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Full text of "Tito Manlio : dramma per musica da rappresentarsi nell'antico Teatro della Pace nel carnevale dell'anno 1720 : dedicato alla nobiltà romana"

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ooiùS 

TITO  MANLIO 

Dramma  fer  J\dufica 

Da  rapprefentarfi  nelF  Antico 
Teatro  della  Pace  nel  Car- 
nevale deirAnno  1720. 

DEDICATO 

ALLA  NOBILTÀ' 
R  p  M  A  N  A. 


IN  ROMA>NeIIa  Stamperia  di  Antonio  de'RoflGi  17^0. 
Con  licenza      Superiori  . 


Si  vende  dal  medefimo  Stampatore  nella  ftrada 
del  Seminario  Romano  ,  vicino 
alla  Rotonda  ^ 

M 


MUSIC  I IBRARY 
UNC--CKAPEL  HILL 


ARGOMENTO. 

ILatìm  Compagni  ,  e  Confederati  de* 
Romani  >  facendo  tuito  un  Corpo  con 
loro ,  ed  ejjendo  a  parte  delle  fatiche  y 
mìevano  ejjere  ancora  a  parte  degli  Onori; 
e  che  un  Confilo  fiffe  Romano ,  e  uno  La- 
tino ,  Non  fà  quejla  loro  pretenfione  nel 
Senato  Romano  accettata  \  onde  [degnati 
ì  Latini  per  quejla  repulfa ,  p  ribellarono 
da^  Romani  y  dichiarando  loro  la  guerra  \ 
non  volendo  >  che  le  fatiche ,  e  i  patimenti 
fojfero  comuni  y  e  non  comune  poi  il  premio, 
e V onore.  Tito  Manlio  Confalo y  d'ordine 
del  Senato  comandò  a  Tito  Manlio  Figlio , 
chepaljajje  nel  Campo  Latino ,  ad  efplorar- 
ne  le  forze  ,  e  la  pofitura .  E  perche  male 
fi  dif cernei) ano  i  Latini  da  i  Romani ,  ef- 
fendo  tutti  come  un  fol  Popolo  y  e  le  mede- 
fìme  armi ,  e  vefìtura  ufando  \  pronunziò 
egli  al  proprio  Pìglio  la  Legge  del  Senato  y 
e  7  comando  d'e^'o  Confilo  ,  che  non  ardile 
combattere  fuori  delle  fchìerey  e  delle  Mi' 


ìltari  Ordinanze ,  a  fine  di  sfuggire  con 
cì(f  le  confisjionì  .  Porto[p  dunque  al  Cam^ 
^0  de'  Latini  il  giovane  Tito  Manlio  ^  con 
un  drappello  di  Cavalieri  Romani^  quan^» 
do  ificontrato  da  Gemini  a  Me  zio  Latino ,  e 
Capo  de'  Cavalieri  Tufculanì  y  giovine 
Cavaliere  anch'ejjb  y  con  dure  y  ed 
traggiofe  parole    provocato  y  e  sf  dato  la 
duellar  [eco  •  Manlio  ,  fatti  ritirare  gli 
altri  Cavalieri  compagni ,  come  fpettatorl 
della  y attaglia  \  entrò  in  Campo  y  uccife 
Qeminioy  c  colV armi  injanguinate  y  tolte 
di  dojjb  al  nemico  y  volò  colla  fua  truppa 
tutta  fejtofa  in  fembianza  di  trionfante  al 
Padre  j  il  quale  acerbamente  riprefolo  del- 
la violata  Legge ,  per  mantenere  illefa  V 
autorità  del  Senato ,  per  fojiener  le  Leggi 
nella  fua  forza  y  e  per  riji  ahi  lire  ne^  Sol- 
dati la  dìfcipUna  y  ch'era  trafiorfa ,  fcor- 
datojt  d'effer  Padre ,  volle  ricordar  fi  fola 
d'ejjer  Romano  y  e  condannollo  ad  ejj'er  de-- 
capitalo  • 


FRO- 


p  R  0  T  E  S  r  A. 

L E  voci  Fato  ,  Deità ,  e  fimili ,  vén^ 
gono  ufate  dair Autore  foloperer-; 
'  nattiento  deik  Poefìa . 

MI'   III'   Il  I*.    'é  I     '  "  "         II"  'l'Ili  » 

Imprimatur 
Si  videbitur  Reverendiffimo  Patri 
Màgiflro  Sae.  Pai.  Apoft. 

T.Epìfc.  Eraclea  Vtcefg^^  .^ 

—  ■'iiiMiini__„i;  iftu  m 

Imprimatur 
Fr.Gregorius  Selleri  Ordi'n.  Praedic, 
Sacr.  Apoft.  Palatii  Magift, 


A  3  PM' 


s 

PERSONAGGI, 

.TITO  MANLIO  Confolo  ,  Il  Signor  Giovami 
Folta. 

MANLIO  Amante  di  Servilia  ,  e  Figlio  di  Titip 

Manlio ,  //  S ignor  Stefano  Romani  ^  *  4 
yiTELLlA  Amante  di  Gemmio  Figlia  di  Tito 

Manlio  ,  Il  Signor  Felice  NowUì ,  Veneziano. 
LUCIO  LATINO  Amante  di  ViteJlig  Jl  Signor 

Gaetano  Fracaffmi  Veronefe . 
SERVILIA  Sorella  di  Geminio  deftinata  Spofa»* 

a  Manlio ,  Il  Signor  Francefco  Alatali ,  dato 
[  il  Fefu^nù» 

DECIp  Capitano  delle  Schiere,  Il  Signor  An^ 

geU^FrancbidaJeffi. 
GEMINIO  Capitano  de'  Latini  Amante  di  Vitel- 

Via  .  Il  Jucktto . 
BitENO  Sèrvo  di  Vitellia ,  Il  Signor  Gio.Bat'^ 

tijìa  Cavana. 
E^ìNA^DiaraTgella  di^  Il  Signor  Gir  ola* 

Pio  Bortoluzzi  ;  detto  il  Reggiano . 


SCE^ 


SCENE  mivArro  primo.  ^ 


luogo  Publico  con  Statua  in  mezzo  di  Plutone  j 

c  Proferpina  per  i  folenni  Giuramenti . 
Appartamenti  di  Viteliia  • 
Campo  de'  Latini . 

miuArro  secondo. 

Cortile  • 

Deliziofa  Camera  ^  che  cornTponde  aIliGabinet« 
ti  . 

NELUATTO  7ERZ0. 

Prigione  • 
Piccolo  Giardino  ; 

Luogo  Maeftofo  con  Trono  deftinato  dal  Pretore 
Romano  per  folennizzare  la  liberazione  di 
Manlio. 

ingegnere  ;  e  Pittore  delle  Scene  il  Sig. 
Domenico  Maria  Velkni  Bolognefe . 


A  4  AT- 


-  V  il)  invitti  b 


ATTO  PRIMO. 

SCENA  PRIMA. 

Luogo  publico  in  Roma  ,  per  li  folenni 
"  Giuramenti ,  con  Statua  di  Plutone  , 
e  Proferpina . 

Hit  0  Manlio^  Manlio  ^  Lucio  ^  Sewìlia^ 
yìtdlìay  Deck  ,  Soldati^  e  Popolo  . 

|^g^^^lOpoIi;chi  è  Romano,c  chi  di  Roma 
Softien  la  legge,  e  il  noftro  Cullo 

adora , 
Giuri  d'Abiflb  ai  Numi , 
Apborrir  de'  Latini , 
Gente,  che  a  noi  rubella  il  Mondo  fcopre, 
Il  nome  ancora ,  e  lo  dimoftrin  Topre  • 
Al  Marmo  Sacro  io  vò  primiero  ,  e  Voi 
Di  quefto  cor  feguite 
L'^ppra  divota,  e  il  giuramento  udite • 
A  Voi  del  baffo  A  verno  ; 
Temuti  Numi 
Giuro, di  chi  è  Latino 
Abborrir  fino  il  nome. 
Giuro  l'odio ,  e  la  guerra  % 
Tito  giura:  io  fon  Tito,  e  fon  Romano^ 
Pegno  del  cor  ,  che  giura  ecco  la  mano  # 
D^c.       Quanto  Tito  ora  giurò 

Giura  armata  ogni  Falange; 
^Luc^  -y       Giura  ancor  Lucio  Latino  • 
-5^i?r.i(^Lucìo  ancor?) 
Lue.         (Ch'amor  ^ambino 
-^Là  J  ?  A  %  Per 


IO  ATTO 

Per  quel  volto  ;  ahi  mi  piagò?  ) 

'^aiii.Dì  Fiegetonte  al  Nume  > 

Porto  la  deftra  aiqch'io  :  ftampo  con  efla 
O  Padre,  o  Roma  ,  in  quefto 
Solenne,  venerabile  momento 
Della  tua  sù  i  veftigj  ,  il  giuramento  ; 

T/V.  Per  le  Romane  Vergini  tu  ancora 

Vanne ,  o  Figlia  Vitellia  :  e  per  le  Spofe 
Vada  Servilia: 

^Irty     I^' Acheronte  al  Giove 

#y^r.  Altre  portino  il  piede. 

ÌP/V.  Altre  la  mano* 

éSer.  Che  al  Nume  io  non  m'accofto  ; 

J^/V. Io  m'allontano  . 

T/V.Parta  dal  fuol  Romano, 

Chi  tiene  Alma  Latina  :  e  in  quefto  punto 

Sciolto  col  Figlio  Manlio 

Il  vicino  Imeneo  ,  feco  non  porte 

Dal  Ciet  di  Roma  il  nome  di  Conforte  n 
2Ji^^.(Deftin.) 
iS^r.(Sarò  di  morte  .) 
T/V.Ma;  Vitellia?  tu  ancora 

Latina  ti  dichiari  ? 

DI  la  cagione?  taci  ?  non  rifpondi? 

IlfapràTito:  ilfapràRoma:  Lucio? 
i^c.  Signor. 
T/r.  Alla  tua  fede  , 

Darem  Tonor  condegno  ;  (fdegno . 

Tu  al  mio  fguardo  t'invola  :  e  tu  al  mio 

à  a.  (  Di  fortuna  crudcl  fon  fatta  fegno  .) 


SCE-i 


PRIMO. 


.SCENA  II. 

T/Vo  Manlìù^  Manlio  ^  e  Sern^ìUa  m  difparte. 

'KX  Anlio. 
Man^iSx  Mio  Genitore. 

Vattene:  vefti  rarmi  ,  e  de' Nemici 
Gl'ordini  oflerva  ,  il  fito  ,  e  le  Falangi  • 
3Mà  non  pugnar;  e  sfoggi 
I  cimenti  ,  gl'incontri  ; 
Che  quefta  a  Cavalier ,  che  il  brando  regge 
Del  Senato  ,  e  del  Confolo  è  la  Legge* 
Porta  la  fpada  al  fianco  , 
E  quefla  Legge  al  cor  ; 
Nè  far,  che  il  cor  guerriera 
Mai  efca  dal  fentiero. 
Per  van  defio  d'Allor. 
Porta  &ۥ 

SCENA  III. 

Serbili  a  dopo  partito  Tito ,  dice  a  Manlio  • 

Ser.    A   H:  Manlio  • 

Man.l\  Mia  Servilia . 

Ser.  Lafciami  Traditor:  fe  a  i  Numi  Inferni, 

L'odio  contro  a  i  Latini 

Qui  giurafd  ;  rubello 

Dell'amor  mio  ,  della  mia  fiamma  antica, 

Tua  Spofa  io  più  non  fon  ,  mà  lua  nemica 
MaffJ)okc  mio  ben:  perdona. 

La  Patria  ,  il  Genitore  , 

li  Senato  ,  la  Legge , 

Guidar  I4  m^no,  il  piede  : 

A  6  E 


iz         A  r  r  o 

E  di  Romano  il  debito,  e  la  Fede. 

Ser.  E  la  mia  Fede,  o  ingrato  ?  e  l'amor  mio  ? 

Ma^.^  la  tua  fè  d'Amante  ? 
E  ^affetto  di  Moglie  ? 
Ah:  Servilia:  tu  allor,  che  ricurafti 
D'efler  Romana  ;  all'Imeneo  maturo 
Spezzarti  le  Catene  :  e  mi  togliefti 
Mirar  quei  lumi  ardenti  . 

Ser.  (  O  mie  tiranne  Stelle .  ) 

Mm.  ^  ^'  giuramenti.) 
^^r.  Dunque  a  me  più  non  feì 

Nè  Marito ,  nè  Amante  • 

Addio, 

Parti  ? 

Ser*  Dà  Legge  al  partir  mio 
La  Patria,  il  Genitore, 
Il  Senato  ,  la  Legge,  e  affretta  il  piede 
Di  cor  Latino  il  debito  ^  e  la  Fede. 

iW^^.Addio  Servilià, 

Sj^r.  Addio  Manlio . 

a  2.  (  Partiam  ;  oh  Dio  •  ) 

Ser  vili  a  guarda  Manlio  poi  tràfe  dice  • 
Ser»  (  Senza  Manlio  ,  che  adoro , 

Che  mai  farò  ?  )  . 
Manlio  guarda  Ser  vi  li  a ,  poi  trà  [e  dice  • 
Man.  Che  mai 

Farò  fenza  Servilia  ? 

Mau.^      (Aftri  inclementi.) 

Ser-  Manlio. 
j^/fl.^.Ssrvilia . 


Sì 


P  R   l  M  O.  13 

Sìgmrdano  . 

^'  ^     ^^"^  •  ^     gfuramcati  ! 
(Mà  di  beltà  nemica 
Ancor  m'arrefto  a  i  pianti?) 
Servilia;  parto  • 

iSer.  Ed  io  ? 

Man.Tn  qui  rimanti . 

Ser.  Nò  ;  teco  vengo  • 

Ser.  Frà  Latini  ^ 
Man.Tn  meco 

Venir'ora  non  dei 
Ser.  Perche? 
^tf/5?.Nemica  fei . 

Ser.  Vanne  perfido  :  và  :  cerca  frà  l'armi, 
Geminio  il  mio  Germano  , 
Sfoga,  rodio  Romano 
Dentro  al  fuo  petto ,  e  irriga 
Def  fangue  fuo  la  verde  piaggia  aprica  ; 
Ed  in  quel  cor  Latino 
Svena  il  cor  di  Servilia  a  te  nemica  • 
Matt.Oài  ciò ,  ch'io  prometto;  odalo  amore # 
Non  ferirò  quel  cor,  perch^è  mio  core r 
iS^r.        Ferite  queftocor, 

Bcgl'occhi ,  e  mi  contento  ; 
L'armi,  che  amor  vi diè 
Tutte  vibrate  a  me , 
Che  adoro  il  mio  tormento* 
Ferite 


SCE- 


i4  -4  T  T  O 

S  C  E  N  A    I  y. 

Manlio. 

PEr  Èel)ella  Servilia 
Ottufe  dal  mio  fianco 
Pcnderan  Tarmi:  e  il  braccio  | 
Che  i  cimenti,  e  le  rifie 
Fuggir  non  ufa ,  e  forte  brando  afferra, 
Già  del  ferir  perduta  l'arte  hà  in  guerra. 
Se  mi  ferirti  Nume  bendato 
Il  fen  piagato 
Rifana  un  dì. 

Sofpendo  Tarmi  al  bel  defio 
DelTIdoI  mio. 
Che  vuol  cosi  • 

S   C   E   N   A  V, 

iAppartamenti  di  Vitellia  • 
DecìOy  e  Lucio. 

^cc.  \fK  Ancherà  de'  Latini 

XVX  II  temerario  orgoglio , 

Or  che  fede  giurafti  al  Campidoglio  • 
'Lue.  Sarò  in  ogni  periglio 

Guerrier  di  Roma,  (e  adorator  d'un  ciglio.^ 
Dee.  Il  tuo  forte  ardimento 

Non  temerà  incontrar  qual  fia  cimento. 
Lue.  Saprò  morir  collante , 

Del  Tebro  amico ,  (e  di  Vitellia  amante* 
*)fe*A\\a  vifta  di  Manlio 

yatUleirafl  le  Jufcn^ne  Genti , 


FUI  M  0.  ti 

E  chiameranno  in  vanq 

Lucio  in  foccorfo ,  or ,  che  tu  fei  Roznano^ 
tue.  Del  gran  Figlio  di  Tito 

Spero  ,  che  fia  la  palma > 

(Così  poteffi  anch'io 

Vincer  la  crudeltà  dell' Idol  mio.} 

E  che ,  non  può  in  un  core 

Forza  di  vero  Amore? 

O  Vitellia,  Vitellia, 

Se  tu  mirar  poteffi  entro  ai  mio  feno  ^ 

yedrefti  quanto  t'amo  ,  e  quanto  peno  i 
Non  farebbe  l'alma  mia 
Altro  mai,  chefofpirar; 
Ma  la  rpeme  par  che  dia 
Qualche  tregua  al  mio  penar  • 
Non  &Cf 

SCENA     V  L 

VìtelUa  ,  e  Brene 

Vitel./^  lurar  contro  Geminip  ^ 

VJT  Contro  l'amato  Nume 

L'odio  5  e  la  guerra  ^ 
Bre.  Ma , 

Vitellia  ,  Signora , 

Tu  ben  potevi  .  .  •  -  • 
VìteLT^cx  ;  in  Campo  vann§ 

Rapido  airidoJ^  mio 

Gli  reca  quello  foglio; 
^r^.Che  gli  dirò? 
FitelQhz  fono 

Quì^  fra  l'angofcie  acerbe 

In  periglio  diVit^. 


XB  A  T  T  \0 

^jgf^.  Prendo  la  via  pià  corta ,  e  più  /pcdita . 
^fre/.Brcno? 
jBre.ChQ  vuoi  ? 

VìteLCxh  che  ri fpon de  attendi  • 
Bre.  Mà  ;  che  fperar  tu  puoi 

Da  un'Amante  nemico  ? 

E'  Geminio  Latino  • 
Vitel.Vnoì  che  adori  Geminio  il  mio  dedinot 
Bre.Mìi  fe  taci  il  periglio..,. 
yiiet  Parti ,  aita  ricerco ,  e  non  confìglio  • 
^r^.  (Sorger  preveggo  infolito  bisbiglio .) 

S   C   E   N   A     V  I  I  I. 
VìtelUa  fola. 

C"i  Oftanza  nel  foffrir 
2  La  pena,  ed  il  marti* 
Ci  vuol  mio  core  ; 
Che  il  favellar 
San^r 

Non  può  il  dolore  • 

Coftanza  &c. 
T/V.  Parla  ,  tenta ,  c  minaccia .         A  Lucio. 

^uì  jopravìefte  Tito  con  Lucio  ,      un  Soldato  , 

che  /opra  u»  Bacile  porta  una  Catem^ 
e  jiafifio  ad  udire  • 
Lue. A  qoal  Uffizio 

(Crudo  Ciel  mi  condanni  ?) 
T-^itel  (Lucio  a  me  viene  ;  forfè  , 

Perche  al l'ardor,  che  ho  in  petto 

Cruda  empietà  prevaglia? 

Dura  o  amance  cor  mio  nella  battaglia  . 

Lu* 


P   R   i  M  O.  i7 

Imm  'éndato  da  P^iteUia ,  le  dice  i 
Vv^l  :      e  Pajcolta  Tito  .  . 
Luc/E  vorrai ,  che  il  filcnzio  alle  tue  labra 
Porti ,  o  Iliuftre  Viteliia , 
Nembi  d'Occalb?  i 
E  morir  vuoi  ? 

Luc^E  quandolappenà 

Nell'Oriente  il  Sol  degl'occhi  tuoi 

I  noftri  dì  rifchiara? 
7>^lfW.Bramata  morte  iax)gni  eiade  è  cara  i 

Z^^^»  E  il  tuo  home  ?  ; 
;^/V^/,Non  curo. 
Lue.  La  fama  ? 
/^/r^/.Parli  'I  Mondo  • 
Lue*  Ah  penfa ,  che  tu  fei 

La  gran  Figlia.  • 
VìtelUx  Tito- 
LuCsLa  Vergine. 
FVi^(?/*ViteIlia  . 
Lue  Ai  fuolo  intrifd 

Fumerà  del  tuo  fangue.,  e  nel  tuo  fanguej 

Per  l'altrui  efempio ,  àfìTor'U 

Spaglia  cadrai  del  difonor  . 
VifeLCMe  importa. 
£^c/(  Oh  Dei,  così  oflinàta  : 

Mi  dà  in  braccio  di  morte  •) 
VìteL(Hz\  parte  dei  trionfo  aaima  forte  ^ 
JL^yé?.  Hai  rifoluto  ? 

Lue.Di  non  dir  la  cagione  •ì 
/^/>«?ÀFiero  nella  tenzone , 

pià  s'indura  il  mio  co^ ,  che  nulja  temei 

Co- 


j5  a  T  T  O 

Comando  d'empietà  :  rigor  di  pena. 
7 ito  addato  da  ViteUh ,  le  getta  à  piedi 
la  Catena ,  e  le  dice. 
Tit.A  te  l'annuncia  il  fuon  d'una  Catena  • 
ViteL^Mio  Geminio.) 
Lue.  VitelUa . 
itT/r.  Ella  pefante 

All'alme  ree  di  ribellata  fede 
E'  principio  di  pena . 
Lucio? 
Luc.Tìto  ,  che  impone  ? 
^it.  fà,  che  le  ftringa  il  piè quella  Catena  • 
Terribil  pena 
D'una  catena, 
Ch'è  di  morte  orribil  fegno 
Cangi  ornai  del  cor  la  brama  ^ 
Vanne  fpietata 
O  figlia  ingrata, 
Che  Latino  core  indegno 
A  pietade  invan  mi  chiama  • 
Terribil  Sic. 

SCENA  Vili. 

Lucio  coHa  ^Catena  in  mano ,  c  Vitelli  a  • 

Z«c.(Tn  Catene  di  ferro  io  darò  al  piede 

j2à  Di  chi  nel  biondo  crine 

«D'oro  al  mio  cor  le  porge?) 

Vitellia*  Sol  di  Roma ,  anzi  del  Mondo  ; 

^^Ppi  s  ch'io  per  te  moro . 
ViteL(LviQ\o  di  me  s'accefe  ?) 

Mi,  dì?  sù:  chevorrcfti? 
i»^  AU^amor  mio 


P  R  1  M  O;  ,9 

Corrifpoxidi  pietofa. 
Vitellia.  ) 
Luc.èà  xxxo  gran  Padre 

Ti  chiederò  in  Ifpofa. 
f/ifel^  i  Odi  baldanza  .  ) 
£uc^  Giura  l'odio  a'  Latini  • 
jf^/fe/.C  Odi  configlio.  )     ^  - 
Luc.A\  Genitor,  del  dono  in  rìcompenfa 

Aprirò  fra  Nemici 

La  ftrada  del  trionfo,  e  per  me  folp 

Ei  condurrà  in  Senato 

Sotto  a  Romana  Infegna, 

Geminio  in  quefti  ferri. 
Vìteì.(^  Anima  indegna%  ) 
Luc.ìiotk  rifpondi?  Sarò  qual  più  vorrai  , 

E  Latino,  e  Romano ^ 

Poi ,  che  fola  nel  p?tto 

Tengo  la  fè  d'Amante , 

E  altra  Patria  non  hò,  che  il  tuo  fembìante  • 

à  2.  (Amor.  ) 
Lue.  ^  ^ 

Lue.  In  SI  gran  punto . 

Vitellvi  tal  periglio  • 

Vi^teL  P^mmi. 

Z/^c.  Aita* 

Vi$eL{  Confìglio.  ) 

•Lucio  ì  . 
Lue*  Mìo  Ben  * 
F/Vtf/. Riporta  al  Genitore 

La  pefante  catena f 

Chiedi  tu  le  mie  Nozze.,  ed  a  momenti. 
Dì ,  che  al  paterna  piede 

Io 


20  T  T  O 

Io  dirà  quanto  ei  cerca,  quanto  chieSfe  J 
tue.       Vaghe  luci ,  luci  belle, 

Refta  il  cor ,  fe  parte  il  piè . 
Altro  Sole,  ed  altre  Stelle , 
Adorar  non  sà  mia  fè .   Vaghe  &c» 

SCÈNA 

'  Vifellia. 

VOIerJx    Tito  rJ  Padre: 
Dirò ,  che  per  déftmo 
Di  Geminio  m'accefi: 
E  che  in  virtà  deiramorofa  foce. 
Io  meditava  un  giorno 
Dar  vantaggio  alla  Patria,  e  amica  pacc» 
Se  un  dì  ftringer  potrò 
L'amor ,  che  mi  piagò 
Sarò 
Beata. 

Con  altra  piiJi  gradita 
Amabile  càténa  5 
Legar  non  (àrà  pena  ; 
Queft'aJma  innamorata.  Se&ci 

S   C   E   N   A  XU 

Dìm ,  e  poìJSreno  « 

P^f^'       T^T  On  vedere  il  ben ,  che  s^ama 

E '  un  tormento  da  crepar  j 
Zf/*^  Stà  cantando     mia  Dama 

Non  ia  voglio  dillurbar  ; 
iP//r.  *        ì\fon  vedere  il  ben  ,  che  s'ama 

W  un  tor  •  .... 

Uh 


p  Ji  1  M  Oi  21 

UhBceno  mio  fei  quì? 
nre  Sì  gioia  mia  si  sì  . 
Dìà.  Quanto  mai  t'ho  cercato  ; 

Dimmi ,  e  dove  lei  Itato  : 
^y^^  A  maneggiare 

Ua  negozio ,  un'affare 

D'importante  rilievo .  ^ 

Or  dimmi  Dina  in  chefervir  ti  devo? 
Dìu.lo  folo  ti  ricordo, 

11  già  promeffo  Amor.  Brenor 
Bre.  Son  fordo . 
D;».Con  faceto  penfiero 

Meco  fcherzando  vai . 
Ere.  Dico  davero . 

al  già  fatto  partito; 

Perche  mancar  tu  VUOI? 

Ere.  Mi  fon  pentito .  -  ,  s 

Dì».  E  tanto  fei  perfidamente  fcaltro? 
Bre.  Non  ne  voglio  far  altro . 
Dia.  Ingannator ,  ribelle , 
Così  colle  Donzelle  ( 
j5m  E  che  pretendi  ?  .  . 

Isonne  voglio  far  altro,  intendi,  intendi? 
Din.       Moftro infido,  mqftrp  fiero 

Menzogniero  j. 

Traditore , 

Mancatore 

Di  parola . 

Sono  quelli 

Brutti  modi, 

Son  pretefti, 

Sono  frodi , 

Infoiente,  . 

Im- 


^  T  T  O 

Impertinente , 
Bell'azione! 

Fuggii  và,da  me  t'invola. 

Moftro&c. 
Bt^.  E  tante  ingiurie  a  chi  t'adora  ,  o  Dina  ? 
Nè  men  poflb  con  te  prendermi  gioco". 
Subito  pigli  foco, 
E  fgridi  il  tuo  fedele  innamorato* 
Tu  m'hai  fcandali^ato.  ' 

D/V.Breno,  eh  Breno  perdona 
L'error  de*  labbri  miei, 
Breno,  eh  Breno.  / 
Bre.  Tu  fei 

Una  certa  perfona. 
Bada,  bafla . 
Btìi.  Che  vuoi  ? 
Bre.  Fa  pure  i  fatti  tuoi , 

Ch'io  n^on  voglio  inghiottir  bocconi  amari 
Cos?  non  van  trattati  i  noftri  pari/ 
pon  tante  ingiurie 
Gir  sù  le  furie 
Con  chi?  con  me» 
Breno  mi  nomo. 
Non  fono  un  bruto  ^ 
Son  Galantomo , 
Son  conofciuto , 
Nè  mai  fon  ftato 
Così  trattato , 
Che  fcortefiaj 
Vofljgnoria 

Attenda  a  fe.  Con  &c. 

Vw,  E  tante  offefe  a  chi  t'adora  ,  o  Breno  ? 
Senti,  pur  che  tu  m'ami 

Dira- 


y  R  1  M  O.  %x 

Dimmi  da  me  che  cerchi? 
BYe.  E  tu  che  brami  ? 
Din.  Qualche  fegno  d'Amore 

Breno  da  te  vorrei  • 
5mTi  diedi  il  cor^. 
Dì.  Se  il  tuo  core  mj  defti 

II  mio  t'ho  già  donato, 

Pari  in  quello  fra  noi  le  cofe  fono , 

£  il  cambio  non  è  dono  ; 

Ma  pure  che  vorrcfti  ?  io  nop  t'intendo  • 
Dì.  Soglion  grinnamorati 

Regalar  la  lor  Dama  • 
Bre.  (Guarda  che  franca  lama) 

(  Oh  poveretto  me  non  hS  un  quatrino) 

Siam  nel  campo  Latino 

Quando  à  Roma  verrai. 
Dì.  Dimmi,  che  mi  darai. 
Byc.       Che  yorrefti  Idolo  mio 

Dimmi  dimmi  il  tuo  defio  ; 
Dì.  Quefto  nò  dir  non  Jo  voglio . 

Bre.  Mi  ritrovo  in  grande  imbroglio* 

Dì.  Dammi  quel  che  pare  a  te. 

Bre.  Dimmi  quel ,  che  piace  a  te  ^ 

Dìn^  Il  mio  Spofp 

E'  generofo, 
£  faprà  trattar  con  me  \ 
Bre*  E'  graziofa 

La  mia  Spofa  5 

^a  regali  vuol  da  me  ; 

Che  &G 


SCEr 


^        u  r  r  o 

S   C   B   N   A    X  L 

Campo  de' Latini, 

P^mnìo  con  Cavu^ierì  Tufculanl ,  fkne 
^       kg^^^do  Id  ktieYammdataìt  *  '  '  ' 
da  Fitellia^  Bum.  ' 

GBmtnlo  amato  beni  giurar  mn  volli  A 
Contro  di  ìè^  contro  dé"  tuoi  frà  Numi 
Vodìo  ^  e  la  guerra  i  Tito  ,  il  Genitore 
ha  cagìon  mi  ricerca  :  c  parche  taccio  9 

prepara  a  fomenti  ^ 
fieriJfF^ii  tormenti 
(Barbaro  lìio.)  Vieni 
Jiùpido ,  falm  me  ,  f ah  a  te  fteffo  ^  ^ 
Fer  mm  d'Amor  dentro  al  mìo  corei mprep 

tw^SV:  di  quei  dolenti  lumi 
'     ^vf}xìt  farò  al  pianto  .  ;  ^ 

*  '  G^à  m'aCcìtìgQ  all'iniprela  ; 

Addiamo/ 
Bre.  Andiam  :  Gem^  A  Roma , 

Già  per  volto  .  *  .  .  •  ^ 

Porto  veloce  il  prè  :  nò;  fop  Latiiip. 
Bre.  E  Te  Lauhó  fei  ;  fatti  Romano  : 
Ùm.  È  Romano  farò  .  quando  in  Senato 

Fra  i  Con  ioli  Jati  Latino 
,  Entri  con  titor  pari ,  fd  ugual  gradp . 

•  Brefao  f  5ref. Signore.  Gm.  Sai 
Quanto  ViceUia  adoro  : 

Ma  il  torto  ,  che  lì  Senatp 
Fà  alle  Latme  Genti 
^'1,.^^-   Ne. 


P   R  1  M  O.  25 
Negando  il  Confplato 
Occupa  di  Geminio 

Tutti  i  ienfi ,  e  i  penfieri;  e  il  Lazio  appoggia, 
Perche  Roma  fia  pofta  in  ferreo  laccio:, 
)La  vendetta  del  torto  a  quefto  braccio» 

Bre.  (  VitelUa  fei  ipedita .  ) 

G^^^.Ciò narra  alla  mia  vita:  e  le  dirai, 
Ch'è  fatto  piio  Tuniverfarimpegno, 
jp  fiancando ,  farei 

belle  mie  fafce  ,  e  di  Vitellia  indegno.  - 
Bre*  L'abbraccerai  delTErebo  nel  Regno/ 

SCENA     X  I  1. 

Sopravìene  Manlio  con  Camlìerì  Romani^  e  detto. 

(/^  Ual  de'  pochi  Romani  armata  fchiera 
%^  Or  viene  a  me  !  )  Romani 

In  che  offendefie  i  Numi?  e  qual  delitto. 

Pochi  da  i  noftri  molti 

Ad  incontra^  la  ijiort?  ora  vi  mena  ! 
Man^(^  Coftui  quanto  è  fuperbo,  e  minacciofo  .) 
Gem.DovQ  i  Confoii  fono? 

Dove  il  guerriero  efercito  feroce  ? 
Man.Vvotìio  all'uopo  verrà,  fe  verrà  l'uopo  : 
G^^^.Itene,  e  racchiudetevi  ficuri 

De  le  Femine  imbelli  entro  i  tuguri. 
i1^^;/,TalIor  fra  le  conocchie 

Stanno  le  Clave,  ayezze 

Ad  atterrare  i  Moftri. 
Gm.O  tu,  che  folo  parli  ;  in  guerra  vieni 

Vientene  meco  a  fingolar  cimento  . 
Maìj.(^DQ\  comando  del  Padre,  e  della  Patria 

Ricordati  alma  mia  .  ) 

B  Gcm^ 


26  A  T  T  O 

Gm.E  di  noi  dall'evento 

Veggafi,  fe  miglior  sù  J'egual  piano  , 

E'  di  ferro  Latin  ,  brando  Romano . 
Man.V'h  chi  vieta  la  pugna . 
G^.Chi  la  vieta?  timore  ?  o  pur  viltadeP 
ManN i\t^àQ  non  conofce 

Manlio  Romano . 
Cem*  (Manlio  è  quefti  ;  Fratello 

Di  Vitellia?)  qui  Roma,  a  che  ti  manda? 
Maf^»Tv,  di  cercar  tant'oltre 

Autorità  non  tieni  :  io  non  rìfpondo  . 
Gem.O  quel  prode  tu  fei ,  che  della  Fama 

ColPopre  del  fuo  brando 

Stanca  le  trombe  d'oro . 
j^^^>Qual  io  mi  fia  non  fuggo  da  i  cimenti , 
Ge-^^. Snuda  l'acciaro  t 
Ma^.Tempo  rimane  all'animo  guerriero  . 
Gem.Tii  non  fei  Cavaliero . 
Ma^/.(Ahl  puntura  si  acerba 

Manlio  foffrir  non  dei.  ) 
Gem.Nò  ;  Cavalier  non  fei  • 
Maf^.  (La  replicata  offefa 

Porta  il  brando  alla  mano) 

Eccomi  (nò  coflui 

Di  Servilia  è  Germaho  .) 
Gm.Guerjriers  cui  vanità  fol'arma  il  fianco* 
i^^^.Geminio:  addio. 
G^;5>7.Sfuggitor  de'  cimenti,  e  delle  riffe • 
Ma^, Addio  Geminio*. 
Gm.Vanne 

Fra  le  Fcmine  in  Roma  :  efcl,  nè  redi 

Tra' forti  alma  codarda,  efci  dai  Campo 
*  Alat^.S^vnprc  Maniio  guerriero 

Nel 


P    R    l   M  O.  27 

Nel  campo  di  Bellona  entra  animofo, 
E  nonefce  giammai  fe  non  invitto. 

GemM^l  il  por  mano  alla  fpada  è  in  te  delitto: 
Se  non  la  impugni,  a  che  la  tieni  a  Iato? 

ManL^  impugno  provocato,    (^jìwda  h  Jpada. 

SCENA     XII  I. 

Sopravìene  ServìHa ,  e  detti , 

Ser.(jr\  Eh ,  che  veggio  !  )  fermatevi .  Geminio 
X-/  Manlio,  Spofo,  Germano. 

^^^^  \  Servilia;  t'allontana. 
Man)  ' 

Ser.  Ah:  pria,  che  al  feno 

DelTamato  Conforte 

Tu  immerga  il  ferro  ,  oh  Dio . 

Nò  :  fermatevi  :  è  quella,  o  Manlio,  è  quefta 

La  fè ,  che  a  me  tu  defti  ? 
Gf»^.L'ardir . 

^ia;!;.L'offefa.  ^c/**" 
iSmManlio .  . 

iS^n  Germano. 

fj^r.  Per  queiTamore, 

Che  figlio  è  de'  tuoi  lumi  ;  e  per  quel  foco» 

Che  ufcì  da  quefli  ad  infiammarti  il  core  , 

Lafcia  ,  iafcia  il  rigore  : 

Germano  ;  tu ,  qui  tratti 

La  ragion'delle  piaghe,  e  (  oh  Dei  )  Vitellia; 

Vitellia,/ che  tu  adori. 

Sta  per  cader  in  braccio  de' tormenti 

Spettacolo  funeftot 

B  2  à  2. 


ì8         A  r  r  o 

^  2.  (O  giuramenti.  ) 

Vadan  Tarmi  fotterra:  e  d'Imeneo 

La  dupplicata  face 

Sia  caduceo  di  pace  • 
G^^y.Servilia:  di  Vitellia  al  cafo  eflremo 

La  cpntefa  rinunzio  :  e  a  fuoi  bei  lumi; 
Maf^.E  a  quei  beg  l'occhi . 

Io  d^ono  la  vendetta. 
i^a^M  io  l'offefa. 

Ce»^. Vattene  a  Tito:  à\ ,  che  della  Figlia 
Quando  io  Aringa  la  mano, 
Confolati  non  cerco ,  e  fon  Romano . 
Ser.  Spofos  tu  vieni  I 
^hf^.Nò:  qui  mi  trattiene 

Chi  dà  legge  al  mio  piede . 
^er.  )      Parto     ...  . 
-^^^0        Redo  M^obene 
Ser.  Parto;  ma  lafcio  l'alma 

^^^^  Redo ,  c  vien  teco  l'alma  ; 

^  2.  In  pegno  della  fà. 

Tornerò  con  bella  pace, 
Man.  Torna  pur  con  bella  pace  i 

^  2.  Che  quel  ciglio  si  vivace 

oer.  Cinofuraèdelmiopiè. 
Mw.         Splenderà  fempre  per  me.  Parto  &c. 

SCENA  XIV. 

Gemma.  Manlio^  che  guarda  dietro  a  Servìlia. 

Gm.(^^  Eminio  :  tu  per  femina  Romana 
Vjr  Rubello  di  te  fteflfo  ? 
Sei  fellone  a  Latini  !  ) 


PRIMO.  29 

Majf.  (O  mie  ftelle  amorofe ,  occhi  ) 

GemMznWo  s  alParmi ,  e  alla  pugna  or  ti  preparar 
Man  Ah  !  Geminio.  • . . . 
Gem.Le  nozze 

Spargo  d'oblio  ;  lafcio  Vitellia- 
ManMznchi  

Gem.M  dover  di  Latino .  Io  vuò  battaglia . 
iWÌ2;!;.Chi  la  guerra  delia,  la  guerra  s'abbia, 
GemDo'  miei,  de'  tuoi ,  perche  io  fguardo,  e  l'alto 
Delio  della  vittoria 

Non  c'aiti  a  ferir ,  tra  il  bofco ,  e  il  monte 
Verrai  ;  colà  t'afpetto  • 
MatiN^nòi  la  pugna,  e  la  disfida  accetto. 

SCENA  XV. 

Manlio  foìo. 

I Natali ,  la  Patria ,  il  nome ,  il  grado 
Alle  leggi,  l'offefa,  eall'onormio, 
Micoftringe  al  cimento. 
Sì  :  Geminio  :  a  te  vengo  . 
Ch'entro  nella  battaglia  provocato 
$aprà  Servilia,  il  Padre,  ed  il  Senato. 
Pugnerò ,  che  la  Vittoria 
Sarà  gloria, 
Se  ben  colpa  fi  dirà; 
IVIà  reftare  invendicato 
Provocato 

Il  mio  cor  non  può ,  non  sà . 

Pugnerò  &c* 

Fwe  ddP/ìtto  Primo. 


B  %  ATTO 


ATTO  SECONDOt 

S  C  E  N  A   P  R  I  M  A- 
Cortile  nel  Palazzo  Regio* 
Tifo ,  e  Lucio  • 

Unqiie  l'occulta,  e  grave 
Reità  del  fuo  cor  dirà  la  figlia  ? 
Per  confeffarla  torto 
A  te  verrà  proflrata. 
E  tu  mi  narri , 
Che  Amor  colle  fue  faci 
L'anima  in  fen  j'accefe  ? 
Lue.  Amor  bendato 

Per  gloria  delle  piaghe,  e  degl'incendi 
M'acccfe  ,  e  mi  feri  co'  fuoi  begrocchi . 
T/V.  Dunque  fol  perche  amante 

Segui  la  fè  Romana  l 
Z/ifc.  Nò  gran  Tito  :  il  tuo  merto 
'Primo  all'Aitar  del  Nume 
Portò  il  mio  cor  divoto . 
La  beltà  pofcia  di  Vitellia,  e  il  fenno 
Infinuar  per  le  fue  Nozze  il  Voto . 

SCENA  II. 

VìtcUta  n)à  a  Tito ,  Lucio ,  e  poi  Servi  Ha  .  . 
FiceLlT)  Adre  :  a  te  folo  io  palefar  intendo 

X    Gl'arcani  dei  mio  cor  . 
T/V.  Lucio? .  ...  Servilia, 

Tu  non  partirti  ?  Ser'uilia) 
Ser.  Torno  ^ 
Qi]|  da  Latini,  c  vengo 

Nun- 


SECONDO.  5t 
Nunzia  d'amica  pace  • 
Narra? 

(Che  mai  farà?) 

Ì>r.Se  di  Vitellia 

Geminio,  il  mio  Germano 

Stringe  la  man  di  Spofa , 

Confolati  non  cerca,  ed  è  Romano. 
Lue.  (Non  mi  tradir  fortuna .) 
yitelQn  sì  gran  punto 

Opra  polTente  Amor.) 
T!ìt.  Alfin  un  cieco  , 

Al  tuo  Fratello  aperfe 

Della  ragione  i  lumi . 

Lucio  ? 
Lue.  Che  oprar  degg'io  ? 
T/>.  Sia  di  Geminio 

Spofa  Vitellia. 
Lue.  (E  al  mio  Rivale  . .  •  •  ) 
T/V.  A  Roma, 

Non  a  Geminio  il  nodo, 

E  il  merto  dell'Amor  ceder  conviene . 
Lue.  (Ahi  ;  crudo  Fato  .) 

Vitrei  ^  ^*  (Abbraccierò  il  mio  bene.) 

T/^.  Servilia  ? 

iS>r.  Eroe  del  Tebro  . 

Riedi  a  Geminio  ,  e  reca 
Deirimeneo  le  Tede . 
Ser.       Il  rifo  porterò  di  bella  pacp; 
E  il  Mirto  Vincitor 
Accefo  dall'Amor 
Sarà  la  face  II  Sic. 

B  4  SCE 


32         A  r  r  o 


SCENA  III. 

Brefio ,  Desti ,  Popolo  dietro  a  Manlio . 

Bre.  "\'>|"  Anlio ,  di  Tito  il  Figlio  ora  qui  viene. 
T/>.ÌVJL  Servilia  :  impaziente 

D'abbracciar  la  Conforte , 

Geminio  a  noi  Tinvia  . 
Ser.  Eccolo ,  (pur  godrò  l'Idolo  mio .) 
/>^//^/.(Scringerò  tofto  il  caro  Nume  a^nch'io  .) 
Luc.(lo  fon  fuor  di  fperanzaò  cieco  Dio.)  parte. 

Viene  Manlio ,  e  Tito  gli     incontro . 
Tìt.  Figlio  ,  le  Nozze  di  Vitellia  ,  e  quanto 

Dir  il  German  le  impofe , 

Servilia  mi  narrò. 

Giuft'è  ch'ella  t'abbracci:  e  tu  ,  che  affretti 

Col  tuo  ridente  arrivo , 

D'un  si  bel  giorno  il  lucido  fereno  , 

Manlio  vieni  al  mio  feno  .  QLo  abbraccia.') 
Man.  Gran  Genitor  :  da  quel ,  che  tu  mi  credi , 

A  te  qui  affai  diverfo  or  m'apprefento . 
Tit.  Non  vieni  da'  Latini  ? 
Man.  Vengo  dal  Campo  .  ^ 
Ser.  E  i  fenfi  ' 

Di  Geminio  non  rechi?  ] 
f^itel'E  non  arrivi 

Raguagliator  di  Pace  ? 

Che  di  doppio  Imeneo  fra  i  lacci  è  involta 
Man.  O  ViteWì^ ,  o  Servilia,  o  Padre  afcolta. 

Co  i  Cavalier  del  l  abro 

Nel  Campo  de'  Latini 

Dell'Usbergo  fquammofo  il  fen  veflito 

Portai  veloce  il  piè  ;  fù  con  Geminio 


SECONDO.  53 

n  primo  incontro  ;  quefti 

Con  vilipendii  ,  e  fcherni , 

Mi  sfidò  all'armi ,  ingiuriofo  ,  c  fiero. 

Io ,  che  fon  Cavai iero , 

L'armi  vibro  ,  e  Puccido  ; 

Che  pugnai  provocato  , 

Saprà  Scrvilia  ,  il  Padre ,  ed  il  Senato . 

vltel  ^  ^*  CMofto^  Geminio?) 
Man.  Quelle 

Spoglie  fono  del  Vinto 

Di  cui  Tonte  sfuggir  io  non  potei . 
^uà  Ji  fa  anjavsi  un  Soldato  ,  che  porta  fopra 
un  Bacile  gli  Avnejì  ìnjanguinati  dì  Geminio . 
VitelMd.i\\\o  crudele. 
Ser.  Oh  Dio, 

Viver  non  poflb  più. 
ViteLG^mmo  mio.  (partom) 

S  C   p  N   A     I  V. 

Tito ,  e  Manlio  . 
T/V.  T7  '  quefta  Manlio  ,  è  quella 

In^  Del  Senato  la  Legge  ? 

II  comando  di  Tito  ? 
/^tf//.  Coiringiurie  più  volte,  e  colli  fcherni 

Colui  mi  provocò. 
T/V.  Tu  j  ne  men  provocato 

Stringer  dovevi  '1  ferro  : 

Nè  dei  fangue  Latin  bagnar  l'arena  : 

Mà  delPerror  ben  pagherai  la  pena  . 
Man.  Signor  j  sfuggirla  pugna:  ebendiranlo 

I  Cavalier  del  Tebro  • 
Tìt.  Mà  Geminio  uccidefti^ 

B  5  Man. 


^4    .  T  T  O 

iJ^a/^,  Chiamò  codardo  ,  e  vile 

Manlio  di  Tito  il  Figlio • 
T//.Che  fempre  è  vii,  quando  la  Patria  il  chiede, 

Nè  pecca  di  viltà  ,  con  alma  rea 

1!  Cittadin  ,  rifponder  fi  dovea. 
Man.  Al  cimento  sfidommi  :  e  la  disfida 

Se  non  accetta  ,  perde 

Il  Cavalier  di  Cavaliere  il  pregio  • 
T/V.  Tu ,  che  facefti  ? 
jMan.  Chiefi 

Miglior  tempo  opportuno 

Al  fingolar  cimento. 
T/V.  E  uccidefli  Geniinioin  quel  momento. 
Man.  Deh  :  Padre  :  Genitore: 

Manlio  di  Tito  è  Figlio . 
T;V.  Di  Tito  era  il  comando. 
j^Jf/};^.Deli'onor  della  Patria  io  fon  Campione, 
Hit.  Del  Senato  è  la  Legge  . 
Man.  DilTe  Geminio  altero  , 

Ch'io  non  fon  Cavaliero  • 
T/V.  Tu,  che  facefti  all'or? 
Man,  Mia  Spada  ignuda 

Gli  chiufe  il  labro  ,  e  il    mentir  tacendo  . 
T/V.  Nuova  colpa  aggiungerti  al  tuo  delitto  • 
Man.  (E*  colpa  effcr  invitto  ?) 

Gran  Padre  ;  ah  fe  alla  Patria 

La  gloria  accrebbi  ;  fe  atterrò  un  fol  brando 

Tutto  il  Campo  Latino 

Nel  Valor  di  Geminio  ;  e  fe  novelle 

Diede  le  palme  al  Tebro  , 

De  i  gloriofi  acquifti , 

Perch'io  perdo  PAIIor? 
T/V.  Non  ubbidirti  .  C^Parte  col  popolo.') 

SC£. 


SECONDO.  3s 
SCENA  V. 

Manlio  folo  • 

E Attender  io  dovea  ,  che  Tonorate 
Vifcerc  mi  paffaflTe 
D'infoiente  nemico  il  ferro  ignudo  ? 
Dcvea  dunque ,  dovea 
Colla  macchia  di  vile ,  e  di  codardo 
Tornar  a  Roma  ì  oh  Dio,  che  fe  il  dolore 
Hà  per  me  di  Servilia  il  cor  trafitto , 
quelli  '1  mio  delitto . 
Se  non  vi  aprite  al  dì 

BegPocchi  del  mio  Sol  più  dì  non  v'è 
Brune  pupille  amate 
Voftr'ombre  i(3olatrate  , 
Ombre  faran  d'Occafo  alla  miafè 
Se  &c. 

SCENA  VI. 

Dha  ,  e  poi  Breno. 
Dh         Hi  tel'avenre  detto 

V-J  Signor  Geminio  mio 

Di  non  morir  in  Letto ,  oh  cafo  rio  • 
Bre.Se  non  erra  la  vifta.... 

Dina  mia ,  Dina  mia  tu  ftai  pur  trifta. 
Di»  Geminio  poverello , 

Di  Servilia  Fratello 

Per  man  del  Signor  Manlio 

Reflò  di  Vita  privo . 
Bre*  Morì  Geminio  ? 
Di.  Sì. 

-fir^.Mà  Breno  è  vivo. 

Vi.  A  me  Ibi  bada  quello , 

B  6  B 


36  ATTO 

E  vada  con  Geminio  ancora  il  refto. 
JSre.  Nott  mandar  tutti  eguali , 

Vadano  con  Geminio ,  e  tali ,  e  quali. 
Di.  Tu  fei  troppo  clemente  , 
Vadano  tutti ,  o  niente  • 
Bre.  E  tu  fei  troppo  fiera . 
Di.  Purché  il  reo  non  fi  falvi ,  il  giuflo  pera. 
Bre.  Dina  non  tanta  ardenza 

Piano,  flemma,  pazienza,  abbi  giudizio, 
Tu  fai  gran  pregiudizio 
Parlando  in  tal  maniera . 
Di.  L'Iftoria  è  miferabile  ,  mà  vera . 
JSrc»       Non  favellar  così 

Con  tanta  libertà . 
Sai  pure ,  ch'oggidì 
Troppo  parlar  non  lice  , 
Che  è  mal  quel ,  che  fi  dice, 
Mà  non  quel ,  che  fi  fà .  {parte) 
Non  &c. 

Di.  La  lingua  mia  l'opere  altrui  non  tocca , 
^à  quello ,  che  hò  ne  1  core ,  ho  nella  bocca* 
Piùi  bel  fvario 

Del  giudizio  temerario 

Non  fi  trova  in  quella  età  ; 

Se  corteggi  qualche  bella  , 

Se  faluti  una  Donzella 

Chi  ti  vede  penfa  àmale; 

Se  fi  và  da  quella  Tale , 

Sol  per  far  giochi  di  pegni 

Senti  torto  i  belli  ingegni. 

Che  lavoran  d'invenzione  ; 

^ggi  giorno  in  conclufione 

Gran  tagliare  ch^;  fi  fà .      Più  &c. 

SCE. 


SECONDO.  37 

SCENA  VII, 

Deliziofa. 

Vitellla  ,  e  Bveno  * 
Bn.  "VT  O'  s  fermati,  o  Signora  • 
Vìttl\y\  Ove  fepolto 
Giace  l'amato  Nume 

Breno;  lafcia ,  ch'io  vada  ;  io  fuor  dell'Urna 

Trarrò  il  cenere  amato  • 
Ere*  Tu  fola  fra  Nemici  ? 

La  gran  Figlia  di  Tito  ì 
VttelXo  fola  sì  . 
^r^.ViteUia. 

VitclVioxx.Q  è  Geminio  ,  (Stelle .  ) 

Viverà  chi  l'uccife? 
Bre.  Signora  .  .  .  .  • 
ViteUlè.  la  vendetta 

Portarò  vanamente  ,  ove  non  entra  ^ 

Rimembranza  d'offefa  ì 

Ferma* 
VitelSi  ;  contro  Tempio 

Volo  di  Tebe  a  rinovar  Io  fcempio. 
Bre*  Contro  il  Fratello  ? 
FitelSi . 

Tutta  furor  ne!  feno 
Di  morte  il  rio  veleno 
A  chi  mi  tolfe  Talma 
Cruda  provar  farò  . 
E  qual  furia  dVMetto, 
Io  quel  indegno  petto , 
Col  giufto  mio  rigore 
Dilaniar  faprò  .  Tutta  ^c. 

SCE- 


A  r  r  o 

SCENA     V  I  I  L 

Servili  a  ,  Dha  >  e  detti  • 
Ser.  'XT  Itellia  :  e  dove  ? 
yitel.  V    A  trucidar  Colui , 

Che  barbaro ,  inumano 

A  me  uccife  l'Amante ,  a  te  il  Germano  • 
Ser.  (O  Manlio  traditor  .) 
^r^.  (Manlio  infelice.  ) 
yitel.Txx  pur  la  deftra  ultrice 

Arma  diacciar  pungente. 
Bre*  E'  a  te  Fratello, 
Di.  E'  a  te  Con  fòrte  • 
jf^iV^^/.Andiamo 

Alle  ferite, 

VHelJ^'  (Oh  Dio.) 
yiteL(E  con  il  mio  Germano  empia  fon  io?) 
Ser.  L'ira  nel  cor  già  langue  . 
^//^/•Tempra  lo  fdegno  mio  forza  di  fanguc . 

Mà  il  fangue  di  Geminio 

Contro  del  fangue  mio  chiama  vendetta. 

Dunque  alle  ftraggi . 
iS^r.  Afpetta. 
Vitel.Vìh  non  induggio. 
Ser.  Andiamo  • 
Bre.  Nò  . 

Di.  Flemma  flemma. 
yiteLUk  il  caro  ben  fvenato. 
Ser.  L'ucci fe  provocato  . 
ViteLMì  :  Servilia  :  tu  rendi , 

L'uccifor  innocente  3  e  Reo  Tuccifo  ; 

Tuindifefa  converti 

La 


S  ECO  NDO^  39 
La  reità  di  fcelerato  core. 
Ser.  Per  lui  favella  in  fui  mio  labro  Amore  . 
Viteh      A  quel  fen  riparo,  feudo 

Non  farà  bendato  Amor  ; 

Che  non  può  fanciullo  ignudo 

Toglier  Tarmi  del  furor. 
Str.  Dar  la  morte  alla  mia  Vita 

Morte  mai  nò,  non  potrà  ; 

Che  l'amor ,  che  m'ha  ferita 

La  fua  falce  fpezzerà  •  A  &c. 

Bre.  Eccolo . 
Di.  Adeflb  viene . 
jP^;r^/.(Indegno .) 
S§r.  (Come , 

Cieli ,  ftringer  potrò  quelTempia  mano, 

Che  ancor  fuma  del  fangue 

Del  trafitto  Germano  ?) 
VI.  O  che  imbroglio  per  Manlio. 
Ere.  O  cafo  ftrano  . 

SCENA  IX. 

Manlio ,  Serviìia  ,  e  Vìtellìa  • 

iWj//.Ti  ^  la  Servilia  :  Vitellia  ? 
Ser.  iVX  Manlio  crudele, 
/^/V^/. Barbaro  omicida, 

Ser.  Nunzia  io  vengo  di  Pace,  c  tu  nel  Campo 

11  Fratello  mi  (Veni  ? 
ViteLQn^Lnào  attendo  lo  Spofo , 

Afperfe  del  fuo  fangue 

Le  Tue  fpoglie  tu  porti  agl'occhi  miei  ? 

Andiamo  a  Tito.  (a  Servilia.) 

Ser.  Egli  coftui  condanni  * 


ATTO 


iS^r.Traditore. 

iVia//*Vitellia  ? 

^/indegno  core. 
Se  il  mio  Spofo  piagarti  ^ 
Ser.  Sefvenafti  il  Germano, 
yiuLQucfia  man 
Ser»  Quella  mano 
^  2*  S*àrmerà  contro  tp 

Perfido . 
Ser.  Rio  . 
/^/V^/.In  umano. 
Ser.  Crudel 

^'^^^'à  2.  Bafta  cor  mio  • 
ùer. 

Man*  E  queflo  ancora,  o  Cieli  ? 
///V^/.Nò  ,  non  bafta»  o  mio  core> 

L'ira  mi  fprona. 
Ser.  E  me  trattiene  Amore. 
/^//^/.Vieni ,  ch'io  ti  fò  (corta  , 

Redi  l'empio  punito  . 
Ser.  (Oh  Dio  ,  fon  morta  •) 


Non  mi  guarda  Servilia  ; 
Ho  nemico  il  Senato,  il  Padre ,  c  Ror 
P  mi  fero  trofeo, 
O  Valor  sfortunato , 
O  Vittoria  infelice; 
f  he  più  fperar  dal  piio  deftin  mi  lice? 


SCENA  X- 
Mattilo  Joìo  é 


se  E. 


SECONDO.  41 

SCENA  XI. 

VeciO  con  Soldato ,  che  tiene  In  mano  una  Catana  ^ 
e  Manlio  • 

MAnlio  :  Tito  al  tuo  piede 
Quefie  catene  invia . 
Man. A  quello  piè  catene  ?  a  quello  piede ^ 
Che  fermò  per  la  Patria 
La  Rota  alla  Fortuna? 
Eec.  O  Manlio  di  Fortuna 

Troppo  infaufto  berfaglio  ; 
Piango  la  tua  fventura, 
Piango  la  mia  ,  che  della  tua  mi  sforza 
Ad  effer  Meflaggiero  :  al  Career  vieni , 
Man.Pi\  Career  ?  per  qual  colpa  ? 
O  Tito,  o  Roma; 
Avrà  fra  Tombre  ofcure. 
Sepolcro  tenebrofo 

Quel  che  illuftrò  col  lampo  di  fua  Spada 
Il  nome  della  Patria  ,  e  de'  Romani  ? 
^uì  viene  Lucio  leggendo  piano  una  jua  lettera  • 
Man.Pih  Lucio  * 
Lue. Aito  Campione. 
ManMcài?  quefte 

Son  catene,  e  fon  mie. 
Lue*  (Come .)  Signore  :  Decio . 

Le  palme  fon  catene? 
Leo.  Non  ubbidì  alla  Legge 
Del  Senato  ,  di  Tito. 
Man.Sùmol  d'onor  m'aftrinfe: 

Recita  con  in Jlrumentì. 
Ma  ;  fe  tal  de!  Valor  è  i!  guiderdone  , 

Se 


42  ^       A  r  r  o 

Se  il  Trionfo  è  demerto,  e  fi  condanna  ; 

Eftinto  fe  non  vivo 

Co  i  Latini  in  battaglia 

A  Roma  ingrata  ,  ed  al  Senato  ingiufto , 

Cinto  d'Afpidi  il  crine 

Porterò  fcempi ,  e  fpargerò  mine  • 

(Manlio  cosi  favella  ?) 

Decio? 
D^r.  Signor. 
MauMì  bendi 

Tirannide  le  luci  : 

Infame  fcure  tronchi 

Quefto  mio  capo ,  e  ruotino  a  miei  danni 
Tutti  grAftri  del  Cielo  erranti ,  e  fifli  : 
Viffi  Romano  ,  e  morirò  qual  viffi  ♦ 
Lue^  Tue  magnanime  gefta 

Signore  ,  io  bacio,  e  adoro 
L'alma  invitta  d'Eroe  • 

Lue.  Permetti , 

Ch'io  t'accompagni  • 
Man.'^h  ;  refta ,  e  vedrai , 
Che  il  Cipreflb  di  Morte  , 
Se  in  loco  avrò  del  Trionfale  Alloro  ; 
Mio  trionfo  faranno 
Un  dì  nel  Monumento 
11  pianto  della  Patria,  e  il  pentimento. 
Lafciar  chi  adoro  in  pena 
E'  folo  il  mio  dolor  ; 
Tra  ceppi  l'alma  mia 
D'dgn'altra  pena  oblia 
Il  barbaro  tenor  .     Lafciar  &c. 


SCE- 


SECONDO. 


41 


SCENA     X  I  !• 
Lucio . 

INgmaRoma;  e  più  di  Roma  ingrata 
Lucio,  fe  non  fai  feudo 
Al  Cavalier,  che  il  tuo  rivale  ancife. 
M'apre  già  quefta  carta 
La  via  ficura  :  del  Campion  Romano 
Mi  fprona  aìla  difefa 

L'obligo  3  il  merto ,  e  l'onorata  imprefa  . 
Di  godere  la  bella,  ch'adoro 
Lufingando  il  mio  core  fi  và; 
Soffro  intanto  un  acerbo  martoro , 
Ch'ogni  iftante  languire  mi  fà*Di  &c- 

SCENA     X  I  I  L 

Camera. 

Tito  fola. 

Già  da  forte  catena 
Cinte  hà  Manlio  le  piante;  or  di  fua  morte 
Scriva  la  man  di  Tito 
La  fentcnza  fatai  :  giufl'è,  che  mora. 
Frendc  la  penna  f  e  comincia  a  fcriven^ 

ftfermuy  e  dice. 
Parche  di  far  le  note 
La  man  fui  foglio  aperto 
Habbia  perduto  Tufo . 
Scrivi,  omiadeftra;  e  mofib 
Sia  dalla  colpa  il  Giudice:  non  pofTo  » 
Tito  non  puoi?  non  poiTo 
Cafligare  i  delitti  ?  J 


44  ^  T  T  O 

Frende  la  pema ,  che  avea  depofla  ,  e  rifoluto 
woi  continuare  a  fcrivere ,  poi  fi  ferma  • 
Il  caftigo  è  da  Giudice  ;  egl'è  vero  ; 
Ma  la  pietà  è  da  Padre. 
Manlio  non  è  mio  figlio;  errò  fellone.' 
Depone  la  ptnm  5  e  fi  lem ,  puififerr/ìa ,  e penfyndo 
un  poco ,  dice  rifoluto  . 
Scritte  col  di  lui  fangue 
Di  Giudicete  di  Padreal  Tebro  in  r\va  (fiede» 
Legganfi  le  giuft'opre;  e  Tito  feriva. 

(  Scrive  la  fentenza.  . 
la  fatai  fentenza  al  Figlio 
Scriva  intrepida  la  mano  . 
Refti  pure  afciutto  il  ciglio; 
Pria ,  che  Padre ,  io  fon  Romano . 
Siede  i  efìmfcedijcrì'vere* 

SCENA  XIV. 

Becìo  và  da  Tito  >  che  fcri've ,  ed  egli  vedutolo  dice . 

Tit.  Tp^  Ecio  ,  che  porti  ? 
Dcc.jLJ  Tito  io  qui  per  nome 

Delle  Romane  Schiere 

Chieggo  ,  fe  degno  deìTuffizio  fono , 

Di  R/ianlio  i;  Figlio  ,  a  te  la  vita  in  dono . 
T;V,  Manlio  di  mone  è  reo  : 

Non  ubbidì  al  Senato  , 

Non  tfiTegul  del  Coniblo  il  comando: 

F  dee  morir .  (  Scrive . 

D^c.L'invftto  ardire,  il  fmgue , 

Che  del  defio  di  bella  gloria  è  ardente, 

E  quei  valor  ,  che  nacque 

Da  te,  che  il  generalli  incolpa,  e  accufa^ 


SECONDO.  45 
i*//.  Valor  intempeftivo 

E'infania>enon  valor, e  alfin'è  colpa,  fcrìve. 
D^r.Con tante  bocche,  quante 

Numera  nel  fuo  petto 

Piaghe,  ancor  frefche,  il  popolo  guerriero 

Le  fuppliehe  ti  porge  • 
T//.  La  Legge  inubbidita  a  Jor  fi  oppone . 

Io  dettata  da  lei  ferivo  la  pena  .  (^fcrìve. 
Dee.  Manlio  fvenò  in  Gepinio  il  primo  capo 

Dell'Idra  ànoi  rubefla,  onde  il  fuo  fallo 

Merto  diviene ,  e  Tomicidio  è  imprefa  • 
T/V.  Merto  la  fellonia  chiamafi  ancora? 

Manlio  è  Reo  della  Patria,  e  vòche  mora  • 
Scrive  • 

Dee.  Non  fan  fenza  il  fuo  braccio 
Pugnar  lefchiere. 

T/A Vattene  :  rapporta  , 
Che  l'Aquile  Romane 
Arman  più  d'un  artiglio  : 
Nè  di  famofo  Allor  cinti  la  chioma 
Mancan  Figli  guerrieri  al  Tebro  ,  a  Roma. 
Scrive . 

Dee.  L'ultime  lor  libere  voci  afcolta  . 

O  a  Manlio  dona  vita  y 

O  (T/Ve> fi  leva  in  piedi  con  impeto^  e  dice . 

T//,  Chi  dà  legge  a  Roma  ? 

Chi  è  il  Confolo  ?  chi  regge  ? 

Son'io  del  Roman  Popolo  in  queft'ora 

Padre,  e  Giudice  fono  :  e  il  Figlio  mora. 
Parte  Decio. 


SCE- 


46  A  r  T  O 

SCENA  XV. 

Servìlia ,  e  Tito  al  Tavolho . 

Ser.  (  A  Mor,  su  queftelabra 
XjL  Tu  favejla  per  me,  ) 
T/V.  Servilia:  vieni 

A  chieder  lupplicante 

Del  prigione  la  vita,  o  pur  la  morte? 

Se  per  la  prima  ,  fcrifle 

IrrevocabiI  Fato  :  e  fe  il  caftigo 

Tu  vuoi ,  non  il  perdono  , 

Prima  della  domanda  y  ottieni  il  dono  • 
Ser*  Signor  :  uccife  Manlio  ; 

Se  ben  sfidato ,  e  per  Tonor  l'uccife , 

Geminio  in  Campo  ;  &  obliò  di  Tito 

GTordini ,  e  del  Senato  • 

Gravi  fono  le  colpe  ;  ed'ancor  grave 

Dee  perefempio  agl'altri  effer  la  pena. 

Del  trafitto  Germano 

Al  Giudice  Romano , 

Porto  anch'io  le  querele  ,  ed  i  lamenti , 

Mà ,  fe  Manlio  è  ameSpofo; 

E  a  me  fe  tu  lo  defili  , 

Perche  sì  di  repente  ora  mei  togli? 

Signor;  dammi  il  Conforte, 

Togli  due  cori  a  morte  ; 

E  tolga  il  Ciel ,  che  voglia, 

Autor  di  crudo  affanno 

Tito,per  elTer  giuflo,efler  tiranno .  {Piange, 
^it.  Servilia  del  tuo  dire  io  l'arte  ammiro. 

Tu  nel  chieder  le  grazie  hai  gran  virtute 

Mi  per  chi  morir  dee  non  v'è  falute . 

Ser. 


SECONDO.  47 
^'^r.  (Dettino.)  almen  concedi , 
Che  nel  brun  de'  fuoi  lumi 
Vegga  la  morte  mia  . 
T/V.  Servi?  di  Manlio 

Entri  Cortei  nell'orrida  prigione  ; 
Ciò  al  tuo  facondo  favellar  fi  done  r 
Scr*       Del  mio  Spofo  le  catene 

Fà  che  ftringano  il  mia  piè  ; 

E  pietofo  i  1  caro  beoe 

Togli  a  morte  ,  e  dalia  a  me. 

Me  di  Vita  ,  e  luì  di  pene, 

Trar  vorrebbe  la  mia  fè  !    Del  &c. 

SCENA  XVI. 

Vitelli  a ,  e  Tito . 

Tit.  Là:  Lucio  qui  venga. 

VittlXUf  Mio  gran  Padre . 
T/V.  (Vitellia  pel  fratello 

Qui  porta  ancor  le  preci .  ) 
yUeLAmiii  Geminio  ,  e  vicendevoi  fiamma 

L'anime  noflre  ardea  • 

Col  vincolo  di  pace 

Seco  unirmi  Conforte 

Concertai  con  amor  ,  e  colla  forte . 

Manlio  Geminio  uccife , 

Tolfe  a  Roma  la  Pace,  e  à  me  lo  Spofo  i. 

Tu  qual  Giudice  adempì 

Quanto  il  giudo  richiede; 

E  alle  genti  Latine, 

Giuro  ftragi ,  terror  ,  fcempi,  e  ruine. 
T/V.  Al  Reo  colà  il  caftigo 

Del  fuo  fallir  è  fcritto .   Q^u)  'vme  Lucio. 

Lue* 


48  ATTO 
Lue.  Eccomi  a  Tito. 
jT//.  A  Manlio,  ove  da  ferri 
Incatenato  hà  il  piede, 
Vanne:  legga  quel  foglio: 
E  concedo  Vitellia  alla  tua  fede . 
Son  giudo;  e  fe '1  chiede 
Ragion  ,  la  mercede 
La  pena  sà  dar  ; 
Ma  fon  le  mie  brame 
Ancor  pifi  contente 
Se  il  giudo  coniente. 
Che  il  pofla  premiar.       Son  &c. 

S   C   E   N   A    X  V  I  I. 

Vitellia  ,  e  Lucio . 

ttic.        Onfprte  • 

ViteLK^j  A  me? 

Lue*  Geminio  è  fpento  • 

Vitel.Ùivtò  fol  pér  Compagno  il  tv\o  tormento. 

Lue.  Fermati ,  il  Padre  .  •  .  .  . 

Vitti. lo  reggo 

Il  mio  voler . 
Lue.  Le  tue  promefle  l 
Vitel.E'  giudo 

A  chi  porta  catene  ufar  l'inganno  • 
Lue.  E  la  frode,  ch'è  modro 

Alberga  in  nobil  core  ? 
Vitel.BQÌh  divien  fe  la  produce more  • 
£/;rc.  Crudele  ;  all'opre  mie 

Tu  cosi  corrifpondi? 
Vitel.lì  favor  non  oblio  ;  ma  del  (livore 

La  chieda  ricompenià,  io  dar  non  po<To . 


S  ECO  NDO: 


49 


I/^c.Chi'l  vieta? 
yiteLDì  Geminip 

(Stelle.)  il  cenere  amato, 
La  bell'ombra  adorata . 
Lue.  Empia ,  crudele  ingrata. 

Serbi  fede  agl'eftinti ,  e  ancidi  quella , 
Che  defti  a  Vivi?  cangi 
Il  balfamo  promeflb  in  duol  tiranno 
Alle  mie  piaghe? 
yiteih'  giufto 

à  chi  porta  catene  ufar  l'inganno  i 
Ben  impari  come  s'ama 
In  amor  chi  vuol  goder  ; 
Nulla  ottiene,  e  molto  brama 
Chi  mal  ferve  al  Numearcier. 

Ben  &,c. 


SCENA     X  V  1  I  I. 


2é  Promefla  all'amor  mio. ^ 
Infelice  mia  fede 

Tu  fei  tradita ,  e  fon  tradito  anchMo  . 
Godi  barbara,  godi 
Deiringiufte  tue  frodi ,  ufa  gl'inganni  $ 
Ch'io  da  i  fofferti  affanni 
Già  fottraggo  la  mente  , 
E  degl'amori  fuoi  Talfna  fi  pente  l 
Sei  sfortunato 

Mio  cor  piagato 

l-afcia  d'amar . 

Rompo  lo  ftralf 


Lucio  foh. 


C 


Del 


so         A  r  r  o 

Del  cieco  Alato, 
Che  il  duci  mortale 
'  Nonpuòfanar.  Sei&c, 

S  C  E  N  A     U  L  T  I  MA. 

Bref^o,  e  Dma. 

Bn.  TI  Enche  fia  mìa  Padrona, 
JL#  La  dico  come  và, 
Core  troppo  inumano 
MoHra  Vitellia  contro  il  fuo  Germano, 
i?/.  Egli  Io  Spofo  amato 

Crhà  fvenato  in  duello. 
Bre.  Uh  il  fratello,  è  fratello. 
Dì.  Alle  Donne  è  gradito 

Piii  di  mille  parenti  un  fol  marito; 
Bre*  E'  ver ,  ma  in  un  momento 

Se  ne  perdono  un  fol ,  rie  trovan  cento . 
Cari  però  non  fono  al  pardi  quello, 
Ed  infine  il  fratello 
Efler  non  può  marito; 
Lo  Spofo  affai  più  vale  , 
Perche  è  marito ,  ed  è  fratel  carnale. 
Bre^       La  Donna  quando  è  Spofa 
Tutta  contenta  ftà  ; 
Si  fcorda  d'ogni  cofa  , 
De'  fuoi  più  non  fi  cura , 
Et  ogni  gran  fventura 
Le  par  felicità. 

La  &Cà 
Quefto  anch'io  lo  confefTo , 
Perche  è  pieno  d'amore  il  noftro  feflb. 
Mà  voi  aitri  fpofate 

Una 


SECONDO.  SI 
Una  vaga  Donzella , 
E  vi  ftufate  fubito  di  quella , 
Non  la  guardate  mai , 
Le  date  mille  guai 
Facendola  morir  digelofia; 
Cangiate  fantafia  , 
B  volete  pigliarvi  i  fpaflì  tutti , 
E  la  povera  moglie  a  denti  alciutti* 
Voi  altri  Signor  Omini 
Havete  un  brutto  genio 
D'andar  di  quà  di  là  ; 
E  per  lafciare  il  proprio 
SpefTo  vi  fuol  fuccedere 
Qualche  gentil  difgrazia , 
Mà  troppo  ben  vi  ftà  *       Voi  &c. 
Byq.  Come  ci  dai  terribilmente  addpffo; 
Dì.  Più  tacere  non  poffo  . 
Bre^       Peggio  aflai  di  noi  farefte 
Quando  bavelle 
Tantin  meno  di  vergogna  , 
Tantin  più  di  libertà. 
Dì.  Che  calunia,  che  menzogna  , 

Ciò  non  è  la  Verità  • 
Bn.  Vi  trattiene  quel  riguardo  , 

Quel  rifpetto  . 
DI.  Che  bugiardo  ! 

Moi  facciam  quel  che  conviene. 
Bre.  Bene,  bene 

Di.  Il  coftumeiJi  voi  altri  ^ 

St  sfrenati,  così  fcaltri 
Tutto  lecito  fifa. 

Peggio  &c. 
Fine  dell'Atto  Secondo . 

C  2  ATTO 


^TTO  TERZO. 

SCENA  PRIMA. 
Prigione . 

Viene  Servlìia^  che  vedendo  Manlio  colle  Catene 
al  piede ,  ajjìfo  ,  ed  addormentato  dice . 

lEpofta  amor  la  benda 
I  Chiufi  hà  i  begrocchi  al  fònno  : 
I  Mà  ;  uniti  in  quefti  orrori 
j  SonnOjC  cateae;oh  Diojcome  andar 
La  catena  ,  che  troppo    (ponno  ? 
W  grave  pondo  al  piede,  infmpenofi^ 
Ah  5  rende  i  fuoi  ripofi  . 
Vanne  o  Servilia,  e  la folleva alquanto^ 
O  crudo  indegno  laccio  ; 
Potefle  il  pianto  mio .    (^Manlio  fognando . 
Mar;.  Cara  t'abbraccio  • 
Ser.  Manlio  ?  (tS/  /veglia  ,  e  fi  leva^ 

Man.S(^tv\\\z\  Oh  Dei!  dove  t'abbraccio? 
Nel  Carcere  ?  tra  ferri  ? 
Sei  miniftra  di  pena,  o  meffagiera? 
SerAo  miniftra  di  pena 
A  te  vita  del  cor  ì 
MatuCom^  qui  meco? 

Compagna  nel  delitto  i 
A  me  tu  già  non  fofti  ; 
JE  nel  Carcere  mio  mi  fei compagna? 
Ser.  Manlio ,  mio  ben  ,  cor  mio 
Qul^  da  Tito  impetrai 
Venir  nelle  tue  luci 

Quel 


^  E  R  Z  O  .  55 
Quel  giorno  a  rimirar ,  che  mi  s'afconde  • 
Han*  Son  Reo  bella  Servilia  ,  e  Reo  di  morte . 

Il  Fratello  t'uccifi . 
iS^y»Eh,  che  al  fratel  non  penfo;  edalpenfiero 
*  Il  toglie  la  cagione , 

Per  cui  nel  Tuoi  per  la  tua  dc(ìra  ei  cadde. 

penfo  à  te  del  mio  cor  parte  più  cara  ; 

Mà  ,  di  perderti,  lafiTa; 

Or  ch'io  fono  in  periglio  , 

IVIanlio:  dime,  dite,  che  malfarà?- 
Man.Sìdi  ciò,  che  vuol  fortuna, 

Che  a  te  dovunque  iofia,  farò  fedele. 

Non  pianger  più  :  Tavverfa 

Malignità  degl'Aflri 

Meco  fopporta ,  e  fofTri 

L'ingiuftizia  del  Fato, 

Che  al  noftro  amor  fempre  nemico  fii . 
Servilia  più  forte  piagge . 

Deh  cara  anima  mia  non  pianger  più. 

Senti  :  a  Tito  ritorna , 

Gl'oblighi  tuoi ,  gPoblighi  miei  tu  efprimi. 

Perche  a  me  frà  queft'ombre 

Di  venir  ti  concefle. 

Digli  j  che  per  portarmi  alle  fue  piante  , 
Nel  labro  tuo  la  fupplica  prefento. 
iS^r.  Speri  colle  preghiere 

Duro  ammollir  quel  core? 
l^a^.  Spero ,  che  T  ito  a  Manlio  è  Genitore . 
Ser.        Parto  contenta 

Volto  amorofo , 

E  fperar  voglio  , 

Che  l'afpra  forte  fi  cangerà . 

Il  Cielo  irato 

C  3  Por* 


54  ATT  O 

Forfè  placato 
Al  gran  cordoglio 
Il  dolce  balfamo  n'arrecherà. 
Parto  &c.  {Parte.) 

SCENA  II. 

Munito  ,  €  poco  doppo  fopravìefie  Lucio . 

Toglie  s'ella  più  refta  , 
Al  mìo  cor  fempre  forte 
Parte  del  fuo  vigor  :  e  indebolifce 
La  mia  coftanza  • 
Lue.  Manlio  i 

Matj.{txxc\oì)  amico,  fe  pure 
Il  mio  perfido  Fato 

D'amico  il  nome  ,  e  l'opre  a  te  non  toglie. 
Lue,  A  te  nel  Career  tenebrofo ,  e  cieco  , 

E  morte,  e  vita  arreco. 

Gììprefenta  la  fentenza  dì  7 ito. 
Man.  A  Manlio  ,  che  la  Legge  (l^ggs . 

Del  Senato  ,  e  del  Confilo ,  nel  Campo 

De*  nemici  Latini 

Non  ubbidì  ;  e  Gemìnìo 

S^enò  lor  Duce  in  /ingoiar  cimento , 

Quando  il  vel  della  notte  il  dì  [colora , 

Jiecìja  fia  l'indegna  tejìa ,  e  mora . 
Manlio  eonfufi  penja . 
i/ifc.  Degno  Campion  del  Tebro;  al  tuo  valore 

A  che  mal  corrifponde 

La  Patria  fconofcente . 
Matt.  (E'  ver  ,  delitto  è  trafgredir  la  Legge.  ) 
Lue.  Fuggi  da  quefti  orrori . 

Ti  attendono,  fe  vuoi  palme  ,  ed  AUon, 

Ma». 


r   E  R  Z  O.  55 
Allori  a  Manlio?  eh;  Lucio  ,  ben  un  tempo 
Pifi  d'm  Allor  mi  circondò  la  chioma . 
Ora  l'Eroica  fronda , 
Anche  indegni  a  mirar  fon  quelli  raì. 
La  Legge  è  trafgredita  ,  ed  io  peccai* 
Lue.  Odimi  :  in  quefto  foglio 
L'Efercìto  Latino 
Me  per  fuo  Duce  acclama  . 

10  per  giovarti  fol ,  nonperch'il  grado 
M'alletti ,  e  m'innamori. 

Accetterò  l'offerta  :  e  forta  in  Cielo 
L'ofcura  notte ,  in  Roma  bellicofe 
Introdurrò  le  fchiere  : 
E  togliendoti  a  Ceppi,  edalla  fcure, 
Alzerò  tuo  Campione  Afte  ,  e  Bandiere . 
Ma^^.  Ah  ,  Lucio  ,  ben  fi  fcorge  , 

Che  il  l'ebro  al  tuo  natal  non  diè  le  fafce  ; 
E  che  non  fai  qual  fia 
Petto  Roman ,  che  intrepido  refifte 
A  i  colpi  della  forte. 

11  Carcere  io  non  veggo , 
Non  fento  le  ritorte. 

Lue  (Lucio  5  che  afcohi  ?) 

Vanne  a  Tito,  narra. 

Che  di  mia  giufta  morte 

Bacio  il  Decreto:  e  chi  mei  reca  abbraccio^ 

E  bacierò  il  Miniftro 

Efecutor ,  perch'è  di  lui  Miniftro  . 

Aggiungi  5  che  il  mio  labro  umile  chiede, 

Se  indegno  è  della  mano  ^ 

Anche  baciar  di  chi  lo  fcrifle  il  piede. 
Luc.(0  qual  animo  eccelfo  in  lui  rifiede.) 


Cin- 


s6         A  r  r  o 

Cinto  di  raggi  aurati 
Avrai  ftellato  il  crin  ; 
Giuftizia  fempre  fù , 
Che  porti  la  virtù  , 
Le  palme  del  deftin .      Cinto  &c. 
'MmM^vìWo  col  proprio  fangue 

Tinger  tu  devi  i  conquidati  Allori; 
Vuol  così  Tito  ,  datti  pace ,  e  mori . 

Non  m'affligge  il  tormento  di  morte 
Ma  il  tormento  dell'Idolo  mio  • 
Soffro  quello  con  anima  forte. 
Soffrir  quefto  così  non  pofs'io , 
Non  &c. 

SCENA  III. 

Giardino. 

Vitellta ,  e  poi  Breno . 
VìtcL  H  fe  cangiato  in  fiore 

\J  Qui  folTe  il  caro  ben  ; 
Per  pace  del  mio  core 
Vorrei  portarlo  al  fcn.       Oh  &Cé 
5mSignora ,  d'ogni  intorno 
Stanno  Genti  raccolte* 
Strettì  fono  i  difcorfi  , 
Folte  le  radunanze. 
F/V^/.Affretteran  di  Manlio 

La  ftrage  co  i  lor  voti  :  e  accuferanno 
D'intereffato  troppo 
Nell'affetto  di  Padre 
Il  Genitor,  che  prolungò  fua  vita. 
5ri?.Manlio  non  morirà  ? 
yUalSx^  morirà,  ma  quando  more  il  Sole . 


r  E  R  Z  O.  57 
Tuvà,  ciò  che  ragiona 
Sempre  loquace  li  volgo 
Di  penetrar  procura . 
Bre.Vna. ,  chq  venga  l'orror  di  notte  ofcura . 

SCENA     I  V. 

Lucio  ^  e  Fkellìq. 

Lue.  TI  Ella  Vitellia  ? 
VitellJ  Forti 

Al  prigioniero?  intefe 

L'annunzio  della  pena  a  faoi  delitti  ì 
Z^c.  Il  foglio  leffe. 

Lue.  E  la  coftanza  , 

Virtù  di  chi  è  Romano  ,  ( 
Forte  moftro  nel  rincontrarlo  invitto  • 
^/f^/.Toleranza  sforzata 

Non  è  virtù. 
Lue.  Servigio  della  Patria 

Fu  Geminio  traffitto . 
VifelE'*  mancante  di  fede  il  fuo  ferviglo* 
Eme,  che  fido  fono 
Servo  di  tua  beltà,  tu  pur  uccidi  • 
yìtel.Qn^  vanti  fervicù,  s'oggi  comincia? 
Lue.  Che  de'  tuoi  rai  cocenti 

Ardo  è  lunga  ftagion  ;  fe  ben  la  fiamma 
In  quello  à\  fi  fcopre . 
VitelM^xio  di  ftirviiù  fol  vien  dall'opre . 
A  te  farò  fedel , 
Se  fido  a  me  farai 
Ufando  crudeltà; 
Sé  da  me  tu  vuoi  la  vita  ^ 

C  5  Aprir 


58        A  r  r  o 

Aprir  i3ei  cruda  ferita; 

Che  vitale  a  te  farà .      A  te  &c. 

SCENA  y. 

Lffcio  y  e  poi  Tito  con  S^rmìia. 

Ltic.*\/K  A  qui  Tito  • 
T/r.  IVI  Che  venga  a  me  dinanti, 
In  virtù  di  tue  preci , 
Servilia,  comandai* 
Lue.  Baciarti  '1  piede 

Prima  di  fpirar  l'alma , 
Signor,  Manlio  ti  chiede. 
Tit.  Olà  ,  Manlio  fra  ceppi  a  me  fia  fcorto  • 
Ser^  (Di  qucfto  cor  dokiffimo  conforto .  ) 
Splender  fra'l  cieco  orror 
Il  mio  bel  Sol  vedrò; 
E  neirOccafo  ancor 
Sua  luce  adorerò  ! 

Splender  &c» 

SCENA  VI. 

Manlio  in  Catena^  e  detti. 

Mirirry  Adre ,  Tito ,  Signor  ,  a  quefte  labr^ 
-tr  Pria  ,  che  porgan  le  preci  > 
Baciar  tua  invitta  deftra  ora  permetti . 

^ìt.  Chi  dee  baciar  la  faccia  della  mortp, 
pel  Giudice  la  deftra 
Baciar  più  non  è  degno  • 

S^'^^  (Che  implacabile  cor .) 

Lue.  (Che  fiero  fdegno.) 

^^/5r.Bacierò  in  effa  il  folgore:  ò  almen  l'orme 

^  Del 


Il    E  R   Z  0# 

Del  folgore,  che  fcrifle  . 

Baderò  di  Giuftizìa 

Le  Sante  Leggi  >  e  bacierò  ....  : 
Ti/.  (Non  poflb 

Mirar  più  di  quel  Volto . . .  •) 
^uì  Manlio  gU  bacia  la  mano  • 

O  temerario  cor  1,  aman  baciarti , 

E  da  me  non  cóncelTo  il  don  rubarti  • 
SeY.  (Cielo,  porgili  aita.) 
Hit,  (Infidiofo  bacio .) 

Con  vigor  penetrante 

Dalla  man  per  le  vene  al  cor  fei  giunto, 

E  introduci  pietà ,  dov'è  rigore .) 
!Ser.  Manlio . 
///^//.Servilia . 
Lue.  (O  crudo  Fato .) 

^^•a  2.  (O  Amore.) 

T/V.  Troppo  ardito  Roman  :  fel  reo  di  morte  • 
^an.ll  tuo  comando  trafcurai  • 
T/r.  La  legge 

Del  Senato  offenderti . 
Man.h2i  giufta  Legge  offeG. 
Hit.  E  Geminio  ucciderti . 
Man.Qtmmo  uccifi . 
T/>.  Gravi 

Rendono  querte  accufe  i  tuoi  delitti  • 
M7».Giudicati  da  te  fono  mie  colpe . 
Htt  Le  conobbe  il  Senato , 

Le  giudicò  la  Legge  :  ella  prefcrifle 

La  morte ,  che  leggerti ,  e  Tito  fcrifle  . 
Man. Piego  ,  pria  che  alla  Scure  (f  inginocchia*^ 

Il  capo  a  te;  precede 

C6  I! 


6(y    ^      A  r  r  o 

Il  mio  duol  la  bipenne  : 
Ilduol,  che  mi  trafigge,  e  (3aIIeÌabra 
L'alma  nel  Tuo  partir  ti  bacia  il  piede  . 
Tìt.  Levati . 
Ser»  Lucio  ,  io  moro  • 
T/V.  (Intenerito  io  fono; 
E  quafi  viene 
11  pianto  a  quefte  luci .) 
Figlio;  Tamor  di  Padre  io  deflo  in  f^no  ; 
Mà  perche  non  oblio  quel  delia  Legge  , 
E  perche  andare  impuni 
Non  denna  i  gravi  errori , 
Se  ti  negai  la  mano 

Quefte  braccia  ti  dò  ;         (^Uabbraccìa .) 
Vattene ,  e  mori . 
Ser.  (Crudele  •) 

Lue,  (Aftri  Teveri .)  {parte .) 

ManXd.  grazia  per  cui  venni ,  o  Tito  arcolta* 
Servilia^  à  cui  fvenai 
L'adorato  Germano  j  e  che  la  pace 
Già  ti  portò  ;  dairinnocente  colpa 
D'effer  Latina  apblvi . 
Con  occhio  di  pietà  mira  i  fuoi  cali  ; 
Da  te  non  parta    e  fia 
Degna  del  tuo  favor  Tpnima  mia  • 
*Ììt.  Al  carcere  tornate  il  prigioniero. 

Il  Figlio  ,  il  Reo  torni  in  Catena 
.  Paghi  \^  pena 
Del  grave  error  • 
Che  fé  col  figlio ,  il  reo  qui  refta 
Pietà  molefta 
D^l  Genitore 
Scaccia  dal  core 

GìttUo  ri^or .    Il  &c,  SCE- 


T  E  R  Z  O, 
SCENA  VII. 

Servhta ,  e  Manlio , 


Qofpìratido.') 


Ddio  Servilia. 


Ser.  jlJl  Incerta  de'  miei  cafi 

Manlio  così  mi  lafci  ? 
Ma/J.àìh  pietà  del  Cielo 

Anima  mia  ti  lafcio  •  ed  a  te  lalcio 
La  fè  d'amante  pria ,  pofcia  di  Spofo . 
La  fuppUca  ti  lafcio, 
Di  conceder  perdono 
A  chi  il  Fratel  t'uccife  ;  e  all'onorata 
Cagion  per  cui  l'uccife  . 
Lafcio  la  pace  al  cor  ;  e  alfin ,  o  Cara , 
Se  ben  fordo  alle  fuppliche ,  ti  lafcio  , 
L'ultima  mia  preghiera 
D'amar  Tito  ,  e  la  Legge , 
-La  volontà  d?gl'Aftri ,  e  della  forte , 
Roma  ,  la  mia  coftanza  ,  e  la  mia  morte  ^ 
Ser.  Ah  ,  che  il  più  non  mi  lafci ,  e  leco  porti. 
Maa.Che  lafciarti  di  più ,  che  mai  pofs'io  ; 
L'alma?  quaggiù  non  refta . 
Il  cor?  è  della  Patria,  e  non  più  mio. 


Ti  lafcerei 

Gl'affetti  miei  , 

Mà  quefti  meco  portar  io  vò . 

Colà  fiifra  graiu  Dei , 

Pudico  amante  t'adorerò  .    Ti  &c. 

SCENA  Vili. 


Deh 


62         A  r  r  o 

Deh  quefto  di  prolunga ,  o  p^r  me  ancora 
Vengan  l'ombre  di  Stige  :  e  gl'occhi  miei , 
Ahi ,  non  veggan  quel  Sole, 
Che  di  ofcura  prigion  dall'ombre  è  invafo 
Coll'altro ,  che  tramonta  aver  l'occafo  • 
Vaghe  pupille  belle 

Se  al  giorno  vi  chiudete 

Voglio  ancor  io  morir  . 

Meglio  è  con  Voi  mie  Stelle 

Palfar  l'onde  di  Lete , 

Che  vivere ,  e  morir .    Vaghe  &c. 

S   C   E   N   A  IX. 

Brefio ,  e  poi  Dina . 

Ere.  A Aniio  il  forte  Campione 

ìVJl  Deve  moriribravura  io  ti  fon  fchiavo; 

Vive  il  poltrone  molto  più  del  bravo  • 

£  tu  Dina  mia  bona 

Non  far  da  brava  mai ,  fà  da  poltrona . 

Io  non  sò  trattar  l'armi , 

Nè  maneggio  per  ufo 

Altro  ftil letto  mai,  che  l'ago,  eilfufo» 
Bre.  Quello  Breno  pretende  ; 

Che  deve  effer  la  moglie 

Femina  di  facende; 

E  non  deve  al  lo  fpecchio 

Stare  oflTervando  fempre 

Come  ftà  quel  mofchino, 

S'è  dritto  il  peruehino  , 

Se  la  Scuffia  ftà  ftorta  . 

Quefta  è  cofa  ,  che  importa . 
Br€.  Si ,  lo  concedo  anch'io ,  che  al  fine  poi , 

Quanr 


r  E  R  Z  O.  6l 
Quando  bella  li  fà  lo  fà  per  noi  : 
Stimo  la  polizia  , 
Mà  non  Talterazion  della  figura  i 
Lodo  il  difegno,  e  biafmo  la  pittura  • 
Ne  conofco  più  di  cento , 

Ch'ufan  quefto ,  e  quo!  l'unguentp  , 
]p  adoprando  mille  ì(ppia(lri 
Sifiguran  d^effer belle: 
lAk  fi  fan  Tempre  più  brutte 
Tutte  quante ,  tutte  tutte , 
Ar^zi  paflan  de'  difaftri  , 
E  negPocchi ,  e  nella  bocca: 
Guai  guai  à  chi  le  tocca  , 
Se  n'accorge  poi  la  pelle  .   Nè  &c. 
Deh  la  pulita  tua  vaga  guancietta 
Non  guadar  cogrimpiaftri ,  o  mia  diletta . 
D/.  Farò  quel ,  che  tu  vuoi  ; 
Mà  non  mi  trattar  poi 
Come  fan  quafi  tutti  li  Mariti , 
Ch'an  qualche  anno  di  più  della  lor  mogliej 
Voglion  ch'entro  le  foglie 
Stia  della  Caf^  tutti  li  momenti  ; 
S'odon  fempre  lamenti , 
Ed  hanno  gelofia  del  Vento  ancora  • 
i?r^. Non  farèi  di  quelli  ,  ma  ... 
Dì.  Che  ma? 
Bre.  Che  far  vorrefti? 
Dì.  Vorrei ,  fe  ad  un  fef^ino 

Verbigrazia  tallor  foflì  invitata 
Potervi  andar  con  buona  tua  licenza  • 
Bre.  Quefto  poi  nò  . 
Di.  Ma  alla  convenienza  , 

Tu  fai  pur ,  che  mancare  non  fi  può  , 

Ere. 


64  ^   T  T  O 

Bre.  Mi  contento  fin  qui  ;  ma  di  più  nò  ^ 
DI.  Se  vien  qualch'uno  in  cafa... 
JSreAn  Cafa? 
Vi.  Sì . 

£re.  In  Cafa  ?  ed  a  che  fare  i 
Di.  In  cafa  per  giuocare 

Sol  qualche  volta  alPOca,  ed  a  Cuccù  • 
Bre.Mx  contento  fin  qui,  mànon  di  più; 

h  potrò  ftar  della  tua  fè  ficuro? 
Dì.         Sta  pur  ficuro ,  . 

Che  come  un  muro 

Sarà  il  mio  core 

Breno  per  tè  . 

Saprò  trattare, 

Saprò  parlare 

Con  quefto  ,  e  quello  ; 

Mà  il  triftarello 

Tfranno  Amore, 

Non  farà  mai , 

Mai  breccia  in  mè.  Stà  &c. 

Bre.  Io  fon  dunque  contento  effer  tuo  Spofo  • 
i^i.  Oh  !  dolce  mio  ripofo  . 
Sento  Breno 

Nel  mio  feno 

Saltellar  per  gioia  il  cor  • 
•^^f-  Tutto  brilla  , 

E  fcintilla 

Pien  di  fuoco  quefto  cor* 
Il  mio  petto 
E'  troppo  ilretto 
L'alma  mia 
Già  và  via 
^  2.  Per  sì  dolce  immenfo  Amor. 

SCE- 


E 


t  B  R  Z  O.  6s 
SCENA  X. 
Bech  con  molte  Schiere . 

Cadrà  Manlio,  nò;  .  ,  , 

Manlio  non  morirà ,  mà  poi  che  fò  ? 
ElTer  che  deggio  ,  ò  Stelle  , 
Al  Senato  rubelle, 
Alla  Patria  nemico ,  .  , 

O  in  braccio  a  morte  abbandonar  1  amico  i 
Non  foffrirò  che  mora 
Il  noftro  Duce  invitto  al  Tebro  in  Riva  ; 
'     Seguitemi ,  o  Guerrieri ,  e  Manlio  viva  . 
Vi  chiamo  all'imprefa 
Con  anima  accefa 
D'intrepido  ardir; 
Un  nobile  core , 
Ch'è  tutto  Valore 
«  Non  deve  morir .         Vi  &e. 

SCENA  XI. 

Vltellìa  y  e  Breno* 

p"ttel.^\l  il  vederti? 
Bre.   X  E  a  momenti 

Dalle  Carceri  ofcure 

Andrà  in  catene  al  taglio  della  Scure  . 

SCENA  XII. 
BretJOi  Serwlia,  e  Fi  felli  a  • 
Bre.  O  Ervilia  viene. 


F;Ve/.S  Al  fine 


^^nc    ...  ^  ^  ^  O 
O  Servilia. .. . 

Ser.  Vitellia. 

yifeLDi  Manlio  è  irreparabile  la  ffraee. 
Ser.  Ing.ufto  guiderdone  alla  Virtute 
F;telSembianz;  hà  di  Virtù  ;  mà  è  fafto'vano 
P'cor  fuperbo,  e  altero. 

p'^'^a'/T^  ^  ^'Afor  valor  guerriero 
Bn.  Ecco  Manlio  :  vedetelo .         S"er"cro . 

FttelJ'arviene . 

SCENA     X  I  I  1. 

e  attori,  Lucio,  eDmì, 

''^'^^.(P' Qui  Servilia?)  bella 
_.-f-'  Parto ,  dove  fi  vieta 
Pm  ritornar  colà,  d'onde  fi  parte. 
Negli  amori,  e  negl'odi! 
Perdona  s'io  t'offefi 

-t^c.  (Io  dall'acerbo  duolo 
Sento  paflarmi '1  cor.  > 

Pii'i  non  avrai  negl'occhi 

Chi  ti  fvenò  l'Amante  . 

Perdono  a  te  non  chieggo , 

Poiché  all'or,  che  l'uccifi, 

Jgnoto  era  il  tuo  foco  ,  io  noi  fapea  : 

ì^h.nj  ^'  ^"^  "'^•■^e      ''a'ma  rea . 

"t^itsf.X  anne  pure  a  morire . 

yuol  giuftizia ,  che  chiuda 


Mor- 


r   E  R   Z  O.  67 

Morte  atroce  i  tuoi  lumi,(io  fon  pur  cruda.) 

Servilia  :  de^  tuoi  fguardi 

Manlio  degno  non  è  ?  nulla  mi  dici  ? 
\cr.  O  mio  Sol ,  che  tramonta  , 
j     Manlio ,  degno  Campion  di  fette  Colli. 

A  te  ferbato  fCi 
'     Dal  primo  fra  gli  Dei ... 

Dirti  di  più  vorrei ....  Non  poflb  più. 
^uUC.  Guidatelo  ,  o  Littori  • 
^cr.  Ahi  :  tanta  fretta  ? 
W^».  Vengo  :  Lucio  ,  con  quefto 
I      Ampleflb,  di  mie  braccia  a  te  il  fecondo, 
j      Pregoti  contro  Roma 
I      Non  portar  Tarmi  de'  Latini  :  lafcia 

La  cara  Patria  in  pace  :  e  tu  la  pace 
I      Rendile,  ch'io  le  toìfi 

Quando  Geminio  ,  provocato  ,  uccifi. 
Lue*  Signor  :  con  l'alma  mia,  che  teco  viene 

Teco  porti  la  fede  , 

Che  dà  quefta  mia  deflra  alla  tua  deftra. 
Man.  Un  folo  ampleffo  almeno  .     (  a  SermlìB  • 
Ser,  Manlio  t'abbraccio  : 
Lue.  (E  di  Vitellia  in  petto 

Il  core  non  fi  fpezza?) 
Man.DdiX  braccio  di  Vitellia 

Quefte  grazie  non  chiedo  , 

Elle  fariano  offefe  • 

Dunque  fenza  abbracciarti 

Vado  cruda  Vitellia , 

Dove  per  la  mia  morte  ardon  le  faci . 
^uì  V Utili  a  corre  dietro  a  Manlio  . 
yUel.Kò  Manlio/erma:  ecco  gli  ample(ri,e  i  baci. 
Lue.  Cicl  • 


68  Atro 

/>^/r^/.Fratello .  j 

Lafciami . 
Vitel^  l^co  io  venir  voglio . 
iS^r.  Anch'io . 

Man.  Nò  ,  fermatevi  :  il  vanto 

Di  morir  per  la  Patria  ;  e  all'or ,  ch'io  mon 

Lafcìar  di  novi  Allori 

Coronata  fua  fronte  a  me  fi  aferiva . 
VìteMò. 

Man.  Reftatc . 

Fop.  Viva  Manlio  viva  . 

Lue.  Quai  Popoli  ? 

yìUl.  ^  QHBÌvocì? 

SCENA  XIV. 
Dtcìo  con  Schiere  armate ,  e  Detti  • 

Dee.  *T  T  Iva  il  Marte  del  Tebro:  itene  voi . 
V   Noftro  è  Manh'o  Guerriera  non  più  di 

Di  Lauro  v  incitor  degna  è  fua  chìoma,(Roma 
Ser.  (O  giudi  Numi) 
Man»  Awìcì» 

A  voi  5  per  voi  rinafco  #  « 
Lue.  (Io  volo  à  Tito.  )  (Parte, 
htc.  Andiamo  al  Genitore  :  e  ben  fi  denno 

I  già  pronti  Obelifchi  al  tuo  valore. 
Vìtel  M  Ciel  porghiamo  i  voti  • 
Ser.  E  al  Dio  d'amore  • 
Man.       Meco  gioite 

Belle  amorofe , 

:  Che 


r  E  R  z  o. 

Che  facella  di  vaghe  refe 
Per  noi  fcuote  ridente  amor» 
A  me  Venere  con  Bellona 
Già  di  mirti  formò  corona , 
Diè  ghirlanda  d'invitto  Allor  ; 

Meco  &c. 

SCENA  XV. 

Gran  Sala  Regia  Maeftofa  con  Trono» 

i  Tito ,  e  poi  Lucio . 

VV.  Tp\  IQìietato  Miniftro  hayrà  fm'ora 

JL^  Tronco  di  Manlio  ii  capo, 
js^c.  1  ito  . . . . 
VV. Lucio,  t'intendo 
I     Manlio  morì . 
lue.  Signor .  . .  • . 
f/V.  Tu ,  e  con  ragione  ; 

A  rinfacciarmi  vieni 

La  crudeltà  di  Padre. 

uuc.  Egli  

r/^ Spirò.  Me'l  difle 
I     La  voce  del  fuo  faogue. 
L^c*  Sappi ,  afcolta .... 
f/V.Nel  punto , 

Che  à  lui  SII  la  cervice 

Crudo  cadè,  fentì  il  mio  core  il  colpo 

Manlio  morì  

Lue.  Signor ..... 
tit.       Già  iafciò  la  nobil  falma 
La  grand'alma 

Del  mio  caro  Figlio  invitto  ; 
Dir  l'udj  volando  al  Ciìelo 


70  ^  T  r  o 

II  tuo  zelo 

Ti  fè  giufto,  ma  fevero, 

Eti  rende  or  Padre  afflitto.  Già  Si- 
Lucio  parti  da  me .  Manlio  njorj . 

Lac.  Morto  Manlio  non  è  . 

T//.  Non  morì  Manlio  ?  vilipefo  in  Roma 
E'  il  comando  del  Confolo?  di  Tito? 
Chi  diè  il  perdono?  quando? 
E  chi  al  fellone 

Giorni  di  vita  in  quefto  dì  deftina  ? 
jL«c.  Fu  del  Romano  Efercito  rapina . 

SCENA  ULTIMA. 

Decìo  colle  Schiere ,  Manlio ,  Servìlìa 
Vitelli  a,  e  detti  ^ 

Coro.        A  L  Dio  dell'armi 
-£Jl  Cinta  la  chiomg 
Hà  l'alta  Roma 
D'invitto  Ailor . 
Il  fuo  valor 
Incida  in  marmi , 
E  in  carte  feriva 
Manlio  viva  .       Al  &c. 
Vec.W  fil  de'  noftri  brandi 

Raggruppò  di  fua  vita  oggi  lo  ftame. 
Che  non  fi  dee,  gran  Tito, 
A  chimerta  i'Ailor,  la  fcure  infame, 
.i  //.  C 1  Ito ,  che  vedi  ?  )  Decio  ? 
E'  il  voler  delle  Squadre 
Legge,  alla  legge;  in  mano 
Chi  tiene  Roma ,  Impero  hà  fui  Romano. 
Manlio  vivi  alla  Patria,  e  vivi  al  Padre. 

Ser- 


r  E  R  Z  O.^  71 
Serviliafìa  tuaSpofa. 
lanMx^,  Vita . 
'en  Mio  teforo . 
,uc.  Signor,  fà  che  ritrofa 

Vitellia  a  me  s'annodi  :  e  alla  tua  dedra 
Dò  Tarmi  de'  Latini ,  ed  iì  comando . 
Del  Caduceo  difponi  tu  ,  e  del  brando . 
Gli  dà  la  lettera  de*  Latini. 
^/Vf /.Spontanea  ecco  la  deftra . 

La  pace  abbia  la  Patria ,  e  coll'ulivo  . 
')ecJB,  conTAIlor  di  Manlio. 

^      ^^^^    ^^^^^^  • 
Viva  l'Eroe  del  Campidoglio,  Viva. 
yian.       La  mia  colpa  ?  (a  T!ito . 

7^.  Non  rammento  • 

Man.  Il  tuo  fdegno  ?  (^a  ServìUa . 
Ter.  E' fatto  amor. 

'"^ìteh        Sei  mio  Spofo .        (a  Lucio  • 
uc.  Oh  mio  contento  • 

Tutti .        Gloria ,  e  pace  hò  nel  mio  cor . 

La  mìa  &c. 


1^  Fine  delìOpera 


JNeirAttaiSccondo,  nel  fine  della  Scena  XVIL 
in  vece  dell'Aria  Ben  impari^  fi  canta 
la  feguente  da  ViteJlia  • 

Non  fperi  felici 
Le  gioje  d'Amoie , 
Arcante  quel  cere. 
Ch'ardire  npnhà . 
Col  labro  non  baft^ 
Efprimer  dal  petto 
Un  nobile  affetto , 
Se  oprare  non  sà .      Non  &g«