantasia esaltata, il timore che nasce anche negli ani-
mi i più determinali, e li rende crudeli quando non
sono sostenuti dall'idea di un dovere, e quando gli
oOesi sono molli, le pas;ioni tutte insomma della con-
quista, avevano snaturati affatto gli animi degli Spa-
(i) Non ahi vile sit ncque cnntcmptihile , flit honovahiliter dileclìssì-
me, (juod vos rogamua ne occidauiitì- , prò quihus Dondiuan voiinmìts ut
corri ^antur . August. Donato piocons. Afr. Epist. C. t. u. pag. :'.7o. Edit.
Maur.
CAPITOLO VII. 77
^niioli: e 2;li Americani non ebbero qnasl altri avvo-
cati che gli ecclesiastici-, e questi non ebbero altri ar-
gomenti in favor loro che quelli del Vangelo e della
Chiesa. Giova qui riportare il noto passo di Robert-
son^ passo importantissimo, e per l'imparzialità cer-
ta dello storico, e per T accuratezza e moltitudine
delle ricerche che lo condussero alla opinione ch'egli
manifesta. « Con ingiustizia ancor maggiore è stato
53 da molti autori rappresentato l'intollerante spirito
>> della Romana Cattolica Religione come la cagione
5J dell' esterminio degli Americani;, ed hanno accusati
:» gli ecclesiastici Spagnuoli d' aver animati i loro
>:> compatriotti alla strage di quell'innocente popolo
3j come idolatra ed inimico di Dio . Ma i primi Mis-
yi sionari che visilaron P America, benché deboli ed
:>i ignoranti, erano uomini pii. Essi presero di l)uon' o-
M ra la difesa dei nazionali, e li giustillcarono dal-
53 le calunnie dei vincitori, i quali descrivendoli come
55 incapaci d'essere istruiti negli uflizi della vita civi-
53 le, e di comprendere le dottrine della Religione,
5) sostenevano esser quelli una razza subordinata di
5j uomini, e sopra cui la mano della natura aveva
5j posto il segno della schiavitù. Dalie relazioni che
5j ho già date dell' vnnano e perseverante zelo dei ]Mis-
5j sionari Spagnuoli nel proteggere 1" inerme greggia
53 a loro commessa, eglino compariscono in una luce
53 che aggiunge lustro alla loro funzione. Eran mini-
55 stri di pace, che procuravano di strappare la ver-
5J ga dalle mani degli oppressori. Alla potente loro
55 interposizione doverono gli Americani ogni regoia-
55 mento diretto a mitigare il rigore del loro destmo.
55 Negli stabilimenti Spagnuoli il clero si regolare che
55 secolare e ancor dauli indiani consideralo come il
78 SULLA MORALE CATTOLICA
■» suo naturai protettore, a cui ricorrono nei trava-
si gli 0 nelle esazioni, alle (juali troppo frequente-
5J mente sono essi esposti (1) ^^ .
(ìuale è cpiesta religione in cui gli nomini deboli,
quando sono pii , resistono alla forza in favore dei lo-
ro fratelli ! in cui gli uomini ignoranti conoscono e
svelano i sofismi clic le passioni oppongono aìla giu-
stizia ! In una spedizione dove non si parla che di
conquiste e d'oro, questi non parlavano che di pietà
e di doveri: essi citavano al tribunale di Dio i \T.nci-
tori, dichiaravano empia e irreligiosa l'oppressione:
il mondo con tutte le sue passioni aveva mandato a-
c>li Indiani dei nemici che essi non avevano offesi^ la
religione mandava loro desìi amici che essi non ave-
vano mai conosciuti. Essi furono odiati e perseguita-
ti, furon costretti talvolta a nascondersi:^ ma almeno
raddolcirono la sorte dei vinti, ma prej)ararono colla
loro costanza e coi loro pericoli alla religione un te-
stimonio, che essa non è stata nemmeno un pretesto
di crudeltà, che queste furono commesse malgrado le
sue proteste . Ah ! gli avari crudeli avrebbero voluto
passare per zelanti \ ma i ministri della religione non
han permesso loro di porsi al volto questa maschera,
gli hanno costretti a cercare i loro soiìsmi in ogni al-
tro principio che in quello della religione : gli hanno
costretti a ricorrere alle ragioni di convenienza, di u-
tilltà politica, di impossibilità di stare esattamente
alla legge divina*, gli hanno costretti a parlare dei
grandi mali che sarebbero venull se gli uomini fosse-
ro stati giusti, a dire che era necessario opprimere
(i) Robertson, Stoiia dell'America. Pisa 1780 vcl. 2. pag. ,^21.
CAPITOLO VII. 79
gli uomini cnulelmente , perchè altrimenti diveniva
impossibile T opprimerli (i).
(i) Un solo ecclesiastico disonorò il suo ministero eccitando i suoi con-
cittadini al san"-ue; e fu il troppo noto Valverde . Ma esaminando la sua
condotta, come è descritta da Robertson, si vede chiaro, a mio parere,
che il movente di essa era tutt' altro che il fanatismo religioso . Pizarro
aveva formato il perfido disegno d' impadronirsi dell'Inca Àtahualpa, per
dominare nel Perù e per saziarsi d'oro. Adescato con pretesti d'amicizia
Finca ad un abboccamento, questo si risolvette in una allocuzione del
Valverde, nella quale i misteri e la storia della santa e pura Religione di
Cristo non erano esposti che per venire alla assurda conseguenza che Tin-
ca doveva sottomettersi al re di Castiglla come a suo legiltimo sovrano.
La risposta ed il contegno di Àtahualpa furono il pretesto a Valverde per
chiamare gli Spagnuoli contro i Peruviani. « Il Pizarro (è Robertson che
« parla), che nel corso di questa lunga conferenza aveva con difficoltà
ce trattenuti i soldati impazienti d' impadronirsi delle ricche spoglie che
« essi vedevano allora sì da vicino, diede il segno all'assalto. >> Pizarro
stesso, che era venuto a (juel fine, fece prigione Tinca: il quale poi con
un processo atrocemente stolto fu condannato a moite: e Valverde com-
mise anche il delitto di autorizzare la sentenza colla sua firma. Ora, chi
non vede che ad uomini deliberati ad una azione ingiusta, ad uomini for-
ti contro uomini ricchi, ogni pretesto era buono; che Valverde fu stro-
mento orribile, ma non motore della giustizia; che la sua condotta svela
piuttosto la bassa connivenza all'ambizione e all' avarizia di Pizarro, che
non il fanatismo religioso? Marmontel , che negli Incas volle attribuire a
questa passione la più parte delle crudeltà degli Spagnuoli, non potè far-
lo che travisando affatto la storia . Egli fii Pizarro alieno dalla intenzione
di opprimere e d'ingannare Àtahualpa, dissimula le crudeltà di questo; e
nega, non si sa con che autorità, l'ordine da lui dato di uccidere Temo-
lo fratello Huascar; e carica poi il carattere di Valverde con altre atroci-
tà di sua invenzione, come se non fosse abbastanza tristo: e a forza di
volerlo fare odioso, lo rende inverosinnle, dandogli vizi incompatibili.
Cosi, non trovando che la storia provi abbastanza certe massime generali,
si fanno dei romanzi che le provano troppo. Il solo buon senso fa vedere
che non è nella natura dell'uomo, per quanto sia fanatico, il concepire
un odio violento contro nomini che non professano il Cristianesimo, [)cr-
chè l'ignorano. Difatti se la disposizione de^li Ecclesiastici Spagnuoli era
tale che dalla Religione dovessero ricevere impulsi di questa sorte, porcili;
tutti gli altri parlarono ed operarono non solo diversamente, ma all'op-
posto? E se la condotta di Valverde era conforme al modo d' intendere
la religione dei suoi concittadini, perchè è stata (come assicura Robert-
son) censurata da tutti gli sforici?
E giusto di osservare che l'opera di Marmontel, qual ch'ella sia dal
lato storico, è fatta per lasciare una impressione di orrore per la violen-
za e pel sangue; impressione che non bisogna mai indebolire per qualun-
que mezzo sia essa prodotta. In questo caso, essa acquista una nuova
forza dalla condotta di Marmonicl , che fu sempre pari ai suoi sentimenti.
8o SULLA MORALE CATTOLICA
Se il rappresentare 1" intolleranza pcrsecutrice corno
una conseguenza dello spirito del Cristianesimo è una
calunnia smentita dalla dottrina della Chiesa, e una
singolare ingiustizia il rappresentarla come un vizio
particolare ai cristiani . Erano le verità cristiane clie
rendevano intolleranti gl'imperatori gentili? Sono es-
se che hanno creata quella crndeltà senza contrasto e
senza rimorso, clic ha sparso il sangue di tanti milio-
ni, non dirò di innocenti, ma di persone che porta-
vano la virtù al più alto Q^vmìo di perfezione ^ che ha
rivolta 1 ira del mondo contro quelli di cui il mon-
do non era degno (i)?
Sul principio del secondo secolo , un vecchio fu con-
dotto in Antiochia davanti T imperatore. Questi, do-
po avergli fatte alcune interrogazioni, lo interpellò
finalmente, se egli persisteva a dicltlarare di portar
Gesù Cristo in cuore . Al che avendo il vecchio ripo-
sto che si, r imperatore comandò che fosse legato e
condotto a Roma per essere dato vivo alle fiere. Il
vecchio fu caricato di catene, e dopo un lungo tragit-
to, giunto in Roma, fu tosto condoilo ali anfiteatro,
dove fu shranato dalle fiere per divertimento del po-
polo Romano (2).
11 vecchio era Sant'Ignazio Vescovo d'Antiochia,
Ma è giusto altresì di restituire i mali politici e morali della società alle
loro vere cagioni, quando ne siano state assegnate delle arbitrarie, e di
impedire per quanto si può 1' impressione la più falsa e la più funesta,
quella che farebbe supporre un contrasto fra la religione e la umanità.
Del resto la religione oltraggiata da Valverde è stata ben vendicata non
solo da quasi lutti gli ecclesiastici delle diveise spedizioni, ma anche da
quelle migliaja di missionari che portando la fede ai selvaggi e agli infe-
deli di Ogni specie, vi andarono lutti come n Lineili fra i lupi. La storia
di quelle maravigliose imprese di carità è troppo vasta e varia per essere
toccata m una nota, e basti l'averla acceimata .
(i) (Ji/ibus digniis non evat mtindtis . Ad Uebr. XI. 38.
(2) Tilleinont, 6\ Ignave.
CAPITOLO VII. 8 z
(liscepolo degli Apostoli : la sua vita era stata degna
di una tale scuola . Il coraggio eh* egli mostrò ali u-
dire la sua sentenza, lo accompa^iTiò per tutto il cam-
mino^ e fu un coraggio sempre tranqu^jlo, e come u-
no di ciue* sentimenti ultimi che vengono dalla piìi
ponderata e ferma deliberazione, in cui ogni ostacolo
è stato preveduto e pesato . AH' udire il ruggito delle
fiere egli si rallegrò : la morte del supplizio , quella
morte senza combattimento e senza incertezza , la
presenza della quale è una rivelazione di terrore per
gli animi i più preparati, non aveva nulla d'inas[)et-
tato per lui, tanto lo Spirito Santo aveva rinforzato
quel cuore *, tanto egli amava !
L^ imperatore era Trajano.
Ah ! quando alla memoria d^ un cristiano si può
rimproverare che per uno zelo ingiusto ed erroneo c-
gli abbia usurpato il diritto sulla vita altrui, sia pur
egli stato in tutto il resto pio irreprensibile opero^
so nel bene, ad ogni sua virtù si contrappone il san-
gue ingiustamente sparso, una vita intera di migriti
non basta a coprire una violenza . E perchè nel giudi-
zio tanto favorevole di Trajano non si conta il sangue
d^ Ignazio, e dei tanti altri innocenti che pesa sopra
di lui? perchè si propone come un'esemplare? perchè
si mantiene ai suoi tempi quella lode che dava loi'o
Tacito, che in essi fosse lecito sentire ciò che *i vo-
leva, e dire ciò che si sentiva (i)? Perchè noi rice-
viamo per lo più l'opinione fatta dagli altri ^ e i gen-
tili, che stabilirono quella di Trajano, non credevano
che spargere il sangue cristiano togliesse nulla alla
(i) Bara temponim felicitale , ubi sentire (/lurr velis , et qruc s<'ntias
diccrc licei. Hibl. lib. I.
Jlldnzuni fi
/
82 SULLA MORALE CATTOLICA
umanità ed alla giustizia di un principe . E la reliii;io-
ne che ci ha resi difficili nell' accordare il titolo di u-
mano e di giusto^ è dessa che ci ha rivelato che nel
dolore d'una anima immortale v^è qualche cosa d'i-
nctfabile, è dessa che ci ha istruiti a riguardare e a
rispettare in ogni uomo il pensiero di Dio, e il prez-
zo della Redenzione . Quando si ricordano gli uomini
condannati alle fiamme col pretesto della religione,
se alcuno per attenuare l'atrocità di quei giudizj al-
lega che i giudici erano fanatici, il mondo risponde
che non si deve esserlo : se alcuno allega che erano
ingannati, il mondo risponde che non bisogna ingan-
narsi quando si pretende disporre della vita d'un uo-
mo : se alcuno allega che essi credevano di rendere
omaggio alla religione, il mondo risponde che questa
opinione è una bestemmia. Ah! chi ha insegnato al
mondo, che Dio non si onora che colla mansuetudine
e colF amore, col dar la vita per gli altri, e non col
toglierla loro , che la volontà libera delf uomo è quel-
la sola facoltà di cui Dio si degna ricevere gli omaggi.'*
Per spiegare le persecuzioni contro i cristiani, è
forza talvolta supporre che il rispetto alla vita del-
l'uomo era ignoto ai gentili, che è un altro mistero
rivelato dal Vangelo, in quelle, si veggono crudeltà
incredibili commesse senza un forte impulso, si veg-
gono principi senza fanatismo secondare il trasporto
del popolo pei supplizi, non per politica, non per ti-
more, non per ira, ma direi quasi per inditferenza ^
perchè la morte crudele di migliaja d'uomini non era
forse un oggetto che meritasse un lungo esame : non
si fa torto in supporre quest'animo a quelli che face-
vano scannarsi migliaja di schiavi per una festa.
La famosa lettera dì Plinio a Trajano, e la rispo-
CAPITOLO MI. 85
sta ili questo, mostrano ad evidenza un tale spirilo
del gentilesimo. Plinio, legato pro-pretore in Biti-
nia, consulta l'imperatore sulla causa dei cristiani,
espone la sua condotta antecedente, parla di un libri-
lo anonimo per mezzo del quale ne ha scoperti alcu-
ni, e domanda istruzioni. 1/ imperatore approva Ja
condotta di Plinio, proibisce di far ricerca dei Cri-
stiani, e comanda di punirli se sono denunziati, per-
donando a quelli che negano d'esserlo, e si dimostran
col fatto adoratori degli Dei. Finalmente ordina die
delle accuse anonime non si tenga conto per nessun
delitto, poiché è cosa^ dicaceli, di pessimo esenii)io
e indegna del nostro secolo (i). Ma in fatto di bar-
barie, qual cosa mai poteva esser indegna d'un seco-
lo in cui le leggi non hanno detennmata la necessità
che r accusatore si faccia conoscere *, in cui un princi
pe comanda la punizione non di un fatto, ma di un
sentimento, e ne proibisce ogni ricerca ^ ed autoriz-
zando un magistrato ad usare la forza pubblica contro
gli uomini, comincia dal dichiarare die non si può iu
questa materia dare una disposizione certa ed univer-
sale (2); in cui un magistrato celebre per coltura di
ingegno e per dolcezza di carattere, domanda per siia
redola, se e il nome solo di cristiano che si punisca
benché senza alcun delitto, o se si puniscono i delitti
(1) Jclitm quem debuisìi, mi Sccu/ulc, in cxcut/'citJis cauiis eòi uni ,
qui Chvisliani ad te dolali J'uerant , .•iccutm: es .. Curu/ui rendi non sunt ;
si deferanlur , et arguaritur, puniendi sunt; ita lanieri, ut qui negavetit
se C/irislianum esse, idquc re ipsa nianifesluin j'eceril , id est supplican-
do diis Tioslris, quamvis suspeclus in pra-teritum Jiicrit , veniam ex pce-
nitentia tinpcirct . Sine auctore vero propositi libelli nullo crimine lociini
ìiabere dcbi-nl : nani et pessimi excnipli , uec nostri speculi est, Tmjamis
Plinio in riin. Kpist. XCNIIL
(j) Ncque enirii in univa suin alifpiid rpiod fxrUiin Jornuim hubeat eoa-
sliUii polcst . Ibid. •
84 SULLA MORALE CATTOLICA
che porta con se questo nome, se si debba fare distin-
zione di età, o trattare ad un modo i fanciulli per
quanto teneri siano, e gli adulti? d'un secolo in cui
quest'uomo racconta di aver fatti condurre al suppli-
zio quelli che persistevano a confessarsi cristiani, non
dubitando^ die' egli, che qual si fosse la cosa che
essi confessavano ^ doveva ad ogni modo la loro in-
jlessihile ostinazione esser punita? d'un secolo in cui
quest'uomo avendo dalle sue ricerche rilevato che i
cristiani sì riunivano non per concertare delitti, ma
per animarsi all' esercizio d' ogni virtù , non mostra la
più piccola inquietudine per quegli ostinati che ave-
va fatti morire 5 in cui quest' uomo fa torturare due
donne per informarsi meglio? Egli si mostra sopra
pensiero pel gran numero dei cristiani, poi si consola
colla speranza che si possa fermare il corso del male :
si conforta che si ripiglino i sacrifici, che torni a cre-
scere il numero di quelli che comperano \c. carni sa-
criticate agli idoli (i). Non si vede una idea impor-
tante, non dirò di morale, ma di nessuna specie, im-
plicata in questi timori e in queste speranze, e il san-
gue umano, e le ultime angosce d'una morte violen-
(i) Nec mediocri ter hcesilavi, sit ne àliquod discrinien oetatum , an
quamlihet teneri niìiil a rohustioribus differant .... nomea ipsuni, etiam
si flagitiis carcat, aut flagitia coìirerentia nomini puniantur — Perseve-
rantes duci jiissi: ncque enim duhitaham, qualecumque esset quod fatc-
reniur , pertinaciani certe et inflexibilein ohstinationem debere puniri —
Adp.nnabant .... se sacramento non in scelus aliquod obstringere , sed ne
finta, ne latrocini a , ne ndulteria committerenl , ne Jidem fallerent , ne
depositum appellati abnegarent ■ — Quo magis necessarium credidi , ex
duahus ancillis , qua; ministrai dicebantur , quid esset veri et per tormen-
ta quoerere . — Visa est enim mi hi res di gnu consultatione , maxime pro-
pter periclitantium numerum . Certe salis constai, prope jam desolata tem-
pia campisse celebrai-i , et sacra solemnia diu intermissa , repeti: passim-
que venire victimas quarum adluic rarissimus cmptor invenicbalur . PH-
«iiis Trajaiio Bjiist. XCVII.
CAPITOLO VII. 85
ta, e i momenti di una famiglia quando un uomo ne
è tratto per salire al supplizio , sono posti in bilancia
non si sa con che. Non si dirà certo che la fedeltà ad
una antica legge dell'impero fosse il motivo di quei
supplizi, giacché le persecuzioni sono cominciate e
cessate secondo l'indole e i capricci dee;!' imperatori
dei prefetti e dei proconsoli ^ giacché questa legge è
tanto confusa che Plinio non sa come applicarla: e
poi le leggi non sono opera degli uomini? e gl'impe-
ratori romani, che hanno potuto abolire o violare le
più acconsentite e fondamentali, e quelle che aveva-
no essi stessi stabilite, perchè si arrestavano poi ri-
spettosi dinanzi a questa sola ! Che cosa infine era
indegna d^un secolo, in cui un vecchio divorato dalle
fiere era un passatempo per il popolo ^ d' un secolo in
cui un principe rinomato per benignità dava al popo-
lo questo passatempo?
Pur troppo i secoli cristiani hanno esempj di cru-
deltà commesse col pretesto della Religione, ma si
può sempre asserire, che quelli che le hanno commes-
se furono infedeli alla legge che professavano, che
questa li condanna. Nelle persecuzioni gentilesche
nulla può essere attrilìuito ad inconseguenza dei per-
secutori, ad infedeltà alla loro Religione , perchè que-
sta non aveva fatto nulla per tenerli lontani da ciò .
Con questa discussione parrà forse che ci siamo al-
lontanati dall'argomento, ma non sarà essa inutile se
potrà dare occasione di osservare che molti scrittori
hanno adoperato due pesi e due misure per giudicare
dei cristiani e dei gentili^ se potrà servire ad allonta-
nare sempre più dalla morale cattolica l'orribil taccia
di sangue che tante volte le è stata data, a ricorda-
re che la violenza esercitata in difesa di questa rcli-
86 SI fXA MORALE CATTOLICA
uìoiìc (li pace 0 di misericordia è affatto avversa al
suo spirito, come senza interruzione è stato professa-
lo in lutti i secoli dal veri adoratori di Colui che con
lauta autorità sp;ridò i discepoli che invocavano il
fuoco dal ciclo sidle città che ricusavano di ricevere
la loro salute (i), di Colui che comandò agli Aposto-
li di scuotere la polvere dai loro piedi (2), e di ab-
bandonare gli ostinati . Onore a quegli uomini vera-
mente cristiani, che in ogni tempo e in faccia ad o-
gni passione e ad ogni potenza insegnarono la man-
.vuetudinc: da quel Lattanzio che scrisse doversi la
iìelimone difendere col morire e non coir uccide-
re (3), fino agli ultimi che si sono trovati in circo-
stanze in cui abbisognasse coraggio per manifestare
wn sentimento così essenzialmente evangelico. Onore
ad essi, giacche noi non possiamo più averne onore
in tempi e in luoghi in cui non si può sostenere il
contrario senza intamia, in cui se gli uomini non
hanno (così avessero ! ) rinunziato agli odj , hanno
almeno saputo vedere che la Keliglone non può ac-
cordarsi con quelli^ se ammettono talvolta il prete-
(1) Iiìlrcn-erunt in chHtalem Samari lanorum — et nnn recpperuvt etim —
Cuin vidisicut aittem discipuli ejus Jacubus , et Joannes , dixcnmt: Do-
mine, vis dicamus ut ignis descendat de coelo , et consumat illos? Et
voììvcrsus increpm'it illos, dicens: Nescitis ctijus spiritus estis . Lue. IX.
r>j, 53, 54, r>5.
(•i) Et quicumque non receperìt vos , neque nudierit sevinones vestro;; ,
<-xeuntes foras de domo^ vel civitate ^ exciitite pidverem de pedibiis ve-
^fris. Matth. X. l'i.
(3) Defendenda enini est Reliy^io non Decidendo , sed moriendo ; non
seevilia, sed paticntin; non scelere, sed fide: illa enini maloriim siint ,
iure honorum. Et necesse est honum in Èeligionem versari , non malum .
Ntim si sang,uine, si lormentis , si malo Religionem defendere velis, jam
non defendcdir illa, sed polluetur alque violabifiir . Nihil inni vnluntn-
lium quam Religio, in qua si animus sacri ficanlis avcrsus est, jam ìndia
est. L. C F. Lactantii Divin- Iristit. Lib. V. e- uo.
CAPITOLO VII. 87
sto dell'utile e delle grandi passioni per buona scusa
di vessazioni e di crudeltà, confessano che la reli-
gione è troppo pura per ammetterlo, che la Reli-
gione non vuol condurre gli uomini al bene che per
mezzo del bene.
cAPiioio im.
SULLA DOTTRINA DELLA PENlTErfZi.
Jji docirine de la pénitence causa une nouvelle suhversìon
Hans la momle dcjà confondue par la distinction arbi-
traire des pc-chés . Sans doute , e était une promesse con-
solante que celle du pardon da del pour le retour à la
verta; et cette opinion est iellement conjorme aux he-
soins et aux faiblesses de Vhonime , qu elle a fait par-
tie de toutes les religions. Mais les causi stes avaient dé-
naturé cette doctrine en imposant des formes pre'cises à
la pénitence f à la confessione et à V absolution . Un seni
acte de j'oi et de ferveur jut déclaré suffisant pour ef-
j'acer une longue liste de crimes Pag. l\\h.
l'Ion avendo T erudizione necessaria per discutere
l'asserzione delF illustre Autore, che la promessa del
perdono celeste pel ritorno alla virtù è opinione clic
ha fatto parte di tutte le religioni, la lascio da ww
canto . Da quel poco che io ho raccolto nei libri sulle
■ varie religioni, e sulla pagana in ispecie, mi è ri-
masta l'idea che molte avessero cerimonie espiato-
rie, le (piali per la loro propria virtù rendessero
mondi dai peccati quei che le facevano , senza che vi
abbisognasse il ritorno della virtù; e che l'idea della
conversione si debba, non meno che la parola, alla
Religione Cristiana. Ad ogni modo questa quistione,
benché assai importante, non ha un rapporto neces-
sario coli' argomento, e si può, senza toccarla, di-
CAPITOLO Vili. 89
fendere pienissimamente la dottrina cattolica sulla pe-
nitenza, dalle censure che qui le vengon fatte: anzi
queste saranno un' occasione per mettere in chiaro
la sua somma ragionevolezza e perfezione.
Tre sono principalmente queste accuse : che Tavere
imposte forme precise alla penitenza ne abbia snatu-
rata la dottrina*, che i casisti abbiano imposte queste
forme, che un atto di fede e di fervore fu dichiarato
bastevole a cancellare i delitti. Noi le esamineremo
partitamente, non seguendo però l'ordine con cui so-
no presentate , ma quello che sembra più naturale al
maggiore sviluppo che siamo obbligati di dare alla
materia esponendo la dottrina vera della Chiesa.
I.
Chi abbia imposte forme precise alla penitenza .
Dair essere nel Vangelo espressamente data ai mi-
nistri 1 autorità di rimettere e di ritenere i peccati,
ne consegue la necessità di forme per esercitarla : ma
chi ha potuto ordinare ed imporre queste forme? Se
i casisti avessero usurpato questo diritto, avrebbero
alterata tutta l'economia del rraQjimcnto spirituale:
ma come si può supporre che i casisti, che non sono
un corpo costituito, che non hanno un organo legi-
slativo, si sieno intesi a stabilire queste forme cogli
stessi principi e colle stesse regole? come si può
supporre che tutte le chiese le abbiano ricevute da
persone senza autorità, che le autorità stesse vi si
sieno assoggettate^ giacche nessuna se ne crede esen-
te? che i papi stessi si sieno lasciati dalla volontà
dei casisti imporre una legge, per la ([uale si con-
90 SII1J.A MORALE CATTOLICA
Tessano ai piedi di un loro inferiore, e ne implorano
r assoluzione e ne ricevono le penitenze? Olire di clic
come mai sì può suj)porre clic i Greci, pur troppo
divisi, e divisi qualche secolo prima clic si parlasse
di casisti, hanno comuni con noi in tutte le parti es-
senziali? Quando, i casisti hanno commesso questo
atto di usurpazione? Finalmente, come si esercitava
l'autorità di sciogliere e di legare prima che venis-
sero i casisti ad inventarne le forme?
Le forme della penitenza, della confessione, e del-
la assoluzione, sono stale imposte dalla Chiesa fino
dalla sua origine, come lo attesta la sua storia: ne
poteva essere altrimenti", giacche senza di esse è im-
possibile l'esercizio dell' autorità di assolvere e di
ritenere i peccati: ed è impossibile immaginarne di
più semplici e di più conformi allo spirito di questa
autorità^ ed è pure impossibile immaginare chi, se
non la Chiesa, avrebbe potuto ingerirsi a re2;olarc
questo esercizio.
II.
Condizioni della penitenza secondo la dottrina
cattolica .
Veniamo ora alla dottrina che è tacciata di avere
corrotta la morale, e vediamo, se è quella della Chie-
sa . — Un solo atto di fede e di fervore fu dichia-
rato hastes^ole a cancellare una lunga lista di de-
litti. Di questa opinione una parte è stala condan-
nata: r altra parte, ne la proposizione intera, non è
stata insegnata giammai .
Quanto alla prima, basti ricordare, che il conci-
lio di Trento proscrisse la doilrina, che l empio è
CAPITOLO Vili. 91
giustificato colla sola fede , appena essa fu propo-
sta (1).
Quanto alla seconda, non solo nessun concilio,
nessun decreto pontificio^ nessun catechismo, ma ar-
direi, dire nessun libricciuolo di divozione ha detto
mai che un atto di fede e di fervore basti a cancel-
lare i peccati. E bensì dottrina della Chiesa, che essi
possono essere cancellati dalla contrizione, col pro-
posito di ricorrere, tosto che si possa, alla penitene
za sacramentale .
Chi credesse che questa sia questione di parole
troppo s'ingannerebbe, è questione d'idee, se mai
ve ne fu alcuna.
Fervore non significa altro che T intensità e forza
d'un sentimento: suppone bensì per l'ordinario un
sentimento pio, ma non ne individua la qualità la
contrizione invece esprime un sentimento preciso.
Attribuire quindi al fervore T effetto di cancellare i
peccati, sarebbe proporre una idea confusa e inde-
terminata, e senza relazione con questo effetto: at-
tnbuirlo alla contrizione ; è specificare quel senti-
mento che, secondo le Scritture, e le nozioni della
ragione illuminata da esse, dispone l'animo del pec-
catore a ricevere la giustificazione . Per avere dun-
que una idea giusta della fede cattolica in questa
materia, bisogna cercare che sia la contrizione, e
cercarlo nelle definizioni della Chiesa, ce La contri-
fc zione è un dolore dell' animo e una detestazione
fc del peccato commesso, col proposito di non più
(1) Si quìs dixerit sola fide ùnpìuin jiistificari , ita ut iitlellic^at vihil
aliud reqiiiri f quod ad ji/stijìcalionis i^raltam coiìspqiiciidcmi coi)pfrcltu\
et nulla ex juirte nccesse esse etim sua' volunlatis mutuili pi'irpaiiu'i affiuc
disfwìti; anathnna sii. Sess. VI. de Jujtlfìcationc , (lanon. XI.
m
92 SUIXA MORALE CATTOLICA
re peccare Dichiara il Santo Sinodo , die quest?.
ce contrizione contiene non solo la cessazione dal pec-
cc cato, e il proposito e l'incominciamento di una
« nuova vita, ma l'odio della passata Insegna
(c inoltre, che sebl)ene avvenga talvolta che questa
fc contrizione sia perfetta di carità, e riconcili l' no-
ce mo a Dio prima che questo Sacramento ( della pe-
ce nitenza) sia ricevuto in fatto, non si deve attri-
ce huire la riconciliazione alla contrizione senza il
ce voto del sacramento, che e in chiuso in essa (i)^\
La ragione sola non poteva certamente scoprire
questa dottrina, perchè il fondamento di essa è la
carità: ma quando essa le sia annunziata dalla rive-
lazione, la ragione è costretta di approvarla: difatti
tutte le opinioni che le si vollero sostituire, fmlsco-
no ad essere abbandonate come insostenibili. L'uo-
mo che trasgredisce i comandamenti di Dio, gli di-
viene nemico, e si rende ingiusto. Ma quando egli
riconosce il suo fallo, ne è dolente, lo detesta, e
(ciò che ne consegue) propone di non più conunet-
terne, quando egli propone di ritornare a Dio per
quei mezzi che nella sua misericordia Dio ha dati ed
instltuiti a ciò, quando propone di soddisfare alla
giustizia divina , di rimediare per quanto può al mal
l'atto, egli allora non è più, per dir così, lo stesso
(0 Conlrilio, qua; jm'mwn locum Inter dictos panniteli fis aclus hahet;
animi dolor ac detestatio est de peccato comniis.so, cuni proposilo non
peccandi de cablerò .... Declarat igitur Sanata Synodus , hanc Contritio-
neni; non solum cessationeni a peccato, et vita; nov/v propositurn , et in-
cìioationern, sed veteris etiaiii odiuni conti nere .... Docet pra'icrea, etsi
Contri ti'onem hanc aliquando charilate perfectam esse contingat, honiinem-
</ue Deo reconcilini-e , priusquam hoc Sncramentum adii suscipiatiir ; ipsam
nihiloniinus reconciliationeni ipsi Conirilioni , sine Sacramenti volo qiiod
in illn includitur , non esse adscribcndani . Conc. Trid. sess. XIV. De
poeniìcntia, IV.
f ^
CAPITOLO vili. 90
uomo, egli non è più ingiusto: tanto è vero che del
peccato in generale non solo, ma dei suoi propri
eziandio, egli ha un sentimento dello stesso genere
che ne ha Iddio, fonte di ogni giustizia. E dunque
sommamente ragionevole, che quest'uomo cosi mu-
tato sia riconciliato a Dio .
Ma la conseguenza immorale di questa dottrina,
e stato detto tante volte, si è, che molti credono
che sia agevole l'avere questo sentimento di contri-
zione, e si animano quindi a commettere il male per
la facilità del perdono . Perchè lo credono ? chi lo ha
detto loro? se credono alla Chiesa quando insegna
che la contrizione riconcilia a Dio, perchè non le
credono quando ella insegna che Teffetto naturale del
peccato è l'induramento del cuore, che il ritorno a
Dio è un dono singolare della sua misericordia, che
il disprezzo delle sue chiamate lo rende sempre più
difficile? Se ad ogni conseguenza assurda che gli uo-
mini deducono dalle dottrine della Chiesa, essa aves-
se voluto abbandonare una verità per evitare quelle
conseguenze , la Chiesa le avrebbe da gran tempo ab-
bandonate tutte. Essa si oppone bensì a questo mi-
serabile traviamento, inculcandole tutte*, e in questo
caso singolarmente, chi può non ravvisare la mater-
na sua cura in tutte le precauzioni ch^ella usa perchè
il peccatore non si illuda, perchè non converta in ira
i doni della misericordia? di queste precauzioni par-
leremo or ora, trattando della amministrazione della
penitenza .
Basti per ora che dopo avere esposto la dottrina
della Chiesa, noi possiamo arditamente alfermare, che
è la sola ragionevole, e arditamente domandare qua-
le le si p(»trel)be sostituire di quelle che sono cono-
94 SULLA MORALE CATTOLICA
sciute, quale si potrebbe inventare che le potesse
essere contrapposta. 0 ricorrere alla dottrina crude-
le assurda e quindi immorale della inespiabilità :
o se si suppone possibile il ritorno dell'uomo a quel
Dio che lo ha creato per se, è forza credere che la
fede in chi solo può salvare, il cangiamento del cuo-
re, il cangiamento della vita, il riparare i mali com-
messi sono la vera via di questo ritorno. E questa
è la via per cui ci conduce la Chiesa \ è quella su cui
corrono i semplici colla sicurezza di chi si sente con-
dotto da una mano forte pietosa e sicura,' su cui
sono corsi e corrono tanti ingegni illuminati, i quali,
veggendo che tutto fuori di questa è precipizio, sono
tanto più umili, tanto più riconoscenti quanto più
sono illuminati,
IIL
Spìrito ed effetti delle forme imposte
alla penitenza .
Quali sono poi finalmente queste forme penitenzia-
li? La confessione delle colpe, per dare al sacerdote
la cognizione dell'animo del peccatore, senza la quale
è impossibile ch'egli eserciti la sua autorità^ l'impo-
sizione delle opere di soddisfazione*, la formola della
assoluzione. Io non mi propongo di farne l'apologia*,
giacché che può mai trovarsi a ridire in esse che non
sono altro che il mezzo il più semplice, il più indi-
spensabile, il più conforme alla istituzione evangeli-
ca, per applicare la misericordia di Dio e il Sangue
della propiziazione? Farò bensì osservare, non già
tutti 2;li effetti di questa istituzione divina (rimetten-
domi alle molte opere apologetiche che gli annovera-
CAPITOLO Vi IT. 95
no, ed alle lodi che essa ha avute anche da molti di
quelli che non T hanno conservata ), farò osservare
principalmente quesjli effetti che sono in rapporto col
ritorno alla virtù pei traviati, e col mantenimento
della virtù nei guisti .
L^iomo caduto nella colpa ha pur troppo una ten-
denza a persistervi^ e l'essere privato del testimonio
della huona coscienza lo affligge senza migliorarlo.
Anzi è cosa"^ riconosciuta che il reo per lo più aggiun-
ge colpa a colpa per estinguere il rimorso , simile a
coloro che nella perturbazione e nel terrore dell' in-
cendio gettano sulle {lamme ciò che vien loro alle
mani, come per soffocarle. 11 rimorso, quel sentimen-
to che la religione colle sue speranze fa divenir con-
trizione, e che è tanto fecondo in sua mano, è per
lo più sterile o dannoso senza di essa. Il reo ode nella
sua coscienza quella voce terribile : non siei più inno-
cente: e quell'altra più terribile ancora: non potrai
esserlo più*, egli riguarda la virtù come una cosa per-
duta, e sforza ì' intelletto a persuadersi che se ne può
far senza, che essa è un nome, che gli uomini la e-
saltano perchè la trovano utile negli altri, o perchè
la venerano per pregiudizio;, egli cerca di tenere il
cuore occupato con sentimenti viziosi che lo rassicu-
rino, perchè i virtuosi sono un tormento per lui. Ma
per lo più quelli che vanno dicendo a se stessi che la
virtù è un nome vano , non ne sono persuasi : se una
voce interna autorevole annunziasse loro che possono
riconquistarla, essi crederebbero alla realtà di essa, o
per dir meglio, confesscrebljero di avervi sempre cre-
duto. Qncsto fa la religione in cSii vuole ascoltarla:
essa parla a nome di un Dio clic lia promesso di get-
tar dietro le spalle le iniquità del pentito: essa prò-
96 SULLA MORALE CATTOLICA
mette il perdono, essa sconta il prezzo del peccate
Mistero di sapienza e di misericordia ! mistero che la
Tachione non può penetrare, ma che tutta la occupa
neli' ammirarlo: mistero che nella inestimabilìtà del
prezzo della redenzione, dà una idea infinita dell'in-
giustizia del peccato, e del mezzo di espiarlo, una im-
mensa ragione di pentimento, e una immensa ragione
di fiducia.
Ma la religione non fa questo soltanto; essa rimuo-
vo anche gli altri ostacoli che gli uomini oppongono
al ritorno alla virtù. Il reo sfugge la società di quelli
che non lo somigliano, perchè li teme superbi della
loro virtù : aprirà egli il suo cuore ad essi che ne ap-
profitteranno per fargli sentire che sono dappiù di
lui? che consolazione e;li daranno essi; che non ponno
restituirgli la giustizia? essi che stanno lontani da
lui per parere incontaminati 5 essi che parlano di lui
con disprezzo, perchè si vegga sempre più che disprcz-
zano il vizio? essi che lo sforzano cosi a cercare la
compagnia di quelli che sono colpevoli come lai, e
che hanno le stesse ragioni per ridersi della virtù?
La giustizia umana ha pur troppo con se l'orgoglio
del Fariseo che si paragona col Pubblicano, che piglia
un posto lontano da lui , che non s' immagina che
quegli possa diventare un suo pari, che, se potesse,
lo terrebbe sempre nella abbiezione del peccato?
Ma questa divina rellgiune di amore e di perdono
ha istituito dei conciliatori fra Dio e l'uomo: essa li
vuole puri, perchè la loro vita accresca fiducia alle
loro parole, perchè il peccatore che si avvicina a loro
si senta ritornato nella compagnia dei virtuosi, ma li
vuole umili, perchè possano esser puri, perchè il reo
possa ricorrere ad essi senza tema di esserne respinto.
CAPITOLO Vili. 97
Ec;Ii SÌ avvicina senza ribrezzo ad un uomo die con-
fessa di esser anch'egli peccatore, ad un uomo clic
dall'udire le sue colpe ricava anzi fiducia die chi le
rivela sia caro a Dio, che venera nel ravveduto la
iirazia di Colui che richiama a se i cuori ^ ad un uo-
mo che riguarda in lui la pecora portata sulle spalle
del Pastore , che riguarda in chi gli sta ai piedi l'og-
getto della gioja del cielo ^ ad un uomo che tocca le
sue piaghe con compassione e con rispetto, che le ve-
de già coperte di quel Sangue che egli invocherà so-
pra di esse. Sapienza ammirabile della religione di
Cristo ! Essa impone al penitente delle opere di sod-
disfazione, colle quali più certa appare la mutazione
del cuore, perchè si rivolge agli atti contrari a quelli
a cui si portava nel suo traviamento; colle quali egli
si rinfranca nelle abitudini virtuose e nella vittoria
di se stesso, colle quali egli mantiene la carità e com-
pensa in certo modo il mal fatto . Poiché non solo
essa non gli accorda il perdono, che a condizione che
egli rimedi, potendo, ai danni fatti al prossimo, ma
per oc;ni sorta di colpe, lo assoggetta alla penitenza,
la quale non è altro che P aumento di tutte le virtù .
Essa ingiunge ai suoi ministri che si accertino il più
die possono della realtà del pentimento e del propo-
sito, indagine che tende non solo ad impedire che si
incoraggisca il vizio colla facilità del perdono, ma a
dare una più consolante fiducia all'uomo che è pentito
davvero : tutto è sollecitudine di perfezione e di mi-
sericordia. E i ministri che leggermente riconciliassero
chi non fosse realmente cangiato , essa li minaccia che
invece di scioglierlo, saranno essi stessi legati: tanta
è la sua cura perchè l'uomo non cangi in veleno i rl-
medj pietosi che Dio ha dati alla nostra debolezza .
Manzoni ' J '
98 SULLA MORALE CATTOLICA
Chi con qiiesle disposizioni e ammesso alla peni-
tenza, e certamente sulla via della virtù: chi ha udi-
to dirsi dal ministro del Signore ch'egli è assolto, si
sente come ristabilito nel retaggio della innocenza,
ec;li comincia di nuovo a battere quella via con ala-
crità, con tanto più di fervore quanto più si ricorda
che frutti amari ha colti in quella del vizio, quanto
più egli sente che gli atti e i sentimenti virtuosi sono
i mezzi che la religione gli presenta per crescere nella
fiducia che i suoi vestigi su quella trista via sono can-
cellati .
La religione ha ricevuto dalla società un vizioso,
e le restituisce un giusto: essa sola poteva fare que-
sto cambio. Chi avrebbe pensato, chi avrebbe tentato
d'instituire un ceto per aspettare il peccatore, per ri-
cercarlo, per inse2;nare la virtù, per richiamare a
quella chi ricorre a loro , per parlargli con quella
sincerità che non si trova nel mondo, per metterlo
in guardia contro ogni illusione, per consolarlo a mi-
sura che diventa migliore.
il mondo si lamenta che molti esercitano un tanto
ufficio come un mestiere, e con questa parola che
non giunge a disonorare le più nobili funzioni , il
mondo fa vedere che distanza ponga esso medesimo
fra queste ed ogni altra, come senta anch'esso che
l'istituzione di (jucste è così augusta, che ciò che è
ordinario nelle altre, in esse è sconvenevole. Ma for-
se che sono cessati i ministri degni delle loro fun-
zioni? No: Dio non ha abbandonata la sua Chiesa:
Eo-li mantiene in essa uomini che non hanno, che non
vogliono altro mestiere che sacrificarsi per la salute
dei loro fratelli, che proporsela per solo premio dei
pericoli, dei patimenti, della vita la più laboriosa,
CAPÌTOLO Vili. 99
talvolta della morte, dei suppìizio, e più sovente di
iiD lento martirio. Ma iì mondo che si lamenta degli
altri guarderà dunque questi con venerazione, e con
riconoscersza : in o^nì ministro zelante umile e disio-
teressato vedrà un uomo grande; si ricorderà con te-
nerezza e con maraviglia quegli Europei che scorrono
i deserti dell'America per parlare di Dio ai selvaggi^
air udire la line di auei soldati di Cristo che andati
alla Chii;a per predicarvi Gesù Cristo, senza una spe-
ranza terrena, vi hanno recentemente subito il mar-
tirio, il mondo se ne glorierà come fa di lutti quelli
che sprezzano la vita per un nobile line . Se non lo
fa, se deride quelli che non può censurare, se li di-
mentica, o li chiama intelletti deboli miseri pre-
giudicati, si può credere che il mondo odii non i <Ii"
fctti dei ministri, ma il ministero.
Ma non è solo a ipielli che hanno gettato il giogo
della legge divina e che vogliono ripigliarlo, che la
penitenza sacramentale è utile c^ necessaria: essa io
è non meno ai giusti. In guerra mai sempre colie
])rave inclinazioni interne, e con tutte le potenze del
male, essi sono chiamati dalia religione a ripensare
nell'amarezza del cuore le loro imperiezioni, a ve-
gliare sulle loro cadute ^ ad implorarne il perd^ono,
a compensarle con atti di virtuosa annegazione. a
proporre di cangiar sempre in meglio la loro yììiì .
La penitenza è quella che distrugge in essi i vizi al
loro nascere, che in vasi di argilla conserva il te-
soro (i) della innocenza.
Una istituzione che obbliga l'uomo a formare un
(i) llahemxis (wirn ihesuuiiun istain in vftsis fìctitibu^ . l'ani II. ad
Coiiiith. IV. --.
>
100 SULLA MOr»ALE CATTOLICA
fi^ludizio severo sopra se stesso, a misurare le sue a-
zioni e le sue disposizioni col regolo della perfezio-
ne, che gli dà il più forte motivo per escludere da
questo e^iudizio ogni ipocrisia, insegnando che sarà
riveduto da Dio, è una istituzione sommamente mo-
rale .
Come mai una tale istituzione ha potuto essere
sconosciuta da tanti scrittori? Come mai le è stato
tante volte attribuito uno spirito perfettamente op-
posto al suo?
Non si può a meno di non provare un sentimento
doloroso in ogni maniera, quando in uno scritto che
spira amore per la verità e pel perfezionamento, in
lino scritto dove le riflessioni le più pensate sono or-
dinate al sentimento morale, e questo al sentimento
religioso, si trova questa proposizione che il catto-
licismo fa comperare 1' assoluzione colla manifesta-
zione delle colpe (i). Qui non si tratta d'induzioni,
(i) Le Catholìcisme , en admettant les pratiques à compenser les cri-
mcs , en faisant acheter V absolution par des aveux , et les faveurs par
des offrandes , hlessait trop ouvertement les plus simples twtions de la
raison pour poin'oir resister au progrès des lumières . Educalions prati -
que, traci, de l' anglais par. M.r Pictet. Genève de 1' impr. de la Bibliot.
liritan. Préface du Traducteiir , pag. Vili e della seconda ediz. pag.^VII.
Senza dubbio, una siffatta religione urterebbe le nozioni le più sempli-
ci della ragione. Ma supponendo tale il cattolicismo , rimarrebbe da spie-
gare come p. e. Pascal e Bossuet avrebbero potuto acconsentirvi , co-
me tutti i cattolici sicno indietro delle prime nozioni della ragione . Que-
sta spiegazione però non è necessaria, giacche il fatto non sta.
Non ci estenderemo sullo altre due taccie date al Cattolicismo , perche
non sono dirottamente dell'argomento, e implicitamente vengono sciolte
anch'esse; giacche le pratiche del culto, e le offerte sulle condizioni del-
le quali si è tanto parlato, sono atte al fine di compensare i peccati, e di
ottenere i favori; e senza quello non sono ne proposte, ne valutate dalla
dottrina della Chiesa . Ho recato questo esempio , perchè troppo importa
mostrarne uno, in cui è evidente che l'avversione alle massime della Chie-
sa e fondata sopra una massima supposta . ed ho scelto questo in partico-
lare, })erchè in un libro, dove vorrei che tutto fosse concordia e benevo-
lenza, mi è sembrato bene di citare Scrittori ai quali, ribattendo le loro
iipiuioni, .-^i possa dare un attcstato di slima sentita, e non comune.
CAPITOLO Vili. loi
uè di influenze recondite e complicate; si tratta di
un fatto: ognuno può informarsi da qualunque cat-
tolico, se la manifestazione {ai^eii) delle colpe ba-
sti ad ottenerne l'assoluzione: (fuaUmfjue cattolico ri-
sponderà di nò, qualunque cattolico ripeterà col Con-
cilio di Trento ce anatema a chi nega che alla per-
fc fetta remissione dei peccati si richieggano tre atti
ce nel penitente quasi materia del Sacramento, cioè
ce la contrizione la confessione e la soddisfazio-
cc ne (i) 5J.
Di più, ricevere questo sacramento senza quelle di-
sposizioni è un sacrilegio , un nuovo orribile peccato .
E tanto è vero che T assoluzione non si compera colla
manifestazione, che talvolta 1' assoluzione può esser
negata dopo la manifestazione, e talvolta si dà senza
di essa , come ai moribondi , che non sono in grado di
farla, e che danno segni di esservi disposti.
Si consideri un momento lo spirito della Chiesa
nella dottrina dei sacramenti, e si vedrà come tutta
reconomia di essi sia diretta alla santificazione del
cuore, si vedrà quanto ella abborra dal sostituire le
pratiche ai sentimenti . 1/ insegnamento cattolico fa
nei sacramenti una distinzione non meno propria che
importante, chiamandone alcuni, sacramenti dei \^wi^
ed altri dei morti. Gli uni e gli altri sono istituiti da
Gesù Cristo, e tutti per santificare^ ma ai primi non
è lecito accostarsi se non in istato di grazia : perchè ?
Perchè secondo la Chiesa il primo passo, il passo in-
dispensabile ad ogni grado di santificazione, è il ri-
Sc quis ncgaverit ad ìntegrant et perfectam lemissionem requiri tvcs
in pcenitente , quasi materiarn Sacramc/Ui Ptvnilentiie, vidcUcct
(0
actus
Contritionem , Cònfessionem , et Sati-ifactioncin .... anathema si't . Cane.
Trid. scss. XIV. caa, IV
102 SULLA MORALE CATTOLICA
torno a Dio, l'amore delia giustizia, ravvcrsior.c \\
male .
Ve pur troppo negli uomini una tendenza supcrsli-
ziosa che li porta a confidare nelle nude pratiche ?-
sterne, e a ricorrere a cerimonie religiose per soifo-
care i rimorsi ;, senza riparare ai ^mali commessi , e
senza rinunziare alle passioni: il gentilesimo, credo
io , li serviva in ciò secondo i loro dcsiderj . Ma quale
è la rellsjione che essenzialmente perpeturauentc e^
manifestamente si oppone a questa tendenza? La re-
ligione cattolica senza alcun duhbio . Essendo tutti :.
sacramenti mezzi efficaci di santificazione, perchè non
sarebbe lecito ricorrere indistintamente a tutti i tia
cramcnti, se le pratiche del culto fossero ammesse a
compensare i delitti? Quale mezzo di santificazione
potrebbe parere più facile che il sacramento dell' Eu-
carestia, il quale comunica realmente la Vittima Di-
vina, e unisce all'uomo la santità stessa? Eppure la
Chiesa dicliiara non solo inutile, ma sacrilego il ri-
cevere questo sacramento a chi non sia in istato di
grazia: il Propiziatore stesso diventa condanna in un
cuore ingiusto. Essa obbliga i peccatori, che voglìon
giungere a quei fonti di grazia , a passare pei sacra-
menti che riconciliano a Dio: la penitenza, alla quale
non è lecito avvicinarsi senza dolore del peccato, ;e
senza proposito di nuova vita ; e il battesimo, che ne-
gli adulti esige le stesse disposizioni. Poteva la Chiesa
mostrare più ad evidenza, che non conta, che anzi
ricusa le pratiche esterne, quando non sieno segni di
amore sincero della giustizia?
Ma donde può esser nata una opinione tanto con-
traria allo spirito della Chiesa? Io credo da un equi-
voco. Essendo la confessione la parte più a])parente
CAPITOLO Vili. io5
del sacramento di penitenza, ne è venuto l'uso di
chiamare impropriamente confessione tutto il sacra-
mento. Ma si avverta che questa inesattezza di paro-
la non ne Iia corrotta Tidea^ perchè la necessità del
dolore del proponimento e della soddisfazione è
tanto universalmente insegnata, che si può aifermare
non esservi catechismo che non la inculchi, né ragaz-
zo ammesso alla confessione che la ionori.
CAPITOLO IX,
SUL RITAUDO DELLA C0NVERS10ì>JE
La verta mi lieii iVétre la tdche constante de tonte la vie
ne flit plus quun compte à régler a V article de la
moì't. Il iiy eia plus aucun pécheur si aveuglé par ses
passions, quU ne ])rojetdt de donner, avant de mourir,
(juelqiies jours aii soin de son salut; et dans cette con-
fiance U ahandoiuiait la bride à ses penchans déréglés.
1 Les casuistes avaient dépassé leiir bui en nowTissant
une telle confiajice : ce flit en vain quils préchércut
alors contre le retard de la conversion; ils ètaiént eux-
mémes les créateurs de ce déréglement d'esprit, incon-
mt aux anciens moralistes; fhabìtude était prise de ne
considcrer que la mori dii pécheur , et non sa vie; et
elle devint wiiverselle. Pag. l\\.b. 1{ìQ.
^iicst'iìltima oìjbiczlonc contro la dottrina cattolica
(Iella penitenza, viene a dire che essa ha proposto uà
mezzo di remissione tanto facile, tanto a disposizione
del peccatore in ogni momento , che questi certo , pei-
dir così, del perdono, è stato indotto a continuare nel
vizio, riservando la penitenza all'ultimo^ e che a que-
sto modo non solo tutta la vita e stata resa indipen-
dente dalla sanzione religiosa, ma questa stessa è di-
venuta incoraggimento al mal fare, e la morale è sta-
ta per conseguenza rovinata.
Un tale tristissimo ciletto vien qui, a quel che mi
pare, attribuito promiscuamente alla dottrina in se,
alle opinioni del popolo, ed all'insegnamento del cle-
ro: e questi sono in fatti i tre elementi da considc-
CAPITOLO IX. io5
rarsi nella quistione presente. Noi 11 considereremo
partitamente, per presentarli secondo (piello che a
noi sembra il vero punto di vista: ma prima sarà ben
fatto di accennare le proposizioni che noi crediamo
dover essere il risultato di questo esarac.
I. La dottrina — è la sola conforme alle Sacre
Scritture — è la sola che possa conciliarsi colla ra-
c^ione e colla morale.
II. Le opinioni abusive — non possono venire dalla
dottrina — sono pratiche e non speculative — sono in-
dividuali e non 2;enerali — non possono esser distrutte
utilmente, che dalla cognizione e dall'amore della
dottrina .
in. 11 clero ( preso non nella totalità fisica, ma
nella unanimità morale ) — non insegna la dottrina
falsa — non dissimula la vera.
I.
Della Dottrina,
In tutte le questioni morali e necessario esaminare
la dottrina in se. Stabilirne il giudizio puramente su-
gli eiVetti, mi sembra vm metodo non solo incompleto
ma fallace per molte ragioni : perchè suppone che non
vi siano nella rivelazione e nella ragione principi mo-
rali a cui ridurre quella dottrina^ perche gli effetti
sono di una tale estensione e complicatezza, che e im-
possibile stimarli, non dico precisamente, ma con quel
grado di approssimazione alla realtà, che pure è ne-
cessario che essi abbiano, dovendo essere prove, e
prove lìoiche^ e fmalmcnte perchè non essendo tutù
dovuti alla dottrina, non le si devono tutti imputare^
loG SULLA MORALE CATTOLICA
e quindi s'introfUice nella questione nn elemento e-
stranco : mi spiego. Il fine d' ogni dottrina morale de-
v^ essere la possibile perfezione degli uomini: a que-
sto fine due cose sensibili deggiono cooperare , la dot-
trina , e la volontà degli uomini : quindi in ogni caso
in cui si trovi in fallo una maggiore o minore di
stanza dalla perfezione, la colpa può essere di una di
queste due cose, o d'entrambe: il che bisogna ricer-
care. La volontà può rivolgersi al male, anche dopo
aver ricevuta in massima una dottrina eccellente, lo
può tanto più, adottando una dottrina cattiva. Acca-
gionare la dottrina dei mali che accadono dove essa
è tenuta, è ritenere certamente reo un solo di una
colpa la quale può essere tutta d'un altro, e nella
quale la complicità di quest'altro è almeno presumi-
bile, e ciò senza aver esaminato né l'uno né l'altro
imputato .
Una dottrina morale che promettesse di condurre
infallibilmente tutti gli uomini alla bontà col solo es-
sere promulgata, potrel)be a buon dritto essere riget-
tata sulla semplice prova degli inconvenienti clic sus-
sistono con essa. Ma siccome la dottrina cattolica non
fa una tale promessa ^ questa prova non basterebbe
contro di essa : bisogna esaminarla : se gli effetti cat-
tivi vengono da essa, il vizio si troverà nei princi-
pi (0-
(i) S'insiste pai ticolarmcnte sulla necessità di esaminare la dottrina,
perche questo esame è ordinariamente trascurato: e molli dopo aver ri-
cordata qualche perversità commessa dai cattolici credono di aver condan-
nata la religione Questo modo singolare di ragionare è frequentissimo in
tutte le questioni, che hanno rapporto C()"!a morale: dove vi ha |)arliti,
ognuno crede di avere stabilita la sua causa, quando abbia mostrati gl'in-
convenienti dell'altra: ognuno paragona tacifamenle la causa avversaria con
un tipo di peifezinnc, e non gli è difficile mostrare chi" no sia lnii(,ìn.i ;
tutti in generale dimenticano che il giudi/.io deve venire dal conti onto de-
>^
CAPITOLO IX. 107
Nel capitolo antecedente si ò dimostrato^ che la
dottrina cattolica snlla conversione è la sola ragione-
vole: ora nclFidea di conversione è natnralmente in-
chisa la possibilità di essa in tutti i momenti della
vita : si potrebbe dire adunque che la tesi presente è
già provata nelF altra. Ma siccome questa possibilità
è presentata come origine di massime e di abitudini
funeste alla morale, così diventa necessario di trat-
tarla a parte . Richiamando dapprima T esame alla
dottrina, la nostra intenzione non è di declinare dal-
l'esame del fatto: noi cercheremo anzi di istituirlo con
tutta (I nella precisione che si può portare nella rica-
pitolazione di fatti molliplici vari e composti, ma
certo con ogni sincerità: poiché se il nostro scopo fos-
se di illudere noi e gli altri, il solo guadagno che po-
tremmo cavarne sarebbe (jucllo di essere o ciechi vo-
lontari, o impostori: due poveri guadagni.
i^li iuconvcnicuti delle due cause- Quindi quelle eterne dispute nelle quali
ognuno espone la metà della questione che gli è favorevole, e trionfa; sal-
vo all'altro a trionfare alla sua volta, esponendone l'altra metà.
Si citano tratti di prepotenza brutale sostenuta dagli usi o anche dalle
leggi, frivolezze tenute in gran conto, e cose importanti trascurate, sco-
perto dal l)uon senso, e dal genio accolte come dclirj , insistenze lunghis-
sime dei più savi verso qualche scopo insensato, e sbaglio nei mezzi an-
che per giungere a questo; buone azioni cagione di persecuzione, e azioni
tristi cagione di prosperità ce. ec. e si couchiude dicendo: ecco il buon
tciiìjw antico; e se ne trae argomento per ammirare lo spirito dei tempi
moderni. Da un' altra parte si ricordano imprese cominciate parlando di
giustizia e di up.ianità, e consumate colla più orribile ferocia; l'esaltazio-
ne (h tutte le passioni personali presentala come un mezzo di perfeziona-
mento sociale; la sapienza riposta da molti nella voluttà, e la virtù nel-
l'orgoglio; e qui pure, come sempre e da per tutto, la persecuzione della
virtù e il trionfo del vizio ec. ec; e si conclude dicendo: ceco il secolo
dei lìimi; e si hanno queste per buone ragioni onde desiderare i tempi
andati. Ammirazione e desiderio in cui s' im|)iega l'ozio che si potrebbe
dare allo studio della [ìcrpetua corruttela dell'uomo e dei mezzi veri per
rimediarvi, ed alla applicazione di questa scienza a tutte lo istituzioni e a
tulli i tempi.
Queste rillcssioni non si danno qui come recondite, ma come trascurale.
io8 SULLA MORALE CATTOLICA
11 punto della controversia è questo .
Può l'uomo^ fincliè vive^ di peccatore divenir giu-
sto detestando i suoi peccati, riparandoli, chieden-
done perdono a Dio, risolvendo di non più commet-
terne, e confidando per la remissione di essi nella mi-
sericordia di Dio, e nei meriti di Gesù Cristo? Quan-
do il peccatore sia così giustificato, è egli in istato di
salvezza ?
La Chiesa dice di si: consultiamo la Scrittura, con-
sultiamo la ragione, cerchiamo i principi e le conse-
guenze legittime di questa dottrina, e della dottrina
contraria .
Ijasciando per brevità da parte la connessione es-
senziale di questa dottrina con tutte le Scritture, e
i passi nei quali è sottintesa, ne riportiamo un solo:
esso e formale.
ce La giustizia del giusto non lo libererà in qualun-
fc que giorno ei pecchi: e l'empietà dell' empio non
r< 2;li nuocerà più in qualunque giorno ei si converta....
ce Se io avrò detto all'empio: tu morrai^ ed egli farà
fc penitenza del suo peccato, e farà opere rette e giu-
fc ste^ se restituirà il pegno, e renderà il rapito, se
fc camminerà nei comandamenti di vita, e nulla farà
ce d'ingiusto, vivrà, e non morrà. Tutti i peccati che
ce ee;li ha fatti, non gli saranno imputati: ha operato
ce secondo il giudicio e la giustizia 5 vivrà (i)5->.
(i) Justitia justi non liberavi t cuni in quacumqiie die peccaverit ; e int-
pietas inipii non nocebit ei in quncunique die conversus fuerit ah impie-
tate sua. . . Si auleni dixero impio : morte morieris ; et egerit poeni-
tentiam a peccato suo, faceritque judicium et jusliliarn , et pignus resli-
tuerit ille impiiis , rapiiiainquc icddiderit , in mandatis vitae ambulaverit,
nec fecerit quidquam injusLuni, l'ila vivet , et non morie tur . Omnia pec-
cata ejus , quae j>:'ccavit, non imputabantur ei : judicium et justitiam fe-
rii; vita vivet. Ezccli. XXXIH. 12, 14. i.>- iG V. pure il c.t|). XVIII.
21. e seg.
CAPITOLO IX. 109
Tutti i principi e le conseguenze di questa dottri-
na ricadono dunque sulla Scrittura, è ad essa che bi-
sogna chiederne conto ^ o per dir meglio ad essa sia-
mo debitori di averci rivelato il punto essenziale di
morale che è in queste parole . Difatti, se la giustizia
consiste nella conformità della volontà (e delle azioni,
per conseguenza necessaria ) colla legge di Dio , il
peccatore che ottiene il perdono, e le diventa confor-
me, diventa giusto, e la giustizia è uno stato reale
dell'anima umana: se la conversione, se T applicazio-
ne della misericordia dì Dio pei meriti del Mediatore,
non è una chimera, Tuomo che è entrato in questo
stato è attualmente amico di Dio, e meritevole di
ricompensa. Se il tempo di prova è in questa vita, se
il premio e la pena riguardano questo tempo (e tutta
la morale religiosa è fondata su questa massima , e
tutti i filosofi dal primo all'ultimo, riguardano que-
sta massima come un beneficio della religione, un
supplemento ai mezzi umani per accrescere il bene
morale e diminuire il male) se il tem])o di prova e
in questa vita, l'uomo che al finire della prova è in
istato di giustizia, dev'essere in istato di salvezza.
INon si perdano di vista le condizioni intrinseche ed
estrinseche della conversione, delle quali si è parlato
nel capitolo antecedente , e si dica se la ragione può
rifiutare questi principj di morale, se può ammet-
terne altri.
Ma quali sono le conseguenze legittime di questi
principj nell'applicazione pratica a tutta la vita? Essi
soli bastano a condurre alle conseguenze le più mo-
rali che possano cadere nella speculazione degli uo-
mini: ma per meglio convincercene bisogna vedere
la dottrina in tutte le sue parti .
1 1 o SULLA MORALE CATTOLICA
Se nel pericolo prossimo di una inondazione, i\n
nomo a cui altri parlasse della necessità di porsi "'ii
salvo, domandasse se trascurando di farlo in (pici mo-
mento sarebbe certo di perire, che cosa gli si dovreb-
be ragionevolmente rispondere? i\o : non è infaUibllc
che voi perirete ritardando a porvi in salvo: rac([ua
stessa può gettarvi vicina una tavola, e condurvi so-
vr' essa a salvamento: sarebl)e sloltezza negare una
possibilità che è nella natura delle cose, ne voi vi la-
scerete illudere dalla nostra minaccia. Ma voi ponete
male la questione '^ voi avete torto di considerare una
cosa tanto importante da un lato che non è il lato ra-
jiionevolc: j)iìi voi tardate, più la vostra salvezza di-
venta difficile: voi dovete calcolare questa dillìcoltà,
e regolarvi in conseguenza: esaminare la possibilità
sola^ è volere escludere dalla deliberazione gli elemen-
ti più importanti .
Lo stesso e nell'affare della salvezza dell'anima.
È possibile sempre il convertirsi, dice la Chiesa^
ne può dire altrimenti : ma e difficile ; ma questa dif-
ficoltà cresce a misura che il tempo passa, che i pec-
cati si accumulano, che le abitudini viziose crescono,
che si è stancata la pazienza di Dio, che si è sta^o
sordo alle sue chiamate: quindi la difficoltà .è massi-
ma appunto al momento di abbandonare la vita. E
la Chiesa non solo non lusinga i peccatori che essi po-
tranno superare questa difficoltà, ma gli avvisa che
non sanno nemmeno se potranno affrontarla', giacche
il momento e il modo della morte è egualmente in-
certo .
Quindi le massime di condotta che un uomo ragio-
nevole (e la religione, come tutte le dottrine vere,
intende parlare alla ragione) può dedurre da questa
*
»- *
^
t
CAPITOLO IX. Ili
dottrina, si riducono ad una, che il Maestro ha data
egli stesso , come conseguenza di tutti i suoi insegna-
menti: ce state apparecchiati 5 perchè in queir ora che
ce voi meno pensate, verrà il Figliuolo dciruomo(i)w.
Dunque è ragionevole di vivere in ogni momento
in modo che si possa con fiducia presentarsi a Dio ^
dunque la conversione è necessaria in ogni momento
ai peccatori, la perseveranza in ogni momento ai giu-
sti: conseguenza, della quale è impossihile trovarne
una che presenti una applicazione più morale, più po-
tente, più estensihile a tutte le azioni. Quindi questa
dottrina invece di non far considerare che la morte,
è sommamente propria a dirigere tutta la vita.
ce Ma che importa, si dirà, che le cor»scguenze im-
cc morali sicno legittime o no, quando sono state de-
ce dotte, quando gli uomini hanno regolata la loro
ce vita su queste conseguenze? Voi dite che i catlo^
ce liei viziosi hanno sragionato: sia pure; ma questa
« dottrina è sempre stata ad essi occasione di farsi
ce una falsa fiducia : essi hanno vissuto nel male, colla
ce speranza e per la speranza di hcn morire ^\
Suppongo il fatto , e domando : che farci ? 0 hiso-
gna provare che è utile lasciar gli uomini senza una
dottrina sul ritorno a Dio, sui suoi giudizi, sulle pene,
e sui premi della vita futura: o hisogna darne una
diversa dalla rivelazione, e che non ahhia questi in-
convenienti. Venga un uomo, o un ceto qualutKpie,
che si arroghi di farlo: la Chiesa non avrà ella raiiio-
ne di fermarlo, e dirgli: perchè gli uomini hanno,
secondo voi, cavate conseguenze viziose da una dot-
(t) Et vos estate parati, quia qua hora non piilutis , Jllius liòminis te-
lnet. Lue. XII. 40.
1 1 2 SULLA MORALE CATTOLICA
Irina santa e vera, voi volete darne loro una arbitra-
ria ! Come ! le loro inclinazioni non si sono raddriz-
zate colla regola infallibile ^ a che segno di deviazio-
ne non si porteranno con ima regola falsa?
Ma supponiamo cbe un tal uomo non dia retta alla
Chiesa, ch'egli passi sopra tutte cpieste difficoltà, e
ragioni così:
ce E stato insegnato ai cattolici , clie il peccatore
«può (in che vive convertirsi, ed essere giustificato.
« E vero che si è sempre detto loro che render dif-
cc ficile la propria salvezza, è una assurdità ec. Ma
« malgrado tutte queste limitazioni, l'elFetto è stato
" che non vi fu peccatore cosi acciecalo dalle pas-
<c swni che non prxtgettasse di consccrare y prima
« di morire y qualche giorno alla cura della sua sal-
<c vezza , e con questa fiducia scioglieva il freno alle
<c sue inclinazioni sregolate. Bisogna dunque un ri-
« medio, e non un palliativo j bisogna togliere la ra-
« dice del male, cioè una dottrina necessariamente
fc male interpetrata-, una dottrina che, data la natura
« dell'uomo, opera certamente effetti pessimi. In que-
« ste cose non si può stare senza una dottrina qua-
« lunque ^ una dottrina media è impossibile : dunque
« è necessario stabilire e promulgare la dottrina op-
« posta, cioè non è vero che Fuomo possa convertirsi
« a Dio: giacché se si ammette la possibilità, essa si
« ap[)llca da se e necessariamente a tutti i momenti
<f della vita, e per conseguenza anche agli ultimi w.
« Così pine è stato insegnato ai cattolici, che l'uo-
^' ino è giudicato nello stato in cui si trova nelluscire
di questa vita. Egli è vero che si è anche detto, che
la morte è la conseguenza per lo più della vita; che
«e
te una buona morte è un tal dono, che la vita tutta
CAPITOLO IX. ii3
« intiera tleve essere impiegata ad implorarla e a
« meritarla, che non solo non è promessa agli empi,
ce ma sono minacciati di morire in peccato, che il
fc modo di esser certi di ben morire è di ben vivere,
ce ed altri simili massime : ma malgrado di qneste ,
ce si è presa l' abitudine di considerare soltanto la
ce inoi'te del peccatore ^ e non hi vita; e V abitudine
ce divenne universale. S'insegni adnnqne che T uomo
ce non sarà giudicato nello stato in cui si troverà al-
ce l'uscire di questa vita w .
Ci s'insegni questa dottrina, e si dica quali ne sa-
ranno le conseguenze applicabili alla condotta mora-
le . L' uomo non può convertirsi a Dio \ dunque al
peccatore non rimane che la disperazione : stato in-
compatibile con ogni sentimento pio, umano, digni-
toso: stato orribile, in cui l'uomo, se potesse durar-
vi ed esser tranquillo , non potrebbe l'arsi altra legge
che procurarsi il più di piaceri, lin che può, a qua-
lunque costo. L^uomo non può convertirsi a Dio^
dunque non più pentimento, non più mutazione di
vita, non più preghiera, né sperenza, ne redenzione,
nò Vangelo^ dunque il dire ad un peccatore di diven-
tar buono per motivi soprannaturali, sarebbe fargli
una proposizione assurda. L'uomo non è giudicalo
nello slato in cui si trova all'uscire di questa vita:
dunque non v'è stato di giustizia e d'ingiustizia : poi-
ché che sarebbe una giustizia che non rimettesse l uo-
mo nell'amicizia di Dio? e che sarebbe una amicizia
(h Dio (he lasciasse l'uomo nella pena eterna? dun-
que non sarà vero che vi sleno premj e pene per le
azioni di questa vita, perchè non si suppone in ([uc-
sta vita uno stato in cui l'uomo possa esser degno
ilegli uni e delle altre: dunque non vi sarà una ra-
Mitit zoili
1 14 SULLA MORALE CATTOLICA
lijlonc certa e preponderante di operar bene in lutti i
momenti della vita.
Queste, ed altre simili, sarebbero le conseji^uenzc
di una tale dottrina^ e noi le dedurremmo giuste, se
ella fosse promulgata e ricevuta: giacche gli uomini
sono migliori logici pur troppo sui principi falsi di
morale , che sui veri ;, perchè le conseguenze che ven-
dono da quelli non sono per lo più avverse alla na-
tura corrotta , e l' ingegno vi cammina senza esser
fermato ad ogni passo da passioni cavillatrici . Sotto
il regime della dottrina cattolica, è la passione che
conduce l'uomo al traviamento, in questa supposta
dottrina più l'uomo sarebbe ragionatore, più dovreb-
be pervertirsi. INella dottrina cattolica il mezzo di
prevenire le conseguenze immorali, è di richiamare
gli uomini alla dottrina: qui, è nella dottrina che
starebbe T immoralità. Ma una tale dottrina è così
contraria alle nozioni della ragione e ad ogni senti-
mento religioso, che non è stata proposta, ne potreb-
be mai essere ricevuta. Non se ne è parlato, se non
per mostrare , che a quella della Chiesa non se ne
può sostituire che una assurda, o nessuna.
Esaminiamo ora, come si può, trattandosi di ab-
bracciare più luoghi e più tempi, lo stato o piutto-
sto la natura delle opinioni abusive che esistono nel
cattolicismo in questa materia;, vediamo fin dove
giungono £;1' inconvenienti che sono nati, non da que-
sta dottrina, ma malgrado e contro di essa.
• • é
CAPITOLO IX. ìi5
II.
Delle Opinioni.
Le opinioni abusive non possono essere imputate
alla dottrina.
Credo di averlo dimostrato : e questa proposizione
non si ripete qui , che per servire alla serie delle
idee.
Non vengono neppure dall'insegnamento: su di ciò
ragioneremo in seguito.
11 • lì l'i**
Vengono dal pervertimento del cuore : di tatti
Fuomo che vuol vivere contro la legge, e clie non
può persuadersi che la legge sia falsa , procura di con-
ciliare come può le sue azioni colle sue idee. L'uomo
ha bisogno di essere in pace colla sua ragione : opera-
re secondo la ragione, sarebbe il mezzo da scegliersi
sempre; ma quando si è risoluto di operare secondo
le passioni, la pace si fa alla meglio per via di so-
fismi .
La religione gV insegna che Dio fa misericordia a
chi si pente, ed egli dice: mi pentirò un giorno.
Questa illusione costituisce un errore pratico, e
non speculativo^ e la differenza è grande fra questi
due caratteri. Intendo ^v errori pratici quelli che
l'uomo crea a se stesso per la circostanza, per giu-
stificaic in qualche modo alla ragione il male a cui
egli è già determinato: e per errori speculativi quelli
che si tengono abitualmente anche quando non vi sia
un im])ulso di interesse . Questi operano in tutti i
tempi, e sono cause potenti di pc-rvertimcnto : l'uo-
mo il più tran([uillo può essere condotto da una opi-
] 1 6 SLLLA MORALE CATTOLICA
nione storta ad un male , a cui non si porterebbe sen-
za di essa . Gli errori pratici invece non sono ricevu-
ti che nelle menti già corrotte, non durano che nella
perturbazione delle passioni •, non sono discussi , deli-
berati, non sono ragionamenti, ma piuttosto formole
per troncare un ragionamento .
Difatti, se l'uomo si ferma a ragionare sulla con-
versione, è condotto dalla logica alla necessità di con-
vertirsi immediatamente: per non giungere ad una
conclusione che il senso abborre , egli dice a se stes-
so : mi convertirò in un altro tempo : non segue la se-
rie di queste idee , e cerca una distrazione .
Di qui nasce un'altra ditYerenza essenziale. Gli er-
rori di questo genere sono individuali ^ e non genera-
li : voglio dire , che non si trasmettono per via di di-
scussione;, non diventano precetti, e parte di scienza
comune . AH' uomo affezionato al disordine basta di
avere un argomento qualunque, per così dire, a suo
uso'^ non si cura di farne parte ad altri , e sopra tut-
to non vuole entrare in ragionamento, e perchè non
è inclinato a queste considerazioni, e perchè sente
che il suo argomento non può sostenere l'opposizio-
ne . Quindi questo errore non si propaga per proseli-
tismo: vi ha degU erranti in questa materia, ma non
falsi maestri, uè discepoli illusi.
1 inalmente non può esser distrutto utilmente che
dalla cognizione, e dall'amore della dottrina.
Per distruggere utilmente gli abusi, bisogna met-
tere le cose in istato migliore di quello, che fossero
con essi: spero di aver dimostrato che sostituire alla
dottrina cattolica della conversione qualunque altra,
sarebbe creare una sorgente di errori peggiori, e cer-
ti, e universali. Il solo mezzo adunque di scemare
CAPITOLO IX. 1 1 7
quelli che sussistono, è di d 1 (Fonde re , di studiare, e
di amare quella religione, che comanda la virtù, e
la insegna, e che indica ed apre tutte le vie, che con-
ducono ad essa. Ricorrendo un momento col pensie-
ro al complesso delle massime di questa religione, si
vede a che profondo d'ignoranza, d'obhho e di acce-
camento dev'esser giunto un uomo per vivere male,
colla fiducia di pentirsi quando che sia. INon basta
far violenza alla Scrittura ed alla Tradizione per con-
durle a favorire questa fiducia: non si può: l'una e
r altra la combattono sempre, la maledicono sempre;
è forza prescindere dalla Scrittura e dalla Tradizio-
ne , dimenticarle . Appena un uomo si avvicina ad es-
se coU'intcllctto e col cuore, sente immediatamente
che non v'è tiducia se non nelf impiegare secondo la
legge di Dio ognuno di quei momenti, dei quali tut-
ti si darà conto a Dio} che non ve n'ha uno in tutta
la vita per il peccato , che è sempre di somma neces-
sità dì camminai^ cautamente , non da stolti^ ma da
prudenti, ricomperando il tempo (i);* che l'unica
condotta ra2;ionevole è di studiarsi di render certa
la propria vocazione ed elezione colle opere buo--
ne (2) .
(i) Fidcte ilnqtie , fi-atres , quomodo caute, ambulctis: non quasi iiisi-
pienles , sed ut sapienlcs , vcdimenlcs lcriii>us .... Paul, ad Kplics. v.
i5, 16.
(u) Quaprnpferfrafresmnfrissataf^ilc, ut per bona opera cerlain vcìIikui
vocatiijiicin ci clcclioneiit faciulis II. l'cl. i. io.
1 1 8 SULLA MORALE CATTOLICA
IH.
DelV Insegnamento ,
lì clero non insegna la dottrina falsa — non dissi-
nmla la vera.
Ogiumo vede, clic gli allegati sono troppo volumi-
nosi per essere portati in giudizio: ma si può ardita-
mente citare tutte le istruzioni del clero, tutti i li-
bri ascetici, tranne alcune rarissime eccezioni, che ac-
cenneremo in ses^uito. Trascriviamo cpiì alcuni passi
di tre uomini celebri, per saggio dell'insegnamento
in questa materia»
Mais serons-nous fort contents ci une pènitence
commencèeaT afonie., (juin' aura j amais etè èprouvèe,
doni jamaìs on nauta vu aucun fruìt.^ d'une pè^
nìtence imparfaite ^ d'une pènitence nulle ^ dojiteuse
si vous le uouleZy saas force s ^ sans reflexions^ sans
ìoisir pour cu rèparer Ics defauts (i)?
Ils meurentj ces pècheurs invètèrès ^ camme ih
ont vècu\ ils ont vècu dans le pècliè ^ et il meurent
dans le pèchè'^ ils ont vècu dans la liaine de Diew^
ils ont vècu en payens ^ et ils meurent en reprou-
vès: voilà ce que V expèrience nous apprend , . . Prè-
tendre que des hcdjitudes contractèes clurant tonte
la vie se dètruisent aux approches de la mort ^ et
que dans un moment on se fasse alors un autre e-
sprit^un autre coeur.^ une autre volante .^ c'est^ Chri^'
tiens^ la plus grossière de tonte s les erreurs , , , ,De^
tous les tems celui oìt la vraie pènitence est plus
(i) Bossuet^ Orai son funebre d' Jnne ile Gonzague .
CAP1T01.0 1X. 119
difficile^ e est le tems de la mori.,. Le tems de le
chercher ce Dieu de mìsèrìcorde j e est la vie ^ le
tems de le irouver^ e est la mori . , \\).
Vous avez vècii impudique'^ vous mourrez tel'^ vous
avez vècu amhitieux ^ vous mourrez saiis cjue V a-
mour du monde ^ et des vains honneurs meure dans
votre coeur'^ vous avez vècu mollemente sans vice
ni vertu^ vous mourrez Idchement et sans compon-
ction .,/je sais que tout le tems de la vie presente est
un temps de salut et de propiti ation '^ que nous pou-
\fons toujours retourner ci Dieu ; qu à quelque lieure
que lepècheurse convertisse au Seigneur^ le Seigneur se
convertit à luii ^^ '7"'^ tandis que le serpent d'air ahi
est èlevè e il nest poiat de plaie incurahleè e' est
une vèritè de la fai: mais je sais aussi^ que cha-
que grace speciale doni vous abusez peut étre la
deruière de votre vie . . . Car non seulement vous
i>ous promettez la grace de la conversione c'est-ii-
dire cette grace qui cliange le coeur j mais vous
vous promettez encore la grace qui nous fait mou-
rir dans la saintetè et dans la justice j la grace qui
consonmie la sanctificatioa d'une àme'^ la grace des
seuls èlus: e' est le plus grand de tous les dons^ e' est
la consommation de toutes les graces y e' est le dcr-
ìiier trait de le hienveillance de Dieu sur une dme ,
e' est le fruit dune vie entiere d'innocence et de pie-
te e e' est la couronne reservee ìi ceux qui ont tegi-
timement combatta . . . Et vous presume z que le plus
signalè de tous le bienfaits sera, le prix de la plus
ingrate de toutes les vies ? . . . Que pouvez-vous sou-
(2) Bourdalouc, Sennon pow le lumìi de la -x.de scniaine da Cardine ,
sur V inijH'iiilcucc finale .
1 oo SUIJ.A MORALE CATTOLICA
ìiailer de plus fm>orable poiir vous à la /nort , f/nr
d'm^oir le temps^ et d'étre en ètat de cerchvr Jèsus-
C/trisl^ (/ne de le elicne liei- en effet^ et, de lui of-
frir des larmes de douleur et de pènilence? C est
tout ce que vous pouvez vous promeilre de plus fa-
vorahle pour ce dernier moment. Et cependant {cet-
te inerite me fait trembler^^ cependant ^ que vous
permei Jcsus-Christ d'espèrer de \>os recherclies me-
me. et de vos larmes^ si vous les rens^ojez jusques-
là? Vous me chercliercz^ et vous mourrez dans vo-
tre pèchè: Quaeretis me, et in peccato vestro morie-
iiiini Tout ce que je sais ^ e' est que tous les Pè-
jes qui ont parie de la pènitence des niourans ^ en
ont parie en des termes qui font tremhler , , \\) ,
Massime predicate così risolutamente , così afferma-
tivamente, da tali uomini, costituiscono certo \ inse-
gnamento esclusivo della Chiesa in questa materia.
Non si oppono-a che questi sono scrittori francesi,
e che cpù si tratta degli effetti della relioione catto-
lica in Italia. È opportunissimo citare scrittori fran-
cesi, perchè si vegga che questo disordine di spirito,
come henissimo lo chiama l'illustre Autore, ha Inso-
gno di esser comhattuto anche fuori d'Italia. Ma se
si vuole im Italiano, udiamo il Segneri: ce Che dun-
fc que mi state a dire , non aver voi punto fretta di
fc convertirvi, giacché voi sapete henissimo, che a
ce salvarsi non è necessario di fare una vita santa,
fc ma solo una morte huona? Oh vostra mente in-
cc pannata ! Oh ciechi consigli ! Oh pazze risoluzioni !
ce E come mai voi vi potete promettere una tal mor-
(i) Mnssillon, Scvmon pour le Inndi de la -.de semainc , sur V intpè-
ni tener jiiude .
CAPITOLO IX. 121
« te, se quegli stesso a cui spetta di darvela ve la
r< nega, e a note chiare, e con parole apertissime si
fc protesta che voi morrete in peccato? In peccato
ce vostro lììorìeminì i^i)?
Si dirà forse, che T illustre Autore non ignora e
non nega che così si predichi : egli pretende anzi che
questo è un volere togliere gli effetti creando le cau-
se, fc Invano, dice egli, predicarono allora contro
ce il ritardo della conversione : essi stessi erano gli
ce antori di qnesto disordine di spirito, sconosciuto
fc agli antichi moralisti w. Allora? Ma a che epoca
ci porteremo per trovare l'origine di questa predica-
zione? Ma se fra gli antichi moralisti contiamo i Pa-
dri , questo disordine non era certo sconosciuto a quel-
li fra di essi che nei primi secoli della Chiesa decla-
marono tanto contro i Clinici (2) . Ma in un libro ben
anteriore ai casisti, ai clinici, ed ai Padri, sta scrit-
to ce ]\on tardare a convertirti al Signore, e non dii-
« ferire da un giorno all' altro ^^ (3) . Infatti , al mo-
mento che è stata data agli uomini Tidea della con-
versione, essi hanno potuto aggiungervi quella della
dilazione. — Invano predicarono contro il ritardo
della conversione , Invano? perchè? INon predicarono
forse cose conformi alla ragione ? Hanno o non hanno
provato che tardare a convertirsi è un delitto? Si può
fare ai loro discorsi una oljbiczione sensata ? Sarà sem-
pre invano che si dirà agli uomini la verità che loro
(i) Segneri Predica X.
(2) È nnto che clinici furono cliiamati quelli clic ffimiitunquc persuasi
della verità del Cristiauesinio , continuavano a vivere gentilcscanienlc, per
non assoggettarsi al suo giogo j e proponevano di ricevere il Battesimo al
lolto df'tia morte .
(3) Non lavdes converti ad Dorninwìi, et ne diJJ'cnu de die in dient .
Ecclcsiastic. v. 8.
1 22 SULLA MORALE CATTOLICA
più importa ? — Ma si può credere che non sia sem-
pre stato invano . Certo , il seme della parola può ca-
dere sulla via, e sui sassi, e fra le spine ^ ma trova
anche talvolta il huon terreno : e credere che verità
tanto incontrastahili e tanto gravi sieno state sempre
dette invano, sarehhe disperare della grazia di Dio,
e della ragione delPuomo.
Essi erano gli aidorì di questo disordine di spi-
nto. Ah! se i cristiani che vivono in quello, faces-
sero loro un tal rimprovero, non avrebbero essi ra-
gione di rispondere : ce ]\oi ? E dunque predicandovi
<^c la conversione, che noi vi abbiamo portati a vive-
« re nel peccato , e a differirla ! È dunque parlando-
le vi delle ricchezze delia misericordia, che noi vi ab-
« biamo animati a disprezzarle ! Noi vi abbiamo det-
« to: venite, adoriamo, prosterniamoci, e preghia-
« moj noi vi abbiamo detto: ogeji che udite la sua
« voce, non vogUate indurare i vostri cuori (1)5 ^
« voi pensate ad un domani che noi non possiamo
fc promettervi, ad un domani del quale cerclnamo di
« farvi diffidare : e noi siamo gli autori del vostro
« induramento? certo, noi siamo mondi del vostro
ce sangue (2) :» , Così potrebbero rispondere, se vi
fosse un linguaggio per giustificare la predicazione
del Vangelo in faccia del mondo . 0 potrebbero anche
opporre a questa accusa le accuse che loro si fanno
di spaventare gli uomini colle idee truci e lugubri di
morte e di giudizio per eccitarli alla conversione .
(i) fienile, adoremus , et procidamus , et plorèmus ante Dominum . . .
Hodie si vocem ejus audieritis , nolile obdurare corda vostra. Ps. XCtV
6. 8.
(2) Quapropler conteslor vos hodierna die, quia inundus situi a san-
guine omnium. Paul, in Act. Apost. XX. uG.
CAPITOLO IX. 123
Ma se la Chiesa ha tanto poco fiducia nelle con-
versioni della morte , perchè si mostra cosi sollecita
neir assistere il peccatore morihondo? Appunto per-
chè la sua fiducia è poca, ella riunisce tutti i suoi
sforzi 5 appunto perchè 1 impresa è difficile, ella im-
piega tutta la carità del suo cuore e delle sue paro-
le . Un filo di speranza di salvare un suo figlio , basta
alla Chiesa per non abbandonarlo : ma con questo ,
insegna ella forse agli uomini a ridursi ad un filo di
speranza? Quegli uomini benemeriti che amministra-
no i soccorsi a colui che è tratto da un fiume con po-
ca o nessuna apparenza di vita, ponno forse essere
tacciati di incoraggiar gli uomini ad affogarsi?
Si osservi a cpiesto proposito che la Chiesa sembra
avere due linguaggi su questa materia: essa cerca di
ispirare terrore ai peccatori che nel vigore della sa-
lute veggono e si promettono confusamente nell'av-
venire il tempo di peccare e di convertirsi^ e cerca
d ispirare fiducia ai moribondi. Nel che non v'è con-
tradlzlone: ma prudenza, e verità. I peccatori, nel-
l'uno e neir altro stato, non sono disposti che a guar-
dare fissamente una parte della questione: la Chiesa
fa loro presente la parte che essi dimenticano.
I primi sono pieni delf idea della possibilità^ ed è
utile rappresentar loro la ditricoltà : gli altri sono
portati a veder questa sola co^i vivamente, che per
essi uno dei più grandi ostacoli al convertirsi è ap-
punto il diffidare della misericordia di Dio.
Abbiamo parlato dell' insegnamento generale *, e
forse non si troverà un solo esempio di clii abbia nel-
la Clilesa insegnato direttamente il contrario: ma ve-
rità vuole che si accenni come Terrore è stato qual-
che volta indirettamente favorito.
1 24 SI [.LA MOllALE CATTOLICA
Fra i molti inconvenienti dello spinto oratorio (co-
me è inteso dai più), inconvenienti pei quali è spes-
so in opposizione collo spirito loj^ico e collo spirito
morale, uno dei più comuni e dei più sensibili è quel-
lo di esagerare' il bene o il male di una cosa, dimen-
ticando il legame che essa ha colle altre : si viene co-
sì ad indebolire, o anche a distruggere un complesso
di verità, per volerne troppo estendere una;, e si di-
strugge per conseguenza anche questa. Un tale spiri-
to che piace a molti, i quali vedono potenza d'inge-
gno dove non è altro che debolezza , e inabilità ad
abbracciare tutti i rapporti importanti d'un sogget-
to, un tale spirito ha traviato alcuni, i quali vo-
lendo magnificare qualche pratica religiosa , son giun-
ti ad attribuirle la facoltà di assicurare ai peccatori
la conversione in punto di morte . Assunto falso e per-
nicioso, giuoco di eloquenza male a proposito chia-
mata popolare, perchè popolari hanno a dirsi quelle
cose che tendono ad illuminare e a perfezionare il
popolo, non a fomentare le sue passioni ed i suoi
pregiudizi - ^^" ^ vero che coloro i quali si a!)bando-
narono qualche volta a questa miserabile intempe-
ranza d'ingegno, non mancarono per lo più di mi-
schiarvi dei correttivi : ma questo metodo , svela il
male senza porvi rimedio^ giacche gli uomini, se è
lecito usare questa espressione, lambiscono volentieri
il male , e rigettano Y assenzio salutare . Ma si osservi
che oltre all'essere queglino stati sempre contraddet-
ti dalla quasi totalità degli altri, venivano ad essere
anche in contraddizione con se stessi, essendo tutto
il loro insegnamento incombinabile con questa loro
particolare dottrina^ giacche se avessero seriamente
tenuta questa, e l'avessero applicato a tutti i casi,
CAPITOLO iX. 125
non avrebbero potuto più predicare il Vangelo : esso
diventava inutile . Si può sperare che ai nostri giorni
questo disordine sia quasi del tutto cessato .
Per mostrare l'eftetto dell abitudine di non con-
siderare che la morte del peccatore ^ adduce l'auto-
re una prova di fatto, che riportiamo colle sue pa-
role . La funeste injluence de e et te doctrine se fait
sentir en Italie d'une manière eclatante ^ toutes les
fois que quehjue grand criminel est condamnè à un
supplice capital . La solemnitè du jugement ^ et la
certitude de la peine ^ frappent toujours le plus en~
durci de terreur^ puis de repentir , Aucun incen-
diaire^ aucun brigando aucun empoisonneur ne mon-
te sur r èchafaud sans avoir fait ^ avec une compon-
ction profonde^ une bonne confession ^ une bornie
conmiunion j sans faire ensuite une bonne mort :
son confesseur dèclare sa ferme confiance que l'ame
du pènitent a dijà pris son cliemin vers le ciel^ et
la populace se dispute au pied de Vècliafaud les re-
liques du nouveau saint ^ du nouveau martyr^ dont
Ics crimes V avaient peut-ctre glacèe d' off roi pen-
dant des amièes .
Di questo uso stranissimo io non aveva mai inteso
parlare prima di leggere questo passo : ma essendo
lontano dal dare la mia ignoranza per risposta ad una
asserzione , me ne rimetto a ([uelli che conoscono me-
glio di me le circostanze di (picsta Italia. Il fatto è
di una natura tanto pubblica, che la verità sarà faci-
le a stabilirsi .
Osservo però In massima, cIk^ in (juabnique [)arte
possa esistere questa superstizione, non vi fu mai la
più contraria allo insegnamento d'Ila Cblesa. Essa
accoglie, e vero, il reo caccialo violentemente tlalla
126 SULLA MORALE CATTOLICA
società e dalla vita., il suo ministro si pone fra il
giudice e il carnefice *, sì fra il giudice e il carnefice ,
perchè ogni posto dove si possa santificare un anima
e consolarla, dove vi sia una ripugnanza da sormon-
tare, una serie di sentimenti penosi che non termini
ad una ricompensa temporale, ivi è per un ministro
della Chiesa il posto d' onore :^ egli vi si pone , e vi si
porrà dovunque e fmchè dureranno quelle leggi che
suppongono che certi delitti non si possano diminuire
senza uccidere il reo . Chi può dire quale sia V an2;o-
scia d'un uomo che ha il patiholo dinanzi ac;li occhi,
e rifuggendosi alla sua coscienza vi trova la memoria
del delitto? di colui che aspetta la morte, non per
una causa santa, ma per le sue passioni? E la Chie-
sa trascurerebbe di render utile un tanto dolore al-
l'infelice che è costretto a gustarlo ! E vi sarebbe un
caso in cui essa non avesse misericordia da promet-
tere ! in cui essa pure abbandonasse un uomo ! Essa
gli apre le braccia, non dimentica che il Sangue di
Gesù Cristo è stato versato anche per lui, e si ado-
pera perchè non sia stato per lui versato invano . Ma
la certezza non la dà né a lui né agli altri ^ e chi la
piglia, va direttamente contro il suo insegnamento.
CAPITOLO .^,
DELLE SUSSISTENZE DEL CLERO, CONSIDERATE, COME
CAUSA d' immoralità'.
Je ne parlerai point du scandaleux trafic des iiidulgences ,
et da prix hoiiteux que le pénitent pajait poiir ohteuir
V ah solution du prétre; le concile de Trente piit à tàche
d' en diininuer V ahus : cependant encore aujourd' Imi le
prétre vit des péchés du peuple , et de ses terreurs ; le
pécheur moribond prodi gue, pour pajer des messes et
des rosaires , V argent qu il a soment rassemhlé par des
'voies iniques ; il appaise au prix de V or sa conscience ,
et il établit aux yeux da vulgaire sa réputation de pie-
tà. Pag. 4 16-4* 7-
lliìimetliamo per ora il fatto (sul quale però ragio-
neremo in seguito), ammettiamoio nel tempo pre-
sente^ e in Italia: giacche estenderlo a tutti i tempi
e a tutti i luoghi, sarehbe dire che la religione di
Gesù Cristo non ha portato alla terra che un aumen-
to di perversità e di superstizione*, proposizione che
sarebbe ancor più assurda clie empia: sarebbe oltre-
passare senza motivo la tesi dell'illustre Autore, clie
vuol parhue degli efl'etti della religione cattolica in
Italia. Anunesso duncpie per ora il fatto, per cavar-
ne un risultato utile, e non un argomento di decla-
mazione, supponiamo che ad un uomo si desse 1 in-
carico di [)ro[)orre i rimcdj per un così tristo stato
di cose .
Quali ricerche dovrà fare quest'uomo? La prima
1 28 SULLA MORALE CATTOLICA
sarà senza dubbio d'informarsi, se questa costuman-
za venga da una legge, o sia un abuso. Io so che
questa distinzione e ricantata: ma è inevitabile di ri-
proporla tutte le volte che con essa sola si j)uò ab-
bracciare tutta la questione . Se si dirà che sia ei'iet -
lo di legge , converrà provarlo produccndo la legge :
assunto impossibile, assunto riconosciuto implicita-
mente falso dall'Autore, il quale rimproverando que-
sta condotta all'Italia in confronto della Francia e
della Germania, viene a concedere che si può esser
cattolici senza tenerla, che dunque non è fondata
sulle leggi. Se si dirà che è un abuso, allora que-
st'uomo che abbiamo supposto, non dovrà più cavar-
ne conseguenze contro la legge , ma non cercare il vi-
zio nella inesecuzione di essa: e la discussione cangia
aifatto natura. Egli dovrà cercare quali sieno gli o-
stacoli, che impediscono f effetto naturale della leg-
ge , e toglierli : dovrà cercare nella legge stessa i mez-
zi per larla adempire . Ammesso dimque il fatto , ri-
sulterebbe che in Italia esiste questo inconveniente
perchè gli Italiani non sono abbastanza cattolici^* che
per togUcrlo, bisogna fare in modo che essi diventi-
no più esattamente cattolici, come si suppnngon quel-
li di Francia, e di Germania.
Se nell'ordine civile si tenesse per regola generale
di abolire tutte le leggi che non sono universalmente
eseguite, si terrebbe una regola pessima^ benché in
molti casi la trasgressione della legge possa giungere
al segno di renderla inutile, e dannosa, ed essere un
ragionevole motivo di abolirla. Ma nelle cose della
rehgione, la regola sarebbe ben più falsa; perchè le
leggi essenziali della religione non sono calcolate su-
gli effetti parziali e temporarj , né si piegano alle cir-
CAPITOLO X. 129
costanze, ma intendono di piegare tnlto a se, sono
emanate da una autorità inappellabile, ed è impos-
sibileTair uomo sostituirne delle più convenienti. Il
ministero ecclesiastico istituito da Gesù Cristo è una
di qneste leggi*, e il peggiore abuso che gli uomini
possano fare di questo ministero, è quello di distrug-
gerlo per quanto è in loro, togliendolo da qualche
luogo e, per qualche tempo. 11 sistema della Chiesa
/ non è nò deve essere di estirpare gli abusi a qualun-
que costo, ma di combinare la conservazione delle
cose essenziali colla estirpazione, o colla possibile di-
minuzione degli abusi: essa non imita l'artelìce im-
perito ed impaziente che spezza lo strumento per le-
varne la ruggine . — - Perchè vi sono al)usi ? Perchè
gli uomini sono portati al disordine dalle passioni .
E perciò appunto, Gesù Cristo ha data l'autorità alla
Chiesa, ha istituito il ministero^ perciò appunto il
ministero è indispensabile . Quello che la Chiesa vuo-
le evitare prima di tutto, è il male orribile di un
popolo senza cristianesimo senza ministero. E indi-
spensabile che i ministri sieno provveduti di sussi-
stenze^ e per questo fine vi ha due mezzi. L'uno sa-
rebbe di scegliere esclusivamente i ministri fra quelli
che sono provvisti di beni di fortuna : mezzo irragio-
* nevole, e temerario, che ristringendo arìjitrariamen-
te Ja vocazione divina ad una sola classe d' uomini ,
sconvolgerebbe alfaito il bell'ordine del governo ce-
clesiaslico: l'altro si è di ordinare che il ministero
dia le sussistenze a chi lo esercita^ mezzo tanto ra-
gionevole, che è slato stabilito in legge dal principio
del cristianesimo: poiché il prete, servendo all'alta-
re, si inabilita ad ac([uislarsi il villo altrimenti. Dini-
que i fedidi devono fornire le sussistenze ai nilnisrUi
AlniKoiu 9
i3o SULLA MORALE CxVTTOLICA
tlt'll' altare: ecco la lesige. Ma fra i ministri, che so-
no uomini , non mancherà chi rivolgendo all' avari-
zia ciò che è (lato aUa necessità, usi illegittimamen-
te del diritto certo di ricevere, estendendolo a cose
a cui non è applicabile: ma fra i fedeli non man-
cherà chi, dalla idea vera che è buona opera forni-
re ai ministri per le sussistenze, passi a dare a que-
st'opera un valore che non ha, attribuendo ad essa
gli effetti che appartengono esclusivamente ad altre
opere indispensabili, e sia generoso per dispensarsi
(V essere cristiano : ecco 1* abuso . E siccome questo
abuso è contrario allo spirito ed alla lettera della
istituzione, così il vero mezzo di toglierlo sarà di ri-
correre alla istituzione stessa . Così hanno fatto tan-
te volte quegli a cui è confidata 1' autorità di farlo
direttamente : la storia ecclesiastica è piena dei loro
sforzi, e spesso dei loro successi: per non andar lon-
tano, l'esempio del concilio di Trento qui citato ne
è una prova: molti papi e molti vescovi hanno po-
sta una cura particolare a questo loro dovere;, il so-
lo S. Carlo vi ha spesa la sua vita infaticabile, e
l'ha fatto stando sempre attaccato alla Chiesa^ né
mai, insomma, nel clero cattolico sono mancati uo-
mini zelanti e sinceri che hanno svelati gli abusi, e
gli hanno corretti dove potevano . Tutti i fedeli fi-
nalmente possono in qualche parte rimediare a que-
sti, se non altro coli' essere essi stessi pii, vigilanti,
osservatori della legge divina*, perchè è indubitabile
che gli abusi nascono dove o;li uomini li desiderano ;
e che gli uomini li desiderano, quando sono corrot-
ti, e non amando la legge se ne tino;ono un'altra^
che chi riforma se stesso, coopera alla riforma del-
i intero corpo a cui appartiene.
CAPITOLO X. i3i
Abbiamo ammesso il fallo a fino di provare; che
non ragionereijbe ì)ene chi (la esso conchulesse con-
tro la relliiione: ma ora converrà esaminarlo. « Il
« prete, dice T ilhistre Antorc, vive dei peccati e
fc dei terrori del popolo ; il peccatore moribondo
ce prodiga per pagar messe e rosari il danaro accu-
ce mnlato sovente per vie inupiej egli accheta a prez-
cc zo d'oro la sua coscienza, e si crea presso il voi-
ce go una riputazione di pietà jj .
Osservo di passaggio che , per quanto io sappia,
non si ò mai parlalo di retribuzioni per rosari^ che
altronde la recita di questi non essendo per nulla una
parte del ministero ecclesiastico, se vi fossero re-
tribuzioni, non verrebbero necessariamente ai preti.
Si osservi poi ciò che più importa, che non solo
è insegnamento cattolico, che a scontare il peccalo
di aver accunmlato denaro per vie inique, è condi-
zione necessaria la restituzione, quando sia possibile;
e che rivolgerlo ad altri usi, per quanto santi pos-
sano essere, è un inganno, è un persistere nell* in-
giustizia ^ ma ancora, che questo insegnamento è
universalmente predicato e conosciuto in Italia. Io
non oso ailermare che non vi possa essere alcun mi-
nistro prevaricatore che insegni il contrario^ ma se
ne esiste alcuno, e certamente una eccezione tanto
r a ra qu auto d e p 1 o r ahi l e .
E nolo quante restituzioni si Hvcciano per mezzo
dei sacerdoti. Quo de restùiitioìis ^ de rìparatiuiis
la coiìfesskm n^ fait-clle jìoinf fa ire chcz les ca-
tholiques (i)? Onci sacerdoti inducono allora un uo-
mo ad acchetare la sua coscienza a prezzo d'oro^
(i) ./. J. Rvusicau . Emi li li\ IV noi. |i.
i32 SULLA MORALE CATTOLICA
ma quest'oro, il quale non fa che passare per le loro
mani, è un testimonio che essi non alterano la pu-
rità della religione per appropriarselo, e che inse-
t;nano che non può diventar mezzo di espiazione se
non ritornando donde era stato ingiustamente tolto .
E vero che il prete che fa il dover suo, cerca di
eccitare nei fedeli il terrore dei giudizi divini, quel
terrore, da cui per F incomprensihile nostra deholez-
za tutto ci distrae^ terrore santo, che ci richiama
alla virtù ^ terrore nohile che ci fa considerare come
sola vera sventura quella di fallare la nostra alta
destinazione, terrore che ispira il coraggio, avvez-
zando chi lo sente a nulla temere dagli uomini . Ma
dopo avere eccitato questo terrore colle sue istru-
zioni, v"ha forse un prete il quale insegni che il
modo di viver sicuri è di larghe» «rlare col preti? Vi
è chi ne ahhia ndito un solo? 0 non dicono tutti
piuttosto — Lavafn>i ^ mondatevi ^ togliete dagJi
occhi di Dio la malvagità de' vostri pensieri.^ ponete
fine al mal fare: imparate a far del bene ^ cercate
quello che è giusto , soccorrete l'oppresso ^ proteggete
il papilla j difendete la vedova ( i ) -^
Certo , non si vuol dire che L avarizia non possa
considerare nn oggetto di lucro nelle cose le più pu-
re, le più terrihill, e le più sacre ^ e (non lo dirò
colle mie parole, ma con quelle che proferiva rac-
capricciando un gran Vescovo) faire du sang ado-
rable de Jèsus-Christ un profit infame (2): e per
(1) Lavami ni , mundi estote , ai/ feri e malum cogitationuni vestrariim ah
orili is meis : quiescite as,eie pen'erse .
Discite henefacere •■ qticprite judiciitm, suhvenite oppresso, judicate pu-
pillo, defendìlr uiduarn. Isai. e. I. i<>. 17.
(•J) Mnssilldii, Discours Sinodau.v . i!5. De la coinpassion des pain>res .
CAIMTOLI) X. i35
(pianto la Chiesa dovesse aveie orrore a supporre
una tale prevaricazione, essa ha dovuto parlarne per
prevenirla, e per renderla difficile e rara, se non
impossibile . 11 concilio di Trento , dopo d' aver pro-
fessata la dottrina perpetua della Chiesa sul Purga-
torio, sul giovamento che le anime ivi ritenute ri-
cevono dai sutlragi dei fedeli, e in principal modo
dall^ accettevole Sacrlllcio dell altare dopo d'aver
prescritto ai vescovi di insegnare e di mantenere
questa dottrina, soggiunge: « quelle cose che spet-
cc tano ad una certa curiosità e alla superstizione , o
ce sanno di turpe guadagno, le proibiscano come scan-
cc dali e inciampi dei fedeli (i). 3>
Non è qui il luogo di segnalare questi inciampi ,
e di riprender quelli che gli spargono sulla via della
salute: ne ciò forse si converrebbe ad uno, a cui
manca ogni genere di autorità. Negare quelli che
esistono, o giustiiicarli con ragioni speciose^ presen-
tare come necessario alla Cliiesa ciò che è la sua de-
solazione e la sua vergogna, non si conviene ne a me
ne a persona, come cosa vile, menzognera, e quindi
irreligiosa. Nò credo di mancare all'argomento, ta-
cendo di essi: stimo anzi di averlo trattato, toccando
le ragioni per le quali mi semljra che si possa atfer-
mare, che fra gli abusi, pur troppo reali, non esiste
(i) Cum Catholica Ecclesia, Spirita Sanato edocta, ex sacris litteris ,
et antiqua Palrum trnditione , in Sacris Conciliis , et ncwissime in hac
ceciimenica Synodo docuerit Purgaloriiim esse, animast/ue ibi delentas Ji-
delium siiffragiis , pulissinitim vero acccplabili aitaris Sacri jicio jmuiii;
jiro'cipit Sancta Syiiodiis Episcopis , ut sanam de Purgatorio doctrinaia
a Saìictis Patribus et a sacris Conciliis tradì tam, a C/iristì fidelibits ere
di , teneri, doceri , et ubitpte proidicari diligenler sludeant — Ea vero
quce ad curiositntem quanidam aut superslitionem spectant . vel tini'r In
cn/m sfipiunl , tamquani scandal a el Jideliiim ojfendicula prohihcaitL .
Coiic. Tiid. Scss. XX"\ . Decrcl. de Pnrg;«lurio.
^
<k
] 54 SULLA :MOriALE CATTOLICA
(moralmente parlando) l'abuso orribile di sostituire
le largizioni ai doveri, e di acclietare la coscienza a
prezzo d'oro.
ila però sempre parlato la Chiesa per mezzo dei
sommi pontefici, dei concilj , dei vescovi: im esem-
pio di zelo e di sincerità, fra mille, si può trovare
nei discorsi sinodali di quel vescovo die abbiamo or
ora citato, di quel Massillon che fu certamente uno
del più bei genj che sieno passali sulla terra per l'i-
struzione del genere umano, dell' uomo la cui elo-
quenza non fu forse pareggiata giammai (i). Il ne-
mico più ardente e più sottile della Chiesa non isve-
lerà mai con più a cemenza e con più acume gli or-
ribili elTetti dcir avarizia che entra nel cuore d' un
ministro del santuario; e nessun figlio il più docile
V il più tenero della Chiesa non li deplorerà con più
gemito, con più umiltà, con più vivo desiderio di
"veder tolta da essa questa deformità.
Ma noi non crediamo che sia facile 1' avere que-
sto spirito d' imparzialità^ crediamo bensì che nel
giudicare i difetti dei sacerdoti sia anzi troppo facile
cedere alle prevenzioni, e che queste vengano ad un
principio di avversione che tutti abbiamo pur troppo
al loro ministero . Quelli che ci additano la via stret-
ta della salute , che combattono le nostre inclina-
zioni, che col loro abito solo ci fanno sovvenire che
v'è un ministero di sciogliere e di legare, che v' è
un giudice di cui essi sono i ministri, che ve un
esemplare che essi sono istituiti per annunziare |, ah !
e troppo preziosa al senso corrotto 1' occasione di
renderli sospetti per lasciarla sfuggire , è troppo lav-
(i) OJtic il diacoiiio citato, \. i! IX, De V avaricc dcs yicliv».
CAPITOLO X. i35
versione della carne e del sangue alla leg^e, perchì'
non si estenda anche a quelli che la predicano, per-
chè non si desideri di poter dire che essi stessi non
la seguono, e che quindi può tanto meno obbligare
noi che l'ascoltiamo da essi. E questa avversione in
parte è che ci muove a rovesciare in biasimo di tut-
ti, il male che veggiamo in alcuni di essi, a dire
che nulla sarebbe più rispettabile del ministero, se
vi fosse chi lo esercitasse degnamente, ed a chiuder
j)OÌ oli occhi quando ci si presenta chi degnamente
lo eserciti, o a malignare sulle virtù che non pos-
siamo negare. Quindi, se nella condotta zelante di
un prete non si può supporre avarizia, perchè la po-
vertà volontaria e la generosità è troppo evidente,
si spiega quella condotta col desiderio di dominare,
di dirigere, di influire, di essere considerato. Se la
condotta è tanto lontana dagli intrighi, tanto fran-
ca e tanto semplice che rispinga anche questa inter-
pretazione , vi si vede il fanatismo , lo zelo inquie-
to e intollerante . Se la condotta spira amore, e
tranquillità, e pazienza, non resta più che attribuir-
la a pregiudizi, a picciolezza di mente, a scarsezza
di lumi: ultima ragione, colla quale il mondo spiega
ciò che è la perfezione di ogni virtù e di ogni ragio-
namento.
Si: vi ha dei preti che spregiano quelle ricchezze
di cui annunziano la vanità, e il pericolo^ dei preti
che avrebbero orrore di ricevere i doni del povero,
e che si spogliano invece per soccorrerlo ;, che rice-
vono dal ricco con un nobile pudore, e con un in-
terno senso di repugnanza^ che stendendo la mano,
si consolano solo pensando che 1' apriranno ben tosto
per rimettere al povero f[uella moneta che e ben hm-
1 ò(; SLIJ.A MORALE CATTOLICA
t:;! dal compensare agli occhi loro un ministero, il
cjnalo non ha prezzo dciino, altro che la carità. Essi
passano in mezzo al mondo, ed odono i suoi sciicrni
sulla ingordigia dei preti, gli odono, e potrehbero
alzare la voce, e mostrare le loro mani pure, e il
<;uore bramoso soltanto di quel tesoro che la ruggii
ne non consuma (i), avaro solo della salute dei loro
fratelli, ma tacciono, ma divorano le beffe del mon-
do^ ma si rallegrano di essere stimati degni di sof-
frir contumelia pel nome di Cristo (2).
(i) Thesaurizale atilem vnhis thesaiiros in ccelo , uhi neque eerugo , n$-
que linea demolitur . Math. VI. -io.
(2) Et illi quidem ibaut ^audentes a cnnspectu concilii , quoniam di-
gtii habiti sunt prò nomine Jesu contumeliam pati. Act. Apost. V. l^\.
CAPITOLO XI.
DELLE INDULGENZE.
Mais Von a considerò les indulgences gratuites , celles qiie
d'\après les concessions des papes ori obtient par quelque
ade extérieur de piété , commc moins abusives : on ne
saurait toutefois en concilier l^existence avec ancien prin-
cipe de moralité. Lorsqu on voit , par exemple, deux
cents jours d' indulgence promis pour chaque baiser don-
ne à la croix qui s'éléve au milieu du Colisée , lors-
qu on voìt dans toutes les églises d'Italie tant d' indul-
gences plénières si jaciles àgagner, comment concilier
ou la justicie de Dieu ou sa miséricorde , avec le pardon
accordé a une si faible pénitence , ou avec le chàtiment
réservé à ceka qui n est point a portée de le gagner par
cette vaie si facile? pag. 4i7'
^ui si presentano naturalmente quattro questioni:
1. Che cosa è P indulgenza?
2. Vi può essere eccesso nelle concessioni di in-
dukenze ?
o • • •
3. Le concessioni eccessive vanno contro i princi-
pi della moralità?
4. Se non producono questo effetto, quale effetto
producono ?
Non potendo nemmeno tentare di portare la novi-
tà in una discussione continuata per secoli da centi-
naja di scrittori, ne l'amenità in una materia per
se arida, noi ccrclieremo di supplire colla brevità,
e colla precisione del rai;luiiamcnto, confulando nel-
1 38 SULLA MORALE CATTOLICA
l'attenzione di qnei lettori pei quali è sempre inte-
ressante il vedere dimostrata ad evidenza una verità.
1. Che cosa è indulgenza?
Per fare la via più breve, ne piglierò la definizio-
ne dal catechismo della diocesi di Milano, che con-
corda con tutti i catechismi della cattolicità — .
fc L'indulgenza è una remissione di quella pena tem-
fc porale, la quale per lo più resta da scontarsi, in
" questa o nell'altra vita, alla divina giustizia, dopo
ce rimessa la colj)a e la pena eterna ( i ) . w
Questa dottrina suppone dunque nel peccatore l'ob-
bligo di soddisfare alla divina giustizia.
2. Vi può essere eccesso nella concessione delle in-
dulgenze ?
Senza dubbio: i concilj di Laterano e di Trento
hanno parlato dell'eccesso, e vi hanno posti o consi-
gliati i rimedj .
Qui si olfre una osservazione singolare a forza di
esser vera, ed è: che oo;ni censura di indulgenze, co-
me eccessive, diventa un omaggio alla dottrina cat-
tolica della soddisfazione. Poiché, essendo l'indulgen-
za una commutazione di pena, una diminuzione delle
opere di soddisfazione, chi trova eccessiva la diminu-
zione, viene direttamente a dire che la soddisfazione
è giusta ed utile, ed a concedere, che togliere la
soddisfazione sarebbe spingere le indulgenze all'ulti-
mo grado, e trasportare l'eccesso dal fatto al prin-
cqno, convertire in legge perpetua un abuso tempo-
rario, spogliandolo anche di quei correttivi che gli
abusi ritengono sempre per non urtare la legge di
fronte .
(i) Compendio della dottrina cristiana cavata dal Calechisuio Romano ec.
Milano i8i4. Pag. isio.
GAP1T0J.0XI. i39
3. Le concessioni eccessive di indulgenze vanno
contro i principi della moralità?
Non mai . La maniera dì dispensare le indulgen-
ze ^ dice Bossuet (i), ris guarda la disciplina. Ciò
posto , le concessioni eccessive saranno un abuso :
ora, la Chiesa cattolica è costituita in modo che gli
abusi non ponno alterare i principi di moralità, per-
chè questi sono fuori della sfera della disciplina, e
sono posti in quella della fede. Essendo ogni princi-
pio essenziale di moralità un articolo di fede, non
può esser distrutto se non da una dottrina che stabi-
lisca un principio contrario. Vediamo ora nel caso
concreto, come i principi della moralità stanno in-
tatti anche con ogni possibile eccesso di concessioni
d'indulgenze.
Vi sono due massime essenziali, che riporteremo
Tuna colle parole di Massillon, l'altra con quelle di
Eossuet, non perchè essi sieno i soli ad insegnarle,
che anzi tutti le inseguano, e nessuno vi contraddi-
ce, ma per approfittare d'una occasione di presen-
tare delle idee importanti espresse con esattezza e con
eleganza. ]Se nous jlattons point que nos fautes
soient expièeSj si elles n ont pas è/è dètestèesy ne
crojons pas que les grdces de l'Eglise nous aient
purijìès ^ si elles ne nous ont pas changès y ne com-
ptons sur son indulgence qu autant (pie nous pou-
vons compier sur un sincère repentir (2) .
Per ottenere le indulgenze, è dunque necessaria la
conversione del cuore.
Mais il faut bien se garder de s^ imaginer que
(1) Exposilion de la Doctrine de l'Eglise Catholique §. Vili.
(2) Mh-ssìMoh, Mandemcìtt pour la jniblicalion du Jubilé i5. Nov. i7a4«
1 4o SLJ.LA MORALE CATTOLICA
V inteiition de V E^lise soit de nous dèciiargcr par
r Indulgeiice de l' obligatioii de satisfalle à Dìeu:
au contraìre V esprit de V Eglise est de n' accorder^
r Induìgeiice qu' a ceux qui se mettent en devoir
de satisfaire de leur còte à la j astice divine^ au-
tant que V injìrniitè humaine le permei : et V In-
duJgence ne laisse pas de nous e tre fort nécessai-
re en cet ètat^ puisqu ajant^ comme nous avons ^
tout sujet de croirc ^ que nous sommes bien èloi-
gnès d" avoir satisfait selon nos obligationSj nous
serions trop ennemis de nous-mémes ^ si nous n a-
vìons recouj^s aux grdces et a V Indulgence de
r Eglise (i).
Per ottenere le indulgenze , è dunque necessario il
desiderio di soddisfare, per quanto si possa, alla di-
vina giustizia^ desiderio che non è sincero, se non si
combina con una vita penitente .
Ammesse queste due disposizioni, la più ampia in-
dulj:;enza accordata alla più picciola opera si concilia
perfettamente con tutti i principi della moralità ^
perchè la giustizia di Dio si concilia colla remissione
delle pene, ottenuta a queste condizioni. Per andar
contro le nozioni che noi abbiamo di questa giusti-
zia, bisognerebbe dire, che le indulgenze ottengono
la remissione della pena senza la conversione del cuo-
re , e la brama di soddisfare : empietà , che , grazie al
cielo, non è insesjnata da alcuno nella Chiesa.
Ma come conciliare la misericordia di Dio col
castigo riser{>ato a chi non è in grado di guada-
gnarle il perdono con questo mezzo cosi facde ?
Si osservi, che è quasi impossibile il caso di un
(i) Bossuct, Instritclion itccessaivcs pour le Juhilè Art. I.
CAPITOLO XI. 14'
feJplc, a cui sia tolta ogni via di ricorrere alla in-
duli^enza della Chiesa. Ma supponendo questo caso,
la Chiesa è ben lungi dall' asserire che a questo fede-
le si riservi castigo : la Chiesa dispensa i mezzi ordi-
nar] di misericordia, che Dio le ha confidati^ ma è
ben Inno;! dal pretendere di circoscrivere o di estima-
re questa misericordia infinita', è ben lungi dall' as-
serire che Quei che leva e quando e cui li piace (i)
non possa concedere la somma indulgenza al sommo
desiderio di ottenerla per mezzo della Chiesa, quan-
do sia tolta ogni via di chiederla per questo mezzo .
4. Se le concessioni eccessive d' indulgenze non
vanno contro i principi della moralità, quale altro
effetto producono?
Un elfetto, dannoso certamente, come tutti gli ec-
cessi: e non è d'uopo affaticarsi a cercarlo, poiché
ce lo insesjna il Concilio di Trento : T effetto è di
snervare la disciplina. « Il Sacrosanto Sinodo ....
fc desidera, che nel concedere le indulgenze si usi
« moderazione, secondo la consuetudine antica, ed
re approvata nella Chiesa, acciocché colla troppa fa-
ce cilità non si snervi la disciplina ecclesiastica (2) w .
Infatti se le indulgenze sono una facilitazione ad
adempire l'obbligo della soddisfL\zionc, l'eccesso di
quelle verrebbe ad essere quasi uno scioglimento di
quest' obbligo *, e la stessa ragione di misericordia ,
per cui Dio ci ha imposto di soddisfare, consiglia la
moderazione nel concedere le indulgenze : de /;<?//r (di-
co Dante, Purgatorio, Canto II.
(-2) Sacrosniìcln Syiiudtia . ... in his {iiululgenliis) tamen conce deridi s,
inodcrationrm , juxta vPtfrrin et prohatam in ecclesia consiietiidincm ,
mi/iibri-i ciipit ; ne nimia facilitate ecclesiastica disanima enen'etin- .
iScss XXV. Dccr. de Indulj.
i42 SULLA MORALE CATTOLICA
ce Bossuet) que sortant trop promptement des liens
de la justice ^ noiis ne nous abandonnions à une
tèmèraire confiance^ abusant de la facilitè dii par-
don ( 1 ) .
Ma l'eccesso si trova egli negli esempi citati (|iri
dair autore? Non tocca a me il deciderlo, nò impor-
ta qui il deciderlo, essendosi mostrato come le indul-
genze si concilino coi principi della moralità: il che
era appunto la questione .
(i) Expoiilien de la doelriiie de l' Eglise. ^. VII[.
CAPITOLO ?;ii.
SULLE COSE CHE DECIDONO DELLA SALVEZZA.
E DELLA DANISAZIONE .
Le pouvoìr attvihué au repentir , aux cérémonìes reli gì eli-
se s , mix indidgences , tout s' était réuni pour persuader
au peuple que le salut ou la damnation éternelle dépen-
daient de V absolution du prétre , et ce ji'd encore peut-
étre la le coup le plus funeste porte à la morale. Uha-
sard , et non plus la vertu fut appelé a décider du sort
élernel de V cime du moribond . L homme le plus ver'
tueux y celui dont la vie avait été la plus pure , poumit
étre frappé de mort subite y au moment oh la colere y la
doideur, la surprise lui avaient arraché un de ces mots
profanes , que r habitude a rendiis si communs , et que
d" après les décisions de V Égli se , on ne peut prononcer
sans tombei' en péché morte! : alors sa damnation ètait
éternelle y parce qu un prétre ne s' était pas trouvé pré-
sent pour accepter sa pénitence , et lui ouvrir les portes
du del . U homme le plus pervers , le plus souillé de cri-
mes y poiivait au contraire éprouver un de ces retours
momentanés à la vertu, qui ne sont pas étrangcrs aux
coeurs les plus dépravés ; il pouvait jaire une honne con-
Jession , une bonne communion , une bonne morte , et étre
assiuré du paradis . Pag. 417. 4^^*
vyiieste obbiezioni ricadono per la più parie sulla
dotti ina che è stata difesa nel capitolo IX ^ per lo
che ci rimettiamo a quello. Qu\ non si farà clic ra-
p;lonarc sopra alcune supposizioni, l/opinlone erro-
nea che la salvezza e la dannazione eterna dipendano
1 44 SULLA MORALE CATrOLlCA
dalla assoluzione del prete, è sconosciuta in Italia.
Vi si tiene, che la salvezza dipenda dalla misericordia
di Dio, e dai meriti di Gesù Cristo, applicata all'a-
nima che ha conservata 1* innocenza ottenuta nel bat-
tesimo, o che l'ha ricuperata colla penitenza. L'au-
torità del prete di assolvere dai peccati è tanto chia-
ramente fondata nelle parole del Vanendo, che ripe-
terle, è attestarla ad evidenza: Saranno rimessi i
peccati a chi li rimetterete ^ e saranno ritenuti a
chi li riterrete (i). Ma nessuno ha mai inteso che
dalla assoluzione dipenda la salvezza, in modo che
non possa sperarla chi e impossibilitato a ricevere
questo insigne beneficio. Oltre che l'uomo può con-
servare per tutta la vita F innocenza, non commet-
tendo alcuna di quelle colpe che lo rendono nimico
a Dio, (e benché il mondo non li discerna, non sono
cessati i £;iusti, che vi passano senza partecipare alle
sue opere), oltre di ciò, la Chiesa insegna, e tutti
i cattolici credono , che la penitenza a cui manca
r assoluzione, ma non il desiderio di essa, né la con-
trizione , è accetta a Dio . Lasciando ai ministri l'au
torità di assolvere, avrebbe egli mai voluto rendere
in certi casi impossibile il perdono ? e i doni fatti
alla Chiesa ponno mai essere in discapito della sua
onnipotenza e della sua misericordia? e perchè Egli
si degna impiegare la mano dell'uomo, la sua ne
sarà accorciata, sicché Egli non possa salvare (2)
quelli che ha convertiti a sé?
Quando poi fosse nata questa falsa persuaslime,
(0 Quòrum re miserili.': peccata, remiltuntur eis ; et quorum reiinueri'
tis y relenla sunt . Jo. XS. 23.
(i) Ecce non est abbreviata manus Domini, ut salvare nequeat . Isai.
LIX. I.
CAPITOLO Xli. 145
essa non poteva certo venire dalla prima, né dalla
terza delle ragioni qni addotte . Non dal potere atlii-
Imito al pentiineiito'^ perchè questo potere rendereb-
be anzi meno necessaria 1' assoluzione ad un aniisia
già ritornata a Dio : non dal potere attribuito ulle
indulgenze j perchè nessuno attribuì mai ad esse quel-
lo di salvare dalla dannazione eterna. Quanto alle
cerimonie religiose, non ne parlo non sapendo a quali
precisamente si voglia qui alludere .
l.a Chiesa è tanto lontana dal sospettare che //
caso e non la virtù possa decidere della sorte eter-
na dell anima del moribondo ^ che essa non conosce
nemmeno questa parola caso ( hasard ) . Essa non
ripete dal caso \ essere o no in istato di grazia ,
uè il morire in un momento piuttosto che in un al-
tro . Se r uomo virtuoso cade in peccato , non è
eifetto del caso , ma della sua volontà pervertita ;, se
umore in peccato è un terribile e giusto giudizio.
La Chiesa non suppone alcun peccato mortale com-
binabile colla conservazione della virtù: quindi, se
il giusto diventa peccatore, è appunto la virtù, cioè
l'avere abbandonata la virtù, che decide della sorl(^
dell'anima sua. ha giustizia del giusto non lo libe-
rerei in qualuncpLe giorno ei pecchi (i) .
Ma non si rileva il vero spirito della Chiesa, non
si dà nemmeno, a quel che mi sembra, una idea giu-
sta della natura dell'uomo, se si suppone ch'egli de-
cada così Tacilmente dalla giustizia realmente acqui-
stata ^ se si vuol credere che la conseguenza naturale
della vita la pili pura sia una morte impenitente e
la dannazione eterna . Certo , il giusto può cadere : la
(1) Ezccli. ;il cap. citalo alia i-aj^. i-iu.
MdllUìlli IO
i46 SL1.LA MOllALE CATTOLICA
Chiesa glielo ricorda, perchè vegli, e perchè sia umi-
le; perchè tema, e perchè s[)eri, perchè questa è una
verità. Se non potesse cadere, sarehhe questa una
vita di prova? Se non potesse esser vinto, dove sa-
rehhe il conihattimento? Se non avesse ad ogni mo-
mento bisogno dell' ajuto divino, che? egli non do-
vrebbe più pregare . Ma la Chiesa vuol togliere al
giusto la presunzione, non la fiducia. Come ! essa che
non parla ai peccatori che di conversione e di perdo-
no, di penitenza e di consolazione, che rammemora
loro i giorni felici che si passano nella casa del Pa-
dre , essa vorrebbe poi contristare gì' innocenti rap-
presentando il loro stato come uno stato senza fer-
mezza e senza appoggio ! La Chiesa non consiglia la
speranza, ma la comanda. Essa dice a tutti di ope-
rare la salute con timore e tremore (i); ma dice
anche che Dio è fedele ^ e non permetterà che sieno
tentati oltre il loro potere (2) , ma non cessa di ripe-
tere ai giusti, che Chi ha cominciato in essi r opera
buona ^ Egli la perfezionerà fino al giorno di Cristo
Gesii (3) .
Le decisioni della Chiesa , che si cada in peccato
mortale pronunciando certe parole profane ^ che l'u-
so ha rese cosi comuni^ non sono qui citate, né io
le conosco: e bisognerebbe conoscerle per ragionar-
ne . La Chiesa è tanto guardinga in queste distinzioni
■. di peccati, il suo linguaggio è così castigato, che im-
j)orterebbe assai di vedere come essa abbia potuto
(i) Clan meta et tremore snlutein veslram operarne ni . Paul, ad Philip.
II i:ì.
(1) Fidelis autem Deus est , qui non palietur vos tentari sopra id quod
polestis . Paul. i. ad Corinth. X. i3.
(3) Confidens Jioc ipsuni, quia qui campii in vobis opus bonum , perji-
cict tisque in dioni Chrisli Jcsu . Paul, ad Philip. I. 6.
CAPITOLO XII. 1^,7
discendere a questi particolari, e trattarli coU'iinpe-
ro, e colla dignità che le conviene. Ad ogni modo,
il giusto della Chiesa, nutrito del pensieri santi e
magnanimi dell'altra vita, avvezzo alla vittoria degli
impeti sensuali di ogni sorte, intento a regolare colla
ragione e colla prudenza ogni suo atto , il giusto della
Chiesa ha la guardia alla bocca (i). Nei tempi di
calma e di silenzio delle passioni, egli fortifica l'ani-
mo contro la collera, contro il dolore*, egli prega,
onde essere sempre tanto presente a se stesso che non
vi sia sorpresa per lui;, se vi cade, ne piglia argo-
mento d'umiltà, e di nuova e più instante preghiera.
Io non so chi possa insegnare che una di quelle paro-
le profane distrugga il regno di Dio in un' anima :
è però certo che dove Dio regna , ivi la lingua è pura
e grave , e che la Chiesa non vuole educare gli uomi-
ni ne a seguire l'uso comune, né ad assumere F abi-
tudine di espressioni volgari, appassionate, senza sa-
pienza, senza scopo, e senza dignità.
Quanto poi al ritorno momentaneo alla virtù del--
l'uomo perverso^ se ne è ragionato abbastanza, e
l'orse troppo, nel Capitolo IX.
(i) Pone, Domine, euslodiam ori meo. CXL. 3,
CAPÌTOLO \IU^
SUI PKKCETTI DKI.I.A CIIILSA
Ce ne fui pus tout : / ' Église placa ses commandemens ci
coté de la gì^andc tahle des vevtus et des vices , doni la
connais sance a été impl anice dans notre coeur. Elle ne
les appuja point par une sanction anssi redoutnhle que
ceux de la Dwinité; elle ne fit point dépendre le salili
éternel de leur ohseivation , et en méine temps elle lem"
donna une puissance que ne piirent jamais ohlenii' le:;
lois de la morale. Le meurtrierf encore tout couvet-t da
sang qiL d vient de verser ^ jait mai gre avec de'votion ^
tout en médìtant un nouvel assassinai car phis
chaque homnie vicieux a été reguUer a. ohsejver les com-
mandemens de r Eglise , plus il se seni dans son coeur
dispense de r ohservation de ceite morale celeste , h la-
(juelle il jaudrait sacrifier ses penchans dépravcs . Pag.
419.
iÒsaminlamo brevemente le due asserzioni prelimina-
ri ^ quindi parleremo dei rapporti di questi precetti
ecclesiastici (1) colle leggi della morale.
1 . La Cliiesa pretende di non dare un precetto che
non prescriva una azione per se virtuosa, che non sia
un mezzo per purificare , elevare, santificare l'animo,
j)er adempire insomma la legge divina. Se questo si
(1) È cvitlcnte clic l'illustre autore non ha inteso dì parlare puramente
di quelli che in stretto senso e nel linguaggio catechistico si chiamano Co-
iiiniiilnìnenti della C/iie.sn , ma del complesso delle pratiche coinaudalc o
appriivale da essa: noi pure li prenderemo in questo senso.
CAPITOLO XUI. 149
lìpoa, bisogna addurre i precetti vi/.iosl o indilFcrenti
della Chiesa: se si concede, che cosa si può dire del-
l'aver essa posti i suoi precetti a fianco della gran
tavola dei vizi e della virili ? che gli lia posti in
quell'ordine che loro si conveniva.
Che poi la cognizione dei vizi e delle virtù sia in-
serita nel nostro cuore, è questione incidente in que-
sto luogo, e che è stata trattata in uno dei capitoli
antecedenti .
2. E di fatto, che la Chiesa ha muniti i suoi co-
mandamenti della stessa sanzione che hanno i coman-
damenti di Dio, perchè sono da Dio essi pure: essa
diffiderebbe dell'autorità lasciatale dal suo Fondatore,
se operasse altrimenti. Clii non ascolta la Chiesa,
sia riguardato come un pagano, ed un pubblica-
no (i). Ella fa dipendere la salvezza dalla osservan-
za de' suoi comandamenti, perchè la trasgressione dì
essi non può venire che da un cuore indocile, e non
curante di quella vita che è data a chi la sospira, a
chi l'apprezza, a chi la cerca coi mezzi ordinati da
Gesù Cristo. Questa è la sua dottrina perpetua, tan-
to manifesta e universale , che ogni cattolico può dar-
ne testimonianza quando che sia.
Ma r essenziale da esaminarsi, è l'effetto attribui-
to a questi comandamenti, di essere quasi un orribile
supplimento alle leggi eterne della morale, una scusa
per trasgredirle senza rimorso: questo è il punto di
vista, e l'imico punto di vista dal quale sono osser-
vati nel testo . Due cose si j)resentano qui da consi-
derare : il Hitto, e la dipendenza di esso dai princi[)j
costitutivi dalla Chiesa.
(0 Si (iiitcìii Fcclesiom non muliciil , >/7 libi st'riif rl/iniriis , ^^ /'"i"*-
eamts. Mallli. XVIIF. i-.
1 5o SULLA MORALE CATTOLICA
11 l'alto e una parte importantissima di statistica
morale. Ora, ecco quali sono, a mio avviso, le mas-
sime da aversi di mira, e le ricerche da farsi per ve-
nire alla cognizione di esso.
La religione non comanda che cose sante: credo
(piesto punto fuori di controversia . Quindi la vera
ed intera fedeltà alla Religione è incombinabile con
c[ualunque delitto : quindi 1' uomo che vuole essere
vizioso, non potendo conciliare le sue azioni colla re-
Jigione quale è, tende ad abbandonarla, o ad alterar-
la^ tende alla irreligione, o alla superstizione. Nei
primo caso, Podio ch'egli ha ai precetti che non
vuole osservare, lo porta a desiderare che sieno mere
finzioni umane ^ e la rabbia di averli violati cangia
talvolta il desiderio in persuasione.
Ma egli può cadere in un'altra specie di acceca-
mento . Egli sente che il delitto lo esclude dalla par-
te dei giusti *, ma non può lasciar di credere alla pro-
messa , e non vorrebbe rinunziarvi : si sforza di di-
menticare che chi ha violato un precetto ha violata
tutta la legge (i), e vorrebbe esser fedele in quelle
parti che non gì' impongono il sacrifizio della sua più
forte passione. Egli sa che è atto di dovere l'esegui-
re certi comandamenti, ed eseguendoli si promette
confusamente di non essere atfatto fuori della linea
del dovere, e di tenere ancora un piede nella strada
della salvezza^ gli sembra di non essere del tutto ab-
bandonato da Dio, poiché fa alcuni atti che Dio gli
comanda . E 1* oscuramento della sua mente può tal-
volta giungere al segno (poiché, a che non va 1 in-
(i) Qtdcumque aidem totani legetn servaverit , offcndat autcm in uno ,
fcu'tits rst omnium mis . Ep. B, .Tar. IT io.
CAPITOLO Xin. i5i
telletto soggiogato dalle passioni?) che quegli alti,
ancorché scompagnati dall'amore della giustizia, gli
sembrino una specie d'espiazione^ e pigli per un sen-
timento di religione quello che non è altro che il de-
lirio dell'empietà.
Ora, per decidere se fra i delinquenti di mestiere
in Italia sia più fre([uente il disprezzo della religio-
ne, o questa superstizione, ognun vede quali ricerche
converrebbe aver fatte: visitare le prigioni, vedere
se coloro che vi stanno per gravi delitti nutrono sen-
timenti di rispetto per la Chiesa, o se ne parlano
con derisione, chiiKlerne a ([uelli che per ufficio gli
esaminano e gli osservano, chiedere ai parochi (qua-
lora non si volesse averli per sospetti di parzialità)
se coloro che si sono abbandonati al mal vivere si
distinguevano nella osservanza dei precetti ecclesia-
stici ^ assumere insomma le più esatte informazioni .
Le quali non essendo io in caso di prendere, sono
ridotto a non dare che una opinione, quella che io
mi son fatto, per la tendenza che tutti abbiamo a
formarci un giudizio generale sui fatti dello stesso
genere, ancorché ìe notizie che ne abbiamo non sieno
né in quel numero, né di quella certezza che é ne-
cessaria per dimostrarlo altrui. Io sono dunque d'av-
viso che fra quelli che corrono in Italia la deplorabi-
le carriera del delitto vi sia ai nostri giorni poca o
nessuna superstizione, e molta non curanza per tutte
le cose della religione. Aé basta a farmi rinunziare a
questa opinione, che 1" illustre Autore abbia manife-
stata r opposta^ perché, per quanto peso abbia la sua
autorità, una decisione sopra un complesso di falli
non si riceve che con molte prove e con molti ragio-
namenli . Io so che molti stranieri fanno una eccezio-
«
1^2 sn.l.A MOllALE CATTOLICA
ne per l'Italia, adottando senza esame tutto ciò cln!
si possa dire della superstizione di essa: ma non sono
persuaso della bontà di questo metodo. INon pretendo
(piindi di proporre agli altri la mia opinione, ma la
sottopongo al giudizio di quelli che hanno potuto fare
osservazioni in questa materia .
Benché però qui non si pensi a difendere T Italia,
ma la religione, non si può a meno di non protestare
di passaggio contro T interpretazione che potranno
dare alf esempio addotto dall' Autore quegli stranieri
appunto che sono avvezzi a credere anche al di là
del male che loro vien detto di questa povera Italia^
e i quali udendo parlar di assassini che mangiano di
mai^ro, potranno farsi tosto l'idea, che l Italia sia
piena di uomini che vivano così tra lo scherano e il
certosino . Se mal per un caso strano questo libric-
ciuolo capitasse alle mani di alcuno di essi, veggano
se è una ingiusta pretesa il domandare che si facciano
altre ricerche, prima di formarsi una tale idea d" una
nazione .
Ma , per venire al rapporto di questi fatti coi prin-
cìpi della Chiesa, T impressione che per T onore della
verità e della religione importa sopra tutto di di-
struggere, è quella che può nascere contro i precetti
della Chiesa e contro il suo spirito dal vedere questi
precetti presentati come in contrasto colle leggi della
morale, dal vedere messi insieme astinenza ed assas-
sinio, e (negli altri esempi, che ho creduto inutile
di trascrivere) culto delle immagini e libertinaggio,
digiuno ecclesiastico e spergiuro, come se queste co-
se fossero in certo modo cause ed effetti^ dal vedere
supposta nel cuore deiruomo vizioso (piasi una pro-
gressione parallela di fedeltà ai precetti della Ciiiesa,
CAPITOLO XIII. 1 55
e tlì scelleratezza. No, non v" ha alcuna connessione
fra queste cose*, sono idee e nomi ripujvnanti; non
v'c lato per cui si tocchino^ v'è fra di esse la distan-
za che separa il bene dal male : no la Chiesa non ha
mai proposti i suoi precetti in sostituzione delle leg-
gi dalla morale *, non si potevano ideare precetti che
fossero più conducenti alla vera, alla intera, alla e-
terna morale: credersi dispensato da essa, osservando
esteriormente alcuni di que' precetti , non può essere
nella mente del cristiano che una demenza irreligiosa *,
e una demenza di questo genere deve essere sempre
stata assai rara .
Perchè, altro è che uomini perversi, calpestando
que' gravissimi comandamenti dai quali dipende la
conservazione della società, abbiano mantenuta una
fedeltà esteriore a quelli che sono dati dalla Chiesa
per facilitare V adempimento di ogni giustizia, ed
altro è che questa fedeltà stessa gli abbia incoraggi-
ti a calpestare i primi . Hanno osservata la parte più
l'acile della legge, hanno commesse quelle sole colpe
che non sapevano rifiutare alle loro inclinazioni cor-
rotte, non hanno aggiunto il disprezzo di alcuni pre-
cetti alla violazione degli altri, perchè questo di-
sprezzo non aveva per loro un'attrattiva bastante da
farli diventar rei anche in questo: ecco tutta la sto-
ria del loro animo. Che se vi ha pure V ncfjno vizio-
so che si senta dispensato dalla inorale a misura
eh' egli è pili regolare nelV osservare i comanda-
menti della Chiesa^ si trovi nelle massime e nei
precetti della Chiesa il punto d' appoggio di questo
suo sistema, si indichi in essi il punto d ond'egli è
partito per giungere ad un lai delirio, si dica quali
Islihizlonl polrcbl)oro esser atte a ritenere nell'ordine
i5/j SULLA MORALE GACTOLICA
una mente ed un cuore, quali si suppongono a que-
st' uomo . U assassino mancia di magro con divO"
zione ! Ah! quanto e lontano questo sentimento,
che riunisce il sacrificio e l'amore, dal cuore dove è
risoluta la morte di un fratello ! Egli mangia di
magro! Ma quando la Chiesa gli ha detto: sii tem-
perante, rinunzia in certi giorni a certi cihi per vin-
cere la hassa inclinazione della gola, per mortificare
il tuo corpo, gli ha poi ella soggiunto, e con questo
tu potrai uccidere? 0 perchè vi ha pure chi vuole
esser omicida, la Chiesa non comanderà a tutti di
esser astinenti? Non imporrà più penitenze, pel ti-
more d' incoraggi re al peccato ? Che importa che
due comandamenti sieno diversi, quando non sono
contraddicenti? E impossihile figurarsi una morale,
una regola di vita, in cui non vi sieno ohhllgazioni
di vario genere e di diversa importanza: la morale
perfetta sarà quella in cui tutte le ohhligazioni ven-
gano da un principio, sieno dirette ad un solo line,
e questo sia santissimo: e tale appunto ò la morale
della Chiesa .
E egli poi da credersi, che questo fine, la Chiesa
non lo otten2fa mai? Nel testo che osserviamo, non è
menzionato che uno dei possihili rapporti dei coman-
damenti colla morale, T esecuzione di questi combi-
nata colla persistenza nel delitto . Un complesso di
discipline meditate , promulgate , venerate da una
società come la Chiesa, non meriterebbe attenzione
se non per f obbedienza di qualche omicida, di qual-
che prostituta, di qualche spergiuro ! I Cattolici vir-
tuosi, non sono dunque osservatori de' comandamen-
ti? 0 se lo sono, una tale osservanza non iiilhiirà
sulla loro condotta? iNc l'obbedienza dignitosa, e de-
M
CAPITOLO XIII. i55
terminata dalla sola ragione:, nò T amore della rego-
la, che fa preferire ciòcche è prescritto a ciò che si
sceglierebbe- nò Y astinenza, che franca l'animo dalle
tendenze sensuali*, né il culto delle immagini, che,
per applicarlo alle cose celesti, si prevale della pre-
potenza stessa dei sensi, che ha tanta forza a sviar-
nelo^ né l'abitudine dell'omaggio a Dio, della vigi-
lanza, della annegazione, e del contrasto , nessuno
insomma degli effetti avuti in mira dal legislatore si
otterrebbe mai ! Né vi avrebbe cattolico che fosse^
pia fedele a quella morale celeste^ alla quale si
devono sacrificare le inclinazioni corrotte, quanto
più é regolare neir osservare i comandamenti della
Chiesa ! Ma il mondo stesso rende testimonianza che
ve ne ha , se non altro col ridersi dei loro scrupoli ^
il mondo che li compatisce egualmente pel timore che
hanno di nuocere altrui con un fatto o con una paro-
la, di mancare ad un picciolo dovere di carità, come
per quello di fare uso di un cibo proibito .
Togliete i comandamenti della Chiesa*, avrete me-
no delitti? No, ma avrete meno sentimenti religiosi,
meno opere indipendenti da impulsi e da fini tempo-
rali, meno opere dirette all'ordine di perfezionamen-
to per cui r uomo è creato, a queir ordine che avrà
il suo compimento nell'altra vita, e che ognuno per
sé è tenuto di cominciare in questa . La storia è pie-
na di scellerati, che erano ben lontani dall' osservare
questi comandamenti, e dal seguire alcuna pratica di
pietà. Quando vi si trovano esempi di una vita per-
versa, franunischiata di pratiche religiose dettate da
un sentimento qualunque, e non da (ini umani, gli
scrittori vi fanno per lo più molta attenzione, ed
hanno ragione; perchè T unione di ct^se tanto contia-
1 5(; SULLA MOIIALE CATTOLICA
rie, come perversità e pratiche cristiane, la durata
di un certo rispetto a quella religione che comanda
sempre il hene, in un cuore che sceglie di fare il ma-
Jc, è sempre una osservahile contraddizione, un tri-
sto fenomeno di natura umana. Luigi XL onorava
superstiziosamente, come dice Bossuet(i), una im-
magine di Nostra Donna: chi non lo sa? Ma se Lui-
gi XI, come, per furore di dominare, violò tante
leggi divine ed ecclesiastiche di umanità, di giusti-
zia e di v^erità, fosse anche diventato trasgressore di
tutte le leggi puramente ecclesiastiche, si può crede-
re che sarehhe diventato migliore per questo ? avreh-
be perduto un incoraggimento al male, o non forse
un ultimo ritegno? non avrebbe con ciò forse vuota-
to il suo cuore d'ogni sentimento di pietà, di ordi-
ne, di umiltà, di fratellanza? Alcuni storici credono
eh' egli facesse avvelenare il Duca di Guienne suo
fratello^ e si narra ch'egli sia stato inteso chiederne
perdono ad una picciola immagine della Vergine . Il
che non proverebbe altro, se non che la vista di una
immagine sacra svegliava in lui il rimorso, che egli
si trovava in quel momento trasportato alia contem-
plazione di un ordine di cose, in cui l'ambizione, la
ragione di stato, la sicurezza, le offese ricevute, non
iscusano i delitti, che dinanzi alla immagine di quel-
la Vergine, il cui nome richiama i sentimenti i più
teneri e i più nobili^ egli sentiva che cosa è un fra-
tricidio .
Se vi ha fra cento, qualche omicida che mangi di
magro, ebbene, è un uomo che spera ancora nella
misericordia, egli avrà qualche misericordia nel cuo-
ci) Abrégé de l' Ilistoire de France . Lìv. XII. Annec 1472.
CAPITOLO Xin. 167
re; e un resto di terrore dei oiudizj di Dio, è iiii lato
accessibile al pentimento, una rimembranza di virtù,
e di cristianesimo. Lo sciagurato pensa talvolta che
v'è un Dio di ricompense e di castighi : se egli ri-
sparmia un supplichevole , se fa volontariamente qual-
che tregua ai suoi delitti, e soprattutto se un giorno
egli ritorna alla virtù, è a questo pensiero che si do-
vrà attribuirlo.
E qui il luogo di prevenire una obbiezione. I^a su-
perstizione che fa confidare nello adempimento di cer-
ti precetti, o nell'uso di certe pratiche pie, come
supplimento ad altri doveri essenziali, è un argomen-
to frequentissimo di lagnanza e di rimprovero nelle
istruzioni dei pastori cattolici: il male esiste dunque,
ed è molto comune.
Per sentire la differenza somma tra il male contro
cui essi declamano, e il male di cui si e parlato fino-
ra, l)isogna distinguere fra due gradi, o, per dir
meglio, fra due generi di bontà : quella di cui si
contenta il mondo, e quella voluta dal Vangelo, e
predicata dai suoi ministri . Il mondo , pel suo inte-
resse e per la sua tranquillità, vuole degli uomini che
si astengano dai delitti (senza rinunziare ed approvar
quelli che possono giovare ad alcuni), ed esercitino
virtù utili temporalmente agli altri: il Vangelo vuol
questo , e il cuore : Ce ne sont pas les dèsordres è^'i-
ddiites qui font les Chrètiens ^ ce sont les vertns de
l' Evangde j)ratiqnèes : ce ne soni pas des moeurs
irrèprochahles ciux ycnjc des lioniiìies ^ cesi V esprit
de Jèsus-Christ cruci/ìc ( 1 ) .
(0 Miissilloii, sermon du Jeudi de La i.du seinaine de Cardine : Le Man-
vais ri e he .
1 58 SULLA MORALE CATTOLICA
E contro la mancanza di questo spirito , che decla-
mano i preti cattolici^ contro la persuasione che esso
possa esser supplito da pratiche esterne di religione,
che vivendo pel mondo, che non si curando o non ri-
cordandosi del fine sovrannaturale che deve animare
le azioni del cristiano, si ahhia diritto a credersi tale
col semplice adempimento di certi precetti, i quali
non hanno valore che dal cuore . Ma quelli a cui so-
no diretti questi avvisi, sono uomini dei quali il
mondo non ha a lagnarsi, sono i migliori fra i suoi
figli ^ e se la Chiesa non è contenta di essi, è perchè
ella tende ad un ordine di santità, che il mondo non
conosce, perchè non avendo altro interesse che la sa-
lute degli uomini, ella vuole le virtù che perfezio-
nano chi le esercita, e non soltanto quelle che sono
utili a chi le predica. Non basta alla Chiesa che gli
uomini non si uccidano fra di loro, ma vuole che
essi abbiano un cuore fraterno 1' uno per 1' altro ^
vuole che si amino in Gesù Cristo: innanzi ad essa
nulla può tener luogo di questo sentimento ^ ogni
atto di culto che parta da un cuore che non lo col-
tivi, è agli occhi di lei superstizioso, e menzognero.
Ma la superstizione che concilia T omicidio e lo sper-
giuro coir obbedienza ai precetti, è una mostruosità,
che, ardirei dire, non ha bisogno di essere combat-
tuta .
Che se pure se ne incontrasse qualche esempio ,
quali riflessioni utili vi si possono far sopra ? che sen-
lunento devono ispirare i precetti della Chiesa q'ian-
d' anche li vedessimo scrupolosamente osservati dal-
1 uomo il più reo ? Si può indicarlo con piena fiducia,
perchè esso ci è stato mostrato da chi non può erra-
re. Guai a voij Scribi^ e Farisei iprocriti^ che
CAPITOLO Xlll. 169
pacale la decima della menta ^ e dell' aneto , e del
cumino^ e avete trascurato il più essenziale della
l("SS(^:, la giustizia, la misericordia^ e la fede ,
vegga qu
quegli ingannati. INon mostra di spregiare il picco-
lo comandamento ( anzi lo scrupolo minuto nell' a-
dempimento di esso ) (1) , ancorché lo ponga in
confronto a ciò che la legge ha di più grave: anzi,
perchè la considerazione della giustizia, della mise-
ricordia e della fede non faccia concepire noncuranza
per quello, perchè si veggia che il male sta nella
trasgressione, e non nella obbedienza; che tutto ciò
che è comandato è sacro, che tutto ciò che è pio è
utile, egli aggiunge: Queste sono le cose che biso^
gnava fare^ senza ommettere le altre (2).
(1) La legge non ordinava di pagar la decima delle erbe più minute.
Mons. Martini, in nota al passo citato.
(2) Vae vobi's , SaibceetPharisceihypocritce, qui decimatis mentham ,
et anelhum, et cyminum, et reliquistis qua graviora sunt legis, judi-
cium, et misericordiam, et Jidem: hcec oportuit fncere , et Illa non o-
mittere: Matth. XXIII. a3.
DliLLA MALDICENZA.
La morale, proprement dite, ii a cepeiulaat jamais cesse
d e tre V oh jet des prèdio ations de l^ Eglise; mais V iiité-
rét sacerdotal a corrompa daiis l' Italie moderne tout ce
(ju il a touché. La hieiweillance imitiielle est le fonde-
meiit des vertus sociales ; le causiste la réduisant en
préceptc , a déclaré qu on péchait en disant da mal de
son prochain; il a empéché chacun d' exprimer le juste
JHgement qui doit discerner la verta da vice , il a impo-
se silence aux accens de la véri te': mais en accoutumant
ainsi a ce que les mots n exprimassent point la pensée ,
il n a fait que redouhler la scerete défiance de chaque
homme a l égard de tous les autres . Pag. [\\q^-[\io.
iLa dottrina che vieta di dir male del prossimo, è
tanto manifestamente della Chiesa, che i casisti i qua-
li l'hanno professata possono francamente rigettarne
sopra di essa tutta la responsabilità . Che se alla
Chiesa si domanderanno le ragioni che 1 hanno de-
terminata a farne un precetto, essa risponderà che
non lo ha fatto , ma lo ha ricevuto ^ che oltre ai-
Tessere consanguineo a tutto Tinsegnamento evangeli-
co, questo precetto è intimato espressamente, e spes-
so, nei due Testamenti. Eccone, per brevità, u«ìu so-
la prova : ISon i)' ingannate . . . . i uialcdici non
j 'assederanno il regno di Dio (i).
(0 V<-'//,'V- crinite .... ncque maledici .... icgnuni Dei non /.'Oìòì-
detu/il. 1. (.Diiulii. I. 9. IO-
\
CAPITOLO XIV. i6i
Ma questa sentenza lia ella bisogno di essere giusti^
ficata? e chi vorrebbe sostenere la contraria?
Un carico le vien fatto qui , ed è , che essa impe-
disce a ciascuno di esprimere il giusto giudizio
che deve discernere la virtìc dal vizio ; impone si--
lenzio alla verità ^ e aumenta la diffidenza fra gli
uomini. Ma T illustre Autore non vorrà certo che
si consideri da un lato solo una questione complessa
e multiforme . Quand' anche un precetto fosse di osta-
colo a qualche bene, è giusto di pesare tutti i suoi
eiFetti, e di mettere in bilancia il male che previene:
perchè sarebbe troppo singolare , che una proibizione,
la quale ha per oggetto di portar gli uomini a rispar-
miarsi Tun r altro 5 non fosse d^ impedimento che a
cose utili.
L'amore della verità, il desiderio di fare un giu-
sto discernimento fra la virtù e il vizio, sono forse
il motivo principale e comune che determina a dir
male del prossimo ? E 1' effetto ordinario ne è forse
di mettere la verità in chiaro, la virtù in onore, e
il vizio in abbominazione ?
Un semplice sguardo alla società ci convince tosto
del contrario, mostrandoci i veri motivi, i veri ca-
ratteri, e gli eifetti comuni della maldicenza.
Perchè negli oziosi colloquj degli uomini, dove la
vanità di ciascheduno che vorrebl^e occupare gli al-
tri di se, trova un ostacolo nella vanità di tutti che
tendono allo stesso fine , dove si combatte destramen-
te, e talora a forza aperta, per conquistare quella at-
tenzione che si vorrebbe così rado accordine, perdio
riesce tanto facilmente a conciliarsela colui che col suo
esordio promette ch'egli dirà male del prossimo? se
lìon perchè tante passioni sperano un sollievo da quei
Manzoni n
1 62 SULLA MORALE CATTOLICA
discorsi? E quali passioni! E T orgoglio, che tacita-
mente ci fa supporre la nostra superiorità neW abbas-
samento degli altri, che ci consola dei nostri difetti
coU'idea che altri ne abbia di simili o di peggiori . Mi-
serabile condizione dell' uomo ! Bramoso di perfezione,
egli rifiuta i soccorsi che la religione gli offre a progre-
dire verso la perfezione assoluta per la quale è creato ,
e si agita dietro una perfezione comparativa , anela non
ad esser ottimo , ma ad esser primo , vuol paragonarsi,
e non divenire. E l'invidia, inseparabile dall'orgoglio,
V invidia che si rallegra del male , come la carità del
bene ^ l'invidia che respira più liberamente quando una
bella riputazione sia macchiata, quando si provi che vi
e qualche virtù o qualche talento di meno . È Y odio ,
che ci rende tanto facili sulle prove del male : è l' in-
teresse, che fa odiare i concorrenti d' ogni genere:
tali e simili sono le passioni per le quali è così comu-
ne il dire e V ascoltare il male : quelle passioni , che
spiegano in parte il brutto diletto che Tuomo prova
nel ridere delf uomo e nel condannarlo, e la logica
indulgente e facile sulle prove del male, mentre spes-
so s^ istituisce un giudizio così severo prima di crede-
re una buona azione , o la pura intenzione d' una buo-
na azione . Non è da stupirsi che la religione non sap-
pia che fare di queste passioni , e di ciò che le mette
in opera : materiali fracidi , e nimici d' ogni connes-
sione, come entrerebbero nelf edificio di amore e di
umiltà , di culto e di ragione , eh' essa vuole innalzare
nel cuore di tutti gli uomini?
Vi ha nella maldicenza un carattere di viltà, che
la rende una specie di delazione segreta^ e fa risalta-
re anche da questa parte la sua opposizione collo spi-
rito del Vaucici'o^ che è tutto franchezza e dignità,
CAPITOLO XIV. ì65
cke abbomina le vie coperte per le quali si nuoce sen-
za esporsi, e che nei contrasti che si tle2;2iiono pur
troppo avere cogli uomini per la difesa della giusti-
zia, comanda per lo più una condotta che suppone
coraggio . 11 censurare gli assenti , è d' ordinario sen-
za pericolo di chi lo fa, è una ostilità contro chi non
si può difendere, è sovente una adulazione tanto più
iejnobile quanto più ingegnosa verso chi ascolta . ISoii
parlerai male di un sordo (i), è una delle pieto-
se, e profonde prescrizioni Mosaiche: e i moralisti
cattolici che V applicarono anche all' assente , hanno
mostrato di sentire il vero spirito di una religione la
quale vuole che quando uno è costretto ad opporsi,
lo faccia conservando la carità, e fuggendo ogni bassa
discortesia .
La maldicènza , si dice da molti , è una specie di
censura che serve a tenere gli uomini nel dovere. Sì,
come un tribunale composto di giudici interessati
contro r accusato, dove l'accusato non fosse confron-
tato ne inteso, dove chi volesse pigliare le sue difeso
fosse per lo più scoraggiato e deriso, dove per lo più
tutte le prove a carico fossero tenute buone, come un
tal tribunale sarebbe atto a diminuire i delitti. E una
verità troppo facile ad osservarsi, che si pixista ^eàc
alla maldicenza sopra argomenti, i quali, in materie
ove si avesse interesse d'esaminare, non basterebbero
a produrre nemmeno una piccola probabilità .
La mahlicenza deteriora chi parla e chi ascolta , e
per lo più anche chi ne è l'oggetto. Quando essa col-
pisce im innocente (e per quanto sia grande il nume-
ro dei falli , quello delle accuse ingiuste e superiore
(i) Non malcdiccs òutdu. Levit. XIX. i^
i64 SULLA MORALE CATTOLICA
tl^ assai) che tentazione non è questa per lui! Forse,
percorrendo a stento la via erta della probità, egli si
proponeva per fine 1* approvazione degli uomini , egli
era pieno di quella opinione tanto volgare quanto fal-
sa, che la virtù è sempre conosciuta ed apprezzata:
vedendola sconosciuta in se, egli comincia a credere
che sia un nome vano^ l'animo suo nutrito delle idee
ilari e tranquille di plauso e di concordia comincia a
gustare P amarezza dell'odio^ allora il mobile fonda-
mento su cui era stabilita la sua virtù, cede facil-
mente: felice se egli sente a questa occasione che la
lode degli uomini non è né una mercede sicura, né
la mercede . Ah ! se la diffidenza regna fra gli uomi-
ni, la facilità del dir male ne è una delle principali
cagioni. Quegli che ha visto un uomo comporre il
volto al sorriso dell' amicizia stringendo la mano di
un altro, e che lo ode apporgli dietro le spalle fatti
perversi, interpetrare le sue intenzioni, entrare nel
santuario del suo pensiero, o almeno censurare la sua
condotta, quegli deve naturalmente diffidare di tut-
ti, quegli deve credere che le espressioni della stima
e del disprezzo siano spinte sulla bocca degli uomini
dalla bassezza o dalla malignità. La fiducia cresce-
rebbe al contrario , e con essa la benevolenza e la pa-
ce, se la detrazione fosse proscritta: ognuno che,
abbracciando un uomo , potesse accertarsi di non es -
sere T oggetto della sua censura e della sua derisio-
ne, lo farebbe più facilmente, con un più puro e più
libero senso di carità.
Si crede da molti che la ripugnanza a supporre il
male nasca da eccessiva semplicità, o da inesperien-
za, come se vi volesse una grande perspicacia a sup-
porre che ogni uomo in ogni caso scelga il partito più
«n
CAPITOLO XIV. 1 65
(ìisonesto. E in vece, la disposizione a giudicare con
indulgenza, a pesare accuse precipitate, e a compati-
re falli reali, esige i^ abitudine della riflessione sui
motivi complicatissimi che determiniamo ad agire ,
sulla natura dell' uomo , e sulla sua debolezza .
Colui che ode riferirsi i giudizi severi che si sono
leggermente portati sopra di lui, vi sente talora vi-
vamente un grado d'ingiustizia^ che non vi sospetta-
va chi gli ha portati. Egli ha operato in una situa-
zione di spirito dov'era posto da circostanze, da sen-
timenti, da opinioni, di cui egli solo abbraccia il
complesso: il censore non se n'è fatto carico, ha giu-
dicato nudamente un fatto con regole di cui non può
giustamente misurare l'applicazione^ forse biasima un
uomo , soltanto perchè questi non opera come farebbe
egli^ perchè non ha le sue stesse passioni. E quando
anche il censurato sia costretto a confessare a se stes-
so che la maldicenza non fu calunnia, non ne è por-
tato per lo più al ravvedimento , ma al rancore , non
pensa a riformarsi, ma si volge ad esaminare la con-
dotta del suo detrattore, a cercarvi un lato debole e
aperto alla recriminazione : l' imparzialità è rara in
tutti, ma più negli offesi. Cosi si stabilisce una mi-
serabile guerra: e una continua faccenda nelf esami-
nare e propalare i difetti altrui, che aumenta la non-
curanza dei proprj .
Quando poi gli interessi ci mettono a fronte l' uno
dell'altro, che maraviglia se le ire e le percosse sono
così pronte, se ci facciamo tanto male? L'averne tan-
to pensato e tanto detto vi ci ha preparati; siamo
avvezzi a non perdonarci nel discorso, a godere del-
l' abbassamento altrui , a straziare quegli stessi coi
quali non abbiamo contrasti : trattiamo gli sconosciuti
1 G6 SUIJ.A MOPiALE CATTOLICA
come nemici*, come mai assumeremo la dolcezza, e
slndloremo i riejnardi, nei momenti appunto che ri-
rlìlc£-i»ono un animo che vi sia esercitato di lunga
mano? Perciò la Chiesa, che vuole fratellanza, vuole
anche uomini che non pensino il male, che ne gema-
no quando lo veggiono , che parlino degli assenti con
cpiella delicata attenzione che V amor proprio ci fa
d' ordinario usare verso i presenti . Per regolare le
azioni, essa frena le parole j e per regolar queste,
mette la guardia al cuore.
Si separano talvolta, e si condannano due specie
di prescrizioni religiose , che si dovrebbero invece rav-
vicinare ed ammirare. Della prima specie sono la
preohiera continua, la custodia dei sensi ^ il combat-
timento perpetuo contro ogni attaccamento alle cose
mortali, il riferire tutto a Dio, la vigilanza sui co-
minciamenti d'ogni sentimento smoderato, ed altre
tali. Di queste si dice che sono miserie, vincoli che
ristringono T animo senza produrre un risultato, pra-
iicho rla'.sstrali. Della seconda specie sono le prescri-
zioni dure, ma giuste e senza scusa, che in certi casi
esigono sacrificj ai quali il senso ripugna, sacrificj
che il nostro cuore molle e servile riguarda come e-
roici , ma che la ragione dichiara non essere altro che
doveri di stretta giustizia. A proposito di queste, si
dice che bisogna prendere gli uomini come sono^ e
non chiedere cose perfette da una natura debole. Ma
la religione, appunto perchè conosce la debolezza di
questa natiu'a sulla quale vuole operare, perciò ap-
punto la circonda di soccorsi e di forza ^ appunto per-
chè il combattimento è terribile , essa vuol preparar-
vi l'uomo per tutta la vita^ appimto perchè abbiamo
un animo che una forte impressione basta a turbare,
CAPITOLO XIV. 1 67
che r importanza e l'urgenza di una scelta confondo-
no di più mentre gli rèndono più necessaria la calma ,
appunto perchè T abitudine esercita una specie d'im-
pero sovra di noi, la religione impiega tutti i nostri
momenti ad abituarci alla signoria di noi stessi, al
predominio della ragione sulle passioni, alla serenità
della mente. La religione è stata fino ne' suoi primi
tempi e da' suoi primi Apostoli paragonata ad una
milizia. Seguendo questa similitudine , si può dire
che chi non vede o non sa apprezzare V unità delle sue
massime e delle sue discipline, fa come chi trovasse
strano che i soldati si addestrino ai movimenti della
guerra , e ne subiscano le fatiche e le privazioni ,
quando non vi sono nemici .
Le filosofie umane richiedendo dalP uomo molto
meno, sono assai più esigenti: esse non fanno nulla
per educare T animo al bene difìicile, e prescrivono
solo azioni isolate; vogliono spesso il fine senza i
mezzi; trattano gli uomini come reclute, alle quali
non si parlasse che di pace e di sollazzi, e ohe si con-
ducessero alla sprovveduta dinanzi a nemici terribili .
Ma il combattimento non si evita col dimenticarlo:
vengono i momenti del contrasto tra il dovere e l'u-
tile, tra l'abitudine e la necessità; e l'uomo si trova
a fronte una grande inclinazione da vincere, non a-
vendo mai imparato a vincere le più picciole . Egli
sarà stato avvezzo forse a reprimerle per viste d'in-
teresse, per una prudenza sensuale; ma ora l'interes-
se è quello appunto che rende difìicile la sua posizio-
ne. Gli è stata dipinta la via della giustizia come
una via piana e sparsa di fiori ; gli è stato detto che
non si trattava che di scegliere fra i piaceri : ed ora
si trova fra il piacere e la giustizia, fra un gran do-
T 68 SULLA MORALE CATTOLICA
lore e una grande iniquità . La religione che ha reso
il suo allievo forte contro i sensi e contro le sorpre-
se , la religione che gli ha insegnato a domandar sem-
pre dei soccorsi che non sono mai negati, gF impone
ora un grand' obbligo , ma essa T ha posto in grado
di adempirlo: e avergli chiesto un gran sacrificio:
sarà un dono di più che essa gli avrà fatto . La reli-
e;ione , chiedendo all' uomo cose più perfette , chiede
cose più facili ^ vuole eh* egli arrivi a una grande al-
tezza, ma gli ha fatto la scala, ma Tha condotto per
mano : le filosofie umane , accontentandosi eh' egli
tocchi un punto assai meno elevato, pretendono spes-
so di più, pretendono un salto che non è nella forza
deir uomo .
Credo di dovere dichiarare che io sono lontano
dall' immaginare che V illustre Autore non vegga gli
inconvenienti della maldicenza, e anche meno, che
egli abbia voluto farne l' apologia , ma ho dovuto mo-
strare che è eminentemente evangelico e morale l'in-
segnamento della Chiesa, che parlar male del prossi-
mo è peccato .
Ma il giusto giudizio che deve discernere la virtù
dal vizio , vuol ella forse toglierlo ? No certamente :
vuol togliere le superbe, leggiere, ingiuste, inutili
accuse, il giudizio delle intenzioni, nelle quali Dio
solo vede talvolta quello che è sentito confusamente
anche nel cuore dove si formano, ma il testimonio
delle azioni, vuol regolarlo, non soffocarlo-, lo co-
manda anzi, pressoché in tutti i casi in cui non lo
condanna, cioè quando non ci porti a darlo la voglia
di deprimere o di disonorare, ma dovere di uflicio o
di carità, quando si tratti di riparare il prossimo dal-
le insidie dei maligni, quando insomma sia richiesto
CAPITOLO XIV. 169
ila giustizia e da utilità. Certo, in questi casi è ne-
cessaria tutta la prudenza cristiana , ma la religione
c'insegna il mezzo di ottenerla: con essa, 1* uomo
può condursi nelle difficili circostanze nelle quali il
tacere e il parlare hanno qualche apparenza di male,
in cui bisogna opporsi ad un maligno, e nello stesso
tempo potersi rendere testimonianza di non esservi
condotti da malignità. Il gemito dell'ipocrita che
sparla di colui eh' egli odia , le proteste che egli fa
di essere addolorato dei difetti dell' uomo che deni-
gra , di parlare per dovere , sono un doppio omaggio
alla condotta e ai sentimenti che la religione pre-
scrive .
Essa è tanto aliena dall' imporre silenzio agli ac-
centi della verità quando siano mossi dalla carità, è
tanto aliena dal trascurare alcun mezzo per cui gli
uomini possano migliorarsi a vicenda, che condanna
i rispetti umani, che ha creato essa la parola che in-
dica questa disposizione . Cosi , ha prevenuto l' animo
debole contro il terrore che la forza, che la moltitu-
dine, che la derisione, che il possesso delle dottrine
mondane gli sogliono incutere*, cosi ha resa libera la
parola sulla bocca dell' uomo che ha conosciuto il ve-
ro. Essa ha pure comandata la correzione fraterna:
mirabile tempra di parole, in cui all'idea di corre-
zione, che rivolta il senso, è unita immediatamente
Fidca di fraternità, che ricorda i fini di amore, e il
sentimento della propria debolezza, e la disposizione
a ricevere la correzione in chi la fa altrui ! La reli-
gione non impedisce alcuno dei vantaggi che possono
venire dalla libera e spassionata espressione della ve-
rità, e dal fondato e giusto discernimento fra la vir-
tù ed il vizio .
1 70 SULLA MOUALE CATTOLICA
Mi si permetta di collocare qu' una riflessione,
che è sottintesa in molti luoghi di questo scritto, e
che sarà espressamente riprodotta e sviluppata in
qualche altro. Ogni qual volta si crede trovare nella
religione ostacolo a qualche sentimento, o a qualche
azione o a qualche istituzione giusta, ed utile, gene-
rosa e tendente al miglioramento sociale, esaminando,
hene, si troverà, o che l'ostacolo non esiste, e la
sua apparenza era nata dal non avere abbastanza os-
servata la religione^ o che quella cosa non ha i ca-
ratteri e i fini che mostra alla prima . Oltre le illu-
sioni comuni che vengono dalla debolezza del nostro
intendimento, vi ha una continua tenzione d'ipocri-
sia, dalla quale non sono esenti gli animi i più puri
e desiderosi del bene, di una ipocrisia che associa
tosto r idea di un maggior bene , V idea di una in-
clinazione generosa ai desiderj delle passioni predo-
minanti: di modo che ognuno, chiamando ad esame
se stesso, non può talvolta esser certo della assoluta
rettitudine dei fini che lo muovono : non può discer-
iicre che parte v'abbia T orgoglio o la prevenzione.
Se allora noi condanniamo le regole della morale per-
chè ci pajono minori delle nostre viste, corriamo ri-
schio di servire a dei sentimenti riprovevoli che non
confessiamo nemmeno a noi stessi, che forse combat-
tiamo in noi , ma che non si vincono del tutto in que-
sta vita .
Si osservi finalmente, che se l'aiuiiento della dif-
fidenza fosse un effetto della proibizione di parlar ma-
le, siccome questa proibizione è predicata per tutto
il mondo cattolico (i), ne verrebbe, o die la difTi-
(i) V., per un esempio, il Sermone tli Massilloii sulla m.ililictuza : è
quello del luueiti della ', la settimana.
CAPITOLO XIV. ] ; 1
(lenza ne è aumentata dappertutto , o che in Italia i
precetti sono più osservati che altrove, il che sareb-
he invece prova di un migliore stato morale . Io non
so se noi Italiani siamo più diffidenti desili altri Euro-
pei: so che ci lagnamo di non esserlo abbastanza, so
che (al pari di tutte le altre nazioni) noi diciamo in-
vece di peccare di troppa credulità e buona fede . Se
però la difìldenza fosse universale fra noi, stimo che
converrebbe attribuirla a tutt altro che al non mormo-
rare ^ giacche è ben lungi il caso che questa abitudine
sia qui del lutto perduta.
CAPIIOIO X¥.
SUI MOTIVI DELLA ELEMOSINA
La charìté est la vertu par excellence de V Evangile : mais
le casuiste a enseigné a donner au pauvre pour le hien
de sa propre dine, et non pour soulager son sembla-
ble . . . Pag. 4^0.
iOare al povero pel bene dell' anima propria, è ra-
zione e il motivo che prescrive la Chiesa.
Escludere dalla limosina il fine di sollevare il pros-
simo, è un raffinamento anticristiano, il quale non
so se sia mai stato insegnato da alcuno : ma credo che
non ve ne sia vestigio in Italia.
Quanto al motivo, la Chiesa non fa che mantener-
lo, e trasmetterlo, quale fu proposto da Gesù Cri-
sto : non v^ ha forse nel Vangelo precetto al quale
vada così sovente unita la promessa della ricompen-
sa , come a questo . Ivi 1' elemosina è un tesoro che
imo si ammassa nel cielo ^ è un amico che ci deve in-
trodurre nei padiglioni eterni: ivi, il regno è promes-
so ai benedetti del Padre, i quali avranno satollati,
coperti, ricoverati, visitati coloro che il Re , nel
giorno della manifestazione gloriosa , non isdegnerà di
chiamare ancora fratelli, memore di avere avute co-
muni con essi le privazioni e i patimenti , di esser an-
che egli passato, come uno sconosciuto, dinanzi agli
CAPITOLO XV. 173
sguardi distratti dei fortunati del mondo (1). Tutta
la Scrittura parla così . Non avrà bene chi non fa
elemosina (2). Che più? le parole stesse che qui si
danno come un insegnamento di casisti, sono quelle
della Scrittura: Il misericordioso fa del bene all'a-
nima sua (3) .
Questo motivo è proposto a tutte le cose coman-
date: la sanzione religiosa non si fonda che su di
esso.
L^uomo che volesse prescindere da ogni idea di
premio , e che desse al povero colla sola vista di sol
levare il suo simile , da qual motivo sarehbe deter-
minato ? Dal desiderio di fare , in un altro senso , del
bene all'anima sua. È impossibile all'uomo agire per
un altro motivo \ e il disinteresse non può mai consi-
stere neir escluderlo .
Non sarà, credo, cosa aliena dall'argomento, né
senza utilità il ricercare quale debba essere l'idea ra-
gionevole del disinteresse , e indicare nello stesso tem-
po una illusione che ha fatto applicare a questa pa-
rola un senso esagerato e chimerico j tanto più che
questa ricerca si lega naturalmente colla questione^
tanto dibattuta ai nostri giorni, sulla parte che l'in-
(1) Si vis perfectus esse, vade , vende omnia qure habes , et da pau-
peribus , et Itabebis thesaurum in coelo . Matth. XIX. 3i.
Facile vobis amicos de mammona ìniqidtntis , ut cum dejeceritis , re-
cipiant vps in (Eterna tabernacula . Lue. XVI. y.
Tunc dicet Rex Itis qui a dextris ejus erunf. fienile, benedicti Patris
mei, possidete paratum vobis re^num a costitittione mundi: esuri\'i enun,
«t dedistis mi/ti manducare : sitivi , et dedistis mihi bibere: hospes eram^
et colle f;istis me: nudus , et cooperuistis me: infirmus , et visitastis me:
in carcere eram, et venistis ad me ... . Quandiu enim fecistis uni ex
fralribus meis minimis , mihi fecistis . Malth. XXV. 34- et scq.
(2) Non enim est ei bene qui a,ssiduus est in malis , et eleemosjnaiii
non danti . Eccli. XII. 3.
(3) Benefacit animce stuv vir miserìcors . Prov. XI. 17.
174 SULLA MOi; ALE CATTOLICA
tercsse deve avere nella morale . La illusione , dì cui
sì e parlato , merita poi molta attenzione : e perchè è
caduta in cpialche sommo ingegno, e perchè si mi-
schia sovente ai giudizj che si danno sui motivi delle
azioni, e perchè (se e lecito il dirlo) è dessa che ha
ispirato il rimprovero che vien qui fatto alla morale
cattolica sui motivi della elemosina.
LMdea del disinteresse è nata dalle seguenti osser-
vazioni. L'uomo ha una tendenza al piacere: molte
cose che recano piacere , sono ingiuste : V uomo che
sarehhe in caso di procacciarsene , può superare quel-
la tendenza, e astenersene, può sempre determinarsi
all'azione giusta, e anche alla più perfetta, indipen-
dentemente dai piaceri e dai dolori che T accompa-
gnano. Di più: quando un'azione virtuosa porti con
sé soddisfazioni di un certo genere (come piaceri del
senso, applauso, potenza, ricchezze ec. , soddisfazioni
insomma che non vengono da miglioramento deli' a-
ninio) l'uomo può fare astrazione da esse, ed esclu-
derle dai motivi per cui si determina a quella azio-
ne . Questa disposizione , e 1' applicazione di essa ai
casi della vita, è ciò che si chiama disinteresse.
Ma per essere ragionevole, cioè per potere essere
dimostrata, e ridotta in principio, essa suppone la
persuasione che la felicità di tutto l'uomo stia nella
giustizia . Una tale persuasione , divenuta speranza
cristiana, crea poi anche in mezzo ai più forti sacri-
fici e patimenti uno stato di contento; non già di
contento perfetto , non già che T animo desideri di
durare in quella situazione ; ma date le inevitabili cir-
costanze in cui è posto, di dover contrastare e sce-
gliere tra un piacere che lo deteriora, lo prepara alla
infelicità, e un dolore che lo perfeziona e lo porta
CAPITOLO XV. 175
ad una gioja intera e perpetua 5 egli sente che la
maggior soddisfazione possibile per lui, lo stato più
vicino al riposo, è nella scelta di quest^ ultimo .
Per giungere poi alla esagerazione che ho accen-
nata, l'intelletto fa, a mio credere, questo corso
dMdee.
Quando le cose giuste si trovano tanto conformi
alle inclinazioni di chi deve operare , che Y animo si
appigli ad esse senza contrasto, non v'è disinteresse
nella determinazione : questo sentimento esiste soltan-
to nei casi (e sono senza paragone i più frequenti),
nei quali , per fare il giusto o il meglio , è forza ri-
nunziare ad un piacere che è in nostra mano , o as-
soggettarsi ad un dolore che si potrebbe attualmente
evitare . Quanto più grande e universale sarà dunque
la rinunzia al piacere , tanto più la determinazione
sarà disinteressata, virtuosa: e viceversa tutti i pia-
ceri, che vi saranno contemplati come motivi, ne di-
minuiranno il merito, e le daranno una tinta di egoi-
smo : tutti i piaceri e le speranze di piaceri , di qua-
lunque ordine, e in qualunque tempo, tutto ciò che
in ultima analisi signitica piacere come promessa, pre-
mio, benessere, felicità, renderà la determinazione
meno disinteressata , e quindi meno virtuosa . Qui co-
mincia r errore ^ qui si va contro una legge eterna
dell'animo umano, contro una condizione della intel-
ligenza, l'amore di se*, qui si propone una perfezione
impossibile, e contraria alla natura . La privazione
che si associa alla idea di piaceri, non è venuta da
altro che dal conoscere che vi sono molti piaceri op-
posti al doveroso ed al bello : trasportare questa ri-
provazione alla idea generalissima di [)iacere , di con-
tento, è servirsi di un nobile sentimonlo per autoriz-
1 76 SULLA MORALE CATTOLICA
zare un errore , e rigettare una idea anche quando sia
separata dalle sole qualità che la rendono rigettabile.
Poiché gli uomini hanno dato il nome di interesse
a ciò che significa beni temporali, poiché a cagione
di questi si mettono in gara fra di loro, e tradiscono
spesso il loro dovere, si è ben fatto di avvilire que-
sto vocabolo interesse^ ma quando si esce dalla sfera
della vita presente , esso non è più applicabile , o per-
de ogni viltà, assumendo un altro significato: poiché
rappresenta beni che non hanno né ingiustizia, né
contrasto , né inganno , anzi le qualità opposte .
Ho detto, inganno: ed é questa una delle condi-
zioni essenziali che rendono riprovevole l' interesse
temporale, poiché quando esso è vizioso, è vizioso
perchè falso: se fosse interesse vero, cioè mezzo di
vera felicità, non si potrebbe in alcun caso censura-
re Tuomo che si appiglia ad esso: egli farebbe una
giusta applicazione di una legge che non ammette né
trasgressione, né tampoco resistenza, giacché l'uomo
non è libero nel volere la felicità, ma nella scelta
dei mezzi per giungervi.
Che intende il cristiano pel bene dell'anima sua?
considerandolo nell'altra vita, egli intende una feli-
cità di perfezione , un riposo , che consisterà nell' es-
sere assolutamente nelP ordine, nell'amare Dio pie-
namente, nel non avere altra volontà che la sua, nel-
r essere privo d' ogni dolore perchè privo d' ogni in-
clinazione al male e di ogni contrasto. E nella vita
presente intende una felicità di perfezionamento, il
cui cominciamento e progresso non è altro che un
avanzarsi nell'ordine, e nella speranza di giungere
air altro stato. Questo è il senso del profondo am-
maestramento che s. Paolo diede a Timoteo , e a noi
CAPITOLO XV. 177
tutti : La pietà è utile a tutto : essa ha le promesse
della vita presente^ e della futura (1). E impossi-
bile proporre alla condotta morale delr uomo viste
più nobili.
Essendo \ annegazione e il disprezzo dei diletti il
precetto continuo e lo spirito del Vangelo, era facile
alP ingegno umano che abusa di tutto snaturare que-
sto spirito esagerandolo, e trasportare questa illusio-
ne nella religione stessa , immaginandosi che applica-
re Pidea della annecaiione anche all'ordine della vita
futura, e spingerla cosi oltre i termini fissati nel Van-
gelo stesso, sarebbe un perfezionarlo . Infatti dottrine
di questo genere si riprodussero sovente nella Chiesa,
e furono sempre proscritte (2) .
(i) Pietas aiitem ad omnia ulilts est; proinissionem habcns vilve qua;
tninc est, et futures , i. Tinit IV. 8.
(2) Tale fu, come è noto, la dottrina per cui ebbero controversia Fe-
ne'lon e Bossuet . Il nome dei due grandi contendenti ha attirata spesso
l'attenzione dei loro posteri su questa controversia; e i giudizj che se ne
fecero, sono molti e varj : il meno sensato di questi, mi sembra quello
che la dichiara una questione frivola .
Questa è 1' idea che ne volle dare Voltaire ( Siede de Louis Xlf^.
Chap. XXXFIII. Du quictisme) . Certo , se ogni ricerca sulle ragioni di
volere, e sui doveri, e sul modo di ridurre tutti i sentimenti dell' annuo
ad un centro di verità, si riguarda come frivola, tale sarà anche questa,
poiché è di quella categoria: ma in quel caso, quale studio sarà impor-
tante all'uomo? I filosofi che vennero dopo Voltaire continuarono a trat-
tare questo punto di morale, benché in altri termini; e lo considerarono
come fondamentale (V. fra gli altri fVoldemar par Jacob i , trad. de l'JL-
lemand pas Ch. fFanderbour^. t. I. pag. i5i. e seg. ) Le questioni sull'in-
teresse come base della morale, sull'amore della virtù per se stessa ec;
si riducono, nella parte principale, a quella del Quiestimo; a decidere,
cioè, se la vista della propria felicità debba entrare nelle determmaziont
virtuose. Mi sembra però, che fra i due teologi, la questione fosse ridot-
ta ai minimi termini, e che nel linguaggio degli altri moralisti regni sem-
pre una certa confusione, che nasce dall' usare la parola interesse in lui
senso ambiguo, non specificando se s'intenda con essa l'utile di rpictt,*
vita, o quello rhr abbraccia tutta l'esistenza doli' :mini;) nninm lalc . A.
qurlli che combattono la morale dell' interesse , sen/.;i spie-nsi thi.iraitiru-
je su questo punto, si potrà sempre proporre quuslo dilemma: O voi le-
AJuiizntii *J
1 78 SULLA MORALE CATTOLICA
Non può dunque esser questione giammai di di-
strugc;ere T amore di se, ma di dargli una direzione
retta e nobile, invece di una falsa e servile^ e que-
sto ha fatto eccellentemente la religione: essa, ponen-
do la ricompensa fuori del secolo presente, ha aperta
a questo sentimento una via, nella quale esso può
correre colla infinita sua forza , senza mai urtare il
più piccolo dovere . Anzi , essa ha potuto portare l'uo-
mo al massimo grado di disinteresse, e imporgli che
rinunzj non solo ai piaceri che sono direttamente dan-
nosi agli altri, ma a molti ancora che la morale del
mondo, economa imprevidente, permette ed approva.
Perciò Gesù Cristo, dove appunto dà il motivo della
elemosina, comanda l'azione non solo, ma il segreto^
e togliendo la sanzione umana dell' amore della lode ,
vi sostituisce quella della vita futura. Il tuo Padre ^
che vede nel segreto^ te ne darà egli la ricompen-
sa (i).
Non vuol guarire P avarizia colla vanità, non vuo-
le che l'uomo si prenda nello stato presente ricom-
pense di un genere che è riservato all'altro, e colga,
nella stagione in cui deve solo attendere a coltivarla,
nete che sia interesse dell'uomo l'essere virtuoso; e allora, perchè dispu-
tate? o non lo tenete e allora, la virtù sarebbe per l'uomo un comando
di fare del male a se, il che è assurdo. II torto degli altri non consiste
nel pretendere che utile e dovere debbano esser d'accordo, ma nel pre-
tendere che lo sieno in questa vita.
Nella disputa fra i due grandi vescovi , si trattava niente meno che di
mettere l'amor di Dio in opposizione con una legge necessaria dell'animo,
e di distruggere l'armonia tra le verità rivelate, e le verità sentite. E i-
nutile aggiungere che questa conseguenza era ben lontana dalle intenzioni
di Feoe'lon : il modo con cui egli terminò questa disputa, le altre sue o-
pere , e tutta la sua vita, sono una prova della sincerità con cui egli non
cessò mai di protestare che non intendeva di proporre né di accettare co-
sa che alterasse menomamente la fede della Chiesa .
(i) Ut sit eleemosyna tua in ahscondito ; et Pater tuus qui videt in
abscondito, veddet tihi . Matth. VI. \.
CAPITOLO XV. 179
lina messe che recisa s' inaridisce^ e non riempie la
mano (i)^ non vuole soltanto dei poveri sollevati,
ma desili animi liberi, illuminati, e pazienti. Che im-
porta ,^ dice il mondo sovente , da che fme provenga-
no le azioni utili', purché ve ne sieno molte? doman-
da che suppone una irriflessione prodigiosa , e alla
quale è troppo facile rispondere , che importa di non
distrarre gli nomini dal loro fme , di non ingannarli ,
di non avvezzarli alf amore di que'beni pei quali si
troveranno un'altra volta in contrasto cogli altri, di
quei beni, che goduti, crescono bensì la sete di pos-
sederli, ma non la facoltà di moltiplicarli: questa fa-
coltà ammirabile, è una qualità esclusiva dei beni di
cui si forma la felicità cristiana .
Si è fatto molte volte alla morale cattolica un rim-
provero opposto, cioè ch'essa non tenga conto del-
l'amore di se quando comanda l'annegazione e Tama-
re il prossimo come se stessi. Ma fannegazione non
vuol dire rinunzia alla felicità, ma resistenza alle in-
clinazioni viziose nate in noi dal peccato , le quali ci
allontanano dalla vera felicità: e amare il prossimo
come se stesso, signitica desiderare e procurare, per
quanto si può , al prossimo quello stesso bene che dob-
biamo volere a noi , cioè un bene eterno ed infmito .
l desiderj mondani rivolgendosi a cose fmite, le qua-
li per lo jìlìi uno non può possedere senza privarne
gli altri, chi le proponesse come beni, cadrebbe poi
in contraddizione se comandasse di volerli e di pro-
curargli agli altri come a sé . Ma la religione ha po-
tuto ragionevolmente prescrivere un amore del pros-
simo senza limite, perchè ha insegnato che questo non
(1) De quo non iinplcvit manitm suarn qui tnctit. Sai. CXXMll. 7.
1 So SULLA MORALE CATTOLICA
è mai in opposizione coll^ amore che uno deve portare
a se medesimo .
Togliere poi dall' elemosina il fine di sollevare il
prossimo, sarebbe stabilire una dottrina isolata affat-
to, anzi eterogenea alla morale cattolica. L'elemosi*
uà distacca il cuore dai beni della terra, e fomenta
nello stesso tempo il senso della carità: questi due ef-
fetti non solo non si contrastano, ma si rinforzano
scambievolmente .
L'intelletto dell'uomo ha però tanta dlfìlcoltà ad
evitare gli estremi, che non è impossibile che a talu-
no sia sembrato che vi sarebbe maggior perfezione a
prescindere dalla intenzione di sollevare il prossimo ,
che non a santiiicarla.
Ma questa esagerazione non si conosce , eh' io sap-
pia, in Italia: e il Segneri ha parlato il linguaggio
comune dell'insegnamento quando ha detto che « i\ue
ce solamente sono alla fine le porte del cielo: l'una
« quella del patire , e 1* altra quella del compali-
cc re . 5i I ministri del Vangelo quando inculcano di
soccorrere i poveri, rappresentano sempre le ango-
scie del loro stato : e nella trascuranza di questo do-
vere condannano espressamente la durezza e la cru-
deltà , come disposizioni ingiuste, ed antievangeli-
che .
Quando Gesù Cristo moltiplicò i pani per satollare
le turbe che con tanta fiducia correvano dietro alla
parola , 1' opera della onnipotenza fu preceduta da
im ineffabile movimento di commiserazione nel cuo-
re dell'Uomo Dio. Ho pietà di questo popolo ^ per-
chè sono già tre giorni che non si distaccano da
me j e non hanno niente da mangiare^ e non vo-
glio rimandargli digiuni^ perchè non is^engano per
CAPITOLO XV. 18 1
istrada (1). La Chiesa^ ha ella potuto cessare un
iDomento di proporre per modello i sentimenti di Ge-
sù Cristo?
Converrebbe domandare a quei parochi zelanti e
nìiserìcordiosi, i quali scorrendo le case affollate della
indigenza, e dopo aver soddisfatto con lagrime di te-
nerezza e di consolazione ad estremi bisogni, ne tro-
vano ancora dei nuovi, e non hanno che lagrime a
mischiare con quelle del povero, converrebbe doman-
dare ad essi, se quando ricorrono al ricco per averne
i mezzi di saziare la loro carità , non gli parlano che
deir anima sua, se non gli dipingono le miserie e i
patimenti e i pericoli del bisognoso, e se quelli che
ascoltano preghiere cosi sante e così generose, le a-
scoltano con fredda insensibilità, se V immagine del
dolore e della fame è esclusa dai sentimenti che li
muovono a dividere con esso lui quelle ricchezze che
sono così sovente un inciampo, e un mezzo di piaceri
che portano alla dimenticanza e fmo alP avversione
per l'uomo che soffre.
San Carlo, che si spogliava per vestire i poveri, e
che vivendo fra gli appestati per dar loro ogni ma-
niera di soccorso , non dimenticava che il suo perico-
lo- quel Girolamo Miani, che andava in traccia di
orfani pezzenti, per nutrirli e per disciplinarli, con
quell'ansia che un ambizioso metterebbe a brigare l'e-
ducazione del figlio di un re, non pensavano dunque
che all'anime loro? e il pensiero di sollevare i loro
simili non entrava, per nulla in una vita tutta conse-
(i) Misereor turbce , quia triduo jam perseverant mecum, et noti ]ui:':-ni
tjuoH manducent: et dimittere eos iciurios nolo, et de/ìciant in via. M;inh.
XV. :w.
, 82 SULLA MOH AJ.E CATTOLICA
crata ad essi? L'uomo clie vive lontano dallo spetta-
colo dello miserie, versa qualche lagrima ad udirne il
racconto:^ e quelli che una irrequieta carità spingeva
a cercarle, a soccorrerle, vi avrebbero portato un
cuore privo di simpatia?
Certo, non sì vuole qui fare una enumerazione de-
^li atti di carità, di cui è piena la storia del cattoli-
cismo: ne scelgo un solo, insigne per delicatezza di
commiserazione 5 e lo scelgo perchè, essendo recente,
è un testimonio consolante dello spirito che vi è sem-
pre vivo. Una donna che abbiamo veduta fra noi, e
di cui ripeteremo il nome ai nostri figli, una donna
cresciuta fra gli agi, ma avvezza da lungo tempo a
privarsene e a non vedere nelle ricchezze che un mez-
zo di sollevare i suoi simili, uscendo un giorno da una
chiesa di campagna, dove aveva udita una istruzione
sull'amore del prossimo, andò al casolare dove gia-
ceva una inferma, il cui corpo era tutto schifezza e
putredine*, uè si contentò di renderle, com'era suo
costume, quei servici pur troppo penosi, nei quali
anche il mercenario intende di prestare un ufficio di
misericordia, ma piena di un sovrabbondante impe-
to di carità, la abbraccia, la bacia in volto, le si po-
ne a canto, divide il letto del dolore e dell'abban-
dono, e la chiama più e più volte col nome di sorel-
la co.
Ah ! l'idea di sollevare una creatura non era certo
estranea a quei nobili abbracciamenti. Mangiare il
pane della liberalità altrui , ottenere di che raddolcire
i mali del corpo e prolungare una vita di stenti , non
(i) Vita (Iella virtuosa matrona milanese, Teresa Trotti Brntwogìi Ar-
■eunaii . Pag. 82.
CAPITOLO XV. i85
è il solo bisogno dell'uomo su cui pesa la miseria e
l'infermità: sente di essere chiamato anch' egli a que-
sto convito di amore e di comunione sociale*, la soli-
tudine in cui è lasciato, il pensiero di fare orrore al
suo simile, il riguardo con cui gli si avvicina quel
medesimo che gli porsje soccorso, il non veder mai
un sorriso, è forse il più amaro de^suoi dolori. E il
cuore che pensa a questi bisogni, e li soddisfa, che
vince la ripugnanza dei sensi per non vedere che l'a-
nima immortale che soffre e si purga, è il più bel te-
stimonio per le dottrine che lo hanno educato, è una
prova che esse non mancano mai alle ispirazioni le
più ardenti e ingegnose della carità universale.
CAVIT0Ì.0 XM.
SI LLA SOUKIETa', E S!JLLE ASTINKKZR — SULLA
CO.\TINEN/.A . E .SiLl.A VEÌIGLMTA' ,
Ln sobriété, la continence , sont des vertus domestiques
qui coTisen>eut les f acuite s des individus , et assuvent la
paix des jamdles : le casuiste a mis à la place /ev mai-
greSf les jeùnes y les ingUes, les voeux devliginitéet
de chastetc ; et à coté de ces vertus inonacales , la gour-
niandise et V impudicité peuveut prendre racine dans les
coeurs. Pag. l\'xo.
iLe istituzioni relative all'astinenza, sono di quelle
che il mondo ha avuto l'arte di circondare di una
specie di ridicolo, per cui molti di quegli stessi che
le venerano in cuor loro, parlano in loro difesa con
timidi rispetti, non osano quasi di adoperare i nomi
proprj , e lasciano credere che la ragione , rispettan-
dole, non faccia altro esercizio, che sottomettersi ad
una sacra e incontrovertihile autorità. Ma chi cerca
sinceramente la verità, invece di lasciarsi spaventare
dal ridicolo, deve fare un oggetto di esame del ridi-
colo stesso.
Questo ha, nel caso presente, due cagioni ben di-
stinte. L'una è nella avversione che il mondo ha alla
penitenza: tutto ciò che la prescrive, e che la orga-
nizza, per così dire, gli spiace ^ e non volendo con-
fessarne i veri motivi, associa più che può ad essa
CAPÌTOLO XVI. i85
idee ndlcole, per far cretlere che vi disapprova qual-
che cosa di contrario alla ragione: dimentica, o finge
di dimenticare lo spirito e i motivi di queste prescri-
zioni: non si vergognerà, per esempio, di domandare
per dei secoli, che cosa importa a Dio che gli uomini
usino piuttosto tali che tali altri cibi, e di fare altre
difficoltà di egual forza .
L'altra cagione è nel modo con cui le prescrizioni
relative all'astinenza sono eseguite da molti cattolici .
Le Scritture e la tradizione rappresentano il digiuno
come una disposizione di staccatezza e di privazioni
volontarie, della quale T astinenza dai cibi è una par-
te, una conseguenza necessaria, una espressione e-
sterna. In uomini operosi nella ricerca dei contenti
mondani di ogni genere , nemici di ogni umiliazione e
di ogni patimento, questa sola parte di penitenza e-
seguita farisaicamente, è una operazione isolata, che
trovandosi cosi differente dal resto della vita, vi for-
ma una disarmonia, la quale serve l'inclinazione del
moì\do a profittare d' ogni appigho per poter ridere
delle cose della religione . L'astinenza delle carni poi,
non è che un mezzo prescritto dalla Chiesa per osser-
vare questo digiuno : se di questo si è potuto fare in-
vece un mezzo di raffinamento, certo che un indizio
esteriore , una rimembranza illusoria , e per cosi dire ,
una millanteria di penitenza, che si vede uscire tutto
ad un tratto da una vita tutta di delizie e di passio-
ni, presenta un contrasto fra l'intenzione della legge
e lo spirito dell'obbedienza, fra la difficoltà ed il me-
rito, che presta al ridicolo.
Ma per farne cessare ocni occasione dinanzi a quel-
li che amano a riflettere (perchè vi ha degli uomini
che non lasciano più di ridere su una cosa che hanno
1 8G SULLA MOlì ALE CATTOLICA
lina volta concepita come ridicola)^ basta toi^licrè le
astinenze da quest' ordine d* idee nel quale fanno con-
traddizione, e riportarle in quello che loro è proprio
e nel quale furono collocate dalla legislazione religio-
sa;, basta osservarle insieme coi fatti dell'animo uma-
no, coi motivi e coi lini che la Chiesa ha avuto di
mira nell'ordinarie, e basta non dimenticare i casi
nei quali producono i loro effetti: allora non solo
svanirà il ridicolo, ma risulterà la bellezza, la sa-
pienza, e l'importanza di queste leggi.
E una verità tanto nota quanto umiliante, che l'a-
buso dei cibi influisce sull'animo, degradandolo. Una
serie di sentimenti gravi, regolati, magnanimi, be-
nevoli, può esser interrotta da un tripudio: e nella
sede stessa del pensiero si forma una specie di entu-
siasmo carnale, una esaltazione dei sensi, che rende
inditferenti alle cose le più grandi, che distrugge o
indebolisce la persuasione del bello, e trasporta verso
la sensualità e l'egoismo. La sobrietà conserva le fa-
coltà degli individui, come ha benissimo detto l'illu-
stre Autore : ma la religione non si accontenta di
questo etfetto, ne di questa virtù, conosciuta anche
ai gentili: e avendo fatti conoscere i mali profondi
dell'uomo, essa ha dovuto proporzionare ad essi i
rimedj . Nei piaceri della gola che si possono combi-
nare colla sobrietà, essa vede una tendenza sensuale
che svia dalla vera destinazione^ e dove non è ancor
cominciato il male, essa segna il pericolo. Essa co--
manda l'astinenza, come una precauzione indispensa-
bile a chi deve sostenere il combattimento contro la
legge delle membra;, la comanda come espiazione dei
falli in cui 1 umana debolezza fa cadere anche i mi-
gliori 5 la comanda ancora come giustizia, e come ca-
CAPITOLO XVI. 187
rità , percìiè le privazioni del fedele devono servire a
soddisfare alle necessità altrui, e compartire così fra
gli uomini le cose necessarie al vitto , e fare scompa-
rire dalle società cristiane quei due tristi opposti, di
profusione a cui manca la fame, e di fame a cui
manca il pane.
Queste prescrizioni essendo così necessarie all'uomo
in tutti i tempi, hanno dovuto cominciare colla pro-
mulgazione della religione^ e così è infatti. Nel solo
popolo che avesse una civilizzazione fondata sopra ì--
dee di giustizia universale, di dignità umana, e di
progresso nel bene, cioè su un culto legittimo, si
trovano esse fino dai primi tempi dal suo passaggio
solenne dallo stato di schiavitù domestica , dove era
ritenuto dalf avarizia e dalla mala fede , allo stato di
nazione : e la tradizione del digiuno discende da Mosè
fino ai nostri giorni come un rito di penitenza, e un
mezzo per innalzare la mente al concetto delle cose
di Dio, e per mantenersi fedeli alla sua legge.
Al tempo di Samuele , gf Israeliti prevaricano *, ma
quando ritornano al Signore pentiti , quando cessano
di adorare le ricchezze della terra, e tolgono di mez-
zo a loro gli Dei visibili degli stranieri, offrono olo-
causti al Signore, e digiunano (1).
L'idolatria era il culto della cupidigia, la festa dei
godimenti terreni: per rompere l'abitudine della ser-
vitù dei sensi, per ritornare a Dio, bisognava comin-
ciare dalle privazioni volontarie . E quando i figli
d'Israele ritornano dalla terra dei padroni stranieri,
i88 SULLA MORALE CATTOLICA
quando sono per rivedere Gernsalemme , il magnani-
1110 Esdra che li conduce, li prepara al viaggio col
digiuno e colla preghiera (i), per ricominciare così
un popolo religioso e temperante , segregato dalle
gioje tumultuose e servili delle genti.
11 digiuno accompagna senza interruzione il primo
testamento: Giovanni, precursore del nuovo, lo adem-
pie e lo predica: e Quegli che fu l'aspettazione e il
compimento dell'uno, il fondatore e la legge dell'al-
tro, e la sahite di tutti, Gesù Cristo, lo comanda,
lo regola, ne tocjlie 1 ipocrita ruvidezza, e la malin-
conica ostentazione, lo attornia di immagini socievo-
Ji e consolanti (2), ne insegna lo spirito, e ne dà
egli stesso l'esempio. Certo, la Chiesa non ha hiso-
gno di altra autorità per render ragione di averlo
conservato .
Gli Apostoli sono 1 primi a seguirlo. Il digiuno e
la preghiera precedono l'imposizione delle mani che
diede a Paolo la missione alle genti (3), e la reli-
gione (come dice Massillon) nasce nel seno del digiu-
no e delle astinenze (4) . D' allora in poi , dove si
può segnare un'epoca di sospensione o d'intervallo?
tutta la tradizione lo riproduce ad ogni momento, e
se si trova pur troppo il letterale adempimento del
(i) Et picedicavi ibi jejunium juxtafluvium Aliava, ut affligeremtir co
Td'ii Duniiiìo Dea nostro, et peterenius ab eo viam rectani nobis et Jiliis-
riostris, uìiiversceque siibstantiae nostrce . i. Esdr. Vili. 21.
(2) Cum aiitem jejunatis , noli te fieri , siciit hjpocritce , tristes ; exter
ntinnnt eriiiii facies suas , ut appareant Iiominibus jejunantes . Amen dico
■vobis , quia receperunt niercedem suam . Tu autem cum jejunas , unge ca-
put tuum , et fnciein tuam lava : ne videaris ab hominibus jejunans , sed
Patri tuo: et Pater tuus , qui videt in abscondilo , reddet tibi. Matth.
VI. 16. 17. 18.
(3) Tunc jrjuiiantes et orantes , imponenlesque, eis (Saulo, et Barna-
ba;) manus , din iseriint illos. Act. XIII. 3.
( '() Scrmon sur le Jeùne . E il primo della quaresima .
CAPITOLO XVI. 1 89
digiuno scompagnato da una vita cristiana, è impos-
sibile trovare una vita cristiana scompagnata dal di-
giuno. I martiri e i re, i vescovi e i semplici fedeli,
eseguiscono ed amano questa legge ^ essa si trova co-
me in un posto naturale fra i cristiani. Fruttuoso ve-
scovo di Tarragona, rifiutò, andando al martirio, u-
na bevanda che gli era offerta per confortarlo, la ri-
fiutò , dicendo che non era passata T ora del digiu-
no (1). Chi non prova un sentimento di rispetto per
una legge così rispettata nel momento solenne del do-
lore da un uomo che stava per dare una testimonian-
za di sangue alla verità? Chi non vede che essa stes-
sa aveva contribuito a prepararlo al sagrificio, e che
per morire imitatore di Gesù Cristo , egli ne era vis-
suto imitatore?
Ma prescindendo da questi esempi ammirabili ^ nel-
la situazione la più ordinaria d'un cristiano, il digiu-
no e le astinenze si legano con ciò che la sua vita ha
di più degno e di più puro. Si vegga mi uomo giu-
sto, esatto ai suoi doveri, attivo nel bene, solferen-
le dei mali inevitabili, fermo e non impaziente con-
tro l'ingiustizia, tollerante e misericordioso, e si di-
ca se le pratiche dclf astinenza non sono in armonia
con una tale condotta. San Paolo paragona il cristia-
no all'atleta che j)cr consecjuire una ((jrona corrutti-
bile, era in tutto astinente (2). L agilità e il vigore
che ne veniva al suo corpo, era tanto evidente, i
mezzi erano così conformi al fine, che a nessuno sem-
brava irragionevole quel tenore di vita, nessuno se
(i) Fleury, HTnpurs des Chvèliens . IX. Jcimes .
(•-'.) Oinnis attieni, qui in airone contcndit , ab o/nitilms sv nhslinel : et
ali i/iii'dcin , tit conitiilihiicin coionatn acci'jjittitt ; itus aitte/n iiicoriiiplam .
1 C.ov. IX. io.
1 ()o SULLA MORALE CATTOLICA
ne faceva maraviglia : e noi educati alle idee spiritua-
li del cristianesimo, non sapremo vedere la necessità
e la bellezza di quelle istituzioni che tendono a reu-
der l'animo indipendente dalle inclinazioni del senso?
Questo è il punto di vista vero e importante, delle
astinenze: questi sono i loro elì'etti, e se il mondo
non li avverte , è perchè quelli che le praticano in i-
spirito di fedeltà, si nascondono, e il mondo non si
cura di ricercarli, e non nota per lo più le astinenze,
che quando presentano un contrasto col resto della
condotta .
\i ha delle istituzioni transitorie, il fine delle qua-
li è soltanto di preparare ad un altro ordine, e che
hanno il loro compimento quando sono tolte di mez-
zo, ve ne ha di quelle che sono così compenetrate
collo spirito principale che è il loro fine , che non
possono mai essere abolite: esse attraversano delle
generazioni ribelli o non curanti , rimangono immo-
bili in mezzo ad un popolo dimentico o derisore, a-
spettando le generazioni obbedienti e riflessive, per-
chè sono fatte per tutti i tempi. Tali sono (non dico
il digiuno, che è istituzione divina), ma la più parte
delle leggi ecclesiastiche sulla astinenza j tali sono per
esempio le vigilie. Celebrare la commemorazione dei
grandi misteri, e degli avvenimenti ai quali dev'es-
sere rivolta tutta la considerazione del cristiano, e
prepararvisi colla penitenza e colle privazioni, è una
istituzione tanto essenzialmente cristiana, che si con-
fonde colla origine della religione, e non ha avuto un
momento di sospensione.
L'astinenza delle carni è un mezzo prescritto dalla
Chiesa per facilitare l'adempimento della penitenza.
Se vi ha chi ne combina l'osservanza colla intempe-
CAPITOLO XVI. 191
ranza e colla gola, questa è una prova di più^ che
r uomo è ingegnoso ad eludere leggi più salutari , è
una occasione di riflettere ai pericoli delle ricchezze,
annunziati da Gesù Cristo: giacché si vede, che nei
mezzi stessi di salute esse possono far trovare un in-
ciampo . Malgrado però le grida e le derisioni che da
tanto tempo si alzano contro questo precetto, la Chie-
sa si è ben guardata dal togliere un monumento del-
l'antica semplicità e dell'antico rigore, dal cancella-
re ogni vestigio di penitenza, per far ragione ai recla-
mi del mondo suo nemico. Se v'ha chi lo elude, non
mancano pure dei ricchi che obbediscono sinceramen-
te e per ispirito di penitenza, ad una legge di peni-
lenza, non sono mancanti fra i poverelli coloro che
forzati ad una sobrietà che rendono nobile e volonta-
ria coir amarla, trovano il mezzo di usare qualche
maggiore severità al loro corpo nei giorni in cui una
paiiicolare afflizione è prescritta dalla Chiesa: essa li
considera come il suo più bello ornamento, e come i
suoi tìgli prediletti.
Tutte queste pratiche non possono dirsi sostituite
alla sobrietà : non ne dispensano '^ la suppongono inve-
ce, e ne sono un perfezionamento.
Così dicasi del voti di verginità e di castità, in
rapporto alla continenza: come chiamarla una sosti-
tnzione a questa, se ne sono, per dir così, l'ideale?
E inutile dire che la verginità lodata e consigliata da
San Paolo (1) che ne diede lesenqìio, lodata e disci-
plinata dai Padri, non è una invenzione de' casisti.
(1) De vifginihus auteiìi prceceptum Domini non Iinbeo ; consiliiim. au'
lem do, tumqtiain inìsci'icordiain conscciiliu; a Domino , ut sim Jidclis .
Exislimo er^o hoc bonuni esse proptcr ur^entcrn necessitntcni , quonium
hoiiiim est ìiomiiii sic esse. Alli'^atus es uxori ? Noli quceiere solulioniin .
Solulus es ab uxore? Noli quosrerc uxoreni . i. Cor. VII. iì5. 26. -^7.
1 92 SULLA MORALE CATTOLICA
Che se r impudicizia può prendere radice nel cuore
a fianco della castità, e la gola a fianco delle astinen-
ze, ciò vorrà dire che tanta è la corruttela dell'uo-
mo , che i mezzi stessi proposti dall' Uomo-Dio non la
estirpano totalmente, che essi sono arme per poter
vincere, ma che non dispensano dal combattere: ma
chi potrà supporre che vi possano essere rimedj mi-
gliori? Opporre alla Chiesa, la quale consiglia o co-
manda l'esercizio più perfetto di una virtù, che tal-
volta esso può essere scompagnato dal sentimento di
quella virtù, non può, ch'io veggia, condurre ad al-
cuna utile conseguenza . Perchè questa obbiezione a-
vesse forza, converrebbe potere asserire che la so-
brietà e la continenza sterpano dal cuore la radice
delle inclinazioni contrarie .
CAPITOLO XVII.
SrLLl MODESTIA, E SULLA UMILTÀ*
La modestie est la plus aimahlc des qualités de Vhomme
supérieuv; elle ii exclut point un juste orgueil, qui lui
sert d'appai cantre ses propres faiblesses , et de conso-
lation dans l' adversité : le casuiste y a suhstitué Vhu-
milité y qui s' allie avec le mépris le plus insuitant pouv
les autres . Pag. tyio y l\;i\.
Ilo non difenderò qui i casisti dalla taccia di avere so-
stituita alla modestia, e per così dire, inventata T u-
miltà : essa è tanto espressamente comandata nelle
Scritture, che suppongo che la frase la quale sembra
presentare questo senso , ne abbia un altro eli' io non
fio saputo rilevare .
Mi fermerò invece a ragionare sulla natura di que-
ste due virtù ^ per dimostrare che la modestia senza
umiltà, o non esiste o non è virtù-, che chi loda la
modestia, o pronunzia una parola senza senso, o ren-
de omaggio alla verità della dottrina cattolica , per-
chè gli atti e i sentimenti che s'intendono sotto il no-
me di mode^ia, non hanno la loro ragione che nella
umiltà , quale è proposta da questa dottrina .
Qui è necessario risalire ad un principio generale
della morale religiosa : in essa ogni sentimento co-
mandato si fonda sulla verità assoluta di una idea.
iNon credo che sia bisogno di giustiiicare questo prin-
JSlair.oni -«i
(
1 94 SULLA MORALE CATTOLICA
clpio: esso è tanto conforme alla ragione, che basta
enunciarlo. Applicandolo ora alla modestia, vedremo
clic questa per essere virtù , deve avere due condizio-
ni : essere l' espressione di un sentimento non finto ma
reale, e di un sentimento fondato su una verità: de-
v'essere sincera, e ragionata.
Che cosa è la modestia? Non credo facile il dirlo:
per definire s^ intende per lo più, specificare il senso
unico e costante che di uomini attribuiscono ad una
parola: ora, se gli uomini variano nèlF applicazione
di una parola, come trasportare nella definizione un
senso unico che non esiste nelle idee? E celebre T os-
servazione di Locke: che la più parte delle dispute
filosofiche è venuta dalla diversa significazione attri-
buita alle stesse parole: sono pochi ^ dice egli, quei
nomi cV idee complesse ^ che due uomini impieghino
a significare precisamente la stessa collezione d' i-
dee (i). Questa diversità, o per dir meglio latitudi-
ne di significato , si trova più specialmente nei nomi
consacrati ad esprimere disposizioni morali .
Ma non pertanto è certo che gli uomini s'intendo-
no fra di loro, se non con precisione, almeno appros-
simativamente, quando adoperano o ascoltano alcuna
di queste parole^ non potrebl>ero anzi disputare se
non andassero intesi più o meno, se non dessero in
parte lo stesso significato alla parola in questione: il
che ha fatto dire a taluno, che non vi ha dispute di
meri vocaboli, ma che tutte sono d'idee. Questo si
spiega, a mio credere, osservando che in ognuno di
questi nomi d'idee morali v'e una idea predoaiinan-
(i) Loke, Essai sur V entendement humaiii: Livre III. Gap. X. De l'a-
bus des mots. i -22.
CAPITOLO XVII. 195
le e gencrallssima che tutti vi riconoscono, bencliè
nell'applicazione essa subisca modificazioni indefinite
secondo la diversità delle menti*, idea che ricompare
sempre, e che regge, per così dire, il complesso d'i-
dee alle quali si vuole applicare quel nome . Ora nei
sentimenti, nei pensieri, nelle azioni, nel contegno a
cui si applica la parola modestia , l' idea predominan-
te mi sembra essere: confessione di una maggiore o
minor distanza dalla perfezione. Credo che questa
sia la definizione più propria ad abbracciare tutti i
possibili casi di applicazione, e parto da questa per
giungere ad una non meno generale , e più ragionata .
Perchè, io stimo che si dieno in queste materie due
sorta di definizioni : definizioni che astra2;gono ed e-
sprimono quella idea predominante di cui abbiamo
jiarlato, e si potrebbero chiamare definizioni stori-
che : e definizioni che danno la ragione di questa i-
dca, e che riducendola a nozioni precise ed applica-
bili con sicurezza e con fondamento, vengono a cir-
coscrivere, e per dir così, a comandare il senso che
gli uomini degglono annettere a quella parola^ se pre-
tendono esprimere una idea giusta, e si potrebbero
chiamare definizioni razionali . Questa distinzione ap-
parirà più chiara nella applicazione che ne faremo
alla definizione della modestia 3 giacche io penso che
si possa darne una precisa del secondo ejenere.
Se si ammette per ora la prima, io domando: l'uo-
mo, a cui si dà lode di modesto, perchè dimostra
un sentimento della propria impei'fezione , o è per-
suaso, o non lo è: se non lo è, la sua è tanto lonta-
na dall'essere virtù , che è anzi vizio , e finzione , ipo-
crisia. Che se e persuaso, o si appone, o è in erro-
}'e , in questo secondo caso , e ignoranza , inganno :
, 96 SULLA MORALE CATTOLICA
ora non è virtù quel sentimento che un esame niìi
giudizioso, una maggior cognizione della verità, un
aumento di lumi ci farà abbandonare: altrimenti, bi-
sognerebbe dire che vi ha delle virtù opposte alla ve-
rità^ in altri termini^ che talvolta la virtù è una chi-
mera. Se dunque, quando si loda la modestia di uno,
non si vuol dire che quest^uomo sia un impostore, o
uno sciocco, converrà dire che la modestia suppone
la cognizione di se stesso, e che nella cognizione di
se stesso l'uomo deve sempre trovare la ragione di
esser modesto . Ho detto sempre; perchè altrimenti,
vi sarebbero dei casi in cui l'uomo potrebbe ragio-
nevolmente avere il sentimento opposto a questa vir-
tù: anzi, a misura che uno si avanzasse nelle virtù,
dovrebbe scemare di modestia , giacché è certo eh' e-
gli si sarebbe avvicinato alla perfezione;, e così il mi-
glioramento deir animo condurrebbe logicamente alla
perdita di una virtù, il che è assurdo. Ora questa
ragione perpetua e senza eccezirme, di modestia, si
trova nella doppia idea che la rivelazione ci ha data
di noi stessi, e sulla quale è motivato il precetto del-
l'umiltà, la quale non è altro che una cognizione di
se stesso: e questa idea si è, che l'uomo è corrotto
ed inclinato al male , e che tutto ciò eh' egli ha di be-
ne in sé è un dono di Dio , di modo che ognuno può
e deve in ogni caso dire a se stesso: Che hai tu che
non abbi ricevuto ? e se lo hai ricevuto , perchè te ne
giorj ^ come se non lo avessi ricevuto (i)-'^
Per questa sola ultima ragione, Gesù Cristo, ben-
ché perfetto, anzi perciò appunto, ha potuto essere
(0 Quis enim te dìscernit? Quid autem hahes , quod jwn acceju'fifì ?
iSV aiileui ncccpisll , quid gloriaris quasi non acceperis? i. Corinlh. VI. 7»
CAPITOLO XVII. 197
sovranamente limile^ perchè conoscendo in eccellenlo
grado se stesso , e non essendo accessibile ad alcuna
delle passioni che fanno errare T uomo che si giudica ,
Egli ha veduto in eccellente grado , che le infinite
perfezioni ch'Egli aveva nella sua natura umana, e-
rano doni.
E per riguardo a tutti gli uomini , si darà una idea
chiara e ragionata della modestia, definendola: l'e-
spressione della umiltà , il contegno d' un uomo il
quale sente eh' egli è soggetto alf errore ed al tra-
viamento, e che tutti i suoi pregi sono doni ch'egli
può perdere per la sua debolezza e corruttela. Se non
vi si suppone questa idea, la modestia è ciurmeria o
scempiaggine; se vi si suppone, essa e virtù e ragio-
ne: con questa idea si spiega la uniformità del senti-
mento degli uomini in favore di essaj e questo senti-
mento diventa un raziocinio.
Noi lodiamo Tuomo modesto ^ non solo perchè, ab-
bassandosi e tenendosi in un canto , lascia a noi \m
po' più di spazio per elevarci e per comparire ^ non
lo lodiamo solo come un concorrente che si ritira .
Certo, l'interesse delle nostre passioni ha una parte
che noi stessi non sappiamo sempre discernere nelle
nostre approvazioni e nei nostri biasimi : ma ognuno
esaminandosi trova in se stesso una disposizione ad
approvare, indipendente da questo interesse e fonda-
ta sulla bellezza di ciò che approva. Si potrebbe di-
mostrare con esempi la realtà di questa disposizione,
ma ognuno la sente, è un fatto.
Non lodiamo la modestia soltanto come una quali-
tà rara e diflicile : vi ha delle abitudini perverse che
sono di pochi uomini, e alle; quali essi non giungo-
no die facendosi molta violenza : e nessuno le ap-
prova .
1 ()8 SULLA MORALE CATTOLICA
INon lodiamo neppure la modestia solo perche riit^'
nisca questi due caratteri, di utilità, e di difllcoltà.
11 vecchio della montagna ritraeva un vantaggio dalla
credulità e dalla devozione di colui che al suo cenno
si lanciava nel precipizio, e doveva ravvisare uno
sforzo difficile in questa obbedienza, eppure non po-
teva sentire una stima per quest'uomo ch'egli cono-
sceva meglio d'ogni altro come un miserabile zimbel-
lo della sua impostura .
Noi approviamo e lodiamo l'uomo modesto, per-
chè malgrado la tendenza violenta d'ogni uomo a sti-
marsi eccessivamente, è giunto a fare un giudizio im-
parziale e vero di se stesso ^ perchè è giunto a farsi
ima lee;ge di rendere alla verità questa testimonianza
difficile e dolorosa . La modestia insomma piace come
utilità, come difficoltà, e come verità. Si ripassino
pure tutte le idee ragionevoli intorno alla modestia,
tutte verranno a combinare con questa.
La modestia è una delle più amabili doti del-"
1' nomo superiore: si osserva anzi comimemente, che
essa cresce a misura della superiorità: e questo si
spiega benissimo colle idee della religione. La supe-
riorità non è altro che un grande avanzamento nella
cognizione e nell'amore del vero : la prima rende Tuo-
mo umile, e il secondo lo rende modesto.
Quest'uomo, teme le lodi e le sfugge ma le lodi
sono piacevoli, e non vi pare ingiustizia a cercare le
occasioni di ottenerle spontanee: eppure il suo conte-
gno è approvato da tutti quelli che apprezzano la vir-
tù. Ciò accade perchè quel contegno è ragionevole.
L'uomo modesto sente che le lodi non gli ricordano
che una parte di sé, e quella appunto ch'egli è già
più inclinato a considerare e ad ingrandire , mentre
i
CAPITOLO XVII. 199
per ben conoscersi egli ha bisogno di considerare tut-
to se stesso ; egli sente che le lodi lo trasportano Ik-
cilmente ad attribuire a sé ciò che è dono di Dio , a
supporre in se una eccellenza sua propria, ad un er-
rore^ perciò le sfugge, perciò egli nasconde le sue
belle azioni, perciò" conserva i suoi sentimenti più
nobili nella custodia del suo cuore : egli conosce che
tutto ciò che lo porta a farne mostra è un desiderio
di superbia, di essere distinto, osservato, stimato,
non quello che egli è , ma il meglio possibile ,
Ma se la verità e la carità lo domandano , egli la-
scia apparire il bene che è in lui, e si rende testimo-
nianza dove può esser certo di non ingannare sé, ne
gli altri: ne è uno splendido modello la condotta di
San Paolo, quando l'utile del suo ministero lo obbli-
ga a rilevare ai Corinzj i magnifici doni di Dio . Co -
stretto a parlare di ciò che lo può elevare agli oc-
chi altrui, egli ne restituisce a Dio tutta la gloria^
quindi confessa spontaneamente le miserie più umi-
lianti in un Apostolo , in cui la dignità della missio-
ne sembra escludere l'idea della caduta non solo, ma
della tentazione . Nell'animo sublimato alla intelligen-
za delle arcane parole che non è lecito ad un uomo
di proferire (i)^ chi avrebbe ancora supposta viva
la guerra delle inclinazioni del senso? Egli stesso ne
parla: eejli discende dalle caste ed alte visioni del
terzo cielo a mostrarsi nelP arena dei combattimenti
carnali: costretto a rivelare il segreto del suo animo,
lo rivela tutto intero, per esser tutto conosciuto (2).
(1) Quoniam raptus est in Paradisum, et audivit arcana verha , ijua;
non licet homini loqid . II. Cor. XII. l\.
{.■■>■) Et ne magnitudo revelnliuniiin cxtnllat me, datus est ini/ii slwui-
tiis carnis mece , Angelus Satana', r/iit me colajihizct . Ibid. 7.
200 SLIA A MOUALE CATTOLICA
Se la modestia è l'umiltà ridotta in pratica, non
si può combinare coli' orgoglio , che è il contrario di
questa, ne vi sarà alcun giusto orgoglio. L\iomo clic
sente compiacenza in se stesso, l'uomo che non rico-
nosce in sé rpiella legge delle membra che contrasta
alla leoge della niente^ l'uomo che osa promettere a
se stesso che per sua forza egli sceglierà il bene nelle
occasioni difficili, è miserabilmente ingannato, ed in-
giusto, Tuomo che si antepone agli altri, è temera-
rio 5 è parte , e si fa giudice . Che se per un giusto
orgoglio s'intende riconoscere la verità del bene che
si è fatto, senza attribuirlo a se, e senza elevarsene,
sarà questo un sentimento legittimo, anzi un senti-
mento doveroso^ ma l'umiltà non lo esclude, ma è
Inutilità stessa, ma la condotta contraria è proscritta
dalla morale cattolica come menzognera e superba ^
poiché chi crede che giudicando se stesso secondo la
realtà, avrebbe di che gloriarsi, e che gli bisogni
contraffarsi per potere essere umile, quegli è un po-
vero superbo^ ma finalmente bisogna permetterci di
chiamare questo sentimento altrimenti che orgoglio^
non per cavillare su una parola, ma perchè cpiesta è
consacrata a significare un sentimento falso e vizioso
in tutti i suoi gradi. E poiché la condotta esterna può
essere in molti casi la medesima in chi ha il sentimen-
to dell'umiltà, e in chi non lo ha, importa di con-
servare il suo senso alla parola che è appunto desti-
nata a specificare il sentimento. L'orgoglio adunque
non può mai esser giusto: quindi non può mai essere
ne un sostegno alla debolezza umana, ne una conso-
lazione nelf avversità .
Questi son frutti dell'umiltà^ è dessa che ci sostie-
ne contro la debolezza , facendocela conoscere e ri-
\
CAPITOLO XVII. 201
cordare ad ogni momento , è dessa che ci porta a ve-
gliare e a predare Colui che comanda la virtù e die
la dà ^ è dessa^ che ci fa levare lo sguardo ai monti
donde ci viene V ajuto (i). E nelle avversità le con-
solazioni sono per \ animo umile che si riconosce de-
gno di soffrire, e prova il senso di gioja che nasce
dal consentire alla giustizia. Riandando i suoi falli,
le avversità gli appajono come la retribuzione di un
Dio che perdonerà, e non come colpi di una cieca
potenza: egli cresce in dignità, e in purezza, perchè
ad ogni dolore sofferto con rassegnazione egli sente
cancellarsi alcuna delle macchie che lo rendevano men
bello : che più ? egli giunge ad amare le avversità
stesse, perchè lo rendono conforme alV immagine del
Figliuolo di Dio (2) , e invece di perdersi in vane e
deboli querele, egli rende grazie, in circostanze nelle
quali, abbandonato a se stesso, non troverebbe che
il gemito deir abbattimento , o il grido della rivolta.
Ma r orgoglio ! Quando Iddio a<i>rà umiliato il super-'
ho come un ferito (3) ^ 1' orgoglio sarà per lui un
balsamo? A che può esso servire nelle avversità, se
non a farle odiare come ingiuste, a suscitare in noi
perpetuamente un irrequieto e doloroso paragone tra
quello che ci sembra di meritare, e quello che ci toc-
ca di soffrire? Il punto di riposo per l'uomo in que-
sta vita è nella concordia della sua volontà colla vo-
lontà di Dio sopra di lui^ e chi ne è più lontano che
r orgoglioso quando è percosso? L'orgoglio è garrulo
nella sventura, quando trovi ascoltatori} si esaurisce
(1) Levavi oculos meos in montes , unde vcnict aiixìliitni mila . Ps- CXX:
(2) Cotiformcs peri imagiru's Filit sui. Wom. VUI. u).
(3) Tu /luminasti , siati vulnevatum , supcrbum . Psal. LXXXVIU. II.
202 SULLA MORALE CATTOLICA
a provare che le cose non dovrebbero essere come Dio
le ha volute: il suo silenzio è per lo più forzato, è
amaro, è nutrito di disprezzo, e teme fino il senti-
mento della commiserazione. Quelle vantate consola-
zioni dell'uomo che nelP avversità assicura di trovare
un compenso in se, quando questo compenso non sia
rassegnazione e speranza, non sono altro per lo più
che un artificio dell' orgoglio stesso, che rifug2;e dal
lasciar vedere uno stato d' abbattimento , che potreb-
be essere un grato spettacolo all'orgoglio altrui. Dio
sa quali sieno queste consolazioni: e basta leggere le
Confessioni dell' infelice Rousseau per averne una i-
dea, per vedere quale sia lo stato di un cuore che,
ammalato d orgoglio ;, chiama l'orgoglio in suo soc-
corso. Egli ritorna col pensiero sulle umiliazioni sof-
ferte nella società, ne rammemora le più picciole cir-
costanze ^ colui che aveva tanto meditato e scritto
sulla corruttela dell'uomo sociale, non aveva un ani-
mo preparato alla ingiustizia: quando ne è colpito,
non può darsene più pace. Si misura con quelli che
10 offesero, che lo trascurarono, si trova tanto dap-
più di essi, e si rode pensando che questi appunto
l'abbiano offeso o trascurato. Le parole, gli sguardi,
il silenzio, tutto egli ripensa nell'amaritudine dell'a-
nima sua 5 i patimenti del suo orgoglio si possono e-
stimare dall' avversione eh' egli sente per coloro che
1' harmo ferito : come li giudica , come li dipinge !
11 castigo è più crudele dell' oifesa^ egli è certo di a-
vere ispirato a miglia] a di lettori i sentimenti d'odio
e di disprezzo che lo tormentano, e quando sembra
ch'egli sia vendicato, ec;li esclama: cela me passait ^
et me passe encore (i). Eppure se vi fu mai, se-
co ConfesSLons , II, 2 me Partie Liy. IX.
CAPITOLO XVII. 2oS
condo il mondo, un giusto orgoglio, sé una mente
vasta, profonda, e ciò che è più difficile, spesso nv
dependente dalle opinioni predominanti, se il posse-
dere una parola inebriante, una parola che porta il
turbamento dell' entusiasmo anche negli spiriti per
cui nulla è serio fuorché il divertimento , una parola
che va a cercare i sentimenti i più universali ed in-
timi anche nei cuori dov' erano più soffocati dalle
passioni del lusso e della vanità, una parola che ha
potuto per cpialche momento rompere delle abitudini
inveterate di indifferenza, una parola più forte del
ridicolo , (ma parola che strascina e che comanda , che
persuade il vero dimenticato o contraddetto dalla sa-
pienza del bell'ingegno, e il falso contro cui si rivol-
ta la ragione; se una fama così rapida come univer-
sale , una fama che togliendo alla folla degli scrittori
fino l'idea della rivalità, soffoca in essi l'invidia, e
la fa nascere in quei provetti che credevano non aver
più altro da fare che incoraggiare il merito nascente
e applaudire a dei successi che non potevano più o-
scurare i loro*, se il disprezzo degli onori e della for-
tuna sono titoli di un giusto orgoglio, quale è l'uo-
mo che più ne avesse di questo? E fra tanti motivi,
non dirò di consolazione, ma di trionfo, quali sono
poi finalmente i suoi dolori? E un amico del mondo
che vuol fargli 1' uomo addosso , e prescrivergli ciò
eh' egli debba fare , è un altro che protetto da lui un
tempo, vuol parere il suo protettore ^ che gli toglie
il posto alla tavola di un'altra amica dello stesso ge-
nere . Ah ! certo non bisogna usar parsimonia nel di-
spensare la compassione , ne pesare colla nostra bilan-
cia i dolori che hanno aggravati i cuori degli altri:
l'uomo che soffre, sa egli (juello che soffre*^ e se e la
2o4 SILT.A M(U\ALE CATTOLICA
debolezza dell animo suo che ingrandisce il male,
questa debolezza che è comune a tutti, è quella ap-
punto che merita una più grande pietà : ma quando si
pensa alla moltitudine delle ingiustizie sofferte dal
grandi del cristianesimo, quando si pensa alle perse-
cuzioni, alle calunnie, ai dispregi di che furono ab-
beverati i santi, e alla gioja con che li sopportarono,
e alla pazienza con cui aspettarono la manifestazio-
ne della verità senza pretenderla in questa vita, alla
delizia che provavano a sfoo;arsi soli con Dio^ e che
i loro sfoghi erano azioni di grazie^ e tutto ciò perchè
erano umili ^ allora si sente profondamente che la
grande^ la vera sventura di quelluomo era il suo or-
goglio.
Se nella ingiustizia di alcuni uomini egli avesse sen-
tita la giustizia di Dio, quella avrebbe perduta la sua
amarezza, me egli pretende dagli uomini una perfet-
ta equità, egli vuol riformare al tribunale della sua
mente ogni giudizio altrui sopra di sè^* e finalmente,
questa idea d'ingiustizia nutrita sempre col cond)at-
terla, diventa predominante, diventa unica, si ap-
plica a tutti gli uomini , è un verme che più non muo-
re. Tutti gli sembrano occupati di lui, tutti sono
suoi nemici, lo scopo del genere umano è di vederlo
disonorato e infelice. Fenomeno compassionevole di
natura umana ! in cui la idea principale dell'orgoglio,
quella di essere Y oggetto delf attenzione altrui , di-
venta la sorgente della miseria . Egli ha votato il ca-
lice della gloria ^ ma la sua ebrezza è trista e penosa .
Gli sguardi dello sconosciuto che incontra per via , la
curiosità dell'ammiratore, la parola detta sottovoce
in sua presenza, tutto è congiura, tutto è premedita-
zione. L' infelice j scrivendo la storia delle sue ango-
\
CAPITOLO XVII. 2o5
sce sembra talvolta, con una frase di disprezzo dei
vani giudizi altrui e di (ìducia nella sua coscienza, ri-
tornare tranquillo^ ma la frase seguente mostra che
il suo dolore persiste in tutta la sua forza . Egli scri-
ve per gettare da sé questo peso d'odio^ egli sì ap-
pella a quegli uomini che pur crede tutti iniqui : ma
a che mano confiderà il suo scritto, che non sia ne-
mica? Si ricorda di Dio, e risolve di deporre la sua
giustificazione nel santuario, ma un cancello ch^egli
trova inaspettatamente chiuso, gli pare un segno di
ripulsa dalla parte di Dio stesso (i) ! Uomo infelicis-
simo ! Se egli si fosse avvicinato all'altare, come a-
veva disegnato, se gli si fosse avvicinato col cuore,
se egli si fosse ricordato che ivi si adora Colui che
non apri bocca ^ Colui che ammitti come V agnello
dinanzi a chi lo tosa (2) . Colui , che dice : venite a
me voi che siete travagliati i ed io vi solleverò (3) ,
Colui di cui egli aveva confessata così magnificamen-
te la divinità , ah ! vi sarebbe stata consolazione an-
che per lui*, essa sarebbe stata secondo la moltitudi-
ne de' suoi dolori (4) .
Ah ! se nella vita che ci resta a percorrere ci sono
preparati dei passi difficili e dolorosi, se per noi si
avvicina il mouiento della prova, preghiamo che esso
ci trovi nell'umiltà, che il nostro capo sia pronto ad
inclinarsi sotto la mano di Dio, quand'ella sia per
passarvi sopra.
(0 V. Histoire du précédent écri't , annessa ai Dialogln intitolati: Rous-
seau Juga de Jean Jac/ues .
(2) Qtiitsi agnus corani loiidcnte se uhmutescet , et non aperiet os suum .
Isai. LUI. 7.
(3) Vanite ad me omnes qui laboratìs, et onerati estis ; et ego refi-
cium vos. Mattli. XI. i%.
(4) Secundiini multitudinem dolorwii meoruni in corde meo, consolutio-
net lniv la'lificaverunt aniniam mcani . Psal. XCIII. 19.
2o6 SULLA MORALE CATTOLICA
Da quello che si è detto delF umiltà , consegue ne^
cessariamente 5 che se vi è sentimento che distru^2;a
il disprezzo insultante per gli altri, è l'umiltà certa-
mente . Il disprezzo nasce dal confronto con gli altri ,
e della preferenza data a se stesso : ora , come questo
sentimento potrà mai prender radice nel cuore educa-
to a considerare e a deplorare le proprie miserie, a
riconoscere da Dio ogni suo merito , a riconoscere che
se Dio non lo rattiene, egli potrà trascorrere ad ogni
male?
CAPITOIO ^mih
SUL SECRETO DELLA MORALE — SUI FEDELI SCRUPOLOSI
E SUI DIRETTORI DI COSCIENZE .
Za morale est devenue non-seulement leur scìence , mais
leiir secret (des docteiirs dogmatiques). Le dépót en est
tout entier entre les mains des confesseurs et des dire-
cteurs des consciences , Pag. l\i\.
b)e i confessori in Italia hanno fatto della morale un
se2;reto, hanno dunque dimenticato che fu loro im-
posto di predicare su tetti (i); e la religione cristia-
na, di cui è un carattere singolare il non aver dot-
trina che non sia palese, il non avere un mistero che
non lo sia egualmente per tatti, sarehbe divenuta,
in mano loro, simile alle sette del gentilesimo, in
cui non si rivelava agli iniziati che una parte della
scienza, e restava una parte arcana, nota solo ai sa-
cerdoti, afiinchè l'immaginazione dei creduli suppo-
nesse il vero della dottrina , e il complemento delle
sue prove, in quello appunto che le si teneva na-
scosto .
Ma quali sono fra di noi i libri riservati ai soli dot-
tori dogmatici? come si trasmettono essi questo se-
greto? non ha detto, poco sopra, l'illustre Autore che
la inorale proprenient dite n' a pas cesse d' ciré Voh'
(i) Ouoà in aure auditis , prcediea(c super leda. Mallli. X. 2;:
2o8 SULLA MORALE CATTOLICA
jet des prèdications de V Eglise? di che parlano ì
paroclii dall'altare, di che parlano tutti i trattati di
morale, che ognuno può consultare? quale è l'ogget-
to delle istruzioni catechistiche?
Le fi deh scriipuleux doìt^ en Itcdie^ abdìc/uer la
plus belle des facultès de Vliomme^ celle d' ètudier
et de connaitre ses devoirs . Ivi .
Ma il clero declama in Italia contro la negligenza
iieir istruirsi in quella legge sulla quale saremo giu-
dicati, ma inculca ai parenti l'obbligo d'ammaestra-
re i loro figli in tutti i loro doveri, di amarli di buon
ora colla spada dello spìrito che è la parola di
Dio (i)^ perchè non si trovino sprovveduti all' ora
del combattimento 5 ma tutto 1* insegnamento catto-
lico tende a diffondere la massima, che studiare a
conoscere i propri doveri è non solo la più bella fa-
coltà dell' iiomoj ma la sua prima e più stretta ob-
bligazione .
Oli lui recommande de s' interdire une pensée qui
pourrait V ègarer^ un orgueil humain qui pourrait
le sèduire , Ivi .
Chi vorrà discolpare su questo punto il clero ita-
liano ? Se così è , non resta a desiderare altro se non
che sia sempre così , e che queste raccomandazioni
sieno universali, costanti, figlie della scienza e della
carità, che il clero non abbia mai altro linguaggio,
poiché è quello del Vangelo .
Del resto , al fedele scrupoloso ( intendendo que-
sto termine nel suo stretto senso) si raccomanda in
Italia, come altrove, d'interdirsi le eccessive e lun-
(i) In omnibus sumentes . . 1 . . . gladium spivitus (quod est verhiim
Dei). Paul. Ephcs \. i5. 17.
capìtolo X\ hi. -or,
^ìie considerazioni ^n o«j;ni azione e sn ()p;ni pensiero,
e di fermarsi suUe idee ilari e contbrlevoli di fidneia
in Dio, e della sna misericordia.
A proposito degli scrnpoli, ci sia lecito di fare due
osservazioni, le cpiali se non si legano al punto parti-
colare di cui qui è quistione, non sono però aliene
dall'argomento generale.
È una riflessione volgare fra i moralisti cattolici ,
che gli scrupoli vengono da superbia di spirito . Que-
sta riflessione acuta, quanto vera, è una prova fra
molte, della fmezza e della profondità, clie la morale
religiosa ha portata nello studio dell'animo umano, e
nella scoperta dei giri intricati delle passioni .
L^altrji osservazione si è, che questa malattia mo-
rale attesta nello stesso tempo la miseria dell'uomo,
e la bellezza della relisiione .
Lo scrupoloso vi mette del proprio \ incertezza , la
trepidazione, la perturbazione, la diilldenza, disposi-
zioni pur troppo connaturali all'uomo, e che in alcu-
ni sono predominanti di modo che costituiscono il lo-
ro carattere. Ma è una cosa assai singolare, che quel*
l'angustia che l'avaro ripone nella conservazione del
suo avere, rambizif)so nel mantenimento e nell' au-
mento della sua potenza, quella penosa e minuta sol-
lecitudine che tanti hanno per gli oggetti delle loro
passioni, si eserciti da alcuni cristiani intorno a che?
all' adenqìimcnto dei loro doveri . La tendenza alia
perfezione è tanto propria della religione, che si ma-
nifesta pedino nei traviamenti e nelle miserie tlell uo-
mo che la j)iofessa. In animo divorato dalla iuqtiie-i
hurmc di non esser giusto abbastanza, lino a perder-
ne la trancpiillità, potrebl)e parere (piasi un fe)u)uien(j
(li virtù, se la religione stessa j tanto superiore alk'
2 1 o SULLA MORALE CATTOLICA
viste dcil'iiomo, non ci mostrasse in queH' animo di-
sposizioni contrarie alla fiducia, alla umiltà, ed alla
libertà cristiana, se non ci desse l'idea di una virtìi
da cui è escluso ogni movimento disordinato, e che a
misura che si perfeziona , si trova più vicina alla cal-
ma ed alla somma ragione.
Et toutes les fois fju il rencontre un cloute ^ toutes
les fois que sa situation devient difficile ^ il doit re-
coiirir à son guide spirituel . Ainsi t ìtpreuve de Vad-
versile^ qui est f aite pour èlever Vliomme^ V asserì it
toujours davantage , Ivi.
Non vi è forse scoperta che tanto ripugni all'orgo-
glio deiruomo, quanto quella di trovarsi nella dipen-
denza intellettuale*^ di trovare di essere sta4;o, senza
saperlo, stromento di una astuta dominazione, di a-
vere fatto per impulso altrui ciò ch'egli credeva scel-
to volontariamente e ponderatamente dal suo giudi-
zio. A questa idea tutte le passioni si sollevano, co-
me irritate di una usurpazione sui loro diritti, e con
tanto più di veemenza in quanto che esse trovano un
appoggio' nella ragione . Poiché è certo che Dio vuole
che la mente si perfezioni nella considerazione dei
suoi doveri e nella libera scelta del bene, e l'uomo
che si lascia rapire arbitrariamente il governo della
sua volontà, rinunzia alla vigilanza delle sue azioni,
delle quali non renderà meno conto j)er ciò . Il solo
sospetto di questa debolezza porta quindi l'uomo tal-
volta ai pensieri più inconsiderati^ egli è pronto a
gridare: rompiamo i loro lacci ^ e gettiamo lungi da
noi il loro giogo (i).
(i) Dìnimpamus v'incula eoru/n , el projiciarnus a nohin jui^utn ipsuiitiìx.
1 3. Il, 3.
CAPITOLO XVIII. 2 1 1
È quindi della massima importanza separare la vo-
ce dell' orgO£;lio da quella della ragione, perchè, uni-
te, non ci facciano forza*, e considerare tranquilla-
mente quale debba essere in ciò la condotta ragione-
vole e dignitosa di un cristiano .
Si possono considerare nel sacerdozio due sorta di
autorità: quella che viene da Dio, e forma l'essenza
della missione , T autorità d' insegnare , di sciogliere e
di legare^ e un^ altra autorità, che può essere data
volontariamente dagli uomini, in riguardo della pri-
ma, a questo o a quel sacerdote: essa nasce da vene-
razione e da fiducia dei fedeli, che gP inclina ad ob-
bedirgli anche dov^ egli non esercita direttamente il
suo ministero. Quanto alla prima, essa è essenziale
al cristianesimo: il sottomettervisi non è servitù, ma
ragione e dignità. Non vi è atto di questa, che non
sia un atto di servigio, in cui il sacerdote non com-
parisca come ministro d' una autorità divina , alla
(piale si piega egli come i fedeli^ non ve n'è alcuno
che offenda la nobiltà del cristiano.
Sì, noi e' inginocchiamo dinanzi al sacerdote, e;!!
raccontiamo le nostre colpe, ascoltiamo le sue corre-
zioni, e i suoi consigli, riceviamo le sue punizioni.
Ma quando un sacerdote, fremendo in ispiri to della
sua indegnità e dell'altezza delle sue funzioni, ha ste-
se sul nostro capo le sue mani consacrate^ quando,
umiliato di trovarsi il dispensatore del sangite dell'al-
leanza, stupito ad ogni volta di proferire le parole
che danno la vita, peccatore egli ha assolto un pec-
catore, noi, alzandoci dai suoi piedi, sentiamo di non
avere commessa una viltà. Vi eravamo forse prostesi
a mendicare speranze terrene? Gli abbiamo forse [)ar-
lato di lui? Abbiamo forse subita una positura uuù*
2 1 2 SULLA MORALE CATTOLICA
liante per rilevarcene più superbi, per ottenere di
primcg2;lare sui nostri fratelli? Non si è trattato fra
di noi che di una miseria comune a tutti, e di una
misericordia di cui abbiamo tutti bisogno . Noi siamo
stati a' piedi d'un uomo che rappresentava Gesù Cri-
sto, per deporre, se fosse possibile ^ tutto ciò che in-
clina Inanimo alla bassezza, il giogo delle passioni,
l'amore delle cose passege;iere del mondo, il timore
de' suoi giudizi*, noi vi siamo stati per acquistare la
quabtà di liberi, e di figliuoli di Dio.
Quanto all'autorità del secondo genere, essa è fon-
data su un principio il più ragionevole, ma può ave-
re ed ha pur troppo i suoi abusi. Per non giudicare
precipitosamente in ciò, un cristiano deve, a mio
credere, non perder mai dì vista dne cose : l'una,
che 1 uomo può al>osare delle cose più sante, l'altra,
che il mondo suol dare il nome di abuso anche alle
cose più sante. Quando siamo tacciati di superstizio-
ne, di fanatismo, di dominazione ^ di servilità, per-
suadiamoci tosto che la taccia può pur troppo essere
fondata , ma esaminiamo poi se lo sia , giacché queste
parole sono spesso impiegate a qualiiicare le azioni e
i sentimenti che prescrive il Vangelo.
Ricorrere, nelle situazioni difficili, alla sua guida
spirituale per consiglio, non è farsi schiavo dell uo-
mo i^ è fare un nobile esercizio della propria libertà.
Quegli che deve esser giudice in causa propria, e
che desidera di operare secondo la legL';e divina, non
può a meno di non accorgersi che l'interesse e la pre-<
venzione inceppano la libertà del suo giudizio^ ed è
savio se ricorre ad un consigliere che per istituto e
per ministero deve aver meditata la legge (fivina, ed
tessere più atto ad applicarla imparzialmeutc:^ ad nu
1
CAPITOLO XVm. 2i5
{lomo clic dev' essere nutrito di preghiera , e che ,
avvezzo alla contemplazione delle cose del cielo, ed
al sacrificio di se stesso, deve sapere più d'ogni altro
stimare le cose col peso del santuario .
Ma del consiglio che gli vien dato, egli è sempre
giudice^ la decisione dipende dal suo convincimento:
tanto è vero che gli sarà chiesto ragione non solo di
questa , ma anco della scelta del consigliero . JNè si è
mai lasciato di predicare nella Chiesa , che se un cie-
co conduce un cicco , cadono entrambi nella fos-
sa {\).
Pur troppo, cpielle due miserabili e opposte ten-
denze di servilità e di dominazione hanno entrambe
radice nel nostro cuore, indebolito dalla colpa. Pigri
ed irresoluti, noi amiamo di rigettare sugli altri il
peso della anima nostra, noi siamo contenti di tutto
ciò che ci risparmia una deliberazione : e dalF altra
parte, quando un uomo conlidi in noi, rincorati dal
suffragio, fieri di estendere il dominio della nostra
picciola volontà, noi siamo tosto tentati di servire a
questa più che alla utilità degli altri, siamo tentati
di dimenticare che fuomo è nato a ben più alto eser-
cizio delle sue facoltà, che a signoreggiare le altrui.
Queste debolezze della natura umana, possono pur
troppo partorire inconvenienti nell'uso del consiglio^
e ciò dev' essere per tutti i cristiani un soggetto di
confusione, e di vigilanza. Ma abbandonare le guide
che Dio ci ha date, ma gettare in un canto // sale
della terra (2), ma privarsi di un ajuto necessario
perchè vi ponno essere dei pericoli, ma non vedere
(t) Sì coecus coeco ducatum pra-xlet , ambo in foi'eam cadunt . ìM;itlli.
XV. i\. "^^
(i) Voa eslla sai terni?. M.ilili. v. l'i.
2 1 4 SULL 4 MOFi ALE CATTOLICA
die (loniinatori e che intriganti, fra tanti pastori zc-*
ìanli e (Usintcrcssati clic tremano nel dare il consi-
glio, e che si riputerebbero stolti se volessero usur-
pare una autorità eccessiva che gli esporrebbe ad un
giudizio spaventoso 5 lungi da noi questi pensieri che
ci condurrebbero a rendere in parte inutile il ministe-
ro istituito per noi.
Kt celili mcme qui a ètè uraiment et piirement
V erti Lei LX ^ ne saurait se rendre compie des rcgles
qiL il s' est imposèes . Ivi.
I precetti del Decalogo , le massime e lo spirito del
Vangelo , le prescrizioni della Chiesa , ecco le regole
che il Cattolico virtuoso si propone, e delle rpiali può
rendersi conto ad ogni momento.
CAPITOIO XIX,
SULLE OBBIEZIONI ALLA MORALE CATTOLICA , DEDOTTE
DAL CARATTERE DEGLI ITALIANI .
Aussi serait-il impossibile de dire à quel degré ime faiisse
ìnstructìon religieuse a été funeste à la morale en Italie .
Il nj a pas en Europe un peuple qui soit plus constam-
ment occupé de ses prati ques religieuses , qui y soit plus
unwersellement i fidèle. R n y en a pas un qui ohseive
moins les devoirs et les vertus que prescrit ce christia-
nisme auquel il par alt si attaché . Chacun y a appris non
point a obéir à sa conscience , mais a ruser avec elle;
chacun met ses passions à leur aise , par le bénéfice des
indulgences y par des réservations mentale s ^ par le pro-
jet d' une pénitence , et V espérance d' une prochaine ab-
solution : et loin que la plus girmde ferveur religieuse y
soit une garantie de la probité, plus on y voit un hom-
ine scrupulcux daus ses pratiques de dévotioji, plus on
peut a bon droit concevoir contre lui de défiance. Pag.
idìcco in poche paiole una condanna ben precisa, e
ben severa. Il popolo Italiano è il meno fedele ai do-
veri e alle virtù del cristianesimo , è quindi il peg^ior
popolo di Europa. E in esso, i peggiori sono quelli
che seguono più scrupolosamente le pratiche di divo-
zione .
Non e mia intenzione di confutare questo giudizio,
né di fare qui l'apologia dell'Italia^ e molto meno
una a])ologia comparativa: metodo nel quale è dUli-
2 1 (; SILLA Wì]\A f J^ CATTOLICA |
cll(^ racrogHcro i matcri:ili che abbisognano per con^ *
valldarc l'opinione che si sostiene, e più tliflicile Tor-
se l'avere l'imparzialità necessaria.
Ma (piesto giudizio così generale, ò dato cjui conio
lina prova della falsi? istruzione religiosa d'Italia: o-
ra, ([Mesta [)rova non è confennata con ragionamenti
e con fatti, ma è proposta come avente ([nasi in se
la sna evidenza: io credo che in una materia tanto
grave e com[)licata non si debba riceverla leggermen-
te, e mi limiterò ad indicare in [)arte ciò che io stimo
abbia da farsi prima di ammetterla.
Il caltollio italiano, il (piale si ode annunziare che
la sua njtzione e la meno cristiana e la meno virtuo-
sa, avvertirà che bisogna ragionare sui biasimi che ci
sono dati, come sulle lodi, perchè gli uni e le altre
ci vengono da nomini fallibili, e soggetti a passioni^
avveitirà che credere a dirittura tutto il male che
ci si dice di ciò che siamo interessati a stimare, ò
tutt'altro che imparzialità-^ rifletterà che elianto più
un giudizio comparativo sopra argomenti composti
ed estesi è semplice e [ireciso, tanto più merita di
essere esaminato accuratamente, perchè ([uesta sem-
plicità e precisione si trova ben facilmente nel giu-
dizi degli uomini, ma è rarissima nelle cose . Egli
paragonerà ([uesto giudizio colle nozioni eh' egli ha
della sua nazione e delle altre, e procurerà di a-
r([uistarne le più numerose e le jiiù esatte che gli
sia possibile. Che se da (jueste sue ricerche egli po-
trà ricavare un giudizio fondato ( cosa ben diiìicile
in tempi in cui una nazione è dl[)inta in un liljro co-
me il santuario di tutte le virtù, e in un altro co-
me la fogna di tutti i vizi, ed ambidue i libri sono
ri|)utatissimi) se egli avrà saputo vedere da se, e
CAPITOLO XIX. ^17
posare le testimonianze, escluderne ciò che e errore
e passione, e preservarsene egli stesso^ se dopo ciò
il giudizio sarà sfavorevole alla sua nazione, egli,
quando sia veramente cattolico, non sarà contrista-
to nel conoscere che vi sia molta virtù negli altri
popoli, ma perchè il suo ne sia privato. Quindi si
metterà ad indagare le cause di questo pervertimen-
to^ e cominci pure dalla religione. Il risultato del
suo esame sarà : che non vi ha sentimento e azione
virtuosa, che non sia promossa dalla morale cattoli-
ca, sentimento o azione viziosa, che non sia da essa
proscritta; e che i difetti che vi ponno essere nel-
r insegnarla e nel praticarla, non possono essere mi-
norati, se non collo studio piò esatto di essa, e col-
la osservazione più sincera.
Ma chi ricevesse un giudizio di questa importan-
za senza premettere i dubhi e le ricerche che abbia-
mo dette, chi si atYrettasse di attribuire alla religio-
ne questa supposta primazìa dell'Italia nel male, sen-
tireblje forse una soddisfazione nel condannare una
religione ch'egli non ama, e nell'idea di condannar-
la, non come contraria alle passioni, ma come ca-
gione di pervertimento : ma avrebbe operato con una
inescusabile leggerezza^ ma avrebbe dato troppo alla
autorità di un uomo in cose dove ognuno deve ado-
perare il proprio giudizio \ ma si sarebbe esposto a
dare a questa condanna un senso piìi ampio di quel-
lo che è nelle intenzioni dell'Autore. Poiché, cer-
to, quando egli scrisse: cliacun y a appris non point
a obèìr a sa conscience.^ mais à vuser avec elle ^
cJiacun met seS' passio/ts à lenr aise eie, , non ha
voluto esattamente parlare d'ogni Italiano.
Non vi sarebbe? fra di noi un solo che obbedisca
2 1 8 SULLA MORALE CATTOLICA
sinceramente aHa sua coscienza ! Nessuno di noi po-
trebbe sperare di avere un amico virtuoso, di esser-
lo egli stesso ! E le gioconde emozioni della stima e
della fiducia, e la gioja clie è dato alluomo di pro-
vare quando stringendo la mano dell' uomo sente con
sicurezza elle un cuore risponde al suo, non sarebbe
riservata a nessuno di noi !
Cbi prendesse alla lettera la frase che ho citata,
sarebbe tacciato di sofistico: gli si direbbe che que-
ste cose vanno intese a discrezione f, che non discer-
nere ciò che v' è d' iperbolico in una frase , mostra o
ben poca cognizione del modo ricevuto di parlare,
o una gran voglia di far questioni , che l'Autore ha
parlato degli Italiani in altre frasi dello stesso capi-
tolo in maniera da escludere T interpretazione lette-
rale di questa.
Or bene, se è ragìoìiévole di togliere da questa
sentenza il senso esteso e generale che essa sembra
contenere, si tolga anche dalla conseguenza che se
ne vuol dedurre contro l' insegnamento cattolico : e
chi sente ( e tutti dovranno sentirlo ) che questa è
almeno una iperbole, badi di non fondare il suo giu-
dizio, in una tale materia, sopra una iperbole.
Dello stesso genere è senza dubbio T altra asser-
zione, che si ha tanto più ragione di diffidare d'un
TTomo, quanto più lo si vede scrupoloso nelle sue
pratiche di devozione.
Le pratiche esterne non sono 1' opera più difficile
della religione, e si possono pur troppo esercitare
senza che il cuore e la condotta vi corrispondano :
quindi esse sole non bastano ad attestare la probi-
tà. Ma per qual ragione basteranno ad escluderla?
Perchè l' ipocrisia imita le opere della virtù , do-
CAPITOLO XIX. 219
te si trovano queste opere, vi sarà sempre ipocrisia?
In questo caso, non vi sarà più una condotta pos-
sibile per un cattolico : perchè , se eg;li trascura ogni
pratica di divozione, si potrà ragionevolmente accu^
sarlo di non esser fedele alla sua legge: se ne eser-
cita , meriterà che nessuno si fidi di lui .
Vi ponno essere due motivi per esercitarle : quel-
lo di illudere se o gli altri, e quello di fare il suo
dovere, di partecipare dei frutti della fede, di santi-
ficarsi . Con qual fondamento si crederà , che que-
st' ultimo, che è il motivo per cui sono state istitui-
te, non operi mai in Italia?
Io non tenterò nemmeno di provare che esso vi o-
pera, che vi ha fra noi uomini governati da esso, ai
quali non si potrebbe negare fiducia senza la più or-
ribile incredulità di ogni virtù ^ uomini che escono
dalla chiesa, dove hanno pregato, più umani, più di-
sinteressati, più fermi, più sinceri, più coraggiosi
nel combattere se stessi^ che ritornano dai sacramen-
ti, confermati, e per così dire, ringioveniti nella vir-
tù. Prima di credersi autorizzati a rigettare le prati-
che di divozione, a condannare il fervore religioso
per ciò elisegli non sia una garanzia della probità,
guardiamoci intorno ^ i nostri occhi incontreranno to-
sto qualcuno di quegli uomini che deporrebbero un
giorno contro di noi, e che sono una viva testimo-
nianza della bellezza della morale cattolica, e della
possibilità di seguirla .
FIJNE
KHIDICIIE
•
IL Autore Pag. i
Capitolo I. Sulla unità della Fede . . . . >3 i5
Gap. II. Sulla diversa influenza della Relis^ione Cat-
tolica, secondo i luoghi e i tempi .... >j 21
Gap. III. Sulla distinzione di filosofia movale , e dì
teologia « 27
Gap. IV. Sui decreti della Chiesa; sulle decisioni
dei Padri; e sui Casisti jj 5i
Gap, \'. Sulla coirispondenza della morale cattoli-
ca coi sentimenti naturali, inetti . . . . >i 54
Gap. \ I. Sulla distinzione dei peccati mortali e ve-
mali ij 3r>
Gap. \\\, Degli odj religiosi . >3 6d
Gap. VIII. Sulla dottrina della penitenza . . " 80
Gap. IX. Sul ritardo della conversione . . . •>i \ol\
Gap. X. Delle sussistenze del clero, considerate co-
me causa d' immoralità jj 1*27
Gap. XI. Delle indul gonze >j 1 07
Gap. XII. Sulle cose che decidono della salvezza e
della dannazione . >3 1 '|5
Gap. XIII. Sui pi'ecctti della Chiesa . . . . " ' 4«
Gap. XI\ . Della maldicenza >i iCJu
Gap, XV. Sui motivi della elemosina . . . . ^^ 172
Gap. XVI. Sulla sobrietà, e sulle astinenze. Sulla
continenza , e sulla virginità » lo/j
Gap, Wll. Sulla modestia, e sulla umiltà. . '^ Jy^
222 I iN D I C E
Cap. XA'III. Sul secreto della mornle, sui fedeli
scrupolosi e sui direttori di coscienze. . w 207
Cap. XIX. Sulle obbiezioni alla morale cattolica ,
dedotte dal carattere degli Italiani . . . » 2i5
• »
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